Private Investigations

di JoJo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I.1 ***
Capitolo 2: *** I.2 ***
Capitolo 3: *** I.3 ***



Capitolo 1
*** I.1 ***


Love hurts

Aristotele una volta ha scritto “Punto primo: avere un ideale chiaro e pratico, un obiettivo. Secondo, avere i mezzi necessari per raggiungere i vostri fini: sapienza, soldi, mezzi e metodi. Infine, indirizzare tutto ciò alla vostra meta.”

Il dipartimento di polizia di Tulsa non era mai stato un luogo tranquillo.
Appena si varcava la porta di quell'edificio dall'aspetto ordinario ci si sentiva come attraversati da una scarica di adrenalina che raddoppiava istantaneamente la velocità dei movimenti di chiunque. Qua e là si potevano vedere persone scattare come se fossero state punte da spilli, i telefoni squillavano in continuazione e un brusio sommesso faceva da colonna sonora all'ambiente. Tuttavia, chiunque avesse avuto l'occasione di farci l'abitudine, avrebbe capito che quello che stava accadendo lì dentro in quei giorni era decisamente fuori dell'ordinario.
C'era un serial killer operante in città e, nonostante l'intervento della squadra di Analisi Comportamentale dell'FBI erano riusciti solo nel corso delle ultime ventiquattro ore a individuare un possibile sospettato. Anzi, una sospettata.
In quel momento se ne stava seduta tramante nella sala degli interrogatori ma, nonostante fosse così spaventata da non riuscire a tenere ferme le mani, si era ricordata in fretta i suoi diritti e aveva chiesto immediatamente un avvocato.
“Quanto tempo credete che ci metterà?” domandò l'agente Emily Prentiss, leggermente spazientita.
Il detective che stava con loro scrollò le spalle “Lo studio Dodson&co. è dall'altra parte della città.”
Proprio in quel momento un giovane poliziotto fece capolino dall'uscio “E' arrivato l'avvocato.” annunciò, prima di sparire di nuovo lungo il corridoio.
Il detective Meyer si alzò velocemente, facendo tintinnare involontariamente gli spiccioli che teneva in tasca e gli agenti del BAU lo imitarono immediatamente.
Katerine Donovan era l'unica sospettata per quel caso di pluriomicidio. Una ciocca di capelli, probabilmente strappati dalla vittima nel tentativo di difendersi, era stata trovata proprio quella mattina sul luogo del settimo omicidio. Come per quelli precedenti, si trattava di un ragazzo fra i venti e venticinque anni, con una famiglia tutto sommato normale e nessuna abitudine strana.
La squadra speciale dell'FBI stava aspettando di interrogarla da più di un'ora, ma la sospettata aveva reclamato il diritto di vedere prima un avvocato e quindi non avevano potuto far altro che aspettare.
“E' quella?” domandò l'agente Morgan, additando una ragazza impegnata in una conversazione telefonica piuttosto accesa. Con un braccio si stringeva al petto una pila piuttosto consistente di documenti e a tracolla portava una borsa dall'aspetto severo.
Meyer annuì distrattamente prima di pararsi di fronte alla nuova arrivata. Aveva fretta di farla parlare con quella pazza omicida e di fare quello per cui aveva deciso di intraprendere quella carriera: giustizia.
“Ho accettato il caso, Dodson.- affermò convinta l'avvocato, tenendo ben vicino alla bocca il microfono dell'auricolare- Non hanno prove rilevanti. Solo una ciocca di capelli.”
“E i suoi precedenti.” puntualizzò il detective Meyer.
La ragazza lo fulminò con lo sguardo “Cose di poco conto. Anche Keanu Reeves ne ha, ma nessuno lo accusa di essere un criminale.- sbottò, prima di tornare a rivolgersi al suo interlocutore al telefono- Ci penso io, se mi serve qualcosa lo farò sapere a Melissa. È tutto.”
Non si prese nemmeno la briga di togliersi dall'orecchio l'auricolare e puntò i suoi grandi occhi ambrati sul detective “Sono Alicia Kensington e da questo momento mi assumo la difesa della signorina Donovan. La pregherei di informarmi di qualsiasi evoluzione abbiano le indagini d'ora in poi.”
Il detective sospirò: avere a che fare con una ragazzina appena uscita dal college e con un ego più grande della Casa Bianca non lo allettava per niente “Signorina Kensington, questa è la squadra di Analisi Comportamentale dell'FBI. Sono l'agente Hotchner, l'agente Rossi, l'agente Prentiss, l'agente Jareau, l'agente Morgan e il dottor Reid. Devono interrogare la signorina Donovan.”
“D'accordo. Preferisco che parlino prima loro con la signorina Donovan, ma devo assistere all'interrogatorio.” sentenziò, dopo aver fatto passare lo sguardo sui presenti.
“D'accordo.- concordò l'agente Rossi, prima di fare un cenno ad Emily- Ci segua.”
Il detective le si affiancò e lei non potè fare a meno di sentire una certa sensazione di dèja-vu.
“Assisterò dall'altra parte del vetro.- li informò, quando ormai erano alla soglia della stanza degli interrogatori- Fate sapere a Katerine che sono lì e che non è sola.”
L'agente Prentiss le rispose annuendo e dopo di che sparì insieme a Rossi all'interno dell'angusta stanza.
“Mi segua, allora.” la invitò Meyer, indicandole una porta che conduceva a una camera attigua a quella degli interrogatori.
In quel momento vide per la prima volta la sua cliente. Katerine Donovan, detta Kitty, era una ragazza di appena ventidue anni. Aveva il viso, a forma di cuore, coperto da una cascata di riccioli biondi, perfettamente in sintonia con il colore ceruleo dei suoi grandi occhi che in quel momento esprimevano meglio di mille parole tutta la preoccupazione che stava provando. Sulle sue mani diafane, così come sulla fronte, c'era un leggero strato di sudore. In quel momento stava guardando gli agenti Rossi e Prentiss come se fossero stati dei terroristi pronti a farsi saltare in aria da un momento all'altro.
Prestava poca attenzione a quanto i profiler stavano chiedendo alla sua cliente. Le domande, almeno così pensò, che dovevano essere meramente di routine per trovare una falla che potesse farli entrare nella testa della sospettata,in quel momento le parevano scontate e poco interessanti.
Il cigolio sinistro della porta le fecero voltare gli occhi giusto per una frazione di secondo.
Un uomo muscoloso di colore e un ragazzo allampanato entrarono nella stanza, affiancandosi al detective Meyer. Ricapitolò mentalmente i nomi: Morgan e Reid; e alla fine decise di tornare a riconcentrarsi su quanto stava accadendo al di là del vetro.
Alicia Kensington non era l'unica in quella stanza ad essere interessata ai particolari e, dopotutto, in presenza di due profiler tanto preparati non poteva che aspettarselo.
Spencer Reid la osservò perplesso. Dal modo in cui i suoi occhi chiari vagavano veloci su ogni particolare di quella angusta stanza, senza soffermarsi su niente per più di qualche secondo, immaginò che dovesse soffrire di un qualche disturbo dell'attenzione diffusa.
“Perchè non hai voluto parlare prima con lei?Sapere la sua versione?”domandò, prima di rendersene conto.
“La so già. È innocente.” tagliò corto lei, senza nemmeno voltarsi a guardarlo in faccia.
“D'accordo.” borbottò Reid stringendo le labbra. Quando la gente diventava isterica in quel modo preferiva di gran lunga non dover interagirci.
Morgan scosse la testa, ma il gesto sembrò totalmente casuale, e nella stanza ricalò immediatamente il silenzio.
Perlomeno, finchè un cellulare dalla suoneria troppo alta cominciò a suonare.
Meyer non potè trattenere una smorfia quando estrasse dalla tasca il telefono che continuava imperterrito a squillare. Si volse verso gli agenti dell'Unità Comportamentale facendo un lieve cenno di scusa con la testa e uscì dalla stanza velocemente, sperando di riuscire a cavarsela in tempo breve.
Quando, con un tonfo, la porta si chiuse alle sue spalle, Alicia si sentì libera di rilassare le spalle, che aveva tenuto fino a quel momento rigide e dritte, e pensò pure di lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo.
L'agente Morgan la guardò incuriosito. Non era difficile per un profiler notare un cambio di atteggiamento così radicale. La postura del corpo e l'espressione facciale erano totalmente diverse e per un attimo si ritrovò a domandarsi perchè.
“Scusate, non volevo essere scortese.- la voce dell'avvocato li aveva presi alla sprovvista. Non si era voltata verso di loro, ma il tono non era duro e ostile come prima, quindi la cosa li fece ben sperare in un cambio di atteggiamento- Ma un comportamento del genere è l'unica cosa che mi fa avere un po' di rispetto qui al dipartimento. Sapete, visto che non sono rugosa e raggrinzita in molti pensano che il fatto più sconvolgente che abbia vissuto fino adesso sia stato la scomparsa del mio gatto. Ma voi siete profiler, no? Immagino che posso comportarmi in modo civile senza per questo essere presa per un'incompetente.”
“Quindi puoi rispondere in maniera civile alla domanda che ti ha fatto prima il mio collega?” azzardò Derek.
La ragazza si voltò per la prima volta verso di loro, leggermente stupita “E' il mio metodo.”
“Metodo?” ripetè Reid.
“Quando incontri i tuoi clienti in una stanza per gli interrogatori tutto quello che fanno è giustificarsi e assicurarti che non sono stati loro. Ascoltarli in quel momento è una perdita di tempo per entrambi.- spiegò con una scrollata di spalle- Credo che rivelino molto di più di sé ai poliziotti e, osservandoli, posso farmi un'idea di come sono e di che linea difensiva assumere.”
“E' uno strano metodo, ma interessante.” convenne l'agente, sorridendole incoraggiante.
“Grazie.” sorrise di rimando Alicia, tornando a guardare al di là del vetro.
Lo sbattere della porta li avvisò che il detective era ritornato.
“Tutto bene?” borbottò, osservandoli tutti guardingo.
Reid fu l'unico che si prese la briga di annuire leggermente.
Non erano passati che pochi minuti dall'inizio dell'interrogatorio che Alicia Kensington si voltò con aria determinata verso l'agente che le si era affiancato. Aveva cambiato espressione, tornando seria e concentrata.
“Direi che ciò che ho visto è più che sufficiente.” annunciò, alzando leggermente il mento.
Meyer dovette morsicarsi la lingua per non risponderle in malo modo. Invece, riuscì a farle un lieve cenno del capo come per darle il permesso di uscire.
La ragazza ondeggiò leggermente sui tacchi non troppo alti fino a raggiungere l'uscita, senza nemmeno preoccuparsi di salutare qualcuno.
“Ah- aggiunse, mentre aveva ancora una mano sulla maniglia- fatemi avere le registrazioni di questo e qualsiasi altro interrogatorio a cui verrà sottoposta la mia assistita.”
“Sento già che presto odierò quella ragazza.” sibilò il detective, non appena quella si chiuse la porta alle spalle.



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Capitolo 2
*** I.2 ***


Derek Morgan sospirò mentre afferrò una tazza colma di caffè scadente. L'interrogatorio a Katerine Donovan si era rivelato una perdita di tempo dato che la sospettata era talmente sotto shock da non essere completamente lucida.
“Ritenteranno fra qualche ora, quando si sarà calmata.” lo informò Reid, come se gli avesse letto nel pensiero.
L'altro scrollò le spalle larghe, non sapendo che altro aggiungere.
“Chissà perchè l'avvocato se ne è andato.” borbottò meditabondo Spencer. Mentre avanzavano con passo spedito verso la stanza che avevano adibito a quartier generale, aveva intravisto Alicia Kensington tamburellare con impazienza le dita sopra il ripiano di legno del banco dell'accettazione.
Morgan intercettò con facilità il suo sguardo e, con un cenno del capo, gli fece cenno di seguirlo.
“Ancora qui signorina Kensington?” domandò, quando fu abbastanza vicino da farsi sentire.
La ragazza alzò la testa di scatto, strappata troppo velocemente dai propri pensieri.
“Alicia.- lo corresse, prima di rispondere alla domanda-Aspetto dei documenti.”
“L'interrogatorio non ti ha convinto.” quella dell'agente Morgan non era una domanda.
“Da cosa l'avresti capito?” ribattè Alicia, alzando un sopracciglio. Era sempre stata particolarmente fiera della propria faccia da poker e si sentiva stranita dall'essere stata scoperta così facilmente.
“Da come aggrottavi le sopracciglia.” rispose semplicemente Derek, con un sorrisetto saccente sul bel volto.
L'avvocato però, aggrottò la fronte confusa, ma non fece in tempo a porre un'altra domanda esplicativa che Reid iniziò a spiegare meglio le parole del suo collega.
“I movimenti facciali sono i più difficili da controllare e in particolare quello delle arcate sopraccigliari è imputabile alla rabbia o al dubbio e quando si prova un'emozione inaspettata o troppo forte quei muscoli reagiscono involontariamente muovendosi al di là del controllo della persona.”
La ragazza lo guardò stupita: non aveva mai sentito nessuno parlare così velocemente.
“E' sempre così.” la rassicurò Morgan, vedendola smarrita.
“Oh.- annuì, rivelando infine i propri dubbi- Mi dispiace, ma sono una scettica. La psiche è troppo instabile per farci affidamento, preferisco di gran lunga le prove concrete.”
Non era esattamente la cosa più giusta da dire, perlomeno a due profiler del loro calibro.
“Tu credi?” la rimbeccò quindi l'agente di colore, incrociando le braccia con sicurezza, come se avesse appena raccolto una sfida troppo facile da vincere.
“Non voglio screditare il vostro lavoro,- si affrettò a spiegare- mi sembrate tutti molto competenti ma io, per esempio, sono qua da pochi minuti e potrei dirvi un milione di cose sulle persone che ci sono qua dentro e non grazie al loro profilo psicologico, ma grazie alle prove”
“Prendi quella ragazza, per esempio- continuò, additando una persona alle proprie spalle- ha appena avuto un bambino e probabilmente non ha nessuno che l'aiuta.”
I due agenti si sporsero leggermente al di là della sua esile figura per vedere meglio la donna che aveva indicato.
“Come fai a dirlo?”domandò quindi Reid, aggrottando la fronte.
“Sui suoi pantaloni c'è una piccola macchia di pappa, segno che non ha tempo per fare il bucato; le occhiaie ci dimostrano che non riesce a dormire, quindi il bambino deve essere ancora abbastanza piccolo visto che ha ancora il sonno irregolare; quel maglione, poi, le va stretto, ma solo nella zona del seno, quindi probabilmente sta allattando ancora e inoltre continua a pulirsi le mani con un gel igienizzante evidentemente perchè ha paura di portare germi a casa. Avete notato poi che continua a lanciare occhiate all'orologio? Credo che dipenda dal fatto che ha lasciato il bambino al nido, ma è inquieta e forse ciò dipende dal fatto che non è abituata a separarsene.”
Sorrise soddisfatta non appena smise di parlare. Era sempre stata una buona osservatrice e spesso vedeva cose che agli altri sfuggivano. Si sentì fiera di se stessa per aver spiazzato per qualche secondo due agenti speciali della squadra di analisi comportamentale.
“Impressionante.” ammise il giovane dottor Reid.
“Capisco perchè sei una fan delle prove.- capitolò anche Morgan- Ma, sai come si dice, l'abito non fa il monaco.”
“Lo terrò a mente-promise, mentre una poliziotta dall'aria scorbutica le appoggiava rumorosamente una voluminosa cartelletta davanti- Uh, i miei documenti.”
Li afferrò alla svelta, aggiungendoli a quelli che aveva già con sé. Il caso Donovan si prospettava piuttosto ingombrante.
“Questo è il mio biglietto da visita.- disse Morgan, allungandole un cartoncino che aveva appena estratto dalla tasca posteriore dei pantaloni-Se hai qualche domanda o un'informazione per noi non esitare a chiamarmi.”
Alicia lo osservò attenta per qualche secondo, rigirandoselo fra le dita della mano libera.
“Ok.” acconsentì infine, restituendogli con garbo il piccolo cartoncino rettangolare.
Reid strinse le labbra confuso nel vedere quel gesto.
“Ne ho altri, puoi tenerlo.” replicò l'altro, stranito.
“Non ne ho bisogno. Riesco a tenere a mente un paio di numeri.- spiegò tranquilla Alicia, rivolgendo per la prima volta ai due un sorriso smagliante- Scusate, devo tornare da Katerine. Voglio spiegarle un po' di cose riguardo allo stato di fermo in cui si trova.”


JJ si passò stancamente una mano sugli occhi, mentre chiudeva con un gesto secco l'ennesimo fascicolo che si era ritrovata ad analizzare. A volte, e quella era una di quelle, si domandava perchè avesse scelto un lavoro che fosse la dimostrazione vivente del detto “al peggio non c'è mai fine”.
Hotch e Prentiss stavano aspettando dal giudice il mandato per perquisire la casa della Donovan, mentre Morgan e Reid stavano rivedendo la vittimologia e lei era ancora bloccata in quella stanza a cercare di mettere insieme un puzzle da mille pezzi.
“Penelope non ha trovato niente di rilevante su di lei?” domandò, alzando lo sguardo per guardare Rossi in faccia.
L'uomo si strinse nelle spalle “Niente più di quanto non sapevamo già.”
“Cosa c'entra Katerine Donovan con questi omicidi?” chiese di nuovo la bionda, prendendo un'altra cartellina marrone e cominciando a scorrerne il contenuto.
“Spero che Hotch e Prentiss scoprano qualcosa a riguardo a casa sua.-borbottò David, afferrando una tazza colma di caffè scadente-Quella ragazza non può aver commesso questi omicidi. È troppo emotiva e totalmente incapace di gestire una situazione del genere, non sarebbe riuscita nemmeno a non lasciare tracce di sé sulla scena del crimine.”
Bevve un sorso e ripensò al disastroso interrogatorio di qualche ora prima. Katerine Donovan gli era sembrata un agnellino braccato dal lupo e non era riuscita a dire niente di sensato da quanto era agitata.
JJ aggrottò la fronte “Perchè allora c'era una sua ciocca di capelli sul luogo dell'ultimo omicidio?”
“Tu credi nelle coincidenze?” chiese Rossi girandosi verso di lei.
“Neanche un po'.” ammise l'altra, scuotendo il capo.
“Neanche io.-concordò con un mezzo sorriso- Per questo dobbiamo ricominciare da capo.”
Un bussare deciso li fece girare entrambi verso la porta e in meno di un secondo si ritrovarono davanti l'avvocato difensore.
“Credo che la mia cliente sia pronta per un secondo round.” annunciò, prima di far passare il proprio sguardo interessato lungo tutta la stanza.
“E' più disposta a collaborare?” domandò l'agente Rossi, mentre si appoggiava sulle ginocchia il fascicolo che stava analizzando.
“Pare di sì, anche se non posso garantire per il suo altalenante stato emotivo.- confermò Alicia, prima di rivolgersi a JJ- Mi hanno detto che è lei ad occuparsi delle relazioni con la stampa.”
Aspettò giusto che la sua interlocutrice annuisse prima di continuare “Il nome della mia cliente è trapelato in qualche modo?”
“Assolutamente no. Per quanto il detective Meyer creda fermamente nella sua colpevolezza non siamo ancora sicuri che lei c'entri qualcosa, quindi non intendiamo rilasciare dichiarazioni ufficiali.” spiegò, con tono calmo e risoluto.
Alicia annuì distrattamente, fissando lo sguardo sulla bacheca su cui erano appese le foto delle vittime ante e post-mortem.
“Ha mai lavorato su un caso di omicidio?” le domandò JJ, sorridendo comprensiva mentre la osservava. Era bassa e magra, con un viso minuto da folletto incorniciato da corti capelli scuri, il cui taglio irregolare era tenuto a bada da un'acconciatura severa. Era così giovane. In qualche modo, tralasciando il super QI e l'incredibile memoria, le ricordava un po' Spencer.
“Qualche volta.-rispose quindi, mordicchiandosi il labbro pensierosa come se stesse cercando di rievocare qualcosa-Undici casi di omicidio, ma non tutti di primo grado.”
Per un secondo di troppo rimase perplessa, scioccata da quell'informazione “Ma quanti anni hai?”
“Venticinque, quasi ventisei.” borbottò vaga, mentre il suo sguardo si fissava sulle foto delle vittime. Erano tremende, il petto squarciato e aperto e il cuore estratto dalla cassa toracica infilato tristemente in un vecchio barattolo di burro d'arachidi.
L'agente Rossi alzò per un attimo gli occhi dai documenti che stava rileggendo e intercettò lo sguardo della ragazza che si era fissato sulla bacheca che riportava le scene del crimine.
“Non sei troppo giovane per occuparti da sola di un caso del genere?” domandò.
“Non direi.- ribattè la ragazza, girandosi verso di lui e sorridendogli amichevolmente- Anzi, si potrebbe dire che, essendo entrambi composti da atomi che alla fine sono sempre gli stessi dato che nulla si crea e nulla si distrugge, io e lei materialmente abbiamo la stessa età e siamo vecchi miliardi di anni.”
David e JJ la guardarono perplessi e, non appena se ne accorse, la ragazza si ricompose con un finto colpo di tosse.
“Grazie per aver tutelato la mia cliente.-disse, con tono un po' asciutto prima di congedarsi-Ora scusatemi, ho una linea difensiva da preparare.”
Fece per uscire dalla stanza quando, con ancora una mano sulla maniglia, si ricordò di qualcosa.
“Agente Rossi, posso chiederle una cosa?” domandò, girandosi di nuovo verso i due agenti dell'FBI.
“Naturalmente.” rispose l'uomo, incuriosito.
“Katerine mi ha detto che ha parecchi vuoti di memoria riguardo gli ultimi mesi. Dice di non avere idea di come possa essere finita una ciocca dei suoi capelli sulla scena del crimine. È possibile? Che non ricordi certe cose, intendo.”
“La rimozione può essere un meccanismo di difesa verso dei ricordi che sono emotivamente troppo carichi o contrastanti con il nostro essere. In pratica la mente si chiude a riccio per cercare di difendere se stessa. Probabilmente se ha vissuto qualcosa di abbastanza traumatico non sta affatto mentendo.” fu la risposta di David.
Alicia annuì un paio di volte. Aveva pensato anche lei a una cosa del genere ma sentirselo dire da qualcuno di più esperto la rassicurava “Quindi è sincera?”
“Sì, credo che lo sia.” la rassicurò l'agente.
La ragazza borbottò qualcosa di assolutamente incomprensibile riguardo un impegno improrogabile e uscì dalla stanza così come era entrata, senza troppe cerimonie.



Katerine Donovan abitava in una delle zone residenziali di Tulsa, lontana dal centro ma non abbastanza per essere definita periferia. La via era costeggiata da colorate case con giardino,staccionata bianca e, probabilmente anche un bel golden retriver scodinzolante: le tipiche abitazioni delle famiglie americane medie.
“Sembra di essere in un telefilm degli anni Cinquanta.” commentò l'agente Prentiss, notando il clima sereno che regnava in quel posto, quando il Suv si fermò proprio davanti alla villetta della sospettata.
“Come fa una ragazza così giovane a permettersi una casa del genere e un'attività tutta sua?” chiese di nuovo, mentre guardava con la testa inclinata di lato la villetta con giardino che aveva davanti.
“L'ha avuta in eredità dalla nonna materna.- spiegò Hotch, riferendo le informazioni che gli erano state date dal detective Meyer quella mattina- Per comprare la pasticceria, invece, ha acceso un mutuo due anni fa. Una ragazza con la testa sulle spalle e senza grilli per la testa.”
“E allora perchè quei precedenti?”continuò meditabonda la donna, mentre, per immettersi sul vialetto, superavano una vecchia decappottabile color ruggine.
“E' quello che dobbiamo cercare di scoprire.” replicò il suo capo, avviandosi verso la porta d'entrata. Emily lo seguì immediatamente ma qualcosa, nel giardino della casa accanto, attirò la sua attenzione.
“Quella non è l'avvocato difensore?- domandò, additando la ragazza in tallieur scuro che stava parlando con un uomo in tuta da lavoro-Che ci fa qua?”
Come se avesse sentito le sue parole, cosa del tutto impossibile data la distanza che li separava, Alicia girò la testa, incrociando lo sguardo dei due agenti.
Si ritrovò a pensare, per l'ennesima volta, che odiava il giudice Todd: quell'uomo sfornava i mandati in modo troppo veloce per i suoi gusti.
“Grazie mille, Carlos. - disse, dandogli in mano un biglietto da visita- Se ti viene in mente altro non esitare a chiamarmi.”
“D'accordo.” asserì il giovane giardiniere, con il forte accento spagnolo che impregnava ogni sillaba, mentre guardava l'avvocato allontanarsi veloce, per immettersi nel giardino accanto e raggiungere due persone che aspettavano davanti alla porta di casa Donovan.
“Agenti Hotchner e Prentiss.- disse, a mò di saluto, Alicia, non appena fu abbastanza vicina-Che ci fate qua?”
I due si scambiarono un'occhiata, prima che Hotch rispondesse“E' esattamente ciò che le stavamo per chiedere, signorina Kensington.”
“Il mio lavoro. Faccio domande e cerco prove che possano scagionare la mia cliente.” ribattè prima di voltarsi verso il giardino della casa a fianco per indicare con un cenno del capo il giovane ragazzo dalla pelle ambrata con cui stava parlando fino a poco tempo prima.
“Carlos Raminez, fa il giardiniere per quasi tutti qua nel quartiere, quindi conosce abbastanza bene i movimenti di tutti gli abitanti della zona. Dice di non aver notato nessun comportamento strano da parte di Katerine per le ultime settimane e in più, non ha mai visto nessuna delle vittime aggirarsi da queste parti.”
“Immagino che il signor Raminez non sia qui ventiquattr'ore al giorno, però.” commentò l'agente Prentiss.
“Abbiamo un mandato.” la informò Aaron, notando il suo atteggiamento ostile.
“E io le chiavi di casa.- disse la ragazza, sfilandosi dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi voluminoso-Vi faccio entrare senza buttare giù la porta.”
Aprì la porta e si infilò velocemente in casa, seguita dai due agenti dell'FBI.
“Immagino che non devo ricordarle che non deve toccare niente, vero?” l'avvisò Hotch.
Alicia alzò lo sguardo, esasperata, ma alla fine annuì “Uh-u.”
Hotchner lanciò un'eloquente sguardo a Prentiss prima di scomparire lungo le scale che portavano al piano superiore e la donna seppe che, mentre si aggirava nel salotto e nella cucina doveva tenere d'occhio l'avvocato difensore.
“Sono qui perchè per difendere Katerine devo conoscerla il più possibile.- spiegò all'improvviso la giovane, seguendo l'agente nella cucina- Il che credo valga anche per voi, sostituendo la parte sul difendere con l'accusare.”
Emily non rispose. Era troppo impegnata a osservare minuziosamente quella stanza: era ordinata, troppo ordinata. Tutti gli utensili, i piatti e le pentole erano disposte in perfetto ordine e niente sembrava essere sporco o fuori posto. Forse, si ritrovò a ipotizzare, la Donovan poteva essere affetta da qualche disturbo di tipo ossessivo-compulsivo.
“Un barattolo formato famiglia di burro d' arachidi.- annunciò, dopo aver aperto l'anta di un armadietto- Dello stesso formato e della stessa marca di quelli in cui sono stati ritrovati i cuori delle vittime.”
Si voltò verso Alicia, per indagare la sua reazione, ma la trovò sorridente “Anche io ne ho uno a casa.- ribattè- Sono nella lista dei sospettati?”
Stava per rispondere ma la voce di Hotchner la chiamò dal piano di sopra “Prentiss. Vieni qui un attimo.”
Le due donne si scambiarono un'occhiata e si avviarono veloci, curiose di sapere cosa avesse potuto scoprire il capo della squadra di analisi comportamentale.
“Conosce da molto la signorina Donovan?” le domandò Prentiss, mentre salivano le scale fianco a fianco.
“No.” fu la laconica risposta dell'avvocato.
“Cosa sa su di lei?” incalzò di nuovo l'agente.
“So che ha qualche precedente, ma cose di poco conto.” rispose la ragazza, sventolando una mano come per dare poca importanza alla cosa.
“Del tipo?”
Mentre saliva le scale, Alicia osservava con curiosità tutte le foto e i quadri appesi alla parete, ma ciò non le impedì di rispondere con precisione “Piccoli furti durante gli anni di liceo, qualche atto di vandalismo: delle ragazzate. E poi, più di recente è stata coinvolta in un paio di risse, ma mi hanno detto che se l'è cavata con poco.”
Prentiss sollevò le sopracciglia, stupita “Quindi lei non è il suo avvocato abituale.”
“No, il suo legale non tratta casi del genere.- spiegò, mentre imboccavano il corridoio che portava alla stanza da dove sembrava arrivare la voce di Hotch- Mi conosce e sapeva che avrei trovato il caso interessante.”
“Definisce interessante la morte di sette persone?” sbottò Emily, guardandola stranita.
“No. Definisco interessante cercare di tirare fuori dai guai un'innocente che è ritenuta colpevole dell'omicidio di sette persone.”
Quando entrò nella stanza, Alicia non potè fare a meno di esultare soddisfatta “Wow!Era esattamente il tipo di stanza che speravo di trovarmi davanti.”
L'agente Prentiss si voltò verso di lei, aggrottando le sopracciglia “E perchè mai?”
“Siete voi gli analisti comportamentali, non io.- ribattè l'avvocato con una scrollata di spalle-Dovreste saperlo meglio di me.”
“Ordinaria. È una stanza ordinaria, potrebbe essere quella di qualsiasi ragazza della sua età.” spiegò Hotchner, mentre passava il suo sguardo severo intorno a sé.
“I membri della giuria l'adoreranno.” confermò l'avvocato, mentre si sporgeva sopra la scrivania per osservare delle foto che vi erano esposte. I due agenti approfittarono di quel suo momento di distrazione per parlare a bassa voce di quella visita nella casa della sospettata.
“E' tutto così normale. Niente fuori posto, tutto sembra essere copiato da uno di quei cataloghi di arredamento.” disse Prentiss, tenendo la voce bassa.
“Appunto. La Donovan cerca in ogni modo di apparire come una qualsiasi ragazza della sua età, ma in questa stanza ogni singolo oggetto è disposto secondo un calcolo preciso: ogni cosa è raggruppata in gruppi di numeri pari.” continuò quindi Hotch, meditabondo.
Emily annuì seria “Giù da basso la situazione è la stessa.” confermò quindi.
Si ritrovarono entrambi a lanciare occhiate intorno a sé, per analizzare meglio la stanza e dalla parete opposta si trovarono scrutati a loro volta dagli occhi chiari dell'avvocato.
“Prenderò queste foto, se non avete niente in contrario.” dichiarò la Kensington, indicando due cornici che si trovava davanti.
Hotch le fece un lieve cenno del capo e lei quindi prese i due oggetti, prima di incamminarsi fuori dalla stanza.
“Quella ragazza non si starà facendo avvelenare troppo dal sistema?” domandò Emily, non appena l'avvocato fu fuori.
“E' un difensore,-spiegò Aaron con una scrollata di spalle- è il suo lavoro fare tutto quello che è in suo potere per tutelare la propria cliente.”
“Hotch: ha fatto una foto della stanza, ha preso le foto in cui la Donovan appare più indifesa e innocente.- specificò la donna- Non sta solo cercando di difendere la sua cliente, sta cercando di manipolare la giuria.”
Emily Prentiss non aveva affatto torto. Manipolare la gente era una delle attività preferite da Alicia Kensington e, probabilmente, era per questo che alla sua età lavorava già per uno studio legale di successo e, con tutta probabilità, era sempre quello il motivo per cui in tribunale nessuno si permetteva di prendere sotto gamba la sua presunta inesperienza. Tuttavia, in quel momento Alicia non stava affatto pensando al fatto che, con gli elementi in suo possesso, era decisamente in grado di scagionare Katerine Donovan. I suoi pensieri, in quel momento, volgevano in tutt'altra direzione.
C'era qualcosa che non quadrava in quella casa ma, mentre passeggiava avanti e indietro nello stretto corridoio, non riusciva a capire di che cosa si potesse trattare. Poggiò la schiena alla parete e si ritrovò a fissare pensierosa la libreria che aveva davanti a sé.
L'idea la folgorò proprio mentre stava guardando le colorate copertine che si susseguivano sugli scaffali stracolmi.
“Oh, perfetto.” sbuffò, ritornando sui suoi passi e sporgendo la testa nella camera di Katerine.
“Agente Hotchner?- chiamò- Potrebbe venire a darmi una mano?Credo di avere trovato qualcosa.”
Quando uscì dalla stanza l'uomo aveva l'aria scocciata, ma la cosa non la scompose più di tanto.
“C'è nascosto qualcosa, qua dietro.” spiegò, additando la libreria.
“Dietro la libreria?” domandò scettico Aaron, aggrottando le sopracciglia.
Alicia non potè fare a meno di sbuffare spazientita: voleva scoprire che cosa potesse trovarsi lì dietro e non voleva aspettare un minuto di più “Le dispiacerebbe aiutarmi a spostarla?”
“Lì dietro non c'è niente, signorina Kensington.” ribadì.
“Forse. O forse no. Perchè una persona così maniacalmente ordinata come Katerine dovrebbe mettere un mobile in corridoio e non rispettare alcun canone di simmetria come invece ha fatto in tutte le altre stanze?- incalzò quindi, usando inconsciamente il tono inquisitorio che usava in tribunale- E perchè sul pavimento ci sono dei segni che mostrano che il mobile è stato già mosso in precedenza?”
Prentiss e Hotch si lanciarono un'occhiata. Non aveva tutti i torti: da quanto avevano già visto la Donovan si dimostrava essere una persona estremamente meticolosa e razionale nell'organizzazione degli spazi. La presenza di quella libreria non avrebbe avuto senso, se non ci fosse stato un altro motivo che poteva giustificarne quel posizionamento.
“Lei non si arrende mai, vero avvocato?” chiese quindi Emily, con un sorriso sulle labbra, mentre il suo capo spingeva via la libreria senza troppa fatica.
L'intuizione di Kensington non si era rivelata sbagliata. Era bastato spostare di poco quel mobile poco voluminoso per scoprire i sottili stipiti in legno bianco e poi, rimuovendolo del tutto, si era rivelata davanti ai loro occhi una porta scorrevole la cui esistenza, secondo la padrona di casa, sarebbe dovuta rimanere occultata.
“Beh, qualcosa c'era.” commentò Alicia, spezzando l'irreale silenzio che si era creato fra di loro.
I due agenti dell'FBI non risposero, ma si affrettarono invece a fare scorrere il piano di legno dell'uscio, per rivelare una nuova stanza, completamente diversa da qualsiasi altra presente nella casa.
Quando l'avvocato fece il gesto di seguirli all'internò, il supervisore della squadra di analisi comportamentale l'ammonì con uno sguardo severo.
“Lei non può entrare qui dentro, signorina Kensington. Potrebbero esserci delle prove a carico della sua cliente.”
“Chiamo la scientifica.” disse quindi Prentiss, mettendo mano al cellulare.
Non era un ambiente buio. La finestra, quella stessa che l'avvocato aveva visto quando aveva fatto il giro esterno della casa ma che dall'interno non era stata in grado di individuare, era grande e faceva entrare la luce abbagliante del pomeriggio filtrata solo dal sottile velo delle tende rosso fuoco. Paradossalmente, sembrava molto più vissuta delle altre stanze: il disordine regnava sovrano, il pavimento era pieno di vestiti in ordine sparso e il letto, addossato alla parete, era sfatto.
“Sembra la stanza di un'altra persona- mormorò Alicia dalla soglia, ma non appena intercettò lo sguardo serio di Hotch si affrettò ad aggiungere- Hey, tecnicamente non sono entrata!”
“Non è da escludere che lo sia.” commentò Prentiss, chiudendo con uno scatto il cellulare.
La ragazza si ritrovò a mordicchiarsi il labbro inferiore“Immagino che non state parlando di un ospite misterioso che Katerine teneva nascosto, vero?”
I due agenti non risposero, ma l'avvocato aveva già tratto le proprie conclusioni. C'erano diverse spiegazioni per cui Katerine Donovan dovesse tenere nascosta una stanza della propria casa e lo scenario che si prospettava in ciascuna di quelle ipotesi non era dei più rosei.
“Perfetto.” borbottò fra sè, pensando già a come tutto quello peggiorasse la situazione della sua cliente.
Hotch si girò verso di lei, le mani affondate nelle tasche dell'abito dal taglio severo“Signorina Kensington ora dovrebbe andarsene.”
Per la prima volta il volto della giovane donna assunse un'espressione confusa “Come?”
“Fra poco la scientifica sarà qui,- spiegò l'uomo, oltrepassandola per uscire dalla stanza seguito da Emily- quindi ci sarà già abbastanza confusione senza che lei cerchi di fare il suo mestiere con troppo zelo.”
Il momento di smarrimento, però, durò poco più di qualche secondo dandole il tempo di voltarsi velocemente per seguire i federali.
“So che cosa state pensando: il ritrovamento di questa stanza non vuol dir niente, però. Ho letto il referto del medico legale e c'è scritto che tutte le vittime sono state colpite alla testa prima di essere uccise. Il colpo aveva un inclinazione dall'alto verso il basso e Katerine è alta solo un metro e sessantacinque. La quarta vittima, che dei sette era il più basso, era alto un metro e settantatré.- snocciolò accorata, seguendo con passo svelto i due agenti giù dalle scale- Inoltre, c'è la possibilità che una persona non sappia di essere affetta da un disturbo di personalità multipla, o sbaglio?”
Hotchner sospirò affranto e considerò il fatto che quella ragazza avesse potuto aver frequentato un corso speciale per essere così assillante. Tenne per sé quel pensiero e iniziò a parlare con tono calmo ma deciso.
“Katerine Donovan usava un armadio per occultare una stanza della propria casa. Stanza che, per inciso, pare essere arredata e abitata assiduamente. Quindi, signorina Kensington, rispondendo alla sua domanda, direi che c'è la possibilità che una persona possa non sapere di avere una personalità latente, ma non è questo il nostro caso.”
Alicia strinse le labbra stizzita. Era già abbastanza infuriata per il fatto che la propria cliente le avesse tenuta nascosta una cosa del genere, quindi sentirsi dire quelle parole da uno strizzacervelli mancato la faceva ribollire ancor più di rabbia. Ingoiò il rospo, tuttavia, precedendo i due agenti federali fuori dall'abitazione ma il trillare insistente del proprio cellulare la distrasse. Con movimenti rigidi frugò nella borsetta, estraendone infine il palmare.
“Kensington.” disse, più brusca di quanto volesse.
Dall'altro capo del telefono arrivò, tesa e concitata, la voce della sua segretaria “Alicia, abbiamo un problema.”

Et-voilà!Capitolo numero 2 della mia storia su Criminal Minds. Ho qualche cosetta da dirvi a riguardo: sarà una storia lunga perchè la mia testolina ha partorito diversi casi in cui coinvolgere il nostro caro team. Perciò, ho deciso di mettere sotto il titolo PRIVATE INVESTIGATIONS le varie fasi in cui si svilupperà questa storia. La prima parte si intitola, appunto, LOVE HURTS . Ecco fatto. Dopo questa mini e sconclusionata spiegazione, ringrazio tutti quelli che hanno letto il primo capitolo, takara che è stata così gentile da lasciarmi un commento e, oltre a lei, anemone333 e sefoev che mi hanno dato fiducia e l'hanno messo fra le seguite. Thanks a lot!Kisses JoJo

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Capitolo 3
*** I.3 ***


Aveva una mano appoggiata mollemente sulla maniglia della porta ma l'intenzione di aprirla lo abbandonò per qualche secondo. Era distrutto, su questo non c'era alcun dubbio, soprattutto dopo che si era recato insieme alla scientifica a casa Donovan per setacciarla in lungo e in largo alla ricerca, che poi si era rilevata infruttuosa, di qualche prova. Sospirò stancamente prima di aprire definitivamente la porta: sua moglie aveva ragione, quel lavoro lo stava facendo invecchiare più velocemente rispetto alle persone normali.
Nella stanza, la squadra di analisi comportamentale dell'FBI era al completo e dalle loro facce il detective Meyer intuì che le notizie che gli dovevano comunicare non erano delle migliori.
“Abbiamo steso un nuovo profilo - annunciò infatti Aaron Hotchner, seduto compostamente sulla sedia- volevamo comunicarlo a te prima che a tutti i tuoi uomini.”
“Un profilo?Perchè mai?- Meyer non riuscì a contenere lo stupore. Quel caso era praticamente chiuso!- Ormai abbiamo la Donovan.”
Derek Morgan incrociò le muscolose braccia al petto “Non è stata la Donovan a compiere questi omicidi.” disse con sicurezza.
“Ah sì?E cosa ve lo fa pensare?” ribattè esasperato il poliziotto.
“Statisticamente più del settanta per cento degli omicidi seriali è compiuto da uomini non appartenenti alle minoranze.”
“Bene. Peccato che questa non sia una statistica!- borbottò di nuovo il detective, rivolgendosi al ragazzo magro che aveva fatto quella constatazione- Secondo i racconti dei vicini quella ragazza è stata l'amante di una notte di ciascuna delle vittime. Una sua ciocca di capelli è stata trovata sulla scena dell'ultimo omicidio. Sono forse coincidenze tutte queste?”
“Non è stata la Donovan a compiere questi omicidi.” ribadì Emily.
Meyer sbuffò. FBI o no, profilers o meno, lui credeva nei fatti, non nelle teorie “Mi state dicendo che quella ciocca di capelli era lì per caso?”
“No, non per caso.- convenì quindi Rossi- Il nostro S.I. è troppo razionale per lasciare un elemento del genere senza motivo.”
“E il motivo sarebbe?” incalzò quindi, sempre più con i nervi a fior di pelle.
“Odio.- continuò semplicemente l'agente anziano della squadra- Il nostro uomo prova una profonda ostilità per Katerine Donovan e probabilmente la presenza di una sua ciocca di capelli è stata un avvertimento. Le vittime precedenti sono state una sorta di prova generale, ma dal suo modus operandi non si nota nessuna rabbia nei loro confronti.”
“Il suo modo di agire fa più pensare a una sorta di esperimento scientifico- gli diede man forte Derek- e probabilmente è esattamente quello che è.”
“State dicendo- cominciò a parlare Meyer, meditabondo, passandosi una mano sul mento irsuto- che sta cercando di affinare la tecnica per poi applicarla al meglio sulla ragazza?”
“Crediamo di sì.- confermò Prentiss- Katerine Donovan è la costante di questi omicidi e probabilmente perchè lei conosce l'S.I.”
“Avete idea di che relazione potrebbe avere con lei?” domandò di nuovo il detective.
“Un fidanzato respinto, qualcuno a cui ha fatto un torto.- ipotizzò Hotch- Dobbiamo parlare di nuovo con lei per vedere se conosce qualcuno che corrisponda al nostro profilo.”
“D'accordo.- capitolò infine Meyer-Ma non intendo rilasciarla, almeno finchè non ci saranno delle prove concrete e non delle semplici supposizioni.”

Katerine si ritrovò a deglutire rumorosamente quando intravide la figura del proprio legale. Se ne stava immobile, con le mani appoggiate sul tavolo, l'una sull'altra, la schiena dritta appoggiata alla sedia. Non si accorse nemmeno di aver iniziato a camminare più lentamente da quando era entrata nella stanza. Si domandò se forse non fosse più saggio dire alla guardia che l'aveva accompagnata fin lì che non se la sentiva di avere un colloquio con l'avvocato, perlomeno non in quel momento, ma nel momento stesso in cui stava formulando quel pensiero l'uomo si chiuse la porta alle spalle, lasciando le due ragazze da sole.
Alicia lasciò che la sua cliente le si sedesse di fronte e continuò a fissare un punto indefinito fuori dalla finestra corredata di sbarre. Non aveva intenzione di farle passare liscio il fatto che le aveva nascosto una cosa di vitale importanza come un presunto disturbo psichico.
“Non sono contenta, Katerine.” la informò, puntando i suoi severi occhi ambrati sulla ragazza in tuta arancione.
La bionda abbassò lo sguardo all'istante, incapace di sostenere il suo, così carico di rimprovero.
“L-lo so...- balbettò impacciata- Non potevo dirtelo. Avevo paura che avresti abbandonato il mio caso.”
“Io non ti abbandonerò.- chiarì l'avvocato sporgendosi verso di lei, seria- Ora ti va di dirmi la verità?”
Katerine si mordicchiò nervosamente le labbra e dopo di che cominciò a torturarsi le mani prima di iniziare finalmente a parlare“La verità?La verità è che non so neanche io che cosa mi sta succedendo: da qualche mese non sono più me stessa.”
Alicia si abbandonò sullo schienale della sedia, pur senza abbandonare la postura un po' rigida che la contraddistingueva “Che cosa intendi?”
“Io...io te l'ho detto. Non ricordo bene che cosa posso avere fatto, ho dei completi black out...” la voce usciva tremante dalla bocca della bionda e i suoi occhi azzurri le si riempirono di lacrime.
“Katerine!Smettila di giocare con me!- sbottò Kensington, battendo una mano sul tavolo in modo tanto violento che l'altra sobbalzò spaventata- Io non sono qui per giudicarti, quindi nascondermi la verità può cadere solo a tuo svantaggio.”
Non ottenne risposta però, tranne che per qualche singhiozzo soffocato.
Alicia Kensington non sapeva affrontare le crisi emotive, tanto più se non le riteneva giustificate. Poteva affrontare da sola una giuria scettica, i giornalisti arrabbiati e i media in subbuglio ma, davanti alle lacrime, spesso perdeva la sua proverbiale freddezza.
“Dimmi. Tutto. Quello. Che. Sai.” sillabò, senza nascondere il fastidio che provava.
Katerine, dal canto suo, non poteva fare a meno che tenere le labbra serrate, troppo spaventata per proferire verbo. Non era tanto il suo avvocato, che sembrava più un folletto dai capelli scompigliati, a farle paura, ma se stessa. Aveva paura che forse, in un momento di totale incoscienza, avesse potuto davvero uccidere tutta quella gente.
“Come vuoi.- annunciò spazientita Alicia, vedendo che non riuscivano ad arrivare a nessun traguardo- Ci vediamo in aula e ti consiglio di assumere un'aria sciupata e innocente per cercare di convincere la giuria.”
Si alzò di scatto, stizzita e non rivolse nemmeno una volta lo sguardo alla ragazza mentre si dirigeva alla porta per chiamare la guardia carceraria.
La voce di Katerine, quindi, le arrivò alle spalle, all'improvviso. “Si chiama Pam.”
“Chi?” incalzò l'avvocato, girandosi di nuovo verso di lei.
“L'altra...l'altra me.- balbettò la Donovan- Si chiama Pam.”
Alicia annuì “Va avanti.”
“I-io non so come faccia a uscire dalla mia testa, ma a volte lo fa.-singhiozzò la ragazza, passandosi ripetutamente le mani sul viso-E incasina sempre tutto.”
“Può essere stata lei a uccidere quei ragazzi?” domandò quindi l'altra. Se la risposta fosse risultata affermativa, non avrebbe avuto vita facile nell'impostare una possibile difesa.
“Forse.- disse con voce incerta la bionda-Non lo so.”
“D'accordo, Katerine.- sospirò Alicia, bussando alla porta per attirare l'attenzione della guardia- Abbi fiducia. Non ti lascerò marcire in prigione, non quando sono convinta che tu sia innocente.”
Non sentì se la ragazza le rispose qualcosa. Aveva troppa fretta di correre dal giudice per cercare di salvare la situazione prima che la pubblica accusa o i media potessero peggiorare il tutto ulteriormente.

Non aveva fatto in tempo a sgattaiolare fuori dall'intricato labirinto di uffici del tribunale che già si era ritrovata un uomo che la inseguiva con fare concitato. Quando le si affiancò, dopo qualche minuto, aveva l'aria furente e la cravatta fuori posto, ma dei particolari tanto insignificanti non gli avrebbero di certo tenuto a freno la lingua.
“Alicia questo è stato un colpo sotto la cintura.” sputò con voce bassa Mark Randall, vice procuratore capo. Gli era stata affidato quel caso e contava, come il suo capo del resto, di riuscire a portarlo in tribunale nel minor tempo possibile. Ovviamente non aveva fatto i conti con i piani, di tutt'altro genere, dell'avvocato difensore.
“Sempre meglio che una pugnalata alle spalle, non trovi?” ribattè Kensington, girando leggermente il bel viso verso di lui.
Randall sbuffò, in un misero tentativo di ritrovare la calma “Una richiesta di perizia per l'infermità mentale?!” sbottò quindi, fermandosi di colpo e allargando le braccia.
La ragazza rallentò il passo e si girò per fronteggiarlo “E' del tutto legittima, considerando gli ultimi sviluppi della situazione.”
“Già, Meyer me l'ha detto.- borbottò scontroso, grattandosi il mento solcato da una leggera barba- Ma questo non cambia il fatto che tu stai facendo tutto questo solo per guadagnare un po' di tempo.”
“E vuoi biasimarmi per questo?” replicò con tono smaliziato, rivolgendogli un sorrisetto supponente.
Non era raro per loro finire in situazioni del genere. Mark Randall e Alicia Kensington si erano già fronteggiati più volte, sia in tribunale che fuori, e non c'era mai stata nessuna occasione che avesse visto uno dei due rivali uscire dallo scontro totalmente incolume. Erano avversari e vivevano ogni incontro come se fosse una sfida, anche se erano pochi quelli che potevano scorgere quell'atteggiamento dietro alle battutine e agli sguardi incandescenti che si lanciavano ogni volta.
“Voglio solo dirti- continuò l'uomo, incrociando le braccia con un gesto secco- che questo non cambierà le cose per la tua cliente. La sua presenza sulla scena la inchioda, Alicia, e questo è un dato di fatto.”
La ragazza scosse la testa, sul viso aveva il sorriso di qualcuno che la sa lunga“Io invece dico che qualcosa sta già cambiando.”
“Ah, sì?” sbuffò Mark, alzando le sopracciglia scettico
“Un uccellino mi ha detto che gli agenti dell'FBI stanno lavorando a un profilo, un profilo che non corrisponde a Katerine, Randall.”
“Un profilo?Vorrai dire uno stereotipo scientificamente accettabile.-sbottò spazientito- È come leggere i fondi del caffè oppure l'oroscopo: non posso credere che tu possa credere a delle sciocchezze del genere. Non sei forse Miss Razionalità?”
“Cielo.-disse l'altra, facendo roteare i grandi occhi- Quando penso che non potresti cadere più in basso dici sempre qualcosa che mi costringe a ricredermi.”
“E' perchè riesco ancora a stupirti che la nostra relazione è sempre così fresca.” le sorrise di rimando l'uomo.
“Oltre che immaginaria.” aggiunse Kensignton, senza riuscire a trattenere una smorfia.
“Meyer non mi ha ancora detto niente di questo fantomatico profilo.- continuò Randall, riportando la conversazione sui binari che intendeva seguire- Non credi forse che i tuoi informatori questa volta abbiano preso un abbaglio?”
Alicia stava per aprire bocca per rispondere ma qualcuno, alle sue spalle fu più veloce.
“Maschio, bianco, tra i trenta e i trentacinque anni.-iniziò a parlare una voce profonda a lei conosciuta-Probabilmente ha un quoziente intellettivo superiore alla media, ma un aspetto ordinario che non attira l'attenzione.”
Un'altra voce si sostituì alla prima e lei non potè che sorridere soddisfatta mentre notava la faccia del suo rivale di sempre cambiare espressione ad ogni parola “Da come ha sezionato le sue vittime è possibile che sia un medico, o che comunque abbia buone conoscenze di anatomia, forse è un professore di scienze.”
Anche Morgan sembrava lo stesso soddisfatto di come erano riusciti a zittire quell'uomo supponente “Dobbiamo andare avanti o ritiene che questo sia sufficiente, signor...”
“Randall. Mark Randall, vice procuratore capo.- disse brusco l'interpellato- Spero che le vostre indagini procedano più velocemente di quanto hanno fatto finora, dato che pare abbiate un nuovo profilo più accurato.” Aveva la faccia di bronzo tipica degli avvocati, quindi non potè fare altro che rivolgere ai due agenti che si trovava di fronte un sorriso mellifluo e cercare di far sembrare quella conversazione civile.
“Lei si preoccupi di fare il suo lavoro, signor Randall,- ribattè Rossi con tono calmo- e noi ci occuperemo del nostro, che ne dice?”
L'avvocato fece in risposta un vago cenno del capo, prima di rivolgersi di nuovo ad Alicia “La faccenda non finisce qui, Kensington. Non voglio farmi scappare l'unica sospettata che abbiamo tra le mani.”
Se ne andò con passo stizzito mentre la ragazza lo salutava con un cenno della mano.
“Wow.- commentò poi, girandosi verso i due agenti-Scommetto che se possedessi anche io il cromosoma Y avrei trovato questo scontro decisamente più epico, vero?”
“Devi sempre avere a che fare con individui del genere?” domandò Rossi con un sorriso divertito.
Alicia scrollò le esili spalle “Dici così perchè non hai visto come posso essere io quando voglio fare la stronza...” disse, provocando una risata di Morgan.
“Che vi porta in queste lande desolate fatte di eccessiva burocrazia e lavoratori svogliati?” continuò quindi la ragazza, facendo ai due uomini segno si seguirla mentre si incamminava lungo il corridoio.
“Stavamo cercando te, in effetti.- cominciò a spiegare David-La tua cliente...”
“E' rinchiusa coattivamente all'istituto psichiatrico Mayfield per un esame approfondito e accurato autorizzato dal giudice Todd questa mattina e a nessuno di esterno all'ospedale è permesso di vederla senza una mia firma.- concluse per lui l'avvocato-Deduco che abbiate scoperto qualcosa di nuovo, se la volete interrogare.”
Morgan annuì serio “Probabilmente la Donovan conosce l'S.I.”
“S.I.?” ripetè confusa Alicia, non riuscendo a capire quella sigla.
“Significa soggetto ignoto. È così che li chiamiamo.” spiegò paziente Rossi.
“Certo. Beh, farò avere allo psichiatra di Katerine il permesso che vi serve al più presto. Ma vi consiglio di andarci giù pesante con gli interrogatori perchè sembra particolarmente portata a mentire.”
Il tono secco che aveva usato nell'ultima affermazione stupì non poco i due profiler.
“Sembra che tu nutri un certo risentimento verso di lei.” constatò Derek.
“Già.- rise sarcastica Alicia- Diciamo che i rapporti idilliaci fra avvocati e clienti ci sono solo nelle puntate di Perry Mason.”
“Non ti va giù il fatto che ti abbia mentito, immagino.” commentò quindi David, pensieroso.
“Sì, ma il lavoro è lavoro. E poi- ammise- sul fatto che è innocente non mentiva, quindi la verità è un'altra e io intendo scoprirla.”
Morgan aggrottò le sopracciglia “Non è il tuo compito farlo, ma il nostro e della polizia.”
“Sì, certo. La mia era solo un'espressione figurata...-commentò vaga, cambiando repentinamente argomento- Avete detto che conosce Katerine. Potrebbe avercela con lei?”
“Probabilmente.” confermò Derek.
“Una bella fortuna che io l'abbia fatta rinchiudere in manicomio, allora.- il tono di Alicia era particolarmente soddisfatto mentre parlava-Il procuratore Maloni dovrà ammettere la propria incompetenza.”
Rossi annuì, con espressione meditabonda “Ho sentito sta muovendo mari e monti per inchiodare la Donovan.”
“Sì, è piuttosto coinvolto.” ammise la ragazza.
“C'è un motivo particolare?” indagò quindi l'agente dell'FBI.
Alicia scrollò le spalle con noncuranza “Una delle vittime risulta essere il figlioccio di Noah Samuelson.”
“Il governatore?- chiese conferma Derek, perplesso-E...?”
L'avvocato smise di camminare, per poi voltarsi di modo da far passare il suo sguardo su entrambi i due uomini “Non so come vada nel vostro mondo, ma in quello in cui vivo io se il governatore Samuelson chiama, il procuratore Maloni risponde. Il vice procuratore Mark Randall, tuttavia, non può fare niente per impedire la perizia psichiatrica che il giudice ha già autorizzato quindi, per ora, ho io il coltello dalla parte del manico.”
“Ma se le prove non sono così fondate perchè accusare la Donovan con così tanto ardore?” domandò quindi Morgan. Non aveva molta familiarità con le varie manovre politiche che impregnavano i rapporti fra i procuratori distrettuali.
“Era logico che sarebbe finita così:- spiegò Alicia, gesticolando in modo casuale- fra due settimane ci sono le elezioni e potete immaginare quanti voti si guadagnerebbe il procuratore distrettuale se riuscisse ad incriminare un serial killer.”
“Rielezione assicurata.” concluse per lei Rossi.
La ragazza annuì “Probabilmente a quest'ora starà già facendo la conferenza stampa per annunciare che Katerine Donovan è sospettata degli omicidi e per accusarmi di essere Satana, od Osama Bin Laden o Darth Veder per essere stata così meschina da farle fare una perizia psichiatrica.”
Derek aggrottò la fronte perplesso. Aveva visto avvocati andare su tutte le furie per molto meno, ma lei era tranquilla come ad una gita fuori porta “Non sembri particolarmente arrabbiata per questa situazione.”
“Il perseguimento della gloria personale è un diritto naturale di tutti, agente Morgan, quindi non posso certo biasimare il procuratore per le sue manovre.” spiegò semplicemente.
“Che manovre prevedi?” domandò David, incuriosito.
“Una guerra mass-mediatica, per cominciare. E poi passerà ad azioni strettamente legali, come una richiesta per una controperizia psichiatrica. Insomma, faranno solo il loro lavoro. Il che mi fa ricordare che devo essere in aula fra poco.-disse additando la porta di legno che aveva alle spalle.-Ho altri casi a cui lavorare. Come mi avete ricordato prima, prendere i cattivi è il vostro lavoro, il mio è difendere chi me lo chiede.”
“Ci serve quel permesso, Alicia.” le ricordò Derek.
La ragazza annuì “Andate pure all'istituto psichiatrico. Quando arriverete, sarà già là ad aspettarvi.” gli assicurò, prima di sparire velocemente dentro la stanza di tribunale.

Joe Horgan si mosse nervosamente sulla sedia, cercando inutilmente di trovare una posizione confortevole per il suo massiccio fisico. Gli piaceva fare il grafico pubblicitario ma il suo capo non aveva ancora capito che rinchiudere un uomo alto un metro e novanta in un ufficio piccolo come quello poteva benissimo essere ritenuto un crimine contro i diritti inviolabili della persona umana.
Stava ancora sbuffando quando alzò la cornetta, che squillava insistentemente “Pronto?”
“Hey!- lo salutò una voce gioviale dall'altro capo del filo-Parla la donna protagonista dei tuoi sogni proibiti!”
Il sorriso gli comparve immediatamente sulle labbra “Davvero?Sai, Megan Fox, hai la voce uguale a quella di Alicia che, come sai, è stata retrocessa a semplice comparsa.”
“Joe, così mi rattristi. Pensavo di essere l'unica per te.” scherzò l'altra, immaginandosi la faccia seria che stava mantenendo l'amico per dissimulare una telefonata privata.
“Scusami, ma lo sai che gli uomini sono infedeli.” continuò quindi Horgan, passandosi una mano fra i corti capelli rossi.
“E le donne troppo buone, infatti voglio proporti lo stesso un giochino telefonico.” disse ironica, mentre si sistemava l'auricolare prima di entrare in macchina.
“Dovrai fare tutto tu, però,-la assecondò il tono scherzoso Joe- perchè come sai sono in ufficio e il mio capo non è stato molto d'accordo l'ultima volta che ti ho aiutato.”
Alicia sbuffò “Lo so. Quell'uomo è di una noia mortale.”
“Allora, che devo fare?” capitolò quindi l'altro, sapendo già che cosa stava per chiedergli. Conosceva quella ragazza da diversi anni e, da quando abitavano nello stesso palazzo di proprietà della famiglia di lei, erano anche diventati amici. E questo voleva significare per lui che Alicia non avrebbe esitato ad utilizzare le sue abilità tecnologiche per lavorare ai propri casi.
“Cercare informazioni.-confermò quindi la sua ipotesi-Un mucchio di informazioni, tutte quelle che riesci ad ottenere, per vie legali e non. Ti mando un messaggio con i nominativi.”
Joe annuì, elettrizzato da quella nuova sfida “Definisci vie non legali.”
“In qualsiasi modo non autorizzato dal governo degli Stati Uniti.” affermò con convinzione l'altra. In fondo, conoscere qualcuno che sapesse aggirare dei sistemi di sicurezza informatica poteva essere sempre utile.
“Mi stai dicendo che stai facendo guerra agli agenti dell'FBI?- si informò, ricordando che la ragazza gli aveva accennato ad una squadra arrivata da Quantico-Sei una ragazza cattiva, Alicia!”
“Io non faccio guerra a nessuno.- si giustificò lei- Li sto semplicemente aiutando, solo che loro non lo sanno ancora.”
“Hey!-esclamò quindi l'uomo, battendosi una mano sulla fronte-Ho avuto un'improvvisa epifania!”
Alicia, ferma in macchina davanti al semaforo rosso, non potè fare a meno di aggrottare la fronte “Mi spaventi quando dici queste cose.”
“Ascoltami, è geniale:- continuò Joe, ignorandola- questi agenti dell'FBI sono forse agenti speciali?”
“Sì...” borbottò la ragazza in risposta, confusa da quella domanda.
“Tutti quanti?” incalzò l'altro, entusiasta.
“Già, è questo il loro titolo.- sbottò Kensington, spazientita- Joe, dove vuoi arrivare?”
“Se sono tutti agenti speciali allora vuol dire che nessuno di loro è speciale, no?-esultò il rosso, estremamente soddisfatto di quella rivelazione- Altrimenti non avrebbe più senso usare la parola speciale, quindi sono tutti normali e ordinari!”
“Tu sei pazzo!- rise la ragazza, scuotendo la testa- Facciamo che tu ti limiti a infiltrarti nei sistemi informatici e qualsiasi altra considerazione la lasci a me, ok?
“D'accordo.-acconsentì Joe, mentre già faceva battere velocemente le dita sulla tastiera-Ti mando tutto quello che trovo via mail. Mi devi un favore, bellezza.”
“E tu l'affitto.” chiuse la comunicazione Kensington, senza riuscire a smettere di ridere sotto i baffi.


Michael Bell abitava da solo in una casa semplice, ma decorosa. Aveva venticinque anni e stava lavorando sodo per avviare una propria attività in campo informatico. Quando la madre, che sentiva al telefono tutti i giorni, non aveva più avuto sue notizie si era preoccupata e, perciò, aveva avvertito immediatamente la polizia. Il novello poliziotto che era andato a casa del giovane per controllare che cosa fosse successo ma si era sentito male non appena aveva visto la vittima.
La posizione di Micheal Bell al momento della morte ricordava quella dei corpi all'obitorio, al momento dell'autopsia. Sdraiato sul tavolo di formica della sua cucina, aveva un'incisione a Y sul petto, lasciata volutamente aperta di modo da mostrare la maggior parte degli organi interni. Il cuore, invece, gli era stato asportato dal petto ed era stato riposto con minuziosa precisione dentro un vecchio barattolo di burro d' arachidi. L'assassino era stato freddo e preciso in ogni sua azione, proprio come un chirurgo, ma sui titoli dei giornali il nome che gli avevano affibbiato era Il macellaio di Tulsa.
“Il corpo della vittima è stato trovato in cucina, sul tavolo.” disse Reid, indicando la scena del crimine.
“Gli ha legato i polsi e le caviglie alle gambe del tavolo con del nastro adesivo che si è portato da casa, così come l'arma e il barattolo in cui ha riposto il cuore.” aggiunse Morgan, dando un'ultima scorsa al rapporto che aveva portato con sé.
“E' meticoloso, segue un rituale preciso.- commentò Rossi, facendo passare lo sguardo su ogni singolo particolare della stanza-L'asportazione del cuore probabilmente ha per lui un significato preciso, magari associato alla Donovan.”
“Non sono stati trovati segni di colluttazione e tutte le finestre erano chiuse dall'interno.- riflettè ad alta voce Reid- Su tutti i barattoli c'era scritto il nome della vittima, ma la scientifica ha detto che è nessuna penna ritrovata sulla scena corrisponde con quell'inchiostro, quindi aveva preparato anche quello a casa.”
Derek alzò le spalle “L'S.I. sapeva già chi voleva colpire, probabilmente li ha osservati per giorni prima di agire.”
“O forse li conosceva.” azzardò il più giovane dei tre.
David fece dondolare il capo, pensieroso “Proviamo a fare un giro della casa per vedere se ci è sfuggito qualcosa.” suggerì, prima di imboccare la porta che dava sul salotto, subito seguito da Reid.
Morgan rimase per qualche minuto solo a riflettere. Se il vero obiettivo dell'S.I. era davvero Katerine, il fatto che in quel momento lei si trovasse al sicuro, seppure momentaneamente in stato d'accusa, l'avrebbe dovuto fare andare su tutte le furie. Eppure non c'era stata nessuna escalation di violenza: gli omicidi erano cessati con l'arresto della donna.
Scosse la testa, frustrato dal fatto che non riusciva a capire pienamente quale fosse l'obiettivo del killer, e seguì gli altri nella stanza attigua.
Non appena varcò la soglia, però, un tonfo leggero lo fece voltare di scatto verso il seminterrato.
Dalla sua posizione riusciva a vedere Rossi, che stava camminando nel corridoio per raggiungere un'altra stanza.
“Reid?” chiamò quindi Morgan, avvicinandosi alla porta che dava sul seminterrato con già una mano sulla pistola. Per quale motivo il suo collega sarebbe dovuto andare là sotto?Lui odiava il buio.
Il giovane dottore sporse la testa dal salotto “Che c'è?”
Non appena realizzò che c'era qualcun altro oltre a loro in quella casa, Derek impugnò la pistola e la puntò verso la porta che stava per aprire con un calcio ma, lasciandolo completamente sorpreso, quella si spalancò da sola davanti ai suoi occhi.
L'intruso fece un balzo sul posto, spaventato da quell'improvvisa imboscata, e si ritrovò a fissare con occhi spalancati l'agente che aveva di fronte.
“Alicia?” disse sorpreso Derek, sconcertato dal fatto di essersi trovato di fronte la ragazza.
Lei, dal canto suo, mantenne lo sguardo fisso sulla pistola “Ti dispiace puntare quell'arma da fuoco lontano dalla mia persona?”
“Che cosa ci fai qui?- la rimproverò mentre riponeva l'arma nella fondina- Questa è la scena di un crimine, nessuno può entrare.”
“Credevo che quelle strisce gialle fossero prettamente decorative...” provò a ironizzare, mentre gli altri due agenti le si avvicinavano.
“Alicia Kensington?” domandò stupito Rossi nel vederla.
La ragazza strinse le labbra, con l'aria di una colta in fallo “Agente Rossi. Dottor. Reid.”
“Che cosa ci fai qui?” ripetè Morgan.
Alicia fece passare lo sguardo sui volti dei tre e trovò che l'unico a non esserle completamente ostile era quello di Spencer.
“Speravo di poter trovare qualcosa di utile per far dirigere in un'altra direzione le accuse di Randall.- ammise stringendosi nelle spalle- E, sinceramente, pensavo che voi foste da Katerine, altrimenti non sarei venuta qui.”
“Quindi ti sei nascosta nel seminterrato quando ci hai visto arrivare.” concluse per lei Rossi, con tono contrariato.
“No!-sbottò la giovane-Sono entrata pochi minuti fa. Non avete visto che non ho rotto i sigilli della polizia?”
Reid corrugò la fronte “E allora da dove sei entrata?”
“Dalla grata di areazione del seminterrato.” rispose semplicemente l'altra.
“Forse è quello che ha fatto anche l'S.I.-ipotizzò quindi Morgan-Dalla cucina e dal salotto non si sarebbe sentito nessun rumore e in quel modo sarebbe riuscito a cogliere la vittima di sorpresa.”
“Quindi,-ricapitolò Spencer- se conosceva le vittime, non erano in buoni rapporti tanto da giustificare una visita a casa.”
“La scientifica ha trovato qualcosa nel seminterrato?” domandò Rossi, sperando in una risposta affermativa.
“Non c'era niente.- ribattè Alicia, facendo così ricordare la sua presenza- Ho provato a setacciarlo poco fa alla ricerca di qualche fibra o altro ma a quanto pare nessuno si è fatto sfuggire niente.”
David la fissò con sguardo serio “Non puoi fare quello che stai facendo. È illegale.”
“Diciamo che più che altro sto agendo nella sottile linea di demarcazione che separa ciò che è legale da ciò che non lo è.” azzardò la ragazza.
Agiva sempre in quel modo e nessuno l'aveva mai beccata. Forse il coinvolgimento dell'FBI le avrebbe tolto qualche libertà che era solita concedersi in altre indagini più semplici.
“Non so quanto il tuo capo, il procuratore e il detective Meyer siano contenti di questo tuo comportamento- continuò Morgan, invitandola con un braccio a seguirli fino in cucina per farla uscire dalla porta sul retro- Una cosa del genere potrebbe anche rovinarti la carriera.”
Alicia increspò le labbra ma, piuttosto che ascoltare le parole dell'agente fece passare il suo sguardo attento e indagatore in ogni angolo della scena del crimine. Alla fine però, scostò da sé la mano di Derek e fece qualche passo verso l'uscio.
“D'accordo, d'accordo, d'accordo. Me ne vado di mia spontanea volontà.- capitolò, alzando le mani in segno di resa- Almeno spero che abbiate riservato lo stesso trattamento a quello che è entrato prima di me.”
“Come?” domandò Reid, non capendo a cosa si riferisse.
Sul volto della ragazza si dipinse immediatamente un sorriso soddisfatto.
“Immagino che siate stati così scortesi anche con l'altro intruso che si è introdotto in questa casa prima di me.” continuò quindi, voltandosi nuovamente verso di loro con aria innocente.
Rossi aggrottò la fronte “Intendi che qualcuno estraneo alle forze di polizia è entrato in questa casa?”
La ragazza annuì lasciandoli inerdetti.
“Hai visto qualcuno uscire da qui?” incalzò quindi Morgan, spostando il peso da un piede all'altro leggermente spazientito.
“No.- disse tranquillamente Alicia- Ma è evidente che qualcuno è entrato qua dentro.”
“Come fai a dirlo se non hai visto nessuno?” si informò Reid perplesso.
Lei scrollò le spalle e con un ampio gesto della mano indicò la stanza “Ci sono delle prove che qualcuno è entrato in questa casa, in questa cucina, più precisamente. Laggiù, sotto il frigorifero, ci sono delle schegge di vetro e manca un bicchiere sul ripiano della cucina. A quel rotolo di carta da cucina è stato tolto un foglio. La tenda della finestra è più abbassata di come lo era al momento del ritrovamento del corpo, e in questa stanza non ci sono correnti d'aria abbastanza rilevanti da giustificare uno spostamento del genere. Immagino che chiunque si sia presentato qui avesse molta fretta e fosse molto agitato e per questo ha fatto inavvertitamente cadere il bicchiere, ha spostato suo malgrado la tenda quando ha cercato di prendere la carta per rimediare al danno ma ovviamente non ha potuto evitare di lasciare delle tracce dietro di sé.”
I tre agenti osservarono la stanza: ogni cosa che aveva detto l'avvocato coincideva alla perfezione, ma erano dettagli talmente piccoli che loro ad un primo sguardo non vi avevano fatto caso.
“C-come hai fatto a notare queste cose?” chiese Spencer interdetto.
Alicia scrollò le spalle, rispondendo con noncuranza “Ho visto la foto della scena del crimine.”
“Memoria fotografica.” aggiunse, picchiettandosi la tempia con l'indice, per rispondere alla domanda implicita che gli stavano facendo quelle occhiate interrogative.
“L'S.I. è tornato per cercare qualcosa.- concluse allora Rossi, mettendo mano al cellulare- Chiamo Hotch, ma prima vorrei assicurarmi che tu te ne vada.”
La ragazza sbuffò, prima di acconsentire infilando la porta “D'accordo.”
“Sei portata per le indagini.-commentò Derek, mentre la seguivano fuori- Perchè non sei entrata in polizia?”
La mora si passò una mano fra i corti capelli, pensierosa“In effetti, ho fatto l'esame per diventare detective subito dopo il liceo.”
“E non l'hai passato.” ipotizzò Morgan.
“Sì,invece: cento su cento. Era piuttosto elementare.- lo contraddisse subito lei-Ma pare che i quindicenni non siano abbastanza adulti per esercitare quella professione.”
Rossi alzò le sopracciglia sorpreso “Quindi saresti anche tu una specie di genietto in stile Reid?”
“Impossibile, lei sembra normale...”scherzò l'altro, dando un buffetto sull'esile braccio del collega.
“Ho avuto degli insegnanti privati e ho finito prima gli studi, ho una buona memoria, sono molto sveglia e ho visto tutte le puntate del tenente Colombo. Tutto qui” si giustificò la ragazza, leggermente imbarazzata prima di rivolgersi a Reid.
“Quindi tu sei un genio,uh?”
“Beh, io ho...ho un QI di 187, una memoria eidetica e riesco a leggere ventimila parole al minuto.” spiegò il ragazzo, stringendosi nelle spalle.
“Wow. Dev'essere una bella sensazione sapere di essere sempre la persona più intelligente nella stanza.” Alicia non soffriva certo di problemi di bassa autostima, ma avere una certezza del genere le avrebbe fatto piuttosto comodo.
“L'intelligenza è relativa, non assoluta.- si ritrovò quindi ad affermare il genietto della squadra, sotto agli sguardi esasperati dei due colleghi ormai abituati- Howard Gardner ha individuato ben nove macro gruppi intellettivi, ciascuno posizionato in una particolare area del cervello ed ha dimostrato come non siano affatto statici ma piuttosto capaci di essere sviluppati attraverso l'esercizio oppure in grado di decadere. Inoltre si può dire che cercare di mettere etichette alla nostra intelligenza sarebbe riduttivo considerando che i rami su cui si sviluppa sono troppo numerosi e articolati.”
La Kensington lo guardò interdetta “Sei tutto vero?”
“Direi...direi di sì.” balbettò Spencer, imbarazzato
“Sei strano.” sorrise quindi la ragazza.
Quella squadra di federali stava quasi incominciando a piacergli.

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