Carnival. La vita va avanti.

di whateverhappened
(/viewuser.php?uid=52785)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Children of the Damned. ***
Capitolo 2: *** Maybe Just Sleeping. ***
Capitolo 3: *** Pansy and the King. ***



Capitolo 1
*** Children of the Damned. ***


Carnival. La vita va avanti.








Children of the Damned.


Erano passati ormai cinque anni e mezzo dalla conclusione della Seconda Guerra Magica, conclusasi con la morte di Lord Voldemort nella celebre battaglia di Hogwarts. La società aveva ricominciato lentamente a riprendersi, a volte incagliandosi nelle secche che il dopoguerra portava con sé e a volte viaggiando col vento del progresso in poppa, e la pace aveva finalmente cominciato ad albergare nel mondo magico e nei cuori delle tante persone che avevano subito delle perdite. Nessuno dimenticava, ma si cercava di rievocare i ricordi meno spesso, evitando di gettare altro sale sulle ferite ancora in parte aperte.
Camminando per le vie di Hogsmeade era facile scorgere segni di rinascita: i negozi - in larga parte chiusi durante il periodo buio di qualche anno prima – erano stati tutti riaperti e sempre decorati in modo da conferire allegria alle vetrine, i colori facevano da padroni nelle insegne e i commessi accoglievano tutti i clienti con un enorme sorriso in volto. Non vi era più sospetto negli occhi della gente, non più paura e terrore, ma semplicemente cordialità e contentezza. La guerra era finita e gli antagonisti della storia erano morti o dietro le sbarre di Azkaban, come in una qualsiasi fiaba; il bene aveva trionfato e tutti vivevano felici e contenti.
O quasi.
É risaputo che in ogni regola c'è sempre un'eccezione, in ogni pagliaio un ago diverso da trovare, in ogni oceano una goccia differente dalle altre: la Perfezione non esiste. E le pecche nella perfezione dell'Inghilterra magica post-guerra erano i figli dei Mangiamorte, che all'epoca delle vicende erano soltanto ragazzi, ma che al tempo della nostra storia già erano uomini e donne alla ricerca di un proprio posto nel mondo. Ritenuti soltanto altre vittime delle follie dei propri genitori, erano stati giudicati innocenti dal Wizengamot perché troppo giovani per riuscire a comprendere a pieno cosa stesse accadendo intorno a loro. In molti avevano criticato tale verdetto, sostenendo che l'Eroe – come veniva chiamato Harry Potter – aveva la stessa età di quei ragazzi che venivano giudicati troppo giovani: lui aveva capito la gravità dei fatti, aveva combattuto e rischiato la sua stessa vita, per quale motivo i figli dei Mangiamorte dovevano essere ritenuti meno maturi di lui? Ma il Wizengamot era stato irremovibile, e dopo numerose riunioni private aveva confermato le proprie decisioni affermando che tali ragazzi erano stati cresciuti con dei valori sbagliati, credendo che ciò che stavano compiendo i genitori fosse effettivamente giusto.
Fra tutti questi giovani vi era chi era riuscito ad approfittare della situazione e ad utilizzarla a suo favore da buon ex Serpeverde, come Blaise Zabini, che prima della battaglia di Hogwarts non era altro che il figlio della serial moglie – così veniva chiamata nei salotti mondani la signora Zabini, giunta al settimo marito – e che ora si ritrovava ad essere l'avvocato di maggior prestigio della Londra magica. C'era chi ne aveva approfittato per fuggire da un futuro già programmato per dar invece sfogo alle proprie aspirazioni, come Daphne Greengrass, che invece di rimanere a casa a crescere cinque figli come avrebbe voluto il padre si ritrovava a disegnare abiti da sera da Madama McClan, inseguendo il sogno di diventare una stilista. C'era chi dimostrava al mondo che anche nella peggior situazione con un po' di testardaggine e orgoglio si può risollevare le proprie sorti, come Draco Malfoy, che dopo aver assistito impotente alla requisizione della villa di famiglia si era rimboccato le maniche e aveva lavorato duramente finché non era riuscito a riacquistare il maniero. E c'era chi, come Pansy Parkinson, altro non faceva che veder passare la propria vita davanti a sé, lasciandola scivolare fra le dita come fosse sabbia.
Da quando, durante la battaglia di Hogwarts, aveva proposto di consegnare Potter al Signore Oscuro per poter evitare che questi attaccasse la scuola e gli studenti, la ragazza si sentiva tacciata come colei che avrebbe consegnato senza problemi l'Inghilterra magica nelle mani del più temibile dei maghi oscuri. Anche lei, come gli amici, era stata in qualche modo assolta dal Wizengamot, ma Pansy continuava a percepire – giorno dopo giorno, mese dopo mese – gli sguardi di sospetto e disprezzo che gran parte dei maghi le riservava. Zabini le aveva spesso detto che molta di quella malevolenza che Pansy sentiva su di sé era dovuta alle sue stesse paranoie, convinta com'era di essere perseguitata dai fantasmi del passato. Non passava giorno, infatti, che la giovane non si svegliasse senza pensare per prima cosa a quell'avvenimento, a quell'attimo in cui aveva ceduto ai suoi propositi di non sbilanciarsi troppo nelle sorti della guerra, a quel momento in cui aveva detto quelle poche parole che a suo parere avrebbero potuto mettere fine a tutto. Era semplicemente esasperata da quella situazione di perenne insicurezza, avrebbe solo voluto tornare alla normalità e in quella manciata di secondi le era apparso uno spiraglio di salvezza: se Potter avesse affrontato il Signore Oscuro tutto sarebbe finito. Che avesse sbagliato se ne era resa conto non appena tutto era finito, quando si era sentita finalmente libera, non più incatenata dalle rigide regole imposte dallo stato di sangue e forse capace di avere una vita come lei desiderava. Quando aveva percepito per la prima volta quel nodo allo stomaco così tipico del senso di colpa, quando la consapevolezza di ciò che aveva proposto si era fatta strada nella sua mente ormai fresca.
Ogni mattina, da quel giorno, Pansy apriva gli occhi e ricordava. Blaise aveva ragione, era davvero perseguitata dai fantasmi del passato: non era mai riuscita a voltare pagina del tutto, finendo per isolarsi volontariamente dal mondo e a sentirsi rifiutata dalla società. I suoi amici cercavano di trovare sempre più espedienti per farla uscire di casa, magari per farla divertire come una volta, ma per loro era come combattere contro i mulini a vento; ciò nonostante non si arrendevano mai, animati da quell'affetto che li legava sin da quando erano bambini, e almeno due volte a settimana Pansy si ritrovava in casa qualcuno con proposte di cene di gala, di balli o di semplici serate fra amici. Quel giorno era toccato a Theodore Nott, che si era smaterializzato in casa Parkinson alle otto del mattino, col risultato di trovare la ragazza ancora a letto.
« É ora di alzarsi! » disse a voce volutamente alta, scostando le coperte della ragazza e aprendo, con un fluido gesto della bacchetta, le persiane.
« Che cos... - borbottò Pansy, una mano sugli occhi ancora assonnati per proteggerli dalla luce del Sole – Theo! Che diavolo ci fai qui a quest'ora?! »
« Ti sveglio. - rispose lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo – E ti porto un invito. » concluse, sedendosi sul letto accanto all'amica.
« Ancora? - Pansy alzò gli occhi al cielo – Sprechi il tuo tempo, sai che non verrò. »
« Oh, io dico di sì. » Pansy si voltò di scatto ad osservare il ragazzo, che in quel momento stava mettendo in mostra il migliore dei suoi ghigni. La conosceva tremendamente bene, sapeva come farla incuriosire, e il tono allusivo accompagnato dal ghigno era senza dubbio la tecnica migliore.
« Ok, spara. » si arrese infine.
« Una festa... »
« Non mi interessa. »
« Una festa di Carnevale. » continuò Theo, ignorando l'obiezione.
« Non vedo come l'occasione possa farmi cambiare idea. »
« Sarà in maschera, Pan. - la ragazza lo fissava dubbiosa – Nessuno saprà chi sei, e se nessuno ti riconoscerà come potranno guardarti con disprezzo? »
Il silenzio di Pansy era come una mezza vittoria per Theo, certo che sarebbe finita per capitolare. Come Blaise anch'egli era convinto che molto era dovuto alle paranoie della stessa Parkinson, ma durante quegli anni aveva capito che lei non si sarebbe mai mossa dalla sua posizione, e l'unico modo per convincerla a fare qualcosa era andare incontro alle sue idee.
« Di chi hai detto che è la festa? »











*








Fan fiction scritta per l'iniziativa "Carnevale" di Fanworld. In particolar modo è stato utilizzato il prompt "battaglia" della tabella "Carnevale di Nizza".
Al prossimo capitolo, che presumibilmente verrà postato domani :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Maybe Just Sleeping. ***


Maybe Just Sleeping.



Quando arrivarono il Sole era ormai al tramonto e i raggi rossi colpivano le acque increspate del lago, conferendogli ancor più maestosità. Erano anni che non vedeva più quel panorama, e ora che si ritrovava nuovamente al suo cospetto Pansy non riusciva a fare a meno di trattenere il fiato. Hogwarts quella sera era semplicemente divina.
Camminava lentamente accanto a Theo, quando si era offerto di accompagnarla lei aveva accettato immediatamente, un po' per essere sicura di andare veramente alla festa e un po' perché aveva bisogno di un supporto per tornare sul luogo del misfatto. Era elettrizzata, dopo tanto tempo partecipava di nuovo ad una festa, in quel posto che per lei aveva un valore speciale nel bene e nel male. Quando era uscita di casa dieci minuti prima si era pentita di aver acconsentito ad andare, avrebbe incontrato persone che non vedeva da anni e che probabilmente avrebbero preferito non rivederla, perché farsi del male ulteriormente? Ma Theo l'aveva convinta nuovamente ad andare e si erano smaterializzati insieme davanti al cancello della scuola, dove un grande manifesto riportava l'obbligo di indossare una maschera, le due più belle avrebbero vinto il titolo di Re e Regina della Festa.
« Pronta? » la voce calma e calda del ragazzo la riscosse dai suoi pensieri. Si guardò l'abito, una perfetta copia di un vestito di epoca elisabettiana, si sistemò la maschera sul volto e sorrise.
« Sono un po' tesa. » rispose sinceramente.
« Stai tranquilla e tutto andrà alla perfezione. Andiamo, dai. » le pose una mano sulla schiena e gentilmente la spinse all'interno della scuola, in Sala Grande, dove degli addobbi colorati ricoprivano le pareti.
« Merlino, si son dati da fare! » sussurrò Pansy, sinceramente colpita dall'ambientazione.
« Sai come sono questi Grifondoro, vogliono sempre far vedere che loro sono i migliori! » scherzò Theo, facendola sorridere. Quando le aveva detto che ad organizzare la festa erano stati Harry Potter ed Hermione Granger si era sentita ancor più titubante, com'era possibile che la volessero? Ma, quasi come un angelo custode, Theo era di nuovo occorso a tranquillizzarla, dicendole che erano stati invitati tutti gli studenti del loro anno con relativi fidanzati, senza alcuna eccezione. Insomma, se avevano invitato Draco perché non lei?
« Sorellina! » una voce familiare la riscosse dai suoi pensieri, facendole gelare il sangue nelle vene. Cercò Theo con lo sguardo ma egli si era misteriosamente volatilizzato, lasciandola sola in quel momento così critico.
« Iris? » sussurrò timorosa, voltandosi lentamente nella direzione da cui era arrivata la voce.
« Certo, e chi se no? Hai altre sorelle nascoste? » ridacchiò la ragazza che ora aveva di fronte. Indossava un abito da tirolese, i capelli ramati raccolti in due spesse trecce, sul volto una semplice maschera trasparente a coprirle appena gli occhi.
« Cosa ci fai qui? » domandò Pansy sinceramente sorpresa.
« Sono stata invitata! » rispose con naturalezza Iris, confondendo maggiormente Pansy. Sua sorella era minore di lei di due anni, non sarebbe dovuta essere lì. A meno che...
« Con chi ti sei messa questa volta, Iris? » domandò dopo qualche istante con tono quasi accusatorio. Sua sorella era molto diversa da lei, più allegra e spiritosa, più incline alle feste e più capace di trovarsi un fidanzato. Da quando aveva concluso Hogwarts Pansy si era vista presentare almeno quattro ragazzi diversi, che venivano puntualmente lasciati dopo che Iris si rendeva conto che non corrispondevano al suo ideale di principe azzurro.
« Non dirlo con quel tono. - la ammonì – É una cosa seria questa volta. »
« Sì, come no! Da quanto siete insieme per poterlo dire? Due settimane? »
« Cinque mesi. - la serietà con cui Iris aveva pronunciato la frase sconvolse Pansy, forse più della durata del rapporto, un vero record per quanto riguardava sua sorella – Avrei voluto presentartelo in un'altra occasione, sai, magari con vestiti un po' più adatti! » sorrise Iris, all'improvviso quasi imbarazzata.
« Non pensi che magari lo conosca già, visto che era del mio anno? - Iris si limitò a fissare le punte delle sue scarpe, gesto che Pansy interpretò come un segno d'assenso – Dai, chi è? É Blaise, vero? Ti è sempre piaciuto! » ipotizzò allegra Pansy. Quando era con Iris tutto il resto del mondo, tutte le vicende del passato, tutto scompariva: rimanevano solo loro due, sorelle legatissime da sempre.
« Acqua! »
« Draco? »
« Oh Dio, no! Acquazzone! » rispose Iris con una smorfia. Non poteva negare che Malfoy fosse un gran bel ragazzo, ma decisamente non era il suo tipo, tutt'altro.
« Theo? » domandò sempre più dubbiosa Pansy.
« No, no! Non lo tocco il tuo Nott! - ridacchiò allusiva Iris, da sempre convinta che potesse nascese qualcosa fra sua sorella e Theo – Allarga i tuoi orizzonti o non indovinerai mai. »
« É di un'altra Casa! »
« Iris! - una voce maschile bloccò sul nascere la risposta della più piccola delle sorelle Parkinson, facendola voltare – Ti ho trovata finalmente! »
Quando Pansy fu in grado di riconoscere le fattezze del ragazzo, la cui maschera nascondeva poco esattamente come quella di Iris, sentì le gambe cedere. Non era possibile... non riusciva a credere che sua sorella si fosse messa con Seamus Finnigan. Ma quel che era peggio era che il suo caro cognatino le aveva raggiunte in compagnia di Harry Potter in persona, che grazie alla celebre cicatrice era ben riconoscibile nonostante la magnifica maschera color argento che indossava.
« Volevo presentarti un mio caro amico. » continuò Finnigan, mentre Pansy si spostava lentamente dietro la sorella cercando il momento adatto per scappare. Sentiva su di sé lo sguardo di Potter, era certa che stesse cercando di capire chi fosse.
« Era molto che volevo conoscere la fantomatica ragazza di Seamus, cominciavo a pensare che non esistesse! - ridacchiò Harry – E ciao, Parkinson. Ti ho vista, smettila di nasconderti. » di nuovo Pansy sentì il sangue gelarle nelle vene, aveva una gran voglia di scappare ma sentiva le gambe pesanti, troppo pesanti persino per reggerla. Sorprendendosi di se stessa, la giovane si voltò con un gran sorriso in volto, per poi affiancarsi alla sorella.
« Potter. Non mi stavo affatto nascondendo! »
« Certo, come no, e io sono Mago Merlino! »
« Hai un aspetto giovanile per avere novecento anni. E finalmente ti sei fatto la barba, Merlino! » ironizzò Pansy, sorprendendosi da sola per la naturalezza con cui dialogava con il ragazzo.
« Mi tengo in forma. » rispose Harry, alzando le spalle.
« Ehm ehm » la voce di Iris, che non si era persa una parola di quello scambio di battute, li zittì.
« Dicevo – ricominciò a parlare Seamus – Harry, lei è Iris. »
« Molto lieto. » Harry strinse calorosamente la mano della ragazza, che gli sorrise di rimando.
« Già che siamo in tema di presentazioni... - Iris afferrò con forza il braccio di Pansy e la avvicinò a sé – Seamus, ti presento mia sorella Pansy. »
« Sorella?! » le voci di Seamus ed Harry risuonarono fortemente, mentre entrambi si voltavano a fissare la ragazza.
« Non c'è bisogno di quelle espressioni schifate. » commentò lei.
« No... Non è quello... Solo non me lo aspettavo. - sorrise Seamus dopo essersi ripreso – Piacere di conoscerti in questa veste, allora. » allungò la mano verso Pansy, che la strinse dubbiosa mentre il ragazzo continuava a sorridere.
« Non sapevo avessi una sorella. » disse Harry dopo qualche istante.
« Ci sono tante cose che non sai di me, Potter. »
« Già, vero. - sorrise, sorprendendo nuovamente Pansy, che cominciava a pensare di essere vittima di qualche candid camera – Pansy e Iris? I vostri genitori non erano un po' fissati con i fiori? » ridacchiò.
« Tradizione. » rispose semplicemente Pansy, guardandosi attorno alla ricerca di Theo o di chiunque altro potesse accorrere in uno aiuto in quel momento. E lo vide, in compagnia di tutti gli altri amici, dall'altro lato della sala: la stavano fissando. Scosse la testa, se li conosceva bene avevano previsto tutto e fatto in modo che accadesse.
« Ah. Come per i Black? » domandò ancora Potter con curiosità.
« Già – rispose Iris al suo posto – Loro danno nomi di stelle e costellazione, mentre nella nostra famiglia si hanno nomi di fiori. »
« Ma anche gli uomini? » chiese Seamus, già immaginandosi un piccolo Finnigan di nome Mughetto.
« No! - ridacchiò Iris – Solo per le figlie femmine. Ma questo non è una garanzia, a noi è andata decisamente bene! Lo diciamo sempre, per fortuna non ci hanno dato il nome della nonna! »
« Che sarebbe? » ridacchiò Harry, divertito dall'ennesima tradizione purosangue di cui veniva a conoscenza.
« Zantedeschia – rispose Pansy – Orrido nome per uno splendido fiore. Se volete scusarmi, vado a prendere qualcosa da bere. »
Si allontanò rapidamente, sospirando profondamente una volta raggiunto il tavolo delle bevande. Tutto quello che era appena accaduto era così surreale, così poco legato alla sua vita degli ultimi anni.
Ma anche a quella di prima, si ritrovò a pensare. Mai, da quando li conosceva, aveva avuto un dialogo così pacifico con Potter e Finnigan.
Probabilmente stava ancora dormendo.











*








Secondo e penultimo capitolo ^_^ L'ultimo arriverà domani :)
Un paio di precisazioni circa questo... è stato scritto per il tema "fiori" della tabella sul Carnevale di Nizza di Fanworld. E, a proposito di fiori, il/la (non so come si dice ^^'') Zantedeschia altro non è che il nome "scientifico" della calla, mio fiore preferito insieme alla viola del pensiero =D E Pansy, appunto, significa viola del pensiero.
Ringrazio chi ha inserito la storia fra i preferiti o fra le seguite *.*
In particolar modo, poi, ringrazio baby_bunny per aver recensito! Non è proprio una Harry/Pansy, ma diciamo che potrebbe essere la base per dar vita a una. Magari in futuro - ispirazione permettendo! - scriverò la Harry/Pansy che nella mia testa potrebbe venir fuori da questa breve storia. Sono contenta che ti ispiri, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

A domani!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Pansy and the King. ***


Pansy and the King.



Ostacolata nei movimenti dall'ingombrante costume che indossava, Hermione Granger raggiunse con non poca difficoltà il palco allestito dove solitamente vi era il tavolo dei professori. Fino al suo arrivo avevano suonato le Sorelle Stravagarie, ma era giunto il momento tanto atteso dell'elezione del Re e della Regina della Festa. L'idea era stata sua, aveva sempre pensato che fosse bello premiare la fantasia nei costumi, avrebbe invogliato i partecipanti a non giungere vestiti da muratori.
« Buona sera a tutti! - salutò cordiale, aiutata da un provvidenziale Sonorus, non appena raggiunse il centro del palco – E grazie per essere venuti a questa festa. Era parecchio tempo che tutti gli studenti del nostro anno non si ritrovavano insieme in questa Sala, ed è bello poter dire che ciò riavviene in un'occasione gioiosa come questa. Ma bando alle ciance! Scommetto che siete tutti curiosi di sapere a chi andranno le corone e, beh, lo sono anch'io! »
L'intera sala scoppiò a ridere. Hermione non era mai stata quel tipo di ragazza capace di intrattenere un pubblico, eppure quella sera tutte le persone presenti alla festa pendevano dalle sue labbra. Con un gesto della bacchetta evocò due uccellini, che cominciarono a volare intorno alla sua testa.
« Sfortunatamente non abbiamo nessuna busta da aprire con un rullo di tamburi! Sarebbe stato complicato, non trovate? “Ehi, tu, con il costume da pulcino! Hai vinto! No, non tu qui davanti, quello là dietro nell'angolo!” - di nuovo la sala scoppiò a ridere – Perciò ho pensato a qualcosa di alternativo. Da quando il primo di voi è entrato nella sala questi due uccellini hanno girato ininterrottamente, registrando i nostri pensieri sui costumi degli altri. Tranquilli, solo sui costumi, li ho “programmati” io stessa! Ora torneranno a girare finché non ritroveranno il costume maschile e quello femminile più apprezzati, fermandosi sulla testa dei possessori. Via! »
Non appena Hermione smise di parlare i due uccellini cominciarono a vagare per la sala grande, a volte planando su qualcuno – che per un attimo si illudeva di essere il prescelto – per poi tornare a volare alto. Non ci misero molto a trovare i due ragazzi, i sovrani di quel ballo, una dama seicentesca e un giovane dall'abito elegante e una maschera argentata.
« Sembra che abbiamo il nostro Re e la nostra Regina! - annunciò Hermione solenne – Chi siano non è ancora dato scoprirlo, ma possiamo ammirare i nostri reggenti in un ballo. Si dia inizio alle danze! »
« Permette questo ballo, madamigella? » il Re della Festa aveva rapidamente raggiunto la sua consorte e, nella migliore rappresentazione di un gentiluomo, si era inchinato a chiedere la mano della ragazza per il ballo.
« Vuoi davvero ballare con me? » chiese sorpresa lei.
« Ma certo, sei la mia Regina questa sera. »
« Sai benissimo chi sono, e la risposta non è affatto “una regina”. » a quelle parole il giovane si rialzò dalla scomoda posizione, afferrò rapidamente una mano della ragazza e la trascinò al centro della sala, dove altre coppie stavano già danzando.
« Cosa diavolo staresti facendo, Potter? » bofonchiò a denti stretti Pansy, la Regina.
« Sto ballando con te, no? » rispose lui con tono da finto innocente.
« Seriamente... - le sue parole vennero interrotte da una giravolta indotta da Harry – Tutto questo mi confonde. Tu... tu mi odi, perché stai ballando con me? »
« Io non ti odio. » A quelle parole Pansy si bloccò istintivamente sul posto, gli occhi spalancati dallo stupore. Istintivamente Harry le strinse un braccio attorno alla vita, attirandola a sé e ricominciando a ballare.
« Non è educato fermarsi al centro della pista, sai? »
« Che... che cos'hai detto, scusa? »
« Che non è educato fermarsi al centro della pista! » ripeté lui con un sopracciglio alzato.
« No, prima! »
« Che non ti odio. »
« E perché no? »
« E perché dovrei, invece? »
« Io volevo consegnarti al Signor... - Harry la fissò dritto negli occhi – ...a Voldemort. » terminò Pansy con un brivido. Anche se si era volontariamente estraniata dal mondo era a conoscenza della battaglia che Potter stava combattendo: evitare che il nome del Signore Oscuro venisse taciuto ulteriormente. Non lo concepiva prima – come si poteva avere paura di un nome? - e ancor meno lo comprendeva ora che egli era stato definitivamente sconfitto.
« Tu avevi paura. » a quelle parole Pansy alzò la testa di scatto, incatenando nuovamente gli occhi castani a quelli verdi di lui.
« Come...? »
« Come l'ho capito? Ho visto il tuo sguardo in quel momento. E poi me l'ha confermato Theodore qualche tempo fa! »
« Theodore... Theo?! » Pansy era a dir poco sorpresa dal tono di confidenza che Potter aveva utilizzato per nominare l'amico.
« Sì, lavoriamo a stretto contatto ogni giorno, non te l'ha detto? - lei scosse la testa – Mi ha raccontato un po' come stanno le cose. »
« Ma bene! Vi sarete fatti quattro risate alle mie spalle, scommetto. » rispose con acidità lei, tentando di allontanarsi dal ragazzo e venendo nuovamente attirata dal braccio di lui.
« Era preoccupato. Ti vuole bene, dovresti capire il suo gesto. »
« Non capisco perché ha messo in mezzo te, no. »
« Ma io ero già in mezzo! - rispose Harry esasperato – Ed è per questo che ti ho fatto venire qui questa sera. »
« Scusami? » le sopracciglia di Pansy erano alzate, simboli dello scetticismo che la colpiva in quel momento.
« Ho organizzato questa festa per aver modo di parlarti. »
« Tu sei pazzo, Potter! »
Le parole di Pansy, sempre più stupita e incredula, vennero udite a malapena da Harry, sormontate dagli applausi del resto della sala. I due non se ne erano nemmeno accorti, ma la musica era terminata e tutti gli invitati li fissavano, festeggiavano i sovrani della serata.
« Un applauso al Re e alla Regina della Festa! » diceva Hermione in lontananza, ignorata dai due, che – fermi in mezzo alla pista da ballo – continuavano a fissarsi.
« Se vuoi chiamare pazzia il cercare di dare una mano... » sussurrò Harry, in modo da non farsi sentire dalle persone attorno a loro.
« E perché dovresti farlo, Potter? Non ne hai motivo. »
« E tu non hai motivo di isolarti dal mondo. »
« Non è la stessa cosa! »
« Ma venite sul palco, Re e Regina! - continuava Hermione imperterrita – Fateci scoprire chi siete! »
Harry afferrò la mano di Pansy e la attirò a sé, spingendola poi verso il palco da cui continuava a provenire la voce di Hermione.
« Certo che non è la stessa cosa – le disse all'orecchio – Io ho un motivo valido per farlo, tu no. »
« Da quando sei diventato il paladino delle ragazze in difficoltà, Potter? Non ti bastava essere l'eroe del mondo magico? » ironizzò Pansy, seccata che il ragazzo si intromettesse nelle sue vicende. Non ne aveva alcun diritto, anzi, era l'ultima persona che avrebbe dovuto cercare di risollevarla dal baratro in cui lei stessa si era infilata.
« Non se qualcuno si rovina la vita per colpa mia. Attenta ai gradini. » erano ormai giunti sul palco, Harry continuava a spingere la giovane e lei non opponeva resistenza, sempre più sorpresa da tutta la vicenda.
« Benvenuti, Re e Regina! - Hermione era ormai accanto a loro – Dunque, vediamo chi siete! Evanesco! » senza che Pansy potesse far nulla per fermarla, con un gesto della bacchetta la Granger fece scomparire le maschere sui loro volti, rivelando la vera identità dei due.
« Harry Potter e Pansy Parkinson! E chi avrebbe mai detto che questi due avrebbero mai formato una coppia? » l'intera sala scoppiò a ridere, mentre Pansy diveniva rapidamente color pomodoro maturo. Come un automa si fece incoronare dalla Granger e si mise in posa per le foto di circostanza, desiderosa solamente di scappare ed andarsene da lì.
« Andiamo. » le disse ad un certo punto Potter, afferrandole un polso e conducendola verso l'uscita della sala.
« Dove pensi di portarmi? Lasciami! » cercò di divincolarsi, ma Harry la teneva salda.
« Ti porto a casa, non è lì che vuoi andare? »
« Io... sì.» sussurrò lei, calmandosi e lasciandosi portare nel parco.
Nell'immenso verde di Hogwarts, all'aria aperta e lontani dalla confusione della sala grande, tutto appariva ancor più strano e surreale.
« Non dovresti comportarti così. - disse Harry dopo qualche istante, inspirando a pieno l'aria fredda della sera inglese – Fai preoccupare chi ti vuole bene. »
« Non vedo come questo possa interessare te. »
« Interessa se lavori a stretto contatto con persone distratte perché preoccupate per un'amica. E interessa ancor di più se quando chiedi spiegazioni ti viene detto che l'amica in questione si sente in colpa per qualcosa legato a te. »
« Non è solo senso di colpa... - confessò Pansy. Non lo aveva mai detto a nessuno, e non riusciva a credere di confessare quei segreti così a lungo custoditi proprio a Potter – O, almeno, non proprio. Ho rischiato di far vincere Voldemort, capisci? L'ho desiderato. »
« Volevi soltanto che finisse tutto. » rispose con calma Harry, avvicinandosi alla ragazza.
« Non è una scusante. »
« Oh, andiamo, sii realista! - sbottò Harry, sorprendendo Pansy – Malfoy è fuori da Azkaban dopo aver tentato di uccidere Silente perché non aveva altra scelta! Io stesso ho messo una buona parola per lui... Perché per te dovrebbe essere diverso? »
« Io... »
« Riflettici. Se sei in questa situazione è perché l'hai voluto tu, non per altro! Devi reagire, Parkinson, perché l'unica che può fare qualcosa per rimediare al passato sei tu. Hai fatto una cazzata? Bene, l'hai capito e te ne sei pentita, ora volta pagina. La vita va avanti! »
Pansy osservava il ragazzo con gli occhi spalancati: era lo stesso Potter che fino a qualche attimo prima le parlava con tranquillità? E le sue parole... non sembravano pronunciate a caso, ma piuttosto frutto di un discorso ben ponderato in precedenza. Si voltò verso il castello illuminato, ho organizzato questa festa per aver modo di parlarti, le aveva detto.
« Smettila di rimanere chiusa nel tuo guscio. Esci, fatti una vita, riallaccia i rapporti col mondo. - in un attimo Harry le si fece vicino e le alzò il mento con un dito, in modo da poterla guardare negli occhi - E te lo sta dicendo quella stessa persona che cinque anni fa volevi mandare contro Voldemort. »
« E suppongo di doverti ascoltare... » sussurrò Pansy, mentre calde lacrime solcavano il suo viso. Potter aveva ragione, detestava ammetterlo ma non aveva torto su nulla: doveva affrontare la vita ed il mondo.
« Ovvio, sono il Re della Festa! E si suppone che una Regina ascolti il suo Re, no? » ridacchiò lui, mentre Pansy non riusciva a smettere di piangere: era come se tutto il dolore e la rabbia che aveva provato in quegli anni si stessero sciogliendo, lasciandola finalmente davvero libera. Trascorsero diversi minuti in silenzio, a fissarsi, mentre Pansy si sfogava fino a svuotarsi. Doveva molto a Potter, lo sapeva, ma mai gli avrebbe detto grazie: lui sapeva già di aver vinto, sapeva di averla convinta, sapeva di aver creato un'importante base su cui costruire un rapporto pacifico, non aveva bisogno dei suoi ringraziamenti. In quel momento gli avrebbe chiesto solamente una cosa, una curiosità che l'attanagliava, passata in secondo piano rispetto alla sua situazione.
« Dimmi una cosa: da quando la Granger è così spiritosa? »
« Oh, beh, George le ha scritto le battute giorni fa! »











*








Ed eccoci arrivati all'ultimo capitolo, scritto basandosi sul prompt "Regina della Festa".
Non ho molto da dire, quindi mi limito a ringraziare di cuore chi ha inserito la storia fra i preferiti o le seguite!
Ah, fatemi sapere cosa ne pensate *____*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=464814