BLU ANGELO

di sonyx1992
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01- La metà perfetta di una mela ***
Capitolo 2: *** 02- Umano ***
Capitolo 3: *** 03- Intruso ***
Capitolo 4: *** 04- Nala ***
Capitolo 5: *** 05- Maniaco? ***
Capitolo 6: *** 06- Vado a vivere ***
Capitolo 7: *** 07- Primo bacio e occhi blu ***
Capitolo 8: *** 08- Lieto di conoscerti, Rachel ***
Capitolo 9: *** 09- Green si tiene il diario ***
Capitolo 10: *** 10- Voglio solo vederti felice ***
Capitolo 11: *** 11- Cena ***
Capitolo 12: *** 12- Incontro del destino ***
Capitolo 13: *** 13- Sogno ***
Capitolo 14: *** 14- Vecchia conoscenza ***
Capitolo 15: *** 15- Vecchi incubi e nuove scoperte ***
Capitolo 16: *** 16- Gelosia e ritardo ***
Capitolo 17: *** 17- Passati ricordati ***
Capitolo 18: *** 18- Samuel ***
Capitolo 19: *** 19- Talia ***
Capitolo 20: *** 20- Lettera ***
Capitolo 21: *** 21- Rivelazioni ***
Capitolo 22: *** 22- Salva il mio protetto ***
Capitolo 23: *** 23- Perdonami! ***



Capitolo 1
*** 01- La metà perfetta di una mela ***


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01-LA META’ PERFETTA DI UNA MELA

 

“Ognuno di noi ha un’anima gemella, nascosta da qualche parte del mondo. Sta a noi trovarla per unirsi a lei e creare un insieme perfetto di due metà.

La mia la sto ancora cercando. Chissà, forse è morta ed io, ignara di questo fatto terribile, me ne sto qui, a scrivere su questo diario ed a continuare, invano, la mia ricerca.

Forse è giunto il momento di rinunciare ai miei sogni e alle mie speranze, di dire addio a queste stupide fantasie e rassegnarsi all’idea di non poter trovare una persona che mi completi.

Ho davvero paura che la mia anima gemella sia proprio morta…”

Rachel chiuse il diario e appoggiò la penna sulla scrivania.

Era da qualche mese, ormai, che aveva iniziato a scrivere tutto quello che le veniva in mente su quel quadernetto. Le piaceva leggere e rileggere quelle parole all’infinito, senza mai stancarsi, sia che indicassero momenti tristi o felici, che fossero pensieri poetici o deprimenti... era indifferente, lei adorava scriverli e ricordarli tutti, in questo modo, per tenerli sempre con sè e non dimenticare nessun momento della sua vita, significativo o meno che fosse.

Questo, che aveva appena terminato di scrivere, lo avrebbe classificato nei poetici, ne era certa...Le piaceva il modo in cui l’aveva composto.

L’anima gemella. Una persona che riesca a completarti, la metà perfetta di una mela, così la vedeva lei.

Subito un’altra idea le balenò in mente e, afferrata la penna con l'inchiostro blu, riaprì il quadernetto e riprese a scrivere, sotto la debole luce della lampada che rischiarava a malapena la sua camera da letto.

“O, forse, è ancora là fuori che aspetta solo di essere trovata da me.

Chissà com’è?… Come si chiama?… Dove vive?…”

Scarabocchiò delle linee orizzontali sulle ultime 3 domande. Non andavano bene scritte così! Dovevano essere più poetiche!

Appoggiò la punta della penna sulla carta bianca, ma non sapeva come andare avanti: le era passata l’ispirazione.

“Accidenti!…” disse, seccata; allontanò la mano dal foglio e si appoggiò pesantemente contro lo schienale della sedia, guardando il soffitto con aria amareggiata. Le era sembrata un’idea così bella! Come poteva continuare?

Ripose lo sguardo su quelle parole bluastre che coloravano il foglio bianco e le rilesse.

“Forse è ancora là fuori, nascosta da qualche parte ad aspettarmi…” in un secondo sentì di nuovo l’ispirazione e riprese a scrivere, gli occhi scuri illuminati da quella luce di fantasia che le si accendeva sempre in quei momenti.

“..Alla fine ci ritroviamo sempre allo stesso punto. Tocca sempre a noi darci da fare per trovarla e, se ci arrendiamo, perderemo per sempre la possibilità di ricongiungerci a lei. Non dobbiamo mai perdere la speranza perché, anche se piccola ed invisibile, lei ci sarà sempre e non ci abbandonerà mai. Dobbiamo continuare ad alimentare la nostra fantasia ed i nostri sogni in tutti i modi e non permettere mai alla nostra anima gemella di morire o di lasciarci, così, senza poter vivere insieme alla nostra metà perfetta. Si, non ho più dubbi ormai: la mia è ancora là fuori che mi aspetta, con pazienza, e, quando la guarderò fissa negli occhi, la saprò riconoscere, perché in quel momento i suoi saranno felici come i miei e brilleranno dalla gioia per avermi, finalmente, trovata.”

Si fermò e rilesse, soddisfatta di sé, ciò che aveva appena finito di scrivere.

Chiuse il diario, appoggiò la penna sulla scrivania e, spenta la luce della lampada, si buttò sul letto, sprofondando nelle soffici coperte.

Lì, chiusi gli occhi, cercò di addormentarsi, ma inutilmente, poiché subito un ricordo le sfiorò i pensieri e questo bastò per farla tremare e piangere silenziosamente.

Purtroppo le frasi che scriveva non le servivano a niente; era inutile continuare a sperare di ritrovare la sua anima gemella, dato che, la sua, l’aveva già perduta da tempo, ormai.

La sua se n'era già andata e niente avrebbe potuto riportarla indietro.

Non avrebbe più potuto rivedere il suo dolce viso, i suoi occhi blu come il mare, il suo sorriso così bello e perfetto da far saltare, ogni volta, un battito del suo cuore.

Si era sentita morire ogni istante che aveva passato con lui, ma questo non le era mai dispiaciuto perché quei momenti le erano sempre sembrati indolori e meravigliosi.

Ma quando lui era scomparso dalla sua vita, quando tutte quelle sensazioni se n'erano andate, il dolore era sopraggiunto e, da allora, l'aveva sempre dilaniata nel profondo.

Lo sentiva mancare, dentro di sé, come una droga, come una parte importante del proprio corpo. E quella era proprio una triste, dolorosa ed infinita fine.

Per quanto sarebbe riuscita a sopportarlo, ancora non lo sapeva, ma doveva resistere.

A volte, si pentiva di avergli giurato che qualunque cosa fosse successo all’altro, avrebbero continuato a vivere le loro vite, senza rimpianti.

Perché aveva giurato? Che gesto stupido…

Ora era costretta a vivere nel dolore ed a soffrire per una morte lenta ed insopportabile.

Il ricordo dei suoi capelli dorati e della sua pelle morbida, le diedero una fitta terribile al petto, nel punto dove il suo cuore, ormai da tempo, faticava a battere.

Si raggomitolò, stringendo le braccia intorno al suo stesso corpo, mentre, con gli occhi chiusi, rivedeva ancora una volta il suo viso, luminoso e sorridente, e, mentre le lacrime le rigavano il volto, si rigettava nei suoi occhi azzurri come il cielo, immensi come il mare e silenziosi come il battito d’ali di una farfalla.

Pronunciare anche solo il suo nome la faceva morire, ma come rinunciare alla sensazione di poterlo sentire ancora lì, accanto a lei?

“Samuel…”

Nessuna risposta la raggiunse, ma, in fondo, era come se quel silenzio la cullasse tra le sue braccia, come faceva sempre lui quando qualcosa la preoccupava.

In qualche modo lo sentiva ancora lì, sentiva il suo respiro e le sue braccia che la stringevano forte a sé.

Si addormentò piano, subito dopo aver rivolto un ultimo sguardo a quel quaderno che stava sulla scrivania. Non aveva mai sentito il bisogno di scrivere le sensazioni che la tormentavano quando ripensava a lui, forse semplicemente perché non voleva conservare dei ricordi così dolorosi.

Quel diario era inutile. Quell’abitudine era inutile. Era tutto inutile. Aveva deciso che, il giorno dopo, l’avrebbe stracciato.

 

 

 

 

 

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Ragazzi…Scusate!! Davvero mi inginocchio a terra!!!

Non uccidetemi ma con la storia de “IL CUORE DI HEAVEN PARK” mi sono completamente bloccata…cioè so cosa scrivere, ma non so come!! (si, in effetti è un po’ complicato…) e piuttosto che rovinare quella storia preferisco aspettare…

Intanto mi è venuta in mente questa…penso sia abbastanza originale, forse no..(semmai ditemelo…)…anche se adesso non voglio proprio svelare tutta la trama…preferisco che si scopra man mano si vada avanti…=)

Vi prego di avere un po’ di pazienza per chi segue l’altra (Grazie Laban per i tuoi commenti!! =P)…fatemi sapere che ne pensate di questa storia!! A differenza dell’altra questa è meno drammatica ed avrà un finale positivo!!

P.s: volevo avvisarvi inoltre che il titolo di questo libro non è sicuro al 100%!!!

CIAO!!!

=Sony=

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Capitolo 2
*** 02- Umano ***


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02-UMANO

 

Era una sensazione strana, quella che stava provando in quel momento.

Gli sembrava di non averla mai provata prima.

Anzi, ripensandoci, non ricordava di aver mai provato qualcosa prima d'allora.

Prima di aprire gli occhi si sentiva vuoto, o meglio, svuotato; sì, era quella la sensazione, come se qualcuno lo avesse ripulito di tutto ciò che aveva dentro di sè: si sentiva leggero, come se fluttuasse in uno spazio infinito e pacifico. Poi qualcosa lo aveva costretto ad aprire gli occhi: quel brivido, che lo aveva percorso.

Si guardò intorno, ma tutto ciò che lo circondava emetteva un'accecante luce bianca che, stranamente, non feriva gli occhi: si rese conto di fluttuare veramente nel vuoto, nel nulla infinito.

Non ricordava niente: chi fosse, dove si trovasse o come ci fosse arrivato. Tuttavia, conoscere le risposte, in quel momento, non gli importava.

L'unica cosa che davvero lo preoccupava era quella sensazione: quella che lo faceva rabbrividire e faceva nascere dentro di lui un dolore profondo che cresceva sempre di più nel suo petto.

Non sapeva come lo sapesse, ma era sicuro che qualcuno, o qualcosa, avesse bisogno di lui, da qualche parte. Ma come arrivarci? Non sapeva dove si trovava né dove andare!

"Chiudi gli occhi"

Una voce dolce riecheggiò nel nulla infinito che lo avvolgeva; la sentiva calda e rassicurante, familiare.

Senza rispondere fece quello che la voce gli diceva: chiuse piano gli occhi e, istintivamente, si raggomitolò su se stesso, portandosi le braccia al petto. Sentì che anche qualcos'altro lo avvolgeva, qualcosa di grande, ma con gli occhi chiusi non sapeva dire bene cosa.

Aspettò che la voce calda di prima riprendesse a parlare, ma il silenzio tornò a regnare intorno a lui. Restò così, immobile e al buio delle sue palpebre, iniziando a sentirsi perso, solo, con quel dolore che diventava sempre più forte e si faceva largo nel suo cuore.

Uno strano rumore iniziò a riempire, piano, il silenzio.

Sembravano dei sussulti, dei piccoli lamenti e, incuriosito, aprì gli occhi.

Il bianco del nulla di prima era stato completamente sostituito dal buio della notte. Tuttavia, lui riusciva benissimo a distinguere tutti gli oggetti che lo circondavano, anche i più piccoli.

Si trovava in una stanza, una camera da letto per la precisione.

Vedeva una scrivania piena di oggetti, degli scaffali, un armadio ed infine posò lo sguardo sul letto, addossato ad una parete.

Vedeva qualcosa che si muoveva sotto le lenzuola, ma non riusciva a capire cosa potesse essere. Si avvicinò, cauto, ma allo stesso tempo preso da un'irrefrenabile curiosità e si inginocchiò accanto al letto, trovandosi a pochi centimetri di distanza da un essere bizzarro, con dei lunghi fili scuri che coprivano parte del volto e cadevano disordinatamente sulle lenzuola e sul cuscino; guardandolo meglio, si accorse che quello strano essere gli somigliava molto.

"Un umano..." disse ancora quella voce calda e accogliente di poco prima.

Non ne conosceva il motivo, ma gli era bastato udirla un attimo che subito si era totalmente tranquillizzato. Appoggiò la testa sul materasso, ancora inginocchiato a terra, e rimase immobile a studiare da vicino quel misterioso essere. Si accorse, all'improvviso, che da due fessure chiuse sul viso, scendeva un liquido strano, che percorreva le guance dell'umano. Lo toccò incuriosito con le dita, per poi portarsele alla bocca per assaggiare quella strana sostanza; era leggermente salata.

Provò a toccare con le mani le proprie guance, ma niente, quel liquido non c'era.

Di colpo si sentì totalmente diverso da quell'umano! Perchè lui non ne aveva? Lo trovava così ingiusto!!

Si allontanò, infastidito dall'essere che giaceva nel letto. Basta, ne aveva abbastanza, voleva andarsene subito da quel luogo!

"No, non andartene."

Chi aveva parlato? Non era la stessa voce di prima, questa era triste e debole.

Si guardò intorno per vedere se ci fosse qualcun altro nella stanza, ma niente, non c'era nessuno, solo lui e quell' umano.

"Resta ti prego."

Solo allora capì che era proprio quell'umano ad emettere quella voce.

Istintivamente si portò di nuovo vicino al letto e, inginocchiatosi di nuovo, appoggiò la testa e le braccia sulle lenzuola, fissando per qualche istante ancora quell'umano. Poi, quando una terribile stanchezza lo colpì, chiuse piano gli occhi e si addormentò silenziosamente, accanto a quell'essere che invidiava, ma che, per qualche inspiegabile motivo, lo affascinava.

 

 

Ragazzi sono tornataaaa!!!!!!!!!!

Siete contenti??? ^^ Spero che vi piaccia il capitolo e spero di andare avant un pò con sta storia. Con quella del Cuore di Heaven Park sono ancora un pò bloccata.

Commentate!!! :) Ciao ciao!! Kisses!!

=Sony=

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Capitolo 3
*** 03- Intruso ***


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03- INTRUSO

 

Gli dava fastidio.

Il solo averlo lì, a pochi metri di distanza, lo faceva innervosire incredibilmente.

Come osava, quel misero Terreno, avvicinarsi alla sua protetta??

Lo avrebbe volentieri strangolato ed ucciso in quell'istante, se non fosse stato contro le regole.

Cercò di calmarsi chiudendo gli occhi; prese un respiro profondo e distese le sue grandi ali bianche di cui era molto orgoglioso. Nessun altro essere alato poteva vantare delle piume lucenti e belle come le sue.

Quando si sentì più calmo aprì lentamente le palpebre, puntando le sue iridi chiare e fredde su quel misero Terreno che dormiva beatamente, inginocchiato accanto al letto della sua protetta. Voleva tenerlo sotto stretto controllo: non l'avrebbe perso di vista neanche un secondo.

Per quella notte lo avrebbe lasciato lì, ma la mattina lo avrebbe cacciato subito, senza tante storie: se fosse rimasto, ne avrebbe risentito anche la sua reputazione e non poteva proprio accettarlo. Così, con le ali accuratamente ripiegate, le braccia conserte e lo sguardo duro e severo, non aspettava altro che l'intruso si svegliasse per cacciarlo via.

Ogni angelo custode che si rispetti deve, fin dalla sua creazione, proteggere, anche a costo della propria vita, quella dell'umano che devono sorvegliare. Lui, come tutti gli altri, non conosceva altra ragione di vita che la salvezza di Rachel. Lui era la sua guida, il suo tutore che, anche se invisibile, condivide con lei ogni più singola gioia e dolore, senza potersi in alcun modo ribellare. Quando la vide la prima volta restò un poco inorridito da quella ridicola creatura indifesa; ma col tempo, perfino lui, con il suo carattere freddo e glaciale, era riuscito ad affezionarsi a quell'ingenua ragazza, fragile e sognatrice. La spiava ogni volta in cui scriveva su quel quadernetto, leggendo con interesse tutto quello che scriveva; l'ha vista ridere, piangere, urlare... ha vissuto con lei, creano un legame tra loro due indissolubile.

Per questo motivo non poteva permettere a quel Terreno di entrare in quel legame e magari di spezzarlo pure: ne era terribilmente geloso, sentiva nascere dentro al suo cuore quello strano sentimento misto a odio e ira.

Il suono improvviso di una sveglia lo riportò alla realtà; troppo immerso nei suoi pensieri, non si era neanche accorto che il solo era già sorto da qualche ora.

"Meglio", pensò: il Terreno si sarebbe svegliato da un momento all'altro.

Proprio come pensava, lo sconosciuto non tardò molto ad alzare la testa di scatto e ad allontanarsi dall'umana, spaventato dal rumore improvviso dello strano oggetto riposto sul comodino accanto al lei.

Lo vide guardarsi attorno, spaesato e confuso; poi la sua attenzione fu attirata dalla sua protetta che, in quel momento, si stava svegliando.

Rachel si alzò dal letto, ancora intontita dal sonno e, trascinando i piedi, si diresse fuori dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle dopo un lungo sbadiglio.

L'angelo decise di aspettare ancora un po' prima di rivelarsi all'intruso; preferiva osservare le sue mosse, come un predatore osserva la sua preda prima di attaccarla.

L'estraneo si guardò intorno ed iniziò a curiosare nella stanza dell'umana, prendendo in mano ogni più piccolo oggetto ed osservandolo da vicino con aria interessata.

Si avvicinò alla scrivania e prese in mano delle matite agitandole forte per poi avvicinarsele agli occhi per studiarle. Le lasciò cadere a terra quando un altro oggetto lo incuriosì. Lo prese affascinato e se lo rigirò tra le mani premendo tutti i tasti che trovava. Quando il flash della macchina fotografica digitale gli ferì gli occhi, la lasciò cadere a terra, terrorizzato ed accecato allo stesso tempo.

Quello sembrò all'angelo il momento giusto per uscire allo scoperto. Si rivelò maestosamente e, per affascinare ancora di più lo sconosciuto, dispiegò le sue bellissime e curate ali, mostrandosi fiero e potente di fronte al misero Terreno.

L'estraneo, tuttavia, non fu per niente affascinato dall'espressione o dal candido piumaggio dell'angelo: vedeva solo una figura, sfocata a causa delle tante macchioline bianche che gli ronzavano davanti agli occhi. L'angelo, aspettandosi tutt'altra reazione, si infastidì ulteriormente dal  comportamento maleducato dell'individuo.

"Ehi, tu! Terreno!", lo chiamò sprezzante, con voce profonda e fiera, mostrandosi altezzoso.

Non udendo risposta e tentando di mantenere intatto il suo orgoglio, continuò: "Vattene subito da qui, mi hai sentito??".

Chiuse gli occhi e gonfiò il petto, sempre con le braccia conserte e le ali dispiegate; ancora nessuna risposta.

Quando socchiuse un occhio per sbirciare il suo interlocutore, di fronte a lui non c'era più nessuno. Che se ne fosse andato, spaventato dalla sua incredibile potenza?

Tuttavia, quando sentì qualcosa che toccava la sua ala destra, cambiò idea. Volse lo sguardo per controllare e trovò il Terreno, le mani sulle sue magnifiche piume.

Inorridito si allontanò subito da lui e richiuse accuratamente le ali dietro la schiena, mettendosi in posizione di difesa. Come si era permesso?

Sentiva la rabbia che ribolliva nelle sue vene e il corpo tremare per la furia che cresceva sempre di più in lui.

Il Terreno davanti a lui lo guardava, confuso e sorpreso, non capendo la reazione dell'angelo, le macchioline ormai scomparse dalla sua vista.

Restarono uno di fronte all'altro per qualche secondo, immobili, guardandosi fisso negli occhi per studiare le mosse l'uno dell'altro.

L'angelo si rilassò e distese i muscoli solo quando la porta si aprì e Rachel rientrò nella stanza, i capelli scuri raccolti in una coda e indosso una camicetta bianca con un paio di jeans chiari.

Sia l'angelo che il terreno la guardarono mentre, in piedi su una sedia, prendeva dei libri da uno scaffale sopra la scrivania e li riponeva in uno zaino. Quando scese, Rachel si bloccò, un attimo prima di andarsene, rimanendo ferma davanti alla scrivania con lo sguardo fisso su qualcosa: il suo diario. Quello stupido quadernetto che aveva deciso di buttare via. Lo prese tra le mani e, stringendolo, cercò di convincersi che la decisione che aveva preso fosse quella giusta.

Basta scrivere sciocchezze, doveva vivere, andare avanti, senza più guardarsi dietro. Quel che è passato, è passato.

Lo gettò con forza nel cestino accanto alla scrivania.

L'angelo custode la guardò contrariato, mentre il Terreno non riusciva a capire il significato del suo gesto. Perchè aveva buttato via quel quaderno?

"Segui il mio consiglio, Terreno. Vattene subito da qui o la prossima volta non sarò più tanto gentile con te, chiaro?" lo minacciò l'angelo, scocciato.

L'estraneo non capiva il motivo di tutta quella rabbia nei suoi confronti. Perchè quell'essere ce l'aveva tanto con lui? Neanche lo conosceva!

Quando Rachel uscì dalla stanza, l'angelo dispiegò le sue ali bianche e la seguì, sicuro che l'estraneo se ne sarebbe immediatamente andato.

Tuttavia non fu così. Appena il custode ebbe varcato la porta, lo sconosciuto si avvicinò alla scrivania e, preso in mano il quadernetto, lo aprì ed iniziò a leggerlo con un inspiegabile desiderio di conoscere tutto di quella ragazza che, prima di quella notte, non conosceva nemmeno.

 

Salve ragazzi!!

Sono contenta di vedere che non mi avete abbandonato in questa storia!! :) Spero vi piaccia anche questo capitolo!! Allora...

Grazie a:

1 - 19charmender96
2 - liyen

Per aver messo la mia storia tra le preferite...

a:

1 - 19charmender96 [Contatta]
2 - bersa
[Contatta]

Per averla messa tra le storie da ricordare...

a:

1 - 19charmender96 [Contatta]
2 - Kicks
[Contatta]
3 - mar
[Contatta]

Per averla messa tra le seguite...

ed infine grazie a LIYEN per aver commentato!!! Grazie di cuore, spero che anche questo capitolo ti piaccia molto!!! ^^

Al prossimo capitolo!!

Kiss kiss

=Sony=

 

 

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Capitolo 4
*** 04- Nala ***


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04- NALA

 

"Caro Diario,

forse ti chiederai perché ho deciso di scrivere proprio a te in questo momento.

Forse perché mi sento sola. Molto sola... e anche così abbandonata senza di lui...se n'è andato sai?

Neanche mi ha detto addio. E' semplicemente sparito.

Una volta mi aveva raccontato di questo viaggio. Avrebbe voluto andarsene via, cambiare aria. E io non sono riuscita a trattenerlo.

Chissà dov'è... In Australia, magari... o forse in America... oppure in qualche isola sperduta nell'oceano. Non mi ha mai detto la sua destinazione, è semplicemente partito.

Temo che non torni più; se solo potessi vederlo ancora, per l'ultima volta, solo per abbracciarlo forte ed avere il coraggio, finalmente, per dirgli: 'ti amo'...

Se solo glielo avessi detto, se solo ne fossi stata capace...lui probabilmente sarebbe ancora qui, con me, e non mi sentirei così sola e triste.

Ti prego, torna. Torna da me. Ti aspetto."

Sfogliò un po' il quadernetto che teneva tra le mani, tralasciando pensieri e parole, ma soffermandosi su altri ricordi.

"...Mi sono sempre chiesta se ci sia qualcuno lassù, qualcuno che stia lì a vegliare su di noi da lontano. O magari no. Forse ci sbagliamo tutti e questo qualcuno potrebbe non essere così distante come si crede... Magari c'è davvero qualcosa, proprio qui, vicino a me. Qualcuno che mi sorveglia, mi guarda... che mi sta spiando, proprio in questo momento.

Non è che creda molto all'esistenza di un 'Essere Superiore', agli angeli o robe del genere... ma se ci fosse veramente qualcuno di invisibile che mi protegge? Qualcuno che condivide con me ogni minima sensazione? Ogni piccola gioia, ogni dolore?

Bè, non lo so.

Ma se esiste veramente questo qualcuno, gli auguro con tutto il cuore di non provare il dolore che mi assale da settimane, ormai. Spero che sia felice, nonostante tutto..."

Lo sconosciuto restò molto affascinato da quelle ultime parole. Se l'angelo che l'aveva attaccato poco prima era il Custode di quella ragazza, era davvero fortunato: quell'umana si preoccupava per lo stato d'animo di un essere della cui esistenza non era nemmeno certa! Per questo, la trovava magnifica.

Si sdraiò sul letto, appoggiando pesantemente la testa sul cuscino e continuando a sfogliare quel diario.

"...Oggi Alan è venuto da me. Mi ha chiesto cosa fosse l'amore.

All'inizio sono stata un po' spiazzata dalla sua domanda, ma poi ho realizzato che non era una curiosità del tutto strana. E' normale che, alla sua età, ci si accorga di quello strano sentimento che resta nascosto alla nostra vista per anni e che, poi, si rivela all'improvviso e ci sostiene per il resto della vita.

Non so se abbia capito appieno la mia risposta, ma chi può sapere con esattezza cosa sia l'amore? 

Comunque, ecco cosa gli ho detto: "L'amore... l'amore è quando provi affetto per una persona; quando faresti di tutto perché lei stia bene; quando senti che qualcosa svolazza nel tuo stomaco appena incroci il suo sguardo; quando ti senti debole e inerme di fronte a lei; quando ti vuoi mostrare forte e coraggioso se ti guarda. Ami qualcuno quando riesci ad essere te stesso con quella persona e, tuttavia, provi comunque ad essere qualcun altro per continuare a sorprenderla; quando il cuore batte forte o perde un colpo; quando ti sembra di svenire dall'emozione se la incontri per caso; l'amore è quando sorridi, piangi, ridi o ti arrabbi senza motivo; quando smetti di eseguire gli ordini della tua mente per ascoltare il tuo cuore..."

Forse ho un po' esagerato, ma è quello che mi è venuto in mente in quel momento; ci sono altre cose sull'amore. Troppe, a dir la verità, e io nemmeno credo di conoscerle tutte.

Penso che ne saprò di più solo vivendo..."

"Ehi, ciao!"

L'estraneo abbassò il quaderno di colpo e si ritrovò davanti due occhi celesti ed un sorriso caloroso. Spaventato, sobbalzò e lasciò il diario che cadde a terra con un tonfo.

Una ragazza bionda, sui 14 anni, era sopra di lui e lo fissava incuriosita. Non era una semplice umana: aveva due ali bianche dietro la schiena.

Era un angelo, come quello che aveva visto poco prima.

"Che c'è, non mi saluti? Ma chi ti ha insegnato l'educazione?"

La ragazzina rimase sospesa in aria, chiudendo gli occhi; incrociò le braccia e mise il broncio, ma non ottenne risposta.

Quando sbirciò l'espressione del ragazzo, scoppiò in una risata cristallina e, sempre svolazzando in aria sopra di lui, tornò a guardarlo sorridendo.

"Ti ho sentito arrivare questa notte, ma Lehcar non mi aveva detto che fossi così bello!"

"Le-lehcar?" balbettò l'individuo confuso.

Per quello che ricordava, era la prima volta che riusciva a parlare e si stupì della sua voce; la trovava profonda ed un po' roca.

Inoltre, non gli sembrava di conoscere nessun Lehcar! Che fosse qualcuno che magari potesse spiegargli chi fosse e cosa ci facesse lì?

La ragazzina sorrise divertita e poi ricominciò a parlare: "Lehcar è l'angelo custode di Rachel, la ragazza che dorme in questo letto. L'hai conosciuto stamattina, non è vero? A proposito, si può sapere che gli hai detto?! L'ho visto uscire con una faccia!"

Lo sconosciuto rimase un po' deluso nello scoprire che Lehcar non era altri che l'angelo di poco prima.

La ragazzina, notando la sua espressione, divenne triste a sua volta: che avesse fatto qualcosa di sbagliato?

Poi, all'improvviso, i suoi occhi si illuminarono e lei, ammirata, esclamò: "Wow, ma sono splendide! Che colore meraviglioso! Sono come i tuoi occhi!"

Il ragazzo non capì di cosa stesse parlando, poi si accorse che la ragazza stava guardando qualcosa alle sue spalle. 

Seguendo il suo sguardo, notò, per la prima volta, qualcosa di strano, qualcosa che non pensava dovesse essere lì. 

Ali. Dietro la schiena, aveva un paio di magnifiche ali blu. Si alzò dal letto di scatto e, torcendo il busto, cercò di prenderle per osservarle meglio. Così cominciò a girare su se stesso, come un cagnolino che cerca di mordersi la coda, ma senza risultati soddisfacenti.

La ragazzina, nell'assistere alla scena, scoppiò di nuovo nella risata cristallina di poco prima: era così buffo!

L'estraneo si lasciò cadere a terra quando la testa cominciò a girargli.

Quindi, era un angelo anche lui? Eppure era diverso, sia dalla figura bionda che dall'angelo custode di poco prima. Si ricordò che Lehcar lo aveva chiamato 'Terreno', ma lui non aveva la più pallida idea di cosa fosse!

Quando la stanza smise di girargli intorno cercò di chiederlo alla ragazza che svolazzava ancora sopra al letto di Rachel, continuando a ridacchiare.

"Cosa è un Terreno?"

La sua voce, questa volta, gli sembrò meno roca, più normale e quasi familiare alle sue orecchie. Sentì che la gola, a poco a poco, si stava schiarendo.

La ragazzina lo fissò negli occhi blu, curiosa di vedere la sua reazione.

"TU sei un Terreno! Un umano che è diventato un angelo."

Notando la sua espressione confusa, cercò di spiegarsi meglio: "Vedi, ci sono Umani che vengono, per così dire, prescelti. Non si sa bene in base a cosa. Quello che è certo è che qualcuno, lassù, ha deciso che tu saresti dovuto diventare un angelo. Vedila come una specie di ricompensa... un premio per qualcosa che hai fatto nella vita."

"Ma io non ricordo nulla della mia vita! Cosa ho fatto di così speciale?" ribattè il Terreno, sempre più confuso.

"Non ricordi niente perché ti devi completamente separare dalla tua vita precedente" continuò l'angelo, "non devi avere nulla che ti leghi al passato!"

"Quindi, sono un angelo custode come te e Lehcar?" domandò lui.

La ragazzina chiuse gli occhi per un istante, scosse il capo e tornò a guardarlo negli occhi.

"Tu non hai nessun protetto da sorvegliare; è come se non fossi un angelo al cento per cento. Noi, quando porteremo a termine il nostro compito, passeremo ad un livello superiore, mentre tu continuerai a restare un Terreno, senza alcun Umano da seguire."

L'angelo dalle ali blu la guardò sconvolto : "Ma allora che senso ha la mia esistenza? Se non ho un Umano da proteggere, cosa devo fare? Questo non è un premio, è una condanna!"

abbassò lo sguardo, affranto dal suo triste destino: era costretto a restare così per l'eternità, senza nessuno, solo.

"Ti sbagli." la voce della ragazzina cambiò; non era più gioiosa e limpida come prima, ma seria e severa.

"Ti è stato dato l'onore più grande di tutti! Sei un angelo libero: non devi stare sempre attaccato ad un Umano..."

Lui la fissò senza capire e lei, paziente, spiegò: " Se fossi come me, dovresti condividere tutto con il tuo protetto. Tutto, senza alcuna eccezione. Dovresti sentirti in modo diverso in base a quello che prova lui: triste, arrabbiato, felice, preoccupato... tutto con lui. Un angelo custode non ha un'esistenza propria, lo capisci? Tu invece puoi vivere una vita tua, senza alcun legame!"

Il Terreno sentì che il tono della ragazzina era diventato più ostile, quasi accusatorio nei suoi confronti; capì che lei lo invidiava.

"Ma come posso vivere una vita così? Con queste ali blu e senza che nessun Umano mi possa vedere?"

"Come noi angeli custodi abbiamo il potere di nasconderci alla vista degli altri esseri alati quando vogliamo, tu puoi manifestarti agli umani, con o senza ali, come preferisci tu! Tuttavia saresti troppo accecante se ti mostrassi come angelo: perfino ora, anche se non si vede, io e te stiamo emanando una luce pura e fortissima, che potrebbe accecare qualunque essere umano ci vedesse."

"Guarda..." aggiunse la ragazzina, svolazzando in basso e afferrando qualcosa sul pavimento.  

Dopo aver premuto qualche pulsante, l'angelo mostrò al Terreno la macchina digitale che prima aveva preso e studiato.

"Osserva lo schermo" disse.

Lui volse lo sguardo curioso all'oggetto, ma tutto ciò che vide sullo schermo fu un'immagine bianca.

"N-non capisco" balbettò.

"Prima ti sei fatto una fotografia. Ecco come appari da angelo. Sei troppo luminoso per essere visto." gli spiegò lei.

Lui prese la macchina digitale e se la rigirò tra le mani.

"Bene, penso di averti spiegato quasi tutto. Se hai ancora qualche dubbio, basta che mi chiami e farò del mio meglio per rispondere. Sappi solo che, purtroppo, non sono in grado di spiegarti come apparire da umano; dovrai capirlo da solo. Ora devo tornare dal mio protetto, sai, è nella stanza qui accanto e ha l'influenza, poverino!"

La ragazzina bionda, ritornò a svolazzare in aria e, volgendo le spalle al Terreno, si diresse fuori dalla stanza.

"Aspetta!" la chiamò lui, allungando una mano per fermarla.

Lei volse la testa, aspettando una sua domanda.

"Non mi hai detto come ti chiami" continuò lui.

Lei gli sorrise affettuosamente: "Nala."

Lui ricambiò il sorriso, felice finalmente di aver conosciuto qualcuno di gentile con cui poter parlare.

Lei si voltò e uscì dalla stanza per tornare al suo compito, all'unico scopo della sua vita: badare al fratellino di Rachel, Alan.

Il Terreno si alzò in piedi, lasciando la macchina fotografica sulla scrivania e, dopo aver raccolto il quaderno, lo tenne stretto tra le mani.

Si girò verso la finestra e, aprendola, chiuse gli occhi per non essere ferito dal vento che entrò prepotente nella stanza.

Volse un ultimo sguardo dietro di sé, nel punto dove l'angelo era uscito dalla stanza.

"Grazie, Nala. Grazie di tutto."

Poi, spiegando le sue grandi ali blu, volò via, fuori dalla stanza. Non aveva una meta precisa, ma almeno un'idea su cosa fare, sul prossimo passo da compiere.

Tra le mani aveva ancora quel diario e nel cuore il desiderio di andare avanti, proprio come aveva scritto Rachel.

 

Buongiorno ragazzi!!

Siete contenti che sono già qui con un nuovo capitolo??

Fatemi sapere se vi piace su!! ^^

Purtroppo il prossimo non so ancora bene quando lo scriverò, anche perché adesso devo ricominciare a darmi da fare con la scuola. Spero comunque di non farvi attendere troppo!! :)

Cmq…

 

Grazie a:

 

1 - 19charmender96
2 - liyen

Per aver messo la mia storia tra le preferite...

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4 - mar
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Per averla messa tra le seguite...

Ma soprattutto grazie a Liyen per il tuo costante supporto con i tuoi magnifici commenti!!! Spero molto che anche questo capitolo non ti deluda!!! :)

Grazie anche a chi legge solamente!!!

Bye bye!! Kisses!!

=Sony=

 

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Capitolo 5
*** 05- Maniaco? ***


05- MANIACO

05- MANIACO?

 

"Rachel! Psst! Rachel, ci sei?"

Rachel, come svegliandosi da un sonno profondo, guardò con aria insonnolita la sua vicina di banco che la stava chiamando.

Miriam, la sua migliore amica, la osservava preoccupata, notando che non sembrava essersi svegliata ancora del tutto.

"Ma hai dormito stanotte?? Hai una faccia!!" le bisbigliò piano, per non farsi sentire dal professore di matematica che, imperterrito, continuava a spiegare alla classe.

Rachel, una delle alunne migliori, seguiva sempre con attenzione tutte le lezioni, ma quel giorno si sentiva proprio esausta e non ci riusciva.

Continuava a ripensare al suo stupido diario, quello che aveva deciso di buttare via. In fondo, era come se fosse diventato una parte di lei: erano mesi che ci scriveva tutto quello che le veniva in mente!

Tuttavia, in quel momento, era inutile pensarci: una volta a casa, se proprio avesse cambiato idea, lo avrebbe recuperato.

Sbadigliando, cercò di tornare a seguire la lezione. Si concentrò sul professore che, accanto alla lavagna, continuava a parlare ai suoi alunni.

Che argomento stava spiegando?

"Ah, giusto, le parabole... che noia!" pensò Rachel.

Distolse lo sguardo dal professore ed iniziò ad osservare i muri bianchi della sua aula, dove, in qualche punto, lei e i suoi compagni avevano attaccato dei fogli con delle scritte, dei disegni o qualche poster. A qualche centimetro della lavagna avevano appeso una foto, la loro classe di quell'anno.

"Uffa" pensò "sono uscita davvero male in quella foto! Stupido fotografo, ma proprio quando ho chiuso gli occhi dovevi scattarla?! Che ingiustizia!"

"Domenighini!!"

Rachel si alzò in piedi di scatto, quando il professore chiamò il suo nome.

Era la prima volta che si faceva cogliere impreparata durante una lezione: non era proprio da lei!

"Si, professore!"

Inconsciamente, si mise sull'attenti, come avrebbe fatto un buon soldato: del resto, era proprio necessario con quel professore di matematica. Era famoso in tutta la scuola per la sua severità.

"Mi ripeta quello che stavo dicendo!" ordinò lui, guardandola serio.

"S-si" balbettò lei, non sapendo assolutamente di cosa si stesse parlando fino a qualche secondo prima; cercò di guardarsi intorno, in cerca di una via di fuga, quando la risposta le arrivò dalla sua adorata vicina di banco: "La definizione di parabola!" sussurrò piano Miriam, cercando di non farsi vedere dal professore.

Rachel sospirò, sollevata: la definizione di parabola! Ghirardelli l'aveva già spiegata nella lezione precedente; probabilmente, poco prima, l'aveva semplicemente rispiegata per qualcuno che non l'aveva capita bene.

La ripetè nel modo più completo possible, sapendo molto bene quanto fosse preciso e pignolo il professore.

"La parabola è il luogo geometrico in cui si trovano tutti i punti equidistanti dal fuoco e dalla retta direttrice."

Come un soldatino obbediente, Rachel rimase immobile e silenziosa, aspettando il giudizio di Ghirardelli come un imputato attende il verdetto della giuria.

Quando lui annuì silenziosamente e ritornò a spiegare la lezione alla classe, Rachel si lasciò cadere sulla sedia, sospirando sollevata.

Sussurrò un sincero grazie a Miriam, la quale ricambiò con un sorriso: si conoscevano solo da pochi mesi, ma Rachel considerava Miriam come una sorella. Si era trasferita nella sua cittadina da lontano, senza amici, senza conoscenze, ma Rachel l'aveva aiutata ad ambientarsi velocemente. Ormai erano inseparabili.

Rachel, tornando con la testa tra le nuvole, iniziò a scarabocchiare sul quaderno di matematica, senza la benchè minima voglia di seguire le parole del professore che, imperterrito ed indisturbato, continuava con le sue spiegazioni.

Un pensiero ancora fisso nella mente della ragazza: quel diario, quello stupido diario! Si sentì improvvisamente pentita di averlo buttato via: era stato il suo migliore amico per molto tempo, il suo confidente, la sua valvola di sfogo... Non ce la faceva a separarsene, era troppo importante per lei, troppo. Appena tornata a casa, lo avrebbe recuperato.

Miriam, seduta vicino a lei, la spiava con i suoi grandi occhi verde scuro. Era preoccupata per l'amica: anche se a volte la vedeva triste o persa nei suoi pensieri, non aveva mai voluto forzarla per sapere quello che le passava per la testa; preferiva che fosse lei a confidarsi, quando ne avesse sentito il bisogno.

Sistemandosi i capelli castano scuro dietro le orecchie, Miriam spostò lo sguardo su quel noioso professore che continuava a parlare. Sembrava che non prendesse neanche fiato: parlava, parlava, parlava e parlava!

Lei non riusciva mai a seguire quello che diceva, nonostante ci provasse: perdeva sempre il filo del discorso osservando, disgustata, l'aspetto del professore, con quegli orribili peli grigi... "Bleah!" esclamò tra sé e sé: al solo pensarci, le venne un conato di vomito e si costrinse a distogliere lo sguardo, portandolo fuori dalla finestra.

Che giornata meravigliosa! Il cielo era limpidissimo quel giorno: non era mai stato così blu!

 

Lehcar era amareggiato.

La sua protetta era irriconoscibile.

Come poteva distrarsi in quel modo durante una lezione?

Si era messa perfino a scarabocchiare qualcosa sul suo quaderno degli esercizi! Era inaccettabile per lui.

Tutta colpa del Terreno di quella mattina, ne era certo!

Se, al suo ritorno, lo avesse ritrovato di nuovo nella stanza di Rachel lo avrebbe conciato per le feste e al diavolo le regole!

"Lehcar, hai una faccia stamattina! E' successo qualcosa?"

Un angelo dalle ali bianche, simili a quelle di Lehcar, comparve al suo fianco dal nulla.

I capelli castani gli cadevano disordinatamente sulla fronte e qualche ciuffetto copriva i suoi occhi verde chiaro.

Lehcar, senza degnarlo di uno sguardo e con le braccia incrociate sul petto, scosse il capo: non voleva raccontare del suo incontro di quella mattina con quel Terreno. Se ripensava che aveva osato addirittura mettere le mani sulle sue ali!

"Suvvia, a me ne puoi parlare!" insistette l'angelo al suo fianco "Che c'è? La tua sorellina ti ha fatto impazzire di nuovo, forse?"

I pensieri di Lehcar si concentrarono per un attimo su Nala; con tutto quello che gli era successo si era dimenticato perfino di controllare che stesse bene.

"No! E poi quante volte devo ripeterti, Mairim, che Nala ed io non siamo fratelli?" gli disse scocciato, chiudendo gli occhi innervosito.

Quel giorno si sentiva proprio fuori di sè: bastava poco per farlo infuriare sul serio... e sembrava che Mairim stesse facendo di tutto per farlo innervosire.

"E vabbè, in fondo lei bada al fratello della tua protetta! Quindi in un certo senso siete fratelli!"

Cosa? Lui, il potente e rispettato Lehcar, fratello di quella fastidiosa mocciosa che non stava ferma un attimo?! Mai!

Quello era davvero troppo!

Scocciato, rivolse un'occhiata raggelante a Mairim e poi si nascose alla sua vista.

"Lehcar, va bene, scusa! Ma che ho detto di così sbagliato?" sbuffò Mairim, non capendo il comportamento dell'amico.

Quel giorno era davvero insopportabile. Conosceva molto bene il suo carattere freddo ed insofferente, ma non l'aveva mai visto così infuriato! Chissà cosa gli era successo...

Mairim fissò per un istante la sua protetta, Miriam. Lui e quella ragazza ne avevano passate tante insieme: con lei aveva condiviso ogni genere di sensazione, dalla più piccola ed insignificante a quella più forte. Ma ciò non lo aveva mai infastidito. Gli piaceva il carattere di quell'umana: sempre distratta, persa in un mondo tutto suo, che viveva la vita attimo per attimo, senza preoccuparsi del futuro. Perfino in quel momento, i suoi occhi verdi fissavano il cielo blu fuori dalla finestra, ma Mairim sapeva bene che, in realtà, il suo sguardo andava oltre e la sua mente viaggiava ai confini della fantasia. La rispettava e l'amava profondamente, lo sapeva bene. E più viveva con lei, più il suo amore aumentava.

Non si era mai visto un angelo custode innamorato a tal punto della sua protetta. Era immorale, sbagliato, imperdonabile... ma che cosa ci poteva fare? A Mairim erano sempre piaciuti gli amori impossibili.

 

Driiinnnnn!!

Il suono dell'ultima campanella liberò Rachel da quell'infinita tortura.

Infilò i suoi libri nello zaino e, insieme a Miriam, uscì dalla scuola.

Rimasero entrambe in silenzio per tutto il percorso che le conduceva a casa; Miriam abitava a qualche isolato da Rachel, ma ogni giorno sceglievano la strada più lunga per poter stare insieme il maggior tempo possibile, riempendo sempre il loro cammino con sonore risate o con pettegolezzi.

Tuttavia, quel giorno, Rachel non riusciva proprio a concentrarsi su un discorso e Miriam non voleva disturbarla; così, quel giorno, erano entrambe immerse nei loro pensieri.

"Ehm... Rachel?" esordì d'un tratto Miriam.

Lei, come svegliandosi di colpo da un sogno, la guardò stralunata.

"Co-cosa?"

"Conosci per caso il ragazzo che ci sta seguendo?"

Rachel, che non si era accorta di nulla, sbirciò da dietro la sua spalla, senza farsi vedere dallo sconosciuto.

Effettivamente, un ragazzo le stava seguendo. Aveva i capelli corvini e spettinati, lo sguardo nascosto, ma chiaramente fisso su di loro, le mani nelle tasche dei jeans.

Rachel scosse la testa, senza distogliere lo sguardo dall'individuo, incuriosita e attratta allo stesso tempo da qualcosa di strano.

Miriam, invece, era terrorizzata. Chissà, forse era un maniaco! Era piuttosto giovane, ma non si sa mai cosa passa nella testa degli uomini!

Accelerò il passo, sicura che l'amica l'avrebbe seguita, ma Rachel, invece, rallentò.

Miriam voleva prenderla per un braccio e trascinarla via, ma era troppo tardi: la sua amica si era già fermata e, voltatasi verso lo sconosciuto, lo fissava seria.

Lui si bloccò quando lei si fermò.

Restarono a fissarsi per un pò, cercando di capire l'uno i pensieri dell'altro, mentre il vento disordinava i capelli di Rachel, facendole cadere sulla fronte qualche ciuffo, ribellatosi alla coda che si era fatta quella mattina.

Poi lei, all'improvviso, fissò negli occhi l'individuo. Trasalì e il suo cuore mancò un colpo.

"Chi sei?" gli domandò, sfacciata e sospettosa.

Lui, per tutta risposta, le sorrise.

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FAN!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ok, sono sorpresa anch'io di vedermi già qui con un nuovo capitolo, però non sono riuscita a trattenermi dal scriverlo…quindi eccolo!!! ^^

 

Grazie a:

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Inoltre Ringrazio di cuore LIYEN e ARANEL YUKINO per i vostri commenti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! :) <3

Vi piace questo capitolo??

Ma soprattutto voglio sapere se vi piace il rapporto tra Mairim e Miriam…cioè che lui è innamorato di lei!! :)

(x LIYEN: il personaggio di Miriam l'ho dedicato a te, anche se non conosco minimamente il tuo aspetto fisico o il tuo carattere!! Il tuo nome vero l'ho visto qui su EFP! ;) Spero davvero che ti faccia piacere!!)

Un bacione enorme a tutti e anche a chi legge solamente!!!

Kiss kiss!

=Sony=

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Capitolo 6
*** 06- Vado a vivere ***


Image and video hosting by TinyPic 06-

06- VADO A VIVERE

 

Stava volando.

Il vento sulla faccia, le ali spiegate, il diario stretto tra le mani.

Stava volando.

Sbattè le ali come se fosse la cosa più naturale al mondo.

Come se fosse stato capace di volare da sempre.

Il cielo intorno a lui era limpidissimo, senza neanche una nuvola e, davanti a lui, all'orizzonte, il sole emanava raggi carichi di calore e luce.

Si girò per osservare le sue ali.

Le trovava stupende. Blu, come il cielo in quell'istante. Erano un vero spettacolo, specialmente quando i raggi colpivano le sue piume e queste brillavano, emanando a loro volta una luce fortissima che, stranamente, non feriva affatto i suoi occhi.

Decise di volare più basso, per osservare più da vicino quelle bizzarre creature chiamate 'Umani'.

Voleva controllare se tutti assomigliavano a lui e Rachel.

Non ricordava nulla della sua vita passata e questo lo faceva sentire un po’ svuotato e solo; inoltre, sentiva ancora quella strana e fastidiosa sensazione al petto, sempre nello stesso, identico punto. Quando vi appoggiò sopra una mano, sentì qualcosa che batteva a ritmi regolari: che fosse quello a procurargli dolore?

Scese a terra, appoggiando i piedi e ripiegando le ali dietro la schiena: si trovava in mezzo ad una folla di umani che correva, frettolosamente e senza fermarsi un secondo.

"Perché tutta questa fretta? Dove vanno tutti?" si domandò il Terreno, osservando sbigottito tutta quella gente.

All'improvviso sentì qualcosa. Una sensazione orribile e dolorosa, come se qualcosa di grosso e forte stesse entrando violentemente nel suo corpo dalla schiena.

Dopo qualche secondo, una donna comparve davanti a lui uscendo dal suo petto: lo aveva attraversato!

All'improvviso fu colto da un senso di malessere e dovette inginocchiarsi a terra, portando una mano al petto ed iniziando a respirare a fatica.

Il diario di Rachel gli sfuggì dalle mani e cadde, mentre la mente dell'angelo fu invasa da un vortice di pensieri e di preoccupazioni che non gli appartenevano.

"Maledizione, sono di nuovo in ritardo. Questa volta il capo mi licenzierà. Bene, meglio, sono stanca di andare a letto con lui alle spalle della moglie solo per tenermi questo stupido lavoro."

Era una voce femminile quella che gli ronzava in testa. Il Terreno intuì che fossero i pensieri della donna che lo aveva attraversato qualche istante prima.

Così, per evitare altri simili contatti, dispiegò velocemente le ali e restò sospeso in aria, osservando curioso la folla sotto di lui.

Forse era quello di cui gli aveva parlato Nala: il dover condividere ogni minimo pensiero, dolore, sensazione con il proprio protetto. Probabilmente per lui, che non aveva legami, era diverso: gli era sufficiente avere un contatto simile a quello di poco prima, per provare la stessa cosa.

Cercò di calmarsi, eliminando dalla testa i pensieri di quella donna. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi per un attimo.

Quando li riaprì e tornò a guardare la folla, qualcosa attirò il suo sguardo: il diario di Rachel.

Doveva essergli caduto quando si era inginocchiato per colpa della donna.

Non voleva assolutamente tornare ancora là in mezzo e correre di nuovo il rischio di condividere i pensieri di quelle persone, ma allora come fare a recuperare quel quaderno?

Se qualcuno di quegli umani lo avesse visto e raccolto?

Non poteva permetterlo!

Alla fine decise di scendere un'altra volta per recuperarlo, ma qualcuno lo precedette.

Un uomo sulla trentina, con i capelli dorati ed un paio di occhiali da sole, si chinò a raccogliere quel quaderno che giaceva tristemente sul marciapiede.

Il Terreno iniziò a preoccuparsi: doveva riprenderselo, ma come?

Cercò di studiare un modo per riavere quel diario senza perdere di vista quell'individuo.

Sgranò gli occhi quando vide lo sconosciuto alzare la testa e guardare dritto verso di lui.

Lo aveva visto.

Ne era certo: lo stava guardando.

Ma com'era possibile? Nala non aveva detto che gli Umani non potevano vederlo?

L'uomo gli sorrise. Un sorriso sinistro, uno di quelli che sembrano nascondere qualcosa. Infilò il diario di Rachel sotto il suo giaccone, abbassò lo sguardo e riprese a camminare tranquillo.

Il Terreno, senza pensarci due volte lo seguì dall'alto, senza perderlo di vista, aspettando che lui gli rivolgesse un altro sguardo oppure che si fermasse da qualche parte.

Quando lo sconosciuto entrò in un vicolo, l'angelo lo imitò e scese a terra, ripiegando le ali dietro la schiena.

Si guardò attorno, ma l'uomo non c'era più.

Gettò un'occhiata alle proprie spalle: la gente era ancora lì e continuava indisturbata a correre e ad affrettarsi, ma i suoni sembravano lontani, confusi e via via sempre più ovattati.

In quel vicolo regnava il silenzio più completo, come se tutto il resto del mondo fosse escluso, separato e distante da quel luogo.


Un rumore catturò la sua attenzione, facendolo voltare di scatto, lo sguardo di nuovo attento al vicolo deserto in cui si trovava.

I suoi occhi blu fissarono il diario di Rachel, immobile a terra a qualche metro di distanza da lui.

"Era quello che volevi?"

Una voce maschile, roca e sinistra, lo costrinse ad alzare lo sguardo.

L'uomo di prima, con i capelli biondi e gli occhiali scuri, era appoggiato tranquillamente ad una parete, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e lo stesso sorriso sinistro ancora sul volto.

"Chi sei?"

Il Terreno, istintivamente, dispiegò le ali blu.

Cercò di rendersi minaccioso, anche se non era sicuro dell'effetto che avrebbe avuto sull'individuo.

L'uomo si allontanò dall parete e si posizionò di fronte a lui, le mani sempre nelle tasche e lo sguardo basso, nascosto dietro le lenti scure.

A separarli, solo il diario di Rachel.

"Vuoi veramente attaccarmi? Non essere sciocco, non avresti molte speranze con me. Sei uno nuovo, l'ho capito da come hai reagito al

contatto che hai avuto con quella donna."

Alzò lo sguardo sul Terreno dalle ali blu: sembrava che gli fosse sufficiente solo quello per leggergli nella mente.

Quando si tolse gli occhiali da sole, l'angelo fu impressionato dal colore suoi occhi. Le sue iridi erano di un verde strano, opaco ed acceso allo stesso tempo.

"Non temere. Sono un Terreno. Come te" riprese lo sconosciuto.

Il Terreno blu richiuse le ali, tranquillizzato dalla notizia.

"Seguimi!" continuò l'individuo e, senza aspettare una risposta, si

incamminò lungo il vicolo buio e deserto.

L'angelo, rimase immobile per qualche secondo, poi decise di fidarsi e, raccolto il diario di Rachel, inseguì lo sconosciuto dagli occhi verdi.

 

Arrivarono in un grande magazzino. Era buio pesto, ma il Terreno scoprì che non era un problema: i suoi occhi blu vedevano alla perfezione, come alla luce del giorno.

"Wow, ne hai trovato uno nuovo, Green?"

Una ragazza, con un paio di ali rosse sulla schiena, scese per ammirare il nuovo arrivato.

Un'altro Terreno.

L'uomo chiamato Green annuì, serio.

"Si, Red! E' uno nuovo, quindi sii un pò gentile con lui, ok?"

"Come sempre!" rispose lei, cristallina.

All'angelo blu ricordò un pò Nala, se non fosse stato per i ricci neri che le incorniciavano il viso e gli occhi castani, quasi rossi: erano entrambe vivaci e sorridenti.

"Come ti chiami?" gli domandò, guardandolo da vicino e ammirando le sue ali blu, prendendole tra le mani, curiosa.

"N-non lo so." ammise lui, rendendosi conto solo in quel momento di non conoscere il proprio nome.

"Non importa. Vorrà dire che ti chiameremo Blue!" sorrise lei, per nulla sorpresa.

"Le tue ali blu sono davvero belle. Adoro il blu, è sempre stato il mio colore preferito!" continuò la ragazza, allegramente.

Nel frattempo, Green si era allontanato e, sempre fissando il nuovo arrivato, aveva acceso una sigaretta.

"Non ricordi proprio nulla della tua vita passata?" gli chiese dopo aver soffiato il fumo lontano da sé, interrompendo la voce cristallina di Red che lo guardava storto.

Blue si concentrò un attimo, ma nemmeno lui sapeva come fare per ricordare qualcosa. Scosse il capo tristemente.

"Neppure noi" aggiunse Red, amareggiata.
Green soffiò il fumo un'altra volta.

"Quindi anche voi due siete dei Terreni, come me?" chiese Blue, felice di aver finalmente trovato qualcuno come lui. Non era più solo.

Red annuì, sorridendo; Green, per tutta risposta, mise di nuovo in bocca la sigaretta, facendone brillare di rosso l'estremità accesa.

"Come fai a sapere dei Terreni?" gli domandò sospettoso.

"Nala mi ha raccontato qualcosa..."

"Nala?"

La sigaretta restò per un attimo tra le dita di Green, lontana dalla sua bocca, mentre il suo sguardo indagatore scrutava nella iridi di Blue.

"Sì... Lei... Lei è un angelo custode..." disse lui, messo in soggezione da

quegli strani occhi.

Green gettò a terra il mozzicone non del tutto consumato e, dopo essersi alzato in piedi, lo schiacciò, sbuffando scocciato.

"Un angelo custode, eh?"

"Devi sapere che a Green non piacciono molto i Custodi. Non ha mai avuto buoni rapporti con loro." bisbigliò piano Red, avvicinandosi all'angelo dalle ali blu per fare in modo che solo lui sentisse le sue parole.

Blue non capiva. Ricordava il comportamento tutt'altro che gentile di Lehcar nei suoi confronti, ma era legittimo che lui lo detestasse, probabilmente invidioso della libertà di cui godevano i Terreni, ma perchè uno come Green avrebbe dovuto odiare gli angeli Custodi?

"Perché?" gli chiese.

"Come?"

"Perchè odiare un angelo?"

Red cercò di zittirlo: forse era meglio evitare che Green si arrabbiasse.

Tuttavia la curiosità di Blue non riusciva a placarsi e lui attendeva una risposta dall'uomo che fissava con insistenza.

"Perchè? Bè... perchè loro odiano noi... non ci capiscono" disse semplicemente Green, avvicinandosi agli altri due Terreni.

"Che ti ha raccontato questa... Nala?" gli chiese, cercando di mascherare il disprezzo.

"Mi ha detto che i Terreni non sono angeli al cento per cento; che possono vivere una vita propria, senza dover dipendere da un Umano; che possono assumere le sembianze degli uomini, nascondendo le ali; che se si mostrassero a loro come sono, li abbaglierebbero con la luce delle loro ali." iniziò a raccontare Blue, cercando ricordare le parole di Nala.

Quando finì, Green scoppiò a ridere.

Blue diventò serio e strinse i pugni, infastidito dall'offesa arrecata alla sua amica Nala.

Green, quando si accorse della sua reazione, si sforzò di ritornare serio.

"Perdonami, perdonami!" gli disse "è solo che l'angelo con cui hai parlato non sa molto di noi!"

Quando Blue si rilassò, cercò di spiegarsi meglio.

"Vedi, è vero che noi non abbiamo legami con gli Umani e bla bla bla... Ma, come hai potuto vedere poco fa, li possiamo creare, come è capitato a te con quella donna... Ci basta toccarli perchè i loro pensieri diventino i nostri. Certo, i legami dei Terreni non durano tutta la vita, come quelli dei Custodi: se il contatto con l'Umano si interrompe, la nostra mente si svuota e le sensazioni intruse svaniscono. Ma tu questo lo sai già."

Si sedette su una sedia impolverata e, preso un accendino dalla tasca, accese un'altra sigaretta.

Soffiò il fumo, poi riprese, con calma.

 "Noi, quando diventiamo 'Umani' non nascondiamo semplicemente le nostre ali: cambiamo totalmente aspetto! Possiamo diventare come vogliamo: giovani, vecchi, biondi, mori, rossi...

Non possiamo tenere l'aspetto che abbiamo ora, questo è certo... Ti spiego meglio... Se un Terreno ha i capelli biondi, da Umano potrà averli di tutti i colori possibili ed immaginabili, ma non biondi... Mi segui? L'unica cosa che rimane invariata sono gli occhi."

"N-non capisco..." lo interruppe, confuso, l'angelo blu "Come mai?"

"Perchè l'aspetto che abbiamo da Terreni è quello che abbiamo avuto nella nostra vita precedente, da Umani! Sai, non è che puoi andare in giro con il corpo che avevi da vivo, quando tutti ti credono morto, no?"

Blue annuì, cominciando a capire.

"Ah, un'altra cosa..." continuò Green "noi Terreni -sottolineò quelle due parole con forza- non accechiamo gli Umani se ci mostriamo col nostro aspetto, chiaro? Noi possiamo controllare la luce che emaniamo, a differenza dei tuoi amici Custodi!"

Soffiò dell'altro fumo.

"Come divento un Umano?" chiese Blue, ansioso di diventare uno di quegli esseri.

"Basta che ti concentri a fondo su quello che vuoi diventare" intervennne Red.

Green lasciò che fosse lei a spiegare la parte pratica, continuando a fumare la sigaretta che teneva stretta tra le dita.

"Chiudi gli occhi e concentra tutti i tuoi pensieri su cosa vuoi diventare."

Blue fece quello che la ragazza diceva: chiuse gli occhi e, mentalmente, iniziò a ripetere: "Voglio diventare un umano. Voglio diventare un umano. Voglio diventare un umano..."

Nella mente cercò di figurarsi un ragazzo più o meno dell'età di Rachel con i capelli scuri.

Sentì che qualcosa cominciava a cambiare. Lentamente si accorse che le ali stvano svanendo, come si stessero staccando dal suo corpo: diventavano sempre più fredde, più lontane, fino a scomparire completamente.

Aprì gli occhi dopo qualche istante. Si sentiva diverso. Volse lo sguardo dietro di sè e le piume non c'erano più.

Tuttavia, nonostante la loro mancanza, si sentiva più pesante.

"Strano" pensò: avrebbe dovuto sentirsi più leggero senza le due enormi ali blu.

Davanti a lui, Red e Green lo guardavano.

"Wow, sei bellissimo!" esclamò Red, ammirata.

Gli occhi erano sempre uguali, ma, ora, dei capelli neri gli cadevano disordinatamente sulla fronte e lo rendevano decisamente affascinante, con quell'aria di mistero e bellezza.

"Dove andrai adesso?" gli chiese Green.

Blue, sentendosi più sicuro di sè, tenne stretto il diario di Rachel tra le mani e, volgendo le spalle ai due Terreni, iniziò a correre, felice, verso l'uscita.

"Dove vado? A vivere!" urlò, gridando di gioia.

 

---------

 

BUONASERA amati lettori!!!!!!!!!!!

Spero che questo capitolo sia abbastanza chiaro…ho fatto un po’ di fatica a scriverlo, soprattutto per quel che riguarda gli occhi di Red (volevo che li avesse rossi ma sarebbe stato un po’ strano visto che li avrebbe avuti rossi anche nella sua vita precedente…) Cmq sappiate che i colori delle ali dei Terreni hanno un loro significato, che verrà svelato più avanti.

Che ne pensate di Red, ma soprattutto di Green?? E' abbastanza misterioso il Terreno dalle iridi verdi che non ha ancora mostrato il suo aspetto da angelo?? Nasconde qualcosa, qualcosa di molto, Mooolto importante… ma per ora non voglio dirvi niente!!!  u_u

Un milione di grazie a…

 

1 - 19charmender96 [Contatta]
2 - cassandra4ever
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3 - liyen
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che hanno messo la storia tra le preferite…

 

1 - 19charmender96 [Contatta]
2 - bersa
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per averla messa tra le ricordate…

 

1 - 19charmender96 [Contatta]
2 - Cristie
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3 - Kicks
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4 - mar
[Contatta]
5 - snail
[Contatta]

 

per averla messa tra le seguite…

 

Ma soprattutto…

Un trilione di grazie a LIYEN e a SNAIL per i vostri stupendi commenti!!!

 

Liyen:

-Wow non pensavo di azzeccare anche il tuo colore degli occhi, ne sono felice!!! :) Ti piace il rapporto, che più avanti si evolverà, che ha Mairim con lei?? E si adesso la storia diventerà più interessante!!!!!!!… Kiss!!-

 

Snail:

-Ciao! Grazie per il complimento degli errori ortografici…e cerco di farne meno possibili, anche se qualcuno a volte mi sfugge!! ;D Eh, so che in teoria è un po’ strano che gli angeli provino invidia e non solo amore, però bo…mi è venuta così l'idea che non tutti loro alla fine siano così felici di vivere sempre appiccicati ad un umano!! Però non tutti, intanto solo Lehcar un pochino, e forse anche Nala, ma per esempio Mairim non prova invidia per nessuno, ma solo amore per la sua protetta…poi la cosa tra loro due comunque si evolverà!! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!! Kiss!-

 

Alla prossima lettori!!! Su recensite che mi fa piacere sapere quello che pensate!!! ;)

Kiss Kiss

=Sony=

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Capitolo 7
*** 07- Primo bacio e occhi blu ***


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07- PRIMO BACIO E OCCHI BLU

 

Miriam chiuse la porta dietro di sé e, tolte le scarpe, si trascinò verso la sua camera.

Abbandonato lo zaino, si lasciò cadere pesantemente sul letto, lasciandosi avvolgere dalle soffici coperte.

"Che giornata!" sbuffò, esausta.

Rachel, quel giorno, aveva davvero la testa fra le nuvole, quasi non la riconosceva più: il modo in cui aveva reagito con quel maniaco!

Gli occhi le si chiusero pesantemente mentre, nella sua mente, le immagini dell'ultima ora scorrevano velocemente.

Quel tipo era un maniaco, ne era certa al cento per cento. Chi, alla domanda sfacciata di Rachel, avrebbe semplicemente sorriso per poi scomparire nel nulla? Letteralmente svanito, come per magia!

Era passata un'auto che aveva nascosto il ragazzo alla loro vista e, subito dopo, lui non c'era più.

Le ricordava molto la scena di un film che aveva visto; solo che l'uomo che scompariva non era un maniaco, ma un fantasma o qualcosa del genere.

Probabilmente quel ragazzo era riuscito semplicemente a infilarsi in qualche vicolo, ecco spiegata la sparizione improvvisa.

La sua mente fu invasa da altri pensieri: chissà che era successo a Rachel per essere così distratta... Da quando si erano conosciute, non erano mai state così in silenzio durante il ritorno da scuola. Tranne le poche frasi dette all'apparizione del maniaco, non si erano rivolte parola: almeno, lei ci aveva provato, ma Rachel non aveva proprio aperto bocca...

"Uffa!" pensò, preoccupata per la sua amica.

Come se non bastasse, aveva preso un brutto voto nella verifica di inglese: aveva studiato tanto, non pensava di essere andata poi così male... Ne era certa, la sua professoressa la odiava, ecco perché le aveva messo quel voto ingiusto!

Piano piano, si addormentò, cullata dalla marea di pensieri nella quale la sua mente navigava.

Era sdraiata prona sul letto, con un mano sul cuscino e la testa rivolta verso destra, il corpo che si muoveva a ritmi regolari, seguendo il suo respiro. La sua schiena si alzava e si abbassava, dolcemente.

 

Mairim la guardò, gli occhi verdi illuminati da una luce viva. Era davvero stupenda...

Perfino quando dormiva la trovava meravigliosa.

Era curioso di vedere i suoi sogni: gli sarebbe bastato chiudere gli occhi per viverli con lei, ma non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Solo una volta si era intrufolato in un suo sogno e gli era sembrata una cosa sbagliata, come se la stesse spiando senza il suo consenso.

"Che pensiero stupido! Spiarla? Oh, andiamo, sono il suo angelo custode, il suo protettore! La seguo sempre, giorno e notte, qualsiasi cosa faccia!" pensò, come per giustificarsi.

Si stava facendo influenzare troppo dai suoi sentimenti. Doveva cercare di controllarsi, di placare il suo amore per quella ragazza, ma era impossibile... Impossibile come impedire al suo cuore di battere, ai suoi polmoni di respirare, ai suoi occhi di guardare, alle sue orecchie di sentire, alle sue dita di toccare... era come morire...

E lui non voleva essere il primo angelo custode a morire!

Tuttavia doveva farsene una ragione. Mai e poi mai, in nessun caso, tempo o spazio, lui e Miriam avrebbero potuto stare insieme.

Era fuori discussione: lui non aveva la facoltà di farsi vedere da lei e, anche se l'avesse avuta, non avrebbe comunque potuto obbligarla ad amarlo... Così come non avrebbe nemmeno potuto impedirle di innamorarsi di un umano, cosa che, presto o tardi, sarebbe sicuramente successa. Stava male nel pensare che, un giorno, un altro uomo avrebbe appoggiato le labbra su quelle di lei, l'avrebbe abbracciata e l'avrebbe protetta al posto suo. Non avrebbe potuto evitarlo. Nonostante tutto, non sarebbe mai riuscito ad essere invidioso di qualcuno che la sua adorata Miriam avrebbe amato. Non sarebbe stato giusto.

Si avvicinò alla sua protetta e le sdraiò al suo fianco sul letto, iniziando ad accarezzarle i capelli dolcemente; Miriam, inconsciamente, si mise su un fianco e si volse verso il suo angelo.

Erano così vicini che lui arrossì; la testa della ragazza era un po’ rivolta verso l'alto, in linea diretta col suo viso, con le sue labbra. Sarebbe bastato così poco! Solo avvicinarsi di qualche piccolo, insignificante centimetro e poi.... Avrebbe tanto voluto strapparle il suo primo bacio.

Si sentì arrossire violentemente per quei pensieri e si morse un labbro per frenare i suoi desideri; con la mano continuò ad accarezzarle teneramente i capelli scuri, mentre i suoi occhi verdi coglievano ogni più piccolo particolare del suo stupendo viso. Come se non lo conoscesse abbastanza! Lo aveva ammirato così tanto: la bocca sottile e leggermente socchiusa, il naso piccolo, gli occhi chiusi, le gote rosate...era stupenda.

Si sentiva colpevole, peccatore. Un angelo come lui era da punire immediatamente, da allontanare, da esiliare per sempre.

Un angelo innamorato della propria protetta, come lui, non si era mai visto.

Se lo avessero scoperto cosa gli avrebbe fatto? Cosa ne sarebbe stato di Miriam? Gliel'avrebbero portata via per sempre?

Avrebbe dovuto fermarsi, ma si sentiva stanco di continuare a nascondere i suoi sentimenti. Non sopportava più di non potersi mostrare, di avvicinarsi a lei, di placare il battito impazzito del suo cuore innamorato. Non sapeva cosa sarebbe successo se lo avesse fatto, ma sapeva che non sarebbe riuscito ad andare avanti così in eterno.

In quel momento, con la mano tra i capelli di Miriam e il suo corpo così vicino, appoggiò una mano contro il proprio petto.

Tum. Tum. Tum.

Ecco, lo sentiva. Il suo cuore batteva velocemente, in preda al vortice di emozioni che lo assaliva prepotentemente.

Tum. Tum. Tum.

Chiuse gli occhi per sentirlo meglio.

Tum. Tum. Tum.

Aprì gli occhi e la vide di nuovo: così bella, così indifesa, così vicina...

Tum. Tum. Tum. 

Scacciò ogni pensiero, nella mente solo l'immagine del suo viso.

Tum. Tum. Tum.

Avvicinò le labbra alle sue che, appena dischiuse, sembravano aspettare solo quel contatto.

Tum.Tum.Tum.

Il ritmo del suo cuore accelerava, come impazzito.

Tum.Tum.Tum.

Le loro labbra si incontrarono.

Le tenne ferme su quelle di lei, senza avere il coraggio di muoverle.

Probabilmente lei non se ne sarebbe nemmeno accorta, dato che il tocco dell'angelo era troppo leggero da percepire, ma lui no. Per lui, quello, era il momento più bello della sua intera esistenza.

Si allontanò da lei e il cuore dell'angelo tornò lentamente al suo ritmo regolare.

Miriam era sempre immobile, come se non fosse successo nulla.

Mairim sapeva di aver infranto le regole e aveva paura che, da un momento all'altro, succedesse qualcosa di terribile e che arrivasse una punizione per ciò che aveva appena fatto; tuttavia, non riusciva a pentirsene e si sentiva felice, come non era mai stato in vita sua.

"Grazie, Miriam! Grazie di esistere." Sussurrò piano, bisbigliando al suo orecchio.

In fondo, se lei non fosse nata, lui non sarebbe esistito: viveva per merito suo e non importava se non era un vita sua, libera e senza legami... Per lui era sufficiente stare con lei per essere felice.

"E' incredibile quanto la felicità di una persona possa dipendere da qualcun altro... e quanto la sua semplice presenza possa condizionare la vita degli altri... " si ritrovò a pensare l'angelo.

Mairim chiuse gli occhi e si addormentò, sdraiato accanto alla sua protetta. Senza accorgersene, entrò nei suoi sogni e li trovò meravigliosi: lì, finalmente, poteva stare con lei, abbracciarla e baciarla quanto voleva, senza sciocche e stupide regole da seguire.

Nel sonno, Miriam sorrise per il sogno bellissimo che stava vivendo: il suo principe azzurro era lì, insieme a lei, la abbracciava protettivo, continuava a ripeterle che l'amava e che, senza di lei, non avrebbe potuto vivere... come in una delle magnifiche favole che sua madre le leggeva sempre quando era piccola.

Il suo principe le era familiare, aveva dei lineamenti a lei noti, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a collegarlo a nessuno dei ragazzi che conosceva.

Ora, nel sogno lui la stava baciando... sembrava così reale! Era certa di aver sentito qualcosa sul viso, proprio in quell'istante, come un lieve respiro ed un tocco leggero sulle labbra.  Tuttavia, non aveva avuto il coraggio di aprire gli occhi: perché interrompere la magia di quel bacio per cercare qualcuno che nella realtà non c'era?

Inconsciamente, sorrise, mentre i suoi occhi incontravano quelli di Mairim, scintillanti di gioia.

 

 

 

Rachel si sentiva inquieta.

Il ragazzo di quel pomeriggio le era terribilmente familiare, ma non ricordava proprio chi potesse essere.

Quando aveva visto i suoi occhi aveva sentito il cuore fermarsi per un attimo: erano blu come il cielo e immensi come il mare. Erano esattamente come gli occhi di Samuel.

"Ma che sto dicendo? Al mondo ci sono sicuramente milioni di ragazzi con gli occhi azzurri..."

Entrò in casa pensierosa e, lasciate le scarpe all'ingresso, si incamminò verso la sala da pranzo.

Abbandonò la cartella accanto al tavolo e si sedette su una sedia, appoggiando le braccia sul grande ripiano di vetro e affondandoci la testa.

Chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro.

Nonostante fosse passato già qualche mese, la lontananza da Samuel la faceva ancora soffrire molto. Avrebbe dato tutto quello che possedeva e anche di più, per sapere dove fosse andato...

Ricordava ancora perfettamente il giorno del suo ultimo compleanno, quando lui le aveva regalato un quaderno. Aveva una bella copertina ed era vuoto, così avrebbe potuto scrivere tutto quello che voleva.

Sull'ultima pagina la sua dedica, stupenda ed unica.

"Amore mio,

                  ricordi la nostra canzone? Quando l'abbiamo sentita per la prima volta eravamo insieme, sulla spiaggia: ci baciavamo ed io ti tenevo tra le braccia, quando la radio la trasmise e le parole mi colpirono al cuore. Te le ricordi? Diceva: "Come what may, Come what may, I will love you until my dying day..."

Qualunque cosa succeda, qualunque cosa succeda, ti amerò finché morirò....

Scrivi su questo diario tutto ciò che pensi, tutto ciò che provi; condividi i tuoi pensieri con lui quando io magari non ci sono, fingi di parlare con me.

Poi rileggi quello scrivi, sempre, per ricordartelo; ogni cosa, ogni avvenimento, ogni pensiero... tutto: le cose brutte, quelle belle, quelle uniche e così incredibili che non potresti dimenticarle nemmeno se volessi. Tutto, senza tralasciare il minimo ed insignificante particolare.

Dedica una pagina alla nostra canzone; quella che ti fa pensare a me, che ti fa stare bene; a quella che ti fa piangere o che ti fa sorridere; a quella che ti fa sognare.

Non dimenticare mai che, qualunque cosa succeda, ti amerò fino alla fine...

Ti amo e ti amerò per sempre.

Samuel."

L'aveva letta così tante volte che, ormai, la sapeva a memoria; le bastava chiudere gli occhi per vederla lì, davanti a lei, scritta con l'inchiostro nero, con la sua calligrafia leggermente storta.

Aprì gli occhi di scatto, ricordandosi del suo diario: doveva andare a recuperarlo.

Si alzò velocemente dalla sedia e corse in camera sua.

Frugò nel cestino, rovesciando sul pavimento tutti i fogli che aveva strappato e buttato via: ma il suo quaderno non c'era.

Provò a cercarlo sulla scrivania o tra i suoi libri di scuola, forse sua madre l'aveva messo lì per sbaglio: ma niente, del diario non c'era traccia.

"No, non è possibile!" pensò Rachel, disperata.

Lo aveva perso per sempre: lo aveva gettato via come una stupida... ed ora?

Una lacrima le rigò una guancia al ricordo di Samuel che glielo regalava per il suo compleanno. Che sciocca era stata.

Si asciugò gli occhi con l'orlo della maglia ed uscì di casa, infilandosi le scarpe più in fretta che poteva.

C'era solo un posto dove andare per riuscire a calmarsi.

Il cielo era ancora sereno, anche se qualche nuvola compariva ogni tanto.

Corse senza mai fermarsi per le vie e le strade che, ormai, conosceva a memoria.

La sua cittadina si affacciava su una stupenda spiaggia e lei amava andare là a guardare le onde che si increspavano; le osservava sempre con Samuel, prima che lui partisse.

Era il luogo di cui le aveva scritto nella dedica. Si sedette nello stesso punto di quel giorno, ma sentiva freddo. Ricordava il suo compleanno come uno dei giorni più belli della sua vita: lo stereo acceso, lei accoccolata tra le braccia di Samuel che le accarezzava i capelli dolcemente e la cullava, bisbigliandole parole dolci o qualche battuta per farla ridere.

Strinse le braccia intorno alle ginocchia, portandosele al petto, ma tremava lo stesso: faceva molto caldo, ma lei aveva freddo dentro, in fondo al cuore, dove i raggi del sole non riuscivano ad arrivare.

Affondò la testa tra le ginocchia e le lacrime ripresero a scorrere, incontrollabili: quanto sentiva la sua mancanza: i suoi abbracci, i suoi baci, le sue carezze, i suoi occhi blu...

Iniziò a singhiozzare, mentre la spiaggia deserta le teneva compagnia: lì non ci andava mai nessuno, forse perché c'erano posti migliori sul lungomare o forse perché, in quel punto, l'acqua diventava subito più alta e quindi era piuttosto pericoloso. Ma a lei e Samuel quel posto piaceva: era il loro, dove si erano conosciuti e dove avevano sentito la loro canzone.

"Bello questo posto, non è vero?" disse una voce, interrompendo bruscamente il filo dei suoi pensieri.

Rachel sussultò, alzò la testa e, seduto accanto a lei, trovò il ragazzo misterioso di quel pomeriggio: i capelli neri sempre spettinati e gli occhi chiusi, con la testa rivolta verso l'alto per sentire il profumo del mare.

Quando aprì gli occhi e incontrò quelli scuri di lei, il cuore di Rachel rimase un po' deluso.

Nel vederli così da vicino, si accorse che non sembravano i suoi occhi. Erano più blu... o c'era comunque qualcosa di diverso che non riusciva a cogliere in quel momento.

Gli occhi di Samuel avevano delle sfumature azzurrine nel blu, mentre quelli di lui erano di una sola tonalità.

Lui sembrò non far caso ai suoi occhi arrossati per le lacrime e al suo viso triste. Le sorrise amabilmente.

Rachel avrebbe voluto sapere chi era, ma si sentiva troppo stanca. Sembrava gentile, in fondo, e non un maniaco come aveva affermato Miriam.

Cercò di soffocare le lacrime e di sorridere.

"Già…" disse piano, volgendo lo sguardo alle onde di fronte a lei che si infrangevano senza fermarsi mai.

Anche il ragazzo portò lo sguardo verso quel blu infinito davanti a loro che, all'orizzonte, si confondeva con il cielo.

"Già…" ripeté lui meccanicamente, non volendo aggiungere nient'altro.

Il silenzio che c'era tra loro non era fastidioso o imbarazzante, ma tranquillo, con il suono del mare come sottofondo.

Lui chiuse di nuovo gli occhi, respirando profondamente il profumo del mare.

"Finalmente posso vivere." pensò immerso nei suoi pensieri, sorridendo per aver trovato la prima Umana che lo aveva colpito.

Blue si sentiva a casa accanto a Rachel: o, per lo meno, non si sentiva più solo.

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Rieccomi qui amati lettori con un nuovo capitolo!!!

Alla fine Rachel e il nostro misterioso Blue si sono incontrati…che accadrà adesso??

E Miriam e Mairim?? Arriverà qualcuno a separare l'angelo custode dalla sua amata protetta??

…Questo non lo so neanch'io…il prossimo capitolo devo ancora scriverlo ma non penso riguarderà Miriam e Mairim…

Ringrazio tantissimo tutti voi che leggete!!!

Ma soprattutto ringrazio di cuore…

 

1 - 19charmender96
2 - cassandra4ever
3 - liyen

 

per aver messo la storia tra le preferite…

 

1 - 19charmender96
2 - bersa
3 - ellie_

 

tra le ricordate…

 

1 - 19charmender96
2 - Cristie
3 - Kicks
4 - snail
5 - stop_the_time

 

tra le seguite…

 

LIYEN:
-Grazie per i complimenti alla one-shot "Solo una cara amica"…è una storia che ho scritto così a getto per una mia adoratissima amica che ha sofferto molto per il genere d'amore non ricambiato… grazie per il tuo commento in quella storia!

A dir la verità non so neanch'io come andrà avanti tra Miriam e Mairim…sto aspettando pazientemente un'ispirazione che mi illumini!! ;)

Continua a recensire che mi fa sempre un enorme piacere leggere i tuoi stupendi commenti!!! ^^

Kissss!!!! <3-

 

E anche voi altri che leggete solamente mi raccomando: RECENSITE!!!!

Al prossimo capitolo!!

Kiss kiss

=Sony=

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Capitolo 8
*** 08- Lieto di conoscerti, Rachel ***


Image and video hosting by TinyPic 08- LIETO DI CONOSCERTI, RACHEL

 

 

08- LIETO DI CONOSCERTI, RACHEL

 

"Sai, nella vita basta poco per innamorarsi: uno sguardo, un gesto, un sorriso.

Sembra assurdo che un sentimento enorme come l'amore usi vie così nascoste per rivelarsi ai nostri occhi.

L'amore è timido, ha paura di farsi vedere: per questo non si mostra subito, per questo si nasconde al sicuro nel nostro cuore.

Ma arriva sempre un momento nella vita in cui prende coraggio ed esce e, quando questo accade, per il mondo che conosciamo è la fine.

Tutto scompare, diventa buio; o meglio, noi diventiamo ciechi. Tutto perde importanza, tutto tranne lui o lei, che ha dato al nostro cuore un motivo per farsi avanti e rischiare.

Ci chiediamo come abbia fatto. Chi può essere che, solo esistendo, ci ha fatto provare simili sentimenti.

Quando ci avviciniamo per chiederglielo, però, ecco che i brividi ci assalgono, il cuore trema, i polmoni non respirano più, le gambe si immobilizzano e la mente si svuota, riempiendosi di una sola ed unica immagine: il suo volto, il suo sguardo e il suo sorriso…"

 

"Ancora con quello stupido diario?"

Blue abbassò il quaderno di Rachel e osservò Green.

Il Terreno dalle iridi verdi lo ospitava in una casa che aveva acquistato in centro, ma Blue, a volte, lo trovava molto irritante e troppo misterioso.

Blue non era ancora sicuro di fidarsi di lui, c'erano dei particolari che non quadravano.

Per esempio, non gli aveva ancora mostrato le sue ali: per quel che ne sapeva, poteva non essere vero che Green fosse un terreno. Magari era solo un Umano che aveva la capacità di vedere gli esseri alati. Inoltre, diventava sempre scontroso quando sentiva Blue raccontare a Red le proprie esperienze, come i suoi incontri con Rachel, ed era insopportabile quando venivano nominati, anche solo per sbaglio, gli angeli Custodi.

Ignorò l'occhiataccia di Green che, a sua volta, se ne andò dal salotto, sbuffando scocciato.

Blue era sdraiato comodamente sul divano. Ormai era un Umano da una settimana e mezza; non aveva più avuto il desiderio di tornare un Terreno: gli piaceva essere come Rachel, poter andare in giro, respirare l'aria di quella cittadina e sentirsi un ragazzo normale, un Umano, senza ali o altre complicazioni.

Red, invece, non si trasformava quasi mai; anche lei stava nello stesso appartamento, ma sempre sotto forma di Terreno.

"Non mi attira l'idea di essere un'Umana" spiegò a Blue quando lui le chiese come mai ancora non si era voluta trasformare

"Troppi sentimenti, emozioni, aspettative... No, non fa per me la vita da Umana. Da Terrena è tutto più interessante: posso fare quello che voglio, quando voglio e senza che qualcuno mi veda!"

Blue non capiva appieno il punto di vista di Red, ma lo rispettava.

Voltò un'altra pagina del diario di Rachel, continuando la sua lettura.

"La gente di questo mondo pretende sempre un po’ troppo da me! Tutti mi ripetono in continuazione "Rachel, fai questo; Rachel, fai quello!" Ma mai nessuno, nemmeno una volta, ha provato a chiedermi "Ti va di fare questo? Vuoi fare quell'altro?". Nessuno. Devo essere perfetta agli occhi di tutti, per non deludere mai nessuno. Una brava sorella, una brava figlia, una studentessa diligente, una ragazza responsabile: devo, devo, devo.

Mai voglio. Quello no. Quello che voglio io sembra non interessare alla gente. Vorrei avere la possibilità di sbagliare una volta, una sola, ma mi rendo conto di non averne il diritto.

Il detto dice: "Sbagliando s'impara..." ma a me sembra di aver dovuto imparare tutto senza poter fare errori. Non credo che esista un detto più adatto alla mia situazione: non ne conosco che dicano che chi sbaglia non viene perdonato. O forse è il primo detto ad essere giusto, ma allora significa che ancora non ho imparato niente. Chissà, magari è davvero così: ancora non ho imparato niente dalla vita."

Blue sbirciò l'orologio appeso al muro davanti a lui: le 16.35.

Chiuse il diario, lasciandolo sul divano e, presa una giacca dal guardaroba, uscì dall'appartamento.

"Ehi, Blue dove vai?" gli chiese Red, quando lo incontrò fuori dalla porta.

"Ad un appuntamento!" le gridò lui mentre scendeva di corsa le scale.

 

Tutti i giorni, alle 16.45 precise, Blue e Rachel si incontravano sulla spiaggia, sempre nello stesso posto.

Per Rachel era diventata quasi un'abitudine. Trovava quel ragazzo gentile e simpatico e con lui stava bene.

Ancora non conosceva il suo nome, ma per il momento non le interessava: passavano una mezz'ora insieme, ogni giorno, seduti a guardare le onde.

Spesso restavano in silenzio e, qualche volta, parlavano tranquillamente, ma non della loro vita, dei loro problemi o delle loro preoccupazioni. Parlavano di quello che capitava al momento e basta.  In un altro contesto, le sarebbero risultati un argomenti ridicoli e noiosi, ma con lui era diverso: le piaceva addirittura parlare del tempo.

"Assurdo!" pensò tra sé e sé, sorridendo divertita, mentre, seduta sulla spiaggia, aspettava il suo nuovo amico.

Il mare quel giorno era più calmo, più piatto.

Strinse le ginocchia al petto, e ci appoggiò sopra il mento.

Era passata una settimana e mezza, ma il diario non lo aveva ancora ritrovato. All'inizio era stata male, aveva messo a soqquadro la stanza per ritrovarlo; poi, man mano che i giorni passavano, se ne era dimenticata; le bastava stare un po’ su quella spiaggia e il bisogno di scrivere ancora sul quaderno diminuiva.

Non che non volesse più scrivere tutto quanto, come le aveva chiesto Samuel nella dedica, ma non ne sentiva più l'urgenza.

"Eccomi! Scusa per il ritardo!" ansimò qualcuno alle sue spalle.

Il ragazzo dai capelli corvini si sedette accanto a lei, le mani appoggiate sulla subbia per sostenersi e la testa rivolta verso l'alto, per riprendere fiato.

Rachel gli sorrise: "Sei in ritardo solo di qualche minuto."

Lui la guardò, ricambiando il sorriso.

Lei si perse per un attimo nei suoi occhi: erano così strani! Una settimana prima erano blu cielo, di una sola tonalità; ma quel giorno delle sfumature azzurrine comparivano, rendendoli più chiari.

"E' davvero strano" pensò, sdraiandosi con la schiena sulla sabbia e guardando il cielo sopra di lei.

Blue la imitò, incrociando le braccia sotto la testa.

"Chi sei?" gli chiese Rachel ad un certo punto.

Lui continuò a tenere lo sguardo fisso sul cielo sopra di loro.

"Perché vuoi saperlo?" chiese lui, evitando di rispondere alla domanda.

Lei alzò le spalle: "Così..." spiegò, " è da più di una settimana che ci vediamo e ancora non so niente di te..."

"Non ha importanza..." disse lui, evasivo.

Lei si voltò verso di lui e sollevò un sopracciglio.

"Sono solo un ragazzo..." mentì lui, cercando di essere convincente.

Rachel non gli credette: sentiva che c'era qualcosa di strano in lui, qualcosa di diverso. Un ragazzo normale non si sarebbe mai comportato così con una ragazza che neanche conosceva.

"Sul serio...chi sei?" gli chiese di nuovo, tornando a fissare il cielo.

Lui non sapeva che storia inventare per nascondere la sua identità. O forse non ci riusciva e basta: non se la sentiva di mentire, non a lei.

Leggendo il suo diario, le si era affezionato, la capiva e voleva essere sincero con Rachel, come lo era lei nelle parole che scriveva.

Prese un profondo respiro, si voltò per guardarla negli occhi e decise cosa rispondere.

"Sono un angelo." disse, infine.

Lei lo guardò, sbigottita.

Pensava che si stesse solo prendendo gioco di lei, ma poi notò il suo volto serio e turbato. Non osò dire niente e si limitò a sollevare di nuovo lo sguardo.

"Come ti chiami?"

Fu il turno di Blue ad essere sbigottito.

La guardò: aveva il volto sereno e lo sguardo perso nel blu infinito sopra di loro.

"Come sarebbe? Io ti dico che sono un angelo, con le ali e tutto il resto, e tu vuoi solo sapere il mio nome?" domandò incredulo.

“Bè, è la prima domanda che mi è venuta in mente: mi sembrava una cosa carina da chiedere…” rispose lei, cercando di giustificarsi, senza staccare gli occhi scuri da quel cielo meraviglioso, dove le nuvole giocavano a rincorrersi tra di loro.

In realtà, avrebbe voluto chiedergli molte cose: la prima di tutte era "Sei veramente un angelo?" ma si trattenne.

Lei non ci aveva mai creduto molto, ma lui le era sembrato così serio quando glielo aveva rivelato...

Tuttavia non poteva scartare nemmeno l'ipotesi di una qualche malattia mentale.

"In fondo, siamo tutti pazzi in questo mondo folle, chi più, chi meno." Pensò tra sé e sé.

Una stretta al cuore la colpì; era quello che le diceva sempre Samuel.

Un giorno, Rachel gli aveva chiesto come poteva sopportare una ragazza come lei, pazza e sognatrice, e lui, sorridendo, l'aveva baciata e le aveva sussurrato che tutti erano pazzi.

"Quindi anche tu?" gli aveva chiesto in quel momento, ridendo. "Si, è da un po’ che sono pazzo: pazzo di te..." le aveva sussurrato all'orecchio.

"Samuel" pensò, diventando improvvisamente triste al suo ricordo. Nonostante si sforzasse in tutti i modi, non riusciva proprio a dimenticarlo.

A volte, le sembrava di averlo lì, al suo fianco e di avere la possibilità di stringerlo forte a sé per non lasciarlo fuggire più. Poi gli avrebbe sussurrato dolcemente quel piccolo segreto che da tempo era rinchiuso nel suo cuore, che mai era voluto uscirne, forse perché dentro di lei si sentiva più al sicuro. Forse, se quelle due paroline avessero avuto il coraggio di uscire prima, lui non se ne sarebbe andato.

L’angelo al suo fianco si accorse che qualcosa la turbava e si sentiva male a sua volta, come se qualcosa lo perforasse. Non ne capiva il motivo, ma era legato a quella ragazza da qualcosa di troppo enorme da capire, qualcosa di intenso e complicato. Avrebbe voluto toccarla per sentire i suoi pensieri, ma aveva paura che, così facendo, il dolore di lei lo schiacciasse.

Anche lui ricominciò a guardare il cielo sopra di loro e cercò di misurare le parole, di non farle tremare sulle sue labbra e dirle con naturalezza, per non farle capire ciò che sentiva.

“Non ce l’ho un nome..” si bloccò per un secondo “O, perlomeno, non lo ricordo... Probabilmente, noi angeli, non ne abbiamo bisogno..” aggiunse subito, come se non avere un nome all’improvviso fosse diventato una cosa bizzarra. E lui, lui non voleva più essere bizzarro, no, lui ora desiderava essere come tutti gli altri, come quella ragazza sdraiata accanto a lui sulla spiaggia. Certo, avrebbe potuto dirle che si chiamava Blue, ma non lo fece. Non lo sentiva come il suo vero nome, quello era solo un soprannome che gli aveva dato Red.

Lei restò in silenzio.

Una leggera brezza li accarezzò dolcemente, portando nelle loro narici un intenso profumo di mare e di sale, di acqua e di libertà.

Samuel era partito, era disperso in quel mare. Rachel tornava sempre lì, come per mantenere una piccola promessa. Sapeva che, presto o tardi, le avrebbe fatto male guardare quelle onde incresparsi tra loro per poi infrangersi sulle rocce, ma, per il momento, non poteva fare a meno di tornare lì, in quel posto, il loro posto, e di sedersi tra la sabbia, per sentirne i granelli sulla pelle e udire il canto del mare, come se in quella voce ci fosse anche quella di lui che, da lontano, la raggiungeva ancora una volta e le sussurrava all’orecchio le parole più belle che esistano al mondo.

Ci pensò un momento: era stupido quello che stava per dire, insensato, sbagliato, egoista e che l'avrebbe fatta soffrire ancora di più. Ma non riuscì a trattenersi.

"Che ne dici di Samuel? E' un bel nome, no?"

L'angelo si voltò un secondo per guardarla: gli aveva dato un nome. Quell'umana gli aveva dato un nome! Inspiegabilmente, si sentiva felice.

Annuì silenziosamente: "Si, è un bel nome, mi piace!" concluse, gli occhi blu illuminati dalla gioia.

Si sentiva come se appartenesse a lei, ma non come un oggetto, come se tra loro due si fosse creato un legame.

Temeva un po’ la reazione che avrebbe avuto Lehcar, ma lui non si era ancora mostrato ai suoi occhi, quindi perché preoccuparsene?

Rachel si sedette, tese la mano verso di lui e disse: "Allora piacere, Samuel. Il mio nome è Rachel."

"Come se non lo sapessi già!" pensò Samuel, divertito, mentre le stringeva la mano sorridendo.

"Lieto di conoscerti, Rachel."

 

 

-------------

Buongiorno ragazzi!!

Allora come potete vedere questo è il capitolo che c'è scritto anche nella 'prefazione'. Vi piace??? :)

Allora il prossimo capitolo l'ho già scritto, devo rivederlo un po’ perché è un po’ corto…Cmq vi dico già che sarà dal punto di vista di Green…

Ringrazio tutti voi che leggete, come al solito!!

Un grazie a…

 

 

1 - 19charmender96
2 - cassandra4ever
3 - liyen

per aver messo la storia tra le preferite…

1 - 19charmender96
2 -
bersa
3 -
ellie_

tra le ricordate…

1 - 19charmender96
2 -
Cristie
3 -
Kicks
4 -
snail
5 -
stop_the_time

tra le seguite…

Ma come sempre un grazie enorme, gigantesco, super a LIYEN E SNAIL per i vostri commenti!!!

 

LIYEN:
-Sono contenta che ti sia piaciuta la scena tra Miriam e Mairim!! :)

Presto ci sarà un altro capitolo dedicato a loro (mi è venuta l'ispirazione per andare avanti con la loro storia!!! ^^) Solo che prima devo continuare ancora un po’ con Rachel e Samuel (Blue)… Al prossimo capitolo…KISS!!!! ;)-

 

SNAIL:
-La dedica di Samuel e Rachel ho fatto un po’ fatica a scriverla a dir la verità, per questo sono davvero molto felice che ti sia piaciuta (almeno non ho fatto tanta fatica inutilmente…:) )

Spero che anche questo capitolo ti piaccia!! Kiss!!-

 

E che ne dite inoltre del fatto che Rachel ha dato il nome del suo ex a Blue?? Ha fatto bene o ha fatto male secondo voi? (Mi piacerebbe sapere che ne pensate quindi ditemelo, su!!!)

Al prossimo capitolo, che molto probabilmente pubblicherò a breve!!

Kiss kiss!! <3

=Sony=

 

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Capitolo 9
*** 09- Green si tiene il diario ***


Image and video hosting by TinyPic 09- Il segreto di Green

09- GREEN SI TIENE IL DIARIO

 

Green aveva un segreto.

Non lo aveva mai condiviso con nessuno, lui solo lo conosceva ed era un peso che gli gravava sempre sul cuore.

Aveva osservato di nascosto, dalla finestra, il nuovo Terreno che si affrettava al suo solito incontro con quell'Umana.

"Illuso!"

Inseguire in quel modo una donna? Lui non l'avrebbe fatto. O almeno, non più.

Si era innamorato, una volta, ma era stato un amore difficile, uno che prendeva più di quanto non desse e che lo faceva soffrire. Era riuscito a liberarsene, per fortuna.

Lei era un angelo. Un angelo Custode. Quanto era bella!

Ancora rabbrividiva nel ripensare ai suoi occhi verde chiaro, ai suoi capelli neri e lucenti.

Chiuse gli occhi: per un attimo, gli era sembrato di vederla ancora lì, vicino a lui, con un paio di meravigliose ali bianche.

Aprì gli occhi, scuotendo la testa violentemente. Che stupido!

Gli angeli Custodi sono egoisti, egocentrici e non sanno assolutamente nulla dei Terreni.

"Ho bisogno di una doccia..."pensò Green.

Si allontanò dalla finestra e, tolti i vestiti, si mise sotto il getto dell'acqua.

Detestava quando tutti quei pensieri iniziavano a ronzargli per la testa.

Lo infastidivano.

L'acqua scrosciante sembrò lavare via tutte le sue preoccupazioni.

Uscì dalla doccia, si vestì e prese un asciugamano per i capelli.

Quando entrò nel salotto, sentì del fracasso in cucina, seguito dalla voce di Red.

"Quella ragazzina…" pensò infastidito, "Chissà che sta combinando..."

Curioso, si affacciò all'ingresso della cucina.

L'angelo dalle ali rosse, però, non c'era: al suo posto, un'impacciata ragazzina dai capelli biondi a caschetto era ricoperta di farina. Quando Green entrò, lei restò in silenzio, guardandolo immobile, con una scodella in mano e completamente bianca in viso.

"Red?" le chiese lui incredulo, non riconoscendo nelle sembianze umane la Terrena. 

"S-stavo cercando di preparare qualcosa da mangiare…" cercò di giustificarsi lei, pensando che la domanda di Green fosse riferita a quello che stava facendo.

"Sei Umana?" le domandò lui.

Lei, come ricordandosi all'improvviso della sua trasformazione, sussultò un attimo e sorrise.

"Ma non dicevi che diventare Umana era orribile?" le chiese lui, confuso dal comportamento insolito della giovane.

"Si... ma vedi, volevo preparare qualcosa da mangiare e le ali erano scomode ed ingombranti... e così…" provò a spiegare lei "... e poi, ho notato che Blue è felice da Umano, quindi ho voluto provare!" concluse sorridendo, sicura che Green fosse d'accordo.

"Si, ok, fai come ti pare…" disse semplicemente lui, uscendo dalla cucina.

Quando sentì cadere dei piatti, fu tentato di tornare indietro per fermare la catastrofe, ma si trattenne: non voleva intromettersi in affari che non lo riguardavano.

Si lasciò cadere sul divano, aprendo un giornale e sfogliando le pagine di cronaca.

Omicidi, incidenti, tradimenti... quegli Umani non sapevano vivere senza farsi del male l'un l'altro.

Qualcosa di scomodo, su cui si era seduto, lo fece alzare in piedi.

Lo tolse e vide di avere in mano un quaderno con una copertina colorata, un cuoricino rosso disegnato in cima.

"Bleah, disgustoso!" pensò. Non amava affatto le cose romantiche.

La sua mente fece un collegamento semplice ed improvviso: quello era il diario di quell'Umana di cui Blue si era invaghito!

Era lì, tra le sue mani, indifeso: avrebbe potuto farne quello che voleva.

Lo avrebbe volentieri buttato via, così quello sciocco avrebbe smesso di comportarsi da folle innamorato; oppure avrebbe potuto lasciarlo lì dove l'aveva trovato.

"No, meglio la prima" pensò divertito all'idea.

Anzi, ne aveva una migliore: perché distruggerlo, quando avrebbe potuto semplicemente sfruttarlo per poi nasconderlo? Una parte di lui era curiosa di leggere il contenuto di quel misterioso diario di cui Blue era terribilmente geloso.

"Ehi, Green! È quasi pronto!" Red comparve nel salone, con un sorriso a trentadue denti rivolto a Green.

Lui, prontamente, nascose il diario dentro l'asciugamano e lo mise sotto un braccio.

Cercò di ricambiare il sorriso di Red.

"Ma... Blue non è ancora tornato?" chiese lei, guardandosi intorno.

Green scosse la testa.

"Dev'essere ancora in giro, allora." suppose lei.

"Red, scusa se mi permetto..." si azzardò lui, titubante.

Lei gli rivolse un'occhiata interrogativa.

"Ma... si cena alle 17.30?" chiese Green, sorridendo per le stranezze di Red.

Lei sorrise e, evitando di rispondere, tornò in cucina.

L'asciugamano umido, sempre avvolto intorno al diario di Rachel, era ancora sotto il suo braccio. Lo avrebbe portato dove Blue non lo avrebbe mai trovato.

Green pensò che, forse, anche lui avrebbe bisogno di un diario per chiuderci dentro il suo segreto: così non sarebbe più stato tanto difficile da nascondere e sopportare.

"Ma perché rischiare, condividendolo con qualcuno o qualcosa?" pensò poi, ridendo di sé stesso per la sua assurda idea.

Il suo di segreto era troppo grande per essere racchiuso in un quaderno.

 

---------------

 

Lettori rieccomi con un nuovo capitolo!!!

Lo so, è veramente corto ma purtroppo non sono riuscita ad allungarlo…:(

Il prossimo ritornerà a Rachel e Samuel (lo sto scrivendo adesso) e vi preannuncio che il loro legame diventerà più forte…:)

Allora…ringrazio tutti voi, come sempre, chi ha messo la mia storia tra le preferite (3), chi tra le seguite (5) e chi tra le ricordate (3).

LIYEN:

-Ah, bene sono contenta che almeno per te vada bene che lei lo abbia chiamato così…Vedrai nel prossimo capitolo che faranno quei due!! ^^

Spero che questo capitolo non ti abbia delusa troppo, perché in effetti è un po’ misero…Baci!!-

 

Continuate a seguirmi, mi raccomando!!

Kiss kiss

=Sony=

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Capitolo 10
*** 10- Voglio solo vederti felice ***


Image and video hosting by TinyPic 10- VOGLIO SOLO VEDERTI FELICE

10- VOGLIO SOLO VEDERTI FELICE

 

"Adesso dimmela tu una cosa..."

Rachel fissò il suo nuovo amico interrogativamente, continuando a camminare accanto a lui e aspettando una sua domanda.

L'angelo restò con lo sguardo fisso davanti a sé, senza vedere veramente ciò che aveva davanti.

"...tu chi sei, Rachel?" le chiese.

Lei lo guardò allibita per qualche secondo, poi abbassò lo sguardo davanti a lei, amareggiata.

"Chi sono io?" prese un profondo respiro, non sapendo come continuare "Sinceramente non lo so neanch'io..." concluse, affranta.

Aveva freddo; il sole ormai stava calando all'orizzonte e lei stava passeggiando per le vie della città con il 'nuovo' Samuel.

Sentì qualcosa toccare la sua mano, qualcosa di caldo e morbido: quando abbassò lo sguardo, vide la mano di Samuel stretta intorno alla sua.

Quel tocco non le dava fastidio, anzi la scaldava.

Neanche lei sapeva chi era veramente, cosa aveva dentro di sè, nascosto sotto la polvere causata dalla scomparsa del vero Samuel, sepolto sotto tutto quell'infinito dolore.

Il ragazzo le strinse la mano e venne invaso da tutti i problemi di quell'Umana.

Alla fine aveva preso coraggio: si sarebbe sentito di nuovo male, lo sapeva, come era già capitato con quella donna, ma il desiderio di alleggerire tutta quella sofferenza chiusa nella ragazza era diventato più forte della paura.

Un senso di dolore, sofferenza e frustrazione lo colpirono violentemente e, come previsto, fu costretto a staccarsi immediatamente da quel contatto e ad appoggiarsi contro il muro di un edificio per reggersi in piedi.

Rachel, preoccupata, gli si avvicinò, cercando di capire cosa fosse successo; la gente, intorno a loro, continuava tranquilla il proprio cammino, senza interessarsi troppo ai due giovani.

Samuel prese un profondo respiro e cercò di riprendersi dalla confusione di tutti quei sentimenti che vorticavano nella sua testa.

"Tutto bene?" gli chiese preoccupata Rachel, gli occhi scuri fissi nei blu di lui.

"S-si... Adesso va un po’ meglio..." sorrise lui, cercando di tranquillizzarla.

Si staccò dal muro e riprese a camminare; Rachel, al suo fianco, rimaneva in silenzio e, per qualche strano motivo, si sentiva in colpa: era certa che fosse lei la causa di quell'improvviso malessere. Infatti, mentre lui stava male, lei si era sentita meglio, più leggera e sollevata.

"Che hai fatto?" gli chiese, con tono di rimprovero.

Lui sorrise, continuando a guardare davanti per non incrociare lo sguardo di lei. 

"Niente!" rispose. Ormai il dolore se ne stava andando dalla sua testa. "Assolutamente niente."

"Qualsiasi cosa fosse, non farlo più!" sussurrò piano lei, con aria triste e preoccupata, guardando il marciapiede.

Lui spostò lo sguardo su di lei per un attimo, ma lei non ricambiò.

Samuel, per tutta risposta, afferrò una seconda volta la sua mano.

Questa volta, insieme al dolore, lo colpì una sensazione di sorpresa e smarrimento.

Rachel si divincolò per liberarsi da quella stretta: non voleva che lui stesse male di nuovo.

Quando la sua mano si staccò da quella di lui, Samuel, prontamente, impedì a Rachel di fuggire via e la strinse forte in un abbraccio.

Le fitte cominciarono ad arrivare velocemente alla sua testa e lui affondò il viso tra il collo e la spalla di Rachel.

La ragazza, dopo l'attimo di sorpresa iniziale, cercò di liberarsi dall'abbraccio di Samuel, ma inutilmente: era più forte di quanto sembrasse.

Poi, un inspiegabile senso di benessere la colpì e lei non riuscì a fare a meno di rilassarsi e chiudere gli occhi, trovandosi perfettamente a proprio agio tra le braccia del ragazzo.

La folla di gente indaffarata cercava di evitarli, come per impedire qualsiasi contatto con i due giovani.

Samuel iniziò a respirare affannosamente, ma non lasciò la stretta intorno alla ragazza. Era stanco di vederla soffrire: voleva vederla sorridere.

Quando si riprese dalla sensazione improvvisa di pace e tranquillità, Rachel ricominciò a divincolarsi dalla stretta di lui, intuendo che Samuel, in quel momento, stava soffrendo al suo posto, anche se non riusciva a capire come fosse possibile.

"Smettila, ti prego."

Blue sentì i singhiozzi di lei e si allontanò, fissandola negli occhi.

Stava piangendo.

Piangeva per colpa sua! Era sicuro che l'avrebbe vista sorridere, se le avesse cancellato tutto il dolore, ma, invece, lei piangeva. Perchè? Perchè non c'era neanche l'ombra di un sorriso sul suo volto? Dove aveva sbagliato?

"Scusa" sussurrò piano e poi, evitando ogni contatto con lei, riprese a camminare. Rachel lo seguì, asciugandosi le lacrime con la manica della giacca.

Continuarono il loro percorso senza toccarsi, parlarsi, né guardarsi: come due sconosciuti che, casualmente, percorrono la stessa strada.

Quando il silenzio tra loro diventò imbarazzante e fastidioso, Rachel decise di romperlo.

"Non voglio che tu soffra al posto mio. Non è giusto." disse semplicemente.

Lui non rispose. La ragazza avrebbe voluto toccare la sua mano per fargli capire che era tutto a posto, ma, così facendo, lui avrebbe sofferto di nuovo.

"Bè, neanch'io voglio che tu stia male..." disse lui dopo qualche secondo di silenzio.

"Allora, se non vuoi che io stia male, resta qui con me, Samuel" sussurrò lei, come se in realtà lo chiedesse al vero Samuel.

Lui la guardò e, quando i suoi occhi incontrarono quelli di lei, annuì sorridendo.

"Se starti vicino ti renderà felice, allora lo farò. Voglio solo vederti sorridere…" pensò continuando a camminare insieme a Rachel.

"Che ore sono?" chiese lui, non appena il silenzio divenne insostenibile.

Rachel guardò il suo orologio da polso.

"Le 17.40" rispose.

"Ma, Samuel, tu vivi da queste parti?" gli chiese poi, guardandosi intorno.

Prima che Samuel potesse rispondere, si sentì travolgere da qualcuno.

"Blue!"

Fece un passo indietro per mantenere l'equilibrio, al collo le braccia di una ragazzina bionda con i capelli a caschetto.

Rachel fu colta da un'inspiegabile sensazione di gelosia nei confronti della persona che era comparsa dal nulla e si era letteralmente gettata al collo dell'angelo, chiamandolo Blue.

Quando un confuso Samuel riuscì a districarsi dalla stretta, vide Rachel sollevare interrogativamente un sopracciglio e la ragazzina donargli un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

"E questa chi diavolo è?" si chiese.

La bionda, intuendo la sua confusione, iniziò a ridere divertita.

"Non mi riconosci? Sono Red!" esclamò.

"Red?" chiese lui, incredulo "Sei Umana?"

La ragazzina non rispose; si limitò a guardarlo allarmata, gettando occhiate di sottecchi a Rachel.

Blue, all'inizio, non comprese il senso della sua reazione, poi guardò l'amica e capì. 

"Oh! Lei sa tutto di noi, stai tranquilla... " si affrettò a spiegare a Red.

Lei si rilassò, poi sbuffò.

" Ah, bè, allora è un'altra cosa... Hai avuto la stessa reazione di Green, comunque... Perché vi sembra così strano che io sia Umana, eh?" chiese lei, mettendo il broncio.

 "Forse perché non è da te." Pensò lui, ma non lo disse per evitare di discutere con l'angelo.

Rachel, che li osservava sempre più confusa con le braccia conserte, guardò Samuel interrogativamente, aspettando una spiegazione. 

Quando lui colse il suo sguardo, si affrettò a presentarle.

"Ehm, lei si chiama Red ed è un angelo come me!" spiegò lui.

"Un Terreno per l'esattezza!" ci tenne a precisare la ragazzina, poi tese la mano verso Rachel.

Lei restò immobile, non sapendo cosa pensare. Un altro angelo? Un'altra pazza, magari....

Red la guardò, la destra ancora tesa davanti a sè.

"Non è così che ci si presenta? Con una stretta di mano?" chiese a Rachel, temendo di aver sbagliato qualcosa.

Lei, scacciando tutti i pensieri che le ronzavano per la testa, la strinse, sorridendo amabilmente. Forse erano davvero dei pazzi, ma quella biondina sembrava simpatica.

"Piacere Red, io sono Rachel." Si presentò lei, educatamente.

"Rachel?" Red sembrò pensarci un attimo "Quella Rachel?" esclamò poi, quando capì che doveva essere la ragazza del diario, quella di cui si era innamorato Blue.

Samuel la zittì prontamente, mettendole una mano sulla bocca, mentre Rachel li guardava confusa.

Red si ribellò con un morso e Blue fu costretto a lasciare la presa sulla ragazzina e a portarsi la mano dolorante alla bocca per soffiarci sopra.

"Che ragazzina pestifera" pensò, mentre Red gli faceva la linguaccia.

Rachel rise: li trovava buffi, sembravano fratello e sorella.

Blue cercò di cambiare discorso, per evitare che la ragazza raccontasse all'Umana tutto quello che sapeva di lei.

"Red, allora, si può sapere che ci fai qui?" le chiese, cercando di sembrare scontroso.

"Ah, giusto, quasi me ne dimenticavo... " si ricordò lei "sono venuta a cercarti per dirti che è pronta la cena!"

"Alle 17.40?" si intromise Rachel, sorpresa.

"Ma è possibile?! Reagite tutti e due come Green! Si, alle 17.40! C'è qualche problema, forse?" Urlò indignata ed offesa.

"Ehi, mi è venuta un'idea!" disse Samuel "Rachel, ti va di venire a cena da noi?" propose alla sua nuova amica.

La ragazza cercò di rifiutare: non le sembrava il caso di andare a cena da dei pazzi che credevano di essere degli angeli, ma Red era già talmente entusiasta all'idea di avere un ospite che non riuscì a dire di no. Chiamò sua madre per chiedere il permesso, sperando di nascosto che lei glielo negasse. Invece sua madre fu d'accordo perché avrebbe fatto tardi e quindi non sarebbe riuscita a prepararle da mangiare quella sera.

"Magnifico!" pensò Rachel sarcastica; forse invece di dire "A cena con degli amici" avrebbe dovuto dire "a cena con degli estranei" ma ormai era troppo tardi e sua madre aveva già riattaccato. Quando diede la notizia a Samuel e Red, la ragazzina quasi esplose dalla gioia.

Così si incamminarono tutti e tre: Red, allegra, in testa al gruppo, Rachel dietro di lei, amareggiata e Samuel al suo fianco che la guardava divertito.

"Scusami..." sussurrò piano, intuendo che Rachel non avesse molta voglia di cenare da loro.

Lei si sforzò di sorridere, cercando di nascondere il proprio disagio.

Lui stiracchiò le braccia, incrociando le mani dietro la testa.

"Così potrai conoscere Green..." aggiunse, per niente contento.

 Samuel alzò lo sguardo dietro a Rachel: un furioso Lehcar, in quel momento, lo guardava truce.

"Scusa, Lehcar..." pensò tra sè, tornando a guardare Red che, in preda alla gioia, saltellava felice davanti a loro.

 

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Lettori rieccomi qua!!!!

Allora questo capitolo a dir la verità doveva essere un po’ più lungo, prendendo dentro anche la cena, poi invece all'ultimo ho deciso di dividerlo…quindi ecco qui quello che mi è uscito!!!! Scusate per la confusione tra i nomi Blue e Samuel…

Oggi è l'ultimo giorno di vacanza, domani inizia la scuola…;(….tutti pronti per il triste evento di domani??? Io no… Ma perché l'estate non può durare per sempreee!!!! X(

Vabbè…il prossimo capitolo devo anko iniziare a scriverlo e purtroppo con l'inizio della scuola non so bene quando riuscirò…spero il prima possibile…

Ed ora passiamo ai ringraziamenti!!

A chi ha messo la storia tra le preferite (3), chi tra le seguite (5) e chi tra le ricordate (4).

Ma soprattutto grazie a te, Liyen per i tuoi stupendi commenti!!!!!!!! ^^

-Spero che il capitolo ti sia piaciuto…nel prossimo penso succederà qualcosa tra Green e…. lo vedrai…:) (sempre che all'ultimo non cambi idea…) Baci-

 

Inoltre ringrazio anche Snail che ha letto la mia storia 'persa nella solitudine' commentandola anche!!!!!!!!!!!!!!!!! ^^

-Era una storia che mi era venuta in mente in un periodo in cui ero un po’ depressa per varie cose che mi erano accadute sinceramente…ti ringrazio molto per i complimenti, sono felice che ti sia piaciuta!!!! :))))) Kiss!-

 

Alla prossima lettori!!!!!!!!!!!!!!!!!

Kiss kiss

=Sony=

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Capitolo 11
*** 11- Cena ***


11- CENA

11- CENA

 

Green si alzò di scatto dal divano quando sentì la porta d'ingresso del suo appartamento aprirsi. Ripiegò velocemente il giornale che stava leggendo e lo appoggiò sul tavolino di vetro accanto a lui: si sentiva agitato e nervoso, come se fosse appena stato sorpreso nel fare qualcosa di terribile.

E lui qualcosa di terribile lo aveva fatto davvero: era riuscito a far sparire il diario di quello stupido di Blue e lo aveva messo al sicuro, sotto il materasso del suo letto.

Lì, non lo avrebbe mai trovato.

Red e Blue entrarono nella stanza e lui cercò di accoglierli con il suo sorriso migliore. Si spense instantaneamente quando, dietro ai due Terreni, comparve qualcun altro: una ragazza. Un'Umana.

"Cosa diavolo stanno combinando?"

Cercò di pensare positivo, ma dei sospetti cominciavano ad affollare la sua mente: se le avessero raccontato qualcosa? Sentì montare la rabbia a questa prospettiva, ma provò ad ignorare la cosa. Magari era soltanto un altro Terreno.

 

Rachel varcò la soglia e si ritrovò in un appartamento lussuoso, arredato con cura ed eleganza.

Quando Samuel la invitò ad avanzare, restò davvero affascinata dal luogo dove i due pazzi vivevano.

Ampio, i muri pitturati di bianco con dei quadri di pittori famosi appesi alle pareti; mobili in mogano, un grande tavolo al centro dell'enorme sala e il pavimento in parquet.

Non c'erano muri a dividere le stanze: in quel momento si trovava nell'ingresso e poteva benissimo ammirare la sala da pranzo e il salotto, il televisore al plasma, un divano (che, a prima vista, sembrava essere il più comodo del mondo) e, davanti ad esso, un tavolino di vetro con delle riviste.

L'unica nota negativa di quel posto era la freddezza. Sembrava essere un appartamento in vendita, uno di quelli vuoti, ordinati fino a diventare sterili che gli agenti immobiliari amano mostrare ai possibili acquirenti. Nessun colore, nessun segno di vita, niente fiori. Come se fosse nuovo.

Dal salotto partiva una scalinata di legno affiancata da una ringhiera in ferro battuto che portava al piano superiore: quella casa pareva immensa.

Il suo sguardo si posò su un uomo, alto, biondo, il viso serio. I suoi occhi verdi la colpirono particolarmente: erano strani e particolari, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a capire cosa li rendesse così affascinanti e misteriosi.

 

A Green fu sufficiente un'occhiata: quella era chiaramente un'Umana.

Spostò lo sguardo su Blue: quando notò la sua espressione persa, intuì che quella non era una semplice Umana. Era quella di cui si era invaghito: la proprietaria del diario che aveva nascosto.

"Ecco, Rachel, questo è Green." Blue li presentò educatamente, nella voce nessuna nota di felicità.

Rachel si avvicinò timidamente, tendendogli la mano e sfoggiando un timido sorriso.

Lui la guardò un istante, senza ricambiare il gesto.

L'attenzione di Green fu catturata all'improvviso da qualcosa dietro la ragazza, qualcosa che odiava con tutto se stesso: un angelo custode.

Le ali bianche e splendenti erano spiegate in segno di ostilità e diffidenza.

Lehcar, fin da quando era entrato nell'appartamento, non aveva staccato gli occhi da quell'individuo: il solo guardarlo gli procurava un senso di profondo disgusto e un'inspiegabile sensazione di disagio. Non si fidava di quell'essere: c'era qualcosa di terribilmente sbagliato in lui ed in tutta la situazione: soprattutto, c'erano troppi Terreni per i suoi gusti.

 

"Lei sa?" esordì Green rivolto agli altri due. La mano di Rachel era ancora tesa verso di lui, in attesa di una stretta amichevole.

Blue annuì piano, timoroso.

L'angelo verde sembrava non aspettare altro: tutta la sua furia esplose all'improvviso.

"Ma siete forse impazziti, voi due?" sbraitò "Raccontare tutto ad un'Umana? Non avreste mai dovuto farlo! E' contro tutte le regole!"

Rachel restò sconvolta per la sua reazione. L'aveva chiamata "Umana".

"E con questo siamo a tre..." pensò afflitta.

Green sbuffò scocciato e si allontanò dalla mano di Rachel.

Si lasciò cadere pesantemente sul divano, riprendendo tra le mani il giornale che stava sfogliando prima del loro arrivo.

"Sciocchi" pensò "non sapete a cosa andate incontro. Mai fidarsi di un Umano."

Rachel restò con la mano sospesa in aria, stupita per il comportamento maleducato dello sconosciuto.

Blue, al contrario, non era per niente sorpreso, ma non si aspettava di essere rimproverato per aver raccontato alla ragazza la verità. Non gli era mai stato detto di non farlo.

"Ragazzi, che ne dite se ci mettiamo tutti a tavola?" si intromise Red, interrompendo il silenzio che era calato nella casa.

Senza che i presenti acconsentissero, la ragazzina si fiondò in cucina, aspettandosi di essere raggiunta dagli altri.

Blue la seguì svogliatamente, accompagnato da una preoccupata Rachel; Lehcar, sempre dietro alla sua protetta, gettò un'ultima occhiata in direzione di Green che, immobile, se ne stava sul divano a leggere il giornale, il volto corrucciato in una smorfia infastidita e infuriata.

"Tu non vieni, Terreno?" chiese il Custode con tutto il disprezzo di cui era capace.

Green, per tutta risposta, strinse le mani intorno alla carta del quotidiano, stropicciandola e gli gettò un'occhiata carica d'odio. Quando l'angelo dalle ali bianche si voltò sbuffando, il Terreno gettò in malo modo il giornale sul tavolino e, alzatosi, seguì gli altri.

Questa sala era più piccola di quella dove si trovavano prima, ma al centro c'era un tavolo abbastanza grande per tutti.

Red preparò velocemente le posate e il piatto per Rachel e tutti si sedettero in attesa.

Blue si mise accanto a Rachel, mentre Green si sistemò di fronte a lei.

La ragazza si sentiva un po’ a disagio; tra i tre, quell'individuo sembrava il più pazzo di tutti. Ogni minuto che passava, si pentiva sempre di più di essere andata a cena da loro.

Quando Red appoggiò i piatti con le pietanze davanti ad ognuno, tutti si ritrassero, sbigottiti da ciò che si trovarono davanti. Specialmente Rachel, la cui teoria della malattia mentale diventava sempre più convincente ed inquietante.

"Ehm, scusa Red..." chiese titubante alla ragazzina che, con un sorriso a trentadue denti, si era seduta al suo posto accanto a Green, ansiosa di sentire i commenti dei tre.

"...Cosa avresti preparato?" Rachel osservò ancora una volta il contenuto del suo piatto, per verificare di aver visto giusto.

Si trattava di un pesce con delle patatine. Crudi. O meglio, il pesce era crudo e fresco: le patatine erano decisamente congelate.

"E' pesce con patatine fritte! Una volta ho visto degli umani in un posto chiamato ristorante, se non sbaglio, che mangiavano questa cosa. In effetti è un po’ diverso da come lo ricordavo, ma ho seguito la ricetta alla lettera e quindi penso abbia lo stesso sapore! Sembrava molto buono...Spero che vi piaccia!" concluse raggiante.

"Bè ecco..." cercò di spiegare Rachel, cercando le parole giuste per non ferire la ragazzina "...il fatto è che..."

"Che quello che hai preparato è immangiabile!" interruppe brutalmente Green.

Red lo guardò, confusa ed offesa, senza capire. Lui allontanò in malo modo il piatto e si appoggiò allo schienale della sedia, chiudendo gli occhi innervosito ed incrociando le braccia sul petto.

"Vedi Red, non li hai cucinati..." intervenne prontamente Rachel, per fermare la catastrofe che si stava creando.

"Cucinare? Ma io ho seguito la ricetta... diceva di mettere il cibo nel forno..."

"Per quanto tempo?" s'intromise Blue.

"Due ore circa..." rispose una desolata Red.

"Strano... Dovrebbero essere cotti... " commentò Rachel, tornando a fissare il suo pesce che sembrava fissarla dal piatto. Distolse lo sguardo, disgustata.

"Forse avresti dovuto accenderlo, il forno..." continuò sprezzante Green, gli occhi ancora chiusi.

"Dai Red, non importa, capita!" cercò di sdrammatizzare Rachel, cercando in tutti i modi di rimediare alle parole di Green.

"Si, dai Red, non prendertela. Io avrei fatto di peggio, sul serio!" intervenne Blue.

Green sorrise dentro di sé: "Ci credo, stupido Terreno!"

Quando aprì gli occhi, si sentì osservato. Lehcar.

Il Terreno verde gli ricordava qualcuno: il modo di fare, il carattere scontroso... era sicuro di averlo già incontrato prima, ma non ricordava dove.

"Ehi, tu, ragazzina!" Green abbassò lo sguardo su Rachel.

"S-si?" disse lei, messa in soggezione da quegli occhi.

"Dato che il nostro geniale amico Blue ha provveduto a metterti al corrente di tutto, potresti dire a quel rompiscatole del tuo Angelo Custode di smetterla di guardarmi così? Mi infastidisce..."

Lehcar si offese per le sue parole e fissò allarmato la sua protetta, ancora ignara della sua esistenza.

"Il mio A-angelo Custode, dici?" Rachel, confusa.

Il suo angelo custode? Cominciava a sperare che, di qualunque cosa si trattasse la loro malattia, non fosse contagiosa.

"Sì..." Sbuffò Blue al suo fianco, per nulla felice che Green le avesse parlato di Lehcar.

"E' dietro di te" continuò, indicando un punto dietro le spalle di Rachel, dove l'angelo era sospeso in aria, tranquillo, le magnifiche ali dispiegate.

"Cosa?" la ragazza si voltò di scatto: dietro di lei non c'era nessuno, come del resto si aspettava. Cominciava a preoccuparsi seriamente della questione: possibile che fossero pazzi tutti e tre? Che stessero solo recitando? Magari era tutto uno scherzo...

"Sentite, se non se ne va lui, me ne vado io. Non mi piace stare nella stessa stanza con un Custode, soprattutto uno fastidioso come quello."

Si alzò in piedi e, scostando la sedia in malo modo, si avviò fuori dalla stanza, sbuffando scocciato, le mani nelle tasche dei jeans.

"Ci vediamo." Salutò, per poi scomparire oltre la soglia.

I tre lo seguirono con lo sguardo finchè non fu uscito.

Rachel decise di assecondarli nella loro follia, dato che non parevano pericolosi, e tornò a parlare di quello che loro chiamavano 'Angelo Custode'. La faccenda la incuriosiva e nella sua mente una domanda cominciava a farsi strada tra i suoi pensieri: se fosse esistito sul serio?

" E' vero? Davvero dietro di me, in questo momento, c'è un angelo? Un angelo custode che mi sorveglia sempre? Con le ali vere?" chiese, sospettosa ed incredula.

Blue si offese per le sue parole. Era convinto che lei gli avesse creduto subito quando le aveva raccontato di essere un angelo. O, per lo meno, non aveva fatto una piega, sembrava non interessarle. Ora, invece, appena aveva saputo di Lehcar, aveva visto accendersi nei suoi occhi una luce di meraviglia e stupore. La cosa lo fece ingelosire.

Annuì, senza parlare.

Red, ancora offesa per il risultato della sua cena, decise di andarsene, cercando una scusa qualunque.

"Penso che andrò a vedere che ha Green..." esordì "E penso che anche tu, mio caro, debba lasciarli un po’ soli..." Continuò, rivolgendosi sfacciatamente a Lehcar e fissandolo con i suoi grandi occhi castani e rossi.

"Ma come osa darmi ordini? Neanche Nala è così sfrontata" pensò Lehcar, scocciato.

Nonostante questo, scomparve alla vista dei presenti.

Red corse fuori dalla stanza, ansiosa di lasciare soli Blue e quell'Umana.

Un pesante silenzio calò nella stanza.

Rachel non sapeva cosa dire e Blue aveva ancora quel senso di gelosia che pesava gli sul petto e sentiva, come se gli mancasse l'aria; nonostante fosse scomparso, sentiva comunque la presenza di Lehcar.

"Se n'è andato?" chiese timidamente Rachel.

Lui annuì, evitando di incontrare il suo sguardo "Cioè, no... E' ancora qui, solo che non posso più vederlo..." spiegò per essere più chiaro.

"Meglio" sorrise lei "così possiamo restare un po’ soli." Arrossì, non credendo alle sue stesse parole, e abbassò lo sguardo sul tavolo.

Lui alzò lo sguardo, stupito.

"Sai, ho un po’ di fame... Che ne dici di andare a mangiare qualcosa?" chiese, desideroso di stare ancora un po’ con lei.

Lei annuì, felice di uscire da quel freddo appartamento e di stare ancora un po’ con Samuel.

"Volentieri!" aggiunse.

Insieme uscirono. Quando furono fuori, sulla strada ancora affollata di gente, respirarono a pieni polmoni l'aria di quella cittadina e si sentirono decisamente sollevati. Faceva più freddo e i lampioni sui marciapiedi erano accesi, per illuminare meglio il cammino dei passanti.

Quando Rachel sentì la sua tasca vibrare, estrasse il cellulare.

Un messaggio. Da Miriam.

"Ehi, dove sei finita? E' da un po’ che non ci vediamo! Ho un mucchio di cose da raccontarti, non puoi immaginare cosa mi è successo!! Fammi sapere quando possiamo vederci! Un bacio."

Avrebbe dovuto risponderle, ma in quel momento non voleva fare altro che passare una bella serata con Samuel.

Spense il telefonino per non essere disturbata da nessuno e, dopo averlo rimesso in tasca, si incamminò con il ragazzo.

Miriam e tutti gli altri potevano aspettare, per il momento.

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Grazie a Paola per le correzioni!!! <3

 

Lettori rieccomi qua!!!

Ho scritto un nuovo capitolo, spero vi piaccia…purtroppo con l'inizio della scuola avrò meno tempo per scrivere, quindi vi avviso che a malapena riuscirò a mettere un capitolo ogni settimana, però ci proverò con tutte le mie forze!!!!

Come sempre ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite (4), chi tra le ricordate (4) e chi tra le seguite (5)!!!

Liyen:

-Si Lehcar è molto affezionato a Rachel e non vuole che le accada niente di male!! :) Forse però sta iniziando a capire che non può fermare il rapporto che sta nascendo tra lei e Blue! ;) Per quanto riguarda Miriam e Mairim ti preannuncio che il prossimo capitolo parlerà di loro (non so ancora se in parte o tutto perché devo ancora scriverlo), quindi aspetta ancora un poco che vedrai quali sono queste novità di cui Miriam vuole parlare a Rachel! Un bacio!-

Alla prossima fedeli lettori!!!

Kiss kiss

=Sony=

 

 

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Capitolo 12
*** 12- Incontro del destino ***


"Levo innanzi a te la candida stanchezza della mano;

"Levo innanzi a te la candida stanchezza della mano;
ripiego la mia veste splendida,chiudo su di me le ali;
stanco del premere obliquo al cielo, mi piego innanzi
alla tua porta."

 

12-INCONTRO DEL DESTINO

 

Miriam si sentiva stranamente felice.

Da un po' di tempo, aveva un sogno ricorrente, in cui lei stava con il suo principe azzurro, dai capelli castani e gli occhi dorati. 

A volte, le sembravano così reali che si svegliava pensando di trovare accanto a sé quel ragazzo che l'abbracciava e la baciava.

"Dev'essere un segno…" pensò mentre camminava per le vie della città, gli occhi rivolti verso il cielo blu che si innalzava sopra i palazzi.

Chissà, forse quei sogni significavano che stava per incontrare l'amore della sua vita, il suo principe azzurro: forse lui era davvero lì vicino.

Si sentiva come se pochi passi fossero stati sufficienti per raggiungerlo e per far si che il suo sogno diventasse realtà.

 

Mairim, che in quel momento condivideva i pensieri della sua protetta, si sentiva a sua volta felice: lei stava pensando a lui e, anche se lei ancora non conosceva la sua identità, a lui bastava. Sentiva che il suo amore era ricambiato e, anche se non sarebbero mai potuti stare insieme, per lui era la cosa più bella al mondo sapere che lei lo amava.

Avrebbe voluto tanto avvicinarsi a lei e sussurrarle all'orecchio: "Sono qui" per farle interrompere la ricerca. Ma era impossibile: lei avrebbe avvertito solo una piccola sensazione e niente di più. Non avrebbe mai udito la sua voce tremante per l'emozione.

 

Miriam, ancora immersa nei suoi pensieri, continuava a tenere lo sguardo fisso sul blu infinito sopra di lei, colorato solo da qualche nuvola bianca. Tra le mani teneva un sacchetto con dentro della carne e qualche verdura, il risultato della spesa al supermercato, dove sua madre l'aveva mandata per fare delle commissioni.

Miriam non si era mai innamorata nella sua vita; non davvero almeno.

Nella sua vecchia cittadina era uscita con un paio di ragazzi, ma per loro non aveva mai sentito niente di più di semplice affetto. Sentimento che non si era mai evoluto: le sue storie d'amore erano solo delle cottarelle infantili.

Poi suo padre si era dovuto trasferire per lavoro e lei e sua madre l'avevano dovuto seguire; appena arrivata, era come se avesse sentito che quello era il posto giusto, lì avrebbe potuto ricominciare, trovando finalmente qualcuno di cui innamorarsi sul serio.

Un urto violento la costrinse a spostare lo sguardo dal cielo ed a distogliere la mente da quei pensieri.

Cercò inutilmente di arrestare la caduta della sua spesa: tutto il cibo le cadde sul marciapiede in pochi secondi, senza che lei potesse fare altro che guardarlo sconsolata ed impotente.

Alzò gli occhi infuriata per fulminare con lo sguardo il colpevole di quella tragedia, anche se, in quel momento, era lei ad essere distratta...

"Oh, scusami! Mi dispiace tantissimo!!"

Una ragazzina bionda con gli occhi azzurri si chinò subito per raccogliere il contenuto del sacchetto.

Miriam la guardò truce, ma poi placò la sua rabbia, vedendo la ragazzina veramente dispiaciuta.

Sbuffò e poi si chinò a sua volta per aiutarla. In fin dei conti, era stata colpa sua...

"No, non ti preoccupare, non importa. Ero un po' distratta." la tranquillizzò Miriam, mostrandosi il più cordiale e gentile possibile.

Mentre infilava una melanzana nella borsina, notò qualcosa al polso della ragazza, una specie di braccialetto.

Anzi, sembrava più un orologio, solo che, invece dello schermo per leggere l'ora, questo aveva la foto di un ragazzo biondo, con i capelli corti e gli occhi blu che fissavano seri e severi l'obiettivo.

"Sarà il suo fidanzato.." pensò Miriam "...Questi giovani! Io non avrei mai voluto un braccialetto con la foto del mio..."

Quando si rialzarono, il sacchetto di nuovo pieno tra le braccia della proprietaria, le due restarono a guardarsi un po’, una di fronte all'altra.

"E' il tuo ragazzo?" le chiese sfacciata Miriam, indicando il braccialetto della ragazza.

Lei, alzò il polso, fissandolo un attimo, come se non si fosse mai resa conto di quella foto, poi sorrise timidamente.

"No..." rispose, sempre fissandolo, gli occhi azzurro chiaro persi in qualche ricordo "…è mio fratello."

Miriam strabuzzò gli occhi, senza capire il senso di portare un braccialetto con l'immagine del proprio fratello.

Notando però lo sguardo perso della ragazza, cercò di cambiare discorso frenando la curiosità che la stava assalendo.

"Piacere, io mi chiamo Miriam".

Le tese una mano, cercando di tenere il sacchetto con l'altra.

La ragazzina alzò lo sguardo verso di lei e la strinse.

"Sara" aggiunse.

Poi, ritraendo la mano, continuò: "Scusa ancora per averti urtato in quel modo, ora devo andare... Non voglio arrivare a casa in ritardo."

Detto questo, si voltò ed iniziò a correre, mischiandosi tra la folla.

"Che tipo strano…" pensò Miriam. Poi si ricordò che anche lei doveva tornare indietro e si fiondò a sua volta tra la folla, il sacchetto ben stretto tra le mani.

 

"Mamma, sono tornata!" Miriam entrò esausta, chiudendosi la porta alle spalle.

Entrò in cucina, dove sua madre la aspettava impaziente.

"Era ora! Ti ho mandato al supermercato dietro l'angolo, non a chilometri di distanza! Perchè ci hai messo tanto?"

Miriam le diede il sacchetto scusandosi per il ritardo, poi si lasciò cadere su una delle sedie in legno del grande tavolo al centro della stanza.

Sua madre estrasse il cibo dal sacchetto, mettendo la verdura nel lavandino.

"Stasera abbiamo ospiti a cena" avvertì la madre di Miriam.

Lei la guardò incuriosita.

"Tuo padre ha invitato il suo capo e sua moglie a cenare da noi, quindi comportati bene: per tuo padre è davvero molto importante questa cena e deve cercare di fare colpo sul suo capo, ok?"

Miriam, per tutta risposta, sbuffò e poi aggiunse un 'si' per nulla entusiasta. Si alzò dalla sedia e si rifugiò in camera sua, sdraiandosi sul letto.

"Sempre la solita, stupida e noiosissima cena di lavoro!" pensò, afflitta e scocciata.

"Se continua così, non conoscerò mai nessuno di cui innamorarmi... forse solo qualche vecchio e rugoso dirigente..."

Non poteva aspettare che il destino facesse il suo corso e che il suo sogno si avverasse, avrebbe dovuto fare tutto da sola, se veramente voleva incontrare qualcuno di interessante.

 

"Buonasera, signori. Benvenuti."

Miriam sentì suo padre accogliere l'ospite nell'ingresso della casa. Lei, vestita elegante, era già seduta composta al tavolo, le braccia e le mani giunte appoggiate sul ripiano in legno.

Osservò sua madre che si strofinava le mani, visibilmente agitata per la cena, in ansia di veder apparire i suoi ospiti.

"Questa cena dev'essere davvero importante per papà" pensò Miriam.

Si immaginava già le persone che stava per vedere: un vecchio rugoso, dai capelli bianchi, tutto profumato e altezzoso, accompagnato da una donna acida e antipatica. Più o meno, quello era sempre stato l'aspetto degli ospiti di lavoro di suo padre.

Si alzò in piedi quando sentì il rumore dei passi avvicinarsi alla sala da pranzo.

"Ero sicuro che avreste portato vostra moglie." Sentì la voce di suo padre più vicina.

"Purtroppo un impegno improvviso l'ha costretta a rinunciare alla serata.." una voce profonda e austera gli rispose.

Quando entrarono nella sala da pranzo, il cuore di Miriam perse un colpo.

I suoi occhi castani rimasero a lungo fissi su un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi verde chiaro. 

Possibile che fosse proprio lui? Gli somigliava così tanto... e se l'avesse finalmente trovato?

Davanti a lei, accanto ad un uomo alto, con i capelli bianchi, stava il principe azzurro che aveva sognato di recente.

"Spero che vada bene comunque se ho voluto portare mio figlio.." aggiunse il vecchio dalla voce austera.

"Steve" continuò, presentando il giovane accanto a lui.

In quel momento la mente di Miriam si svuotò completamente. Solo un nome vi rimase, come inciso nella pietra, incancellabile.

"Steve"

Mai, prima d'allora, un nome le era sembrato così dolce e melodioso.

 

Mairim si sentì attraversare da una scarica di punte affilate: avrebbe voluto morire.

Lo sentiva. Sentiva il cuore di Miriam battere all'impazzata. Non per lui, però.

Fissò i due che erano appena entrai nella stanza con il padre della sua protetta. Guardò soprattutto lui, il giovane che gli aveva appena provocato quel dolore.

Quel ragazzo gli somigliava tanto: i capelli castani e gli occhi verde chiaro.

Miriam non poteva essersi innamorata di lui, non con un solo sguardo. Lei amava lui.. e nessun altro...

Si sentì improvvisamente debole: non riusciva più a stare lì, in quella stanza, continuando a sentire nelle orecchie il rimbombo del cuore di Miriam. Il suo avrebbe dovuto imitarlo, dato che erano legati in modo indissolubile, ma non ci riusciva: invece soffriva. Soffriva da morire.

Doveva andarsene.

Uscì dalla stanza, rifugiandosi nella camera di Miriam: sapeva che non avrebbe dovuto lasciare sola la sua protetta neanche un attimo o le sarebbe potuto accadere qualcosa, ma non riusciva più a stare in quella stanza. Andava oltre le sue capacità.

Aveva giurato, era certo di riuscire ad accettare un altro nella vita della sua protetta, ma non credeva sarebbe stato così difficile, così doloroso.

Lei era già stata con qualcuno prima, ma mai aveva sentito il suo cuore battere in quel modo ed i suoi bellissimi occhi illuminarsi così.

Lei era felice, ma lui non riusciva a fare altrettanto. 

Si lasciò cadere sul letto di lei, affondando la testa nel cuscino. Riusciva a respirare il suo dolce profumo di vaniglia.

Avrebbe dovuto accettarlo ed essere felice per lei.

Si sentiva egoista, sciocco ed egocentrico, ma non riusciva proprio a sopportarlo.

Si mise una mano tra i capelli, fissando il soffitto triste e distrutto.

Nonostante fosse lontano da lei sentiva ancora tutto, come se fosse ancora in quella stanza. Sentiva il suo cuore battere ancora forte e i pensieri di lei fissi su quel ragazzo.

Non era giusto. Non era affatto giusto.

Lacrime di dolore iniziarono a rigargli le guance. Si portò una mano al volto, toccando quelle strane gocce.

Un angelo che piangeva. Non sapeva fosse possibile. Era ridicolo. Era sbagliato.

Le lacrime non si fermavano, non seguivano quello che lui sentiva dentro in quel momento: vuoto e paura, ma soprattutto dolore.

Era finita, l'aveva persa per sempre.

Chiuse gli occhi e si tappò le orecchie con le mani, come per arrestare  quel cuore che continuava a battere veloce e felice, mentre il suo, invece, faticava a continuare e rallentava sempre di più.

Ma era inutile: continuava a rimbombargli nella mente.

"Basta…" sussurrò, con le lacrime che continuavano a scorrere copiose.

Supplicava, pregava affinchè quel cuore smettesse di battere per quel ragazzo.

Si raggomitolò su se stesso, stringendo intorno al suo corpo le sue grandi ali bianche. Chiuse gli occhi, le mani sempre sulle orecchie. Ma il suono non cessava.

Restò in quella posizione, le ali strette come per proteggersi dalla sofferenza.

Una delle candide piume si staccò e, fluttuando leggera nell'aria, cadde a terra senza rumore, accanto al letto, sola, indifesa e senza vita.

Una piccola piuma bianca e candida che, pochi secondi dopo, perse il suo colore lucente e divenne grigia, triste e spenta.

Morta.

 

Miriam era rimasta incantata da Steve.

Prima della cena, lui le si era avvicinato e le aveva stretto cordialmente la mano.

Quando quel contatto caldo e morbido le giunse dritto al cuore, si sentì invadere dalla gioia.

Il suo cuore batteva sempre più velocemente: ormai era fuori da ogni controllo.

Gli occhi verde chiaro di lui si illuminarono quando incontrarono quelli più scuri di lei.

Intuì che lui ricambiava. O forse lo sperava soltanto.

Non sapeva se suo padre avrebbe fatto colpo sul suo capo, ma lei era certa di aver appena fatto colpo su quel ragazzo.

Ne era felice: quello era il ragazzo giusto, quello di cui innamorarsi sul serio. Lo sentiva.

Quello era il suo principe azzurro.

Tuttavia, nell'immensa felicità che provava in quel momento, c'era qualcosa di inspiegabile: una punta di tristezza che la feriva nel profondo.

Non capiva cos'era, ma in quel momento decise di non pensarci.

Non avrebbe mai potuto nemmeno lontanamente immaginare che quel lontano dolore era causato dal dolore di Mairim.

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Rieccomiiiii!!!!!

Questo capitolo è davvero triste, povero Mairim!!!!! :,( sigh!!! T___T

Comunque…questa settimana mi aspettano già un po’ di verifiche quindi non so bene quando avrò tempo di scrivere il prossimo capitolo, che molto probabilmente tornerà a Rachel e Blue…e sarà uno degli ultimi capitoli prima della tempesta che colpirà i due protagonisti…Spoiler sul prossimo capitolo non ne ho…però vi dico che con l'arrivo della tempesta ci sarà un nuovo personaggio, cattivo, che Green conosce…ecco, vi ho già detto abbastanza…:)

Ora passiamo ai ringraziamentiiiii!!!!!!!!!

 

1 - Arasi
2 - black horse
3 - cassandra4ever
4 - liyen

 

(PREFERITE)

 

 

1 - bersa
2 -
black horse
3 -
ellie_
4 -
poeticdream

 

(RICORDATE)

 

 

1 - black horse
2 -
Cristie
3 -
Kicks
4 -
mo duinne
5 -
snail
6 -
stop_the_time
7 -
wingedangel

 

(SEGUITE)

 

Ma ringrazio SOPRATTUTTO chi ha recensito la mia storia!!!!!!! GRAZIEEEEE!!!!!! ^^

 

LIYEN

Ecco qua il capitolo tra Miriam e Mairim!!! Purtroppo il loro rapporto inizia a rovinarsi a causa di questo nuovo personaggio…Povero Mairim!! Quasi non mi mettevo a piangere mentre lo scrivevo!! Poi la loro storia andrà avanti, la fine della loro storia ce l'ho già in mente, ma purtroppo ti avviso che non sarà molto felice…:(

Spero comunque che continuerai a seguirmi in questa storia…Un bacio!

 

 

WINGEDANGEL

Allora, che dire: benvenuta e grazie per i tuoi stupendi commenti!! Non ti preoccupare se inizi a blaterare nelle tue recensioni, non mi da fastidio, davvero!! :) Sono felice che la storia che sto scrivendo ti sia piaciuta, che la lettera di Samuel ti abbia fatto commuovere così tanto…Per il fatto del libro ammetto di averci pensato, però non ne sono ancora sicura, per questo prima lo sto scrivendo qui su efp per vedere se può andare come idea, infatti questa è solo una 'bozza', poi quando lo finisco lo risistemo tutto bene e vedo cosa farci…:) Però se mi dici che tu saresti la prima a comprarlo e che addirittura sei disposta ad aprire un editoria per me, già mi mandi al settimo cielo per la felicità, davvero!! Leggere quel tuo commento mi ha commossa, non credevo ti sarebbe piaciuta così tanto questa storia!!! Comunque ci hai azzeccato, Green è cattivo purtroppo, mi dispiace che ti piaccia ma purtroppo non diventa buono…non sarà il solo dei cattivi però…Poi ti dico subito che non ha avuto una storia con Nala, neanche la conosce…però lui già conosceva Lehcar prima di incontrarlo alla cena…sono sicura che comunque piano piano capirai come stanno le cose nel passato di Green…Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che tu e Aras continuiate a seguirmi!!!! :) Baci!!

P.S.:  Ah, quasi dimenticavo, il nome della ragazzina che incontra Miriam, Sara, a dir la verità non l'ho chiamata così per te ma ci pensavo da un po’ di darle quel nome e a leggere i tuoi commenti mi ha spinto a chiamarla così…avrà una parte abbastanza importante nella storia, un po’ più avanti almeno…:)

 

Al prossimo capitolo, lettori!!!!!!!! Un bacio a tutti!!

Kiss kiss

=Sony=

 

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Capitolo 13
*** 13- Sogno ***


"Mentre dormi ti proteggo

 

 

"Mentre dormi ti proteggo

e ti sfioro con le dita
ti respiro e ti trattengo
per averti per sempre"

 

13- SOGNO

 

Una piuma triste e sola. Morta. Spenta per sempre.

Miriam entrò nella sua stanza, la mente ancora avvolta dal vortice di emozioni che l'aveva assalita quella sera.

Qualcosa attirò il suo sguardo: uno scintillio, come quando l'acqua viene colpita dalla luce del sole. Sembrava lo stesso effetto.

Si avvicinò curiosa e trovò una piccola piuma un po' ingrigita. La prese tra le mani delicatamente. Tenne lo sguardo fisso su di lei, così piccola, innocente ed indifesa.

Sentì la piuma leggermente umida.

La sensazione di tristezza di poco prima la colpì di nuovo, più forte questa volta.

Lasciò cadere la piuma che, fluttuando leggera, tornò a giacere sul pavimento della sua stanza, triste e di nuovo sola.

Miriam non si chiese da dove venisse, non ne sentiva il bisogno: era come se una parte di lei sapesse a chi apparteneva.

Ma perché fosse lì, sola, quello non lo capiva.

Cosa era successo al proprietario di quella piuma?

Si sedette sul letto, sentendosi improvvisamente sconvolta. Possibile che quel piccolo oggetto scatenasse in lei tutte quelle orribili sensazioni? Preoccupazione, dolore, tristezza... ma soprattutto paura. Un profondo sentimento di paura che, partendo dal cuore, si estendeva a tutto il suo corpo.

Perchè si sentiva in quel modo?

Non sapeva perchè, ma non riusciva più a tollerarne la vista. La raccolse una seconda volta e, spalancata la finestra, la lasciò scivolare via, facendola fluttuare nella notte.

La seguì con lo sguardo finchè non scomparve nelle tenebre, diventando una parte indistinguibile di tutto quel buio.

Ora avrebbe dovuto sentirsi meglio e le sensazioni di poco prima sarebbero dovute scomparire per lasciare il posto a quelle felici di poco prima, quando aveva conosciuto Steve.

Ma allora perché stava ancora male? Come se avesse appena commesso lo sbaglio più terribile della sua vita?

Scosse la testa per scacciare quei pensieri inquietanti che, per qualche motivo, la tormentavano.

Si voltò verso il suo letto: i raggi della luna piena filtravano dalla finestra aperta, illuminando debolmente la sua stanza. Nonostante fosse sola, aveva la sensazione che ci fosse qualcun altro in quella camera, insieme a lei. E lo sentiva soffrire terribilmente, anche se non sapeva come né perché.

Prese il suo i-pod dalla scrivania e, infilandosi le cuffie nelle orecchie, si buttò sul letto, alzando il volume della musica per cancellare quelle inspiegabili e spiacevoli sensazioni; chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi.

Fece scorrere velocemente ogni canzone, senza ascoltarne nessuna fino alla fine.

Un improvviso senso di stanchezza la colpì: faticava a tenere gli occhi aperti. Si tolse il suo vestito elegante e, infilatosi velocemente il pigiama, si mise sotto le coperte, cercando di allontanare l'insolito freddo che la gelava dentro.

Fissò il soffitto bianco sopra di lei, la musica che suonava ancora nelle cuffie.

Le ombre si muovevano sinistre e minacciose: le palpebre diventarono pesanti e si chiusero piano, la mano lasciò libero l'i-pod. Una canzone, senza essere interrotta da Miriam, continuò a cantare e una cuffia le uscì dall'orecchio, cadendo sul cuscino accanto alla sua testa. Trattenendo il respiro, si sarebbero potute sentire le note che si rincorrevano, decorate da parole melodiose.

Mairim era sdraiato su un fianco, accanto a Miriam, il gomito appoggiato sul cuscino per sostenere la testa, gli occhi verde chiaro fissi sulla sua protetta.

Si sentiva a pezzi: non solo non riusciva ad accettare quel nuovo ragazzo nel cuore di Miriam, ma la faceva anche soffrire a causa dei suoi sentimenti. Era imperdonabile, doveva sforzarsi con tutto se stesso di non coinvolgere la sua protetta.

Chiuse gli occhi, arrestando le ultime lacrime che ancora gli rigavano il volto.

Come la sera del loro primo ed unico bacio, si avvicinò a Miriam.

Guardò i suoi occhi chiusi, sperando che, da un momento all'altro, lei li aprisse e lo vedesse, anche se sapeva bene quanto il suo desiderio fosse irreazlizzabile.

Quel pomeriggio avrebbe tanto voluto sussurarle all'orecchio, ma non lo aveva fatto: temeva una qualche punizione divina, ma in quel momento, dopo quello che era avvenuto, non aveva più paura di rischiare.

Si avvicinò all'orecchio di Miriam libero dalla cuffia e sussurrò dolcemente: "Sono qui." Con la voce che tremava ad ogni lettera, ad ogni sillaba.

Rimase immobile, in attesa di una reazione, anche se piccola, da parte di lei; ma niente, Miriam continuò a tenere gli occhi chiusi, con la mente persa in qualche sogno.

Avrebbe potuto incontrarla lì, in quella dimensione che era soltanto loro, senza nessuno Steve o altri; ma aveva paura; paura di vedere che nei suoi sogni non c'era più lui, ma un altro.

Appoggiò la testa sul cuscino, accanto a quella di lei, sempre sdraiato su un fianco, con i suoi occhi immersi a studiare il profilo di lei, del suo volto, bellissimo e perfetto come sempre al suo sguardo.

La musica continuava a trasmettere la sua melodia, senza mai fermarsi.

"Mentre dormi ti proteggo

e ti sfioro con le dita

ti respiro e ti trattengo,

per averti per sempre"

Mairim ripetè le parole inconsciamente, sussurrandole meccanicamente, piano e silenzioso.

Restò sveglio tutta la notte, senza mai intromettersi nei sogni di Miriam. Continuò a ripetere per un po’ quelle parole: gli sembravano così adatte...

"Mentre dormi ti proteggo

e ti sfioro con le dita

ti respiro e ti trattengo

per averti per sempre"

I sogni di Miriam quella notte furono vuoti e tristi: il suo principe azzurro non c'era più.

Era sola, come Mairim: come quella piuma che il vento trasportava via, lontano da quel luogo.

 

Rachel e Blue passarono tutta la sera insieme.

Andarono in un locale, presero un panino ciascuno e poi si diressero in quello che sembrava essere diventato il loro posto preferito. Lì potevano stare insieme senza angeli custodi, ragazzine strane o silenzi imbarazzanti.

Sulla loro spiaggia potevano essere se stessi, loro due senza nessun altro.

Si sedettero al loro solito posto; Rachel addentò il suo panino e Blue si sdraiò sulla spiaggia, il panino tra le mani e lo sguardo rivolto al cielo, dove le stelle brillavano come tante lucciole che cercavano di illuminare il nero della notte.

La luna piena rifletteva la sua luce sul mare calmo e pacifico che si infrangeva dolcemente sugli scogli.

Il silenzio scese su Rachel e Blue, il loro silenzio, non quello fastidioso che si era sentito durante la cena.

Addentò a sua volta il suo panino.

Rachel lo sbirciava di nascosto mentre, seduta con le braccia intorno alle ginocchia, continuava a mangiare.

Era attratta da quel ragazzo. Ogni secondo che passava con lui si sentiva più felice, più viva.

Senza saperlo, lui la stava aiutando a voltare pagina, sentiva il proprio cuore tremare mentre lo guardava.

Anche in tutto quel buio, riusciva a vedere i suoi occhi blu. Erano stupendi, con quelle scagliette azzurre e quella luce viva e spensierata.

Sentì dei brividi sulla pelle, quando una folata di vento soffiò su di loro, disordinando i capelli di lui: c'era freddo quella sera e lei non aveva niente di pesante addosso.

Tuttavia, sentiva come se una sottospecie di calore fosse partita dal suo petto e si stesse estendendo in tutto il suo corpo.

Che si stesse innamorando di quel ragazzo?

Distolse lo sguardo da lui e, terminato con un ultimo morso il suo panino, si sdraiò a sua volta, la testa appoggiata sulla sabbia, fissando i miliardi di stelle che coloravano il cielo.

Le sembravano tanti puntini luminosi che qualcuno aveva disegnato su un foglio nero, con il desiderio di interrompere tutta quella monotonia.

Sorrise, pensando che lo immaginava solo perché sapeva bene quello che stava succedendo a lei in quel momento. Stava ritornando a vivere, stava andando avanti, come aveva scritto nel suo diario.

Blue, a sua volta, sbirciò di nascosto Rachel: nei suoi occhi non lesse più nessuna preoccupazione, nessuna tristezza. Sorrideva e ciò lo faceva sentire immensamente bene. D'altronde tutto quello che voleva era che lei fosse felice.

Sorrise a sua volta, tornando ad immergere lo sguardo nel nero sopra di lui e addentando un'altra volta il suo panino.

"Samuel…" Esordì lei, dopo un po’.

Lui distolse lo sguardo, per incontrare i suoi occhi, ma lei continuava a guardare il cielo.

"Sei veramente un angelo?" gli chiese timidamente, quasi sussurrando.

"Non mi credi?" le domandò lui a sua volta.

Lei si voltò verso di lui. I loro volti erano a pochi centimetri di distanza. Il cuore di Rachel iniziò ad accelerare e si sentì avvampare per l'imbarazzo. Sarebbe bastato così poco...

Distolse lo sguardo, cercando di calmare il proprio battito e di spazzare via la folla di pensieri che la stavano assalendo.

"Non è che non ti creda…" farfugliò, cercando di trovare le parole giuste per non ferirlo "...è solo che non è che si incontrano angeli tutti i giorni e bè... ecco, non è una cosa normale... per me neanche esistono gli angeli!" disse tutto d'un fiato, mischiando le parole e cercando di dare loro un senso, anche se non era sicura di cosa avesse appena detto.

Lui non sapeva cosa dire: Rachel, in fin dei conti, aveva ragione, come poteva fidarsi di qualcuno che raccontava di essere un angelo? Probabilmente lo aveva ritenuto pazzo per tutto il tempo. Tuttavia non poteva mostrarsi a lei neanche con le ali: non sapeva ancora controllare la propria luce e non avrebbe mai voluto accecarla.

Restò in silenzio, tornando a guardare il cielo, cercando una qualsiasi risposta.

Rachel, quando riuscì a calmare le sue emozioni, continuò a parlare, senza aspettare che lui replicasse.

"Per me sei proprio pazzo."

Lui la guardò offeso, ma quando notò un sorriso malizioso sul volto di lei, la imitò.

Movendosi velocemente, si portò verso di lei e, prendendola per le braccia, la portò sopra il proprio corpo.

Successe tutto in un secondo: un attimo prima davanti a lei c'era il cielo e subito dopo si stava immergendo nei suoi occhi blu. Rachel arrossì violentemente e ringraziò in silenzio che fosse notte fonda, cosicché lui non potesse accorgersene.

Ancora doveva rendersi conto bene di come fosse accaduto. Aveva le mai appoggiate alla sabbia, accanto ai capelli di lui, il suo volto era vicinissimo a lui e poi...

Poi la sua mente si svuotò completamente, avvolta solo da un senso di totale benessere; chiuse gli occhi, mentre Blue la abbracciava alla vita con le braccia, incurante del fatto di aver perso il suo panino, caduto miseramente sulla sabbia.

Il contatto con Rachel non gli faceva male.

Sentiva che la sofferenza di lei era diminuita e quindi nemmeno lui non sentiva dolore.

Era felice.

Le sorrise, ma senza malizia. Lei, che lo guardava confusa e spensierata, notò che lui non sembrava nemmeno accorgersi della posizione imbarazzante che avevano assunto.

Blue iniziò a rotolare insieme a lei sulla sabbia, ridendo come un bambino.

Rachel si unì alla sua risata, divertita da quel gioco.

Continuarono per qualche metro, finchè non si ritrovarono scambiati di posto.

I capelli neri di Rachel si sparsero sulla sabbia fredda, mischiandosi ai granelli e sopra di lei, Blue la fissava negli occhi, i volti sempre distanziati dai quei pochi centimetri.

La ragazza smise di ridere, perdendosi un'altra volta negli occhi di lui. Anche l'angelo si fermò, notando l'espressione persa di lei, ma senza capire cosa significasse.

All'improvviso, Rachel non riuscì più a sentire altro che il battito del suo cuore: sembrava che le parlasse, invitandola a farsi avanti. La sua mente si svuotò completamente.

Piano piano, con dolcezza e un po' di timore, tremando leggermente, alzò la testa dalla sabbia e, chiudendo gli occhi, appoggiò le labbra su quelle del suo nuovo Samuel.

Il suo cuore le aveva ordinato di annullare quei fastidiosi ed insignificanti centimetri che la separavano da lui. Appoggiò le mani al suo petto e tenne le labbra appoggiate a quelle chiuse di lui.

Blue non capì subito quello che stava succedendo o cosa stesse facendo Rachel. Non ricordava di aver mai provato nulla del genere.

Si chiese cosa significasse e perchè stesse accadendo. Ma poi, smise di porsi domande. Era come se la sua bocca sapesse cosa fare ed iniziò a danzare su quella di lei.

Blue chiuse a sua volta gli occhi, ascoltando il battito del suo cuore che accelerava e impazziva. Gli piaceva quel nuovo genere di contatto con Rachel.

Si staccò da lei e tenne la bocca a qualche centimetro di distanza dalla sua. Riaprì gli occhi e vide che anche quelli di lei brillavano.

Attraverso il suo corpo, sentì un'emozione forte arrivare da Rachel, nuova ed inaspettata. Un misto di felicità e d'affetto al quale non sapeva dare un nome, un sentimento caldo e dolce, che arrivava dritto al cuore e che non avrebbe saputo spiegare.

Era amore.

Quel sentimento che Rachel aveva descritto nel suo diario come qualcosa di timido e pauroso che, ad un certo punto, diventa così forte da dover essere rivelato e talmente potente da sostituire ogni altra cosa nella mente e nel cuore.

Rachel sorrise, felice ed entusiasta. Si erano baciati ed era stato magnifico: si stava proprio innamorando.

Quando Samuel si spostò, sdraiandosi al suo fianco, davanti a Rachel riapparvero d'un tratto tutte le stelle che, per qualche momento, erano scomparse alla sua vista.

Le sembrarono più brillanti che mai, come se anche loro stessero partecipando alla gioia del suo cuore.

Voltò la testa per cercare Samuel, come per controllare che non fosse stato tutto un sogno.

Lui era ancora lì, sdraiato accanto a lei, lo sguardo perso nel nero del cielo.

Rachel sorrise di nuovo e prese la mano dell'angelo, tornando a guardare le stelle.

"Sono contenta di averti ancora qui, Samuel" sussurrò silenziosa al cielo, senza farsi sentire dal ragazzo sdraiato accanto a lei.

E quando le sembrò di vedere una stella illuminarsi, gli occhi le brillarono, interpretando quel segno come una risposta ai suoi pensieri.

"Sono felice anch'io, Rachel"

 

Rachel entrò in casa, cercando di essere il più silenziosa possibile e chiudendo piano la porta alle sue spalle per non far rumore.

Sempre in punta di piedi, percorse il corridoio, trattenendo quasi il respiro.

Sentì il russare di suo padre provenire dalla stanza dei suoi genitori.

Quando entrò nella sua stanza si gettò sul letto, sprofondando il volto nel cuscino per soffocare dei gridolini di gioia.

" Ci siamo baciati! Ci siamo baciati!"

I suoi pensieri continuavano a ripetere quella frase all'infinito, come se l'unica informazione che fosse rimasta nella sua testa fosse quella.

Si infilò velocemente il pigiama per poi coprirsi fino al naso con il piumino.

Si sentiva ancora arrossire se ripensava a quello che era successo soltanto mezz'ora prima.

Chiuse gli occhi, cercando di addormentarsi.

Passò qualche minuto, in sottofondo il ticchettio dell'orologio appeso alla parete.

Rachel sentì un rumore e si alzò di scatto, preoccupata.

Si guardò in giro, sospettosa, indecisa se credere che fosse stata la sua immaginazione oppure se fosse appena entrato un ladro.

Quando spostò lo sguardo vicino alla sua finestra, quasi gridò per lo spavento. Lì, in piedi tra le tende, c'era Samuel, gli occhi blu e i capelli corvini disordinati e ancora un po' sporchi di sabbia.

"S-samuel?" sussurrò, credendo di sognare, "sei tu?"

Samuel si avvicinò a lei e si inginocchiò accanto al suo letto, appoggiando le braccia e la testa sul materasso, come la prima volta che era stato lì.

La guardò fisso negli occhi e le sorrise.

"No, sono Babbo Natale in anticipo.... Certo che sono Samuel, chi vuoi che sia?" le chiese ironico.

"Ma come hai fatto ad entrare?" gli domandò lei. La sua stanza si trovava al terzo piano e non c'erano alberi o altro per potersi arrampicare fino a lì.

"Sono un angelo, ricordi?" le spiegò lui, continuando a sorriderle.

"Posso restare qui con te?" le chiese poi, speranzoso.

Rachel si trovò ad un bivio: da una parte la sua mente che, risvegliata di colpo dal senso di torpore in cui era caduta fino a poco prima, le diceva assolutamente di non acconsentire. Non che avesse paura che lui potesse approfittare della situazione, ma se poi i suoi genitori li avessero trovati insieme? Sarebbe stata una vera catastrofe.

Ma d'altra parte, il suo cuore non riusciva a mandarlo via.

Annuì.

Lui sì alzò in piedi, salì sul letto e, scavalcandola, si sdraiò al suo fianco e, abbracciandola da dietro, appoggiò la testa sul cuscino, dietro a quella di lei.

Era bellissimo stare lì, stretta a lui.

Rachel si sentì arrossire di nuovo.

Si addormentò beatamente, accoccolata tra le sue braccia, scaldata dal suo corpo e al ritmo del suo respiro.

Poco dopo, anche Blue chiuse piano gli occhi, sprofondando in un sonno profondo.

Lehcar, quando fu sicuro che nessuno potesse vederlo, uscì allo scoperto.

Non riusciva a credere che la sua protetta si fosse innamorata di quel Terreno...

Si sentiva responsabile: avrebbe dovuto interrompere il loro rapporto fin dall'inizio, per evitare quello che era successo quella sera.

Tuttavia una parte di lui, anche se piccola e ben nascosta, si sentiva sollevata: per la prima volta, dopo tanti mesi, la sua protetta era tornata a sorridere.

Questo lo rendeva felice. Forse ora avrebbe smesso di soffrire e sarebbe tornata a vivere, anche se Lehcar avrebbe preferito che non fosse proprio quel Terreno la causa di quel benessere.

Infine chiuse gli occhi, entrando nei sogni Rachel senza rendersene conto.

 

Blue si trovava nel nulla infinito, immerso nel bianco. Come quando si era svegliato per la prima volta da Terreno. Solo che il dolore al petto non c'era più.

Si guardò intorno, cercando di capire dove si trovasse, ma intorno a lui c'era solo quel colore immacolato. Nient'altro.

"Non temere."

Blue riconobbe immediatamente quella voce: era quella calda e accogliente che l'aveva portato da Rachel.

Una luce forte e dorata illuminò un punto nel bianco. Da quella luce, uscì una figura femminile, i capelli corvini, ricci e lunghi e gli occhi chiari, tendenti al verde, una tonalità strana, rassicurante.

La figura era a qualche metro da lui e fluttuava nel nulla.

Blue si accorse che, dalla schiena della donna, spuntavano un paio di enormi ali bianche: era un angelo, un Custode.

"Tu chi sei?" gli chiese diffidente.

"Un'amica…" disse semplicemente lei.

Blue riconobbe la sua voce in quella calda e accogliente di poco prima. Continuò:

"E' giusto che tu sappia molte cose."

Blue, confuso, la guardava senza capire.

Quando lei distese le sue grandi ali bianche, notò qualcosa di strano, qualcosa che non avrebbe dovuto rovinare quel colore così candido e puro.

Delle macchie rosse ricoprivano parte delle ali. Era sangue.

La donna portò le mani al ventre e solo allora Blue si accorse che anche lì una macchia rossa si estendeva sulla sua tunica lucente.

"N-non capisco…"

Lei lo guardò comprensiva: "non ti preoccupare: capirai. Col tempo capirai"

Subito dopo volse lo sguardo alla sua destra.

Blue la imitò e sussultò quando vide Lehcar, lo sguardo turbato fisso sulla donna.

"Col tempo capirete entrambi" aggiunse la misteriosa figura, per poi sorridere a Lehcar.

Il custode di Rachel non ricambiò, tenendo le braccia incrociate al petto, le ali ripiegate con cura dietro la schiena e lo sguardo serio e severo.

La donna scomparve nel nulla e prima che Blue e Lehcar potessero fare qualcosa, il bianco intorno a loro venne sostituito.

Si trovavano su un marciapiede, in mezzo alla città. La gente passava come sempre frettolosa ed indaffarata, ognuno rincorrendo la propria sfuggente vita.

Blue iniziò a guardarsi intorno leggermente spaesato; accanto a lui, Lehcar studiava la situazione, lo sguardo ancora più serio, le braccia conserte e gli occhi chiari fissi su qualcosa.

Il Terreno seguì il suo sguardo e vide Rachel.

La ragazza stava appoggiata al muro di un edificio, i capelli scuri tenuti da un cerchietto rosso, lo sguardo triste e fisso a terra.

Lehcar si voltò e venne imitato subito da un curioso Blue.

Il custode di Rachel stava fissando un ragazzo un po’ distante da lei, in piedi in mezzo al marciapiede, le mani nelle tasche, lo sguardo affranto e fisso sulla ragazza.

Aveva i capelli biondi, corti e gli occhi azzurri.

Lo sguardo che Lehcar gli rivolse era di puro e semplice odio.

Sopra il ragazzo c'era lei, l'angelo misterioso di poco prima. Blue notò che né le ali né il ventre erano macchiati di sangue.

La donna si allontanò dal ragazzo per avvicinarsi a Rachel. In un secondo apparve un altro Lehcar che fissava la donna dai capelli lunghi e corvini.

Blue, sempre più confuso, voleva chiedere spiegazioni all'angelo accanto a lui, ma appena notò la sua espressione carica d'odio e disprezzo, cambiò idea, preferendo restare in silenzio ad assistere alla scena.

"Cosa vuoi?" Il Lehcar accanto a Rachel si rivolse scontroso alla donna, il tono della voce accusatorio.

"Solo spiegarti come stanno le cose, Lehcar; spiegarti cos'è successo tra me e quel Terreno."

"Non ne voglio parlare." La interruppe bruscamente Lehcar.

La donna restò in silenzio, distogliendo lo sguardo dal custode dai capelli e gli occhi chiari.

"Non voglio più sapere niente di quello stupido Terreno dalle ali gialle!" aggiunse lui, sprezzante.

"Sai benissimo che non c'è stato niente tra noi" ricominciò lei" conosco bene le regole: noi Custodi non dobbiamo avvicinarci troppo ai Terreni, soprattutto a quelli con le ali gialle, visto che il colore delle ali dei Terreni dipende dal tipo della loro morte."

Vedendo che il Custode di Rachel non fiatava, continuò: "E tu mi conosci bene, Lehcar, sai benissimo che non mi sarei mai voluta avvicinare ad un suicida." Concluse, aspettando che Lehcar rispondesse.

"Bè, non è quello che ho visto…" disse semplicemente lui, la voce meno accusatoria e lo sguardo triste.

"Quello che hai visto non era niente, tu non hai visto tutto! Fidati, Lehcar! Io non ti tradirei mai!" la voce della donna si era fatta disperata, era sul punto di scoppiare in lacrime.

"Mi dispiace, ma ancora non riesco a perdonarti…Per il momento, addio, Leumas." Lehcar voltò le spalle alla donna.

In quell'istante, Rachel si staccò dalla parete dell'edificio e si incamminò tristemente dalla parte opposta al luogo in cui si trovava il ragazzo dagli occhi azzurri.

Lehcar seguì la sua protetta, lasciando l'angelo dai capelli corvini immobile, con lo sguardo sofferente e sul punto di crollare.

Si voltò a sua volta, tornando dal ragazzo ed insieme si incamminarono nela direzione opposta.

Dopo aver percorso qualche metro, Blue la vide voltarsi per cercare Lehcar: una lacrima correva sulla sua guancia. Poi continuò il suo percorso accanto al suo protetto.

Blue volse uno sguardo interrogativo al Lehcar al suo fianco.

Restò sorpreso nel vederlo: aveva gli occhi chiusi come per voler arrestare il pianto incontrollabile che la visione aveva scatenato, mentre sussultava in preda ai singhiozzi.

Blue non lo aveva mai visto in quello stato.

"Addio, Leumas. Perdonami." Sussurrò tra le lacrime Lechar.

Un secondo dopo, Blue si ritrovò nella stanza da letto di Rachel, le braccia strette intorno a lei. Si guardò intorno, senza capire e cercando l'angelo della ragazza.

Ma Lehcar non c'era.

Blue si accorse di essere tornato nella forma di Terreno: le sue ali blu gli spuntavano dalla schiena.

Senza volerlo, doveva essere entrato nei sogni di Rachel.

I caldi raggi dell'alba entrarono dalla finestra, illuminando parte della stanza.

Ormai era giorno: meglio andarsene prima che i genitori di Rachel lo trovassero lì.

Restò nella forma di Terreno e, chinando la testa su quella di Rachel, le diede un bacio sulla guancia. Poi si alzò ed uscì dalla finestra, distendendo le sue ali blu.

Mentre volava nel cielo rosso dell'alba, ripensò al suo sogno.

Era ancora molto confuso al riguardo e voleva saperne di più. L'unico in grado di chiarirgli un po’ le idee era Lehcar.

Allo stesso tempo capiva come si sentisse in quel momento l'angelo di Rachel, per ciò decise di lasciargli un po' di tempo prima di affrontare la questione.

Nella sua mente restò fissa l'immagine di quell'angelo femminile, le ali e il ventre sporco di sangue.

E poi quel ragazzo con i capelli biondi e gli occhi azzurri.

Chi era? E perchè era nel sogno di Rachel?

L'angelo dalle ali blu continuò il suo volo, la mente affollata di dubbi.

Un improvviso sospetto lo assalì d'un tratto, qualcosa a cui fino a quel momento non aveva fatto caso: come mai Rachel lo aveva voluto chiamare proprio Samuel?

Blue cercò in tutti i modi di convincersi che forse era semplicemente perché le piaceva quel nome.

Ma il suo cuore non si rassegnava e un dolore cominciò a gravargli sul petto: gelosia.

"Se non fosse solo un nome qualsiasi?" pensò turbato, continuando a volare nel cielo blu che, lentamente, lasciava il posto ad azzurro più chiaro.

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Lettori rieccomi prima del previsto con un nuovo e lunghissimo capitolo!!!

Sono successe un mucchio di cose e la trama si sta infittendo. Il rapporto tra Blue e Rachel si è decisamente rafforzato, e la presenza del nuovo Custode scatenerà un po’ i futuri eventi…ma non sarà la sola nuova comparsa…dal prossimo capitolo entrerà un nuovo personaggio, un altro Terreno per l'esattezza, una vecchia conoscenza di Green.

Allora, il fatto dei colori delle ali dei Terreni…l'idea è che le possibilità dei colori sono 7, (i colori dell'arcobaleno) e come avete letto ad ogni colore è un tipo di morte…per ora è stato spiegato il giallo (l'unico negativo) poi in seguito si spiegheranno gli altri, come quello di Blue, Green e Red.

Gli Umani diventano Terreni per qualcosa che hanno fatto nella loro vita (che devo ancora decidere cosa, anzi se avete qualche idea ditemi pure…:P) e vengono 'premiati' con una nuova vita…tutti tranne quelli morti per suicidio che avendo una nuova vita, immortale per di più, la prendono come una condanna perché sono costretti a vivere un'altra volta.

I Custodi, quando muore il protetto, non muoiono ma passano ad uno stadio superiore, tipo diventano Troni, Dominazioni, Virtù o Potestà (che sono alcune delle gerarchie degli angeli…mi sono informata in vari siti..:P)…

Ecco, spero di aver spiegato almeno queste cose, ora passiamo ai ringraziamenti!!!!!!!

Grazie a chi ha messo la storia tra le seguite (9), tra le preferite (5) e tra le ricordate (5), ma come sempre un MILIONE, un MILIARDO, anzi un TRILIARDO di grazie a chi ha commentatoooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ^^

 

 

 

WINGEDANGEL

Si, hai ragione, alla fine tra Mairim e Miriam sarebbe dovuto succedere per forza questa cosa…

Mi sa che comunque non basteranno i tuoi 7 euro e 20 centesimi per aprire un casa editrice però dai, possiamo fare una colletta se proprio!! xD

Per quanto riguarda Green non ti preoccupare se ancora non capisci bene tutto di lui, il prossimo capitolo parlerà di lui e dell'arrivo del nuovo personaggio, un suo vecchio amico...:)

Al prossimo capitolo! Baci! <3

 

 

HAKIGO

Benvenutaaaa!!!! E grazie per i complimenti!!! :) Sono contenta che la storia ti sia piaciuta tanto da averla messa tra i preferiti!!! Fammi sapere che ne pensi di questo capitolo!! :)

Baci! <3

 

 

LIYEN

Mi dispiace ma ancora non puoi uccidere Steve!!! Anch'io vorrei strangolarlo per quello che sta facendo a Miriam e Mairim ma purtroppo il suo personaggio mi servirà ancora…Mairim sta coinvolgendo con i suoi sentimenti la sua amata e questo lo fa soffrire ancora di più perché così non solo lui sta male ma anche lei…purtroppo loro due soffriranno ancora…:( al prossimo capitolo, un bacio!! <3

 

 

ELFA SOGNATRICE

Benvenuta nella mia storiaaaa!!!!!!!!!!!!! Allora mi dispiace dirti che chi si innamora di un Terreno non può diventare uno di loro o un angelo…restano umani e se nella loro vita fanno qualcosa di particolare (a dir la verità devo ancora vedere bene cosa) quando muoiono gli viene data la possibilità di vivere un'altra volta…Questo è quello che è successo a Blue, Green, Red e nel prossimo capitolo anche ad un nuovo personaggio!! Al prossimo capitolo, che sarà dal punto di vista di Green!! Baci!!! <3

 

Al prossimo capitolo, un bacio!!!!!!!!!!!!! :*

Kiss kiss

=Sony=

 

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Capitolo 14
*** 14- Vecchia conoscenza ***


14- VECCHIA CONOSCENZA

14- VECCHIA CONOSCENZA

 

Green uscì di casa, le mani nelle tasche della giacca scura, lo sguardo annoiato fisso davanti a lui.

Sbadigliò, ancora intontito dal sonno.

Estrasse da una tasca un foglietto stropicciato e, svogliatamente, rilesse ciò che c'era scritto: pomodori, mozzarella, insalata, spaghetti, pesce...

Red era rimasta sveglia tutta la notte a sfogliare libri di cucina e gli aveva dato quella lista mandandolo a fare compere di mattina presto, dopo averlo svegliato di soprassalto.

Green sbuffò scocciato e, rimettendo il biglietto in tasca, continuò a camminare per le vie della città.

Odiava i supermercati. Tutta quella gente affollata che osservava con attenzione ogni genere di prodotto per cercare quello più conveniente o di qualità.

Sbirciando ogni tanto la sua lista, prese qualche oggetto dai vari scaffali e li gettò incurante nel carrello.

Si diresse nel reparto verdure e cominciò a cercare i pomodori.

Ne prese alcuni distrattamente, senza guardare cosa gli stesse capitando per le mani, ed iniziò ad infilarli in un sacchetto di plastica.

"Odiosa ragazzina!" pensò tra sé, sempre più scocciato.

All'improvviso, qualcosa lo colpì ed uno dei pomodori cadde sul pavimento.

Green guardò l'ortaggio a terra, senza fare niente, come se lo shock l'avesse immobilizzato.

Dopo qualche attimo si chinò lentamente e lo prese tra le mani; rimase accovacciato lì, le gambe piegate e il pomodoro davanti agli occhi, chiedendosi, stupidamente, come fosse finito a terra.

Alzò le spalle annoiato e infilò il fuggitivo nel sacchetto con gli altri; quindi lo richiuse e si incamminò, in cerca degli altri elementi della lista.

"Scusa, non era mia intenzione!"

Green voltò la testa lentamente, fissando una ragazza dai capelli rossi più bassa di lui, con un paio di occhiali da vista che nascondevano gli occhi blu scuro.

La ragazza, che Green giudicò sui 25 anni, lo fissava sorridendo e visibilmente rossa in volto, cercando di nascondersi allo sguardo indagatore dell'angelo.

"Scusa per cosa?" gli chiese lui, continuando a darle le spalle e voltando solo la testa.

Lei lo fissò per un attimo sbalordita, poi tornò a sorridere timidamente: "Per averti urtato in quel modo" spiegò lei.

Lui, in quel momento, realizzò che il pomodoro gli era caduto a causa di quella ragazza.

La studiò ancora per qualche istante, poi, sbuffando per l'ennesima volta, continuò a camminare, allontanandosi senza rivolgerle parola.

"Gli Umani sono davvero strani" pensò Green afflitto.

La ragazza restò immobile a guardare il giovane dai capelli biondi allontanarsi, fino a che scomparve dietro ad uno scaffale.

Green giunse alla cassa e svuotò svogliato il contenuto del suo carrello.

Appena ebbe finito di riempire una borsa di plastica, estrasse il suo portafogli dalla tasca dei pantaloni e diede i soldi alla commessa.

La donna, grassoccia e con un neo sopra il labbro, gli sorrise, aprì la cassa e contò il resto da dargli.

Green la guardò per un istante: i capelli neri e sporchi raccolti in una coda, gli occhi blu scuro ed un paio di occhiali che le cadevano sul naso, donandole un'aria da vecchia professoressa.

La donna lo fissò negli occhi, interrompendo i suoi pensieri e porgendogli le monetine del resto.

Le fece cadere nella mano aperta di Green che, rimesso il portafogli in tasca, si avviò con la borsa, pensieroso.

Sentiva lo sguardo della cassiera ancora fisso su di lui.

Si voltò a controllare, mentre la porta scorrevole si apriva: la donna grassoccia non c'era più.

Sbuffando un'altra volta e mettendosi una mano tra i capelli confuso, uscì dal supermercato e si incamminò lungo il marciapiede, una mano che teneva la borsina e l'altra infilata di nuovo nella tasca del giaccone.

Si confuse tra la folla, camminando lentamente tra le persone che si affrettavano disperate, evitando di scontrarsi con qualcuna di queste.

Quando sentì una mano afferrare con forza il suo giaccone, si fermò e si voltò di colpo.

Un vecchio vagabondo, sporco, con una folta barba, il volto coperto da un cappuccio e le labbra screpolate per il freddo, stringeva le sue dita ossute intorno alla stoffa della giacca di Green, interrompendogli il cammino.

"Aiutami, ti prego!! Ho fame, ho freddo!! Non ho niente, dammi qualcosa!!" gli urlò disperato, tendendo la mano libera verso di lui per ricevere qualcosa.

Quando un fetore orribile arrivò alle narici di Green, il Terreno ne restò disgustato e cercò di staccarsi dalla presa del vecchio.

"Lasciami andare, vecchio!! Non ho niente da darti, lasciami!!" urlò con rabbia, scuotendo la giacca per liberarsi della presa dell'uomo; tuttavia, per quanto le sue dita fossero ossute e fragili, continuavano a trattenerlo.

"Ti prego, mi basta poco!" insistette il vecchio.

"Ti ho detto che non ho niente!!" ribattè Green.

La gente intorno a loro fingeva di non vederli, continuando per la loro strada come se quella scena non stesse avvenendo.

Le labbra del vecchio si chiusero e gli angoli della bocca si piegarono leggermente verso l'alto, tesi in un ghigno sinistro.

"Stai mentendo." Sussurrò l'anziano barbuto, facendo fermare Green che lo fissò confuso e sconvolto per le sue parole.

Il vecchio alzò lo sguardo, scoprendo il volto, fino ad allora nascosto dal cappuccio, e fissò con i suoi occhi blu scuro quelli verdi dell'angelo.

Il Terreno sussultò.

Diede un ultimo scossone e riuscì a liberarsi dalla morsa del vecchio, ma, invece di andarsene, restò a fissarlo immobile.

"Potresti darmi le monete che hai avuto di resto poco fa, oppure uno di quei pomodori... Andrebbe bene anche quello che ti è caduto a terra." sussurrò il vecchio, le labbra sempre tese in quel ghigno e gli occhi sul Terreno.

Green non capì le parole del vecchio. Come faceva a sapere quelle cose?

Rivide nella mente la ragazza dai capelli rossi e la cassiera grassoccia.

Quel vecchio…che fosse..?

Green scosse la testa, scacciando quei pensieri. Raggelò il vecchio con un'occhiata e si incamminò di nuovo per la sua strada, lo sguardo fisso a terra e la testa affollata da pensieri e ricordi lontani.

Gli sembrava impossibile, eppure quegli occhi... era sicuro di averli già visti in passato, ma erano trascorsi così tanti anni...

Aprì il portone dell'edificio in cui abitava e salì lentamente le scale, sempre pensieroso.

Girò la chiave nella serratura ed aprì la porta.

Con la mano libera e senza voltarsi, la spinse per chiuderla, ma qualcosa interruppe il movimento della porta in legno.

Green gettò un'occhiata alle sue spalle.

Un paio di occhi blu scuro lo fissavano attraverso lo spiraglio rimasto aperto. Green lasciò la maniglia, permettendo all'individuo di entrare.

"Scusami tanto, mi sono appena trasferito in questo palazzo e sono venuto a conoscere i miei nuovi vicini."

Un giovane, i capelli neri raccolti dietro la testa, gli sorrideva amabilmente, tendendo una mano verso di lui.

Green continuò ad ignorarlo, scrutandolo ancora per qualche istante.

"Basta con questi giochetti, puoi finirla." Allontanò gli occhi verdi dai quelli di lui e appoggiò il sacchetto sul tavolo del salotto.

Un sorriso apparve sul volto dell'individuo che, abbassando la mano, si appoggiò allo stipite della porta, incrociando le braccia e chiudendo gli occhi.

"Ce ne hai messo di tempo, Alex." disse lo sconosciuto, una nota soddisfatta nella voce sinistra.

Green lo fulminò con lo sguardo per poi sedersi pesantemente su una sedie.

"Non chiamarmi più così, ora ho un altro nome…" spiegò lui allo sconosciuto, il quale aprì un occhio in attesa del seguito.

"...Green." Continuò il Terreno dalle iridi verdi.

L'uomo dagli occhi blu scuro iniziò a ridere, staccandosi dallo stipite e appoggiando una mano sul ventre, scosso dall'ilarità.

Quando riuscì a controllarsi, si avvicinò a Green, fermandosi a metà strada tra lui e la porta, le braccia sempre conserte.

"Che nome ridicolo…" commentò, alzando un sopracciglio.

"E tu invece come ti fai chiamare, ora? Andrea, Bryan, Jacques... o Simona magari?" chiese Green guardandolo storto, un ghigno sul volto.

"No, ultimamente mi piacciono molto i nomi tipo Jack, Sara... la ragazza al supermercato era Lea..." Continuò a fissarlo negli occhi, sicuro di sé.

"Che ci fai qui?" gli chiese Green bruscamente, cambiando discorso e diventando serio.

Il ragazzo dai capelli neri gli sorrise, sfacciato: "Sono qui solo per divertirmi un po', in memoria dei vecchi tempi, Alex!"

"Ti ho detto di non chiamarmi più così, Jack o qualunque sia il tuo attuale nome!" l'angelo iniziò ad innervosirsi, inarcando le sopracciglia.

"Come vuoi." Acconsentì lo sconosciuto alzando le spalle.

"Green!! Sei tornato finalmente, sei stato fuori un mucchio di tempo, sai?" Red scese le scale di corsa, si avvicinò a Green e, bruscamente, afferrò  il sacchetto appoggiato sul tavolo.

Quando si accorse del giovane dai capelli scuri e lo sguardo penetrante, arrossì e si avvicinò allo sconosciuto tendendo la mano per presentarsi. L'angelo verde sbuffò contrariato.

"Piacere, mi chiamo Red, tu sei..?" gli chiese gentile e con la voce allegra, dimenticandosi completamente che pochi secondi prima stava urlando contro il suo coinquilino.

Lo sconosciuto rise tra sé e poi ricambiò la stretta: "Red, dici? Che nome buffo, mi piace! Io mi chiamo Alex e sono il vostro nuovo vicino di appartamento." Sorrise amabilmente alla ragazzina dai capelli biondi a caschetto.

Red rise a sua volta, restando per un attimo estasiata nel vedere gli occhi blu come la notte del giovane.

Alex lanciò un'occhiata provocatoria a Green, cercando di cogliere la sua reazione.

Il Terreno lo fissava contrariato ed infastidito per aver usato quel nome, ma cercò di mostrarsi il più indifferente possibile. Alzatosi dalla sedia, si portò nel salottino, lasciandosi cadere pesantemente sul divano e iniziando a sfogliare il quotidiano.

Red staccò la sua mano da quella del giovane: "ti va di restare a pranzo da noi?" gli chiese, speranzosa.

"Volentieri!" rispose lui, fissando di sottecchi Green: conosceva bene il suo vecchio amico e sapeva che aveva in mente qualcosa. Ma sapeva anche che non gli avrebbe mai detto di cosa si trattasse e quindi doveva pensare ad un modo per scoprirlo da solo. In quell'istante, gli venne un'idea e pensò di approfittare della situazione. 

Sorrise alla ragazzina che ancora lo fissava ammirata.

"Scusa la mia... curiosità..." si fermò un instante, sicuro di avere su di sé l'attenzione non solo della ragazzina, ma anche di Green.

Red aspettò che lui continuasse, mentre l'angelo tese l'orecchio curioso.

"Mi piacerebbe vedere la vostra casa, se non vi dispiace, sembra così bella!" continuò, sbirciando di nascosto la reazione del suo amico.

Il Terreno tenne lo sguardo fisso sul quotidiano e strinse i pugni attorno alla carta che si stropicciò tra le sue mani; cercò di rilassare i nervi, sperando che l'intruso non lo avesse notato.

Si sbagliava; l'ipotesi di Alex fu confermata.

Red acconsentì entusiasta ed accompagnò il loro nuovo vicino al piano superiore, dimenticandosi completamente della spesa, abbandonata al suo destino.

Green sbuffò, scocciato: aveva passato una mattinata a fare compere per quella sciocca ragazzina ed ecco come veniva premiato! Sarebbe dovuto rimanere a casa a dormire. Inoltre la giornata non sembrava avere intenzione di migliorare.

"Perfetto!" pensò tra sé ironico, continuando a sfogliare il giornale.

 

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Lettori rieccomi con un nuovo capitolo!!!!!

Spero vi piaccia!!! :) Il prossimo ho quasi terminato di scriverlo, quindi penso di non metterci troppo a pubblicarlo!!!

Allora ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite (6), chi tra le ricordate (5) e chi tra le seguite (10) e grazie anche a chi legge solamente, ma soprattutto grazie a Liyen e Wingedangel che mi commentano sempre e continuano a sostenermi in questa storia!!! ;)

LIYEN

Ecco il nuovo Terreno, vecchio conoscente di Green. È un tipo assai misterioso e che complicherà un po’ la vita a Blue e Rachel. Continua a seguirmi con i tuoi bellissimi commenti, mi raccomando! ;) Un bacio! <3

 

WINGEDANGEL

Blue è Samuel dici? Bo non saprei, l'unica cosa che puoi fare per avere la certezza è continuare a leggere!! xD Cmq grazie come sempre per i tuoi stupendi commenti, mi rendono davvero felice!! ^^ Il prossimo capitolo sarà su Rachel\Lehcar e poi tornerà ancora questo nuovo personaggio misterioso…devo scrivere l'ultimo pezzo…:) al prossimo capitolo! Un bacio! <3

 

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Capitolo 15
*** 15- Vecchi incubi e nuove scoperte ***


15-

15- VECCHI INCUBI E NUOVE SCOPERTE

 

"Samuel non lasciarmi! Ti prego, torna da me. Io ti aspetto..."

Rachel aprì gli occhi di colpo, svegliandosi da un incubo; si mise seduta sul letto e si guardò intorno spaesata.

Accanto a lei, il ragazzo non c'era più; era sola. Che avesse solo sognato?

Eppure era certa di aver sentito l'abbraccio caldo del suo nuovo Samuel e il suo dolce respiro su di lei.

Si lasciò cadere di nuovo sul letto, coprendosi il volto con le coperte.

Ora, avvolta dal buio, si sentiva al sicuro.

Si scoprì il viso quando iniziò a sentirsi soffocare dalle coperte.

Si appoggiò un braccio sulla fronte e fissò tristemente il soffitto, soprappensiero.

Aveva fatto un sogno strano quella notte; o meglio, un incubo, un triste ricordo.

Ecco, forse l'ultima definizione era quella più adatta.

Aveva rivissuto i suoi ultimi attimi con Samuel, quello vero.

Tuttavia, li aveva rivissuti in un modo bizzarro, non come la prima volta: aveva sentito la presenza di qualcun altro nei suoi sogni, un intruso che aveva partecipato con lei alle sue vicende.

Si ricordava il volto di una donna che non aveva mai visto prima, dai capelli lunghi e corvini che le ricadevano dolcemente lungo la schiena, e anche di un uomo, dai capelli chiari, il volto serio e turbato e dal carattere scontroso.

Ma ciò che le aveva fatto più male era stato rivedere lui: Samuel, i capelli biondi e gli immensi occhi blu come il mare.

Strinse una mano sul proprio petto, sul cuore, come se le facesse male sentirlo battere ed iniziò ad ansimare faticosamente.

Samuel se n'era andato, senza darle una spiegazione, senza dirle addio.

Chiuse gli occhi per allontanare quel pensiero, ma inutilmente: l'immagine del volto di Samuel appariva sempre davanti a lei. 

Stava succedendo di nuovo. Invece di dimenticarlo come sperava, il pensiero di lui stava diventando più forte; aveva bisogno del suo nuovo Samuel,  quello con i capelli neri e spettinati e lo sguardo spensierato e felice.

Dov'era? Perché non era lì con lei in quel momento?

Si sentiva sola, abbandonata.

Il suono della sveglia la fece sussultare, riportandola per un istante alla realtà.

Restò immobile, in sottofondo il suono fastidioso e ripetitivo, i pensieri persi nel suo passato.

"Samuel, perdonami ti prego." Sussurrò inconsciamente, ignorando lei stessa per cosa dovesse essere perdonata.

Portò il braccio sopra agli occhi, per impedire alle palpebre di aprirsi di nuovo. In quel momento, aveva solo bisogno di non sentirsi più sola; le sarebbe bastato rivedere il suo Samuel, anche se sapeva bene che questo l'avrebbe portata a soffrire di più in seguito.

Non le interessava, non in quel momento. Voleva solo rivederlo.

Si rifugiò di nuovo nei suoi sogni, nei suoi incubi, nei suoi tristi ricordi, in sottofondo ancora il fastidioso rumore della sveglia che, imperterrita, non cessava di ricordare a Rachel che doveva tornare alla realtà, anche se invano.

 

Lehcar non riusciva più a controllare le sue emozioni; rivedere Leumas aveva scatenato in lui sensazioni che credeva di aver dimenticato. Stava coinvolgendo la sua protetta, lo sentiva, ma non riusciva a interrompere il flusso di quei vecchi e dolorosi ricordi.

Si battè una mano sulla fronte, per cercare di cacciarli via ma non servì a niente. Le ali rigide, immobili dietro di lui, candide come sempre e i suoi occhi chiari chiusi, con forza.

"Leumas, Leumas." Le sue labbra ripetevano quel nome senza sosta, tremando, singhiozzando, riportando alla sua mente la bellissima immagine della Custode che aveva tanto amato.

"Samuel, perdonami, ti prego." La voce di Rachel gli giunse al cuore. Lei sentiva ciò che provava lui e ripeteva i suoi pensieri meccanicamente.

Aprì gli occhi, fissandola per qualche istante.

IL suo orgoglio era troppo forte per farlo avvicinare a quell'umana e consolarla per il suo dolore.

Preferì lasciarla sola, sperando che un po’ di distanza tra loro l'avrebbe fatta stare meglio.

Uscì dalla stanza, sforzandosi di assumere il solito suo portamento austero e fiero. Si nascose in un angolo della sala da pranzo, sedendosi contro la parete e affondando il viso nella ginocchia.

Prese un profondo respiro, cercando di calmare le proprie emozioni.

Lentamente, le sue idee tornarono al loro posto: non doveva chiedere perdono a nessuno, non era lui la causa della scomparsa di Leumas, ma quel misero Umano e forse anche quel Terreno dalle ali gialle. Non lo aveva più rivisto dopo tutto quello che era successo, era scomparso, come Leumas, nel nulla.

Meglio così: se lo avesse rivisto, lo avrebbe fatto a pezzi con le proprie mani. Letteralmente.

Era anche colpa sua se Leumas lo aveva abbandonato e avrebbe pagato per questo.

Ripensò alla visione che aveva avuto quella notte con il Terreno dalle ali blu del quale Rachel si era tanto invaghita.

Tornò con la mente all'immagine della sua amata, i capelli corvini, il dolce profumo che lo faceva impazzire, gli occhi chiari, così luminosi e spensierati che lo avevano fatto innamorare e avevano scaldato il gelo che c'era nel suo cuore.

L'avrebbe rivista. Era quello il destino degli angeli custodi: alla morte del proprio protetto, si sarebbero ritrovati tutti ad uno stadio superiore, come Troni, Dominazioni, Virtù o Potestà. Allora, l'avrebbe rivista e avrebbe potuto stare con lei per l'eternità.

Tuttavia, un dubbio si fece largo tra i suoi pensieri: non credeva che gli angeli custodi potessero sanguinare.

"Lehcar. Qualcosa non va?" Il custode alzò lo sguardo.

Nala svolazzava davanti a lui e lo fissava preoccupata.

"Lasciami in pace!" disse bruscamente lui per allontanarla.

Nala, invece di andarsene, scese a terra e si inginocchiò, portandosi allo stesso livello di Lehcar; i suoi occhi azzurro cielo si riflettevano in quelli chiari di lui.

"Senti, Lehcar" Iniziò, la voce calma e compassionevole, "non tenerti tutto dentro. Anche se non siamo veramente fratelli, sai che io ci sono sempre per te."

Lehcar abbassò lo sguardo, scocciato ed infastidito dalla pietà che leggeva nel suo sguardo.

Nala sembrò spazientirsi a causa del comportamento infantile dell'angelo e, scaldandosi, riprese:

"Metti da parte il tuo orgoglio per una volta! Non sei solo. Non lo sei mai stato. Non devi sopportare tutto questo da solo. Permetti agli altri di aiutarti."

Continuò lei, seria in volto e gli occhi sempre puntati su di lui.

Lehcar alzò lo sguardo, meravigliato per la saggezza di quella ragazzina.

Non era solo. C'era lei. C'era Mairim. Ce n'erano molti altri. E c'era Rachel; anche lei non era sola.

Per la prima volta, dopo tanti mesi di sofferenza e solitudine, si sentiva sollevato, come se qualcuno avesse alleggerito il carico di dolore che si portava appresso.

Nella sua mente, le parole di Nala si ripetevano, migliorando sempre di più il suo stato d'animo: "Non sono solo."

Per la prima volta dopo tanto tempo, Lehcar sorrise.

 

"Certe volte la nostra coscienza ci trascina, ci costringe a seguire la strada che ha tracciato per noi, assicurandoci che quella è la via più sicura e tranquilla per arrivare al traguardo. Mi ha sempre infastidito essere obbligata a seguire quella via, non poter esplorare il paesaggio intorno, non poterne assaggiare un pezzo, anche piccolo. Ebbene, quando la mia coscienza si è distratta per un istante, ne ho approfittato e sono uscita, mi sono creata una strada mia, fatta con le mie mani.

Non è stata una buona scelta; fortunatamente la mia vocina interiore è venuta a cercarmi e mi ha riportato sulla retta via. Se solo l'avesse fatto qualche metro prima! Se solo non si fosse distratta per darmi la possibilità di fuggire e di intraprendere dei passi da sola; se solo non avessi commesso quell'errore; se solo non avesse pagato anche lui per il mio sbaglio.

Certe volte potrebbe bastare una scusa, un 'mi dispiace' per far tornare tutto come prima, per fare pace e dimenticarsi di quei passi sbagliati.

Ma non questa volta.

Questa volta un 'mi dipiace' non è stato sufficiente, non ha cancellato le orme che ho lasciato fuori dalla via sicura.

Quelle impronte sono sempre lì, impresse nel terreno, indelebili, incancellabili.

Mi basta voltarmi per vederle, nonostante da quella deviazione siano passati chilometri e chilometri. Quelle impronte sono ancora laggiù per ricordarmi il mio sbaglio.

Ricordo ancora molto bene le sue parole: "Sono stanco. Stanco." Mi avevano lasciato così confusa, così incapace di reagire.

Le aveva pronunciate con forza, esausto, gli occhi umidi, stanchi e tristi per la mia disobbedienza, per la mia curiosità.

Non è riuscito a fermarmi, sono andata avanti per la mia nuova strada, tracciando nuove, indelebili, dolorose impronte.

Mi sono fermata solo quando lui se n'è andato o forse quando io mi sono allontanata troppo per riuscire a vederlo ancora.

La mia coscienza è venuta a cercarmi e mi ha riportato sui miei passi, ma ormai era troppo tardi: mi ero allontanata troppo da lui.

Ora continuo da sola sulla mia strada, quella già tracciata, ma con passo lento, incerto e sempre volgendo indietro lo sguardo, sperando che quelle impronte scompaiono.

Ma invano.

Mi servirebbe una gomma per cancellarle, o una cancellina per coprirle e dimenticarle. Ma qualcosa capace di cancellare i passi sbagliati fatti lungo la vita, ancora non esiste. O, per lo meno, io non ne conosco.

"Sono stanco, Rachel. Stanco." Mi sarei dovuta fermare a quelle parole, tornare indietro, interrompere la pazzia che stavo intraprendendo.

Era quella la mia gomma, la mia possibilità di dimenticare tutto; ma l'ho sprecata, ho rinunciato a tutto e sono andata avanti.

A volte mi chiedo che sarebbe successo se invece di uscire avessi continuato tranquilla per la mia strada; sarebbe tutto come prima? Non sarebbe cambiato niente, forse. Saremmo ancora insieme, vicini, felici, a percorrere la stessa strada mano nella mano.

Saremmo ancora innamorati l'uno dell'altro."

Alex gettò il quaderno sul letto sfatto di Green. Era riuscito ad intrufolarsi nella sua stanza e aveva notato quello sdolcinato diario nascosto sotto il materasso. L'aveva aperto incuriosito, iniziando a sfogliarlo.

Ma la sola lettura di quelle poche righe lo aveva disgustato. Aveva vissuto per molti anni, ma non aveva mai letto cose del genere sugli Umani, cose così intime e segrete.

Cosa diavolo aveva in mente Green? Immerso nei dubbi, fissò il quadernetto dalla copertina colorata con un cuoricino rosso nell'angolo. Disgustoso!

Perchè il suo vecchio amico sembrava tanto interessato a quel diario?

Lo riprese tra le mani e lo fece scorrere velocemente.

Qualcosa uscì da una pagina, cadendo a terra, sul tappeto grigio accanto al letto di Green.

Alex abbassò lo sguardo e, incuriosito, raccolse una foto.

Due figure sorridevano all'obiettivo: una ragazza dai capelli neri, legati disordinatamente in un coda dalla quale ciuffi di capelli uscivano liberamente e, accanto a lei, un ragazzo dagli occhi blu e i capelli biondi.

Sembravano felici insieme, con la spensieratezza che illuminava i loro occhi di una luce viva.

Alex si alzò in piedi, la foto infilata in una tasca dei pantaloni, il diario sul letto di Green. Non gli interessava nascondere le sue tracce, anzi, se il suo vecchio amico avesse saputo che lui era stato lì, magari si sarebbe unito a lui.

Si incamminò fuori dalla stanza, una mano stretta intorno a quella foto. Quando giunse sulla soglia guardò sopra la sua spalla, verso quel quaderno dalla copertina colorata.

I suoi occhi furono illuminati da una luce sinistra: perchè tutto andasse secondo i suoi piani, avrebbe dovuto fare tutto alla perfezione.

Sorrise, piegando un angolo della bocca verso l'alto in una smorfia perfida e chiudendo gli occhi, soprappensiero.

Aveva davvero voglia di divertirsi: quale modo migliore di intromettersi nella vita del suo vecchio amico?

"Eccoti!"

Aprì gli occhi e si ritrovò a fissare la ragazzina bionda che lo guardava sorridendo amabilmente. Ricambiò, gentile.

"Si, scusa! Mi aveva incuriosito questa stanza e non sono riuscito a trattenermi dal curiosare." Disse, fingendosi ingenuo.

Poi, senza voltarsi, varcò la soglia e si chiuse la porta alle spalle, gettando un'ultima occhiata a quel quaderno che, lentamente, scomparve nell'ombra.

 

Blue si ritrasformò in Umano, tenendo lo stesso aspetto che aveva sempre usato.

Aprì la porta d'ingresso dell'appartamento di Green e se la richiuse subito alle spalle, piano e tristemente, lo sguardo basso, ancora immerso nei suoi pensieri.

L'immagine di quella donna continuava a ritornargli in mente e mille dubbi lo assalivano.

Inoltre doveva assolutamente chiedere a Rachel l'identità di quel misterioso ragazzo.

"Ehi, sei tornato, finalmente!" Green, sdraiato comodamente sul divano, le gambe accavallate e il giornale tra le mani, gli gettò uno sguardo neutro.

"Non per fare il ruolo del padre apprensivo e soffocante, ma dove diavolo sei stato stanotte?" gli domandò, incuriosito dall'espressione depressa del Terreno.

Blue sbuffò: "Non sono affari tuoi…papà!" aggiunse scherzoso, prendendo in giro Green.

Lui sorrise a sua volta, tornando ad immergersi nel suo quotidiano.

Blue si diresse verso le scale, con l'intenzione di andare a dormire per rinfrescarsi un po’ le idee.

"Ah, quasi dimenticavo: abbiamo un ospite a pranzo!" gli riferì Green, alzando gli occhi su di lui, per vederne la reazione.

Blue si fermò, guardandolo accigliato.

"Un Terreno…" aggiunse Green, per nulla entusiasta.

"Blue, sei tornato!" in quell'istante Red scese di corsa le scale e si fiondò ad abbracciare Blue. Dietro di lei, l'angelo scorse un uomo alto e snello, i capelli neri, gli occhi blu scuro e uno strano sorriso dipinto in volto.

Red si spostò quando il misterioso ragazzo si avvicinò a Blue e gli tese la mano.

Il giovane la strinse, cordiale.

"Piacere. Io mi chiamo Alex." La presa dello sconosciuto era forte e sicura.

"Blue." Si presentò lui, la voce incerta nel pronunciare quel nome. Forse avrebbe dovuto usare Samuel...

Alex staccò la mano.

Blue notò lo sguardo che il nuovo individuo lanciò a Green, il quale rivolgeva loro le spalle: uno sguardo strano e provocatorio in un certo senso.

"Io vado a preparare il pranzo!" Red, dopo aver preso la borsa della spesa abbandonata sul pavimento, corse in cucina, pronta a mettere di nuovo alla prova le sue capacità culinarie.

Green sbuffò preoccupato, scotendo la testa amareggiato e voltando una pagina del quotidiano.

"Quindi tu saresti il Terreno a cui mi ha accennato Green?" chiese diffidente Blue.

Alex portò una mano dietro la testa e sorrise, arrossendo: "Ah, Green ti ha già detto chi sono! Che peccato, avrei tanto voluto farvi una sorpresa, più tardi!"

Green rise, divertito per le parole del suo vecchio amico.

"Posso farti una domanda?" chiese Blue, ignorando la risata di Green.

Alex abbassò lo sguardo su di lui, aspettando che continuasse.

Blue, i pensieri che ancora ripercorrevano il suo sogno, continuò, incerto: "Di che colore sono le tue ali?"

Green sussultò, nascosto dietro al quotidiano, attento alla discussione dei due.

"E perché vorresti saperlo?" gli domandò di rimando Alex.

"Curiosità…" disse semplicemente Blue, "ho saputo che il colore delle ali dipende dal tipo di morte. Mi chiedevo se tu, per caso, conoscessi la tua e magari anche quella degli altri colori…"

Alex sorrise e poi iniziò a spiegare: "Vedi, è vero che la nostra morte corrisponde al colore delle nostre piume e in parte a quello dei nostri occhi. Ma solo i Custodi ne conoscono il significato..."

Blue abbassò lo sguardo, amareggiato. Insomma, non avrebbe saputo dirgli niente di nuovo...

"Si da il caso, tuttavia, che anni fa io abbia conosciuto un Custode che mi ha spiegato il significato di ogni colore." Aggiunse Alex.

Blue rialzò lo sguardo su di lui, speranzoso.

Green strinse i pugni attorno alla carta, nervoso.

"Quindi le tue come sono? Come sei morto?" incalzò Blue.

Alex ridacchiò, malizioso.

"Le mie sono top secret. Ma, per esempio, il nostro pigro amico sul divano ha le ali verdi perché è morto per salvare la vita di qualcun altro. Che gesto eroico." Commentò, sorridendo al Terreno dalle iridi verdi che cercava, con tutto se stesso, di evitare quella discussione.

"Quelli con le ali blu?" chiese ancora Blue.

Alex lo guardò negli occhi.

"Ali blu, dici? Sono piuttosto rare.." si portò una mano al mento, facendosi pensieroso.

"Mi dispiace, ma non lo so. Forse neanche il Custode che ho conosciuto lo sapeva. Sono davvero rare!" spiegò a Blue, deluso da quella notizia.

"Invece, per quanto riguarda la vostra amica di là.." indicò con uno sguardo la cucina, "lei ha le ali rosse giusto?"

"Come fai a saperlo?" gli chiese Blue.

"Bè, non è che avete molta fantasia con i nomi! Blue, Red, Green…" spiegò lui, ridendo tra sé per quei nomi ridicoli, "comunque, le ali rosse significano che quella ragazzina è stata uccisa da qualcuno…" concluse, serio.

Proprio in quel momento, Red uscì dalla cucina, sorridendo gioiosa: "è quasi pronto!" urlò entusiasta.

Blue si incamminò verso la cucina, seguito da Alex.

Quando il Terreno blu scomparve oltre la soglia, il nuovo arrivato si fermò, voltandosi verso Green che, dopo aver appoggiato il giornale sul tavolino di vetro, si era alzato e ricambiava lo sguardo dell'amico.

"Per questa volta ti ho coperto, vecchio mio. Ricorda che mi devi già anche un altro favore. Con questo siamo a due."

Alzò due dita della mano per rendere più chiara l'idea al Terreno dagli occhi verdi.

Poi, ridendo tra sé, entrò in cucina, seguito da Green.

 

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Nuovo capitolo!!!

Purtroppo mi è uscito un po’ così…poi quando finirò tutta la storia sistemerò bene questo capitolo perché è un po’ 'frettoloso', soprattutto nella parte della spiegazione delle ali, inoltre anche il titolo non me gusta assai…:\

Quindi, riassumendo ora si sanno le ali gialle (suicidio), verdi (morte per salvare la vita degli altri) e rosse (omicidio)…quelle del misterioso Alex ancora non si sanno e lui pare non ricordarsi il significato di quelle di Blue…ma sarà vero, poi?? Questo lo lascerò scoprire a voi nei prossimi capitoli…xD

Un ringraziamento alle 6 persone che hanno messo la storia tra le preferite, alle 6 che l'hanno messa tra le ricordate e alle 10 che l'hanno messa tra le seguite!!! :)

 

SNAIL

Bene, bene, bene!! Sono felice che tu sia ritornata alla mia storia e che hai recensito!! Fammi sapere che ne pensi di questo!! Baci! <3

 

 

LIYEN

Vedrai nei prossimi capitoli cosa avrà in mente questo Alex, già sta macchinando qualcosa!! Comunque non sarà troppo cattivo, dai…:)

Al prossimo capitolo!! Baci! <3

 

 

WINGEDANGEL

Ancora il colore delle sue ali non lo ha rivelato, si scoprirà un po’ più avanti…:) Grazie per la colletta, speriamo frutti qualcosa allora!!! Se sei riuscita a convincere Green comunque allora dovremmo farcela! Lui è un tipo molto persuasivo e convincerebbe sicuramente molte persone a partecipare a questa colletta!! Al prossimo capitolo! Baci a te e a Aras!! <3

 

P.S.: Alex e Green sono molto vecchi, nel senso che sono morti molti anni fa (il più vecchio è Alex). Per questo naturalmente lui ha potuto scoprire molte cose, tra cui la storia del colore delle ali (insieme ad altre…)

 

Ci vediamo al prossimo capitolo, lettori! Mi raccomando: RECENSITE!!

Un bacione a tutti!!

Kiss kiss

=Sony=

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Capitolo 16
*** 16- Gelosia e ritardo ***


16- RITARDO E GELOSIA

16- GELOSIA E RITARDO

 

Miriam aprì gli occhi quando sentì il suo cellulare vibrare.

Senza voltarsi, lo cercò con la mano sul comodino.

Lo prese e se lo portò davanti agli occhi, frapponendolo tra lei e il soffitto.

Il sole, già alto nel cielo, aveva fatto scomparire le sinistre ombre della sera prima, ma il dolore nel suo cuore c'era ancora.

Schiacciò i tasti del suo cellulare, finché non riuscì ad aprire il messaggio che le era appena arrivato.

Lo mandava Rachel.

"Ciao, Miriam! Sono davvero curiosa di sapere di cosa mi devi parlare! Che ne dici se andiamo a fare colazione nel bar vicino a casa mia? ;) Fammi sapere!"

Miriam premette col pollice il tasto per la risposta, tenendo sempre il telefonino davanti a lei, sospeso in aria a qualche centimetro di distanza dal viso.

Si sforzò di cacciare quelle orribili sensazioni e rispose al messaggio di Rachel.

"Ok, va bene se ci vediamo tra mezz'ora? Dammi il tempo di prepararmi e venire lì da te."

Senza aspettare una risposta dall'amica, si alzò dal letto e, sistemando l'i-pod e il telefonino sul comodino, si diresse svogliatamente verso il bagno.

Le avrebbe fatto bene uscire e parlare un po’ con Rachel: lei l'avrebbe aiutata a farla stare meglio. Come sempre.

 

"Allora, Miriam." Rachel cercò di richiamare l'attenzione dell'amica, seduta di fronte a lei, lo sguardo fisso sul suo cappuccino.

Miriam alzò lo sguardo verso di lei, ancora insonnolita.

Il bar dove si trovavano era abbastanza carino e silenzioso. Lì potevano stare tranquille e parlare tra di loro senza che qualcuno le disturbasse.

Ma, come accadeva spesso ultimamente, quel giorno erano rimaste in silenzio, tranne qualche frase di saluto.

Il tavolino dove erano sedute si affacciava direttamente sul marciapiede, gremito, come al solito, di gente indaffarata e frettolosa.

"Cosa avranno da correre sempre così tanto?" si chiese Miriam mentre fissava tristemente la gente che correva aldilà della vetrata, la testa appoggiata su una mano.

"Ehi! Pronto? Ci sei?" quando una mano iniziò a sventolare davanti ai suoi occhi, tornò a concentrarsi sulla sua amica che ora la fissava preoccupata, un sopracciglio sollevato ed i gomiti appoggiati sul tavolino.

"Sicura di stare bene?" le chiese Rachel.

Miriam rispose con un cenno, la testa sempre sostenuta dalla mano.

Rachel, non tanto convinta, cercò di farla parlare: "Nel tuo messaggio avevi detto che dovevi raccontarmi qualcosa, no? Allora?"

La guardò curiosa.

Miriam all'improvviso sollevò la testa e sembrò ricordarsi solo in quel momento lo scopo del suo incontro con Rachel.

"Ah, sì, scusami. Hai ragione." Si sforzò di sorridere, imbarazzata, per poi raccontare alla sua amica quello che era successo.

"Ho conosciuto un ragazzo." Una sola frase. Poi si bloccò. Le parole le morirono in gola e riconobbe la causa del dolore che la affliggeva dalla sera prima: qualcosa le impediva di parlare di Steve.

Si sforzò di continuare, ma tutto quello che le uscì fu solo un'altra parola: "Steve." Poi diventò muta; come se avesse un groppo in gola che bloccava ogni altro suono.

Che le stava succedendo?

Rachel la guardava accigliata: "Hai conosciuto un ragazzo? E com'è? Quanti anni ha? Dove l'hai incontrato? Che bel nome Steve!"

Miriam fu colpita dalla raffica di domande della sua euforica amica.

Cercò di radunare le forze, ingoiò il groppo che sentiva nella gola e, stringendo i pugni sul tavolo, cercò di continuare la sua storia, rispondendo alle domande di Rachel.

"E' il figlio del capo di mio padre." Le parole le uscivano ancora a fatica, ma cercò comunque di continuare: "L'ho conosciuto ieri sera ad una cena di lavoro."

Terminate le due misere frasi prese un profondo respiro, come per recuperare tutta l'aria che aveva perso nel pronunciarle.

Rachel, accorgendosi dello strano comportamento di Miriam, placò momentaneamente la sua euforia e tornò a fissarla preoccupata, il sopracciglio ancora sollevato.

"Scusa Rachel, ma, io... ecco... non so cosa mi succede..." iniziò a farfugliare Miriam, le lacrime che iniziavano a voler uscire dai suoi occhi.

Rachel appoggiò una sua mano su quella di lei e le donò un sorriso confortante.

"Tranquilla, Miri." Le disse semplicemente.

Erano due parole semplici che Rachel le diceva sempre quando la vedeva preoccupata per qualcosa... Per un'interrogazione o per un appuntamento... La sua amica era sempre lì, che la confortava.

Ricambiò il sorriso, le lacrime bloccate prima ancora di nascere.

"Dimmi cosa ti fa soffrire." Le propose Rachel, il sorriso sempre sul volto e la mano sempre sulla sua.

Miriam distolse lo sguardo, fissando le persone che, fuori dal bar, continuavano ad affrettarsi.

A volte le invidiava. Sembravano felici, da dietro quella vetrata, senza problemi, come se il loro unico scopo fosse solo quello di correre, nient'altro. Niente problemi, niente dolori insiegabili; solo correre. Anche se probabilmente erano sommersi dai loro problemi tanto da annegarci, lì, su quella strada, su quel marciapiede, mentre correvano, sembravano felici.

Almeno, così la vedeva lei.

"E' da quando ho incontrato Steve che sto male." Iniziò a confidare alla sua amica, gli occhi sempre intenti ad osservare la gente che correva.

"E' come se una parte di me non fosse felice per quello che è successo; è una sensazione strana, non riesco neanch'io a spiegarla."

Sentì le lacrime che tentavano di ritornare.

Rachel strinse la sua mano su quella di lei; quando Miriam volse lo sguardo per vedere la sua reazione, tutto ciò che lesse nei suoi occhi erano comprensione e affetto.

La ragazza, in quel caso, non aveva le parole giuste per cancellare il suo inspiegabile dolore, ma quel sorriso di certo la faceva sentire meglio, non la faceva sentire sola e abbandonata a sé stessa.

"Grazie Rachel." Sorrise alla sua amica dai capelli corvini, riconoscente.

 

Accanto a Rachel, il suo angelo fissava Mairim davanti a lui.

Il Custode dagli occhi chiari osservava amareggiato Miriam.

Lehcar, le braccia conserte e lo sguardo fiero ed austero, cercava di leggere negli atteggiamenti e nello sguardo dell'amico la risposta alle sue domande, anche se invano.

Nala gli aveva consigliato di fidarsi degli altri e tra questi c'era anche lui.

Mise da parte il suo carattere gelido ed orgoglioso e, prendendo un profondo respiro, si rivolse a Mairim.

"Cos'hai?"

Mairim lo guardò per un istante, sorpreso dell'improvviso interesse di Lehcar nei suoi confronti.

Tuttavia si vergognava dei suoi sentimenti e preferì non condividerli con l'angelo di Rachel.

"Niente." disse semplicemente, riportando la sua attenzione sulla sua protetta.

Tuttavia, Lehcar non si arrese: "Che è successo alle tue ali, Mairim?"

L'angelo si guardò alle spalle, dispiegando le piume che erano ingrigite e sembravano malcurate.

Sbirciò Lehcar, pregando perchè non intuisse che le sue ali erano in quello stato per ciò che gli stava succedendo.

"Niente." ripetè, lo stesso tono neutro di prima, tornando di nuovo sulla sua protetta.

"Perché non vuoi che parli di questo…Steve?" domandò di nuovo Lehcar, troppo testardo ed orgoglioso per lasciare la sua presa su Mairim.

Lui lo guardò serio e preoccupato.

"Come io sento quello che prova Rachel, anche tu devi sapere cosa succede a Miriam. Perchè non riesce a raccontare di questo suo incontro? Credevo lo sognasse da tutta la vita..."

Lehcar tenne i suoi occhi chiari sull'amico, paziente e pronto a cogliere anche il minimo segno di cedimento.

"Non lo so" rispose Mairim, cercando, invano, di sembrare convincente.

Scusa poco credibile: era impossibile che non sapesse cosa turbava la sua protetta. In realtà era a causa sua, lo sapeva bene, ma non voleva che Lehcar ne venisse a conoscenza: di certo gli avrebbe fatto una predica sul fatto che i Custodi non devono innamorarsi dei loro protetti eccetera, eccetera, eccetera…

Quando Lehcar alzò un sopracciglio incredulo, Mairim capì che non aveva creduto alle sue parole. Ma come dargli torto?

"Senti, lasciami stare, va bene??" urlò scontroso, cercando di interrompere quel discorso con Lehcar.

Sarebbe potuto scomparire alla sua vista, evitando in quel modo le domande curiose del custode, ma qualcosa lo costringeva a rimanere lì.

Lehcar non parlò più, ma questo non tranquillizzò affatto Mairim.

Le iridi chiare del custode di Rachel continuavano a fissarlo, pazienti ed ansiose: studiavano ogni sua mossa.

Di certo, Lehcar non si sarebbe dato per vinto e questo Mairim lo sapeva bene.

 

Rachel lasciò la mano di Miriam e riprese a bere il suo cappuccino, mentre quello dell'amica rimase al suo posto, intatto.

La ragazza dagli occhi verdi, tornò per l'ennesima volta, a perdersi con lo sguardo sulla gente che correva sul marciapiede, immersa nei suoi pensieri.

Una figura catturò la sua attenzione.

Un ragazzo dall'altra parte della strada, sembrava distinguersi dal resto della gente, almeno agli occhi di Miriam.

I capelli castani, gli occhi verde chiaro, le mani in tasca, il passo lento e tranquillo, il sorriso sulle labbra.

La mente di Miriam si svuotò: il dolore scomparve e il suo cuore, ribellandosi a tutta quella sofferenza, iniziò a battere velocemente.

Ogni suo pensiero si spense, lasciando il suo corpo libero di muoversi a suo piacimento.

"Steve!" sussurrò, entusiasta.

Rachel abbassò la tazza, guardando l'amica, ora in preda all'euforia.

Miriam si alzò e si precipitò fuori dal bar.

"Miriam!!!" Rachel la chiamò, invano.

Buttò delle monete sul tavolino e poi partì all'inseguimento di Miriam, Lehcar dietro di lei.

Mairim restò immobile dov'era, paralizzato, inerme ed impotente.

La sua protetta preferiva quell'umano a lui.

 

"Miriam!!!!" La voce disperata di Rachel le giungeva lontana, ovattata.

Tutta la folla di gente sembrava scomparsa nel nulla, c'erano solo lei e Steve, al di là della strada, a pochi metri da lei.

Pochi passi, pochi passi e sarebbe arrivata a lui.

"Miriam!!!!" le urla di Rachel tentavano, invano, di fermarla. Poi un altro rumore, sempre più vicino, come una strana tromba leggermente stonata e fastidiosa.

Cos'era?

Il rumore si fece più potente, la assordava.

Qualcosa la afferrò per il polso e la trascinò indietro, lontano da Steve.

Volse lo sguardo. Rachel, con le lacrime agli occhi ed in preda alla disperazione, la guardava preoccupata.

Di colpo, tutte le persone riapparvero agli occhi di Miriam.

Si guardò attorno, spaesata.

Lei e Rachel erano inginocchiate sul marciapiede, mentre la gente, come al solito, le evitava e continuava sulla loro strada. Come erano arrivate lì?

Tornò a concentrarsi sull'amica che continuava a guardarla, le lacrime che iniziavano a rigarle le guance.

Perché piangeva? Cosa era successo?

Provò a chiederglielo, iniziando a muovere le labbra, ma non riuscì a dire niente.

Rachel la abbracciò, premendo il volto contro la sua spalla, lasciando che le lacrime continuassero a scorrere copiose.

Istintivamente Miriam ricambiò l'abbraccio, cercando di tranquillizzare l'amica.

"Tutto bene, Miriam?" disse un'altra voce.

Rachel si staccò dall'abbraccio ed entrambe fissarono il ragazzo dai capelli castani e gli occhi verdi che le aveva appena raggiunte: Steve.

Una marea di sensazioni iniziò ad agitarsi nel corpo di Miriam.

Steve, inginocchiato al suo fianco, la fissava, preoccupato.

Si ricordava il suo nome? L'aveva riconosciuta? Miriam si sentì, per un istante, al settimo cielo.

Ma, subito, tornò anche il dolore, come se l'avesse raggiunta dopo un lungo inseguimento.

Le lacrime iniziarono a pungerle gli occhi.

Ormai non riusciva più a trattenerle. Si slanciò verso Steve, cingendogli il collo con le braccia e affondando il volto nella sua maglietta.

Il corpo di lui, inizialmente spiazzato dal quel gesto, accolse poi Miriam, abbracciandola a sua volta e lasciando che sfogasse il suo dolore su di lui.

 

Lehcar fulminò Mairim con uno sguardo: li aveva appena raggiunti ed, ansimando, guardava sconvolto e preoccupato la sua protetta.

Il custode, notando la sua espressione furiosa e truce, abbassò gli occhi a terra, sentendosi colpevole per quello che sarebbe potuto succedere a Miriam.

Se non fosse stato per Rachel e Lehcar, la sua amata protetta sarebbe stata investita da una macchina. Per colpa sua e del suo stupido amore.

Aveva voglia di piangere.

Quando sentì un tocco caldo e morbido sulla spalla, si voltò.

Una ragazza dai capelli castani, legati in una lunga treccia che le ricadeva dolcemente sulla spalla, e gli occhi verde scuro, lo guardava sorridendo.

Alle sue spalle, sbucava un paio di grandi ali bianche, maestose e fiere.

"Piacere, io sono Eve."

Si presentò gentilmente ai due Custodi.

 

Le 17.00 di pomeriggio.

Blue abbassò il suo orologio da polso, tornando a sostenersi con entrambe le braccia.

Era sulla spiaggia, nel solito punto, ma Rachel non c'era.

I suoi occhi tristi, tornarono ad ammirare il blu del mare, le onde che, calme, raggiungevano gli scogli, scontrandosi contro le rocce.

Una folata di vento colpì il suo volto, costringendolo a socchiudere gli occhi e a ripararsi con un braccio.

Si lasciò spingere dal vento sulla sabbia, sdraiandosi con la schiena sui granelli sotto di lui.

Incrociò le braccia dietro la testa e fissò il cielo, malinconico.

Appena Rachel sarebbe arrivata, le avrebbe rivelato i suoi dubbi e le sue domande. Nella sua mente c'era ancora l'immagine di quel ragazzo dai capelli biondi che lo tormentava; che fosse lui Samuel? Non riusciva a togliersi il dubbio su quel nome, il perchè Rachel avesse voluto darglielo.

Chiuse gli occhi, inquieto.

Rachel era in ritardo quel giorno. Che fosse successo qualcosa? Se n'era andato senza salutarla, senza aspettare che lei si svegliasse.

"Ciao!" aprì gli occhi.

Rachel, il volto di fronte al suo, lo guardava sorridendo, i lunghi capelli corvini che le cadevano ai lati del viso.

Blue sorrise e si mise seduto. Rachel si sedette al suo fianco, cingendo le gambe con le braccia, sorridendo.

"Finalmente sei arrivata, Rachel. Sei un po’ in ritardo oggi…" le disse lui, la voce tremante e preoccupata.

Strinse la sabbia tra le mani per calmarsi.

"Scusa il ritardo, Blue. È solo che ho avuto un contrattempo improvviso, così…" cominciò lei, sporgendosi verso l'angelo.

"Non impor... Come mi hai chiamato?" Blue guardò Rachel, sbigottito.

Lei non lo chiamava mai Blue.

Rachel lo fissò per un istante confusa, incontrando i suoi occhi blu scuro con quelli chiari di lui.

"Un attimo…occhi blu?" si domandò tra sé e sé Blue.

Rachel, notando la sua espressione, non riuscì a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata. Si buttò sulla sabbia con la schiena, appoggiando un braccio sul ventre per calmare la sua ilarità.

Poi, tornando seria, si rivolse ad un confuso Blue: "Dovresti vedere la tua faccia, sei troppo buffo con quell'espressione!" Rachel provò a imitarlo e poi ricominciò a ridere.

Blue la guardò irritato.

"Alex?!" esclamò in un misto di rabbia ed incredulità.

Rachel smise un'altra volta di ridere e riprese a fissare Blue, un sorriso soddisfatto sul volto.

"In persona, mio caro Blue. Ma forse, con queste sembianze, preferisci chiamarmi Rachel..."

Blue, scocciato si alzò in piedi e sbattendo via la sabbia dei vestiti, iniziò ad incamminarsi lontano dalla spiaggia, sbuffando innervosito.

Quel nuovo Terreno iniziava ad infastidirlo. Come aveva potuto prenderlo in giro in quel modo?

"Scusa, Blue! Aspetta!!" la finta Rachel lo richiamò indietro.

Blue si fermò e strinse i pugni furioso.

"Ritrasformati!" ordinò.

Dopo un attimo di titubanza, la finta Rachel acconsentì di malavoglia.

Chiuse gli occhi e una luce bianca avvolse il corpo della ragazza.

Blue si voltò, lo sguardo serio e irritato.

Quando la luce bianca scomparve, Alex era seduto sulla spiaggia, con le sue solite sembianze.

Blue, sbuffando tornò a sedersi sulla sabbia, tornando a fissare tristemente l'oceano.

"Cosa vuoi, Alex?" domandò scontroso, desideroso di liberarsi il più velocemente possibile di quel Terreno. Non sapeva come mai, ma qualcosa dentro di lui gli suggeriva di stare lontano da quell'individuo. Che fosse ancora la Custode del suo sogno a metterlo in guardia da lui?

"Sai, Blue." Iniziò Alex, prendendo un profondo respiro, "Green mi ha parlato di cosa vieni a fare qui, tutti i giorni, a quest'ora. Mi ha raccontato anche di questa ragazza…come l'hai chiamata? Rachel?"

Blue restò con lo sguardo fisso sulle onde che si increspavano regolarmente, annuendo semplicemente.

"Voglio darti un consiglio, amico…" Blue lo guardò di sbieco. Da quando erano amici?

Tuttavia lo lasciò continuare.

"Non innamorarti di questa Umana…" Alex estrasse un pacchetto di sigarette dalla tasca e, dopo averne infilata una in bocca, l'accese e, soffiando il fumo, rimise il pacchetto in tasca.

Blue lo fissò interrogativo: "Come sarebbe 'non innamorarti di questa Umana'?" ripetè le parole del misterioso terreno, incredulo per le sue parole.

"Quello che ho detto, Blue. Evita di innamorarti di quella ragazza. È contro le regole, è sbagliato." L'estremità della sigaretta si accese e dell'altro fumo uscì dalle labbra di Alex, "E soprattutto perché tu, poi, ne soffriresti."

Blue continuò a guardarlo interrogativo e incuriosito.

Alex lo fissò con i suoi occhi blu scuro, per vedere la reazione alle sue parole: "Sarò schietto. Tu sei immortale, lei no. Credi di poter sopportare di vederla morire?"

Blue sussultò. Prima d'allora non ci aveva mai pensato. Lui era immortale nella sua nuova vita; nessuno gliel'aveva detto, ma non poteva dire di non averci mai pensato a quella possibilità.

Rachel sarebbe morta, mentre lui sarebbe vissuto in eterno.

"Fidati quando ti dico queste cose, Blue, perché io le ho provate sulla mia pelle e so bene come ci si sente. All'inizio tutto ti sembra bello, hai una nuova vita, immortale per di più, puoi fare quello che vuoi. Poi, però, inizi a ricordare…"

"Ricordare cosa?" chiese Blue, mentre lo sguardo di Alex si perdeva in ricordi lontani, seppelliti nei meandri della sua mente.

Si sdraiò sulla sabbia, le mani dietro la testa, la sigaretta sempre in bocca.

"La tua vita passata…" continuò lui dopo un attimo di pausa. "La tua vita umana. Allora, arrivano il dolore, la sofferenza, la tristezza per aver perso tutti i tuoi legami con quella vita. Provi a ricrearli, cerchi le persone a te care, quelle che hai amato. Quando riesci a trovarle, sei felice e pensi di poterlo essere per sempre. Ma ecco che, una ad una, queste scompaiono, invecchiano e muoiono, mentre tu continui ad esistere e resti solo…"; dell'altro fumo uscì dalle labbra di Alex, poi continuò: "Sai, a volte penso davvero che questa nostra condizione, questa nostra seconda vita, sia una sorta di punizione. All'inizio non ricordiamo nulla e per questo soffriamo. Poi i ricordi ritornano, ma sono spaventosi e potenti e ci fanno solo soffrire più di quanto pensassimo. All'inizio sembra tutto rose e fiori, ma poi inizi a desiderare solo di farla finita con questa assurda esistenza a metà tra il mondo degli Umani e quello dei Custodi." Si interruppe e portò lo sguardo su Blue, la sigaretta quasi completamente consumata.

"Secondo te, qual è il nostro scopo? Perché siamo rinati in questa forma? Cosa dobbiamo fare?" attese una risposta da Blue, paziente, riemergendo dai suoi ricordi.

Blue scosse il capo tristemente: "Non lo so. So solo che, appena ho aperto gli occhi, il mio primo desiderio è stato quello di trovare qualcuno simile a me per non sentirmi solo e placare un dolore terribile che sentivo qui, in questo punto." Si portò una mano al petto, nel punto dove il suo cuore batteva, regolare; "Così ho conosciuto lei, Rachel. E, non so come mai, ma mi ci sono affezionato. Lei mi sembrava così triste ed indifesa, sentivo che aveva bisogno di qualcuno per colmare quel vuoto che aveva dentro, proprio come me e così ho provato a riempirlo io." Guardò Alex che lo osservava sbigottito per le sue parole.

"Forse la ragione per cui sono tornato a vivere è colmare il vuoto di Rachel e quando morirà e non avrò più uno scopo, sarò triste, sì, mi sentirò solo ed abbandonato, ma almeno saprò di averla resa felice durante la sua vita."

Alex prese la sigaretta tra le dita e, rimettendosi seduto, la gettò nella sabbia, pestandola poi con una suola della scarpa per spegnerla.

"Io, credo di amarla." Terminò Blue, alzando il volto al cielo azzurro, colorato da nuvole bianche.

Gli occhi blu scuro di Alex restarono immobili su Blue.

"Credi di amarla?" Blue annuì sicuro alla sua domanda.

"Amore… cosa pensi che sia l'amore, Blue?"

"Rachel lo definisce come un sentimento incredibile che hai fin dalla nascita, anche se non lo vedi, non lo riconosci. Poi, ecco che, all'improvviso, decide di rivelarsi ed è tanto forte da cancellare tutti gli altri sentimenti. Questo è l'amore. Credo che, per me, amare Rachel significhi volerla vedere sorridere, anche solo per un attimo, perché quando lei è contenta, il mio cuore inizia ad accelerare il battito e, quando vedo i suoi occhi scuri illuminarsi, mi sento felice. Amore, per me, è trovare una persona con cui si è felici e con cui si vorrebbe restare per sempre."

Alex trattenne a stento un sorriso ironico.

"Ti sbagli…" chiuse gli occhi, un sorriso triste dipinto in volto.

"Amore è voler desiderare un persona, è volerla, bramarla, desiderarla con tutto te stesso; inizi ad amare quando inizi a vedere le persone come degli oggetti, come qualcosa di assolutamente necessario ed indispensabile per la tua vita. Sei geloso di chiunque si avvicini al tuo e vuoi farlo tuo ad ogni costo, vuoi scrivere il tuo nome su di esso per far capire agli altri che quell'oggetto appartiene a te e a te soltanto." La voce si era fatta aspra, severa.

"Abbiamo punti di vista diversi." Commentò Blue, troncando il loro discorso.

Alzò il braccio ed osservò tristemente il suo orologio: le 17.30. Rachel non era ancora arrivata.

Alex si alzò in piedi e, senza rivolgere la parola all'altro Terreno, si allontanò, le mani nelle tasche dei jeans.

"Ci vediamo, Blue." Disse, alzando lo sguardo sopra la sua spalla.

L'altro restò immobile, in silenzio, senza voltarsi.

Alex continuò a camminare, estrasse di nuovo il pacchetto di sigarette e, dopo averne messa un'altra in bocca, l'accese, soffiando il fumo dalle labbra.

 

Rachel stava correndo per le vie della città, cercando di non colpire la gente che incontrava lungo il suo cammino.

Era in ritardo, terribilmente in ritardo.

Un orologio sopra l'insegna di un negozio indicava le 17.40.

Com' era successo? Era stata a casa di Miriam tutto il pomeriggio ed aveva perso la cognizione del tempo, ecco come.

Sperò ardentemente che Samuel fosse ancora là, sulla spiaggia, ad aspettarla e che non se ne fosse andato.

"Ehi, sta attenta!" le urlava la gente con cui si scontrava.

"Mi scusi!" continuava a ripetere Rachel, cercando di accelerare il passo e di contrastare, inutilmente, la marea di gente che ostacolava il suo percorso.

Si bloccò all'improvviso, in mezzo alla folla, mentre l'ennesima persona che aveva urtato inveiva contro di lei.

Un ragazzo stava camminando verso di lei, i capelli biondi, il passo sicuro e deciso, lo sguardo basso, le mani lungo i fianchi.

Rachel sussultò.

Lo sconosciuto le passò accanto, ignorandola, tenendo sempre gli occhi a terra. Rachel, istintivamente, lo afferrò per un braccio e lo costrinse a voltarsi verso di lei.

L'individuo la guardò confuso e lei ricambiava, incredula, le labbra tremanti, le gambe improvvisamente deboli ed il cuore a mille.

"Samuel?" domandò Rachel, con voce flebile.

 

Blue guardò per l'ennesima volta il suo orologio da polso.

Le 18.30.

Si alzò in piedi e, tristemente, si allontanò dalla spiaggia, lo sguardo basso e l'aria sconfitta e delusa: Rachel non era venuta.

 

Hola, Lettori!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Scusate il ritardo di una settimana per questo capitolo ma internet non mi andava più e così non riuscivo a mettere su il capitolo…

Il prossimo devo ancora scriverlo anche se ce l'ho in mente…non so ancora quando lo scriverò, forse ora, forse tra qualche giorno, perché ho un po’ di cose da studiare per la settimana e quindi devo vedere quando ho tempo.

Allora, vi è piaciuto il capitolo? I rapporti tra Miriam e Mairim si fanno sempre più difficili e lui non riesce a placare la sua gelosia, povero..;( Però adesso è comparsa questa Eve, che come avrete capito è la custode di Steve (in realtà si chiama Evets (l'esatto contrario di Steve) però lei preferisce farsi chiamare Eve..^^) e chissà se riuscirà a far placare la gelosia del povero Mairim…

E non è l'unico nuovo personaggio del capitolo…Samuel è tornato, il vero Samuel e vedremo come si comporterà Rachel con Blue ora che il suo ex sembra essere tornato…

SPOILER sul prossimo capitolo: vi preannuncio che parlerà di Red e Green e dei loro passati da umani, in particolar modo quello di Red.

Ed ora passiamo ai ringraziamenti!!! :)

Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite (6), chi tra le ricordate (8) e chi tra le seguite (12), ma un grazie enorme a chi ha recensito!!!!!!!!!!!!!!

 

LIYEN:

Ecco qua il nuovo capitolo, come vedi i rapporti tra Mairim e la sua protetta si fanno difficili ma chissà se Eve riuscirà a mettere a posto le cose, bo..Continua a seguirmi, mi raccomando!! Alla prossima, un bacio!!!! :) :) <3

 

SNAIL:

Allora, il significato di tutte le ali non so ancora bene quando e se verrà spiegato, comunque quelle di Blue e del misterioso Alex verranno presto rivelate!! :) Si la cosa dei punti a capo purtroppo mi viene da farla, è un vizio che ho…per ora preferisco scrivere come mi viene poi lo correggerò tutto bene, anche quei punti a capo. Grazie comunque per il tuo consiglio almeno così vedo bene dove sbaglio! Alla prossima, un bacio! <3

 

WINGEDANGEL:

Eh, vedrai cosa farà Alex con quella foto! I suoi discorsi in questo capitolo con Blue mi sono serviti per far vedere che tipo di persona è Alex, almeno in parte, poi più avanti si scoprirà molto altro su di lui, anche il suo passato trascorso con Green ad esempio, che svelerà molti punti interrogativi di questa storia.

Si è difficile immaginare Green che salva la vita di qualcun altro però alla fine è bravo anche lui dai, nel profondo…e questo si vedrà nei prossimi capitoli quando aiuterà Blue a….lo vedrai! ;)

Wow, ho già un fan club tra i Custodi e uno tra i Terreni, che bello!! Green non me l'ha detto, me l'ha tenuto nascosto, che crudele!! ;D

Un bacio al prossimo capitolo!!! <3 <3

 

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Ci vediamo al prossimo capitolo, lettori! Mi raccomando, recensite!!! :)

Kiss Kiss

=Sony=

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Capitolo 17
*** 17- Passati ricordati ***


17- PASSATI RICORDATI

"Non lasciare che il tuo passato sia

 scaraventato nel tuo presente distruggendo il tuo futuro"

Jim Morrison

17- PASSATI RICORDATI

 

Green salì in camera sua: si annoiava.

Non si aspettava di veder ricomparire il suo vecchio amico. Da quanto tempo non lo vedeva? 50 anni, ormai...

Appena aprì la porta della sua stanza, si bloccò. La sua camera era sottosopra: il letto era sfatto da quella mattina, ma ora anche gli scaffali erano stati svuotati, i libri e gli altri oggetti di Green si trovavano per terra o sul materasso.

"Alex." Mormorò a denti stretti, infuriato.

Entrò nella stanza e si guardò in giro, valutando i danni di tutta quella confusione.

Impallidì quando un quaderno dalla copertina colorata attirò il suo sguardo.

Lo prese, osservando sconvolto il diario della ragazzina di cui Blue si era invaghito.

Le mani iniziarono a tremare mentre, nella sua mente, si creava un'immagine che diventava sempre più credibile e reale: che diavolo aveva intenzione di fare Alex?

Cercò di tranquillizzarsi, pensando che, in fondo, non erano affari suoi. Non doveva farsi coinvolgere di nuovo nelle avventure del suo amico.

Rimise il diario sotto il materasso, cercando di nasconderlo meglio; poi si alzò in piedi e si diresse verso il suo armadio. Era aperto e qualche vestito era stato buttato sul pavimento.

Green scostò l'anta semichiusa ed iniziò a spostare i vestiti ancora appesi.

Non gli interessava se Alex stesse macchinando qualche piano contro Blue e quella ragazzina, l'importante era che non si fosse ripreso Talia.

Tirò un sospiro di sollievo quando la trovò ancora al suo posto, appoggiata contro la parete di legno, al sicuro.

"Green!" il Terreno dalle iridi verdi si voltò di scatto, chiuse velocemente l'armadio e guardò Blue.

L'angelo dagli occhi blu era appoggiato allo stipite della porta e fissava Green, ansioso.

"Cosa c'è?" gli domandò lui scocciato e con aria di sufficienza, cercando di nascondere la sua agitazione: per poco Blue non scopriva il suo segreto.

"Devo chiederti un favore." Esordì lui sommesso, lo sguardo turbato.

"Dimmi pure..." Green gli lanciò un'occhiata stupita, fermandosi mentre camminava per la stanza, raccogliendo le cose sparse in giro.

Blue sembrava non essersi accorto di tutta quella confusione, concentrato com'era su quell'unica richiesta.

"Voglio ricordarmi della mia vita umana." Green a quelle parole sussultò, lasciando cadere un libro che aveva appena raccolto.

"E si può sapere come mai?" gli chiese, le mani scosse da tremiti incontrollabili, mentre lo sbirciava di nascosto, dandogli le spalle.

Blue era ancora sulla soglia, come se non avesse il coraggio di entrare nella camera.

Abbassò lo sguardo, malinconico: "Niente di particolare, voglio solo sapere chi sono" biascicò lui.

Green chiuse gli occhi, cercando di pensare a cosa dirgli, il libro ancora ai suoi piedi.

Si chinò una seconda volta e lo riprese tra le mani.

"Mi dispiace…" disse dopo un attimo di silenzio, "non posso aiutarti."

Blue, amareggiato, alzò lo sguardo sul Terreno che ancora gli dava le spalle.

Quella notizia lo deluse, forse avrebbe dovuto chiederlo ad Alex quando erano sulla spiaggia.

"Senti, Blue…" continuò Green, voltatosi verso di lui, con il libro in mano e lo sguardo serio, "Non credo sia un bene che tu ricordi la tua vita umana. Rischieresti solo di soffrire."

"Tu ricordi la tua?" domandò incerto Blue, timoroso di scatenare tristi ricordi nel Terreno.

Green ignorò la sua domanda; si voltò ed appoggiò il libro su uno scaffale vuoto.

Restò con la mano stretta sul volume, mentre la mente viaggiava nel passato.

"Si…" sussurrò piano.

Blue lo fissava curioso, sperando che Green gli raccontasse la sua storia.

Dopo un attimo di silenzio in cui il Terreno sembrò riordinare i suoi ricordi, iniziò a raccontare: "Abitavo in Inghilterra, alla fine del 1800. Avevo 33 anni quando sono morto."

"1800?" esclamò Blue stupito: non pensava che fosse così vecchio. "Chi hai salvato?" chiese, ricordandosi il significato delle ali verdi.

Green si voltò, inizialmente confuso dalla sua domanda, poi continuò a raccontare: "Mio figlio." Disse semplicemente, prima di abbassare lo sguardo affranto.

"Andrew… quando sono morto aveva 9 anni." Sospirò malinconico, ripensando a suo figlio.

Blue rimase in silenzio, in parte pentito di avergli fatto quella richiesta.

"Abitavamo in un paesino che si affacciava su una spiaggia meravigliosa, come questa città." Raccontò lui, gli occhi illuminati da una luce malinconica, mentre ripercorreva il suo passato.

"Andrew amava il mare, come sua madre del resto. Mia moglie è morta 5 anni prima di me, dando alla luce la mia secondogenita, Hayle" sussurrò amaramente, al ricordo di sua figlia e della sua amata.

"Mio figlio amava quella spiaggia, ci andava tutti i giorni, appena poteva, a volte con Hayle e le raccontava delle storie. Aveva una grande fantasia, riusciva ad inventarsi storie incredibili." Si rivolse a Blue, intento ad ascoltare la sua storia.

"Io non riuscivo a stare molto con loro, dovevo lavorare tutto il giorno e a volte capitava che dovessi farlo anche durante la notte." Continuò, con aria colpevole.

Dopo aver preso un profondo respiro, continuò, sforzandosi di ricordare: "Era una tiepida giornata di primavera. Ero riuscito a finire prima il lavoro, così ero tornato a casa prima, ma i miei figli non c'erano. Mentre li cercavo per il paese, chiamandoli e domandando alla gente per strada se li avesse visti, Hayle mi corse incontro.

La presi in braccio mentre piangeva e singhiozzava. Mi raccontò che Andrew l'aveva portata sulla spiaggia, ma che poi era entrato in mare e non ne era ancora uscito.

Lasciai mia figlia alla vicina di casa e corsi sul lungomare.

L'acqua era alta in quei posti. Appena scorsi mio figlio annaspare tra i flutti, mi tuffai e cercai di salvarlo. Il mare era gelido e le onde sembravano volermi tenere lontano da lui. Non sapevo nuotare. Mi ero buttato come uno stupido! L'idea che mio figlio potesse morire, mi aveva dato coraggio, certo, ma di sicuro non mi aveva insegnato a nuotare. Vedevo Andrew che cercava di raggiungermi, mentre annaspavo tra le onde e lo chiamavo. L'acqua mi entrava nei polmoni e non mi lasciava respirare…" si fermò un attimo, chinandosi a raccogliere altri oggetti sul pavimento.

Blue, colpito, attese con calma la fine del racconto, anche se già la intuiva: "Sono morto annegato, mentre cercavo di salvare mio figlio, ecco cosa mi è successo." Concluse Green, tenendo lo sguardo basso e volgendo le spalle all'altro angelo.

"E lui, tuo figlio? Sai che fine ha fatto? Si è salvato?" chiese Blue, cercando di nascondere il suo turbamento per quella storia.

Quando vide Green negare con un gesto del capo, chiuse gli occhi, commosso e dispiaciuto dal triste racconto.

Quando il Terreno dagli occhi verdi si alzò, gettò uno sguardo sul giovane e, dopo qualche secondo, gli disse: "Vuoi riacquistare la tua memoria, Blue?"

Lui riaprì gli occhi e annuì sicuro.

"Ci sono due modi" Iniziò a spiegare Green, ancora non del tutto convinto della sua decisione: "O scopri il significato delle tue ali e speri che ti aiutino a ricordare oppure cerchi qualcuno capace di raccontarti parte della tua vita o come sei morto."

L'angelo verde fissò il suo interlocutore che sembrava preoccupato e deluso. "Non puoi fare altro..."

Blue sospirò e decise il da farsi: visto che nessuno sembrava in grado di spiegargli il colore delle sue ali, avrebbe cercato una persona che potesse dirgli come fosse morto.

"Già, come se fosse facile; ma da dove inizio?"

Non sapeva ancora mostrarsi nel suo vero aspetto, quindi non era riconoscibile nella sua vera forma umana, quella che aveva avuto prima di morire. Però se avesse incontrato qualche Custode o Terreno che l'aveva conosciuto in vita, forse…

Si appoggiò una mano sul mento, cercando di trovare una soluzione alla sua condizione. Staccandosi dallo stipite della porta, si voltò per andarsene.

Si fermò subito e, volgendo un'occhiata a Green che era ancora tornato a riordinare la stanza, gli fece un'ultima domanda: "Red conosce la sua vita passata?"

Green sussultò e senza voltarsi rispose: "No. Quando l'ho incontrata, un anno fa, era appena diventata un Terreno. Non sa nulla."

Blue fece per andarsene, quando la voce di Green lo richiamò: "Non forzare la sua memoria, Blue." Ordinò all'amico, protettivo nei confronti dell'angelo dalle ali rosse.

L'altro tranquillizzò l'amico con un cenno del capo.

"Tranquillo. E... grazie!" Sorrise al terreno verde che gli volgeva ancora le spalle.

 

"…La polizia è ancora sulle tracce dell'uomo che è scomparso da quasi 4 giorni…" Red, seduta a gambe incrociate sul divano, osservava incuriosita il telegiornale.

Non riusciva a capire come mai la gente si facesse tutto quel male, che senso aveva?

"Blue!" esclamò entusiasta, notando il Terreno blu scendere le scale e distogliendo lo sguardo dallo schermo.

Lui le sorrise istintivamente e le sedette accanto sul divano, sospirando esausto e amareggiato, mentre Red gli faceva posto.

"Cosa stai guardando?" chiese lui, cercando di distogliere la sua mente da Rachel e da quello che Green gli aveva appena consigliato.

"Un telegiornale..." rispose lei, sorridente come al solito.

Blue la sbirciò di nascosto, mentre la ragazzina affondava un cucchiaino in una confezione di gelato alla fragola: Green gli aveva detto che Red non ricordava nulla e gli aveva ordinato di non svelarle niente, neanche il significato delle sue ali.

"Rosse per omicidio", pensò tristemente: l'idea che una persona esuberante e giovane come lei venisse uccisa brutalmente lo faceva stare male.

"Non capisco perché c'è gente che deve far per forza del male agli altri.." confidò la ragazzina dal caschetto biondo, distogliendo Blue dai suoi pensieri.

Lui la fissò interrogativo.

"Perché uccidere una persona? Cosa può aver fatto di così terribile da meritare la morte?" aveva lasciato il cucchiaino nella confezione di gelato, mentre osservava tristemente le immagini sullo schermo.

Blue restò turbato da quelle affermazioni: lei stessa era stata uccisa da qualcuno: provò istintivamente compassione nei confronti della ragazzina.

Volse lo sguardo alla televisione, fissando a sua volta le tristi immagini di violenza che si susseguivano al tg.

"…è passato un anno dalla sua scomparsa e ancora non ci sono notizie su di lei. La madre ha lanciato ancora un appello, chiedendo ai rapitori di restituirle la figlia. Ascoltiamo il nostro inviato che è andato a trovare la famiglia Minelli per sentire come si sentono in questo triste momento…" la conduttrice del tg passò la parola ad un uomo con un paio di spessi occhiali da vista che, con un microfono in mano, fissava l'obiettivo della telecamera. Dietro di lui, una casetta semplice, con i muri bianchi ed un cancello nero all'ingresso, faceva da sfondo alla scena.

"Si, sono qui davanti alla casa della famiglia Minelli, un anno dopo la scomparsa della tredicenne Rosa. La ragazzina è scomparsa un anno fa ed ancora non si sa nulla; gli investigatori non scartano l'ipotesi di un omicidio, ma i genitori sembrano non arrendersi e sperano ancora nel ritorno della figlia. Ma vediamo il servizio, in cui c'è la lettera che la madre ha scritto a Rosa..."

Un altro cambio di scena. Lo schermo restò nero e delle lettere bianche iniziarono a comparire sullo sfondo, mentre la voce di una donna le leggeva.

"Piccola mia, ormai è da un anno che non ci sei più.

Ancora spero di vederti entrare dalla porta d'ingresso un giorno, sorridente, con lo zaino sulle spalle, stanca per un'altra giornata di scuola.

Vederti bisticciare con tua sorella per aver messo la camera in disordine e poi vedere lei che ti chiede di far pace perché non riesce a resistere al tuo broncio.

Vederti abbracciare papà quando torna la sera dal lavoro.

Vederti infuriata perché Mattia sembra crescere troppo in fretta e pretende troppo da te, da te che ti senti ancora una bambina.

È passato un anno, tesoro mio, e forse in questo anno sei cresciuta, sei diventata più forte e matura... o forse sei sempre rimasta la stessa, esuberante, spensierata…"

La lettera continuava con la stessa voce fredda, mentre delle immagini iniziavano a scorrere, mostrando una ragazzina che sorrideva all'obbiettivo o che abbracciava un'amica, sempre felice e spensierata, come c'era scritto nella lettera.

Blue sussultò nel vedere le fotografie e si voltò sconvolto verso Red che guardava incredula le immagini, gli occhi sgranati e le labbra tremanti.

La ragazzina alla televisione aveva occhi castani e capelli neri, ricci. Come Red. Anzi, si trattava proprio di lei.

"Red…" la chiamò titubante lui, vedendo la giovane improvvisamente pallida.

Il gelato scivolò dalle mani di Red e cadde a terra, mentre la ragazzina si portava entrambe le mani alle tempie ed iniziava ad urlare terrorizzata, chiudendo con forza gli occhi.

Blue, dopo un attimo di sorpresa, le si avvicinò e, afferrandole i polsi, cercò di tranquillizzarla.

"Red! Red!" la chiamò insistentemente. Non riusciva a credere che la ragazzina riscoprisse il suo passato proprio quel giorno, esattamente qualche minuto dopo che Green gli aveva ordinato di non forzare i suoi ricordi.

"Lasciami! Lasciami!" iniziò ad gridare lei e Blue lasciò la presa.

Red venne avvolta da una luce bianca e, qualche istante dopo, era nelle sue sembianze da Terreno, le ali rosse spiegate e i ricci neri che le ricadevano sulle spalle: qualche ciuffo le rimase attaccato al volto, ora bagnato di lacrime.

"Red!" insistette lui, appoggiando le mani sulle spalle di lei.

"Cosa succede?" Green era al secondo piano e guardava preoccupato i due Terreni, allarmato dalle urla della ragazza.

Scese di corsa le scale e si precipitò verso di loro, restando in piedi davanti a Red, con i pugni chiusi e il corpo rigido.

"Lasciala andare!" ordinò infuriato a Blue che subito eseguì, non sapendo cos'altro fare, sicuro che Green fosse più esperto di lui.

"Ti avevo detto di non dirle niente!" gridò contro il ragazzo dai capelli neri che lo guardava sotto shock.

"Io non ho fatto niente" si difese Blue, "c'era un servizio al tg con una ragazzina uguale a lei!" Spiegò al Terreno dalle iridi verdi. 

Green lo ignorò e si inginocchiò davanti a Red, guardandola comprensivo e avvicinando una mano a lei.

"Red." Chiamò dolcemente, mentre lei si muoveva agitata, gli occhi chiusi e continuando a urlare.

"Basta Red!" insistette lui, "è finita, sei salva!"

Appoggiò una sua mano su una di quelle della ragazzina appoggiata ad una tempia.

La ragazzina aprì gli occhi di scatto, fissando le iridi di Green e smettendo improvvisamente di gridare.

"Sei salva." Ripetè il Terreno verde, guardandola con compassione.

Red, a quelle parole, venne scossa dai singhiozzi e calde lacrime ricominciarono a scorrere sulle sue gote rosee mentre abbassava le braccia e si mordeva un labbro.

"G-green" balbettò lei prima di lanciarsi al collo dell'uomo dai capelli biondi che l'accolse amorevole tra le sue braccia.

Blue restò immobile, fissandoli sorpreso.

Quando si fu un po’ tranquillizzata, Red alzò lo sguardo dalla spalla di Green e fissò lo schermo.

"Sono io…" disse tremando, "Quella ragazzina scomparsa sono io!!", continuò a singhiozzare, sconvolta da ciò che le era appena successo.

"Ricordi tutto?" chiese titubante Blue, ricevendo un'occhiata fulminante da Green.

Red si staccò dall'abbraccio del Terreno e si girò verso di lui, tenendo lo sguardo fisso a terra dove il suo gelato era caduto miseramente.

Annuì piano, per poi raccontare quello che le era tornato alla memoria: "Mi ricordo che ero una ragazza normale. Vivevo la mia vita come tutte le ragazzine della mia età che conoscevo; mi divertivo, studiavo, maledicevo la scuola, uscivo con gli amici, conoscevo l'amore." Disse tristemente, con una punta di malinconia.

Nel frattempo alla tv un uomo sui 25 anni veniva intervistato dai giornalisti; sotto, una didascalia diceva che era il fidanzato della sorella della ragazzina scomparsa.

Red, ignorando le immagini continuò: "Ero felice, avevo due genitori affettuosi ed una sorella sempre pronta a consigliarmi ed aiutarmi. Le volevo così bene…" cercò a forza di trattenere le lacrime che tentavano di nuovo di uscire dai suoi occhi castani.

"Si vede che la mia felicità non poteva avere buon fine." Commentò amaramente, "i miei amici, la mia famiglia, la mia vita, i miei sogni…tutti distrutti, tutti morti insieme a me."

Iniziò a singhiozzare, mentre sollevava di nuovo lo sguardo sullo schermo, dove il ragazzo continuava ad essere intervistato.

Red scattò in piedi, un nuovo sentimento nel cuore.

Si avvicinò allo schermo e puntò rabbiosamente il dito contro di esso.

"E lui, lui mi ha strappato a tutto ciò!!" urlò contro l'uomo che, con il volto serio, rispondeva alle domande del giornalista.

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Eccomi!!!

Allora questo capitolo è un po’ misero…si è distaccato un po’ dalla trama principale di Rachel e Blue perché avevo bisogno di spiegare a grandi linee i passati di Green e Red.

Inoltre il segreto di Green sta piano, piano uscendo allo scoperto…è stata nominata una certa Talia, secondo voi chi o cosa è?? :) (Verrà spiegato nel capitolo dopo il prossimo che sto scrivendo in questi giorni…)

Spoiler sul prossimo capitolo:

L'ho già scritto e riguarderà Blue. Capitolo MOLTO importante per la storia, visto che il Terreno dalle ali blu scoprirà cose molto interessanti…:)

Ormai il libro è giunto quasi alla fine, mi mancano pochi capitoli. Quindi preparatevi perché i prossimi saranno abbastanza 'sconvolgenti' e chiariranno tutti i vostri dubbi, almeno spero! xD

Ed ora passiamo ai ringraziamenti!!!!!

-Preferite (6)

-Ricordate (9)

-Seguite (11)

 

Ma grazie come sempre a WINGEDANGEL e LIYEN per il vostro continuo supporto con le vostre recensioni.

 

LIYEN:

Mi dispiace che non ti piaccia Steve, nel capitolo che sto scrivendo farà ingelosire ancora un po’ Mairim ma qualcuno offrirà una soluzione al Custode…Al prossimo capitolo, un bacio!! <3

 

WINGEDANGEL:

Vedrai nei prossimi capitoli se Samuel è tornato, a dir la verità si vede subito dal prossimo visto che Blue lo incontrerà…Mairim troverà una soluzione al suo problema ma purtroppo non sarà molto bella, soprattutto per lui…purtroppo il suo finale con Miriam è tragico…:\

Eh-eh..alla fine è Alex il vero 'cattivo' della storia e nei prossimi capitoli darà abbastanza fastidio a Blue.

Aspetta a creare l'associazione a delinquere perché mi serve ancora per i prossimi capitoli, poi te lo lascio pure dai, così puoi fargli quello che vuoi e torturarlo!! :D

Il suo passato lo racconterà lui stesso a Blue in un capitolo che devo ancora scrivere e svelerà molti dubbi sulla sua misteriosa identità.

Purtroppo questo capitolo è abbastanza staccato dalla trama quindi non avrà chiarito molto le tue idee ma presto pubblicherò il prossimo che tornerà ai due protagonisti…al prossimo capitolo! Un bacio!!! <3

 

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A presto, lettori!!

Kiss kiss

=Sony=

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Capitolo 18
*** 18- Samuel ***


18- SAMUEL

"È così dolce essere amati, che ci contentiamo anche dell’apparenza."

Adolphe d’Houdetot

18- SAMUEL

 

Blue stava correndo per le vie della città, evitando la gente che incontrava.

Red si era ricordata tutto, il suo passato, la sua vita umana. Si chiese se, anche lui, si sarebbe sentito male come la ragazzina.

Eppure Green era riuscito a calmarla con poche parole. Ritornò con la mente a quando il Terreno gli aveva raccontato il suo incontro con Red, mentre la ragazzina era andata in camera sua a sdraiarsi per riposare un po’.

"Come hai fatto a calmarla in questo modo?" gli aveva domandato Blue incuriosito, sicuro che Red non potesse sentire le sue parole, ora che si trovava al piano superiore.

Green aveva chiuso gli occhi, sedendosi sul divano: "Un anno fa, mi trovavo in una città un po’ distante da qui; stavo camminando tranquillo, quando una voce mi costrinse a fermarmi. Svoltai in un vicolo e la trovai lì; aveva le ali rosso sangue e anche i vestiti che indossava ne erano macchiati; implorava aiuto. Feci per andarmene, ma lei mi si aggrappò ai pantaloni, stringendoli tra le dita.

In quell'istante mi sembrò di vedere mia figlia: inerme ed indifesa, ancora impreparata ad un mondo come il nostro. Guardandola più attentamente, mi accorsi che il sangue sul corpo veniva dalla sua schiena: le ali le avevano strappato la pelle per uscire, macchiandosi in quel modo del suo stesso sangue."

"Le ali le erano uscite in quel modo dalla schiena? Sul serio? Perchè? Io non ricordo che a me sia successo..." lo aveva interrotto Blue.

"Per ognuno di noi è diverso. Probabilmente, chi è morto per omicidio deve avere le ali macchiate del proprio sangue, non so perché; a vederla così giovane, non credevo neanch'io che avrebbe avuto le ali rosse, pensavo ad una morte infantile, ma avrebbe dovuto avere le ali viola."  Aveva spiegato Green, calmo, continuando il racconto.

"Mi avvicinai a lei e presi le sue ali tra le mani per studiarne il colore. Lei iniziò a tremare, terrorizzata e sconvolta; era sdraiata sul terreno freddo e lo sguardo era perso nel vuoto. Istintivamente volli tranquillizzarla, così le dissi: "sei salva" . A quelle parole, si calmò, guardandomi con gli occhi lucidi e chiedendomi aiuto con lo sguardo. La presi tra le braccia e la portai a casa mia. Da quel giorno è sempre stata con me e io mi sono sempre occupato di lei come un padre."  

I pensieri di Blue tornarono al presente, mentre continuava a correre per le vie della città: per il momento voleva lasciare da parte il desiderio di ricordare il suo passato. Prima doveva sapere che era successo a Rachel e, per questo, si stava dirigendo verso casa sua.

 

"Aras? Ancora triste per la tua protetta?" Aras volse lo sguardo al suo interlocutore, soprappensiero.

Stava volteggiando con altri tre Custodi per le vie della città, insieme alle loro protette.

" No, Akire. Lei si sta riprendendo, piano piano." Rispose ad un angelo dai capelli rossi e gli occhi blu chiaro.

Aras sentì l'attenzione degli altri due Custodi su di sé.

"Allora cosa c'è, amico?" insistette l'angelo chiamato Akire.

Aras spostò gli occhi grigi sulla sua protetta: Sara stava camminando tranquilla con le sue amiche, lo zaino sulle spalle, il passo tranquillo, leggero e sicuro.

Accanto a lei, tre ragazze parlavano insieme, spettegolando come al solito.

Una era un po’ bassa, con i capelli rossi, un paio di occhiali sul naso, il naso piccolo e schiacciato, un po’ grassoccia; alla destra di Sara c'era invece una ragazza dai capelli biondo ramato, con gli occhi castano scuro: la protetta di Akire; infine, accanto alla prima, si trovava una ragazza alta, dai capelli neri come la pece, corti e gli occhi dello stesso colore, che seguiva le amiche, ridendo e chiacchierando con loro.

"Niente…" rispose semplicemente l'angelo alla domanda dell'amico.

"E' per Leumas, vero?" questa volta fu il Custode dai capelli biondo rame, lunghi fino alle spalle, e gli occhi castani a parlare.

A quel nome, Aras sussultò e poi si fece cupo.

"Si" rispose. Anomis aveva visto giusto, come sempre del resto: possedeva una grande perspicacia e riusciva sempre a capire cosa passasse nella testa dei compagni.

"Mi manca, sapete." Confessò Aras tristemente, passandosi una mano tra i capelli neri e alzando lo sguardo al cielo.

"Ti capiamo, amico. Manca anche a noi tua sorella." Il Quarto angelo abbassò lo sguardo a terra, chiudendo gli occhi chiari, come se volesse trattenere le lacrime.

"Del resto era una grande Custode." Intervenne Akire tristemente, mentre, nella sua mente, compariva l'immagine dell'angelo dai capelli corvini e gli occhi verdi.

Quando l'aveva conosciuta, era rimasto subito colpito dalla fierezza e della maestosità che emanava.

"Già" annuì Aras, tornando a guardare la sua protetta.

Sara, i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia che le ricadeva sulla schiena, sorrideva con le amiche; ma Aras sentiva che sotto la superficie, il dolore c'era ancora: anche la sua protetta soffriva, solo che era più brava di lui a nascondere le sue emozioni.

L'angelo osservò la ragazza alla sua destra e restò stupito: Erika, i capelli biondo ramato tenuti indietro da un cerchietto nero, fissava seria l'amica al suo fianco, intuendo i suoi veri sentimenti.

Aras alzò lo sguardo su Akire che ora ricambiava sorridendo.

"Anche lei sta male ancora, non è vero?" sussurrò piano per non farsi sentire dagli altri due Custodi, riferendosi a Sara.

Aras annuì tristemente.

Il quarto angelo, con gli occhi chiari, i capelli ricci, biondi e lunghi fino alle spalle, ripensò a sua volta a Leumas.

Ne era rimasto affascinato appena l'aveva vista, quando Aras gliel'aveva presentata quel giorno che era stato invitato a casa sua; si era infatuato di lei e aveva preteso di sapere dall'amico tutto quello che faceva la sorella. Si era innamorato di lei, anche se al pensiero del Custode che vedeva sempre con lei, quasi rabbrividiva: gli occhi e i capelli chiari, lo sguardo freddo e gelido, geloso della Custode dai capelli corvini e la pelle diafana. All'inizio ne era stato geloso e non capiva come mai la Custode fosse tanto legata a lui; ma poi aveva visto come lui la guardava ogni volta, come il suo sguardo gelido si sciogliesse quando incontrava gli occhi verdi di lei, aveva capito quanto il loro amore fosse grande.

"Ael, tutto bene? Ti vedo un po’ con la testa tra le nuvole." Lo richiamò Anomis.

"Si, si, tutto bene." Rispose lui per tranquillizzare l'amico, mentre l'ultimo pensiero andava al Custode dallo sguardo freddo. "Chissà come si sarà sentito quando Leumas è scomparsa, senza lasciare traccia..." pensò.

 

Blue continuava a correre, i pensieri fissi su Rachel, studiando le parole che le avrebbe detto per risolvere i suoi dubbi.

Quattro ragazzine gli stavano camminando incontro.

Quando il Terreno passò accanto a loro, si bloccò, i pensieri sostituiti da un'immagine.

Tornò indietro e si fermò davanti a loro, ansimando e bloccando il loro cammino.

Tenne lo sguardo fisso su quella con i capelli biondi e gli occhi azzurri che, come le altre tre, lo guardava in un misto di confusione e terrore.

Blue le prese il polso e lo alzò, fissando l'immagine che aveva attirato la sua attenzione.

La ragazzina restò immobile, lasciando che lui prendesse la sua mano, paralizzata dalla paura.

Blue smise di ansimare: non aveva più dubbi, ormai, sull'identità del ragazzo nella foto.

"Chi è?" chiese sfacciatamente alla ragazzina, indicando il giovane biondo ritratto sul bracciale; lo stesso del sogno di Rachel.

Lei restò in silenzio, spaventata.

"Scusi, ma come si permette? Chi è lei?" ora una ragazzina dai capelli ramati, tenuti indietro da un cerchietto nero, si era messa tra Blue e la compagna, facendolo allontanare di qualche passo.

"Devo sapere assolutamente chi è!" ripetè Blue, preso da una curiosità irrefrenabile.

"Per favore... Devo capire che legame ha con Rachel." Continuò serio, quasi parlando più a se stesso che con loro.

"Hai detto Rachel?" sussultò la ragazzina bionda dietro l'amica.

Blue annuì: "Ho visto quel ragazzo in una fotografia insieme a lei." mentì, puntando un dito verso l'immagine sul braccialetto al polso di Sara.

"Rachel... è da tanto che non la vedo..." sussurrò a bassa voce lei, abbassando lo sguardo a terra.

Una ragazza bassa dai capelli rossi appoggiò una mano sulla spalla dell'amica, per consolarla.

Sara alzò gli occhi sullo sconosciuto: i capelli neri erano disordinati e qualche ciuffo gli cadeva sulla fronte, coprendogli un po’ gli occhi blu.

"Occhi blu, come i miei, come quelli di Samuel" pensò tristemente la giovane. Non sapeva perchè, ma le ispirava fiducia.

"Va bene, mi hai convinto. Risponderò alle tue domande" Acconsentì sicura dopo aver riflettuto un attimo, ricevendo un'occhiata incredula dalle sue compagne.

Blue, a quella notizia, si rilassò e sospirò sollevato: finalmente una parte dei suoi dubbi stava per essere svelata.

"Non qui, però. Che ne dici se andiamo in un bar? Ce n'é uno qui vicino." Proseguì la ragazzina, tenendo i suoi occhi blu fissi su quelli dello sconosciuto.

Erika si voltò verso di lei, guardandola contrariata e, appoggiando entrambe le mani sulle sue spalle, cercò di portarla alla normalità: "Sara, ma sei impazzita? Questo tizio neanche lo conosci, chissà che intenzioni può avere!" sussurrò all'amica, cercando di non farsi sentire dal ragazzo dai capelli corvini e gli occhi blu.

"Non ti preoccupare. So quello che faccio. Vuoi andate pure a casa; voglio parlare con lui da sola." Spiegò seria, fissandola negli occhi.

Erika, dopo un attimo di titubanza, acconsentì e, dopo aver salutato la loro amica, le tre ragazze si incamminarono incerte; Lea, la ragazza alta dai capelli scuri, rivolse un'ultima occhiata incerta all'amica e allo sconosciuto, per poi continuare il suo cammino con le compagne.

"Allora, andiamo?" domandò seria la ragazzina.

Blue annuì e la seguì in un piccolo bar.

 

Appena si sedettero ad un tavolino la ragazzina tolse il braccialetto dal polso sinistro e lo appoggiò sul tavolino, sostenendo poi la testa con le braccia e fissandolo malinconica, un triste sorriso sul volto.

"Chi è?" chiese un'altra volta Blue, indicando con un cenno la foto del bracciale.

"Mio fratello." Sussurrò piano la ragazzina.

Blue, sorpreso da quell'affermazione, sgranò gli occhi e la fissò, curioso di sapere il motivo per cui portasse l'immagine del fratello al polso.

"Lui…" iniziò la ragazzina, iniziando a tremare, il volto contratto in una smorfia, mentre le lacrime tentavano di uscirle dagli occhi, "lui è morto qualche mese fa." Spiegò, per poi iniziare a piangere come una bambina, non riuscendo più a trattenersi.

Blue restò immobile, non sapendo che fare, come paralizzato.

Il ragazzo della foto, quello del sogno di Rachel, era morto.

"Cosa volete?" Blue alzò lo sguardo sconvolto su una cameriera che, con un block notes in mano, aspettava che ordinassero; quando la ragazza notò la situazione, gettò delle occhiate prima a lei e poi a lui, cercando di intuire cosa fosse successo.

"Vi lascio un po’ di tempo per decidere?" chiese più a sé stessa che a loro; dopodichè, si allontanò senza aspettare una risposta.

Blue tornò a guardare la ragazzina che cercava invano di trattenere i singhiozzi.

Restò sorpreso di vedere due mani sulle sue spalle ed un ragazzo dai capelli corvini e gli occhi grigi chino su di lei che le sussurrava qualcosa all'orecchio; due grandi ali bianchi uscivano dalla sua schiena e restavano dispiegate in aria.

Quando l'angelo notò lo sguardo dello sconosciuto fisso su di lui, sussultò, allontanandosi spaventato dalla sua protetta.

"T-tu mi v-vedi?" balbettò disperato al ragazzo dai capelli scuri; lui annuì in risposta.

"Sei un Terreno, non è vero?" chiese il Custode, cercando di tranquillizzarsi.

Blue rispose con un secondo cenno affermativo; poi, ignorando l'angelo, tornò a guardare la ragazzina che piano, piano, sembrava si stesse riprendendo.

"Riesci a dirmi che è successo?" chiese titubante, non volendo scatenare altri pianti da parte sua, ma invaso allo stesso tempo da un grande senso di curiosità.

Lei annuì, piano: "Prima però voglio sapere chi sei e come fai a conoscere Rachel." Affermò seria.

"Lei è una persona molto importante per me ed io…io sono un ragazzo come tanti. Vorrei solo saperne di più su tuo fratello. Lui era davvero importante per Rachel, non è vero?" chiese, sentendo al cuore un dolore acuto e fastidioso.

La ragazzina annuì: "Si, lui e Rachel erano molto innamorati." Aggiunse con voce sommessa.

"Come si chiamava tuo fratello?" domandò Blue, incerto, mentre il dolore al cuore cresceva.

"Samuel" sospirò lei.

Blue abbassò lo sguardo, sconfitto. Proprio come temeva: lei gli aveva dato il nome del suo ragazzo.

"Mio fratello aveva 19 anni quand'è morto."

"Com'è successo?" chiese lui, incerto.

"E' caduto da una scogliera. Amava andare in quel posto, ci andava sempre con Rachel. Quel giorno lui…lui era da solo… è andato su quegli scogli e poi…poi ha perso l'equilibrio e…" le lacrime tornarono a scendere copiose e la ragazzina interruppe il suo racconto, coprendosi la bocca con una mano e ricominciando a singhiozzare.

L'angelo dietro di lei fulminò Blue con uno sguardo.

Ma il Terreno era troppo sconvolto per accorgersene; una marea di immagini iniziarono a scorrergli nella mente, veloci, una dopo l'altra, senza sosta.

Appoggiò una mano su una tempia e chiuse gli occhi, sentendo la testa pulsare dolorosamente, come se fosse stata sul punto di scoppiare.

Stava ricordando tutto. Il suo passato, la sua vita. Tutto stava ritornando, con forza, mentre nella sua mente le immagini continuavano a scorrere.

"R-rachel.." sussurrò debolmente, iniziando a piangere e singhiozzare, mentre, davanti a lui, si materializzava l'immagine di un ragazzo sugli scogli, il vento che soffiava sul suo volto turbato, triste e sofferente.

In un attimo, capì tutto: Samuel era lui.

Quando vide sé stesso scivolare sulle rocce e scomparire tra le onde del mare, aprì gli occhi di scatto, per non rivivere quel momento.

Alzò lo sguardo: la ragazzina stava ancora singhiozzando e l'angelo dietro di lei lo guardava minaccioso.

Istintivamente, Blue si alzò dalla sedia e si inginocchiò accanto a quella della sorella, appoggiando una mano su quella di lei, stretta a pugno e appoggiata sulla sua gamba.

"Sara…" la chiamò dolcemente.

Lei lo guardò sorpresa, fissandolo confusa. Come sapeva il suo nome?

"Sono io…sono Samuel" le disse lui, mentre si asciugava con una mano le gocce che gli erano scese dagli occhi.

"S-samuel?" chiese lei, incerta e incredula. "Non è possibile..."

Lui continuò, "Si, brutta peste, sono io. Ora ricordo tutto. Sono tornato." Le disse lui, sorridendo.

Sara, piangendo, si buttò tra le braccia del fratello, affondando il viso nel suo collo e lasciando che le lacrime che le rimanevano bagnassero la maglia di lui.

Solo Samuel la chiamava con quel nomigliolo orribile che aveva sempre odiato.

"Samuel!!" iniziò a chiamarlo disperata, il volto sepolto nei suoi vestiti, mentre lui, sempre sorridendo, la stringeva forte a sé.

Non sopportava la sua sorellina pestifera, ma le era mancata così tanto!

Ma non era l'unica...

Samuel aprì gli occhi, fissando per un istante il vuoto.

"Rachel…" sussurrò tristemente, ripensando ai suoi ultimi istanti di vita umana che aveva passato con lei. Ora ricordava tutto, anche il giorno in cui l'aveva guardata appoggiata a quell'edificio, quello che aveva rivissuto con Lehcar nel sogno.

E poi era andato su quegli scogli, non sapeva neanche lui come mai.

E poi…

Preferì non pensare a quel momento.

Sara si staccò dal suo abbraccio, tenendo le braccia intorno al collo del fratello e si immerse con lo sguardo nei suoi occhi blu come il mare.

"Ancora non ci credo, sei proprio tu." Gli sussurrò piano.

"E' una cosa lunga da spiegare... Per farla breve, ho avuto una seconda possibilità di vita e sono tornato." Le sorrise lui.

"Incredibile..." commentò lei. Poi aggiunse "Rachel ha bisogno di te…"

Lui annuì, diventando serio.

"Sai cos'è successo, quando me ne sono andato?"

Sara scosse la testa, tristemente: "Non l'abbiamo più vista; non è venuta neanche al tuo…funerale." Disse a fatica, pronunciando l'ultima parola con dolore.

Samuel si alzò in piedi, imitato dalla sorella.

"Mi aspetta." Disse semplicemente.

Si chinò sulla sorella e le stampò un bacio in fronte, poi si precipitò fuori dal locale, correndo verso la casa di Rachel, lasciando Sara e Aras ancora sconvolti per la notizia.

 

"Samuel, promettimelo…"

"Cosa?"

"Promettimi che staremo sempre insieme, qualunque cosa accada. Promettimi che mi amerai per sempre"

"Ma certo; ti amerò per sempre, Rachel. Qualunque cosa succeda. Qualunque cosa accada, io ti amerò fino a quando morirò. Così dice la nostra canzone"

"Amo quella canzone." Rachel si accoccolò tra le sua braccia, chiudendo gli occhi felice, mentre il profumo del mare arrivava alle loro narici.

"Ti amerò per sempre." Aggiunse lui in un soffio.

 

"Rachel.." Samuel continuava a correre per le vie della città, il cuore che iniziava a battere all'impazzata, mentre riviveva il suo passato.

 

"E' finita? Cosa significa?" la sua voce tremava; non voleva credere a quelle parole, non poteva crederci.

"Significa questo, Rachel. Significa questo, niente di più" rispose lui, volgendole le spalle.

"Sono stanco." Alzò gli occhi al cielo, ricoperto da nuvole grigie.

Sentì una lacrima, solitaria e silenziosa, rigargli una guancia.

"Stanco."

"Di cosa?" chiese lei, incredula per ciò che stava succedendo. Era finita.

"Di tutto. Mi sento stanco, distrutto. Sento che tu non mi vuoi più" le confidò triste.

Si incamminò sulla spiaggia, con le mani nelle tasche della giacca e la testa bassa.

"Me lo avevi promesso!! Me lo avevi promesso!!" la voce sconvolta di lei gli arrivò al cuore, ferendolo e facendolo a pezzi.

 

Appena svoltato l'angolo, Samuel si bloccò, ansimando per la corsa.

Il suo cuore smise di battere quando i suoi occhi blu mare scorsero Rachel insieme ad un ragazzo che non riusciva a riconoscere e gli dava le spalle.

"Rachel!" la chiamò lui, mentre lei chiudeva il portone di casa sua e salutava lo sconosciuto.

Appena lei si sentì chiamare, volse lo sguardo e sussultò quando vide Samuel, i capelli neri spettinati e gli occhi blu mare, turbati e fissi su di lei.

Lo sconosciuto alzò lo sguardo sopra la spalla per squadrare il nuovo arrivato.

I capelli biondi, corti e gli occhi blu; alto, snello, con indosso un paio di jeans ed un cappotto nero.

Samuel rimase colpito dalla somiglianza che aveva con le sue vere sembianze da Umano.

"E lui chi è?" domandò sfacciato a Rachel, paralizzata per via della situazione.

Lei distolse lo sguardo dal ragazzo dai capelli corvini, puntandolo a terra e Samuel si sentì morire di nuovo quando le parole di lei, sussurrate, gli arrivarono al cuore: "è solo un amico."

Non era possibile! Lei non poteva riconoscerlo in quelle sembianze, ma tuttavia lei era innamorata di Blue, altrimenti perché lo avrebbe baciato, quella sera, sulla spiaggia?

Il ragazzo biondo sorrise sprezzante a quella notizia, fissando di nuovo Samuel che si avvicinò, stringendo i pugni e cercando di avere un passo sicuro, nonostante le gambe gli tremassero per il colpo appena ricevuto da Rachel e per l'emozione che provava, avendo recuperato la memoria.

Si fermò a pochi metri dai due, le mani lungo i fianchi e gli occhi puntati sulla giovane, ignorando il ragazzo biondo.

"Rachel, sono io: Samuel." Le disse lui dolcemente, il cuore che tornava a battere veloce.

Rachel ricambiò il suo sguardo, le lacrime che stavano salendo agli occhi.

"Il vero Samuel." Aggiunse lui, per essere più chiaro.

Sussultò a quelle parole, sconcertata. Cosa stava dicendo?

"Smettila, Blue." Disse lei, ricordandosi come lo aveva chiamato Red qualche sera prima.

Samuel non sentì più l'aria nei polmoni e le mani iniziarono a tremargli, mentre le lacrime pungevano i suoi occhi.

"Non chiamarmi così!!" ordinò lui, con la voce tremante.

Non lo aveva mai chiamato Blue e non doveva iniziare ora, ora che ricordava tutto, ora che aveva capito di essere Samuel.

Si sentiva uno stupido se pensava di essere stato geloso di sé stesso.

"Ehi, ragazzino. Lasciala stare, va bene?" Lo sconosciuto si mise tra lui e Rachel, guardandolo serio ed orgoglioso.

"Manuel, ti prego, andiamo via." Chiese Rachel, la voce ridotta ad un sussurro.

Lui si voltò verso di lei annuendo e, appoggiandole una mano sulla spalla, si incamminò con lei, allontanandosi da Samuel, ancora paralizzato da quello che era appena successo.

"Rachel!! Rachel, ti prego, fermati!!" urlò disperato, le lacrime che iniziavano a rigargli le guance, incontrollabili; riprendendosi corse incontro ai due.

Non poteva finire così, non dopo tutti gli sforzi fatti per ricordare!

Rachel e Manuel si voltarono; ma non accadde quello che sperava.

Il ragazzo si allontanò dall'amica e prese Samuel per il colletto, facendo scontrare poi il suo pugno con lo zigomo di lui.

Samuel rovinò a terra, sconvolto, il viso pulsante per il dolore.

"Non vuole vederti, chiaro??" gli sputò addosso il biondo; Rachel, dietro di lui, era paralizzata a sua volta.

Da una parte avrebbe voluto correre dal suo nuovo Samuel, da Blue, per abbracciarlo e chiedergli scusa per il suo stupido atteggiamento, ma dall'altra sapeva di non poterlo fare; appena aveva incontrato Manuel, il vero Samuel era ritornato nei suoi pensieri e il ragazzo biondo che gli somigliava tanto riusciva a placare un po’ il suo dolore, almeno per il momento. Temeva di far soffrire Blue, ecco qual era la verità. Non poteva farci niente, non riusciva a dimenticare Samuel.

"Perdonami.." sussurrò, senza che il ragazzo dai capelli corvini la sentisse, mentre le lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance e Manuel la portava via da lui.

 

"Samuel!!" Samuel si guardò attorno spaesato, distogliendo lo sguardo dal punto dove Rachel era scomparsa con quell'individuo.

Sara era accanto a lui e lo guardava preoccupata.

Il Terreno ci mise un po' a riordinare le idee: Manuel lo aveva colpito e lui era finito a terra, mentre Rachel non aveva fatto niente per fermarlo.

Non riuscendo a sostenere lo sguardo della sorella, abbassò gli occhi sul terreno freddo sotto di lui.

Era ancora seduto sul marciapiede, lo zigomo pulsante e gli occhi brucianti per via delle lacrime.

Ma ciò che gli faceva più male, in quel momento, era il cuore che faticava a battere: lo sentiva a pezzi, distrutto, stanco;

"Lei non mi riconosce…" sussurrò debolmente a sé stesso.

Sara si inginocchiò al suo fianco e lo abbracciò, come aveva fatto prima, appena lo aveva riconosciuto, cingendogli il collo con le braccia.

Samuel ricambiò l'abbraccio della sorellina, bisognoso, quel momento più che mai, di sentirsi amato da qualcuno, di non sentirsi solo, di colmare il vuoto che era ritornato nel suo cuore.

Ma non bastava quell'abbraccio, non bastava per colmare l'enorme abisso che si era creato dentro di lui.

"Rachel…" Sussurrò per l'ennesima volta, guardando di nuovo il punto dove era scomparsa con quel ragazzo, sperando, dentro di sé, di vederla riapparire, anche se invano.

Era finita.

------------------

Eccomi di già col nuovo capitolo!!!

Finalmente Blue ha ricordato il suo passato ed è Samuel (anche se la maggior parte di voi sicuramente l'aveva già intuito), e Sara l'ha riconosciuto subito a differenza di Rachel che non ha creduto alle sue parole.

Per di più c'è la presenza di questo nuovo personaggio, Manuel, tipo alquanto sospetto. Cosa accadrà?? Non vi resta che continuare a leggere i prossimi capitoli per saperlo!!

SPOILER:

Il prossimo capitolo riguarderà Mairim ed Eve, con Miriam e Steve.

Al Custode verrà offerta una soluzione al suo problema e toccherà a lui decidere se accettarla oppure no.

Vi avviso che il capitolo sarà un po’ complicato, soprattutto alla fine, dove ci sarà una parte delle 'origini' di 7 angeli particolari.

Ed ora i ringraziamenti!!!

-Preferite: 8

-Seguite: 11

-Ricordate: 10

Sono contenta che a molti di voi piaccia  questa storia, anche se mi piacerebbe che lasciaste un piccolo commentino!! Vabbè, comunque grazie a LIYEN e WINGEDANGEL che mi seguono sempre con i loro commenti.

Grazie davvero!!! :)

LIYEN:

Grazie per i tuoi continui commenti, mi fa davvero piacere sapere che ti piacciono i capitoli!!! Vedrai nel prossimo cosa succederà a Miriam e Mairim, anche se purtroppo non ti piace Steve!!! ;D Al prossimo ciao!! Un bacio!! <3

 

WINGEDANGEL:

Come avevi già intuito Blue è Samuel e finalmente l'ha scoperto anche lui!! Solo che adesso Rachel non gli crede e preferisce questo nuovo personaggio, Manuel, che ci sarà anche nel prossimo capitolo con Miriam.Di capitoli penso che me ne manchino più o meno 3 o 4 più l'epilogo (che sarà un po’ triste ma vabbè…). Grazie per il tuo continuo supporto con le tue recensioni, davvero, mi fa venire voglia di andare avanti a scrivere!! ;) Grazie e al prossimo!! Un bacio!! <3

 

Al prossimo capitolo, che ancora non so quando pubblicherò!! ^^''

Kiss kiss

=Sony=

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Capitolo 19
*** 19- Talia ***


 "Gli angeli sono sempre rilucenti, anche se il più rilucente fra loro è caduto"

 

19- TALIA

 

"Tu mi stai giudicando." La accusò lui.

Lei scosse la testa, fissandolo dolcemente: "Perché dovrei? Quello che provi per la tua protetta è una cosa magnifica. Se ti sei innamorato di lei, non è colpa tua, Mairim." Lo consolò l'angelo accanto a lui, appoggiando una mano sulla sua spalla e soffiando quelle parole al suo orecchio, facendolo rabbrividire.

Mairim si allontanò da lei, cercando di evitare ogni contatto con la Custode dalla lunga treccia castana.

"Allora perché mi sembra tutto così sbagliato? Lei sta male a causa mia, ma io voglio solo che sia felice! Non voglio vederla in questo stato." Portò lo sguardo sulla sua protetta, seduta su una panchina del parco accanto a Steve.

Quando lo vide passare un braccio dietro di lei e abbracciarla, facendola appoggiare al suo petto, si sentì gelare e strinse i pugni per controllarsi.

Eve gli si avvicinò di nuovo, calma, cercando di convincerlo: "Mairim, amare non è sbagliato. Mai. In nessun caso; anch'io amo il mio protetto ed è per questo che voglio che lui sia felice; per questo mi faccio da parte e lascio che si innamori di chi voglia."

"Non è lo stesso genere d'amore che provo io per Miriam!" esclamò lui, chiudendo gli occhi per non vedere i due ragazzi; ma era inutile: anche chiudendo gli occhi, le immagini scorrevano comunque davanti a lui, davanti al suo cuore, facendolo soffrire.

"Devi mettere da parte i tuoi sentimenti, se veramente la ami." Continuò Eve dolcemente.

"E quindi vuoi che mi innamori di te?" domandò lui.

"No, non posso obbligarti ad amarmi. L'amore è un sentimento che nasce dal cuore, non dalla testa." Spiegò lei, "Ti chiedo solo di alleviare le sofferenze di Miriam in qualche modo; lasciala libera di amare chi vuole."

  

"Ti accompagno a casa? Inizia a fare un po’ freddo." Miriam restò abbracciata a Steve: stava bene accoccolata tra le sue braccia, il dolore sembrava placarsi, farsi lontano.

Fece cenno di no con la testa; accanto a lui non aveva freddo .

"Devo passare da Rachel." Spiegò lei in un sussurro, chiudendo gli occhi e respirando il fresco profumo di lavanda che veniva da Steve.

"Ti va se vengo con te?" insistette lui.

Lei alzò la testa, guardandolo un istante negli occhi verdi.

Era ancora preoccupato per lei? Dopo quello che era successo il giorno prima con quella macchina, lui le era stato più vicino, come se volesse proteggerla.

Annuì quando nei suoi occhi vide accendersi la stessa luce che sapeva di avere anche lei ogni volta che lo guardava.

Si alzarono in piedi ed uscirono dal parco, restando abbracciati, mentre, dietro di loro, Mairim e Eve li seguivano.

 

"Perché ti fai chiamare Eve? Non è Evets il tuo nome?" cercò di cambiare discorso il custode di Miriam.

Lei sorrise, aspettandosi quella domanda.

"Si, in realtà è quello il mio vero nome, ma Eve mi piace di più, tutto qui." Spiegò.

Lui annuì, poco convinto, ma appena vide che lei continuava a sorridergli tranquilla non riuscì a trattenere a sua volta un piccolo sorriso; del resto, non era poi così male quell'angelo. Assomigliava un po' a Miriam.

 

"Ehi, Rachel!" Miriam sventolò il braccio per farsi vedere dall'amica, sentendosi sempre meglio abbracciata a Steve; che stesse finalmente guarendo dal suo malessere?

"Miriam!" Rachel si staccò da Manuel e corse incontro all'amica, che a sua volta si allontanò da Steve per andarle incontro; si abbracciarono di slancio.

"Ciao Rachel!" la salutò Steve, quando lei si staccò dall'abbraccio soffocante di Miriam, ricambiando il sorriso.

Manuel si avvicinò lentamente ai tre, con passo tranquillo e sicuro.

"Non ci presenti, Rachel?" domandò, vedendo che lei si era scordata di presentarlo ai due amici.

"Ah, si, certo." Arrossì Rachel, imbarazzata per essersi dimenticata di lui.

"Lui è Manuel, il mio…mio…ecco, lui è…" balbettò confusamente, non sapendo come definirlo.

"Sono il suo ragazzo" concluse lui per lei, mentre stringeva cordialmente la mano a Steve; Rachel si sentì male a quelle parole, ripensando a Blue.

"Samuel.." pensò tristemente, non sapendo neanche lei a quale dei due si riferisse. Solo un'ora prima lui le aveva detto di essere Samuel, quello vero. Ma com'era possibile? Forse era davvero pazzo. Iniziò a pensare che, come sospettava da sempre, la storia degli angeli custodi e dei Terreni fosse tutta una bugia, frutto della fantasia di tre poveri matti.

"Ehi, Rachel, tutto bene?" Miriam la fissava perplessa e preoccupata, notando la sua espressione persa.

"S-si" mentì lei, cercando di essere convincente per tranquillizzare l'amica.

I pensieri di Miriam cambiarono subito soggetto quando Steve le afferrò una mano e, sicuro di sé, esclamò: "Anche io e Miriam stiamo insieme!", facendola arrossire violentemente.

Rachel sorrise, notando l'espressione dell'amica.

Dopo quelle parole, Manuel alzò lo sguardo sopra i due giovani, fissando qualcosa dietro di loro e facendosi pensieroso.

Steve seguì il suo sguardo, cercando di capire cosa stesse guardando.

"Cosa c'è?" domandò perplesso.

"Niente, niente. Mi era sembrato di vedere qualcosa." Si affrettò a dire Manuel.

"Rachel, scusa, ma devo andare a casa. Sono stato bene oggi con te. Ci vediamo domani, va bene? Ti chiamo io stasera!" stampò un bacio sull'angolo delle labbra della ragazza, senza lasciarle il tempo di sottrarsi.

Poi corse via, di fretta, svoltando ad un angolo. Rachel era basita, una mano appoggiata sul punto dove lui l'aveva baciata, e Miriam fissava l'amica, vedendola soprappensiero.

 

"Non è sembrato anche a voi…?" iniziò Mairim, preoccupato.

"Cosa?" domandò Lehcar, alzando un sopracciglio, vedendo che l'amico non finiva la frase.

"Non so, mi è sembrato che mi stesse guardando…" disse titubante Mairim, incredulo per le sue stesse parole.

"Non credo sia possibile che un umano ci possa vedere." commentò Eve.

"Un Umano no. Ma un Terreno si." Pensò a voce alta Lehcar, facendosi improvvisamente serio e, incrociando le braccia sul petto, volse lo sguardo nel punto dove l'individuo aveva svoltato.

Era felice che Rachel non stesse più con quello stupido Terreno dalle ali blu, ma neanche quel ragazzo lo convinceva.

Assomigliava a Samuel, ma non era lui. Il Custode aveva riconosciuto il vero Samuel quando lo aveva visto addormentato accanto al letto della sua protetta: era quello stupido Terreno blu, la causa di tutti i suoi problemi, la causa della prematura scomparsa di Leumas che era tornato ed aveva iniziato ad infastidirlo con la sua presenza.

Ed ora quel tizio, che fosse un altro Terreno? Iniziava ad averne abbastanza di tutti quei mezzi angeli che gli ronzavano intorno.

"Allora voi due? State insieme quindi?" disse Lehcar per cambiare discorso, riferendosi alle parole di Steve e facendo arrossire violentemente Mairim.

"C-cosa?? N-no!!" Balbettò lui, abbassando lo sguardo.

Eve sorrise, divertita dall'espressione dell'angelo dai capelli castani, mentre Lehcar li guardava confuso, non capendo affatto quello che stava succedendo.

"E' un po’ complicato." Riassunse Eve continuando a sorridere.

Lehcar sbuffò: "Certo che sei davvero strano, Mairim." commentò scherzosamente, intuendo i sentimenti che stavano nascendo nell'amico.

Mairim, di rimando, diventò ancora più rosso di prima.

"Ci vediamo ragazzi." disse Lehcar, mentre Rachel salutava Miriam con un abbraccio e si incamminava verso casa sua.

"A presto Lehcar!" salutò Eve, mentre Mairim alzava lo sguardo sull'amico, ancora rosso in volto.

 

Steve e Miriam si incamminarono insieme, la mano di lei stretta in quella di lui e le sue guance rosse per quel caldo contatto.

Mairim li seguiva con Eve, cercando di evitare ogni contatto con la Custode, non ancora del tutto convinto di cosa significasse il calore che sentiva dentro di sé, nel suo cuore.

"Ehi, tu. Custode." I due angeli si fermarono quando una voce li chiamò. Si voltarono e si ritrovarono a fissare uno strano individuo appoggiato ad un edificio, lo sguardo basso ed un sorriso sinistro dipinto in volto.

Quando si portò alle labbra una sigaretta, i due Custodi notarono alle spalle dello sconosciuto un paio di bizzarre ali colorate.

Sussultarono nel constatare che si trattava di un Terreno. Ogni contatto con loro era sconsigliato e i due Custodi lo sapevano bene.

Eve afferrò la mano di Mairim, facendolo arrossire di nuovo, e lo trascinò via da lì, ritornando a seguire i loro protetti, ignorando il Terreno.

Tuttavia, lui non si diede per vinto e, dispiegando le sue ali colorate, seguì i due custodi: "Ehi, aspetta! Non sei neanche curioso di sapere cosa ho da dirti?" li richiamò indietro lui.

"No" rispose secca Eve, lasciando Mairim senza parole per il suo improvviso cambio d'umore di fronte al Terreno.

"Non mi riferivo a te, Evets." Ribattè lui scocciato, facendola fermare, sorpresa.

"Conosco il tuo nome perché conosco quello del tuo protetto." Spiegò lui, intuendo i pensieri della Custode.

"Comunque, io voglio parlare con te." Disse, rivolgendosi a Mairim.

"Sei innamorato della tua protetta, non è vero?" chiese, sicuro di sé, il Terreno.

"Se vuoi ti posso aiutare." Prese la sigaretta tra le dita, allontanandola dalla bocca, soffiando il fumo dalle labbra e aspettando una reazione del suo interlocutore.

Mairim sussultò alle parole dell'angelo e riflettè sul da farsi.

Forse lui poteva aiutarlo davvero e Miriam sarebbe stata meglio. Magari aveva una soluzione per far finire tutto il suo dolore.

"Parla." Disse sicuro, sentendo lo sguardo contrariato di Eve su di lui.

Il terreno sorrise, fissando il Custode negli occhi e riportandosi la sigaretta alla bocca.

"Allora seguimi."

"No, Mairim, non farlo. Non possiamo fidarci dei Terreni, lo sai bene! È contro le regole!" si affrettò a dirgli Eve, cercando, inutilmente, di fargli cambiare idea.

"Al diavolo le regole. Sono stanco di vedere Miriam soffrire a causa mia. Voglio farla finita e se costui dice di avere una soluzione, io gli credo." Rispose Mairim, sicuro della sua decisione.

"Andiamo." Si rivolse poi al Terreno.

Dispiegò le sue ali bianche leggermente ingrigite, pronto a seguire il Terreno che iniziò a volare sopra la folla di gente che correva per le vie.

"Bada a Miriam per me durante la mia assenza." Chiese Mairim ad Eve.

"Tornerò presto." Continuò, vedendola preoccupata. Le si avvicinò e le schioccò un bacio sulla guancia, arrossendo poi violentemente, pentendosi del suo gesto non appena sentì il suo cuore accelerare la corsa.

Le voltò le spalle per seguire il Terreno, mentre Eve, leggermente rossa per quel contatto col custode, raggiungeva i due Umani, per nulla convinta delle intenzioni dell'angelo misterioso.

Lehcar aveva ragione: il ragazzo di Rachel non era un Umano.

 

"Dove siamo?" chiese diffidente Mairim al Terreno sconosciuto.

"A casa di un amico." Spiegò lui, "Peccato che non ci sia, avrebbe potuto aiutarci."  Aggiunse poi tra sé.

Si trovavano in una stanza avvolta nella semi-oscurità; Mairim notò un letto sfatto e degli oggetti sparsi disordinatamente per tutta la camera; chi viveva lì non era molto ordinato.

Il misterioso Terreno si avvicinò ad un armadio e, aprendo un'anta, iniziò a frugare tra i vestiti.

"Eccola…" sussurrò, mentre un sorriso sinistro compariva sul suo volto. Guardò per un istante Mairim e, facendosi improvvisamente serio, lo fissò con i suoi occhi blu scuro: "Prima devo sapere se sei disposto a tutto, Custode."

Mairim lo guardò titubante, non sapendo cosa rispondere: temeva quello che aveva in mente lo sconosciuto, ma ormai non poteva più tirarsi indietro, non poteva più sopportare quella sofferenza.

Annuì sicuro, il cuore che batteva velocemente.

"Bene…" commentò il Terreno. Prese dall'armadio un involto scuro, lungo e pesante: una spada. Con una mano impugnò l'arma, estraendola dal fodero.

La lama, appena fu esposta, illuminò la stanza, delineando i contorni di ogni cosa, eliminando ogni ombra.

Gli occhi di Mairim non furono infastiditi dalla luce, ma di certo, se un Umano l'avesse vista, ne sarebbe rimasto accecato all'istante.

Ciò che colpì il Custode fu il materiale con cui era stata forgiata l'arma: la lama era di cristallo, con i contorni in acciaio ed una scritta su di esso; l'impugnatura era di un bianco candido e purissimo, con le sembianze di un paio d'ali.

Mairim restò incantato dalla bellezza della spada e si avvicinò al Terreno che gliela porse; avvicinò la mano per prenderla, fermandosi un istante, notando la lettera incisa sull'impugnatura: una 'U' dorata emergeva dal bianco candido.

Il Custode si fece forza e afferrò la spada con una mano, alzandola in aria per ammirarla.

Incastonata nel cristallo, notò una piuma, candidissima, con delle sfumature grigie e dorate: era quella che emanava quell'incredibile luce.

"La piuma di un Arcangelo?" domandò al Terreno che lo fissava sorridendo, orgoglioso.

L'angelo dagli occhi blu scuro annuì, "Per l'esattezza di Uriel."

Mairim sussultò a quel nome, rendendosi conto solo in quel momento dell'incredibile arma che stava impugnando.

"Moltissimi anni fa, 7 Arcangeli scesero sulla terra" iniziò a raccontare il Terreno, "un compito molto importante era stato affidato loro: avrebbero dovuto creare 7 creature fuori dal comune, che avrebbero regolato la vita degli Umani e dei Custodi…"

"La conosco molto bene questa storia", lo interruppe Mairim, diffidente nei confronti del Terreno; perché gli aveva dato quella spada?

"7 Umani erano stati scelti per loro; alla fine portarono a termine il loro incarico, dando alla luce 7 creature maestose; i 7 arcangeli abbandonarono poi le loro famiglie per tornare alle loro normali mansioni, ma si narra che uno di loro, dalle ali più luminose, non ha mai smesso di osservare la sua famiglia dall'alto."

"Allora saprai anche che fine fece questo Arcangelo…" commentò il Terreno, incrociando le braccia al petto e sorridendo, sicuro di sé.

"Quando la sua amata morì si dice che lui patì per molto tempo la sua morte e che le sue ali persero il loro magnifico colore, spegnendosi."

Continuò Mairim.

"Un po’ come è successo a te." Commentò il Terreno, indicando le piume ingrigite del Custode.

Lui lo fulminò con lo sguardo, ripiegando poi le ali dietro la schiena per non farle vedere allo sconosciuto.

"Solo non capisco la presenza di questa piuma dentro questa spada…" commentò Mairim, tornando all'argomento dell'arma.

"Strano che voi custodi non sappiate tutto di questa storia, del resto, l'arcangelo Uriel dev'essere diventato un po’ la vergogna della vostra stirpe dopo questa vicenda…" commentò ridendo il Terreno, irritando maggiormente Mairim.

Come si permetteva quell'essere inferiore di giudicare un Arcangelo in quel modo? Tuttavia non poteva dargli tutti i torti; erano molti i custodi che disprezzavano il comportamento di Uriel, ma in fondo lui lo aveva sempre capito: sapeva cosa significava essere intrappolati da un amore impossibile.

Dopo un secondo di pausa, durante il quale il misterioso Terreno si era acceso un'altra sigaretta e si era seduto su una sedia, rovesciata a terra, continuò con la storia.

"Uriel non solo perse la sua lucentezza, ma una delle sue piume si staccò dalle sue ali e cadde sulla Terra. Suo figlio, da lui chiamato Manakel, 'Dio che asseconda e sostiene ogni cosa', la trovò e decise di incastonarla in una spada di cristallo, la spada che tieni in mano tu." Disse indicando l'arma impugnata da Mairim. "Alla spada diede il nome della madre, Talia. La piuma del padre, insieme alla scritta incisa sull'acciaio gli sarebbero serviti come monito per il suo compito, per il suo dovere." Soffiò il fumo dalle narici, mentre, guardando fisso il Custode, domandò, "Sai quale compito gli era stato affidato?"

Mairim sussultò, iniziando ad intuire le intenzioni dello sconosciuto.

"Punire i Custodi che non eseguono il loro compito." Sussurrò debolmente, "Punire i custodi che si innamorano dei propri protetti." Aggiunse, la voce ridotta ormai ad un filo.

"Esatto!" commentò il Terreno, appoggiandosi allo schienale della sedia e muovendo in aria la sigaretta.

"Come mai ce l'hai tu questa spada? I figli degli Arcangeli sono immortali, non dovresti possedere tu quest'arma." urlò contro il Terreno, divorato dalla curiosità, mentre la mano che impugnava la spada iniziava a tremare.

"Me l'ha data Manakel in persona!" rispose orgoglioso lo sconosciuto, "L'ho incontrato più o meno 50 anni fa e mi ha raccontato tutta la sua storia, pregandomi poi di portare lontano dalla sua vista quell'arma." Raccontò, indicando con la sigaretta la spada.

"Lo faceva star male dover compiere il suo dovere, doversi macchiare del sangue dei Custodi la cui unica colpa era quella di essersi innamorati della persona sbagliata, era quella di essere caduti nella tela di un amore impossibile. Come suo padre." Si portò la sigaretta alla bocca, facendone illuminare l'estremità.

"Ha rinunciato alla sua arma. L'ha data a me." Scandì l'ultima frase per sottolineare il valore di ciò che aveva ricevuto in dono dal figlio di Uriel.

"Impossibile.." commentò il Custode, rigirandosi la spada nella mano, mentre con gli occhi leggeva la scritta incisa nell'acciaio.

Il terreno alzò le spalle: "Sei libero di non crederci, Custode."

"Cosa vuoi che me ne faccia di questa spada?" domandò diffidente Mairim.

"Pensavo fosse chiaro: la spada ora è tua, puoi farne quello che vuoi, anche se io, un'idea, ce l'avrei." Rise tra sé, incredulo per l'ingenuità del custode dai capelli castani.

Mairim, a quelle parole, venne scosso da tremiti di puro terrore ed il cuore iniziò a battere forte per l'agitazione: sapeva molto bene cosa intendeva il Terreno, ma non poteva crederci, non voleva crederci. Doveva esserci un'altra soluzione.

"Non la voglio." Provò a ribellarsi, tendendo la spada verso il Terreno per restituirla. Ma sentiva che la sua mano non voleva staccarsi da quella prima possibilità di soluzione per il suo problema; possibilità che, forse, sarebbe rimasta la sola.

"Ne sei sicuro?" chiese il Terreno, guardandolo di sbieco e intuendo i suoi pensieri.

Il Custode titubò un po’ sulla sua decisione e ciò bastò per dare fondamento ai pensieri del Terreno, il quale, ridendo tra sé, chiuse gli occhi.

"Tienila." Gli disse semplicemente, con un tono che non sembrava un ordine, ma un consiglio.

"M-ma…non posso andare in giro con una spada…" tentò di convincerlo Mairim; o forse stava solo cercando di convincere se stesso?

"La puoi nascondere." Spiegò il Terreno, mentre schiacciava la sigaretta dentro ad un posacenere sulla scrivania, sempre più divertito dall'ingenuità del Custode.

Mairim si morse un labbro, non sapendo più quali scuse inventare. Alla fine decise.

Rimise con cura la spada luminosa nel fodero, facendo riapparire tutte le ombre che erano state eliminate dalla luce; poi, passandosi il cinturino intorno ad un braccio, la fece appoggiare sulla sua schiena, tra le due ali ingrigite.

Pochi secondi e la spada scomparve; ma Mairim la sentiva ancora lì, come un peso che gli gravava sulla schiena e sul cuore.

Spettava a lui decidere cosa farne.

Nella sua mente ripetè le parole incise sull'acciaio, scritte in una lingua antichissima, conosciuta solo dagli angeli.

"Gli angeli sono sempre rilucenti, anche se il più rilucente fra loro è caduto."

"Trattala bene, mi raccomando." Ordinò amichevolmente il Terreno, seduto ancora sulla sedia, mentre fissava l'ingenuo custode uscire dalla stanza, sempre con il solito sorriso sinistro dipinto in volto e gli occhi blu scuro illuminati da una luce di follia e divertimento.

"Come ai vecchi tempi." Pensò tra sé, chiudendo gli occhi, quando l'angelo scomparì alla sua vista, "Se solo ci fosse stato anche il mio vecchio amico." Sospirò tra sé, ripensando a Green.

 

"Eve!!" Mairim si avvicinò alla Custode che lo fulminò con uno sguardo severo appena lui si portò al suo fianco, dietro a Miriam che stava a braccetto con Steve.

"Finalmente." Sospirò lei, tranquillizzandosi improvvisamente.

Abbassò lo sguardo sul suo protetto, il volto sempre serio, diffidente del Terreno che avevano incontrato e che Mairim aveva deciso di seguire.

Spiò il Custode al suo fianco, preoccupata.

Non gli avrebbe chiesto cosa aveva fatto con lo sconosciuto, sapeva benissimo che non glielo avrebbe mai detto.

Ma i suoi sensi le dicevano di stare attenta e vigile, di tenere sotto controllo l'angelo dagli occhi verdi e i capelli castani.

Era preoccupata. Molto preoccupata. Ci teneva molto a Mairim e non avrebbe mai permesso che succedesse qualcosa a lui o alla sua protetta.

"Non fare nulla di avventato, Mairim." Lo pregò nei suoi pensieri, senza che lui la sentisse, tenendo lo sguardo su di lui.

"Ti prego, non fare nulla di avventato." Ripetè chiudendo gli occhi e continuando il suo cammino col Custode in silenzio, entrambi immersi nelle loro preoccupazioni.

-----------

 

 

Nuovo capitolo!!!!!!!

Sono successe un po’ di cose a Mairim e finalmente ha trovato una soluzione al suo problema; in realtà lui sa bene che potrebbe anche innamorarsi di Eve e farla finita ma sa giò che non ci riuscirebbe quindi quell'idea la scarta già in principio.

Manuel, che si è rivelato essere un Terreno, anzi (come molti di voi avranno capito) si è scoperto essere Alex, gli ha dato una spada molto particolare, capace di uccidere i Custodi. Cosa farà questa spada?? Contro chi la userà Mairim??

Eh-eh, lo vedrete nei prossimi capitoli naturalmente!!

SPOILER:

Il capitolo 20 parla di Sara e Samuel che vanno a casa loro e…. lo vedrete!! :P

 

Ed ora i ringraziamenti!!!!!!!!!!

 

PREFERITE:

 

1 - black horse
2 -
dany94
3 -
Hakigo
4 -
Kratos the Pokemaster
5 -
liyen
6 -
Matydreamer
7 -
wingedangel

 

RICORDATE:

 

1 - Arasi
2 - Auri
3 - bersa
4 - black horse
5 - cassandra4ever
6 - dany94
7 - dolcepiccolina
8 - Elfa sognatrice
9 - ellie_
10 - Hakigo
11 - momi87
12 - wingedangel

 

SEGUITE:

 

1 - black horse
2 - Cristie
3 - flinx
4 - Hakigo
5 - Kicks
6 - Kratos the Pokemaster
7 - mau07
8 - meryj
9 - mo duinne
10 - snail
11 - wingedangel

 

 

Alle recensioni ho appena risposto via e-mail.

Al prossimo capitolo!!!

Kiss kiss

=Sony=

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Capitolo 20
*** 20- Lettera ***


20- LETTERA

«Non è né la carne, né il sangue,

ma il cuore, che ci rende padri e figli.»
J. Schiller

 

20- LETTERA

 

"Eccoci. Siamo arrivati." Samuel alzò lo sguardo per osservare un enorme palazzo che si innalzava verso il cielo.

"Abitiamo in un appartamento al 6° piano." Disse titubante Sara, spiando il fratello che continuava a fissare l'edificio con aria stanca e affranta.

"Si, me lo ricordo." Sussurrò debolmente lui, notando lo sguardo della sorella che non sembrava ancora convinta della sua identità.

"Andiamo?" si sforzò di sorriderle per tranquillizzarla: capiva che non era facile credere alla sua storia, credere che lui fosse Samuel; del resto, neanche Rachel ci aveva creduto.

Al pensiero della ragazza lo zigomo, colpito dal pugno del suo nuovo ragazzo, tornò a pulsare, come per ricordargli quello che era successo, quello che Rachel aveva permesso accadesse.

Sara ricambiò il sorriso ed, insieme, entrarono nell'enorme palazzo.

 

"E' tutto come ricordavo." Commentò ad alta voce Samuel, appena entrarono nell'appartamento.

"A mamma piace cambiare sempre tutto." Rise tra sé, notando che non era proprio tutto al suo posto: vari mobili erano stati spostati.

"Già. A lei piace sempre cambiare." confermò Sara, mentre si toglieva la giacca e la appoggiava su un divano posto nella salotto, di fronte ad un grande televisore.

"Solo una cosa è rimasta com'era." Abbassò lo sguardo a terra, facendosi improvvisamente malinconica.

"La mia stanza" intuì Samuel.

Sara rispose con un cenno affermativo.

"Vuoi vederla?" aggiunse poi, alzando lo sguardo su di lui e tornando a sorridere debolmente.

"Si, mi piacerebbe. Ma cosa dirai se mamma e papà tornano e mi trovano qui? Loro non mi riconosceranno."

"Potremmo raccontare tutta la storia. Sarebbero al settimo cielo se scoprissero che sei ancora qui, fratellone." Distolse lo sguardo da lui per non fargli vedere gli occhi umidi. Le faceva male chiamarlo in quel modo, quando ai suoi occhi, lui, non appariva come il Samuel che ricordava, ma come uno sconosciuto dai capelli corvini; dentro di sé, comunque, sentiva che lui era davvero suo fratello e sapeva di potersi fidare di lui.

"Non ne dubito." Sorrise lui, mentre lei si asciugava prontamente gli occhi con il dorso della mano, mantenendo il controllo sulle sue lacrime, "ma non credo sia una buona idea, sorellina." Aggiunse poi, mentre il sorriso scompariva dal suo volto.

Sara tornò a fissarlo, intuendo le ragioni della sua scelta. Già si immaginava la scena: sua madre che sveniva ed il padre che chiamava a polizia e lo cacciava fuori di casa; non gli avrebbero mai creduto. E se anche fosse successo, avrebbero solamente sofferto nel rivedere il figlio morto da mesi.

Annuì al fratello, "Hai ragione. Però abbiamo ancora un po’ di tempo prima che tornino. Se vuoi vedere la tua stanza, puoi."

Samuel acconsentì ed, insieme a Sara, percorse un corridoio, fino a fermarsi di fronte ad una porta, in fondo a destra.

Il ragazzo, istintivamente, appoggiò una mano sulla maniglia e l'abbassò, ma la porta non si aprì.

"E' chiusa!" constatò stupito.

"E cosa ti aspettavi? È stata mamma a volerla chiudere a chiave." Spiegò Sara, mentre apriva il cassetto di un mobile accanto alla porta.

Ne estrasse una chiave e, infilandola nella serratura, la fece girare.

Lasciò che fosse Samuel ad aprire la porta.

L'angelo accese la luce con facilità, ricordandosi alla perfezione tutto di quella stanza. Tutto sembrava essergli chiaro e facile da ricordare.

Restò sulla soglia della stanza, fermandosi per studiarla in ogni particolare, lasciando alla mente il tempo di ricordarla.

Sara aveva ragione: tutto era come allora, sua madre aveva rifatto solo il letto, per poi spegnere la luce e lasciarla chiusa a chiave per tutti quei mesi.

Le ante erano chiuse, vietando alla luce l'ingresso nella stanza.

Samuel mosse qualche passo, portandosi più o meno al centro, mentre si guardava intorno, serio. Sara restò immobile sulla soglia, senza avere il coraggio di entrare in quella stanza dopo tutto quel tempo.

Prima della sua scomparsa, non si era mai preoccupata di intrufolarsi nella stanza del fratello maggiore per curiosare tra le sue cose. Ma ora era tutto così diverso; era da mesi che non ci entrava ed era come se non la conoscesse più, nonostante fosse rimasta com'era.

Samuel si inginocchiò sul letto, iniziando ad osservare le foto che erano state appese alla parete azzurra.

Vide se stesso con i suoi amici e con i suoi compagni di scuola. Un'altra raffigurava lui con i suoi genitori e la sua sorellina; ricordava il giorno in cui avevano scattato quella foto di famiglia. Sua madre aveva voluto chiamare un fotografo professionista, ma i suoi tentativi di scattare una foto normale venivano sempre rovinati da lui e da quella peste di Sara; in quella che stava guardando, ad esempio, si facevano la linguaccia a vicenda mentre i genitori si sforzavano di sorridere all'obbiettivo. Rise tra sé al pensiero del fotografo che, esausto, era riuscito finalmente a scattare una foto decente che avevano incorniciato e messo nel salotto su un mobile in mogano; si ricordò di aver chiesto di sviluppare anche qualcuna delle altre foto, quelle venute male; lui preferiva quelle in cui lui e la sua sorellina bisticciavano.

"Loro come stanno?" chiese alla sorella senza guardarla, continuando a fissare le altre immagini e facendosi improvvisamente malinconico all'idea di aver perso tutte le persone che conosceva.

Sara sussultò, immersa nei suoi pensieri, e abbassò lo sguardo, triste: "Se la cavano, come me. All'inizio era difficile, poi, col tempo, le cose si sono un po’ risistemate. Anche se manchi tu, fratellone." Le lacrime tentarono di nuovo di tornarle agli occhi. Le fermò con la manica della maglietta, mentre le prime le rigavano le guance.

Samuel distolse lo sguardo dalle foto, fissando per un istante il vuoto e pensando ai suoi genitori e come si erano dovuti sentire dopo la sua scomparsa. Litigava spesso con suo padre, anche per futili motivi; era sempre stato un uomo rigido e severo nei confronti dei figli e non si era mai mostrato debole davanti ai loro occhi; ma, anche se a Samuel sembrava strano, sapeva che il suo carattere si doveva essere sciolto alla sua morte e tremò ad immaginare lui e la madre al suo funerale. Sua madre, maniaca dell'ordine, mai soddisfatta di ogni cosa, ma, soprattutto, sensibile; si sentì morire a pensare a cosa avesse provato alla notizia di aver perso suo figlio.

E Rachel…

Sara gli aveva detto di non averla più vista, non era neanche andata al suo funerale.

Si sentiva in colpa, pensando di aver causato tutto quel dolore alla persone che amava.

E Rachel...

Sorrise tristemente al ricordo di quando l'aveva portata a casa per farle conoscere i genitori. Suo padre si era dimostrato più accogliente di quello che si aspettava e la madre era stata molto entusiasta e aveva passato tutto il tempo a lanciare occhiatine eloquenti prima a lui e poi a lei. Che imbarazzo aveva provato in quel momento! Per non parlare della sorella: aveva fatto immediatamente amicizia con Rachel ed aveva approfittato della sua presenza per ricordare momenti imbarazzanti della vita del fratello.

In quel momento, non sapeva cosa avrebbe potuto farle: quella peste!

Spostò lo sguardo sul suo comodino e prese tra le mani la foto che preferiva in assoluto, conservata in una cornice.

Nella foto c'era lui insieme a Rachel: fissavano sorridendo l'obiettivo della macchina fotografica, felici ed innamorati.

Si ricordò di averne fatto una copia e di averla messa in un quaderno che le aveva regalato per il suo ultimo compleanno.

Gli tornò alla mente il diario che aveva trovato nella stanza di Rachel quando era appena diventato Terreno: era da un po’ che non lo vedeva più...

Comunque, quando glielo aveva regalato, non credeva che lei ci avrebbe veramente scritto ogni cosa come le aveva suggerito lui; ma invece lo aveva fatto, come gli aveva promesso quel giorno sulla spiaggia.

Lui era riuscito a farla solo soffrire. A ripensarci, non capiva come mai l'aveva lasciata, così all'improvviso, senza una ragione logica.

"Sono stanco" le aveva detto, si ricordò che in quel periodo provava qualcosa di strano dentro di sé, come se qualcuno lo influenzasse con le sue paure e preoccupazioni.

"Questa volevi darla a Rachel." Sara si era spostata davanti a lui, senza che lui se ne accorgesse, troppo immerso nei suoi pensieri, ed ora gli porgeva una lettera.

Samuel la prese tra le mani, rimettendo la cornice al suo posto e l'aprì, non ricordandosi di averla mai vista.

Mentre la leggeva iniziò a tornargli in mente quel giorno; era lo stesso del sogno di Rachel. Le aveva scritto quella parole ed era andato a cercarla per darle la lettera, ma, quando l'aveva vista appoggiata a quel muro, con l'aria distrutta ed afflitta, non c'era riuscito, non aveva avuto il coraggio di consegnargliela. Forse sarebbe stato tutto diverso, se gliela avesse data quel giorno.

"Perdonami" lesse l'ultima parola ad alta voce, le lacrime che iniziavano a pungergli gli occhi. Come aveva potuto essere così stupido?

"Lei ti ama ancora. È solo che non vuole soffrire più. Per questo che si rifiuta di crederti." Disse Sara, fissando tristemente il fratello e intuendo il suo dolore.

Lui annuì, "Forse hai ragione; ma se non crede alle mie parole come posso farle capire che sono io?" abbassò lo sguardo affranto sulla lettera, ancora tra le sue mani.

"Però…" all'improvviso gli tornò in mente una possibilità che, con la velocità degli ultimi eventi, si era completamente scordato. Lui aveva la possibilità di mostrarsi a Rachel nel suo vero aspetto; in quel modo lei non avrebbe più potuto dubitare delle sue parole.

Ma ancora non aveva imparato a controllare la sua luce.

La sorella lo guardava confusa, la frase ancora in sospeso. Samuel le sorrise, comprensivo.

"Forse ho trovato una soluzione." Disse semplicemente, facendo sorridere anche Sara.

Sembrava di essere tornati a mesi prima, quando le loro vite non erano ancora state travolte da eventi tristi e distruttivi.

Si avvertiva un'atmosfera di tranquillità e di pace in quella stanza.

"Sara! Sei in casa?" Sara sussultò, tornando improvvisamente alla realtà. I suoi genitori erano tornati.

"Oh, no." Sussurrò la ragazzina in preda al panico. Come avrebbe spiegato la presenza di un ragazzo sconosciuto in quella casa, addirittura nella stanza di Samuel?

"S-si!!" rispose balbettando.

"Ma dove sei?" Samuel si immobilizzò, sentendo la voce della madre avvicinarsi alla porta. Pochi attimi e sarebbe entrata, li avrebbe visti, e poi? Cosa avrebbero detto per salvarsi?

Mentre la situazione peggiorava, un'idea gli arrivò alla mente, la quale sembrava conservare ancora un minimo di lucidità.

"Sara, perdonami, prima avrei dovuto spiegarti tutto con calma, ma, vista la situazione, non posso fare altro." Sussurrò velocemente, afferrando per un braccio la sorella per attirare la sua attenzione, "Ti prego, non spaventarti troppo ed inventati una scusa credibile per essere entrata nella mia stanza. Ti spiegherò meglio quando ci vedremo la prossima volta."

"Tornerai? Quando?" Sara sembrava aver ricevuto solo l'ultima parte del discorso.

"Presto…" rispose semplicemente lui.

Ormai mancava veramente poco prima che la madre facesse capolino nella stanza.

Quando notò l'espressione triste della sorella alle sue vaghe parole, cercò di rimediare: le alzò il polso sinistro, "Ricordati il significato di questo bracciale. Dovunque sarai io ti terrò d'occhio!!" disse, imitando l'espressione severa che aveva nella foto.

"A presto sorellina." Concluse, vedendo lei annuire sorridendo, le lacrime che le rigavano le guance.

"Cosa stai facendo qui dentro?" Sara si voltò a fissare sua madre, che la guardava in un misto di incredulità e sgomento.

Sara tornò a fissare il fratello, pronta ad una ramanzina da parte dei suoi genitori per aver fatto entrare uno sconosciuto in casa. Ma lui non c'era più. Era svanito nel nulla.

"Allora? Vuoi darmi una spiegazione?" Sara guardò la madre, ancora confusa.

Quando la vide appoggiarsi allo stipite della porta e tremare, portandosi una mano alla bocca per trattenere i singhiozzi, tentò di rimediare alla situazione.

"Scusa mamma. Io... avevo solo bisogno di entrare di nuovo qui." Cercò di spiegare, abbassando lo sguardo.

Senza che se ne fosse resa conto, le lacrime le stavano rigando le guance, fuori controllo.

Pochi istanti dopo, si ritrovò avvolta da un caldo abbraccio; la madre, china su di lei, la teneva stretta a sé e piangeva sulla spalla della figlia.

Dopo un attimo di titubanza, Sara ricambiò, iniziando, senza volerlo, a singhiozzare incontrollabilmente.

Il padre le fissava sconvolto sulla soglia della stanza; fu l'ultima cosa che vide, prima di chiudere gli occhi annebbiati dalle lacrime per lasciare uscire tutte quelle che le rimanevano.

 

"Mamma." Samuel si chinò sulla madre e sulla sorella che, abbracciate, stavano piangendo.

Provò a toccare la donna con una mano, ma il breve contatto gli provocò un senso di dolore acuto ed insopportabile che lo costrinse a staccarsi da lei.

Le ali blu dietro di lui erano accuratamente ripiegate e sentiva il viso bagnato di lacrime.

Alzò lo sguardo sul padre: era cambiato molto. Era invecchiato: il volto ricoperto dalle rughe e lo sguardo spento, svuotato; ma il carattere ferreo c'era ancora, troppo orgoglioso per mostrare, come la figlia e la moglie, quanto stava soffrendo.

Chiuse gli occhi ed uscì dalla stanza, appoggiandosi alla parete fredda accanto alla porta ed alzando poi la testa.

Rivedere la stanza del figlio, rivivere i momenti della sua vita, lo aveva fatto stare male, ma non poteva permettere ai suoi sentimenti di fuoriuscire in quel modo: doveva essere forte, per se stesso, ma soprattutto per la sua famiglia.

Si asciugò una lacrima solitaria e, staccandosi dal muro, si allontanò dalla camera.

Samuel lo seguì con lo sguardo.

Poi, non riuscendo più a sopportare tutta quella sofferenza di cui era la causa, decise di andarsene.

Ripiegò la lettera con cura ed uscì dalla casa volando, pronto a riprendersi Rachel.

Niente lo avrebbe fermato.

 

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Eccomi qui!!!! :)

Vi è piaciuto questo nuovo capitolo?? Spero tanto di si!! Ormai manca veramente poco alla fine, solo che sono un po’ indietro col nuovo capitolo… (Non l'ho neanche iniziato per intenderci…-.-'') Spero comunque di trovare il tempo per scriverlo il prima possibile!!!

Nel prossimo si sveleranno molte cose su Manuel\Alex. :)

Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite (7), tra le seguite (11) e tra le ricordate (12)!!!

E grazie soprattutto a Liyen e Wingedangel per i vostri meravigliosi commenti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! (Wingedangel: nel prossimo capitolo avrai la risposta alla tua domanda!!! ^^ )

Un bacio!!

=Sony=

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Capitolo 21
*** 21- Rivelazioni ***


21- RIVELAZIONI

21- RIVELAZIONI

 

"Green!!"

Samuel entrò nell'appartamento con furia, le ali dispiegate dietro di sè.

Doveva fare in fretta, non avrebbe dovuto perdere neanche un secondo, non ora che era così vicino a Rachel.

Green, come al solito, era sdraiato sul divano nel salotto, immerso nella lettura di un quotidiano.

Alzò lo sguardo annoiato sul Terreno dalle ali blu che lo fissava ansioso, sospeso in aria.

"Che c'è?" chiese scocciato, lasciando intuire al suo interlocutore di non essere affatto entusiasta di quell'interruzione.

Samuel ignorò il suo tono di voce, "Insegnami a mostrarmi nella mia vera forma agli umani!" disse tutto d'un fiato.

Green sorrise divertito, tornando con lo sguardo sul suo quotidiano, "E potrei saperne il motivo?"

"Lo sai." Rispose semplicemente Samuel, continuando a fissare l'uomo che se ne stava tranquillo sul divano.

Green tornò a guardarlo, sapendo bene a cosa si riferisse l'angelo blu.

Era per quella ragazzina, quell'umana.

Sospirò amareggiato, chiudendo il quotidiano ed alzandosi in piedi.

Samuel restò in silenzio, quasi trattenendo il fiato, in attesa di un segno affermativo dell'amico.

"E va bene." Acconsentì lui, mettendosi le mani nelle tasche e portandosi di fronte al Terreno.

Prese un pacchetto di sigarette dalla tasca destra dei pantaloni e ne estrasse una tranquillamente.

La mise in bocca e, dopo averla accesa, la prese con le mani togliendola dalle labbra e soffiando il fumo.

Samuel cercò di placare la sua agitazione e il suo nervosismo davanti alla tranquillità dell'altro.

"Allora?" domandò infastidito, appoggiando i piedi a terra e tenendo le ali dispiegate.

Green si avvicinò a Samuel e si fermò ad un metro di distanza da lui, la sigaretta tenuta in bocca dalle dita.

Lo guardò, sicuro di sé, fissandolo nelle sue iridi blu mare.

"E' più semplice di quello che credi…" chiuse gli occhi, soffiando il fumo dalle labbra.

La mano con la sigaretta scese lungo il fianco, mentre l'altra si alzava ed il corpo di Green si piegava per prendere una spinta.

Samuel restò paralizzato.

Quello che seguì avvenne in pochi secondi, senza lasciargli il tempo di reagire.

Green scomparve da davanti ai suoi occhi, mentre un piccola fitta partiva dalla sua ala sinistra.

Piegò istintivamente l'arto piumato verso il suo corpo, afferrandolo con una mano per capire da dove provenisse quel dolore.

Con la coda dell'occhio scorse Green dietro di lui: gli volgeva le spalle, il fumo della sigaretta che aleggiava nell'aria intorno a lui.

Quando il Terreno verde si voltò verso di lui, Samuel sussultò in un misto di confusione e sorpresa.

Green teneva tra le sue dita una piuma blu dell'angelo.

Si avvicinò a Samuel e gliela porse, silenzioso.

Il Terreno blu la lasciò volteggiare delicatamente tra le sue mani.

"Cosa significa?"

Green alzò un sopracciglio, sorpreso dalla domanda dell'angelo blu.

Si mise le mani sui fianchi, la sigaretta tra le labbra.

"Non ci arrivi, ragazzino? La tua luce viene emanata dalle tue ali. Se la tua amichetta tocca una delle tue piume, non verrà accecata. Chiaro?"

Samuel annuì, poco convinto, la piuma sempre tra le dita.

"Visto? Te lo dicevo che era semplice!!" sorrise orgoglioso Green per la sua lezione.

Tolse la sigaretta ormai consumata dalle labbra e, riportandosi vicino al divano, la spense nel posacenere sul tavolino di vetro.

Sospirando come se avesse fatto un'enorme fatica, si lasciò poi cadere sul divano ed, estraendo di nuovo il pacchetto dalla tasca, ne mise una seconda in bocca, accendendola.

Prese il quotidiano tra le mani e lo aprì, tornando ad immergersi nella sua lettura, come se niente fosse successo.

"Mi sembrava avessi fretta!" sbirciò il terreno blu che era ancora immobile nella sua posizione, lo sguardo fisso sulla piuma, incredulo che bastasse così poco per risolvere i suoi problemi. Una piuma. Era sufficiente una piuma.

Le parole di Green lo scossero dal suo torpore: alzò lo sguardo e sorrise, grato al terreno verde.

Dispiegò le ali ed uscì volando dall'appartamento, la piuma tra le mani e la lettera ripiegata con cura in una tasca.

Lo sguardo del Terreno verde restò sul punto dove Samuel era uscito, immerso nei suoi pensieri.

Chiuse il giornale, buttandolo accanto a lui sul divano e, presa la sigaretta in mano, la schiacciò nervoso nel posacenere, nonostante fosse stata appena accesa.

Fumava sempre quando era nervoso, quando qualcosa lo preoccupava.

Restò per qualche secondo a fissarla mentre si spegneva e lasciava scappare le ultime volute di fumo grigio.

Poi si alzò in piedi deciso ed uscì dall'appartamento.

 

Le onde si increspavano davanti a lei, scosse dal vento impetuoso che le scompigliava i capelli.

Era seduta sulla spiaggia, nello stesso, identico punto.

Ma si sentiva sola. Terribilmente sola.

Piegò la testa da una lato, appoggiandola sulle ginocchia strette tra le sue braccia.

Accanto a lei non c'era nessuno.

Nessun ragazzo moro dagli occhi color del mare; nessun ragazzo biondo che aveva giurato di amare per sempre.

Accanto a lei non c'era niente.

Nessuno stereo acceso che lanciava nell'aria le sue note, mischiandole a quelle del vento.

Era sola, terribilmente sola.

Iniziò a piangere disperata, affondando il viso nelle ginocchia per non vedere tutta quella solitudine che la circondava e l'avvolgeva come un manto impossibile da togliere.

"Samuel" urlò tra i singhiozzi, il vento che nascondeva la sua voce distrutta.

Cosa aveva fatto?

L'aveva allontanato. E per cosa?

Miliardi di domande iniziarono a vorticare nella sua testa, ma si accorse che non si riferivano a Samuel, ma a quello che lei piaceva definire il Suo Samuel per distinguerlo dall'altro; perché, a volte, quando stava con il ragazzo dai capelli neri, le sembrava di stare davvero con quello vero.

E lo aveva allontanato senza un valido motivo. Solo perché aveva incontrato qualcuno che le riportava alla mente il suo ragazzo, solo con uno sguardo: non doveva conoscerlo fino in fondo per stare meglio. Si era accontentata dell'apparenza.

"Ehi!" un tocco improvviso su una spalla le fece alzare il viso bagnato dalle lacrime.

Seduto alla sua destra c'era lui, il sorriso dipinto sul volto.

Strano, non lo aveva sentito arrivare.

Cosa aveva dietro la schiena?

Rachel sbirciò dietro le spalle del ragazzo, curiosa, mentre l'espressione di lui continuava a splendere per lei, tranquilla e immobile.

E la ragazza ci cascò una seconda volta in quel meraviglioso sorriso e in quegli strani occhi blu.

 

L'avrebbe cercata.

L'avrebbe cercata e si sarebbe mostrato a lei nelle sembianze di Blue.

L'avrebbe convinta ad ascoltarlo e le avrebbe spiegato tutto una seconda volta, dandole la lettera e la piuma blu.

Immaginava già la sua espressione sorpresa; avrebbe sorriso divertito e le avrebbe sussurrato 'fidati'; poi sarebbe scomparso e, dopo qualche attimo, sarebbe apparso nelle sue sembianze di angelo; lei avrebbe urlato spaventata, ma poi, riconoscendolo, si sarebbe messa a piangere incredula e al colmo della felicità, gettandosi poi tra le sue braccia, pronte ad accoglierla.

Tutto era perfetto, studiato nei minimi particolari.

Sorrise felice, immaginandosi la scena in ogni attimo, in ogni sequenza. Sarebbe stato meraviglioso.

Volò fino alla spiaggia, una sensazione dentro di lui gli suggeriva di andare lì. Sapeva che ci sarebbe stata anche lei.

Appoggiò i piedi a terra, in preda all'emozione, il cuore a mille.

Il sole stava calando sull'acqua ed il cielo iniziava a farsi buio.

Seduta sulla spiaggia scorse una figura e il cuore iniziò a battere ancora più velocemente, anche se gli sembrava impossibile che potesse andare più veloce di così.

Era lei.

Chiuse gli occhi e si trasformò in Blue, tenendo la piuma delicatamente tra le mani.

Nella sua mente rivide tutte le scene che aveva immaginato e le studiò per ripeterle esattamente così, mentre, con le gambe che tremavano, si avvicinava a lei a passi lenti.

Si bloccò sconvolto quando una seconda figura apparve davanti ai suoi occhi; aveva un paio d'ali dietro la schiena che sembravano colorate, ma il tramonto influiva sul colore delle piume dello sconosciuto.

L'individuo restò dietro a Rachel, a pochi centimetri da lei, mentre Samuel fissava la scena, paralizzato ed incapace di reagire.

Lo sconosciuto chiuse gli occhi ed, al suo posto, apparve Manuel.

Samuel sussultò e la piuma gli scivolò via dalle dita, posandosi sulla sabbia delicatamente.

Manuel si sedette accanto a Rachel e le appoggiò una mano sulla spalla.

L'angelo si sentì invadere da un profondo senso di gelosia e di rabbia e, furioso per il comportamento di quel Terreno, chiuse di nuovo gli occhi, tornando alle sue sembianze invisibili.

Lasciando la sua piuma a terra nella sabbia, si avvicinò ai due e si fermò di fronte a loro, incrociando le braccia al petto e fissando furioso il ragazzo biondo.

Manuel alzò gli occhi sul Terreno blu, per nulla sorpreso dalla sua presenza. Sul suo viso di dipinse un sorriso di scherno e, mettendo un braccio intorno alla vita di Rachel, l'avvicinò a sé, baciandola sulle labbra.

Samuel iniziò a tremare, in preda alla furia, "Allontanati da lei!!!" urlò contro il ragazzo biondo, il quale, distaccandosi dalla bocca sorpresa della ragazza, lo fissò per un istante, sicuro di sé.

Il Terreno blu strinse i pugni, cercando di controllarsi.

Sempre tenendo il braccio intorno alla vita di Rachel, Manuel estrasse l'altra mano da dietro la schiena, mostrando un pacchetto regalo alla ragazza.

"Per te…" le sussurrò all'orecchio, tenendo lo sguardo fisso su Samuel.

Rachel, titubante, lo prese tra le mani e lo scartò, impacciata.

Lo lasciò cadere a terra, facendolo scivolare tra le sue dita tremanti, quando ne scoprì il contenuto.

Il quaderno dalla copertina colorata cadde sulla sabbia, restando sotto gli sguardi sconvolti di Samuel e Rachel.

Dopo pochi secondi, lei lo raccolse, tenendolo tra le mani e accennando un sorriso al ragazzo biondo.

"G-grazie" balbettò, mentre la vista del quaderno le scatenava un'ondata di intense emozioni che faticava a controllare.

"Ti amo." Sussurrò lui, facendola tremare.

"A-anch'io…"rispose lei, incerta, mentre lui le prendeva il viso tra le dita e faceva scontrare le labbra di Rachel su quelle fredde di lui.

 

Samuel non credeva che bastasse così poco per ucciderlo.

Furono sufficienti due parole, due terribili parole.

"Ti amo." Le aveva detto lui. E lei aveva risposto ricambiando.

Lei lo amava.

Furono sufficienti cinque insignificanti lettere per mandare il suo cuore in frantumi.

Si allontanò immediatamente.

Non aveva neanche voglia di litigare con quel Terreno, non in quel momento: si sentiva troppo debole e terribilmente a pezzi.

Inoltre non avrebbe potuto fare niente: lei aveva scelto lui. Certo, non aveva ancora idea di quale fosse il vero Samuel, ma valeva ancora la pena farglielo sapere?

Vagò per le vie della città, trasformandosi in Blue; si scontrò con varie persone che non vedeva camminargli incontro, assorbendo le loro sconfortevoli e tristi sensazioni; tuttavia, nessuna di quelle che sentiva, superava quello che provava lui. Il cuore faticava a battere e, anche quando ci riusciva, gli procurava un dolore immenso che gli mozzava il respiro.

Stava morendo. Ucciso da due semplici parole che non hanno più importanza delle altre.

O forse si?

"Già, forse si…per quello fanno così male." Pensò tra sé, alzando la testa verso il cielo quando si ritrovò sotto un edificio. La casa di Rachel.

 

Se ne sarebbe andato.

Sarebbe andato via, lontano, in un'altra città, forse addirittura in un altro stato.

Abbastanza lontano per dimenticare tutto. Forse, però, non esiste neanche un posto così lontano.

Voleva solo fuggire; anche se sapeva che sarebbe stato un vigliacco, lui voleva solo scappare da tutto quel dolore.

Prima però avrebbe lasciato la sua ultima lettera a Rachel.

Era nella sua stanza, in sembianze di Terreno.

Tenne la lettera tra le mani, esausto.

La aprì per rileggerla per l'ennesima volta.

Le parole vennero sussurrate dalle sue tremanti labbra alla stanza vuota e buia che lo ascoltava in silenzio.

 

Rachel, perdonami.

Ho sbagliato. Abbiamo sbagliato.

È normale, ma non bisogna aver paura di sbagliare.

Bisogna sbagliare.

Perciò sbaglia, sbaglia più che puoi.

Gli errori ti aiuteranno a crescere.

Sbagliare non è tanto difficile in fondo;

quello che ti costa fatica è chiedere scusa; rimediare all'errore, allo sbaglio commesso.

Quello è difficile.

Quello è ciò che non riesco a fare.

"Perdonami"

se solo bastasse questo per chiederti scusa, per cancellare tutti i miei sbagli e i miei errori;

mi servirebbe una gomma, tornare indietro e cancellare dallo spartito della mia vita quella nota sbagliata, quel 'do'.

Perché suona davvero male: lui, da solo, rovina tutta la melodia;

Ma una gomma io non ce l'ho, non posso tornare indietro, non posso costringerti ad ignorare tutto quello che è successo.

Forse questa lettera non avrò mai il coraggio di dartela; quando terminerò di scriverla, probabilmente, la cancellerò, la strapperò;

anche se, in fondo, mi dispiace non potertela far leggere, perché, in effetti, voglio scriverci tutto.

Tutto.

Anche se non so da dove cominciare; ho così tante cose da dirti e così poco tempo per farlo.

La radio sta trasmettendo la nostra canzone; alzo il volume al massimo quando quel pezzo arriva;

forse, avendo solo questa melodia in testa, le idee mi si riordineranno e saprò cosa dirti.

"Come what may, come what may,

i will love you until my dying day"

Eccola. Quest'ultimo verso è come il 'do' messo male sul mio spartito.

Stona, rovina tutto il resto.

Ma questo, a differenza del mio 'do' posso cambiarlo, questo si.

"I will love you forever!"

Ora suona decisamente meglio, ora mi piace davvero.

Almeno così potrò amarti per sempre, non solo fino alla mia fine;

Almeno così potrò amarti ancora un po’.

"I will love you forever!"

...

"Perdonami"

 

"Perdonami!!" Ripetè tra le lacrime Samuel.

Richiuse la lettera e la appoggiò sul comodino.

Poi, piegando un'ala, si strappò una piuma, generando di nuovo una fitta di dolore.

La appoggiò sul foglio di carta.

Non che sperasse di rivedere ancora Rachel per rivelarle tutto, ma voleva lasciarle un ricordo, una parte di sé.

Dispiegando le ali blu fece per andarsene, quando una voce lo chiamò.

"Aspetta."

Samuel si voltò, riconoscendo nella figura che stava davanti a lui la Custode dai capelli corvini che lo aveva guidato per tutto quel tempo.

Gli occhi verdi lo supplicavano di restare, di non andarsene.

Samuel si voltò verso di lei, aspettando spiegazioni.

"Non te ne devi andare, Samuel." Lo pregò lei.

"Chi sei?" chiese lui di rimando, deciso a conoscere l'identità della misteriosa Custode.

Lei sorrise, confortante, "Mi chiamo Leumas. Ed ero il tuo angelo Custode." Spiegò tranquilla lei.

"Il mio angelo Custode?" chiese lui sorpreso, "Seguite i vostri protetti anche dopo la morte?"

"Non esattamente" spiegò lei, "Tra pochi secondi ti spiegherò tutto, dobbiamo solo aspettare qualcun altro."

Samuel inarcò un sopracciglio, restando in silenzio.

Pochi secondi dopo, la porta della stanza si aprì.

Rachel accese la luce e si gettò sul letto, lasciando sprofondare il viso nelle soffici coperte.

Samuel distolse lo sguardo da lei, il cuore ancora sanguinante.

"Leumas?"

Un incredulo Lehcar era apparso nella stanza alle spalle della Custode dai lunghi capelli neri.

Lei volse la testa verso di lui e gli donò il suo solito sorriso rassicurante.

"Ora che ci siamo tutti, posso spiegarvi." Disse, rivolgendosi ai due angeli.

"Spiegare cosa? Non devi spiegare niente, Leumas! È solo colpa di quel ragazzino se tu non ci sei più!" esplose Lehcar, puntando un dito accusatorio verso Samuel che li guardava allibito.

"No, Lehcar." Lo calmò lei, "lui non ha colpa di niente. Ma io e te sì. Noi e il Terreno dalle ali gialle."

Al ricordo di quell'individuo, il corpo di Lehcar si irrigidì.

"Mio amato protetto" disse la donna, rivolgendosi dolcemente al Terreno blu. "Ti prego di perdonarmi. Tu sei morto a causa mia." Iniziò a spiegare tranquillamente.

"Tu, quel giorno, hai litigato con Rachel a causa mia e di Lehcar. Noi avevamo discusso e vi abbiamo influenzato, essendo legati a voi."

Lehcar abbassò lo sguardo a terra, colpevole, mentre Samuel ascoltava la Custode con attenzione.

"E perché avevate litigato?" domandò curioso, mentre Rachel restava sdraiata sul letto, raggomitolata su un fianco.

"Per colpa di un Terreno." Rispose lei per poi aggiungere, "Sai cosa significano le ali gialle, Samuel?"

"Suicidio." Aggiunse subito, senza aspettare una risposta dal giovane.

"Devi sapere che noi Custodi disprezziamo i Terreni per principio, difficilmente riusciamo a superare questo sentimento, soprattutto quando il Terreno in questione ha le ali gialle."

Samuel annuì.

"Quando incontrai quel Terreno, all'inizio, ne ebbi compassione per la sua triste situazione. Era morto centinaia di anni prima ed aveva iniziato a girovagare con un altro Terreno, suo amico, divertendosi insieme a lui e cercando di placare il dolore per la propria morte. I suicidi sono gli unici, tra voi Terreni, che vedono la loro nuova situazione come una condanna."

"Ma poi che successe?" domandò Samuel, impaziente di arrivare al punto del discorso.

"Quando mi accorsi che lui iniziava a nutrire sentimenti nei miei confronti cercai di allontanarlo e lo rifiutai con tutta me stessa."

"Ma io ne ero geloso e ogni volta che quel sudicio Terreno si avvicinava a lei, mi infastidiva terribilmente." Continuò Lehcar, "Temevo che lei potesse innamorarsi di lui ed abbandonarmi. Alla fine mi convinsi per davvero che lei mi stesse tradendo. Per questo abbiamo litigato." Lehcar fissò la sua amata Custode.

Era sempre così bella! I capelli corvini, mossi, le ricadevano lungo la schiena e il modo in cui lei lo fissava, con i suoi occhi verde smeraldo, lo faceva impazzire. L'amava, eccome se l'amava.

Evitò con tutto se stesso di abbassare lo sguardo sulla sua tunica bianca, troppo spaventato per scoprire da cosa fosse stata provocata quella ferita al torace che le aveva macchiato le ali.

"Non riuscimmo a chiarirci l'un l'altro. Così, un giorno, mentre tu, Samuel, eri su degli scogli in quella spiaggia dove a te e Rachel piaceva tanto andare," continuò Leumas tornando al suo protetto, "Il terreno dalle ali gialle venne per l'ennesima volta a confessarmi il suo amore; ed io ero pronta ad allontanarlo di nuovo.

Ma quel giorno fu diverso.

Lui era stanco di ricevere quelle delusioni, quei rifiuti da parte mia. Aveva una spada con sè." Si interruppe, rivolgendosi a Lehcar, "La spada di Manakel" spiegò, lasciandolo basito.

"Impossibile!!" disse il Custode dai capelli chiari, rifiutandosi di credere alle sue parole.

"Invece è così, Lehcar. Non so come ce l'avesse, ma era proprio la spada di Manakel." Ripetè lei.

"Mi volete spiegare?" chiese Samuel, confuso.

"La spada di Manakel è l'unica arma capace di uccidere un Custode." Spiegò tranquilla Leumas.

"Quindi…" esordì sconvolto Samuel, non riuscendo a finire la frase, ma lasciando comunque intuire cosa volesse dire.

Leumas annuì pacata: "Si, mi ha uccisa." Dette quelle parole, si portò entrambe le mani al ventre insanguinato.

Lehcar era sconvolto. Aveva sempre creduto che la sua Leumas fosse scomparsa per la morte di Samuel, non il contrario. Non che fosse morta lei.

"Così, tu sei rimasto indifeso. Pochi secondi dopo, sei scivolato dalla roccia e sei stato inghiottito dal mare, mentre io esalavo i miei ultimi respiri e ti guardavo scomparire, incapace di aiutarti, incapace di svolgere il compito assegnatomi. Perdonami." Concluse, abbassando lo sguardo tristemente ai quei ricordi.

"E com'è possibile che io sia diventato un Terreno?" domandò incredulo Samuel.

"Lo scoprii poco dopo la mia morte. Manakel, che aveva il compito di punire i Custodi inetti con la sua spada," spiegò brevemente al suo protetto, "volle che i protetti si salvassero in qualche modo, non avendo colpa per i crimini del proprio Custode. Fu così che nacquero i Terreni dalle ali blu, morte dovuta a causa del Custode."

"Non conoscevo il significato di quel colore." Commentò Lehcar.

"Pochi di noi lo conoscono a causa della sua rarità." Spiegò Leumas.

"Ho avuto la possibilità di starti vicino anche dopo la mia morte per aiutarti e consigliarti, Samuel. Fa parte della punizione iniziata dalla spada di Manakel: il Custode inetto è costretto a stare accanto al proprio protetto anche dopo la morte di questi, escludendo in questo modo il passaggio ad uno stadio superiore. " Disse, rispondendo alla prima domanda del suo protetto.

"Questo è tutto quello che è successo; dovevo dirlo ad entrambi. Lehcar, non è colpa di Samuel se io sono morta, non devi odiarlo, lascialo libero di stare con Rachel, di avere una seconda possibilità."

"Ormai è troppo tardi." Interruppe il Terreno, portando lo sguardo affranto su Rachel, ancora raggomitolata sul letto.

"Samuel." Fu Lehcar a chiamarlo per nome, per la prima volta senza disprezzo.

"Rachel non ama quel Terreno." Spiegò all'angelo dalle ali blu che lo fissò, per un istante, stupito.

"Non fa niente. Sono stanco di lottare. Io…io ho bisogno di una pausa da tutto questo." Abbassò lo sguardo a terra, sconfitto.

Leumas si avvicinò a lui e, appoggiando entrambe le mani sulle sue spalle, lo costrinse a fissarla negli occhi.

"Abbi fede, mio protetto. Lei ti ama davvero. Abbi solo un altro poco di coraggio. Puoi farcela. Ce la devi fare. Lo sai, perché, se ti arrendi, non soffrirai solo tu, ma anche lei."

Lehcar sorrise nell'ascoltare la parole della sua amata; la sua saggezza lo aveva sempre affascinato.

Leumas si staccò dal suo protetto e si volse verso il Custode.

Si avvicinò a lui, guardandolo fisso nei suoi occhi chiari, a pochi centimetri di distanza.

"Devo andare." Disse debolmente, sfiorando con una mano la guancia del Custode, i cui occhi si fecero umidi.

"Ti amo." Aggiunse dolcemente, sorridendogli.

Lui, restando a braccia conserte, l'avvolse con le sue candide e preziose ali di cui andava fiero, stringendola a sé, come per proteggerla.

Le bianche e curate piume di lui si macchiarono del sangue di lei, rovinando quel purissimo colore che il Custode aveva sempre vantato.

"Ti amo." Disse a sua volta, mentre calde lacrime gli rigavano le guance e le ali restavano avvolte intorno a lei.

Quando, pochi secondi dopo, le riaprì, Leumas non c'era più.

 

Samuel, nelle sembianze di angelo, volava per le vie della città diretto verso casa sua, la mente colma di dubbi e preoccupazioni.

Cosa avrebbe dovuto fare?

Avrebbe voluto cercare di convincere ancora Rachel, ma la presenza di quel misterioso Terreno lo innervosiva e gli impediva di avvicinarsi alla ragazza.

E se fosse lo stesso che aveva causato la sua morte e quella di Leumas?

Poteva essere lui, anche se chissà quanti Terreni esistevano al mondo!

No, era improbabile che fosse proprio lui.

"Blue!" si bloccò a mezz'aria, guardando sotto di lui spaventato.

Qualcuno lo aveva chiamato, gli sembrava una voce familiare, sinistra.

Sotto di lui, la gente continuava a correre per le strade, più rara rispetto al giorno. Uomini che rientravano stanchi dal lavoro e donne esauste che si trascinavano per le vie.

Ma qualcuno era fermo in mezzo al caotico movimento.

Una persona era immobile e con la testa alzata guardava Blue, sorridendo in modo sinistro.

I capelli biondi, inconfondibili per Blue, e gli occhi blu scuro: Manuel.

Il giovane a terra sembrava non interessarsi alle due persone che avevano fermato il loro cammino per lanciargli occhiate preoccupate.

Samuel lo fissò con odio. Come faceva a conoscere il suo nome da Terreno?

"Seguimi, ragazzino!"

Manuel abbassò lo sguardo e si incamminò sul marciapiede, svoltando poi in un vicolo scuro.

Samuel si decise; voleva mettere le cose a posto.

Preso un profondo respiro, seguì Manuel dentro al vicolo, pronto ad affrontarlo e a riprendersi Rachel.

Appena scese a terra iniziò a guardarsi in giro, cercando di trovare nel buio il ragazzo.

Una figura si mosse nelle tenebre. Samuel si mise in posizione di difesa, dispiegando le ali blu.

Abbassò le braccia, colto di sorpresa, quando dall'ombra uscì Rachel che gli corse incontro, gettandosi tra le sue braccia.

"Blue!" lo chiamò lei, affondando il viso nella sua maglia.

Samuel restò paralizzato, rendendosi conto dell'identità del misterioso Terreno che tanto odiava.

"Alex!!!" urlò infuriato, allontanando violentemente Rachel che, perdendo l'equilibrio, cadde a terra.

"No, mi hai scoperto." Si finse sorpresa e triste la ragazza per la fine del suo gioco.

Si rialzò in piedi, tenendo le mani lungo i fianchi e restando di fronte all'angelo blu che lo guardava con odio.

"Come hai osato?!" urlò Samuel con collera.

In risposta, la finta Rachel gli sorrise malignamente.

"Ho solo cercato di aiutarti, amico! Te lo dicevo che non ti saresti dovuto innamorare di quell'umana!!" alzò le spalle, divertito.

"Non avresti dovuto…" riuscì a dire semplicemente Samuel, faticando a controllare la sua rabbia.

"Andiamo, ragazzino! Vuoi combattere contro di me? Sai di non essere alla mia altezza!" gli consigliò la finta Rachel.

"Quindi sei stato tu?" domandò Samuel, cercando di verificare appieno la sua identità; del resto, Alex non aveva mai rivelato il colore delle sue ali.

"A cosa ti riferisci?" domandò confuso lui.

"Sei tu il Terreno dalle ali gialle che ha causato la mia morte?" riformulò Samuel, urlando infuriato.

Rachel restò per qualche istante in silenzio, poi iniziò a ridere, portandosi un braccio al ventre per calmare la sua ilarità.

Samuel si infastidì ancora di più.

"Credi davvero che la tua Custode fosse tanto importante da farmi perdere il controllo ed ucciderla?" chiese, asciugandosi con un dito le lacrime.

"Quindi tu sapevi il significato delle mie ali!" constatò Samuel, sempre più furibondo.

"Certo! E ho conosciuto anche la tua Custode, cioè…l'ho vista più che conosciuta. Ma non l'ho uccisa io, mi dispiace."

"Dimostramelo!" pretese Samuel, "Trasformati!" ordinò.

"Come vuoi." Rachel alzò le spalle, acconsentendo, e, chiudendo gli occhi, si trasformò.

Un ragazzo sui 25 anni, con i capelli castano scuro, comparve al posto della ragazza.

Gli occhi blu scuro avevano delle sfumature dello stesso colore delle ali, che, maestose, erano dispiegate dietro al Terreno.

Erano color indaco.

"Visto?" indicò le ali alle sue spalle, "Morte per malattia. Sai, forse sono daltonico, ma a me non sembrano affatto gialle!" disse divertito, rivolgendosi al Terreno blu che lo fissava deluso e sorpreso.

"Questo non cambia ciò che hai fatto a me e a Rachel." disse Samuel, cercando di riprendere il controllo della situazione.

"E allora cosa vuoi fare?" il Terreno dalle ali indaco si fece improvvisamente serio.

"Fartela pagare." Sussurrò aspro Samuel che, appena pronunciate quelle parole, si scagliò con violenza sull'angelo.

Alex lo vide arrivare e, sorridendo con superiorità, bloccò velocemente l'attacco. Samuel si divincolò e tentò di colpirlo nuovamente con un pugno, ma questi lo evitò ancora con facilità. Arretrò di un passo e incrociò le braccia, senza smettere di sorridere.

"E' tutto qui?" lo derise Alex.

"E' davvero forte" si ritrovò a pensare Samuel, suo malgrado.

Il Terreno blu lo fissò, aspettando che l'altro si muovesse per primo. Aveva bisogno di tempo per elaborare una strategia.

Probabilmente anche Alex lo capì e decise di non concedergli nessun vantaggio. Prese la rincorsa e, con un salto, si alzò in volo, atterrando alle spalle di Samuel. Il ragazzo si voltò e si abbassò in tempo per evitare il pugno diretto al suo volto, ma, così facendo, si ritrovò in una posizione di svantaggio: era inginocchiato a terra e l'altro angelo dominava su di lui. Tentò di far cadere il suo avversario colpendolo alle caviglie, ma Alex fu più veloce e, in un attimo, gli fu di nuovo addosso. Samuel riuscì ad evitare un altro colpo rotolando sulla schiena e rialzandosi.

"Adesso basta giocare. Sono stanco." Alex lo fissò con cattiveria.

Poi colpì Samuel ad un fianco con un pugno così veloce che il ragazzo non lo vide nemmeno; il giovane rovinò a terra tenendosi il ventre e non si mosse più.

 

Gli era bastato un colpo: un misero pugno era stato sufficiente per metterlo ko.

Non voleva rialzarsi. Li, sul suolo sudicio e freddo, provava quasi una sensazione di sollievo, senza sentire le fitte al fianco.

"Ho usato la mia forza angelica. Sono molto più esperto di te sui poteri degli angeli, ragazzino." La voce di quell'altro Terreno gli arrivava lontana ed ovattata. Sperò che fosse tutto un sogno. Forse, tra pochi attimi, si sarebbe svegliato nel suo letto e avrebbe dimenticato quest'incubo.

Poi, alle 16.45 precise, sarebbe andato sulla spiaggia dove avrebbe incontrato Rachel e lì, sarebbero rimasti insieme a parlare o ad ascoltare la musica del mare.

Ma, purtroppo, non era affatto un sogno.

"Sai, mi sono sempre chiesto cosa accade ad un Terreno se perde le sue ali."

Alex era ancora lì, sentiva i suoi passi avvicinarsi sicuri e lenti.

Benchè la sua mente avesse capito perfettamente le sue parole, Samuel non riusciva a muoversi.

Sentì le sue ali afferrate da qualcosa di forte e freddo che iniziò a stringerle.

Alex si mise sopra di lui ed, appoggiando un piede sulla sua schiena, afferrò con entrambe le mani le due ali blu ed iniziò a tirare.

Samuel iniziò ad urlare per il dolore. Il Terreno indaco continuò con forza tanto che il ragazzo ai suoi piedi urlò ancora più forte, senza sapere cosa aspettarsi, pregando solo perchè tutto ciò terminasse.

All'improvviso sentì l'osso nell'ala sinistra spezzarsi, come se si fosse staccata dal resto del corpo, quasi non la sentiva più.

Stava perdendo, si stava lasciando sconfiggere. Ma, ormai, era troppo tardi per fare qualcosa, non poteva liberarsi da quella tortura.

Alex era incredibilmente forte e Samuel era completamente alla sua mercè, non poteva reagire.

Cosa gli sarebbe successo, non lo sapeva.

Poi, accadde qualcosa.

La presa sulle sue ali si allentò.

Forse gli aveva staccato entrambe le ali; eppure sentiva ancora delle fitte dalla parte destra, come se, almeno quella, ce l'avesse ancora.

Aprì debolmente gli occhi.

Accanto a lui, c'erano due Terreni.

Alex, dalle ali indaco, era stato scaraventato contro una parete da un altro uomo.

Samuel notò che aveva le ali gialle. Era lui! Ne era sicuro, era stato lui ad ucciderlo!

La scoperta lo lasciò senza fiato. O forse era il dolore? In ogni caso, non riuscì a fare nulla.

"Finalmente sei arrivato, vecchio mio." Alex non sembrava per niente preoccupato per la comparsa di quel Terreno.

Per tutta risposta lo sconosciuto si scaraventò su di lui mentre Samuel perdeva i sensi.

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Wella!!!

Eccovi il penultimo capitolo!!! Scusate il ritardo ma avevo da fare con la scuola e quindi non sono riuscita a finire il capitolo entro domenica. Ma ora eccolo qui!! È un capitolo lunghissimo, lo so, e sono successe un mucchio di cose…

Ma ora, chi è questo terreno dalle ali gialle che ha salvato Samuel?? Sono sicurissima che molti di voi l'avranno già capito, comunque nel prossimo capitolo ne avrete la conferma.

Allora che dire, ormai siamo giunti davvero alla fine!!! ;(

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo…un po’ mi dispiace, mi sono affezionata a questa storia ed ora è quasi conclusa!!! T^T

Spoiler sul prossimo capitolo: allora che dire…naturalmente ci sarà lo scontro tra i due terreni, al quale interverrà anche un altro personaggio (forse, devo ancora decidere), e poi…..vedrete!! Non posso dirvi tutto, mi dispiace, dovrete aspettare!! XD (Ancora non so quanto tempo visto che devo ancora scrivere il capitolo…-.-'')

Quindi ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite (7), seguite (11) e ricordate (12), ringrazio tantissimissimo WINGEDANGEL che continua a sostenermi con le sue recensioni e che ancora non si è stufata di questa storia (Grazie! ;) ) e vi do appuntamento al prossimo (ed ultimo…T___T) capitolo!!!

Kiss kiss!!

=Sony=

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Capitolo 22
*** 22- Salva il mio protetto ***


22- SALVA IL MIO PROTETTO

22- SALVA IL MIO PROTETTO

 

"Nala, posso chiederti un favore?"

Nala fissò il suo interlocutore per un istante, sorpresa dalla sua improvvisa richiesta d'aiuto. Poi il suo sguardo cadde sulle sue ali, di solito così candide e perfette: erano così diverse ora!

"Dimmi pure, Lehcar." Attese con calma che l'angelo dai capelli chiari continuasse, mentre gli occhi continuavano a scrutare silenziosi le piume macchiate di rosso.

"Bada a Rachel durante la mia assenza. Non starò via molto." Disse lui, in tono di pretesa.

Doveva aspettarselo: Lehcar non era di certo il tipo di Custode che chiede le cose; le ordina e basta.

Acconsentì con un cenno, poi non riuscì a trattenere la sua curiosità: "Che è successo alle tue piume?" le indicò con un dito, restando poi in attesa di una risposta.

Il Custode sussultò a quella domanda e strinse le due enormi ali dietro la schiena, per nasconderle allo sguardo della ragazzina.

"Niente." si affrettò a dire lui, chiudendo l'argomento.

Il dito della ragazzina bionda restò sospeso in aria, per nulla convinta dalla risposta dell'angelo.

Meglio lasciar stare, comunque. Non sarebbe riuscita a strappargli la verità neanche se lo avesse supplicato in ginocchio né se l'avesse costretto.

Abbassò il dito, tenendo comunque lo sguardo sulle piume macchiate di sangue.

"Bene, allora io vado." Disse Lehcar rompendo il silenzio che era sceso nella stanza: Rachel stava dormendo sul letto e Nala stava seduta a gambe incrociate ai piedi della ragazza.

Lehcar volse lo sguardo altrove e dispiegò le ali.

"Dove vai?" chiese sfacciata Nala.

Lui la fissò per un istante, il solito sguardo serio e severo.

Poi, senza rispondere, volò fuori dalla stanza di Rachel.

Nala non si stupì nemmeno di quel lato del suo carattere.

Sbuffò infastidita dall'atteggiamento gelido del Custode e poi si lasciò cadere sulle soffici coperte, fissando il bianco e neutro soffitto della camera.

Ormai si era abituata al suo carattere scostante e freddo e, in un certo senso, quasi le piaceva. L'angelo che le piaceva considerare suo fratello era unico e, nonostante tutto, gli voleva molto bene.

"Chissà dov'è finito quel Terreno dalle ali blu." Pensò ad un tratto la giovane, tornando con la mente a quell'angelo che aveva visto in quella stessa stanza e che le era subito stato simpatico. Non lo aveva più visto, ma l'irritazione che aveva notato in Lehcar le aveva fatto intuire che fosse ancora nei paraggi.

Le sarebbe piaciuto rivederlo ancora una volta.

 

Samuel sollevò faticosamente le palpebre, cercando di orientarsi.

Il contatto con il suolo freddo e sporco gli fece capire che era ancora nel vicolo e le due figure sfocate che si scontravano e si allontanavano quasi a ritmi regolari gli fecero intuire che la battaglia non era ancora terminata. A parte questo, non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse stato svenuto.

Provò a rendere più nitide le immagini che gli passavano davanti agli occhi, cercando di tenere ogni fibra del suo corpo perfettamente immobile, per non essere colpito di nuovo dal dolore di prima.

Aveva paura. Dannatamente paura. Paura di sapere cosa fosse successo alle sue ali.

Gliele aveva strappate? Oppure erano ancora attaccate alla sua schiena? Da quella posizione gli era impossibile saperlo senza soffrire.

Anche se restava immobile sentiva delle piccole fitte alla parte destra; ma a sinistra non sentiva niente. Assolutamente nulla.

Avrebbe voluto controllare, ma non se la sentiva di provare ancora dolore. Basta dolore. In quel momento voleva solo riposare e svegliarsi da quel terribile incubo.

Le immagini divennero più nitide ai suoi occhi e i contorni delle due figure si delinearono.

Alex e lo sconosciuto dalle ali gialle si fronteggiavano senza esclusione di colpi, ma, da quello che Samuel riusciva a constatare, erano più o meno alla pari: nessuno dei due riusciva ad atterrare completamente l'altro, si rialzavano subito e l'esito dello scontro continuava a cambiare.

L'unica cosa che non cambiava mai era la posizione che mantenevano.

Il misterioso angelo giallo stava sempre tra lui ed Alex, volgendo le spalle a Samuel, come se volesse proteggerlo dal Terreno dalle ali indaco.

Ad un tratto, i due combattenti si fermarono, restando, ansimanti, uno di fronte all'altro, distanziati da qualche metro, l'angelo giallo sempre nella sua posizione tra gli altri due Terreni.

Fu allora che Alex si accorse che Samuel era sveglio e decise di approfittarne per portare la situazione a suo vantaggio.

Puntò un dito verso lo sconosciuto e, con il respiro affannoso per via dello scontro, si rivolse al Terreno a terra: "Visto, ragazzino? Ecco il tuo assassino, quello che cercavi!"

Lo sconosciuto sussultò a quelle accuse e sbirciò il Terreno blu di nascosto, temendo la sua reazione.

Samuel restò immobile, respirando a fatica. Quelle parole non gli avevano fatto alcun effetto: l'aveva sospettato non appena il Terreno giallo era apparso. Aveva sentito subito che era lui.

Alex sembrò intuire i pensieri del Terreno blu, ma questo non lo fermò affatto, anzi era proprio quello che sperava, così ne approfittò per rincarare la dose: "Non l'hai riconosciuto, vero?"

Un sorriso sinistro si dipinse sul volto del Terreno indaco e gli occhi blu scuro si illuminarono di una luce: una luce sadica e cattiva. La luce della vittoria.

"E' il tuo amico Green." Rivelò in un soffio, tranquillo e sicuro di sé.

"Zitto!!" lo sconosciuto cercò di fermare Alex, ma ormai era troppo tardi.

I polmoni di Samuel smisero di lavorare e di procurare aria al loro proprietario.

Le parole di Alex lo lasciarono per un istante confuso e spaesato.

Stava mentendo, stava sicuramente mentendo!

Green aveva le ali verdi e poi lui stesso gli aveva raccontato la sua triste storia, di suo figlio, l'acqua…

Ma per quanto si sforzasse, si rese conto di non avere prove a favore della sua tesi: Green poteva avergli mentito, ma, soprattutto, Samuel realizzò di non averlo mai visto trasformato in angelo.

Non aveva mai visto le sue ali verdi, la prova che fosse morto per salvare gli altri.

Non poteva essere, non Green, non quello che lui considerava un amico. Un po' scorbutico e misterioso, ma di certo un amico.

"G-green…" biascicò confuso, usando tutto il fiato che gli restava. Pronunciare anche solo quella parola lo fece soffrire, il corpo si mosse involontariamente e gli causò, così, una scarica di dolore che si sforzò di sopportare.

Il silenzio dell'estraneo fu sufficiente a fondare tutti i suoi terribili dubbi.

Green lo aveva ucciso.

 

Il Terreno giallo si volse verso il suo avversario e, stringendo i pugni, si lanciò per l'ennesima volta su di lui.

Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma se l'era immaginato diversamente. Avrebbe voluto prendere Blue in disparte e raccontargli tutto con calma, cercando di fargli capire le sue ragioni, cercando il suo perdono per ciò che aveva fatto.

Non l'avrebbe perdonato comunque, lo sapeva: non aveva scuse per aver ucciso la sua bella Custode dalla pelle diafana e gli occhi verdi.

Ancora rivedeva il suo volto quando dormiva, quando chiudeva gli occhi, quando tentava, invano, di dimenticarla.

E ogni volta le stesse domande lo tormentavano. Cosa aveva fatto? Come aveva potuto macchiarsi del sangue di una Custode?

Alex lo evitò lanciandosi di lato.

Green, aspettandosi quella mossa, lo inseguì a sua volta e caricò un altro pugno verso di lui.

Sentì tutta la forza angelica fluire nella sua mano, in attesa di essere scaricata su qualcuno o qualcosa.

Quando ebbe raggiunto il suo avversario, abbassò il colpo su di lui, tenendo i denti stretti e le ali dispiegate.

Alex riuscì a bloccare il colpo con una mano, salvandosi così dal potente attacco dell'amico.

Restarono immobili a fissarsi l'un l'altro, mentre Green cercava di aumentare la potenza del suo pugno per sfondare le difese di Alex.

"Ah, James, sei sempre il solito impulsivo." L'avversario sorrise, chiudendo gli occhi per un istante, divertito.

Era da tanto che qualcuno non lo chiamava più con il suo nome vero, quello da Umano, e ciò gli riportò alla mente quei ricordi che credeva, e sperava, di aver cancellato e seppellito da tempo. Forse, però, non proprio alla perfezione.

 

"Dove sei stato?"

l'uomo dai capelli castani, legati in un codino dietro la testa, ignorò la domanda del giovane biondo che lo fissava a braccia conserte, in attesa di una risposta.

"Da Manakel." Rispose secco, dopo qualche attimo di pesante silenzio.

"Mi ha rivelato molte cose." Aggiunse poi, sedendosi su una sedia ed appoggiando i gomiti sul tavolo di legno, lo sguardo turbato e serio.

"Tipo?" chiese il giovane biondo, restando in piedi con le braccia incrociate sul petto.

"Il significato delle ali, per esempio."

Il giovane biondo lasciò scivolare entrambe le mani lungo i fianchi, in attesa di un seguito.

"Sono morto per malattia." Continuò, grave, l'uomo dai capelli castani; gli occhi blu scuro si alzarono per un istante dal ripiano in legno, per incontrare quelli verdi del suo interlocutore; pochi secondi dopo li fece ricadere affranto sul tavolo, l'aria stanca ed afflitta.

"Ho ricordato tutto: la mia vita, il mio passato." Si appoggiò una mano sulla fronte, chiudendo gli occhi, ancora visibilmente sconvolto per ciò che aveva scoperto.

"Mi chiamavo Jacques Violaine. Ero un giovane parigino rivoluzionario del 1800. Ho vissuto una vita dissoluta, passata tra donne ed alcool. Sono morto quando avevo 27 anni. Ero malato di fegato." Riassunse la sua vita in poche, brevi frasi.

"Che significato hanno le mie ali?" chiese il giovane biondo, ignorando il breve racconto dell'amico.

Jacques alzò lo sguardo su di lui, restando in silenzio.

Poi si alzò in piedi e, presa la sua giacca, aprì la porta della vecchia casa nella quale vivevano.

Passò la soglia; il giovane lo guardava in un misto di confusione e curiosità, in attesa che rispondesse alla sua domanda.

Jacques si fermò e, alzando lo sguardo sopra la sua spalla, fissò con le sue iridi blu scuro quelle verdi dell'amico.

"Ti sei suicidato." Rispose brevemente, per poi uscire e chiudersi la porta alle spalle.

Il giovane cadde in ginocchio: le parole dell'amico iniziarono a vorticargli in testa, lo tormentavano. Si era suicidato.

Le immagini della sua vita iniziarono a passargli davanti agli occhi in sequenza.

Sbattè le palpebre quando vide se stesso buttarsi nel vuoto da un ponte.

Si guardò intorno, in cerca dell'amico. Ma non c'era più nessuno, era solo, abbandonato, come lo era stato durante la sua triste vita umana.

Solo ed abbandonato a sé stesso, nel suo dolore.

 

"E' stato bello uccidere quella Custode, non è vero?" Alex continuò a provocarlo, cercando di farsi sentire anche da Blue, ancora inerme a terra.

"Zitto!!" gli ordinò Green, ma ormai era troppo tardi: l'immagine dell'angelo dai lunghi capelli scuri e ricci e dagli occhi smeraldo riapparve nella sua mente, seppellita sotto pile di ricordi dolorosi che ora stavano ritornando tutti insieme.

 

"Alex, devi capirmi, ti prego." La donna lasciò la mano del giovane e lo fissò compassionevole.

Odiava quello sguardo. Era lo stesso che gli rivolgeva ogni essere alato che incontrava, ogni essere al quale raccontava la sua storia.

Lei non era diversa dagli altri, lei non era migliore, non era meno impietosita nei suoi confronti; ma allora, perché lo faceva sentire bene? Perché voleva stare con lei e con nessun'altro?

Era bella, si, ma bastava la bellezza per farlo innamorare in quel modo?

"Io non ti amo." Aggiunse lei, sfiorandosi la mano che era entrata in contatto con quella di lui, visibilmente nervosa.

Lui restò indifferente a quelle parole. Ormai aveva perso il conto di quanti gli avevano risposto così. Non sarebbe stato l'ennesimo rifiuto a farlo star male.

Tuttavia, sentì qualcosa, una piccola fitta di un sentimento oscuro, dimenticato, quasi umano.

Era frustrazione, sconforto; era il non esser riuscito a trovare qualcuno che gli volesse bene davvero. E tutto per colpa di quelle stupide ali gialle!

Che colpa aveva lui? L'unica cosa che aveva fatto era stato cedere a quel mondo così distruttivo e lacerante com'era quello in cui viveva; si era arreso, aveva ceduto...

Ma che colpa ne aveva? Non tutti erano in grado di resistere, era solo più debole degli altri.

"Peccato…" fu l'unica parola che gli uscì dalle labbra.

Già, peccato. Per un attimo aveva creduto che lei sarebbe stata diversa dagli altri, sarebbe stata meno umana. Che illuso.

 

"Sei stato tu, Jacques! Ricordatelo! Tu mi hai dato la spada di Manakel!" urlò a denti stretti Green, gli occhi furiosi rivolti verso l'amico dalle ali indaco che lo guardava con aria di superiorità.

 

Fino a quel giorno, James non aveva mai capito il significato del dono di Jacques.

Si era rifatto vivo dopo anni, quasi un secolo e gli aveva donato una spada. Talia.

L'unica arma che poteva porre fine alla vita di un Custode.

A che gli sarebbe servita un'arma del genere?

Piuttosto che un dono sembrò una liberazione; come se quella lama di cristallo dal bordo d'acciaio fosse stato un peso per il vecchio amico dalle ali indaco.

Fino a quel giorno, non aveva mai capito il perché sembrasse un peso; quando la prese tra le mani, estraendola dal fodero, tutto fu più chiaro. Era come se la luce emanata dall'arma e dalla scritta su di essa gli avessero schiarito le idee e riordinato la mente.

La spada puniva i Custodi.

E gli occhi folli di James, quel giorno, erano accecati da una sola immagine: una, sola e terribile.

E nei suoi occhi, piangenti per l'ennesimo rifiuto, quel giorno, si disegnò all'improvviso una figura angelica, dalle iridi verde smeraldo e dalla pelle diafana e delicata; un'immagine che fu subito trafitta da quella spada.

Gli sembrava tutto così semplice! Quell'arma sembrava fargli dimenticare le conseguenze del suo gesto, ripetendo la sola parola che ossessionava il suo cuore: fallo! Fallo! FALLO!

Una parola sempre più attraente nella sua mente.

 

"Mi ami, Leumas?"

Un'ultima possibilità. Una sola. Una domanda diretta. Sono meglio le domande dirette, abbreviano la durata del dolore che seguirà la risposta.

"No, Alex. Io amo solo Lehcar."

Si faceva chiamare Alex in quel periodo. Aveva cambiato molti nomi negli anni ed, ormai, uno valeva l'altro.

Ma lui lo sapeva il suo nome, quello vero, quello da Umano. L'aveva ricordato il giorno in cui Jacques gli aveva rivelato il significato delle sue ali e poi, disgustato anche lui dal colore giallo delle sue piume, lo aveva abbandonato.

Morte per suicidio.

Si chiamava James e abitava nel nord dell'Inghilterra negli ultimi anni del 1800, quando imperversava il periodo della seconda rivoluzione industriale. Lavorava in una fabbrica dove si lavorava il ferro per creare pentole o posate. Lui doveva ripetere un solo ed un unico gesto: infilare la lama di metallo tra due presse che la schiacciavano, creando così la forma che avrebbe dovuto avere l'oggetto finale.

Doveva mantenere due figli: Andrew, di 9 anni e Hayle, di 5. Il solo riportare alla mente i loro nomi gli provocava una stretta al cuore.

Non ce la faceva più a sopportare quella vita di miseria e quel mondo ingrato.

Si gettò da un ponte, una notte: nevicava e i suoi figli lo aspettavano a casa, impazienti ed entusiasti per la vicinanza del Natale.

Un Natale che lui sapeva bene di non poter festeggiare come si deve; non poteva permetterselo con quello che guadagnava.

Pensò di avere un'unica scelta. Era meglio liberarsi di tutto, di ogni preoccupazione, di ogni problema. Essere egoisti per un attimo. Già, ma solo se si sceglie il momento giusto per esserlo. E lui aveva scelto quello sbagliato per pensare solo a sé stesso. Ora, avrebbe pagato le conseguenze del suo egoismo per sempre.

Il suo ultimo ricordo era il rumore delle sue ossa che si frantumavano come vetri spezzati; come un bicchiere che cade a terra e si sbriciola in mille pezzi, spargendosi sul pavimento.

Così sembrò accadere al suo corpo: era come quel bicchiere vuoto che cade e che si sparge sul terreno bianco e candido per la neve, macchiandolo e rovinandolo.

Strinse la spada tra le mani tremanti e la spinse verso la Custode che non ebbe il tempo di reagire.

Fu facile, più di quello che credeva. Gli sembrò che la lama non avesse incontrato alcuna resistenza nell'attraversare il fragile ventre della donna.

Gli sembrò semplice. Come compiere per l'ennesima volta il gesto che svolgeva nella sua fabbrica, come se gli fosse tornato alla mente dopo tutti quegli anni: infilava la lama di metallo tra due presse. Ora, infilava la lama d'acciaio e cristallo tra le costole della donna.

Estrasse la lama e l'angelo cadde ai suoi piedi, senza vita.

Era stato semplice. Forse, anche troppo semplice. Ora bisognava pensare alle conseguenze del suo gesto. Ora bisognava pensare alla sua coscienza.

 

"Green!" Blue ripetè per l'ennesima volta il nome che gli aveva voluto dare Red quando l'aveva incontrata.

Ma non poteva preoccuparsi del Terreno blu in quel momento. Jacques aveva la precedenza. Le spiegazioni sarebbero arrivate dopo.

 

"Alex?"

aprì gli occhi spaventato e terrorizzato. Si guardò intorno, ma la stanza era vuota e buia.

Era solo un incubo. Già, l'ennesimo incubo.

Come si aspettava, i sensi di colpa erano stati puntuali e distruttivi.

Spostò le coperte e si mise seduto sul bordo del letto, lasciando cadere il volto bagnato di sudore tra le mani, appoggiate sulle ginocchia.

"Alex?"

alzò lo sguardo, temendo di essere ricaduto nel suo incubo.

Ma, questa volta, non era un sogno; c'era qualcun altro nella sua stanza, l'ultima persona che avrebbe voluto vedere.

Era lei, la Custode che aveva brutalmente ucciso.

Stava in piedi di fronte a lui, le ali bianche nascoste dietro la schiena, le braccia aperte che mostravano la tunica macchiata di sangue.

Rabbrividì a quella vista e sentì il corpo irrigidirsi.

Scosse la testa per scacciare quell'immagine, ma invano. Non era un incubo, lei era davvero davanti a lui. Era tornata per punirlo, era tornata a vendicarsi.

"Avanti, fa' ciò che devi!" si gettò a terra, in ginocchio, arreso e colpevole per il suo gesto. Appoggiò entrambe le mani sul pavimento, abbassando la testa, pronto per ricevere la sua punizione.

"Io non devo fare nulla." La voce della donna era calma e tranquilla, senza odio né vendetta.

Il Terreno alzò lo sguardo, sorpreso e poco convinto, sulla Custode. Lei gli sorrideva, come se non fosse successo niente, come se fossero vecchi amici.

Come poteva essere così indifferente a ciò che era accaduto?

Lui non ci riusciva, non poteva dimenticare tutto.

Le lacrime glielo ricordarono, iniziando a bagnargli il volto; pianse come un bambino davanti alla Custode e chiuse a forza gli occhi per arrestare quelle gocce, ma fu inutile.

I singhiozzi lo scuotevano, incontrollabili.

Vinto dalle sue emozioni, si trascinò verso di lei e, con entrambe le mani, le afferrò la tunica, stringendola tra le dita tremanti e bagnandola con le sue lacrime.

"Farò tutto ciò che vuoi, tutto!!" esclamò tra i singhiozzi.

Si sarebbe riscattato. Avrebbe pagato per ciò che aveva fatto.

Lei si inginocchiò su di lui e si portò al livello del suo sguardo, guardandolo dolcemente.

"Allora, salva il mio protetto." Gli ordinò lei.

 

Green spostò la testa di lato per evitare il colpo dell'angelo dalle ali indaco.

Quello scontro si stava prolungando troppo e presto sarebbero stati esausti entrambi.

Doveva inventarsi qualcosa, qualsiasi cosa per sconfiggerlo! E subito...

Aveva giurato alla Custode di aiutare il suo protetto. Lui era morto a causa sua, perché lui aveva ucciso la sua Custode, lasciandolo indifeso.

L'aveva cercato per tutta la città quando lo aveva visto volare sopra la gente, tra le vie. Non aveva avuto alcun dubbio che fosse lui: era l'esatto contrario della sua Custode, i capelli biondi, gli occhi azzurro cielo.

Lo avrebbe aiutato, si. Così si sarebbe riscattato dai suoi peccati.

 

Samuel era sconvolto.

La sua mente era annebbiata da un solo, unico desiderio. Vendicarsi.

Era come se Alex non ci fosse più; nei suoi occhi c'era solo quell'angelo dalle ali gialle che gli dava le spalle. Il suo assassino. Green.

Non gli interessava se era in fin di vita, se aveva le ali spezzate, se anche solo alzarsi in piedi l'avrebbe fatto soffrire, ma gliel'avrebbe fatta pagare!

Appoggiò le mani a terra e, cercando di racimolare tutte le sue forze, si alzò.

Strinse i denti quando le fitte di dolore arrivarono prontamente.

Riuscì a mettersi in piedi, mentre i due angeli continuavano a combattere tra di loro, senza accorgersi di nulla.

Trattenne a stento un lamento di dolore, quando sentì le ali pesanti che toccavano a terra.

Le sbirciò per controllare che entrambe fossero ancora lì.

Per fortuna, le aveva ancora tutte e due. Erano piene di sangue e non riusciva più a muovere la sinistra.

Zoppicò verso i due angeli, tenendo lo sguardo furioso e vendicativo su quello dalle ali gialle.

Gliel'avrebbe fatta pagare.

 

Alex era esausto. Era più esperto nell'usare i poteri angelici, senza dubbio, ma il suo vecchio amico si stava dimostrando più forte del previsto. Se solo avesse avuto con sé la spada di Manakel... li avrebbe già uccisi entrambi senza troppa fatica...

Evitò un calcio di Green diretto al suo viso saltando all'indietro.

Restarono immobili a studiarsi l'un l'altro, silenziosi e tesi.

 

Erano passati almeno 100 anni da quando se n'era andato da quella casa, lasciando il suo vecchio amico ad assorbire la notizia della sua morte.

100 anni.

Talia era a dir poco un'arma straordinaria e poteva usarla a suo piacere.

Ma, col tempo, iniziò a capire il peso che aveva provato Manakel e che l'aveva costretto a cederla.

Era una sensazione, un peso interiore, che cresceva ogni giorno dentro Jacques e lo appesantiva.

Proprio quando aveva deciso di liberarsene gettandola in un fiume, lo rivide.

Era lui, il suo vecchio amico.

In piedi su una ringhiera dall'altra parte del fiume, fissava le acque impetuose sotto di lui, lo sguardo perso nel vuoto.

Poi, allargò le braccia e si lasciò cadere in avanti. Cadde nel vuoto, le ali gialle dispiegate.

Restò in silenzio a cercare di capire le intenzioni dell'amico.

Poi capì: stava provando a suicidarsi, un'altra volta.

Il Terreno giallo scomparì nell'acqua che lo ingoiò dentro di sé.

Inutile. Pochi secondi e la sua testa fuoriuscì e, muovendo le braccia, si portò sulla riva, dalla parte di Jacques.

Non poteva morire in quel modo. L'acqua non poteva fare niente ai suoi polmoni.

Quando uscì completamente, alzò lo sguardo e sussultò nel riconoscere Jacques.

E l'angelo dalle ali indaco capì cosa avrebbe dovuto fare. Perché  gettare un'arma così unica e particolare quando avrebbe potuto prestarla a qualcuno?

 

"Cosa vuoi in cambio?" era diffidente, come al solito.

"Niente!" rispose lui, tranquillo.

Voleva solo liberarsi di quel peso, nient'altro.

James, titubante, prese la spada avvolta nel fodero, ancora dubbioso sulle intenzioni dell'amico.

"Ti aiuterà, fidati." Aggiunse Jacques per essere più convincente.

 

Samuel aveva la vista annebbiata e i sensi stavano per abbandonarlo; si stava avvicinando all'ignaro Green che ancora gli dava le spalle.

Era colpa sua. Era tutta colpa sua.

Era colpa sua se i suoi genitori e sua sorella soffrivano.

Era colpa sua se aveva perduto per sempre Rachel.

Era colpa sua se era morto ed ora non poteva più vivere una vita normale.

Era colpa sua. Era tutta colpa sua.

Quando fu a pochi metri da lui si fermò, riprendendo fiato.

"Bastardo!" urlò, stringendo a forza i denti mentre si lanciava contro di lui.

 

Green si accorse in tempo dell'attacco di Blue e riuscì ad evitarlo, spostandosi di lato; Blue scivolò, perse l'equilibrio e cadde in avanti, ai suoi piedi.

Il Terreno verde restò paralizzato a fissare il giovane, i sensi di colpa che iniziavano a tormentarlo: lo aveva ucciso, era colpa sua.

Si chinò verso di lui, per aiutarlo. Le sue mani tremavano e le gambe erano deboli; sfiorò con una mano le ali insanguinate del giovane.

A quel contatto Blue si irrigidì e, raccogliendo tutte le sue energie, riuscì a colpirlo con un piede alle caviglie, facendolo cadere a terra.

Green appoggiò prontamente le mani per attutire la caduta e si mise in ginocchio, gli occhi tristi ed addolorati sempre fissi sul giovane che, ansimando, ricambiava lo sguardo con odio.

"Come hai potuto?" sussultò a quella breve domanda del giovane, sputata fuori dalle labbra con dolore e rabbia.

Non vi lesse solo vendetta, ma anche frustrazione e delusione.

Lo aveva tradito, gli aveva mentito, si era finto suo amico, mentre non era altro che il suo assassino.

Avrebbe dovuto mostrarsi subito con le ali gialle, raccontargli tutto fin dall'inizio e chiedere immediatamente il suo perdono.

Sarebbe stato diverso, forse.

 

Decise di non mostrare più le sue ali a nessuno. Sarebbe rimasto sempre in sembianze umane, mai più avrebbe fatto vedere a qualcuno quelle piume gialle.

Era immerso in questi pensieri, mentre camminava tranquillo per le vie della città, quando un lamento attirò la sua attenzione.

Camminò incuriosito verso il punto da dove provenivano i lamenti e le richieste d'aiuto soffocate. Si ritrovò davanti ad un vicolo e sgranò gli occhi per la sorpresa.

Una ragazzina, un angelo, era a terra, tremante, e invocava aiuto con la voce spezzata, ricoperta di sangue.

Si chinò su di lei e prese in mano le piume rosse, cercando di capire se fosse un Custode o un Terreno.

Le ali erano sicuramente sporche di sangue, ma il rosso sembrava essere anche il loro colore naturale.

Doveva trattarsi di un Terreno. Se non ricordava male, il rosso era il colore dell'omicidio.

Cercò di capire da dove venisse il sangue e scoprì che era stato causato proprio da quelle ali che, uscite con violenza dalla schiena, le avevano strappato la pelle.

Ma non erano affari suoi. Si alzò per andarsene, nascondendo la mano sporca di sangue in una tasca.

Qualcosa gli afferrò la stoffa dei pantaloni, trattenendolo. Quando abbassò lo sguardo, vide la ragazzina aggrappata a lui con forza: ansimava per il dolore e invocava aiuto.

Già. Aiuto.

In quel mondo, pochi conoscevano il significato di quella parola.

Il ricordo dei suoi figli si fece largo nella sua mente, all'improvviso.

Erano più giovani di lei, ma, in qualche modo, l'immagine di lei aggrappata a lui glieli ricordò.

Il suo istinto paterno, da tempo sopito, lo fece chinare su di lei; le accarezzò dolcemente i capelli, cercando di tranquillizzarla.

"Sei salva." Le parole gli uscirono dalle labbra da sole.

La ragazzina si tranquillizzò e i respiri si fecero più regolari e meno agitati.

La prese delicatamente tra le braccia e lei si aggrappò con una mano alla sua maglia, chiudendo gli occhi ed appoggiando la testa sul suo petto, esausta e sconvolta.

Quella fu l'ultima volta in cui si trasformò in Terreno, lasciando comparire quelle ali gialle che odiava tanto.

Volò con la ragazzina svenuta stretta tra le braccia, mentre il vento gli colpiva il viso e lo obbligava a socchiudere gli occhi.

Stranamente, gli piacque quel suo ultimo volo. Ma fu l'ultima volta.

 

"Blue, ti prego, calmati. Dopo ti spiegherò tutto!" non poteva preoccuparsi di lui ora, doveva prima occuparsi di Alex.

"No!" urlò con forza il Terreno blu a terra, mentre le lacrime scendevano copiose lungo le sue guance, scivolando e frantumandosi sul suolo freddo.

"E' tutta colpa tua!" i singhiozzi lo scossero, mentre stringeva i pugni per cercare di controllarsi.

Green abbassò lo sguardo a terra, sconfitto.

Era vero. Era tutta colpa sua.

All'improvviso alzò lo sguardo, attratto e spaventato da qualcosa e, afferrato il Terreno blu con entrambe la mani, lo spostò di peso.

Il calcio di Alex arrivò puntuale, dritto nel suo stomaco.

Si accasciò a terra, le fitte che percorrevano tutto il suo ventre. Alex aveva messo tutte le sue energie in quel colpo e Green sentiva che qualche costola si era rotta al contatto col piede dell'avversario.

"Non ti preoccupare. Quando avrò finito con te, sistemerò anche quel patetico ragazzino." La voce divertita dell'angelo dalle ali indaco lo colpì come una scarica, facendolo rabbrividire.

"Salva il mio protetto!"

L'immagine della bellissima Custode riapparve nella sua mente.

Non poteva permetterlo.

Tenendosi il ventre con una mano, si alzò in piedi, pronto a continuare il combattimento.

"Ormai è finita" questa volta Alex era serio, le braccia lungo i fianchi e le mani chiuse a pugno.

Si lanciò velocemente contro Green e lo colpì con un pugno sul volto, rompendogli il naso che cominciò a sanguinare all'istante.

Poi con un altro calcio al ventre lo fece sbattere contro una parete.

Il Terreno giallo cadde a terra senza forze, il viso che pulsava dolorosamente e il respiro mozzato dal dolore alle costole.

Stava perdendo.

Piegò la testa e i suoi occhi incontrarono la figura di Blue, ancora a terra, immobile.

Vide Alex avvicinarsi al giovane e guardarlo divertito.

Non poteva fare più nulla. Aveva fallito anche questa volta. Non era riuscito a riscattarsi.

"Perdonami, Leumas" pensò tra sé, chiudendo a forza gli occhi per non assistere alla scena, le lacrime che iniziavano a scendere copiose sul suo volto insanguinato.

E, ancora una volta, la voce della Custode rimbombò nella sua testa, ripetendo sempre quella frase, quella richiesta.

"Salva il mio protetto!"

Ma, ormai, era troppo tardi.

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Scusate tutti per l'enorme ritardo!!!!!!!!!! ^^'''

Cmq rieccomi qui con il nuovo capitolo, il penultimo e non l'ultimo come avevo detto in precedenza…infatti la verità è che mi è venuto lungo e quindi alla fine ho diviso l'ultimo in due parti…eccovi la prima!! Come vi è sembrata??? Bella??? ^^

Invece per la seconda dovrete aspettare ancora un po’…:)

Ne approfitto per augurare a tutti voi un felice Natale ed anticipo gli auguri per uno splendido anno nuovo!!! (anche perché in questo periodo sono stra incasinata quindi mi sa che il prossimo ed ultimo capitolo non arriverà presto…)

Ecco, ed ora passiamo ai ringraziamenti!!!! ^^

-Preferite: 7

-Seguite: 11

-Ricordate: 12

 

e grazie-grazie-grazie-grazie-grazie-grazie e ancora grazie a Liyen e Wingedeangel per le vostre uniche, stupende, magnifiche recensioni!!!!!!!!!! Mi fate troppo felice, grazieeeeee!!!!!!!!! >.< !!!!!!! ^^

 

Al prossimo ed ultimo capitolo, lettori!!

Un bacio!

=Sony=

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Capitolo 23
*** 23- Perdonami! ***


23- PERDONAMI!

"Rachel?"
una donna sulla quarantina, con i capelli raccolti dietro la testa da un mollettone, aprì la porta della stanza di Rachel e la cercò con lo sguardo.
La ragazza, seduta alla scrivania e con un foglio tra le mani, si volse verso la donna che ora stava di fronte a lei.
"Che c'è, mamma?"
"Qualcuno al citofono vuole parlare con te. È un ragazzo." Rispose la donna, scrutando nel frattempo la figlia per cogliere ogni sua singola reazione e per conoscere, così, l'identità dello sconosciuto che voleva parlare con lei.
Rachel, senza proferire parola, si alzò in piedi, lasciando il foglio che stava leggendo sulla scrivania e tenendo in una mano qualcosa di colorato; camminò tranquilla verso il citofono, per non far arrivare alla madre nessun segnale preoccupante, anche se la curiosità la stava divorando.
Prese la cornetta con la mano libera e se la portò all'orecchio, restando per un istante in silenzio, quasi trattenendo il fiato.
"Si? Sono Rachel." Prese il coraggio di dire dopo un attimo di silenzio.
"Samuel ha bisogno di te." La voce che le giunse all'orecchio era fredda e familiare per la ragazza, ma in quel momento, la sua testa non vi dedicava molta attenzione, troppo impegnata a decifrare il messaggio dello sconosciuto.
Samuel aveva bisogno di lei.
Samuel.
"Arrivo!" esclamò subito.
Abbassò la cornetta, rimettendola al suo posto.
"Mamma, io esco!" si affrettò a dire la ragazza.
La donna non fece in tempo a dire niente che Rachel si era già fiondata giù per le scale, scendendone due o tre alla volta, con fretta, ansia e con il cuore che batteva forte, stretta in mano una strana piuma blu.

"Lo sai che dovresti morire per quello che hai fatto, vero?"
Green sollevò faticosamente le palpebre ed alzò lo sguardo per identificare la voce minacciosa che lo aveva riportato alla realtà.
Non sembrava appartenere a Jacques, questa era profonda, grave e fredda, minacciosa nei suoi confronti.
Davanti ai suoi occhi si disegnò solo una figura sfocata, troppo difficile da schiarire.
Per quanto tempo era rimasto svenuto?
Provò a guardarsi intorno con lo sguardo, la testa sollevata di poco da terra solo per permettere i minimi movimenti, il naso che ancora gli pulsava.
Sospirò sollevato quando notò la figura di Blue ancora a terra, inerme, ma ancora tutto intero.
Pochi metri più in là, una seconda figura giaceva a terra. Il volto era sfigurato e dalla schiena gli uscivano solo due ossa spezzate e senza piume, che ora giacevano nella pozza di sangue che avvolgeva il corpo di Jacques.
Green tornò alla figura sfocata che imponeva su di lui e riappoggiò la testa a terra, provando sollievo al contatto col terreno gelido.
"Lo so. Dovrei morire." Rispose alla figura, che rimase impassibile alle parole del Terreno.
"Eppure, in qualche modo e per qualche strano motivo, lei mi ha salvato." Continuò, l'aria che gli arrivava a fatica e lo costringeva a respirare con la bocca.
Leumas lo aveva salvato, lo aveva perdonato.
"Lo ha fatto solo perché tu proteggessi il suo protetto." La voce dura e fredda rimbombò nelle orecchie del terreno.
Intuì che il suo interlocutore cercava un motivo per farlo fuori, un motivo per punirlo. Pensandoci, era quello che aveva sempre voluto, no? Abbandonare quel mondo che non lo voleva neanche con le sembianze angeliche.
Eppure, quando aveva conosciuto Red, e poi lui, Blue…loro lo avevano accettato!
"Non credo." Rispose alla voce, "credo volesse insegnarmi qualcosa."
Alzò la testa e fissò la figura sfocata davanti a lui, sforzando la vista per schiarirla, "lei voleva che io imparassi a vivere; voleva che fossi accettato in questo mondo che non mi ha mai voluto. Per questo mi ha salvato." Disse con convinzione, rendendosi conto solo in quel momento a sua volta di quello che aveva fatto Leumas per lui. Gli aveva insegnato a far parte di quel mondo che non lo aveva mai voluto.
Lo sguardo gli cadde a terra, come se non avesse abbastanza forza per sostenere la testa. Appoggiò la fronte a terra e chiuse gli occhi, stringendo i pugni.
"Ma questo mondo ti ha accettato solo quando tu non eri più te stesso. Solo quando tu hai nascosto quella parte di te che ti rendeva diverso, sbagliato, lontano dagli altri, perfino dai tuoi simili."
Il Terreno alzò la testa quando sentì qualcosa che toccava le sue ali.
La figura sfocata, che ora sembrava quasi diventare più nitida, era china su di lui, e toccate le sue piume gialle, le guardava serio.
In effetti, aveva ragione. Red e Blue lo avevano accettato solo perché credevano avesse le ali verdi, solo perché erano certi che si fosse sacrificato per qualcun altro.
Tuttavia, lo stesso Blue, appena scoperta la sua vera identità lo aveva rifiutato e lo aveva attaccato.
Possibile che quel mondo non lo avesse ancora accettato??
Cercò di controllare le sue emozioni e di apparire calmo allo sconosciuto: "Hai ragione. Sono stato accettato solo perché ho rinnegato me stesso. Ho sbagliato. Ho sprecato l'opportunità che Leumas mi ha concesso."
"In conclusione, sei solo un assassino." Pronunciate quelle parole, la figura si alzò in piedi, tenendo le mani lungo i fianchi.
Green lo guardò infastidito dalla sua accusa: "A quello che vedo, anche tu non sei da meno!" ribattè a sua volta.
L'individuo si portò entrambe davanti al volto le proprie mani, insanguinate.
"Parli di questo? Sono stato costretto ad uccidere il tuo amico. Io ho salvato il protetto di Leumas, non tu." Riportò le mani lungo i fianchi, per poi dare le spalle al Terreno.
"Sarai macchiato per sempre, Custode. Il sangue che hai sulle mani non ti andrà mai via!" gli ricordò Green, cercando di fermarlo, di fargli capire le sue ragioni.
"Lo so molto bene." Rispose il Custode, senza voltarsi e camminando verso Samuel, "ma ricorda, terreno: anche tu dovrai vivere per sempre con il tuo peccato. Non ti basta salvare il protetto della tua vittima per cancellare tutto, per non avere più sensi di colpa. Ciò che hai fatto ti inseguirà per sempre, qualunque cosa tu faccia per rimediare al tuo sbaglio, lui sarà lì a ricordartelo."
Fece passare un braccio di Samuel intorno al suo collo e lo sollevò da terra, cingendolo con un braccio su un fianco.
"Se credi davvero che Leumas ti abbia dato una possibilità per adattarti a questo mondo," riprese, sempre volgendo le spalle a Green, "Io te ne do una seconda. La prima volta hai fallito, ti sei fatto accettare per quello che non sei. Ora, obbliga il mondo ad accettarti per quello che sei."
Green raccolse tutte le energie e si tirò su con le braccia, e piano, con fatica, riuscì a mettersi in piedi.
Si appoggiò ad una parete, le gambe deboli e tremanti, le ali pesanti, il naso che pulsava e le costole che sembravano soffocarlo; tenendosi un braccio su quest'ultime, alzò la testa sul Custode.
"Prima ho ancora qualcosa da fare." Spiegò al Custode.
"E allora fallo." Ordinò lui al Terreno.
Il Custode dispiegò le sue grandi ali bianche, macchiate di rosso in alcuni punti, "Ti aspetterò." Aggiunse, prima di volar via con Samuel.
Green restò per qualche istante a fissare il cielo, sempre appoggiato alla parete che lo sosteneva; poi, chiusi gli occhi, prese un profondo respiro e fu avvolto da una luce bianca.
Un attimo dopo era in sembianze umane, quelle del Green di sempre, biondo, con gli occhi verdi ora con qualche scaglietta di giallo e con il carattere scorbutico e scostante.
Le sue sembianze da umano nascondevano il sangue sul volto e il naso rotto, anche se il dolore lo sentiva comunque.
Uscì dal vicolo tenendo un braccio sul ventre, l'altro ancora appoggiato alla parete.
Alzò un'ultima volta lo sguardo al cielo e sorrise riconoscente al custode che era appena volato via e che gli aveva dato una seconda possibilità, "Grazie, Lehcar." Sussurrò piano, per poi staccarsi dal muro ed incamminarsi tranquillo per le vie.

Rachel cercò di frenare il passo per non allontanarsi troppo del suo accompagnatore. Si fermò e si volse a guardarlo, una mano nella tasca della giacca stretta intorno a quella bizzarra piuma blu che aveva trovato sul comodino.
Tornò indietro quando vide l'uomo biondo appoggiarsi ad una parete e stringendo un braccio sul ventre respirava a fatica.
"Tutto bene?" chiese preoccupata, avvicinandosi a lui.
Green abbassò lo sguardo su di lei e stringendo i denti si staccò dalla parete e riprese a camminare lentamente, sforzandosi di sopportare il dolore alle costole e al naso che gli mozzava il respiro ad ogni passo.
Rachel camminò al suo fianco, infastidita dal comportamento scostante dell'uomo biondo. Del resto, non poteva farci niente. Doveva avere solo pazienza: presto avrebbe rivisto Samuel.
Restarono in silenzio per tutto il cammino, uno di fianco all'altro, come se fossero due estranei che casualmente si trovano a compiere la stessa strada.
Green sbirciò per un istante la ragazza che ora lo ignorava volutamente e continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.
Gli sembrava fosse passato così poco tempo da quando la gelosia che lo aveva dilaniato nei confronti del suo angelo custode lo avesse portato a quel gesto estremo. Eppure Lehcar lo aveva perdonato, come già aveva fatto Leumas.
Aveva una seconda possibilità, forse l'ultima e non poteva permettersi di sprecarla.
Finalmente arrivarono all'appartamento nel quale Green si era stabilito da un po’ di tempo con Red e Blue.
Estrasse la chiave da un tasca della giacca e tenendo sempre un braccio sulle costole per cercare di placare, anche se invano, le fitte di dolore, la infilò nella toppa facendo girare la serratura ed aprendo la porta.
Ciò che apparve agli occhi di Rachel era lo stesso appartamento che ricordava dalla sua ultima visita, freddo ed impersonale.
Anzi, se era possibile, le sembrava quasi più vuoto!
Avanzò di qualche passo, il cuore che accelerava ad ogni secondo, l'aria che si faceva via, via sempre più rara nei suoi polmoni.
Si fermò, voltandosi verso il giovane biondo che, con sempre un braccio appoggiato sulle costole, chiudeva la porta d'ingresso e rimetteva le chiavi in una tasca dei pantaloni.
"Cosa aspetti?"
Green gettò uno sguardo colmo di neutralità alla ragazza scura, la quale rispose abbassando lo sguardo a terra e chiudendo i pugni lungo i fianchi.
Già, che stava aspettando? Se lo chiedeva anche lei, dal momento in cui i suoi piedi si erano paralizzati nel punto dov'era adesso.
Le tornò alla mente le parole della lettera che aveva trovato sulla sua scrivania.
"Perdonami!" diceva, anzi supplicava. E poi, quella strana piuma blu che aveva trovato accanto alla lettera. La sentiva nella tasca della sua giacca, come un peso, un richiamo che le urlava delle parole, ma che la sua testa non riusciva a cogliere ed interpretare.
Era stato in quel momento che qualcosa, dentro di lei, le aveva sussurrato un piccolo pensiero ed un recente ricordo: Blue che le diceva di essere Samuel, il vero Samuel. Non gli aveva creduto, l'aveva considerato un folle, un bugiardo, ma per qualche motivo a lei sconosciuto, nel momento in cui aveva afferrato la piuma tra le mani le era arrivata l'immagine di Blue che cercava di convincerla e la possibilità di una verità di quelle parole le si era intrufolato nella testa, o meglio, nel cuore.
La conferma gliela aveva dato quel giovane biondo e scorbutico che era venuto a cercarla a casa sua e le aveva detto semplicemente: "Samuel ha bisogno di te!".
Era come se non avesse aspettato altro: in quel momento ne fu certa: Samuel era vivo, lo era sempre stato, non se n'era mai andato, l'aveva sempre avuto vicino, solo sotto altre sembianze, che ad un primo sguardo ti posso tradire, ti posso ingannare.
"E' di sopra" continuò il giovane biondo, restando a fissarla.
Rachel lo guardò per un istante negli occhi, come se là dentro potesse trovarvi tutte le risposte che cercava: era veramente Samuel o si stava sbagliando? E in che senso 'aveva bisogno di lei'? Era ferito, forse? È stato male dopo il suo rifiuto o ha preso qualche strana malattia angelica?
Ma tutto ciò che lesse in quei occhi verdi e dorati era un 'mi dispiace'.
Ma per cosa? Si domandò di nuovo.
Scosse la testa, stufa di tutte quelle domande astratte e senza senso che si stava facendo; quello non era davvero il momento per avere dei dubbi.
Finalmente riuscì a staccare i piedi da quel pavimento pallido e freddo come il resto della casa e con le gambe tremanti e i pugni chiusi andò da Samuel. Il suo Samuel. Il vero Samuel.

Se non fosse stato per un leggero fastidio stava anche bene.
Quando aprì gli occhi si ritrovò immerso nel bianco, come quando si era svegliato per la prima volta.
Si guardò intorno ma non c'era niente se non quel colore innaturale.
Provò a pensare a ciò che era successo ma non lo ricordava. O, forse, non lo voleva ricordare?
Basta soffrire, non ce la faceva più. Ora, voleva solo restare immerso in quel colore che lo scaldava con la sua freddezza e lo proteggeva da tutte le sofferenze che aveva conosciuto negli ultimi tempi.
Distese le ali dietro la sua schiena, allungando le piume nel vuoto e fissandole con la coda dell'occhio, sorridendo orgoglioso per la loro bellezza: il blu delle piume riluceva rendendole splendide e maestose.
"Cosa fai?" una voce risuonò nel nulla.
La conosceva fin troppo bene, ormai: era la stessa che l'aveva portato da Rachel e che lo aveva guidato per tutti quei mesi.
La figura di Leumas apparve dal bianco e quando distese le sue ali, una luce dorata colorò quel colore freddo.
Samuel non rispose, restando a fissare il suo angelo custode in silenzio.
Leumas si avvicinò a lui lentamente e quando si ritrovò a poco più di un metro dal giovane gli sorrise calorosamente e continuò a parlare con voce calma e gentile: "Questo non è il tuo posto e lo sai bene, Samuel. Hai avuto una seconda possibilità e non è giusto che tu la sprechi in questo modo. Sai che lei ha ancora bisogno di te."
A quelle parole Samuel sussultò, qualche frammento degli ultimi ricordi che gli tornò alla memoria: il ritardo di Rachel all'appuntamento, il suo tradimento, la sua mancanza di fiducia nelle sue parole.
Una fitta lo colpì al petto e lo costrinse ad appoggiarvi sopra una mano.
"Non capisco," si rivolse poi all'angelo con un sussurro, "perché ha bisogno di me?"
Leumas restò in silenzio, tenendo i suoi occhi chiari su di lui.
Samuel continuò, il dolore che diventava poco a poco più sopportabile e si stava attenuando: "Non ha più bisogno di me. Mi ha dimenticato."
"Ne sei sicuro?"
Samuel alzò gli occhi sulla sua interlocutrice che ora lo guardava sorridendo.
Pochi attimi e il bianco e l'oro che coloravano lo spazio intorno a lui scomparvero, sostituiti da un nero assoluto e terrificante.
L'angelo sbatté istintivamente le palpebre, disorientato da quell'improvviso cambiamento di colore.
"Leumas! Leumas!" chiamò disperato e sentendosi improvvisamente solo.
Che stava succedendo? E perché Leumas non rispondeva?
Sentendosi sconfitto e solo si rannicchiò su se stesso, cercando un minimo di conforto nel calore delle sue ali.
Proprio quando stava arrendendosi a quel buio e a quella solitudine una voce sembrò ridargli quel minimo di fiducia che lo stava via, via abbandonando.
"Samuel. Svegliati!" un ordine che riempì lo spazio scuro che lo circondava.
Tuttavia, la voce non sembrava appartenere al suo angelo custode ma era più grave e severa, ma comunque familiare.
Chi era? Chi lo chiamava?
Samuel sbatté di nuovo le palpebre, cercando di mettere a fuoco le immagini che andavano piano, piano sostituendo quel colore tetro.

Quando, finalmente, il terreno dalle ali blu aprì faticosamente la palpebre, Lehcar si tranquillizzò, tirando un sospiro di sollievo.
Ce l'aveva fatta. Era riuscito a salvarlo.
Un piccolo sorriso invisibile si disegnò sul suo volto, mentre, dando le spalle al giovane, prendeva una sedia dalla scrivania e si sedeva con tranquillità, tenendo gli occhi chiari sulla figura di Samuel.
Le lenzuola e le ali blu erano ricoperte dal sangue delle sue ferite.
Il giovane provò a muoverle ma tutto quello che provocò furono delle scariche di dolore che lo obbligarono a restare sdraiato sul suo letto, respirando affannosamente.
"Ti riprenderai." Lo rassicurò il Custode fissandolo ora con la sua solita aria seria e severa, il sorriso di sollievo ormai solo un ricordo sul suo volto.
"Lehcar…" lo chiamò il giovane terreno, mentre le fitte non gli lasciavano un attimo di respiro, "dov'è Rachel?"
Il custode si alzò dalla sedia e restò in piedi a braccia conserte a fissare Samuel con severità.
"L'ho lasciata per venire da te." Rispose grave, "tuttavia, sento la sua presenza. Sarà qui a breve."
Pronunziate quelle parole, distese le braccia lungo i fianchi e si avvicinò alla porta della stanza.
"Non mi vedrà"
Il custode si voltò verso il giovane che, con lo sguardo puntato sul soffitto, sembrava parlare ad un interlocutore invisibile.
"Voglio che mi veda. Voglio tornare nelle mie sembianze da Umano." Volse lo sguardo sul Custode, il quale lo guardava in un misto di confusione e gelosia.
"Non puoi in quelle condizioni. Prima devi recuperare un po’ di forze e non puoi trasformarti in umano. È impossibile", continuò poi a camminare verso l'uscita della stanza.
"Voglio che mi veda. Voglio che mi veda!" Samuel continuava a ripetere quella frase, mentre calde lacrime iniziarono a rigargli le guance.
Lehcar si fermò un istante, "mi dispiace", sussurrò debolmente, mentre usciva dalla camera.

"È lì dentro"
Green indicò debolmente l'uscio bianco di una stanza, restando appoggiato ad un muro.
Rachel si avvicinò con timore verso quella porta che era identica a tutte le altre e fredda come il resto dell'appartamento.
Prese un profondo respiro, lasciò libera la piuma blu nella tasca e appoggiata la mano sulla maniglia, aprì la porta.
Green si lasciò scivolare sulla parete finchè non fu seduto, una mano stretta sulle costole. Non ce la faceva più. Aveva perso ogni briciolo di energia.
Se fosse rimasto nelle sue sembianze angeliche forse, a quest'ora, si sarebbe già ripreso un po’ dalle sue ferite, ma così, in quello stato…
Era stanco. In quel momento voleva solo dormire.
Si, ecco cosa avrebbe fatto, avrebbe dormito e poi, una volta sveglio, avrebbe cercato un modo per riprendersi.
Nella parete di fronte alla quale stava appoggiato, c'era appeso un quadro. Una foto che la piccola Red aveva voluto a tutti i costi. Un foto di famiglia, diceva lei.
Erano seduti sul divano del soggiorno, lui con la faccia tesa in una smorfia contrariata, mentre lei, invece, sorrideva all'obbiettivo, aggrappandosi al suo braccio.
Lei ne avrebbe voluta fare una anche con Blue.
Chissà, forse un giorno, quando tutto sarà finito, quando mi sarò ripreso, la faremo. E si promise che avrebbe sorriso in quella nuova foto.
"Bene…" disse a sé stesso, mentre abbassava esausto le palpebre e cadeva in un sonno profondo e buio, mentre si immaginava il giorno in cui tutti e tre si sarebbero messi in posa per quella foto, una foto che non avrebbero mai fatto.

Rachel accese la luce della stanza e rimase immobile al centro.
Era vuota. Non c'era nessuno.
Guardò il letto: era sfatto ma non vi giaceva nessuno; e nemmeno sulla sedia della scrivania.
Assolutamente niente.
"Che significa?" pensò tra sé spaesata e confusa.
Che quell'individuo le avesse solo fatto uno scherzo?
Non sapendo più cosa fare, restò in piedi a fissare quella stanza vuota, sentendosi sola e persa. Non aveva più speranze, ormai. Non l'avrebbe ritrovato più. Si era illusa ancora una volta.
Portò una mano nella tasca della giacca e estrasse la piuma blu con cautela.
La fece appoggiare sopra i palmi delle sue mani e la fissò tristemente.
"Dimmelo tu. Dimmi tu cosa devo fare" le chiese con voce fioca, sperando stupidamente che almeno quel piccolo oggetto misterioso le desse una risposta a tutti i suoi dubbi.
E, come per magia, la piccola piuma sembrò rispondere alla sua richiesta: si mosse leggermente tra le sue mani, come spina da un vento invisibile.
Un secondo dopo, Rachel alzò lo sguardo sul letto sfatto davanti a lei.
Non era più vuoto.

Da quando era entrata nella stanza l’aveva chiamata, la voce rotta dalla disperazione.
Non lo sentiva. Era tutto inutile. Era fiato sprecato.
Cercò di alzarsi dal letto me, come prevedibile, le ali bloccavano ogni suo movimento; la sinistra, in particolare, sembrava lacerargli la schiena.
Tese la mano destra verso la ragazza, cercando di raggiungerla, continuando a chiamarla con insistenza.
Lei se ne stava in mezzo alla stanza in silenzio, immobile.
Mise una mano nella tasca della giacca e ne estrasse qualcosa che appoggiò sui palmi e la tenne davanti agli occhi, sussurrandole qualcosa.
“Sono qui, Rachel! Sono qui!” tentò lui per l’ennesima volta.
Il respiro gli mancò d’un colpo, i polmoni completamente senza ossigeno.
Esausto, lasciò cadere il braccio a terra, lasciandolo scivolare accanto al letto, mentre lui ansimava per lo sforzo di restare cosciente.
Fu allora che accadde qualcosa di nuovo: un brivido lo percorse nelle ali spezzate ed insanguinate, svegliandolo improvvisamente dal torpore che stava prendendo il controllo del suo corpo.
Vide Rachel alzare lo sguardo su di lui.
Nell’incontrare gli occhi scuri della ragazza si sentì morire.
Scorse la piuma blu tra le sue mani.
Lo vedeva.

“Svegliati, Terreno!”
Green aprì faticosamente gli occhi. Chi lo stava chiamando? Si sentiva così bene mentre dormiva!
Davanti a lui si disegnò lentamente la figura del custode con le mani insanguinate, chino su di lui.
Lehcar lo fissava senza troppo interesse, mentre con una mano cercava di scuotere piano il terreno e di farlo tornare cosciente.
“Per un attimo credevo non ti saresti svegliato più!” confessò il Custode con una punta d’ironia, mentre si spostava a fianco dell’anghelo ferito e si sedeva appoggiato alla parete.
Si portò le mani davanti agli occhi e se le guardò tristemente, sbirciando poi le sue ali dietro la schiena, anch’esse sporche di sangue.
Le sue bellissime e candide ali macchiate e rovinate per sempre!
Il sangue di Terreno era impossibile da lavare via, doveva tenerselo addosso per il resto della sua vita.
Aveva violato una regola molto importante per salvare quei due stupidi terreni. Ma al diavolo le regole!
Lui l’aveva fatto solo per Leumas, non gli interessava se avesse ricevuto da un momento all’altro una severa punizione per il suo gesto!
“Non sapevo che un Terreno potesse morire. Credevo fossimo immortali.” Green aveva richiuso gli occhi ed appoggiata la testa contro il muro, rifletteva ad alta voce.
“Se perdete le ali per voi è finita.” Spiegò brevemente il Custode, mentre lasciava scivolare le mani lungo i fianchi ed imitava il Terreno, appoggiando a sua volta la testa contro la parete dietro di loro.
“Capisco...” concluse Green, sorridendo stupidamente, ricordando a tutte le volte che aveva cercato di farla finita con la sua nuova esistenza angelica, anche se invano.
Ora, però, non aveva più voglia di morire.
“Red se n’andata...”
Lehcar volse lo sguardo verso il suo interlocutore, che era tornato immerso nei suoi pensieri, gli occhi chiusi e la testa ricolta leggermente verso l’alto.
“La vostra amica che non sa cucinare, intendi?”
Come mai si stava interessando alle preoccupazioni di quel terreno assassino?
Green rispose con un leggero cenno del capo, sorridendo tristemente.
“Ha fatto le valigie e se n’è andata.”
“E dove?” insistette il Custode; non che gli interessasse molto di quella giovane Terrena, comunque.
“A ricordare la sua vita Umana, credo.”
Lehcar annuì silenzioso e tornò a guardare davanti a sè.
“Mi sembra così vuoto qui senza di lei, così silenzioso.” Continuò Green, aprendo di un poco le palpebre.
“Le eri affezionato?” domandò Lehcar.
Il Terreno restò in silenzio e mentre fissava la foto di lui e Red appesa alla parete di fronte, sorrise.

“Rachel...” Samuel era icredulo. Rachel era inginocchiata accanto al suo letto e lo fissava preoccupata, mentre calde lacrime le rigavano le guance.
“Samuel...scusami!” scoppiò a singhiozzare ed affondò il viso tra le braccia, sulle lenzuola. Era veramente lui. Il suo Samuel era lì, steso davanti a lei.
Era vivo.
Rachel non riusciva a pensare ad altro; sentiva il cuore colmo di gioia e il corpo le tremva per l’emozione.
Non gli aveva creduto! Lui gliel’aveva detto, le aveva rivelato di essere il vero Samuel, di essere sempre stato lì con lei!
Samuel stava meglio. Sorrise debolmente, anche lui al colmo della felicità. Solo fino a pochi attimi prima era terrorizzato all’idea di non poter farsi vedere da lei e di sprecare, così, l’unica occasione che aveva di poter stare con lei.
Ma ora lei era lì, al suo fianco, e a lui sembrò di vivere in un sogno.
Ora respirava meno affannosamente e il dolore alle ali sembrava essersi placato un pò, giusto il necessario per permettergli qualche movimento.
“Rachel...” la chiamò dolcemente, mentre cercava di farsi forza con le braccia per alzarsi.
Lei alzò la testa verso di lui, giusto in tempo per vederlo col corpo piegato verso di lei e con le labbra che sfioravano delicatamente le sue umide a causa delle lacrime.
Era il bacio più bello della sua vita.
Samuel si staccò da lei e tenendosi a pochi centimetri di distanza dal suo volto ancora inebetito per quel gesto, immerse i suoi occhi blu mare in quelli scuri di lei.
“Ti amo” le sussurrò piano, come se fosse un segreto, una cosa solo di loro due, che nessuno deve sapere.
“Ti amo” rispose per la prima volta lei. Finalmente era riuscita a dire quelle due parole. Ora, ne era certa, lui non se ne sarebbe più andato.
Samuel sorrise, “Come diceva la nostra canzone?...’Qualunque cosa accada, qualunque cosa accada, ti amerò finchè morirò’...”
“No”, lo interruppe lei, sorridendo a sua volta, “ ‘Ti amerò per sempre’ ”.
E, dette quelle parole, si spinse verso di lui e gli restituì il suo bacio.

Le ferite guarirono dopo solo una settimana. Green spiegò che i Terreni guariscono molto più velocemente degli Umani se restano nella loro forma di angeli.
Tutto sembrò tornare alla normalità, o quasi. Red se n’era andata: appena aveva ricordato parte del suo passato era partita senza salutare nessuno, troppo presa dal succedersi degli eventi, intenzionata a ritornare nella sua vecchia città e a riprendersi la vita che le era stata tolta ingiustamente.
Green passava le sue giornate come al solito: seduto sul suo divano a sfogliare i fatti di cronaca sul giornale.
Samuel era tornato nelle sue sembianze di Blue ed era rimasto a vivere da Green, nonostante, tra i due, i rapporti fossero ancora piuttosto freddi. Ma presto, tutto si sarebbe sistemato, tornando alla normalità: Samuel non poteva negare il fatto che Green gli avesse salvato la vita.
Passeggiava per le vie della città con Rachel, mentre pensava ad un modo per allentare i freddi rapporti con il suo coinquilino.
Rachel camminava al suo fianco in silenzio, senza disturbarlo nei suoi pensieri, sbirciandolo di nascosto di tanto in tanto per poi sorridere. Era felice.
Dopo qualche attimo di indecisione, afferrò titubante con le dita la mano di Samuel, il quale in risposta le sorrise e strinse la mano della ragazza nella sua.
Tutto sembrò tornare alla normalità, o forse no.

A poca distanza da Rachel e Samuel, Miriam era ferma sul marciapiede, intenta a fissare l’altro lato della strada. Mairim, dietro di lei, era preda delle sue preoccupazioni: Talia, nascosta dietro alla sua schiena sembrava diventare sempre più pesante; cosa avrebbe dovuto fare?
Alzò tristemente lo sguardo sul giovane che camminava tranquillo sull’altro lato della strada, ma soprattutto, il suo sguardo cadde sulla Custode dietro di lui, Eve.
Chiuse gli occhi, ripensando, per l’ennesima volta, alla gravità del suo gesto.
Infine, decise.
Con la mano destra, estrasse Talia da dietro la schiena e distese la lama davanti a lui. La luce emanata dalla spada era diminuita talmente che nessuno degli angeli nascosti in ciascuna persona su quel marciapiede si accorse immediatamente dell’arma.
Mairim puntò Eve, la quale continuava a seguire indisturbata il suo protetto.
Ormai, aveva deciso.

Miriam, all’improvviso, si sentì male.
Si portò una mano al petto e cercò di calmarsi, ma niente, il dolore sembrava addirittura aumentare.
Alzò lo sguardo su Steve.
Era in pericolo, lo sentiva. Qualcosa dentro di lei gli urlava di correre da lui, di salvarlo.
Cedette a quella sensazione e senza pensarci si gettò verso Steve, dall’altra parte della strada.

Mairim non si accorse neanche del gesto avventato della sua protetta. Tutto ciò che vedeva era Eve che svolazzava tranquilla dietro al suo protetto.
Chiuse gli occhi, mentre le lacrime iniziarono a bagliargli il volto stanco.
Poi, volse la lama di Talia verso di sè ed abbassò le braccia.
La spada lo trafisse senza difficoltà, come se non avesse incontrato ostacoli sul suo percorso.
Il dolore non fu neanche troppo forte, solo un piccolo fastidio nella zona del torace.
Il corpo dell’angelo si piegò sulla lama e si inginocchiò a terra, iniziando a sputare sangue.
Mairim aprì gli occhi e rimase sconvolto da ciò che vide. Miriam aveva attraversato la strada senza che lui se ne accorgesse. Com’era possibile?
Non era quello che voleva!
Certo, non era stupido: sapeva bene che la sua protetta non sarebbe vissuta a lungo senza di lui.
Ma, egoisticamente, aveva sperato che Eve li vedesse e che avesse cercato di prendersi cura di lei.
Ma ora era troppo tardi.
Mairim allungò una mano verso la strada, verso Miriam che gli dava le spalle mentre correva verso il suo prinicpe azzurro all’altro lato della strada.
“Miriam!!!” la chiamò disperato, ma tutto ciò che ottenne fu l’attenzione di Eve, la quale, assistendo alla scena del Custode morente, restò inorridita.
“Miriam!!!” la chiamò una seconda volta, più forte, mentre il sangue gli riempiva i polmoni e lo soffocava.
La ragazza rallentò la sua corsa e si voltò verso il suo angelo.
Mairim restò basito da quell’avvenimento. Una mano sul torace attraversato dalla spada angelica, ancora inginocchiato a terra, fissava incredulo la sua protetta, che sembrava guardarlo.
Si, lo stava proprio guardando.
L’ultima cosa che gli occhi di Mairim videro prima di chiudersi per sempre, fu Miriam venir travolta da un camion e scomparire dalla strada.
Poi cadde a terra senza vita, gli occhi spenti, le ali grige macchiate dal suo sangue a ricoprirlo ed un’ultima lacrima che a rigargli la guancia, mentre dalle sue labbra venne esalato l’ultimo respiro.
“Perdonami!”

Fine.



Sono passati mesi, anzi che dico...secoli dall’ultima volta che sono stata su Efp!!!! Dire che sono imperdonabile è poco!!! -.- vi ho abbandonato con questa storia, con l’ultimo capitolo!!! Finalmente sono riuscita a finirlo dopo tutto questo tempo e sinceramente non so come mi è uscito perchè non ho tempo di leggerlo e se aspetto di rileggerlo chissà quanto tempo passa ancora dalla sua pubblicazione!!
Siamo giunti alla fine miei cari lettori...T___T che tristezza!!!! Per di più la storia ha avuto anche un triste finale per Miriam e Mairim!! Poverini!!! :( :( :(

Comunque sia, visto che sono colpevole e sperando che non mi abbiate abbandonato nonostante il mio enorme, anzi gigantesco ritardo, vi lascio con un enorme ringraziamento a voi che mi avete letto, a voi che mi avete scritto e che avete apprezzato questa storia, a voi, che nonostante la mia assenza leggeranno comunque quest’ultimo capitolo e naturalmente al fantastico EFP che mi ha permesso di pubblicarlo!!! :)
In particolar modo grazie a:
1 - black horse
2 - dany94
3 - Kalstar
4 - Kratos the Pokemaster
5 - liyen
6 - wingedangel
Per aver messo la storia tra le preferite...
Grazie a:
1 - Arasi
2 - Auri
3 - bersa
4 - black horse
5 - cassandra4ever
6 - dany94
7 - dolcepiccolina
8 - ellie_
9 - Hakigo
10 - wingedangel
Per averla messa tra le ricordate...
E grazie a:
1 - black horse
2 - Carocimi
3 - Cristie
4 - emmettina 1990
5 - Kicks
6 - Kratos the Pokemaster
7 - lety91
8 - Luna_Nuova
9 - mau07
10 - meryj
11 - queenbee
12 - wingedangel
13 - _Grumpy
Per averla messa tra le seguite!!

Quindi grazie a tutti voi e alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!! ;)
Un bacione a tutti! :*
=Sony=

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