Use Somebody. di itsbrie (/viewuser.php?uid=78116)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1. ***
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Salve a tutte!
Ebbene si, sono ritornata, dopo un pò di tempo, ma ci sono. Ritorno con una
idea, forse non come quelle che ho di solito, ma pur sempre un'idea. Questa
volta però, ho deciso di arrivare fino in fondo, di concludere questa storia,
perchè non so per quale motivo, ma mi sento già legata a questa vicena e ai
personaggi. Questa volta, si parte da zero, si ricomincia da
capo. Sarà una storia che avrà di tutto, o forse niente. Mi auguro
solo che leggiate e che magari, mi facciate sapere, perchè le vostre opinioni
sono il motore dell'azione. Ed ho bisogno di voi :) Aggiornerò una volta a
settimana (spero vivamente di riuscirci) e la storia non sarà esageratamente
lunga. Spero davvero, con tutta me stessa di ricevere un minimo
interessamento. Detto questo, vi lascio alla storia! Ah! Il titolo
(canzone dei Kings Of Leon) non ha molto a che vedere con la storia,
cioè si, ma non vi spiego perchè, si capirà più avanti. E vi dirò anche
perchè proprio questa canzone. Per quanto riguarda questo primo capitolo è
giusto una introduzione e dunque, spero di non annoiarvi! Ringrazio Abigail
(abigailw13) per avermi spronata a postare! Un abbraccio affettuoso a
tutte! Lety.
I Jonas Brothers non mi appartengono. Ogni
aspetto del loro carattere è frutto della mia fantasia. I nuovi personaggi
introdotti sono una mia creazione ed in quanto tali, mi appartengono. La
storia non ha alcuno scopo di lucro. Buona Lettura!
Use
Somebody.
Vi racconterò di una ragazza,
di quello che ha vissuto, di come la sua vita sia cambiata da quando,
abbandonata la vecchia strada, ha deciso di incamminarsi su quella
nuova. Munita
soltanto di forza di volontà e di vivere, cercherà in tutti i modi di combattere
per sé stessa. La sua vita si intreccerà in maniera inscindibile con quella
di un ragazzo, che sarà per lei una svolta definitiva, quel cambiamento che
aspettava da tanto. Forse, le mie parole serviranno a poco, ma ci
tenevo. Dopotutto è sempre una storia.
Avete presente una delle scene
iniziali del cartone animato “Anastasia”? Ma si,quando lei, ormai cresciuta, abbandona
l’orfanotrofio, seguita da quella vecchia bisbetica che le blatera dietro di
averle trovato lavoro nella pescheria in fondo la strada. Ecco, se vi siete
fatti più o meno una idea della scena, torniamo sui nostri
passi. Laetitia
si tirò su dal naso, rabbrividendo appena il suo piede fu finalmente fuori da
quel posto maledetto. Non che avesse odiato l’orfanotrofio di Suora Evelina, per
carità, ma non riusciva più a sopportare la puzza di carne avariata o pesce
marcio che aleggiava nei corridoi, oppure quegli orripilanti poster che
campeggiavano sulle pareti terribilmente intonacate di quel posto. Per
fortuna, le suore erano delle maniache della pulizia, e perlomeno,
l’orfanotrofio brillava sempre di Mastro Lindo, malgrado i suoi terribili
odori. Laetitia posizionò di fianco a lei la pesante valigia e lo scatolone
colmo di cianfrusaglie per sistemarsi il cappellino in lana bordeaux che
dominava la sua chiama ribelle. Non avrebbe mai creduto di poter lasciare
quel posto, specie ora, che aveva 19 anni, e riteneva vana ogni speranza di
farsi una vita propria fuori da quelle mura. Nonostante ciò, per un momento,
voltandosi verso l’edificio, una lacrima raggiunse le sue labbra. Sorrise al
pensiero dei mille ricordi. Ma non desiderava nulla di più, voleva soltanto
iniziare una nuova vita, sui suoi passi, costruendo con le proprie mani, un
futuro limpido e sereno. O almeno, questo era quello che si
augurava. << Abbi cura di te. >> disse suora Evelina, che la
raggiunse a piccoli passi. Le sarebbe mancato quel “piccolo barilotto” dalle
guance arrossate e dall’aria sempre affannata e indaffarata. << Si, lo
farò. >> rispose la ragazza sorridendo. << La ringrazio per tutto.
>> Gli occhi della suora si fecero tutto d’un tratto lucidi. Fece cenno
a Laetitia di avvicinarsi a lei, e disse a bassa voce << Ho lasciato la
tua stanza a Ludovic. E in più, ti ho messo qualcosa da mangiare nello
scatolone. Ora và! O farai tardi! >> Il tono di voce della superiora si
fece alto nelle ultime frasi. La ragazza sorrise e mimò un altro grazie con
le labbra. Prese la sua roba e si avviò verso il cancello, che simboleggiava
ormai, il definitivo abbandono. Poi, delle voci confuse arrivarono al suo
orecchio. Si voltò ancora, e l’intero orfanotrofio la raggiunse
correndo. << ASPETTA! >> urlò la piccola Ludovic. <<
Aspetta, non ti abbiamo dato questa.. >> La bambina le porse una
bambola di pezza, con gli occhi castani ed i capelli del medesimo
colore. << Si chiama come te. >> aggiunse la bambina. <<
L’abbiamo preparata per tutta la settimana. >> precisò il piccolo
Edward. << Non dimenticarti di noi! >> esclamarono tutti
insieme. Gli occhi di Laetitia di riempirono di lacrime, che le rigarono
goffamente il volto. << Non lo farò mai, ve lo giuro. >> fece un
altro passo e disse << Vi scriverò ogni settimana! Vi voglio bene!
>> I bambini annuirono, seppure dai loro sguardi, era evidente la
tristezza, che li avrebbe accompagnati forse sempre. Perché quei bambini non
avevano né una mamma, né un papà. E in loro, l’unica certezza che poteva
apparire sincera, era quella che forse anche loro un giorno, avrebbero avuto una
vita normale, che avrebbe donato loro una famiglia. Era questa, l’unica cosa
che desideravano. Ed anche Laetitia ci sperava. La sua vita sarebbe
cambiata, ne era certa, e seppure non sapeva come, era pronta a vivere la sua
sfida, quella per cui aveva lottato. Raggiunse la fermata del pullman con le
mani già arrossate. Si guardò intorno, e vide da lontano, la sagoma del mezzo
avvicinarsi lentamente. Sospirò. Non sarebbe stato facile, nessuno le
aveva garantito nulla, ma di certo, non le interessava. Avrebbe impiegato
ogni attimo della sua vita per combattere. Nei suoi occhi castani, regnava
ora, solo la voglia di combattere, essere sé stessa. Forse vincere. Forse
perdere. Forse.. Ma soprattutto vivere.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2. ***
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Eccomi qui! Ve lo dicevo che ci avrei
provato ad essere puntuale, ed infatti, è passata una settimana
precisa. Adesso, la storia ha il suo inizio, riceve il suo motore. E'
forse un pezzo un pò rivisto e rivsto, ma dopotutto, se è un inizio..! Ma non
vi do anticipazioni, scoprirete leggendo ;) Inoltre, vorrei spiegare il
perchè di questo titolo, proprio questa canzone. Beh, direi che è stata proprio
questa canzone ad ispirarmi, a farmi scattare l'idea. Use Somebody è
propriamente dei Kings Of Leon, ma, è stata la versione di Nick Jonas a far
partire la scintilla. E sarà proprio questa canzone, questa cover, che
muoverà le sorti di un certo ingranaggio (del quale però, ancora non si è
accennato) e che poi, sarà decisivo in seguito. Adesso passo al ringraziare
le 5 fantastiche che hanno commentato: sarettajb: beh ti
ringrazio! non mi aspettavo questa "curiosità" ma la cosa mi riempie di gioia!
Ecco qui il tuo aggiornamento! Fammi sapere <3 un
bacio. Maggie_Lullaby: spero di riuscire a finirla almeno!
<3 ad ogni modo, grazie per il commento! E' davvero molto importante! E poi
anche io AMO Anastasia! Tranquilla, chiama pure Liz quante persone vuoi ;) fammi
sapere! un bacio. abigailw13: non so davvero cosa dirti
tesoro mio, se non grazie! Continua a supportarmi, ed entro oggi avrai la tua
sorpresa ;) LadyBird27: Giuliaaa *_* sono felice (davvero
tanto) di vederti qui! Ti ringrazio per i mille complimenti, ma non sono poi
così <3 mi imbarazzi sennò! Ad ogni modo, spero di non deluderti! Un
abbraccio forte. PeggiuzZ: ti ringrazio per i complimenti! e
comunque è vero, Rasputin spaventa u_u fammi sapere che pensi di questo cap! un
bacio. Un ringraziamento anche solo a chi legge <3
Un abbrccione,
la vostra Lety.
ps. oggi sono in vena di aggiornamenti,
quindi dopo, posterò una piccola short! Mi farebbe piacere se ci deste
un'occhiata! ;)
Use
Somebody.
Non
aveva idea di cosa l’aspettava una volta scesa da quel pullman. Sapeva solo
che, il suo nuovo alloggio sarebbe stato il massimo, o almeno questo era quello
che le aveva detto suor Bernadette, per la quale, l’orfanotrofio era un posto a
cinque stelle. Ma Laetitia non la biasimava, dopotutto, neanche lei poteva
definirsi in grado di giudicare una struttura, dato che il massimo che aveva
visto era stata la casa della signora Gloria, la scorsa estate. E dunque,
anche solo l’idea di trasferirsi a New York, la elettrizzava parecchio, e le
sarebbe andata bene anche una mezza stanza. Guardò fuori dal finestrino ed il
paesaggio agreste che l’aveva ospitata, era ora coperto di neve e quasi privo di
vita. Non sapeva se le sarebbe mancato stare lì, ma di certo, quello a cui
stava andando incontro, si prospettava grandioso. Avrebbe dovuto trovare un
lavoro per il pomeriggio, poiché già sapeva che la borsa di studio non le
sarebbe bastata per pagare il fitto e i corsi che teneva la
mattina. Incredibile a dirsi, ma la scuola di suora Evelina, era stata in
grado di offrire a Laetitia una cultura invidiabile e in questo caso, anche
l’opportunità di guadagnarsi una borsa di studio, offerta da diversi
benefattori. Aveva soldi in abbondanza per un anno, ma lei non era il tipo di
ragazza che faceva affidamento sulle risorse altrui, ecco perché, già
pianificava di trovarsi un lavoro. Solo che sicuramente, ci avrebbe pensato
dopo aver raggiunto la sua nuova casa. Era consapevole del fatto che
l’avrebbe condivisa con altri studenti e che forse, si sarebbe trovata male, ma
ci avrebbe fatto l’abitudine, costruendo intorno a sé una efficace barriera di
silenzi. Se così fosse stato. Ma dopotutto, Laetitia non vedeva il mondo
in maniera negativa, e riusciva a trovare un lato positivo anche se avrebbe
vissuto in una fattoria convivendo con dei matti. Magari si sarebbe ritrovata
in un covo di tossici, oppure di maniaci dell’ordine. Non le
interessava. L’autista comunicò al microfono di scendere dal mezzo, e
prendere i proprio bagagli dagli sportelloni laterali. Prese la sua borsa e
scese di corsa. Agguantò la sua roba e la lasciò vicino a lei. Controllò
l’indirizzo, e si avviò verso il marciapiede, alla ricerca disperata di un
taxi. Per fortuna, un gentile signore, accolse subito la sua richiesta e in
meno di dieci minuti, fu sotto la sua nuova abitazione. Declinò l’offerta
del tassista di portarle la roba fin dentro e, si fermò davanti l’ingresso
sospirando. Ci siamo. Niente
ripensamenti, niente dubbi, niente paura. Niente di niente. Spinse con
forza il portone e salì fino al secondo piano. Prima porta a destra –
recitava il foglietto scritto da suor Bernadette. La sua calligrafia chiara e
precisa fu uno spiraglio di luce in quel momento. Laetitia scrollò le spalle,
e, dopo un momento di incertezza, bussò al campanello. Dal nervosismo, il suo
cuore iniziò a battere in maniera quasi incontrollabile. Calma, calma. Si ripeteva. Non
dovette attendere molto, prima di venire aperta da una ragazza dai ricci folti
biondi. Lo sguardo di quest’ultima si illuminò appena vide
Laetitia: << Ohhh! Tu devi essere quella nuova! Vieni entra! >>
esclamò con un sorriso. Laetitia annuì. << Si, penso d’essere io.
Grazie! >>. La ragazza chiuse la porta, e le fece cenno di
seguirla. Non poteva esser vero. Quello in cui si trovava era un
appartamento, un bellissimo
appartamento. Arredato con gusto ed ordinatissimo. Era molto spazioso e
luminoso. Non era né una fattoria (come aveva temuto Laetitia) né un
nauseabondo istituto religioso. << Io sono Olivia, ma ti obbligo a
chiamarmi Ollie. Ho 22 anni e molto presto, lascerò questo posto. >>
sentenziò Olivia, mentre conduceva Laetitia al fondo di un
corridoio. << Io sono Laetitia, ed ho 19 anni. E spero vivamente di non
dover lasciare questo posto molto presto. >> disse lei, sorridendo. Un
punto forte di Laetitia, era il suo sarcasmo e il suo senso di spirito. Oltre
che alla prorompente bellezza e solarità. Olivia rise. << Vedo che hai
senso dell’umorismo. Andremo molto d’accordo. >> << Meno male..
>> ribattè l’altra, con un mezzo sorriso divertito. << Già..
Comunque questa è la tua stanza, io dormo nell’altro quadrato. Tranquilla, c’è
un separè e posso sempre entrare dall’altra porta. >> disse, indicando
un’altra entrata alla stanza. Laetitia si trovò parecchio spaesata, specie
perché all’orfanotrofio non avevano né separè né seconde entrate. Ma preferiva
molto di più tutta quella “diversità”, anche se la spaventava un po’. Essendo
abituata a corridoi umidi, letti di lattice e odore di pesce marcio, questo
posto in confronto poteva essere davvero definito come un paradiso. O
perlomeno, meglio dell’orfanotrofio. << Ora ti lascio sistemare le tue
cose, io ho una lezione.. Ah! Se hai fame, puoi andare in cucina.. A momenti
dovrebbe anche rientrare Marilyn, l’altra ragazza che vive con noi. Al piano
di sotto ci sta solo Nick, quindi sei fondamentalmente sola.. Ti avverto.. Nick
è un tipo che non gradisce molto la compagnia, e Marylin pensa solo a trucco o
vestiti. Ma tu non preoccuparti! Andrà tutto bene! Ciao cara, a dopo!
>> Olivia congedò Laetitia con un abbraccio ed un sorriso
incoraggiante. Ma a Laetitia, questo gesto servì ben poco. Specie perché
subito dopo, si autogettò nello sconforto. Non che la ragazza non fosse
simpatica, ma cavolo, lei come c’era finita in quel poto? Dopotutto, stava
tanto bene in quel posto.. Avrebbe continuato la sua vita solitaria, a scrivere
racconti sulle pagine ingiallite di un vecchio sussidiario, e poi, sarebbe
diventata insegnante. Fino a che, la sua immagina bisbetica non si sarebbe
disciolta con il passare degli anni. Marylin? Nick? Chi cavolo
erano? Forse, fare la maestra sembrava una prospettiva
interessante. << No, okay. >> si disse. Lei era lì, e ce
l’avrebbe messa tutta. E avrebbe iniziato con il riporre con cura tutte le
sue cose negli ampi armadi e cassettoni. La sua camera, appariva davvero
molto accogliente: era abbastanza ampia, dipinta con un celeste tenue, le tende
blu e il soffitto bianco. C’era un letto con di fianco un comodino, e poi, un
armadio e i cassettoni. Nulla a che vedere con quella sterile stanza bianca e
grigia dell’orfanotrofio. Sorrise per un attimo. Quello era l’inizio di
una nuova, bellissima, entusiasmante, imprevedibile avventura. Già! La sua! Passò un’ora e mezza a
mettere a posta quella poca roba che aveva e subito, le venne una certa fame.
Non che fosse una ragazza con molto appetito, ma non toccava cibo dal pranzo del
giorno prima, poiché era troppo ansiosa anche solo per mangiare. Così, prima
di andare ad esplorare la cucina si vestì. Indossò in primis la catena con la
croce di brillantini, poi dei jeans e maglioncino blu. Dopo aver appurato di
essere più o meno decente,si diresse verso la cucina. Sbadigliò sonoramente,
ed aprì il frigorifero con un gesto lento. Iniziò a frugarvi quando, dei
passi, catturarono la sua attenzione. << Marylin conserva il tonno per
stasera gentilmente.. >> disse una voce maschile. Laetitia chiuse
l’elettrodomestico e corrugò le sopracciglia. << Come scusami? >>
disse sorridendo. Di fronte a lei, si presentò un ragazzo alto, riccio e
moro, con occhi marroni , vestito con una maglietta blu dell’Università di
Harvard e dei pantaloncini che arrivavano sul ginocchio. Gli occhi di lui, si
addolcirono quando Laetitia gli sorrise. Ed anche lui ricambiò il suo
gesto. Non era neanche da lui ritrovarsi una ragazza come Laetitia in casa
propria. << Scu-.. Scusa non sapevo che.. Oh lascia stare.. Io sono
Nicholas. >> continuò il ragazzo incerto, avvicinandosi a Laetitia
titubando. << Io sono Laetitia. E sono nuova.. Scusa se ho invaso le
“vostre proprietà” ma non mangio da un po’, ed ho paura di quello che possa
succedermi. >> disse poi lei, portandosi una mano alla pancia. Nicholas
ridacchiò di gusto. << Tranquilla, puoi prendere quello che vuoi. Abbiamo
scorte di cibo infinite..! >> poi, rivolse uno sguardo indecifrabile alla
ragazza che subito rise, appoggiando una mano sulla spalla del
ragazzo. << Dei biscotti mi andranno bene.. Ciao Nicholas! >>
concluse poi, prendendo un sacchetto di biscotti sulla tavola, lasciando lì il
ragazzo con aria interdetta.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3. ***
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Oggi è mercoledì.. sapete che vuole dire? Che
io sono qua a seccare i vostri animi pazienti con il mio aggiornamento
:D Sono sorpresa da me stessa, sto riuscendo a postare ogni mercoledì
puntualmente.. Qualcosa vorrà pure dire! Per quanto riguarda questo capitolo,
non credo ci siano cose da dire.. E' ancora di introduzione, siamo sempre
nello stesso giorno di narrazione. Scusate se la cosa va un pò a rilento, ma
devo chiarire bene gli aspetti del carattere di Laetitia e soffermarmi sulla sua
storia. Ma non temete, non mancherà una parte interessante! Anzi
u.u Ah! Mi dimenticavo di dire che, anche Nick ha 19 anni! Non so perchè non
l'ho detto prima, ma vabbè. Mi perdonerete se non faccio i ringraziamenti
singoli ma non sto ancora molto bene e la testa mi scoppia ç_ç Mi farò
perdonare al prossimo capitolo! Ringrazio le 5 ragazze che hanno recensito lo
scorso capitolo, e le 4 che hanno commentato "La Cometa Di Halley" <3 (per la
quale rinnovo alla lettura :D) E questo è tutto! Un bacione
girls!
La vostra,
Lety.
Use
Somebody.
We live in the shadows and we had the chance and threw it
away And it's never gonna be the same Cos the years are following by
like the rain And it's never gonna be the same 'Til the life I knew
comes to my house and says Hello (Hello-Oasis)
Laetitia rientrò nella sua stanza piuttosto sorpresa
dall’incontro che aveva appena avuto. E meno male che sarebbe stata
“fondamentalmente sola”, si disse, ripensando alle ultime famose parole
di Olivia. Anche se, francamente, non le era dispiaciuto poi così tanto fare
la conoscenza di quel Nicholas . Scosse il capo, dicendosi che
quelle non erano considerazioni molto opportuna, ecco. Si distese sul suo
letto e per un attimo annullò completamente ogni tipo di pensiero. Ebbe come
la sensazione di trovarsi ancora in orfanotrofio, circondata da un mondo in cui
non si riusciva a distinguere la notte dal giorno, il bianco dal nero, la vita..
dalla morte. Un posto in cui ogni giorno, sembrava così maledettamente
uguale, governato con prepotenza dalla monotonia più totale, che non avrebbe mai
dato adito ad un minimo cambiamento. Quel posto che però aveva ospitato la
sua crescita, il suo maturamento, quella che era sempre stata la sua vita. Era
stata lasciata lì che aveva soli tre anni, assente di memoria e
ricordi. Laetitia aveva sempre chiesto alle suore se ricordassero qualcosa in
più su di lei, se avessero idea di chi potessero essere i suoi genitori, ma
purtroppo, nessuna di loro sapeva nulla. Secondo Suor Evelina Laetitia
sarebbe dovuta chiamarsi Mosè o cose simili, poiché la sera in cui la trovarono,
pioveva da morire, e sembrava che l’acqua volesse portarsela via. Ed invece,
la superiora dell’epoca, decise di chiamarla Laetitia, perché gli occhioni vispi
di quella bambina emanavano felicità, gioia nonostante la sua
condizione. Ecco perché Laetitia, dal sostantivo latino significante appunto
“gioia”. Seppure il suo nome provenisse dal latino, Laetitia con questa
lingua non aveva mai avuto un buon rapporto, sin dai primi approcci. Tant’è
che a volte, le suore ci rinunciavano completamente. Anche se, qualcosa di
miracoloso, Laetitia l’aveva fatto. Fin dalle sue prime letture, dimostrò un
certo interesse verso opere di un certo riguardo, ecco perché dal compimento dei
suoi 11 anni, Laetitia iniziò a leggere l’intera “Summa Teologica” di San
Tommaso D’ Aquino, riempiendo d’orgoglio Suor Evelina. Ed anche adesso,
nonostante avesse finito di leggere l’intera opera Laetitia, ogni tanto
spolverava quei tomi enormi che l’avevano accompagnata nella sua
crescita. Per un momento, Laetitia pensò a quegli attimi e gli occhi, le si
ingolfarono di lacrime. Non voleva tornare lì, ma di certo, sapeva che tutto
di quel posto le sarebbe mancato. Respirò profondamente, prima di balzare giù
dal letto e andare a vedere cosa avesse infilato Suor Evelina in quello
scatolone così imponente. Si chinò mettendosi in ginocchio, e iniziò a
frugare: trovò come prima la cosa la bambola dei bambini, poi vecchi libri,
indumenti indossati da lei da bambini, qualche fotografia sparsa, un termos di
caffè e uno di the ed infine, un contenitore con dentro delle cotolette, ed una
lettera.
Cara Gioia,
sono sicura che adesso starai mettendo apposto le tue
cose, perché sei ansiosa di tutto ciò. Non voglio interrompere questo
momento, ma dovevo lasciarti un segno. Un ricordo, un vecchio e forse inutile
ricordo. Non dimenticherò mai quella notte in cui ti trovammo davanti la
nostra porta, che piangevi come se ti stessero. Fu Suora Augustine a portarti di
dentro, ma la prima a prenderti in braccio fui proprio io. Non dimenticherò
mai come brillavano i tuoi occhi. Già, Laetitia, tu eri già destinata a
brillare. Da sempre, e lo sarai finchè Dio vorrà. Non voglio dilungarmi,
la luce fioca di questa lampadina mi fa male agli occhi. Voglio solo
augurarti di proseguire il tuo cammino illuminata dalla luce del Signore,
affinchè tu possa portare gioia sempre, dovunque tu
sia.
Non dimenticarti chi sei. Buona
fortuna per tutto. Ti proteggo e pregherò sempre per te.
Suor
Evelina.
Quelle poche parole furono in grado di far scoppiare nel
cuore di Laetitia tante di quelle emozioni che scoppiò in un pianto
disperato. Era vero che ora avrebbe vissuto per tutti quegli anni che aveva
perso ma, era pur vero che lasciare il suo passato non era la cosa più facile
che potesse affrontare. Ma sentiva che quella era la scelta giusta e che,
nonostante tutto si sarebbe trovata bene. Il suo passato sarebbe rimasto lì,
per lei, per sempre. Non era da sola.
Prese il contenitore con il
cibo di Suor Evelina e tornò in cucina, dove, inaspettatamente, trovò Nicholas.
Sgranò gli occhi, poi si lasciò ad andare ad una
risatina. << Che fai ancora qui? >> chiese appoggiando il braccio
alla porta, guardandolo con aria ridente. Il ragazzo, di rimando, scrollò le
spalle e si alzò dalla sedia. << Di solito, - iniziò a dire
accompagnandosi da un gesto teatrale- chi prende qualcosa dalla cucina, torna
per rimetterla a posto. >> poi, raggiunse il piano di cottura e iniziò ad
armeggiare con padelle ed
olio.
Laetitia iniziò a ridere appena lo vide intento a
cucinarsi delle uova, fallendo miseramente nel suo tentativo. Posò il
contenitore sul tavolo e disse << Non è così che si cucina un uovo, lascia
fare a me. >> Nicholas alzò lo sguardo verso di lei e sorrise <<
Prego, fa pure. >> Sembrava quasi che volesse sfidarla, e Laetitia,
accettò subito quella messa alla prova. Inarcò divertita il sopracciglio e si
mise al lavoro. << Fatti da parte. >> mormorò prima di
avvicinarsi ai fornelli. Il ragazzo alzò le mani con un sorriso compiaciuto,
e le rispose << E’ tutto per te. >> Subito, Laetitia spense il
fuoco e levò la padella dal piano. Prese l’olio e ne mise un po’ sulla
padella, poi, sbattè un uovo e accese il fuoco. << La mia specialità
sono le frittate. >> affermò la ragazza, mentre Nicholas la guardava
attentamente. << Allora, fai questa frittata, vediamo quanto sei brava.
>> controbattè il ragazzo incrociando le braccia. Laetitia di rimando,
rimase stupita dalla risposta del ragazzo. << Non sfidarmi, Nicholas, non
mi conosci neanche. >> sorrise beffarda. << Non sai con chi hai a
che fare. >> Nicholas sorrise sgembo. << E con chi avrei a che
fare? >> Il ragazzo sembrava avere un certo interesse verso Laetitia,
mostrando però particolare talento nel reprimere ogni tipo di
“manifestazione”. << Chiamami pure accademica. Ho passato
quasi tutti i miei diciannove anni di vita in un orfanotrofio circondata da
suore e regole. >> rispose la ragazza con una naturalezza che spaventò
Nicholas. Che infatti, rimase alquanto sorpreso. Appena sentì pronunciare
dalla sua bocca la parola “orfanotrofio” però, dentro sussultò. La sicurezza
di Laetitia mise parecchio in difficoltà Nicholas. Stava praticamente dicendo
ad un estraneo d’esser orfana, senza nessuna preoccupazione o paura. Ed anche
Nicholas, in quell’istante, percepì in lei qualcosa di speciale. <<
Beh, sarò sincero mi ha sorpreso. Ma complimenti per la franchezza.
>> Laetitia sorrise così istintivamente che quasi non se ne
accorse. Aprì la bocca per rispondergli ma, le uscì soltanto un lieve ed
incomprensibile sussurro.
<<
Grazie.. Ma sai, credo che esser franchi sia una delle doti più pregevoli degli
esseri umani. Peccato che nessuno è sincero al giorno d’oggi.
>> Nicholas sorrise. Non le era mai capitato di incontrare una persona
come lei. Mai. Così naturale, così spontanea, già così vera. Non come
le persone che lo circondavano, che gli ronzavano dietro solo perché “cavolo,
lui è Nick Jonas”. Ma no, lei no. Lei forse non neanche sapeva chi
fosse. Per un attimo, forse bastò quello, Nicholas, mentì. << Posso
capirti.. I miei genitori sono sempre assenti nella mia vita ed io sono
praticamente solo. Anche io nei miei diciannove anni di vita ho fatto un pò
tutto per conto mio. >> non seppe neanche lui cosa gli passò per la
testa. Forse voleva solo sentirsi vicino a lei, voleva somigliare un po’ a
quella ragazza che sembrava lo stesse rapendo con il suo modo di fare. Ma
Nicholas sapeva di mentire, mentire spudoratamente. E sapeva fin troppo bene
che non avrebbe mai dovuto mentire. Ma quando il sorriso della ragazza si
illuminò, ogni pensiero sparì. << Benvenuto nel mio mondo. >>
asserì lei. Nick annuì allarmato. Poi, Laetitia spense il fuoco e avvicinò
un piatto pulito. Strappò un po’ di carta da alimenti e la posò sul piatto,
mettendovi di sopra la frittata. Mostrò vittoriosa il piatto a Nicholas e gli
disse << Ecco fatto. >> I suoi occhi si incrociarono con quelli
del ragazzo, e per un attimo, si dimenticò di ogni cosa. << Quand’è che
cucinerai di nuovo per me? >> fece il ragazzo divertito. Laetitia rise.
<< Non ho mai cucinato per te. >> Detto questo, la ragazza prese
una forchetta ed un tovagliolo e si avviò verso la porta. << Questa è
per me caro mio. >> disse, prima di sparire nella sua
stanza.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4. ***
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Giiiiiirls! Scusate se settimana
scorsa non ho aggiornato, ma non sono stata a casa mia e ho avuto moltissimo da
fare per scuola e non. In ogni caso, visto che ho festa fino a domenica, oggi
l'aggiornamento è d'obbligo. So che è ancora un pò noioso e siamo ancora al
primo giorno della nuova vita di Laetitia, ma vedrete che dopo questi primi
capitoli cercherò di mandare avanti la situazione e farla sbloccare. Questa
cosa del descrivere bene l'arrivo di Laetitia, mi serve per accentuare ancora di
più il distacco con il suo passato. E tranquille, anche qui ci sarà pane per
i vostri denti :) Passo a ringraziarvi ;) LadyBird27:
Giuliaaa *-* Dio, credimi, amo spudoratamente le tue recensioni, mi
fanno sempre troppo piacere! Hai centrato tutto quello che volevo far emergere
nel capitolo e anche nella conversazione tra i due ragazzi, in particolare ciò
che ha portato Nick a mentire. E fidati, questa cosa avrà delle conseguenze..!
Ad ogni modo, volevo ringraziarti per tutto, si davvero. In questo ultimo
periodo in particolare. Fammi sapere che pensi di questo
capitolo! abigailw13: anche le tue recensioni lunghe son
molto bbbbelle :D e c'hai ragione, una ragazza che ha letto la Summa Teologica,
qualcosa dovrà pur averla. Ma è inutile che continuo a parlare, hai
perfettamente capito ogni cosa del capitolo e non solo :D Divertiti lassù
cara! Mi raccomando, io ti aspetto qui! Maggie_Lullaby: beh
Nicholas è stato un pò tontolino, ma sai, credo si faccia perdonare.. :)
grazie mille per i complimenti! Continua a seguirmi e a farmi sapere! Un
bacione! nes95: molto presto verrà chiarita anche la
situazione di Nick, tranquilla! Ti ringrazio per l'apprezzamento della storia,
mi rende felicissima! Fammi sapere anche di questo! E grazie anche a chi solo
legge <3
Un abbraccio forte a tutti, la vostra
Lety.
Use
Somebody.
And I want you to know I've got
my mind made up now But I need more time And I want you to say Do
you know what I'm saying? But I need more .... Coz I'll be you and
you'll be me There's lots and lots for us to see There's lots and lots
for us to do She is electric, can I be electric too? (She’s Eletric –
Oasis)
Laetitia trascorse le ultime ore del pomeriggio a sistemare
la sua roba per bene, facendo in modo di occupare il minor spazio possibile,
anche perché sostanzialmente, possedeva poche cose. Una volta terminate anche
le ultime, la stanchezza iniziò a pervaderle il corpo, penetrando in ogni angolo
e facendo in modo che la ragazza non potesse opporsi minimamente. Così, si
distese sul suo letto e gli occhi, una volta poggiata la testa sul cuscino, si
chiusero automaticamente. Subito, le si proiettarono davanti gli occhi le
immagini del suo passato, dei suoi anni trascorsi in orfanotrofio, dei momenti
in cui desiderava scappar via, degli attimi in cui aveva sentito di stare bene
come non mai. Delle notti passate a chiedersi perché fosse rimasta da sola,
perché chi l’avesse messa al mondo si fosse rifiutato di prenderla con sé. E
allora Laetitia piangeva, gettava fiumi di lacrime e, senza accorgersene,
trascorreva così la notte, fino ad arrivare al mattino, con gli occhi
gonfi. Si ricordò di quando un ragazzo, Benjamin, era arrivato in
orfanotrofio e, dopo pochi giorni le confessò di essersi innamorato di
lei. Laetitia aveva riso tutto il tempo, sentendosi una bambina fortunata, ma
poi, quando Benjamin è stato portato a Santa Clara, lei non ci era rimasta poi
così male. Così, calata in un mondo di ricordi, pensieri e passato, Laetitia
dormì per ben quattro ore di fila. Non che di natura fosse dormigliona, anzi,
solo che aveva bisogno di riposo. E non solo di riposo fisico. Si svegliò
piuttosto intontita, con la testa ancora immersa nel sonno. Le luci erano
tutte spente, e non avvertiva nessun tipo di rumori provenienti dalle altre
stanze. Si alzò dal letto e, badando bene di passare inosservata si diresse
verso il soggiorno, con l ‘intenzione di dedicarsi un pochino alla
televisione. Ma il suo intento fu prontamente troncato da una giovane ragazza
bionda che occupava già la stanza, circondata da cotone e smalti. Ebbe per un
attimo paura di entrare, quando poi però si accorse che la ragazza era al
telefono, entrò a passi lenti e piccoli, nella speranza che quella non si
accorgesse di lei. << LAETITIA! >> strillò la bionda, alzandosi
verso di lei. << Cat – disse al suo interlocutore- ci sentiamo dopo, un
bacione! >> e lasciò che il telefono cadesse morbidamente sul
divano. Subito, si diresse verso Laetitia e l’abbracciò. << Oh! Sono
così felice che tu sia qui cara! Olivia mi ha detto che eri già arrivata, così
sono corsa qui appena ho potuto, ma quando sono tornata tu riposavi! >> la
ragazza disse tutto ciò senza neanche fermarsi un secondo, oppure garantirsi che
Laetitia la stesse ascoltando veramente. << Perdonami – esordì l’altra
sorridendo- ma il viaggio è stato stancante, e poi ho messo già in ordine tutta
la mia roba.. Per cui! Ma vabbè, tu devi essere Marylin, giusto? >>
sfoderò un sorriso bellissimo e la bionda rispose di rimando.
<< Si, sono io! Ma ora vieni qui, e raccontami tutto
di te. >> propose quest’ultima, caricando ogni sua parola d’una enfasi del
tutto inaspettata. Laetitia sorrise, uccidendosi le mani dal
nervosismo. Non che non fosse a suo agio, ma temeva di apparire e sembrare
nulla in confronto a Marylin: alta e slanciata, con due occhioni verdi e un
fisico a dir poco perfetto. Marylin sorrise ancora a Laetitia, e, dopo ciò,
quest’ultima iniziò ad aprirsi e a raccontare la sua storia. Marylin l’ascoltava
con attenzione, senza perdersi nulla. Apparentemente è vero, poteva sembrare
una di quelle ragazze superficiali, prive di cervello, che pensano solo a sé
stesse e all’apparire. Ma invece, Laetitia scoprì che la ragazza assumeva
spesso questi atteggiamenti a causa della sua infanzia difficile. Entrambe,
si scoprirono più o meno vicine, ma con gli stessi scopi: vivere la propria
vita. << E quindi adesso cosa farai a New York? >> domandò
Marylin, passando l’ultima mano di smalto. Laetitia sospirò. << Domani
comincio gli studi alla New York University, nella facoltà di lettere classiche.
>> Marylin annuì. << Io sono iscritta ad una scuola di moda e
design. Diventare stilista è il mio sogno. >> disse con uno strano
luccichio negli occhi. L’altra rise leggermente. << Sono sicura che ci
riuscirai. >> Era così terribilmente sincera che Marylin quasi si
spaventò. << Grazie. >> rispose semplicemente. << Allora,
ti va di preparare la cena? Ollie è con il suo fidanzato, e così siamo di meno.
Ti va? >> Marylin sorrise speranzosa. Laetitia scattò in piedi,
felice. << Ma certo. >>
Marylin aveva avvisato Laetitia
del carattere abbastanza chiuso di Nick, così, quando entrambe ebbero finito di
cenare, e il ragazzo non si era ancora presentato, non si preoccuparono
minimamente. Così, le due ragazze dopo essersi accinte inutilmente alla
visione di un film, sprofondarono nel chiacchiericcio più totale, senza badare
in alcuna maniera all’orario già piuttosto tardo. Quando però, la sveglia del
soggiorno lampeggiava le dodici e un quarto, Marylin si alzò dal divano
stiracchiandosi. << Domani ho lezione alle otto. >> disse con
uno sbadiglio. << E’ meglio che vada. >> Laetitia annuì
accondiscendente e la seguì fino all’ingresso della sua camera. Il passo di
Marylin era leggero e posato, ma allo stesso tempo abbastanza sicuro nonostante
fosse appesantita dalla stanchezza. << Che programmi hai tu per domani?
>> le chiese poi, prima di entrare. << Devo essere all’università
per le dieci. >> fece Laetitia con sguardo assente. La bionda tagliò
corto e le disse << Allora ci si vede nel pomeriggio. Buonanotte!
>> << Buonanotte. >> convenne Laetitia, prima di recarsi
anche lei, nella sua stanza. Subito riprese a guardarsi intorno, proprio come
la mattina. Le sembrava ancora una cosa impossibile trovarsi lì, invece che
nella sua fredda e sterile stanzetta dell’orfanotrofio. Se prima, vedeva
campeggiare sulle pareti orribili poster con messaggi cristiani o con massime
dei Santi, adesso, vedeva imitazioni di quadri famosi o fotografie dei
ragazzi. Non si era soffermata poi molto sull’estetica della casa o su come
essa fosse composta, perciò, si sfilò i vestiti di dosso ed indossò una
camicione di flanella verde. Il riposino pomeridiano le aveva consentito di
non avvertire neanche un po’ di sonno, perciò, prese a vagare per la casa,
impressionando ogni particolare nella sua mente. Era ovvio che l’arredamento
non fosse stato scelto dai ragazzi, i quali si erano solo limitati a ricoprire
quegli spazi, ma comunque, era tutto di ottimo gusto. Il divano e la poltrona
erano rispettivamente uno di pelle e l’altro di tessuto bianco e celeste. Le
pareti erano dipinte da una particolare tonalità di giallo che rendevano il
tutto piuttosto elegante. Il parquet era perfettamente lucidato, e sembrava
volesse intonarsi con i numerosi mobili in legno che occupavano l’intero
appartamento. Non sembrava un appartamento di studenti: era tutto
assolutamente in ordine, come se davanti agli occhi ci fosse una
fotografia. Una volta arrivata nella zona dell’ingresso, notò una stanza alla
sua destra, e, per curiosità vi entrò. Era un piccolo studiolo, con un
computer e diversi libri, ma quello che colpì la sua attenzione, furono di certo
le scalette a chiocciola che conducevano al piano di sotto. Non pensò neanche
per un attimo di scendere poiché già sapeva da chi erano occupate le stanze
inferiori, così, preferì tornare in camera sua e provare a dormire. Almeno
per un po’. Ed erano soltanto le cinque e un quarto, quando Laetitia fu
bruscamente svegliata da un brutto sogno. L’ennesimo. Sembrava assurdo,
eppure, da due mesi a quella parte, non smetteva di sognare un incidente e poi,
delle braccia, prendere una bambina dal retro di una macchina distrutta e in
fiamme. Faticava ancora a collegare quel sogno con qualche avvenimento della
sua vita, in quanto non si ricordava assolutamente nulla dei suoi primi
giorni. Sapeva di essere stata portata all’orfanotrofio quando già aveva un
tre anni o poco più. Ma del suo passato, di quell’anno e mezzo in vita e di
quello che ci fosse stato prima, non sapeva assolutamente nulla. Un vuoto
totale. Ma non ci pensava poi così spesso. Dopotutto, restava il fatto
che lei non sapeva e non avrebbe saputo mai, chi fossero stati i suoi genitori e
perché mai, avessero deciso di lasciarla. O per quale strano gioco divino
fosse stata lasciata da sola, nel mondo. Si alzò dal letto sbadigliando
appena, e poi, si diresse nuovamente verso la cucina. Si versò un po’ d’acqua
ed uscì dal balconcino che dava sul cortile interno del condominio. Avvertì
un brivido nel momento il vento carezzò le sue caviglie scoperte. Quella mattina
sembrava essere particolarmente fredda, ma non era la temperatura a
preoccuparla. Anche guardare le macchina dei condomini, o vedere oltre quel
quadrato, le faceva venire una stretta allo stomaco. E il dubbio, l’incertezza,
la paura, iniziarono ad assillarla. Ce l’avrebbe fatta? Sarebbe riuscita ad
affrontare tutto? Da sola? Era tutta una avventura, una scoperta,
alla quale di certo, si sarebbe prestata. << … Maryl? Ollie? >>
biascicò una voce con un grande sbadiglio. Laetitia si girò di scatto
lasciando cadere il bicchiere ai suoi piedi. Poi, il volto spaesato di Nick
provocò in lei una ilarità tale che non riuscì a trattenersi. << Hai
ancora sbagliato, non sono né Olle né Marylin. >> disse rientrando in
cucina. Il ragazzo si avvicinò a Laetitia, fissandola con occhi sbarrati.
<< Mi ci vorrà del tempo per abituarmi a te. >> rispose Nick
irrigidendo la schiena. Laetitia corrugò la fronte. << Ti do fastidio
forse? >> Il ragazzo scosse immediatamente la testa, accompagnandosi
con le mani. << No.. No ma che hai capito! E’ che.. Già è dura per me
stare solo giù e convivere con Ollie e Marylin e.. >> Laetitia rise.
<< Figurati con un’altra ragazza. Hai ragione effettivamente. Ma ti
consiglio di abituarti anche a me. Ti conviene. >> << E’ una
minaccia? >> ribattè Nicholas compiaciuto. Lei scosse il capo. <<
No, è un consiglio, tutto qua. >> rispose pacata. Nicholas annuì.
<< Grazie del consiglio.. Ma che ore sono? >> disse poi, portandosi
una mano tra i suoi fitti ricci castani. << Le cinque e trentadue
minuti. >> affermò la ragazza spostando lo sguardo verso l’orologio della
cucina. << E’ parecchio presto.. Cosa ci fai già in piedi? >>
domandò spostando una sedia per sedersi. Laetitia scrollò le spalle. <<
Avevo già dormito molto oggi pomeriggio e non ho molto sonno. >> E
detto questo, imitò il gesto di Nicholas. Gli occhi di lui, seppur assonnati,
sembrarono non smentire uno strano luccichio. Nick annuì gravemente. <<
Giornata dura domani? .. Cioè oggi. >> disse, correggendosi
all’istante. << Primo giorno di università. Niente di che. >>
affermò sarcastica. Il ragazzo, con un gesto involontario avvicinò la sua
mano a quella della ragazza, lasciando che le loro pelli si sfiorassero per
qualche secondo. Subito entrambi arrossirono. << A-Andrà bene..
Ora.. Torno di sotto.. Cerca di dormire un po’. Ci si vede.. >> detto
questo, Nicholas si alzò, aspettando che anche Laetitia facesse lo
stesso. << Si.. Ci vediamo. >> rispose lei, prima di abbassare lo
sguardo e seguire i passi di Nicholas, per poi vederlo scomparire del
tutto.
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