Non voglio perderti di Goten (/viewuser.php?uid=1572)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Titolo:
Non voglio perderti
Autore:
Goten
Beta:
Giusy
Capitoli:
Non so proprio dirlo... ^^
Paring:
Edward – Bella
Dedicato
a: Tutti coloro che amano il mondo di Twilight, ed in particolare
alla mia mamma che sta leggendo questa storia ^_^ ancora prima che la
pubblichi. E al mio papà che mi ha mostrato una foto dalla rivista
di Focus, è grazie a quella foto se questa storia ha preso vita
nella mia testa ^^
Capitolo
1
Non
riuscivo ancora a capire il perché di quella decisione. Sospirai
appoggiandomi alla parete di mattoni del palazzo. Perché dovevo
andare fino a Forks in America per sorvegliare Swan? Non era più
semplice portarlo qui in Italia e obbligarlo a lavorare per noi?!
<<
Ancora pensieroso? >> La voce calma e pacata di Carlisle mi
raggiunse poco prima della sua figura.
<<
Sì, non capisco perché. >> Mi staccai leggermente dal muro.
<< Perché non possiamo semplicemente andare lì e obbligarlo a
venire con noi? >> Ero sinceramente confuso, non avevano mai
avuto un trattamento diverso per le altre persone, perché lui era
così importante?
<<
Edward, capisco che la situazione possa sembrarti strana. Tutta la
tecnologia di cui disponiamo, le armi, le attrezzature... tutto, sono
state inventate da lui. >> Osservai Carlisle attentamente.
<<
C'è un ma... vero? >> Sentivo che qualcosa mi era celato.
<<
Esatto, c'è un ma... da qualche tempo Charlie Swan non si è più
fatto sentire. So per certo che stava lavorando a un progetto molto
particolare, ma non so esattamente cosa fosse. Temiamo che qualcuno
sia arrivato a lui. >>
Sospirai.
<< Capisco, volete evitare che il clan di Denali s’impossessi
delle sue conoscenze. Dico bene? >>
<<
Dici bene... partirai domani, da solo. I tuoi fratelli e sorelle
rimarranno qui, ma Alice ti terrà comunque d'occhio. >> Posò
la sua mano sulla mia spalla.
<<
Come vuoi. >> Potevo rifiutare qualcosa a mio padre? No, non
potevo.
Partii da
Volterra ancora quella sera stessa, il mio compito principale era
sorvegliare e proteggere Charlie Swan. Era grazie alle sue
incredibili invenzioni se avevamo il controllo sul mondo dei vampiri
e finché noi avremmo avuto il potere, la pace fra umani e vampiri
era assicurata.
Il nostro
mondo era celato agli occhi degli umani, non sapevano nulla della
nostra esistenza. C'era ancora chi si ostinava a nutrirsi di sangue
umano, ma la maggior parte di noi si era convertita al sangue degli
animali. Questo non placava del tutto la nostra sete, ma di sicuro ci
faceva sentire meno mostri di quello che già non eravamo.
Sospirai
mentre l'aereo sorvolava l'oceano, mancavano ancora cinque lunghe ore
al mio arrivo in America. Non avevo nulla che potesse indicarmi chi
fosse Charlie Swan, dovevo solo fare affidamento sul mio potere di
leggere nella mente. Avevo come unico indizio il nome della
cittadina: Forks.
Sfogliai
distratto la rivista che l’hostess mi aveva portato. I suoi
pensieri non m’interessavano, erano vuoti, come quelli della
maggior parte del popolo femminile.
Ero
felicemente single, non avevo mai trovato la mia anima gemella. Ed
essendo nato nel 1901 avevo una certa educazione. Avrei cominciato a
frequentare colei che avrei scelto come moglie e basta, non
condividevo il codice morale che i giovani avevano di questi tempi.
Erano completamente stupidi e menefreghisti.
Nonostante
fossi nato a Chicago, mi ero trasferito con la mia famiglia vampira
in Italia, più precisamente a Volterra, il luogo, dove da secoli si
ergeva il potere della nostra specie.
Aro,
Caius e Marcus erano i fondatori della nostra civiltà, stanchi e
annoiati, avevano ceduto a noi Cullen le redini di tutto questo, con
la condizione che in ogni momento avremmo potuto rendere a loro il
potere.
Osservai
le nuvole che coprivano il cielo, Alice aveva previsto tutto, con lei
andavo sempre sul sicuro.
Mi
mancavano terribilmente Alice, Jasper, Rosalie, Emmett, Carlisle ed
Esme, odiavo separarmi da loro. Erano tutto ciò di più caro che
avevo al mondo: la mia famiglia.
La
rivista ormai giaceva dimenticata nel sedile accanto al mio, passai
nervoso una mano fra i capelli, non capivo, se ci fosse stato
qualcosa di grave, Alice l'avrebbe visto, invece niente. Charlie Swan
era completamente sparito dalle sue visioni, l'unica cosa che era
riuscita a vedere mia sorella, era stata la visione di una ragazza,
pallida, capelli lunghi mossi dal colore castano. Graziosa, ma non
capivo cosa c'entrasse.
Qualche
ora dopo il comandante ci avvisò che eravamo finalmente giunti a
destinazione, ero in America, più precisamente a Seattle.
Sbrigai
con rapidità tutte le pratiche burocratiche e ritirai il mio
bagaglio, Alice non aveva tralasciato nulla, a mio nome aveva
prenotato un’auto, dalla concessionaria più vicina, una Volvo C30
argento metallizzato.
Caricai
l'unica valigia che avevo portato con me, ero certo che Rosalie
assieme ad Alice l'avessero riempita con ogni capo umanamente e
vampiramente indossabile. Sorrisi a questo pensiero.
Infilai
la chiave nel quadro di accensione e partii, destinazione: Forks.
Il cielo
era una nuvola unica, a metà strada accesi i tergicristalli per la
forte pioggia che stava scendendo, certamente il verde la faceva da
padrone in questo posto sperduto da Dio.
Cominciai
a vedere i primi segni di vita poco dopo la visione del cartello di
benvenuto... decisamente era meglio Volterra!
C'erano
un piccolo supermercato, un bar, una scuola e un distributore di
benzina. Sospirai, sapevo che Swan viveva appena fuori dal piccolo
centro abitato, perciò mi lasciai alle spalle quel piccolo sprazzo
di civiltà e m’inoltrai in una strada quasi nascosta dalla folta
vegetazione, ero sulla statale 101.
Proseguii
a velocità normale, finché mi trovai davanti ad un immenso spiazzo
verde e alla sua fine una deliziosa casa in stile coloniale,
completamente bianca. Carina, molto carina, ma anche molto isolata.
Parcheggiai di fronte all'ingresso e scesi, la pioggia battente si
era tramutata in pioggerellina, non mi curai di bagnarmi, ora dovevo
scoprire che fine avesse fatto Charlie Swan.
Salii i
tre gradini e davanti alla porta di legno color noce bussai. Attesi.
Non venne
nessuno, allungai lo sguardo e notai che non c'era nemmeno la
macchina parcheggiata. Sbirciai attraverso le tendine della finestra,
la casa sembrava vissuta e in buono stato.
Che fosse
fuori? Probabile.
Forse era
meglio però che lo osservassi prima di presentarmi. Sì, era la
scelta migliore. Tornai in macchina e ripartii. Per prima cosa
dovevo trovare un posto, dove lasciare la Volvo. Nel tornare verso il
piccolo centro di Forks, incrociai solamente un vecchio pick up
rosso, il suono di quel motore era assordante, sicuramente aveva
bisogno di un buon meccanico.
Proseguii
e non mi curai di altro. Parlai con la barista, i suoi pensieri mi
confermarono uno dei miei dubbi: non esistevano parcheggi custoditi
in quel piccolo paese.
Chiamai
Alice, attesi solo mezzo secondo prima che rispondesse al telefonino.
<< Lasciala al centro commerciale, non succederà niente. >>
Ottimo, mi recai subito lì e lasciai la macchina nella parte più
lontana del parcheggio, rispetto all'ingresso del piccolo centro.
Camminai
a velocità umana per non destare sospetti e quando fui sicuro che
nessuno potesse vedermi, m’infilai nel verde, felice finalmente di
poter correre alla mia velocità. Sentire la pioggia scivolare lungo
il mio collo bianco era una sensazione piacevole, la stessa che avevo
a casa, questo pensiero mi mise addosso un po' di buon umore. In
pochissimi minuti mi ritrovai appollaiato su un albero, ben nascosto
dal verde fitto della vegetazione, avevo un'ottima visuale di casa
Swan.
Notai un
piccolo cambiamento, adesso, parcheggiato nel posto auto c'era un
vecchio pick up rosso, assomigliava in maniera impressionante a
quello che avevo visto prima in strada.
La luce
di una stanza si accese, senza problema potevo osservare quello che
accadeva al suo interno; una ragazza stava camminando con delle buste
della spesa in mano. Sapevo che era la stessa della visione di Alice.
Che
diavolo ci faceva li? Era la domestica?
Mi
sistemai meglio sull'albero e continuai a osservarla. Mise una buona
parte della spesa nel frigo e tenne fuori solo un barattolo di sugo e
della pasta. Notai con piacere che accese il gas e vi posò sopra una
padella con dell'acqua. Se stava preparando il pranzo, voleva dire
che Charlie Swan sarebbe tornato.
La
ragazza aveva preso un pugnetto di sale e l'aveva buttato nella
pentola, poi aveva preso un’altra padella e vi aveva versato dentro
il sugo, potevo tranquillamente sentire l'odore del pomodoro mentre
si scaldava, afferrò una tovaglia dal secondo cassetto e la distese
sul piccolo tavolo della cucina, afferrò un piatto dalla credenza e
un bicchiere di vetro, disponendoli sul tavolo. La osservai
attentamente, sembrava che si concentrasse più del dovuto per fare
quei semplici movimenti.
Il
piacere che avevo provato svanì alla svelta, non appena la vidi
sedersi e mangiare quello che aveva preparato. Dannazione, speravo
che Charlie Swan arrivasse, invece niente. Non sembrava neppure che
lei lo stesse attendendo.
Sospirai.
Non potevo far altro che stare lì buono e osservarla, forse prima di
sera lui sarebbe giunto, o almeno lo speravo.
Per tutto
il resto della giornata, la ragazza pulì e rassettò, ogni tanto
dava una sbirciatina a qualche rivista che giaceva in salotto, ma
oltre a questo non accadde nulla.
L'unica
nota positiva era che aveva smesso di piovere, ma il cielo rimaneva
comunque nuvoloso.
Adesso
era tranquillamente sdraiata sul divano con un sacchetto enorme di
pop corn davanti e faceva zapping con il telecomando. Ormai era sera,
mi sembrava tutto tranquillo, potevo concedermi un po' di tempo per
me. Saltai da un ramo all'altro e corsi veloce verso il centro del
bosco, dovevo nutrirmi se volevo evitare spiacevoli incidenti.
Scovai un
piccolo gruppo di cervi e mi dissetai con il loro sangue, sentivo la
loro linfa vitale scorrere giù per la mia gola. Il cielo era ormai
nero, osservai distratto le stelle, era un peccato che non si
vedessero, ma era comunque piacevole il fatto di poter uscire di
giorno, grazie a quei nuvoloni enormi che coprivano il sole.
Sorrisi,
era giunto il momento di tornare a casa Swan. Feci il percorso
inverso e pochi minuti dopo mi trovai davanti ad uno spettacolo
inatteso... le grandi vetrate della casa erano completamente
sigillate. Mi avvicinai piano, cercai con lo sguardo eventuali
trappole o sistemi di sicurezza; non ne trovai.
Passai la
mano su quella parete liscia e fredda quasi quanto me, sembrava una
specie di lega ferrosa, ma dava l'impressione che fosse più
resistente di quanto sembrasse. Sollevai lo sguardo e notai che tutte
le finestre, porta compresa, erano state sigillate in quel modo.
Charlie
Swan doveva essere rientrato. Nonostante lo avessi mancato, ero certo
che al sorgere del sole sarebbe dovuto uscire da quella casa fortezza
e allora lo avrei incontrato.
Per tutta
la notte potei sentire grazie al mio udito un lavorare frenetico, ma
c'era un semplice fatto che mi aveva colpito, ed ero quasi sicuro che
non fosse colpa della barriera ferrosa, ma qualcosa stava impedendo
al mio potere di funzionare a dovere. Non riuscivo a leggere nei
pensieri del creatore di tutte le nostre armi. Era un fatto che mi
stava irritando molto.
Mi
riposizionai sul grande albero, esattamente dove ero prima e attesi
la venuta del nuovo giorno.
Per tutta
la notte non avevo fatto altro che pensare e ripensare a quello
strano giorno, avevo visto che il pick up rosso era ancora li, questo
voleva dire che anche la ragazza di quel pomeriggio era ancora in
quella casa. Ma fatto strano non sentivo neppure i suoi pensieri.
I miei
capelli stavano subendo la tortura da parte delle mie mani, era un
tic che avevo quando ero nervoso, senza rendermene conto passavo le
dita fra i capelli scompigliandoli ancora di più di quanto già non
fossero. Il nuovo giorno intanto era iniziato, i rumori dentro la
casa erano cessati da pochi minuti e poi, a un tratto... le lastre
cominciarono a ritirarsi facendo tornare la casa al suo aspetto
normale.
Adesso
cominciavo sinceramente a essere curioso, chissà che razza di uomo
era Charlie Swan. Avvertii il rumore dell'acqua provenire dal piano
di sopra, sicuramente era una doccia, sospirai, volevo tornare a casa
alla svelta. Scesi dall'albero e attesi che finisse i suoi bisogni
umani, avevo intenzione di incontrarlo subito e se fosse stato
possibile, lo avrei portato via con me ancora quella stessa mattina.
Certo che
per essere un uomo ce ne metteva di tempo sotto la doccia, erano già
ventisei minuti buoni che stava sotto quel getto. Magari si era
sentito male... no, il suo cuore batteva forte e armonioso.
Decisi di
attendere ancora un po'.
Finalmente
sentii chiudere la manopola dell'acqua e il suo ciabattare al piano
superiore. Aveva un passo leggero per essere un uomo, notai.
Contai
mentalmente fino a mille, prima di bussare gentilmente alla sua
porta, quando questa si aprì, mi trovai di fronte lei, la donna
delle pulizie.
CHIEDO IMMENSAMENTE SCUSA PER ESSERE SPARITA COSÌ PER TANTO TEMPO, MA GLI IMPEGNI DEL LAVORO ERANO AUMENTATI A DISMISURA... SCUSATE. PER EVITARE DISGUIDI, SAREBBE MIA INTENZIONE AGGIORNARE 1 VOLTA ALLA SETTIMANA. DIREI CHE DI MARTEDÌ POTREBBE ANDARE BENE... CHE DITE? ^^
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Titolo:
Non voglio perderti
Autore:
Goten
Beta:
Giusy
Capitoli:
Non so proprio dirlo... ^^
Paring:
Edward – Bella
Sinceramente
non so proprio cosa dirvi, se non un enorme GRAZIE! Sono davvero
felicissima che la storia vi piaccia ^__^ E sono sempre commossa del
vostro sostegno ç.ç siete meravigliose!!!
Ringrazio
le 19 persone che lo hanno messo nei preferiti e le 40 che lo hanno
messo nelle seguite. Ma sopratutto ringrazio di cuore chi ha
commentato... ç__ç vi voglio beneeeee. Non avete idea di come le
vostre parole aiutino ad andare avanti ç__ç grazie grazie grazie …
ma ora, basta piagnistei! ^__^ Vi lascio alla lettura del secondo
capitolo! Spero come sempre che vi piaccia e ci vediamo martedì con
il prossimo capitolo! Un bacione! Goten ^^
Capitolo
2
Osservai
quel viso grazioso che mi fissava con una piccola ruga in mezzo alla
fronte, il mio primo istinto era stato quello di passare il pollice
su quella piccola increspatura per lisciarla, ma fortunatamente non
mossi neppure un muscolo.
<<
Salve. >> Mi disse con voce sospettosa, mi ridestai e decisi di
sfoderare tutto il mio charme.
Sorrisi
ammaliante. << Buon giorno, sono Edward Cullen, cercavo Charlie
Swan. >>
Rimasi
sorpreso quando in modo brusco mi rispose << Non c'è, è già
uscito. >> E mi sbatté la porta in faccia.
Non mi
era mai accaduta una cosa simile in tutta la mia vita. Mai.
Bussai di
nuovo, questa volta in maniera decisa.
<<
Vada via! >> Mi urlò da dentro la cucina. Mi spostai rapido
all'esterno e la vidi attraverso la finestra stava bevendo
direttamente dal cartone una sorsata di succo d'arancia, era una
grandissima maleducata, ma purtroppo solo lei sapeva, dove potevo
trovare Charlie.
Vidi i
suoi capelli bagnati, capii che era stata lei fino a pochi minuti
prima sotto la doccia. Ma allora chi diavolo aveva fatto scattare
quella barriera protettiva la sera prima? E questa mattina? E chi
aveva fatto tutti quei rumori durante la notte?
Sembrava
ci fosse solo lei in casa, eppure non riuscivo a crederci che lei
avesse qualche cosa a che fare con la tecnologia di cui
disponevamo... era una donna!
Mi passai
una mano fra i capelli, però anche Rosalie era un genio della
meccanica e anche lei era una donna. << Dannazione! >>
Imprecai a bassa voce.
La cosa
si stava complicando.
Il mio
cellulare trillò in quel momento, lo afferrai e lessi sul display:
era Alice.
Feci
scattare la comunicazione. << Dimmi. >>
<<
Credo che dovrai essere un po’ più carino con lei o non otterrai
nulla. >>
Sospirai.
<< Hai avuto una visione? >>
Il
risolino che sentii mi stava insospettendo. << Diciamo di sì.
Ho visto che con lei non serve fare il duro. Insisti Edward, non
darti per vinto. >>
Alzai gli
occhi al cielo. << Va bene. Mi basta tornare presto da voi. >>
E attaccai.
Tornai
con lo sguardo verso la finestra, notai con sorpresa che lei mi stava
fissando attraverso le tendine bianche.
Sollevai
la mano in segno di saluto, ma tutto quello che ottenni fu di vedere
la sua schiena allontanarsi dalla stanza.
Mi
avrebbe dato parecchio filo da torcere quella ragazzina.
Il cielo
rimase coperto per tutta la mattina e lei non si era più avvicinata,
neppure per sbaglio, alla finestra. A dire il vero non avevo più
sentito nessun rumore provenire dalla casa, avrebbe potuto passare
per inosservata, ma lei c'era. Sentivo il suo cuore battere calmo e
tranquillo al piano di sopra.
Mi
guardai veloce in giro e con un salto agile salii sul ramo
dell'albero, spostandomi poi velocemente da un ramo all'altro, fino
ad arrivare di fronte alla finestra dove il battito di quel cuore
arrivava forte e deciso.
Sbirciai
nuovamente, stavo diventando un guardone!
Mi scappò
un piccolo sorriso, era stesa a pancia su, con una rivista sul viso,
una mano era appoggiata sull'addome, l'altra pendeva fuori dal grande
letto.
Era
buffa. Indossava una maglietta troppo grande per lei e dei pantaloni
di una tuta. Era assodato che era anche poco femminile.
Rimasi lì
appollaiato a fissarla per quasi tutto il pomeriggio. Era rilassante
il suo respiro calmo e il suo battito. Mi piaceva, sentivo come se
avessi potuto andare in sincronia con quel dolce tum tum. Chiusi gli
occhi e per la prima volta, dopo quasi cento anni, mi rilassai
sentendomi tranquillo.
Nonostante
avessi gli occhi chiusi, il mio cervello continuava a registrare ogni
più piccolo cambiamento che avveniva nel mondo esterno, sentivo con
chiarezza il rumore del battito d'ali degli uccelli, il ruscello
scorrere veloce, il soffio del vento leggero.
Notai con
una certa gioia di non avvertire nessun pensiero umano, segno che
questa casa era decisamente fuori dal mondo comune. Mi concessi un
altro piccolo sorriso. Per quanto fossi abituato a utilizzare il mio
potere, era bello non avere in testa i pensieri di altre persone
oltre ai miei.
Erano
esattamente le cinque e ventisei minuti quando il respiro di lei
divenne più veloce e il battito cardiaco cambiò la sua frequenza:
si stava svegliando.
Grazie
alle nuvole che avevano coperto il cielo, adesso l'oscurità
ricopriva tutto ciò che mi circondava. Non era male quella piccola
cittadina, forse avremmo potuto anche viverci da persone “normali”
io e la mia famiglia. Forse.
Si alzò
di scatto dal letto, mettendosi seduta, la rivista cadde per terra, i
suoi occhi scuri si spalancarono. << Che stupida! Ecco cosa
mancava! >> Esclamò ad alta voce alzandosi dal suo giaciglio
camminando poi veloce fuori dalla camera.
La
osservai arrivare alle scale, mettere un piede in fallo e scivolare
con il sedere su tutti gli scalini. << Dio che botta. >>
Mormorò massaggiandosi la parte “lesa”, mentre tentava
goffamente di raggiungere una porta dall'apparenza innocua.
Mi ero
trattenuto dal ridere, ma quella scena comica sapevo che mi avrebbe
accompagnato per l'eternità. Che razza di persona era quella? Scossi
la testa ancora con il sorriso sul volto.
Feci
scattare lo sguardo verso l'alto quando sentii nuovamente quel rumore
metallico che ormai avevo associato a una sola cosa: la barriera.
Avevo
visto giusto allora, era lei che attivava quella specie di guscio
protettivo. Scattai veloce, stavolta non mi sarei fatto prendere alla
sprovvista, entrai rapido dalla finestra della cucina, forzandola un
pochino, e dopo esattamente dieci secondi, mi ritrovai sigillato in
quella casa fortezza.
Le luci
erano accese ovunque, ma i rumori provenivano da quella porta, dove
lei era sparita pochi attimi prima. Decisi di far tacere la mia
coscienza e di proseguire. Con tutti i sensi all'erta aprii quella
porta e con mia somma sorpresa notai che dietro ad essa c'erano delle
scale che conducevano sotto terra. Interessante. Le scesi al massimo
della mia velocità, non feci alcun tipo di rumore udibile ad
orecchio umano. Alla fine notai uno sprazzo di luce, mi sporsi e
rimasi più che stupito. Cosa diavolo c'era lì dentro?!
<<
Accidenti. >> Sibilai pianissimo.
Avevo
davanti a me il laboratorio più avanzato del mondo!
Le pareti
erano ricoperte di lastre di metallo, così come il pavimento, ogni
sorta di macchinario esistente sembrava stesse lì dentro.
Quasi al
centro della stanza c'era lei che parlava al computer, mi dava le
spalle ma notai senza difficoltà cosa copriva il suo corpo.
Incredibile! Non aveva alcun tipo di monitor in quel laboratorio, dal
pavimento uscivano dei raggi luminosi che creavano in tridimensione
tutto ciò che lei stava chiedendo, e con un semplice tocco delle
mani sull'immagine che veniva creata, lei riusciva a modellare a suo
piacere ogni cosa.
<<
Assurdo. >> Mormorai ancora.
Ma se era
lei a creare tutto questo, allora chi era? E dove era il fantomatico
Charlie Swan?
<<
Non è carino rimanere lì a fissarmi sai? >> Tornai con lo
sguardo verso di lei. Mi stava guardando accigliata. << Non
saresti dovuto entrare. Vi avrei spedito quello che vi serviva a
breve. >> Mi voltò nuovamente le spalle riprendendo a lavorare
sul suo disegno tridimensionale.
Diverse
cose stava notando la mia mente, possibile che non si fosse
spaventata nel vedermi lì? Cosa intendeva dire con “vi avrei
spedito quello che vi serviva a breve?” Lei sapeva chi ero?
Impossibile. Oppure no?
Mi feci
avanti, io non avevo nulla da rischiare, non ero io l'umano indifeso.
<<
Ti chiedo scusa se mi sono intrufolato in questo modo, ma ho assoluto
bisogno di parlare con Charlie Swan. >> La mia voce era
risuonata chiara e netta perfino alle mie orecchie.
Lei non
si scompose e continuò ad osservare minuziosa il suo lavoro.
Decisi
allora di avvicinarmi, mi fermai solamente quando fui accanto a lei.
Era concentrata su quel disegno dal colore azzurrino.
<<
Stupido coso. >> Borbottò con una nota di frustrazione.
Arcuai un
sopracciglio. Possibile che non avesse capito cosa fossi? Non mi
stava dando neanche una briciola della sua attenzione. Assurdo.
Stavo
nuovamente per parlare quando lei alzò la mano ponendola aperta di
fronte al mio viso. << Solo un momento. Poi risponderò a
tutto. >> Non mi aveva neppure guardato, era sempre assorta su
quell'affare.
<<
Ingrandisci del trenta per cento. >> Ordinò. E il disegno
divenne più grande. Puntò l'indice su un determinato punto di
quello che assomigliava tanto ad un microchip per computer. La parte
sfiorata dal suo dito divenne rossa. << Elimina. >>
Sentenziò e il computer la fece sparire, il resto del disegno era
ancora color azzurro. << Salva >>
I tratti
azzurri divennero verdi, probabilmente segno che il salvataggio era
avvenuto con successo. << Spegni >>
E tutto
sparì. Adesso avevo tutta la sua attenzione.
<<
Sono Isabella Swan e tu non dovresti essere qui. >> Mi fissava
decisa, senza alcuna indecisione nella sua espressione.
<<
Mi è stato chiesto di venire a controllare. Non abbiamo più avuto
notizie di Charlie Swan. >> Se lei voleva essere fredda e
decisa, beh aveva trovato pane per i suoi denti.
Spostò
per una frazione di secondo il suo sguardo, sembrava indecisa, ma poi
tornò a fissarmi senza più alcuna traccia di debolezza nel suo
sguardo. << Tu sei un vampiro, dico bene? >>
Cosa
potevo dirle? No sono solamente un po’ pallidino e freddo? Era
meglio dirle la verità, decisi di seguire il consiglio di Alice.
<<
Sì, lo sono. >>
Lei annuì
solamente e fece qualche passo verso di me, adesso veramente uno di
fronte all'altro, solo pochi centimetri ci separavano. << Mi
dispiace di non essere riuscita a spedirvi la merce in tempo, ma ho
avuto delle complicazioni. >> Si passò la mano sull'addome
corrugando le sopracciglia. Stavo per parlare, ma lei mi anticipò.
<< Comunque, a breve finirò il lavoro e vi manderò il tutto
quanto prima. >> Era tornata a essere risoluta, niente più
incertezza nel suo sguardo.
Io invece
lo assottigliai. Cosa diamine voleva dire con quella frase? Socchiusi
le labbra e le porsi la mia domanda, anche se in realtà mi sembrava
assai assurda. << Tu sei Charlie Swan? >>
Corrugò
le labbra, distendendole poco dopo. << No, sono sua figlia. >>
Quindi
lei non era la persona che stavo cercando. << Dove posso
trovare tuo padre? >> Volevo trovare quell'uomo e tornarmene a
casa.
Mi
osservò arcuando un sopracciglio scuro. << Al cimitero. >>
Mi rispose ed io rimasi impietrito. << E' morto due anni fa. >>
Ero sempre più immobile.
<<
Morto? >> Domandai quasi con un filo di voce.
Annuì
nuovamente. << Sì, se non hai altre domande intelligenti, io
riprenderei il mio lavoro. >> Mi diede le spalle, i suoi
capelli ondeggiarono sulla sua schiena. << La strada la
conosci. Premi il pulsante blu accanto alla porta, sbloccherai le
pareti di difesa. >>
Scattai
in avanti afferrandole un polso. << Cosa diavolo stai dicendo?!
>> Esclamai cercando di ricomporre tutti i pezzi.
<<
Vuoi che ti stringa la manina mentre ti accompagno all'uscita? >>
Domandò con una nota ironica mentre si rivoltava nuovamente verso di
me.
Mi stava
letteralmente antipatica. << No! >> Sbottai. <<
Voglio sol capire. >> Sospirai frustrato. << Se tuo padre
è morto da due anni, chi diavolo ha assemblato tutto quello che
abbiamo?! >>
Sorrise
sarcastica. << Non ti sembra ovvio? >>
Ovvio? No
che non era ovvio! Non poteva essere lei! << Tu? >>
Domandai ancora stupito.
<<
No, la regina dei mille anni. Certo che sono stata io! >>
Esclamò alzando di qualche tono la sua voce.
Questo di
sicuro non me lo sarei mai aspettato. << Da quanto tempo? >>
La mia presa si era ammorbidita, lasciandole così andare poco alla
volta il polso.
<<
Cosa? >> Domandò massaggiandoselo.
<<
Da quanto tempo sei tu e non tuo padre a costruire tutte le nostre
tecnologie. >>
<<
Da quasi cinque anni. >> Ammise, continuando a guardarmi.
Feci un
breve resoconto mentale, mi ero accorto della differenza che da
qualche anno era avvenuta nelle nostre armi, ma non potevo
minimamente sospettare che dietro a tutto quello ci fosse lei.
Stavo per
porle una nuova domanda, quando una luce rossa attirò la nostra
attenzione. Sul monitor appeso alla parete, apparve la figura di un
ragazzo biondo che attendeva davanti alla porta di casa.
<<
Merda... >> Sibilò Isabella avvicinandosi allo schermo.
<<
Chi è? >> La domanda mi sorse spontanea, senza che io potessi
fare nulla per impedirlo.
<<
Una persona che dovrebbe evaporare. >> La sua voce era
arrabbiata.
Il suono
del campanello s’irradiò per tutta la casa. << Bella! Apri,
dobbiamo parlare. >> Continuava a ripetere quel ragazzo davanti
alla porta chiusa.
<<
Non gli apri? Magari è importante. >>
Si voltò
con uno sguardo freddo verso di me. << Fatti gli affari tuoi,
vampiro. >>
Era anche
stronza.
<<
Bella aprimi! Lo so che ci sei! >> Continuava a ripetere lo
sconosciuto, tenendo premuto il campanello. Decisamente cominciavo ad
odiare anche lui.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
Quel
maledetto campanello non la smetteva di suonare, i miei occhi erano
fissi sulla figura immobile di lei. << Allora?! >>
Sbottai innervosito.
Corrugò
le labbra, i suoi occhi erano ridotti ad una fessura, mentre nel
monitor la figura di quel ragazzo continuava a restare lì davanti
alla porta con il dito sul campanello. Se Isabella non lo avesse
fatto smettere entro dieci secondi, sarei andato io personalmente a
staccargli ogni singola falange a morsi!
Avvertii
una brusca accelerazione nel battito del suo cuore: aveva deciso
qualcosa. Si voltò camminando a passo normale verso la scala che
l'avrebbe condotta al piano superiore. La seguii, ero sinceramente
curioso, pensai a svariate ipotesi. Immaginavo Isabella arrivare di
fronte a quel ragazzo e mollargli una scarica elettrica, magari da
uno dei suoi aggeggi infernali, oppure... forse sarebbe uscito dalla
parete di questa strana casa un mitra e gli avrebbe sparato addosso!
Mph... poco probabile. Nel frattempo eravamo arrivati alla porta
d'ingresso, la sua mano bianca stava premendo il pulsante blu.
Aspettai,
nascosto dal muro della cucina.
Sentii
senza problemi la porta aprirsi e poi... il battito furioso dei loro
cuori e il respiro accelerato. Ma nessun altro rumore arrivò alle
mie finissime orecchie. Che diavolo stava succedendo?! Sondai la
mente di lui restando allibito. Non era possibile! Avanzai di un
passo osservandoli con i miei occhi. Isabella stava baciando con
passione quel tizio! Ma pochi minuti prima non aveva detto che
sarebbe dovuto evaporare?!
Passarono
solo alcuni secondi dal mio pensiero al loro primo movimento. <<
Oh Bella, sono stato uno stupido. >> Cominciò lui mettendole
le mani attorno ai fianchi.
Il
sorriso che lei gli fece, non mi sembrò molto cordiale, sembrava più
che altro una smorfia di chi sa cosa sta per succedere. <<
Mike, tesoro. >> Calcò l'ultima parola con forse troppa
enfasi. << Sono contenta che tu abbia capito di essere uno
stupido. >> Gli sorrise nuovamente venendo ricambiata da lui.
<< Ma nonostante tutto... >>
Spalancai
gli occhi quando udii il rumore forte e secco del pugno che Isabella
gli aveva assestato sullo zigomo. Mike si sbilanciò cadendo
all'indietro, decisamente lo aveva preso alla sprovvista. << …
non ho la minima intenzione di perdonarti. >> Concluse
sistemandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
La
osservai stupito rientrare e chiudere la porta dietro di se. <<
Cosa c'è? >> Mi domandò fredda.
Feci un
respiro profondo e scossi la testa, la seguii in cucina mentre con la
mente cercavo di sondare quella di Mike. A quanto pareva Isabella lo
aveva beccato a letto con un'altra. Una smorfia di disappunto mi
passò sul volto. Era fidanzato e se la spassava con un'altra.
Inconcepibile per me. Tornai a concentrarmi su Isabella quando non
udii più nelle vicinanze la presenza di Mike. La vidi lottare con
una ciotola e una busta di plastica contenente del ghiaccio. Le cadde
di mano una, due, tre volte. Alla quarta la raccolsi e la aprii,
versando i cubetti nella ciotola.
<<
Fa vedere. >> Le dissi gentile, prendendo la sua mano nelle
mie. Era piccola e delicata. La osservai attentamente, forse anche
più del dovuto. << Fa male? >> Premetti un punto che
stava assumendo una colorazione rossa.
Il quasi
salto che fece, mi confermò che le faceva male. Non dissi altro e
lei non aprì bocca. Eravamo in piedi vicino al tavolo, la ciotola
ormai dimenticata.
<<
Grazie. >> Sussurrò piano, mentre con le mie dita fredde le
massaggiavo delicato la parte lesa.
<<
Di nulla. Hai un buon destro. >> La presi scherzosamente in
giro. Queste erano forse le prime frasi che ci dicevamo senza
cattiveria o senza arrabbiatura.
Lei
sorrise alla mia piccola battuta. Forse non sarebbe stato un male
averla a Volterra sotto la nostra protezione.
Sfilò la
sua mano dalla mia presa e la immerse nella ciotola in mezzo ai
cubetti di ghiaccio. Sembrò incantarsi davanti alle venature che il
ghiaccio mostrava. Mi parlò assottigliando lo sguardo, ma senza mai
alzarlo su di me. << Non hai intenzione di andartene, vero? >>
<<
No. >> Sospirai. << A dire la verità ero venuto per
portare Charlie Swan via con me. Ma dato che sei tu la mente geniale
dietro a tutto questo… >> Indicai con un semplice gesto tutto
ciò che ci circondava. << La mia missione è portarti via con
me. A Volterra. >>
Sollevò
di scatto il volto, i suoi occhi erano duri. << Non se ne
parla. Da qui non mi muovo. >> Sentenziò risoluta.
Anche
cocciuta oltre che poco femminile, di bene in meglio. << Non
hai nulla che ti lega qui. >> Provai a giocarmi la carta della
persuasione. << Sbaglio forse? >>
Afferrò
la ciotola con la mano sana e si avvicinò fronteggiandomi, dovevo
riconoscerlo, era straordinariamente folle a tentare di sfidare uno
come me. << Tu non sai nulla di me. >> La sua voce era
fredda, quasi arrabbiata. << Se vuoi rimanere, sei libero di
farlo. Ma io non verrò con te, ne ora, ne mai. >>
Mosse un
paio di passi, cercando di superarmi, ma la fermai solo con la mia
voce, eravamo spalla contro spalla. << Potrei sempre portarti
via con la forza. >> Non lo avrei mai fatto, ma non era da
scartare come opzione.
<<
Fallo. >> Mi sfidò, << ma non pensare che io poi vi
aiuti di nuovo. >> Perfida. Ma aveva ragione, con la forza non
avrei più ottenuto il suo aiuto.
Ascoltai
i suoi passi allontanarsi e rifugiarsi nella sua stanza al piano di
sopra.
Beh,
almeno aveva detto che sarei potuto rimanere. Era giunto il momento
di riportare la Volvo al noleggiatore vicino all'aeroporto. Avrei
corso un po’ nella foresta al ritorno, così finalmente avrei
sgranchito un po’ le gambe.
Sollevai
lo sguardo verso il soffitto, avrei dovuto avvertirla che stavo per
uscire, ma forse non avrebbe avuto piacere nel rivedermi dopo solo
pochi minuti dalla nostra piccola discussione. Certo che mi ero
trovato proprio una bella gatta da pelare...
Camminai
a velocità umana verso il salotto, frugai nei cassetti di un mobile
e trovai alla fine un foglio di carta e una penna.
Esco
un momento, tornerò più tardi. Edward
Osservai
quella piccola riga e mi augurai che non facesse nessuno scherzo
stupido, tipo sigillarsi in casa durante la mia assenza o che peggio,
le succedesse qualcosa. Posai il bigliettino in bella vista sul
tavolo della cucina e uscii. L'aria fredda entrò prepotente dentro
di me. Era una bella sensazione di libertà quella che provavo in
quel posto.
Corsi
veloce fino ad arrivare al parcheggio, la Volvo era ancora lì. Con
calma mi avvicinai alla vettura, il motore fece subito le fusa nel
girare la chiave. Sorrisi, mi piaceva davvero quella macchina.
In meno
di dieci minuti uscii dalla piccola cittadina di Forks, diretto verso
il noleggiatore d'auto.
La radio
mi fece compagnia per tutto il viaggio, cullando e addolcendo i miei
pensieri. Mi dispiacque un po’ quando lasciai la macchina. Ma
quella sensazione venne prontamente sostituita dalla mia sete e dalla
voglia di andare a caccia. Nei boschi fu facile e quasi divertente
partire all'inseguimento dei cervi. Mi saziai con tre esemplari
davvero notevoli.
Quando
anche quella poca luce che rischiarava il cielo sparì mi resi conto
di aver passato l'intera giornata in piena libertà, senza
preoccuparmi di Isabella.
Mi diedi
mentalmente dell'idiota e presi a correre in maniera impensabile
anche per me verso la sua casa. Le barriere non erano attive, nessun
rumore proveniva dal suo interno. Notai con grandissimo disappunto
che il pick up rosso non era al suo posto.
<<
Dove diavolo è andata?! >> Sibilai irritato. Entrai comunque
in casa provando a cercare qualche indizio, in camera sua non c'era
nulla, a parte un grandissimo disordine. Scesi rapido verso il
salotto, ma anche lì non c'era nulla che potesse in qualche modo
farmi capire dove fosse andata. << Maledizione. >>
Sibilai frustrato.
Afferrai
il telefonino e composi il numero di Alice. << Alice. >>
Ruggii appena la sentii rispondere alla chiamata.
<<
Che succede? >> Fu la sua domanda che m’irritò ancora di
più.
<<
Dovrei essere io a chiedertelo, vedi dov’è andata Isabella? >>
Soffiai cercando di trattenere le risposte rabbiose che mi stavano
salendo in gola.
<<
Non è lì con te? >> E li dissi addio al mio bon ton.
<<
No che non è qui! Altrimenti non ti avrei chiamato! >>
Sbottai. Ma sapevo che in realtà c'è l'avevo solo con me stesso,
per essermi permesso una semplice distrazione quel pomeriggio.
<<
Faccio finta di non aver sentito la tua risposta maleducata. >>
Riuscivo tranquillamente ad immaginarmela mentre storceva il naso.
<<
Scusa. >> Soffiai duro, sapendo bene che comunque lei non
c'entrava nulla.
<<
Comunque non riesco a vederla, è sparita dalle mie visioni. >>
Sibilai
frustrato. << Puoi provare a sforzarti di più... per favore?
>> Aggiunsi cercando di riportare la mia voce ad un livello di
normale educazione.
Ci fu
silenzio per almeno un buon minuto. << Non riesco... >>
la voce frustrata di Alice fu come la classica goccia che faceva
traboccare il vaso. Senza attendere una ulteriore risposta chiusi il
cellulare facendogli fare un suono sinistro.
Cosa
diavolo avrei dovuto fare? Attraversai il breve corridoio che mi
avrebbe portato in cucina e lì mi bloccai. Sul tavolino, accanto al
mio foglietto in cui l'avevo avvisata della mia uscita, c'era un
altro messaggio.
Sono
da un amico, tornerò tardi. Bella.
Rimasi in
piedi fermo, immobile. Mi aveva avvisato... lei che non mi
sopportava, lei si era preoccupata di dirmi che sarebbe rientrata
tardi.
Qualcosa
di molto simile allo stupore si fece largo in me. Era una sensazione
strana... attesi immobile in mezzo al corridoio il suo rientro. Si
fecero le otto, poi vennero le nove ed infine arrivarono le dieci,
portando con se una buona dose di preoccupazione. Adesso cominciavo
seriamente a domandarmi cosa volesse dire per lei quel “tornerò
tardi.”
Stavo per
cedere al mio pensiero di cercarla in lungo e largo per tutto lo
stato di Washington, ma il rumore di un motore familiare mi costrinse
a rimanere dove ero.
Era
tornata.
Il
cigolio della portiera che si apriva e che poi sbatteva mi fece per
un attimo sospirare di sollievo.
Mantenni
comunque un’aria arrabbiata.
Quando
entrò, non alzò il viso verso di me che l'attendevo a pochi passi
di distanza.
<<
Ben tornata. >> La mia voce suonava seccata. Avevo già in
mente un discorso bello chiaro da dire, ma le parole mi morirono in
gola quando vidi i suoi occhi rossi. << Hai pianto?! >>
Non era proprio una domanda più che altro una constatazione.
Si voltò
bruscamente di fianco sperando di nascondere il viso alla mia vista
perfetta.
<<
Cosa ti è successo?! >> Esclamai con un velo di
preoccupazione.
Il suo
silenzio non faceva altro che alimentare le mie paure. Cosa poteva
averla ridotta in quel modo?
<<
Isabella... >> La presi per le spalle con delicatezza e la
voltai verso di me. Il suo sguardo era arrabbiato e sofferente. <<
Cosa ti è successo? >>
Chiuse
gli occhi respirando a fondo, probabilmente per darsi un contegno. <<
Niente. >> Sussurrò con voce roca, riaprì gli occhi mostrando
quella determinazione che l'aveva sempre caratterizzata dal mio
arrivo. << Ho solo avuto una... >> Si bloccò guardandomi
seria. << Non è una cosa che ti riguardi, vampiro. >>
Rimasi per un attimo interdetto dalla sua risposta, non la fermai
quando si liberò dalla mia stretta e si chiuse in camera sua.
Aveva
ragione, non erano affari miei. Eppure, per un attimo mi era parso di
vederla indifesa. Scacciai dalla mente quella piccola ma assordante
verità.
Sapevo
che era sdraiata sul letto in camera, avevo udito il materasso
schiacciarsi sotto il suo esile peso. Per tutta la notte non si
mosse, anche il battito del suo cuore era rimasto invariato. Avrei
dato un braccio per sapere cosa le fosse successo, ma forse con
l'arrivo del nuovo giorno, sarei riuscito a scoprirlo.
Rimasi
accanto alla finestra della cucina osservando i giochi che le nuvole
facevano in cielo, sorrisi amareggiato. Mi sarebbe piaciuto non
essere solo in questa stupida missione. Mi mancava enormemente il
caos provocato da Emmett, così come gli strepiti di Alice di fronte
al nuovo catalogo di moda.
Il rumore
dello scricchiolio delle assi di legno attirò la mia attenzione, i
piedi nudi di Isabella stavano affrontando al buio le scale. Piccola
incosciente.
Decisi
comunque di non muovermi, se fosse caduta, sarei comunque riuscito a
prenderla al volo. Arrivò invece sana e salva fino alla cucina,
accese la luce e mi osservò, sul suo viso c'era un lieve cipiglio di
stupore. Non disse nulla, afferrò un bicchiere e lo riempì con
dell'acqua fresca.
Eravamo
uno di fronte all'altro, io appoggiato alla finestra e lei al
lavello. Silenzio.
C'era
questo fra noi, solo e semplice silenzio.
La
osservai bere con calma, per un po’ fece vorticare l'acqua nel
bicchiere osservandone il movimento fluido, ma la sua mente in realtà
sembrava altrove. Cosa poteva averla ridotta così? Avrei voluto
chiederglielo, ma un po’ per orgoglio, un po’ perché in fondo
non erano davvero fatti miei, mi astenni dal fare qualunque domanda.
Svuotò
il resto dell'acqua nel lavello e senza degnarmi di un briciolo della
sua attenzione uscì dalla cucina spegnendo la luce dietro di se.
Carissime ragazze siamo giunti al 3^ capitolo e adesso sto per dari una notizia che credo non vi piacerà. Questo è l'ultimo capitolo che scriverò su questo sito. Ho deciso che scriverò ancora per Twilight, ma non pubblicherò quì. Alcune di voi si staranno chiedendo il motivo... posso solo dirvi che mi dispiace, ma per adesso pubblicherò solamente sul forum di Twilightersitalia che si trova quì: http://www.twilightersitalia.com/forum/viewforum.php?f=34
e sul face book di Barby e Amalia che si trova quì:
http://www.facebook.com/group.php?gid=89140027720#!/group.php?v=app_2373072738&gid=89140027720
Vi chiedo ancora di scusarmi, ma per adesso non cambio idea. Questa ficci vedrà la fine su questi due siti. Quando la delusione che ho provato passerà, forse posterò le storie che scriverò quì sopra, ma fino ad allora non intendo farlo. Finirò a breve anche la ficci di Inuyasha che avevo in sospeso e poi non so... per adesso vi voglio solo ringraziare per avermi seguito, mi scuso ancora con tutte voi, so che non è bello quello che sto facendo, ma sono troppo delusa.
Un abbraccio a tutti. Goten |
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Ho ricevuto alcune e mail in questi giorni, l'ultima giusto oggi... tutte con lo stesso messaggio: ritornare su efp. Ammetto che un pò di quella delusione che avevo in passato è scemata via... anche se non del tutto, ma dato che alcune di voi me lo hanno chiesto, ho deciso di ritornare. Spero di farvi ancora sognare con le mie storie, buona lettura, Goten
Capitolo 4
Qualche timido raggio di sole cercava di trapassare le nuvole in cielo ma con scarso risultato. Non mi ero mai mosso dalla mia posizione, erano ormai le nove di mattina e Isabella non si era ancora vista. Sentivo il battito del suo cuore provenire dalla stanza al piano di sopra, ma nient'altro.
Perché le donne erano così complicate?! Avevo sistemato il mio bagaglio nella stanza accanto alla sua. Mi sarei scusato a tempo debito per la mia invasione.
Cominciarono a passare le ore lentamente, le nove... le dieci... le undici...
Quando l'orologio segnò il mezzogiorno, andai a vedere se finalmente si fosse decisa a scendere. Bussai alla sua porta.
<< Vattene >> Bofonchiò al suo interno.
<< Isabella dovresti mangiare. >> In effetti, sapevo che i comuni esseri umani dovevano nutrirsi più volte durante la giornata.
<< Fatti gli affari tuoi. >> La sua maleducazione non sembrava vacillare neanche sotto i segni della fame, perché avevo chiaramente sentito il brontolio del suo stomaco.
<< Tu sei affar mio, almeno finché non finirai il lavoro. >> Il suo modo di fare era irritante, non la sopportavo.
Sentii i suoi passi far scricchiolare le assi di legno del pavimento, fece scattare la serratura della porta e pochi secondi dopo mi trovai davanti alla figura sconvolta e irritata di Isabella.
Mi guardò arcuando un sopracciglio scuro. << Finché non finirò il lavoro?... Bene... >> Mi passò accanto cominciando a scendere le scale. La seguii silenzioso, arrivammo nel laboratorio. Mi appoggiai alla parete, curioso di vedere adesso cosa avrebbe fatto per finire prima il lavoro destinato a noi vampiri. Perché ero certo che pur di non avermi in mezzo ai piedi, Isabella lo avrebbe finito subito.
La osservai prendere in mano un tubo di ferro abbastanza massiccio per un tipo come lei, lo guardò scrupolosa e prima che potessi anche solo intuire le sue intenzioni... fracassò e distrusse buona parte del suo lavoro.
Scattai in avanti afferrandole entrambe le mani. << Che diavolo stai combinando?! Sei impazzita?! >> Feci forza sui suoi polsi facendola gemere di dolore ma il risultato fu quello voluto, lasciò andare il tubo di metallo.
<< Lasciami bastardo! >> Mi urlò contro. << Tu sei un verme! Esattamente come Mike! Lasciami! >> Si dimenava, cercando di liberarsi dalla mia presa, il suo cuore batteva forte e disperato. Che diavolo le aveva fatto questo Mike per ridurla così?! Potevo capire il fatto di averlo trovato a letto con un'altra, ma così era davvero troppo! << Lasciami! >> Urlò ancora, e stavolta lo feci, la lascia andare.
Rimasi lì a guardarla freddo e immobile. Aveva le guance rosse ricoperte di lacrime, il suo volto deturpato da una rabbia, o forse disperazione, talmente potente da sovrastarla completamente.
<< Non so cosa ti abbia fatto questo Mike, ma non mi pare il caso di essere paragonato a un essere umano. >> Dissi a voce bassa ma ben udibile anche per un orecchio come il suo.
Sembrava che all'improvviso si fosse scaricata, come un giocattolo in cui le batterie a un certo punto si esauriscono. Le sue spalle erano curve, come appesantite, il volto non era più rosso, ma tendente al bianco. Eppure, nonostante tutto, le lacrime continuavano a sgorgare silenziose.
<< Hai ragione. >> sussurrò con voce roca e bassissima. << Scusa. >>
Non si mosse, rimase lì in piedi, le braccia lungo il corpo impotenti davanti a quello spettacolo di distruzione di cui lei stessa era stata artefice.
I suoi occhi osservarono tutto, dalle sue labbra uscì un debole << Che disastro... >> Sospirò e si nascose il volto fra le mani. Stava cercando di calmarsi.
Quando si sentì più padrona di se stessa, abbassò le mani, osservò con cipiglio severo tutto quello che la circondava, si mosse sicura verso destra e con riluttanza afferrò una scopa e una paletta.
Guardai il disastro che aveva combinato e sospirai, se avesse sistemato da sola, avrebbe solamente allungato i tempi. Con un agile movimento fui subito al suo fianco. << Ti aiuto. >> La mia non era una domanda, ma un'affermazione.
Isabella annuì solamente e in silenzio cominciammo a ripulire tutto. I pezzi più pesanti li spostai, dove m’indicava, cominciarono a passare i minuti e poi le ore. Non c’eravamo scambiati nessuna parola, tranne lei quando ogni tanto mi diceva “qui” o “lì”.
Avevo preso a osservarla silenzioso. Era cocciuta e nonostante sembrasse forte, era mortalmente fragile, in ogni senso.
La domanda di cosa diavolo le avesse fatto quel Mike riaffiorò nella mia mente.
<< Ti spiace se metto della musica? >> La sua voce triste e sottile mi sorprese.
<< No, fai pure. >> Aveva ancora gli occhi rossi, ma almeno le lacrime non scendevano più.
<< Accedi cartella musica. >> Ordinò.
Comando eseguito, nome del brano?
<< Claire de Lune. >>
E la musica dolce di Debussy riempì il nostro silenzio. Andammo avanti a lavorare ascoltando quelle note così dolci e così malinconiche, sembravano perfette per quel momento.
Erano le sei di sera quando finimmo tutto. Era stato un lavoro lento per i miei standard, ma Isabella aveva bisogno di tenere la mente occupata per un po’ e forse adesso sarebbe stata anche più ragionevole sulla mia proposta di abbandonare Forks.
Sì, mi sembrava il momento buono per parlarle, stavo aprendo bocca, quando lei mi anticipò. << Grazie, Edward. >> Rimasi con le labbra socchiuse. Mi aveva chiamato per nome e non in modo dispregiativo. Era già un notevole passo avanti. Il suo viso era voltato verso di me e un leggero colorito rosso le colorava le guance. << Insomma... beh, grazie. Senza di te non avrei finito così presto. >>
<< Di nulla. >> Sorrisi gentile senza mostrare troppo la dentatura da predatore. Stavolta parlai e le esposi nuovamente la mia idea. << Isabella. >> Mi schiarii la voce, anche se non ce ne era veramente bisogno. << La mia proposta di trasferirti a Volterra, è ancora valida, prendila in considerazione. >>
I suoi occhi si assottigliarono. << Non ti arrendi mai, vero? >>
Scossi la testa negativamente. << Sono qui per portarti via, lo sai, non ne ho mai fatto mistero. >>
Sospirò pesantemente, adesso ero sicuro che saremmo tornati a Vampiro e non più a Edward... invece mi stupii di nuovo. << Edward, la mia risposta non cambia, amo questo posto e non ho intenzione di andarmene. Puoi rimanere, ma quando finirò il mio lavoro, te ne andrai ed io mi riterrò libera da voi. Va bene? >> Si era avvicinata, era decisa e a me questo nuovo contratto stava più che bene.
<< Va bene. >> Sentenziai porgendole la mano per sigillare il nuovo patto, lei la strinse. Il suo calore era piacevole. Molto piacevole.
Ritornammo al piano di sopra, dove Isabella si stava adoperando per cucinarsi qualcosa di commestibile. Era divertente vedere quanto tempo ci mettesse un essere umano a prepararsi da mangiare e poi finire tutto in meno di dieci minuti.
Mi ero seduto di fronte a lei, sapevo che era maleducazione fissare le persone, ma come scusa mi ero detto che la stavo studiando e lei, a parte arcuare un sopracciglio scuro, non aveva detto niente per farmi smettere.
La porzione di spaghetti al sugo era quasi terminata nel suo piatto. << Quanti anni hai? >> Mi domandò all'improvviso spezzando quel piccolo silenzio che ci aveva avvolto fino a quel momento.
<< Diciassette. >> Risposi automaticamente, era una di quelle risposte pronte che sfoderavo sempre in giro, d'altronde il mio aspetto dimostrava davvero quell'età.
Le sue labbra si stesero in un sogghigno. << No, dicevo la tua vera età. >> Afferrò un bicchiere d'acqua e ne bevve un sorso.
<< Oh, centootto. >> Ammisi un po' riluttante. << Tu invece? >> Lei ne dimostrava almeno venti.
<< Diciotto. >> Beh dai, non avevo sbagliato di molto.
<< Vivi qui da sola? >> Era una domanda un po' sciocca, se consideravo che suo padre fosse morto e in due giorni che stavo qui, non avevo visto nessuno oltre a lei e quel biondo traditore.
<< Sì, è bello, tranquillo. M’ispira molto per le mie invenzioni. >> Aveva decisamente una mente brillante. Avevo visto parecchie cose giù nel suo laboratorio, era straordinario pensare che provenissero tutte da lei.
<< Tu invece? Com'è casa tua? >> Addentò un'altra forchettata di spaghetti, i suoi occhi mi osservavano curiosi. Com'era casa mia? Bella, calda accogliente e ovviamente piena di vampiri. Sorrisi inconsciamente. << Come mai quel sorriso? >> Non le sfuggiva nulla.
La fissai teneramente. << Pensavo alla mia famiglia, ai miei fratelli e sorelle. >>
<< Ti devono mancare molto. >> Si pulì la bocca con il tovagliolo.
<< Abbastanza. E' strano essere lontani da loro. >> Era una confessione intima quella che le stavo facendo, per me la mia famiglia era il mio cuore e le stavo mostrando che infondo anch’io ne avevo uno. << Volterra è storia. Non c'è un singolo posto a Volterra che non sia storico. Noi viviamo sotto il Palazzo dei Priori. Non è proprio casa nostra. Siamo lì perché i Volturi, l'antica casa di Vampiri che ci governava ha lasciato a noi Cullen le redini del potere. Tutto quello che dobbiamo fare, è mantenere segreta la nostra esistenza e cercare di vegliare sulla nostra razza. >>
Mi guardava silenziosa, quasi ammaliata. Mi lusingò questa cosa e preso da questa nuova emozione proseguii il racconto. << Siamo in sette nella mia famiglia, ci sono Esme e Carlisle. Noi tutti li consideriamo come i nostri genitori. Esme è dolce e gentile, Carlisle ha una pazienza infinita. E' anche medico oltretutto, a volte cura anche gli esseri umani. Ha una resistenza al sangue che è incredibile. >> Sembravo tanto un bambino orgoglioso dei suoi genitori. << Alice e Jasper invece sono abbastanza particolari. Lei, vede il futuro, e Jasper sente e manipola le emozioni delle persone. Hanno due poteri veramente unici. >> Guardai Isabella che pendeva letteralmente dalle mie labbra. << Alice è anche una patita della moda. Adora fare compere e Jasper adora fare felice Alice. >>
<< Si completano a vicenda. >> Aggiunse lei sorridendo.
<< Oh sì. >> Sospirai. << Poi ci sono Rosalie e Emmett. Sono una coppia molto affiatata, lei è un genio dei motori, è un meccanico senza eguali, mentre lui è... un orso. >> Ridacchiai. << Decisamente un orso. E' l'anima della nostra famiglia, è impossibile rimanere tristi in presenza di Emmett. >>
<< E poi ci sei tu. >> Sorrise nuovamente. << Hai una bellissima famiglia. >>
Abbassai lo sguardo imbarazzato, forse mi ero lasciato andare più del dovuto con lei.
<< Io invece sono figlia unica, mia madre ha divorziato da mio padre quando ancora ero piccola. Non so dove sia adesso e non mi interessa. Charlie mi ha insegnato tutto quello che conosco. E' stato la mia guida... >> Sospirò e abbassò lo sguardo sul bicchiere d'acqua che stava nella sua mano. << Ho conosciuto Mike a scuola, era il ragazzo di una mia compagna all'epoca. Poi loro si sono lasciati e... beh, sai come funziona, una cosa tira l'altra e siamo finiti assieme. Fino a una settimana fa. >> Appoggiò il bicchiere sul tavolo e respirò profondamente, stava probabilmente raccogliendo le idee e decidere cosa raccontarmi della sua vita.
<< Sono rientrata a casa presto, ero andata a trovare Jake a La Push. E' un mio amico, anche se la parola “confidente” calza molto meglio, quel giorno avevo appena fatto una scoperta stupenda, volevo che Jake fosse uno dei primi a saperlo... ad ogni modo, sono tornata a casa e ho trovato quel verme nel letto con Jessica. >> S’interruppe, il suo cuore aveva preso a battere un po’ troppo veloce, c'era ancora rabbia nelle sue parole e tanta delusione. I suoi occhi erano lucidi, soffriva e di questo mi dispiaceva.
<< Se vuoi fermarti... >> Provai a suggerirle.
<< No. Va tutto bene, è solo difficile. >> Sospirò afferrando il tovagliolo di carta per asciugarsi le lacrime fuggiasche, rise amaramente. << Prova a immaginarti la scena, io che entro, con una notizia strepitosa... >> si asciugò ancora le lacrime. << … sarei diventata mamma e Mike papà. Avremmo formato una famiglia. E invece... >> Un singhiozzo prepotente le sfuggì dalle labbra facendo finalmente cedere la sua corazza dura.
Mi trovai in un battito di ciglia accanto a lei, a confortarla, a coccolarla. << Va tutto bene, Isabella... tutto bene... >> Erano parole vuote molto spesso queste, ma io volevo fermamente che andasse tutto bene a lei.
<< No che non va bene! >> Singhiozzò contro il mio torace duro. << Come fa ad andare bene?! Sono incinta! Di quel pezzo di... >> Le accarezzai la schiena cercando di calmarla. Era distrutta. La rabbia che stavo covando contro quel viscido verme aumentava a dismisura.
<< Bella, Mike non sa nulla del bambino? >> Era una domanda che mi era sorta spontanea, così come l'avevo pensata mi era uscita dalle labbra.
<< No. >> Pigolò fra le mie braccia mentre i singhiozzi cominciavano a calmarsi. << E non deve saperlo. Lo odio... >>
E non era la sola a odiarlo in quel momento. << Quindi l'altro giorno sei andata da Jake? >> Annuì silenziosa. Sembrava tanto una bambina spaventata e questo mi spingeva ancora di più a cercare di proteggerla, anche perché altrimenti non riuscivo a spiegarmi quel senso di protezione che cominciavo ad avere nei suoi confronti. << E cosa ti ha detto per farti piangere? >> Le mie mani non avevano mai smesso di accarezzarle la schiena, sembrava gradisse quel gesto di conforto.
<< Niente, mi ha ascoltato. >> Bé, almeno questo Jake sapeva ascoltare. |
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Come sempre grazie mille per i vostri commenti ^_^ ma siccome sono in ritardo con il postare la storia, vi lascio subito alla lettura! Baci!
Capitolo 5
Era crollata fra le mie braccia e con tutta la cura che potevo permettermi l'avevo messa nel suo letto e coperta bene. Avevo riordinato la cucina e spedito un messaggio ad Alice per informarla delle novità. Mi stavo trovando invischiato in una situazione che aveva tutta l'aria di essere un romanzo. Sospirai... ma perché mio padre mi aveva cacciato in questa situazione?!
Per tutta la notte Isabella era stata tranquilla, avevo avuto anche modo di pensare al nomignolo che avevo usato con lei, mi era scappato. In sua presenza parecchie cose scappavano alla mia razionalità, ma cominciava a piacermi tutto questo.
Adesso, tirando le somme, mi trovavo in un paese sconosciuto, a fare da protettore a una donna dalla mente geniale, che aspettava un figlio da un verme, ed ero solo, senza nessun tipo di sostegno da parte della mia famiglia.
Che razza di situazione!
Le nuvole creavano una situazione climatica perfetta per me, potevo uscire senza alcun rischio, questo era un vantaggio non trascurabile.
Bella aveva cominciato a svegliarsi il suo battito aveva cambiato ritmo, così come il suo respiro. Ero rimasto piacevolmente in ascolto di quel tum tum... era avvolta dalle coperte, sembrava un bruco enorme e il colore verde del piumone non aiutava a non farmela considerare così in quel momento.
<< Buon giorno. >> La salutai una volta che si fu liberata di tutte quelle coperte di dosso.
<< 'Giorno. >> Rispose, forse un po' spaesata, si stiracchiò come un gatto. Era simpatica da vedere.
<< Fai sempre così la mattina? >> Sorrisi, mi era impossibile farlo.
Si stava grattando il fianco. << Così come? >> Domandò sbadigliando senza ritegno.
Scossi la testa, sembrava che quel mattino il sorriso non volesse abbandonare le mie labbra. << Vado a prepararti la colazione. >>
Un mugolio d'assenso mi fece perfino ridacchiare. Dovevo ricordarmi che la mattina Bella a quanto pareva era più malleabile.
Versai del latte in un padellino e accesi il gas, speravo ardentemente di cavarmela, non avevo mai cucinato in vita mia. Ma non sembrava troppo difficile.
Il cellulare prese a vibrare, avvisandomi che un sms mi era stato recapitato. Lo presi e aprì lo sportellino; era Alice.
“Abbassa la fiamma o brucerai il latte.” Alzai gli occhi al cielo, ma eseguii il consiglio. “Porta Bella a fare un controllo. Non credo che lo abbia mai fatto.” Qui sarebbe stato difficile, ma potevo farcela.
Spensi il gas e rovesciai con cura il latte nella tazza, le preparai anche del pane tostato e presi della marmellata dal frigo. Non era troppo fredda per la sua condizione?
Cavoli, mi stavo forse lasciando prendere troppo? Mi sentivo un po’ euforico. Avevo qualcuno che aveva bisogno di me e questo mi stava elettrizzando. E non era una persona qualunque, ma una futura mamma. Mi sentivo in qualche modo responsabile per loro.
Avrei potuto proteggerli e conoscendomi lo avrei fatto.
Bella scelse quel momento per entrare in cucina, aveva fatto una doccia e si era messa un paio di pantaloni comodi di una tuta e una felpa blu notte. Se Alice fosse stata qui, l'avrebbe mandata subito a cambiarsi, ma fortunatamente per lei, non era qui.
<< Che profumino... caspita. >> Si sedette al tavolo osservando il tutto con occhi sgranati, devo ammetterlo, il mio ego stava salendo in maniera vertiginosa. << Grazie. >> Bofonchiò imbarazzata.
<< Prego, mi sembra che sia l'apporto giusto per il tuo stato. >> Mi sarei morso la lingua, non potevo stare zitto e basta?
Si era bloccata proprio mentre stava per assaggiare il latte caldo. Era pensierosa. << Già. >> Mormorò a bassa voce, bevendone un sorso. << Comunque non mi viziare, o quando non sarai più qui non saprò badare più a me stessa. >>
Non mi piaceva la piega che stava prendendo. << Per adesso sono qui e cercherò di alleggerirti il lavoro come posso. >> Appoggiai lo strofinaccio sul tavolo e mi sedetti quasi di fronte a Bella. << E poi, volevo scusarmi. >> Aggiunsi.
<< Per cosa? >> Quando riemerse dalla tazza, aveva dei deliziosi baffetti bianchi.
<< Per aver storpiato il tuo nome ieri sera. >> Le passai il tovagliolo.
<< Oh, non c'è problema, è carino. Anche mio padre lo usava, sei autorizzato a usarlo. >> Sollevò le labbra in un sorrisetto d'incoraggiamento.
<< Che programmi hai per oggi? >> Come risposta sbuffò e si guardò attorno.
<< Credo che dovrò andare a fare la spesa, la dispensa è quasi vuota. >> Poi si voltò vero di me. << Tu hai bisogno di qualcosa? >>
La guardai non capendo cosa intendesse, mi pareva chiaro che non avevo bisogno di cibo umano. << Intendevo come abiti, ti serve qualcosa? >> Oh, intendeva quelli.
<< No, ho un bagaglio con me, l'ho messo nella camera vicina alla tua. >> Ammisi con un velo d’imbarazzo.
Sembrò soppesare le mie parole, bevve ancora dalla tazza e alla fine mi mise al corrente dei suoi pensieri. << Mi sembra una buona idea. Potresti trasformare quella stanza nella tua. Voglio dire, intanto che rimarrai qui, se vuoi sentiti pure libero di usarla. Non ho idea di cosa abbiate bisogno voi vampiri, ma se vuoi... >> Si stava incartando con le sue stesse parole, era adorabile.
<< Penso di aver capito cosa intendi. >> Le dissi, cercando di farla smettere di farfugliare, aveva le guance rosse. << Accetto molto volentieri. >>
<< Bene. >> E si trincerò dietro la sua tazza bevendo quel poco che ne rimaneva.
Ero riuscito a convincerla a portarmi con sé a fare la spesa, il piccolo supermercato di Forks era a pochi chilometri di distanza, ma con il pick up di Bella ci mettemmo quasi mezz'ora: assurdo!
Carrello alla mano, stavamo girovagando per i vari reparti, scatole di cereali, cartoni del latte, uova, burro, condimenti vari, pizze, pasta, sughi di ogni genere stavano popolando il carrello che io spingevo. Non staccavo quasi mai gli occhi da Bella, mentre la mia mente captava e ascoltava i pensieri della gente che ci stava osservando. Credevano che fossi il sostituto di Mike verme Newton. Dovetti trattenermi dal prendere le uova e lanciarle contro una ragazza bionda dai pensieri fastidiosi. Ma a Bella non sfuggì il mio essere teso. Posò una mano sopra la mia. << Edward, tutto bene? >>
Era sinceramente preoccupata per me. << Sì, tutto bene... è che a volte è difficile estraniarsi dai pensieri degli altri. >> E dal suo sguardo capii di aver dimenticato di menzionarle il mio potere extra.
<< Tu leggi nella mente?! >> Sibilò sconcertata.
Feci saettare il mio sguardo attorno, controllando che nessuno sentisse. << Sì. Ma non leggo nella tua. >> Ammisi riluttante. << Sei come una cassaforte inespugnabile. >>
Sospirò e mi voltò le spalle. Si era arrabbiata? << Bella? Non l'ho fatto apposta, mi sono dimenticato di dirtelo. >> Non volevo rompere quella fragile fiducia, ancora così sottile come un foglio di velina che avevamo instaurato fra noi.
Non mi rispose e andò avanti a camminare, io la seguii in silenzio. Sentivo una strana agitazione dentro di me, temevo davvero di aver rotto quel piccolo legame. E intanto eravamo arrivati al reparto succhi di frutta, Bella era intenta ad osservare alcuni cartoni, ne prese uno e si voltò verso di me. << Al volo Eddy! >> Me lo lanciò. Non ebbi problemi ad afferrarlo, e nel momento in cui lo presi mi resi conto che il peso dei miei pensieri si era dissolto. Perché? Bé, bastava guardarla, dai suoi occhi non traspariva nessuna rabbia, nessuna delusione. Mi aveva creduto e mi sentii più leggero.
Sembrava averci preso gusto nel lanciarmi le cose, ma io mi stavo comunque divertendo come non mai. Zucchero, ammorbidente, bibite gassate si aggiunsero alla spesa, mi annotai mentalmente di informarla sul troppo uso di quelle bibite. Non avrebbero fatto bene né a lei né al bimbo.
Ci fermammo nel reparto bambini, Bella si era incantata nel guardare tutti quei giochi e vestitini, non mi serviva certo leggere nella sua mente per capire cosa stesse pensando. << Non credi che sia un po' prematuro? >> Le sussurrai facendola rabbrividire, il mio fiato era gelido.
Fece spallucce, rispondendomi con un semplice: << è bello correre con l'immaginazione. >>
La coda alla cassa fu abbastanza breve, dovetti comunque subirmi i filmini mentali della bionda che avevo incontrato prima. Si chiamava Lauren, le piacevo... e a chi non piacevo?! Ero un vampiro, la perfezione fatta realtà. Ma quello che più mi colpii fu il suo pensiero di chiamare Jessica e avvertirla che Isabella Swan aveva già sostituito Mike Newton. Notai solo in quel momento il volto cinereo di Bella, i suoi occhi erano fissi su Lauren.
Mi mossi senza riflettere e con un braccio le cinsi le spalle, ottenni la sua attenzione e una piccola smorfia. << Non sei sola. >> Le ricordai.
<< Grazie. >> Bisbigliò pianissimo, ed io mi sentii ancora più in dovere di proteggerla dal mondo esterno.
Lanciai uno sguardo duro e minaccioso verso la ragazza bionda, la terrorizzai a dire poco, ma era solo una minima cosa rispetto a quello che avrei potuto fare per difendere Bella.
Non mi piaceva il silenzio che si stava creando fra noi, sentivo Bella lontana e la cosa mi dava parecchio fastidio. La sensazione di malessere crebbe quando arrivammo a casa, davanti alla porta c'era ad aspettarci una persona. << Jake. >> Sussurrò Bella, scendendo di volata dal mezzo per fiondarsi fra le sue braccia.
Parcheggiai con una calma glaciale il pick up e scesi, dentro di me potevo sentire con chiarezza un sapore amaro e una sensazione che avevo già provato tempo addietro: delusione. Perché dovevo provare delusione e amarezza? Per me lei non era niente, solo un mero contratto di lavoro e basta. Rimasi li fermo appoggiato al mezzo rosso, li fissavo e mi sentivo escluso, solo. Ero stato stupido a pensare di poter instaurare un rapporto civile oltre a quello lavorativo verso Bella. Non aveva bisogno di me, lei aveva già chi la aiutava e la sosteneva.
Mi sentii uno stupido per aver anche solo provato quelle sensazioni nuove... ero un'idiota. Quello che dovevo fare era chiaro, aspettare che Isabella finisse il suo lavoro e poi andarmene. Basta. Niente di più.
Fu la sua voce gentile a farmi concentrare sul loro discorso. << No Jake, lui è gentile e buono. Mi sta aiutando. >>
<< E' un succhiasangue Bells! Non ha niente del gentile e buono! >> Esclamò con una nota di rabbia nella voce.
<< Jake. Edward non mi farà del male. Te lo garantisco! >> Sbottò a quel punto Bella.
Non mi piaceva la piega che stava prendendo la situazione, sapevo che sarei dovuto intervenire per calmare un pochino le acque, ma le emozioni che avevo provato prima mi fecero rimanere lì inchiodato al suolo. Non mossi nemmeno un muscolo, neppure quando con fare minaccioso, quel ragazzone dalla pelle ambrata, si avvicinò a me. Era un licantropo.
L'istinto naturale di antipatia verso quella specie mi fece scoprire i denti e ringhiare contro di lui.
<< Stammi lontano. >> Riuscii a sibilare.
<< No, tu stai lontano da lei. >> Si stava trattenendo dal trasformarsi, lo vedevo chiaramente nei suoi pensieri, come potevo vedere i momenti che aveva passato con Bella. Era il suo migliore amico. Neppure quel ruolo potevo occupare nella sua vita, era già stato preso da lui.
Ringhiai cupo e minaccioso, ma in realtà c'è l'avevo contro me stesso, perché non riuscivo a capire per quale assurdo motivo volessi trovare assolutamente un posto nella vita di Bella! Perché?!
Osservai il volto di Bella che ci guardava preoccupata. Non potevo e soprattutto non dovevo farla agitare, non nelle sue condizioni. Jake aveva ragione, io dovevo stare lontano da lei. Rilassai la mia postura rigida e cercai di parlare con calma. << Hai ragione. >> Ammisi, e ad ogni parola che lasciavo fuoriuscire dalla mia bocca sentivo sempre più il freddo dilagare dentro di me. << Le starò lontano. Aspetterò che finisca il suo lavoro e sparirò. Non le sarò d'intralcio. >>
Allungai la mano e lasciai cadere le chiavi del pick up in quella grande e scura del ragazzo. Era giusto così, eppure, una parte di me stava soffrendo intensamente.
<< La mia volontà non conta nulla?! >> Sbottò Bella con aria alquanto infastidita. Aveva le braccia incrociate sotto il seno e gli occhi assottigliati. Era arrabbiata.
Mosse dei passi verso di noi, fino a trovarsi accanto al licantropo, afferrò le chiavi del suo pick up e con la mano libera gli mollò uno scappellotto sulla testa.
<< Che diavolo fai?! >> Esclamò guardandola confuso.
<< Jacob Black, sono più grande di te, decido io della mia vita e di chi può stare vicino a me. >> Calcava bene ogni parola, senza urlare, ma decisa, senza traccia di titubanza.
<< Bella... >> Stava provando a farla ragionare.
<< Bella un corno! >> Aveva quasi ringhiato stavolta. << Cerca di capire Jake. >> Stava cercando di mantenere un tono calmo, ma ero sicuro che stesse ribollendo di rabbia dentro. << Edward è qui per aiutarmi e senza di lui non finirò mai quello che serve ai vampiri. >>
<< Non mi piace. Se dovesse morderti o farti del male... >>
<< Oh per l'amor del cielo, Jake! >> Sbuffò alzando lo sguardo al cielo. Quando ritornò con lo sguardo su di lui, i suoi occhi erano sicuri. << Io voglio che Edward stia al mio fianco. >>
La osservavo sicuramente con stampata in faccia un’espressione di stupore, ma non era niente rispetto a quello che stavo provando.
<< Anche quando finirò tutto quello per cui sono stata pagata, se Edward vorrà restare qui con me, sarò ben felice di ospitarlo. >> Ero sempre più sconvolto. << Io mi fido di lui. >> E con questo mi diede il colpo di grazia.
Sentii una forza sconosciuta scorrere forte e rapida dentro tutto il mio corpo. La speranza mi stava inondando con la sua forza e la sua volontà. Mi piaceva, eccome se mi piaceva!
<< Bella, permetti. >> Le presi con gentilezza la mano e le sfilai le chiavi del pick up. Con la mia velocità tornai verso il suo mezzo ed estrassi le buste della spesa, ritornai verso di loro con un ottimismo che non aveva eguali. << Andiamo? >> Le porsi il braccio, con la fievole speranza che venisse via con me... e così fu.
<< Ci vediamo Jake e non preoccuparti. >> Gli urlò poco prima di chiudere la porta di casa dietro di noi.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Eravamo
dentro la cucina, l'unico rumore che aleggiava nella stanza era
quello dei sacchetti di plastica che venivano svuotati. Non era un
silenzio pesante, semplicemente ognuno di noi stava assimilando
quello che era successo, o almeno, io lo stavo facendo. Le parole di
Bella continuavano a rimbombare nella mia mente, lei mi voleva al suo
fianco. Non avrebbe permesso che io mi allontanassi da lei.
Mi
voleva con sé anche dopo... e di nuovo quell’incredibile
sensazione deliziosa mi pervase.
C'era
però un piccolo e insignificante particolare, anch’io non
desideravo andarmene da lì.
<<
Abbiamo finito. >> Esordì chiudendo l'ultimo cassetto,
strappandomi dai miei pensieri.
Mossi
le labbra creando un sorriso di circostanza. << Bene, credo
però che adesso tu debba riposare. Hai fatto parecchio movimento
oggi. >>
Incrociò
le braccia sotto il seno e mi fissò scettica. << Senti, non
sono malata, sono incinta. Sto bene e non intendo fermarmi. >>
<<
Ma.. >>
<<
No, niente “ma”. >> Mi zittì sollevando una mano. <<
Niente discussioni, quando mi sentirò, stanca te lo dirò. Ma fino
ad allora, non ho intenzione di cambiare nulla della mia vita. >>
Era
cocciuta e testarda, avevo il sentore che se avessi provato a dire
qualcosa mi avrebbe incenerito con lo sguardo, ero fortunato che gli
esseri umani non potessero farlo. << Va bene. >> Sospirai
arrendendomi, per il momento.
Scoprii
che in quella casa non esisteva un orario definito, il pranzo poteva
avvenire a mezzogiorno come alle quattro del pomeriggio. Le mie notti
erano divise fra il vegliare il sonno di Bella e la caccia. Mi
piaceva quel tran-tran che aveva preso la mia immortalità, passarono
così due settimane dal mio arrivo, sorrisi pensando che fra pochi
minuti Bella si sarebbe svegliata, avevo preparato la colazione, quel
giorno la futura mammina avrebbe affrontato la sua prima visita.
Sospirai, Bella non sapeva ancora che le avevo fissato un
appuntamento dal medico.
Osservai
tutto quello che avevo preparato e mentalmente cominciai a fare il
conto alla rovescia, quando arrivai allo zero, Bella comparve in
tutta la sua sonnolenza.
<<
Buon giorno. >> Le andai incontro, era già un miracolo che non
fosse caduta per le scale, le spostai la sedia e la feci accomodare.
<<
'giorno >> Bofonchiò sbadigliando. Era davvero buffa, i suoi
capelli erano molto simili a una balla di fieno, gli occhi
sonnacchiosi erano ancora velati dai sogni che l'avevano accompagnata
in quelle ore di riposo.
<<
Dormito bene? >> Domandai porgendole una buona spremuta
d'arancia e un paio di fette tostate con marmellata.
<<
Mmm... >> Fu tutto ciò che mi rispose addentando le fette.
Avevo
bisogno di parlarle, << Bella >> volevo intavolare il
discorso, ma non avevo la più pallida idea di come l'avrebbe presa.
Ospitare un vampiro era un conto, ma ospitarne tre era un'altra
storia. Presi coraggio. << Pensavo che sarebbe più giusto per
te avere una compagnia femminile, oltre la mia. Poter parlare con
un'altra donna, potrebbe farti bene, senza contare che Rosalie
potrebbe aiutarti in alcune situazioni dove io non potrei... >>
Mi stavo incartando da solo e il suo sguardo che cercava di capire
cosa stessi dicendo non mi aiutava di certo.
<<
Cosa stai cercando di dirmi? >> Domandò cauta, poi spalancò
gli occhi. << Vuoi andartene?! >> Il suo battito aumentò
la frequenza.
<<
No! No! Certo che no. Solo pensavo che la presenza di Rosalie
potrebbe aiutarti in alcune situazioni, ecco. >> Mi passai la
mano nervoso fra i capelli. Ma perché doveva essere così
complicato?!
Rimase
in silenzio per qualche secondo. << Quindi non vai via? Ho
capito bene? >>
Annuii
serio. Certo che non andavo via. Non mi sarei mai allontanato da lei
e dal piccolino che cresceva nella sua pancia. Chissà quali
catastrofi si sarebbero abbattute su di loro se mi fossi anche solo
permesso di allontanarmi un attimo! No, decisamente la mia presenza
era essenziale qui. << Non è nei miei piani andarmene via,
Bella. >> Queste mie parole sembravano avere un effetto
calmante sul suo cuore.
Respirò
con più calma. << Quindi, Rosalie verrà qui per aiutarmi con
le faccende “femminili”. >> Aggiunse con un tono più
sollevato.
<<
Esattamente. >>La tensione che avevo provato poco prima se ne
stava andando. << Saranno lei ed Emmett. >> La vidi
corrugare la fronte, stava riflettendo. << Non ti saranno di
disturbo. >>
Sbatté
le ciglia concentrando la sua attenzione su di me, un ampio sorriso
le apparve sul volto. << Non ti preoccupare pensavo solo di
riordinare la stanza del terzo piano. >> Indicò in alto con
l'indice. << E' una vita che non salgo, ci sarà parecchio
lavoro. >>
<<
Tu non farai nulla, ci penserò io. >> Stava per ribattere, ma
le misi una mano davanti al volto. << No, niente discussioni.
Tu sei incinta e devi fare poco sforzo. >> Stava ancora
cercando di controbattere. << Bella, per favore. >>
Si
lasciò andare contro lo schienale della sedia, finendo in silenzio
la sua fetta tostata. << Lo posso prendere per un si? >>
Domandai cauto.
Il
suo grugnito mi fece sorridere. << Lo prendo per un sì. >>
Ridacchiai sentendomi più leggero.
Adesso
dovevo solo portarla dal medico... era un'altra impresa titanica da
affrontare. << Ehm Bella >> I suoi occhi si posarono
nuovamente su di me. Mi sentivo risucchiato dentro. Ero più che
certo che verso di me, avesse uno sguardo speciale. Ed io mi sentivo
felice di questa sua concessione.
<<
Dimmi. >> Aveva un tono sospettoso, e aveva ragione.
Sorrisi
cercando di giocare bene le mie carte. << Oggi andiamo a fare
un giro? Che ne dici? >> Osservammo quasi in contemporanea il
tempo fuori dalla finestra, il cielo era grigio, le nuvole cariche di
pioggia pronta a scendere in qualunque momento.
Un
dito affusolato di Bella si mosse indicando appunto i nuvoloni. <<
Fuori? Con questo tempo? >>
<<
Sì. >> Sorrisi nuovamente e il suo cuore batté un po' più
veloce. << Fidati, ti piacerà. >>
Sospirò.
<< Detesto le sorprese. >> Mugugnò. << Ma di te,
mi fido. >> Aggiunse finendo la colazione.
E
di nuovo quella sensazione rinvigorente prese posto prepotentemente
nel mio corpo. Avevo la sua completa fiducia. Era un’emozione e una
sensazione unica. << Ti ringrazio. >> Le dissi sincero e
lei capì.
Esattamente
quarantadue minuti dopo eravamo saliti sul suo pick up rosso
malandato. Ero riuscito ad avere il possesso delle chiavi di
quell'aggeggio infernale e adesso stavo guidando verso l'ospedale del
paese, dove un medico ci stava attendendo per fare la prima visita di
controllo.
Gli
occhi di Bella continuavano a guardare fuori dal finestrino. <<
Edward, perché stiamo prendendo questa strada? >>
Adesso
forse potevo dirglielo, visto che non avrebbe potuto saltare giù dal
pick up in movimento. << E' arrivato il momento di fare la
prima ecografia, sei alla dodicesima settimana. >> Sorrisi un
po' teso osservandola con la coda dell'occhio.
Isabella
si era bloccata, era rigida come un pezzo di legno. << Bella?
>> Provai a chiamarla, cominciando a pensare di aver fatto una
pessima scelta. << Bella? >>
La
sentii deglutire e notai due lacrime scendere dai suoi occhi. <<
Bella! >> Esclamai fermando immediatamente la macchina. Che
stupido! L'avevo ferita. Come avevo potuto essere così insensibile?!
Mi voltai verso di lei prendendole il volto fra le mani fredde. <<
Bella! Ti prego, scusami, non pensavo di ferirti. >> Mi sentii
morire dentro quando si scostò dalla mia presa, e mi sentii ancora
peggio quando allontanò le mie mani che tentavano di sfiorarle la
guancia striata dalle lacrime.
Era
così che si sentivano gli esseri umani respinti e colpevoli?
Probabilmente sì. Mi sentivo veramente malissimo e quel che peggio,
probabilmente avevo anche rotto quel legame sottile che avevamo
creato in questi giorni. Come avevo potuto essere così stupido?!
La
sensazione di malessere si fece da parte quando mi trovai fra le
braccia una piangente Isabella, che versava fiumi di lacrime contro
la mia maglietta blu. Istintivamente le mie braccia l'accolsero e la
strinsero gentilmente, cullandola.
<<
Grazie... >> Sussurrò piano. << Grazie... >>
E
di cosa? Di averla fatta piangere? Stavo per porle la mia domanda,
quando mi trovai a pochi centimetri da quegli occhi luminosi. <<
Grazie Edward, hai avuto un pensiero bellissimo. >> Mi sorrise
piano. << Ti stai preoccupando per me e per il mio bambino. >>
Prese un piccolo respiro. << Grazie. >> E le sue labbra
si appoggiarono gentili sulla mia guancia.
Aprii
più volte la bocca, volevo dire qualcosa, qualunque cosa, ma la mia
mente era completamente fuori uso.
Bella
ridacchiò, forse capendo il mio stato. << Ho shockato un
vampiro. >> E si aggrappò nuovamente alla mia povera
maglietta, ridendoci contro.
Era
una scena che aveva decisamente del comico, per fortuna Emmett e
Rosalie non erano lì.
Dentro
all'ospedale fummo accompagnati nel reparto, dove ci attendeva la
ginecologa con le apparecchiature pronte all'uso.
<<
Buon giorno. >> Ci accolse gentilmente. << Allora, pronti
per vedere il vostro bambino? >>
Il
vostro bambino? Mi sarebbe piaciuto avere un figlio, ma questo non mi
era purtroppo concesso, i morti non potevano avere figli. Quello che
invece mi stupii fu la reazione di Bella. Non aveva negato, né aveva
posto obbiezione... probabilmente non aveva fatto caso alle parole
della donna.
Nonostante
avessi letto centinaia di manuali sull'argomento, avessi due lauree e
Carlisle fosse medico, quando vidi nello schermo il piccolo esserino
non più grande di un fagiolo mi sentii ebbro dalla gioia. Quel
piccolino che stava crescendo dentro Bella era una nuova vita. Dovevo
proprio avere una faccia da ebete, eppure, sentii la mia gioia
aumentare quando la mano di Bella si strinse nella mia, intrecciando
le sue dita calde e affusolate con le mie.
I
suoi occhi mi osservarono felici, così come il suo sorriso, genuino.
<<
Bene, direi che è tutto a posto. >> Esordì la dottoressa,
salvando e stampando le immagini di quel prodigio della vita. <<
Siete liberi. >> Ci sorrise sempre gentile. << Ci vediamo
fra un paio di mesi. >>
Bella
si pulì la pancia dal gel e si sistemò i vestiti, scese dal lettino
ed io fui subito al suo fianco. << Pronta? >> Le domandai
porgendole il braccio che fu preso senza nessun problema.
<<
Prontissima. >>
Varcammo
la soglia dell'ospedale sorridendo come due scemi, commentando quelle
foto che la dottoressa ci aveva dato.
Era
tutto perfetto, almeno finché non si affacciò nella mia mente un
pensiero insistente.
Isabella
Swan è incita! Questa si che è una notizia!
Mi
fermai proprio di fronte al pick up rosso, sentivo gli occhi di Bella
su di me, esprimevano una muta domanda. << Credo che abbiamo un
problema. >> Le dissi indicandole con lo sguardo poche file
dopo di noi la macchina di Jessica Stanley allontanarsi.
<<
Cosa? >> Mi domandò con voce titubante.
<<
Lei sa del tuo stato. Non passerà molto prima che tutti sappiano che
sei incinta. >> Le dissi osservandola serio. Ma questo per me
era un problema poco importante, quello che mi interessava era sapere
come avrebbe reagito Mike-Verme-Newton a questa notizia... e se fosse
tornato da Bella? Lei lo avrebbe ripreso con sé?
La
mano di Bella sfiorò la propria pancia, era pensierosa, avrei dato
tutto quello che possedevo per conoscere i suoi pensieri.
<<
Mi dispiace. >> Mormorò piano.
Corrugai
le sopracciglia. << Di cosa? >> Non capivo...
<<
Crederanno che sei tu il padre... oppure penseranno giustamente a
Mike. >> Sollevò lo sguardo verso di me.
<<
E ti dispiacerebbe se credessero alla prima possibilità? >> La
domanda mi era saltata in bocca ancora prima che potessi collegare il
cervello. Vidi i suoi occhi spalancarsi ed io mi sarei volentieri
amputato un braccio.
Il
rossore sulle sue gote aumentò a dismisura, stavo per scusarmi per
la mia domanda poco galante, quando lei mi precedette. << No...
non mi darebbe fastidio... e a te? >> La sua voce era flebile.
<<
No. >>
Era
una sorta di accordo silenzioso il nostro, entrambi eravamo
fortemente imbarazzati, ma quello che per me era importante è che
avevo il benestare di Bella per far parte della vita di questo nuovo
bambino.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Titolo:
Non voglio perderti
Autore:
Goten
Beta:
Giusy
Capitoli:
Non so proprio dirlo... ^^
Paring:
Edward – Bella
Capitolo
7
La
voce della gravidanza di Bella si sparse in pochi giorni, ogni volta
che usciva da casa e che incontrava qualcuno, lo sguardo ricadeva
sempre sulla pancia che poco alla volta si stava formando. Detestavo
questa situazione, soprattutto perché c'era di mezzo la mia Bella.
Ma lei sembrava non farci caso, mentre invece il futuro padre si era
stranamente volatilizzato.
L'intero
paese non stava dando vita facile alla giovane futura mamma, ma
sembrava che più cattiverie si dicessero sul suo conto, più il suo
sorriso e la sua voglia di felicità aumentassero.
Non
capivo davvero come avesse potuto sopportare tutte quelle
chiacchiere, quelle maldicenze e quegli sguardi con il sorriso sempre
in vista. Isabella era la felicità fatta persona.
Il
rumore di passi mi fece alzare lo sguardo. Eccola con la sua pancia
bella rotondina, la pelle bianca, i lunghi capelli boccolosi sciolti
e il sorriso sulle labbra. Non era alta e non era bellissima, una
semplice ragazza come tante altre, eppure, la sua vitalità e la sua
gioia la rendevano diversa; particolare.
Bella
era quel tipo di persona che a Forks veniva etichettata come
“strana”. Ma in realtà non lo era davvero, aveva solo un gran
coraggio per affrontare tutto quello che le stava accadendo. Ed io
ero più che certo che nessun'altra ragazza in quella cittadina
avrebbe mai avuto il fegato di affrontare la vita come Bella Swan.
In
meno di una giornata avevo rimesso a nuovo la stanza che avrebbe
dovuto ospitare mia sorella e suo marito. << Che ne dici? >>
Mi guardai attorno, osservando critico il lavoro che avevo fatto, le
pareti erano state imbiancate, i mobili spolverati e sistemati.
<<
Ottimo lavoro. >> Sorrise compiaciuta. << Ti assumerò
come governante tutto fare per questa casa. >> Ridacchiò.
Finsi
di pensarci su... << Stipendio concordato? >>
Lei
stette al gioco. << Tanta pace e una pacca sulle spalle. >>
Mi
scappò un sorriso. << Accetto. Mi considero assunto. >>
Era
piacevole scherzare con Bella su tutto, ero libero di esternare i
miei pensieri, perché sapevo di aver trovato in lei una persona che
non si sarebbe mai fatta sottomettere, se aveva qualcosa da dire, la
diceva. Era una parte della sua persona che mi piaceva, anche troppo.
Quello
che ogni giorno mi lasciava sempre di più stupito, era la sua totale
fiducia nei miei confronti, non temeva il vampiro in me, anzi, lo
rispettava e a volte lo prendeva in giro. Non avevo mai sperimentato
una cosa simile in tutta la mia esistenza. Riusciva sempre a
lasciarmi senza parole.
Era
unica.
<<
Quando arriveranno i tuoi fratelli? >> Domandò addentando una
focaccia dolce.
<<
Fra tre giorni. >> La guardai attento. << Qualche
ripensamento? >>
Morsicò
nuovamente la focaccia. << No, figurati. >> Deglutì
spolverandosi via dalle mani lo zucchero rimasto. << Pensavo
solo a quanto tempo avessi per finire un lavoro che avevo quasi
portato a termine. >>
In
effetti, era da qualche giorno che non bazzicava più nel suo
laboratorio, non le avevo detto nulla perché amavo troppo la sua
compagnia e vederla tutta impegnata con quelle sue invenzioni,
m’irritava non poco.
<<
Non andrai adesso a finirlo? Giusto? >> Arcuai un sopracciglio.
<<
Sbagliato. >> Mi puntò il suo dito indice sul naso. <<
Vado immediatamente. >> Era veramente convinta di quello che
diceva, ma non aveva conteggiato me. Ancora prima che si voltasse, la
afferrai sotto le gambe e le cinsi un braccio attorno alla vita
sollevandola da terra. << Edward! >> Urlò spaventata.
Ridacchiai
scioccamente, era una mossa che non aveva calcolato. Con la mia
velocità arrivai in meno di un battito di ciglia nel suo
laboratorio. << Siamo arrivati. >> Sorrisi giocoso.
Le
sue braccia si erano attaccate al mio collo, sentivo il suo naso
accarezzarmi la pelle. Deglutii un fiotto di veleno.
<<
Tu sei matto. >> Sospirò, lasciando che il suo fiato caldo
cozzasse contro la mia pelle fredda. Sapevo che una parte di me
continuava a urlare una semplice e verissima frase: stai
attento Edward, rischi di affezionarti troppo a lei... ma
decisi anche di non dargli retta, non aveva senso...
<<
Guarda che puoi mettermi giù, sai?! >> Fu proprio la sua voce
a destarmi, la guardai abbozzando un sorriso.
<<
Hai ragione. >> Con gentilezza la feci scendere dal mio
abbraccio. Era piccola, minuta e fragile, l'avrei protetta, non c'era
alcun dubbio su questo, decisi invece di prendere il mio pensiero di
prima e di chiuderlo bene con doppia mandata da qualche parte nella
mia mente. Non avrei mai e poi mai pensato a lei in quel modo.
Osservai
l'orologio appeso alla parete, era quasi mezzogiorno. << Vado a
preparati qualcosa, tu prometti di stare attenta? >> La
osservavo scettico, mentre lei mi liquidava con un gesto della mano.
Il mio udito era comunque un'ottima cosa, dato che non potevo tenerla
sott'occhio tramite la mia mente.
Appena
arrivai in cucina, contattai Esme, avevo intenzione di provare una
delle sue ricette. Sorrisi un po' triste per mia madre, lei che
adorava cucinare regalava via tutti i suoi piatti per la gente del
posto. Soprattutto durante le festività che si svolgevano a Volterra
un paio di volte l'anno. Era sempre una “donatrice anonima” a
fornire la maggior parte dei cibi per quegli eventi.
Uno
squillo, due squilli.... << Pronto? >> Mi sentivo
impacciato, proprio come un vero figlio di fronte alla propria madre
biologica.
<<
Mamma, sono Edward. >> Potevo quasi vederla sorridere amorevole
nei miei confronti.
<<
Edward, ciao Va tutto bene? >> Che bello risentire la sua voce.
Una parte di me avrebbe voluto raggiungerla immediatamente, tanto mi
mancava.
<<
Certo. >> La rassicurai. << Volevo chiederti un favore.
>>
<<
Dimmi, come posso aiutarti. >> Era sempre così gentile con
noi. Eravamo maledettamente fortunati.
<<
Vorrei preparare qualcosa per Bella, qualcosa di buono e di sano. >>
Esme era al corrente delle condizioni della futura mamma e sapevo che
questa cosa l'avrebbe fatta felice.
<<
Edward, è un pensiero veramente carino il tuo... prendi nota... >>
E cominciò la spiegazione di alcune delle sue ricette. Non avevo
seriamente bisogno di prendere nota di qualcosa, la mia mente era
impeccabile anche in questo.
Era
quasi l'una e mezza quando mi decisi che tutto era pronto e che
potevo recuperare la mammina geniale dal suo laboratorio.
Soddisfatto, scesi le scale ed entrai nella stanza, la notai subito,
mi dava la schiena, era impegna a finire qualcosa, mi avvicinai
curioso.
La
vidi notarmi con la coda dell'occhio. << Solo un attimo,
Edward, ho quasi finito. >> Era talmente concentrata sulla
saldatura di quel piccolo pezzo da non sollevare neppure per un
secondo lo sguardo verso di me. << Ecco, ho fatto. Dimmi pure.
>> Si tolse la visiera dagli occhi ed io mi sentii più
tranquillo nel vedere il suo sguardo limpido.
<<
Il pranzo è pronto. >> Le annunciai, voltando poi il mio
sguardo su quello che aveva appena finito. << Cos’è? >>
Il
suo sguardo esprimeva soddisfazione e una lieve traccia di
divertimento. << E' per te. O meglio, per facilitarti il
compito di tenermi sotto controllo. >> Emise un risolino
leggero, la mia espressione doveva essere proprio buffa.
<<
In che senso? >> Non capivo.
<<
Questo, >> e indicò con l'indice un piccolo scatolino
metallico << lo applicherò sul muro della sala, porterà un
segnale in tutta la casa e con questi >> indicò dei piccoli
monitor dalla grandezza di una cornice per fotografie << potrai
osservarmi in qualunque posto l'installerò. Ovviamente, il bagno è
escluso. >> Sorrise maliziosa. << Lo scatolino ha un
raggio di duecento chilometri, forse ho un po' esagerato... >>
Si grattò il naso imbarazzata.
Io
ero ancora imbambolato e senza parole. << Hai fatto tutto
questo per darmi la possibilità di tenerti d'occhio? >> Lo
aveva fatto per facilitarmi il compito che mi ero assunto.
<<
S..si... ho sbagliato, vero? >> Sospirò abbassando lo sguardo.
<< Non volevo mancarti di rispetto o altro, è solo che così
pensavo di aiutarti, di renderti le cose più facili. >>
Lei
voleva aiutare me?! Lei voleva che io la tenessi d'occhio meglio!?
Lei non disturbata dalla mia presenza! Di slancio le presi le mani e
la guardai sorridendole grato. << Grazie, è stato un
bellissimo pensiero. >> Ed era vero. Sentii gioia nel vederle
sbocciare nuovamente in viso il suo dolce sorriso.
Il
gorgoglio dello stomaco di Bella non si fece attendere, una nuvola di
rosso le imporporò le guance e per la prima volta la mia mente
formulò un pensiero nuovo; è bellissima.
Le
lascia libere le mani e la condussi in cucina dove, dopo aver
sorpassato l'iniziale sorpresa per quello che avevo preparato grazie
all'aiuto di Esme, ingoiò con voracità tutto quello che le misi
sotto il naso.
<<
Delizioso, davvero Edward. Buonissimo. >> Si pulì la bocca con
un tovagliolo di carta.
Mi
misi seduto di fronte a lei. << Lieto che ti sia piaciuto. >>
Sorrisi. << Allora, che ne dici se sistemiamo quello che mi hai
mostrato prima? Possiamo appenderne uno in ogni stanza. >>
Proposi.
Annuì
sazia, mentre beveva l'ultimo sorso d'acqua. << Sono d'accordo.
>>
<<
Ovviamente il lavoro lo farò io... >> Stava per ribattere, ma
la precedetti. << Tu sarai il mio supervisore e su questo non
si discute. >>
Sbuffò
osservandomi con gli occhi ridotti a due fessure.
<<
Bella... >> Sospirai, era una tale zuccona. << Cerca di
capirmi, vorrei aiutarti come posso. >>
Abbandonò
la sua posizione rigida e alzò gli occhi al cielo, aveva ceduto. <<
E' impossibile rimanere arrabbiati con te, Edward. >> Brontolò,
imitandomi nell'alzarmi da tavola.
Ogni
piccolo monitor aveva trovato la sua postazione, uno per stanza,
bagno escluso, e uno anche nel corridoio, dovevo ammettere che erano
veramente utili quei cosi. << Finito. >> Sentenziai,
voltandomi per osservare il volto di Bella soddisfatto.
<<
Finito. >> Mi fece eco. Ma vedevo in lei una sorta di
soddisfazione. Mi piaceva sapere di esserle stato d'aiuto. Era una
sensazione bella, piacevole.
ANGOLO DI GOTEN: Arrivo come sempre in ritardo e come sempre mi scuso profondamente ^^ volevo fare una piccola richiesta da parte di una ragazza che mi ha scritto tramite mail: A VOI AUTRICI: non lasciate in sospeso le vostre ficci, per chi legge è una vera tortura ed è anche maleducazione verso appunto il lettore. Portatele a termine.
Bene, io il favore l'ho fatto, spero vivamente che il messaggio venga ascoltato ^_^. Come sempre vi auguro buona giornata e taaanto caldo! XD Ciao a tutti! ^_^ |
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Titolo:
Non voglio perderti
Autore:
Goten
Beta:
Giusy
Capitoli:
Non so proprio dirlo... ^^
Paring:
Edward – Bella
Dedicato
a: Tutti coloro che amano il mondo di Twilight, ed in particolare
alla mia mamma che sta leggendo questa storia ^_^ ancora prima che la
pubblichi. E al mio papà che mi ha mostrato una foto dalla rivista
di Focus, è grazie a quella foto se questa storia ha preso vita
nella mia testa ^^
Capitolo
8
Mi
stavo pentendo di aver chiesto a Rosalie di venire qui, si era
attaccata alla mia Bella come una cozza allo scoglio, ma avevo
trovato anche il vero motivo per cui mia sorella si era affezionata a
lei: il futuro bambino.
Erano
passate ben tre settimane dal loro arrivo, Rosalie si era dimostrata
all'inizio un po' titubante nei confronti di Bella, mentre suo marito
invece pareva l'avesse scambiata per un peluche.
Sbuffai
nuovamente. Erano da almeno due ore buone chiuse nella camera di Rose
a fare chissà cosa... e Bella mi aveva tassativamente vietato di
sbirciare tramite i monitor che tempo prima avevamo attaccato
assieme.
<<
Rose, avete finito?! >> Alzai la voce sapendo che comunque non
sarebbe servito.
<<
Fatti un giro. >> Ecco, come sempre la stessa risposta.
Sospirai
scuotendo la testa. Era assurdo. Fu come un balsamo sentire i passi
di Bella scendere le scale per raggiungermi.
<<
Ciao, Edward. >> La sua voce cristallina aveva ancora uno
strascico di risate, probabilmente lei e Rosalie si erano divertite a
pensare al nome da dare al bambino.
<<
Buon giorno, Bella. >> Le sorrisi, le due ragazze stavano
ancora parlottando fra loro, era un mistero il comportamento
femminile, ma apprezzavo veramente la piccola bolla di gioia che
Bella portava ogni volta che si trovava con noi.
<<
Rose, non per farti fretta, ma il tuo adorato marito ha chiamato
venti minuti fa e passerà a prenderti fra esattamente... >>
Osservai distrattamente l'orologio della cucina. << Dieci
minuti. >>
La
testa bionda di Rosalie scattò verso l'orologio appeso. << Oh.
>> Si voltò nuovamente verso Bella. << Ci vediamo più
tardi. >> La rassicurò con un sorriso estasiato, andandosi poi
a sistemare un'ultima volta in bagno. << Domani proseguiremo
con la nostra lista. >> Aggiunse facendomi incuriosire
leggermente.
<<
Lista? >> Non ero riuscito a tenere a freno la lingua, non che
la cosa m'interessasse veramente. Insomma era impossibile non essere
al corrente di ogni cosa, dato che Rosalie ogni due minuti la cercava
per sentire se stava bene, eppure, di quella lista non ne sapevo
l'esistenza.
Lo
sguardo di Bella si posò sulla mia figura, sorridendomi in modo
gentile. << La lista dei nomi. >> ridacchiò. <<
Tua sorella ha una fantasia davvero incredibile. >>
Arcuai
un sopracciglio guardandola curioso. << Permetterai a Rose di
aiutarti a scegliere il nome? Ne sei sicura? Non sai che è
pericoloso?! >> La gomitata che Rosalie mi riservò nello
scendere mi fece piegare in due. << Ma sei matta! >> Mi
lagnai tenendomi la mano sulla parte lesa.
<<
I nomi che le ho suggerito sono assolutamente bellissimi. >> Mi
ghiacciò sul posto con i suoi occhi color oro.
Le
piccole risa di Bella, mi fecero capire che il nostro siparietto
quotidiano aveva aumentato il suo già costante buon umore. <<
Se mio figlio diventa come voi, sono spacciata. >> Ridacchiò
finendo di abbottonarsi il golfino bianco.
<<
Se prenderà da me, sarà tutto di guadagnato. >> Sospirò
Rose, perdendosi in una delle sue immaginazioni. << Zia Rose...
>> Mormorò sognante per l'appunto. Era completamente andata.
<<
Sì. >> Borbottai, sentendo comunque una piccola fitta di
gioia. Mi sarebbe piaciuto essere chiamato zio, ma ancora di più
papà... quel pensiero mi causò un po' di dolore.
<<
Bene, io vado a finire qualche progetto che mi aspetta. >>
Raccolse tutti i suoi lunghi capelli in una coda alta. << Ci
vediamo più tardi. >> Con un semplice saluto della mano aprì
la porta e la vidi sparire dentro il suo laboratorio.
Sospirai,
quella ragazza aveva davvero un gran coraggio, pochi secondi dopo
l'enorme jeep di Emmett emerse dalla strada. Mi alzai e lo attesi
sulla porta, salutandolo con una pacca sulle spalle.
Nonostante
io fossi alto un buon metro e ottantacinque, Emmett era veramente
molto più grande di me. Ero più che certo che un suo pugno mi
avrebbe potuto scaraventare dall'altra parte della stanza senza
problemi.
<<
Bella? >> Domandò pulendosi le scarpe nel tappeto d'ingresso.
<<
E' appena andata di là >> Confermai tranquillo.
<<
Peccato, avevo un favore da chiederle. >> Sbuffò, tirando
fuori dalla tasca un piccolo cellulare di ultima generazione. <<
Si è rotto. >> Sembrava un bambino a cui avevano tolto le
caramelle di bocca.
<<
E tu portalo al centro assistenza. >> Gli suggerii con calma.
L'occhiata
scettica che mi riservò mi fece sorridere. << Bella è cento
volte meglio di un centro assistenza. >> Ribatté con tono
saputo, mentre l'arrivo di Rosalie mi distrasse dal rispondere a
quell'uomo formato orso.
<<
Rose! Sei uno schianto! >> Da come Emmett la stava guardando
sembrava che avesse davanti a se un succulento vaso di miele fresco.
<< Sei bellissima. >>
Preferii
lasciarli alle loro effusioni, afferrai senza problemi il cellulare
di Emmett, e salii in camera mia.
I
libri erano come sempre in perfetto ordine, la stanza color panna non
era grande, ma era più che sufficiente per me. Prestai la mia
attenzione al monitor acceso, Bella non era ancora in vista, era
incredibilmente lenta, aveva una bella panciotta, ma questo non
giustificava il suo passo da lumaca. E se fosse caduta per le scale?
E se si fosse fatta male? Una slogatura alla caviglia? Ecco che
andavo in paranoia. Mi veniva l'ansia non sapere se lei stava bene, e
abitavamo nella stessa casa, assurdo! Chissà cosa sarebbe successo
una volta che non mi avesse più voluto con lei. E un'ondata di
dolore e tristezza mi avvolse. Cercai di distrarmi ma con scarso
risultato, sbuffai annoiato. Appoggiai il cellulare sulla scrivania e
mi avvicinai alla finestra, la pioggia era veramente fitta quel
giorno. Il rombo della jeep di Emmett mi diede conferma di essere
ormai rimasto solo in casa.
Pensai
a Jasper e Alice in Italia, quei due mi mancavano parecchio,
sghignazzai pensando a come avrebbero impiegato il tempo. Erano fatti
decisamente l'uno per l'altra.
Il
leggero “ding” che suonò dal mio monitor, mi avvisò che
qualcuno era finalmente giunto a destinazione, controllai e… bingo!
Isabella era in lì! Rilasciai l'aria che avevo trattenuto fino a
quel momento e notai i segni delle mie mani vicino al cellulare,
possibile che fossi così teso da non accorgermi di quello che avevo
fatto?
Sorrisi
sghembo, anche oggi si era messa al lavoro sulle sue idee di protesi
potenziate.
Se
c'era una cosa che Isabella sapeva fare alla perfezione, era
armeggiare con la tecnologia. Era imbattibile. Poteva battere a occhi
chiusi qualunque esperto. Per questo motivo non mostrava mai a
nessuno le sue idee o i suoi lavori.
Non
avrebbe comunque potuto farlo, aveva un contratto con i Volturi,
nessuno avrebbe potuto mettere le mani sulle sue invenzioni. Da
Volterra le spedivano il denaro necessario, il nostro compito era di
mantenerla al sicuro, protetta e sorvegliata.
<<
Allora Bella, già al lavoro? >>
Attesi
pochi istanti e la sua voce si sparse nell'ambiente. << Come
sempre. Non ci siamo appena salutati? Ho dimenticato qualcosa? >>
Potevo tranquillamente vedere la sua espressione dubbiosa. Di solito
la contattavo solo per ricordarle le cose che aveva dimenticato in
camera da Rose o se scordava di andare a fare la visita medica di
controllo per il bimbo.
<<
No, stranamente oggi nulla. Emmett ha rotto il cellulare. Chiedeva la
tua assistenza. >> Mi divertivo a parlare con Bella, era
rilassante e divertente. Era anche assurdo che parlassimo così,
poiché lei stava solo due piani sotto di me.
<<
Mmm... un momento... >>
Attesi,
notai che aveva attivato il lettore mp3, la musica in ascolto era...
ah, non ci potevo credere; la sigla delle Olimpiadi di Pechino.
Sorrisi. Solo lei poteva ascoltare la musica in cinese.
<<
Sii sincera, cosa dice la canzone che ascolti? >>
<<
Non ne ho la più pallida idea... nella mia immensa fantasia potrebbe
essere una lode alla mia bellezza! >> Mi fece una linguaccia
sorridendo, aveva un cacciavite in mano e un kit di micro saldature
nell'altra.
Abbassò
lo sguardo, stava osservavano qualcosa che non potevo vedere.
<<
Riesci a mostrarmi il cellulare in videocamera? >>
<<
Ci provo... >> Afferrai il cellulare e lo misi davanti alla
camera montata nel monitor. << Va bene? >>
<<
Mmm. >> I suoi occhi si sollevarono e lo osservavano seri. <<
Avvicinalo. >>
Feci
come mi aveva chiesto. << Ruotalo. >>
<<
Riesci a capire cosa ha anche così? >> Ero sinceramente
colpito.
<<
Assolutamente no. Ma mi diverto a darti ordini. >> Sospirò
ridacchiando. Ed io mi sentii uno scemo.
<<
Ha ha, molto carina, davvero, molto carina. >> Era l'unica a
cui concedevo di prendermi in giro.
<<
Su Eddy, non arrabbiarti. Portamelo che gli do un'occhiata. >>
Sorrise, come potevo arrabbiarmi con lei? Non potevo.
<<
Si sì, certo... Cerca di fare attenzione con quegli arnesi. >>
<<
Come sempre papi. >> Mi sfotté, prima di lanciarmi un bacino
virtuale e di chiudere la chiamata.
<<
Papi... >> Borbottai sorridendo.
Chissà
a cosa diavolo stava lavorando... conoscendola era qualcosa di
classificabile come “super mega ultra top secret”. Ridacchiai,
avrei sicuramente indagato.
Quella notte sarei andato a caccia, non mi
piaceva l'idea di lasciarla sola, ma lei diceva di essere al sicuro
lì dentro, probabilmente aveva ragione, ma l'ansia comunque non mi
aveva mai abbandonato e aveva ragione...
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Dopo tantissima assenza vedrò di aggiornare in modo continuativo questa ficci, almeno due volte a settimana, una di martedì e una di giovedì. Vi auguro come sempre buona lettura!
================================================================
Capitolo 9
Il
mattino successivo, Bella si presentò con due occhiaie spaventose.
Sembrava spiritata. << Che diavolo hai combinato?! >>
Esclamai andandole incontro assieme a Rose ed Emmett.
Mi
lanciò uno sguardo irritato. << Zitto. Quello stupido aggeggio
non voleva saperne di funzionare! >> Sibilò a bassa voce.
<<
Bella, sei uno straccio. Hai fatto colazione? >> La voce di
Rose era sinceramente preoccupata.
<<
Non l'ho neanche vista la colazione. >> Sbottò afferrando
malamente un pacchetto di caramelle gommose dalla tasca dei suoi
pantaloni.
<<
Non dovresti mangiare certe schifezze. Non fanno bene ne a te ne al
bambino. >> La rimproverò mia sorella, ma l'unico effetto che
ottenne fu uno sguardo glaciale e una frase borbottata che suonava
molto come... << Non rompiamo... >>
Le
sfilai il pacchetto di mano lanciandolo a Emmett. << Le faccio
una colazione decente. >>
<<
Mi sembra una buona idea. >> Annuì mio fratello, buttando via il pacchetto di caramelle nello sporco.
<<
A me non piace come idea. >> Brontolò Bella, ma a quel punto
le sue lamentele non m'interessavano più.
<<
Ma al mio futuro nipotino si. >> Ghignai andando tranquillo
verso la cucina. << Forza, siediti. >> La incitai,
notando la sua camminata lenta, mentre con calma attendevo che si
sedesse sulla sedia che le porgevo.
Uno
sbuffo fu tutto quello che ottenni, era assurda quella ragazza. <<
Allora, mi dici a cosa stai lavorando? >> Intanto mi ero messo
all'opera, avevo deciso che avrei sfornato delle brioche calde.
<<
Di che parli? >> Quel tono da indifferente ormai non
m'incantava più.
<<
Di quella cosa che ti ha dato del filo da torcere stanotte e che ti
ha rubato le ore di sonno che avresti dovuto fare. >> Non
volevo farle la paternale, ma sentivo davvero un velo di
preoccupazione per lei e per il piccolino.
<<
Mmm... caffè prima... devo carburare. >> Biascicò ancora
assonnata.
<<
Il caffè non sfiorerà le tue labbra, adesso, ci penso lo zio Eddy a
voi due. >> Ghignai tra il serio e il giocoso.
Non
capii esattamente cosa disse, ma non credo che fosse qualcosa di
carino nei miei confronti. Ed io che mi stavo preoccupando per lei.
Bah... donne!
La
cucina era splendente, mancavano solo le stelline come nei cartoni
animati, sotto il suo sguardo scettico preparai una tazza fumante di
latte caldo con una spruzzata di cacao. Misi a scaldare le brioche
nel fornetto e in pochi minuti, l'odore di dolce si sparse per tutta
la casa.
<<
A cosa stai lavorando? Ieri mi sembravi parecchio indaffarata e le
tue occhiaie mi sembrano un chiaro segno che questa cosa ti stia
dando del filo da torcere. >>
Fissò
per un po' il tavolo color panna, sembrava assorta in qualche
pensiero oscuro.
<<
Bella? >> Allungai le mani in avanti, sfiorandole le sue. <<
Hey, tutto bene? >>
I
suoi occhi castani si sollevarono scrutandomi serio. << Sto
costruendo dei chip particolari. >>
Aggrottai
le sopracciglia. << Tutto qui? Per te questo è uno scherzo. >>
Ma nonostante le mie parole, sentivo che c'era qualcosa che non mi
faceva stare tranquillo. La osservai cercando di capire cosa mi
sfuggisse. << Cosa fanno esattamente questi chip? >>
Dallo
sguardo che mi rivolse, capii di aver centrato il punto. La mia
curiosità sfiorò dei livelli mai visti.
Bevve
un sorso di latte caldo e addentò la brioche ancora tiepida. Ero
impaziente di sapere e sembrava invece che lei non fosse così
propensa a parlarmene. Perché?
<<
Diciamo... >> Ingoiò la brioche portando i suoi occhi sulla mia
figura. << ... anzi, premettiamo che per il momento è solo
teoria. Perché logicamente non li ho ancora provati. Quindi per ora è tutto campato in aria. >> La stava prendendo decisamente lunga per spiegarmi l'uso di quei cosi. << Ma ammettendo che funzionino, potrebbero essere decisamente utili, ma nello stesso momento anche pericolosi. >> Va bene... mi stava dicendo un sacco di cose, ma niente che mi dicesse cosa facessero esattamente.
<<
Bella. >> Posai entrambe le mie mani sul tavolo, avevo un
atteggiamento rilassato. << Esattamente qual'è la loro
funzione? >>
Le
sue unghie appena accennate batterono sul tavolo ritmicamente.
Nervosa, era diventata incredibilmente nervosa. << Sono... >>
si umettò le labbra << sono dei potenziatori. >> Ammise
osservandomi seria.
<<
Potenziatori >> Ripetei cercando di capire il significato di
quella parola.
La
sua testa mora annuì. << Si, posso potenziare qualunque cosa.
>> Si avvicinò alla mia figura sporgendosi leggermente in
avanti. << Tu Edward, sei veloce. Potresti correre da qui e
arrivare in Canada in quanto? Dieci minuti? >>
<<
E' un esempio, giusto? >> Domandai cercando di correre dietro
al suo ragionamento.
<<
Si. >> Le sue mani si muovevano aggraziate mentre spiegava la
sua invenzione. << Immagina di avere in corpo questo chip. Non
ci metteresti più dieci minuti a fare lo stesso percorso, ma forse
due minuti. >>
E
una lampadina si accese nella mia mente. << Quindi, tu mi stai
dicendo che, in teoria, quei cosi potenzieranno tutte le nostre abilità. E' giusto? >>
<<
Esatto. >> Mi sorrise soddisfatta.
Questa
donna era geniale! Ma anche decisamente pericolosa. Cosa sarebbe
potuto succedere se uno di quei cosi fosse caduto in mani decisamente
sbagliate come quelle del Clan di Denali? Ero un vampiro, ma i
brividi di paura mi fecero comunque accapponare la pelle.
Osservai
il volto di Bella, era impaziente di sapere cosa pensavo della sua
nuova invenzione. Era stupefacente, ma anche pericolosa. Presi un
piccolo respiro e le esposi il mio pensiero. << Bella, credo
che tu sia una persona molto intelligente, ma quello che hai
costruito, è molto pericoloso. >> Il suo viso perse un po'
della sua lucentezza. << Cerca di capire, se cadesse in mani
sbagliate, sarebbe un vero disastro. >>
Si
rimise seduta al suo posto allontanandosi da me. Quel gesto mi fece
capire che stava prendendo una posizione, ma che purtroppo sarebbe
sicuramente collimata contro la mia. << Credi che non lo
sappia? Mi rendo conto che questi potenziatori sono molto pericolosi,
molto di più delle altre armi che avevo creato per voi. Per questo
non sono attivi. >> Sospirò lasciando che l'aria fuori uscisse
dal suo corpo. << E forse non lo saranno mai. Non ho avuto modo
di provarli. Anche se uno di voi accettasse >> e mi lanciò uno
sguardo pensieroso << dovrei comunque trovare il modo di
scalfire la vostra pelle e trovare un'adeguata protezione contro il
veleno che scorre dentro il vostro corpo. >> Afferrò un'altra
brioche dal piattino davanti a lei e la morse. << Perciò,
tranquillo, ci rinuncio... per adesso. >> Mi ritenevo
leggermente soddisfatto. Ma anche in futuro avrei sicuramente cercato
di deviare la sua attenzione da quella invenzione.
<<
Cambiando argomento, cosa hai intenzione di fare oggi? >> Le
domandai, ascoltando con la mente i pensieri dei miei fratelli, a
quanto pare avevano intenzione di controllare il perimetro che
circondava la casa e il bosco. Era una buona idea.
Bella
abbassò lo sguardo. << Avevo intenzione di andare a trovare
Jake alla riserva. >> Sollevò piano gli occhi. Non mi piaceva
affatto quell'idea, per vari motivi, il primo fra tutti era la pericolosità di quel ragazzo lupo. Poteva farle del male, secondo motivo era il viaggio con quel pick up sgangherato. Non le avrebbe giovato alla schiena.
<<
Io non credo che sia una buona idea. >> Tentavo di tenere un
tono di voce conciliante, ma ricordavo bene in che modo c'eravamo lasciati l'ultima volta con lui.
Il
sopracciglio fine di Bella si arcuò aspettando che finissi le mie
motivazioni. Presi coraggio e cercai di giocare d'astuzia, non volevo
farla arrabbiare. << Diciamo che il tuo pick up non è proprio
il massimo per il tuo stato. >> Posai i miei occhi sulla pancia
ormai visibile. Anche lei li abbassò, prendendo la consapevolezza
delle mie parole.
Sospirò,
potevo sentire le rotelline del suo cervello cercare una soluzione,
ma ero più che certo che fosse solo una: far venire lui qui.
<<
Potrei chiamarlo e far venire Jake da noi. >> Si mosse a
disagio sulla sedia.
<<
Dopo come vi siete lasciati l'ultima volta, credi che non ti farà
una scenata, vedendo non solo me, ma anche Rose ed Emmett? >>
Il suo respiro accelerò di poco, probabilmente stava ricordando quel giorno. << Bella >> le presi una mano, coprendola con la mia << non voglio farti rattristare, ma solo farti capire che
forse Jake non sarà così felice di vedere altri vampiri vicino a te. >> I suoi occhi così dispiaciuti mi mettevano addosso ansia e tristezza. Non volevo vederla soffrire. << Facciamo così, lo chiamo io e gli spiegherò la situazione. >>
I
suoi occhi si allargarono stupiti per quella mia presa di posizione.
<< Però, al primo cenno di tensione... >>
Si
alzò di scatto, abbracciandomi goffamente. << Tranquillo.
Grazie Edward. >> E le sue labbra si posarono dolci sulla mia guancia scaldandola.
Non avevo mai avvertito niente di così intenso. Sentivo il volto in fiamme, come se dentro di me avesse preso a scorrere della lava vulcanica. Era stata Bella a causarmi tutto questo? Cosa sarebbe mai
potuto accadere se le sue labbra avessero sfiorato le mie? Alt!
Questo pensiero andava immediatamente rimosso! Non potevo pensare a lei in questo modo! Assolutamente no!
Le
sue mani erano ancora attorno al mio collo e il suo volto
pericolosamente vicino al mio, mi sarebbe bastato semplicemente
voltare la testa per provare...
<<
Hey, abbiamo visite. >> La voce grossa di Emmett ci giunse
dalla porta. Solo in quel momento notai che qualcuno stava bussando e
quando capii dai suoi pensieri chi fosse, non riuscii a trattenere un
ringhio rabbioso.
<<
Che succede? >> La voce di Bella mi giunse con una nota di
panico nella voce. << Edward... >>
<<
E' quel verme schifoso di Newton. >> Sentenziai, rimasi per un
attimo in attesa della risposta di Bella. La vidi spalancare
leggermente gli occhi e comprendere il significato delle mie parole.
Avvolsi
le mie braccia attorno alla sua figura. << Emmett, mandalo via.
>>
<<
No. >> La voce di Bella risuonò tranquilla e calma, i miei
occhi erano fissi su di lei. Perché mi sentivo improvvisamente così distante da lei? Eppure, le mie braccia la stavano avvolgendo... <<
Fallo entrare, per favore Emmett. >>
Gli
occhi di mio fratello mi fissarono indecisi, non sapevo cosa avesse
in mente ma annuii leggermente e pochi attimi dopo sentimmo la voce di Mike-schifoso-Newton risuonare le corridoio dell'ingresso.
<<
C'è Isabella? Le devo parlare. >> Le mani di Bella avevano
sciolto la mia presa e con calma si era rimessa seduta, in attesa
dell'entrata in cucina di quel pidocchio.
Che
cosa voleva fare? Non poteva certamente mollargli un altro pugno come
l'ultima volta che lo aveva incontrato. La sua pancia le avrebbe
impedito alcuni movimenti bruschi, ma da Bella non potevo mai
aspettarmi le cose più semplici. Dovevo rimanere comunque in
guardia, anche se non mi piaceva che avesse messo della distanza da me poco prima.
Nel
momento in cui entrò in cucina, seguito da Emmett, avvertii un sussulto di sorpresa nei suoi pensieri, si stava domandando chi diavolo fossimo. Stupido pidocchio.
<<
C..ciao. >> Mormorò rivolto a Bella.
<<
Mike. >> Contraccambiò lei. << Ti serve qualcosa? >>
Fredda e glaciale, se fosse stata una vampira, ero certo che sarebbe
stata perfetta.
<<
No, cioè si. >> Aveva il battito accelerato, la presenza mia
e di Emmett lo metteva a disagio, senza contare che Rosalie era
pronta a scattare, era sul tetto che ascoltava ogni singola parola.
<<
Mike, cerca di stringere, non ho tutto il giorno. >> Sbuffò
Bella, visibilmente insofferente a quella situazione.
Quel
verme s'infilò le mani nelle tasche dei jeans, era patetico. << Jessica mi ha detto che sei incinta. >> I suoi occhi si posarono sulla pancia rotonda. Fui veramente tentato di ruggire.
M'infastidiva che i suoi occhi si potessero posare su quella
creatura indifesa.
<<
A quanto pare. Se era solo per quello, adesso che hai visto, puoi
anche andare. >> Con un gesto elegante della mano lo invitò a uscire, ma i piedi di quel viscido essere rimasero ben piantati a terra.
<<
No, non è solo per questo. Io... >> Era in difficoltà ,
leggevo nei suoi pensieri quello che avrebbe voluto dire e dentro di me pregavo affinché non trovasse il coraggio di farlo. Dovetti ricredermi. << Bella, io credo di essere il padre. >> Un sopracciglio fine di Bella si arcuò nel sentire la parola "credo".
Era ovvio che fosse lui il padre, lei gli era stata fedele era solo lui il bastardo qui dentro. << Vorrei, vorrei prendermi le mie responsabilità . Ecco. Si insomma, in questo periodo, ho sentito la
tua mancanza e volevo sapere se potevamo tornare assieme. >>
Digli di no! Digli di no! Questo continuava a
ripetermi la mia mente, e mi sentivo un mostro mentre quei pensieri
mi affollavano la mente. Come potevo io pretendere che dicesse di no
a lui, il padre di quella creatura che avrebbe visto la luce? Ero un
essere orribile. Avrei preferito privare quell'innocente creatura
di un padre, pur di rimanere con loro. Che schifo.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Ciao a tutti, mi ha fatto molto piacere avere i commenti di Nessie93, serenacullen e FunnyPink. ^_^ Vi ringrazio molto. Mi sono resa conto che su efp c'è moltissima gente che legge e non commenta, oppure lasciano dei commenti assurdi su storie che a volte mi domando cosa facciano in questa sezione... Vorrei chiedere allo staff di efp... ma le ficci dove sono tutti umani e non c'è nulla di sovrannaturale, non dovrebbero essere in un altra sezione? Perché alla fine di Twilight hanno solo i nomi e basta... mi piacerebbe avere una risposta. Bene, detto questo, vi lascio al capitolo, come sempre, buona lettura.
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Titolo:
Non voglio perderti
Autore:
Goten
Beta:
Giusy
Capitoli:
Non so proprio dirlo... ^^
Paring:
Edward – Bella
Dedicato
a: Tutti coloro che amano il mondo di Twilight, ed in particolare
alla mia mamma che sta leggendo questa storia ^_^ ancora prima che la
pubblichi. E al mio papà che mi ha mostrato una foto dalla rivista
di Focus, è grazie a quella foto se questa storia ha preso vita
nella mia testa ^^
Capitolo
10
Il
battito di Bella era leggermente aumentato, i suoi occhi esprimevano
sorpresa.
Edward,
credo che dovremmo lasciarli soli. I pensieri di Emmett entrarono
nel vorticoso corso della mia mente. Sì, aveva ragione, eppure, non
riuscivo a lasciarla lì sola, con lui. Edward. Mi richiamò
ancora. Riuscì a distogliere lo sguardo dalla figura di Bella. Era
doloroso, ma dovevo farlo, doveva decidere cosa fare della sua vita.
Infondo io non ero altro che un estraneo. Lei aveva tutto il diritto
di avere vicino a sé il padre del suo bambino.
E
questo pensiero mi fece ancora più male. Ero stato talmente preso da
quella nuova vita da aver dimenticato che non ero io il padre di quel
bambino.
Strinsi
i denti e cominciai a muovere i primi passi verso mio fratello, non
azzardai neanche uno sguardo fuggiasco verso di lei, perché sapevo
che non avrei mai e poi mai abbandonato quella stanza se solo avessi
visto i suoi occhi.
Emmett
si era già spostato in sala, io ero ormai quasi uscito dalla cucina,
bastava solo un passo, ma la voce di Bella mi gelò sul posto.
<<
Edward, aspetta. >>
Non
voltarti, non voltarti. Continuavo a ripetermi.
Sentii
la sedia muoversi e poi i passi di Bella raggiungermi. Il calore
esplose dentro di me al semplice tocco della sua mano con la mia. E
lì, la mia ragione si spense. Mi voltai, contro ogni mia vecchia
decisione, e incontrai il mio destino. I suoi occhi scuri mi avevano
intrappolato. Ero lì per lei. Al diavolo il resto, io ero lì solo
per lei.
Strinsi
delicatamente la sua mano, intrecciando le sue dita con le mie, il
sorriso delicato carico di complicità mi fece sentire fiducioso.
<<
Mike >> Cominciò decisa. << Non sei tu il padre. Il tuo
sacrificio è completamente inutile. >> Si voltò decisa verso
di lui, lo stava respingendo, affrontandolo di petto. Adoravo questa
umana!
La
faccia di Mike era passata in meno di una manciata di secondi
attraverso una miriade di espressioni, dal sollievo allo sconcerto.
<< Non sono io? >> Domandò per essere sicuro.
<<
No, non sei tu. >> M’intromisi a questo punto. Per i miei
standard questa stupida conversazione era durata anche troppo. La
mano di Bella si strinse ulteriormente, mi bastò un semplice sguardo
al suo viso, per capire che potevo proseguire. << E' mio il
bambino. >> Nel dire quelle semplici parole, mi sembrò che il
mondo potesse colorarsi con tinte sgargianti. Avrei dato davvero
tutto quello che potevo per essere il padre biologico di quella
creatura, ma se Bella mi avesse accettato lo stesso nella loro vita,
me lo sarei fatto bastare.
Gli
occhi azzurri di Mike vagavano da me a lei, aveva ancora un leggero
velo di confusione, si stava domandando da che parte fossi sbucato
fuori, beh, quelli non erano certamente affari suoi. << Ora, se
permetti, noi avremmo da fare. >> Sentenziai, volevo liberarmi
di lui il prima possibile.
Emmett,
che aveva seguito tutto dal salotto, fece la sua comparsa, indicando
gentilmente a Mike la porta d'uscita. Sogghignai, qualunque cosa
avesse da dire quel piccolo verme, davanti alla stazza di Emmett la
sua mente era andata in black out.
Era
ormai sera quando Rosalie, convinta da Emmett, si erano decisi ad
andare a fare un giro a Port Angeles, in casa c'eravamo solo io e
Bella, si prospettava una serata piacevole.
Premetti
il pulsante blu e in meno di dieci secondi tutte le finestre e la
porta furono sigillate. Chiuso in una cassaforte con la donna più
testarda e affascinante del pianeta. Decisamente una fantastica
prospettiva. Non potei evitare di sorridere. Era buffo, non avevo mai
avuto così tanto buon umore in tutta la mia non vita.
<<
Edward? >> La sua voce mi chiamò dal salotto, dove stava
comodamente seduta in attesa del mio arrivo. Una nota di malinconia
mi prese, era così che avevo sempre immaginato la mia vita, una
moglie a casa ad aspettarmi, con il nostro bambino in grembo...
scacciai dalla mente quest’assurdità. Bella non era la mia
compagna, ma aveva dimostrato di volermi nella sua vita e in quella
del bambino. Non potevo sperare di più.
Arrivai
accanto a lei con velocità umana. << Sei pronto? >>
<<
Prontissimo! >> Esclamai.
Era
tutto fuorché una serata romantica, ma andava bene anche così. Sul
tavolino davanti a noi c'era una delle nuove invenzioni che ci
avrebbero aiutato a Volterra.
<<
Emmett e Rosalie li hanno applicati su alcuni alberi nel bosco. >>
Cominciò a spiegare, afferrando un piccolo quadratino nero. <<
Sono dei rivelatori, si attivano quando una massa pari a quella di un
essere umano, ma con la vostra temperatura corporea si muove.
Reagisce anche alla vostra velocità. >> Mi mise in mano quel
quadratino, era grande quanto il tasto di un cellulare ed
estremamente sottile.
Dovevo
ammettere che ci sapeva fare, perfino per noi vampiri sarebbe stato
difficile scovare quei cosi.
<<
Ora guarda qua >> Accese il suo computer portatile, comparve
sul desktop, dopo qualche attimo, la carta geografica di Forks e due
puntini luminosi gialli che si muovevano veloci.
<<
Sono Emmett e Rosalie? >> Domandai curioso.
Sul
suo viso comparve un sorriso soddisfatto. << Sì. >>
Ridacchiò. << A quanto pare non sono andati a Port Angeles,
hanno preferito girovagare nei boschi. >> Il suo sopracciglio
scuro si arcuò in una posa maliziosa.
Sollevai
un po' il labbro e avvertii il suo cuore aumentare il battito. Mi
voltai, era arrossita, le sue pupille erano fisse sulla mia figura.
Sembrava che avesse appena fatto un'importante scoperta, rapidamente
però abbassò lo sguardo, improvvisamente interessata al monitor del
portatile.
<<
Bella, tutto bene? >> Le presi una mano stando attento a non
ferirla.
<<
Certo. >> Ritirò la mano mettendosi a battere veloce sulla
tastiera.
Mi
sembrava agitata, come se cercasse di evitare un preciso pensiero. Ah
ma cosa andavo a immaginare! Sicuramente Bella aveva avuto un
improvviso colpo di genio.
Rimasi
seduto accanto a lei, osservandola e ammirandola. Era bellissima, ed
ero più che certo che quella vita che stava prendendo forma nel suo
corpo sarebbe stata fantastica.
Le
sue mani correvano veloci sulla tastiera e in quel momento le parole
mi uscirono spontanee. << Grazie. >> Le dissi sincero,
mentre il suo volto si girava verso di me. << Di avermi reso
partecipe della tua vita e di quella del bambino. >>
Credo
che volesse dirmi qualcosa, perché per due volte aprì e chiuse la
bocca, finché al terzo tentativo riuscì a pronunciare... <<
E' giusto così. >> Fu un piccolo ghigno quello che le vidi
spuntare sul viso, prima che rincominciasse a lavorare.
Osservai
distratto i due puntini gialli, si erano fermati da un po', non osavo
pensare a cosa avrebbero potuto fare quei due da soli nel bosco.
Ancora
una volta mi sembrava di vivere in uno dei miei sogni ad occhi
aperti.
Passarono
alcune ore, Bella non accennava a smettere di inserire appunti o
altri dati nel portatile, io le ero accanto, la osservavo ammirato,
ma ogni tanto guardavo le scene del film che scorrevano sul
televisore della sala. << Mi svelerai mai cosa stai scrivendo
con tanta attenzione? >> Le domandai cedendo alla fine alla
curiosità di sapere.
Le
sue dita s’immobilizzarono, e il suo viso si volse verso di me, si
grattò con aria sorpresa una tempia. << Beh, è l'ultimo
lavoro che mi avete affidato. >>
L'ultimo
lavoro? E finito quello? Avremmo rotto i contatti con lei? No, io
sicuramente no, forse la mia famiglia, ma ne dubitavo fortemente. <<
Capisco, a che punto sei? >> Volevo sembrare disinvolto, ma il
solo pensiero che ci fosse una minima parte di abbandono da parte sua
mi faceva stare male.
Si
mordicchiò il labbro inferiore, brutto segno, era indecisa.
<<
Bella, a che punto sei? >> Modulai meglio la mia voce, odiavo
non leggerle nella mente.
Abbassò
gli occhi, conoscevo bene quell’espressione, si sentiva colpevole.
<< Mi dispiace >> sospirò << sono in ritardo con
la consegna, sono a un punto morto. >> Sollevò il capo
osservandomi con i suoi occhi profondi. << Non ho idea di
quanto tempo ci metterò a finire. Mi dispiace tantissimo. >>
Stavo
facendo forza sui miei muscoli facciali, volevo sorridere, dirle che
poteva metterci anche tutta l'eternità per finire quel lavoro. Per
me andava più che bene. << Non ti preoccupare Bella. >>
Le posai una mano fredda sulla guancia, era una continua distrazione
per me, la sua pelle era liscia, calda, morbida. << Puoi
metterci tutto il tempo che vuoi. >> Le sorrisi gentile. <<
Non abbiamo fretta. >>
Mi
parve compiaciuta della mia risposta, anche se in fondo agli occhi un
leggero velo di preoccupazione era rimasto, mi sarei premurato di
farlo sparire, perché lei doveva essere serena e felice.
I
due puntini gialli sul monitor avevano preso ad avvicinarsi alla
casa, Emmett e Rosalie erano quasi arrivati, già potevo percepire i
loro pensieri. L'orologio digitale segnava le due di notte. <<
Credo sia arrivata l'ora di andare a dormire. >> Le indicai
l'ora, ottenni uno sbuffo irritato. << Bella. >> La
ammonii. Mi osservò con un volto talmente dolce da essere quasi
doloroso obbligarla a fare qualcosa che lei non desiderava. <<
Non funziona quello sguardo. >> Mentii.
<<
Acci... >> Brontolò alzandosi.
<<
Ti accompagno. >> Ero già accanto a lei.
<<
No, non serve, piuttosto, apri a quei due. >> Con uno scatto
arrivai al pulsante blu e lo premetti, giusto in tempo per vedere
l'immagine di Rosalie ed Emmett intrecciate in un bacio infuocato.
<<
Vorrei evitare di sentirmi male. >> Borbottai voltandogli le
spalle. Rosalie si staccò da Emmett osservando la figura rotondina
di Bella salire le scale. In meno di due secondi era già accanto a
lei.
Anche
se non mi piaceva ammetterlo, ero felice che Rosalie fosse così
premurosa nei confronti di Bella.
<<
Hey, che guardi? >> La voce di Emmett mi distrasse dai miei
pensieri su Bella, si accomodò sul divano prendendo possesso del
telecomando.
<<
Niente di che. >> Ammisi, lasciando che comunque una parte
della mia mente rimanesse in ascolto su Rose e la mia umana.
Lo
zapping di mio fratello finì qualche secondo dopo, i suoi occhi
color oro si erano focalizzati sul Discovery Channel. << Da
quando t’interessano questi programmi? >> Era una cosa strana
per me, sapere che Emmett guardava dei documentari.
<<
Da poco, direi... >> Osservò distratto il suo orologio da
polso. << All'incirca dieci secondi netti. >> Non potei
evitare di mollargli un piccolo scappellotto.
<<
Idiota. >> Sussurrai sedendomi accanto a lui, afferrai il mio
cellulare e mandai un messaggio a nostra madre. Era da troppo tempo
che non ci sentivamo, mi mancavano terribilmente.
Bastarono
pochi secondi e la sua risposta arrivò facendo vibrare la mia mano.
Stiamo tutti bene, non ti preoccupare per noi. Ti voglio bene,
mamma.
Sollevai
lo sguardo scoprendo Emmett osservarmi serio. << Che c'è? >>
Era raro vederlo così, di solito lui era l'anima festosa della
nostra famiglia.
<<
Niente, mi domandavo solo se una volta finita questa missione,
tornerai con noi. >> Non c'era un tono scherzoso nelle sue
parole, solo una domanda lecita.
Presi
qualche attimo di tempo per rispondere, era giusto dirgli la verità.
<< Non lo so. Ammetto che non lo so Emmett. >> Il suo
viso serio mi scrutava attento ed io sentivo che con lui avrei potuto
parlare. << Non volevo venire all'inizio, ma da quando sono
qui, ho scoperto che forse il mio posto è questo. >> Feci un
respiro profondo, mi stavo esponendo. << Non sono legato al
luogo, anche se ammetto che non mi dispiacerebbe vivere qui. Io
voglio stare accanto a Bella. Sento di non riuscire a fare a meno di
lei. >> E questa era la pura verità.
<<
E Bella? Lei cosa dice? >> I documentari di Discovery Channel
erano completamente dimenticati.
Sorrisi
al ricordo delle parole della mia umana. << Lei mi vuole
accanto, le piacerebbe che facessi parte della vita del bambino. >>
Mi sentivo imbarazzato e molto orgoglioso.
Eppure,
sul volto di Emmett non vidi comparire nessun sorriso. << E
cosa farai quando lei s'innamorerà di qualcuno che non sei tu,
Edward? >>
Il
respiro mi si mozzò in gola. Una remota parte di me ci aveva
pensato, ma l'avevo sempre relegata come possibilità assurda, ma nel
sentirlo pronunciare da Emmett, la possibilità adesso mi sembrava
più che concreta. << Non lo so. >> Riuscii a mormorare.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Capitolo 11
La stavo guardando dormire, era dolce, bella, sensibile, testarda e tremendamente non mia. Mi passai stancamente le mani sul viso. Dio mio, che cosa dovevo fare? Le parole che avevo scambiato con Emmett mi suonavano ancora nella testa. Non riuscivo nemmeno a concepire il fatto che lei potesse innamorarsi di qualcuno che non fossi io! Era assurdo! Però, niente avrebbe potuto impedirlo, lei era sentimentalmente libera, e anche io lo ero... aggiunse una vocina nella mia testa.
C'era una domanda alla quale non avevo ancora dato una risposta e che forse era la domanda più importante di tutte: io amavo Isabella Swan?
Posai i miei occhi sul suo viso a pallido, le mie mani sfiorarono la sua pelle.
La risposta risuonò chiara e forte dentro di me: sì, ero innamorato di lei.
Mi veniva da ridere io, un vampiro di cento otto anni, innamorato di una semplice umana dalla mente geniale e incinta di un verme schifoso.
Ma perché mi ero complicato l'esistenza? Quando mi ero innamorato di lei? Perché mi ero innamorato?!
Mi sedetti per terra accanto al suo letto. Mi sentivo svuotato. Tutti quei sentimenti per lei erano nocivi, non avrei mai e poi mai dovuto provarli. Sicuramente provava simpatia per me, anche affetto probabilmente, ma niente di anche solo lontanamente paragonabile al mio amore per lei.
Aveva ragione Emmett, un giorno, Bella si sarebbe innamorata e quel giorno, io sarei sicuramente morto di dolore.
Dovevo agire prima, non sarei rimasto vicino a lei, no, finito il suo compito sarei ripartito con la mia famiglia, in Italia, a Volterra avrei vissuto l'eternità e lei sarebbe tornata alla vita normale da essere umano. Era giusto così.
Il veleno nella mia bocca aveva preso un sapore amaro, oppure era solo la mia immaginazione... no, semplicemente la mia mente e il mio cuore morto non volevano lasciarla andare. In Bella era contenuta la metà perfetta della mia anima e questo l'avevo capito appena l'avevo vista.
Le ore passarono e il sole fece capolino fra le nubi che già soffocavano il cielo di Forks, mi ero cullato per tutto il tempo con il battito ipnotico del suo cuore. Avevo preso la mia decisione, sarei tornato in Italia, avrei assaporato il tempo con lei, impregnando la mia mente di ogni singolo ricordo. E il battito del suo cuore era certamente uno di questi.
<< Buon giorno >> Le sussurrai dolce, mentre i suoi occhi si aprivano al mondo << scendi e brilla, dolce Bella. >>
Sbadigliò come un gattino, i suoi capelli avevano perso il vago senso di ordine che Rosalie era riuscita a darle il giorno precedente. << 'Giorno. >> Bofonchiò, arruffandosi la capigliatura ancora di più. Era adorabile.
La colazione è pronta. Il pensiero di Rosalie mi arrivò limpido, aveva preparato una colazione equilibrata.
<< Rosalie dice che la colazione è pronta >> Mi alzai tendendole la mano per aiutarla << forza, andiamo, prima che si freddi. >> Afferrai con gentilezza la sua mano candida.
<< Caffè? >> Borbottò ancora con gli occhi sonnacchiosi.
<< Bella. >> La ammonii. << Il caffè ti fa male. >>
<< Ma io ne voglio una tazzina, piccola. >> Il pigiama composto da un semplice paio di pantaloni di cotone e una maglietta troppo grande la facevano apparire molto più grossa di quanto non fosse e anche molto più goffa.
<< No, niente caffè. >> Sentenziai sorridendole gentile.
<< Crudele. >> Soffiò, poco prima di entrare in cucina.
La colazione di Rosalie la attendeva sul tavolo, brioche, succo d'arancia, pane tostato con marmellata. << Caffè? >> Domandò con una vocina sottile, rivolta a mia sorella.
<< Niente caffè, ti fa male. >> La risposta di Rosalie la fece voltare imbronciata.
<< E' una congiura. >> Brontolò, affrettandosi a mangiare la sua brioche calda.
<< No, ti vogliamo bene, è diverso. >> Aggiunse mia sorella, esprimendo il sentimento suo e di Emmett, il mio era sicuramente più profondo.
La mano libera di Bella si massaggiò la pancia. << Hai sentito briciola? Ci vogliono bene. >>
<< Non è normale parlare con la propria pancia, sai Bellina?! >> Esclamò mio fratello, ridacchiando.
<< Briciola capisce tutto, è intelligente la mia piccolina. >> Lo sguardo dolce di Bella era unico, mentre parlava della sua creatura.
<< E se fosse maschio? >> Azzardò Emmett.
<< Femmina! >> Ribatté prontamente la futura mamma.
<< Che ne sai, nell'ultimo controllo non si è visto nulla, solo un piccolo sederino. Magari dall'altra parte ha un piripillo di tutto rispetto. >> E la mano di Rosalie si abbatté sulla testa di Emmett.
<< Come diavolo ti salta in mente di dire certe fesserie?! >> I suoi occhi dorati sembravano prendessero fuoco. Nessuno poteva azzardarsi a toccare Bella o il futuro bambino, Rosalie si era eretta sua guardia personale.
<< Ma Rose, fiorellino, e se avessi ragione? >>
<< Questo non vuol dire che puoi esprimerti in questo modo! >> Sbottò mettendosi le mani sui fianchi.
Io e Bella assistevamo al loro scambio di opinioni, lei finendo la colazione ed io vagando sui loro pensieri. Ero più che certo che sarebbero stati una coppia di genitori fantastica. Peccato che questo non si sarebbe mai avverato.
Mi trovai a fare da bersaglio alle palline di mollica che Bella stava appallottolando in fretta dai residui del suo pane tostato. M’indicò di uscire dalla stanza e lei fece altrettanto.
<< Lasciamoli continuare. >> Sospirò. << Mi serve una mano in laboratorio. >>
Era la prima volta che cercava il mio aiuto per il suo lavoro, annuii seguendola.
<< Accensione luci. >> Ordinò e le luci si accesero.
Aveva un aspetto trasandato, ma era comunque bellissima. << Non ti cambi? >> Mi lanciò un'occhiata veloce.
<< No, sto comoda così. Mi prendi quello, per favore? >> M’indicò una scatola in metallo, la presi e la appoggiai sul suo tavolo di lavoro.
<< Cosa sono? >> Ero curioso, che facessero parte del nostro nuovo armamentario.
Bella infilò le mani nella scatola tirandone fuori un set di... << Orologi?! Sono orologi? >> Ero stupito, mi aspettavo chissà che cosa!
Sollevò i suoi occhi nocciola su di me, caspita, adoravo essere guardato così da lei.
<< Sono un mio personalissimo regalo per voi, Edward. Li ho costruiti io stessa. >> Pareva molto orgogliosa.
<< Scommetto allora che non sono normali. >> Ghignai, chissà cosa diavolo ci aveva cacciato dentro.
Ne prese uno con una mano, mentre con l'altra aveva afferrato il mio polso. Le lasciai fare tutto quello che voleva, mi sembrava di essere gelatina nelle sue mani.
<< Fatto. >> Esclamò con un tono soddisfatto. Osservai quell'orologio, segnava l'ora, non mi pareva molto diverso da un comunissimo orologio da polso. << Ruota il quadrante a destra. >> Feci come mi aveva detto e al posto dell'ora comparve una mappa del pianeta Terra con dei puntini gialli.
<< Cosa... >> Stavo per farle una domanda, ma lei con il suo tono da saputella m’interruppe.
<< Sono vampiri. Vampiri vegetariani per l'esattezza. >> Sollevai lo sguardo stupito. << In questo modo saprete sempre, dove sono e potrete controllarli. >> Sorrise pratica. << Se ruoti il quadrante ancora di uno scatto >> e lo feci << noterai che i puntini gialli sono spariti e al suo posto ci sono dei puntini rossi. >> Annuii meravigliato. << Sono vampiri con in corpo del sangue umano. >>
Alzai la testa osservandola serio. << In questo modo potremmo trovare il clan di Denali e tutti gli altri che attaccano gli umani?! >>
Annuì con un sorrisetto soddisfatto. << Esatto. Se giri il quadrante a sinistra, comparirà una lucetta verde. >> In effetti, comparve un puntino luminoso verde. << Volevo inserire anche gli esseri umani, ma poi alla fine ho pensato che non vi sarebbe servito a nulla. >>
Sì, in effetti, il suo ragionamento non faceva una piega. << E allora cos'è quel puntino verde? >>
<< Sono io. >> Spiegò come se fosse stata una cosa ovvia.
I miei occhi non potevano fare altro che ammirarla, Dio, ma perché questa donna non era mia?! Perché mi stavi punendo così?!
<< Allora, ti piace? >> Domandò con una leggera titubanza nella voce.
Deglutii un fiotto di veleno. << Sono magnifici, grazie, davvero sono stupendi. >>
Il sorriso che mi regalò aveva tracce d’imbarazzo, il suo cuore aveva un ritmo armonioso. Sarebbe stata la mia morte sicura il giorno in cui ci saremmo allontanati da lei. Ma dovevo farlo, per il suo bene.
Da quel giorno ne passarono altri, vedevo il lavoro di Bella sempre più completo e ogni giorno sentivo amplificare il mio dolore per l'imminente separazione. Rosalie continuava a ripetermi che ero un idiota, ma quando le chiedevo il motivo, abilmente cambiava argomento e la sua mente mi mostrava tutt'altro. Anche Emmett non era da meno.
Lasciai cadere il corpo del puma, ormai completamente dissanguato, Rose e Bella erano andate assieme alla visita di controllo, io avevo declinato l'invito di Bella, non volevo farle capire quanto per me fosse importante la sua vita e quella della bambina. Sorrisi tristemente nel pensare che non avrei mai potuto osservarla nella crescita. Sentivo di aver fatto una scelta saggia, ma nel mio cuore morto il dubbio che fosse anche una scelta sbagliata, si stava facendo grande.
Giusto poche ore prima avevo ricevuto una mail da Alice, l'avevo aperta leggendo con attenzione il contenuto, aveva visto tutto quello che era accaduto qui grazie alle sue visioni, e aveva anche raccolto informazioni tramite Rosalie ed Emmett, in sostanza, tutta la mia famiglia sapeva che io ero innamorato di Bella Swan. Nelle sue parole, m’incitava a non lasciarla, di rimanere con lei, perfino Esme e Carlisle erano del suo stesso parere. Jasper un po' meno, ma se per me era importante, l'avrebbe accolta senza problemi.
E così adesso mi sentivo anche più frustrato di prima, perché sapevo che loro non avrebbero mosso obbiezioni, anzi, sembrava che facessero di tutto per farmi rimanere al suo fianco. Ma in realtà ero io a non riuscire a farlo, sapevo che prima o poi la mia natura distruttiva avrebbe messo in serio pericolo la sua vita. Non mi sarei mai perdonato una cosa simile.
Preferivo saperla viva e felice. Lei doveva rimanere all'oscuro dei miei sentimenti.
Era la prima volta in quei sei mesi che rimanevo assente per quasi una giornata intera da casa Swan. Ero ormai divenuto la sua ombra, quel giorno era stato il primo in cui non avevo avuto Bella accanto a me. Com’era stato? Orribile!
Lo dimostravano i quattro alberi che avevo sradicato per rabbia e frustrazione.
Detti un'occhiata all'orologio che mi aveva donato Bella, era divenuto per me l'oggetto più prezioso al mondo. Anche Rose ed Emmett ne avevano uno, ma il sapere che era stata lei a crearlo per noi, lo rendeva un oggetto preziosissimo. L'ora digitale segnava che erano ormai le sette passate, il sole era già sparito da un pezzo. Aveva cenato? Stava bene? Mi sentivo così stupido perché sapevo che mi stavo ferendo da solo.
Sospirai al cielo scuro, era ora di rientrare a casa, ci misi forse cinque, massimo sei secondi, rimasi qualche istante sulla porta, fermo, ad ascoltare il suo cuore, e in quel momento mi sentii sereno. Ero vicino a lei e solamente questo bastava a rendermi migliore.
Mi presi ancora qualche istante per mettermi sul viso quella maschera che avrebbe nascosto i miei sentimenti nei suoi confronti.
Ma cadde inevitabilmente quando, spalancando la porta notai gli enormi scatoloni che Emmett stava finendo di posizionare nel corridoio.
<< Hey, ciao. >> Mi salutò, continuando a fare il suo lavoro.
Che diavolo era quella roba? Stavo per chiederglielo ma Bella e Rose scelsero quel momento per uscire dal laboratorio. I suoi occhi nocciola si posarono sui miei, avevano una nota di tristezza.
<< Edward, ciao. Fatto buona caccia? >> La sua voce era dolce come sempre, ma anche quella mostrava una nota di tristezza. Perché?
<< Sì, tutto bene. Bella, cosa sono queste scatole? >> Indicai con il braccio le decine di scatole imballate alla perfezione.
<< Il mio lavoro. Ho finito il mio incarico. >>
E una doccia gelata s’impossessò delle mie membra.
Ci vediamo giovedì!!! Un grazie speciale va a:
Nessie93 grepattz garakame FunnyPink dindy80 marilenacappucci
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Bene bene bene, siamo giunti al capitolo 12 ^_^ vi ringrazio come sempre per i vostri commenti, anzi, ora forse riesco a rispondervi, purtroppo ho sempre poco tempo:
marilenacappucci: grazie, sei molto gentile ^_^
kandy_angel: Edward è un imbecille XD
serenacullen: Edward è molto sciocco, crede di fare il bene di Bella... non sò ancora quando finirà, anche perché quelli che stò postando erano i capitoli che avevo già pronti e betati e il prossimo capitolo era l'ultimo di quelli già finiti, quindi gli aggiornamenti diventeranno più lunghi, mi spiace, ma per adesso non ho intenzione di finirla subito ^^ perciò: tranquilla ^^.
FunnyPink: potrebbe, ma conosciamo Edward, è un testone! ^^
Nessie93: hahahhaha penso che tutte noi gli urleremmo volentieri di rimanere lì e di non muoversi! XD
RenEsmee_Carlie_Cullen: prepara i fazzolettini...
dindy80: eeeehhhh Eddy è un pò uno sciocco, e nella mia mente non mi dà molta retta, fa sempre quello che vuole -.- ma chissà, magari un giorno ci ascolterà ^_^
Vi lascio leggere ora: buona lettura!
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Capitolo 12
Ho finito il mio lavoro... ho finito il mio lavoro... ho finito il mio lavoro...
Questa frase mi continuava a rimbombare nella mente. Finito... finito... finito...
Dovetti sbattere più volte le palpebre, per cercare di capire che significato avessero le sue parole, perché ero certo che avessero un significato, no? Finito... lavoro... casa... Italia... niente Bella... addio Bella...
Dolore! Fuoco, caldo, freddo, gelo. Che cosa mi stava succedendo?! Perché questo dolore nelle mie membra morte? Perché gli occhi di Bella mi sembrano così preoccupati e tristi?! Perché la mia anima si è legata a lei?! Perché la amo?!
<< Finito... >> Riuscii a mormorare.
<< Sì. >> Deglutì Bella, Rosalie continuava a fissarmi seria. << Ho finito tutto. Non c'è più niente in sospeso. >> Si avvicinò a me di un passo, si stava tormentando le mani. Era agitata, il suo cuore pulsava veloce.
<< Capisco. >> Sussurrai piano. No che non capisco! Avrei voluto urlare. Non poteva aver finito tutto! Non poteva essere già arrivato il giorno del nostro addio! Non ero pronto! Non volevo essere pronto! Non volevo lasciarla!
La vidi prendere un respiro profondo. << Edward, la mia proposta.. >> si umettò le labbra << quella di rimanere con me e la bambina, è ancora valida. Vuoi rimanere con noi? >> Cosa era quella voce speranzosa? Voleva davvero che rimanessi? Voleva davvero avermi al suo fianco?
Stavo per risponderle che sarei rimasto con lei per sempre, ma un pensiero orribile si affacciò nella mia mente. E se per sbaglio un giorno, io l'avessi morsa, se la mia natura vampiresca avesse un giorno preso il sopravvento? Non me lo sarei mai perdonato.
No, non potevo farle rischiare la sua vita e quella della piccola, per il mio amore. Amore oltretutto che lei non sembrava ricambiare. Provava affetto per me, come per Rose ed Emmett, ma io non provavo solo quello, io ne ero innamorato.
<< No, io ho deciso che tornerò in Italia. >> Risposi, forzando la mia voce ad avere un tono neutro.
Aprì e richiuse le labbra, un paio di volte, sembrava sorpresa della mia risposta. << Io.. io credevo che tu.. >> L'aria uscì dalle sue labbra lasciando in sospeso la frase. I suoi occhi si abbassarono feriti. << Capisco. >> Mormorò piano.
Edward, che diavolo stai combinando?! Mi dispiace Rose, ma è giusto così.
<< Comunque, se vorrai venire a trovarci, noi saremo qui. >> Sorrise, ma i suoi occhi non rispecchiavano quel sorriso tirato, finto. Erano tristi ed ero io la causa, facevo schifo.
<< Quando avrò tempo, magari verrò a trovarvi, fra qualche anno. >> Il suo cuore rallentò il ritmo, la stavo ferendo, mi spiaceva, ma non potevo fare altro.
Edward! Idiota, che stai facendo pezzo di cretino! La voce di Rose ruggì nella mia mente. Con un moto di stizza la esclusi.
Fratello mio, sei uno stronzo. La voce di Emmett era calma e delusa.
<< Bella, chiamo un corriere. >> La voce di Rose non era mai stata tanto fredda.
La testa di Bella annuì, non aveva più alzato lo sguardo, le sue mani si erano appoggiate sul ventre gonfio. << Scusate, io andrei a dormire. >>
<< Certo, ti accompagno. >> Si offrì mio fratello, lanciandomi uno sguardo disgustato.
Me lo meritavo, ma sapevo che Bella era al sicuro così. Avrei fatto in modo di non aver più bisogno di lei, nessuno della nostra specie avrebbe più dovuto cercarla. L'avremmo protetta anche in questo modo.
Bastarono poche ore per impacchettare le nostre cose, poche ore per svanire dalla sua vita.
<< Io davvero non ti capisco. >> Esclamò Emmett, mantenendo un tono di voce relativamente basso, entrando in quella che doveva essere la sala, ma che in realtà era piena di scatole ovunque. << Perché le hai detto quelle cose? >>
Avrei voluto voltarmi dall'altra parte e non rispondergli, ma era un comportamento vigliacco. << Non voglio metterla in pericolo. >> Ammisi sincero. << Ogni momento che passa in nostra compagnia, può essere pericolo per lei. >>
<< Questa è una stronzata! Edward, ma ti senti quando parli? >> Era arrabbiato.
<< Come sta? >> Non m’interessava la filippica di Emmett, volevo solo sapere come stava.
Mi guardò dall'alto in basso. << Da schifo. Per merito tuo. >>
Mi sentii ancora più verme di Mike Newton.
<< Davvero Edward, tu non capisci quanto la stai facendo soffrire quella ragazza? >> Si passò una mano sui capelli corti, neri. << Lei prova qualcosa per te, qualcosa di molto profondo. Il suo sentimento per te, va oltre il semplice affetto che può avere verso me e Rose. >>
Non aveva senso, tutto quello che stava dicendo, non aveva senso. << Emmett, penso che tu stia facendo confusione. Sono io che la amo, lei mi vuole bene, ma non prova amore per me. >> Finii amaro.
<< Non glielo hai chiesto, provaci Edward. Lei è perfetta per te. L'ho capito perfino io! >>
Possibile che fosse vero? E se... la speranza stava trovando nuovamente terreno fertile dentro di me. No, non potevo permetterlo. Anche se lei avesse provato un briciolo di amore per me, non potevo permetterle di starmi accanto. Non era giusto.
<< Emmett. Basta. Fra poco sarà qui il corriere, caricheremo tutto e c'è ne andremo. Fine. >> Avevo trovato la forza di dirlo. Adesso dovevo solo trovare la forza di andarmene.
Ero rimasto per tutta la notte immobile davanti alla porta d'ingresso, non avevo avuto nemmeno il coraggio di andare a vederla dormire, sapevo che quell'immagine, se solo l'avessi vista, non mi avrebbe più abbandonato, nemmeno dopo cento anni.
E il sole cominciò a rischiarare il cielo, per quel breve lasso di tempo che le nuvole gli avevano concesso, prima di venire ricoperto nuovamente.
=&=
Non avevo visto Bella, e adesso che mi trovavo sulla via del ritorno verso l'aeroporto mi sentivo sempre più male. Lei era rimasta rinchiusa nella sua stanza per tutto il tempo che era servito al corriere per caricare tutti i pacchi. Non aveva salutato nessuno, si era barricata dietro ad un muro di silenzio.
Mi passai stancamente una mano sul volto. Dio mio, ma perché stavo soffrendo così tanto?! Perché?!
Mi rifiutavo di ascoltare i pensieri dei miei fratelli, sapevo che erano arrabbiati verso di me, e avevano ragione.
Giungemmo all'aeroporto in perfetto orario, il nostro volo sarebbe partito fra un paio d'ore. Dovevamo solo attendere e poi avrei lasciato qui il mio cuore e la mia anima.
La mano di Emmett si posò pesante sulla mia spalla, attirando la mia attenzione, sollevai lo sguardo verso di lui, ma mi accorsi che il suo invece era stato catturato dalla televisione appesa nella sala d'attesa.
“Una tremenda esplosione, seguita da un boato ha distrutto questa casa ai margini della cittadina di Forks, la proprietaria della casa, Isabella Swan, non è ancora stata ritrovata, i soccorritori sospettando che al momento dell'esplosione si trovasse all'interno dell'abitazione...”
Il mio respiro si era fermato, così come il mondo intorno a me... le immagini ritraevano senza alcun’ombra di dubbio la casa di Bella, in fiamme, completamente distrutta. Macerie su macerie di quella casa che conteneva l'unica persona che possedeva il mio cuore e che avrei dovuto proteggere.
<< No... >> Sussurrai piano. << Non è vero >> Avvertii solo distrattamente la presa di Emmett farsi più forte e le mani di Rose che mi spingevano via da quel posto. << Non è vero >> continuavo a ripetere. Ed era l'unica cosa che la mia mente riusciva a fare in quel momento.
<< Edward! >> Sentii qualcosa di duro colpirmi forte il viso. << Edward! >> Di nuovo quella sensazione. Cosa stava succedendo?
Cercai di mettere a fuoco quello che avevo attorno, da quando tutto era così sfuocato?
<< Basta Rose, si sta riprendendo. >> Questa era la voce di Emmett. << Edward, mi senti? >>
<< Emm.. >> Sentivo la gola in fiamme e il veleno invaderla.
<< Mi ha riconosciuto Rose. >> Sospirò con un tono di voce più tranquillo.
<< Finalmente! Stavo andando in panico anch’io. >> La voce di Rose era triste, aveva una nota di amarezza e tristezza che era impossibile non notare.
Solo in quel momento realizzai di non essere più all'aeroporto, ma in mezzo al bosco. << Bella >> Mormorai straziato. << Dobbiamo andare da lei... >> Sollevai lo sguardo verso i miei fratelli, i loro volti erano tristi, spenti, addolorati.
<< Edward, non possiamo fare più niente per lei. >> La voce di Emmett non mi era mai sembrata così vuota.
<< No, non è vero. Noi possiamo fare qualcosa. Qualunque cosa. >> Era la mia voce quella che sentivano le mie orecchie? Era ansiosa, così come lo era la mia mente. Era impossibile che Bella fosse... non poteva essere...
Volsi lo sguardo verso Rosalie, lei sicuramente mi avrebbe compreso, ma quando la guardai, rimasi immobile. I suoi occhi erano tristi, le sue spalle ricurve, ero quasi certo di poter vedere delle lacrime invisibili solcarle il viso perfetto.
E solo allora realizzai che quelle lacrime invisibili erano anche sul mio viso.
<< Io devo andare da lei. >> Sussurrai con un filo di voce, poco prima che le mie gambe cominciassero a muoversi pesanti verso quella che era la casa del mio amore.
… Il nulla era davanti a me.
I soccorritori erano ormai tornati a casa. Non c'era più nessuno lì.
Solo macerie e pezzi di legno. Tutto era distrutto, tutto era perso.
Le gambe mi cedettero e mi ritrovai inginocchiato per terra. Non era possibile... << No... no... >> Continuavo a negare, anche con la testa, ma la cruda verità era davanti a me. << Nooo! >> Urlai, facendo scappare perfino uno stormo di uccelli distante da noi.
I singhiozzi uscirono potenti dal mio corpo, lei non c'era più. Lei era svanita. L'avevo abbandonata.
Mi rifiutavo di credere al semplice fatto di non poter più vedere il suo viso di non sentire più la sua voce. Non avrei mai visto la piccola che cresceva dentro di lei.
<< Bella. Bella. Bella. >> Continuavo a cantilenare, mentre con forza disumana spostavo le assi di legno di quella casa che ci aveva accolto e fatto passare momenti meravigliosi. << Aiutatemi! >> Strillai verso i miei fratelli che mi guardavano, ma tutto ciò che ottenni furono dei singhiozzi da parte di Rose e le braccia di Emmett che la avvolgevano cercando di calmarla.
<< Basta Edward. Non possiamo fare più niente. Lei non c'è più. >> E poi, l'ultima parola al mondo che avrei mai voluto sentire. << Lei è morta. >>
Morta... morta... no... no... non poteva essere morta, perché io non ero pronto a saperla morta, non lo sarei mai stato. Lei era la mia anima, il mio cuore. Lei.. lei era..
Mi fermai in mezzo a quello scempio. La mia mente era in crisi, non sapeva più cosa fare. L'unica cosa che sentivo con intensità distruttiva era il dolore e basta. |
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Bene, siamo arrivati al capitolo 13, con questo ho esaurito le scorte di capitoli già pronti, perciò gli aggiornamenti non saranno più così puntuali. Mi dispiace, ma cercherò comunque di fare del mio meglio per non farvi aspettare troppo.
Capitolo 13
Quello che successe nei due giorni successivi fu confuso e inutile. Dopo il mio crollo emotivo arrivarono i licantropi; Jacob Black e il suo branco.
Ringhi e lunghe discussioni si erano poco a poco spenti, così come l'illusione che forse lei avesse trovato una via di salvezza, le parole di Jake erano state come il taglio netto di una forbice a un foglio di carta.
<< Siamo accorsi qui nel sentire il boato, ma non c'è stato niente da fare. >>
Jake non era riuscito a salvarla, io non l'avevo salvata, l'avevo abbandonata e lei era morta...
La mano bianca di Emmett si posò nuovamente sulla mia spalla. << Edward, ho sentito Alice, dice che la merce è arrivata. Tutto a posto. >> Anche la sua voce non era più la stessa, in tutti noi era stata impressa la nota dell'amarezza e del dolore.
<< Bene. >> Mormorai piano. Non mi andava di parlare, non serviva a niente.
Rosalie la pensava esattamente come me, il suo dolore era enorme. Si sentiva in colpa per non avermi impedito di lasciarla. Che sciocca, lei era innocente, era mia la colpa, solo mia.
Osservavo il sole tramontare, una volta avrei provato tristezza e speranza per il giorno che sarebbe venuto dopo l'oscurità, ora invece sentivo che l'oscurità era dentro di me e niente avrebbe potuto dissiparla.
Emmett si sedette alla mia destra e Rose alla mia sinistra, le loro menti tacevano, così come le loro labbra. Sentivo solo vagamente le parole e i pensieri dei licantropi che ci stavano ospitando a La Push, nella loro riserva. Ci temevano, diffidavano, eppure nel loro cuore capivano il nostro dolore. Se fosse stata un'altra occasione, avrei potuto sorridere per la loro incredulità, finalmente si erano accorti che anche noi potevamo provare sentimenti. Forse anche mille volte più potenti dei loro, perché per noi qualunque sentimento era eterno.
Non ero riuscito a muovermi da quel posto che mi teneva prigioniero, anche se era meglio dire che tutto ciò che c'era lì mi ricordava Bella, ed io non volevo andarmene. Avevo paura di trovare dei cambiamenti. I cambiamenti non sono mai una bella cosa. Sono la causa dell'andare avanti, ed io non volevo farlo.
Anche l'ultimo raggio di sole ci aveva salutato, la pelle mia e quella dei miei fratelli, aveva smesso di brillare. Finalmente era scesa la notte.
I passi pesanti di Jacob Black attirarono solo un millesimo della mia attenzione, avrei potuto leggere nella sua mente cosa volesse, ma non m’interessava.
<< Cosa vuoi? >> Domandò Rosalie senza voltarsi, anche lei non aveva voglia di affrontare tutto quello che ci circondava. Non eravamo pronti.
<< Da voi niente. >> Sospirò. << Ma credo che voi dobbiate cacciare. >>
Era così dunque, il branco ci stava offrendo la possibilità di cacciare nel loro territorio. Che onore...
Gli altri membri del branco erano riuniti in cerchio attorno al fuoco. Tutti stavano pregando per l'anima di Bella e della bambina mai nata. << Non serve a niente. >> Mormorai a bassa voce.
Emmett cercava in ogni modo di non fare precipitare me e Rose nel baratro più oscuro che ogni vampiro possiede, per quanto mi riguardava, ero ad un singolo passo da quel baratro. Desideravo finirci dentro e non uscirne mai più.
Il mio cellulare cominciò a vibrare, non volevo rispondere, con malagrazia lo tirai fuori e lo gettai verso Emmett colpendolo sul naso. Lo guardai di sfuggita, non era l'unico ad avere i riflessi annebbiati dal dolore, anche se i suoi in quel momento erano presi dal giocare con il suo orologio.
Lo vidi afferrare il telefonino che continuava a vibrare e rispose. << Pronto? >>
Era Esme, preoccupata come sempre e ora più che mai. Erano due giorni interi che non la chiamavo e lei tramite Emmett sapeva tutto quello che stava accadendo qui.
Mi voltai verso Rosalie, ferma immobile come una perfetta e bellissima statua. << Non è colpa tua. >> Le sussurrai, osservando il suo volto girarsi verso di me e sorridere amaramente.
<< Potevo insistere di più. Potevo decidere io di rimanere con lei. >> Mormorò pianissimo. I suoi capelli, così come il suo aspetto, nonostante fossero sempre di una bellezza senza uguali, avevano i segni della trascuratezza, qualche capello biondo usciva dalla sua lunga treccia, e qualche traccia di polvere sostava sul suo viso. Invisibili ad un occhio umano, ma non per noi.
<< No... >> Sussurrai piano << dovevo stare io con lei. Era il mio posto. Lei era fatta per me. >> Sorrisi amaramente. Avevo capito troppo tardi cosa fosse lei per me.
Gli occhi neri di Rosalie mi osservarono seri. << L'hai capito finalmente? >> La sua voce era amara.
<< Sì, ma troppo tardi. >> Congiunsi le mani in grembo. << Ne sono innamorato, Rose. La amo. >> Non era stato difficile dirlo, doloroso si, ma non difficile.
Le imprecazioni di Emmett sul suo orologio non avevano mai smesso di fare da contorno alle nostre parole.
Lo sbuffo di Rosalie fu alquanto rumoroso. << Emmett, per favore, basta! Lascia in pace quel maledetto orologio. >>
Li invidiavo, loro erano ancora assieme e potevano discutere, ridere, scherzare, arrabbiarsi e fare pace. Osservai le stelle in cielo e il suo volto così bello e dolce mi annebbiò la mente. Perché ero stato così stupido?!
<< Ma Rose, questo affare non mi dice l'ora, fa solo delle lucette gialline! >> Allungò il suo braccio mostrandole le tre lucette gialle.
<< Lo avrai rotto razza di troglodita. >> Sospirò irritata.
Gli occhioni di Emmett si allargarono. << No... era un ricordo di Bella... >> Mormorò afflitto.
Spalancai gli occhi, una rivelazione si era appena affacciata nella mia mente. Abbassai lo sguardo sul polso di Emmett. Luci gialle, luci rosse, luce verde...
Ingoiai un fiotto di veleno. Sentivo la speranza riaffiorare, ma non volevo alimentarla, sapevo che se quello che la mia mente stava ipotizzando non fosse stato corretto, il mio animo non avrebbe retto.
Mi schiarii la voce. << Gira il quadrante a sinistra. >> Suggerii con il veleno che mi attanagliava la gola.
La mano di Emmett lo girò di uno scatto e l'ora riprese il suo posto. << Hey grazie! >> Sorrise compiaciuto.
Mi umettai le labbra, era inutile per noi, ma era un gesto nervoso che non ero in grado di controllare. << Pro.. prova a girare ancora il quadrante a destra di due scatti. >>
<< Perché? >> Ma perché doveva fare domande inutili?!
<< Fallo e basta. >> Avevo il veleno che pulsava maledettamente forte.
La sua mano eseguì, i due scatti del quadrante mi rimbombarono nella testa. << Cosa vedi? >> La mia voce era titubante.
<< Nessuna lucetta gialla, sono tutte rosse. >> I suoi occhi mi chiedevano cosa diavolo stessi facendo, ma io avevo troppa paura adesso di proseguire.
Presi un respiro profondo, l'aria satura di odori m’invase i polmoni. << Ruota a sinistra di uno scatto e dimmi cosa vedi. >>
Quel “clack” non mi era mai sembrato così forte. Temevo quasi che Emmett potesse romperlo.
Respirai piano, cercando di trattenere la mia ansia... perché non mi diceva cosa era comparso sul piccolo orologio? Che avessi avuto torto? La mia stupidità aveva alimentato quella breve speranza che ora mi faceva bruciare ancora di più dal dolore.
Lei non c'era più... lei era mor..
<< Verde. C'è una luce verde. >> E la voce di Emmett riaccese la vita dentro di me.
E via con i fuochi d'artificio!!! HAHAHAHAH al prossimo capitolo!!! Alla prossima, baci Goten^^
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Titolo: Non voglio perderti
Autore: Goten
Beta: Giusy
Capitoli: Non so proprio dirlo... ^^
Paring: Edward – Bella
Capitolo 14
Non riuscivo a staccare i miei occhi da quella luce verde. Il colore
della speranza aveva riacceso in me la follia della vita.
<< Edward? >> Dovevo solo capire adesso, dove si trovasse
e raggiungerla << Edward? >> per non lasciarla mai più.
<< Edward! >> La voce di Emmett catturò la mia
attenzione.
<< Cosa? >> Solo in quel momento realizzai una cosa
importante, nessuno di loro conosceva la verità su quell'orologio, i
volti di mio fratello, Rosalie, Jacob e gli altri membri del branco
erano tutti puntati sulla mia figura.
<< Edward, cosa è quella luce? >> Rosalie stava
esprimendo a voce il pensiero comune di tutti.
<< Bella. >> Risposi semplicemente. << Aveva
impostato l'orologio con il suo DNA, per poterla trovare nel caso
avessimo avuto ancora bisogno di lei. >> Presi un altro po' di
aria. << Aveva creato un orologio per ognuno di noi, ma i
nostri sono nei pacchi spediti in Italia. >> E in quel momento
ringraziai mentalmente Emmett per averlo indossato. Riposai i miei
occhi sul piccolo strumento.
<< Quindi è viva?! >>La voce bassa di Jacob mi fece
quasi sorridere.
<< Sì, è viva. >> Dio mio come mi sentivo bene nel
pronunciare quelle parole. Fantasticamente bene.
<< Dove si trova? >> Continuò avvicinandosi.
<< Non lo so. >> Ammisi sfilando l'orologio dal polso di
Emmett per osservarlo meglio. Ruotai
nuovamente il quadrante facendo sparire il verde e ricomparire i
puntini gialli. Li osservai con attenzione. << Emmett, corri.
>> Sentenziai.
<< E dove? >>
<< Dove vuoi, ma corri! >> Scattò veloce, in pochi
secondi fu completamente fuori dalla mia vista e dalla mia mente. I
miei occhi erano puntati su quelle lucine e poi... bingo! <<
Eccolo! >> Se quel punto giallo che si stava spostando era mio
fratello avrei dovuto vederlo ricomparire... adesso!
<< È sufficiente? >> Domandò con il suo vocione,
ricomparendo dalla fitta boscaglia.
<< Direi di sì. >> Volevo sorridere ma non lo feci, era
come se fosse divenuto un gesto scaramantico, quando Bella sarebbe
tornata fra le mie braccia, allora mi sarei preso il lusso di
sorridere di nuovo.
Spiegaci. La
voce di Rose nella mia mente mi riportò alla luce il fatto che
fossimo circondati da un branco di licantropi.
Permisi a tutti di osservare l'orologio. << Queste luci gialle,
siamo noi. >> Indicai me e i miei fratelli. << Questa
invece >> Girai il quadrante facendo scomparire le luci gialle
e comparire quella bellissima luce verde. << È Bella. In
questo momento è in mezzo all'oceano Atlantico. >>
Lo sguardo dorato di Rose mi fissò intensamente.
<< Com’è possibile?! >> Scattò Jacob.
Respirai profondamente. << Non lo so, posso solo supporre che
sia su un aereo e che qualcuno l'abbia rapita. >> Lanciai uno
sguardo fulmineo a mia sorella.
I Denali?
Anch'io ero giunto alla stessa conclusione. Non c'era nessun altro
che volesse Bella a tal punto. Non che io sapessi.
<< È una probabilità, per il momento quella più probabile.
>> Sospirai.
<< Beh? Cosa aspettiamo? Andiamo no?! Rivoglio il piccolo genio
con il pancione! >> La voce di Emmett aveva fatto tremolare il
terreno tanto era bassa e minacciosa.
La fiamma dentro il mio petto stava crescendo, anch'io la volevo
indietro e questa volta, per sempre.
<< Cosa possiamo fare noi? >> Jacob e altri cinque membri
del branco si fecero avanti.
Sicuramente ci sarebbero stati d'aiuto.
<< Avete i passaporti? >> Domandai scrutandoli attento,
mentre la concreta possibilità che venissero con noi si stava
facendo largo potentemente nella mia mente.
<< Sì. >> Tutti pensarono la stessa cosa.
Osservai i miei fratelli. << Saranno d'aiuto. >> Rose non
era del tutto convinta, ma non aveva osato fiatare, se la loro
presenza avesse in qualche modo aiutato a riavere Bella con noi, lei
non avrebbe certo ostacolato la loro venuta. Tornai a fissare Jacob.
<< Avete cinque minuti, poi partiremo. Rose, Emmett, andate
all'aeroporto e prenotate otto biglietti, cercate di scoprire che
aereo ha preso Bella e anche chi l'accompagnava. >> Mi sentivo
tanto un capo e il fatto che nessuno osasse discutere le mie parole
mi faceva sentire un po' troppo rude, ma in quel momento quella
sensazione passò in secondo piano.
Non c’era voluto molto, quello stesso giorno eravamo partiti e ora,
eravamo sparsi per tutto l'aereo, non potevo crederci, sembrava quasi
uno strano gioco del destino. Bella era stata portata via da un uomo,
non molto alto, dalla pelle bianca. Rose non aveva saputo scoprire di
più, il suo viso, come il resto di molti altri dettagli era stato
con cura celato dallo sconosciuto. L'unica nota positiva era che
finalmente sapevamo quale fosse la destinazione del volo preso da
Bella e dal suo carceriere: l'Italia.
In un certo senso tornavamo a casa. L'orologio mi mostrava la luce
verde muoversi senza fretta. Probabilmente il volo era atterrato e
ora la stavano trasportando. Speravo solo che avessero cura di lei e
che non le facessero del male, né a lei, né alla mia bambina.
La mia mente si rifiutava di prendere anche solo in considerazione
l'ipotesi che quella piccola nuova vita non fosse parte di me. Io
volevo Bella, la piccolina; volevo il pacchetto completo.
Rilassati, presto Bellina sarà nuovamente
con noi. Il pensiero di Emmett mi
fece ricordare una cosa molto importante, anche loro la volevano
indietro, non ero solo.
Le ore sembravano non passare mai.
Appena scesi dall'aereo, trovammo nostra madre attenderci
all'aeroporto. Il suo abbraccio era come sempre la cura a quasi tutti
i nostri mali. << Mi siete mancati. >> Sospirò finendo
di abbracciare Emmett.
Era strano che fosse sola, ma non mi soffermai più di tanto su
questo particolare, il suo sguardo chiedeva risposte per quei cinque
indiani di La Push che ci avevano seguito nel nostro viaggio.
<< Loro sono Jacob, Quil, Paul, Embry e Leah. Sono mutaforma.
>> Le parole di Rosalie erano state chiare e concise.
<< È un piacere conoscervi. >> Gli occhi dorati di Esme
non erano ancora limpidi, segno che le spiegazioni dovevano
assolutamente arrivare.
<< Ci aiuteranno >> Le dissi. << a trovare Bella.
>> Mi faceva male dire il suo nome. Ancora non riuscivo a
capacitarmi di come avessi potuto comportarmi in quel modo.
Prese un respiro profondo. << Siete i benvenuti. Mio marito ci
sta aspettando a casa. Sarete ospiti da noi. >>
<< La ringrazio a nome di tutti, signora Cullen. >> Parlò
finalmente Jacob, afferrando il suo borsone da spalla, cominciando a
seguirci fino al parcheggio sotterraneo.
<< Come stanno gli altri? >> Domandò Emmett, prendendo
posto accanto a nostra madre.
<< Tutto bene, eravamo in pensiero, Alice ha cercato di tenervi
sempre sotto controllo. >> Sorrise per un attimo. <<
Adesso capisco perché il noleggiatore mi ha detto di aver ricevuto
richiesta per due auto. >> Consegnò le chiavi della seconda
Mercedes nera, uguale in tutto e per tutto a quella che stava
guidando lei a Rosalie. << Ci vediamo a casa. >>
<< Sicuro, stai tranquilla. >> E anche la testa bionda di
Rose sparì nella macchina con i vetri oscurati.
Mentre la strada scivolava veloce sotto le gomme della macchina,
pensavo a quanto mi fosse mancato questo posto, la mia famiglia...
eppure, adesso non riuscivo a focalizzarmi su nient'altro che non
fosse Bella.
Mi scorrevano davanti agli occhi i momenti passati con lei, la sua
risata, le sue mani affusolate, i suoi occhi così luminosi e dolci.
Sì, sarei riuscito a portarla a casa, perché ero follemente
innamorato di lei.
Oh Edward. Sospirò
mentalmente mia madre, potei notare tramite i suoi occhi quanto la
mia espressione fosse mutata, nonostante il mio perenne aspetto di
diciassettenne, i miei occhi e la mia espressione erano veramente
cambiati, non sembravo un ragazzo, ma un uomo, che aveva preso la
decisione più importante della sua vita.
L'ingresso a casa fu un vero toccasana per me e per il mio animo,
allo stesso modo la pensavano anche Rosalie ed Emmett.
I Quileute erano basiti dal nostro modo di vivere, non credevano
possibile che noi “mostri” potessimo essere anche umani.
<< Wow. >> Esclamò a bassa voce Quil.
Mio padre arrivò in quel momento, accompagnato da Alice e Jasper,
quanto mi erano mancati!
Sorrisi abbracciandoli forte.
<< La troveremo. >> Mi sussurrò Jasper, che ben capiva e
sentiva il mio animo.
<< Benvenuti. >> Parlò Carlisle, accogliendo tutto il
folto gruppo. << Sono lieto di avervi qui, mia figlia Rosalie
mi ha già raccontato tutto. Non posso fare altro che ringraziarvi
fin da subito per il vostro aiuto. >> La stretta di mano fra
lui e Jacob stava segnando l'inizio della nostre alleanza, potevamo
farcela.
Fu solo un attimo, tutto divenne nero e la visione di Alice mi
congelò nell'animo. Bella, la mia Bella chiusa in una stanza
anonima, con una finestra a mostrare l'esterno. Stava bene. Era viva.
La visione era stata devastante per me, il sapere che Bella era
ancora viva era stato già un colpo, ma il vederla era stato
distruttivo. Ogni fibra del mio essere bramava di riaverla con me.
Aveva dovuto usare non poca dose del suo potere Jasper per calmarmi.
<< Dov'è?! >> Sibilai mostrando i denti. <<
Dov'è?! >> Ruggii invece la seconda volta.
Gli occhi neri di Alice mi stavano perforando, anche lei come me
stava rivivendo quella visione nella sua mente, cercando ogni singolo
particolare che avrebbe potuto aiutarci anche solo in minima parte.
Calmati Edward, cerca di mantenere la calma.
I pensieri di Jasper accompagnavano
buone dosi del suo potere, sentivo a mala pena la forza della sua
presa sul mio polso.
<< Hai avuto una visione? >> Le parole di Embry ci
riscossero, era chiaro che per loro questo era tutto nuovo.
<< Sì. >> Sospirò mia sorella. << Ho visto Bella,
è in una stanza, c'è una finestra. >> Si voltò verso di me.
<< Sembra che stia bene, adesso dobbiamo solo trovarla. >>
Edward, qui prendo io le redini.
Le parole di Jasper mi colpirono, aveva ragione, lui era l'unico in
grado di gestirci al meglio per ritrovarla.
<< Esme, potresti preparare qualcosa per loro? Dovranno essere
in forma per trovare Bella. >> Indicò i Quileute.
<< Certo. >> Concordò subito Esme, sparendo in cucina a
preparare tutto quello che poteva per rifocillare i ragazzi.
Lo sguardo serio di Jazz si posò su Rosalie. << Rose, tu hai
qualcosa di Bella che non sia stato contaminato da altri odori? >>
<< Sì, vado a prenderli. >> Sparì in salotto, tornando
meno di una manciata di secondi dopo con una valigetta in mano. <<
Ci sono alcuni suoi abiti, hanno ancora il suo odore addosso. >>
<< Ottimo. >> Toccò ad Alice passare sotto lo sguardo di
suo marito. << Alice, cerca di tenere Bella sempre sotto il tuo
potere, dobbiamo cercare di capire dove si trova e chi l'ha rapita.
>> La testa scompigliata di Alice annuì. << Inoltre
vorrei che controllassi anche il clan dei Denali. Se sono loro i
responsabili della sua scomparsa dovremmo riuscire a scovarli in
tempo, prima che le possano fare qualcosa. >>
Trattenni a stento un ringhio.
<< Edward, da te pretendo lucidità. Ci serve la tua velocità,
Carlisle, controlla negli ospedali, Bella è in stato interessante,
magari qualcuno dei suoi rapitori potrebbe farsi vivo. È un’idea
che non mi sento di scartare. >>
<< Bene. >> Acconsentì nostro padre.
<< Emmett, da te pretendo la massima attenzione, starai con
Edward, in caso di bisogno la tua forza ci sarà utile. >>
<< E noi? >> Si fece avanti Jake.
<< Voi sarete i nostri occhi e il nostro olfatto, avrete
accesso a posti, dove noi non possiamo andare. >> Sentenziò
Jasper. << Noi saremo attivi di notte, il giorno è vostro.
Potrete muovervi per la città senza problemi, al contrario di noi.
>>
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo 15
Due interminabili giorni erano già passati, il risultato era ancora nullo. Non avevamo scovato nulla. Mi sentivo impotente. Relegato a fare da spettatore, mentre i Quileute sondavano i dintorni.
Sbattei un pugno sul muro di mattoni antichi crepandolo.
<< Calma... >> Sospirò Emmett, che attendeva accanto a me notizie nuove. Per la prima volta lo vedevo serio, composto.
<< Mi sento inutile. >> Sibilai.
<< Ti capisco, ma non possiamo uscire con questo sole. Dobbiamo pazientare e attendere che Jacob torni con buone notizie. >>
Dovevo molto ai giovani Quileute, senza di loro non avremmo mai potuto battere la città durante il giorno, anche se i miei timori erano che ormai avessero trasferito Bella da qualche altra parte. Ma le visioni di Alice almeno servivano a calmarmi un po'.
L'orologio che Bella aveva costruito in questo momento non era di molto aiuto, non era preciso, segnava solo che lei era qui vicino, ma non il punto esatto. Il punto luminoso verde occupava una grande vastità di zona sul piccolo orologio, essere precisi era impossibile.
L'ultima visione risaliva a cinque minuti prima, Bella era sempre nella stessa stanza, c'era il sole e stava comodamente sdraiata a leggere un libro. Sembrava tranquilla. Almeno sapevo che stava bene e che non le avevano fatto alcun male.
<< Sono stato uno stupido. Come ho potuto lasciarla sola? Cosa diamine avevo in mente? >> Sospirai.
<< Sei un maschio, e noi maschi facciamo sempre cose stupide. >> Sentenziò Emmett, lasciando che il mio sguardo scandalizzato si soffermasse su di lui.
<< Ultimamente mi trovo spesso a confidarti i miei pensieri. >> Constatai.
<< Ho notato. Forse hai finalmente appreso la pura e semplice verità! Cioè che io sono il più furbo e intelligente di voi. Quando ho avuto la mia Rose fra le mani, non c'ho pensato due volte. Sarei stato uno stupido a lasciarmela sfuggire. >>
Avrei voluto ribattere, ma la sua arringa non faceva una piega. Era perfetta.
<< Cosa devo fare? >> Cosa diamine dovevo fare?
<< Io direi che stai facendo i passi giusti adesso, rimane solo una grande incognita. >> I suoi occhi dorati mi guardarono seri. << Io mi domanderei invece se Isabella ti potrà perdonare per averla abbandonata e se ti vorrà ancora con sé. Questo mi domanderei adesso. >>
Le sue parole mi freddarono, aveva ancora ragione.
Passai il resto della giornata immobile, risvegliato solo dalle visioni di Alice su Bella, mi rincuorava davvero il fatto che stesse bene. Sembrava serena, rilassata, cosa assurda se si considerava il fatto che l'avevano rapita. Ma forse la stavano trattando meglio di quanto sperassi.
Fu però la visione che Alice ebbe a fine serata che mi lasciò senza fiato. Bella era seduta sul letto e stava fissando una scatola di velluto blu con dentro un anello...
No, non era possibile!
<< E poi? Alice cerca di vedere! >> Ero terrorizzato a morte da quella scena, questo voleva dire che qualcuno stava cercando di portarmela via. Tutto adesso si basava sulla sua risposta, la mia vita si basava sulle visioni che Alice avrebbe avuto.
Afferrai Alice per le spalle, scuotendola, fortunatamente Jasper non era lì con noi o mi avrebbe staccato le mani con un morso!
<< Alice, ti prego, io devo sapere! >> Pigolai, ero disperato, dovevo sapere.
La visione arrivò potente. Isabella richiuse il piccolo anello nella scatola e lo gettò in mano a qualcuno, la mano era senza alcun dubbio bianca, quella di un vampiro.
Un ringhio esplose dentro e fuori di me. Chiunque fosse quel bastardo, lo avrei fatto a pezzi.
<< Edward ti prego, calmati. >> Sbottò esasperata mia sorella. Possiamo capire tutti come ti stai sentendo, ma in questo modo non ci aiuti. << Dobbiamo mantenere la calma e cercare di capire dove possa essere Bella, senza contare che nelle mie visioni non sembra che se la stia passando male. Hai preso in considerazione l'idea che magari non voglia essere salvata, ma che forse non voglia più avere niente a che fare con noi? >>
<< Che diavolo stai blaterando, Alice?! Certo che dobbiamo salvarla! >>
<< Ah si?! E perché? Non mi sembra che abbia tentato la fuga o abbia cercato di mettersi in contatto con noi. >> Sospirò aggiungendo. << Credo che l'esplosione sia stata causata volontariamente da lei, Edward. Probabilmente voleva che la credessimo morta. >>
Scossi la testa. << No.. no! E' assurdo quello che stai dicendo, non ha senso! Perché avrebbe dovuto farlo?! Che motivo aveva?! >> Non mi ero neppure reso conto che la mia voce era salita di volume.
<< Il bambino nel suo grembo, potrebbe essere la risposta. >> La voce di Jasper mi colse impreparato. Da quanto tempo era tornato?
<< Cosa centra il bambino? >> Sussurrai piano, cominciando a pensare che forse la supposizione di Jasper non fosse errata.
<< Quel bambino è tutto ciò che Bella ritiene di più prezioso, potrebbe aver inscenato la sua morte per deviare possibili minacce dal piccolo, ma a quanto pare non c'è riuscita. >> Di Jasper avevo sempre ammirato la sua freddezza davanti anche alle catastrofi che colpivano la nostra famiglia. << Comunque Alice non ha torto, Bella potrebbe non voler avere più niente a che fare con noi, e se fosse così noi, dovremmo rispettare la sua volontà. >>
Un ringhio sfuggì al mio controllo. << E' assurdo! Tutto questo parlare non ha senso! Io la rivoglio con noi, con me! E' qui il suo posto! >>
<< Così parla un Volturo, ma non un Cullen. >> Anche Carlisle era entrato nella stanza. << I Quileute sono tornati, non ci sono novità, mi dispiace. >>
Il mio sguardo si era spento nuovamente. << Scusatemi, ho bisogno di rimanere da solo. >> Mi rintanai sulla torre dell'orologio, lontano da occhi indiscreti e lontano dai raggi del sole che stava tramontando. << Dove sei Bella... >> Mormorai piano, lasciando che la mia voce si perdesse nell'aria tiepida.
Osservavo tutti quegli esseri umani, ignari del mio sguardo e della mia gelosia. Loro avevano potuto scegliere chi volere al loro fianco, senza paure, perché a me questo non era stato concesso? La donna di cui mi ero piano piano innamorato era fragile, per quanto il suo spirito fosse forte, il suo corpo era come porcellana, facile da rompere.
Il venticello mi stava scompigliando i capelli, la sera era finalmente giunta, le luci delle case cominciarono ad accendersi e le risate, le urla, le parole dolci sussurrate riempirono le mie orecchie.
Anch’io volevo quella vita, anch’io volevo Isabella al mio fianco.
Eppure, le parole di Jasper stavano scavando dentro di me, e se lei non mi avesse voluto con sé?
Stavo diventando come un Volturo? Assottigliai gli occhi, possibile che stessi perdendo il lume della ragione?
Appoggiai la mano sul muro della torre, era così ruvido, non trasmetteva nulla. Anch’io agli occhi di Bella dovevo aver sorbito lo stesso effetto. I suoi occhi delusi quando avevo rifiutato di rimanere con loro non mi davano tregua. Come avevo potuto essere così sciocco?
Sollevai ancora lo sguardo, perdendomi fra i tetti e comignoli della piccola roccaforte. Mi sentivo come al centro di un ciclone, tutto attorno a me vorticava furioso e non c'era pace. Mi serviva un appiglio, un pensiero sicuro per non soffocare, per non perdermi.
<< Le tue emozioni sono tutte aggrovigliate. >> Parlò Jasper, rivelandosi sotto la luce fioca della luna.
<< Jasper.. >>
<< So che vuoi rimanere da solo, Edward, ma le tue emozioni sono talmente forti da raggiungermi anche a chilometri di distanza. >>
Sospirai. << Mi dispiace. >>
<< E di cosa? Sei innamorato e hai perso la persona più importante della tua esistenza, non devi scusarti. >> Si appoggiò al muro accanto a me. << E' un bellissimo spettacolo. >> I suoi occhi erano rivolti al paesaggio.
<< Già. >> Riuscii solamente a dire.
<< I cambiamenti per noi vampiri sono pochi ma perenni. Se tu dovessi trovare Bella, cosa faresti, la legheresti a te per sempre? >> I suoi occhi color oro mi fissavano seri.
<< Non lo so, vorrei, ma la farei scegliere. Se lei non mi vuole accanto, dopo quello che ho fatto, la capirei, però al contrario, se lei mi accettasse, sarei il vampiro più felice del mondo. >> Sorrisi amaramente.
<< E se trovassi il suo rapitore? >> La sua voce si era abbassata di qualche tonalità. << Cosa faresti, Edward? >>
Fu solo questione di un secondo e i miei occhi divennero neri, profondi, cattivi. << Lo ucciderò. >> Sentenziai sicuro.
Jasper si staccò dal muro e avanzò verso il centro della torre voltandosi poi nuovamente verso di me. << Allora attaccami. >>
I miei occhi si ridussero a due fessure.
<< Io ho rapito Bella, sono io il suo carceriere, Edward. >> Sicurezza, c'era sicurezza nei suoi occhi.
<< No... non puoi essere tu... >> Sussurrai sconvolto.
Il ghigno di Jasper si fece sottile. << Perché no? Perché sono tuo fratello? >> Tirò fuori dalla tasca una scatolina familiare. << La riconosci questa? >> La aprì mostrandomi lo stesso anello della visione di Alice.
I miei occhi si allargarono sorpresi. No, non poteva essere lui, non Jasper, non uno dei miei fratelli.
<< Voglio renderti le cose più facili, Edward. Non ho fatto tutto da solo. >> E Alice arrivò in quel preciso istante al fianco del suo compagno.
<< Facili? >> Sibilai, sentendo la rabbia e la delusione farsi strada dentro di me, come un serpente pronto a sollevarsi e colpire.
<< Edward, ascoltami. >> Cominciò Alice. << Qualche giorno prima della vostra partenza una visione mi aveva lasciata senza fiato, c'era Bella, morta e tu poco distante da lei, ridotto a pezzi e bruciato. >> E mentre le sue parole mi arrivavano alle orecchie, le immagini di quella tremenda visione inondarono la mia mente. << Ero sconvolta, non riuscivo a capire come fermare quel futuro così imminente. >>
<< Si confidò con me, provammo a vagliare tutte le possibilità ma in ogni visione finivate morti entrambi. >>
Gli occhi limpidi di Alice mi stavano implorando continuare ad ascoltare. << Ho provato a inserire un elemento esterno a voi, Jasper. >> Il suo sguardo si posò su di lui. << Con lui presente, la visione e il vostro futuro erano cambiati. Entrambi eravate in vita. Sani e salvi. >>
<< Cosa è successo esattamente? >> Sibilai sentendo ancora rabbia dentro di me.
Jasper cominciò a ricordare e a parlare. << Quando avete lasciato la casa diretti all'aeroporto, sapevo di avere pochi attimi. Mi sono intrufolato in casa, Bella mi ha visto e ha cercato di scappare, ma grazie al mio potere l'ho calmata, inducendola ad ascoltarmi. Le ho detto chi fossi e perché ero lì. Mi ha creduto subito, si è fidata. Assieme abbiamo inscenato la sua morte, ho fatto scattare io la distruzione della casa, mentre Bella mi aspettava fuori. >>
Ancora non riuscivo a credere a tutto quello che mi stavano svelando. << Perché? Chi voleva la nostra morte? >> Cercavo di mantenere la mente lucida, dovevo farlo, anche se la mia parte vampiresca reclamava vendetta.
<< Non sono riuscita a capirlo dalle visioni, ma credo che possano essere solo quelli del clan di Denali. Nessuno poteva avercela con te e Bella se non loro. >> La voce di Alice, di solito così squillante mi pareva ora troppo seria.
Posai la mano su uno dei mattoni della torre, era un modo per distrarmi dai miei propositi non proprio fraterni. << Perché non mi avete detto la verità una volta arrivati qui? >> La mia voce era tesa, anche Alice e Jasper se ne erano accorti.
<< Bella non ha voluto. >> E quelle parole furono una pugnalata al cuore.
Non potei impedire al mio viso di scattare verso mia sorella.
<< Bella non ha voluto dirti niente perché non vuole che tu possa sentirti obbligato nei suoi confronti. Vuole che tu sia libero. >> I miei occhi si fissarono sulla figura longilinea di Jasper.
<< Lei non mi vuole? >> Mi era costato uno sforzo incredibile fare quella domanda, ma dovevo avere assolutamente una risposta.
<< No, lei non ti vuole, Edward. >> E lì il mio cuore si sbriciolò. Il volto di Jasper divenne sofferente, sentiva, avvertiva tutto quello che io stavo provando. << Ti voleva, aveva un sentimento in fiore per te, si sentiva attratta, era amore, Edward. Il suo era amore, ma tu, l'hai ucciso prima che potesse sbocciare. >> Continuò, lasciando che le sue parole facessero riaffiorare lo sguardo deluso di Bella, il giorno in cui io avevo deciso per me e per lei.
<< Mi amava... >> Mormorai piano.
<< Sì, ti amava Edward, lei ti amava. >>
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Titolo: Non voglio perderti
Autore: Goten
Beta: Giusy
Capitoli: Non so proprio dirlo... ^^
Paring: Edward – Bella
Capitolo 16
I Quileute quella notte appresero una parte di verità, Jacob ed io
fummo condotti di nascosto a spiare Bella, era tranquilla, al sicuro,
ignara che sei occhi la stessero guardando in quel momento.
Jasper e Alice fornirono ai lupi tutto il necessario per ritornare a
Forks, Jacob era stato il più restio a lasciare Bella in Italia, ma
aveva avuto la promessa solenne di noi Cullen che lo avremmo avvisato
in qualunque momento fosse servita la sua presenza.
Io invece ero divenuto uno spettatore notturno.
La spiavo senza riuscire ad attraversare quella sottile lastra di
vetro della finestra che ci divideva. La sua pancia cresceva piano
piano.
Alice e Jasper l'avevano trasferita in una casa vicino a Palazzo dei
Priori, dove noi avremmo potuto intervenire in caso di bisogno. Di
giorno vagava per le stradine del piccolo borgo, io non potevo fare
altro che nascondermi alla vista del sole e seguirla in silenzio.
Erano divenute rare anche le mie battute di caccia, non capivo perché
mai avrei dovuto sopravvivere se lei non mi voleva più al suo
fianco. Così resistevo per il tempo che mi era concesso e poi mi
sfamavo con il minimo indispensabile per poterle stare vicino.
I giorni ripresero a scorrere abbastanza normali, i miei familiari
non sapevano più cosa fare per me, sapevano che solo Bella avrebbe
potuto ridarmi una vita normale, Esme e Carlisle si erano presentati
a Bella, scoprendola piacevole e simpatica, oltre che geniale, ma io
già conoscevo tutte queste sue qualità.
Era stato commovente vederla sorridere di gioia nel riabbracciare
Emmett e Rose, non c'era giorno in cui io mi allontanassi da lei.
<< Perché non vai da lei? >> Mi sussurrò Jasper,
mettendosi accanto a me, il cielo era nero, coperto interamente dalle
nuvole, ben presto il freddo avrebbe spazzato via quel poco che era
rimasto dell'estate.
<< No, è meglio di no. >> Mormorai piano, nonostante
sapessi che mio fratello poteva avvertire tutto il mio dolore.
<< Mancano pochi giorni al parto, Carlisle dice che è in
ottime condizioni. >> Annuii, anche se già avevo letto nella
mente di nostro padre tutte le informazioni sul suo stato di salute.
<< Ma io ogni tanto scorgo tanto dolore in lei, anche oggi ha
chiesto ad Alice se tu fossi arrabbiato con lei. Edward non è giusto
farla sentire così in colpa. Lei crede che tu la stia odiando perché
è ancora qui con noi. >>
Mi voltai a guardarlo. << E' assurdo, Jasper, io non la odio,
casomai il contrario. >>
<< E allora vai a dirglielo. Edward potresti sempre
riallacciare un bellissimo rapporto. Spiegale tutto. Non lasciare che
le sue paure e i suoi timori abbiano la meglio. >>
Le parole di Jasper erano vere, erano passati i mesi ed io ero ancora
lì. Se anche lei non mi avesse più voluto come uomo, avrei potuto
starle accanto come amico... ma ne sarei stato capace?
Ed eccola insinuarsi nuovamente; la speranza. << Jasper,
smettila di alimentarla, non serve... >>
<< Io non sto facendo nulla, stai facendo tutto da solo. >>
Accennò a un sorriso. << Vai da lei, chiaritevi, vi farà
bene. >>
E adesso mi trovavo come uno scemo davanti alla sua porta senza avere
il coraggio di bussare e di farmi avanti. Osservai il bracciale al
mio polso, il leone che da sempre contraddistingue noi Cullen mi
fissava serio.
<< Forza Edward, puoi farcela. >> Sussurrai a me stesso,
prendendo coraggio e bussando con gentilezza alla sua porta.
<< Entra Alice. >> Sorrisi intenerito, credeva che fossi
mia sorella. Speravo solo di non darle una delusione.
Abbassai la maniglia e con il cuore in mano entrai nella sua piccola
casetta, i muri antichi, le stanze piccole e accoglienti erano
deliziose. Avvertivo il suo ciabattare avvicinarsi e infine,
eccola... i suoi occhi si erano spalancati stupiti e il suo cuore
aveva preso a battere furioso. Ero in paradiso.
<< Edward.. >> Sospirò debolmente, e quello fu un suono
meraviglioso per me.
<< Ciao Bella. >> Le sorrisi gentile. Jasper aveva
ragione, potevo riallacciare i fili del mio destino con lei, ma non
come amico. Non ne sarei mai stato capace, e questo ormai lo avevo
capito più che bene.
Sembrava che il tempo si fosse fermato davvero, eravamo immobili come
delle statue, o forse era il mio senso del tempo che stava cambiando?
<< Ti trovo bene. >>
Il suo sopracciglio scuro si arcuò, formando un arco perfetto. <<
Grazie. >> Non aveva un tono ostile, ma leggermene incredulo.
Potevo capirla.
Vagai con lo sguardo nella stanza, e lì trovai un piccolo appiglio.
<< Che ne dici di sederci? Vorrei pararti. >>
La sua testa si voltò verso la mia meta: il divano.
<< Ti prego, vorrei spiegarti alcune cose... >> La stavo
implorando? Probabile, e avrei fatto anche di più se non mi avesse
concesso il suo tempo.
<< Sì, certo. >> Sussurrò piano. Che fine aveva fatto
la ragazza sicura di sé?
Ci accomodammo sul comodo divanetto bianco. Sembravamo due estranei,
ma non era così, e soprattutto io non volevo che fosse così.
Intrecciai le mie dita in una muta preghiera, e sperai vivamente che
ascoltasse le mie parole. << Bella, io ti devo delle
spiegazioni. >>
Questa volta entrambe le sue sopracciglia si arcuarono.
<< Fidati, te le devo e vorrei che tu mi ascoltassi. >>
Annuì silenziosa ed io racimolai il mio coraggio, presi un bel
respiro, l'aria era satura del suo odore, e cominciai a parlare. <<
E' cominciato tutto quando sono stato mandato a Forks, non avevo idea
che questo viaggio avrebbe potuto cambiare così radicalmente la mia
immortalità. >> La guardavo serio negli occhi, il suo
silenzio, lo presi come un incoraggiamento a continuare. <<
Quando ti ho vista la prima volta... >> Parlai senza alcun tipo
di interruzione, Bella ascoltava e annuiva ogni tanto, nel cielo le
stelle si erano mostrate accompagnate dalla luna. << … quel
giorno, quando stavamo partendo, avrei voluto rimanere con te e con
la bambina, lo volevo più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma
temevo che la mia presenza avrebbe potuto solo arrecarvi pericolo. >>
Sospirai cominciando a sentirmi meglio.
<< Quindi tu non sei arrabbiato con me? >> La sua voce
era roca, segno del troppo tempo passato in silenzio ad ascoltarmi.
<< No, non potrei mai essere arrabbiato con te. >> Presi
le sue mani nelle mie fredde. << Isabella, io ti a... >>
Una delle sue mani scivolò via dalla mia presa e si posò sulle mie
labbra, fermandomi.
<< Non dirlo. >> Sussurrò piano ed io sentii il mio
cuore rompersi in mille pezzi. I suoi occhi avevano un velo di
tristezza. << Non dirlo Edward. Ora non posso sentirlo. >>
Le sue parole, per quanto fossero sussurrate, sembravano stiletti
affilati nel mio petto. Non potei fare altro che abbassare lo sguardo
e annuire tristemente.
La sua mano lasciò il mio viso ed io in un disperato tentativo la
presi con la mia baciandole il dorso. << Anche se tu non vuoi
sentirlo dalle mie labbra, so' che hai capito. >>
<< Sì, ma una cosa non detta è meno triste se non dovesse
avverarsi... >> Sfilò nuovamente la sua mano dalla mia,
accarezzandomi gentilmente il viso.
<< Certo... >> Sussurrai piano. << Credo di averti
rubato abbastanza tempo >> Mi alzai dal divano, lasciando che i
suoi occhi mi osservassero uscire << buona notte. >> Le
dissi gentile, mentre chiudevo l'uscio della porta, lasciando dentro
quella casa il mio cuore e la mia speranza. Adesso veramente non
avevo più neanche quella.
Fui più veloce del solito nella mia folle corsa verso casa, non mi
chiusi in camera, no, mi sigillai dentro.
<< Ho bisogno di rimanere solo. >> Risposi solamente a
mia madre, poco prima che alzasse la mano per bussare alla mia porta.
Sapevo che non avrebbe insistito, ma sapevo anche che se avessi avuto
bisogno di lei avrei potuto semplicemente chiamarla.
Feci scorrere le mie dita sui tasti in avorio del mio pianoforte
nero, la sensazione sui polpastrelli era unica, speciale. Mi sedetti
sullo sgabello e appoggiai piano le mani sui tasti, il suono
perfettamente accordato mi scivolò dentro, quasi senza accorgermene
cominciai a suonare una triste melodia. Era lo specchio del mio
essere in quel momento. Bella non voleva che le dicessi quanto il mio
amore per lei fosse diventato profondo, non voleva sentirlo. Eppure
io lo provavo, ed era talmente forte da far male. Mi sentivo
respinto, non voluto. Era così che l'avevo fatta sentire io? Le note
diventarono più basse e cupe, e la triste melodia divenne ancora più
malinconica.
La gioia del saperla viva era stata rimpiazzata dal suo rifiuto.
Chiusi i miei occhi e subito mi apparve il suo bellissimo viso,
conoscevo ogni tratto, ogni singolo pezzetto di lei, il suo odore, il
suo tocco gentile, il suo calore... ed ecco che la melodia prese un
ritmo più incalzante, nonostante le note si siano alzate solo di
un'ottava.
Nella mia mente i ricordi passavano veloci, rapidi, mi sembrava di
non riuscire più a fermarli, lei, c'era sempre e solo lei, come se
fino a quel giorno in cui l'avevo vista per la prima volta non avessi
mai vissuto.
La verità era che le avevo lasciato il mio cuore ed era solo lei a
custodirlo.
Mi sarei accontentato di rimanerle vicino, dovevo essere forte e
mascherare il mio amore per lei. Questo era quello che avrei fatto.
Le dita si fermarono, lasciando le che le ultime note si spegnessero
nell'aria.
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Capitolo 17
Il tempo riprese a scorrere attorno a me, tutti avevano la loro vita, le loro abitudini... io avevo Bella che non voleva amarmi. Questo però non m’impediva di andare da lei e di distruggermi poco alla volta.
Il sorriso gentile che mi rivolgeva era un balsamo per il mio animo che sprofondava nelle tenebre più cupe quando rientravo a casa.
Leggevo nella mente di Esme quanto fosse dispiaciuta per tutto questo e che non dovevo arrendermi, soffrivo anche per lei, perché sapevo quanto mia madre mi amasse e quanto tenesse alla mia felicità.
Anche quel giorno andai da Bella, bussai alla porta ed entrai.
<< Ciao. >> Mi sorrise sempre gentile, anche se notavo una certa titubanza nell'avermi lì. << Accomodati. >>
<< Grazie. >> Mi sedetti sul divano che ultimamente mi ospitava spesso. << Allora? Niente dolori ancora? >> Le chiesi, sapendo che Carlisle aveva pronosticato che ogni momento era buono.
<< No, non ancora. >> Si mise seduta sulla poltroncina di fronte alla mia, accarezzandosi la pancia. << Non né vuole sapere di uscire a quanto pare. >>
Sorrisi, << Si trova bene lì dentro, è al sicuro. >> allungai la mano, fermandomi poco prima di sfiorare il suo ventre gonfio. << Posso? >>
Fu Bella ad afferrare la mia mano e a posarla sulla pancia. << La senti? >> Mi domandò sorridendo felice. La bimba decise di muoversi in quel momento.
<< Sì. >> Sorrisi come uno scemo. << La sento, è bellissimo. >> M'inginocchiai davanti alla donna della mia vita e mi avvicinai piano parlando con il suo pancione. << Ciao piccolina, credo che sia arrivato il momento di uscire sai, la mamma non potrà tenerti lì dentro per sempre. >>
Bella ridacchiò piano, ma io continuai. << E poi, la zia Alice ha già in mente un sacco di vestitini da farti provare, e anche la zia Rosalie non vede l'ora di abbracciarti sai. >> La mano di Bella mi accarezzò la testa, chiusi gli occhi e sospirai. Eravamo un quadretto familiare quasi perfetto. Peccato che fosse tutto frutto della mia fantasia.
A malincuore mi staccai e dopo averla guardata forse con troppa adorazione, decisi di allontanarmi da lei, riprendendo posto sul divano.
<< Scusami, ti sarò sembrato sciocco. >> Ero imbarazzato, non volevo rendere le cose più difficili di quanto non lo fossero, ma non potevo evitare di starle accanto. Ero masochista. Pregavo sinceramente che dalle sue labbra non uscisse mai il desiderio di lasciarla stare, perché in quel caso davvero non so cosa avrei fatto.
<< No, sei molto dolce Edward. Non ti trovo sciocco. >> Un delicato color rosa le imporporò le guance.
Mi sentivo piacevolmente felice, adoravo sapere e sperare di essere l'unico a farle quell'effetto. << Che nome hai scelto per la piccola? >>
Ecco, questo era terreno neutro e soprattutto vidi gli occhi di Bella accendersi per l'entusiasmo. << Ne ho pensati alcuni, ma non volevo sceglierlo da sola il nome. >>
Aggrottai le sopracciglia. << Alice e Rose non ti hanno aiutato? >> Strano, le mie sorelle e forse anche mia madre avrebbero fatto a gara per aiutarla a scegliere il nome della loro futura nipotina.
<< Sì, avrebbero voluto, ma io volevo che fosse qualcun altro a sceglierlo con me. >> Sbaglio o era in imbarazzo. Che le prendeva?
<< Capisco, è una scelta importante, dovresti in teoria sceglierlo con il padre, ma non credo che sia a conoscenza della tua esistenza adesso... >> La vidi annuire ancora con un po' di rosa sulle guance, questa cosa mi stava rendendo curioso. << Beh, se mi dici chi devo chiamare... Carlisle? >> Scosse la testa negativamente. << Esme? >> Ancora no, non poteva essere... << Emmett? >> Domandai titubante.
<< Oh per favore no, lui avrebbe scelto Oscar come nome, come il cartone Lady Oscar. Vorrebbe crescerla come un maschio. >> Ridacchiò ed io mi unii a lei, in effetti, Emmett aveva un ragionamento tutto suo.
<< Rimane solo Jasper, vuoi che lo chiami? >>
<< No, Edward, davvero, non serve. >> Sorrise stavolta imbarazzata, ma se non voleva nessuno di noi, allora chi? << Che ne dici invece di cominciare? >> Si alzò andando in cucina, afferrò un piccolo blocco e tornò a sedersi accanto a me.
Io la guardavo senza capire.
<< Allora, io avrei pensato a Caroline, ma non mi sembra che suoni molto bene, poi avevo come seconda scelta Lilian, ma credo che scatenerei una guerra fra Rose e Alice scegliendo questo nome, dato che Lilian è il secondo nome di Rose, poi.. >>
<< Aspetta, aspetta. Che stai dicendo? >> Non capivo.
Si umettò le labbra e tornò a fissarmi con i suoi occhi così profondi da perdermi dentro. << Sono i nomi per la bambina... io.. credevo che lo avremmo scelto assieme. >> E il rosso tornò a farla da padrone sulle sue guance. << Forse ho sbagliato. >> Sussurrò piano. << Scusami io credevo che.. >>
<< Lo vuoi scegliere con me? >> La guardavo sorpreso.
<< Beh sì, ma se tu non vuoi, non fa nulla, davvero è solo che a Forks credevo che tu.. ah, senti non fa niente, davvero. >> Chiuse il blocco agitata, il suo cuore batteva più veloce del normale.
La mia voce risuonò sicura. << A Forks io ho dichiarato davanti a Mike Newton che il bambino era mio, e lo considero tutt'ora. >> Sospirai. << Io considero te e la tua bambina la mia famiglia, io le voglio già bene, anche se non l'ho ancora vista. E poi... >> Lasciai vagare lo sguardo sul suo viso, il mio pollice accarezzò le sue labbra morbide. << … sappiamo bene che per te provo qualcosa che tu non vuoi sentire. >> Finii mormorando rocamente.
<< Edward io.. >> Stavolta fui io a zittirla, posando la mia mano fredda sulle sue labbra.
<< Sshh, va bene così Bella, nel momento in cui tu lo vorrai io, ci sarò, e se invece un giorno deciderai di non volermi più con te, io mi metterò da parte. >> Sorrisi triste. Avrei dovuto trovare la forza di farlo.
Le presi il blocco dalle mani e lo aprii osservando i nomi scritti a penna, sentivo il suo sguardo su di me, mi piaceva, lo avrei voluto per sempre.
<< Questo mi piace. >> Le indicai il secondo nome di Rose. << Questo no. >> Si avvicinò a me cautamente osservando anche lei la lista dei nomi.
Piano piano la tensione si sciolse e dopo una bella tazza di tea con biscotti e ventisette nomi improponibili, eravamo arrivati forse ad una svolta.
<< Che ne dici di Elizabeth. >> Le proposi.
Volse il suo sguardo verso l'alto e lo pronunciò più volte. << Elizabeth... mi piace, è molto bello. >>
<< Bene. >> Annuii contento, un giorno le avrei rivelato che quello era il nome di mia madre. << Quindi siamo fra Lilian che ancora è in lista e Elizabeth. >>
Si mordicchiò il labbro inferiore. << Io scarterei Lilian e terrei Elizabeth, mi piace molto. >> Mi guardò aspettando una mia risposta.
<< Piace molto anche a me. >> Ammisi, contento, cancellando l'altro nome lasciando quello scelto in bella vista.
<< Direi che abbiamo scelto il nome, papi. >> Ridacchiò contenta, mentre io nel risentire quel nomignolo sentii uno spicchio di felicità in più.
<< Sembrerebbe di sì, mammina. >> La punzecchiai stando al gioco.
Era bello rimanere così vicini rilassati, piacevole e in fondo al cuore sapevo di averlo desiderato tanto, osservai il cielo dalla finestra. Era scuro, che ore avevamo fatto? << Non credi che sia meglio per te mangiare qualcosa? >>
La vidi arcuare le sopracciglia. << Sì, in effetti, ho un po' di fame. >> Rifletté ad alta voce.
<< Ottimo. Rimani lì seduta, ti preparo qualcosa. >> Mi alzai dal divano arrivando in meno di un secondo in cucina.
<< Hey, guarda che non sono malata. >> Brontolò arrivando dietro di me.
<< Mai detto che lo fossi, ma non ti voglio vicino ai fornelli, e poi se non ricordo male, a Forks cucinavo io ogni tanto e non ti sei mai lamentata della mia cucina. >> Mi voltai con il mestolo in mano.
Il suo sguardo era scettico. << Se anche mi lamentassi tu non mi lasceresti cucinare, dico bene? >>
<< Dici bene. >> Le confermai fermo.
Sbuffò contrariata ma si mise seduta sulla sedia. << Allora non sprecherò nemmeno le forze per controbattere. Vediamo, cosa mi cucini papi? >> Ironizzò con un piccolo ghigno in volto.
Mi abbassai arrivandole di fronte, eravamo occhi negli occhi. << Ti piacerà, fidati. >> E dovetti fare forza su me stesso per non baciarla. Le sue guance erano nuovamente tinte di rosa. Le adoravo.
Cominciai a trafficare con le padelle, misi a scaldare il sugo di pomodoro, riempiendo il piccolo ambiente con il suo profumo, Bella si era alzata e stava apparecchiando la tavola. Mi piaceva questa situazione, sembravamo davvero una famiglia in procinto di cenare.
Misi il sale nell'acqua e poi appoggiai la pentola sul fuoco e attesi che cominciasse a bollire. << Spero che la pasta con il sugo ti piaccia. >>
<< Se la fai tu, sicuramente. >> Scherzò. << Hai salato l'acqua? >>
<< Si tesoro. >> Scherzai, il sugo mi sembrava pronto, ne presi un po' nel cucchiaio e glielo porsi. << Assaggia, dimmi che ne pensi. >> Era accanto a me, osservava il cucchiaio di legno con dentro un po' di sughetto, soffiò piano sul cucchiaio cercando di raffreddarlo e poi lo assaggiò, la sua espressione era compiaciuta.
<< Ottimo. Buono, molto buono. >> E s’impossessò del cucchiaio, rubando dal pentolino dell'altro sugo.
<< Hey, guarda che va sulla pasta. >> Cercai di riprendere il cucchiaio, ma ottenni solamente di sporcare la mia faccia con schizzi di sugo rosso, la risata argentina di Bella si propagò per la stanza.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Bisogna che lo dica:
SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE
Questo capitolo era già stato fatto a gennaio e non l'avevo pubblicato. Sorry.
Durante questa estate, anzi, devo dire in questi giorni, stò riprendendo in mano la storia per portarla a termine.
Vi chiedo ancora scusa per il tempo che ci ho messo, spero che andrete comunque avanti a leggerla fino alla fine, anche perché non manca molto :D
A presto, Goten ^^
Capitolo 18
La televisione stava trasmettendo un altro film in previsione del Natale, Bella dormiva tranquillamente addosso a me.
Dopo aver mangiato la mia “pasta sublime” come l'aveva definita, avevamo preso possesso nuovamente del divano e con tranquillità c’eravamo messi a guardare dei vecchi film che trasmettevano sulle reti locali.
Il suo respiro calmo e il battito del suo cuore mi tenevano compagnia. Le avevo messo una coperta addosso, anche se non capivo come facesse a dormire con la testa sulle mie gambe, considerando che ero freddo e duro come il marmo... fortunatamente Alice aveva pensato all'arredamento e questo divano era particolarmente morbido.
La mia mano le sfiorava i capelli. << Come vorrei sapere cosa stai sognando in questo momento... >> Le sussurrai piano, ben consapevole che comunque non mi avrebbe sentito. << Sai che ti amo da impazzire? Beh, è così. Sono pazzo di te, adoro tutto ciò che sei. Non so se riuscirò a mettermi da parte quando troverai qualcuno che possa prendere il mio posto. Ma so per certo che quel giorno io morirò di dolore. >> Inspirai forte il suo profumo. << Ti ho aspettata per così tanto tempo. Sai, noi vampiri siamo congelati nel tempo, ma se qualcosa in noi cambia, è per sempre, e tu, mia dolcissima Bella, hai rubato la mia anima e il mio cuore. Ti apparterranno per sempre. Non amerò mai nessun'altra che te. >> Le spostai i capelli dal volto. << Dormi mio unico amore, veglio io su di te. >>
Le ore cominciarono a passare in silenzio, e piano piano l'alba cominciò a tingere il mondo, dalla finestra i raggi del sole invernali entrarono colpendo la mia figura, ma io ero troppo preso dal cuore di Bella per preoccuparmi di tutti quegli arcobaleni che la mia pelle stava riflettendo.
Vidi le palpebre tremolare e poi i suoi occhi si aprirono.
<< Buon giorno >> Le sussurrai.
Aveva ancora lo sguardo sonnacchioso. << Sei bellissimo. >> La sentii sussurrare. La sua mano si alzò accarezzandomi la guancia, io non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo viso. Perché i suoi pensieri mi erano celati? La mente dell'unica persona al mondo di cui m’importava era muta. Era ingiusto. Il suo cuore batteva forte e veloce. << A volte mi sembra di sognare, >> Continuò con voce debole. << è incredibile che tu sia qui con me. >>
Le presi la mano, baciandogliela sul dorso. << Io sarò sempre qui per te, Bella. Ti amo, non puoi farci nulla. >> Sorrisi tristemente.
<< Non dovevi dirmelo... >> Mise ai lati del mio viso le sue mani calde e mi tirò verso di lei, unendo per la prima volta le nostre bocche in un bacio a stampo, delicato come una farfalla ma importante come l'universo. << … adesso è reale ed io non posso stare senza di te. >> Soffiò piano sul mio viso.
Sorrisi come uno scemo. << Ne sono felice. >> E la baciai con passione. Era solo mia, finalmente.
Passai le mani sul suo viso, imprimendolo ancora di più in me, adoravo vedere quella scia di rosso che le mie dita si lasciavano dietro e il battito veloce del suo cuore era musica per le mie orecchie. << Ora che ti ho qui di nuovo con me, non voglio perderti, mai più. Amore mio. >> E le baciai nuovamente le labbra.
Era celestiale sentire le sue mani nei miei capelli e poi scorrere sulle mie spalle...
<< Edward... aspetta... >> Mormorò piano.
Cosa dovevo aspettare ancora? Non volevo staccarmi neanche per idea.
<< Edward fermati... >> Sentii le sue mani premere contro il mio petto, cercando di allontanarmi.
Cercai di non pensare che mi stesse davvero allontanando, perché adesso non sarei veramente sopravvissuto. << Cosa c'è? >> Le chiesi dolce, cosa la stava preoccupando?
<< Mi si sono rotte le acque. >>
Spalancai gli occhi osservando poco più in giù la macchia di bagnato che si stava allargando. << Sta per nascere! >> Esclamai scioccato, alzandomi velocemente. La presi in braccio e la depositai con cura sul lettone. << Calma, adesso calma. >> Dissi ad alta voce.
<< Sì, calmati Edward. >> Ridacchiò lei vedendomi così agitato. << Chiama Carlisle. >> Mi suggerii notando che non riuscivo più a ragionare.
<< Giusto. >> E così feci, immediatamente chiamai a raccolta la mia famiglia. << Carlisle, si sono rotte le acque, stiamo per partorire! … No, Bella sta per partorire non io! >>
Bella ridacchiava imbarazzata per i miei strafalcioni telefonici. << Sembri proprio un papà agitato. >>
Mi portai vicino a lei, sedendomi sul lettone al suo fianco. << Vorrei davvero che fosse mia figlia, Bella, se tu me lo permetterai, io vorrei non solo starle vicino, ma vorrei essere un padre... e un marito. >> La vidi spalancare gli occhi e trattenere il fiato. << Che ne dici? >>
Aprì la bocca per parlare ma non uscì nessun suono. Era un sì oppure un no?
<< Bella! >> Esme, Rosalie e Alice scelsero quel momento per entrare e sbattermi fuori dalla stanza senza la mia agognata risposta, qualche secondo dopo arrivarono anche mio padre e i miei fratelli.
I secondi, i minuti e le ore cominciarono a passare, non riuscivo a evitare di entrare nelle menti delle mie sorelle che stavano assistendo la donna della mia vita, si davano il cambio per evitare di rimanere troppo a contatto con Bella, la paura di fare del male a lei e alla piccolina spaventava tutti.
<< Edward, voglio Edward. >> Aveva cominciato a sussurrare la mia Bella a un certo punto, fra una spinta e l'altra.
Non avevo neppure lasciato che la porta si aprisse per chiamarmi, mi ero fiondato io dentro, mi misi accanto a lei, tenendole la mano, aveva il volto tutto sudato, stava soffrendo ma da donnina coraggiosa non aveva voluto che mio padre le desse qualche cosa per calmare il dolore.
<< Pronta Isabella? >> Domandò Carlisle. << Al tre spingi... uno, due... tre... >>
La sua mano strinse la mia, i suoi muscoli lavoravano sodo, il suo cuore batteva forte per la fatica.
<< Molto bene, brava, ancora una volta... uno, due... tre... >>
Esme passava una salvietta sul volto di Bella. << Forza bambina mia, ci sei quasi. >> Le sussurrava dolcemente.
<< Bella, vedo la testa, questa è l'ultima... pronta? Uno, due... tre.. >>
E con un ultimo sforzo, la testa della nostra bambina vide la luce seguita dal suo piccolo corpicino.
Il seguito fu un susseguirsi di cose veloci e importanti, ma io ero rapito dalla mia piccola bambina e dalla sua bellissima mamma.
Rosalie assieme ad Esme riuscirono a cambiare Isabella, mentre Alice, assistita da Carlisle e ovviamente da me, aveva fatto il primo bagnetto alla piccola Elizabeth.
Emmett e Jasper si stavano trattenendo dal respirare, volevano evitare situazioni a rischio. Ero troppo felice perché qualcosa potesse rovinare quel momento, con un sorriso idiota andai dai miei fratelli, in braccio stringevo, avvolta nella salviettina rosa, la mia piccola bambina.
<< Ragazzi, vi presento Elizabeth. >> La manona di Emmett scostò con delicatezza la salviettina, rivelando la faccina grinzosa e la testa cosparsa di qualche capello scuro della mia bambina.
<< E' davvero piccola! >> Sghignazzò Emmett. << Chissà che signorina che diventerai da grande. >>
<< Farà impazzire il suo papà. >> Si aggiunse Jasper osservandomi fra il serio e il felice.
<< Non starli a sentire, i tuoi zii sono un po' pazzi. >> Le sussurrai piano con la mia voce melodica. Sembrava che le piacesse ascoltarmi.
<< Edward, dalla un po' anche alle zie! >> Squillò Alice, arrivandomi vicino e allungando le mani aspettando che le passassi il piccolo fagotto.
<< Dov'è Bella? >> Le domandai passandole piano e di malavoglia la mia bambina.
<< Di là, con Rose ed Esme, si sta lavando. >> E la sua attenzione fu catturata dalla piccola creatura. << Ma ciao, sai che sei bellissima! Eh sì... >> Anche lei abbonava di sorrisi sciocchi davanti a quel musetto.
Non volevo invadere la privacy di Bella, ma volevo avere la certezza che tutto andasse bene, entrai nella mente di mia madre e la vidi, avvolta nell'accappatoio verde bosco. Sembrava stesse bene, era stanca ma felice. Mi concentrai su altro, in attesa che si sistemasse, avevamo ancora qualcosa in sospeso noi due.
Edward, tutto bene? Mi sembri ansioso, c'è qualcosa che non va? Scossi la testa sorridendo appena. << Tutto ok Jasper, è solo che... >>
<< Solo che ha chiesto a Bella di sposarlo. >> Finì con tono da saputella Alice.
Non potei evitare di guardarla male, se loro avessero aspettato solo una manciata di secondi Bella avrebbe risposto alla mia domanda.
<< Non guardarmi male, tanto fra poco avrai la tua risposta... >> Assottigliai lo sguardo. << Non ti dirò nulla, è giusto che siate voi due a parlarvi. Ti conviene andare adesso, prima che si addormenti per la fatica. >>
Fu in quel momento che Esme e Rose uscirono dalla stanza con la biancheria da lavare. << Tutto a posto, Carlisle sta finendo di controllarla. >> Mi rincuorò mia madre. << Vado a vedere la piccina. >>
Sapevo che tutti non se ne sarebbero andati, volevano sapere anche loro che risposta mi avrebbe dato Bella... alla faccia della privacy.
Mi fermai davanti alla porta e attesi che Carlisle finisse il suo controllo.
<< E' tutto a posto Bella, adesso riposati, noi saremo di là se ti servisse qualcosa. >>
<< Grazie Carlisle. >> Aveva veramente la voce stanca, povera la mia piccola.
Quando mio padre aprì la porta, lo guardai e mi sorrise. Va da lei...
Entrai richiudendo la porta dietro di me, era inutile, tanto gli altri avrebbero comunque sentito tutto. << Ciao, come ti senti? >>
Gran bella domanda Eddy! Come vuoi che si senta? Emmett stava diventando fastidioso.
<< Stanca, ma bene. >> Mi sorrise facendomi cenno di avvicinarmi al letto. << Elizabeth? >>
<< Di là con gli altri, si stanno immedesimando nei ruoli di zii, zie e nonni >> Sorrisi intenerito, effettivamente tutti adoravano quella bambina appena arrivata.
<< E tu invece? >> Si spostò un pochino facendomi sedere vicino a lei.
<< Io cosa? >> Non capivo.
<< Non ti eserciti a fare la parte del papino premuroso? >> Le sue labbra sorridevano, ma i suoi occhi erano velati da una domanda sottintesa.
<< Non ho bisogno di esercitarmi a fare la parte del padre, lei E' mia figlia. >> E su questo non si discuteva.
La sentii rilassarsi e lasciare andare un sospiro di sollievo.
<< Ma tu, mi devi ancora una risposta... >> Tornò a fissarmi timorosa. << Isabella, vorrei avere l'onore di diventare tuo marito, vorresti concedermi la tua mano?... e la tua vita? >> Non era proprio la dichiarazione che avevo in mente, ma doveva sapere che quando fosse arrivato il momento, non avrei accettato di perderla, l'avrei trasformata, rendendola immortale come me.
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
NOTA: IL CAPITOLO NON E' BETATO.
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Capitolo 19
La morte di mio padre mi aveva colpito profondamente, era stata una cosa inaspettata.
Mi ero trovata sola, senza alcun punto di riferimento.
Il mio fidanzato mi aveva tradito, lo avevo trovato nel nostro letto con un'altra donna.
Verme.
Dovevo scacciare i pensieri e concentrarmi sulle ultime richieste dei Cullen. Con mano sicura afferrai la saldatrice e cominciai ad elaborare delle nuove tecnologie.
Vampiri, chi mai avrebbe potuto credere che esistessero sul serio? Ero comunque fortunata, i licantropi mi proteggevano. Il mio migliore amico Jacob aveva sempre un occhio puntato su di me.
Non era per vantarmi, ma ero stata davvero brava a sostituire mio padre, le attrezzature avevano fatto un salto di qualità.
Credo che anche i Cullen se ne fossero accorti.
Ma poco importava, quello che stavo facendo era il mio ultimo incarico. Non volevo più proseguire. Avevo altro a cui pensare, la piccola creatura che quel bastardo di Mike mi aveva lasciato in grembo. Avevo sinceramente pensato anche di abortire, ma perché? Questa piccola nuova vita non aveva alcuna colpa. Così la folle idea dell'aborto era stata buttata via dalla mia mente.
Erano quasi le due di notte quando finii di saldare, avevo la schiena a pezzi. Mi stiracchiai un po' sentendo tutti i muscoli tirarsi. Dovevo decisamente smetterla di fare queste ore assurde.
Salii le scale, la casa era sigillata, nessuno avrebbe mai potuto entrare.
Questo era uno dei miei tanti sistemi di sicurezza, ed era sicuramente quello preferito di Jake, così ero tranquillamente al riparo da qualsiasi mostro gironzolasse lì fuori.
Al mio risveglio, dopo aver disattivato le lastre che chiudevano come una fortezza la casa, decisi di fare una bella doccia rilassante. Buttai con poca grazia i vestiti nella cesta delle cose sporche. Era un sollievo sentire l'acqua scorrere sul mio corpo. Lavava via tutto, anche i dispiaceri della vita.
Ero riuscita ad asciugarmi e ad indossare una comoda tuta, prima che qualcuno bussasse alla porta. Incuriosita andai giù e l'aprii. Porca miseria era un vampiro.
<< Salve. >> Riuscii solamente a dire.
Il mostro sorrise ammaliante, cavoli, era pure carino! << Buon giorno, sono Edward Cullen, cercavo Charlie Swan. >>
<< Non c'è, è già uscito. >> E gli sbattei la porta in faccia, adesso mi mangia... mi ritrovai a pensare, poco prima di sentirlo nuovamente bussare, questa volta in maniera decisa. << Vada via! >> Gli urlai da dentro la cucina, cavoli, adesso come facevo a liberarmi di lui?
Mi avvicinai alla finestra e lo spiai attraverso le tendine, stava parlando al cellulare. Dovevo scovare un metodo per liberarmi di lui.
Si accorse che lo stavo guardando e sollevò una mano come cenno di saluto, io gli voltai le spalle. Ero decisamente entrata in un gran bel casino.
Quando poi me lo ritrovai nel laboratorio, quasi mi venne un infarto, ma riuscii comunque a mantenere il sangue freddo.
<< Non è carino rimanere lì a fissarmi sai? Non saresti dovuto entrare. Vi avrei spedito quello che vi serviva a breve. >> Ripresi a lavorare sul disegno tridimensionale.
<< Ti chiedo scusa se mi sono intrufolato in questo modo, ma ho assoluto bisogno di parlare con Charlie Swan. >>
Voleva parlare con mio padre? << Stupido coso. >> Borbottai con una nota di frustrazione contro il disegno che non stava riuscendo come avevo sperato. Quel maledetto vampiro oltre ad essere carino aveva pure una voce da urlo. Calma Bella, mantieni la calma. << Solo un momento. Poi risponderò a tutto. >> Dovevo finire di concentrarmi, o addio lavoro. << Ingrandisci del trenta per cento. >> Ordinai, il disegno divenne più grande. Puntai l'indice su un determinato punto che divenne rossa. << Elimina. >> Sentenziai e il computer la fece sparire, il resto del disegno era ancora color azzurro. << Salva >> I tratti azzurri divennero verdi, il salvataggio era avvenuto con successo. << Spegni >> E tutto sparì. Adesso non avevo più scuse, dovevo ascoltarlo. << Sono Isabella Swan e tu non dovresti essere qui. >>
<< Mi è stato chiesto di venire a controllare. Non abbiamo più avuto notizie di Charlie Swan. >>
<< Tu sei un vampiro, dico bene? >>
<< Sì, lo sono. >> Almeno era sincero.
<< Mi dispiace di non essere riuscita a spedirvi la merce in tempo, ma ho avuto delle complicazioni. Comunque, a breve finirò il lavoro e vi manderò il tutto quanto prima. >> Non dovevo mostrare debolezze, anche se i Cullen non mi avevano mai fatto nulla, non potevo permettergli di farmene adesso.
<< Tu sei Charlie Swan? >>
Gli sembravo un uomo? Il suo fascino era decisamente calato. << No, sono sua figlia. >>
<< Dove posso trovare tuo padre? >>
<< Al cimitero. >> Risposi lapidaria. << E' morto due anni fa. >>
<< Morto? >> Domandò con un filo di voce, dovevo averlo scioccato.
Annuii nuovamente. << Sì, se non hai altre domande intelligenti, io riprenderei il mio lavoro. >> Mi voltai. << La strada la conosci. Premi il pulsante blu accanto alla porta, sbloccherai le pareti di difesa. >>
Scattò in avanti afferrandomi un polso. << Cosa diavolo stai dicendo?! >> Esclamò duro, adesso ero certa che mi avrebbe uccisa, ma invece di fare la brava, la mia boccaccia aveva trovato un altro modo per mettermi nei casini.
<< Vuoi che ti stringa la manina mentre ti accompagno all'uscita? >>
<< No! >> Sbottò. << Voglio sol capire. >> Sospirò frustrato. << Se tuo padre è morto da due anni, chi diavolo ha assemblato tutto quello che abbiamo?! >>
Sorrisi sarcastica. << Non ti sembra ovvio? >>
<< Tu? >> Ok, l'avevo decisamente preso in contro piede. Ma cosa credeva che solo gli uomini fossero in grado di fare qualche stupido calcolo scientifico?!
<< No, la regina dei mille anni. Certo che sono stata io! >> Esclamai alzando di qualche tono la voce. Gli avrei risposto ancora, ma lassù, qualcuno voleva proprio mettermi in difficoltà quel giorno.
<< Bella apri, lo so che sei lì dentro! >> Mike verme Newton era arrivato e non avrebbe potuto scegliere momento peggiore.
Va bene, forse lo avevo giudicato male, adesso che stava curando la mia mano non mi sembrava poi così male questo Edward Cullen. Certo che però Mike aveva proprio una testa dura...
<< Grazie. >> Sussurrai piano, mentre con le dita fredde mi massaggiava delicato la parte lesa.
<< Di nulla. Hai un buon destro. >> Mi prese in giro.
<< Non hai intenzione di andartene, vero? >> Ero quasi certa che la sua risposta non mi sarebbe piaciuta.
<< No. >> Sospirò infatti. << A dire la verità ero venuto per portare Charlie Swan via con me. Ma dato che sei tu la mente geniale dietro a tutto questo… La mia missione è portarti via con me. A Volterra. >>
Sollevai di scatto il volto. << Non se ne parla. Da qui non mi muovo. >> Andarmene da qui?! Lasciare la mia casa? La mia libertà? La mia vita? Stava scherzando?!
<< Non hai nulla che ti lega qui. Sbaglio forse? >>
Afferrai la ciotola con la mano sana e mi avvicinai. << Tu non sai nulla di me. Se vuoi rimanere, sei libero di farlo. Ma io non verrò con te, ne ora, ne mai. >>
Cercai di superarlo, ma la sua voce mi fermò. << Potrei sempre portarti via con la forza. >>
<< Fallo. Ma non pensare che io poi vi aiuti di nuovo. >> Lo sfidai, avevo seriamente paura che avrebbe provato davvero a portarmi via con la forza.
Ma perché non stavo mai zitta?
Avevo bisogno di parlare con qualcuno, e sapevo bene dove potevo andare: La Push.
Quando scesi, di Edward non c'era traccia, solo un bigliettino, bene, sarebbe stato molto più semplice.
Lasciai per precauzione un bigliettino.
Sono da un amico, tornerò tardi, Bella.
Ero stata fin troppo buona, non aveva senso evitare di far preoccupare quel vampiro, ma la sua gentilezza quando mi aveva aiutato con la mano mi aveva un po' destabilizzato.
Arrivai a La Push quasi mezz'ora dopo, il mio adorato pick up era un pochino lento, ma a me andava bene anche così.
Jake mi venne in contro, mi lasciò parlare, parlare e parlare... ascoltava tutto, non per niente era il mio migliore amico.
I Pini stavano rilasciando nell'aria un buonissimo odore, l'erba sotto i nostri piedi era umida, come sempre. Forks era un posto sicuro per me, perché lo conoscevo bene, niente qui cambiava.
Le lacrime avevano preso a uscire dai miei occhi senza che me ne accorgessi, ma Jake non aveva fatto una piega. Lo adoravo.
Non so' quanti fazzolettini avessi usato, ma sicuramente tanti. Il mio naso ormai era diventato rosso.
Ma non m'importava, adesso che avevo finalmente buttato fuori tutto mi sentivo bene, leggera, libera.
Le parole di Jacob erano state un balsamo. << Sono sempre qui per te, Bella. Basta un fischio e noi accorriamo. >> Sorrise mostrando i suoi denti bianchissimi.
Sapevo che tutto il branco ci stava ascoltando, era come essere in una gigantesca famiglia, una gigantesca strana famiglia. Ed io mi sentivo fiera di farne parte.
Quando rientrai a casa sentivo che buona parte della mia libertà mi aveva abbandonata.
<< Ben tornata. >> La voce di Edward mi accolse come una stilettata. << Hai pianto?! >> Era preoccupazione quella sentivo?
Mi voltai sperando di nascondere il viso.
<< Cosa ti è successo?! >> Ok, era decisamente preoccupato. << Isabella... >> Mi prese per le spalle con delicatezza e mi voltò verso di sé. << Cosa ti è successo? >>
Chiusi gli occhi respirando a fondo. Come potevo resistere a tanta dolcezza e tanta bellezza. Dio mio, avrei tanto voluto che non mi lasciasse mai. Era questo il potere dei vampiri? << Niente. Ho solo avuto una... >> Mi bloccai guardandolo seria. << Non è una cosa che ti riguardi, vampiro. >> Ero stata cattiva, maleducata, ma lui con troppa facilità stava abbattendo le mie difese.
I giorni che seguirono furono disastrosi, avevo provato ad ignorarlo, ma lui era sempre lì. Si stava preoccupando seriamente per me, non ero più abituata ad avere qualcuno accanto. Mio padre era stata l'ultima persona che si era preso cura di me. Era bello sapere di poter contare su qualcuno, ma io non potevo permettermelo, perché sapevo che una volta finito il mio lavoro, lui sarebbe andato via, mi avrebbe lasciato ed io sarei tornata nuovamente ad essere sola, quindi tanto valeva fare la prima mossa. << Puoi rimanere, ma quando finirò il mio lavoro, te ne andrai ed io mi riterrò libera da voi. Va bene? >>
Sembrava stupito. << Va bene. >> Afferrai la mano che mi stava porgendo, in quel momento avvertii ogni singola molecola del mio corpo reagire. Che diavolo aveva Edward Cullen per attrarmi in quel modo?!
Da quel momento le cose cambiarono, il nostro rapporto si fece più cordiale, civile. Ogni giorno scoprivo qualcosa di nuovo su di lui, la sua famiglia, le sue abitudini, la sua vera età. Era un vero e proprio vecchietto!
Anche lui in compenso aveva scoperto qualcosa su di me. Era stato un piacevole scambio di informazioni. Così mi piaceva pensarlo.
Aveva preso anche la meravigliosa abitudine di prepararmi la colazione. Lo adoravo, ma non potevo affezionarmi a lui, presto sarebbe svanito nel nulla.
Poi mi disse senza preamboli che lui poteva leggere nella mente. Ero scioccata! E sempre quel giorno per la prima volta lui e Jake si incontrarono. Ero parecchio sulle spine, ma credo che non sarebbe mai potuta andare meglio, almeno non si erano uccisi.
Il giorno dopo Edward mi annunciò di aver chiesto a sua sorella Rosalie di venire a Forks per occuparsi di me. Voleva andarsene e lasciarmi? No! Con orrore capii che ormai mi ero già affezionata a lui e che avrei sofferto nuovamente. Non era giusto!
<< Cosa stai cercando di dirmi? >> Domandai cauta. << Vuoi andartene?! >>
<< No! No! Certo che no. Solo pensavo che la presenza di Rosalie potrebbe aiutarti in alcune situazioni, ecco. >> Si passai la mano nervoso fra i capelli.
Rimasi in silenzio per qualche secondo. << Quindi non vai via? Ho capito bene? >>
Annuì serio. << Non è nei miei piani andarmene via, Bella. >>
Queste parole ebbero un effetto calmante sul mio cuore.
Ma le sorprese per quella giornata non erano ancora finite. Quante lacrime che versai quando scoprii che Edward aveva fissato una visita per me e per il bambino. Edward sarebbe stato un compagno fantastico. La vampira che lo avrebbe sposato sarebbe stata la donna più felice del mondo. Di questo ne ero certa.
Avrei voluto che Edward fosse stato il padre del mio bambino, lo avrei voluto seriamente. Era difficile riuscire a spodestare io sentimenti che lui, con la sue gentilezza stava facendo affiorare in me.
Avevo dimenticato cosa volesse dire avere paura dei mostri, Edward era più umano di chiunque altro.
L'arrivo di Rosalie ed Emmett portò ancora più vitalità alla mia vita monotona, ogni tanto mi domandavo cosa avrei fatto quando tutti loro se ne sarebbero andati. Quel pensiero mi faceva stare male.
La mia pancia cresceva, così come la piccolina, ero sicurissima che fosse una femmina.
Avevo costruito una cosa per Edward, Rose ed Emmett. Ero fiera di me.
<< Cosa sono? >> Era curioso.
<< Sono un mio personalissimo regalo per voi, Edward. Li ho costruiti io stessa. >>
<< Scommetto allora che non sono normali. >> Ghignò. Aveva fatto centro.
Ne presi e lo misi al suo polso. Era sempre una sensazione inebriante poterlo sfiorare.
<< Fatto. >> Esclamai con un tono soddisfatto. << Ruota il quadrante a destra. >> Fece come gli avevo detto e al posto dell'ora comparve una mappa del pianeta Terra con dei puntini gialli.
<< Cosa... >>
<< Sono vampiri. Vampiri vegetariani per l'esattezza. >> Sollevò lo sguardo stupito. << In questo modo saprete sempre, dove sono e potrete controllarli. >> Sorrisi pratica. << Se ruoti il quadrante ancora di uno scatto >> e lo fece << noterai che i puntini gialli sono spariti e al suo posto ci sono dei puntini rossi. >> Annuì meravigliato. << Sono vampiri con in corpo del sangue umano. >>
Alzò la testa osservandomi serio. << In questo modo potremmo trovare il clan di Denali e tutti gli altri che attaccano gli umani?! >>
Annuii con un sorrisetto soddisfatto. << Esatto. Se giri il quadrante a sinistra, comparirà una lucetta verde. Volevo inserire anche gli esseri umani, ma poi alla fine ho pensato che non vi sarebbe servito a nulla. >>
<< E allora cos'è quel puntino verde? >>
<< Sono io. >> Ed ecco l'imbarazzo arrivare a mille. << Allora, ti piace? >> Deglutii veloce.
<< Sono magnifici, grazie, davvero sono stupendi. >>
Non mi ero mai sentita così felice in tutta la mia vita!
Quando finii il lavoro che mi avevano assegnato, mi sentii morire, ero quasi tentata di non dire nulla e di mentire. Ma non potevo. Non era giusto nei loro confronti. Sapevo che avrebbero dovuto andarsene un giorno. Pensare che come una stupida mi ero pure messa in guardia dall'affezionarmi. Che cretina che ero stata. Sapevo che quando avrebbero lasciato la mia casa sarei piombata nella disperazione più nera.
Una piccola parte del mio cuore però, mi stava urlando che forse Edward sarebbe rimasto. Forse anche lui provava qualcosa per me... forse non tutto era perduto.
Decisi di parlargli, lui doveva sapere che io avrei tanto voluto averlo qui con me, nella mia vita, nella vita di mia figlia. << Edward, la mia proposta.. quella di rimanere con me e la bambina, è ancora valida. Vuoi rimanere con noi? >>
<< No, io ho deciso che tornerò in Italia. >> Freddo, schietto.
Stupida Bella, cosa credevi... ormai non servi più a niente. << Io.. io credevo che tu.. >> L'aria uscì dalle mie labbra lasciando in sospeso la frase. Non c'era bisogno di finirla, lo avevo sempre saputo. Ero stata stupida. << Capisco. >> Mormorai piano. << Comunque, se vorrai venire a trovarci, noi saremo qui. >> Sorrisi debolmente.
<< Quando avrò tempo, magari verrò a trovarvi, fra qualche anno. >>
Era chiaro come il sole, non ci saremo mai più rivisti. Avevo aperto il mio cuore ad un mostro e adesso ne pagavo le conseguenze. Isabella Swan era la regina degli stupidi.
Erano partiti, non li avevo neppure salutati, ma era stato meglio così. Non avrei sicuramente retto.
<< Siamo solo noi adesso. >> Mi sfiorai la pancia con calma, adesso ero davvero sola.
Mi voltai pronta a scendere quando vidi una figura osservarmi.
Lo stomaco si contorse per la paura, eppure, una nuvola di calma si impossessò di me.
<< Calma Bella, sono Jasper. Sono il fratello di Edward. Sono qui per salvarti. Dobbiamo andarcene, stanno arrivando. >> Il vampiro dai capelli biondi si avvicinò a me con passi ben calcolati.
<< Chi stà arrivando? >> Era l'unica frase che riuscivo a pensare in quel momento.
<< I Denali, Bella. Stanno venendo per portarti con loro. Dobbiamo fuggire. >>
Quegli occhi, così simili a quelli di Edward... potevo fidarmi? Si. Potevo. << Quanto manca? >> Domandai cercando di rimanere lucida.
<< Pochi minuti. >>
<< Dobbiamo distruggere tutto. Aiutami. >>
In poco tempo mi trovai fuori dalla mia casa, avevo spiegato a Jasper cosa premere per causare l'autodistruzione di tutto l'edificio.
Lo premette e uscì prima che l'esplosione avvenisse. Mi prese in braccio e corse velocissimo verso la strada principale, lì una Mercedes con i vetri neri era parcheggiata sul ciglio della strada. M'infilò sul sedile anteriore, lui si mise alla guida e partimmo.
<< Mi sono permesso di prendere questi. >> Mi consegnò un passaporto e dei documenti. << Ne avrai bisogno. >>
Ero terrorizzata? No, impaurita? Forse, Jasper mi aiutava a mantenere i nervi saldi? Senza alcun dubbio.
Poche ore dopo ero comodamente seduta sull'aereo che mi stava portando in Italia. Alla fine c'erano riusciti, mi avevano portato via dalla mia adorata Forks. Isabella Swan era morta.
<< Perché sei così triste? >> La voce di Jasper era gentile, calma, pacata.
Presi un respiro profondo. << Tu come ti sentiresti se ti portassero via dal posto che ami di più al mondo? Dalla tua casa? >> L'osservai attenta, il suo viso era bellissimo, una maschera perfetta di porcellana. Ma per quanto fosse affascinante, non era come Edward,
<< Credo che mi sentirei esattamente come te. >>
Il viaggio fu lungo e silenzioso. Jasper era una persona riservata, taciturna, parlava solo se era strettamente necessario. I miei pensieri vagavano dai momenti più belli che avevo passato Edward, a quelli più dolorosi.
<< Perché continui a pensare a cose tristi? >> La sua domanda mi era arrivata inaspettata.
Sorrisi ironica. << Leggi anche tu nella mente? >>
<< No, sono empatico, sento le tue emozioni e tu, stai soffrendo in questo momento. >>
Ero sinceramente stupita. << Che altre capacità avete? >>
Vidi Jasper sorridere un po'. << Alice, mia moglie vede il futuro, è grazie a lei se ora sei qui viva. Carlisle, Esme, Rosalie ed Emmett non hanno delle vere e proprie capacita, ma hanno amplificato alcune doti personali, come la compassione, la generosità, la forza e la testardaggine. >> Ridacchiò per qualcosa che a me sfuggiva.
<< Siete una famiglia molto legata. >> Sorrisi, sembravano una di quelle famiglie perfette dei telefilm.
<< Si, e presto anche tu ne farai parte. >> I suoi occhi dorati mi guardarono intensi. << Perché c'è dolore nel tuo animo, Bella. >>
Non riuscivo più a guardarlo, così distolsi lo sguardo. << Io non credo che farò mai parte della vostra famiglia. >>
<< Perché? Edward ha.. >>
<< Edward mi ha fatto capire che io sono molto importante per voi, ma non a tal punto da far parte della vostra famiglia. >> Presi fiato. << Posso anche capire. Sono un genio, è normale che mi teniate in vita per questo, posso essere utile. >>
Jasper si voltò con il busto verso di me. << Bella, cosa ti fa credere che sia solo per questo che sei qui con me? >>
Sorrisi triste. << Jasper, io sarò sincera. Amo Edward, ho imparato a conoscere tutto di lui, ogni sua singola sfaccettatura. >>
<< Ma.. >>
<< Ma lui non mi ama. >> Era stato doloroso ammetterlo, era come se uno squarcio si fosse aperto nel mio petto. Avvertii comunque una dose massiccia di calma avvolgermi. << Grazie. >> Sussurrai piano.
<< Io non credo che lui non ti ami, Bella. Credo invece che sia spaventato da questo nuovo sentimento. >> Afferrai la mano di Jasper, era fredda e forte.
<< Non parliamone più, ti prego. >>
Annuì contrariato.
Quando atterrammo, una giovane donna dai capelli corti ci stava aspettando. << Finalmente! >>
Jasper la baciò delicatamente sulle labbra, erano una bellissima coppia.
<< Ciao! Io sono Alice. >> Mi abbracciò con gentilezza.
<< Piacere. Io sono Bella. >>
Il cielo era buio, la luna era alta nel cielo.
<< Venite, ho preparato tutto. >> Cominciò a parlare. << Edward e gli altri hanno saputo dello scoppio, credono che tu sia morta. >> Mi osservò seria, mentre Jasper guidava la lussuosa Mercedes lontano dalle luci dell'aeroporto.
<< E dovranno continuare a crederlo. >> Dissi senza alcun torno in particolare.
Alice si voltò verso di me, non disse nulla. I suoi occhi neri mi scrutavano, sembrava fosse persa in chissà quale pensiero. << Va bene. >> Sentenziò alla fine. << Nessuno saprà di te. Ti terremo al sicuro io e Jasper. >> Si voltò verso il marito che annuì senza discutere. Avevano un'intesa perfetta.
Mi portarono in una deliziosa casetta fatta di pietre. Il paesino era tranquillo, carino. Non era la mia adorata Forks, ma potevo abituarmi.
<< Quì avrai tutto quello che ti serve, e soprattutto nessuno ti troverà mai. >> Alice aveva disfatto il borsone che aveva tirato fuori dal baule della Mercedes, dentro c'erano un infinità di vestiti perfettamente piegati, quasi in maniera maniacale.
<< Questa roba? >> Domandai indicando l'armadio quasi pieno.
<< Un piccolo pensiero. Siete partiti senza prendere nulla, almeno questi ti serviranno. >> Sorrise.
Era stata gentile. << Grazie. >> Non era giusto, tutti loro erano sempre gentili, cosa era una specie di dono vampiresco quello di essere gentile per poi spezzarti il cuore?
Non volevo affezionarmi di nuovo, non ne sarei uscita incolume...
I giorni cominciarono a passare, Alice mi aveva fornito alcune attrezzature leggere per tenermi impegnata. C'erano dei giorni in cui le ore passavano lente, altre in cui invece correvano velocissime. Quelle erano senza alcun dubbio le mie preferite, era in quei momenti che il mio cervello riusciva a non pensare a lui: Edward. Perfino ricordare il suo nome faceva male.
Ma non potevo permettermi di soffrire ancora, avevo una bellissima bambina che stava crescendo e presto sarebbe venuta al mondo, dovevo riuscire a dimenticarlo.
Nonostante tutto l'impegno di Alice e Jasper, la mia felicità svaniva ogni giorno di più. Sapevo che Edward e gli altri erano arrivati in Italia, Alice mi aveva detto che sapevano della mi esistenza in questo paese.
L'orologio. Certo, come avevo potuto dimenticarmi della mia invenzione.
Sospirai affranta.
Secondo Alice, Edward era disperato, mi stava cercando ovunque, aveva perfino stretto un patto con i licantropi. Ogni volta che Alice mi raccontava cosa stava succedendo, sentivo il mio cuore battere sempre più forte, avevo la dolcissima speranza che forse Edward potesse seriamente cercarmi perché innamorato di me... ma poi, la dura realtà mi balzava davanti agli occhi.
Era senso di colpa quello che lo stava muovendo. Nient'altro.
Quando Jasper arrivò quella sera mi disse solamente: << Edward sa'. Ti trasferiamo, non ha senso che tu continui a vivere distante da noi. Ti abbiamo trovato una casa vicino a Palazzo dei priori, avrai sempre la tua indipendenza, ma se dovesse succedere qualcosa, noi saremo lì, pronti ad intervenire. >>
Potevo discutere? No, non aveva senso. Era probabilmente destino che prima o poi le nostre strade si sarebbero incontrate di nuovo.
Nonostante mi avessero dato una nuova casa, di Edward non c'è ne era stata mai traccia. Avevo conosciuto tutta la famiglia. Erano favolosi. Mi facevano sentire protetta. Era come tornare ad avere un papà e d una mamma. Senza contare che avevo anche dei fratelli e sorelle. La mia bambina sarebbe cresciuta in mezzo a loro, protetta.
Quel giorno arrivai ad una conclusione. << Edward mi odia. >> L'avevo detto piano, ma sapevo che l'udito finissimo di Jasper mi avrebbe sentito lo stesso.
<< Perché dici questo? >> Si era avvicinato di qualche passo.
<< Perché non è ancora venuto. - Sospirai – Probabilmente pensava di essersi finalmente liberato di me. D'altronde questo era il nostro patto. Una volta finito il lavoro, io sarei uscita dalle vostre vite, invece mi trovo qui, ad usurpare tutto ciò che è suo. A tenervi qui con me. Avrebbe tutti i motivi del mondo per odiarmi. >> Mi voltai nuovamente verso la finestra, il sole era alto, Jasper sarebbe rientrato a Palazzo quella sera.
<< Bella, non spetta a me dirlo. Ma credo che mio fratello nutra tutt'altro che odio nei tuoi confronti. Sicuramente si sente in colpa per non averti protetto a Forks, e sento che è diviso. Una parte di lui vorrebbe correre da te e non lasciarti mai, una parte invece vuole starti lontano. >>
Parlare con Jasper era sempre piacevole, non nascondeva mai niente. Quello che doveva dire, lo diceva. Aveva la mia completa fiducia.
<< Mi pare che abbia vinto la parte che non vuole starmi vicino però... >>
Non dicemmo altro, io mi ero rimessa a trafficare con le piccole saldature, adoravo costruire piccoli congegni utili e Jasper era un'ottima cavia. Avevo trovato il modo di conservare piccole riserve di sangue in contenitori piccoli e facilmente trasportabili, utili in caso di sete indomabile.
Mi piaceva sapere di aver fatto qualcosa di utile.
<< E' meglio che vada, Alice arriverà fra poco, è il suo turno adesso. >> Mi salutò aprendo la porta, la notte era finalmente arrivata. Cominciai a sistemare tutte le mie piccole apparecchiature.
Non era come il mio bellissimo e ormai distrutto laboratorio, ma potevo sempre costruirne un altro.
Il bussare alla porta mi distrasse dai miei pensieri. << Entra, Alice. >>
Ma non era la mia nuova amica quella che era entrata nella mia piccola casa, no. Era il mio peggior incubo. << Edward.. >>
<< Ciao Bella. >> Mi sorrise gentile.
Ok Bella, ricordati che la gentilezza è un'arma nelle sue mani, non cedere.
<< Ti trovo bene. >>
Dovevo sembrare parecchio stupita. << Grazie. >>
<< Che ne dici di sederci? Vorrei pararti. >>
Parlarmi? Di cosa? Di cosa diavolo stavo facendo qui'? Di come gli avevo rubato la famiglia? Osservai il divano. Potevo ascoltarlo?
<< Ti prego, vorrei spiegarti alcune cose... >> Mi stava implorando? No, non poteva essere... o si?
<< Sì, certo. >> Sussurrai piano. Sembravo una bambina beccata con le mani nella marmellata.
Ci accomodammo sul comodo divanetto bianco.
<< Bella, io ti devo delle spiegazioni. Fidati, te le devo e vorrei che tu mi ascoltassi. >>
Annuii silenziosa e attesi che cominciasse a parlare.
<< E' cominciato tutto quando sono stato mandato a Forks, non avevo idea che questo viaggio avrebbe potuto cambiare così radicalmente la mia immortalità. Quando ti ho vista la prima volta... >> Parlò di tutto quello che avevamo vissuto assieme a Forks, era doloroso rivivere tutto, perché sapevo che quei momenti non sarebbero mai più tornati. << … quel giorno, quando stavamo partendo, avrei voluto rimanere con te e con la bambina, lo volevo più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma temevo che la mia presenza avrebbe potuto solo arrecarvi pericolo. >>
<< Quindi tu non sei arrabbiato con me? >> Ecco, l'avevo detto.
<< No, non potrei mai essere arrabbiato con te. >> Prese le mie mani nelle sue fredde. << Isabella, io ti a... >>
<< Non dirlo. >> Una delle mie mani scivolò via dalla presa e si posò sulle sue labbra. Non volevo che continuasse. Non ero pronta. Non volevo soffrire di nuovo, perché ero più che certa che Edward stava per dire qualcosa che sicuramente mi avrebbe spezzato il cuore in futuro. << Non dirlo Edward. Ora non posso sentirlo. >>
Tolsi la mano quando fui certa che non avrebbe mai più detto quelle parole, mi fece sentire il fuoco, quando mi baciò il dorso.
<< Anche se tu non vuoi sentirlo dalle mie labbra, so' che hai capito. >>
<< Sì, ma una cosa non detta è meno triste se non dovesse avverarsi... >> Non so' cosa mi prese, ma da tanto tempo volevo sentire di nuovo la sua pelle a contatto con la mia, gli sfiorai gentilmente il viso.
<< Certo... >> Sussurrò piano. << Credo di averti rubato abbastanza tempo >> Si alzò dal divano, << buona notte. >> uscì chiudendo la porta dietro di sé.
Quanto ero stata stupida? Molto.
Quanto dolore volevo evitare? Moltissimo.
La mia scelta era stata insensata, idiota? Si, ma era giusta.
Da quella sera, Edward venne da me tutti i giorni. Il mio dolore svaniva con la sua presenza, ma riaffiorava potente quando ricordavo le sue parole prima della partenza di Forks.
Lo avrei trattato con gentilezza, con amicizia, ma niente di più. Questo lo dovevo a tutti i Cullen che si stavano prendendo cura di me.
Nonostante però i miei propositi, sembrava che Edward trovasse il modo per distruggerli. Era sempre così gentile, dolce, premuroso.
Sentirlo parlare alla mia futura bambina attraverso il mio pancione, o vedere con quanto affetto mi stava vicino, mandava in crisi i miei sentimenti. Si perché questi crescevano di nuovo ed io non avevo più la forza di combatterli.
Non era giusto, sapevo che avrei sofferto di nuovo.
Ero masochista? Probabilmente si, perché io lo rivolevo nella mia vita. Se non direttamente, almeno con la mia bimba, lui sarebbe stato un padre fantastico. Ne ero certa.
Anche quella sera si era occupato di me, la sua pasta era sublime, rilassarsi era così semplice, come bere un bicchiere d'acqua.
Non avevo potuto impedire però alle mie palpebre di chiudersi, sapevo che Edward era al mio fianco, non avrei corso pericoli con lui. Mi avrebbe protetto.
<< Buon giorno >> Mi sussurrò, rendendo il mio risveglio meraviglioso.
<< Sei bellissimo. >> mi scappò dalle labbra, ma ero così stanca di trattenermi che ormai il mio cervello non ragionava più. Gli accarezzai la guancia, io non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo viso. << A volte mi sembra di sognare, è incredibile che tu sia qui con me. >>
<< Io sarò sempre qui per te, Bella. Ti amo, non puoi farci nulla. >> Sorrise triste.
<< Non dovevi dirmelo... >> Afferrai il suo viso e lo tirai verso di me, unendo per la prima volta le nostre bocche in un bacio a stampo. << … adesso è reale ed io non posso stare senza di te. >>
Sorrise mostrandomi un sorriso brillante. << Ne sono felice. >> E mi baciò con passione. << Ora che ti ho qui di nuovo con me, non voglio perderti, mai più. Amore mio. >>
Quanto avrei voluto che quel momento non finisse mai, ma invece...
<< Edward... aspetta... >> Mormorai piano. << Edward fermati... >> Cercai di allontanarlo.
<< Cosa c'è? >> Sembrava spaventato.
<< Mi si sono rotte le acque. >>
Ora si che c'era d'avere paura.
Da quel momento successero tante cose, Edward aveva chiamato subito Carlisle, ero certa che tutto sarebbe andato bene, ma quello che non mi aspettavo erano le parole che Edward mi rivolse prima dell'arrivo dell'intera famiglia.
<< Vorrei davvero che fosse mia figlia, Bella, se tu me lo permetterai, io vorrei non solo starle vicino, ma vorrei essere un padre... e un marito. >> Cooosa?! << Che ne dici? >>
Cosa dovevo dire?
L'arrivò di Carlisle con tutti gli altri mi permise di non dire niente, in quel momento la cosa più importante era far venire al mondo la piccola Elizabeth.
Dolore! Dolore! E ancora Dolore! Chi cavolo aveva detto che partorire era semplice?!
<< Edward, voglio Edward. >> Avevo cominciato cantilenare fra una spinta e l'altra.
Come per magia, era apparso, la sua mano era stretta nella mia. Eravamo assieme, tutto era giusto in quel momento.
Non riuscivo a crederci, era nata! La mia piccolina era nata!
<< E' tutto a posto Bella, adesso riposati, noi saremo di là se ti servisse qualcosa. >>
<< Grazie Carlisle. >> Ero stanca, distrutta, ma felice.
<< Ciao, come ti senti? >> La voce di Edward era dolce, mi faceva sentire ancora meglio. Perché lui era qui, nel momento più bello della mia vita.
<< Stanca, ma bene. >> Gli sorrisi facendogli cenno di avvicinarsi al letto. << Elizabeth? >>
<< Di là con gli altri, si stanno immedesimando nei ruoli di zii, zie e nonni >> Sorrise intenerito.
<< E tu invece? >> Mi spostai un pochino facendolo sedere vicino.
<< Io cosa? >>
<< Non ti eserciti a fare la parte del papino premuroso? >>
<< Non ho bisogno di esercitarmi a fare la parte del padre, lei E' mia figlia. >> Non potei evitare di sorridere, il mio cuore si mise a battere forte. Lui aveva accettato Elizabeth. Lasciai andare un sospiro di sollievo.
<< Ma tu, mi devi ancora una risposta... Isabella, vorrei avere l'onore di diventare tuo marito, vorresti concedermi la tua mano?... e la tua vita? >>
Questa proprio non me l'aspettavo.
Lui voleva... voleva me? Voleva sposarmi?
<< Io.. >> Il pianto della mia bambina mi fece aprire gli occhi e decidere. << Non posso concederti la mia vita. Quella appartiene a mia figlia. >>
Gli occhi di Edward si erano svuotati. Era assurdo che noi due non potessimo stare assieme. Ma avevo la mia bambina a cui badare adesso. Lei aveva bisogno di me.
<< Bella, io non intendo rinunciare a te e nemmeno ad Elizabeth. >> Le sue parole erano calme, mentre il mio cuore batteva furioso. << Sposami Bella, cresceremo assieme la nostra bellissima bambina. >> Mi piacevano quelle parole. << Quando ti sentirai pronta, allora ti trasformerò, perché io non ho più alcuna intenzione di vivere se non ci sei tu. >>
<< Edward.. >>
<< Ti amo troppo per perderti di nuovo. >> Le sue labbra sfiorarono delicate le mie, erano titubanti.
<< Si. >> Parlai sulle sue labbra. << Accetto. >> Dissi, ridando sicurezza al suo dolce bacio.
Dopo quel giorno ne trascorsero molti, la nostra bellissima bambina cresceva viziata ed amata da tutta la famiglia.
I Volturi fecero ritorno: Aro, Caius e Marcus ripresero il loro posto di reggenti su tutti i vampiri. Non fu facile far comprendere loro che anche io sarei entrata a far parte della famiglia Cullen, per anni ci tennero sotto il loro controllo. Qualcuno da Volterra vegliava sempre su di noi. La solida amicizia fra Carlisle e Aro aveva reso possibile che la mia vita da umana fosse la più lunga e tranquilla possibile.
Non era facile però per me, vedere il mio corpo cambiare ed invecchiare, mentre quello di Edward rimanere quello di un diciottenne.
I Denali rimasero in Alaska per molto tempo, con la ricomparsa dei Volturi la loro smania di potere era diminuita. Soprattutto grazie ad Aro e alla sua “pulizia”.
Aveva inviato uno squadrone di vampiri che aveva quasi decimato l'intero clan.
Carlisle aveva provato a proporre altre soluzioni, ma Aro era stato irremovibile. Era comunque stato anche grazie a lui, se ora io, donna di quasi trent'anni potevo vivere la mia immortalità accanto ad Edward.
I suoi occhi color oro erano magnifici, tutto l'opposto dei miei, che ancora avevano screziature di rosso.
Ci amavamo, ed eravamo felici.
Eravamo una famiglia, una grande famiglia.
La nostra piccola Elizabeth era cresciuta, si era fatta davvero bella.
<< Non riesco a crederci che oggi la nostra piccolina si sposi. >> Brontolò Edward, sistemandosi meglio la cravatta.
Non potei far a meno di ridacchiare. << A te dispiace solo che il nostro futuro genero sia un Volturo, ammettilo. >> Gli sistemai il nodo. Non riuscivo ancora a credere di poter avere un uomo così accanto.
<< Si, ma soprattutto non capisco come abbia fatto ad innamorarsi di Felix. >> Sospirò.
Afferrai la sua mano e lo guidai giù per le scale. << Rassegnati. >> Ridacchiai.
Al piano inferiore tutta la famiglia Cullen ci stava aspettando, quel giorno la nostra Elizabeth si sarebbe unita in matrimonio, Cullen e Volturi si sarebbero uniti in un'unica grande famiglia.
Fine.
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