I'll Be There For You

di nes95
(/viewuser.php?uid=75468)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Vivere, vivere anche se sei morto dentro, vivere... E sorridere dei guai proprio come non hai fatto mai e sperare che domani sarà sempre meglio...

 

Chiusi l’ultimo scatolone con uno sbuffo e mi guardai intorno. Le pareti colorate sembravano ironiche messe a confronto con gli scaffali spogli e la scrivania sgombra. Mi sedetti sul letto e sospirai, almeno quello era rimasto intatto, anche se probabilmente non lo avrei più usato. Alla fine ero stata ammessa alla Juliard, sarei partita la mattina seguente.
“Amy?” la voce del mio ragazzo mi riscosse dai pensieri.
“Ehi” lo salutai con un sorriso, si sedette per terra accanto al muro e prese la sua macchinetta fotografica, scattandomi una foto.
“Che fai?” chiesi, non ero in posa e avevo un vecchio jeans e una maglia a mezze maniche gialla. Non ero assolutamente da fotografia. Ma a quanto pare non era del mio stesso parere, me ne scattò un’altra, poi la puntò verso se stesso e scattò l’ennesima fotografia.
“Mi spieghi che fai?” chiesi nuovamente.
“Questa” disse indicando l’apparecchio “me l’ha appena regalata Joe, ora noi la sfruttiamo al massimo” spiegò. Ok, se n’era andato di testa. Faceva troppi concerti, aveva stress represso, sicuramente!
Ah, forse vi siete perse un passaggio, ma si, il mio ragazzo fa concerti per il mondo. Bè è ovvio considerando il fatto che è una star della musica, che io odio.
”Ovvio, come ho fatto a non pensarci” ribattei ironica, Nick rise e si avvicinò a me, posandomi un bacio sulle labbra.
“Corri a fare una doccia, abbiamo una cosa da fare noi due” chiese poi, cosa? Questo è pazzo, pensai mentre mi portava di peso in bagno e apriva l’acqua della doccia, poi uscì dal bagno e lo sentii aprire il mio armadio. Entrai nella doccia sbuffando, chissà cos’aveva in mente quello stupido ragazzino montato.
L’acqua fredda mi scivolava addosso, togliendomi l’odore di cartoni e polvere da dosso, uscii e mi avvolsi in un accappatoio bianco, pensando al fatto che quando sarei stata a New York non ci sarebbe stato nessuno che mi avrebbe fatto sorprese. Mi scrollai i capelli bagnati dalla schiena e mi guardai allo specchio con occhio critico. Non ero cambiata per niente da quando ci eravamo conosciuti, avevo sempre la stessa pelle vellutata, gli stessi occhi castano scurissimo e i capelli scuri, che avevo tagliato da poco. Ora arrivavano poco sotto le spalle, mi piacevano, mi davano un’aria più matura. Sorrisi allo specchio, scoprendo i denti bianchi, poi uscii dal bagno e mi avvicinai al letto, dove erano posati solo un jeans e una t-shirt con una stampa, un cardigan grigio e un paio di sandali. Li indossai in fretta e infilai i pochi abiti rimasti nella valigia, presi la borsa con il mio nuovo cellulare (il vecchio lo avevo spaccato contro il muro dopo una lite con Nick) e le chiavi di casa. Scesi in fretta e raggiunsi il mio ragazzo in salotto, mentre suonava allegramente al pianoforte.
“Sei pronta?” chiese, io annuii e guardai l’orologio, le otto e trenta di sera.
“Dove mi porti?” chiesi, lui sorrise.
“Indovina” rispose. Ah certo, come avevo fatto a non pensarci? Alla nostra spiaggia, ovviamente. Salimmo in auto e partimmo dolcemente, mentre ci lasciavamo alle spalle le luci di casa.
“Ma come si chiama la spiaggia dove andiamo?” chiesi, me lo ero sempre chiesto a dir la verità. Io e Nick l’avevamo soprannominata “La Nostra Spiaggia” ma sicuramente durante il giorno era chissà… la spiaggia del gabbiano, o del fenicottero. Magari gli adolescenti ci facevano surf, beffandosi dei ricordi e delle emozioni che solo quella spiaggia riusciva a suscitarci.
“Non lo so, ma a me sta bene la nostra spiaggia” rispose Nick, mi riscossi e annuii, poi accendemmo la musica, Coldpay.
“Ti mancherò?” chiesi ad un certo punto, per stuzzicarlo, lui rise e mi guardò.
“Veramente… no, non credo mi mancherai” disse sicuro. Lo guardai male, rise ancora e mi baciò la mano, prima di rispondere “da morire” disse, io gli credetti.
“Tanto sarà solo per un paio d’anni, prendo il diploma e torno a casa” dissi come se nulla fosse. Lui mi guardò male facendomi ridere.
“Certo, e io rimango due anni senza di te” disse come se avessi detto una cazzata madornale.
“Esattamente” risposi “è necessario per il mio futuro. Non tutti siamo star famose” risi e guardai la strada ormai familiare, tante erano le volte che l’avevamo fatta.
Rimanemmo in silenzio mentre facevamo gli ultimi chilometri, parcheggiò e scendemmo, tolsi quasi automaticamente i sandali e li posai sul sedile, poi sentii la mano di Nick prendere la mia, respirai l’aria buona che sapeva di mare e ci avviammo verso la riva.
“Ricordi la prima volta che siamo venuti?” chiese ad un certo punto, eravamo seduti sulla spiaggia, avevo appoggiato la schiena contro il suo petto e lui giocava con le mie mani.
“Certo, mi hai praticamente rapita… e baciata!” ricordai con un sorriso.
“E meno male. Se avessi aspettato una mossa da parte tua…”
“Sono i ragazzi che fanno la prima mossa” gli ricordai, lui rise e frugò nella tasca, estraendo la sua macchinetta fotografica.
“Queste tutte su quello strano sito che usi tu?” mi informai riferendomi al social network con cui si era fissato da qualche tempo a questa parte.
“Certo” rispose prima di scattare una fotografia, e poi un’altra, e un’altra. A me, al mare, a noi e una alla macchina.
“Quella domani non parte!” dissi ridendo. Nick invece divenne serio.
Rimase a contemplare le nostre mani intrecciate per un po’ prima di baciarmi sulle labbra. Era un bacio diverso dal solito, non c’era la solita passione frenata, risposi per un po’, poso dopo mi trovai schiacciata dal suo peso. Ero leggermente spaventata, non eravamo mai finiti in una situazione del genere.
Cominciò a torturare il mio collo, con tanti baci, che non stonavano per niente.
Dovevamo fermarci, dovevamo fermarci…
Posai le mani sul suo petto mentre lei poggiava me mie sul mio volto, senza smettere di attaccare le mie labbra,
Dovevamo fermarci, dovevamo fermarci…
Le mie mani raggiunsero il primo bottone della sua camicia, giocando con il colletto, Nick mi accarezzava la schiena sotto la maglietta, mi tolse la giacca e la buttò poco lontano, slacciai il primo bottone della camicia.
“Fermo… Fermo” sussurrai contro le sue labbra, senza crederci più di tanto in realtà. Nick smise di torturarmi il collo, finalmente mi guardò in viso.
“Cosa c’è?” chiese, io ero sconvolta, non riuscivo a far altro se non guardarlo stranita.
“Cosa stiamo facendo?” chiesi.
“Ci amiamo” rispose lui con semplicità. Io guardai la sua mano sinistra, dove l’anello luccicava in tutto il suo casto splendore. Anche Nick lo guardò.
“Non possiamo” dissi, anche se dentro volevo soltanto non aver interrotto quello che stavamo facendo, desideravo che ricominciasse a baciarmi. Continuammo a guardare il suo anello, un semplice cerchietto da tremila dollari che ci impediva di poter amarci completamente. Nick fece un sospiro.
“Io ti amo.” disse “e che succeda ora o tra un apio d’anni… io voglio solo stare con te, Amy. Nient’altro. E se staremo insieme per sempre adesso o dopo il matrimonio non cambia tanto le cose” Rimasi leggermente spiazzata da quelle parole, non me le sarei mai aspettate. Allora presi un respiro profondo, ora la decisione stava a me. Fissai lui, il suo viso, i suoi riccioli e le sue fossette, quelle che si formavano solo quando era estremamente concentrato o pensoso. Poi la sua mano, l’anello, l’altra mano che stringeva la mia sulla sabbia… Presi la sua mano sinistra e feci brillare l’oro bianco nella luce fioca della luna piena guardandolo ancora. E presi la mia decisione. Sfilai l’anello dl suo dito, facendolo finire accanto al mio cardigan. Sorrise e le sue labbra tornarono sulle mie.

 

 

Quando aprii gli occhi sentii la sabbia nel naso. Era una strana sensazione, solitamente avvertivo le coperte attorno alle mie gambe, o l’odore del caffè per la casa, quello che mi preparava Linda prima di andare al mercato. La seconda cosa che avvertii fu una presenza accanto a me, anzi.. sotto di me. Dormivo praticamente addosso a Nick, che mi teneva stretta al petto, sorrisi, prima di realizzare che le onde del mare riempivano il silenzio. Oddio, era successo davvero!
Guardai il viso di Nick, era rilassato, una vaga traccia di sorriso sulle labbra. Notai che eravamo coperti da un plaid, sotto sapevo di non avere indumenti. Dopo eravamo rimasti a parlare sotto le stelle, coccolandoci, poi ci eravamo addormentati coperti dal plaid sporco di sabbia.
Non volevo alzarmi, sapevo che poi la magia sarebbe finita. Mi accoccolai di nuovo sul suo petto e chiusi gli occhi, in tempo per sentire le sue labbra sulla mia nuca.
“Ehi…” mormorò con la voce impastata di sonno, mi sgranchii la mia prima di rispondere al saluto.
“Giorno” mormorai senza aprire gli occhi, rimanemmo così per un po’ mentre riprendevamo completamente conoscenza. Io rimasi con gli occhi chiusi, non volevo spostarmi da quella posizione protetta.
“Amore…” mormorai dopo un paio di minuti.
“Si?” chiese a sua volta.
“A che pensi?” non ero pentita, chiariamoci, ma sicuramente non avevamo fatto una cosa giusta. Aveva infranto una promessa, e avevo paura solo delle conseguenza che poteva avere su lui questa cosa.
“Che sono felice” rispose invece sorprendendomi. Aprii gli occhi e lo guardai stranita, ma venni rassicurata subito dal suo sorriso. Aveva lo sguardo sereno. Lo baciai sulle labbra, poi raccattai il mio jeans e una camicia, la sua, e corsi verso la riva, fermandomi però sul bagnasciuga. C’era l’alba, come la prima notte che avevamo passato su quella spiaggia.
“Che facciamo?” chiesi quando sentii il suo braccio che si posava sulle mie spalle.
“Andiamo a fare colazione e poi ti porto a casa, alle undici in aereo porto.” rispose. Grazie…
“Intendo se si dovesse venire a sapere” specificai.
“Non lo so. Ma non me ne preoccupo” disse stupendomi ancora “è la mia vita e faccio quello che voglio e che è giusto” io sorrisi ed adagiai la testa sul suo petto mentre ci godevamo l’alba.
Il gate era molto affollato, quando riuscimmo a salire sull’aereo erano passate da un pezzo le dieci e mezzo, allacciammo la cintura di sicurezza e prendemmo il mio ipod.
“Non riesco ancora a crederci” disse Alex facendomi sorridere. Ero triste da una parte, avevo salutato il mio ragazza poco tempo prima, ma l’idea di poter frequentare una scuola così importante e farla con la mia migliore amica… bè, non mi sarebbe più ricapitato!
“Nemmeno io…” risposi, Alex mi guardò con la sua faccia più severa.
“Lui è un cucciolo fedele, tranquilla” disse, io risi mentre le assistenti di volo passavano tra i passeggeri per assicurarsi che avessero allacciato le cinture.
“Non è questo che mi preoccupa, anzi non sono preoccupata per niente!” ammisi, sorrisi e misi un’auricolare nell’orecchio, accendemmo e chiudemmo gli occhi per assaporare meglio la musica, poco dopo sentimmo l’aereo che si muoveva.
La nostra avventura stava cominciando.

 

 

Storia dedicata a CHIARA, GRETA, MARTINA, FIAMMA e GABRIEL

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


BEne bene bene ragazzuole! Come è andato il Natale? Io Finalmente siamo riuscite a scrivere anche questo capitolo, quasi non posso crederci. Eh si, dico siamo perchè dovete sapere, care ragazze, che questa fanfic sarà scritta a quattro mani, da me e dalla mia socia nuova di zecca. Indi per cui in questa storia sarà moooooolto presente Joe! Ringrazio quindi Giulia, e vi consiglio di leggere le sue storie, che sono davvero belle! (il nickname è damned_girl, facilmente reperibile tra i miei autori preferiti) Passando invece ai commenti:

LadyMe: Ciao! Sai, ho letto una tua fic e ho lasciato un commento, mi è molto piaciuta, complimenti! Mi fa piacere che Nick ti abbia colpito, spero che recensirai anche questo capitolo!
Martina: Si, so cosa pensi, e sai che ti adoro vero? Ti voglio un mondo di bene bellissima! E ricorda, mancano poco più di tre mesi <3 non vedo l’ora!!!! <3

Dolce Lela: mi fa molto piacere che la storia ti piaccia, un bacione a presto!

Margherita: ormai i nostri lavori sono a conduzione associata! Io conosco tutto e tu anche! A proposito, ho voglia di farmi proprio una bella chiacchierata! Mi devi aggiornare un po’! Ti voglio bene baby <3

Greta: la mia socia originaleeeee <3 tesoro mica Gabriel è davvero arrabbiato? Mi manca quella dannatissima scimmia XD Vabbè, divertiti a NYC! Sperando che la bambina non sia morta in braccia a VB XD Ti adoroo

Sister: sister sono in crisi d’astinenza dalle messaggiate senza senso… ): comunque on ti preoccupare, va benissimo questa recensione! Ti amo <3

 

Non credete nelle favole perché hanno sempre un lieto fine.....

la vita molto spesso non lo ha...

e lo capirete quando vi sentirete soli tristi e sperate che quando tutto ciò accadrà avrete una vera amica accanto....

 

“Bene ragazzi e con questo è tutto” annunciò la voce del professore, ci fu il solito applauso, mentre l’uomo faceva un piccolo inchino ridendo, poi tutti gli studenti raggiunsero l’uscita della stanza, e io con loro.
“Davvero bella la lezione, non trovi?” chiese Marta, una bella ragazza con i capelli ricci che frequentava con me il corso di pianoforte.
“Si davvero bella, cosa fai stasera?” chiesi io, era abitudine che passassi le serate con Alex mangiando schifezze o con Nick al telefono, ma quella sera avevo voglia di uscire.
“Non lo so, andiamo per locali?” chiese lei a sua volta.
“Ok magari! Allora a dopo eh” la salutai sorridendo, oramai avevo raggiunto l’uscita e mi sedetti sulla piccola panchina davanti all’entrata, prendendo il cellulare in mano e digitando la chiave di protezione e aprii la pagina degli sms. Digitai ora e luogo dell’incontro per la sera a qualche amico, tra cui Alex, poi finalmente scorsi il suo nome in rubrica.
Non attesi molto, dopo nemmeno due squilli infatti la sua voce rispose al telefono, assonnata.
“Pronto?” disse.
“Stavi ancora dormendo!” lo accusai ridendo, Nick mi imitò e lo sentii alzarsi dal letto.
“Io? No…” mentì alla grande, scossi la testa “che stai facendo allora?” chiesi.
“Riposo gli occhi, che è ben diverso dal dormire. Comunque… sei uscita da scuola?” chiese.
“Io? Si certo, proprio ora, e ci siamo organizzati per una serata tra amici, andiamo per locali” comunicai. Non gli stavo chiedendo il permesso, nonostante ciò sapevo benissimo che se lui non avesse approvato non sarei uscita quella sera. Com’ero diventata stupida da quando ero innamorata!
”Ah si? Divertiti anche per me allora, io stasera la passo in studio a registrare” disse annoiato.
“Ecco perchè ora riposi gli occhi” mi permisi di sfotterlo lasciando andare un respiro di sollievo. Nick dall’altra parte della cornetta rise e sospirò.
“Da quanti anni sei via?” chiese.
“Anni? Sono solo tre settimane amore” gli ricordai cercando di sorridere, mi mancava terribilmente.
“Davvero? Oddio, giuro che ti vengo a prendere seduta stante, non ce la faccio più” dichiarò, io nonostante tutto sorrisi, anche io avrei tanto voluto che mettesse in pratica la minaccia, anche se razionalmente sapevo che non poteva farlo.
“Dai Nick, ancora un po’ e ci saranno le feste di Natale, e ci possiamo vedere” lo rassicurai, lui sbuffò facendomi ridere nuovamente.
“Lo sai che ti amo, no?” chiese quasi in un sussurro.
“Si che lo so, anche io ti amo” risposi sicura, anche se ogni volta che lo sentivo, da quando me lo aveva detto in sala prove, il io cuore non riusciva a stare un po’ calmo “ora devo andare, ci sentiamo dopo ti va?” chiesi.
“Mi va? Ti chiamo io più tardi, ti amo” disse ancora.
“Anche io” risposi, poi misi fine alla conversazione e mi alzai, stringendo la borsa. Altro fattore importante, avevo completamente cambiato look, lasciando stare converse e felponi per passare a camicette e jeans a sigarette, che mi facevano sentire più grande e più a mio agio.
A passo svelto raggiunsi l’auto e l’aprii, per poi salire e mettere in moto. Il mio appartamento era di fronte all’accademia ma avevo urgenza di raggiungere il super mercato, dove acquistai qualcosa da mangiare per il pomeriggio e fotocopiai degli appunti. Dopo finalmente mi rimisi in macchina e raggiunsi l’appartamento, dove mi aspettava Alex.

 

-Sono a casa!- Esordì Amy,entrando in camera. Io sbuffai sonoramente,poggiandomi con
le spalle alla spalliera in ferro battuto del letto.
-Tanti auguri- risposi malamente guardando con odio puro il cellulare che vibrava sul letto.
-Che succede?- mi chiese Amy entrando in camera e togliendosi il giubbotto.
-Non si vede?- grugnì con poca grazia,maledicendo il mio cellulare.
-Sinceramente no- Replicò la mia amica,sedendosi sul letto nel posticino che le lasciai
-Joe- iniziai sbuffando –Mi sta opprimendo,accidenti! Sarà la quarantesima telefonata che
fa da questa mattina! Io ho bisogno dei miei spazi,del mio tempo! Non può opprimermi in
questo modo!- conclusi guardandola e indicando il cellulare.
Amy,in tutta risposta quasi scoppiò a ridermi in faccia,cattiva.
-Ma sei impazzita?- mi disse guardandomi male –Hai bisogno dei tuoi spazi? Lui è a Los Angeles e tu sei a N.Y. – disse lapidaria –Quanto altro spazio vuoi?-
-Sai quanto me ne frega dei chilometri!- sbottai nervosamente –E’ opprimente, io mi sto seriamente stufando di quel..ragazzo- Dissi guardando Amy –E per inciso non ho nessuna
intenzione di rispondere al cellulare,quindi ora andrò di la e berrò la mia bevanda e poi con eleganza andrò a prepararmi.- dissi convinta lasciando il cellulare sul letto e alzandomi.
-A proposito- disse la mia migliore amica con un mezzo ghigno sul viso –Mi sono accordata con le ragazze,oggi andiamo in giro per vari locali-
-Non potevi dirmi nulla di più gradito,cara- detto questo girai sui tacchi e andai in bagno a prepararmi mentre Amy iniziava a ciarlare al telefono con il suo amato Nicholas.
Un vestito semplice e tacchi alti,capelli sciolti e perfetti e trucco immancabile.
Iniziammo il nostro “tour dei locali di N.Y. ” in un locale abbastanza carino,con sfumature tra il bianco e il nero. Mi ritrovai a pensare alla mia situazione e a Joe. Da quanto non mi concedevo un pò di sano divertimento? Da quanto non stavo con un ragazzo solo perchè mi andava? Da quanto non mi sentivo...libera? Da quando Joe era diventato il mio ragazzo. Averlo sempre al mio fianco quando ero a Los Angeles allietava in un qualche modo questa condizione da “prigioniera”. Le sue labbra,i suoi abbracci...tutto quanto rendeva più sopportabile il sacrificio. Ma da quando mi ero trasferita a N.Y. questo legame stava diventando una vera tortura per me,forse perchè ciò che sentivo per Joe non era così profondo e puro come credevo. Perchè infondo io l’ho sempre saputo che non sarebbe mai durata per sempre. Io non ho il bagliore che ha Amy negli occhi quando guarda Nick e le farfalle nel mio stomaco hanno fatto una brutta fine da chissà quanto tempo. Dovevo essere onesta con me stessa e con Joe per il bene di entrambi.
Mi riscossi dai miei pensieri quando una mano si posò sulla mia spalla facendomi voltare.
Sorrisi alla mia amica e mi alzai raggiungendo la pista con loro. Ballai e mi scatenai a tempo di musica lasciando perdere le preoccupazioni e i pensieri,godendomi il momento come non facevo da tempo. Ballai con alcuni ragazzi e con Amy senza pensare agendo solo
d’istinto. Stanchi e un pò assetati ci dirigemmo al bancone dove prendemmo un coctail.
Tornammo a casa verso le quattro stanchi e soddisfatti.
-E io dovrei svegliarmi tra...tre ore?- dissi indignata togliendo le scarpe e abbandonandole
in giro per casa.
-Si dovresti e dovrei anche io-sussurrò Amy dirigendosi in camera.
-Come siamo simpatiche- sbottai fra me e me,afferrando il pigiama e andando a cambiarmi.
Mi stiracchiai e indossai il pigiama,dirigendomi poi a letto. Mi infilai fra le coperte e chiusi gli occhi cercando di non pensare a Joe e a quella stramaledetta situazione. Forse avevo solo bisogno di passare ancora del tempo con lui e le vacanze mi avrebbero sicuramente chiarito le idee e aperto un pò la mente e forse anche il cuore.
Con quella speranza mi lasciai cadere fra le braccia di Morfeo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Buon salve a tutti! Festeggiamo l’ultimo dell’anno con il capitolo più brutto della storia?!?! Si, sto esaurita per Capodanno (Chiara lo sa bene XD) e ho un mal di testa pazzesco, come al solito –.-“

Maggie: ahahah buon anno!! Eh purtoppo è tempo di cambiamenti! Ma vedrai, ci sarà un felici e contenti per tutti, non disperare! Spero che possiamo sentirci prima che finisca il 2009… i miss you baby <3 XD

Julie: TUUUUU brutta *********** e ******** e ancora ******** che non ha voluto copiare il capitoo! Ora vedi, a causa tua non posso fare nient’altro… madò Giù ieri sera mi sono uccisa, ma che c’era dentro quella pizza? Me lo sto ancora chiedendo… –.-“ e poi stasera devo andare là… misà che mi trovi sotto casa tua prima della mezza notte, spero che nessuno si ubriachi!!

Martina: amore da quanto non ci sentiamo? ahaha ma dai, tanto presto ci vediamo di persona! Grazie per la recensione e spero di sentirti presto!

Chiara: non so che scriverti dato che il capitolo l’ho commentato per sms e sai già tutto… sisteeeeeeeer help meeeeeee ti prego!!!!!!! Non so come devo fare!! che ne dici di… ok, jeans NO!! E sappi che non prenderò MAI l’antibiotico col Whisky –.-“

Greta: ormai tornata nel vecchio continente!! MA è possibile che quello dorme sempre? Scimmia…… ah tesò ti chiamo dopo, cioè ti faccio lo squillo! Grazie per la recensione comunque e vedrai che faccio succedere! Alex non è stronza…. ok, dai! Solo un po’!

Ladyme: ahahah infatti teoricamente può, ma non è detto… forse si, forse no…! Non ti resta che seguire per vedere!!
Ada: ahaha ma sai che proprio stamattina stavo per darti per dispersa?! Mi fa piacere che segui anche questa schifezza!! E grazie tante per la recensione…a presto xD

 

Le donne lo sanno che niente è perduto che il cielo è leggero però non è vuoto,le donne lo sanno le donne lo han sempre saputo.

- Ligabue -

 

 

L’unica  cosa che la mattina successiva riuscii a pensare fu che avevo esagerato un po’… ecco, un po’ troppo con l’’alcol. Sbuffai ancora a letto mentre reprimevo uno sbadiglio, poi tirai via le coperte e mi decisi a scendere dal mio piccolo rifugio.

Scesi di sotto, la cucina era fredda e silenziosa e e troppo buia, quando controllai l’orologio mi resi conto di quanto fosse presto, era passata da poco l’alba. Con un alto sbadiglio presi un po’ di caffè e un biscotto al cioccolato, mossa sbagliata. I conati di vomito mi assalirono subito, costringendomi a correre in bagno dove, lo posso giurare, vomitai anche l’anima.

“E che cazzo” borbottai lavandomi la faccia e pulendomi la bocca. Stupidi, stupidi alcolici! Con ancora il viso gocciolante tornai in camera mia, dove mi stesi per qualche secondo cercando di riprendere fiato, poi la sveglia in camera di Alex mi fece notare di aver perso fin troppo tempo e corsi ad aprire la doccia, tuffandomi poi sotto il getto bollente. Con i capelli bagnati infilai un paio di jeans e un maglioncino a collo alto scuro, gli stivaletti e l’orologio, poi tornai in bagno per asciugare i capelli e piastrarli.

“Amy!” urlò la mia amica dal piano di sotto. In fretta afferrai la Neverfull di Vuitton, dono di mia madre per non ricordo cosa, e ci infilai il necessario per la giornata.

“Eccomi eccomi…” dissi in fretta scendendo trafelata le scale. LA mia migliore amica mi sorrise e prese le chiavi della sua auto, poi chiudemmo casa e raggiungemmo l’ascensore.

“Che si fa stasera?” chiesi con un sorriso mentre aggiustavo il fermaglio tra i capelli.

“E che ne so. Nel pomeriggio andiamo a fare un giro con Mandy e Sandra ok?” chiese lei, accese il cellulare e mandò un paio di sms, poi salimmo in auto e partimmo.

 

Un’altra cosa che amavo della nuova scuola era che grazie a lei avevo conosciuto persone davvero fantastiche.

“Principessa!” tuonò Tom, un ragazzone del terzo anno che il primo giorno di scuola mi aveva presa in simpatia, era davvero fantastico, dolcissimo e super forte. Il mio personale Big Rob in pratica.

“Ehy Big!” salutai di rimando facendomi accogliere nel suo abbraccio stritolatore. La prima campana della giornata suonò in quel preciso istante e il mio amicone mi lasciò tornare a respirare quasi normalmente.

“Cos’hai alla prima ora?” chiese lui.

“Ehm… solfeggio, tu?” chiesi a mia volta accendendo il Black Barry, che poco dopo trillò per l’arrivo di un messaggino, indovinate da chi? Esattamente. Risposi e mi voltai verso Big.

“Pianoforte. Pranziamo insieme oggi?”

“Certo!” risposi sorridendo e ricevendo l’ennesimo sms dal mio ragazzo.

“Ah l’amore…” sospirò teatralmente il mio amico, per poi prendermi e catapultarmi verso la mia aula.

 

I miei amici però continuavano a mancarmi terribilmente, dopo che noi ragazze eravamo state ammesse al college a New York i ragazzi avevano accettato di seguire Davon a Toronto, dove si era appena trasferito. Quindi in teoria i Firehouse si erano sciolti, anche se non potevamo fare a meno di sentirci almeno un paio di volte a settimana.

L’ultima campana della mattinata suonò annunciando la fine delle lezioni. Sandra e Mandy mi accompagnarono fino all’uscita da scuola, dove ad aspettarmi c’era Big accanto al suo enorme SUV nero. Con un sospiro di puro sollievo salii in auto ed accesi il cellulare, mentre il mio amicone partiva velocemente verso il messicano.

“Pronto?” chiesi quando poi finalmente arrivò la sua chiamata.

“Amore! Come va?” chiese la voce del mio ragazzo dall’altra parte della cornetta, quel giorno eravamo stati molto fortunata a poterlo sentire dato che i nostri orari erano davvero incompatibili.

“Bene bene… da voi invece?” chiesi a mia volta poggiando, come mio solito, i piedi sul cruscotto.

“eh… diciamo che va” rispose Nick.

“Che è successo?” chiesi allora leggermente spaventata.

“Alex… e Joe” mi disse lui con un sospiro. Ora, contando che riusciamo a sentirci due volte a settimana, quando mi va bene, e solo per pochi minuti, non dovrei perdere il mio tempo, anzi, il NOSTRO tempo a parlare dei rispettivi BFF, giusto?

“E cos’è successo? Racconta!” ecco, per l’appunto.

“E che ne so, stanno sempre a litigare. Oggi di nuovo, lei vuole più spazio, lui è depresso e non mi serve un migliore amico depresso, e lei non ne vuole sapere di fare pace” di sfogò il mio ragazzo. Big intanto frenò dolcemente davanti al ristorante, e dandomi della stupida per aver sprecato tempo mi preparai a concludere la chiamata.

“Ok amore, ora io stacco, ci sentiamo ok?” chiesi con un sospiro.

“Si amore, scappo anch’io che ho un’intervista tra nemmeno un’ora” rispose, con un sospiro gli dissi che lo amavo e misi giù il telefono. Scesi dalla macchina e feci ciao ciao con la manina ad un povero idiota che mi scattò  una fotografia, poi calai gli occhiali da sole ed entrai nel ristorante.

 

“Che poi io non capisco” disse Alex affondando il cucchiaino nel suo caffè con panna.

“Cosa?” le chiese Mandy buttando il suo bicchiere nel cestino.

“Ma come cosa? Vedi quella lì…” rispose la mia amica indicando con il dito una ragazza dall’altro lato della strada poco più grande di noi che accarezzava il suo pancione decisamente incinto.

“E cosa c’è di male?” mi trovai invece a chiedere io.

“E che ne so… dev’essere un inferno però secondo me. La gravidanza…e avere un figlio e… accasarsi, Da brividi!” esclamò facendoci ridere tutte. Io lasciai un ultimo sguardo alla donna, poi scrollai la testa e tornai a dare retta alle mie amiche.

 

Continuammo a camminare parlucchiando del più e del meno, sembrava essere la giornata delle mammine affettuose, a quella ragazza erano passate in rapida successione donne più o meno grandi con bimbi al seguito, carrozzine e ventri eccessivamente grossi, seriamente da brivido.

Mi lasciai andare all’ennesima smorfia di dissenso a quella vista, non riuscivo proprio a concepire come donne tanto giovani potessero anche solo concepire l’idea di avere un figlio e rovinarsi la vita.

Scossi la testa ed entrai con le altre in un negozio di musica, la mia amica si gettò sui vecchi dischi in vinile, James Taylor e altro folk rock mentre le mie amiche raggiunsero i dvd, per scegliere quello da vedere a sera. Io invece… bè, mi avvicinai ai più venduti, dove ovviamente c’era quello del mio ragazzo.

Presi l’album e me lo rigirai tra le mani, aspettando la solita scarica elettrica e le farfalle nello stomaco alla vista del sorriso di Joe, delle sue fossette e dei suoi capelli. Niente, assolutamente niente.

Quasi timorosamente lasciai il cd e raggiunsi la mia amica, che mi prese a braccetto e mi condusse fino al mio SUV che ci avrebbe riportate a casa.

Verrai a LA questo fine settimana vero?” chiese Amy quando finalmente raggiungemmo il nostro appartamento, io mi riscossi e mi stupii da sola della risposta che diedi.

Mi piacerebbe ma non posso… ho un esame da preparare”

Davvero? Non c’entrano le litigate con Joe?” mi chiese lei, se n’era accorta? Wow… allora era davvero un libro aperto.

Ma che scherzi? Davvero non posso venire” le dissi nuovamente. LA mia amica parve crederci e annuendo in maniera impercettibile lasciò il salotto, dove accesi la televisione.

Perchè mi sembrava di impazzire?

Perchè avevo mentito?

E soprattutto… perchè ho appena ignorato una chiamata del mio ragazzo?

 

ANGOLO PUBBLICITA’

ragazzeeeeee non so se si è visto ma questa storia la sto scrivendo la la mia best Julie, che è una scrittrice a dir poco eccezionale! Quindi mi farebbe piacere se andaste a leggere le sue fic e soprattutto “Romeo E Giulietta”

Grazie xD

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


Eccomi eccomi ci sono… bè ragazze, sappiate che sono molto arrabbiata, solo sei recensioni? Sappiate che se la storia non piace io smetto di postarla, non c’è assolutamente problema, anzi, mi togliete pure l’agitazione…

Grazie comunque alle ragazze che hanno commentato e spero vivamente che i commenti aumentino, già per pubblicare questo ce ne è voluto, se la situazione non mi piace io vi saluto, sia chiaro. Non è cattiveria, non fraintendete, ma un qualsiasi autore si sente gratificato quando riceve un commento, ed io non faccio eccezione.

QUESTO CAPITOLO E’ DIDICATO A GIOVANNI, NICOLA E FRANCESCO. VI PORTEREMO SEMPRE NEL CUORE <3

Amare non vuol dire impossessarsi di un altro per arricchire

se stesso, bensì donarsi ad un altro per arricchirlo.»
-M.  Quoist-

 

Tornai a casa distrutta. L’univesità mi spossava letteralmente. Vidi sul divano in soggiorno un cardigan di Amy e sorrisi mentre facevo una smorfia.

Ultimamente Amy era molto strana. Alternava momenti di euforia a lunghi silenzi e fissava spesso il pavimento come se fosse tutta persa nei suoi pensieri. In un certo senso era confortante sapere di non essere l’unica strana. Ricordai di dover chiamare Joe mentre giocavo con l’invito al party esclusivo di Penny a cui,probabilmente, non sarei andata per compiacere quel capellone del mio ragazzo. Repressi un urletto rabbioso,pensandoci. Ormai non potevo fare più nulla o il mio caro ragazzo andava su tutte le furie. Discorso che mi ricollegava ai miei spazi pressoché inesistenti. Acciuffai il cellulare e lo chiamai.

-Piccola!- esordì contento.

-Ciao Joe,come stai?- chiesi dolcemente. Seguì un breve scambio di smielosi convenevoli.

-Che stavi facendo?- mi chiese con voce triste. Mi sentivo dannatamente in colpa. Era sempre giù di morale da quando gli avevo detto del mio finto esame,motivo per il quale non sarei potuta andare a Los Angeles con Amy.

-Nulla di che,leggevo un invito per una festa- risposi,vagamente.
-Oh- rispose a bassa voce –E tu non ci andrai,vero?- mi disse fintamente speranzoso.

-Spiegami perché non dovrei andarci- dissi iniziando ad innervosirmi.

-Perché lo sai che sono geloso e ho paura!- disse cercando,invano,di farmi calmare.

-E con ciò? Io voglio andarci a quella festa!- risposi prontamente,quasi urlando.

In realtà non avevo nessuna voglia di andare alla festa ma era diventata una specie di dimostrazione di forza e indipendenza.

-Tu non puoi farmi questo,amore- feci una smorfia al suono di quella parola.

-Certo che posso,Joseph. E’ la mia vita,cazzo! Ho 17 anni e voglio divertirmi come gli altri ragazzi della mia età. Andrò a quella festa fosse l’ultima cosa che faccio- gli urlai contro,adirata.

-Bene,benissimo! Le mie opinioni non contano più nulla per te?- Disse ferito.

-No,non contano un emerito cazzo! E’ la mia libertà quella in gioco! Adesso scusa ma devo andare a prepararmi. Ciao Joe,a domani- e riattaccai subito,prima che potesse parlare e prima che altri sensi di colpa mi assalissero.

Mi diressi in bagno immaginando Joe seduto sul suo letto che fissava il cellulare arrabbiato e amareggiato.

Mi dispiaceva umanamente per lui ma non provavo nessun dispiacere legato alla sfera sentimentale. Afferrai un tubino nero e dei tacchi a spillo,filando in bagno ed evitando accuratamente Amy.

 

 

“Alex!” urlai battendo forte le mani sulla porta del bagno.

“Eccomi, eccomi” rispose lei aprendo finalmente la porta, dopo quasi un’ora e mezza che ci era segregata dentro. La guardai bene stringendo le mani al petto.

“Dov’è che stai andando?” le chiesi. Indossava un abitino nero con un paio di tacchi a spillo dello stesso colore, i capelli ricci piastrati e un fermaglio che li fermava, stava… uscendo?

“Ad una festa, te l’ho chiesto se volevi venire e ovviamente hai detto no” rispose lei passandoni un po’ di lip gloss sulle labbra e sorridendomi, io rimasi a guardarla prendere la borsetta e infilarci dentro borsa, chiavi e cellulare.

“Io esco! Non mi aspettare in piedi” mi salutò con un un bacio volante. Aspettai che chiudesse la porta e mi preparai per la serata. Feci la doccia, indossai un pantalone di tuta e una maglia a maniche lunghe leggera, asciugai i capelli lasciandoli mossi sulle spalle, anche se dopo nemmeno trenta secondi optai per una cosa di cavallo alta, poi presi un film dalla nostra piccola “collezione” e azionai il dvd, stringendomi nella felpa che avevo indossato sopra la magliettina. Ovviamente la sua felpa.

La mattina dopo mi alzai a letto. Come ci ero finita? Sentii Alex che dormiva nella stanza affianco e sorrisi al so gesto, poi un’altra scarica di nausea mi costrinse ad alzarmi dal letto. Lavai faccia e denti, bevvi un bicchiere d’acqua e indossai un jeans ed un maglione, poi il cappotto e presi la borsa. Quel giorno era sabato, mancavano sette ore al mio volo per Los Angeles e dovevo prendere le ultime cose per il viaggio, senza contare che andava fatta la spesa per la settimana successiva ed era il mio turno, e che dovevo prendere un regalino alla piccola Cecilia che avrebbe compiuto nove anni domenica.

“Salve” salutai quando entrai nel piccolo supermercato che frequentavamo io e Alex, la commessa annoiata mi fece un cenno con la mani, mentre le casalinghe continuavano a svolgere le loro normali attività, quali spettegolare e dare retta ai marmo. marmocchietti che piangevano.

Tolsi gli occhiali da sole e li misi in borsa, da dove sfilai un foglio a quadrettini con su scritta la lita della spesa in due grafie diverse. Cominciai a prendere il pane, segnato da Alex, la cioccolata, segnata da me, pasta, carne e biscotti, poi uno spazzolino nuovo per me, il dentifricio finito e anche un prodotto per la casa.

Poi ancora un quaderno ad Alex, un pacco di bicchieri di plastica e delle mentine per me. Voltai il foglio e misi in carrello cereali, latte, caffè in polvere e assorbenti senza ali. Ma la scrittura non era la mia.

Presi il cellulare e andai nella agenda. Si, martedì: prendere pasticche per il mal di pacia. Uguale: ciclo mestruale. Ed ora era sabato. Quindi avevo un ritardo di quattro giorni.

Nulla di grave.

Nulla di grave.

Infiali nel carrello anche quell’articolo e feci qualche passo per prendere acqua e aranciata, però mi fermai. Un attimo, martedì… OHMIODIO.

Non ho un ritardo di quattro giorni, bensì di due settimane, cosa mai successa.

“Stramaledetto stress…” borbottai cercando di fermare i brividi. Mi appoggiai al carrello e respirai forte. Non è minimamente possibile, voglio dire. Ci sono coppie che ci provano anni ed anni ad avere figli senza riuscirci, che c’ha in corpo quel dannatissimo ragazzo?

Non è possibile, mi ripetei mentalmente per l’ennesima volta. Pagai la merce e portai i sacchetti fori fino alla macchina. Con uno scatto aprii lo sportello posteriore, infilai le buste e ripresi gli occhiali da sole, cercando di non pensare a… a…

Con uno scatto scesi dall’auto prendendo al volo la borsa e le chiavi, la chiusi e cominciai a correre, fregandomene della gente che mi guardava e di qualche eventuale fotografo. Quando arrivai davanti al posto che mi interessava mi bloccai e feci un respiro profondo, aggiustando i capelli.

“Ok…” mormorai prima di entrare nella farmacia, facendo trillare il campanello. Tante persone stavano davanti al bancone dove una commessa col camice bianco serviva i clienti, con un sorriso sulle labbra. Gironzolai un po’ per il negozio, testai una crema per le mani e presi una confezione di aspirine, poi quando finalmente il bancone si fu liberato mi avvicinai cauta.

“Salve” salutò la voce della donna che sorrideva.

“Salve” risposi poggiando poi la confezione di aspirine sul banco.

“Solo queste?” chiese lei. Eh…

“Mhm… no, mi servirebbe anche… un testdigravidanza” dissi tutto insieme, sicura che non mi avesse compresa.

“Come scusi?” chiese nuovamente la donna avvicinandosi a me.

“Un test di gravidanza” ripetei con più calma ma quasi sussurrando. La donna mi guardò un istante, aspettando che continuassi.

“E come lo vuole?” mi chiese.

“Cosa?” chiesi, stavolta ero io quella confusa.

“Bè, ne abbiamo di diversi tipi, c’è quello che…” cominciò, ma a me non interessava sapere tutto.

“Voglio uno che mi dica se sono… bè…” la interruppi. Lei mi squadrò un attimo, poi l’agitazione nei miei occhi le fece dare una mossa. Prese una scatolina blu e me la mise sotto gli occhi, spiegandomi come funzionava.

“Va bene” risposi alla fine, pagai quella e le aspirine e uscii in fretta dal locale, salutando con un semplice “arrivederci”. Tornai con più calma alla macchina, agitatissima e col cervello che mi urlava “stupida, stupida, stupida!” era ovvio che non potesse essere così, voglio dire. Con un sospiro tranquillo misi in moto e corsi a casa a preparare la valigia. La scatolina la poggiai sul comodino di fianco al letto, che mi guardava mentre riponevo jeans, gonne, magliette e quant’altro nella enorme valigia. Avevo preso un orsacchiotto di pezza per la piccola Kim, la figlia naturale di Kevin, e il mio fidanzato mi aveva avvisato di non prendere nulla a Cecilia, ci aveva pensato lui. Meglio, preparai un cambio e aprii l’acqua sotto la doccia, mi lavai e poi mi sedetti ancora in accappatoio sul lavandino del bagno, con quella stupida ed inutile scatoletta in mano.

“Bene, facciamo sta cazzata” mormorai aprendo la confezione.

Le valige erano pronte, Alex si era appena alzata e stava studiando nel salotto.

“Hai preso tutto?” mi chiese per l’ennesima volta la mia amica senza staccare gli occhi dal libro.

“Si, si, non mi mettere l’ansia” le risposi prendendo la giacca e la borsa, Alex rise e venne a salutarmi.

”Fai la brava” le dissi, ridendo rispose un “anche tu” e tornò a studiare. Uscii di casa e raggiunsi il taxi che mi aspettava di sotto, caricai la valigia nel cofano e mi misi comoda, dando all’autista destinazione aereo porto.

“Subito signorina!” rispose lui con un sorrisone. Io ricambiai e presi l’ipod dalla borsa, sfiornado la scatoletta blu contenente il test, che non avevo avuto il coraggio di aprire.

 

Angolino pubblicità!

Salve ragazze! Per questa settimana dedico l’angolino pubblicità alle storie della mia migliore amica damned_girl, le farebbe davvero piacere ricevere qualche recensione per le sue storie, che sono davvero bellissime, credetemi!

Bacio!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Questo capitolo riguarderà solo la coppia Nick&Amy, il prossimo solo Joe&Alex ^^

Julie: sta montata, ma vit nu pecch… (pure ciarella mi fai diventare XD) vabbè, alla fine UN PO’ è vero, grazie a te Alex e Joe hanno finalmente un senso… XD Ora scappo, che devo trovare una… non te lo dico, lo scopri il 31 ù_ù t’alloyou!

Martina: mamma mia tesoro, nemmeno io credo di poter attendere oltre, sarà fantastico!! Eh vedrai vedrai che facciamo succedere a Joe e Alex (ti anticipo solo che Julie odia Alex, quindi… ^^) spero che ti piaccia anche questo capitolo!

Donatella: sei sempre la solita! Ahahah questo non lo consci, anche perchè l’ho scritto quaranta secondi prima di postarlo! spero ti piaccia ugualmente! ps. scusa se non mi sono fatta più sentire ma (indovina un po’ XD) ho finito gli sms –.-

Sweetness: amore mio! E la tua adorata mammina che mi avete letteralmente salvata dalla crisi incontro diabetico! Ma io ti amo!!! LoL ti aspetto su Skype (spero) finisci preeeeeeesto, ti voglio bene <3

Sarettajb: ahahah quante convinzioni! E chi lo sà! vedremo, e vedrai anche tu se continuerai a seguire la storia ^^ un bacio XD

Stella: amore, domani metti la foto su facebook veeeeeeeeeeeeeeeeero?!?!? XD eh si, test di gravidanza, ma vedrai! Continua a seguire, un bacione ti voglio bene ^^

_NeSsIe_95_: ahah mi fa piacere che la storia ti piaccia, e mi ha fatto piacere anche la e-mail che mi hai inviato ^^ spero che continuerai a seguire la storia, un bacio ^^

Socia: giuro che mi dispiace, ho finito i messaggi (l’ultimo l’ho pure pagato!)  spero tu stia meglio, la mia socia ingessata ç_ç e vabbè, ora  col tuo fratellone che ti cura passa tutto no?!?! (Non mi uccidere ti preeeeeeeeeego!!) vi adoro ragazzi!

Sister: amore stasera non sono proprio in vena, soprattutto dopo aver quasi rotto la sorellanza, solo per una stupida scommessa… e che vuoi che sia!!! Vabbè, ti saluto che più scrivo recensioni meno scrivo il capitolo! ti amo amoreeeeeee <3

 

Dedica doppia anche in questo capitolo: Alla mia sweetness Meggie_Lullaby per l’ultima divertentissima settimana!! E per i nuovi progetti pazzoidi ^^

A Gabriel che non si farà frate (meno male, quanto ben di dio sprecato senò!) che è finalmente tornato nel mondo civilizzato!

 

 

Non ero stronza, non ero stronza. Non sapevo nemmeno di essere tanto capace di recitare, voglio dire, come si fa a non correre incontro al proprio bellissimo e fighissimo ragazzo dopo quasi due mesi che non lo vedi? Ho sempre avuto qualche potere extra, e in quel momento ne avevo la conferma.

Scesi dall’aereo e indossai gli occhiali da sole, finalmente sentivo nuovamente i raggi del sole sul mio viso.

Con un sorriso presi la valigia e mi avviai verso l’uscita, ben consapevole del fatto che il MIO bellissimo e fighissimo ragazzo sopracitato mi faceva segno con la mano urlando il mio nome, io con un mezzo sorriso sulle labbra continuai a camminare, sapendo che prima avrebbe urlato ancora un po’, poi avrebbe alzato gli occhi annoiato e poi finalmente si sarebbe deciso a rincorrermi per l’aereo porto.

Ribadisco: non sono una stronza, che male c’è a voler rendere il mio ritorno un po’ più divertente?!

Continuai a camminare spedita, uscii dal quel luogo infernale pieno di mocciosi urlanti e vocine metalliche che si mettevano nella testa.

Il mio ragazzo (seguito da un omone biondo) continuò a correre nella mia direzione, schivando famiglie che partivano in vacanza e uomini in cravatta, continuando ad urlare il mio nome.

“Amy! Amalia!” urlò ancora. All’esterno dell’aereo porto c’era lo spazio dove prendere il taxi, se me lo lasciava prendere lo avrei ucciso sicuramente, dove mi fermai ad attendere la macchina gialla che mi avrebbe riportato a casa. L’auto comparve, alzai una mano come per fermarla ma una mano si posò sulla mia spalla.

“Si è persa signorina?” chiese la SUA voce, io senza parlare (non avrei retto il gioco) scossi la testa, intanto il taxi parcheggiava.

“L’accompagno io a casa” continuò Nick, cercando di riprendere fiato.

“Mi scusi signore, ma il mio fidanzato è un tipo molto geloso. Non credo approverebbe” risposi sicura, nascondendo una risata.

Nemmeno finii di parlare però perché le sue mani si strinsero intorno ai miei fianchi e mi costrinsero a girarmi, trovandomi spiaccicata contro il suo petto.

“Il suo fidanzato ora non c’è però” rispose Nick sorridendo malizioso.

Ed eccolo. Ora alzi la mano chi resisterebbe a quel sorriso, avanti! Esattamente. Senza pensarci due volte mi gettai tra le sue braccia, respirando il suo profumo, mentre lui mi faceva volare in aria, ridendo.

“Quanto mi sei mancato” mormorai prima di baciarlo, stupendomi per l’ennesima volta di quanto le sue labbra fossero perfette.

“Anche tu” rispose Nick sulle mie labbra, senza smettere di posare tanti baci sul mio viso. Sulle mie labbra, collo, guance, fronte. Ridendo lo stringevo a me, beandomi del suo profumo.

Dopo non so quanto tempo, forse minuti, forse un paio d’ore, finalmente decidemmo di metterci in auto e raggiungere casa di Kevin, dove tutti stavano festeggiando il compleanno della piccola Cecilia.

Poggiai i piedi sul cruscotto come mio solito beccandomi l’occhiataccia dal proprietario del mezzo.

“Amy…” cominciò, zittito però da un mio bacio, contornato da moine che proprio non mi si addicevano. Il viaggio durò più di venti minuti, parlammo della mia scuola e del suo lavoro, poi crollai addormentata piegando la testa di lato, so solo che quando mi svegliai avevo la sua giacca a coprirmi.

“Siamo arrivati” disse Nick aprendo la portiera, tolsi la giacca e la rimisi a posto con cura, aprii lo specchietto e misi in ordine – o almeno ci provai – i capelli, poi scesi dall’auto e presi la mano di Nick, che mi scortò dentro.

“Zia!” urlò Cecilia rincorsa da un nugolo di amichette, correndo verso di me. La presi al volo e le stampai un bacio sulla fronte, esclamando un “Buon compleanno peste!”. Cecilia ridendo mi abbracciò e mi ingraziò del regalo, a cui aveva pensato però Nick.

“Davvero è fantastico, è bellissimo!” esclamò infervorata “la mia nuova console della Wii è la cosa più bella del mondo!” Guardai Nick che mi sorrise a mo’ di scusa e mi abbracciò alla spalle, poggiando il mento sulla mia spalla.

“E allo zio invece?” chiese facendo il faccino. Cecilia rise e gli stampò un bacio sulla guancia e il mio ragazzo sorrise soddisfatto. Dopo un giro veloce di saluti a tutti i presenti e dopo essermi intrattenuta a parlare con la padrona di casa, Danielle, finalmente mi dedicai alla piccola Kim, che giocava nel box con tantissime bambole. Aveva da poco imparato a dire le sue prime parole e non faceva altro che ripetere “mamma” e “papà”.

“Amore” le sorrisi prendendola in braccio, lei rispose al mio sorriso e mi strinse le braccine al collo “lo vuoi un regalo?” chiesi, la piccola mi guardò senza capire e le diedi il pacchetto.

“Si!” urlò eccitata, mentre la sorellina ci raggiungeva.

“Cosa fate?” chiese riprendendo fiato.

“Nulla amore, torna a giocare” le risposi sorridendo, lei scosse la testa e prese il pacchetto dalle mani della sorellina, aprendolo.

“Che bello zia” disse dando il peluche a Kim e posandole un bacio sulla fronte.

“Mio” disse la bambina abbracciando il giocattolo.

Tornammo alla festicciola, dove recuperai un po’ del tempo perso con Nick sotto lo sguardo divertito-schifato di Cecilia.

“Che hai tu da guardare?” le chiese lo zio buttandole un cuscino dietro. Ridendo scossi la testa e mi guardai intorno, ricordando solo in quel momento dell’assenza di Joe. Quando chiesi spiegazioni Nick sorrise divertito.

“Sarà sull’aereo a quest’ora, voleva rivedere Alex e quindi…” disse come spiegazione. Che dolce! E lei si comportava così male nei suoi confronti, io non la capivo.

“Wow, è davvero innamorato allora” risposi, Nick annuì e mi strinse a sè.

“bene, abbiamo fatto anche troppa presenza, andiamo via ora?” mi chiese all’orecchio, facendomi rabbrividire e arrossire allo stesso tempo, ricordando la notte al mare.

“Va bene” risposi, dopo un nuovo giro di saluti e un nuovo abbraccio da orso a Cecilia, finalmente uscimmo di casa. Scesi gli scalini respirando l’aria pulita della campagna, trovandomi però d’un tratto contro il petto di Nick.

“Ti amo” mi disse fissandomi negli occhi.

“Anch’io” risposi, poi lo baciai dolcemente ed intrecciai le dita della mani alle sue.

“Torniamo a casa?” chiese. Annuii e salimmo in auto.

 

Sarei ripartita dopo tre giorni, e stavo male solo all’idea, anche se facevo di tutto pur di dimenticare questo particolare. Passammo tutto il tempo insieme. La mattina facevamo colazione e andavamo in spiaggia, il pomeriggio a casa oppure al parco, o a fare shopping, la sera invece ci facevamo le coccole, o uscivamo per locali.

“Amore ho perso la felpa!” urlai quasi in preda alla disperazione. Non potevo cambiarmi se no! Indossavo un jeans e una magliettina a mezze maniche converse ai piedi e capelli legati, mentre cercavo disperatamente la mia felpa.

Nick entrò nella camera dell’appartamento con indosso una maglia a mezze maniche bianca sopra il jeans, chiaramente si stava cambiando anche lui. Erano le cinque e mezzo del pomeriggio e stavamo preparandoci per una passeggiata e una serata al cinema.

Senza parlare venne verso di me e alzò il cuscino buttato sul letto tirando fuori la felpa.

“Oh” dissi con u sorriso imbarazzato. Sempre senza parlare Nick scosse la testa esasperato e mi baciò a stampo, cercando di non far cadere gli occhiali da vista che indossava, e che gli davano un’aria maledettamente sexy. Reprimendo i bollenti spiriti indossai il maglioncino scuro e aggiustai la coda di cavallo, poi preparai la borsa.

“Amore vai tu?” chiese Nick dal bagno, il suo cellulare aveva preso a squillare insistentemente e a quanto pareva lui non poteva proprio rispondere.

“Pronto?” chiesi, seguì un breve scambio di battute tra me e il suo amico Dean, un tipo troppo simpatico che faceva sempre il cascamorto con tutte, ma che aveva un gran cuore.

“VA bene, si tranquillo! Ok dai, un bacio” dissi ridendo e misi giù.

“Nick corri che il film sta iniziando, guai a te se mi fai perdere l’inizio!” urlai sedendomi in salotto e accendendo il televisore. Nick comparve dopo nemmeno dieci secondi, vestito con jeans, maglioncino e occhiali da vista che io adoravo alla follia, mettendo il cappellino e la giacca.

“Dai andiamo” disse sorridendo, infilai la giacca e mi guardai intorno.

“Dov’è che l’ho messa la borsa?” chiese continuando a guardarmi intorno. Nick rise e corse in camera da letto, mentre io ancora ridevo. Aspettai dieci secondi, quindici, mezzo minuto.

“Nick?” chiesi raggiungendolo in camera. Oh Mio Dio.

Avevo completamente dimenticato, completamente. La borsa era buttata per terra, le varie cianfrusaglie che mi portavo dietro sparse per terra. E la scatoletta tra le sue mani.

“Cos’è?” chiese atono.

“Nick io…”

“Sei incinta?” chiese nuovamente.

“Oh, ma chi ti da il diritto di mettere le mani nella mia borsa? E poi sono affari miei” dissi inviperita.

“No bella mia. Se aspetti un bambino sono cazzi amari anche per me” rispose lapidario.

“Ti vuoi calmare?” chiesi, vedendo che stava assumendo una strana tonalità in viso. Gli occhiali da vista quasi non si vedevano per quanto era diventato paonazzo il viso.

“Rispondi solo ad una domanda”

“Avanti” concessi, girandomi a guardare fuori dalla finestra.

“C’è la possibilità che tu… aspetti un bambino?” chiese quasi in un sussurro. Cercai di trovare le parole giuste per dirglielo ma non ci riuscii.

“Probabilmente.. si, forse sono incinta” dissi” tutto mi aspettavo, tranne quello che successe. Sentii un tonfo alle mie spalle e mi girai preoccupata. Nick giaceva a terra svenuto, ancora con la scatoletta tra le mani.

“Femminuccia” mormorai prendendo le chiavi della macchina e la scatoletta, uscii di casa e salii in auto, cominciando a guidare verso un luogo che mi facesse dimenticare tutto.

 

Il capitolo è schifosamente corto e schifosamente schifoso. Lo so, lo so. Spero comunque che vogliate lasciarmi ugualmente qualche commento ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


Care lettrici di Pia e Julie's magazine...xD Mannò ragazze scherzo! Come avrete capito dalla "divertente" prefazione sono Julie e questo capitolo è interamente scritto dalla sottoscritta. Questo è un capitolo chiave visto che ci saranno alcuni cambiamenti e,come ha anticipato la socia, è tutto incentrato su Joe e Alex.

Vi lascio alla vostra lettura,giovani e aitanti scrittrici in erba!

Puahahaha lo so,non sto molto bene xD Vi lascio veramente alla vostra lettura,un bacio e ricordatevi di lasciare una recensione.

 

 

And love is just a game we lost.

“Nick Jonas”

 

 

Sorrisi allegramente osservando il vasto panorama di New York che si estendeva sotto di me.

Adoravo volare,mi dava una strana sensazione di potenza vedere il mondo praticamente ai miei piedi.

Pensai a quanto essere un Jonas Brothers comportasse molta fatica ,ovviamente, ma c’erano anche dei privilegi non indifferenti legati al ruolo che ricoprivo da circa cinque anni.

Uno dei tanti aspetti positivi era un bellissimo jet privato che riusciva a portare a termine tratte abbastanza lunghe,del tipo Los Angeles – New York in mezzora.

Sorrisi soddisfatto allacciando la cintura e tenendomi stretto al sedile. Devo confessarvi che gli atterraggi mi piacciono leggermente meno rispetto al concetto di volo che ho espresso poco prima.

Poco dopo l’hostess mi annunciò che eravamo arrivati e che potevo slacciare la cintura e scendere a ritirare i bagagli.

Indossai la giacca e gli occhiali da sole e scesi allegramente,ritirai la mia valigia e mi diressi contento verso la fermata dei taxi.

Ero a dir poco su di giri,a breve avrei rivisto la mia Alex,l’avrei abbracciata forte e mi sarei fatto perdonare tutte le inutili liti che ormai caratterizzavano le nostre non più lunghe conversazioni. Mi era molto mancata. I suoi dolci sorrisi,il suo viso furbo e bellissimo,le sue critiche e la sua ironia pungente. I baci,le carezze,i sorrisi…erano tutti aspetti della nostra relazione che mi mancavano più che mai.

Mi lasciai andare ai miei pensieri mentre il taxi mi portava verso casa sua. Ero riuscito ad estorcere il loro indirizzo ad Amy e mi ricordai di comprarle un pensierino in segno di ringraziamento ed eterna gratitudine.

Ridacchiai fra me e me iniziando a immaginare l’espressione di stupore e forse anche un po’ di rabbia,che presto si sarebbe dipinta sul volto della mia ragazza.

Continuai a sghignazzare felice mentre la città che non dorme mai scorreva fuori dal finestrino.

Ero stato costretto a partire nel tardo pomeriggio a causa di un impegno improvviso della band ma fortunatamente ero riuscito ad arrivare in orario diciamo…accettabile.

Pensai che,se dovevo realmente sorprenderla, dovevo fare le cose in grande in stile Jonas.

Passai più o meno tutta la sera alla ricerca dei fiori giusti e della collana perfetta.

Tra le mille pietre che il gioielliere mi mostrò non seppi quale scegliere e iniziai ad andare nel pallone. Presi il cellulare e chiamai prontamente Amy e dal verso infastidito di Nick capì probabilmente di averli interrotti.

“Amy,quale pietra preziosa potrebbe risaltare il bel viso di Alex?” chiesi in prenda al panico.

Amy ridacchio “Prova con il topazio,penso che le piacerà” rispose bonariamente.

“Oh grazie mille,ti devo due favori cognatina! Adesso ti lascio a quella sanguisuga di mio fratello,un bacione” riattaccai e scelsi il topazio.

Ovviamente per comprare qualcosa che fosse anche minimamente degno del suo candidissimo collo scelsi la collana più costosa che il commesso mi presentò.

Era veramente bella. Sorrisi pensando che forse,non era abbastanza bella per reggere il confronto con la bellezza di Alex.

Preparai tutto con minuzia stando attento ad ogni particolare,anche il più piccolo ed insignificante.

Doveva essere tutto assolutamente perfetto. Ma si sa che le cose non vanno mai come desideriamo.

Alla fine della mia estenuante pianificazione perfetta mi resi conto di quanto si fosse fatto tardi. Era quasi mezzanotte e venti. Dovevo sbrigarmi o Alex sarebbe andata a dormire e a quel punto nemmeno le cannonate delle dieci avrebbero potuto fare qualcosa per svegliarla.

Chiamai un taxi e lo pregai di fare il più in fretta possibile. Pagai la mia corsa,non ricordo nemmeno quanti soldi lasciai sul sedile, e corsi a perdifiato fino a casa sua. Suonai ripetutamente ma non udì i passi pesanti e poco graziosi di Alex.

Avranno avuto una chiave di riserva da qualche parte,no? Così presi il telefono e chiamai nuovamente Amy.

“Shh non parlare,sono a quota tre,lo so. Avete una chiave di riserva? Alex probabilmente sta dormendo e non mi ha sentito.” Dissi velocemente.

“Ci credo che sta dormendo,è l’una e mezza cretino!” urlò mio fratello. Probabilmente li avevo svegliati. Sentì Amy che lo zittiva con un verso e sorrisi mentre si rivolgeva a me.
“Dovrai sporcarti le mani,è quella specie di foglia sintetica mimetizzata nel vaso. Lo so,sono un genio non devi nemmeno dirmelo” disse orgogliosa.

“Grazie ancora,Amy, ti voglio bene” riattaccai e cercai la chiave. Dovetti ammettere che la loro trovata per mimetizzare la chiave era veramente ingegnosa.

La trovai,mi pulii le mani e aprì velocemente la porta. Entrai cercando di non far rumore.

Trovai sparsi per terra i tacchi vertiginosi di Alex e il suo vestito. Realizzai tristemente che era davvero andata alla festa. Scossi il capo quasi a voler cancellare quei pensieri e in punta di piedi mi diressi verso il piano superiore. Verso la metà del corridoio che portava alle loro stanza mi resi conto di non aver prestato attenzione ad un rumore di fondo che mi aveva accompagnato per quasi tutto il tragitto percorso dalle scale fino a li e più mi avvicinavo alla stanza di Alex più questo rumore si faceva forte e distinto. Erano mugolii. Strinsi la mascella cercando di razionalizzare. Non dovevo lasciarmi andare alla fantasia ma i rumori che udivo erano poco rassicuranti. Aprì con cautela la porta della sua stanza e la scena che si presentò davanti ai miei occhi fu a dir poco raccapricciante.

Alex e un altro ragazzo più o meno della sua età,se non più grande di lei, aggrovigliati fra le lenzuola e nudi come due vermi che facevano sesso e sembravano anche piuttosto soddisfatti.

Sentii distintamente una strana rabbia assalirmi. Lo scatolo di Cartier mi cadde di mano così come i fiori.

“E così era questo il tuo esame…che troia” dissi con ribrezzo “Mi fai veramente schifo Alexandra”

Solo a quel punto sembrarono accorgersi della mia presenza e si fermarono.
Alexandra sgranò gli occhi e si coprì immediatamente con il lenzuolo guardandomi persa.

“Joe io…” non provò nemmeno a discolparsi e abbassò lo sguardo.

Solo allora mi resi conto che,da parte sua, la nostra relazione era finita da molto,molto tempo.

“I ricordini qui per terra sono per te” mormorai con disgusto,uscendo velocemente dalla sua stanza.

Uscì da casa sua sentendomi realmente distrutto. Io ero un uomo distrutto. Una goccia di pioggia mi sfiorò il viso. Non chiamai nemmeno un taxi,avvertì solo il mio jet del cambio di programma: sarei partito adesso.

Continuai a camminare sotto la pioggia mentre le lacrime amare che non ero riuscito a fermare si confondevano alle gocce di pioggia che mi sfioravano il viso.

Era successo tutto così velocemente che forse non razionalizzai nemmeno molto bene la faccenda.

La rabbia prese il sopravvento e mi resi conto di odiare Alex per quello che mi aveva fatto.

Tutti i bei progetti,tutti i bei sentimenti e tutte le belle parole che avevo sprecato con lei mi si ritorsero contro abbattendosi su di me con forza.

Si,ero decisamente un uomo distrutto. Arrivai poco dopo all’aereo porto ormai fradicio e stanco.

Non avevo nemmeno più lacrime da versare,ormai. Salì sul mio jet e non calcolai minimamente i consigli amorevoli della hostess che mi consigliava di asciugarmi e coprirmi con una coperta calda. Per poco non la mandai a quel paese quando mi portò una cioccolata calda che nessuno le aveva richiesto.

“Ma si faccia gli affari suoi” risposi congedandola malamente.

Mi ero lasciato distruggere da una diciassettenne impertinente e acida priva di ogni senso di tatto o di ogni senso del pudore e della bontà.

Mi ritrovai a chiedermi cosa mi avesse fatto innamorare di lei e inspiegabilmente non riuscì a darmi una risposta.

Scossi il capo chiudendo gli occhi per evitare che altre lacrime si beffassero di me.

Atterrammo non molto tempo dopo,il pilota fu abbastanza cauto visto che era notte inoltrata.

Chiamai un taxi e tornai a casa,distrutto. La cosa che mi faceva sentire peggio era la strana rabbia che si era impossessata di me.

Dovevo canalizzare quella rabbia … mi sarei iscritto in palestra.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


Ok, ok avete ragione, siamo sparite per una settimana intera, ma comunque penso si sia capito che cercheremo di aggiornare nel fine settimana quando la scuola da un po’ di tregua. Teniamo a ringraziare in maniera speciale le sette persone che hanno lasciato un commento nell’ultimo capitolo, e anche le sette del precedente. Purtroppo oggi non possiamo rispondervi ad una ad una (se no non aggiorneremmo più XD) ma ci rifaremo nel prossimo ^^

 

 

Come la corda sta all'arco, così la donna sta all'uomo; benché essa lo pieghi gli obbedisce, benché essa lo guidi lo segue: ciascuno inutile senza l'altro.
- H.W. Longfellow -


Guidai per non so quanto tempo cercando di riordinare i pensieri. non mi aspettavo che potesse andare così. Ok, poteva avere una reazione violenta, è un’artista ed è sensibile ma svenire cos non ha assolutamente senso.

Che poi quella terrorizzata dovrei essere io. E’ mai possibile che abbia diciotto anni da nemmeno quattro mesi e già sono (probabilmente) incinta? Vi dico io cos’è questa: sfiga.

Continuai a guidare, seguendo solo il mio istinto, forse mi sarei trovata in Canada, o a Cuba, dipendeva dalla direzione che avevo preso.

Come mi sentivo? Delusa, profondamente delusa dal comportamento di quello che si presume sia l’uomo della situazione. Uomo che è svenuto quando ha scoperto che probabilmente diventerà padre. Lasciamo stare.

Quando mi fermai era ormai notte inoltrata, ero in una spiaggia e quasi istintivamente sentii che quello era il nostro posto speciale, del nostro primo bacio, della nostra prima lite, della nostra … prima volta. Scesi dall’auto e senza chiuderla cominciai a camminare nella sabbia, liberandomi delle scarpe e rimanendo a piedi nudi.

Poco più in fondo c’era una casetta, di quelle che venivano usate dai bagnini d’estate. Era tutta bianca e completamente deserta. Bene, arrivai e mi sedetti, con la schiena appoggiata contro la parete li legno dipinta e le gambe vicine al petto, per cercare di battere il freddo dovuto alla mia intelligenza di aver lasciato la giacca a casa. Idiota che sono.

Rimasi a contemplare il mare, la borsa era da qualche parte, forse a casa, forse in auto, come il cellulare e qualsiasi altra forma di contatto con il resto del mondo.

Probabilmente quando si sarebbe svegliato (se mai si sarebbe svegliato, ovviamente) avrebbe potuto pensare che fossi lì e venire a cercarmi, ma io non avevo voglia di parlargli, di starlo a sentire e magari di perdonarlo anche. Volevo rimanere soltanto da sola, con i miei pensieri e le mie manie assassine.

Chiamare Alex? Nemmeno se ne parla, è notte fonda adesso e considerato il fuso … non se lo merita, è una così brava ragazza. chissà, magari ora sarà con Joe a sparare carinerie.

Poggiai la testa contro la parete e cercai di coprire i piedi, pentendomi per un istante di aver lasciato le scarpe, dovrei andare a riprenderle … Anzi no, chiusi gli occhi e cominciai a cantare una canzoncina, di quelle che mi cantava la tata quand’ero piccola per farmi calmare dopo una caduta o un rimprovero a scuola.

Dopo nemmeno dieci secondi riuscii a calmarmi, a non pensare ai cento uno modi per uccidere Nicholas, continuando a ripetermi che effettivamente era un bravo ragazzo, anche se era appena svenuto dopo aver saputo di suo figlio.

O figlia certo. E se fosse nato davvero? Una bella bambina, o un forte maschietto. Magari non sarebbe stato così male,

certo, nessuna famiglia del Mulino Bianco, ma nemmeno qualcosa da buttare. In fondo io il genitore non lo so fare ma nessuno nasce onnisciente.

Pensai alla prospettiva di vivere con un’altra persona, di avere una pancia di quelle astronomiche, di avere voglia di gelato al broccolo alle tre del mattino. Risi all’idea di Nicholas in gire per la città a cercarmelo.

Vidi nella mia testa l’immagine di un bambino, con i suoi occhi, o magari azzurri, come quelli dei miei genitori, chissà … Rimasi a contemplare il mio futuro, fino a quando non sentii un’auto fermarsi nel parcheggio, la portiera sbattere e …

Aprì gli occhi mentre una gradevole sensazione di calore invadeva il lato destro del mio corpo. Sorrisi fra me e me pensando che,forse, la scena che si era presentata ai miei occhi la sera precedente poteva semplicemente essere frutto della mia fervida immaginazione.

Pregai che la mia teoria fosse corretta e che il corpo che dormiva placidamente al mio fianco fosse quello di Alex. Rimasi in un certo qual modo deluso quando mi accorsi che il corpo poggiato al mio non era quello di Alex,bensì quello di Frankie.

Sorrisi dolcemente nonostante il sentimento di delusione e amarezza che mi pervase istantaneamente e accarezzai il capo del mio fratellino posandogli poi un dolcissimo bacio fra i capelli castani. Probabilmente il violento temporale della notte scorsa lo aveva spaventato e vedendomi perso nel mio sonno tormentato aveva pensato di dormire al mio fianco senza però svegliarmi.

Sorrisi inconsciamente,accarezzandogli la testolina e capendo quanto in realtà avesse continuamente bisogno di me e Nick pur essendo un ometto di ormai undici anni. Mi alzai e lo coprì dolcemente mentre la delusione,che per tutto il tempo della mia acuta riflessione sul mio fratellino sembrava essere svanita, si rimpossessava di me.

Detestavo ammetterlo ma Alex mi mancava. Nonostante il dolore che mi aveva provocato,mi mancava terribilmente in ogni suo più piccolo particolare e mi ritrovai a rimpiangere le nostre lunghe liti al telefono. Mi guardai allo specchio e mi chiesi se,effettivamente, come uomo valessi qualcosa. Questa domanda sorse spontanea nella mia testa e non riuscì a darmi risposta.

Infondo quale uomo viene abbandonato dalla sua donna dopo averla ricoperta di amore e di attenzioni? Fiori,regali, telefonate e un amore totalmente incondizionato nei suoi confronti non erano riusciti a tenerla lontano da un avvenente ragazzo del suo stesso college. Forse non ero un grand’uomo e nemmeno un ragazzo impeccabile ma di certo non potevo rimproverarmi nulla come fidanzato,soprattutto con Alex.

Ricordai la prima volta in cui le confessai i miei sentimenti,dicendole che l’amavo. La risposta che arrivò poco dopo fu a dir poco unica nel suo genere,dovetti ammetterlo. Un semplice grazie che mi aveva tormentato per giorni. Ecco cosa avevo sbagliato con lei,le avevo dato troppo e avevo ricevuto molto,molto meno.

Mi toccai con una mano i capelli relativamente lunghi e mossi che ad Alex piacevano tanto e decisi istintivamente che per sancire la nascita di una nuova e più costruttiva fase della mia vita un taglio radicale non avrebbe che potuto giovare al mio viso da adorabile mascalzone. Notai con mio enorme sdegno che gli addominali un tempo scolpiti erano stati sostituiti da una pancetta accennata che coprì subito ,nascondendola fra l’elastico dei corti calzoncini che portavo, dopo averla toccata più e più volte sotto la canotta rosa che indossavo,quasi come se non volessi realmente accettare lo stato pietoso in cui versavo.

Mi accorsi di essermi lasciato andare,trascurando la cura quasi reverenziale della mia persona che un tempo mi caratterizzava, solo perché mi ero stupidamente illuso che ad Alex bastasse la mia personalità. Avevo cominciato a lasciar perdere sempre di più i consigli in fatto di moda della ragazza che seguiva la nostra band perché sapevo che ad Alex non sarebbe importato il mio modo di vestirmi e notai che i miei gusti in fatto di moda erano radicalmente precipitati.

E come sempre dopo le mie saccenti riflessioni sulla mia idiozia, la rabbia prese il posto della delusione e sentì le vene del collo pulsarmi mentre riprendevo a scrutare lo stato pietoso in cui ormai versavo dopo la forte delusione che avevo subito. Non ero il tipo di persona che si lasciava abbattere da questo tipo di situazioni,anzi a dir la verità generalmente non mi lasciavo toccare più tanto dalle delusioni, riuscivo sempre a trovare la forza di andare avanti e di rinascere vincitore dalle mie sconfitte.

Ero riuscito a non annegare nell’abisso della sofferenza anche quando scoprimmo la grave patologia di Nick. Quello si che fu un vero colpo per me. Mi fu sbattuta in faccia la crudele realtà e mi ritrovai ad osservare il fragile corpicino di Nicholas,avvolto nelle lenzuola asettiche dell’ospedale, che leggeva sereno i suoi amati libri,pieno della sua consueta voglia di vivere, pensando che avrei preferito essere al suo posto pur di vederlo sempre felice e in ottima salute. Persino allora,dopo aver parlato con lui e dopo aver toccato con mano la sua serenità e la sua voglia di combattere, riuscì a sorridere nuovamente e a tornare in me.

Ma questa volta dovetti ammettere che era tutto diverso. L’amarezza e la sofferenza mi impedivano di ragionare lucidamente e preferivo crogiolarmi nel mio dolore piuttosto che affrontare la situazione da uomo. Dovevo tornare a ragionare e dovevo razionalizzare lucidamente sulla faccenda rendendo costruttiva questa sconfitta. Eh si,per me Alex era una sconfitta. Avrei dovuto smettere di correre dietro a tutte le ragazze carine che incontravo,iniziando a dar retta ai consigli di Nick. In un piccolo flash acquistai un po’ di lucidità e capì che,se non avessi incanalato la rabbia, molto presto mi sarei ritrovato completamente distrutto.

Si ma come incanalarla? Come renderla costruttiva ai fini del mio scopo? Rimasi un quarto d’ora buono a pensare e mi resi conto che cercare troppi piani e troppe soluzioni non mi avrebbe aiutato anzi,avrei come sempre mandato tutto a monte. Mi serviva un modo semplice e veloce per tonificare il mio corpo e temprare lo spirito. Incanalare la rabbia in qualche modo era assolutamente necessario per la sopravvivenza ma anche rendermi nuovamente attraente era necessario,sia per la mia immagine che per un mio tornaconto personale.

Pensai a come rendere costruttiva la mia rabbia migliorando anche il mio attuale stato fisico. Poco dopo un’idea mi fece sorridere e capì di aver trovato la soluzione perfetta. Un po’ di sana attività fisica era quello che ci voleva per tonificare il corpo e rasserenare lo spirito. Mi detti mentalmente del genio e lanciai un’altra occhiata a Frankie che continuava a dormire sereno nel mio letto.

Mi diressi nel bagno della mia stanza, cercando di non far rumore per non svegliare Frankie e mi lavai accuratamente,mi feci la barba e indossai dei pantaloncini corti e una canotta blu con sopra una pesante felpa grigia.

Per prima cosa decisi di dare un taglio netto,nel vero senso della parola, al mio dolore.

Mi diressi dal mio barbiere di fiducia e in men che non fu detto mi ritrovai con un nuovo taglio di capelli e un sorriso smagliante.

Dovetti ammettere che con i capelli così corti facevo proprio la mia bella figura.

Una volta pagato il mio taglio mi diressi tutto trionfante verso il centro ginnico più rinomato di Los Angeles.

 

Aveva indosso un paio di pantaloncini, di quelli che usava per andare in palestra o per stare a casa, e una felpa scura con il cappuccio.

Quando lo vidi ebbi l’idea di andare via, giudicandolo però poi uno stupido comportamento infantile. Effettivamente mi sarei comportata da vera bambina, decisi quindi di rimanere a godermi la bellezza della luna riflessa del mare, fingendo di non averlo visto.

Comportamento molto più maturo in effetti. Si sedette vicino a me e rimase a contemplare il mare, abbracciandomi e tenendomi stretta a se, io, continuando ad ignorarlo, mi accoccolai vicino a lui, bisognosa di sentire un po’ di calore.
“Mi dispiace” esordì senza guardarmi, feci finta che non avesse parlato, dandogli il tempo di rimettere in ordine le idee “so che può sembrare stupido il mio comportamento ma non so se sono davvero pronto a fare il genitore, voglio dire … Kevin sa fare il genitore, mio padre sa fare il genitore. Io gioco ai videogame fino a mezzogiorno e la sera vado a ballare, io non so fare il genitore” continuò infatti subito dopo. E certo, invece io ne ero capace no?

“Ma secondo te io non ne sono terrorizzata? Voglio dire … ho diciotto anni, ho cominciato il college, abito da sola con la mia migliore amica e mangiamo schifezze e usciamo a fare bordello una sera si e l’altra anche. Ma ormai ci siamo dentro” dissi, a metà tra lo sconsolato e il rassegnato. Lui mi guardò per un istante.

“Non so cosa succederà ok? Sono terrorizzato da quello che sta succedendo. Ma voglio che tu sappia una cosa: io ti amo, e staremo insieme in un modo e nell’altro” mi disse. Mi commossi, e finalmente mi decisi ad accarezzargli il prfilo della guancia, del tutto dimentica di quello che era successo poco tempo prima. Intanto il cielo aveva cominciato ad albeggiare e i colori che aveva assunto erano davvero bellissimi.


“Me lo prometti? Prometti che rimarremo sempre insieme?” chiesi a conferma, anche se in quel momento era quasi stupida come domanda. Nicholas mi guardò per un istante e frugò nella tasca.
“Te lo prometto” rispose tirando fuori un cerchietto d’oro bianco con un diamante incastonato sopra. Rimasi senza parole per un istante, incapace di ridere, piangere, parlare e respirare.

“Nick cosa …”

“Ascolta, non so cosa succederà” riprese “ma voglio stare sempre con me, voglio che diventiamo una cosa sola, voglio svegliarmi la mattina e sapere che sarai al mio fianco, voglio …”

“Nick?” lo richiamai, se fosse partito col soliloquio …

“Cosa?”

“Si, voglio sposarti” risposi, con una tranquillità che stupì anche me. Nicholas sorrise e mi diede un bacio a fior di labbra, infilandomi l’anello al dito. Poi si alzò in piedi e mi aiutò a fare lo stesso.

“Dai andiamo” mi disse cominciando a correre verso l’auto.

“Nick! Dove?” chiesi leggermente spaventata.

“Come dove? A sposarci!” esclamò ridendo e mettendo in moto.

“Cosa? NICK!” urlai, ma era troppo tardi, mise a tacere ogni mia lamentela con un bacio ben piazzato e mise in moto l’auto, pronto a partire.

 

 

 

Entrai con aria sicura e un’espressione goliardica sul viso e sorrisi sornione accorgendomi che una giovane segretaria mi scrutava interessata dietro al suo bancone. Spesso avevo utilizzato il mio fascino per ottenere privilegi che il mio nome spesso non riusciva ad ottenere. Questo era ancora un vantaggio dell’essere un Jonas Brothers,senza dubbio.

Mi diressi verso di lei con passo sicuro e con un sorriso da amabile mascalzone stampato sul volto.

-Buongiorno,signorina- dissi con voce calda –Potrebbe aiutarmi?- Le chiesi con aria indifesa per quel che poteva

trasparire dalla mia espressione spavalda.

-Dipende,cosa devo fare per lei?- mi rispose,con aria leggermente maliziosa.

-Dovrei iscrivermi e creare una scheda. Devo ridare tono ai miei addominali,pensa di potermi accontentare?-

chiesi sorridendo

-Ovviamente,signor…?- chiese fingendo palesemente di non sapere il mio nome.

-Jonas,Joseph Jonas ma se vuole può chiamarmi Joe- risposi sorridendo.

Lei ridacchiò brevemente e iniziò a digitare freneticamente sui tasti del suo computer

-Come le dicevo,signor Jonas, noi siamo il centro più rinomato di tutta Los Angeles,sicuramente riuscirà a soddisfare i suoi bisogni- disse ancora con una leggera nota di malizia nella voce.

-Oh,ti prego, chiamami Joe e dammi del tu…Erin- dissi con tono brillante. Lei parve stupirsi del fatto che conoscessi il suo nome. Lo avevo letto sul suo cartellino ma non era necessario dirglielo,giusto?

-Certo,Joe- sorrise e riprese a scrivere,concentrandosi sul suo operato. Dedussi dal suo sguardo attento che

stava scrivendo doveva essere la mia scheda.

A questo breve scambio di batutte seguì un rumore frenetico di tasti e dopo pochi minuti il rumore della stampante avvertì la giovane donna che il mio modulo era dunque pronto.

Erin mi porse il modulo e io pagai regolarmente il tutto,le sorrisi e mi diressi allo spogliatoio. Tolsi la felpa e il berretto scoprendo il mio nuovo taglio di capelli e sorridendo beffardo all’immagine ridente riflessa allo specchio.

Mi diressi verso la sala da box con un sorriso trionfante convinto che tirare un po’ di pugni ad un sacco da box mi avrebbe giovato sicuramente. Feci un po’ di corsa sul tapis roulant per una decina di minuti partendo da un livello molto basso,paragonabile ad una passeggiata per poi terminare con una vera e propria corsa. Mi diressi alla panca per gli addominali e i pesi e feci tre serie da quaranta per entrambe le cose,giusto per rinforzare un po’ le braccia e tonificare l’addome.

Ovviamente,quale attività se non la box,poteva aiutarmi a scaricare la rabbia? Indossai le fascette protettive per le mani e mi diressi con passo spedito,direi quasi ansioso, al sacco da box. Iniziai a colpirlo con una potente raffica di pugni ad effetto,colpendo con forza per scaricare tutta la rabbia che avevo in corpo. Continuai come se fossi stato una macchina instancabile, tirando pugni fortissimi uno dopo l’altro concentrandomi così tanto sul sacco di fronte a me, da non accorgermi del resto del mondo attorno a me.

Mi fermai solo quando avvertì un forte contraccolpo del sacco e un tonfo sordo mi distrasse,accompagnato dalle imprecazioni della voce di una ragazza. Mi sporsi al di la del sacco e vidi una figura femminile per terra che si massaggiava il sedere. Aveva lunghi capelli castani e due occhi dorati,chiarissimi. Le labbra morbide e il nasino piccolo e perfetto rendevano il suo viso angelico ma non infantile. Era alta e slanciata, proporzionata e magra quanto basta. Rimasi ammaliato e la fissai come un pesce lesso e lei in tutta risposta sollevò il viso piantonando i suoi enormi occhi nei miei.

-Ma sei matto?!- sbraitò –Ma che ti salta in testa? Sta un po’ attento quando tiri i pugni,cretino- concluse alzandosi agilmente.

Rimasi immediatamente colpito dalla spontaneità delle sue parole e fui stupito dal suo tono di voce. Niente moine o toni eccessivamente garbati per cercare di ingraziarsi la mia simpatia. Al contrario,non cercava minimamente di dissimulare la sua rabbia.

-Perdonami,comunque sono Joe – dissi senza pensarci troppo. Mi resi conto solo dopo qualche minuto di quanto la mia frase fosse stata stupida e inopportuna. Una grande mossa,da vero genio,pensai. Eppure i modi decisi e la bellezza semplice di quella ragazza mi avevano stordito.

-E a me non interessa visto che non te l’ho neppure chiesto,sta di fatto che mi hai buttata per terra. Dovresti stare attento o come minimo farti seguire da un tutor. I principianti non devono andare a zonzo da soli- E solo quando mi chiamò principiante,notai le fascette protettive sulle sue mani. Era una boxer anche lei.

-Scusa ancora,non era mia intenzione buttarti per terra. Potrei farmi perdonare in qualche modo? Magari a cena?- chiesi speranzoso. Addio buoni propositi sulle ragazze. Sentì pian piano la spavalderia di un tempo tornare lentamente a me.

-Non se ne parla proprio- mi liquidò così,sparendo dietro un omone alto e piazzato che si dirigeva verso la panca dei pesi.

Dovevo rivederla ad ogni costo anche se capì di non starle simpatico. Ricordai di aver letto sulla sua collanina il suo nome. Julie.

Tornai in reception e dopo un paio di sorrisi piuttosto eloquenti e maliziosi riuscì ad ottenere gli orari di Julie.

Mi diressi verso la saletta da box dove,secondo i suoi orari,avrei potuto trovarla intenta ad allenarsi. E così fu. I lunghi capelli erano raccolti in una coda disordinata e si muovevano leggeri insieme a lei che saltellava agilmente sul ring.

Azzardai un paio di passi e indossai anche io dei guantoni,salendo sul ring.

-Facciamo così,Julie – esordì spaventandola –Se ti batto in questo incontro di box verrai a cena con me altrimenti ti lascerò in pace.

Alzò gli occhi al cielo,esasperata poi sembrò rifletterci attentamente e in fine acconsentì con un gesto del capo. Ero certo della mia vittoria,infondo era una ragazza e non sembrava nemmeno tanto forzuta.

Iniziammo a combattere e dopo quelli che parvero essere appena dieci secondi mi ritrovai steso al suolo con il suo guantone da box che mi bloccava al suolo e una fitta all’altezza del petto. La guardai spaesato mentre lei si chinava su di me,tenendomi ancorato al suolo con il suo guantone.

-Hai perso,Joe. Buon proseguimento di serata- sussurrò con un falso sorriso cordiale,alzandosi e andando via.

E io rimasi li,immobile a toccarmi il punto in cui il suo guantone aveva sferrato quel potente colpo,mandandomi al tappeto.

Sentì rinascere in me una strana forza vanesia e un nuovo fuoco ardere nelle mie vene.

Conquistare quella ragazza era una sfida e sarei riuscito li dove molti prima di me si sarebbero arresi. Con questa frase mitologica che mi risuonava nel capo e un sorriso beffardo dipinto sul volto mi alzai,dirigendomi verso lo spogliatoio. Ora che conoscevo i suoi orari e i suoi allenamenti non avrebbe potuto sfuggirmi. Avrei vinto la sfida con me stesso ad ogni costo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


1

Carissimeeeee ed eccoci qui che postiamo l’ottavo capitolo! Mi dispiace comunicarvi che questa settimana è toccato a me (Julie) postare il capitolo visto che il computer della mia socia (Nes) ha deciso di abbandonarci entrambe.

Che altro dire? Un nuovo capitolo,un nuovo intrigo e nuove rivelazione.

Ma cosa succederà ai nostri protagonisti? Lo scoprirete solo nella prossima puntata quindi continuate a seguirci! *ride come una scema*

Passiamo ai vari ringraziamenti!

 

Maggie_Lullaby: A sposarsi? Forse si o forse no,chi lo sa! Ahaha scherzo!

Per quanto riguarda Joe e Julie solo il tempo potrà dirci quello che accadrà.

Mi hai spaventata dicendo “Oddio…e se si mettono insieme? E Alex?”.

 

_NeSsIe_95_ : Cercheremo di aggiornare sempre con questi ritmi veloci anche se dopo le mie pagelle la vedrò un po’ difficile come cosa.

Per quanto riguarda la telenovela “Matrimonio di Amy e Nick” ne vedremo veramente delle belle.

Joe e Alex…bè per loro le cose sono realmente complicate quindi chi lo sa cosa

accadrà!

 

Ada12: In realtà Joe,come si evince da questo capitolo,non si è ripreso proprio del tutto. Per quanto riguarda Julie spero proprio che continui a piacerti perché è una ragazza molto forte ed indipendente che non si lascerà influenzare da niente e da nessuno.

 

Star711: Ma dai Chià! Ahaha mi fa troppo ridere il tuo “Pure Joe, 78393068 scrupoli, e poi la seconda cosa che gli dice è di andare a cena insieme...ma BAH insomma!!!” Tesoro è Joe! E’ impulsivo e con una particolare passione per le ragazze! Ahaha <3  Nick e Amy sono da diabete,lo sappiamo. Ahah ti adoriamo <3

 

Dancemarty95: Spero che Julie ti piaccia in futuro e mi auguro che tu riesca a scoprirla pian piano.

Il matrimonio di Nick e Amy sarà un’epopea! *ride*

 

_Crazy_Dona_: Anche per te spero che Julie continui a piacerti e che tu possa realmente capire chi è e come è fatta!

Nick e Amy sono cucciolosi eh? *ride di nuovo*

 

Coco2: Bè Joe è il solito inguaribile farfallone,no? Julie sarà un personaggio interessante per voi lettori…o almeno spero xD.

La storia prenderà una piega sempre più interessante quindi continua a seguirci.

 

Mi scuso per le pessime risposte alle vostre recensioni ma credetemi non sono molto brava con queste cose.

 

Come ci frega l’amore. Da degli appuntamenti e poi viene quando gli pare.

                                                                 Luciano Ligabue. Il giorno dei giorni.

 

 

Il mio placido riposino pomeridiano fu interrotto dal rumore incessante del trillo del mio cellulare. Con un mugolio e un grugnito iniziai a tastare la superficie del comodino in cerca del mio i-phone.

Non sono il tipo di persona che generalmente riposa durante il pomeriggio o che ama particolarmente poltrire a letto,anzi tutto il contrario. Ma si era rivelato strettamente necessario visto che avevo trascorso la notte precedente insonne e a causa della stanchezza mi trascinavo in piedi come uno zombie.

Durante la notte mi limitavo a fissare per ore il soffitto,girandomi e rigirandomi fra le coperte,pensando alla mia Alex. Mi diedi dell’idiota,pensando che ormai lei non era più la “Mia Alex” e probabilmente non lo era mai stata. Pensai a come inevitabilmente la palestra fosse la mia unica salvezza,se così si può dire. Passare ore a tirare pugni ad un sacco riusciva a rilassare i miei nervi e a svuotare la mia mente. E poi c’era lei,bella come il sole e sincera come poche. Julie. Sorrisi inconsciamente passandomi una mano sul viso mentre continuavo a cercare il mio cellulare. Pensare a un modo per farla capitolare,per farla cadere ai miei piedi, mi aiutava a non pensare a quanto in realtà amassi ancora Alex. Il mio telefono continuò a squillare insistentemente e quando la mia mano finalmente lo trovò il mio cuore mancò un battito.

Solitamente quell’insistenza era una caratteristica di Alex,lasciava squillare il cellulare per molto tempo per farmi capire che era lei e che pretendeva una risposta da me,non le importava quanto tempo sarebbe servito per ottenere una risposta l’importante era riceverla.

E se fosse stata lei? Se avesse voluto chiedermi scusa? Mi avrebbe chiesto di tornare da lei?

Probabilmente io,da bravo pollo senza un minimo di spina dorsale quale sono,sarei tornato da lei di corsa con un nuovo mazzo di fiori fra le mani e una nuova bellissima collana per lei,porgendole il mio cuore su un piatto d’argento.

Il volto di Alex si figurò nella mia mente ma dopo qualche minuto fu oscurato da un altro viso che pian piano prese il suo posto. Lunghi capelli nero pece,occhi caramellati color oro fuso, un viso angelico ma sempre serio e concentrato: il viso di Julie.
Scossi il capo,troppo ansioso di scoprire chi fosse il mittente della chiamata.

Il consueto senso di delusione si impossessò di me,prendendo il posto della trepidante ansia. Il viso di Greg Garbonsky che imitava un gesto di vittoria,con un enorme sorriso e una faccia da schiaffi sovrastata dalla scritta “Mr. Garbonsky”, lampeggiava sullo schermo del mio cellulare.

-Che idiota- mormorai piano riferendomi a me stesso e al mio cieco tentativo di auto-illusione,preparandomi a ostentare un’allegria che non mi apparteneva affatto in quell’ultimo periodo.

-Pronto?- dissi con voce allegra.

-Buona sera signor Jonas,ho appena saputo che è di nuovo sulla piazza- Risi di cuore,nonostante la morsa pressante all’altezza del petto. Povero il mio cuore.

-Oh,vedo che le notizie circolano in fretta fra le pettegole d’alto bordo- commentai,ridacchiando

-Beh,direi di si- rispose fingendosi incerto –Comunque volevo essere la prima ad invitarla ufficialmente a cena,sa…sono pazza di lei- concluse accennando una breve risatina prettamente femminile.

Io risi e scossi il capo pensando a cosa avrei fatto se quel pazzo di Garbonsky non fosse stato il mio migliore amico.

-Oh molto bene! Io la trovo attraente signorina,credo che la cosa si possa fare. A che ora passo a prenderla?- risposi,stando al gioco.

-Considerando che sono le sette e trenta,direi che fra una mezz’ora la aspetto trepidante a casa mia- Ridacchiò

-Oh molto bene,ma non deve prepararsi?- chiesi io,ridendo

-Già fatto,ero sicura che avrebbe accettato l’invito di una bella ragazza come me. A parte gli scherzi, ti aspetto a casa Josephina- disse,scoppiando a ridere.

Lui e la sua mania di darmi dell’effeminato. Alzai gli occhi al cielo e scoppiai a ridere assieme a lui.

-Va bene,Gregoria, dammi il tempo di prepararmi e sono da te- dissi sollevando le coperte e scendendo dal letto. Aprì l’armadio e presi un jeans,una maglia e una camicia da mettere su,inforcai gli occhiali e presi le Nike da sotto al letto.

Mi diressi in bagno mentre lo sentivo ridere ancora più forte. Aveva sicuramente trovato esilarante il nome che gli avevo affibbiato.

-Va bene,ti attendo Josephina- e prima che potessi ribattere chiuse il telefono,lasciandomi a parlare da solo.

Sospirai e poggiai l’i-phone sul mobiletto del bagno mentre mi spogliavo lentamente e aprivo l’acqua della doccia,entrandoci e lasciandomi colpire dal getto di acqua bollente.

Possibile che non riuscissi a rimuovere Alex dalla mia mente e dal mio cuore?

Perché il viso di Julie non riusciva a uscirmi di mente? Infondo per me non era nulla di serio,giusto? Insomma volevo solo dimostrare a me stesso di essere ancora in grado di far impazzire anche la ragazza più difficile di questo mondo,no?

Allora perché non riuscivo a non pensare a quanto mi sarebbe piaciuto farla ridere di cuore,farla sorridere e stringerla? Eppure ogni volta che pensavo a lei come a qualcosa di più che un semplice trofeo per accrescere la mia autostima,Alex faceva capolino fra i miei pensieri mentre il cuore mi si stringeva.

Uscì dalla doccia,ancora tormentato dai miei pensieri,avvolsi il bacino con un asciugamano candido e mi frizionai capelli corti con un altro asciugamano.

Li asciugai con cura,li piastrai alla bell’e meglio e indossai un paio di boxer,dirigendomi in camera per vestirmi.

Indossai velocemente i vestiti scelti precedentemente uscì velocemente dal mio appartamento,lo chiusi con cura e chiamai l’ascensore.

Una volta entrato inforcai con cura i miei occhiali da vista e mi guardai soddisfatto allo specchio.

Dopo molto,troppo,tempo mi resi conto di essermi nuovamente “riempito” di profumo.

Ad Alex questa cosa non piaceva,diceva che il mio eccessivo emanare profumo la stomacava.

Salutai il portiere dell’enorme palazzo in cui vivevo,con una pacca sulla spalla e mi diressi verso la mia auto.

Entrai in auto velocemente e misi in moto,accendendo la radio e concentrandomi solo sulla strada e sulla musica che la radio rimandava.

Guidai tranquillo,senza pensare a nulla e ben presto fui a casa di Greg.

Un breve squilletto e lo vidi uscire tutto contento dal cancelletto di casa sua,in mano un giacchetto e il suo cellulare.

Lo attesi in macchina e nemmeno il tempo di cambiare stazione radiofonica che il rumore della portiera che si chiudeva mi spaventò.

-Buona sera mio bel giovine!- disse contento. Greg era il mio migliore amico da sempre e detestava vedermi triste e addolorato e vedermi reagire a quello che mi era successo,per lui era veramente qualcosa di grande.

-Ciao Greg,prima che tu possa sparare altre cazzate,dove andiamo a cena stasera?- lo anticipai,ridendo leggermente e rimettendo in moto.

-Io avevo pensato di andare “Al Giardino”,il ristorante italiano dell’amico di John. A quanto mi ha detto si mangia veramente bene e sappiamo entrambi quanto John sia esperto- rise mimando il gesto della pancia di John.

-Ma piantala!- risi e scossi il capo,svoltando dolcemente verso destra.

-E’ vero!- si difese,ridendo.

-Vabbè,voglio accontentarti ma solo perché mi piace la cucina italiana- dissi ridendo –Però dovrai farmi da navigatore satellitare,perché non ho idea di dove sia questo ristorante-

-Sinceramente nemmeno io,chiamo John – rise e prese il cellulare dalla tasca della giacca,compose il numero del nostro amico e lo salutò calorosamente con un “Mayer,dov’è quel posto dell’amico tuo?”.

Adoravo la compagnia di Greg perché era meglio di qualsiasi tipo di anti depressivo.

La sua spontaneità e la sua allegria ti impedivano di provare anche solo tristezza quando eri in sua compagnia.

Passammo i successivi venti minuti al telefono con John che ci dava indicazioni precise su come raggiungere il ristorante da noi scelto.

Arrivammo dopo mezz’ora e Greg riattaccò senza troppi complimenti,prendendo in giro John.

Entrammo entrambi nel ristorante,atteggiandoci a gran fighi, dopo aver parcheggiato.

Attirammo su di noi gli sguardi di parecchie ragazze,anche accompagnate dai loro fidanzati, e sorridemmo soddisfatti. Sapevamo di essere “attraenti”.

Ci rivolgemmo garbatamente a un cameriere che ci condusse verso la sala da ristoro. Quando entrammo mi guardai intorno stupito. Sembrava di stare realmente in un giardino italiano. Eravamo circondati da aiuole decorate,lunghe e dalle diverse forme. Era veramente un bellissimo posto.

Il direttore di sala ci raggiunse e ci scortò ad un tavolo abbastanza prestigioso,se così si può dire.

Entro pochi minuti il cameriere ci portò un cestino con del pane caldo ancora fumante e una bottiglia di buon vino italiano.

Sorrisi garbatamente,parlucchiando con Greg e guardandomi intorno. Mi sembrò di vedere un volto a me già noto ma non ci badai,troppo concentrato a ordinare da mangiare.

Quando il cameriere andò via,tornai a parlare con Greg.

-Allora, Josephina,hai avuto più successo con la ragazza della palestra?- mi chiese,mordicchiando in modo poco raffinato un panino alle olive.

-No,è sempre scontrosa con me. Se non ho capito male gli sto anche antipatico. Meglio così,mi piacciono le sfide- sorrisi beffardo,versandomi un po’ di vino nel calice. Il pregiato nettare rosso rubino invase il bicchiere emanando un leggero profumo fruttato. Portai il calice alle labbra pensando a come Greg fosse stato entusiasta di sapere che avevo già “adocchiato” una ragazza.

Per lui era a dir poco essenziale che io riuscissi a voltare pagina una volta per tutte e a chiudere il capitolo Alex. Lo guardai con affetto,il mio buon vecchio amico Greg.

-Non ti arrendere e poi se è carina come dici hai un motivo in più per combattere. Perché è carina,vero?- mi chiese incerto,ridacchiando.

-Un mostro,se no perché ci vorrei uscire? Però non arriverà mai al tuo livello,Gregoria- annuii,bevendo un altro sorso di vino. Era così buono…scendeva giù così bene…stavo diventando un alcolista? Posai immediatamente il bicchiere mentre Greg rideva fragorosamente.

Risi anche io,continuando a guardarmi intorno. Erano tutti così eleganti e così ben composti..capelli perfettamente pettinati e fermati con quantità di gel assurde con pettinature che ricordavano vagamente una “leccatina” di mucca.

Mi resi conto che solo una nota stonava in quel concerto di raffinatezza ostentata e questa “nota” proveniva dal tavolo in cui prima avevo intravisto un viso familiare.

Un ragazzo alto più o meno sul metro e novantacinque, con capelli castano scuro e grandi occhi chiari, più o meno del colore di quelli di Julie ma più tendenti al verde, si era appena alzato per fare un inchino. Indossava una maglia scura,una catenina al collo e dei jeans a vita bassa che lasciavano intravedere la fantasia dei suoi boxer. Scarpe da ginnastica eccentriche completavano lo strano abbinamento. La diversità di stile di quel ragazzo era accentuata dalla sua acconciatura: capelli mediamente lunghi sparati in aria e fissati da una quantità di gel minima. Pensai  che per esserci riuscito doveva come minimo essere un mago illusionista. Ma i miei occhi furono subito catturati dalla figura seduta di fronte allo strano ragazzo.

-Non ci credo- mormorai shockato, guardando la ragazza di fronte al tizio prestigiatore di capelli.

Era Julie,bella come mai l’avevo vista. Beh ovviamente in palestra una persona non mostra esattamente il meglio della sua bellezza ma lei nonostante tutto era sempre impeccabile e bella anche senza trucco e con i capelli scomposti.

Se ne stava seduta a fissarlo,ridacchiando sommessamente stretta nel suo cardigan nero. Non riuscì a vedere molto altro del suo abbigliamento. I lunghi capelli neri come la pece erano lasciati sciolti sulle spalle,lisci e ordinati mentre gli occhi dorati erano contornati da due leggere linee di matita scura e le labbra piene erano ricoperte da un leggero lucidalabbra trasparente.

-Che c’è?- mormorò Greg,lasciando perdere il suo panino.

Uno strano senso di fastidio si fece pian piano spazio in me,mentre la guardavo ridere per le battute che il ragazzo davanti a lei probabilmente le sussurrava.

Era..gelosia? Probabilmente si. Mi resi conto di invidiare il ragazzo che la accompagnava perché lui riusciva a farla ridere come avrei voluto fare io,perché si lasciava sfiorare da lui senza opporre resistenza.

-Julie,la ragazza della palestra è qui con un ragazzo- spiegai velocemente,indicando il loro tavolo.

-Cavolo…è uno schianto! Se mai dovessi riuscire a conquistarla,chiedile se ha una sorella ok?- Mi rispose Greg,scannerizzando Julie e il suo compagno.

-Ma stai zitto,Greg – risi leggermente,guardandoli con espressione disgustata –E poi mi dice che lei non esce con i ragazzi…e quello cos’è? Un fantasma? Tutte uguali le ragazze…prima ti seducono e poi ti abbandonano- dissi con espressione teatrale.

-In verità Joe – iniziò Greg –Lei non ti ha mai sedotto,non ti si fila proprio- terminò con naturalezza.

Non diedi molto ascolto a ciò che disse il mio migliore amico,concentrandomi più che altro sul movimento delle labbra dei due ma per mia sfortuna erano disposti in modo tale da darci le spalle e le grandi spalle del ragazzo strano coprivano Julie.

-Ho l’assoluta necessità di sentire quello che si stanno dicendo e tu dovrai aiutarmi a compiere il mio geniale piano- indicai Greg annuendo convinto.

-In che consiste?- chiese il mio migliore amico,guardandomi attento.

Con dei gesti veloci delle mani indicai le aiuole e con due grissini personificai me e lui.

- Joe e Greg vanno dietro le aiuole- nascosi i grissini dietro il cestino di pane –per ascoltare cosa cresta da gallo dice di tanto divertente-

Greg mi guardò orripilato,scuotendo ripetutamente il capo.

-Non se ne parla proprio,Jonas, potrebbero prendermi per un guardone molestatore di coppiette e arrestarmi,tu questa cosa la fai da solo- annuii deciso,ma come sempre finì per accontentarmi.

Dopo cinque minuti ci trovammo appostati dietro una delle grandi aiuole ad origliare attentamente i discorsi fra l’energumeno e Julie. Era abbastanza simpatico ma ovviamente non arrivava ai miei livelli. Faceva battute su battute scatenando l’ilarità di Julie.

Pensai che se solo lei mi avesse dato l’opportunità di conoscerla meglio probabilmente l’avrei fatta ridere molto più di quel tizio.

Scimmiottai diverse volte le battute del ragazzo,provando un senso di odio profondo per quella persona che nemmeno conoscevo.

Ad un tratto uno starnuto abbastanza forte di Greg fece saltare la nostra copertura.

-James,hai sentito anche tu questo rumore?- La voce di Julie arrivò chiara alle mie orecchie ma il suo tono era diverso dal solito. Era più dolce e tranquillo.

-Si,veniva dall’aiuola. Vado a controllare- disse,alzandosi.

-Cazzo,Greg, ma tu devi sempre starnutire nei momenti meno opportuni?- dissi sottovoce.

A quanto intuì poco dopo,probabilmente, il mio sussurro fu chiaramente udito da Julie.

-No,aspetta, penso di aver riconosciuto una voce- Sentimmo chiaramente la sua sedia spostarsi e il rumore dei suoi tacchi dirigersi verso di noi.

Dopo qualche minuto me la ritrovai di fronte,in un vestito nero molto semplice, che mi fissava accigliata

-Tu cosa ci fai dietro l’aiuola del mio tavolo?- chiese con voce irritata.

-Ehm…niente,passavo di qui- dissi velocemente. Mi resi conto solo poco dopo di quanto fosse stata idiota quella risposta.

-Tu solitamente passi dietro le aiuole dei tavoli dei ristoranti?- chiese,scettica accennando un sorriso divertito che mi rasserenò.

-Non lo so…esci con me e prova a scoprirlo- tentai,con una scrollatina di spalle.

-Io non esco con i ragazzi,Jonas- disse lapidaria. Me lo ripeteva di continuo ad ogni invito che le rivolgevo.

-Julie è tutto ok?- poco dopo anche il ragazzo strano la raggiunse,posandole una mano sulla spalla e interrompendoci.

Mi rivolse un’occhiataccia che ricambiai volentieri.

-E tu chi sei scusa? Il suo bodyguard?- dissi acido,guardandoli male –Tu non esci con i ragazzi? E lui chi è? Un fantasma?-

-Chi sono io non sono…- iniziò l’energumeno,guardandomi male.

-No,aspetta James. Senti Jonas,con te sto avendo anche troppa pazienza. O te ne vai di tua spontanea volontà o te ne vai perché te lo dico io. Cosa scegli?-

La guardai palesemente deluso e infastidito.

Se solo il suo amico James non fosse arrivato nel momento sbagliato a interromperci,sicuramente, sarei riuscito a convincerla a uscire con me.

-Buon proseguimento di serata- brontolai,amaramente.

-Andiamo Gr…- Mi voltai per far cenno a Greg di tornare con me al tavolo ma mi accorsi che Greg era tornato al nostro tavolo subito dopo aver starnutito.

Lo guardai incredulo mentre mangiava soddisfatto la sua costoletta.

-Che serataccia- brontolai,tornando a posto.

 

 

 

Quando metabolizzai la cosa ero in auto,con il vento tra i capelli e un anello infilato al dito.

-Nick!- urlai cercando di darmi un contegno.

-Cosa?- rispose lui,ridendo.

-Sono senza scarpe!- risposi esasperata mentre lui finalmente accostava.

Eravamo tornati all’appartamento di Joe.

Completamente scalza scesi dall’auto e corsi ridendo fino all’entrata, dove il portinaio in divisa mi rivolse un occhiata esasperata.

Presi la mano di Nick e correndo entrammo nell’ascensore tra risate e baci rubati.

-Che si fa ora?- chiese ancora con il fiatone il mio…ehm fidanzato dopo l’ennesimo bacio da capogiro.

-Mhm io devo mettere le scarpe- risposi convinta,ridendo. Entrai e mi fiondai in camera da letto.

-Ok e prepara la valigia- mi disse. Eh?
-Cosa?- chiesi confusa.

-Come cosa? Ce ne andiamo, ti va?- chiese e si avvicinò a me e mi prese i fianchi fra le mani.

Mi fissò con i suoi occhioni sorridenti e non potetti far a meno di sorridere annuendo come un ebete.

-Va bene. Dove andiamo?- chiesi riprendendo il controllo di me stessa e cominciando a radunare la mia roba e la sua.

-Vedrai! Non portare vestiti troppo pesanti- mi disse poi uscendo dalla stzna con il cellulare in mano.

Presi jeans,felpe,cardigan,gonne,un paio di vestitini. Poi camicie e maglioncini per lui,biancheria pigiami e preparai i beauty case con qualche trucco e i prodotti per i capelli.

Quando tornò dopo solo un’ora,avevo finito la prima valigia e mi stavo apprestando a mettere le scarpe nell’altra.

-Perfetto. Abbiamo il volo alle sette e trenta- comunicò. Guardai velocemente l’orologio,le sei e quarantacinque.

-Wow,come hai fatto?- chiesi

-Voli low cost,amore,come se no?- mi rispose ridendo. No jet privati,elicotteri o boing 747. Fantastico.

-Alla tua famiglia che dirai?- chiesi ancora andando in bagno ad aprire l’acqua per la doccia.

-Sono maggiorenne,faccio quello che voglio. Al massimo quanto arriviamo chiamo a casa- rispose con un’alzata di spalle.

Io annuii e mi infilai sotto la doccia,cancellando l’odore della sabbia e delle lacrime che alla fine avevo versato.

Nick mi passò un jeans e una felpa di quelle grigie con la stampa NY sopra.

Mi cambiai in fretta ed asciugai i capelli,mentre anche lui usciva dal bagno.

-Oh oh oh –risi vedendolo uscire solo in intimo.

-Cosa?- chiese malizioso,avvicinandosi a me,ancora con i capelli bagnati.

Mi cinse la vita con le braccia stampandomi una serie di baci dalla guancia alla fine della spalla.

Rimasi ferma piegando la testa in modo da dargli libero accesso,limitandomi a poggiare le mani sul suo petto,accarezzandolo.

-Sono le sette e dieci- dissi poi mormorando. Nick borbottò qualcosa spingendomi verso il letto,mentre io ridendo lo trascinavo con me.

Quando la situazione stava diventando insostenibile per i miei ormoni,il cellulare decise di squillare per interrompere l’idillio.

Nessuno dei due aveva intenzione di fermarsi.

Accarezzavo i suoi capelli umidi mentre con un gesto veloce la felpa era finita da qualche parte ai piedi del letto.

Continuando a baciarlo passai a tracciare ghirigori sulla sua schiena.

Il cellulare squillò per la seconda volta e con uno sbuffo Nick si alzò a recuperarlo.

-Cosa?- chiese scocciato. Rimase a parlare con qualcuno e io con uno sbuffo

frustrato infilai la felpa e riordinai i capelli.

 -No,hai ragione…non lo so ok? Penso tre…come minimo!- continuava a dire il mio ragazzo mentre si infilava un jeans e una maglia chiara.

-Ok,si si- disse poi. Mise giù e si passò una mano fra i capelli ormai completamente asciutti.

-Pronta?- chiese poi,guardandomi dolcemente.

-Certo! Però sono le sette e venticinque,secondo me lo perdiamo- risposi,prendendo borsa e cellulare mentre uscivamo dall’appartamento.

Uscimmo velocemente dal lussuoso palazzo e ci dirigemmo verso l’auto.

Il traffico dell’ora punta si faceva sentire,infatti arrivammo in aereo porto alle nove e dieci.

Ci sedemmo sulle sedioline della sala d’attesa e mentre Nick giocava distrattamente con i miei capelli,una hostess ci raggiunse chiedendoci di seguirla.

-Nick…cosa…?- chiesi seguendolo senza staccare la mano dalla sua.

Lui in tutta risposta sorrise e mi tirò a se mentre la hostess ci faceva fare il check in.

-Volo low cost?- chiesi irritata

-Un amico ci presta il jet,che male c’è?- chiese ridendo.

Ecco perché mentre ero a prendere due caffè lui aveva trovato la stupida scusa del bagno.

Sapeva bene quanto mi irritasse questo genere di cose.

La prima regola era: RELAZIONE NORMALE ,ovvero, niente foto o commenti sul suo stupido twitter,niente interviste o favoritismi.

Vita normale di due normali santi cristiani che vogliono stare insieme. Chiedo troppo?

Camminammo fino al gate dal quale si vedeva il piccolo aereo da nemmeno venti posti.

Spensi il telefono e lo seguì a bordo del velivolo per poi accomodarmi su uno dei divanetti imbottiti.

-Amy?- mi chiamò Nick dopo essersi sistemato.

-Cosa?- risposi rivolgendogli un’occhiata attenta.

Nick prese dalla mia borsa il pacchetto blu e me lo tirò.

-Oh- dissi di rimando.

-Eh- mi rispose,facendomi il verso.

Il jet aveva dei divanetti e uno spazio al centro. Mi sedetti sul pavimento a gambe incrociate mentre Nick mi raggiungeva e si sedeva al mio fianco.

-Bene- dissi deglutendo.

-Al tre?- chiese lui,stringendomi dolcemente.

-Al tre- confermai. Mi prese dolcemente la mano mentre aprivo lo scatolino blu che da quasi un mese mi accompagnava in ogni mio spostamento.

-Uno. Due…- mormorai per poi tirare fuori il bastoncino.

Lo fissai e sorrisi mentre il cuore si alleggeriva. Nick mi baciò i capelli e mi abbracciò. Finalmente tranquilli ci sedemmo sul divanetto mentre la vocina stridula dell’hostess annunciava di prepararsi alla partenza.

 

 

 

Angolino pubblicità: Vi consigliamo di leggere “The sense of life” una shot bellissima legata allo scorso capitolo. Inoltre vi consigliamo di leggere “On the line” una fan fiction scritta a quattro mani e mezzo dalla mia socia (nes95) e dalla brillante Maggie_Lullaby.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


Ci siamo, ci sono volute due settimane ma purtroppo problemi scolastici e familiari non ci hanno permesso di poter aggiornare prima. Ci scusiamo con tutte quindi per l’immenso ritardo, ma d’ora in poi non possiamo più permetterci un aggiornamento fisso. Quindi non stupitevi di trovare un aggiornamento il giovedì e poi più nulla per due settimane, ma dobbiamo dare delle priorità, che in questo momento sono casa e scuola. ringraziamo comunque le sei persone che hanno recensito lo scorso capitolo, coloro che hanno messo la FF tra le storie preferite/seguite e speriamo di poter vedere due parole anche da parte loro J. Un ultimo avviso: questo capitolo è esclusivamente del POV di Joe, ma dal prossimo ci concentreremo sui due protagonisti, che fin’ora (ce ne siamo rese conto ora) sono stati un tantino trascurati.

When I look at you
I see forgiveness, I see the truth
You love me for who I am like the stars
hold the moon
Right there where they belong and I know
I'm not alone

Miley Cyrus – When I Look At You

 

Parcheggiai la mia auto non lontano dalla struttura sportiva che frequentavo. Camminai con passo svelto sperando di non fare brutti incontri con paparazzi molto poco indiscreti o con fans assatanate pronte a strapparmi anche questa tuta. D’un tratto, giunto nel parcheggio della palestra, sentii chiaramente la risata di Julie, unita a quella di qualcun altro di non ben definito. Mi guardai intorno sperando di incrociarla con lo sguardo, magari l’avrei salutata e saremmo entrati insieme in palestra, ma quando la individuai il sorriso che avevo sulle labbra si spense così come si era formato. Julie rideva stretta nell’abbraccio di Cresta Di Gallo James, che le solleticava i fianchi, scatenando le risate di entrambi. Mi bloccai alle loro spalle e presi il cellulare, fingendo di controllare qualcosa, interessato però a sentire quello che si dicevano.

“No dai James lasciami!” esclamò tra le risate la ragazza dimenandosi e cercando di sfuggire alla presa del tipo. Dal canto suo lui la strinse più forte e mormorò qualcosa al suo orecchio che la fece sorridere, per poi posarle – con mio enorme disgusto – un bacio leggero tra i capelli. Mi avvicinai un po’, mentre riprendevano a parlare a voce normale.

“Dai resta con me, non andare in palestra oggi!” la supplicò lui ridacchiando.

“Non ci penso proprio, adesso lasciami o non vengo nemmeno dopo” lo reguardì lei, mentre James ridacchiando la lasciava andare e la voltava verso di lui. Le cinse dolcemente i fianchi e le pesò l’ennesimo bacio, questa volta in fronte. E, non chiedetemi perché, mi sentii enormemente infastidito.

“Fammi uno squillo quando hai finito, ok?” chiese il ragazzo per poi baciarle la guancia e dirigersi verso la sua auto. Finalmente. Misi il telefono nel borsone e mi avvicinai a lei, per darle un po’ di sano fastidio.

“Buongiorno” salutai, per poi rifilarle un’occhiata truce “siamo di buon umore oggi” continuai poi.

“Sicuramente non per merito tuo” rispose Julie dopo aver alzato gli occhi al cielo. Aprì la porta ed entro, lasciandomi poi passare. Strano, molto strano.

“Non sapevo che avessi un ragazzo Julie” l’accusai quasi mentre entravamo nell’area fitness, dopo esserci cambiati.

“Non sapevo di dovertene fare conto” mi rispose lei per rime cominciando a prendere a pugni il saccone al centro della stanza.

“Pensavo che tra amici si facesse” la stuzzicai. Julie smise per un secondo di tirare calci e pugni e si tolse i guantoni, buttandoli ed avvicinandosi a me con aria minacciosa. Help!

“Senti un po’ Mr Egocentrico dei miei stivali, e tieni le orecchie aperte che non mi piace ripetermi: io fino a qualche settimana fa non sapevo nemmeno chi fossi, ed ora mi spii mentre sono a cena e mi chiedi informazioni sulla gente che frequento. Non sono fatti tuoi ok? Tu non sei nessuno, almeno non lo sei per me. Quindi evita di intrometterti nelle cose e VITE altrui, che io non ho voglia di spartire i cazzi miei con te. Chiaro?” mi chiese senza alzare la voce, ma con un tono tanto truce da farmi annuire più volte spaventato. Fece un cenno d’assenso e recuperò i guantoni, per poi uscire dalla saletta dov’eravamo senza nemmeno salutare. Dal canto mio decisi di continuare a fare esercizi per quasi due ore, poi mi diressi nello spogliatoio per cambiarmi e rientrare nei miei jeans. Mentre aggiustavo i capelli e rimettevo in ordine il borsone pensai ad un modo per distrarmi, ovviamente una ragazza. ma tutte quelle che conoscevo erano famose e impegnate o brutte e sfigate. Poi d’un tratto, mentre uscivo mezzo sconfitto e completamente sfinito, ricordai della cotta che Helen, la receptionist, nei miei confronti. Misi su il miglior sorriso da ruffiano del repertorio di sorrisi da ruffiano e mi avvicinai al bancone.

“Ciao Helen” la salutai con voce dolce. La ragazza alzò la testa e mi sorrise.

“Salve. Come posso aiutarla?” mi chiese formale.

“Non darmi del lei, te l’h detto. Chiamami Joe” le consigliai sempre con lo stesso sorriso “vorrei sapere se hai impegni per stasera” le chiesi poi, poggiandomi al bancone.

“Mhm … veramente no, per quale motivo me lo chiedi?” rispose incerta. Ma intelligentona, se te lo chiedo … arrivaci sola, no?!

“Verresti a cena con me?” le chiesi pazientemente, e pazientemente la vidi cambiare le ottocento sfumature di colore del viso, mentre giravo con lo sguardo per l’atrio della palestra. Julie era appena uscita dall’area fitness e si era fermata al distributore automatico. In quel momento Helen finalmente si riprese e mimò un si convinto con la testa.

“Fantastico, allora passo a prenderti alle otto” le proposi alzando la voce, sperando che Julie mi stesse ascoltando. Helen annuì e mi lasciò il suo numero di cellulare, le sorrisi nuovamente e mi voltai verso Julie che contro ogni mia previsione stava parlando fitto fitto al telefono guardando interessata il distributore. E dannazione!

Tornai a casa dopo una mezzora, passata a girovagare per la città ascoltando musica a palla, e subito mi feci coinvolgere nei giochi del mio fratellino Frankie, che mi stracciò otto volte di fila a PES e dieci alla corsa delle macchine. Quando arrivarono le sette e un quarto salutai quella peste di mio fratello e corsi di sopra. Dopo la solita doccia ristoratrice mi infilai un jeans e una camicia, presi giacca e cellulare e corsi fuori di casa. Arrivai al luogo dell’appuntamento dopo dieci minuti, in ritardo di dieci minuti. Helen stava finendo di prepararsi, aspettai nel piccolo salotto di casa sua, mentre le canzoni di MTV riempivano il silenzio del piccolo bilocale in cui abitava. Quando finalmente uscì dal bagno mi accorsi, con un misto di stupore e orripilazione, di quanto il suo abitino fosse attillato e scollato, assolutamente volgare nei confronti di quello sobrio ed elegante di Ju … e no, caspita, non stasera, devo distrarmi. Distrarmi.

“Ciao Joe, scusa se ti ho fatto aspettare” cominciò Helen sorridendo. Le risposi dicendo che non doveva preoccuparsi, poi la condussi fino in auto e poi al ristorante in cui mio fratello mi aveva consigliato di prenotare. Presto mi accorsi però del vero carattere di quella ragazza, assolutamente logorroico ed egocentrico, già alla fine degli antipasti cominciai a guardare l’orologio ogni due per tre, sperando che quelle dannate lancette si muovessero a scorrere. Helen continuava a ciarlare riguardo al suo lavoro, al College in cui si era laureata, ai suoi amici, dopo pochi minuti capii che l’unica maniera era fingerla di ascoltarla. Ma, arrivati alla fine del primo, la mia sopportazione era quasi al massimo. Non avrei resistito un secondo di più con logorroica Helen. Con una scusa mi alzai e corsi in bagno, dove mi lavai il viso e fissai il mio riflesso nello specchio per qualche istante. Poi afferrai il telefono e composi il numero di mio fratello, che ovviamente conoscevo a memoria.

“Ehy Bonus che fai di bello?” chiesi.

“Ma niente proprio. Mi annoio. Te invece? Come va con la bella centralinista?” mi chiese in risposta, gli illustrai la situazione catastrofica mentre lui rideva a crepapelle, poi gli proposi il mio piano. Pochi minuti dopo tornai al tavolo, dove Helen riprese a parlare esattamente dal punto in cui aveva dovuto smettere, mentre mangiava con la bocca aperta il filetto che aveva ordinato come secondo. Io annuivo ogni sette secondi e fissavo il telefono poggiato sul tavolino, che d’improvviso prese a squillare.

“Chi è?” mi chiese Helen mentre lo avvicinavo all’orecchio.

“Si?” chiesi, nonostante sapessi già chi fosse “ah, ok no dai stai tranquillo Bonus. Ok. Venire da te? Ma … è importante, eh? Va bene Frankie arrivo subito” promisi a mio fratello, che invece ridacchiava. Chiusi la comunicazione e chiamai il cameriere, chiedendogli se potesse portarci il conto immediatamente.

“Davvero Helen mi dispiace ma sai, è sorto un problema che proprio non posso posticipare” le dissi alzandomi finalmente sorridente e prendendo la giacca. Lasciai i soldi sul tavolo e la pregai di continuare a cenare, poi finalmente soddisfatto uscii dal ristorante, cominciando a passeggiare sul marciapiede con le mani nelle tasche. E poi la vidi. Stava scendendo dalla sua auto, indossava un jeans a sigaretta e una felpa tra il blu e l’indaco, converse e capelli sciolti, quando mi avvicinai scorsi un velo leggero di trucco sul suo viso.

“Ciao” la salutai sorridendo. Julie si voltò e mi fissò male.

“E ma allora sei una persecuzione!” esclamò irritata, per poi cominciare a passeggiare. Mi autoinvitai e camminai al suo fianco.

“Allora, com’è andata la cena con la bella receptionist?” mi chiese ridacchiando. Feci una smorfia e ficcai le mani nelle tasche.

“Non ho mai conosciuto una persona tanto … logorroica, e saputella, e ….” Cominciai, ma venni interrotto dalla sua risata.

“Ok, non è andato bene. Almeno tu hai cenato però, vero?” mi chiese poggiandosi una mano sullo stomaco “io non tocco cibo da oggi a pranzo, che per inciso corrispondeva a un mezzo panino del Mc Donald” si lamentò. La potevo capire, ero una specie di pozzo senza fondo anche io. Certo, non sarei mai arrivato ai livelli di Amy o … Alex. Il suo viso mi tornò in mente per un istante, la sua risata, i suoi ricci, le sue battute i suoi …

“Che ti sei incantato?” mi riprese Julie sventolandomi la mano davanti alla faccia.

“Eh? Io? No che scherzi!” risposi subito sulla difensiva, un’idea mi balenò in mente.

“Ti va un gelato?” le chiesi sorridendo indicando una gelateria completamente vuota. Julie mi fissò stralunata, poi si grattò il capo.

“Ma è Novembre …” cominciò un po’ confusa, e poi annuì con forza “e gelato sia!” accettò alla fine rivolgendomi il primo sorriso vero. Sorrisi a mia volta e prendemmo sue coni, che stranamente mi concedette di offrirle, e ci sedemmo sulla panchina poco distante, a chiacchierare come non avevamo mai fatto, da amici. Eppure … non ero tanto sicuro che da parte mia il sentimento fosse solo d’amicizia.

 

 

*** Angolo Pubblicità ***

Vorremmo segnalare delle storie alla vostra attenzione. In primis la fic che finalmente Julie ha avuto il coraggio di postare, si chiama “I Do”, come l’omonima canzone di Nick Jonas, ed è davvero bellissima. Poi la FF che io e maggie_lullaby stiamo scrivendo a quattro mani, il cui titolo è “On The Line” facilmente reperibile nel suo account, e infine una Shot che ho scritto nella sezione Originali, che si intitola “Time Of Our Life”, che spero riceva qualche commentino in più (:

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Avviso ***


Buonasera a tutti.

Perchè questo avviso?! La risposta è semplice.

Purtroppo impegni quali scuola e famiglia mi obbligano a sospendere la storia a tempo indeterminato, certo questo sequel, nonostante abbia pochissimo seguito, per me è importante, e che sia ora o quest’estate, verrà portato a termine.

Non so quando potrò farlo, ma avviserò sul mio twitter (@pupetta95) decisioni e riporterò avvisi.

Vorrei comunque ringraziare le persone che nonostante tutto continuano a seguire la storia, e sarà proprio per loro che non appena la scuola mi lascerà respirare riprenderò a scrivere. Scusate per il disturbo.

 

Nes95

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=442850