_Yuki_(neve)

di Edward the mad shrimp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 24 ore prima... ***
Capitolo 3: *** La donna e la pantera ***
Capitolo 4: *** Insomnia ***
Capitolo 5: *** Las Noches ***
Capitolo 6: *** Il molestatore ***
Capitolo 7: *** Somos espadas ***
Capitolo 8: *** La famigliola si allarga ***
Capitolo 9: *** Mai condividere lo stesso letto con un maniaco ***
Capitolo 10: *** Missione ***
Capitolo 11: *** Piccoli molestati crescono ***
Capitolo 12: *** Una donna ottiene sempre ciò che vuole ***
Capitolo 13: *** Il prode cavaliere Grimmjow ***
Capitolo 14: *** Non è mai una cosa buona baciare un maniaco ***
Capitolo 15: *** Una biblioteca per due ***
Capitolo 16: *** Litigi ***
Capitolo 17: *** Piccola rivalsa personale ***
Capitolo 18: *** Jealousy, alcohol and sex ***
Capitolo 19: *** Gita nella Soul Society ***
Capitolo 20: *** Un problema per Ichigo ***
Capitolo 21: *** Problemi? Tranquilli, Yoruichi ha la soluzione! ***
Capitolo 22: *** La missione di Yoruichi ***
Capitolo 23: *** La vera identità del signor O'Neill ***
Capitolo 24: *** Verso l'inizio delle ostilità! ***
Capitolo 25: *** Omicidi nel Sereitei ***
Capitolo 26: *** Sulla terra! ***
Capitolo 27: *** Il potere rilasciato ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Alicia avanzava lentamente; la neve, che le arrivava quasi al ginocchio, le impediva i movimenti. Tremava dal freddo, le braccia intorno al corpo in un debole tentativo di scaldarsi.

Non sapeva dove stesse andando, né come fosse finita lì. Tremava senza sosta e aveva sonno, ma sapeva che addormentarsi sarebbe significato morire. Così resisteva e andava avanti.

La neve aumentava sempre di più e tutto sembrava immerso in un mondo di ovattato silenzio. Poi la bufera diminuì e intravide degli alberi in lontananza; senza pensarci troppo, si diresse in quella direzione arrancando: forse sarebbe riuscita a trovare un riparo.

Dopo un tempo che le sembrò infinito, raggiunse il limitare degli alberi.

“Dove diavolo sono finita?” pensò guardando la foresta che le si stagliava di fronte; era esausta, il corpo completamente congelato, ma ovunque guardasse vedeva solo neve e alberi.

Il suono come l’ululato di un branco di lupi le arrivò alle orecchie, raggelandole il sangue.

"Devo andarmene da qui!" disse in preda al panico iniziando a correre come meglio poteva tra gli alberi, ma inciampò e, per non cadere, si aggrappò ad un albero. La corteccia ebbe lo stesso effetto di una grattugia, scorticandole la mano.

La mano era troppo fredda perché si potesse accorgere del dolore, né tanto meno del sangue che, come molliche di pane, segnava il suo percorso.

Le palpebre le si chiudevano, il freddo era insopportabile, gli ululati erano aumentati alle sue spalle, come se gli animali stessero festeggiando il pasto imminente.

"Morirò qui" disse accasciandosi contro il tronco di un albero, ormai senza forze.

“Morirò qui e nessuno lo saprà mai” pensò, mentre tutto intorno si faceva buio e il sonno l’avvolgeva nelle sue spire.

Tentò solo un ultimo, disperato tentativo di restare sveglia, ma fu tutto inutile. Mentre chiudeva per sempre gli occhi le parve di vedere qualcosa azzurro in lontananza, ma era sicura fosse solo un miraggio.

 

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Capitolo 2
*** 24 ore prima... ***


 

Ti ti tii ti ti tii Ti ti tii ti ti tii.

Alicia si rigirò nel letto, la mano tesa nel buio in cerca della sveglia.

Dopo aver tastato il comodino la trovò e la spense poi, riluttante, scese dal letto stropicciandosi gli occhi. “Perché devo andare a lavorare anche di domenica?” si lamentò, incamminandosi verso la cucina; fortunatamente l’odore del caffè le risollevò un po’ il morale facendola sorridere debolmente.

Fece in fretta colazione e si vestì; non voleva arrivare in ritardo. 

Lavorava da un anno nella libreria più antica della città insieme al signor O’Neill, professore di letteratura e filosofia ormai in pensione.

Fin da quando aveva memoria aveva sempre adorato libri e i manga, perciò lavorare in una libreria le era parso un sogno.

Essere circondata dai volumi la faceva sentire in pace, quasi come se la proteggessero.

Prima di raggiungere l’Eden lavorativo però, doveva attraversare una giungla di veicoli e smog, riuscire ad intercettare un pullman e prendere la metro, pregando ogni divinità, conosciuta e non, di riuscire ad arrivare in orario.

Dopo le quotidiane peripezie, un po’ spettinata ma indenne, era riuscita a raggiungere la sua meta.

Aprì la porta nel negozio e appoggiò la borsa in terra, con un sospiro.

Una voce le arrivò dal retrobottega “Buongiorno Cia! Anche oggi 1 a 0 per il traffico, eh?” la salutò da dietro gli occhiali un sorridente uomo sulla sessantina, occhi verdi e capelli quasi completamente bianchi.

“Giorno professore. A quali terribili torture mi sottoporrà oggi?” gli chiese con un finto tono tragico.”.

“Lavori forzati nel magazzino” le disse indicando la scala che dava al piano inferiore.

“Immaginavo”.

Risero entrambi.

“Su su, brava come sei finirai in poco tempo” cercò di rassicurarla.

“Sicuramente”.

 

L’ idea di passare tutta la giornata riordinando il magazzino non era certo delle più piacevoli, specialmente di domenica mattina, ma fortunatamente era un’incombenza che capitava al massimo due volte l’anno, quindi non si lamentò ulteriormente.

Si infilò i guanti in lattice e legò i capelli con la stessa concentrazione con  cui un vichingo affilava la sua ascia prima della battaglia, e scese di sotto.

Da quanto era riuscita ad appurare l’anno prima, il magazzino era diviso in due sezioni: una adibita ai libri per la vendita, l’altra ai libri antichi che sempre erano stati custoditi nella libreria, un tempo biblioteca principale della città.

Decise di iniziare dalla parte moderna, svuotando una mensola alla volta e appoggiando i libri su un carrello munito di ruote, di modo che, spostare molti volumi alla volta, fosse più semplice.

 

 

 

Era sicura fossero passati anni da quando aveva iniziato a lavorare nel magazzino, tanto che, ne era sicura, una volta ritornata in superficie avrebbe visto gli alieni passeggiare tranquillamente sui marciapiedi, o forse era solo la polvere che le dava di volta al cervello.

Esausta, gli occhi che le si incrociavano, decise di concedersi qualche minuto di pausa.

Si sedette per terra appoggiandosi ad una colonna e chiuse per qualche secondo gli occhi.

Probabilmente era già passata mezza giornata e le mancava ancora la parte antica “Voglio morire, perché deve essere cosi maledettamente enorme questo posto?!” si lamentò guardandosi attorno.

Il sotterraneo era enorme e completamente occupato da scaffali zeppi di libri. Il soffitto, le colonne e i muri erano in mattoni rossi, come si addiceva ai vecchi palazzi.

Una porta in legno di mogano era l’unico divisore tra la parte nuova e quella antica, una targhetta in metallo recava la scritta:

 

ZONA RISERVATA

VIETATO L’ACCESSO AI NON AUTORIZZATI

 

 

 

Alicia sbuffò rialzandosi, voleva finire il prima possibile e restare seduta non le avrebbe fatto aumentare la voglia.

Prese il mazzo di chiavi che aveva in tasca e aprì la “sezione proibita”, come amava chiamarla.

Un odore intenso di chiuso e polvere le colpì le narici.

Sapere che quella sezione conteneva anche libri vecchi di cento anni la metteva in soggezione.

Senza preoccuparsi di che ore fossero né del perché il professor O’Neill si fosse dimenticato di lei, si mise al lavoro.

Ma arrivata a metà del primo scaffale si bloccò. Il libro che aveva tra le mani era sicura di non averlo mai visto, eppure si ricordava quasi tutte le copertine di quei libri grazie alla sua memoria fotografica.

Soffiò sul libro per togliere lo strato di polvere che lo ricopriva e lo esaminò.

Era rilegato in pelle nera, senza titoli apparenti, né alcun nome di un possibile autore.

“Wow ho trovato un death note!” scherzò iniziando a sfogliarlo.

Le pagine erano ingiallite dal tempo, le parole quasi completamente cancellate se non per qualche lettera sparsa. Analizzandolo meglio si accorse che era scritto in una lingua straniera che non aveva mai visto. “Sarà una roba tipo russo” ipotizzò.

Mentre cercava di stabilire che lingua fosse, il libro le cadde e la copertina si strappò.

“Oh cazzo! Il professore mi ammazzerà!” pensò mentre raccoglieva il libro e la sua copertina ormai sbrindellata, sicura che la sua testa avrebbe presto fatto la stessa fine.

Mentre cercava di ricomporre il cadavere si accorse di un particolare. Sulla copertina originale del libro,visibile attraverso lo strappo, si vedeva il disegno di un paesaggio invernale e uno strano simbolo sormontato da cinque lettere.

“ Ma che...?”.

Guardandosi attorno per sincerarsi che non arrivasse nessuno iniziò a esaminare la scritta, il naso a pochi centimetri dal volume, cercando di decifrarne il senso.

“N…t…e…r…e…? Ntere? Che vuol dire, non ha senso?! Che sia l’anagramma di qualcosa? Vediamo…Nrete, no…mmh…neert? Nemmeno….erten? manco, uffaaaaaa!!!” si lamentò afflitta, la voglia di scagliare il libro per terra sempre più forte.

Ormai dimentica del suo lavoro, si dedicò completamente alla scritta. Prese un foglio e una matita e iniziò a scriverci tutte le combinazioni possibili.

Dopo qualche minuto lanciò un grido di soddisfazione.

“Ce l’ho fatta! Chiunque tu fossi signor scrittore,ti ho fregato!” disse esultante.

 Poi riprese il libro, guardò il simbolo e lesse in ordine “ E…n…t…e…r. Enter! Visto non era così difficile? Anche se non capisco che senso abbia scrivere entra su un disegno…” .

Non fece in tempo a finire la frase che la stanza iniziò a tremare.

“Un terremoto!? Ma non è possibil…ahi!”. Alicia si tenne la mano, il libro era diventato improvvisamente bollente e il simbolo si era acceso come una lampadina.

“No buono” disse guardando il libro, mentre lo strano simbolo si allargava dalla copertina al pavimento, arrivandole sotto i piedi.

Alicia cercò di allontanarsi ma non fece in tempo, l’ultima cosa che vide, prima della sensazione di cadere nel vuoto, fu un bagliore rosso.

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Capitolo 3
*** La donna e la pantera ***


Doveva essere morta, e allora cos’era quel dolore terribile? Era come se tanti pugnali la colpissero in ogni parte del suo corpo. Avrebbe voluto urlare basta, ma la sua bocca non voleva parlare.

Il suo cervello era annebbiato, incapace di svolgere ogni più piccolo ordine.

Eppure aveva sempre sentito che la morte per assideramento non era dolorosa.

Avrebbe tanto voluto andare a prendere personalmente a calci chi aveva detto quella cazzata e fargliela rimangiare.

Cercò nuovamente l’incoscienza nel tentativo di sfuggire al dolore, ma non ci riuscì.

Il suo cervello stava iniziando a lavorare, ora riusciva a percepire nuovamente il suo corpo.

Dopo qualche istante riuscì a capire di essere seduta su qualcosa di liscio e freddo, dei suoni confusi e ovattati le arrivavano alle orecchie. Voci. Si erano voci, ma non riusciva ancora a capire cosa dicessero. Avevano un tono imperativo. Si sforzò di far lavorare le orecchie, la fronte corrugata nello sforzo.

“Sve…ti…devi!” era una voce di donna, o così le pareva. Si concentrò maggiormente.

“Svegliati! Mi senti? Cerca di riprendere i sensi!” le diceva la voce, ma lei non voleva, svegliarsi le avrebbe causato solo altro dolore.

Si accorse solo allora di qualcosa di caldo che la colpiva. Cercò di aprire gli occhi, ma non vide nulla, il mondo era completamente sfocato.

“ Si, si apri gli occhi!” la incoraggiò quella voce e lei cercò di ubbidirle, ma era difficile.

Dopo quelli che le parvero secoli riuscì a tenere le palpebre aperte e iniziò a mettere a fuoco. Si trovava in una stanza ricoperta da mattonelle grigie, vedeva alcune sagome bianche davanti a lei. Sbatté le palpebre e finalmente tutto si fece nitido. Si trovava in un bagno, qualcuno l’aveva svestita e messa sotto una doccia bollente, si guardò intorno, due donne vestite di bianco la guardavano felici, avevano una croce rossa ricamata sul petto.

“Dove…?” cercò di chiedere, ma parlare le risultava ancora difficile.

“Sei in ospedale, tranquilla” disse una delle due infermiere che troneggiavano su di lei, mentre l’altra chiudeva l’acqua e porgeva un asciugamano alla collega. “Tieni asciugati” le disse porgendoglielo. Alicia lo prese e si coprì, mentre le due donne l’aiutavano a rialzarsi.

I ricordi della ragazza erano ancora confusi, ma quando la memoria le tornò chiese ad una delle due donne “Come sono arrivata qui? Chi mi ci ha portato?”.

“Ora devi pensare a rimetterti, incontrerai presto chi ti ha salvata”.

Alicia non disse più nulla, ma si lasciò condurre verso uno spogliatoio dove fu asciugata,le furono dati dei vestiti e le fu medicata la mano. Mentre la sua mente si risvegliava a poco a poco, iniziò a notare i particolari del luogo che la circondava. Le infermiere erano vestite di un abito bianco molto simile a quello delle suore e portavano i capelli legati. Quella che le aveva parlato per prima aveva capelli e occhi neri, la seconda, invece, era castana.

Mentre si guardava intorno curiosa, fu condotta lungo dapprima in un corridoio e poi in una stanza.

Era piccola, come si addice ad una stanza d’ospedale, affianco al letto c’era un comodino, sulla parete opposta un piccolo armadio e una finestra con le tende tirate.

Le due donne l’aiutarono a mettersi a letto, rimboccandole anche le coperte.

“Cerchi di dormire adesso” le disse quella con i capelli neri, prima di lasciare la stanza con la collega.

Alicia non se lo fece ripetere due volte, ma non riuscì ad addormentarsi mai profondamente, sonnecchiò solo un po’e, una volta stufa, si alzò e iniziò ad esaminare la stanza. Dato il poco mobilio si stufò in fretta e passò alla finestra.

Tirò le tende e per un momento pensò ci fosse un'altra tenda esterna, poi si accorse che era tutto bianco perché nevicava.

Si avvicinò più che poté al vetro per vedere attraverso la condensa, notò che c’era un cortile circondato da alberi, forse il giardino dell’ospedale. Notò anche un certo movimento, un gruppo di persone avvolte da pesanti mantelli era sbucata dal nulla e si dirigeva verso l’ospedale. Furono accolti da alcune infermiere-suore e condotti dentro. Qualcosa scattò nel cervello di Alicia “Sono qui per me” pensò.

In preda al panico cercò qualcosa da mettersi, doveva andarsene, e soprattutto doveva capire dove diavolo si trovava e come ci era finita.

Si guardò, indossava una tristissima tunica da ospedale, avrebbe rischiato nuovamente di congelare se non avesse trovato qualcosa di più caldo, e chissà che fine avevano fatto i suoi vestiti.

Restò immobile per qualche secondo, afflitta, non aveva vie di scampo.

Proprio in quel momento sentì dei passi e delle voci nel corridoio, non sapendo che fare si rimise a letto e aspettò, forse avrebbe conosciuto il suo misterioso salvatore.

Dopo qualche secondo la porta si aprì ed entrarono un’infermiera seguita da due uomini imbacuccati nei loro mantelli e ricoperti di neve.

Ad Alicia quasi venne un colpo quando vide uno dei due piegarsi per passare sotto la porta. “Ma quanto è alto quello?!” pensò sconvolta.

L’infermiera vedendola sveglia fece un sorriso “Vedo che sta meglio” “Si, grazie” “Queste due persone vorrebbero parlarle”disse e lasciò la stanza.

Il più basso dei due, si tolse il cappuccio dalla testa. Era piuttosto attraente, aveva capelli castani un po’ mossi e portava gli occhiali. La guardò sorridendo “Piacere di conoscerla, mi chiamo Sosuke Aizen, con chi ho il piacere di parlare?”. Alicia decise subito che quel tipo non le piaceva, ma si sforzò di rispondere amichevolmente “Alicia River” . 

L’altro ragazzo era appoggiato alla porta, le braccia conserte e sembrava non aver alcun desiderio apparente di volersi togliere il mantello né di presentarsi.

“Cosa ci fa qui, se posso chiedervelo?” continuò il quattrocchi.

“Mi piacerebbe saperlo”.

L’uomo inarcò un sopracciglio “Vuole dire che non ricorda come è finita qui?”

“L’ultima cosa che ricordo è che stavo riordinando il magazzino di una libreria e, un secondo dopo, sprofondavo in due metri di neve sotto una tormenta”.

Aizen si portò una mano al mento, pensoso.

“Per ora la lascio in pace, magari le tornerà in mente tutto una volta passato il trauma. Nel frattempo lui resterà qui di guardia. E’ ancora una clandestina per ora, dopotutto. Arrivederci” le disse facendole un piccolo inchino prima di inforcare nuovamente il cappuccio e dileguarsi, senza darle il tempo di ribattere.

Alicia era sempre più contrariata e il gigante non accennava a parlare o a svelare la sua identità.

“Hai intenzione di rimanere immobile, zitto e vestito tutto il tempo?” gli chiese irritata.

Silenzio.

“Allora? Sei muto?”.

Silenzio.

“Al diavolo” pensò, concentrandosi sulla bufera che imperversava fuori dalla finestra.

“Ti spaventeresti, donna”.

Alicia sobbalzò. Quella voce profonda l’aveva colta di sorpresa.

“Allora sai parlare!” scherzò.

“Tsk”.

Il gigante si portò le mani al cappuccio e con un gesto lo fece calare liberando una chioma ingellata di un azzurro talmente intenso da far male.

“SEI TU?!” urlò Alicia ricordandosi l’apparizione azzurra nella foresta .“Sei tu che mi hai salvata!”.

“A-ha” rispose quello tornando a incrociare le braccia con aria annoiata “Non che mi importasse di te, ma è mio compito portare la gente che si perde nella foresta all’ospedale, se mi ci imbatto. Spesso sono delinquenti che cercano la fuga, ma riescono solo a farsi divorare dai lupi” rise mostrando i canini appuntiti, come se avesse preferito che quella sorte fosse toccata anche a lei.

Presa dalla sorpresa e concentrata sull’assurdo colore di capelli del ragazzo, Alicia non si era accorta di alcuni particolari molto interessanti.

Il ragazzo aveva orecchie leggermente a punta e la coda, blu come i suoi capelli.

“Tu…cosa sei?” gli chiese.

Lui, notando il suo sguardo sconvolto smise di sorridere e si presentò “Mi chiamo Grimmjow Jeagerjaques, sexta expada”.

“Espada…?” chiese confusa.

Il gigante alzò un sopracciglio e scoppiò in una risata simile a quella di un isterico.

“Non puoi non sapere cosa sono gli espada, donna! Ma dove vivi?!”.

Vedendo che lei lo guardava interrogativamente continuò “Tsk, guarda se devo anche far da cicerone a una mocciosa! Ti basti sapere che siamo superiori a voi umani” tagliò corto, poi tornò a incrociare le braccia appoggiandosi al muro.

Alicia lo esaminò; nonostante facesse una temperatura degna dell’Antartide, sotto il mantello indossava solo una camicia quasi completamente aperta, che poco lasciava all’immaginazione; pantaloni di pelle e stivali.

Notando il suo sguardo, Grimmjow si tolse il mantello, che appoggiò su una sedia, e rimase a fissarla con sguardo di sfida, le mani in tasca.

Alicia distolse lo sguardo, tornando al paesaggio innevato, lievemente rossa.

Ma lui le si piazzò davanti. “Che c’è il mio abbigliamento ti disturba?” chiese malizioso. “Affatto, mi chiedevo solo come fai a non congelare”. “Ah! Io non patisco il freddo come voi gracili umani, donna”. “Non chiamarmi “donna”, ho un nome sai?”. “No, e non mi interessa” disse sedendosi sulla sedia e appoggiando i piedi sul suo letto, le braccia dietro il collo.

Alicia sospirò “Sarà una lunga notte”pensò, voltandogli le spalle e coprendosi quasi completamente con le coperte.

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Insomnia ***


 

 

Doveva essere notte fonda perché la stanza era avvolta dalle tenebre. Eppure si era svegliata. Si voltò nel letto; Grimmjow dormiva sulla sedia, le braccia conserte, la coda penzolante.

Qualcosa balenò nella mente di Alicia. Senza far rumore scese dal letto. Era la sua occasione, il mantello del ragazzo era abbandonato per terra, le sarebbe bastato indossarlo e uscire dalla stanza. Non si sentiva al sicuro a rimanere lì.

Scese dal letto, in punta di piedi raccolse il mantello e lo indossò, il calore fu istantaneo. Era davvero caldo!

Si avvicinò furtiva alla porta e l’aprì pregando che la maniglia non cigolasse. Le andò bene. L’aprì di qualche centimetro, giusto per controllare che non passasse nessuno.

Via libera. “Perfetto” pensò.

Aprì un po’ di più la porta, il tanto che bastava per passare, ma la porta si richiuse di botto. Qualcuno le afferrò il braccio e glielo torse dietro la schiena.

Sconvolta si girò. Grimmjow troneggiava su di lei, gli occhi fosforescenti come quelli dei gatti. “Dove pensavi di andare eh, donna?” le chiese. Alicia lo guardò terrorizzata.

“Pensavi che non ti avessi sentita? Mi prendi per scemo?” le sorrise mostrando i suoi canini affilati “Questo lo prendo io” le disse strappandole di dosso il mantello.

Alicia aveva le lacrime agli occhi, il braccio le faceva male,la ferita alla mano si doveva essere riaperta, ma Grimmjow non sembrava voler mollare la presa. La riportò indietro e la lasciò andare solo giunti di fronte al letto. Lei si massaggiò il braccio dolorante.

“Ti consiglio di startene buona e dormire o mi costringerai a legarti al letto” la fissò malizioso, come se fosse un’idea che non gli dispiacesse affatto.

Come aveva fatto poche ore prima, Alicia si rimise a letto e gli voltò le spalle.

“Devo trovare un modo per tornare a casa” pensò disperata.

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Capitolo 5
*** Las Noches ***


Il mattino seguente fu svegliata di malo modo da Grimmjow.

“Che diavolo vuoi?”.

“Vestiti, ci vengono a prendere” .

“Ci? Chi viene a prenderci?”.

 “Ti aspetto fuori, hai cinque minuti” le disse lanciandogli un pacco.

Alicia prese il pacco al volo e lo aprì, dentro c’erano dei vestiti. Li tirò fuori e li esaminò: una camicia bianca, un paio di stivali, una gonna di pelle, un mantello e delle calze.

Sebbene riluttante, si vestì. Non essendoci specchi si specchiò nel vetro della finestra. “Sembro uscita da una brutta versione de I pirati dei Caraibi”.

 Qualcuno bussò alla porta. Sospirò, prese il mantello e uscì dalla stanza. Aizen e Grimmjow la stavano aspettando.

“Buongiorno” la salutò il quattrocchi, lei lo ignorò.

Mentre si incamminavano Grimmjow fu bene attento a starle dietro, come avvisandola che, in caso di fuga, lui sarebbe stato pronto. Alicia recepì il messaggio e li seguì in silenzio.

“Con la fortuna che mi ritrovo sarò finita nelle grinfie di un’associazione mafiosa” pensò, poi, guardando il quattrocchi “La faccia in effetti ce l’ha”.

Passarono attraverso molti corridoi e davanti a parecchie stanze, prima di avvistare l’uscita.

Tanto per cambiare fuori nevicava.

“Nevica sempre in questo posto?!” si lamentò.

Una volta uscita la sua attenzione fu catturata dal mezzo di trasporto che li attendeva. Alicia strabuzzò gli occhi; una grossa carrozza era parcheggiata all’inizio del vialetto che immetteva nel cortile. La carrozza non avrebbe avuto nulla di sorprendente se non fosse stato per gli animali che vi erano legati: erano simili a cavalli, ma avevano il pelo lungo di un bianco panna, sei zampe e un paio di corna.

Uno dei due animali scalpitò irrequieto, ma fu presto ammansito dal nocchiere.

Solo allora Alicia notò l’uomo che teneva le redini: era di colore, i capelli acconciati in rasta e un grosso paio di occhiali da sole.

Alicia si chiese a che cosa gli servissero gli occhiali da sole in mezzo ad una tormenta del genere. “Probabilmente per far parte della banda bisogna essere senza qualche rotella a posto” concluse.

Appena si accorse di loro, l’uomo lasciò le briglie e si avvicinò, la destra sul cuore “Aizen-sama” salutò, ignorando completamente gli altri due. Quello rispose con un cenno della testa, mentre apriva la portiera.

“Prego” disse, invitando la ragazza a salire per prima. Alice però rimase immobile, si era appena accorta di una cosa: il rastone guardava un punto lievemente più a sinistra rispetto alla posizione dei tre.“Non è cieco vero?”chiese in tono nervoso. Per tutta risposta Grimmjow ridacchiò “Muoviti”le disse sgarbato spingendola verso la carrozza. Alicia sbiancò. “Affronterò tre metri di neve viaggiando su una carrozza trainata da cavalli geneticamente modificati col dna di uno yeti e un cieco alla guida” guardò Aizen e Grimmjow tranquillamente seduti ai loro posti e sospirò “Non potrebbe andare meglio di così”.

 

 

“Dove siamo diretti?”chiese dopo un po’.

“A Las Noches” le risposero.

“Abbè, è tutto più chiaro ora. Comunque, potrei sapere dove mi trovo e come sono finita qui?”.

Aizen si voltò per guardarla in faccia “Ci troviamo nell’Hueco Mundo e, almeno per ora, non ho idea su come tu abbia fatto a giungere qui dato che, mi sembra ormai appurato, non provieni da questo mondo”.

Alicia avrebbe voluto dirgli “Ci sei arrivato finalmente!” invece optò per “Quindi mi portate alla vostra base segreta per studiarmi e sezionarmi come si fa con un alieno?”ironizzò.

Aizen rise “Oh, non siamo così bruti, tranquilla. Diciamo che vogliamo capire come sia potuto accadere e magari, aiutarti a tornare indietro”.

“Detto in altre parole vogliono sorvegliarmi”.

 “Il nostro ricercatore farà delle ricerche e riuscirà senz’altro a trovare il bandolo della matassa, ne sono sicuro, è molto in gamba”.

Grimmjow sorrise da sotto il cappuccio.

“Per stare agli ordini di questo qui deve essere sicuramente uno scienziato pazzo o qualcosa di simile”.

 

 

 

 

Il resto del viaggio proseguì nel più assoluto silenzio. Annoiata, Alicia si dedicò al paesaggio, piuttosto monotono, che scorreva veloce fuori dal finestrino.

Improvvisamente la carrozza iniziò a diminuire la velocità, fino a fermarsi.

I tre scesero seguiti anche dal nocchiere.

In un primo momento Alicia pensò si fossero fermati nel mezzo del nulla, poi, guardando meglio, si accorse di un immenso palazzo bianco che si stagliava di fronte a lei. La costruzione era enorme, sormontata da un cupolone e composita di quattro alte torri.

“Carino, in tinta col paesaggio”.

Ignorarono tutti il suo commento.

“Se vuole seguirmi” le disse conciliante Aizen.

“Come se avessi scelta”.

 

Una volta entrati Alicia quasi rischiò di perdere la mascella sul pavimento dallo stupore; si trovava nell’atrio più ampio che avesse mai visto.

“Ora devo andare. Ti affido a Grimmjow per qualche tempo”le disse Aizen, dileguandosi con il rastone prima che uno dei due potesse obbiettare.

“Finalmente!” proruppe Grimmjow accendendosi una sigaretta.

Ma, proprio mentre stava per dare la prima boccata, un rumore di passi lo bloccò.

I passi si fecero sempre più vicini fino a quando una bambina sui sette anni con arruffati capelli verdi apparve all’orizzonte,indossando quello che sembrava un sacco di patate.

Correva come una pazza agitando una mano in segno di saluto “GIMGIOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!”.

“Oh cazzo…” fu l’ultima cosa che riuscì a dire prima che quella gli saltasse addosso.

Lui si ritrasse quasi istantaneamente dall’abbraccio. Prese la bambina per la testa e la sollevò fino ad averla alla stessa altezza dei suoi occhi. “Sparisci” le intimò omicida.

Per tutta risposta lei gli sputò in un occhio; colto di sorpresa Grimmjow mollò la presa e la bambina se la diede a gambe alla velocità della luce, ma solo dopo avergli alzato il dito medio.

“Gimgio?” le chiese sarcastica Alicia.

Grimmjow ringhiò. Poi tra sé e sé “Dove cazzo è sparita la mia sigaretta?! Maledetta mocciosa, se ti prendo ti stacco quella tua inutile testolina!”.

Ricordandosi di non essere solo si ricompose “Andiamo” le disse con tono che non ammetteva repliche.

 

 

Attraversarono molte stanze e corridoi prima di giungere in un’ala meno ampia rispetto alle altre. Alcune porte recavano dei numeri in cifre romane sugli stipiti.

Le cifre, notò, variavano dall’1 al 10.

Grimmjow si fermò alla fine di un corridoio davanti ad una porta anonima.

“Siamo arrivati” disse.

“Dove?”.

“Nella tua stanza”.

“Che gentili, c’è l’idromassaggio almeno?”.

Grimmjow aprì con un calcio la porta, ignorando completamente il suo commento.

Alicia guardò l’interno. Era una stanza piuttosto spoglia, l’unico mobilio era composto di un letto ad una piazza, un comodino e un armadio. Una piccola porta a sinistra del letto immetteva in un piccolo bagno. Tutto era rigorosamente bianco, come il resto del palazzo.

“Mio dio, sembra di stare in un manicomio!”.

Chiedendosi perché se ne stesse immobile davanti all’entrata, Grimmjow le diede uno spintone. Alicia si voltò contrariata, lui le sorrise spavaldo “Buona permanenza!” le disse chiudendola a chiave dentro.

Alicia iniziò a picchiare i pugni contro la porta urlando di aprire, ma dopo poco si rassegnò.

Si guardò intorno, nessuna presenza di finestre. “Di bene in meglio” pensò.

 

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Capitolo 6
*** Il molestatore ***


Autrice: *saltella allegra per la stanza canticchiando*

Grimmjow: che cazzo le prende?

Alicia: *alzando le spalle* è contenta perchè ha potuto dare un pò di sfogo al suo lato porcelloso...

Grimmjow: *accendendosi una sigaretta* capirai... In fondo non ti faccio nulla di che...

Alicia: *eseguendo una 619 perfetta* COME SAREBBE "NIENTE"?!?!!? LO CHIAMI NIENTE MOLESTARE COSI UNA POVERA RAGAZZA?!!?!

Autrice: *colpendo i due con un ventaglio gigante* SILENZIO!!!!!!!! niente spoiler!! devono ancora leggere!!!!

Alicia e Grimmjow : *tenendosi il bernoccolo" chiediamo scusa

Autrice: bene, buona lettura!!! ^O^

 

 

 

 

Non sapendo che fare Alicia si sdraiò sul letto e si mise a fissare il soffitto.
“Quanto darei per avere un computer, un televisore, un buco spazio-temporale per tornare a casa, qualunque cosa!”. Si girò su un fianco e si mise a rimuginare. “Ragioniamo, deve esserci una spiegazione su come sono finita qui. E’ successo tutto subito dopo aver letto la scritta di quello stramaledetto simbolo. Il libro e il fatto che io sia qui devono essere collegati. Forse mi basterebbe trovare un libro uguale per tornare indietro. Ma come faccio? Dove la trovo una biblioteca in questo luogo? Forse è solo un sogno. No, non può essere stavo per morire! Se solo fossi riuscita a capire il contenuto di quel libro! Magari spiegava qualcosa su questo mon…” si tirò su a sedere di scatto. “Il paesaggio! Come ho fatto a dimenticarlo!? La foresta in cui mi sono persa è la stessa del disegno!” si portò una mano al mento pensierosa “Devo essere finita dentro quel libro, forse quel simbolo era un portale o qualcosa del genere…Ma che senso ha creare un portale per entrare in un libro? A chi interesserebbe finire in un mondo dove fa un freddo porco e nevica ogni santo giorno? No, mi sfugge qualcosa, e quel maledetto quattrocchi non si sbottona! Devo riuscire a farmi dire qualcosa, assolutamente!” annuì convinta.
“Ma per ora e meglio che stia tranquilla e studi la situazione, meglio non fare mosse azzardate, dopo tutto non so ancora bene con chi ho a che fare”.
Tranquillizzata di aver finalmente preso una qualche decisione si dedicò alla stanza.
Esaminò prima il comodino, in uno dei tre cassetti trovò della biancheria di ricambio e qualche paio di calze.
Accorgendosi solo in quel momento di indossare ancora il mantello da viaggio, decise di appenderlo nell’armadio.
Qui trovò un accappatoio, degli asciugamani e qualche coperta. Un pacco (bianco) attirò la sua attenzione: era simile a quello che Grimmjow le aveva lanciato nella camera d’ospedale. Lo aprì e lo rovesciò; un lungo vestito bianco cadde sul paviemento.
“Non lo metterò mai, farò finta di non averlo visto” decise raccogliendolo da terra e gettandolo nell’armadio senza darsi pena di ripiegarlo o guardarlo.
Non avendo nulla da fare, decise di farsi una doccia, giusto per occupare il tempo.
Prese l’accappatoio (bianco) dall’armadio e si diresse verso il bagno.
Non era molto ampio, ma munito di tutti i comfort. Aveva la doccia, un lavandino con doppi rubinetti, saponette per le mani e ciabatte da doccia.
“Beh, almeno il servizio è decente. Ma dovrò lamentarmi col responsabile, avevo chiesto l’idromassaggio!” rise da sola del suo stesso umorismo, prova del fatto che il troppo bianco iniziava già a fare effetto. Presto si sarebbe trovata a saltare come un grillo per la stanza convinta di ballare con un branco di scoiattoli rosa.
Aprì il rubinetto e attese che l’acqua raggiungesse la temperatura desiderata (di solito vicina al grado di ebollizione) e ci si gettò sotto lasciando i vestiti abbandonati sul pavimento(bianco).

 

 


Alicia chiuse l’acqua soddisfatta. Farsi una doccia senza la presenza di infermiere preoccupate era decisamente meglio. Si infilò l’accappatoio addosso, calandosi il cappuccio sulla testa per asciugare i lunghi e ricci capelli castani, uscendo dal piccolo abitacolo di vetro.
“Ora che ci penso non ho fatto caso se ci fosse il phon” pensò preoccupata.
Con la coda dell’occhio notò qualcosa di un azzurro intenso e si girò di scatto.
Grimmjow era appoggiato alla porta del bagno, le braccia incrociate, un sorrisetto malizioso che lasciava intravedere i canini appuntiti a increspargli le labbra.
Alicia si strinse l’accappatoio addosso in un gesto inconscio “Da quanto tempo è li?”.
“Non si usa più bussare?” chiese.
“Non è colpa mia se lasci le porte spalancate,donna!”.
Lei lo analizzò. Si era cambiato: ora indossava dei pantaloni (bianchi) simili a quelli dei kimono giapponesi e una giacca (bianca) che, forse dovuta alla sua alta statura, non copriva nemmeno un terzo del suo torace. Era piuttosto muscoloso, notò, gli addominali erano evidenti e scolpiti come nelle migliori statue di eroi greci. L’unica imperfezione di quel corpo bellissimo era costituita da una lunga cicatrice che si estendeva dalla spalla sinistra fino a metà del torace.
“Hai lavato la giacca a una temperatura troppo alta?” lo schernì.
Lui si arrotolò le maniche prima di rispondere “Mi piace stare in libertà”.
“Capisco. D’altronde fa giusto caldo”.
“Che c’è ti da fastidio, ah?” la pungolò.
Alzò le spalle “Fa come vuoi”.
“Tsk”.
“Bello sfregio. Cos’è Aizen ti ha frustato perché non hai fatto il gattino ubbidiente?”.
Grimmjow frustò l’aria con la coda e ringhiò. Un secondo dopo le fu addosso.
La sbattè contro il muro bloccandole le braccia in alto.
“Ma che…?” chiese con gli occhi sgranati, colta del tutto di sorpresa.
Lui portò il visto a pochi centimetri dal suo, gli occhi erano diventati una fessura e il sorriso era sparito. La coda continuava a frustare l’aria nervosamente.
“Non osare mai più rivolgerti a me così. Io non sono un animaletto domestico che quello sporco umano può usare a suo piacimento! A differenza di lui, non provo alcun interesse verso di te, quindi non credere che mi faccia problemi a farti fuori. Non ti conviene farmi incazzare, donna!” le sibilò.
Si fissarono.
Dopo qualche secondo il sorrisetto tornò a occupargli le labbra. “Non ti conviene proprio” le ribadì “E sai perché? Perché posso diventare molto cattivo…” le disse cingendole il mento con una mano.
Il sorrisetto gli si allargò, Alicia sbiancò.
Cercò di divincolarsi, ma non ci riuscì, era troppo forte per lei. Era incredibile come riuscisse a tenerla inchiodata al muro con una sola mano.
“Lasciami andare!”gridò.
Lui ignorò del tutto la sua richiesta, una strana luce negli occhi.
Le lasciò andare la mascella. Alicia trattenne un sospiro di sollievo chiudendo gli occhi per calmarsi.
Ma dopo qualche secondo sentì le sue dita sul collo, sobbalzò riaprendo di scatto gli occhi.
Lui le stava accarezzando il collo con movimenti verticali, come saggiandone la vulnerabilità.
“S-smettila!” gli intimò.
La ignorò.
Dal collo iniziò a scendere verso l’accappatoio.
Alicia si sentì raggelare. Tornò di nuovo a divincolarsi.
“Ti ho detto di lasciarmi andare razza di felino troppo cresciuto!” sbraitò.
Grimmjow tornò a guardarla negli occhi a pochi centimetri dal suo viso “Oh, puoi fare di meglio” le sibilò all’orecchio.
Lei gli assestò una testata.
Arretrò di qualche centimetro visibilmente sorpreso.
Non contenta, provò anche a rifilargli un calcio alle parti basse, ma lo evitò spostandosi di lato.
Una risata proruppe nella stanza.
“Visto che ci riesci?”.
“Vaffanculo”.
Altra risata.
Rimasero a guardarsi per qualche secondo : occhi azzurri contro occhi verdi.
Lui si avvicinò nuovamente al suo collo soffiandoci sopra.
Alicia si irrigidì.
Iniziò a leccarla dal basso verso l'alto ritmicamente, fermandosi sempre prima dell’orecchio.
“Basta…F-ferma..ti” lo implorò divincolandosi.
Ma lui ignorò le sue preghiere, continuando imperterrito.
“Sme…tti…la…”.
Lui si affiancò al suo orecchio “Non ci penso nemmeno,donna. Considerala una punizione. E poi” le disse, mordendole il lobo, lei sussultò “Non mi pare ti spiaccia”.
Alicia arrossì. Non poteva accettarlo, non poteva! Con che diritto la molestava cosi?! Se non poteva reagire con le azioni l’avrebbe fatto a parole.
“F…fottiti…Bas..tardo!”.
Lui rise poi, senza alcun motivo apparente, la lasciò andare.
Lei si accasciò sul pavimento stringendosi i polsi doloranti.
Lui la guardò dall’alto della sua statura, un sorrisetto soddisfatto sulle labbra.
Lei invece lo guardò in cagnesco.
“Farai bene a vestirti, Aizen ci aspetta di sotto” disse uscendo dal bagno.
Si fermò sulla porta e si voltò “Ti aspetto fuori”.
Alicia non ci vide più, afferrò il contenitore del sapone e glielo lanciò con rabbia.
Lui lo schivò ridendo con quella sua risata isterica, mentre usciva dalla camera.
Alicia scoppiò a piangere di rabbia “Lo ammazzo! Giuro che lo ammazzo, gliela faccio pagare quanto e vero iddio! Maniaco di merda!”.
Cosi, ancora tremante, uscì dal bagno diretta verso l’armadio.

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Capitolo 7
*** Somos espadas ***


 

Alicia si vestì senza badare troppo a quello che faceva, caduta in una sottospecie di stato catatonico.

Si guardò riflessa nello specchio del bagno con una smorfia di disgusto.

Il vestito era bianco (incredibile vero?), a dolcevita, lungo fino al ginocchio, smanicato e piuttosto attillato.

Una fascia nera legata intorno alla vita era l’unico elemento che rompeva la bianca monotonia.

Afferrò gli stivali e se li infilò.

Arrivata davanti alla porta si bloccò con la mano a pochi centimetri dalla maniglia.

Non voleva uscire di lì e, soprattutto, non voleva rivedere Grimmjow dopo quello che era appena successo.

Si portò di riflesso una mano al collo, arrossendo.

Scosse la testa, come per scacciare tali pensieri.

<< Non gli darò la soddisfazione di vedere che mi ha turbata! Mai! >> poi, con un gesto deciso, aprì la porta.

Grimmjow la stava aspettando attaccato al muro, le mani in tasta.

Sentendo aprirsi la porta si era voltato. Il sorrisetto soddisfatto di poco prima ancora stampato sulle labbra.

Alicia gli voltò subito le spalle, anche per nascondergli il leggero rossore che le coloriva le guance.

Grimmjow si staccò dal muro, nella maniera più lenta possibile solo per irritare maggiormente la ragazza, e le si affiancò.

“Ce ne hai messo di tempo” la punzecchiò squadrandola, soffermandosi sulle curve della giovane.

Alicia incrociò le braccia con nonchalance, impedendogli la visuale.

Lui ridacchiò.

“Vogliamo andare?” tagliò corto, fissandolo.

“Certo”ghignò.

Avrebbe voluto solo allontanarsi da quell’uomo il più velocemente possibile; un branco di lupi famelici sarebbero stati più accetti che sopportare il suo sguardo malizioso.

 

 

 

 

 

 

 

Camminarono in silenzio per un po’, una con le braccia conserte, l’altro con le mani in tasca.

Alicia non riusciva a smettere di pensare a quanto fosse successo e, dall’espressione soddisfatta dipinta sul volto di Grimmjow, lo stesso valeva per lui.

Mentre rimuginava su quanto successo sbattè contro la schiena del ragazzo, fermatosi all’improvviso in mezzo al corridoio.

“Ahia! Ma che cavolo ti blocchi all’improvviso?!”sbraitò tenendosi il naso.

“Siamo quasi arrivati”.

“Piacere”.

Lui Si voltò verso di lei, un braccio appoggiato contro la parete a bloccarle il passaggio.

Alicia indietreggiò istintivamente.

“Vedi di non fare battutine o qualche stronzata, intesi? Già devo farti da balia, cerca di non complicarmi di più le cose, donna”.

Le accarezzò la guancia con l’indice “O te ne pentirai” le disse malizioso.

“Puoi dormire sonni tranquilli” gli rispose scostandogli in malo modo il braccio dalla parete.

Lui le afferrò il braccio e si abbassò fino a raggiungere il suo orecchio “Mi raccomando…O dovrai dormire preoccupata” le disse prima di lasciarla andare e incamminarsi nuovamente davanti a lei.

Alicia gli rivolse mentalmente tutte le maledizioni che conosceva mentre lo seguiva.

 

 

 

 

Dopo molto camminare erano giunti davanti ad una grossa porta.

Grimmjow bussò.

Una voce dall’interno li invitò ad entrare.

“Ricordati” l’ammonì prima di spalancare la porta.

 

La sala era molto ampia, un lungo tavolo si trovava nel mezzo e un losco gruppo di individui tutti vestiti di bianco (che novità) vi erano seduti, a cominciare da Aizen a capotavola.

Alla sua destra c’ era un uomo dai capelli bianchi e dalla faccia simile a quella di una volpe.

Gli occhi a mandorla erano chiusi e la bocca era piegata in un ghigno.

Alla sinistra del grande capo sedeva il cieco rastone abile condottiero di carrozze.

Aizen si alzò, le braccia aperte “Benvenuta tra noi, sono felice di presentarti i miei espada” disse abbracciando con un gesto tutta la tavolata.

Grimmjow cambiò posizione al suo fianco, annoiato, le mani ancora in tasca.

Aizen passò alle presentazioni “Ma prima di introdurti a loro voglio presentarti Ichimaru Gin” mister ghigno salutò “E Kaname Tousen”.

“Piacere” disse con finta cortesia.

“E loro sono Ulquiorra Shiffer” disse indicando quello che sembrava un cadavere fresco di obitorio.

Aveva la pelle bianchissima, due righe di simil mascara colato a rigargli le guance e due occhi verdi che la fissavano apaticamente.

“Szayel Aporro Gantz, il nostro scienziato” disse indicando un ragazzo dai lucenti capelli fucsia che si limava indifferente le unghie.

<< E lui dovrebbe farmi tornare a casa? Signore assistici… >>

Barragan  Luisenbarn” . Arzillo vecchietto dall’aspetto simpatico quanto un dobermann rabbioso.

“Yammy Rialgo” il gorilla palestrato della compagnia, longilineo quanto un lottatore di sumo.

“Stark Coyote” . Un uomo piuttosto attraente con lunghi capelli mossi e dall’aria così sveglia che sonnecchiava amabilmente, una mano a sorreggergli la testa.

“Zommari Leroux” . Probabilmente il mago Do Nascimento, solo più grasso di qualche chilo.

<< Ecco dove era finito! Altro che tornato in Brasile! >> pensò divertita.

Nnoitra Jirga” continuò imperterrito Aizen.

Alicia inarcò un sopracciglio appena il suo sguardo si posò su di lui.

<< Ma che bel colletto che ha…Farebbe invidia alla strega cattiva di Biancaneve. Ma ripensandoci farebbe sembrare anche lei una padella…”costatò.

“Aaroniero Arruruerie >>.

Alicia spalancò gli occhi a metà tra il sorpreso e il disgustato.

Qualunque cosa fosse quel tipo non era certo umana. Al posto della testa aveva una sottospecie di acquario per meduse all’interno del quale galleggiavano due teste rotonde.

“E’ disgustoso…” disse sottovoce.

Grimmjow ridacchiò il suo consenso.

“E infine, la nostra bellissima Tia Halibel” disse accennando all’unica donna seduta.

Questa salutò con un cenno della testa.

Alicia dovette costatare che Aizen aveva ragione, era davvero bellissima.

Aveva lunghi capelli biondi raccolti in quattro lunghe code, occhi blu come il mare e forse prosperose che poco erano nascoste dal vestito che indossava.

“Piacere di conoscervi”disse rivolta a tutta la tavolata.

“Ora, se vuoi sederti con noi, possiamo iniziare a cenare” le disse conciliante come al solito Aizen.

Alicia si andò a sedere affianco ad Halibel, seguita da Grimmjow.

 

 

 

La cena si svolse in un clima sereno, gli espada chiacchieravano tra loro e ogni tanto lanciavano qualche occhiata curiosa alla ragazza.

Alicia era troppo indaffarata a destreggiarsi con strani cibi che non aveva mai visto, per preoccuparsi di loro.

Ebbe una dura lotta di sguardi con quello che sarebbe dovuto essere un gamberone se non fosse stato che aveva il doppio delle zampe ed era blu.

“Hai intenzione di fissarlo all’infinito?”le chiese Grimmjow con la bocca piena.

“Fammi pensare…si! Non so se sia più disgustoso il suo aspetto o il fatto che te ne stai mangiando a caterve”.

“Tsk”.

“Avete pure lo stesso colore, non è che siete parenti?” lo pungolò.

Halibel rise al suo fianco.

Grimmjow strinse gli occhi arrabbiato.“Divertente” sibilò.

Alicia si guardò intorno, erano tutti impegnati a strafogarsi.

“Senti Grimmjow” esordì.

“Mmh?”

“Cosa siete esattamente voi? Una specie di banda mafiosa, una setta, i nuovi X-man, cosa?”.

<< Cosa sono gli X.-man? >>pensò Grimmjow. “Che palle donna! Cosa te ne frega in questo momento?” le rispose sgarbatamente.

Fu Halibel a intervenire “Grimmjow potresti anche non essere sempre così barbaro sai?” lo sgridò.

“Tsk”

<< Ti amo sorella! >> .

“Espada è un soprannome con cui ama chiamarci il nobile Aizen, significa spade”.

<< Nobile? Ma chi, lui?! >> .

“Siamo un gruppo di…”

“Halibel”.

La donna si bloccò, il silenzio scese sulla tavolata.

“Non è il caso di tediare la nostra ospite con simili discorsi” le disse sorridente.

“Le spiegheremo tutto in un altro momento”.

Lo disse con il suo solito tono conciliante, eppure suonò come una velata minaccia.

Guardò fuori dalla finestra, si era fatto buio.

“Si è fatto tardi, sarai stanca. Grimmjow riportala nella sua stanza”.

Poi rivolto all’ uomo dai capelli rosa “Aporro, domani voglio che inizi le ricerche per capire come aiutare la nostra Alicia”.

Aporro annuì.

“Bene, a domani allora” congedò i due.

Grimmjow si alzò, la sedia stridette sul pavimento.

Alicia fece lo stesso.

Si fermò giusto un secondo sulla porta guardandosi indietro.

Aizen stava rivolgendo un sguardo furioso ad Halibel.

Si affrettò dietro Grimmjow, già distante.

<< Quel uomo mi piace sempre meno >> si disse.

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Capitolo 8
*** La famigliola si allarga ***


 

I giorni passavano nella più assoluta monotonia.

Aizen continuava a non scucirsi adducendo come scusa il bisogno di una maggiore ricerca di informazioni e Aporro era inavvicinabile.

Alicia, ormai rassegnata alla sua prigionia, passava le giornate a vagare senza meta attraverso il palazzo di Las Noches.

Ora era abbastanza in grado di tornare alla sua stanza, anche se non riusciva ancora bene a orientarsi.

Quel posto era tutto uguale e sembrava un labirinto.

Aveva capito a grandi linee che gli appartamenti risiedevano al piano superiore, mentre al piano terra c’erano le varie sale tra cui quella in cui aveva conosciuto gli espada.

Il piano inferiore, invece, restava un mistero.

L’unica cosa che sapeva era che lì si trovava il laboratorio di Aporro.

Una sera come tante altre, se ne stava tranquilla sul suo letto quando Halibel era entrata nella sua stanza.

Aveva legato abbastanza con lei, forse perché era l’unica donna.

“Vestiti e vieni giù, Aizen ci vuole tutti”.

Riluttante si era vestita e l’aveva seguita al piano inferiore, nella stanza del tavolo.

Lì vi aveva trovato tutti i residenti di Las Noches, compresa la bambina dai capelli verdi di nome Nel.

Da quanto aveva appreso in quei giorni, le sue occupazioni preferite erano correre per i corridoio e infastidire gli espada, specialmente Grimmjow.

Alicia si chiedeva cosa se ne facesse Aizen di una mocciosa tanto fastidiosa, ma non aveva ancora trovato una risposta.

 

“Siamo qui riuniti oggi” esordì Aizen “Per dare il benvenuto ad un nuovo membro della nostra compagnia:  Wonderwice Margera” disse indicando un ragazzino lentigginoso dai capelli biondi al suo fianco.

Aveva lo sguardo perso nel vuoto e si teneva un dito in bocca.

<< Un altro decerebrato che si unisce alla compagnia, urrà! >> pensò sarcastica.

“Oggi è un giorno di festa, siete liberi di divertirvi quanto volete” concluse fiero mentre cibo e bevande venivano portati nella stanza.

 

 

Doveva essere passata la mezzanotte, eppure tutti erano ancora intenti a mangiare e, soprattutto, a bere.

In particolare Nnoitra e Aporro si erano scolati mezza cantina tra vini e superalcolici.

E gli altri non erano messi tanto meglio.

Solo Ulquiorra se ne stava in disparte a bere qualche sorso.

E Grimmjow era sparito.

Wondervice invece, dormiva per terra già da tempo.

Anche Alicia era brilla, aveva avuto la sfortuna di sedersi vicino a Yammy , che non aveva fatto altro che versarle da bere tutto il tempo, sbraitando se non finiva il bicchiere.

Mentre gli altri facevano casino, mezzi ubriachi, Alicia si era mezza abbioccata sulla sedia.

Halibel la scosse “Cia?”.

“Nnh?”.

“Cia, svegliati ti riporto in stanza”.

“Okay” aveva biascicato alzandosi malferma sulle gambe.

“Guarda come ti hanno ridotta…Quello scemo di uno Yammy! Anche tu però, bere cosi tanto…”.

“Avrei voluto vedere te con quel gorilla che ti sbraitava contro se non facevi come voleva lui”.

“Andiamo”.

“Djove la porti?” le chiese Nnoitra, una bottiglia mezza vuota stretta nella mano.

“Via”disse.

 

 

 Camminare fino alla stanza non fu facile.

Arrivate a metà di un lungo corridoio Alicia licenziò Halibel.

“Sei sicura di riuscire ad arrivarci da sola?”le chiese preoccupata.

“Shi si…tranquilla è solo in fondo al corridoio”. << Almeno credo >>.

“Mi raccomando…” le disse tornando verso la sala.

Alicia arrancò per il corridoio tenendosi alle pareti, le girava la testa e aveva la nausea.

Improvvisamente un conato di vomito le salì alla gola.

<< Un bagno! Mi serve un bagno! >>.

Si guardò intorno ed entrò nella stanza più vicina.

 

 

 Grimmjow stava camminando lungo il corridoio diretto alla sua camera, le mani in tasca.

Odiava le feste, e soprattutto odiava quando i suoi “compagni” si ubriacavano.

Giunto davanti alla sua stanza aprì la porta.

 

 Alicia aprì la porta del bagno e uscì. Si sentiva leggermente meglio ora.

Giunta nella camera però si bloccò, Grimmjow le stava di fronte, l’aria sorpresa.

“Cosa ci fai tu qui?”.

“Cosa ci fai tu qui?” chiesero all’unisono.

Grimmjow alzò un sopracciglio.

“E’ la mia stanza, donna. Non l’hai visto il numero sei sulla porta?”.

“Scusa, mi serviva un bagno e sono entrata nella prima stanza che ho trovato”.

“Bagno? Non avrai mica…?” chiese fiondandosi verso il bagno.

Un odore di alcool e vomito lo colpì al naso.

“Ah, che schifo!” disse arricciando il naso “La prossima volta scegli un’altra stanza, maledizione!  O non bere se non reggi l’alcool!”sbraitò rivolto alla camera adiacente.

Prese un disinfettante dall’armadietto e lo versò tutto nel vater.

“Mi hai sentito?”chiese.

Nessuna risposta.

“Ohei! Sei sorda o che?”.

Irritato tornò nella stanza da letto, ma si bloccò all’istante.

Alicia dormiva della grossa sdraiata sul suo letto.

“Ah no, bella” disse avvicinandosi al letto.

Scosse violentemente la ragazza “Svegliati, donna! Questo è il mio letto!”.

“Nnh…cinque minuti” biascicò girandosi sull’altro lato.

“Cinque minuti un cazzo! Sloggia subito dal mio letto!” ringhiò.

Ma la ragazza dormiva ormai tranquillamente.

Grimmjow frustò nervoso l’aria con la coda.

“E adesso?” si chiese, incrociando le braccia.

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Capitolo 9
*** Mai condividere lo stesso letto con un maniaco ***


Autrice: *con un microfono in mano* prova? prova?

Alicia: *vestita da tecnico del suono* l'audio è buono, possiamo andare

Grimmjow: *in tenuta da regista* in onda tra 3,2,1 !

Autrice: salve a tutti!! alcune piccole comunicazioni : questo capitolo e leggermente più porcelloso dell'altro quindi siete avvisati! ^^  inoltre vi chiederete perchè non ho ancora spiegato un ciufolo del mondo in cui è finita Alicia, ma non temete presto tutto sarà svelato. L'attesa è voluta ^^ bene ora buona lettur....

*entra Gin vestito da show man che spinge via dalla telecamera l'autrice* : buona lettura a tutti, bye bye!

Grimmjow: stoooooooooop!

Autrice: *rialzatasi* che diavolo fai Gin!!!

Gin: dovevo essere io a condurre l'annuncio. non hai avuto il promemoria?

Autrice: no...

Alicia: *interrompendo i due* ehm, scusate ma state solo facendo perdere tempo...

Gin e autrice: scusate! buona lettura (questa volta per davvero)!

Grimmjow: tsk!

 

 

 

 

 

 

 

 

Alicia si svegliò, portandosi le mani alle tempie, era convinta che la testa le sarebbe esplosa dal male che le faceva.

Teneva gli occhi chiusi perché era convinta che la luce le avrebbe solo aumentato il dolore.

<< La luce? Come fa a esserci luce se non ho finestre? >> Si chiese.

Aprì gli occhi e li diresse verso la fonte di luce: una finestra sopra al letto.

“Ma che…?”

La domanda le morì in bocca quando notò un corpo affianco al suo.

Sobbalzò: era Grimmjow!

I capelli gli ricadevano scomposti sulla testa, il petto nudo si alzava ritmicamente; stava dormendo.

<< Dio dimmi che non è successo quello che credo >> sperò.

Aveva il terrore di guardarsi per scoprirsi senza vestiti, ma fortunatamente li aveva ancora tutti addosso.

Sospirò sollevata.

Cercò di ricordarsi come fosse finita in quella stanza con Grimmjow, ma aveva solo una gran confusione in testa.

Non avendo la forza di alzarsi rimase sdraiata sul letto ascoltando il respiro del ragazzo.

Una persona intelligente ne avrebbe approfittato per scappare, ma evidentemente il dopo sbornia le aveva tolto il ben dell’intelletto.

Alicia cercò di ricordare qualcosa della notte passata, la fronte corrugata nello sforzo; ma avevano solo qualche sparuto flash, uno dei quali aveva come protagonisti Nnoitra e Yammy che ballavano.

Decise, pertanto, che era meglio non ricordare nulla.

Un fruscio al suo fianco la fece voltare, Grimmjow aveva cambiato posizione.

Rimase a fissarlo per un po’ come per accertarsi che non si stesse svegliando.

Aveva un’espressione serena che mai gli aveva visto da quando si erano conosciuti.

<< Se dormisse sempre sarebbe tutto più facile >> si disse.

Senza accorgersene iniziò ad analizzare il corpo del ragazzo, soffermandosi sulla lunga cicatrice che sfigurava il suo petto.

<< Conoscendolo se la sarà procurata in una qualche rissa >>.

Mentre rimuginava si sorprese ad ammettere che, nonostante il suo carattere assolutamente insopportabile, era davvero bello.

<< Ma che diavolo vado a pensare? >> si rimproverò.

Cercando di non far rumore si mise a sedere, era meglio allontanarsi finché ce n’era la possibilità.

“Dormito bene?” le chiese una voce familiare.

Alicia si voltò.

Grimmjow aveva le braccia dietro la nuca e la fissava.

“Tranquillo, non rientrava affatto nei miei piani dormire con te. Devo essere collassata…”.

“Già. Con tutte le stanze possibili proprio nella mia eh?”.

“Avrei dormito per terra se avessi saputo che era la tua stanza”.

Ridacchiò.

“Piuttosto, sono sorpresa che non te ne sia approfittato”.

Grimmjow sospirò, come se anche a lui fosse dispiaciuto.

“Puzzavi di alcool da fare schifo, nessuno sano di mente ti si sarebbe avvicinato!”.

“Che animo gentile” ironizzò.

 “Comunque…” disse mettendosi anche lui a sedere “Non capiterà un’altra volta”.

<< Puoi scommetterci >> pensò seria.

“Bravo micio, ti meriti proprio un croccantino!” lo schernì.

Ma lui non l’ascoltava, non lo faceva mai del resto, troppo occupato ad analizzarla.

Sentendo i suoi occhi addosso Alicia si affrettò a scendere dal letto.

Ora che si era svegliato aveva un motivo in più per volersene andare il più velocemente possibile.

Aveva appena appoggiato i piedi a terra quando un braccio la afferrò e la ributtò sul letto.

Due braccia forti la bloccarono sul letto.

Grimmjow la sovrastava, il solito sorrisetto a increspargli le labbra.

“Mollami” ordinò.

Le si avvicinò all’orecchio prima di rispondere “Costringimi”.

In quei giorni si era abituata al carattere provocatorio del ragazzo e alle sue continue molestie, ma non per questo le dava meno fastidio.

Le tornò alla mente l’episodio del bagno e arrossì lievemente.

<< Non lo lascerò fare quel che vuole questa volta! >> si disse decisa.

Puntandogli le ginocchia contro il petto con un colpo di reni riuscì ad allontanarlo da sé .

“Visto?” disse trionfante.

Lui gignò.

“Bene ora siamo pari, quindi posso anche sloggiare” disse girandosi per scendere dal letto.

Ma lui la afferrò nuovamente, bloccandola con più forza al letto.

Alicia tentò di divincolarsi, invano.

Una sensazione di deja-voux la colpì.

Prima che potesse fare alcunché Grimmjow iniziò a leccarle il collo.

“Dovresti variare il tuo repertorio” ironizzò.

“Come vuoi” le disse malizioso, poi iniziò a leccarle il contorno dell’orecchio molto lentamente.

Alicia ebbe un brivido, sperava che lui non se ne fosse accorto.

Si sbagliava.

Grimmjow prese la palla al balzo e ne approfittò.

Iniziò a mordicchiarle il padiglione e poi, improvvisamente le infilò la lingua nell’orecchio.

Ad Alicia scappò un mezzo gemito.

Si morse subito la lingua, maledicendosi in tutte le lingue che conosceva.

Lui incominciò ad accarezzarle l’altro orecchio con un dito.

“Basta…” implorò.

“Non ci penso nemmeno”.

Grimmjow le accarezzò con un dito la guancia, scendendo verso il mento, il collo e bloccandosi poco prima della scollatura.

Poi fece lo stesso percorso al contrario fermandosi vicino all’orecchio.

Approfittando della vicinanza della spalla del ragazzo, Alicia lo morse con tutte le sue forze.

Grimmjow schizzò indietro di qualche centimetro.

Si guardò la spalla, poi la ragazza e infine sorrise.

“Mi spiace ma non mi hai fatto niente” le disse, poi avvicinandosi a pochi centimetri dal suo viso “Ma se vuoi continua pure”.

Alicia arrossì violentemente e iniziò a divincolarsi con rabbia urlando “Razza di pervertito! Giuro che ti stacco la testa a morsi!”.

Lui rise con la sua solita risata isterica allentando involontariamente la presa.

Alicia ne approfittò.

Puntò nuovamente le ginocchia contro il suo petto e spinse con tutta la sua forza. Approfittò del suo momento di sorpresa per saltagli addosso.

Gli bloccò la gola con il braccio e le gambe con le ginocchia.

Le posizioni si erano invertite, o almeno, così credeva.

“Se volevi stare sopra bastava chiedere” la schernì.

Lei gli puntò con più forza il braccio contro la gola.

“Mi hai stancato! Mi sono stufata delle tue molestie! Cosa ne diresti se decidessi di comunicarlo ad Aizen? Non credo che sarebbe entusiasta di sapere che il suo prezioso ostaggio è maltrattato da uno dei suoi sottoposti”.

Lui strinse gli occhi “Se credi di farmi paura con queste minacce da quattro soldi ti sbagli. Ti ho già detto una volta che non sono il cane ubbidiente di quel umano. Così come ti ho detto che non avrei tollerato altri insulti simili”ringhiò.

Prima che Alicia potesse ribattere, la afferrò per i fianchi e la ribaltò, tornando a sovrastarla.

Il letto protestò con un cigolio.

Le sfiorò il viso con le dita, togliendole una ciocca ribelle dalla fronte.

“Che diavolo vuoi da me?”gli chiese.

Lui tornò nuovamente a leccarle e morderle il collo ignorando la sua domanda.

Alicia rabbrividì nuovamente.

Cercò di sottrarsi a quel contatto, ma il ragazzo era troppo pesante per lei.

Avvertiva il calore del suo corpo anche attraverso i vestiti.

Un profumo selvatico le inondò le radici.

“Fermat..i”.

“Te l’ho già detto, costringimi”.

<< E va bene >> pensò in tono di sfida.

Alicia piegò la gamba in modo che il ginocchio gli sfiorasse il ventre.

Grimmjow schizzò all’indietro con un’espressione a metà tra il sorpreso e il divertito.

Alicia lo guardò con aria di sfida.

Se credeva di poterla molestare a piacimento si sbagliava perché gli avrebbe riservato lo stesso trattamento.

Purtroppo la nostra Alicia, forse ancora intontita dai fumi dell’alcool o forse definitivamente resa pazza da tutto quel bianco, non aveva pensato che rispondere avrebbe solo potuto peggiorare le cose. E infatti fu cosi.

 

Quando si riebbe dal momento di sorpresa Grimmjow tornò all’attacco.

Le cinse il viso fra le mani e la costrinse a guardarlo.

Si fissarono per qualche secondo poi iniziò ad avvicinarsi pericolosamente alle sue labbra.

Alicia poteva sentire il suo respiro caldo invaderle la faccia.

Chiuse gli occhi immaginando cosa stesse per accadere.

Toc, toc , toc.

Grimmjow si voltò di scatto verso la porta.

Alicia ringraziò tutto il panteon di dei che conosceva.

“Chi è?” urlò in malo modo.

“Sono Ulquiorra”.

“Levati dalle palle” gli urlò rigirandosi verso Alicia “Dove eravamo rimasti?”le sussurrò.

“Aizen ti vuole” insistette“ Non costringermi a buttar giù la porta” ” lo ammonì con voce monocorde.

Grimmjow ringhiò la sua frustrazione e si alzò riluttante dal letto.

Aprì la porta quel tanto che bastava per uscire ma non per permettere di guardare all’interno e seguì Ulquiorra.

Si mise la mani in tasta, agitando nervosamente la coda.

Ulquiorra lo scrutò con il suo sguardo attento: aveva il respiro lievemente alterato e un’aria piuttosto arrabbiata.

“Ti sembra il modo di presentarti ad Aizen?” gli chiese alludendo al fatto che fosse solo in pantaloni.

“Fatti i cazzi tuoi”gli ringhiò.

“Come mai sei cosparso dell’odore di quella femmina?”.

Grimmjow si bloccò per un attimo ma si riprese subito “Gli faccio da balia è ovvio che abbia il suo odore addosso” tagliò corto.

“Se le succede qualcosa Aizen ti riterrà colpevole”.

Grimmjow si voltò di scatto verso l’altro ragazzo, i canini scoperti, la coda ritta. “Cerca di non tirare troppo la corda Ulquiorra o te la farò pagare” lo fissò dall’alto della sua statura.

 “Dopotutto ti devo ancora un bello sfregio” lo minacciò indicandosi la cicatrice col pollice.

L’altro lo guardava indifferente come al solito.

Grimmjow odiava quello sguardo e soprattutto odiava lui.

Non sopportava che un tipo del genere fosse più forte di lui.

Gli voltò le spalle e ricominciò a camminare, più incazzato di prima.

 

 

Alicia rimase immobile per qualche secondo, il cuore che le batteva impazzito.

 Aveva paura che Grimmjow potesse tornare da un momento all’altro a finire ciò che aveva iniziato.

Per fortuna non fu così e poté rilassarsi.

Si odiava profondamente perché non era riuscita a impedirgli di fare quello che voleva. Come sempre del resto.

Tutta la sua amazzone voglia di reagire e combattere andava beatamente a farsi friggere, vinta dalla forza del ragazzo.

<< Se vorresti potresti tranquillamente tenerlo al guinzaglio, solo che non vuoi >> le sussurrò una vocina dentro la testa.

“Come no” rispose in modo acido.

Si alzò dal letto e uscì dalla stanza quasi di corsa, voleva allontanarsi per sempre da quella stanza e dal suo proprietario.

<< Andiamo, ammettilo che in fondo ti piace quando fa così >> insistette la stessa vocina di prima.

“Smettila!” le urlò.

Perfetto ora parlava anche da sola.

 

Tornò nella sua stanza desiderosa di togliersi quei vestiti che sentiva come contaminati.

Poteva ancora sentirci il profumo di Grimmjow addosso.

Il suo profumo…

No, non avrebbe permesso a quella vocina di infilarle strane idee in testa.

Grimmjow era solo un insopportabile maniaco, stop.

Il fatto che non si ribellasse alle sue molestie non dipendeva dalla sua volontà.

Non era colpa sua se era un armadio alto il doppio di lei e così maledettamente forte!

Forte…

Ripensò involontariamente al torso nudo di Grimmjow che la sovrastava, ai muscoli perfettamente scolpiti di cui era composto, alla sua lunga cicatrice, al suo sorriso beffardo.

Arrossì violentemente.

Scosse la testa per allontanare quei pensieri.

<< Mi sto rincoglionendo, anzi lo sono già. Devo trovare un modo per scappare da qui al più presto se voglio ritornare normale >> pensò disperata gettandosi sul letto.

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Capitolo 10
*** Missione ***


Autrice:*morta sul pavimento*  ngggg....

Grimmjow: che cazzo el piglia?

Alicia: è stremata perchè ha una valanga di cose da studiare di autori greci

Grimmjow: capirai...

Autrice: *passandosi l'indice sulla gola*

Alicia: penso che ti stia minacciando di morte...

Grimmjow: tanto non può muoversi

Aporro: *vestito da dottore* è qui che serve un medico?

Autrice: *dandosela a gambe* VAI VIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!

Aporro: *inseguendola con una mega siringa* è una nuova medicina che ho inventato, è portentosa vedrai!!!!

Grimmjow & Alicia: *mentre i due continuano a rincorrersi* bene buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mattina seguente Alicia si svegliò presto, doveva svolgere alcune “commissioni”.

Si diede una sciacquata alla faccia e uscì dalla sua stanza.

Silenziosa come un gatto iniziò ad aggirarsi per il palazzo.

A chi l’avesse vista sarebbe sembrato vagasse come un’anima in pena senza meta, ma una meta ce l’aveva eccome.

Aveva capito che la parte superiore del palazzo era divisa in un’ intricata ragnatela di lunghi corridoi nei quali si trovavano le stanze dei residenti e che quelle contrassegnate da numeri romani appartenevano agli Espada.

Sapeva quindi quali evitare.

Si diresse verso il corridoio più distante dalla grossa scalinata che conduceva al piano inferiore e iniziò la sua ricerca.

Iniziò ad aprire le porte una ad una, facendo più piano possibile per non svegliarne i proprietari, ma fortunatamente il 99% delle stanze era vuota.

Stava iniziando a perdere la pazienza quando finalmente trovò la stanza che stava cercando.

Era talmente incasinata che per un attimo pensò di essere finita in un magazzino ma poi, guardando bene, vide chi stava cercando addormentato a pelle d’orso sul letto.

“Nel?” chiamò.

La bambina non fece una piega.

“Nel?” disse avvicinandosi al letto.

Silenzio.

“NEL!”

“Uaaaaaah” urlò la bambina svegliandosi di soprassalto.

Rivolse uno sguardo assonnato e imbronciato alla ragazza.

“Alitzya?” chiese stropicciandosi gli occhi.

“Scusa Nel se ti ho svegliata così, ma ho bisogno di te”.

“Nel vuole dormire, torna dopo” disse tornando a sdraiarsi sul letto.

“Peccato, si vede che non ne sei in grado…” disse con finto tono malinconico fingendo di uscire.

“Nel sa fare tutto!” disse la bambina, tirandosi su di scatto dal letto.

“Davvero?”.

“Davvero si!”.

Alicia sorrise “Tu conosci bene il palazzo vero?”.

“Meglio persino di Aizen- nerd!”.

Alicia trattenne una risata.

“Bene perché vorrei un’informazione…”.

 

 

 

 

 

Grimmjow si rigirò nel letto, si era svegliato senza alcun motivo apparente.

Guardò verso la finestra : era appena l’alba.

Grugnì il suo disappunto.

Lui che si svegliava presto?

Lui che come minimo non si tirava giù dal letto prima delle undici?

E invece era lì con gli occhi spalancati.

Si portò una mano ai capelli color cobalto e se li ravvivò.

Era ancora incazzato per essere stato interrotto da Ulquiorra, inoltre, come era ovvio, al suo ritorno lei non c’era più.

Avrebbe potuto raggiungerla nella sua stanza ma non l’aveva fatto.

Nemmeno lui sapeva perché.

Il suo olfatto perfetto poteva ancora percepire l’odore della donna sulle lenzuola.

Incrociò le braccia dietro la testa, riflettendo.

Era sempre stato uno spaccone e un provocatore, ma non gli era mai successo prima di comportarsi con qualcuno come con quella femmina.

La verità è che si divertiva un mondo.

Sogghignò.

Adorava l’espressione a metà tra la paura e la rabbia che le si dipingeva sul volto quando la provocava.

Apprezzava ancora di più la sua debole e vana resistenza.

Si chiedeva che cosa gli interessasse tanto di lei quando aveva un pezzo di carne come Halibel che vagava libera (e mezza nuda) per il palazzo.

Ripensandoci, Halibel l’avrebbe tranquillamente aperto in due come il grissino fa col tonno se ci avesse provato con lei.

Tornò a pensare a quando era entrato nella congrega di Aizen, quasi sette anni prima.

Allora era solo un ragazzino, un ragazzino a capo di una banda locale.

Adorava la vita di strada, vivere tra una rissa e un’altra lo faceva sentire invulnerabile e vivo.

Ma poi era arrivato Aizen e tutto era cambiato.

Era un giorno di neve come tanti altri quando il quattrocchi era apparso sulla porta della loro base (un casolare abbandonato), il mantello coperto di neve.

“Sto cercando il signor Jeagerjaques” aveva detto.

Grimmjow si era alzato dal divanetto su cui era stravaccato.

“Sono io” aveva detto.

Aizen l’aveva osservato, soffermandosi in particolare sui suoi capelli e sulla coda.

“Potrei parlarle in privato?”.

Grimmjow gli aveva fatto segno di seguirlo fuori.

“Cosa vuole da me un damerino come lei?” gli aveva chiesto, mentre la bufera intorno a loro imperversava.

Aizen si era stretto il mantello addosso.

“Come mai sei a capo di un gruppo di umani?”.

Grimmjow aveva alzato le spalle “Perché sono come me”.

“Orfani?”.

“No, annoiati. Avevano bisogno di un posto in cui stare e di un occupazione e io gliel’ho data”.

“Fare i teppisti non è un’ottima occupazione” gli aveva risposto duramente. “Piuttosto, perché non hai cercato qualcun altro come te?”

Lui aveva riso amaramente “Intende altri hollow? Come se fosse facile, non siamo rimasti in molti grazie a voi umani”.

“Ma le cose potrebbero cambiare”.

“Le cose non potrebbero mai cambiare” gli aveva risposto secco. “Anche se la guerra è finita da parecchio, gli umani continuano ad avere paura e a non fidarsi completamente di noi. Ci considerano come animali definendoci “mutanti” o “abomini”.

“Eppure ci sono molti hollow che vivono felicemente in mezzo agli umani”.

“Cazzate, è solo finzione. Hollow e umani non andranno mai veramente d’accordo”.

“Allora basterebbe renderlo possibile”.

Grimmjow l’aveva guardato interrogativamente.

Aizen aveva tirato fuori un foglietto dalla tasca interna del cappotto e gliel’aveva dato.

“Ho radunato già altri come te, hollow che sono convinti che le cose possano cambiare” lo aveva fissato “Pensaci su, se davvero vuoi continuare a vivere nascosto in una capanna tra avvoltoi pronti a tradirti in qualsiasi momento, una volta che non gli servirà più la tua protezione, fa pure. Ma se invece credi e ritieni giusto che gli hollow riacquistino ciò che gli appartiene di diritto, allora ti aspetterò” gli aveva detto prima di dileguarsi in mezzo alla bufera.

Grimmjow aveva guardato il bigliettino: sopra era scritto un indirizzo.

Qualche giorno dopo si era recato a quell’ indirizzo, trovandosi davanti ad un palazzo bianco immenso.

Così era diventato un “Espada”.

In fondo a lui non gliene fregava un cazzo dei bei piani di rivalsa degli hollow.

A lui bastava avere la possibilità di scontrarsi sempre contro avversari più forti, non con i soliti umani mollaccioni.

Aveva pensato che comandare sui suoi stessi simili sarebbe stato più gratificante che farlo su un branco di umani.

Era solo e unicamente per questo motivo che aveva accettato.

 

Grimmjow si mise a sedere, riscuotendosi da quei pensieri nostalgici.

<< Che diavolo vado a rivangare il passato? >> si chiese, alzandosi.

 

 

 

 Alicia e Nel camminavano furtivamente come ninja attraverso il palazzo.

Si diressero verso la scalinata, dirette al piano inferiore.

“Grazie per il tuo aiuto Nel, spero non finirai nei guai per questo”.

“Tranquilla! Nel è brava a tenere i tzegreti! Nel è a favore della complitzità femminile!” disse, facendo segno di vittoria.

Alicia si chiese chi le insegnasse certe cose.

Scesero quindi al piano di sotto; un lungo corridoio si estendeva sia verso destra che verso sinistra, girarono a sinistra.

Un brivido di eccitazione e paura corse lungo la schiena della ragazza, dopotutto era la prima volta che visitava quel luogo.

Avvertì una lieve musica in lontananza.

“Da dove viene questa musica?” chiese.

“Oh e solo capelli-fucsia”.

“Il laboratorio di Aporro è qui?” aveva sperato fosse dalla parte opposta.

“Tzi, è subito dopo la biblioteca. Nel ci è stata tante volte nel laboratorio!” disse tutta felice.

Alicia non osò pensare a cosa le avesse potuto fare quello scienziato pazzo.

Si immaginava già i peggio scenari alla Frankestein.

Finalmente giunsero davanti ad una grossa porta di legno scuro.

“La prima cosa non bianca che vedo da giorni!” esultò mentalmente.

Provò ad aprire la porta ma era chiusa a chiave.

“Tzolo gli Espada e Aizen hanno la chiave” le disse Nel.

“E come facciamo a entrare?”.

Nel le strizzò l’occhio poi si infilò una mano in bocca, dopo pochi secondi sputò una chiave di metallo.

Alicia sgranò gli occhi “Come…? No, non importa non voglio saperlo”.

Nel intanto aveva aperto la porta “Ti faccio da palo” le disse tutta sorridente.

Alicia annuì ed entrò.

La biblioteca era immensa, gli scaffali ricolmi di libri di ogni tipo.

C’erano anche alcuni piccoli tavoli dotati di fogli per appunti e penne.

<< Non si fanno mancare nulla questi Espada >>.

Si mise subito al lavoro: iniziò ad analizzare libro dopo libro.

Cercava informazioni su quel mondo e, soprattutto, cercava un possibile gemello del libro che l’aveva trascinata lì.

Sfogliò avida il primo volume.

“Gli hollow, spesso definiti mutanti per i loro particolari tratti somatici, sono un popolo che da sempre ha abitato il nostro mondo.

Ancora oggi è pressoché ignota la loro origine, secondo alcuni la loro stirpe affonderebbe le radici in quella degli elfi della foresta, famosi per avere aspetto in parte animale, estintisi secoli fa.

Questa teoria spiegherebbe perché alcuni di loro conservano ancora tratti propri degli elfi come : code, orecchie, artigli ecc.

La stesse differenze all’interno del popolo degli hollow ha creato non pochi problemi agli studiosi.

L’unica cosa certa è che, coloro che hanno mantenuto alcuni tratti somatici tipicamente elfici, abbiano un sangue più puro rispetto a quelli che li hanno persi, forse per via della mescolanza con la stirpe umana.

Secoli fa infatti, quando il popolo delle foreste era ancora fiorente, non erano rari i matrimoni fra le due stirpi, anche se è logico pensare che fossero soprattutto matrimoni politici per garantire la pace.

Sempre presenti furono infatti, fin dall’antichità, i contrasti tra le due popolazioni.

Contrasti che portarono ad una vera e propria guerra.”

Alicia si bloccò << Una guerra? >> tornò a leggere, avida di informazioni.

“La guerra combattuta tra hollow e shinigami, soldati appositamente addestrati per fronteggiarli, fu terribile, lunga e sanguinaria e causò la quasi totale estinzione degli hollow.

Guerra che terminò diciotto anni fa, grazie ad un trattato di pace stipulato di comune accordo fra umani e hollow.

Grazie a questo i due popoli vivono finalmente in pace e non si registrano casi di violenza, se non rari casi di fanatismo razzista.

L’organismo degli shinigami, adibito ad un lavoro di semplice polizia dopo la fine della guerra, si occupa di mantenere l’ordine tra la due razze.

Questo organo, che è il più importante di tutto l’Hueco Mundo, è diviso in tredici compagnie comandate ognuna da un differente capitano.

Di importante rilevanza il fatto che il comandante supremo sia un mezzo hollow che….”

Alicia smise di leggere, tutto ciò che riguardava gli umani non le interessava.

Rimase per qualche secondo pensierosa: aveva finalmente capito cosa erano esattamente Grimmjow e tutti i suoi strambi amichetti, nonché il nome del luogo in cui era finita.

“Hueco Mundo…piuttosto azzeccato come nome se si pensa alla vivacità del paesaggio” pensò.

Qualcuno bussò alla porta, dopo qualche secondo Nel fece capolino “Alitzia dobbiamo andare, tra poco si sveglieranno tutti sono le otto…”.

“Arrivo” le disse intascandosi il libro.

“No, no, non si può portare via i libri!” le disse la bambina.

“Non se ne accorgerà nessuno, voglio solo finire di leggerlo” le disse uscendo.

Ripercorsero al contrario lo stesso tragitto di qualche ora prima, separandosi prima della scalinata che conduceva ai dormitori.

“Non torni a letto Nel?” le chiese.

“No! Nel ha fame! Andrà a farsi cucinare qualcosa!” le disse mentre schizzava via verso le cucine.

Alicia, rimasta sola, decise di tornare nella sua stanza, voleva assolutamente finire di leggere quel libro.

Salì le scale senza neanche guardare dove mettesse i piedi, troppo impegnata a pensare a quello che aveva appena scoperto.

Imboccò il corridoio che portava alla sua stanza ma si bloccò a metà.

Grimmjow la aspettava davanti alla porta.

Era appoggiato al muro con una gamba e fumava tranquillamente.

L’umore di Alicia peggiorò all’istante.

Si avvicinò alla stanza il più lentamente possibile.

Lui, sentendo i suoi passi, si voltò.

“Che ci fai già sveglio a quest’ora? Non ti svegli tardi, di solito?” gli chiese.

Quello alzò le spalle “Non riuscivo a dormire. Piuttosto” diede un’altra boccata prima di continuare “Dove ti eri cacciata?”.

“Dove vado non ti interessa” gli rispose sgarbata aprendo la porta.

Lui fece un passo avanti e gliela richiuse. “Dì un po’ ragazzina con chi credi di parlare ah?”.

Gli puzzava l’alito di fumo.

“Con Grimmjow  cognomeimpronunciabile, perché?”.

Un ringhio basso uscì dalle sue labbra.

Poi, senza preavviso le infilò una mano nel vestito.

Alicia urlò, allontanandosi di scatto, le mani sul petto.

Lui la fissava con quel solito sorriso ferino, un libro nella mano.

“E questo?” le chiese.

Alicia sbiancò.

“E’ mio” mentì.

Lui alzò un sopracciglio “Non ricordo avessi anche un libro quel giorno nella foresta” le disse prima di gettare la sigaretta in terra.

Alicia la guardò cadere sul pavimento immacolato “Non penso che ad Aizen faccia piacere raccogliere i tuoi mozziconi”.

Altro ringhio.

“Penso che lo stesso valga per i libri della sua biblioteca” la guardò “Adesso so perché non trovavo più la chiave”.

Ecco a chi l’ha rubata Nel…” pensò.

“Volevo solo delle informazioni dato che nessuno si degna di dirmi un cazzo, è un crimine forse? Mi ucciderai per questo? Sono stufa di essere trattata da prigioniera, voglio uscire! Voglio tornare a casa mia! Non ne posso più di stare rinchiusa in questa sottospecie di manicomio pieno di gentaglia!” sbraitò.

Era davvero stufa e arrabbiata.

Perché doveva sempre succedere qualcosa che le metteva i bastoni tra le ruote?

Perché?

Grimmjow la guardò per qualche secondo poi, le si avvicinò.

Alicia fece istintivamente un passo indietro.

Ma lui si limitò a porgerle il libro.

“Dopotutto potrei averlo preso io” le disse.

Lei lo guardò incredula.

“Non…non mi denuncerai?” gli chiese.

“No, voglio proprio godermi lo spettacolo quando Aizen ti scoprirà!”.

 “Grazie” sussurrò.

Lui la fissò per qualche secondo, un’espressione confusa sul volto.

“Non credere lo faccia per te, donna!” puntualizzò. “Diciamo che mi piace l’idea che tu mi debba un favore” le disse malizioso.

Lei lo fulminò con lo sguardo.

“Entra” gli disse aprendogli la porta.

Lui la fisso “Che c’è vuoi estinguere subito il tuo debito?” le disse con un sorriso malizioso a increspargli le labbra.

“Divertente, voglio solo farti alcune domande”.

Lui alzò le spalle entrando nella stanza e andandosi a sedere sul letto.

Alicia rimase sulla porta, a distanza di sicurezza.

“Bene, iniziamo...”.

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Capitolo 11
*** Piccoli molestati crescono ***


Autrice: *vestita da poliziotta* avanti parla!

Grimmjow:*ammanettato in sala interrogatori* non dirò nulla se non davanti al mio avvocato

Autrice: maledizione! River! agente river dove diavolo sei?!!?

Alicia: *affacciandosi alla porta* mi cercavate?

Autrice: dove diavolo eri finita di grazia?

Alicia: ho avuto un piccolo inconveniente con la divisa...

Autrice: entra, sembra che il nostro caro indiziato non volgia parlare

Alicia: veramente...preferirei restare qui signore....

Autrice: muovi quelle chiappe e vieni a fare il tuo lavoro River!

Alicia: *entra indossando una divisa da porno poliziotta*

Autrice: CHE DIAVOLO SIGNIFICA!???????????

ALicia: l'avevo detto che era meglio che non entrassi...qualcuno ha nascosto la mia divisa e al suo posto ha messo questa...

Grimmjow: *ridendo soddisfatto* però penso che mi farò arrestare più spesso se è cosi che fate gli interrogatori

Autrice: sei stato tu vero!?

Grimmjow: non ne so niente io...

Autrice: sapevi della scena di polizia, maledetto maniaco!!!

Grimmjow: *venendo colpito da una sedia in faccia* ngggggh

Alicia:  tu....lo sapevo che c'era il tuo zampino....razza di pervertito...!

Autrice: ferma se lo uccidi poi come continuo la storia?!

Alicia: *brandendo una mazza ferrata* ah?

Autrice/Grimmjow: *sbiancando* ahhhhhhhhh tascheteeeeeeeeeeeeeeeee!!!! ma poi io (autrice) che c'entro?!!?!?!?!?!??

END

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alicia e Grimmjow rimasero a guardarsi per qualche secondo come due sfidanti del wrestling che si lanciano imprecazioni mentali seduti nei rispettivi angoli.

Così all’angolo rosso, cioè, davanti alla porta stava Alicia, il libro stretto al petto, mentre all’angolo blu, ovvero seduto stravaccato sul letto, stava Grimmjow.

Alicia alzò lo sguardo su Grimmjow per fargli una domanda, ma lui la precedette.

“Allora cos’hai scoperto signora investigatrice?” le chiese.

“Cosa siete esattamente voi Espada”.

“E ti serviva un libro per capire che non eravamo umani?” la sfottè.

“No, fin lì c’ero arrivata da sola, grazie”.

“Che brava”.

Alicia sospirò, non doveva litigarci, gli serviva per rispondere alle sue domande.

“Come mai è scoppiata la guerra?” chiese.

“Non l’hai letto su quel libro? Un umano ha sterminato una famiglia di hollow”.

“Si, l’ho letto, ma mi chiedo perché. Perché iniziare una guerra così sanguinosa dopo tanti secoli di convivenza? Che senso ha?”.

Grimmjow si mise più comodo sul letto, prima di rispondere. “Hollow e umani hanno sempre vissuto insieme, vero, ma non per questo andavano d’accordo. Voi umani avete il fantastico dono di temere e ritenere inferiori chiunque sia diverso da voi. Che sia per il colore della pelle o per altri motivi. Non c’erano mai state guerre prima perché non avevate la forza di affrontarci, ma con lo sviluppo tecnologico siete stati in grado di colmare almeno in parte quella distanza. Così il primo pretesto è stato colto al volo per sbarazzarvi finalmente di noi”. La fissò. “Quel soldato era ubriaco, ha ammazzato quella famiglia senza motivo, e questo non è andato giù alla mia razza”.

Sentirlo parlare di “sua razza” faceva un certo effetto, dovette ammettere Alicia.

“Ti ricordo che io non sono di questo mondo, quindi non trattarmi come se fossi colpevole. Comunque, come mai alla fine è stato firmato un trattato di pace?”.

“Perché gli hollow erano quasi spariti, e quelli rimasti non costituivano più una grande minaccia. E comunque le perdite erano state terribili su entrambi i fronti. Nessuno aveva più voglia di farsi ammazzare”.

Alicia rimase pensierosa per qualche secondo, prima di continuare “Tu…anche tu hai combattuto in quella guerra?” chiese alludendo alla sua lunga cicatrice.

Lui rise “Ma che cazzo di domande fai, donna? La guerra è finita diciotto anni fa, ero solo un moccioso a quel tempo, come avrei potuto combattere? E poi questa non c’entra nulla con la guerra” disse indicandosi il petto.

“Come te la sei procurata allora?”.

“Non sono affari tuoi” le rispose sgarbato.

“Se l’è procurata in una rissa” pensò certa.

“Com’è stato per voi hollow vivere nel dopoguerra?”.

“Uno schifo per la grande maggioranza, gli umani non si fidavano di noi, ma a me non è mai importato. Mi piaceva la mia vita” disse infilandosi le mani in tasca.

“Il solito sborone” pensò.

“Che fine hanno fatto i tuoi genitori?” chiese.

Grimmjow si agitò sul letto “Che palle donna, hai intenzione di continuare ancora a lungo?”

“Si” gli rispose secca. Non si sarebbe fatta scappare l’unica occasione in cui Grimmjow sembrava essere loquace “Allora?” inistè.

“Morti”.

Alicia si sentì raggelare.

“Io…scusa”.

“Cazzo ti scusi, donna! Non ho bisogno del…” ma non finì la frase perché lei gli si era avvicinato e l’aveva abbracciato.

Lei che lo abbracciava?!

Grimmjow rimase con gli occhi sbarrati dalla sorpresa per qualche secondo, poi, riavutosi, la allontanò da sé di malo modo.

“C…che diavolo fai!? Mi hai preso per un orsacchiotto?!” le ringhiò.

Lei lo fissava con uno sguardo a metà tra il mortificato e il triste.

Era proprio furioso.

Un tipo orgoglioso come Grimmjow non avrebbe MAI permesso a nessuno di rivolgergli uno sguardo simile.

Tanto meno da un’umana.

Da quell’ umana.

Alicia si allontanò di parecchi passi, si sentiva un’idiota, che diavolo le era preso?

Come le era saltato in mente di abbracciarlo così! Come se fosse un bambino triste? Lui che poteva accartocciarla con una mano se solo avesse voluto?

Arrossì violentemente.

Decisa a morire piuttosto che far notare a Grimmjow il rossore che le coloriva le guance, gli diede le spalle, sentendosi ancora più stupida.

Rimase così per un po’ giocherellando con la copertina del libro; benché avvertisse lo sguardo di lui trapassarle la testa, era decisa a non girarsi nemmeno per tutto l’oro del mondo.

Sentì il letto cigolare, libero dal peso di Grimmjow; le si stava avvicinando.

“Hai intenzione di darmi le spalle ancora a lungo?” le chiese.

Riluttante si voltò, lui la guardava con sguardo indagatore.

Per la prima volta da quando si conoscevano la guardava con uno sguardo che non fosse strafottente o malizioso.

“Mi ero messa in castigo da sola per la mia stupidità. Come mi è venuto in mente di comportarmi umanamente con te? La prossima volta ti spacco una mazza in testa magari apprezzi di più” gli disse in tono ironico.

Lui alzò un sopracciglio “Hai sempre la battuta pronta eh?”.

“Sempre e comunque”.

“Tsk”.

Alicia si fissò sui vestiti per non doverlo guardare in faccia: indossava dei pantaloni neri e una canottiera aderente con motivo militare.

“Ho una domanda”.

“Spara”.

“Tutti gli hollow non patiscono il freddo o è solo un tuo problema neurologico?”.

Lei indossava un vestito bianco (incredibile vero?) con spalline, pesantissimo e aveva ancora freddo come diavolo faceva lui a andare in giro mezzo nudo per il palazzo senza congelare?

Alzò le spalle “Non patisco il freddo è così sconvolgente per te?”

“Dato il clima così caldo che pure i pinguini si estinguerebbero, si”.

Si fissarono per qualche secondo poi lei continuò “Un’altra domanda”.

“Finiranno prima o poi?” sbuffò.

“Quanto sei alto?”.

Lui la guardò sorpreso per qualche secondo poi scoppiò a ridere come un matto.

Alicia lo fissò accigliato aspettando che smettesse o che si ingolfasse soffocando dato l’impegno con cui rideva.

“Wow non pensavo fosse così divertente! La porterò a zelig questa battuta!” disse sarcastica.

Grimmjow rinvenne, tenendosi la pancia, le lacrime agli occhi “Che razza di domande ti metti a fare? Comunque molto più di te”.

“Non l’avrei mai detto!”.

“Perché ti interessa?” le chiese.

“Perché volevo fare una stima di quanto potesse essere alto Nnoitra, dato che è molto più alto di te”.

Il sorriso sparì dalle labbra di Grimmjow, sostituito da un’espressione di irritazione.

Alicia notò il cambiamento improvviso “Uh….” Disse con aria di chi ha capito tutto.

“Uh che?”.

“Anche il caro cobaltino ha un punto debole?” alzò lo sguardo verso di lui “Aspetta fammi gustare questo momento…wow…allora è così che ti senti di solito tu? Che sensazione stupenda…”.

“Piantala” l’ammonì.

“Non avrei mai immaginato che a uno come te desse fastidio essere più basso di qualcuno. Che c’è ti da fastidio essere meno alto di stappa bottiglie?” lo pungolò.

Un ringhio basso l’ammonì.

“Deve essere stato brutto vedersi portar via il primato per altezza da Nnoitra” continuò. “Povero Grim…” ma non finì la frase perché aveva visto il pugno del ragazzo sfiorarle la faccia per conficcarsi poi nel muro.

Alicia sgranò gli occhi.

Grimmjow, col pugno piantato nel muro, le si avvicinò alla faccia, i canini scoperti “Ti ho detto di piantarla donna” le sibilò prima di svellere dal muro il pugno.

Alicia ringraziò il fatto che avesse scelto come punchieball il muro anziché la sua faccia.

“Comunque ho ancora un po’ di domande”.

“Non ho intenzione di risponderti” le rispose annoiato andandosi a risedere sul letto.

“Voglio sapere che cosa rappresentano gli Espada, perché così tanti hollow sono riuniti sotto lo stesso tetto?” chiese facendo qualche passo avanti.

Silenzio.

“Allora?”.

Silenzio.

Si avvicinò al letto, le mani sui fianchi in una posa imbronciata “Ti tormenterò finché non mi rispondi quindi muo…aaah!” urlò mentre precipitava, inciampata nei suoi stessi piedi, finendo addosso nientemeno che a Grimmjow.

Per non rovinare completamente come un gelato sul marciapiede si era aggrappata alla prima cosa che aveva trovato, in questo caso la maglia di Grimmjow.

Non appena si accorse di dove si stesse tenendo si tirò velocemente in piedi allontanandosi di qualche centimetro dal ragazzo.

Questo si fissò la canottiera, allungata di dieci taglie in più dal dolce peso della ragazza “Mi devi una maglia donna” disse, poi, con un gesto veloce, se la tolse rimanendo (tanto per cambiare) a torso nudo.

Alicia arretrò di qualche altro centimetro.

“Non volevo smagliartela scusa” cercò di scusarsi ma quello si era già alzato e le si avvicinava.

I battiti del cuore le accellerarono.

Quando le fu di fronte l’afferrò per un polso e la gettò letteralmente sul letto, sul quale la seguì anche lui.

Quando Alicia riaprì gli occhi la prima cosa che vide fu il petto nudo del ragazzo, poi il suo sorriso malizioso.

Il suo odore di tabacco misto a qualcosa di selvatico le inondò le narici.

“Non hai niente di meglio da fare che molestare una povera e indifesa umana?” gli chiese cercando di sembrare tranquilla.

Lui si abbassò fino a raggiungerle un orecchio “Visto che mi hai fatto spogliare perché non approfittarne?” le sibilò.

“Io non ti ho fatto proprio nulla!” si schernì.

Ma prima che potesse obbiettare altro lui le si avventò sul collo.

Alicia girò la testa cercando di sottrarsi al contatto.

Le afferrò il bacino con entrambe le mani mentre dal collo iniziava a scendere.

“Fermati…” cercò di dirgli in tono imperativo.

Lui ridacchiò scendendo ancora più basso.

Alicia iniziò a tremare.

Improvvisamente lo sentì risalire spostandosi verso la spalla sinistra.

Dopo qualche secondo iniziò a mordicchiarle la spallina sinistra del vestito, poi , con uno scatto gliela abbassò.

Alicia cercò di divincolarsi “Cosa hai intenzione di fare, fermati subito!” sbraitò terrorizzata.

Ma lui la ignorò iniziando ad avvicinarsi pericolosamente anche all’altra spallina.

“Basta!” continuò a gridare sempre più in preda al panico.

Dopo pochi secondi sentì abbassarsi anche l’altra.

Il cuore le impazziva nel petto.

Cercando di chiamare tutte le sue forze a raccolta gli appoggiò le mani sul petto cercando di allontanarlo da se, ma senza riuscirci.

Le era rimasta una sola cosa da provare.

Controllò di non aver le gambe bloccate e gli rifilò una ginocchiata in mezzo alle gambe.

Grimmjow le si allontanò immediatamente con un mezzo gemito di dolore.

Non era riuscita a colpirlo forte quanto sperava, ma almeno ci era riuscita.

Grimmjow rimase per qualche secondo piegato, una mano sul punto dolorante.

Lei ne approfittò per mettersi a sedere e svignarsela.

Era già con un piede giù dal letto quando due braccia forti la strinsero rigettandola sul letto.

Lui le si avvicinò all’orecchio “Bel colpo” le disse con una voce leggermente più alta del normale.

“Posso fare il bis se vuoi” le ringhiò lei.

Lui ridacchiò.

Rimasero a guardarsi per qualche secondo poi lui ricominciò a leccarle e a baciarle il collo.

Alicia cercò nuovamente di divincolarsi, ma era tutto inutile, era troppo forte per lei.

Improvvisamente avvertì le sue mani risalire dai fianchi verso le spalle.

Alicia si era dimenticata di rimettersi a posto le spalline quindi abbassarle il vestito non fu affatto difficile per Grimmjow.

Alicia si ritrovò cosi con il busto scoperto.

Grimmjow si soffermò ad analizzare il reggiseno della ragazza.

Alicia arrossì violentemente. Era davvero troppo, quello era davvero troppo.

Cercò di rivestirsi ma lui le bloccò le braccia.

Un sorriso terrificante gli increspava le labbra.

Le si avvicinò nuovamente all’orecchio “Oggi non c’è Ulquiorrra a salvarti” le sibilò.

“Fottiti brutto porco!” urlò.

Ma lui la ignorò iniziando a seguire il contorno del reggiseno con le labbra.

Alicia si dimenava come un pesce fuor d’acqua pur di allontanarlo da se.

Grimmjow le si avvicinò quel tanto che bastava per guardarla negli occhi “Che c’è non ti diverti?” le chiese.

Alicia gli sputò in un occhio.

Lui si ritrasse portandosi una mano all’occhio colpito e Alicia ne approfittò per rivestirsi.

Non cercò di scendere dal letto perché sapeva che non ce l’avrebbe fatta, decise quindi di rimanere li a combattere.

Quando Grimmjow si riebbe le disse: “Hai finito?”.

“Ho appena iniziato” le rispose secca.

Lui ridacchiò.

Rimasero a guardarsi per qualche secondo.

Alicia aveva i capelli scarmigliati, una spallina del vestito mezza abbassata e lo guardava furente.

Grimmjow dovette ammettere che era piuttosto sexy…

Si portò una mano ai capelli per ravvivarseli, continuando quella guerra di sguardi con la ragazza.

Poi si infilò una mano in tasca estraendone un pacchetto di sigarette, se ne portò una alle labbra e l’accese.

“Spegni quella roba! Non voglio che mi impuzzonisci la stanza!” le sbraitò quella.

Lui per tutta risposta le sbuffò il fumo direttamente in faccia facendola tossicchiare.

Alicia era più tranquilla ora che i bollenti spiriti del ragazzo sembravano essersi calmati. Anche se, fintantoché fosse rimasto in quella stanza lei non poteva certamente tranquillizzarsi completamente.

“Non sto scherzando Grimmjow, te la faccio ingoiare quella sigaretta” disse minacciosa.

Lui ridacchiò.

“Puoi sempre costringermi” le disse.

“Costringiti da solo”.

“Ah ah ah!”.

Alicia fece un semi balzo in avanti strappandogliela dalle labbra.

“Ehi!” protestò.

Rimasero a cercare di strapparsi la sigaretta a vicenda per qualche tempo, come due bambini che si contendono un giocattolo, ma alla fine Grimmjow ebbe la meglio, portandosi quello che rimaneva della sigaretta alle labbra.

Alicia rimase a guardarlo fumare, imbronciata.

Nonostante quello che le aveva appena fatto riusciva a starci insieme come sempre, era scema forse?

Fissò il libro abbandonato sul pavimento.

“Grimmjow voglio che tu mi faccia un favore”.

Lui la guardò da dietro la sigaretta “Un altro? Non ti conviene avere tutti questi debiti con me”.

Lei lo fulminò.

“Okay, sentiamo”.

“Voglio che mi porti dove mi hai trovata quel giorno”.

 A Grimmjow quasi andò di traverso la sigaretta.

“Cosa?!”.

“Hai sentito”.

“Scordatelo donna”.

“So che saprai convincere il buon Aizen”.

“Scordatelo” ribadì dando l’ultima boccata alla sigaretta e gettandone il mozzicone in terra.

“Lo farai” insistè.

“Sennò?” le chiese sarcastico.

Alicia gli si avvicinò.

Grimmjow la guardò interrogativamente.

Lei che gli si avvicinava dopo quello che le aveva fatto?

Alicia posò una mano sul petto di Grimmjow seguendo con le dita la lunghezza della cicatrice.

Sentì i muscoli del ragazzo contrarsi.

Alicia continuò a fare su e giù prima di dire nel tono più sexy che le riusciva “Vero che lo farai?”.

Grimmjow le afferrò la mano allontanandola da se.

“Ho detto no” ribadì con un tono divertito.

Alicia strinse gli occhi, non poteva dirle di sì e basta?

Se era il gioco sporco che voleva l’avrebbe ottenuto.

Alicia riprovò; gli appoggiò entrambe le mani sul petto, poi, avvicinandosi al suo orecchio, come era solito fare lui, gli sibilò “Per favore”.

Grimmjow le afferrò i fianchi e l’allontanò, fissandola con il suo solito sorriso malizioso “No”.

Alicia si trattenne dal rifilargli un pugno sul naso.

Cercò di stabilire un’altra strategia.

<< Ti diverti eh? >> le chiese una vocina familiare nella testa.

Alicia dovette ammettere che si, un po’ si stava divertendo.

Fissando Grimmjow gli si avvicinò nuovamente fino ad annullare quasi la distanza che li separava.

“Vorrei sapere che diavolo sto facendo” si disse.

“Non è uno sforzo così terribile dopotutto no?” gli sibilò a pochi centimetri dalle labbra.

Lui le infilò una mano nei capelli giocherellando con i suoi ricci “Se fai così non dire che poi è colpa mia” le disse.

“In genere fai tutto tu senza che io possa fare alcunché” gli rispose acida.

Lui ridacchiò poi, la gettò di nuovo sul letto.

“Appunto” disse Alicia.

Altra risata.

Lui giocherellava amabilmente con i suoi capelli.

Lei gli accarezzò il petto.

Non capiva proprio che diavolo stesse facendo, dopo tutto poteva sempre chiedere ad Hailibel di portarla nella foresta, perché voleva che proprio Grimmjow l’accompagnasse?

Grimmjow iniziò a mordicchiarle l’orecchio e, quando passò a leccargli il padiglione Alicia ebbe un mezzo brivido.

Doveva ribellarsi o lui se ne sarebbe approfittato di nuovo, eppure rimaneva immobile.

Lui le infilò la lingua nell’orecchio e ad Alicia scappò un gemito.

Il ragazzo continuò seguendo il profilo del collo fermandosi nell’ incavo tra il collo e la spalla dove iniziò a farle un succhiotto.

“No…!” cercò di fermarlo, l’ultima cosa che voleva era girare con un succhiotto per Las Noches.

Grimmjow si bloccò poco prima che potesse rimanergli un qualche segno.

Alicia sentì una sua mano accarezzarle una gamba risalendo fino alla coscia.

Ebbe un brivido.

Grimmjow si adagiò completamente al corpo della ragazza iniziando a strusciarglisi contro.

Alicia gli arpionò la schiena di riflesso.

Lui le morse il collo, il respiro leggermente affannato.

Poi, improvvisamente come le era saltato addosso, Grimmjow si ritrasse si scatto.

Respirava affannosamente, il petto che si alzava e si abbassava velocemente.

Alicia lo fissò interdetta.

“Devo andare” le disse uscendo dalla stanza, mollandola lì sul letto.

Alicia si ritrovò improvvisamente sola.

“Aspetta, perché dovrei dispiacermi che si sia fermato. Meglio così no?” cercò di convincersi, ma in fondo le dava fastidio essere stata mollata lì così.

“Che cazzo vado a pensare pure io?! Dovrei essere arrabbiata perché gli ho permesso di saltarmi di nuovo addosso piuttosto del contrario!” si disse imbronciata.

Confusa, decise di andarsi a fare una doccia per schiarirsi le idee.

 

 

 

 

 

 

 

Grimmjow appoggiò la testa al muro cercando di calmarsi.

“Che cazzo mi prende” si rimproverò.

Aveva rischiato di perdere la testa, non che gli sarebbe dispiaciuto ma…

Ma che?

Perché si era bloccato?

Dopo tutte le volte che le era saltato addosso proprio l’unica in cui lei sembrava starci doveva andarsene?!

Ma era proprio quello il punto, era abituato a fare il maniaco solo per divertirsi e per farla incazzare, non si aspettava di certo che lei lo provocasse.

Aveva cercato di provocarlo solo per ottenere ciò che voleva e lui l’aveva sfidata convinto che non ci sarebbe riuscita, e invece cavolo se ci era riuscita…

C’era mancato poco.

Lei probabilmente non immaginava nemmeno quanto.

Perché non ne aveva approfittato?

“Merda!” imprecò tirando fuori l’ennesima sigaretta.

Aveva voglia di fumare fino a sfondarsi.

“Sono una testa di cazzo, non mi capiterà mai più un’occasione simile!” si disse tornando verso la sua stanza.

 

 

 

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Capitolo 12
*** Una donna ottiene sempre ciò che vuole ***


Dopo la doccia si sentiva un po’ meglio; l'acqua aveva sempre avuto il dono di tranquillizzarla.

Annoiata si sdraiò sul letto e riaprì il libro, voleva assolutamente finire di leggerlo, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu sfogliarlo distrattamente; non faceva che pensare a Grimmjow.

Se avesse potuto si sarebbe picchiata da sola.

Come le era venuto in mente di provocarlo cosi?

Per ottenere cosa poi?

Fortunatamente se ne era andato illuminato dallo spirito santo.

Fortunatamente…

Alicia iniziò a giocherellare con un ciocca di capelli; era confusa, non capiva perché fosse sollevata e irritata allo stesso tempo.

“Che palle” sbuffò, alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta “Vorrà dire che me la sbrigherò da sola!” disse uscendo.

Non aveva idea di quale fosse la stanza di Aizen, ma sapeva dove trovarlo.

Di giorno, di solito, rimaneva nella “stanza del trono”, come la chiamava lei.

Era una stanza molto ampia al centro della quale c’era un grosso scranno su cui di solito sedeva Aizen, affiancato da due più piccoli sui quali stavano Gigno (Gin) e Tosen.

Giunta davanti alla porta bussò.

Una voce maschile la invitò ad entrare.

Sospirò ed entrò.

Aizen stava seduto sul suo fantastico trono, un braccio a tenergli la testa e la guardava sorpreso.

“Alicia, che sorpresa!” la salutò.

“Buon giorno”.

“A cosa devo la tua visita?” le chiese con un sorriso, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

“Avrei una richiesta” esordì.

 

 

 

Grimmjow fissava il soffitto, sdraiato sul suo letto, la coda che gli ondeggiava nervosa.

Era davvero imbronciato come un gatto a cui avessero appena tolto la ciotola da sotto il muso.

“Maledizione” disse, girandosi su un fianco.

Ultimamente era ancora più di malumore del solito a causa di quella donna.

Dovette ammettere che, per una volta, non gli era dispiaciuto che a prendere l’iniziativa fosse stata lei.

Si passò una mano sul viso.

Un bussare alla porta lo fece sobbalzare.

“Chi è?” urlò in direzione della porta.

“Ulquiorra”.

Ecco, adesso si che era ancora di più di cattivo umore.

Si alzò riluttante “Che diavolo c’è sta volta?” gli chiese, dopo aver aperto la porta.

Ulquiorra lo squadrò “Vestiti decentemente questa volta, Aizen vuole parlarti”.

Grimmjow strinse gli occhi, possibile che quel dannato quattrocchi non avesse niente di meglio da fare che indire inutili assemblee?

Impiegandoci volutamente tutto il tempo possibile, si infilò la sua “divisa” da Espada e uscì.

 

 

Alicia fissava il pavimento, aspettando.

Aizen aveva inviato il fedele Ulquiorra a chiamare Grimmjow.

Dopo parecchi minuti i due apparvero sulla porta.

Grimmjow la fissò per qualche istante, prima sorpreso poi furioso, mentre le si accostava.

Ulquiorra invece si posizionò alla destra di Aizen.

“Jeajerjaques, ti ho mandato a chiamare perché vorrei parlarti di una richiesta che mi ha appena avanzato Alicia”.

Grimmjow la guardò male, ma lei teneva ostinatamente lo sguardo davanti a sé.

“Alicia vorrebbe che tu l’accompagnassi sul luogo del suo ritrovamento”.

Grimmjow iniziò a frustare l’aria con la coda.

“Ne dice di stupidate” disse.

Lei lo guardò male.

“Tu che ne pensi?” chiese rivolto ad Aizen.

“Ritengo che ne abbia tutto il diritto, dopotutto sta sempre rinchiusa qui dentro”.

<< Come se potessi andarmene quando voglio >> pensò.

“Per te non è un problema accompagnarla, vero?”.

Lui alzò le spalle.

Alicia sorrise soddisfatta.

“Quand’è cosi, domattina l’accompagnerai” gli disse con uno dei suoi sorrisi, tuttavia suonò come un ordine.

“Potete andare” li congedò.

I due uscirono affiancati.

“Perché gli hai detto di si?” gli chiese preoccupato Tousen.

Aizen incrociò le mani davanti al volto “Potrebbe essere interessante, stiamo a vedere…”

“Hai un piano, vero?” gli chiese divertito Gin.

Un leggero sorriso gli increspò le labbra “Chissà…” disse evasivo.

 

 

Grimmjow attese di essere a qualche metro di distanza dalla sala prima di sfogarsi, poi, improvvisamente, afferrò Alicia per il collo e la sbattè al muro.

“Che cazzo ti è venuto in mente ah?” ringhiò.

Lei lo guardò freddamente “Tu non eri molto disponibile, così mi sono arrangiata”.

“Non osare mai più mettermi in mezzo, donna!”.

“L’hai voluto tu”.

Lui ringhiò.

“E poi che te ne frega di accompagnarmi? Manco dovessi andare dall’altra parte del mondo!”.

Lui la fissò “A me non fa né caldo né freddo portarti in giro, ma sapevo che Aizen avrebbe detto no, così mi sono risparmiato al fatica” la lasciò andare “Piuttosto, dovresti preoccuparti che ti abbia detto si, vuol dire che ha qualcosa in mente”.

La guardò male “Ti avevo detto che non volevo casini”.

Poi si voltò e si incamminò con le mani in tasca.

Era ovvio che odiasse Aizen, così come Ulquiorra, Nnoitra, Nel e chissà chi altro.

Pensandoci meglio a Grimmjow non stava simpatico nessuno.

<< Che uomo socievole >> pensò.

Poi si mise a correre per raggiungere il ragazzo, già distante.

Camminarono così per un po’.

“Hai intenzione di seguirmi ancora a lungo?” le chiese Grimmjow.

“Si” gli rispose portandoglisi davanti e bloccandogli il passaggio, lui alzò un sopracciglio.

Si mise una mano in tasca estraendone un pacchetto di sigarette, ma Alicia glielo strappò di mano.

“Cazzo fai?” le ringhiò.

“Se vuoi fumare prima vai a raccogliere il mozzicone che hai mollato in camera mia”.

Lui rise “Che c’è, facevi la spazzina nel mondo da cui vieni?”.

“Ah ah, divertente”.

Cercò di riprendersi le sigarette ma lei glielo impedì; lottarono per un po’ ma alla fine lei glielo ridiede.

“Per questa volta ti abbono” gli disse, correndo verso la sua stanza.

Lui sorrise soddisfatto aprendo il pacchetto…vuoto.

“TORNA SUBITO QUI!!!” le urlò inseguendola.

Lei rise, aumentando la velocità per non farsi prendere poi, girato l’angolo, sbattè contro qualcosa finendo a gambe all’aria.

“Ahia….”.

“Cia?”.

Alicia alzò la testa, Halibel le si parava di fronte, una mano tesa per aiutarla a rialzarsi “Tutto bene?” le chiese.

“Si, si, grazie”.

Grimmjow sopraggiunse dopo poco, bloccandosi alla vista di Halibel.

“Ciao Grimmjow” lo salutò.

Lui rispose con un grugnito indefinito.

“Che fate, giocate a rincorrervi?” li prese in giro.

“Sai Grim voleva fare un po’ di moto, così gli sto dando una mano”.

Lui la guardò male.

Halibel rise “Mi raccomando” disse, allontanandosi.

“Ridammi le sigarette” le ordinò, una volta soli.

“Non ci penso nemmeno” lo imitò Alicia.

“Ottima interpretazione, ma ti manca ancora qualcosa” le disse avvicinandosi.

Alicia lo guardò minacciosamente “Se fai un altro passo non le rivedrai più”.

Lui si bloccò.

<< Altro punto debole >> pensò soddisfatta.

Dopo essersi assicurata che non avrebbe fatto alcun passo gliele porse, lui le rimise tutte nel pacchetto, tranne una.

Si abbassò “Ottima scelta” le sussurrò poi, prima di allontanarsi, le soffiò sul collo.

Lei si ritrasse all’istante, lui si accese la sigaretta.

Passando davanti ad una finestra Alicia si soffermò a guardare i fiocchi di neve cadere “Domani uscirò finalmente di qui” pensò “Forse riuscirò a capire qualcosa in più su questo mondo…”.

 

Grimmjow si voltò, chiedendosi perché non avvertisse più i passi della ragazza dietro di sè.

Lei era imbambolata davanti ad una finestra e guardava fuori con aria pensosa.

“Beh? Mo che ti piglia?”.

Lei si riscosse “Nulla” rispose evasiva precedendolo lungo il corridoio e voltandosi poi di scatto, come se si fosse ricordata qualcosa di importante.

“Domani voglio partire presto, quindi regolati” lo ammonì prima di sparire.

Grimmjow incrociò le braccia << Da quando le ho dato il permesso di darmi ordini? >> pensò.

 

 

 

La mattina seguente Alicia si svegliò presto, si vestì in fretta e uscì.

Giunta davanti alla camera col numero sei bussò.

Attese un po’ ma non ottenne risposta.

Accigliata bussò nuovamente, con più forza.

Dopo un po’ sentì la serratura scattare e un arruffato e assonnato Grimmjow le aprì la porta.

Alicia strinse gli occhi “Stavi dormendo vero?” lo accusò.

“Eh? No, ma va…”.

Alicia entrò nella sua stanza.

“Prego fai come se fossi a casa tua” le disse ironico.

“Ti avevo detto che volevo partire presto”.

Lui sbuffò, passandosi una mano tra i capelli che, senza gel, gli sfioravano quasi le spalle “E va bene, dormivo. Che c’è di male? E poi cos’è tutta sta fretta” si lamentò.

Lei lo fulminò.

“Va bene, mi preparo” disse andando in bagno.

Alicia si sedette su una sedia.

Dopo qualche minuto Grimmjow riemerse dal bagno, i capelli ingellati come al solito e la solita espressione beffarda sul volto.

Alicia lo osservò aprire l’armadio e tirarvi fuori i primi vestiti a casaccio, che depositò poi sul letto.

Prima che avesse il tempo di fare alcunché lui iniziò a spogliarsi.

Alicia arrossì “Ehi! Cioè ma almeno aspetta che me ne vada prima di cambiarti!” disse fuggendo dalla stanza.

Lui ridacchiò.

 

 

Uscì dopo qualche minuto dalla stanza, indossava un paio di pantaloni di pelle e una camicia bianca, il mantello sottobraccio.

Si incamminarono in silenzio verso l’uscita.

Alicia guardò il vialetto deserto “Dov’è la carrozza?” chiese rabbrividendo, aveva scordato quanto freddo facesse fuori.

“Pensavi che Tosen si sarebbe scomodato ad accompagnarci?” le disse girando a sinistra.

“Dove vai?” gli chiese arrancando nella neve.

Ma la risposta arrivò dopo poco.

Una costruzione bianca lunga parecchi metri si stagliava davanti a loro, rumore di zoccoli e nitriti sembravano provenire da lì.

“Una scuderia?” chiese sorpresa.

“Dove pensavi che li tenessimo i cavalli? Sugli alberi?”.

“Ma che spiritoso”.

Lui ridacchiò aprendo la porta.

Alicia si ritrovò così a camminare fra quei strani cavalli a sei zampe.

“Di chi sono questi cosi?”.

“Questi “cosi” appartengono agli Espada, ad Aizen e i suoi due gorilla".

“Non vi manca proprio nulla” costatò.

Grimmjow si fermò davanti una grossa stalla, tirò fuori una chiave dalla tasca e aprì.

L’animale che ne uscì era enorme.

“Okay dov’è il mio?” chiese Alicia guardandosi intorno; aveva fatto un po’ di equitazione da piccola quindi era sicura potesse cavarsela.

Lui ridacchiò, il che non era mai una buona cosa.

“Ce l’hai di fronte” disse.

Alicia sbiancò “N-non andiamo su due diversi?”.

Grimmjow la ignorò, iniziando a sellare l’animale che, notando la ragazza, nitrì il suo disappunto.

<< Simpatico come il padrone >> pensò.

Dopo che l’ebbe sellato si voltò verso la ragazza, la prese per i fianchi e la issò in sella, ignorando i suoi urli e i suoi pugni, salendovi poi anche lui con un balzo.

Si girò verso la ragazza “Tieniti” le disse prime di affondare i talloni nei fianchi dell’animale, che partì immediatamente al galoppo.

Alicia urlò poi si strinse con tutte le sue forze al ragazzo.

“Questa te la faccio pagare!” gli urlò mentre sfrecciavano attraverso gli alberi.

 

 

 

 

 

Alicia non sentiva più le braccia da quanto forte le stringeva intorno a Grimmjow.

Improvvisamente l’animale iniziò a rallentare fino a fermarsi in una landa innevata e desolata.

“Ora puoi anche lasciarmi andare. Ma se non vuoi mi va bene lo stesso” le disse ridendo.

Lei si staccò all’istante, guardandosi intorno.

Da quanto poteva ricordare era proprio quello il posto in cui era “caduta”; poteva vedere il limitare della foresta a qualche metro di distanza.

Si guardò a lungo intorno, tanto che Grimmjow pensò fosse svenuta con gli occhi aperti.

“Oih! Ci sei ancora?” le chiese voltandosi.

Lei non gli rispose e saltò giù dalla groppa dell’animale.

“Dove vai?” le chiese, smontando anche lui. “Resta qui tu” disse all’animale dandogli una pacca; quello nitrì.

Alicia si guardava intorno mentre cercava di mantenere un’andatura decente nella neve.

“Ora che lo vedo senza una tormenta di neve, è uguale a quel disegno…”.

“Che disegno?” le chiese Grimmjow, che le camminava dietro senza il minimo sforzo.

“Non c’è un posto più alto?” gli chiese ignorando la sua domanda.

“No”.

“Mmh”.

“Tu hai accesso quando vuoi alla biblioteca, vero?”.

“Mbè?”.

“Mi serve una mappa di questo luogo appena torniamo indietro…però, ora che ci penso, la tua chiave ce l’ha ancora Nel”.

Grimmjow si infilò una mano in tasca estraendone una chiave del tutto simile a  quella che aveva vomi…cioè, sputato Nel.

“Quando te la sei ripresa!?” gli chiese sorpresa.

“Per chi mi hai preso, donna? Mica mi faccio mettere i piedi in testa da una mocciosa io”.

Alicia lo fissava sospettosamente “Non le hai fatto nulla,vero?”.

“Nulla da cui non potrà riprendersi”.

“Cosa le hai fatto?! Sei un mostro, è solo una bambina!” lo sgridò.

“Non ci metterei la mano sul fuoco”.

Lei lo guardò senza capire “Come..?”.

“Comunque, come ci sei finita qui?” gli chiese, cambiando volutamente discorso.

Alicia lo fissò, aveva il sospetto che non fosse farina del suo sacco quella domanda.

“Non mi ricordo” tagliò corto “Stavo lavorando e poi, improvvisamente, puff! Ed ero sommersa in due metri di neve”.

Lui la guardò con sguardo indagatore “Facciamo finta che ti creda”.

<< Bravo fai finta >>.

“Com’è quel mondo?” le chiese con un velo di curiosità.

Alicia si strinse il mantello addosso, iniziava ad aver freddo. “Bah…non è molto diverso da qui, se conti che ci sono quattro stagioni, che i cavalli hanno quattro zampe e che non esistono gli hollow”.

“Che noia”.

“Oh, non preoccuparti le guerre ci sono anche li, così come i teppisti e gli psicopatici”.

Parlando erano arrivati al limitare della foresta; Alicia si guardava intorno come se cercasse qualcosa.

“Eccolo!” disse indicando un albero “Sono inciampata nelle radici di questo albero e, per non cadere, mi sono aggrappata alla sua corteccia, grattuggiandomi una mano” si avvicinò a pochi centimetri dalla corteccia “Si vede ancora la macchia di sangue, anche se poco”.

“Che momento toccante” commentò Grimmjow.

Lei lo fulminò con lo sguardo, prima di girarsi e riprendere a camminare.

“Avevo un freddo pazzesco e molto sonno. Ero convinta che sarei morta tra questi alberi. Sentivo pure i lupi in lontananza. Sapevo che era solo questione di tempo, e invece...” si voltò verso di lui. “A proposito! Cosa ci facevi in mezzo ad una foresta?”.

“Un giro”.

Alzò un sopracciglio “Un giro?”.

“A-ha”.

“Certo”.

“Dove vai? Ci sono tanti alberi ancora!” la sfottè lui.

“Torno al tuo nobile destriero; inizio ad aver freddo e tra un po’ ricomincerà a nevicare quindi voglio essere al caldo e al chiuso il prima possibile”.

Grimmjow alzò lo sguardo al cielo, annusando l’aria. << Ha ragione >> costatò “Come hai fatto?” le chiese curioso.

Lei alzò le spalle “Sono sempre stata brava a capire che tempo farà… piuttosto, potresti aiutarmi a salire su questo gigante?”.

Lui ridacchiò raggiungendola “Certamente” disse, caricandosela in spalla come un sacco di patate.

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Capitolo 13
*** Il prode cavaliere Grimmjow ***


 

Alicia si stringeva a Grimmjow, la testa appoggiata sulla sua schiena pensosa.

Voleva trovare assolutamente quel libro o, almeno, ricordarsi quello stramaledetto simbolo, ma, per quanto si sforzasse, non ci riusciva.

<< A che diavolo mi serve una memoria fotografica se non riesco a ricordarmi una cosa simile?! >> pensò imbronciata.

Si guardò intorno.

Benché il suo livello di orientamento fosse prossimo allo zero, capì che non stavano tornando verso Las Noches.

“Dove stiamo andando?” chiese.

“In un posto. Dato che siamo fuori voglio approfittarne”.

“Se hai intenzione di rapirmi per rinchiudermi in un bunker sappi che non ci riuscirai. Mi basta già Las Noches”.

Lui rise.

All’improvviso un centro abitato comparve all’orizzonte.

Grimmjow si infilò il cappuccio.

Entrarono nella città dopo pochi minuti, rallentando l’andatura per non investire i passanti.

Era una città piuttosto caotica, le vie erano affollate di persone, di negozi e di bancarelle; i mercanti urlavano incitando i passanti a comprare.

Grimmjow si fermò davanti ad un negozio e smontò da cavallo, aiutandola a fare lo stesso.

“Stammi vicino e lascia parlare me” l’ammonì.

Alicia guardò il negozio davanti il quale si erano fermati: sembrava una specie di tabaccaio.

Entrarono.

Un ragazzo sui diciassette anni con cepelli biondi a caschetto stava seduto con i piedi appoggiati sul bancone, leggendo una rivista.

Sentendo aprirsi la porta si voltò, chiudendo la rivista.

Riconoscendo il cliente sorrise “Yo Grim! Venuto a rifornirti?” chiese salutandolo.

Solo allora notò Alicia.

“Oh! Buongiorno signorina! Che ci fa in giro con un bruto come lui?”.

Alicia notò che aveva un piercing sulla lingua.

“Dammi le sigarette e non rompere le palle, Hirako”.

“Sempre il solito amichevole Grim eh? E poi quante volte ti ho detto di chiamarmi Shinji?” brontolò iniziando a ravanare nelle mensole alle sue spalle.

“Allora come ti butta?” chiese.

Grimmjow si tolse il cappuccio “Il solito, mi hanno affibbiato la custodia di questa ragazzina” disse indicandola.

Shinji si voltò, cinque pacchetti di sigarette nelle mani, che posò sul bancone.

“Ah che invidia! Sempre gli incarichi migliori ti danno!”.

Lui alzò le spalle.

 “SHIIIIIIIINJIIIIIII!!!!” urlò una voce dal retrobottega; dopo poco una ragazzina con codini biondi fece la sua apparizione.

Si avvicinò al ragazzo e lo colpì con una ciabatta in testa “Sbaglio o ti avevo detto di riordinare il magazzino?!” .

“E non rompere! Ti ho detto che dopo lo faccio! Stavo salutando Grim” le rispose massaggiandosi la testa.

“Grim?” chiese, notando solo in quel momento i due clienti.

“Ciao Hiyori, sempre femminile eh?” la salutò Grimmjow.

“Oh ma guarda, c’è capelli blu! Sei tornato a rompere le palle? Era un po’ che non ti si vedeva in giro”.

Fissò Alicia “E lei? E’ la tua ragazza?”.

“No!” risposero all’unisono.

Hiyori ghignò “Se vuoi posso darti anche questi” gli disse lanciandogli un pacchetto, che Grimmjow prese al volo.

Era blu e la scritta “Condom” svettava fiera.

Ridacchiò poi, glielo rilanciò “Dalli a tuo fratello piuttosto, magari e la volta buona che si trova una donna”.

Risero entrambi i gusto.

Shinji invece assunse un’aria imbronciata.

Alicia fissò Grimmjow come se fosse un alieno; era la prima volta che lo vedeva ridere davvero, e con qualcuno per di più!

“Comunque ora me ne vado” disse mollando qualche moneta sul bancone e intascandosi i pacchetti.

“Ciao, torna presto” lo salutarono con la mano i due.

“Allora anche tu hai degli amici!” esclamò sorpresa Alicia.

Lui la ignorò, accendendosi una sigaretta.

“Se te le fumi tutte subito non ti dureranno a lungo”.

“Ne ho altre, non preoccuparti” le disse.

Alicia si immaginò una stanza segreta, nascosta dietro l’armadio del ragazzo, strapiena di sigarette e rise da sola del suo assurdo filmino mentale.

Pensava che sarebbero tornati indietro, invece Grimmjow si incamminò per le vie affollate.

“Non torniamo indietro?” gli chiese.

Lui sbuffò “Non puoi goderti il giretto e basta?”.

Alicia dedicò la sua attenzione alle vetrine piene di oggetti e cibi che non aveva mai visto.

Come un bambino che, per la prima volta, viene portato al luna park e, stupito da tutto quel ben di dio, inizia a correre di qua e di là per vedere tutto; così si aggirava Alicia tra una vetrina e un’altra.

Un negozio di tessuti dai mille colori attirò la sua attenzione.

“Allora non esiste solo il bianco in questo mondo!” scherzò, voltandosi verso Grimmjow.

Ma il ragazzo non c’era più, da nessuna parte.

“Grimmjow?” chiamò.

Nessuna risposta.

“Grimmjow?” ripetè più forte, iniziando ad addentrarsi tra la folla.

Dopo che ebbe vagato a lungo finì per perdersi, finendo in una zona non molto bella.

Cercando di tornare indietro imboccò un vicolo cieco.

“Perfetto” si disse, voltandosi per tornare indietro.

Ma si bloccò, tre uomini le bloccavano il passaggio.

Puzzavano di alcool e reggevano delle bottiglie vuote.

<< Sono ubriachi >> pensò.

Uno dei tre avanzò malfermo sulle gambe “Cosha ci fa una ragazza tutta sola in giro?”.

Alicia indietreggiò “Non saprei, voi invece?”.

Risero.

Alicia era pronta, se si fossero avvicinati li avrebbe affrontati.

Contro uno come Grimmjow non aveva speranze, ma contro tre uomini ubriachi le sue poche lezioni di karate potevano essere utili.

Quello che aveva parlato le si scagliò contro, ridendo.

Alicia scattò.

Lo schivò poi, con una mezza giravolta, si girò e lo colpì con tutta la sua forza dietro al collo, sul cervelletto.

Quello si accasciò in terra svenuto.

Gli altri due sgranarono gli occhi.

Alicia si rimise in posizione.

“Ashi eh? Vediamo come te la cavi adesso, bambola” disse un altro, tirando fuori un coltello.

Alicia ebbe un brivido.

Le si scagliarono addosso, insieme.

Riuscì a tenerli a bada per qualche minuto, ma poi, la superiorità numerica ebbe la meglio.

Quello disarmato la sbatté per terra, bloccandola.

L’altro si inginocchiò “Vedi di fare la brava” le disse, passandole di piatto la lama fredda sulla pelle. “Non vorrei proprio rovinare questo tuo bel faccino” disse.

Alicia gli sputò in un occhio.

Quello le rifilò un sonoro ceffone “Sbagliato” disse.

Fece un cenno all’altro, che serrò la presa.

Quello col coltello si portò le mani ai pantaloni.

Alicia sbiancò.

Ma l’uomo non fece in tempo a mettere in pratica il suo piano perché fu letteralmente scaraventato contro il muro al fondo del vicolo.

Alicia e l’uomo che la bloccava si voltarono di scatto: Grimmjow era in piedi, immobile, la faccia contratta in un’espressione furiosa.

Guardò dapprima la ragazza poi l’uomo che ancora la teneva, che vedendo la stazza del nemico era sbiancato.

Si alzò in piedi e si scagliò, urlando, verso Grimmjow.

Questi gli rifilò un pugno sullo sterno, Alicia sentì il rumore di ossa rotte, dopodiché gli afferrò la testa e gliela sbatté contro il muro, facendogli perdere i sensi.

Alicia non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse accadendo che Grimmjow l’aveva già afferrata per un braccio e aveva iniziato a trascinarsela dietro.

Quando giunsero al cavallo, ancora legato davanti al negozio di Shinji, lui si voltò.

Era furioso “COME TI E’ VENUTO IN MENTE DI METTERTI A GIRONZOLARE DA SOLA?!!?!” urlò, facendo voltare parecchi passanti.

Lei abbassò lo sguardo “S-scusa” biascicò.

Lui la fissò furioso ma, si calmò in parte notando che stava tremando.

Si passò una mano nei capelli per calmarsi “Porca puttana donna! Mi farai uscire scemo uno di questi giorni!” si lamentò.

Si voltò, iniziando a sciogliere le briglie del cavallo.

Lei lo afferrò per il mantello, facendolo voltare.

“Beh?” le chiese.

Lei lo abbracciò “Grazie” gli sussurrò.

Grimmjow cercò di allontanarla “E-ehi mollami!” le disse autoritario.

Un gruppo di ragazzine che passavano di là ridacchiarono additandoli.

“Mollami!” le ordinò.

Lei si staccò.

Grimmjow si ricompose “Mica l’ho fatto per te!” disse.

Poi, guardandola con il suo solito sorrisetto “E poi l’unico che può metterti le mani addosso sono io”.

Lei lo fulminò con lo sguardo, ma sorrideva, seppur lievemente.

“Credici” gli disse, salendo con fatica in groppa.

Grimmjow sospirò prima di seguirla anche lui.

Mentre tornavano indietro Alicia si stringeva forte a lui.

 

 

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Capitolo 14
*** Non è mai una cosa buona baciare un maniaco ***


Aizen camminava lungo il corridoio del piano inferiore, diretto al laboratorio di Aporro.

Giunto davanti alla porta bussò ed entrò.

Aporro gli dava le spalle, intento a scrivere velocemente sulla tastiera di un macchinario simile ad un computer.

“Ti stavo aspettando” lo salutò, voltandosi.

Il laboratorio era diviso in due parti: la prima, dove si trovava Aporro, era strapiena di apparecchiature elettroniche e scaffali pieni di volumi e raccoglitori; la seconda, invece, sembrava un laboratorio di chimica da quanto pieno era di provette, barattoli e contenitori riempiti da liquidi di vari colori e consistenze.

Aizen gli si avvicinò “Mandami il video” ordinò.

“Subito” gli rispose l’altro, armeggiando sulla tastiera.

“Non è stato facile recuperare questo video. Le registrazioni vengono cancellate ogni mese per motivi di privacy” disse, poi, schiacciando un tasto fece partire un video.

La camera d’ospedale di Alicia apparve sul monitor.

Lei stava seduta sul letto, due uomini erano di spalle rispetto alla telecamera.

“Cosa ci fa qui, se posso chiederglielo?” stava chiedendo Aizen.

“Mi piacerebbe saperlo” aveva risposto Alicia.

“Vuole dire che non ricorda come è finita qui?”.

“L’ultima cosa che ricordo è che stavo riordinando il magazzino di una libreria e, un secondo dopo, sprofondavo in due metri di neve sotto una tormenta”.

Aporro stoppò il video.

“Non capisco perché hai voluto che recuperassi questa registrazione. Dubito che non ti ricordassi di quel colloquio”.

“Infatti lo ricordavo molto bene. Ma ritengo che riascoltare le cose faccia bene, non credi? E poi, le cose raccontate non rendono come quelle udite di persona”.

Aporro lo guardò “Volevi che riuscissi a capire qualcosa dal video guardandolo personalmente, vero?” chiese, tornando a digitare sulla tastiera.

“Dalle analisi ho scoperto che, in base al suo accento e ai suoi tratti somatici è ovvio che non sia di questo mondo, come sapevamo già. Probabilmente è originaria della Terra ed è giunta qui attraverso il portale” si voltò “Questo significa che anche lui si trova sulla terra. Spiegherebbe perché non siamo riusciti a trovarlo in tutti questi anni”.

Aizen incrociò le braccia “Già. Era convinto che fuggendo in un posto in cui non avremmo potuto seguirlo lui e le sue ricerche sarebbero state al sicuro”.

Aporro si aggiustò gli occhiali sul naso “Non capisco perché sia apparsa proprio nel bel mezzo del nulla anziché nelle vicinanze di un centro abitato”.

“Tutti commettono errori” disse Aizen.

“Lui non avrebbe mai fatto un errore del genere”.

Aizen si voltò verso il suo interlocutore “Il fatto stesso che lei sia qui ne è la dimostrazione” gli rispose, incamminandosi poi verso la porta.

“Se solo avessimo delle informazioni più precise!” si lamentò Aporro.

Aizen si fermò un attimo, la mano sulla maniglia, e si voltò. Le lenti degli occhiali accese dal riverbero della luce gli diedero un aria sinistra “Le avremo presto” disse, poi si voltò ed uscì.

Aporro si tolse gli occhiali << Sarebbe ora che cantasse >> pensò.

 

 

 

 

 

 

Alicia e Grimmjow camminavano in silenzio, uno affianco all’altra, diretti alle rispettive stanze.

“Vorrei sapere una cosa” ruppe il silenzio Grimmjow.

“Cosa?”.

“Come diavolo fai ad attirare guai e casini come una calamita?”.

Alicia brontolò qualcosa di inarticolato.

“Comunque sono sorpreso, sei riuscita a stenderne uno” continuò.

“Uno su tre e pure ubriaco. Che bella soddisfazione!”.

Grimmjow si mise le mani in tasca “Non ti sta mai bene niente, ah?”.

“No” rispose secca.

La verità è che si sentiva frustrata.

Nemmeno contro un trio di ubriachi riusciva ad avere la meglio?

Lui fissò la sua espressione imbronciata “Per la cronaca, siamo a quattro favori adesso” disse con un sorrisetto malizioso.

Lei lo guardò male “Non erano tre?”.

Lui fece di no con l’indice “Il mio eroico salvataggio ne vale un altro”.

“Sei peggio di un usuraio. Ma poi che te ne frega di contarli? Non lo sai che è buona educazione non chiedere contraccambi dei favori? Dovresti farli per bontà, non per tornaconto” lo guardò “Ma sto parlando con un gattone di due metri semipalestrato quindi dovrei sapere che tutto ciò non vale per te” scherzò.

“Per tua informazione, donna, sono una pantera” le sibilò.

Lei lo fissò “Dimmi Grim le pantere cosa sono? Felini. I gatti cosa sono? Felini. Quindi tu per me sei e rimarrai un gattone” disse con finto tono serio.

“Fa come ti pare. Comunque siamo sempre a quattro, non sperare in sconti” le disse sorridendo malizioso.

Lei lo guardò con gli occhi stretti e uno sguardo valutatore.

“Grimmjow” lo chiamò, facendogli segno con l’indice di avvicinarsi.

Lui si piegò all’altezza della ragazza “Che vuoi adesso?” si lamentò.

Lei si sporse in avanti e lo baciò!

Grimmjow sgranò gli occhi, colto del tutto di sorpresa.

Ora siamo di nuovo a tre” gli disse, prima di dribblarlo e correre via, verso la sua stanza.

Grimmjow rimase piegato in avanti per qualche secondo; tanto che, se qualcuno l’avesse visto, avrebbe sicuramente pensato gli fosse venuto il colpo della strega.

 

 

 

 

Alicia si appoggiò alla porta della sua stanza e si lasciò cadere sul pavimento.

Il cuore sembrava volerle uscire dal petto da quanto forte batteva.

Si portò le ginocchia al petto e se le strinse, cercando di calmarsi.

Rimase in quella posizione per parecchi minuti.

Era turbata.

L’aveva baciato solo per sfida, per il semplice motivo di spiazzarlo, a mo di vendetta per tutte le volte che l’aveva fatto lui.

E invece…

<< E invece un tubo >> pensò decisa.

Non immaginava di certo che le sue labbra fossero così morbide o calde.

<< Mi sembri deficiente >> si disse.

<< Hai avuto dei ragazzi in passato, non dovrebbe essere così sconvolgente per te averne baciato uno solo per avere l’ultima parola >>.

Si alzò di scatto “E’ tutta colpa sua. Mi sta facendo diventare come lui!” sbraitò, gettandosi sul letto.

 

 

 

 

Grimmjow era sul terrazzo, un cimitero di sigarette al suoi piedi, una accesa tra le labbra.

“Non starai esagerando?” gli chiese una voce bassa alle sue spalle.

Si voltò, Stark era appoggiato alla porta.

“Non rompere” gli rispose sgarbato.

“Sempre gentile eh? Comunque, come va con quella ragazza?” gli chiese.

Grimmjow cambiò posizione “E’ una gran scocciatura” rispose.

“Senti Nnoitra e Yammy mi hanno mandato a cercarti. Vorrebbero andare a fare un giro giù in paese e vorrebbero che andassi con loro”.

Grimmjow gettò il mozzicone in terra “Massì. Non ho nulla da fare tanto”.

“Bene, ti aspettano alle scuderie” gli disse.

“Tu non vieni?”.

Lui sbadigliò prima di rispondere “No, no non mi va per niente, divertitevi anche per me”.

Stark era l’unico che stesse un po’ simpatico a Grimmjow perché non rompeva le balle a nessuno e si faceva gli affari suoi.

“Allora ci si vede” lo salutò sorpassandolo.

 

 

 

 

 

Alicia aveva sonnecchiato per un po’ sul letto poi, stufa, si era alzata ed era uscita per camminare un po’ per Las Noches senza una meta precisa.

Guardò fuori da una finestra: si stava facendo buio.

Sbadigliò annoiata.

<< La mia anima per un computer, un mp3, una televisione! >> pensò.

Delle voci provenienti dall’entrata attirarono la sua attenzione.

Si diresse verso quel suono, curiosa.

Yammy e Nnoitra stavano parlando animatamente, malfermi sulle gambe, seguiti da un annoiato e irritato Grimmjow.

Notando la ragazza le si avvicinò, contento di allontanarsi da quei due.

Alicia notò che puzzava di fumo più del solito.

“Ti sei divertito?” lo provocò.

Lui la guardò male “Andiamo” le disse incamminandosi verso gli alloggi.

“Ti ricordo che mi devi ancora una mappa” gli ricordò.

“Che rottura di palle che sei, donna” le rispose di malo modo.

<< Okay è di malumore >> pensò.

Camminarono per un po’ in silenzio fino ad arrivare davanti la stanza di Grimmjow.

“Fammi capire” intervenne “Le attività principali di voi Espada sono perdere tempo e bighellonare in giro?”.

Lui non le rispose ma aprì la porta con un calcio.

“Se non hai niente di meglio da fare che tormentarmi perché non entri? Qualcosa da fare la troviamo” le disse malizioso.

Lei lo guardò freddamente “Mi annoio in questo posto, ma non mi interessa il tuo modo di divertirsi” gli rispose acida.

Lui sbuffò poi estrasse un pacco da sotto il mantello e glielo lanciò.

“Tieni così non romperai più le palle che hai freddo e tutto il resto”.

Alicia lo aprì estraendone un paio di pantaloni di pelle.

“Grazie, spero non conti come favore”.

“No, ma mi devi dei soldi” le disse.

“Mi sembrava un gesto troppo gentile”.

Lui ridacchiò “Allora entri o devo reggere la porta in eterno?”.

“Poi sono io che rompo le palle” gli rispose, entrando.

Per un istante si chiese perché avesse accettato di entrare.

“Beh? Non te li provi?” le chiese Grimmjow indicando il pacco.

Alicia fissò il regalo “Quando sarò in camera mia volentieri”.

Lui fece un’espressione un po’ delusa poi aggiunse “Ah, mi devi anche una maglia”.

Lei alzò gli occhi al cielo “E’ appena un mese che sono qui è gia sono piena di debiti!” scherzò.

Lui, che fino a quel momento era stato seduto a gambe larghe sul bordo del letto, si alzò.

“Se vuoi puoi sempre estinguerli” le disse malizioso, avvicinandosi.

Il cuore le accelerò i battiti.

“No, grazie sto benissimo così” gli rispose.

Lui la fissava “Peccato, speravo nel bis” disse in finto tono innocente.

Alicia arrossì.

“N-non montarti la testa! Non l’ho fatto per farti piacere!” precisò.

“E allora per cosa?”.

Alicia non rispose.

Non sapeva nemmeno lei perché l’aveva fatto.

Lui allungò una mano e chiuse a chiave la porta, mettendosi la chiave in tasca.

“Apri immediatamente” gli ordinò.

Lui si limitò a guardarla sorridendo, senza darle ascolto.

“Sennò? Mi stendi come quel tipo?” la provocò.

Nessuna risposta.

Lui appoggiò un braccio al muro, piegandosi per raggiungere il viso della ragazza.

“Allora?”.

“Apri” ribadì.

“Convincimi a farlo”.

Lei strinse gli occhi.

“Non ci penso nemmeno, ho un pacco e non ho paura di usarlo”disse.

Grimmjow ridacchiò; si mise una mano in tasca e ne estrasse la chiave, come se volesse davvero darla alla ragazza.

Alicia allungò una mano “ Bravo, dammela” disse.

Ma lui se la infilò nei pantaloni.

“Prendila tu se proprio ci tieni” le disse ridendo.

Alicia arrossì “Non metterò mai le mani lì. Tirala fuori subito!”.

“Ah-ah” le disse scuotendo la testa.

Alicia era sempre più nervosa.

<< Perché deve essere sempre così provocante?! >> si lamentò mentalmente.

Poi accorgendosi di cosa avesse appena pensato << Cioè, nel senso che mi provoca l’incazzatura >>  si corresse.

Approfittando del fatto che avesse la testa tra le nuvole, le saltò addosso.

Il pacco cadde in terra con un “tonf”.

Le avvinghiò le braccia intorno ai fianchi e iniziò a leccarle il collo.

Lei cercò di allontanarlo da se con le braccia, strattonandogli la camicia nel tentativo.

“Se vuoi togliermela fai pure” le sussurrò.

Lei arrossì ancora di più “Perché devi sempre pensare male?!” sbraitò.

Lui ridacchiò.

Poi, lentamente iniziò a salire verso il suo viso.

Seguì il contorno della sua mascella con le labbra.

Una mano salì ai capelli.

La fissò per qualche secondo.

Poi le mordicchiò il labbro inferiore.

Alicia si irrigidì.

Poteva sentire il suo respiro caldo inondarle la faccia.

Lui seguì il contorno delle labbra con la lingua poi, fece aderire le labbra alle sue.

La testa di Alicia si svuotò improvvisamente.

Lui la stava baciando.

Alicia tentò una debole resistenza, ma senza molta convinzione.

La verità è che non le dispiaceva.

Non molto almeno.

Anzi, non le dispiaceva affatto.

Senza accorgersene si ritrovò a collaborare con quelle labbra morbide e con quella lingua calda.

Le mani del ragazzo le si strinsero di nuovo intorno ai fianchi, più strette.

Lei gli arpionò la camicia.

Anzi, gliela stava sbottonando.

Benché una vocina la richiamasse alla ragione, ricordandole che quello che stava baciando( e cercando di spogliare) era Grimmjow, lei non si fermò.

I due erano ormai assorti in una guerra di apnea.

Alicia, sbottonata ormai del tutto la camicia, fece correre le mani lungo il suo petto, seguendo la cicatrice.

Avvertì i muscoli del ragazzo contrarsi al contatto.

Una mano le scese sul fondoschiena.

Lei gli pizzicò il petto e la mano tornò al suo posto.

Poté avvertire un lieve sorriso divertito sulle labbra del ragazzo.

Poi, improvvisamente, Grimmjow si staccò dalle sue labbra.

Lei riaprì gli occhi.

Lui la stava fissando.

“Vuoi ancora andartene?” la provocò, leccandosi le labbra.

Dovette usare tutto il suo autocontrollo (e il suo buonsenso) per non saltargli addosso.

Si impose di ragionare, più che alla sua mente al suo corpo che sembrava impazzito.

“Si” gli disse nel tono più naturale e calmo che trovò.

Lui si tolse la camicia, ormai già sbottonata.

“Grazie mi hai risparmiato la fatica di sbottonarla” le disse malizioso.

Lei si appiccicò ancora di più contro la porta.

Il suo cervello le urlava di allontanarsi da lì.

<< E come faccio? Mi butto dalla finestra?! >> pensò irritata.

Lui tornò all’attacco, iniziando a strusciarglisi addosso.

<< Come mi riprendo la chiave senza togliergli quei cavolo di pantaloni? >> pensò disperata.

Lui intanto aveva amabilmente posato le mani sulle sue cosce e saliva, alzandole il vestito.

“F-fermo” provò a fermarlo.

Ma ormai era tutto inutile.

Le infilò le mani sotto il vestito, iniziando ad accarezzarle la schiena.

<< Devo costringerlo a toglierseli da solo, ma ho paura al solo pensiero >> pensò.

Poi, improvvisamente, la afferrò per i fianchi e se la caricò in spalle.

Alicia urlò.

Lui la scaricò sul letto e le si mise sopra, incollando le labbra alle sue e iniziando a baciarla con foga.

La lingua che cercava la sua, avida.

Alicia gli strinse le braccia intorno al collo.

Lui stava ancora cercando di spogliarla.

Alicia a malincuore, anche se non del tutto, lo lasciò fare.

Era di nuovo in reggiseno.

Lui iniziò a baciarle la scollatura.

Alicia ebbe un gemito.

Portò le mani al limitare dei pantaloni del ragazzo e, con presa malferma, cercò di sbottonarglieli.

Grimmjow si bloccò un attimo e la guardò.

Le allontanò la mano dai suoi pantaloni e infilò la sua.

Alicia si bloccò all’istante << Cosa…? >> si chiese.

“Cercavi questa per caso?” le chiese, la chiave della porta chiusa nel palmo della mano.

Alicia lo guardò con sguardo di sfida “Effettivamente si” gli rispose.

Lui ridacchiò “Illudere così un povero ragazzo, che donna crudele” disse in finto tono scandalizzato.

“Cercare di stuprare una ragazza invece è da gentiluomini” rispose acida, approfittando della pausa per rivestirsi.

Lui rise, sedendosi sul letto.

“Se la rivuoi devi meritarlo” le disse.

Lei lo guardò male.

“Si chiama ricatto lo sai?”.

“Sbagliato, si chiama divertirsi”.

Alicia lo guardò: era lievemente sudato, i capelli un po’ spettinati, il respiro lievemente accelerato.

Grimmjow si sedette meglio sul letto, appoggiando i gomiti sul materasso, le gambe lievemente divaricate.

“Su, vieni a guadagnarti la tua chiave” le disse.

“Sei un pervertito” lo accusò tirandogli un cuscino.

Lui rise “Avanti fammi vedere di cosa sei capace” la provocò.

Si stava divertendo un mondo. Lui.

Alicia si passò una mano tra i capelli e gli si avvicinò gattonando.

Lui la guardava.

Gli accarezzò una guancia con un dito, scendendo lungo il collo, il petto, e fermandosi al limitare dei pantaloni.

Grimmjow si irrigidì lievemente.

Ripercorse lo stesso tragitto al contrario e gli cinse il collo con le braccia, una mano che gli accarezzava i capelli.

I suoi occhi blu cobalto erano fissi nei suoi.

“Perché non puoi semplicemente darmela e basta?” gli chiese.

“Che divertimento ci sarebbe sennò?”.

Si trattenne a stento dallo strappargli i capelli.

La chiave giaceva ancora al sicuro nel pugno del ragazzo.

Non aveva alcuna voglia di fare il suo gioco, doveva trovare un rimedio per quella situazione al più presto.

Distolse lo sguardo da quegli occhi blu che sembravano aspirarla.

L’occhio le cadde sulla porta del bagno.

Un’idea le fulminò il cervello.

<< Come ho fatto a non pensarci prima! >> si rimproverò.

L’unico problema era Grimmjow.

Come avrebbe fatto a distrarlo?

Ce l’avrebbe fatta o come al solito lui l’avrebbe ripresa subito?

Doveva giocarsi il tutto per tutto, era la sua unica possibilità.

Alicia portò entrambe le mani sul suo petto e iniziò a seguire il contorno dei capezzoli del ragazzo.

Grimmjow emise un suono roco e le arpionò i fianchi con le braccia, stringendola a sé.

Alicia portò le mani sulla sua schiena e iniziò a fargli dei grattini.

Si allungò fino a raggiungere il collo del ragazzo, sul quale iniziò a passare le labbra, lentamente, dal basso verso l’alto.

Poi, quando fu sicura che Grimmjow fosse cotto a puntino, si bloccò, allontanandosi dal ragazzo.

Grimmjow la guardò confuso con uno sguardo leggermente liquido.

“Devo andare in bagno” mentì, gli passò una mano sui pantaloni “Torno subito” disse nel tono più sensuale che trovò.

Grimmjow la lasciò andare “Se non ti muovi ti vengo a prendere io” la minacciò.

Alicia scese dal letto ed entrò nel bagno.

Si chiuse la porta dietro, ma non a chiave.

<< Fai che funzioni >> pregò, estraendo il più lentamente possibile la chiave dalla toppa e nascondendosela nella manica del vestito.

Si era ricordata che le serrature delle stanze e dei bagni erano le stesse.

Si guardò riflessa nello specchio << Forza Alicia >> si fece forza << Se non ci riesci è la volta buona che ti stupra davvero >> .

Tirò lo sciacquone giusto per rendere più veritiera la sua messa in scena ed uscì.

Grimmjow era seduto sul letto e la guardava sorridendo.

“Fatto?” la prese in giro.

Lei fece segno di “okay” con la mano.

Guardò la porta d’ingresso, il pacco rovesciato in terra.

Si avvicinò alla porta.

“Dove vai?” le chiese Grimmjow.

Era tranquillo, convinto che lei fosse in trappola.

“Mi da fastidio vedere quei poveri pantaloni abbandonati in terra” disse.

Lui ridacchiò “Non è dei pantaloni che dovresti preoccuparti” le disse malizioso.

<< Lo so benissimo >> pensò, piegandosi a raccogliere il pacco.

Grimmjow si stiracchiò sul letto, chiudendo gli occhi.

Alicia scattò: era il momento.

Infilò la chiave nella toppa , aprì la porta ed uscì di corsa.

“Ehi?!” sentì urlare Grimmjow dietro di lui.

Corse con quanto fiato aveva in corpo, ma non verso la sua stanza, sapeva che non sarebbe stata al sicuro.

Imboccò il corridoio che voleva, pregando che lui non la stesse seguendo, ed entrò nella stanza di Nel, chiudendosi a chiave dentro.

“Alitzya?” le chiese una Nel con gli occhi sgranati.

“Scusa Nel se ti ho spaventata, posso rimanere qua con te per un po’?” le chiese col fiatone.

“Che bello fai compagnia a Nel!” disse tutta contenta.

Alicia stramazzò al suolo.

“Ztai bene?” le chiese Nel.

“Si si, sto giocando a nascondino e non devo essere trovata” le mentì.

“Allora sei al sicuro, Nel non dirà a nessuno che sei qui!” le disse in tono fiero.

<< Grazie al cielo >> pensò.

 

 

 

 

 

 

 

Grimmjow richiuse la porta della stanza (vuota) di Alicia.

“Dove diavolo si è cacciata?” si chiese guardandosi intorno.

L’aveva fregato e lui c’era cascato.

Come aveva fatto a non pensare alla chiave del bagno?

Grimmjow ridacchiò.

Era sempre più divertente tormentare quella donna.

“E va bene giochiamo a nascondino” disse con un sorrisetto sulle labbra.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alicia rimase per tutto il resto della giornata nella camera di Nel a guardare la bambina giocare.

Improvvisamente qualcuno bussò alla porta.

Il cuore le mancò un colpo.

Si alzò di scatto, terrorizzata.

Guardò Nel.

“In bagno!” le bisbigliò la bambina.

Alicia si rinchiuse nel bagno, i battiti a mille.

Non si sentiva al sicuro, cosa voleva che fosse per Grimmjow una porta?

Sentì Nel aprire la porta e smise di respirare per non fare alcun rumore.

“Ciao Nel” la salutò una voce monotona.

<< Ulquiorra! >> pensò con sollievo, tornando a respirare.

“Ciao mortino!” lo saluto quella.

“Ti cercava Aporro”.

“Arrivo” disse uscendo.

Alicia sentì la porta chiudersi.

Era rimasta sola.

Aspettò ancora qualche minuto prima di uscire.

Si guardò intorno poi si sedette sul letto, portandosi le mani alla testa << Sono nei guai >> pensò.

 

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Capitolo 15
*** Una biblioteca per due ***


Prima che le vostre menti si concentrino sul capitolo che, avviso, è molto porco, vorrei prima di tutto fare alcuni ringraziamenti:

innanzitutto a tutti coloro che hanno letto, commentato e inserito nelle seguite o nelle preferite questa fanfic.

a voi tutte dico un grosso grazie, spero che continuerete a seguire questa storia ^^

grazie ancora, bye bye!

 

 

 

 

 

 

 

Grimmjow sbuffò spazientito.

Aveva cercato Alicia in tutti i posti dove era solita andare e non era riuscito a trovarla da nessuna parte.

Decise di tornare alla sua stanza per vestirsi, non voleva che qualcuno gli rompesse le balle perché andava in giro a torso nudo.

Salì le scale fino al piano superiore ma qui si bloccò, trovandosi di fronte Ulquiorra e Nel.

“Ehi mocciosa” la salutò, ignorando volutamente l’altro espada.

“Ciao Gimgio!” lo salutò felice.

Ulquiorra lo fissava apatico come al solito.

“Cosa ci fai in giro per il palazzo? Non dovresti occuparti di quella femmina?” gli chiese.

Grimmjow lo guardò male.

“Vedo che continuano ad usarti come messaggero”.

“Almeno io eseguo gli ordini che mi vengono dati. Ti ricordo che il motivo per cui ti è stata affidata quella femmina è perché la facessi parlare”.

Lo fissò con i suoi occhi verdi “Aizen-sama si sta spazientendo”.

Grimmjow frustò l’aria con la coda “Di cosa fa Aizen-sama non me ne frega un cazzo” rispose secco, guardandolo dall’alto della sua statura.

Si guardarono per qualche secondo.

Poi Ulquiorra lo sorpassò e si allontanò senza degnarlo di uno sguardo.

Grimmjow sputò per terra “Tsk, lecchino di merda!” ringhiò.

Nel si spostò scandalizzata “Ohi non si sputa per terra!” lo sgridò.

Grimmjow la fissò, ricordandosi solo in quel momento della sua presenza.

Si abbassò fino a posare un ginocchio in terra per essere all’altezza della bambina e le posò una mano sulla testa.

“Bene mocciosa, sarò breve: dov’è Alicia?” le chiese.

“Non mi chiamo mocciosa ma Nel e non tzo dov’è Alitzya” disse, incrociando le braccia.

Grimmjow serrò la presa sulla sua testa “Avanti mocciosa, non ho tempo da perdere” la ammonì.

Ma Nel non gli rispose, poi, con tutta la sua forza gli pestò la coda.

Grimmjow schizzò in piedi con un lamento simile ad un ruggito.

Nel ne approfittò per scappare “Nel tza mantenere i tzegreti!” gli urlò dietro, facendogli la linguaccia.

 

 

 

 

 

Alicia alzò la testa di scatto.

<< Che diavolo era quel suono?! >> si chiese << Bah…Mi sembrano tutti scemi in questo posto >>  pensò tornando alla posizione di poco prima.

 

 

 

 

 

 

Grimmjow era appoggiato al muro, la coda tra le mani, le lacrime agli occhi.

<< L’ammazzo! Giuro che se me la ritrovo davanti le svito quella testolina, cazzo! >> pensò furioso.

Rimase in quella posizione per parecchi minuti, fino a quando il dolore non fu passato completamente.

Appena si fu ripreso si diresse verso la stanza di Nel << Vedrai che bella sorpresa quando torni, mocciosa >> pensò, scrocchiandosi i pugni.

 

 

 

 

 

 

Alicia si alzò dal letto, non ce la faceva più a stare rinchiusa in quella stanza, voleva uscire, anche se non sapeva dove andare.

Non voleva tornare nella sua stanza.

Ma forse, dopo tutto quel tempo Grimmjow si era stufato e aveva smesso di cercarla.

Aprì la porta ma si bloccò trovandosi di fronte nientemeno che Grimmjow.

Lui la guardò sorpreso per un millisecondo poi il solito sorriso tornò a increspargli le labbra.

“Ma guarda chi abbiamo qui!” disse ghignando.

Alicia indietreggiò guardandosi intorno in cerca di una qualunque cosa che potesse essere usata come arma, ma la stanza era piena solo di inutili cianfrusaglie.

Grimmjow si appoggiò alla porta “Che c’è, non sei felice di vedermi?” le chiese divertito.

Alicia si rassegnò alla speranza di trovare un’arma e lo guardò negli occhi “Come due dita in un occhio” rispose.

Lui rise.

“Piantarmi in asso così, che donna senza cuore” la prese in giro.

“Adesso siamo pari” rispose d’istinto.

Grimmjow alzò un sopracciglio.

Alicia si accorse cosa avesse appena detto e arrossì “C-cioè i-intendevo” cercò di rimediare, ma riuscì solo a balbettare cose senza senso.

“Se ti dispiace così tanto non hai che da chiedere. Si può sempre rimediare” le disse malizioso.

Lei arrossì ancora di più.

“Hai intenzione di segregarmi qui dentro?” gli chiese per cambiare discorso.

Lui si spostò dalla porta “Se vuoi andartene fai pure”.

Ma lei restò immobile, non aveva alcuna voglia di avvicinarsi.

“Non ti mangio mica” le disse ridendo.

“Non è quella la mia paura” gli rispose secca.

Lui rise di nuovo.

Alicia notò solo in quel momento che la coda era leggermente schiacciata in un punto, come se qualcuno l’avesse pestata.

“Che hai fatto alla coda?” chiese.

Lui se la nascose dietro la schiena “Nulla” rispose evasivo.

Alicia fissò prima lui poi la coda, poi di nuovo la coda e lui e alla fine capì.

Scoppiò in una sonora risata.

“Oddio, non dirmi che sei stato tu?” chiese con le lacrime agli occhi.

Lui scoprì i canini.

Alicia cercò di calmarsi, le mani sulla pancia.

“No, scusa ma è troppo divertente!”.

Lui emise un ringhio basso poi le si scagliò addosso.

Le afferrò un braccio e la tirò a sé.

Alicia smise immediatamente di ridere.

“Ehi!” protestò.

Lui la fissò “Da sbellicarsi dalle risate, vero?” le ringhiò.

“Non posso più nemmeno ridere adesso?” lo sfidò.

Si guardarono in tralice per qualche istante poi la lasciò andare e si diresse verso la porta.

Si voltò un attimo prima di uscire “Ci vediamo a cena” la salutò, poi si allontanò con le mani in tasca .

Alicia si appoggiò una mano sul cuore e trasse un grosso respiro << E’ andata bene >> pensò sollevata.

 

 

 

 

 

 

Alicia rimase a fissare il suo letto con sguardo truce.

Ad essere precisi il suo sguardo non era rivolto al letto ma a quello che c’era sul letto.

I pantaloni di pelle erano amorevolmente distesi sul suo materasso, giusto perché non passassero inosservati.

Sospirò e li prese.

<< E va bene, come vuoi >> pensò.

Dopo averli indossati osservò il suo riflesso nello specchio del bagno.

“Sembro una teppista” commentò ad alta voce.

Rimase imbambolata davanti allo specchio per un po’, assorta nei suoi pensieri.

Prima, quando Grimmjow l’aveva afferrata, aveva sentito un brivido scenderle lungo la schiena.

Senza accorgersene ripensò a quello che era successo.

Come aveva potuto lasciarsi andare così?

Non era decisamente da lei.

No, proprio non lo era.

Scosse la testa << Non mi è piaciuto >> pensò con decisione.

“Sicura?” le chiese una vocina nel cervello.

<< Come che la terra è rotonda >>.

“Allora perché ti tormenti tanto?”.

<< Non mi tormento affatto >>.

“No?”.

<< No! Ho solo fatto finta di starci per potermela svignare >>.

“Assì? Allora perché ti sei messa a spogliarlo?” insistette.

<< P-perché così ero più credibile >> farfugliò.

Perfetto, iniziava a balbettare anche nei suoi pensieri adesso.

Alicia si portò le mani alle tempie << Sto impazzendo! >> pensò sconsolata.

<< Sto impazzendo! E la colpa è tutta sua! >> .

Uscì dalla stanza, diretta alla sala nella quale aveva conosciuto per la prima volta gli Espada, dove di solito mangiava con loro.

<< Che diavolo mi prende? Va bene che non c’è un cazzo da fare in questo posto, ma ho di meglio da fare che pensare sempre a quello stupido gattone! >> pensò irritata.

 

 

 

 

 

 

 

Rimase pensierosa per tutta la serata, lo sguardo fisso nel piatto, infischiandosene del trambusto che gli altri Espada facevano intorno a lei.

Ignorò anche i deboli tentativi di conversazione di Halibel, al suo fianco.

L’unica cosa che la metteva leggermente di buon umore era il fatto di essere seduta molto lontana sia da Grimmjow che da Yammy.

Quando ebbe finito di cenare si alzò e se ne andò.

Nell’ultimo mese la sua vita si concludeva sempre nelle stesse azioni: mangiare con gli espada, vagare senza meta per Las Noches, cercare di evitare Grimmjow, cercare di non farsi stuprare da Grimmjow e stare rinchiusa nella sua stanza.

<< Non ne posso più di rimanere qui. Voglio tornare alla mia vita di sempre >> si lamentò mentalmente.

Come se non bastasse l’unico libro che era riuscita a sottrarre dalla biblioteca era sparito.

Forse Grimmjow si era premurato di riportarlo al suo posto.

Così l’unica sua speranza di capire qualcosa in più su quello strameledettisimo mondo era svanita.

“Se solo avessi le chiavi di quella biblioteca sarebbe tutto più facile!” sbuffò ad alta voce.

Si bloccò a metà del corridoio << Un momento. Chi ha detto che mi serva per forza la chiave? >> pensò in estasi, un pensiero le si era affacciato alla mente.

<< Forse potrei anche riuscirci… Massì, cosa mi costa tentare? >>  pensò mentre

apriva la porta della sua stanza.

Si gettò sul letto, senza nemmeno svestirsi.

Afferrò la sveglia sul comodino << Per l’una e mezza dovrebbe andare bene, dormiranno tutti a quell’ora, no? >> pensò, mentre caricava la sveglia all’orario stabilito.

Soddisfatta della sua idea si mise a letto e si addormentò.

 

 

 

 

 

 

 

Grimmjow abbandonò la tavolata, annoiato.

<< Quanto casino inutile che fanno >> pensò irritato, accendendosi una sigaretta.

Giunto davanti all’imboccatura del corridoio che portava alla sua stanza, si bloccò, fece retrofront e imboccò un altro corridoio.

Si fermò davanti alla stanza che voleva e aprì la porta.

Alicia giaceva addormentata sul letto, completamente vestita.

Grimmjow si soffermò ad analizzare come le stessero i pantaloni; adorava quando indossava qualcosa di attillato.

Quando li aveva visti in vetrina aveva pensato subito a come le sarebbero stati addosso, così glieli aveva comprati.

La fissò: aveva un’espressione lievemente pensierosa perfino quando dormiva.

Vedendola così vulnerabile la voglia di saltarle addosso era tanta, ma si trattenne.

La preferiva sveglia e attiva.

Adorava i suoi inutili e deboli tentativi di fermarlo, lo eccitavano ancora di più.

Ma lei questo non lo sapeva e a lui andava benissimo così.

Che gusto ci sarebbe stato nel molestare qualcuno di consenziente?

Tirò un’ultima boccata dalla sigaretta e gettò il mozzicone in terra.

Ripensò a come aveva collaborato quel pomeriggio e sogghignò.

<< Vediamo quanto ancora riuscirai a resistermi >> pensò in tono di sfida, poi uscì dalla stanza.

 

 

 

 

 

 

Alicia si tirò su a sedere e si stiracchiò.

Allungò un braccio e disattivò la sveglia.

<< Bene, diamoci da fare >> pensò scendendo dal letto.

 

 

 

Si guardò intorno, giusto per accertarsi che nessuno stesse arrivando, poi si infilò le mani nei capelli e ne estrasse due forcine.

<< Andiamo, l’hai visto fare in un sacco di film, non può essere così difficile>> pensò, infilandole nella serratura e iniziando ad armeggiare.

Ci impiegò più tempo del previsto, ma alla fine la serratura scattò con un “clack”.

Si trattenne a malapena dal gridare di gioia ed entrò richiudendosi la porta alle spalle.

“Tanto per cominciare voglio una cartina di questo maledetto mondo” disse, guardandosi intorno.

Trovò la sezione che stava cercando e iniziò ad analizzare i volumi.

<< Su, vieni da mamma mappa mappina >> pensò.

Trovò un libro il cui titolo (Atlante dell’Hueco Mundo) sembrava fare al caso suo.

Lo prese e iniziò a sfogliarlo.

Per essere più comoda si sedette ad uno dei tanti tavolini.

Evitò tutti i dati inutili come densità di popolazione e cose varie e si focalizzò su una grossa cartina a metà del volume.

L’Hueco Mundo era più grosso di quanto immaginasse; stando alle dimensioni indicate nella legenda a fondo pagina, era esteso quasi quanto quello da cui proveniva.

<< Ovviamente con tutto il territorio che avevo a disposizione dovevo finire proprio qui >> pensò con amarezza.

Sfogliò le pagine in cerca di qualche dato interessante.

Trovò altre cartine, politiche questa volta, a fondo del volume e le analizzò.

Notò che quel fantastico mondo bianco era popolato solo per metà della sua estensione; la restante metà era pressoché disabitata, forse a causa delle temperature ancora più rigide.

Lei, infatti, aveva avuto la “fortuna” di capitare nella parte meridionale, dove le temperature erano più calde rispetto a quella settentrionale.

<< Non oso immaginare quanto freddo faccia a Nord se è ancora più freddo di qui. Forse non è stato poi così male finire qui >> rivalutò.

Tornò ad analizzare le cartine, voleva trovare la cittadina in cui era stata con Grimmjow.

<< Se qui c’è la pianura desolata in cui sono apparsa e qui Las Noches >> pensò indicando due punti sulla cartina << Vuol dire che la cittadina deve essere piuttosto vicina, non ci siamo allontanati molto >> ragionò.

Dopo qualche istante infatti la localizzò.

Notò anche che ce n’era molte altre sparse nelle vicinanze.

<< Praticamente l’unico posto isolato se lo sono preso Aizen e company >>.

Era ancora intenta ad analizzare l’atlante, china sul volume, quando una voce la colse alle spalle, facendole fare un salto sulla sedia degno di un professionista di salto in alto.

“Problemi di insonnia?” le chiese Grimmjow.

Lei si girò, una mano sul cuore “Ma sei scemo?! Mi hai fatto venire un infarto!” sbraitò.

“Capirai… Piuttosto, che ci fai qui?” le chiese.

“Non riuscivo a dormire così ho pensato che una buona lettura mi avrebbe potuto aiutare”.

“Capisco” le disse, avvicinandosi.

Alicia si alzò dalla sedia e fece un passo indietro.

“E tu invece? Vai a caccia di topi?” lo schernì.

Lui ringhiò.

“Lo prendo come un no”.

Le si fermò davanti, a pochi centimetri di distanza.

“Seriamente, cosa stai facendo?” le chiese indicando il manuale.

“Analizzavo qualche cartina, dato che qualcuno non si degna di ascoltare una parola di ciò che gli chiedo”.

Lo fissò “Oh! Hai ritrovato la tua camicia!” scherzò.

Lui la guardò increspando le labbra nel solito sorriso.

“Già, così puoi togliermela di nuovo” le disse malizioso.

Alicia indietreggiò ancora, ma urtò contro il tavolo.

 “Accontentati di una volta perché non succederà più” gli rispose secca.

La fissò “Te li sei messi alla fine” disse, alludendo ai pantaloni.

“Già, che gentile che sono, vero?”.

Lui le si mise davanti, approfittando del fatto che si fosse messa in trappola da sola, e appoggiò le mani sul tavolo, in modo tale che i loro visi fossero a pochi centimetri di distanza.

“Perché ti ostini a fare di testa tua?” le chiese.

“Perché sennò non scoprirei nulla. Aizen non parla, tu non fai altro che ringhiarmi contro e saltarmi addosso, a chi dovrei chiedere informazioni? A Nel?”.

Lui ridacchiò.

“Se vuoi ti posso dare tutte le informazioni che vuoi” la guardò “Ma hanno un prezzo”.

Lei cercò di spingerlo via “Non mi interessa grazie, ho già troppi debiti”.

Ma le sue spinte erano inutili quanto bere una zuppa con un cucchiaio bucato.

“Potresti gentilmente levarti dalle palle? Vorrei tornare al mio libr…” cercò di dire, ma non finì la frase perché si ritrovò con la schiena sul tavolo e Grimmjow che la sovrastava.

Spalancò gli occhi “MOL…” cercò di urlare, ma lui le tappò la bocca con una mano, l’indice dell’altra sulle labbra “Shh…non vorrai che ci senta qualcuno?” le chiese malizioso.

Lei lo guardò con un’espressione carica d’odio.

Tolse la mano e, prima che potesse tentare nuovamente di urlare, iniziò a baciarla.

Alicia iniziò a tirargli dei pugni contro il petto per cercare di allontanarlo, ma senza alcun risultato.

I battiti del suo cuore aumentavano sempre più.

Lui le infilò una mano sotto la camicia, accarezzandole la pancia, sfiorandole il seno e fermandosi all’attaccatura del collo.

Ripercorse più volte lo stesso percorso, su e giù, giù e su.

Alicia si contorse lievemente afferrandogli la camicia.

Improvvisamente smise di baciarla concentrandosi sul collo, mentre iniziava a sbottonarle la camicia.

“N-no” cercò di implorarlo.

Lui fece scorrere la lingua dal collo fino alla pancia, azzittendola.

Alicia gemette.

Avrebbe voluto prenderlo a calci per farlo smettere, ma il suo corpo, fuori dal suo controllo, sembrava non volerla aiutare.

Grimmjow si fermò qualche istante poi iniziò a leccarle l’ombellico.

Alicia si morse una mano per non dargli la soddisfazione di sentirla gemere; un brivido le si sparse per il corpo e le venne la pelle d’oca.

Dopo un po’ Grimmjow risalì tornando lentamente verso il collo e avvicinandosi al suo orecchio.

“Hai freddo?” le sussurrò in tono innocente.

Alicia arrossì: se n’era accorto! Avrebbe voluto sprofondare nel pavimento e sparire.

“Effettivamente si” disse in quello che sperava fosse un tono ironico, ma si accorse lei stessa che la sua voce era leggermente più alta.

<< Maledizione >> si maledì mentalmente.

Lui sogghignò soddisfatto poi le infilò la lingua nell’orecchio.

Alicia gemette nuovamente, ormai aveva perso la capacità di riuscire a controllarsi.

Il suo cervello le urlava di fare qualcosa per liberarsi, ma lei non sapeva cosa.

Le gambe che, a causa della posizione scomoda, si trovavano a rimanere penzolanti nel vuoto, stavano iniziando ad addormentarsi; cercò di muoverle per cercare almeno di rifilargli un calcio, ma Grimmjow gliele afferrò e gliele aprì, mettendocisi in mezzo.

Alicia si bloccò all’istante, non voleva aumentare ulteriormente il contatto tra i loro corpi.

“Così starai buona con quelle gambe” le disse con un’espressione maliziosa.

 Alicia iniziò a tremare.

Questa volta non ce l’avrebbe fatta a bloccarlo, lo sapeva.

Erano soli, nella parte più inculata del palazzo, semi al buio e in una posizione piuttosto equivoca, chi avrebbe potuto aiutarla?

Grimmjow le afferrò i fianchi mentre iniziava a baciarle la scollatura.

Alicia reclinò la testa indietro e si contorse.

“G…Grimmjow…f-fermati” lo implorò, ma lui sembrava non volerla ascoltare.

Cercò nuovamente di spingerlo via.

Improvvisamente si fermò e si allontanò di qualche centimetro, fissandola.

Notò con piacere che lo guardava con uno sguardo liquido e ansimava leggermente. Ghignò.

Le si avvicinò nuovamente ad uno orecchio.

“Ora torna pure alle tue ricerche, se ci riesci” le disse, prima di allontanarsi.

Alicia si rizzò a sedere.

“Non puoi fare i tuoi porci comodi e andartene come se niente fosse!” gli urlò “Torna qui, ti sto parlando!” gli urlo, lanciandogli l’atlante dietro.

Lui lo schivò e si voltò solo un secondo, prima di sparire.

“Sogni d’oro” la saluto ghignando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alicia non si preoccupò nemmeno di raccogliere da terra il volume e si diresse in stato comatoso verso la sua stanza, senza nemmeno riabbottonarsi la camicia.

<< Bastardo bastardo e ancora bastardo! >> pensò con rabbia.

Era la seconda volta che la piantava in asso.

Aprì con rabbia la porta della sua stanza e si gettò sul letto.

Rimase a guardare per un po’ in cagnesco l’oscurità, ma alla fine, la stanchezza ebbe il sopravvento e si addormentò.

 

 

 

Alicia si contorceva sotto il corpo di Grimmjow, i gemiti che seguivano le spinte del ragazzo.

Avvertiva il corpo accaldato  del ragazzo muoversi sopra il suo.

Le sue mani toccarla, facendola rabbrividire.

Improvvisamente aumentò il ritmo.

Lei reclinò la testa indietro.

Alicia si svegliò di soprassalto.

Era sudata e ansimava.

“Che cazzo era quello?” si chiese.

“CHE CAZZO ERA?!?!” sbraitò.

Si portò le mani nei capelli “Signore, dimmi che non ho sognato quello che penso, ti prego”.

Scese dal letto “Devo farmi una doccia, assolutamente. Oddio…” continuò a farfugliare sotto shock.

Ripensò a come l’aveva salutata: Sogni d’oro.

Tirò un pugno contro il muro “LO AMMAZZO!” gridò.

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Capitolo 16
*** Litigi ***


Nei giorni seguenti Alicia fu bene attenta ad evitare Grimmjow e a chiudere a doppia mandata la porta.

Non aveva alcuna voglia né di incontrarlo né di parlargli né qualunque altra cosa.

Era arrabbiata sia con lui, perché riusciva sempre a farle tutto quello che voleva, sia con sé stessa, perché non riusciva mai a fermarlo.

Oltretutto era confusa: l’ultima cosa che si aspettava era che il suo corpo reagisse in quel modo e, soprattutto, non sopportava sapere che in fondo le fosse piaciuto, sebbene cercasse di convincersi del contrario.

Così restava rinchiusa nella sua stanza per tutto il tempo.

Aveva paura di incontrarlo, non osava pensare cosa sarebbe potuto succedere se lui le fosse saltato di nuovo addosso.

E poi c’era quel maledetto sogno che non faceva che tornarle in mente, giusto per tormentarla ancora di più rendendo il suo umore ancora più nero.

Per distrarsi si rimise a pensare a ciò che aveva scoperto dall’atlante.

Qualcuno bussò alla porta e la sua speranza di distrarsi finì in fumo.

Era decisa a fare finta che non fosse in camera, ma chiunque ci fosse al di là della porta non ne voleva sapere di lasciarla in pace.

Aprì la porta di malavoglia.

“Che c’è?” chiese irritata, ma si calmò subito trovandosi di fronte Halibel.

“Eh? Oh Halibel!” la salutò.

“Ciao Cia” la salutò, ispezionandola con sguardo preoccupato “Tutto bene? E’ da tre giorni che non ti si vede più in giro”.

Alicia fece un gesto con la mano, come se volesse scacciare una mosca.

“Si, tutto bene, tranquilla. Non sono stata tanto bene, tutto qui” la rassicurò.

Halibel la guardò con sguardo indagatore “Cosa c’è che non va Cia?” le chiese seria.

Alicia sospirò “Entra, ho proprio bisogno di un sano discorso tra donne”.

 

 

 

 

 

Grimmjow era intento a fumare l’ennesima sigaretta.

Da tre giorni a quella parte Alicia non faceva che evitarlo e lui era leggermente irritato.

Come osava ignorarlo così? Chi si credeva di essere?

Gettò in terra il mozzicone con rabbia “Adesso mi sono stufato” ringhiò.

Si voltò e rientrò nel palazzo.

 

 

 

 

 

Alicia e Halibel erano sedute sul letto, una affianco all’altra.

“Allora come vanno le cose con quel bruto di Grimmjow?” le chiese.

Alicia si fece scura in volto.

“Okay ho toccato un tasto dolente”.

“Abbastanza”.

“Cosa è successo?”.

“E’ insopportabile, ha un carattere di merda, non fa che ignorare tutto quello che dico, mi chiama “donna”, mi ringhia addosso, mi tratta male e mi…infastidisce” disse contando sulle mani.

Halibel sorrise “Si, effettivamente è davvero insopportabile, ma non ti resta che rassegnarti perché e fatto così”.

“Si ma mi sta facendo impazzire” si lamentò.

Lei le poggiò una mano su una spalla con fare rassicurante.

“Ti capisco, ci siamo passati tutti quando si è unito agli Espada, e pensa che era ancora peggio di così! Sono passati anni e non è cambiato di una virgola da quando aveva quindici anni, dubito che lo farà adesso” le disse.

Alicia la fissò “Lo conosci così da tanto tempo?” le chiese sorpresa.

Lei annuì “Si, aveva più o meno quell’età quando si è unito agli Espada”.

“E’ parecchio tempo” valutò.

“Già”.

“Ci ha mai provato con te?” le chiese d’istinto.

Lei rise “Per fortuna no, ma credo ci abbia pensato. Comunque ha capito che non era aria e ha lasciato perdere”.

“Come mai?”.

Lei alzò le spalle “Non so, forse perché l’avrei preso a calci?” scherzò.

“E poi all’epoca era solo un teppista che si dava un sacco di arie”.

“Adesso invece…”.

Halibel rise.

“Senti…” esordì Alicia, l’altra ragazza la guardò.

“Come posso fare per fargli smettere di darmi fastidio?” le chiese con tono disperato.

Quella si mise a sedere meglio sul letto prima di rispondere.

“Non devi assolutamente fargli capire che non lo sopporti e che ti dà fastidio o ti tormenterà di più, l’unica cosa che puoi fare è trattarlo con indifferenza; vedrai che dopo un po’ si stuferà e ti lascerà in pace”.

Si alzò dal letto “Per lui è solo un gioco, si diverte così, ma vedrai che se fai come ti ho detto ti tratterà non dico bene, ma almeno più normalmente” le disse avvicinandosi alla porta.

“Vai già via?” le chiese.

Lei le si avvicinò e l’abbracciò “Tranquilla se ti serve qualcosa sai dove trovarmi”.

“Grazie”.

Lei le sorrise, poi uscì.

Alicia rimase immobile sul letto per qualche secondo.

“Solo un gioco…” ripeté in tono monocorde.

 

 

 

Grimmjow camminava con passo arrabbiato verso la sua meta, la coda che si agitava nervosa.

Giunto davanti alla sua stanza ne spalancò la porta con un calcio.

Alicia fece un salto sul letto e si voltò di scatto.

In meno di un istante la sua espressione cambiò dal sorpreso all’ irritato e infine all’arrabbiato.

“Cosa diavolo ci fai qui?!” lo aggredì.

Lui la guardò male “Dì un po’ donna, hai intenzione di ignorarmi ancora a lungo?” le ringhiò contro.

“Si, perciò esci dalla mia stanza” gli rispose secca.

“Neanche per sogno” le disse, incrociando le braccia.

Lei si avvicinò di un passo, l’indice puntato verso la porta.

“Fuori” sibilò.

“No”.

Si guardarono male.

“Non te lo sto chiedendo Grimmjow”.

“Non me ne frega un accidente!” sbraitò “Cosa ti fa credere che io mi faccia dare ordini da un’umana, ah?”.

“Già, tu esegui solo quelli di Aizen, vero?” gli disse maligna.

Lui ringhiò.

“Vedi? Tutto quello che sai fare è ringhiarmi contro e trattarmi male. Beh la sai una cosa? Non ho più intenzione di farmi mettere i piedi in testa da te”.

Lui le si avvicinò minacciosamente, i canini scoperti.

“E resta fermo lì” lo ammonì.

“Sennò?” la sfidò.

“Sennò ti riempio di botte” lo minacciò.

Lui rise, una risata roca, arrogante.

Tu menare me? Cosa credi di poter fare contro di me eh donna? Non farmi ridere!” la schernì.

Gli si avvicinò e gli rifilò un sonoro ceffone con tutta la sua forza.

Grimmjow la guardò sorpreso.

Lei gli rivolse uno sguardo furioso, gli occhi vagamente lucidi.

“Trovati altri passatempi e non rompermi più i coglioni” gli disse, poi se ne andò, la mano che le pulsava.

Era davvero furiosa, perché era tornato a romperle le palle? Non poteva lasciarla in pace per una volta?

Possibile che non ci fosse arrivato con quel suo inutile cervellino che se lo evitava era perché non voleva vederlo? Era così difficile da capire?

<< Io non sono un tuo giocattolo >> pensò con rabbia.

 

 

 

 

Grimmjow si portò una mano sulla guancia colpita.

Non si aspettava di certo quella reazione.

Era convinto che lo stesse evitando solo perché si vergognava; cos’era quell’improvvisa reazione furiosa?

<< Che diavolo le è preso? >> pensò.

“Vaffanculo, sai che me ne frega!” ringhiò subito dopo mettendosi le mani in tasca e allontanandosi.

 

 

 

 

I giorni passavano e i due cari ragazzi non parevano avere alcuna intenzione di fare pace.

Non facevano che ignorarsi e, qualora si incontravano, si lanciavano occhiate velenose e prendevano strade opposte.

Grimmjow divenne più intrattabile del solito, ringhiando contro qualunque essere animato che gli rivolgesse la parola.

Come se non bastasse Las Noches rischiava di finire sommersa dai mozziconi delle sue sigarette.

Gli altri Espada non gli diedero molta importanza: erano abituati al pessimo carattere di Grimmjow.

Ma il suo improvviso malumore non passò inosservato ad Ulquiorra.

Questi riuscì ad intercettare Grimmjow sul terrazzo, mentre era intento a fumare (tanto per cambiare), e gli si avvicinò.

“Cosa è successo tra te e quella femmina?” gli chiese.

Grimmjow si voltò, scuro in volto.

“Non sono cazzi tuoi” gli rispose male.

“Lo sapevo che non saresti stato in grado di controllare nemmeno una femmina umana” lo accusò.

Grimmjow non ci vide più.

Si voltò di scatto, una maschera d’ira e odio dipinta sul volto.

Un secondo dopo Ulquiorra si schiantò contro la parete, creando un buco della sua grandezza nel muro.

Il rumore del colpo si propagò per tutta Las Noches.

“Ora mi hai davvero rotto!” ringhiò.

Ulquiorra si disincastrò dal muro e si rizzò in piedi, togliendosi l’intonaco dall’uniforme con una mano, completamente illeso.

Guardò Grimmjow che gli si stava avvicinando “Non combatterò contro di te”.

“Allora rimani pure fermo a farti ammazzare” gli disse gettandoglisi addosso.

 

 

 

 

Alicia stava sul suo letto quando un terribile boato si sparse in tutta la costruzione.

<< Che diavolo è stato? >> si chiese.

Un secondo boato le arrivò alle orecchie.

“Ma che diavolo succede?” si chiese ad alta voce uscendo dalla stanza.

I rumori sembravano provenire dal piano terra, dalle parti del terrazzo.

Si mise a correre in quella direzione.

Giunta davanti alla scalinata incrociò Halibel e Stark.

“Che diavolo è tutto sto casino?” chiese Stark, stropicciandosi gli occhi.

Halibel alzò le spalle “Non ne ho idea”.

“Tu cosa ci fai qui?” chiese poi rivolta ad Alicia.

Lei non fece in tempo a rispondere perché Nnoitra fece la sua apparizione; correva e sembrava su di giri.

“Non ci crederete! Jeajerjaques e Ulquiorra se le stanno dando!” disse tutto felice.

Ad Alicia si raggelò il sangue.

“Non è una cosa bella Nnoitra!” lo ammonì Halibel“Dobbiamo fermarli”.

Nnoitra fece una faccia delusa “Va bene, seguitemi” li invitò.

Alicia andò con loro.

 

Arrivarono sul luogo dello scontro dopo qualche minuto.

Gli altri Espada si stavano godendo lo spettacolo a distanza di sicurezza.

Yammy stava invitando i suoi compagni a scommetter sul vincitore.

Halibel si fece strada tra loro “Che diavolo state facendo invece di bloccarli?” sbraitò.

Loro la guardarono male.

“Perché non ci vai tu? Io non ho alcuna voglia di prenderle per fare da pacere” disse Yammy.

“Non avevo dubbi” gli rispose secca.

Si voltò verso Stark “Falli tornare nelle loro stanze io penso a quei due” disse indicando i due combattenti, intenti a pestarsi a sangue l’un l’altro.

Alicia assisteva senza riuscire a proferire verbo.

Grimmjow non ci stava andando per niente leggero tra calci e pugni, ma la cosa più sconvolgente è che nemmeno Ulquiorra sembrava risparmiarsi.

I due erano avvinghiati l’uno all’altro, i muri alle loro spalle sembravano essere stati travolti da un tornado.

Ulquiorra aveva l’uniforme strappata in più punti e anche il vestiario di Grimmjow non era ridotto meglio.

Improvvisamente Grimmjow si allontanò di qualche metro dall’avversario.

Tese una mano in avanti, un sorriso maligno sulle labbra.

 “Vediamo come te la cavi con questo?!” urlò Grimmjow in tono di sfida.

Halibel scattò in avanti “GRIMMJOW FERMO!” gli urlò.

Ulquiorra sgranò lievemente gli occhi.

Ma qualunque cosa Grimmjow volesse fare non vi riuscì perché fu bloccato.

“Ora basta” ringhiò una voce autoritaria.

Gli Espada si ammutolirono all’istante.

Aizen si era materializzato dal nulla e stritolava il braccio di Grimmjow, uno sguardo furente negli occhi.

Si voltò verso gli Espada “Perché non li avete fermati?” li accusò.

Loro non risposero, gli occhi bassi.

Si rivolse quindi ad Ulquiorra.

“Da te non mi sarei mai aspettato un comportamento così immaturo”.

 Lo guardò duramente.

“Chiedo perdono Aizen-sama” si scusò.

“Grazie Halibel e anche tu Stark per aver provato a fermarli, quanto a te” si rivolse verso Grimmjow “Sarebbe ora che ti calmassi” lo ammonì, lasciandogli il braccio.

 “Tornate alle vostre occupazioni, non voglio vedere nessuno in giro” sibilò a tutti i presenti.

Gli espada si dispersero in fretta sotto lo sguardo di Aizen.

Alicia si premurò di fare altrettanto.

Grimmjow le passò affianco senza nemmeno degnarla di uno sguardo.

Era pieno di lividi, le braccia graffiate, un rivolo di sangue che gli scendeva dalla tempia destra, un grosso livido sulla guancia sinistra e i capelli spettinati.

 

 

 

Alicia si fermò davanti alla porta della sua camera, la mano tesa nel vuoto verso la maniglia.

“Sei un’idiota, te ne pentirai” si disse, prima di voltarsi e correre verso la camera di Grimmjow.

Raggiunta la sua meta inspirò e aprì la porta senza nemmeno bussare.

Grimmjow era in piedi in mezzo alla stanza, il comodino così come la sedia giacevano in terra, un’anta dell’armadio era stata scardinata e giaceva scomposta sul pavimento.

“Che diavolo vuoi tu?” le ringhiò contro.

“Siediti” gli ordinò, indicando il letto.

“Lasciami da solo”.

“Siediti” insisté.

“Hai sentito quello che ti ho detto?”.

“Si, ma non mi interessa” gli rispose secca.

Lui sbuffò e si sedette sul letto.

“Non eri incazzata con me, o mi ricordo male?”.

“Ricordi benissimo” gli rispose dirigendosi verso il bagno.

“Non potevi farla nella tua di stanza?” la schernì.

Lei ignorò il suo commento e si mise a ravanare in cerca di ciò che stava cercando.

Tornò nella stanza dopo qualche minuto, carica di cotone e acqua ossigenata.

“Cosa pensi di farci con quei cosi?” le chiese.

“Di mangiarli”.

“Che spiritosa” rispose secco.

“Togliti la camicia per favore”.

Lui alzò un sopracciglio.

“Non voglio sentire battutite idiote, fallo e basta”.

Lui alzò le spalle e se la tolse, facendola cadere sul pavimento.

Alicia analizzò i danni.

“Se avessi affrontato un f5 forse saresti ridotto meglio” disse sarcastica.

“Tsk”.

Alicia sospirò, poi iniziò a medicarlo.

Lui si ritrasse “Brucia” si lamentò.

Lei lo guardò male “Che scoperta. Ora stai fermo per piacere” lo ammonì.

Lui si lasciò medicare in silenzio.

“Di grazia, perché vi stavate scannando?” gli chiese dopo un pò.

“Mi stava rompendo le balle”.

“Capisco” gli disse ritraendosi “Ho finito comunque”.

“Era ora”.

Alicia buttò il cotone usato e rimise a posto il disinfettante, poi si diresse verso la porta.

“Ci si vede” lo salutò.

“Aspetta” la bloccò.

Lei si voltò.

“Non c’è bisogno che mi ringrazi” disse ironica.

“Mica ti volevo ringraziare”.

“Non avevo dubbi”.

Si guardarono in cagnesco per qualche secondo.

“Perché l’hai fatto?” le chiese alzandosi dal letto.

“Perché alle persone normali certe cose vengono spontanee”.

“Io non l’avrei mai fatto”.

“Infatti tu non sei una persona normale” gli rispose secca.

La guardò male.

“Da che pulpito! Parla quella che prima mi spoglia e poi mi mena!”.

“Te lo sei meritato” grugnì.

Lui ridacchiò, facendo un passo avanti.

“La vuoi sapere una bella cosa?”.

“Sentiamo questa perla di saggezza…” disse in tono annoiato.

“Noi hollow abbiamo un’ottima capacità rigenerativa, quindi le tue amorevoli cure sono state inutili, domani sarò come nuovo” le disse, assaporando la sua espressione furiosa.

“Tu! Sei davvero uno stronzo! Un insopportabile idiota e un bastardo e…grr!” gli urlò contro.

Lui si godette la scena.

“Ti diverti un mondo a mandarmi fuori di testa vero?” gli ringhiò.

Lui sorrise “Non sai quanto”.

“E allora trovati qualche altro divertimento o soffocati con le tue maledette sigarette!”.

“Perché dovrei, mi diverto un mondo”.

“Beh, io no!” gli gridò, poi si voltò verso la porta e fece per uscire, ma lui glielo impedì.

Lei si girò per assestargli un pugno, ma le bloccò il braccio.

“Mollami se non vuoi testare se anche guarisci in fretta” lo ammonì.

“Che donna violenta” la schernì, accerchiandola con le sue braccia.

Lei cercò di liberarsi dalla presa.

“E’ così difficile non mettermi le mani addosso ogni volta che siamo insieme?” lo accusò.

Lui fece finta di pensarci per qualche istante poi rispose con un sonoro “Si”.

“Allora fai qualcosa per un tuo ormoni, fatti castrare o vatti a sfogare in qualche bordello! Basta che mi lasci in pace” disse disperata.

Stava iniziando ad agitarsi.

“Scordatelo” le disse, poi la strinse a sé e iniziò a baciarla.

Lei si agitò come un pesce fuor d’acqua nel tentativo di divincolarsi.

Grimmjow si staccò dopo un po’ e la guardò.

“Allora, mi perdoni?” le chiese in tono malizioso.

“Scordatelo!”.

Lui le passò le labbra sul collo.

“Allora?”.

“Ho detto no” disse decisa.

Lui sorrise, iniziando a leccarle il collo.

Alicia rabbrividì.

“Così non mi farai di certo…cambiare idea”.

“Scommettiamo?” la sfidò.

Risalì dal collo verso il suo viso e le mordicchiò il labbro inferiore.

Alicia si agitò.

Lui seguì il contorno delle sue labbra con la lingua.

“Allora?” le chiese, rimanendo a pochi millimetri dalle labbra.

“No”.

“Sicura?” la sfidò.

Alicia gli si avvicinò impercettibilmente “Si…” disse fissandogli le labbra.

“Non mi sembri molto convinta” la schernì.

Lei lo guardò male.

“Ti odio” gli disse, poi lo tirò a se.

Grimmjow gioì mentalmente.

Alicia si staccò dopo qualche minuto e si allontanò.

“S-sappi che sono ancora arrabbiata!” gli urlò prima di scappare a gambe levate dalla stanza.

Grimmjow si passò una mano tra i capelli.

<< E’ sempre più divertente >> pensò eccitato.

 

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Capitolo 17
*** Piccola rivalsa personale ***


Autrice: oss minna! ^^

Alicia: *indicando Grimmjow intento a fumare una sigaretta dietro l'altra in un angolo* che diavolo gli prende a quello? 

Autrice: è solo arrabbiato perchè in questo capitolo gli metti i piedi in testa ^^

Grimmjow: NESSUNO MI METTE I PIEDI IN TESTA! E' CHE SE N'E' ANDATA PRIMA CHE POTESSI RIBATTERE!

Alicia: non potevi mica pretendere che stessi sempre a subire u_u

Autrice: appunto! potere alle donne!

Grimmjow: VI AMMAZZO A TUTTE E DUE! DANNATE!

Alicia: ci penserai già tu da solo se continui a fumare così tanto U_U

Autrice: appunto!

Grimmjow: VOI DUE SIETE SOLO  DUE *censured* PERCHE' NON ANDATE A*censured* !!!! PERCHE' NON MI *censured* MALEDETTE *censured*!!!!

Un gruppo di camionisti che assisteva alla scena sgrana gli occhi scandalizzato, iniziando a farsi il segno della croce.

Alicia/Autrice: che volgarità gratuita -.-"

Autrice: INIBITELO!!!

* appare il dottor house ( dottor house :Q____) che tira una bastonata in testa a Grimmjow facendolo azzittire*.

Autrice: *alzando il pollice verso il dottor house, che ricamba con lo stesso gesto* grazie tante! e ora buona lettura ^O^

Alicia: *andando via con i camionisti* robe da matti...

 

 

 

 

 

Alicia decise di mantenersi imbronciata ancora per un po’.

Non voleva darla vinta a Grimmjow, non avrebbe gettato la spugna così in fretta.

E soprattutto si era fregata da sola baciandolo così.

Possibile che avesse tutto quel potere su di lei?!

<< Che rabbia >> pensò.

Ripensò ai consigli di Halibel.

<< Ignorarlo non servirebbe a nulla, si impunterebbe ancora di più, ormai è appurato >> pensò depressa.

<< Come se ci riuscissi a ignorarlo >> aggiunse con un velo di irritazione.

Non sopportava di doversi sentire sempre sulle spine quando lui era nei paraggi.

Ormai non poteva più negare che gli fosse indifferente.

A forza di molestarla l’aveva resa come lui.

Ma lei non avrebbe ceduto, mai.

Non gli avrebbe dato quella soddisfazione.

Con questi amazzoni pensieri Alicia riuscì a trovare un po’ di serenità.

Aveva un sacco di questioni di cui occuparsi e Grimmjow era l’ultima.

Voleva delle risposte e le voleva SUBITO.

Decise di incontrare Aizen.

Si trovarono nella stanza della tavolata.

Aizen era seduto a capotavola, una teiera e due tazze davanti a se.

“Prego, siediti” le disse cordiale.

Lei si sedette.

“Allora, di cosa vuoi parlarmi?” le chiese versandole il the.

“Voglio delle risposte” disse senza tanti giri di parole.

Aizen sorrise.

“Lo immaginavo”.

 “Cosa vorresti sapere?” le chiese porgendole la tazza.

“Perché sono finita qui e non in un qualunque altro mondo?” chiese.

Aizen sorseggiò il the prima di rispondere: “Questo non lo so”.

“Perché dopo tutto questo tempo non avete ancora trovato un modo per rimandarmi a casa?”.

“E’ complicato. Non sapendo esattamente come sei finita qui è difficile capire come rimandarti indietro” la guardò da dietro la tazza.

“Se solo potessi fornirci delle informazioni in più sarebbe tutto più facile”.

Alicia comprese la richiesta velata in quella domanda.

“Vi ho già detto che non ricordo come sia finita qui” mentì.

Aizen la fissò per qualche istante.

“Hai detto che stavi riordinando una biblioteca, se ricordo bene”.

Colpita e affondata.

<< Merda, se lo ricorda >>.

“Ah, già…Ma ripeto, ho le idee un po’ confuse. Tutto ciò che ricordo è che stavo per morire e poi mi sono risvegliata in un ospedale” disse evasiva.

“Mmh” disse quello, tornando alla sua tazza.

<< Mmh che? Che vuol dire mmh?! >> pensò tesa.

“Lavoravo in una biblioteca nel mio mondo, è normale che mi ricordi di averla riordinata. Comunque non penso che quello centri qualcosa con il mio arrivo qui” cercò di convincerlo.

“Magari sei venuta accidentalmente a contatto con qualcosa” le disse.

“E con cosa? C’erano solo libri e polvere lì dentro. Penso che me ne sarei accorta se avessi toccato qualcosa di strano” continuò.

“Forse hai ragione” le disse finendo la sua tazza di the.

Alicia fece lo stesso.

“Bene, allora io vado, tanto è ovvio che finché non ricordo qualcosa non si può fare nulla” disse alzandosi.

“Grazie per il the, era buonissimo”.

“Grazie a te” le disse Aizen.

Alicia si alzò in piedi, ma dovette tenersi alla sedia per non cadere.

Le girava la testa.

“Tutto bene?” le chiese Aizen preoccupato.

“S-si, deve essere solo la pressione bassa. Mi capita a volte, ora mi passa”.

Ma la sensazione di malessere non faceva che peggiorare.

“Dovresti andare a stenderti” le consigliò con tono premuroso.

Alicia si voltò verso l’uomo per dirgli qualcosa, ma non fece in tempo perché svenne.

Aizen la guardò rovinare a terra con sguardo freddo.

“E’ arrivato il momento di parlare ragazzina. Volente o nolente” disse.

Si mise una mano in tasca estraendone un qualcosa di molto simile ad una ricetrasmittente.

“Stiamo arrivando” disse rivolto all’apparecchio.

“Qui è tutto pronto”.

“Bene” disse, poi interruppe la comunicazione.

 

 

 

 

 

 

Alicia era sdraiata, ancora priva di sensi, su una sedia molto simile a quelle che si trovano negli studi dentistici, con l’ unica differenza che, anziché essere verde e bianca, era completamente grigia.

Degli elettrodi collegati ad una strana apparecchiatura le erano stati attaccati alle tempie.

Aporro stava digitando freneticamente sulla tastiera.

“Se sicuro che funzionerà?” gli chiese Aizen.

“Certo, tutte le mie invenzioni funzionano” rispose secco.

<< Ci ho messo più di un mese per costruirla e ho anche dovuto usare quell’insopportabile mocciosa come cavia, ci mancherebbe che non funzioni >> aggiunse mentalmente.

“Allora cosa stai facendo?” chiese spazzientito.

“Sto selezionando le informazioni da cercare così da non perdere tempo con ciò che non ci interessa”.

Armeggiò ancora qualche secondo.

“Ora ho finito, possiamo andare”.

Aizen guardò la ragazza.

“Inizia” disse in tono autoritario.

Aporro schiacciò un tasto e il macchinario si azionò con un ronzio iniziando a trasmettere parecchie immagini sullo schermo.

 

 

 

 

 

 

Alicia si risvegliò.

Era sul suo letto.

<< Che diavolo è successo? >> si chiese.

Si mise a sedere e notò un biglietto sul comodino; lo prese e lo lesse.

“Dato che mi sei svenuta di fronte mi sono premurato di riportarti nella tua stanza.

Ti consiglio di mangiare qualcosa di molto zuccherato per la tua pressione e di non alzarti di scatto la prossima volta.

                                                                                                              Aizen Sousuke”.

“Ma che gentile” disse con tono ironico.

Si portò le mani alle tempie.

<< Che dolore, mi sento come se mi avessero centrifugato il cervello >> si disse.

 

 

 

 

Aizen e Apollo erano intenti a fissare uno strano simbolo rosso sullo schermo.

“L’abbiamo trovato!” esultò lo scienziato.

Aizen sorrise aggiustandosi gli occhiali sul naso “Già”.

Si voltò verso la ragazza.

“E’ curioso non trovi? Volevi delle risposte e invece sei stata tu a darle a me” le disse sfiorandole la guancia con un dito.

“Ora che facciamo?” gli chiese Aporro.

“Diamo il via alle danze” gli rispose con un sorriso perfido, prendendo Alicia in braccio.

Aporro lo guardò “La riporterò io nella sua stanza”.

Aizen si diresse verso la porta.

“Hai un lavoro da fare e poi” la fissò “Ci tengo che resti in salute ancora per un po’” .

Aporro rise “Hai ragione”.

Aizen uscì dal laboratorio.

“Devo ringraziarti” disse ad alta voce “Non immagini nemmeno quanto tu ci stia aiutando” le disse sorridendo.

 

 

 

 

 

 

Alicia rimase intontita per un bel po’, prima che il suo cervello tornasse a connettere.

Rimase a guardarsi intorno per qualche secondo.

Si sentiva come un detenuto, cosa che in effetti era.

Non ce la faceva più a rimanere rinchiusa in quel maledetto palazzo, ma se anche fosse scappata dove sarebbe potuta andare?

Era bloccata lì e non poteva farci nulla.

<< Chissà come stanno il signor O’Neill e i nonni… >> si chiese.

Alicia aveva vissuto con i nonni (almeno fino alla maggiore età, quando era andata a vivere da sola) perché i suoi genitori erano morti in un incidente stradale quando lei aveva cinque anni.

<< Probabilmente saranno preoccupatissimi, dopotutto e più di un mese che sono scomparsa nel nulla… >>.

Le sembrava impossibile che fosse già passato tutto quel tempo.

La sua vita prima di giungere in quel luogo le sembrava così distante, quasi un ricordo lontano.

<< Se solo non avessi fatto cadere quel libro tutto questo non sarebbe successo >> si rimproverò.

Nel filo confuso dei suoi pensieri fece capolino anche Grimmjow.

Le tornò alla mente il giorno in cui era giunta nell’Hueco Mundo, di come avesse rischiato la morte e di come lui l’avesse salvata.

<< Non sarei qui oggi se lui non mi avesse salvata >> dovette ammettere.

Si lasciò cadere sul letto.

<< Gli devo pure la vita, come se non avessi già abbastanza debiti >> pensò con amarezza.

Ripensò al loro primo incontro, a come già allora si fosse rivelato un maniaco rompiballe.

<< E non ha fatto che peggiorare col tempo >> .

Le tornò in mente il loro litigio.

<< Non lo perdonerò mai per prima, dovrà venirmi a chiedere scusa lui se proprio ci tiene>> pensò decisa.

Si rizzò a sedere.

“Perché diavolo devo pensare a lui?” si rimproverò ad alta voce.

Ecco era di nuovo di cattivo umore.

“Uffa voglio tornare a casa, non ne posso più di freddo e di questi stramaledetti vestiti!” sbuffò.

Dovete sapere che Alicia era quello che la gente comune ama chiamare “maschiaccio”.

Odiava qualunque cosa che fosse femminile, a partire dalle gonne e dai vestiti.

Il suo vestiario preferito si componeva di jeans, scarpe da ginnastica (meglio se converse) e camicie con sotto una t-shirt.

L’unica cosa che odiava di più di queste sopraccitate era il freddo.

Inutile dire che ritrovarsi in un posto dove la temperatura più calda fosse prossima allo zero vestita sempre di vestiti (bianchi) non le favoriva certamente il buon umore.

Se a questa ricetta si aggiungeva anche l’ingrediente Grimmjow, il risultato non poteva che essere un fantastico malumore costante.

Ripensò ai pantaloni che le aveva regalato.

Aveva deciso di non indossarli solo per fare un dispetto a Grimmjow, ma si era pentita subito di quella decisione.

Tuttavia non voleva mollare, avrebbe dimostrato che la sua testa era più dura di quella di Grimmjow.

 

 

 

 

 

Grimmjow era intento a fumare, la gamba destra appoggiata contro il muro, la finestra, vicino la quale si era fermato, spalancata.

Per ovvi motivi il suo luogo dedicato al fumo era transennato e sotto fase di restauro, così lui si era dovuto arrangiare.

Non che gli importasse fumare dove gli capitava, ma non aveva alcuna voglia di sentire le lamentele di Aizen sul fatto che scaricava mozziconi in giro.

Si portò una mano sul braccio per il quale Aizen l’aveva bloccato; gli faceva ancora male.

<< Maledetto umano >> pensò con rabbia.

Ripensò allo scontro con Ulquiorra.

<< Prima o poi te la farò scontare >>  si toccò la cicatrice << Non ci sarà sempre Aizen a proteggerti >> pensò con un espressione maligna.

Udì dei passi in lontananza, si voltò: Alicia stava attraversando la stanza, sembrava avere la testa tra le nuvole.

Non lo aveva notato.

“Salve” le urlò.

Lei si riscosse e si guardò intorno in cerca del proprietario della voce che l’aveva chiamata.

Come lo vide strinse gli occhi e fece per tornare indietro.

“Aspetta” la bloccò.

“Che vuoi?”.

 “Dove vai?” le chiese.

“Ho fame, volevo andare a mangiare qualcosa, ma farò un’altra strada, torna pure  a fumare” gli disse facendo per voltarsi.

Lui la raggiunse, ma il sorriso che aveva sulle labbra gli sparì di colpo.

L’afferrò per un braccio e la tirò a se.

“Ehi! Che diavolo fai?!” sbraitò.

Lui l’annusò.

“Dove sei stata?” gli chiese in tono serio.

Lei si liberò dalla sua stretta.

“Che ti frega?”.

“Hai l’odore di Aizen addosso”.

Alicia lo guardò con gli occhi spalancati poi scoppiò a ridere.

“Che c’è hai paura che Aizen mi metta le mani addosso? Per la cronaca abbiamo solo preso un the insieme”.

Lui la guardò sospettoso.

“L’odore è troppo forte” sibilò.

Lei alzò un sopracciglio “Che c’è sei geloso? Non mi pare tu ne abbia il diritto, non sei mica il mio ragazzo” sibilò.

Un pensiero cattivo le attraversò la mente.

“Se anche fosse?” chiese.

Lui la guardò male.

“Come?” ringhiò.

Una volta tanto era Alicia che si godeva le sue reazioni.

“Se proprio vuoi saperlo trovo che sia molto più affascinante di te” gli disse, poi girò i tacchi e lo mollò lì.

Un sorriso soddisfatto le increspò le labbra.

<< E’ ora che mi diverta un po’ anche io >> pensò.

 

 

 

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Capitolo 18
*** Jealousy, alcohol and sex ***


Autrice: salve a tutti! spero che questo capitolo vi soddisfi!! ho fatto davvero fatica a scriverlo perchè nessuna delle versioni che scrivevo mi piaceva completamente u____u alla fine, alla quarta riscrittura ho deciso di postarlo e tanti saluti o rischiavo davvero di impazzire xD spero che non pensiate sia troppo presto per questo capitolo o mi impicco con i fili del computer q.q

Grimmjow: cioè, ma ti sembrano cose da sbandierare così felicemente?

Autrice: non osare rompermi le scatole! tu maledetto felide! è tutta colpa tua se l'ho riscritto così tante volte! hai idea di come sia complicato scrivere dal tuo punto di vista?! >:[

Alicia: dì piuttosto che ci hai messo una vita perchè non potevi descrivere ogni particolare per non finire nella raiting rossa...

Autrice:*colpita da una freccia in pieno petto*  cosa te lo fa credere? e poi taci che tu mi hai dato ancora più problemi di lui!!!

Alicia: come sarebbe!?!?!?!?!

Grimmjow: visto? tsk

Alicia:*fulminandolo con lo sguardo* hai detto qualcosa?

Autrice: piantatela di rompere! c'è gente che vuole leggere!

Grim/Alicia: MA SE HAI INIZIATO TU?!!?!?!

Autrice: *ignorandoli* bene da questo capitolo ha inizio una nuova fase nella relazione tra i due allupati qui sopra; vi anticipo che, a partire dal prossimo capitolo, i piani di Aizen verranno svelati e magari verrà spiegata anche la storia della cicatrice ci Grimmjow ^^

Alicia: se c'è un allupato qui è Grimmjow...

Grimmjow: *sorridedo malizioso* non mi sembra il caso di fare tanto l'angioletto dato che....

Autrice: *colpendoli con la divina commedia integrale* NIENTE SPOILER VOI DUE!!!!!!

Grim/Alicia: scusa...

*appaiono Nnoitra e Yammy* : aspettate vorremmo fare un reclamo anche noi! perchè tutte le volte che appariamo dobbiamo essere ubriachi?!!?

Autrice: perchè non vi sopporto ora fuori dalle balle! devono leggere!

Grim/Alicia: mettendo una mano sulle spalle dei due in senso di compassione* portate pazienza è fatta così.... 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grimmjow rimase impalato sul posto per qualche istante; lo sguardo fisso sul punto in cui poco prima c’era Alicia.

Cos’è che aveva appena detto quell’umana?

Aveva sentito male, non poteva aver detto davvero quello che aveva sentito.

Tirò un pugno contro il muro creando un cratere contornato da crepe.

Stava scherzando, ne era sicuro.

L’aveva detto solo per farlo incazzare non esisteva che lei e quel quattrocchi potessero aver fatto qualcosa insieme.

Rifilò un altro pugno contro la parete, più forte, allargando ulteriormente il buco fatto in precedenza.

<< Come, fa tanto la preziosa con me e poi non ci pensa due volte a farsi mettere le mani addosso da quello sporco umano?! >> pensò con rabbia.

L’idea che qualcuno all’infuori di lui potesse metterle le mani addosso lo mandava in bestia.

Terribilmente in bestia.

Lei era la sua preda, sua e basta.

E gliel’avrebbe fatto capire a costo di usare le maniere forti.

Gli tornò in mente la frase che aveva detto prima di andarsene: “Se proprio vuoi saperlo trovo che sia molto più affascinante di te”.

Si trattenne dal martoriare ulteriormente il muro, una maschera d’ira dipinta sul volto, così terribile che anche Satana in persona sarebbe scappato a gambe levate vedendolo.

Si accese un’altra sigaretta.

“Spero che tu sappia correre veloce quanto sei brava a farmi incazzare, perché appena ti avrò a portata saranno cazzi tuoi” ringhiò.

 

 

 

 

 

Alicia mangiò le frittelle che aveva chiesto con gusto.

Forse era per il sapore di rivincita che aveva ancora in bocca, fatto sta che le sembravano più buone delle altre volte.

Non avrebbe mai dimenticato la maschera d’ira che aveva trasfigurato quel viso e infiammato quegli occhi che sempre l’avevano guardata con arroganza e malizia.

Il sorriso che le increspava le labbra le si allargò.

<< Che bel sapore che ha la vendetta >> pensò felice.

E quella sera si sarebbe divertita ancora di più.

Era infatti prevista una festa di bentornato della sorella minore di Stark, Lilinette, lontana dal palazzo da parecchi mesi ormai.

Alicia non l’aveva mai vista ma le faceva piacere vedere il contingente femminile aumentare, seppur di poco.

Attualmente le uniche donne di Las Noches erano lei, Halibel e Nel.

Si alzò da tavola ma si bloccò.

Non poteva di certo tornare nella sua stanza ora che aveva fatto arrabbiare Grimmjow.

<< Andiamo a trovare un’amica >> pensò, dirigendosi verso la stanza di Halibel.

 

 

 

 

 

Grimmjow si infilò di malavoglia la sua divisa da Espada.

Non aveva alcuna voglia di passare una serata a mangiare e a bere tra un gruppo di idioti felici per il ritorno di un’inutile mocciosa scassapalle.

Odiava quella mocciosa, era persino più fastidiosa di Nel e, soprattutto, era più volgare di lui.

Tirò un calcio contro la porta prima di uscire.

 

 

 

 

 

Alicia , così come tutti gli Espada, erano riuniti nella sala della tavolata.

Una ragazzina sugli undici anni, con capelli verdi, occhi viola e una faccia da teppistella era seduta a capotavola e non smetteva di tormentare il suo “fratellone” seduto al suo fianco, tra le risate dei presenti.

Alicia si era volutamente seduta affianco ad Aizen e lo trattava con più gentilezza del solito, beandosi mentalmente delle occhiate di fuoco che sentiva trapassarle la testa.

Halibel alla sua destra si chinò verso di lei per parlarle.

“Cia, non stai esagerando?” le chiese alludendo al suo terzo bicchiere di vino.

“Stai tranquilla Hal, non ho intenzione di ubriacarmi se è questo che temi. Mi sto solo godendo la festa”.

“Allora potresti dirmi perché Grimmjow non fa che guardarti come se volesse squartarti da tutta la sera?”.

“Non lo so e non mi interessa” disse secca, scolandosi un altro bicchiere.

Halibel glielo tolse da davanti.

“Ehi!” si lamentò.

Halibel la guardò “Davvero Cia, cosa è successo?”.

“Gli ho solo dato una lezione” disse.

“Fargli credere che tra te e Aizen c’è qualcosa non è un ottimo metodo per ammansirlo” la rimproverò.

Lei si voltò di scatto verso la ragazza.

“Come hai fatto a capirlo?” chiese sorpresa.

Lei sorrise “Questi energumeni pieni di testosterone possono non averci fatto caso, ma una cosa del genere non sfugge all’occhio esperto di una donna” le disse facendole l’occhiolino.

“Oh…beh secondo me invece è divertente”.

“Lo farai solo incazzare di più. Lo stai sfidando e lui ama le sfide”.

“Per una volta voglio avere io l’ultima parola e voglio divertirmi”.

“Non ti farà mai avere l’ultima parola”.

“Ti sbagli” le rispose secca.

Halibel alzò gli occhi al cielo.

“Perché non tentate almeno di andare d’accordo anziché stuzzicarvi? E se proprio non volete, mettetevi insieme e non rompete più!” le disse sorridendo.

Alicia quasi si strozzò con il pane.

“Coff coff…che diavolo ti viene…coff coff…in mente?!” si agitò.

Halibel la guardò con uno sguardo furbetto.

“Chissà” disse, tornando alla cena come se niente fosse, ignorando le richieste di spiegazione della ragazza.

 

 

 

Grimmjow, da fondo tavola non aveva fatto altro che guardare male Alicia per tutta la sera, senza quasi toccare cibo.

Cos’era tutta quella gentilezza improvvisa verso Aizen?

E soprattutto, da quando in qua mangiavano vicini?

Arricciò le labbra in un ringhio silenzioso.

Una cosa era certa, quella donna era davvero bravissima a farlo incazzare.

Nnoitra al suo fianco gli rifilò una gomitata per attirare la sua attenzione.

Grimmjow si voltò verso l’espada.

“Che vuoi?” gli chiese sgarbato.

“Ohè che caratteraccio che hai sempre!” si lamentò quello.

Puzzava di alcool.

Grimmjow arricciò il naso.

“Allora Grim, come prosegue con quella femmina? Concluso qualcosa?” gli chiese malizioso.

Yammy, di fronte a loro, ridacchiò.

“E voi?” li sfidò.

Non aveva alcuna voglia di stare agli inutili giochetti di quei due idioti.

I due si ammutolirono di colpo poi Nnoitra si alzò di scatto afferrando Grimmjow per la camicia.

Il silenzio scese sulla tavolata, tutti i presenti si voltarono verso di loro.

“Dì un po’ cerchi rogne?” lo aggredì.

Grimmjow lo guardò con sguardo di sfida.

Niente di meglio che una bella rissa per sfogare la rabbia.

“Che c’è Nnoitra, ti brucia la verità?” lo provocò.

Quello lo sbatté contro il muro.

Aizen si alzò di scatto.

“Che diavolo fate voi due?” li ammonì.

“Tornate a sedervi immediatamente, guai a voi se rovinate ulteriormente questa festa”.

Grimmjow tornò al suo posto urtando con una spallata l’altro.

Lilinette intervenne.

“Si, si rissa rissa!” gioì.

Stark le rifilò uno scappellotto sulla nuca.

“Non dire cavolate” l’ammonì.

“Che palle che sei fratellone” brontolò.

Lui la guardò male.

Il clima della festa tornò come prima, anche se Aizen aveva un’espressione lievemente contrariata.

Alicia sbirciò verso Grimmjow.

Aveva la schiena poggiata contro lo schienale della sedia, le mani in tasca e un’espressione irritata sul volto.

Forse avvertendo lo sguardo della ragazza voltò la testa.

I loro occhi si incrociarono per un centesimo di secondo.

Alicia distolse lo sguardo quasi subito.

<< E’ sempre il solito attaccabrighe >> pensò.

Possibile che l’unica cosa che sapesse fare fosse comportarsi come un teppista?

Ripensò allo scontro con Ulquiorra.

<< Chissà cosa voleva fare quando ha alzato il braccio >> pensò curiosa.

Aizen si guardò intorno in cerca della bottiglia del vino, vedendola vicino alla ragazza le si avvicinò.

“Potresti passarmela per piacere?” le chiese, indicandola.

Alicia la prese.

“Certo” gli disse porgendogliela.

“Grazie” la ringraziò con un sorriso.

Lei rispose nello stesso modo.

Avvertì uno sguardo omicida trapassarle il cranio con la forza di un tir e sorrise.

Li aveva visti.

Halibel la guardò.

“Stai esagerando Cia” l’ammonì.

“Non rompere Halibel, lasciami divertire per una volta!” l’azzittì.

 

 

 

 

Grimmjow rimase a fissare Alicia sperando che si voltasse di nuovo, ma una nuova ondata di rabbia lo colse quando Aizen le si avvicinò per chiedergli qualcosa e lei gli porse una bottiglia di vino con un sorriso a 45 denti.

Lo faceva apposta o cosa?

Strinse la presa sulla forchetta piegandola a metà.

Rare volte gli era capitato di avere un irrefrenabile desiderio di uccidere qualcuno e quella era decisamente una di quelle volte.

Il desiderio di riempire di botte quel viso sempre falsamente sorridente di Aizen era davvero molto.

Quasi un bisogno fisico.

Strinse i pugni nel tentativo di calmarsi.

Non era da lui quel comportamento.

Normalmente se ne sarebbe sbattuto e invece cos’era quella rabbia che lo consumava?

Anzi non era rabbia, era qualcosa che non aveva mai provato e che lo faceva incazzare ancora di più.

Gelosia.

Una gelosia logorante.

Lui che era geloso?

E di chi poi?

Di un umano?

<< Mi sto rammollendo >> pensò con amarezza.

Si alzò da tavola e si allontanò.

Voleva solo allontanarsi da lì prima di gettarsi su Aizen e ammazzarlo di botte.

Lui e quella maledetta di una donna.

 

 

 

 

Alicia avvertì lo stridio di una sedia e si voltò.

Grimmjow stava abbandonando la sala, le mani in tasca.

Nessuno ci fece caso, troppo preso dalla torta o dagli alcolici.

Un lieve senso di colpa la assalì, ma lo scacciò in fretta.

<< Non devo cedere >> pensò decisa.

 

 

 

 

Grimmjow camminò per un po’ per Las Noches, senza una meta precisa.

Era davvero furioso.

Inviò mentalmente i peggio epiteti in direzione di Alicia.

<< Gliela farò vedere io quanto sia meglio Aizen >> pensò maligno.

 

 

 

 

 

Alicia si alzò da tavola, era davvero stanca.

“Te ne vai di già?” le chiese Halibel.

Era lievemente brilla, come la maggior parte dei presenti, Lilinette compresa.

<< Quella bambina è una spugna >> pensò sconvolta ripensando alla quantità immane di alcool che aveva ingerito, ignorando le lamentele del fratello.

Camminò verso la sua stanza stiracchiandosi e sbadigliando più volte.

Dovevano essere almeno le due passate stando al grado di oscurità che c’era fuori.

Era stata una serata molto proficua: aveva fatto ingelosire Grimmjow ancora di più e si era anche divertita nel farlo.

Imboccò il corridoio che portava alla sua stanza con un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Aprì la porta e accese la luce.

Prima che potesse fare alcunché si ritrovò schiacciata contro il muro.

Sgranò gli occhi dalla sorpresa.

Grimmjow le stava di fronte, una mano che la teneva bloccata al muro per il collo.

“L-lasciamo n-non respiro” boccheggiò.

Ma lui non sembrava avere alcuna intenzione di ascoltarla.

Aveva uno sguardo furioso negli occhi.

“Pe-per favore!” lo pregò, mentre la testa iniziava a girarle per la mancanza di ossigeno.

Lui la lasciò andare, lei si afferrò la gola tossicchiando.

“T-ti è dato di volta il cervello?!” sbraitò.

Lui la guardò duramente.

“Piaciuta la festa?” le chiese.

“Molto”.

“Allora che ci fai qui? L’appartamento di Aizen è da un’altra parte” la provocò.

“Non sono affari tuoi” rispose secca.

Lui la guardò con un sorriso amaro “E invece si”.

“Da quando ti interessa la mia vita privata?” lo provocò.

Lui ringhiò.

“Te l’ho già detto una volta, solo io posso metterti le mani addosso”.

Alicia incrociò le braccia.

“E quando, di grazia, l’avresti deciso?”.

Le si avvicinò “Da quel giorno nel bagno, ricordi?” le disse, facendo un cenno con la testa verso la stanza.

Alicia arrossì lievemente, se lo ricordava eccome.

“Beh se ti può interessare io non ti ho dato il mio benestare”.

Lui rise, una risata arrogante.

“Cosa ti fa credere che io abbia bisogno del tuo permesso?”.

“La legge. E se non la rispetti si chiamano “molestie sessuali” e sono perseguibili dalla legge” rispose secca.

“Io me ne frego della legge. Ottengo sempre ciò che voglio, legge o no”.

Lei alzò un dito per controbattere ma non fece in tempo perché lui le si scagliò addosso.

Lui la bloccò contro il muro, di schiena.

“Adesso scoprirai quanto costa farmi incazzare, donna”.

“Levami quelle manacce di dosso!” sbraitò.

Cercò di liberarsi, ma lui la teneva inchiodata contro il muro.

Le abbassò la lampo del vestito con i denti, iniziando a leccarle e a baciarle la schiena.

Alicia si dimenò cercando di liberarsi.

“Smettila immediatamente!” urlò.

Le si accostò ad un orecchio “Dimenati pure quanto vuoi, non fai che rendere tutto più divertente” le disse malizioso, mordendole il lobo.

“Fanculo!” gli rispose, una nota isterica nella voce.

Lui la colse e ne gioì mentalmente, era ancora meglio se lei non voleva.

Le mordicchiò il collo e percorse la sua spina dorsale con l’indice, lei rabbrividì.

La mano libera scese accarezzandole una coscia e alzandole il vestito.

“Perché non trovi altri modi di affrontare le questioni che non siano menare o saltare addosso a qualcuno?!” ringhiò “Sei peggio di un moccioso immaturo!”.

Le si avvicinò nuovamente all’orecchio “Esatto e proprio come un moccioso ottengo sempre quello che voglio” disse.

“Non con me” ringhiò.

Lui rise.

“Cosa pensi di fare in questa situazione?” la schernì.

“Lasciami andare e te lo mostro”.

Lui rise di nuovo poi la lasciò andare.

Alicia rimase interdetta un attimo, non si aspettava che le desse ascolto.

Si voltò.

Lui la guardò “Avanti fammi vedere” la sfidò.

Lei gli si gettò addosso cercando di colpirlo con calci e pugni, ma lui evitò tutti i colpi.

“Tutto qui?”.

Lei gi si gettò nuovamente addosso facendo finta di volergli tirare un pugno, ma all’ultimo gli rifilò un calcio su uno stinco, mandandolo a terra.

Aveva il fiatone ma almeno era riuscita a colpirlo.

Lui la guardò da per terra, la solita espressione arrogante sul volto.

“Dimentichi una cosa” le disse.

Lei lo guardò con sguardo di sfida “Cosa?”.

“Ho un arto in più”.

Un secondo dopo si sentì afferrare per una gamba e gettare a terra.

Rovinò a terra tirando una culata.

“Ehi, non vale con la coda!” si lamentò.

Lui le salì sopra, immobilizzandola al pavimento.

Alicia rabbrividì, era freddo.

“Mollami” gli ordinò.

Lui le si fiondò sulle labbra, infilandole la lingua in bocca e azzittendola.

Alicia cercò di allontanarlo da se agitandosi come un serpente.

Si staccò dopo poco, le aveva morso la lingua.

“Non sapevo ti piacessero le cose violente” le disse malizioso.

Gli afferrò il viso con entrambe le mani e gli rifilò una testata.

Lui si allontanò di qualche centimetro, illeso e visibilmente divertito.

Lei, invece, si portò una mano alla fronte.

“Ma che cazzo c’hai al posto delle ossa? Marmo?!” si lamentò.

Lui ghignò trattenendosi dal dire una battutaccia su cos’altro della consistenza del marmo avrebbe potuto mostrarle e tornò a baciarla.

Alicia iniziò a tirargli dei pugni contro il petto.

Doveva assolutamente toglierselo di dosso, ma era tutto inutile.

Continuò a dimenarsi nel tentativo di levarselo di dosso, ma senza nessun risultato apparente, se non quello di eccitarlo di più.

Le strappò di dosso il vestito, lasciandola in biancheria intima.

Alicia cercò di coprirsi con le braccia ma lui la bloccò al pavimento.

Si allontanò un po’ per poterla guardare e l’analizzò molto scrupolosamente.

“Scoperto nulla di interessante dalla radiografia?” gli ringhiò contro.

Lui le si avvicinò “No, devo guardare da più vicino” e, prima che potesse obbiettare qualcosa, iniziò a leccarle la scollatura con calcolata lentezza.

Alicia gemette, contorcendosi nel tentativo di sottrarsi a quel contatto.

Quando iniziò a farle anche un succhiotto gli arpionò le spalle.

Le mani le accarezzavano la pelle facendola rabbrividire, mentre la lingua, implacabile, continuava a torturarla.

Le sembrava impossibile che quelle stesse mani che potevano polverizzare chiunque in un nanosecondo e quella lingua spesso velenosa potessero essere tanto sensuali.

Grimmjow risalì percorrendole il collo e fermandosi prima dell’orecchio, una mano che le accarezzava la pancia con movimenti circolari.

“Che c’è?” le sussurrò all’orecchio “Non dirmi che ti piace” la provocò, sfiorandole l’inguine con un dito, quasi l’avesse fatto per sbaglio.

Alicia sospirò.

Le passò la lingua sull’orecchio, assaporandone la consistenza “Vediamo se preferirai ancora Aizen dopo”.

Alicia si agitò.

“S-se lo stai facendo solo per farmela pagare allora puoi anche smettere. Ho mentito, non è successo niente con Aizen!” cercò di rabbonirlo.

Lui le infilò la lingua nell’orecchio, lei gemette.

“Mi spiace, puoi anche piangere ma, per quanto mi riguarda, non mi fermerò” la minacciò.

Alicia fu presa dal panico.

“N-no aspetta! Dico sul serio! Ti chiedo scusa!”.

Lui le aprì le gambe mettendocisi in mezzo.

La fissò con uno sguardo più malizioso del solito.

“Mi spiace ma subirai tutta la mia punizione” le disse iniziando a strusciarglisi addosso simulando un movimento ben preciso.

“C-cosa fai?!” gli chiese sconvolta.

Grimmjow le infilò una mano sotto il reggiseno, azzittendola all’istante.

Alicia iniziò a tremare.

Desiderava solo fermarlo ma, allo stesso tempo, desiderava che continuasse.

I suoi pensieri si fecero confusi, combattuti tra desideri opposti.

Ma, forse per l’età, forse perché si era finalmente resa conto di che bel pezzo di figliolo la stesse molestando, scelse la via indicatagli dagli ormoni impazziti e gli afferrò la camicia iniziando a sbottonargliela con mano malferma.

“Non avevi detto che non me l’avresti più tolta?” la provocò.

Per tutta risposta lei fece correre le mani sui suoi muscoli perfettamente scolpiti.

Grimmjow si irrigidì rabbrividendo appena.

Una mano corse ai pantaloni, sfiorandoglieli.

Grimmjow esultò mentalmente mentre iniziava a sbottonarglieli.

Alicia lo guardò in faccia “Hai intenzione di svignartela anche questa volta?” chiese.

Grimmjow le avvicinò il bacino al suo “Nemmeno se mi prendi a calci” le sibilò.

Alicia sorrise sfilandogli i pantaloni.

 

 

 

 

 

Aizen si alzò da tavola.

“Bene, io vi lascio” disse.

Lilinette lo guardò storto.

“Ma come hai già raggiunto il limite?! Che pappamolle!”.

Stark la prese per i fianchi caricandosela in spalla.

“E’ ora di andare a letto. Hai bevuto abbastanza per stasera”.

Lilinette strillò il suo disappunto, ma Stark la trascinò via.

Piano piano anche tutti gli altri Espada si alzarono, tranne Yammy e Nnoitra.

“Andate pure, rimaniamo noi!” dissero, una bottiglia per mano.

Ulquiorra si accostò ad Aizen.

“E’ il caso di lasciarli fare?” chiese.

Aizen sorrise.

“Lasciali pure divertirsi, da domani non avranno più molte occasioni per farlo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alicia e Grimmjow si gettarono sul letto in un groviglio di membra, i vestiti sparsi un po’ ovunque sul pavimento.

Le mani che correvano veloci sul corpo dell’altro, le bocche che si cercavano, avide l’una dell’ altra.

Ad Alicia sembrava impossibile che stesse succedendo; non sapeva nemmeno lei perché gli stava permettendo di farlo, ma in fondo non le importava.

Dentro di sé aveva sempre saputo che sarebbe finita in quel modo.

Quell’ attrazione che fin dal loro primo incontro l’aveva ingabbiata nella sua rete non poteva che saziarsi con i loro corpi.

Si aggrappò alla schiena del ragazzo,gemendo, quando  avvertì il primo affondo.

Grimmjow le morse il collo, aumentando il ritmo delle spinte.

Alicia reclinò la testa all’indietro.

Grimmjow le si gettò sulle labbra con un gemito roco, iniziando a baciarla con foga, soffocando i rispettivi gemiti, via via sempre più acuti.

 

 

 

 

 

 

 

Alicia si mise a sedere sul letto.

Era convinta che nemmeno dopo la stratorino sarebbe stata tanto esausta.

Si passò una mano fra i capelli arruffati in cerca delle lenzuola, sparite chissà dove.

<< Di certo non si può dire che manchi di resistenza >> pensò guardando con la coda dell’occhio il corpo del ragazzo, sdraiato affianco a lei.

Un braccio le accerchiò un fianco.

“Perso qualcosa?”.

Si voltò verso Grimmjow; il solito sorrisetto stampato sulle labbra, i capelli arruffati e leggermente sudati.

Si liberò dalla presa e scese dal letto, coprendosi con un lenzuolo e iniziando a raccogliere i suoi vestiti dal pavimento.

“Cos’è tutto questo pudore improvviso?” la canzonò.

Lei gli rifilò un’occhiataccia.

“Fa freddo, anche se tu non lo patisci” disse, alludendo al fatto che lui fosse ancora nudo.

Lui ridacchiò.

“Se hai tutto questo freddo perché non torni qui? Ci penso io a scaldarti” le disse malizioso.

Lei lo ignorò iniziando a rivestirsi.

Grimmjow si alzò dal letto e raccolse i suoi vestiti da terra.

Le cinse nuovamente la vita con un braccio e le baciò il collo, Alicia rabbrividì.

“Cioè, ma non ti basta mai?!” commentò contrariata.

Lui rise.

“Ovviamente no, e te ne accorgerai” le disse maliziosamente.

Alicia alzò gli occhi al cielo.

Le si avvicinò all’orecchio.

“Lo sapevo che mentivi riguardo ad Aizen”.

Alicia alzò un sopracciglio.

“Davvero? Perché mi sembravi piuttosto geloso”.

La guardò male.

“Per chi mi hai preso donna? Io non so nemmeno cosa sia la gelosia” disse nel solito tono arrogante.

Alicia gli afferrò la faccia con entrambe le mani e lo costrinse a guardarla negli occhi.

“Te lo dico una volta per tutte Grimmjow, mi chiamo Alicia, non donna. Riuscirai mai a pronunciare il mio nome?”

Grimmjow l’accerchiò con le sue braccia.

“Vedrò cosa posso fare” le disse, baciandola.

In fondo non era stata una cattiva idea farlo ingelosire un po’.

E non solo perché così erano finiti a letto insieme.

<< Dopotutto se non gliene fosse fregato nulla non si sarebbe incavolato così no? >> pensò felice mentre ricambiava al bacio.

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Capitolo 19
*** Gita nella Soul Society ***


Autrice: salve a tutti! scusate il ritardo ma sono stata sommersa dalle verifiche più indegne u______________u

e la prossima settimana è ancora peggio >.>

comunque! grazie ancora per tutti i commenti! mi fanno molto piacere *_*

bene, ora vi lascio perchè devo tornare a cercare di dare un senso  ripassare le disequazioni e le parabole per la verifica di domani @_______________@

buona lettura!!!

 

ps: voglio morire q.q

 

 

Ah quasi dimenticavo! questo capitolo è per te onna ;)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alicia si svegliò e si stiracchiò; un fruscio al suo fianco la fece voltare: Grimmjow dormiva al suo fianco, disteso su un fianco.

Scese dal letto cercando di non far rumore, ma sbatté il piede contro la gamba del letto.

“Ahia porca…!” imprecò fra i denti, iniziando a saltellare sul posto, reggendosi la gamba colpita.

Una risata roca la fece sussultare.

Si voltò, Grimmjow la stava guardando con un espressione divertita, un braccio a reggergli la testa.

“Che diavolo stai facendo?” le chiese.

“Una danza propiziatoria per il bel tempo, non si capisce?” disse ironica.

Lui si portò una mano al viso.

“Sei senza speranze”.

Lei si ricompose, smettendo di saltellare.

“Non è colpa mia, sono i mobili che mi picchiano!”.

Lui sgranò gli occhi poi scoppiò a ridere con la sua solita risata da isterico.

“Si ammazzati di grasse risate, io vado a farmi una doccia” disse dirigendosi verso il bagno.

Lui smise di ridere e la guardò.

“Inutile che fai quella faccia tanto resti li” lo congedò chiudendo a chiave la porta.

Contemplò il suo riflesso allo specchio, una mano corse al collo a sfiorare un grosso segno di un morso.

<< Fantastico, come diavolo lo nascondo questo adesso? >> pensò.

 

 

 

 

Grimmjow si infilò i pantaloni senza abbottonarseli e si sedette sul letto.

Estrasse le sigarette dalla tasca e se ne accese una.

Non c’era niente di meglio che una buona e sana sigaretta dopo una notte come quella passata.

Sorrise soddisfatto; era da tanto che non si divertiva così.

Si passò una mano sulla spalla, sfiorandosi i graffi che le aveva lasciato e il sorriso si allargò.

Rimase a fumare in silenzio ascoltando il suono ovattato dello scrosciare dell’acqua.

Per un momento fu tentato di raggiungerla, anche se si era chiusa a chiave, ma alla fine restò li dove era.

Anche se aveva ottenuto quello che voleva non significava che non si sarebbe più divertito; anzi, il contrario.

Aveva ancora un bel po’ di assi nella manica da sfruttare.

<< Da adesso inizia il vero divertimento >> pensò maligno, passandosi una mano tra i capelli.

La serratura scattò e Alicia comparve sulla soglia, in accappatoio.

Lui la guardò ma lei distolse quasi subito lo sguardo, lievemente rossa in viso, forse per la doccia.

Si diresse verso l’armadio arraffando dei vestiti e tornando di nuovo verso il bagno nel quale si chiuse a chiave.

Si sedette meglio sul letto e aspettò.

 

 

 

 

Alicia indossò l’accappatoio e si guardò intorno.

<< Ma no! Ho dimenticato di prendere i vestiti di ricambio! >> si lamentò.

si diresse alla porta e l’aprì ma si bloccò.

Grimmjow era seduto sul suo letto, i gomiti appoggiati sul materasso, i capelli spettinati, il torso nudo, i pantaloni slacciati e una sigaretta accesa tra le labbra.

Si voltò a guardarla e lei arrossì lievemente.

Senza degnarlo di uno sguardo si incamminò verso il suo armadio e prese i primi vestiti che le capitarono davanti, dirigendosi poi nuovamente verso il bagno e chiudendocisi a chiave dentro.

Appoggiò la schiena contro la porta.

<< Cioè ma in che posizioni si mette?! Manco fossimo in un film porno! >> si lamentò mentalmente.

Decise che sarebbe rimasta segregata in bagno finché non si fosse degnato di rivestirsi come si deve.

 

 

 

 

Grimmjow gettò il mozzicone in terra e si alzò dal letto.

“Beh? Ci sei morta li dentro?” chiese bussando alla porta.

Dopo qualche istante la serratura scattò e Alicia apparve sulla soglia.

Lo guardò, si era rivestito.

<< Deo gratias >> pensò.

“Non posso nemmeno stare in bagno quanto voglio?” disse sorpassandolo.

“Non ho mai capito cosa diavolo fate voi donne in bagno per impiegarci tanto” commentò incrociando le braccia.

Lei si mise a rifare il letto senza rispondergli.

“Anziché lamentarti perché non torni nella tua stanza? O hai intenzione di rimanere a vita qui?”.

Alzò un sopracciglio.

“Che c’è ora che non ti servo più mi vuoi fuori dalle balle?”.

“Non pensi che qualcuno si possa chiedere dove sei finito se viene nella tua stanza e non ti trova?”.

Grimmjow alzò le spalle.

“Chi vuoi che mi venga a cercare di mattina presto?”.

 

 

 

Ulquiorra richiuse la porta della stanza di Grimmjow.

“Dove sarà? Non è da lui svegliarsi presto” disse allontanandosi.

 

 

 

Alicia lo guardò male.

“Quand’è così accompagnami a far colazione, sto morendo di fame”.

Uscirono insieme e si diressero verso le cucine.

Giunti nei pressi della scalinata incrociarono Ulquiorra.

Li guardò entrambi con i suoi occhi verdi poi avanzò verso Grimmjow.

“Ti cercavo” gli disse.

Grimmjow lo guardò male.

“Che vuoi?”.

Si fermò a poca distanza da lui.

“Aizen-sama ha delle informazioni da darci” guardò la ragazza “In privato” aggiunse.

Grimmjow sbuffò poi lo seguì di malavoglia.

Alicia rimase a fissarli andare via.

 

 

 

 

Grimmjow girò verso la sala con il tavolo ma Ulquiorra lo bloccò.

“Dove vai?” gli chiese.

“Nel solito posto no?”.

“Sta volta ci vuole nel laboratorio di Grantz”.

Grimmjow alzò un sopracciglio, cos’era quella novità?

Alzò le spalle e lo seguì.

 

 

 

Alicia mangiò la sua colazione di malavoglia.

Aveva avuto un brutto presentimento non appena Ulquiorra le era apparso di fronte e non sapeva spiegarsi il perché.

Ripensò a quando era svenuta dopo la pausa the con Aizen.

C’era qualcosa che non la convinceva eppure non le aveva fatto nulla.

 

 

 

 

Grimmjow e Ulquiorra entrarono nel laboratorio.

Tutti gli altri Espada si trovavano già lì e sembravano avere tutti la faccia di chi era stato appena svegliato e non sapeva il perchè.

Ulquiorra si affiancò ad Aizen.

Questi fece un passo avanti.

“Miei cari Espada, vi ho riuniti qui per mostrarvi qualcosa di importante”.

Quelli lo guardarono curiosi.

“Fai partire pure il video” disse ad Aporro, che eseguì.

Parecchie immagini apparvero sullo schermo.

“Alicia teneva in mano un libro rilegato in pelle nera.

Gli soffiò sopra per togliergli lo strato di polvere che lo copriva e iniziò ad analizzarlo.

Improvvisamente il libro le cadde e la copertina si strappò rivelando l’immagine di un paesaggio invernale e uno strano simbolo rosso sormontato da cinque lettere”.

Aporrò bloccò le immagini e si voltò verso gli Espada.

Aizen li analizzò uno ad uno assaporando le loro espressioni sorprese.

“E’ quello che sembra?” chiese per prima Halibel.

Aizen sorrise “Proprio lui”.

“Come avete fatto a recuperarlo?” intervenne Nnoitra.

“Abbiamo analizzato la memoria della ragazza”.

Halibel sgranò gli occhi.

“Come avete fatto?”.

“Oh il merito va ad Aporro e alla sua invenzione”.

Aporro si aggiustò gli occhiali sul naso con un sorriso compiaciuto.

“Ora che l’abbiamo recuperato possiamo andare di la e rompere il culo a quel traditore!” esultò Yammy.

“Purtroppo non riusciamo ad usarlo”.

Gli Espada si voltarono di scatto verso Aporro.

“Come sarebbe?” chiese Zommari.

Aizen intervenne.

“Manda l’altro video”.

Aporro ubbidì.

Una bambina sui tre anni apparve sullo schermo. Era imbacuccata in un mantello pesante e arrancava tra la neve alta. Due adulti la tenevano per mano, aiutandola a non cadere. Guardava i fiocchi che le turbinavano intorno con aria felice allungando le manine per prenderli. 

Improvvisamente le immagini cambiarono: la bambina correva tra la neve, una mano che la trascinava nella corsa.

Lei non faceva che voltarsi indietro, piangeva.

Un bagliore rossastro illuminava il cielo.

Voleva tornare indietro ma quella forte mano non faceva che tirarla costringendola a correre per non rimanere indietro.

Ci fu un bagliore rosso improvviso, la bambina urlò coprendosi il volto con la mano libera.

Le immagini si interruppero bruscamente.

Aizen si voltò verso gli Espada.

Avevano tutti delle espressioni a metà tra il sorpreso e il pensieroso.

“Lei…” ruppe il silenzio Halibel.

“E’ Alicia, si”.

Un improvviso chiacchiericcio si sparse tra gli Espada.

Grimmjow era immobile, lo sguardo fisso sul monitor, visibilmente sorpreso.

“E’già stata qui” realizzò.

Aizen sorrise “Già, ma purtroppo non lo ricorda più. Abbiamo prelevato questi ricordi dalla parte inconscia della sua mente”.

“Inconscia? In che senso? E perché le immagini sono così confuse?” chiese Grimmjow.

“Perché sono ricordi che erano stati rimossi” li guardò “Anzi,ad essere precisi, erano stati bloccati”.

“Come sarebbe a dire bloccati?” chiese Nnoitra.

“Perché e, soprattutto, chi li avrebbe bloccati?” intervenne Halibel.

“Ho ragione di credere che quell’uomo sia il nostro caro ammutinato” disse Aizen.

Gli Espada si voltarono di scatto.

“Come sarebbe?” chieso Aaroniero.

“Perché avrebbe dovuto farlo?” aggiunse Stark.

Grimmjow si guardò intorno.

“Piuttosto, dove sono spariti Gin e Tousen? E’ da parecchio che non si vedono più in giro”.

Gli Espada smisero di assediare Aizen con le loro domande e iniziarono a confabulare tra loro.

“E’ vero è da quando hanno portato quella femmina qui che non si sono più visti” disse Barragan.

Gli altri annuirono con la testa, concordi.

Aizen alzò le palme “Su, su calmatevi non c’è bisogno che vi preoccupiate di questo. Si stanno occupando di alcune faccende per mio conto”.

Guardò i presenti.

“I tempi stringono e dobbiamo essere pronti. Mi aspetto la massima collaborazione” fissò lo sguardo su Grimmjow “Da tutti voi” sottolineò.

“Sta per iniziare una nuova era e saremo noi a scriverne la storia” disse sorridendo.

Gli Espada ridacchiarono.

Si voltò verso Grimmjow.

“Voglio che tu faccia in modo che la nostra ospite si fidi di te. Usa i mezzi che vuoi ma cerca di farle ricordare il suo passato, è di vitale importanza per la riuscita della nostra missione”.

Grimmjow serrò i pugni.

“Come volete Aizen-sama” disse, pronunciando il suo nome come se fosse un insulto.

Ecco, quella donna era riuscita nuovamente a incasinargli la vita.

Come se non bastasse aveva pure un oscuro passato.

<< Maledizione a te donna >> pensò con rabbia.

 

 

 

 

Alicia rimase a giocare con la mezza frittella avanzata nel piatto con aria imbronciata.

Grimmjow era sparito da più di un’ora.

<< Di cosa diavolo dovranno mai parlare? >> si lamentò mentalmente.

Mano a mano che il tempo scorreva e il suo disappunto aumentava, infieriva con sempre più rabbia sulla povera e innocente frittella.

Improvvisamente la porta si aprì di scatto e Alicia sussultò sulla sedia.

Grimmjow la guardava dalla porta, un sopracciglio alzato.

“Ti stai allenando ad accoltellare qualcuno?” la schernì, indicando il piatto.

Lei si alzò.

“Si, può sempre servire”.

La guardò impassibile.

“Vatti a mettere qualcosa di pesante, usciamo” disse.

Alicia si portò le mani al petto “Oh che bello, un appuntamento romantico!” scherzò.

Lui le diede le spalle “Muoviti, ti aspetto alle scuderie” disse poi girò i tacchi e se ne andò.

<< E’ un piacere vedere che sei sempre di così buon umore >> pensò sarcastica.

 

 

 

Grimmjow teneva per le briglie l’animale, una sigaretta accesa fra le labbra.

Era di pessimo umore.

D’altronde c’era da aspettarselo; era ovvio che Aizen l’avrebbe usata per i suoi piani.

Erano anni che aspettava l’occasione giusta e ora che l’aveva trovata non se la sarebbe di certo fatta scappare.

Ma perché su dieci Espada proprio a lui doveva affidare quell’umana?!

<< Che scocciatura >> .

Un rumore di passi gli giunse alle orecchie: Alicia arrancava nella neve.

“Cos’è quest’idea improvvisamente magnanima di farmi uscire?” gli chiese.

Lui tirò fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette vuote e lo agitò.

“Capisco… E hai bisogno di supporto morale per andarti a rifornire?”.

“No, ma sai, devo tenerti d’occhio” disse.

Lei sbuffò.

“Ma non avete altri mezzi di trasporti in questo mondo all’infuori di questi mostri mutanti?” si lamentò avvicinandosi.

Grimmjow diede una pacca sull’animale.

“Questi mostri sono in grado di per miglia nella neve alta senza dover fermarsi a riposare, mangiare o bere. Molto meglio di qualunque mezzo meccanico”.

“Wow” si limitò a commentare, iniziando ad arrampicarsi a fatica in sella.

Grimmjow la guardo, ghignò poi le rifilò una pacca sul sedere e aiutandola a salire in sella.

Lei gli rifilò un’occhiataccia.

“Che c’è? Non posso aiutarti?” chiese in tono innocente.

“Non mi serve il tuo aiuto” rispose secca.

Lui rise saltando in sella.

 

 

 

 

 

Viaggiavano da quasi un’ora quando un grosso centro abitato comparve all’orizzonte.

Era pieno di case e una collina svettava nel centro, protetta da una cinta muraria.

“Non è la città dell’altra volta” disse Alicia.

Grimmjow annuì “Benvenuta nella città di Soul Society”.

 

 

“Parcheggiarono” il destriero in un’area apposita e si incamminarono a piedi per le vie.

La città era davvero molto grande e molto caotica, si camminava a fatica da quanta gente affollava le strade.

<< Sembra di essere a New York >> pensò.

Le case erano quasi tutte della stessa altezza e di colore arancione.

Improvvisamente i passanti si divisero in due ale per far passare un gruppo di uomini.

Alicia si sporse oltre la schiena di Grimmjow per vedere meglio.

Erano tutti uomini, indossavano un kimono nero e portavano una katana al fianco.

Strattonò il mantello di Grimmjow “Chi sono quelli?” chiese curiosa.

“Shinigami” rispose secco.

“E’ la prima volta che li vedo dal vivo!” disse entusiasta seguendoli con lo sguardo fino a quando non voltarono l’angolo.

La folla riprese a camminare normalmente.

Si affiancò a Grimmjow “Dove stiamo andando?” gli chiese.

Lui alzò un braccio indicando qualcosa davanti a sé.

Alicia seguì la direzione indicata: stavano andando verso la collina.

Aggrottò la fronte.

<< E’ come se questo posto mi ricordasse qualcosa >>.

 

 

Dopo una decina di minuti giunsero ai piedi di una lunga via in salita; le mura che circondavano la città sulla collina svettavano sui palazzi.

Grimmjow si fermò.

“Perché ci fermiamo?” gli chiese.

“Quella è la Sereitei, il cuore di questa città. E’ li che vivono gli shinigami e solo loro vi hanno accesso” la guardò. “Sei libera di avvicinarti se proprio vuoi, ma se non vuoi essere affettata a colpi di katana te lo sconsiglio”.

Ma lei non lo guardava né lo stava ascoltando.

Aveva la fronte aggrottata e lo sguardo fisso davanti a sé.

Grimmjow la guardò curioso.

“Beh? Che hai?” le chiese, ma non fece in tempo a finire la frase che quella crollò in ginocchio reggendosi la testa con entrambe le mani.

Grimmjow sgranò gli occhi.

“Ehi donna, che ti prende?!” le chiese.

Ma lei non rispose mai alla sua domanda perché cadde a terra priva di sensi.

<< Merda >> pensò, prendendola in braccio e dileguandosi fra le vie.

 

 

 

 

Nevicava e faceva freddo e il mantello le dava fastidio, le impediva i movimenti.

Girò un angolo e si ritrovò davanti ad una cinta muraria altissima.

“Questa è la Sereitei” le stava dicendo una voce gentile.

La bambina non sapeva chi stesse parlando, non lo vedeva in faccia.

Tornò a fissare le mura bianche con ammirazione.

Si voltò verso l’adulto per chiedergli qualcosa.

Due mani le afferrarono il viso.

La bambina aggrottò la fronte.

<< Svegliati >> le disse una voce bassa e sgarbata.

Che fine aveva fatto la voce gentile? La rivoleva.

<< Svegliati! >> le intimò scuotendola.

Alicia riaprì gli occhi di scatto, Grimmjow la sovrastava, le mani intorno al suo viso.

“Che? Cosa?” chiese confusa, mettendosi a sedere.

“Era ora! Pensavo fossi finita in coma!”.

Si guardò intorno: si trovava su un letto in una stanza piuttosto dimessa; le pareti erano mezze scrostate e ricche di crepe.

“Dove diavolo siamo?” chiese disgustata.

“A casa mia”.

 “Come…Las Noches?” chiese confusa.

“Ho detto casa mia, non la mia stanza” la guardò “Siamo in un vecchio capanno fuori città”.

Si portò una mano alla tempia << Che male >> pensò.

“Cosa è successo?” chiese.

“Sei svenuta in mezzo alla strada. Non pensavo che le gite turistiche ti facessero questo effetto” la schernì.

Alicia lo ignorò.

“E’ normale avere come l’impressione di essere già stati in un posto pur sapendo che è impossibile?”.

Grimmjow si mise a sedere meglio sul letto.

“No, ma tu non sei tutta quadrata, quindi direi che è possibile”.

Gli rifilò un’occhiataccia “Non accetto commenti del genere da chi ha i capelli blu e la coda” disse secca.

Si guardarono male per qualche istante.

“Beh, immagino che non debba lamentarmi. E’già tanto se non mi ci hai trascinato per i capelli fino a qui” lo guardò “E che non te ne sia approfittato” aggiunse.

Lui ridacchiò.

“Te l’ho già detto che ti preferisco sveglia e attiva”.

“E a cosa devo questa nobiltà d’animo?” chiese sarcastica.

Le si avvicinò “Non c’è nessun gusto a prendersela con chi non può ribattere”.

“Capisco”.

Si fissarono.

“Come mai abiti in un posto tanto brutto?” gli chiese.

Lui sorrise “Ci abitavo un tempo, ora ci vengo poche volte all’anno”.

“Si vede”.

La guardò male.

“Ci abitavo con la mia banda, quelli si che erano bei tempi!”.

“Immagino a quali attività legali vi dedicavate”.

“Ci divertivamo un mondo. C’era una banda rivale che non faceva che romperci i coglioni; ricordo ancora la rissa con cui li sconfiggemmo”.

Rise di gusto.

Alicia sospirò “Sono incantata. Ma ti prego, non raccontarmi altro. Non voglio finire in galera come persona informata dei fatti”.

Lui rise di nuovo.

“Hai davvero una pessima considerazione nei miei confronti”.

“Chissà come mai” rispose sarcastica.

Lo guardò “Che fine avrebbe fatto questa fantomatica banda?”.

Grimmjow alzò le spalle “Non ne ho idea. Non so che fine abbiano fatto dopo che li ho piantati in asso”.

“Si vede che eravate legati” disse, lui la guardò male.

“Erano solo un branco di umani mollaccioni. Non c’era nessun gusto ad essere il loro capo”.

“Sempre meglio che fare il servo per Aizen” commentò.

Lui ringhiò poi le si gettò addosso, i canini scoperti, la cosa ritta.

“Te l’ho già detto una volta donna, io non sono il servo di nessuno. Ho scelto io di seguirlo. L’ho fatto solo perché mi annoiavo. Vedi di ficcartelo in testa” la minacciò.

Lo guardò male “Potresti gentilmente togliere il tuo dolce peso da me?” gli chiese spingendolo nel tentativo di allontanarlo da sé, ma lui resistette.

“Levati” gli intimò.

Lui la guardò “E io che pensavo che dopo l’altra volta saresti stata più gentile”.

Alicia lo guardò leggermente rossa in viso.

“Se credi che ti permetta di saltarmi addosso tutte le volte che vuoi solo perché l’hai fatto una volta, ti sbagli di grosso!”.

Lui la fissò “Ah la pensi così? E come la metti con quello che abbiamo fatto?”.

“E’stato un caso”.

Lui rise “Un caso? Non mi sembrava molto un caso mentre mi toglievi i pantaloni” le disse malizioso.

Alicia si agitò, arrossendo ancora di più.

“E-ero ubriaca” mentì.

Lui alzò un sopracciglio.

“Assì? Eppure mi sembravi piuttosto attiva per essere ubriaca”.

Alicia andò nel panico, non sapeva più che dire.

“S-si sa che sotto i fumi dell’alcool si fanno tante cose sbagliate”.

Le si avvicinò “Quand’è così vediamo come te la cavi da sobria” le disse malizioso avventandosi sulle sue labbra.

Alicia cercò di spingerlo via, perché doveva avere sempre lui l’ultima parola?

Si staccò dalle sue labbra dopo un po’, per concentrarsi sul collo.

“Smettila…” gli ordinò.

“Non mi sembri molto convinta” le disse mordicchiandole il collo, lei rabbrividì.

Lui le afferrò la camicia iniziando a sbottonargliela bottone a bottone, lo sguardo fisso nei suoi occhi, quasi sfidandola a fermarlo.

E infatti lei ci provò a fermarlo, ma fu tutto inutile.

Capendo cosa volesse fare una volta sbottonata la camicia, gli accerchiò il viso con le mani spingendolo via, nel tentativo di allontanarlo.

Lui le afferrò le mani; una strana luce negli occhi.

Si portò la mano destra alla bocca e iniziò a leccarle le dita, una a una.

Alicia sgranò gli occhi, le sembrava di essere finita in un film porno.

Iniziò a strattonare il braccio “Cosa fai?! Smettila!” strillò.

Lui la guardò con uno sguardo di sfida, poi iniziò a succhiarle l’indice.

Un brivido le corse lungo la schiena mentre quegli occhi color cobalto sembravano aspirarla.

Strattonò nuovamente il braccio e lui la lasciò andare.

Lui sorrise della sua espressione sconvolta.

La afferrò per i fianchi, ignorando le sue proteste, e la mise a cavalcioni sulle sue, aprendo le gambe di modo che i loro bacini si sfiorassero.

Alicia rimase un attimo immobile poi iniziò ad agitarsi nel tentativo di liberarsi, ma lui l’accerchiò con le sue braccia iniziando a baciarle il collo.

“Lasciami andare brutto pervertito!” sbraitò.

Lui la ignorò mordendole il collo e dedicandosi alla sua scollatura.

Alicia gemette.

“P-possibile che tu non sabbia fare altro che saltarmi addosso ogni volta che c’è un letto nei paraggi?” gli chiese.

La guardò “Se vuoi la prossima volta possiamo provare anche altri posti” le disse malizioso.

Il viso di Alicia prese fuoco “I-io non intendevo quello! E poi chi ti dice che ci sarà un’altra volta?!”.

Lui ridacchiò, togliendole la camicia con un gesto brusco.

Lei si dimenò con più forza, puntando le mani contro il suo petto nel tentativo di allontanarsi, ma con l’unico risultato di aumentare il contatto dei loro bacini.

Le leccò un orecchio “Continua pure a dimenarti, non mi da per niente fastidio” le disse malizioso.

“Sei un porc…ah!” cercò di controbattere, ma le impedì di finire la frase perché le infilò la lingua in un orecchio.

Alicia non sapeva più cosa inventare per fermarlo, né era del tutto convinta di volerlo davvero fermare.

Grimmjow portò le mani alla gonna, alzandogliela.

Si maledì mentalmente per non aver messo i pantaloni; almeno sarebbe stato più difficile per lui spogliarla.

“Vorrei sapere perché sono sempre io quella che finisce mezza nuda per prima” gli ringhiò contro.

“Se ti spiace così tanto posso farti compagnia”.

“Perché devi sempre travisare le mie parole?!” si lamentò.

Lui ridacchiò “Perché sennò dove sta il divertimento?” le disse mordendole il collo, lei gli afferrò la camicia.

“Se ci tieni tanto dovrai spogliarti da solo”.

Lui la guardò con uno sguardo di sfida “Voglio proprio vedere per quanto rimarrai di quest’idea” la sfidò.

Alicia stava per ribattere ma lui le tirò via la camicia, accarezzandole dapprima la schiena, le gambe e infine le cosce.

Rabbrividì.

Grimmjow le baciò la spalla destra poi addentò la spallina del suo reggiseno e l’abbassò.

Alicia cercò di fermarlo ma lui glielo impedì.

“Smettila subito!” gli ordinò.

Lui la guardò, un sorriso sulle labbra.

“Le tue battute sono piuttosto limitate, donna” la schernì.

“Perché anziché sprecare fiato inutile non ti dai da fare?”.

Lei rimase zitta.

“Allora? Sto aspettando” le disse.

Lo guardò con sguardo di sfida.

Ridacchiò “Quand’è così ti costringerò a farlo” le disse afferrandole i fianchi e iniziando a strusciarlesi addosso mentre le baciava la scollatura.

Alicia gemette arpionandogli la camicia.

“G-grimmjow!” lo chiamò cercando di farlo fermare, ma lui non l’ascoltò.

Ritentò “Grimmjow…!”.

“Si?” le chiese in tono innocente.

“Per favore…” lo pregò.

Lui scosse la testa “Ah-ah” disse risalendo verso il suo viso.

Alicia aprì la bocca per dire qualcos’altro ma lui iniziò a baciarla, azzittendola, mentre  continuava a strusciarsi su di lei.

La mente di Alicia andò in confusione; come al solito non sapeva se assecondarlo o resistergli.

Il contatto del corpo del ragazzo sul suo le mandava in tilt il cervello, tuttavia non voleva cedere.

Non poteva dargliela sempre vinta!

O si…?

No!

Non voleva che credesse di poterle sempre fare tutto quello che voleva!

Però…

Però in fondo non le dispiaceva.

Non si poteva di certo dire che non le fosse piaciuto la scorsa volta.

Anzi…

E allora?

Perché si ostinava a resistergli con tutte le sue forze?

Forse era per convincersi che in fondo lui era più forte di lei e che quindi non poteva farci nulla?

Era solo una scusa?

O semplicemente le piaceva che lui le saltasse addosso a quel modo?

Approfittando della lotta interiore Grimmjow continuò imperterrito.

Alicia riemerse dai suoi pensieri e gli arpionò la camicia iniziando a sbottonargliela; improvvisamente quella stoffa le sembrava di troppo, quasi fastidiosa.

Lui la guardò, uno sguardo pieno di arroganza e desiderio.

Gli accarezzò il petto seguendo la linea dei muscoli.

La lasciò fare, in fondo era quello che aspettava.

Gli baciò il collo mentre con una mano gli accarezzava un capezzolo.

Grimmjow si irrigidì, stringendola più forte a sé.

La mano scese fino a fermarsi sui pantaloni.

Glieli sfiorò più volte, giusto per torturarlo.

Lui le morse il collo soffocando un sospiro compiaciuto.

Alla fine portò entrambe le mani ai pantaloni e iniziò a sbottonare il primo dei tre bottoni, con accurata lentezza.

Grimmjow emise un mezzo ringhio di impazienza poi l’afferrò per le spalle e la gettò sul letto, mettendolesi sopra.

Si portò una mano ai pantaloni e se li sbottonò con un gesto brusco, quasi con rabbia.

Alicia lo fissò “Cos’è tutta questa fretta?” lo schernì sfiornandogli i pantaloni con un ginocchio.

Lui la fissò, gli occhi accesi come due tizzoni ardenti, si sfilò i pantaloni poi le strappò di dosso gli ultimi vestiti che le rimanevano addosso.

Alicia gli circondò i fianchi con le gambe, avvicinandolo a sé.

Lui la guardò con uno sguardo di sfida “Adesso chi è che ha fretta?” la canzonò.

Lo guardò male e lui ridacchiò.

Le morse sulla clavicola mentre dava il primo affondo.

 

 

 

 

 

Uno shinigami camminava velocemente lungo un corridoio.

Si fermò davanti ad una porta e bussò.

“Avanti” rispose una voce maschile dall’interno.

Lo shinigami entrò e si inginocchiò sul pavimento.

“Perdoni il disturbo comandante supremo, c’è qualcuno che desidera parlarle”.

L’uomo sospirò, odiava tutte quelle inutili smancerie gerarchiche.

“Fallo pure venire” gli disse.

Quello fece un cenno con la testa e uscì.

Dopo qualche istante la porta si aprì e Shinji entrò nella stanza, le mani in tasca.

“Yo Kurosaki! Non ti sei ancora tinto quei capelli assurdi?” lo salutò.

Ichigo lo guardò con finto sguardo di rimprovero, portandosi le mani ai capelli arancioni.

“Lo sai che non funziona Shinji” lo guardò “Allora come ti butta?”.

Quello alzò le spalle “Il solito, quella strega di mia sorella non mi da tregua”.

Ichigo rise “Lo immaginavo” tornò serio “Piuttosto a cosa devo questa visita? Non credo che tu sia venuto fin qui solo per fare due chiacchiere”.

“Che acume signor comandante supremo!” lo sfottè.

Si fissarono.

“Ho delle informazioni che potrebbero interessarti” gli disse con un sorriso furbo.

 

 

 

 

Grimmjow era sdraiato su un fianco e teneva le braccia strette intorno alla vita di Alicia.

Aveva il respiro affannato ed era sudato.

Guardò la ragazza stretta al suo petto con aria soddisfatta.

Come sperava non l’aveva deluso nemmeno quella volta.

Rimasero in quella posizione per qualche minuto, almeno fino a quando i loro respiri non tornarono normali poi lei si staccò, mettendosi a sedere sul letto, Grimmjow invece rimase sdraiato, la coda che ondulava nell’aria.

Alicia raccattò i suoi vestiti e se li rimise.

“Perché hai sempre così fretta di rivestirti?” le chiese.

“Fa freddo” disse lei.

Si mise a sedere anche lui.

“Cos’hai li?” le chiese indicandole la schiena.

Alicia si voltò per guardarsi.

“Ah quella è una voglia” disse.

Grimmjow la sfiorò con un dito, Alicia si ritrasse rabbrividendo.

“Non ce l’avevi l’altra volta” le disse.

“Non l’avrai notata, ce l’ho sempre avuta”.

Lui la fissò nuovamente, era piuttosto insolita come voglia, sembrava più una cicatrice o qualcosa del genere.

Aveva forma circolare e sembrava formare un disegno.

Alicia lo guardò.

“Che c’è,è così strano avere una voglia?” gli chiese.

Lui la guardò, una battutaccia pronta negli occhi.

“Taci” lo prevenì, lui ridacchiò.

“Non mi va di rivestirmi” brontolò.

La fissò “Perché non mi dai una mano?” le chiese.

Alicia lo fulminò con un’occhiataccia.

“Contaci” gli disse.

Lui sorrise rimettendosi la camicia “Ah giusto, tu preferisci toglierli i vestiti” le disse malizioso.

Alicia arrossì lievemente, ma lo ignorò alzandosi dal letto.

Lui ridacchiò.

Si voltò verso Grimmjow, intento a rimettersi i pantaloni.

“Torniamo a Las Noche ora?” gli chiese di malavoglia.

Non voleva tornare già indietro, dopotutto non aveva visto granché la città.

Lui la superò “Devo prima andare in un posto, ho finito le sigarette”.

 “Ah già”.

La guardò “Se non vuoi andartene possiamo sempre rimanere qui, c’è ancora il divano da provare” le disse indicando la stanza adiacente.

Lei arrossì ancora di più “E’ solo che volevo vedere meglio la città” disse, ignorando il suo commento.

Lui si passò una mano nei capelli.

“Che palle, che vuoi che ci sia da vedere? E’ una città come le altre” si lamentò.

Alicia incrociò le braccia.

Lui sbuffò “E va bene” le diede un bacio sul collo “Dopotutto te lo sei meritato” le disse.

Alicia gli rifilò un pugno su una spalla e si diresse verso l’uscita.

Lui la seguì ridacchiando.

<< Sempre più divertente! >> pensò divertito.

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Capitolo 20
*** Un problema per Ichigo ***


 

 

Alicia e Grimmjow camminavano l’uno affianco all’altra.

Alicia non sapeva dove stessero andando ma l’unica cosa che desiderava era allontanarsi da quella squallida periferia.

Le case che la circondavano non erano minimamente simili a quelle che aveva visto in città; erano dimesse, piene di crepe e scolorite.

I negozi erano principalmente composti da locali poco illuminati.

<< Sembra di stare a Noctur Halley >> pensò, guardandosi intorno con fare circospetto.

Non si sarebbe meravigliata se un gruppo di delinquenti fosse sbucato da dietro un angolo per rapinarli.

Un’insegna attirò la sua attenzione.

Era blu e recava la scritta “Bordello”; due donne mezze nude stavano sulla porta e cercavano di convincere a entrare i pochi passanti.

Quando notarono Grimmjow, confabularono tra loro e gli si avvicinarono.

“Ehi bel fusto, che ne dici di entrare? Fa freddo fuori” dissero.

Grimmjow si fermò e le guardò “Magari un’altra volta signore, sono in compagnia oggi” disse, facendo un cenno verso Alicia al suo fianco.

Le due le lanciarono un’occhiataccia a cui rispose nello stesso modo.

“Peccato, torna quando non c’è la tua amichetta allora” dissero prima di allontanarsi.

Grimmjow ridacchiò e si allontanò, seguito da Alicia, a qualche passo di distanza.

Camminava da qualche minuto quando avvertì come un’aura maligna alle sue spalle.

Si voltò, Alicia lo stava guardando come se sperasse di dargli fuoco con lo sguardo.

“Che c’è?” chiese.

“Se ti dispiace così tanto puoi andarci anche subito dalle tue amiche” sibilò.

Grimmjow alzò un sopracciglio “Che c’è sei gelosa?” la sfidò.

Lo guardò male ma poi gli diede le spalle e continuò a camminare.

“No, dopotutto dovevo immaginarlo che frequentassi quel genere di posti” disse secca.

Lui le afferrò un braccio costringendola a guardarlo.

“Che vuoi?” gli chiese brusca.

“Credi davvero che sia quel genere di verme a cui piace sbattersi delle prostitute?” le ringhiò contro.

Lei si liberò dalla stretta e incrociò le braccia.

“Non lo so. Lo sei?” lo sfidò.

“No” ringhiò.

“Bene”.

Si guardarono male per un po’.

“Non capisco come tu possa mettermi sullo stesso piano di gente come quella” l’accusò.

Lei sospirò.

“Beh, viene naturale vedendoti fare il cascamorto con due di loro”.

Lui rise.

“Lo sapevo, sei solo gelosa!” la schernì.

Lei lo guardò male.

“Ti sbagli”.

Le si avvicinò.

“Dillo che ti dà fastidio l’idea che altre possano mettermi le mani addosso”.

“Per niente”.

Alzò un sopracciglio “Ma davvero?”.

“Si”.

Ridacchiò “Quindi se torno da loro non ti dà fastidio?” la sfidò.

Lo guardò con sguardo omicida.

“Ah ah ah! Lo sapevo” le disse.

“Ridi ridi che la mamma ha fatto gli gnocchi” sibilò tra i denti.

Camminarono in silenzio per qualche minuto, lei imbronciata lui tronfio.

Alla fine voltarono in una via e si ritrovarono nuovamente nella città.

Grimmjow si guardò intorno “Eccolo!” disse vedendo un negozio di sigarette.

Alicia lo seguì a distanza.

Aprì la porta e la guardò “Non entri?” le chiese.

Lei non gli rispose e si sedette su uno dei tre gradini che conducevano all’entrata.

“No” disse secca.

Lui ridacchiò ed entrò.

<< Lo odio >> pensò arrabbiata.

Un miagolio attirò la sua attenzione, si voltò, un gatto nero la stava fissando, indeciso se avvicinarsi o meno.

Lei allungò un braccio.

Il gatto la guardò diffidente poi le si avvicinò, le annusò la mano e alla fine si lasciò accarezzare.

Gli fece i grattini dietro le orecchie e quello espresse il suo piacere facendo le fusa.

“Non sai quanto vorrei che anche un gatto di mia conoscenza fosse così docile”.

Il gatto miagolò.

“Non è che puoi parlarci? Magari a te dà ascolto”.

 

 

Grimmjow uscì dal negozio e si bloccò; Alicia era intenta ad accarezzare un gatto.

Le si sedette affianco.

“Pensavo li odiassi i gatti neri” disse.

“Perché dovrei?”.

“Non siete convinti portino sfortuna?”.

“Sono tutte balle” disse.

Il gatto miagolò allontanandosi dalla sua mano e si dileguò.

“Non lo richiami?” le chiese.

“Non servirebbe a nulla, se ne va vuol dire che si è stufato di farsi accarezzare”.

“Che intenditrice”.

“E’ che sono i miei animali preferiti”.

Grimmjow la guardò “Non era il cane il migliore amico dell’uomo?”.

“I cani sono dei lecchini, sempre a fare i gentili con tutti. Preferisco i gatti, sono indipendenti, riservati e fieri” lo fissò “E terribilmente dispettosi” aggiunse.

Lui ridacchiò alzandosi.

“Grazie per tutti i complimenti”.

Si alzò anche lei “Mi riferivo ai gatti, non alle pantere” disse secca.

Grimmjow la guardò, incrociando le braccia “Sono una pantera solo quando ti fa comodo?”.

“Certo”.

Alzò gli occhi al cielo poi si infilò una mano nella tasca interna del mantello e ne estrasse un pacchetto di sigarette.

Se ne portò una alla bocca e l’accese.

“Vedo che ti stai proprio impegnando per farti venire il cancro ai polmoni”.

Lui diede una boccata prima di rispondere.

“Non mi verrà proprio nessun cancro”.

“Come fai a saperlo?”.

La guardò “Ti sei già dimenticata del potere rigenerativo di noi hollow?”.

“Mbè?”.

“Vale anche per le malattie”.

Aprì la bocca per replicare, ma un profondo gorgoglio la precedette.

Grimmjow sgranò gli occhi e lei si portò una mano allo stomaco.

“H-ho fame” disse imbarazzata.

Grimmjow scoppiò a ridere, quasi soffocandosi con la sigaretta.

“Sei uno spasso, donna” disse.

Lei biascicò qualcosa di incomprensibile.

“Sarà bene trovarti qualcosa da mangiare prima che gli shinigami pensino di essere sotto attacco”.

“Idiota” lo insultò, lui rise.

 

 

 

Shinji camminava con le mani in tasca.

<< Mi spiace aver turbato così la tua tranquilla vita da comandante supremo Ichigo, ma dovevo farlo >> pensò.

Era ancora assorto nei suoi pensieri quando vide una figura svettare sulle altre.

<< Grimmjow? Che ci fa qui? >> si chiese sorpreso.

Guardando bene vide che non era solo, la ragazza dell’altra volta lo accompagnava.

Si fermarono davanti ad un negozio, parlarono un po’ alla fine lui comprò qualcosa.

Si diresse verso di loro.

 

 

Alicia si fermò davanti ad un negozio, gli occhi sbarrati dalla sorpresa.

“Una gelateria!” disse sorpresa, appoggiando le mani sulla vetrina.

Grimmjow la guardò << Poi sono io il moccioso >> pensò divertito.

Alicia guardò, c’erano molti gusti che non aveva mai sentito nominare, forse fatti con prodotti di quel mondo, ma molti altri gusti erano uguali al suo mondo.

Lo stomaco le brontolò di nuovo.

Grimmjow la guardò.

“Sa, che gusti vuoi?” le disse infilandosi una mano in tasca.

Alicia lo guardò come un bambino guarda la mamma che ha appena accettato di comprargli le caramelle che tanto gli piacciono.

“Mmh…vediamo…cioccolato e caffè?”.

Lo guardò “No, aspetta. Fa già freddo se prendo il gelato poi mi iberno”.

“Perché?”.

“Come perché, perché è freddo no?”.

Grimmjow la fissò “Nel tuo mondo forse, qui è caldo”.

“Mi prendi in giro” disse.

Grimmjow si voltò verso il bancone “Ehi!” chiamò.

Un uomo apparve “Buongiorno, desidera?”.

“Un cono cioccolato e caffè”.

Grimmjow pagò poi lo porse alla ragazza.

“Prego, controlla pure”.

Lei lo guardò diffidente.

“Se è freddo te lo spalmo in testa” lo minacciò.

Lui alzò gli occhi al cielo.

“Salve!” li salutò una voce alle loro spalle, facendoli trasalire entrambi.

“Shinji, che ci fai qui?” chiese sorpreso Grimmjow.

“Potrei chiederti la stessa cosa io, capelli blu. Comunque sono venuto per affari. Voglio aprire un negozio anche nella capitale”.

Guardò Alicia “L’altra volta non ci siamo presentati, sono Shinji Hirako” si presentò porgendole la mano.

Alicia la strinse “Alicia River, piacere” disse.

“Bene, ora che ci siamo presentati posso anche togliermi dalle scatole, ci vediamo!” li salutò, dileguandosi tra la folla.

“Che tipo strano” commentò Alicia.

“Già” la guardò “Allora non lo assaggi?”.

Alicia diede una leccata, ma si ritrasse subito, una mano sulla bocca.

“Bjugia!” (brucia!) si lamentò.

Grimmjow rise “Te l’avevo detto!”.

“Come è possibile? Da noi esiste il gelato caldo ma più che caldo e lievemente tiepido. Come fanno a farlo bollente senza farlo sciogliere?” si chiese.

Grimmjow alzò le spalle “E che ne so io, non sono mica un gelataio!”.

Alicia ci soffiò sopra per raffreddarlo un po’.

“Siete davvero strani voi dell’Hueco Mundo” disse.

“Pensa a mangiare e non rompere”.

Lo guardò male, poi diede un’altra leccata, cautamente.

Grimmjow la guardava divertito.

“Bene, ora ha una temperatura commestibile” disse iniziando a mangiarlo con gusto.

Grimmjow la fissava.

Alicia lo guardò “Vuoi ashajiare?” gli chiese con la bocca piena, porgendogli il cono.

Lui sorrise “Volentieri” disse e, anziché prendere il cono, prese lei per un braccio e la baciò.

Alicia sgranò gli occhi.

Si staccò dopo un po’ , leccandosi le labbra.

“Si, buono” disse guardandola con uno sguardo malizioso.

Alicia si portò una mano alla bocca, arrossendo.

“M-ma che diavolo fai?!” lo accusò.

Lui ghignò “Ho solo accettato la tua richiesta” disse in tono innocente.

Non gli lanciò il cono dietro solo perché aveva fame.

“Non ti chiederò mai più nulla” disse.

Lui ridacchiò mettendosi le mani in tasca e incamminandosi.

“Vedi di finirlo in fretta, dobbiamo tornare indietro” le disse.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ichigo camminava velocemente attraverso la Sereitei, scuro in volto.

Avvistò l’agglomerato di edifici che cercava, un grosso 12 svettava sulla facciata.

Due shinigami erano di guardia alla porta e, quando lo videro, si inchinarono “Buongiorno signor comandante supremo” lo salutarono.

Quello ignorò i loro saluti “Il comandante è in sede?” chiese.

“Si signore” rispose uno dei due.

“Grazie” li ringraziò sorpassandoli.

<< Maledetto Shinji, mai che porti qualche bella notizia! >> si lamentò mentalmente.

Si diresse verso il laboratorio dove sapeva avrebbe trovato chi cercava.

Entrò senza nemmeno bussare.

“Capitano Kurotsuchi, devo parlarle” disse.

L’uomo si voltò: aveva uno strano elmo che lo faceva sembrare simile ad un ariete e la faccia dipinta di nero.

Ichigo non aveva mai capito perché andasse in giro conciato in quel modo, ma, d’altronde, che il capitano Mayuri Kurotsuchi fosse strano era noto a tutti.

“Oh, comandante supremo cosa la porta qui?” chiese.

“Voglio che controlli una cosa e già che ci sei chiama anche gli altri capitani” disse, avvicinandosi.

 

 

 

 

 

 

Grimmjow e Alicia viaggiavano diretti verso Las Noches.

Alicia rabbrividì, aveva ricominciato a nevicare.

<< Odio il clima di questo posto >> si lamentò stringendosi a Grimmjow.

Arrivarono dopo quello che le parve un secolo.

Scese da cavallo con un balzo, non ne poteva più di cavalcare, aveva mal di schiena.

“Ahia” si lamentò portandosi una mano sulla zona lombare.

Si diresse verso l’uscita delle scuderie, ma un dolore lancinante alla schiena la fece aggrappare con un lamento alla parete.

Grimmjow la guardò “Possibile che ti basti qualche ora a cavallo per distruggerti? Sembri un’ottantenne” la schernì.

Ma lei non gli rispose, un’altra fitta la colpì, cadde su un ginocchio con un lamento.

Grimmjow la raggiunse “Non starai un po’ esagerando?”.

“Non so che mi prende e come se qualcuno stesse cercando di strapparmi la colonna vertebrale!”.

Un’altra fitta la raggiunse e cadde in ginocchio.

“Prima la testa ora la schiena, manca ancora altro?!” si lamentò Grimmjow ma si bloccò, lo sguardo fisso sulla sua schiena.

“Cosa diavolo…?”.

Una luce rosse era visibile da sotto i vestiti.

Si inginocchiò e le scoprì la schiena.

“Che diavolo…fai?” gli chiese Alicia.

Grimmjow rimase senza parole; un simbolo rosso simile a quello che avevano recuperato dalla sua memoria riluceva sulla sua schiena nell’esatto punto in cui c’era la voglia.

Lo osservò era molto diverso e aveva un disegno molto complesso.

Alicia urlò portandosi le mani dove c’era il simbolo, le lacrime agli occhi per il dolore.

“Che…diavolo succede?!” si lamentò.

Era la stessa domanda che si stava ponendo anche l’Espada.

 

 

 

 

 

Aizen guardava Aporro con un’espressione carica di irritazione.

Si trovavano in una stanza completamente vuota del laboratorio.

Il simbolo del portale era stato riprodotto sul pavimento.

Aporro era in piedi, la parte superiore dell’uniforme lacerata e il fiatone.

“Maledizione, non ci riesco!” si lamentò.

Aizen strinse gli occhi “Lo vedo”.

Aporro si avvicinò nuovamente al simbolo, una mano tesa in avanti.

Pronunciò qualche parola in una stana lingua e il portale si illuminò.

“Apriti!” ordinò, ma, nell’esatto momento in cui lo disse, un raggio rosso si levò e lo colpì come una frustata sbalzandolo indietro.

Si portò una mano al petto, già pieno di altre ferite simili, e imprecò.

“E’ come se ci fosse una protezione. Non capisco, l’altra volta che ci abbiamo provato non succedeva”.

Aizen si voltò per uscire “E’ evidente che non riusciremo a forzare la serratura” guardò lo scienziato “L’unico modo è usare la chiave” disse andandosene.

<< Peccato che la chiave non voglia collaborare >> pensò con robbia Aporro.

 

 

 

 

 

 

Alicia si rialzò, il dolore era improvvisamente cessato.

Grimmjow aveva ancora lo sguardo fisso sulla sua schiena, ma il simbolo era sparito e, nell’esatto istante in cui l’aveva fatto, lei aveva smesso di lamentarsi e si era ripresa.

Si voltò verso Grimmjow, ancora con gli occhi sbarrati.

“Puoi anche toglierti qull’espressione, è passato” disse tranquillizzandolo, pensando che fosse preoccupato.

Grimmjow si riscosse, riacquistando subito il suo contegno.

“Bene, torniamo dentro” disse, incamminandosi quasi di corsa verso Las Noches.

Entrati incrociarono Aizen.

Li guardò “Oh ben tornati” li salutò, assumendo il solito sorriso.

Grimmjow lo guardò, Aizen aggrottò un sopracciglio.

“Alicia, ti rubo Grimmjow per qualche minuto” le disse, facendo un cenno al ragazzo di seguirlo.

Alicia annuì, incamminandosi verso la sua stanza; voleva solo mettersi a letto.

Aizen attese che fosse lontana poi si rivolse all’espada.

“Cos’è successo?” chiese.

 

 

 

 

 

 

Alicia si gettò sul letto, era davvero esausta.

Non si poteva di certo dire che quella fosse stata la migliore giornata della sua vita.

Si rimise a pensare alla città di Soul Society.

<< Eppure mi sembra davvero familiare >> pensò voltandosi su un fianco.

 

 

 

 

Aizen guardava Grimmjow con gli occhi spalancati.

Quello che gli aveva appena detto era davvero stupendo.

Rise mentalmente. Tutto stava andando secondo i suoi piani.

“Oggi io e Aporro abbiamo tentato nuovamente di aprire il portale”.

“E…?”.

“E non ci siamo riusciti, come le altre volte del resto” lo guardò “La cosa strana è che il portale si è comportato in maniera strana”.

“In che senso?” chiese.

“E’ come se ci fosse una barriera o qualcosa che lo blocca, che ci impedisce di usarlo”.

“Perfetto” commentò.

“Già, ma ti farà piacere sapere che mi hai appena fornito la soluzione”.

Grimmjow lo guardò “Il simbolo sulla schiena della donna?”.

“Esatto. Anche se per esserne sicure dovremmo averlo sotto gli occhi”.

Lo fissò “Riusciresti a descrivercelo?” gli chiese.

Grimmjow alzò le spalle “L’ho visto solo per pochi istanti e aveva un motivo piuttosto complesso”.

“Non importa, aspetteremo che si rifaccia vivo” gli disse poi si girò e se ne andò.

<< Questa storia non fa che complicarsi ogni attimo di più >> si lamentò imboccando la scalinata.

 

 

 

Alicia rimase sdraiata per qualche minuto, la fronte corrugata.

Per quanto si sforzasse di pensare non riusciva a capire perché la Soul Society le sembrasse familiare; ma, soprattutto, perché appena si concentrava un po’ di più le veniva mal di testa.

<< C’è qualcosa che non mi convince >> pensò.

La porta si aprì e Grimmjow entrò.

“Cosa voleva questa volta?” gli chiese.

Lui alzò le spalle “Solo sapere dove fossimo stati”.

“Capisco. Quell’uomo non riesce proprio a farsi gli affari propri”.

Grimmjow ridacchiò “Ci tiene che i suoi ospiti stiano bene” disse avvicinandosi.

“Vorrai dire i suoi prigionieri, perché è questo che sono”.

Si sedette sul letto.

“A ciascuno il suo”.

“Certo. Vorrei vedere cosa faresti tu nella mia situazione”.

“Io non mi sarei mai fatto catturare”.

“Ovviamente”.

Si mise a sedere sul letto affianco a lei.

“Mi manca il mio mondo, mi manca il mio lavoro, i miei amici, i miei nonni” si lamentò.

La guardò “E i tuoi genitori no?”.

“Sono morti”.

“Ah”.

“Già. Cinque anni fa in un incidente stradale”.

“Cos’è un incidente stradale?” le chiese.

Alicia incrociò le gambe.

“Un incidente tra due dei mezzi meccanici che usiamo noi per viaggiare”.

“Vedi, molto meglio i nostri mostri”.

Alicia sorrise amaramente “Già”.

Guardò la sua espressione triste.

Non doveva essere per niente facile per lei rimanere lì, eppure non si lamentava mai e si comportava normalmente.

Lo guardò “Te li ricordi i tuoi genitori?” gli chiese.

Grimmjow appoggiò le palme sul letto e guardò verso il soffitto.

“No, non molto”.

“Ti dispiace?”.

La guardò “Naa, dopotutto sono cresciuto sano e forte comunque”.

La buttava sul ridere ma aveva una luce triste negli occhi.

Alicia si portò le gambe al petto.

“Vorrei non ricordarmeli anche io, sarebbe tutto più facile”.

“Sbagli”.

Lo guardò.

“Non penso che loro sarebbero contenti che tu li dimenticassi. Io mi incazzerei”.

Si voltò verso di lei “Beh che è quella faccia stupita?”.

“E’ solo che, fa strano sentirti parlare come una persona normale”.

“Tsk”.

“Come hai fatto senza i tuoi genitori?” gli chiese.

“Mi sono arrangiato. Ho vissuto per strada, spesso unendomi a qualche banda”.

“E poi ti sei messo in proprio”.

Lui rise “Si, appena ne ho avuto la possibilità. Ma è stato meno divertente di quanto pensassi”.

“Già, abbasso gli umani mollaccioni!” lo schernì.

Lui ridacchiò.

“Esattamente”.

Alicia guardò il suo profilo. Era il primo discorso serio che facevano da quando si erano conosciuti.

In fondo non sapeva nulla di lui o della sua vita.

Forse quell’atteggiamento spavaldo e arrogante era solo una maschera.

“Hai vissuto durante la guerra vero?”.

“In pratica si”.

“Che brutta cosa”.

“Questione di abitudine”.

“Come mai ti sei unito ad Aizen?”.

Si passò una mano nei capelli.

“Mi annoiavo così mi sono detto massì proviamo”.

“Ci hai mai provato con Halibel?” gli chiese a bruciapelo.

Lui la guardò con un sopracciglio alzato “Perché questa domanda all’improvviso?”.

“Curiosità”.

“No. Non mi piacciono particolarmente quelle più grandi”.

“Meglio corrompere giovani menti”.

Rise “Assolutamente”.

La fissò con sguardo malizioso “Specialmente se umane”.

Alicia si fissò i piedi.

“Non avevo dubbi”.

“Hai vissuto con i tuoi nonni dopo la morte dei tuoi?” le chiese.

Lei annuì.

“Si, ma me ne sono andata appena ho potuto. Non mi andava di pesare oltre sulle loro spalle”.

“Che ragazza responsabile”.

“Vero?”.

“Come è il tuo mondo?” le chiese con una vena di curiosità nella voce.

“Ci sono gli alberi, i mari, i fiumi, le montagne, quattro stagioni, animali normali e umani idioti che inquinano e distruggono il pianeta su cui vivono. Nulla di interessante”.

Lui scosse la testa “Non rende molto detto così”.

“Non particolarmente. Ma forse ti piacerebbe anche se con quei capelli e quella coda avresti vita difficile”.

“Non potrà essere più terribile di qui”.

Alicia lo guardò; chissà cosa avevano visto quegli occhi blu durante la guerra.

Gli si avvicinò.

“Hai mai ucciso qualcuno?” gli chiese.

La guardò “Perché me lo chiedi?”.

“Beh, hai vissuto durante tempi difficili. Era per sapere, ma se non vuoi dirmelo fa lo stesso”.

“No” disse.

Lo guardò un po’ stupita, in fondo se lo aspettava.

“Hai mai desiderato farlo?”.

“Non sai quante volte”.

“Perché non l’hai fatto?”.

“Perché c’è sempre stato qualcuno a bloccarmi”.

“Cosa volevi fare a Ulquiorra quando hai alzato il braccio?”.

La fissò “Hai finito di saltare da un argomento all’altro?”.

Scosse la testa.

“Volevo solo incenerirlo”.

Lo guardò senza capire.

“Abbiamo molte armi nascoste noi hollow” le disse.

“Tipo?”.

Si girò verso di lei.

“Segreto”.

Lo guardò male.

“Inutile che mi guardi così, tanto non te lo dirò”.

Sbuffò.

“Quando è ora di cena?” chiese.

“Ancora?”.

“Ho mangiato solo un gelato, è ovvio che abbia fame” si giustificò.

Grimmjow guardò la sveglia sul comodino.

“Dovrai aspettare sono appena le sei”.

“Uffa”.

La guardò “Che ne dici di occupare il tempo mentre aspettiamo?” le disse malizioso.

Lei lo fulminò con lo sguardo.

“Possibile che non pensi ad altro?”.

Lui rise, stringendola a sé e baciandola.

 

 

 

 

 

 

 

Ichigo guardava i capitani delle altre compagnie, riuniti davanti a lui.

“Perché ci hai fatto chiamare?” chiese gentilmente Unohana.

“Abbiamo un problema. Sembra che qualcuno abbia ritrovato il portale e l’abbia anche usato per giungere qui”.

“E con questo?” chiese scazzato Kempachi.

“Questo qualcuno si trova a Las Noches”.

I capitani sgranarono gli occhi.

“Come sarebbe a dire?” chiese Hitsugaya.

“E’ proprio questo il problema. Penso che sfrutteranno questa persona per passare di là. Dobbiamo stare in guardia ed essere pronti”.

“Era il suo compito. Avrebbe dovuto badare lui che nessuno riuscisse ad arrivare di qua” disse Soi Fon.

“Io l’avevo detto che non era affidabile come custode” intervenne Byakuya.

“Sono sicuro che non l’ha fatto apposta” lo difese Komamura.

“Smettetela. Abbiamo cose più serie di cui occuparci” li azzittì Ichigo.

<< Che maledetto casino! >> si lamentò mentalmente.

 

 

 

 

 

Alicia si staccò dalle labbra di Grimmjow e si appoggiò contro il suo petto.

“Voglio tornare a casa” disse.

Lui sbuffò.

“Come farai una volta tornata a casa?”.

“A fare che?”.

“Come a fare che? Come farai senza il sottoscritto che ti salta addosso? Non avrai più nessuno da menare” la schernì.

Alicia si allontanò di colpo dal suo petto.

La guardò, aveva gli occhi leggermente sgranati.

E’ vero, come aveva fatto a non pensarci?

Una volta che fosse tornata a casa non l’avrebbe più visto.

Sarebbero rimasti nei rispettivi mondi e tanti saluti.

L’idea improvvisamente le fece paura.

<< Perché dovrebbe dispiacermi? Dopotutto è solo un maniaco! >>.

Ma non riuscì a convincersi nemmeno da sola.

Le tornarono in mente tutti i momenti passati insieme, le litigate…

<< Io…cosa provo per Grimmjow? >> si chiese sconvolta.

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Capitolo 21
*** Problemi? Tranquilli, Yoruichi ha la soluzione! ***


Grimmjow guardò Alicia con la fronte corrugata; non capiva perché se ne stesse imbambolata con lo sguardo fisso.

“Che ti prende?” le chiese.

Lei si riscosse e lo guardò “Nulla. Mi è solo venuta in mente una cosa…”.

Alzò un sopracciglio; riuscire a capire cosa le passasse per la testa era pressoché impossibile certe volte.

“E tu?” gli chiese.

Grimmjow la guardò senza capire “E io cosa? Donna sei sicura che quel mal di testa non ti abbia dato di volta al cervello?”.

Lo guardò male.

“Intendevo, e tu come farai senza la sottoscritta che ti mena?”.

“Se lo dicevi così era troppo difficile?”.

Lo guardò di nuovo male.

“Tornerò a fare quello che facevo prima. E poi trovare qualcuno da menare è piuttosto facile” disse.

“Quindi tornerà tutto come prima. Come se non fosse successo nulla?”.

“Cosa dovrebbe cambiare?” la guardò; davvero non riusciva a capire il senso di quel discorso.

“Il fatto che io non ci sia più per esempio?” chiese con una nota d’irritazione nella voce.

“E’ ovvio che non ci sarai più se torni nel tuo mondo. Non ti capisco”.

<< Si, me ne sono accorta >> pensò.

“Non…ti dispiacerà nemmeno un po’ che io non ci sia più?”.

Ecco gliel’aveva chiesto.

Se ne pentì subito; non era sicura di voler sentire la risposta.

“Scusa perché dovrei dispiacermi? Non sei tu quella che non fa che lamentarsi che vuole tornare a casa?”.

Non aveva capito cosa intendesse con quella domanda.

Alicia si alzò dal letto di scatto, Grimmjow la guardò con un’espressione confusa.

“Già, non vedo perché dovresti dispiacerti” disse con la voce incrinata, poi si voltò ed uscì dalla stanza quasi di corsa, mollandolo lì.

Camminava pestando i piedi per terra rumorosamente.

<< Era ovvio che mi avrebbe risposto così no? Cosa mi aspettavo da uno come lui? Che mi abbracciasse dicendomi che avrebbe versato calde lacrime per la mia assenza? >> pensò con rabbia.

<< Un momento, perché me la prendo tanto? Non mi importa un tubo se non gli mancherò, ne mi importa non vederlo più >>.

Sei sicura di pensarla così? Le chiese la solita vocina nella testa.

“Si” disse sicura.

Allora perché ci stai male?

<< Forse perché dopo due mesi passati insieme e dopo essere andati a letto insieme mi aspettavo un minimo di considerazione in più? >> pensò con rabbia.

O è perché ti piace e speravi che in fondo fosse così anche per lui? La sfidò.

Si bloccò << Ti sbagli >>.

Ne sei sicura?

<< Perfettamente. Lui non mi piace, lo odio! >>.

Allora perché stai piangendo?

Alicia si portò le mani agli occhi, erano bagnati.

Quando era scoppiata a piangere? Non se ne era nemmeno accorta!

Sperò con tutte le sue forze che non l’avesse fatto davanti a Grimmjow.

Si portò le mani alle tempie “Basta, lasciami stare!” urlò.

Si odiava e odiava lui.

“Lui non mi piace” cercò di convincersi.

 

 

 

 

Grimmjow rimase seduto sul letto per qualche minuto.

Non riusciva davvero a capire cosa fosse appena successo.

Perché diavolo era scappata così?

E, cosa più importante di tutte, perché aveva gli occhi lucidi?

Aveva come la sensazione di aver sbagliato qualcosa ma non sapeva cosa.

Si portò una mano ai capelli; non ci capiva davvero niente.

<< Ma che diavolo le è preso sta volta? >> si chiese.

 

 

 

 

 

 

I capitani guardavano Ichigo, in attesa.

“Cosa dovremmo fare adesso?” chiese Ukitake.

Ichigo incrociò le braccia.

“Penso che dovremo riportarlo in questo mondo o almeno riuscire a recuperare l’umana”.

Kyoraku intervenne “Come pensi di fare?”.

“Non ne ho idea. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un’altra guerra. Sapevamo delle intenzioni di Aizen fin dall’inizio, ma in tutti questi anni non si era mai rivelato una minaccia così l’abbiamo lasciato in pace. Se solo avessimo fatto più attenzione ora non ci troveremmo in questa situazione disperata”.

I capitani annuirono.

“Il problema è riuscire a metterci in contatto con lui. Non potendo utilizzare il portale non possiamo andare dall’altra parte…”.

La porta del laboratorio si aprì, una donna di colore con lunghi capelli viola entrò “Per quello posso pensarci io” disse, avvicinandosi.

Ichigo sgranò gli occhi “Yoruichi!”.

Byakuya le rifilò un’occhiata glaciale “Come osi interrompere una riunione tanto importante?”.

Lei lo guardò male “Se non l’avessi capito vi sto portando la soluzione” disse secca.

“Come potresti darci una mano? Sai come usare il portale?” la sfidò Kurotsuchi.

Lei scosse la testa “No. Ma ho una via alternativa molto simile” disse con un sorriso furbo.

“Sentiamo” disse Ichigo.

Lei alzò l’indice “Vi aiuterò solo se permetterete che sia io a contattarlo”.

“Non ci pensare nemmeno donna! Ci andrà uno di noi” disse sgarbato Kenpachi.

“Così potrete ammazzarlo di botte perché non ha svolto bene il sui compito?” lo sfidò.

“Va bene” acconsentì Ichigo.

Delle proteste si alzarono dai presenti, ma lui li azzittì.

“E’ l’unica scelta che abbiamo” si voltò verso la donna “Bene, illuminaci” disse.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alicia era seduta per terra, le gambe al petto.

Si era chiusa in una delle tante stanze vuote.

Era confusa.

Non sapeva più che pensare, l’unica cosa che riuscisse a fare era piangere.

Eppure se lo sarebbe dovuto aspettare; anche Halibel gliel’aveva detto: per lui era solo un gioco, non c’era nulla di serio.

Come aveva potuto pensare che tenesse a lei?

Ma soprattutto, perché le dava così fastidio?

<< Non mi piace >> si ripeté.

Continuò a ripeterselo per minuti, come un disco rotto che ripete sempre la stessa strofa.

Ma non riusciva a convincersene del tutto.

Guardò l’orologio appeso al muro: era ora di cena.

Non aveva alcuna voglia di stare in compagnia, men che meno stare nella stessa stanza con Grimmjow.

Lo stomaco le brontolò.

Si asciugò gli occhi con le maniche del vestito e si alzò.

Avrebbe mangiato e se ne sarebbe tornata subito nella sua stanza.

 

 

 

Grimmjow era seduto a tavola; era stato il primo ad arrivare.

Piano piano arrivarono anche gli altri Espada e per ultima anche lei.

La guardò: aveva gli occhi rossi.

Si sedette affianco ad Halibel e iniziò a mangiare senza degnare nessuno di uno sguardo, lui compreso.

Si limitò a dire qualche parola alla sua vicina che la guardava con aria preoccupata e, quando ebbe finito di mangiare, si alzò e se ne andò.

 

 

Alicia si sedette al suo solito posto affianco ad Halibel e iniziò a mangiucchiare qualcosa.

La ragazza la guardò preoccupata.

“Cosa è successo?” le chiese.

“Nulla”.

“Come sarebbe? Perché hai l’aspetto di chi ha pianto a dirotto allora?”.

“Ho gli occhi arrossati, tutto lì”.

La fissò “Non raccontarmi bugie Cia” l’ammonì.

Che palle, non poteva lasciarla in pace?

“Tu cosa farai quando io me ne sarò andata?” le chiese dopo un po’ .

Halibel rimase un attimo interdetta, non si aspettava quella domanda.

“Beh mi dispiacerà un sacco perché non ti vedrò più” disse.

Alicia finì di mangiare quello che aveva nel piatto “Già. E’ così che dovrebbe essere” disse, poi si alzò e se ne andò mollandola li.

Halibel aggrottò la fronte.

<< Cosa le prende? >> si chiese.

Incrociò lo sguardo con Grimmjow e capì.

Strinse la presa sulle posate.

 

 

 

Alicia se ne tornò nella sua stanza e si gettò sul letto.

Voleva solo disconnettere il cervello e non pensare a nulla.

 

 

Grimmjow si alzò da tavola e uscì dalla sala, le mani in tasca.

Avvertì uno spostamento d’aria e si spostò; un pugno lo mancò di un pelo.

Si voltò in guardia ma si bloccò stupito: Halibel gli stava di fronte, uno sguardo carico d’ira negli occhi.

“Cosa hai fatto ad Alicia?” ringhiò.

Lui si rimise le mani in tasca.

“Io nulla, ha fatto tutto lei”.

“Ma davvero? Allora perché è così giù?”.

Alzò le spalle “Che vuoi che ne sappia io, non sono mica il suo psicologo”.

“Non farmi incazzare Grimmjow, cosa è successo?” ripeté.

“Che palle! Ti ho detto che non lo so! Si è messa a parlare che voleva tornare a casa poi mi ha chiesto se mi dispiaceva che tornasse e io le ho detto di no, dato che è due mesi che rompe le balle che vuole tornare. Perché dovrei essere dispiaciuto per lei se torna?!” disse tutto d’un fiato.

Halibel sgranò gli occhi.

No, non poteva essere così idiotamente deficiente.

Non poteva averlo detto davvero.

Ma, soprattutto, non poteva non aver capito il senso di quelle parole.

“Grimmjow tu cosa intendevi con dispiacere?” gli chiese.

Lui la guardò “Intendevo se mi dava fastidio che tornasse a casa, no?”.

Halibel si portò una mano al viso “Possibile che tu sia così stupido? Intendeva se ti saresti dispiaciuto della sua assenza non del fatto che riuscisse a tornare nel suo mondo”.

Grimmjow la guardò “Ah” disse.

“Come si fa a non capire una domanda del genere?!” lo accusò.

Lui si irritò “Ma che diavolo vuoi da me? Che ne sapevo io? E poi con che domande se ne salta fuori quella?!”.

Halibel lo guardò con uno sguardo carico di compassione “Almeno vatti a scusare”.

“Non ci penso nemmeno! Non è colpa mia se non sa parlare!” disse, poi si voltò per andarsene.

“Grimmjow” lo chiamò.

“Che vuoi ancora?” disse brusco, voltandosi.

“Ti mancherà?”.

Lui sgranò gli occhi “Che diavolo di domande mi fai pure tu?”.

“E’ una domanda come un’altra. Allora?”.

“E’ovvio che non mi mancherà. Lei è solo un compito che mi è stato affidato.” la guardò con aria di sfida “Ed è quello che dovresti pensare anche tu. Non penso che ad Aizen faccia piacere sapere che ti sei affezionata tanto a lei. Dopotutto è solo uno strumento per noi, o sbaglio?” le disse,  poi si voltò e se ne andò.

Halibel sospirò.

“Quanto siete difficili” si lamentò.

 

 

 

Grimmjow camminava con aria imbronciata.

<< Ma che diavolo si arrabbia? Che si aspetta da me? Che mi metta a piangere perché se ne tornerà nel suo mondo? Cosa vuoi che me ne importi? >>.

Si accese una sigaretta.

<< E poi come fa a credere davvero che la lasceremo tornare a casa? Probabilmente Aizen la ucciderà non appena non le servirà più o, nella migliore delle ipotesi, rimarrà per sempre nostra prigioniera >> pensò.

Dovette ammettere che la seconda ipotesi gli piaceva di più.

Si bloccò.

Perché l’idea di averla ancora a lungo al suo fianco gli  piaceva tanto?

Perché così si sarebbe potuto divertire ancora un po’.

Certo, ma non era solo quello.

Gli tornò in mente quanto fosse stato geloso di lei.

Perché?

<< Perché lei è mia >>.

Si ma sua perché? E in che senso?

Perché gli dava tanto fastidio che qualcuno potesse metterle le mani addosso?

Perché nessuno poteva azzardarsi a toccare ciò che era suo, ecco perché.

Si ma quando aveva deciso che lei era sua?

Tra tutte le donne tra cui poteva scegliere perché proprio lei?

Perché era umana ed era divertente tormentarla.

Punto. Non c’erano altri motivi.

Era solo un gioco per lui.

Lui non si sarebbe mai e poi mai affezionato a qualcuno.

Non era da lui.

Lui, il solitario Grimmjow cresciuto sulla strada a suon di risse, che si affezionava ad un’umana?

Non esisteva proprio.

Si fermò davanti al corridoio che portava alla sua stanza, fece retrofront e ne imboccò un altro.

Entrò nella stanza senza nemmeno bussare.

Lei era sul letto, dormiva.

La fissò: aveva un’espressione triste.

Ripensò a quando si erano conosciuti.

All’inizio il suo unico scopo era tormentarla, ma poi le cose erano cambiate; aveva iniziato a divertirsi.

E quando era riuscito ad ottenere il suo corpo era stato davvero felice.

Era stato un processo lungo; l’aveva tentata per settimane e alla fine lei aveva ceduto.

Si notava a un miglio di distanza quanto ascendente avesse su di lei eppure si ostinava a fare la ritrosa ogni volta.

Non sapeva che gli rendeva tutto più eccitante.

Terribilmente eccitante.

O forse lo faceva apposta, chissà?

La fissò.

Era la prima persona che lo trattava decentemente (tranne rari casi) da tanti anni.

Forse era addirittura l’unica.

Lui, abituato a essere isolato, disprezzato, odiato e mal sopportato dagli umani che veniva accettato proprio da uno di loro?

La vita giocava proprio degli strani scherzi.

Finì la sigaretta e la gettò in terra.

 

 

 

Alicia si svegliò ma rimase sdraiata con gli occhi chiusi, non aveva voglia di scendere dal letto.

Alla fine si stufò e decise di alzarsi.

Si stropicciò gli occhi e quando li riaprì quasi cadde dal letto dalla sorpresa.

Grimmjow dormiva contro la porta.

<< Cosa ci fa lui qui?! >> si chiese sconvolta.

Che diavolo ci faceva nella sua stanza e, soprattutto, addormentato per terra?

Lo osservò.

Aveva la testa piegata verso destra, le gambe distese e le braccia incrociate.

Rimase a fissarlo per parecchio tempo; non sapeva cosa fare, non voleva svegliarlo.

Non aveva alcuna voglia di parlarci né di affrontarlo.

Di sicuro voleva delle spiegazioni per il suo comportamento della sera prima, ma lei non voleva dargliele; non avrebbe saputo cosa dirgli, ora che non sapeva cosa provava per lui.

Si portò le gambe al petto.

<< Perché devi sempre complicare tutto? >> gli chiese mentalmente.

Tornò a guardarlo; dovette ammettere che lo trovava piuttosto bello.

Ripensò ai loro momenti insieme e arrossì.

Era tutto terribilmente imbarazzante ora che il dubbio di provare qualcosa per lui l’aveva assalita.

<< Maledizione Alicia perché proprio lui? >> si sgridò.

Sospirò.

Non sapeva davvero che fare.

Anche se avesse capito che gli piaceva che avrebbe fatto?

Non poteva di certo andare lì e dirgli “Mettiti con me” come se niente fosse.

<< Ma che diavolo vado a pensare! Non voglio stare con lui >> pensò secca.

<< Farei bene a togliermi questi pensieri dalla testa o quando tornerò a casa starò di merda. Sono solo confusa perché siamo andati a letto insieme. E’ ovvio che mi aspetti qualcosa, ma ciò non significa necessariamente che lui mi piaccia >>.

Grimmjow mugolò, cambiando posizione.

Lo fissò << Chissà se fa le fusa >> si chiese, scoppiando a ridere da sola.

Si passò una mano tra i capelli << Mio dio sono proprio fusa >>.

Si stiracchiò.

<< Uffa con tutti i posti perché proprio davanti alla porta doveva addormentarsi? Così non posso nemmeno uscire >>.

Ripensò a cosa aveva detto la sera prima: “Scusa perché dovrei dispiacermi? Non sei tu quella che non fa che lamentarsi che vuole tornare a casa?”.

<< Per lui non farà nessuna differenza quando non ci sarò più >> pensò, avvertendo la stessa coltellata al cuore che l’aveva colpita poche ore prima.

Scese dal letto e gli si avvicinò silenziosamente.

Lui mugolò nuovamente e lei si bloccò.

Gli si fermò davanti e lo fissò, piegandosi sulle ginocchia.

“Conto davvero così poco per te?” sussurrò a voce.

In fondo non chiedeva molto.

Le bastava sapere che l’avrebbe ricordata.

Non era una gran richiesta dopotutto, no?

Allungò una mano verso i suoi capelli ma si bloccò subito, ritraendola.

<< Che diavolo sto facendo? >> si rimproverò.

Si sentiva un’idiota.

Si lisciò il vestito poi tornò a fissarlo ma si bloccò.

Era sveglio, i suoi occhi blu puntati nei suoi.

“Ah..eh...Ciao” biascicò.

Lui piegò il collo prima da un lato poi dall’altro facendolo scrocchiare.

“Ciao” la salutò.

“Che ci fai addormentato per terra?”.

Si stiracchiò “Il letto era occupato” disse.

“Hai una camera tua. C’è un letto molto comodo anche lì perché non usi quello?”.

La guardò “Vedo che te lo ricordi”.

Lei arrossì capendo l’allusione e gli lanciò un’occhiataccia.

“Seriamente, perché sei qui?”.

“Volevo essere sicuro di trovarti”.

“Perché?”.

“Cosa intendevi con la domanda di ieri?”.

Alicia lo guardò “Quale domanda?”.

“Non ti dispiacerà nemmeno un po’ che io non ci sarò più?” disse, mimando il gesto di “tra virgolette”.

Alicia arrossì “Oh…io…niente” disse alzandosi in piedi.

La fissò “Dimmelo” le ordinò con un tono che non ammetteva repliche.

Alicia si agitò.

Perché le faceva una domanda del genere così all’improvviso?

“Io…intendevo…cioè…se ti m-mancherò una volta che sarò tornata dall’altra parte”.

Grimmjow si passò una mano sul viso.

“Aveva ragione lei allora” disse.

Alicia lo guardò interrogativamente “Lei chi?”.

“Nulla. Lascia stare”.

Corrugò la fronte, confusa.

“Perché lo vuoi sapere?” le chiese.

Lei si grattò la testa, a disagio.

“Beh…perché mi farebbe piacere che la persona con cui ho trascorso quasi due mesi di prigionia serbasse un minimo ricordo della sottoscritta una volta che sarà tornata nel suo mondo” disse sedendosi sul pavimento.

Grimmjow la guardò.

“Hai già Halibel e Nel”.

“Si ma non sono andata a letto con loro” disse secca.

Grimmjow sollevò le sopracciglia.

“Quindi se non fosse successo niente non te ne sarebbe fregato nulla?”.

Lo fissò “No. Cioè penso sarebbe stato lo stesso”.

Che situazione imbarazzante! Quanto avrebbe voluto potersi smaterializzare lontano da lì!

Grimmjow si sedette meglio.

 “Quando mi hai fatto credere che tra te e Aizen ci fosse qualcosa mi hai detto che non dovevo intromettermi nella tua vita privata perché non ne avevo alcun diritto”.

“Esattamente”.

“Perché non ero il tuo ragazzo, hai detto”.

“Già”.

“Ciò significa che, per questo motivo, non potrò ammazzare di botte nessuno che ti si avvicini?”.

“A meno che non voglia stuprarmi o affini, si”.

La fissò “Quand’è così diventa la mia donna”.

Alicia sgranò gli occhi e lo fissò “C-cosa?” chiese sconvolta.

No. No. No. Stava sognando. Non era possibile.

Grimmjow che le chiedeva una cosa simile?

Adesso si sarebbe data un pizzicotto e si sarebbe svegliata.

Non poteva averglielo chiesto davvero!

Lui la fissò con il suo solito sorrisetto “Hai capito bene”.

“I-io ma che…cioè” si bloccò; non riusciva a parlare.

“Perché?” riuscì a chiedere.

“Perché almeno così potrò metterti le mani addosso solo io e tu non romperai le balle”.

“Non mi sembra che te lo impedisca qualcuno” disse sarcastica.

Incrociò le braccia “Che c’è non ti va?” la sfidò.

Lo guardò.

“Io…i-io…” disse.

Lui le si avvicinò e le cinse la vita con le braccia.

“Allora?” le disse iniziando a passarle le labbra sul collo.

Alicia rabbrividì.

“Smettila”.

“Sto aspettando una risposta” le disse, leccandola.

“Non voglio stare con te solo per poterti dare carta bianca. Le persone non si mettono insieme solo per motivi fisici”.

La morse “Invece ce ne sono parecchi”.

“Non mi sembra un ottimo motivo”.

Le leccò un orecchio.

“Non è di certo facendo così che mi convincerai” gli ringhiò contro.

Lui ridacchiò.

 

 

 

 

 

 

 

Ichigo guardava Yoruichi con gli occhi spalancati.

“Puoi davvero fare una cosa del genere?” le chiese.

Lei annuì “Certo, per chi mi hai presa! E poi sarete voi a farlo, io vi insegnerò solo il metodo”.

“Ma come faremo a riportarti di qua?”.

“Oh non preoccuparti di questo. Ci penserà lui in qualche modo”.

“D’accordo. Spero solo che non rimaniate bloccati entrambi dall’altra parte”.

“Figurati” lo tranquillizzò.

“C’è una cosa che non mi torna” disse Hitsugaya.

“Cosa?” gli chiese Ichigo.

“Perché l’umana non ha tentato di scappare in tutto questo tempo? Dopotutto sono quasi due mesi che è qui”.

Gli altri capitani annuirono.

“Dimentichi una cosa” gli fece notare Unohana.

“Cosa?”.

“E’ costantemente sorvegliata da un hollow. Per non parlare degli altri che abitano il palazzo. Non sarebbe mai potuta fuggire senza che non se ne accorgessero”.

“Vero…Ma potrebbe sempre provarci”.

Yoruichi li guardò “Non contateci troppo”.

Si voltarono tutti verso di lei.

“In che senso?” le chiese Ichigo.

“Li ho incontrati un giorno mentre girovagavo per la città e posso dire che…”.

“Cosa?! Li hai incontrati e non hai fatto nulla per riprenderla?!” la sgridò Kenpachi.

Lei lo guardò male “Pensi che non ci abbia pensato? Se l’avessi affrontato e avessi perso cosa sarebbe successo? Avremmo rivelato loro che siamo a conoscenza della situazione e i nostri piani sarebbero andati in fumo. Questa storia è già abbastanza complicata senza aggiungerci anche dei colpi di testa”.

Li guardò uno ad uno “E comunque, prima che mi interrompessero, stavo dicendo che è molto improbabile che lei tenti di scappare”.

“Perché?” le chiese Biakuya.

“Perché tra quei due c’è qualcosa”.

Sgranarono tutti gli occhi.

“Non può essere” disse Soifon.

“Li ho visti baciarsi”.

Il silenzio calò sulla sala; perfino Kurotsuchi aggrottò la fronte, turbato.

Ichigo si portò una mano al mento, pensoso.

“Questo è un problema. C’è la possibilità che lei si metta dalla loro parte, se non l’ha già fatto. Se così fosse sarà molto difficile per noi salvarla”.

“Già. Ma troveremo il modo” lo tranquillizzò Yoruichi.

<< Speriamo…Maledizione ci mancava solo questa! >> pensò con rabbia Ichigo.

 

 

 

 

 

Alicia e Grimmjow si guardarono per un po’: lui strafottente lei irritata.

“Non accetterò un no come risposta” le disse.

“Non mi interessa”.

Ricominciò a giocare con il suo collo.

“Ti ho già detto che non è facendo così che mi convincerai”.

La guardò con uno sguardo di sfida.

Perché doveva provocarlo così? Non poteva dirgli di si e basta?

Allora era vero che voleva solo che le saltasse addosso!

Le portò una mano al viso e iniziò a seguire la linea delle labbra con il pollice.

Le si avvicinò, a pochi centimetri dalle sue labbra “Scommettiamo?” le disse.

Il desiderio di gettarsi su quelle labbra terribilmente invitanti era forte per Alicia, ma resistette. Non voleva cedere così in fretta.

“Sei un malato delle scommesse per caso?” lo sfidò.

Le mordicchiò il labbro inferiore.

“Si, mi piacciono” la guardò “Perché le vinco sempre”.

“Che pallone gonfiato”.

Sorrise.

Fece aderire le loro labbra, ma solo per un centesimo di secondo.

La stava torturando.

E ci stava riuscendo piuttosto bene.

La fissò,godendosi il suo sguardo via via meno fermo.

Adorava quei momenti.

Non c’era niente di meglio che giocare con la preda.

Il suo istinto animale si nutriva di quella sensazione di potere come una pianta della luce solare.

Le passò la lingua sul labbro superiore e lei rabbrividì.

Ancora un po’ e sarebbe caduta nella sua rete.

Le passò le labbra sul collo, con una lentezza esasperante, quasi volesse analizzare ogni centimetro di pelle.

Un sospiro le fece capire che non avrebbe dovuto aspettare ancora a lungo.

Se la stava prendendo con calma, anche se avrebbe solo voluto gettarsi su quel gracile corpo e prendersi quello che voleva con la forza.

Le accarezzò la schiena più volte.

Avvertì le sue mani aggrapparsi alla camicia.

Risalì verso il suo viso e la fissò, una mano che le accarezzava il collo.

Lei rabbrividì nuovamente, tuttavia restò immobile.

Resisteva ancora.

Le mordicchiò il lobo dell’orecchio e lei inclinò la testa da un lato.

Si spostò verso la sua guancia, seguendo il profilo del mento.

Evitava volontariamente di avvicinarsi alle sue labbra.

Lei chiuse gli occhi per un istante poi li riaprì, gli afferrò il viso con le mani e lo baciò.

Grimmjow urlò mentalmente di gioia, assecondando la lingua della ragazza.

L’afferrò per i fianchi, avvicinandola.

Avvertì le mani correre alla sua camicia e iniziare a sbottonargliela.

Aveva fretta.

Le afferrò le mani, bloccandola.

Lei si staccò dalle sue labbra e lo guardò interrogativamente.

“Non mi hai ancora dato una risposta” la sfidò.

Non l’avrebbe fatta continuare fino a quando non avesse ottenuto ciò che voleva; perché lui otteneva sempre quello che voleva.

Gli rifilò un’occhiataccia.

Le passò la lingua sulle labbra.

“Non ti permetterò di continuare a meno che non mi rispondi”.

Rimase a guardarlo male per un po’, alla fine sospirò.

“Al diavolo, e va bene!” ringhiò.

Lui sorrise compiaciuto e le si gettò addosso.

Alicia gli levò la camicia in un colpo solo, facendogli saltare più di un bottone.

“Ma quanta fretta…” la schernì.

Lei non rispose procedendo verso i pantaloni.

“Poi chi è che diceva che non voleva una relazione solo fisica?”.

Alicia lo guardò male.

Lui rise, iniziando a toglierle il vestito.

 

 

 

 

 

Ichigo guardò i capitani “Bene, potete andare” li congedò.

Komamura fece un passo avanti “Come la mettiamo con i due capitani assenti?” chiese.

“Li informerò personalmente quando rientreranno in sede”.

Rimase da solo con Kurotsuchi; incrociò le braccia << Guarda te se dovevano andarsene proprio in un momento simile >> si lamentò uscendo dal laboratorio.

 

 

 

Due uomini in kimono avanzavano lungo una strada in salita, diretti verso la Sereitei.

Le guardie poste all’ingresso, riconoscendoli, gli lasciarono il passaggio.

“Bentornati singori capitani” li salutarono, quelli risposero con un cenno della testa.

Imboccarono un porticato.

A metà si bloccarono, un ragazzo con capelli biondi e un ciuffo che gli nascondeva metà faccia gli stava andando incontro.

“Capitano Tousen, capitano Ichimaru!” li chiamò.

I due si fermarono.

“Cosa c’è Izuru?” chiese Gin.

Kira si fermò davanti a loro “Il comandante supremo vi cerca. Vorrebbe parlarvi”.

“Allora sarà bene non farlo attendere” disse Gin sorpassandolo, seguito dall’altro shinigami.

“Grazie per avercelo riferito Izuru” lo ringraziò Gin.

“Dovere, capitano” disse inchinandosi.

 

 

 

 

 

Grimmjow e Alicia erano avvinghiati, mezzi nudi, l’uno all’altra, le bocche unite, le mani intente a percorrere il corpo dell’altro.

Improvvisamente Alicia si sentì prendere in braccio e sbattere contro il muro, le gambe intorno al bacino del ragazzo.

Si staccò dalle sue labbra “C-cosa fai?” chiese agitata.

Lui la fissò con gli occhi in fiamme “Tu pensa a tenerti” le disse con un tono terribilmente malizioso.

Alicia sbiancò appena, capendo cosa volesse fare.

 

 

 

 

Aizen guardava l’immagine di Gin e Tousen in un grosso schermo.

“Che cosa intendi fare?” gli chiese Gin.

“Lasciamoli pure fare” disse.

“Sei sicuro? Non sarebbe meglio fermarli?” gli chiese Tousen.

“State tranquilli, lui non è una minaccia per noi. Procederà tutto secondo i nostri piani, vedrete” li tranquillizzò.

Li guardò “Ora sarebbe meglio che torniate ai vostri compiti di capitani, non vorrei che il nostro caro Ichigo si insospettisse” disse con un sorriso, interrompendo la comunicazione.

<< Occupatevi pure d’alto, ci renderete solo tutto più facile >> pensò, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

 

 

 

 

Alicia si aggrappò alle spalle di Grimmjow, piantandogli le unghie nella pelle.

Avvertì la sua lingua leccarle con accurata perizia la scollatura e gemette, serrando le gambe intorno ai suoi fianchi.

Gli circondò il collo con le braccia quando avvertì le prime spinte, gemendo.

Lui le morse il collo, con un suono roco.

“Sei…un mani…aco!” lo accusò.

Lui le leccò il collo “Tu no, invece?” le sussurrò all’orecchio,con una voce più roca del solito, aumentando il ritmo.

Alicia gli piantò le unghie nella schiena.

Grimmjow non le diede pace nemmeno per un istante, continuando a far correre la lingua su ogni centimetro di pelle che riuscisse a raggiungere, facendo aumentare i suoi gemiti.

Non riusciva a capire perché non riuscisse a star lontano dal corpo di quella donna.

La fame che provava verso di lei sembrava insaziabile, per quanto la sfogasse.

I suoi lamenti non facevano che eccitarlo di più, spingendolo ad aumentare sempre di più le spinte per sentirli crescere d’intensità.

Avvertì la presa della ragazza farsi più stretta sulla sua schiena.

Il contatto con quel corpo caldo e morbido lo mandava fuori di testa, risvegliando in lui quell’ istinto animale che sempre era stato il giudice delle sue azioni.

Le morse il collo con forza quando capì di non resistere più.

 

 

 

 

Ulquiorra si fermò davanti alla porta e bussò, una voce lo invitò ad entrare.

“Mi avete chiamato Aizen-sama?” chiese.

L’uomo lo guardò “Voglio che tu faccia una cosa per me” gli disse.

 

 

 

 

Alicia appoggiò la testa sulla spalla di Grimmjow, aspettando che il respiro tornasse a essere regolare.

Lui, invece, le passava distrattamente le dita sul segno del morso che le aveva lasciato sul collo.

Erano seduti per terra, l’uno contro l’altra.

Alicia rabbrividì, iniziava ad avere freddo.

“Hai già freddo?” la schernì.

Lei si strinse al suo corpo, caldo, ignorando il suo commento.

Adorava quei momenti, avevano qualcosa di intimo.

“Sei davvero un animale” lo accusò scherzosamente.

“Lo so” disse in tono malizioso.

Lo fissò “Non intendevo in quel senso!” ringhiò.

<< Cioè anche però non era quello che intendevo >> aggiunse mentalmente.

“E allora cosa intendevi?” le chiese.

“Che non si fa così con una povera ragazza solo per farle dire quello che vuoi. Cattivo micio!”.

Sorrise “Non mi sembra ti sia dispiaciuto così tanto…”.

Lo guardò male “Perché devi sempre ragionare per doppi sensi?” lo accusò.

Alzò le spalle “Così”.

“Tsk”.

Lo fissò, con una strana espressione.

Lui alzò un sopracciglio “Che c’è?”.

“Posso provare una cosa?” chiese.

Sorrise “Tutto quello che vuoi” le disse maliziosamente, ridendo poi della sua occhiataccia.

Alicia alzò le braccia e gliele portò dietro le orecchie.

“Che fai?” le chiese curioso.

“Lasciami fare” gli intimò, iniziando a fargli dei grattini.

Lui si ritrasse “Che diavolo fai?”.

“Se stessi fermo lo sapresti!”.

La lasciò fare.

“Grazie” disse, ricominciando, lui chiuse gli occhi.

Si staccò dopo un po’, stufa.

Grimmjow riaprì gli occhi “Soddisfatta?”.

“Si” disse in tono irritato.

Lui sorrise “Mi spiace per te donna ma non faccio le fusa”.

Alicia arrossì lievemente “Ero solo curiosa”.

Rise “Quante volte te lo devo dire che non sono un gatto?!” le disse, stringendola a sé.

Alicia si godette la sua vicinanza, non aveva alcuna voglia di allontanarsi da lui.

<< Okay, forse un po’ mi piace >> ammise.

 

 

 

ANGOLO SPIEGAZIONI :

*parte la sigla del tg1*

Autrice: buonasera, benvenuta alla prima edizione del TGY

Grimmjow: che diavolo è il TGY???

Autrice: Tele Giornale Yuki, no?

Grimmjow: *portandosi una mano al volto* a posto...

Atrice: *azzittendolo con un pugno* Come dicevo, benvenuti alla prima edizione del TGY, la rubrica dedicata ai messaggi della sottoscritta per voi lettori

Alicia: perchè diavolo l'hai chiamato TG se è una rubrica? non ha alcun senso

Grimmjow: *riavutosi* non ha trovato un nome più decente

Autrice: *scaricandogli un mitra addosso* uh, scusate, mi è caduta la mano...

Al/Grim: COME SAREBBE A DIRE "CADUTA"?!?!?!?!

Autrice: *portandosi una manoa all'auricolare* sicurezza? potrebbe sgombrare lo studio per favore? grazie

*appare Yammy vestito da bodyguard che prende di peso i due e li trascina via*

Autrice: bene, torniamo a noi! Voglio darvi alcune informazioni: la prima: il gatto nero che Alicia ha accarezzato era Yoruichi, la seconda...

Ulquiorra *apparso dal nulla* si era capito perfettamente anche senza il bisogno di dirlo

Autrice: *cadendo dalla sedia per lo spavento* e tu da dove diavolo sei uscito?!??!!?

Ulquiorra: sono stato qui fin dall'inizio

Autrice: non è vero! non ti ho visto!

Ulquiorra: stai divagando

Autrice: vero >_< Allora! Dicevo: seconda informazione: vi chiedo scusa se sto postando con un pò più di distanza del solito in questo periodo ma sono sommersa da verifiche.

Terza informazione: sto scrivendo un'altra fanfic (questa volta di raiting rosso) i cui personaggi saranno Grimmjow e Hichigo, che spero posterò a breve *__*

Grimmjow: UN'ALTRA FANFIC SU DI ME?!?!!? QUANDO TI AVREI DATO IL PERMESSO DI FARLA?!!?!? E CON UN UOMO PER DI PIU'!?!!

Alicia: non sapevo avessi certe tendenze...

Grimmjow: INFATTI NON CE LE HO!!! TU, DANNATA TI AMMAZZO!!!

Autrice: su su, calmo. Comunque ti ricordo che sei un mio sottoposto quindi posso fare di te ciò che volgio *risata malefica*

Grimmjow: NON MI SEMBRA DI AVERTI DATO IL PERMESSO!!

Autrice: invece si

Grimmjow: e dove sarebbe scritto?

Autrice *tirando fuori il contratto* proprio qui, la scritta in piccolo

Grimmjow: *afferrando il foglio e avvicinandolo a 2 mm dal naso per leggere la scritta* Io, con la presente firma, dichiaro di lasciare carta bianca all'autrice e di impegnarmi a seguire ogni suo desiderio, assicurando la partecipazione SICURA e INCONTRASTATA anche ad altre fanfic.

TU! MALEDETTA!! NON VALE! E' VIOLAZIONE DELLA LIBERTA'!

Autrice: *impassibile* carta canta bello mio

Grimmjow: *tirando fuori (da non si sa bene dove) la zampakutou* DIGRIGNA....

Autrice: AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!

Alicia: *allontanandosi* te la sei cercata...

 

 

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Capitolo 22
*** La missione di Yoruichi ***


Aizen guardò Ulquiorra “Hai capito?” gli chiese.

“Si Aizen-sama”.

“Bene. Mi aspetto il massimo allora, quando sarà il momento”.

Ulquiorra annuì poi uscì dalla stanza.

<< Manca poco ormai >> pensò Aizen, con un sorriso compiaciuto.

 

 

 

 

 

Yoruichi era in piedi e guardava i capitani.

“E così è questo?” chiese Ichigo, impressionato.

Yoruichi indicò con il pollice lo strano portale dietro di lei, molto simile ad una grossa cornice di legno.

“Ascoltatemi molto bene: questo è il Senkaimon, il portale che conduce all’altro mondo. Ovviamente è una copia imperfetta di quello vero, ma andrà più che bene per il nostro scopo. Attraversare questo portale non è un problema e proseguire fin dall’altra parte è piuttosto facile” li guardò uno ad uno.

“Il problema è il tempo. Questo portale non può rimanere aperto a lungo altrimenti le conseguenze sarebbero catastrofiche” li fissò nuovamente “Il tempo massimo è di quattro minuti” disse.

Un coro di commenti la investì.

“Come sarebbe?”.

“Ma è un limite di tempo troppo esiguo!”.

“Come pensi di farcela a passare dall’altra parte in così poco tempo?”.

Alzò le palme delle mani “Non dovete preoccuparvi di questo; corro molto veloce. Il problema qui non sono io, ma voi”.

“Noi?” chiese Ichigo.

“Si, perché sarete voi a doverlo tenere aperto, o meglio uno di voi, e vi assicuro non è una cosa così facile. Per questo vi ho portato qui”.

Sorrise “Avanti chi vuole imparare ad usarlo?” chiese allegra.

 

 

 

 

 

 

Alicia lasciò che l’acqua calda della doccia le scivolasse addosso, gli occhi chiusi.

Chissà cosa stava facendo Grimmjow di la? Conoscendolo, si stava di sicuro fumando una sigaretta.

Grimmjow…

Ripensò a cosa le avesse chiesto.

Ora era la sua donna, come diceva lui.

Chissà cosa significava davvero per lui quel titolo…

Chiuse il rubinetto e si voltò per prendere l’accappatoio...che non c’era.

“Merda” disse. Si era dimenticata di prenderlo.

Uscì dalla doccia e si strinse le braccia intorno al corpo, iniziando ad avere freddo.

Guardò la porta con astio, ma alla fine l’aprì di qualche centimetro, quel tanto che bastava per far sbucare la testa.

Grimmjow era seduto sul suo letto, una sigaretta in bocca.

“Ehm…Grimmjow?” lo chiamò.

Lui si voltò “Che c’è?” chiese brusco.

Che strano, non stava fumando.

“Mi passeresti l’accappatoio per piacere? Sto congelando…”.

Sbuffò e si alzò dal letto, dirigendosi verso l’armadio.

Alicia rabbrividì.

<< Che freddo >> pensò.

“Tieni” le disse porgendoglielo, lei glielo strappò quasi di mano indossandolo subito.

“Grazie” lo ringraziò tirandosi su il cappuccio, che le arrivava fino a metà faccia.

Avvertì una mano calda sul suo viso e alzò lo sguardo di scatto.

Grimmjow la stava guardando.

“Ehm…che c’è?” gli chiese in imbarazzo.

Grimmjow sapeva che tra poco la guerra sarebbe iniziata e che lei avrebbe dovuto collaborare, volente o nolente.

Presto ci sarebbero stati solo scontri e battaglie.

Di sicuro non avrebbero avuto più molte occasioni per stare insieme, né, tanto meno, per fare certe cose con lei.

Le portò il pollice sulle labbra.

Cosa sarebbe successo dopo?

Dopo che Aizen avrebbe portato a termine la sua missione.

Probabilmente si sarebbe sbarazzato anche degli Espada, insieme a quella donna, ormai inutile.

Di sicuro gli shinigami avrebbero fatto di tutto per fermarli e per salvare lei.

Era incredibile come quella semplice umana fosse tanto importante per entrambe le fazioni.

In quei due mesi si era abituato ad avercela sempre affianco, era diventata una cosa quasi normale, naturale.

Ma presto tutto sarebbe cambiato.

Finalmente avrebbe potuto dare sfogo al suo desiderio di combattere.

Quel desiderio che l’aveva spinto ad unirsi ad Aizen.

Il desiderio intrinseco nel suo essere di sfidare avversari sempre più forti, di dimostrarsi il più forte, il re.

Sentire le ossa dell’avversario rompersi sotto i suoi colpi e l’adrenalina infiammargli le vene come fuoco liquido.

Guardò l’umana.

Lei non poteva nemmeno immaginare in che situazione si fosse cacciata.

Di come sarebbe stata usata per i fini di Aizen.

Non immaginava nulla lei.

Forse, se fosse stata furba, avrebbe provato a scappare.

Ma sarebbe stato tutto inutile, dove sarebbe potuta andare, prigioniera in un mondo sconosciuto, o meglio, dimenticato?

Il suo destino era segnato e nemmeno lo immaginava.

Se ne stava lì a guardarlo con sguardo confuso con i suoi innocenti occhi verdi, senza sapere che probabilmente non avrebbe rivisto mai più i suoi cari.

“Grimmjow…?” gli chiese, perplessa.

Aveva uno strano sguardo negli occhi Grimmjow, uno sguardo che non gli aveva mai visto e che la turbava.

Perché restava lì a fissarla come se temesse che potesse evaporargli tra le mani da un momento all’altro?

Gli circondò il viso con le mani.

“Che succede?” gli chiese, preoccupata.

Grimmjow si riscosse e la guardò negli occhi, a lungo.

“Nulla” disse monocorde.

Lei continuava a fissarlo preoccupata.

Nessuno l’aveva mai guardato così prima; era come se lei volesse proteggerlo, o qualcosa di simile.

Un’umana che voleva proteggere lui?

Lui che avrebbe potuto ucciderla con un colpo solo, se solo avesse voluto?

Che cosa ridicola.

Quella donna rimaneva davvero un mistero per Grimmjow.

Non capiva perché, nonostante la trattasse sempre male e le saltasse addosso ad ogni occasione lei non lo odiasse.

Era una cosa strana per lui non essere odiato.

Lui che ci era cresciuto nell’odio, che ci si sentiva al sicuro come un bambino tra le braccia della mamma.

Ma negli occhi di quella donna non c’era la minima ombra di odio.

Era uno sguardo diverso, che mai aveva visto e che lo confondeva.

Non era abituato ad essere trattato umanamente Grimmjow.

Per lui esisteva solo l’istinto.

Faceva quello che voleva, come voleva, quando voleva.

Stop.

Non c’era spazio per altro.

O per altri.

Il suo mondo era costruito sulle fondamenta della solitudine.

Ma poi era arrivata lei a cambiare tutto.

A incasinargli la vita.

Alicia aggrottò la fronte: non capiva cosa stesse succedendo.

Non era da lui rimanere impalato a fissarla, specialmente quando era in accappatoio.

Non che si aspettasse che le saltasse addosso, ma diciamo che sarebbe stato da lui.

E invece rimaneva impalato, il pollice sulle sue labbra.

Aprì la bocca per fargli una domanda ma non fece in tempo perché lui azzerò in un secondo la distanza che li divideva e fece aderire le loro labbra.

Alicia sgranò lievemente gli occhi; non la stava baciando nel solito modo arrogante e rude, quasi famelico, come faceva di solito.

Era…diverso.

Gli appoggiò le mani sul petto e, malvolentieri, si staccò da lui.

“Grimmjow cosa succede?” chiese preoccupata.

Lui la guardò; che diavolo era quello sguardo preoccupato che aveva negli occhi?

Riacquistò subito il solito contegno strafottente, prima di rispondere.

“Se non l’avessi ancora capito, donna, si chiama ‘baciarsi’” la prese in giro.

Lei gli rifilò un’occhiataccia “Non intendevo quello, genio, so benissimo cosa stavi facendo” disse, arrossendo lievemente. “Intendevo cosa c’è che non và. Mi sembri…turbato”.

Grimmjow alzò un sopracciglio “Io turbato? Ma sei cieca donna?”.

Alicia strinse gli occhi; possibile che si fosse sbagliata?

“Già, dimenticavo di parlare con colui che è al di sopra di ogni turbamento umano” disse secca, iniziando a spingerlo fuori dal bagno “Ora sloggia, devo asciugarmi” disse.

Ma lui resistette, afferrandole le braccia e bloccandogliele lungo i fianchi.

Lo guardò male “Che diavolo stai facendo?” lo accusò.

Possibile che non riuscisse a stare buono per più di cinque minuti quando erano insieme?

Le si avvicinò al collo e Alicia si tirò indietro.

“Grimmjow, mi sono appena fatta la doccia, ci terrei ad asciugarmi e vestirmi” disse piccata.

Lui la guardò, il solito sorriso stampato in faccia.

“Togliti subito quel sorrisino dal muso e sloggia” ringhiò.

Lui rise, lasciandola andare.

Alicia gli passò affianco, diretta verso l’armadio.

Lo aprì e iniziò a prendere alcuni vestiti solo che nel farlo ne fece cadere alcuni in terra.

Sbuffò e si piegò a raccoglierli.

Una mano le afferrò un fianco e lei voltò la testa di scatto.

Grimmjow era dietro di lei, e sorrideva.

“Che diavolo fai?” gli chiese agitata.

Non sapeva perché ma aveva un brutto presentimento.

Le si avvicinò all’orecchio.

“Non è colpa mia se assumi certe posizioni davanti a me. Per di più in accappatoio” le sussurrò.

Alicia arrossì violentemente.

“C-come sarebbe!?” chiese quasi istericamente.

Quella posizione l’agitava, molto.

Lui ridacchiò poi iniziò a leccarle il collo, stringendo la presa sul suo fianco.

Alicia iniziò a tremare.

“Smettila” gli ordinò.

Grimmjow colse la nota di agitazione nella sua voce e ne sorrise mentalmente.

Le afferrò anche l’altro fianco e se l’avvicinò, iniziando a strusciarlesi contro.

Alicia sgranò gli occhi, terrorizzata: aveva capito quali fossero le sue intenzioni.

Andò nel panico, non era decisamente pronta per quello.

“Grimmjow…Smettila per favore!” disse con voce isterica.

Lui le morse il collo.

“Che c’è hai paura Alicia?” la provocò.

Dovette ammettere che sentirsi chiamare per nome da lui era piuttosto strano però, porca miseria, aveva ben altro a cui pensare!

“Grimmjow…per favore…d-devo rivestirmi…” cercò di convincerlo.

Aveva paura Alicia, una paura bestia.

Per tutta risposta Grimmjow le infilò una mano nell’accappatoio, iniziando ad accarezzarle la pancia e la scollatura.

Alicia gemette, suo malgrado.

Stava morendo di paura al pensiero di cosa intendesse farle ma, allo stesso tempo, era terribilmente eccitata.

Grimmjow se ne accorse, così come si accorse di quanto fosse più sensibile del solito.

Le si avvicinò all’orecchio “Che c’è? Mi sembri piuttosto tesa” la schernì.

“Vaffanculo” gli ringhiò contro.

Rise.

Poi le tirò via l’accappatoio, iniziando a baciarla sulla schiena.

Alicia si inarcò lievemente al passaggio di quelle labbra tremendamente morbide.

Grimmjow le accarezzò le cosce e lei rabbrividì.

Si portò una mano ai pantaloni e se li aprì, mentre con l’altra continuava ad accarezzare il corpo della ragazza.

Quando Alicia avvertì il fruscio dei pantaloni di Grimmjow che finivano in terra, si aggrappò con tutte le sue forze a un ripiano dell’armadio.

Tremava.

Grimmjow le percorse la schiena con le labbra, avvicinandosi al suo orecchio.

“Rilassati” le sussurrò lievemente divertito e terribilmente eccitato.

 

 

 

 

 

Yoruichi guardò Unohana “Hai capito?” le chiese, lei annuì.

“Bene, allora proviamo” le disse.

Si posero davanti alla grossa cornice.

“Aprilo” le ordinò.

Unohana annuì poi tese le mani in avanti e chiuse gli occhi, concentrandosi.

Aggrottò la fronte nello sforzo.

Improvvisamente il nero all’interno della cornice vibrò, come fosse liquido, e iniziò a vorticare.

“Ottimo, così!” la incitò.

Unohana si concentrò maggiormente e un puntino bianco iniziò ad espandersi in mezzo al nero.

Iniziò a sudare.

Yoruichi poteva capirla perfettamente.

Riuscire a stabilizzare il flusso di quel portale non era affatto facile, nemmeno per un capitano.

Lei stessa ci aveva messo un po’ ad imparare a farlo.

E anche lei era stata capitano.

Unohana ritrasse le mani, affannata.

Il portale tornò immobile e nero come la pece.

Ci sarebbe voluto un po’ per imparare a usarlo.

Ichigo si fece avanti “Posso provare io” disse.

Unohana lo guardò “State indietro comandante supremo. Lei è troppo importante, non è bene che si stanchi inutilmente. Non sappiamo cosa potrebbe succedere. Aizen potrebbe attaccare da un momento all’altro” sorrise. “Mi sono offerta io per farlo e ci riuscirò, non importa quanti tentativi dovrò fare”.

“Ma voi siete il capitano del reparto medico, ci servite intera” continuò preoccupato Ichigo.

Era quello il difetto di Ichigo: era sempre troppo iperprotettivo verso tutti, anche verso chi non ne aveva bisogno.

Unohana sorrise “Oh ci sono i membri della mia compagnia, non vi mancheranno le cure mediche” disse conciliante.

Ichigo fece un passo indietro, tornando insieme agli altri capitani.

Yoruichi sorrise: era una gran donna Unohana.

Si voltò nuovamente verso il portale e allungò le mani, tornando a chiudere gli occhi.

Di nuovo il nero all’interno di quella sottospecie di cornice vibrò iniziando a lasciare il posto ad un puntino bianco, che si allargava via via sempre di più.

Unohana aggrottò la fronte.

Improvvisamente una forte luce bianca accecò i presenti.

Il portale era completamente bianco e risplendeva.

“Ottimo lavoro!” la elogiò Yoruichi.

Unohana sorrise, abbassando le mani.

“Ora devo imparare a renderlo stabile per quattro minuti” disse.

Ancora poco e quel portale sarebbe stato utilizzabile; dovevano solo avere un po’ di pazienza.

 

 

 

 

Alicia si aggrappava così forte al ripiano che le sembrava impossibile non gli fosse ancora esploso fra le mani.

Teneva le labbra serrate, per non fare fuoriuscire nemmeno un gemito, anche se non era affatto un’impresa facile.

Il petto di Grimmjow, appoggiato sulla sua schiena le infiammava la pelle.

La bocca sul suo collo la faceva rabbrividire.

La sua lingua la faceva impazzire.

Certo che era davvero un maniaco Grimmjow.

Non che gli dispiacesse, però ciò non toglieva che lo fosse.

Cosa pensava di fare? Di saltarle sempre addosso con quel ritmo?

Voleva consumarla o cosa?

Va bene che lui sembrava non patire la minima stanchezza ma, insomma!

Non potevano mica passare tutto il tempo in camera!

Non che ad Alicia desse fastidio, però insomma…

Grimmjow diede un affondo più forte degli altri ed Alicia scappò un gemito.

Alicia strinse ancora di più la presa sul ripiano, cercando di darsi un contegno, ma senza grandi risultati.

Grimmjow le morse il collo, dando un ultimo affondo.

 

 

 

 

 

Yoruichi fissava il cronometro che aveva in mano e il portale ad intervalli regolari.

Riusciva a tenerlo aperto quasi per un minuto adesso.

“Penso che per ora possa bastare capitano Unohana. Non è il caso di sforzarsi tanto in una volta sola” le disse.

Quella abbassò le braccia volentieri; ansimava.

“Ce la farò, vedrete” disse.

Yoruichi e i capitani annuirono.

Ichigo Guardò Yoruichi.

“Mi chiedevo una cosa” disse.

I presenti si voltarono verso di lui, attenti.

“Cosa?” chiese.

“Come farai a trovarlo una volta andata dall’altra parte? Quel mondo è ancora più esteso del nostro e molto più popolato”.

Tutti guardarono Yoruichi, in attesa; anche Gin e Tousen.

Lei alzò le spalle “Penso di sapere dove sia. E comunque, anche se non fosse dove penso riuscirò a trovarlo, non temete” li rassicurò.

Sorrise “Non è mai stato molto bravo a non farsi trovare da me, nemmeno da bambino”.

 

 

 

Grimmjow si allontanò da Alicia ansimando.

Lei si voltò, appoggiandosi all’armadio, non era sicura di avere la forza di rimanere in piedi senza un sostegno.

Grimmjow la guardava, un’espressione soddisfatta sul volto.

<< E ci mancherebbe anche! >> pensò con rabbia Alicia.

Lo guardò con uno sguardo irritato.

Le si avvicinò, cingendole la vita con i fianchi “Che c’è, non dirmi che non ti è piaciuto” le disse malizioso.

Alicia gli rifilò un pugno sul petto “Sei un maniaco!” lo accusò.

Lui rise “Pensavo l’avessi capito ormai”.

“Cos’è? Hai intenzione di usarmi per provare tutte le posizioni esistenti?” gli ringhiò contro.

Lui rise nuovamente, poi la guardò “Anche se fosse?” la sfidò.

Alicia lo fulminò.

“Non ho intenzione di passare tutte le mie giornate rinchiusa in camera con te” disse secca.

“Come? E io che pensavo ti piacesse! E poi non ci sono solo le camere…” disse nel suo solito tono malizioso.

“Spiritoso! E comunque non ho detto che non mi pia…” si bloccò.

Cosa diavolo andava a dirgli?! Ci mancava solo che gli desse ragione!

Lui sorrise “Scusa, potresti finire la frase?” la provocò.

Lei gli rifilò un altro pugno sul petto “No che non la finisco la frase! Non c’è niente da finire!” disse, arrossendo.

Grimmjow la guardava divertito.

Si allontanò da lui e raccolse il suo accappatoio da terra.

“Ma davvero? Perché mi sembrava che volessi dire che non ti è…”.

“Pensa quello che vuoi” gli ringhiò contro, entrando nel bagno e sbattendosi la porta dietro, chiedendola a chiave.

“Quando uscirò da questo bagno voglio che tu sia sparito, chiaro?!” urlò contro la porta.

Lo sentì ridere.

“Vai al diavolo” sibilò fra i denti, buttandosi nuovamente sotto la doccia.

 

 

 

 

 

 

Uhohana era concentrata, le mani nuovamente tese in avanti.

Erano rimaste da sole, lei e Yoruichi.

Gli altri capitani erano tornati ai loro doveri e sarebbero stati chiamati solo quando il portale sarebbe stato utilizzabile.

<< Andiamo maledetto portale, non abbiamo tempo da perdere >> pensò con rabbia.

Doveva imparare a tenerlo stazionario, a tutti i costi.

Yoruichi doveva passare dall’altra parte, il prima possibile.

Ogni ulteriore indugio era un punto a favore di Aizen.

Non poteva permetterlo.

Aveva accettato per dimostrare che non era buona solo a curare al gente.

Ne andava del suo orgoglio.

Yoruichi la guardava preoccupata, ma senza dire niente.

Era una sua scelta e doveva rispettarla.

Ci tentò per ore, fino a pomeriggio inoltrato, senza fare la minima pausa, ma alla fine ci riuscì.

Yoruichi controllò sul cronometro: quattro minuti esatti.

“Ce l’hai fatta” disse.

Unohana crollò in ginocchio, il fiato corto.

“Già…fammi riposare cinque minuti e poi chiamerò gli altri capitani” disse.

Yoruichi la guardò “Tranquilla, il portale non scappa. Prenditi pure tutto il tempo che ti serve”.

Unohana la guardò severamente “Non abbiamo tempo da perdere” disse secca.

“Si, ma nemmeno la tua salute”.

Si guardarono.

“Cinque minuti” ribadì.

“Come vuoi”.

 

 

 

 

 

Ichigo camminava svelto, seguito dagli altri capitani.

Giunti nella sala dove era stato ricostruito il portale si fermarono.

Le due donne erano in piedi, in attesa.

“Siamo pronte” esordì Yoruichi.

Ichigo annuì.

Li guardò “Devo portare qualche messaggio in particolare?” chiese.

“Si, digli che appena lo abbiamo tra le mani gli rompiamo il culo a quel custode da strapazzo” disse Kenpachi.

Yoruichi lo ignorò, fissava Ichigo.

“Lo sai che non è detto che accetti di tornare” lo avvisò.

“Lo so perfettamente, ma è davvero troppo importante per noi. Devi convincerlo a tutti i costi”.

Yoruichi fece un cenno a Unohana, che annuì, mettendosi in posizione.

“Un’altra cosa. Voglio che distruggiate il portale non appena si sarà richiuso. Non vorrei che Aizen ne venisse in possesso” disse.

Ichigo annuì “Ci penserò personalmente”.

“Bene” disse, voltandosi.

Il portale si aprì, inondando la sala di una forte luce bianca.

Yoruichi si portò una mano alla tempia “Allora a presto!” disse, poi corse verso la luce e sparì.

<< Spero davvero che sia così>> pensò, nervoso.

 

 

 

 

Alicia uscì dal bagno con circospezione, ma, stranamente e fortunatamente, Grimmjow non c’era.

L’aveva ascoltata, per una volta.

<< Ottima scelta >> .

Si sedette sul letto, strofinandosi i capelli con il cappuccio.

<< Niente di meglio che una doccia calda >> pensò soddisfatta.

 

 

 

Yoruichi correva verso un punto distante davanti a lei.

<< Devo fare in fretta >> si incitò, aumentando la velocità.

L’interno del portale era completamente bianco, tanto che le sembrava di correre nel nulla.

Pregò che Unohana riuscisse a mantenere la connessione per il tempo necessario.

Eccola, la luce si avvicinava.

Ancora poco ed era fatta.

Uscì nel momento esatto in cui il corridoio bianco dietro di sé iniziava a richiudersi.

 

 

 

 

Unohana crollò al suolo, in ginocchio.

Respirava a fatica.

Ichigo la soccorse.

“Stai bene?” le chiese preoccupato.

Lei lo guardò sudata ma sorridente “Ce...l’ho fatta” disse.

Un coro di sospiri sollevati si levò dai capitani.

Ichigo la strinse “Ottimo lavoro, brava” le disse.

Ora erano nelle mani di Yoruichi.

<< Ti prego, trovalo in fretta >> pensò.

 

 

 

 

 

 

Yoruichi si guardava intorno.

Doveva essere finita in quello che pareva un giardino.

Udì dei rumori e si nascose dietro un albero.

Una coppietta le passò affianco, chiacchierando allegra, senza notare la sua presenza.

<< Sarà meglio mimetizzarsi >>.

 

 

 

 

Ichigo rinfoderò la sua zampakutou e si allontanò dalle rovine del portale.

“Ora sarà meglio pensare a come organizzarci” disse ai capitani.

 

 

 

Un uomo sulla sessantina, con capelli bianchi e occhiali, camminava tranquillo lungo una strada, una borsa della spesa tra le braccia.

Fischiettava una canzoncina allegra.

Si mise una mano in tasca estraendone delle chiavi con le quali aprì la porta dell’ edificio davanti al quale si era fermato.

Prese l’ascensore e scese al quarto piano.

Aprì la porta del suo appartamento e si diresse, al buio, verso il tavolo della cucina, sul quale appoggiò la spesa con un sospiro soddisfatto.

Un miagolio gli arrivò alle orecchie e si guardò intorno.

Un gatto nero era appoggiato sul davanzale della sua finestra, la coda penzoloni e gli occhi gialli piantati nei suoi.

Accese la luce.

“Come ci sei arrivato fin quassù?” gli chiese.

Il gatto lo guardò quasi severamente, poi saltò giù dal davanzale e gli si avvicinò.

“I gatti saltano piuttosto in alto, dovresti saperlo” gli disse.

Una persona normale sarebbe scappata via urlando vedendo un gatto parlare, ma il vecchio non fece una piega.

“E’ piuttosto maleducato introdursi in casa di qualcuno quando questi non è presente” lo rimbeccò.

Il gatto ridacchiò, saltando sul tavolo.

“Non ti ho mica buttato giù la porta a calci Signor O’Neill” disse.

Il capo di Alicia si sedette su una delle sedie del tavolo.

“Come hai fatto a trovarmi tanto in fretta?” gli chiese.

“Non sei mai stato bravo a nasconderti” gli rispose.

“E poi da dove hai tirato fuori il nome O’Neill?” gli chiese.

Lui alzò le spalle “L’ho sentito in non so più quale film e mi è piaciuto così tanto che l’ho preso in prestito” guardò il gatto “Ci sono molte tecnologie interessanti in questo mondo”.

si aggiustò gli occhiali sul naso “Come sei arrivato qui?” gli chiese.

“Senkaimon”.

Sospirò “Lo immaginavo”.

Lo guardò “Potresti tornare alla tua forma? Non so mai se rivolgermi a te al maschile o al femminile quando sei così”.

Il gatto lo guardò poi piano piano tornò all’aspetto di donna.

“Grazie” la ringraziò.

Yoruichi si appoggiò al tavolo.

“E tu che ne dici di tornare al tuo aspetto?”.

Si portò una mano agli occhiali “No, penso che rimarrò così ancora per un po’”.

La fissò “Immagino che tu non sia venuta fin qui per fare due chiacchiere in allegria con un tuo vecchio amico, o sbaglio?”.

Yoruichi annuì “Infatti sono qui per farti rimediare ai casini che hai combinato”.

 

 

 

 

 

 

Ichigo guardava i capitani.

“Presto dovremmo combattere e dovremmo farlo al meglio. Il nostro obbiettivo primario ovviamente è la ragazza, dobbiamo salvarla a tutti i costi” li fissò.

“Il secondo è Aizen”.

Li guardò uno a uno “Mi aspetto la massima collaborazione da voi. Gli avversari che dovremmo affrontare non sono facili e dovrete dare il massimo per non farvi ammazzare” li fissò duramente “Non perdonerò a nessuno di non tornare sano e salvo a casa” disse.

Era fatto così Ichigo: non voleva mai che nessuno si facesse male, anche se sapeva molto bene che era molto probabile che qualcuno di loro non sarebbe tornato.

Ma lui non voleva pensarci, avrebbe preferito mille volte combattere da solo piuttosto che fare rischiare la vita agli altri, ma sapeva che non era possibile.

Non erano dei mocciosi sprovveduti, erano dei capitani, se la sarebbero di certo cavata.

Non doveva dubitare di loro.

Che comandante è uno che non ha fiducia nei suoi uomini?

“Mi aspetto che vi alleniate in questo periodo di stallo e che stiate sempre allerta. Non sappiamo quando il nemico attaccherà”.

I capitani annuirono, gravemente.

“Bene, potete andare” li congedò.

Gin e Tousen sorrisero.

Ichigo non poteva di certo immaginare che il nemico era gia tra loro, nascosto e pronto all’attacco.

 

 

 

 

Il signor O’Neill guardava Yoruichi, una mano a reggergli il viso.

“Immaginavo che sarei dovuto tornarci un giorno” disse.

“Se fossi stato più attento, non avresti mai dovuto prenderti questo disturbo” lo sgridò la donna.

L’uomo la guardò “Non l’ho mica fatto apposta. Avevo preso tutte le contromisure necessarie, gli avevo perfino bloccato i ricordi così che non riuscisse a usare il portale”.

“Ma l’ha fatto lo stesso”.

“Già…E’davvero una ragazza straordinaria”.

“Già…Ma non ha molto giudizio in fatto di uomini”.

La guardò “Perché?”.

“Sta con un Espada”.

L’uomo si fece scuro in volto.

“Questo non è proprio una bella cosa” disse secco.

“E’ la stessa cosa che ha detto Ichigo”.

“Ichigo?”.

Lo guardò “Ah giusto, manchi da quasi quindici anni quindi non puoi saperlo. Hai presente quel mezzo hollow dai capelli arancioni?”.

“Quello con una forza mostruosa?”.

“Lui. E’comandante supremo ora”.

“Wow. Beh d’altronde c’era da aspettarselo. Con un padre come Isshin non poteva che essere così”.

Risero entrambi.

“Immagino che dovremo tornare di là al più presto”.

Yoruichi annuì.

“Così come immagino che dovremmo scontrarci con Aizen e i suoi amichetti”.

“Esatto”.

Si alzò in piedi e si stiracchiò.

“Un po’ di movimento mi farà bene dopo tutti questi anni di inattività” disse allegro.

Aveva un conto aperto con Aizen e l’idea di regolarlo gli faceva piuttosto gola.

“Quand’è così diamoci una mossa” disse Yoruichi.

L’uomo la guardò “Dammi un po’ di tempo, devo prima occuparmi di alcune faccende” disse, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

 

 

 

 

 

 

Alicia si incamminò verso la sua stanza, la pancia piena.

La cena era stata più buona del solito quella sera.

Eppure c’era qualcosa che la turbava; aveva come la sensazione che ci fosse qualcosa nell’aria. Qualcosa di brutto.

<< E’ solo un’impressione >> si disse.

Avvertì dei passi veloci dietro di lei e si voltò: Grimmjow veniva verso di lei.

Aggrottò la fronte, contrariata.

“Perché scappi via subito, appena finisci di mangiare?” si lamentò.

“Perché amo essere rincorsa e importunata da te, ovviamente” disse tagliente.

La guardò “Divertente”.

Alicia aprì la bocca per ribattere ma si bloccò, un dolore lancinante la colpì alla schiena.

Urlò, cadendo in ginocchio.

<< Non di nuovo! >> si lamentò mentalmente.

 

 

 

Yoruichi e il signor O’Neill guardavano il grosso portale rosso che si era disegnato sul pavimento.

“E così è questo?” chiese.

L’uomo annuì.

Gli si avvicinò ma un raggio rosso si alzò e gli si scagliò addosso.

Lo evitò al pelo.

“Cosa diavolo succede?” chiese Yoruichi, sorpresa.

L’uomo si aggiustò lo zaino che aveva in spalla.

“E’ solo la protezione, è normale che faccia così”.

“Si ma come diavolo faremo a usarlo se fa cosi?!” sbraitò la donna.

L’uomo sorrise “Yoruichi cos’è questa bassa stima? L’ho inventato io questo portale quindi è ovvio che sappia anche come aggirarne i sistemi di sicurezza” disse.

“Non mi sembra proprio” disse secca.

La ignorò, lo sguardo fisso sul portale.

<< Bene, la protezione almeno funziona ancora >> sospirò << Ma è ora di forzarla >> pensò serio.

Si avvicinò al portale, illuminato di rosso “Perdonami Alicia, questo farà un po’ male” disse.

Yoruichi lo fissò.

Pronunciò alcune frasi incomprensibili e il simbolo vorticò, come se fosse stato fatto di fuoco liquido, cambiando piano piano disegno.

 

 

 

Alicia urlò, la schiena in fiamme.

“Che diavolo ti prende?” le chiese Grimmjow, gli occhi sbarrati.

Il fenomeno di quella volta si stava ripetendo, anche se con più intensità, questa volta.

Alicia continuava a lamentarsi, le mani strette sulla schiena illuminata di rosso; il simbolo dell’altra volta visibile attraverso i vestiti.

Improvvisamente qualcosa mutò nella geometria del simbolo.

<< Che diavolo sta succedendo? >> si chiese Grimmjow.

All’improvviso Alicia smise di urlare e si rizzò in piedi.

Grimmjow la guardò confuso.

Aveva gli occhi aperti ma era come se fossero spenti, distanti.

Allungò le mani davanti a sé.

 

 

Il signor O’Neill allungò le braccia davanti a sé.

Yoruichi lo guardò, in attesa.

Nella mia mano destra la pietra che unisce i mondi...”

 

 

Alicia iniziò a parlare in tono monocorde “…nella mia mano sinistra la lama che lega l’esistenza…”

 

 

Yoruichi fissava il vecchio senza capire esattamente cosa stesse facendo.

“…Pastore dai capelli bruni…”

 

Grimmjow aveva gli occhi sbarrati, incapace di capire cosa stesse succedendo.

 “…sedia dell’impiccato. Giunge una cortina di nubi…”

 

 

“…E io colpisco l’ibis crestato” concluse. E, nel momento esatto in cui lo fece, il portale si aprì con un suono simile ad uno strappo, dando vita ad un’apertura ovale sul pavimento.

Si voltò verso Yoruichi e le allungò la mano.

“Vogliamo andare?” disse.

 

 

 

Alicia finì di recitare quella strana filastrocca e tacque per qualche secondo.

Il simbolo che aveva sulla schiena brillava di rosso, illuminando il corridoio per parecchi metri.

“Ti ordino di aprirti” sussurrò.

Un’esplosione rossa accecò l’Espada, costringendolo a coprirsi gli occhi con le braccia per non rimanere accecato.

 

 

Ci fu un bagliore rosso e Yoruichi e il signor O’Neill sparirono.

 

 

Quando Grimmjow si tolse la braccia da davanti agli occhi poté vedere cosa fosse successo.

Alicia giaceva svenuta in terra, il pavimento intorno a lei sembrava esseri fuso, quasi fosse stato investito da un’ondata di calore.

“Che diavolo ha appena fatto?” si chiese sconvolto.

Le si avvicinò e se la caricò in braccio.

Il simbolo era sparito, esattamente come l’altra volta.

Si voltò, ma si bloccò.

Aizen lo stava fissando.

<< Da dove diavolo è sbucato? >> pensò con rabbia.

Guardò prima lui poi la ragazza tra le sue braccia e infine il pavimento fuso.

“A quanto pare qualcuno ha deciso di tornare tra noi stasera” disse con un sorriso maligno.

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Capitolo 23
*** La vera identità del signor O'Neill ***


Autrice: salve a tutti! con questo capitolo si entra ufficialmente nelle fasi finali di questa fanfic *si asciuga una lacrimuccia* inoltre sono finalmente riuscita a far appararire i Vizard e altri shinigami ^^

Grimmjow: *intento a fumare incazzato in un angolo* grrr

Autrice: beh? che ti prende adesso?

Grimmjow: e me lo chiedi!!! in questo capitolo non mi si vede per niente!

Autrice: non posso mica fare ogni capitolo solo su te e Alicia!

Grimmjow: siamo i protagonisti cazzo! è OVVIO che dovresti!

Autrice: *guardandolo male* e non rompere maledetto gattastro! e poi lo so cosa ti rode! che non ho scritto scene porcellose! E poi hai poco da lamentarti! anche Gin e Ichimaru non si vedono mai ma almeno non mi assillano!

Gin e Ichimaru: *da fuori campo* ha ragione

Grimmjow: GATTASTRO A CHI DANNATA?!!?!?!?!?!?!?!? TI AMMAZZO! E poi loro cosa c'entrano adesso!? *estrae Pantera*

Aizen: *sbucato da non si sa bene dove, gli blocca il braccio* fermo!

Grimmjow: e tu che diavolo vuoi adesso!?

Aizen: tra poco potrai combattere quanto vorrai, fino ad allora guai a te se estrai un'altra volta la spada

Grimmjow: *allontanandosi* Tsk!! Andate a fanculo tutti quanti!

Autrice: bene, buona lettura! ^^

 

 

 

 

 

 

 

Aizen riserbò ad Alicia, ancora priva di sensi tra le braccia di Grimmjow, un’occhiata che se fosse stata una lama l’avrebbe sicuramente trapassata da parte a parte.

Alzò lo sguardo verso l’Espada “Portala subito in laboratorio” gli ordinò.

Grimmjow ubbidì con un cenno della testa, allontanandosi immediatamente.

Aizen si aggiustò gli occhiali sul naso, lo sguardo che spaziava sul paesaggio al di là della finestra.

<< Ora ci siamo finalmente tutti >> pensò con un sorriso maligno sulle labbra, poi girò i tacchi e si incamminò verso il laboratorio.

 

 

 

 

Shinji, mani in tasca, camminava attraverso le vie della periferia di Soul Society.

Erano ormai scese le tenebre e l’aria, fattasi incredibilmente fredda, prometteva una nuova nevicata.

Si strinse il mantello addosso, rabbrividendo.

<< Che freddo fottuto >> pensò con rabbia.

Si fermò davanti ad una vecchia fabbrica abbandonata ed entrò, tirando una spallata alla porta.

L’interno era piuttosto dimesso, le crepe e la polvere la facevano da padrone, ma d’altronde era solo un nascondiglio provvisorio, quindi non c’era da lamentarsi.

I vetri delle finestre erano incrostati e non permettevano al minimo raggio di luce di penetrare nel locale.

Una grossa scalinata in legno conduceva al piano superiore dove i macchinari giacevano abbandonati e arrugginiti.

Alzò lo sguardo verso le sette figure che erano sedute sui gradini “Yo!” li salutò.

Quelli lo guardarono e Hiyori si fece avanti.

“Dove diavolo sei stato, eh?!” gli ringhiò contro.

Shinji alzò le spalle “A fare una visita a capelli arancioni” disse.

Una ragazza con una lunga treccia nera, occhiali e divisa alla marinara si alzò in piedi.

“Oh e come sta il signor comandante supremo?” chiese.

Shinji sorrise, in quel modo che lo faceva sembrare tanto simile ad una cerniera lampo “Penso di avergli rifilato un bel grattacapo” .

I ragazzi ridacchiarono.

Un ragazzo muscoloso con capelli grigi, piercing sul sopracciglio sinistro e orecchini all’orecchio, si alzò.

“Finalmente le cose si fanno interessanti. Avevo giusto bisogno di un po’ di movimento!” disse, scrocchiandosi le nocche.

Un uomo sui venticinque anni con lunghi capelli biondi ondulati intervenne.

“Datti una calmata Kensei. Non puoi sempre solo pensare a spaccare la faccia alla gente” disse piccato.

Il ragazzo si voltò “Sempre meglio di te che te ne resti in un angolino Rojuro!” sbottò.

“Si, si rissa rissa!” li incitò una ragazza dai capelli verdi.

Hiyori le rifilò un cazzotto in testa “E taci idiota di una Mashiro!” la sgridò.

La ragazza si portò le mani alla testa con le lacrime agli occhi “Ahi! Mi hai fatto male maledetto maschiaccio senza tette!” si lamentò.

Hiyori sgranò gli occhi poi le si gettò addosso “COSA HAI DETTO MALEDETTA STRONZA?!?!!?” urlò.

Un uomo di colore dai capelli pettinati con la forma di una stella marina si mise in mezzo, dividendole.

“Adesso basta voi due! Si sta cercando di fare un discorso serio, maledizione!” sbraitò.

Le due si divisero malvolentieri, rifilandogli un’occhiataccia.

“Che palle che sei Love!” si lamentarono.

Lui le guardò male da dietro gli occhiali da sole.

Shinji li guardava accigliato, un dito a grattarsi un orecchio.

“Avete finito di fare i cazzoni? Posso parlare?” sbottò.

Sei paia di occhi lo guardarono male.

Un uomo grasso con capelli e baffi rosa, che fino ad allora era rimasto in silenzio in disparte, prese la parola.

“Cosa intendi fare Shinji?” gli chiese serio.

Il ragazzo sospirò.

“Immagino che quel pivello di Ichigo non ce la farà da solo” disse.

“Dimentichi che è il comandante supremo” continuò quello.

“Sarà pure il comandante supremo ma sappiamo tutti che si butterà nella mischia cercando di salvare quanta più gente possibile incasinando solo le cose”.

Hiyori ridacchiò “Già me lo vedo mentre fa lo sborone dicendo “Ci penso io agli Espada, voi occupatevi della ragazza”” lo sfotté, imitandone il tono di voce.

Shinji ridacchiò.

“Si è molto probabile”.

L’uomo tornò a guardarlo.

“Quindi intendi aiutarlo?”.

Shinji si fece serio.

“Ovvio. Non possiamo di certo rimanere seduti a goderci lo spettacolo!”.

Lisa intervenne “Dimentichi che questa non è la nostra guerra. E’una faccenda che riguarda gli shinigami”.

“Lo so benissimo. Infatti li faremo stancare un po’ prima di intervenire” li guardò “Voglio vedere come se la caveranno senza il nostro aiuto. E poi gli ospiti d’onore arrivano sempre all’ultimo” disse con un sorriso furbetto.

I ragazzi ridacchiarono.

“Allora sarà bene sgranchirsi un po’” disse Hiyori, raccogliendo la katana che aveva appoggiato sullo scalino affianco a sé.

Si voltò verso i compagni.

“Allora, chi mi fa compagnia?” li sfidò.

 

 

 

 

 

Grimmjow camminava spedito verso il laboratorio di Aporro.

Alicia, ancora svenuta tra le sue braccia, si agitava e mugolava come se fosse in preda ad un incubo.

L’Espada la guardò.

<< Maledizione a te donna, perché non fai altro che incasinare tutto?! >> si lamentò mentalmente.

 

 

 

Una bambina era seduta in terra e piangeva, le mani chiuse a pugno sugli occhi.

Doveva trovarsi in una specie di villaggio, eppure c’era qualcosa di terribilmente sbagliato; le persone correvano in ogni direzione, urlando o piangendo e il vento portava un clangore metallico, come se ci fosse uno scontro da qualche parte.

Il fuoco divorava parecchie abitazioni, riempiendo le vie di denso fumo nero che bruciava gli occhi, facendoli lacrimare, e la bocca, facendola tossire.

Due adulti comparvero nel suo campo visivo, erano sporchi di fuliggine e uno dei due indossava uno strano vestito nero con una katana legata al fianco.

Non riusciva a vederne i volti ma sapeva che erano un uomo e una donna.

Stavano parlando animatamente ma lei non riusciva a sentire a causa della confusione.

Improvvisamente un terzo adulto comparve e la tirò in piedi con forza.

“Smettila di piangere, và tutto bene!” cercò di tranquillizzarla, ma senza risultati.

Una voce femminile, gentile, intervenne.

“Portala via” disse.

L’uomo si voltò di scatto.

“Cosa vi viene in mente?! Non vi lascio di certo qui!”.

L’uomo vestito di nero si fece avanti.

“Invece puoi eccome e lo farai!”.

“Scordatevelo!”.

L’uomo sguainò la katana.

“Non mi importa se per convincerti dovrò usare la forza” disse in tono minaccioso.

La donna si mise in mezzo.

“Smettetela! Non c’è tempo da perdere in queste stupidaggini da uomini duri!” li sgridò.

I due si azzittirono, poi l’uomo con la katana parlò di nuovo, aveva un tono triste.

“Portala lontano da qui, salvala. Lei deve vivere”.

L’uomo le afferrò una mano tanto strettamente che la bambina era convinta che gliel’avrebbe staccata.

“Tornerò e sarà meglio per voi che siate ancora tutti interi” li minacciò con la voce incrinata.

I due risero, una risata triste.

“Levati dalle palle” gli disse l’uomo vestito di nero, prima di dileguarsi con la donna.

L’uomo strinse il pugno libero poi si voltò e iniziò a correre, trascinandosi dietro la bambina che, colta di sorpresa, non fece che piangere più forte, voltandosi continuamente indietro.

Poi, improvvisamente, l’uomo alzò un braccio davanti a sé e iniziò a pronunciare delle strane parole.

Un secondo dopo i due furono abbagliati da una luce rossa.

La bambina urlò, portandosi la mano libera davanti agli occhi.

 

Alicia si svegliò di soprassalto, il grido che aveva appena lanciato le rimbombava ancora nella gola.

Ansimava e aveva le guance bagnate dalle lacrime.

<< Ho pianto davvero >> pensò, portandosi una mano al volto.

Mano che non riuscì però ad alzare.

Confusa ci ritentò, ma il risultato fu il medesimo.

Si guardò, accorgendosi solo in quel momento di essere distesa su un lettino con i polsi e le caviglie legati.

“Cosa diavolo…?!” si chiese, iniziando ad agitarsi nel tentativo di liberarsi.

“Non le conviene agitarsi tanto, non farà che stringere ancora di più i nodi” le disse una voce bassa che la fece sobbalzare.

Si voltò di scatto: Aizen la guardava, le braccia incrociate.

Grimmjow e Aporro erano dietro di lui, l’uno appoggiato contro la parete, l’altro seduto davanti al computer.

Si guardò intorno, rendendosi conto solo allora di trovarsi nel laboratorio di Aporro.

Tornò a guardare Aizen.

“Slegami subito” gli ordinò.

Lui la guardò freddamente senza nemmeno l’ombra del solito sorriso da padre affettuoso che gli incrinava le labbra.

“Questo non è possibile” disse.

Alicia guardò Grimmjow, che però teneva ostinatamente lo sguardo fisso sul pavimento.

“Lui non ti aiuterà” le disse secco.

Alicia gli rifilò un’occhiataccia.

“Perché diavolo sono legata?” chiese.

“Perché vogliamo essere sicuri che resti ferma dov’è”.

La fissò “Stasera non si è comportata propriamente bene” disse, avvicinandosi.

Lei alzò un sopracciglio “Come sarebbe?”.

Aizen continuò, come se lei non avesse detto nulla.

“Aprire il portale permettendo a certe persone ti tornare, intralciando così i nostri progetti, è un colpo basso, non crede?” disse, fermandosi affianco al suo lettino.

“Portale? Che portale? Ma di cosa diavolo parli?” sbottò.

Lui la guardò freddamente “L’amnesia è sempre un’ottima scusa, ma ha un difetto: dopo un po’ risulta essere poco credibile”.

Si piegò su di lei.

“Sarò franco con lei, signorina River: mi sono stufato di aspettare e, soprattutto, di essere preso in giro da lei” le disse con un tono gelido, passandole un dito su una guancia.

Alicia si ritrasse di scatto.

“Io non sto prendendo in giro nessuno” si difese, fingendo un tono calmo che non aveva.

Quell’uomo le faceva paura.

Lui la fissò “Se è così non avrà problemi a raccontarmi cosa ha fatto poco fa”.

Alicia lo guardò con sguardo interrogativo, senza capire.

“Poco fa quando?” chiese.

Aizen strinse appena gli occhi, visibilmente irritato.

Un pensiero sfiorò la mente di Alicia.

<< Un momento, io come diavolo ci sono arrivata nel laboratorio? L’ultima cosa che ricordo è che stavo parlando con Grimmjow >> pensò.

Aizen la fissava.

“A quanto pare sembra davvero non ricordarsi cosa sia successo. Le rinfrescherò la memoria allora” le disse, chinandosi su di lei.

Grimmjow cambiò posizione alle sue spalle.

La fissò negli occhi “Lei stasera ha aperto il portale con il quale è giunta nel nostro mondo e ha permesso ad una persona di raggiungerci. E ora voglio sapere esattamente come ha fatto” le sibilò a pochi centimetri dal viso.

Alicia iniziò a sudare, tesa.

“I-io non mi ricordo nulla del genere!” sbraitò.

Un’ombra scura attraverso gli occhi di Aizen che si rizzò di scatto, voltandosi verso Aporro.

Lo scienziato annuì, schiacciando un pulsante.

Alicia avvertì qualcosa di freddo e metallico circondarle le tempie e si dimenò.

“Che diavolo volete farmi?!” strillò.

“Solo prenderci con la forza quello che non vuole dirci a parole”.

Alicia si dimenò come un pesce fuor d’acqua ma fu tutto inutile.

All’improvviso un dolore lancinante le tagliò a metà la testa.

“A quanto pare fa male senza anestesia” costatò Aporro, in un tono tutt’altro che dispiaciuto.

“And…ate a fanculo!” si lamentò.

Poi, improvvisamente un fiume di immagini le attraversò la mente.

Rivide l’incubo fatto pochi minuti prima e molte altre cose di cui non capì il significato.

Un villaggio, una foresta, la città di Soul Society, il profilo di un uomo vestito come uno shinigami con una katana al fianco, una voce femminile gentile, un parco molto simile a quello che aveva dietro casa sua, la libreria dove lavorava, il portale che l’aveva trascinata in quel mondo, i volti delle persone che amava, il primo incontro con Aizen e l’Espada, lei che alzava le braccia pronunciando una strana nenia mentre una luce rossa colorava lo spazio intorno a lei, Grimmjow che incazzato la sbatteva al muro e le si avvicinava all’orecchio....

<Questo no! >> ringhiò mentalmente.

Ci mancava soltanto che vedessero cosa avessero fatto insieme lei e Grimmjow perché le cose si complicassero ulteriormente, per entrambi.

Vide la stessa paura riflessa negli occhi blu dell’Espada che fissavano lo schermo del computer, sul quale le immagini si trasmettevano.

La rabbia la invase, scaldandola come fuoco.

“ORA BASTA!” urlò.

Nel momento stesso in cui lo disse le luci del laboratorio traballarono e il video del computer esplose dando una fiammata.

Aporro si alzò di scatto dalla sedia con un mezzo grido.

I tre si voltarono di scatto verso di lei.

Alicia si sentiva spossata e aveva il respiro accelerato.

Il dolore alla testa e le visioni erano cessate nell’esatto momento in cui il computer era esploso.

Non aveva capito come fosse successo, ma non le importava, ora se non altro la sua mente era al sicuro.

Aizen la guardava con un’espressione incuriosita e soddisfatta.

Che avesse compreso qualcosa da quelle assurde visioni senza capo ne coda?

Sperò con tutta se stessa che la sua intuizione non riguardasse lei e Grimmjow.

Le si avvicinò nuovamente.

“Sa, voglio dirle una cosa”.

Alicia lo guardò con aria di sfida.

Lui le si avvicinò all’orecchio “Lei è già stata in questo mondo in precedenza” le sussurrò.

Alicia sgranò gli occhi.

“Come?” chiese.

Lui si allontanò e la fissò, godendosi la sua espressione.

“Non è possibile” disse poi, scuotendo la testa.

“Oh invece le assicurò che è così”.

Alicia si agitò, no, non era possibile. La stava solo facendo agitare per ottenere quello che voleva. Lei era nata e vissuta sulla terra, non sapeva nemmeno esistesse quel maledetto mondo parallelo fino a due mesi prima!

Però la città di Soul Society le era sembrata familiare…

<< No! Non è possibile! E’ solo autosuggestione >> cercò di convincersi.

Però…

Però le era sembrata davvero troppo familiare quella città.

Avvertì il mal di testa assalirla.

Già il mal di testa.

Quel dannato dolore che si faceva sentire solo quando cercava di pensare, di ricordare.

Possibile che fosse già stata in quel mondo e se lo fosse dimenticato?

In effetti quando era bambina sognava spesso una foresta innevata…

<< No, non vuol dire niente! Ho sognato anche tante volte Casper e questo non significa che l’abbia conosciuto. Era solo un sogno ricorrente, nulla di più >> si impose.

Però il dubbio, come una maledetta pulce nell’orecchio, non voleva lasciarla in pace.

Guardò Aizen.

“Bella storia, davvero” disse sarcastica.

Aizen si sfilò gli occhiali e la guardò.

“Quella bambina che continua a sognare, signorina Alicia, è lei” le disse tagliente.

Alicia aprì la bocca per ribattere ma la richiuse subito.

Cosa aveva appena detto quel quattrocchi?

Che quella bambina che da tempo non faceva che sognare era lei?

Voleva a tal punto che collaborasse da raccontare una balla simile?

E poi cosa c’entrava la bambina con quel maledetto portale di cui tanto blaterava?

Ma, soprattutto, cosa centrava lei con il portale?

Si è vero, l’aveva usato per giungere in quel mondo, ma era stato un incidente.

E poi ad Aizen cosa diavolo importava di quel maledetto portale?

“Okay, bel tentativo. Peccato che non ti credo. Io sono nata e vissuta sulla terra e non ne so niente di maledetti portali o bambine! Se ti interessa tanto quel portale perché non te lo cerchi da solo?!” sbottò.

Aizen strinse gli occhi.

“Io ho già il portale” disse freddamente.

Alicia sgranò gli occhi.

“Cosa? Come…?”.

Come diavolo aveva fatto a trovarlo?!

Che avesse trovato una copia di quel libro?

Allora esisteva davvero un gemello di quel maledetto volume!

“L’ho semplicemente recuperato dai suoi ricordi” le disse.

“Dai miei ricordi? E quando…?” chiese, ma si fermò a metà della domanda. Un’espressione di comprensione le passo negli occhi.

“Quella volta non sono svenuta per la pressione bassa” costatò.

Aizen sorrise.

Adesso si spiegava perché avesse avuto tanto male alla testa quando si era ripresa.

Doveva avere subito lo stesso trattamento anche quella volta.

“Perché diavolo ci tenete tanto a quel portale?” chiese.

Aizen si aggiustò gli occhiali sul naso.

“Questo non le deve interessare, le basti sapere che purtroppo solo lei può aprirlo e che lei lo aprirà. Nolente o volente”.

Lo disse con un tono calmo, ma suonava come una minaccia.

“Non ci penso nemmeno. E poi non saprei nemmeno come diavolo fare” sibilò.

Avvertì una mano accarezzarle la guancia e sussultò.

Quando diavolo si era avvicinato Aizen?! Fino a due secondi prima era ad almeno un metro di distanza!

La guardò negli occhi “Lei dà per scontato che il portale grazie al quale è giunta qui sia l’unico esistente. Peccato che non sia così”.

“Allora perché non usate quello?” ringhiò.

“Perché purtroppo ha un limite di tempo troppo esiguo ed è praticamente impossibile usarlo per i miei scopi” le si avvicinò al viso, stringendo gli occhi in uno sguardo malvagio.

“Questo non significa che una persona sola non possa passare dall’altra parte. Ha dei parenti e degli amici nel suo mondo, vero?” le sussurrò.

Alicia sgranò gli occhi, cogliendo la minaccia velata dietro quelle parole.

“Bastardo!” ringhiò.

Aizen sorrise.

“Se farà la brava e prometterà di aprire il portale per noi le assicuro che loro non si faranno male. In caso contrario non posso assicurarle la loro incolumità…”.

“Ma io non so come diavolo funzioni quel maledetto portale!” urlò in tono isterico.

Aizen si allontanò, camminando verso l’uscita.

“Sono sicuro che le tornerà in mente” le disse mellifluo, bloccandosi davanti alla porta “Fino ad allora rimarrà qui a riflettere” disse uscendo, seguito dai due Espada.

Alicia strinse gli occhi cercando di reprimere le lacrime di rabbia e impotenza che le premevano dietro le palpebre.

 

 

 

 

 

 

Il signor O’Neill arrancava tra la neve seguendo il profilo di Yoruichi davanti a lui.

<< Maledizione, mi ero dimenticato di quanto fosse difficile muoversi qui >> pensò, stringendosi il mantello addosso << E di quanto facesse freddo >> aggiunse.

Yoruichi si voltò verso di lui “Non siamo più abituati a questo clima eh?” lo sfotté.

Lui mugolò qualcosa di incomprensibile e la guardò male.

Yoruichi rise.

“Su su vecchiaccio, ancora poco e siamo arrivati”.

“Che bello!” disse ironico.

Non aveva alcuna voglia di rivedere gli shinigami; anche perché sapeva che l’avrebbero accusato di non aver svolto bene il suo compito (cosa in effetti vera), per non parlare delle mille spiegazioni che avrebbe dovuto dare loro.

Sbuffò.

Yoruichi puntò un dito davanti a sé.

“Guarda, si intravedono le luci della città!” disse.

Il vecchio guardò il profilo lontano di Soul Society e sospirò.

“Evviva” disse sarcastico.

 

 

Alicia fissava il soffitto sopra di sé come se avesse voluto ucciderlo.

Non si sentiva più né le gambe né le braccia e aveva male ai polsi.

Se solo fosse riuscita a togliersi quelle maledette corde!

Ma aveva capito presto che era meglio stare ferma, o avrebbe solo stretto ulteriormente i nodi.

Cercò di calmarsi, costringendosi a riflettere.

Se non si fosse sbrigata a dare ad Aizen quello che voleva sarebbero stati guai.

<< Ma io non so come diavolo fare ad aprire il portale! >> pensò con rabbia.

Perché diavolo era convinto che solo lei potesse usarlo?

Per non parlare della storia che le aveva raccontato.

Secondo lui era già stata lì.

<< Tsk! Se pensa che ci creda è un idiota! >>.

Sbadigliò.

Chissà che ore erano.

Contorse il collo in modo da riuscire almeno a scorgere la finestra con la coda dell’occhio.

Le sembrava che l’oscurità fosse ancora densa.

<< Deve essere notte fonda >> costatò.

Sospirò.

<< Devo trovare un modo per uscire da questa situazione. E poi perché Aizen vuole usare il portale? Per andare dove poi? >>.

La risposta le attraversò la mente con violenza.

<< Vuole andare nel mio mondo! >> pensò sconvolta << Ma perché? Cosa gliene importa? Non c’è nulla di interessante lì! E poi chi diavolo sarebbe la persona che ho fatto arrivare qui? >>.

Ripensò a Grimmjow, di come non avesse mosso un dito per lei.

<< C’era da aspettarselo. Dopotutto è pur sempre uno di loro >>.

Guardò il soffitto con aria triste.

“Sei stata un’illusa Alicia. Pensavi davvero che avrebbe dato un calcio ad Aizen per te? Che ti avrebbe salvata?” disse ad alta voce.

Aveva proprio ragione Halibel: per lui era solo un gioco.

Un modo per passare il tempo mentre aspettava che Aizen decidesse cosa fare di lei.

D’altronde se stava con lui voleva dire che non vedeva l’ora di invadere allegramente il suo mondo.

Forse si era comportato così con lei solo per ottenere la sua fiducia così che si sarebbe  piegata più facilmente agli ordini di Aizen; ma aveva fatto male i conti.

Lei non li avrebbe mai accontentati.

Non le importavano le minacce.

Che la uccidessero pure! Poi avrebbe proprio voluto vedere come avrebbero fatto senza di lei!

Certo, non credeva al fatto che solo lei potesse utilizzare il portale, ma loro si, ed era quello che importava.

Loro erano convinti che lei fosse indispensabile e, proprio per questo, non le avrebbero torto un capello.

Era lei ad avere il coltello dalla parte del manico!

Però, nonostante questi eroici pensieri, era preoccupata.

Era stato solo per un suo errore che era finita in quel mondo e non dovevano essere i suoi cari a pagarne le spese.

Ma come fare ad ingannare Aizen?

Come fargli credere che fosse realmente in grado di fare quanto voleva?

<< Merda, che maledetto casino! >> pensò con rabbia, prima che la stanchezza avesse il sopravvento, gettandola nell’abisso del sonno.

 

 

 

 

 

Una ragazza con un kimono nero correva attraverso la Sereitei.

Era piuttosto bassa e i capelli neri le svolazzavano intorno, seguendo il ritmo della sua corsa.

Avvistò alcuni shinigami davanti a lei.

Uno era alto, con capelli rosso fuoco mentre l’altro era completamente pelato.

“Renji! Ikkaku!” gridò.

I due, sentendosi chiamare, si voltarono.

Quello con i capelli rossi sorrise.

“Rukia!” la salutò.

La shinigami si fermò, appoggiando le braccia sulle ginocchia riprendendo fianto.

“Hanno convocato anche te, neh?” le chiese Ikkaku.

Rukia annuì.

“Già. Hanno convocato tutti gli shinigami a dire la verità”.

Renji si grattò la testa.

“Deve essere una cosa importante e questo significa cattive notizie”.

Ikkaku annuì.

“Ehilà!” li salutò una voce.

Si voltarono: un ragazzo con un caschetto nero e delle assurde piume attaccate all’occhio destro li stava salutando con la mano.

“Ciao Yumichika” lo salutarono.

“Convocati anche voi?” chiese.

Quelli annuirono.

“Sarà meglio muoversi allora” disse, sorpassandoli.

I tre shinigami lo seguirono.

Il luogo in cui erano attesi era l’edificio più ampio della Sereitei: un grosso salone all’interno della caserma della prima compagnia.

Mano a mano che si avvicinavano scorgevano tra gli shinigami accorsi molte facce note.

Giunti sul posto si divisero: i luogotenenti dovevano andare affianco ai propri capitani, mentre gli shinigami di rango più basso sarebbero rimasti in mezzo agli altri.

Il comandante supremo li osservava con un’espressione preoccupata.

Dietro di lui erano seduti gli altri capitani con i rispettivi luogotenenti.

Ichigo attese che ci fossero tutti poi si alzò dalla sua sedia e li osservò.

“Vi ho riuniti qui per parlarvi di una questione importante” esordì.

Tutti lo osservavano, in attesa.

Prese un sospiro prima di continuare.

“Tra poco dovremmo combattere. Tutti, senza esclusione”.

Occhiate sorprese e preoccupate lo fissarono.

“Contro Aizen” aggiunse.

Un coro di commenti e voci concitate proruppe, rompendo il silenzio.

“Come sarebbe?”.

“Non avevate detto che era inoffensivo?”.

Alzò le palme delle mani, per calmarli.

“Già. Era quello che pensavamo ma purtroppo non è più così” li fissò.

“Ma lasciate che a parlare sia qualcuno che ne sa più di me. Lui vi spiegherà tutto” disse voltandosi alla sua destra.

Yoruichi entrò nel salone gremito, seguita da un uomo anziano con gli occhiali.

Lei rimase tra la folla, mentre l’uomo raggiunse Ichigo.

“E quello chi è?”.

“Chi è quel vecchio?”.

“Non è uno shinigami, non l’ho mai visto”.

Molti commenti del genere si udirono, ma si bloccarono subito quando l’uomo li guardò.

Sospirò.

“Immagino che prima di parlare sia meglio che riacquisti il mio aspetto” disse.

Si infilò una mano in tasca, estraendo qualcosa di molto simile ad una confezione di caramelle.

Aprì il tappo e ne ingoiò una.

Dopo qualche istante il suo aspetto iniziò a mutare: i capelli bianchi lasciarono via via il posto a quelli biondi, le rughe sparirono, e gli occhi divennero castani.

Si sfilò gli occhiali e se li mise in tasca.

“Mi presento: il mio nome è Kisuke Urahara e in passato sono stato uno shinigami”.

 

 

 

 

 

La bambina correva, trascinata dall’uomo davanti a lei.

Ci fu un bagliore rosso e lei si portò una mano al volto, per proteggersi.

Quando riaprì gli occhi il paesaggio era cambiato.

Si trovavano nella periferia di una città che non aveva mai visto.

Udì uno strano rumore e si voltò: un’auto passò loro affianco.

La bambina iniziò a piangere ancora più forte, spaventata da quella cosa che non aveva mai visto prima.

L’uomo le si inginocchiò davanti e le poggiò le mani sulle spalle.

Lei cercò di sottrarsi a quel contatto agitando le braccia.

“Ti prego smettila di piangere. Siamo al sicuro adesso” cercò di tranquillizzarla.

La bambina guardò per la prima volta l’uomo che aveva davanti.

Aveva una faccia gentile, gli occhi castani e i capelli biondi e la guardava preoccupato.

“Voglio tornare a casa” si lamentò.

L’uomo strinse gli occhi in un’espressione triste.

“Non possiamo, purtroppo”.

La bambina ricominciò a piangere.

“Voglio tornare a casa! Voglio tornare a casa!”.

L’uomo cercò di calmarla, ma come al solito fallì.

Le circondò il viso con le mani e la bambina lo guardò male.

“Ti chiedo scusa piccola. Ma è l’unico modo che ho per metterti al sicuro” la guardò con l’espressione più triste che avesse mai visto “L’ho promesso…” aggiunse, poi iniziò a pronunciare parole che la bambina non capiva.

Un dolore pazzesco le attraversò la testa e urlò.

 

Alicia si svegliò di scatto.

La testa le faceva un male terribile, iniziò a lamentarsi mentre lacrime di dolore le solcavano le guance.

Era sicura che questa volta la testa le si sarebbe davvero spaccata in due.

Iniziò ad agitarsi come un serpente, non facendo che stringere i nodi che la tenevano legata, causandole altro dolore.

<< A-aiuto! >> pensò disperata.

 

 

 

Urahara crollò in ginocchio davanti a tutti gli shinigami, che lo guardarono spaventati.

Ichigo gli si avvicinò “Ehi! Cosa succede?”.

L’uomo alzò una mano per dire che era tutto okay, mentre si rialzava.

L’altra mano era premuta contro la tempia.

“Scusatemi un attimo…” disse col fiatone.

Si portò anche l’altra mano alla tempia e chiuse gli occhi, ignorando gli sguardi allarmati degli shinigami, e iniziò a pronunciare velocemente alcune parole.

<< Merda! Non ora! >> pensò con rabbia.

 

 

 

 

Alicia continuava ad agitarsi, in preda agli spasimi, quando, forse a causa del dolore che la stava facendo impazzire, udì come una nenia nel cervello.

Un fiume di parole di cui non comprendeva il senso ma, che mano a mano che diventavano più veloci, le facevano diminuire il dolore.

Si concentrò su quelle parole, cercando di coglierne il senso ma il cervello, dolorante, si rifiutava di collaborare.

Improvvisamente la nenia si interruppe e il dolore cessò.

Spalancò gli occhi, sorpresa.

<< Che diavolo è appena successo? >> si chiese.

 

 

 

 

Urahara riaprì gli occhi, allontanando le mani dalle tempie.

“Scusate” disse.

Ichigo lo guardò con la fronte aggrottata “Che è successo?” chiese.

“Dobbiamo sbrigarci. Il sigillo non reggerà ancora a lungo. Sta riacquistando la memoria”.

Gli shinigami e i capitani sgranarono gli occhi.

Urahara aveva appena raccontato tutta la storia che riguardava quella ragazza, quindi capivano perfettamente quanto pericolosa fosse quell’eventualità.

“Come facciamo?” chiese Ichigo, nervoso.

“Per ora ho rafforzato il sigillo, ma non terrà ancora a lungo. Alla prossima sollecitazione non so se riuscirò nuovamente a bloccarla” disse preoccupato.

Un silenzio glaciale e teso scese sui presenti.

“Bah! Mi sembrate tutti scemi!” intervenne brusco Kenpachi “Vi fate un sacco di seghe mentali inutili! Perché non pensate ad allenarvi anziché perdere tempo in ragionamenti che non vi si addicono proprio! Dobbiamo combattere e allora?” sorrise “Facciamogli vedere che gli shinigami non si lasciano mettere sotto tanto facilmente!” ringhiò.

Il silenzio fu interrotto da un boato di voci esaltate.

Le parole di Kenpachi erano riuscite a dare la carica agli shinigami.

Ichigo lo guardò “Ti ringrazio” disse.

“Tsk! Non lo mica fatto per incitarli! Voglio solo che capiscano che saremo noi a fargli il culo!” disse con quel suo sorriso che sembrava un ringhio.

Ichigo guardò Urahara.

Avevano un aiuto importante in più su cui contare.

<< Già, ci puoi scommettere che non ci faremo mettere sotto >> pensò deciso.

La guerra era alle porte, il suo corpo lo percepiva.

Era solo questione di poche ore ormai, ne era sicuro.

Ancora poco e avrebbe potuto scontrarsi contro Aizen e il gruppo di fanatici che comandava.

<< Questa volta non te la caverai con poco >> pensò, mentre un sorriso gli si allargava sulle labbra.

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Capitolo 24
*** Verso l'inizio delle ostilità! ***


Alicia rimase a guardare il soffitto con un’espressione confusa per parecchi minuti.

Non capiva davvero cosa fosse appena successo e in fondo non le importava; si trovava in una situazione già abbastanza complicata, senza che si mettesse a ragionare su ogni fenomeno strano che le accadeva.

E ultimamente gliene accadevano tanti.

Persa nei suoi pensieri non si accorse della figura in ombra che la fissava ormai da qualche istante.

Cercò di sgranchirsi il collo come meglio poteva, legata come un salame com’era, e fu allora che lo vide.

Come diavolo aveva fatto a non accorgersi di quella figura appoggiata contro il muro?

Si tirò su di scatto, per quanto le corde le permettessero, e la fissò.

Lo scintillio di due occhi gialli la fissavano.

“Grimmjow” disse, pronunciando il suo nome come fosse una bestemmia.

L’Espada fece un passo avanti.

Lo guardò freddamente “Sai hai gli occhi fosforescenti come i gatti” lo sfotté.

Lui la guardò male, continuando a non risponderle.

Inarcò un sopracciglio “Beh? Hai perso la parola Espada?”.

Grimmjow strinse gli occhi e la fissò, ormai vicino.

“Cos’è Aizen non si fida e ti ha mandato a controllare? Ha paura che scappi? Beh mi spiace deludere le vostre aspettative ma non sono una brava escapologa” disse, alludendo alle corde.

Lo fissò, aspettandosi una risposta, che non ottenne.

Iniziò ad irritarsi.

“Cosa ci guadagni?” chiese seria.

Lui alzò un sopracciglio “A fare che?”.

<< Allora non è diventato muto >> ironizzò mentalmente.

“A stare con Aizen” lo guardò “Cosa ci guadagni a conquistare con lui il mio mondo?”.

Lui sorrise “Donna, chi ha detto che vogliamo conquistarlo?” disse.

Ecco, aveva lo stesso tono di quando si erano conosciuti. Freddo, distaccato e maligno.

“Se non volete conquistarlo cosa diavolo volete andarci a fare? A distruggerlo?”.

Grimmjow si passò una mano tra i capelli.

“Non ci importa un fico secco del tuo mondo, donna. Né distruggerlo né conquistarlo sono il nostro obbiettivo”.

“E allora qual è il vostro obbiettivo?” chiese.

La guardò “Questo non ti interessa” tagliò corto.

Alicia iniziò a strattonare nuovamente le corde, ignorando il dolore, voleva solo avvicinarsi a quello stupido di un hollow.

“Oh e invece mi interessa, mi interessa eccome, cazzo! E’ il mio mondo e ho tutto il diritto di sapere cosa ne volete fare!” ringhiò.

Grimmjow la guardò freddamente “Non te lo dirò comunque. Puoi anche tagliarti in quattro con quelle corde ma non ti dirò nulla”.

Alicia si calmò, colpita dalla durezza delle parole dell’Espada.

“Cosa ci guadagni?” ripeté.

Lui si grattò un orecchio “Che scocciatura che sei!” si lamentò.

Lo fissò, in attesa.

Grimmjow sbuffò poi si voltò verso di lei.

Un sorriso ferino, crudele che non gli aveva mai visto gli increspò le labbra, mostrando i canini a punta, mentre gli occhi si illuminarono di una luce sinistra.

“Cosa ci guadagno dici? Semplicemente combattere!” disse.

Alicia sgranò gli occhi “Combattere?! Come sarebbe combattere?!”.

Il sorriso gli si allargò sulle labbra “Perché credi che abbia accettato di unirmi ad uno sporco umano, neh donna? Per combattere! Per avere la possibilità di scontrarmi con avversari sempre più forti. Non mi importa che siano umani, shinigami o hollow li ridurrò in poltiglia dal primo all’ultimo!” ringhiò, scoppiando a ridere in quella maniera isterica.

Alicia avvertì un brivido scenderle lungo la schiena.

Era quella la vera natura di Grimmjow?

“Q-quindi fai tutto questo solo per combattere?” gli chiese.

La fissò “Dimostrerò a quei quattro culi mosci degli shinigami chi sono davvero gli Espada. Rimpiangeranno il giorno in cui hanno deciso di intralciarci” disse.

Alicia non poteva credere a quello che sentiva.

Era pronto a seguire e ad assecondare i piani di uno psicopatico come Aizen solo per saziare la sua sete di battaglia?

Era pazzo o cosa?!

Grimmjow fissò l’espressione sconvolta sul volto della ragazza per qualche secondo, poi alzò il braccio.

Alicia lo guardò confusa “C-cosa vuoi fare?” gli chiese.

Lui calò il braccio e lei chiuse gli occhi di scatto, attendendo il colpo.

Colpo che però non la colpì.

Riaprì gli occhi confusa e sollevata.

Grimmjow la fissava irritato.

“Hai intenzione di restare ancora a lungo con il culo su quel lettino?” le chiese sgarbato.

Si guardò: le corde erano state recise di netto.

Era libera!

Si mise a sedere massaggiandosi i polsi doloranti, segnati profondamente dalle corde, e fissò Grimmjow confusa.

“Perché mi hai slegata?” chiese.

Grimmjow si infilò le mani in tasca.

“Non ti sto salvando. Ho semplicemente deciso di accorciare i tempi. Ora alzati” le ordinò.

Alicia ubbidì, ma dovette reggersi per non crollare al suolo.

Le gambe, rimaste immobilizzate per ore, non erano in grado di reggere il suo peso; per non parlare del male che il ripristino della circolazione le provocava agli arti.

Grimmjow attese pazientemente che riuscisse a reggersi in piedi poi parlò di nuovo.

“Seguimi” le disse, addentrandosi nel laboratorio.

Alicia guardò per un attimo la porta.

“Non pensarci nemmeno, non faresti in tempo” le disse, capendo i suoi pensieri.

Lei lo guardò male.

Attraversarono il laboratorio e si ritrovarono davanti ad una porta.

Porta che Grimmjow aprì con un calcio.

Alicia sgranò gli occhi: davanti a lei c’era un lungo corridoio con molte altre porte simili.

<< Ma quanto diavolo è grande questo posto?! >> si chiese sorpresa.

Grimmjow le si avvicinò “Seconda porta a destra, prima le signore” disse in tono ironico.

Alicia lo sorpassò dirigendosi verso la porta indicatale; Grimmjow la seguiva a qualche passo di distanza.

Giunta davanti alla porta provò ad aprirla ma era chiusa a chiave.

“Mi spiace è chiusa. Torniamo un’altra volta” disse, girandosi per tornare indietro, ma lui la afferrò per un braccio.

“Non così in fretta donna” disse, mostrandole una chiave.

Chiave che infilò nella toppa, facendo scattare la serratura.

Come poco prima aprì la porta con un calcio e lasciò che entrasse per prima.

Alicia entrò nella stanza completamente al buio, stringendo gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa.

Avvertì Grimmjow richiudersi al porta alle spalle e un interruttore scattare.

La luce quasi l’accecò.

Quando si fu abituata sgranò gli occhi.

“Questo…!” disse sopresa, senza riuscire a finire la frase.

Si trovava in una stanza completamente vuota e bianca.

Ma ciò per cui era rimasta sconvolta era quello che c’era sul pavimento.

Una riproduzione perfetta del portale che l’aveva catapultata in quel maledettissimo mondo era stata incisa sulle mattonelle della pavimentazione.

“L’hai riconosciuto?” le chiese, avvicinandosi.

Alicia fissò il simbolo; allora Aizen non aveva mentito quando aveva detto di essere riuscito a ottenere il portale!

Grimmjow le si fermò affianco e la fissò.

I pensieri che le turbinavano nella mente erano perfettamente visibili sul suo viso: sorpresa, incredulità, confusione e paura.

Alicia iniziò ad avvicinarsi.

Il portale si animò, quasi fosse liquido, e lei si bloccò per un attimo.

Grimmjow la guardava curioso.

Ricominciò a camminare e via via che avanzava il portale si animava sempre più, fino a risplendere di un bagliore rosso quando vi si fermò davanti.

Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso; finalmente la causa di tutto era lì davanti a lei a pochi centimetri di distanza.

Quanto avrebbe voluto distruggere quel fottutissimo portale!

Si guardò intorno in cerca di qualcosa; le sarebbe andata bene qualunque cosa, l’importante era fare a pezzi quel simbolo.

Ma la stanza era completamente vuota e dubitava fortemente di riuscire ad alzare Grimmjow per usarlo come ariete.

Strinse i pugni, cercando di calmarsi.

Grimmjow rimase a godersi la scena.

Come si aspettava il portale era entrato in risonanza con la ragazza; questo voleva dire che quei due erano collegati l’uno all’altra, anche se non sapeva né come né perché.

<< Chissà se… >> pensò con un sorriso malvagio sulle labbra.

Un secondo dopo le si stava scagliando contro.

Alicia si voltò di scatto, riuscendo a schivare il pugno dell’Espada all’ultimo e solo per un puro colpo di fortuna.

“Che cazzo fai!?” urlò, indietreggiando.

Grimmjow la fissò, un sorriso ferino stampato sulle labbra.

Alicia alzò la guardia “Che diavolo ti prende?!” gli chiese, ma lui la ignorò scagliandolesi di nuovo addosso.

Riuscì a schivare anche il secondo colpo, ma non del tutto.

Il contraccolpo la fece rotolare per terra, vicino al portale.

Si portò una mano al fianco con un lamento.

Che diavolo gli prendeva così all’improvviso? Perché l’attaccava?

Che fosse un ordine di Aizen? Ma cosa pensava di fare, ammazzarla di botte per farla collaborare?

Si rialzò, dolorante.

Doveva fare qualcosa o Grimmjow l’avrebbe fatta a pezzi. Anche se non faceva sul serio era comunque più forte di lei.

“Però. Sei coriacea” la sfotté, lei lo guardò male, mettendosi nuovamente in guardia.

Ma se lo ritrovò davanti ancora prima che riuscisse ad alzare le braccia.

Sgranò gli occhi: come faceva ad esserle già addosso?!

Vide calare il colpo e seppe subito che non ce l’avrebbe fatta a pararlo e, se anche ci fosse riuscita, probabilmente le avrebbe rotto entrambe le braccia.

Ma il colpo non arrivò mai a colpirla perché Grimmjow fu scaraventato indietro da un raggio rosso.

Alicia rimase bloccata sul posto, sorpresa.

Grimmjow, a due metri di distanza, si rialzò in piedi, una bruciatura svettava dove il colpo l’aveva colpito.

“Lo sapevo” disse sorridendo.

Alicia lo guardò senza capire “Cosa sapevi?”.

Lui indicò un punto dietro di lei.

Si voltò: il portale era rosso e sembrava vivo.

Dei raggi rossi vi turbinavano sopra, pronti a colpire.

“Che diavolo…?!” si chiese ad alta voce.

Grimmjow rise “Quel portale ti protegge donna”.

Fissò l’Espada come se fosse pazzo “Cosa?! Ma non è possibile!” disse.

“Ah si? Allora vediamo cosa succede se mi avvicino di nuovo” disse, lanciandosi nuovamente contro di lei.

Un raggio rosso si levò nuovamente dal portale diretto verso l’Espada, che lo evitò.

Si mise le mani in tasca, un’espressione soddisfatta sul volto “Visto?”.

Alicia guardò dapprima il portale poi Grimmjow: non poteva essere.

Perché diavolo quel portale avrebbe dovuto proteggerla?

Grimmjow le si avvicinò, camminando questa volta, e il portale rimase immobile.

“A quanto pare quelle robe rosse vengono fuori solo se qualcuno ti attacca” costatò.

Alicia lo guardò, incapace di parlare.

Che connessione c’era tra lei e il portale? Perché addirittura la proteggeva?

Capì che c’era un filo rosso a unirli, anche se non riusciva ancora a capire perché.

 

 

 

 

Gli shinigami si dispersero, diretti ognuno alla propria caserma.

Nessuno parlava, troppo scosso dalle rivelazioni avute da quello strano Urahara.

Ichigo guardò la folla scemare, con un’espressione corrugata.

Urahara lo fissò “Mi spiace, è tutta colpa mia” si scusò.

Ichigo scosse la testa “No, non potevi saperlo che sarebbe riuscita a usarlo”.

“Ma potevo nasconderlo in un posto migliore che in un libro” si accusò.

Yoruichi si fece avanti “Su su Kisuke, piangere sul latte versato non serve a nulla. Dobbiamo pensare a come salvare Alicia e sconfiggere Aizen ora”.

I due annuirono “Hai ragione”.

Anche i capitani se ne erano andati.

Ichigo strinse la presa sulla sua katana.

Non poteva fingere di non essere preoccupato.

Era capitano supremo solo da sei anni e si trovava già a dover affrontare una situazione del genere.

Non era il combattimento in sé che lo preoccupava, lui amava battersi; quanto il luogo in cui si sarebbe svolto.

La terra.

Dovevano proteggere quel mondo e i suoi abitanti a tutti i costi.

Loro non c’entravano nulla in quella faida tra shinigami e hollow.

Non avrebbe mai permesso a quei fanatici di fare del male a gente innocente, né, tanto meno, ai suoi uomini.

<< Li fermerò, fosse l’ultima cosa che faccio! >> pensò con decisione.

 

 

 

 

Alicia rimase a lungo in silenzio, persa nei suoi ragionamenti, poi si voltò verso Grimmjow e lo guardò.

“Comunque sia gli shinigami vi fermeranno” disse.

Grimmjow sorrise “Ci proveranno ma non ci riusciranno” disse con tono sicuro.

“E perché?”.

“Perché siamo più forti di loro e abbiamo un ostaggio”.

“Non immaginate nemmeno di che armi disponiamo nel mio mondo. Non farete in tempo a poggiare entrambi i piedi al suolo che vi avranno già fatto saltare in aria” lo sfidò.

Grimmjow rise “Ma per chi ci hai presi donna? Non saranno di certo le armi a fermarci”.

“Voglio proprio vedere come farete ad affrontare i missili con le katane. Sarà davvero uno spettacolo, posso portare i popcorn?”.

Grimmjow le si affiancò e la guardò dall’alto della sua statura “Pensi davvero che quelle siano semplici katane?” le disse serio.

Alicia aggrottò un sopracciglio “Perché possono trasformarsi in un mega cannone per caso? O magari in qualche essere robotico supercorazzato?” disse ironica.

“Spiritosa” disse, piegandosi verso di lei, Alicia sobbalzò appena.

Per quanto fosse arrabbiata con lui per come la stava trattando, la sua vicinanza aveva ancora un forte ascendente su di lei.

“Scoprirai presto quanto le nostre semplici katane siano terribili” le disse con un sorriso.

Avrebbe voluto rispondere con una delle sue solite battutine ma non ci riuscì.

Rimase lì a fissare quei due occhi azzurri, senza riuscire a dire niente.

Possibile che tutto quello che era accaduto tra loro fosse solo finzione? Solo un mezzo per ottenere la sua fiducia?

Avvertì lo stomaco annodarsi.

Davvero per lui non contavano nulla quei due mesi passati insieme?

Tutto quello che le aveva raccontato sulla guerra e su di lui erano tutte invenzioni architettate ad arte per commuoverla?

Lo fissò, avvertendo gli occhi bruciare.

Se avesse aperto il portale avrebbe messo in pericolo le persone che amava, per non parlare degli shinigami e dei terrestri.

A causa sua un’altra guerra stava per straziare quel mondo già a lungo provato.

E lo stesso valeva per il suo.

Non poteva permetterlo; doveva impedire che qualcuno si facesse male.

Aveva già perso troppe persone a cui voleva bene, non voleva perderne altre.

Probabilmente gli Espada e gli shinigami si sarebbero maciullati a vicenda.

Cosa ne sarebbe stato di Grimmjow…?

Abbassò gli occhi al suolo, capendo che se avesse continuato a guardare quegli occhi azzurri sarebbe scoppiata a piangere.

“Perché mi hai portata qui?” chiese con tono monocorde.

“Perché voglio che ti ricordi come usare quel portale al più presto” disse.

Allora era per quello.

Si voltò verso il portale e gli si avvicinò.

Lo fissò.

L’unico modo per fare qualcosa era capire come funzionava.

Tutto era iniziato e tutto sarebbe finito grazie a quel portale.

Il vero problema e che, sia che avesse accettato di aprirlo sia che si fosse rifiutata, i suoi cari sarebbero comunque stati in pericolo.

L’unica cosa che cambiava era il numero di persone coinvolte.

<< No, non devo pensare a questo ora. Devo trovare un modo per portare questa situazione a mio favore. E al più presto anche  >> pensò decisa.

Chissà che quei raggi rossi potessero essere usati a comando…?

Raddrizzò la schiena di scatto.

<< Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?! Se capisco come far funzionare il portale potrò usarlo come voglio. Compresi i suoi poteri offensivi. Darò ad Aizen una bella lezione! >> pensò decisa.

Già, bastava capire come utilizzarlo e sarebbe stato uno scherzo usarlo contro lo stesso Aizen.

Chissà quali capacità nascondeva quel semplice simbolo rosso…

Si, doveva assolutamente riuscire a controllarlo.

Avrebbe fatto del suo meglio perché nessuno si facesse male.

Guardò Grimmjow.

<< Nessuno >> si ripeté mentalmente.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando Ichigo tornò nei suoi appartamenti era quasi l’alba ormai.

Si sedette sulla sedia dietro la sua scrivania e poggiò la testa, chiudendo gli occhi.

Aveva bisogno di schiarirsi la mente, di non pensare a nulla per un po’ o sarebbe impazzito.

Il racconto di Urahara l’aveva colpito, come tutti gli altri shinigami del resto.

Si portò istintivamente una mano alla katana, appesa al suo fianco.

<< La vita di molte persone dipende da noi >> si disse.

<< Ichigo… >>.

Ichigo riaprì gli occhi di scatto : un uomo vestito completamente di nero con capelli ricci castani lo fissava dall’altro lato della scrivania.

“Vecchio!” lo salutò un po’ sorpreso “Che ci fai qui?”.

Quello gli rispose, ma nella sua testa.

<< Perchè sei turbato? >>.

<< Non sono turbato. E’ solo che questa storia mi rende nervoso, tutto qui >> pensò rassicurante.

L’uomo guardò il soffitto con aria triste << Ti ricordi cosa ti dissi una volta riguardo la pioggia? >> gli chiese.

Ichigo lo guardò << Certo: che la odi >> .

L’uomo lo fissò, annuendo << Esatto. A me non piace la pioggia. Ma quando il tuo cuore è turbato il cielo si rannuvola e subito la pioggia si mette a scendere. E’ straziante essere colpiti da quelle gocce, Ichigo>> .

Ichigo guardò il pavimento, con aria colpevole.

L’uomo si avvicinò << Io non voglio che tu sia turbato. Non voglio che tu abbia paura. Io sono qui con te. Tu non stai combattendo da solo Ichigo. Io sarò lì al tuo fianco, pronto. Credi in me, fidati di me e farò in modo che nessuna goccia di pioggia sfiori più il tuo cuore, Ichigo >> lo fissò << Sono pronto a concederti tutta la forza che ti serve pur di far smettere questa pioggia >> disse, poi si dissolse.

Ichigo strinse la katana, avvicinandola alla fronte << Hai ragione vecchio, non sono solo. Tu sei con me, al mio fianco. Così come tutti gli altri. Con questo atteggiamento non concluderò nulla se non far preoccupare tutti, te compreso >> guardò la katana con sguardo deciso << Ti ringrazio per essere sempre al mio fianco vecchio Zangetsu. Ti prometto che non permetterò mai più alla pioggia di colpirti >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alicia si avvicinò a Grimmjow, fermandosi a pochi centimetri di distanza.

“Farò quello che vuole Aizen” disse.

Grimmjow la fissò; cos’era quella luce decisa nei suoi occhi?

“L’hai capito finalmente!”.

“Ma ho bisogno di tempo. Non capisco ancora come funzioni quel portale, né tanto meno come fare ad attivarlo o a usarlo”.

Grimmjow si piegò verso di lei “Per questo siamo qui. Non usciremo da questa stanza finché non ci sarai riuscita. Prenditi pure il tempo che vuoi, non ho fretta” disse.

Alicia lo guardò leggermente male “Potrei impiegarci giorni” disse.

Grimmjow ridacchiò “Ne hai al massimo due, donna. Io mi metterei subito al lavoro se fossi in te”.

Due giorni? Mancava già così poco all’inizio di tutto?

Alzò il viso verso l’Espada, a pochi centimetri di distanza.

Probabilmente non l’avrebbe più visto.

“Dopo che avrò dato ad Aizen quello che vuole mi ucciderà, vero?” chiese in tono neutro.

Grimmjow sgranò lievemente gli occhi, colpito da quella domanda improvvisa.

“E’ molto probabile” disse.

“Lo immaginavo” disse monocorde.

In fondo lo sapeva. L’aveva capito che quella sarebbe stata l’unica fine possibile.

Ma non le importava. Non voleva vivere in un mondo in cui tutte le persone che amava non c’erano più.

Se non fosse riuscita a proteggere chi era importante per lei si sarebbe lasciata ammazzare senza battere ciglio.

Ma fino a quel momento avrebbe combattuto e avrebbe fatto del suo meglio per mettere al sicuro tutti quelli che amava.

Alzò lo sguardo verso Grimmjow.

Già, anche lui era compreso tra quelle persone.

Non si trattava più solo dei suoi nonni, dei suoi amici o del suo capo.

Anche lui ormai era importante per lei; forse anche di più di tutti loro.

Fissò per un attimo quegli occhi talmente azzurri da far male, che ora la guardavano freddamente.

Quegli occhi che l’aveva guardata male tante volte che ne aveva perso il conto.

Quegli occhi che l’avevano guardata divertiti, arrabbiati, irritati, maliziosi ed eccitati.

Semplicemente, quegli occhi di cui era innamorata.

Si mise in punta di piedi e fece aderire le sue labbra a quelle dell’Espada, dolcemente.

Grimmjow sgranò gli occhi, sorpreso da un gesto così lontano dalle sue aspettative.

Si aspettava che si incazzasse con lui, che gli urlasse contro, che lo menasse, ma non che lo baciasse!

Perché diavolo lo stava facendo? Dopo come l’aveva appena trattata poi! Non aveva alcun senso! Avrebbe dovuto odiarlo, cos’era quella reazione?

Alicia si staccò dopo poco, voltandogli le spalle e dirigendosi verso il portale.

Se voleva capirci qualcosa doveva mettersi al lavoro subito.

Ma si sentì afferrare per un braccio “Ehi!” avvertì la voce di Grimmjow chiamarla.

Si voltò.

Grimmjow la guardava confuso, gli occhi fissi nei suoi.

Non c’era traccia di odio in quegli occhi verdi; nemmeno l’ombra.

Perché? Perché maledizione?!

Perché doveva rendere tutto più difficile?

Possibile che non capisse?

Strinse la presa intorno al suo braccio.

Non era così che doveva andare.

Lei doveva odiarlo!

La strattonò per il braccio, avvicinandola a sé, e la baciò a sua volta.

Alicia rimase un attimo interdetta da quel gesto che non si aspettava, ma poi si lasciò andare.

In fondo non le importava un fico secco se aveva finto, se l’aveva presa in giro o cos’altro; le bastava restare ancora un po’ al suo fianco, allontanando il momento dell’addio.

 

 

 

Ulquiorra camminava silenzioso e furtivo attraverso la Sereitei.

Quando avvistò la caserma con un grosso 3 sulla facciata accennò un sorriso.

Colpì gli shinigami posti di guardia alla nuca, facendoli svenire ed entrò indisturbato nella caserma.

Giunto davanti alla stanza che gli interessava fece scorrere il fusuma ed entrò.

Gin era seduto alla sua scrivania, intento ad analizzare alcune scartoffie.

Lo guardò sorpreso “Ulquiorra? Che ci fai qui?” chiese allegro.

La katana era posata vicino al suo futon, lontana.

Ulquiorra sguainò la katana che teneva legata al fianco.

“Eseguo gli ordini” disse nel suo solito tono calmo, lanciandoglisi contro.

 

 

 

 

Ulquiorra rinfoderò la sua katana e si allontanò dal quartier generale della terza compagnia, diretto verso un altro edificio.

Dopo qualche minuto giunse davanti alla caserma della nona compagnia.

Come aveva fatto in precedenza, tramortì le guardie all’ingresso e tutti quelli che incontrò.

Si portò una mano alla katana, mentre apriva il futon di una delle stanze.

Tousen si voltò “Ulquiorra?” chiese.

L’Espada sguainò la katana.

Tousen fece lo stesso con la sua “Che ci fai qui Ulquiorra?” chiese con una nota ostile.

“Eseguo gli ordini” ripeté lanciandoglisi contro.

 

 

 

 

 

Ulquiorra camminava velocemente attraverso la città di Soul Society, ancora addormentata, diretto verso Las Noches.

Si portò una mano in tasca, estraendone un apparecchio simile ad una ricetrasmittente, che si portò ad un orecchio.

“Allora?” gli chiese la voce di Aizen.

“Tutto secondo i piani” rispose.

“Ottimo lavoro” disse Aizen, interrompendo la comunicazione.

“Grazie Aizen-sama” ringraziò.

 

 

Aizen sorrise, guardando fuori dalla finestra.

Finalmente le cose si erano messe in moto.

<< Non potranno non rispondere ad una simile provocazione >>  si aggiustò gli occhiali sul naso << Vi sto aspettando shinigami >> pensò maligno.

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Capitolo 25
*** Omicidi nel Sereitei ***


Autice: SALVEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!! mioddio quanto cavolo di tempo è passato dall'ultima volta?! vi chiedo davvero scusa ma sono sommersa dallo studio e dalle verifiche e non ho avuto il tempo materiale di postare ç_ç  sono riuscita a postare solo perchè lunedi parto per la gita e quindi ho il weekend libero dai compiti -.-" spero che questo capitolo vi piaccia e mi scuso se non è scritto al meglio ma ho fatto tutto di fretta per riuscire a postare e non l'ho rivisto bene, al massimo lo aggiusterò poi. Gommennasai minna-san T_T  detto ciò vi lascio alla lettura, spero vi piaccia!

ah, quasi dimenticavo! kiros questo capitolo è dedicato a te ^^ grazie per avermi mazzolata costringendomi a scrivere!

bye bye a presto (si spera!)

 

 

 

 

 

 

Kira Izuru camminava attraverso il giardino della terza compagnia, diretto verso il cancello principale; era il suo turno di guardia.

Ma giunto sul luogo rimase bloccato: i due shinigami a cui doveva dare il cambio giacevano in terra privi di sensi.

Si avvicinò di corsa ad uno dei due e iniziò a scrollarlo, nel tentativo di farlo rinvenire.

“Ehi! Sveglia! Che diavolo è successo qui?” chiese.

Lo shinigami aprì gli occhi e li fissò in quelli del luogotenente “Io…Non lo so, stavo montando di guardia…una botta…qualcuno alle spalle…non…” rispose confusamente.

Kira avvertì un brivido percorrergli la schiena, aveva un brutto presentimento.

“Chi è stato, l’hai visto?” insistette, sempre più nervoso; l’uomo scosse la testa.

“No…te l’ho detto…mi è arrivato alle spalle…non so chi sia stato ma era in gamba, non ci siamo accorti di niente…”.

“Merda” imprecò, mentre si rialzava “Aiuta il tuo compagno io vado dal capitano” disse, poi si allontanò.

Se qualcuno si era introdotto nella Sereitei il capitano era il primo che doveva saperlo.

Giunto davanti alle stanze del capitano Ichimaru capì che qualcosa non andava : il fusuma era aperto e un silenzio innaturale proveniva dall’interno della stanza.

Si avvicinò, il battito del cuore che aumentava ad ogni passo, e guardò dentro.

Le gambe gli cedettero per lo shock e si ritrovò in ginocchio; lo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi era sicuro che non l’avrebbe mai dimenticato.

Gin Ichimaru era seduto, la testa appoggiata sul piano della scrivania, gli occhi aperti fissi nel vuoto e una grossa macchia rossa sulla schiena.

Ma la cosa che gli saltò subito all’occhio e che lo preoccupò ulteriormente fu vedere che la sua wakizashi era abbandonata sul futon.

C’erano solo due ipotesi possibili che spiegassero perché il capitano non si era difeso: 1) non ne aveva avuto il tempo perché chi l’aveva attaccato l’aveva colto di sorpresa. 2) conosceva il suo assassino.

Kira rimase con gli occhi sbarrati, le gambe che gli tremavano, incapace di fare o di pensare alcunché.

Se la seconda ipotesi fosse stata esatta significava che c’era un traditore tra loro.

Lo shinigami di prima, riavutosi, gli si stava avvicinando seguito dal compagno.

“Signore, sta bene?” gli chiese preoccupato.

“I-il capitano…”.

L’uomo si bloccò “Il capitano?” chiese.

Kira si rialzò di scatto e lo guardò “Chiama subito il comandante supremo e il capitano Unohana” ordinò.

Era bianco come un cencio e tremava.

“Cosa? Signore, è successo qualcosa?”chiese l’altro.

“Il capitano è stato assassinato” rispose in tono monocorde.

 

 

 

 

Shuei Hisagi era seduto sul tetto di uno degli edifici della nona compagnia, intento ad osservare il cielo stellato.

<< Tra poco torneremo sul campo di battaglia. Non mi va per niente >> pensò, sbuffando.

“Lo sapevo. Sei il solito culomoscio cacasotto” disse una voce nella sua testa.

Hisagi rivolse uno sguardo torvo alla sua katana << E’ che non voglio che succedano altri casini; mi sembra che ne abbiamo già abbastanza senza aggiungerci anche questa storia >>.

“La verità è che te la fai sotto” lo sfidò la voce di prima.

Hisagi sbuffò << Che c’è Kazeshini, sei più loquace e insopportabile del solito stasera >>.

Una risata sprezzante gli invase il cervello “Come volevasi dimostrare sei proprio un coglione. Non te ne sei nemmeno accorto”.

Guardò la katana “Di che diavolo vai ciarlando?” lo aggredì.

Un’altra risata sprezzante lo colpì “C’è odore di sangue fresco nell’aria. Fossi in te andrei a dare un’occhiata shinigami” lo sfidò.

Lo shinigami guardò con astio la sua katana. Odiava quel carattere sanguinario che la contraddistingueva, odiava quel suo amore per il sangue, quella sua passione per la battaglia e la morte.

E soprattutto odiava il fatto che quella fosse la sua katana.

Se la portava persino nel nome quella sete di sangue: Kazeshini, vento di morte.

“Se ti può consolare anche a me rode essere la tua zampakutou, shinigami” gli ringhiò contro.

Ecco, era proprio in quei momenti che Hisagi odiava il legame mentale degli shinigami con le loro zampakutou.

“Io sono fatto così, il mio unico scopo è mietere la vita altrui, quindi perché non smetti di fare la femminuccia frignona e te ne fai una ragione? Come pensi di combattere decentemente se fai cosi?” lo sgridò.

Hisagi scese dal tetto con un balzo e si diresse verso gli appartamenti del capitano.

“Taci” lo azzittì.

Giunto a destinazione bussò, ma non ottenne risposta.

Appoggiò una mano sul fusuma e lo fece scorrere lentamente; ma appena ebbe guardato dentro la stanza il sangue gli si congelò nelle vene.

“C-cosa diavolo è successo qui?!” chiese sconvolto.

La stanza era sottosopra e il capitano giaceva impalato contro il muro dalla sua stessa katana.

Una scia di sangue si estendeva dal muro fino al pavimento dove si era coagulato in una piccola pozzanghera di un grumoso rosso scuro.

“Qualcuno si è proprio divertito qui” commentò Kazeshini.

Hisagi teneva gli occhi fissi sul corpo del capitano, come ipnotizzato, quando un suono di campane lo fece sobbalzare.

Si voltò di scatto “Stanno già dando l’allarme? Come è possibile?” chiese stupito.

“A quanto pare il rastone non è l’unico a cui hanno fatto la festa” sghignazzò la zampakutou.

Hisagi si voltò di scatto e si incamminò velocemente verso la caserma, ignorando il suo commento; doveva dare l’allarme e, soprattutto, doveva capire che diavolo stesse succedendo.

 

 

 

 

Alicia si allontanò di qualche centimetro da Grimmjow, lo sguardo fisso sul pavimento.

Avvertiva quegli occhi azzurri trapassarle il cranio, ma gli diede le spalle e tornò di fronte al portale; doveva sbrigarsi a capire come diavolo funzionava.

Grimmjow fissò la schiena della ragazza come se volesse trapassarla da parte a parte, la cosa che lo faceva incazzare di più in quel momento non tanto era il fatto che lei lo avesse baciato, quanto il contrario.

Che diavolo gli era preso? Non era da lui cedere così facilmente!

<< Tsk  >> pensò, accendendosi una sigaretta.

 

Alicia si grattò la testa.

<< Di grazia come diavolo pensa che impari ad usarlo semplicemente fissandolo? E il fatto che se ne resti lì a guardarmi in cagnesco non è di molto aiuto >> pensò irritata.

Si voltò “Non capisco come potrei imparare ad usarlo semplicemente guardandolo”.

Grimmjow inspirò un’altra boccata di fumo prima di rispondere.

“Oh sono sicuro che qualcosa ti verrà in mente” disse.

Alicia corrugò la fronte “Certo. E mentre aspetto un’illuminazione divina devo restare in piedi come un palo o mi è concesso almeno sedermi?” chiese in tono ironico.

Grimmjow le rivolse uno sguardo irritato da dietro la sigaretta “Perché anziché fare tanto la spiritosa non ti dai da fare?” le rispose in malo modo.

Alicia si sedette sul pavimento gelato e lo fissò “Cosa intendevi con quel “Pensi davvero che quelle siano semplici katane”?”.

Grimmjow la guardò “Perché ti interessa tanto?” chiese.

Alicia incrociò le gambe “Beh, dato che siamo chiusi qui dentro tanto vale occupare il tempo. E poi, magari chiacchierando mi potrebbe venire qualche idea utile” rispose, con un’alzata di spalle.

Grimmjow inspirò un’altra boccata dalla sigaretta, prima di rispondere “Non sono affari tuoi”.

Alicia gli rifilò un’occhiataccia e lui ridacchiò.

“Cosa sai esattamente riguardo gli shinigami?” le chiese.

<< Che diavolo c’entrano gli shinigami con quello che gli ho chiesto?  >>  si lamentò.

“Solo che sono un organo militare che fu istituito durante la guerra, formato da soldati appositamente addestrati per uccidere gli hollow e che, dopo la fine della guerra, fu adibito ad un lavoro di semplice polizia per mantenere l’ordine tra le due razze”.

Grimmjow le si avvicinò, un sorriso sprezzante sulle labbra.

“Piuttosto pochino per una che non ha fatto che rompere in cerca di informazioni” la schernì.

“Già chissà come mai” ringhiò; lui la ignorò, fumando tranquillo.

“E’ vero: gli shinigami sono dei soldati addestrati apposta per uccidere quelli come me, ma sarebbe più giusto dire che sono stati riuniti piuttosto che istituiti”.

Alicia alzò lo sguardo verso l’Espada “In che senso?”.

Grimmjow gettò in terra il mozzicone “Credi che chiunque possa diventare shinigami? Sbagliato! Gli shinigami sono degli umani speciali”.

“Speciali? Cosa intendi?”.

Le si avvicinò “Gli shinigami sono degli esseri umani dotati di poteri particolari. Poteri grazie ai quali possono combattere alla pari con noi” disse, con un sorriso soddisfatto.

Alicia sgranò gli occhi “Poteri? Perché avrebbero bisogno di poteri speciali per battere gli hollow? Non mi sembra che voi abbiate tutti sti superpoteri” lo guardò “All’infuori dello strano colore di capelli e di altri piccoli dettagli”.

Grimmjow rise “Tu non sai nulla di noi,donna! Non farti ingannare dal nostro aspetto umano, noi hollow non siamo come voi!”.

Incrociò le braccia “Certo”.

Grimmjow si piegò sulle ginocchia in modo da essere alla stessa altezza della ragazza “Scoprirai presto quanto siamo diversi dalle tue aspettative. Abbiamo parecchi assi nella manica” disse.

Alicia lo fissò scettica “Si si, certo. Comunque non ho ancora capito cosa c’entrano le katana in tutto ciò”.

Era evidente che non credesse a una parola di quello che le aveva appena raccontato.

Si rialzò “Libera di non credermi, comunque lo vedrai presto con i tuoi stessi occhi quanto le cose siano molto diverse da quanto immagini”.

La fissò “Sempre se riuscirai a fare il tuo dovere con quel portale” disse, indicando il simbolo con il pollice.

Alicia sbuffò << Perché diavolo continua ad  evitare la mia domanda?! >> si lamentò fra sé e sé.

 

 

 

 

 

 

I corpi dei due capitani erano stati rimossi dalle loro stanze ed erano stati portati nella caserma della quarta compagnia, dove sarebbero stati sottoposti ad autopsia.

Mentre Unohana e la sua luotenente Isane erano al lavoro, gli altri capitani attendevano fuori l’esito degli esami.

Mano a mano che il tempo passava la maschera di preoccupazione sui loro visi aumentava.

Poi, finalmente, le due donne apparvero, scure in volto.

Ichigo si avvicinò quasi di corsa “Allora?” chiese esitante.

“Ho fatto ogni esame possibile, non ci sono dubbi, sono proprio loro…” disse in tono cupo.

“Ma hai provato a rifare gli esami o a rived…”.

“Ho ripetuto ogni esame fino allo sfinimento; non ci sono dubbi”.

Ichigo si passò una mano sul volto, visibilmente provato.

Kyoraku fece un passo avanti “Cosa intendi fare ora?” chiese.

“Ripulite le stanze dal sangue e proibite ai vostri uomini di parlare di questa faccenda al di fuori delle mura del Sereitei”.

Komamura intervenne, un’espressione sorpresa sul volto “Come sarebbe? Intendi tenere la popolazione all’oscuro da un fatto di tale importanza?” lo accusò.

“E’ loro diritto sapere!”.

Kenpachi intervenne “Dì un po’ il pelo ti è arrivato al cervello o cosa? Cosa pensi che succederebbe se la popolazione venisse a sapere che due capitani sono stati accoppati all’interno del Sereitei come se niente fosse?” .

Komamura portò la destra sull’impugnatura della katana, ringhiando.

Zarachi invece rise sprezzante “Avanti cagnone, fammi vedere di cosa sei capace!” lo sfidò, portando anche lui la mano alla katana.

Ukitake afferrò il polso di Komamura “Smettetela subito vi pare il momento!?” li sgridò.

Zaraki incrociò le braccia “Tsk!”.

Il capitano della tredicesima compagnia guardò Komamura negli occhi “So che Kaname era un tuo caro amico, ma prendertela con Zaraki non lo farà tornare indietro” disse.

Lo shinigami si calmò all’istante, abbassando il volto con aria colpevole.

Ichigo, che era rimasto a guardare la scena in silenzio, intervenne “Sono il primo a cui dispiace non poter dire loro la verità, ma è necessario. Una popolazione presa dal panico è proprio ciò di cui abbiamo meno bisogno in questo momento”.

Komamura annuì “Si, hai ragione. Ti chiedo scusa”.

Il comandante supremo guardò i capitani davanti a sé “Vorrei che ora vi occupaste di preparare al meglio i vostri uomini per la battaglia imminente. Tuttavia, Soi Fon”.

La donna alzò il capo, sentendosi chiamata in causa “Si?”.

“Vorrei che ti occupassi delle indagini. Voglio che trovi e catturi il o i colpevoli. Se credono che lascerò la morte di due miei uomini impunita solo perché siamo in tempo di guerra, si sbagliano di grosso” disse in tono secco.

Soi Fon annuì e scomparve.

Ichigo si rivolse a Kurotsuchi, che guardava il cielo con aria annoiata, come se non gli importasse nulla di quanto stesse accadendo “Capitano Kurotsuchi voglio che fai qualcosa per aumentare la sicurezza e cerca di capire se la katana che ha trafitto Gin è una delle nostre”.

Mayuri lo guardò con quei suoi occhi gialli, come se quello che gli avesse appena parlato fosse un fungo e non il suo capo, e annuì “Come vuoi” disse annoiato, poi sparì.

“Quanto a voi” disse rivolto a tutti gli altri capitani “Fate del vostro meglio per preparare i vostri uomini e tenete sott’occhio la terza e la nona compagnia, non voglio vedere colpi di testa da parte dei sottoposti dei due capitani” si passò una mano tra i capelli “Potete andare” li congedò.

Gli shinigami si dispersero velocemente, diretti ognuno verso la rispettiva caserma.

 

 

 

 

Ulquiorra rientrò a Las Noches e percorse l’atrio con paso veloce e silenzioso, bloccandosi alla vista di un uomo appoggiato contro il muro.

“Aizen-sama” salutò.

Gli occhi color nocciola dell’uomo si fissarono in quelli verdi dell’Espada “Bentornato” lo salutò.

Ulquiorra gli si avvicinò, porgendogli una borsa.

Aizen l’afferrò, estraendone un plico di fogli.

“Sono le informazioni che ti ho chiesto?” chiese.

“Si”.

Il signore di Las Noches sorrise soddisfatto “Ottimo lavoro davvero” si complimentò.

Ulquiorra rispose con un cenno della testa “Dov’è la femmina?” chiese.

“Nel laboratorio di Aporro a riflettere” gli rispose, senza alzare lo sguardo dai fogli.

“Puoi andare adesso” lo licenziò.

Ulquiorra si portò la destra al cuore “Come volete Aizen-sama” disse, poi si allontanò.

 

 

 

 

Komamura camminava da parecchi minuti quando si accorse di trovarsi davanti alla caserma della nona compagnia.

Guardò il profilo degli edifici con occhi tristi.

<< Ti vendicherò Kaname >> pensò.

I suoi pensieri furono però interrotti da un rumore concitato di voci e clangore metallico.

Incuriosito si avvicinò a quelle voci, ma, giunto nel cortile centrale si bloccò stupito.

Kira Izuro stava combattendo con una shinigami donna con lunghi capelli mossi biondo ramato.


“Kira, calmati maledizione!” stava urlando la donna.

Ma lo shinigami non sembrava volerla ascoltare e continuava a colpirla, anche se era evidente che cercava solo di disarmarla.

“Ti prego Rangiku-san, spostati” la pregò, parando un fendente.

“Nemmeno per sogno! Non ti permetterò di andare a farti ammazzare!” gli gridò in risposta.

Kira sospirò “Non costringermi a usare la forza Rangiku-san”.

“PIANTALA!” urlò improvvisamente, scoppiando in lacrime.

Kira rimase un attimo interdetto.

“Piantala di comportarti come se fossi l’unico a soffrire per la morte di Gi…del capitano Ichimaru!” ringhiò tra le lacrime, abbassando la katana.

“Non permetterò più a nessuno di farsi male. Dovessi usare la forza ti impedirò di andare da Aizen!” disse sicura.

Kira rimase in silenzio per qualche secondo poi impugnò la sua katana con entrambe le mani “Mi spiace Rangiku-san ma non ti permetterò di metterti in mezzo. Alza la testa Wabisu…”.

Non finì la frase perché si sentì afferrare il braccio con forza “Ora basta voi due!” ringhiò una voce autoritaria; i due sussultarono, colti di sorpresa.

“C-capitano Komamura!”.

“Izuro, Matsumoto riponete le vostre zampakutou” ordinò.

I due ubbidirono.

“Matsumoto torna dal tuo capitano, ti starà sicuramente cercando”.

La donna diede un’ultima fugace occhiata a Kira poi girò i tacchi e se ne andò.

Komamura si voltò verso l’altro shinigami, sul cui volto era dipinta un’espressione di disappunto.

“Izuru, non mi sarei mai aspettato un simile comportamento da te. Siamo tutti dispiaciuti per quanto è successo ma…”.

“Lei non avrebbe fatto lo stesso?” lo interruppe.

Il capitano aggrottò le sopracciglia, colto di sorpresa “Come?”.

“Lei avrebbe fatto la stessa cosa per il capitano Tousen se non avesse avuto paura di una strigliata da parte del capitano supremo” ringhiò.

Komamura strinse gli occhi “Fingerò di non aver udito questo insulto semplicemente perché sei scosso. Tornatene alle tue stanze prima che cambi idea” sibilò.

“Come volete” disse in tono secco, allontanandosi.

Komamura sospirò volgendo lo sguardo al cielo via via  più chiaro mano a mano che l’alba si avvicinava.

 

 

 

 

 

Matsumoto si diresse a passo lento verso la caserma della decima compagnia .

<< Vorrei sapere cosa gli è preso a quello stupido! >> si lamentò.

E’ semplicemente dispiaciuto per la morte di Gin. Tu non avresti reagito nello stesso modo se avessero fatto del male al tuo capitano?” le chiese una voce nella sua testa.

Rangiku si fermò “E’ ovvio che avrei reagito nello stesso modo, ma non mi sarei mai scontrata con i miei stessi compagni!”.

“Perché sei una vecchia dal cuore tenero”.

“Ma stai zitta, brutta racchia di una gatta!” sbottò la donna, irritata.

Chi sarebbe la racchia?! Nonnetta!” ringhiò la voce.

Ranghiku si passò una mano fra i lunghi capelli con un sospiro.

“Non ho voglia di litigare anche con te” disse in tono stanco.

“Tsk, nemmeno io”.

Approfittando dell’improvviso silenzio la shinigami si rimise in cammino.

“Mo non fare la vecchia depressa però! Impediremo a quello scemo di Kira di farsi male, così come agli altri. A costo di prenderli a calci! E se non ti va lo farò io per te!” tuonò la voce in tono fiero.

Rangiku sorrise “Ma sentila! Sei sempre la solita sbruffona Haineko”.

“Tsk!”.

 

 

 

 

 

 

 

Kira si lasciò cadere sul futon, appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi, nel tentativo di calmare il fiume di emozioni che lo stavano attraversando come un treno in corsa.

“Merda” imprecò tra i denti.

Si passò una mano sul volto cercando di cacciare via l’immagine di Rangiku che scoppiava in lacrime.

“Merda” si ripeté.

Cosa diavolo credeva quella stupida? Che a lui facesse piacere doversi scontrare con lei? Come poteva pensare una cosa del genere?

Ma, soprattutto, come poteva non capire come si sentisse?

Quei bastardi al seguito di Aizen avevano appena trucidato il suo capitano e lui avrebbe dovuto rimanersene con le mani in tasca ad aspettare tranquillo il momento giusto?

“Kira…” lo chiamò una voce bassa nella sua testa, distogliendolo dai suoi pensieri.

“Cosa c’è?” chiese in tono brusco.

“Capisco perfettamente cosa provi ma non voglio che ti tormenti così”.

“Taci, per favore” ringhiò.

L’ultima cosa che voleva in quel momento era la ramanzina anche dalla sua zampakutou.

“No, non lo farò Kira” insistette.

Lo shinigami sospirò rassegnato.

“Voglio che tu sappia che appoggerò ogni tua scelta e che sarò qui al tuo fianco pronto a infilzare chi ha ucciso il capitano”.

Kira si guardò la katana legata al fianco “Lo so. Lo faremo insieme”.

“Allora, fino a quando quel momento non sarà arrivato ti chiedo di non fare stupidaggini e di permettermi di portare ancora una volta  il peso che hai ora nel cuore”.

Lo shinigami sorrise “Lo stai già facendo Wabisuke” disse, stringendo l’impugnatura della sua katana.

“Lo fai ogni volta che appesantisci le katana dei nostri avversari”.

“Grazie Kira” lo ringraziò Wabisuke, poi la sua presenza si allontanò dalla sua mente.

 

 

 

 

 

Alicia rimase seduta sul pavimento, le braccia strette intorno alle gambe, con un espressione che diveniva via via più irritata mano a mano che il tempo scorreva.

Non ne poteva più di stare rinchiusa in quella maledetta stanza bianca; si stava annoiando a morte!

Come se non bastasse Grimmjow non sembrava avere alcuna intenzione di fare conversazione.

Grimmjow, che invece si stava divertendo un mondo a vedere quanto si stesse irritando, estrasse il pacchetto di sigarette che teneva in tasca accendendosene una.

Alicia si alzò improvvisamente e gli si avvicinò.

“Beh, che ti prend…” chiese l’Espada, senza riuscire a finire la frase perché si vide strappare via la sigaretta dalle labbra.

“Ehi! Ridammela!” protestò.

Ma Alicia non esaudì la sua richiesta, anzi si avvicinò al portale e, una volta fermatasi di fronte, la lasciò cadere su uno di quei fasci rossi che saettò, incenerendola all’istante.

Grimmjow rimase un attimo bloccato poi le si rivolse con un tono irritato “Questa me la paghi” le disse.

Alicia si voltò di scattò fulminandolo con un’occhiataccia “Non ti pagherò proprio nulla! Mi sono rotta i coglioni di stare qua dentro! E se credi che ti lascerò fumare come se niente fosse ti sbagli di grosso! Te le incenerirò tutte se non mi fai uscire di qui!” sbraitò.

Fece un passo avanti “E che cazzò c’hai da ridere?” aggiunse.

Grimmjow infatti stavi sorridendo.

“Come hai fatto a incenerirla?” le chiese.

Alicia alzò un sopracciglio “Beh sei diventato anche cieco adesso? L’hai visto no? L’ho gettata sul portale”.

“Si, l’ho visto. Ma mi chiedo, perché l’ha incenerita? Quel coso non dovrebbe attaccare solo ciò che attenta alla tua vita?”.

“Che ne so! L’ha fatto e basta, che vuoi che ne sappia io?”.

Le si avvicinò, il solito sorriso strafottente stampato sulle labbra.

“Ah si? Non sarà che l’ha fatto perché volevi farlo tu?” la provocò.

“Io…no!”.

Però dovette ammettere che ci aveva sperato…

No! Non doveva farsi condizionare dalle sue parole!

“Ti sbagli” gli disse secca.

Lui ridacchiò, avvicinandosi “Vogliamo scommettere?”.

Alicia strinse gli occhi “Ti ho già detto che non so usarlo a piacimento” sibilò.

Grimmjow azzerò la distanza che ancora li separava, cingendole il viso con una mano.

“Quand’è così ti costringerò a farlo” disse in tono suadente.

Un brivido le corse lungo la schiena.

Possibile che anche in un momento del genere bastasse che le si avvicinasse per mandarle il cervello in pappa?

Cercando di mantenere il suo contegno irritato, lo guardò negli occhi “Non puoi costringermi a fare una cosa che non so fare” le disse piccata.

Grimmjow si avvicinò al suo viso, con un intento ben preciso.

I battiti cardiaci di Alicia accelerarono all’istante ma, improvvisamente, un’ inspiegabile rabbia le colpì la mente come una frustata, lasciandola interdetta.

Non ebbe modo di chiedersi perché che vide Grimmjow schiantarsi contro la parete, colpito da uno di quei raggi rossi.

Alicia sgranò gli occhi, sconvolta.

“M-ma che…?”.

Grimmjow, dolorante, si rialzò; una profonda bruciatura sul petto.

“Che cazzo fai donna?” ringhiò.

“I-io non ho fatto nulla! Non…ha fatto tutto lui!” si difese.

Grimmjow si accarezzò la ferita con una smorfia “Si, si vede”.

L’Espada tornò ad avvicinarsi e la stessa sensazione di rabbia colpì la mente di Alicia.

Me era qualcosa di diverso dalla rabbia; era come se fosse…gelosia.

In quell’ esatto momento un altro raggio rosso partì in direzione di Grimmjow, che riuscì ad evitarlo solo all’ultimo.

Un senso di frustrazione sfiorò la sua mente, nel momento esatto in cui un altro attacco partiva verso l’Espada.

“ORA BASTA!” urlò.

Il raggio si bloccò all’istante.

Ma, prima che Alicia potesse avere il tempo di stupirsi, avvertì una presenza nella sua testa.

Una presenza piuttosto contrariata del fatto che non avesse potuto portare a termine il colpo.

Considerandosi pazza per quello che stava per fare, cercò un contatto con quella presenza.

<< Perché diavolo lo hai attaccato?! Non voleva mica farmi del male! >> ringhiò mentalmente.

Avvertì un senso di stizza poi più nulla.

<< Fa anche l’offeso adesso?! Robe da matti! >> .

Grimmjow ruppe il silenzio.

“Visto che riesci a controllarlo?” disse in tono soddisfatto.

Alicia alzò il viso di scatto e lo fissò.

“E non dire di no, perché l’hai appena fatto” la anticipò, prima che potesse controbattere alcunché.

Colpita dalla verità di quella parole, abbassò lo sguardo.

Non solo l’aveva appena controllato ma ci aveva anche parlato telepaticamente, in un modo che non capiva nemmeno.

Questo significava che lei e quel portale erano davvero legati, anche se non sapeva perché.

Diede le spalle a Grimmjow e si diresse verso il simbolo.

<< Devo essere pazza per fare quello che sto per fare >> si disse.

Giunta davanti al portale, si inginocchiò davanti, allungando una mano verso uno dei tanti raggi rossi.

Grimmjow fece un passo avanti “Che vuoi fare? Hai deciso che non hai più bisogno di una mano?” le chiese.

Alicia lo ignorò, traendo un respiro profondo, prima di toccare uno dei raggi.

Strinse gli occhi, aspettandosi un dolore che però non arrivò.

Sorpresa, riaprì gli occhi e ciò che vide la lasciò senza fiato.

Uno dei raggi rossi era avvolto intorno al suo braccio, come un serpente, mentre gli altri vorticavano intorno a lei, come fossero un branco di cani felice per il ritorno del padrone.

E in effetti avvertì un senso di felicità sfiorarla.

“Non è possibile” disse a voce alta.

Avvertì la presenza del portale chiara e vivida nella sua mente, perché ormai l’aveva capito che era lui, ma era come se ci fosse qualcosa a bloccarlo.

Qualcosa che gli impediva di andare oltre le sensazioni.

Grimmjow guardava la scena con gli occhi sbarrati: non poteva credere a quello che vedeva.

Alicia fissò il portale << Senti, non è che potresti darmi una mano in una certa faccenda? >> gli chiese mentalmente.

 

 

 

 

 

Ulquiorra si fermò davanti alle scale che portavano ai dormitori poi, anziché salire, scese verso i sotterranei.

Giunto nel laboratorio osservò il lettino, vuoto, su cui avrebbe dovuto essere legata la “femmina” e strinse gli occhi irritato.

Con un fruscio si avvicinò alla porta che dava sul corridoio.

 

 

Alicia si rialzò in piedi e si voltò verso Grimmjow, ancora sconvolto, per fargli una domanda, ma la porta si aprì di scatto azzittendola.

Ulquiorra si materializzò nella stanza, sotto gli occhi stupiti di entrambi.

“Che diavolo ci fai tu qui?” gli ringhiò contro Grimmjow.

Ulquiorra guardò prima lui, la ragazza e infine il portale, prima di rispondere.

“Potrei farti la stessa domanda” disse tagliente.

Si voltò verso Alicia “Lei dovrebbe essere legata. Che ci fa qui?” chiese.

Grimmjow si infilò le mani in tasca e lo guardò con aria sprezzante.

“Ho pensato che portarla qui sarebbe stato più utile che lasciarla legata come un salame a guardare il soffitto”.

L’altro Espada strinse lievemente gli occhi “Non erano questi gli ordini di Aizen-sama”.

“Sei venuto fin qui per farmi la predica Cuarta Expada? O per sfidarmi?” ringhiò.

Ulquiorra lo guardò con quel suo sguardo spento “Non mi è di alcun interesse battermi con te” disse gelido.

Grimmjow ringhiò, agitando la coda.

“Che c’è hai paura di batterti con me? Temi di finire in pezzi?”.

“L’unico che finirebbe a pezzi saresti tu, Sexta Expada”.

Il sorriso morì sulle labbra di Grimmjow, sostituito da una maschera d’ira.

Un secondo dopo gli si scagliò contro urlando “Vediamo chi finirà a pezzi!”

Ulquiorra schivò con facilità il pugno diretto al suo viso, così come il calcio che l’altro Espada provò a rifilargli.

Continuarono così per qualche minuto, fino a quando Grimmjow non si irritò.

“Mi hai rotto i coglioni!” gridò, alzando un braccio in avanti.

Per un attimo Alicia si chiese cosa avesse intenzione di fare, poi una sfera rossa si materializzò nella sua mano.

Quello che successe dopo accadde a tale velocità che Alicia fece fatica a capire.

Ci fu un bagliore rosso poi un altro verde e il suono tremendo di un’esplosione, seguita da uno spostamento d’aria tale che la gettò a terra.

Appena si fu ripresa si rialzò dolorante e con le orecchie che fischiavano; i due Espada erano uno di fronte all’altro, illesi.

Sulle labbra di Grimmjow apparve un sorriso “Lanciare il tuo Cero contro il mio per annullarlo. Ottima mossa” disse.

Ulquiorra si limitò a guardarlo freddamente, senza rispondergli.

Alzò un braccio, puntandogli l’indice contro; indice sul quale si materializzò una sfera verde.

“Questa volta non ti mancherò” disse, mirando alla testa.

Grimmjow rise sprezzante “Voglio proprio vedere”.

Ma, prima che i due potessero tornare a scannarsi a vicenda, un raggio rosso si frappose fra loro.

Sorpresi, si voltarono verso la ragazza.

“Ora basta voi due! Mi avete stufato! Se non la piantate vi incenerisco entrambi!” strillò.

I due restarono a fissarla per qualche secondo, poi Ulquiorra abbassò il braccio e uscì dalla stanza, senza dire una parola.

Grimmjow e Alicia rimasero interdetti un attimo; non era di certo la reazione che si aspettavano.

<< A quanto pare ha finalmente imparato ad usarlo >> pensò soddisfatto la Quarta Espada, mentre si dirigeva verso la stanza di Aizen con un lieve sorriso a incrinargli le labbra.

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Capitolo 26
*** Sulla terra! ***


Autrice: *urlando nel microfono* SALVE A TUTTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII SONO TORNATAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!

Grim: *tenendosi le orecchie* AHIA!! brutta idiota!!!! non far fischiare il microfono!!!

Autrice: *lanciandogli il microfono in testa* a cuccia tu! non si può nemmeno più gioire adesso?!!? dopo mille mila mesi che non postavo più ci sono riuscita e anzichè prostarti ai miei piedi, invocandomi come tua unica signora e dea, ti lamenti anche?!?!

Al: Non ho parole...Piuttosto, ma non mi si vede per niente in questo capitolo!!

Grim: Poi dici a me, neh?

Autrice: Oh insomma! non vi sta mai bene nulla! sparatevi ù_ù

Al/Grim: -.-"

Aporro: Piuttosto, potevi darmi una parte più lunga

Autrice/Al/Grim: E tu da dove sei sbucato?

Aporro:*indicando il backstage* Da lì.

Autrice: *scoppiando in una risata da pazzoide* Vabbè, tornando a noi: preparatevi perchè dal prossimo capitolo ci saranno un bel pò di mazzate, sangue e tanti combattimenti MUHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA!!!!!

Light:  Ehi tu, dannata! come osi copiare la mia risata! *prende il death note e lo apre, impugnando la penna*

Autrice: *cacciandolo fuori dal set con un sonoro calcione nel sedere* Cosa credi di fare ah? tu non sai qual'è il mio vero nome!

Aporro: Io me ne vado...

Al: anche io

Grim: Vi seguo

Autrice: *continua a ridere pronunciando frasi sconnesse*

Uqluiorra: Portate pazienza...Comunque, buona lettura.

 

 

 

 

 

 

 

Ulquiorra bussò alla porta davanti alla quale si era fermato; una voce profonda rispose, invitandolo ad entrare.

“Aizen-sama” salutò con un cenno del capo.

L’uomo lo guardò sorpreso “Ulquiorra? A cosa devo la tua visita?”.

L’Espada fece un passo avanti “La femmina ha finalmente usato il portale volontariamente”.

Aizen rimase in silenzio per qualche secondo soppesando le parole dell’altro, poi un sorriso ferino gli increspò le labbra.

“Finalmente” disse, alzandosi dalla poltrona di pelle su cui era seduto.

“Piuttosto, tu come fai a saperlo?” gli domandò.

Ulquiorra guardò per un istante fuori dalla finestra << E’ ormai giorno >>.

“Volevo controllare che la femmina fosse ancora al suo posto; ma quando sono arrivato lei non c’era. Jeagerjaques l’aveva portata nella stanza del portale”.

Fissò lo sguardo negli occhi marroni dell’uomo “Abbiamo avuto un diverbio e lei si è messa in mezzo, usando il portale per dividerci” concluse.

Aizen lo fissò a lungo “Convoca i tuoi compagni, è tempo di ultimare gli ultimi preparativi”.

“Come volete Aizen-sama” disse, uscendo dalla stanza.

Aizen si sedette nuovamente sulla poltrona, poi, si sfilò gli occhiali e li appoggiò sul tavolino in cristallo che aveva davanti.

<< Finalmente il giorno tanto atteso è arrivato. Chissà come te la caverai Kisuke. Questa volta non ti lascerò scappare >> pensò, mentre si passava una mano tra i capelli.

I primi raggi del sole si infilarono timidamente nella stanza, quasi avessero bisogno del permesso del proprietario, illuminando un angolo buio dove una katana giaceva appoggiata contro il muro.

 

 

Alicia era immersa nei suoi pensieri, quando un rumore simile allo squillo di un telefono la fece sobbalzare. Alzò lo sguardo e vide che Grimmjow aveva estratto dalla tasca qualcosa di molto simile ad una ricetrasmittente.

“Si?” chiese in tono seccato.

La voce squillante di Nnoitra riempì la stanza “Ehi bellicapelli alza quel tuo culo dal letto e vieni qui, Aizen vuole parlarci” disse ghignando.

Grimmjow si fece scuro in volto e riattaccò con un ringhio.

“Devo andare, tu aspettami qui” disse secco, uscendo dalla stanza, premurandosi di chiudere la porta a chiave.

Alicia non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca che l’Espada era già sparito.

Incrociò le braccia imbronciata “Perfetto”.

L’occhio le cadde sul portale “E tu hai intenzione di tenere il broncio ancora a lungo?” chiese irritata, senza aspettarsi davvero una risposta.

“Al diavolo” imprecò, sdraiandosi sul pavimento.

Non avendo alcuna occupazione utile con cui occupare la mente, si ritrovò a rimuginare.

Non riusciva ancora a capire perché avrebbe dovuto andare nell’Hueco Mundo da bambina, né tanto meno perché lo scienziato di Aizen avrebbe dovuto bloccarle i ricordi. Ma la cosa più importante di tutte era riuscire a capire perché era legata a quel portale. L’idea che riuscisse a parlarci telepaticamente, in un modo che ancora non capiva, la inquietava e la confondeva allo stesso tempo. Soprattutto perché percepiva come un blocco in quel contatto; come se quella telepatia non funzionasse come doveva.

Forse qualcuno aveva bloccato quel portale in maniera tale che non potesse essere usato. Ma se così fosse stato cosa sarebbe successo quando avrebbe provato ad aprirlo? Sarebbe stata attaccata da quegli stessi raggi rossi che l’avevano protetta?

Si passò le mani tra i capelli << Non ne posso più! Se resterò qui ancora un po’ diventerò davvero pazza! >> si lamentò mentalmente.

Tornò a guardare il simbolo.

<< Spero che quello stupido di un Espada torni in fretta, ho parecchie domande da fargli >>.

 

 

 

 

 

 

“Avanti un altro! Alzate quelle chiappe mosce e venite qui!” urlò Kenpachi rivolto agli shinigami che aveva davanti, la bokutou appoggiata su una spalla.

Un mormorio si diffuse tra i presenti; nessuno aveva voglia di prenderle dal capitano.

“Allora?” chiese spazientito.

“Vengo io” si propose uno shinigami pelato.

Kenpachi fece un sorriso “Bene Madarame, fammi divertire”.

Ikkaku si voltò verso il suo vicino: uno shinigami con capelli neri a caschetto intentoa pettinarsi.

“Ohi Yumichika alza il culo!”.

L’altro shinigami gli rivolse un’occhiata di rimprovero, ma si alzò.

“Che modo volgare che hai di parlare Ikkaku” disse tagliente.

“Tsk! Sempre meno delle tue stupide piume!” lo prese in giro.

Yumichika Ayasegawa, quinto seggio dell’undicesima compagnia, era infatti solito indossare due piume sull’occhio destro; una gialla e una fucsia.

Come ci restassero attaccate era ancora un mistero.

Kenpachi fece un passo avanti “Ora si che ci si diverte” disse.

I due shinigami impugnarono le loro bokutou.

“Se mi rovino i vestiti ti prendo a calci” sospirò Yumichika.

Ikkaku si posizionò al suo fianco “Preoccupati delle ossa piuttosto!” lo ammonì.

Con una risata Kenpachi si scagliò contro di loro.

 

 

 

 

Nella palestra della quinta compagnia i due shinigami che si stavano affrontando si allontanarono l’uno dall’altro.

“Per ora basta così” disse Byakuya, rinfoderando la sua katana.

L’altro shinigami, con lunghi capelli rossi e tatuaggi al posto delle sopracciglia, fece un passo avanti “No” si oppose.

Byakuya gli rivolse uno sguardo freddo “Non tirare troppo la corda Abarai”.

“Non la sto sfidando capitano” si affrettò a spiegare “Penso solo che sia bene sfruttare tutto il tempo che abbiamo, dato che non sappiamo con esattezza quando dovremo intervenire”.

La maschera di irritazione sul volto del capitano si alleviò appena.

“Capisco perfettamente, ma arrivare già sfiniti allo scontro non è ugualmente utile” disse.

“Già, non ci avevo pensato…” disse, rinfoderando anche lui la sua katana.

Si udì qualcuno bussare alla porta; una ragazza bassa con capelli neri fece timidamente capolino.

“Rukia!” la salutò con un sorriso Renji, ma cambiò subito registro notando l’occhiataccia di Byakuya.

“C-cioè ciao Kuchiki-san” si corresse.

La shinigami ignorò completamente il saluto e si rivolse direttamente al capitano “Byakuya-niisama posso parlarti?” chiese.

Ci fu un attimo di silenzio poi Renji capì “Oh…io…vado a fare il the” disse, uscendo.

Non sapendo cosa fare si diresse verso la sua stanza, a poca distanza dalla palestra, e iniziò a preparare per davvero il the.

Mise a bollire l’acqua e preparò le foglie per l’infuso, quando un suono di voci concitate lo fece sobbalzare.

Non capendo cosa stesse succedendo uscì dalla sua stanza e si guardò attorno.

Rimase in ascolto per qualche secondo e alla fine capì che le voci provenivano dalla palestra.

<< Possibile? >> si chiese.

Si avvicinò per sentire meglio; non capitava tutti i giorni di sentire il capitano alzare la voce.

“Ti ho detto di no” stava dicendo Byakuya.

“Perché?! Sono uno shinigami anche io dopotutto. Come potrei rimanere in angolo a guardare? Pensi che non sia in grado di combattere?” stava chiedendo Rukia.

“Non è affatto una questione di fiducia” rispose secco.

“E allora cosa? Ti prego dimmelo perché non capisco”.

Byakuya non rispose, non avrebbe mai ammesso che non voleva che lei si facesse male. Non voleva perdere nuovamente una persona a lui cara. Quella fragile shinigami era più simile a sua sorella Hisana di quanto immaginasse, specialmente nella testardaggine.

“Sai che non ti ho mai contraddetto, ma questa volta agirò secondo il mio pensiero. Avrei potuto scendere in battaglia di nascosto, ma ho preferito parlarne con te per rispetto” si avvicinò alla porta “Scusa il disturbo, nii-sama” disse facendo un lieve inchino prima di uscire.

 

Renji si allontanò di corsa, riuscendo ad entrare nella sua stanza nel momento esatto in cui Rukia usciva dalla palestra.

Appoggiò la schiena al muro e trasse un sospiro.

Non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere se il capitano si fosse accorto che aveva origliato una conversazione tanto personale.

Si avvicinò ai fornelli e tolse l’acqua dal fuoco, ormai quasi evaporata del tutto.

“Lascia perdere il the, non mi va” disse la voce bassa del capitano alle sue spalle, facendolo sobbalzare.

“Ah! Capitano!”.

Byakuya lo guardò con quel suo sguardo gelido per qualche istante poi gli diede le spalle e uscì dalla stanza, fermandosi un istante sulla porta.

“La prossima volta che origlierai una mia conversazione privata assaggerai quanto affilata sia la mia lama” disse in tono gelido.

Renji arrossì, capendo di essere stato scoperto “I-io si mi scusi capitano, non succederà più” si scusò con un inchino.

 

 

 

Kenpachi sputò per terra in segno di disappunto.

“Tsk! Nemmeno in due riuscite a combinare qualcosa di decente. Se non altro siete più in gamba di quegli altri culi mosci!” disse alludendo agli altri shinigami nella palestra.

Ikkaku e Yumichika erano seduti per terra col fiatone, le bokutou spezzate.

Yumichika si portò le mani ai capelli “Ecco, sono tutto spettinato!”.

Ikkaku guardò il pezzo di bokutou che aveva in mano pensando che avrebbe potuto usarlo come pugnale.

“Beh, per oggi mi sono rotto” disse Kenpachi lasciando la palestra.

 

 

“DOVE DIAVOLO SEI STATA?!” urlò Hitsugaya.

Rangiku si infilò il mignolo nell’orecchio, assordata.

“Capitano, non c’è bisogno di strillare ci sento lo stesso anche se parla piano”.

Toushiro si portò una mano al volto cercando di calmarsi “Farò finta che tu non abbia detto nulla. Ora potresti dirmi dove sei stata finora? Ti sembra il momento di perdere tempo in giro?! Abbiamo una guerra da combattere e tu girovaghi per la Sereitei!”.

La donna gli si avvicinò e lo abbracciò, rischiando di farlo soffocare nella sua scollatura.

“Ohi! Ma..matsumoto! la-lasciami subito!” si divincolò, riuscendo a liberarsi.

“Che diavolo fai, hai intenzione di uccidermi per caso?!” sbraitò.

“La stavo solo abbracciando capitano! Ho sentito dire che abbracciare i bambini quando sono nervosi è un ottimo metodo per calmarli”.

Toushiro si fece rosso in faccia per la rabbia “B-bambino!?”.

“Piuttosto capitano ho delle commissioni da fare quindi la saluuuuuuuuto!” lo salutò con la mano, uscendo dall’ufficio, prima che Hitsugaya potesse fare qualcosa per fermarla.

Adirato, il giovane capitano, tirò un pugno sulla scrivania, che si congelò all’istante.

Il capitano guardò il mobile ormai inutilizzabile per qualche secondo, tremando di rabbia.

“MATSUMOTOOOOOOOOOOOO TORNA SUBITO QUI!!” urlò.

Era la decima scrivania a cui toccava quella sorte quel mese.

 

 

Aizen si alzò da capotavola “Bene, potete andare a prepararvi. Stasera si parte” disse con un sorriso maligno.

Gli Espada si alzarono all’unisono in uno stridio di sedie e uscirono dalle stanze.

Solo Ulquiorra si attardò, avvicinandosi ad Aizen.

“Volete davvero utilizzare anche loro Aizen-sama?” chiese sorpreso.

L’uomo si pulì gli occhiali sulla giacca “Ovviamente. Ho intenzione di usare tutte le pedine di cui dispongo per fare scacco matto. Qualche pedone in più non può che fare bene” disse.

Ulquiorra fissò quegli occhi marroni profondi << Se solo sapessero quale è davvero il piano di Aizen non resterebbero un minuto in più al suo fianco >> pensò.

“Ah Ulquiorra, vorrei affidarti un incarico molto importante” disse sorridendo il quel modo paterno e inquietante al tempo stesso, riscuotendolo dai suoi pensieri.

“Quel che volete Aizen-sama”.

 

 

Ichigo guardava lo schermo davanti a lui; era in collegamento tramite una videoconferenza con il laboratorio della dodicesima compagnia.

“E’ tutto pronto quindi?”.

“Ovviamente, è stato un gioco da ragazzi. Non c’era alcun bisogno di affibbiarmi questo qui” disse Kurotsuchi, indicando con il pollice Urahara, al suo fianco.

“Siete davvero senza cuore capitano!” disse, agitando il ventaglio.

“E poi quel coso è davvero irritante, non l’ha mollato un secondo” si lamentò Kurotsuchi, alludendo al ventaglio che l’uomo non lasciava mai.

Ichigo li azzittì, innervosito da quelle beghe infantili.

“Non mi interessa un fico secco del suo ventaglio, voglio solo sapere se è tutto pronto”.

Urahara si fece serio “Certamente. Potremo usarlo quando vorremo” disse.

“Perfetto, era quello che volevo sentire. Ottimo lavoro, a entrambi” disse, poi chiuse la comunicazione.

 

 

Urahara uscì dal laboratorio e si diresse verso la sua stanza; l’unica cosa che voleva in quel momento era stendersi su un futon e dormire.

Si era cambiato; ora indossava un kimono verde e un cappello.

“Non posso crederci, hai riesumato quel completo orribile?” lo prese in giro una voce femminile.

Si voltò, Yoruichi lo fissava sorridendo appoggiata ad una colonna.

“Non ho mai capito perché non ti piaccia”.

“Perché è semplicemente inguardabile. Piuttosto, hai davvero un aspetto orribile, dovresti riposare”.

“Adoro quando mi fai tutti questi complimenti!” disse in tono ironico.

Yoruichi lo fissò come se gli stesse facendo una lastra.

“Che c’è?”.

“Ti sei ferito mentre lavoravi?” chiese, indicando il braccio sinistro.

Urahara si curò di nascondere la fasciatura con nonchalance.

“Già, una svista. Sai come sono fatto!” disse sventagliandosi.

Ma Yoruichi non sembrò bersela “E’ riuscita a rompere il primo sigillo vero?”.

Urahara si fece improvvisamente serio “Già. Ormai il sigillo non reggerà più. Dobbiamo essere pronti perché potrebbe aprire il portale in ogni momento”.

“Se ti sei ridotto così per il primo sigillo cosa accadrà quando lo romperà definitivamente?”.

“Non è il caso di preoccuparsi”.

Yoruichi gli rifilò un pugno in testa “E’ ovvio che mi preoccupi se il mio migliore amico si è imposto i sigilli sul suo stesso corpo!”.

“Sai anche tu che era l’unico modo per tenerla sotto controllo e perché non si facesse male”.

“Oh si meglio tu di lei”.

“Era il minimo che potessi fare. Almeno come ringraziamento verso di loro”.

Yoruichi si calmò all’istante.

Quanti anni erano passati da quel giorno? Eppure lui continuava a soffrirne e a non dimenticare.

“Sei uno stupido sentimentale” lo accusò.

Urahara rise “Già, forse hai ragione” disse, alzando gli occhi al cielo.

 

 

 

 

Alicia si sentì strattonare e riaprì gli occhi.

Si guardò intorno confusa; si era addormentata sul pavimento.

“Finalmente si è risvegliata” la salutò una voce bassa familiare.

Si voltò di scatto, trovandosi di fronte ad Aizen e agli Espada.

“Cosa…?” chiese.

Aizen sorrise paterno “Il momento è finalmente arrivato. E’ ora che apra il portale per noi” disse, senza tanti preamboli.

Alicia notò che tutti portavano una katana al fianco.

“Devo ricordarle cosa c’è in gioco?” disse Aizen con un velo di minaccia, notando la sua esitazione.

Alicia si alzò, sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, sperava però che ci sarebbe voluto più tempo.

“Ah quasi dimenticavo, se cercherà di ostacolarci non mi farò scrupoli”.

Alicia ebbe un brivido, la sua idea di bloccarli nel portale era appena andata in fumo.

“Farò quello che vuoi ma ad una condizione: voglio parlare con lo scienziato”.

Aizen la guardò sorpreso da tale richiesta, ma alla fine accettò.

Alicia si voltò verso il portale “Bene, non l’ho mai fatto prima, quindi pregate che funzioni” disse avvicinandosi.

Avvertì la presenza, chiara e vivida, del portale nella sua testa.

<< So benissimo che ciò che sto facendo è sbagliato, ma se non lo faccio se la prenderanno con la mia famiglia, quindi ti prego, fai come ti dico >> lo pregò.

Si girò un’ultima volta verso gli Espada, cercando quello sguardo, ma Grimmjow se ne stava appoggiato al muro con le braccia incrociate e gli occhi fissi al suolo.

Aggrottò le sopracciglia “Dov’è Ulquiorra?” chiese.

Aizen si raddrizzò gli occhiali sul naso “Questo non le interessa”.

<< Figuriamoci >>.

Stese le mani davanti al portale << Mi sento uno stregone, la verità è che non ho la minima idea di come diavolo fare ad aprirlo >> pensò tesa, avvertendo gli sguardi di Aizen e degli Espada su di lei.

Poi, improvvisamente, la presenza del portale si fece più forte nella sua testa e delle strane parole iniziarono a ronzarle in testa. Era come se il portale le stesse dicendo di pronunciarle; era come se la stesse avvisando che farlo senza pronunciarle sarebbe stato pericoloso.

Si schiarì la voce “Nella mia mano destra la pietra che unisce i mondi. Nella mia mano sinistra la lama che lega l’esistenza. Pastore dai capelli bruni; sedia dell’impiccato. Giunge una cortina di nubi…” Notò che, nel momento esatto in cui aveva iniziato a parlare il portale si era acceso e aveva iniziato a vorticare, cambiando la giometria del segno, mentre una luce bianca andava allargandosi al suo interno.

“…E io colpisco l’ibis crestato” concluse.

Vi fu un’esplosione rossa e un grosso portale apparve davanti a loro.

Alicia strinse gli occhi, era sicura di riuscire a vedere qualcosa al di la di quella luce accecante.

Aizen fece un passo avanti “Finalmente”.

 

 

 

 

Urahara si tirò a sedere di scatto dal futon; un dolore lancinante gli aveva appena attraversato la schiena.

“M-merda!” imprecò.

Cercando di ignorare il dolore crescente unì le mani e iniziò a pronunciare una lunga litania come un mantra.

<< Ormai non posso fare più nulla per il sigillo, ma se non altro posso evitare che mi uccida! >> pensò disperato, mentre avvertiva il simbolo bruciargli sempre di più la pelle e il calore del sangue bagnargli il kimono.

Impiegò parecchi minuti, ma finalmente il dolore cessò.

Avvertendo le forze abbandonarlo fece un’ultima cosa.

Si morse un dito e tracciò un simbolo sul pavimento con il sangue.

“Incantesimo d’immobilizzazione numero77! Tentei Kura!”

 

 

Yoruichi lasciò cadere le bacchette e si alzò di scatto da tavola.

“Kisuke!” disse in tono preoccupato, fiondandosi fuori.

 

 

 

 

Yoruichi fece irruzione nella stanza di Ichigo, intento a parlare con Soi Fon; portava Urahara a spalle.

“Yoruichi-san! Cosa è successo!?” chiese, sconvolto.

Urahara alzò il volto; era bianco come un cencio.

“L’hanno usato, dobbiamo sbrigarci…” ansimò.

Ichigo si voltò verso Soi Fon “Dì agli altri di prepararsi, voglio che siano pronti entro dieci minuti, non un minuto di più!”.

Soi Fon fece un segno di assenso con la testa e sparì.

Ichigo si rivolse a Urahara “Nel mentre cerchiamo di rimetterti in sesto…Non possiamo di certo portarti dietro in quello stato!”.

Si voltò verso Yoruichi “Che diavolo gli è successo comunque?”.

“Te lo dico strada facendo”.

 

 

 

Aizen si voltò verso gli Espada e li scrutò uno a uno; il suo sguardo si posò sulla Sexta Espada “Grimmjow, facci strada” disse con il solito sorriso paterno.

Alicia si bloccò.

Che avesse capito che il suo piano era bloccarli nel portale?

<< Merda, mandando avanti Grimmjow sa che non farò scherzi! Bastardo! >> pensò con rabbia.

Grimmjow si fece strada tra i compagni e si portò davanti al portale.

“E cosi mi usate come cavia eh?” disse, prima di gettarsi nel portale e sparire.

Non era passato nemmeno un minuto che la voce dell’Espada risuonò nella stanza, tramite la ricetrasmittente che Aizen aveva in mano.

“E’ tutto ok, non ci sono pericoli, potete anche muovervi adesso” disse scontrosamente.

Gli altri Espada lo seguirono uno dietro l’altro; solo Aizen rimase indietro.

Quando erano rimasti solo loro due, si voltò.

“Voglio mettere bene in chiaro una cosa: se cercherà di fare qualche scherzo la farò fuori senza pensarci due volte. Ma solo dopo che avrà assistito alla morte di tutti coloro che ama” un sorriso ferino gli increspò le labbra “Ovviamente mi riferisco anche a Grimmjow. La sua vita è nelle sue mani, non la getti via”.

Alicia strinse i pugni, tremando di rabbia.

“Bene, prima le signore”.

Saltarono nel portale insieme.

Una luce bianca li accecò, seguita dalla sensazione di cadere nel vuoto.

Dopo quelli che parvero minuti Alicia avvertì nuovamente la terra sotto i piedi.

Con cautela riaprì gli occhi e guardò con sconcerto dove si trovasse.

“Riconosce questo posto vero?” la provocò Aizen.

Alicia fece qualche passo avanti come un automa.

Ovvio che riconosceva quel posto! Ci aveva passato tutta la sua infanzia!

Osservò gli scivoli e le altalene come fossero degli alieni.

Si trovava nel grosso parco che costeggiava tutto il fiume, a poca distanza da casa sua.

Per un momento aveva sperato, pregato, che, non sapendo usare il portale, sarebbero finiti nel bel mezzo del deserto del Sahara, e invece eccola lì, finalmente a casa.

Anzi, pericolosamente vicina a casa.

Si riscosse; un pensiero orribile le aveva appena attraversato la mente.

Si voltò di scatto verso Aizen “Non potete combattere qui! Siamo a due passi dalle case!” quasi gridò.

Aizen si guardò intorno con aria scocciata “Cosa accadrà a questi umani non mi è di alcun interesse” disse, infilandosi una mano in tasca ed estraendone una sottospecie di pietra trasparente di forma ottagonale.

“Che diavolo è quel coso?” chiese confusa.

Aizen sorrise “Questo è ciò che vi distruggerà” rispose con un sorriso, prima di rimetterlo in tasca.

Si voltò verso gli Espada, rimasti a guardarsi intorno in silenzio fino a quel momento “Voi, preparatevi, tra poco saranno qui”.

Il gruppo si aprì a ventaglio, ubbidendo all’ordine.

“Ah quasi dimenticavo” disse Aizen facendo un gesto con la mano verso Alicia “Sai!”.

Alicia si ritrovò improvvisamente inchiodata al terreno, immobilizzata con le braccia dietro la schiena.

“Ahi! Co-cosa diavolo mi hai fatto?” sbraitò, cercando di forzare quel vincolo invisibile, ma dovette rassegnarsi presto, per non rischiare di rompersi le ossa.

Provò a rialzarsi, ma il suo corpo sembrava fuori uso, come se fosse schiacciato da un pesantissimo masso invisibile.

“E’ un semplice incantesimo di immobilizzazione. Non vorrei mai che la nostra ospite speciale ci lasciasse nel momento clou dello show” rispose con il solito sorriso paterno.

Prima che potesse replicare alcunché apparvero dal nulla due grossi fusuma, dai quali uscirono parecchi shinigami.

Come se fosse stata la cosa più normale del mondo le due porte scomparvero subito dopo che tutti furono usciti.

“Finalmente gli ospiti d’onore sono arrivati” disse Aizen, facendo un passo avanti.

Un ragazzo sui venti anni con fosforescenti capelli arancioni la fissò per qualche secondo, prima di spostare il suo sguardo su Aizen.

“Aizen”.

“Kurosaki Ichigo, anzi no, Comandante Supremo. Finalmente ci conosciamo”.

Nnoitra fece un passo avanti “Finalmente ci si diverte! Allora, chi faccio fuori per primo tra voi schifosi shinigami?” disse.

Aizen lo fulminò con un’occhiataccia “Resta al tuo posto fino a quando non te lo dico o sarai tu il primo” ringhiò.

Nnoitra tornò al suo posto con un’espressione contrariata.

“Ulquiorra” chiamò.

L’Espada, rimasto in disparte fino ad allora, si avvicinò.

“Si, Aizen-sama?”.

“Prenditi cura della nostra ospite, che nessuno le metta le mani addosso”.

“Come volete, Aizen-sama”.

Detto ciò Aizen rivolse la sua attenzione allo shinigami con il kimono verde e il cappello.

“Kisuke, quanto tempo è passato dall’ultima volta?” disse gioviale.

L’espressione dell’ uomo si fece scura “Dieci anni” disse secco.

“Già. E pensare che mi sembra ieri quando mi hai tradito e sei scappato portando tutte le tue ricerche con te”.

Si voltò verso Alicia, ancora bloccata a terra.

“Ma, come vedi, sono riuscito a riprendermi tutto ciò che mi avevi sottratto”.

“Lasciala andare. Lei non c’entra nulla con questa storia”.

Il sorriso paterno sparì dal volto del signore di Las Noches “Ti sbagli, lei c’entra eccome. E’ proprio grazie a lei se siamo qui oggi”.

“Questa faccenda riguarda noi due, prenditela con me se proprio vuoi vendetta!”.

Aizen rise “Tu non mi sei di nessun aiuto, anzi mi sbarazzerò di te una volta per tutte. Non sono il tipo che perdona i traditori io”.

Lo squadrò “Piuttosto non mi sembri molto in salute. A quanto pare non è stata un’idea così ottima applicare i sigilli anche sul proprio corpo”.

Urahara sbiancò leggermente.

Aizen rise nuovamente “Pensavi che non me ne sarei accorto?” disse, mentre si avvicinava alla ragazza.

“Secondo te cosa succederà se sarò io a forzare i sigilli?” chiese, con una luce sinistra negli occhi.

Urahara fece un passo avanti “Fermo! Non farlo! Tu non capisci! I poteri di quella ragazza sono troppo potenti perché riesca a controllarli! Distruggerà l’intera città!”.

“Chissà…sono curioso” disse, stendendo una mano su di lei.

Alicia avvertì una scarica di dolore attraversarle il corpo come una scarica elettrica e urlò, contorcendosi.

Urahara strinse i pugni e fece per intervenire, ma Ulquiorra fece un passo avanti in modo minaccioso.

Aizen alzò un sopracciglio; evidentemente si aspettava una reazione diversa dall’uomo.

“Così hai già rimosso i sigilli da tuo corpo? Previdente come al solito. Peccato che così sia tutto più semplice per me”.

Nell’attimo esatto in cui Aizen distese nuovamente la mano sulla ragazza, Ichigo scattò in avanti.

“Lasciala andare!” gridò, ma un lampo blu lo scaraventò indietro.

Ichigo atterrò leggero e guardò irato davanti a sé; un Espada dai capelli blu gli si era parato davanti.

“Fammi passare hollow!” disse.

L’altro sputò per terra “Con chi credi di parlare, ah shinigami? Io non prendo ordini da nessuno!” lo guardò con un sorriso ferino “Piuttosto, fammi divertire!”.

In un attimo i due schieramenti scattarono l’uno contro l’altro mischiandosi.

Era iniziata.

Alicia guardò le strane coppie che si erano formate: Grimmjow stava combattendo contro quel ragazzo dai capelli arancioni, Nnoitra era intento a guardare male uno strano tipo con la faccia dipinta di nero e una specie di elmo in testa che lo faceva sembrare un ariete, Aporro stava interloquendo con aria saccente con un bellimbusto dai capelli neri e una sciarpa bianca, Stark stava parlando con la solita aria annoiata con uno shinigami alto quasi due metri con una benda sull’occhio destro, Zommari guardava la shinigami con i capelli legati in due lunghi codini terminanti in un anello, come se provasse pietà per lei, Barragan, invece, era intento a guardare lo shinigami, dal kimono rosa a fiori che aveva di fronte, con il suo solito sguardo da dobermann incazzato, Lilinette (delle cui presenza si era accorta solo in quel momento) era intenta a schernire con coloriti e fantasiosi insulti lo shinigami dai lunghi capelli bianchi che aveva di fronte, che non faceva che guardarla come un padre guarda un figlio monello.

Guardo Halibel e per un momento si chiese se lo scontro con la shinigami che aveva di fronte sarebbe stato a chi aveva le tette più grosse.

Girò la testa, per quanto il blocco le concedesse, in cerca di Ulquiorra.

Lo scorse parecchi metri più in là, intento a parlare con kimono-verde-e-cappello e una donna di colore dai lunghi capelli viola.

La voce di Aizen la fece sobbalzare; per un attimo si era dimenticata di lui.

“Come vedi gli altri sono tutti impegnati, quindi torniamo a noi” disse, allungando una mano sulla sua testa.

Subito avvertì un dolore lancinante attraversarle il corpo e si contorse, serrando i denti.

Qualunque cosa avesse intenzione di fare non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di sentirla gridare di dolore.

Cercò di non pensare al dolore e si concentrò sulla sensazione che aveva provato quando aveva comunicato con il portale.

Ma, ora che ci pensava, non aveva idea di come fare a mettersi in contatto con lui non avendolo di fronte.

Non ci aveva pensato a come sarebbe stato usarlo senza averlo di fronte.

<< Merda! >> imprecò.

 

 

 

 

“Matsumoto!” gridò Hitsugaya in direzione del suo luogotenente, a qualche metro di distanza.

La donna lo salutò con la mano “Capitano non si preoccupi, ci penso io a questa Espada, lei cerchi di non tirare le cuoia piuttosto!”.

<< Brutta idiota che non è altro, quell’Espada la farà a pezzi! >>.

“Ehi moccioso! Lascia stare la donna e pensa a combattere se non vuoi crepare!” lo ammonì Yammy.

Hitsugaya lo guardò come se sperasse che finisse in pezzi “Come vuoi” disse, estraendo la katana dal fodero che portava legato dietro la schiena.

“Troneggia sul cielo ghiacciato…”.

Yammy ridacchiò “Allora fai sul serio eh moccioso? Bene, era ora!” disse, facendosi scricchiolare le nocche.

“Hyorinmaru!”.

Un immenso dragone di ghiaccio avvolse lo shinigami mentre la katana mutava forma; ora era blu e dall’elsa spuntava una lunga catena a cui era attaccata una mezza luna.

 

 

 

Rangiku distolse lo sguardo dal suo capitano, ormai partito all’attacco, e sfoderò anche lei.

<< Stupido di un capitano, lo so benissimo che non ho speranze contro un Espada, ma farò del mio meglio >>.

“Ruggisci, Haineko!”.

Halibel rimase immobile a guardare la katana della shinigami esplodere in una cortina di densa cenere.

“Potere interessante, ma non ti basterà” disse semplicemente.

Rangiku serrò la presa sull’elsa << Lo so benissimo >>.

 

 

 

Ichigo guardò il suo avversario in cagnesco per qualche secondo “Levati di mezzo hollow o ti farò togliere con le cattive” ringhiò afferrando la grossa katana che portava sulla schiena.

“Ma che grossa spada che hai shinigami. Sai anche usarla o è tutta scena per impressionarmi?”.

“Lo vedrai tra poco hollow”.

“Qual è il tuo nome shinigami?”.

“Non ti importa”.

“Già hai ragione. Allora lascia che ti dica il nome di colui che ti ammazzerà; te lo dirò una volta sola perciò tienilo a mente” si puntò il pollice al petto “Grimmjow

Jeagerjaques, Sexta Espada”.

Si passò la lingua sulle labbra “Allora signor Comandante Supremo, mi attacchi o hai bisogno di una carriola per quello spadone?” lo sfidò.

Ichigo scattò in avanti “Eccoti accontentato!”.

 

 

 

Nnoitra stava guardando l’uomo che aveva di fronte con aria irritata; per quanto tempo ancora aveva intenzione di rimanere immobile a grattarsi l’orecchio?!

“Allora? Hai intenzione di rimanere lì impalato ancora a lungo?”chiese.

Kurotsuchi voltò lo sguardo verso l’hollow con aria annoiata.

“Qual è il tuo nome?”.

“Nnoitra Jirga” rispose fieramente.

Mayuri lo ripeté poi estrasse la sua katana.

“Bene, ora so che nome dovrò mettere sulla provetta che conterrà i tuoi resti per le mie ricerche. O potrei sempre portarti vivo in laboratorio e sezionarti”.

Nnoitra sfoderò la katana,adirato.

“Maledetto bastardo ti strapperò via quella tua linguaccia insieme a tutta la testa!”.

Lo shinigami piegò la testa di lato, portandosi la lama vicino al viso.

“Estirpa Ashisogi Jizo” disse, facendo la lingua.

La katana si divise in tre lame, mentre l’elsa prendeva la forma di un volto di neonato con gli occhi chiusi, dalla cui bocca usciva un fumo viola.

“Maledetto mostro giuro che ti ammazzo”.

 

 

 

Aporro si raddrizzò gli occhiali sul naso.

“Kuchiki Byakuya, capitano della quinta compagnia. Figlio ed erede della nobile famiglia Kuchiki. Un avversario interessante anche se avrei preferito Mayuri Kurotsuchi…” disse in finto tono malinconico.

Byakuya lo guardò freddamente “Che pessimo gusto. Ma non preoccuparti, non avrai il tempo di rimpiangere di non averlo potuto sfidare” disse sfoderando la lama e portandola davanti al volto.

“Appassisci Senbonzakura”.

Aporro guardò la lama si trasformarsi in migliaia di petali di ciliegio senza battere ciglio.

“Ma che maniere dirette! Non vuoi nemmeno sapere il nome del tuo avversario?” lo canzonò.

“Non mi interessa il nome di un nemico che sto per battere” rispose secco.

Aporro ridacchiò “Diretto, imperturbabile e sicuro di sè, proprio come si addice ad un nobile” disse, aggiustandosi gli occhiali.

 

 

 

Kenpachi guardò l’uomo dai capelli lunghi davanti a sé.

“Sei tu il più forte?” chiese.

“Se lo fossi?” chiese pacatamente Stark, con le braccia incrociate.

Kenpachi sfornò un sorriso a quarantacinque denti “Allora sarei davvero fortunato!”.

“E se non lo fossi?”.

“Ti farei a pezzi il più in fretta possibile e andrei a cercare chi è”.

Stark sciolse le braccia “Quand’è così mi tocca fermarti”.

Kenpachi gli si gettò addosso sfoderando la spada “Allora cerca di non crepare troppo in fretta!”.

 

 

<< Nii-sama >> pensò preoccupata Rukia.

Una voce stridula la richiamò all’attenzione “Ehi shinigami i tuoi avversari siamo noi, non ti distrarre!”.

Rukia volse lo sguardo sull’essere rivoltante che aveva di fronte.

“Ti chiedo scusa, ma mi risulta piuttosto difficile guardarti”.

“Come osi insultarci!? Noi siamo Aaroniero Arruerie Nona Espada!”

Rukia lo fissò freddamente “Danza…” disse, estraendo la sua zampakutou “Sode no Shirayuki!”.

La katana si dipinse completamente di bianco, mentre un lungo nastro si snodava dalla parte posteriore dell’elsa con uno scampanellio.

“Una zampakutou bianca? E’ la prima volta che ne vedo una” disse Aaroniero rapito.

“E sarà anche l’ultima. Some no mai…Tsuki shiro!”.

Una colonna di ghiaccio avvolse l’Espada, cogliendolo del tutto di sorpresa “Ma co..?”.

“Sparisci dalla mia vista” disse, mentre il ghiaccio finiva in pezzi e con lui anche il suo contenuto.

 

 

Soi fon guardò la colonna di ghiaccio sgretolarsi con un’espressione disgustata “Patetico” disse.

“Hai ragione. Ma d’altronde Aaroniero era il più debole tra noi” disse Zommari. Io non sarò un avversario tanto facile, non temere”.

“Peccato, mi avresti risparmiato un sacco di scocciature. Pungi a morte, Suzumebachi”.

La katana si trasformò in un lungo anello giallo e nero a forma di pungiglione.

“Spero che i tuoi piedi siano veloci quanto la tua lingua Espada”.

 

 

Kyoraku sospirò “Signor Espada non sarebbe meglio se alla sua età stesse tranquillo?”.

Barragan si fece scuro in volto “Come osi insultarmi lurido shinigami! Io sono Barragan Luisenbarn e ti farò a pezzi per questo affronto” ringhiò.

Kyoraku sospirò nuovamente, portandosi le braccia ai fianchi “A quanto pare l’ho fatto arrabbiare, eh Jushiro?”.

Il capitano della tredicesima compagnia lo guardò con rimprovero “Ovvio. A nessuno piace farsi dare del vecchio” rispose a braccia incrociate, mentre schivava l’ennesimo pugno di Lilinette.

“Maledetto shinigami di merda! La vuoi smettere di saltare come un dannato grillo?!” si lamentò.

“Io non combatto contro i bambini” disse risolutamente.

“Non me ne frega! E poi io non sono una bambina!” urlò, ancora più irritata.

“Le signorine dovrebbero stare tranquille, no prendere parte alle battaglie”.

“Mi hai stufato! Ti ammazzo!” disse.

Ukitake sospirò “Non mi lasci altra scelta allora…”.

“Cos…?”.

Fece un gesto con la mano e la giovane hollow si ritrovò inchiodata al terreno, senza riuscire a muovere un muscolo.

“Tu, bastardo! Che mi hai fatto!”.

“Ti ho solo immobilizzata, ora sta tranquilla per piacere. Se ti agiti potresti farti male” disse in tono paterno.

<< Lo ammazzo, giuro che lo ammazzo! >>.

 

 

“Facci passare” stava chiedendo per l’ennesima volta Urahara.

“Non posso farlo, come ho già detto” rispose in tono freddo Ulquiorra.

“Allora combattici!” lo sfidò Yoruichi.

Due occhi verdi glaciali la fissarono “Aizen vuole uccidervi con le sue stesse mani. Non sarò io a fare in modo che non abbia la sua vendetta. Perciò state buoni e guardate i vostri compagni cadere l’uno dopo l’altro”.

“Aizen è un pazzo. Non si rende conto di cosa sia capace quella ragaz…”.

Urahara la azzittì con un gesto “Lascia stare Yoruichi, lui seguirà gli ordini”.

“Tsk!”.

Urahara iniziò a svitare il manico del suo bastone “Però se vieni attaccato immagino che tu possa contrattaccare. Quindi, con il tuo permesso…” disse, estraendo una katana da quello che fino a poco tempo fa era un semplice bastone “Piangi, Benihime”.

Ulquiorra strinse gli occhi contrariato.

 

 

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Capitolo 27
*** Il potere rilasciato ***


Autrice:  SALVEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!! SONO VIVAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!

Grimmjow: *tappandosi le orecchie* MA CHE CAZZO TI URLI!?!?!

Alicia: MA PERCHE' DIAVOLO URLATE VOI DUE!?
Autrice/Grimm: Anche tu stai urlando .w.

Autrice: mioddio! Quanti mesi....  
Alicia: Secoli...

Autrice: *continuando come se non fosse stata interrotta*  ...Che non pubblicavo più? D: Troppi.  Vi chiedo scusa ma mi era venuto un blocco su questa fic. Non riuscivo più a scriverla. Mi veniva male ogni volta che aprivo word D: . Così mi sono concentrata su altro. Vi chiedo umilmente scusa =_=   Vi prometto che da oggi in poi (scuola permettendo) mi impegnerò di più.   Alla fine sono riuscita a scrivere questo capitolo aproffittando dell'autogestione, sennò chissà quando l'avrei finito! Bene, che dire ancora? Grazie infinite a tutti voi che nonostante tutto continuate a seguirmi e a recensire! ^_^  Spero che questo capitolo vi piaccia!  Se tutto va come deve andare (cioè se come al solito non scrivo mille mila pagine in più di quanto progetto) mancano solo più due capitoli alla fine di questa fic *_*   Vi auguro buona lettura!

Grimmjow: Come al solito si è fatta il monologo e non ci ha cagato manco di striscio....
Alicia: Già....

Autrice: Vi chiedo scusa, ma i lettori vengono al primo posto u.u *li fissa con uno sguardo strano* Piuttosto....è da un pò che non vi faccio più fare zozzerie. Maledette battaglie!

Grimmjow: *fissando Alicia con sguardo malizioso* In effetti...Possiamo sempre rimediare però....
Alicia: *guardando l'orologio* Oh, che sbadata! Mi sono appena ricordata che devo andare a fare ginnastica in Bolivia! Beh, ci si vede! *Fugge*
Grimmjow: *inseguendola* EHI TORNA QUI!

Autrice: *salutandoli con il fazzolettino bianco* A presto figlioliiiiiiiiiiii ~ 


Ps: Vi prego di non odiarmi dopo che avrete letto questo capitolo xD  Era necessario ai fini della storia che succedesse quanto succede. 




 














C-che diavolo vuoi da me?!” ringhiò, cercando di trattenere le lacrime dal dolore; le sembrava impossibile che non le fosse ancora esploso il cranio.

Aizen sorrise “Semplicemente sbloccare la tua memoria” disse nel solito finto tono paterno.

E cosa te ne frega della mia memoria?!”.

Nulla; conosco perfettamente il tuo passato. Volevi delle risposte e io sto per dartele; certo non sono Kisuke, ma come vedi al momento è occupato e non può rispondere alle tue domande ”.

Alicia cercò di opporsi in qualche modo al dolore che non faceva che aumentare, ma senza riuscirci.

Avvertiva come se qualcuno stesse raschiando nella sua testa come dentro un sacchetto di estrazione dei numeri della tombola.

Aizen strinse lievemente i denti << Anche se ha rimosso il sigillo che aveva sul suo corpo devo ammettere che ha fatto un ottimo lavoro quello scienziato >> pensò.

Rompere quel sigillo si stava rivelando più difficoltoso di quanto avesse immaginato.

Di quel passo non avrebbe fatto in tempo.

<< Serve qualcosa che accelleri il processo >> pensò, mentre un sorriso gli si dipingeva sulle labbra.

 

Alicia si guardò intorno: tutti erano intenti a combattere.

Ma ciò che la colpì veramente era la forma che avevano assunto le armi degli shinigami.

Come avevano fatto a cambiare forma così improvvisamente?

Le sembrava di essere finita dentro un film di fantascienza.

<< Se vedessi spuntare i power ranger a bordo di un ufo non mi sorprenderei nemmeno più >> pensò sarcastica, cercando di ignorare il dolore.

Voltò la testa, per quanto possibile, in cerca di Grimmjow.

Lo vide a qualche metro di distanza intento a cercare di affettare lo shinigami che aveva di fronte.

Un sorriso gli piegava le labbra.

Sembrava starsi divertendo un mondo.

<< Io sono qui legata come un salame con uno psicopatico occhialuto che cerca di farmi esplodere la testa, e lui si diverte >> pensò con ira.

Poi, improvvisamente, il dolore cessò.

Tornò a guardare Aizen e l'espressione che vide dipinta sul suo volto gli mise i brividi.

 

 

 

Ulquiorra guardò la katana dello shinigami con il solito sguardo impassibile.

Non mi costringerai a combattere contro di te” disse monocorde.

Beh questo è tutto da vedere, non crede?” gli rispose in tono cordiale l’altro.

Yoruichi ti prego di stare indietro”.

Cosa? Scordatelo!”.

L’uomo le rivolse uno sguardo fulminante.

Tsk! Come vuoi”.

Grazie” la ringraziò, prima di gettarsi contro il suo avversario.

 

 

Yammy guardò il giovane capitano davanti a lui con aria di sfida.

Allora moccioso cosa aspetti?” lo sfidò.

Hitsugaya serrò la presa sulla sua katana “Dato che hai tutto questa fretta prendi questo! Guncho Tsurara!” gridò.

Subito una pioggia di lame di ghiaccio si abbatté sull’avversario, che però le mandò in frantumi con i suoi pugni.

Cosa?!”.

Yammy si pulì le mani dal ghiaccio “Se è questo il meglio che sai fare moccioso questo scontro finirà presto” disse in tono annoiato.

Toushiro digrignò i denti, stringendo la sua katana.

 

 

Matsumoto puntò l’elsa della katana contro l’Espada davanti a lei e subito la cenere scattò verso l’avversaria, circondandola.

Halibel la guardò impassibile “Ti ho già detto che non basterà” disse, estraendo la katana che aveva sulla schiena e dissolvendo la cenere con un unico fendente.

La shinigami serrò la presa sull'elsa.

<< Merda così non vado da nessuna parte! >>.

 

 

Maledetto! Perché diavolo non ti decidi a fare sul serio!?” urlò di rabbia Nnoitra, vedendo che l'altro si limitava a schivare i suoi colpi.

Era stanco e iniziava a vederci sfocato.

Quel dannato fumo viola non aiutava.

Capì presto che qualcosa non andava.

Non era da lui essere così spossato dopo così poco tempo.

<< Che diavolo mi sta succedendo? >> pensò, mentre cadeva su un ginocchio.

Kurotsuchi si grattò un orecchio, prima di rispondere.

Si portò la katana vicino al volto.

Non ho bisogno di combattere” disse puntando gli occhi verso il cielo “E' uno spreco di tempo combattere contro un nemico già spacciato”.

Già spacciato?! Tsk, non prendermi in giro!” disse, rialzandosi di scatto, ma crollò in ginocchio.

Hai respirato il veleno di Ashisoji, non ti resta molto da vivere. Non mi agiterei fossi in te”.

Nnoitra gli rivolse uno sguardo carico d'ira “Quand'è così mi basta ucciderti per eliminare le tossine”.

 

 

Byakuya fece un gesto con l'elsa e la cerchia di petali si chiuse intorno all'hollow.

Richiamò i petali e rimase a vedere il corpo del suo nemico, steso a terra in una pozza di sangue.

Rinfoderò la katana e fece per andarsene, ma una risata lo fermò.

Si voltò e vide l'altro rialzarsi in piedi, nonostante fosse ricoperto di sangue.

Estrasse nuovamente l'arma e si mise in guardia.

Come è possibile? Dovrebbe essere morto” udì l'altro dire “E' questo che stai pensando signor nobile, vero? Eppure io sono ancora in piedi”.

Un'espressione irritata si dipinse sul volto dell'uomo.

Aporro estrasse una fialetta da sotto la divisa e ne bevve il contenuto.

Le ferite si rimarginarono all'istante.

Mi spiace per lei signor capitano, ma ho studiato ogni vostro attacco. Ogni vostra arma. Non c'è tecnica che non sappia annullare”.

 

 

 

Stark si limitava a parare gli attacchi dell'altro, senza reagire, quando un pugno lo colpì dritto in faccia.

Fu sbalzato per qualche metro, poi riuscì a fermarsi.

Guardò verso il suo avversario.

Non si aspettava di certo un gesto simile.

Che diavolo aspetti a fare sul serio, ah?!” disse strappandosi la benda che aveva sull'occhio.

Ora mi hai fatto proprio incazzare”.

Fu investito da una potente aura omicida e indietreggiò di qualche passo.

Quello faceva sul serio.

Se prima combatteva per divertimento ora il suo scopo era uccidere.

<< Sarà meglio che muova il culo o farò una brutta fine >> pensò.

 

 

 

Soi Fon si portò una mano al braccio ferito.

Che diavolo significa?” chiese.

Il suo avversario, Zommari, si era appena sdoppiato ed era riuscita a ferirla di striscio ad un braccio.

Beh non è altro che una sorta di gioco di prestigio”.

La donna sorrise “I giochi di prestigio non sono che illusioni. Non è usando questi trucchetti che vincerai contro di me”.

Ha ragione. Eppure si è lasciata sorprendere e ferire”.

Soi Fon serrò d'apprima i denti, poi sorrise.

Combattere due contro uno non mi fa alcuna differenza. Sono stata addestrata ad uccidere sempre il mio nemico. Poco importa che sia in superiorità numerica” disse, mentre un'enorme farfalla si dipingeva sul corpo di uno dei due.

N-non...è...quando...?” disse, prima di sparire.

Soi Fon, cadde improvvisamente su un ginocchio, vomitando un fiume di sangue.

Si voltò alle sue spalle: tre Zommari l'avevano appena infilzata da parte a parte.

Ba..stard...do”.

Ho scordato di dirle che posso creare fino a cinque copie” disse, mentre un sorriso gli piegava le labbra.

Avrebbe dovuto fare più attenzione capitano”.

Soi Fon scoppiò a ridere “Ingenuo” disse, mentre al suo posto, trafitto dalle tre katane, rimaneva solo l'haori .

Zommari sgranò gli occhi, sorpreso “Come è pos....?”.

Non sei l'unico che sa usare le illusioni” disse, colpendolo due volte in rapida successione.

Avresti dovuto fare più attenzione al tuo avversario”.

Richiamò lo shikai e rinfoderò la lama, mentre il suo nemico cadeva a terra senza vita.

Una grossa farfalla dipinta sulla schiena.

 

 

 

Grimmjow si voltò indietro un secondo.

Ehi, io sono da questa parte!” lo attaccò Ichigo.

L'Espada parò il colpo con facilità.

Ti vedo distratto. Sei preoccupato per i tuoi compagni? Siete già tre in meno”.

Per me possono anche crepare tutti” disse, rifilandogli un potente calcio sul petto.

Ichigo finì in ginocchio a terra, una mano sulla parte colpita.

Bastardo...questo è sleale” ringhiò.

Grimmjow scoppiò a ridere sonoramente “Dì un po' per cosa pensi di stare combattendo? Qui si uccide o si viene uccisi” si posò la katana su una spalla “Piuttosto perché non ti muovi a fare sul serio, ah?”.

Ichigo si guardò intorno. I suoi compagni erano ancora impegnati in battaglia.

Eccezzion fatta per Kurostuchi, Rukia e Soi Fon che avevano già battuto i rispettivi avversari.

Guardò la ragazza, ancora tra le grinfie di Aizen, e capì di non poter più aspettare.

Mi spiace, ma non posso più giocare con te”.

Grimmjow parò il colpo, ma l'urto si ripercorse lungo il braccio.

<< E' diventato più veloce il bastardo! >> pensò, mentre gli puntava la mano sinistra addosso.

Lo shinigami, capendo cosa volesse fare, si allontanò appena in tempo.

Il raggio blu colpì il terreno, creando un cratere profondo.

Tsk!” sputò a terra “Sei solo un vigliacco!”.

Cosa hai detto?”.

Grimmjow tornò di nuovo all'attacco, senza risparmiarsi.

Riuscì a procurare alcune ferite all'altro, anche se non gravi.

Gli stava addosso, senza dargli tregua, in una danza di spade senza fine.

Poi, improvvisamente, fece una smorfia di disgusto.

Sei davvero una pena shinigami” disse allungando una mano nella sua direzione “Finiamola qui”.

Un enorme raggio blu illuminò tutto il campo di battaglia.

Vediamo se riesci a parare questo! GRAN RAY CERO!” urlò, scagliandoglielo addosso.

 

 

Ci fu un'esplosione terribile.

Tutti furono sbalzati via dall'onda d'urto.

Persino Aizen dovette innalzare una barriera per proteggersi.

Rimasero in attesa che il polverone si diradasse.

Quando la visibilità iniziò lentamente a tornare, videro che gran parte del parco era attraversato da un profondo solco lungo parecchi metri.

Solco che si interrompeva in un punto, dividendosi poi in due direzioni.

Al centro di quel bivio stava Ichigo.

Era dritto in piedi, la katana stretta in pugno, una maschera simile ad un teschio sul volto.

 

 

 

Era ora che facessi sul serio” esultò Grimmjow.

Vide due occhi gialli carichi d'ira fissarsi nei suoi.

Avresti potuto uccidere un sacco di persone innocenti” ringhiò.

L'Espada scoppiò nella sua solita risata isterica.

Rivolse la katana verso di sé e poggiò una mano sulla lama.

Sentì la voce di Halibel chiamarlo “Fermo, non farlo! Aizen non ha ancora dato l'ordine di...!”.

TACI!” le urlò di rimando “Io faccio quello che voglio” ringhiò.

Fissò gli occhi in quelli di Ichigo “Digrigna....Pantera!”.

 

 

 

Alicia assistette alla scena senza credere ai suoi occhi.

Il Grimmjow che aveva sempre conosciuto era sparito, sostituito da un essere del tutto diverso.

Metà animale e metà uomo.

 

 

Grimmjow frustò l'aria con la coda, passandosi la lingua lungo i denti aguzzi.

E così è questa la tua vera forma?” chiese Ichigo.

L'Espada si passò una mano, fornita di lunghi artigli, tra i capelli, ora lunghi fino al ginocchio.

Ora fammi divertire!” disse, lanciandoglisi contro.

 

 

Alicia, come tutti gli altri, guardava l'incontro rapita.

Vide varie emozioni impresse sui volti intorno a lei: incredulità, preoccupazione, rabbia.

Ma nulla le raggelò il sangue più dell'espressione dipintasi sul volto di Aizen.

Era furia pura.

Quell'uomo sprizzava intento omicida da ogni poro.

Era evidente che essere disubbidito non era tra le cose che amava.

Si voltò verso di lei e un brivido le percorse la schiena.

Aveva un brutto presentimento.

Grimmjow e Ichigo continuavamo a scambiarsi colpi e ferite, alle sue spalle.

Sembra proprio che per farle rompere ogni sigillo debba ricorrere a qualche incentivo” disse in tono gelido.

Si portò una mano al fianco e afferrò l'elsa della sua katana.

 

 

 

Ichigo fece per gettarsi ulteriormente sull'Espada, quando fu investito da una pioggia di sangue.

Grimmjow sgranò gli occhi dalla sorpresa e guardò alla sua sinistra.

Una spada lo aveva appena trapassato da parte a parte.

Crollò a terra, mentre la vista gli si annebbiava.

B-brutto...b-bastar...do” ringhiò, guardando Aizen.

Non si era nemmeno accorto del colpo.

Non aveva percepito nessun fruscio nell'aria che potesse indicargli il fendente in arrivo.

Doveva essere il potere della sua zampakutou.

<< Dannato shinigami! >> pensò con rabbia.

Il suo sguardo incontrò quello di Alicia, i cui occhi si stavano riempiendo velocemente di lacrime.

Stava piangendo per lui.

Ichigo, sconvolto, fissò il suo avversario come allucinato, poi si voltò verso Aizen.

CHE DIAVOLO SIGNIFICA?!!” urlò “ERA UN TUO COMPAGNO!”.

Aizen gli rivolse un'occhiata gelida.

Non ho bisogno di uomini disubbidienti tra le mie fila”.

 

 

No.

Non era vero.

Non poteva essere vero.

Era un incubo.

Si sarebbe svegliata nel suo letto e avrebbe scoperto che era stato tutto un brutto sogno.

Iniziò a scuotere la testa, mentre le lacrime le rigavano il volto, le oscuravano la vista.

Non era successo veramente.

Stava fingendo.

Ora si sarebbe alzato e avrebbe sparato una delle sue frasi da duro.

Ancora qualche secondo.

Ne era sicura.

Doveva solo aspettare.

Una pozza di sangue iniziò a formarglisi intorno.

No.

Non era possibile.

Iniziò a tremare, fuori controllo.

G-grimmjow” iniziò a singhiozzare sempre più forte.

Grimmjow!”.

Iniziò a chiamare il suo nome, a voce sempre più alta.

GRIMMJOOOOOOOOOOOW!” urlò.

 

 

 

Stava cadendo.

Non le importava come fosse possibile.

Forse era finita.

Forse era quello il tanto declamato aldilà di cui tutti parlavano.

Forse Aizen aveva ucciso anche lei.

Poco male.

C'era silenzio lì.

Nessun frastuono di battaglie, solo silenzio.

Silenzio e dolore.

Un dolore terribile al petto, come se qualcuno le avesse appena strappato il cuore.

Si rannicchiò su se stessa e sfogò tutte le lacrime che riuscì a produrre.

Quando non ebbe più lacrime da versare riaprì gli occhi e si guardò intorno con sguardo spenti.

Si sentiva improvvisamente svuotata.

Tutto era diventato rosso.

Rosso?

Si mise a sedere e si guardò intorno.

Una distesa infinita di dune la circondava.

Un deserto? Come sono finita in un deserto?”.

Non capiva.

Non si trovava nella sua città natale?

Finalmente hai smesso di piangere”.

Si voltò in cerca del proprietario della voce e si ritrovò davanti ad un ragazzo.

Era seduto a gambe incrociate su un grosso masso solitario in mezzo a quelle dune.

Aveva lunghi capelli rossi ribelli e indossava dei pantaloni di pelle piuttosto curiosi.

La gamba destra era normale, mentre quella sinistra era stata tagliata a metà della coscia.

Aveva poi una fascia, sempre di pelle, a circondargli il petto e un tatuaggio raffigurante una fenice che partiva dal dorso della mano destra e terminava sul collo, vicino all'orecchio.

Dove mi trovo?”.

Sei nel tuo mondo interiore”.

Alicia alzò un sopracciglio.

Nel mio mondo interiore?”.

Si bloccò.

Un momento.

Quella voce.

L'aveva già sentita, ma dove?

Rifletté per qualche istante.

Tu sei il portale?”.

In un certo senso...”.

Come sono finita qui esattamente?”.

Il forte shock ha rotto tutti i sigilli restanti, portandoti qui. Sapessi per quanti anni ho atteso di rivederti”.

Le sorrise.

Sei cresciuta parecchio”.

Alicia lo guardò senza capire.

Quello scese dal masso con un balzo e le si avvicinò.

Era scalzo.

Le si fermò davanti e le poggiò un dito sulla fronte.

Subito un fiume di immagini investì la mente delle ragazza.

 

 

Era piccola e piangeva, fissando una pianta secca.

La circondò con le mani e subito quella tornò in salute.

Sbocciarono persino alcuni fiori.

Avvertì una voce maschile farle i complimenti.

Si voltò: un uomo anziano con un kimono nero e un haori bianco la fissava con aria soddisfatta.

Aveva una barba molto lunga, legata con una treccia, e dei lunghi baffi bianchi.

Camminava tenendo nella mano destra un lungo bastone.

Sei davvero brava” si complimentò.

Grazie nonno Yamamoto”.

 

 

Si allontanò di scatto dallo strano ragazzo e la visione si interruppe di colpo.

Che diavolo significa?” chiese.

Quello la guardò.

Era il tuo passato. Posso mostrarti tutto se vuoi”.

Lei scosse la testa.

No. Intendevo quello che ho fatto alla pianta”.

L' hai curata”.

Io posso usare un potere simile?” chiese.

Aveva appena avuto un'idea.

Certo. Tu possiedi un potere molto potente Cia”.

L'uomo anziano. Chi era?”.

Tuo nonno. Il vecchio Comandante Supremo degli shinigami. Genryusai Yamamoto”.

Alicia si sentì mancare.

In un attimo collegò tutte le visioni che aveva avuto in passato.

Io provengo da quel mondo vero?”.

Sei figlia di uno shinigami e un hollow. Essendo la nipote di uno degli uomini più potenti dell'Hueco Mundo sei stata oggetto di osservazione fin da piccola. Sei stata portata nel mondo terrestre, dove sei stata allevata da due umani che ti adottarono, dopo che Aizen fece uccidere i tuoi veri genitori per catturarti e impossessarsi del tuo potere”.

Alicia alzò lo sguardo di scatto.

E' te che vuole Aizen quindi”.

Quello scosse la testa “Noi” precisò.

Noi?”.

Esatto. Io e te siamo la stessa cosa. Anche se probabilmente ti sembrerà strano. Io sono l'incarnazione dei tuoi poteri”.

Pensò a ciò che aveva visto fare agli altri shinigami.

Tu sei la mia...” come è che la chiamavano? “...Zampakutou, quindi?”.

Quello annuì.

Un sorriso ferino le si dipinse sulle labbra “Voglio che tu mi dica tutto sul mio passato. Ma non adesso. Ora dobbiamo dare una lezione ad un certo stronzo con gli occhiali” ringhiò.

Vide il ragazzo sorridere malignamente.

Sono anni che non aspetto altro. Ma prima hai bisogno di sapere il mio nome” le disse.

Un vortice di fiamme li avvolse entrambi.

Chiamalo. Il mio nome è.....”

 

 

 

 

Aizen dovette allontanarsi con un balzo per non finire incenerito.

Una sfera di fuoco aveva appena avvolto la ragazza, mentre tutto intorno erano apparsi dei portali simili a quelli che avevano usato per giungere lì.

Ci fu un'esplosione e la sfera finì in pezzi.

Alicia, si rialzò in piedi, togliendosi con una mano la polvere dai vestiti.

C'era qualcosa di diverso in lei.

E non solo il colore dei capelli, diventati più rossi.

Era qualcosa di diverso.

Avanzò verso Grimmjow e si inghinocchiò ai suoi piedi.

Aizen sorrise “Catturatela” ordinò agli Espada rimasti.

Yammy fu il primo a gettarlesi contro.

Caricò il pugno e fece per colpirla, ma il colpo non giunse mai a destinazione, finendo dentro un portale che si era appena frapposto tra lui e la ragazza.

L'Espada ritrasse la mano con un urlo di dolore.

Della mano non c'era più traccia, al suo posto un moncherino.

Puttana! Quella puttana mi ha sciolto una mano!” iniziò ad urlare, cercando di fermare l'emorragia.

Alicia si concentrò su Grimmjow.

Gli appoggiò le mani sulla ferita e si concentrò.

Fermala” ordinò Aizen ad Ulquiorra.

Ma, tra lo stupore di tutti, questi fu fermato da Halibel.

Persino Alicia si voltò stupita.

Salvalo Cia. Salvalo o giuro che ti prendo a calci” le disse con un sorriso.

Ulquiorra strinse gli occhi contrariato “Questo è tradimento femmina. Morirai per questo” la minacciò.

Quella sorrise amaramente “Preferisco morire proteggendo una ragazzina innocente che combattere per un uomo senza scrupoli”.

Al suo fianco si schierarono anche gli altri shinigami.

Kenpachi ridacchiò, poggiandosi la katana su una spalla.

Vi facciamo il culo a strisce pisciasotto”.

Ichigo fece un passo avanti, guardando Aizen dritto negli occhi.

Io e te abbiamo un conto aperto” lo minacciò, puntandogli la katana contro.

Aizen sorrise, sguainando la sua arma.

Dato che volete morire ad ogni costo vi farò contenti”.

 

 

Fermo!”.

Tutti si voltarono verso la ragazza.

Lui è mio” ringhiò.

Portò un braccio davanti a sé “Diamogli un assaggio del potere che voleva e leviamogli quel fottuto sorrisino dalla faccia” disse, mentre una katana color rosso acceso dall'impugnatura dorata, gli compariva nella mano.

Brucia e rinasci. Hai no Suzaku”.

Un bagliore rosso illuminò a giorno l'intera zona.

 

 

 

Lo scontro finale aveva finalmente inizio.

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