Wet

di MaryFangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


La pioggia era fittissima; eppure vi erano timidi raggi di sole che si intrufolavano tra le stille e riflettevano nel cielo dei blandi arcobaleni.
L'odore acre, pungente dell'asfalto. Le pozzanghere limpide, specchi mossi e tremuli.
Lui, sul terrazzo. Cercava di fissare il sole pallido, disturbato dalla pioggia scrosciante. Fradicio, la maglia attaccata alla pelle, bagnato fino alle ossa, le labbra bianche raggrinzite. Le gocce sulla fronte, scivolavano sulle palpebre e sul naso. La bocca si muoveva piano. In silenzio.
Com'era fresca, l'acqua. Una doccia a cielo aperto.
Era come se quell'enorme manto color argento, a sprazzi celeste, scavasse nel suo animo, lo spogliava di tutte le maschere che con precisione certosina aveva dipinto e curato nei minimi dettagli in tutti quegli anni.
Abbassò il capo, quasi vergognandosi, violato dall'infinita realtà chiamata cielo.
Ma, in fondo, cos'era il cielo? Sorrise appena. Sciocche, futili domande esistenziali.
Che importava. Quell'immensità chiamata cielo esisteva.
Sopra di lui, intorno a lui. Dentro di lui. Esisteva, e non era importante sapere cosa fosse realmente. Dare una tecnica, specifica definizione.
E la pioggia? Quelle gocce, gemelle che morivano sul suolo seguite subito da altri spilli leggeri che si infrangevano accanto a loro. Cos'era la pioggia?
Anche le sue lacrime potevano unirsi alla pioggia?
No. No, la pioggia era fresca e quasi impercettibile.
Le lacrime erano calde. Salate, pesanti, uscivano a causa di un nodo intricato che impediva una regolare respirazione, e crollavano giù, in apparenza innocue e trasparenti, ma dolorose. Taglienti. Cos'erano, le lacrime? Un processo naturale per detergere gli occhi. O una bizzarra, inevitabile maniera che mostrasse un dolore.
Talvolta le lacrime non potevano essere ricacciate, spedite indietro. Dovevano uscire, seccarsi sulle guance e scivolare sul collo. Lasciando solo un bruciore negli occhi.
Le iridi arrossate. Il nodo appena districato.
Non ricordava più il sapore delle lacrime. E, in fondo, aveva pianto davvero raramente.
E, in fondo, probabilmente ora non si sarebbe accorto delle lacrime, anche se le avesse versate. Il volto grondante. Le ciglia e i capelli zuppi.
Sbatteva le palpebre di continuo. Perchè era lì?
Parole per spiegare cosa provasse, non ne trovava. Non ci riusciva.
Era come se l'acqua lo completasse. Già, ma proprio all'altezza della gola, e insieme del cuore, sentiva comunque un vuoto. Uno spazio vacante, come è vacante lo spazio fra i denti di un bambino che ha appena perso uno dei suoi dentini provvisori.
Ed era triste. Come uno studente che aspetta invano che il banco di fianco a sé venga presto occupato dal suo migliore amico.
Cos'era, poi, la tristezza? Un pozzo. Un pozzo in cui spesso gli esseri umani inciampavano, senza trovare appigli, nemmeno un ramo a cui a cui ancorarsi, nessuna speranza di rimontare.
Voleva piangere. Provava tristezza. Guardando il cielo. Il cielo lacrimava.
Il cielo voleva aiutarlo a piangere. Oppure il cielo era egoista, versava il suo dolore sulla terra senza preoccuparsi di causare danni. Senza badare a lui. Che i suoi occhi s'inumidissero di acqua salata. E la lasciassero sgorgare sulle sue gote.
Abbassò piano il capo. Le gocce scesero più velocemente.
I piedi nudi. Freddi.

“Ryu...zaki...” Le sue pupille verso l'artefice di quel sussurro.
Gli occhi larghi. “Light-kun...”
Strinse le mani sui gomiti.
Light riusciva a distinguere quella magra immagine sotto la pioggia fitta e rumorosa.
A L sembrò la creatura più bella del mondo. Gli occhi castani, forse più scuri, socchiusi.
I capelli ben più scompigliati rispetto alla consueta capigliatura ordinata. La camicia bianca e i pantaloni neri. I primi tre bottoni della camicia aperti.
Si sentì denudato dallo sguardo di Light. Tremava dentro.
Erano molto più sconvolgenti gli occhi di Light del cielo astratto.
E lui...era vicino. Abbassò di nuovo la testa, turbato, rimanendo in silenzio.
Era troppo bello, quel ragazzo. Si chiedeva perchè Light fosse lì, piuttosto che in qualche bar o in una stanza d'albergo con Misa. Misa era molto bella, e vivace.
Non certo una grande intelligenza, ma era convinto che fosse meglio, per uno coem Light, fare una passeggiata con una bionda avvenente piuttosto che rimanere lì con lui;
un detective certo brillante, certo con un quoziente intellettivo enorme, ma non particolarmente simpatico o frizzante.
Allora, perchè diamine Light si trovava lì? E lo fissava?
“Ryuzaki...da quanto tempo sei qui?” sembrava preoccupato. O seccato.
“Non so...” “Sei pazzo. E non sei ancora morto assiderato. L'acqua è freddissima”
“Davvero? A me sembra solo fresca...” Lui sospirò. Il suo sguardo si fece...dolce.
Stava camminando. “Light...torna dentro...non devi bagnarti per colpa mia...”
Light non si fermò. “Ryuzaki, vieni. Sei stato abbastanza sotto la pioggia. Finirai davvero per ammalarti”
“Perchè ti preoccupi?”
La mano sfiorò la sua manica inzuppata.
“Ryuzaki...” Non voleva sollevare il capo.
Light sentiva il cuore in gola, nelle tempie. Deglutì.
E, senza pensarci, fece scivolare le braccia intorno alla sua vita.

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


Sentiva la pioggia incastrarsi nei capelli, bagnare i vestiti che gli si attaccavano addosso. La chioma nerissima di Ryuzaki gli sfiorava il mento e il collo.
Il suo stomaco contratto.
“Light-kun...” Voleva sentirlo vicino. Le mani stringevano la stoffa della maglia.
Il suo respiro tiepido, l'acqua fresca. Il respiro...affannato.
Le labbra vicinissime. E sulla sua nuca. Leggere. Calde. Soffici.
La testa sempre bassa, mosse la mano nervosamente. Le dita di Light s'intrecciarono alle sue. Light era ipnotizzato da lui. Quanto gli piaceva, Ryuzaki...e quanto cresceva il desiderio di lui, mentre gli sfiorava la nuca liscia e candida, morbida.
“Vieni...” Labbra sul suo orecchio fresco, dolce.
Le braccia strette alla sua vita sottile. Lo stringeva a sé. Sentiva il suo profumo e l'odore della pioggia, chiudeva gli occhi, sorrideva timidamente, soddisfatto del proprio coraggio, di Ryuzaki che non osava muoversi né interromperlo. Di Ryuzaki che, forse, lo apprezzava...e lo voleva.
“Devi asciugarti. Non voglio proprio che ti venga la febbre”
Il rumore della pioggia sembrava scomparso. L si girò, fra le sue braccia. I suoi occhi.
Dolcissimi. E poi...e poi non sapeva.
Le labbra sul naso. Sulla fronte. Sull'angolo della bocca.
Lo prese per mano. “Andiamo...”

Un tuono rimbombò. Il computer spento, il vassoio con le caramelle sulla scrivania.
Il letto. Una piazza e mezzo. I comodini, i paralume.
Light prese due asciugamani.
Light lo desiderava.
Gli asciugò il viso. Sorrise.
“Sei davvero fradicio...è meglio se ti levi questa roba”
Eccole. Le dita tremanti sull'orlo della maglia.
La sfilò piano. Il torace pallido, discreti muscoli dell'addome.
Una leggera peluria bruna sui pettorali. I capezzoli rosa.
L'ombelico simile all'occhio di un ciclone.
Era così impegnato a studiare ogni centimetro del corpo di L, da accorgersi in seguito che le dita lunghe del detective si stavano occupando della sua camicia.
Un bottone fuori dall'asola. Un altro. Un altro. Un altro. E l'ultimo.
La tolse.
Oddio. Le sue mani sul petto, sul ventre.
L lo divorava con lo sguardo, cercando tuttavia di controllarsi. A Light stava piacendo, quel gioco. Abbassò la cerniera dei suoi jeans. Li sfilò, chinandosi a sfiorare il ventre con le labbra. Fremette. Le dita di L lavoravano sulla sua, di cerniera.
Solo coi boxer, entrambi.
Come manichini. A scavare nei labirinti celati negli occhi dell'altro. A evitare di rabbrividire. Con la pelle gelata, ansiosa di essere scaldata.
Light si avvicinò. Lo abbracciò. Le labbra sulla sua spalla, fino al collo.
L chiuse gli occhi, le gambe ridotte quasi a due budini sciolti.
“Light...” un sospiro rubato dal vento.
E poi. Le labbra di Light sulle proprie. Più dolci delle ciliegie. Più morbide di un panino appena sfornato. Più soffici dello zucchero filato.
Il suo respiro caldo. Lo stomaco arrotolato, una sensazione di tepore mista a paura.
Le mani sulle spalle, nude, strinsero la carne teneramente.
Light vedeva solo lui. Ryuzaki. Le sue labbra lo volevano, lo bramavano.
Cercava di placare i battiti furiosi del suo cuore, la gola secca, le mani che con calma si posavano sui suoi fianchi. Eppure si sentiva felice.
Tra le sue braccia, inalando il suo respiro, la sua lingua morbida e umida, le sue dita che premevano. Lo strinse di più a sé.
Ryuzaki infilò le mani tra i capelli, spingendosi di più nella sua bocca, catturando la sua lingua in una danza sensuale, leggera. Light si separò piano e sorrise, con un po' d'affanno. Accarezzò i capelli bagnati, prese le sue mani rovinate dall'acqua e le portò alle labbra. Le baciò, senza distogliere gli occhi dai suoi.
Poi portò le sue mani sul proprio viso. Lo invitò a toccarlo.
Ryuzaki mosse le dita sulle guance rosee, delicate, lisce come petali di rosa.
Light abbassò ancora la testa fino a trovare il suo collo con le labbra.
Fresco, si stava scaldando sotto le sue attenzioni. Mosse le labbra fino alla spalla, tornò sulla mascella, sul mento. Sulle labbra. Baci piccoli. Dimostrazione del suo desiderio.
Poi si soffermò più a lungo, e la lingua fece capolino, sfiorando i contorni di Ryuzaki, intrufolandosi birichina nella sua bocca che non aspettava altro. Stretti, ancora di più.
A baciarsi con foga crescente, volendo perdersi in quei fremiti così strani, così spontanei, così piacevoli. Light lo spinse verso il letto, incrociando le gambe con le sue, mai smettendo di baciarlo, felice di essere con lui.
Ryuzaki si lasciò sovrastare da lui, che appoggiò le mani sul materasso per non schiacciarlo, lo guardò con un sorriso dolce.
“Light-kun...” Che stiamo facendo?, voleva chiedergli. Ma non voleva che si fermassero. Light scostò alcune ciocche dal viso. Gli baciò la fronte. Continuò la sua esplorazione sul volto, le guance, il naso, il mento, la mascella. Poi, sul collo.
Adorava baciarlo sul collo. Sentirlo tremare lievemente, sospirare, ansimare piano, gli occhi chiusi, le dita che ticchettavano sul lenzuolo, il ventre che si tendeva. Il petto.
I suoi capezzoli chiari, piccoli, lo chiamavano, cantavano come le sirene ammalianti di Ulisse, volevano essere stuzzicati, volevano inturgidirsi, e Light non negò una carezza, non fermò la lingua e le labbra che si attardarono sulle delicate chiazze, la mano solleticava la pancia, andava su e giù, le labbra lo trovarono irresistibile, un pasticcino di cui non era sazio, un sapore unico ed estasiante.
Lo assaporava con ogni senso, ogni sua minima particella era rivolta a lui, lo anelava.
Lo guardò in viso. Ryuzaki ricambiò e lo fece rabbrividire.
Dio...i suoi occhi neri, nerissimi, caverne infinite, luoghi sconosciuti, ossidiane lucide e rare, forse uniche, sicuramente catene molto più forti di quella che li aveva legati, calamite troppo insistenti, troppo curiose, curiose di conoscere un tipo di rapporto che L non aveva mai provato, ma il suo essere un umano, dunque un animale, una creatura mortale, significava che una tale conoscenza era già insita in lui.
Aspettava solo di essere levigata, preparata, e i suoi sospiri, i suoi lievi movimenti di bacino erano una prova che si stava scaldando.
Bastava poco, ormai, per estrapolare Ryuzaki fuori dalla sua campana di vetro, da quel mondo intoccabile in cui l'unica parte del corpo che contasse era il cervello, e al massimo le dita che volavano sulla tastiera di un computer.
Ryuzaki, la bocca semi-aperta, la lingua umida, voleva baciarlo.
Light gli tappò le labbra con le proprie, succhiò il labbro inferiore.
Accarezzò i suoi denti, lo suggé come fosse una caramella, e avvolse le labbra per intrappolare la lingua e giocarci, succhiandola, baciandola. Il sottile rumore delle sue labbra era eccitante, L posò una mano sulla sua nuca.
Light scivolò veloce fino alla sua pancia, concentrato solo nel dargli piacere, constatando con un sospiro che lui stesso stava provando un'estasi straordinaria; quanta pace e quale senso di tranquillità gli trasmetteva la pelle liscia e calda di Ryuzaki.
Le mani sul bordo dei boxer, piano le unghie disegnavano cerchi sul suo bacino; il cuore di Ryuzaki che rimbombava dappertutto.
Gli sembrava un sogno, era come in trance, guardava il soffitto senza vederlo.
“Ryuzaki...” la voce di Light, un sussurrò che udì chiaramente, nemmeno avesse urlato.
“Ryuzaki...mi piace così tanto il tuo profumo...io...io...”
Si bloccò, emozionato, si sentiva uno stupido, incapace di trovare le parole.
Ma che poteva dire? Come spiegare l'uragano, l'intero turbinio che lo scuoteva senza lasciargli il tempo di prepararsi minimamente, come esplicitare l'effetto che Ryuzaki aveva su di lui? Lì, inerme, ad ansimare con garbo, perchè non era nella sua natura fare chiasso, a socchiudere le palpebre per colpirlo come un pugno sui denti, un coltello conficcato nelle interiora, a causa dei suoi occhi preziosi, bui, cupi, avvolgenti.
Le labbra tremavano, sentiva un bruciore ai lati degli occhi, ma lo vedeva benissimo, ed era fermamente convinto che fosse l'essere più bello, speciale, meraviglioso dell'universo. Nessuno era come L, nessuno lo sarebbe mai stato, nessuno gli avrebbe mai trasmesso un centesimo delle sensazioni che provava con L.
Baci sul ventre. Piccoli. Più silenziosi di un fiocco di neve. Aprì la bocca per posarla sulla sua pelle. Un semplice contatto. Il suo tiepido respiro.
Ryuzaki si mosse. Si sedette. Un bambino intorpidito, si rendeva conto della situazione.
Di ciò che stava -sarebbe potuto succedere- per accadere.
Si guardarono a lungo, forse cercando nell'altro risposte per quello strambo contesto.
Niente sorrisi, niente forzatura.
Le sue mani eleganti sul viso di Light, le labbra vicinissime.
Lo sguardo che lo spogliava interamente, la bocca socchiusa.
Ryuzaki lo stava gustando con gli occhi, gli piaceva ammirare quanto bello fosse Light, e si beava del fatto che Light non fosse con Misa o con qualche altra ragazza, in quel momento. Che Light avesse baciato lui, che Light lo avesse abbracciato, spogliato.
Che lo stesse guardando in modo tale da liquefarlo.
Light gli prese la mano, e gli toccò uno sguardo interrogativo.
Lo fece alzare e dirigere al bagno.
L rimase immobile perfino quando Light si tolse i boxer e li lanciò a terra con un sorriso, prima di girare le manopole della doccia.

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Capitolo 3
*** Parte Terza ***


“E' meglio lavarsi con acqua calda...dopo essere rimasti così tanto sotto la pioggia”
L lo studiò, lui e il suo corpo nudo perfetto, la sua espressione ansiosa.
Voleva entrare nella doccia con lui...?
Light lo attirò a sé e lo baciò con dolcezza. Incontrò i suoi palmi, intrecciò le dita alle sue, continuando a baciarlo, muovendo la lingua. La mente di Ryuzaki si offuscò e lo spinse sotto l'acqua, contro la parete e chiuse lo sportello della doccia.
Light quasi si smarrì nelle sue labbra che non gli lasciavano fiato, era così impegnato a baciarlo da dimenticarsi tutto il resto.
Ryuzaki adorava baciarlo, in quel momento era diventato un bisogno più impellente della sua consueta necessità di ingurgitare dolciumi.
Di nuovo bagnati, ma stavolta l'acqua era calda, il vapore usciva dalla cabina, le mani intrecciate, si accarezzavano, le labbra incollate, i capelli fradici.
Light posò le mani sull'orlo dei boxer ormai zuppi di Ryuzaki, li allentò, prima di toglierli e gettarli fuori. Lo abbracciò beandosi di quel contatto scivoloso, tiepido, i capelli nerissimi di L attaccati alle guance lo rendevano sensuale da morire; lo baciò sul collo, riscoprendo i suoi punti più sensibili.
“Ti desidero, Ryuzaki...” lo mormorò ancora sulla sua pelle, non osava guardarlo in faccia. Ma lo desiderava tanto. Ryuzaki fremette, ma non disse nulla.
Le sue labbra sul collo. Gli accarezzò i capelli sulla nuca. Quel gesto trasmise in Light un grande senso di calma.
“A-anche io, Light-kun...ma...” sentiva un nodo in gola. Light lo osservò curioso di sapere cosa lo bloccasse, cosa temessa. L fu colpito dall'assoluta sincerità dei suoi occhi, dolci e caldi. “I-io...non so come si faccia...tutto questo...”
Light quasi si commosse. “Ryuzaki...lasciati andare...segui solo quello che senti, qui”
Posò una mano sul suo petto. Ancora una volta, l'acqua scrosciava.
“Non avere paura...” sussurrò pianissimo al suo orecchio. Lievi baci.
L tremò e lo strinse. Light suggellò le sue labbra, baciandole più volte, felice, mentre le sue mani ripartivano alla ricerca del suo corpo magro, bianco, caldo.
L lo baciò di nuovo, mentre tutto il resto spariva.
L'unica cosa che voleva era baciare Light, sentirlo suo. Aveva timore a concedersi, ma lo voleva tanto.
Light scese sul collo, lo tampinò di baci, L gettava la testa all'indietro sospirando, stringendogli le spalle.
Dietro l'orecchio. Poi, la sua lingua sul padiglione, a succhiare il lobo, a farlo sciogliere in gemiti bollenti, chiudendo gli occhi. Il cuore di Light scoppiava.
Ancora sulle labbra. Un bacio carico di tutto ciò che riempiva le loro viscere e non poteva certo essere descritto con mere parole.
Le mani di Light, sottili, sul petto, i palmi aperti sull'addome, la lingua impegnata ad attorcigliarsi con la sua, l'eccitazione ormai evidente. L lo sentì sfiorargli la coscia e gemette. Abbracciati, stretti come calamite. Un polo negativo e uno positivo.
Light notò la sua espressione e sorrise con malizia, la mano birichina lo sfiorò proprio lì. L lo guardò con gli occhi sbarrati, il sorriso di Light non svanì. Ardito, ubriaco di desiderio, lo avvolse con la mano, cominciando poi a muoverla mentre gli riempiva il collo di baci dolci e sensuali.
Lo sapeva toccare così bene, stuzzicando con precisione i suoi punti più delicati.
L gemeva con passione, moriva sulla sua lingua e lo baciava con più foga, leccando la sua cavità mentre sfogava il piacere che l'altro gli procurava.
“Light...” ansimò, quel nome provenne dallo stomaco ingarbugliato, l'altra mano di Light sul ventre, poi sulla sua nuca, spingendolo in quel bacio terribilmente erotico.
“Ti voglio...ti voglio...” gli disse in bocca, ormai sull'orlo di non resistere più.
L lo incollò contro la parete, la mano di Light ancora sulla sua erezione colante, pulita dall'acqua calda; Light scivolò e cadde sul piatto doccia, lo trascinò con sé avvolgendogli la schiena con le braccia. L seduto su Light con le gambe attorno ai suoi fianchi, gli occhi ancora chiusi così come le labbra dell'uno su quelle dell'altro.
“Mi piace troppo baciarti...” confessò Light sorridendo. “Anche a me...” appoggiò la fronte sulla sua spalla. Le mani di Light viaggiavano leggere sulla schiena.
“Girati...” L era un po' sorpreso ma obbedì.
Quando avvertì il sesso di Light sul suo interno coscia rabbrividì. Light tracciò linee immaginarie sulla sua schiena, studiò la sua pelle bagnata, diafana; baci sulla nuca.
Light era inebriato, drogato da quel piccolo pezzo di pelle così soave, tenero, una zona stupenda, segreta, riservata a lui. Sentiva Ryuzaki tremolare, fingere indifferenza, ma udiva i suoi sospiri muti, vedeva la lingua passarsi sulla labbra, e allora per costringerlo a gemere più forte prese a masturbarlo, con più frenesia di alcuni minuti prima.
Succhiò la pelle della sua nuca e della schiena, la leccò, mordicchiò e finalmente udì i suoi rantoli gravi.
“Ryuzaki...” gemette lui stesso, l'erezione pulsante nella mano, le mani di L sulle sue cosce, i suoi capelli sulle spalle.
Disegnò un'altra linea, la colonna vertebrale, arrivando all'osso sacro. Era spaventosamente vicino. Solleticò. Ryuzaki si irrigidì. La testa all'indietro.
“Light...” gli sfuggì, e sentì la sua lingua nell'orecchio, sulla guancia.
“Tranquillo...sono qui...” E Light era davvero calmo.
L sentiva la bocca secca. Sì, secca, anche se la “speciale” doccia ancora non era finita. Sentì il suo dito premere. Entrare. Digrignò i denti prima di aprire la bocca e lasciare un gemito acuto contro le pareti. Lo mosse su e giù. L pensò a quello che sarebbe accaduto. Un dito gli provocava tutto quello...avere Light, dentro di sé, come sarebbe stato?
La bocca ancora aperta. “Ryuzaki...mi vuoi?”
La sua voce, così ardente, acquosa, raggiungeva le sue orecchie e il suo cuore veloce come un missile e al contempo sinuosa come una serpe. Continuava a toccarlo fra le natiche. Girò la testa e cercò la sua lingua. Un incontro di rosee umidità, farfalle danzanti, lisci serpenti vogliosi.
“Mi vuoi? Dimmi che mi vuoi...ti prego...” supplicò, voleva il suo consenso, perchè anche se lo bramava più di quanto volesse l'ossigeno per respirare, non sarebbe andato oltre se lui non avesse voluto.

Cos'era...cos'era quello? Più importante del cielo e della pioggia. Più del dolore, delle lacrime.

“Light...” sentiva di riuscire a vivere solo esalando il suo nome. Light lo pregava discreto, come un bambino che domanda smanioso qualche moneta per la coppa di gelato più grande e deliziosa.
“Sì...sì...” buttò fuori, nemmeno lui poteva più attendere.
Light strofinò la sua punta sul suo foro stretto, bruciante.
Entrò con una poderosa spinta, Ryuzaki ululò per il dolore.
La mano raggiunse il suo sesso, per compensare la sofferenza col piacere.
Spinte lente, e L fu interamente invaso dalla voluttà. Le mani di Light sui suoi glutei, stringendoli e palpandoli, Ryuzaki invece alzò le braccio e lo avvicinò afferrandogli la nuca, Light continuò a baciare ogni pezzo di pelle esposto, mentre sentiva il proprio rigonfiamento nel corpo dell'altro, ansimava e talvolta rimaneva fermo con le labbra socchiuse sulla scapola o sulla schiena a godersi il calore umido e scivoloso di Ryuzaki.
L prese a muoversi su di lui, le mani di Light continuavano a spostarsi dai suoi fianchi alla pancia, o torturavano i capezzoli. L portò una sua mano alle labbra e la leccò, mordendogli le dita, lappando l'epidermide raggrinzita e fremente.
“Ryuzaki...Ryuzaki...” ripeteva il suo nome come una cantilena, il volto deformato di un piacere senza limite, la voce rauca, e tornò con le labbra sul viso e sul collo di L.
Light venne con un grido spezzato, e Ryuzaki quasi morò ancora con le dita di Light in bocca. “Light...”
Sorrise appena, quasi vergognandosi della propria felicità.
Si alzò e aiutò Light a fare lo stesso.
Chiuse le manopole.


“Si è fatto...tardi”
Tutti e due in pigiama, asciutti, solo i capelli bagnati.
Il letto. Dopo tutto ciò che avevano fatto, Ryuzaki si sentiva comunque imbarazzato.
Light si mosse per primo, si sdraiò.
“Vieni...” lo invitò sorridente accanto a lui. L arrancò titubante e si coricò.
Light gli rivolgeva un sorriso sereno. Gli accarezzò il viso con delicatezza.
“La doccia più appagante della mia vita...”
Lo abbracciò, perchè si sentiva un puzzle incompleto senza di lui.
L osò baciarlo sulle labbra e sul collo.
Non disse nulla, si limitò a respirare il suo profumo e tenere stretti i lembi della sua maglia.
Light si spostò per guardarlo negli occhi, sempre tranquillo.
Sorrise ancora.


Adoro il profumo della pioggia; si fonde con la terra, il cemento, il metallo.
Adoro la pioggia fresca. Doccia che scruta, spoglia, in silenzio.
Adoro il rumore dell'acqua: sinonimo di vita, abbondanza.


Adoro il suo odore su di te.
Adoro le tue mani fresche.
Adoro il suono della tua voce.

Adoro volerti.
Adoro amarti.


FINE

Grazie mille a Clara111294 e Nirain per i commenti *__*

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