Use Somebody.

di itsbrie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Use Somedoby

Salve a tutte! Ebbene si, sono ritornata, dopo un pò di tempo, ma ci sono.
Ritorno con una idea, forse non come quelle che ho di solito, ma pur sempre un'idea.
Questa volta però, ho deciso di arrivare fino in fondo, di concludere questa storia, perchè non so per quale motivo, ma mi sento già legata a questa vicena e ai personaggi.
Questa volta, si parte da zero, si
ricomincia da capo.
Sarà una storia che avrà di tutto, o forse niente.
Mi auguro solo che leggiate e che magari, mi facciate sapere, perchè le vostre opinioni sono il motore dell'azione.
Ed ho bisogno di voi :)
Aggiornerò una volta a settimana (spero vivamente di riuscirci) e la storia non sarà esageratamente lunga.
Spero davvero, con tutta me stessa di ricevere un minimo interessamento.
Detto questo, vi lascio alla storia!
Ah!
Il titolo (canzone dei Kings Of Leon) non ha molto a che vedere con la storia, cioè si, ma non vi spiego perchè, si capirà più avanti.
E vi dirò anche perchè proprio questa canzone. Per quanto riguarda questo primo capitolo è giusto una introduzione e dunque, spero di non annoiarvi!
Ringrazio Abigail (abigailw13) per avermi spronata a postare!
Un abbraccio affettuoso a tutte!
Lety.

I Jonas Brothers non mi appartengono. Ogni aspetto del loro carattere è frutto della mia fantasia.
I nuovi personaggi introdotti sono una mia creazione ed in quanto tali, mi appartengono.
La storia non ha alcuno scopo di lucro.
Buona Lettura!

Use Somebody.
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Vi racconterò di una ragazza, di quello che ha vissuto, di come la sua vita sia cambiata da quando, abbandonata la vecchia strada, ha deciso di incamminarsi su quella nuova.
Munita soltanto di forza di volontà e di vivere, cercherà in tutti i modi di combattere per sé stessa.
La sua vita si intreccerà in maniera inscindibile con quella di un ragazzo, che sarà per lei una svolta definitiva, quel cambiamento che aspettava da tanto.
Forse, le mie parole serviranno a poco, ma ci tenevo.
Dopotutto è sempre una storia.

Avete presente una delle scene iniziali del cartone animato “Anastasia”?
Ma si,quando  lei, ormai cresciuta, abbandona l’orfanotrofio, seguita da quella vecchia bisbetica che le blatera dietro di averle trovato lavoro nella pescheria in fondo la strada.
Ecco, se vi siete fatti più o meno una idea della scena, torniamo sui nostri passi.
Laetitia si tirò su dal naso, rabbrividendo appena il suo piede fu finalmente fuori da quel posto maledetto. Non che avesse odiato l’orfanotrofio di Suora Evelina, per carità, ma non riusciva più a sopportare la puzza di carne avariata o pesce marcio che aleggiava nei corridoi, oppure quegli orripilanti poster che campeggiavano sulle pareti terribilmente intonacate di quel posto.
Per fortuna, le suore erano delle maniache della pulizia, e perlomeno, l’orfanotrofio brillava sempre di Mastro Lindo, malgrado i suoi terribili odori.
Laetitia posizionò di fianco a lei la pesante valigia e lo scatolone colmo di cianfrusaglie per sistemarsi il cappellino in lana bordeaux che dominava la sua chiama ribelle.
Non avrebbe mai creduto di poter lasciare quel posto, specie ora, che aveva 19 anni, e riteneva vana ogni speranza di farsi una vita propria fuori da quelle mura.
Nonostante ciò, per un momento, voltandosi verso l’edificio, una lacrima raggiunse le sue labbra.
Sorrise al pensiero dei mille ricordi.
Ma non desiderava nulla di più, voleva soltanto iniziare una nuova vita, sui suoi passi, costruendo con le proprie mani, un futuro limpido e sereno.
O almeno, questo era quello che si augurava.
<< Abbi cura di te. >> disse suora Evelina, che la raggiunse a piccoli passi.
Le sarebbe mancato quel “piccolo barilotto” dalle guance arrossate e dall’aria sempre affannata e indaffarata.
<< Si, lo farò. >> rispose la ragazza sorridendo. << La ringrazio per tutto. >>
Gli occhi della suora si fecero tutto d’un tratto lucidi. Fece cenno a Laetitia di avvicinarsi a lei, e disse a bassa voce << Ho lasciato la tua stanza a Ludovic. E in più, ti ho messo qualcosa da mangiare nello scatolone. Ora và! O farai tardi! >>
Il tono di voce della superiora si fece alto nelle ultime frasi.
La ragazza sorrise e mimò un altro grazie con le labbra.
Prese la sua roba e si avviò verso il cancello, che simboleggiava ormai, il definitivo abbandono.
Poi, delle voci confuse arrivarono al suo orecchio.
Si voltò ancora, e l’intero orfanotrofio la raggiunse correndo.
<< ASPETTA! >> urlò la piccola Ludovic. << Aspetta, non ti abbiamo dato questa.. >>
La bambina le porse una bambola di pezza, con gli occhi castani ed i capelli del medesimo colore.
<< Si chiama come te. >> aggiunse la bambina.
<< L’abbiamo preparata per tutta la settimana. >> precisò il piccolo Edward.
<< Non dimenticarti di noi! >> esclamarono tutti insieme.
Gli occhi di Laetitia di riempirono di lacrime, che le rigarono goffamente il volto.
<< Non lo farò mai, ve lo giuro. >> fece un altro passo e disse << Vi scriverò ogni settimana! Vi voglio bene! >>
I bambini annuirono, seppure dai loro sguardi, era evidente la tristezza, che li avrebbe accompagnati forse sempre.
Perché quei bambini non avevano né una mamma, né un papà.
E in loro, l’unica certezza che poteva apparire sincera, era quella che forse anche loro un giorno, avrebbero avuto una vita normale, che avrebbe donato loro una famiglia.
Era questa, l’unica cosa che desideravano.
Ed anche Laetitia ci sperava.
La sua vita sarebbe cambiata, ne era certa, e seppure non sapeva come, era pronta a vivere la sua sfida, quella per cui aveva lottato.
Raggiunse la fermata del pullman con le mani già arrossate.
Si guardò intorno, e vide da lontano, la sagoma del mezzo avvicinarsi lentamente.
Sospirò.
Non sarebbe stato facile, nessuno le aveva garantito nulla, ma di certo, non le interessava.
Avrebbe impiegato ogni attimo della sua vita per combattere.
Nei suoi occhi castani, regnava ora, solo la voglia di combattere, essere sé stessa.
Forse vincere.
Forse perdere.
Forse..
Ma soprattutto vivere.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


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Eccomi qui!
Ve lo dicevo che ci avrei provato ad essere puntuale, ed infatti, è passata una settimana precisa.
Adesso, la storia ha il suo inizio, riceve il suo motore.
E' forse un pezzo un pò rivisto e rivsto, ma dopotutto, se è un inizio..!
Ma non vi do anticipazioni, scoprirete leggendo ;)
Inoltre, vorrei spiegare il perchè di questo titolo, proprio questa canzone. Beh, direi che è stata proprio questa canzone ad ispirarmi, a farmi scattare l'idea.
Use Somebody è propriamente dei Kings Of Leon, ma, è stata la versione di Nick Jonas a far partire la scintilla.
E sarà proprio questa canzone, questa cover, che muoverà le sorti di un certo ingranaggio (del quale però, ancora non si è accennato) e che poi, sarà decisivo in seguito.
Adesso passo al ringraziare le 5 fantastiche che hanno commentato:
sarettajb: beh ti ringrazio! non mi aspettavo questa "curiosità" ma la cosa mi riempie di gioia! Ecco qui il tuo aggiornamento! Fammi sapere <3 un bacio.
Maggie_Lullaby: spero di riuscire a finirla almeno! <3 ad ogni modo, grazie per il commento! E' davvero molto importante! E poi anche io AMO Anastasia! Tranquilla, chiama pure Liz quante persone vuoi ;) fammi sapere! un bacio.
abigailw13: non so davvero cosa dirti tesoro mio, se non grazie! Continua a supportarmi, ed entro oggi avrai la tua sorpresa ;)
LadyBird27: Giuliaaa *_* sono felice (davvero tanto) di vederti qui! Ti ringrazio per i mille complimenti, ma non sono poi così <3 mi imbarazzi sennò! Ad ogni modo, spero di non deluderti! Un abbraccio forte.
PeggiuzZ: ti ringrazio per i complimenti! e comunque è vero, Rasputin spaventa u_u fammi sapere che pensi di questo cap! un bacio.
Un ringraziamento anche solo a chi legge <3

Un abbrccione, la vostra Lety.

 

ps. oggi sono in vena di aggiornamenti, quindi dopo, posterò una piccola short! Mi farebbe piacere se ci deste un'occhiata! ;)

Use Somebody.

 

Non aveva idea di cosa l’aspettava una volta scesa da quel pullman.
Sapeva solo che, il suo nuovo alloggio sarebbe stato il massimo, o almeno questo era quello che le aveva detto suor Bernadette, per la quale, l’orfanotrofio era un posto a cinque stelle.
Ma Laetitia non la biasimava, dopotutto, neanche lei poteva definirsi in grado di giudicare una struttura, dato che il massimo che aveva visto era stata la casa della signora Gloria, la scorsa estate.
E dunque, anche solo l’idea di trasferirsi a New York, la elettrizzava parecchio, e le sarebbe andata bene anche una mezza stanza.
Guardò fuori dal finestrino ed il paesaggio agreste che l’aveva ospitata, era ora coperto di neve e quasi privo di vita.
Non sapeva se le sarebbe mancato stare lì, ma di certo, quello a cui stava andando incontro, si prospettava grandioso.
Avrebbe dovuto trovare un lavoro per il pomeriggio, poiché già sapeva che la borsa di studio non le sarebbe bastata per pagare il fitto e i corsi che teneva la mattina.
Incredibile a dirsi, ma la scuola di suora Evelina, era stata in grado di offrire a Laetitia una cultura invidiabile e in questo caso, anche l’opportunità di guadagnarsi una borsa di studio, offerta da diversi benefattori.
Aveva soldi in abbondanza per un anno, ma lei non era il tipo di ragazza che faceva affidamento sulle risorse altrui, ecco perché, già pianificava di trovarsi un lavoro.
Solo che sicuramente, ci avrebbe pensato dopo aver raggiunto la sua nuova casa.
Era consapevole del fatto che l’avrebbe condivisa con altri studenti e che forse, si sarebbe trovata male, ma ci avrebbe fatto l’abitudine, costruendo intorno a sé una efficace barriera di silenzi.
Se così fosse stato.
Ma dopotutto, Laetitia non vedeva il mondo in maniera negativa, e riusciva a trovare un lato positivo anche se avrebbe vissuto in una fattoria convivendo con dei matti.
Magari si sarebbe ritrovata in un covo di tossici, oppure di maniaci dell’ordine.
Non le interessava.
L’autista comunicò al microfono di scendere dal mezzo, e prendere i proprio bagagli dagli sportelloni laterali.
Prese la sua borsa e scese di corsa.
Agguantò la sua roba e la lasciò vicino a lei. Controllò l’indirizzo, e si avviò verso il marciapiede, alla ricerca disperata di un taxi.
Per fortuna, un gentile signore, accolse subito la sua richiesta e in meno di dieci minuti, fu sotto la sua nuova abitazione.
Declinò l’offerta del tassista di portarle la roba fin dentro e, si fermò davanti l’ingresso sospirando.
Ci siamo.
Niente ripensamenti, niente dubbi, niente paura.
Niente di niente.
Spinse con forza il portone e salì fino al secondo piano.
Prima porta a destra – recitava il foglietto scritto da suor Bernadette.
La sua calligrafia chiara e precisa fu uno spiraglio di luce in quel momento.
Laetitia scrollò le spalle, e, dopo un momento di incertezza, bussò al campanello.
Dal nervosismo, il suo cuore iniziò a battere in maniera quasi incontrollabile.
Calma, calma. Si ripeteva.
Non dovette attendere molto, prima di venire aperta da una ragazza dai ricci folti biondi.
Lo sguardo di quest’ultima si illuminò appena vide Laetitia:
<< Ohhh! Tu devi essere quella nuova! Vieni entra! >> esclamò con un sorriso.
Laetitia annuì. << Si, penso d’essere io. Grazie! >>.
La ragazza chiuse la porta, e le fece cenno di seguirla.
Non poteva esser vero.
Quello in cui si trovava era un appartamento, un bellissimo appartamento.
Arredato con gusto ed ordinatissimo.
Era molto spazioso e luminoso.
Non era né una fattoria (come aveva temuto Laetitia) né un nauseabondo istituto religioso.
<< Io sono Olivia, ma ti obbligo a chiamarmi Ollie. Ho 22 anni e molto presto, lascerò questo posto. >> sentenziò Olivia, mentre conduceva Laetitia al fondo di un corridoio.
<< Io sono Laetitia, ed ho 19 anni. E spero vivamente di non dover lasciare questo posto molto presto. >> disse lei, sorridendo.
Un punto forte di Laetitia, era il suo sarcasmo e il suo senso di spirito.
Oltre che alla prorompente bellezza e solarità.
Olivia rise. << Vedo che hai senso dell’umorismo. Andremo molto d’accordo. >>
<< Meno male.. >> ribattè l’altra, con un mezzo sorriso divertito.
<< Già.. Comunque questa è la tua stanza, io dormo nell’altro quadrato. Tranquilla, c’è un separè e posso sempre entrare dall’altra porta. >> disse, indicando un’altra entrata alla stanza.
Laetitia si trovò parecchio spaesata, specie perché all’orfanotrofio non avevano né separè né seconde entrate. Ma preferiva molto di più tutta quella “diversità”, anche se la spaventava un po’.
Essendo abituata a corridoi umidi, letti di lattice e odore di pesce marcio, questo posto in confronto poteva essere davvero definito come un paradiso.
O perlomeno, meglio dell’orfanotrofio.
<< Ora ti lascio sistemare le tue cose, io ho una lezione.. Ah! Se hai fame, puoi andare in cucina.. A momenti dovrebbe anche rientrare Marilyn, l’altra ragazza che vive con noi.
Al piano di sotto ci sta solo Nick, quindi sei fondamentalmente sola.. Ti avverto.. Nick è un tipo che non gradisce molto la compagnia, e Marylin pensa solo a trucco o vestiti. Ma tu non preoccuparti! Andrà tutto bene! Ciao cara, a dopo! >>
Olivia congedò Laetitia con un abbraccio ed un sorriso incoraggiante.
Ma a Laetitia, questo gesto servì ben poco.
Specie perché subito dopo, si autogettò nello sconforto. Non che la ragazza non fosse simpatica, ma cavolo, lei come c’era finita in quel poto?
Dopotutto, stava tanto bene in quel posto.. Avrebbe continuato la sua vita solitaria, a scrivere racconti sulle pagine ingiallite di un vecchio sussidiario, e poi, sarebbe diventata insegnante.
Fino a che, la sua immagina bisbetica non si sarebbe disciolta con il passare degli anni.
Marylin? Nick?
Chi cavolo erano?
Forse, fare la maestra sembrava una prospettiva interessante.
<< No, okay. >> si disse.
Lei era lì, e ce l’avrebbe messa tutta.
E avrebbe iniziato con il riporre con cura tutte le sue cose negli ampi armadi e cassettoni.
La sua camera, appariva davvero molto accogliente: era abbastanza ampia, dipinta con un celeste tenue, le tende blu e il soffitto bianco.
C’era un letto con di fianco un comodino, e poi, un armadio e i cassettoni.
Nulla a che vedere con quella sterile stanza bianca e grigia dell’orfanotrofio.
Sorrise per un attimo.
Quello era l’inizio di una nuova, bellissima, entusiasmante, imprevedibile avventura.
Già!
La sua!
Passò un’ora e mezza a mettere a posta quella poca roba che aveva e subito, le venne una certa fame. Non che fosse una ragazza con molto appetito, ma non toccava cibo dal pranzo del giorno prima, poiché era troppo ansiosa anche solo per mangiare.
Così, prima di andare ad esplorare la cucina si vestì.
Indossò in primis la catena con la croce di brillantini, poi dei jeans e maglioncino blu.
Dopo aver appurato di essere più o meno decente,si diresse verso la cucina.
Sbadigliò sonoramente, ed aprì il frigorifero con un gesto lento.
Iniziò a frugarvi quando, dei passi, catturarono la sua attenzione.
<< Marylin conserva il tonno per stasera gentilmente.. >> disse una voce maschile.
Laetitia chiuse l’elettrodomestico e corrugò le sopracciglia. << Come scusami? >> disse sorridendo.
Di fronte a lei, si presentò un ragazzo alto, riccio e moro, con occhi marroni , vestito con una maglietta blu dell’Università di Harvard e dei pantaloncini che arrivavano sul ginocchio.
Gli occhi di lui, si addolcirono quando Laetitia gli sorrise.
Ed anche lui ricambiò il suo gesto.
Non era neanche da lui ritrovarsi una ragazza come Laetitia in casa propria.
<< Scu-.. Scusa non sapevo che.. Oh lascia stare.. Io sono Nicholas. >> continuò il ragazzo incerto, avvicinandosi a Laetitia titubando.
<< Io sono Laetitia. E sono nuova.. Scusa se ho invaso le “vostre proprietà” ma non mangio da un po’, ed ho paura di quello che possa succedermi. >> disse poi lei, portandosi una mano alla pancia.
Nicholas ridacchiò di gusto. << Tranquilla, puoi prendere quello che vuoi. Abbiamo scorte di cibo infinite..! >> poi, rivolse uno sguardo indecifrabile alla ragazza che subito rise, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo.
<< Dei biscotti mi andranno bene.. Ciao Nicholas! >> concluse poi, prendendo un sacchetto di biscotti sulla tavola, lasciando lì il ragazzo con aria interdetta.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


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Oggi è mercoledì.. sapete che vuole dire?
Che io sono qua a seccare i vostri animi pazienti con il mio aggiornamento :D
Sono sorpresa da me stessa, sto riuscendo a postare ogni mercoledì puntualmente.. Qualcosa vorrà pure dire!
Per quanto riguarda questo capitolo, non credo ci siano cose da dire..
E' ancora di introduzione, siamo sempre nello stesso giorno di narrazione. Scusate se la cosa va un pò a rilento, ma devo chiarire bene gli aspetti del carattere di Laetitia e soffermarmi sulla sua storia.
Ma non temete, non mancherà una parte interessante!
Anzi u.u
Ah! Mi dimenticavo di dire che, anche Nick ha 19 anni! Non so perchè non l'ho detto prima, ma vabbè.
Mi perdonerete se non faccio i ringraziamenti singoli ma non sto ancora molto bene e la testa mi scoppia ç_ç
Mi farò perdonare al prossimo capitolo!
Ringrazio le 5 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, e le 4 che hanno commentato "La Cometa Di Halley" <3 (per la quale rinnovo alla lettura :D)
E questo è tutto!
Un bacione girls!

La vostra,
Lety.

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We live in the shadows and we had the chance and threw it away
And it's never gonna be the same
Cos the years are following by like the rain
And it's never gonna be the same
'Til the life I knew comes to my house and says
Hello
(Hello-Oasis)

  

Laetitia rientrò nella sua stanza piuttosto sorpresa dall’incontro che aveva appena avuto.
E meno male che sarebbe stata “fondamentalmente sola”, si disse, ripensando alle ultime famose parole di Olivia.
Anche se, francamente, non le era dispiaciuto poi così tanto fare la conoscenza di quel Nicholas .
Scosse il capo, dicendosi che quelle non erano considerazioni molto opportuna, ecco.
Si distese sul suo letto e per un attimo annullò completamente ogni tipo di pensiero.
Ebbe come la sensazione di trovarsi ancora in orfanotrofio, circondata da un mondo in cui non si riusciva a distinguere la notte dal giorno, il bianco dal nero, la vita.. dalla morte.
Un posto in cui ogni giorno, sembrava così maledettamente uguale, governato con prepotenza dalla monotonia più totale, che non avrebbe mai dato adito ad un minimo cambiamento.
Quel posto che però aveva ospitato la sua crescita, il suo maturamento, quella che era sempre stata la sua vita. Era stata lasciata lì che aveva soli tre anni, assente di memoria e ricordi.
Laetitia aveva sempre chiesto alle suore se ricordassero qualcosa in più su di lei, se avessero idea di chi potessero essere i suoi genitori, ma purtroppo, nessuna di loro sapeva nulla.
Secondo Suor Evelina Laetitia sarebbe dovuta chiamarsi Mosè o cose simili, poiché la sera in cui la trovarono, pioveva da morire, e sembrava che l’acqua volesse portarsela via.
Ed invece, la superiora dell’epoca, decise di chiamarla Laetitia, perché gli occhioni vispi di quella bambina emanavano felicità, gioia nonostante la sua condizione.
Ecco perché Laetitia, dal sostantivo latino significante appunto “gioia”.
Seppure il suo nome provenisse dal latino, Laetitia con questa lingua non aveva mai avuto un buon rapporto, sin dai primi approcci.
Tant’è che a volte, le suore ci rinunciavano completamente.
Anche se, qualcosa di miracoloso, Laetitia l’aveva fatto.
Fin dalle sue prime letture, dimostrò un certo interesse verso opere di un certo riguardo, ecco perché dal compimento dei suoi 11 anni, Laetitia iniziò a leggere l’intera “Summa Teologica” di San Tommaso D’ Aquino, riempiendo d’orgoglio Suor Evelina.
Ed anche adesso, nonostante avesse finito di leggere l’intera opera Laetitia, ogni tanto spolverava quei tomi enormi che l’avevano accompagnata nella sua crescita.
Per un momento, Laetitia pensò a quegli attimi e gli occhi, le si ingolfarono di lacrime.
Non voleva tornare lì, ma di certo, sapeva che tutto di quel posto le sarebbe mancato.
Respirò profondamente, prima di balzare giù dal letto e andare a vedere cosa avesse infilato Suor Evelina in quello scatolone così imponente.
Si chinò mettendosi in ginocchio, e iniziò a frugare: trovò come prima la cosa la bambola dei bambini, poi vecchi libri, indumenti indossati da lei da bambini, qualche fotografia sparsa, un termos di caffè e uno di the ed infine, un contenitore con dentro delle cotolette, ed una lettera.

Cara Gioia,

sono sicura che adesso starai mettendo apposto le tue cose, perché sei ansiosa di tutto ciò.
Non voglio interrompere questo momento, ma dovevo lasciarti un segno.
Un ricordo, un vecchio e forse inutile ricordo.
Non dimenticherò mai quella notte in cui ti trovammo davanti la nostra porta, che piangevi come se ti stessero. Fu Suora Augustine a portarti di dentro, ma la prima a prenderti in braccio fui proprio io.
Non dimenticherò mai come brillavano i tuoi occhi.
Già, Laetitia, tu eri già destinata a brillare.
Da sempre, e lo sarai finchè Dio vorrà.
Non voglio dilungarmi, la luce fioca di questa lampadina mi fa male agli occhi.
Voglio solo augurarti di proseguire il tuo cammino illuminata dalla luce del Signore, affinchè tu possa portare gioia sempre, dovunque tu sia.

Non dimenticarti chi sei.
Buona fortuna per tutto.
Ti proteggo e pregherò sempre per te.


Suor Evelina.


Quelle poche parole furono in grado di far scoppiare nel cuore di Laetitia tante di quelle emozioni che scoppiò in un pianto disperato.
Era vero che ora avrebbe vissuto per tutti quegli anni che aveva perso ma, era pur vero che lasciare il suo passato non era la cosa più facile che potesse affrontare.
Ma sentiva che quella era la scelta giusta e che, nonostante tutto si sarebbe trovata bene.
Il suo passato sarebbe rimasto lì, per lei, per sempre.
Non era da sola.


Prese il contenitore con il cibo di Suor Evelina e tornò in cucina, dove, inaspettatamente, trovò Nicholas.

Sgranò gli occhi, poi si lasciò ad andare ad una risatina. << Che fai ancora qui? >> chiese appoggiando il braccio alla porta, guardandolo con aria ridente.
Il ragazzo, di rimando, scrollò le spalle e si alzò dalla sedia. << Di solito, - iniziò a dire accompagnandosi da un gesto teatrale- chi prende qualcosa dalla cucina, torna per rimetterla a posto. >> poi, raggiunse il piano di cottura e iniziò ad armeggiare con  padelle ed olio.

Laetitia iniziò a ridere appena lo vide intento a cucinarsi delle uova, fallendo miseramente nel suo tentativo.
Posò il contenitore sul tavolo e disse << Non è così che si cucina un uovo, lascia fare a me. >>
Nicholas alzò lo sguardo verso di lei e sorrise << Prego, fa pure. >>
Sembrava quasi che volesse sfidarla, e Laetitia, accettò subito quella messa alla prova.
Inarcò divertita il sopracciglio e si mise al lavoro.
<< Fatti da parte. >> mormorò prima di avvicinarsi ai fornelli.
Il ragazzo alzò le mani con un sorriso compiaciuto, e le rispose << E’ tutto per te. >>
Subito, Laetitia spense il fuoco e levò la padella dal piano.
Prese l’olio e ne mise un po’ sulla padella, poi, sbattè un uovo e accese il fuoco.
<< La mia specialità sono le frittate. >> affermò la ragazza, mentre Nicholas la guardava attentamente.
<< Allora, fai questa frittata, vediamo quanto sei brava. >> controbattè il ragazzo incrociando le braccia.
Laetitia di rimando, rimase stupita dalla risposta del ragazzo. << Non sfidarmi, Nicholas, non mi conosci neanche. >> sorrise beffarda. << Non sai con chi hai a che fare. >>
Nicholas sorrise sgembo. << E con chi avrei a che fare? >>
Il ragazzo sembrava avere un certo interesse verso Laetitia, mostrando però particolare talento nel reprimere ogni tipo di “manifestazione”.
<< Chiamami pure accademica. Ho passato quasi tutti i miei diciannove anni di vita in un orfanotrofio circondata da suore e regole. >> rispose la ragazza con una naturalezza che spaventò Nicholas.
Che infatti, rimase alquanto sorpreso.
Appena sentì pronunciare dalla sua bocca la parola “orfanotrofio” però, dentro sussultò.
La sicurezza di Laetitia mise parecchio in difficoltà Nicholas.
Stava praticamente dicendo ad un estraneo d’esser orfana, senza nessuna preoccupazione o paura.
Ed anche Nicholas, in quell’istante, percepì in lei qualcosa di speciale.
<< Beh, sarò sincero mi ha sorpreso. Ma complimenti per la franchezza. >>
Laetitia sorrise così istintivamente che quasi non se ne accorse.
Aprì la bocca per rispondergli ma, le uscì soltanto un lieve ed incomprensibile sussurro.

<< Grazie.. Ma sai, credo che esser franchi sia una delle doti più pregevoli degli esseri umani. Peccato che nessuno è sincero al giorno d’oggi. >>
Nicholas sorrise. Non le era mai capitato di incontrare una persona come lei.
Mai.
Così naturale, così spontanea, già così vera.
Non come le persone che lo circondavano, che gli ronzavano dietro solo perché “cavolo, lui è Nick Jonas”. Ma no, lei no.
Lei forse non neanche sapeva chi fosse.
Per un attimo, forse bastò quello, Nicholas, mentì.
<< Posso capirti.. I miei genitori sono sempre assenti nella mia vita ed io sono praticamente solo. Anche io nei miei diciannove anni di vita ho fatto un pò tutto per conto mio. >> non seppe neanche lui cosa gli passò per la testa.
Forse voleva solo sentirsi vicino a lei, voleva somigliare un po’ a quella ragazza che sembrava lo stesse rapendo con il suo modo di fare.
Ma Nicholas sapeva di mentire, mentire spudoratamente.
E sapeva fin troppo bene che non avrebbe mai dovuto mentire.
Ma quando il sorriso della ragazza si illuminò, ogni pensiero sparì.
<< Benvenuto nel mio mondo. >> asserì lei.
Nick annuì allarmato.
Poi, Laetitia spense il fuoco e avvicinò un piatto pulito.
Strappò un po’ di carta da alimenti e la posò sul piatto, mettendovi di sopra la frittata.
Mostrò vittoriosa il piatto a Nicholas e gli disse << Ecco fatto. >>
I suoi occhi si incrociarono con quelli del ragazzo, e per un attimo, si dimenticò di ogni cosa.
<< Quand’è che cucinerai di nuovo per me? >> fece il ragazzo divertito.
Laetitia rise. << Non ho mai cucinato per te. >>
Detto questo, la ragazza prese una forchetta ed un tovagliolo e si avviò verso la porta.
<< Questa è per me caro mio. >> disse, prima di sparire nella sua stanza.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


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Giiiiiirls! Scusate se settimana scorsa non ho aggiornato, ma non sono stata a casa mia e ho avuto moltissimo da fare per scuola e non. In ogni caso, visto che ho festa fino a domenica, oggi l'aggiornamento è d'obbligo.
So che è ancora un pò noioso e siamo ancora al primo giorno della nuova vita di Laetitia, ma vedrete che dopo questi primi capitoli cercherò di mandare avanti la situazione e farla sbloccare.
Questa cosa del descrivere bene l'arrivo di Laetitia, mi serve per accentuare ancora di più il distacco con il suo passato.
E tranquille, anche qui ci sarà pane per i vostri denti :)
Passo a ringraziarvi ;)
LadyBird27: Giuliaaa *-* Dio, credimi, amo spudoratamente le tue recensioni, mi fanno sempre troppo piacere! Hai centrato tutto quello che volevo far emergere nel capitolo e anche nella conversazione tra i due ragazzi, in particolare ciò che ha portato Nick a mentire. E fidati, questa cosa avrà delle conseguenze..! Ad ogni modo, volevo ringraziarti per tutto, si davvero. In questo ultimo periodo in particolare. Fammi sapere che pensi di questo capitolo!
abigailw13: anche le tue recensioni lunghe son molto bbbbelle :D e c'hai ragione, una ragazza che ha letto la Summa Teologica, qualcosa dovrà pur averla. Ma è inutile che continuo a parlare, hai perfettamente capito ogni cosa del capitolo e non solo :D
Divertiti lassù cara! Mi raccomando, io ti aspetto qui!
Maggie_Lullaby: beh Nicholas è stato  un pò tontolino, ma sai, credo si faccia perdonare.. :) grazie mille per i complimenti!
Continua a seguirmi e a farmi sapere! Un bacione!
nes95: molto presto verrà chiarita anche la situazione di Nick, tranquilla! Ti ringrazio per l'apprezzamento della storia, mi rende felicissima! Fammi sapere anche di questo!
E grazie anche a chi solo legge <3


Un abbraccio forte a tutti,
la vostra Lety.

 

Use Somebody.

And I want you to know
I've got my mind made up now
But I need more time
And I want you to say
Do you know what I'm saying?
But I need more ....
Coz I'll be you and you'll be me
There's lots and lots for us to see
There's lots and lots for us to do
She is electric, can I be electric too?
(She’s Eletric – Oasis)

 

Laetitia trascorse le ultime ore del pomeriggio a sistemare la sua roba per bene, facendo in modo di occupare il minor spazio possibile, anche perché sostanzialmente, possedeva poche cose.
Una volta terminate anche le ultime, la stanchezza iniziò a pervaderle il corpo, penetrando in ogni angolo e facendo in modo che la ragazza non potesse opporsi minimamente.
Così, si distese sul suo letto e gli occhi, una volta poggiata la testa sul cuscino, si chiusero automaticamente.
Subito, le si proiettarono davanti gli occhi le immagini del suo passato, dei suoi anni trascorsi in orfanotrofio, dei momenti in cui desiderava scappar via, degli attimi in cui aveva sentito di stare bene come non mai.
Delle notti passate a chiedersi perché fosse rimasta da sola, perché chi l’avesse messa al mondo si fosse rifiutato di prenderla con sé. E allora Laetitia piangeva, gettava fiumi di lacrime e, senza accorgersene, trascorreva così la notte, fino ad arrivare al mattino, con gli occhi gonfi.
Si ricordò di quando un ragazzo, Benjamin, era arrivato in orfanotrofio e, dopo pochi giorni le confessò di essersi innamorato di lei.
Laetitia aveva riso tutto il tempo, sentendosi una bambina fortunata, ma poi, quando Benjamin è stato portato a Santa Clara, lei non ci era rimasta poi così male.
Così, calata in un mondo di ricordi, pensieri e passato, Laetitia dormì per ben quattro ore di fila.
Non che di natura fosse dormigliona, anzi, solo che aveva bisogno di riposo.
E non solo di riposo fisico.
Si svegliò piuttosto intontita, con la testa ancora immersa nel sonno.
Le luci erano tutte spente, e non avvertiva nessun tipo di rumori provenienti dalle altre stanze.
Si alzò dal letto e, badando bene di passare inosservata si diresse verso il soggiorno, con l ‘intenzione di dedicarsi un pochino alla televisione.
Ma il suo intento fu prontamente troncato da una giovane ragazza bionda che occupava già la stanza, circondata da cotone e smalti.
Ebbe per un attimo paura di entrare, quando poi però si accorse che la ragazza era al telefono, entrò a passi lenti e piccoli, nella speranza che quella non si accorgesse di lei.
<< LAETITIA! >> strillò la bionda, alzandosi verso di lei. << Cat – disse al suo interlocutore- ci sentiamo dopo, un bacione! >> e lasciò che il telefono cadesse morbidamente sul divano.
Subito, si diresse verso Laetitia e l’abbracciò. << Oh! Sono così felice che tu sia qui cara! Olivia mi ha detto che eri già arrivata, così sono corsa qui appena ho potuto, ma quando sono tornata tu riposavi! >> la ragazza disse tutto ciò senza neanche fermarsi un secondo, oppure garantirsi che Laetitia la stesse ascoltando veramente.
<< Perdonami – esordì l’altra sorridendo- ma il viaggio è stato stancante, e poi ho messo già in ordine tutta la mia roba.. Per cui! Ma vabbè, tu devi essere Marylin, giusto? >> sfoderò un sorriso bellissimo e la bionda rispose di rimando.

<< Si, sono io! Ma ora vieni qui, e raccontami tutto di te. >> propose quest’ultima, caricando ogni sua parola d’una enfasi del tutto inaspettata.
Laetitia sorrise, uccidendosi le mani dal nervosismo.
Non che non fosse a suo agio, ma temeva di apparire e sembrare nulla in confronto a Marylin: alta e slanciata, con due occhioni verdi e un fisico a dir poco perfetto.
Marylin sorrise ancora a Laetitia, e, dopo ciò, quest’ultima iniziò ad aprirsi e a raccontare la sua storia. Marylin l’ascoltava con attenzione, senza perdersi nulla.
Apparentemente è vero, poteva sembrare una di quelle ragazze superficiali, prive di cervello, che pensano solo a sé stesse e all’apparire.
Ma invece, Laetitia scoprì che la ragazza assumeva spesso questi atteggiamenti a causa della sua infanzia difficile.
Entrambe, si scoprirono più o meno vicine, ma con gli stessi scopi: vivere la propria vita.
<< E quindi adesso cosa farai a New York? >> domandò Marylin, passando l’ultima mano di smalto.
Laetitia sospirò. << Domani comincio gli studi alla New York University, nella facoltà di lettere classiche. >>
Marylin annuì. << Io sono iscritta ad una scuola di moda e design. Diventare stilista è il mio sogno. >> disse con uno strano luccichio negli occhi.
L’altra rise leggermente. << Sono sicura che ci riuscirai. >>
Era così terribilmente sincera che Marylin quasi si spaventò.
<< Grazie. >> rispose semplicemente. << Allora, ti va di preparare la cena? Ollie è con il suo fidanzato, e così siamo di meno. Ti va? >>
Marylin sorrise speranzosa.
Laetitia scattò in piedi, felice. << Ma certo. >>


Marylin aveva avvisato Laetitia del carattere abbastanza chiuso di Nick, così, quando entrambe ebbero finito di cenare, e il ragazzo non si era ancora presentato, non si preoccuparono minimamente.
Così, le due ragazze dopo essersi accinte inutilmente alla visione di un film, sprofondarono nel chiacchiericcio più totale, senza badare in alcuna maniera all’orario già piuttosto tardo.
Quando però, la sveglia del soggiorno lampeggiava le dodici e un quarto, Marylin si alzò dal divano stiracchiandosi.
<< Domani ho lezione alle otto. >> disse con uno sbadiglio. << E’ meglio che vada. >>
Laetitia annuì accondiscendente e la seguì fino all’ingresso della sua camera.
Il passo di Marylin era leggero e posato, ma allo stesso tempo abbastanza sicuro nonostante fosse appesantita dalla stanchezza.
<< Che programmi hai tu per domani? >> le chiese poi, prima di entrare.
<< Devo essere all’università per le dieci. >> fece Laetitia con sguardo assente.
La bionda tagliò corto e le disse << Allora ci si vede nel pomeriggio. Buonanotte! >>
<< Buonanotte. >> convenne Laetitia, prima di recarsi anche lei, nella sua stanza.
Subito riprese a guardarsi intorno, proprio come la mattina.
Le sembrava ancora una cosa impossibile trovarsi lì, invece che nella sua fredda e sterile stanzetta dell’orfanotrofio. Se prima, vedeva campeggiare sulle pareti orribili poster con messaggi cristiani o con massime dei Santi, adesso, vedeva imitazioni di quadri famosi o fotografie dei ragazzi.
Non si era soffermata poi molto sull’estetica della casa o su come essa fosse composta, perciò, si sfilò i vestiti di dosso ed indossò una camicione di flanella verde.
Il riposino pomeridiano le aveva consentito di non avvertire neanche un po’ di sonno, perciò, prese a vagare per la casa, impressionando ogni particolare nella sua mente.
Era ovvio che l’arredamento non fosse stato scelto dai ragazzi, i quali si erano solo limitati a ricoprire quegli spazi, ma comunque, era tutto di ottimo gusto.
Il divano e la poltrona erano rispettivamente uno di pelle e l’altro di tessuto bianco e celeste.
Le pareti erano dipinte da una particolare tonalità di giallo che rendevano il tutto piuttosto elegante.
Il parquet era perfettamente lucidato, e sembrava volesse intonarsi con i numerosi mobili in legno che occupavano l’intero appartamento.
Non sembrava un appartamento di studenti: era tutto assolutamente in ordine, come se davanti agli occhi ci fosse una fotografia.
Una volta arrivata nella zona dell’ingresso, notò una stanza alla sua destra, e, per curiosità vi entrò.
Era un piccolo studiolo, con un computer e diversi libri, ma quello che colpì la sua attenzione, furono di certo le scalette a chiocciola che conducevano al piano di sotto.
Non pensò neanche per un attimo di scendere poiché già sapeva da chi erano occupate le stanze inferiori, così, preferì tornare in camera sua e provare a dormire.
Almeno per un po’.
Ed erano soltanto le cinque e un quarto, quando Laetitia fu bruscamente svegliata da un brutto sogno.
L’ennesimo.
Sembrava assurdo, eppure, da due mesi a quella parte, non smetteva di sognare un incidente e poi, delle braccia, prendere una bambina dal retro di una macchina distrutta e in fiamme.
Faticava ancora a collegare quel sogno con qualche avvenimento della sua vita, in quanto non si ricordava assolutamente nulla dei suoi primi giorni.
Sapeva di essere stata portata all’orfanotrofio quando già aveva un tre anni o poco più.
Ma del suo passato, di quell’anno e mezzo in vita e di quello che ci fosse stato prima, non sapeva assolutamente nulla. Un vuoto totale.
Ma non ci pensava poi così spesso.
Dopotutto, restava il fatto che lei non sapeva e non avrebbe saputo mai, chi fossero stati i suoi genitori e perché mai, avessero deciso di lasciarla.
O per quale strano gioco divino fosse stata lasciata da sola, nel mondo.
Si alzò dal letto sbadigliando appena, e poi, si diresse nuovamente verso la cucina.
Si versò un po’ d’acqua ed uscì dal balconcino che dava sul cortile interno del condominio.
Avvertì un brivido nel momento il vento carezzò le sue caviglie scoperte. Quella mattina sembrava essere particolarmente fredda, ma non era la temperatura a preoccuparla.
Anche guardare le macchina dei condomini, o vedere oltre quel quadrato, le faceva venire una stretta allo stomaco. E il dubbio, l’incertezza, la paura, iniziarono ad assillarla.
Ce l’avrebbe fatta? Sarebbe riuscita ad affrontare tutto?
Da sola?
Era tutta una avventura, una scoperta, alla quale di certo, si sarebbe prestata.
<< … Maryl? Ollie? >> biascicò una voce con un grande sbadiglio.
Laetitia si girò di scatto lasciando cadere il bicchiere ai suoi piedi.
Poi, il volto spaesato di Nick provocò in lei una ilarità tale che non riuscì a trattenersi.
<< Hai ancora sbagliato, non sono né Olle né Marylin. >> disse rientrando in cucina.
Il ragazzo si avvicinò a Laetitia, fissandola con occhi sbarrati. << Mi ci vorrà del tempo per abituarmi a te. >> rispose Nick irrigidendo la schiena.
Laetitia corrugò la fronte. << Ti do fastidio forse? >>
Il ragazzo scosse immediatamente la testa, accompagnandosi con le mani. << No.. No ma che hai capito! E’ che.. Già è dura per me stare solo giù e convivere con Ollie e Marylin e.. >>
Laetitia rise. << Figurati con un’altra ragazza. Hai ragione effettivamente. Ma ti consiglio di abituarti anche a me. Ti conviene. >>
<< E’ una minaccia? >> ribattè Nicholas compiaciuto.
Lei scosse il capo. << No, è un consiglio, tutto qua. >> rispose pacata.
Nicholas annuì. << Grazie del consiglio.. Ma che ore sono? >> disse poi, portandosi una mano tra i suoi fitti ricci castani.
<< Le cinque e trentadue minuti. >> affermò la ragazza spostando lo sguardo verso l’orologio della cucina.
<< E’ parecchio presto.. Cosa ci fai già in piedi? >> domandò spostando una sedia per sedersi.
Laetitia scrollò le spalle. << Avevo già dormito molto oggi pomeriggio e non ho molto sonno. >>
E detto questo, imitò il gesto di Nicholas.
Gli occhi di lui, seppur assonnati, sembrarono non smentire uno strano luccichio.
Nick annuì gravemente. << Giornata dura domani? .. Cioè oggi. >> disse, correggendosi all’istante.
<< Primo giorno di università. Niente di che. >> affermò sarcastica.
Il ragazzo, con un gesto involontario avvicinò la sua mano a quella della ragazza, lasciando che le loro pelli si sfiorassero per qualche secondo.
Subito entrambi arrossirono.
<< A-Andrà bene.. Ora.. Torno di sotto.. Cerca di dormire un po’. Ci si vede.. >> detto questo, Nicholas si alzò, aspettando che anche Laetitia facesse lo stesso.
<< Si.. Ci vediamo. >> rispose lei, prima di abbassare lo sguardo e seguire i passi di Nicholas, per poi vederlo scomparire del tutto.

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