Black Forest, 1885 di Mizar19 (/viewuser.php?uid=83718)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Capitolo III parte 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo III parte 2 - Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo - Capitolo I ***
NB: Questa storia
partecipa al "contest
delle combinazioni" indetto da AkaneMikael. Nasce come
one-shot ma per motivI di suspance ho deciso di separare i tre capitoli
che la compongono. Ho deciso di utilizzare i nomi della versione
italiana dell'anime per renderli più verosimili nel contesto
storico in cui ho ambientato la fanfiction.
***
AUTORE:
Mizar19
TITOLO: Black Forest, 1885
TRACCIA: 1. Genere: romantico/sentimentale, Prompt: arpa/rose, Canzone:
All i
want – U2
FANDOM: Sailor Moon
RATING: Arancione
AVVERTIMENTI: Yuri, One-shot
NOTE: Non ho nulla di particolare da scrivere, solamente che tengo
molto a
questo racconto e spero che lo apprezziate. Le frasi in corsivo
appartengono al testo della canzone.
BLACK
FOREST, 1885
[
PROLOGO ]
- Questo non ha alcun senso – biascicò Will,
allungandosi sull’erba
verde.
-
Ne ha eccome -, Eles alzò un dito, evidentemente contrariata
dalle sue parole.
Non
sopportava di essere contraddetta, tantomeno da lui.
-
Forse dal tuo punto di vista. Per come la vedo io, stai
mentendo a te stessa… -, il suo tono saccente la seccava
sempre più.
Soprattutto
perché sapeva che il suo migliore
amico aveva pienamente ragione.
-
Non sto mentendo a me stessa... io so esattamente ciò che
voglio – ribatté
stizzita.
Alzò
gli occhi verso il limpido cielo di maggio.
Eles
non aveva dubbi riguardo a ciò che voleva.
-
Allora stai mentendo alle altre persone -, Will non aveva alcuna
intenzione di lasciarle l’ultima parola.
-
Tanto,
che cosa vuoi che gliene importi alle altre persone?
– replicò,
sentendosi punta nel vivo.
All'apparenza
era indifferente al ruolo che recitava da ormai
alcuni anni.
William
si alzò in piedi, deciso a non arrendersi.
-
Getta la maschera Eles… non puoi negare te stessa in eterno!
–
la supplicò lui, parandosi d’innanzi a lei.
Lei
si levò a sua volta: non gradiva trovarsi in una posizione
d’inferiorità.
I
suoi verdi occhi si scontrarono dolorosamente in quelli
nocciola di lui.
La
sua intenzione non era quella di litigare, aveva sperato in
un incontro decisamente più piacevole.
-
Eles è morta -, aggiustandosi il cappello gli
voltò le spalle
e si allontanò.
Il
treno l’attendeva alle 9.00 precise. Non poteva tardare.
*
Wichita
era caotica, colorata e polverosa.
Nelle
sue strade vociavano bambini, uomini e donne di ogni età,
a piedi o in carrozza.
Milena
camminava rapida in quella confusione, la borsa di cuoio
stretta al petto, per proteggerla da intraprendenti ladruncoli, e nella
mano
sinistra
portava
una
leggera valigia dello stesso materiale.
La
stazione non era lontana e lei era in perfetto orario, ma
quella città le impediva di mantenere un atteggiamento
rilassato: voleva
fuggire il più rapidamente possibile.
Finalmente
era sulla banchina, ora non le restava altro che
cercare il suo binario.
Persa
nelle sue riflessioni legate al futuro che le stava
scivolando fra le dita, urtò un ragazzo e cadde a terra.
-
Ehi! Guarda dove cammini – protestò lui,
afferrandole una mano
per aiutarla a rimettersi in piedi.
-
Scusa – mormorò lei imbarazzata, attorcigliandosi
fra le dita
una ciocca di capelli acquamarina.
-
Di nulla. Solo… presta più attenzione -, si chinò a
raccogliere gli oggetti che le
erano caduti dalla borsa e, con un sorriso, glieli porse.
Lei
avvampò di fronte ai suoi profondi occhi smeraldo.
Aveva
pianto, lo intuì appena lui le inchiodò le
pupille con il
suo sguardo fermo.
Subito
mille domande si affollarono nella mente della ragazza:
cosa gli era accaduto? Anche lui fuggiva? Era una delusione
d’amore? Problemi
con la giustizia?
Quando
il ragazzo si rese conto che lei lo stava scrutando con
troppa attenzione, si ritrasse, quasi spaventato, e si
allontanò senza una
parola.
I
suoi corti capelli biondi sparirono fra una marea di cappelli
e cuffiette.
[
CAPITOLO 1
]
Indugiò
alcuni istanti, guardandosi attorno nervosamente, alla ricerca di quei
riccioli
acquamarina.
Voleva
accertarsi che quella ragazza non la stesse seguendo.
Il
suo sguardo cristallino l’aveva turbata: pareva aver intuito
tutto della sua vita,
rubandoglielo dagli occhi.
Fece
un respiro profondo, poi si avvicinò al bordo della
piattaforma, sgomitando fra
la folla per conquistare un po’ d’aria.
Ora
non le restava che attendere il fischio penetrante della vecchia
locomotiva.
*
Erano
in molti ad attendere il treno per Colorado Springs e in mezzo a quella
calca
aveva irrimediabilmente perso di vista quello strano ragazzo.
Quando
la pesante locomotiva fermò la sua corsa in una nuvola di
vapore, tutti si
pressarono contro le porte per conquistarsi un posto a sedere.
Ormai
rassegnata, s’intrufolò fra i passeggeri e
riuscì a raggiungere uno
scompartimento non senza fatica.
L’aria
era soffocante e dopo aver sistemato la valigia sulla rete sopra il suo
sedile,
aprì il finestrino.
Il
suo scompartimento era vuoto e sperava rimanesse tale ancora per un bel
po’.
Non
amava molto la compagnia.
Estrasse
un libro dalla borsa di cuoio, pregustando la sua tranquilla traversata
del
Kansas.
*
Pieno.
Pieno.
Pieno.
Tutti
occupati quei dannatissimi scompartimenti!
Era
irritata sia per il caldo che per quella insensata folla frettolosa. Si
appoggiò per alcuni secondi ad un finestrino.
Cosa
doveva fare tutta questa gente a Colorado Springs?
Continuò
la sua ricerca, ripetendo meccanicamente gli stessi gesti: aprire la
porta, “scusate,
non avevo visto che era già pieno”, chiudere la
porta, passare a quella
successiva.
Aveva
ormai perso ogni speranza e già si immaginava a trascorre le
successive ore in
piedi nel corridoio, quando trovò uno scompartimento
completamente vuoto,
eccezion fatta per una ragazza con il naso immerso nella pagine di un
libro.
Era
lei. Era la ragazza dai riccioli acquamarina, quella che attraverso una
sola
occhiata aveva toccato la sua anima, il suo segreto.
Il
respiro le si bloccò in gola.
*
Il
treno proseguiva rapido la sua corsa, attraverso le grandi praterie e
gli ampi
spazi aperti, dove l’occhio poteva vagare indisturbato per
molti chilometri.
Quelle
immense distese di nulla l’avevano sempre affascinata.
Anche
nel libro che leggeva veniva descritta una situazione simile. Le
sfuggì un
sorriso.
Quando
udì il fruscio della porta scorrevole, alzò gli
occhi.
Il
ragazzo che si era data tanta pena di cercare era a meno di due metri
da lei.
-
E’ libero… - mormorò, nonostante fosse
evidente.
Lui
pareva esitare, quasi bloccato sulla soglia di quello scompartimento
che
all’improvviso le parve dilatarsi, fino a raggiungere
dimensioni spropositate.
Fu
così che sentì il vuoto attorno a lei.
Desiderava
ardentemente che quello sconosciuto si sedesse proprio di fronte a lei,
desiderava parlare con lui, udire ancora la sua voce, osservare meglio
quei
suoi occhi smeraldo e afferrare ciò che nascondeva.
*
Non
seppe spiegarsi cosa la spinse ad entrare e ad accomodarsi proprio di
fronte a lei.
In quel momento non riusciva a pensare a nulla, fuorché alla
graziosa ragazza dai
grandi occhi turchesi.
-
Ciao… - mormorò dopo aver sistemato la sua borsa.
Lei
gli sorrise timidamente di rimando.
-
Scusa per come ti ho lasciata prima… non era mia
intenzione… - tentò di
scusarsi.
Doveva
assolutamente riacquistare la sua stoica calma.
-
Figurati, immagino avessi fretta di trovare un posto a sedere -,
sorrise
reclinando la testa verso destra.
-
Un po’… -
Restarono
in silenzio, scrutandosi vicendevolmente.
Eles
era incantata dai riflessi che il sole disegnava sui suoi capelli.
-
Come ti chiami? – le domandò rompendo quella
quiete momentanea.
-
Milena –
Sarà
stata la soffice labiale iniziale, o la delicata liquida centrale, o
forse
ancora quella “e” vibrante, ma quel nome le calzava
a pennello.
-
Tu, invece? –
Eles
deglutì a fatica, ripensando alla maschera di cui aveva
parlato Will.
-
Thomas -, non ci era riuscita.
Aveva
fallito per l’ennesima volta.
-
E’ un bel nome – mormorò lei, riponendo
il libro che fino a quel momento aveva
tenuto aperto sulle ginocchia.
Chiaro
segno che desiderava chiacchierare.
Nonostante
la sua indole solitaria e riservata, desiderava inspiegabilmente
conversare con
il ragazzo biondo che la osservava con insistenza.
-
Per quale motivo vai a Colorado Springs? – domandò
Milena, in un momento di
estrema curiosità.
Gli
interrogativi attorno a quel ragazzo le parevano sempre più
grandi. Era come se
le sfuggisse qualcosa, anche se non era esattamente sicura di cosa.
-
In realtà Colorado Springs non è la mia meta
finale. Vivo e lavoro in un
paesino a pochi chilometri dalla città -
-
Anch’io devo andare in un paesino lì
attorno… -, abbassò il capo, come
sconfitta da una volontà opprimente che la soffocava.
-
Mi sembri una ragazza di cultura, leggi e sicuramente sei molto
brillante… come
mai ti vuoi rinchiudere in posto dimenticato da Dio? –
-
Devo assistere la mia prozia, è anziana ed è
molto malata. Prima se ne occupava
la nonna, ma è mancata da poco… -
- Vuoi
bene alla tua prozia? Dev’essere così per
lasciarti tutto alle spalle e partire
–
-
No, l’ho vista due volte in tutta la mia vita. Il fatto
è che sono l’unica
donna di casa, quindi mio padre mi ha obbligata a partire per prendermi
cura di
lei. Mi ha spedita via da casa, come si fa con un pacco postale -, il
tono di
Milena era aspro e rancoroso.
-
Immagino non sia stata una partenza semplice –
Eles
era ammaliata dalla sua voce, sarebbe potuta restare ad ascoltarla per
tutto il
giorno, così tentava di invogliarla a raccontarle
più dettagli su quella vita
da cui si stava allontanando.
-
Oltre ad avere lasciato gli amici, ho dovuto interrompere i miei studi.
Non
solo quelli scolastici, ma anche quelli musicali… -, dal
tono della sua voce
era intuibile quanto ne fosse addolorata e Eles si sentiva partecipe di
quella
sofferenza.
-
Suoni uno strumento? –
-
Sì, l’arpa –
Per
i successivi quindici minuti, Milena le narrò del suo
strumento, di come ne era
rimasta affascinata, quando, all’età di cinque
anni, l’aveva visto per la prima
volta nel salotto di amici di famiglia, di come aveva imparato con
lentezza a
pizzicare le sue corde producendo una dolce melodia, di come amasse
suonare per
ore e ore accompagnando le sue composizioni con il canto.
Milena
era accorata: da molto tempo ormai non apriva il suo cuore e il suo
animo a
qualcuno e i ricordi legati alla musica erano per lei i più
cari.
Fu
allo stesso modo che Eles venne a sapere del suo profondo amore per i
libri e
per le novità, di quanto mal tollerasse le chiusure mentali
e fisiche, ovvero
gli stereotipi e gli spazi angusti, di come, per sfuggire ad essi,
ricercasse
continuamente ampi spazi aperti e nuovi orizzonti, anche con
l’aiuto della
musica.
-
Perché solo con la conoscenza e il ritmo giusto puoi trovare
il tuo posto nel
mondo -
Nessun’altra
creatura prima era riuscita ad esercitare un simile fascino su di lei,
mai.
Eppure
quella ragazza dagli occhi turchini, che stava aprendo a lei la sua
anima in un
afoso e appiccicoso scompartimento di una vecchia locomotiva attraverso
il
Kansas, riusciva davvero ad attraversare la sua maschera, pur non
cogliendo
ancora il suo segreto.
-
Thomas? –
-
Sì? –
-
Da cosa stai scappando? –
Eles
non seppe come ribattere: era rimasta spiazzata.
La
salvò il fischio della locomotiva: erano quasi arrivati a
Colorado Springs.
Si
alzò in piedi, afferrò la sua valigia e
aprì la porta scorrevole.
-
Aspetta! -, Milena le posò una mano sul gomito. Lei non
poté fare a meno di
bloccarsi e voltarsi verso di lei.
-
Thomas, da cosa fuggi? – ripeté la domanda,
osservandola intensamente.
-
Il problema non è da cosa, ma perché -, con un
leggero strattone si liberò
della sua presa e scivolò fuori.
Milena
si lasciò sfuggire un’imprecazione, poi raccolse
le sue cose e si precipitò
fuori dallo scompartimento.
Svanito.
Il
ragazzo pareva essere stato ingoiato dalla moltitudine di persone che
si erano
riversate nel corridoio, ansiose di essere le prime a posare piede in
Colorado.
|
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Capitolo 2 *** Capitolo II - Capitolo III parte 1 ***
Un
grazie a chi ha messo la storia fra le preferite o le seguite, a chi ha
recensito e a chi semplicemente ha letto!
***
[
CAPITOLO 2
]
-
Sei in ritardo – le fece notare il vecchio Charlie.
-
Anch’io sono felice di rivederti –
ironizzò Eles, iniziando a ripulire il
bancone con uno strofinaccio grigio.
-
Rimettiti
al lavoro Thomas, stasera avremo il pienone –
sghignazzò Charlie, mettendo in
mostra i pochi denti che gli restavano.
Non
era molto alto, di costituzione robusta, con folti capelli grigi, che
nascondeva con il tipico cappello da cowboy. Proveniva da Philadelphia
e cosa
l’avesse spinto ad aprire un saloon a Black Forest era un
mistero.
-
Perché? Abbiamo qualche ospite speciale? –
-
Zucca vuota! Ci saranno le prove per le nuove ragazze! –
rispose il vecchio
proprietario con tono di rimprovero.
Eles
si era completamente scordata che bisognava sostituire due di loro:
Violet si
era ammalata, aveva contratto la tubercolosi qualche tempo prima, ma
aveva
continuato a lavorare, ora che sputava sangue Charlie l’aveva
costretta a
lasciare il lavoro e a rivolgersi ad un medico, Sophie, invece, era
scappata
con il figlio dello sceriffo, semplicemente scomparsi da un giorno
all’altro.
Charlie
se ne era lamentato molto: erano due bellezze particolari, abili nel
loro
lavoro, che gli portavano molti clienti e, consequenzialmente, denaro.
Eles
riteneva quel giro d’affari decisamente squallido: come
potevano quelle ragazze
dalla voce portentosa e dalle grandi doti musicali vendere il proprio
corpo a
sconosciuti ed essere sfruttate per soddisfare i loro perversi bisogni,
continuando un’oscena tradizione di sottomissione? Lei non
avrebbe mai
potuto...
Mentre
Charlie annunciava ai bevitori mattutini che il saloon apriva le porte,
lei si
occupava di riordinare lo scaffale dei liquori.
Il
Charlie’s Saloon era un locale popolare e molto frequentato,
specialmente
perché poteva vantare le migliori saloongirls: bellezze
straordinarie,
eccellenti cantanti, sensuali ballerine e prostitute.
In
molti casi queste quattro caratteristiche coincidevano.
Erano
ragazze giovani, molte scappate di casa, che usavano il proprio corpo e
le
proprie doti per guadagnare il denaro necessario a sbarcare il lunario,
aspirando ai ricchi salotti della città, un sogno che
sbiadiva nei loro occhi
mano a mano che il tempo scorreva e la loro pelle raggrinziva.
Charlie
era molto geloso delle sue collaboratrici, nessuno osava trattarle male
o
costringerle a fare qualcosa contro la loro volontà.
Aveva
avuto qualche breve relazione con alcune di loro, ma era sempre stato
tutto
troppo breve: nessuna era mai riuscita a raggiungere
“Eles”, tutte si erano
accontentate di “Thomas”.
*
La
stanza della prozia odorava di chiuso e malattia.
-
La ringrazio per essersi occupata di lei -, rivolse un sorriso alla
signora
Judith, una donna di mezza età che si era resa disponibile
per prendersi cura
dell’anziana parente.
-
Figurati, cara. E’ stato un piacere. La signore Kathy era
sempre così buona con
tutti… mi è parso doveroso assisterla. Se ha
bisogno di qualcosa non esiti a
chiamarmi –
-
Grazie mille, senz’altro –
La
signore Judith se ne andò.
Gran
parte della stanza era occupata dal pesante letto in cui giaceva la
prozia.
La
camera era pulita, probabilmente la signora Judith si era occupata
anche di
quello.
Milena
spalancò le finestre per tentare di cancellare
quell’odore così pesante che le
dava l’impressione di soffocare.
-
Zia, sono Milena… mi senti? – la chiamò
dolcemente.
Lei
aprì lentamente i grandi occhi turchesi e sorrise.
-
Tesoro, come stai? – mormorò con voce roca.
-
Io sto bene… sono qui per tenerti compagnia e aiutarti
–
-
Questo già lo sapevo. Ma dimmi, perché
quell’asino di mio nipote ha spedito un
angelo come te ad assistere alla mia morte? -, le parole abbandonavano
le sue
labbra con fatica.
-
Papà non avrebbe mai mandato Giulio o Eric, lo sai
–
Proprio
per questo motivo Milena lo odiava con tutta se stessa.
-
Se ci fosse stata Joy non l’avrebbe permesso –
sentenziò la prozia Kathy.
-
Lo so, zia, mamma avrebbe costretto tutta la famiglia ad un
trasferimento
forzato -, a Milena sfuggì un sorriso.
-
Hai già pranzato? –
-
No, non ne ho avuto il tempo… -, e poi era stata troppo
occupata ad angustiarsi
per quel ragazzo conosciuto sul treno.
Thomas…
chissà dov’era finito! Sperava tanto che non si
trovasse troppo lontano: Black
Forest non le piaceva, la sua presenza avrebbe reso il tutto
più sopportabile.
-
Tesoro, perché non vai a comprare qualcosa da mangiare?
–
-
Non ho fame… e poi non voglio lasciarti sola –
-
Starò benone, tu vai -, con un gran sorriso le
indicò la finestra spalancata
sul limpido cielo azzurro.
Il
richiamo per gli spazi aperti era troppo forte.
-
Tornerò in un battibaleno -, Milena le posò un
bacio sulla fronte e si
precipitò nella strada polverosa.
A
pochi metri da casa della prozia c’era un locale:
Charlie’s Saloon.
Si
fermò proprio di fronte, notando il cartello che annunciava
le audizioni per le
nuove saloon-girl.
Perché
no?
Lei
sapeva suonare, cantare e ballare. Fare la prostituta non la
entusiasmava, ma
avrebbe potuto evitarlo.
Le
cure per la zia Kathy erano assurdamente dispendiose e i soldi che le
avrebbe
mandato il padre sarebbero stati appena sufficienti. Inoltre il suo
orgoglio le
impediva di chiedere aiuto, non si sarebbe fatta fare
l’elemosina da nessuno,
tantomeno da quel padre che l’aveva condannata a marcire in
quel paesino del
Colorado.
Ce
l’avrebbe fatta solo con le sue forze.
[
CAPITOLO 3
]
Sì
sistemò la camicia bianca.
Appoggiata
al bancone osservava la clientela che iniziava a riempire il locale:
tutti
uomini, fra i venticinque e i cinquanta.
Porci
schifosi, ecco cosa pensava di loro.
Troppo
infastidita per indugiare oltre, iniziò a preparare le prime
ordinazioni.
Whiskey,
tequila e bourbon erano i più gettonati.
-
Ehi giovanotto, un Coffin Vanish -, vernice per bare, il loro whiskey
più
forte.
-
Subito, sceriffo –
*
Preoccupata.
No, decisamente no: aveva visto le altre ragazze e non erano nemmeno lontanamente alla sua
altezza.
E
allora perché si sentiva così agitata?
Pressate
in una piccola stanza accanto agli alloggi del personale,
l’aria era
irrespirabile.
Erano
solamente in otto, ma si strappavano con prepotenza la poca aria fresca
rimasta.
Dio,
che puzza. Le girava la testa.
Quanto
avrebbero impiegato ancora prima di chiamarle?
*
Ed
ecco che Charlie spegneva le luci.
Lo
spettacolo stava per cominciare.
-
Signori, eccomi! – il vecchio proprietario salì
sul palco, accolto da uno
scroscio di applausi e fischi.
Eles
appoggiò i gomiti al bancone: per un po’ non
avrebbe avuto bisogno di lavorare,
i clienti sarebbero stati troppo occupati a lustrarsi gli occhi davanti
alle
gambe sinuose delle aspiranti saloon-girls.
-
Vi prometto una serata indimenticabile! Ma non tardiamo oltre, non
è educato
far aspettare le signore! -, tutti esplosero in una grassa risata.
Squallidi.
Eles provava un misto di pietà e disgusto per loro.
-
Iniziamo con il presentarvi la prima candidata, Mary Anne! -, Charlie
si ritirò
in un angolo in penombra per lasciare spazio ad una graziosa ragazza di
circa
sedici anni, con lunghi capelli castani e occhi truccati pesantemente.
Non
era brutta, ma il suo fisico era così gracile che non
l’avrebbero mai scelta.
*
La
prima ragazza era stata chiamata.
Quale
ordine seguivano?
Milena
sperava solo che il suo turno arrivasse rapidamente.
Costretta
in quell’antro polveroso, la sua anima urlava per fuggire,
scuotendo con furia
le sbarre di quella prigione.
Mary
Anne cantava: la voce di un usignolo intrappolata nel corpo di un
passerotto
denutrito.
Milena
abbassò gli occhi sulla sua mise: calze nere a rete,
vestitino rosso con una
coda di piume nere, corpetto, lacci, altre piume nei capelli.
Si
sentiva sporca, sporca come quella stanza, quei vestiti e quelle
ragazze
attorno a lei, sporca come l’aria che respirava.
Si
fece aria con una mano.
*
-
Ora portiamo sul palco una cosina… Thomas! Muovi il culo! -,
Charlie la stava
chiamando. Rapida, si affrettò verso il suo capo.
-
Dietro al palco c’è la vecchia arpa di Corinne,
portala qui –
Annuì
per poi sparire in un antro polveroso e buio.
La
vecchia arpa era ancora lì. Fu abbastanza faticoso
trascinarla sulla scena: era
un oggetto pesante e prezioso.
L’arpa…
Milena… pensò
improvvisamente. Poi
scoppiò a ridere tornando alla sua postazione.
Le
pareva davvero improbabile che una ragazza così determinata
ed indipendente
avrebbe asservito la sua arte ad un branco di cowboy arrapati.
-
Ora sono orgoglioso di presentarvi una ragazza dalla voce angelica e
dalla
bellezza divina! Eccola, Milena! –
Doveva
essere una coincidenza, o un brutto scherzo del suo udito. Non era
possibile.
Un
risolino isterico nasceva dentro lei.
*
Finalmente
Charlie chiamò il suo nome.
-
In bocca al lupo –, una ragazza robusta, con ricci capelli
castani, le batté
una pacca sulla spalla.
-
Grazie -, Milena riuscì a far uscire dalle sue labbra, rosso
fuoco per il
trucco, solamente un debole sussurro.
Uscì
sul palco, tremando.
L’arpa
dorata che Charlie le aveva promesso era proprio lì. Le
aveva raccontato la
commovente storia di una dolce ragazza, che l’aveva obbligato
a conservare lo
strumento con cura dopo la sua morte, avvenuta a causa di una malattia.
Ora
toccava a lei ridare vita a quelle corde che il tempo aveva assopito.
*
Non
poteva crederci. Non voleva crederci.
Rimase
con la mano sospesa a mezz’aria, ancora tesa verso una
bottiglia di tequila, ma
ormai lontana dal raggiungerla.
Quando
l’aveva vista salire sul palco, con la sua grazia ed
eleganza, stretta in quei
vestiti che conosceva così bene, le si era chiuso lo stomaco.
Non
poteva essere lei. Non doveva esserlo.
Salendo
su quel palco, stava tradendo tutti i suoi principi e stava negando i
suoi stessi
diritti, primo fra tutti la libertà.
*
Il
locale era affollato, ma bastò un respiro profondo
perché riacquistasse tutta
la sua determinazione e la sua sicurezza.
Aveva
fronteggiato auditori molto più esigenti.
Si
sedette sullo sgabello di legno e portò le dita sottili alle
corde.
Un
tremito percorse tutto il locale, manifestazione dell’attesa
spasmodica in cui
tutti erano ricaduti, ammaliati dalla figura di quella ragazza, che
aveva il
dono innato di catturarli con un solo movimento dei capelli.
Mai
un pubblico era stato tanto intrappolato fra le sue note. Evidentemente
quei
rozzi cowboy nascondevano un cuore dietro le casacche di cuoio.
*
Eles
era pietrificata: non solo per la già tanto ammirata Milena
in sé, quanto per
la musica melodiosa e intensa che il tocco delle sue dita sottili
producevano.
Era
incredibile pensare che un mero strumento, legno e corde, potesse
produrre un
tale suono.
Restò
immobile, gli occhi sgranati e la bocca dischiusa, per tutto il resto
dell’esibizione. Il suo cervello si era spento, era entrata
in uno stato di
trance contemplativa. Il suo cuore batteva al ritmo della musica e i
suoi occhi
correvano assieme alle bianche dita di Milena, che, con il capo
reclinato e le
palpebre abbassate, concentrata sulla sua esibizione, non sapeva
nemmeno della
sua presenza.
Quando,
dopo un tempo che le parve infinito, Milena prese fiato e
aprì quella sua
graziosa bocca color granata, Eles credette davvero di vedere una
creatura di
Dio.
Una
creatura così limpida, lucente, armoniosa, cosa aveva a che
fare con il mondo
sporco e puzzolente di Black Forest? Da dove era caduto
quell’angelo?
La
sua voce ipnotizzò completamente i rudi uomini, che si
scordarono persino di
svuotare i loro bicchieri, tenendoli ancora fra le dita con sguardo
assente.
Quando
l’ultima nota della sua arpa e della sua voce cristallina si
spensero
nell’aria, ci fu un istante di silenzio, un momento in cui
tutti si stavano
risvegliando dall’estasi che li aveva imprigionati. Poi
scoppiò un boato:
fischi, applausi, urla.
Milena
aveva riscosso un successo quasi senza precedenti.
*
Erano
in visibilio. In piedi, anche sulle sedie e sui tavoli, battevano le mani
con
tanta foga che avrebbero potuto spellarsele. Alcuni fischiavano con due
dita
fra le labbra.
Altri
la supplicavano per un bis.
Un
giovane mandriano in prima fila le lanciò una rosa sul palco.
Arrossendo,
Milena la raccolse. Lui le strizzò l’occhio.
Con
un modesto inchino, si diresse verso la stanza da cui era uscita poco
prima.
Con
la coda dell’occhio notò, in fondo al locale, un
movimento brusco, poi si udì
un rumore di vetri infranti.
-
Thomas! – ululò Charlie, furibondo.
-
Era solo un bicchiere. I liquori sono salvi – rispose Eles
glaciale.
-
Ripulisci tutto! –, con quell’ultimo ordine
tornò alla presentazione della
ragazza successiva.
Thomas...quei
capelli
biondi...
Che
fosse proprio...
|
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Capitolo 3 *** Capitolo III parte 2 - Epilogo ***
Ed
eccoci alla fine, grazie a chi ha letto la storia, l'ha recensita,
messa fra le preferite o seguite!!
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CAPITOLO 3 ]
/ PARTE 2
Milena
la osservò per un po’, poi fuggì nello
stanzino, stringendo forte la rosa.
Eles
abbassò lo sguardo.
L’aveva
riconosciuta, sarebbe stata una stupida illusione credere il contrario.
E
se prima si era sentita come incantata da quella melodia e dalla sua
voce, ora
provava solo risentimento e disprezzo per tutte le bugie che Milena le
aveva
raccontato sul treno per Colorado Springs, appena quella mattina.
I
suoi discorsi accorati sul desiderio di libertà, quella
voglia bruciante di
spingersi oltre la linea dell’orizzonte, l’odio per
le catene e l’amore per
l’azzurro. Tutto ciò perdeva inesorabilmente
significato di fronte a ciò che
aveva appena visto: Milena aveva
volontariamente chiuso la sua gabbia, si era imprigionata
in quella
realtà squallida e sporca.
Non
resisteva oltre, doveva uscire all’aria aperta: Charlie non
avrebbe più avuto
bisogno di lei per un bel po’.
La
notte stellata l’avvolse.
*
Non
poteva restare lì, non avrebbe resistito un secondo di
più.
Strinse
con più forza la rosa fra le dita, finchè una
piccola goccia scarlatta le
macchiò il palmo.
-
Si può uscire? – domandò sottovoce
Milena a Mary Anne, che se ne stava sola in
un angolo.
-
Certo, Charlie comunicherà domani i nomi delle ragazze
scelte. Appenderà un
foglio fuori dal locale –
-
Grazie... allora buona fortuna! –
-
Ne avrò bisogno... - mormorò, prima che il suo
corpo fosse squassato da un
violento attacco di tosse.
Milena
uscì, rapida, la brezza tiepida le carezzava le cosce
scoperte, come a
purificarla dall’odore di chiuso e di sudore.
Eccolo.
Thomas era appoggiato allo steccato sul retro e le dava le spalle.
Si
avvicinò cauta, silenziosa come un predatore, poi gli
posò una mano sulla
spalla.
-
Perché sei qui? – le domandò brusco,
quasi si aspettasse di vederla comparire
da un momento all’altro. Lei ruppe quel contatto con un
sussulto.
-
Allora? Perché sei venuta? -, ancora quel tono di voce, che
racchiudeva ira,
stanchezza e... delusione.
Milena
era paralizzata.
-
Mi sentivo soffocare là dietro –
mormorò.
Thomas
non si era ancora voltato a guardarla e Milena era spaventata, senza
riuscire e
capirne il motivo.
-
Già e quindi hai pensato bene di rinchiuderti in questo
schifo di posto e di
venderti? –
-
E’ una questione di principio... –
Eles
non replicò, non riusciva a capacitarsi per ciò
che aveva appena visto.
Era
delusa, tremendamente delusa dalla scelta di Milena.
-
Ti prego, guardami -, Milena le afferrò saldamento il
braccio, poi appoggiò la
guancia contro la sua spalla e chiuse gli occhi.
-
Perché? Milena, perché dovrei guardarti? Tutte
le promesse che facciamo, dalla culla fino alla tomba, è
questa
l’importanza che riserbiamo loro? Sai, ti credevo diversa...
–
Eles
aveva gli occhi lucidi. Non riusciva a spiegarsi il profondo macigno
che
tutt’un tratto le era piombato sullo stomaco.
Perché la scelta di quella
ragazza l’aveva sconvolta così tanto? In fondo,
era la sua vita, il suo futuro
e il suo tramonto.
-
Tutte le promesse che infrangiamo, dalla
culla fino alla tomba... Thomas, io non ho avuto scelta! Per
liberarmi
dalle catene paterne mi sono lasciata mettere il giogo da un padrone
ben più
tollerabile. È stata una scelta sciocca passare da un
padrone all’altro, ma
ora... –
-
Una prigione è sempre una prigione! Le sbarre sono sempre
sbarre. Milena...
perché? –
-
Avevo bisogno di soldi –
Eles
finalmente si voltò a guardarla.
-
Soldi... soldi... sono ciò che fa girare il nostro mondo,
l’unico motore che
manda avanti questa merda che ci ostiniamo a chiamare
“casa”! Sai, ti credevo
diversa, Milena, ti credevo una ragazza con dei solidi valori e delle
convinzioni profonde. E queste ti rendevano speciale ai miei occhi.
Evidentemente mi sbagliavo –
Milena
strinse la rosa con più forza. Un altro rivolo di sangue le
macchiò il polso,
prima di sgocciolare sull’erba secca.
-
Tu... non capisci nulla. Tu non sai nulla –
mormorò, sbattendo le palpebre per
scacciare quelle fastidiose lacrime che premevano per trovare una via
di fuga.
-
E
cosa dovrei capire?! Spiegamelo, Milena, spiegamelo! -, la ragazza
esitò, aveva
quasi paura di rispondere a quella domanda.
-
Ti accontenti in questo modo? Ti accontenti di questa vita sudicia? Mi
aspettavo molto più da te. Guardati! Guarda come sei
vestita! Mi fai ribrezzo,
Milena! E questa rosa... questa rosa che ha scalfito la tua pelle... -,
le
afferrò il polso con forza, costringendola ad aprire il
pugno serrato, lasciando
cadere a terra il delicato fiore – Questa rosa è
il simbolo della prigione che
ti sei scelta. Apparentemente confortevole, lontana da tuo padre, ma
guarda
questo sangue! Milena, guardalo! Le spine fanno male! –
Eles
non riusciva a smettere di aggredirla: aveva smarrito la
razionalità, ogni
contegno, persino la voce le si era incrinata.
-
Perché mi stai facendo questo? –
mormorò Milena, che ormai aveva rinunciato a
divincolarsi, arrendendosi alla superiorità fisica
dell’altra.
-
Perché... Milena... –
Il
polso della ragazza finalmente fu liberato. Eles abbandonò
le braccia lungo i
fianchi.
Milena le prese le mani con
ferma delicatezza,
e costrinse i loro sguardi a convergere.
-
I
tuoi occhi sono bellissimi -, le sussurrò Milena.
Eles
rimase stordita qualche secondo. Come in un lampo, la lunga serie di
menzogne
dietro cui si celava iniziò a danzarle davanti agli occhi.
Ecco che per questo
rischiava di perdere Milena.
-
Ascoltami... – esordì Eles con un gran sospiro.
Non era pronta.
Non
lo era mai stata.
-
No, non voglio... ascoltami tu... anche tu sei bellissima... –
Eles
credette di sentirsi cedere le gambe per la sorpresa.
-
Milena... io... – balbettò, liberandosi dalla sua
presa e arretrando di qualche
passo, ma il suo tentativo di svicolare venne fermato dallo steccato.
-
Dimmi solo qual è il tuo vero nome –
Eles
stava tentando di dare un nome all’espressione che vedeva sul
volto della
determinata ragazza che le stava di fronte. Non era irata, ma nemmeno
euforica.
Tantomeno pareva intimidita. La parola più vicina a
ciò che esprimeva il volto
della bellissima musicista era “indifferenza”.
-
Eles – riuscì finalmente a rispondere, provando
una gioia inaspettata nel
pronunciare quel nome, che pareva quasi dimenticato nella sua mente.
-
E’ un nome stupendo... – le sorrise Milena,
avvicinandosi.
-
Come... vorrei solo sapere se... -, Eles, affannata ed evidentemente
agitata,
stava tentando di accertarsi della qualità della sua
copertura, del suo
travestimento. Perché se Milena, con cui aveva avuto a che
fare per poche ore
della sua vita, era riuscita a scoprirla subito, a quali conclusioni
potevano
essere giunte persone come Charlie o le ragazze del saloon? Ovviamente,
con
loro aveva prestato una cautela maggiore, si era sempre trattenuta,
perché non
ci avrebbero messo troppo a scoprirla.
-
La prima volta che ti ho vista, ho creduto sul serio che il tuo nome
fosse
Thomas, l’ho creduto fino a questa sera –
-
Cosa
mi ha tradito? – domandò Eles, preoccupata di aver
lasciato trapelare troppo a
causa del suo malessere.
-
I tuoi occhi -, con quelle parole, Milena annullò
definitivamente i pochi
centimetri che le separavano e si sporse, come per ricevere un bacio a
fior di
labbra.
-
Sei... ne sei certa? – domandò Eles, chiudendo gli
occhi. Le loro fronti erano
appoggiate l’una a quella dell’altra, e i loro nasi
si sfioravano
delicatamente.
-
Tutto ciò che voglio sei tu...
-,
entrambe rabbrividirono percependo il soffio caldo dell’altra
sulla propria
bocca.
Eles
le cinse la vita con le braccia e Milena si lasciò avvolgere
senza opporre
resistenza.
E
le loro labbra si trovarono.
Era
come se si fossero cercate a lungo, rincorse, desiderate e finalmente
fossero
giunte a quell’unione tanto fantasticata. Il desiderio era
tanto, la passione
che faceva battere i loro cuori all’unisono forte e la brama
di donarsi l’una
all’altra prepotente.
Charlie,
uscito per una boccata di fumo, le vide, rischiarate solo dal pallido
bagliore
lunare e dagli sprazzi di luce provenienti dalle finestre del saloon.
Non si
preoccupò più di tanto.
Ormai
sapeva che il giovane Thomas amava spassarsela con le sue donne, non
era
sorpreso di trovarlo già fra le braccia della ragazza che
aveva tutte le
intenzioni di assumere. Con quell’esibizione
all’arpa aveva suscitato una
meraviglia così immensa nel suo rozzo pubblico, come non ne
aveva mai sentita o
vista alcuna. Meraviglia uguale clienti, clienti uguale soldi. Era un
ragionamento che filava perfettamente. E finché Thomas
l’avesse trattata con
riguardo, non ci sarebbero stati problemi.
Si
fermarono per riprendere fiato, ancora strette in quel caldo abbraccio.
Non
sapevano cosa dirsi, ogni parola pareva inappropriata, azzardata e
stupida.
Quindi decisero di tacere e lasciare che fosse il corpo a parlare per
loro.
Si
sedettero sull’erba inaridita dalla calura diurna.
Eles
strinse a sé Milena, affondando il volto in quei capelli
acquamarina che la
inebriavano con il loro profumo.
Finalmente
Eles poteva amare liberamente, senza nascondersi, poteva amare
sinceramente una
donna, e non una qualunque, quella donna che per prima aveva avuto
accesso alla
sua anima.
-
Milena... la tua musica è stupenda, gli usignoli invidiano
la tua voce e il più
candido dei fiori non sarà mai paragonabile
alla tua bellezza... quindi, ti prego, dimmi
perché vuoi venderti a quei
mandriani –
Eles
non sciolse l’abbraccio, anzi, nel formulare la domanda
l’aveva intensificato.
-
I soldi che manda mio padre bastano appena per le cure della prozia...
io
voglio essere indipendente, almeno sul piano economico. Fare
l’elemosina non mi
si addice. E sono disposta a cantare, a suonare e, sì, a
vendermi per quei
soldi. Perché rappresentano la mia libertà
–
Quelle
parole erano dolorose: sapere che avrebbe condiviso Milena con uomini
sudici e
immeritevoli, le riempiva il cuore di tristezza e la faceva sentire
impotente,
totalmente impotente.
-
So cosa stai pensando... – la precedette Milena –
Anche se dovessi stare con
quegli uomini, l’unica persona che avrà davvero
accesso a me sarai tu, l’unica
persona a cui appartengo sei tu –
-
Non sono promesse frettolose? –
-
Cosa puoi definire frettoloso quando hai capito ciò che
davvero vuoi dalla
vita? –
Eles
non replicò. Le parole di Milena le avevano fatto piacere,
l’avevano riscaldata
e rassicurata.
Mossa
da un nuovo spirito d’intraprendenza, la fece distendere
sull’erba secca, i
riccioli acquamarina si sparsero morbidamente attorno al suo capo. Poi
si chinò
su di lei, baciandola, e slacciando con cura e lentezza le stringhe del
suo
corpetto.
La
pelle alabastrina di Milena rifletteva la pallida luce lunare, creando
attorno
a lei un’aura argentata.
-
Milena, non credo di aver mai visto una creatura meravigliosa come te
– le
sussurrò all’orecchio, continuando il suo
meticoloso lavoro, impaziente di
concluderlo.
-
Sei
tu ad essere speciale. Sai, l’ho intuito fin dal primo
istante che nascondevi
qualcosa, che portavi un grande segreto dentro te, ma ho compreso
appieno solo
ora –
Finalmente
il corpetto fu slacciato e sfilato, assieme alla gonna.
L’unica cosa che ancora
nascondeva il suo corpo era un paio di mutande bianche di pizzo.
Milena
arrossì, trovandosi improvvisamente esposta agli occhi
smeraldini dell’altra,
così, con dita tremanti per l’emozione,
iniziò a sbottonare la camicia di Eles,
per poter finalmente vedere il suo vero aspetto.
Subito
notò le fasce strette attorno al petto, per nascondere il
seno, naturalmente
poco abbondante.
-
Posso? – domandò, toccandole con esitazione.
-
Certo che puoi – sorrise Eles, posandole un bacio sulla
fronte.
Milena
sciolse lentamente le bende: ad ogni giro queste si allentavano,
lasciando intravedere
la curva del seno di Eles. Poi caddero a terra, assieme alla camicia e
subito
furono seguite dai pantaloni.
-
Eles...
perché rinneghi la tua femminilità? Sei
bellissima... -, Milena rimase rapita
dai giochi di luce che i raggi della luna creavano sulla sua pelle. Le
sfiorò
la pancia piatta con le dita lunghe ed esili.
-
Perché non mi appartiene, mi imbarazza... –
-
Non posso obbligarti a vederti in modo diverso, ma sappi che sei la
donna più
bella che io abbia mai visto -, Milena si accoccolò fra le
braccia di Eles, che
le posò un bacio sul capo.
-
Allora ne hai viste ben poche – sorrise l’altra,
tentando di sdrammatizzare. I
commenti sulla sua femminilità suscitavano in lei vergogna.
Eles
fece scendere i suoi baci sul collo di Milena, sulla sua pelle eburnea,
fino al
suo seno, morbido, delicato.
Milena
le carezzava i capelli, la schiena, provocandole sottili brividi di
piacere.
-
Potrei restare per ore a guardarti – le sussurrò,
per poi ricoprirle il ventre
di baci delicati.
Milena
sorrise, poi decise che era il momento di ribaltare un po’ la
situazione.
Con
una rapida mossa che colse l’altra impreparata,
riuscì a ritrovarsi sopra ad Eles.
-
Brava, piccolina, non pensavo nascondessi tutta questa forza –
-
Per suonare l’arpa ce ne vuole molta, le corde sono dure
– spiegò Milena,
chinandosi sul petto di Eles e replicando ciò che
l’altra aveva fatto a lei.
Assaporando
quella pelle candida e segreta, si sentiva speciale: l’unica
persona che aveva
davvero avuto accesso alla ragazza che ora giaceva sotto di lei.
Eles
chiuse gli occhi e sospirò.
Una
volta stufa delle eccessive attenzioni che stava ricevendo, decise di
ricambiarle rapidamente. Le bastò tirarsi su e si
ritrovò Milena seduta sulle
gambe.
La
strinse, baciandola ora sulle labbra, ora il petto, toccò il
suo corpo,
indugiando sul seno, sui fianchi e sui glutei.
Poi
Eles le sfilò con delicatezza le bianche mutande di pizzo.
Si
promisero amore e rispetto sotto le stelle, silenziose testimoni,
cullate dal
canto e dalla musica delle ragazze all’interno del saloon. E
il calore che le univa,
sempre con maggiore intensità, le spingeva ad aggrapparsi
con più forza l’una
all’altra.
Nessuna
delle due aveva mai percepito un sentimento tanto prepotente e quando
il
desiderio fu appagato, restarono abbracciate, carezzandosi i capelli,
il volto,
sorridendo beate.
-
Forse dovremmo rivestirci – mormorò concitata
Milena, accorgendosi che la
musica era finita.
-
Merda! -, Eles balzò in piedi, afferrando le sue cose,
mentre Milena faceva
altrettanto.
-
Sbrigati –, Milena la esortò a sistemarsi le bende
più rapidamente.
Heles
scoppiò a ridere, poi si abbottonò la camicia.
Anche se il lavoro non era
perfetto, era troppo buio e troppo tardi perché Charlie
potesse accorgersene.
-
Le tue piume –, Eles le porse il fermaglio.
-
Grazie -, Milena si abbandonò fra le braccia di Eles, con il
cuore che sembrava
volesse balzarle fuori dal petto a causa dell’angoscia di
essere scoperte.
In
quel momento, il giovane mandriano che le aveva lanciato la rosa
uscì e la
vide. La riconobbe.
Imprecò
sottovoce e poi si allontanò con le pive nel sacco.
-
Ah!
Alla faccia tua! – sussurrò Eles, ridacchiando
della sua frustrazione.
[ EPILOGO ]
-
Mi dispiace molto... – disse Eles, posando una mano sulla
spalla di Milena.
-
No, è meglio così. La malattia la faceva soffrire
troppo – mormorò Milena, lasciandosi
stringere dall’altra.
Un
modesto corteo di paesani seguiva il feretro di Kathy Bailey ed
immediatamente
in testa ad esso vi era Milena, unica parente presente, accompagnata da
Eles,
che tentava di confortarla con dolcezza.
La
prozia Kathy aveva resistito un anno, poi la sua anima era stata
reclamata. Era
spirata una notte afosa, come quella in cui Milena era giunta a Black
Forest.
Ora nulla la teneva legata a quel paese, un puntino sulla carta del
Colorado.
A
casa, le valigie erano già chiuse, accanto alla porta. La
libertà le chiamava,
insistente, le tentava con il suo braccio infinito
d’orizzonte. Sarebbero
fuggite entro sera, non l’avrebbero fatta attendere molto.
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