The Resistance

di Lupus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #2. Resistance [Merlin/Arthur] - [Erotico, Malinconico] ***
Capitolo 2: *** #1.Uprising [Merlin/Arthur] - [Guerra, Malinconico] ***
Capitolo 3: *** #5.Guiding Light [Morgana/Arthur] - [Erotico, Dark] ***
Capitolo 4: *** #.10 Exogenesis Symphony Part II (Cross-Pollination) - [Mordred/Morgana] - [Malinconico/Sentimentale/What if?] ***
Capitolo 5: *** #4. United States Of Albion [Merlin/Will] - [What if/Drammatico/Angst/Guerra] ***



Capitolo 1
*** #2. Resistance [Merlin/Arthur] - [Erotico, Malinconico] ***


#.2 Resistance



Lembi di coperte silenziosamente trascinati; mani che li afferrano ancora più forte, stringendo in un pugno il peccato di quella notte e nell’altro il rimorso di una vita.
Due corpi che, con un ritmo quasi claudicante, si mischiano tra loro in una danza angosciosa e tragica, che porta sulla schiena i segni delle proprie ferite.
Graffi - alcuni superficiali, altri più profondi; tutti insieme, però, frutto di una passione ardente, troppo ardente anche per loro.
Non ci sono baci né carezze, perché in guerra non vi è posto per questo genere di attenzioni. Tuttavia, l’aria è satura di quel senso nostalgico di un affetto remoto, che viene gradualmente riscoperto nel corpo nudo dell’altro.


(It could be wrong, could be wrong)
But it should’ve been right


(Potrebbe essere sbagliato, potrebbe essere sbagliato)
Ma sarebbe dovuto essere giusto.


Silenzio. Silenzio di anime, ma non di gesti.
I corpi di due uomini scivolano l’uno sull’altro, intraprendendo una danza imprecisa e goffa, che ha il sapore del fango.
Le spinte sono accompagnate dal motivetto inesistente di parole non dette, una vana protezione contro l’accusa di eresia nei confronti della patria e della famiglia, e dal dolore, smorzato, però, dal desiderio di riscatto dalle proprie tribolazioni – desiderio destinato ad essere eternamente inappagato.
Nella foga dell’atto, la terra viene continuamente sconquassata: si cerca di trovare una base solida per un sentimento che già di per sé è caduco ed effimero come la luce di un cero. Il tempo scandisce, quasi meccanicamente, il ritmo di quella danza irrazionale, mentre i movimenti si fanno più precisi, nonostante il buio della notte avvolga ogni cosa.
Anche i respiri si agitano, distorcendosi, talvolta, in mugolii sommessi, stentati – ricettacoli delle passioni umane.
La natura, nel frattempo, sembra partecipare attivamente all’atto che, di nascosto, si sta consumando: le foglie danzano anche loro al ritmo zoppo di quella musica tutt’altro che rasserenante; si odono squilli di trombe lontane, trasportati dal vento.
Le stelle portano in seno mille e più domande a cui nessuno riesce mai a dare risposta – esiste forse un limite convenzionale al volume di una lacrima in un oceano di pianto?
I suoni, quella notte, si ripercuotono sordi nell’atmosfera, come ovattati da una presenza eterea che li cattura, rendendoli sospiri di vento e di uomo.
Non c’è nulla di razionale, neanche nelle lacrime del giovane che, piegato su se stesso, riceve in sé il seme dell’altro, con un ultimo movimento liberatorio.
L’orgasmo, il frutto più prelibato del connubio tra passione e peccato, figlio del piacere e del vizio. Si sente in lontananza il rumore inesistente di una pagina sfogliata, una catena di carta che, fin dall’antichità, lancia dardi di ferro.
Sfiniti, i due ragazzi si accasciano al suolo, uno ancora dolorante. Cercano, nel silenzio di un secondo, la giustificazione per un’esistenza di peccato, ma ogni tentativo è vano. Difatti, si riprendono immediatamente, indossando quei cenci che, poco prima, si erano divertiti a strappare.


(It could be wrong, could be wrong)
Must erase it fast


(Potrebbe essere sbagliato, potrebbe essere sbagliato)
Dobbiamo cancellarlo in fretta


Ricordi. Ricordi sfumati, caratterizzati solo da un unico elemento in comune che, anche se sotto diverse sembianze, si reitera nel corso della storia fin dall’antichità.
Amore, sentimento, passione, vizio, peccato, magia.
«Ma… Arthur cosa state facendo?»
«Merlin, taci una buona volta!» parole taglienti che precedono un sorriso sghembo, ma gentile; perverso, ma gentile. Mentre tutto il corpo è proteso verso quella valle immaginaria, padrona del tempo e dello spazio.
La passione che annichilisce tutto, che brucia qualsiasi cosa capiti sotto il suo cammino, tranne il ricordo. Alla fine, non rimane che quello, avvolto da un alone di un sentimento nostalgico.

Gli sguardi dei due ragazzi vagano dappertutto, ma non si incontrano mai, perché ciò potrebbe comportare la disfatta di un’epoca. Non si mostra lo specchio dei propri sentimenti al nemico della morale.
Paradossalmente, vi è una sorta di religiosità in quell’atmosfera rarefatta dalla spensieratezza della gioventù – magra consolazione e improba giustificazione.
Ma di cosa?
Checché se ne dica, non si può combattere il seme del pregiudizio, non in un’epoca dove il costume diventa la propria etichetta di mondo – ne esiste, forse, una diversa? Così, col tempo, l’indifferenza sostituisce la passione, occultando sotto un velo impenetrabile ciò che c’è di più fragile, per scoprirlo nuovamente in occasioni particolari – quando il mondo intero chiude gli occhi e la terra va a dormire.
L’ardore si riduce, dunque, all’orgasmo. Si accontentano di vivere intensamente qualche attimo e soffrire in silenzio il resto del tempo, indossando un cilicio invisibile - martirio del corpo, benessere dell’anima.
Gli uomini non piangono – tutti lo sanno -, eppure uno dei due ragazzi, quella sera, vorrebbe tanto farlo. Abbandonarsi al rimorso, abbracciare il rimpianto, pur di non alimentare l’arsura che lo tormenta da tempo.
Ma non si piega. Rispetta pedissequamente la parte che gli è stata data, senza banalizzare i suoi sentimenti, rendendoli eco di una tradizione stereotipata.
Merlin china il capo, mentre raccoglie ciò che resta dei suoi abiti. Arthur si è già vestito e, senza rivolgergli alcuna parola, si prepara a ritornare al castello.
Un’ombra che scivola via nella notte, facendo del silenzio il proprio rifugio ieratico.
«Sire…» la voce del servitore è strozzata, si rompe in un singhiozzo sommesso.


Is your secret safe tonight?

Il tuo segreto è al sicuro stanotte?



Arthur si ferma, imperioso e disinvolto come sempre. Dal suo volto non traspare alcuna emozione, che sia felicità o mestizia, inadeguatezza o gioia.
Il simulacro di una imperturbabilità matrice di molti rimorsi.
E’ il futuro re di Camelot e deve mantenere un atteggiamento regale. Merlin ne è pienamente consapevole, ma lui non è capace di contenere i propri sentimenti: non riesce a legarli con nodi impossibili da sciogliere e dimenticarli lungo qualche sentiero sperduto.
Vive di sé, della propria aria, malsana o meno che sia.
E’ magnanimo, nella sua peculiare fragilità.
«Non ora Merlin, non ora…»
La cadenza delle sue parole denota sempre una vena di sarcasmo, che oramai il giovane mago ha imparato ad accettare, ma c’è anche di più.
Un sorriso nascosto che sottende, questa volta, un sentimento di speranza.
Allora Merlin sorride, annuendo lievemente con la testa: ha trovato una risposta ad una delle tante domande che le stelle portano seco.
Non sempre il retaggio del passato ha la chiave per tradurre il presente.


[hold me]

[stringimi]



E questo, almeno per il momento, gli basta. Quando non si possiede nulla, anche le pretese diventano inconsistenti.

Il tempo scorre, la natura fa il suo corso, i suoni si ripercuotono con costanza e periodicità in un’atmosfera intrisa di quel senso magico che rende l’esistenza un’incredibile avventura.
Vita.
Finalmente, Merlin ha imparato a riconoscerne il sapore.




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Note dell’autore

Saaaaalve, gente.
Innanzitutto, ringrazio vivamente Glowen e Brikelos, che hanno betato la fanfiction, dandomi dei preziosissimi consigli. Anche per tale motivo – permettetemelo! – ho deciso di dedicarla a loro, perché ci sono sempre, ed io le ammoh incommensurabilmente.

Detto ciò, prima di passare alle doverose spiegazioni inerenti alla shot, volevo un po’ descrivervi il lavoro che mi appresto a compiere.
Ho deciso che, per ogni brano dell’ultimo album dei Muse, scriverò una fanfiction, avvalendomi dei meravigliosi personaggi di questo altrettanto meraviglioso telefilm, Merlin.
Non seguirò uno schema ben preciso, ma andrà così, a seconda di dove decide di portarmi l’ispirazione.
Tornando a questa fanfiction in particolare, dovete sapere che, beh, io amo le novità e le avventure. Proprio per questo ho deciso di utilizzare (per la prima volta!) per questo capitolo uno stile particolare, che si pone (con molta modestia, eh) a cavallo tra la prosa e la poesia.
Come avrete notato, infatti, sono presenti nel testo numerose figure retoriche (Es. sinestesia, chiasmo, metafora). Lo stile è molto criptico, oscuro, può sembrare pesante in alcuni punti, sì, ma è comunque il mio primo esperimento. Al di là di tutto, devo dire che, alla fine, mi ritengo abbastanza soddisfatto del risultato.
Tuttavia, gradirei davvero molto sapere cosa ne pensate voi, anche perché non è detto che abbandoni del tutto questo particolare stile.

Grazie per l’attenzione.
Sempre amabilmente vostro <3,
Lupus.



Disclaimer: I personaggi non sono miei, ma proprietà del creatore del telefilm Merlin. Le parole in corsivetto e centrate in inglese sono tratte dalla canzone "The Resistance" dell'omonimo album dei Muse. Con la presente, non si vuole violare alcun copyright. La traduzione delle canzoni non è opera mia, ma l'ho presa da TestiMania.




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Edit del 15/02: Dopo una rilettura veloce, ho modificato alcune parti della fanfiction, rendendole più semplici. Ci tengo veramente a migliorare e perfezione questo stile.

Edit del 22/02: Ulteriore revisione.



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L'autore ai recensori:

PS: Ringrazio tutti i recensori, in generale: Tsumika83 (per aver segnalato l'errore commesso e per i complimenti), harderbetterfasterstronger (che ha un nick fantastico) e tutti gli utenti che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite, anche se mi sarebbe piaciuto sapere la loro opinione scritta e dettagliata. XD

Di seguito, le dovute risposte specifiche:

@GiulyB: Innanzitutto, ti ringrazio per la recensione, ma ancor più per l'errore che mi hai fatto notare. E' già il secondo, penso di dover stare un attimo più attento. XD
Effettivamente non ha senso mettere un nome in inglese e uno in italiano, modifico subito. *-*
Per il resto, ci tengo a sottolineare che "il sentimento effimero" di cui si parla, ovviamente, non ha nulla a che vedere con la loro amicizia. Ho utilizzato, in questo caso, il termine con l'accezione di "legame amoroso" che, per come ho impostato la fanfiction, è effettivamente effimero e caduco - a prescindere poi da qualsiasi altro tipo di affetto.
Nel TF non si parla esplicitamente di un loro coinvolgimento amoroso (anche se sono più che sicuro che il regista abbia mandato in più punti messaggi subliminali nascosti XD), per cui l'evoluzione della "storia" amorosa è, ovviamente, del tutto personale.
Io l'ho immaginata così, caduca ed effimera come la luce di un cero.
Ma, lo ribadisco di nuovo, mi riferisco solo ed esclusivamente alla storia d'amore tra i due e NON alla loro amicizia.



@Mika_mika: Ovviamente, quanto ho scritto è stato un mero esperimento e non l’ho sottolineato nelle note per chiedere implicitamente ai recensori di essere più clementi, ma proprio perché, non avendo mai utilizzato questo particolare tipo di stile, sono proprio curioso di sapere se sono riuscito o meno. Le critiche come hai detto servono a crescere, ed io non cerco altro.
Ti rispondo punto per punto.
1. Capisco perfettamente il tuo discorso sulla terminologia aulica e la successiva “caduta di stile”, ma posso dire che non è stata del tutto inconsapevole. Nel senso che non volevo creare un malloppo di periodi prolissi e ampollosi, degni di essere pubblicati in qualche scadente rivista del passato seicento e proprio per questo motivo ho cercato in più punti di smorzare l’atmosfera, “abbassando i toni”, smorzando il linguaggio. Probabilmente, ho esagerato. O meglio, non sono riuscito ad essere equilibrato, mea culpa. L’unica cosa che posso dire, a questo proposito, è che la prossima volta (semmai dovesse esserci) cercherò di calibrare i toni.
Per il resto, non ho davvero capito a quali termini ti riferisci, quando parli di “dubbiosa interpretazione”, quindi, se ne ha tempo e voglia, ovviamente, ti pregherei di indicarmeli. ^_^
2. Beh, su questo punto, non ho null’altro da aggiungere, se non ribadire il concetto di prima, e cioè che probabilmente non sono riuscito ad equilibrare il pathos, mea culpa.
3. Non sense vacanti, perché effettivamente non sense non c’è ne sono. Ho voluto dare una difficile interpretazione ad alcuni periodi, ma non li ho assolutamente svuotati di senso. Altrimenti, avrei comunque inserito l’avvertimento. Per cui, anche qui ti chiedo nuovamente di farmi notare questi “picchi”, sempre se hai tempo e voglia. Per il frasofattismo, beh, penso sia questione di punti di vista. Ora non voglio certo essere retorico, ma ho sempre amato le citazioni più o meno letterali, questa sorta di retaggio del passato, e continuerò ad usarli, perché mi piacciono. XD
Ricordo ciò che ho scritto, ma non riesco a ricollegare le varie parti alle tue critiche. Se avessi saputo di aver sbagliato qualcosa, non avrei sicuramente pubblicato. XD


@elyxyz: Non posso che ringraziarti per la recensione, soprattutto perché mi hai dato dei consigli che penso proprio seguirò, come quello di smorzare i toni, perché alcuni punti sono davvero molto pesanti.
Ma era il mio primo esperimento, quindi la prossima volta cercherò di ponderare meglio le scelte stilistiche e la terminologia stessa.
Per l'inglese, ti chiedo veramente scusa, ed io più di ogni altro dovevo pensarci prima, dal momento che sono uno di quelli che, a causa dell'incompetenza di un'insegnante e della 'pigrizia da autodidatta', faccio a pugni con la lingua.
Ma vince sempre lei. *sob*. XD


@Kokky:Wow. Cioè, sono senza parole. Rispondere alla tua recensione mi sembra riduttivo perché, veramente, è impossibile esplicitare attraverso le parole quanto ti sono grato. Quindi, ti chiedo anticipatamente scusa se non sarò prolisso come al solito, ma davvero sono rimasto senza parole (della serie: *___* - e, in questo caso, la faccina si sposa alla perfezione con il mio attuale stato d’animo).
Ma passiamo alle cose serie.
Ti ho già detto grazie? Sì, beh, lo ribadisco ulteriormente.
Grazie per aver saputo fare delle critiche oggettive e soprattutto costruttive, laddove ce ne era bisogno, perché mi rendo perfettamente conto di avere dei limiti. Ho cercato di travalicarli, qualcosa è andato storto, ma è bene che mi venga fatta notare, cosicché possa imparare, per non ripetere gli stessi errori. Per cui, modificherò le due proposizioni che mi hai segnalato: oltre che ad essere musicalmente sgradevoli, effettivamente, sono eccessive.
Per il resto, giuro, non so che dire. La tua recensione mi ha commosso veramente tanto, soprattutto per l’interpretazione generale che hai dato di alcune parti, che collima perfettamente con la mia visione d’insieme. Sono davvero contento di questo, giuro.
Grazie, Kò, e… bom, non so veramente che dire. *abbraccia*

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Capitolo 2
*** #1.Uprising [Merlin/Arthur] - [Guerra, Malinconico] ***


Uprising - Rivolta



Rivolta.
Un pretesto, un conflitto, una guerra.
Il rumore del metallo sul metallo è assordante, forti frazioni di suono che si smorzano nell’aria intrisa di sangue. Quasi come se la morte riuscisse, in una maniera del tutto irrazionale, ad appesantire l’atmosfera, coprendola con il suo manto nero.
Rivolta.
Un uomo, una famiglia, una storia.
La spada di Arthur sferza il vuoto una, due, tre volte, prima di affondare nel corpo di un altro uomo e privarlo della vita. I suoi occhi non si posano neanche per un secondo, sulle membra lacere di quel cavaliere senza nome e senza storia. Eppure, quello stesso uomo, un tempo li aveva avuti, un nome ed una storia.
Rivolta.
Un sussurro, un suono, un urlo.
Detriti. Detriti di metallo e di uomini, mischiati insieme su uno scenario aberrante di morte e distruzione. Il sangue a far da cornice, mentre le lacrime invisibili dei cavalieri che combattono sono l’unica traccia di poesia nella disperazione di quell’inferno.
I soldati urlano, neanche loro sanno cosa. È come se volessero ribellarsi alla guerra stessa, che li ha resi schiavi e colpevoli, relegandoli ad un destino che porta il nome della patria ma ha il sapore della morte.
Rivolta.
Un numero, un corpo, una tomba.
Incantesimi. Incantesimi sussurrati a fior di labbra e con sguardo vigile e attento. Merlin non ha alcuna intenzione di farsi scoprire, ma deve comunque trovare il modo per difendere il suo padrone e assolvere il suo compito. Gli uomini portano con sé il proprio destino fin dalla nascita. Poi conoscono la danza, il vino e le donne e si illudono di essere liberi.
La guerra è la prova tangibile della loro schiavitù.
Rivolta.
Una goccia, una lacrima, un oceano.
Arthur fende l’aria con la sua spada. Quando lo fa, può sentirne il lamento. Piange. Piange il tempo tutte le lacrime che non versano gli uomini per un onore che hanno già perso, nel momento in cui hanno imbracciato uno scudo e stretto nel pugno l’elsa della propria arma. Arthur non si ferma mai a chiedersi se quello che sta facendo sia giusto. La curiosità è per i filosofi, a lui interessa solamente combattere. Non si perde tra le pieghe oscure della ragione, arrivando ad accarezzare, col pensiero, l’intimità stessa del mondo. Quell’unico interrogativo che è, contemporaneamente, risposta e domanda, legate dai fili del destino.
Chi sono?
Rivolta.
Una speranza, un sogno, un ideale.
Merlin finisce di sussurrare al vento il proprio segreto e un uomo, dall’altro ciglio della strada, viene scaraventato lontano, come per magia. Tiene un’ascia in mano, un aggeggio rudimentale con cui aveva intenzione di colpire Arthur. Nel cuore, invece, porta ricordi di una vita vissuta in nome di un ideale, per poi morire, arido, tra le braccia del tempo.
Assurdo.
Tutta quella baldoria, quell’orgia di corpi che si sfregano tra loro, per porre fine ad un’esistenza di dolori e rimpianti, è assurda, così come il nome che porta. Come disgrazia, catastrofe, morte. Un concetto che va al di là di qualsiasi coscienza umana incatenato dalle barriere convenzionali della parola - una banalità che non trova giustificazione se non nella follia del tempo. Non c’è fine al peggio. L’uomo è capace di corrompere tutto ciò in cui si imbatte.
Rivolta.
Uno scudo, una spada, un Paese.
Il rumore del metallo si è quasi completamente spento, rimangono soffi, sospiri di demoni, che si sentono in lontananza, come a ricordare che non è mai tutto finito, ma che il male è ancora vivo, solo che da un’altra parte.
Arthur getta a terra la spada, come se quel misero gesto potesse cancellare tutta la sofferenza. Guarda i corpi dei suoi soldati – la guerra è finita, ora può farlo – e quelli dei suoi nemici. Gli sembrano tutti uguali. Se non fosse per la divisa, per gli stemmi e la diversa fisionomia e consistenza delle armi, quegli uomini, nudi, posti di fronte al Tempo, sarebbero parsi tutti uguali, come fratelli. Ed ora che sono morti lo sono: parenti, pensa Arthur. Parenti in un unico, ironico, destino. La morte.
Rivolta.
Un pensiero, un gesto, una resa.
Merlin esce dal suo rifugio, lo sguardo a terra. Lui non è un cavaliere, può evitare di guardare in volto la disperazione. Si avvicina, silenzioso, ad Arthur, accarezzando l’erba con i propri passi, quasi avesse paura di ferirla più di quanto non sia stato fatto in quei giorni.
Si ferma, alle spalle del suo futuro Re, per dargli il tempo di prendere atto della situazione.
È finita, vorrebbe urlare, ma le parole gli muoiono in gola. Non vuole disturbare quel silenzio che paradossalmente sembra quasi sacro, nella solennità tragica del momento.
Dopo ogni guerra, gli uomini perdono la dignità, ma non il senso della sofferenza.
Alla fine, Merlin decide di alzare gli occhi e l’unica cosa che riesce a vedere è un cielo bagnato di sangue che urla vendetta.
Rivolta.
Una parola, un’anima, un mondo.
Arthur si accorge di Merlin, si volta verso di lui e gli sorride. Non c’è neanche l’ombra di una felicità lontana, in quel gesto, ma solo la debolezza di un uomo nel momento in cui capisce di essere legato ad un destino più grande di lui.
È finita, sussurra piano, ma abbastanza da permettere ugualmente a Merlin di ascoltare le sue parole. Lui può parlare: è un cavaliere, quella è la sua battaglia, la sua vittoria.
Eppure, Arthur sente di aver perso. Ha perso, per l’ennesima volta, la dignità in un giorno di pioggia e in un mare di sangue.
Rivolta.
Un marchio, un’infezione, una malattia
Ti sei nascosto così bene, che nessuno è riuscito a trovarti, dice Arthur, rivolgendosi al proprio servo. C’è ironia nel suo tono di voce e Merlin sa che è un modo per tentare di esorcizzare i demoni che gli ballano dentro.
E lo asseconda, come sempre. Un rito al quale entrambi sono devoti, come una preghiera rivolta ad un Dio che non li ascolta.
Se non c’ero io a guardarvi le spalle, a quest’ora sareste cibo per i vermi, Sire, risponde il mago, in gesto di sfida. Parole accompagnate da una risata. Un suono insolito, lungo un campo di battaglia. Eppure tra le vibrazioni di quelle note non c’è certo allegria, ma solo una grande tristezza. Mascherata, però. Oramai, la verità ha assunto, come forma originale, le sue mentite spoglie.
Rivolta.
Sangue, distruzione, morte.
Arthur sorride, rispondendo ad una domanda che non è stata posta. Va tutto bene, sembra dire, ma com’è possibile dopo aver visto il guizzo sanguinolento degli occhi della morte?
Non c’è più pace, è una cosa che può capire solo chi l’ha vissuta. Gli storici di corte per anni gli hanno parlato di guerre e combattimenti, di stragi e uccisioni, con la superbia che solo un letterato può avere. Hanno cercato di insegnargli come si combatte per la patria, come si deve cercare la libertà arrivando anche a rifiutare la propria vita – ma soprattutto, per un Re, quella dei propri soldati – cos’è l’onore e tante di quelle corbellerie da strapazzo che, alle orecchie di un bambino, sono suonate come un’orchestra di flauti, guidati dal respiro del vento e dal battito della terra.
Nessuno di loro, però, ha mai saputo cosa sia veramente una guerra, perché non ne ha mai vista una, se non nei volti distrutti dei soldati o tra le pagine dei libri che sfogliano con tanto amore e che si vantano di aver scritto.
La guerra non è libertà, non è pace, non è amore. Ma è sangue, morte e distruzione. Non c’è nulla di bello, nulla per cui valga pena vivere.
Arthur lo sa bene, perché Arthur ha combattuto ed è morto in guerra, un centinaio di volte, tante quanti sono stati gli uomini caduti sotto la sua spada.
È finita, pronuncia un’altra volta, l’ultima per quella giornata, in modo solenne e autoritario, quasi voglia convincere se stesso. Ma, ovviamente, non ci crede.
È finita.

Another promise, another scene
[We will be victorious]
Un’altra promessa, un altro scenario.
[Saremo noi a vincere!]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N/A
Dopo essermi preso parecchio tempo per riflettere, ecco che sono tornato – finalmente! – con un nuovo capitolo di questa raccolta.
Sì, nuovamente una ArthurMerlin: il legame che lega questi due personaggi, che va al di là di qualsiasi banalità, qualsiasi mediocrità, evidentemente, mi ha colpito in modo particolare. Tanto da lasciarmi un segno dentro, che non vuole scomparire. E allora, perché non assecondare l’ispirazione?
Non so se trasformerò The Resistence in una raccolta ArthurMerlin, non ancora. Ma sicuramente questo non è il primo né sarà l’ultimo brano dedicato ai due, quindi mettevi l’animo in pace. XD
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato il primo capitolo, alcuni mi hanno davvero aiutato a crescere, come uomo e come scrittore.
Certo, da altri avrei preferito qualcosa in più, che rispondessero alle mie e-mail, che mi indicassero i passi dove, secondo loro, avevo sbagliato, invece che gettare una critica al vento, così, senza darmi la possibilità di capire i miei errori.
Le critiche di queste genere, sono un po’ vuote ed inutili - scusatemi l’inciso, ma ci tenevo.


Per il resto, spero che questa sia migliore della precedente. E’ diversa, vero, ma io ci vedo comunque un legame. Nello stile, nella struttura, nel cuore stesso del testo.
Sarò matto?
Può darsi.

Grazie di cuore a chi mi segue, veramente.
E’ importante per me, più di quanto immaginiate.

Saluti,
Lupetto <3

 



Ringraziamenti:
“Frazioni di suono” è un’espressione, poetica ovviamente, che ho trovato in un verso di Beatrice Zanini, illustre sconosciuta. Me ne sono innamorato.

I dialoghi nascosti tra le parole del testo, quasi invisibili, sono un palese tributo da parte mia ad un autore che sto imparando a stimare e ad amare come pochi, prima di lui. E’ Alessandro Baricco a cui, in parte, devo l’ispirazione per Uprising.
“Scrivere è una forma sofisticata di silenzio.” [A. Baricco, Questa Storia]

Ringrazio di cuore Kokky e Glowen che hanno letto in anticipo questa fanfiction e, da ottime beta, hanno saputo consigliarmi e incoraggiarmi. Vi ammoh.

Ovviamente, grazie ancora ad i Muse, che, oltre ad essere fondamentali per la stesura di questi racconti (le strofe, centrate nel testo, sono loro, come anche i titoli di ogni mio lavoro, nonché dell'intera raccolta), mi aiutano sempre, ad affrontare le insidie della vita.

Un ringraziamento speciale va alla BBC (o chi per questa), che ha dato vita a questo meraviglioso telefilm. I personaggi ivi presenti, difatti, non mi appartengono.

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Capitolo 3
*** #5.Guiding Light [Morgana/Arthur] - [Erotico, Dark] ***


 

 

5. Guiding Light - Luce Guida





Si perdeva Arthur, si perdeva tra le pieghe del suo vestito - i lineamenti freddi del volto, piegati in una smorfia, come una pietra bianca scalfita dal tempo.
Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro solo il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.
Non c’era amore, nei loro incontri: fuggivano dai vizi del cuore per paura di perdervisi e non ritrovare la strada.
Senza bussare, Arthur entrava nella sua stanza, di soppiatto, come un ladro, pronto a rubarle ciò che aveva di più prezioso. Ogni notte era la prima notte, ed era questo il bello della loro relazione: lui scivolava, silenzioso, tra le coperte, lei gli permetteva di cadere, di farsi male ma soprattutto di farle male.
Perché se c’è qualcosa di più doloroso di amare qualcuno è non amarlo.
Alla fine, dopo aver raccolto i cocci del loro segreto, Arthur si alzava e, così com’era venuto, scivolava via, questa volta lontano, accompagnato dal silenzio della notte, avvolto dal buio dei propri sentimenti.
Morgana, invece, rimaneva piegata a piangere lacrime che avevano il suo sapore – quello di una vita vissuta ad attimi di tempo, un lungo processo privo di ogni logica che la portava, ogni notte, ad aprirsi completamente a quell’uomo che pensava di non amare.
Soffriva, in silenzio, mentre si avvolgeva ancora di più tra le coperte, come se queste potessero cancellare tutto – anche lui non l’amava. Arthur. Non l’aveva mai amata.
Avrebbe voluto farlo, Morgana. Avrebbe voluto farlo, davvero. Annullare tutto, annullare tutto dietro il calore indistinto delle braccia del tempo.

 

And touch like strangers detached

tocchi come gli stranieri,
sei distaccato

 



Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.
Ogni notte era la prima notte. E Morgana, oramai, aveva perso il conto delle volte che non lo aveva amato.
Dopo l’amplesso, Morgana e Arthur, ogni volta, raccoglievano i cocci del loro segreto. Arthur scivolava, silenzioso, tra le coperte, frantumando, così, lo scudo dell’apparenza che li difendeva da occhi e commenti indiscreti – parole taglienti come lame, sguardi che toglievano il respiro.
I vestiti, lentamente, scivolavano via dai corpi, per permettere ai due amanti di non amarsi meglio, nudi, avvolti solo dal desiderio che, con una lentezza esasperante, li divorava.
Dopo l’amplesso, Arthur e Morgana, ogni volta, raccoglievano i propri vestiti e se li infilavano di nuovo, sigillando così, nei loro corpi, il segreto che gelosamente custodivano.
Non si guardavano né si parlavano, era tutta una questione di corpi, di nudità, di amore consumato con le mani e con le membra. Tutte le membra, fino ad essere colmi l’uno dell’altro, fino a scoppiare in ultimo, sommesso, respiro.
Poi tutto ricominciava da capo, un eterno attimo che durava nel tempo: lui scivolava, silenzioso, tra le coperte, lei gli permetteva di cadere, di farsi male ma soprattutto di farle male.
Perché se c’è qualcosa di più doloroso di amare qualcuno è non amarlo.
E Morgana, oramai, aveva perso il conto delle volte che non lo aveva amato.
 

 


I can feel you anymore

non riesco più a sentirti






Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.
Ogni notte era la prima notte. E Morgana, oramai, aveva perso il conto delle volte che non lo aveva amato.
… un ultimo, sommesso, respiro. Poi tutto ricominciava da capo: un eterno attimo che durava nel tempo.
Arthur, silenzioso, scivolava tra le coperte, lei lo accoglieva, ogni notte, senza pronunciare una parola, eppure avrebbe davvero voluto farlo, Morgana. Avrebbe voluto spegnersi insieme a lui, gettare acqua sul fuoco di quella passione che la divorava e diventare cenere, solo per disperdersi nell’aria e annullarsi, completamente.
Piegata, sentiva le ferite del silenzio sulla pelle, ma continuava imperterrita a concedersi alle braccia e al corpo di quell’uomo che credeva di non amare.
Sono forte, stupidamente pensava. Sono forte, stupidamente si ripeteva, mentre il suo corpo si piegava, un’ultima volta, per poi riprendere tutto da capo.
Ogni notte era la prima notte: non esisteva un antefatto né ci sarebbe stata una seconda scena, una terza, una quarta. I vestiti che la sera indossavano, il giorno dopo, venivano epurati da quel loro segreto, che si disperdeva tra le mani callose delle serve di corte, in un insignificante rivolo d’acqua; da lì, poi, trascinato, all’infinito, tra le pieghe rassicuranti di un ruscello che diventava fiume, poi mare – poi, infine, tempo.
Morgana, piegata, ferita dal silenzio, ma sempre stretta tra gambe dell’uomo che non amava, avrebbe voluto perdersi, nel ruscello, nel fiume e, poi, infine, nel mare. Sperava che le mani callose delle serve di corte potessero cancellare i segni di quella passione che, ogni notte come se fosse la prima, la divorava. Per questo, la mattina dopo l’amplesso, Morgana consegnava i suoi vestiti a Gwen per farli lavare e si infilava in una vasca che, a lungo andare, prendeva il sapore delle sue lacrime silenziose - di quelle che non si mostrano al mondo, ma ci sono. E fanno male. Davvero male, anche se non lo si dice.



In my hands, they crumble

Nelle mie mani, si sgretolano






Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.
Ogni notte era la prima notte. E Morgana, oramai, aveva perso il conto delle volte che non lo aveva amato.
Arthur, silenzioso, scivolava tra le coperte e lei non aveva più incubi. Non gridava, ma continuava a piangere e a desiderare di perdersi e annullarsi, ma solo per rinascere e riscoprire se stessa nel ruscello, nel fiume e, poi, infine, nel mare.
Aveva smesso di avere incubi da quando Morgause le aveva regalato quel bracciale particolare, lo stesso che, ogni notte, Arthur le sfilava dal polso perché dovevano essere solo loro due, nudi, tra le coperte – lo stesso che poi, lei, di nascosto, rimetteva, prima di addormentarsi.
Mourgause le aveva regalato quel bracciale, lei lo aveva rifiutato. Quella notte, proprio quella, Arthur era scivolato tra le sue coperte, forse guidato dalla paura della morte - che, quel pomeriggio, lo aveva quasi trafitto.
Lei aveva smesso di avere gli incubi.
Quella notte, Morgana aveva smesso di avere gli incubi, si era concessa ad Arthur e Morgause le aveva donato un bracciale speciale, che recava uno stemma che le ricordava il silenzio della sua infanzia. Quella notte era iniziato tutto, quella notte era stata la prima vera notte - e non tutte le altre.
Morgana si era rialzata. Aveva smesso di piangere.



[I’m lost]
[io sono persa]





Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.
Ogni notte era la prima notte. E Morgana, oramai, aveva perso il conto delle volte che non lo aveva amato.
Ma avrebbe smesso di contarle, le notti che non lo aveva amato. Avrebbe smesso.
Quella notte sarebbe stata l’ultima, davvero.
Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.
…l’ultima.
Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.
…tima.
Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.
…ma.
Le accarezzava le cosce – nivee, lisce, perfette nel loro tremolare indistinto, in quella notte di passione – fino ad entrarle dentro, prima con le mani poi con tutto se stesso, lasciando dietro il ricordo di un piacere così forte da annullare qualsiasi sentimentalismo patetico.


Ogni notte continuava a rimanere la prima notte. E Morgana, oramai, aveva perso il conto delle volte che non lo aveva amato.




 

 

 

 

 



N/A
Sono tornato presto, con questa nuova storia. Tutte parole frutto di un’ispirazione malata, in un giorno di pioggia e con la febbre alta.
Non sono soddisfattissimo del risultato. Morgana è vista sotto un aspetto particolare, per questo ho inserito “dark”. Sono sicuro che non sia all’altezza della precedente, di cui – perdonatemi – me ne sono completamente innamorato. Certo è meno importante, più leggera nella tematica trattata. Ma lascio a voi, comunque, l’ardua sentenza.
Saluti,
Lupus


L’autore ai recensori:
Come al solito, il mio cuore si riempie di gioia nel leggere le parole che, ogni volta, mi dedicate. Davvero, è importante, per crescere – ma oramai l’avrò ripetuto un miliardo di volte.
Sappiate, comunque, che vi amo, tutti, indistintamente. A voi, oggi, voglio dedicare questa storia, perché con le vostre parole, con i vostri consigli, illuminate le mie giornate.
Grazie, di cuore.

@GiulyB: ”il resto del mondo è sparito”. Penso sia uno dei complimenti più belli che abbia mai ricevuto, di quelli che ti smuovono dentro, che portano un sorriso.
Ti ringrazio, ti ringrazio davvero per il tempo che hai perso, lontana dal mondo, per commentare il capitolo precedente. Il dolore… era proprio quello il fulcro della storia, il dolore della guerra che rende gli uomini vittime, tutti, indistintamente, vincitori e vinti: una carneficina della dignità umana. Mi fa piacere che tu sei riuscita a cogliere le sfumature – il tuo cervello è molto meno ristretto di quanto dici, credimi! ;)
Per il resto, non posso che ringraziarti, per l’ennesima volta. Le tue parole sono state di conforto! ;)
@Ryta Holmes: due commenti, diversi, eppure molto belli. Grazie anche a te per ciò che hai detto. Descrivere una guerra non è stata, almeno per me, un’impresa facile. Le parole, confuse come confuso è il campo di battaglia, si mescolavano tra loro, senza che potessi farci nulla. Ho temuto di essere eccessivo, in alcuni punti. Di perdere il filo del discorso, ingarbugliare il bandolo di una matassa già difficile da disfare. Ma sono contento che ti sia piaciuta, che ti abbia colpito. Il rapporto tra Arthur e Merlin è proprio così, come dici tu: un caleidoscopio, una visione colorata di infinite sfaccettature. Amore, odio, amicizia, rispetto, paura anche, coraggio. Come se tutti i sentimenti del mondo si riversassero su loro due, per risolversi in un legame che ha dell’incredibile.
@ChelseaH: Grazie. Grazie un milione di volte, e più, anche a te. Mentre scrivo, traggo ispirazione dalla musica, quella che ovviamente dà titolo al racconto, e sono contento di essere riuscito ad imprimerla tra le parole del testo – almeno un pochettino, fosse anche un’eco lontana che si perde nel nulla.
Spero che ti possa piacere anche questa. Spero di averti trasmesso emozioni.
@Cassandra: Ti sono grato per i complimenti e per gli aggettivi usati per definire il racconto, il mio stile. Davvero, mi è d’aiuto il vostro sostegno, la vostra opinione!
@Mindyxx: Sono contento ti sia piaciuta e grazie del commento. Le parole che hai utilizzato per descrivere la guerra sono azzeccatissime, ed è proprio il messaggio che ho voluto inscrivere nel mio testo. ;)
@Elyxyz: Ritardo perdonato, ma solo perché la tua recensione mi ha fatto emozionare! Scherzo, ti avrei perdonata lo stesso! ;)
Ti ho già ringraziato per e-mail, ma voglio farlo anche qua, in questo spazio.
Riconosco pure io che lo stile è più “abbordabile” e spero di averlo mantenuto tale anche in questo terzo capitolo. Come spero, in fondo, che ti piaccia. ;)
Grazie di nuovo per la recensione, di cuore. <3


Ringraziamenti generali:
 

- Ad Erika – leggendo la news di oggi, riguardante i risultati raggiunti dal sito -, perché mi permette di confrontarmi con autori che stimo e apprezzo.
 

- Ad Alessandro Baricco, perché le sue storie, il suo stile, per me, sono continua fonte di ispirazione.
 

- Alla BBC, o chi per loro, che ha dato vita a questo meraviglioso telefilm e ai personaggi che ho mosso all’interno di questo racconto.
 

- A mia madre che mi ha trasmesso, fin da piccolo, l’amore per la lettura. Grazie, mamma, te lo dico sottovoce, in modo che tu non possa sentirmi.



 

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Capitolo 4
*** #.10 Exogenesis Symphony Part II (Cross-Pollination) - [Mordred/Morgana] - [Malinconico/Sentimentale/What if?] ***


10. Exogenesis Symphony Part II (Cross-Pollination) – Esogenesi: Sinfonia, Parte II (Impollinazione Incrociata)




Tell us, tell us your final wish?
We will tell it to the world

[dicci, dicci,
qual è il tuo
ultimo desiderio?
noi lo diremo al mondo]




Il vento corre tra i suoi capelli, divertendosi ad intrecciare e sciogliere quel groviglio nero di sogni e speranze. Lo sguardo si perde tra i volti delle persone, lungo i viottoli ramificati della città, tra le crepe delle mura del castello di Camelot. Mordred scivola tra le gente, silenzioso, diventando aria e poi vento, covando dentro di sé il desiderio di trasformarsi finalmente in tempesta e sfogare la sua rabbia cieca.
Tra le mani stringe una fiala nera, lucente, dove avrebbe voluto riporre la propria vita per osservarla con occhi estranei e valutare le alternative possibili, senza diventare schiavo del passato e del dolore – un lamento sottile, delicato, che si ripercuote tra le pieghe afflitte del suo animo.
Morte. L’unica parola al mondo di cui, prima ancora di pronunciarne il nome, si può sentirne già il sapore.
Mordred piega il capo, adesso anche la luce ha iniziato a giocare con i suoi capelli, colorandoli delle tinte accese del sole, solo per il bagliore di un attimo, prima di ritornare ad essere più neri di prima. Tra le mani stringe una fiala nera, lucente, dove avrebbe voluto riporre la propria vita e dimenticarla nell’oblio della memoria, quel luogo che neanche il tempo può scalfire – dove la vita si perde, tra le foreste di un’esistenza sofferta; dove i sogni si frantumano, nelle acque di un lago troppo profondo per essere reale.
Mordred si chiede spesso cosa sia la vita e quale senso abbia per lui, ed ogni volta, ogni dannatissima volta, non può che darsi la stessa risposta: che ha il sapore del sangue dell’uomo che l’ha marchiato a fuoco con il suo odio. Uther Pendragon.
Il vento corre tra i suoi capelli, anche il sole lo fa, e Mordred riesce a perdersi tra le gente e diventare aria solo per scivolare via, silenzioso e invisibile. Ad un certo punto, però, si ferma. Alza il capo e il vento, e il sole, e la gente smettono di essere vento, sole e gente per diventare solamente delle macchie di sangue sulla tela della sua vita. Ancora non riesce a capire come sia possibile, perdersi la vita, pensa Mordred, ma la vede scivolare via dal suo corpo e scomparire. Non la afferra, non la cerca neanche, semplicemente la osserva come un’asceta orgoglioso, un uomo che ha perso se stesso per rincorrere il nulla.
Qualche secondo e la vita, poi, ricompare. Un attimo, uno solo, e si ritrova a chinare il capo e diventare aria solo per perdersi tra la gente.
Magia. L’unica parola al mondo di cui, prima ancora di pronunciarne il nome, si possono vederne gli effetti.
Alza lo sguardo Mordred, incrociando gli occhi di Morgana. Lei sussulta, stupita, ma si ricompone subito: ha paura che possano riconoscerlo e ucciderlo; non lo sa Morgana. Non lo sa che lui è aria e che nessuno, tranne lei, può vederlo.
Non si avvicina, ma i suoi occhi si soffermano a lungo sul suo viso, come se avesse paura di sbagliarsi, come se sperasse, in fondo, di sbagliarsi. Non dovrebbe essere lì, ma ha bisogno di parlarle, di osservarla mentre scambia qualche parola con le guardie, con la sua ancella e scende da cavallo, trepidante.
Sta quasi per cadere a terra, ma riesce a ritrovare l’equilibrio. I capelli le cadono davanti agli occhi, con delicatezza, come se fossero nati per quello. Per caderle davanti agli occhi e nascondere la bellezza del suo sguardo dietro una maschera di seta. La più bella maschera di seta che Mordred abbia mai visto – ha i contorni, precisi ma delicati, di un sentimento atavico che la gente comune ha perso nel pianto: è l’amore di un figlio per una madre, una magia più potente delle altre.
Mordred non l’ha mai avuta una madre. E forse è proprio per quello che è scivolato, silenzioso, tra le persone, permettendo al vento e al sole di giocare con i suoi capelli, e sciogliere, e disfare quel groviglio di sogni e speranze.
Morgana si allontana. Gira l’angolo, indiscreta, ma non può proprio evitare di guardarlo. Sa che Mordred è lì per una ragione – lo sa, l’ha sempre saputo, in fondo. Indossa il copricapo, nascondendo il volto, e si perde anche lei tra la gente del luogo.
Mordred la segue e la raggiunge. I due si fermano, si studiano – anche il tempo si addormenta, per permettere ai loro occhi di incontrarsi. A volte si vive in un solo sguardo.
“Cosa ci fai qua?” Morgana è la prima a rompere quel silenzio. Il vetro si incrina, lo specchio si rompe e lei rimane nuda, con una speranza di vita stretta nel pugno.
Sono qua per te.
Morderd non ha parlato, ma Morgana l’ha sentito. Quelle parole l’hanno attraversata in un secondo, come corde di un violino stanco che vibrano al sospiro del vento. Evanescenti come l’aria, ma vere. Ci avrebbe giurato.
“Potrebbero ucciderti” Le sue parole tagliano il silenzio, di nuovo. Non riesce ad immortalare la vita in un solo attimo, come fa Mordred. Lei ha bisogno di vivere tutto il tempo che ha a disposizione; deve respirare ogni tanto, e urlare, e piangere, e ridere, e sognare.
Ha bisogno di essere umana.
Potrebbero.
Non un’emozione, non una nota sbagliata, una pausa troppo lunga, ma semplicemente una melodia muta, che affonda le sue radici nell’irrazionalità e si nutre di essa. Mordred, ancora una volta, non ha parlato, ma lei l’ha sentito ugualmente.
“Non hai paura?” chiede la donna, con un lieve tremolio nel tono, più a se stessa che al bambino in piedi di fronte a lei. Cerca un rifugio nelle parole Morgana, trincerando i suoi timori dietro al velo dell’inquietudine; allontana le speranze con le lacrime e fugge dagli incubi che, ogni notte, la tengono incatenata al silenzio.
Ci sono io a difenderti.
Il vento continua a correre tra i suoi capelli, divertendosi a giocare con sogni e speranze. Li distrugge e poi li ricostruisce solo per distruggerli nuovamente – i capelli si intrecciano, poi si sciolgono e si intrecciano nuovamente.
Morgana si avvicina e lo abbraccia. Le sembra di stringere il vento, ma può sentire il suo volto freddo e smunto premerle contro il ventre piatto.
Mordred si perde nell’abbraccio, desiderando sciogliersi in quel sentimento così forte da poter scardinare una vita e ricostruirla da capo, pezzo dopo pezzo, mattone dopo mattone. Lui non si muove: le braccia rimangono attaccate ai fianchi esili, ma è come se la stesse abbracciando con tutto se stesso, anima e corpo. La ama come solo la pioggia riesce ad amare i fiori su cui si poggia e scivola via, rimpiangendo per il resto della sua esistenza quell’unico attimo di vita.
Lui non l’abbraccia, ma è come se lo stesse facendo. Morgana lo sa. Lei lo sente, il suo abbraccio.
“Come ci riesci?” La presa scema, ma la donna e il bambino sono ancora vicini, così vicini da poter sentire l’uno il cuore dell’altro e viceversa: è la vita che fa rumore, che prorompe da ogni fibra del corpo per mostrare il concerto della sua bellezza – un’orchestra di flauti che inizia e finisce nello stesso istante, come per magia - la vita è, fondamentalmente, una magia.
Sono diverso. E lo sei anche tu.
Il rintocco di una campana lontana, è la morte che la suona. Morgana la sente, ma non ci bada, pensa che sia stato il bambino a suonarla.
Lei è diversa. Anche Mordred lo è. La loro vita è diversa da tutte le altre: onde irriverenti che, invece di frantumarsi contro gli scogli, preferiscono cavalcare il mare al contrario e perdersi nell’orizzonte.
Il bambino sposta lo sguardo, a disagio di fronte allo straordinario potere di quella donna: lui non ha mai avuto una madre, ma è come se ci fosse sempre stata.
La guarda, mentre lei cerca di trovare un equilibrio nella sua vita, qualcosa che le dia la forza di riprendere il cammino, perché non ha più voglia di trascinarsi. Qualcosa che non sia Arthur, che non sia Merlin, che non sia Uther, Gwen. Morgana ha bisogno di vivere libera dalle catene che la opprimono, ogni notte, nei suoi incubi.
E Mordred la osserva, silenzioso, come se volesse purificarsi, come se volesse trovare una giustificazione al suo gesto – perché c’è sempre una giustificazione. Sempre.




Tell us, tell us your final wish?
We will tell it to the world

[dicci, dicci,
qual è il tuo
ultimo desiderio?
noi lo diremo al mondo]




Il clangore delle spade dei cavalieri, che si muovono nei loro foderi troppo comodi, rompe il silenzio, questa volta per sempre.
Si avvicinano, ma Morgana non li sente né li vede.
Qualcuno la strattona con violenza, senza avere intenzione di farle male, ma subito viene ripreso da un altro cavaliere, molto più lucido.
“E’ sempre sua figlia”
“Scusatemi, sir Leon”
“Arthur. Re Arthur la rivuole al castello, e subito”
“Venite Lady Morgana, venite con noi, forza…”

Le voci si mescolano tra loro, coperte dal suono della campana che è diventato sempre più forte – quando? Da quando la vita ha smesso di far rumore?
La gente del posto si aduna in circolo, alcuni la riconosco e hanno pena per lei. Le parole la attraversano senza colpirla, la vita le scivola di dosso. Morgana non capisce, non sente né vede – non è stata lei, lei non c’entra.
Si volta verso Mordred, ma questa volta non incontra il suo sguardo: solo il nulla.
Lui è scivolato via, tra la gente; è diventato aria, poi vento e, infine, tempesta.
C’è riuscito. L’ha fatto per lei, l’ha fatto per se stesso.
Poi lo sente. Un suono, che si distingue tra tutti gli altri per il rumore che provoca dentro di lei, - e la colpisce quel suono. A differenza degli altri, quel suono la colpisce - un riverbero di infinita gioia, la cui eco è l’espressione più tragica del dolore. Perché la vita non può essere semplice e basta. La vita no. È complicata.
Mordred è scomparso, ma il vento le accarezza i capelli, lunghi e neri, per un’ultima volta.
“Vostro padre, Uther… ecco, Morgana, riprendetevi! Uther, vostro padre, è stato assassinato”.
Mordred è scomparso, ma lei lo sente ugualmente: le accarezza i capelli, per un’ultima volta, nascondendole una fiala nera, lucente, nella tasca del mantello.




Breach […] the edge of all our fears

Infrango […] il margine di tutte le nostre paure



E’ veleno.






N/A:

Devo ammettere che scrivere questo capitolo è stato un lavoro molto più arduo e difficile, soprattutto per i caratteri estremamenti particolari dei protagonisti. Ma alla fine ce l'ho fatta! YEAH!
Se questo pomeriggio avete notato la raccolta aggiornarsi e poi sparire nel giro di un secondo non spaventatevi: è stato un errore mio. Ho sbagliato l'impaginazione ed ho dovuto cancellare l'aggiornamento, perché purtroppo non avevo il tempo di riscrivere tutto da capo.

Prima di lasciarvi ai ringraziamenti, però, voglio indicare a tutti gli amanti di Baricco (e curiosi) una raccolta che ho da poco iniziato: La locanda Almayer. Un capitolo per ognuno dei fantastici personaggi di uno dei libri che io considero tra i più affascinanti e profondi della letteratura mondiale, Oceano Mare. Ovviamente, dei modestissimi frammenti di vita e di nulla, per ricordare i luoghi e i protagonisti di quel mondo di colori e forme in cui ho perso completamente la mia coscienza.

Grazie a chi ha la pazienza e la costanza di seguire i miei deliri.
A tutti voi è dedicato questo capitolo, ed in particolare a GiulyB, che è sempre molto carina con me. <3


L'autore ai recensori:

@elfin emrys: Ti ringrazio per la recensione e sono contento che il capitolo precedente ti abbia commosso! Spero che anche questo ti abbia fatto provare le stesse emozioni, se non di più intense!

@GiulyB: Quante volte devo ringraziarti già per questa recensione? Ci siamo sentiti per email, vero, ma non penso riuscirò mai a farti capire come mi sono sentito dopo aver letto le tue parole. Grazie dal più profondo del mio cuore, perché mi hai emozionato.
Il fatto sconvolgente, effettivamente, è più sconvolgente di quanto credessi - ma purtroppo non riesco ad essere triste per te, perché mi hai riempito di gioia, donnah! XD
La tua recensione sembra quasi una fanfiction, davvero: è poetica, ora ci faccio anche un commento, con tanto di "stile perfetto, prosa encomiabile e bla, bla, bla" ihihi. No, davvero, scherzi apparte, non so neanche come definire le emozioni che mi ha fatto provare. L'ho detto io che sei sempre gentilissima!
Ah, per inciso, i tuoi ragionamenti sono perfetti: effettivamente, ho voluto lasciare l'interpretazione un po' libera, senza definirla con precisione. Ho voluto mantenere questa ciclicità confusa anche nell'amplesso, e il "farle male" si riferisce sia ad un dolore fisico che morale - certo non c'è violenza perché, nonostante tutto, Morgana, vinta dalla sua passione, accetta tutto quel dolore perché comunque rappresenta un'illusione, una sorta di via di fuga da un altro dolore ancora più grande. Per me, la vita di questa povera ragazza è concentrata quasi esclusivamente sulla sofferenza: ha sempre sul viso una piaga che lascia intravedere il suo animo profondo, turbato da un passato incerto e un futuro di solitudine dagli affetti più cari.
Anche il titolo è voluto: crea un distacco netto con quello che è l'argomento del testo. Per Morgana non esiste una vera è propria luce guida, lei si lascia consapevolmente trascinare da quello che è solo il simulacro di un fascio luminoso distorto.
Ho capito perfettamente quello che volevi dirmi e te ne sono grato. Neanche immagini quanto! <3

@Elyxyz: Sono contento che anche il capitolo precedente ti sia piaciuto. Anche io adoro Arthur e Morgana insieme perché il loro è un rapporto particolare, fatto di poche parole e molti graffi - delle ferite silenziose che insieme cercano di ricucire e che, poi, però, disfanno a causa del loro maledetto orgoglio.

@Rita Holmes: Non posso dirti che mi dispiace di averti angosciato, in quanto era proprio l'obiettivo che speravo, almeno in parte, di raggiungere. Di trasmettere, cioè, l'emozioni di Morgana, questo suo dolore così forte da farla piegare. A questo, però, ecco che si contrappone una passione smodata per l'uomo che si unisce a lei, ogni notte, senza preoccuparsi delle conseguenze. L'angoscia di Morgana nasce proprio da questo forte contrasto tra amore/odio, una battaglia che è destinata a durare in eterno - ogni notte è la prima notte, appunto.
Messaggi subliminali? Vuoi per caso consigliarmi qualcosa? *uhuh*

@ChelseaH: Una perfetta analisi! Anche io, come te, penso che Morgana abbia questo lato "oscuro" che nasconde dentro sé, un qualcosa di misterioso e opaco che, lentamente, la divora fino a farle perdere completamente il senso della realtà. E' come se vivesse in un incubo Morgana: è perseguitata dai demoni in ogni momento della sua vita, e vuole liberarsene, vuole solamente annulare tutto. E quale illusione, meglio dell'amore, ci aliena dalla realtà?
(Foscolo docet: "Vita umana? Ingannevole sogno!").



Ringraziamenti finali:

- Alla BBC, perché mi permette di usare, senza scopi di lucro, dei personaggi che non sono miei, ma che amo

- A Baricco, perché, oramai, è diventato il mio maestro spirituale.

- Alla Disney, perché il film ispirato al videogioco Prince of Persia con Gyllenhaal è assolutamente  f a n t a s t i c o (vi consiglio, se posso, di verderlo!).

- Alla pizza. Non penso ci sia bisogno di spiegazioni.


EDIT: Ogni dannatissima volta io litigo con il voi/lei, ed è stupendo che lo faccio sempre senza accorgermene. Ringrazio Ely per avermelo fatto notare - questa volta e le altre. *_* E ringrazio anche Giuly: avevo promosso Morgana al ruolo di "principessa". Sicuramente, le avevo fatto un piacere. XDDDDD

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Capitolo 5
*** #4. United States Of Albion [Merlin/Will] - [What if/Drammatico/Angst/Guerra] ***


Avvertenze (questa volta le metto all’inizio): Questa storia è stata scritta sul prompt Merlin/Will (non) è un segreto per il FanonFest, indetto dallo Staff di FW.
Con la pubblicazione di tale scritto non ci guadagno nulla. I personaggi non sono miei, purtroppo, ma della BBC o chi per loro.
Un grazie speciale a Pavese che con la sua Casa in collina mi ha fatto tornare la voglia di scrivere.


LEGGETE CON ATTENZIONE: QUESTA STORIA E' UNA WHAT IF, CON UN FINALE A SORPRESA E LEGGERMENTE DIVERSO DA QUELLO DESCRITTO NELLA SERIE ORIGINALE.

 

 

 




4. United States Of Albion – Stati Uniti di Albion

 

 

Buio. Buio pesto.
E rumore. Forte rumore.
Il clangore della vita che combatte contro il tempo, e poi si spegne in un ultimo, sommesso, respiro.
La paura che diventa sangue e scorre, veloce, dalla ferita sul petto, come un cielo squarciato dalle nubi in cerca del suo sole.
Solo l’aria è testimone del suo dolore, mentre si aggrappa con le ultime, vane forze alla vita che, lentamente, scivola via dagli angoli del corpo, e sfugge per non assistere alla sua dipartita.
E’ tremendo. Fa male, dentro e fuori. Ma, poi, ad un certo punto, si smette di soffrire. Tutto sparisce, in una nuvola di fumo, e resta solo aria. Irrespirabile.
È ancora buio. Buio pesto.

 

*

 

Le spade feriscono l’aria, le urla degli abitanti di Eldor si spengono, una alla volta, nella terra che li ha partoriti e accuditi come figli, mentre l’olezzo della morte perseguita i superstiti.
Merlin volta lo sguardo disperato prima da una parte e poi dall’altra, cercando di scorgere la più piccola speranza, nei volti vinti dalla disperazione dei suoi fratelli, ma vede solo costernazione.
Qualcuno si dispera dietro di lui, è Almuth*, la vecchia del villaggio. Il suo corpo che ha vinto otto gravidanze e il tifo, ora è scosso dal dolore e dalla consapevolezza della morte. Una spada le trafigge il petto, mentre la vita le scivola via dalla ferita aperta, e si perde nel terriccio.
L’esercito di Kanen non ha alcuna pietà, alcun timore, sputa sui morti e uccide le donne. E’ aberrante la loro ferocia, non credono in nessun dio.
Merlin si lancia in una corsa sfrenata, schiva due frecce, ma la terza lo ferisce al braccio. Non sente dolore, non ne ha il tempo in quell’inferno di sangue e strida. Brandisce la sua arma senza vitalità, sferza l’aria a vuoto, è troppo lento e troppo furioso per poter portare a segno anche un solo colpo.
Sente le forze abbandonarlo, e la vita con loro.
Arthur è in difficoltà, ma nei suoi occhi Merlin non legge disperazione. Ha lo sguardo di un eroe, non conosce la paura, ma ha pietà. Anche Morgana e Gwen si danno da fare come meglio possono. Combattono per lui, i suoi amici. Per una libertà che non compete loro, ma che possono sentire nei pianti disperati della gente e nei motti di rivolta.
Libertà. Libertà. Libertà.
C’è chi la cerca una vita e muore, nel momento stesso in cui l’ottiene. C’è chi invece non potrà mai scorgerla, se non nei volti gonfi di uomini insudiciati dal vizio.
Merlin anelava la libertà, la cercava nel suo respiro, che non riusciva mai a trattenere più di qualche secondo; la cercava nelle parole che non aveva mai detto ad Arthur, ma che sperava di pronunciare, un giorno.
Sono un mago.
Era semplice. Era la verità. E, insieme, la sua condanna.
Il principe lo abbandonerebbe. Il suo amico lo consegnerebbe nelle mani della morte.
Ogni giorno, allora, Merlin si costringe al silenzio, firmando un patto col tempo - per sempre cita una delle molteplici clausole. Per sempre. Un concetto che ha in sé l’eternità di una vita e la caducità dell’esistenza: un rifugio dal tempo e dallo spazio, nel santuario del silenzio.
Manda giù un magone che gli raschia la gola, il ragazzo. Mentre sente qualcuno dietro lui che incassa un colpo per difenderlo.
Si volta e lo vede.
«Will…» è un lamento flebile, quello che spira dalle sue labbra. La sua espressione contratta in qualcosa di simile ad un dubbio, ma meno incerto. Come se ponesse una domanda di cui conosce già la risposta. Ma è bello, a volte, sentirsi ripetere quanto la vita sia meravigliosa.
L’amico ricambia lo sguardo con più sicurezza. Sorride. In quel gesto c’è tutto un mondo di sentimenti non espressi, di parole non dette per non rischiare di cadere.
«Pensavo te ne fossi andato…»
Anche Merlin adesso sorride. Ritrova la forza di stringere la vita tra le braccia e riportarla in sé. Combatte per qualcosa di più profondo della propria libertà, ora: quella degli altri, dei suoi compagni, dei suoi amici, dei suoi fratelli.
E’ più bella la vita, e più meravigliosa, se viene condivisa.
«E lasciarti morire, qui, da solo?» la sue parole accarezzano l’aria, a differenza delle frecce scagliate dall’arco che stringe tra le mani.
Merlin non penserebbe mai di poter sorridere, in una situazione del genere. Ma lo fa, disegnando con la piega delle labbra il profilo della felicità.
«Vedi tu di non farti ammazzare, piuttosto»
Will non risponde, dà al silenzio il compito di anticipare la sua morte. Merlin sente un fremito percorrergli la schiena e spegnersi all’altezza delle spalle. Accusa il colpo senza congetturarvi sopra, pensando che sia normale in una situazione tesa come quella in cui si trova.
Nell’aria, il fetore della morte non vuole scomparire, ma si fa sempre più forte, permeando ogni cosa: le armi, le divise dei soldati nemici, le vesti lacere degli abitanti di Eldor, anche la terra ha perso il suo naturale profumo di vita, lasciando il posto a quel nauseabondo olezzo. Non vinceranno. E’ impossibile.
Eppure, non si arrendono. Continuano imperterriti il duello contro la vita, fino a morire. Negli occhi non c’è disperazione: dolore forse, causato dalle ferite sul corpo, ma è forza quella che anima le loro azioni. Eroi.
Merlin capisce che non bisogna essere speciali per diventarlo… basta vivere la propria vita intensamente, pensando che ogni attimo che scorre potrebbe essere l’ultimo.
Non serve la magia, alla vita. Perché essa è già più potente di qualsiasi altro incantesimo.

 

And these wars they can’t be won

E queste guerre non posso essere vinte.

 

 

*

 

E’ ancora buio. Buio pesto.
Non c’è luce nella morte. Né speranza. Solo un interminabile silenzio rotto dal respiro affannato di qualche demone.
Non sente più la vita. La cerca, con le mani, con la voce, con la mente, ma non si muove né parla né percepisce nulla. E’ stato svuotato di qualsiasi cosa, privato anche del dolore. Ed è terribile la consapevolezza di non esistere più. Un cappio invisibile gli serra la gola: ha sete, e fame, e piange lacrime che non scendono, quasi avessero paura di quel mondo che non si trova in nessun luogo, ma è ovunque. La morte.
Il buio si dirada, ma è una flebile luce quella che si intravede tra le pieghe del tempo. Racconta le storie di un’epoca, lontana, inafferrabile, con immagini vuote e prive di colori.
E’ la vita, che, distante, lo saluta.
Tornerà di nuovo la notte. E sarà buio. Buio pesto.

 

*

 

Due volti, nel lago limpido e cristallino, si perdono nelle pieghe dell’acqua, disturbata da un sassolino scagliato con forza.
Un salto, due, tre. Al quarto si spegne.
Ridono, adesso, i volti, esuli da qualsiasi preoccupazione. La loro è una vita fatta di corse contro il vento, di giochi allegri, di sorrisi e abbracci sinceri. Sono troppo giovani, per sentire il lamento del tempo. Sono troppo giovani, ma non lo saranno per sempre.
«Amici?» la mano protesa in avanti, pronta a stipulare, con un gesto, la promessa di una vita. E l’ingenuità che possa davvero essere per sempre.
«Finché avrò fiato in gola per respirare» due mani esili che si stringono, cercando l’una conforto nell’altra. Alla fine non ci credono neanche loro, che possa essere davvero per sempre. Ma sarebbe bello, se fosse possibile.
Due volti, nel lago limpido e cristallino, si perdono nelle pieghe dell’acqua, disturbata da un sassolino scagliato con forza.
Un salto, due. Al terzo si ferma.
«Sono più bravo io»
Risate, costernazione, ancora risate e di nuovo costernazione. Come sono versatili l’emozioni dei bambini, hanno i colori dell’arcobaleno. E la sua rarità.
«Ma tu non sei capace, però, di fare questo»

Di nuovo buio. Buio pesto.

 

*

 

La battaglia imperversa da alcune ore. Gli abitanti di Eldor sono stanchi, hanno il morale a terra e calpestano inavvertitamente i corpi esangui di quelli che, una volta, sono stati loro amici. E fratelli, e padri, e madri.
Il sole risplende in alto, non è solamente Camelot ad essersi dimenticata di loro, ma anche il cielo, che non piange la dipartita dei morti.
Sono soli, contro dei nemici imbattibili. Ci vorrebbe un miracolo, per salvarli.
«Ci vorrebbe la magia…» le parole di Will rimbombano nella mente di Merlin, amplificate dalla sua coscienza. Nessun altro l’ha sentito, il suo amico non è così sprovveduto.
Merlin vorrebbe controbattere, disegnare con le parole un futuro che non sarà il loro, se non si affretta ad agire. Ma non può. La speranza sembra averlo abbandonato - è impossibile sognare, senza di essa.
Piega il capo, allora, sconfitto da quella verità.
Ci vorrebbe la magia.
Ma cosa penserebbe Arthur di lui? Cosa Morgana, cosa Gwen, cosa gli abitanti di quel villaggio da cui è scappato proprio per la sua diversità?
Teme di non essere accettato, di essere condannato perché gli altri non riescono a capire che, sotto la magia, c’è un cuore umano che pulsa come tutti gli altri. Un cuore capace di sentire la natura, di amare e soffrire, come tutti gli altri.
Merlin sa che la diversità è solo il nome che gli uomini danno alle loro paure, ma è estenuante vivere con il peso del silenzio sulle spalle.
Si è abituato, oramai, a sfuggire lo sguardo della gente, a nascondersi dietro un fare impacciato e una risata irriverente.
Come si sarebbe sentito, una volta che le circostanze lo avrebbero reso nudo? Lo avrebbero esposto al giudizio degli altri?
Ci vorrebbe la magia, la parole di Will rimbombano nella sua testa, amplificate dalla coscienza. È la verità, che gli fa quest’effetto.
Merlin vorrebbe dirgli che la magia, in realtà, non esiste. È una capacità come un’altra: c’è chi sa ferire un uomo ad occhi chiusi con la spada, anche questa è magia. Chi, invece, beve fino a scoppiare senza subire le conseguenze dell’alcool, chi conosce il nome di tutte le piante che crescono sulla terra, chi riesce a parlare per ore senza avere la gola secca. C’è chi vive. Tutto questo è magia.
Gli uomini preferiscono soffermarsi all’apparenza delle cose, perché hanno paura di scavare a fondo e scoprire che, in realtà, c’è un altro mondo, oltre al loro.
Arthur, William, Gwen, Morgana, gli abitanti di Eldor, tutti loro stanno combattendo per la libertà, ma Merlin pensa che, in fondo, sia impossibile raggiungerla. In un modo o nell’altro, qualcuno sarà sempre schiavo dei propri pregiudizi, di qualunque natura essi siano.
Nessuno vive veramente.
«Merlin… ti prego. Abbiamo bisogno di te. Eldor ha bisogno di te!»
Merlin sospira, vinto da quella richiesta disperata.
Per ottenere la libertà, ha bisogno di essere, anche se per un’ultima volta, schiavo.

 

*

 

E’ di nuovo buio. Buio pesto.
Il tempo gioca con la sua vita, prima attraverso le immagini di un passato lontano, adesso con i suoni del presente.
Le spade hanno smesso di sferzare l’aria, gli uomini di lamentarsi per le proprie ferite. Sta morendo: lo sente nel pianto disperato dell’amico che ha poggiato la testa sul suo petto e gli stringe la mano, come a ricordare la promessa di una vita, quella che avrebbe dovuto valere finché avrò fiato in gola e per cui adesso stava pagando lo scotto.
«Avevi detto che sarebbe stato per sempre»
Urla, l’amico, le parole di una vita. Quelle che non sono riusciti a dirsi, nel momento del loro abbandono. Lì, in quel giorno, le loro esistenze hanno iniziato a corrodersi lentamente, perché non sono stati in grado di mantenere l’impegno preso. Si sono rivisti, solo per dirsi addio.
Ed è tragico, ma anche meraviglioso, il modo tutto particolare che la natura ha di legare le vite tra loro, come corde che si intrecciano, si sfilacciano, si riavvicinano, ed infine si spezzano. Alcune prima, altre dopo molto tempo.
Ma, alla fine, la morte è inevitabile.
I singhiozzi si spengono, torna il silenzio. Il tempo ha ripreso il suo gioco. La vita scorre veloce, ma lui può solamente assistere, come uno spettatore, senza partecipare.
Non è più così buio, ma lo sarà presto.

 

*

 

I loro occhi si incrociano sotto il sole rovente, si scontrano e, infine, depongono le armi, una volta riconosciuto, in quello sguardo, l’amico di un tempo.
Merlin stringe la mano a Will – è tornato per salvarlo. Il mondo tace e la terra, sotto di loro, scompare. E’ una magia, ma lui questa volta non c’entra niente.
Entrambi raccontano all’altro la propria vita, e il tempo si ferma: le foglie degli alberi smettono di oscillare, non si sente un solo suono provenire da quella natura rigogliosa. Sembra che il mondo si sia spento, dopo aver soffiato l’ultimo respiro.
«Poi sei andato via…»
«Le cose sono cambiate.»**
La sua vita è cambiata: costretto all’esilio a causa della magia. Ha seguito i consigli di sua madre, allontanandosi dal villaggio, e dal suo migliore amico, per non soccombere.
Merlin ha affrontato la vita a testa alta, si è anche adeguato qualche volta, ma non ha mai smesso di guardarsi indietro, di sognare un’esistenza senza quel morbo che lo rende unico e solo.
Gli eroi muoiono soli, ricorda di aver letto da qualche parte. Ma non si sentiva un eroe, bensì un servo.
Era arrivata la sua occasione, finalmente.
«Non te ne andare di nuovo»
«Non ti abbandonerò»

 

Poi buio. Non avrebbe mai più visto la luce.

 

*

 

Le urla non smettono di perseguitarlo, il cuore pulsa, sembra quasi voler sfondare la gabbia toracica e uscire fuori, solo per dare un’occhiata al mondo.
Merlin comprende che è arrivata l’ora di porre fine a quella guerra, che non è riuscito a vincere con la sola forza.
Le sue mani si alzano da terra, la bocca si apre per parlare e l’aria, e Will, accolgono per l’ennesima volta il suo segreto, riuscendo a non svelarlo al resto dei presenti.
Il vento si fa più forte e, con una furia inaudita, spazza via ciò che rimane dell’esercito nemico. È uno spettacolo meraviglioso e, al contempo, spaventoso.
Cosa sia successo dopo è solo un ricordo vago, una linea grigia sfumata sulla tela del tempo. Non c’è un prima né un poi, ma soltanto una ridda di immagini confuse, suoni ovattati, urla, strida e buio.
Alla fine, tutto si riduce a quello.
Lo sguardo indagatore di Arthur – chi è stato ad usare la magia? Chi è lo stregone che va punito?
Gambe che tremano, voce rotta dai singhiozzi e sangue. Una freccia viene lanciata da una balestra: il nemico non era morto, ha aspettato il momento opportuno per togliere la vita nel più infimo dei modi. Non è un guerriero, non è un eroe, ma è schiavo dell’odio e della violenza.
La freccia non colpisce chi avrebbe dovuto, un uomo si pone tra questa e il suo obiettivo, è un eroe, un servo, o semplicemente un amico?
Qualunque cosa fosse, non ha importanza di fronte alla morte: tutto perde il proprio valore e si riduce ad un incontemplabile nulla.
E buio. Buio pesto.
Pianti, urla, strida. E parole, molte più di quante se ne ascoltino in una vita intera.
E’ un brav’uomo. Un valoroso. Un forte. Ha affrontato fino alla fine la vita a testa alta, senza lasciarsi corrompere. E’ stato un mago, un tempo, ma ha salvato la vita al Principe, si è sacrificato per il bene della corona.
E’ morto per la sua magia, probabilmente. Ma da eroe, da brav’uomo, da valoroso e forte.
E’ un mago. E’ un mago.
Che importa, adesso che ha smesso di respirare?
Non è magia. La vita, dico, non è magia. E’ tutto un trambusto di suoni e colori, di gioie e sofferenze, di parole e silenzi, ma non è mai come la si desidera. I sogni esistono per dare sollievo al dolore, ma la speranza – questa attesa che nella sua eternità è caduca come la vita. Come Per sempre – li uccide.
Come ha ucciso lui.
Il mago.

 

*

E’ buio. Buio pesto.
Le luci, i suoni, le lacrime sono tutti spariti; non è rimasto che il ricordo di quel dolore, che sarà presto sostituito da un altro più forte. Il tempo ha iniziato già a corromperlo: la sua immagine si arrugginisce, il suono della sua voce si spegne.
E’ il nulla lo avvolge, e lo trascina giù, più in basso della morte.
I due giovani che stringono nelle mani la promessa di una vita si trovano ora a dover raccogliere ciò che rimane delle loro esistenze: l’uno tra le braccia della morte, l’altro nell’apatia della sua quotidianità. Per sempre, hanno capito oramai, è la menzogna che il tempo racconta allo spazio per irretirlo. La bugia dalla quale nascono le cose: i fiori, gli animali e l’uomo. Per sempre non è neanche la magia.
Merlin e Will non sono più Merlin e Will. Le loro vite sono scivolate via, nelle lacrime che hanno versato per tutti quei morti; nei respiri stentanti che hanno coperto i vuoti d’aria rotti dalle spade.
E’ la guerra che distrugge tutto. E’ la guerra che rende la magia morte.
Tutto si spegne. Anche la vita.
E’ rimane buio. Buio pesto.

 

*

Merlin è a terra.
Il suo corpo privo di magia, e di vita. Il cielo adesso, insieme ai suoi compagni, lo piange. Di lui si è ricordato. È un eroe, finalmente.
Will ha la testa poggiata sul suo petto, la mano stretta alla sua, in ricordo di quella promessa infantile oramai uccisa dalle spire del tempo. Piange, urla, freme.
Non esiste consolazione per questo genere di dolore: non c’è conforto.
E’ la morte.
E tutto, tutto diventa, per sempre, buio.

 

*

Una voce si ripercuote, costante, tra le strade di Camelot, ripercorrendo quei sentieri sperduti che una volta lui attraversava a testa alta e con il sorriso stampato sul volto, a disegnare il profilo della felicità.
Era un mago. L’ha ucciso la magia.
Gli uomini trovano sempre una spiegazione razionale alla loro irrazionalità: come se la giustificazione fosse anche redenzione. Non importa che sia una bugia. Non importa che sia una menzogna.
(Non) è un segreto.
Il resto, all’umanità, non interessa.

 

And we know that there’s no one we can trust
Our ancient heroes they are turning to dust

E sappiamo che non c’è nessuno di cui possiamo fidarci
I nostri antichi eroi, stanno diventando cenere!

 

                                                                                                         

Il ricordo di Merlin si sgretola, completamente corrotto dal tempo. In vita è stato un servo, nella morte un eroe. Solo dopo di essa è diventato un mago per poi scomparire, così, nel buio.
Della promessa di una vita, quella sancita da una stretta di mano, non rimane che cenere tra le braccia del tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTORE.

Chiedo venia! Lo so: è passato taaaaanto tempo dall’ultimo aggiornamento, ma purtroppo è un periodo un po’ così, questo estivo: tra mare, partenze improvvise (SONO STATO A SICUSA A VEDERE L’AIACE *_*), studio e progetti più o meni seri, mi son perso per la strada.
Adesso sto ripercorrendo il sentiero, ci vorrà altro tempo prima di rimettermi in carreggiata, ma non mi arrendo. È una nuova sfida, che vincerò… al massimo, mi accontenterò ugualmente di aver partecipato.

Riguardo questo capitolo in particolare non ho nulla da aggiungere. Le parti che descrivono la morte di Merlin sono molto più confusionarie, rispetto alle altre, ma ho voluto renderle così.
In fin dei conti la morte è caos, e ti toglie la vita in un concerto di note stonate e immagini prive di senso. O almeno è così che io la immagino.
Vi prego, non chiedetemi il motivo di questo finale completamente stravolto. Davvero, non lo so perché ho deciso di far morire Merlin e non Will. Forse perché penso che una fine del genere sia degna di lui o forse solo per creare un effetto sorpresa... ripeto, non lo so neanche io. XD
Infine, ho deciso - dopo aver chiesto il permesso anche sul forum di FW - di sviluppare il pairing come semplice amicizia, e non amore (inserisco questa nota dopo il commento di Ely, perché ho capito che è importante! ;))

Se posso, vorrei pubblicizzare una fanfiction che ho scritto, liberamente ispirata alle Troiane del Sommo Euripide. La protagonista è uno dei personaggi femminili del mito che amo di più: Andromaca, con la sua tristissima vicenda storica. (Dal testo: “[…]Soffia il vento sulle macerie della sua vita, della loro vita. Vittima, in un mondo che l’ha voluta donna solo per sopportare meglio la sofferenza.[…]”).
La storia la trovate QUI.

 

L’autore ai recensori:

Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia nei Preferiti, tra le Seguite o le Storie da ricordare, anche se recensori silenziosi. E’ bello sapere che si è apprezzati.
In particolar modo, come sempre, ringrazio chi ha speso un po’ del suo tempo per lasciare una recensione. A tutti voi è dedicato questo capitolo. <3

 

@Ely: Ti ho già ringraziato per la recensione e per la correzione. Oramai la confusione voi-lei è diventata una costante nelle mie storie: lo facessi apposta, mi consolerei, ma purtroppo sono un caso perso. XD
Grazie ancora per i complimenti e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! ;)

@Princess Hina: Fa sempre piacere ricevere commenti da nuovi recensori e non sai quanto io ti sia grato per le parole, ed il tempo, che hai speso per me. Davvero grazie, non saprei come alto farti capire quanto sia felice di ciò che hai scritto! <3

@GiulyB: Come al solito, le tue recensioni arrivano quasi a farmi piangere. Che è veramente difficile, ma tu sei un toccasana per l’autostima! E ti ringrazio, lo sai oramai, per tutto. <3

@ChelaseaH: Ti ringrazio veramente molto per la recensione che hai lasciato al precedente capitolo. E’ bellissimo ricevere complimenti, soprattutto da autori che si stimano e che piacciono. Valgono come doppi, diciamo. XD
Ho letto Il Simbolo Perduto – AMO Brown. In verità ho letto TUTTO ciò che ha scritto – ma devo ammettere che non ci avevo proprio pensato, alla scena da te citata, quando ho immaginato la mia (si fa per dire XD) la fiala nera. Però, ecco, è bello quando si creano questi ponti, questi legami che l’immaginazione accende, durante la lettura. E’ un viaggio che adoro fare e in cui, spesso, mi perdo anche io. ^_^
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e sono davvero ansioso di sapere cosa ne pensi, perché ho letto la tua storia Merlin/Will e, come puoi capire dalla recensione che ti ho lasciato, l’ho trovata davvero fantastica!

@Rita Holmes: Ringrazio anche te per la recensione e mi dispiace di non essere riuscito a scrivere su Uther. Spero non me ne vorrai. ç___ç Effettivamente sono stato ispirato dal prompt del Fest di Fw e ho deciso di lasciar fare all’immaginazione, ma questo non vuol dire che non ci sarà un capitolo che lo vedrà protagonista. Anche a me affascina come personaggio e sarà interessante analizzarlo e scriverci su! ;)

@Kaho: Ti ringrazio per la recensione! L’analisi della storia è a dir poco perfetta! Spero di averti allettato di nuovo, con questo pairing. Altrimenti… al prossimo! ;)

@Mindyxxx: Anche poche parole, sia pure gettate al vento, possono cambiare una giornata: risollevando, magari, il morale di chi le riceve e accoglie. Per cui, grazie davvero per ciò che mi hai detto!




Legenda:

*Almuth è un personaggio di mia invenzione. Uno dei tanti volti che ha vissuto quella guerra, morendovi. E' un'eroina o una vittima... lascio alla vostra coscienza la libertà di interpretare come meglio crede la vicenda umana di questa donna.

**Dialogo ripreso fedelmente dal telefilm.

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