I nodi vengono al Principe

di Mue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Non voglio essere denunciata per danni psicofisici permanenti, perciò prima che proseguite la lettura vi avviso subito: questa storia è stupida. Ma tanto, tanto stupida.
Io vi ho avvisati. Nemmeno la splendida betatura di Lady of Lorien/Alasse ha potuto ridurre il tasso di stupidità ai limiti consentiti dalla legge italiana (che sono già molto alti).
Perciò siete avvertiti.
Ah, è anche stata scritta per l'iniziativa "Carnevale a..." di Fanworld, anche se questo ha poco a che fare con la stupidità in questione.
Ancora qui? Beh, allora non ho altro da dire che buona lettura!
Disclaimer: I personaggi e gli elementi creati da J.K. Rowling presenti in questa fanfiction sono suoi e solamente suoi, il resto della storia è tutto una mia invenzione. Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
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Capitolo I



3 maggio, Sutcombe.

«Ragazze, abbiamo uno sponsor!»
«Katie, passami la maglietta!»
«Avete visto il nuovo Cercatore delle Vespe di Winbourne? E’ uno schianto!»
«Stasera andrò al concerto delle Sorelle Stravagarie con il mio ragazzo! Non sto più nella pelle!»
«Ragazze, mi avete sentito? Abbiamo uno sponsor!»
«Jenny! Stavi per calpestare la mia Nimbus!»
«Freya, smetti di riempire il mio armadietto con la tua roba!»
«Ragazze?»
«Oh, Neil» disse Freya, accorgendosi del suo ingresso. «Attento a…»
Troppo tardi.
Neil aveva fatto un passo avanti e il suo piede era incappato in una saponetta, finita chissà come proprio davanti all’ingresso dello spogliatoio in cui aveva fatto irruzione.
La terra sparì di colpo da sotto i suoi piedi e riapparve un istante dopo, dura e dolorosa, giusto giusto sotto il suo fondoschiena.
«Per tutti i demoni del Galles!» inveì Neil, massaggiandosi la parte lesa dalle mattonelle dello spogliatoio.
«Scusa, Neil!» esclamò Nadia, avvolta in un asciugamano sbiadito e con i capelli pieni di shampoo. «Ti sei fatto male?»
Neil bofonchiò qualcosa, rimettendosi in piedi aiutato dalle braccia nerborute di Freya: un’operazione non troppo semplice, considerato quanto era alto e grosso Neil. «Jenny ha stregato le saponette della doccia tre giorni fa» spiegò lei una volta che lo ebbe risollevato, lanciando un’occhiataccia alla colpevole in questione. «Non siamo ancora riuscite a impedire che corrano a nascondersi appena uno entra nelle docce.»
«Ehi, non è colpa mia!» si giustificò Jenny, agitando i pantaloni della sua divisa da Quidditch per aria. «L’idea è stata di Loreena! Io ho solo fatto l’incantesimo che mi ha suggerito.»
Loreena si sporse dalla seconda fila di armadietti, semivestita. «Se hai sbagliato la formula sono affari tuoi. E comunque era una vendetta più che meritata: Nadia ci aveva ammazzato di Bolidate solo per il gusto di farlo, l’ultimo allenamento.»
«Cosa?!» esclamò la ragazza chiamata in causa. «Guarda che io…»
«Va bene, va bene, ora basta ragazze… BASTA!» ruggì Neil, vedendo che le componenti della sua squadra di Quidditch si erano messe a bisticciare e non gli stavano dando retta.
Tutte si zittirono –o perlomeno finsero di farlo: Nadia e Loreena si stavano ancora punzecchiando a bassa voce.
«Che cosa volevi, Neil?» chiese Katie raccogliendosi i capelli biondi con una mano e legandoli in una coda.
Neil si schiarì la voce, cercando di darsi un contegno per la splendida notizia che doveva dare –che aveva già dato, a dire il vero, ma nessuna delle ragazze della Faihris Fury aveva sentito.
«Abbiamo trovato uno sponsor.»
A quelle parole tutte, persino Nadia e Loreena che erano passate quasi agli spintoni, si immobilizzarono e spostarono tutta la loro attenzione su di lui.
«Stai scherzando, vero?» fece Lara, incredula.
Neil scosse il capo, sorridendo fieramente. «No. E dovreste vedere che sponsor!»
«Sì, come no» sbuffò Nadia. «Come minimo sarà il Circolo delle Gobbiglie degli anziani di Brighton.»
«No, si tratta di una persona. Un uomo, molto ricco e molto giovane.»
Freya si illuminò. «Veramente? Chi è?»
«Ricco e giovane?» ripeté Lara. «Neil, che cosa gli hai promesso in cambio del finanziamento della nostra squadra?»
Neil si indignò. «Nulla di più di ciò che prometterei a qualsiasi sponsor: portare sulle vostre divise il marchio della sua ditta.»
«Devono essere un marchio o una ditta decisamente imbarazzanti se hanno accettato di pagare per le Faihris Fury» borbottò Jenny, cupa.
«Sciocchezze! E’ uno sponsor come un altro» ribatté Neil. «Dovreste fare i salti di gioia! Sapete anche voi che se non ne trovavamo uno entro il mese prossimo la squadra doveva sciogliersi, no? Ma ora potremo tornare all’attacco.»
«All’attacco di che cosa? Siamo praticamente le ultime in classifica, quest’anno» disse infastidita Irina, che era rimasta zitta per tutto quel tempo.
«Sciocchezze. Siamo alla trentunesima posizione» replicò ottimista Neil.
«Su trentatré squadre» puntualizzò Jenny.
«Ci rifaremo» fece Neil, asciutto. «E comunque volete sapere o no di chi si tratta?»
«Se proprio ce lo vuoi dire» ridacchiò Katie.
«Ebbene» annunciò Neil con fare cospiratorio, come se stesse per rivelare qualcosa di eccezionale. «E’ il Principe.»
La rivelazione fu seguita da un’esplosione di voci delle ragazze che si misero a parlare tutte insieme.
«Il Principe? Quel Principe?»
«Quello che è stato nominato discendente diretto di Tosca Tassorosso? L’unico discendente diretto ancora vivo di uno dei quattro fondatori di Hogwarts?»
«Quello che è diventato ricchissimo con la ditta di cravatte dei suoi?»
«Quello che detta la moda del momento inventando i nodi delle cravatte per ogni stagione?»
«Quello alto, biondo e affascinante?»
Le domande si susseguirono una dopo l’altra, entusiaste.
Solo Katie Bell, a cui erano cadute le braccia lungo i fianchi all’annuncio, non diede pari mostra di gioia.
Si limitò solo a chiedere, disgustata: «Zacharias Smith
 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II



8 maggio, Sutcombe.

Quando Zacharias Smith, altrimenti detto “Il Principe” -soprannome nato cinque anni prima, quando era salito alle stelle grazie alla produzione di Cravatte Auto-annodanti della ditta Smithson&co ereditata dal padre- si era trovato tra le mani la proposta di finanziamento di una delle peggiori squadre femminili di Quidditch del panorama nazionale, non ci aveva pensato due volte: aveva contattato il manager delle Faihris Fury, preso tutti gli accordi necessari e firmato i documenti in quattro e quattr’otto.
Dopo, quando aveva proposto il marchio da apporre sulle divise delle giocatrici, aveva creduto che lo scoglio più difficile da superare sarebbe stato quel grosso bestione dalle basette folte dell’allenatore, Neil Gearhead. Si era sbagliato, perché ancora non aveva fatto i conti con quelle sette erinni che erano le componenti della squadra. E con una vecchia conoscenza in particolare.
«Scordatelo, Smith!» esclamò Katie Bell quando lui si presentò sul campo la domenica successiva, dieci minuti prima della partita tra le ragazze e i Glasgow Thor. «Noi non metteremo mai queste!» E gettò a terra la cravatta grigia e bianca di cui tutte le componenti della squadra erano state dotate come “marchio dello sponsor.”
Zacharias inarcò le sopracciglia, imperturbabile. «Signor Smith, se non le dispiace, Bell. E comunque mi dispiace contraddirla, ma temo proprio che lei e le sue compagne di squadra non possiate farne a meno.»
Katie avvampò di rabbia, fece per tirare fuori la bacchetta per dare una bella lezione a Zacharias ma Irina la trattenne.
«Non vorrai mica affatturare il nostro sponsor qui in mezzo al campo, davanti a tutti gli spettatori?» le sussurrò severamente.
Katie si scrollò dalla presa dell’amica e rivolse a Neil un muto appello di assenso. Ci rimase malissimo quando lo vide scuotere il capo.
«Farete come dice il signor Smith, ragazze» affermò, impassibile. «Lui è il nostro sponsor e lui decide qual è il marchio da indossare. Questi sono gli accordi.»
Un coro di lamenti si levò da tutte e sette le componenti della squadra.
«Ma sono cravatte» si lagnò Nadia. «Gli uomini portano le cravatte, e alle feste eleganti. Noi non siamo uomini e non siamo qui nemmeno per fare i bei damerini.»
«Suvvia, che cosa cambia avere una cravatta o no?» disse Neil, spiccio. «La vostra bravura rimarrà inalterata. E non fate quelle facce! Oggi la vittoria sarà nostra.»
Inutile, quando Neil si metteva in testa qualcosa, non c’era modo di smuoverlo. E stavolta si era messo in testa che se anche le ragazze avessero indossato una tenda da circo, avrebbero vinto comunque.
Katie sbuffò, rassegnata, e raccolse la cravatta da terra, passandosela attorno al collo e lasciando che si annodasse da sola come più le piaceva. Lanciò a Zacharias un’occhiata di fuoco: «Spera che la tua ti soffochi prima che torni, altrimenti lo farò io con le mie mani.»
Zacharias chinò lo sguardo sullo splendido nodo “coda di drago” della propria cravatta e fece un sorriso tranquillo. «Non credo: l’ho brevettata personalmente.»
Katie si trattenne a stento dal mandarlo in qualche posto più o meno sgradevole e salì sulla sua scopa.
Maledetto Smith!

*


La partita fu terribile.
Innanzitutto perché i Glasgow Thor erano tutti uomini grandi e grossi e per la maggior parte assolutamente fuori dalla portata delle Faihris Fury.
In secondo luogo perché i loro due Battitori erano persino più sadici di Nadia, il che è tutto dire.
In terzo luogo per l’imbarazzo.
Non appena erano scese in campo con quelle ridicole cravattine al collo, il pubblico aveva cominciato a sghignazzare. Poi, a inizio partita, era stato peggio, perché erano arrivate le battute.
«Come mai così eleganti, oggi?» aveva chiesto sogghignando un Cercatore dell’altra squadra a Katie, rubandole la Pluffa di mano.
«Siete sicure che non vi stavano aspettando per un tè a Diagon Alley?»
«O un ballo mascherato?»
«Mascherato perché vi siete travestite tutte da uomini.»
Katie cominciava a irritarsi parecchio. E anche le sue compagne, a quanto poteva vedere. Irina, il portiere, si era lasciata distrarre più di una volta lasciando passare negli anelli palle anche molto facili da prendere.
Seccata, Katie si volse verso gli spalti, dove sedeva mollemente Zacharias nel suo impeccabile abito rosso fuoco e la cravatta color avorio. Le sorrise, soddisfatto.
Si sta divertendo a vederci perdere, realizzò. Non gli importa di finanziare la nostra squadra: per lui è solo un passatempo.
Furiosa, Katie chiamò in time-out.
«Sentite» esclamò, rivolta alle sue compagne. «Quel bellimbusto seduto là in cima ha speso un mucchio di soldi nella nostra squadra solo per ridicolizzarci. Sapete quale sarebbe il modo migliore per fargliela pagare?»
Nadia colse la sua occhiata complice e fece un’espressione scettica. «Vincere? E come? I Thor sono troppo forti per noi…»
«Sciocchezze! Basta che cambiamo schema e tiriamo fuori un po' di grinta! Per tutti i Pixie, non volete dar loro una lezione anche voi?»
«Sì, tanto» disse cupa Jenny.
«E allora coraggio!»
E ripartirono.
I Thor erano già duecento a cinquanta, perciò si erano adagiati sugli allori, credendo di avere la vittoria in tasca: bastava che il loro Cercatore, un tipo allampanato e dal naso schiacciato, prendesse il Boccino e avrebbero vinto.
Non sapevano di cos’erano capaci le Faihris Fury.
Zacharias le aveva chiamate erinni, e il paragone non era sbagliato: la loro furia e la loro vendetta si abbatté così rapida e implacabile che gli avversari si resero conto del grave errore di valutazione troppo tardi.
Katie, Loreena e Freya avevano già segnato nove goal prima che i Cacciatori avversari ripartissero con un attacco più energico dei loro fiacchi tentativi di difendere la porta. Lara, nel frattempo, vagava rapida sopra il campo in cerca di un bagliore dorato. Lo scorse all’undicesimo punto segnato da Freya, vicino ai piedi del Cercatore avversario.
«Ehi, Gunther!» lo apostrofò. «Hai il Boccino sotto i piedi!»
Il Cercatore avversario ridacchiò. «Mi credi così scemo da cascarci, milady in cravatta?»
Lara non indugiò oltre: puntò il manico di scopa dritto verso Gunther e partì. L’uomo la guardò piombare su di lui con gli occhi sbarrati e, credendo che stesse per attaccarlo, si scansò più rapido che poté, lasciando così via libera al suo braccio destro che scattò verso il basso e raccolse il Boccino.
«PRESO!» fu l’entusiastico, feroce grido di vittoria che chiuse la partita.

*


«Signor Smith, il suo fiuto fenomenale per le mode future si è allargato anche al Quidditch, con questa performance della squadra delle Faihris Fury di cui solo da martedì è diventato sponsor. Com’è riuscito a capire il potenziale di queste ragazze? E perché questa strana scelta delle cravatte anziché di un semplice stemma sulle divise come tutte le altre squadre?»
Zacharias Smith sorrise all’inviato della Gazzetta del Profeta che, Penna Prendiappunti alla mano, lo stava tempostando di domande.
“Sì, ha ragione: le ragazze della mia squadra sul campo portano la cravatta, come gli uomini. E giocano come gli uomini» aggiunse, senza smettere di sorridere. «E lottano come gli uomini, e vincono come gli uomini! L’unica differenza tra loro è che, per fortuna, non sono brutte quanto loro.»
Il giornalista e la folla di spettatori che si era accalcata all’uscita dello stadio dopo la partita -e che era tenuta indietro da alcune guardie di sicurezza- risero tutti insieme.
«Le ragazze della mia squadra sono unite, legate da un vincolo che nessuno dei nodi che io abbia inventato possa eguagliare» proseguì Zacharias, ora serio. «Le ragazze della mia squadra portano la cravatta, e ne vanno fiere.»
Una pausa ammirata seguì quella parole, poi la folla esplose in un applauso.
Zacharias sorrise, compiaciuto.
Il Principe aveva fatto un altro scacco.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III


9 maggio, Londra.

Katie Bell si presentò nell’ufficio di Zacharias “Il Principe” Smith il giorno seguente. Teneva in mano una copia della Gazzetta del Profeta e sembrava, per lo standard dei rapporti tra lei e Zacharias, particolarmente conciliante.
«Buongiorno, Smith» salutò –quasi con cortesia- quando entrò nella lussuosa stanza arredata con divani bianchi di pelle d’idra albina e una scrivania in legno di betulla rossa.
Zacharias, sprofondato in una comoda poltrona fluttuante all’avanguardia, alzò lo sguardo dagli schizzi per la nuova linea di cravatte estive e la vide.
«Buongiorno, Bell. A cosa devo l’onore di averti qui?»
«A te stesso» rispose lei gettandogli il giornale sulla scrivania.
Zacharias sorrise. «Mi ricorderò di ringraziarlo quando avrò il piacere di vederlo, allora.»
Katie sbuffò. «Smith, non sei divertente. Cosa significa quell’intervista?»
«Quale delle tante che mi hanno fatto ieri?» chiese lui, sornione.
Katie sentì le mani prudere in maniera irresistibile: quello smorfioso era già fin troppo arrogante e supponente a Hogwarts, e certamente la ricchezza –non meritata, a parere di Katie- e la bella vita non l’avevano reso meno sgradevole.
«Voglio sapere cosa stai tramando, Smith. Stai prendendo in giro le Faihris Fury o sei davvero interessato a sponsorizzarci e farti una barca di soldi attraverso di noi?»
Zacharias fece una smorfia indignata. «Bell! Ma come osi, dopo esserci conosciuti così a lungo a Hogwarts, dubitare dei miei intenti? Hai davvero letto quello che ho detto al giornalista della Gazzetta del Profeta
«Sì, l’ho letto» disse lei, contrariata. «E non sono riuscita a capire se hai un senso degli affari molto sviluppato o se invece sei il più abile paraculo che abbia mai incontrato.»
«Una cosa esclude l’altra?» insinuò lui, divertito.
Katie fremeva di rabbia. «Smith, non sono venuta qui a giocare con te! Dimmi la verità, una volta per tutte: hai finanziato le Faihris Fury per vendicarti di quella volta, a Hogwarts, che ti feci una Fattura Denundante davanti a tutta la scuola o sei davvero interessato alla mia squadra?»
Per un attimo il volto di Smith parve irrigidirsi al ricordo più che imbarazzante. Solo per un attimo, però, perché subito aprì la bocca in un ampio sorriso.
«Sono infido, non vendicativo. E per quanto possa essere dolce la vendetta, non lo sarà mai quanto la montagna di galeoni che posso guadagnare con le tue compagne.» Si alzò in piedi e, mani dietro la schiena, aggirò la scrivania per raggiungerla e fronteggiarla.
Smith era sempre stato piuttosto magro e allampanato, e il fatto che guardasse Katie dall’alto in basso la rendeva ancora più irritabile.
«Ho visto come giocate tu e le tue compagne di squadra: non siete male, ma vi serve una spintarella in più per tirare fuori il massimo di voi. Come una bella arrabbiatura.»
Katie spalancò la bocca, sbalordita. «Allora ci hai fatto mettere le cravatte apposta? Sapevi che ci avrebbero prese in giro e ci saremmo arrabbiate?»
«Lo supponevo.»
«E quelle belle parole ai giornalisti te le eri già preparate in caso di vittoria?»
Zacharias sorrise. «Una pubblicità efficace, vero? Sono rimasti tutti toccati dal mio discorso.»
Katie lo fissò immobile per qualche istante. Poi sospirò. «Avresti dovuto finire tra i Serpeverde, non tra i Tassorosso.»
Zacharias allargò le braccia, indicando un enorme quadro di Tosca Tassorosso appeso alla parete. «Temo che le mie origini me lo abbiano impedito.»
Katie scosse il capo. «E va bene. Ma attento, Smith! Se proverai ancora a metterci in imbarazzo…»
«Credo che mi limiterò a comprarvi delle scope migliori. Per ora penso che possiate rimontare la classifica solo con le vostre forze e mezzi migliori. Quando nemmeno delle Firebolt basteranno… dovremo inventare qualcos’altro.»
Katie ringhiò, ma per il momento sapeva che non poteva avere di meglio. «Spero per la tua salute fisica, Smith, che quel giorno non arrivi mai.» E gli diede le spalle, dirigendosi verso l’uscita dell’ufficio: prima di arrivarci, però, colse con la coda dell’occhio un gigantesco quadro, dalla parte opposta di Tosca Tassorosso, che illustrava tutti i nodi inventati da Zacharias e le istruzioni per farli. Erano più di cento, e tutti con nomi diversi: unicorno, mano del re, fiore del deserto, Iperione…
«Dimmi una cosa» disse, voltandosi verso Smith, incuriosita suo malgrado. «Quel nodo che facevano le cravatte, ieri… come si chiamava?»
Zacharias sorrise. «Era nuovo. L’ho creato il giorno prima della partita, apposta per l’occasione. Non hai visto la pagina pubblicitaria della Gazzetta del Profeta
Katie si accigliò: quella mattina si era fermata a leggere agli articoli sportivi. Tornò indietro a grandi passi, prese la copia del giornale che aveva portato a Zacharias e la sfogliò fino alla pagina indicata dall’uomo.
E il giornale le cadde di mano.
La pagina pubblicitaria era interamente occupata da un’enorme foto di una Katie ammiccante con una divisa di Quidditch molto ridotta e la cravatta della partita che faceva oscillare tra due dita, seducente.
Sotto, a grandi lettere, c’era scritto: Nodo “La Vergine”: quale uomo non vorrebbe provare a scioglierlo?
 «E’ straordinario come si riescano a manipolare le fotografie magiche» osservò Zacharias in tono incurante.
Katie alzò lo sguardo su di lui, muta per l’orrore.
Zacharias sorrise sorrise. «E’ vero, sono infido, non vendicativo. Ma a volte, per quanto possa essere dolce una manciata di galeoni tra le mani, non lo sarà mai quanto una ripicca pubblica.»
 

Fine.



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Ma come, già finita?
Eh, sì, temo proprio di sì. Io l'avevo detto che era una storia stupida xD Se scriverò ancora di questi due? Non so, ma qualcuno mi ha già proposto di fare un seguito. Io non prometto niente, per ora, ma se avrò un altro impulso di stupidità acuta, chissà...
Per ora grazie a chi ha letto e, soprattutto, a chi ha recensito.
Arrivederci alla prossima storia!

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