The, not so secret, life of a young woman.

di Sweet Madness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Seriously ***
Capitolo 2: *** The Interview, Also Known As Operation Embarass ***
Capitolo 3: *** Party Is Not A Torture. Unless You Are Me ***
Capitolo 4: *** The Day After. An Horror Story ***
Capitolo 5: *** Wait, It Gets Worse ***
Capitolo 6: *** Is He Asking Me Out? Am I Freaking Out? ***



Capitolo 1
*** Seriously ***


FOS1

A/N: Okay, questa è la mia prima storia originale, spero vi piaccia!

 

Summary: La vita di una giovane giornalista viene costantemente sconvolta da un sadico scrittore che guarda caso è il suo migliore amico, due fantastiche ragazze con parecchi problemi di relazione, una sorella minore che ha come unico obbiettivo renderle la vita difficile e da lui. Beh, ma lui è tutta un’altra storia...

 

Seriously?

 

Ed ecco che Orlando Bloom si avvicina, lentamente, molto lentamente, con un sorriso da sciogliere come minimo l'intera calotta polare in un colpo solo, ah lo so che mi vuoi baciare Orly, allora che aspetti? Ah Orly quanto ti amo! Ecco, ora mi ha preso per le spalle e... mi scuote?

Apro gli occhi e chi vedo? Un indizio: non Orlando Bloom! Invece vedo qualcosa che per alcuni versi è anche meglio, vedo il mio migliore amico nonché coinquilino che mi invita "gentilmente" a svegliarmi, biascico un "buongiorno Will" e mi metto a sedere, lui risponde un buongiorno con un’aria un po’ scioccata anche se non capisco il perché, poi guardo la sveglia sul mio comodino, sono un quarto alle sette, un quarto alle sette, questa specie d’ameba decerebrata conosciuta con il nome di William Saunders mi ha svegliata praticamente all'alba quando non devo andare a lavoro prima delle dieci questa mattina, spero per lui che abbia un'ottima motivazione della serie attacco nucleare, Apocalisse, i Simple Plan in città o roba simile.

"Will, carissimo amico, potrei sapere come mai mi hai svegliato a quest'ora improponibile?" gli chiedo con un tono dolce e calmo tipo serial killer, lui rotea gli occhi e sospira.

"Auguri Alyssa" Auguri? Perché mi fa gli auguri? Per caso mi sposo con il mio Orly e non me lo ricordo?

Cavolo! Oggi è il nove Ottobre, il mio compleanno, come ho fatto a dimenticarlo? Beh presto detto, sono particolarmente abile a rimuovere le cose che non mi piacciono, e il mio compleanno è tra queste, non sono mai stata una persona da riflettori puntati addosso, comunque devo avere una faccia strana perché Will sospira di nuovo.

"Sai, sei la persona più strana che io abbia mai conosciuto Lys" ah! Senti chi parla! Rapido identikit del ragazzo che mi è davanti, alto, magrissimo, capelli di un biondo quantomeno improbabile che non può essere definito altro se non radioattivo ed occhi di ghiaccio, ma non è questo a farlo essere strano, il fatto è che il ragazzo è uno scrittore, di professione, per anni dopo il college ha scritto libri che non gli hanno mai fruttato molto, ma lui non si è mai arreso, anzi ha sempre perseverato e il suo ultimo libro è stato uno dei libri più venduti degli ultimi anni, la cosa strana a cui accennavo prima è che ora lui è multimilionario, ma si ostina a vivere in un appartamento (seppur un bellissimo attico di Manhattan) che paga quasi interamente da solo con tre ragazze, una più shekerata dell'altra, comunque deve aver intuito a cosa penso perché, improvvisamente tira fuori un sorriso e mi mette un vassoio sulle ginocchia.

"Che bello! La colazione a letto!" che bello davvero, si vede che è il mio migliore amico, tortine di crema e fragole, macedonia, tè freddo al limone, cioccolata, questo ragazzo mi vizia.

Mi avvento immediatamente sulla colazione mentre il mio amico mi guarda divertito, poi tira fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto e io gli riservo uno dei miei sguardi alla se-ci-provi-ti-squarto che però, ne sono consapevole, con lui non funzionano più da anni ormai.

"Senti a me non importa cosa pensi dei compleanni, io sono un tradizionalista e faccio i regali ai miei amici" mi dice lui neanche fosse mia madre.

"Sai in linea di massima ti odio, ma comunque grazie di tutto, davvero" dico io sapendo che a Will fa piacere festeggiarmi, così prendo il pacchetto che lui mi porge, è incartato in una bella carta blu, che purtroppo assomiglia molto a quella di una gioielleria, infatti, il contenuto del pacchetto è una scatolina di velluto blu con su scritto Tiffany in argento, ecco fatto, lo sapevo, il solito esagerato, mi tremano le mani, apro il pacchetto e vedo una delle cose più belle che abbia mai visto in vita mia, c'è un ciondolo, d'oro bianco a forma di giglio impreziosito da piccoli brillanti e da una perla bianca.

"Will non dovevi, è stupendo" sono seriamente commossa, lui sorride.

"Stai scherzando? Non è nient'altro che un piacere farti dei regali, comunque dato che ormai sei in piedi, vestiti così fai contente anche Belle e Joanne" lui se ne va ed io ritorno al mio sconforto da compleanno, Isabelle, detta Belle e Joanne, le mie migliori amiche, io e Belle siamo cresciute insieme, siamo amiche da quando all'asilo entrambe preferivamo leggere la versione integrale di “Alice nel paese delle meraviglie” piuttosto che colorare, ah la mia Belle, un po’ mi assomiglia, siamo entrambe alte e slanciate e molto pallide, lei però ha i capelli biondi e ricci e gli occhi marroni, io invece i capelli li ho lisci e castani e i miei occhi sono verdi.

Poi c'è Jo, lei è tutta un'altra storia, l'ho conosciuta qui a New York, una volta un ragazzo mi aveva mollata e, anche se non è da me, me ne stavo in un bar piangendo su un enorme caffè e lei semplicemente mi si è avvicinata con un fazzoletto e una spalla su cui piangere, sicuramente più comoda di una tazza.

È una persona fantastica, oltre ad essere un vulcano è bellissima, non è molto alta, non come me e Fred, ma è ben proporzionata, ha la pelle scura, così come gli occhi e i capelli che sono castano scuro, è la tipica ragazza del sud, infatti viene da una cittadina della Florida che lei amabilmente chiama "la porta dell'Inferno".

Poi c'è William, lui non è americano, è inglese, di Londra, ma si è trasferito qui quando ha cominciato a frequentare l’università, è una persona speciale, ho conosciuto anche lui in un momento non proprio idilliaco, io e la mia amica eravamo infastidite da un gruppo d’idioti ubriachi e lui ci ha difeso in modo molto cavalleresco riportando numerosi lividi, un occhio nero e una cicatrice sul sopracciglio destro, credo sia allora che Belle si sia presa una cotta per lui, lei è sempre stata più romantica di me e questo improvvisato Lancillotto ha fatto decisamente colpo, e, se devo essere sincera credo che la cosa sia più che ricambiata, ma non mi impiccio, ognuno ha i suoi tempi e non voglio interferire.

Termino la mia bellissima, nonché buonissima colazione, mi alzo, faccio uno sbadiglio a dir poco enorme e mi dirigo in bagno con i vestiti in mano per prepararmi ad una giornata che si preannuncia essere molto, molto lunga.

Appena esco dalla porta della mia stanza vengo gettata sul divano da due pazze scatenate che urlano auguri in tutte le lingue conosciute e non, mentre Will ci guarda divertito.

Bravo Will bravo, deridi la tua migliore amica, ma me ne ricorderò sappilo.

"Grazie ragazze, ma non riesco a respirare" dico io con la voce ridotta ad un sussurro dalla mancanza d'aria, le due si staccano, io mi siedo in maniera decente, ora mi sono di fronte e Jo nota la collana

"E questa?" mi chiede con un sorriso "Da dove salta fuori?"

"E' il regalo di Will" e non posso fare a meno di sorridere.

"Che fiore è? E' molto bello" Ah la mia Belle, è negata per le lingue.

"E' un giglio" rispondo io prima che possa farlo il ragazzo che l'ha comprata.

"Scusate genietti, posso sapere cosa c'entra un giglio, cioè è bello, ma ti vedevo più tipo, non so, da rosa bianca" Eccone un'altra, Will mi fa segno con la mano per dirmi che risponde lui.

"C'entra, che mentre noi sprecavamo la nostra inutile vita, la ragazza oltre a prendere una laurea in giornalismo ne ha presa una anche in lingue occidentali" dice lui con aria di sufficienza.

"Sai Will nonostante io non sia particolarmente perspicace questo lo sapevo, non insultare la mia intelligenza" risponde l’altra.

"Oh non direi mai una cosa simile, fammi finire, ora ragazze, sapete dirmi come gli amici e i familiari chiamano la nostra Alyssa"

"Credo che a parte il padre che la chiama Ally, tutti gli altri la chiamino Lys" dice Belle convinta.

"Esatto e in francese ‘lys’ significa giglio"

"Ok, io ora capisco che tu sei un appassionato di gialli, ma non potevi dircelo subito?" chiede Joanne scuotendo la testa.

"No, così è stato più divertente"

"Sì, va bene, comunque, anche noi abbiamo dei regali per te" e detto questo sia lei che Belle prendono delle buste dal tavolo che prima non avevo notato, prima prendo quella di Jo, è rosa shocking, il suo colore preferito, la apro e tiro fuori qualcosa di un bell'azzurro, sembra seta, lo apro del tutto e vedo un vestito bellissimo, di seta azzurra come avevo supposto, è senza spalline, a fascia sopra e ampio sotto.

"Grazie Jo, lo adoro, è bellissimo, ed è anche del mio colore preferito!"

"Lo so tesoro per questo l'ho comprato, così non avrai più scuse per non indossare un vestito decente" sempre la solita, da anni cerca di infondere a tutti la passione per la moda e lo stile, con poco successo.

Ora prendo la busta di Belle, è verde, la apro e vedo una scatola rettangolare, la tiro fuori e tolgo il coperchio, sono un paio di sandali molto belli, con il tacco un po’ troppo alto per i miei gusti, ma molto belli, sono argentati e guarda caso andrebbero molto bene con il vestito azzurro, sorrido evidentemente, anche le donne agli opposti si possono trovare d’accordo su qualcosa quando fanno shopping.

"Vi siete messe d’accordo?" chiedo.

"Più o meno" risponde l'amica che mi ha fatto il regalo "Comunque grazie Belle, sono davvero commossa, adoro queste scarpe"

"Almeno metterai qualcosa di diverso dalle solite converse" dice Joanne con una smorfia, quella ragazza odia le converse, lei è più un tipo da scarpe con il tacco, ballerine e cose del genere, anche il mio capo odia le converse, più che altro odia che io le indossi, dice che sono poco professionali per una giornalista importante come me, che io rappresento il giornale e cavolate del genere.

A proposito del boss, mi è venuta un'ideuzza che forse potrebbe salvare dalla festa organizzata per me questa sera che consisterebbe in un giro di locali...

Potrei andare prima a lavoro dicendo che prima arrivo prima finisco, poi quando ritorno posso dire che il boss mi ha fatto lavorare molto oggi e che non me la sento di festeggiare.

Eh già, è una scusa ottima, il mio capo è un despota che da bambino invece di giocare al ‘piccolo chimico’ giocava al ‘piccolo dittatore’ non faticheranno a crederci Muahahahahah!

"Ehm ragazzi, io vado a lavoro, così magari prima vado e prima finisco, ok? Ci vediamo dopo" dico prima di fiondarmi a velocità supersonica verso la porta, prendo al volo il cappotto dall'appendiabiti ed esco.

 

Ah il mio adorato ufficio!
Appena entro sento di essere nel posto giusto, c'è un buon profumo, ovviamente di gigli, io non sono così fissata, è Will, da quando per caso gli ho detto il significato del mio soprannome, mi ricopre letteralmente di questi fiori, non che mi dispiaccia, io li adoro, ma lui se non si è capito tende a fissarsi sulle cose, per esempio è soprannominato Spike, chiodo, perché? Perché è un fabbro? No, certo che no, perché ama il bricolage? Ma ovviamente no, perché è un serial killer che uccide le sue vittime con dei chiodi? Possibile, ma non è così, il vero motivo è che il nostro ragazzo aveva deciso che voleva mettere un quadro nella sua stanza al college e, dato che è un emerito incapace e pure fissato, dopo che il primo chiodo si è piegato rimanendo conficcato nel muro non ha pensato che sarebbe stato meglio farlo fare a qualcun altro o, non so, riparare prima il buco enorme che aveva scavato con il martello e poi continuare, no, lui ha continuato imperterrito piantando chiodi nel muro anche in posti molto improbabili tipo sopra lo stipite della porta, e, in un conteggio finale è risultato che di centododici chiodi solo uno era messo in modo vagamente accettabile, senza contare i numerosi danni alle pareti ed ai mobili che alla fine erano completamente ricoperti di calcinacci.

Ah Will, sai a volte sembri uno psicopatico e forse un po’ lo sei...

Improvvisamente la porta del mio ufficio alle mie spalle si spalanca sbattendo contro il muro e io faccio un salto di qualcosa come dieci metri, mi giro, ma prima ancora di farlo so benissimo chi è, solo una persona spalanca le porte in questo modo senza neanche la decenza di bussare, mi giro ed infatti chi vedo?

Lei; degna segretaria del boss, nonché progenie del demonio, Katherine Leaves (tadadadan tadadadan ecco che come in tutti i momenti di tensione che si rispettino ci sono le note iniziali della quinta sinfonia di Beethoven), alta, magra, anche troppo, bionda e occhi di ghiaccio, più o meno dello stesso colore di William, ma sono molto diversi dai suoi, quando guardi Will negli occhi vedi comunque uno sguardo vivo, caldo, amichevole, invece il suo è proprio di ghiaccio, gela le persone, fa venire i brividi, comunque lei oltre ad essere la persona più fredda che io conosca è anche una specie di maniaca, apre le porte degli uffici così come ha fatto come il mio perché così coglie di sorpresa le persone e può impicciarsi di quello che stanno facendo, credo che abbia notato il salto da record che ho fatto e in faccia le si stampa un sorriso compiaciuto.

"Che c'è Roth, qualcosa da nascondere?" mi chiede sempre con quel dannato sorriso.

Ma certo che ho qualcosa da nascondere, il fatto che ti odio strega e ovviamente anche che oggi è il mio compleanno.

"Buongiorno anche a lei signorina Leaves, comunque no, io non nascondo nulla, anche se lei mi sta nascondendo il motivo della sua visita" Ah sono troppo educata, da come ci parliamo sembra che lei sia la giornalista ed io la segretaria del capo, ma finalmente dopo la mia risposta il sorrisino scompare e lei ricomincia a parlare.

"Il signor Sullivan ti vuole vedere" il boss in persona, che vorrà da me alle otto e mezzo del mattino? L'unico modo per scoprirlo è lasciare il comfort del mio ufficio e avventurarmi in terre inesplorate sperando bene.

Esco dal mio ufficio con il mastino che mi segue attraverso la stanza piena di scrivanie, tre secondi e sono davanti alla porta dell'ufficio del capo, busso e aspetto.

"Avanti" mi dice il capo dopo qualche secondo, io entro e lui mi accoglie con un sorrisone venendomi incontro, ah brutto segno, il capo non è mai gentile.

"Alyssa Roth, la mia giornalista migliore, prego, accomodati, devo chiederti un favore" oh pessimo segno, se è così gentile vorrà chiedermi qualcosa che sa che io non voglio fare, perché sono venuta presto oggi?

Per evitare una tortura mi sono condannata ad affrontarne un'altra, grrr dannato Karma! Dannato ciclo cosmico!

Mi siedo un po’ diffidente, il capo fa un cenno alla Leaves che esce dalla stanza con un sorriso compiaciuto sulle labbra, ah, lei lo sapeva brutta strega, io uno di questi giorni la squarto quella lì.

"Allora Alyssa, che mi racconti eh? Ti trovi bene qui al giornale giusto?" mi chiede con fare premuroso.

"Certo signore, mi piace stare qui" dico io sempre più intimorita da quest’inaspettata gentilezza.

"Senti non voglio girarci intorno, mi serve un favore da te" ah finalmente lo riconosco.

"Mi dica di cosa si tratta e vedrò se posso accontentarla"

"Allora, ti ricordi quando facevi tu le interviste?"

"Certo" Ovvio che me lo ricordo, non mi piaceva molto, ma i lettori mi adoravano perché, innanzitutto non era la solita intervista, oltre alle solite domande ne facevo anche di ehm particolari, poi scrivevo anche delle mie impressioni e i miei pensieri, cose di questo genere, poi però grazie a queste interviste i capi hanno visto il mio potenziale e mi hanno affidato la pagina dell'opinionista dove posso esprimere le mie idee, e poi occasionalmente faccio anche dei pezzi di cronaca, allora il mio posto l'ha preso un ragazzo, un certo Samuel Anderson, un tipo non proprio simpaticissimo, ma abbastanza bravo.

"Ok, poi ovviamente sai che il tuo posto l'ha preso Anderson"

"Sì certo"

"Bene, quell'idiota è passato al San Francisco Cronichles e ci ha lasciato scoperta la rubrica, quindi volevo chiederti di coprirla, sarà solo per un po’, te lo prometto"

"Ma io ho anche il mio di lavoro!" protesto.

"Lo so, lo so, ma davvero, sarà solo per qualche tempo, finché non troviamo un'altro"

"D’accordo" dico io rassegnata.

"Ok benissimo" dice lui tutto contento, stile gongolo dei sette nani "la tua prima intervista è questa mattina alle undici al ‘Four Season’, sai arrivarci giusto?"

"Oggi alle undici? Ma è impossibile, non so neanche chi devo intervistare, non ho le domande pronte, non sono preparata"

"Oh dovrai intervistare un architetto, quello che sta progettando quel grande edificio a sud di main street, mi sembra si chiami Liam O'Connor"

"Oh grazie boss, tu sì che sei veramente d'aiuto" ride, che si ride voglio sapere, mi ha messo in un bel casino, e ora che faccio?

 L'unica cosa possibile credo sia chiudermi in ufficio a studiare la biografia ed il progetto di questo Liam.

Liam, sarà scozzese? O magari è irlandese, comunque, non è questo il mio problema più grande adesso.

Esco di corsa dall'ufficio e trovo la Leaves dietro la porta, probabilmente è rimasta ad ascoltare la nostra conversazione, ma non me ne curo più di tanto, vado a passo spedito verso l'ufficio, chiudo la porta a chiave, tanto per evitare altre incursioni, e mi siedo alla mia scrivania pregando perché il computer non ci metta troppo ad accendersi.

 

Ormai sono le dieci e mezza, da questa mattina sono riuscita a bere la bellezza di tre caffè e ora sorseggio il quarto mentre mi sbrigo per non fare tardi all'intervista a tradimento.

In un'ora circa sono riuscita ad imparare metà della vita di questo tizio e del suo progetto, purtroppo non ho trovato foto quindi dovrò andare alla ceca sperando di non trovare psicopatici sulla via, all'improvviso squilla il telefono, metto una mano nella tasca del lungo cappotto nero che indosso e tiro fuori il telefono.

"Pronto?"

"Ehi Lys sono Will"
"Oh ciao Will, è successo qualcosa?"

"No, no stai tranquilla, il fatto è che ti ho chiamata al telefono dell'ufficio, ma quella strega della segretaria mi ha detto che non c'eri aggiungendo che non è permesso usare il telefono per chiamate personali in ogni caso, comunque volevo sapere dov'eri"

"Ah, non puoi capire, Anderson, quello delle interviste se n’è andato e Sullivan, con un preavviso di due ore, mi ha mandato a coprire un suo servizio, guarda sono a dir poco incavolata" mentre parlo guardo l'orologio che ho al polso, cavolo è tardi e mi manca ancora un bel pezzo fino all'hotel.

"Mi dispiace, ma riesci ad esserci per la cena?"

"Sì, credo di sì, sarò molto stanca, ma ci saròòòòòò" mentre parlavo non facevo molta attenzione alla strada e sono inciampata, chiudo gli occhi aspettando l'impatto.

Ehi non c'è nessun impatto!

Riapro gli occhi e mi trovo davanti una faccia, una bella faccia, mi guardo un attimo attorno, sono in posizione eretta, guardo il mio salvatore, mi prenderà per una cerebrolesa, ma non riesco a staccare gli occhi da lui, è bello come un angelo, è alto, molto alto, i capelli sono castani così come gli occhi, a costo di ripetermi, è veramente bellissimo.

"Sta bene signorina?" mi chiede lui, *sospiro sognante*, ha anche una voce bellissima.

"S-sì, non è niente, grazie"

Lui sorride ed entra in un taxi, io lo guardo andare via tipo ebete, poi ritorno in me, sento qualcuno che mi chiama in lontananza, cavolo ho lasciato Will al telefono!

"Lys ci sei? E' tutto ok?"

"Sì eccomi, ero inciampata"

"Sei sempre la solita, ora sbrigati però o farai tardi ci vediamo dopo, ciao"

"Ciao" ancora un po’ intontita mi dirigo velocemente verso il luogo dell'intervista sperando di non arrivare troppo in ritardo.

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Capitolo 2
*** The Interview, Also Known As Operation Embarass ***


FOS2

The Interview, Also Known As “Operation Embarrass”

 

Arrivo al ‘Four Season’ con ben dieci minuti di ritardo, mi precipito dentro, chiedo alla reception dove si trova la sala della rosa e, una volta individuata, entro come una furia catturando il primo dipendente che trovo, è una ragazza.

"Salve, mi servirebbe un'informazione"

"Sì, mi dica pure"

"Sto cercando una persona è l'architetto Liam O'Connor"

"Sì guardi, è seduto ad un tavolo sulla sinistra, accanto ad una colonna"

"Mi scusi ancora signorina, può dirmi che aspetto ha" chiedo sentendomi un po’ stupida, lei sorride cortese.

"Certo, guardi è un bel ragazzo, alto, ben piazzato, bruno, occhi scuri"

"Lei mi ha salvato la vita grazie" le sorrido, lei ricambia e poi va via, io entro e mi guardo un po’ intorno, non c'è molta gente, ci sono un paio di ragazzi castani, ma dato che uno è in compagnia di una ragazza presumo che l'altro sia la mia intervista, è di spalle, mi avvicino frettolosamente, e mentre ancora gli sono dietro gli faccio la fatidica domanda.

"Mi scusi lei è Liam O'Connor?"

"Sì" mi porto di fronte a lui senza neanche guardarlo in faccia, sono imbarazzatissima, è tanto che non faccio interviste e oltretutto sono anche in ritardo.

"Ahh, mi scusi molto il ritardo, sono davvero mortificata"

"Ma sei tu!" cosa? Chi sono io? Questa voce mi è familiare, alzo lo sguardo e chi vedo? Sì proprio lui il tizio che mi ha salvato da una rovinosa caduta solo mezz'ora fa!

"Oh salve, sì lei mi ha salvato da una caduta storica" mi siedo.

"Oh dammi del tu, ma scusa tu non sei troppo giovane per lavorare al ‘Times’?" chissà perché mi fanno tutti questa domanda.

"Più o meno" sorrido, magari così non noterà il mio imbarazzo, cavolo solo a me succede che in una città enorme come New York il tizio che mi ha salvato la vita sia anche la mia intervista!

"Allora tu devi essere Alyssa Roth, sai leggo tutti i tuoi articoli, mi piace come scrivi e le tue interviste, le ho sempre trovate divertentissime, ma come ti dicevo, ti credevo un po’ più vecchia" sorride, cavolo quant'è carino, io divento bordeaux, ne sono certa, quando sono in imbarazzo divento di un colore indefinibile stile l'allegro orto in rosso (pomodoro, peperone, peperoncino, ecc...).

"Grazie, ma anche tu sei molto giovane per essere un architetto di fama internazionale, se non sbaglio hai solo ventisei anni"

"No, non sbagli e grazie per il complimento, ma sai com'è io ho cominciato molto presto ancora all'università un famoso architetto mi ha preso sotto la sua ala per così dire e mi ha fatto muovere i primi passi in questo campo"

"Certo, Ernesto Scavo"

"Ah, ma allora hai fatto i compiti!" sorrido da ebete, credo che questa volta mia asterrò dall'esprimere giudizi personali su quest'intervista, credo che la buon costume non approverebbe i miei commenti decisamente vietati ai minori, sto per rispondere quando gli squilla il telefono.

"Ah ciao, no non preoccuparti, cosa? Oh sì io non ho problemi, perfetto, allora a stasera" attacca e io continuo a guardarlo come un ebete, ma lui lo sa l'effetto che fa alle donne? Ma soprattutto lo sa il governo? Questo ragazzo potrebbe essere usato al posto delle armi, si fa entrare dentro una stanza e tutti sarebbero così concentrati a guardarlo che non si accorgerebbero neanche di essere ammanettati.

"Scusami era un mio vecchio amico, dovevamo pranzare insieme, ma ha rimandato a questa sera" perché me lo sta dicendo? Forse ha frainteso il mio sguardo da merluzzo per uno sguardo interrogativo, comunque, io sono qui per un'intervista ricordiamocelo, è ora di cominciare.

"Senti ti va se cominciamo, no perché ho circa una miliardo di domande da porti" ride, beh è un buon segno se ride, credo, ma forse lui pensa che io stia scherzando, strano perché mi hanno sempre detto che io non sembro il tipo che lo fa e infatti non scherzavo, solo negli ultimi cinque minuti mi sono venute in mente un centinaio di domande tipo sei impegnato? Che fai domani sera? Puoi toglierti la camicia? E cose di questo genere.

 

Ormai ho perso completamente la cognizione del tempo, per quanto ne so potrebbe essere passato un secolo da quando mi sono seduta qui, l'intervista è quasi finita, mi fa male la mascella da quanto ho riso e ho scoperto che quello che ho davanti è l'uomo perfetto, oltre al suo aspetto c'è molto di più, ed è anche meglio, è simpatico, intelligente, brillante, gentile, generoso e potrei metterci una vita ad elencare tutte le sue qualità ed inoltre ho scoperto che è single, devo essere sincera ho spacciato per una domanda dell'intervista una domanda che mi premeva a livello personale, ma andiamo, potevo fare di peggio!

Guardo l'orologio, cavolo, è già l'una e mezzo, credo che abbia altri impegni a parte farsi tartassare di domande da una giornalista impicciona, perciò gli faccio l'ultima domanda.

"Ecco, abbiamo concluso"

"Davvero? Ma che ore sono, cavolo, non mi ero accorto fosse passato tanto tempo, forse perché mi stavo divertendo" e sorride, e io divento di nuovo cremisi, ma è possibile che non mi si possa fare neanche un mezzo complimento che io arrossisco?

"Beh è stato un piacere" dico cercando di fare la disinvolta.

"Lo è stato anche per me" rimango lì tipo idiota per circa mezzo minuto prima di ricordarmi che quello è un congedo e io devo andarmene, così mi alzo, prendo le mie cose e anche lui lo fa, mi giro e faccio per andarmene quando lui mi ferma.

"Ehm Alyssa aspetta un attimo" mi giro, sembra sul punto di chiedermi qualcosa, forse vuole sapere quando uscirà l'intervista.

"Sì, l'intervista uscirà tra due settimane, se non fanno scherzi Venerdì" lui sorride e scuote quasi impercettibilmente la testa.

"Ti ringrazio, e spero di rivederti" ah le frasi di circostanza, le adoro.

"Anch'io lo spero" sì ma io dico seriamente.

"Allora ciao"

"Ciao" e questa volta me ne vado sul serio.

 

Guardo distrattamente l'orologio del computer e poi torno di nuovo alla pagina bianca, è da quando sono tornata dall'intervista che è così, non è da me, io in genere i miei articoli li scrivo il giorno stesso, non mi piace aspettare l'ultimo minuto, ma oggi non riesco a scrivere niente a parte il titolo.

Non lo so, forse inconsciamente sto cercando una scusa per chiamarlo, tipo, “sai c'è stato un ritardo l'intervista sarà pubblicata un altro giorno” o roba del genere, cavoli com'è complicato.

Improvvisamente vedo l'orologio invece di guardarlo e noto che ormai sono le sei di sera, allora spengo l'apparecchio, esco dal mio ufficio, chiudo a chiave la porta per evitare spiacevoli intrusioni nel mio spazio privato e mi dirigo a casa.

Prendo un taxi, non ho nessuna voglia di festeggiare stasera e questa volta mi farò valere costi quel che costi!



Grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono!

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Capitolo 3
*** Party Is Not A Torture. Unless You Are Me ***


FOS3

Party Is Not A Torture. Unless You Are Me.

 

Entro in casa, Isabelle e Joanne corrono avanti e indietro con in mano scarpe, trucchi e fermagli per capelli, Will invece è seduto sul divano con la tv accesa su uno sport, qualcosa tipo football, se non è hockey o basket non mi interessa.

Appena chiudo la porta si gira verso di me, si alza e mi viene incontro.

"Com’è andata?"

"Bene, ma sono un po’ stanca" dico con una voce da malata terminale.

"Lo so, mi dispiace, comunque, non sai cosa mi è successo oggi" mi dice lui illuminandosi.

"Dimmi" dico io con interesse, a Will succedono sempre cose molto interessanti, sospetto che il suo talento letterario si estenda nella vita reale, ma almeno non mi annoio mai quando mi racconta come gli è andata la giornata.

"Insomma, tu sai che io sono londinese no?" annuisco "Beh quando ero piccolo nella mia scuola arrivò un bambino irlandese, diventammo subito come fratelli, poi però io andai a Yale, invece e lui andò all'università di Los Angeles e ci perdemmo un po’ di vista, ma lui ora si è stabilito qui, oggi l'ho rivisto e l'ho invitato a cena con noi, sai all'inizio dovevo vederlo a pranzo, ma dopo che ci siamo sentiti ho spostato l'appuntamento" conclude con un sorriso compiaciuto.

Oggi ho avuto la conferma che il mio migliore amico è la progenie del demonio, infatti tira fuori uno sguardo alla ti-ho-scoperta-non-hai-scampo-devi-venire-per-forza, cavolo mi si capisce così bene?

"Ok vado a prepararmi" dico con una voce da funerale.

Riemergo dalla mia stanza alle sette e mezzo circa dopo aver fatto la doccia ed aver fatto i boccoli ai capelli, indosso una camicia bianca, dei jeans, il vestito e le scarpe che mi hanno regalato, Belle mi guarda sorridendo.

"Sai, sei veramente bellissima" mi dice convinta.

"Sì, ma sai scoprire un po’ di pelle in più non ti farebbe male" dice Joanne pensando come al solito che io debba rimorchiare qualcuno.

“Joanne è il nove Ottobre, non il quindici d’Agosto, fuori fa freddo” le rispondo calma e pacata stile pazzo criminale.

Okay, lo ammetto sono nervosa e non è solo per la giornata, il fatto è che io odio i locali, innanzi tutto si balla ed io non sono proprio coordinatissima, cado circa trenta volte al giorno, di più se non ci fossero queste anime buone dei miei amici che quando possono mi prendono al volo, poi c’è il rumore, l’insopportabile rumore delle discoteche, a me piacciono i posti tranquilli dove si possa parlare in santa pace con i tuoi amici senza bisogno di urlare, e per ultimo, ma non per importanza, gli ambienti claustrofobici dei locali in cui la gente sta schiacciata come sardine sott’olio, ma perché non riesco mai a dire di no?

Ad un tratto però vengo scossa dallo squillare di un telefono, alzo gli occhi e vedo Will che risponde prontamente al suo

“Pronto? Ah ok non c’è problema. Sì guarda è “La rosa italiana” sulla centotrentanovesima. D’accordo ci vediamo lì a dopo” già me ne ero momentaneamente dimenticata, c’è anche il misterioso sconosciuto, così non solo umilierò me stessa in presenza dei miei amici che comunque mi vorrebbero bene anche se avessi tre teste e cento occhi, ma ora c’è anche questo tizio.

Ah succedono tutte a me!

Belle mi tocca gentilmente la spalla e mi sorride.

“Lys tutto ok? Guarda che se non vuoi uscire possiamo rimanere a casa” ah, la mia Belle, ha capito subito che c’era qualcosa che non andava, ma non voglio rovinare loro la serata, in fin dei conti non morirò di certo per qualche ora in discoteca.

 

Ok mi sbagliavo, questa sera morirò di certo, il fatto è che non avevo fatto i miei calcoli con i tacchi che indosso, mi sembra di aver accennato al mio scarsissimo equilibrio, beh questa sera si sta manifestando in tutta la sua magnificenza, sarei già caduta tre volte se Joanne non mi avesse preso al volo e non siamo neanche arrivati al ristorante!

 

Una volta arrivati Will ci apre la porta e ci fa entrare

“Will scusa, ma non dobbiamo aspettare il tuo amico?” chiedo entrando nella sala

“No, ha detto che ci raggiungeva dentro e di non aspettarlo fuori perché fa freddo” mi risponde Will, beh almeno sappiamo che è una persona gentile.

Quando siamo tutti dentro un maitre di sala ci si avvicina.

“Salve signori, posso aiutarvi?” chiede con gentilezza.

“Sì grazie, un tavolo per cinque a nome Saunders” risponde il mio amico.

“Prego, da questa parte” dice l’uomo mentre ci conduce verso un tavolo un po’ appartato, il mio amico mi fa sedere a capo tavola e poi prende posto alla mia destra mentre le mie amiche si siedono alla mia sinistra e cominciamo a parlare del più e del meno per un paio di minuti prima che una splendida voce molto profonda ci interrompa, io mi giro tra lo sconvolto e l’estasiato e chi vedo?

Un indizio, è l’uomo perfetto, din din din abbiamo un vincitore, è proprio lui il troppo-bello-per-essere-vero Liam O’Connor che mi viene incontro con una mazzo di fiori.

Improvvisamente il campanello che sento nella testa da quando sono tornata a casa acquista molto più senso, probabilmente il mio adorato cervellino aveva già collegato tutti gli indizi, ma io ero un tantino troppo occupata per accorgermene.

“Ciao Will” si avvicina, poi mi guarda e gli si accende la lampadina.

“Ehi, ma tu non sei Alyssa Roth? Non sapevo fosse il tuo compleanno” dice e mi porge i fiori che io prendo con un sorriso ebete sul volto, poi una vocina nella mia testa mi ordina di respirare ed io prontamente obbedisco pensando che sicuramente ho ucciso un paio di neuroni .

“Vi conoscete?” chiede Will con un tono finto sorpreso che sembra dire “so benissimo che vi conoscete ed ho fatto tutto questo per farvi capire senza ombra di dubbio che sono meglio di un agente della CIA” ok l’ultima parte era un tantino esagerata, ma il succo è quello.

Comunque l’uomo perfetto risponde anche per me, il che è un bene dato che lo shock credo mi abbia danneggiato permanentemente il cervello.

“Già, hai presente l’intervista che dovevo fare oggi, è stata lei ad intervistarmi” dice lui con un sorriso che fa sembrare il sole un frigorifero.

“Ah, ma davvero?” chiede Jo lanciandomi un’occhiata che praticamente riassumeva tutto un discorso che tradotto in linguaggio verbale sarebbe qualcosa come: “Sei un’idiota, hai conosciuto il ragazzo più bello dell’intero pianeta terra, innanzitutto non mi hai detto nulla e già per quello meriti una morte lenta e dolorosa, ma soprattutto carciofa come sei sicuramente non ci hai nemmeno provato e per questo meriti la massima pena, le mie continue ed insistenti frecciatine e battute che ti metteranno in imbarazzo fino al giorno in cui morirai ed anche oltre, perché dopo il tuo trapasso i tuoi nipoti racconteranno ancora la storia ed inventeranno nuove prese in giro”.

Intanto Liam si è seduto accanto a William e mi guarda con una faccia un po’ strana, forse sta male, o forse è un po’ in imbarazzo, in fin dei conti appena qualche ora fa gli ho chiesto la cronaca dettagliata della sua vita e del suo lavoro mentre lui di me non sa nulla se non le informazioni che gli ha dato Will, che non devono essere state molte dato che non aveva la più pallida idea di chi fosse la coinquilina del suo amico.

La cena è veramente piacevole, Joanne non ha fatto battutine, anche se vedo che ogni tanto scrive sulla sua agenda, forse se le è segnate per dopo, Belle invece non fa altro che lodarmi (credo di essere arrossita almeno quarantasette volte) e Will e Liam parlano dei bei tempi in Inghilterra raccontando ognuno aneddoti divertenti.

Sì, nel complesso mi diverto molto, è molto meno peggio di quanto immaginavo, certo la parte difficile deve ancora arrivare, ma credo che potrei anche cavarmela e tornare a casa tutta intera.

Dopo la cena ci dirigiamo tutti verso il locale preferito di Jo, si chiama “ACF” non chiedetemi cosa significa, non ne ho la più pallida idea, comunque sono riuscita ad arrivarci senza cadere neanche una volta, credo che sia la prima volta in tutta la mia vita.

Arrivati al locale riusciamo ad entrare quasi subito, soprattutto grazie a Joanne che comincia a farsi un nome nel mondo della televisione, da quando ha ottenuto un ruolo in quella soap, com’è che si chiama? Non me lo ricordo, le soap non sono il mio genere, comunque da quando lo ha ottenuto la gente non fa altro che fermarla per strada per gli autografi, la fa passare davanti al supermercato, al ristorante magicamente si libera sempre un tavolo e cose del genere.

Una volta entrati mi prende un micro infarto.

Tanta gente.

Troppa gente.

Poi però Belle mi scuote e mi riprendo, ok non è niente, che sarà mai un po’ di folla?

Non è passata neanche un’ora e io sono fuori seduta sulle scale di un negozio dall’altra parte della strada a leggere, non fraintendetemi io non sono un’asociale, anzi sono un tipo socievole, ma i locali li odio con tutta me stesso, odio la calca, non so ballare e non capisco proprio la musica house, sul serio per me è un’accozzaglia di suoni presi a caso, preferisco di gran lunga il rock, il punk e la musica classica.

Troppo impegnata nelle mie riflessioni non mi accorgo che qualcuno mi si accomoda accanto.

“Anche io detesto i locali” altro infarto, ma ditemi la verità i miei amici vogliono liberarsi di me?

“Non è che li detesto…” dico cercando di ricollegare il cervello mentre la creatura più simile ad un angelo che abbia mai conosciuto mi è seduta vicino.

“È che non li sopporti” continua lui ridendo, evviva un altro infarto!

“Esattamente” rispondo sorridendo.

“Posso farti una domanda?” mi chiede, non dovrebbe neanche porsi il problema, io l’ho intervistato solo stamattina.

“Spara”

“Come mai hai accettato di venire qui se a te non andava?” wow, il nostro sarà un matrimonio semplice, avremo quattro figli e vivremo in una villa a San Francisco.

“Perché ai miei amici faceva piacere, loro fanno molto per me, una volta che ho l’occasione di ripagarli mi fa piacere” sorvoliamo sul fatto che fino a qualche ora fa cercavo disperatamente di evitare tutto questo.

“Senti ti va di fare una passeggiata?” mi chiede (sto forse sognando? Perché se è così non svegliatemi) speranzoso?

“Certo” e come poteva essere altrimenti? Mi alzo, mi spolvero per bene e cominciamo a camminare.

“È una bella serata non trovi?” mi domanda guardando il cielo, effettivamente è proprio bella, il cielo è limpido e nonostante l’inquinamento luminoso di New York si vede anche qualche stella.

“Sì, ma non prendermi per pazza preferisco la pioggia”

“E tu lo stai dicendo ad uno scozzese?” ride e il mio cuore perde un battito.

“Già tu ci avrai praticamente convissuto tutta la vita?” ma certo! Pronto! È scozzese! Che idiota che sono!

“Sì e anche se il Sole non mi dispiace, l’unico modo in cui riesco a fare un disegno decente è con la pioggia che mi batte sui vetri” dice con un sorriso che al confronto il Sole sembra una lampadina.

“Ti capisco, i miei articoli migliori li ho scritti con la pioggia, non so perché, ma il rumore della pioggia estranea qualsiasi altro rumore, e in una città come questa è tutto dire, rendendomi molto più semplice trovare l’ispirazione e concentrarmi” Oh no, cavolo! Ho cominciato a sproloquiare! Ma dove caspita è un killer professionista quando serve? In questo momento mi accontenterei anche di un ubriaco con una pistola, anche se pensando a chi ho vicino probabilmente si beccherebbe anche una pallottola al posto mio.

Mi volto all’improvviso e vedo Liam che mi fissa.

“Che c’è?” chiedo di getto e arrossendo, il fatto è  che detesto quando la gente mi fissa, mi fa sentire a disagio.

“Niente, è che quando ti perdi nei tuoi pensieri, fai delle facce strane” No, vi prego ditemi che non è vero! Perché la strada non ti inghiottisce mai quando serve?

“Più che strane, direi bizzarre, ma molto carine” Ossigeno! Ossigeno! Ho bisogno di OSSIGENO!

“Grazie” rispondo con un filo di voce dimostrando ancora una volta che nelle situazioni di stress riesco a sostenere una conversazione meno interessante e meno articolata dei gorgheggi di un neonato.

Dannazione trova qualcosa di interessante da dire! Insomma sei una cavolo di plurilaureata!

“Allora, come mai sei qui a New York se il tuo studio è a Los Angeles?” finalmente una domanda intelligente.

“Sto sistemando degli affari, vedendo case ed uffici”

“Ti vuoi trasferire?” No, lo fa per sport! Ribadisco il concetto, sono completamente idiota.

“Sì, Los Angeles mi ha stancato” dice con un’adorabile faccia annoiata.

“Non ci credo, in tutta la mia vita non ho mai sentito di una persona che si fosse stancata di Los Angeles, è una di quelle città che ami o che odi, senza mezzi termini”

“Sì, in un certo senso è vero, ma il fatto è che io non l’ho mai davvero amata, ho solo imparato a viverci e adesso che grazie al mio lavoro ho la possibilità di andare ovunque ho deciso che è il momento di andare in un posto che amo”

“E hai scelto New York?”

“Sì, New York è perfetta, ci sono colori, sapori, persone da tutto il mondo, il posto ideale per creare” e lo dice con uno sguardo così ispirato che devo seriamente trattenermi dal baciarlo.

“Ti capisco, per me non esiste altra città all’infuori New York, ci sono nata e conto di rimanerci”

All’improvviso mi rendo conto che siamo andati parecchio lontano, mi guardo indietro e vedo le luci del locale molto sfocate allora prendo un astuccio dalla borsa, tiro fuori i miei bellissimi occhiali e li indosso.

“Non sapevo portassi gli occhiali” mi dice ‘the perfect man’ inclinando un po’ la testa per guardarmi meglio.

“Sì, stamattina li avevo dimenticati, ma sono miope e da una certa distanza non vedo un tubo” ora ci vedo decisamente meglio.

In alta definizione è ancora più bello.

Mi volto di nuovo, le luci del locale sono ancora sfocate, ma molto meno, tanto che posso vedere Belle che mi fa cenno dall’entrata.

“Allora è per questo che stamattina sei quasi caduta” asserisce con un sorriso divertito.

“No, quello purtroppo accade in continuazione” rispondo con una smorfia, meglio cambiare argomento “Credo sia il momento di tornare indietro, Belle ci sta chiamando” sembra scendere dalle nuvole.

“Sì, ok” e torniamo indietro, lui bello come sempre, io che cammino ad un metro dal suolo.

 

Adesso sono più o meno le tre del mattino, sono a casa da circa una mezz’ora e i miei coinquilini sono già crollati, invece io non faccio altro che girarmi e rigirarmi nel letto, non che io non sia stanca, anzi, sono distrutta, il problema è che non faccio che pensare.

Non è normale, non per me almeno, un ragazzo per quanto bello fosse, non mi ha mai fatto perdere il sonno, io sono una di quelle persone che non crede che l’amore possa farti perdere le normali funzioni vitali, non ho mai smesso di mangiare perché pensavo a qualcuno, non sono mai stata distratta da pensieri d’amore e, come dicevo, non ho mai perso il sonno.

Sono arrivata ad una conclusione, non è il pensiero di Liam a non farmi dormire, probabilmente ho bevuto troppo caffè, è normale no? Se bevi tanto caffè non dormi.

Maledetta coscienza che mi dice che mi sto allegramente prendendo in giro da sola!

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Capitolo 4
*** The Day After. An Horror Story ***


FOS4

The Day After. An Horror Story.

 

“E questo era tutto vi ringraziamo per aver seguito il telegiornale delle 20 e 30 sulla CNN, vi auguriamo una buona serata!”

Cavoli che sogno strano! Stavano mandando in onda il telegiornale della CNN dalla mia cucina, devo decisamente smettere di mangiare tanta cioccolata prima di andare a dormire, non mi fa affatto bene, comunque, devo raccontare il mio sogno a Will prima di dimenticarlo.

Lui tiene una specie di resoconto dei miei sogni, dice che quando non ha ispirazione se li rilegge e viene talmente colpito dalla fantasia che dimostro anche quando dormo che la sua ispirazione ritorna da lui con la coda tra le gambe.

Insomma, mi alzo dal letto senza neanche avere il coraggio di guardarmi allo specchio, so di essere in condizioni a dir poco indecenti, ma tanto a chi interessa?

Apro la porta quel tanto che basta per spiare fuori e vedere Will sul divano, mi viene un’idea, perché non fargli prendere un colpo? Così, tanto per fargli sapere che non è mai al sicuro.

Apro ancora un po’ la porta con circospezione e mi fermo appena in tempo dall’urlare “Boo!” quando vedo Liam che beve del caffè seduto sul divano di casa mia, allora, rientro lentamente e senza fare rumore.

“Che faccio? Che faccio? Che faccio?” mi chiedo cominciando a camminare avanti e indietro e muovendo le mani come se fossi un’invasata, lo ammetto, sto andando nel pallone, ora mi viene un attacco di panico, io non sono in grado di gestire l’ansia, anzi, non sono in grado di gestire nulla figuriamoci uno dio greco nel mio soggiorno!

Aspetta, ragiona brutta idiota, apro la finestra e respiro a fondo.

Respira.

Respira.

Ok, ora sto meglio, la cosa migliore che posso fare è prepararmi e vestirmi come sempre e sperare che per quando sarò pronta lui sarà andato via.

Non è che non voglia vederlo, voglio dire, fosse per me non farei altro dalla mattina alla sera, ma già le mie doti di conversazione sono scarse di mattina, se poi ci mettiamo anche che davanti a lui perdo completamente ogni facoltà mentale non è proprio una passeggiata di salute.

Mi faccio una doccia di minimo dieci minuti e mi prendo tutto il tempo necessario e non per vestirmi.

Indosso una minigonna di jeans scura, un maglione azzurro, delle calze nere e un paio di converse dello stesso colore del maglione.

Bene sono pronta, lo so, lo so, questo abbigliamento non è proprio consono alla mia posizione nella società, ma so che al capo da un fastidio tremendo e dopo il brutto tiro che mi ha giocato ieri se lo merita senza alcun dubbio.

Certo, ho conosciuto Liam, ma questo mi ha complicato notevolmente la vita, quindi anche lui si merita la sua dose di grattacapi.

Sì, okay, meglio darsi una mossa, altrimenti qui ci facciamo notte.

Apro lentamente la porta quel tanto che basta per vedere se quei due sono ancora lì a spettegolare.

Cavolo! Ma nessuno dei due ha qualcosa di meglio da fare, io capisco che non si vedono da dieci anni, ma proprio di prima mattina si devono incontrare? Va bene, sono le dieci del mattino, ma per me è prima mattina fino alle quattro del pomeriggio.

Un’idea straordinaria, usiamo la scala anti-incendio. Ecco fatto, sono arrivata, adesso ho anche un disturbo dissociativo della personalità.

Apro la finestra che da sulla scala esterna, esco fuori con un po’ di accortezza (siamo pur sempre ad un ultimo piano) e scendo le scale.

Piano. Piano. Piano.

Ecco, sono arrivata all’ultimo piano finalmente, mando giù l’ultimo pezzo di scala, mi giro e comincio a scendere.

“Ti prego non dirmi che sei diventata una salutista!” chiede una voce familiare dietro di me, così familiare che perdo l’equilibrio e cado all’indietro, quando riapro gli occhi vedo una ragazza bionda ed abbronzata che mi guarda con un sopracciglio alzato ed una smorfia divertita sulla faccia, mi rialzo un po’ dolorante e la abbraccio.

“Hey Morgan sorellina che ci fai qui?” chiedo sorpresa.

“Che c’è, ora non posso più neanche fare visita a mia sorella?”

“Sì, certo che puoi, ma in genere avverti prima di venire qui da Los Angeles”

“Lo so, ma volevo farti una sorpresa per il tuo compleanno, e anche se in ritardo sono qui. Sorpresa!” dice lei allargando le braccia ed agitando le mani come una ballerina di cabaret.

Non ci posso credere, mi ci mancava solo mia sorella, non fraintendetemi, le voglio bene, ovviamente la adoro, voglio dire è mia sorella, ma diciamo che quando lei è in città, le cose cominciano sistematicamente ad andare male, ora non che io insinui un collegamento tra la sua presenza e la mia sfortuna, ma diciamo che uno il quesito se lo pone.

“Allora, perché scendi dalle scale antincendio? Serata interessante?” mi chiede ammiccando sull’ultima domanda, ma si può sapere perché si sono fissati tutti quanti sulla mia vita sentimentale? Ma che c’è un’epidemia di ficcanasaggine?

“No, sai com’è, solo un po’ di esercizio mattutino, mangiato parecchio ultimamente” che c’è? Mi pagano per scriverle le storie, non per inventarle.

“E non potevi usare le scale come tutte le persone normali?” mi chiede alzando di nuovo il sopracciglio cosa che, per la cronaca, trovo molto irritante.

“Già, chissà perché non ci ho pensato” okay, sul serio, non la odio, lo so che sembra così, ma non è un eufemismo quando dico che vicino a lei le cose cominciano inesorabilmente ad andare male per me, voglio dire, basta guardarla!

Ventiquattro anni di puro fascino e bellezza, occhi azzurri, capelli biondi e un carisma da far invidia anche a Nelson Mandela, si potrebbe pensare che abbia l’intelligenza di una rapa e invece no, si è appena laureata in ingegneria aerospaziale e sta già collaborando con la NASA su un progetto, qualcuno mi dica come fa una ragazza “normale” come me a reggere il confronto.

“Allora sorella, raccontami, come è andato il tuo compleanno?”

“Bene, il tuo viaggio?” ancora una volta la mia capacità linguistica nelle situazioni di stress mi sconvolge, è una fortuna che non abbia scelto la carriera di negoziatore di ostaggi, con le mie doti avrei fatto uccidere tutte le persone rapite e i sequestratori si sarebbero suicidati dalla disperazione.

“Oh, fantastico! Soprattutto perché l’agenzia mi ha interamente pagato il volo in prima classe” che dicevo, ah sì, non è che la odio...

Continuo a fantasticare e non mi accorgo che la mia adorata sorellina continua a parlare, quando mi rendo conto di cosa sta dicendo posso quasi vedere un’enorme scritta rossa al neon che recita “Attenzione! Nuoce gravemente alla tua salute mentale e a quella di chi ti è intorno”

“Vedrai sarà divertentissimo! Avevo proprio voglia di passare qualche giorno con te, sarà come ai vecchi tempi in cui facevamo l’alba a parlare nel tuo letto” Stop! Riavvolgi il nastro. Ho capito bene? Viene a stare da me?

“Scusa Morg, ma il tuo piano è venire a stare da me?” chiedo sperando seriamente di sbagliarmi.

“Sì, te l’ho detto. Sei sempre con la testa tra le nuvole!” dice con una risatina.

No, no e no! Non mi importa nulla della parentela e delle convenzioni sociali, non può venire da me, la mia casa è il mio porto sicuro, è l’unico posto in cui posso stare tranquilla, questa volta mi imporrò!

“Ma Morg, io non posso prendere una decisione del genere da sola, vivo con altre tre persone lo sai”

“Oh, non ti preoccupare, ho già parlato con.. com’è che si chiama? Jenny... Julie... Jade...”

“Joanne?”

“Sì! Con lei, ha detto che andava bene” promemoria per me, uccidere Jo.

“Allora, credo che sia okay” Alyssa:0 Resto del mondo:1579

“Soltanto una cosa Lyssy” odio quando mi chiama così, implica sempre e comunque qualcosa che non voglio fare.

“Dimmi” rispondo, sperando con una parola di farla desistere dal chiedermi qualcosa che lei sa benissimo io non avrò alcuna voglia di fare.

“Sai, quel piccolo problema alla schiena che ti dicevo? Quello stiramento mentre sfilavo alla settimana della moda te lo ricordi” già, quasi dimenticavo, ingegnere aerospaziale e modella di Vera Wang nel tempo libero.

“Sì”

“Beh, ancora non è passato, a te non dispiace se prendo il tuo letto” è ufficiale, faccio schifo anche nella comunicazione non verbale.

“Vuoi anche un po’ del mio sangue già che ci siamo?” lo so, lo so, è mia sorella, dovrei essere gentile.

“Ma no sciocchina! Lo sai che non abbiamo lo stesso gruppo sanguigno!” credo che stasera mi ucciderò.

“Ehm Morg? Quanto rimani?” ti prego dì due giorni, ti prego dì due giorni, ti prego...

“Una settimana. Due se al Cern di Ginevra riescono a stare senza di me” sì è ufficiale stasera mi ammazzo.

 

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Capitolo 5
*** Wait, It Gets Worse ***


FOS5

Wait, It Gets Worse.

 

Finalmente in ufficio.

Sì, dopo un incontro come il mio anche l’ufficio sembra “Disneyland”.

Inspira.

Espira.

Molto meglio, ho scaricato mia sorella a casa a sistemare le sue due valigie di vestiti nel mio armadio, non oso immaginare cosa starà facendo lì dentro, solo al pensiero mi viene l’irrefrenabile voglia di picchiare qualcuno.

Sospiro.

Devo cominciare a calmarmi se voglio arrivare al prossimo compleanno indenne, ormai sono a lavoro e non permetterò a niente e nessuno di rovinarmi ulteriormente la giornata.

“Roth!” come non detto. Mi alzo dalla sedia e mi avvicino all’ufficio del boss come un condannato a morte si avvicinerebbe alla forca. Non sono decisamente dell’umore giusto per il boss e le sue assurde trovate.

Apro la porta e quello che vedo mi paralizza là davanti.

Non ci posso credere, vi prego ditemi che è un incubo!

“Ehi sorellina!” no, non lui, vi prego, non mio fratello James! Ma che c’è una dannata riunione di famiglia?!

“J-James, che ci fai tu qui?” stai calma, magari è passato solo per un saluto.

No, mi sto illudendo, quando lui è nelle vicinanze è sempre e solo perché ha bisogno di qualcosa. In genere soldi. O una casa. Spesso entrambi.

“Sorellina, indovina un po’? Da oggi lavoreremo insieme”  qualcuno mi dica che oggi è primo Aprile e che questo è uno scherzo di pessimo gusto.

Guardo speranzosa il boss, almeno lui facesse qualcosa di buono nella vita.

“Ah, i fratelli Roth che scrivono entrambi per il mio giornale, questo farà salire le vendite alle stelle” lasciamo perdere.

“Ora sparite” ah, il boss, sempre gentile e pieno di attenzioni per i suoi dipendenti.

Prendo mio fratello per la manica della giacca firmata che indossa (quella da sola varrà più del mio intero guardaroba) e lo trascino letteralmente nel mio ufficio.

Mi siedo sulla mia sedia, anche se forse è meglio dire che mi ci lascio cadere sopra.

“Ma, James, tu non eri in Brasile con quella modella sudafricana” almeno mi sembra fosse sudafricana, mio fratello cambia ragazza come una persona qualsiasi si cambia i calzini.

“Svedese, comunque, non più, l’ho mollata”

“E perché? Mi sembrava ti piacesse”

Alzata di spalle. Questo è tutto ciò che ricevo come risposta, odio quando fa così.

Ora, si potrebbe pensare che io sia una qualche disadattata con una famiglia disfunzionale, ma non è vero, o almeno è vero soltanto per metà della famiglia, i miei genitori ad esempio sono persone mediamente normali ed anche se ora sono impegnati in un viaggio intorno al mondo di tre mesi non hanno mai dato problemi a nessuno, lo stesso vale per mio fratello maggiore, un rispettabile detective della polizia di Boston sposato e con un bambino/bambina in arrivo.

Il problema sono questi due, gemelli eterozigoti che come unica missione nella vita hanno di rendere la mia impossibile.

Ora, mi sembra di aver già spiegato perché mia sorella è, beh, mia sorella; mio fratello invece è tutta un’altra storia.

Rapido identikit: capelli castani, grandi occhi verdi, sorriso luminoso e tutto il fascino della famiglia Black che apparentemente solo io non ho ereditato, come ho detto passa costantemente da una ragazza all’altra, ma se almeno Morgan si è sempre impegnata al massimo per ottenere ciò che voleva lui ha sempre e solo fatto il minimo indispensabile affidandosi al suo aspetto esteriore per la maggior parte della sua vita.

Dico soltanto una cosa, ha deciso di fare il fotografo di moda solo per poter conoscere più modelle possibili.

Quel ragazzo è incredibile. E non in senso buono.

“Posso sapere perché sei qui?” chiedo cercando di racimolare tutta la calma di cui dispongo. Per la cronaca non è molta.

“Te l’ho detto, per lavorare” sorriso finto. Due parole: esaurimento nervoso.

D’accordo, magari è davvero qui solo per lavorare, voglio dire l’inserto di moda del giornale è uno dei più rinomati al mondo. Sono davvero una sorella pessima, sempre a pensare male dei miei fratelli.

“Senti, non è che puoi prestarmi la tua moto stasera?” No comment.

“E potrei sapere a cosa ti serve la mia moto?”

“Beh, ho conosciuto questa ragazza all’aeroporto. Tre parole: istruttrice di yoga” Respiro profondo, molto profondo.

“Scusami, ma da quanto ti sei lasciato con la modella? Una settimana?”

“Due a dire il vero, ma sai com’è, chiodo scaccia chiodo” Okay, affrontiamo la realtà, probabilmente nessuna giuria al mondo mi condannerebbe per aver ucciso un idiota del genere.

“Sì, okay, fai cosa vuoi basta che esci da questo ufficio” tiro fuori dalla borsa un portachiavi e glielo lancio.

Ma perché? Perché? No sul serio, qualcuno me lo spieghi, una volta tanto che qualcosa mi va bene arriva puntualmente a rovinarla la più grande catastrofe del genere umano. La famiglia. La mia famiglia per essere precisi.

La mia personale Waterloo. Il che rende me Napoleone. Grazie mille fratelli! Io odio Napoleone!

Okay, sto cominciando a delirare.

Inspira.

Espira.

Mi sa che se continuo così mi dovrò dare allo yoga, almeno mi rilasserei un po’.

Ripensandoci forse è meglio una barretta al cioccolato. Lo sento, per quando quei due se ne saranno andati io sarò ingrassata di almeno sei chili.

Un bip particolarmente fastidioso mi riporta alla realtà, è il mio computer, qualcuno mi sta invitando ad una video chat, spero sia Matt Damon. Altrimenti sono guai.

No, non è Matt Damon. È mio fratello. No, non James. È Neil, il rispettabile poliziotto di Boston.

Sospiro e accetto la chiamata. Dall’altra parte dello schermo vedo una faccia sorridente. Troppo sorridente.

“Ehi sorellina!”

“Ciao ignobile essere che sicuramente sapeva, ma che ha deciso di tacere”

“E così James si è fatto vivo eh?” mi dice come se niente fosse.

“Già, e a quanto pare c’è una dannatissima riunione di famiglia perché anche Morgan è qui” sì, lo so, non dovrei prendermela con lui, in fin dei conti sono io che non riesco a farmi rispettare dai miei fratelli e si sa, chi è causa del suo mal...

“Ah, questo non lo sapevo” sembra realmente sorpreso dalla notizia.

“Sai per caso se anche mamma e papà hanno deciso di piombare qui senza avvertire?”

“Ehm, no, per quanto ne so sono a Bali adesso, ma tu sorellina dovresti calmarti, non ti fa bene tutto questo stress” mi dice in tono preoccupato, beh, mi dispiace ma non me la bevo, se fosse stato davvero preoccupato per me avrebbe almeno avuto la decenza di avvertirmi che l’uragano James era intenzionato ad abbattersi su New York.

“Hai ragione, ma sai com’è, se almeno l’avessi saputo prima di ritrovarmelo qui in redazione sarebbe stato d’aiuto”

“Senti perché non gli dai una possibilità? Mi sembrava davvero contento per questo lavoro, magari è la volta buona che mette la testa a posto”

Mi limito a propinargli il mio famoso e brevettato sguardo scettico.

“Almeno provaci. Potrebbe stupirti”

“Sì certo come no, ora vado che devo lavorare, ciao Neil” e senza neanche attendere una risposta chiudo il collegamento.

Ho decisamente molto a cui pensare.

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Capitolo 6
*** Is He Asking Me Out? Am I Freaking Out? ***


FOS6

Is He Asking Me Out? Am I Freaking Out?

 

Okay, è ufficiale, la cioccolata fa miracoli.

Mezza dozzina di dolcetti dopo la visita di mio fratello sono di nuovo di ottimo umore.

Bussano alla porta.

“Avanti” dico inghiottendo tutto ciò che rimane del regalo di compleanno che mi hanno fatto i miei colleghi.

La porta si apre ed entra Mathilde, la nostra receptionist, anche nota come il gazzettino ufficiale della redazione, se succede qualcosa, qualsiasi cosa, lei lo sa.

“Ehi, bellezza!” eh? Bellezza? Ma che ci sta provando con me? Perché se è così, non è il mio tipo.

“Ciao Mathilde” rispondo un po’ titubante.

“Senti, arriviamo al dunque, chi era quello strafigo che è appena uscito da qui?” mi chiede sedendosi davanti a me e sporgendosi in avanti, se non avessi ingerito tutto quello zucchero probabilmente ora la starei picchiando a morte.

“Quello è mio fratello!” rispondo un tantino scocciata. Okay, forse un po’ più di un tantino dato che le ho fatto fare un salto di due metri sulla sedia. Ma lo spavento, purtroppo aggiungerei, non dura molto.

“Wow, tu sì che hai una bella famiglia”

A costo di ripetermi: Perché?

“Scusami, ma sei qui per lavoro o solo per parlare della mia famiglia?”

“Oh, che sciocca che sono! C’è un gran bel pezzo di ragazzo che ti cerca alla reception, credo abbia detto che si chiama Liam o qualcosa del genere”

Oh porca paletta! Che faccio adesso?

“Fallo entrare”

“Okay, ma solo se poi mi racconti tutto” sì, certo, contaci.

“Ma certo!” se mai mi dovessi stancare del giornalismo avrei sempre una carriera da attrice, è consolante.

La ficcanaso esce e in meno di mezzo secondo io sono immersa nella mia borsa alla disperata ricerca di uno specchietto.

Bussano. Dannato specchietto introvabile.

“Avanti” mamma mia che ansia, mi sembra uno di quei momenti nei film dell’orrore in cui il protagonista è chiuso in bagno e vede la maniglia della porta che si abbassa lentamente prima che entri il serial killer.

Un’infinità di secondi dopo (almeno a me sembrano un’infinità) la porta si apre e la faccia sorridente di Liam fa capolino dallo spiraglio che si è aperto.

“Ciao, ti disturbo?” mi chiede con una faccia talmente adorabile che farebbe sciogliere un iceberg.

“No, entra pure” rispondo io e come potrebbe essere altrimenti?

Lui entrò e si sedette sulla sedia di fronte a me.

“Allora, come stai? Stamattina sono passato a casa tua ma tu non c’eri”

“Già, sono uscita molto presto, sai com’è la vita da giornalista, non ho orari fissi, devo essere pronta a stare sulla notizia a qualsiasi ora” okay, tralasciamo il fatto che i suddetti orari sono dalle undici di mattina con pausa pranzo dall’una alle tre e che me ne vado alle sei.

“Strano, Will mi ha detto che i tuoi orari sono molto flessibili” dannatissimo Will!

“Ma che vuoi che ne sappia Will! Ormai non sa più quello che dice!” lo stress è decisamente qualcosa che non so gestire, o ammutolisco o comincio a parlare a vanvera. Sono proprio senza speranza!

Liam ride, fortunatamente prende la mia pazzia per senso dell’umorismo.

“Comunque” dico cercando di riprendere il controllo “come mai sei venuto a trovarmi? Qualche problema con l’intervista?”

“No, no, va tutto bene, in realtà sono qui per chiederti una cosa”

“Spara” no davvero, sparatemi.

“Senti, stasera ho una cena con alcune persone e mi farebbe piacere se tu venissi con me. È una cena di beneficienza” mi dice sorridendo.

Okay, ora che cavolo faccio? No sul serio, che faccio? Già lo so farò una figuraccia! Ma d’altro canto è troppo carino...

“Certo” rispondo con un sorriso da ebete a trentadue denti.

“D’accordo, allora passo a prenderti alle otto”

“Certo” ormai è ufficiale situazione di stress + me = capacità verbale di un lavandino.

Mamma mia, mamma mia, mamma mia!

“Bene io vado, ci vediamo stasera”

“Okay, a stasera” Liam se ne va lasciandomi con il suo bellissimo sorriso e con un fortissimo mal di testa.

Abbandono la testa tra le mani, ho una voglia fortissima di piangere, ma andiamo, non posso perdere la mia dignità così.

“Ehm, Alyssa?” pensa te, neanche mi ero accorta che la porta era stata aperta di nuovo.

Alzo la testa e vedo il mio incubo più bello che mi guarda preoccupato, non è che magari ci ripensa? Mi stampo un sorriso sul volto e tengo le palpebre più aperte della vittima di un sadico assassino a cui il suddetto sta cavando gli occhi.

“Sì?”

“Mi sono dimenticato di dirti che è in abito scuro”

“Okay, nessun problema” e ora sparisci per favore, così posso crollare come un castello di carte in mezzo a un uragano.

Lui se ne va e io comincio a piangere come una fontana, sembra assurdo anche a me, ma la mia maggiore preoccupazione adesso è come diamine faccio a rendermi presentabile in così poco tempo.

Faccio l’unica cosa sensata in un momento di crisi come questo. Chiedo aiuto.

Alzo la cornetta e compongo il numero. Qualcuno risponde al quarto squillo.

“Pronto?”

“J-Joanne?” chiedo esitante.

“Lys sei tu? Perché piangi? È successo qualcosa? Guarda che se è per tua sorella la sbatto fuori immediatamente” in sottofondo sento un “Hey! Io sono qui!”

“N-no, Morgan non c’entra niente. Liam mi ha invitata a cena”

“Ti prego, dimmi che stai piangendo dalla felicità” mi dice esasperata, okay, forse questa non è la prima volta che le mie reazioni sono un tantino esagerate.

“No, è stasera, alle otto, in abito scuro” e qui scoppio di nuovo a singhiozzare.

“Quanto sei scema! Perché non l’hai detto subito?! Vieni immediatamente a casa”

“Ma come diamine farò a essere presentabile per quell’ora?!”

“Tesoro, qui ci sono una star della tv con un indiscusso gusto in fatto di moda, un’ingegnere aerospaziale che nel tempo libero partecipa alle sfilate di Vera Wang  e un’insegnante di fisica applicata che ha più occhio in fatto di colori di Picasso e Leonardo messi insieme. Fidati, qualcosa ce lo inventiamo”

“D’accordo, arrivo subito”

“Sbrigati però, siamo brave, ma non facciamo miracoli”

“Jo?”

“Sì?”

“Grazie”

“Non c’è di che, ora muovi quel bel sedere e vieni qui!”

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