L'uomo dal fiore in bocca

di kyelenia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - L'apocalisse per Draco Malfoy ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Col nastro bianco ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 -The Day After Tomorrow ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***
Capitolo 6: *** Extra - Vivere di nuovo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Questa storia latita sul mio pc da circa un mese. E’ costituita da un prologo, tre capitoli, ed epilogo. Triste, tristissima, ma incredibilmente vera. E’ tutta scritta, ricopiata al computer per 3 parti di essa, quando avrò voglia finirò di copiare anche le altre. Io l’ho amata e l’ho sentita davvero mia, forse perché si avvicina leggermente a certi momenti della mia vita. Spero che possiate amarla pure voi!

Prologo

Voi sapete cosa significa essere felici? Io sì! Essere felici significa non avere bisogno di niente, rendersi conto che l’unica cosa che puoi desiderare è al tuo fianco. Essere felici significa svegliarsi ogni giorno con un ragazzo meraviglioso al proprio fianco. Io tredici anni fa ho finalmente scoperto cosa significa la parola FELICITA’. Per tutta la mia infanzia ed adolescenza felicità aveva significato ottenere l’approvazione di mio padre; a diciotto anni furono messe in crisi tutte le certezze su cui avevo fondato la mia vita fino a quel momento. Il momento in cui mi crollò tutto il mondo addosso fu quando fissai, al di sopra di una burrobirra, gli occhi di un certo moretto, vedendoli realmente per la prima volta. Cosa mi aveva spinto ad accettare l’invito di Potter? Non saprei dirlo con certezza neanche ora, a tredici anni di distanza. Forse è stata la mia omosessualità latente, forse era destino che accettassi, o forse, senza esserne cosciente, ero sempre stato follemente ed irrimediabilmente innamorato di Potter. Fatto sta che da quel giorno la mia vita cambiò radicalmente ed altrettanto irrimediabilmente. Riuscireste mai ad immaginare Draco Malfoy ed Harry Potter girare mano nella mano per Diagon Alley? E’ una visione a cui il mondo della magia si dovette abituare in fretta: io ed il mio ragazzo eravamo inseparabili; non importava dove ci trovassimo, io e lui eravamo una coppia ed eravamo fieri di mostrarlo al mondo. Assurdo! Draco Malfoy, re delle relazioni occasionali, si era lasciato incatenare da Harry Potter, e ne era ben felice! Era davvero bello ricevere quelle piccole attenzioni che solo la persona che ti ama ti sa dare, avere qualcuno con cui condividere le gioie e le soddisfazioni, i dolori e le delusioni; qualcuno da stupire superando te stesso e che si impegnava con tutto se stesso per renderti felice.
Eravamo stati in grado di distruggere il muro di odio che ci eravamo volontariamente costruiti intorno, riuscendo finalmente a mettere da parte i rancori ed i pregiudizi che non avevano mai lasciato spazio al nostro reale modo di essere. Ma in realtà insieme potevamo stare veramente bene, ed insieme l’avevamo capito.
Dopo due anni da quel primo appuntamento, in un’occasione vergognosamente romantica, chiesi ad Harry James Potter di diventare mio marito. Così in un’atipica giornata assolata inglese, in presenza di familiari, amici e metà del Mondo della Magia fummo uniti in matrimonio sotto lo sguardo ridente del sole. Sembrava che anche quello volesse essere partecipe di quella felice unione, atipica quanto la sua presenza nel cielo novembrino londinese. Inutile dire che il nostro fu il matrimonio del secolo: sontuoso, inaspettato, imprevedibile. Le redazioni dei giornali si deliziarono a parlare di noi: “L’ex Mangiamorte ed il Salvatore a nozze”, quasi lusinghiero come titolo per la prima pagina! “Risalterà ancora sotto l’abito da cerimonia del neo-sposo Malfoy il marchio nero dei tempi della guerra?”, un po’ meno delicata l’introduzione dell’articolo, che in seguito riportava un’accurata descrizione della cerimonia. In effetti su di noi c’era molto da dire; per evitare fughe di notizie avevamo impedito l’ingresso nella villa delle nozze ai giornalisti; ma si sa: questi trovano sempre il modo per avere le informazioni!
Pettegolezzi? Non ci toccavano minimamente! Per noi quella giornata significava soltanto che il nostro amore sarebbe durato per sempre. Ed anche davanti al giudice di pace avevamo pronunciato quelle parole “in ricchezza ed in povertà, in salute e in malattia, per sempre” perché sapevamo che neanche la morte ci avrebbe potuto separare.
Finalmente, a 21 anni di età, Draco Lucius Malfoy, quasi geneticamente programmato per essere infelice, aveva scoperto di poter essere felice, grazie ad Harry James Potter. Solo con lui ero completo, solo con lui posso essere completo. Per me la parola felicità coincide con un paio di splendidi occhi verde smeraldo, sentire il suo corpo contro il mio prima di addormentarmi, superare le difficoltà grazie alla forza del nostro amore. Ed il nostro amore fu sempre abbastanza forte per superare le difficoltà che ci ostacolavano il cammino cercando di farci capitolare di fronte ad esse. Ma noi non ci lasciavamo fermare da niente a nessuno, appagati l’uno dalla presenza dell’altro.
Passarono circa otto anni dal giorno del nostro matrimonio e noi eravamo più felici che mai.. Sembrerà, probabilmente, una di quelle assurde e sdolcinate favole babbane, ma per la prima volta la mia vita poteva essere definita tale. Il nostro amore era indistruttibile: mai un’incertezza, mai un allontanamento; soltanto qualche litigio. Più per il gusto di fare pace che per un valido motivo che desse inizio alle discussioni.
E una sera di tre anni fa, la sera in cui il mio cuore sembrò spezzarsi per la prima volta, era in corso uno dei soliti litigi. Harry era rimasto deluso dal mio rifiuto di accompagnarlo a comprare un nuovo divano per casa nostra. Io amavo veramente Harry, ma non potevo negarmi anche il più piccolo gesto dettato dal mio orgoglio purosangue, per lui l’avevo ingoiato già troppe volte. Come al solito il mio stupido amore insicuro l’aveva presa come una mancanza d’amore nei suoi confronti e ne era nato un litigio da fine del mondo. Mi stava urlando contro questa gravissima mancanza, quando lo vidi impallidire improvvisamente; devo ringraziare i miei riflessi acuiti da anni di quidditch se riuscii ad afferrarlo prima che cadesse per terra. Ringraziai anche le lezioni babbane di primo soccorso per la prontezza e la velocità con cui riuscii a rianimarlo. Inutile dire che nel momento in cui vidi il suo corpo afflosciarsi tra le mie braccia mi sembrò di morire. Non credevo che il cuore potesse frantumarsi, ma in quel momento dovetti ricredermi. Mi faceva male dentro il petto, come se fosse ridotto in tanti minuscoli frammenti affilati, che mi ferivano all’interno come schegge di vetro. Al momento ancora non avevo idea di cosa mi aspettasse, altrimenti quel dolore sarebbe stato considerato quasi piacevole. Infatti quello svenimento non fu un caso isolato; fu il primo di una lunga seria che segnò la mia condanna. Fu l’inizio della fine della mia vita.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - L'apocalisse per Draco Malfoy ***


Capitolo 1 – L’apocalisse per Draco Malfoy

 

Draco si svegliò di soprassalto quando sentì sbattere la porta di una della stanze di fianco alla loro.
Aprì gli occhi di scattò ed il suo sguardo fu attirato come abitualmente dalle pareti della stanza, di un bianco quasi asettico.
Ormai si era abituato a mantenere una vigilanza costante, anche durante il sonno non riusciva a rilassarsi del tutto, sempre attento per cogliere qualsiasi rumore proveniente dal letto a fianco del quale trascorreva tutte le sue giornate e le notti insonni.
Gli mancava il suo letto, gli mancava trascorrere le notti abbracciato ad Harry, ma quella stanza d’ospedale era diventata la sua nuova casa. Avevano richiesto per settimane, Harry molto più agguerrito di lui, che fosse aggiunto un secondo letto nella stanza senza che la loro richiesta fosse accolta ed ormai Harry non aveva più la forza di protestare contro la sua sistemazione alquanto scomoda. Passava le giornate dormendo e Draco gli allietava le poche ora di lucidità parlando di tutto, per fare in modo che almeno lui non fosse costretto a guardare in faccia la realtà del dolore che stava vivendo.

Una lunga serie di svenimenti seguiti da difficoltà respiratorie avevano fatto allarmare Draco, che dopo più di un mese di malesseri aveva convinto il marito a farsi fare dei controlli di routine al San Mungo; risultato: nessuna fattura, o incantesimo oscuro, né presenza di sostanze velenose in circolo. Gli avevano consigliato un periodo di riposo, riconducendo i suoi malesseri allo stress. Harry aveva chiesto due settimane di permesso al Dipartimento Auror, ma i malesseri erano diventati soltanto più frequenti.
Avevano fatto tutti i tipi di esami, magici e babbani, ricevendo la peggiore delle notizie: cancro ai polmoni in fase terminale. Draco aveva fatto visitare Harry dai migliori specialisti del mondo, recandosi anche dai medici babbani, senza che questi potessero dargli alcun aiuto. Tutti lo congedavano con sguardo compassionevole, senza avere neanche la forza di regalare una speranza, in quel caso effimera illusione, a quel povero ragazzo che tentava di salvare la persona da lui amata.

Ed a meno di ventinove anni Draco si era visto crollare nuovamente il mondo addosso, trovandosi obbligato ad accettare l’idea che il tempo di Harry fosse contato;  La morte, è passata. Gl'ha ficcato questo fiore in bocca, e gl'ha detto: - Tienitelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!”*

 

I primi tempi Draco si era intestardito nel volere trovare  a tutti i costi una cura. Quando Harry si era rifiutato di continuare a farsi visitare Draco era andato in giro da solo, portando con sé le centinaia di esami a cui Harry era stato sottoposto. Non riusciva, non poteva arrendersi. Come avrebbe potuto rassegnarsi all’idea di perdere l’amore della propria vita? Ma alla fine, con la disperazione nel cuore, ed una pena di morte che sembrava pendere anche su di lui, era stato costretto ad accettare che non l’avrebbe salvato con la sola forza del loro amore.

 

E in quel momento Draco promise a sé stesso che avrebbe reso quei mesi indimenticabili.

 

Avevano salutato i rispettivi lavori e gli amici, per girare il mondo, come avrebbero dovuto fare dopo il pensionamento; ma la vita gli aveva negato quel tempo. Italia, India, Brasile, Spagna.. Harry aveva visto i propri sogni realizzarsi di giorno in giorno. Ma presto la sua malattia era tornata a chiedere il conto per quei mesi divertenti e spensierati. Aveva cominciato a divenire di giorno in giorno più debole e quando anche i dolori al torace erano divenuti insopportabile era stato convinto, come sempre da Draco, a ricoverarsi.

 

Adesso Draco, seduto su quella sedia, chiuso da più di due settimane in quella stanza che sapeva di morte, malattia e medicinali ripensava a quei giorni quasi con nostalgia. Non vedeva l’ora di riportarlo a casa; sapeva che Harry era stanco del letto di ospedale, di trovarsi a fissare sempre le stesse mura bianche ed immacolate ogni volta che apriva gli occhi. Anche se abbandonare quel luogo avrebbe significato accettare l’incombenza e l’inevitabilità della morte, non vedeva l’ora di tornare a casa propria. Harry era stato tenuto sotto osservazione per mettere a punto una terapia del dolore che gli desse il massimo beneficio; ormai i medi maghi avevano svolto il loro lavoro ed era questiono di giorni prima che i due potessero tornare a casa.

 

La mattina della dimissione per la prima volta nella stanza regnava un poco di allegria. I bagagli erano già nella macchina di Dudley, che li avrebbe condotti a casa; Harry era troppo debole per viaggiare con qualsiasi mezzo magico. Draco si chinò sopra di lui per prenderlo tra le braccia, senza quasi sentire il peso di quel corpo deperito dalla malattia; Harry, con le poche forze che gli rimanevano, strinse le braccia intorno al suo collo, con dolcezza e sentendosi protetto contro quel corpo forte e sicuro, Draco era il suo porto di salvezza.

 

Il cugino aveva avuto bisogno che Harry fosse in punto di morte per offrirgli una mano, per quanto misera. All’inizio Draco aveva rifiutato il suo aiuto, di una delle persone che aveva reso la vita di Harry un inferno per diciassette lunghi anni. E Dudley gli aveva sbattuto in faccia il proprio dolore per la malattia del cugino. «Dolore? – gli aveva urlato contro Draco, con i nervi a fior di pelle- vieni a parlare a me di dolore? Io lo amo, cazzo! Lo amo da undici anni, e lo amavo anche prima! La vita sai com’è stata con me? – proseguì, parlando più a sé stesso che al ragazzo che aveva davanti – E’ stata una merda! Ecco com’è stata! E mi fa ridere il mio destino, ridere per il disperato tentativo di non piangere. Non troverei più la forza di smettere se cominciassi a piangere. Ma la vita bastarda ha deciso di uccidermi nel profondo, prendermi il cuore nel petto e costringerlo in una morsa mortale, fino a farlo sanguinare, fino a farmi finire il sangue in circolo nelle vene. Perché Harry è l’unica cosa bella nella mia vita, lo è sempre stato. Lui mi ha dato la forza di continuare a vivere dopo gli orrori della guerra, quando tu eri troppo occupato a farti viziare da i tuoi genitori, e nel nostro mondo la gente lottava e moriva. Dove trovi il coraggio per parlare a ME di dolore?» E Dudley lo fissò senza avere parole avvertendo sulla pelle la disperazione di quell’uomo distrutto dal dolore. E per la prima volta dalla fine del proprio mondo, Draco riuscì a piangere. Appena ebbe finito tese la mano verso Dudley, che lo aveva fissato, immobile, senza proferire parola, per tutta la durata di quello sfogo. Decise così di accettare il suo aiuto.

 

L’elegante Mercedes di Dudley Dursley si accostò al marciapiede di fronte al portone del loro palazzo. Il biondo prese il proprio marito tra le braccia e dopo un lungo periodo di assenza da quelle mura poterono finalmente riprendere possesso dei luoghi da loro amati. Varcarono la porta con circospezione, quasi in soggezione, come due amanti che si scoprono dopo lungo tempo di lontananza. Ma la casa li accolse gioiosa, rincuorata dal ritorno di quei due giovani, come migliore spettatrice della loro storia d’amore. Li aveva accompagnati lungo la crescita e la lenta maturazione del loro amore, ed ora le spettava accompagnare il moro verso gli ultimi momenti di vita, tra quelle mura colorate accoglienti come le braccia di una madre.
Quando si poterono sdraiare fianco a fianco sul loro letto ad entrambi sembrò di rinascere. Draco si accostò con dolcezza al marito e circondò il suo corpo debole con le proprie braccia. Harry si rannicchiò contro quel corpo che in qualsiasi luogo si trovasse significava casa. E finalmente poterono dormire l’uno di fianco all’altro, e per quella notte il dolore sembrò essere sparito dai loro cuori. Un amore troppo intenso, un’unione troppo forte, che il dolore non poteva sopportare. E abbandonò per un momento quei cuori martoriati, ma per fermarsi al di sopra di quei due corpi uniti in un abbraccio di salvezza, come una silenziosa minaccia. Come le nubi grigie che nel cielo annunciano il temporale. E in quei mesi che i due trascorsero  in quella casa l’ombra della morte continuò ad aleggiare su di loro, per privarli della possibilità di dimenticarsi totalmente della fine incombente. Ma loro, uniti, erano più forti di essa e si rifugiarono nel loro mondo di amore; Draco si premurò per soddisfare ogni bisogno del moro e renderlo felice. Avevano bisogno della vicinanza, del loro amore, di quei delicati e dolci contatti fisici. Draco voleva saziarsi della presenza di Harry e goderselo in ogni istante del breve tempo che gli rimaneva. Vissero nel loro paradiso utopico durante tutto il tempo che restava ad Harry, nonostante il peggioramento fisico di quello fosse evidente e progredisse di giorno in giorno. Draco avvertiva la presenza dell’ombra minacciosa sopra di loro, benché cercasse di distogliere la mente da essa. La notte non riusciva a chiudere occhio per più di cinque minuti consecutivi, terrorizzato all’idea che quel cuore potesse smettere di battere.

 

Quel giorno arrivò molto prima che Draco potesse aspettarselo. Non aveva mai creduto che sarebbe stato pronto ad udire quel silenzio, ma pensava che quando sarebbe giunto non l’avrebbe colto di sorpresa, che l’avrebbe semplicemente lasciato distrutto.

 

La notte in cui le sue orecchie rimbombarono del silenzio del cuore di Harry, quando l’ombra nera abbandonò quella stanza dopo aver portato a termine il suo lavoro, Draco capì, anzi sentì, che quel suono significava anche la sua di morte. Niente avrebbe mai potuto prepararlo a quel momento. Quando vide il colorito abbandonare il viso che aveva amato sentì il cuore andare in frantumi. Piccole schegge acuminate che gli provocavano un dolore inimmaginabile, che gli si  conficcavano in ogni parte della sue membra, provocandogli un torpore contro cui non riusciva a lottare. E dopo mesi di notti insonni, con le lacrime che gli pungevano dietro le palpebre chiuse, Draco si addormentò privato di ogni forza. Si abbandonò ad un sonno non ristoratore, ma privo di qualsiasi sogno o incubo. Respinse il dolore dentro di sé, troppo intenso per trovare una qualsiasi valvola di sfogo, che fossero le lacrime o le urla. E contro quel corpo che era stato abbandonato dalla vita per sembra Draco si concesse all’incoscienza.

 

 

*cit. dalla novella “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello.

 

 

 

Grazie, come sempre, a tutti coloro che l’hanno letta. Un grazie speciale a Selene_90 e tesar che hanno recensito.

Tesar Qui trovi la tua risposta alla tua domanda. Il titolo è proprio lo stesso della novella di Pirandello, è diciamo che la storia ha un che di comune, non di più. So che tra l’inizio del capitolo precedente e l’ultima parte c’è uno stacco piuttosto radicale, ed è stata una scelta volontaria
Selene_90 Grazie 1000 per i complimenti! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto =)

 

Alla prossima! ;)

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Col nastro bianco ***


Capitolo 2 – Col nastro bianco

 

Gigli bianchi seminati per tutta la cappella; rose bianche all’occhiello delle giacche degli uomini, mazzi pallidi legati da un nastro candido in mano a tutte le donne presenti. Quella era stata l’ultima ed unica richiesta che Harry aveva rivolto a Draco. Niente vesti funebri, soltanto un pallore candido ad annegare la disperazione di coloro che avrebbero preso parte alla cerimonia. Il colore della vita, della luce, ad accompagnare un eroe verso la morte, forse verso una vita migliore. Gigli, il fiore che Harry voleva lo conducesse tra le braccia della sua Lily, per concedersi all’amore dei genitori di cui era stato privato ancor prima che potesse ricordarlo. Rose, a simboleggiare la fragilità, la delicatezza, la faccia tagliente, del suo amore con Draco; l’unica cosa che avrebbe rimpianto della vita, che l’avrebbe fatto sentire incompleto.
Anche la bara era di legno chiaro, quella bara davanti la quale Draco era stato costretto ad abbassare lo sguardo, impossibilitato a sopportare la vista del corpo da lui amato mentre veniva sigillato, per sempre. Faceva così male pensare che non l’avrebbe più guardato, carezzato, abbracciato. Non ci sarebbe più stato il sorriso di Harry a rischiarare le sue giornate. Gli sembrava ingiusto doversi separare da quel corpo, lasciarlo annegare nella terra umida, esposto al furore della natura e al degradare del tempo. Per lui però Harry sarebbe sempre rimasto come l’aveva visto il giorno del loro matrimonio, talmente felice da brillare di luce propria.

“Harry.. Oh, Harry!” ogni volta, ogni istante, in cui i suoi pensieri si soffermavano sul suo amore gli provocavano una stilettata al cuore. E nella sua testa l’immagine di Harry prima di andarsene, pallido e smunto, si sovrapponeva all’uomo felice e luminoso che ricordava; e lui lottava con la forza della disperazione per non permettere a quel ricordo felice di svanire.

«Eterno riposo dona a Harry signore e splenda per egli la luce perpetua, riposi in pace» le parole del sacerdote riecheggiarono nella cappella. Draco accompagnò quella preghiera con tutto sé stesso, anelante che Harry raggiungesse la felicità che a lui era stata strappata.
La chiesa straripava di persone desiderose di accompagnare il loro eroe fino alla fine del suo percorso. Quel giorno le lacrime si sprecarono e furono versate anche dalle persone più impensabili. Con Harry se n’è andava una certezza per il Mondo della Magia, se ne andava un uomo ed un eroe, la dimostrazione che il coraggio alberga nel cuore dei puri. Lui era stato l’Eroe, il Salvatore, il Bambino-Sopravvissuto per essere sconfitto da un dolore altrettanto letale, ma incredibilmente più umiliante. Non esisteva una spiegazione per quella malattia, probabilmente se fosse esistita si sarebbe trovata una cura per essa.

Harry era stato costretto ad assistere al proprio decadimento, inerme.

Appena Draco entrò in bagno vide Harry fermo davanti lo specchio, che scrutava con amarezza le occhiaie troppo profonde e, di profilo, il ventre inumanamente sottile, con le costole in vista. Lui conosceva il proprio stupido amore, sapeva che Harry si stava preoccupando che Draco potesse soffrirne per quelle condizione, non che lo abbandonasse, quella possibilità non era mai esistita tra di loro. E Draco si mise di fronte a lui e gli poggiò, con delicatezza, un palmo sulla guancia smunta. Lo guardò negli occhi, infondendo nella propria espressione tutto l’amore e la devozione che sentiva di provare per il suo eroe personale. «Non ti preoccupare Harry, io sarò forte per tutti e due, e tue sei bellissimo, sempre. Sembri una rosa delicata, che rischia di sfiorire al primo soffio di vento, ma io ti proteggerò sia dalle raffiche più deboli che da quelle più potenti» e con delicatezza lo baciò, gli comunicò il suo amore incondizionato.
«Lo so Draco, non ho mai avuto dubbi sulla tua forza».

E Draco pregò di non dover tradire la sua fiducia.

Malattia beffarda, che si prendeva gioco della vita, e la morte le faceva compagnia. Maschera da clown maligna, che sorrideva guardando all’inutile affaccendarsi degli uomini intorno ad un corpo malato. Perché la fine della corsa arriva per tutti e se la vita decide di farti correre al massimo non puoi evitare il traguardo, neanche se questo arriva quando tu pensi di aver appena cominciato a correre.

Accanto a Draco stavano in piedi Ron ed Hermione. Abbracciati in un rispettoso silenzio, gli unici in grado di condividere il dolore di Draco. Loro avevano visto Harry crescere ed erano cresciuti con lui. Avevano camminato sempre tenendosi per mano, pronti ad afferrare il più debole, impedendogli di cadere. E adesso avevano visto il ragazzo in mezzo a loro abbandonare le loro prese e dissolversi, come un fantasma, nell’aria. E il loro inutile tentativo di afferrare quella sostanza eterea li aveva condotti ad una caduta, dalla quale dovevano trovare solo in loro due la forza di rialzarsi. Ed in quel momento si sentivano semplicemente fieri per aver potuto scoprire il mistero costituito da Harry, una persona in grado di regalarti sempre qualcosa di nuovo, una sorpresa infinita di dolcezza. E senza il suo sorriso solare le loro vite sarebbero state decisamente più cupe.

 

Dopo la celebrazione della funzione il prete lasciò la possibilità ad alcuni dei presenti di parlare in memoria del defunto.
Sembrava assurdo che già di Harry non ne era rimasto più nulla, soltanto parole in onore alla sua memoria. Sembrava troppo definitivo per essere possibile, significava che ormai non era altro che un pallido ricordo, e soltanto fino al giorno prima era stato una certezza, come tutti loro.
Draco si alzò per primo, senza avere idea di cosa dire, ma certo che gliel’avrebbe suggerito il cuore.

Hermione entrò nella camera da letto di Draco ed Harry e trovò il biondo con la testa china su un foglio, l’inchiostro sbiadito dalle lacrime che uscivano copiosamente dagli occhi del ragazzo.
«Che fai Draco?» gli disse con una dolcezza che usava regalare solo ai propri figli.
Quella voce sembrò a Draco un leggero balsamo per il proprio cuore martoriato.
«De-devo scrivere qualcosa ‘Mione, sennò domani non saprò dire nulla», disse con la voce rotta dai singhiozzi.
Hermione si sedette accanto a lui e gli afferrò delicatamente la mano sinistra, per fargli sentire la propria presenza, il proprio conforto. In un primo momento cercò di aiutarlo a trovare le parole giuste, qualcosa di adeguato per un dolore che in realtà non avrebbe mai trovato un mezzo di espressione adatto.
Dopo un’ora di infruttuosi tentativi capì che il dolore del ragazzo era ancora troppo grande per poter essere incanalato in banali parole. E capì che nel momento stesso in cui Draco tentava di esprimerlo gli sembrava un’azione indegna, pensava di ridurre cos’era stato Harry per lui a una definizione insufficiente.
«Draco basta, non sforzarti. Vedrai che domani troverai la cosa giusta da dire, senza avere bisogno di un promemoria». Lo prese per mano e lo condusse in cucina, come una mamma con un figlio che è appena caduto dalla bicicletta. E Draco era un po’ così, ferito ed incapace di lenire le proprie lesioni.

«Per sette anni io e Harry ci siamo odiati e tutti coloro che ci hanno conosciuto durante la scuola possono confermarlo. Ogni occasione era buona per offenderci, denigrarci e ferirci fisicamente.
Ma con altrettanta intensità ci siamo amati. Non mi vergogno di ammetterlo, né di fronte a me stesso e neanche di fronte a tutte le persone che mi conoscono: io senza Harry sarei stato perso. Lui con la dolcezza e la caparbietà di un bambino, ma con la maturità di qualcuno che della vita ha visto anche gli aspetti peggiori, mi ha preso per mano e mi ha ricondotto alla vita. – le parole intrise di amore riecheggiarono per tutta la chiesa, pronunciate da una voce rotta dal pianto – Con lui ho vissuto i momenti più meravigliosi e pieni della mia vita e queste parole non basteranno affatto per esprimere cosa sia stato lui per me. Harry non era pronto all’idea della morte, se lo si può essere mai, e non è morto neanche da eroe. E’ stato condotto alla morte da una stupida ed inutile malattia, più potente, tutta via, del Mago Oscuro più temuto di tutti i tempi. Laddove Lord Voldemort aveva fallito una malattia contro cui era impossibile lottare ha completato il suo lavoro. Harry che aveva sconfitto più volte la morte, faccia a faccia, avrebbe mai potuto rassegnarsi a questa idea? No! E’ inutile riempirci di parole vuote e stereotipate in cui affermiamo che adesso sta bene, che adesso è felice, perché il suo posto non può essere in nessun luogo dove non ci sia io. O forse sono io che non riesco ad accettare una vita in cui Harry non ci sia a scaldarmi il cuore ed addolcirmi ogni istante.» e si allontanò dal pulpito dopo aver urlato al mondo intero, ma soprattutto a sé stesso, il proprio dolore, ed il bisogno di avere Harry nella propria vita.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 -The Day After Tomorrow ***


Capitolo 3 – The day after Tomorrow

 

Sono passati dieci anni dal giorno in cui la vita di Draco Malfoy è finita almeno tanto quanto quella di Harry Potter. Due individui legati da un filo indistruttibile, a renderli quasi un’unica persona.
Dieci anni alla ricerca dell’oblio da parte di Draco, vinto dal desiderio disperato di non essere più. Ricerca dell’annullamento, per sentire quello strazio e quel dolore insopportabili abbandonare il suo cuore, e lasciare finalmente riposare la sua mente e la sua anima. Anni in cui il minimo che richiamasse alla memoria Harry era in grado di ferire come la più acuminata delle spade. Draco aveva dubitato seriamente della propria forza, della capacità di rialzarsi da quell’ennesima perdita, la più intensa, la più bruciante.
Il primo anno aveva cercato di non esistere più, come se non mostrarsi al mondo avrebbe lasciato sparire ogni molecola del suo essere; 365 giorni trascorsi a letto, immobile, alimentato solo dalle flebo che gli erano state imposte dalla Granger per non lasciarlo morire.

Draco guardò il buio della propria stanza; non sapeva che giorno fosse, non sapeva l’orario, ma non importava: per lui gli istanti, i minuti, le ore, si succedevano uguali, scanditi solo dai battiti del suo cuore sofferente. Se non fosse stato per quel rumore familiare avrebbe facilmente pensato di essere stato finalmente accolto dall’oblio. Un fascio di luce, dalla porta appena aperta, colpì i suoi occhi disabituati a qualsiasi cosa non fosse l’oscurità della stanza. La luce andò ad illuminare una chioma riccia, la Granger era tornata. Hermione si avvicinò al suo letto con passo silenzioso, come se si trovasse al capezzale di un morente. Non che lui fosse tanto diverso, la sua però era una morte dell’anima, non fisica. Ignorò le parole pronunciate da quella, nel tentativo di spingerlo ad alzarsi a reagire, sapeva che lo faceva per il suo bene, ma lui non ne aveva la forza. Si accorse soltanto che stava cambiando la sacca della flebo; significava che un altro giorno era passato; il ventesimo.. Venti sacche, venti interminabili giorni. Draco chiuse gli occhi e si concesse all’incoscienza per pochi istanti, incurante e disinteressato a tutto quello che accadeva attorno a lui.

Per un anno Draco non aveva desiderato altro se non la cara ed attesa morte, pace per il suo cuore sanguinante. Hermione sapeva che Harry non glielo avrebbe mai perdonato ed aveva impedito al biondo di abbandonarsi all’invito della fine, fiduciosa che prima o poi sarebbe riuscito a risorgere dalle ceneri del proprio dolore, come una nobile fenice.
Era stato un anno infernale per tutte le persone a lui vicine, che varcavano a parta della sua stanza terrorizzate dal timore di trovarlo avvolto da lenzuola intrise dal proprio sangue.

Qualcuno inconsciamente aveva lasciato un rasoio sul comodino della stanza di Draco, ‘Mione si sarebbe infuriata per quella manchevolezza. Draco guardò il luccichio invitante delle lame e fu tentato di farla finita. I suoi muscoli si tesero spasmodicamente all’interno di arti che non avevano la forza neanche per allungarsi.

Draco sapeva che se avesse deciso di smettere volontariamente di vivere Harry non glielo avrebbe mai perdonato, e lui non voleva farlo arrabbiare, neanche in quel momento.


Dopo un lunghissimo anno che era sembrato durare una vita, aveva trovato la forza di risvegliarsi da quell’incoscienza dolorosa. Tornare a lavoro, svegliarsi la mattina, mangiare, dormire, qualsiasi azione, anche la più semplice, gli sembrava superare di gran lunga le sue possibilità. Ma aveva imparato a vivere, a ripetere come un automa le azioni abituali. La gente intorno a lui ringraziava per quel ritorno alla vita e non gli chiedeva di essere felice.

 

 

Adesso erano passati dieci anni e la sua vita era diventata quasi normale. Quel giorno Ron ed Hermione avrebbero celebrato ventidue anni di matrimonio, resi amari come sempre dalla coincidenza con l’anniversario della morte di Harry. Dieci anni.. Draco aveva deciso di fare un regalo alla coppia per ringraziarli di tutte le volte in cui gli avevano offerto il loro aiuto, senza chiedere o aspettarsi nulla in cambio. A loro insaputa aveva organizzato una festa a casa propria con le persone più intime per la coppia ed i loro vecchi compagni di scuola.
Aveva comprato cibi e bevande a volontà, magici e non, davvero per tutti i gusti. Erano già distribuiti su vari tavoli sparsi nelle stanze principali.

L’inizio della festa sarebbe stato di lì a cinque minuti e lui attendeva nell’anticamera l’arrivo dei primo ospiti. Il campanello cominciò a suonare e Draco accolse in casa propria gente che non incontrava da anni e con molti dei quali non aveva avuto affatto un rapporto piacevole.
Preso dall’onere di fare il cortese padrone di casa e far trascorrere a tutti una serata piacevole non ebbe il tempo di soffermarsi su pensieri che l’avrebbero tormentato. D’altronde quel giorno non era felice per lui, e benché fossero passati dieci anni a lui sembrava di aver perso Harry soltanto il giorno prima.

Soltanto quando anche Neville Paciock se ne fu andato per ultimo e lui rimase solo con Ron e Hermione sentì tornare la familiare sensazione di soluti dine.

La coppia aveva deciso di rimanere sapendo che probabilmente il Serpeverde avrebbe avuto bisogno di sfogarsi con qualcuno, in quegli anni avevano imparato a conoscersi bene.

Ordinarono la casa, raccolsero bottiglie, piatti e tovaglioli e li gettarono nei cesti per la raccolta differenziata. Un po’ di lavoro manuale non avrebbe fatto male a nessuno. La cucina rimase l’unica  stanza da sistemare e Hermione decise di porre fine a quel silenzio estenuante ordinando tutto con un incantesimo: decisamente più rapido!
Si accomodarono così intorno al tavolo della cucina, mentre il silenzio ancora si protraeva. Era un silenzio carico di attesa, per uno sfogo che non si fece attendere troppo a lungo. Lacrime di amarezza e nostalgia presero a scendere dagli occhi dell’argento più puro, resi ancora più brillanti da quelle stille di dolore liquido. Hermione si specchiò in un pozzo di disperazione infinita e si sentì sopraffatta dall’emozione dell’altro. Lo abbracciò delicatamente, come potrebbe fare una madre con il proprio bambino, senza alcuna malizia. Il biondo poggiò il proprio capo sulla spalla della ragazza, e sfogò tutta la sofferenza in un pianto liberatorio. Ron osservava impotente la scena, non sapendo cosa dire o cosa fare, optò per un silenzio che gli avrebbe sicuramente risparmiato uscite inopportune.

Draco rialzò la testa quando si sentì leggermente liberato e sentì che loro erano le persone giuste da rendere partecipi del suo dolore.

«Oddio, mi manca così tanto. E sono passati già dieci anni» sembrava parlasse con sé stesso, cercando di mettere ordine ai propri pensieri e mentre diceva queste parole fissava la fede al proprio dito, con le parole incise da Harry per lui al suo interno “uniti sempre, divisi mai”, «Quando se n’è andato avevo solo 29 anni ed anche ora avrei la possibilità di rifarmi una vita, ma come posso?! Senza Harry la mia vita è vuota, assolutamente priva di significato. Sono quelle parole strappalacrime che dicono gli eroi dei film, o che dicono  le principesse nelle favole. Ma questa è la vita cazzo! Una cazzo di fottutissima vita, e fa dannatamente male!».

«Oh dracoHermione lo guardò con dolcezza – Harry vorrebbe che tu fossi ancora felice, anche con qualcun altro al tuo fianco». Hermione sapeva che stava rischiando tanto parlando in quel modo a Draco, un uomo che aveva sepolto il proprio cuore nella tomba insieme all’amore della sua vita.

I timori di Hermione non furono delusi; Draco le rivolse un’occhiata feroce.

«Un’altra persona? Ma hai idea dell’idiozia che stai dicendo? Io amo lui con tutto il cuore, ancora adesso! Nessuno potrà mai prendere il suo posto è chiaro? Mi sembrerebbe un’offesa al nostro matrimonio».

Draco preferiva vivere nel passato e nei ricordi. Annegare ogni sera il capo sul cuscino sempre spruzzato del profumo di Harry. Girare per le stanze profumate da fiori, come le amava Harry. Non aveva cambiato casa, non l’avrebbe mai fatto. In quella casa almeno sentiva che Harry era ancora lì, tra quelle mura che avevano osservato la loro quotidianità.  Per Draco la felicità coincideva con Harry al suo fianco; era semplice, era una certezza salda, non aveva bisogno di porsi alcuna domanda: niente Harry? Dolore. Tutto si poteva ridurre ad un concetto elementare.

«Lo so Draco, ma almeno cerca di uscire qualche volta, non so!» la Grifondoro non si era data per vinta.

«Ma io esco! Vado ogni giorno a lavoro. E non parlarmi di svaghi Hermione, non ne voglio proprio sentire parlare».

A distanza di dieci anni Draco si guardò attorno e la presenza di Harry in quelle stanze lo colse come un sogno improvviso. Solo perché non era più percepibile non significava che non ci fosse più. Lui lo amava sempre, questa era l’unica cosa certa.

Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi.*

Ed il suo cuore gli urlava prepotentemente l’immensità della presenza di Harry all’interno di esso. Il moro aveva riversato le proprie scintille di vita su ogni centimetro quadrato di quell’appartamento, che ora era specchio della felicità che avevano condiviso.

Congedò gli amici che accolsero con benevolenza la rinata scintilla di vita negli occhi di Draco.

I Malfoy non si arrendono, i Malfoy prima o poi si rialzano. E Draco Malfoy era tornato a vivere.

 

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Epilogo

Draco Malfoy varcò la soglia del corridoio dedicato al reparto di oncologia infantile.
Entrò nella stanza di Danny Ortega, il suo paziente preferito, ed il volto del bimbo si illuminò come ogni volta che quel signore biondo arrivava per intrattenerlo. Quel giorno il bimbo, essendo stato leggermente peggio, accolse il suo arrivo con particolare entusiasmo..

«Cia signor Drago» lo salutò senza aver mai capito bene il suo nome, era sempre stato convinto che quello fosse una strana forma dei dragoni delle fiabe.

Un sorriso solare e affettuoso affacciò sul suo volto paffuto, ed a Draco sembrò un piccolo solo. Il biondo si affrettò sulla sedia a fianco del letto e si chinò sul capo del bambino per lasciargli un leggero bacio sulla guancia paffuta, si rialvò e con una mano gli carezzò le gote morbide, i bambini tiravano fuori il meglio di lui.

Tirò fuori la bacchetta per dare inizio alle ore di divertimento che gli regalava ogni giorno.

Era trascorso un mese da quando aveva conosciuto quel bambino e si recava a visitarlo ogni giorno. Lo deliziava con giochi di magia che a qualsiasi prestigiatore sarebbero risultati impossibili.

Quel giorno tirò fuori dalla tasta una bacchetta incantata del negozio “Tiri Vispi”; il bimbo la prese meravigliato tra le mani, osservandola come il tesoro più prezioso fino a quando questa si trasformò in un pulcino di peluche e Danny riempì la stanza con la propria risata cristallina.

Draco si stupiva ogni volta della magia che scorreva nelle vene di ogni bambino. Non vi erano distinzioni tra le varie forme di essa, ed era irrilevante che il bambino in questione avesse o meno poteri magici. Era un incanto particolare che si affievoliva nel tempo, era costituito da empatia ed innocenza, da una maturità tutta particolare che solo in pochissimi sono in grado di conservare di adulti. Si trattava della forza di credere, sognare, aiutare.

 E Draco da quando divideva parte del suo tempo con quei bambini aveva cominciato a credere di nuovo. Credeva come loro nella magia della fiabe, di Babbo Natale e della Befana. Ma soprattutto credeva nella forza di quei sorrisi e di quei gesti delicati dei bambini.

«Signor Drago, sono contento che oggi non sei triste» disse il bambino con la sua sensibilità particolare.

«Perché io sono mai triste? Non ti faccio divertire ogni volta che vengo qui?» e prese a fare il solletico al bambino, che rideva pazzamente rigirandosi tra le lenzuola.

«Ci sono volte che sei triste, sì. Ed io ti poggio una manina sulla guancia, e poi sul cuore, così torni felice».

Draco si stupì della facilità con cui il bambino credeva di scacciare la malinconia. Ma alla fine si rese conto che Danny non aveva tutti i torti: quando il calore infantile di quella manina veniva a contatto con la sua pelle Draco stava realmente meglio. Era quella la magia in cui lui credeva.

Continuarono a giocare, tra conigli, pulcini e giochi di carte. Danny si divertiva a proporgli ogni volta sfide più argute e Draco a soddisfarle. Per la volta dopo gli promise un getto d’acqua dalla propria bacchetta.

 

Si chiuse alle spalle la porta della stanza del bimbo e continuò il suo giro nelle altre stanze, benché Danny fosse il paziente con cui si tratteneva di più. Ai genitori risultava un mistero come quel signore austero riuscisse a lasciare i loro figli con sorrisi deliziati sul volto. In effetti a guardarlo percorrere i corridoi dell’ospedale, Draco dava l’immagine di un uomo raffinato ed elegante, ma freddo e distaccato.

Nessuno aveva mai visto il brillio nei suoi occhi quando sedeva di fronte a quei bambini o l’espressione dolce con cui li guardava sorridere.

L’unica persona in grado di testimoniare quanto Draco potesse essere dolce non c’era più e si era portata  quel segreto nella tomba.

Draco stava bene in compagnia di quelle piccole creature, aveva scoperto una vocazione nell’aiutare e si era anche accorto che questo gli riusciva piuttosto bene. Amava ingegnarsi per regalare a quei bimbi sofferenti momenti di svago, e trascorreva il proprio tempo libero in loro compagnia. Impiegava una grande quantità di denaro per aiutare la famiglie che non potevano permettersi l’assistenza per i figli.

Dopo aver visitato tutte le stanze entrò nella camera 31, la camera di Lily. Lily era la sua paziente preferita insieme a Danny: una bambina di 6 anni dolcissima, a cui pagava le cure da quasi un anno. Aveva dei boccoli biondi in testa che le conferivano l’aria di una bambola di porcellana ed un paio di incredibili occhi verdi. La prima volta che aveva incontrato quello sguardo a Draco era risultato davvero difficile resistere ad esso: quegli occhi gli ricordavano il paio di smeraldi di un’altra persona, quasi la stessa tonalità di verde e sicuramente la stessa dolcezza. Non credeva di essere ancora così sensibile a tutto ciò che riguardava il moro, ma presto si accorse del potere esercitato dall’amore e dai ricordi, dall’intensità di uno sguardo. Col tempo aveva cominciato a cogliere le particolarità delle iridi della bambina: una sfumatura color nocciola intorno alla pupilla, riflessi di un colore più scuro e la capacità incredibile di rasserenarlo.

Draco uscì dalla stanza e si diresse verso l’uscita. Preso com’era dai  propri pensieri si accorse troppo tardi dell’uomo che percorreva il suo stesso corridoio nella direzione opposta alla sua e finì con lo sbattergli contro.

«Scusa» dissero in coro.

Draco alzò lo sguardo e si trovò a fissare gli occhi più dolcemente malinconiche che avesse mai visto. L’uomo si passò una mano tra i capelli biondi in un gesto imbarazzato e a Draco sembrò di esser tornato indietro di mille anni.

 

 

Dopo questo capitolo c’è un extra scritto diciamo per non lasciare niente incompleto. Alla prossima ^_^

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Capitolo 6
*** Extra - Vivere di nuovo ***


Vivere di nuovo

Draco si svegliò e si accorse subito di non essere nella propria stanza. Chiuse nuovamente gli occhi e si perse nel dormiveglia. I ricordi presero a rincorrersi e sovrapporsi nella sua mente ancora offuscata dal sonno: scenari di un passato lontano e vicino cominciarono a scorrere tra i suoi pensieri come scene in un film non ancora montato.

 

«Piacere Edward» si presentò l’uomo addosso al quale era appena finito.

«Draco Malfoy» replicò allungando una mano con cortesia.

«Che nome particolare» aggiunse l’altro.

Senza essersi detti niente si congedarono eppure Draco sentì in fondo allo stomaco una strana morsa dalla quale cercò di fuggire in tutta fretta.

Evitò di incontrare nuovamente quell’uomo che l’aveva colpito più di quanto volesse ammettere ma Edward sembrava essere stato colpito tanto quanto lui e sfruttava ogni occasione possibile per avvicinarlo.

Draco Malfoy era indiscutibilmente un uomo attraente e affascinante con i suoi quarant’anni da poco superati; aveva tratti eleganti addolciti nella loro spigolosità dall’età adulta. Le prime rughe d’espressione gli incorniciavano il viso e l’accenno di barba sulla mascella gli attribuiva un’aria più virile. Le iridi grigio tempesta emanavano quella fierezza tipicamente Malfoy che attraeva come una calamita le persone a cui capitava di incrociare la propria strada con quella del biondo.
Non era affatto sorprendete che una persona fosse stata attratta dalla sua bellezza raffinata e che stesse cercando di conquistarlo, il primo dopo tanti anni; o forse il primo di cui Draco si accorgeva.

Draco finì il giro della visite alle 6 e 30 e trovò Edward ad aspettarlo di fronte la macchina del caffè con due tazze fumanti della bevanda.

«Tieni ho pensato che potesse farti piacere» allungò la tazza verso il biondo e cominciò a sorseggiare la propria.

L’anello all’anulare di Draco non l’aveva fermato, Edward era in grado di avvertire in lui la silenziosa tristezza delle creature sole.

«Senti, so che forse è troppo ma che ne dici se uscendo da qui passiamo nel ristorante qui vicino e mangiamo una pizza?» Draco si stupì di quanto gli sembrò facile rispondere di sì.

Trascorsero una serata in piacevole compagnia, a parlare di tutto e di niente. Quello che premeva ad entrambi sapere non ebbero il coraggio di chiederlo e dunque preferirono rifugiarsi in discorsi privi del potere di ferirli. Edward lo accompagnò galantemente di fronte al portone del suo palazzo e lo salutò con un casto bacio sulla guancia.

 

«Buongiorno» la voce dello stesso uomo lo destò dai ricordi, accompagnata da un bacio molto meno casto di quello a cui pensava.

«’Giorno» rispose col tono malinconico che Edward aveva imparato ad associare ai momenti in cui il passato riaffiorava nella sua mente.

In risposta il compagno lo strinse più forte, in quel suo gesto discreto e privo di esigenza che esprimeva solo la voglia di stargli vicino. Draco si cullò in quell’abbraccio tuttavia senza poter allontanare il passato che era tornato a bussare prepotentemente alla sua porta.

«Ne vuoi parlare?» chiese Edward come se riuscisse a leggergli nella mente.

«Non ti preoccupare, non è niente». Draco sapeva di non mentirgli e sapeva che l’altro l’avrebbe capito. «Senti, oggi è l’anniversario di Harry, se vuoi puoi venire anche tu a portare i fiori con me». Era la prima volta che Draco decideva di renderlo parte di quella giornata ancora così particolare per lui.

 

~Oo_oO*Oo_oO~

 

L’atmosfera del cimitero era resa ovattata da quella tipica aria che sapeva di distacco. Draco percorse i sentieri curati lentamente, sentendo i passi del compagno al proprio fianco. Era da un po’ che non si scambiavano alcuna parola, ognuno toccato a modo proprio nel profondo da quell’aria di pace e dolore. Draco aprì la porta della cappella Potter e questa cigolò sotto la sua spinta.

«Devo ricordare al guardiano di oliare i cardini» disse per spezzare finalmente il silenzio che si era creato tra di loro. Tutto attorno ad Harry doveva essere perfetto, la cappella veniva mantenuta pulita ed ordinata, l’aria sempre profumata da fiori freschi.

«Ciao» disse inginocchiandosi di fronte la lapide su cui il nome di Harry troneggiava, seguito dalla sua data di nascita e di decesso. Abbandonò il mazzo di fiori che aveva stretto in pugno di fronte ad essa. Edward si manteneva distaccato, come a non voler entrare a far parte di quel momento così intimo. Draco apprezzava la sua comprensività e discrezione.

«E’ passato tanto tempo da quando non ci sei più piccolo, ormai sono tredici anni – non aveva bisogno di nascondere nulla ad Edward – ma non pensare che mi manchi meno del primo giorno. Ti ho promesso che ti avrei amato dopo la morte, e quella promessa non l’ho dimenticata. Tu sei sempre dentro di me, per quello che mi hai reso, che mi hai fatto capire. Però sai, non voglio stare solo, ed Edward mi fa sentire bene, per la prima volta dopo tanti anni, di nuovo caldo. Ma lo so che con te non ho bisogno di giustificarmi, non ha il tuo volto quella parte di me che a volte mi fa pensare che ti sto mancando di rispetto. Tu saresti molto più arrabbiato se io avessi continuato a disperarmi, hai sempre e soltanto voluto che io fossi felice. Ed io lo sono. Non in modo disperato o assoluto. Tu mi manchi lo stesso, sei una parte della mia vita che non posso né voglio mettere da parte. Allontanare del tutto il dolore della tua perdita sarebbe come rinunciare ad una parte di me, ed io ho bisogno di tutto me stesso.» si girò verso Edward e gli fece senno di avvicinarsi. Il compagno si inginocchiò al suo fianco e gli poggiò una mano sulla spalla.

«Sai Harry – Draco continuò il suo monologo con il marito che non poteva rispondergli – ti piacerebbe. E’ buono e dolce. Mi tratta bene tranquillo, so che ti preme saperlo. E sì, mi ricorda di chiudere l’acqua e spegnere il fuoco, di dividere la biancheria dai capi colorati. Pesca i miei maglioni di cachemire dai cesti in cui li butto con disattenzione per lavarli a mano. Si vede che qualcuno si occupa del mio guardaroba: è decisamente più ordinato. Non fa solo questo ovviamente, è diventato importante per me. Ma lo sei anche tu. Lui lo sa e mi rispetta». Edward si girò verso di lui e gli fece un cenno con il capo, come a voler dare una conferma alle sue parole. Draco strinse la fede che portava legata al collo. L’aveva tolta dall’anulare per rispetto del nuovo compagno ma non poteva separarsi totalmente da essa.

«Ciao Harry – Edward trovò finalmente il coraggio di parlare – io mi sento quasi un estraneo qui. Draco mi parla spesso di te ed io capisco quanto ne abbia bisogno. Penso che tu sia stato davvero una persona fantastica, dalle sue parole traspare l’amore che vi ha legati. Io non sono geloso, ti sono grato per aver reso Draco quello che è. E’ un uomo incredibilmente forte, strano a dirsi no? Da quello che mi racconta lui nella sua infanzia non doveva esser stato l’emblema della forza d’animo. E’ tremendamente disordinato, non mi immagino come doveva essere casa vostra, spero che almeno tu sia stato un po’ più ordinato di lui. Mi prendo cura di lui sempre, tranquillo. E a modo nostro abbiamo trovato un equilibrio. Siamo persone che nella vita ne hanno viste di tutti i colori, non riusciamo ad essere incondizionatamente felici, ma non importa. Va bene così, va bene svegliarsi ogni mattino e sentire che c’è una persona al tuo fianco a riscaldare il tuo corpo e le tue notti. Ti ho visto in foto, come ho visto anche i tuoi genitori. Siete stati splendidi, tutti e tre. Mi ha raccontato del Mondo della Magia e di Hogwarts, di Voldemort e del tuo coraggio. Sei un eroe. Sai io ho una figlia, ammalata della tua stessa malattia. Ma lei sta guarendo. Le racconto ogni sera della vostra storia, le racconto del Bambino Sopravvissuto per divenire il Salvatore. Me l’hai rovinata: dubito che si accontenterà mai di un uomo che sia meno che un eroe». Edward sentì gli occhi inumidirsi e si specchiò nelle iridi di Draco già lucide. Era difficile per entrambi abbandonarsi alle emozioni, benché queste li scuotessero nel profondo.

«Harry – Draco si sostituì di nuovo al compagno in quello strano monologo – manchi a tantissime persone. Hai lasciato un ricordo indelebile. Vedi piccolo? Non me lo sono dimenticato neanche quest’anno: ti ho portato i tuoi fiori preferiti e non sono vestito di nero. Non ho permesso alla vita di sopraffarmi, ma con difficoltà mi sono rialzato per guardarla negli occhi e dimostrarmi nuovamente degno di viverla. Ed ora Edward è qui al mio fianco. E’ stato strano all’inizio, mi sembrava di tradirti, di offendere l’amore che ci ha legato. Ma adesso l’ho capito che non è così, ho capito che posso amare lui e continuare a rispettare te e quello che ci ha uniti. Non ti dimenticherò mai piccolo e tu ogni tanto pensami da lassù». Rivolse un ultimo sguardo dolce alla foto che troneggiava sulla lapide e mostrava Harry entusiasta, il giorno del loro matrimonio. Accarezzò quel volto amato a lungo con due dita, come a voler sentire di nuovo la consistenza della pelle di Harry sotto le proprie dita. Ma i suoi polpastrelli si scontrarono con il marmo dure e freddo, e con la forza della realtà. Afferrò con l’altra mano la persona che adesso costituiva la sua realtà e si alzò protetto in quella stretta. Mano nella mano voltarono le spalle alla tomba di Harry.

~Oo_oO*Oo_oO~

 

Draco lasciò Edward a casa sua e si diresse verso il proprio appartamento. Varcò la soglia della casa che aveva diviso con Harry in religioso silenzio e lo colpì l’odore di assenza che regnava in quelle stanze. Col passare del tempo ci era tornato sempre meno, fino ad abbandonarla del tutto. Da qualche mese a quella parte si era trasferito quasi in punta stabile a casa di Edward ed era tornato nella propria solo poche rare volte, per controllare che fosse tutto apposto. Frugò nelle stanze con uno scatolone in mano. Cercò ogni singolo elemento significativo di quella casa, prese le foto, prese i vari soprammobili che aveva comprato con Harry nel loro giro per il mondo e i regali che gli aveva fatto Harry negli anni del loro amore. Spense le stanze una ad una, sigillò le imposte e svuotò le credenze. Riempì sacchi di cose da buttare, ed un unico scatolone delle cose che avevano costituito per anni la sua vita. Infine, fermo sulla soglia, si voltò a guardare per l’ultima volta quella casa, inalò per l’ultima volta quel profumo che sapeva ancora di Harry. Spense la luce del salone principale ed una malinconica oscurità lo avvolse. La porta cigolò impercettibilmente sotto la sua spinta ed infine il suono di quell’uscio che si chiudeva riecheggiò nel palazzo. Scese dalle scale, per rimanere un po’ più a lungo all’interno del palazzo. Quando anche il portone si chiuse alle sue spalle rivolse un’ultima occhiata malinconica al balcone del quarto piano. Appese quel cartello “Vendesi” che aveva impiegato così tanti anni a comprare. Non aveva voglia di avere un altro santuario che non riusciva ad aprire, pieno di ricordi troppo dolorosi: per quello ci bastava il manor che, dopo la morte dei suoi genitori, aveva ereditato e non aveva mai più abitato. Quell’appartamento aveva costituito un’isola felice, già per troppi anni aveva reso amara l’aria di quelle stanze con il proprio dolore. Di abitare lì con Edward non se lo sognava neppure: quell’appartamento doveva rimanere la casa sua e di Harry e su questo punto con il compagno era stato irremovibile, non gliel’aveva mai neppure fatto vedere. Con ancora l’immagine delle stanze scure, come se fosse calato il sipario su un pezzo della sua vita, si materializzò in un vicolo poco lontano dalla villetta abitata dal compagno. Con quello scatolone che conteneva tutto quello che era stata la sua vita con Harry tra le braccia si diresse verso la nuova casa, pronto ad iniziare una nuova vita.

 

 

Ok è finita.. E’ difficile rendersene conto adesso perché per me questa storia aveva significato tanto, ci sono stata parecchio a scriverla, è cresciuta poco per volta ed alcune cose sono anche state cambiato, per venir fuori così.. Forse voi che leggete non vi siete affezionati allo stesso modo, forse è colpa mia che non ho saputo esprimere ciò che volevo.. Non so.. Però ringrazio lo stesso chi ha seguito.. Per me è un motivo di orgoglio comunque perché è la prima storia a più capitoli a cui metto la parola “completa”. Ringrazio ladynena, tesar e Selene_90 per aver recensito =)  Gino64 RuziChan e Skaspy per averla inserita tra i preferiti. Allsecrets2, di nuovo Selene_90, Nena88, Pozzina, rutix2003, skitty1 e SnapEly per averla inserita tra le seguite. Spero che sia piaciuta anche a coloro che si siano limitati a leggerla seriamente.

Ok, ora passiamo alle spiegazioni. Non doveva finire così originariamente, in teoria Draco doveva rimanere solo. Però ci ho pensato e ripensato, ed era troppo giovane per non andare mai avanti. E così è nato Edward, almeno il suo personaggio, il nome è spuntato per una serie di deliri con delle mie amiche. Ho scelto un babbano volontariamente, per dare a Draco la possibilità di cambiare tutto, per lasciargli la scelta se chiudere o ricordare la vita precedente. Lui ha deciso di ricordare, ed in questa scelta per me sta tutto il significato della storia. Non ha tradito la promessa dell’amore eterno perché Harry è lì, è diventato molto più di un semplice marito o amato, è lui stesso. Se una persona ti cambia la vita, ti sconvolge nel profondo, diventa parte di te; Draco lo sa e non vuole nemmeno provare ad allontanare Harry. Spero che sia arrivato chiaramente questo messaggio, perché non era assolutamente mia intenzione ridurre tutto ad un semplice voltare pagina. Almeno per questo capitolo conclusivo potreste farmi sapere un po’ tutti che ne pensate *O* io ci spero ^_^

 

Grazie per aver seguito =)

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