Private Investigations di JoJo (/viewuser.php?uid=4512)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I.1 ***
Capitolo 2: *** I.2 ***
Capitolo 3: *** I.3 ***
Capitolo 1 *** I.1 ***
Love hurts
Aristotele una volta ha
scritto “Punto
primo: avere un ideale chiaro e pratico, un obiettivo. Secondo, avere
i mezzi necessari per raggiungere i vostri fini: sapienza, soldi,
mezzi e metodi. Infine, indirizzare tutto ciò alla vostra
meta.”
Il dipartimento di polizia di Tulsa non
era mai stato un luogo tranquillo.
Appena si varcava la porta di
quell'edificio dall'aspetto ordinario ci si sentiva come attraversati
da una scarica di adrenalina che raddoppiava istantaneamente la
velocità dei movimenti di chiunque. Qua e là si
potevano vedere persone scattare come se fossero state punte da
spilli, i telefoni squillavano in continuazione e un brusio sommesso
faceva da colonna sonora all'ambiente. Tuttavia, chiunque avesse
avuto l'occasione di farci l'abitudine, avrebbe capito che quello che
stava accadendo lì dentro in quei giorni era decisamente
fuori
dell'ordinario.
C'era un serial killer operante in
città e, nonostante l'intervento della squadra di Analisi
Comportamentale dell'FBI erano riusciti solo nel corso delle ultime
ventiquattro ore a individuare un possibile sospettato. Anzi, una
sospettata.
In quel momento se ne stava seduta
tramante nella sala degli interrogatori ma, nonostante fosse
così
spaventata da non riuscire a tenere ferme le mani, si era ricordata
in fretta i suoi diritti e aveva chiesto immediatamente un avvocato.
“Quanto tempo credete che ci
metterà?” domandò l'agente Emily
Prentiss,
leggermente spazientita.
Il detective che stava con loro scrollò
le spalle “Lo studio Dodson&co. è
dall'altra parte della
città.”
Proprio in quel momento un giovane
poliziotto fece capolino dall'uscio “E' arrivato
l'avvocato.”
annunciò, prima di sparire di nuovo lungo il corridoio.
Il detective Meyer si alzò
velocemente, facendo tintinnare involontariamente gli spiccioli che
teneva in tasca e gli agenti del BAU lo imitarono immediatamente.
Katerine Donovan era l'unica sospettata
per quel caso di pluriomicidio. Una ciocca di capelli, probabilmente
strappati dalla vittima nel tentativo di difendersi, era stata
trovata proprio quella mattina sul luogo del settimo omicidio. Come
per quelli precedenti, si trattava di un ragazzo fra i venti e
venticinque anni, con una famiglia tutto sommato normale e nessuna
abitudine strana.
La squadra speciale dell'FBI stava
aspettando di interrogarla da più di un'ora, ma la
sospettata
aveva reclamato il diritto di vedere prima un avvocato e quindi non
avevano potuto far altro che aspettare.
“E' quella?” domandò
l'agente Morgan, additando una ragazza impegnata in una conversazione
telefonica piuttosto accesa. Con un braccio si stringeva al petto una
pila piuttosto consistente di documenti e a tracolla portava una
borsa dall'aspetto severo.
Meyer annuì distrattamente prima
di pararsi di fronte alla nuova arrivata. Aveva fretta di farla
parlare con quella pazza omicida e di fare quello per cui aveva
deciso di intraprendere quella carriera: giustizia.
“Ho accettato il caso, Dodson.-
affermò convinta l'avvocato, tenendo ben vicino alla bocca
il
microfono dell'auricolare- Non hanno prove rilevanti. Solo una ciocca
di capelli.”
“E i suoi precedenti.” puntualizzò
il detective Meyer.
La ragazza lo fulminò con lo
sguardo “Cose di poco conto. Anche Keanu Reeves ne ha, ma
nessuno
lo accusa di essere un criminale.- sbottò, prima di tornare
a
rivolgersi al suo interlocutore al telefono- Ci penso io, se mi serve
qualcosa lo farò sapere a Melissa. È
tutto.”
Non si prese nemmeno la briga di
togliersi dall'orecchio l'auricolare e puntò i suoi grandi
occhi ambrati sul detective “Sono Alicia Kensington e da
questo
momento mi assumo la difesa della signorina Donovan. La pregherei di
informarmi di qualsiasi evoluzione abbiano le indagini d'ora in
poi.”
Il detective sospirò: avere a
che fare con una ragazzina appena uscita dal college e con un ego
più
grande della Casa Bianca non lo allettava per niente
“Signorina Kensington, questa è la squadra di
Analisi Comportamentale
dell'FBI. Sono l'agente Hotchner, l'agente Rossi, l'agente Prentiss,
l'agente Jareau, l'agente Morgan e il dottor Reid. Devono interrogare
la signorina Donovan.”
“D'accordo. Preferisco che parlino
prima loro con la signorina Donovan, ma devo assistere
all'interrogatorio.” sentenziò, dopo aver fatto
passare lo
sguardo sui presenti.
“D'accordo.- concordò l'agente
Rossi, prima di fare un cenno ad Emily- Ci segua.”
Il detective le si affiancò e
lei non potè fare a meno di sentire una certa sensazione di
dèja-vu.
“Assisterò dall'altra parte
del vetro.- li informò, quando ormai erano alla soglia della
stanza degli interrogatori- Fate sapere a Katerine che sono
lì
e che non è sola.”
L'agente Prentiss le rispose annuendo e
dopo di che sparì insieme a Rossi all'interno dell'angusta
stanza.
“Mi segua, allora.” la invitò
Meyer, indicandole una porta che conduceva a una camera attigua a
quella degli interrogatori.
In quel momento vide per la prima volta
la sua cliente. Katerine Donovan, detta Kitty, era una ragazza di
appena ventidue anni. Aveva il viso, a forma di cuore, coperto da una
cascata di riccioli biondi, perfettamente in sintonia con il colore
ceruleo dei suoi grandi occhi che in quel momento esprimevano meglio
di mille parole tutta la preoccupazione che stava provando. Sulle sue
mani diafane, così come sulla fronte, c'era un leggero
strato
di sudore. In quel momento stava guardando gli agenti Rossi e
Prentiss come se fossero stati dei terroristi pronti a farsi saltare
in aria da un momento all'altro.
Prestava poca attenzione a quanto i
profiler stavano chiedendo alla sua cliente. Le domande, almeno
così
pensò, che dovevano essere meramente di routine per trovare
una falla che potesse farli entrare nella testa della sospettata,in
quel momento le parevano scontate e poco interessanti.
Il cigolio sinistro della porta le
fecero voltare gli occhi giusto per una frazione di secondo.
Un uomo muscoloso di colore e un
ragazzo allampanato entrarono nella stanza, affiancandosi al
detective Meyer. Ricapitolò mentalmente i nomi: Morgan e
Reid;
e alla fine decise di tornare a riconcentrarsi su quanto stava
accadendo al di là del vetro.
Alicia Kensington non era l'unica in
quella stanza ad essere interessata ai particolari e, dopotutto, in
presenza di due profiler tanto preparati non poteva che aspettarselo.
Spencer Reid la osservò
perplesso. Dal modo in cui i suoi occhi chiari vagavano veloci su
ogni particolare di quella angusta stanza, senza soffermarsi su
niente per più di qualche secondo, immaginò che
dovesse
soffrire di un qualche disturbo dell'attenzione diffusa.
“Perchè non hai voluto parlare
prima con lei?Sapere la sua versione?”domandò,
prima di
rendersene conto.
“La so già. È
innocente.” tagliò corto lei, senza nemmeno
voltarsi a
guardarlo in faccia.
“D'accordo.” borbottò Reid
stringendo le labbra. Quando la gente diventava isterica in quel modo
preferiva di gran lunga non dover interagirci.
Morgan scosse la testa, ma il gesto
sembrò totalmente casuale, e nella stanza ricalò
immediatamente il silenzio.
Perlomeno, finchè un cellulare
dalla suoneria troppo alta cominciò a suonare.
Meyer non potè trattenere una
smorfia quando estrasse dalla tasca il telefono che continuava
imperterrito a squillare. Si volse verso gli agenti
dell'Unità Comportamentale facendo un lieve cenno di scusa
con la testa e uscì
dalla stanza velocemente, sperando di riuscire a cavarsela in tempo
breve.
Quando, con un tonfo, la porta si
chiuse alle sue spalle, Alicia si sentì libera di rilassare
le
spalle, che aveva tenuto fino a quel momento rigide e dritte, e
pensò
pure di lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo.
L'agente Morgan la guardò
incuriosito. Non era difficile per un profiler notare un cambio di
atteggiamento così radicale. La postura del corpo e
l'espressione facciale erano totalmente diverse e per un attimo si
ritrovò a domandarsi perchè.
“Scusate, non volevo essere
scortese.- la voce dell'avvocato li aveva presi alla sprovvista. Non
si era voltata verso di loro, ma il tono non era duro e ostile come
prima, quindi la cosa li fece ben sperare in un cambio di
atteggiamento- Ma un comportamento del genere è l'unica cosa
che mi fa avere un po' di rispetto qui al dipartimento. Sapete, visto
che non sono rugosa e raggrinzita in molti pensano che il fatto
più
sconvolgente che abbia vissuto fino adesso sia stato la scomparsa del
mio gatto. Ma voi siete profiler, no? Immagino che posso comportarmi
in modo civile senza per questo essere presa per
un'incompetente.”
“Quindi puoi rispondere in maniera
civile alla domanda che ti ha fatto prima il mio collega?”
azzardò
Derek.
La ragazza si voltò per la prima
volta verso di loro, leggermente stupita “E' il mio
metodo.”
“Metodo?” ripetè Reid.
“Quando incontri i tuoi clienti in
una stanza per gli interrogatori tutto quello che fanno è
giustificarsi e assicurarti che non sono stati loro. Ascoltarli in
quel momento è una perdita di tempo per entrambi.-
spiegò
con una scrollata di spalle- Credo che rivelino molto di più
di sé ai poliziotti e, osservandoli, posso farmi un'idea di
come sono e di che linea difensiva assumere.”
“E' uno strano metodo, ma
interessante.” convenne l'agente, sorridendole incoraggiante.
“Grazie.” sorrise di rimando
Alicia, tornando a guardare al di là del vetro.
Lo sbattere della porta li avvisò
che il detective era ritornato.
“Tutto bene?” borbottò,
osservandoli tutti guardingo.
Reid fu l'unico che si prese la briga
di annuire leggermente.
Non erano passati che pochi minuti
dall'inizio dell'interrogatorio che Alicia Kensington si
voltò
con aria determinata verso l'agente che le si era affiancato. Aveva
cambiato espressione, tornando seria e concentrata.
“Direi che ciò che ho visto è
più che sufficiente.” annunciò, alzando
leggermente
il mento.
Meyer dovette morsicarsi la lingua per
non risponderle in malo modo. Invece, riuscì a farle un
lieve
cenno del capo come per darle il permesso di uscire.
La ragazza ondeggiò leggermente
sui tacchi non troppo alti fino a raggiungere l'uscita, senza nemmeno
preoccuparsi di salutare qualcuno.
“Ah- aggiunse, mentre aveva ancora
una mano sulla maniglia- fatemi avere le registrazioni di questo e
qualsiasi altro interrogatorio a cui verrà sottoposta la mia
assistita.”
“Sento già che presto odierò
quella ragazza.” sibilò il detective, non appena
quella si
chiuse la porta alle spalle.
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Capitolo 2 *** I.2 ***
Derek Morgan
sospirò mentre
afferrò una tazza colma di caffè scadente.
L'interrogatorio a Katerine Donovan si era rivelato una perdita di
tempo dato che la sospettata era talmente sotto shock da non essere
completamente lucida.
“Ritenteranno fra qualche ora, quando
si sarà calmata.” lo informò Reid, come
se gli avesse
letto nel pensiero.
L'altro scrollò le spalle
larghe, non sapendo che altro aggiungere.
“Chissà perchè
l'avvocato se ne è andato.” borbottò
meditabondo
Spencer. Mentre avanzavano con passo spedito verso la stanza che
avevano adibito a quartier generale, aveva intravisto Alicia
Kensington tamburellare con impazienza le dita sopra il ripiano di
legno del banco dell'accettazione.
Morgan intercettò con facilità
il suo sguardo e, con un cenno del capo, gli fece cenno di seguirlo.
“Ancora qui signorina Kensington?”
domandò, quando fu abbastanza vicino da farsi sentire.
La ragazza alzò la testa di
scatto, strappata troppo velocemente dai propri pensieri.
“Alicia.- lo corresse, prima di
rispondere alla domanda-Aspetto dei documenti.”
“L'interrogatorio non ti ha
convinto.” quella dell'agente Morgan non era una domanda.
“Da cosa l'avresti capito?” ribattè
Alicia, alzando un sopracciglio. Era sempre stata particolarmente
fiera della propria faccia da poker e si sentiva stranita dall'essere
stata scoperta così facilmente.
“Da come aggrottavi le sopracciglia.”
rispose semplicemente Derek, con un sorrisetto saccente sul bel
volto.
L'avvocato però, aggrottò
la fronte confusa, ma non fece in tempo a porre un'altra domanda
esplicativa che Reid iniziò a spiegare meglio le parole del
suo collega.
“I movimenti facciali sono i più
difficili da controllare e in particolare quello delle arcate
sopraccigliari è imputabile alla rabbia o al dubbio e quando
si prova un'emozione inaspettata o troppo forte quei muscoli
reagiscono involontariamente muovendosi al di là del
controllo
della persona.”
La ragazza lo guardò stupita:
non aveva mai sentito nessuno parlare così velocemente.
“E' sempre così.” la
rassicurò Morgan, vedendola smarrita.
“Oh.- annuì, rivelando infine
i propri dubbi- Mi dispiace, ma sono una scettica. La psiche
è
troppo instabile per farci affidamento, preferisco di gran lunga le
prove concrete.”
Non era esattamente la cosa più
giusta da dire, perlomeno a due profiler del loro calibro.
“Tu credi?” la rimbeccò
quindi l'agente di colore, incrociando le braccia con sicurezza, come
se avesse appena raccolto una sfida troppo facile da vincere.
“Non voglio screditare il vostro
lavoro,- si affrettò a spiegare- mi sembrate tutti molto
competenti ma io, per esempio, sono qua da pochi minuti e potrei
dirvi un milione di cose sulle persone che ci sono qua dentro e non
grazie al loro profilo psicologico, ma grazie alle prove”
“Prendi quella ragazza, per esempio-
continuò, additando una persona alle proprie spalle- ha
appena
avuto un bambino e probabilmente non ha nessuno che l'aiuta.”
I due agenti si sporsero leggermente al
di là della sua esile figura per vedere meglio la donna che
aveva indicato.
“Come fai a dirlo?”domandò
quindi Reid, aggrottando la fronte.
“Sui suoi pantaloni c'è una
piccola macchia di pappa, segno che non ha tempo per fare il bucato;
le occhiaie ci dimostrano che non riesce a dormire, quindi il bambino
deve essere ancora abbastanza piccolo visto che ha ancora il sonno
irregolare; quel maglione, poi, le va stretto, ma solo nella zona del
seno, quindi probabilmente sta allattando ancora e inoltre continua a
pulirsi le mani con un gel igienizzante evidentemente perchè
ha paura di portare germi a casa. Avete notato poi che continua a
lanciare occhiate all'orologio? Credo che dipenda dal fatto che ha
lasciato il bambino al nido, ma è inquieta e forse
ciò
dipende dal fatto che non è abituata a
separarsene.”
Sorrise soddisfatta non appena smise di
parlare. Era sempre stata una buona osservatrice e spesso vedeva cose
che agli altri sfuggivano. Si sentì fiera di se stessa per
aver spiazzato per qualche secondo due agenti speciali della squadra
di analisi comportamentale.
“Impressionante.” ammise il giovane
dottor Reid.
“Capisco perchè sei una fan
delle prove.- capitolò anche Morgan- Ma, sai come si dice,
l'abito non fa il monaco.”
“Lo terrò a mente-promise,
mentre una poliziotta dall'aria scorbutica le appoggiava
rumorosamente una voluminosa cartelletta davanti- Uh, i miei
documenti.”
Li afferrò alla svelta,
aggiungendoli a quelli che aveva già con sé. Il
caso
Donovan si prospettava piuttosto ingombrante.
“Questo è il mio biglietto da
visita.- disse Morgan, allungandole un cartoncino che aveva appena
estratto dalla tasca posteriore dei pantaloni-Se hai qualche domanda
o un'informazione per noi non esitare a chiamarmi.”
Alicia lo osservò attenta per
qualche secondo, rigirandoselo fra le dita della mano libera.
“Ok.” acconsentì infine,
restituendogli con garbo il piccolo cartoncino rettangolare.
Reid strinse le labbra confuso nel
vedere quel gesto.
“Ne ho altri, puoi tenerlo.”
replicò l'altro, stranito.
“Non ne ho bisogno. Riesco a tenere a
mente un paio di numeri.- spiegò tranquilla Alicia,
rivolgendo
per la prima volta ai due un sorriso smagliante- Scusate, devo
tornare da Katerine. Voglio spiegarle un po' di cose riguardo allo
stato di fermo in cui si trova.”
JJ si passò stancamente una mano
sugli occhi, mentre chiudeva con un gesto secco l'ennesimo fascicolo
che si era ritrovata ad analizzare. A volte, e quella era una di
quelle, si domandava perchè avesse scelto un lavoro che
fosse
la dimostrazione vivente del detto “al peggio non
c'è mai
fine”.
Hotch e Prentiss stavano aspettando dal
giudice il mandato per perquisire la casa della Donovan, mentre
Morgan e Reid stavano rivedendo la vittimologia e lei era ancora
bloccata in quella stanza a cercare di mettere insieme un puzzle da
mille pezzi.
“Penelope non ha trovato niente di
rilevante su di lei?” domandò, alzando lo sguardo
per
guardare Rossi in faccia.
L'uomo si strinse nelle spalle “Niente
più di quanto non sapevamo già.”
“Cosa c'entra Katerine Donovan con
questi omicidi?” chiese di nuovo la bionda, prendendo
un'altra
cartellina marrone e cominciando a scorrerne il contenuto.
“Spero che Hotch e Prentiss scoprano
qualcosa a riguardo a casa sua.-borbottò David, afferrando
una
tazza colma di caffè scadente-Quella ragazza non
può
aver commesso questi omicidi. È troppo emotiva e totalmente
incapace di gestire una situazione del genere, non sarebbe riuscita
nemmeno a non lasciare tracce di sé sulla scena del
crimine.”
Bevve un sorso e ripensò al
disastroso interrogatorio di qualche ora prima. Katerine Donovan gli
era sembrata un agnellino braccato dal lupo e non era riuscita a dire
niente di sensato da quanto era agitata.
JJ aggrottò la fronte “Perchè
allora c'era una sua ciocca di capelli sul luogo dell'ultimo
omicidio?”
“Tu credi nelle coincidenze?”
chiese Rossi girandosi verso di lei.
“Neanche un po'.” ammise l'altra,
scuotendo il capo.
“Neanche io.-concordò con un
mezzo sorriso- Per questo dobbiamo ricominciare da capo.”
Un bussare deciso li fece girare
entrambi verso la porta e in meno di un secondo si ritrovarono
davanti l'avvocato difensore.
“Credo che la mia cliente sia pronta
per un secondo round.” annunciò, prima di far
passare il
proprio sguardo interessato lungo tutta la stanza.
“E' più disposta a
collaborare?” domandò l'agente Rossi, mentre si
appoggiava
sulle ginocchia il fascicolo che stava analizzando.
“Pare di sì, anche se non
posso garantire per il suo altalenante stato emotivo.-
confermò
Alicia, prima di rivolgersi a JJ- Mi hanno detto che è lei
ad
occuparsi delle relazioni con la stampa.”
Aspettò giusto che la sua
interlocutrice annuisse prima di continuare “Il nome della
mia
cliente è trapelato in qualche modo?”
“Assolutamente no. Per quanto il
detective Meyer creda fermamente nella sua colpevolezza non siamo
ancora sicuri che lei c'entri qualcosa, quindi non intendiamo
rilasciare dichiarazioni ufficiali.” spiegò, con
tono calmo
e risoluto.
Alicia annuì distrattamente,
fissando lo sguardo sulla bacheca su cui erano appese le foto delle
vittime ante e post-mortem.
“Ha mai lavorato su un caso di
omicidio?” le domandò JJ, sorridendo comprensiva
mentre la
osservava. Era bassa e magra, con un viso minuto da folletto
incorniciato da corti capelli scuri, il cui taglio irregolare era
tenuto a bada da un'acconciatura severa. Era così
giovane. In qualche modo, tralasciando il super QI e l'incredibile
memoria, le ricordava un po' Spencer.
“Qualche volta.-rispose quindi,
mordicchiandosi il labbro pensierosa come se stesse cercando di
rievocare qualcosa-Undici casi di omicidio, ma non tutti di primo
grado.”
Per un secondo di troppo rimase
perplessa, scioccata da quell'informazione “Ma quanti anni
hai?”
“Venticinque, quasi ventisei.”
borbottò vaga, mentre il suo sguardo si fissava sulle foto
delle vittime. Erano tremende, il petto squarciato e aperto e il
cuore estratto dalla cassa toracica infilato tristemente in un
vecchio barattolo di burro d'arachidi.
L'agente Rossi alzò per un
attimo gli occhi dai documenti che stava rileggendo e
intercettò
lo sguardo della ragazza che si era fissato sulla bacheca che
riportava le scene del crimine.
“Non sei troppo giovane per occuparti
da sola di un caso del genere?” domandò.
“Non direi.- ribattè la
ragazza, girandosi verso di lui e sorridendogli amichevolmente- Anzi,
si potrebbe dire che, essendo entrambi composti da atomi che alla
fine sono sempre gli stessi dato che nulla si crea e nulla si
distrugge, io e lei materialmente abbiamo la stessa età e
siamo vecchi miliardi di anni.”
David e JJ la guardarono perplessi e,
non appena se ne accorse, la ragazza si ricompose con un finto colpo
di tosse.
“Grazie per aver tutelato la mia
cliente.-disse, con tono un po' asciutto prima di congedarsi-Ora
scusatemi, ho una linea difensiva da preparare.”
Fece per uscire dalla stanza quando,
con ancora una mano sulla maniglia, si ricordò di qualcosa.
“Agente Rossi, posso chiederle una
cosa?” domandò, girandosi di nuovo verso i due
agenti
dell'FBI.
“Naturalmente.” rispose l'uomo,
incuriosito.
“Katerine mi ha detto che ha parecchi
vuoti di memoria riguardo gli ultimi mesi. Dice di non avere idea di
come possa essere finita una ciocca dei suoi capelli sulla scena del
crimine. È possibile? Che non ricordi certe cose,
intendo.”
“La rimozione può essere un
meccanismo di difesa verso dei ricordi che sono emotivamente troppo
carichi o contrastanti con il nostro essere. In pratica la mente si
chiude a riccio per cercare di difendere se stessa. Probabilmente se
ha vissuto qualcosa di abbastanza traumatico non sta affatto
mentendo.” fu la risposta di David.
Alicia annuì un paio di volte.
Aveva pensato anche lei a una cosa del genere ma sentirselo dire da
qualcuno di più esperto la rassicurava “Quindi
è
sincera?”
“Sì, credo che lo sia.” la
rassicurò l'agente.
La ragazza borbottò qualcosa di
assolutamente incomprensibile riguardo un impegno improrogabile e
uscì dalla stanza così come era entrata, senza
troppe cerimonie.
Katerine Donovan abitava in una delle
zone residenziali di Tulsa, lontana dal centro ma non abbastanza per
essere definita periferia. La via era costeggiata da colorate case
con giardino,staccionata bianca e, probabilmente anche un bel golden
retriver scodinzolante: le tipiche abitazioni delle famiglie
americane medie.
“Sembra di essere in un telefilm
degli anni Cinquanta.” commentò l'agente Prentiss,
notando
il clima sereno che regnava in quel posto, quando il Suv si
fermò
proprio davanti alla villetta della sospettata.
“Come fa una ragazza così
giovane a permettersi una casa del genere e un'attività
tutta
sua?” chiese di nuovo, mentre guardava con la testa inclinata
di
lato la villetta con giardino che aveva davanti.
“L'ha avuta in eredità dalla
nonna materna.- spiegò Hotch, riferendo le informazioni che
gli erano state date dal detective Meyer quella mattina- Per comprare
la pasticceria, invece, ha acceso un mutuo due anni fa. Una ragazza
con la testa sulle spalle e senza grilli per la testa.”
“E allora perchè quei
precedenti?”continuò meditabonda la donna, mentre,
per
immettersi sul vialetto, superavano una vecchia decappottabile color
ruggine.
“E' quello che dobbiamo cercare di
scoprire.” replicò il suo capo, avviandosi verso
la porta
d'entrata. Emily lo seguì immediatamente ma qualcosa, nel
giardino della casa accanto, attirò la sua attenzione.
“Quella non è l'avvocato
difensore?- domandò, additando la ragazza in tallieur scuro
che stava parlando con un uomo in tuta da lavoro-Che ci fa
qua?”
Come se avesse sentito le sue parole,
cosa del tutto impossibile data la distanza che li separava, Alicia
girò la testa, incrociando lo sguardo dei due agenti.
Si ritrovò a pensare, per
l'ennesima volta, che odiava il giudice Todd: quell'uomo sfornava i
mandati in modo troppo veloce per i suoi gusti.
“Grazie mille, Carlos. - disse,
dandogli in mano un biglietto da visita- Se ti viene in mente altro
non esitare a chiamarmi.”
“D'accordo.” asserì il
giovane giardiniere, con il forte accento spagnolo che impregnava
ogni sillaba, mentre guardava l'avvocato allontanarsi veloce, per
immettersi nel giardino accanto e raggiungere due persone che
aspettavano davanti alla porta di casa Donovan.
“Agenti Hotchner e Prentiss.- disse,
a mò di saluto, Alicia, non appena fu abbastanza vicina-Che
ci
fate qua?”
I due si scambiarono un'occhiata, prima
che Hotch rispondesse“E' esattamente ciò che le
stavamo per
chiedere, signorina Kensington.”
“Il mio lavoro. Faccio domande e
cerco prove che possano scagionare la mia cliente.”
ribattè
prima di voltarsi verso il giardino della casa a fianco per indicare
con un cenno del capo il giovane ragazzo dalla pelle ambrata con cui
stava parlando fino a poco tempo prima.
“Carlos Raminez, fa il giardiniere
per quasi tutti qua nel quartiere, quindi conosce abbastanza bene i
movimenti di tutti gli abitanti della zona. Dice di non aver notato
nessun comportamento strano da parte di Katerine per le ultime
settimane e in più, non ha mai visto nessuna delle vittime
aggirarsi da queste parti.”
“Immagino che il signor Raminez non
sia qui ventiquattr'ore al giorno, però.”
commentò
l'agente Prentiss.
“Abbiamo un mandato.” la informò
Aaron, notando il suo atteggiamento ostile.
“E io le chiavi di casa.- disse la
ragazza, sfilandosi dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi
voluminoso-Vi faccio entrare senza buttare giù la
porta.”
Aprì la porta e si infilò
velocemente in casa, seguita dai due agenti dell'FBI.
“Immagino che non devo ricordarle che
non deve toccare niente, vero?” l'avvisò Hotch.
Alicia alzò lo sguardo,
esasperata, ma alla fine annuì “Uh-u.”
Hotchner lanciò un'eloquente
sguardo a Prentiss prima di scomparire lungo le scale che portavano
al piano superiore e la donna seppe che, mentre si aggirava nel
salotto e nella cucina doveva tenere d'occhio l'avvocato difensore.
“Sono qui perchè per difendere
Katerine devo conoscerla il più possibile.-
spiegò
all'improvviso la giovane, seguendo l'agente nella cucina- Il che
credo valga anche per voi, sostituendo la parte sul difendere con
l'accusare.”
Emily non rispose. Era troppo impegnata
a osservare minuziosamente quella stanza: era ordinata, troppo
ordinata. Tutti gli utensili, i piatti e le pentole erano disposte in
perfetto ordine e niente sembrava essere sporco o fuori posto. Forse,
si ritrovò a ipotizzare, la Donovan poteva essere affetta da
qualche disturbo di tipo ossessivo-compulsivo.
“Un barattolo formato famiglia di
burro d' arachidi.- annunciò, dopo aver aperto l'anta di un
armadietto- Dello stesso formato e della stessa marca di quelli in
cui sono stati ritrovati i cuori delle vittime.”
Si voltò verso Alicia, per
indagare la sua reazione, ma la trovò sorridente
“Anche io
ne ho uno a casa.- ribattè- Sono nella lista dei
sospettati?”
Stava per rispondere ma la voce di
Hotchner la chiamò dal piano di sopra “Prentiss.
Vieni qui
un attimo.”
Le due donne si scambiarono un'occhiata
e si avviarono veloci, curiose di sapere cosa avesse potuto scoprire
il capo della squadra di analisi comportamentale.
“Conosce da molto la signorina
Donovan?” le domandò Prentiss, mentre salivano le
scale
fianco a fianco.
“No.” fu la laconica risposta
dell'avvocato.
“Cosa sa su di lei?” incalzò
di nuovo l'agente.
“So che ha qualche precedente, ma
cose di poco conto.” rispose la ragazza, sventolando una mano
come
per dare poca importanza alla cosa.
“Del tipo?”
Mentre saliva le scale, Alicia
osservava con curiosità tutte le foto e i quadri appesi alla
parete, ma ciò non le impedì di rispondere con
precisione “Piccoli furti durante gli anni di liceo, qualche
atto
di vandalismo: delle ragazzate. E poi, più di recente
è
stata coinvolta in un paio di risse, ma mi hanno detto che se
l'è
cavata con poco.”
Prentiss sollevò le
sopracciglia, stupita “Quindi lei non è il suo
avvocato
abituale.”
“No, il suo legale non tratta casi
del genere.- spiegò, mentre imboccavano il corridoio che
portava alla stanza da dove sembrava arrivare la voce di Hotch- Mi
conosce e sapeva che avrei trovato il caso interessante.”
“Definisce interessante la morte di
sette persone?” sbottò Emily, guardandola stranita.
“No. Definisco interessante cercare
di tirare fuori dai guai un'innocente che è ritenuta
colpevole
dell'omicidio di sette persone.”
Quando entrò nella stanza,
Alicia non potè fare a meno di esultare soddisfatta
“Wow!Era
esattamente il tipo di stanza che speravo di trovarmi
davanti.”
L'agente Prentiss si voltò verso
di lei, aggrottando le sopracciglia “E perchè
mai?”
“Siete voi gli analisti
comportamentali, non io.- ribattè l'avvocato con una
scrollata
di spalle-Dovreste saperlo meglio di me.”
“Ordinaria. È una stanza
ordinaria, potrebbe essere quella di qualsiasi ragazza della sua
età.” spiegò Hotchner, mentre passava
il suo sguardo
severo intorno a sé.
“I membri della giuria l'adoreranno.”
confermò l'avvocato, mentre si sporgeva sopra la scrivania
per
osservare delle foto che vi erano esposte. I due agenti
approfittarono di quel suo momento di distrazione per parlare a bassa
voce di quella visita nella casa della sospettata.
“E' tutto così normale. Niente
fuori posto, tutto sembra essere copiato da uno di quei cataloghi di
arredamento.” disse Prentiss, tenendo la voce bassa.
“Appunto. La Donovan cerca in ogni
modo di apparire come una qualsiasi ragazza della sua età,
ma
in questa stanza ogni singolo oggetto è disposto secondo un
calcolo preciso: ogni cosa è raggruppata in gruppi di numeri
pari.” continuò quindi Hotch, meditabondo.
Emily annuì seria “Giù
da basso la situazione è la stessa.”
confermò quindi.
Si ritrovarono entrambi a lanciare
occhiate intorno a sé, per analizzare meglio la stanza e
dalla
parete opposta si trovarono scrutati a loro volta dagli occhi chiari
dell'avvocato.
“Prenderò queste foto, se non
avete niente in contrario.” dichiarò la
Kensington,
indicando due cornici che si trovava davanti.
Hotch le fece un lieve cenno del capo e
lei quindi prese i due oggetti, prima di incamminarsi fuori dalla
stanza.
“Quella ragazza non si starà
facendo avvelenare troppo dal sistema?” domandò
Emily, non
appena l'avvocato fu fuori.
“E' un difensore,-spiegò Aaron
con una scrollata di spalle- è il suo lavoro fare tutto
quello
che è in suo potere per tutelare la propria
cliente.”
“Hotch: ha fatto una foto della
stanza, ha preso le foto in cui la Donovan appare più
indifesa
e innocente.- specificò la donna- Non sta solo cercando di
difendere la sua cliente, sta cercando di manipolare la
giuria.”
Emily Prentiss non aveva affatto torto.
Manipolare la gente era una delle attività preferite da
Alicia
Kensington e, probabilmente, era per questo che alla sua età
lavorava già per uno studio legale di successo e, con tutta
probabilità, era sempre quello il motivo per cui in
tribunale
nessuno si permetteva di prendere sotto gamba la sua presunta
inesperienza. Tuttavia, in quel momento Alicia non stava affatto
pensando al fatto che, con gli elementi in suo possesso, era
decisamente in grado di scagionare Katerine Donovan. I suoi pensieri,
in quel momento, volgevano in tutt'altra direzione.
C'era qualcosa che non quadrava in
quella casa ma, mentre passeggiava avanti e indietro nello stretto
corridoio, non riusciva a capire di che cosa si potesse trattare.
Poggiò la schiena alla parete e si ritrovò a
fissare
pensierosa la libreria che aveva davanti a sé.
L'idea la folgorò proprio mentre
stava guardando le colorate copertine che si susseguivano sugli
scaffali stracolmi.
“Oh, perfetto.” sbuffò,
ritornando sui suoi passi e sporgendo la testa nella camera di
Katerine.
“Agente Hotchner?- chiamò-
Potrebbe venire a darmi una mano?Credo di avere trovato
qualcosa.”
Quando uscì dalla stanza l'uomo
aveva l'aria scocciata, ma la cosa non la scompose più di
tanto.
“C'è nascosto qualcosa, qua
dietro.” spiegò, additando la libreria.
“Dietro la libreria?” domandò
scettico Aaron, aggrottando le sopracciglia.
Alicia non potè fare a meno di
sbuffare spazientita: voleva scoprire che cosa potesse trovarsi
lì
dietro e non voleva aspettare un minuto di più “Le
dispiacerebbe aiutarmi a spostarla?”
“Lì dietro non c'è
niente, signorina Kensington.” ribadì.
“Forse. O forse no. Perchè una
persona così maniacalmente ordinata come Katerine dovrebbe
mettere un mobile in corridoio e non rispettare alcun canone di
simmetria come invece ha fatto in tutte le altre stanze?-
incalzò
quindi, usando inconsciamente il tono inquisitorio che usava in
tribunale- E perchè sul pavimento ci sono dei segni che
mostrano che il mobile è stato già mosso in
precedenza?”
Prentiss e Hotch si lanciarono
un'occhiata. Non aveva tutti i torti: da quanto avevano già
visto la Donovan si dimostrava essere una persona estremamente
meticolosa e razionale nell'organizzazione degli spazi. La presenza
di quella libreria non avrebbe avuto senso, se non ci fosse stato un
altro motivo che poteva giustificarne quel posizionamento.
“Lei non si arrende mai, vero
avvocato?” chiese quindi Emily, con un sorriso sulle labbra,
mentre
il suo capo spingeva via la libreria senza troppa fatica.
L'intuizione di Kensington non si era
rivelata sbagliata. Era bastato spostare di poco quel mobile poco
voluminoso per scoprire i sottili stipiti in legno bianco e poi,
rimuovendolo del tutto, si era rivelata davanti ai loro occhi una
porta scorrevole la cui esistenza, secondo la padrona di casa,
sarebbe dovuta rimanere occultata.
“Beh, qualcosa c'era.” commentò
Alicia, spezzando l'irreale silenzio che si era creato fra di loro.
I due agenti dell'FBI non risposero, ma
si affrettarono invece a fare scorrere il piano di legno dell'uscio,
per rivelare una nuova stanza, completamente diversa da qualsiasi
altra presente nella casa.
Quando l'avvocato fece il gesto di
seguirli all'internò, il supervisore della squadra di
analisi
comportamentale l'ammonì con uno sguardo severo.
“Lei non può entrare qui
dentro, signorina Kensington. Potrebbero esserci delle prove a carico
della sua cliente.”
“Chiamo la scientifica.” disse
quindi Prentiss, mettendo mano al cellulare.
Non era un ambiente buio. La finestra,
quella stessa che l'avvocato aveva visto quando aveva fatto il giro
esterno della casa ma che dall'interno non era stata in grado di
individuare, era grande e faceva entrare la luce abbagliante del
pomeriggio filtrata solo dal sottile velo delle tende rosso fuoco.
Paradossalmente, sembrava molto più vissuta delle altre
stanze: il disordine regnava sovrano, il pavimento era pieno di
vestiti in ordine sparso e il letto, addossato alla parete, era
sfatto.
“Sembra la stanza di un'altra
persona- mormorò Alicia dalla soglia, ma non appena
intercettò
lo sguardo serio di Hotch si affrettò ad aggiungere- Hey,
tecnicamente non sono entrata!”
“Non è da escludere che lo
sia.” commentò Prentiss, chiudendo con uno scatto
il
cellulare.
La ragazza si ritrovò a
mordicchiarsi il labbro inferiore“Immagino che non state
parlando
di un ospite misterioso che Katerine teneva nascosto, vero?”
I due agenti non risposero, ma
l'avvocato aveva già tratto le proprie conclusioni. C'erano
diverse spiegazioni per cui Katerine Donovan dovesse tenere nascosta
una stanza della propria casa e lo scenario che si prospettava in
ciascuna di quelle ipotesi non era dei più rosei.
“Perfetto.” borbottò fra sè,
pensando già a come tutto quello peggiorasse la situazione
della sua cliente.
Hotch si girò verso di lei, le
mani affondate nelle tasche dell'abito dal taglio
severo“Signorina
Kensington ora dovrebbe andarsene.”
Per la prima volta il volto della
giovane donna assunse un'espressione confusa “Come?”
“Fra poco la scientifica sarà
qui,- spiegò l'uomo, oltrepassandola per uscire dalla stanza
seguito da Emily- quindi ci sarà già abbastanza
confusione senza che lei cerchi di fare il suo mestiere con troppo
zelo.”
Il momento di smarrimento, però,
durò poco più di qualche secondo dandole il tempo
di
voltarsi velocemente per seguire i federali.
“So che cosa state pensando: il
ritrovamento di questa stanza non vuol dir niente, però. Ho
letto il referto del medico legale e c'è scritto che tutte
le
vittime sono state colpite alla testa prima di essere uccise. Il
colpo aveva un inclinazione dall'alto verso il basso e Katerine
è
alta solo un metro e sessantacinque. La quarta vittima, che dei sette
era il più basso, era alto un metro e
settantatré.-
snocciolò accorata, seguendo con passo svelto i due agenti
giù
dalle scale- Inoltre, c'è la possibilità che una
persona non sappia di essere affetta da un disturbo di
personalità
multipla, o sbaglio?”
Hotchner sospirò affranto e
considerò il fatto che quella ragazza avesse potuto aver
frequentato un corso speciale per essere così assillante.
Tenne per sé quel pensiero e iniziò a parlare con
tono
calmo ma deciso.
“Katerine Donovan usava un armadio
per occultare una stanza della propria casa. Stanza che, per inciso,
pare essere arredata e abitata assiduamente. Quindi, signorina
Kensington, rispondendo alla sua domanda, direi che c'è la
possibilità che una persona possa non sapere di avere una
personalità latente, ma non è questo il nostro
caso.”
Alicia strinse le labbra stizzita. Era
già abbastanza infuriata per il fatto che la propria cliente
le avesse tenuta nascosta una cosa del genere, quindi sentirsi dire
quelle parole da uno strizzacervelli mancato la faceva ribollire
ancor più di rabbia. Ingoiò il rospo, tuttavia,
precedendo i due agenti federali fuori dall'abitazione ma il trillare
insistente del proprio cellulare la distrasse. Con movimenti rigidi
frugò nella borsetta, estraendone infine il palmare.
“Kensington.” disse, più
brusca di quanto volesse.
Dall'altro capo del telefono arrivò,
tesa e concitata, la voce della sua segretaria “Alicia,
abbiamo un
problema.”
Et-voilà!Capitolo
numero 2 della mia storia su Criminal Minds. Ho qualche cosetta da
dirvi a riguardo: sarà una storia lunga perchè la
mia testolina ha partorito diversi casi in cui coinvolgere il nostro
caro team. Perciò, ho deciso di mettere sotto il titolo
PRIVATE INVESTIGATIONS le varie fasi in cui si svilupperà
questa storia. La prima parte si intitola, appunto, LOVE HURTS . Ecco
fatto. Dopo questa mini e sconclusionata spiegazione, ringrazio tutti
quelli che hanno letto il primo capitolo, takara
che è stata così gentile da lasciarmi un commento
e, oltre a lei, anemone333
e sefoev
che mi hanno dato fiducia e l'hanno messo fra le seguite. Thanks a
lot!Kisses JoJo
|
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Capitolo 3 *** I.3 ***
Aveva una mano appoggiata
mollemente
sulla maniglia della porta ma l'intenzione di aprirla lo
abbandonò
per qualche secondo. Era distrutto, su questo non c'era alcun dubbio,
soprattutto dopo che si era recato insieme alla scientifica a casa
Donovan per setacciarla in lungo e in largo alla ricerca, che poi si
era rilevata infruttuosa, di qualche prova. Sospirò
stancamente prima di aprire definitivamente la porta: sua moglie
aveva ragione, quel lavoro lo stava facendo invecchiare più
velocemente rispetto alle persone normali.
Nella stanza, la squadra di analisi
comportamentale dell'FBI era al completo e dalle loro facce il
detective Meyer intuì che le notizie che gli dovevano
comunicare non erano delle migliori.
“Abbiamo steso un nuovo profilo -
annunciò infatti Aaron Hotchner, seduto compostamente sulla
sedia- volevamo comunicarlo a te prima che a tutti i tuoi
uomini.”
“Un profilo?Perchè mai?- Meyer
non riuscì a contenere lo stupore. Quel caso era
praticamente
chiuso!- Ormai abbiamo la Donovan.”
Derek Morgan incrociò le
muscolose braccia al petto “Non è stata la Donovan
a
compiere questi omicidi.” disse con sicurezza.
“Ah sì?E cosa ve lo fa
pensare?” ribattè esasperato il poliziotto.
“Statisticamente più del
settanta per cento degli omicidi seriali è compiuto da
uomini
non appartenenti alle minoranze.”
“Bene. Peccato che questa non sia una
statistica!- borbottò di nuovo il detective, rivolgendosi al
ragazzo magro che aveva fatto quella constatazione- Secondo i
racconti dei vicini quella ragazza è stata l'amante di una
notte di ciascuna delle vittime. Una sua ciocca di capelli è
stata trovata sulla scena dell'ultimo omicidio. Sono forse
coincidenze tutte queste?”
“Non è stata la Donovan a
compiere questi omicidi.” ribadì Emily.
Meyer sbuffò. FBI o no,
profilers o meno, lui credeva nei fatti, non nelle teorie “Mi
state
dicendo che quella ciocca di capelli era lì per
caso?”
“No, non per caso.- convenì
quindi Rossi- Il nostro S.I. è troppo razionale per lasciare
un elemento del genere senza motivo.”
“E il motivo sarebbe?” incalzò
quindi, sempre più con i nervi a fior di pelle.
“Odio.- continuò semplicemente
l'agente anziano della squadra- Il nostro uomo prova una profonda
ostilità per Katerine Donovan e probabilmente la presenza di
una sua ciocca di capelli è stata un avvertimento. Le
vittime
precedenti sono state una sorta di prova generale, ma dal suo modus
operandi non si nota nessuna rabbia nei loro confronti.”
“Il suo modo di agire fa più
pensare a una sorta di esperimento scientifico- gli diede man forte
Derek- e probabilmente è esattamente quello che
è.”
“State dicendo- cominciò a
parlare Meyer, meditabondo, passandosi una mano sul mento irsuto- che
sta cercando di affinare la tecnica per poi applicarla al meglio
sulla ragazza?”
“Crediamo di sì.- confermò
Prentiss- Katerine Donovan è la costante di questi omicidi e
probabilmente perchè lei conosce l'S.I.”
“Avete idea di che relazione potrebbe
avere con lei?” domandò di nuovo il detective.
“Un fidanzato respinto, qualcuno a
cui ha fatto un torto.- ipotizzò Hotch- Dobbiamo parlare di
nuovo con lei per vedere se conosce qualcuno che corrisponda al
nostro profilo.”
“D'accordo.- capitolò infine
Meyer-Ma non intendo rilasciarla, almeno finchè non ci
saranno
delle prove concrete e non delle semplici supposizioni.”
Katerine si
ritrovò a deglutire
rumorosamente quando intravide la figura del proprio legale. Se ne
stava immobile, con le mani appoggiate sul tavolo, l'una sull'altra,
la schiena dritta appoggiata alla sedia. Non si accorse nemmeno di
aver iniziato a camminare più lentamente da quando era
entrata
nella stanza. Si domandò se forse non fosse più
saggio
dire alla guardia che l'aveva accompagnata fin lì che non se
la sentiva di avere un colloquio con l'avvocato, perlomeno non in
quel momento, ma nel momento stesso in cui stava formulando quel
pensiero l'uomo si chiuse la porta alle spalle, lasciando le due
ragazze da sole.
Alicia lasciò che la sua cliente
le si sedesse di fronte e continuò a fissare un punto
indefinito fuori dalla finestra corredata di sbarre. Non aveva
intenzione di farle passare liscio il fatto che le aveva nascosto una
cosa di vitale importanza come un presunto disturbo psichico.
“Non sono contenta, Katerine.” la
informò, puntando i suoi severi occhi ambrati sulla ragazza
in
tuta arancione.
La bionda abbassò lo sguardo
all'istante, incapace di sostenere il suo, così carico di
rimprovero.
“L-lo so...- balbettò
impacciata- Non potevo dirtelo. Avevo paura che avresti abbandonato
il mio caso.”
“Io non ti abbandonerò.-
chiarì l'avvocato sporgendosi verso di lei, seria- Ora ti va
di dirmi la verità?”
Katerine si mordicchiò
nervosamente le labbra e dopo di che cominciò a torturarsi
le
mani prima di iniziare finalmente a parlare“La
verità?La
verità è che non so neanche io che cosa mi sta
succedendo: da qualche mese non sono più me
stessa.”
Alicia si abbandonò sullo
schienale della sedia, pur senza abbandonare la postura un po' rigida
che la contraddistingueva “Che cosa intendi?”
“Io...io te l'ho detto. Non ricordo
bene che cosa posso avere fatto, ho dei completi black
out...” la
voce usciva tremante dalla bocca della bionda e i suoi occhi azzurri
le si riempirono di lacrime.
“Katerine!Smettila di giocare con
me!- sbottò Kensington, battendo una mano sul tavolo in modo
tanto violento che l'altra sobbalzò spaventata- Io non sono
qui per giudicarti, quindi nascondermi la verità
può
cadere solo a tuo svantaggio.”
Non ottenne risposta però,
tranne che per qualche singhiozzo soffocato.
Alicia Kensington non sapeva affrontare
le crisi emotive, tanto più se non le riteneva giustificate.
Poteva affrontare da sola una giuria scettica, i giornalisti
arrabbiati e i media in subbuglio ma, davanti alle lacrime, spesso
perdeva la sua proverbiale freddezza.
“Dimmi. Tutto. Quello. Che. Sai.”
sillabò, senza nascondere il fastidio che provava.
Katerine, dal canto suo, non poteva
fare a meno che tenere le labbra serrate, troppo spaventata per
proferire verbo. Non era tanto il suo avvocato, che sembrava
più
un folletto dai capelli scompigliati, a farle paura, ma se stessa.
Aveva paura che forse, in un momento di totale incoscienza, avesse
potuto davvero uccidere tutta quella gente.
“Come vuoi.- annunciò
spazientita Alicia, vedendo che non riuscivano ad arrivare a nessun
traguardo- Ci vediamo in aula e ti consiglio di assumere un'aria
sciupata e innocente per cercare di convincere la giuria.”
Si alzò di scatto, stizzita e
non rivolse nemmeno una volta lo sguardo alla ragazza mentre si
dirigeva alla porta per chiamare la guardia carceraria.
La voce di Katerine, quindi, le arrivò
alle spalle, all'improvviso. “Si chiama Pam.”
“Chi?” incalzò l'avvocato,
girandosi di nuovo verso di lei.
“L'altra...l'altra me.- balbettò
la Donovan- Si chiama Pam.”
Alicia annuì “Va avanti.”
“I-io non so come faccia a uscire
dalla mia testa, ma a volte lo fa.-singhiozzò la ragazza,
passandosi ripetutamente le mani sul viso-E incasina sempre
tutto.”
“Può essere stata lei a
uccidere quei ragazzi?” domandò quindi l'altra. Se
la
risposta fosse risultata affermativa, non avrebbe avuto vita facile
nell'impostare una possibile difesa.
“Forse.- disse con voce incerta la
bionda-Non lo so.”
“D'accordo, Katerine.- sospirò
Alicia, bussando alla porta per attirare l'attenzione della guardia-
Abbi fiducia. Non ti lascerò marcire in prigione, non quando
sono convinta che tu sia innocente.”
Non sentì se la ragazza le
rispose qualcosa. Aveva troppa fretta di correre dal giudice per
cercare di salvare la situazione prima che la pubblica accusa o i
media potessero peggiorare il tutto ulteriormente.
Non aveva fatto in tempo a sgattaiolare
fuori dall'intricato labirinto di uffici del tribunale che
già
si era ritrovata un uomo che la inseguiva con fare concitato. Quando
le si affiancò, dopo qualche minuto, aveva l'aria furente e
la
cravatta fuori posto, ma dei particolari tanto insignificanti non gli
avrebbero di certo tenuto a freno la lingua.
“Alicia questo è stato un
colpo sotto la cintura.” sputò con voce bassa Mark
Randall,
vice procuratore capo. Gli era stata affidato quel caso e contava,
come il suo capo del resto, di riuscire a portarlo in tribunale nel
minor tempo possibile. Ovviamente non aveva fatto i conti con i
piani, di tutt'altro genere, dell'avvocato difensore.
“Sempre meglio che una pugnalata alle
spalle, non trovi?” ribattè Kensington, girando
leggermente
il bel viso verso di lui.
Randall sbuffò, in un misero
tentativo di ritrovare la calma “Una richiesta di perizia per
l'infermità mentale?!” sbottò quindi,
fermandosi di
colpo e allargando le braccia.
La ragazza rallentò il passo e
si girò per fronteggiarlo “E' del tutto legittima,
considerando gli ultimi sviluppi della situazione.”
“Già, Meyer me l'ha detto.-
borbottò scontroso, grattandosi il mento solcato da una
leggera barba- Ma questo non cambia il fatto che tu stai facendo
tutto questo solo per guadagnare un po' di tempo.”
“E vuoi biasimarmi per questo?”
replicò con tono smaliziato, rivolgendogli un sorrisetto
supponente.
Non era raro per loro finire in
situazioni del genere. Mark Randall e Alicia Kensington si erano
già
fronteggiati più volte, sia in tribunale che fuori, e non
c'era mai stata nessuna occasione che avesse visto uno dei due rivali
uscire dallo scontro totalmente incolume. Erano avversari e vivevano
ogni incontro come se fosse una sfida, anche se erano pochi quelli
che potevano scorgere quell'atteggiamento dietro alle battutine e
agli sguardi incandescenti che si lanciavano ogni volta.
“Voglio solo dirti- continuò
l'uomo, incrociando le braccia con un gesto secco- che questo non
cambierà le cose per la tua cliente. La sua presenza sulla
scena la inchioda, Alicia, e questo è un dato di
fatto.”
La ragazza scosse la testa, sul viso
aveva il sorriso di qualcuno che la sa lunga“Io invece dico
che
qualcosa sta già cambiando.”
“Ah, sì?” sbuffò
Mark, alzando le sopracciglia scettico
“Un uccellino mi ha detto che gli
agenti dell'FBI stanno lavorando a un profilo, un profilo che non
corrisponde a Katerine, Randall.”
“Un profilo?Vorrai dire uno
stereotipo scientificamente accettabile.-sbottò spazientito-
È
come leggere i fondi del caffè oppure l'oroscopo: non posso
credere che tu possa credere a delle sciocchezze del genere. Non sei
forse Miss Razionalità?”
“Cielo.-disse l'altra, facendo
roteare i grandi occhi- Quando penso che non potresti cadere
più
in basso dici sempre qualcosa che mi costringe a ricredermi.”
“E' perchè riesco ancora a
stupirti che la nostra relazione è sempre così
fresca.”
le sorrise di rimando l'uomo.
“Oltre che immaginaria.” aggiunse
Kensignton, senza riuscire a trattenere una smorfia.
“Meyer non mi ha ancora detto niente
di questo fantomatico profilo.- continuò Randall, riportando
la conversazione sui binari che intendeva seguire- Non credi forse
che i tuoi informatori questa volta abbiano preso un
abbaglio?”
Alicia stava per aprire bocca per
rispondere ma qualcuno, alle sue spalle fu più veloce.
“Maschio, bianco, tra i trenta e i
trentacinque anni.-iniziò a parlare una voce profonda a lei
conosciuta-Probabilmente ha un quoziente intellettivo superiore alla
media, ma un aspetto ordinario che non attira l'attenzione.”
Un'altra voce si sostituì alla
prima e lei non potè che sorridere soddisfatta mentre notava
la faccia del suo rivale di sempre cambiare espressione ad ogni
parola “Da come ha sezionato le sue vittime è
possibile che
sia un medico, o che comunque abbia buone conoscenze di anatomia,
forse è un professore di scienze.”
Anche Morgan sembrava lo stesso
soddisfatto di come erano riusciti a zittire quell'uomo supponente
“Dobbiamo andare avanti o ritiene che questo sia sufficiente,
signor...”
“Randall. Mark Randall, vice
procuratore capo.- disse brusco l'interpellato- Spero che le vostre
indagini procedano più velocemente di quanto hanno fatto
finora, dato che pare abbiate un nuovo profilo più
accurato.”
Aveva la faccia di bronzo tipica degli avvocati, quindi non
potè
fare altro che rivolgere ai due agenti che si trovava di fronte un
sorriso mellifluo e cercare di far sembrare quella conversazione
civile.
“Lei si preoccupi di fare il suo
lavoro, signor Randall,- ribattè Rossi con tono calmo- e noi
ci occuperemo del nostro, che ne dice?”
L'avvocato fece in risposta un vago
cenno del capo, prima di rivolgersi di nuovo ad Alicia “La
faccenda
non finisce qui, Kensington. Non voglio farmi scappare l'unica
sospettata che abbiamo tra le mani.”
Se ne andò con passo stizzito
mentre la ragazza lo salutava con un cenno della mano.
“Wow.- commentò poi, girandosi
verso i due agenti-Scommetto che se possedessi anche io il cromosoma
Y avrei trovato questo scontro decisamente più epico,
vero?”
“Devi sempre avere a che fare con
individui del genere?” domandò Rossi con un
sorriso
divertito.
Alicia scrollò le esili spalle
“Dici così perchè non hai visto come
posso essere io
quando voglio fare la stronza...” disse, provocando una
risata di
Morgan.
“Che vi porta in queste lande
desolate fatte di eccessiva burocrazia e lavoratori
svogliati?”
continuò quindi la ragazza, facendo ai due uomini segno si
seguirla mentre si incamminava lungo il corridoio.
“Stavamo cercando te, in effetti.-
cominciò a spiegare David-La tua cliente...”
“E' rinchiusa coattivamente
all'istituto psichiatrico Mayfield per un esame approfondito e
accurato autorizzato dal giudice Todd questa mattina e a nessuno di
esterno all'ospedale è permesso di vederla senza una mia
firma.- concluse per lui l'avvocato-Deduco che abbiate scoperto
qualcosa di nuovo, se la volete interrogare.”
Morgan annuì serio
“Probabilmente la Donovan conosce l'S.I.”
“S.I.?” ripetè confusa
Alicia, non riuscendo a capire quella sigla.
“Significa soggetto ignoto. È
così che li chiamiamo.” spiegò paziente
Rossi.
“Certo. Beh, farò avere allo
psichiatra di Katerine il permesso che vi serve al più
presto.
Ma vi consiglio di andarci giù pesante con gli interrogatori
perchè sembra particolarmente portata a mentire.”
Il tono secco che aveva usato
nell'ultima affermazione stupì non poco i due profiler.
“Sembra che tu nutri un certo
risentimento verso di lei.” constatò Derek.
“Già.- rise sarcastica Alicia-
Diciamo che i rapporti idilliaci fra avvocati e clienti ci sono solo
nelle puntate di Perry Mason.”
“Non ti va giù il fatto che ti
abbia mentito, immagino.” commentò quindi David,
pensieroso.
“Sì, ma il lavoro è
lavoro. E poi- ammise- sul fatto che è innocente non
mentiva,
quindi la verità è un'altra e io intendo
scoprirla.”
Morgan aggrottò le sopracciglia
“Non è il tuo compito farlo, ma il nostro e della
polizia.”
“Sì, certo. La mia era solo
un'espressione figurata...-commentò vaga, cambiando
repentinamente argomento- Avete detto che conosce Katerine. Potrebbe
avercela con lei?”
“Probabilmente.” confermò
Derek.
“Una bella fortuna che io l'abbia
fatta rinchiudere in manicomio, allora.- il tono di Alicia era
particolarmente soddisfatto mentre parlava-Il procuratore Maloni
dovrà ammettere la propria incompetenza.”
Rossi annuì, con espressione
meditabonda “Ho sentito sta muovendo mari e monti per
inchiodare la
Donovan.”
“Sì, è piuttosto
coinvolto.” ammise la ragazza.
“C'è un motivo particolare?”
indagò quindi l'agente dell'FBI.
Alicia scrollò le spalle con
noncuranza “Una delle vittime risulta essere il figlioccio di
Noah
Samuelson.”
“Il governatore?- chiese conferma
Derek, perplesso-E...?”
L'avvocato smise di camminare, per poi
voltarsi di modo da far passare il suo sguardo su entrambi i due
uomini “Non so come vada nel vostro mondo, ma in quello in
cui vivo
io se il governatore Samuelson chiama, il procuratore Maloni
risponde. Il vice procuratore Mark Randall, tuttavia, non
può
fare niente per impedire la perizia psichiatrica che il giudice ha
già autorizzato quindi, per ora, ho io il coltello dalla
parte
del manico.”
“Ma se le prove non sono così
fondate perchè accusare la Donovan con così tanto
ardore?” domandò quindi Morgan. Non aveva molta
familiarità
con le varie manovre politiche che impregnavano i rapporti fra i
procuratori distrettuali.
“Era logico che sarebbe finita così:-
spiegò Alicia, gesticolando in modo casuale- fra due
settimane
ci sono le elezioni e potete immaginare quanti voti si guadagnerebbe
il procuratore distrettuale se riuscisse ad incriminare un serial
killer.”
“Rielezione assicurata.” concluse
per lei Rossi.
La ragazza annuì “Probabilmente
a quest'ora starà già facendo la conferenza
stampa per
annunciare che Katerine Donovan è sospettata degli omicidi e
per accusarmi di essere Satana, od Osama Bin Laden o Darth Veder per
essere stata così meschina da farle fare una perizia
psichiatrica.”
Derek aggrottò la fronte
perplesso. Aveva visto avvocati andare su tutte le furie per molto
meno, ma lei era tranquilla come ad una gita fuori porta “Non
sembri particolarmente arrabbiata per questa situazione.”
“Il perseguimento della gloria
personale è un diritto naturale di tutti, agente Morgan,
quindi non posso certo biasimare il procuratore per le sue
manovre.”
spiegò semplicemente.
“Che manovre prevedi?” domandò
David, incuriosito.
“Una guerra mass-mediatica, per
cominciare. E poi passerà ad azioni strettamente legali,
come
una richiesta per una controperizia psichiatrica. Insomma, faranno
solo il loro lavoro. Il che mi fa ricordare che devo essere in aula
fra poco.-disse additando la porta di legno che aveva alle spalle.-Ho
altri casi a cui lavorare. Come mi avete ricordato prima, prendere i
cattivi è il vostro lavoro, il mio è difendere
chi me
lo chiede.”
“Ci serve quel permesso, Alicia.”
le ricordò Derek.
La ragazza annuì “Andate pure
all'istituto psichiatrico. Quando arriverete, sarà
già
là ad aspettarvi.” gli assicurò, prima
di sparire
velocemente dentro la stanza di tribunale.
Joe Horgan si mosse nervosamente sulla
sedia, cercando inutilmente di trovare una posizione confortevole per
il suo massiccio fisico. Gli piaceva fare il grafico pubblicitario ma
il suo capo non aveva ancora capito che rinchiudere un uomo alto un
metro e novanta in un ufficio piccolo come quello poteva benissimo
essere ritenuto un crimine contro i diritti inviolabili della persona
umana.
Stava ancora sbuffando quando alzò
la cornetta, che squillava insistentemente “Pronto?”
“Hey!- lo salutò una voce
gioviale dall'altro capo del filo-Parla la donna protagonista dei
tuoi sogni proibiti!”
Il sorriso gli comparve immediatamente
sulle labbra “Davvero?Sai, Megan Fox, hai la voce uguale a
quella
di Alicia che, come sai, è stata retrocessa a semplice
comparsa.”
“Joe, così mi rattristi.
Pensavo di essere l'unica per te.” scherzò
l'altra,
immaginandosi la faccia seria che stava mantenendo l'amico per
dissimulare una telefonata privata.
“Scusami, ma lo sai che gli uomini
sono infedeli.” continuò quindi Horgan, passandosi
una mano
fra i corti capelli rossi.
“E le donne troppo buone, infatti
voglio proporti lo stesso un giochino telefonico.” disse
ironica,
mentre si sistemava l'auricolare prima di entrare in macchina.
“Dovrai fare tutto tu, però,-la
assecondò il tono scherzoso Joe- perchè come sai
sono
in ufficio e il mio capo non è stato molto d'accordo
l'ultima
volta che ti ho aiutato.”
Alicia sbuffò “Lo so.
Quell'uomo è di una noia mortale.”
“Allora, che devo fare?” capitolò
quindi l'altro, sapendo già che cosa stava per chiedergli.
Conosceva quella ragazza da diversi anni e, da quando abitavano nello
stesso palazzo di proprietà della famiglia di lei, erano
anche
diventati amici. E questo voleva significare per lui che Alicia non
avrebbe esitato ad utilizzare le sue abilità tecnologiche
per
lavorare ai propri casi.
“Cercare informazioni.-confermò
quindi la sua ipotesi-Un mucchio di informazioni, tutte quelle che
riesci ad ottenere, per vie legali e non. Ti mando un messaggio con i
nominativi.”
Joe annuì, elettrizzato da
quella nuova sfida “Definisci vie non legali.”
“In qualsiasi modo non autorizzato
dal governo degli Stati Uniti.” affermò con
convinzione
l'altra. In fondo, conoscere qualcuno che sapesse aggirare dei
sistemi di sicurezza informatica poteva essere sempre utile.
“Mi stai dicendo che stai facendo
guerra agli agenti dell'FBI?- si informò, ricordando che la
ragazza gli aveva accennato ad una squadra arrivata da Quantico-Sei
una ragazza cattiva, Alicia!”
“Io non faccio guerra a nessuno.- si
giustificò lei- Li sto semplicemente aiutando, solo che loro
non lo sanno ancora.”
“Hey!-esclamò quindi l'uomo,
battendosi una mano sulla fronte-Ho avuto un'improvvisa
epifania!”
Alicia, ferma in macchina davanti al
semaforo rosso, non potè fare a meno di aggrottare la fronte
“Mi spaventi quando dici queste cose.”
“Ascoltami, è geniale:-
continuò Joe, ignorandola- questi agenti dell'FBI sono forse
agenti speciali?”
“Sì...” borbottò la
ragazza in risposta, confusa da quella domanda.
“Tutti quanti?” incalzò
l'altro, entusiasta.
“Già, è questo il loro
titolo.- sbottò Kensington, spazientita- Joe, dove vuoi
arrivare?”
“Se sono tutti agenti speciali allora
vuol dire che nessuno di loro è speciale,
no?-esultò il
rosso, estremamente soddisfatto di quella rivelazione- Altrimenti non
avrebbe più senso usare la parola speciale, quindi sono
tutti
normali e ordinari!”
“Tu sei pazzo!- rise la ragazza,
scuotendo la testa- Facciamo che tu ti limiti a infiltrarti nei
sistemi informatici e qualsiasi altra considerazione la lasci a me,
ok?
“D'accordo.-acconsentì Joe,
mentre già faceva battere velocemente le dita sulla
tastiera-Ti mando tutto quello che trovo via mail. Mi devi un favore,
bellezza.”
“E tu l'affitto.” chiuse la
comunicazione Kensington, senza riuscire a smettere di ridere sotto i
baffi.
Michael Bell abitava da solo in una
casa semplice, ma decorosa. Aveva venticinque anni e stava lavorando
sodo per avviare una propria attività in campo informatico.
Quando la madre, che sentiva al telefono tutti i giorni, non aveva
più avuto sue notizie si era preoccupata e,
perciò,
aveva avvertito immediatamente la polizia. Il novello poliziotto che
era andato a casa del giovane per controllare che cosa fosse successo
ma si era sentito male non appena aveva visto la vittima.
La posizione di Micheal Bell al momento
della morte ricordava quella dei corpi all'obitorio, al momento
dell'autopsia. Sdraiato sul tavolo di formica della sua cucina, aveva
un'incisione a Y sul petto, lasciata volutamente aperta di modo da
mostrare la maggior parte degli organi interni. Il cuore, invece, gli
era stato asportato dal petto ed era stato riposto con minuziosa
precisione dentro un vecchio barattolo di burro d' arachidi.
L'assassino era stato freddo e preciso in ogni sua azione, proprio
come un chirurgo, ma sui titoli dei giornali il nome che gli avevano
affibbiato era Il macellaio di Tulsa.
“Il corpo della vittima è
stato trovato in cucina, sul tavolo.” disse Reid, indicando
la
scena del crimine.
“Gli ha legato i polsi e le caviglie
alle gambe del tavolo con del nastro adesivo che si è
portato
da casa, così come l'arma e il barattolo in cui ha riposto
il
cuore.” aggiunse Morgan, dando un'ultima scorsa al rapporto
che
aveva portato con sé.
“E' meticoloso, segue un rituale
preciso.- commentò Rossi, facendo passare lo sguardo su ogni
singolo particolare della stanza-L'asportazione del cuore
probabilmente ha per lui un significato preciso, magari associato
alla Donovan.”
“Non sono stati trovati segni di
colluttazione e tutte le finestre erano chiuse dall'interno.-
riflettè ad alta voce Reid- Su tutti i barattoli c'era
scritto
il nome della vittima, ma la scientifica ha detto che è
nessuna penna ritrovata sulla scena corrisponde con quell'inchiostro,
quindi aveva preparato anche quello a casa.”
Derek alzò le spalle “L'S.I.
sapeva già chi voleva colpire, probabilmente li ha osservati
per giorni prima di agire.”
“O forse li conosceva.” azzardò
il più giovane dei tre.
David fece dondolare il capo,
pensieroso “Proviamo a fare un giro della casa per vedere se
ci è
sfuggito qualcosa.” suggerì, prima di imboccare la
porta che
dava sul salotto, subito seguito da Reid.
Morgan rimase per qualche minuto solo a
riflettere. Se il vero obiettivo dell'S.I. era davvero Katerine, il
fatto che in quel momento lei si trovasse al sicuro, seppure
momentaneamente in stato d'accusa, l'avrebbe dovuto fare andare su
tutte le furie. Eppure non c'era stata nessuna escalation di
violenza: gli omicidi erano cessati con l'arresto della donna.
Scosse la testa, frustrato dal fatto
che non riusciva a capire pienamente quale fosse l'obiettivo del
killer, e seguì gli altri nella stanza attigua.
Non appena varcò la soglia,
però, un tonfo leggero lo fece voltare di scatto verso il
seminterrato.
Dalla sua posizione riusciva a vedere
Rossi, che stava camminando nel corridoio per raggiungere un'altra
stanza.
“Reid?” chiamò quindi
Morgan, avvicinandosi alla porta che dava sul seminterrato con
già
una mano sulla pistola. Per quale motivo il suo collega sarebbe
dovuto andare là sotto?Lui odiava il buio.
Il giovane dottore sporse la testa dal
salotto “Che c'è?”
Non appena realizzò che c'era
qualcun altro oltre a loro in quella casa, Derek impugnò la
pistola e la puntò verso la porta che stava per aprire con
un
calcio ma, lasciandolo completamente sorpreso, quella si
spalancò
da sola davanti ai suoi occhi.
L'intruso fece un balzo sul posto,
spaventato da quell'improvvisa imboscata, e si ritrovò a
fissare con occhi spalancati l'agente che aveva di fronte.
“Alicia?” disse sorpreso Derek,
sconcertato dal fatto di essersi trovato di fronte la ragazza.
Lei, dal canto suo, mantenne lo sguardo
fisso sulla pistola “Ti dispiace puntare quell'arma da fuoco
lontano dalla mia persona?”
“Che cosa ci fai qui?- la rimproverò
mentre riponeva l'arma nella fondina- Questa è la scena di
un
crimine, nessuno può entrare.”
“Credevo che quelle strisce gialle
fossero prettamente decorative...” provò a
ironizzare,
mentre gli altri due agenti le si avvicinavano.
“Alicia Kensington?” domandò
stupito Rossi nel vederla.
La ragazza strinse le labbra, con
l'aria di una colta in fallo “Agente Rossi. Dottor.
Reid.”
“Che cosa ci fai qui?” ripetè
Morgan.
Alicia fece passare lo sguardo sui
volti dei tre e trovò che l'unico a non esserle
completamente
ostile era quello di Spencer.
“Speravo di poter trovare qualcosa di
utile per far dirigere in un'altra direzione le accuse di Randall.-
ammise stringendosi nelle spalle- E, sinceramente, pensavo che voi
foste da Katerine, altrimenti non sarei venuta qui.”
“Quindi ti sei nascosta nel
seminterrato quando ci hai visto arrivare.” concluse per lei
Rossi,
con tono contrariato.
“No!-sbottò la giovane-Sono
entrata pochi minuti fa. Non avete visto che non ho rotto i sigilli
della polizia?”
Reid corrugò la fronte “E
allora da dove sei entrata?”
“Dalla grata di areazione del
seminterrato.” rispose semplicemente l'altra.
“Forse è quello che ha fatto
anche l'S.I.-ipotizzò quindi Morgan-Dalla cucina e dal
salotto
non si sarebbe sentito nessun rumore e in quel modo sarebbe riuscito
a cogliere la vittima di sorpresa.”
“Quindi,-ricapitolò Spencer-
se conosceva le vittime, non erano in buoni rapporti tanto da
giustificare una visita a casa.”
“La scientifica ha trovato qualcosa
nel seminterrato?” domandò Rossi, sperando in una
risposta
affermativa.
“Non c'era niente.- ribattè
Alicia, facendo così ricordare la sua presenza- Ho provato a
setacciarlo poco fa alla ricerca di qualche fibra o altro ma a quanto
pare nessuno si è fatto sfuggire niente.”
David la fissò con sguardo serio
“Non puoi fare quello che stai facendo. È
illegale.”
“Diciamo che più che altro sto
agendo nella sottile linea di demarcazione che separa ciò
che
è legale da ciò che non lo
è.” azzardò
la ragazza.
Agiva sempre in quel modo e nessuno
l'aveva mai beccata. Forse il coinvolgimento dell'FBI le avrebbe
tolto qualche libertà che era solita concedersi in altre
indagini più semplici.
“Non so quanto il tuo capo, il
procuratore e il detective Meyer siano contenti di questo tuo
comportamento- continuò Morgan, invitandola con un braccio a
seguirli fino in cucina per farla uscire dalla porta sul retro- Una
cosa del genere potrebbe anche rovinarti la carriera.”
Alicia increspò le labbra ma,
piuttosto che ascoltare le parole dell'agente fece passare il suo
sguardo attento e indagatore in ogni angolo della scena del crimine.
Alla fine però, scostò da sé la mano
di Derek e
fece qualche passo verso l'uscio.
“D'accordo, d'accordo, d'accordo. Me
ne vado di mia spontanea volontà.- capitolò,
alzando le
mani in segno di resa- Almeno spero che abbiate riservato lo stesso
trattamento a quello che è entrato prima di me.”
“Come?” domandò Reid, non
capendo a cosa si riferisse.
Sul volto della ragazza si dipinse
immediatamente un sorriso soddisfatto.
“Immagino che siate stati così
scortesi anche con l'altro intruso che si è introdotto in
questa casa prima di me.” continuò quindi,
voltandosi
nuovamente verso di loro con aria innocente.
Rossi aggrottò la fronte
“Intendi che qualcuno estraneo alle forze di polizia
è
entrato in questa casa?”
La ragazza annuì lasciandoli
inerdetti.
“Hai visto qualcuno uscire da qui?”
incalzò quindi Morgan, spostando il peso da un piede
all'altro
leggermente spazientito.
“No.- disse tranquillamente Alicia-
Ma è evidente che qualcuno è entrato qua
dentro.”
“Come fai a dirlo se non hai visto
nessuno?” si informò Reid perplesso.
Lei scrollò le spalle e con un
ampio gesto della mano indicò la stanza “Ci sono
delle prove
che qualcuno è entrato in questa casa, in questa cucina,
più
precisamente. Laggiù, sotto il frigorifero, ci sono delle
schegge di vetro e manca un bicchiere sul ripiano della cucina. A
quel rotolo di carta da cucina è stato tolto un foglio. La
tenda della finestra è più abbassata di come lo
era al
momento del ritrovamento del corpo, e in questa stanza non ci sono
correnti d'aria abbastanza rilevanti da giustificare uno spostamento
del genere. Immagino che chiunque si sia presentato qui avesse molta
fretta e fosse molto agitato e per questo ha fatto inavvertitamente
cadere il bicchiere, ha spostato suo malgrado la tenda quando ha
cercato di prendere la carta per rimediare al danno ma ovviamente non
ha potuto evitare di lasciare delle tracce dietro di
sé.”
I tre agenti osservarono la stanza:
ogni cosa che aveva detto l'avvocato coincideva alla perfezione, ma
erano dettagli talmente piccoli che loro ad un primo sguardo non vi
avevano fatto caso.
“C-come hai fatto a notare queste
cose?” chiese Spencer interdetto.
Alicia scrollò le spalle,
rispondendo con noncuranza “Ho visto la foto della scena del
crimine.”
“Memoria fotografica.” aggiunse,
picchiettandosi la tempia con l'indice, per rispondere alla domanda
implicita che gli stavano facendo quelle occhiate interrogative.
“L'S.I. è tornato per cercare
qualcosa.- concluse allora Rossi, mettendo mano al cellulare- Chiamo
Hotch, ma prima vorrei assicurarmi che tu te ne vada.”
La ragazza sbuffò, prima di
acconsentire infilando la porta “D'accordo.”
“Sei portata per le
indagini.-commentò Derek, mentre la seguivano fuori-
Perchè
non sei entrata in polizia?”
La mora si passò una mano fra i
corti capelli, pensierosa“In effetti, ho fatto l'esame per
diventare detective subito dopo il liceo.”
“E non l'hai passato.” ipotizzò
Morgan.
“Sì,invece: cento su cento.
Era piuttosto elementare.- lo contraddisse subito lei-Ma pare che i
quindicenni non siano abbastanza adulti per esercitare quella
professione.”
Rossi alzò le sopracciglia
sorpreso “Quindi saresti anche tu una specie di genietto in
stile
Reid?”
“Impossibile, lei sembra
normale...”scherzò l'altro, dando un buffetto
sull'esile
braccio del collega.
“Ho avuto degli insegnanti privati e
ho finito prima gli studi, ho una buona memoria, sono molto sveglia e
ho visto tutte le puntate del tenente Colombo. Tutto qui” si
giustificò la ragazza, leggermente imbarazzata prima di
rivolgersi a Reid.
“Quindi tu sei un genio,uh?”
“Beh, io ho...ho un QI di 187, una
memoria eidetica e riesco a leggere ventimila parole al
minuto.”
spiegò il ragazzo, stringendosi nelle spalle.
“Wow. Dev'essere una bella sensazione
sapere di essere sempre la persona più intelligente nella
stanza.” Alicia non soffriva certo di problemi di bassa
autostima,
ma avere una certezza del genere le avrebbe fatto piuttosto comodo.
“L'intelligenza è relativa,
non assoluta.- si ritrovò quindi ad affermare il genietto
della squadra, sotto agli sguardi esasperati dei due colleghi ormai
abituati- Howard Gardner ha individuato ben nove macro gruppi
intellettivi, ciascuno posizionato in una particolare area del
cervello ed ha dimostrato come non siano affatto statici ma piuttosto
capaci di essere sviluppati attraverso l'esercizio oppure in grado di
decadere. Inoltre si può dire che cercare di mettere
etichette
alla nostra intelligenza sarebbe riduttivo considerando che i rami su
cui si sviluppa sono troppo numerosi e articolati.”
La Kensington lo guardò
interdetta “Sei tutto vero?”
“Direi...direi di sì.”
balbettò Spencer, imbarazzato
“Sei strano.” sorrise quindi la
ragazza.
Quella squadra di federali stava quasi
incominciando a piacergli.
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