Like cats under the moonlight di Fiamma Drakon_Pervinca Debois (/viewuser.php?uid=94416)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A scuola ***
Capitolo 2: *** Pomeriggio assieme ***
Capitolo 3: *** L'Occhio di Lamia ***
Capitolo 1 *** A scuola ***
1_A scuola
- Roy! Roy! -.
Una voce raggiunse il
giovane Roy Mustang dal brusio della folla di studenti che si
accalcavano davanti all'ingresso della scuola.
Il tono, molto fanciullesco,
non era confondibile con nessun altro che avesse mai potuto udire,
perché c'era solo una persona che poteva chiamarlo con
quell'eccitazione infantile.
Si fermò in mezzo ai ragazzi e si volse, in attesa.
Pochi istanti dopo il ragazzo vide comparire la persona che l'aveva chiamato.
Correva ancora, nonostante ormai fosse evidente che non aveva più fiato né energie.
Il ragazzo gli si avvicinò a passo veloce.
- Royyy! - esclamò ancora, rallentando.
Il moro fu sul punto di
salutarlo a sua volta, quando l'altro inciampò nelle stringhe
delle scarpe da ginnastica e franò a terra, investendolo.
- Krad... - mormorò senza entusiasmo, anzi, con un tono che esplicitava chiaramente intenti omicidi.
Lui si alzò lentamente, mortificato per l'accaduto, sorridendo impacciato.
- Scusami Roy... le stringhe, sai com'è... -.
Il giovane lo guardò da terra con lo stesso sguardo omicida che poi spostò sulle scarpe.
- Perchè ti ostini a portarle? Sono un'arma letale, per te e per gli altri! Soprattutto per me... -.
Tese la mano verso l'amico, che lo aiutò a rialzarsi.
- Ma sono le mie
preferite... - piagnucolò l’altro con lo stesso fare
bambinesco di sempre, imitando alla meno peggio un cucciolo bastonato.
- Non attacca, e comunque permettimi di dire che sei un masochista! -.
Ancora un po’ seccato, si ripulì i vestiti.
Quando si accorse di non ricevere una risposta, il moro guardò l’amico, alzando un sopracciglio.
- Krad? Che guardi? -.
Il suo sguardo era fin troppo concentrato, non sembrava nemmeno più lui.
- Krad...? -.
Prese a scuoterlo per le spalle, prima delicatamente, poi irritato, con più forza.
Ma era e rimaneva
impassibile, perciò spostò lo sguardo nella stessa
direzione, notando l'arrivo di alcune ragazze.
- Eccole... - pensò
tra sé e sé il moro: cinque figure si stavano avvicinando
all'istituto a passo quasi sincronizzato.
Cinque ragazze, cinque look diversi o quasi, cinque sguardi apparentemente fissi sulla scuola.
Parevano quasi militari che si recavano sul campo di battaglia.
O almeno, lo sembravano le
due che capeggiavano il gruppetto: una era alta e atletica, jeans a
vita bassa strappati al ginocchio, fermati sul bacino da una cintura di
pelle nera corredata di borchie, t-shirt rigorosamente nera e aderente,
a mezze maniche.
I capelli, un'indomabile, folta chioma cremisi, le circondavano il viso, ricadendole su e oltre le spalle, fin quasi alla vita.
Alcuni ciuffi, poi, le
ricadevano sulla fronte, nascondendo a tratti le sottili sopracciglia,
ma lasciando ben visibili gli occhi, roventi pozzi scarlatti congelati
in uno sguardo severo.
L'altra aveva dei lunghi
capelli neri che le ricadevano disordinatamente sotto le spalle e
davanti al viso, coprendo in parte gli occhi rossi come il sangue e
scintillanti come le labbra carnose, incurvate in un sorrisino
beffardo, furbo e quasi malvagio, ma ugualmente ammaliatore.
I lineamenti erano fini e delicati, come il corpo; non era molto alta, ma era aggraziata e snella.
Poteva benissimo partecipare
ad un film dell'orrore, non solo per il suo visino, ma anche per
l'abbigliamento: una camicetta rossa sbottonata e legata sotto il seno,
che lasciava scoperti i gomiti e copriva un top nero su cui era
disegnato in bianco molto evidente un teschio.
Ai polsi portava nastri di
velluto nero accompagnati da guanti di pelle del medesimo colore, che
lasciavano scoperta una parte delle dita.
Indossava poi jeans chiari e
strappati fin troppo aderenti, una cintura argentata interamente
coperta di borchie basse, come il suo bracciale, e ai piedi portava un
paio di stivali neri.
Avanzava sicura di sé e con sguardo perfido, mentre con un dito giocava con una ciocca di capelli e sorrideva.
Bella ma spinosa, come un rosa selvatica.
Meglio starle alla larga, ma questo, evidentemente, Krad non l'aveva capito.
- Pervinca ♥! -
esclamò, estasiato, sottraendosi alla presa che Roy ancora
esercitava, seppur labilmente, sulle sue spalle.
Fece qualche passo verso la
ragazza, che si era fermata a pochi metri da lui, insieme alle altre,
ma sfortuna volle che le sue stringhe si mettessero di nuovo in mezzo:
rovinò ancora una volta a terra, fra le risate di quattro delle
cinque.
Una, la più minuta e
innocente, osservava il povero ragazzo a terra con le guance rosse per
l'imbarazzo e la tenerezza che le scatenava dentro quella scena.
- Ehi, Krad, perché non impari a camminare, prima di farti vedere in giro? - lo punzecchiò Pervinca.
- Ti risparmieresti certe figuracce... - aggiunse la rossa.
Roy, rimasto indietro,
nonostante certe volte non riuscisse a sopportare la totale goffaggine
del compagno, non poté fare a meno di intervenire in sua difesa:
- Ehi, Fiamma, perché te e il tuo gruppetto non ve ne andate a
scocciare da qualche altra parte?! -.
La rossa, al sentirsi
chiamare, si rivolse al moro: - Ohoh! Il giovane Roy Mustang! Dimmi, a
quante ragazze hai già fatto la corte oggi? O forse per te
è ancora troppo presto per le figuracce...? -.
Mustang finse di ignorarla e aiutò Krad a rialzarsi.
- Grazie... - mormorò quest'ultimo, avvilito per la sua stessa goffaggine.
Pervinca sembrò molto
seccata dalla sua indifferenza: una cosa che le dava parecchio fastidio
era proprio l'essere ignorata.
- Non ci hai sentite Roy-Donnaiolo-Faccia da schiaffi-Mustang?! -
A questo Roy non poté
non arrabbiarsi e per l'ennesima mattina lui e la giovane Debois,
Pervinca, attaccarono a punzecchiarsi e scambiarsi sguardi infuocati.
- Senti chi parla, Miss
Piccola-Sadica-Glaciale-Senza-Ragazzo! - ribatté acidamente, ma
senza successo: il suo insulto la fece soltanto ridere di gusto.
- Con un ragazzo dietro,
avrei un cagnolino! E poi non voglio rischiare di avere a che fare con
la sottospecie maschile di cui fate parte -.
Questa risposta pungente
fece arrabbiare ancora di più il moro, che stava per assumere un
colorito simile agli occhi della ragazza.
Ma Krad, da bravo pacifista, intervenne cercando di calmare le acque.
- Dai, non litigate! - li implorò quasi, con l'innocenza di un bambino.
Pervinca lasciò la ciocca di capelli, soffermandosi su di lui.
- Oppure che succede?
Piangi? Per quanto mi riguarda sono già stufa di osservare
specie inferiori, tornatevene nello zoo e... Roy? Impara le buone
maniere con le donne, oppure riceverai solo due di picche! -.
Scoppiò a ridere.
- Io, eh? Perché te
non ti sei mai guardata allo specchio?! Se io sono maleducato, allora
dire che tu sei un'insensibile è un eufemismo! -.
- Manco sai cosa vuol dire il termine "eufemismo", scommetto! - intervenne una terza voce, chiara e austera.
Al fianco di Fiamma comparve una terza ragazza.
Questa aveva capelli castani
innegabilmente lunghi, che teneva fermati dietro la testa con un
chignon molto modesto, quasi sciatto, dal quale scappavano fuori alcuni
ciuffi, che le ricadevano fin quasi a toccare le spalle.
La pettinatura era sorretta
da un paio di bacchette nere che facevano capolino dalla sommità
del capo e, contando anche il paio di occhiali dalla montatura sottile
e nera che portava, contribuiva a darle l'aspetto di un'artista con
dell'esperienza di mondo alle spalle.
Indossava una camicetta lilla con le maniche a campana e un paio di jeans scuri.
Si sistemò gli occhiali sul naso, fissando Roy.
Quest'ultimo tacque: le sue conoscenze linguistiche erano davvero scarse.
O almeno, scarse lo erano se
confrontate con quelle di Vivianne, la ragazza che continuava a
fissarlo con aria di superiorità attraverso le lenti degli
occhiali.
- Allora, mr. So-Tutto-Io? Stai zitto? - continuò la castana.
- E-ehi, per piacere, non litigate! - intervenne di nuovo Krad, cercando di calmare ambedue i contendenti.
- Sì... Krad ha
ragione... - intervenne una voce docile e gentile alle spalle di
Pervinca, la quale si volse, insieme a Fiamma e Vivianne.
- Emily...? - domandò la rossa, osservando l'amica.
Questa era bassina e
minuta, con corti capelli biondo grano e grandi occhi azzurri come il
cielo primaverile, ricolmi di timida bontà.
- Per favore, smettetela... - continuò, arrossendo progressivamente.
- Sì, finitela: arriveremo tardi... -.
Un'altra bionda si fece avanti, gli occhi di ghiaccio, impassibili e implacabili, fissi su Fiamma e Pervinca.
- Ah, Amethyst... - borbottò Emily, nel tono una nota di gratitudine verso l'amica per l'intervento.
Amethyst aveva una chioma
biondo platino che le arrivava fino ai gomiti, appena più mossa
verso la punta dei capelli, occhi blu oltremare, corrugati nel suo
consueto sguardo glaciale.
Il suo look non variava mai, salvo casi eccezionali: vestiva sempre gothic-lolita e anche quella mattina non faceva eccezione.
Vestito viola dal busto
aderente che le arrivava fino al ginocchio, con le maniche a sbuffo;
calze bianche e spesse le rivestivano le gambe, per terminare in un
paio di stivali del medesimo colore del vestito, che le arrivavano fin
quasi al ginocchio.
Pervinca sbuffò, ma era d'accordo con le due bionde.
Annuì.
- In effetti, se restiamo
ancora qua fuori faremo tardi e poi voi due non siete così
interessanti da trattenermi ancora... anzi tutt'altro... -.
Krad sembrò
dispiaciuto e la cosa non passò inosservata a nessuno meno che
all'interessata, la quale sembrava ignorarlo costantemente e non
accorgersi delle sue attenzioni, congelandolo sempre con lo sguardo e
con il suo atteggiamento.
Nonostante ciò, il
ragazzo non si perdeva mai d'animo: fiducioso ed ottimista al massimo,
ogni volta che otteneva la solita risposta noncurante di Pervinca ci
rimaneva male, ma dopo pochissimo tempo era pronto a riprovare, ma non
Roy, il quale, notando la sua tristezza, era contrario all'interesse
per la ragazza.
E, per il bene del suo amico masochista sia fisicamente che sentimentalmente, prendeva sempre le sue difese.
- Non siamo abbastanza interessanti per te, Principessa polare?! -.
Lei batté le mani lentamente e senza entusiasmo, nel totale silenzio.
- Ehm, sì. E poi era
una battuta orribile... oltre che donnaiolo, stupido, e fastidioso,
adesso non hai nemmeno il senso dell'umorismo! -.
Roy ignorò la battutina, sapendo che era la cosa che infastidiva di più la ragazza.
- Sei diventato sordo
adesso? Visto che ci sei perché non diventi anche muto? Sarebbe
un bel regalo per la società e soprattutto per me! -.
Krad piagnucolava.
- Sei un'egoista!! - ruggì Roy, sul punto di fumare dalle orecchie.
- Io non sono sordo e ho senso dell'umorismo... - sussurrava Krad.
Pervinca alzò gli occhi al cielo, esasperata.
- Mi avete annoiata... -.
Assottigliò lo sguardo e sistemò lo zaino nero sulla spalla.
Roy afferrò Krad per una manica e si voltò.
- Andiamocene - esclamò, deciso.
- Non vi peritate: ce ne andiamo noi - soggiunse Pervinca, superando i due con portamento e fare superiore.
Fiamma e le altre la seguirono, in silenzio.
L'unica cosa che il moro
notò di strano, mentre il gruppetto si allontanava, fu che la
rossa sembrava d'un tratto divenuta triste e lanciava occhiate di
soppiatto ad Emily, che teneva gli occhi incollati al suolo, le guance
tinte di un'intensa tonalità di rosso.
Mustang non se ne curò: che gl'importava di loro?
Il sommesso lamento di Krad, al suo fianco, attirò di nuovo la sua attenzione sul ragazzo.
- Ehi, Krad... - esclamò, appoggiandogli una mano sulla spalla con fare consolatore.
- Io non sono sordo... e ho dell'umorismo... - continuava a ripetere, come un'inestinguibile nenia funebre.
Dio, era davvero a terra!
Roy sbuffò e gli diede un colpetto in testa.
- Scemo, ma che hai capito? Quella diceva a me, mica a te! - esclamò, in tono fintamente severo.
Krad non sembrò
rallegrarsi, anche se l'avrebbe fatto presto, sicuramente quando nei
corridoi avrebbe rivisto Pervinca, con la quale si sarebbe immaginato
tantissime scenette romantiche, illudendosi che lei si trovasse nel suo
stesso corridoio per un segno del destino.
- Sì, ma se non le
piacciono i ragazzi senza senso dell'umorismo e muti, allora io dovrei
piacerle!! Perché non sono muto e sono divertente! -
continuò a piagnucolare.
- Ma che t'importa?! Dai, adesso andiamo in classe e cerca di non pensarci più! -.
Roy gli posò un braccio intorno alla spalla, guidandolo verso l'aula.
Intanto, Pervinca, Fiamma,
Amethyst, Emily e Vivianne si stavano dirigendo verso la loro classe:
tutte diciassettenni, avevano avuto la fortuna di capitare nella
medesima classe.
- Ehi, Emily, che ti prende? - chiese Vivianne ad un tratto, lanciando uno sguardo all'amica.
Questa sussultò un poco, arrossendo.
Scosse appena il capo.
- Niente... - sussurrò, con voce appena udibile.
Amethyst le sfiorò un
braccio, attirando su di sé la sua attenzione, quindi le
indicò con un cenno del capo Fiamma, che pareva proprio triste.
- Fiamma, che cos'hai? - domandò Emily, improvvisamente preoccupata.
Senza essere notata dalle
altre, Pervinca posò lo sguardo sulla compagna e subito nella
sua mente prese forma una prima ipotesi circa ciò che poteva
affliggere la ragazza, ma si limitò a proseguire in rigoroso
silenzio.
La rossa scosse il capo, cercando di celare il malumore.
- Niente... stavo pensando all'interrogazione di Storia di oggi - esclamò.
Amethyst annuì con fare greve: - La professoressa ha detto che sarebbe stata cattiva... -.
- Tutta colpa di quegli
ignoranti che si ostinano a non far niente! E noi che facciamo il
nostro dobbiamo sorbirci pure le punizioni per la loro negligenza! -
intervenne Vivianne, indignata.
Da qui ebbe inizio un
discorso tra Emily, Amethyst e Vivianne circa l'interrogazione di
Storia della mattina, che coinvolse solo marginalmente Pervinca e
Fiamma, le quali di tanto in tanto davano qualche parere o rispondevano
a qualche domanda.
Giunte che furono dinanzi all'aula, queste ultime si fermarono sulla soglia, mentre le altre tre entravano e prendevano posto.
- Fiamma... stai pensando a stasera, vero? - chiese Pervinca, il tono serio e concitato, tuttavia basso.
Negli occhi della rossa passò un fugace lampo di allarmismo che confermò i sospetti dell'altra.
- Fiamma... - la chiamò quest’ultima, pacata.
L’altra scosse il capo, sconsolata.
- Mi manca... - mormorò.
- Lo so... ma ormai ci sei dentro... ci siamo dentro. Non possiamo tornare indietro... -.
Non ebbero il tempo di
finire il loro discorso che la professoressa le richiamò
dall'interno della classe con voce autoritaria e severa: - Drakon!
Debois! Non vorrete mica saltare l'interrogazione, vero?! -.
Pervinca sembrò scocciata: si voltò verso la donna con una scintilla di rabbia negli occhi.
- Per la centesima volta! Si pronuncia con accento francese! Debuà!! D-e-b-u-à!!! -.
Scandì bene il proprio cognome, irritata.
- Va bene signorina, ho capito! Adesso entrate! - ordinò l’insegnante.
La ragazza le fece una smorfia senza farsi notare, anche se avrebbe voluto, per poi tornare all'amica.
- Ne riparliamo dopo... con più calma -.
Sorrise dolcemente e, insieme, entrarono in classe.
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Capitolo 2 *** Pomeriggio assieme ***
2_Pomeriggio assieme
La mattina trascorse
rapidamente. Le materie si succedettero le une alle altre ad un ritmo
impressionante, finché lo squillo della campanella che
annunciava il termine delle lezioni, almeno per quella giornata, si
diffuse allegro nell'aria, accompagnato dal vociare confuso e sempre
più alto della folla di studenti che si apprestava ad uscire e
tornare a casa.
- Oggi pomeriggio avete qualcosa in programma? -.
Emily si rivolse alle altre, sparse attorno a lei, prede inermi del mare di ragazzi in impetuoso movimento.
- Io devo andare alla biblioteca per il Club di Lettura - replicò Vivianne, riuscendo ad avvicinarsi all'amica.
- Io ho lezione di violino... - soggiunse Amethyst in tono neutro.
- Noi siamo libere! -
esclamarono ad una sola voce Fiamma e Pervinca, raggiungendo le altre
abbracciate e sorridenti - Perché? - chiese poi la rossa.
- Avevo in mente di andare a fare un giro in centro... - spiegò timidamente Emily.
Ma le due ragazze non fecero
in tempo a rispondere, sempre con il sorriso sulle labbra, che un
rumore simile ad un tonfo si intromise.
A pochi metri di distanza,
Mustang e Krad fecero la loro apparizione, poco dignitosa visto che il
moro cercava di rimettere in piedi il compagno nuovamente caduto a
terra.
- Uffa, mai un attimo di
tranquillità... - sbuffò Pervinca, mettendo le mani sui
fianchi, fulminando i due con un'occhiata piuttosto infastidita.
- Ma chi ti credi di essere,
forse la regina d’Inghilterra? Veniamo nella stessa scuola,
purtroppo, e l'uscita è solo una! - esclamò infastidito
Roy, mentre il biondo si toglieva innocentemente la polvere di dosso.
- Siete sempre tra i piedi! - ribatté inviperita Pervinca, con una piccola vena pulsante sulla tempia.
- Guarda che qui è
Krad che ti segue dalla mattina alla sera! Fosse per me ti starei alla
larga, regina delle nevi che non sei altro! -.
Senza abbassarsi ad una
risposta, la ragazza sbuffò e borbottò qualcosa di simile
ad un: "ha parlato il mostro d'intelligenza...".
- Pervinca, posso venire con voi??? - s'intromise Krad, in tono anelante e di profonda adorazione.
- Cosa?! Fossi matta! Non
riesci nemmeno a reggerti in piedi, figurati se voglio farmi vedere in
giro con te...! - replicò lei, sdegnata.
Krad assunse un'espressione
sconfortata e avvilita, che convinse Roy ad intromettersi: - Ti pare il
modo di rifiutare le attenzioni di qualcuno?! -.
- Ehi, voi due smettetela! -
intervenne Fiamma, interponendosi tra Pervinca e Mustang, che si
lanciavano accaniti sguardi pieni di tacite minacce - State attirando
l'attenzione di tutta la scuola!!! -.
In effetti, la rossa non
aveva tutti i torti: attorno a loro si era radunato un crocchio di
studenti, che seguivano tutti interessati la scena.
Pervinca emise uno sbuffo
scocciato ed il suo avversario mandò un sospiro carico
d'esasperazione, mentre afferrava il suo amico per un braccio,
trascinandoselo dietro.
- Andiamo Krad, sprechi il tuo tempo se cerchi di accattivarti questa... - mormorò a mezza voce.
Il ragazzo, avvilito, lo seguì annuendo.
- Però non è giusto... - piagnucolò, camminando con andatura goffa e trascinata per la tristezza.
- Vorrei che dicessi sul
serio e lasciassi perdere, però domani sono sicuro che ti
vedrò ancora attorno a quella... - sbuffò Roy esasperato,
allontanandosi dalla scuola.
Pervinca continuava a
fissarli con sguardo truce e le guance rosse per la rabbia. Un giorno o
l'altro avrebbe rimesso al posto suo quel Mustang, insegnandogli il
rispetto e l'educazione.
- Scusate, mi fanno proprio
infuriare! - disse alle amiche, voltandosi verso di loro quando i due
ragazzi furono scomparsi dalla sua vista.
- Dicevamo? - chiese poi, tornando a sorridere.
- Oggi pomeriggio... - riprese Emily, un po' intimorita dalla scena appena osservata - ... vi va di venire in centro? -.
- Ah, giusto! Perfetto, io non ho problemi! - rispose Pervinca.
- Vengo anch'io: devo fare un salto in libreria...! - disse Fiamma.
- Okay! - concordò la biondina.
- Facciamo per le tre sotto casa mia? - chiese la rossa.
Le altre due annuirono.
- Noi andiamo - intervenne
Vivianne, a qualche metro di distanza dalle altre tre, assieme ad
Amethyst - A domani! - soggiunse, allontanandosi.
- A domani!!! - risposero Fiamma, Pervinca ed Emily ad una voce, incamminandosi a loro volta.
Intanto, Krad e Roy erano
già arrivati a casa di quest'ultimo con l'intento di studiare,
sempre umore di Krad permettendo.
Quando entrarono, la casa era deserta e nemmeno un rumore si spandeva nell'aria.
Silenzio tombale nel quale
il moro sembrava perfettamente a proprio agio, al contrario dell'amico,
abituato ad essere accolto dal rumore di stoviglie in cucina e il
profumo del pranzo.
- Tuo padre è a lavoro? - chiese il biondo, confuso e curioso.
Roy abbandonò lo zaino a terra per poi rivolgersi a lui con aria seccata.
- Più o meno,
sicuramente sarà al piano di sopra a lavorare oppure
direttamente sul posto - esclamò, facendo spallucce.
Ovviamente tra i due
calò il silenzio, visto che Krad non se la sentiva di
intromettersi in un argomento delicato come il rapporto tra padre e
figlio.
Soprattutto in un rapporto
così delicato e particolare come era quello tra Roy e suo padre,
sottile e teso come un filo, pronto a spezzarsi al minimo tocco.
- Vieni -.
Il moro condusse l'ospite in
cucina. Qui prese due pacchetti di patatine, una bottiglia d'acqua e
due bicchieri, quindi uscirono e salirono al piano di sopra.
Anche qui, silenzio assoluto: il ronzio di una mosca sarebbe parso simile al rimbombo d'un tuono.
Dall'assenza del classico
rumore del battere su una tastiera, Roy dedusse che suo padre avesse
preferito trattenersi in ufficio, come confermò ulteriormente il
fatto che lo studio fosse stato lasciato con la porta aperta, tuttavia
tirò a diritto senza badarci più di tanto.
Prese la constatazione come un semplicissimo dato di fatto.
Arrivati in camera sua,
posò le vettovaglie in un angolo della scrivania e andò a
chiudere la porta, mentre Krad prendeva timidamente posto su una delle
due sedie che c'erano, quella più vicina al pc.
- Tutto ok Roy? - chiese,
inclinando la testa lateralmente: non voleva intromettersi troppo,
però lo stato d'animo del suo amico gli era caro.
-Sì, non
preoccuparti. Sbaglio o sono io quello che deve sempre tirarti su di
morale? - ci scherzò su il moro, sorridendo, cercando di
chiudere quell'argomento che, oltre a farlo arrabbiare anche se solo in
minima parte, lo intristiva.
- Già, hai visto come mi ha trattato? - riprese a piagnucolare Krad con espressione da cucciolo bastonato.
Questa era proprio la
reazione desiderata da Roy per cambiare argomento, anche se parlare di
quell'odiosa di Pervinca Debois non era certo meglio, ma lo preferiva.
-Sì, ho visto, ma se
tu la smettessi di sbavarle dietro e una volta tanto le rispondessi per
le rime sono sicuro che inizierebbe a rispettarti e cambierebbe
opinione su di te! -.
A queste parole il biondo si illuminò.
- Dici che potrebbe uscire con me? - chiese subito, speranzoso, fantasticando già su qualcosa di simile ad un matrimonio.
- Be’, forse, chi lo sa... -.
Non voleva distruggere le speranze del suo amico, così rispose tranquillamente, sorridendo.
Krad però,
riprendendosi dalla trance scuotendo il capo, tornò su
quell'argomento, lasciando da parte per qualche minuto il discorso
"ragazze".
- Roy, sul serio, sai che io ci sono sempre e puoi parlare di tutto con me - disse, sorridendo affettuosamente.
Il moro si rabbuiò all'improvviso, acquisendo un aspetto tutt'altro che rassicurante, quasi pericoloso.
- Non ho bisogno di
parlare con nessuno di niente: la questione è semplice ed
è ormai assodata - rispose, duro, voltando le spalle all'altro.
- N-non volevo offenderti... - si affrettò ad aggiungere Krad, in tono contrito.
Cadde il silenzio,
inquietante e greve, tanto che il biondo si trovò costretto a
romperlo per non soffocarvi dentro: - Iniziamo a studiare, vuoi? -.
- Sì... - disse
Mustang, voltandosi di nuovo, più tranquillo, andando a sedersi
sulla sedia vuota accanto all'altro.
Prese un libro, quello
d'inglese, dalla pila che occupava tutta una parte della scrivania e
iniziò a sfogliarlo distrattamente.
Krad lasciò perdere
l'argomento, almeno per quella volta: vedere Roy in quello stato non
era proprio il massimo, anche se voleva aiutarlo magari a sfogarsi e
sentirsi più leggero.
Per qualche minuto fu
distratto dai suoi pensieri, ma poi, con l'intenzione di rivedere Roy
sorridere e scherzare con lui come aveva sempre fatto, fece finta di
nulla e iniziò a studiare.
- Pervinca, Fiamma!!! -.
Il sole, prossimo al tramonto, languiva sull'orizzonte, spandendo calde tonalità di rosso e arancio nel cielo.
- Arriviamo! -.
Emily, eccitata, attendeva le amiche ad una decina di metri più avanti.
Le due la raggiunsero pochi attimi più tardi.
- Non scaldarti tanto,
c'è un sacco di tempo prima della chiusura! - esclamò
Pervinca, sorridendo dolcemente alla bionda.
- Lo so, ma è da
tanto che cerco quel profumo! Spero che sia arrivato! - rispose Emily,
saltellando per l'impazienza, agitando le molte buste che pendevano
dalle sue esili braccia.
L'altra rivolse un'occhiata
di sbieco alla rossa al suo fianco: pareva più pallida del
solito e lo sguardo spento fissava a vuoto il marciapiede sotto di lei.
Non le piaceva affatto.
- Ehi, Fiamma, ti senti
bene? Hai una brutta cera... - osservò Emily, guardandola con
perplessità e apprensione, rubandole le parole di bocca.
L'interpellata alzò di poco gli occhi.
- No, non è niente... - disse, ma a Pervinca non la dava a bere.
- Sicura...? - insistetté la biondina.
- Emily, perché non ti avvii? Noi arriviamo subito - intervenne la Debois, sorridendole con fare incoraggiante.
L'altra stette per un pezzo ferma, indecisa, poi esclamò un rapido: - Okay - e si allontanò.
- Fiamma - chiamò allora Pervinca, il tono di colpo serio.
Afferrò per le spalle l'amica e la scosse appena, come a rinvigorirla un po'.
Quest'ultima si limitò a guardarla.
- Riprenditi! Che c'è che non va?!? -.
La rossa scosse la testa e le lacrime le inondarono gli occhi, traboccandole sul viso.
- Non ce la faccio più... in Emily rivedo lei... è straziante... - boccheggiò, scossa da singulti.
- Fatti forza e vai avanti! Per lei devi...! -
- Sì, lo so... - la
interruppe Fiamma, asciugandosi gli occhi, cercando di calmarsi dopo
quell'improvviso picco di dolore.
- Bene - disse Pervinca, quindi riacquistò un'espressione serena e incoraggiante - Allora andiamo -.
E insieme si mossero verso il negozio.
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Capitolo 3 *** L'Occhio di Lamia ***
3_L'Occhio di Lamia
Il vellutato cielo notturno aveva sostituito l'azzurra e vivace volta celeste giornaliera già da più di un'ora.
Le stelle brillavano come
minuscoli diamanti nel nero che ammantava tutto, rischiarando col loro
tenue bagliore la città in procinto di spegnersi.
In molte case le luci erano
già svanite e in altre le famiglie si scambiavano la buonanotte
prima di dormire. Il rumore delle auto che correvano per le strade era
l'unica cosa che spezzava quell'atmosfera quasi incantata.
Sulla sommità di un
edificio, due figure nere sbucarono dalla porticina che conduceva al
tetto, avvolte da un silenzio che nessuna delle due osò
interrompere. Di comune accordo, saettarono verso il cornicione e
saltarono oltre, atterrando senza alcun rumore sul tetto adiacente,
continuando la loro corsa senza mai fermarsi.
Come ombre o tenebra solida,
scivolavano attraverso la notte, dirette verso una meta precisa,
situata alla periferia dell'agglomerato urbano.
- Detective Mustang, abbiamo accerchiato la villa -.
L'interpellato si rivolse
verso il poliziotto e annuì con fare greve, quindi si
portò alle labbra il bicchiere che teneva in mano e bevve un
lungo sorso di caffè.
- D'accordo. Gli uomini lungo il perimetro sono tutti in posizione? - domandò.
- Sissignore. Tutti in posizione anche all’interno e in contatto - replicò formalmente il poliziotto.
- Molto bene, unisciti ai tuoi compagni -
- Vado subito -.
Il poliziotto se ne
andò, lasciando da solo il detective Mustang con la sua tazza di
caffè, vicino alla volante della polizia.
Da troppo tempo ormai era
sulle loro tracce ma ogni speranza di catturarle era vana: troppo
furbe, le loro mosse non venivano mai capite, troppo svelte da
precedere o prendere sul fatto.
Però perdersi d'animo
non era la soluzione, forse quella era la volta buona, chi poteva
saperlo? Così restò in attesa, osservando ogni ombra
scura in tutti i suoi particolari.
Intanto le due figure sconosciute, silenziose come gatti, si allontanavano cercando di non farsi vedere dai poliziotti.
- Ci stanno addosso... - bisbigliò una, lanciando occhiate veloci al suolo, dove a tratti si erano riunite le volanti.
- Non possiamo lasciarci
prendere: la posta in gioco è troppo alta - replicò
l'altra in un soffio, precedendo la compagna su di un altro edificio,
sul fianco destro del loro obiettivo.
- Giusto - sentenziò l'amica - Come procediamo? - domandò poi.
Gli occhi dell'altra
vagarono sulla congrega di poliziotti finché non
individuò qualcosa che le fece scattare l'idea.
- Vieni, Pervinca -
sussurrò, quindi scivolò fino alla grondaia e si
calò al suolo con essa, imitata dalla compagna.
Arrivarono in uno stretto e
buio vicolo rischiarato solo dai lampeggianti rossi e blu delle auto
della polizia poste davanti all'imbocco.
La seconda si avviò
verso l'imboccatura, ma venne trattenuta dalla prima: - Che hai in
mente, Fiamma? Sei impazzita? Gli stai andando incontro! -.
La rossa si divincolò dalla sua presa e la fissò: - Fidati di me, okay? -.
E prima che Pervinca
ribattesse, era già scivolata via costeggiando la parete. Con un
piccolo sbuffo, anche lei la seguì.
Si acquattarono in un'ombra
e la mora ebbe modo di notare che l'attenzione dell'amica era tutta
concentrata sui due poliziotti intenti a discorrere animatamente
proprio davanti all'accesso al vicolo.
A quel punto, l'idea parve banale oltremodo.
- Te prendi quello a destra - sussurrò in un orecchio a Fiamma, uscendo silenziosamente allo scoperto.
L'altra annuì e la imitò.
I due poliziotti furono
presi completamente alla sprovvista dalle braccia delle due, che si
avvinghiarono attorno ai loro colli. Le loro grida furono zittite dalle
mani che si posizionarono, ferree, sulle loro bocche. Le due li
trascinarono nelle semitenebre del vicolo, dove, con un unico colpo ben
piazzato sulla nuca, li misero KO.
- Avanti, muoviamoci a
spogliarli... - mormorò Fiamma, iniziando ad armeggiare con i
bottoni della camicia della sua vittima.
Pervinca la imitò,
cercando di essere il più rapida possibile e stando attenta a
non fare rumore, sbirciando ogni tanto alle loro spalle: nessuno in
vista.
Sfilò velocemente gli
indumenti alla sua vittima indossandoli di fretta e cercando di
sembrare il più convincente possibile, anche se la taglia non
era proprio la stessa.
- Mi stanno larghi? Non
vorrei destare sospetti... insomma sarebbe palese! - chiese
preoccupata, gesticolando con le mani, indicando i vestiti appena
indossati.
- No, non si nota più
di tanto, sarà per poco - le rispose Fiamma, iniziando ad
incamminarsi verso l'imbocco del vicolo.
- Per fortuna con il favore
delle tenebre non dovrebbero vedere molto bene le uniformi. E poi,
occupati come sono, non dovrebbero guardarci - aggiunse.
Annuì, seguendo la rossa, anche se un po' spaventata.
La cosa si rivelò
essere più facile di quanto potesse sembrare all'inizio: la
notte le mascherava quasi alla perfezione e ogni poliziotto, o quasi,
era impegnato a tenere sotto controllo la villa, per cui si preoccupava
poco di osservare con cura estrema i propri colleghi.
Fiamma stirò le
labbra in un lieve sorriso: erano così idioti da non aspettarsi
di certo un arrivo proprio da dove loro facevano la guardia come
mastini. I poliziotti erano proprio una massa di imbecilli.
L'ostacolo finale da
superare arrivò in fretta: per accedere alla villa, avrebbero
dovuto camminare proprio sotto il naso di nientemeno che il detective
Mustang, il poveraccio che continuava imperterrito a dar loro la caccia
pur non avendo alcuna possibilità di riuscire a prenderle.
Fingendo l'austerità ostentata con tanta evidenza dalle forze dell'ordine, si avviarono verso il cancello.
- Ehi, voi due! -.
Il detective le fermò, rivolgendo loro uno sguardo di rimprovero.
- Che state facendo qui? Tutti devono essere ai loro posti! - sbottò, evidentemente arrabbiato.
- Stavamo raggiungendo la nostra squadra, signor detective! - replicò Pervinca con un convincente tono da donna.
L'uomo le fissò alcuni istanti, quindi esclamò: - Andate, presto! Non dobbiamo farci cogliere impreparati! -.
E mentre si allontanavano,
finalmente dentro l'area della villa circoscritta da recinzioni
elettrificate e protetta da qualsivoglia altro congegno tecnologico di
sicurezza all'avanguardia, la giovane Debois non riuscì a far a
meno di lasciarsi sfuggire una risatina sommessa: quel Mustang era
proprio un pollo, tale e quale al figlio!
All'interno, molti altri
uomini erano alle loro postazioni concentrati a non deludere il
detective e fare un buon lavoro, ma soprattutto catturare le ladre.
Camminarono guardandosi intorno, ma senza esagerare, restando nel personaggio.
Distrarre tutte quelle
persone sarebbe stato difficile, ma non per loro, che avrebbero trovato
di sicuro il modo di uscirne anche quella volta.
E finalmente, giunte al
primo piano, arrivarono nella stanza che le interessava, anch'essa
ovviamente sorvegliata, più di ogni altra.
Restarono sulla porta, immobili come statue, in cerca di un buon piano.
- Che si fa adesso...? -
bisbigliò Pervinca all'orecchio della compagna, sentendo la
tensione crescere, con tutti quegli occhi puntati addosso.
Ma Fiamma era concentrata in una sorta di trance tra il personaggio e la sua missione.
Impettita, esclamò a
gran voce: - Il detective Mustang ha ricevuto una chiamata. Le ladre
hanno cambiato obiettivo: adesso sono dirette alla sala del secondo
piano dove è custodita la statua dell'angelo e la monaca.
Abbiamo ricevuto l'ordine di dirigerci immediatamente sul posto! -.
Le espressioni di tutti i
presenti si allarmarono di botto e, in una gran agitazione generale, la
stanza venne svuotata completamente.
Pervinca avanzò in
essa, mentre la compagna correva a sistemare una foto della stanza con
tutte le guardie al loro posto, scattata un istante prima, mentre
parlava, dinanzi alla telecamera.
- Certe volte mi domando da dove ti vengono certe idee - esclamò la mora, scrollando le spalle e sorridendo all'amica.
- Improvvisazione -
replicò la rossa, rispondendo al sorriso nel balzare giù
dall'alto schienale della sedia che aveva utilizzato come scala per
arrivare alla telecamera.
- Dici che si sono accorti di cosa è successo? - chiese la Debois.
- Non lo so, ma è
meglio sbrigarci - concluse la Drakon, avvicinandosi alla teca che si
trovava al centro della stanza, montata su una colonna: l'Occhio di
Lamia riluceva della sua sfolgorante luce porpora sotto le brillanti
luci al neon.
Era bellissimo, una pietra che valeva veramente un patrimonio. Il loro compito, come sempre, era uno soltanto: rubarla.
- Giusto, non si sa mai tornino indietro... -.
Pervinca girò attorno
alla teca di vetro osservandola con minuziosa attenzione, per
individuare qualsiasi sistema d'allarme, dopodiché tirò
fuori un cacciavite con cui aprì il pannello nascosto
all’interno della colonna, scoprendo moltissimi fili di diversi
colori.
- Possiamo farlo in fretta?
- chiese Fiamma, abbassandosi al suo fianco, osservando l’interno
della struttura: tutti quei fili servivano a far scattare una trappola
o un'allarme, ma loro non erano così stupide da non prevenire.
- Sì, non è molto complicato, lo abbiamo incontrato un sacco di volte... -.
E, sottovalutando ampiamente la faccenda, la mora smanettò con diversi cavi stringendo saldamente le tenaglie.
- Dovrebbe essere tutto a
posto ora... prova - sussurrò all'altra, il cuore che come
sempre batteva all'impazzata, troppa la paura di sbagliare: e se dopo
così tanto si fossero fatti furbi e avessero cambiato qualcosa?
Tirò un lungo respiro, cercando di restare calma e aspettare il verdetto.
Fiamma estrasse un piccolo
oggetto rotondo da una tasca e lo appoggiò sul vetro con cura,
facendo sì che la ventosa sottostante aderisse bene, quindi
premette il pulsantino rosso al lato del meccanismo.
Come una piccola zampetta
metallica, un mini braccio meccanico si alzò dal centro del
dorso e poggiò la punta sottilissima e acuminata sul vetro,
tracciandovi un foro perfettamente circolare.
Il pulsante divenne verde e la zampetta si ritirò da dov'era venuta.
Fiamma l'afferrò e lo
tirò via con delicatezza, trasportando pure il cerchio di vetro,
quindi si guardò intorno, i nervi tesi al massimo.
Nessun movimento, nessuna sirena... nessun allarme.
Si rilassò e
lanciò un sorriso scaltro alla compagna, mentre staccava dal
vetro l'oggettino, frutto del genio di Pervinca e delle sue mani d'oro
quando si trattava di armeggiare con meccanismi e similia.
Quest'ultima si
affrettò a prendere l'Occhio, quindi rivolse uno sguardo alla
compagna, che recepì l'implicita domanda: da che parte fuggire?
- Forse c'è una via
libera... - sussurrò la rossa, cercando di ragionare, anche se
in fretta e sotto la pressione di centinaia di poliziotti appostati
intorno alla villa solo per loro, pronti a catturarle ad un minimo
sbaglio.
La maggior parte, per
fortuna, al secondo piano grazie alla piccola bugia inventata per avere
campo libero, ma fuori ce ne sono altri. Avrebbero potuto pure riuscire
ad uscire, ma il problema sarebbe venuto dopo.
- Forse ho un'idea... - mormorò Fiamma, non esattamente rivolta alla compagna.
Si affrettò verso la
porta dall'altra parte della stanza, seguita da Pervinca e,
oltrepassatala, continuarono per diversi metri attraverso un lungo
corridoio, fino ad arrivare sul retro estremo della costruzione, dove
sicuramente ci sarebbe stato un ingresso al tetto per fuggire dall'alto.
- Questa villa è
gigantesca e con tutte le persone che sono concentrate all'interno e al
piano terra esterno, guarderanno in alto? - domandò Pervinca,
questa volta senza paura nella voce né timore: la parte
più eccitante era scappare senza essere notate, come avrebbe
potuto aver paura? L'unica emozione era l'adrenalina.
- Dipende da quanti sospetti
hanno che noi fuggiamo dal tetto. Al momento non sanno nemmeno che
siamo qui... per cui potrebbero pensare che arriveremo da là.
Comunque, tentar non nuoce - disse Fiamma, varcando la soglia che si
trovarono davanti.
Si ritrovarono così
nella stanza estrema: non c'erano altre porte, solo una miriade di
quadri appesi lungo le pareti e quello che pareva essere un ascensore
all'altro capo della sala.
Il proprietario amava fare
le cose in grande: tutto quel primo piano era occupato da una mostra di
quadri e opere d'arte rarissime, così come il secondo, mentre il
piano terra era quello che si era lasciato per casa.
Insomma, una sorta di museo domestico.
- Non ci sono altre strade: dobbiamo prendere l'ascens...! -.
Il suono di una sirena
annunciò che erano state scoperte, probabilmente c'erano delle
telecamere pure lì e qualcuno della sicurezza aveva dato
l'allarme.
- Presto, nell'ascensore!! - esclamò Fiamma, correndo verso la porta di ferro, affiancata da Pervinca.
Premette il pulsante e la porta si spalancò.
Entrarono e Pervinca
schiacciò il pulsante per il tetto. Con un sobbalzo, le porte si
chiusero, mentre un fiume di poliziotti iniziava ad invadere il fondo
del corridoio.
- Sapranno che siamo dirette
al tetto? Avranno degli elicotteri? - domandò Fiamma, agitata,
l'eccitazione e la paura che si mischiavano in un doloroso unico
istinto a cavarsi dai guai, mentre le tempie pulsavano come
sovraccariche di sangue.
- Non possiamo arrenderci
proprio ora! È quasi fatta!! - esclamò di rimando
Pervinca, stringendosi al petto l'Occhio di Lamia.
L'ascensore si fermò.
Tutto si arrestò un
solo istante, poi le ante si aprirono e un vento intenso prese a
frustar loro il viso, mentre l'assordante rumore delle pale
dell'elicottero che avevano davanti riempiva loro i timpani e i fari le
accecavano.
Saltarono fuori, ancora fianco a fianco.
- Ferme dove siete, ladre! -
esclamò la voce di un uomo, amplificata da un megafono, ma loro,
ovviamente, non gli diedero peso.
- Pervinca, spostati! -.
La Debois fece come
ordinatole, scansandosi con un agile balzo, mentre la compagna estraeva
dalla cintura una sfera di quello che pareva metallo.
La lanciò con tutta
la precisione di cui disponeva verso il labile spazio che intercorreva
tra le pale e la sommità dell'elicottero.
Entrando in contatto con
esso, la sfera si ruppe e ne uscì fuori un cavo d'acciaio, che
andò ad intersecarsi con le pale, fermandone il funzionamento.
Il veicolo prese ad oscillare paurosamente, per poi precipitare.
- Sai quanto mi ci è
voluto a trovare un cavo d'acciaio di quelle dimensioni per costruire
quell'aggeggio? - esclamò Pervinca, indignata.
- Sono certa che ne troverai
un altro, magari migliore! - replicò Fiamma, mentre ambedue
correvano verso il cornicione dell'edificio, dalla parte opposta
all'entrata.
- Potrei anche accettare il
sacrificio, se ci aiuta a fuggire! Comunque, ottimo lancio! -
commentò, ridendo, anche se non era proprio la situazione adatta
per una risata.
- Grazie, ma ora pensiamo a sparire! -.
Pervinca sorrise,
continuando a concentrarsi sui tetti e sulla direzione da prendere, le
volanti sotto di loro erano svantaggiate dovendo rispettare segnali e
civili che incontravano, anche se raramente, e senza un elicottero
risultava tutto molto difficile.
Il detective Mustang era tentato di mangiarsi la giacca per il nervosismo: le ladre gli erano passate sotto il naso!
E lui stupido a non essersene accorto! Come avrebbero potuto entrare nella villa altrimenti?
Le due ragazze continuarono a correre fino a che, anche se solo per un istante, seminarono le volanti.
- Scendiamo? - chiese
Pervinca, fermandosi sopra un vicolo buio e stretto adatto per
nascondersi e cambiarsi, così da poter sembrare due normali
ragazze.
- D'accordo - convenne Fiamma, annuendo.
Scesero assieme e, protette
dall'oscurità, si tolsero gli indumenti da poliziotti, facendo
venire allo scoperto il loro vestiario adolescenziale, anche se
estremamente comodo e adatto a movimenti rapidi e corse prolungate.
Pervinca nascose la pietra
in una piccola sacca che Fiamma aveva tenuta ripiegata accuratamente in
una delle grosse tasche dei suoi pantaloni in stile militare, quindi
uscirono allo scoperto, fingendo di essere comuni passanti.
Più di una macchina
della polizia le superò sfrecciando e senza che i poliziotti
scendessero a chieder loro alcunché.
Per ultima, la macchina del detective Mustang.
Fiamma e Pervinca non
poterono trattenersi dal ridere notando chiari segni di una crisi di
nervi ormai prossima sul viso tirato e nell'espressione decisamente
poco gioiosa che portava dipinta in faccia l'uomo.
- E anche per stanotte, è fatta! - esclamò Pervinca, rilassata e sollevata.
Fiamma sospirò.
- Già... - disse.
- Ehi, tirati su! Ce
l'abbiamo fatta! Ci siamo avvicinate di un altro passo alla sua
liberazione! - la incoraggiò la mora.
La rossa, a quel punto, sorrise di nuovo e annuì.
Nel frattempo, in un altro punto della città...
- Signore, ce l'hanno fatta -
- Molto bene! Puoi andare -.
Colui che aveva appena
parlato, mentre lo scagnozzo se ne andava, si volse verso una figura
poco distante, intenta a fissare la luna attraverso la finestra.
- Sembrano decise a riaverla... - commentò questa con voce femminile e vagamente provocante.
- Sì, ma non devi preoccuparti: prima o poi falliranno... e a quel punto... -.
La prima persona rise in modo secco e malvagio, lasciando che la minaccia finale aleggiasse tacitamente nell'aria.
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