The, not so secret, life of a young woman. di Sweet Madness (/viewuser.php?uid=53296)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Seriously ***
Capitolo 2: *** The Interview, Also Known As Operation Embarass ***
Capitolo 3: *** Party Is Not A Torture. Unless You Are Me ***
Capitolo 4: *** The Day After. An Horror Story ***
Capitolo 5: *** Wait, It Gets Worse ***
Capitolo 6: *** Is He Asking Me Out? Am I Freaking Out? ***
Capitolo 1 *** Seriously ***
FOS1
A/N: Okay, questa è
la mia prima
storia originale, spero vi piaccia!
Summary: La vita di una
giovane
giornalista viene costantemente sconvolta da un sadico scrittore che
guarda
caso è il suo migliore amico, due fantastiche ragazze con
parecchi problemi di
relazione, una sorella minore che ha come unico obbiettivo renderle la
vita
difficile e da lui. Beh, ma lui è tutta un’altra storia...
Seriously?
Ed
ecco che Orlando Bloom si avvicina, lentamente, molto lentamente, con
un
sorriso da sciogliere come minimo l'intera calotta polare in un colpo
solo, ah
lo so che mi vuoi baciare Orly, allora che aspetti? Ah Orly quanto ti
amo!
Ecco, ora mi ha preso per le spalle e... mi scuote?
Apro gli
occhi e chi vedo? Un
indizio: non Orlando Bloom! Invece vedo qualcosa che per alcuni versi
è anche
meglio, vedo il mio migliore amico nonché coinquilino che mi
invita
"gentilmente" a svegliarmi, biascico un "buongiorno Will" e
mi metto a sedere, lui risponde un buongiorno con un’aria un
po’ scioccata
anche se non capisco il perché, poi guardo la sveglia sul mio
comodino, sono un
quarto alle sette, un quarto alle sette, questa specie d’ameba
decerebrata
conosciuta con il nome di William Saunders mi ha svegliata praticamente
all'alba quando non devo andare a lavoro prima delle dieci questa
mattina,
spero per lui che abbia un'ottima motivazione della serie attacco
nucleare, Apocalisse,
i Simple Plan in città o roba simile.
"Will,
carissimo
amico, potrei sapere come mai mi hai svegliato a quest'ora
improponibile?"
gli chiedo con un tono dolce e calmo tipo serial killer, lui rotea gli
occhi e
sospira.
"Auguri
Alyssa"
Auguri? Perché mi fa gli auguri? Per caso mi sposo con il mio
Orly e non me lo
ricordo?
Cavolo!
Oggi è il nove Ottobre, il mio compleanno, come ho fatto a
dimenticarlo? Beh
presto detto, sono particolarmente abile a rimuovere le cose che non mi
piacciono,
e il mio compleanno è tra queste, non sono mai stata una persona
da riflettori
puntati addosso, comunque devo avere una faccia strana perché
Will sospira di
nuovo.
"Sai, sei
la persona
più strana che io abbia mai conosciuto Lys" ah! Senti chi parla!
Rapido
identikit del ragazzo che mi è davanti, alto, magrissimo,
capelli di un biondo
quantomeno improbabile che non può essere definito altro se non
radioattivo ed
occhi di ghiaccio, ma non è questo a farlo essere strano, il
fatto è che il
ragazzo è uno scrittore, di professione, per anni dopo il
college ha scritto
libri che non gli hanno mai fruttato molto, ma lui non si è mai
arreso, anzi ha
sempre perseverato e il suo ultimo libro è stato uno dei libri
più venduti
degli ultimi anni, la cosa strana a cui accennavo prima è che
ora lui è
multimilionario, ma si ostina a vivere in un appartamento (seppur un
bellissimo
attico di Manhattan) che paga quasi interamente da solo con tre
ragazze, una
più shekerata dell'altra, comunque deve aver intuito a cosa
penso perché,
improvvisamente tira fuori un sorriso e mi mette un vassoio sulle
ginocchia.
"Che
bello! La
colazione a letto!" che bello davvero, si vede che è il mio
migliore
amico, tortine di crema e fragole, macedonia, tè freddo al
limone, cioccolata,
questo ragazzo mi vizia.
Mi avvento
immediatamente
sulla colazione mentre il mio amico mi guarda divertito, poi tira fuori
dalla
tasca dei jeans un pacchetto e io gli riservo uno dei miei sguardi alla
se-ci-provi-ti-squarto che però, ne sono consapevole, con lui
non funzionano
più da anni ormai.
"Senti a
me non
importa cosa pensi dei compleanni, io sono un tradizionalista e faccio
i regali
ai miei amici" mi dice lui neanche fosse mia madre.
"Sai in
linea di
massima ti odio, ma comunque grazie di tutto, davvero" dico io sapendo
che
a Will fa piacere festeggiarmi, così prendo il pacchetto che lui
mi porge, è
incartato in una bella carta blu, che purtroppo assomiglia molto a
quella di
una gioielleria, infatti, il contenuto del pacchetto è una
scatolina di velluto
blu con su scritto Tiffany in argento, ecco fatto, lo sapevo, il solito
esagerato, mi tremano le mani, apro il pacchetto e vedo una delle cose
più
belle che abbia mai visto in vita mia, c'è un ciondolo, d'oro
bianco a forma di
giglio impreziosito da piccoli brillanti e da una perla bianca.
"Will non
dovevi, è
stupendo" sono seriamente commossa, lui sorride.
"Stai
scherzando? Non è nient'altro che un piacere farti dei regali,
comunque dato
che ormai sei in piedi, vestiti così fai contente anche Belle e
Joanne"
lui se ne va ed io ritorno al mio sconforto da compleanno, Isabelle,
detta Belle
e Joanne, le mie migliori amiche, io e Belle siamo cresciute insieme,
siamo
amiche da quando all'asilo entrambe preferivamo leggere la versione
integrale
di “Alice nel paese delle meraviglie” piuttosto che
colorare, ah la mia Belle,
un po’ mi assomiglia, siamo entrambe alte e slanciate e molto
pallide, lei però
ha i capelli biondi e ricci e gli occhi marroni, io invece i capelli li
ho
lisci e castani e i miei occhi sono verdi.
Poi
c'è Jo, lei è tutta un'altra storia, l'ho conosciuta qui
a New York, una volta
un ragazzo mi aveva mollata e, anche se non è da me, me ne stavo
in un bar
piangendo su un enorme caffè e lei semplicemente mi si è
avvicinata con un
fazzoletto e una spalla su cui piangere, sicuramente più comoda
di una tazza.
È una
persona fantastica, oltre ad essere un vulcano è bellissima, non
è molto alta,
non come me e Fred, ma è ben proporzionata, ha la pelle scura,
così come gli
occhi e i capelli che sono castano scuro, è la tipica ragazza
del sud, infatti
viene da una cittadina della Florida che lei amabilmente chiama "la
porta
dell'Inferno".
Poi
c'è William, lui non è americano, è inglese, di
Londra, ma si è trasferito qui
quando ha cominciato a frequentare l’università, è
una persona speciale, ho
conosciuto anche lui in un momento non proprio idilliaco, io e la mia
amica
eravamo infastidite da un gruppo d’idioti ubriachi e lui ci ha
difeso in modo
molto cavalleresco riportando numerosi lividi, un occhio nero e una
cicatrice
sul sopracciglio destro, credo sia allora che Belle si sia presa una
cotta per
lui, lei è sempre stata più romantica di me e questo
improvvisato Lancillotto
ha fatto decisamente colpo, e, se devo essere sincera credo che la cosa
sia più
che ricambiata, ma non mi impiccio, ognuno ha i suoi tempi e non voglio
interferire.
Termino la
mia bellissima,
nonché buonissima colazione, mi alzo, faccio uno sbadiglio a dir
poco enorme e
mi dirigo in bagno con i vestiti in mano per prepararmi ad una giornata
che si
preannuncia essere molto, molto lunga.
Appena
esco dalla porta
della mia stanza vengo gettata sul divano da due pazze scatenate che
urlano
auguri in tutte le lingue conosciute e non, mentre Will ci guarda
divertito.
Bravo Will
bravo, deridi la
tua migliore amica, ma me ne ricorderò sappilo.
"Grazie
ragazze, ma
non riesco a respirare" dico io con la voce ridotta ad un sussurro
dalla
mancanza d'aria, le due si staccano, io mi siedo in maniera decente,
ora mi
sono di fronte e Jo nota la collana
"E
questa?" mi
chiede con un sorriso "Da dove salta fuori?"
"E' il
regalo di
Will" e non posso fare a meno di sorridere.
"Che fiore
è? E' molto
bello" Ah la mia Belle, è negata per le lingue.
"E' un
giglio"
rispondo io prima che possa farlo il ragazzo che l'ha comprata.
"Scusate
genietti,
posso sapere cosa c'entra un giglio, cioè è bello, ma ti
vedevo più tipo, non
so, da rosa bianca" Eccone un'altra, Will mi fa segno con la mano per
dirmi che risponde lui.
"C'entra,
che mentre
noi sprecavamo la nostra inutile vita, la ragazza oltre a prendere una
laurea
in giornalismo ne ha presa una anche in lingue occidentali" dice lui
con
aria di sufficienza.
"Sai Will
nonostante
io non sia particolarmente perspicace questo lo sapevo, non insultare
la mia
intelligenza" risponde l’altra.
"Oh non
direi mai una
cosa simile, fammi finire, ora ragazze, sapete dirmi come gli amici e i
familiari chiamano la nostra Alyssa"
"Credo che
a parte il
padre che la chiama Ally, tutti gli altri la chiamino Lys" dice Belle
convinta.
"Esatto e
in francese ‘lys’
significa giglio"
"Ok, io
ora capisco
che tu sei un appassionato di gialli, ma non potevi dircelo subito?"
chiede Joanne scuotendo la testa.
"No,
così è stato più
divertente"
"Sì,
va bene,
comunque, anche noi abbiamo dei regali per te" e detto questo sia lei
che Belle
prendono delle buste dal tavolo che prima non avevo notato, prima
prendo quella
di Jo, è rosa shocking, il suo colore preferito, la apro e tiro
fuori qualcosa
di un bell'azzurro, sembra seta, lo apro del tutto e vedo un vestito
bellissimo, di seta azzurra come avevo supposto, è senza
spalline, a fascia
sopra e ampio sotto.
"Grazie
Jo, lo adoro,
è bellissimo, ed è anche del mio colore preferito!"
"Lo so
tesoro per
questo l'ho comprato, così non avrai più scuse per non
indossare un vestito
decente" sempre la solita, da anni cerca di infondere a tutti la
passione
per la moda e lo stile, con poco successo.
Ora prendo
la busta di Belle,
è verde, la apro e vedo una scatola rettangolare, la tiro fuori
e tolgo il
coperchio, sono un paio di sandali molto belli, con il tacco un
po’ troppo alto
per i miei gusti, ma molto belli, sono argentati e guarda caso
andrebbero molto
bene con il vestito azzurro, sorrido evidentemente, anche le donne agli
opposti
si possono trovare d’accordo su qualcosa quando fanno shopping.
"Vi siete
messe
d’accordo?" chiedo.
"Più
o meno"
risponde l'amica che mi ha fatto il regalo "Comunque grazie Belle, sono
davvero commossa, adoro queste scarpe"
"Almeno
metterai
qualcosa di diverso dalle solite converse" dice Joanne con una smorfia,
quella ragazza odia le converse, lei è più un tipo da
scarpe con il tacco,
ballerine e cose del genere, anche il mio capo odia le converse,
più che altro
odia che io le indossi, dice che sono poco professionali per una
giornalista
importante come me, che io rappresento il giornale e cavolate del
genere.
A
proposito del boss, mi è
venuta un'ideuzza che forse potrebbe salvare dalla festa organizzata
per me
questa sera che consisterebbe in un giro di locali...
Potrei
andare prima a
lavoro dicendo che prima arrivo prima finisco, poi quando ritorno posso
dire
che il boss mi ha fatto lavorare molto oggi e che non me la sento di
festeggiare.
Eh
già, è una scusa ottima,
il mio capo è un despota che da bambino invece di giocare al
‘piccolo chimico’
giocava al ‘piccolo dittatore’ non faticheranno a crederci
Muahahahahah!
"Ehm
ragazzi, io vado
a lavoro, così magari prima vado e prima finisco, ok? Ci vediamo
dopo"
dico prima di fiondarmi a velocità supersonica verso la porta,
prendo al volo
il cappotto dall'appendiabiti ed esco.
Ah il mio
adorato ufficio!
Appena entro sento di essere nel posto giusto, c'è un buon
profumo, ovviamente
di gigli, io non sono così fissata, è Will, da quando per
caso gli ho detto il
significato del mio soprannome, mi ricopre letteralmente di questi
fiori, non
che mi dispiaccia, io li adoro, ma lui se non si è capito tende
a fissarsi
sulle cose, per esempio è soprannominato Spike, chiodo,
perché? Perché è un
fabbro? No, certo che no, perché ama il bricolage? Ma ovviamente
no, perché è
un serial killer che uccide le sue vittime con dei chiodi? Possibile,
ma non è
così, il vero motivo è che il nostro ragazzo aveva deciso
che voleva mettere un
quadro nella sua stanza al college e, dato che è un emerito
incapace e pure
fissato, dopo che il primo chiodo si è piegato rimanendo
conficcato nel muro
non ha pensato che sarebbe stato meglio farlo fare a qualcun altro o,
non so,
riparare prima il buco enorme che aveva scavato con il martello e poi
continuare, no, lui ha continuato imperterrito piantando chiodi nel
muro anche
in posti molto improbabili tipo sopra lo stipite della porta, e, in un
conteggio finale è risultato che di centododici chiodi solo uno
era messo in
modo vagamente accettabile, senza contare i numerosi danni alle pareti
ed ai
mobili che alla fine erano completamente ricoperti di calcinacci.
Ah Will,
sai a volte sembri
uno psicopatico e forse un po’ lo sei...
Improvvisamente
la porta
del mio ufficio alle mie spalle si spalanca sbattendo contro il muro e
io
faccio un salto di qualcosa come dieci metri, mi giro, ma prima ancora
di farlo
so benissimo chi è, solo una persona spalanca le porte in questo
modo senza
neanche la decenza di bussare, mi giro ed infatti chi vedo?
Lei; degna
segretaria del
boss, nonché progenie del demonio, Katherine Leaves (tadadadan
tadadadan ecco
che come in tutti i momenti di tensione che si rispettino ci sono le
note
iniziali della quinta sinfonia di Beethoven), alta, magra, anche
troppo, bionda
e occhi di ghiaccio, più o meno dello stesso colore di William,
ma sono molto
diversi dai suoi, quando guardi Will negli occhi vedi comunque uno
sguardo
vivo, caldo, amichevole, invece il suo è proprio di ghiaccio,
gela le persone,
fa venire i brividi, comunque lei oltre ad essere la persona più
fredda che io
conosca è anche una specie di maniaca, apre le porte degli
uffici così come ha
fatto come il mio perché così coglie di sorpresa le
persone e può impicciarsi
di quello che stanno facendo, credo che abbia notato il salto da record
che ho
fatto e in faccia le si stampa un sorriso compiaciuto.
"Che
c'è Roth,
qualcosa da nascondere?" mi chiede sempre con quel dannato sorriso.
Ma certo
che ho qualcosa da
nascondere, il fatto che ti odio strega e ovviamente anche che oggi
è il mio
compleanno.
"Buongiorno
anche a
lei signorina Leaves, comunque no, io non nascondo nulla, anche se lei
mi sta
nascondendo il motivo della sua visita" Ah sono troppo educata, da come
ci
parliamo sembra che lei sia la giornalista ed io la segretaria del
capo, ma
finalmente dopo la mia risposta il sorrisino scompare e lei ricomincia
a
parlare.
"Il signor
Sullivan ti
vuole vedere" il boss in persona, che vorrà da me alle otto e
mezzo del
mattino? L'unico modo per scoprirlo è lasciare il comfort del
mio ufficio e
avventurarmi in terre inesplorate sperando bene.
Esco dal
mio ufficio con il
mastino che mi segue attraverso la stanza piena di scrivanie, tre
secondi e
sono davanti alla porta dell'ufficio del capo, busso e aspetto.
"Avanti"
mi dice
il capo dopo qualche secondo, io entro e lui mi accoglie con un
sorrisone
venendomi incontro, ah brutto segno, il capo non è mai gentile.
"Alyssa
Roth, la mia
giornalista migliore, prego, accomodati, devo chiederti un favore" oh
pessimo segno, se è così gentile vorrà chiedermi
qualcosa che sa che io non
voglio fare, perché sono venuta presto oggi?
Per
evitare una tortura mi
sono condannata ad affrontarne un'altra, grrr dannato Karma! Dannato
ciclo
cosmico!
Mi siedo
un po’ diffidente,
il capo fa un cenno alla Leaves che esce dalla stanza con un sorriso
compiaciuto sulle labbra, ah, lei lo sapeva brutta strega, io uno di
questi
giorni la squarto quella lì.
"Allora
Alyssa, che mi
racconti eh? Ti trovi bene qui al giornale giusto?" mi chiede con fare
premuroso.
"Certo
signore, mi
piace stare qui" dico io sempre più intimorita da
quest’inaspettata
gentilezza.
"Senti non
voglio
girarci intorno, mi serve un favore da te" ah finalmente lo riconosco.
"Mi dica
di cosa si
tratta e vedrò se posso accontentarla"
"Allora,
ti ricordi
quando facevi tu le interviste?"
"Certo"
Ovvio che
me lo ricordo, non mi piaceva molto, ma i lettori mi adoravano
perché,
innanzitutto non era la solita intervista, oltre alle solite domande ne
facevo
anche di ehm particolari, poi scrivevo anche delle mie impressioni e i
miei
pensieri, cose di questo genere, poi però grazie a queste
interviste i capi
hanno visto il mio potenziale e mi hanno affidato la pagina
dell'opinionista
dove posso esprimere le mie idee, e poi occasionalmente faccio anche
dei pezzi
di cronaca, allora il mio posto l'ha preso un ragazzo, un certo Samuel
Anderson, un tipo non proprio simpaticissimo, ma abbastanza bravo.
"Ok, poi
ovviamente
sai che il tuo posto l'ha preso Anderson"
"Sì
certo"
"Bene,
quell'idiota è
passato al San Francisco Cronichles e ci ha lasciato scoperta la
rubrica,
quindi volevo chiederti di coprirla, sarà solo per un po’,
te lo prometto"
"Ma io ho
anche il mio
di lavoro!" protesto.
"Lo so, lo
so, ma
davvero, sarà solo per qualche tempo, finché non troviamo
un'altro"
"D’accordo"
dico
io rassegnata.
"Ok
benissimo"
dice lui tutto contento, stile gongolo dei sette nani "la tua prima
intervista è questa mattina alle undici al ‘Four
Season’, sai arrivarci
giusto?"
"Oggi alle
undici? Ma
è impossibile, non so neanche chi devo intervistare, non ho le
domande pronte,
non sono preparata"
"Oh dovrai
intervistare un architetto, quello che sta progettando quel grande
edificio a
sud di main street, mi sembra si chiami Liam O'Connor"
"Oh grazie
boss, tu sì
che sei veramente d'aiuto" ride, che si ride voglio sapere, mi ha messo
in
un bel casino, e ora che faccio?
L'unica cosa possibile credo sia chiudermi in
ufficio a studiare la biografia ed il progetto di questo Liam.
Liam,
sarà scozzese? O
magari è irlandese, comunque, non è questo il mio
problema più grande adesso.
Esco di
corsa dall'ufficio
e trovo la Leaves dietro la porta, probabilmente è rimasta ad
ascoltare la
nostra conversazione, ma non me ne curo più di tanto, vado a
passo spedito
verso l'ufficio, chiudo la porta a chiave, tanto per evitare altre
incursioni,
e mi siedo alla mia scrivania pregando perché il computer non ci
metta troppo
ad accendersi.
Ormai sono
le dieci e
mezza, da questa mattina sono riuscita a bere la bellezza di tre
caffè e ora
sorseggio il quarto mentre mi sbrigo per non fare tardi all'intervista
a
tradimento.
In un'ora
circa sono
riuscita ad imparare metà della vita di questo tizio e del suo
progetto,
purtroppo non ho trovato foto quindi dovrò andare alla ceca
sperando di non
trovare psicopatici sulla via, all'improvviso squilla il telefono,
metto una
mano nella tasca del lungo cappotto nero che indosso e tiro fuori il
telefono.
"Pronto?"
"Ehi Lys
sono
Will"
"Oh ciao Will, è successo qualcosa?"
"No, no
stai
tranquilla, il fatto è che ti ho chiamata al telefono
dell'ufficio, ma quella
strega della segretaria mi ha detto che non c'eri aggiungendo che non
è
permesso usare il telefono per chiamate personali in ogni caso,
comunque volevo
sapere dov'eri"
"Ah, non
puoi capire,
Anderson, quello delle interviste se n’è andato e
Sullivan, con un preavviso di
due ore, mi ha mandato a coprire un suo servizio, guarda sono a dir
poco
incavolata" mentre parlo guardo l'orologio che ho al polso, cavolo
è tardi
e mi manca ancora un bel pezzo fino all'hotel.
"Mi
dispiace, ma
riesci ad esserci per la cena?"
"Sì,
credo di sì, sarò
molto stanca, ma ci
saròòòòòò" mentre parlavo non
facevo molta attenzione
alla strada e sono inciampata, chiudo gli occhi aspettando l'impatto.
Ehi non
c'è nessun impatto!
Riapro gli
occhi e mi trovo
davanti una faccia, una bella faccia, mi guardo un attimo attorno, sono
in
posizione eretta, guardo il mio salvatore, mi prenderà per una
cerebrolesa, ma
non riesco a staccare gli occhi da lui, è bello come un angelo,
è alto, molto
alto, i capelli sono castani così come gli occhi, a costo di
ripetermi, è
veramente bellissimo.
"Sta bene
signorina?" mi chiede lui, *sospiro sognante*, ha anche una voce
bellissima.
"S-sì,
non è niente,
grazie"
Lui
sorride ed entra in un
taxi, io lo guardo andare via tipo ebete, poi ritorno in me, sento
qualcuno che
mi chiama in lontananza, cavolo ho lasciato Will al telefono!
"Lys ci
sei? E' tutto
ok?"
"Sì
eccomi, ero
inciampata"
"Sei
sempre la solita,
ora sbrigati però o farai tardi ci vediamo dopo, ciao"
"Ciao"
ancora un
po’ intontita mi dirigo velocemente verso il luogo
dell'intervista sperando di
non arrivare troppo in ritardo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** The Interview, Also Known As Operation Embarass ***
FOS2
The Interview, Also Known As
“Operation Embarrass”
Arrivo al
‘Four Season’ con
ben dieci minuti di ritardo, mi precipito dentro, chiedo alla reception
dove si
trova la sala della rosa e, una volta individuata, entro come una furia
catturando il primo dipendente che trovo, è una ragazza.
"Salve, mi
servirebbe
un'informazione"
"Sì,
mi dica
pure"
"Sto
cercando una
persona è l'architetto Liam O'Connor"
"Sì
guardi, è seduto
ad un tavolo sulla sinistra, accanto ad una colonna"
"Mi scusi
ancora
signorina, può dirmi che aspetto ha" chiedo sentendomi un
po’ stupida, lei
sorride cortese.
"Certo,
guardi è un
bel ragazzo, alto, ben piazzato, bruno, occhi scuri"
"Lei mi ha
salvato la
vita grazie" le sorrido, lei ricambia e poi va via, io entro e mi
guardo
un po’ intorno, non c'è molta gente, ci sono un paio di
ragazzi castani, ma
dato che uno è in compagnia di una ragazza presumo che l'altro
sia la mia
intervista, è di spalle, mi avvicino frettolosamente, e mentre
ancora gli sono
dietro gli faccio la fatidica domanda.
"Mi scusi
lei è Liam
O'Connor?"
"Sì"
mi porto di
fronte a lui senza neanche guardarlo in faccia, sono imbarazzatissima,
è tanto
che non faccio interviste e oltretutto sono anche in ritardo.
"Ahh, mi
scusi molto
il ritardo, sono davvero mortificata"
"Ma sei
tu!"
cosa? Chi sono io? Questa voce mi è familiare, alzo lo sguardo e
chi vedo? Sì
proprio lui il tizio che mi ha salvato da una rovinosa caduta solo
mezz'ora fa!
"Oh salve,
sì lei mi
ha salvato da una caduta storica" mi siedo.
"Oh dammi
del tu, ma
scusa tu non sei troppo giovane per lavorare al ‘Times’?"
chissà perché mi
fanno tutti questa domanda.
"Più
o meno"
sorrido, magari così non noterà il mio imbarazzo, cavolo
solo a me succede che
in una città enorme come New York il tizio che mi ha salvato la
vita sia anche
la mia intervista!
"Allora tu
devi essere
Alyssa Roth, sai leggo tutti i tuoi articoli, mi piace come scrivi e le
tue
interviste, le ho sempre trovate divertentissime, ma come ti dicevo, ti
credevo
un po’ più vecchia" sorride, cavolo quant'è carino,
io divento bordeaux,
ne sono certa, quando sono in imbarazzo divento di un colore
indefinibile stile
l'allegro orto in rosso (pomodoro, peperone, peperoncino, ecc...).
"Grazie,
ma anche tu
sei molto giovane per essere un architetto di fama internazionale, se
non
sbaglio hai solo ventisei anni"
"No, non
sbagli e
grazie per il complimento, ma sai com'è io ho cominciato molto
presto ancora
all'università un famoso architetto mi ha preso sotto la sua ala
per così dire e
mi ha fatto muovere i primi passi in questo campo"
"Certo,
Ernesto
Scavo"
"Ah, ma
allora hai
fatto i compiti!" sorrido da ebete, credo che questa volta mia
asterrò
dall'esprimere giudizi personali su quest'intervista, credo che la buon
costume
non approverebbe i miei commenti decisamente vietati ai minori, sto per
rispondere quando gli squilla il telefono.
"Ah ciao,
no non
preoccuparti, cosa? Oh sì io non ho problemi, perfetto, allora a
stasera"
attacca e io continuo a guardarlo come un ebete, ma lui lo sa l'effetto
che fa
alle donne? Ma soprattutto lo sa il governo? Questo ragazzo potrebbe
essere
usato al posto delle armi, si fa entrare dentro una stanza e tutti
sarebbero
così concentrati a guardarlo che non si accorgerebbero neanche
di essere
ammanettati.
"Scusami
era un mio
vecchio amico, dovevamo pranzare insieme, ma ha rimandato a questa
sera"
perché me lo sta dicendo? Forse ha frainteso il mio sguardo da
merluzzo per uno
sguardo interrogativo, comunque, io sono qui per un'intervista
ricordiamocelo,
è ora di cominciare.
"Senti ti
va se
cominciamo, no perché ho circa una miliardo di domande da porti"
ride, beh
è un buon segno se ride, credo, ma forse lui pensa che io stia
scherzando,
strano perché mi hanno sempre detto che io non sembro il tipo
che lo fa e
infatti non scherzavo, solo negli ultimi cinque minuti mi sono venute
in mente
un centinaio di domande tipo sei impegnato? Che fai domani sera? Puoi
toglierti
la camicia? E cose di questo genere.
Ormai ho
perso
completamente la cognizione del tempo, per quanto ne so potrebbe essere
passato
un secolo da quando mi sono seduta qui, l'intervista è quasi
finita, mi fa male
la mascella da quanto ho riso e ho scoperto che quello che ho davanti
è l'uomo
perfetto, oltre al suo aspetto c'è molto di più, ed
è anche meglio, è
simpatico, intelligente, brillante, gentile, generoso e potrei metterci
una
vita ad elencare tutte le sue qualità ed inoltre ho scoperto che
è single, devo
essere sincera ho spacciato per una domanda dell'intervista una domanda
che mi
premeva a livello personale, ma andiamo, potevo fare di peggio!
Guardo
l'orologio, cavolo,
è già l'una e mezzo, credo che abbia altri impegni a
parte farsi tartassare di
domande da una giornalista impicciona, perciò gli faccio
l'ultima domanda.
"Ecco,
abbiamo
concluso"
"Davvero?
Ma che ore
sono, cavolo, non mi ero accorto fosse passato tanto tempo, forse
perché mi
stavo divertendo" e sorride, e io divento di nuovo cremisi, ma è
possibile
che non mi si possa fare neanche un mezzo complimento che io arrossisco?
"Beh
è stato un
piacere" dico cercando di fare la disinvolta.
"Lo
è stato anche per
me" rimango lì tipo idiota per circa mezzo minuto prima di
ricordarmi che
quello è un congedo e io devo andarmene, così mi alzo,
prendo le mie cose e
anche lui lo fa, mi giro e faccio per andarmene quando lui mi ferma.
"Ehm
Alyssa aspetta un
attimo" mi giro, sembra sul punto di chiedermi qualcosa, forse vuole
sapere quando uscirà l'intervista.
"Sì,
l'intervista
uscirà tra due settimane, se non fanno scherzi Venerdì"
lui sorride e
scuote quasi impercettibilmente la testa.
"Ti
ringrazio, e spero
di rivederti" ah le frasi di circostanza, le adoro.
"Anch'io
lo
spero" sì ma io dico seriamente.
"Allora
ciao"
"Ciao" e
questa
volta me ne vado sul serio.
Guardo
distrattamente
l'orologio del computer e poi torno di nuovo alla pagina bianca,
è da quando
sono tornata dall'intervista che è così, non è da
me, io in genere i miei
articoli li scrivo il giorno stesso, non mi piace aspettare l'ultimo
minuto, ma
oggi non riesco a scrivere niente a parte il titolo.
Non lo so,
forse
inconsciamente sto cercando una scusa per chiamarlo, tipo, “sai
c'è stato un ritardo
l'intervista sarà pubblicata un altro giorno” o roba del
genere, cavoli com'è
complicato.
Improvvisamente
vedo
l'orologio invece di guardarlo e noto che ormai sono le sei di sera,
allora
spengo l'apparecchio, esco dal mio ufficio, chiudo a chiave la porta
per
evitare spiacevoli intrusioni nel mio spazio privato e mi dirigo a casa.
Prendo un
taxi, non ho
nessuna voglia di festeggiare stasera e questa volta mi farò
valere costi quel
che costi!
Grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Party Is Not A Torture. Unless You Are Me ***
FOS3
Party Is Not A Torture. Unless You
Are Me.
Entro in
casa, Isabelle e Joanne
corrono avanti e indietro con in mano scarpe, trucchi e fermagli per
capelli,
Will invece è seduto sul divano con la tv accesa su uno sport,
qualcosa tipo
football, se non è hockey o basket non mi interessa.
Appena
chiudo la porta si gira
verso di me, si alza e mi viene incontro.
"Com’è
andata?"
"Bene, ma
sono un po’
stanca" dico con una voce da malata terminale.
"Lo so, mi
dispiace,
comunque, non sai cosa mi è successo oggi" mi dice lui
illuminandosi.
"Dimmi"
dico io
con interesse, a Will succedono sempre cose molto interessanti,
sospetto che il
suo talento letterario si estenda nella vita reale, ma almeno non mi
annoio mai
quando mi racconta come gli è andata la giornata.
"Insomma,
tu sai che io sono londinese no?" annuisco "Beh quando ero piccolo
nella mia scuola arrivò un bambino irlandese, diventammo subito
come fratelli,
poi però io andai a Yale, invece e lui andò
all'università di Los Angeles e ci
perdemmo un po’ di vista, ma lui ora si è stabilito qui,
oggi l'ho rivisto e
l'ho invitato a cena con noi, sai all'inizio dovevo vederlo a pranzo,
ma dopo
che ci siamo sentiti ho spostato l'appuntamento" conclude con un
sorriso
compiaciuto.
Oggi ho
avuto la conferma
che il mio migliore amico è la progenie del demonio, infatti
tira fuori uno
sguardo alla ti-ho-scoperta-non-hai-scampo-devi-venire-per-forza,
cavolo mi si
capisce così bene?
"Ok vado a
prepararmi" dico con una voce da funerale.
Riemergo
dalla mia stanza
alle sette e mezzo circa dopo aver fatto la doccia ed aver fatto i
boccoli ai
capelli, indosso una camicia bianca, dei jeans, il vestito e le scarpe
che mi
hanno regalato, Belle mi guarda sorridendo.
"Sai, sei
veramente
bellissima" mi dice convinta.
"Sì,
ma sai scoprire
un po’ di pelle in più non ti farebbe male" dice Joanne
pensando come al
solito che io debba rimorchiare qualcuno.
“Joanne
è il nove Ottobre,
non il quindici d’Agosto, fuori fa freddo” le rispondo
calma e pacata stile
pazzo criminale.
Okay, lo
ammetto sono
nervosa e non è solo per la giornata, il fatto è che io
odio i locali, innanzi
tutto si balla ed io non sono proprio coordinatissima, cado circa
trenta volte
al giorno, di più se non ci fossero queste anime buone dei miei
amici che
quando possono mi prendono al volo, poi c’è il rumore,
l’insopportabile rumore
delle discoteche, a me piacciono i posti tranquilli dove si possa
parlare in
santa pace con i tuoi amici senza bisogno di urlare, e per ultimo, ma
non per
importanza, gli ambienti claustrofobici dei locali in cui la gente sta
schiacciata come sardine sott’olio, ma perché non riesco
mai a dire di no?
Ad un
tratto però vengo
scossa dallo squillare di un telefono, alzo gli occhi e vedo Will che
risponde
prontamente al suo
“Pronto?
Ah ok non c’è
problema. Sì guarda è “La rosa italiana”
sulla centotrentanovesima. D’accordo
ci vediamo lì a dopo” già me ne ero momentaneamente
dimenticata, c’è anche il
misterioso sconosciuto, così non solo umilierò me stessa
in presenza dei miei
amici che comunque mi vorrebbero bene anche se avessi tre teste e cento
occhi,
ma ora c’è anche questo tizio.
Ah
succedono tutte a me!
Belle mi
tocca gentilmente
la spalla e mi sorride.
“Lys
tutto ok? Guarda che
se non vuoi uscire possiamo rimanere a casa” ah, la mia Belle, ha
capito subito
che c’era qualcosa che non andava, ma non voglio rovinare loro la
serata, in
fin dei conti non morirò di certo per qualche ora in discoteca.
Ok mi
sbagliavo, questa
sera morirò di certo, il fatto è che non avevo fatto i
miei calcoli con i
tacchi che indosso, mi sembra di aver accennato al mio scarsissimo
equilibrio,
beh questa sera si sta manifestando in tutta la sua magnificenza, sarei
già
caduta tre volte se Joanne non mi avesse preso al volo e non siamo
neanche
arrivati al ristorante!
Una volta
arrivati Will ci
apre la porta e ci fa entrare
“Will
scusa, ma non
dobbiamo aspettare il tuo amico?” chiedo entrando nella sala
“No,
ha detto che ci
raggiungeva dentro e di non aspettarlo fuori perché fa
freddo” mi risponde
Will, beh almeno sappiamo che è una persona gentile.
Quando
siamo tutti dentro
un maitre di sala ci si avvicina.
“Salve
signori, posso
aiutarvi?” chiede con gentilezza.
“Sì
grazie, un tavolo per
cinque a nome Saunders” risponde il mio amico.
“Prego,
da questa parte”
dice l’uomo mentre ci conduce verso un tavolo un po’
appartato, il mio amico mi
fa sedere a capo tavola e poi prende posto alla mia destra mentre le
mie amiche
si siedono alla mia sinistra e cominciamo a parlare del più e
del meno per un
paio di minuti prima che una splendida voce molto profonda ci
interrompa, io mi
giro tra lo sconvolto e l’estasiato e chi vedo?
Un
indizio, è l’uomo
perfetto, din din din abbiamo un vincitore, è proprio lui il
troppo-bello-per-essere-vero Liam O’Connor che mi viene incontro
con una mazzo
di fiori.
Improvvisamente
il
campanello che sento nella testa da quando sono tornata a casa acquista
molto
più senso, probabilmente il mio adorato cervellino aveva
già collegato tutti
gli indizi, ma io ero un tantino troppo occupata per accorgermene.
“Ciao
Will” si avvicina,
poi mi guarda e gli si accende la lampadina.
“Ehi,
ma tu non sei Alyssa
Roth? Non sapevo fosse il tuo compleanno” dice e mi porge i fiori
che io prendo
con un sorriso ebete sul volto, poi una vocina nella mia testa mi
ordina di
respirare ed io prontamente obbedisco pensando che sicuramente ho
ucciso un
paio di neuroni .
“Vi
conoscete?” chiede Will
con un tono finto sorpreso che sembra dire “so benissimo che vi
conoscete ed ho
fatto tutto questo per farvi capire senza ombra di dubbio che sono
meglio di un
agente della CIA” ok l’ultima parte era un tantino
esagerata, ma il succo è
quello.
Comunque
l’uomo perfetto
risponde anche per me, il che è un bene dato che lo shock credo
mi abbia
danneggiato permanentemente il cervello.
“Già,
hai presente
l’intervista che dovevo fare oggi, è stata lei ad
intervistarmi” dice lui con
un sorriso che fa sembrare il sole un frigorifero.
“Ah,
ma davvero?” chiede Jo
lanciandomi un’occhiata che praticamente riassumeva tutto un
discorso che
tradotto in linguaggio verbale sarebbe qualcosa come: “Sei
un’idiota, hai conosciuto
il ragazzo più bello dell’intero pianeta terra,
innanzitutto non mi hai detto
nulla e già per quello meriti una morte lenta e dolorosa, ma
soprattutto
carciofa come sei sicuramente non ci hai nemmeno provato e per questo
meriti la
massima pena, le mie continue ed insistenti frecciatine e battute che
ti
metteranno in imbarazzo fino al giorno in cui morirai ed anche oltre,
perché
dopo il tuo trapasso i tuoi nipoti racconteranno ancora la storia ed
inventeranno nuove prese in giro”.
Intanto
Liam si è seduto
accanto a William e mi guarda con una faccia un po’ strana, forse
sta male, o
forse è un po’ in imbarazzo, in fin dei conti appena
qualche ora fa gli ho
chiesto la cronaca dettagliata della sua vita e del suo lavoro mentre
lui di me
non sa nulla se non le informazioni che gli ha dato Will, che non
devono essere
state molte dato che non aveva la più pallida idea di chi fosse
la coinquilina
del suo amico.
La cena
è veramente
piacevole, Joanne non ha fatto battutine, anche se vedo che ogni tanto
scrive sulla
sua agenda, forse se le è segnate per dopo, Belle invece non fa
altro che
lodarmi (credo di essere arrossita almeno quarantasette volte) e Will e
Liam
parlano dei bei tempi in Inghilterra raccontando ognuno aneddoti
divertenti.
Sì,
nel complesso mi diverto
molto, è molto meno peggio di quanto immaginavo, certo la parte
difficile deve
ancora arrivare, ma credo che potrei anche cavarmela e tornare a casa
tutta
intera.
Dopo la
cena ci dirigiamo
tutti verso il locale preferito di Jo, si chiama “ACF” non
chiedetemi cosa
significa, non ne ho la più pallida idea, comunque sono riuscita
ad arrivarci
senza cadere neanche una volta, credo che sia la prima volta in tutta
la mia
vita.
Arrivati
al locale
riusciamo ad entrare quasi subito, soprattutto grazie a Joanne che
comincia a
farsi un nome nel mondo della televisione, da quando ha ottenuto un
ruolo in
quella soap, com’è che si chiama? Non me lo ricordo, le
soap non sono il mio
genere, comunque da quando lo ha ottenuto la gente non fa altro che
fermarla
per strada per gli autografi, la fa passare davanti al supermercato, al
ristorante magicamente si libera sempre un tavolo e cose del genere.
Una volta
entrati mi prende
un micro infarto.
Tanta
gente.
Troppa
gente.
Poi
però Belle mi scuote e
mi riprendo, ok non è niente, che sarà mai un po’
di folla?
Non
è passata neanche un’ora e io sono fuori seduta sulle
scale di un negozio
dall’altra parte della strada a leggere, non fraintendetemi io
non sono
un’asociale, anzi sono un tipo socievole, ma i locali li odio con
tutta me
stesso, odio la calca, non so ballare e non capisco proprio la musica
house,
sul serio per me è un’accozzaglia di suoni presi a caso,
preferisco di gran
lunga il rock, il punk e la musica classica.
Troppo
impegnata nelle mie riflessioni non mi accorgo che qualcuno mi si
accomoda
accanto.
“Anche
io detesto i locali” altro infarto, ma ditemi la verità i
miei amici vogliono
liberarsi di me?
“Non
è che li detesto…” dico cercando di ricollegare il
cervello mentre la creatura
più simile ad un angelo che abbia mai conosciuto mi è
seduta vicino.
“È
che non li sopporti” continua lui ridendo, evviva un altro
infarto!
“Esattamente”
rispondo sorridendo.
“Posso
farti una domanda?” mi chiede, non dovrebbe neanche porsi il
problema, io l’ho
intervistato solo stamattina.
“Spara”
“Come
mai hai accettato di venire qui se a te non andava?” wow, il
nostro sarà un
matrimonio semplice, avremo quattro figli e vivremo in una villa a San
Francisco.
“Perché
ai miei amici faceva piacere, loro fanno molto per me, una volta che ho
l’occasione di ripagarli mi fa piacere” sorvoliamo sul
fatto che fino a qualche
ora fa cercavo disperatamente di evitare tutto questo.
“Senti
ti va di fare una passeggiata?” mi chiede (sto forse sognando?
Perché se è così
non svegliatemi) speranzoso?
“Certo”
e come poteva essere altrimenti? Mi alzo, mi spolvero per bene e
cominciamo a
camminare.
“È
una bella serata non trovi?” mi domanda guardando il cielo,
effettivamente è
proprio bella, il cielo è limpido e nonostante
l’inquinamento luminoso di New
York si vede anche qualche stella.
“Sì,
ma non prendermi per pazza preferisco la pioggia”
“E
tu lo stai dicendo ad uno scozzese?” ride e il mio cuore perde un
battito.
“Già
tu ci avrai praticamente convissuto tutta la vita?” ma certo!
Pronto! È
scozzese! Che idiota che sono!
“Sì
e anche se il Sole non mi dispiace, l’unico modo in cui riesco a
fare un
disegno decente è con la pioggia che mi batte sui vetri”
dice con un sorriso
che al confronto il Sole sembra una lampadina.
“Ti
capisco, i miei articoli migliori li ho scritti con la pioggia, non so
perché,
ma il rumore della pioggia estranea qualsiasi altro rumore, e in una
città come
questa è tutto dire, rendendomi molto più semplice
trovare l’ispirazione e
concentrarmi” Oh no, cavolo! Ho cominciato a sproloquiare! Ma
dove caspita è un
killer professionista quando serve? In questo momento mi accontenterei
anche di
un ubriaco con una pistola, anche se pensando a chi ho vicino
probabilmente si
beccherebbe anche una pallottola al posto mio.
Mi
volto all’improvviso e vedo Liam che mi fissa.
“Che
c’è?” chiedo di getto e arrossendo, il fatto è
che detesto quando la gente mi fissa, mi fa sentire a disagio.
“Niente,
è che quando ti perdi nei tuoi pensieri, fai delle facce
strane” No, vi prego
ditemi che non è vero! Perché la strada non ti
inghiottisce mai quando serve?
“Più
che strane, direi bizzarre, ma molto carine” Ossigeno! Ossigeno!
Ho bisogno di
OSSIGENO!
“Grazie”
rispondo con un filo di voce dimostrando ancora una volta che nelle
situazioni
di stress riesco a sostenere una conversazione meno interessante e meno
articolata dei gorgheggi di un neonato.
Dannazione
trova qualcosa di interessante da dire! Insomma sei una cavolo di
plurilaureata!
“Allora,
come mai sei qui a New York se il tuo studio è a Los
Angeles?” finalmente una
domanda intelligente.
“Sto
sistemando degli affari, vedendo case ed uffici”
“Ti
vuoi trasferire?” No, lo fa per sport! Ribadisco il concetto,
sono
completamente idiota.
“Sì,
Los Angeles mi ha stancato” dice con un’adorabile faccia
annoiata.
“Non
ci credo, in tutta la mia vita non ho mai sentito di una persona che si
fosse
stancata di Los Angeles, è una di quelle città che ami o
che odi, senza mezzi
termini”
“Sì,
in un certo senso è vero, ma il fatto è che io non
l’ho mai davvero amata, ho
solo imparato a viverci e adesso che grazie al mio lavoro ho la
possibilità di
andare ovunque ho deciso che è il momento di andare in un posto
che amo”
“E
hai scelto New York?”
“Sì,
New York è perfetta, ci sono colori, sapori, persone da tutto il
mondo, il
posto ideale per creare” e lo dice con uno sguardo così
ispirato che devo
seriamente trattenermi dal baciarlo.
“Ti
capisco, per me non esiste altra città all’infuori New
York, ci sono nata e
conto di rimanerci”
All’improvviso
mi rendo conto che siamo andati parecchio lontano, mi guardo indietro e
vedo le
luci del locale molto sfocate allora prendo un astuccio dalla borsa,
tiro fuori
i miei bellissimi occhiali e li indosso.
“Non
sapevo portassi gli occhiali” mi dice ‘the perfect
man’ inclinando un po’ la
testa per guardarmi meglio.
“Sì,
stamattina li avevo dimenticati, ma sono miope e da una certa distanza
non vedo
un tubo” ora ci vedo decisamente meglio.
In
alta definizione è ancora più bello.
Mi
volto di nuovo, le luci del locale sono ancora sfocate, ma molto meno,
tanto
che posso vedere Belle che mi fa cenno dall’entrata.
“Allora
è per questo che stamattina sei quasi caduta” asserisce
con un sorriso
divertito.
“No,
quello purtroppo accade in continuazione” rispondo con una
smorfia, meglio
cambiare argomento “Credo sia il momento di tornare indietro,
Belle ci sta
chiamando” sembra scendere dalle nuvole.
“Sì,
ok” e torniamo indietro, lui bello come sempre, io che cammino ad
un metro dal
suolo.
Adesso
sono più o meno le tre del mattino, sono a casa da circa una
mezz’ora e i miei
coinquilini sono già crollati, invece io non faccio altro che
girarmi e
rigirarmi nel letto, non che io non sia stanca, anzi, sono distrutta,
il
problema è che non faccio che pensare.
Non è normale,
non per me almeno, un ragazzo per
quanto bello fosse, non mi ha mai fatto perdere il sonno, io sono una
di quelle
persone che non crede che l’amore possa farti perdere le normali
funzioni
vitali, non ho mai smesso di mangiare perché pensavo a qualcuno,
non sono mai
stata distratta da pensieri d’amore e, come dicevo, non ho mai
perso il sonno.
Sono arrivata ad una
conclusione, non è il pensiero
di Liam a non farmi dormire, probabilmente ho bevuto troppo
caffè, è normale
no? Se bevi tanto caffè non dormi.
Maledetta coscienza
che mi dice che mi sto
allegramente prendendo in giro da sola!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** The Day After. An Horror Story ***
FOS4
The Day
After. An Horror Story.
“E questo era
tutto vi ringraziamo per aver seguito
il telegiornale delle 20 e 30 sulla CNN, vi auguriamo una buona
serata!”
Cavoli che sogno
strano! Stavano mandando in onda il
telegiornale della CNN dalla mia cucina, devo decisamente smettere di
mangiare
tanta cioccolata prima di andare a dormire, non mi fa affatto bene,
comunque,
devo raccontare il mio sogno a Will prima di dimenticarlo.
Lui tiene una specie
di resoconto dei miei sogni,
dice che quando non ha ispirazione se li rilegge e viene talmente
colpito dalla
fantasia che dimostro anche quando dormo che la sua ispirazione ritorna
da lui
con la coda tra le gambe.
Insomma, mi alzo dal
letto senza neanche avere il
coraggio di guardarmi allo specchio, so di essere in condizioni a dir
poco
indecenti, ma tanto a chi interessa?
Apro la porta quel
tanto che basta per spiare fuori
e vedere Will sul divano, mi viene un’idea, perché non
fargli prendere un
colpo? Così, tanto per fargli sapere che non è mai al
sicuro.
Apro ancora un
po’ la porta con circospezione e mi
fermo appena in tempo dall’urlare “Boo!” quando vedo
Liam che beve del caffè
seduto sul divano di casa mia, allora, rientro lentamente e senza fare
rumore.
“Che faccio? Che
faccio? Che faccio?” mi chiedo
cominciando a camminare avanti e indietro e muovendo le mani come se
fossi
un’invasata, lo ammetto, sto andando nel pallone, ora mi viene un
attacco di
panico, io non sono in grado di gestire l’ansia, anzi, non sono
in grado di
gestire nulla figuriamoci uno dio greco nel mio soggiorno!
Aspetta, ragiona
brutta idiota, apro la finestra e
respiro a fondo.
Respira.
Respira.
Ok, ora sto meglio, la
cosa migliore che posso fare
è prepararmi e vestirmi come sempre e sperare che per quando
sarò pronta lui
sarà andato via.
Non è che non
voglia vederlo, voglio dire, fosse per
me non farei altro dalla mattina alla sera, ma già le mie doti
di conversazione
sono scarse di mattina, se poi ci mettiamo anche che davanti a lui
perdo
completamente ogni facoltà mentale non è proprio una
passeggiata di salute.
Mi faccio una doccia
di minimo dieci minuti e mi
prendo tutto il tempo necessario e non per vestirmi.
Indosso una minigonna
di jeans scura, un maglione
azzurro, delle calze nere e un paio di converse dello stesso colore del
maglione.
Bene sono pronta, lo
so, lo so, questo abbigliamento
non è proprio consono alla mia posizione nella società,
ma so che al capo da un
fastidio tremendo e dopo il brutto tiro che mi ha giocato ieri se lo
merita
senza alcun dubbio.
Certo, ho conosciuto
Liam, ma questo mi ha
complicato notevolmente la vita, quindi anche lui si merita la sua dose
di
grattacapi.
Sì, okay,
meglio darsi una mossa, altrimenti qui ci
facciamo notte.
Apro lentamente la
porta quel tanto che basta per
vedere se quei due sono ancora lì a spettegolare.
Cavolo! Ma nessuno dei
due ha qualcosa di meglio da
fare, io capisco che non si vedono da dieci anni, ma proprio di prima
mattina
si devono incontrare? Va bene, sono le dieci del mattino, ma per me
è prima
mattina fino alle quattro del pomeriggio.
Un’idea
straordinaria, usiamo la scala
anti-incendio. Ecco fatto, sono arrivata, adesso ho anche un disturbo
dissociativo della personalità.
Apro la finestra che
da sulla scala esterna, esco
fuori con un po’ di accortezza (siamo pur sempre ad un ultimo
piano) e scendo
le scale.
Piano. Piano. Piano.
Ecco, sono arrivata
all’ultimo piano finalmente,
mando giù l’ultimo pezzo di scala, mi giro e comincio a
scendere.
“Ti prego non
dirmi che sei diventata una
salutista!” chiede una voce familiare dietro di me, così
familiare che perdo
l’equilibrio e cado all’indietro, quando riapro gli occhi
vedo una ragazza
bionda ed abbronzata che mi guarda con un sopracciglio alzato ed una
smorfia
divertita sulla faccia, mi rialzo un po’ dolorante e la abbraccio.
“Hey Morgan
sorellina che ci fai qui?” chiedo
sorpresa.
“Che
c’è, ora non posso più neanche fare visita a
mia sorella?”
“Sì,
certo che puoi, ma in genere avverti prima di
venire qui da Los Angeles”
“Lo so, ma
volevo farti una sorpresa per il tuo
compleanno, e anche se in ritardo sono qui. Sorpresa!” dice lei
allargando le
braccia ed agitando le mani come una ballerina di cabaret.
Non ci posso credere,
mi ci mancava solo mia
sorella, non fraintendetemi, le voglio bene, ovviamente la adoro,
voglio dire è
mia sorella, ma diciamo che quando lei è in città, le
cose cominciano
sistematicamente ad andare male, ora non che io insinui un collegamento
tra la
sua presenza e la mia sfortuna, ma diciamo che uno il quesito se lo
pone.
“Allora,
perché scendi dalle scale antincendio?
Serata interessante?” mi chiede ammiccando sull’ultima
domanda, ma si può
sapere perché si sono fissati tutti quanti sulla mia vita
sentimentale? Ma che
c’è un’epidemia di ficcanasaggine?
“No, sai
com’è, solo un po’ di esercizio mattutino,
mangiato parecchio ultimamente” che c’è? Mi pagano
per scriverle le storie, non
per inventarle.
“E non potevi
usare le scale come tutte le persone
normali?” mi chiede alzando di nuovo il sopracciglio cosa che,
per la cronaca,
trovo molto irritante.
“Già,
chissà perché non ci ho pensato” okay, sul
serio, non la odio, lo so che sembra così, ma non è un
eufemismo quando dico
che vicino a lei le cose cominciano inesorabilmente ad andare male per
me,
voglio dire, basta guardarla!
Ventiquattro anni di
puro fascino e bellezza, occhi
azzurri, capelli biondi e un carisma da far invidia anche a Nelson
Mandela, si
potrebbe pensare che abbia l’intelligenza di una rapa e invece
no, si è appena
laureata in ingegneria aerospaziale e sta già collaborando con
la NASA su un
progetto, qualcuno mi dica come fa una ragazza “normale”
come me a reggere il
confronto.
“Allora sorella,
raccontami, come è andato il tuo
compleanno?”
“Bene, il tuo
viaggio?” ancora una volta la mia
capacità linguistica nelle situazioni di stress mi sconvolge,
è una fortuna che
non abbia scelto la carriera di negoziatore di ostaggi, con le mie doti
avrei
fatto uccidere tutte le persone rapite e i sequestratori si sarebbero
suicidati
dalla disperazione.
“Oh, fantastico!
Soprattutto perché l’agenzia mi ha
interamente pagato il volo in prima classe” che dicevo, ah
sì, non è che la
odio...
Continuo a
fantasticare e non mi accorgo che la mia
adorata sorellina continua a parlare, quando mi rendo conto di cosa sta
dicendo
posso quasi vedere un’enorme scritta rossa al neon che recita
“Attenzione!
Nuoce gravemente alla tua salute mentale e a quella di chi ti è
intorno”
“Vedrai
sarà divertentissimo! Avevo proprio voglia
di passare qualche giorno con te, sarà come ai vecchi tempi in
cui facevamo
l’alba a parlare nel tuo letto” Stop! Riavvolgi il nastro.
Ho capito bene?
Viene a stare da me?
“Scusa Morg, ma
il tuo piano è venire a stare da
me?” chiedo sperando seriamente di sbagliarmi.
“Sì, te
l’ho detto. Sei sempre con la testa tra le
nuvole!” dice con una risatina.
No, no e no! Non mi
importa nulla della parentela e
delle convenzioni sociali, non può venire da me, la mia casa
è il mio porto
sicuro, è l’unico posto in cui posso stare tranquilla,
questa volta mi imporrò!
“Ma Morg, io non
posso prendere una decisione del
genere da sola, vivo con altre tre persone lo sai”
“Oh, non ti
preoccupare, ho già parlato con.. com’è
che si chiama? Jenny... Julie... Jade...”
“Joanne?”
“Sì! Con
lei, ha detto che andava bene” promemoria
per me, uccidere Jo.
“Allora, credo
che sia okay” Alyssa:0 Resto del
mondo:1579
“Soltanto una
cosa Lyssy” odio quando mi chiama
così, implica sempre e comunque qualcosa che non voglio fare.
“Dimmi”
rispondo, sperando con una parola di farla
desistere dal chiedermi qualcosa che lei sa benissimo io non
avrò alcuna voglia
di fare.
“Sai, quel
piccolo problema alla schiena che ti
dicevo? Quello stiramento mentre sfilavo alla settimana della moda te
lo
ricordi” già, quasi dimenticavo, ingegnere aerospaziale e
modella di Vera Wang
nel tempo libero.
“Sì”
“Beh, ancora non
è passato, a te non dispiace se
prendo il tuo letto” è ufficiale, faccio schifo anche
nella comunicazione non
verbale.
“Vuoi anche un
po’ del mio sangue già che ci siamo?”
lo so, lo so, è mia sorella, dovrei essere gentile.
“Ma no
sciocchina! Lo sai che non abbiamo lo stesso
gruppo sanguigno!” credo che stasera mi ucciderò.
“Ehm Morg?
Quanto rimani?” ti prego dì due giorni,
ti prego dì due giorni, ti prego...
“Una settimana.
Due se al Cern di Ginevra riescono a
stare senza di me” sì è ufficiale stasera mi
ammazzo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Wait, It Gets Worse ***
FOS5
Wait, It Gets
Worse.
Finalmente in ufficio.
Sì, dopo un
incontro come il mio anche l’ufficio
sembra “Disneyland”.
Inspira.
Espira.
Molto meglio, ho
scaricato mia sorella a casa a
sistemare le sue due valigie di vestiti nel mio armadio, non oso
immaginare
cosa starà facendo lì dentro, solo al pensiero mi viene
l’irrefrenabile voglia
di picchiare qualcuno.
Sospiro.
Devo cominciare a
calmarmi se voglio arrivare al
prossimo compleanno indenne, ormai sono a lavoro e non
permetterò a niente e
nessuno di rovinarmi ulteriormente la giornata.
“Roth!”
come non detto. Mi alzo dalla sedia e mi
avvicino all’ufficio del boss come un condannato a morte si
avvicinerebbe alla
forca. Non sono decisamente dell’umore giusto per il boss e le
sue assurde
trovate.
Apro la porta e quello
che vedo mi paralizza là
davanti.
Non ci posso credere,
vi prego ditemi che è un
incubo!
“Ehi
sorellina!” no, non lui, vi prego, non mio
fratello James! Ma che c’è una dannata riunione di
famiglia?!
“J-James, che ci
fai tu qui?” stai calma, magari è
passato solo per un saluto.
No, mi sto illudendo,
quando lui è nelle vicinanze è
sempre e solo perché ha bisogno di qualcosa. In genere soldi. O
una casa.
Spesso entrambi.
“Sorellina,
indovina un po’? Da oggi lavoreremo
insieme” qualcuno mi dica che oggi
è
primo Aprile e che questo è uno scherzo di pessimo gusto.
Guardo speranzosa il
boss, almeno lui facesse
qualcosa di buono nella vita.
“Ah, i fratelli
Roth che scrivono entrambi per il
mio giornale, questo farà salire le vendite alle stelle”
lasciamo perdere.
“Ora
sparite” ah, il boss, sempre gentile e pieno di
attenzioni per i suoi dipendenti.
Prendo mio fratello
per la manica della giacca
firmata che indossa (quella da sola varrà più del mio
intero guardaroba) e lo
trascino letteralmente nel mio ufficio.
Mi siedo sulla mia
sedia, anche se forse è meglio
dire che mi ci lascio cadere sopra.
“Ma, James, tu
non eri in Brasile con quella modella
sudafricana” almeno mi sembra fosse sudafricana, mio fratello
cambia ragazza
come una persona qualsiasi si cambia i calzini.
“Svedese,
comunque, non più, l’ho mollata”
“E
perché? Mi sembrava ti piacesse”
Alzata di spalle.
Questo è tutto ciò che ricevo come
risposta, odio quando fa così.
Ora, si potrebbe
pensare che io sia una qualche
disadattata con una famiglia disfunzionale, ma non è vero, o
almeno è vero
soltanto per metà della famiglia, i miei genitori ad esempio
sono persone
mediamente normali ed anche se ora sono impegnati in un viaggio intorno
al
mondo di tre mesi non hanno mai dato problemi a nessuno, lo stesso vale
per mio
fratello maggiore, un rispettabile detective della polizia di Boston
sposato e
con un bambino/bambina in arrivo.
Il problema sono
questi due, gemelli eterozigoti che
come unica missione nella vita hanno di rendere la mia impossibile.
Ora, mi sembra di aver
già spiegato perché mia
sorella è, beh, mia sorella; mio fratello invece è tutta
un’altra storia.
Rapido identikit:
capelli castani, grandi occhi
verdi, sorriso luminoso e tutto il fascino della famiglia Black che
apparentemente solo io non ho ereditato, come ho detto passa
costantemente da
una ragazza all’altra, ma se almeno Morgan si è sempre
impegnata al massimo per
ottenere ciò che voleva lui ha sempre e solo fatto il minimo
indispensabile
affidandosi al suo aspetto esteriore per la maggior parte della sua
vita.
Dico soltanto una
cosa, ha deciso di fare il
fotografo di moda solo per poter conoscere più modelle possibili.
Quel ragazzo è
incredibile. E non in senso buono.
“Posso sapere
perché sei qui?” chiedo cercando di
racimolare tutta la calma di cui dispongo. Per la cronaca non è
molta.
“Te l’ho
detto, per lavorare” sorriso finto. Due
parole: esaurimento nervoso.
D’accordo,
magari è davvero qui solo per lavorare,
voglio dire l’inserto di moda del giornale è uno dei
più rinomati al mondo.
Sono davvero una sorella pessima, sempre a pensare male dei miei
fratelli.
“Senti, non
è che puoi prestarmi la tua moto
stasera?” No comment.
“E potrei sapere
a cosa ti serve la mia moto?”
“Beh, ho
conosciuto questa ragazza all’aeroporto.
Tre parole: istruttrice di yoga” Respiro profondo, molto profondo.
“Scusami, ma da
quanto ti sei lasciato con la
modella? Una settimana?”
“Due a dire il
vero, ma sai com’è, chiodo scaccia
chiodo” Okay, affrontiamo la realtà, probabilmente nessuna
giuria al mondo mi
condannerebbe per aver ucciso un idiota del genere.
“Sì,
okay, fai cosa vuoi basta che esci da questo
ufficio” tiro fuori dalla borsa un portachiavi e glielo lancio.
Ma perché?
Perché? No sul serio, qualcuno me lo
spieghi, una volta tanto che qualcosa mi va bene arriva puntualmente a
rovinarla la più grande catastrofe del genere umano. La
famiglia. La mia
famiglia per essere precisi.
La mia personale
Waterloo. Il che rende me
Napoleone. Grazie mille fratelli! Io odio Napoleone!
Okay, sto cominciando
a delirare.
Inspira.
Espira.
Mi sa che se continuo
così mi dovrò dare allo yoga,
almeno mi rilasserei un po’.
Ripensandoci forse
è meglio una barretta al
cioccolato. Lo sento, per quando quei due se ne saranno andati io
sarò
ingrassata di almeno sei chili.
Un bip particolarmente
fastidioso mi riporta alla
realtà, è il mio computer, qualcuno mi sta invitando ad
una video chat, spero
sia Matt Damon. Altrimenti sono guai.
No, non è Matt
Damon. È mio fratello. No, non James.
È Neil, il rispettabile poliziotto di Boston.
Sospiro e accetto la
chiamata. Dall’altra parte
dello schermo vedo una faccia sorridente. Troppo sorridente.
“Ehi
sorellina!”
“Ciao ignobile
essere che sicuramente sapeva, ma che
ha deciso di tacere”
“E così
James si è fatto vivo eh?” mi dice come se
niente fosse.
“Già, e a
quanto pare c’è una dannatissima riunione
di famiglia perché anche Morgan è qui” sì,
lo so, non dovrei prendermela con
lui, in fin dei conti sono io che non riesco a farmi rispettare dai
miei
fratelli e si sa, chi è causa del suo mal...
“Ah, questo non
lo sapevo” sembra realmente sorpreso
dalla notizia.
“Sai per caso se
anche mamma e papà hanno deciso di
piombare qui senza avvertire?”
“Ehm, no, per
quanto ne so sono a Bali adesso, ma tu
sorellina dovresti calmarti, non ti fa bene tutto questo stress”
mi dice in
tono preoccupato, beh, mi dispiace ma non me la bevo, se fosse stato
davvero
preoccupato per me avrebbe almeno avuto la decenza di avvertirmi che
l’uragano
James era intenzionato ad abbattersi su New York.
“Hai ragione, ma
sai com’è, se almeno l’avessi
saputo prima di ritrovarmelo qui in redazione sarebbe stato
d’aiuto”
“Senti
perché non gli dai una possibilità? Mi
sembrava davvero contento per questo lavoro, magari è la volta
buona che mette
la testa a posto”
Mi limito a
propinargli il mio famoso e brevettato
sguardo scettico.
“Almeno provaci.
Potrebbe stupirti”
“Sì certo
come no, ora vado che devo lavorare, ciao
Neil” e senza neanche attendere una risposta chiudo il
collegamento.
Ho decisamente molto a
cui pensare.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Is He Asking Me Out? Am I Freaking Out? ***
FOS6
Is He
Asking Me Out? Am I Freaking Out?
Okay, è
ufficiale, la cioccolata fa miracoli.
Mezza dozzina di
dolcetti dopo la visita di mio
fratello sono di nuovo di ottimo umore.
Bussano alla porta.
“Avanti”
dico inghiottendo tutto ciò che rimane del
regalo di compleanno che mi hanno fatto i miei colleghi.
La porta si apre ed
entra Mathilde, la nostra
receptionist, anche nota come il gazzettino ufficiale della redazione,
se
succede qualcosa, qualsiasi cosa, lei lo sa.
“Ehi,
bellezza!” eh? Bellezza? Ma che ci sta
provando con me? Perché se è così, non è il
mio tipo.
“Ciao
Mathilde” rispondo un po’ titubante.
“Senti,
arriviamo al dunque, chi era quello strafigo
che è appena uscito da qui?” mi chiede sedendosi davanti a
me e sporgendosi in
avanti, se non avessi ingerito tutto quello zucchero probabilmente ora
la
starei picchiando a morte.
“Quello è
mio fratello!” rispondo un tantino
scocciata. Okay, forse un po’ più di un tantino dato che
le ho fatto fare un
salto di due metri sulla sedia. Ma lo spavento, purtroppo aggiungerei,
non dura
molto.
“Wow,
tu sì che hai una bella famiglia”
A
costo di ripetermi: Perché?
“Scusami,
ma sei qui per lavoro o solo per parlare della mia famiglia?”
“Oh,
che sciocca che sono! C’è un gran bel pezzo di ragazzo che
ti cerca alla
reception, credo abbia detto che si chiama Liam o qualcosa del
genere”
Oh
porca paletta! Che faccio adesso?
“Fallo
entrare”
“Okay,
ma solo se poi mi racconti tutto” sì, certo, contaci.
“Ma
certo!” se mai mi dovessi stancare del giornalismo avrei sempre
una carriera da
attrice, è consolante.
La
ficcanaso esce e in meno di mezzo secondo io sono immersa nella mia
borsa alla
disperata ricerca di uno specchietto.
Bussano.
Dannato specchietto introvabile.
“Avanti”
mamma mia che ansia, mi sembra uno di quei momenti nei film
dell’orrore in cui
il protagonista è chiuso in bagno e vede la maniglia della porta
che si abbassa
lentamente prima che entri il serial killer.
Un’infinità
di secondi
dopo (almeno a me sembrano un’infinità) la porta si apre e
la faccia sorridente
di Liam fa capolino dallo spiraglio che si è aperto.
“Ciao, ti
disturbo?” mi
chiede con una faccia talmente adorabile che farebbe sciogliere un
iceberg.
“No, entra
pure” rispondo
io e come potrebbe essere altrimenti?
Lui entrò
e si sedette
sulla sedia di fronte a me.
“Allora,
come stai?
Stamattina sono passato a casa tua ma tu non c’eri”
“Già,
sono uscita molto
presto, sai com’è la vita da giornalista, non ho orari
fissi, devo essere
pronta a stare sulla notizia a qualsiasi ora” okay, tralasciamo
il fatto che i
suddetti orari sono dalle undici di mattina con pausa pranzo
dall’una alle tre
e che me ne vado alle sei.
“Strano,
Will mi ha detto
che i tuoi orari sono molto flessibili” dannatissimo Will!
“Ma che
vuoi che ne sappia
Will! Ormai non sa più quello che dice!” lo stress
è decisamente qualcosa che
non so gestire, o ammutolisco o comincio a parlare a vanvera. Sono
proprio
senza speranza!
Liam ride,
fortunatamente
prende la mia pazzia per senso dell’umorismo.
“Comunque”
dico cercando
di riprendere il controllo “come mai sei venuto a trovarmi?
Qualche problema
con l’intervista?”
“No, no,
va tutto bene, in
realtà sono qui per chiederti una cosa”
“Spara”
no davvero,
sparatemi.
“Senti,
stasera ho una
cena con alcune persone e mi farebbe piacere se tu venissi con me.
È una cena
di beneficienza” mi dice sorridendo.
Okay, ora che
cavolo
faccio? No sul serio, che faccio? Già lo so farò una
figuraccia! Ma d’altro
canto è troppo carino...
“Certo”
rispondo con un
sorriso da ebete a trentadue denti.
“D’accordo,
allora passo a
prenderti alle otto”
“Certo”
ormai è ufficiale
situazione di stress + me = capacità verbale di un lavandino.
Mamma mia, mamma
mia,
mamma mia!
“Bene io
vado, ci vediamo
stasera”
“Okay, a
stasera” Liam se
ne va lasciandomi con il suo bellissimo sorriso e con un fortissimo mal
di
testa.
Abbandono la
testa tra le
mani, ho una voglia fortissima di piangere, ma andiamo, non posso
perdere la
mia dignità così.
“Ehm,
Alyssa?” pensa te,
neanche mi ero accorta che la porta era stata aperta di nuovo.
Alzo la testa e
vedo il
mio incubo più bello che mi guarda preoccupato, non è che
magari ci ripensa? Mi
stampo un sorriso sul volto e tengo le palpebre più aperte della
vittima di un
sadico assassino a cui il suddetto sta cavando gli occhi.
“Sì?”
“Mi sono
dimenticato di
dirti che è in abito scuro”
“Okay,
nessun problema” e
ora sparisci per favore, così posso crollare come un castello di
carte in mezzo
a un uragano.
Lui se ne va e
io comincio
a piangere come una fontana, sembra assurdo anche a me, ma la mia
maggiore
preoccupazione adesso è come diamine faccio a rendermi
presentabile in così
poco tempo.
Faccio
l’unica cosa
sensata in un momento di crisi come questo. Chiedo aiuto.
Alzo la cornetta
e
compongo il numero. Qualcuno risponde al quarto squillo.
“Pronto?”
“J-Joanne?”
chiedo
esitante.
“Lys sei
tu? Perché
piangi? È successo qualcosa? Guarda che se è per tua
sorella la sbatto fuori
immediatamente” in sottofondo sento un “Hey! Io sono
qui!”
“N-no,
Morgan non c’entra
niente. Liam mi ha invitata a cena”
“Ti prego,
dimmi che stai
piangendo dalla felicità” mi dice esasperata, okay, forse
questa non è la prima
volta che le mie reazioni sono un tantino esagerate.
“No,
è stasera, alle otto,
in abito scuro” e qui scoppio di nuovo a singhiozzare.
“Quanto
sei scema! Perché
non l’hai detto subito?! Vieni immediatamente a casa”
“Ma come
diamine farò a
essere presentabile per quell’ora?!”
“Tesoro,
qui ci sono una
star della tv con un indiscusso gusto in fatto di moda,
un’ingegnere
aerospaziale che nel tempo libero partecipa alle sfilate di Vera Wang e un’insegnante di fisica applicata che
ha
più occhio in fatto di colori di Picasso e Leonardo messi
insieme. Fidati,
qualcosa ce lo inventiamo”
“D’accordo,
arrivo subito”
“Sbrigati
però, siamo
brave, ma non facciamo miracoli”
“Jo?”
“Sì?”
“Grazie”
“Non
c’è di che, ora muovi
quel bel sedere e vieni qui!”
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=472666
|