Love's Chalet

di ColdBlood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chapter One - Cedric ***
Capitolo 3: *** Chapter Two - Keith ***
Capitolo 4: *** Chapter Three - Alex ***
Capitolo 5: *** Chapter Four - Davy ***
Capitolo 6: *** Chapter Five - Benjamin ***
Capitolo 7: *** Chapter Six - Ben&Keith ***
Capitolo 8: *** Chapter Seven - Eric ***
Capitolo 9: *** Chapter Eight – Eric & Alex ***
Capitolo 10: *** Chapter Nine - Let’s Go To New York! ***
Capitolo 11: *** Chapter Ten - Weekend is Over ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Love's Chalet

 

 

Prologo

 

 

- Ragazzi…niente da fare. La neve ha bloccato la strada e i cellulari sono irraggiungibili. È ufficiale: siamo bloccati qui. – disse Eric,  sospirando pesantemente, e rientrando nella baita rabbrividendo per il freddo. Aveva le labbra quasi viola, tanto la temperatura era bassa, e c’era della neve depositata sulle sue spalle larghe. Fuori nevicava ancora.

La prima persona che guardò fu Cedric che, seduto sul divano accanto al suo ragazzo Davy, lo guardava con un espressione tra il confuso e spaventato.

Le sue aspettative di reazione non furono deluse.

Cedric infatti scattò in piedi, facendo sobbalzare per lo spavento Davy che lo teneva, fino ad un secondo prima, sotto il suo braccio.

- Oh mio Dio! Lo sapevo che non dovevo venirci qui su! Accidenti a te Davy e a me quando ti do retta! Oddio…non voglio morire assiderato! – esclamò, battendo quasi i piedi a terra come un bambino capriccioso.

Benjamin, appoggiato con una spalla allo stipite della porta che divideva la sala dalla cucina, sbuffò sonoramente, prendendo subito dopo un sorso dalla birra che aveva appena aperto.

Beh, c’era un punto positivo nell’essere rimasi chiusi in uno chalet di montagna con la neve che continuava a cadere e a impedirgli sia di divertirsi, sia di scendere nuovamente a valle: le birre rimanevano fresche anche fuori dal frigo.

- Mio Dio, sei proprio una checca isterica Cedric. – commentò, con il suo solito tono freddo e distaccato. Nessuno disse nulla, anzi Eric e Keith, il ragazzo di Ben, risero leggermente, nascondendosi dietro una mano guantata.

Solo Davy guardò male il ragazzino. Cedric era abituato a sentirsi chiamare in quel modo, ormai non si offendeva più anche perché sapeva che, in un certo senso anche se non era possibile sempre rendersene conto, Ben scherzava. Ma Davy era un po’ una testa calda, e troppo protettivo nei confronti del suo ragazzo.

Cedric si rimise a sedere accanto a lui, riappoggiandosi contro il suo petto.

Davy si rilassò immediatamente.

- Stai tranquillo Ced…non penso ci saranno problema. Prima che andasse via il segnale alla radio hanno detto che entro la tarda mattinata di domani dovrebbe smettere di nevicare. Poi potremo tornare giù. Dobbiamo solo farci bastare il cibo e la legna fino a domani. Non possiamo uscire a prenderne dell’altra, fuori si congela. – intervenne Eric, con tono calmo. Era abituato a tenere il sangue freddo, dato che era un medico e quindi sempre sottoposto ad emergenze.

In quel momento Alex entrò nella sala, dove tutti i ragazzi si trovavano. Indossava un pigiamone di lana, i capelli castano chiaro, lunghi sulla fronte, erano disordinatissimi e lui stava ancora sbadigliando.

- Uh, la principessina si è svegliata! – commentò Keith, sorridendo. Il ragazzo alzò lo sguardo su di lui, per un secondo, e gli mostrò il dito medio, facendo scoppiare tutti a ridere.

Eric, quando lo vide, non poté fare a meno di sorridere. Era tenerissimo appena alzato.

- Ehi amore, non dirmi che sei uscito? – chiese Alex, preoccupato, quando vide il suo ragazzo fermo vicino alla porta con il cappotto ancora addosso.

- Si, sono andato a vedere com’era la situazione fuori. – gli disse, iniziando quindi a sfilarsi i guanti e la sciarpa.

- Siamo bloccati qui. I cellulari non prendono e le strade per scendere a valle sono bloccate dalla neve. – gli disse e ragazzino sospirò.

- Beh, cazzo, bel casino. È ora che si fa? – chiese, guardando i suoi compagni di avventura.

Avevano deciso, meno di due settimane prima, di andare fuori per un weekend lungo. Da Venerdì a lunedì. Per stare un po’ insieme e allontanarsi dalla routine quotidiana.
Avevano affittato quello bellissimo chalet in montagna, aspettandosi una tempo perfetto per sciare, oppure fare snowboard, quello che Ben preferiva.

Il giorno prima, venerdì, il tempo prometteva bene ma, durante la loro prima notte nello chalet una bufera di neve gli aveva rovinato il weekend.

- Non si fa nulla.- rispose Keith, facendo spallucce - Rimarremo qui fino a quando questa cazzo di tempesta non si sarà calmata e allora torneremo a valle. –

Eric annuì, avvicinandosi al centro della stanza in cui c’erano due divani, uno davanti all’altro, pieno di morbidi cuscini e coperte calde. Poi, intorno, sempre nel rettangolo delimitato del tappeto che ricopriva il pavimento, altre due poltroncine abbinate ai grandi divani.

Si sedette su uno di questi – Keith ha ragione. – disse sistemandosi i capelli castano scuro che erano stati schiacciati dal cappello di lana.

- Rimarremo qui e aspetteremo. Qui dentro siamo al sicuro e abbiamo abbastanza cibo e legna per riscaldarci per la notte. Non sarà un problema. – li tranquillizzò.

- Io sto già iniziando a sentire freddo. – si lamentò Cedric, a mezza voce.

Davy lo prese tra le braccia – Ti riscaldo io, piccolo. – gli sussurrò, stringendolo.

Si sentì immediatamente un gemito disgustato da parte di Ben, dietro di loro.

- Siete proprio gay. – commentò poi, per poi prendere un altro sorso dalla birra.

- Vaffanculo Ben. Se sei invidioso vai da Keith è farti coccolare anche tu. Ne hai bisogno cristo santo, sei rigido come mio padre. E credimi…non è un complimento.- disse Cedric, senza però scomodarsi a voltarsi verso di lui, ma affondando il viso nel collo del suo ragazzo che ridacchiò.

- Credigli Ben, io ho conosciuto suo padre e forse solo il David di Donatello lo batte. – disse, dando anche la sua parte.

Alex ridacchiò apertamente e poi andò verso la poltrona su cui era seduto Eric, che aprì le braccia e lo accolse sulle sue ginocchia.

- Noi due non abbiamo bisogno di queste smancerie, vero Keith? – fece Ben, verso il suo ragazzo, seduto da solo sul divano opposto a quello su cui erano seduti Cedric e Davy.

Cedric alzò la sua testa bionda proprio per guardare il ragazzo e aspettare una sua risposta.

Davy si sentì addosso anche lo sguardo di tutti gli altri, ma lui guardava solo il suo ragazzo che lo fissava con i suoi occhi neri.

Avrebbe davvero dovuto dire la verità. Avrebbe dovuto dire che qualche smanceria, come le chiamava Ben, ogni tanto avrebbe fatto bene anche a lui.

Ma sapeva benissimo che Benjamin non era tipo da coccole. Non era tipo da rimanere abbracciato a lui, con la testa sul suo petto, dopo che avevano fatto l’amore.

Ne era tipo da dire “ti amo” almeno una volta al giorno come invece faceva Cedric, in tutti i modi possibili.

Ricordava un episodio che Davy gli aveva raccontato qualche mese prima.

Una mattina si era alzato e aveva trovato la cucina un disastro. C’era Cedric completamente pieno di farina, ma sul tavolo una torta con un “ti amo” scritto su con la panna.

Ora, Keith sapeva benissimo, anche se Davy non lo aveva ammesso, che il sapore di quella torta non era davvero la fine del mondo, ma sapeva anche che all’amico non importava.

Davy era uno chef bravissimo e nella sua vita aveva assaggiato mille tipi di torte diverse e tutte buonissime, ma Keith era convinto che se gli avessero chiesto quali fossero le sue torte preferite, avrebbe risposto “quelle che mi cucina Cedric”.

Invece le volte in cui Ben gli aveva detto “ti amo”, in due anni di relazione, potevano contarsi sulle dita di una mano. Ed era pronto ad affermare che la maggior parte di queste volte fosse stato durante un orgasmo.

Ma abbassò la testa, per un attimo, abbozzando un sorriso. Poi guardò Cedric.

- Già, non abbiamo bisogno di queste cose. – affermò, a mezza voce.

Eric aveva visto l’indecisione e l’imbarazzo nei suoi occhi. Aveva notato il fatto che si sentiva notevolmente a disagio. Lo guardò attentamente, e Keith se ne accorse, infatti voltò la testa verso di lui, ma quando vide che Eric non aveva alcuna intenzione di distogliere lo sguardo, lo fece lui, tornando a guardare davanti a se.

Ben fece subito un sorrisetto soddisfatto e lanciò un’occhiata a Cedric, come a voler dire: “Visto? Avevo ragione.”

Cedric fece spallucce – Beh, peggio per te. Non sai cosa ti perdi. – gli disse, accoccolandosi di nuovo contro il suo ragazzo.

- Ehi Davy…ci prepari un po’ di cioccolata calda? – gli chiese, sorridendogli.

Davy guardò nei suoi occhi. Erano di un colore strano, meraviglioso. Un incrocio tra il verde e il grigio. Oppure era solo lui che lo vedeva così.

- Ced…non ci vuole mica un cuoco per fare una cioccolata. – gli disse, accarezzandogli i capelli biondi.

- No, Ced ha ragione. – intervenne Alex – Quando la fai tu ha un sapore diverso. – disse, accavallando le gambe e circondando il collo del suo ragazzo con un braccio.

Davy lo guardò e abbozzò un sorriso.

- Okay. Vado a prepararlo. – disse infine, arrendendosi.

Si alzò, dopo che Ced si fu staccato da lui, ma appena arrivò alla porta della cucina sentì la voce del suo ragazzo e il conseguente sbuffo di Ben.

- Fai presto! Fa già freddo senza di te! -

 

 

 

 

 

Eccomi qui! Salve a tutti!

Non so cosa uscirà fuori da questa fic, sinceramente. Ne come è venuta fuori, mi è solo venuta quest'idea e dovevo scriverla assolutamente, altrimenti mi avrebbe perseguitato per sempre! xD

Comunque sarà una fic di cinque capitoli, sei al massimo. Ancora non lo so con precisione. Ma comunque abbastanza corta.

In questo prologo ho presentato, più o meno, tutti i personaggi di questa fanfic.

Cedric&Davy, Alex&Eric e Keith&Benjamin. Nei prossimi capitoli comunque si farà un focus su ognuno di loro per conoscerli un pò meglio. Vi ho messo anche le fotine di come me li immagino! Speriamo solo che si vedano, io ho litigato con la tecnologia, sapete!

Io comunque patteggerò sempre per Cedric, sappiatelo ù_ù  xD

 

Va bene, se passate di qui fatemi sapere cosa ne pensate, okay? Ne sarei molto felice! -//-

 

baci!

 

Vale

 

 

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Capitolo 2
*** Chapter One - Cedric ***


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Chapter One

 

Cedric

 

 

- Va tutto bene? – chiese Eric, avvicinandosi a Keith che, appoggiato al muro, guardava fuori dalla finestra. Fuori era tutto bianco. Dal cielo continuavano a scendere fiocchi di neve e cielo e terra sembravano un tutt’uno.

Il ragazzo era completamente perso nella contemplazione e nei suoi pensieri, quindi sobbalzò un attimo quando sentì la sua voce.

- Oh, ciao Eric. – gli disse, non avendo sentito la sua domanda – Dicevi qualcosa? – chiese infatti.

- Ti chiedevo se stavi bene…- rispose Eric, posandogli una mano sulla spalla coperta da un maglione di lana rossa che aderiva perfettamente al suo corpo.

Keith aveva un gusto impeccabile per i vestiti e un fisico da modello. Lui in effetti lavorava in quel mondo e più di una volta gli avevano chiesto di posare, ma Keith preferiva di gran lunga stare dietro l’obbiettivo.  Era un fotografo e lavorava per molti giornali di moda e siti internet, anche se in passato si era anche dedicato a mostre private.

Era così che aveva conosciuto Benjamin.

Il ragazzo aveva bisogno di soldi così aveva deciso di fare qualche foto per un catalogo per abiti sportivi.

Keith aveva dovuto aiutarlo molto per metterlo a proprio agio con la macchina fotografica.

Non si era arreso subito perché aveva capito il suo potenziale. O forse, più semplicemente, si era già preso una bella cotta per quel ragazzino.

Ma Benjamin era un ragazzo difficile, forse lo era anche tutt’ora. Aveva avuto una situazione familiare disastrata. I suoi genitori non si erano mai occupati di lui, entrambi troppo presi dai loro problemi, e se era riuscito a crescere era stato solo grazie a sua nonna che lo aveva accolto in casa sua, dandogli un po’ di amore.

Aveva vissuto allo sbando dopo la sua morte. Si sarebbe potuto dire che Keith lo aveva salvato, ma a Ben non piacevano quelle cose da telefilm, quindi lui diceva soltanto che Keith gli aveva dato un posto dove stare e il sesso assicurato.

- Sto bene Eric, non preoccuparti. – rispose, tornando a guardare fuori dalla finestra.

Eric allora gli porse la tazza di cioccolata che il ragazzo accettò ben volentieri, per riscaldarsi le ossa, sotto lo sguardo scrutatore dell’amico.

- Perché non ne parli con Ben? – chiese poi, sottovoce.

Keith lo guardò sorpreso, per un attimo, poi sospirò e abbassò la testa, affondando il naso nella tazza per bearsi del calore e del profumo buonissimo della cioccolata.

- Cosa dovrei dirgli, eh? Capisco che non è abituato alle dimostrazioni di affetto, ma io in due anni non sono riuscito a cambiare nulla. Inizio a pensare che sta con me solo per avere una casa. – disse, mentre osservava il liquido scuro nella tazza che gli scaldava le mani fredde.

- Oh, avanti, questo non è vero! E lo sai benissimo. Solo che non riesce ad esprimere i suoi sentimenti. Col tempo le cose miglioreranno. – gli assicurò Eric, prontamente.

Certo lui con Alex non aveva questo genere di problemi, forse ce l’aveva lui stesso.

Alex, il suo ragazzo, aveva circa dodici anni meno di lui.

Eric aveva quasi 35 anni, mentre Alex 23 appena compiuti.

Alex era ancora un bambino, per certi aspetti. Gli piaceva usare nomignoli come “amore”, “tesoro”, “cucciolo” o cose simili. Amava fare regali per ogni ricorrenza, non ne dimenticava mai una, ed era tipo da coccole. Eric adorava quando si stringeva a lui come in cerca di protezione.

Lui inece, all’inizio, era stato un po’ freddo, ma si era sciolto con il tempo, proprio come aveva detto a Keith.

Anche perché con Alex era impossibile essere freddo per troppo tempo.

- Dio, mi sento un’idiota. Ho quasi trent’anni Eric, e cerco da lui dimostrazioni d’affetto, come se fossi un cazzo di adolescente innamorato. È patetico. – sussurrò Keith, passandosi una mano tra i capelli neri e corti.

- No, non è affatto patetico Keith.  È una cosa del tutto normale! Insomma Keith, guardami! Vado per i quaranta e sto con un ragazzo di dodici anni più giovane di me eppure inizio di merda la mia giornata se, appena alzato, Alex non mi da il bacio del buongiorno. Questo è patetico! – esclamò, ma aveva un sorriso sul volto. Non prendeva più queste cose troppo sul serio, o almeno non come invece faceva all’inizio della loro relazione, circa quattro anni prima.

Anche Keith non poté fare a meno di ridacchiare e Eric fu felice del fatto di essere riuscito a tirarlo su di morale.

Gli toccò una spalla – Dai, vieni di la con noi. Abbiamo acceso la stufa. – gli disse, tirandolo poi per il polso.

Uscirono dalla camera da letto in cui si trovavano, quella che avevano preso Keith e Ben, e andarono verso la sala.

Uscendo nessuno dei due si accorse di Benjamin, appoggiato al muro, fuori dalla stanza.

 

 

 

- Mettiamo un po’ di musica, ragazzi? – chiese Cedric, dopo aver finito la sua seconda tazza di cioccolata calda.

La sala comune ora era decisamente più calda, dopo che aveva avuto la buona idea di bruciare un po’ di legna nella vecchia stufa in ghisa che si trovava nello chalet.

- Musica? – chiese Alex, seduto accanto a Cedric e Davy su uno dei divani.

Si era cambiato ed ora indossava un jeans e un maglione di lana pesante, con un sciarpetta nera intorno al collo.

- Si. Ha insistito per portare uno stereo di quello con le pile. – rispose Davy, scuotendo la testa ma guardando il suo ragazzo, ancora stretto a lui, con un sorriso.

Alex allora balzò in piedi – Si, che bello! Dov’è? Lo vado a prendere! – esclamò, eccitato.

In quel momento vide Eric e Keith tornare nella sala.

- Prendere cosa? – chiese il suo ragazzo, mentre Keith andava a sedersi su una poltrona singola e continuava a bere la sua cioccolata. Sembrava avere la testa altrove.

- Cedric ha portato lo stereo! – rispose Alex, andando a circondare la vita del suo ragazzo con le braccia.

Eric era notevolmente più alto di lui e la sua testa arrivava proprio al petto. L’uomo ridacchiò e gli posò una mano sulla testa, scompigliandogli i capelli che comunque non aveva pettinato da quando si era alzato.

- Almeno passiamo un po’ il tempo. – disse, alzando la testa per trovare già gli occhi verdi di Eric abbassati su di lui.

- Si dai! È in camera mia e di Davy, vicino alle valigie. – gli disse Cedric, sorridendo.

Allora il ragazzino si staccò dall’uomo e si allontanò verso le camere da letto.

Eric scosse la testa, prima di andarsi a sedere anche lui sul divano vuoto.

Keith nel frattempo si guardava intorno in cerca di Ben, ma non lo trovò.

- Dov’è Ben? – chiese infatti, guardando Cedric e Davy.

- Poco fa ha detto che andava in bagno. – rispose Davy e allora il fotografo si alzò, lasciando la sua tazza sul mobile di legno accostato al muro, e imboccò il corridoio su cui si trovavano le camere da letto, e in fondo il bagno.

Andò a bussare alla porta del bagno, dopo essere passato davanti alla camera in cui Alex cercava ancora lo stereo di Cedric.

- Ben? Va tutto bene? – gli chiese, accostando l’orecchio alla porta.

La risposta gli arrivò dopo qualche lungo secondo.

- Si, va tutto benissimo. Torna dagli altri. – gli disse Ben, con tono tagliente.

Keith infatti si ritirò un attimo, sorpreso. Ma non fece come il ragazzo gli aveva detto.

- Ben…aprimi. – disse, con tono quasi un po’ autoritario.

Altri secondi di silenzio dall’altra parte della porta, ma poi la serratura scattò e la porta si accostò. Keith entrò, prima affacciandosi solo con la testa.

Ben era davanti allo specchio, si asciugava le mani con l’asciugamano e aveva il viso contratto.

C’era qualcosa di strano in lui. O almeno, più strano del solito.

- Ehi pi…- si interrupe, quando si rese conto di starlo per chiamare con uno di quei nomignoli che Ben odiava. Ricordava la prima volta che lo aveva usato.

“Io non sono piccolo! Non chiamarmi così!” gli aveva urlato.

Ma cosa poteva farci Keith se Ben gli faceva così tenerezza, a volte?

Se avesse detto una cosa del genere a Cedric, molto probabilmente, il biondino gli avrebbe dato del pazzo sclerato. Ben tenero? Nah!

- …che succede? – disse allora, semplicemente, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.

Ben sospirò – Niente Keith! Non succede nulla! Mi sto solo lavando le mani! – esclamò, innervosito, senza neanche guardarlo.

Allora, di conseguenza, si innervosì anche Keith che di voglia di farsi rispondere male dal ragazzo non ne aveva.

- Beh, cazzo, scusa se mi preoccupo per te ogni tanto, eh! Vaffanculo allora! – disse, mentre sentiva un groppo formarsi all’altezza del petto.

Non aspettò neanche che Ben rispondesse, forse non l’avrebbe neanche fatto, e fece dietro front, uscendo dal bagno e sbattendo anche la porta.

Ben chiuse forte gli occhi istintivamente quando Keith sbatté la porta.

Alzò gli occhi sul suo riflesso nello specchio e si diede dell’idiota.
Perché diavolo si comportava in quel modo? Perché lo faceva con Keith che era l’unica persona nella sua vita, dopo sua nonna, che lo aveva amato e aveva tentato di proteggerlo?

Doveva convincersi del fatto che Keith non lo avrebbe abbandonato, oppure che lo avrebbe fatto se avesse continuato a comportarsi in quel modo.

Aprì l’acqua, anche se sapeva che dal rubinetto usciva solo acqua ghiacciata.

Davy, la mattina presto, aveva riscaldato un po’ d’acqua sul fuoco per poterla usare per lavarsi senza rischiare di congelare.

Ma non se ne curò e si sciacquò la faccia, sentendo dei brividi di freddo percorrergli la schiena quando l’acqua incontrò la sua pelle tiepida.

 

 

 

Uscito dal bagno Keith sentì la musica movimentata proveniente dalla sala.

Fece per percorrere velocemente il corridoio, ma si fermò prima di farsi vedere dargli altri.

Fece un profondo respiro, anche per sciogliere quel nodo, e poi entrò nella sala.

Trovò Alex e Cedric in mezzo alla sala, con solo le calze di spugna sul tappeto che li proteggeva dal freddo pavimento, a ballare come scalmanati, ridendo.

Si stavano divertendo e anche lui non poté fare a meno di sorridere, vedendo Cedric che si atteggiava e Alex cercava di fare il sexy strusciandosi su di lui.

Si andò a sedere accanto ad Eric che rideva e scuoteva la testa mentre osservava i due ragazzi ballare ma anche lo sguardo torvo di Davy.

Cedric gli aveva chiesto di ballare, ma il suo ragazzo non ne aveva voluto sapere e allora lo aveva chiesto ad Alex che invece aveva accettato con entusiasmo. Ed ora doveva stare li a sopportare il ragazzino strusciarsi sul suo ragazzo.

Alex ad un certo punto si mise di spalle a Cedric, e iniziò a scendere giù, sinuosamente, sfregando la sua schiena sul petto magro del biondo, come un gatto.

Quello fu troppo per Davy che scattò in piedi e tirò dietro Cedric, prendendolo tra le braccia.

Eric e Keith scoppiarono a ridere sonoramente, così come Alex che si aspettava quella reazione da parte del ragazzo di Cedric, e che lo aveva fatto anche un po’ apposta.

Infondo tutti sapevano dell’eccessiva gelosia di Davy.

- Davy! – si lamentò invece Cedric – Stavamo ballando! –

Davy non rispose ma si rimise seduto sul divano, portandosi insieme Cedric che, sapendo come era fatto il suo ragazzo, si limitò a sospirare nascondendo un sorrisino nel braccio che Davy aveva ancora intorno al suo collo.

In quel momento Ben entrò nella sala, attirando immediatamente su di lui le occhiate di tutti, tranne quella di Keith, che lo ignorò alla grande.

Il ragazzino si mise seduto su una poltrona, sfilandosi le scarpe e tirandosi le gambe al petto.

Aveva ancora i brividi di freddo, ma iniziava a sentirsi meglio dato che quella stanza era più calda grazie alla stufa accesa.

Non disse niente, e non ricambiò lo sguardo di nessuno.

Nel frattempo la canzone cambiò facendo partire quella di Cher, Do You Belive in life after love?, e subito si sentì il commento sentito di Cedric.

- Oh mio Dio! Quasi dimenticavo di aver messo questa canzone nella compilation! – esclamò, cercando di liberarsi dalla presa ferrea di Davy.

Voleva ballarla.

- Davy, ballala con me. Amo questa canzone! Mi scatena un sacco di ricordi. - 

Alex era già in mezzo a ballare e cercava di tirare Eric su dal divano. Ovviamente lui non ne voleva sapere di alzarsi, ma alla fine vide Keith alzarsi e accolse la sua richiesta di ballare, smettendo di tampinare il suo ragazzo.

Anche Davy alla fine si alzò, costretto dal biondino e iniziarono tutti a ballare.

Li unici che rimasero seduti furono Ben, che aveva lo sguardo fisso su Keith che ballava con Alex e sembrava starsi divertendo da matti, e Eric che invece osservava tutti con un sorriso sul viso.

 

Quando la canzone finì si lasciarono andare tutti sui divani, sfiniti, riscaldati ma ancora ridendo come pazzi.

- Amo questa canzone! – ripeté Cedric, riprendendo fiato.

- Di che ricordi parlavi prima, Ced? – chiese Eric, guardandolo.

Il biondo alzò il busto e si mise comodo sul divano.

- È una delle canzoni che hanno messo la prima volta che sono entrato in un locale gay. Non l’avevo mai sentita prima, anche se era davvero famosissima. Ma sai, mio padre non accettava musica del genere in casa sua. – rispose. - E allora mi è rimasta nel cuore. –

- Quando è stato, Ced? – chiese a sua volta Alex.

Ora tutti avevano dato attenzione a Cedric, aspettando che raccontasse.

- Quando ha capito di essere gay. Circa a quattro anni e mezzo! – intervenne in quel momento Benjamin, abbozzando un sorrisino.

Cedric si voltò verso di lui e fece un risata sarcastica – Ah ah, molto simpatico. – e allora gli mostrò il dito medio, facendo scoppiare a ridere il ragazzo.

Poi tornò a guardare gli altri.

- Avevo sedici anni. Stavo passando quei momenti di “ribellione adolescenziale” che poi beh, non mi hanno più lasciato. – ridacchiò – I quali consistevano nell’aspettare che i miei si addormentassero e uscire dalla finestra della mia camera per darmi alla pazza gioia. Non avevo amici con cui fare questo genere di cose. I miei amici venivano appositamente passati in rassegna da mio padre, quindi non ci avrebbero messo troppo ad andare a spifferare tutto se solo gli avessi chiesto di accompagnarmi. –

- La prima volta che lo feci non ci potevo credere davvero. Ricordo che tremavo dalla paura ma anche dall’eccitazione. Mi ero informato e sapevo dove andare, quindi non persi tempo e mi avviai. Quando arriva davanti a quel locale mi sembrava come se fosse un altro mondo, un altro universo, completamente diverso a quello a cui ero abituato. –

- Tante luci, persone stranissime, almeno per i miei standard di allora, ragazzi vestiti da donne truccati stupendamente, la musica che si sentiva dalla strada. Persone libere e felici che erano quello che volevano essere e si accettavano nella maniera più completa. E allora mi sono iniziato a chiedere perché io non dovessi accettarmi o perché i miei genitori non volevano farlo, continuando a negare qualcosa che era chiaro come il sole. È stato il punto di svolta della mia vita. – aveva un sorriso malinconico sul volto mentre raccontava quelle cose, ma era felice di ricordare tutto come se fosse ieri.

- Comunque ora arriva la parte interessante! – esclamò, sporgendosi un po’ in avanti verso Eric, Alex e Keith che sedevano sull’altro divano. Anche Ben, comunque, era preso dal suo discorso.

Davy si chiese perché non sapeva niente di quell’occasione, anche se era stata così importante per il suo ragazzo, ma poi semplicemente si mise ad ascoltare.

- Presi coraggio e mi avvicinai all’entrata. Non sapevo cosa servisse per entrare. Se una carta d’identità o qualche tessera. Io avevo solo qualche dollaro con me. Vidi che molti mostravano un documento che attestava che fossero maggiorenni, quindi mi buttai giù, sapendo che non sarei riuscito ad entrare. Ma in quel momento, da dietro di me, spuntò una donna. Beh, tecnicamente era un uomo, ma non è questo l’importante. Mi mise un braccio sulle spalle…-

 

 

- Ehi piccolino, che ci fai qui tutto solo? – Cedric sobbalzò, al contatto e alla voce di qualcuno.

Si voltò e vide questa donna alta quasi dieci centimetri più di lui.

Aveva una parrucca rossa, gli occhi scuri erano sapientemente truccati ed aveva una presenza che lo affascinò immediatamente. Il viso aveva alcuni tratti maschili, ma era nel contesto molto femminile. Indossava un vestito di paiettes argentato e dei tacchi altissimi. Di così alti Cedric non ne aveva mai visti.

Non riuscì comunque a tirare fuori la voce per rispondergli e allora la donna rise.

-  Ho capito tutto, non preoccuparti. Io sono Chantal. Tu invece, piccolino? – gli chiese, poggiandogli una mano, ornata di unghia lunghe e ben curate, sulla testa e scompigliandogli i capelli biondi.

- C-Cedric. – rispose il ragazzo, riuscendo a tirar fuori un po’ di voce.

- Oh, Cedric. Tu non potresti entrare qui dentro, ma ho la sensazione che tu abbia bisogno di questa serata, non è vero? –

Cedric si ritrovò ad annuire, lentamente. Era molto importante quella serata.

Avrebbe avuto la prova che era quello che credeva di essere.

Perché lui era gay, giusto? Lo aveva capito da tempo ormai.

Quella fu una risposta sufficiente per Chantal che lo invitò a camminare ed una volta arrivati al grande buttafuori che si trovava all’entrata del locale, gli ammiccò e disse:

- Lui è con me. –

Quando li fece passare senza dire una parole, solo sorridendo, Cedric sentì il cuore balzargli nel petto per l’eccitazione.

Quando entrò si sentì come se fosse entrato a far parte di un macrocosmo di cui aveva solo immaginato l’esistenza.

Le luci stroboscopiche gli mostravano qualcosa che non aveva mai visto.

Ragazzi mezzi nudi si agitavano sulla pista da ballo, si scambiavano effusioni, ridevano e giocavano con i loro corpi.

Quella era vita…e sarebbe stata anche la sua.

 

 

- Chantal ci mise un po’ per farmi sciogliere, ma penso che circa dieci minuti dopo fossi in mezzo alla pista, senza maglietta, a ballare come un invasato! – disse Cedric, e tutti si trovarono a ridere ed annuire, non dubitando neanche un secondo delle sue parole.

- Quando sono entrato in quel mondo c’era quella canzone di Cher, e non lo più dimenticata. Così come non ho mai dimenticato Chantal. Era lei che mi faceva entrare, tutte le volte.

Era da lei che andavo quando litigavo con mio padre e non sapevo dove andare.

Era a lei che ho chiesto consiglio quando ho conosciuto questo ragazzo che mi faceva arrapare come pochi! – i suoi amici scoppiarono a ridere, tranne Davy che storse un po’ la bocca.

Anche Cedric rise, ma poi la risata si spense in un sorriso triste.

- Le devo molto. Mi ha fatto capire molto di me e mi ha aiutato ad accettarmi. Sono stato malissimo quando mio padre mi ha beccato quando sono tornato troppo tardi. Mi ha messo le inferriate alla finestra ed ero costantemente sorvegliato. –

- L’ho rincontrata solo qualche anno dopo. Era malata di Aids. E…- non continuò la frase.

Chiuse così il suo racconto e quando alzò lo sguardo, che aveva abbassato poco prima sulle sue gambe, si rese conto che ci erano rimasti tutti male.

Cercò di recuperare la situazione, sorridendo – Avanti ragazzi, non volevo intristirvi. Avrei dovuto fermarmi prima! – si disse poi, rendendosi conto che avrebbe fatto meglio ad evitare l’ultima parte della storia.

- È morta? – la voce di Ben ruppe il silenzio.

Keith e gli altri avrebbero voluto ucciderlo per la sua mancanza di tatto.

Cedric lo guardò un secondo, prima di rispondere, poi annuì lentamente.

- Si, quattro anni fa. – rispose, sottovoce.

Un silenzio tombale calò sulla sala.

Dopo un po’ Cedric sentì Davy portarlo tra le sue braccia.

- Piccolo, perché non mi hai mai parlato di tutto questo? – gli chiese.

Cedric fece spallucce – Non lo so. Non mi capita di pensarci spesso. È l’unico episodio bello della mia adolescenza, ma a volte viene completamente sommerso da quelli brutti che sono decisamente di più. Ma ora che ne ho riparlato, ne sono felice. Sono contento di ricordarmelo.- disse, sorridendogli.

Tornò a guardare i suoi amici che lo guardavano ancora, in silenzio, con espressione dispiaciuta.

Sorrise ancora – Un altro po’ di cioccolata? -

 

 

 

 

 

 

Eccomi tornata con il primo-secondo capitolo =D

La prima è stata la storia di Cedric, come era prevedibile perchè vi ho detto che lo adoro! ù_ù xD

 

 

- Cry_chan: aah la prima fan di Cedric. Allora ti piacerà questo capitolo incentrato proprio su di lui! Sono contenta che ti piaccia! =D <3 grazie per la recensione!

- Bibby111: Ahah, gli intrighi. Devo dirti la verità, all'inizio ero troppo tentata dal fare una specie di incontro ravvicinato del terzo tipo tra Keith ed Eric, perchè come si può vedere dalla prima parte di questo capitolo sono molto amici! Ma poi non ce l'ho fatta perchè mi sarebbe dispiaciuto troppo per Alex![Per Ben un pò meno! xD] Quindi si, saranno questi i pairing. Poi se Cedric si avvicina troppo a qualcun'altro Davy è capace di uccidere tutti con un lanciafiamme! xD

Ben è un personaggio un bel pò complicato e si parlerà di lui tra un pò, anche se farà sentire la sua presenza in tutti i capitoli! =D

grazie per la recensione! baci <3

- The Illusionist: Nel prologo ho cercato di dare un infarinata generale sul carattere di tutti i personaggi, poi si approfondiranno un pò di cose! =D grazie per la recensione! <3

 

 

E grazie anche alle persone che hanno messo la mia fic tra le preferite e le seguite! =D Grazie mille!

 

Alla prossima!!

 

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Capitolo 3
*** Chapter Two - Keith ***


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Chapter Two

 

Keith

 

 

- E tu Keith? Che ci dici? – chiese Eric verso l’amico che gli stava accanto, dopo che tutti ebbero preso il loro secondo giro di cioccolata calda.

Il ragazzo sembrò cadere dalle nuvole e guardarlo dopo che ebbe tirato fuori il naso dalla sua tazza.

- C-cosa vi dico? – chiese, un po’ in imbarazzo.

- Si, visto che ci siamo. Raccontaci, sempre se ti va, quando hai capito di essere omosessuale – intervenne Alex.

Keith ridacchiò un po’, a disagio. – Oh, okay. No, non è un problema. – lasciò la tazza al lato del divano. Poi si sfregò le mani contro il jeans.

- Vediamo…da dove posso iniziare? – si chiese, cercando di riorganizzare le idee.

Tutti i ragazzi ora avevano posato l’attenzione su di lui.

- Beh…avevo circa ventidue anni. Frequentavo il college e facevo un corso di fotografia. Mi piaceva moltissimo, ma non avevo ancora pensato al fatto che ne avrei potuto fare il mio mestiere. Quindi andavo a questo corso pensando di perderci tempo e soldi, ma non sarei mai riuscito a lasciarlo. –

- Nel corso con me, c’era anche questo ragazzo. Mi colpì subito e questo mi sconvolse un pò. Insomma, nella mia vita ero stato solo con ragazze. Un sacco di ragazze. – sorrise.

- Si, diciamolo, ero un figo anche allora! – disse e tutti scoppiarono a ridere.

Davy, dall’altro divano, gli lanciò un cuscino addosso che lui gli ripassò, ridendo.

- Comunque, a parte gli scherzi, è stato un brutto periodo per me. Io e Ethan, questo ragazzo, eravamo molto amici dato che eravamo coetanei e stavamo nello stesso dormitorio. Lui ovviamente continuava a comportarsi tranquillamente, come un amico, ma io non c’è la facevo. Mi attraeva in un modo pazzesco. Nessuno, prima di lui, mi aveva mai fatto un tale effetto. -

- Lui se ne accorse ben presto e mi rese partecipe della sua scoperta in un modo parecchio imbarazzante, all’inizio, ma in seguito molto piacevole. –

Cosi Keith pensò di essersi liberato del suo turno di raccontare quelle cose assolutamente imbarazzanti, ma si rese conto, poco dopo, di essersi solo illuso.

Infatti ora l’attenzione dei suoi amici era più accesa che mai. Ovviamente volevano…

- Dettagli! Voglio i dettagli! – esclamò Cedric, facendo scoppiare a ridere tutti.

L’unico che rimase serio fu Ben che davvero non moriva dalla voglia di sapere i dettagli. Si accucciò ancora di più nella poltrona, continuando a guardare fisso il suo ragazzo che però dava la sua attenzione a tutti tranne che a lui.

- Si infatti Keith! Non puoi fermarti proprio qui! – disse anche Alex, dando manforte all’amico.

Eric e Davy si astennero, forse per non sembrare troppo invadenti, ma anche loro avrebbero voluto sapere qualcosa di più.

Keith sospirò, non riuscendo però a nascondere un sorrisino.

- Okay, okay. Va bene. – prese fiato.

- Una sera mi trattenei nella camera oscura. Il professore ci dava la possibilità di utilizzarla, quando volevamo. Non mi fermai solo io quella sera…-

 

 

Keith era preso a sviluppare le ultime foto che aveva nel rullino, quando sentì la porta la porta della camera oscura aprirsi.

Era buio quindi dovette aspettare che l’intruso entrasse nel fascio di luce rossa prima di riconoscere di chi si trattasse.

Era Ethan.

Sentì il cuore salirgli in gola, e le budella attorcigliarsi.

Ma che diavolo ci faceva ancora li?

- Ehi Keith, ti cercavo…- disse Ethan, come a rispondere alla sua domanda silenziosa.

- A-ah si? Cosa posso fare per te? – chiese il ragazzo, distogliendo subito lo sguardo per dedicarlo alle foto che prendevano forma nel liquido, mentre Ethan si appoggiava al tavolo, vicinissimo a lui. Troppo vicino.

Sentiva l’odore del suo dopobarba e del profumo, erano afrodisiaci.

Ethan però non si decideva a rispondere, così fu costretto ad alzare nuovamente gli occhi su di lui.

Non vedeva bene il suoi occhi, ma sapeva che erano di un blu meraviglioso. I suoi capelli neri erano lunghi quasi fino alle spalle, Ethan aveva deciso di farli crescere e ci teneva moltissimo.

Era sempre così tranquillo e rilassato, e quella volta non faceva eccezione e si poteva vedere dal modo in cui si appoggiò al tavolo.

Il suo corpo era forte, ed allenato, ma aveva quella specie di grazia che lo seguiva ovunque.

Ora, Keith non sapeva e neanche gli interessava sapere, se quelle sue considerazioni fossero oggettive, o causate dal fatto che, beh ormai era inutile nasconderlo anche a se stesso, aveva una cotta gigantesca per lui.

Trovò gli occhi dell’amico già fissi su di lui.

- Qualche problema? – chiese allora Keith, sottovoce.

Vide il ragazzo scuotere la testa. – No. Anzi, penso che io e te ce ne stiamo creando troppi di problemi. – disse, e quella frase lo mandò nella confusione più completa.

- C-che vuoi dire? Quali problemi? – chiese, mentre sentiva l’ansia iniziare a prendere il suo dominio su di lui. Ma non poteva farsi soggiogare così facilmente!

Dove stare calmo. La situazione si sarebbe sistemata da sola.

Improvvisamente, proprio a volergli dimostrare che no, lui non poteva proprio mantenere il sangue freddo, sentì la mano fresca di Ethan sul suo collo scoperto.

Il ragazzo gli accarezzò la nuca e poi i capelli dietro la testa, sorridendogli leggermente.

Ormai le foto erano abbandonate al loro destino. Gli occhi di Keith erano completamente catturati da quelli di Ethan.

- Voglio dire che tu mi vuoi. Posso vederlo, posso sentirlo quando ti sto accanto. –

Keith sentì lo stomaco fargli male e la gola seccarsi completamente.

Era davvero così palese? Davvero non riusciva a nascondere quello che provava?

- E io voglio te. Quindi la smettiamo di farci tutti questi problemi, io e te? – la seconda parte della frase arrivò inaspettata.

E Keith avrebbe voluto fare un sospiro di sollievo. Perché Ethan lo voleva, e questo gli aveva fatto trovare la sicurezza adatta per ripristinare un po’ la sua calma.

Altrettanto inaspettato fu quando Ethan strinse la presa sulla sua nuca e lo avvicinò a se, baciandolo sulle labbra.

Quello fu il suo primo bacio dato ad un uomo come lui. E aveva già la sensazione che non avrebbe smesso tanto presto.

 

 

- Okay, ora basta. Non voglio raccontarvi quello che successe dopo. Mettete in moto il vostre cervellino da pervertiti e immaginate…- liquidò così il tutto Keith, riprendendo da terra la sua tazza per affondarci poi il naso.

Non guardò nessuno, era decisamente troppo in imbarazzo per farlo.

Sentì chiaramente la risata divertita di Davy ed Eric e poi il piccolo applauso di Alex.

- Wooo! Grande Keith! – esclamò invece Cedric. – Potresti prestarci la tua camera oscura? Mi stanno venendo alcune idee interessanti! – disse poi, ma gli arrivò subito uno scappellotto dietro la nuca da parte di Davy.

- Ehi, che ho detto di sbagliato?! – si lamentò sonoramente.

Keith però non poté fare a meno di ridere, così come gli altri.

Cedric era sempre lo stesso!

Davy e Cedric continuarono a battibeccare, Keith poteva sentirli come sottofondo, ma finalmente la sua attenzione si spostò sul suo ragazzo, accovacciato sulla poltrona accanto al suo divano.

Si rese conto che era rimasto in silenzio per tutto il racconto, non aveva fatto né un rumore né un gesto.

Che se la fosse presa? Che fosse geloso come lo era stato Davy quando Cedric aveva parlato di quel ragazzo che “lo faceva arrapare”?

Si ritrovò quasi a ridere di se stesso. Benjamin geloso? Ma in quale universo parallelo?

Quando lo aveva guardato, però, si era accorto del fatto che Ben aveva lo sguardo fisso su di lui e dava l’impressione di non aver spostato lo sguardo per molto tempo.

Non sapeva se avesse dovuto dirgli qualcosa, o solo lasciar perdere.

Era ancora arrabbiato con lui per la piccola discussione di poco prima. Ed era arrabbiato con lui per moltissime altre cose.

L’espressione con cui Ben continuava a guardarlo era indecifrabile.

Era già difficile di per se capire quello che Ben stava pensando, e ora le cose non erano diverse.

- Ragazzi…allora, chi è il prossimo a fare la sua confessione? – fece Cedric, ad alta voce, riprendendo l’attenzione di tutti.

- Perché non credete di passarla liscia voi, eh! – disse, riferendosi a Eric, Alex, Ben e Davy.

Davy allora sospirò e si arrese al suo destino. Provò almeno a rimandarlo.

- Okay, va bene. Ma ormai è ora di pranzo. Rimandiamo a dopo. Va do a preparare qualcosa. – allora si alzò e si defilò in cucina, mentre Cedric iniziava a lamentarsi dicendo di essere curioso di sapere le altre storie.

Eric si alzò a sua volta e gli andò vicino, scompigliandogli i capelli.

- Continuate a ballare voi. Vado ad aiutare Davy con il pranzo. –

Questo fece zittire Cedric che, grato dell’ottimo suggerimento, si alzò e riaccese la radio, prima di tirare su Alex dal divano e costringerlo a ballare.

 

Ben approfittò di quell’attimo di disattenzione di tutti per alzarsi dalla poltrona e uscire dalla sala, silenziosamente.

Quando Keith tornò a voltare la testa verso dove il ragazzo era seduto poco prima e non lo trovò, si alzò di scatto, istintivamente e senza un motivo preciso.

Cosa avrebbe dovuto fare? Andargli a parlare?

No, non poteva tornare indietro come un cagnolino e magari chiedergli anche scusa per un qualcosa di cui non aveva colpa.

Questa volta sarebbe andato Ben da lui.

 

 

 

°°°

 

 

Dopo pranzo, prima di cominciare la “seconda sessione di confessioni”, come l’aveva chiamato Cedric, decisero di andare a riposarsi nelle loro camere.

O almeno Cedric e Davy e Alex e Eric fecero così.

Ben era andato in camera e si era isolato, con le cuffiette dell’I-Pod, sotto le coperte calde per riscaldarsi, mentre Keith era rimasto in soggiorno, steso su uno dei divanetti con una coperta di lana pesante addosso.

 

 

Eric si mise sotto le coperte, raggiungendo il suo ragazzo che non stava aspettando altro che attaccarsi a lui per riscaldarsi. Infatti, appena ebbe appoggiato la testa sul cuscino Alex gli passò un braccio intorno alla pancia, per poi mettere giù la testa sul suo petto e fare un lungo sospiro.

- Ho lo stomaco troppo pieno. Sto per crollare. – disse poi, con gli occhi chiusi e un sorrisino soddisfatto.

Eric rise piano – Già. Davy cucina davvero benissimo. Beato Cedric. – muovendosi un po’ per passare un braccio intorno alle spalle di Alex e accarezzargli lentamente i capelli.

Sapeva che toccandogli i capelli Alex si rilassava e si addormentava nel giro di pochi secondi.

Ma Alex non aveva ancora voglia di dormire. Stava troppo bene, cosciente, abbracciato ad Eric. Era da qualche tempo che non riuscivano a stare un po’ soli.

La settimana prima del viaggio Eric aveva lavorato ininterrottamente ed Alex aveva dovuto fare il diavolo a quattro per riuscire a convincere il suo ragazzo ad accettare la proposta di un weekend fuori avanzata da Keith e Davy.

Avevano davvero tutti bisogno di una piccola pausa.

Alex sapeva che Eric si sentiva quasi in colpa ad andarsene fuori città, con il suo cercapersone spento sul comodino nella loro casa, e ora anche il cellulare era completamente irreperibile.

Sapeva anche che c’era tanta gente che avrebbe potuto avere bisogno di lui, questo riusciva a capirlo, ma ogni tanto aveva anche lui bisogno del suo medico, no?

Stavano insieme da quasi quattro anni, ma era difficile incontrarsi anche se abitavano nella stessa casa. Alex con il college ed Eric con il lavoro, per questo non aveva voluto sprecare quest’occasione e alla fine si era impuntato talmente tanto che l’uomo non aveva potuto dire di no.

Quindi neanche ora voleva sprecare tempo. Voleva sentirlo un po’, accanto a lui. Sveglio.

Iniziò ad accarezzargli il petto con un dito, lentamente, beandosi del respiro regolare di Eric.

Sapeva che continuando così si sarebbe addormentato, e lui voleva tenerlo sveglio, solo un altro po’.

- Hai notato che c’è qualcosa di strano tra Ben e Keith? – chiese, sottovoce.

Eric rispose dopo poco. Non si stupì del fatto che Alex se ne fosse accorto, sicuramente tutti se ne erano accorti, ma sapevano bene che era meglio non impicciarsi troppo.

- Si, beh. Penso che abbiano discusso. – disse semplicemente Eric, non volendo comunque infrangere la privacy di Keith.

- Beh, sarà sicuramente stata colpa di Ben. È stronzo e freddo come un ghiacciolo quel ragazzo. Non so come faccia a starci insieme Keith.- disse invece Alex.

Al più grande non piacque molto la sua osservazione.

- Benjamin non è stronzo. È forse un po’ freddo perché ha avuto una vita più difficile di quanto tu possa immaginare. Ma ci tiene a Keith, così come Keith tiene a lui. Non dovresti giudicare in questo modo. – la risposta gli uscì un po’ più severa di quanto avesse voluto.

Alex rimase sorpreso dal suo tono ed alzò la testa dal suo petto, per guardarlo in viso.

Eric si chiese se avrebbe risposto male e se sarebbe iniziata una discussione, ma poi si rese conto che Alex non era così.

Alex non rispondeva male, o almeno non a lui, e odiava litigare.

In quattro anni che erano stati insieme avevano litigato ovviamente, come ogni normale coppia, ma Alex non riusciva a tenere il muso per troppo tempo, così come neanche Eric riusciva a rimanere offeso con lui o senza parlargli. O senza il bacio del buongiorno!

- Hai ragione. – sussurrò Alex, rendendosi conto di aver sputato giudizi senza neanche conoscere la vera situazione di Keith e Ben.

Era anche convinto che Eric sapesse qualcosa di più, dato che lui e Keith, essendo i più grandi di quella strana comitiva, avevano stretto una profonda amicizia. Ma non voleva in nessun modo spingere Eric a parlargliene. Se non l’aveva fatto di sua spontanea volontà c’era un motivo, no?

- Scusa. Lo so che a volte mi comporto ancora come un immaturo. Mi dispiace. Col tempo migliorerò. Sono già cambiato molto da quando stiamo insieme, no? – la sua domanda era stata posta con una profonda speranza nella voce.

Eric gli sorrise e gli portò una mano dietro la nuca per avvicinarlo a se e baciarlo lentamente sulle labbra.

- Sta tranquillo, piccolo. Ora dormi. – gli fece posare nuovamente la testa sul suo petto, ma Alex la ritirò su di nuovo.

- Sono cambiato, vero Eric? Rispondi! – c’era del panico ora nel suo tono.

E se Eric lo vedeva ancora come un bambino? Come un ventun’enne ancora immaturo?

E se Eric prima o poi si fosse stancato di questo?

- Ehi, sta calmo. Ti ho già detto mille volte che non devi farti questi problemi. Non devi crescere per me. Devi farlo per te stesso. E quando ti vedrai cresciuto, allora vorrà dire che lo sarai davvero. – gli disse, sussurrando Eric, per farlo calmare.

Continuava ad accarezzargli i capelli, così da facilitarsi il lavoro.

- Avanti, ora dormi prima che suoni la sveglia di Cedric. Vuole ancora che raccontiamo le nostre storie. Non ci lascerà in pace fino a lunedì! -

 

 

 

 

 

Salve a tutti. Ho deciso di postare oggi questo capitolo dato che Giovedì parto e per una settimana non ci sarò. Spagna =D

 

- Bibby111: Bellissimi loro due ve? ^-^ Nei prossimi capitoli si scoprirà tutto, piano piano! =)

grazie! <3

- cry_chan: beh, a me non piacciono le cose o tutte leggere, o tutte pesanti. Mi piace mischiare un pò le cose. Momenti di divertimento, e momenti per parlare di cose serie. Anche perchè è così la vita no?

Si, nei prossimi capitoli ci sarà qualche problemuccio per tutte le coppie! Io sono sadica! xD

- Aika_Chan: adolescenti in gita? Ma davvero? A me non sembra, ma se è un impressione da lettore, non posso dire nulla. Per quanto riguarda le descrizioni caratteriali, a me non piacciono quelle fatte in modo schematico del genere "lui è così, così e così". Penso che le persone non siano così semplici da leggere e per questo lascio che quelli che leggono traggano da se le loro conclusioni sul carattere dei personaggi, da quello che dicono e dal modo in cui si comportano.

I primi capitoli erano un pò più leggeri quindi magari non si è vista la "maturità" di certi personaggi, ma comunque non è detto che tutti quelli grandi devono essere noiosi e scontati, a comunque nei prossimi capitoli si definiranno i caratteri di tutti.

Grazie per la recensione costruttiva, comunque. =)

alla prossima!

- The Illusionist: beh, mi dispiace che sta cosa degli adolescenti in gita sia stata la prima impressione di qualcuno, perchè non era proprio l'idea che volevo dare. Volevo solo scrivere qualcosa di leggero e divertente su cui sbizzarrirmi con le storie nella storia. Comunque, come già detto, non mi piacciono le descrizioni schematiche dei personaggi, e mi piace quando un lettore arriva a delle conclusioni soggettive sul carattere e la personalità dei protagonisti, quindi col passare dei capitoli, forse, sarete in grado di farvi un'idea di tutti i personaggi.

grazie per la recensione! alla prossima!

 

 

Grazie anche alle persone che continuano a mettere questa storiella nei preferiti e/o seguite! =D

 

 

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Chapter Three - Alex ***


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Chapter Three

 

 

Alex

 

 

- Su Alex…è il tuo turno…racconta, avanti! – fece Davy, verso il ragazzo, sorridendogli.

Eric non stava scherzando quando diceva che Cedric aveva messo la sveglia.

Ovviamente sapeva che tutti si sarebbero addormentati, così al calduccio sotto le coperte di flanella e con la pancia piena, così aveva evitato problemi mettendosi la sveglia.

Così alle quattro erano tutti svegli e al loro posto nella sala, con la stufa accesa.

Ben era stato quello più difficile da tirare giù dal letto.

Keith aveva anche detto di lasciarlo stare li dov’era, dato che diventava intrattabile quando veniva svegliato, ma non bastava certo questo per spaventare Cedric. Neanche lo sguardo assassino che il ragazzo gli aveva dedicato quando lo aveva scoperto improvvisamente.

Cedric infatti lo aveva zittito chinandosi e dandogli un bacetto sulla guancia.

Ben era rimasto per circa dieci minuti con una mano sulla guancia e gli occhi spalancati.

- Cosa volete che vi racconti? La mia prima cotta? – chiese chiarimenti il ragazzino e Cedric annuì con forza.

- Si dai! Sono curioso! –

Allora Alex sospirò e si preparò al racconto, cercando di immaginare da dove fosse meglio iniziare.

- Okay. La mia prima cotta devastante è stata per il professor Mark McDowney. Docente di storia e filosofia alla mia scuola superiore. – rivelò.

Subito la mascella di tutti quelli che lo stavano ascoltando urtò il pavimento.

Anche quella di Eric che del professor McDowney non aveva mai sentito parlare.

Alex abbozzò un sorriso nel vedere le loro reazioni, ma poi continuò.

- Frequentavo il terzo anno quando si è trasferito nella mia scuola. Veniva dall’Irlanda ed era di una bellezza accecante. Capelli rossi come il fuoco e occhi azzurrissimi. –

- Ma quanti anni aveva? – chiese Ben, ritornando dall’oltretomba, interrompendolo bruscamente come era di sua abitudine ormai.

Alex si voltò verso di lui e Ben notò le sue gote arrossarsi un po’.

- Beh…trentadue…trentatrè. Cose così. – rispose, sussurrando.

Allora sentì la risata di Cedric.

- Oh, allora avevi già la passione per i vecchietti eh! – esclamò, ridacchiando e lanciando uno sguardo divertito ad Eric che mimò un “vaffanculo” con le labbra, facendolo ridere ancora di più.

Alex guardò il suo uomo e gli posò una mano sulla gamba.

Sapeva che Cedric scherzava ma sapeva anche che Eric era molto sensibile a quell’argomento.

Alex ci aveva messo tantissimo a convincere Eric ad uscire con lui, anche quando il medico si era lasciato con la sua ragazza millenaria e si era reso conto di essere attratto da quel ragazzino.

Aveva dato parecchia importanza alla notevole differenza di età, ed era passato molto tempo e molte lacrime da parte di Alex prima che riuscisse a non pensarci più. A non pensare più alla sua reputazione, a quello che le persone dicevano e avrebbero potuto dire.

- E allora con il professorino? – Davy riportò tutti all’argomento di partenza.

- Beh…è stato il protagonista dei miei sogni fino a quando, a fine anno, alla cena di classe, non si è presentato con la fidanzata, futura signora McDowney. – concluse, con un sorriso.

- Ahia! Brutto! – commentò Keith, a mezza voce, tornando anche lui nel mondo dei vivi.

- Povero il mio piccolo! – fece Eric, passando un braccio intorno alle spalle del ragazzino, che si stese sul divanetto e posò la testa sulle sue gambe, pronto a farsi coccolare.

- Ma ora dovresti raccontare quell’altra storia. – gli disse Eric, abbassando lo sguardo su di lui mentre gli tirava indietro i capelli.

- C’è una seconda storia? – chiese Davy, curioso.

Alex allora girò la testa verso di lui e annuì.

- Si, si chiamava Robert. Era un mio compagno di classe. Era il mio migliore amico. Era l’unico a sapere della mia cotta per Mark. Quindi l’unico a sapere che ero gay.- raccontò.

- Anche lui lo era, immagino. Ma non me l’aveva mai detto. –

- Con lui riuscivo a parlare di cose che con altre persone non avrei neanche mai osato accennare. Quando avevo qualche problema andavo da lui. Ero solo io a farlo però. Lui non veniva mai da me quando aveva problemi, a meno che non ne avesse affatto! –

- All’epoca non ci facevo caso, ma dopo un po’ capì perché non parlava con me. – si interruppe un attimo, per riprendere fiato e riorganizzare le idee.

- Il suo problema eri tu…- sussurrò allora Keith inaspettatamente. Alex alzò gli occhi e spostò un po’ la testa per riuscire a vedere il ragazzo.

Era seduto su una poltrona vicino al divano sui cui stavano lui ed Eric.

Ad Alex non era sfuggito, ed era sicuro che neanche agli altri lo fosse, il fatto che Ben e Keith si erano posizionati uno nel lato opposto all’altro.

Infatti Benjamin era seduto, come la mattina, nella poltrona dall’altro lato della stanza.

Abbozzò un sorriso e annuì lentamente.

- Un giorno andai a casa sua. Lui era sotto la doccia così sua madre mi fece salire in camera sua per aspettarlo. –

- Mentre aspettando iniziai a guardarmi intorno. Poi vidi un diario sulla scrivania. Uno di quelli di cuoio nero. Ora so che era un diario, ma inizialmente non lo riconobbi come tale. Non l’ho capito subito che si trattava di un diario, se lo avessi capito forse non l’avrei aperto. Ma mi ritrovai a leggere.-

- Parlava di me. Per tante pagine. Il mio nome ovunque. Poi lui entrò in camera…-

 

 

Robert entrò in camera. Era vestito ma si frizionava ancora i capelli con un asciugamano.

Il sangue però gli si gelò nelle vene e l’asciugamano cadde a terra quando vide Alex seduto sul suo letto con il suo diario tra le mani.

Era talmente impegnato a leggere ed appropriarsi dei suoi segreti, che non si era neanche accorto di lui.

No, Alex non poteva aver scoperto tutto! Era un incubo!

Il panico, la paura, lo portarono a scattare in avanti.

- Che cazzo stai facendo?! – urlò, strappando il diario dalle mani dell’amico.

Alex si spaventò, il cuore gli salì in gola.

- Come diavolo di permetti di leggere il mio diario?! – urlò ancora Robert mentre gli occhi si facevano lucidi e stringeva forte il diario al petto.

Alex aveva gli occhi spalancati fissi su di lui.

- Rob…perché non…- ma il ragazzo lo interruppe, chiudendo forte gli occhi.

- Vattene immediatamente! Mi hai sentito?! Vattene! – lanciò il diario sulla scrivania ed afferrò Alex, ancora seduto sul letto come pietrificato.

Lo prese per un braccio e lo strattonò verso la porta della sua camera.

- Vattene! Non voglio più vederti! – urlò, ma Alex fece resistenza.

- Robert, basta! – lo richiamò, cercando di farlo smettere di spintonarlo in quel modo.

Con un unico sforzo finale però riuscì ad evitare una sua spinta che fece sbilanciare Robert in avanti. Alex allora lo prese quasi al volo e lo assicurò contro la porta, dove atterrò con un rumore sordo.

Robert cercò di liberarsi dalla presa di Alex sui suoi polsi. Ma poi Alex urlò un “Basta! Smettila!” che lo immobilizzò sul posto.

Non riuscì comunque a guardarlo. Aveva abbandonato le braccia lungo i fianchi e le mani dell’amico gli circondavano ancora i polsi. Aveva gli occhi bassi, quasi stesse aspettando la propria esecuzione.

- Rob…perché non mi hai detto niente? – chiese allora Alex, sussurrando ma con il fiato un po’ corto.

Aveva pensato che ormai Robert si fosse arreso quindi fece scivolare le mani dai suoi polsi ai suoi avambracci, quasi in una leggera carezza.

Ma invece Robert ne approfittò per liberarsi da quella costrizione, spintonandolo indietro, ma non con rabbia. Solo per farlo allontanare.

Lo superò fermandosi poi in mezzo alla camera, mostrandogli le spalle.

- Non ho nulla da dirti. Va via per favore. – disse.

Il suo tono era volutamente basso, ma duro e freddo.

- Sai che non me ne andò. Dobbiamo parlare. – insistette Alex, costretto a parlare con la sua schiena.

- Alex…per favore…- quella volta il suo tono era quasi una preghiera.

Il ragazzo avanzò lentamente e quando gli fu dietro gli sembrò giusto abbracciarlo, circondargli la vita con le braccia e posare la guancia contro la sua schiena.

- Sei innamorato di me, Rob? – gli chiese allora, sussurrando.

Lo sentì irrigidirsi tra le su braccia.

Rimase in silenzio.

Si rese conto che non aveva più possibilità di scamparla.

Ne sarebbe uscito distrutto, lo sapeva.

Alex forzò la presa sulla sua vita e lo fece voltare tra le sue braccia.

- Sei innamorato di me? – chiese ancora, guardandolo nei suoi occhi scuri.

Robert sprofondò a sua volta nei suoi occhi e, quasi in trance, annuì lentamente.

Alex si ritrovò a sorridere.

Si chiese com’era stare con una persona. Amare ed essere ricambiati.

Alzò una mano e gli accarezzò il viso, delicatamente.

Robert sembrava spaventato dal suo gesto e fece per ritirarsi, ma Alex aveva ancora un braccio intorno alla sua vita, e lo trattenne facilmente.

Gli osservò le labbra.

Alex non aveva mai baciato nessuno nella sua vita e si chiese come doveva essere, assaggiare le labbra di un'altra persona. Lo aveva immaginato tantissime volte.

E le labbra di Robert erano belle. E lui profumava di buono, di pulito.

E lui lo amava. Era innamorato di lui.

Si avvicinò e sentì Robert tremare tre le sue braccia. Ma poi anche lui prese ad avvicinarsi, e Alex lo ringraziò. Chissà se Robert aveva mai baciato qualcuno prima di lui.

Forse avrebbe dovuto farsi guidare.

Ma quando le loro labbra si toccarono, quelle di Robert erano timide ed inesperte tanto quanto le sue. Forse avrebbero dovuto imparare insieme.

Mentre Robert legava le sue braccia intorno al suo collo si rese conto che le cose venivano naturalmente. Non c’era bisogno di pensare. Doveva solo lasciare che le cose andassero come dovevano andare.

Quando si staccarono, con il fiato un po’ corto, Alex avrebbe dovuto chiedergli cosa si sentiva a baciare una persona che si ama.

Ma sapeva che sarebbe stato poco delicato nei suoi confronti.

Non poteva dire di essere innamorato di lui, ma sapeva di essere sulla buona strada.

E se tutto andava come lui voleva che andasse…beh, avrebbe avuto presto la sua risposta.

 

 

 

 

- Oh mio Dio. Che cosa dolcissima! – esclamò Cedric, alla fine del racconto, guardando Alex con gli occhi che gli luccicavano. Lui sorrise, arrossendo un po’.

- È quanto è durata tra di voi? – chiese allora Keith.

Il ragazzo ci pensò su un secondo – Quasi un anno e mezzo. È stato molto importante per me. Sai…il ragazzo delle prime volte. Ma poi è finita, semplicemente. Siamo rimasti amici fino alla fine della scuola, poi lui si è trasferito lontano per andare al college che desiderava. – spiegò.

- Oh, allora non è stata con Eric la tua prima volta! – fece Davy, sorpreso.

Subito gli arrivò uno scappellotto dietro la nuca da parte del suo ragazzo.

- Ma che domande fai?! – lo rimproverò.

Eric si sentì immediatamente a disagio, mentre Alex scoppiò a ridere.

- No. Non è stata con lui la mia prima volta. Ma la sua prima volta, è stata con me.- disse Alex, sorridendo, alzando lo sguardo per guardare il suo uomo che aveva nascosto gli occhi con una mano.

- Alex, cazzo, puoi evitare per favore? – gli chiese sussurrando, notevolmente in imbarazzo e questo fece ridacchiare il ragazzino che alzò una mano per accarezzargli velocemente le gote calde.

- Scusa amore. Sto zitto ora. – gli disse, mettendo così fine a tutte le domande gli amici avrebbero ancora voluto fargli.

Capiva che Eric non voleva ovviamente che gli altri sapessero della loro vita sessuale. Era un tipo parecchio riservato già di per se, inoltre Alex aveva notato che non gli piaceva molto parlare della loro storia con altre persone.

Cedric, ad esempio, quando parlava di qualcosa tirava sempre fuori qualche aneddoto inerente all’argomento in cui faceva la sua comparsa Davy.

A loro non era mai capitato invece.

Ovviamente ne avevano passate un bel po’ di cose insieme, ma semplicemente Eric non amava parlarne con altre persone. Erano una cosa solo loro, diceva.

Esempio lampante era il fatto che i genitori di Eric, dopo quattro anni, sapevano che loro figlio era fidanzato con un ragazzo, ma non ci avevano scambiato più di qualche parola.

Qualche volta passavano le feste separati, ognuno dalla propria famiglia, perché Eric non ne voleva sapere di fare come faceva con la sua ex ragazza: natale con i miei, ringraziamento con i tuoi o viceversa.

Questo aveva creato non pochi problemi ad Alex. Era chiaro che Eric si vergognava di lui. Questo lo aveva capito da subito, appena si erano messi insieme.

Che figura ci avrebbe fatto un medico trentenne, con un'ottima reputazione, ad uscire con un ragazzo, maschio, dodici anni più giovane di lui?

Che avrebbero detto i suoi genitori se parlando con lui si fossero accorti di quanto fosse ancora immaturo?

Alex non si era mai sentito in grado di affrontare quell’argomento con Eric, per il semplice fatto che forse era vero. Lui era un bambino ancora, ed era fonte di imbarazzo per un uomo grande, maturo e con un posto così importante nella società come Eric.

E allora aveva solo taciuto, prendendo quello che Eric era disposto a dargli.

Sapeva che con il tempo sarebbe cresciuto e allora sarebbero stati alla pari ed Eric non si sarebbe più dovuto vergognare di lui.  

 

 

 

 

 

Eccomi tornata! Scusate per il ritardo ma tra pagellino, il mio compleanno di 18 anni e camposcuola in Spagna c'è stato un bel pò di casino.

Ora le cose non sono molto cambiate visto che manca meno di un mese e mezzo alla fine della scuola e siamo tutti occupati a fare un bello sprint finale per salvarci dalle insufficienze! xD

Comunque...ecco il capitolo dedicato al piccolo Alex e alla sua storia molto romantica <3<3 ogni tanto serve un pò di romanticismo, soprattutto a me che ultimante sono in riserva! xD

Grazie mille a Aika_Chan che ha commentato lo scorso capitolo: non preoccuparti, avevo capito perfettamente. Infondo le recensioni servono anche a questo e no, assolutamente non mi dispiace se mi fai notare degli errori perchè servono a migliorare e io voglio migliorare quindi ogni aiuto e ben'accetto! Scusa per il ritardo! =)

E anche grazie alle persone che hanno messo la mia storia nei preferiti/seguite/ricordate (ogni tanto efp se ne esce con qualcosa di nuovo e innovativo! xD)

 

Alla prossima, spero presto! <3

 

Baci

 

Vale

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Capitolo 5
*** Chapter Four - Davy ***


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Chapter Four

 

Davy

 

 

Con l’intenzione di rimandare più possibile il momento in cui anche lui avrebbe dovuto raccontare la sua storia, Eric propose di fare un gioco per passare il pomeriggio.

La neve non accennava a smettere di scendere e loro erano ancora li a morire di freddo, ma proprio per tenere la mente occupata, per non pensarci, non c’era mai silenzio tra loro.

Ma Eric non avrebbe mai potuto prevedere che Cedric, sempre lui il combina guai, avrebbe scelto proprio quel gioco.

Era saltato in piedi dicendo che andava a prendere qualcosa di necessario al gioco che aveva in mente ed era tornato con una bottiglia di vodka, e dei bicchierini di vetro.

- Così ci riscaldiamo anche! – aveva detto, sorridendo, agitando la bottiglia.

 

- Fammi capire bene. Che gioco hai in mente di fare? – chiese Davy guardando Cedric un po’ sospettoso.

- Allora, il gioco si chiama…”Io non ho mai…” – disse e poi guardò gli amici, in attesa di una qualche reazione. Ma tutti lo guardavano con occhi parecchio turbati.

- Non mi dite che non lo conoscete?! – chiese, sconvolto.

Altri sguardi vaghi. Sbuffò – Okay, ve lo spiego. Riempiamo i bicchieri. E io dico una cosa, una qualsiasi cosa. Se voi avete fatto quello che io dico, svuotate il bicchiere, altrimenti no. È semplice. – disse, facendo spallucce.

Eric scosse subito la testa – Ma qui finiamo tutti ubriachi! – esclamò. – E poi Alex non beve. – aggiunse.

Il ragazzino lo guardò, sconvolto, e gli tirò uno scappellotto sul braccio.

- Certo che bevo! Non sono un bambino! – si lamentò.

Cedric allora alzò gli occhi al cielo – Va bene, poso la vodka e lo facciamo con la birra, okay? Almeno è più leggera ma non toglie tutto il gusto al gioco.-

Si alzò ed andò a posare la bottiglia di vodka, lasciandola al suo posto con un po’ di amarezza.

Tornò con un paio di bottiglie di birra, dando inizio al gioco.

 

- Allora…inizio io: non ho mai…rubato dall’armadietto degli alcolici di mio padre! –

Passò lo sguardo sugli amici.

Ben bevve il suo bicchiere tutto d’un fiato - era di suo nonno l'armadietto degli alcolici, ma tanto valeva - così come Keith ed Eric.

Alex guardò il suo ragazzo – Wow, tu non eri il figlio perfetto ed ubbidiente? – commentò, divertito.

Eric gli lanciò un’occhiata – Errori di gioventù! – disse, facendo scoppiare tutti a ridere.

- Ora tocca a me! – fece allora Davy.

- Io non ho mai…fatto sesso in un ascensore.- disse.

Cedric non bevve, un po’ imbronciato – Dobbiamo fare qualcosa in proposito – sussurrò poi al suo ragazzo.

Neanche Alex ed Eric lo fecero, invece Keith e Ben svuotarono tutto d’un sorso il bicchierino.

- Woo ragazzi. Si a voi vi vedo molto disinibiti! Ad Eric non verrebbe mai in mente una cosa del genere! – esclamò Alex, divertito.

- Alex! Smettila! – lo ribeccò immediatamente Eric e il ragazzino si zittì ridacchiando.

- Beh, anche a Keith piace farlo in modo classico. Se non gli avessi infilato io la mano nei pantaloni, quando si è bloccato l’ascensore, avremmo passato quell’ora chiusi dentro a giocare a Snake sul cellulare. – commentò Ben, guardando il suo ragazzo proprio di fronte a lui.

Keith lo guardava fisso a sua volta, con lo sguardo freddo e il viso contratto per il nervosismo. Perché diavolo Ben si comportava in quel modo?

Pensò che non avrebbe mai avuto la possibilità di saperlo. Perché lui non leggeva nella mente e Ben non ne avrebbe mai parlato con lui. Non ne avrebbe mai parlato con nessuno, come era sempre stato abituato a fare.

E Keith ci aveva provato davvero a cercare di capirlo, ma non c’era riuscito. Aveva sempre sbattuto la testa su un muro duro e grande quanto l’orgoglio di Ben.

E faceva male.

L’aveva ammesso a se stesso, dopo un po’, che faceva male sbattere contro quel muro e stava iniziando a pensare che fosse impossibile buttarlo giù, senza autodistruggersi completamente.

Poi Ben distolse lo sguardo, posandolo su Alex ed Eric.

- Magari è l’età che li fa essere così simili e uniti. – disse, riferendosi a Keith ed Eric.

Il suo tono sembrava vago. Come se stesse dicendo qualcosa di completamente normale, ma Keith aveva percepito l'intento particolare con cui aveva detto quella cosa.

Infondo lo conosceva da tempo ed era abituato a qualsiasi suo comportamento o tono di voce o gesto.

Desiderava con tutto se stesso sapere cosa stava passando in quel momento nella sua testa. Avrebbe fatto di tutto per leggere nella sua mente.

Ma rimase semplicemente in silenzio, senza però distogliere gli occhi da Ben che ora aveva smesso di guardarlo.

Cosa si aspettava? Che guardandolo insistentemente, grazie a qualche strano potere paranormale sarebbe riuscito a ottenere da Ben quel che voleva, che desiderava? Di riuscire a capirlo e abbattere il suo muro solo con i suoi occhi o con il suo desiderio di farlo?

Una volta aveva pensato che ci sarebbe riuscito amandolo, ma neanche questo stava funzionando. Perché allora non riusciva semplicemente ad arrendersi?

- Bene! Ora tocca a me! – esclamò Ben, mentre Cedric riempiva nuovamente i bicchierini svuotati.

- Allora: io non ho mai…fatto sesso con una persona presente in questa stanza. Ovviamente non prendiamo in considerazione i fidanzati millenari. – aggiunse.

Tutti lo squadrarono sorpresi, ma come era prevedibile nessuno bevve.

Il ragazzino li guardò, giocherellando con l’orecchino di legno che gli adornava l’orecchio, poi fece spallucce.

- Beh, non che mi aspettassi qualcosa di diverso.- fece poi, con un leggero sorriso che sembrava più un ghigno.

- Ovviamente. Siamo tutti fidanzati. – fece Cedric, con voce leggera.

- Come sei ingenuo Ced. Guarda che bella comitiva. Sei uomini molto attraenti, tutti omosessuali, non pensi che qualcuno di noi possa aver fatto pensieri su chi vorrebbe portarsi a letto, qui dentro? – fece, come se stesse raccontando una barzelletta.

Cedric allora si ritrovò a guardarsi intorno, pensando per la prima volta a chi magari aveva fatto pensieri sul suo ragazzo. Mise su una specie di broncio e si avvicinò al suo ragazzo, tenendoselo stretto.

- Non farti mettere pensieri in testa Ced. – intervenne a quel punto Keith, con tono duro. – A Ben piace fare lo stronzo. Dovremmo saperlo ormai.- quando disse quelle parole gli occhi di Ben si fissarono subito su di lui.

Si accorse che Keith lo stava guardando insistentemente.

Sembrava quasi uno sguardo d’odio, tanto era arrabbiato.

Anche Alex, Davy ed Eric avevano lo sguardo su di lui, seri.

E allora scoppiò a ridere – Oh, avanti. Scherzavo! Ma perché mi prendete sempre così sul serio? Mi sto annoiando. Lasciamo perdere questo gioco, okay? Davy, avanti, raccontaci la tua storia! –

Davy sobbalzò, un po’ sorpreso, dato che non se lo aspettava ma attese che anche gli altri ragazzi dicessero qualcosa.

Alex sospirò e annuì, decidendosi a parlare lui dato che nessuno sembrava intenzionato a farlo.

Eric studiava ancora Ben che aveva nascosto tutto quello che stava pensando – e Alex avrebbe davvero voluto saperlo cosa quello psicopatico stava pensando! – dietro un sorrisino. Keith anche guardava Ben, ancora con il viso contratto e arrabbiato.

Sapeva che stava arrivando al suo limite e si chiese quanto ancora avrebbe potuto sopportare quel ragazzo.

- Okay, dai. Lasciamo perdere il gioco per ora. Cambiamo argomento che è meglio. Davy, vuoi raccontarci? – chiese, sorridendogli, sperando così di spezzare un po’ quell’atmosfera pesante che si era venuta a creare, e allora anche Davy annuì.

- Oh, okay. Va bene. – accettò e poi fece un po’ spallucce.

- Ma…beh, il mio primo ragazzo è stato Cedric. – disse, dicendosi che non aveva alcuna storia del suo passato da raccontare.

Aveva sempre saputo, in un modo o nell’altro, di essere diverso. Ma aveva vissuto la sua infanzia in un paesino troppo piccolo per riuscire a capire davvero in cosa era diverso.

Quando poi si era trasferito in città, per perseguire il suo sogno, quello di diventare un grande chef, si era aperto davanti a lui un nuovo mondo pieno di nuove possibilità.

- Oh bene, racconta come vi siete conosciuti! – disse Alex, sorridendo.

Davy allora si voltò verso il suo ragazzo – Mi dai una mano? –

Cedric annuì e sorrise – Certo. –

- Okay, allora. Mi ero appena trasferito in città e lavoravo come apprendista in un piccolo ristorantino tenuto da una coppia di simpatici vecchietti che mi avevano un po’ accolto come un figlio, dopo che gli avevo detto che i miei genitori vivevano nel mio paese natale e che ero qui da solo.-

- Facevo da aiuto cuoco, cameriere, cassiere e quando serviva anche da tecnico. Beh, diciamo che ero un tuttofare. –

- Lavoravo li da qualche mese, quando iniziai ad accorgermi di una certa, interessantissima, costante nei miei giorni di lavoro. – disse sorridendo e lanciando un occhiata a Cedric che arrossì un po’.

L’attenzione si spostò su di lui.

Alla fine anche Keith aveva lasciato perdere Ben e si era dedicato ad ascoltare il racconto di Cedric e Davy.

Il biondino si grattò la testa, imbarazzato.

- Un giorno Colin, il ragazzo che lavora nel mio negozio, lo conoscete no? Beh, lui mi ha portato in questo ristorantino, per pranzo. Lo vidi subito. – guardò Davy.

- Stava servendo i tavoli velocemente. Aveva i capelli più corti di come li ha ora, ma era bellissimo come lo è ora. – disse e subito tutti sorrisero ed Alex se ne uscì con un grande “Aww!”.

Ben fu l’unico a rimanere in silenzio e serio. Perché doveva essere così dannatamente sdolcinato Cedric?

- Comunque dire che mi presi una cotta da paura è poco. E quindi andavo nel suo ristorante almeno una volta al giorno. Non so quanto ho speso in quel periodo e quanti chili ho messo su! – disse, ridacchiando.

Davy rise e gli passò un braccio intorno alle spalle.

- Me ne accorsi un po’ tardi, dato che ero tutto preso nel mio lavoro. Me ne accorsi, un giorno, quando stavo alla cassa. Lui prese coraggio e venne a pagare. Andavo di fretta, avevo ancora tanti piatti da lavare prima della mia pausa pranzo, quindi avevo la testa abbassata e tutta concentrata nei calcoli. Poi lui mi porse i soldi e allora alzai lo sguardo, finalmente. La prima cosa che vidi furono i suoi occhi. – si interrupe e si rese conto di aver guardato Cedric per tutto il tempo, e il suo ragazzo stava sorridendo ricambiando il suo sguardo.

- Oh mio dio ragazzi, siete troppo sdolcinati, sapete? – fece Ben, ma nessuno se la prese a male. Anzi, Cedric e Davy ridacchiarono.

Fu Ced a riprendere la parola.

- Dopo quell’ incontro di sguardi, continuai ad andare a trovarlo. Si passò difficilmente e con non pochi problemi al “ciao”. Beh, diciamo che non è stato facile per me in quel periodo. Cioè…lui mi piaceva davvero, davvero tanto. Ma ero…come dire…bloccato dal mio essere così…così evidentemente diverso. L’ho sempre saputo e ho fatto di tutto per correggermi e ci sono riuscito, per un periodo almeno. Mi portava via tante energie, perché non ero me stesso ma ero intenzionato a riuscire anche solamente a sapere qual’era il suo nome e capivo che magari, il mio essere così, avrebbe potuto spaventarlo.- disse, ora un po’ più seriamente.

La parola tornò a Davy.

- Ci misi un po’ a capire anche che lui era interessato a me, in quel modo. La prima volta che parlammo davvero fu quando gli portai il conto, al tavolo questa volta. C’era Tina, la proprietaria, alla cassa e se non gliel’avessi portato io il conto non avrei avuto la possibilità di guardarlo ancora. Si, beh, io sapevo di essere interessato a lui in quel modo. Comunque ricordo che mi guardò un po’ sorpreso, forse perché sapeva che non usavamo portare il conto al tavolo troppo spesso, solo se veniva richiesto e lui non lo aveva fatto.-

- Gli porsi il conto e lui aprì la bocca per ringraziarmi ma la voce non gli uscì e venne fuori un “grazie” storpiato. – ridacchiò e si prese un’ occhiataccia da parte del suo ragazzo.

- Io cercai di prendere coraggio e gli chiesi se gli era piaciuta la cena. Si, lo ammetto, l’avevo cucinata io. E lui fece segno di si con la testa e poi…- si interruppe e rise, guardando Cedric che spalancò gli occhi – No! Per favore! Salta questo pezzo, okay? Non è importante ai fini della storia! –

- Cosa è successo?! Avanti, vogliamo sapere! – esclamò allora Keith, ridacchiando. Alex anche gli diede manforte.

Cedric alzò gli occhi al cielo – Okay, ma lo racconto io. Tu modifichi gli eventi! –

- Praticamente quando alzai il braccio per prendere il conto che mi stava dando, urtai il mio bicchiere d’acqua ancora mezzo pieno e lo feci cadere. Bagnai tutto il tavolo e anche i miei pantaloni. – si interruppe, sospirando.

- E allora io presi un tovagliolo, per aiutarlo ad asciugarsi.- intervenne Davy.

- Solo che quando andai per, beh, aiutarlo, mi resi conto che c’era qualcosa che non andava nei suoi jeans. – concluse ridendo come un pazzo, mentre Cedric arrossiva fino alla punta dei capelli.

- Oh mio dio, avevi il tuo amichetto sull’attenti? – esclamò Ben, già con un accenno di sorriso sulle labbra. Sapeva che ora lo avrebbe preso in giro all’incirca per sempre.

Cedric si nascose il viso con una mano – Avanti. Mi aveva parlato ed ero felice e poi…non combinavo nulla da un po’. Solo una normale conseguenza fisiologica! – tentò di difendersi.

Tutti scoppiarono a ridere fragorosamente. Anche Eric che di solito non si lasciava andare a commenti.

- Okay okay, basta per favore. Andiamo avanti! – esclamò Cedric, non intenzionato a sopportare oltre. Era già stato parecchio imbarazzante in passato.

- Si, giusto, andiamo avanti. – fece Davy tornando anche lui serio.

- Una sera venne a cenare al ristorante e mi feci forza. Gli chiesi di aspettarmi fino alla fine del turno. Ero più sicuro di me in quanto sapevo di non essergli del tutto indifferente, sapete, dopo il piccolo incidente. – Cedric sbuffò, incrociando le braccia, ma Davy sorrise e passò oltre.

- Quando finì di lavare i piatti però mi resi conto che lui non c’era. Insomma, avevo ancora da sistemare la sala, dato che Tina e suo marito erano andati via e dovevo chiudere io il locale. Ci rimasi davvero male, ma poi andai fuori a cercarlo e vidi che era appoggiato al muro, fumando una sigaretta.-

 

 

 

- Oh, pensavo che te ne fossi andato. – disse Davy, andando verso di lui con le mani nelle tasche dei jeans.

Cedric alzò lo sguardo su di lui e sorrise – No, ti aspettavo fumando una sigaretta. – disse, mostrandogliela.

Davy annuì e si avvicinò ancora. – Magari puoi venire dentro a darmi una mano? Devo sistemare la sala. – gli disse, un po’ in imbarazzo.

Ma subito Cedric buttò a terra la cicca fumata per metà e si staccò dal muro.

- Sono a tua disposizione. – disse, sorridendo.

Entrarono nel ristorante e Davy gli disse come mettere le sedie sui tavoli, mentre lui prendeva la scopa per ripulire il pavimento.

Quando Cedric concluse il suo lavoro si appoggiò ad un tavolo e osservò Davy impegnato ancora nelle pulizie.

Era bellissimo. Forse non aveva mai visto un ragazzo bello come lui.

I capelli neri creavano un contrasto perfetto con gli occhi verdi che aveva. Aveva labbra piene che sembravano fatte per essere baciate, l’ombra leggera della barba di un giorno sulla pelle abbronzata.

Non riuscì a stare fermo li troppo a lungo. L’effetto che quel ragazzo gli faceva era ormai risaputo.

Si avvicinò a lui e prese la scopa che aveva in mano, gliela tolse dolcemente dalle mani e l’appoggiò ad un tavolo.

- Senti…io non so il tuo nome.- gli disse, in un leggero imbarazzo.

Davy si rese conto di avergli chiesto di fermarsi senza neanche presentarsi.

- Oh cazzo, mi dispiace. Io sono Davy! – disse, cercando di rimediare.

Il biondo gli sorrise – Cedric, piacere. – si strinsero la mano.

Poi cadde il silenzio. Erano rimasti a guardarsi negli occhi senza sapere cosa dire.

- Io…non so bene come definire questa situazione. Però voglio chiarire una cosa. Mi piaci Davy. Davvero tanto. In quel senso. Capisci? –

Cedric aveva voluto mettere subito in chiaro le cose, non essendo riuscito a capire quali fossero le vere intenzioni di Davy.

- Beh Cedric…anche tu mi piaci davvero tanto. In quel senso.- dicendo così non era riuscito a non sorridere.

E allora Cedric aveva quasi raddrizzato la schiena. – Oh…wow. Bene! – commentò e si sentì un po’ stupido e imbarazzato.

E poi, finalmente, si rese conto di avere le labbra di Davy proprio li, a pochi centimetri dalle sue. Quelle labbra che aveva osservato così tanto da dargli addirittura la sensazione di averle già baciate.

Si avvicinò un po’, improvvisamente e vide Davy indietreggiare un po’.

Beh si, non avrebbe dovuto sorprendersi. Era ancora presto, dopotutto si erano appena presentati.

- Oh, scusa. Non intendevo…- sussurrò allora, rendendosi conto del modo in cui si era allontanato quando Cedric aveva provato ad avvicinarsi. Lo aveva sorpreso.

Lo sconvolgeva l’idea di baciare Cedric? Lo voleva? Non lo voleva?

Aveva troppa confusione nella testa per poter arrivare a delle risposte certe. Avrebbe lasciato fare tutto al caso. Si era preoccupato anche troppo.

- No, non preoccuparti. Hai ragione. È troppo presto.- gli disse Cedric, sorridendo un po’ per tranquillizzarlo.

Davy allora rise e alzò le sopracciglia – Troppo presto? Ma per favore, sono settimane che vieni qui a mangiare! Pensi davvero che sia troppo presto?! –

Cedric sentì il viso andare in fuoco. Era imbarazzatissimo.

- Beh…intendevo troppo presto per te, non per me.- chiarì.

Davy abbozzò un sorriso e allungò una mano, per toccare leggermente le dita della mano di Cedric.

- Sinceramente non lo so se è troppo presto per me. Ma…è la prima volta che bacio un ragazzo.-

Il biondo se ne sorprese un po’, ma ne fu anche molto contento.

- Beh, possiamo provare. Se non ti va puoi sempre fermarmi. Che ne dici? – chiese, speranzoso.

Davy ci pensò su. Beh si…non aveva parlato del caso?

Annuì, lentamente e vide Cedric sorridere. Era raggiante.

Si avvicinò e quando le loro labbra si incontrarono, presero a conoscersi, si rese conto che forse non si parlava di caso.

Forse si parlava di destino.

 

 

 

 

Eccomi tornata! Scusatemi per l'imperdonabile ritardo ma prima sono stata presa dalla corsa ai ripari dell'ultimo mese di scuola, e poi con altre storie che devo portare avanti proprio come questa =) ma ora ho decisamente un pò più di tempo, prima di partire per le vacanze =)

Ecco a qui la storia di Davy, che coinvolge inevitabilmente Cedric, quindi è come se fossero entrambi i protagonisti di questo capitolo.

Ben ogni tanto se ne esce ancora con quelle battutine che creano strani momenti nella bella comitiva, ma sinceramente la domanda che ha posto lui durante il gioco me la sono fatta anche io. Come se non la stessi scrivendo io la storia o qualcun'altro xD

Ho iniziato a pensare a chi starebbe bene con chi, ma sono troppo affezionata a queste coppie per fare casini tra loro xD

Comunque grazie mille a Fiamma90 per il suo commento (anche a me piacciono molto loro! Visto che il capitolo incentrato su di loro è il prossimo che devo scrivere magari ci faccio un pensierino =D) e grazie anche a chi ha messo la mia storia tra i preferite/seguite/ricordate (ogni giorno diventano di più le opzioni! xD)

 

Alla prossima! Spero non troppo tardi! Grazie ancora!

Baci

 

Vale

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Capitolo 6
*** Chapter Five - Benjamin ***


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Chapter Five

 

Benjamin

 

 

Dopo aver commentato a lungo la storia raccontata da Davy e Cedric, e aver preso ancora un po’ in giro il biondino per la sua figuraccia da Guinness, decisero di fermarsi per cenare.

Keith era un po’ in ansia e per questo non gustò al meglio il cibo preparato da Davy. Sapeva che dopo cena, probabilmente, sarebbe stato il turno di Ben di raccontare la sua storia. Oh meglio, Ben avrebbe raccontato la loro storia.

Non sapeva il motivo di quell’ansia, aveva soltanto una brutta sensazione all’altezza dello stomaco e sapeva che ormai ci si poteva aspettare tutto da Ben.

Avrebbe voluto alzarsi da tavola, tirarlo su per un braccio e portarlo in stanza a parlare, a chiarire. Perché quei problemi gli aveva rimandati troppo a lungo e ora si stavano ripresentando ancora più gravi.

Non sapeva se la loro relazione sarebbe riuscita a sopravvivere. Aveva dei seri dubbi a riguardo.

Ma lui era stanco. Keith non ce la faceva più in quella situazione.

Lui non si meritava come gli altri, come Cedric o Eric, una relazione appagante?

Ovviamente sapeva che tutte le coppie hanno i loro problemi. Le storielle rose e fiori sono noiose e a volte meno felici ed appaganti di quelle più complicate.

Aveva sempre pensato che se avesse trovato l’amore della sua vita si sarebbe impegnato costantemente, giorno dopo giorno, affinché la sua storia andasse bene. Non si sarebbe steso sugli allori credendo fermamente nella solidità del rapporto, lo avrebbe rafforzato ogni giorno di più.

E l’aveva fatto! L’aveva fatto con tutte le persone che aveva creduto essere l’amore della sua vita. E lo aveva fatto anche con Ben.

Ma probabilmente si era sbagliato ancora. Forse non era Ben l’amore della sua vita, no?

 

 

 

A cena conclusa Eric ed Alex furono i primi a tornare in sala. Eric accese la stufa e sperò vivamente che il giorno dopo la tempesta finisse davvero perché la legna continuava a diminuire.

Alex si accucciò sul divano, coprendosi con la grande coperta di lana che sollevò quando Eric si sedette accanto a lui.

- Fa davvero freddo Eric…- si lamentò il ragazzo, stringendosi a lui.

- Lo so. Ma ora si riscalderà un po’ la stanza. – appoggiò la guancia contro la sua testa quando Alex gli alzò un braccio per poi passarselo sulle spalle.

Eric allora si rese conto di quanto Alex fosse caldo.

Gli alzò la testa e appoggiò le labbra sulla sua fronte. Era bollente.

- Cazzo Alex, hai la febbre! – esclamò. Lo guardò in viso e vide che i suoi occhi color nocciola erano lucidi e le sue guance erano rosse.

- La febbre? – chiese a quel punto Cedric, entrando nella sala seguito da Keith e Ben, che presero subito i loro posti, uno lontano dall’altro sulle poltrone.

- Chi ha la febbre? –

- Alex. È anche alta. – rispose Eric, un po’ preoccupato.

- È meglio se vai a letto. – disse poi al suo ragazzo facendo già per alzarsi.

Ma Alex lo fermò – No Eric, voglio stare qui con voi. Non voglio stare di la! – si lamentò.

Sembrava quasi un bambino che non voleva ancora andare a letto.

- Starò con te. Ma devi stare al caldo sotto le coperte. – cercò di convincerlo il più grande.

- No dai, per favore amore. Sto qui vicino alla stufa, starò bene! – ribatté il ragazzo.

Eric sospirò ma non poté fare altro che annuire – Va bene. Vado a prenderti un’altra coperta e, dovrei avere qualcosa nella valigia per far abbassare la febbre.- detto questo si alzò e andò verso la camera da letto.

- Wow. È sempre così? – fece Ben, con un sorriso leggero.

Alex lo guardò e sorrise a sua volta.

- Beh…in fondo è un medico. – disse, facendo spallucce.

- Si preoccupa per te perché ci tiene. Lo farebbe anche se non fosse un medico. – intervenne Keith.

Aveva usato un tono di voce cupo e aveva gli occhi bassi sulle sue gambe.

Sembrava avere la testa altrove ed era strano. Alex se ne accorse quando voltò lo sguardo verso di lui.

Anche Cedric lo guardava, studiandolo un po’. Lo aveva visto estraniato anche a cena, come se non avesse idea di quello che gli succedeva intorno.

Ben anche lo guardò, ma non disse nulla.

In quel momento Eric tornò, passando prima dalla cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Poi tornò accanto ad Alex.

- Prendi questa. – gli mise in mano una pillola, troppo grossa per i gusti di Alex, e poi gli porse l’acqua. In ragazzo però la prese senza fiatare.

 

Cedric si alzò e tornò in cucina, per vedere perché Davy ci mettesse così tanto.

Davy era al lavandino intento a lavare i piatti.

Socchiuse la bocca, sorpreso – Davy, ma che diavolo stai facendo? – esclamò.

Il ragazzo sobbalzò per lo spavento e si voltò verso di lui.

- Oddio, perché hai urlato in quel modo? – fece.

Cedric avanzò e con un colpo deciso chiuse l’acqua.

- Stai lavando i piatti con quest’acqua ghiacciata? Ma sei impazzito? – gli chiese, con una mano sul fianco.

- Ma non possono rimanere così tutti questi piatti sporchi! – si difese Davy.

Quella però era solo deformazione professionale. Ormai detestava vedere stoviglie sporche, doveva lavare sempre appena finiva di usarle.

Il biondo scosse la testa.

- Tu stai davvero male! – commentò, poi prese un asciugamano e gli asciugò le mani.

Quando poi le prese tra le sue si rese conto che erano davvero ghiacciate. Le sfregò un po’ con le sue, per farle riscaldare.

- Quando inizierai a pensare anche un po’ a te, eh testone? – gli fece poi, alzando la testa per guardarlo negli occhi. Ora sorrideva un po’ e il tono si era addolcito.

Davy non rispose subito e continuò a guardarlo negli occhi.

Sfilò le mani dalle sue e le poggiò sui fianchi di Cedric, coperti dalla lana pesante di quel maglione viola scuro che gli stava grande di qualche taglia.

- Tanto ci sei tu che pensi a me. – gli sussurrò sulle labbra prima di baciarlo.

Cedric alzò subito le braccia per legarle dietro alla nuca del suo ragazzo e ricambiò il bacio con trasporto.

Si staccarono solo quando i loro polmoni richiesero ossigeno.

Baciare Davy era sempre meraviglioso. Baciare le sue labbra piene e possessive.

Il biondino sfregò un po’ il naso contro quello di Davy.

- Andiamo di la dagli altri, dai. – fece poi, allontanandosi da lui ma prendendolo per mano. Davy annuì e lo seguì fuori dalla cucina.

- Va bene, ma stanotte sei tutto mio. –

 

 

 

°°°

 

 

Quando furono tutti seduti ai loro posti Eric sapeva che ora toccava a lui raccontare la sua storia. Ma fortunatamente, stranamente, Ben rimandò la sua ora.

- Ora tocca a me raccontare? – chiese appoggiato con un gomito al bracciolo del divano e con la mano affondato nei morbidi ricci neri.

- Oppure vuoi farlo tu per primo Eric? – chiese, guardando l’uomo di sottecchi.

Eric però abbozzò un sorriso – No, prego, vai tu. –

Ben annuì e raddrizzò la schiena contro la poltrona.

- Io e Keith ci siamo conosciuti in un set fotografico. Avevo bisogno di soldi, così quando lessi questo volantino pensai che magari era una buona occasione per fare dei soldi facili. Non ho mai avuto nulla. Ho finito le scuole superiori solo grazie a mia nonna, se non fosse stato per lei probabilmente avrei lasciato anche prima. Ma di andare al college non se ne parlava. Non ho mai avuto la testa per studiare. L’unica cosa che avevo e con cui, forse, potevo fare soldi era il mio aspetto. Sapevo di essere attraente come ragazzo, quindi mi presentai al provino.-

- Keith c’era ai provini. Sono sicuro che quelli che dovevano scegliere chi usare come modello volessero anche la sua opinione, ma lui era li da un lato, seduto su una sedia di plastica a mangiare un pacchetto di cracker e gli occhi bassi su un libro. –

Keith alzò la testa e guardò Ben. Anche lui lo stava guardando.

Sinceramente non si ricordava quell’episodio. La prima volta che Keith aveva visto Ben era stato solo quando lo trovò davanti al suo obbiettivo, cercando di nascondere l’imbarazzo che provava dietro una faccia di bronzo non indifferente.

- So che non è realmente questo quello che Keith voleva fare. So che non gliene importa niente di fare foto “artistiche” a dei modelli presuntuosi ed egocentrici. Ma questo è solo un ripiego. –

Keith tornò ad abbassare la testa. Era un discorso che avevano fatto più di una volta lui e Benjamin. E Ben gli aveva semplicemente risposto: “Beh, allora molla e fai quello che vuoi fare!”

La verità era che Keith aveva paura che se avesse lasciato quel lavoro che era abbastanza sicuro, avrebbero avuto problemi ad andare avanti.

Con il lavoretto che aveva Ben certamente non avrebbero potuto mantenere l’equilibrio economico che avevano raggiunto.

- Per i soldi. Perché ora Keith deve prendersi cura di me, come un bambino che non ha ancora l’età per darsi da fare. – la voce di Ben si era leggermente abbassata.

Era senso di colpa quell’inclinazione della sua voce?

- Comunque mi scelsero e andai a finire davanti alla sua bella macchina fotografica. Mi sono subito accorto che era cotto e stracotto di me. – disse, ridacchiando.

Gli occhi fissi sul ragazzo davanti a se che non poté anche lui far altro che abbozzare un sorriso.

- E non mi feci problemi. Insomma…era la prima volta che un ragazzo si interessava a me. Ma io non ho mai posto molta attenzione a queste cose. Mi interessava il sesso e non facevo altro che chiedermi come sarebbe stato andare a letto con un uomo. E Keith era perfetto, perché avanti, guardatelo, ha un corpo stupendo, non credete? – sorrise, quasi orgoglioso e si voltò verso Alex ed Eric.

Alex sorrise e annuì – Si, è molto bello. –

Eric invece rimase in silenzio. Sembrava non aver neanche sentito la domanda che Ben aveva posto. Aveva una strana sensazione, all’altezza dello stomaco.

Ben lo stava guardando, insistentemente, come se in realtà volesse solo da lui la risposta alla sua domanda.

Ma Eric sentiva che c’era qualcosa di strano nella piega che aveva deciso di dare al suo racconto, al tono e alle espressioni che stava usando.

- E allora non ci misi molto a decidermi. Lo facemmo sul set. Una sera quando tutti erano tornati a casa. È fu davvero stupendo. Per questo non ho smesso. – concluse, con un sorriso furbo, un ghigno.

Keith sentì il respiro bloccarsi nel petto. Sentì quasi un conato di vomito e le lacrime pungerli gli occhi.

Dio, stava per piangere? Si sentiva patetico.

Non poteva piangere li, davanti a tutti. Non poteva continuare a farsi far del male in quel modo atroce da quel ragazzino. Perché diavolo si stava ancora sottoponendo a quella tortura?

Si alzò di scatto. Gli occhi bassi. Non aveva il coraggio di incontrare lo sguardo di nessuno presente in quella sala. Di tutte quelle persone dannatamente innamorate. Di quelle coppie perfette, anche nei loro problemi e nei loro difetti.

Di Davy troppo geloso, possessivo ed iperprotettivo, ma innamorato perso di quella creatura per lui speciale e unica. Di Cedric, romantico, spontaneo e mai scontato. Di Eric, uomo di poche parole, ma che con un gesto o una sola parola riusciva a rendere più chiaro del sole i suoi sentimenti. Di Alex così ingenuo a volte, così tenero e fiducioso nei confronti del futuro.

Avanzò velocemente, imboccando il corridoio e andando verso la sua, loro, camera. Non ne poteva più. Voleva andar via da quello chalet. Avrebbe voluto uscire fuori e scendere giù a valle, non gli importava del freddo, della neve, del vento gelato e della possibilità di morire assiderati. Sarebbe stato mille volte meglio di stare li dentro, nel caldo quasi soffocante di quella maledetta stufa a legna.

Si, si sentiva soffocare.

 

 

Appena aveva visto Keith alzarsi in quel modo Eric si era istintivamente alzato con lui, ma si era bloccato quando aveva sentito la porta della camera sbattere.

Voltò lo sguardo duro verso Ben che aveva la testa bassa, gli occhi nascosti dietro la frangia lunga di capelli ricci sulla fronte.

- Dio, ma perché cazzo ti comporti in questo modo eh? Io non ti capisco, maledizione! – esclamò. Era arrabbiato e tutti guardavano la scena inorriditi.

Alex soprattutto era sorpreso dalla reazione del suo ragazzo.

Eric non si sbottonava mai in quel modo. Eric era sempre calmo e diplomatico, ma non questa volta. Questa volta ne era consapevole anche lui che Ben aveva superato il limite.

Aveva ferito Keith, senza un diavolo di motivo apparente.

Ben continuò a tenere la testa bassa.

- Quel ragazzo è l’unico sulla faccia della terra che è disposto a fare tutto per te! Ti ama anche se sei una testa di cazzo fuori da ogni umana concezione e tu ti permetti di trattarlo in questo modo?! – urlò ancora.

Solo allora Ben fece segno di una reazione.

Alzò lo sguardo su di lui. Aveva le mani strette intorno ai braccioli della poltrona, le nocche era diventate bianche.

- Beh, allora perché non mi dici come comportarmi, eh? Io non sono perfetto come te Eric! Magari puoi metterti tu con Keith! Sono sicuro che lo faresti felice! – disse, con voce apparentemente calma ma piena di veleno.

Eric rimase in silenzio, scuotendo la testa.

- Ben…non ci vuole molto ad essere meglio di te. Spero che prima o poi Keith se ne accorga e ti lasci, per trovarsi qualcuno che saprà apprezzarlo davvero. Tu non sei capace di amare Ben, e lui si merita di meglio.-

Quelle parole lo colpirono in pieno petto, spezzandogli il cuore.

Era quello il problema? Lui non sapeva amare? Gli invidiava tutti, quelli presenti nella stanza, perché loro invece potevano amare?

No! Avrebbe voluto urlare. No! Io so amare!

Eric si voltò verso il divano e tirò su Alex. Era ancora un po’ nervoso e forse lo fece con troppa forza, infatti Alex si lasciò sfuggire un gemito sorpreso.

- Andiamo in camera. Devi metterti a letto. – lo portò fuori dalla sala, lungo il corridoio velocemente tanto che Alex riuscì solo a mormorare un “Buonanotte” appena in tempo prima di essere trascinato via dal suo ragazzo.

Cedric allora si alzò, messo a disagio da tutta la situazione e portò su dal divano anche Davy. Il biondino poi gli fece segno di andare verso la loro camera e il ragazzo annuì, già sapendo che Ced aveva qualcosa da dire a Ben, che aveva ancora lo sguardo vacuo e gli occhi spalancati nel vuoto.

Si chinò davanti a lui e cercò la sua attenzione.

- Ben…- lo chiamò. Il ragazzo lo guardò e solo allora si accorse che i suoi occhi erano lucidi.

- Mi ascolti? Eric non pensa davvero le cose che ti ha detto. Tu sai amare. Tutti possiamo farlo, è nella nostra natura. Dobbiamo solo riuscire a dimostrarlo. – gli disse, con tono basso e calmo.

Ben si passò una mano sul viso stanco e poi tra i capelli disordinati.

- Io non so perché mi comporto così Ced. È come se non riuscissi a fidarmi delle persone. Come se non riuscissi a fidarmi di Keith! È come se avessi sempre bisogno di conferme. Sempre bisogno di sapere che lui mi starà accanto anche se lo tratto male. Ho bisogno di sapere che lui continua a pensare che per me ne valga la pena. Nessuno l’ha mai pensato di me. I miei genitori si sono arresi, perché sapevano che non valevo realmente la pena. – aveva detto quelle parole tra i singhiozzi.

Non avrebbe saputo dire quando era stata l’ultima volta che aveva pianto. Forse anni prima.

- Ho sempre voluto che fosse lui ad avere bisogno di me, ma io ho sempre tenuto le distanze. Perché quando sei tu ad aver bisogno di una persona, sei sempre schiavo e sarai sempre tu a soffrire quando quella persona se ne andrà, lasciandoti nel tuo bisogno senza la forza di rialzarti e continuare a vivere. Io avevo bisogno di mia madre! Io avevo bisogno di mio padre! E loro mi hanno abbandonato, perché la loro vita senza di me non cambiava molto.- la sua voce si era alzata. Rabbia, frustrazione e sofferenza nelle sue parole.

Cedric si sporse un po’ in avanti e quando Ben si accorse di quel movimento lo abbracciò forte, continuando a singhiozzare nell’incavo del suo collo.

Il più grande gli accarezzò i capelli sulla nuca, lentamente, per farlo calmare.

- Shh…tranquillo. Vedrai che andrà tutto bene. Keith capirà Ben. Gliene devi solo parlare. Devi aprirti con lui. È il tuo ragazzo e ti ama. Capirà e farà tutto il possibile per renderti felice. Mi capisci? – gli sussurrò quelle parole all’orecchio.

Cedric non aveva mai visto, in quasi un anno che si conoscevano e avevano iniziato ad uscire insieme, Ben in quelle condizioni. Ma gli faceva un certo piacere.

Vedere come tutta la sua maschera era caduta in mille pezzi mostrando quel ragazzo di appena ventitrè anni, cresciuto troppo in fretta e con tanta voglia di imparare ad amare davvero. Di conoscere quel sentimento che non gli era mai stato insegnato da nessuno,

prima.

Ben tirò su col naso e annuì, lentamente.

Cedric lo prese per le spalle e lo allontanò un po’.

- Mi fa strano vederti piangere, lo ammetto. – disse, con un abbozzo di sorriso che Ben tentò di ricopiare senza troppo successo.

- Quindi ora asciugati il viso e vai da Keith. Risolvi questa situazione una volta per tutte Ben. Perché tu non vuoi che Keith ti lasci, no? –

Benjamin lo guardò e scosse subito la testa – No che non voglio. –

- Bene. Quindi cerca di risolvere questo casino che hai combinato prima che ti cacci da questo chalet e ti lasci con il culo nella neve! -

 

 

 

 

Eccomi tornata. Finalmente aggiungerei.

Ed ecco qui che l'estate sta volgendo al termine. Oh mio Dio, che tristezza!

Comunque, scusatemi per il ritardo, ma in vacanza è sempre un pò difficile scrivere. Tipo ora il mio pc sta bruciando sulle mie gambe e sto morendo dal caldo! xD

Ma non scompaio mai del tutto! Arrivo sempre, alla fine! xD

Per Fiamma90: Grazie mille per il commento! =) Ben ha fatto la sua bella figura da stronzo anche qui, ma in questo capitolo si è gia iniziato ad aprire un pò. Eric è andato in escandescenza perchè ci tiene davvero a Keith! Mentre Cedric è come sempre molto dolce e comprensivo! Non credo sia un personaggio in grado di odiare lui xD alla prossima!

 

Grazie a chi legge, mette nei preferiti/seguite/ricordate! =)

 

Alla prossima!

 

Vale

 

 

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Capitolo 7
*** Chapter Six - Ben&Keith ***


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Chapter Six

 

Ben&Keith

 

 

- Non avresti dovuto dire quelle cose a Ben. Sei stato crudele ed insensibile. – disse Alex, già sotto le coperte, con le braccia incrociate al petto. Eric invece era ancora in piedi e faceva avanti ed indietro davanti al letto come un animale in gabbia.

- Come, scusami?! E lui non è stato crudele e insensibile nei confronti di Keith? – chiese, retorico, guardano il ragazzo con occhi sgranati.

- Penso davvero che Keith meriti di meglio di uno stronzo come lui! – disse, gesticolando.

- Ma scusa, non eri tu che oggi dicevi che “dovevamo capirlo perché ha avuto una vita difficile”? – ribatté Alex, mimando le virgolette con le dita.

Eric sbuffò – Si, l’ho detto. Ma prima che lo ferisse senza motivo! – esclamò.

Alex invece sospirò – ‘Kay, neanche io ho capito cosa passa nella sua testa, ma penso anche che siano fatti loro. Devono risolvere tra loro questi problemi. – disse, con tono calmo.

Il più grande annuì. Pensò per un attimo che per una volta era stato lui a comportarsi come un ragazzino impulsivo e invece Alex come un uomo ragionevole e razionale.

- Avanti…vieni qui. – disse Alex, posando una mano sul lato vuoto del letto matrimoniale.

Eric annuì e andò a stendersi sotto le coperte accanto a lui. Poi fece per portarselo vicino e lo baciò lentamente sulle labbra.

- Scusa, ogni tanto esce fuori la mia parte irrazionale. – disse, sottovoce.

Il più giovane rise leggermente – Eh meno male! A volte penso che tu non abbia un parte irrazionale. Poi però sono costretto a ricredermi tra le coperte. – aggiunse poi, provocandolo un po’.

Allora anche Eric si sciolse e rise, prima di sovrastarlo velocemente col suo corpo.

Alex rise a sua volta e chiuse le mani intorno alle sue spalle, quando Eric prese a baciargli il collo.

- Eric…ho la febbre, non voglio attaccartela.- fece, non potendo però fare a meno di alzare un po’ la testa per lasciargli più campo d’azione.

- Non preoccuparti. Sono super vaccinato – disse, accarezzando ancora con le labbra la pelle del suo collo, per poi tornare alle sue labbra.

Quando però sentì la mano di Alex scendere sul cavallo dei suoi pantaloni, si ritirò.

- Ehi, non era questo che volevo fare! – disse, togliendogli la mano.

Il ragazzo spalancò gli occhi, sorpreso – Perché no?! – chiese poi, deluso.

- Perché tu stai male! Volevo solo coccolarti un po’! – si giustificò, rotolando nuovamente nella sua parte del letto.

- Ma ho solo un po’ di febbre, non sto mica per morire! – ribatté il piccolo, mettendosi su un fianco per poi posargli una mano sul petto, e iniziare a disegnare sul maglione una spirale con l’indice.

- Cosa c’entra? Non devi stancarti. – gli passò nuovamente il braccio sulle spalle e gli fece posare la testa sul suo petto. – Dormi ora. –

- Non ho sonno.- rispose Alex, imbronciandosi un po’.

Eric rise leggermente – E allora cosa posso fare per farti venire sonno? Potrei parlarti del mio lavoro…ti mette sempre sonno! – propose, divertito.

Ma Alex aveva un’idea decisamente migliore.

Fu il suo turno di prendere il suo posto sul corpo di Eric ed iniziare a baciargli il viso.

- Potresti farmi stancare.-

 

***

 

- Cosa hai detto a Ben? – chiese Davy, accarezzando i capelli del suo ragazzo che aveva la testa poggiata sulla sua pancia, con il corpo un po’ per obliquo sul letto.

- Mi è dispiaciuto vederlo così. Okay, a volte è uno stronzo, ma sappiamo tutti che è solo una maschera, sai, per protezione. – disse il ragazzo, con occhi rivolti al soffitto.

- Volevo solo dirgli che Eric non pensa davvero le cose che ha detto. Era arrabbiato perché Keith è forse il suo migliore amico. – rispose poi.

Davy annuì, ma sembrava un po’ soprappensiero.

- Non so cosa sia successo. Non ci ho capito molto il realtà, ma penso che sia comunque qualcosa che va avanti da un po’. Un problema che si trascinano dietro. – continuò a dire Cedric.

- Io penso che se ci sono dei problemi non bisogna ignorargli ed andare avanti, ma risolverli subito. –

Davy era d’accordo, davvero, ma era anche consapevole del fatto che non fosse poi così facile come sembrava dalle parole di Cedric.

A volte non era facile parlare di quei problemi, perché non sempre le soluzioni sono piacevoli e risolvono la situazione. Le possibili soluzioni fanno paura più del problema stesso.

- E poi ignorarli o non pensarci non fa si che essi scompaiano o si risolvano da soli. Ritornano prima o poi, ancora più gravi di quanto fossero in realtà.-

Davy chiuse gli occhi, forte.

Cedric aveva ragione ma non sapeva quanti dubbi e senso di colpa stava scatenando in lui.

- Dav…sei stanco? Vuoi dormire? – Davy aprì gli occhi e vide che Cedric aveva tirato indietro la testa e lo stava guardando, con un leggero sorriso sulle labbra.

Lui scosse la testa – Devo…devo parlarti di una cosa Ced. Una cosa importante. –

Il suo tono era serio, mortalmente serio, quindi Cedric si alzò per mettersi seduto a gambe incrociate davanti a lui.

- Perché sei cosi serio? Qualcosa di grave? – gli chiese, un po’ preoccupato, mentre la sua testa iniziava già a lavorare freneticamente, partorendo le più varie ipotesi, come al suo solito.

- Avrei dovuto parlartene prima. So di questa cosa da un po’, ma ho preferito aspettare. – iniziò Davy, a voce bassissima.

- Avanti…dimmi Dav…- lo incitò Cedric, posandogli una mano sulla gambe, sotto la coperta pesante.

- Io ho…ricevuto una proposta di lavoro. Come capo chef. – disse finalmente, a sguardo basso.

Cedric rimase in silenzio per un attimo, sorpreso.

- Ma…ma…è meraviglioso Davy! Perché non me lo hai detto prima!? – esclamò poi. Gli occhi gli brillavano, tanto era felice per il suo ragazzo. Sapeva che era proprio quello che Davy sognava, e non poteva non essere entusiasta per lui.

Ma negli occhi di Davy non vedeva la stessa felicità e soddisfazione che lui provava.

- Amore…non sei felice? Cos’è quella faccia? – gli chiese, preoccupato, accarezzandogli la gamba. Davy era visibilmente nervoso e teso sotto le coperte.

Improvvisamente però si mosse e si tirò le gambe al petto, togliendosi da sotto il suo tocco.

- Il lavoro è a New York, Ced.- disse, abbracciandosi le gambe e tirando fuori la verità con uno sforzo immane.

Quelle parole colpirono Cedric allo stomaco, come un pugno ben assestato.

- A New York…- sussurrò, abbassando lo sguardo.

- Questo…questo vuol dire che…devi andartene? – chiese, con voce appena udibile.

Davy se ne sarebbe andato per esaudire il suo sogno. Lui non poteva seguirlo, aveva la sua vita, le sue amicizie, il suo lavoro.

Davy gli avrebbe chiesto di mollare tutto per seguirlo?

Oppure non avrebbe accettato, per rimanere con lui?

Ma no! Davy non poteva non accettare! Quindi…si sarebbero dovuti lasciare?

Tanti pensieri accavallati ed uniti attraverso i più piccoli dettagli.

- No, aspetta. Io non ho ancora deciso se accettare il lavoro o no, mi hanno dato del tempo per pensarci su. – disse immediatamente Davy, mettendosi velocemente in ginocchio sul letto e allungano le braccia per posare le mani sulle spalle del suo ragazzo.

Cedric scosse la testa, lentamente, quasi non avesse forza.

- No. Devi accettarlo. Non pensarci neanche a farti sfuggire un occasione del genere.- gli disse, con tono fermo e deciso. Ma era come se la sua testa fosse altrove, ed infatti era ancora impegnata a identificare problemi e trovarne soluzioni.

- Ced…- Davy gli mise un dito sotto il mento per potergli alzare la testa e costringerlo a guardarlo in viso.

- Dimmi cosa stai pensando. Ti prego, non tenermi fuori.- sussurrò, mentre vedeva gli occhi del suo ragazzo farsi lucidi e poi lacrime raccogliersi e bagnarli le ciglia.

Gli accarezzò il viso.

- Vuoi chiedermi di venire con te? Oppure lasciami? In ogni caso la nostra storia finirà.-

Aveva lottato Cedric affinché la voce non gli uscisse spezzata a causa dello sforzo che stava facendo per non scoppiare a piangere.

Davy scosse immediatamente la testa, prendendogli il viso tra le mani.

- Io non accetterò quel lavoro. Non ti avrei mai chiesto di abbandonare tutto per me. Ed è chiaro come il sole che io non ho alcuna intenzione di lasciarti. Quindi rimarrò qui.-

Fu il turno di Cedric di scuotere la test con forza.

- No Davy! Non capisci che è la tua grande occasione? New York, maledizione! Il lavoro che hai sempre sognato! – esclamò, guardandolo negli occhi.

- Ci saranno altre occasioni nella vita. Ma pensi che io possa avere tanta fortuna da incontrare un altro Cedric Baker nella mia vita? Non penso sia possibile. – rispose Davy con un leggero sorriso, accarezzandogli le guance con i pollici.

Cedric sospirò e abbassò lo sguardo.

- Non avrei voluto parlartene Ced. Continuavo a rimandare la decisione, dicendo che avrei deciso con te, ma in fondo ho sempre saputo che sarebbe stata questa. Te l’ho detto solo perché non volevo nasconderti una cosa del genere. –

Il biondino gli lanciò un’occhiataccia – Penso che ti avrei ucciso se me lo avessi nascosto e io lo fossi venuto a sapere.-

Davy sorrise – Si, so come sei. Per questo te l’ho detto. – rispose, divertito.

Anche Cedric allora si lasciò andare ad un piccolo sorriso, ma tornò serio mezzo secondo dopo.

- Sei sicuro della tua decisione Dav? –

Quello che terrorizzava Cedric era che un giorno o l’altro Davy avrebbe potuto pentirsi di quella decisione.

Che un giorno la loro storia avrebbe smesso di andare così bene e Davy gli rinfacciasse quella possibilità persa, per lui.

Ma Davy stava sorridendo e annuendo – Si. Sono sicuro. –

Fece forza sulle gambe per sporgersi in avanti ed abbracciarlo forte, quasi a volerlo soffocare.

- Promettimi che non te ne pentirai mai. Che non me lo rinfaccerai mai.- disse al suo orecchio, stringendo forte gli occhi e anche le braccia intorno al suo collo.

Sentì la stretta delle braccia di Davy intorno al suo busto, intensificarsi.

- Ma che dici? Ovvio che te lo prometto. Non farei mai una cosa del genere.- gli disse, facendo scivolare una mano lungo la sua schiena, per raggiungere la sua testa, ed affondare le dita tra i suoi capelli.

Cedric sospirò, forse un sospiro di sollievo e chiuse gli occhi, nascondendo il viso nell’incavo del collo di Davy, respirando contro la sua pelle.

- La prossima volta che mi fai prendere una paura del genere però, giuro che ti mando in bianco per almeno un anno e mezzo. –

 

 

 

***

 

 

 

Benjamin non aveva mai pensato che aprire una porta potesse essere così difficile.

Erano andati tutti a dormire e lui era li davanti alla porta della camera che divideva con Keith, cercando di trovare il coraggio di tirare giù la maniglia.

Fece un respiro profondo, ripensando alle parole di Cedric.

Keith avrebbe capito, e l’avrebbe perdonato. Keith lo amava.

Si ripeté quelle parole in testa come un mantra, mentre apriva la porta, lentamente.

Dentro era piuttosto buio, l’unica fonte di luce era l’abat-jour accesa sul comodino, ma vide subito la figura di Keith, seduto sul letto con la testa fra le mani.

Pregò che non stesse piangendo, ma il suo corpo non sembrava scosso dai singhiozzi anzi, sembrava stranamente immobile.

Avanzò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle, silenziosamente.

Keith sentì la sua presenza, anche se aveva lo sguardo basso, ma si rese conto di volere che Benjamin se ne andasse. Non aveva la forza per affrontarlo. Non credeva di farcela a litigare con lui. Era semplicemente stanco.

Ma si rese anche conto di avere dentro una rabbia tale che, se l’avesse solo provocata un po’, sarebbe scoppiata.

Ben avanzò ancora, incerto. Keith non accennava ad alzare la testa e lui non sapeva cosa fare. Quando gli arrivò abbastanza vicino per farlo, allungò una mano e gli toccò la spalla. – Keith…- sussurrò.

Keith, immediatamente, come se la mano di Ben fosse stata incandescente, si scansò.

- Non toccarmi. – sibilò, moderando la voce.

Benjamin sentì un crampo allo stomaco.

- Mi dispiace Key. Mi dispiace. – riuscì a tirare fuori, con voce appena udibile.

Allora sentì il ragazzo ridere, ma senza alcuna traccia di divertimento. Aveva i gomiti appoggiati sulle ginocchia e gli occhi rivolti a terra.

- Ti dispiace eh, Ben? Ti dispiace?! – alzò un po’ la voce e poi scattò in piedi, come se un insetto lo avesse appena punto.

Puntò gli occhi su Ben che stava davanti a lui, e quando incontrò i suoi occhi il più piccolo si sentì invadere da un’ondata di freddo.

- Di cosa ti dispiace, esattamente Ben? Di aver fatto sembrare a tutti, li dentro, che io e te stiamo insieme solo perché…com’era? Ah si, ti è piaciuto scopare con me, quindi non hai più smesso! – esclamò, indicando con un braccio teso il punto in cui si trovava la sala principale dello chalet.

Ben abbassò lo sguardo, non riuscendo più a trattenere il suo.

- È questo quindi, quello che siamo? – la sua voce si era abbassata di qualche tono. Non attese una risposta, perché era solo una domanda retorica. La rabbia che provava stava per scoppiare, incitata dal fatto che Ben stava li a sguardo basso, con le braccia abbandonate lungo i fianchi.

- Va bene, se è questo che siamo, se è questo quello che vuoi. Ti accontenterò ancora come ho fatto in questi maledetti anni.-

Ben alzò lo sguardo, velocemente, non capendo cosa volessero dire quelle parole, ma improvvisamente vide Keith andare verso di lui e afferrarlo per le spalle.

Lo buttò sul letto e Ben rimase immobile, troppo sorpreso e scosso per fare qualcosa, solo gli occhi sgranati, fissi su Keith che era ancora in piedi davanti al letto. Si sentiva sormontato dalla sua ombra.

Era lo sguardo quello che lo spaventò maggiormente. Non aveva mai visto quello sguardo su Keith. 

- Vedrai che sarà anche migliore delle altre volte. Non penserai mai a nessun’altro, né ti passerà mai per la testa l’idea di lasciarmi, dopo stanotte.- promise. Il tono basso e quasi cattivo.

Prese a slacciarsi i jeans, velocemente e poi si mise a cavalcioni su di lui, afferrandogli bruscamente i polsi sottili e spingendoli contro il materasso.

Ben si lasciò sfuggire un gemito di dolore.

Keith si chinò su di lui e gli morse la pelle sensibile del collo, prima di cercare di baciarlo sulle labbra. Ma Ben si scansò subito. Non voleva, non così.

- Keith…no. Per favore, smettila. – sussurrò, senza forze, alzando lo sguardo per cercare i suoi occhi scuri di rabbia.

Pensò che non sarebbe servito, ma Keith invece si fermò subito. Perché il suo Key non era così. Non sapeva neanche lui cosa stesse facendo.

- Non è questo che voglio. –

Keith lo guardò negli occhi, ora uno sguardo rassegnato e spento, e appoggiò la fronte contro la sua. Ben sentì il suo respiro caldo sulle labbra.

- Non è questo che vuoi. – ripeté, con voce debole – E allora che cosa vuoi Ben? Io non so più cosa fare. –

Benjamin chiuse gli occhi e spinse un po’ la sua fronte contro quella di Keith. Sentiva di avere tante cose da dirgli, tante cose da spiegarli, ma non riusciva a far uscire le parole, né a trovare un punto da cui iniziare.

- Non mi ami? Non sei innamorato di me, Ben? Ti lascerò vivere ugualmente da me, fino a quando non troverai un posto dove stare. Ma dimmi la verità, per favore. –

Non c’era paura, o ansia nella sua voce. Sapeva che quello era il momento della verità, ed era troppo stanco di tutta quella situazione, per avere paura.

Sapeva che qualsiasi risposta Ben gli avrebbe dato sarebbe stato comunque meglio che rimanere in quell’incubo.

Ben spalancò gli occhi e scosse la testa, immediatamente. Fece forza sulle braccia per riuscire a liberarsi dalla stretta sui polsi ma Keith, credendo che volesse scappare, lo strinse ancora più forte.

- No. Lasciami Keith. No, non è vero. Keith io sono innamorato di te. Ti amo, te lo giuro. – disse. La sua voce era agitata, era nel panico.

Sentì la presa affievolirsi, aprì gli occhi che aveva chiuso poco prima e vide che Keith lo guardava ad occhi sgranati e bocca socchiusa. Poi un leggero sorriso.

- Lo sai da quanto non me lo dici? –

Ben abbassò lo sguardo – Lo so.- ammise, sottovoce.

Keith incassò il suo tono triste. Scosse la testa. Se ne era già pentito di averglielo confessato? Era tanto difficile per lui?

Gli lasciò i polsi e si tirò su, riallacciandosi poi i pantaloni e andò alla finestra, lasciandolo li sul letto.

Fuori era buio, ma poteva vedere la neve continuare a scendere.

Sentì le molle del letto cigolare quando Ben si alzò e si avvicinò a lui, improvvisamente lo abbracciò da dietro, passando le braccia sotto le sue e piegandole in modo da afferrare le sue spalle, poi appoggiò la guancia alla sua schiena.

- Lo so che è una tortura stare con me. Cedric mi ha detto che se te ne avessi parlato, tu avresti capito. Mi capiresti se ti dicessi tutto quello che mi passa per la mente, sempre, ogni volta che mi sei vicino? – sussurrò, contro di lui.

Keith sospirò – Sono anni che cerco di farlo Ben. Io non posso fare nulla di più. Sei tu che devi permettermi di capirti. – gli disse, sottovoce.

- Okay. Ora voglio che tu mi capisci. Ora voglio dirti tutto.- rispose allora il ragazzo, con tono sicuro.

- Sono qui e ti ascolto. –

Benjamin sospirò e ora appoggiò la fronte alla sua schiena.

- Non voglio fare la vittima, sai che l’ho sempre odiato. Non voglio la pena di nessuno, e men che meno la tua. Ma ho sempre avuto qualche problema a fidarmi delle persone, sai, è la solita vecchia storia trita e ritrita di un figlio abbandonato dai genitori quando aveva più bisogno di loro. Ed è questo il mio problema. Per una sorta di modo per difendermi mi sono sempre detto che non avrei mai dovuto affezionarmi ad una persona, tanto da avere bisogno di lui come avevo bisogno dei miei genitori. E invece ogni volta che tornavo a casa, la tua casa, ogni volta che mi sedevo alla tua tavola, e ogni volta che entravo nel tuo letto e desideravo il tuo abbraccio, mi rendevo conto che ho sempre avuto un dannato bisogno di te. Che senza di te non potevo vivere. –

- Per questo motivo tentavo semplicemente di non pensarci. Trattandoti male a volte e non attaccarmi a te nel modo in cui Cedric e Davy, Eric e Alex sono legati. Così potevo almeno illudermi del fatto che se mi avessi lasciato, io sarei andato avanti tranquillamente. Senza problemi e senza soffrire. Ovviamente mi ingannavo da solo.-

- La verità è che se tu mi lasci Keith, se tu trovi qualcuno migliore di me, non sarebbe neanche tanto faticoso trovarlo in realtà, io ne morirei. Starei male come sono stato male quando i miei genitori avevano troppi problemi per pensare a me, e quando mia nonna mi ha lasciato. –

Keith aveva ascoltato le sue parole con gli occhi spalancati, fissi ma vuoti, sulla finestra davanti a se. Sentì brividi di freddo percorrergli la schiena, anche se Ben era dietro di lui ed era caldo contro di lui.

Aveva riflettuto tantissimo su tutte le possibili spiegazioni che si potevano dare al comportamento di Ben. E tante di quelle volte aveva cercato in tutti i modi di fare in modo che si aprisse con lui.

E ora sembrava così chiaro. Possibile che non ci fosse arrivato da solo?

Possibile che non fosse riuscito a rassicurarlo?

Ma la verità era forse che lui si era comportato esattamente come Ben.

Quando all’inizio della loro storia Alex aveva dovuto fare i conti con la reticenza di Eric, aveva fatto di tutto per fare in modo che il dottore si fidasse di lui e anche per fargli capire che non c’era niente di male in quello che erano, in quello che provavano uno per l’altro. Invece Keith, quando aveva visto il comportamento piuttosto freddo di Ben, ci si era semplicemente abituato e si era comportato di conseguenza.

È vero. Lui non era spigliato come Cedric che riusciva a sbaragliare ogni insicurezza semplicemente sorridendo e dicendo quello che pensava, sicuro di se e dei suoi sentimenti come Alex, che avrebbe fatto di tutto per ottenere quello che voleva e come lo voleva.

Semplicemente forse, aveva ancora la sensazione di onnipotenza che si ha da giovani.

Keith aveva accettato quello che era il suo rapporto con Ben, come se non fosse possibile cambiarlo, perché semplicemente Benjamin era così, era il suo carattere.

Poi si era finalmente accorto che quel tipo di rapporto non lo soddisfaceva più, ma aveva continuato a guardare inerme, come se fosse solo uno spettatore, quello che era rimasto di loro due.

E ora, forse troppo tardi per i rimpianti, si pentì di essere stato così passivo e di non aver mai fatto realmente qualcosa per cambiare le cose. Era rimasto a guardare, aspettando che le cose si sistemassero da sole.

Ma non era così nella vita. Difficilmente le cose si risolvono da sole.

Fece un profondo respiro e alzò una mano, per posarla su una di Ben che stringeva ancora la sua spalla.

- Scusa. Sono stato cieco a non capire quello che provavi. Forse non ti conosco così bene come pensavo. È una cosa molto triste. È come se fossimo due estranei Ben. – sussurrò, con un filo di voce, tanto che Ben lo sentì solo perché era così vicino a lui.

Benjamin ricevette quelle parole come un pugno nello stomaco.

- Perché dici così? Non è vero. Io…è vero, forse ti ho solo fatto vedere una parte di me. Ma abbiamo tempo, non pensi? Ricominceremo da capo…- provò a dire, spingendo il naso contro la sua schiena e chiudendo gli occhi.

Sentiva il respiro regolare di Keith contro la sua pancia e contro il suo petto, e si chiese se il ragazzo sentisse quanto forte il suo cuore batteva contro la sua schiena.

- Vuoi dire che ora sei pronto a fidarti di me, a legarti a me, ad ammettere che hai bisogno di me? – rispose Keith. Il suo tono era basso e non tradiva alcuna emozione.

Ben si fece sfuggire una piccola risata – Beh, credo che tu lo abbia capito, con tutto questo discorso strappalacrime, no? –

Keith non si scompose.

- No. Sono duro di comprendonio, lo sai. Dimmelo.- disse seriamente, ma poi un piccolissimo, impercettibile sorriso nacque sulle sue labbra.

Sentì Benjamin sbuffare sulla sua schiena.

- Ho capito a che gioco stai giocando. – disse poi, sporgendo un po’ le labbra in una specie di broncio.

- E allora assecondami.- chiese Keith, mentre il sorriso si allargava.

Ben sbuffò ancora. – Va bene Keith. Ho davvero, davvero, bisogno di te. –

E allora il ragazzo rise apertamente.

- Oh, musica per le mie orecchie. -

 

 

 

Eccomi tornata! Scusate per il ritardo! >.< Ma sapete, io ho un metodo che mi sono imposta. Non pubblico prima di aver finito di scrivere il capitolo successivo, e se scrivo lentamente, come è successo, aggiorno lentamente! xD

Ma ora posso dire di essere in avanti con il lavoro =) quindi ci metterò di meno ad aggiornare!

Alcuni di voi volevano la bella discussione tra Keith e Ben, ed eccola qui! Io l'avrei fatto penare mooolto di più a Ben se fossi stato nei panni di Keith, ma infondo sono innamorata di questa coppia, quindi per una volta in vita sua ho fatto fare a Ben il bravo ragazzo ragionvole. Tenete poi d'occhio anche le situazioni tra le due altro coppie, perchè avranno più spazio d'ora in poi.

E per Fiamma90, si manca ancora la storia di Eric, ma relax perchè sarà proprio lui il protagonista del prossimo capitolo, con il suo baby-compagno! =)

Smanukil, si, avrei dovuto far vedere le stelline a Benjamin, ma che ci vuoi fare? è un'idiota, e uno stronzo, si (e certamente questa parte di lui non cambierà più di tanto dopo questo capitolo! xD) e per questo ha fatto andare in escandescenza Eric, che di solito è sempre il più calmo e diplomatico di tutti, anche a me sarebbe partita la brocca in quella situazione! Ma in fondo in fondo è un bravo ragazzo, e noi lo perdoniamo, vero? xD Scusami per il ritardo dell'aggiornamento! alla prossima =)

Infine Lady_Aika: la chiacchierata con  Cedric e la paura di perdere Keith completamente hanno fatto in modo che si chiedesse cosa sarebbe successo se si fosse aperto un pò, e se avesse dato a Keith quello che silenziosamente gli chiedeva. Le parole e alcuni piccoli gesti sono più importanti di quanto si crede, in un rapporto, e finalmente lo ha capito! =) grazie per il commento! alla prossima!

 

Grazie ancora a chi commenta/segue/ricorda/preferisce...(oh mio dio ci sono sempre più opzioni in questo sito!xD)

 

alla prossima!

 

Vale 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Chapter Seven - Eric ***


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Chapter Seven
Eric
 
 
Il giorno successivo, domenica, tutti si alzarono abbastanza presto, tranne Alex che aveva accusato un po’ il fatto che Eric lo avesse fatto dormire ben poco quella notte, e Cedric che semplicemente amava poltrire a letto quando non andava a lavoro, il che succedeva purtroppo troppe poche volte per i suoi gusti.
Davy ed Eric erano stati i primi a svegliarsi, entrambi a causa della loro deformazione professionale, e mentre erano seduti al tavolo a parlare un po’ bevendo un caffè, entrarono in cucina prima Keith, e dopo pochi minuti Ben.
Eric appena vide il fotografo cercò di studiare le sue espressioni, per riuscire a capire cosa era successo la sera precedente, quando tutti si erano ritirati nelle proprie stanze.
Ma Keith sembrava abbastanza tranquillo: sorrise e salutò cordialmente, chiedendo subito dopo se era rimasto un po’ di caffè per lui.
Poi Benjamin entrò sparato in cucina, non aspettandosi di trovare già qualcuno alzato, e infatti frenò all’entrata della stanza quando vide che Eric e Davy erano seduti al tavolo.
- Oh, buongiorno…- aveva detto, sottovoce. Per un attimo Eric aveva incontrato lo sguardo del ragazzino che aveva puntato i propri occhi dritti nei suoi.
Non aveva abbassato lo sguardo, ormai era abituato a non abbassare lo sguardo mai davanti a nessuno.
- Buongiorno. – dissero all’unisono lui e Davy, ma la sua voce venne completamente coperta da quella più alta e convinta del cuoco.
 
- Allora oggi tocca a te Eric! Sei rimasto solo tu, ormai! – fece ad un certo punto Davy quando furono tutti seduti al tavolo, e anche Cedric e Alex si furono uniti a loro.
- Oh si, amico mio! Oggi ti tocca proprio! – intervenne a quel punto Keith, scoppiando a ridere subito dopo, allungando una mano sul tavolo il giusto che serviva per dargli una pacca amichevole e consolatoria sul braccio.
Di conseguenza Ben si sentì uno stupido. Essersi dichiarato in modo tanto patetico e sdolcinato, portava a sentire quella fastidiosissima contrazione allo stomaco ogni volta che Keith si avvicinava, o toccava qualcun altro?
Ma no, si disse pensandoci meglio, il rapporto che condividevano Keith ed Eric gli aveva sempre dato fastidio e dopo quello che era successo la sera prima con il medico, certo non gli stava più simpatico di prima.
- Okay, credo di non poter proprio sfuggire ora. – sbuffò Eric, poi si voltò verso Alex che aveva preso posto accanto a Cedric, essendo stati gli ultimi arrivati.
- Dammi una mano, okay? Ma non dire niente di imbarazzante, o giuro che ti faccio tornare a piedi in città sotto la neve. Poi altro che febbre. – lo minacciò bonariamente.
Alex scoppiò a ridere e annuì – Va bene, sta tranquillo! – lo rassicurò.
L’uomo gli schioccò un’ultima occhiata, poi si sistemò sulla sedia, pronto a raccontare.
- Da dove iniziare? – sussurrò a se stesso, riflettendo.
- Era un sabato mattina, lo ricordo bene perché avevo fatto il turno di notte in ospedale e stavo per andarmene a casa quando è arrivato Alex con sua madre. Aveva avuto un incidente con il motorino e sua madre aveva fermato il primo dottore che aveva visto, cioè io, completamente nel panico, raccontando quello che era successo. Dopo poco lo vidi arrivare con un passo tranquillo, e solo una leggera smorfia di dolore sul volto, mentre si manteneva il braccio destro. –
 
- Mamma, non fare l’isterica. – disse Alex, raggiungendo la madre che stava raccontando l’accaduto in modo agitato al dottore.
Si mise al suo fianco e alzò gli occhi solo per incontrarne un paio di un blu meraviglioso.
Si ritrovò a bocca aperta e così rimase fino a quando la voce di sua madre ricominciò a risuonare nella sala d’aspetto dell’ospedale.
Subito dopo sentì un'altra voce, molto più calma, e una mano sul suo braccio dolorante.
- Ti fa male? – chiese il dottore, premendo su un punto del suo avambraccio.
Il dolore acuto che provò lo riportò con i piedi per terra.
- Ahio, Dio, si. Fa male. – si lamentò.
- Credo che sia rotto. Prego, accomodati in quella stanza. Lei, signora, può rimanere qui in sala d’attesa se vuole. – disse alla madre di Alex.
- Non posso entrare anche io? – chiese allora la donna.
- Mamma, sono maggiorenne. Posso farcela da solo. – intervenne a quel punto il ragazzo, prendendo posizione.
- Dobbiamo solo fare una lastra, per vedere il punto esatto della frattura. Poi dobbiamo ingessare. – fece il medico, con tono professionale e anche abbastanza distaccato.
La donna annuì e si sedette ad una delle sedie di plastica, mentre il dottore guidava Alex verso la stanza precedentemente indicata.
Lo fece sedere davanti ad una macchina che sarebbe servita per le lastre, ma Alex seguiva le sue indicazioni in modo distratto.
Semplicemente non riusciva a togliere gli occhi dal viso del dottore.
Era assolutamente meraviglioso.
- Io sono Alex. – si presentò, con un sorriso.
Il dottore lo guardò un attimo, togliendo la sua attenzione dalla macchina.
- Dottor Burns. – fece a sua volta.
Rimase un po’ deluso, dato che avrebbe voluto sapere il suo nome, non il suo cognome, ma non si diede per vinto.
- Quanti anni ha? Sembra molto giovane. –
- Ho 31 anni. – rispose telegraficamente. – Ora metti il braccio qui sotto e cerca di stare più fermo possibile. Faremo in un attimo. –
- Non sono un bambino. Ho 19 anni, so stare fermo quando c’è bisogno. Ma mi muovo molto bene in altre situazioni. –
Burns alzò lo sguardo di scatto sul viso del ragazzo e lo vide a sorridere.
Scosse la testa, dandosi dell’idiota, per aver anche solo afferrato il doppio senso della frase.
Decise di stare zitto e non rispondere, facendo semplicemente il suo dovere.
Sentì gli occhi del ragazzino addosso durante tutto il procedimento, ma cercò di non farci caso. Quell’Alex lo stava sicuramente prendendo in giro e si stava divertendo a metterlo in difficoltà. Ma lui di certo non si faceva mettere in difficoltà da un bambino.
Si allontanò da lui e spense la macchina.
- Le facciamo stampare subito. Attendi in sala con tua madre. Dopo ti chiamerà un’infermiera per l’ingessatura. – gli disse, dandogli le spalle e sistemando alcuni fogliacci sul tavolo.
- Non me la fa lei l’ingessatura, Dottor Burns? – chiese allora Alex, deluso.
- No, ragazzino, te la farà l’infermiera. – rispose, andando verso la porta d’uscita.
- Oh beh…è un gran peccato. –
 
 
- Da quel giorno non mi ha più lasciato in pace. Me lo trovavo in ospedale spesso e volentieri, con la scusa di farsi controllare l’ingessatura. Di quello o quell’altro dolore. –
Alex sorrise – Beh, volevo sapere il tuo nome e tu ancora non me lo volevi dire. E poi alcuni dolori al braccio li avevo davvero. –
- Bugiardo. – disse Eric, nascondendo la parola tra dei finti colpi di tosse e facendo ridere un po’ tutti.
Il ragazzino lo guardò male, ma poi scosse la testa, continuando lui il suo racconto.
- Okay, lo ammetto, c’è stato un periodo in cui mi facevo trovare sempre fuori dall’ospedale, aspettando che finisse il suo turno. Avevo praticamente imparato a memoria i suoi orari. La verità è che neanche io sapevo cosa stavo facendo. Una sera, mentre lo aspettavo, avevo anche visto una donna venirlo a prendere. Li avevo visti baciarsi. Sapevo che era fidanzato, ma semplicemente non ce la faceva a smettere di andare li, da lui. Mi aveva stregato. – si voltò verso il suo ragazzo, che lo stava già guardando da un po’, e gli sorrise, dandogli la possibilità di continuare lui a parlare.
- A volte facevo finta di non vederlo, ma alla fine mi ero ritrovato a cercarlo volontariamente quando uscivo dall’ospedale. Anche quando uscivo di mattina presto, dopo il turno di notte, e sapevo che lui era a scuola, oppure ancora a poltrire, e certo non l’avrei trovato. Ormai era diventata un abitudine. –
- Ma una mattina mi stupì. Erano appena le sei di mattina, ed uscì sbadigliando dall’ospedale. Ero stremato e morivo dalla fame. Meno male che c’era qualcuno che mi aspettava, li fuori. –
 
 
Eric spalancò gli occhi quando riconobbe quel ragazzino, Alex, seduto su una panchina fuori dall’ospedale, stretto nel suo cappotto invernale, con in mano una busta di carta di una pasticceria e due caffè accanto.
Che ci faceva li così presto? Che cosa ci faceva ancora li?
Possibile che fosse venuto per lui?
Appena si accorse della sua presenza Alex sorrise.
- Buongiorno dottore. – gli disse, con voce abbastanza alta da poter coprire quei dieci metri che ancora li dividevano.
- Ragazzino, che ci fai qui così presto? Chi aspetti? – gli chiese allora Eric, riprendendo un certo tono professionale.
- Ma nulla, passavo di qui, e allora ho pensato di portarle un muffin…- iniziò, alzando la bustina di carta – e un caffè…- continuò, indicando questa volta i contenitori accanto a lui.
Eric scosse la testa, sorpreso. Cosa credeva di ottenere quel ragazzino, comportandosi in quel modo? Cosa voleva?
Si avvicinò, pronto a chiarire le cose subito, come era da sempre stato abituato a fare.
Anzi, quella storia era durata anche troppo.
- Senti, ragazzino…- iniziò, ma venne interrotto immediatamente.
- Non sono “ragazzino”, mi chiamo Alex. E ho quasi vent’anni, non mi piace essere chiamato in questo modo. – chiarì.
Eric lo osservò a sopracciglia alzate – Beh, io ho trent’anni e passa, invece, quindi per me sei un ragazzino. - 
Il ragazzo stava per rispondere, ma il dottore non gliene diede la possibilità.
- Quello che stavo dicendo, prima che mi interrompessi, è che non capisco il motivo per il quale sei sempre qui fuori. Cosa credi di ottenere? Cosa stai cercando? – gli chiese, schiettamente.
Alex lo scrutò attentamente, con il collo piegato e la testa alzata per poterlo guardare in viso, dato che il dottor Burns era in piedi davanti a lui.
- Lei mi piace, Eric. Mi piace molto. –
L’uomo rimase a bocca socchiusa, consapevole del fatto che non aveva ancora capito il vero senso di quelle parole.
- Io…ti piaccio? In che…senso? – chiese infatti, a voce appena udibile.
- Come uomo. Attrazione fisica, ha presente? – rispose il ragazzo, con una tranquillità inquietante e un’innocenza disarmante.
Si, Eric ora era sicuro di aver capito.
Scosse la testa, nel panico. – Stai scherzando, ragazzino, non è vero? Ho un decennio più di te! E inoltre sono etero, mi dispiace. E anche fidanzato. – disse, velocemente, senza prendere fiato.
Alex si alzò e tirò fuori un muffin dalla busta, porgendolo poi al dottore.
- Che ne dici se facciamo colazione, qui? È una bella mattina, e credo che tu stia morendo di fame, non è vero? – fece, come se non avesse ascoltato neanche una parola di quello che il più grande aveva detto.
- Ascolta, Alex…- rispose Eric, cercando di mantenere la calma. – Non cambiare discorso, per favore. Dobbiamo…-
- Mi hai chiamato per nome. È già un bel traguardo, per me. – fece Alex, interrompendolo poco delicatamente, e sorridendo.
L’uomo alzò gli occhi al cielo, non sapendo cosa fare per cercare di focalizzare l’attenzione di quel benedetto ragazzo su quello che lui stesso aveva confessato.
Vedendo la sua reazione Alex rise sonoramente e poi si avvicinò di un passò, mettendogli una mano sulla spalla.
- Calmati, avanti. Voglio solo offrirti la colazione, per dimostrarti quanto tu mi piaccia. E si…anche per farti sapere che non mi arrenderò facilmente. –
 
 
 
- Non si è arreso di certo. Ha continuato a tampinarmi. A portarmi la colazione la mattina presto, oppure della cioccolata calda la sera. All’inizio avevo provato a rifiutare, ma accettando quel muffin quella mattina avevo ormai firmato la mia condanna. – commentò Eric, sorridendo.
Alex lo guardò con le sopracciglia alzate – Condanna, eh? – fece, poi si voltò verso gli altri ragazzi che seguivano attentamente.
- Una condanna piacevole, però! – cercò di salvarsi in corner Eric, ridacchiando.
- Molto piacevole, aggiungerei. Infatti, dopo quasi un mese che avevamo questi incontri successe qualcosa…-
 
 
Era quasi mezzanotte quando vide finalmente Eric uscire dall’ospedale. Era li da almeno un’ora, e il dottore era in ritardo.
- Alla buon’ora. Stavo per andarmene! – mentì il ragazzo, mentre Eric andava verso di lui.
- Per favore Alex. Oggi non è giornata. Voglio solo andare a casa a farmi una doccia e dormire.- rispose lui, seriamente.
Anche il biondino si fece serio – Cos’è successo? Problemi in ospedale? – chiese, alzandosi in piedi e fronteggiandolo.
Eric, con la mano libera, dato che l’altra teneva la ventiquattr’ore, si strinse al collo il suo cappotto a doppiopetto nero.
- Un mio paziente è morto oggi. – fece, con tono basso, così come i suoi occhi, che erano fissi sull’asfalto.
Alex poteva vedere solo una parte del suo viso, grazie al lampione posizionato poco lontano da loro, ma era in grado di vedere la sua espressione stanca e addolorata.
Si avvicinò, lasciando i due contenitori sulla panchina, e gli toccò una spalla, stringendo.
- Mi dispiace tanto Eric. – riuscì a dire, solamente.
Eric, con quel tocco, si riscosse e si allontanò di un passo.
- Non devi dispiacerti. Credo che dopo un po’ ci si faccia l’abitudine. Sono quattro anni che faccio questo mestiere, ma ancora non ci riesco. –
Alex scosse la testa – Come si fa ad abituarsi ad una cosa del genere, Eric? Purtroppo sono cose che succedono, ed è comunque un brutto colpo per qualsiasi medico. Che egli abbia uno o trent’anni di servizio alle spalle. – disse.
Il medico non rispose subito, rimase solo a guardarlo e poté vedere sorpresa nei suoi occhi. Aveva addirittura le sopracciglia sollevate.
- Cos’è? – fece, un po’ piccato, vedendo che l’uomo non rispondeva.
- Non credevi che fossi in grado di fare un tale discorso? –
Eric scosse la testa – No, assolutamente. Solo che…in un mese non ti ho mai sentito dire niente del genere. – ammise.
- Ci sono tante cose che non conosci di me. Ma, avanti ora, siediti. Altrimenti la cioccolata si raffredderà ancora di più. Te l’ho già detto che ti ho aspettato davvero tanto? – chiese, tornando a sedersi e prendendo un bicchiere per porgerglielo.
Eric era indeciso sul da farsi. Aveva ancora la voglia di andarsene a casa e mettersi a dormire, ma si rese conto di non voler lasciare quel ragazzino su quella panchina.
Si sedette accanto a lui e accettò la cioccolata, che era appena tiepida nella sua mano.
Prese il primo sorso – Com’è andata la tua giornata, invece? – gli chiese, voltandosi per vedere che anche il ragazzo aveva iniziato a bere la sua cioccolata.
Alex fece spallucce – Bah, niente di che. Questa mattina sono andato a lezione. Il pomeriggio l’ho passato a studiare, e poi sono venuto da te. – si voltò a guardarlo e sorrise.
- Questo è il momento che aspetto per tutto il giorno, Eric. Senza di te la mia vita sarebbe solo studio e stupida routine. –
Quando sentì quelle parole Eric si passò una mano sul viso stanco e sospirò.
- Alex…- disse, con tono che sembrava riprenderlo. – Sei solo un ragazzino. Perché non ti trovi un ragazzo della tua età? Oppure non esci un po’ con i tuoi amici, invece di venire qui? Avrai degli amici, no? –
Il ragazzo annuì – Si, ho degli amici. Ma io voglio venire qui e passare questi minuti con te. Mi fa sentire bene. –
Il tono calmo, il sorriso innocente. Sembrava quasi…rassegnato.
Si ritrovò a guardarlo in viso, negli occhi, e Alex ricambiava il suo sguardo.
- Non guardarmi così Eric. –
E lui avrebbe davvero voluto smettere di guardarlo come imbambolato, ma semplicemente i loro occhi erano legati, e non riusciva a farlo.
- Eric…- la voce di Alex ora era appena udibile, ma lui la sentì sul suo viso, perché il ragazzo si stava avvicinando pericolosamente.
Alex sentiva quelle labbra attirarlo senza pietà. Se Eric avesse continuato a guardarlo in quel modo, con quegli occhi meravigliosi, non si sarebbe riuscito a fermare.
Non sapeva come avrebbe reagito Eric, ma allora perché non era già scappato?
Perché era li, seduto con lui? Perché lo guardava negli occhi?
Le sue labbra ormai erano li, a portata delle sue, e capì che non gliene importava niente. Ne aveva le tasche piene di tutte quelle domande che continuavano ad assillarlo da quasi un mese.
Forse, se avesse ceduto alla tentazione di baciarlo, Eric sarebbe scappato e non avrebbe più voluto incontrarlo, ma sapeva che non poteva certo durare per sempre quella situazione.
Allora la cosa migliore da fare era prendere il massimo che si poteva, ed accontentarsi.
Un bacio. Solo un bacio.
Quando finalmente toccò quelle labbra, però, si rese conto che la sua mente stava solo cercando di prepararsi a quando Eric si sarebbe allontanato, e avrebbe urlato contro di lui.
Perché? Perché non riusciva semplicemente a godersi quel minimo contatto, invece di sprecare quell’occasione?
Sentì la mano di Eric sul petto, che lo allontanava piano.
Alex si era preparato a qualcosa di più violento, ma capì che probabilmente quello avrebbe fatto meno male, dell’essere respinto con tanta dolcezza.
Vide l’uomo abbassare lo sguardo, ma poi guardarsi intorno, per assicurarsi che nessuno avesse visto quello che era appena successo.
Si alzò dalla panchina e si voltò solo per un secondo.
 - Torna a casa Alex. E non tornare qui. Se ci tieni a me, non tornare. –
Alex non poté far altro che rimanere seduto, con gli occhi sgranati e le gambe che si rifiutavano di fare alcun tipo di movimento.
Lo guardò allontanarsi e gettare il contenitore ancora mezzo pieno di cioccolata in un cestino dell’immondizia, e poi scomparire dalla sua vista.
 
 
Nessuno commentò. Alex si guardò intorno per vedere tutti gli occhi concentrati su lui ed Eric, ma in silenzio e con espressioni differenti sul viso.
- Beh…sei stato un po’ stronzo, Eric. – esordì Cedric, con voce un po’ roca.
- Eri spaventato a morte. – rispose invece Benjamin, guardando l’uomo attentamente.
Eric ricambiò il suo sguardo e annuì piano. – Si, è vero. Ero spaventato a morte, e per questo mi sono comportato un po’ da stronzo. – fece, con un accenno di sorriso.
- E poi? Poi cosa è successo? – chiese a quel punto Davy.
Alex annuì, e poi riprese a raccontare.
- Riuscì a stargli lontano solo per una settimana. Io ci tenevo davvero a lui, quindi ho provato, provato davvero, a cercare di non pensarci più. Provai ad uscire con degli amici, in modo da tenere sempre occupata la mente, ma non ci potevo fare nulla. Nella mia testa c’era lui costantemente. –
- Quindi ritornai li, era martedì sera. Lo aspettai per circa un’ora, aveva fatto ancora tardi. Poi lo vidi uscire con passo spedito, ed andare dritto verso una macchina parcheggiata, ma con il motore acceso. –
 
 
Alex aguzzò la vista per vedere dove stava andando Eric, e avanzò velocemente andando anche lui verso la macchina. Si chinò e vide che c’era una ragazza dentro la macchina.
Era la sua ragazza. Quella era la sua ragazza.
Iniziò quasi a correre, mentre Eric dalla parte opposta si avvicinava alla vettura.
- Eric! – lo chiamò a gran voce.
Vide l’uomo alzare lo sguardo sorpreso su di lui e socchiudere la bocca.
- Alex, va a casa! – disse, appoggiandosi con un mano alla macchina.
- Eric, che succede? – si chinò in avanti, affacciandosi al finestrino.
Katherine si sporse e lo guardò – Niente, solo un paziente. Aspettami un attimo. –
Si allontanò e raggiunse il ragazzo, visibilmente nervoso.
 - Alex, cosa ci fai qui? Cosa ti ho detto? Torna a casa! –
- No! Non voglio tornare a casa! Ho cercato di starti lontano, ma non c’è la faccio! – esclamò il ragazzo, toccandogli le spalle.
Eric si allontanò – Abbassa la voce. – iniziò – Senti, Alex, quella li dentro è la mia ragazza. Io sono fidanzato! Devo sposarmi! Arrenditi. Arrenditi e basta. –
Alex scosse la testa – No, non mi arrendo. Ci siamo baciati, e io so di piacerti. Perché altrimenti avresti continuato ad vederti con me, anche se sapevi esattamente le mie intenzioni? –
Il medico fece un passo indietro e si passò una mano tra i capelli.
- Alex, maledizione, ho 30 anni! Sono stato normale per tutta la mia vita! Non puoi arrivare tu, un ragazzino che crede di poter avere tutto quello che vuole, e mettere tutto sottosopra! – esclamò, agitato.
Il ragazzo lo guardò senza parole. – Io non…- si interruppe, completamente spiazzato.
Non aveva mai riflettuto a fondo su quanto scompiglio stesse lasciando nella vita di Eric.
Aveva sempre e solo pensato a se stesso: non era riuscito a stare senza vedere Eric, e quindi era tornato all’ospedale, senza pensare per più di un secondo a come il medico gli aveva supplicato di non andare più a trovarlo.
Gli era piaciuto subito, è vero, ma ora non poteva più fare a meno di lui.
Si era innamorato.
Abbassò lo sguardo – Mi dispiace. Mi dispiace davvero per quello che ti sto facendo passare. Ma io…ti amo. Davvero. Lo so che può sembrarti impossibile. Perché sei più grande di me, perché ti conosco a malapena, e qualunque altra cosa tu voglia. Ma questo è quello che sento. Mi sono innamorato di te. E voglio sperare ancora, dopo quel bacio, che ci sia una speranza per me e te. –
 
Alex si interruppe improvvisamente, lasciando tutti con la bocca socchiusa.
- E poi? Poi cosa ha risposto Eric? – chiese a quel punto Benjamin, che ottenne un’occhiata stranita del medico. Sembrava molto, come dire, preso.
Soppresse un sorriso e decise di riprendere lui a raccontare.
- Non ho risposto nulla. Me ne sono andato e l’ho lasciato li. –
Quella risposta lasciò tutti senza parole.
- Come sarebbe a dire che lo hai lasciato li? Perché? Non eri anche tu innamorato di lui? – chiese a quel punto Cedric, con la sua grande innocenza.
Eric abbozzò un sorriso.
- Ma si che lo ero, ma non ero ancora pronto ad ammetterlo. Non ho voluto più rivederlo. Lui ha continuato a venire all’ospedale, quindi io avevo trovato un’uscita alternativa per evitare di incontrarlo. Dopo un po’ lui smise di venire, e li mi sono accorto dell’errore imperdonabile che avevo fatto. –
- La relazione tra me e Katherine aveva iniziato ad andare male. Mi sentivo insicuro a parlare con lei. Evitavo anche di guardarla negli occhi per paura che lei riuscisse a capire che c’era qualcosa che non andava, dentro di me. La verità era che non riuscivo a togliermi questa faccia da bambino dalla testa. – si voltò verso Alex dicendo quest’ultima frase, e lo vide sorridere.
Si girò nuovamente verso i ragazzi che aspettavano che lui continuasse a raccontare.
- Sentivo la voglia di vederlo. Mi ero abituato a vederlo almeno una volta al giorno, quindi era come se fossi caduto in una specie di crisi d’astinenza. – cercò di spiegarsi. – E fu allora che mi resi conto di non sapere neanche il suo cognome. Avevo continuato a parlare per quasi due mesi con una persona che sapeva tutto di me, mentre io non lo conoscevo affatto. Non sapevo dove abitasse, né dove andasse a scuola. –
- Fortunatamente avevo quella cosa meravigliosa chiamata cartella medica, e li c’erano tutti i suoi dati. E allora mi presentai a casa sua. Il momento più imbarazzante e terrificante della mia vita, se devo essere sincero. Ma credo ne sia valsa la pena. –
 
 
Aveva accostato per circa cinque volte il dito al campanello, ma ancora non aveva trovato il coraggio di suonare. Si chiedeva ancora come avesse fatto ad arrivare fino a li, e non fermarsi per strada e tornare indietro.
Ci aveva pensato e ripensato, ma aveva comunque continuato a guidare.
Ed ora non poteva certo tirarsi indietro, non arrivato a quel punto.
Quindi fece un profondo respiro e cercò di ricordarsi che ormai aveva 31 anni e che si stava comportando come un adolescente.
Suonò.
Il mezzo minuto che seguì prima che la porta venisse aperta furono i più lunghi della sua vita.
Si preparò a parlare con sua madre, oppure suo padre, invece ad aprirgli fu proprio Alex.
Vide i suoi occhi spalancarsi appena se lo ritrovò davanti.
- Eric, che ci fai qui? – chiese, senza fiato.
Ed Eric si rese conto di essersi preparato a parlare con il padre, oppure la madre di Alex, ma non con lui.
Si impose l’autocontrollo e fece un profondo respiro – Ho bisogno di parlarti. – riuscì a dire.
Alex , con un espressione sorpresa, ma comunque seria, annuì e si spostò dall’entrata.
- Vieni, entra. – lo invitò.
Eric però, prima di accettare l’invito, chiese: - Sei solo? –
Il ragazzino annuì – Si, tranquillo. Non c’è nessuno in casa. Potresti sentirti a disagio però. Non ci sono adulti come te in casa. –
Quell’ultima affermazione non lo lasciò particolarmente sorpreso, lo rese solo più nervoso.
Certo non si aspettava che Alex avesse preso bene il suo rifiuto.
- Io ho bisogno di parlare proprio con il neanche-ventenne. – rispose.
Alex sembrò studiarlo, poi annuì e gli fece segno di entrare.
- Siediti. Vuoi qualcosa da bere? – gli chiese, più per educazione, che non per vero interessamento.
- No, grazie. Sono apposto. – fece, andando verso il divano del soggiorno e togliendosi la giacca, prima di sedersi. 
Il ragazzo allora andò verso di lui e prese la giacca che l’uomo aveva posato sul bracciolo del divano, facendo per portarlo all’appendiabiti, ma si sentì afferrare per un polso.
Abbassò lo sguardo e vide gli occhi di Eric fissi su di lui.
Erano ancora più belli di quanto avesse cercato di ricordare in quei due mesi circa che erano stati senza vedersi.
- Per favore Alex, siediti. Dobbiamo parlare. –
Alex rimase per qualche altro lungo secondo a guardare i suoi occhi, come rapito, poi si riprese e lasciò la giacca lì dove l’aveva presa, ed andò a sedersi sulla poltrona dirimpetto al divano su cui era seduto Eric.
- Perché ti sei seduto li, ora? Ti garantisco che non ho alcun tipo di malattia infettiva. Le so riconoscere tutte, sta tranquillo. – fece, un po’ infastidito.
- Non ho voglia di starti vicino Eric. L’ultima volta che l’ho fatto ti ho baciato, ricordi? Non è il caso di ripetere l’esperienza. – rispose lui, a tono, appoggiando i gomiti sui due braccioli e unendo le mani in grembo.
Eric sospirò e cercò di passarci sopra. Era venuto li per parlargli, non per litigare.
- Mi dispiace. Mi dispiace di quello che è successo. – disse.
- Di cosa esattamente? Di aver ricambiato il mio bacio? Perché si, caro mio, tu l’hai ricambiato, ed il fatto che lo neghi non farà in modo che le cose cambino. Oppure del fatto di avermi lasciato lì, come un’idiota, dopo che ti avevo detto di essermi innamorato di te? –
Il suo tono era fortemente sarcastico ed Eric lo incassò a testa bassa.
- Hai ragione. Forse è vero che io ho ricambiato il tuo bacio. Ma…- alzò nuovamente lo sguardo per fronteggiarlo. - …non potrò mai esserne sicuro al cento per cento. –
Alex aggrottò le sopracciglia – Cosa vorresti dire? – chiese.
- Voglio dire che quello che c’è stato tra di noi è stato solo un piccolo sfioramento di labbra. Non saprò mai per certo se lo avrei davvero ricambiato, se fosse diventato un bacio vero. –
Il tono di Eric era indecifrabile, così come la sua espressione , quindi Alex lo guardò cercando di capire il significato di quella frase.
Cosa voleva dire?
- Probabilmente non l’avrei fatto. Non credo tu sia il mio tipo. Etero o non. –
Fu quella frase però, che lo fece immediatamente smettere di pensare e farsi domande.
Orgoglio ferito.
- Ah si? – esclamò, alzandosi di scatto dalla poltrona e andando verso di lui.
- Staremo a vedere! –
Prima che Eric potesse fare qualcosa, se non attaccare la schiena al divano, Alex si mise a cavalcioni sulle sue gambe e, prendendogli il viso tra le mani, posò rudemente le labbra sulle sue, forzandole subito dopo.
All’inizio il dottore fu così sorpreso che faticò anche a respirare con il naso.
Non lo avrebbe certo mai ammesso, ma era esattamente quella la reazione che aveva voluto innescare, è vero. Solo che non se lo sarebbe aspettato in quel modo.
Poi si ricordò di avere a che fare con un ragazzino passionale ed istintivo e prima che se ne potesse accorgere, aveva le braccia strette intorno al bacino di Alex e stava ricambiando il suo bacio.
Si, ora non ci sarebbero stati più dubbi.
 
 
- Che bella storia ragazzi. – fece a quel punto Keith, sorridendo ai due, capendo che il racconto era concluso. O almeno quello che loro potevano sapere, e quello che Eric era disponibile a condividere con loro, era concluso.
Alex sorrise – Beh si, a raccontarla così può sembrare una bella storia. A viverla tutt’altro. – fece. – È stato un periodo d’inferno per me. Come lo è stato per Eric. Poi le cose hanno iniziato a migliorare però. –
- Ed ora come vanno le cose? – chiese Benjamin.
Alex si voltò verso di lui – Bene! Molto bene! – esclamò, poi si girò verso Eric – Vero, amore? – chiese conferma, sorridendo.
Eric sorrise a sua volta e annuì – Certo. Benissimo. –
Si, era sicuro che fosse proprio Alex la sua anima gemella.
Dio, o il destino, era stato birichino con loro. Aveva messo tutti gli anni di differenza tra loro, ma se dopo così tanto tempo erano ancora li, insieme, voleva dire che avevano fatto un bel lavoro, dopotutto. 

 

 

 

 

Questa è senza dubbio la mia preferita. Avrei voluto renderla meglio, ma è venuta fuori così e così la tengo =)
Cosa ne pensate, cari?
Fiamma90: ci saranno un pò di colpi di scena, nei prossimi capitoli. Magari potrai anche cambiare idea su Ben, oppure no! xD Grazie per il commento! <3
Smanukil: se era per me mettevo troppi casini ovunque xD ma ho cercato di non rendere tutto troppo pesante =) questa volta Eric e Alex l'hanno scampata, ma non prometto nulla per i prossimi capitoli ;) non c'è mai da fidarsi di tutte le coppie rose e fiori.
Eric si è un pò lasciato prendere dal fatto che lui e Keith sono molto amici, quindi il fatto che Ben lo abbia trattato in quel modo davanti ad altra gente lo ha fatto andare in escandescenza. Ma forse volevo rendere per una volta lui quello un pò istintivo, ed Alex quello che lo ritira con i piedi per terra.
L'ho detto fin dall'inizio che Cedric è il mio preferito, quindi loro li tratto bene (fin troppo!) xD
Lo so che dico sempre che aggiornerò presto ecc, ma alla fine c'è sempre qualche casino che esce fuori. Poi la scuola è una pizza -_-

Alla prossima!

Vale

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Capitolo 9
*** Chapter Eight – Eric & Alex ***


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Chapter Eight – Eric & Alex
 
 
Quando conclusero di commentare la storia appena raccontata da Eric ed Alex si spostarono pian piano tutti in soggiorno. Solo Davy rimase, aiutato da Keith, a sistemare la cucina.
Erano stati presi talmente tanto da quel modo interessante di passare il tempo che nessuno aveva pensato di controllare la situazione fuori da quello chalet.
Ben infatti, quando si era accostato al vetro, aveva visto che la tempesta era finita da chissà quanto tempo e nessuno se ne era accorto.
Il cielo era azzurro, senza la presenza di nuvole. La neve era alta, si, ma faceva proprio venir voglia di prendere il suo snowboard e uscire di corsa da li. Non ne poteva più di stare chiuso in quelle quattro mura.
- Ragazzi! La tempesta è finita! – esclamò, voltandosi verso gli amici.
Alex era sdraiato sul divano, sbadigliando per la noia. Fortunatamente si sentiva decisamente meglio in confronto al giorno precedente.
Cedric, che era fermo in mezzo alla sala, ed Eric, che si era appena seduto su una poltrona, lo raggiunsero velocemente alla finestra, guardando fuori.
- Ce ne eravamo quasi dimenticati! Credi che possiamo andare a sciare un po’, Eric? – chiese Cedric, guardando l’uomo.
- Credo proprio di si. Insomma, cerchiamo di goderci questo poco tempo che ci rimane fino a domani pomeriggio. –
Alex, che aveva sentito qualcosa che gli interessava notevolmente, si alzò di scatto e raggiunse gli amici, attaccandosi al braccio di Eric.
- Possiamo andare a sciare!? – chiese, entusiasta per la bella notizia.
Mentre Ben faceva un gesto di trionfo, correndo via per andare ad avvertire Keith e Davy, Eric guardò dubbioso il suo ragazzo.
- Alex, forse tu dovresti rimaner al caldo. Ieri hai avuto la febbre, ricordatelo. –
Alex perse immediatamente il sorriso.
- Oddio, Eric. Ora sto bene. Non posso rimaner chiuso qui dentro. Siamo venuti per sciare, no? Mi coprirò per bene, e vedrai che non succederà nulla. – disse, cercando di rassicurarlo.
Avrebbe voluto pregarlo di smetterla di fargli da padre. Un padre già ce l’aveva. Ora voleva un fidanzato con il quale divertirsi sulla neve.
Eric alzò le mani in segno di resa.
- Okay, okay. Fai come vuoi. – disse. – Vado a prendere gli sci, allora. –
 
 
Circa un’ora erano tutti fuori, a prendere una bella boccata d’aria fresca, a tirarsi palle di neve e a cercare di fare qualche metro con gli sci senza finire gambe all’aria.
La risata di Cedric riecheggiava tra le montagne, che si era tolto velocemente gli sci per rincorrere Davy, che gli aveva appena lanciato una palla di neve, per vendicarsi.
Keith invece, in perfetto equilibrio sugli sci, guardava con interesse Benjamin, sul suo snowboard, cercare di muoversi senza cadere.
- Che differenza ci può essere tra una tavola da skate normale, ed una per la neve? – aveva detto, quando se l’era comprata in vista di quel weekend.
Quando Ben cadde indietro, con il sedere nella neve, Keith non poté fare a meno di scoppiare a ridere, beccandosi prima un’occhiataccia dal ragazzo a terra, poi una palla di neve in pieno viso.
Alex, che in vacanza con i genitori era sempre andato in montagna, appena uscito dalla chalet si era precipitato con i suoi sci verso una delle discese più leggeri. Tornando su, vicino alla casa, e guardandosi intorno poi, si rese conto che Eric non era fuori con gli altri.
Che fine aveva fatto?
Arrivò davanti alla porta dello chalet, evitando di essere coinvolto in quella guerra di palle di neve che sembrava essere scoppiata.
Ben e Cedric vs Keith e Davy, per come aveva capito. Le cose erano molto confuse, in tutto quel bianco.
Si tolse gli sci e sbatté gli stivali per non portare troppa neve nello chalet.
- Eric? Dove sei? – chiese, ma non ottenne risposta, quindi dovette entrare e togliersi li stivali, per poi proseguire scalzo verso le camere.
Nel corridoio sentì la voce di Eric che parlava con qualcuno.
Ora parlava anche da solo? Doveva essere impazzito.
- Eric? – chiamò ancora, piano, entrando nella loro stanza.
E poi lo vide. Era vicino alla finestra e parlava al cellulare.
Alex socchiuse la bocca, deluso.
Aveva pregato Eric di lasciare il cellulare e il cercapersone a casa, per non essere disturbati durante la loro brevissima vacanza, ma a quanto pare il medico gli aveva mentito.
Parlava in modo concitato e concentrato al telefono, tanto che non l’aveva neanche sentito entrare. Parlava con termini tecnici e sembrava un po’ preoccupato.
Alex capì immediatamente che c’erano problemi, conosceva Eric troppo bene per non capire quando era nervoso e preoccupato per qualcosa di serio.
Rimase fermo li, appoggiato alla porta ad ascoltare quello che Eric diceva.
- Okay, George. Non posso prometterti nulla, ma ti chiamo tra poco.- disse e con quello Alex capì che la conversazione era finita.
Vide Eric chiudere la telefonata e poi mettere il cellulare al sicuro nella valigia, tra i vestiti.
Quando si voltò, poi, lo vide sobbalzare, spaventato.
- Cristo, Alex. Mi hai fatto prendere un accidente! Da quanto sei li? – chiese poi, sorpreso.
- Cos’è successo? – ribatté il ragazzo, ignorando la sua domanda.
Eric lo osservò per un attimo, poi sospirò, capendo di essere stato beccato con le mani nel sacco.
- Un mio paziente. Accusa alcuni sintomi che possono far pensare ad una meningite. – disse, seriamente.
Alex annuì.
- E tu vuoi correre in soccorso, vero? Vuoi andartene? – chiese poi, avendo già capito dove sarebbe arrivata quella conversazione.
Il medico abbassò lo sguardo, e sospirò ancora.
- Io…Alex, cerca di capire. È un mio paziente. Ed è una cosa grave.-
- Sono sempre io quello che deve cercare di capire. Comprendimi tu, per una volta! Viviamo insieme da quasi un anno, e io posso dire di averti visto più prima quando venivo a trovarti alla fine del tuo turno, che non adesso che dividiamo lo stesso letto! Ti ho chiesto solamente un dannatissimo weekend insieme con degli amici e tu ora vuoi andartene!? – esclamò, arrabbiato.
- Capisco quanto siano importanti i tuoi pazienti per te, ma tu sei importante per me e si, chiamami anche immaturo ora, non mi importa davvero! Volevo solo passare un po’ di tempo con te, maledizione! –
Eric boccheggiò un attimo, prima di rispondere.
 – Tu puoi…puoi venire con me. Insomma, devo solo passare in ospedale per un paio d’ore, poi possiamo passare la giornata insieme. – propose, senza sapere quello a cui andava incontro.
Alex scosse la testa, non credendo che il suo ragazzo avesse davvero detto quelle parole.
- Sai una cosa? Vai dove ti pare! Ma io resto qui a divertirmi con gli altri! Ormai ho capito che dovrò sempre competere con il tuo lavoro. Dovremo solo rimanere a vedere fino a che livello sarò in grado di reggere, ancora. – gli disse, e poi semplicemente voltò le spalle per uscire dalla camera e successivamente, dopo aver indossato nuovamente gli stivali, anche dallo chalet.
 
Una volta rimasto da solo Eric si sedette sul letto e sospirò, passandosi entrambe le mani sul viso.
Il suo collega, che si era offerto di prendere i suoi pazienti mentre lui era via, aveva ritenuto giusto comunicargli il fatto che un suo paziente, solitamente in cura da lui per altre ragioni, mostrava dei sintomi che lo avevano messo sull’attenti.
Gli era stato inoltre detto che il paziente aveva chiesto espressamente la sua presenza, e certo non poteva dirgli di aspettare ancora un giorno perché il suo medico era in vacanza!
Prese in considerazione l’idea di lasciare tutto nelle mani del suo collega, ma la paura e l’ansia creata dalla possibilità di deludere un suo paziente non gli avevano dato la possibilità di scegliere quella opzione.
Alex avrebbe capito. Ora era arrabbiato perché avrebbe voluto concludere quella breve vacanza con lui, ma in seguito avrebbe capito sicuramente.
 
 
°°°
 
Circa un’ora dopo Eric aveva già raccolto tutte le sue cose e le aveva messe sulla sua jeep, dopo essersi messo d’accordo con Keith, riguardo l’accompagnare a casa Alex il giorno dopo, dato che erano venuti ognuno con la loro macchina fortunatamente.
Aveva provato a cercare di parlare nuovamente con Alex per potergli spiegare la situazione, ma il ragazzo aveva semplicemente ribadito il concetto che lui “poteva fare come gli pareva e che non voleva saperne nulla”, rifiutandosi di parlarne come persone adulte, avrebbe detto Eric, ma si era astenuto dall’usare quelle parole, perché non avrebbero fatto altro che peggiorare la situazione.
Quindi mentre salutava tutti, non poté fare altro che dare un’ultima occhiata allo chalet, dentro il quale si era rifugiato.
- Cedric…- il ragazzo si avvicinò a lui – Puoi parlare con Alex, per favore? Credo voglia sfogarsi con qualcuno in questo momento. – gli disse, guardando ancora tristemente verso l’edificio.
- Ma si può sapere cosa è successo, Eric? Perché te ne devi andare così, all’improvviso? – chiese il biondo, mentre anche Davy si avvicinava a loro.
- È una cosa urgente di lavoro, Ced. L’unica cosa che ti chiedo è di farlo parlare. Ne ha bisogno, altrimenti passerà il resto del tempo in silenzio a rimuginare. Lo conosco. – disse.
Davy annuì e gli diede una pacca consolatoria sulla spalla.
- Non preoccuparti, amico. Cercheremo di farlo distrarre. – promise.
- Grazie mille, ragazzi. – ringraziò il medico, poi si allontanò per salire al posto di guida.
- Ci vediamo in città! – esclamò poi, così che la sua voce arrivasse anche a Ben e Keith che erano fermi sulla porta dello chalet, e che lo salutarono da lontano con la mano.
 
 
- Vai a parlargli, avanti. – disse Davy al suo ragazzo, quando tutti e quattro furono entrati in casa e si erano già spogliati degli abiti bagnati a causa della neve.
Cedric guardò prima lui, dubbioso, poi Alex che era seduto, raggomitolato, sul divano, con lo sguardo fisso sui disegni del tappeto.
-  Non sembra in vena di chiacchiere, sai? – fece poi, un po’ insicuro.
- Hai sentito quello che ha detto Eric, no? Certamente non sarà lui a venire ad aprirsi spontaneamente. Devi solo smuoverlo un po’, poi si sfogherà da se. – ribatté il cuoco.
Cedric era ancora dubbioso. In realtà forse Alex aveva solo bisogno di stare un po’ per i fatti suoi.
Non aveva un espressione apatica. Sembrava più che altro in profonda riflessione. Stava pensando, stava riflettendo.
E l’ultima cosa che voleva al momento era disturbare, spezzando quel momento.
Ma cos’altro poteva fare? Eric lo aveva pregato di cercare di parlare con lui e anche se avrebbe tanto voluto fare di testa sua, e lasciare per un po’ Alex in pace, si sentiva in dovere di mantenere la parola data.
Quindi fece un sospiro e si avvicinò al divano, sedendosi poi accanto a lui, lasciando Davy sulla porta della cucina, dove entrò subito dopo per lasciare i ragazzi da soli.
- Ehi…- fece, senza sapere in che altro modo iniziare una conversazione. In realtà non sapeva neanche che reazione avrebbe potuto avere Alex, ma non se ne preoccupava più di tanto.
Se il ragazzo gli avesse risposto in malo modo, avrebbe avuto una scusa per potersi defilare e dire almeno di averci provato.
Ma vide Alex girarsi verso di lui ed abbozzare un sorriso.
- Ehi…-
Dimenticava a volte, come quel ragazzino potesse essere così disarmante.
- Ti va di parlare? – chiese allora Ced, a bassa voce.
Alex distolse lo sguardo e fece spallucce.
- Non c’è molto di cui parlare. La mia vacanza è appena andata a farsi benedire. – fece, quasi come se fosse stato senza forze, distendo la schiena e appoggiandola al bracciolo, piegando le gambe.
- Oh, avanti, ci saranno altre occasioni in cui potrete stare un po’ insieme. Non è successo niente di grave. – tentò di dire Cedric, per far sembrare meno tragica la situazione, e anche per sdrammatizzare il tutto.
Alex lo guardò e scosse la testa.
- Non mi importa. Io gli ho chiesto questo weekend. Solo questo weekend. E lui se n’è andato, e io sono qui da solo. – disse, con voce talmente bassa che il biondo fece quasi fatica a sentirlo.
Il suo bel viso era mortalmente serio, ma anche deluso e rassegnato.
E Cedric si ritrovò senza parole. Erano ben poche le volte in cui Cedric era rimasto realmente senza niente da dire, senza una battuta per sdrammatizzare, o senza una parola di conforto.
Ma in quel momento non seppe cosa dire.
Fortunatamente quello che aveva detto Eric era vero. Alex bisognava solo smuoverlo un po’, poi si apriva da se, spontaneamente, soprattutto quando sentiva di averne il bisogno.
- Non fraintendermi Cedric. Io non gli sto chiedendo di scegliere tra il suo lavoro e me. Io mi sono innamorato di lui anche per la sua innata propensione a dedicarsi al prossimo. Non c’è lavoro migliore per lui, davvero. Non mi sono mai lamentato, e non gli ho mai rinfacciato, il fatto che a causa dei suoi orari mai definiti, di cambi di turno improvvisi e straordinari assurdi, abbiamo la possibilità di vederci davvero poco, nonostante viviamo sotto lo stesso tetto. Ma io sono il suo compagno. È giusto che anche io lo abbia un po’ per me, non credi? –
Alex aveva il classico tono di una persona che chiedeva sinceramente di non essere giudicata. Non voleva che Cedric pensasse che fosse un’egoista che si arrabbiava per un’insensata gelosia verso la professione del proprio partner.
Cedric però aveva compreso perfettamente le ragioni del ragazzo, e non voleva, né poteva, dargli torto. Anche lui, probabilmente, nella sua situazione si sarebbe comportato nello stesso modo.
- Ti capisco perfettamente, Alex. Non mi permetterei mai di giudicarti. Solo che…cosa hai intenzione di fare, ora? – gli chiese.
Il ragazzino fece spallucce e abbozzò un sorriso.
- Niente. Cosa vuoi che faccia? Passerà qualche giorno per sbollire la rabbia che provo in questo momento, e poi sarà tutto esattamente come prima. Forse prima o poi mi stancherò, e forse la nostra storia finirà per questo motivo. Ma chi può saperlo? Può anche essere che alla fine mi abituerò a questa vita, e tutto andrà meglio. –
Non sapeva perché, ma quelle parole suscitarono in Cedric un moto di malinconia e tristezza.
Abituarsi ad una situazione del genere? Abituarsi ad essere sempre la seconda cosa più importante, nella vita di Eric?
Ma no, si disse, la storia che era iniziata in quel modo tanto complicato e passionale, non si sarebbe spento per questo motivo, né tanto meno sarebbe morto nell’abitudine.
Che cosa brutta era, l’abitudine.
Era quella cosa che avrebbe sempre cercato di evitare nel suo rapporto con Davy.
Si rese conto, come del resto anche Alex, che era rimasto a guardare il ragazzo fisso negli occhi, e lui aveva ricambiato.
- Andrà tutto bene. – si ritrovò a dire, sottovoce.
Alex gli dedicò un piccolo sorriso.
- Vorrei davvero poterlo dire anche io, con certezza. –
 
 
°°°
 
Benjamin si affacciò da dietro la schiena di Davy che stava cucinando qualcosa per cena.
- Che si mangia? – chiese, curioso.
Davy lo guardò sorridendo.
- Sorpresa. E no, prima che tu me lo chieda, non puoi farmi da assaggiatore. – gli disse.
Il ragazzo lo guardò con le sopracciglia sollevate.
- E se per caso hai intenzione di avvelenare il mio ragazzo? Voglio provare su me stesso, prima che arrivi nel suo piatto. –
Keith, che era seduto al tavolo dietro di loro, alzò un sopracciglio.
- Oh, mio eroe! – esclamò, sarcastico.
- Davy non farti fregare, per del cibo farebbe di tutto. – disse poi, divertito, beccandosi subito un’occhiataccia da parte del suo ragazzo e facendo ridere il cuoco.
Dopo un poco entrò in cucina Cedric, che attirò l’attenzione degli altri ragazzi.
- Alex è andato a riposare. Ha detto che non ha fame. – disse.
- Ma non può rimanere senza mangiare. – ribatté subito Davy.
Cedric fece spallucce, per far capire che non sapeva cosa dire.
- Eric deve averne fatta una bella grossa, ‘sta volta. – commentò allora Benjamin. – Ed Alex gliene fa passare troppe. –
Keith gli lanciò un’occhiataccia. – Ben, non sta a te giudicare. Non sai neanche cosa è successo. – gli disse.
- Si che lo so, invece. Sicuramente Eric ha ricevuto una chiamata dall’ospedale, appena i cellulari hanno ricominciato a prendere, ed ecco che è accorso per il bene del prossimo, in stile Madre Teresa di Calcutta versione gay, dimenticandosi all’istante di Alex e della weekend di relax. – snocciolò, semplicemente, appoggiato al mobile della cucina.
Keith prima guardò il suo ragazzo, poi spostò lo sguardo su Cedric che non aveva fatto una piega. Dalla sua espressione capì che probabilmente Benjamin ci aveva preso alla grande.
- Alex ed Eric devono risolvere tra loro questi problemi, non sono affari nostri Ben. – intervenne a quel punto Davy.
- Non parliamone, soprattutto in presenza di Alex, siamo d’accordo? Ha bisogno di tranquillità, in fondo è ancora in vacanza. –
Il fotografo annuì, trovandosi perfettamente d’accordo, così come Ben che fece spallucce.
Cedric però non aveva ancora spiccicato parola e la sua espressione era ancora notevolmente seria.
- Davy…- disse poi, all’improvviso. – Devo parlarti. Puoi venire di la? -
 

 

Eccomi tornata con l'ottavo capitolo =) ora posso dire con sicurezza che ne mancano solo due alla fine di questa storia. Dire solo è un pò stupido, dato che inizialmente dovevano essere massimo quattro/cinque capitoli, e sono diventati improvvisamente dieci! xD che ci volete fare, non ho il dono della sintesi! xD

- Fiamma90: Purtroppo li ho fatti litigare! Mi dispiace! Ma questo litigio porta ad altre cose, con altre persone. Mi sto preparando il finale, insomma! xD
Poi vedrai come andrà a finire anche tra Keith e Ben! Anche se il grosso lo hanno già fatto =)
alla prossima! =) grazie per il commento!
- Smanukil: Ma si, Eric è sceso dalle nuvole proprio! Prima il classico uomo in carriera, con la fidanzata millenaria, e poi...bum! Il cambiamento radicale!
Solo che non tutto è cambiato, come si è potuto vedere in questo capitolo! Eric è legato al suo lavoro in modo quasi viscerale, e con questo Alex ha qualche problemino! staremo a vedere!
alla prossima!

Grazie per i commenti e chi ha messo la storia nei preferiti/ricordate/seguite e quant'altro!

Vale

                                                                                                                              
 
 

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Capitolo 10
*** Chapter Nine - Let’s Go To New York! ***


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Chapter Nine
Let’s Go To New York!
 
 
 
Davy lo studiò con le sopracciglia corrugate, ma lasciò subito quello che stava facendo, spegnendo la cucina e gli andò incontro.
- Che c’è? – chiese, un po’ preoccupato.
- Andiamo in camera. Devo parlarti. – ripeté.
Uscirono dalla cucina e andarono verso la loro camera, Cedric davanti e lui da dietro.
Cedric chiuse la porta alle loro spalle, affondando le mani nelle tasche dei jeans, e appoggiandosi ad essa con la schiena.
- Perché hai quella faccia? È successo qualcosa con Alex? – chiese, avvicinandosi a lui.
- No, io…voglio parlarti di una cosa. Io credo che…- si interruppe, abbassando lo sguardo sul pavimento.
Davy rimase in silenzio per un attimo, mentre la sua testa iniziava a pensare a cosa voleva dirgli il ragazzo.
- Ced? Avanti…dimmi. – disse, sottovoce, allungando una mano per alzargli il viso.
Cedric sospirò e annuì – Io…io credo che tu dovresti accettare il lavoro a New York. –
Davy si ritrovò a sollevare le sopracciglia, quasi credendo di aver capito male.
- Ced…ne abbiamo già parlato. Non posso accettare…- il ragazzo lo interruppe con un gesto della testa.
- Aspetta, fammi spiegare. Io…io ti amo. Voglio stare con te e voglio che la nostra storia duri. Non voglio che muoia nella noia, nell’abitudine. Non voglio che, quando ti capiterà di pensare alla tua vita, tu la veda triste e noiosa e ti senta insoddisfatto. – disse, parlando velocemente.
Davy scosse la testa – Ma cosa dici? Anche io ti amo e anche io voglio stare con te. Questa è la mia vita ideale. Non voglio andare a New York, non voglio stare lontano da te. -
Cedric scosse ancora una volta la testa.
- No, aspetta, non hai capito. Io voglio venire con te! Il discorso che ho fatto vale anche per me. Non voglio passare la mia vita in quel negozio. Ho bisogno di stimoli e cosa c’è di meglio di New York? Potrei tentare di finire il college, oppure trovare qualche altro lavoro. Cambiare casa. Cambiare vita! –
Cedric sembrava esaltato ma tutto quello che diceva aveva senso per Davy, che lo guardava, riflettendo sulle sue parole.
- Sei sicuro, piccolo? È davvero un gran cambiamento. I tuoi amici, il tuo lavoro…- disse, sottovoce.
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, con gli occhi nei suoi.
- Si, lo so. Non importa. L’importante è che ci sei tu con me. Certo non scompariremo, né cancelleremo la nostra vecchia vita. Farà parte di noi. Ma non voglio che qualcuno di noi possa rimpiangere di non aver sfruttato quest’occasione. –
Davy lo guardò, senza dire una parola.
Stava studiando il volto del suo compagno, cercando nella sua espressione un solo segno di cedimento, di insicurezza.
Ma non trovò quello che cercava.
Cedric sembrava assolutamente sicuro di ogni parola appena pronunciata, e lo guardava in attesa, con speranza negli occhi.
- Non so cosa dire, Cedric. – ammise infine.
La verità è che non voleva essere lui quello ad avere l’ultima parola.
Voleva che Cedric dicesse “Okay, andiamocene. Cambiamo vita”. Perché infondo lui stava andando incontro ad un lavoro sicuro, il sogno della sua vita, mentre Cedric stava lasciando tutto quello che aveva costruito, tutto quello che c’era di sicuro nella sua vita, per seguirlo in un'altra città. Per ricominciare tutto da capo.
E se non avesse trovato niente fatto per lui?
Se avesse rimpianto quella decisione?
- Dimmi solo di si. – ribatté allora Cedric.
Il cuoco scosse la testa – No, devi essere tu a dirmi di si. –
Il biondo aggrottò le sopracciglia – Che vuoi dire? – chiese.
- Voglio che tu ci pensi su molto attentamente. Tutto questo mi sa di una decisione presa impulsivamente, per non so quale motivo. Di cosa hai parlato con Alex? – spiegò Davy.
Cedric scosse la testa – No, cazzo, Davy, ascoltami. Si, forse ci ho pensato su velocemente. Ma questo non vuol dire che non ne sia sicuro. Improvvisamente è stato tutto chiarissimo nella mia mente! – rispose velocemente, gesticolando come se adrenalina pura gli stesse scorrendo nelle vene.
- Ho capito cosa dobbiamo fare. E qualcosa dentro di me, una sensazione profonda, mi dice che tutto andrà per il meglio. Sarà tutto perfetto. – continuò, sorridendo, allungando poi le braccia per stringere gli avambracci del compagno.
Davy lo guardò, e non poté non sentire l’immediata scarica di positività che Cedric gli aveva trasmesso solo con il suo tocco, solo con i suoi occhi lucenti.
- Ma non possiamo neanche sposarci, a New York. –
Non seppe neanche da dove era uscita quella frase. L’aveva pronunciata così, forse senza neanche pensarci. Oppure, forse, aveva pensato ad alta voce.
Cedric si fece serio, improvvisamente, e lo guardò con gli occhi ben aperti, stringendo ancora le sue braccia.
Poi, improvvisamente, dopo aver cercato di capire se Davy avesse detto sul serio, o se stava solo scherzando, sorrise.
- Vuoi sposarmi, Dave? – chiese, per essere sicuro.
Davy per un attimo pensò che si, non poteva non essere tutto perfetto.
- Certo che voglio farlo. –
Cedric sorrise ancora, poi rise piano. Felice.
- Che fai, non ti metti neanche in ginocchio, per chiedermelo? –
Fu il turno del moro di scoppiare a ridere, ma dopo lo fece. Si mise in ginocchio.
- Cedric Baker…vuoi sposarmi? – gli chiese, guardando in alto verso di lui, con un sorriso sulle labbra.
Cedric sorrideva a sua volta e sentiva il cuore battere furiosamente nel petto.
Annuì forte – Si, si. E ancora si. – rispose, e si disse che maledizione, non poteva piangere.
Si chinò per tirare su da terra il suo ragazzo e baciarlo, circondando il suo collo con le braccia, mentre Davy gli stringeva la vita.
Quando si allontanò vide le lacrime nei suoi occhi, gli prese il viso tra le mani.
- Amore, non piangere dai. Cosa direbbe ora Benjamin! – rise.
Cedric tirò su col naso – Direbbe che sono una checca melodrammatica! – rispose, abbozzando però un sorriso.
Davy lo strinse a se, abbracciandolo.
– Eggià, sei la mia checca melodrammatica. –
 
 
°°°
 
 
Nel frattempo, in cucina, Benjamin era appoggiato alla cucina e continuava a mangiucchiare pezzi di carote, e altre verdure, che Davy aveva precedentemente tagliato.
- Ben, avanti, smettila di mangiare! Non è ancora pronto! – lo riprese allora Keith, seduto ancora al tavolo, mentre scorreva tutti i messaggi che gli erano arrivati, dopo che aveva riacceso il cellulare.
Ben si voltò, finendo di masticare. – Okay, okay. La smetto. – accettò, voltandosi verso di lui e incrociando le braccia al peto.
Il ragazzo allora lasciò stare il cellulare, lasciandolo sul tavolo, e lo guardò, lo studiò per qualche secondo, tanto che Benjamin ricambiò il suo sguardo fino a quando non chiese: - Che c’è? –
- Niente Ben, solo vorrei che tu fossi un pochino…meno sincero, a volte. – disse, sinceramente.
Il ragazzo alzò le sopracciglia – Meno sincero? È una richiesta strana, lo sai, vero? –
- Si, lo so. Ma…vorrei che tu imparassi ad avere un po’ di tatto. Soprattutto quando si parla di nostri amici. Certo, forse so che tu non hai con tutti loro lo stesso rapporto che ho io. Ma sarebbe carino se…- non riuscì a finire la frase perché Ben lo interruppe.
- Ehi ehi, frena! Di che cosa stai parlando? È per quello che ho detto su Alex ed Eric, prima? Avanti, non volevo parlare male di loro. Ho semplicemente detto quello che penso sia successo. E so che anche tu pensi che io abbia ragione, perché come li conosci tu, li conosco anche io. – disse, subito, forse un po’ sulla difensiva.
Il fotografo sospirò e annuì – Si Ben, è vero, penso che tu abbia ragione, ma a volte faresti meglio a tenertele per te queste cose, non credi? –
Ben sbuffò e alzò le mani in segno di resa.
- Okay, okay! Perché te la prendi tanto?! – si lamentò.
- No Ben, non me la sto prendendo. Solo che non voglio che i nostri amici credano che tu sia uno stronzo da manuale. Voglio che ti conoscano davvero.- gli disse.
Benjamin rimase in silenzio, ma si avvicinò a lui e si sedette sulle sue ginocchia, legandogli le braccia dietro il collo.
- Sta tranquillo, avanti. Non sono così stupidi, credo. Cedric ha imparato a prendermi nel modo giusto, anche se lo prendo sempre in giro. Con Davy ed Alex sono apposto. Forse l’unico che non può vedermi ed Eric, ma credo di averlo provocato parecchio, quindi è anche comprensibile. – disse, facendo spallucce, mentre un sorriso gli nasceva sul volto.
Anche Keith sorrise un po’ e annuì – Credo che tu debba chiedergli scusa. – propose poi.
Il ragazzo lo guardò con le sopracciglia alzate per un attimo, poi scoppiò a ridere. – Te lo puoi anche scordare Keith. Io non chiedo scusa proprio a nessuno. Ha un comportamento strano con te, secondo me ci sta provando.-
Fu il turno del fotografo di sollevare le sopracciglia.
- Eric ci proverebbe con me, eh? Non potresti essere più fuori strada di così, Ben! Io e lui siamo amici e basta. Sai benissimo che è cotto di Alex. –
Benjamin sbuffò, sollevando un attimo gli occhi al cielo.
- Non si direbbe, da come lo tratta. – commentò.
- Tu non potresti proprio parlare, sai, vedendo come mi trattavi giusto fino a ieri! – ribatté il più grande, ma non aveva usato un tono accusatorio, ma abbastanza tranquillo. Era solo un dato di fatto, infine.
Ben rimase senza parole per un attimo, guardando un punto indefinito del pavimento di legno, serio in volto.
Keith se ne accorse e gli diede un piccolo colpo con la spalla.
- Avanti, stavo scherzando. – gli disse, baciandogli poi una guancia.
- No, hai ragione. – rispose inaspettatamente il ragazzo. – Ti ho trattato davvero male. E forse ce l’avevo con Eric perché lui poteva dimostrarti il suo affetto come io non mi sentivo in grado di fare. –
- Solo con una mano sulla spalla, lui ti faceva capire di più che io con una notte di sesso. – aggiunse, sottovoce.
Il fotografo lo abbracciò stretto.
- Ehi su, avanti. Abbiamo deciso di ricominciare tutto da capo, no? E poi stanotte mi hai fatto capire molte cose…- fece infine, con un sorriso malizioso.
Benjamin gli concesse un sorriso, prima di chinarsi un po’ per baciarlo.
Poi si allontanò di qualche millimetro.
- Che fine avranno fatto quei due? Io ho fame! -

 

Eccomi tornata finalmente. Che dire, ho avuto un pò di impicci tra la scuola, l'occupazione e altre cose. Sono stata un pò impegnata ma sono tornata, come faccio sempre. Mi allontano ma poi torno come il figlior prodigo.
Vi lascio il capitolo e corro a dormire perchè sono davvero distrutta e domani si torna a scuola per portare avanti l'occupazione!
scusate se non rispondo ai vostri commenti, ma sapete che vi adoro e vi ringrazio perchè seguite ancora la mia storia e spendete due minuti della vostra vita per commentare =) grazie mille quindi!
Non vi do spoiler! Ma tanto il prossimo è l'ultimo capitolo, quindi tutti gli altarini verranno scoperti =D
ditemi cosa ne pensate di questo capitolo, okay?
un bacione

Vale

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Capitolo 11
*** Chapter Ten - Weekend is Over ***


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Chapter Ten
Weekend is Over
 
 
 
Il weekend era concluso, ormai. Tutti avevano preso a rifare le proprie valigie, e a sistemare la casa, per lasciare lo chalet così come lo avevano trovato. Non volevano certo lamentele dal proprietario che gliel’aveva affittato.
Alex non aveva parlato molto da quando Eric era partito. La sera precedente avevano cercato di rallegrare la situazione con canzoni e altri racconti divertenti. Benjamin si era rivelato un ottimo narratore di storie dell’orrore. Non avrebbero saputo dire se se le era inventate sul momento, o se avesse una vera e propria cultura, ma in ogni caso era stato molto realistico.
Cedric era stato comunque attaccato a Davy tutta la serata, girandosi spesso e volentieri per controllare se alle sua spalle ci fosse qualcos’altro oltre al buio.
Era parecchio impressionabile, dopotutto.
Alex non si era estraniato. Aveva riso con loro, e partecipato mediamente alle diverse conversazioni, ma per lo più era rimasto in silenzio, seduto sul divano con le gambe strette al petto per combattere il freddo. La mattina successiva erano usciti presto per un'altra sciata dell’ultimo minuto e anche li non si era isolato, ma aveva giocato con gli altri.
Dopotutto aveva detto ad Eric che sarebbe rimasto li a divertirsi con gli altri, e anche se lo preoccupava quello che lo attendeva in città, era deciso a godersi quella piccola vacanza fino all’ultimo.
Verso le due, dopo aver mangiato velocemente qualcosa, erano già tutti pronti per mettersi in macchina e partire per tornare a casa.
Si erano salutati prima di partire, anche se avrebbero fatto tutta la strada insieme fino in città, perché sapevano che ad un certo punto Davy e Cedric avrebbero preso una strada differente.
- Mi raccomando, chiamami quando arrivi a casa. – disse Cedric, premurosamente, abbracciando Alex.
- Si, non preoccuparti. Ci sentiamo. – rispose il ragazzo.
Si salutarono, con la promessa di organizzare presto una cena.
Cedric e il compagno non avevano detto nulla riguardo quello di cui avevano parlato nella loro stanza, né tantomeno del fatto che Davy gli aveva chiesto di sposarlo. Era una cosa che aveva ancora voluto tenere per se.
Si misero in macchina e, durante quell’ora e mezzo di viaggio, Alex rimase zitto, con gli occhi fuori dal finestrino e la testa altrove, con l’I-Pod a fargli compagnia.
Keith, che guidava, e Benjamin, seduto al posto del passeggero, non lo avevano disturbato. Aveva l’aria nervosa, e di chi aveva bisogno di stare per i fatti suoi per un po’.
Arrivati in città, Keith diede un colpo di clacson quando Cedric e Davy svoltarono ad una curva, mentre loro andavano dritti, e gli amici risposero, in segno di saluto e di ringraziamento per il bel weekend passato assieme.
Arrivarono presto a casa di Alex ed Eric.
Parcheggiarono e Keith uscì per aiutare il ragazzo a prendere la sua valigia e i suoi scii.
- Grazie per il passaggio, Keith. – disse allora Alex, abbozzando un sorriso.
- Di niente, figurati. Saluta Eric da parte nostra, e fatevi sentire ogni tanto. – rispose il fotografo, chiudendo il cofano.
- Sarà fatto. – ribatté telegraficamente il ragazzo.
Si caricò tutto in spalla e iniziò ad andare verso il portone, alzando una mano per salutare Benjamin seduto in macchina.
Quando arrivò sul pianerottolo del loft di Eric, ci mise un po’ a trovare le chiavi nei meandri del suo borsone. Quando le trovò aprì la porta ed entrò nell’appartamento buio e silenzioso.
Certamente non si aspettava di trovarci Eric, quindi non ebbe alcun tipo di reazione.
Portò tutto in camera, ma prima di iniziare a sistemare le cose, aprì tutte le finestre per far arieggiare le stanze. Possibile che Eric non fosse neanche passato a casa?
Si fece una lunga doccia calda, trovandosi completamente rigenerato, poi si fece una tazza di the e si mise sul divano, con un plaid a coprirlo, e un buon libro.
Cos’altro poteva fare, ancora, se non aspettarlo?
Lo aveva aspettato davanti all’ospedale quando faceva tardi.
Aveva aspettato la fine dei suoi turni.
Aveva aspettato quello che per lui era il momento più adatto per prendersi un weekend di vacanza.
Ora si chiedeva se il suo compito era, e sarebbe sempre stato, quello di aspettarlo.
 
 
°°°
 
- Cosa stai facendo? – fece Davy, entrando nella camera da letto.
- Sto mettendo apposto. – rispose Cedric, che stava svuotando il suo borsone. Ora andava tutto nella biancheria da lavare.
Il cuoco gli andò alle spalle, e gli abbracciò la vita.
- Non possiamo farlo più tardi? – chiese poi, baciandogli il collo.
Il biondino rise – E perché mai? Cos’hai in mente? – gli chiese.
- Ma come? Ti ho chiesto di sposarmi, e tu hai detto di si. Ora siamo ufficialmente fidanzati. Dobbiamo festeggiare. – fece, poggiando il mento sulla sua spalla.
Cedric però si rigirò tra le sue braccia, per poterlo guardare negli occhi, e gli circondò il collo con le proprie.
- Ma se non ho neanche un anello! – si lamentò, chiaramente ironico.
Davy però si fece serio e lo guardò negli occhi chiari.
- Giuro che ti comprerò tutti gli anelli che vuoi. Di darò tutto quello che potrò. Ti farò felice, davvero. Lo giuro. –
Cedric rimase per un attimo senza parole, con gli occhi fissi nei suoi e la bocca semichiusa. Poi sorrise dolcemente, e gli posò una mano sul viso.
- Cosa mi importa degli anelli. Mi rende felice già il fatto che siamo qui, in questa casa, insieme. E che presto saremo in un’altra città, in un’altra casa…ma sempre insieme. È questo che mi fa felice, amore. –
Si avvicinò e lo baciò, senza dargli la possibilità di rispondere.
Non era più tempo di parlare. Era il tempo di vivere.
 
 
°°°
 
- Ben! Ho dimenticato l’accappatoio sul letto! Me lo porti, per favore?! – urlò Keith dal bagno.
- Arrivo subito! – rispose velocemente il ragazzo, e poco dopo aprì la porta del bagno, con un grande accappatoio blu notte in mano.
Keith chiuse l’acqua e fece per uscire dalla doccia, allungando una mano affinché Ben gli passasse l’accappatoio.
Il ragazzo però lo lasciò cadere a terra, con un sorrisino, e Keith lo guardò sorpreso.
- Ma che fai? – gli chiese poi.
Benjamin non rispose ma prese semplicemente a togliersi di dosso i vestiti.
Quello fece capire immediatamente al fotografo qual’erano le sue intenzioni, quindi sorrise a sua volte e riaprì l’acqua tiepida. Non chiuse però la tendina, non importava che il pavimento si stava un po’ bagnando, voleva vedere Benjamin spogliarsi lentamente.
Quando ebbe concluso il ragazzo entrò nella doccia, e Keith con un colpo secco chiuse la tendina.
- Sei bellissimo. – si ritrovò a dire, sottovoce, guardando i capelli folti e un po’ lunghi di Benjamin che pian piano si bagnavano, poi le gocce d’acqua sulle ciglia lunghe.
Il ragazzo sorrise – Tu sei bellissimo. – ribatté, spontaneamente, allungando le mani per posarle sul suo petto.
Keith non si sarebbe aspettato quella risposta, ma sorrise.
- È la prima volta che dici che per te sono bello. – gli disse.
Ben sollevò le sopracciglia – Questa è una cazzata! Te l’ho sempre detto! – esclamò.
- No, davvero. Non l’hai fatto. – rimarcò Keith, sempre con un leggero sorriso sulle labbra. Lo spinse indietro, con le spalle contro il muro, e Ben si inarcò un po’ per il contatto con la superficie fredda delle mattonelle.
- Hai detto che avevo un bel fisico, che ero un figo pazzesco, ma non che ero…bello. –
Il ragazzino distolse lo sguardo – Stai sempre li a pesare le parole, tu. Lo sai che l’ho sempre pensato. –
Keith capì di averlo messo in imbarazzo, quindi rimase solo in silenzio, con un sorriso sul volto.
- Ora vogliamo star qui a giocare con i termini, o vogliamo fare qualcosa di proficuo? – fece poi, e con un gesto della testa si indicò l’eccitazione.
Il più grande rise – Sempre romantico, eh? –
- Il lupo perde il pelo…ma non il vizio.- disse, prima di attirarlo a se e baciarlo.
 
 
°°°
 
A forza di aspettare Alex si era addormentato, con il libro aperto sullo stomaco e la bocca socchiusa.
Quando Eric tornò entrò in casa e lo vide steso sul divano, a dormire, si avvicinò e si piegò sui polpacci, all’altezza del suo viso.
Era indeciso se svegliarlo, o aspettare che si svegliasse da solo.
Aveva paura però, che quando Alex si fosse svegliato e lo avesse visto in casa, avrebbe pensato che era stato talmente vigliacco da non svegliarlo, sapendo che avrebbero dovuto parlare e chiarire quello che era successo allo chalet.
Quindi decise di svegliarlo, accarezzandogli leggermente una guancia morbida, naturalmente con poca barba, che il ragazzo rimuoveva accuratamente ogni mattina.
- Alex…- lo chiamò, sottovoce.
Il ragazzo ci mise un po’ a svegliarsi, e inizialmente sbatté più volte le palpebre per mettere a fuoco il volto di Eric. Allora lo guardò senza dire nulla, con gli occhi pieni di sonno.
- Ehi, piccolo…-
Alex lo studiò, per un attimo, poi si tirò su e poggiò la schiena contro il cuscino morbido del divano, guardandolo ancora.
- Ciao. – salutò poi.
Eric lo guardò in volto, cercando di decodificare la sua espressione, senza troppo successo. Era chiaro che era ancora arrabbiato per quanto era successo e certo lui non si aspettava nulla di diverso.
- Com’è stato il viaggio? – chiese allora.
- Silenzioso. – fu la risposta secca di Alex.
Il medico sospirò e posò una mano sul fianco del ragazzo.
- Ascolta, Alex, mi dispiace, okay? È vero. Ti avevo promesso questo weekend e ti ho deluso. Ma…-
Alex lo interruppe bruscamente, con una domanda.
- Come sta il tuo paziente? –
Eric ci mise qualche secondo in più a rispondere, sorpreso da quella domanda.
- Sta meglio. Fortunatamente non era meningite. – rispose.
- E scommetto che ci volevi tu a scoprirlo, non è vero? – commentò allora sarcastico Alex. Ecco, era passato il tempo dell’indifferenza, pensò Eric.
- Ascolta, Alex…- provò allora.
- No! Ascolta tu ora, Eric! Io ho ascoltato anche troppo! Quello che devi capire è che tu sei un ottimo medico, ma non sei il solo! Nell’ospedale in cui lavori ci sono molti medici bravi almeno quanto te. E lo capisco che tu ci tieni ai tuoi pazienti, e che hai deciso di fare questo maledetto lavoro per questo motivo, ma ci sono anche io, cazzo! E ho paura che tu te lo dimentichi troppo spesso! Dimmelo subito, se dovrò competere con i tuoi pazienti e con il tuo lavoro, almeno so a cosa vado incontro! – esplose, gesticolando e lasciando che uscisse fuori tutto quello che pensava e come si sentiva.
Eric rimase un attimo disorientato da tutto quello che Alex gli disse in faccia, con gli occhi fissi nei suoi, senza un attimo di esitazione.
Cosa poteva dire? Aveva ragione. Su tutta la linea.
- Tu non devi competere con nessuno, Alex. Ma questo è il mio lavoro e ho delle responsabilità nei confronti dei miei pazienti. –
- E non hai responsabilità nei miei di confronti? Sono il tuo ragazzo, cazzo! -
Eric scattò in piedi per il nervoso. Doveva stare attento, perché qualsiasi cosa dicesse poteva essere usata contro di lui.
- Alex, mi dispiace per quello che è successo allo chalet, okay? Ma non credo che sia il caso di farla tanto grossa. – disse, dandogli per un attimo le spalle, il tempo di allontanarsi di qualche metro da lui.
Il ragazzo sgranò gli occhi – Non è il caso di farla tanto grossa?! Eric, porca puttana, me lo avevi promesso! Non azzardarti a farmi passare come una checca isterica che si arrabbia per cavolate! Non osare! – urlò e con un calcio si liberò dalla coperta, balzando in piedi.
Eric alzò le mani in segno di resa – No, Alex, non lo faccio. Ma cosa posso fare più che chiederti scusa? Più che assicurarti che non stai competendo con il mio lavoro e chiederti di essere un po’ più comprensivo? Io sto cercando di far funzionare questa storia, ci sto provando davvero, ma se prendi me, devi prendere tutto quello che sono. Compreso il mio lavoro! –
- E, te lo ripeterò ancora mille volte se è necessario, mi dispiace. E sono pronto a fare qualsiasi cosa per farmi perdonare da te. Qualsiasi cosa. -
Il biondo rimase in silenzio per un attimo, poi sospirò.
- Anche io ce la sto mettendo tutta. Per questo motivo ti ho chiesto questo weekend in montagna. Per stare con i nostri amici, per farti distogliere un po’ la testa dal lavoro e stare insieme. – disse, questa volta a voce più moderata.
- E io prendo tutto di te. Ti accetto completamente, e ho sempre provato ad essere comprensivo. Ti ho mai infastidito? Ti ho mai dato problemi riguardo i tuoi orari e le poche volte in cui riusciamo a vederci, anche se abitiamo sotto lo stesso tetto? Non puoi dirlo. – aggiunse poi, guardandolo negli occhi.
Eric scosse la testa – No, hai ragione, non posso dirlo. Lo so perché mi hai chiesto questo weekend. E ammetto di aver preso la decisione di tornare in città troppo istintivamente, senza pensare alle conseguenze. Mi dispiace. Davvero Alex, mi dispiace. – il tono di voce si era fatto più morbido e più dolce e si avvicinò a lui lentamente, pronto a stringerlo.
Alex lo guardò un po’ sulla difensiva, ma poi si lasciò abbracciare, e posò la guancia sulla sua spalla.
- Come credi di farti perdonare? – gli chiese poi.
Il medico gli baciò i capelli. – Non lo so. Dimmelo tu. –
Alex ci pensò su un attimo, poi sorrise contro la sua spalla.
- Ci sarebbe un concerto, il mese prossimo. Un concerto a cui vorrei tanto andare. Con te. - disse.
Eric si allontanò un po’ da lui il tanto che bastava per guardarlo in viso.
- Quando, esattamente? – chiese.
- Il 15 febbraio. – rispose. – Magari potremmo fare qualcosa per San Valentino e il giorno dopo andare al concerto. – propose, speranzoso.
Eric storse un attimo la bocca, pensieroso.
- Di che giorno viene? – chiese poi.
- Il concerto, di Venerdì. – rispose, guardandolo in attesa.
- Il venerdì ho il turno di notte…- disse allora, sottovoce.
Alex fece un sospiro e Eric vide i suoi occhi delusi.
- Okay, non fa niente…- fece per staccarsi da lui, ma Eric lo trattenne.
- Va bene. Posso fare a cambio di turno con George. Ho un bel po’ di preavviso, posso cavarmela. – disse, con un accenno di sorriso.
Alex lo guardò per qualche secondo, poi sorrise a sua volta.
- Sicuro? – chiese.
- Sicuro. – rispose Eric sorridendo, e passandogli una mano tra i capelli scombinati.
- Dammi buca e giuro che ti mando in bianco per un anno! –
Eric rise e lo strinse per la vita – Quello che vuoi. Basta che non mi lasci. Non so cosa farei se un giorno ti rendessi conto di che palla al piede che sono. -  disse, baciandogli subito dopo una guancia.
- Mi va bene così. Tu mi vai benissimo così. Non mi stacco da te neanche se un giorno sarai tu a lasciarmi. Ti sei incastrato per la vita, amore. – fece, sorridendo.
Eric rise e lo strinse ancora. – Ti amo, ragazzino. –
Alex lo baciò lentamente sulle labbra, poi posò la fronte alla sua e sorrise.
- Ti amo anch’io, vecchietto. -
 

 

Finalmente sono tornata con questo benedetto ultimo capitolo! Lo so, chiedo perdono ancora una volta, ma il quinto anno del liceo scientifico è particolarmente stressante, penso che possiate immaginare il perchè.
Ed ecco qui. é finita! Mi ricordo quando decisi di iniziare a buttare giù la trama e pensavo di finirla in poco tempo xD Sono sempre la solita!
Mi sono affezionata a tutti loro, quindi non mi chiudo alcuna possibile strada, qualche Shot e perchè no, una sottospecie di Sequel =)
Magari sulla vita di Cedric e Davy a NYC, oppure i cambiamenti nella vita di Ben e Keith, e nella storia tra Alex e il dottorino! =D
grazie mille a chi ha messo la mia storia nelle seguite/ricordate/preferite e chissà cos'altro. Ho bazzicato poco per Efp ultimamente, e potrei essermi persa qualche nuova opzione =D
Ma un grazie ancora più grande e particolare a Smanukil, Fiamma90 per i loro commenti presenti, e infine giuxxx e Candy_sunrise ultime commentatrici =)
grazie mille e alla prossima! baci

Vale

 

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