Una vita in motocicletta

di Iside5
(/viewuser.php?uid=38814)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fine ***
Capitolo 2: *** Lia ***



Capitolo 1
*** Fine ***


Guardò il cielo

tra le lacrime  vide ciò che lui aveva promesso di mostrarle

"amico mio" sospirò trattenendo un singhiozzo.

Li guardò disegnare una croce di tricolore dedicata a lui.

Tornò indietro nel tempo a quel giorno in cui gli disse "ma dai?! Lavori là? Forte! Non le ho mai viste" rivide i suoi occhi azzurri guardarla scettici e accusatori mentre le rispondeva "e non ti vergogni? Sono l'orgoglio d'Italia! Va be, te le farò vedere io un giorno"

Quel giorno arrivò, ma non avrebbe mai pensato che un'esperienza del genere sarebbe stata compagna di un dolore così grande.

Le famose frecce tricolore tutte per lui

Il silenzio regnò mentre il rombo degli aerei risuonò cupo, a terra amici, parenti sconosciuti tra loro eppure vicini seppur per pochi secondi.

Quello che avrebbe voluto

Si dice sempre così, ma lei non ne era convinta.

Lo conosceva, ma non così bene, eppure abbastanza per sapere che avrebbe preferito qualcosa di più intimo, riservato quanto lui.

La bara fu alzata, le moto si accesero.

L'altra sua passione, quella che l'aveva ucciso.

I motori scoppiarono fragorosi per salutarlo un'ultima volta.

Addio amico mio


Prima che la funzione finisse, mise il casco, salutò con un ultimo rombo e partì.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Lia ***


Un anno e 20000 km erano passati, ma il dolore la seguiva come un fedele amico.

Ogni qual volta allacciava quella doppia D e abbassava la visiera, vedeva gli occhi azzurri che le mancavano tanto al posto del riflesso dei propri.

Aveva trovato qualche settimana di pace solo quando aveva prestato la sua sella ad una giusta causa, proiettandosi in quell'inferno in terra che fu il terremoto in Abruzzo.

Le strade erano per lo più inagibili, ma non per la sua moto.

Prestare soccorso e appoggio a persone che, non solo avevano perso gli affetti, ma non avevano nulla, neppure il minimo sufficiente per sopravvivere l'aveva fatta vergognare.

A loro avevano strappato tutto e stavano lottando, a lei solo il cuore e aveva smesso di vivere.

Eppure neppure questa consapevolezza era riuscita a spronarla.

Sedeva al solito grande tavolo dei loro raduni, una birra, qualche chiacchiera e qualche nuovo pivellino del loro vasto gruppo che si vantava dello scarico piuttosto che del nuovo acquisto.

Ormai non ascoltava neppure più.

Si chiedeva spesso quale fosse la ragione per cui ancora frequentasse il gruppo, visto che lui non c'era più.

Forse sperava che potessero aiutarla, condividendo il suo dolore, ascoltandola, consolandola.

Invece sembrava che nessuno ci pensasse più, che l'avessero completamente dimenticato o semplicemente esiliato in un angolo recondito della mente.

Lei ne era convinta.

Tutti a condurre la solita vita, la sua morte vista solo come uno sventurato ostacolo.

Lo schiaffo arrivò inaspettato e secco, facendole perdere la presa sul suo boccale e facendole girare la testa in uno scatto violento.

Si ritrovò a terra, spaesata e sorpresa mentre chi l'aveva colpita la dominava dall'alto lanciandole sguardi di fuoco.

"non colpisco mai una donna" la sua voce era calda e suadente, il tipo di voce che al solo udirla fa inginocchiare gli uomini "e tu lo sai"

Da quanto non la vedeva?

Forse dal funerale, ma non ne fu certa.

Ci fu un tempo in cui la donna che aveva di fronte avrebbe potuto chiamarla amica, un tempo in cui ogni cosa l'avrebbero fatta insieme.

Oggi si chiedeva quando l'aveva sentita l'ultima volta e si rese conto che non era stata la sua compagna d'avventure a sparire, ma lei a non averla mai realmente vista.

Le sembrò di risvegliarsi da un lungo sonno.

Girò lo sguardo sorpresa di notare solo allora visi e sguardi familiari, quando sino a pochi secondi prima le sembrava d'essere in mezzo a perfetti sconosciuti.

Come aveva fatto a ridursi così?

Lia continuava a guardarla, con un leggero sorriso ad incresparle le labbra, lasciandole il tempo necessario a svegliarsi da quel suo coma vigile auto imposto.

Seduta ancora sul pavimento si guardò le mani, ci poggiò il suo viso e pianse, senza curarsi della gente intorno o di quello che poteva passar loro nella testa.

Sentì l'abbraccio di Lia e la sua bellissima voce sussurrarle "bentornata amica mia"

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=472180