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Ci
fu un tempo, in una splendida città, in cui vi erano un re e
una
regina. Essi avevano tre figlie bellissime, ma mentre la bellezza
dalle prime due si poteva degnamente lodare con parole umane,
così
non era per la minore, che possedeva una bellezza celeste, tanto che
ogni tentativo di descrizione risultava quasi un affronto.
Essa
era pura e innocente, con dei splendidi capelli castani e due
occhioni neri da cerbiatta, aveva un carattere mite ed ingenuo, ed
era curiosa di tutto ciò che la circondava.
Chiunque
nel regno, dai poveri contadini ai raffinati nobili, si soffermavano
a contemplare tale meraviglia quasi fosse una dea…
I
forestieri diedero alito a queste dicerie e presto in tutti i regni,
si sparse la voce che quella splendida fanciulla superava in bellezza
persino la dea Venere, in poco tempo folle
di pellegrini sempre più numerose si attrezzarono per
compiere
lunghi viaggi, sfidando mari e monti pur di godere della vista di
tale meraviglia, nessuno si recava
più a
Konoha
o ad
Atene o a Citera per visitare i santuari di Venere, e nessuno faceva
più sacrifici in suo onore, i suoi templi erano abbandonati
e
nessuno celebrava più le sue festività. Ma in
compenso, tutti
veneravano quella fanciulla al pari di lei.
Quando
la vergine usciva innocentemente per le strade, veniva circondata di
ghirlande, gioielli e altre delizie, lei ne era contenta, ma, quasi
non rendendosi conto della sua bellezza, si comportava sempre con
gentilezza e con modi dolci e garbati.
Non
passò molto tempo che Venere venne al corrente di tutto, e
disgustata da ciò cominciò a lamentarsi.
<< Com’è
possibile che io, la Magnifica Karura, conosciuta da tutti i mortali
come le Splendida Venere, venga paragonata ad una comune mortale?
Come può una mocciosa insignificante competere con la dea
della
bellezza? >>
Mentre
parlava, pensava già a una degna vendetta, a come rendere
inoffensiva quella sciocca mortale.
Un
ghigno malefico s’impossessò del suo splendido
volto, chiamando a
gran voce il figlio alato, costui era un cattivo elemento, che,
irrispettoso della morale, andava in giro per le case armato di arco
e frecce, profanando i letti nuziali e dando vita a unioni
sacrileghe, insomma non combinava mai nulla di buono.
Karura
gli si avvicinò aizzando il lato più oscuro del
suo carattere.
<< Gaara,
figlio mio… >>
Se
lo strinse al seno fingendosi angosciata.
<< Figlio
mio, sangue del mio sangue, ti ho chiamato perché ho un
bisogno
urgente dei tuoi servigi >>
La
dea gli raccontò ogni cosa mentre lui l’ascoltava
senza lasciar
trasparire nessuna emozione del suo viso.
<< …Quindi
ti imploro, figlio mio amato, di vendicare la tua adorata madre,
troppa vergogna sta sporcando il nostro buon nome, quindi, se proprio
vuoi farmelo questo favore, ti prego di far innamorare questa mortale
dell’uomo più brutto e disgraziato della terra,
affinché lei ne
ricavi solo vergogna e prole guasta >>
Lo
staccò dal suo grembo materno baciandolo a lungo. Poi gli
porse
l’arco e le frecce.
<< La
ragazza è conosciuta in tutti i regni col nome Matsuri >>
Lui
annuì e dopo un’impercettibile inchino
volò oltre i cancelli
dell’olimpo.
La
dea della bellezza, soddisfatta del lavoro compiuto, si recò
sulle
rive del mare, dove ad attenderla c’era una maestosa
conchiglia con
all’interno la più preziosa tra le perle, la dea
poggiò il roseo
piede sul guscio per poi adagiarsi sulla perla, mentre il mare, con
le sue dolci onde, la copriva con un delicato velo di seta per
ripararla dal sole, appena la dea diede l’ordine, la
conchiglia si
mosse e cullata dal mare si diresse verso l’oceano.
Il disegno di Amore
e Psiche (Gaara x Matsuri version) è di gabychan91 (deviantart) aliasDark Gaara (efp)
Intanto
sul mondo molto tempo era trascorso.
Matsuri diventava sempre più
bella ma da ciò non ne traeva nessun vantaggio,
perché nessuno, non
un re, non un principe, nemmeno un plebeo veniva a chiederla in
sposa, tutti si limitavano a guardarla e a lodarla.
Le
sorelle, la cui bellezza era sempre passata inosservata, si erano
sposate con due principi dei regni vicini, quindi la povera ragazza
era rimasta vergine e sola, nel magnifico castello paterno,
lì trascorreva le giornate a struggersi nel dolore e non
trovava pace,
se non quando si recava sulle sponde del fiume, dove incontrava Delia
la sua adorata cerva albina, nonché animale sacro di Venere.
Il
padre della sfortunata fanciulla, non riuscendo a spiegarsi il
perché
di tanta solitudine e temendo l’ira degli dei andò
a consultare
l’oracolo Neji, uomo dai poteri straordinari, grazie agli
occhi
capaci di vedere il futuro e comunicare con gli dei, Venere compresa.
Il
vecchio re dovette offrirgli svariati doni, tra i quali: oro,
gioielli, cibi squisiti, e non contento, molte vittime, solo allora
l’oracolo, dopo un rito
propiziatorio, disse al re:
<< Fra
tre giorni vesti la tua figliola con abiti nuziali e ponila sulla cima
della montagna più alta del regno, non aspettarti
un genero di umana
stirpe, ma un drago, talmente crudele e malvagio a essere temuto da
Giove stesso, e sappi che le nozze di tua figlia non saranno
felici…
ma nozze di morte >>
Il
re, con le lacrime agli occhi, si recò nel suo castello e
riferì
tutto alla sua regina e poi, omettendo molti particolari, anche alla
sventurata figliola, per tutti e tre i giorni i due poveri genitori
non fecero che piangere e lamentarsi.
Allo
scadere del terzo giorno, la madre della povera Matsuri, in lacrime,
le fece indossare un magnifico abito bianco, ma la coprì con
un velo
nero, con il cuore pieno di tristezza, i tre si diressero verso il
monte più alto del regno, accompagnati dal lugubre suono dei
flauti
e dei tamburi.
Tutto il regno era in religioso silenzio, molti
piangevano per la perdita di tale meraviglia …
Arrivati
nel punto scelto, Matsuri s’incamminò verso quello
che in realtà
era il suo funerale, il padre le diede un delicato bacio sulla
fronte, mentre la madre la strinse saldamente a se urlando.
<< NO
NON LO ACCETTO! OH DEI MISERICORDIOSI E POTENTI, PRENDETE ME AL SUO
POSTO!!! >>
Fu
la stessa Matsuri a rassicurarli, racchiudendo le mani della madre
tra le sue.
<< Madre,
ascolta la mia supplica, perché vuoi prolungare la mia vita
infelice? E perché rendere ancora più terribile
la vostra
vecchiaia? Questo è il premio per la mia bellezza e, se
questo è il
volere divino, io non posso far altro se non accettarlo, quindi vi
prego, non vi angustiate e siate felici >>
I
genitori piangenti la lodarono per la sua maturità, poi se
ne
andarono lasciandola sola.
La
povera Matsuri, dall’alto, poteva vedere l’intero
regno che
pregava per lei, nonostante questo, si sentiva mostruosamente sola,
strinse le braccia al petto e, scacciando via un’amara
lacrima,
attese.
Intanto,
non molto lontano da lì, Cupido aveva già
preparato la freccia,
quando vide la fanciulla coperta dal velo attese il momento propizio:
strinse meglio l’impugnatura nella mano sinistra, mentre con
la
destra aveva già teso l’arco, avvicinò
la freccia al viso e
chiuse un occhio mentre con l’altro prendeva la mira.
Matsuri
continuava a guardarsi intorno spaesata, tremava come una foglia, un
soffio di vento gelido la fece voltare, portandosi via il velo scuro,
lei alzò gli occhi al cielo nel tentativo di recuperarlo, ma
ormai
la stoffa era andata perduta.
Gaara
si bloccò spalancando occhi e bocca, il vento le aveva
portato via
il velo e ora potava vedere quella ragazza in tutta la sua
magnificenza: sguardo spaesato, guance imporporate dal freddo,
movenze eleganti …
Abbassò
l’arco continuando a guardarla, poi si ricordò
della sua missione
ed osservò quello che avrebbe dovuto averla come moglie, lo
guardò
con astio: capelli corti dietro e lunghi davanti neri, faccia bianca
da pesce lesso, occhi del medesimo colore dei capelli e quel nome che
gli faceva venire la nausea: Sasuke.
No
quella ragazza meritava molto di più, la voleva, DOVEVA
essere sua…
Il
suo più stuzzicante capriccio
Matsuri
continuava a tremare come una foglia, tutto il regno era tornato
nelle loro case, e ora anche i genitori si stavano allontanando,
scoppiò in un pianto disperato finché Temari, la
dea dei venti, non
inviò lo Zefiro a cullarla e a conciliarle il sonno, mentre
il vento
delicatamente, la trasportava in una bellissima valle fiorita
poggiandola su petali di rose e di violette.
recenzioni Dark Gaara: spero
di continuare su questa strada ^^... grazie a me? GRAZIE 1000 A TE che
hai realizzato 1 capolavoro con pochissimo preavviso! grazie grazie
grazie!!!
martychanfantasy: eeeh
se non faccio qualche errore non sono io!!! vediamo di rimediare...
comunque grazie della rece, fammi sapere come ti pare questo capitolo..
ciau^^ VeggyILoveyou: XP
come ti ho già detto Matsuri non è 1 dea...
purtroppo pre lei (IO TI ODIO è_é ND Matsu) ^^'''
eddai non te la prendere.... comunque grazie della rece, spero di non
averti delusa ciai ciao! Samirina: grazie
Samy... e non preoccuparti se non noti qualche aggiornamento, capita!
ciui!
Quando
Matsuri di destò, si guardò intorno impaurita,
chiedendosi come
aveva fatto a raggiungere quel luogo meraviglioso, profumato e pieno
di delicati fiorellini.
Si
alzò facendo cadere qualche delicato petalo viola dal dolce
grembo,
e si incamminò verso un boschetto di pini e abeti,
proseguendo, i
suoi occhi si spalancarono per la meraviglia: dinanzi a se vi era un
giardino ancor più bello di quello dove si era risvegliata,
pieno di
farfalle, scoiattoli e altri animali meravigliosi, sulla sinistra una
luminosa sorgente di acqua cristallina scorreva per finire in un
delizioso laghetto.
Ma ciò che la meravigliò di più fu
vedere un
castello proprio vicino a quelle acque, curiosa si
avvicinò sulla
soglia: si vedevano due colonne di marmo pregiatissimo con dei
bellissimi disegni ornamentali orientali, di fronte, una porta
d’oro che si aprì all’istante appena lei
si avvicinò. L’interno
era ancora più maestoso: le mura d' oro pregiato ricoperte
di quadri
e il pavimento pieno di mosaici coi tasselli d’oro, zaffiri,
gemme
preziose e quant’altro sparse ovunque, andando avanti si
accorse di una grande
vastità di strumenti musicali e vasi preziosi, rimase
estasiata alla
vista di un’arpa degna di un dio.
<< /Ma
dove sono capitata? Che posto è questa meraviglia?/ >>
Un
pensiero la turbò.
<< /E
perché non c’è nessuno a custodire
questi tesori?/ >>
D’un
tratto sentì delle voci femminili ma non vide nessuno.
<< E’
lei vero? >>
<< Sisi
non ci sono dubbi! È proprio lei! >>
Matsuri,
spaventata, si girò di scatto.
<< Chi…
chi siete? E cosa volete da me? >>
Una
suadente voce maschile s’infiltrò nelle sue
orecchie.
<< Non
aver paura, e non stupirti di tutte queste meraviglie, tutto
ciò che
vedi è tuo, le voci che senti sono le tue ancelle pronte a
servirti
qualsiasi cosa tu voglia … và a riposare le
membra in camera da
letto, e delizia il tuo corpo con un bagno e gli oli profumati, poi
quando avrai finito di curare la tua persona, ti spetterà un
sontuoso banchetto >>
Matsuri,
non sapendo che fare, decise di seguire il consiglio della voce,
andò
in camera e si adagiò sul morbido letto dove
cacciò via tutta la
stanchezza, poi si recò in bagno dove si vide viziare dalle
ancelle,
che non poteva vedere, con oli profumati, petali di rose e il dolce
suono di un flauto.
Appena
usci dal bagno coperta da una candida veste, si recò in sala
da
pranzo dove assaggiò le più squisite delizie, le
pietanze erano
come mosse dal vento, mentre lei riposava la mente col dolcissimo
suono dell’arpa seguito da un coro di voci melodiose.
Giunta
la sera, Matsuri si recò nuovamente in camera da letto, dove
si fece
cullare dal dolce vento tiepido.
Ma
a notte fonda un leggero rumore la fece destare.
Era
sola nel suo pudore di vergine e si mire a tremare di paura: non
vedeva nulla accecata dall’oscurità, ma
riuscì a sentire una
presenza che entrava nel suo letto, sentì due mani
accarezzarle le
cosce per poi risalire con decisione, riuscì a bloccarle
appena in
tempo.
<< C..chi
sei? >>
Lui
non rispondeva e le accarezzava lievemente il viso, Matsuri si chiuse
a riccio.
<< T…ti
prego, dimmi chi sei ho paura! >>
Una
mano si posò sulla sua testa.
<< Sono
il tuo sposo >>
Matsuri
spalancò gli occhi riconoscendo la voce che aveva sentito in
quella
giornata, si sentiva un po’ più serena, ma ancora
mille domande la
tormentavano.
<< Il
mio sposo… io non pensavo che sarei diventata la consorte di
qualcuno… >>
Gaara,
che poteva vederla, le sfiorò il viso.
<< Invece
è così, tu sei la mia sposa, padrona di questa
casa e di tutti i
suoi tesori >>
Detto
questo ricominciò a scrutare il suo corpo ma venne
nuovamente
bloccato.
<< Qual
è il tuo nome? >>
<< Non
posso rivelartelo >>
<< Permetti
almeno ai miei occhi di posarsi sul tuo viso-
<< Non
posso fare neanche questo, devi rinunciare alla tentazione di sapere
la mia identità >>
<< Ma… >>
Gaara
le bloccò le labbra con le sue in un suadente bacio, Matsuri
dapprima cercò di opporsi poggiando le mani sul petto di lui
e
spingendo con forza, ma l'unico risultato fu sentirsi i polsi
bloccati al livello delle spalle, vedendo che era tutto inutile si
arrese.
Lui iniziò a percorrere tutto il suo corpo con dei baci dolci e
lascivi,
con le mani tastava i fianchi perfetti della ragazza, che dal canto
suo sfiorava timidamente quei pettorali scolpiti e lisci, per poi
giungere al viso delicato, s’irrigidì quando il
ragazzo le tolse
il delicato abito di seta, per la vergogna si coprì il dolce
e
candido seno, ma il ragazzo le prese piano i polsi bloccandola al
letto, rimase incantato dai suoi occhi resi enormi dalla notte e dal
viso imporporato.
Prese
a baciarle il seno con baci dolci e languidi, posando delicatamente
le labbra sui capezzoli per poi scendere alternando del lievissimi
morsi, mentre la ragazza, ormai rapita da quelle attenzioni, gli
toccava i capelli soffici, senza che se lo aspettasse le tolse le
mutandine pronto ad allargarle le gambe, lei lo abbracciò
tremante.
<< Ho
paura, ti prego. Ho tanta, tanta paura! >>
Gaara
le accarezzò dolcemente la schiena.
<< Non
ti preoccupare, non averne >>
La
distese guardandola negli occhi, Matsuri cercò di aguzzare
la vista
troppo curiosa di scorgere almeno gli occhi del misterioso ragazzo,
improvvisamente sentì un dolore lancinante e non
poté fare a meno
di stringere le gambe e gettare un urlo, Gaara la vide afferrare
saldamente le lenzuola mentre piccole lacrime le incorniciavano in
viso, rallentò le spinte in modo da procurarle meno dolore,
piano
piano lei cominciò a calmarsi sentendo uno strano calore
invaderle
tutto il corpo, quando il dolore placò del tutto si mise a
fissare i
meravigliosi occhi di lui che però la evitavano sfuggenti.
Gaara
avvicinò la bocca in modo che lei potesse baciarlo, cosa che
fece
massaggiandogli la schiena di seta, le spinte ripresero
velocità
procurando ad entrambi piaceri indicibili seguiti da gemiti, e dolci
abracci, Matsuri gli accarezzava i morbidi capelli dandogli dei
delicati baci sul collo, inebriata del suo profumo, Gaara la lasciava
fare entrando in lei con maggior foga, la ragazza non poteva vederlo,
ma anche le candide ali avevano iniziato a muoversi incontrollabili,
come le gambe della ragazza del resto... ormai era al culmine... un
urlo, e poi pace.
Pochi
attimi dopo il giovane uscì delicatamente permettendole di
coricarsi
su un lato, ansante e distrutta, qualche minuto dopo lei si
girò
alla ricerca del suo sposo che si avvicinò per farsi
abbracciare.
Gaara
la vide addormentarsi quasi subito, si mise a sedere per poter
esplorare ogni centimetro del suo corpo, l’alba crudele stava
cominciando a farsi annunciare e il dio dell’amore non
poté far
altro che rimboccarle le coperte, saziarsi un’ultima volta
delle
sue labbra per poi sparire.
L’indomani
Matsuri si svegliò convinta che quello successo la notte
precedete fosse soltanto un sogno, finché non vide le
lenzuola
sporche: non sapeva praticamente nulla delle conseguenze del sesso,
che tra l’altro era giudicato in molti casi volgare e
proibito, e
pensando di aver scatenato qualche ira divina non poté fare
a
meno di gettare un urlo e piangere.
Le ancelle accorsero subito la
giovane sposa e porsero le loro cure per la violata
verginità:
la portarono in bagno dove, con la spugna, le massaggiarono le
membra.
<< Perché
non riesco a vedervi? >>
<< Perche il nostro signore ci ha ordinato di
non farci vedere >>
<< Posso conoscere almeno i vostri nomi? >>
Le
voci stettero in silenzio per qualche minuto, poi parlarono.
La
prima voce era molto pacata e timida.
<< Il
mio nome è Hinata >>
<< Che bel nome, esprime tanta serenità >>
La
seconda aveva la voce squillante e allegra.
<< Il
mio nome invece è Ino >>
<< Anche il tuo è un nome molto
bello … posso chiedervi … chi è il mio
sposo? >>
Ino
prese la parola.
<< Purtroppo,
non ci è permesso parlarle di questo >>
Matsuri
abbassò lo sguardo sconsolata.
<< Capisco >>
Finita
la cura del corpo, Matsuri si recò in riva al ruscello.
Con
suo grande stupore incontrò Delia, la sua adorata cerbiatta,
che iniziò a curare ed accudire con la stessa cura di un
tempo.
Quella
sera, l’uomo misterioso si ripresentò nel suo
letto
possedendola per poi sparire il mattino dopo, ciò accadde
quasi tutte le notti per molto tempo, e, alla fine, il cuore di
Matsuri cedette alle dolci coccole del suo sposo invisibile.
Una
sera, dopo essersi saziati entrambi del corpo dell’altro,
Matsuri
gli chiese:
<< Perché
non posso vederti? >>
<< Mi
spiace, ma è un mio ordine, e adesso ascolta: un terribile
destino si abbatte su di te, le tue sorelle angosciate dalla notizia
della tua morte sono partite per cercarti, presto saranno qui
… ti
prego di non rispondere ai loro lamenti e di non farle venire in
questo luogo, se lo farai mi arrecherai tanto dispiacere e per te
sarà la fine >>
Matsuri,
spaventata, promise che non avrebbe accolto le sorelle nel palazzo.
Ma
il giorno dopo, ritrovandosi come ogni volta, sola e abbandonata sul
letto, non poté fare a meno di struggersi in lacrime.
<< Allora
son proprio morta! Prigioniera in questa cella dorata, senza poter
avere contatti con nessuno e senza il conforto delle mie sorelle
>>
Le
lacrime e i lamenti si facevano sempre più strazianti, quel
giorno non mangiò e nemmeno la sua adorata cerbiatta
riuscì
a placare il suo animo, la sera l’accolse che era ancora in
lacrime.
E
così che la trovò il giovane dio, venendola a
trovare
prima del solito avvolgendola tra le sue braccia, lei si
divincolò
rannicchiandosi ancora di più nell’angolo del
grande letto.
Gaara
la guardò lievemente irritato.
<< E’
così che accogli il tuo sposo? È questo il modo
di
mantenere le tue promesse? Non fai altro che struggerti e piangere, e
non trovi pace nemmeno tra le mie braccia >>
Lei
continuava a singhiozzare incurante delle parole dello sposo, che
sospirò rassegnato.
<< Fa
quello che vuoi, segui il tuo cuore e invita le tue sorelle, ma sappi
che te ne pentirai e
quando lo farai, sarà troppo tardi >>
Lei
dopo un attimo di sorpresa si girò entusiasta.
<< Davvero
posso? >>
Lui tentennò per un momento <<…Si >>
Gli
si buttò tra le braccia baciandolo tutto, sul viso, sulla
fronte, sul collo.
Fecero
l’amore con rinnovato entusiasmo.
<< Ma
se tu cederai alla tua curiosità di sapere sul mio aspetto,
questo luogo di delizie svanirà, cadrai nella rovina
più
nera, e non potremmo più godere dei nostri amplessi notturni >>
La
ragazza scattò mettendosi a sedere, era certa di averlo
davanti.
<< NO
questo mai! Preferirei cento volte la morte, piuttosto che rinunciare
a fare l’amore con te, che sei diventato la mia ragione di
vita >>
Lei
abbassò lo sguardo parlando con una punta di vergogna.
<< Sai
… mia madre sosteneva che il giovane più bello
della terra è
Cupido … ma … io sono convinta che tu sei ancora
più bello
amore mio, non m’importa più di vederti, io ne
sono
convinta >>
Lei
non poté vederlo, ma Gaara fu piacevolmente sorpreso della
risposa.
Il cuore del giovene dio stava iniziando a pulsare in modo diverso, a
provare sensazioni diverse.
La
notte trascorse tranquilla.
L’indomani Matsuri si svegliò
euforica non vedeva l’ora di vedere le sorelle, che, angosciate, erano
salite in cima al colle dov’era stata rapita e si lamentavano a gran
voce per la loro sventurata sorella. Lei
corse fuori dal palazzo.
<< Perché vi struggete e vi
angosciate tanto per me? Io sono qui, e non vedo l’ora di
riabbracciarvi >>
Allora la dea Temari, col suo
ventaglio, chiamo nuovamente lo Zefiro perchè conducesse le due sorelle
da Matsuri. Ci
furono baci e abbracci a non finire, seguiti da interminabili lacrime
di gioia, Matsuri condusse le sorelle a palazzo dove le ristorò prima
con un bagno e poi con un lussuoso banchetto accompagnato dalle dolci
melodie del coro. Purtroppo
ad un certo punto una delle due cominciò a fare domande chiedendo con
insistenza chi fosse il padrone di tutte quelle meraviglie, chi era suo
marito e che aspetto avesse. Matsuri,
non volendo venir meno al giuramento, disse che il marito era un bel
ragazzo, un ricco ereditiero discendente da famiglia borghese, prima
che lei in qualche modo potesse tradirsi, fece richiamare lo Zefiro che
portò via le sorelle cariche di doni preziosi. Appena
giunsero nel regno paterno, le due si misero a parlare della condizione
della sorellina minore.
<< Ma l’hai vista Zari? Noi ci
straziamo nel dolore e lei vive come una regina in un palazzo magnifico
>> <<
Già, è servita e riverita, ed ha uno sposo bellissimo, a quanto
sostiene lei, mentre noi ci dobbiamo accontentare di uomini ormai
troppo vecchi e malati >> <<
Il mio non fa altro che lamentarsi dei suoi reumatismi, e il nostro
letto è diventato freddo e vuoto >> <<
Lo stesso vale per me, che devo fare da balia ad un brutto bavoso …
Sari, quella sciocca non merita tutte quelle meraviglie, è la minore
delle tre avuta da un grembo ormai esausto, noi ci meritiamo di meglio!
>>
Tuono così la donna, mentre la
sorella gemella la guardava con interesse.
<< Oh! Sorella mia, cos’hai in
mente? >> <<
Dobbiamo impossessarci di tutti quei tesori, guarda quella furbetta,
che ci ha donato alla fin fine? Qualche gioiello e un po’ di denari,
niente a confronto di quello che c’è in quella reggia!>>
<< Hai ragione, che miserabile!!! Per non parlare del modo in cui
ci ha cacciato >> << Quindi ascolta
il mio piano… non mettiamo al corrente nessuno né dei preziosi né di
nostra sorella… soprattutto ai nostri genitori!!! >>
Un vento gelido le colpì.
<< Dannato vento proprio
adesso! Si sta facendo tardi, sorella mia, torniamo dai nostri mariti,
nelle nostre squallide case…- <<
Hai ragione, domani, con calma, decideremo sul da farsi >>
Erano passati pochi giorni dalla
visita delle sorelle, e Matsuri non aveva fatto altro che parlarne al
suo sposo.
<< Sono state così premurose,
e mi hanno fatto sentire meno sola… grazie, grazie davvero per avermi
concesso di vederle amore mio >>
Lui si mise a sedere sfiorandole la
delicata spalla.
<< Matsuri, mia sposa, la tua
felicità mi fa piacere … ma un pensiero mi rattrista: non vedi che il
nemico è in agguato? E che la sventura verrà proprio tramite le tue
sorelle? >> <<
No questo non puoi dirlo, loro sono le mie sorelle, sangue del mio
sangue, non mi farebbero mai soffrire >>
Lui sospirò.
<< Quelle arpie vogliono solo
la tua disgrazia! Vogliono indurti a scoprire il mio aspetto, e tu ben
sai quali sarebbero le conseguenze, quindi ti chiedo, di stare in
guardia e di non cedere all’ingenuità, la stessa che deriva dal tuo
carattere dolce e puro >>
Lei chinò la testa e lasciò
scivolare le piccole lacrime sulle guance.
<< Perché non ti fidi di me?
Eppure hai avuto più e più volte prove della mia fedeltà, ti prego,
lasciamele rivedere >>
La ragazza sentì un sospiro e la
morbida mano sfiorarle il viso.
<< Te lo concedo, mia diletta,
ma ti esorto sempre alla prudenza… anche perché, presto non saremo più
in due. Infatti in questo grembo, fino a ieri di bambina, sta crescendo
una creatura: di stirpe divina se saprai mantenere le tue promesse,
mortali se le infrangerai >>
Matsuri spalancò gli occhi, si toccò
il ventre sentendo l’orgoglio di madre crescere dentro di se.
<< Stirpe divina? Ma allora,
amore mio… tu sei un dio! >>
Lui le pose un dito sulle labbra.
<< Matsuri… >> pronunciò
il nome con tono di rimprovero << non cercare di farmi dire altro
>>
Lei si mise a sedere.
<< Si, lo so, perdonami…
>>
Le diede un bacio.
<< Devo andare… >>
Lei lo afferrò per la mano.
<< Così presto amor mio?
L’alba è ancora lontana >> <<
Non preoccuparti, tornerò presto >>
Le
parole del dio si mostrarono veritiere, infatti i lamenti delle sorelle
non tardarono a farsi sentire, e Matsuri con tutta la sua ingenuità, le
accolse con feste e abbracci. Fece fare loro
un bagno ristoratore, coprendole con vesti morbide e preziose, per poi
allietarle con i dolci canti degli uccellini nello splendido giardino.
<<
Oh sorelle mie! Ho da darvi una lieta notizia, aspetto un bambino! E di
stirpe divina per giunta >>
Le
due sorelle ammutolirono, verdi d’invidia, e soprattutto sorprese nel
sapere la discendenza divina. Zari prese la
parola.
<<
Oh sorella mia! La notizia ci ha davvero sconvolto dall’emozione! Col
tuo permesso ci rechiamo in bagno per sciacquarci il viso >>
<<
Sorelle mie! Siete così buone, certo andate pure >>
Appena
arrivate in bagno le sorelle decisero sul da farsi.
<< Ma come? Prima ci dice che
il marito è solo un borghese, e ora ci dice che è un dio? >> << Shhh parla
piano, questo spiega tutto! Le ancelle invisibili, i cibi trasportati
dal vento e tutte le altre meraviglie >> << Già… e
se continua così, stai a vedere che in poco tempo anche lei diventerà
una dea! E allora chissà come riderà di noi!!! No, dobbiamo evitare che
succeda >> <<
Giusto, ma come? >> << Ti
ricordi la predizione dell’oracolo Neji? Sfruttiamo quella! >> << E in
che modo…? >> << Tu non
preoccuparti e reggimi il gioco >>
Tornarono
nella stanza grondanti di lacrime.
<<
Sorelle mie! Non vi commuovete così! Altrimenti piango anch’io >>
<<
Sorella, non puoi immaginare quanto siamo felici! E chissà a chi
somiglierà se a te o al tuo sposo! >> << Bhè
ecco… >> << A
proposito, ma chi è costui? >> << Ecco
lui… >>
La
povera ragazza non ricordava cosa aveva detto la volta precedente,
cercò in mille modi di deviare il discorso … ma loro erano così
insistenti, che alla fine la poverina cedette.
<<
Io non conosco il volto del mio sposo … non posso vederlo pena
l’abbandono >>
Quelle
parole furono musica per le sorelle. Sbiancarono
fingendosi preoccupate e turbate.
<<
Che avete sorelle mie? Perché ora questo silenzio >> << V…
vedi dolce Matsuri, eravamo contente per la tua gravidanza, ma ora,
dopo quello che ci hai detto... sappiamo che sei in grave pericolo!
>>
Lei
si spaventò.
<<
Perché dite così? >> << Oh
dolce sorella, l’oracolo Neji, aveva predetto a nostro padre… che il
tuo sposo non sarebbe stato di umana stirpe, ma un orribile drago,
tanto crudele, che ti divorerà una volta data alla luce la tua
creatura! >> E
l’altra sorella << Tu ci
hai detto di non conoscere il suo aspetto, oh cielo! Che orrore! Per
tutto questo tempo hai condiviso il letto con un’orribile bestia!
>>
Matsuri
era molto pallide e tremava come una foglia.
<<
Non è possibile… >> << Devi
fuggire da qui! E l’unico modo per farlo è… >>
Zari
alzò la voce apocalittica.
<<
Devi scoprire il suo volto, e munita di un’affilata lama uccidere
quell’essere immondo! >> << Ma io
ho promesso… >> << Vuoi
continuare a unirti ogni notte ad un orribile animale? Vuoi essere
sbranata senza poter accudire il tuo bambino? Sempre se la creatura che
ti porti dentro abbia forma umana >> << Tu
puoi continuare a fare quello che vuoi… noi il nostro dovere di sorelle
devote l’abbiamo fatto >> << Adesso
dobbiamo tornare nelle nostre case… però sai, ci piacerebbe portare
qualche dono ai nostri mariti ed ai nostri amati genitori, che a
proposito, ti salutano felici >>
Matsuri, tremante e spaventata, le ricoprì di doni per poi guardarle andare via trasportate dallo Zefiro.
Capitolo dedicato a
Dark_Gaara. Ti adoro gioia mia!
Quella
sera Matsuri si preparò per la notte, munendosi di
qualche precauzione.
Arrivato
il momento, sentì il suo sposo avvolgerla tra le braccia.
Fecero
l’amore e la ragazza cercò di celare il suo terrore e il suo disgusto, il
pensiero di un drago che la possedeva, la faceva urlare dentro.
A
notte fonda si accertò che lo sposo stesse dormendo, dovette faticare molto per
farlo, piano, senza far rumore, impugnò la lama e accese una torcia.
Deglutì
prima di sollevarla sul suo volto, e, quando lo fece, quale fu la sua
meraviglia!
Cupido,
il dio dell’amore, era disteso sul letto dormiente.
Matsuri
lo guardò a lungo: i morbidi capelli rossi, come la passione, il segno che gli
venne impresso sulla fronte quando era ancora in fasce, gli occhi chiusi
circondati da un alone nero, le guance rosee, le labbra, che molte volte le
avevano fatto toccare il paradiso, rosse e lievemente gonfie per i tanti baci,
il collo liscio, il petto possente e muscoloso che sembrava scolpito nel marmo,
quasi contrastava coi lineamenti gentili del viso.
Scese
con lo sguardo arrossendo quando esso si posò sulla virilità del ragazzo,
risalì con lo sguardo ammirando le lunghe ali angeliche, che, nonostante
fossero immobili, le ultime piume, leggere e morbide, vibravano verso la punta,
quasi spinte da un palpito.
Ad
un tratto si accorse che teneva ancora la lama in mano, vergognandosi per
quello che stava per fare, la gettò lontano, e l’occhio cadde sull’arco e le
frecce che era solito portare, spinta dalla curiosità, si avvicinò a quei
meravigliosi oggetti impugnando una freccia, che quasi per punizione, penetrò
sul suo dito pungendola: fu così che l’amore di Matsuri
verso Gaara, già presente nel suo cuore, crebbe a
dismisura.
Si
avvicinò al dio iniziando a baciarlo con baci languidi e lascivi, senza mai
saziarsi di quella passione.
Ma,
mentre la ragazza si abbandonava a quel dolce piacere, una parte dell’olio
della lanterna, maligno, quasi geloso della ragazza, venne a cadere sopra il
dio, che si svegliò per il dolore lancinante.
Di
fronte all’evidente tradimento, la guardò deluso e amareggiato, iniziando a
spiccare il volo, la povera Matsuri cercò in tutti i
modi di non farlo andare via, lo abbracciò stretto.
<<
TI PREGO AMORE! VITA MIA NON ANDARTENE! >>
Lui
non l’ascoltò, anzi spiccò il volo incurante della ragazza che gli stava
aggrappata, purtroppo il dio volava con molta velocità, e lei priva di forze
lasciò la presa rischiando la vita, fortunatamente cadde su un morbido letto di
foglie secche.
Gaara
non ebbe il cuore di lasciarla così, le volò vicino in modo che lo potesse
sentire e le disse:
<<
Oh mia sposa traditrice! Mia madre Venere, invidiosa della tua bellezza, mi
aveva ordinato di legarti all’uomo più brutto e miserabile che esista … ma io
ho disubbidito, e sono diventato io stesso il tuo sposo, è stato un grave errore lo so... >>
e
sentire ciò fece veramente troppo
male alla ragazza.
<<
...ma sono stato colpito dalle mie stesse armi. E tu come mi hai ricambiato?
Guarda cosa ha portato la tua curiosità, eppure io ti avevo avvisato tante
volte, ma tu non hai mai voluto ascoltarmi. Sta tranquilla, le tue sorelle
pagheranno per i loro cattivi ed invidiosi consigli, riguardo a te, il mio
abbandono ti basterà come punizione >>
Detto
questo volò via.
Matsuri
cercò di seguirlo con lo sguardo finché poté.
Era
in lacrime, indifesa, priva di forze… e completamente sola.
Matsuri,
presa dalla disperazione, corse verso il fiume più vicino gettandosi nelle
fredde acque, ma il buon fiume, non ebbe il cuore di farla affogare, e con una
dolce onda, la spinse verso la riva.
Seduto lì vicino c’era Gai, conosciuto come Pan il
dio dei campi, le diede soccorso e dopo che la ragazza riprese i sensi le
disse:
<< Sventurata ragazza, vedo in te un grande
dolore, e anche se son vecchio, capisco che le tue son pene d’amore. Dammi
retta, non serve a nulla gettarsi nel fiume, né cercare la morte in un’altra
maniera, scaccia via lo sconforto e mettiti alla ricerca del tuo Amore, Cupido
è un bravo giovine, e se lo pregherai, sono sicuro che ti risponderà >>
Matsuri
non ebbe la forza di rispondere, salutò riverente il suo salvatore, e iniziò a
vagare per le strade estranee senza una meta precisa.
Durante il suo viaggio, venne a scoprire che sua
sorella Zari era regina proprio in un regno vicino,
s’incamminò per incontrarla. Appena fu davanti a lei ci furono abbracci e
saluti.
<< Oh sorella, qual è il motivo della tua
venuta? >>
Lei si mise a camminare nervosamente avanti e
indietro.
<< Ricordi il consiglio che mi desti, insieme
a Sari? Ebbene presa dal terrore decisi di seguirlo, presi il pugnale e lo
illuminai con la lanterna e, quale meraviglia si posò sui miei occhi! >>
La sorella rizzò le orecchie incuriosita, mente la
ragazza continuava.
<< … Cupido in persona, il Sommo Eros,
placidamente riposava le membra accanto a me… ma purtroppo una goccia d’olio
della lanterna lo fece destare ferendolo gravemente, e lui, vedendo la promessa
infranta, mi abbandonò >>
Da un pugnale posto sul muro davanti a lei, Matsuri vide il riflesso della sorella dietro di lei
sorridere soddisfatta.
Una morsa al cuore la colpì, seguita dalla rabbia
cieca per il tradimento da parte di una consanguinea, si diede della stupida
per essersi fidata.
Dunque Cupido aveva azzeccato pure su questo…
Presa dall’ira attuò la sua vendetta.
<< … Prima di andarsene mi disse… che non
meritavo il suo amore… e che l’avrebbe concesso, alla sorella con i capelli più
scuri, sei tu fortunata sorella >>
Zari
si alzò dalla sedia vittoriosa, senza nemmeno guardare la sorella minore, andò
dal suo sposo e con una scusa uscì dal palazzo, giunse fino al monte dove più
volte era andata a trovare Matsuri, e urlò:
<< ECCOMI CUPIDO! SONO ZARI LA TUA DEGNA
SPOSA, OH VENTO ACCOGLI LA TUA REGINA SULL’OLIMPO! >>
Detto questo si getto dal monte, ma questa volta il
vento non le fu di nessun aiuto e lei si sfracellò su uno spuntone di roccia.
Giorni dopo, Matsuri si
recò nel regno dell’altra sorella, Sari, dove le pose lo stesso tranello, lei
ci cascò in pieno e fece la stessa fine di Zari.
Ma ciò non servì in alcun modo ad alleviare il
dolore di Matsuri, anzi lo accentuò ancora di più.
Intanto
Gaara, rimasto gravemente ferito dall’olio della lanterna, era andato a
rifugiarsi sul letto materno.
Il
gabbiano vedendolo arrivare, velocissimo corse a raccontare tutto a Sai, il più
veloce pesce dei mari, lui dopo essersi informato in giro, si recò da Karura. La dea Venere, era intenta a rallegrarsi sul fondo
dell’oceano, senza curarsi minimamente delle sue faccende.
Dalla
vetrata dell’ ampio palazzo sottomarino la dea vide il pesce.
<<
Cosa vuoi creatura? >>
Il
pettegolo animale, con un ghigno stampato sul viso, le raccontò tutto: del
figlio che si era appartato nelle montagne con una fanciulla, mentre lei,
incurante di tutto si faceva il bagno, e del fatto che sul mondo non c’era più
amore né bellezza e gli uomini erano diventati stolti e rozzi.
<<
Ah è questo che si dice? E chi sarebbe la stupidotta
di cui è invaghito mio figlio? >>
<<
Ummm il suo nome dovrebbe essere … Matsuri! >>
A
sentire quel nome, la dea saltò su tutte le furie: << Quella sciocca
mortale, MA COME OSA? Prima mi vuole portare via la bellezza e ora vuole anche
mio figlio! AH VEDREMO, ME LA PAGHERA’! >>
Si
recò furibonda sull’olimpo, dove, come le avevano riferito, trovò il figlio
infortunato.
<<
ECCOTI QUI DISGRAZIATO! BRAVO, HAI MESSO IN GIRO PROPRIO UNA BELLA FAVOLETTA!
>>
Lui
era talmente debole, e triste per la lontananza dall’amata, da non aver la
forza di rispondere.
La
dea continuava. << MA CHE TI SEI MESSO IN TESTA?! COME HAI OSATO
DISUBBIDIRE AI MIEI ORDINI? IO CHE TI HO DATO IN DONO ARCO E FRECCE, E CON ESSE
IL POTERE! COSA CREDI? DA PARTE DI TUO PADRE, QUEL DISGRAZIATO DI MARTE, TU NON
HAI MAI AVUTO NIENTE, NIENTE!
>>
Lui
cercò di mettersi seduto, mentre la madre continuava.
<<
SEI SEMPRE STATO UNA DISGRAZIA! AH QUANTE NE HAI COMBINATO AL GRANDE GIOVE! CON
LE TUE FRECCE GLI HAI PROCURATO SOLO DISONORE, PER NON PARLARE DI TUA MADRE
>> si diede pugni al seno << CHE TI HA ALLATTATO CON TANTO AMORE, E
TU LA PICCHIAVI , SI LO RIPETO, MI PICCHIAVI, E IO DOVEVO SOPPORTARE I TUOI
SFOGHI DA BAMBINO! >>
Poi
abbassò il tono, ma le sue parole si fecero ancora più velenose:
<<
Ma ti garantisco, Gaara, che non ho intenzione di aver
come parente una cafona miserabile, e me la pagherà per l’affronto che mi ha
fatto, AH SE ME LA PAGHERA’ >>
Detto
questo uscì dalla camera, senza dare al figlio la possibilità di replicare, e
lasciandolo col cuore piano di angoscia e di preoccupazione per la sua cara e
amata Matsuri.
La
dea intanto, usciva furibonda dal suo tempio, venne raggiunta da Tsunade e Kushina,
rispettivamente conosciute con i nomi di Cerere e Giunone.
<<
Oh Karura, cos’è che turba così il tuo animo?
>>
<<
Oh amiche mie, capitate a proposito! Sicuramente siete al corrente delle
favolette che già si raccontano su di me… ebbene non m’importa come farete, ma
vi prego, trovatemi questa Matsuri, così che io possa
compiere giusta vendetta! >>
Le
altre due conoscevano la faccenda, e cercarono di ammorbidirla.
<<
Ma che colpa ne ha quella giovinetta, se si è innamorata proprio di tuo figlio?
>>
<<
Senza contare che è stata plagiata, e privata della sua innocenza senza poter
opporsi >>
<<
Non m’importa … me la deve pagare >>
<<
Prova a ragionare, proprio tu, dea delle passioni, privi tuo figlio di avere le
sue… suvvia è solo un giovanotto, non puoi farne una tragedia! >>
Lei,
offesa per la poca considerazione, le piantò in asso recandosi verso il mare.
---
Vorrei ringraziare Nessie93 e Dark Gaara per aver recensito, e anche chi segue, legge, mette nei preferiti o semplicemente nelle ricordate. Grazie di cuore.
Intanto
la sventurata Matsuri vagava senza sosta alla ricerca
del suo grande amore, sentiva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
Superato
un bosco, vide in lontananza un tempio, accelerò il passo verso quella
direzione, per cercare di ottenere la misericordia degli dei.
Era
il tempio della dea Cerere, mentre s’inoltrava all’interno delle mura, scorse:
grano, ortaggi, molto vino e alti doni dedicati alla dea, ma messi alla
rinfusa.
Senza
nemmeno pensarci si mise a far ordine mentre dall’alto Tsunade
guardava il suo operato.
<<
Oh piccola Matsuri, Venere è furibonda con te, vuole
vendicarsi, e tu, invece di fuggire, pensi a sistemare le mie cose… >>
La
vide inginocchiarsi in lacrime ai piedi della sua statua, per poi iniziare a
parlare: << Oh venerabile Cerere, dea dei raccolti, io t’imploro: per i
tuoi insegnamenti nella coltura dei campi, per i tuoi irrisolvibili misteri,
per tutti i tuoi fiori e frutti, e per le tue gioiose festività, ti supplico:
permettimi di nascondermi tra le tue spighe, solo per qualche giorno, in modo
che la collera della potente Dea si plachi e io possa riposare le membra
>>
La
voce della dea le disse: << Le tue suppliche mi toccano il cuore, ma
Venere è un’ottima amica, e non intendo farle un torto simile, quindi và fuggi via, e ringrazia che non ti abbia già fatta
prigioniera >>
Matsuri
terrorizzata fuggì via.
Più
avanti vide un altro tempio, speranzosa, si recò anche lì.
Era
il tempio di Giunone, come prima Matsuri s’inchinò ai
piedi della statua della dea.
<<
Venerabile Giunone, sposa e sorella del potente Giove, tu che aiuti le giovani
gravide nel difficile momento del parto, ti imploro consentimi di nascondermi
nel tuo sacro tempio, solo per pochi giorni >>
<<
Quanto mi piacerebbe, credimi, poter esaudire le tue richieste, ma Venere per
me è come una figlia e non voglio arrecarle offesa, inoltre anche le leggi me
lo impediscono, perchè tu sei una schiava fuggita
senza il permesso della tua padrona, quindi, accetta il consiglio divino, non
sfuggire da lei e torna ai suoi piedi implorandole perdono >>
Vedendo
che anche l’ultima speranza era perduta, Matsuri
cadde in preda allo sconforto…
<<
/Ma quale peccato avrò mai commesso per meritarmi tanta sofferenza?/ >>
S’incamminò
pensando a un modo per farsi perdonare dalla Dea.
La
notte giunse all’improvviso, e la povera ragazza fu costretta a dormire sotto
un albero, tra gli stenti e il freddo.
L’indomani
Karura si diresse, col suo cocchio dorato trainato da
bianche colombe, da Giove, chiedendogli il permesso di usare Rock Lee,
conosciuto come Mercurio, il messaggero degli dei, per la ricerca della
ragazza, il re degli dei acconsentì, e lei tutta trionfante, diede subito
istruzioni al ragazzo.
<<
Per trovare quella sciocca mortale c’è solo una soluzione: annunciare con un
tuo bando che chi la troverà avrà una degna ricompensa, sette miei dolci baci
sul volto, e l’ultimo sarà con la lingua in bocca >>
Ad
una notizia del genere tutti gli uomini si misero a cercare la fanciulla, che
non ebbe pace, adesso non soltanto doveva penare la fame e i freddo, ma doveva
correre per non farsi trovare.
Finalmente
arrivò vicino al tempio della dea, ma proprio in quel momento Mikoshi, una schiava di Venere, le venne incontro
mettendosi a gridare come un’ossessa:
<<
AH ECCOTI QUI SCIAGURATA! SAI QUANTO DISTURBO HAI ARRECATO ALLA NOSTRA PADRONA?
HA DOVUTO PERSINO CHIAMARE MERCURIO PUR DI TROVARTI … ADESSO PAGHERAI LE TUE
COLPE >>
E
così dicendo l’afferrò per i capelli trascinandola dentro il tempio.
Arrivata
al cospetto di Venere venne malamente gettata a terra, proprio ai piedi della
dea.
<<
Finalmente ci degni della tua presenza, sciocca mortale, sei venuta a salutare
tua suocera? >>
Lei
abbassò ancora di più il capo, incapace di rispondere.
<<
O forse sei venuta a vedere come sta mio figlio, dato che gli hai causato una
orribile ferita e adesso sta molto male? >>
Gli
occhi di Matsuri si spalancarono pieni di
preoccupazione.
La
dea rise << Dove sono le mie ancelle angoscia e tristezza? >>
Due
ragazzine, una con gli occhi rossi e lunghi capelli neri, e l’altra con capelli
corti viola scuro e occhi dello stesso colore dell'altra, vennero al suo
cospetto.
<<
Desidero che la nostra gentile ospite abbia l’accoglienza che merita >>
Le
due demoniette la trascinarono in un’altra stanza,
dove la torturarono e la straziarono in mille modi.
Poi,
appena videro di aver fatto un buon lavoro, la riportarono da Karura.
Lei
le osservò più attentamente il ventre ridendo.
<<
Guarda, guarda, guarda a quanto pare sto per diventare nonna … bhè non credere che questo mi impietosisca, non avrò la
minima indulgenza con te, anzi sta bene attenta al tuo comportamento, se no,
neanche te la farò concludere, la gravidanza. E sappi che quello che nascerà
sarà un bastardo, perché il vostro non è mai stato un matrimonio >>
Appena
finì di parlare si avventò sulla poveretta mandandole in brandelli la veste e
strappandole i capelli.
Dopo averla fatta penare con mille colpi, Karura si fece portare dalle sue schiave un ingete numero di cereali: chicchi di frumento, d’orzo, di
miglio, semi di papavero, ceci, lenticchie e fave, le mescolò in un gran
mucchio.
Poi guardò la ragazza sorridendo nervosamente.
<< Non capisco come gli uomini ti tenessero
così tanto in considerazione, sei talmente brutta, che potresti avere uno sposo
solo promettendogli devozione e servigi… voglio mettere alla prova le tue
abilità: prima di stasera, pretendo che tu divida ogni singolo chicco
raggruppandoli in mucchietti diversi, se non ci riuscirai, la mia collera ti
sarà fatale >>.
La ragazza osservò sconvolta quella montagnetta di
cereali, dividerli tutti prima di sera era una richiesta disumana, si toccò il
ventre temendo per la sua piccola creatura, poi sentì le lacrime solcarle il
volto.
Proprio in quel momento, una figlia della terra, una
formica, le venne incontro, amareggiata dalla crudeltà di Venere.
<< Non angosciarti, leggiadra fanciulla, e non
ti angustiare, Shino, il mio dio mi ha mandato in tuo
soccorso. Ti aiuterò io che a questi lavori son abituata >>
E cosi dicendo chiamò a raccolta tutto il formicaio,
che iniziò a dividere ogni singolo chicco.
Giunta la sera, Matsuri
s’inginocchiò ringraziando grata le sue salvatrici, che subito si dileguarono.
Venere giunse davanti alla ragazza un po’ (un bel
po’) brilla, e osservò stizzita il lavoro eseguito.
<< Questa non è opera tua, anzi ho proprio la
sensazione che tu sia stata aiutata da qualche scellerato dei miei parenti
>>
Furiosa le gettò un tozzo di pane perché non morisse
di fame e andò a dormire.
Gaara,
intanto, si trovava nella stanza più remota del palazzo chiuso a chiave: sia
perché col suo fare brusco e iperattivo avrebbe potuto peggiorare la ferita,
sia per non incontrare la sua amata.
Matsuri
si era appoggiata davanti al muro di fronte a se, non capiva il motivo, ma
sentiva di non poter staccarsi da lì. Poggiò mano sentendo la parete liscia.
Dall’altra parte del muro, Gaara
aveva poggiato la mano verso la direzione della ragazza, erano lì, separati solo
da un muro freddo e crudele, soli.
Il giorno dopo Matsuri
venne svegliata da un potente calcio sulla gamba, era Mikoshi
che la svegliava:
<< Oh tu miserabile scansafatiche! La padrona
ti attende e tu stai qui a poltrire! >>
Matsuri
svelta andò al cospetto delle sua signora.
<< Alla buon’ora! Che insolente, vieni!
>>
La condusse davanti a una finestra e poi le disse:
<< Vedi quel grande fiume cristallino? Laggiù
oltre il bosco? Ecco lì pascolano delle pecore dalla lana d’oro, entro stasera
voglio un po’ della loro lana, vedi tu come fare >>
La poveretta si diresse verso il fiume, ma non certo
per obbedire alla sua padrona, ma per porre fine alla sua vita disgraziata.
Fortunatamente
dal fiume vide una canna sporgente che con il suono mosso dal vento, soffiò:
<<
Oh ragazza mia, non macchiare di sangue queste sacre acque e bada bene al mio
consiglio, non avvicinarti per ora a quelle bestie, perché il sole le rende
feroci e crudeli, potrebbero con le loro teste dure come la roccia, o aggredirti
con morsi velenosi >>
Matsuri
rispose con voce tremante << E allora come posso fare a prendere un po’
della loro lana? >>
<<
Aspetta il calar della sera, quando l’aria si sarà rinfrescata e loro
fuggiranno per i boschi per poi assetarsi in questo fiume, solo allora recati
tra le piante e scuoti le chiome, da lì cadrà la lana rimasta impigliata
>>
Matsuri
le diede ascolto e seguì a puntino ogni istruzione, arrivata la tarda sera si
poté recare dalla dea con il grembo pieno di lana.
Karura
la guardò irritata:
<< Mh non crederai
che io mi faccia impressionare vero? Tanto so chi ti ha aiutata … >>
Le diede un forte ceffone facendola cadere a terra,
e se ne andò, cercando una prova che la togliesse di mezzo, non poteva farlo di
persona, questo l’avrebbe disonorata ancora di più.
La
guardò severa e divertita, un’espressione spregevole.
<<
Non crederai di aver finito? Brutta strega, visto che ti credi così
in gamba, non ti concederò nemmeno di riposare >>
Sorrise
soddisfatta porgendole una scatola.
<<
Và ora, dalla mia amica Karin, la dea Proserpina, e dille che
ti manda Venere in persona, chiedile di mandarmi un po’ di
bellezza visto che io l’ho sciupata tutta per occuparmi di mio
figlio malato, fa alla svelta perché devo riposare prima di
andare a teatro >>
Stava
per andarsene, poi con noncuranza si rigirò.
<<
Dimenticavo… Karin si trova negli inferi >>
Matsuri
capì che la si voleva proprio morta, come avrebbe potuto
raggiungere gl’inferi altrimenti?
Salì
in cima ad una torre meravigliosa, se si buttava da lì,
sicuramente avrebbe raggiunto gli inferi.
Ma
proprio al momento propizio una voce la fermò.
<<
Non toglierti la vita gentile creatura, non arrenderti di fronte a
quest’ultima prova, non gettarti, perché se lo farai,
andrai si negl’inferi … ma da lì non potrai più
tornare! >>
<<
E allora come posso fare? Come posso riuscire in questa prova? >>
<<
Poco lontano da qui, a due giorni di distanza, c’è una
città in mezzo al deserto, proprio al centro, nei fondali del
gran palazzo sacro, c’è un’apertura per gli
inferi, varca quella soglia, e ti ritroverai proprio nel regno di
Orocimaru, re degli inferi >>
Poi
la sua voce si fece severa.
<<
Ma bada, non presentarti a mani vuote, perché sulla strada
incontrerai due demoni mostruosi, Shukaku e Kyubi, per tenerli a bada
ci vorranno dei cibi squisiti che siano di loro gradimento, come
queste focacce per esempio tieni >> Gliele porse poi continuò.
<<
Ma Venere, approfittando del tuo carattere generoso, ha teso per te
dei tranelli, quindi: quando vedrai un vecchio dolorante, o delle
donne che ti chiederanno il tuo aiuto, tu non ascoltarli, perché
ti farebbero cadere queste delizie per terra e tu non potrai più
recuperarli, un’altra cosa prendi queste monete d’oro, ti
serviranno per pagare Kakuzu
conosciuto
come Caronte il traghettatore, ed infine, mia cara, Karin ti
accoglierà gentilmente offrendoti ristoro ed un lauto pasto,
ma tu non accettare, siediti a terra e, se proprio costretta, mangia
solo un tozzo di pane. Pensi di riuscire a ricordare tutto? >>
<<
Si lo farò >>
E
difatti Matsuri eseguì tutto per filo e per segno, e riuscì
con successo ad entrare e uscire dagli inferi, ma purtroppo ancora
una volta la sua curiosità le fu nemica e, non sapendo
resistere, aprì la scatola da consegnare a Venere.
Dentro
non c’era la bellezza, ma solo il sonno eterno, e Matsuri cadde
al suolo come morta.
Il
giorno dopo Matsuri si svegliò di buon’ora e si recò
nella stanza all’interno della quale la dea metteva in atto tutta la sua
malignità.
Venere
fu evidentemente irritata, dal momento che non poteva rimproverarla in alcun
modo.
Le
si parò davanti e le disse: << Ma che brava! Sei riuscita a controllare
la tua pigrizia! Voglio che tu vada nello strapiombo del monte di fronte al
tempio, lì troverai un ruscello, pretendo che tu mi porti un po’ di quell’acqua
gelida, se non ci riuscirai … >> le guardò malignamente il grembo
<< …sai già cosa ti aspetta >>
Detto
questo le porse in malo modo un’anfora di cristallo.
Con
le forze che le erano rimaste, Matsuri riuscì ad
arrivare ai piedi del monte speranzosa che quella fosse l’ultima prova.
Ma
appena alzò lo sguardo, si rese conto del pericolo: il monte era altissimo e
brullo, ai lati fuoriuscivano pericolosi fiumi di lava, e dove il terreno era
accessibile, orribili draghi le sbarravano la strada vigilanti e con gli occhi
sempre allerta, come se ciò non fosse abbastanza, le acque stesse parlavano, e
urlavano intimandole di andarsene.
Matsuri
cadde a terra in ginocchio.
“Pretendo
che tu mi porti un po’ di quell’acqua gelida, se non ci riuscirai sai già cosa
ti aspetta”
Incrociò
le braccia come a voler salvare la sua piccola creatura, non aveva più la forza
di piangere, si limitava ad osservare imbambolata quella crudele maestosità.
Proprio
quando tutte le speranze sembravano perdute, una creatura dei cieli, Takamaru, animale sacro del dio Giove, le volò vicino.
<<
Povera inesperta speri davvero di poterti avvicinare a quella acque così
tremende? >>
Lei
aveva lo sguardo spento.
<<
No, nobile creatura, non m’illudo di superare questa prova, e per questo che
chiederò alla dea di risparmiare il mio bambino, in cambio della mia vita
>>
<<
Sei una ragazza buona e madre affettuosa, tranquilla non dovrai rinunciare né
alla creatura né alla tua vita, dammi quell’anfora >>
Con
gentilezza lei gliela diede.
L’aquila
volò oltre i draghi, e, incurante delle lamentele delle acque, riempì l’anfora
e la riportò alla ragazza.
Lei
pianse gioiosa, accarezzando quel gentile animale.
<<
Come potrò mai sdebitarmi? >>
<<
Una carezza data da una così bella fanciulla è già un gran regalo per me
>>
Lei
baciò la testa dell’animale, per poi recarsi dalla dea.
Appena
la vide, i suoi occhi s’incendiarono.
<<
/Come fa ad essere ancora viva?/ >>
La
guardò velenosa: << Bene, è arrivato il momento della quarta prova
>>
Si lo so il capitolo è corticello… vi
chiedo di avere un altro po’ di pazienza, ammetto che questa è la parte della
storia che mi ha appassionato meno ma andando avanti vi assicuro che migliora.
Un grazie di cuore a chiunque mi segua e a presto!
Capitolo 15 *** Cupido fugge dalla sua prigione ***
Cupido
fugge dalla sua prigione
Intanto
Gaara era completamente guarito, e, preoccupato per
la sua amata, fuggì dalla sua camera d’oro.
Vagò
per tutto il mondo finché non trovò la ragazza, dormiente, appena fuori dalla
bocca degli inferi. Con delicatezza dissipò il sonno eterno richiudendolo
dentro la scatola, poi prese una delle sue frecce, e senza farle male, punse la
ragazza svegliandola.
Lei
aprì a fatica gli occhi, ancora frastornata, poi alzò il viso e lo vide: il suo
grande amore che l'abbracciava delicatamente e la guardava preoccupato.
<<
Piccola mia, vedi cosa ti è successo non ascoltandomi? Ora su, va’ da mia madre
a portare a termine ciò che ti ha ordinato, al resto penserò io >>
Detto
questo fuggì via senza che la ragazza potesse parlare.
Intanto
lui era arrivato al cospetto del Sommo Giove, esponendogli la situazione.
Giove
lo prese per le guance e gli baciò le fronte.
<<
Oh figliolo! Finalmente hai deciso di sistemarti! Ebbene, nonostante tu sia
sempre stato un discolo, accontenterò le tue richieste >>
Detto
ciò chiamò il suo fedele Mercurio, che in poco tempo radunò tutti gli dei
dell’olimpo.
<<
Allora dei e dee, vi ho convocati per una ragione urgente, come ben sapete io
tengo molto a questo giovanotto >> ed indicò Gaara
seduto accanto a lui << Ma credo sia giusto, adesso, frenare i suoi
“istinti” giovanili, troppe favolette ormai si narrano sul suo conto, e ciò
macchia di troppa vergogna il suo casato, perciò credo sia arrivato il momento
di legarlo ai sacri vincoli nuziali, la ragazza non gli manca, e se l’è già
goduta per giunta, quindi se non ci sono altri ostacoli, si faranno le nozze
>>
Venere
tuonò.
<<
MAI! Non avrò una zoticona per nuora! >>
<<
Non ti crucciare, figliuola, farò in modo che le nozze avvengano alla pari, e
del tutto legittime >>
Detto
questo chiamò Mercurio:
<<
Rock Lee, va’ sulla terra e porta qui Matsuri
>>
Lui
obbedì all’istante, trovò la ragazza, spaesata, non lontano dal tempio di
Venere.
<<
Oh fortunata ragazza, sei stata scelta per placare gli irrequieti spiriti di Gaara! Adesso ti porterò sull’olimpo dove verranno
celebrate le nozze >>*
Matsuri,
dopo tutto quello che aveva passato, era maturata parecchio e finalmente aveva
tutte le idee chiare. Molto più chiare.
Pensò:<< /Scelta per tenere a bada gl’istinti di
Cupido? Allora son proprio un oggetto per tutti loro!/ >>
Rock
Lee la prese in braccio, e la condusse davanti a tutti gli dei.
Appena
la vide, Gaara le corse in contro prendendole le
mani, ma la ragazza le ritirò subito divincolandosi anche dal suo abbraccio.
<<
Perché fuggi, mio raggio di sole? >>
Lei,
con le lacrime agli occhi, uscì a passo svelto dalla stanza, Gaara continuava a rincorrerla.
<<
Matsuri, hai superato tutte le prove, e ora non hai
più niente da temere >>
Lei
lo guardò sconvolta.
<<
Tu non capisci vero? >>
<<
Cosa dovrei capire? >>
Lei
scosse la testa, poi parlò con tono estremamente deciso.
<<
Io non sarò mai la tua sposa >>
* A questo punto Psiche si sposa con Eros e vissero tutti
felici e contenti…
So cosa rappresenta Psiche e cosa Eros nella fiaba
originale, e so che è stato lui ad “aiutare” Psiche nelle prove, ma punto uno:
mi sono voluta concentrare sull'aspetto “esteriore” della storia senza pensare
all'allegoria, punto due: concentrandomi sempre sulla trama ed evitando i vari
significati allegorici, io personalmente non penso che un innamorato aiuti in
modo così “vago” così distante la propria amata.
Direi che escludendo i fattori nascosti e analizzando
solo il comportamento del dio la fiaba appare un po’ (TROPPO) maschilista non
trovate? Quindi ho deciso di dare un po’ più di dignità e potere a noi donne! E
poi un po’ di pepe non fa mai male.
Avevo già in mente di stravolgere il finale, è per questo
che finora mi sono attenuta fedelmente alla storia, non volevo allontanarmi
troppo dalla trama.
Detto questo buon san valentino, e al prossimo capitolo!
Tutti gli dei, che osservavano la scena dall’altra stanza, spalancarono gli occhi. Gaara era il più sorpreso.
<< C…come hai detto? >>
Lei lo guardò con occhi di fuoco.
<< Perché tanta crudeltà nei miei confronti? Cosa ho fatto di così malvagio? Sono solo una povera mortale, ho solo sedici anni, sono poco più di una bambina! una bambina che voleva solo uno sposo al suo fianco e dei figli da accudire, non ho mai preteso le ricchezze a cui ero abituata nella casa paterna, e di certo non volevo usurpare La Dea! >>
Prima che il dio potesse replicare lei continuò con maggiore ardore.
<< AVREI PREFERITO UN MOSTRO COME MARITO! ALMENO LUI MI SAREBBE STATO SEMPRE DEVOTO, FEDELE E SOPRATTUTTO MI AVREBBE SEMPRE DIFESA >>
Tutti gli dei erano nello sbalordimento più totale, tranne Giove, che osservava interessato la scena.
<< INVECE CHI MI SON RITROVATA COME COMPAGNO? Un codardo, un bambino capriccioso che nasconde i suoi giochi per paura della madre, l’hai detto tu stesso no? Disubbidendo a tua madre hai fatto un grave errore … Te lo ripeto IO NON SONO E NON SARO’ MAI LA TUA SPOSA >>
Gaara la guardava provando un’immensa vergogna verso se stesso, ma il suo orgoglio continuava a prevalere.
<< Come ti permetti di rifiutale le effusioni di Cupido? Scellerata ragazza! >>
Un poderoso schiaffo colpì il volto perfetto del dio alimentando lo stupore generale.
<< MI PERMETTO ECCOME! MI HAI SOLO USATA! IO NON ERO ALTRO CHE UN GIOCATTOLO RINCHIUSO IN UNA GABBIA DORATA, ECCO COS’ERO … SOLO LO SFOGO DEI TUOI CAPRICCI!!! >>
Gaara continuava a fissarla incredulo … si toccò il punto dove era stato colpito. Come si permetteva una povera mortale a rivolgersi a lui in questo modo?
Ma lei non demordeva, la sua parte razionale era completamente annebbiata dalla rabbia.
<< E SE MAI LA MIA BELLEZZA SI FOSSE GUASTATA COL TEMPO CHE AVRESTI FATTO?! MI AVRESTI ABBANDONATA COL PESO DELLA NOSTRA PROLE TE LO DICO IO! E MI SAREI RITROVATA SOLA! >>
Poi ringhiò.
<< Non provarci a posare le tue grinfie sul MIO bambino, lui non soffrirà come sto soffrendo io! >> << SONO SUO PADRE! >> << Suo padre era solo una voce nel buio. UNA VOCE MORTA! >>
Detto questo si diresse verso l’uscita del grande tempio, Venere furibonda era scattata subito all’inseguimento della ragazza, ma Giove, il re degli dei, la bloccò.
<< Perché mi bloccate? Perché non mi premettete di compiere la mia vendetta? >>
Lui tuonò.
<< Io ti impongo, e impongo a tutti gli dei, di non torcere neanche un capello a quella ragazza, perché da adesso in poi è mia protetta >>
Gli dei lo guardarono con stupore, ma lui uscì dalla stanza incurante di tutto.
Matsuri intanto, cercava disperatamente l’uscita del tempio per poi varcare i cancelli e tornare nel mondo mortale, purtroppo proprio vicino all’ultima porta venne bloccata da una dolorosa fitta allo stomaco, il dolore era talmente forte che lei dovette sostenersi al muro.
Giove le venne incontro.
<< Povera piccola sventurata… >>
Lei, che era appena tornata in se, si girò e abbassò lo sguardo in segno di rispetto.
<< Potente Giove >>
Chiuse gli occhi parlandogli con voce pacata e gentile.
<< So di aver compiuto un’azione imperdonabile e merito una severa punizione >>
Lui le sollevò il viso con due dita, nonostante il viso smunto e pallido, e nonostante le ferite restava veramente una ragazza meravigliosa.
<< Non intendo infliggerti alcuna punizione, hai già sofferto abbastanza … Ma dove hai intenzione di andare? >> << Io … voglio tornare sulla terra, dove accudirò il mio bambino seguendo le leggi e le sacre tradizioni, sempre se >> deglutì << me lo farete nascere >> << Nessuno ti toglierà la tua creatura, hai la mia parola, ma resta pur sempre il figlio di mio nipote e desidero che sua madre rimanga al sicuro qui, finché non nascerà >> << Se questo è il volere del più potente tra gli dei, non posso far altro che accontentare la sua richiesta >> << Sono felice di questa tua decisione … vieni con me >>
La portò in una splendida camera con le pareti di un delicato oro rosa, vi erano fiori e ogni tipo di meraviglia, appena Matsuri vide il letto un pensiero la bloccò.
<< No non preoccuparti, Matsuri, nessuno verrà in piena notte interrompendo il tuo dolce torpore, resta qui finché vorrai >> << Ma perché tutto questo? >> << Perché hai avuto il coraggio di fare a quello scellerato di mio nipote ciò che io non ho mai fatto, da piccolo, qualche ceffone non gli avrebbe fatto male. Sei l’unica mortale ad aver fatto una cosa del genere, nessuno aveva mai osato tanto … e adesso capisco che è stato il tuo amore di madre a spingerti a superare quelle prove assurde. Ti ammiro >> << Come posso ringraziarla potente Giove? >>
Lui sorrise.
<< Rifletti bene sulle tue scelte, e segui il tuo cuore >>
La ragazza cominciò ad esplorare quello splendido appartamento, poi si sedette sul letto, sfiorando il ventre.
Quella notte venne svegliata da un brutto presentimento, e vide sulla soglia un’ombra alata, subito si mise a sedere, tremando spaventata, non poteva essere che Lui che bramava vendetta.
Ormai lo conosceva bene, e sapeva che la vendetta era di famiglia, e poi era ancora troppo scossa per quanto accaduto...
L’ombra si avvicinava sempre di più, facendo crescere il terrore della ragazza, ma quando cercò di superare la soglia, un groviglio di fulmini lo fece allontanare, era il potere di Giove che la proteggeva.
<< Matsuri fammi entrare >>
Lei, spaventata, non riusciva ad emettere alcun suono.
<< Matsuri! >>
Si nascose sotto le coperte gettando delle piccole lacrime dal volto, finché le urla del dio non cessarono, solo allora poté riposare le membra.
L’indomani si svegliò di buon ora ristorandosi con un bagno, si sentiva più serena e tranquilla quindi timidamente uscì dall’appartamento recandosi nel meraviglioso giardino del tempio, vicino ad un laghetto cristallino.
Si sedette vicino la riva godendo dei profumi dei fiori circostanti, chiuse gli occhi ascoltando il melodioso canto degli uccellini.
Una figura piombò dietro di lei.
Matsuri non ebbe nemmeno bisogno di girarsi perché la figura di Gaara si specchiava nelle dolci acque davanti a lei, rimase immobile senza sapere che fare.
<< Sciocca ragazzina … è così che tratti il tuo sposo? >>
Lei strinse le gambe al petto, mentre Gaara le si piazzava davanti. Poco dopo le afferrò delicatamente le braccia facendola distendere.
<< No, non voglio lasciami LASCIAMI! >>
<< Non reagire così, nonostante il tuo comportamento, non ti farò del male >>
<< AH che gentilezza! Grazie ma non m’interessa! Non soddisferò più i tuoi capricci >>
Lui la guardò sconcertato, la ragazza si muoveva freneticamente e cercava di schiaffeggiarlo ma lui non intendeva mollare, una rosa rossa venne scagliata con forza fra i due facendo allontanare il dio, una ragazza bionda si parò davanti a Matsuri per difenderla.
<< Le chiedo perdono sommo Eros, ma per ordine di Giove devo proteggere la mia signora >>
Matsuri riconobbe la voce di Ino.
<< Come ti permetti schiava? Fammi passare immediatamente o… >>
Le stava per dare un potente schiaffo, fortunatamente Matsuri l’attirò a se facendole deviare il colpo, poi guardò severa Gaara.
<< Dio o non dio tu non le farai del male >>
Delle piccole lacrime cominciarono a spuntarle dagli occhi
<< …e adesso ti prego lasciaci in pace >>
Gaara continuava ad osservarla, confuso e disorientato, pochi istanti dopo andò nel tempio di Giove con mille domande che gli circondavano la mente.
<< Oh Minato, perché si ostina a trattarmi in questo modo? >>
Lui lo guardò severo.
<< Io per te sono il Sommo Giove, spero di essere stato chiaro >> poi continuò << Perché non rifletti sul tuo comportamento? Soltanto così riuscirai ad ottenere la sua fiducia … >>
Detto questo il dio sparì mentre Gaara rimaneva sempre più confuso, si diresse, di nuovo, verso il sacro giardino per poter riflettere.
Dopo la discussione Matsuri si sedette di nuovo sul morbido prato cercando di alleviare i suoi dolori. Gaara cominciò a strattonarla minacciandola.
<< Io sono un Dio! Posso possederti quando e dove voglio! >>
Lei lo guardò con le lacrime agli occhi, le braccia incrociate quasi a voler proteggere la piccola creatura dentro di lei, parlò con voce pacata, ma decisa.
<< Oh divino Eros! Se tu mi imporrai di essere posseduta da te, io mi concederò senza lamentele, perché sono solo un’umile umana al tuo cospetto, ma sappi che, se lo farai, perderai piano piano quell’amore che mi tiene legata a te e mi dà ancora una speranza di vita, quell’amore, col tempo si trasformerà in odio e in disprezzo >>
Gaara dapprima la guardò meravigliato, poi un ghigno spuntò nel suo magnifico volto, non demorse.
<< Io posso controllare i tuoi sentimenti Matsuri, mi basta un dardo… >>
Lei lo osservo col viso colmo di tristezza.
Perché ancora non capiva?
Sollevò la mano destra verso di lui e gli mostrò la punta dell’anulare.
<< Sono già stata colpita dalle tue frecce divino Eros, come puoi ben vedere… e questo è il loro effetto >>
Questa volta Gaara non poté celare lo stupore e l’angoscia che trasparirono dai suoi occhi, lei se ne accorse approfittandosene.
<< Divino Eros... >> << Smettila di chiamarmi così!!! >>
Ancora non capiva quanto era cocciuta quella ragazza.
<< Divino Eros >> disse evidenziando le parole << se da qualche parte nel tuo cuore, si nasconde un pizzico di rispetto per me, ti prego, ti imploro, lasciami sola col mio dolore … >>
Detto questo distolse lo sguardo osservando una delicata farfalla che volava libera in quel meraviglioso giardino.
I giorni passavano, e Matsuri cominciava ad essere considerata, dalla maggior parte degli dei, una persona degna di restare sull’Olimpo. Nonostante questo, lei non aveva mai preteso nulla: restava quasi sempre chiusa nella sua stanza, in compagnia delle due ancelle Hinata ed Ino, che ora con sua somma gioia poteva vedere, e quando usciva, si recava sempre sulle sponde del lago sacro per andare a trovare la sua adorata Delia.
Ed ogni volta lo incontrava.
Sempre lì ad aspettarla, all’inizio prepotente, ma poi, piano piano, la sua presenza era diventata sempre più dolce, molte volte si limitava ad osservarla seduto su un albero di pesche.
In quei giorni era venuta a sapere che non aveva più combinato disastri, sulla terra c’era più amore ed i matrimoni erano floridi e felici, e soprattutto, molte maldicenze erano finite nel dimenticatoio.
Quel giorno le si avvicinò piano.
<< Buon giorno vita mia >> Lei lo accolse con un tenero sorriso.
Ormai non aveva più quel terrore, ma ancora non riusciva a fidarsi.
<< Buon giorno a te >>
Lui si chinò dolcemente sedendosi accanto a lei.
<< Ho una cosa per te >>
Le mise un delicato giglio tra i capelli, per poi sollevare un po’ d’acqua cristallina in modo che lei si vedesse. Lei sfiorò la delicata pianta con due dita.
<< È bellissimo… grazie >>
Lui accennò un leggero sorriso.
<< Non è degno di te… >>
Abbassò lo sguardo, come a prendere coraggio, per poi riguardarla.
<< Mi permetti di poggiare le mie labbra sulla tua delicata guancia? >>
Lei fece un timido cenno di si col capo, e lui si avvicinò piano, delicatamente, poggiando le morbide labbra sul viso di seta, aspirando il suo profumo.
Avrebbe voluto abbracciarla, baciarla ovunque, ma si accontentò.
A malincuore staccò le sue labbra dal viso della ragazza poi si avviò a sbrigare la sue faccende, mentre lei lo guardava allontanarsi.
Dallo splendido tempio Karura osservava irritata la scena.
<< Il dio dell’amore reso docile da una mortale, che per giunta non vuole neanche sposarlo!!! >>
Minato le si avvicinò.
<< La ferita del suo cuore si sta rimarginando, dalle tempo, ti assicuro che è degna di stare accanto a tuo figlio >> << Ma è solo una mortale!!! Chissà che favolette già si raccontano su di me >> << È anche per questo tuo atteggiamento che quella povera ragazza non si avvicina più a Gaara, è ancora molto spaventata da te >> << E che dovrei fare?! Umiliarmi ai suoi piedi per avere perdono? >>
Lui rise amaramente.
<< Non lo faresti mai, ma potresti andare a parlarle, il tuo odio nei suoi confronti dipende solo dalla sua bellezza, prova a superare questo ostacolo, sei una Dea, non una bambina >>
Detto questo andò a preparare i fulmini per un temporale. Karura rifletté sul consiglio.
Matsuri era intenta al cucito, mentre le due ancelle filavano la lana, Karura sapeva di non poter oltrepassare la porta.
<< EH-EHMMM >>
La ragazza si voltò spalancando gli occhi per la sorpresa.
Con garbo mandò via le ancelle che immediatamente si dileguarono, poi fece entrare la dea tenendo lo sguardo basso.
<< Q… quale onore >>
Lei la guardò stizzita, le passò davanti prendendo la stoffa che stava filando: era un lensuolino, dalla grandezza si vedeva che era per la piccola creatura che teneva in grembo, con la coda dell’occhio vide la ragazza preoccupata, credeva che le volesse strappare quella stoffa che lei aveva filato con tanto amore.
Venere invece prese dalla tasca della veste un sacchetto e cosparse la copertina con della polvere d’oro, poi la consegnò alla ragazza.
<< Non pretenderai certo che mio nipote dorma avvolto solo dalla comune seta… >>
Lei sorrise felice, allora il dea non voleva ostacolare la sua gravidanza!
Karura rivolse lo sguardo verso la finestra.
<< Il filato è molto preciso e di grande qualità devo riconoscerlo >>
La ragazza continuava a tenere lo sguardo basso.
<< G… grazie >>
La dea si rigirò verso di lei, con un veloce movimento della mano le sollevò il viso, osservandone i lineamenti: più volte la fece girare per guardarla attentamente, mentre Matsuri, temendo una schiaffo, tremava leggermente, Karura le lasciò il volto.
<< Mi somigli davvero molto … se non fosse per gli occhi, saresti identica a me alla tua età >>
Matsuri la guardò con gli occhi pieni di stupore.
La dea della bellezza l’aveva paragonata a lei!
Karura non se ne curò e si sedette su una comoda sedia: iniziò a parlarle, la riempì di domande alle quali Matsuri rispose con tono garbato, era piacevole ascoltarla, colta ed intelligente, ma non superba come invece aveva sempre pensato, anzi era decisamente … simpatica!
Mentre udiva la risposta ad una sua domanda, la dea si guardò intorno analizzando la stanza: l’ordine era impeccabile, le statuette degli dei posizionati sul comodino in segno di rispetto, e il letto era sistemato e curato, poi l’occhio le cadde su alcuni oggetti musicali.
<< Ti dedichi alla musica? >> << Qualche volta mia signora >>
Le indicò l’arpa.
<< Allietami con le tue melodie >>
Lei, incerta, prese lo strumento e si mise in posa per suonarlo.
<< Vi chiedo perdono se la mia musica non è paragonabile alle soavi melodie che siete abituata ad udire >>
Detto questo iniziò a suonare.
Karura l’ascoltò attentamente. Era piacevole, molto piacevole.
<< Canta >>
E Matsuri obbedì, la musica che se ne ricavava era angelica, degna degli dei. Dopo qualche minuto Karura si alzò interrompendola.
<< Puoi fare di meglio >>
Le pese le mani alzandole un poco, le fece mettere il busto più dritto e le sollevò la testa.
<< Prova ora >>
Matsuri riprese a suonare e a cantare.
<< Perfetta >>
Matsuri fu rincuorata da quel complimento, cantando con più passione, la melodia si sparse per tutto l’olimpo riuscendo persino a placare, per poco, gli animi di Marte e Ade.
Quando la dea si accorse che la ragazza non aveva quasi più fiato, le diede il permesso di interrompere la melodia. Con un delicato gesto aprì la finestra.
<< Vieni qui >>
Con grazia Matsuri si avvicinò alla dea.
<< Guarda fuori >>
Gli occhi di Matsuri brillarono di gioia quando si posarono sulla figura rilassata e dormiente di Cupido, che per tutto il tempo aveva udito la melodia della ragazza.
La Dea osservò la scena con una punta di malizia... ma preferì non farlo notare.
<< È difficile trovare il modo di placare in suo animo, di solito non dorme mai >>
Ecco spiegate le evidenti occhiaie.
Karura si era alzata e si stava dirigendo verso la porta, la ragazza velocemente la raggiunse tirandole timidamente la veste, la dea si girò con aria interrogativa e vide Masuri baciarle la mano in segno di riverenza per poi sussurrare un lieve e timido:
<< Grazie >>
La dea le diede una carezza e uscì dalla stanza.
Matsuri non lo seppe mai, ma mentre camminava per recarsi con aria fiera a teatro, dal suo volto scivolò una lacrima piena di pentimento.
Dopo la conversazione con la dea, Matsuri decise d’impegnarsi a fondo con la musica, il canto, e la lettura, tanto che erano giorni ormai, che non usciva dalla sua stanza.
<< Matsuri? >>
Era Hinata, la ragazza era visibilmente preoccupata per l’amica.
<< Entra pure amica mia >> << Cos’è successo? Sta bene? >>
Lei le prese le mani.
<< Mai stata meglio! La dea è stata molto buona con me e io ho deciso di non tradire la sua fiducia >> << Mi fa piacere, io vado a raggiungere Ino, è andata a raccogliere delle bacche e della frutta per stasera, e mi chiedevo, dato che non uscite da parecchi giorni… >>
Matsuri le sorrise riconoscente.
<< Certo vi aiuto >>
Appena uscite la due ragazze udirono un urlo.
<< INO! >>
Corsero fino ad un maestoso albero di mele, da lontano videro la bionda tra le braccia di Eros. Matsuri osservò la scena allarmata. Cupido l’aveva delicatamente poggiata a terra, e adesso la fissava severo.
<< Incosciente! Potevi romperti l’osso del collo. Lo sai che per gli spiriti mortali è proibito raccogliere i frutti sacri! >> << Non erano certo per me, mio signore >> alla ragazza piaceva punzecchiare i suoi superiori con delle battutine, ma badava bene a non esagerare mai.
Con un veloce gesto della mano, il dio ripose dentro il cesto tutti i frutti caduti a terra, porgendoli alla ragazza.
<< Come sta? >>
Il suo volto era colmo di preoccupazione, tanto che la serva non se la sentì di stare muta.
<< Sua madre sembra averla perdonata e lei si sta impegnando per non tradire le aspettative, ma … non è felice >>
Lui sospirò.
<< Puoi andare >>
Lei con un inchino se ne andò. Da dietro un albero le due ragazze avevano assistito alla scena.
<< Matsuri, forse ora dovremmo andare… >> << Tu vai pure Hinata… io ti raggiungo >> << Va bene >>
Matsuri continuava a fissare il ragazzo: si era seduto sul morbido campo di fiori e osservava Delia che piano piano gli si avvicinava. Gaara sembrava finalmente aver capito che Matsuri era come quella cerbiatta, dolce e fedele, ma che fugge se perde la fiducia di cui si era avvicinata, si mise a sospirare stancamente, persino il suo lucente alone dorato si era spento. Matsuri gli si avvicinò piano, e si accorse con stupore che delle lacrime gli rigavano il voto, mentre accarezzava Delia.
Gaara parlava piano.
<< L’ho persa per sempre amica mia… e tutto per colpa della mia testardaggine, se solo potessi spiegarle quanto tengo a lei… quanto le voglio bene, e soprattutto quanto la rispetto… >>
La cerbiatta rizzò le orecchie e se ne andò, il dio seguendo i movimenti dell’animale, si girò di scatto e la vide: Matsuri indossava una delicata veste rosata, si sedette accanto a lui e poi lo guardò.
Nessuno dei due parlava, gli occhi erano il solo punto di contatto.
Lei si girò osservando l’acqua.
<< Avrei potuto vederti? >>
Lui la guardò con aria interrogativa.
<< Insomma, se non avessi infranto la promessa, non ti avrei mai visto in volto? O magari col tempo …? >>
Lui scosse la testa.
<< Non lo so, io… io ti volevo e basta, volevo averti vicino, amarti… >> << … Usarmi… >> << No vita mia! Io non ho mai pensato di usarti… ma quello è l’unico modo di amare che conoscevo… e poi, si, lo ammetto, avevo paura dell’ira di mia madre >>
Matsuri osservò il cielo, fece un lungo respiro, quello che stava per chiedergli le avrebbe potuto fare male, e molto.
<< Mi hai mai tradita? >>
La domanda lasciò Gaara spiazzato.
<< Cosa te lo fa pensare? >>
Lei scosse le spalle.
<< Conosco la tua fama e soprattutto ti conosco… allora? >>
Lei si era girata per guardarlo dritto negli occhi, il ragazzo abbassò lo sguardo.
Sussurrò << Si >>
Lei chiuse gli occhi per incassare il colpo.
<< Si ti ho tradita, ma soltanto una volta, era la nostra prima notte e… bè ecco… >> << …Non ti è piaciuto. Vai al sodo Gaara, ero una povera verginella penosa e sei rimasto deluso! >> << Non è così, è complicato!… insomma mi avevi fatto provare sentimenti, emozioni mai conosciuti prima… avevo troppa ansia di riprovarli ma era giorno e non potevo farmi vedere da te e quindi ho provato a cercare altrove… ma invano >>
Gaara abbassò di più lo sguardo con aria colpevole, mentre Matsuri aveva preso a guardare un punto indefinito dello spazio di fronte a se, non poco confusa, il silenzio era piombato di nuovo su quei due cuori tristi.
Poi Gaara prese la parola imbarazzato, mettendosi a guardare il cielo.
<< Perdonami, se puoi, mia dolce perla, ho sbagliato e solo ora me ne rendo conto... >>
Lei si voltò per guardargli il viso.
<< ...Ho deciso di rimediare e tutti i miei errori, non ingannerò più le povere mortali con i miei dardi, e non intendo più combinare guai, ma per farlo, dovrò allontanarmi qualche giorno… e per quanto possa valere, ti assicuro che non ti tradirò, mai più, tengo troppo a te >>
Il giovane dio si era alzato e camminava piano in direzione del suo tempio, Matsuri lo osservava andare via, sussurrò quasi a se stessa
<< Gaara… >>
Aveva capito.
Finalmente il suo Amore si era aperto a lei in modo che potesse capire.
Gaara si era allontanato di qualche passo.
Non c'era bisogno di altre prove.
La ragazza parlò a voce alta.
<< …io mi fido di te >>
Il dio si bloccò, poi lentamente si girò guardandola sconvolto.
<< C… che hai detto? >>
Lei gli regalò il più dolce tra i suoi sorrisi.
<< Ho detto che mi fido di te, amore mio >>
Lui le corse incontro abbracciandola, la prese saldamente per i fianchi facendola roteare, la ragazza rise felice, lo abbracciò.
<< Questo significa che… >> << …Che ho deciso di essere la tua sposa! Sempre se mi vuoi ancora >>
L’abbracciò con maggior ardore.
<< Certo che ti voglio! Mia piccola perla, mia ragione di vita… prometto che non ti farò mai più soffrire e ti proteggerò per sempre >>
Le loro labbra si stavano per unire in un dolce bacio.
Ma proprio in quel momento, tutti gli dei scoppiarono in urla di gioia che rimbombarono in tutto l’Olimpo. I due ragazzi si voltarono e videro Giove avvicinarsi.
Quando fu di fronte a loro, il dio le chiese:
<< Sei davvero sicura della tua decisione, Matsuri? >> << Sicurissima, ho seguito il mio cuore, e, ho capito di non poter stare senza Gaara >>
Detto questo l’abbracciò. Sul volto di Minato apparve un sincero sorriso.
<< Se le cose stanno così… prendi questa coppa, contiene l’ambrosia, bevila e diventa immortale, così quelle con Gaara saranno nozze eterne e tutti ti ricorderanno come Psiche: la dea dell’anima e della coscienza! >>
Dopo che la ragazza ebbe bevuto, una delicata aura luminosa le circondò il corpo, e sulla schiena le spuntarono delle delicate ali di farfalla, con tutte le sfumature dell’arcobaleno. Gaara la osservò meravigliato.
<< Non avrei mai creduto di poterlo dire, ma sei ancora più bella di prima vita mia >>
Lei si guardava la schiena incuriosita da quella piacevole novità.
<< Dovrai insegnarmi ad usarle... >> << Ci penseremo dopo, adesso andiamo... >>
Dopo le nozze, fu allestito un sontuoso banchetto nuziale: lo sposo era seduto al posto d’onore e teneva fra le braccia Matsuri, poi veniva Minato con Kushina e quindi, in ordine d’importanza, tutti gli altri dei. Le muse intonarono un melodioso coro e Venere, con le altre dee al seguito, danzarono leggiadre.
Durante i festeggiamenti, Gaara prese per mano la sua sposa.
<< Vieni con me… >>
La condusse nel suo splendido tempio, pieno di mosaici e circondato da mille fiori che emettevano un profumo meraviglioso, lei si lasciava guidare senza opporsi. Arrivati nella stanza da letto, lui chiuse le porta e l’abbracciò, non c’erano luci accese, erano soli nell’intimità della notte.
<< Ti amo >>
Gaara scrutava quel meraviglioso corpo, prese due pieghe del vestito per sfilarglielo ma la ragazza gli bloccò le mani, lui la guardò con fare interrogativo, e lei, sorridente, lo condusse in bagno, la vasca era veramente enorme, con ai lati gli olii messi in bell’ordine, gli prese le mani invitandolo ad immergersi.
<< Ma… >>
Lei finse di mettere il broncio.
<< Eddai… vorresti negare questo piccolo piacere alla tua sposa? >>
Lui scosse la testa sorridendo, si tolse il vestito e s’immerse nella vasca calda seguito dalla ragazza. Giocarono come due innocenti bambini, Matsuri aveva preso gli olii e gli massaggiava delicatamente le spalle, mentre lui la teneva stretta a se. Lei rise, si sciolse dall’abbraccio per accarezzargli il volto. Le sue parole erano quasi un sospiro.
<< Sei così bello amore mio… >>
Lui si lasciava cullare da quelle carezze, chiuse gli occhi per poterne godere in pieno. Scosse la testa dandosi dello stupido.
<< Che richiesta assurda ti avevo imposto, amo il tuo sguardo poggiato su di me >> << Ormai appartiene al passato, non pensarci più >>
Gli prese le mani inducendolo a toccarla, vide Gaara sfiorarle il corpo con le labbra e notò con stupore che ad ogni passaggio, le cicatrici sulla sua pelle sparivano magicamente, senza lasciare il minimo segno.
<< Piccola perla… ci sarebbe un’altra ferita da guarirti… >>
Matsuri lo guardò con aria interrogativa, lui la mise seduta sul bordo della vasca allargandole piano le gambe, la ragazza spalancò gli occhi incurvando violentemente la testa quando sentì il soffio caldo di Gaara tra di esse.
<< AH! >>
Il ragazzo le stava provocando i più estremi piaceri giocando con la lingua dentro di lei, che senza accorgersene aveva poggiato le mani sui capelli muovendosi al suo stesso ritmo. Quando i movimenti della ragazza si fecero più intensi, il giovane dio la sollevò per immergerla nella vasca, lei gli circondò il bacino con le gambe, i suoi occhi si rispecchiavano in quelli del ragazzo, li socchiuse scivolando piano sopra di lui.
<< Mh >>
Si guardavano ancora negli occhi, lui non le sfuggiva, anzi la cercava disperatamente per poterle dare di più, i baci erano dolci, disperati, languidi, le spinte calcolate ed intense.
Dei soffici gemiti uscivano dalla bocca di entrambi, bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione.
Mesi dopo nacque la loro creatura, una splendida bambina dai lunghi capelli castani, gli occhi acquamarina, e un paio d’ali d’angelo con tutte le sfumature dell’arcobaleno. Matsuri la teneva in braccio e la cullava, mentre Gaara la osservava accarezzandole la delicata testolina.
<< E’ bellissima >>
Venere era di fronte a loro commossa.
<< Come la chiamerete? >>
I due risposero Satsuki, ma la piccola venne venerata come Voluttà, la dea del Piacere.
Fine
<< Che bella storia mamma! >> << Davvero ti è piaciuta? >> << Si molto romantica, mi è piaciuta soprattutto la parte quando Cupido ha capito i suoi errori, e poi chissà che tenera Voluttà! >> << Si piace molto anche a me quella parte, ma adesso è tardi, dormi che domani hai l’esame per diventare chunin >> << Ok >>
Matsuri le rimboccò le coperte ed uscì dalla cameretta, poi entrò nell’ufficio del Kazekage.
<< Ma lavori ancora? >>
Lui si stropicciò gli occhi.
<< No tranquilla ho finito… ma che hai fatto in tutto questo tempo? >> << Satsuki era nervosa per l’esame di domani e non riusciva a dormire, così le ho raccontato la mia storia preferita: Amore e Psiche >>
Lui si avvicinò alla ragazza di fronte la finestra, le mise un gelsomino tra i capelli, osservandola in tutta la sua delicata bellezza.
<< Sai? È anche la mia storia preferita >>
Si sorrisero scambiandosi uno sguardo pieno di significati, si baciarono con passione nell’intimità della notte.