Una serata al Cavern

di velvetmouth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scarafaggi ***
Capitolo 2: *** E così conobbi John ***
Capitolo 3: *** Un passaggio ***
Capitolo 4: *** Non chiamarmi Principessa! ***
Capitolo 5: *** Interrogatorio ***
Capitolo 6: *** Una nuova conoscenza ***
Capitolo 7: *** Lacrime ***
Capitolo 8: *** Perdono ***
Capitolo 9: *** Non è un sogno. ***
Capitolo 10: *** Ci riincontriamo... ***
Capitolo 11: *** Cambiamenti ***
Capitolo 12: *** Nuove quotidianità ***
Capitolo 13: *** Panico. ***
Capitolo 14: *** Decisioni ***
Capitolo 15: *** Vivere d'amore ***
Capitolo 16: *** La verità ***
Capitolo 17: *** Il ricordo. ***



Capitolo 1
*** Scarafaggi ***


Capitolo Uno.
Scarafaggi

-Audrey...- iniziò Molly con tono supplichevole.
Alzai un sopracciglio,sapeva già quello che pensavo...
La risposta era no...
Inutile insistere con me.
-No...Molly in quel posto non ci vengo.-
Risposi duramente, spostando lo sguardo e alzando il viso.
Lei trasse un sospiro rassegnato, poi, come presa da un'ultimo slancio di passione:
-Ma Audrey, è il posto più IN di tutta Liverpool!! Devi venire!!Ci divertiremo un mondo!-
Si interruppe per osservare una qualche ombra di entusiasmo nei miei occhi, ma non vide altro che indifferenza.
Testarda come al solito, continuò:
-E poi, Fred l'altra volta mi ha detto che c'è un gruppo fantastico che suona lì...Sono stati ad Amburgo per tre volte e hanno inciso un disco!!
Fred dice che diventeranno famosi di sicuro.-
I suoi occhi brillavano, mentre i miei compirono un cerchio perfetto.
Oh, c'era da essere sicuri se il suo stupido fidanzato le aveva detto così!
-Aspetta com'è che si chiamavano?...Api?mmm...No...Non mi ricordo...-
Assunse un'aria meditabonda che mi fece ridere sotto i baffi, lei sembrò non accorgersene.
-Moscerini per caso?-
Azzardai, cinica come sempre.
-Beatles!-
Esclamò entusiasta balzando dal divano.
La osservai come se fosse uno scherzo della natura.
-Wow, scarafaggi...Promettono bene!-
Mormorai sarcastica, storcendo il naso.
Per tutta risposta Audrey spense il suo entusiasmo e si accasciò inerme sul divano.
Corrugò la fronte osservando il tappeto.
Poi riprese il suo attacco mirato a far vacillare la mia muraglia di orgoglio.
-Non capisco cos'hai contro quel posto...Non ci sei nemmeno mai entrata!-
Esclamò esasperata, in prossimità di una crisi isterica...
Quando le cose non andavano come diceva lei...diventava irascibile.

Cos'era che avevo contro il Cavern Club?
Mmm...
Fatemi pensare...
Soltanto che era : BRUTTO,SPORCO,SQUALLIDO e ci girava gente ''poco raccomandabile'' come li definivano i miei.
Ah, con questo non voglio dire che fossi succube dei miei, diciamo che mi avevano educata a tutt'altro tipo di luoghi e tutt'altro tipo di intrattenimento...
Facevo parte dell'alta borghesia di Liverpool e di certo non andavo a immischiarmi con gli ''scouser''.
Non voglio dare l'idea di essere stata una ragazza con la puzza sotto il naso, era solo che ero sempre stata abituata a quel modo e cambiare mentalità mi risultava difficile.
Ero stata sempre portata a disgustare tutto ciò che non mi appartenesse, ma in mio ''soccorso'' era giunta Molly.
Aveva idee nettamente diverse dalle mie e seguiva ogni genere di moda in vigore nel Paese
Anche lei appartenente alla borghesia, ma di un rango inferiore, essendo suo padre un'impiegato molto ben retribuito,questo le bastava a rientrare nella categoria....
Mio padre invece, era un medico e mia mamma una bibliotecaria.
Le avevo sempre voluto bene, anche se la consideravo a volte troppo spensierata e ingenua, ma a me piaceva così...
Era il mio esatto opposto.
Io ero una ragazza sicura di me, orgogliosa e difficilmente condizionabile.
Ecco, ero una perfetta londinese nata a Liverpool.

Il mio silenzio e la mia disapprovazione la mandarono su di giri.
-Chiamami se cambi idea!-
Proferì imbronciata, superò il divano e davanti alla mia faccia sorpresa, prese la giacca ed uscì.
E' incredibile!
Pensai sorridendo e scuotendo la testa.
Se pensava che gliel'avrei data vinta solo perchè l'avevo vista imbronciata, non aveva capito proprio niente!
Mi alzai dalla poltrona e andai verso la cucina,afferrai un sandwitch che riposava beato su un piattino e lo addentai.
-Scarafaggi...Pfff!-

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Capitolo 2
*** E così conobbi John ***



Capitolo Due.
E così conobbi John

Il sorrisino di Molly mi stava snervando.
-Smettila...-
Sibilai continuando ad osservare davanti la marmaglia nella quale eravamo finite.
-Sapevo che saresti venuta!-
Trillò con la sua voce da gallinella, afferrandomi il braccio.
Giuro che ora la ammazzo.
Pensai, rivolgendole un sorriso.
-Si, purtroppo lo sapevo anch'io...-
Mugugnai in risposta.
Dovevo smetterla di farmi impietosire dalle sue chiamate e la sua voce quasi soffocata dal pianto...
Molly era sicuramente l'unica in grado di farmi vacillare!
Ed eccolo lì, il Cavern: BRUTTO,SPORCO,SQUALLIDO e pieno di gente poco raccomandabile...
Al solito...
-Hey bambole!-

Il fidanzato di Molly, Fred.
Gli rivolsi un sorriso così tirato da far male alle guance.
Il tipico idiota senza cervello: biondo, occhi grigi e vuoti come una noce marcia.
Capelli imbalsamati e acconcati in una patetica imitazione di Elvis, pantaloni scuri e molto, molto stretti e che lasciavano (purtroppo) molto poco all'immaginazione...
Il giacchetto di pelle nera e gli stivaletti MADE IN USA terminavano in ''bellezza'' l'opera.
Un perfetto stupido teddy-boy.

Si avvicinò con quel suo sorrisetto da maniaco sessuale, palpandomi amichevolmente il sedere mentre Molly salutava un gruppo di sue amiche.
-Togli quella mano, feccia!-
Sibilai, fulminandolo con lo sguardo.
Per tutta risposta l'uomo di Neanderthal mi sorrise mellifluo ravviandosi i capelli unti con una mano.
-Coglione!-
Farfugliai raggiungendo Molly.
Camminammo fino all'ingresso buio del locale e in gran massa scendemmo lungo delle scalette strette...
Ci trovammo sottoterra, nel cuore del Cavern.
L'aria era indubbiamente pesante e pervasa da una perenne puzza di sudore e muffa, in un angolo del soffitto gocciava acqua in abbondanza, dall'umidità che c'era.
Cercai di non farci caso, respirando con la bocca e cercando di tranquillizzarmi.
C'era una confusione inaudita...E il motivo ancora avevo da scoprirlo...
Cosa spingeva tutti quei ragazzi a spremersi dentro quel salone evidentemente troppo piccoli per contenerli tutti?
Non potevo pensare che fossero tutti lì per compiacere una loro amica psicopatica...
Nonostante fossero appena le 10, il Cavern era zeppo, già volavano insulti e pinte di birra e le sbronze si avvicinavano implacabili.
La volta di mattoni, così caratteristica del locale era forse l'unica cosa che donasse un senso di ricercatezza e che si contraddistinguesse dallo squallore del posto.
Scossi di nuovo la testa, pensando al perchè fossi lì.
Molly è la tua migliore amica, ricorda...
Mi suggerì la voce all'interno della mia testa.
-Ah, già...Certo!-
Sussurrai sarcastica.
Nel mentre Molly era andata di nuovo a salutare un gruppetto di amici e mi aveva chiesto di aspettarla al bancone del bar.
Ecco, prima mi prega di venire e poi mi molla qui...
Sì, sono stata decisamente stupida a venire!
Mi appoggiai sconsolata al bancone, infischiandomene del mio cappottino in tweed che di certo non ne giovava molto, a stare in contatto con quella lastra, tocchicciata da chissàchi!
Ma chi se ne frega!
Mi dissi, in una botta di allegria.
Poi, mi sporsi verso il barista, un tizio biondo, che sinceramente stonava parecchio lì dentro...
Come me d'altronde.
-Una coca-cola, grazie...-
Dissi, osservandomi intorno.
Sì, sapevo che non era una richiesta adatta in un luogo come quello, ma a me non piaceva bere...O almeno non da sola come una povera zitella ubriacona.
-Una coca...-
Una voce e poi una risata.
La risata era di per sè fastidiosa, ma il fatto che avessi messo in dubbio io stessa la mia scelta mi fece schizzare.
Rivolsi il mio viso orgoglioso e superbo verso colui che aveva parlato.
Un tizio, su uno sgabello vicino al mio, con un gran boccale di birra davanti.
Ah, ora si capisce tutto!
Pensai, rivolgendo al poveretto un sorrisino acido.
-Esatto, una Coca...Qualcosa da obiettare?-
Chiesi inviperita.
Il ragazzo conservò il sorrisetto, cosa che mi fece imbestialire sul serio.
Di solito quando qualcuno osava mettersi contro di me, bastava vedere la mia espressione ''migliore'' o la mia sfuriata degna di essere chiamata tale per pentirsene amaramente, ma il giovanotto lì presente doveva essere un gran bel coraggioso...
Oppure un gran deficente.
Continuava a sorridere e ad osservare prima me e poi il bicchiere che avevo dinanzi.
Lo guardavo anche io, un misto tra l'indignato e lo sconovolto.
-Audrey!-
Era Molly, che sventolava la sua manina.
Mi venne incontro e mi fece alzare, trascinandomi via.
Mi voltai....
Il tizio era sparito, volatilizzato, scomparso.
Il suo sorrisetto impertinente però, era impresso bene bene nella mia mente e non faceva altro che snervarmi ancora di più, come se trovarsi in un'enorme scatola di sardine, tutti appiccicati, non bastasse!
Cosa voleva da me quel cretino?!
La voce di Molly mi riportò alla realtà.
-Stavi parlando per caso con quel ragazzo seduto su quello sgabello?-
Chiese mentre ci avvicinavamo(a mio dispiacere) verso il centro della sala (pieno di gentaglia) e proprio sotto al palco.
-Parlato è un parolone...-
Risposi, ravviandomi i capelli...
Ripensare a quello che mi aveva detto mi faceva sempre più arrabbiare...Più passava il tempo più avevo voglia di dirgliene quattro!
-Diciamo che stavo quasi per prenderlo a schiaffi!-
Sibilai, riducendo gli occhi ad una fessura.
Il viso di Molly si pietrificò, come se avesse visto un basilisco.
-C'è nessuno in casa?-
Chiesi, passandole una mano davanti agli occhi.
Il solito sorrisino da sgallettata iniziò a comparire sulla sua sottile boccuccia rossa.
-Ma...Ma...-
Sbuffai.
-Vuoi comprare una vocale?-
Chiesi, distogliendo lo sguardo.
Lei scoppiò a ridere.
-Scusa Audrey, ma...Mi sembra così impossibile...Cioè!-
Un'altra risatina isterica.
Stavo seriamente perdendo la pazienza e presto o tardi sarei scappata da quel covo di matti.
Spostai di nuovo lo sguardo su Audrey.
-Suvvia, cosa c'è di così sensazionale?-
-Quello era John Lennon!-
Rivelò, portandosi le piccole mani in prossimità delle guance diventate rosse.
-Ah...-
Dissi annuendo.
-E allora?-
Chiesi, alzando un sopracciglio.
Chi era adesso John Lennon?
Un'idiota, quello era sicuro...
-Ma come?!-
Riprese Molly tornando del suo colorito e con un'espressione di disappunto negli occhi.
Notando che veramente non avevo la minima idea di chi fosse:
-Ma è uno dei Beatles, sciocchina!!-
Disse in un risolino.

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Capitolo 3
*** Un passaggio ***



Capitolo Tre.
Un passaggio

Bene, avevo appena conosciuto un uomo che sarebbe divenuto uno dei più importanti del ventesimo secolo e la cosa non mi aveva emozionata neanche un pò.
O almeno non in maniera positiva.
Lì per lì lo odiai, con tutto il mio cuore.
-Audrey, sei stata super fortunata ad incontrarlo prima dell'esibizione...Di solito stanno dietro il palco a scaldarsi!!!-
Mille ragazzine inferocite in quella sala si sarebbero fatte amputare tutti gli arti pur di parlare con quello scimmione, eppure era capitato a me, l'unica tizia nel circondario a cui la faccenda importava meno di 0.
Sorrisi forzata a Molly, ormai manifestare il mio fastidio non serviva a nulla.
''Al diavolo!''
Pensai, sbuffando, cercando di ricompormi dai miei pensieri di omicidio.
''Tanto chi lo rivede, quello?
Fra un mese non si ricorderà più nulla di lui!''
Continuai, assumendo un'aria orgogliosa e sprezzante.
''Certamente qui dentro non ci ritorno, ahhhh no!''
Riflettei, cercando di non far caso alle persone che si spiaccicavano sul mio corpo.
Una voce al microfono introdusse le band che avrebbero suonato quella sera.
Dopo una lunga sfilza di nomi per lo più sconosciuti, la voce metallica esordì.
''E per gran finale, direttamente di ritorno da Amburgo, più carichi, più famosi e più bravi di prima...I Beatles!''
Urli e ululati eccitati percorsero l'umido stanzone sotterraneo.
''Ricordate di comprare il loro primo disco, uscito il mese scorso, i ragazzi hanno bisogno del vostro sostegno! Divertitevi''
L'uomo osservò ammiccando verso un signore, a sedere su uno sgabello, in disparte.
Molly si avvicinò a me, indicando l'uomo a sedere.
''E' Brian Epstain, il manager dei ragazzi...''
Lo conoscevo di vista.
Un uomo elegante, sofisticato e incredibilmente stonante in quel contesto, proprio come me.
Dunque il proprietario del negozio NEMS dove mio fratello mi obbligava a passare ogni santo giorno per i nuovi dischi, era il manager di quei quattro sgallettati...
Ecco come pubblicizzava ''i suoi ragazzi''...Pubblicità occulta, ma non troppo.
Annuii alle spiegazioni di Molly, anche se non capivo cosa dicesse, nel suo fiume di parole.
Continuai ad osservare Epstain.
Cosa lo spingeva a credere in quattro ragazzi scemi?
Bhe, il primo componente lo avevo conosciuto e non sembrava certo un picco d'intelligenza.
Poi un rullo di piatti mi fece risvegliare.
Una band locale aveva iniziato a suonare ed io e Molly, come tutto il resto dei ragazzi, avevamo cominciato a ballare disordinatamente, attaccati e impacciati, tutto senza ritmo e sopratutto, senza prestare poi molta attenzione a quei poveri musicisti che si stavano facendo un mazzo tanto, probabilmente alla ricerca di uno straccio di ammirazione.
La serata fu lunga e abbastanza noiosa, solite musiche, soliti tipi sul palco...
Niente di eccezionale.
Dovevo però ammettere che mi iniziava a piacere l'atmosfera creata all'interno di quel locale...
Man mano che passava il tempo mi sentivo al sicuro.
-Ti stai divertendo, Audrey, ammettilo!-
Mi urlò in un orecchio Molly, eccitatissima.
La musica era assordante e mi limitai ad un sorrisetto.
-Devo ammettere che ho dovuto rivalutare questo posto!-
Risposi avvicinandomi a lei.
Poi, senza alcun preavviso, sentimmo un urlo isterico.
Mi voltai immediatamente verso il palco.
-Eccoli!!!-
Sussurrò Molly stritolandomi la mano.
-Sono loro...Sono i Beatles!-
Il silenzio agghiacciante che aveva accompagnato l'urlo solitario fu presto svanito, urletti e strilli accompagnavano l'entrata dei quattro.
Lo stupido di prima prese posto verso il microfono.
-Pronti a scatenarvi?-
Urlò, come invasato.
Tutta la sala gridò all'unisolo, come in un' unica voce.
Erano pronti...E forse lo ero anche io.
-Quello è Paul-
Disse Mollie indicando un bel ragazzo dal viso delicato e la bocca carnosa.
Aveva un basso fra le mani e stava parlando con John.
Feci un sorrisetto, niente male, dopotutto...
-Lì accanto c'è George...E' il mio preferito! Ma non dirlo a Fred...-
Disse, portandosi l'indice sulla bocca.
-Figurati!-
Dissi, facendo roteare gli occhi ed osservando l'oggetto del desiderio della mia amica.
Non era di sicuro il mio tipo, anche se trasmetteva un certo mistero, con quegli occhi profondi.
-Scommetto che quello è John...-
Dissi sarcastica, ghignando verso il bell'imbusto.
-Esatto...-
Rise Molly.
Mi diede uno sguardo malizioso.
-Lo so che ti piace!!!-
Urlò.
-Sei pazza?-
Scoppiò a ridere.
-Lo vedo come lo guardi...Cerchi di odiarlo ma ti piace!-
Sbuffai
-Si, come no...Dai, zitta, che iniziano!-
-Ma non ti ho detto chi è lui!-
Disse indicando il batterista.
Un tipo piccolo, pieno di anelli alle mani.
Strano.
-E' Ringo...E' veramente spiritosissimo ed è anche carino!-
Bene, Mollie se li sarebbe fatti tutti, l'avevo capito.
Le lanciai un'occhiataccia.
Poi, la voce graffiante di John pervase il Cavern.
Focosa e calda come nessun'altra...
Ne rimasi subito colpita, inutile negarlo...
Era come nessun'altro.
Speciale,e questo lo sapeva.
Suonarono per circa mezz'ora, prima che sparissero dietro il palco.
Il Cavern stava per chiudere e tutti uscirono sbuffando per il breve spettacolo dei ragazzi.
-Stasera hanno suonato meno delle altre volte!-
Sbuffò un tizio dai capelli rossi davanti a noi.
Anche io e Molly ci avvicinammo alle scalette per risalire in superficie.
Appena fuori, inspirai profondamente l'aria fredda e pungente.
-Finalmente aria!-
Esclamai verso Molly.
Fred ci raggiunse.
-Allora bamboline, vi siete divertite?-
-Non chiamarmi così!-
Glì bisbigliai acida.
-Sì, i Beatles sono stati...Wow!-
Salterellò Molly.
Poi si avvicinò all'orecchio di Fred bisbigliando qualcosa, guardando verso di me.
-Ah ah! Allora la piccola, dolce Audrey non ha il cuoricino di ghiaccio!-
Sentenziò quel lurido bastardo prendendo il mio mento fra il pollice e l'indice.
Mi faceva schifo farmi toccare da quello scarto umano...
Riusciva a tradire Molly in ogni circostanza, era una vera merda...
E questo lei lo sapeva...
Ma tornava sempre da lui, inesorabilmente.
-Cosa vuoi dire, scusa?-
Chiesi sulla difensiva.
-Ti piace Lennon!-
Rise, osservando la mia reazione.
-Ma cosa dici?-
Arrossii, ghiacciando Molly con lo sguardo.
''Sto arrossendo? Oh cacchio! Non mi è mai successo...''
Pensai presa dal panico.
-Se vuoi posso presentartelo...Abbiamo fatto l'Istituto d'Arte insieme...-
Oh, che carino!
Fred il combina appuntamenti.
Ma per favore!!!!!
-No, non mi interessa, veramente!-
Sbuffai osservando in cagnesco prima lui e poi Molly.
-Grazie della serata, me ne torno a casa!-
Feci dietrofront e mi incamminai.
-Ma Audrey, è lontana!-
-Non me ne frega un cazzo!-
Perchè doveva sempre comportarsi da bambina?
Perchè il suo stupido fidanzato non si faceva i cazzi suoi?
E sopratutto, perchè mi arrabbiavo tanto per un'emerita cazzata?
Camminavo come una pazza, tutta sola, al freddo e al gelo.
E probabilmente stavo anche parlando da sola...
Un colpo di clacson mi fece trasalire.
Mi voltai.
-Ho la netta sensazione che tu non dovresti stare per strada da sola...Stai battendo i denti! Salta su!-
Mi avvicinai allo specchietto, leggermente appannato.
-Ancora tu?-
Chiesi esasperata, nascondendo un sorrisetto.
-Ancora?-
Chiese lui avvicinandosi a sua volta, cercando di riconoscermi.
Poi scoppiò a ridere.
-Ah già, sei la CocaGirl!-
-Ti prendi gioco di me, teddy boy?-
Sorrise.
-No, voglio solo accompagnarti a casa.-
Quella faccia impertinente e quel sorriso mi convinsero subito e, fingendo di essere scocciata, aprii la portiera, entrando nella macchina di uno degli uomini che avrebbero fatto la Storia.


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Capitolo 4
*** Non chiamarmi Principessa! ***


Grazie per aver seguito questa FF ^^
Sono mancata molto e mi dispiace, ma adesso cercherò di aggiornarla il più possibile, tanto le prossime puntate
le ho già pronte xD
Spero che vi piaccia!
A prestooo!

Capitolo Quattro.
Non chiamarmi Principessa!


L'auto scorreva veloce lungo la strada ghiacciata dal freddo pungente, io mi sentivo stranamente imbarazzata e in soggezione.
''Che cosa ti succede, Audrey? E' solo uno stupido idiota!''
Il suo sguardo divertito continuava a spostarsi lentamente dalla strada al mio viso...
-Finirai per farci ammazzare se non guardi avanti!-
Sibilai acida evitando di incontrare i suoi occhi allungati in una smorfia.
Scoppiò a ridere.
''Strano''
Pensai sarcastica mentre osservavo la neve scendere lieve.
Poi volsi la mia faccia verso quel suo sorrisetto spontaneo.
Non mi ero accorta prima di allora di quanto fosse attraente.
Giovane, muscoloso e prestante senza dubbio, il suo viso era un continuo contraddirsi, a tratti dolce a tratti crudele.
No, non lo conoscevo ancora abbastanza per potetr fare una valutazione del genere, ma in qualche modo John era sempre un libro aperto, per chiunque fosse interessato a leggerlo...
Aveva il cosiddetto fascino magnetico del bullo o forse più appropriatamente quello del misterioso cantante dagli occhi scuri.
Era un tipo interessante, su questo non c'erano dubbi.
-Noto con piacere che in qualsivoglia luogo tu abbia sempre da ridere su di me!-
Ripresi, inviperita.
Non ero realmente arrabbiata, era soltanto un modo per stuzzicarlo, anche se non volevo ammetterlo, sopratutto a me stessa...
Lui continuò a ridere, con quelle sottili labbra sbeffeggianti.
-Sei proprio un tipino tu, eh?-
Affermò osservando la strada con fare pensieroso.
Cosa nascondeva il sig.Lennon in quegli occhi?
A tratti divertiti, a tratti sovrappensiero...
-Dipende da cosa si intende per tipino, di certo non sono come le altre ragazze!-
Esclamai, spostandomi la frangetta.
-Oh, no, questo l'ho notato...-
Rispose lui, continuando a sorridere.
Si prendeva gioco di me, lo stupido!
-Vuoi davvero sapere perchè mi fai tanto ridere?-
Annuii con la testa.
-Bhe sei buffa,una peperina niente male...
Tipe come te, non se ne vedono tante giù al Cavern.
Eppoi, il fatto della Coca è stato proprio spassoso, non trovi?-
Brutto scemo di un teddy-boy cretino!
Aggrottai la fronte, riducendola ad una sottile striscia di pelle.
- Non amo particolarmente ubriacarmi in posti squallidi e, mi dispiace dirlo, il Cavern lo è!-
John scoppiò a ridere.
-Allora cosa ti ha portato laggiù? Le voci sul fascino del talentuoso cantante?-
Sussurrò guardandomi intensamente con quei suoi occhi piccoli e stretti.
Rimasi incantata per un attimo, tanto bastò a far scoppiare un'altra delle fragorose risate.
-No, al contrario non volevo venirci neanche fosse stato l'ultimo luogo al mondo...Molly mi ci ha trascinata!-
-Santa Molly!-
Sussurrò abbozzando un sorrisetto.
Sorrisi anche io, era inevitabile, con lui era impossibile non divertirsi.
-Allora anche la Principessina Cuor di Ghiaccio sa sorridere! Bene, molto bene!-
Disse riservandomi un dolce sorriso.
Abbassai lo sguardo, affondando il mento nella sciarpa tentando di non far vedere il mio rossore.
Oltrepassammo lo svincolo oltre il quale si trovava il mio quartiere.
-Allora Principessina? Dove devo andare?-
Si voltò verso di me, di nuovo quel sorriso gentile, velato da un lieve sarcasmo.
-Sempre dritto...E non chiamarmi così!-
Dissi, alzando un indice.
-Sei molto bella quando ti arrabbi...-
Arrossii di nuovo e finsi di guardare fuori.
Che mi stava succedendo?
Non mi era MAI capitato di arrossire per un complimento, di solito ero così altezzosa ed orgogliosa anche con i ragazzi più carini, eppure Lennon mi faceva uno strano effetto.
Che mi piacesse?
Impossibile!
Rallentò in prossimità della via in cui abitavo.
Si era appoggiato al volante, scrutando attentamente le villette sulla destra,dal finestrino.
Fischiettò in segno di approvazione.
-Mica male il quartierino! Non credo di essere caduto in errore chiamandoVi Principessa!-
Sorrise.
Lo feci anche io.
-Sembrano quelle case illustrate nei cataloghi : bambini felici che giocano in giardino, mamma che cucina amorevolmente profumati muffin, il papi che legge il giornale sul divano, tutti che non fanno un'emerita sega...-
Scoppiò a ridere, anche se nascondeva una vena di autentica amarezza in tutto quello che aveva detto.
Era una provocazione.
-Mio padre salva vite umane e di certo non passa le sue giornate sul divano!-
Risposi, vivamente risentita.
Lui continuò a sorridere.
Ne avevo abbastanza dei suoi giochetti e sopratutto non doveva permettersi di offendere la mia famiglia!
-Casa mia è qui, GRAZIE!-
Gridai, feci per scendere ma la portiera non voleva aprirsi, armeggiai con lo sportello, ma niente.
-Vorresti farmi il piacere di aprire quella portiera??-
Gridai.
-Parolina magica?-
Alzai gli occhi al cielo.
-Per favore?-
Dissi digrignando i denti.
-Vai pure!-
Sorrise.
Spinsi lo sportello, ma niente, lo feci più forte e in quel momento John azionò il dispositivo di apertura e io mi ritrovai con la faccia a terra.
-Stupido bifolco!-
Grugnii alzandomi da terra.
L'idiota scese.
-Fa male?-
Chiese ironico.
-No, sto bene, GRAZIE-
-Ti piace quella parola eh?-
Lo fulminai.
-A te invece la parola cervello non ti dice proprio niente, eh?-
Sbuffai, avvicinandomi a casa.
-Mi lasci così? Senza neanche una stretta di mano?-
Chiese fingendo dispiacere.
Ero quasi arrivata alla porta e nel voltarmi lo vidi là, nel bel mezzo del mio giardino, con i fiocchi di candida neve intrappolati nei capelli castani.
Era bello. Molto bello.
Tornai indietro porgendogli la mano, lui si inchinò sorridendo e la baciò.
Scoppiai a ridere.
Era un pazzo!
Poi, mentre me ne stavo a ridere ad occhi socchiusi, mi sentii stringere.
Mi ritrovai le sue labbra a pochi centimetri dalle mie e sbarrai gli occhi quando queste arrivarono a toccarsi.
Le sue braccia sfiorarono i miei capelli e sentii di dovermi lasciare andare.
Stavo baciando uno sconosciuto nel mio giardino all'una di notte.
Perfetto!
Mi lasciò andare proprio mentre io iniziavo a ''prenderci gusto'', con una divertente scenetta dove lui, scostandosi vede me ancora con gli occhi socchiusi che non lo lascio andare.
Patetica.
-Bhe, John Lennon ti augura così una Buona Notte, Principessina dal Cuore Gelato ma dalle labbra niente male!-
Rise mentre metteva in moto e spariva, diretto non so dove.
Mi sembra di sentire ancora quella risata, fra i fiocchi di neve.

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Capitolo 5
*** Interrogatorio ***


Felice che piaccia così tanto questa storia :D
@Marty_youchy :infatti avevo in mente qualcosa su Cyn(povera! ancora una volta tradita >.>), ma sono ancora idee e ci penserò meglio nel corso dei capitoli xD
Per la frase, sono d'accordo con te, mi è venuta in un ''lampo di genio'' perchè pensavo al suo carattere sfuggente e particolare a meno che non si voglia conoscere a fondo...

Su questo capitolo, volevo dire che è un assaggino e niente di eccezionale perchè andavo di fretta e ho dovuto spezzare quello che era il capitolo originario, perchè quando vengo a riscriverli sul pc (perchè io prima scrivo su carta, perchè l'ispirazione mi coglie SEMPRE quando ho il computer spento xD) mi capita di riscrivere certi passaggi, spero vi piaccia anche se non è niente di eccezionale.
Enjoy it! :D



Capitolo Cinque.
Interrogatorio

La mattina seguente mi risvegliai a fatica e anche dopo aver aperto gli occhi, credevo di aver sognato tutto, sì come in una favola a lieto fine mi sentivo leggera e felice.
In compenso avevo un mal di testa tremendo e mi faceva male una gamba.
Sollevai i pantaloni del pigiama e nello scoprire un piccolo livido bluastro sulla coscia, non so come, sorrisi.
Sorrisi perchè quello che era successo la sera prima non era stato un sogno, quell'idiota di Lennon mi aveva veramente fatto quello scherzo stupido, ma sopratutto, mi aveva baciata.
Pensare a quelle cose e sorridere nel contempo mi confuse le idee ancor più.
Io che fantasticavo su un bacio dato ad uno scouser, teddy boy, cantante da quattro soldi?
Era impensabile veramente, eppure mi sentivo come se in quella notte, nel giro di poche ore, fossi cambiata irrimediabilmente.
Con quei pensieri contrastanti scesi le scale, rimuginando sui miei cambiamenti repentini.
Zoppicavo un pò, per via della botta della sera prima e giurai in un sorriso di farla pagare a John.
-Buongiorno cara, dormito bene?-
Trasalii alla voce di mia madre...Se avesse solo sospettato quello che stavo pensando, ancor peggio quello che era successo la sera prima davanti ai nani da giardino e alle sue magnolie...
Rabbrividii.
-Si, mamma...Una favola!-
Sorrisi tirata, versandomi del succo di pompelmo nel bicchiere.
-Frittelle?-
Chiese lei cinguettando amabilmente.
Scossi la testa, se avessi mangiato mi sarei sentita male!
Ero come racchiusa in una nube di pensieri che sapevo mia madre non poteva sentire, ma il suo sguardo fisso nel mio, proprio mentre facevo pensieri sugli occhi nocciola di John, mi rendevano nervosa.
-Successo qualcosa a casa di Molly, tesoro?Hai una faccia strana...-
A quelle parole, il succo che avevo appena preso dal bicchiere uscì fuori dalla mia bocca in un getto irruento e per poco non mi strozzai con quel poco che mi finì nel naso.
-Audrey! Ma cosa combini?-
Strillò lei, osservando la pozza giallastra ai miei piedi.
-Scusa mamma, stavo per strozzarmi!-
Giustificai, poggiando il bicchiere vuoto nel lavello...Dovevo svignarmela prima che potesse fare altre domande, almeno fino a che non fossi stata leggermente più lucida.
Mi faceva un effetto strano nascondere qualcosa a mia madre, e di che genere poi! Fino a qualche ora prima non mi sarei mai sognata neanche di andare al Cavern ed era per questo che avevo detto ai miei che sarei andata a casa di Molly...
''Devi smetterla di dar retta a quella svampita di Molly, ti farà diventare un'oca!''
Pensai, sgattaiolando via dalla cucina.
-Audrey, dove vai?-
Chiese, facendo capolino mentre poggiavo il piede sul primo gradino delle scale.
-Volevo...ehm...Cambiarmi, dato che il succo mi ha bagnata tutta...Vado...In bagno!-
Corsi su per le scale, chiudendomi nel bagno di sopra.
''Ecco, perfetto! Visto in che pasticci ti vai a mettere? L'amore non è altro che un gran pasticcio, facevi bene ad essere quello che eri fino a ieri! Oh, perchè? Perchè tutte a me?''
Mi lavai e vestii, poi riscesi nella speranza che mia madre non ricominciasse l'interrogatorio.
-Papà dov'è?-
Chiesi con noncalance.
-In ospedale, ovviamente...-
Rispose la mamma, infilando una teglia nel forno.
-Prima non mi hai risposto...Cosa hai fatto da Molly?-
''Oh, no...Inventa qualcosa e in fretta!''
-Mah, solite cose-
Bofonchiai evitando il suo sguardo.
''Wow, che scusa convincente, complimenti vivissimi!''
Ecco, mi stavo bevendo anche il mio cervello che fino ad allora aveva funzionato alla perfezione.
Mi raccartocciai dietro ad un giornale osservandola da dietro le pagine di annunci matrimoniali.
-Chi ti ha riaccompagnata?-
Perchè queste domande mirate??!
Aveva visto?Aveva sentito?
Perchè non dormiva mai, quella donna!!!?
Il mio cuore iniziò a palpitare e gli occhi vagavano irrequieti, cercando di dare un appiglio ai pensieri.
-Mi è sembrato di sentire una macchina diversa, che ti lasciava davanti casa...Ma ero nel dormiveglia e posso essermi confusa...-
Si girò di spalle e si abbassò controllando il pollo che crogiolava nel forno, proprio come me sotto il suo riflettore invisibile.
''Inventa una scusa decente, inventa una scusa decente!''
-No, non era il padre di Molly...-
Per un attimo i suoi occhi si allargarono, più o meno fino agli angoli della bocca.
E se avesse chiamato i genitori di Molly e venendo a sapere che erano fuori città avesse capito tutto?
Mi inumidii le labbra, sperando che quello che stavo per dire la convincesse a tal punto da far finire quell'interrogatorio.
-...Era il cugino di Molly, Charles! Era in città per una visita agli zii e si è offerto di accompagnarmi, perchè il sig. Layton aveva una forte emicranea e non poteva guidare...-
Sorrisi, fiera della mia scusa eccellente.
Il sorriso si allargò ancor più quando la mamma disse:
-Ragazzo per bene questo Charles, non trovi?-
-Oh si mamma, non sai quanto!-
Esclamai io, soffocando una risata, pensando a Lennon e a come i nostri metri di giudizio sul ''ragazzo per bene'' fossero distanti anni luce.

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Capitolo 6
*** Una nuova conoscenza ***


Capitolo con poca ispirazione, perdonatemi xD
bhe...spero vi piaccia :D

Capitolo 6
Una nuova conoscenza

-Pronto?-
Una voce impastata dal sonno rispose.
-Ciao, Molly...-
Salutai, constatando che avevo svegliato la mia amica, ancora dormiente alle 11.30 passate.
-Come va?-
Chiese cinguettando, troppo cinguettando, per i miei gusti.
-Oh...Bene-
Risposi, cercando di sviare l'argomento...
Sapevo dove sarebbe andata a parare, ne ero certa.
-E con...Lennon?-
Sussurrò Molly dall'altra parte della cornetta.
-E con Lennon, cosa?-
Chiesi indifferente.
-Bhe, ti ha accompagnata a casa!-
-E tu come fai a saperlo,scusa?-
Inclinai la testa, corrugando la fronte, la sua spiegazione mi interessava parecchio.
Come faceva a sapere che John mi aveva accompagnata se nessun'altro oltre a me lo sapeva?
-Oh, Aud scusa! Devo scappare, Fred è qui e mi porta a mangiare fuori, ci si sente, ok?-
Strana coincidenza che quel mollusco fosse arrivato proprio in quel momento, ma lì per lì non ci diedi troppo peso.
-Ok, ok...-
Sbuffai io, annoiata.
-Noi andiamo al cinema stasera, se vuoi unirti a noi...-
Oh si certo, il mio morale non aspettava altro che vedere quei due ''divorarsi'' letteralmente sulle poltroncine del cinema.
Fare da terzo incomodo? No grazie.
-No, non preoccuparti Molly...Farò un giro da sola...Divertitevi...-
Dissi senza un minimo di convinsione immaginando quel pallone gonfiato e imbalsamato di Fred.
Ribrezzo.
-Potresti perfino incontrare Leeeeennooooon!-
Strillò Molly proprio mentre stavo per riabbassare la cornetta.
A quelle parole il gesto mi riuscì molto meglio, sbattei il telefono sul comodino.
Quella faccenda di Lennon incominciava a snervarmi...
Si ok era carino e mi aveva dato un bacio.
Bhe, era molto carino e mi aveva dato un bel bacio.
E va bene era fantastico! E mi aveva dato un bacio da urlo!
Ma proprio non potevo e non dovevo pensare a lui...
Dovevo ritrovare la mia integrità perduta e l'unico modo era uscire da sola in santa pace e ascoltando i miei pensieri, che però non aiutavano, dato che urlavano incessantemente ''John Lennon è un gran figo!''

Per la prima parte del pomeriggio rimasi sul mio letto a riflettere oppure a litigare con Logan, mio fratello, cosa che succedeva più o meno ogni millesimo di secondo.
Poi, non so perchè, decisi di accendere la radio e,mentre cercavo una stazione decente e che trasmettesse buona musica,mi imbattei in una parola a me nota.
''Beatles''.
Girai eccitatissima la manopola fino a sentire forte e chiaro il conduttore che esibiva una voce irritante : '' Oh, si questi ragazzi faranno molta strada, senza dubbio! Hanno un certo non so chè che li costraddistingue dal resto delle giovani rock band britanniche...Voi non vi siete stupiti dell'immediato e  forte successo che avete prodotto, ragazzi?? Chi vuole parlare? Tu sei, John, giusto?''
A quel nome il mio cuore fece un balzo e rimasi senza fiato...Poggiai l'orecchio e attesi che la sua voce si spostasse da quella fredda macchina di metallo al mio cuore.
''Sì,esatto sono John!''
Non potevo vederlo, ma sapevo che stava sorridendo.
Il suo bellissimo e divertentissimo sorrisetto sardonico.
I suoi occhi stupendi.
Quella voce così particolare e a me così affascinante mi fece sobbalzare dall'emozione.
''...Dobbiamo ammettere di essere fortunati e non peccheremo di vanità nel dire che ce la caviamo anche piuttosto bene...''
Scoppiò a ridere in quella sua risata limpida e travolgente.
''Bene ragazzi...''
Disse il conduttore, dal tono della sua voce capii che era rimasto spiazzato dal comportamento di John.
''Ora presenteremo la canzone che ha dato nome al vostro primo album, Please Please Me...
Vai Jack!''
Subito partì la musica, un ritmo veloce, avvolgente e intrigante, quello che sarebbe diventato il tratto peculiare dei Beatles.

''Last night I said these words to my girl
I know you never even try, girl
Come on, come on, come on, come on
Please, please me, wo yeah, like I please you''

Scoppiai a ridere.
Non era molto diversa da tutte le altre canzoni smielate del periodo e immaginandomi Lennon cantare quelle strofe e urlando in falsetto non potevo fare altro che sbellicarmi.
Al termine della canzone, avevo le lacrime agli occhi, ma una stranissima pienezza nel cuore, mi sentivo come rinvigorita nel sentire la sua voce, immaginandomi il suo viso e il suo sorriso...
Girai la manopola di spegnimento, facendo zittire la voce odiosa del conduttore.
Mi sdraiai sul letto, pensando a John.
Era fantastico...e non potevo fare a meno di rivolgere a lui ogni minuto della mia giornata, anche se lui, probabilmente, nemmeno si sarebbe ricordato di me.
Mi affacciai alla finestra e fui felice di vedere che la neve del giorno prima era quasi completamente sciolta.
Era il momento giusto per fare quattro passi.
Mi sistemai i capelli in una coda e scesa al piano di sotto, presi la mia bicicletta dal vano di legno, salutai ed uscii.
L'aria era sempre fredda, ma almeno molto più normale per un freddo marzo a Liverpool.
Pedalai, riscaldata dal pensiero di Lui.
Mi avvicinavo sempre più al centro della città e, nei pressi di un pub, parcheggiai la bici ad un palo, legandola con la catena.
Camminai fino al Cavern, speravo di trovarvi John, ma appena giunta all'entrata notai che le luci erano spente e la porta era chiusa.
Il locale era vuoto.
Mi sporsi dalle inferriate, sperando di vedere qualcosa, anche se sapevo che erano solamente speranze campate in aria.
''Anche il Cavern chiude la domenica''
Pensai sarcastica.
''E pensare che non mi sarei mai immaginata qui davanti a sperare in una sua apertura...''
Volsi l'ultimo sguardo all'insegna luminosa, adesso spenta.
Ero sicura che il programma alla radio fosse registrato, ma potevo sbagliarmi.
Sì, volevo parlare a John...Forse all'epoca giustificai il fatto per volergli dire quanto quella loro canzone sdolcinata fosse divertente, ma la realtà era che volevo vederlo e basta, mi accontentavo anche di un attimo...
Volevo che i suoi occhi si rispecchiassero nuovamente nei miei.
Lui forse in quel momento era chissà dove, contornato da miliardi di bellissime fan...
E io come una scema a pensare ancora a quel bacio...   
Feci per tornare alla bici quando, voltandomi, mi ritrovai faccia a faccia con una ragazza bionda che per sbaglio urtai.
Notai il suo pancione e subito la presi per le spalle, evitando una caduta.
-Scusi...Mi dispiace...-
Dissi, sperando che la donna non mi sbraitasse contro.
Lei si riprese dal piccolo shock e portò una mano al ventre.
-Non è niente, tranquilla...-
Poi, come se riflettesse, riprese:
-E non darmi del ''lei'' per favore...Ho 24 anni...E tu, quanti ne hai?-
Non era ciò che si può definire ''bellezza straziante'', ma aveva un non so che di raffinato, con la sua capigliatura alla Brigitte Bardot.
-Ne ho 17...-
-Ecco, vedi...Non sono poi tanto più grande di te! Ma sai, ti capisco...Fino ad 8 mesi fa anche a me sarebbe sembrato innaturale dare del tu ad un enorme pallone areostatico...-
Rise e lo feci anche io...Sembrava simpatica.
-Sono Cynthia, piacere!-
Mi disse, tendendomi una mano.
-Sono Audrey!-
Io la presi e sentii come un legame che mi univa a quella ragazza...
Era una strana percezione e che lì per lì mi fece rabbrividire.
-Ti senti bene?-
Chiese lei, osservando lo stupore nel mio viso.
-Si, si, scusa...Ho avuto un giramento di testa...-
-Oh, allora sarà meglio prendersi un the o qualcosa di dolce...Tanto, ne avevo bisogno...Sai, la bestiolina qui dentro sta morendo di fame!-
Mi riservò un gran sorriso, al quale risposi con una risata...
Impossibile dire di no ad una donna nella sua condizione, poteva diventare aggressiva!
Così entrammo in un bar e camminandole a fianco, avevo avuto la stranissima sensazione che la presenza di John si insinuasse tra noi due.

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Capitolo 7
*** Lacrime ***


Capitolo 7
Lacrime


Ero seduta davanti alla ragazza che poco prima stavo per schiacciare a terra.
Continuava ad osservarmi, come se volesse analizzarmi.
Mi sentivo abbastanza a disagio, era come se percepissi di essere inferiore rispetto a lei.
Sì, ero cambiata molto, in quei due giorni.
Cynthia si fece portare due brioche che mangiò pian piano, spezzettandole con le dita.
Io optai per un succo di frutta e anche se non volevo, mi sembrò giusto berlo.
Ero in soggezione e non capivo il perchè: avevo davanti un'innoqua donna incinta, eppure mi sentivo sulle spine.
-Ti vedo ancora pallida...-
Disse lei d'un tratto, carezzandosi la pancia.
-No, tranquilla...Mi succede a volte, quando mangio poco la mattina...-
Lei sorrise sprezzante.
-Ci credo, mia cara, sei così sottile!-
Sorseggiai il succo, poi chiesi.
-Quando nascerà il bambino?-
-Dovrebbe nascere fra poco, il mese prossimo al massimo...E non sono tranquilla per niente...-
Lasciò in sospeso la frase, torturando il tovagliolo che aveva accanto.
Notai il suo repentino cambio d'umore, prima era tranquilla e molto sicura di sè, adesso appariva fragile e pensosa.
-Scusa...-
Sussurrò poi, notando che mi stavo sporgendo verso di lei, per aiutarla.
-E' che...E' difficile trovarsi nelle mie condizioni, senza un marito che ti appoggi e ti sostenga nei momenti più duri...-
Non feci domande anche perchè non mi pareva opportuno, la conoscevo da così poco ed era già così scossa che decisi di non infierire.
-Vedrai, andrà tutto bene!-
Le dissi in un sorriso.
Lei alzò gli occhi per un attimo e le sue labbra si incurvarono, ma senza sentimento.
-Ma basta parlare di me! Non mi hai detto niente sulla tua vita, Audrey, giusto?-
Inclinò la testa e vidi che si sforzava nello scacciare le ombre che le attanagliavano il viso.
Doveva essere una ragazza parecchio infelice, ma anche molto forte
-Non so cosa raccontarti...Sono una normale ragazza della mia età che (purtroppo) va a scuola e bla bla bla...-
Parlai un pò di me, anche se non c'era da dire molto...
Volevo raccontargli di John, magari anche lei era pazza dei Beatles ma non mi sembrò molto il caso e poi, quella strana presenza non mi aveva mai lasciato.
-Cosa ci facevi davanti al Cavern di domenica?-
Chiese lei in un mezzo sorriso, masticando un pezzo di brioche.
-Bhe, stavo cercando una persona...-
-Sai, non sembri una ragazza che bazzica spesso questi posti...Sembri più...Una ragazzina per bene...-
C'era del disprezzo nella sua voce?
Non ero in grado di capirlo, anche perchè parlare di quelle cose pensando a quella persona sopratutto, mi agitava.
-Anche tu sicuramente sarai impazzita per i Beatles...Tutte le giovani lo sono...-
Mi lanciò uno strano sguardo, non di interessamento o di un discorso frivolo, aspettava di saggiare la mia risposta...
C'era come...della gelosia, nei suoi occhi??!
-Bhe, non posso dire di amarli, sono andata ad ascoltarli una volta sola, ma la mia amica Molly è proprio in fissa!-
Lei fece un mezzo sorriso.
-Sì, i musicisti sono dannatamente sexy...-
Spostò lo sguardo.
-A te piacciono?-
Osai.
-Oh, bhe...Mi sembra che se la cavino, anche se io e il pentagramma apparteniamo a due emisferi completamente diversi!-
Sorrise.
Dava ad intendere qualcosa in più di quello che voleva far vedere...O era solo una mia impressione?
Decisi di sfruttare la situazione a mio favore.
Se lo sapeva, bene,altrimenti avrei cercato da sola.
-Vorrei sapere quando tornano in città...Se lo sapesse Molly andrebbe su di giri!.-
-Mi dispiace, ma io non ne so molto più di te...-
Disse scuotendo il capo e sorridendo sarcastica.
-Oh, cara...Si è fatto tardi, sono quasi le 7 e io dovrei essere a casa a preparare la cena...Sempre se qualcuno si degnasse a tornare a casa...-
Alzò gli occhi, poi come se fosse leggiadra come una piuma, spostò la sedia e uscì dal tavolino, posò i soldi nel portacenere e insistette perchè pagasse tutto lei.
-Grazie...-
-Sciocchezze!
Spero di rivederti presto, Audrey...Oh e, se hai bisogno...Mi trovi a questo indirizzo, magari...Vienimi a trovare quando il bambino nascerà, d'accordo?-
Ammiccò, poi,poggiò sul tavolo un foglietto dove era scritta la via e il numero civico di casa sua, superò la porta d'ingresso e sparì.
Quell'incontro mi aveva lasciata un pò spiazzata...
Non sapevo bene inquadrare Cynthia, era a tratti gentile e premurosa, a tratti glaciale.
Mi alzai anche io dal tavolo e mi diressi verso la bici, che inforcai pedalando frettolosamente verso casa.


-Audrey Jennifer Wendy Mitchell!-
Mi bloccai sulla porta.
-Dove sei stata tutto il pomeriggio??!-
Urlò isterica mia madre, correndomi incontro.
-Suvvia Elen, lascia stare...-
-Papà!-
Esclamai dalla gioia.
Erano due settimane che non lo vedevo, per un convegno che aveva tenuto ad Oxford.
-Piccola...Mi sei mancata!-
Mi abbracciò, baciandomi la fronte.
Quella sera mia madre tenne il muso per tutto il tempo, ma non ci diedi peso, perchè finalmente c'era di nuovo mio padre!
Non avrei potuto sopportare più a lungo la mamma da sola, senza un valido alleato che senza dubbio trovavo in papà.

Ero felice per il rientro di mio padre ma c'era sempre qualcosa che mi opprimeva, forse il fatto di non aver visto John o l'incontro di Cynthia nel pomeriggio.
-Eddai, Aud...Non avevi mica sperato veramente di incontrarlo?
Avrà da fare miliardi di cose più importanti che starsene in questa città barbosa suonando in quella cantina ammuffita del Cavern...
Per quanto riguarda Cynthia...E' solo una povera ragazza sola e abbandonata...E' orribile che tu provi disagio, è lei che dovrebbe essere disperata, eppure è molto più forte di te!-
Mi sciaquai il viso e con esso, tutti i miei pensieri.
Finalmente riuscii a calmarmi e ad andare a letto.
I giorni passavano tranquillamente, fra casa, scuola e Molly.

Durante tutta la settimana seguente non feci altro che pensare a John, a quando sarebbe tornato e a dove fosse.
Cercavo indizi dappertutto, chiedevo a chiunque avesse una vaga idea di dove potessero suonare i ragazzi.
Mi sentivo strana, quando pensavo a John, parallelamente, nella mia testa compariva il volto di Cynthia.
Non saprei spiegarne il perchè, era come una connessione che allora non potevo certamente comprendere e che mi lasciava sempre più shockata.
Era frustrante: non solo ero persa per un ragazzo che probabilmente mi avrebbe ignorata, pensavo anche ad una donna che con lui non aveva niente a che fare, ma che comunque compariva sempre, in una sorta di sesto senso.
Ancora non sapevo niente su John e nessuno sembrava sapere dove fossero...
La sera di venerdì, avevo quasi perso le speranze ed ero quindi andata a letto presto, ma non riuscivo a prendere sonno... presi il telefono e composi il numero di Molly.
-Pronto?-
-Ehi, Molls...-
-Aud! Che hai? Ti sento giù...-
-No, sto bene-
Bugia.Grossa.Molto Grossa.
Seppur tranquillizzata dai miei pensieri, non riuscivo a togliermi di dosso quell'irrequietezza che mi faceva vibrare lo stomaco in continuazione.
-Si, come no...Sai che non puoi darmela a bere!-
1-0 per Molly.
-In questi giorni sei strana...-
2-0 per Molly.
-E guarda caso in questi giorni il bel Lennon non è in città e tu sei stranamente irritabile da quella sera!-
3-0 per Molly.
-Non ti sarai mica innamorata??-
Ok, forse aveva vinto, ma mai ammetterlo!
-Cosa diavolo dici, Molly??-
Dissi, tentando di zittirla.
-Ahahahah, l'ho sempre saputo!-
Quella risata agghiacciante...
Fred?!?!
-Io avevo detto che avrei vinto la scommessa, Molly, costringere Johnny a portarla a casa è stata modestamente un'idea geniale, preparati a pagarmi i miei 20 bigliettoni, baby!
E poi il bonus del bacio? Almeno 20 sterline in più!!!!-
Sbarrai gli occhi e ad ogni parola di quel verme i miei occhi si empivano di lacrime.
Quindi l'incontro con John era stata tutta una farsa?
Una lurida scommessa...
Persino il bacio...
-Cosa hai detto?-
Gridai isterica tra le lacrime.
-Ops...Forse non dovevo dirlo!-
Sghignazzò Fred tenendo lontana Molly dall'apparecchio.
-Davvero hai pensato che Lennon avrebbe potuto provarci con una frigida verginella come te??!-
Rise di nuovo.
Io continuavo a piangere e anche se ogni sua parola mi trafiggeva, continuavo a tenere tremante la cornetta.
Era stato tutto finto...Era stato costretto, come se fossi un pacco indesiderato...
Lasciai la cornetta, che nella caduta provocò un suono sordo e metallico, ponendo fine all'odiosa risata di Fred.
Io ero lì, non ancora conscia di quello che era successo, fissavo il vuoto davanti a me, sperando che fosse un brutto incubo...

Lui non aveva mai provato niente per me, ecco perchè continuava a sorridere beffardo, si era preso gioco di me fin dall'inizio, insieme a quel lurido maiale di Fred.
Persino Molly mi provocava onta, in quel momento...
Era a conoscenza di tutto?!
Ero stata una cretina a credere di poter avere una chance!
Ma cosa stavo dicendo?
Io ero migliore di tutti loro messi assieme e lo ero sempre stata!
Ero arrivata ad autocommiserarmi, io!
Proprio io!
Mi sentivo uno schifo.

Quella sera affogai ogni lacrima nel cuscino, sperando che alla mattina quel brutto scherzo venisse smentito, ma non fu così.
Colma di disperazione, presi sonno intorno alle 2 di notte, con le guance ancora umide di un pianto straziante.

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Capitolo 8
*** Perdono ***


Mi sono emozionata a scriverlo T-T
non so come sia venuto, ma a me piace :P
spero piaccia anche a voi!
Enjoy!!!! <3

Capitolo 8
Perdono

Avevo già preso sonno da qualche tempo, quando sentii un colpo alla finestra.
Mi sporsi verso la sveglia, erano le 3.
Inizialmente credetti che fosse solo la pioggia che picchiettava sul vetro, perciò mi rigirai, cercando di addormentarmi, anche se mi veniva da piangere.
Poi però il rumore si ripetè, una, due e tre volte aumentando di intensità.
Decisi di andare a vedere, anche se avrei preferito rimanere nel letto.
Guardai fuori attraverso il vetro, ma era buio pesto, solo il faretto lungo la strada illuminava il vialetto.
Aprii le imposte ed il freddo pungente mi colse, mi affacciai e notai che non poteva essere la pioggia, il cielo era sgombro di nuvole e la serata anche se fredda era tranquilla.
Ma non c'era nessuno.
Ero sconvolta a tal punto da sentire anche rumori strani, adesso!
Stavo per richiudere le imposte quando sentii una voce.
-Ehi!-
Trasalii.
Chi aveva parlato?!
Per un secondo credetti fosse stata Molly, venuta a fare pace o Fred per tormentarmi.
Ma la mia idea fu presto smentita.
-Coca-girl!-
Un sorriso brillò nell'oscurità.
Conoscevo quelle labbra sottili, seppure le avessi sfiorate solamente una volta.
Accesi la luce di camera mia.
-Ciao principessa! Credevo di dover tirare sassi alla tua finestra fino a domattina!-
Sorrise lui, quando mi vide in contrasto con la luce.
-Cosa vuoi?-
Chiesi, rabbiosa.
Era estremamente difficile riuscire a parlargli senza far scorrere le lacrime come un fiume...
Sapevo perchè era lì...Voleva continuare a prendersi gioco di me e avrei scommesso che Fred era nascosto da qualche parte per godersi la scena.
-Cosa ti è successo?-
Chiese lui,avvicinandosi alla finestra.
-Oh, smettila!-
Sbottai io, quasi urlando.
-Non ho bisogno delle tue stupide cavolate, il tuo amico Fred ha vuotato il sacco e...So tutto...
Siete stati meschini nel vostro scherzo, ma ancora più stupida son stata io a crederci! Tranquillo,Lennon, nessuno ti costringerà più a fare niente!-
Mentre parlavo, due lacrime solcarolo le guance...Le lasciai fare, tanto sapevo che lui non avrebbe potuto vederle, in controluce.
Rimase in silenzio per un pò, come interdetto.
Io feci di nuovo per richiudere le imposte, ma lui mi fermò di nuovo.
-Non piangere, principessa! Io...Ti posso giurare, non sapevo niente di tutto ciò io volevo solo...
Rivederti-
Sussurrò.
Guardava in su,con lo sguardo addolcito, i capelli leggermente scompigliati e le mani affondate nelle tasche della giacca.
Senza dubbio un bravo attore, avrebbe potuto darsi al cinema se le cose con la musica fossero andate male.
-Vattene Lennon!-
Lo implorai, con la voce strozzata dal pianto.
-Aspetta! Ti prego, Audrey!-
Scossi la testa, fra le lacrime.
Guardavo da un'altra parte, non volevo osservarlo mentre chiudevo per sempre la mia finestra a lui.
Chiusi di scatto le imposte e mi rimisi a letto.
Era ormai passata l'alba quando il ticchettìo di sassi alla finestra cessò.

---

La settimana seguente fu orribile.
Non uscii mai,non rispondevo alle telefonate di Molly e ne soffrivo tremendamente.
Mia madre mi ricopriva di attenzioni, sicura che fossi ammalata.
Persino mio fratello Logan cercava di essere più dolce con me.
Ma non serviva a niente.
Ero stata tradita, sopratutto dalla mia migliore amica e dall'unico (platonico) amore che avessi mai provato.
Ma non potevo continuare così, dovevo tornare la Audrey di un tempo...
Troppe cose erano cambiate da quella sera di sabato, che avrei voluto cancellare per sempre dalla mia vita.
Mi sentivo vuota e inconsistente, come se non esistessi neanche e più tempo passava più stavo male.
Nel mio caso il tempo non leniva le ferite, anzi le infettava ancora di più.
Dovunque mi girassi c'era il suo viso sorridente, l'album del suo nuovo disco, gli scatti fotografici, le sagome di cartone nelle librerie.
Era un incubo.
Anche se fossi riuscita a dimenticarlo dentro me, per il mondo era una giovane promessa della musica e per questo sponsorizzata in ogni angolo della città insieme ai tre amici.
Io non vivevo più.
Ormai la zona dove c'era il Cavern era off-limits e mi limitavo ad uscire da sola, vagando nel mio quartiere o per il centro.
Sembravo un fantasma e non riuscivo in alcun modo a riprendermi.

Una mattina uscii di scuola e come sempre mi diressi verso la bici, cercando di essere il più veloce possibile,così sarei arrivata a casa in men che non si dica.
Stavo mettendo i libri nel cestino quando mi sentii afferrare per i fianchi, una mano mi coprii occhi e bocca e presa dal terrore iniziai a scalciare come una pazza.
Venni fatta salire su un pullmino che partì immediatamente.
Finalmente le mani che mi attanagliavano mi lasciarono.
-Ciao...-
Rimasi a bocca aperta dallo stupore e dalla rabbia.
Quello era l'ultimo viso che avrei voluto vedere.
John...
Con i suoi amichetti...
I ragazzi rimasero a fissarmi, con strani sorrisetti compiaciuti sulla faccia.
-Speravamo di conoscerti in un altro modo...Non pensare male, di solito siamo bravi ragazzi...Sono Paul-
Si sporse per stringermi la mano, sorrise.
Io lo guardai di sottecchi, un pò stralunata.
-Sono George, piacere!-
Esclamò il ragazzo che avevo sdraiato dietro di me.
Feci un balzo, non l'avevo visto!
Strinsi anche la sua mano...
La scena era alquanto surreale.
Sorrisi forzata a Paul che continuava a fissarmi con un sorrisetto snervante sulle labbra.
Sì, doveva essere un sogno...
Un incubo, precisamente.
In quel momento odiai John.
Oltre che prendermi in giro, si divertiva a sequestrarmi e farmi fare strani giri su un pullmino scassato.
-Cosa vuoi?!-
Ringhiai rabbiosa, allontanandomi da lui.
-Aud, non fare così, per favore...-
Sembrava a terra, sciupato e infelice.
Lui si avvicinò.
Io indietreggiai di nuovo, trovandomi alle spalle il guidatore.
-Ehilà!-
Comparve una testa al vetro.
Doveva essere Ringo.
-Pensa a guidare tu!-
Lo apostrofò George aspirando una boccata di fumo.
-Lo sapete che questo è sequestro di persona? Eh? Eh?-
Chiese nevrotico Paul, accanto a Ringo, guardando gli altri tre.
John mi osservava con sguardo mesto.
Si avvicinò a me, ma stavolta non scappai.
-Io...-
Sbuffò.
-Non riesco a parlarti...Io...
So cosa pensi...
Credi che io sia un bastardo, uno stronzo...
E hai perfettamente ragione, ma fammi spiegare!
Ho saputo solo ieri da Molly quello che era successo...-
Mi voltai dall'altra parte, furiosa.
-Devi credermi, non sono mai stato così serio...-
George ridacchiò, poi mi lanciò un'occhiata preoccupata.
-Oh, ti prego credigli...Mi fa paura vederlo così!-
John si pose davanti a me, cercando di catturare il mio sguardo.
Lo guardai per un secondo, sembrava un cane bastonato.
Volevo credergli, ma non mi fidavo più...
Avevo paura che lo rifacesse, che si riprendesse gioco di me.
Lo osservai di nuovo, non sembrava fingere, ma io mi sentivo a disagio e arrabbiata al massimo.
Volevo abbracciarlo e sentire di nuovo il suo profumo,il contatto tra la sua pelle e la mia, ma qualcosa me lo impediva...
Non sentivo più la fiducia che avrebbe dovuto legarci.
Scossi la testa, corrugando la fronte.
-Ah, lo sapevo che Fred era un bastardo!-
Diede un calcio a una bottiglia vuota, che arrivò fino alla testa di Paul.
-Ma sei fuori??!-
Gridò lanciando la bottiglia giù dal pullmino.
-Ringo, accosta!-
Sporgendosi dalla sottile lastra di plastica che lo divideva dal batterista.
Paul sbuffò.
-Possibile che dovevi portarla proprio qui, alla fine del mondo e solo un'ora prima del servizio fotografico???
Brian ci ucciderà, ne sei consapevole??-
George scosse la testa.
-Sempre a lamentarti, eh Paul?-
Si calò il berretto con gran calma sugli occhi, aspirò un'altra boccata dalla sua sigaretta e stese le gambe.
Ero in un covo di matti.!
John alzò le spalle, ignorando gli altri due e aprì le portiere sul retro della vettura e, dopo essere balzato fuori insistette per aiutarmi a scendere, prendendomi in braccio.
Non nego che stringendo il suo collo mi sembrava di volare, provavo una pace e una felicità sopra ogni cosa, ma ripensando a quello che mi aveva fatto provavo soltanto rabbia.
Ancora non ero riuscita a guardarlo fisso negli occhi.
Lo amavo come mai avevo fatto nella mia vita e molto probabilmente era un'amore non corrisposto, sbagliato e molto platonico,infantile e quasi insulso, ma questo non lo aveva giustificato nel prendersi gioco di me.
Mi aveva preso in giro.
Molto probabilmente John non sospettava neppure che io fossi così perdutamente infatuata di lui.
Ma allora, cosa voleva?
Continuare a giocare con me, per poi riferire tutto a Fred tra una risata e una pinta di birra?
Ero indignata, eppure continuai a stringere il suo collo, sentendo il regolare battito del suo cuore.
Mi adagiò a terra, molto dolcemente.
Mi guardai intorno.
Paul non aveva esagerato nel dire che eravamo nel bel mezzo del nulla.
Eravamo in uno spiazzo di terra battuta in aperta campagna, lungo un fiume che gorgogliava.
John avanzò verso un salice che cresceva sulla riva del fiume, arrivato in prossimità delle grandi radici mi fece segno di seguirlo.
Camminai per quella distanza ridotta con il cuore che mi batteva così forte che quando toccai la mano che John mi aveva avvicinato, temendo che potesse sentirlo la ritrassi immediatamente.
Si sedette e io feci lo stesso, un pò distante.
Rimanemmo per diversi minuti silenziosi e imbarazzati, restii nel parlarci.
Poi d'un tratto mi sentii afferrare le mani e vidi John ai miei piedi, in ginocchio.
-Audrey, ti prego credimi!-
Supplicò.
Lo guardai strabuzzando gli occhi.
Perchè si stava disperando tanto?
-Oh ti prego parlami...Fammi sentire di nuovo quella vocina stupenda, fai parlare il tuo cuoricino glaciale!-
Si avvicinò al mio viso, avvicinando le labbra, ma io vi posi il mio dito sopra.
-Basta così....Se veramente sei sincero, non dovresti avere problemi nel dimostrarlo...-
Lo guardai fisso nei suoi occhi nocciola.
Fece un respiro, poi iniziò a raccontare.
-Quella sera, fuori dal Cavern incontrai il mio vecchio amico di scuola, Fred in compagnia di una ragazza, Molly, appunto.
Fred iniziò a parlarmi delle cazzate che facevamo a scuola, le ragazze, ecc...ecc...
Poi mi disse di una scommessa e di una ragazza che dovevo baciare, più andavo oltre, più la vincita sarebbe stata elevata...-
Lo guardai disgustata.
-Fammi finire, fammi finire!-
Si affrettò a dire, tenendomi una mano, io la spostai.
-Io gli dissi ''Senti Fred, è tardi e sono stanco, magari domani, ok?''
Ma lui insisteva e insisteva e alla fine ho dovuto accettare.
Lui mi ha detto di una certa Audrey che era andata a casa a piedi e che se mi sbrigavo potevo recuperare per la strada.
Molly voleva raggiungerti, ma Fred ha inziato a fare lo stronzo, l'ha minacciata e diceva che se ti avesse parlato di questa storia, avrebbe fatto una brutta fine...
Ti giuro ho visto il terrore negli occhi di quella ragazza...-
Mi rivolse uno sguardo.
Stavo ascoltando ed annuii, nascondendo le lacrime...
Non so perchè piangessi, se per Molly che continuava a stare con Fred o per quanto fossi stata stupida a non credere alla mia migliore amica...O forse per entrambe le cose.
Dopo avermi cinto con il braccio sinistro, John continuò.
-Dopo quella scena, sono salito in macchina, per far credere che accettassi la scommessa, ma avevo tutt'altre intenzioni...
Poi però ti ho vista, ti sei voltata e...TA-DAAAA eri la Coca-girl che invano avevo cercato fuori dal locale alla chiusura.
Volevo parlarti o solamente sapere il tuo vero nome, e, in un colpo di fortuna eccoti lì!
Mi hai guardato con quei tuoi occhioni verdi, la bocca increspata in un sorrisetto di sufficienza...
Mi avevi fatto impazzire!-
Lo guardai di traverso, non credevo per niente a quello che stava dicendo.
John alzò le spalle.
-Puoi non crederci, ma lì a sedere nel Cavern mi hai strappato il cuore...Ti ho pensata tutto il tempo e una volta scoperto quello che Fred aveva fatto sono montato su tutte le furie e volevo solamente vederti...Ma tu eri arrabbiata e per questo ti ho ''rubata'' oggi...-
Si avvicinò per baciarmi e io lo allontanai.
Mi fissò, sconsolato, scostandosi un pò.
-Sono arrivato tardi...Come posso farti capire che non scherzo?-
Balzò in piedi, dritto davanti a me e iniziò a urlare.
-Sei bellissima! WAAAAAAAAAAAAAAAAAAA! Ti amoooooo! Io, JOHN LENNON TI AMOOOOOOO!-
Continuò a fare strani versi e a gridare il suo amore per circa 5 minuti.
-John smettila!!!!-
Intimai io, alzandomi.
-Non sperare che creda alla storia dell'innamoramento, per favore!-
Feci dietrofront, ma lui mi riacciuffò per un braccio e mi trattenne, poi mi tenne per i fianchi, costringendomi a voltarmi e a cadere tra le sue braccia.
-Sei mia, ora.-
Sorrise sardonico, scostandomi una ciocca di capelli dalla fronte.
Mi strinse, tenendomi tra le sue gambe.
-Listen-
Sussurrò, dandomi un leggero bacio sulla guancia.
Se prima ero fredda e rigida, adesso avevo sciolto la mia tensione, chiudendo gli occhi.
-Do you want to know a secret?-
Un altro caldissimo bacio sulla guancia.
Stringevo il suo braccio, eccitata dalla sua voce.
-Do you promise not to tell?-
Mi accarezzò i capelli, fissandomi con i suoi occhi magnetici e il suo sorrisino crudele.
Avrei tanto voluto schiaffeggiarlo e poi correre via, ma credo che il mio cuore non mi avrebbe mai perdonata.
-Closer...-
Mi sfiorò le labbra.
-Let me whisper in your ear...
Say the words you long to hear...-
Mi scostò dolcemente i capelli dall'orecchio e cantò in un sussurro.
-I'm in love with you...I'm in love with you...-
Brividi di freddo mi percorsero più volte la schiena, lasciandomi impietrita ad osservarlo.
Era stupendo.
E io lo amavo.
Si avvicinò lentamente, forse per paura che lo respingessi, poi con entrambe le mani mi cinse i fianchi, adagiandomi sul tappeto erboso e si avvicinò al mio viso.
-I'm in love with you...-
Le nostre labbra si toccarono, per la seconda volta e sembravano fatte per stare assieme, dolcemente incastrate in una morsa d'amore.
Mi stringeva a sè e io ricambiavo le sue tenere coccole, ma tutto questo mi sembrava un sogno, che però ben presto sarebbe terminato...
Sarei voluta rimanere così per sempre, ma purtroppo il clacson ci risvegliò.
-Ehi, piccioncini! Faremo tardi!!-

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Capitolo 9
*** Non è un sogno. ***


So che probabilmente questo capitolo non vi piacerà, ma l'ho scritto di fretta
e non ne sono molto convinta...Tranquille se saprete aspettare ci saranno diversi colpi di scena u.u
Eh si, il fatto Cyn/Julian è abbastanza spinoso :S
Spero vi piaccia lo stesso e perdonate errori di grammatica, se ce ne sono (non ho potuto controllare) ^^''


Capitolo Nove.
Non è un sogno

Salimmo sul pullmino scassato e per la prima volta dopo giorni, mi sentii felice.
Felice nel vero senso della parola, appagata, contenta e spensierata.
Guardai John e in lui vedevo il mio tutto.
Forse anche il mio domani, ma sapevo che era presto per dirlo, per affermare che forse lui ci sarebbe stato sempre.
Sì, sarebbe stato troppo pretenzioso.
Non volevo promesse che sapevo non si sarebbero potute mantenere.
Speravo solo che provasse quello che provavo io.
Sorrisi abbassando lo sguardo, sola con i miei pensieri.
Incontrai lo sguardo curioso di George,che era ancora sdraiato dietro di me,mi sorrise a sua volta.
Forse avevo valutato male persino i suoi amici, i suoi colleghi.
Potevano essere simpatici, forse.
Posi lo sguardo su John, come una ragazzina sul suo oggetto d'amore e notai che lui mi stava già osservando.
Sembrava realmente provare qualcosa per me e mi convinsi che non era solo una mera speranza.
Era sincero, lo percepivo.
Si avvicinò, scacciando con un piede George, che rise scuotendo la testa.
Gli lasciò il posto.
Lui mi pose un braccio intorno al collo.
-Sei bella. Molto bella.-
Mi sussurrò schioccandomi un bacio sulla guancia.
-Smettila, John!-
Dissi con decisione, fingendo di guardarlo con severità.
-Oh, non devi vergognarti di questi 3...Hanno visto cose ben peggiori!-
Scoppiarono a ridere, alludendo a chissà quali strani episodi che sinceramente non mi interessavano.
-Dobbiamo andare da Brian, ci aspetta per un servizio fotografico di promozione...Ti va di venire??-
Lo guardai stupita.
Mi stava dando l'accesso al suo spazio segreto, nel suo mondo di artista.
Succedeva solo nei film o nei sogni...
Rimasi interdetta per un pò.
-Ma John se non ci hai mai portato nemmeno...-
Paul venne interrotto da un gridolino di George.
-Oh, scusate, mi sono bruciato con la sigaretta!-
Sorrise sardonico verso John che ammiccò.
-Sì, lo so che non ci ho portato mai nemmeno....MIA ZIA!-
Calcò le ultime due parole osservando in cagnesco Paul.
-Ma per Audrey è diverso...Io e lei siamo...Collegati, non è vero honey?-
La faccenda mi sembrava sospetta, ma cosa potevo saperne io, stretta fra le braccia di Lennon?
Non mi interessava nient'altro, mi bastava che lui continuasse a stringermi forte e sentire i nostri due cuori battere assieme.
Annuii baciando il suo collo.
Lui scoppiò a ridere.
Dopo circa 1 oretta Ringo accostò in un vialetto curato, dove crescevano rose e altri bei fiori in aiuole potate e sistemate nei minimi dettagli.
Scesi dal retro insieme a George e John.
-Dove siamo?-
Ringo si pose vicino a me.
-Non lo so nemmeno io, a dirla tutta!-
Mi sussurrò avviandosi con gli altri alla porta della piccola villetta a cui apparteneva il bel giardino.
John mi volle accanto a sè persino nel suonare il campanello e mi tenne la mano anche quando un accaldato e abbastanza scocciato Brian Epstain ci aprì la porta.
-Ma dove eravate, scellerati??Qui vi aspettano da 2 ore!!!!-
La cosa che più lo turbava non sembrava il ritardo quanto la mia presenza.
Continuava a spostare il suo sguardo allibito da me a John e viceversa.
-Scusa un attimo...-
Mi sussurrò John nell'orecchio, prendendo in disparte Brian.
Sentii soltanto Brian urlare lievemente.
-E quella chi sarebbe??-
Io e gli altri ragazzi venimmo introdotti in un salottino dove un fotografo e il suo assistente stavano montando le varie macchine.
-Alla buon'ora, ragazzi!-
Esclamò il più anziano dei due scoccando un'occhiata severa ai 3 Beatles.
Io mi misi in disparte osservando i preparativi.
Dopo un pò arrivò anche John, con un sorriso a 32 denti che però mi sembrò tutto tranne che autentico.
-Qualcosa non va?-
Chiesi accostandomi a lui.
Lui scosse la testa lievemente e mi stampò un bacio sulla fronte.
Brian continuò ad osservarmi in cagnesco per tutto il resto del pomeriggio.

Solo dopo le 5 passate mi ricordai di avere una famiglia e sopratutto una madre apprensiva e iperprotettiva.
Chiesi se ci fosse un telefono e mi mostrarono un corridoio laterale dove trovai un apparecchio blu di ultima generazione.
Composi il numero facendo scorrere la rotellina.
-Pronto?-
Era papà.
Ne fui sollevata.
-Ciao, pà!-
Lui ebbe un sussulto come rincuorato.
-Meno male, Audrey, tua madre stava per sguinzagliare investigatori privati di tutto il mondo! Ma dove sei?-
Chiese ridendo.
-Sono da...un'amica fuori Liverpool...Tranquillo papà, sono in buone mani...-
Soffocò una risata.
-Non crederò a quello che mi dici, ma farò finta di averlo fatto...Cerca di tornare per le 8, mi raccomando...Mi inventerò qualcosa io con tua madre...-
Avrei voluto abbracciarlo.
-Grazie, sei fantastico!-
Abbassai il ricevitore e tornai nel salotto, dove ancora si stavano scattando foto.
I ragazzi erano buffissimi e non facevo altro che ridere delle loro smorfie.
Sentivo lo sguardo di Brian pressarmi come sotto un riflettore.
Ero in ansia.
-E se la bellissima signorina partecipasse?-
Chiese il fotografo facendomi l'occhiolino.
Sentii un grugnito provenire da dietro.
Era Brian e non sembrava felice della proposta, anzi...
-David, per favore...-
Sorrise forzato verso il fotografo e poi verso me.
-Scusa cara ma abbiamo fretta e poi...Cosa potrebbe fare??-
Sembrava voler proteggere sempre qualcosa o qualcuno in maniera morbosa.
Forse tutti i ragazzi o forse solo John.
John si alzò in piedi.
-Eddai Brian è una foto!-
Usò il suo sguardo seducente, quello al quale era quasi impossibile dire di no, quel sorrisetto sprezzante con le sue labbra sottili al quale nessuno era esente dall'esserne affascinato.
Brian rimase vitreo per qualche istante, poi fece ricadere le sue spalle in avanti in un debole e stanco ''E va bene!''
Come di un padre che finalmente compra al figlio il giocattolo per cui è stato assillato tutto il giorno.
Io ero disorientata e l'astio ingiustificato nei miei confronti mi rendeva ancor più nervosa.
Il fotografo mi sorrise cordiale e mi disse di mettermi nel centro del divanetto dove in mezzo ai ragazzi.
Dovevo solo sorridere, mi disse, ero bellissima lo stesso.
John si sporse verso di me e fece uno dei suoi buffi versacci e io scoppiai in una risata che provocò una strana espressione sul volto di Brian.
Un flash mi investì completamente.

Eravamo di ritorno verso Liverpool,erano le 7,30 passate.
-Credete che Brian ce l'abbia con me?-
Risero.
-Ce l'ha con tutte le donne, tranquilla...-
Rispose George in un sorriso.
Parlammo per un pò e scoprii alcune cose interessanti sul loro conto.
Li sentivo vicini, non più come strani esseri sovrannaturali, ma come semplici amici.
Mi ritrovai a cantare con loro nello stesso pullmino improbabile di prima.
Poi il discorso si spostò sui loro disagi.
-Io non ce la faccio veramente più...Continui spostamenti, la valigia sempre pronta...Sono stufo.-
Si lamentò Ringo, sbadigliando.
-Bhe, Brian ha detto che comprerà un appartamento a Londra, come sede per riposarci e da lì spostarci per dove dobbiamo andare...-
Riprese Paul osservando distratto dal finestrino.
-Mi sembra un'idea ragionevole...-
Commentò George.
Si accese un'altra sigaretta e lo guardai di sbieco.
Lui assunse un'espressione rassegnata alzando le spalle e facendo uno dei suoi sorrisetti.
Scossi la testa divertita.
-Sì, ma dov'è che dobbiamo andare noi, VERAMENTE?-
Urlò John con quella sua espressione pazzoide.
-Al TOPPERMOST of THE POPPERMOST!-
Scoppiammo tutti a ridere e continuammo a cantare per un bel pezzo del tragitto, fin quando non sentii un gran sonno e mi poggiai sulle gambe di John che mi carezzava dolcemente la fronte.
Ero in uno strano dormiveglia, disturbato ogni tanto dalle buche che Ringo non riusciva ad evitare.
-Secondo me ti sei messo in un bel casino, John...-
Sentii parlare qualcuno.
Paul, forse?
Un sospiro vicino a me...
Probabilmente John.
-Paul, seriamente, non puoi capire...-
Sbuffò di nuovo.
-Sì, forse è vero, ma hai delle responsabilità, non sei più un ragazzino ora! Hai una...-
-Basta!-
Sbottò all'improvviso lui.
Poi il silenzio...
Io farfugliai qualcosa nel sonno e poi vidi tutto buio.
Dopo, non ricordo nulla.

Venni svegliata da una leggera scossa al fianco.
-Siamo arrivati, principessa...-
Era John ed eravamo a pochi isolati da casa mia.
-Ho pensato di non portarti davanti casa...Sai, non si sa mai...-
Sorrise di sbieco.
Era già buio ma lo vedevo illuminato come in un sogno.
Mi sollevai dal pullmino e salutai gli altri che mi salutarono a loro volta con calore.
-Ci sentiamo, promesso?-
Chiesi a John.
-Si, sicuramente!-
Mi rispose pronto lui, stringendomi forte.
-Siamo molto occupati, ma cercherò di chiamarti sempre...Ti amo...-
Quelle parole mi trafissero il cuore, come se veramente quello che avevo pensato e vissuto quel giorno non fosse un semplice sogno.
Era la realtà e mi sentivo perfetta, come se niente potesse intaccare la mia felicità.
Lo amavo anche io...
All'infinito!
Li salutai con la mano, aspettando che fossero scomparsi, poi mi incamminai verso casa.
Avevo sognato anche la piccola discussione tra John e Paul?
Sicuramente.

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Capitolo 10
*** Ci riincontriamo... ***


Capitolo 10
Ci riincontriamo...

8 aprile 1963
Lunedì.

Sono a scuola ma non penso ad altro...
Da giorni.
Me ne sto con la testa appoggiata sul palmo della mano, annuendo al professore, fingendo di ascoltarlo, di capire i teoremi che scrive alla lavagna nella sua scrittura spigolosa e indecifrabile...
Mi ricorda John, persino la scrittura del prof!
Guardo fuori,costringo il mio cervello a pensare a qualcosa di diverso: è primavera!
Ma penso ad altro.
Penso a lui.
Stupidamente forse...
Cosa farà adesso?
Si starà divertendo?
Mi sta pensando anche lui?
''Basta paranoie, è un ordine!''
Mi ripeto, cercando di risolvere il problema che ho scritto sul foglio.
Ma non capisco i numeri, non li vedo...
Si capovolgono, formando il viso di John.
Sono impazzita.

Non ho ancora parlato con Molly...A volte sento il suo sguardo che passa attraverso l'aula e mi trafigge.
Sono stata meschina...Dovevo crederle.
Come ho potuto evitare di parlarle solo per uno scherzo deficiente del suo ragazzo?
Mi sento in colpa, devo agire.
Suona la campanella.
''Alleluja!''
Penso alzando gli occhi al cielo.
Sono decisa, non posso perdere un'amica, le voglio troppo bene.
Mi alzo e vado verso Molly.
Lei mi guarda stupita nel vedermi lì, davanti al suo banco dopo giorni di indifferenza.
-Aud?-
Mi chiede quasi con le lacrime agli occhi.
Non c'è bisogno di parlare, ci abbracciamo e basta.
-Oh, Audrey, ci sono stata così male! Ti ho chiamato tutti i giorni ma non mi rispondevi mai...Io ti giuro non c'entro niente e poi...-
-Shhh...Sta zitta per una volta!-
La rimbecco sorridendo.
Lei scoppia a ridere fra le lacrime,soffocandomi nel suo abbraccio.
Siamo di nuovo io e lei.
Audrey e Molly.
Inseparabili.

-Devi lasciar perdere Fred...E' un ordine, Molly! Non voglio più vederti soffrire per quella bestia!-
Non sto scherzando e lei lo capisce, abbassa gli occhi.
Camminiamo verso le biciclette fuori scuola e per diversi minuti l'eco delle risate dei compagni e il rumore delle mie scarpe sono le uniche risposte che ho.
Poi, impercettibilmente, Molly reagisce, alza la testa e sussurra:
-Audrey...Non è facile...Io non...-
La interrompo, severa.
-Lo è eccome! Se vuoi ci parlerò e giuro che lo faccio pentire di essere nato!-
Uno slancio della vecchia Audrey.
Mi è mancata...
''Sono stata troppo addolcita dall'amore, è ora di farla pagare a quel verme!''
Rifletto, immaginando Fred incatenato e io che lo picchio,ridendo con sadismo.
Sposto lo sguardo verso Molly.
E' implorante...
-Molly non ti rendi conto che non è più amore...E' una tortura...-
Tolgo il cavalletto alla bici, mettendo i libri nel cestino.
-Prometti che tenterai di ragionarci su?-
Lei annuisce abbassando lo sguardo.
Non l'ho mai vista tanto abbattuta in un solo giorno.
Le poggio una mano sulla spalla.
-Io ci sono sempre, ricorda...-
Le sussurro iniziando a pedalare.

Dopo il rientro alle 8 passate della sera del servizio fotografico, mia madre pretende che torni ''IMMEDIATAMENTE  a casa, a costo di farmi investire da un autobus in corsa''.
Non mi è difficile mantenere la promessa data, ora che John è in tournèè chissà dove...
Lui è lontano, ma è come se ci fosse...
Lo sento nei miei pensieri, dentro di me...
Se questo è amore, allora finirò per diventare rimbecillita!
Pedalo a velocità sostenuta,devo arrivare a casa in fretta, altrimenti mia madre mi uccide, quando vedo una donna anziana ed una giovane ragazza bionda attraversarmi davanti.
Inchiodo.
Quella ragazza ha il pancione...
E' bionda.
La conosco.
E' Cynthia!!!
Parcheggio la bicicletta ad un lampione e corro dietro loro.
''E' una coincidenza sconvolgente!''
Penso mentre noto che le due sono di fretta e che Cynthia ha la testa inclinata di lato e respira a fatica.
Le urlo di fermarsi.
La signora anziana si volta.
-Credo non sia il caso, cara...Le si sono appena rotte le acque!-
Mi informa con tranquillità, stringendo la mano di Cynthia.
La ragazza respira affannosamente e rivoli di sudore le imperlano la fronte.
Mi fa un lieve sorriso tra le espressioni di dolore che ha sul volto.
-Audrey, ci riincontriamo...-
Sussurra fra gli affanni, abbozzando un sorriso spezzato dal dolore.
-Non mi sono dimenticata di te...-
Mi guarda per un attimo con quegli occhi e mi sento come la prima volta, agitata.
Le sorrido.
-Non avete un'automobile?-
La signora scuote la testa e Cynthia non mi sta neanche ad ascoltare, sta soffrendo...
''Devo aiutarla!
Se solo avessi la macchina!''
Penso cercando attorno qualcuno che potrebbe accompagnarci.
-Vi chiamo un taxi, faccio in un secondo!-
Cercare un taxi nel centro della città affollato era come cercare un ago in un pagliaio, ma io speravo...
Sto sul ciglio della strada osservando a destra e a sinistra e ad ogni gridolino di Cynthia sento lo stomaco stringersi per l'ansia...
''Non passa nessuno, accidenti!''
Mi mordo un labbro, presa dall'agitazione.
Proprio in quel momento mi sfreccia davanti un'automobile rossa con una scritta gialla lampeggiante.
Faccio in tempo a correrle dietro sbracciandomi e urlando.
-C'è una donna incinta qui!!!!-
Quando ormai non ci spero più l'autista inchioda, provocando fumo dalle ruote,poi si sporge dal finestrino.
-Non si dice mai di no ad una donna incinta!-
Scoppia a ridere, io faccio un lungo respiro di sollievo, poi prendo Cynthia per un braccio e la faccio sedere.
La vecchia signora dice di andare avanti, lei ci raggiungerà.
''Ci raggiungerà? Ma io devo andare a casa!''
Strabuzzo gli occhi e prima che me ne accorga mi trovo sul sedile posteriore del taxi, sventolando un fazzoletto bianco dal finestrino, assistendo agli urli incontrollati di Cynthia e alle rassicurazioni del tassista.
-Stia tranquilla signorina, non è poi così doloroso!-
Cyn si volta verso l'uomo, osservandolo in cagnesco.
-E lei che ne sa, ha mai partorito??!-
Gli chiede ringhiando tra gridi di sofferenza.
L'uomo rimane allibito e spinge l'acceleratore.
-Quanto vorrei che lui fosse qui...-
Sospira Cyn in un impercettibile sussurro,stringendo i denti per l'ennesima contrazione.
L'uomo l'ha sentita:
-Fa il marinaio?-
Chiede il tassista.
-Più...O meno...-
Risponde Cyn osservando fuori e stringendo con forza la maniglia dello sportellone.

In pochi minuti mi ritrovo a tenere la mano di una ragazza che conosco a malapena e che sta per partorire.
Perfetto.
Sono più spaventata di lei, ad ogni urlo, ad ogni contrazione tengo il fiato sospeso, aspettando che Cynthia ritorni a guardarmi negli occhi.
-Ti auguro di non provare mai questo...-
Respiro.
-Dolore, Audrey...E' così...-
Respiro.
-Insopportabile!-
Urla ai medici di sbrigarsi.
Un'infermiera annoiata spinge il suo lettino mobile e la fa entrare nella sala parto.
-Lei deve uscire...-
Mi dice con un grugnito.
-Va bene...-
Sussurro, sillabando a Cynthia che ''Andrà tutto bene''
Lei sorride e poi scompare.

''Ma che ci faccio qui?
E poi perchè sono così preoccupata??!''
Mi specchio ad un vetro.
Sono bianca come un lenzuolo, agitata al massimo.
''Spero che tutto vada bene! Oddio, non si merita che qualcosa vada storto!''
''Non conosco Cynthia, ma sento che è una brava persona e in questo momento è sola, quindi ha bisogno dell'appoggio di una persona e l'avermi conosciuta è forse un segno del destino...
Non le augurerei mai che qualcosa vada male!''
Cammino per i 3 metri adiacenti alla Sala Parto non meno di un migliaio di volte quando vedo un dottore uscire, togliendosi la mascherina.
Trattengo il fiato, unendo le mani.
La sua espressione grave mi spaventa.
Cerco di guardare attraverso i suoi occhi di ghiaccio ma non percepisco emozioni.
La tensione mi uccide.
-E' un bel maschietto e sta bene!-
Mi sciolgo in un attimo.
Non capisco perchè tanta apprensione...
Mi fa strada nel corridoio e poi nella camera dove è stata messa Cyn.
Rimango fuori un istante.
La presenza di John è palpabile.
Di nuovo quella percezione senza senso.
Mi blocco, annaspando...
''Ma cosa mi prende??''
Mi chiedo portandomi una mano alla fronte.
''Ma perchè, perchè ho sempre quella sensazione estranea quando sono in presenza di Cynthia?''
Scaccio via i pensieri ed entro dentro anche se la strana ombra di John continua a seguirmi...

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Capitolo 11
*** Cambiamenti ***


Capitolo 11
Cambiamenti.

Entrai nella stanza con titubanza, in fondo io ero una completa sconosciuta per Cynthia, avrebbe potuto tranquillamente chiedermi cosa ci facevo lì dentro, che me ne potevo tranquillamente andare, che non ero gradita  nel suo piccolo universo (finalmente) felice.
Ma non lo fece.
Appena mi vide un sorriso stanco ma raggiante mi fece da benvenuto...
Mi sentii calma.
Mi avvicinai a lei e al piccolo fagottino che teneva fra le braccia.
Mi sporsi per vederne il faccino: era adorabile.
Assomigliava molto alla madre, il viso allungato e magro i capelli biondissimi appena visibili sulla testolina tonda.
Ciò che mi sconcertò furono le labbra, sottili e piegate in un sorrisetto.
-Qualcosa non va?-
Mi chiese Cynthia, raggiante per la felicità.
Io scossi la testa.
Ma cosa mi prendeva?
''Cavolo, questa storia mi sta facendo sembrare una svitata!''
Ripresi il controllo,ricacciando le sensazioni che avevo sempre più frequentemente,sorridendo verso la neo-mamma.
-E' un amore, Cynthia!-
Dissi, tenendo il piccolo ditino del bambino tra le mani.
-Come lo chiamerai?-
Chiesi di getto, osservando i capelli radi del neonato.
Cynthia assunse un'aria meditabonda, come se prima di allora non avesse dato molta importanza alla cosa.
Poi alzò il viso, incontrando i miei occhi...
-Giuro che se fosse stata una femmina, l'avrei chiamata Audrey, in tuo onore!-
Esclamò ridendo, lo feci anche io.
-Zia Mimi mi avrebbe fatta partorire sul marciapiede, se non fosse stata per te...Grazie!-
Rise di nuovo, osservando il faccino furbo del piccolo.
Io mi limitai a sorriderle.
Tutti quei complimenti mi spiazzavano.
L'avevo semplicemente aiutata...Chi non l'avrebbe fatto?
Forse una persona sola percepisce di più gli aiuti esterni, quando chi ama non si interessa a lei.
-Julian...-
Sussurrò.
-Si chiamerà Julian...Come la madre di mio marito, Julia...-
Osservava Julian come se fosse un tenero fagottino mandato dal cielo, continuava a dargli piccoli baci sulla fronte liscia, cosa che provocava strani versetti da parte del bambino.
Io mi trovavo accanto a lei, anche se mi sentivo lontana anni luce dalla sua condizione...
D'altronde, ero sempre un'estranea.
Osservai l'ora.
Erano le 6 e 30.
Un lampo di terrore mi percorse.
Erano più di 5 ore che mi trovavo all'interno dell'ospedale!
Mia madre mi avrebbe uccisa, di sicuro.
-Cynthia...-
Iniziai, ma fui interrotta.
-Ti prego Audrey...Chiamami Cyn...Penso che ormai possiamo trattarci un pò più intimamente, non credi?-
Il suo dolce sorriso mi convinse a fare come diceva.
Per un attimo mi convinsi che non lo faceva per semplice cortesia, ma che si fosse legata a me, veramente.
-Cyn...-
Dissi leggermente imbarazzata.
-Credo di dover scappare a casa...Mia madre...-
-Ti capisco, tranquilla...Ma promettimi una cosa, tornerai appena potrai!-
I suoi occhi cercarono i miei, come in una promessa indissolubile.
Mi sembrava così fragile eppure così forte...
Era riuscita a portare avanti la sua vita, sola.
La ammiravo.
Era veramente una ragazza speciale, maledissi il tipo che l'aveva lasciata sola persino in quel momento.
Doveva essere un mostro.
-Sarà la prima cosa che farò, domani dopo scuola!-
Detti un bacino al piccolo Julian, intento a poppare avidamente e mentre stavo per andarmene, sentii le mani gentili di Cyn trattenermi per la gonna.
Mi voltai e vidi che stava a braccia aperte, aspettando che la stringessi.
Forse lo fece per ringraziamento o forse come un modo per non sentirsi sola...
Ricambiai l'abbraccio e quando mi rialzai vidi che piangeva.
-Grazie Audrey...Non sai quanto...Quanto mi faccia piacere, contare su qualcuno...-
Strinse il suo Julian, rimboccando la coperta che lo avvolgeva.
Quella scena mi fece traboccare il cuore di una gioia nuova, mai provata.
Era una persona che aveva bisogno di affetto e si fidava di me, in me aveva trovato una forza, un qualcuno in grado di sostenerla e io non avrei mai potuto sottrarle il mio aiuto.
Non era solo una promessa, era un piacere.
Mi allontanai, continuando a salutarla ed uscii sorridendo dall'ospedale.
Ripresi un taxi, per tornare nel posto dove avevo lasciato la bici.
Dopo averla presa iniziai a pedalare con vigore verso casa.
Mi aspettava una punizione con i fiocchi, di sicuro...
Non sarebbe servito neanche dire la verità, però ci avrei comunque provato...
Pedalavo, cercando di ignorare il freddo pungente che con la velocità si insinuava sotto la giacca.
Pensavo a Cynthia, al piccolo Julian, poi a John e a quello che mi aspettava, inesorabile, a casa,in un vortice di pensieri che mi fece entrare in una specie di trance, come quando si è completamente immersi in ragionamenti e riflessioni.
Poi, all'improvviso, superata Kensington Square vidi qualcosa che attirò la mia attenzione.
In un negozio di dischi il proprietario stava attaccando alla sua vetrina un grande poster, ritraeva John, Paul,Ringo e George su un divanetto.
E nel perfetto centro...c'ero...c'ero...IO!
Non credevo che quella foto venisse in nessun modo pubblicata!
Allibita e leggermente emozionata pedalai fino al vetro del negozio dove già una massa di ragazzi e ragazze urlanti avevano ostruito il passaggio.
Mi feci strada, trovandomi direttamente davanti a me stessa, cioè alla mia foto.
Mi calai il berretto ancora più sugli occhi, per non essere riconosciuta e osservai con orrore che una rivista in vendita all'interno raffigurava la stessa identica immagine.
Mia madre mi avrebbe ammazzata.
2 volte.
''Ma come...Una come te che posa in una di quelle oscene foto, insieme a quei 4 capelloni??...Quei quattro sgallettati!!!''
Potevo già sentirla, con quella sua voce acuta,lamentandosi dell'emicranea che grazie a me, giornalmente, raggiungeva picchi incredibili.
Prima che i ragazzini mi calpestassero, riuscii a tornare alla bici, vi montai sopra e andai di filato a casa.
Ovunque mi girassi era in vendita la rivista con la mia foto come copertina o in qualche articolo con l'intervista ai Beatles.
Non pensavo che la notorietà potesse tanto spaventarmi, ma poi mi rassicurai...
Erano loro i tipi famosi, mica io!
Di sicuro tutti si sarebbero concentrati sul bel Paul, sul tenebroso George, il simpatico Ringo e il pazzo John.
Non su Audrey.
Ma mi sbagliavo.
Nel giro di giorni, tutti volevano sapere chi fosse la misteriosa ragazza sul divanetto.
Perchè aveva avuto quel trattamento speciale, a sedere vicino ai Beatles?
Era forse amica loro?
Una fidanzata di uno dei FABulous?
O una semplice modella scelta per il servizio?

Quella sera, quando tornai a casa, mia madre mi fece una ramanzina con i fiocchi e, purtroppo, mio padre non c'era...
Nessuno avrebbe potuto salvarmi dall'inesorabile punizione...
Ero spacciata.
Dopo un tumultuoso fiume di parole si calmò:
-Cosa ti è successo, Audrey, sembri diversa!?-
Inizialmente arrabbiata, era poi passata sulla questione ''cambiamento''.
''Le persone crescono mamma, o si innamorano! CAPITA!''
Avrei voluto risponderle, ma in questo caso poco importava.
-Ho soltanto accompagnato una ragazza che conosco all'ospedale...-
Dissi di getto.
-E cosa si sarebbe fatta?-
Chiese inarcando un sopracciglio.
Non ci credeva.
-Ha partorito...-
Dissi, poco più di un sussurro.
Per un attimo ebbi paura del suo giudizio, delle sue grida indignate.
Ma subito dopo provai un senso di rivalsa, non volevo essere come lei...
Non più.
Lei sgranò gli occhi, sorpresa.
-E da quando in qua conosci giovani ragazze-madri, Jennifer?-
Mi chiamava sempre con il mio secondo nome quando era veramente arrabbiata.
So che cosa credeva sulle ''giovani ragazze-madri''.
''Ragazze disinibite e spericolate, non molto più che semplici sgualdrine!''
Lo ripeteva sempre, quando vedeva qualche ragazza incinta che poteva avere non più di 2 anni più di me.
O anche semplicemente sfogliando una rivista, trovando per caso una modella in costumi da bagno interi(tutti per altro super-coprenti)
Riuscii a interromperla, in uno slancio di coraggio, non volevo più essere sottoposta al suo volere.
Avevo anch'io delle idee, delle opinioni.
-Ha 24 anni ed è sposata, è una brava ragazza, l'ho conosciuta per caso e dato che non volevo farla partorire per strada l'ho aiutata ad arrivare all'ospedale e mi è sembrato da persone civili aspettare fino a che non fosse stata meglio!!!
O anche questo ti pare una cosa vergognosa?,Aiutare una povera ragazza sola?!!!-
Logan fece capolino dal piano superiore.
Stavo urlando.
Per la prima volta stavo urlando contro mia madre.
Lei era rimasta immobile, ad ascoltare quello che avevo detto.
La sua ipocrisia mi feriva, mi faceva venire la nausea...
Per lei avrei dovuta lasciarla lì, come un cane, solo perchè non aveva un marito accanto a sè, solo perchè era in chissà quale disdicevole situazione familiare.
Ma non disse niente, quello era l'importante...
Poteva pensare quello che voleva, ma credo che per la prima volta, quella sera, sia io che lei capimmo che ero cambiata e non sarei più potuta diventare quello che lei avrebbe voluto per me.
Una sua copia in miniatura.


Grazie dei continui complimenti per la storia :D
mi fa un immenso piacere il fatto che vi piaccia!
Vi ringrazio veramente tanto :)
Volevo farvi una domanda stupida, solamente per vedere l' idea che avete della protagonista.
Come immaginate il suo aspetto?
Lo so è una domanda scema, ma mi interessava saperlo ^^
Di solito non mi piace fare descrizioni fisiche perchè leggendo il carattere di un personaggio,almeno a me, piace crearmi un suo aspetto nella mia testa, facendomi idee sul personaggio stesso.
Mi interesserebbero le vostre opinioni, è semplice e pure curiosità ^^
A presto con un nuovo capitolo!
See you soon!!! :D

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Capitolo 12
*** Nuove quotidianità ***


Capitolo 12
Nuove quotidianità

Per mia madre praticamente non esistevo più, o meglio, esistevo solo in parte.
La mia biancheria veniva lavata e stirata con regolarità, il mio piatto era sempre in tavola,ogni mattina i soldi per la merenda erano lì sul mio comodino, ma qualcosa si era spezzato definitivamente, tra noi...
Non ci parlavamo più o almeno, non come prima.(non che fossimo mai state legate come due amiche, ma anche mia madre a volte poteva essere socievole e accantonare per un attimo la sua immagine di austera madre ligia al dovere).
Si limitava a chiedermi come fosse andata a scuola, se avevo avuto interrogazioni e se tutto andasse bene con i voti.
Nient'altro.
Non mi imponeva neppure più i suoi orari, ma io non ne approfittavo.
Tornavo al massimo alle 7 e 30 nei giorni normali e all'1 o alle 2 negli week-end nei quali uscivo.
Mi sentivo male.
Mi sentivo in colpa,una traditrice, in un certo senso.
Giravo per casa e mi capitava di vederla a sedere.
Ma sulla poltrona non c'era una madre, ma un essere di ghiaccio che alzava per un attimo il viso, per poi riportarlo sul suo lavoro a maglia, come nulla fosse successo.
Mai più uno sguardo felice, nè uno di indignazione...
Niente di niente.
Nessuna reazione.
Si era chiusa a riccio perchè aveva capito quanto io fossi diversa, anche se in così poco tempo.
Avrei preferito che mi prendesse a schiaffi e non che mi ignorasse.
L'indifferenza è il miglior disprezzo e io lo imparai a mie spese.

Per il resto, anche se questo mi mortificava tremendamente, cercai di non pensarci troppo e ripresi la mia vita iniziando ad uscire molto più spesso con Molly.
Le avevo promesso che l'avrei fatta pagare a Fred, dovevo solamente aspettare l'occasione perfetta.
Lei mi implorava di non farlo, che si sarebbe vendicato di me o di lei, ma io ero coraggiosa e un verme del genere non mi faceva paura.
Per niente.



Rividi Cynthia il giorno dopo che l'avevo accompagnata all'ospedale, come promesso.
Parlammo per poco tempo, perchè non volevo tornare a casa tardi seppur il mutismo di mia madre non sarebbe mutato comunque.

Nei giorni seguenti, durante i quali i dottori avevano chiesto esplicitamente di rimanere in ospedale per alcuni accertamenti fra di noi era nata una strana alchimia che ci portava a parlare per ore, senza stancarci.
Il sabato mattina successivo, giorno di chiusura della scuola, decisi di andare a trovarla.
Percorsi il primo corridoio a destra del secondo piano e bussai lievemente sulla porta della camera numero 9.
-Prego...-
Una voce calda, gentile ed amorevole.
Cyn.
Entrai, portando con me un mazzo di rose e un piccolo pupazzo per Julian.
Cyn mi aveva ringraziato calorosamente accettando i fiori e ponendo il pupazzetto nel lettino del bambino.
Julian stava dormendo in una culla accanto al letto della mamma.
Per un pò avevamo parlato del più e del meno.
Voleva conoscermi meglio, continuava a ripetermi iniziando a sfogliare distrattamente un giornale.
Poi, era giunta in una pagina con immagini dei Beatles e si era fermata, come sognante ad osservare le foto dei quattro.
Mi fece segno di avvicinarmi con la sedia.
Lo feci, osservando le pagine che mi mostrava.
-Mi ricordo male o hai detto che ti piacevano?-
Mi chiese, sorridendo.
-No, non li ascolto molto...Ad una mia amica piacciono, però!-
Non capivo cosa c'entrasse tirare sempre fuori quel discorso.
-Ahhh, si, ricordo!-
Rispose lei, rimanendo fissa sulla pagina.
Perchè non girava pagina?
Mi sentivo a disagio e non sapevo perchè...Per la relazione tra me e John?
Ma era veramente una relazione?
Dovevo tenerla nascosta per la sua popolarità?
E lui credeva veramente fosse una relazione seria, come io speravo o una delle sue tante conquiste?
Pensai in quel momento.
Dopotutto, sì aveva detto di amarmi, ma...Cosa eravamo?
Mi stavo fasciando la testa con domande inutili e di certo non era il momento opportuno...
Ci avrei pensato più tardi, magari al ritorno di John.
Cyn intanto era rimasta ad osservare la stessa pagina, la foto di loro quattro che stringevano ciascuno in mano una bombetta nera e lucida, ammiccando alla fotocamera.
Sembrava provare repulsione e gioia allo stesso tempo...
Era strano.
Cynthia richiuse il giornale,poggiandolo sulla sedia accanto a me.
Mi guardò con quei suoi occhi scrutatori, ma non invadenti, anche se molto penetranti.
-Ti auguro di non innamorarti mai, Audrey...-
Continuava a fissarmi, con uno strano e macabro sorriso sul volto.
-Cyn forse è meglio se vado...Si è fatto tardi e sei stanca...-
Feci per alzarmi.
-Dico sul serio...Evitalo, se puoi...-
Annuii distratta, come a volerla rassicurare che non mi sarebbe successo niente di male, in alcun modo.
-Vado al bagno!-
Esclamò lei, alzandosi, dicendo che non voleva il mio aiuto, aveva partorito, era ancora in grado di camminare, almeno quello!
Rise sarcastica.
La sentii chiudere la porta del piccolo bagno adiacente alla camera e sollevare la tavoletta.
Presi il giornale che fino a poco prima Cynthia teneva fra le mani.
Scorsi le pagine di malavoglia fino ad arrivare ad un primissimo piano di John, rimasi sull'immagine qualche istante, chiudendo gli occhi.


Nel fine settimana io e Molly uscivamo quasi sempre e una delle mete fisse era diventata il Cavern.
Non avrei mai pensato di dirlo ma, lo amavo.
Forse era solo una sensazione legata al fatto che lì avevo conosciuto l'uomo che amavo.
Quel poco conferiva al buio arco di mattoni e ai muri ammuffiti un attaccamento quasi maniacale.
Non volevo mai andarmene, quando tutto finiva.
-E pensare che la prima volta ti ci ho trascinato!!-
Era scoppiata a ridere Molly, osservando la mia faccia spaurita quando erano state chiuse le porte, alle 2 di notte.
Avevo raccontato tutto di John e me a Molly e lei non poteva esserne più felice.
-La mia migliore amica sta con John Lennon! E' impossibileeee!!!-
Aveva urlato presa dall'euforia appena glielo dissi.
-Non stiamo insieme...-
Avevo sminuito io, osservandomi le mani.
-...O almeno non ancora...-
Non volevo affrettare le cose e poi, lui adesso aveva da lavorare,i Beatles erano diventati nel giro di mesi una band conosciuta in tutto il mondo e i loro due dischi gli stavano fruttando una certa popolarità.
In quel periodo si trovava in tournèè e ancora non mi aveva detto quando sarebbe tornato.
Mi aveva accennato ad un viaggio in Spagna per un periodo di riposo.
Io ero stata felice per lui, anche se mi sarebbe mancato ancora di più.
Poi, d'improvviso John mi aveva proposto di seguirlo.
Ero rimasta allibita dall'emozione.
Mi aveva veramente invitata?!
No! Era un sogno.
Me lo feci ripetere diverse volte prima che capissi che non scherzava.
Ma non potevo:
1- Avevo la scuola e non potevo abbandonarla per chissà quanto,proprio all'ultimo anno.
2- Mia madre non avrebbe MAI accettato, ammesso che avesse finalmente deciso di rivolgermi la parola.
Avrei deciso in seguito, non c'era fretta, mi aveva detto, forse sarebbe riuscito a passare prima di partire...
Quella remota speranza riaccese in me la voglia di abbracciarlo, baciarlo...
Sorrisi mentre riattaccavo il telefono.
Quella sera ero contenta, forse avrei avuto la mia vendetta.

Erano le 11 quando Molly venne a prendermi con la sua macchina, nuova.
Uscii di casa dando un'occhiata a mia madre, stava ascoltando la radio con Rufus, il nostro gattone nero sulle ginocchia.
Non mi salutò, non mi fece nessuna raccomandazione, la sentii solamente trarre un grosso respiro, prima che richiudessi la porta dietro di me.
Scacciai le lacrime e presi posto accanto a Molly.
-Sembri sconvolta...-
Notò lei accendendo la macchina, spinse il pedale con troppa irruenza, cosa che provocò un acceleramento improvviso che ci fece balzare in avanti, Molly a pochi millimetri dal volante e me ad una spanna dal cruscotto.
Scoppiammo a ridere.
-Ecco, buon modo per iniziare una serata!-
Rise Molly.
''Serata di vendette!''
Mi ripetei io,assumendo un sorrisetto sardonico.
John mi aveva contagiata e, non era un male.


Wow, Audrey ha fatto a tutti la stessa impressione! Che strano! :D
Seppure non avessi detto niente del suo aspetto, apparte un accenno alla frangetta, tutte voi o almeno la maggioranza la immagina, seria, acqua e sapone e mora!
Devo dire che anche io l'immaginavo scura di capelli ^^
Ma non è molto importante...
Fatemi sapere se vi piace, commentate!! :D
A presto! <3

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Capitolo 13
*** Panico. ***


Chiedo perdono per tutti quelli che seguivano questa FF, sono stata veramente imperdonabile u_u
Però mi si era presentato un periodo talmente pieno di impegni ecc...ecc... che mi era impossibile stare al pc per più di 2 minuti.
Sono anche stata in settimana bianca con la scuola e...Insomma perdoooooonoooo T-T
Spero vi piaccia anche questo piccolo aggiornamento, come sempre sia che qualcosa vi piaccia o meno, lasciate un commento :D



Capitolo 13
Panico.

Arrivammo al Caver dopo una buona mezz'ora.
Molly era letteralmente incapace alla guida, ma cercavo di incoraggiarla.
Parcheggiammo abbastanza vicino e camminammo fino all'entrata, gremita come al solito.
Ormai Ted, il nuovo''buttafuori'' del locale ci conosceva bene e aveva una cotta stratosferica per Molly.
Il proprietario aveva deciso di assumerlo per il dilagare della fama del Cavern che aveva portato ragazzi e risse, che ormai erano all'ordine del giorno, o meglio...della notte.
-Buonasera ragazze!-
Ci riservò un sorriso e passò il suo sguardo amorevole su Molly, sfiorandole una spalla.
Ci fece sorpassare la lunga fila.
Un mugolio si alzò tra le persone incolonnate.
-Ciao Ted!-
Sorrise Molly, poggiandogli una mano sulla spalla.
''Questi due finiranno insieme!''
Pensai divertita, scendendo le strette scale che portavano nel cuore del pub.
Speravo di trovare  un volto conosciuto, un volto a cui farla pagare amaramente.
Non sono mai stata una tipa rancorosa e non mi piacciono le vendette, ma non avrei mai permesso che uno stupido imbecille rovinasse la mia vita e quella della mia migliore amica.
Molly mi raggiunse.
Il locale era già pieno e si suonava musica soft dal vivo, c'era chi ballava o tracannava a sedere al bar.
Scorsi i numerosi volti che erano presenti nella sala.
Fred sembrava non esserci.
Sbuffai, poggiandomi ad un divanetto.
Cavolo, ci avevo sperato!
L'unica volta nella mia vita in cui avrei voluto vedere quel brutto muso...
Molly mi poggiò una mano sulla spalla.
-E' per Johnny?-
Scossi la testa di scatto, conscia del fatto che John non c'entrasse niente e che stranamente non lo stavo pensando.
Una vampa di calore mi pervase il viso e lo stomaco.
Mi succedeva sempre quando mi accorgevo di doverlo pensare, di dover pensare a quanto mi mancasse.
Sorrisi tirata e con un gesto morbido ricacciai Molly nella pista.
Lei inclinò la testa di lato, sorridendo contrariata, ma alla fine riprese a ballare.
Tirai fuori un pacchetto di sigarette dalla borsetta di Molly.
Un altra brutta abitudine appresa da poco...
Ma dovevo in qualche modo evitare che la rabbia esplodesse.
Poggiai la testa all'indietro aspirando il fumo.
Osservavo la stretta scala scalcinata, dalla quale continuava a discendere gente, ma non Fred.
''Mio dio! Sono proprio sfortunata, cacchio!''
La sala era gremita e la musica non si interrompeva mai.
Spostai lo sguardo verso la volta di mattoni rossicci e ritornai con la memoria a quel sabato sera...
John.
Mi mancava tanto...
Pensai di nuovo alla sua proposta di seguirlo in Spagna.
''Sarebbe stato fantastico, ma non puoi proprio,Aud...Proprio no...''
Pensai, pestando il mozzicone con il tacco della scarpetta.
Mi alzai ed ordinai una birra al bancone.
-Scusa, sai se Fred Reed stasera verrà al Cavern?-
Fred era una ormai vecchia conoscenza del posto, fino agli albori del locale, lo conoscevano specialmente i barman, costretti a dargli giri interminabili di bevute che mai avrebbe pagato e i buttafuori, sempre obbligati a calciarlo fuori quando esagerava.
L'uomo alzò il viso, era intento ad asciugare un bicchiere.
-Non ne ho idea...So solo che se quello stronzo non mi paga il conto gli faccio il culo a stelle e strisce!-
Alzai un lato della bocca in un sorrisetto.
Presi a bere la mia birra...
''Serata inutile...''
Pensai sorseggiando calma la mia birra.
''Ma saprò aspettare, la vendetta è un piatto che va servito freddo...''
-Heilà!-
Il mio corpo ebbe un fremito, forse l'attesa non era stata vana, nel voltarmi sperai di trovarmi quell'orribile faccia davanti.
E così fu.
-Ciao Fred...-
Biascicai, serrando i denti.
Sembrava brillo, e non poco.
Sorrise di rimando, portandosi una mano fra i capelli, perennemente impomatati.
-Haa-i vvvisto Moolly?-
Chiese osservandosi intorno, con gli occhi appannati dall'alcool.
-Non vuole vederti...-
Risposi pronta, fissandolo in quegli occhi di ghiaccio, vitrei e senza emozioni.
Le piccole pupille fecero un balzo.
-Ah, si, eh?-
Riprese con quel suo sorrisetto.
Si avvicinò, prendendomi una ciocca di capelli fra le dita.
-Lo sai, Audrey, stasera sei mooooolto carina...Molto. Oh si...-
Constatai che puzzava in modo osceno.
Arricciai il naso,indietreggiando e spostando lo sgabello.
-E' tuua, questa?-
Chiese indicando il boccale di birra che avevo davanti,praticamente intatto.
Annuii, facendogli segno che poteva prenderla.
Il piano era iniziato.
-Ohhhh! Che gg..gentile la piccola Audrey!-
Mi osservò per un pò con un sorriso raccpricciante che gli attraversava l'intera faccia, poi tracannò l'intero bicchiere senza batter ciglio.
-E cooosì...-
Si interruppe, sventolandomi un dito davanti.
Era ubriaco perso!
Non poteva funzionare...
''Dannazione!''
Pensai preoccupata, cercando Molly con lo sguardo.
-...Quella bruutta...Troia, *HIC*-
Fece segno al barman che gli portò un altro boccale colmo di birra.
-Se questa non me la paghi giuro che ti taglio la gola!-
Esordì l'uomo avvicinandosi ad una spanna dal naso di Fred, lui si limitò a sghignazzare come se la proposta fosse allettante.
Tracannò un lungo sorso, poi riprese a parlare.
-Quella Troia...*HIC*...Non vuuuuole, veder-mi...Eh?-
Sorrise, ondeggiando con il capo.
Lo osservavo a debita distanza, ma pronta a fermarlo nel caso volesse fare qualcosa di strano.
-...L'ho sempre, saa-puto, sai, chee era unaaa, troia...Sì! Io soono un uo-mo*HIC* pre...pre...-
Si appoggiò al bancone, battendo leggermente il pugno sulla superficie liscia.
-Previdente?-
Suggerii io, ascoltando inerme il suo delirio.
-EEEEEEEEsatto! *HIC*, io, sooo oono, un uooomo previ-coso!-
''Mio Dio!''
Impossibile fare alcunchè con uno in quelle condizioni, non si sarebbe nemmeno ricordato che gliel'avessi fatta pagare!
Volevo che ricordasse bene impresso nella mente il mio viso, la sua umiliazione...
Non era serata.
Lo lasciai lì, spaparanzato sul bancone del Cavern, mentre individuavo Molly e la trascinavo in disparte.
-Non può funzionare!E' ubriaco fradicio!-
-Maledizione!-
Sussurrò lei, corrugando la fronte.
-Bisogna rimandare...Per forza!-
Molly annuì.
-Ti dispiace se rimaniamo un pò?-
-Fai pure...-
Dissi poggiandole una mano sulla spalla.
Il sorriso che affiorò sulle sue piccole labbra non aveva prezzo.
Avrei dato tutto per vederlo costantemente sul suo viso...Volevo che tornasse ad essere la Molly di sempre.
Mi voltai verso il bancone dove poco prima Fred era sdraiato, in condizioni pietose.
Non c'era più.
Mi avvicinai al barman, ma neanche lui sapeva dove fosse...L'aveva visto barcollare verso i bagni.
-Starà vomitando come un dannato...Ma per quello che me ne importa!
So solo che mi ha pagato il drink e mi sta bene così!-
Lo ringraziai e mi assicurai che Molly fosse al sicuro, Ted l'aveva raggiunta e adesso ballavano insieme.
Li osservai per qualche secondo, abbozzando un sorriso.
Lui era il ragazzo più tenero che avessi mai incontrato...
Aveva appena staccato dal lavoro ed eccolo lì assieme a lei, stretti in un dolce abbraccio.
Sperai che la potesse rendere felice.
Risalii le scale  e respirai a pieni polmoni l'aria fresca in superficie e mi accesi una nuova sigaretta.
Camminai per qualche tempo, fermandomi a distanza dall'entrata del locale.
''Non va per niente bene...''
Immaginai la voce di John e il suo gesto gentile e ironico di togliermi la sigaretta e poggiarla tra le sue labbra.
Lui non sopportava il fatto che fumassi, ma pretendeva che io non obiettassi quando lo faceva lui.
Mi appoggiai al muro, con un sorriso ebete impresso sul volto.
Non ce la facevo proprio a non pensarlo per più di cinque minuti.
Mi mancava tremendamente e questo mi preoccupava, mi faceva vacillare.
E se ci fossimo lasciati per sempre, cosa mi sarebbe successo?
Panico.
''Finirai per rimanerci fregata, Aud...Un pò di contegno!''
La vocina nel mio cervello ronzava fastidiosa, e anche se sapevo che aveva perfettamente ragione, la zittii scrollando la testa.
Diedi un'altra boccata di fumo osservando un tizio in bicicletta,che pedalava vigorosamente.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, ripensai a Cyn e al piccolo Julian...
Chissà come stavano?
Mi sentivo in colpa per non essermi più fatta sentire...
Dovevo tornare a trovarli...
A quest'ora saranno di sicuro a casa...
Dove diavolo avevo messo il bigliettino che mi aveva dato quel pomeriggio Cyn?
Cercai nelle tasche, ma ricordai perfettamente che non avevo addosso quella giacca, quella sera.
Sbuffai.
''Serata perfettamente inutile!''
Ripetei, ormai per la centesima volta.
Mi ripromisi di tornare appena finita la sigaretta, ma ne accesi un'altra, spinta dalla noia e dallo stress.
Fumai ancora e ancora e ancora, finchè l'orologio che avevo al polso non segnò l'1 passata.
Decisi di tornare sotto, ballare un pò e forse dopo tornare a casa.
Ma mi sentii afferrare per il polso.
Mi voltai, impaurita.
Anche l'altra mano mi fu serrata in una morsa d'acciaio...
Era così buio che stentai a riconoscerlo ma l'odore di alcool misto a sigarette mi fece capire immediatamente di chi si trattasse.
-Fred!-
Urlai meravigliata, corrugando la fronte e arricciando le labbra per la rabbia.
-Si, sono io, brutta troia!!-
Ringhiò, avvicinando la sua faccia alla mia, che spostai di lato, chiudendo gli occhi.
-Che cosa vuoi?-
Chiesi urlando, mentre cercavo di scalciare e liberarmi.
Era inutile, mi aveva già bloccato le gambe con il peso del suo corpo.
-Grida un'altra volta e ti giuro che sarà l'ultima cosa che farai, puttanella!-
Sorrise esordendo in una risata da pazzo.
-Tu sei malato!-
Dichiarai osservandolo con disgusto.
Ricambiò lo sguardo fissandomi con quegli occhi privi di vita.
Si avvicinò nuovamente vicino al mio viso, rimase qualche secondo sopra la mia bocca.
Cercavo di pensare ad altro...
A qualcosa di bello.
A John.
Speravo che qualcuno mi vedesse, mi aiutasse.
Pregai che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa.
-So che hai qualcosa in mente, ma...Purtroppo non sai con chi hai a che fare...
Non conosci ancora il vero Fred Reed!-
Mi sussurrò nell'orecchio, stringendomi il polso.
Sentivo i battiti smorzati e imprigionati in quella stretta mortale.
Ero stata un'idiota ad allontanarmi così tanto dalla porta principale...
Nessuno mi avrebbe sentito, tutto era buio e silenzioso.
In lontananza, come una beffa, la musica del Cavern.
Cacciò fuori dai pantaloni un coltellino a serramanico che fece scattare, la lama affilata mi sfiorò il collo.
-Sai...Questo piccolo gioiellino ha visto posti che tu neanche immagini...Vuoi essere la prossima?-
Rise, poggiando la punta del coltello lungo il profilo della mia mascella,la fece scorrere fino alle clavicole, poi la poggiò nuovamente sul collo facendo una leggera pressione.
Deglutii rumorosamente...
Sentii le lacrime affiorare dagli occhi.
No, non dovevo piangere, non potevo...
Qualcuno mi avrebbe sentita, prima o poi...
O almeno lo speravo.
-Volevo fartela pagare già da tempo...Cara la mia Audrey...-
Strinse ancora di più il mio polso con la sua mano libera.
-Cosa credi, di essere superiore?-
Fece un sorrisetto sprezzante, sputando a terra.
-Pensi di averla solo tu...Eh?-
Riprese a ridere, una risata roca...
Schifosa.
Prese il mio polso e lo girò dietro alla schiena, poi fece per alzarmi la gonna, ma io scalciai e lo colpii proprio su una gamba.
Emise un rantolo di dolore.
-Guarda che ti ammazzo sul serio! Non mi faccio problemi, troietta!-
Premette il coltello così forte che ebbi il terrore che mi avesse tagliato la gola, poi sentii qualcosa di caldo scendermi lungo il petto iniziai a piangere.
-Ti prego, lasciami stare!-
Gridai, lo supplicai, piansi, urlai.
Non so cosa feci, sentivo le sue mani corrermi addosso,mentre il sangue scendeva dalla ferita sul collo.
Non era niente in confronto alla vergogna.
Ma sopratutto mi pentii.
Mi pentii di essere andata lì quella sera, con quello scopo.
Di essere uscita, da sola.
Di essere stata talmente stupida!
Se dovevo morire almeno avrei voluto rivedere Molly per l'ultima volta.
John per l'ultima volta.
Mia mamma, mio padre e sì, anche Logan per l'ultima volta.
Non mi sarei mai immaginata una morte così orribile...
Sentivo che stava cercando la lampo dei jeans, annaspava nel tentativo di tenere il coltello puntato e con l'altra mano fare il resto.
Era orribile aspettare la fine, qualcosa che mi avrebbe segnata per sempre.
Era la stessa sensazione che si prova prima di un'impiccagione, ne ero sicura.
Nessuna via di scampo...Nessuno che potesse salvarti...Era la fine, quella vera.
Pregai che tutto almeno finisse in fretta, tenni gli occhi chiusi nella speranza che quanto mi stava accadendo perdesse il suo impatto, la sua crudeltà...
Ma mi sbagliavo...
Le lacrime e i singhiozzi non facevano che amplificare la mia attesa angosciante e i suoi rantolii mi tormentavano come in un incubo.
Poi mentre tenevo gli occhi chiusi e i denti stretti, inerme di fronte a tutto quello che avrebbe potuto farmi sentii un grugnito, seguito da un rumore di qualcosa che si rompeva.
Aprii gli occhi piano, conscia del fatto che non sentivo più pressione sul collo, nè sulle mani...
Fred era a terra, ma si stava rialzando con il contello ancora in mano.
C'era un uomo di fronte a lui, le lacrime mi appannarono gli occhi impossibilitati al momento nel riconoscerlo.
Continuai a singhiozzare, shockata.
-Audrey!-
Non poteva essere.
Era un sogno...Sicuramente.
Mi sentii svenire, ma subito due mani o forse più mi presero, stringendomi.
Sentivo tutto anche se in maniera ovattata.
-Dove credi di andare?!-
Esclamò una voce lontana.
-Eddai John...Era solo uno scherzo!-
Fred balbettava.
Potevo immaginarlo lì in piedi per la strada deserta...
Doveva avere le mani alzate e un sorrisetto forzato, pronto a smentire qualsiasi cosa.
L'urlo rabbioso che seguii era e sarà sempre uno dei rumori più raccapriccianti che io abbia mai sentito...
Poteva benissimo appartenere ad un animale, una bestia feroce, una fiera inferocita e invece proveniva da un essere umano.
John.
Aprii gli occhi debolmente proprio nel momento in cui si lanciava addosso a Fred.
Le mani che mi stringevano allentarono la presa.
-Va tutto bene?-
Chiese il volto un pò sfumato che mi osservava dall'alto.
Annuii, sentendo un fazzoletto premere sulla ferita che avevo sul collo.
-Tranquilla è un taglietto...Fortunatamente...-
Rimasi ad osservare la scena di lotta sullo sfondo.
I due rotolarono per il selciato, continuando a darsi pugni, botte, calci e morsi.
Cercai di alzarmi, ma una mano mi trattenne a sedere.
-Lascia stare, è una faccenda da uomini...-
Riconobbi il viso delicato di Paul, i suoi lineamenti quasi infantili e quelle labbra carnose.
Una figura smilza fece capolino da dietro il muro.
George.
-Tranquilla, ci sa fare nelle risse!-
Sorrise, ma notai che nascondeva una vena di preoccupazione sul volto.
Continuavo ad osservarli mentre se ne davano di santa ragione.
Vidi scintillare qualcosa nel buio, il coltellino!
Rimasi ad osservare.
Mi sentivo male al solo pensiero che lui potesse farsi male per me.
Riprovai ad alzarmi, ma Paul mi trattenne.
Gridai,ma non servì a niente.
Continuavano inesorabilmente a picchiarsi, stavolta John era sopra Fred.
Distolsi lo sguardo.
Sarebbe servito pregare?
Sarebbe stato efficace sperare?!
La mia rabbia esplose.
-Perchè non andate ad aiutarlo? EH?? Siete o non siete suoi amici?-
Mi sentii svenire di nuovo, ma finsi di stare bene, anche se sentii una leggera stretta ai fianchi, le mani di Paul.
-Te l'ho detto Audrey...E' una faccenda tra loro due...Stai calma! Vedrai che John ne uscirà vivo!
Piuttosto andiamo a medicare quella ferita...-
Mi sollevò da terra, anche se continuavo a dimenarmi.
L'ultima cosa che vidi prima di svenire fu il corpo di Fred sopra quello di John, la sua faccia rivolta verso di me, le sue labbra sporche di sangue, uno dei suoi occhi completamente chiuso e pesto...
Era un flebile sorriso quello che mi aveva accompagnata verso le tenebre?

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Capitolo 14
*** Decisioni ***


Eccomi!
Non uccidetemi per l'assenza! *-*
Spero di farmi perdonare con questo mini capitolo.
Sono priva di ispirazione, accidenti! >-<
Fatemi sapere! ;D

Capitolo 14
Decisioni.

-Audrey? Audrey...Mi senti?-
Era Molly.
Sentii un brivido corrermi lungo la schiena e un dolore lancinante alle tempie.
Avrei tanto voluto rispondere alla sua voce, aprire gli occhi...
Ma non ce la facevo proprio.
-Forse è ancora svenuta! Oddio non mi perdonerò mai per averla lasciata sola! MAI!-
Molly scoppiò a piangere e i suoi singhiozzi fecero traballare la struttura dove ero sdraiata, molto probabilmente un letto.
-Non è colpa tua, Molly...Sta tranquilla si sveglierà a momenti!!-
John?
No, non era lui.
Aprii lentamente gli occhi e avvertii un leggero giramento di testa, mi sollevai sui gomiti.
Attorno al lettino in cui ero,c'erano tutti: Molly, Ringo,George, Paul...anche Ted, ma non John.
Sentii le lacrime pungermi di nuovo gli occhi...Lottai contro me stessa per non scoppiare a piangere, per non svenire,anche se mi sentivo debolissima.
Molly mi osservava come se dovessi morire da un momento all'altro, poi si avvicinò ancora di più, riniziando a singhiozzare più forte di prima.
Mi strinse tra le braccia.
-Mio Dio, Audrey! Che paura che ho avuto! Pensavo che ti avesse uccisa! Mi perdonerai, vero? Io...Oh, non so che dire, sono stata così stupida! Audrey, guardami! Mi perdonerai, giusto?? Vero??!-
Il suo sguardo era supplicante, la voce alterata dal pianto e le mani le tremavano.
Le presi fra le mie e annuii silenziosamente, senza parlare.
Dopotutto la vera colpa di tutto quello che era accaduto era solo mia.
Mia e basta.
Lei sorrise debolmente, poi mi passò un panno bagnato sulla fronte e mi cambiò il cerotto sul collo.
Guardai Paul, a sedere sulla sedia con il capo chino, come se non volesse incrociare il mio sguardo.
Dovevo sapere, per forza, altrimenti sarei impazzita.
-Paul...-
Riuscii a proferire.
Alzò la testa e capii subito che qualcosa non andava, qualcosa era andato storto.
I suoi occhi erano annebbiati da una coltre di tristezza, riuscivo a intuirlo.
-Paul è successo qualcosa?-
Riabbassò lo sguardo.
-Mi dite cosa è successo?-
Scorsi lo sguardo su tutti i visi presenti nella stanza.
Ringo era appoggiato alla finestra ed armeggiava distrattamente con uno dei suoi anelli.
George era seduto e osservava Paul con fare contrito.
Molly continuava a singhiozzare fra le braccia di Ted.
Ero agitata e preoccupata, quasi non riuscivo a ragionare.
Smisi di respirare, cercai di scendere dal letto, le mani si muovevano freneticamente alla ricerca di un appoggio che mi permettesse di rimanere in piedi per più di 5 secondi.
-COSA E' SUCCESSO? COSA GLI E' SUCCESSO?
SIETE DEI BASTARDI!!!! PERCHE' NON ERAVATE CON LUI?
VI ODIO, VI ODIOOOOOOO!-
Urlai con quanto fiato avevo in gola,scalciando come una pazza...Presi a pugni il petto di George che tentava di tenermi ferma,di bloccare la mia ira.
Mi scrollò violentemente,facendomi tornare alla ragione.
-Smettila, Audrey! Smettila!!!-
Mi paralizzai vedendolo gridare, la vena sulla tempia che pulsava incessante, gli occhi rossi e le mani serrate.
-Scusa...-
Si affrettò a dire,lasciandomi e tornando calmo,passandosi imbarazzato una mano fra i capelli.
Ringo si alzò.
-So come ti senti...Ti senti tradita, credi che noi non abbiamo fatto il possibile ma...-
Si interruppe guardando Paul, ancora con il capo chino.
Ringo sospirò.
-Ma...Ce lo ha chiesto lui...Per lui la cosa di massima importanza era tenerti fuori da quello che era successo, portarti in un posto sicuro, lontano da lì...
Voleva fargliela pagare...Da solo.
E' stato irremovibile su questo punto...Non ammetteva che nessuno oltre a lui ti vendicasse...-
Ascoltavo ma, continuavo a non capire come i suoi migliori amici potessero averlo abbandonato così.
-Sai com'è fatto, è un testardo...
E' impazzito quando ha visto che ti stava per fare del male e ha rischiato la vita pur di salvarti...-
-Ma come sta?-
Chiesi in un filo di voce.
-Sta abbastanza bene...Ha una ferita all'addome, ma dovrebbe riprendersi...-
-Dovrebbe?-
La mia voce si incrinò...
Dovrebbe?
Perchè il condizionale?
Era così grave?
Sentii qualcosa di caldo scorrermi sulla guancia.
Increspai le labbra, scossa da spasmi di rabbia e disperazione.
Portai le mani agli occhi, cercando di tamponare l'incessante scorrere di lacrime.
-Voglio vederlo!-
-No, Audrey...Sei troppo debole! E poi...Non puoi vederlo!-
Fulminai Ringo con lo sguardo, anche se mi costò un nuovo giramento di testa, stavolta molto più forte.
George era pronto a prendermi tra le sue braccia.
Rimasi qualche istante abbracciata a lui, continuando a piangere incessantemente.
Mi sentivo così vuota, così stupida!
-Grazie, George...grazie a tutti...-
Mormorai, rendendomi conto di essere stata un'irriconoscente.
-Ora riposa...E non farti domande, tutto è sotto controllo, fidati di noi.-
Molly mi schioccò un grosso bacio sulla fronte e poi uscirono dalla stanza.
Mi sentii inutile per la prima volta in vita mia.
Veramente inutile.
Ero lì stesa su un letto senza essermi fatta praticamente nulla, senza poter vedere la persona che aveva rischiato di morire per me.
La persona che amavo.
Sì, perchè se le cose si fossero veramente messe male lui avrebbe potuto non esserci più, per sempre.
Quel pensiero mi costrinse ad abbandonarmi nuovamente alle lacrime.
Affondai la testa nel cuscino e mi sfogai, finalmente e completamente.


Dovevo essermi addormentata perchè mi accorsi della luce che filtrava dalla finestra della stanza, priva di tendine.
Mi sentivo ancora stanca e con uno strano peso sullo stomaco, ogni respiro era un'impresa.
Sentii un impercettibile vocìo appena fuori dalla porta.
Ero così stanca che preferii inizialmente desistere dall'ascoltare,ma la conversazione sembrava coinvolgermi...
-Non ce la faccio a pensare che sia quasi morto per lei...Voglio dire...Cos'è lei per John?-
Un'altra voce rispose.
-Non siamo nessuno per giudicare, Paul...-
Il tono severo di George mi sembrò irreale, come d'altronde quella conversazione.
Era un sogno?!
-Ma non è nella situazione di poterlo fare, cazzo! Non può più giocare a fare il playboy, adesso!-
-Abbassa la voce!-
Intimò Ringo sussurrando deciso.
-Non sappiamo niente su quello che rappresenti Audrey per John...So solo che non l'ho mai visto così innamorato...E lo sai bene anche tu, Paul!-
Sentii un respiro profondo.
-Si che lo so, è per questo che sento puzza di guai! Cristo! Ma quel tizio deve sempre infilarsi nei casini?!-
-Io spero solo che non la faccia soffrire, tutto qui...-
Disse Ringo in tono pacato.
-Sveglia!, stiamo parlando di John Lennon!-
-Appunto! Ma non hai visto quanto è diverso quando è con lei??Sembra completamente un'altra persona...Dolce, premuroso, romantico...
Hai mai sentito parlare di un John romantico?!-
Ribattè George.
Paul rise sarcastico, ma senza convinzione.
-Dai, non parliamo più di questa cosa...Specie senza di lui...
Non facciamoci problemi che non ci sono e che sopratutto non sono nostri...
Fra poco partiamo per Tenerife e non mi sembra il caso di rovinarsi le vacanze!-
Non sentii più nient'altro e anche se molte domande e pensieri continuavano ad affiorarmi alla mente,poco dopo mi addormentai di nuovo.


-Piccola?
Aud...Sei sveglia?-
Aprii gli occhi piano, quasi per paura che stessi sognando.
Quella voce...Come dimenticarla?
Come poter fingere di non udirla?
No, non era un sogno...
John era davanti a me, era reale.
Gli gettai le mani al collo e inevitabilmente, anche se mi ero ripromessa di non farlo, piansi.
Piansi così tanto che quando finalmente alzai il viso dalla sua spalla avevo la faccia gonfia e rossa e una grande macchia inzuppava la sua camicia.
Mi sorrise, non un sorriso qualunque ma un sorriso così dolce che mi sentii enormemente inferiore, quasi immeritevole di tanto amore...
Ripensai al suo 'sacrificio' e mi vergognai tantissimo.
Abbassai lo sguardo continuando a singhiozzare,ma lui mi prese fra le sue braccia, costringendomi a guardarlo.
-Non fare così! Non è colpa tua, nè di nessun'altro...
Ti amo...Capito? Ti amo-
Quante volte l'aveva detto senza che io a mia volta glielo dimostrassi?
Quelle parole non fecero altro che aumentare il mio dolore e con esso le lacrime.
-No...No...No! Non ci siamo!-
Mi rimproverò lui ridendo.
-Non voglio lacrime, intesi? Tu ora ti riposi, mi dici che mi ami, ti riposi ancora e poi partiamo per la Spagna...-
Mi fece l'occhiolino, scompigliandomi la frangetta con la mano.
-E non accetto No, non posso, preferirei di no, più tardi...
O è sì o è sì!-
Tirai rumorosamente su col naso.
-John...Io non so come dirtelo...Per me sei tutto, veramente...Ti amo come non ho mai amato nessun'altro e...-
Scoppiai di nuovo a piangere, nascondendo il viso sotto il lenzuolo, John mi venne a ripescare sfoggiando un sorrisetto.
-John non me lo perdonerò mai, MAI! Ti sei fatto male per me! Non mi meriti!-
Il suo sguardo, prima dolcemente divertito divenne quasi di pietra, duro e severo.
-Non dirlo...Non dirlo mai più!-
Quasi urlò, fissandomi dritta negli occhi.
Mi spaventò.
Notò il mio disappunto.
-Voglio solamente che non ti fai problemi su cosa è successo...E' passato! Non pensarci...Fallo per me.-
Non mi era mai piaciuta quell'espressione:''fallo per me..''
Mi era sempre sembrato un sottile ricatto...
Ma quando a dirtelo è la persona a cui vuoi più bene in assoluto, per la quale ti getteresti nel fuoco senza neanche riflettere, quella frase ti pare perfetta.
Sorrisi e mi abbandonai fra le sue braccia...
Non potevo non pensarci, ma lo aveva chiesto lui.
Dovevo farlo per John.
Rimanemmo abbracciati per un pò...
-John?-
-Mmm?-
-Ti fa male?-
-Cosa?!-
Chiese voltandosi sornione verso di me.
Lo guardai severa.
-Non fare lo scemo! La ferita!!-
Lui scosse la testa sollevando un sopracciglio.
-Quale ferita?-
-Smettila dai!-
-Non so di cosa tu stia parlando...-
Rispose guardando verso la finestra con uno strano sorrisetto che gli dipingeva le labbra.
Si sdraiò accanto a me sul letto e allungò le gambe, cingendomi con un braccio.
-Mi sono perso qualcosa?-
Era incorreggibile!
Allora scoprii che non avrebbe mai permesso che niente e nessuno turbasse i miei pensieri, che veramente provava per me qualcosa di unico e speciale al di là dei semplici sentimenti di affetto ed amore.
Lo amai.
Stetti al gioco, era meglio per entrambi, anche se continuavo a tormentarmi su quello che era successo.
-No, assolutamente niente!-
Risposi baciandolo sul collo.



Nei giorni seguenti scoprii che il posto dove ero ospitata era una stanza dell'appartamento di Ted,a Mathew Street a 2 passi dal Cavern.
Non seppi mai come furono veramente andati i fatti, quella sera.
Ma preferisco sopra tutte la versione di John, ovviamente.
''Eravamo appena tornati e ho immediatamente chiamato a casa tua, ma tua madre mi ha detto che non c'eri...
Eri con Molly chissà dove.
Ero quasi certo che fossi al Cavern perchè la sera prima mi avevi detto che saresti andata di sicuro, così mi sono fatto accompagnare dai ragazzi a Mathew Street e ci siamo incamminati tutti insieme.
A un certo punto George mi chiede l'accendino, perchè il suo era rotto, così glielo presto...
Dice di aspettare che si sia fumato una sigaretta e poi scendere di sotto a cercarti, gli dico che va bene e che saremmo rimasti un pò fuori anche perchè entrare tutti insieme non era proprio una bella idea.
Così ci siamo spostati dall'entrata, anche per non essere notati e...l'ho visto.
Quel brutto bastardo figlio di un cane!
Da prima non ho realizzato, poi, anche se la luce era scarsa,ho capito che eri tu e...credevo di impazzire dalla rabbia!
Ero così incazzato che avrei voluto saltargli addosso e ammazzarlo di botte, giuro su Dio!
Però ho pensato a te, a quello che poteva farti...
Ho urlato a Ringo di avvertire Ted e a George e Paul di venirti a soccorrere e portarti al sicuro immediatamente.
Volevo fargli pisciare sangue a quel maledetto cane!!
Mi ci sono gettato addosso e l'ho fatto cadere con un pugno...
Credo di avergli spezzato il naso...
Ma si è rialzato quasi subito quel verme!
Quel lurido bastardo aveva un coltellino, ma io, John Winston Lennon gliel'ho messo nel...''
-John!-
''Vabbè, Aud...Era per rendere l'idea...
Comunque...''
A questo punto sospiravo sempre, rassegnata ma divertita dall'energia che metteva nel racconto e dal luccichìo che splendeva nei suoi occhi quando mi osservava...
Ad ogni parola mi stringeva sempre più forte la mano, a tal punto da costringermi a farglielo notare nei punti della storia in cui era particolarmente infervorato.
''Comunque...Ci siamo avvinghiati sul selciato e non faceva altro che puntarmi quel cazzo di coltellino alla gola...
Gli ho assestato un calcio dritto nel culo che l'ha fatto cascare su un lato...Allora ne ho approfittato.
Mi sono messo a cavalcioni su di lui e l'ho sfigurato dalle botte! L'ho minacciato che se avesse provato a toccarti di nuovo sarebbe finita molto peggio di così...
Lui farfugliava...''Ti prego John, bastaaaa! Ti giuro, ti giuro, non farmi la buaaa!''
Verme schifoso!
Mi sono alzato e gli ho sputato in faccia, poi ho voltato i tacchi e me ne sono andato.
Fatti appena 2 metri mi sono sentito acchiappare dalle caviglie...Sono caduto e quella merda mi ha squarciato il fianco.
Bhe, gli ho dato un calcio che ricorderà per un bel pò dal numero di denti che ha lasciato sull'asfalto!''

Il giorno dopo,all'ennesimo risveglio in una stanza a me sconosciuta,mi accorsi improvvisamente di avere una famiglia e sopratutto una madre che doveva essere allarmatissima all'idea che sua figlia non si trovasse a casa da due giorni.
Sbarrai gli occhi, tirandomi di scatto sui gomiti, mossa che fece destare una massa informe accanto al letto.
Una coperta fu scostata e vidi John riemergere dalla sedia a dondolo.
-E' successo qualcosa? Che? Cos'hai Aud?-
Farfugliò balzando in piedi e cercando di spiccicare gli occhi assonnati.
Gli sorrisi.
Aveva dormito accanto a me per tutta la notte...
-Non è niente John...E' solo che mi sono appena accorta di mancare da casa da un sacco di tempo!!-
Risposi, cercando di alzarmi.
I dolori alla testa erano spariti e mi sentivo molto meglio.
John mi prese per un gomito, aiutandomi ad alzarmi, mi diede un bacio.
Quel contatto mi provocava ancora piccole scosse dietro alla schiena, tanti piccoli e piacevoli brividi.
-Non preoccuparti per tua mamma, Molly ci ha retto il gioco dicendo che sei rimasta da lei a dormire per due giorni...-
Notai lo sguardo che aveva assunto.
-John, per quel fatto della Spagna...Io non...Non so proprio se posso! Vorrei tanto ma...Ho la scuola e mia madre non accetterà mai!-
Lui sorrise.
-Non è il momento di parlarne, comunque.
Dai scendiamo e facciamo colazione...-
Scendemmo per le scale di legno che scricchiolavano ad ogni passo.
La casa era molto più spaziosa di quello che credevo...Non pensavo che un buttafuori guadagnasse tanto.
Mi sedetti in cucina, in perfetto stile inglese con mattonelle colorate e ogni genere di utensile da cucina.
''Non sembra una cucina da scapolo!''
Riflettei guardandomi intorno.
John portò una tazza di thè e una bella fetta di torta.
Mi resi conto allora di avere una fame da lupi.
Addentai subito l'invitante dolce davanti a me.
-E' buonissimo!-
Esclamai leccandomi i baffi.
-Ma...perchè Ted non c'è?-
Chiesi sorseggiando il the.
-E' a lavoro.-
Rispose John sfogliando il Daily Mail.
Lo osservavo.
Volevo veramente perdere l'occasione di stare con lui?
Se non andavo lui avrebbe pensato senza dubbio che non lo amassi e una volta da solo si sarebbe divertito in chissà quali modi...
Partire però avrebbe implicato una relazione seria...Non sapevo se fossi veramente pronta ad un salto del genere in così poco tempo.
Era vero che per lui provavo un qualcosa che mai avevo sentito per nessun'altro ed era anche vero che pur sentendo di amarlo non volevo rischiare un fallimento per la troppa fiducia riposta in ''noi''.
Ma invitandomi a passare una vacanza insieme, anche lui aveva implicitamente rivelato i suoi veri sentimenti.
Non si invita per una vacanza una ragazza che per il tuo cuore non vale niente.
O forse si?
Ne sapevo talmente poco di amore, relazioni e meccanismi del genere che mi sentivo smarrita ogni qual volta pensavo a quella situazione.
Molly mi aveva suggerito di andare...
Era il momento giusto per lasciarsi la vecchia vita alle spalle, divertirmi con il ragazzo che amavo.
Per tornare indietro c'era sempre tempo...
Ripensai al ''Carpe Diem'', cogli l'attimo.
Dovevo farlo?
E se me ne fossi pentita?
John alzò gli occhi dal giornale, sfoggiando uno dei suoi sorrisini da urlo.
Ancora non riuscivo a credere che fosse mio...
Ogni momento pensavo di non essere alla sua altezza, mi sentivo in terribile disagio quando dimostrava il bene che mi riservava.
Mi alzai di botto in piedi.
John strabuzzò gli occhi, divertito.
-Ho deciso,vengo!-
Risposi decisa, ma con uno strano tremolìo all'altezza dello stomaco.

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Capitolo 15
*** Vivere d'amore ***


Ecco, da questo capitolo capirete quanto sia sprovvista di ispirazione ultimamente >.<
Accidentiiiiii!! T-T
Spero vi piaccia lo stesso(anche se fa veramente schifo u_u)
Baci ;D



Capitolo 15
Vivere d'amore.

Ero seduta sul letto, continuando a lisciarmi la gonna e dando rapide occhiate alla finestra.
Era una bella giornata soleggiata, un evento a Liverpool.
Il sole rispecchiandosi sul vetro della finestra formava strane danze di luce sulla parete di fronte...
Un'infinito e irrequieto ballo di colori.
Le mie valigie erano pronte...John le aveva già portante al piano di sotto.
Anche i ragazzi erano partiti per una vacanza a Tenerife, poche ore prima.
Mancavo solo io all'appello.
John mi aveva detto di prendermela con calma, mi avrebbe aspettato in salotto appena avessi fatto.
Sospirai.
La mattina presto ero entrata in casa, la mamma non c'era e Logan era a scuola.
Ero strisciata attraverso la porta, sentendomi una ladra, un'estranea...
Una traditrice che torna solamente per raccogliere i suoi frammenti di integrità perduta.
Avevo riunito le mie cose in due grosse valigie e poi avevo lasciato un biglietto in cucina.
Non credevo che mia madre potesse capire, era un'utopia, ma in fondo un pò ci speravo.
Ero ritornata in macchina da John, in silenzio, piangendo.
-Non è un'addio...-
Mi rassicurò lui, poggiandomi una mano sulla spalla.
-Per me lo è.-
Risposi guardando la porta d'ingresso, il cancello attorno al giardino, l'altalena di legno in cortile...
Sapevo che una volta varcata quella soglia non sarei più potuta tornata indietro...
Niente sarebbe stato lo stesso.


 Scesi le scale, cercando di essere genuinamente contenta.
John era a sedere sulla poltrona, le mani intrecciate sul naso, come se stesse pregando.
Sentendo il rumore delle scarpe sulle scale, sollevò lo sguardo.
Un sorrisetto illuminò il suo volto.
-Pensavo che fossi scappata dalla finestra!-
Ironizzò dandomi un bacetto sulla fronte.
-Sei pronta?-
Non lo ero affatto, ma dovevo farlo.
Annuii, guardandolo negli occhi.
Sentii la sua mano correre lungo il mio braccio, strinsi le dita attorno alle sue.
Caricammo i bagagli in macchina.
-Dobbiamo passare da Brian...-
Mi informò John appena fui seduta accanto a lui.

Brian ci aspettava in un bar a sedere ad una sedia, stava sorseggiando un the, lentamente.
Appena mi vide sembrò fulminarmi con lo sguardo, fu un attimo e non seppi mai se me lo fossi immaginato o meno.
Ci sedemmo di fronte a lui.
Lui e John iniziarono a parlare inizialmente del lavoro, della pausa meritata e poi del viaggio, del fatto che l'immagine di John sarebbe stata intaccata se lo avessero visto con una ragazza proprio nel momeno del lancio nel mondo musicale.
Brian credeva infatti che le fan avrebbero perso il loro interesse vedendo un Beatle ''occupato''.
-Ma sono cose che già sai...Te l'ho ripetuto un sacco di volte...-
Disse Brian, tirando una lieve frecciatina.
John rimase serio,in silenzio, ma io capii subito quanto fosse imbestialito.
-Lo so, Brian...Lo so...E infatti si tratta della mia vita, finchè si tratta di affari sono ben contento di sentire la tua opinione al riguardo ma,-
Si interruppe per un attimo, trafiggendo Epstein, poi riprese:
-Quando si tratta della mia vita privata...Tienitene fuori!-
Non aveva alzato la voce nè aveva mostrato segni di rabbia, ma gli occhi, quegli occhi stretti a fessura, infuocati dall'ardore,rendevano meglio l'idea di qualunque scenata.
Brian rimase interdetto per un pò, continuando a fissare la zuccheriera.
Mi sentivo in imbarazzo.
Il silenzio fu rotto dalla voce di John, indurita dalla ''discussione''.
-Perderemo l'aereo...-
Disse alzandosi dal tavolo, rivolto a nessuno in particolare.
Aveva uno sguardo truce e un'ombra scura sul viso che mi agitarono.
Camminò velocemente verso l'uscita, lasciandomi indietro.
Non riuscivo a capire...Ero così disorientata.
Lo raggiunsi correndo.
Stava già aprendo lo sportello dell'automobile quando Brian uscì trafelato dal bar.
-John!-
Chiamò.
Lui lo ignorò, facendomi segno di entrare.
Brian oltrepassò la strada, giungendo dall'altro lato.
-John, ascoltami! Lo dico per te, dammi retta!-
John scosse la testa, infuriato.
-So perchè vuoi costringermi a rimanere...Non sarà certo quello a trattenermi...-
Brian sospirò.
-Non è solo per quello, John. Quelli sono affari tuoi, come hai detto tu.
Io lo dico per la tua immagine...Dammi retta!-
John lo guardò senza vederlo.
-Cosa proponi?-
Chiese ormai sconfitto, raddolcito dall'aria afflitta del manager.
A Brian brillarono per un attimo gli occhi, poi si avvicinò a John e parlarono piano, senza che io potessi udirli.



-Non ti dispiace, vero?-
Mi chiese di nuovo John guardando fuori dal finestrino.
-No.-
Ripetei io per l'ennesima volta.
In realtà non capivo.
Non capivo cosa ci facesse Brian nel taxi dietro al nostro.
Non capivo perchè alloggiasse nel nostro stesso hotel.
Non capivo perchè fosse venuto con noi.
-E' per precauzione...Se mi vedessero con lui nessuno si allarmerebbe, è pur sempre il mio manager...-
Disse, cercando di convincermi.
Continuai a guardare fuori.
Lui sbuffò.
-Non voglio litigare per questo...Lo mando via, se vuoi...-
Non risposi.



La stanza era carina, semplice e in perfetto stile europeo.
Mi piaceva.
Notai subito che c'era solo un letto,matrimoniale.
John era andato al bagno.
Mi sedetti con l'aria smarrita di chi pensa ''Cosa ci faccio qui?''
Ripensai a Epstein.
Aveva convinto John a portarlo con noi, avremmo fatto credere alla stampa(se avessero scoperto della vacanza) che io ero una nipote di Brian e che avevano deciso di portarmi con loro.
-Nessuno mi riconoscerà!
Qui in Spagna non sanno neanche chi sono i Beatles!-
Aveva detto John scoppiando a ridere.
Lo sperai tanto.


-Ehi Aud!!! Hanno il bidet!!!-
Urlò John entusiasta,correndo fuori dal bagno.
Sorrisi tirata, passandomi una mano fra i capelli.
Il suo sorriso si spense.
Si mise a sedere accanto a me.
-Cos'hai?-
Mi chiese baciandomi il collo.
Socchiusi gli occhi a quel tocco, cercando di non farmi abbindolare.
-Lo sai...-
Risposi scostandomi da lui.
Mi raggiunse camminando a quattro zampe sul letto, mi prese tra le sue braccia e mi strinse.
Chiusi gli occhi ascoltando il battito del suo cuore.
-E' solo una copertura Aud, solo una copertura...-
Ripetè baciandomi.
Sentii un formicolio lungo la schiena.
La sua mano percorse il profilo del mio collo, giungendo fino alla pancia dove si fermò appena.
Continuò a farla scorrere fino alla coscia, poi, delicatamente sollevò la gonna.
Aprii gli occhi, osservandolo impaurita.
-John io non...-
Deglutii
-Non l'ho mai fatto...-
Dissi spaventata.
-Tranquilla...-
Rispose lui pacato, ma con il desiderio che gli riempiva gli occhi.

Inizialmente sentii un dolore acuto attraversarmi il basso ventre che mi costrinse a chiudere gli occhi e respirare affannosamente.
John mi baciò, continuando a tenermi la mano.
Una fitta particolarmente dolorosa mi fece scappare un gridolino.
-Male?-
Aveva la fronte imperlata dal sudore e l'espressione preoccupatissima.
Strinsi più forte che potei la sua mano, sorrisi, anche se il dolore era forte.
-Continuo?-
Annuii, lasciandomi completamente al suo movimento continuo.
Strinsi le braccia attorno al suo torace, fasciato da una grossa garza.
Sentivo i nostri respiri fondersi, i nostri corpi uniti...
Quando sfiorò le mie labbra e mi sussurrò un focoso ''Ti amo'' il dolore sembrava nient'altro che un brutto ricordo.


Al mattino mi svegliai accanto a lui.
Dormiva, russando impercettibilmente, una mano poggiata dietro la mia nuca.
La scostai, piano.
Mi sentivo strana, diversa.
Cresciuta, forse.
Mi alzai, diretta verso il bagno.
Mi osservai nello specchio posto sopra al lavello.
Sorrisi.
Mi sentivo felice, non pensavo a Brian o al fatto che fossimo solo in vacanza, che tutto questo probabilmente non sarebbe durato.
Pensavo soltanto a godermi l'attimo.
Carpe Diem, Audrey.

La Spagna era un sogno.
Niente a che vedere con la fredda Liverpool o con l'intera Gran Bretagna.
Quel Paese trasudava vitalità, energia e gioia da ogni angolo!
A John piaceva moltissimo il concetto di musica dei paesi latini, dovunque ci girassimo c'era un gruppetto di signori intenti a suonare musiche calde, avvolgenti altre irrefrenabili e passionali.
Era un'atmosfera fantastica.
Passavamo intere giornate a fare niente, a sedere su una panchina o semplicemente accoccolati nel letto.
Altre volte camminavamo senza sapere dove stavamo andando, comprando cianfrusaglie al mercato delle pulci di Madrid,oppure stavamo pomeriggi interi sdraiati sull'erba di qualche parco...
Neanche il tempo ostacolava le nostre giornate.
Lo amavo ogni giorno di più e ogni mattina, quando mi svegliavo accanto a lui ringraziavo il mio cuore di aver retto all'emozione.
Brian a volte ci seguiva,durante le nostre scampagnate.
La sua presenza mi infastidiva, sembrava che cercasse di mettersi fra di noi, ostacolare le nostre effusioni, la nostra relazione.
Notavo come ci osservava quando ci baciavamo o semplicemente quando John sfiorava la mia guancia o quando io intrecciavo la mia mano fra le sue.
Cercai fin dall'inizio di avere almeno un rapporto civile, ma Brian sembrava odiarmi, senza un motivo.
-Lui ha un debole per me...-
Mi aveva detto John una sera.
Non capivo come potesse essere un problema fare una vacanza con una ragazza e non con un manager omosessuale.
Ma non mi importava.
Ogni attimo passato con John mi lasciava dentro un segno profondo, intenso.
Ogni giorno era come un lunghissimo periodo felice da passare con l'uomo che amavo, come un perpetuo San Valentino.


-Rimaniamo qui per sempre!-
John scoppiò a ridere, stringendomi tra le sue gambe.
-Magari potessi, piccola!-
Rispose, improvvisamente serio.
-Lascia tutto, rimani qui con me!-
Lo supplicai, facendo gli occhi dolci.
Lo stavo prendendo in giro, per vedere fino a che punto sarebbe arrivato.
Ma lo volevo così intensamente che se avesse accettato, non ci avrei pensato neppure un secondo...
-E di cosa viviamo?-
Mi aveva chiesto, divertito,poggiando le mani sulla sabbia.
-D'amore!-
Risposi baciandolo sulle labbra.
-L'amore non sfama lo stomaco, purtroppo!-
Si sdraiò osservando le stelle.
-A Liverpool non ci sono di così brillanti.-
-E' vero...Qui tutto è amplificato.
La vita è vera vita! Una giostra di emozioni forti!-
Si sollevò sui gomiti, mi spostai al suo fianco.
Si accese una sigaretta, gliene presi una e feci lo stesso.
Mi guardò male.
-Sai che non voglio, cazzo!-
Disse.
-Zitto, Lennon!-
-Ah si?-
Mi guardò con fare di sfida, sorridendo come un pazzo, poi balzò su di me e mi fece rotolare sulla sabbia.
Scoppiammo a ridere, con la sabbia che ornava i nostri corpi nudi e la luce della luna come unica illuminazione.
Facemmo l'amore accarezzati dalla tiepida aria salmastra, consci che un bel sogno sarebbe presto finito.

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Capitolo 16
*** La verità ***


Capitolo 16
La verità.

Posai la valigia a terra, sospirando, mi voltai.
Un sorriso accompagnò il mio gesto preoccupato ed esitante.
Avvicinai la mano al campanello, ma la tirai giù, di nuovo.
Un volto dalla macchina, mi faceva segno di suonarlo.
Mi voltai verso di lui,di nuovo scuotendo la testa...
''Non posso...Non ce la faccio...''
Pensai afferrando la valigia e correndo giù per le scalette di legno del portico,tornai indietro attraverso il vialetto.
-Non posso.-
Dissi poggiando la schiena contro il sedile evitando di incontrare i suoi occhi.
Lui annuì poi abbassò lo sguardo e mise in moto.


Negli ultimi tempi John era sempre pensoso e più irritabile del solito...
In alcuni momenti era il John di cui mi ero innamorata, con cui avevo fatto l'amore, con cui passavo le mie giornate...
In altri si trasformava, rivelava i suoi lati più oscuri...I lati più nascosti del suo essere.
Spesso si chiudeva in quel suo mutismo ostinato che mi faceva venire i nervi, molto più spesso diventava cinico e di una cattiveria posata ma pungente.
Non davo peso a questi cambiamenti repentini...
Attribuivo tutto allo stress, al fatto che stesse passando un brutto momento...
Ma neppure io ci credevo fino in fondo.

Dopo la vacanza, litigammo per la prima volta.
Come se non bastasse, gli impegni dei Beatles erano triplicati, si trovavano sempre fuori Liverpool per interviste, programmi televisivi e radio, nuove incisioni...
Non lo vedevo più, ormai.
Adesso Liverpool si era trasformata in un tempio di culto, in ogni angolo c'erano promozioni dei loro dischi, parrucchieri che si vantavano di ricreare accuratamente il taglio alla ''Beatles'', sartorie che esponevano i loro completi...
Eravamo appena entrati nell'era della Beatlemania, anche se nessuno poteva saperlo.

Io non ero più tornata a casa, vivevo in un appartamento in periferia che John aveva comprato per noi due, anche se ormai ci vivevo da sola.
Molly veniva spesso a trovarmi, mi aggiornava su cosa succedeva a scuola, come stessero i miei...
Pensavo spesso a mia madre, al dolore che le stavo provocando, a quanto fossi stata una vigliacca a scappare così, senza preavviso.
Dopo tutto non ero poi molto migliore di lei.
Avevo iniziato a lavorare come cameriera in una tavola calda, per guadagnarmi qualche soldo...
Improvvisamente,però mi resi conto di quanto fossi abbandonata e sola: uscivo di casa la mattina presto e tornavo la sera tardi, stanca e infelice, vivevo in una casa che non era mia e per la maggior parte del tempo senza John...
Era come se le speranze che inizialalmente nutrivo in quella nuova ed eccitante vita si fossero sgretolate di fronte alla realtà.
La mia vita era un susseguirsi di attese ormai vivevo solamente per vederlo varcare quella porta, per sapere che sarebbe ritornato, dopotutto.
Ogni volta che ne usciva, però, avevo il terrore che non sarebbe più tornato.
In alcuni momenti lo sconforto era talmente tanto che scoppiavo a piangere, senza che ve ne fosse un motivo particolare...
Pensavo ai bei momenti passati con John, a quanto la mia vita fosse spensierata quando vivevo ancora coi miei...
Ero cresciuta così, tutto d'un tratto?!
Non potevo prendermela con nessuno se non con me stessa...Ero stata io a decidere di staccare tutto, ricominciare da 0 e diventare un'altra persona...
Non posso dire di essere stata totalmente infelice, durante quel periodo, ma sentivo che qualcosa non andava, che forse avevo commesso un grave errore...
Ma puntualmente, ogni qual volta John tornava, tutto sembrava aggiustarsi, come se la tristezza dei giorni precedenti svanisse in un batter d'occhio...
Mi bastava vedere il suo viso, baciare le sue labbra, dormire accanto a lui, sentirlo ridere durante i suoi momenti ''ok''.
Tutto questo mi bastava a credere che quella momentanea felicità sarebbe continuata anche quando lui mi lasciava, anche quando mi sentivo così sola da spingermi nel centro della città, aggirandomi come un fantasma vicino casa mia, senza nemmeno avere il coraggio di avvicinarmi alla porta.
Sì, ero talmente ingenua da credere tutto questo, pur di continuare ad amarlo.

Sotto questo punto di vista mi sentivo molto affine a Cynthia.
Mi accadeva spesso di pensarla...Pensare al piccolo Julian, a come le andassero le cose...Non ero più andata a trovarla e per questo, mi sentivo un mostro.
Un pomeriggio, durante il quale John non era a casa, decisi di cercare quel fatidico foglietto dove Cyn aveva scritto il suo indirizzo.
Frugai in tutti i cappotti.
Niente.
Controllai nelle tasche delle gonne e dei pantaloni.
Niente.
Sembrava essersi volatilizzato.
Mi ero ormai arresa,quando notai un qualcosa sbucare da sotto la credenza, mi misi sulle ginocchia, piegando la schiena e allungando il braccio.
Arraffai il foglietto giallognolo, riconoscendolo come IL fatidico foglietto.
Sorrisi,sollevata.
Avevo bisogno di parlare con qualcuno che mi capisse.

Sotto al campanello di ottone campeggiava la scritta ''GUASTO''
Diedi due colpetti sul legno rosso della porta.
Non rispose nessuno.
Picchiai più forte, ma niente.
Ecco, lo sconforto che tornava...
''Forse si è trasferita...''
Pensai osservando malinconicamente la porta davanti a me.
Era inutile rimanere più a lungo, feci dietrofront e mi incamminai verso la fermata dell'autobus pronta a tornare alla mia interminabile solitudine.
-Audrey!-
Spalancai gli occhi dalla contentezza, mi voltai.
Affacciata alla finestra c'era Cynthia, i capelli biondi leggermente arruffati e un fantastico sorriso impresso sul volto.
-Sali, cosa aspetti?!-
Non me lo feci ripetere.

Cynthia annuiva leggermente,mescolando il suo the.
Avrei voluto raccontarle tutto...Tutta la verità...
Ma non potevo rischiare di rivelare l'identità del ''protagonista'', mi fidavo di lei, ma sapevo anche che John si sarebbe arrabbiato se avessi rivelato il segreto.
Per non parlare di Brian che mi avrebbe odiato ancora di più.
Mi morsi la lingua cercando di non dire niente, anche se la gentilezza e l'affetto verso Cyn mi spingevano nell'altra direzione.
Julian gorgogliò, facendoci scappare una risata.
-Quanto è cresciuto!-
Esclamai prendendolo in braccio.
Lui mi osservò con quei suoi occhietti piccoli e dolci.
-A te come vanno le cose, Cyn?-
Portò gli occhi stanchi sul mio volto, alzando le spalle.
-Sempre tutto uguale...Se non peggio...-
Sentenziò aggiungendo un cucchiaino di zucchero al the.
-Audrey...Non avrei voluto che tu facessi la mia fine...Sei ancora in tempo, dammi retta...-
Lo sguardo supplichevole di Cyn mi fece vacillare...
Era come se non stesse parlando con un'amica ma con una parte di sè, come se realmente stesse convincendo se stessa a non fare il passo falso, la scelta sbagliata.
''Ma io lo amo...''
Pensai, ma non ce la feci a proferire parola...
La voce mi si strozzò in gola.
Lei sorrise comprensiva.
-Ci si innamora sempre nel momento sbagliato, nel posto sbagliato ma sopratutto della persona sbagliata...-
Quella frase mi fece ripercorrere il momento in cui mi innamorai di John, era proprio IL posto sbagliato NEL momento sbagliato e DI una persona che certamente non mi sarei mai sognata di farmi piacere...
Eppure una forza misteriosa mi spingeva a rimanere con lui a non curarmi delle settimane, dei mesi in sua assenza...Vivevo solo per quell'attimo in cui mi avrebbe abbracciata, di nuovo.

24 novembre 1963

-E' molto buono,Aud...Molto molto buono!-
Sorrisi, sapevo che le mie guance si erano leggermente tinte di rosso.
Da quanto tempo lo conoscevo?
Parecchio.
Eppure riusciva sempre a farmi sentire speciale...
Portò alla bocca un altro pezzo di carne, facendomi l'occhiolino mentre masticava.
Alla radio mandavano di continuo ''All my Loving''.
Sapevo che l'aveva scritta Paul per la sua nuova ragazza, Jane, ma sorridevo ogni volta che John partiva e mi sussurrava all'orecchio ''Close your eyes and I'll kiss you.Tomorrow I'll miss you''.
Si sedette sul divano, con le mani congiunte e le gambe aperte.
Mi fece segno di sedermi sulle sue ginocchia.
Mi strinse fra le braccia, chiusi gli occhi.
Quanto avevo aspettato quel momento?
Mi baciò.
-Aud...Devo dirti una cosa...-
Riaprii gli occhi, baciandogli il collo.
Sapevo che lo faceva impazzire, ma stavolta aveva uno sguardo serio, assente.
-Aud...Io non so come dirtelo...-
Riprese abbassando lo sguardo.
Scossi la testa, non capivo.
-Ho una moglie...E...Un figlio...-
Stava scherzando, ne ero certa.
Un risolino isterico mi uscì dalla bocca.
Lui rimase serio, lo sguardo inchiodato al pavimento.
E allora capii...Capii che era la verità.
Capii molte cose, capivo il perchè mi aveva confinata in un'appartamento fuori città, il perchè non ci fosse mai anche quando era a Liverpool, il motivo della sua incostanza, dei suoi silenzi, dei suoi momenti ''no''.
Delle conversazioni che ero riuscita a sentire...
Gli altri sapevano!
Mi sentii come se il mondo mi crollasse addosso, come se tutto quello che era stato non fosse altro che un gioco, un divertimento, che non fosse stata la vita reale.
Chiusi gli occhi, era un incubo...
Ma quando li riaprii mi ritrovai ancora sulle sue ginocchia, le sue braccia lasciate inermi accanto a sè.
Non avevo neanche il coraggio e la forza di muovermi.
Rimasi lì, come un burattino.
-Da...quanto?-
Riuscii a chiedere, mentre le lacrime mi scorrevano sulle guance.
Alzò lo sguardo per un attimo e dentro ci vidi un ragazzino timoroso e incerto.
-Da tanto...Da...Da quando ci siamo conosciuti.-
L'ultima cosa che ricordo era il freddo pungente e la neve che si poggiava lieve sui suoi capelli, come quella sera di molto tempo prima.

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Capitolo 17
*** Il ricordo. ***


Capitolo 17
Il ricordo.

8 dicembre 1980


La mia mano trema, sfiorando il cassetto di legno sotto la scrivania, lo apro piano, come se dovesse saltare fuori qualcosa.
Ma non succede niente.
Un'infinità di lettere tenute assieme da un nastro rosa, sono tutte lì, la maggior parte di esse ancora sigillate, qualcuna strappata.
E' buffo,una pila di lettere chiuse in un cassetto bastano e avanzano a far galoppare lontano la memoria...
Quante notti ho passato a ricordare?
Quante notti ho cercato di dimenticare?
Ma è inutile...Il passato è un mostro con lunghi artigli che riesce sempre a riacciuffarti, anche nei momenti in cui non te lo aspetteresti mai.
Ne sfilo una dal mucchio.
Ad Audrey Jennifer Wendy Mitchell.
Immagino la mano della persona che le ha scritte, il tratto deciso e leggermente inclinato, in quella calligrafia così scomposta e incomprensibile.
Sorrido, forse per mascherare la tristezza, forse per mascherare la rabbia che mi attanaglia.
''Audrey''
Una lacrima bagna la carta, ingiallita dal tempo.
''Ti ho fatto del male, non volevo.''
Ne prendo un'altra.
''Ti prego dimmi almeno come stai...''
Non ho mai risposto a nessuna.
''Ti penso sempre, ti amo.''
Scorro le righe infinite di quelle lettere, sento le mani chiudersi in una morsa attorno alla carta sottile.
Scoppio a piangere.
John Lennon è morto.
John Lennon è morto.
John Lennon è morto.
John è morto.
E io non gli ho mai risposto...
Io non l'ho mai più rivisto.



Sono in salotto di un albergo, a Londra.
Non tornavo in Inghilterra da anni, ormai...
Tutto mi sembra così estraneo, tutto fa parte di un passato lontano e al quale la mia mente vorrebbe fare volentieri a meno, mentre il cuore si ostina a tornare...
Mi guardo intorno, cercando di identificare la persona che mi ha chiamata...
Non avrei mai pensato che sarebbe successo...Cosa vuole da me?
-La signora Mitchell?-
Chiede una voce dietro di me.
Sussulto, voltandomi.
E' proprio lei...
L'ho vista molte volte in televisione.
Mi avvicino.
-Sono io.-
Ha gli occhi nascosti dietro un paio di occhiali scuri,i capelli lunghi che le scivolano sotto le spalle ed è avvolta in un lungo cappotto nero.
Mi prende per mano, a quel tocco rabbrividisco sentendomi a disagio.
Prende una scatolina dalla tasca del cappotto.
-John mi parlava sempre di lei...-
Sussurra con quel suo accento straniero.
Anche dopo tantissimo tempo, ogni qual volta qualcuno pronunciava quel nome, rimanevo bloccata, come una statua di ghiaccio.
John.
-Sempre, sempre, sempre.
Era come ossessionato, il rimorso lo divorava.-
Mi sento trafitta dal suo sguardo, seppure oscurato dalle lenti.
-Voleva dargliela di persona...-
Aggiunse alludendo alla scatolina blu scuro che tenevo fra le mani.
-Ma non l'ha più rivista...-
Mi mordo il labbro inferiore.
Avevo come un guazzabuglio di emozioni contrastanti che circolavano nella mia mente, mi sentivo in colpa per non aver mai risposto alle sue lettere, per non averlo incontrato, per molte cose...dall'altra provavo un ostinato rancore verso le sue bugie, il suo doppiogioco...
Ma tutto si annullava nel dolore... Saperlo morto, sparito per sempre senza la minima speranza di poterlo rivedere mi lasciava senza fiato.
E allora capii che non era la sua assenza che riusciva a farmi dimenticare il passato, ma era la sua presenza di sfondo, lontana ma palpabile a permettermi di sopravvivere.
Ora che non c'era più era come se una parte di me fosse morta, per sempre.


Sono di fronte ad un cancello, alto, quasi maestoso.
Premo il citofono.
-Sì?-
Esito, apro la bocca più volte senza però riuscire a parlare.
-Sì?-
La voce ripete.
-Cynthia Powell?-
Chiedo tremando.
-Sì sono io...Ma chi è?-
Rimango in silenzio...
-Se siete dei giornalisti, potete anche andarvene! Io non parlo con nessuno!-
Cerco di domare il singhiozzo incessante che mi fa incrinare la voce.
-Cyn...Sono io, Audrey.-

Quando mi apre la porta, non c'è bisogno di spiegazioni, perchè entrambe sappiamo...
Entrambe sappiamo di aver amato lo stesso uomo, di esserci incontrate per caso e di essere diventate amiche, anche se per poco, anche se in situazioni difficili.
Ci abbracciamo e a me sembra l'abbraccio più sincero che abbia mai ricevuto...
-Lui ti ha amata, veramente...
Sapevo che mi tradiva ma, in un certo senso...Sono sollevata che fossi tu...Io...Mi dispiace...-
Mi guarda con quei suoi occhi che non sono cambiati, per niente...
Non la lascio finire, non deve scusarsi...Sono stata io quella che non avrebbe dovuto esserci, che non doveva entrare nella sua vita...
In nessun modo.

Tornando verso Liverpool dopo tanto tempo, mi sento leggera, finalmente libera dai rimorsi...
Non so perchè sto sorridendo, ma lo faccio.
Apro la scatola blu, c'è una chiave ed un biglietto.
''Tu sai cosa apre...
Ti amo.''
Io lo so.
Tengo premuto l'acceleratore e mi dirigo in periferia, la zona portuale.
Scendo dalla macchina, mi guardo intorno...
Non è cambiato niente...Tutto è rimasto lo stesso, il panificio all'angolo, il parco e...il palazzo, quel palazzo che è sempre stato mezzo malandato, con i mattoni rossi screpolati e l'intonaco grattugiato dal tempo.
Mi avvicino al portone, è aperto.
Faccio le due rampe di scale a balzi e finalmente sono lì davanti, dopo  un'eternità.
Non mi ero accorta di tenere la chiave così forte tra le dita da farmi male...La infilo nella toppa, due giri e la porta si apre, lentamente con un cigolo.
Faccio un passo e mi accorgo che neanche lì dentro è cambiato niente,è come se il tempo si fosse fermato...a 17 anni prima.
Richiudo la porta dietro di me e rimango allibita.
Una marea di foglietti è attaccata lungo tutta la superficie della casa,neppure un angolo privo, sul frigorifero pieno di ragnatele, sul divano polveroso, sull'arco della cucina, nella camera da letto, sul vetro del bagno, persino dentro il caminetto.
Mi avvicino a leggerne il contenuto.
''Mi dispiace''
Respiro affannosamente, scuotendo la testa e tenendomi all'attaccapanni, anch'esso pieno di foglietti, per non cadere.
''Scusami''
''Perdonami''
Singhiozzo, sfioro la superficie dei foglietti, tutti diversi...
Ovunque mi volti c'è un post-it diverso, pieno di parole, di scuse...
E' troppo per me, mi rannicchio e inizio a piangere, piango così tanto da sentirmi stanca, da buttar fuori tutte le emozioni represse in questi 17 anni...
Urlo il suo nome, fra i singhiozzi...Mi sento male.

Quando torno a casa, a Melun,mi sento bene.
Mi siedo sul letto, sfioro quella foto che non ho mai avuto il coraggio di buttare.
Guardo quei volti sorridenti e sorrido anche io...
Rimango ad occhi chiusi, stringendola fra le mani.
-Mamma?-
Apro gli occhi.
-Cos'hai?-
Scuoto la testa, sorridendo.
-Niente, tesoro...Niente...-
Si  avvicina, stringendomi con un braccio,gli bacio una guancia.

''Ha il tuo profilo, sai John?
Ogni volta che lo guardo mi sembra di vederti su quella sedia del Cavern mentre ridi della mia ordinazione...
A volte vi immagino insieme, ma...so che è impossibile...
So che ti arrabbieresti, perchè non te l'ho mai detto ma...
E' il più bel ricordo che potessi lasciarmi,
Ti amo.
Tua, Audrey.''

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