The truth behind the smile

di Tinni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


1

The truth behind the smile

 

Disclaimer: niente di tutto questo è mio, neanche la fic originale.

Grazie a Tinni che ha scritto questa fic e mi ha permesso di tradurla!

 

Il giorno prima dell’esecuzione

 

La sua esecuzione sarebbe stata il giorno seguente ma ormai era un gesto inutile. Lui era già morto. Morto la stessa notte che era morta lei. Domani, avrebbero semplicemente distrutto il suo corpo. Il suo cuore era morto da giorni.

 

“Capitano.” Lo chiamò Kira con tono implorante. “Capitano! Non… non vuole vederli?”

 

Ichimaru non rispose, continuò soltanto a fissare attraverso finestra Sokyoku Hill, dove il giorno dopo sarebbe stato messo a morte. Il clan Shihoin aveva finalmente ricostruito il Sokyoku. Aveva fatto la sua prima vittima il giorno precedente, Tosen Kaname, il capitano traditore della nona divisione, e domani avrebbe mietuto la seconda.

 

“Capitano, la prego!” Kira sentiva le lacrime pungergli gli occhi, versava le lacrime che il suo capitano si rifiutava di versare. “Matsumoto-san…”

 

“Non dirlo.” Fu un ordine calmo. “E non sono più il tuo capitano, Izuru. Non dovresti chiamarmi così. Se qualcuno ti sentisse, potrebbero pensar male.” Disse, quasi sussurrando.

 

“Non mi importa di quello che pensano gli altri!” Dichiarò Kira. “Capitano, lasci che li porti. Nessuno si opporrebbe, men che meno il Capitano Kyoraku!”

 

L’inaspettata menzione del Capitano Kyoraku portò a una reazione, Ichimaru si voltò a guardare il suo ex luogotenente. Erano nella torre bianca, l’ultima stanza dei condannati. “Cosa c’entra il Capitano Otto?” Chiese.

 

Fu allora che Kira realizzò che nessuno si era preso la briga di dire a Ichimaru cosa sarebbe stato dei suoi figli. Sentì la rabbia invadergli la mente, ma la soppresse. C’era da aspettarselo visto che Ichimaru per il momento non si era interessato di quei bambini che avevano solo qualche giorno. Non aveva pensato ad altro che alla morte della loro madre. “Il Capitano Kyoraku è stato scelto per adottarli.” Non aggiunse che lui stesso aveva implorato per l’affidamento dei bambini del suo capitano. In ogni caso, non aveva mai avuto alcuna possibilità. Non contro il Capitano Kyoraku. Infatti la richiesta di Kira, pur venendo dal cuore, non era quasi stata presa in considerazione, anzi era stata vista come egoistica da alcuni. Dopo tutto, chi era Kira Izuru rispetto al Capitano Kyoraku Shunsui.

 

“Sarà un buon padre.” Affermò Ichimaru con sincerità. “Migliore di quello che avrei potuto essere io. Avranno anche Nanao, ovviamente. Non è ironico, Izuru,” disse col suo solito sorriso beffardo, “Rangiku sopravvive alla guerra, sopravvive il doversela vedere col fatto che sono di nuovo nella Seiretei, come traditore condannato a morte. È anche riuscita a far pace con me e io…” il suo sorriso si spense e, per un attimo, Kira gli vide la sofferenza scritta in faccia, “.. io non volevo che succedesse. Non volevo che restasse da sola. Non volevo che continuasse a piangere e… era così contenta quando ha saputo di essere incinta. Aveva sempre voluto una famiglia. Rangiku aveva così tanto amore da dare. Il Capitano Undici mi ha inquadrato subito. Ha sempre detto che io e Tosen Kaname eravamo gli unici shinigami che temevano la morte. Non so se fossimo gli unici ma io avevo sicuramente paura di morire. Ma vedendola così felice mi sono detto, beh almeno non ti devi preoccupare di lasciarti alle spalle della disperazione. Sapevo che le sarei sempre mancato ma… non sarebbe stata sola, avrebbe avuto una parte di me per sempre, proprio come voleva. Ma…” Girò nuovamente le spalle a Kira, posando il suo sguardo sul Sokyoku. “Beh, non ho più paura di morire.”

 

Kira lasciò che le sue gambe si piegassero sotto il suo peso e quasi crollò sul pavimento. Gli sembrava che il suo corpo fosse stato colpito un’infinità di volte da Wabisuke. “Se per lei va bene, Capitano,” disse, con voce lieve ed esausta, “vorrei restare qui con lei… fino… fino a quando la verranno a prendere.” Ichimaru non rispose e Kira prese questo fatto come un tacito consenso e rimase dov’era, riflettendo su come, nel corso dell’ultimo anno, aveva finalmente scoperto la verità nascosta dietro al sorriso…


 

Esattamente un anno prima

 

Ukitake e Kyoraku sedevano, fissando le loro tazze. Entrambi immersi in pensieri riguardanti la riunione dei Capitani a cui avrebbero partecipato il giorno seguente, una riunione in cui si sarebbe deciso il destino dei due traditori che erano sopravvissuti alla guerra. “Saranno condannati a morte.! Disse Ukitake. “Su questo non c’è dubbio. Ma la domanda è, come? Secondo la tradizione, I capitani devono essere uccisi mediante il Sokyoku.”

 

“Nonostante i problemi che sta causando, non mi pento di averlo distrutto.” Rispose Kyoraku, accennando un sorriso al ricordo della sensazionale distruzione del Sokyoku da parte sua e di Ukitake.

 

“Nemmeno io.” Ammise Ukitake. “È molto probabile che gli verrà semplicemente tagliata la testa da Yama-ji o che vengano bruciati vivid al suo shikai.”

 

“Eseguire una condanna a morte non è come uccidere qualcuno in battaglia. Pensi che Yama-ji sia disposto a farlo?” Chiese Kyoraku.

 

“Non abbiamo molte possibilità. Soi Fon potrebbe usare la sua zampakuto, se le venisse ordinate non esiterebbe, ma non sarebbe diverso dal farlo fare a Yama-ji.” Commentò Ukitake. “Infatti, potrebbe essere più dannoso che altro. Quella ragazza è già troppo intense così.”

 

Kyoraku annuì. “Come pensi che Hisagi-kun e Komamura-kun prenderanno l’esecuzione di Tosen?”

 

“Difficile a dirsi. Ora come ora, riescono a capire pienamente che Tosen aveva concetti e ideologia distorte per giustificare quel che essenzialmente non era altro che il desiderio di vendetta verso il mondo che gli aveva portato via la donna che amava, ma, in fin dei conti, è pur sempre stato un mentore e Capitano per l’uno e un buon amico per l’altro.” Replicò Ukitake. “Ma, francamente, sono più preoccupato per Matsumoto-kun e Kira-kun. Ichimaru… beh, è notevole quanto amore e devozione abbiano verso di lui nonostante sia il più freddo, inquietante bastardo che io abbia mai conosciuto. Voglio dire, Aizen portava una maschera di bontà e gentilezza. Perciò c’è poco da sorprendersi se molti piangono la sua morte e ancora rifiutano di credere quello che veramente era e quello che ha fatto. Ma Ichimaru… è davvero impressionante.”

 

“Concordo. Tra l’altro ho sentito una voce… perturbante.” Affermò Kyoraku.

 

“Oh?”

 

“Si, gira la voce che Ichimaru avesse sposato Rangiku in segreto poco dopo essere diventato capitano. Che lo abbiano nascosto a tutti, le ragioni da lui usate per convincerla cambiano a seconda delle versioni e sinceramente, non riesco a immaginarla acconsentire a una di esse. Ma poi, si sa che la gente fa strane cose per amore e io so con certezza che quella ragazza lo ama più di quanto lui abbia mai meritato.” Disse Kyoraku.

 

“È un pettegolezzo alquanto bizzarro.” Commentò Ukitake. “Riesci a immaginare Rangiku che mantiene un simile segreto? Non la conosco bene quanto te ovviamente, ma da ciò che so di lei, mi viene da pensare che si sentirebbe insultata anche solo alla menzione di una cosa del genere.”

 

Kyoraku annuì. “Ma come ho detto, si fanno strane cose per amore.”

 

Silenzio. “Naturalmente, alla fine della storia, non importa. Ichimaru Gin e Tosen Kaname moriranno in un modo o nell’altro molto presto e se qualcuno piangerà per loro… si dovranno ritenere fortunati perché non lo meritano. Meno di tutti Ichimaru Gin, che ha seguito Aizen non perché pensava di satar facendo la cosa giusta ma ben sapendo che stava facendo quella sbagliata.” Affermò Ukitake.

 

“Hai ragione naturalmente. Questa è una storia… così triste.” Si lamentò Kyoraku riportando l’attenzione al suo sake.

 

 

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


2

The truth behind the smile

 

50 anni dopo l’esecuzione

 

Ancora sembrava strano, portare l’haori di capitano della terza divisione. Kira dubitava che ci si sarebbe mai trovato a suo agio. Avrebbe sempre avuto la sensazione di star facendo qualcosa di sbagliato indossando l’haori di Ichimaru. Avrebbe per sempre continuato ad aspettarsi di veder entrare Ichimaru che l’avrebbe preso in giro per essersi provato l’haori e che gli avrebbe assegnato qualcosa di noioso da fare come punizione. Ma Ichimaru se n’era andato e l’unica parte di lui che restava, era nei suoi figli. Il concetto di invecchiare era relativo alla Soul Society. Non era costante ed era legato più allo sviluppo emotivo e spirituale che allo scorrere del tempo. E così, nel corso degli ultimi 50 anni, Yachiru, che alla fine si era stancata di stare sulla spalla di Zaraki Kenpachi, era diventata un donna a tutti gli effetti. Ma i due figli del suo capitanoerano a male pena bambini. Li vedeva spesso correre tra gli edifici, giocare con diversi membri della prima divisione o tra le braccia di Nanao. A volte li vedeva col Comandante Kyoraku, che per loro era un buon padre. Però…  

 

Sapevano chi era stata la loro madre. Nanao li portava spesso a far visita alla tomba di Matsumoto. Ma Kira sapeva con certezza che nessuno dei due sapesse che il Comandante Kyoraku era solo il loro padre adottivo. Nessuno gli aveva mai mentito però. Solo, nessuno aveva mai detto il contrario ai bambini e tutti avevano lasciato che pensassero quello che era naturale. L’unica persona che pensava che questo fosse sbagliato era Kira e infatti i bambini venivano tenuti lontani da lui. Anche se Kira non gli avrebbe mai detto nulla che li facesse soffrire. Come avrebbe potuto? I bambini erano felici e lui non avrebbe mai fatto nulla per cambiare questo fatto. Il dolore che sentiva ogni volta che Rangiku lo guardava con quegl’occhi color ghiaccio, che erano stati del suo capitano, incastonati nel volto della donna che il suo capitano aveva amato, era soltanto suo. Come lo era l’agonia che sentiva tutte le volte che il suo sguardo si posava sul piccolo Shunsui. Sembrava la reincarnazione di Ichimaru Gin, con tanto di sorriso e occhi chiusi. Naturalmente non parlava come Gin. Per questo Kira era molto grato e su questo si concentrava tutte le volte che lo incontrava. Altrimenti, Kira ne era certo, sarebbe impazzito dal dolore.

 

Perché non riusciva a dimenticarsi del suo capitano? Dopo tutto, era passato così tanto tempo. Perché ne piangeva ancora la morte? Perché gli mancava ancora? Kira non lo capiva. Forse era solo il suo carattere. Quel suo carattere introspettivo che gli faceva sentire il dolore di una perdita molto più a lungo di chiunque altro. O forse ancora, Ichiamru Gin era impossibile da dimenticare.


Un anno prima dell’esecuzione

 

“I due traditori sopravvissuti sono ora trattenuti nelle celle speciali della prima divisione.” Il Comandante Yamamoto disse agli altri capitani. “Lì resteranno fino all’esecuzione. Come ben sapete, per tradizione il Sokyoku era il metodo di esecuzione per gli shinigami giunti al grado di capitano.” Yamamoto lanciò un’occhiataccia a Ukitake e Kyoraku. “Ma, ovviamente, il Sokyoku è stato distrutto.” Con grande fastidio del Comandante, sia Ukitake che Kyoraku riuscirono a mantenere espressioni perfettamente innocenti.

 

“E allora, come uccideremo i traditori?” Chiese Hitsugaya.

 

“Col Sokyoku.” Rispose Yamamoto. “Ci ho pensato bene e ho deciso che è meglio aspettare che il Sokyoku venga ricostruito. Il clan Shihoin ci metterà un anno. Perciò aspetteremo un anno. Durante questo periodo i prigionieri resteranno dove sono. L’accesso alle celle sarà consentito solo a shinigami di grado superiore al luogotenente. Tutte le operazioni di manutenzione devono essere fatte con un capitano o un luogotenente presente. Capisco che questo possa crearvi qualche problema ma quei due sono persone molto furbe e carismatiche. Non voglio dover condannare a morte altri shinigami per alto tradimento. Per questo motivo li ho fatti rinchiudere in celle speciali.”

 

“Scusi la mia ignoranza, Comandante.” Disse Hitsugaya. “Ma non ho mai sentito parlare di queste celle speciali.”

 

“Le celle speciali sono costruite nei sotterranei, sotto gli edifici della prima divisione. E sono fatte di Sekkiseki. Sono fatte apposta per i prigionieri pericolosi che devono essere trattenuto a lungo. Le porte possono essere aperte solo usando una zampakuto come chiave. Per ora le ho programmate per far accedere solo la mia zampakuto, quella del Capitano Unohana e dei nostri luogotenenti. Coloro la cui zampakuto può accedere alla cella non perderanno i poteri una volta dentro, tutti gli altri verranno privati di reiryoku. Questo vale anche per i prigionieri stessi che non possono lasciare la stanza a meno che non venga aperta dalla zampakuto capo, la mia.”

 

“Comandante, vorrei richiedere la possibilità d’accesso a Tosen Kaname per me e per il Luogotenente Hisagi Shuhei.” Disse il Capitano Komamura. “Vorrei parlare con Tosen e sono sicuro che lo stesso vale per lui.”

 

“Consentita.”

 

“Io vorrei richiedere la possibilità d’accesso a Ichimaru Gin per il Luogotenente Matsumoto e il Luogotenente Kira.” Disse Hitsugaya. “Hanno bisogno di riappacificarsi con Ichimaru prima del compimento della condanna.”

 

Ci fu una lunga pausa prima che Yamamoto prese la parola. “Considerato che sia il Luogotenente Matsumoto che il Luogotenente Kira hanno dimostrato la loro lealtà verso il Gotei 13 e la Soul Society numerose volte durante la guerra, non garantirgli l’accesso sarebbe come insultarli. Anche se, ho paura che mi pentirò di questa decisione. Ichimaru Gin è un uomo molto più pericoloso di Tosen Kaname.”


 

Fissava la sua immagine riflessa nello specchio. Chiedendosi perché non avesse smesso di indossarla, quella collana che lui le aveva regalato così tanto tempo fa. Dovrebbe toglierla. Avrebbe dovuto toglierla quando era stato svelato il tradimento. Ma non l’aveva fatto. Perché? Perché si sentirebbe nuda senza. Era parte di lei, non poteva sbarazzarsene. Proprio come lui. Dopo tutto, sarebbe morta se lui non fosse arrivato. Non sarebbe qui, se Ichimaru Gin non fosse entrato nella sua vita. Non si sarebbe mai liberata di lui e la collana che portava intorno al collo non era altro che la rappresentazione fisica dello stato della sua anima. Ma per quanto potesse essere legata a lui, non avrebbe ceduto, non sarebbe andata a trovarlo. No, non aveva niente da dirgli. Nessuna spiegazione da chiedere. Aveva fatto quello che aveva fatto e del perchè non le importava più di tanto. L’aveva ferita, fatto del male ai suoi amici, colpito tutto ciò che avevano giurato di proteggere. Non voleva ascoltare le sue ragioni. Non avrebbe dovuto farlo e basta. No, non sarebbe andata a trovarlo, non finchè non sarebbe stata obbligata a presenziare alla sua esecuzione in qualità di luogotenente della decima divisione. Il suo capitano era stato molto gentile e premuroso a richiedere l’accesso per lei, ma non era necessario. Non voleva avere più niente a che fare con lui.


 

Veniva ogni giorno e si fermava davanti alla porta chiusa. La mano sull’impugnatura della zampakuto. Non sapeva davvero cosa voleva fare. Una parte di lui voleva voltarsi e tornare alle terza divisione, alle sue mansioni, ai suoi amici, alla sua vita. Un’altra voleva aprire la porta… ma cosa avrebbe fatto dopo averla aperta? Non lo sapeva. Per sette giorni aveva assecondato la parte che voleva andarsene. L’ottavo, aprì la porta ed entrò.

La stanza era fredda e conteneva un letto, una scrivania e una sedia. Ichimaru era seduto alla scrivania quando Kira entrò, sembrava stessa leggendo alla luce della lampada che era sulla scrivania. “Così, alla fine ti sei deciso a entrare, Izuru.” Disse senza voltarsi. Ma poi, nulla potrebbe essere più appropriato, la maggior parte del tempo Kira aveva sempre fissato il retro della testa di Ichimaru.

 

“Ha avvertito la mia presenza.” Sussurrò Kira.

 

“Già. Questa stanza mi blocca ma riesco ancora a percepire te e Rangiku. Immagino che non verrà a visitarmi presto?”

 

“No, Matsumoto-san ha detto che non vuole avere più niente a che fare con lei.”

 

“Non posso biasimarla. Suppongo che dovrò accontentarmi di vederla alla mia esecuzione, per me sarà abbastanza. Non è come se potessi dimenticarla. Ma mi basterà vederla un’ultima volta… non miro a nient’altro.”

 

“Si rende conto che è quasi morta durante la guerra.” Rispose Kira con rabbia. “Non sembrava le importasse molto allora se viveva o moriva.”

 

“Naturalmente mi importava. Non volevo che le venisse fatto del male. Non ho mai voluto la sua morte. Avevo sperato che non mi avrebbe mollato quando sarebbe scesa la negacìon… ma non è andata così. E poi ho continuato a sperare che sopravvivesse alla guerra e…”

 

“E cosa! E se aveste vinto, sarebbe ritornata da lei! Pensa che le avrebbe perdonato la morte dei suoi amici, del suo capitano? Se lo pensa davvero, non la conosce veramente.”

 

“La conosco, Izuru. La conosco meglio di quanto non si conosca lei. Non mi avrebbe mai perdonato. Mai. Ma sarebbe rimasta con me. Una parte di lei mi avrebbe odiato, un’altra avrebbe odiato se stessa ma sarebbe rimasta con me.” Disse con assoluta convinzione.

 

“Non sarebbe stata una bella vita.”

 

“Tu sei nato qui, vero Izuru. La tua famiglia è nobile, no?” Erano pure affermazioni, Ichimaru conosceva bene la storia della famiglia di Kira.

 

“Bassa nobiltà ma…”

 

“Sei comunque un nobile. È vero che hai avuto una vita dura rispetto a quelli che sono di qui come te, ma io e Rangiku… La nostra definizione di bella vita ti sorprenderebbe.”

 

Kira chiuse gli occhi e pose la domanda che l’aveva perseguitato fin da quando aveva scoperto che il suo capitano era un traditore. “Perché?” Quell’unica parola poteva avere tanti significati.

 

Silenzio. “Sei un ragazzo intelligente, Izuru, arrivaci da solo.” E questa, Kira realizzò, sarebbe stata l’unica risposta che avrebbe mai ricevuto da Ichimaru Gin.

 

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


3

The truth behind the smile

 

11 mesi prima dell’esecuzione

 

Stava crollando. Lavorava, parlando il minimo possibile. Poi, a fine giornata, andava nella sua stanza e beveva fino a perdere i sensi. Per Matsumoto Rangiku tutto questo era innaturale. Di solito, cercava di evitare di lavorare, attaccava bottone con tutti e non perdeva occasione di uscire con gli amici. Preferiva anche bere in compagnia, compagnia che di solito includeva uomini come Hisagi, Kyoraku e Iba che facevano a gara a chi le offriva più bicchieri. Ciò che stava accadendo era ovvio. Finita la guerra, non aveva più niente per cui vivere. Il suo dovere era finito. La Soul Society era salva. Non erano più in stato d’emergenza. Non era più necessario che lei restasse lucida. Poteva fare ciò che voleva ora. Poteva bere fino a non capire più niente…

 

Bussarono alla porta. Fece finta di niente. Non voleva vedere nessuno, soprattutto se si trattava dei suoi amici. Voleva solo essere lasciata sola. “Matsumoto-san, so che sei lì dentro.” Le giunse la voce di Kira. “Aspetterò tutta la notte se devo. Ma vorrei parlarti.”

 

“Di cosa?” Chiese Matsumoto.

 

“Di… di…” Non poteva farlo. Non poteva dire il nome di Ichimaru Gin ma Ichimaru Gin non meritava più il titolo di capitano. “Di lui. Voglio parlare di lui.”

 

“Non ho niente da dire su di lui.” Dichiarò Matsumoto. 

 

“Per favore, Matsumoto-san, voglio sapere com’era prima. Prima di entrare nel Gotei 13. prima di incontrare Aizen Sosuke.” Implorò Kira.

 

“Perché?” Chiese Matsumoto. “Cosa importa?”

 

“Penso sia importante, Matsumoto-san. Penso che tutta la sua vita l’abbia portato esattamente dov’è ora, e voglio sapere perché. Lui non mi da risposte ma speravo che parlarne con te potesse aiutarmi.” Spiegò Kira.

 

Silenzio. Poi sentì rumore di passi e la porta si aprì. “Siamo chiari, lo faccio perchè vuoi saperlo. Non perché voglio parlare di lui.”

 

“Capisco, Matsumoto-san.” Rispose Kira. “Grazie.”


 

Sai, non ricordo la mia vera data di nascita. Gin è stato la prima persona a chiedermi quando fosse il mio compleanno. Quando gli dissi che non lo sapevo, decise che sarebbe stato il giorno in cui ci siamo incontrati. Pensavo fosse appropriato, perché dopo quel giorno la mia vita non fu più la stessa. Vedi, non ricordo molto della mia vita prima di lui. Non ho mai contato i giorni prima di incontrarlo. Il tempo non aveva un significato e i giorni si susseguivano uguali. Sapevo di essere diversa, perché avevo fame. Sembrava quasi una maledizione che mi complicava la vita. Un giorno la mia vita difficile finì. Non ricordo neanche come sono sopravvissuta fino ad allora. Ci sono riuscita e basta. Poi un giorno… non ne potevo più. Mi ritrovai sdraiata su una strada sterrata, guardando il mondo intorno a me, aspettando, semplicemente aspettando il mio ultimo respiro… e poi arrivò lui.

 

“Mangia.” Mi disse tenendo un pezzo di frutta sulle mie labbra. “Se puoi collassare per la fame, vuol dire che hai potere spirituale.” Mi informò.

 

“Anche… tu…” chiesi.

 

“Già. Anch’io. Ichimaru Gin, piacere di conoscerti.”

 

“Gin… che nome strano.”

 

Il suo sorriso si fece più grande. “È per i miei capelli, o almeno credo. Non ho nessuno a cui chiedere, sai.” Disse. “Ora mangia!” Diedi un morso e masticai lentamente, faceva male inghiottire. Sospirò. “Sei difficile eh.” E con ciò si sedette vicino a me e cominciò a imboccarmi. “Come ti chiami?”

 

“Matsumoto Rangiku.”

 

“Rangiku… è un bel nome.” Disse. “Cosa ci fai qui tutta sola?”

 

“Sono sempre sola…” non rispose, continuò a imoccarmi finchè non ebbi recuperato abbastanza forze da sedermi e prendere il cibo con le mani.

 

“Se non sai dove andare, puoi stare con me. Non ho molto ma non mi dispiacerebbe dividerlo con te.” Mi disse.

 

“Davvero?” dissi, sentendo una sensazione di felicità fino ad allora sconosciuta.

 

“Già. Non sei spazzatura e sei la cosa più bella che io abbia mai visto. Non posso lasciarti da sola, potrebbe succederti qualcosa e questa finirebbe per essere una storia molto triste e io odio le storie tristi.” Mi disse, prima di prendermi la mano e condurmi alla capanna che divenne la mia casa con lui.

 

Non che ci fosse sempre. Spariva per giorni, a volte per settimane e non mi diceva mai dove se ne andava. La prima volta… ero così preoccupata. Lo cercai ovunque. Per tre giorni andai a cercarlo finche era giorno. Per tre notti lo aspettai fuori dalla porta. All’alba del quarto giorno ritornò, col sole che gli sorgeva dietro la schiena. Mi rimproverò per non essermi curata di me stessa e per essermi preoccupata.

 

“So cavarmela, Rangiku.” Mi disse. “E non ti voglio lasciare. Non preoccuparti e non farmi preoccupare. Non devi cercarmi. Ritornerò sempre e non c’è bisogno di aspettarmi in piedi. Dormi! Il tempo passerà più velocemente e prima che te ne accorga, sarò di nuovo con te.”

 

Non ti sei mai chiesto perché dormo così tanto? Non è perché sono pigra, o almeno non solo per quello. Ma ogni volta che vado a dormire, c’è sempre la possibilità che mi sveglierò tra le sue braccia… beh, c’era la possibilità di svegliarmi tra le sue braccia…


 

Smise di parlare. Persa nei suoi pensieri mentre Kira ripensava alla storia. Infine, Kira ruppe il silenzio. “Che voleva dire? Quando disse che non eri spazzatura?”

 

“All’epoca non lo capii. E continuai a non capirlo per molto tempo. Ma un giorno… Gin mi portava con se molto raramente. Le poche volte che lo fece, andammo a un mercato che era a circa due giorni di viaggio da dove vivevamo. Ogni volta che andavamo mi teneva strettamente la mano… ma un giorno, un giorno ci perdemmo di vista nella folla. Mentre lo cercavo disperatamente, mi imbattei in un gruppo di bambini che cercavano di difendersi da uomini adulti, urlando di essere lasciati liberi. Non potevo far finta di niente. Così mi intromisi, non avevo molto controllo ma ero in grado di creare una sfera energetica abbastanza decente e a manovrarla un po’. Fu abbastanza per spaventare quegli uomini e abbastanza per dire a Gin dov’ero. Arrivò di corsa e appena mi raggiunse, mi prese la mano e cominciò a trascinarmi via. Ma gli altri bambini mi presero l’altra mano e cominciarono a ringraziarmi per averli salvati…”


 

“Grazie! Se non ci fossi stata ci avrebbero portati alla Casa.” Mi sembra che fossero tre, due maschi e una femmina, e penso che la femmina fosse quella che parlava di più. Non ricordo benissimo però.

 

“La casa?” le chiesi.

 

“Non hai bisogno di sapere della casa.” Interruppe Gin. “Non è un posto in cui finirai. Farò in modo che sia così.”

 

“Dovresti stare con noi, più siamo meno ci danno fastidio.”

 

“Cosa ne pensi Gin?” mi sarebbe piaciuto restare, non avevo mai avuto amici. Gin era tutto ciò che avevo e pensi che magari, se c’erano anche altre persone, non mi sarei sentita così sola quando non c’era.

 

“Sono spazzatura, Rangiku, e altra spazzatura messa insieme non li terrà al sicuro. Ti vogliono perché non sei spazzatura. Puoi proteggerli e se non ci riesci… sei molto più carina, cercheranno di prendere prima te dando a questa spazzatura il tempo di scappare. Vogliono solo usarti. Non resteremo con loro, tu non resterai con loro. Ti porterò a casa anche se dovessi trascinartici.” Non avevo mai visto questo lato di Gin. La durezza della voce, lo sguardo oscuro e pericoloso… I bambini cominciarono a protestare ma con un suo sguardo si zittirono, come feci anch’io. “Andiamocene.” Con questo mi guidò fuori dal paese. “Non venire mai qui senza di me, Rangiku. Mai.”


 

“E non lo feci mai. Finchè…” il volto di Rangiku si oscurò.

 

“Finchè?” ripetè Kira, ma lo sguardo di lei lo fermò.

 

“Poco prima che entrassimo all’accademia… fu assente per circa tre settimane. Non era mai stato via così a lungo. Non potevo non preoccuparmi. Ho pensato che potesse essere in paese. Vedi, dai suoi giri tornavva sempre con cibo, vestiti e altre cose di cui avevamo bisogno. Non so come le ottenesse. Non rispondeva mai quando glielo chiedevo, ma una volta ho trovato del sangue sul suo yukata, e decisi che probabilmente non volevo neanche saperlo. Ma molti negozianti del paese lo conoscevano, così pensai che qualcuno avrebbe saputo dirmi dov’era, o se l’aveva visto ultimamente…” Rangiku fece silenzio, sembrava sempre più riluttante.

 

“Cosa è successo, Rangiku?” chiese Kira, anche se non era più tanto sicuro di volerla forzare a parlare.

 

“Sei un ragazzo intelligente, Kira. Arrivaci.” Disse con una nota di irritazione. “Ad ogni modo, non importa. Prima che succedesse qualcosa di brutto, Gin arrivò e mi portò via… già allora il suo potere faceva paura. Non ci fu storia. Ma lui venne ferito, non so da chi. Non voleva dirmelo, ma poco tempo dopo mi portò con se all’accademia per shinigami. Dopo essere entrati lì, durante il giorno mi ignorava, si immergeva completamente negli studi, come se fosse posseduto, e veniva da me solo la notte. Si diplomò in un anno, come primo della classe. Fu subito accettato nel Gotei 13. Aveva ricevuto offerte da tutte le divisioni ma per qualche motivo scelse la quinta.”

 

Chiuse gli occhi per trattenere le lacrime per i brutti ricordi. “Dopo essere entrato non venne più da me. L’unica volta che lo vidi fu durante un giro per negozi nella Seiretei con altre ragazze e quando andai da lui, mi chiamò Matsumoto-san. Mi sentii così ferita che mi voltai e corsi via. Corsi nella mia stanza e ci restai tutto il giorno e tutta la notte, piangendo. Il giorno dopo saltai lezione, ero troppo depressa per alzarmi dal letto. Mi sarei ubriacata se avessi avuto i soldi per farlo. Il terzo giorno, cominciai a forzarmi ad andare avanti con la mia vita. Non c’è ragione, mi dissi, di struggersi per lui. Sapevi che un giorno ti avrebbe lasciata. Non sei mai stata abbastanza per lui. Ma poi… proprio quando pensavo di averlo dimenticato, mi svegliai e lo trovai nel mio letto, le sue braccia strette intorno a me. Ero così arrabbiata, cos’ irritata, così ferita. Urlai e piansi e lo picchiai con tutta la forza che avevo. Non reagì, mi tenne solo stretta finchè non ebbi sputato fuori tutto il veleno che avevo in corpo e poi mi baciò, e io lo lasciai fare. Lasciai che mi catturasse ancora e sapevo che non ci sarebbe stata via di scampo. Sarei stata sua per sempre, che lui ci fosse o no, che fosse vivo o morto. Sono dannata, sin dal giorno in cui ho mangiato il frutto che mi aveva offerto.” Era presente una tale nota di fatalità nella usa voce, che Kira si spaventò.

 

“Matsumoto-san…”

 

“Vorrei dormire adesso, Kira. Sono… molto stanca. Stanca di tutto.” Sussurrò. Le sue parole avevano più significati nascosti di quanti Kira riuscisse a immaginare.

 

“Certo, grazie Matsumoto-san. Grazie e buona notte.” E con questo Kira se ne andò, ma Matsumoto non si mise a letto. Prese la sua tazza di sake e cominciò a bere, bevve fino a perdere i sensi, e cadde in un sonno profondo.

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


4

The truth behind the smile

 

50 anni dopo l’esecuzione

 

“Rangiku! Shunsui!” Chiamò Nanao. “Dove si saranno nascosti?” si chiese.

 

“Problemi, Ise-san?” Chiese Kira avvicinandosi a lei.

 

“No, solo non riesco a trovare Rangiku e Shunsui.” Gli disse

 

“Mi sembra di averli visti dalla fontana vicino alla settima divisione, andiamo a controllare?” Chiese Kira gentilmente. Nanao annuì e si diressero verso la fontana.

 

Trovarono I bambini che giocavano con due grossi peluche. Uno era una volpe argentea e l’altro un grosso serpente, sempre color argento. “Rangiku! Shunsui! Venite subito qua! Siete in ritardo per le lezioni!”

 

“Ci dispiace, Nanao-san.” Dissero all’unisono mentre correvano verso di lei. “Buon giorno Capitano Kira.” Dissero quando videro Kira.

 

“Buon giorno bambini.” Li salutò Kira, tenendo gli occhi fissi su Rangiku che stringeva a se la volpe. “Che bella la tua bambola.”

 

“Il suo nome è Gin.” Disse Rangiku, Nanao sbiancò all’inaspettata pronuncia del suo nome. “Era della mamma! Abbiamo trovato lui e Ichimaru,” indicò il serpente tra le braccia di Shunsui, “tra le cose della mamma ieri sera.”

 

“Come… come sai che quelli sono i loro nomi?” chiese Nanao, trattenendo l’istinto di prendere quelle bambole e distruggerle con una fiamma fatta di kido.

 

“C’era scritto sopra.” Disse Shunsui indicando sulla coda del serpente un ricamo ordinato che diceva Ichimaru, mentre Rangiku alzava la zampa della volpe sulla quale era stata ricamata la parola Gin. “Ma Nanao.san, sono confuso, perché la mamma ha dato ai suoi peluche il nome del traditore Ichimaru Gin?” Chiese il bambino.

 

“Cosa… cosa vi fa pensare che gli abbia dato il nome per Ichimaru Gin?” Chiese Nanao.

 

“Non saprei, però, Ichimaru Gin non è un nome molto diffuso e ho sentito dire che lui e la mamma hanno fatto l’accademia insieme.” Spiegò Shunsui. “Erano amici?” 

 

Nanao non rispose, non sapeva che dire. Kira le risparmiò il bisogno di trovare una risposta. “Erano amici.” Sussurrò, obbligando se stesso a guardare il bambino, la miniatura del suo capitano sia per aspetto che per intelligenza. “Erano amici sia prima che dopo l’accademia. È normale che lei abbia dato alle sua bambole il nome di un caro amico. Soprattutto un serpente e una volpe. Vedi, non sappiamo ancora se il Capitano Ichimaru fosse un serpente dal sangue freddo o una kitsune molto furba…”


 

11 mesi prima dell’esecuzione

 

Dal suo punto di vista, non era stato così improvviso. Non aveva pensato ad altro nell’ultima ora. Però, quelli che le stavano intorno che non sapevano come la pensava, vedevano tutto in modo diverso. Ise Nanao stava sorseggiando il tè tranquillamente, persa nei suoi pensieri, ma l’attimo successivo si era alzata di scatto mormorando fra sé e sé, “e non la sopporto più!” Prima che le altre ragazze dell’associazione donne Shinigami potessero proferire parola, era già uscita.

 

“Cosa… cosa è successo?” Chiese Hinamori.

 

“Sembra che Nana stia andando a parlare con Ran-chan.” Disse Yachiru.

 

“Era ora.” Commentò Soi Fon. “Avevo già una mezza idea di far tornare quell’idiota a ragionare a suon di botte. Perché diavolo continui a ubriacarsi per quel serpente traditore non lo capirò mai.”

 

“Ran-chan ama Foxy.” Disse Yachiru, come se questo bastasse per controbattere all’affermazione di Soi Fon.

 

Prima che Soi Fon potesse replicare, Isane si intromise. “Comunque sia, resta il fatto che Ichimaru Gin è condannato a morte e continuando di questo passo Matsumoto-san lo seguirà nella tomba. Per come stanno le cose al momento, sembra che voglia uccidersi bevendo.”

 

“Non c’è niente che possiamo fare?” chiese Nemu. “Ho sentito parlare di ‘terapie’ che vengono fatti nel mondo reale.”

 

“Terapie? Cosa sono Nemu-san?” chiese Hinamori.

 

“Credo che una terapia coinvolga parenti e amici di una persona che cercano di convincerla a chiedere aiuto per qualche problema. Nel caso del Luogotenente Matsumoto il nostro obiettivo primario sarebbe farla smettere di bere e convincerla a chiedere aiuto per superare la depressione. Dopo tutto, è ovvio che beve così tanto perché è depressa, è un caso clinico.” Guardò Isane per chiedere conferma, lei annuì.

 

“Lasciamo provare Nana.” Disse Yachiru. “Se fallisce, faremo tornare la ragione a Ran-chan con la forza!”


 

“Rangiku apri!” Urlò Nanao bussando con forza. Rangiku la ignorò, come Nanao sapeva avrebbe fatto. “Ora ne ho avuto abbastanza, Rangiku!” Con queste parole Nanao buttò giù la porta con un kido.

 

Rangiku saltò in piedi. “Che diavolo stai facendo, Nanao!” urlò.

 

“Dovrei chiedertelo io.” Disse Nanao. “Cosa diavolo pensi di fare!” chiese strappandole di mano la bottiglia di sake e scagliandola contro il muro.

 

“Hey! Quello lo stavo bevendo!”

 

“Appunto!” urlò Nanao. “Lui è un mostro! E tu lo sai! L’unica cosa che non posso rinfacciarti è che non hai mai chiuso gli occhi davanti alle sue colpe. Non hai mai cercato di trovare delle scuse per lui. Non hai mai detto cose come, oh è solo un incompreso oppure non è malvagio come la gente crede. Hai sempre saputo cos’era ma dubito che anche tu avessi potuto immaginare ciò di cui è stato capace. Diamine, ha aiutato Aizen a hollowificare Lisa! È stato la causa per cui abbiamo perso tutti quei capitani, quei luogotenenti anni fa! Ha aiutato Aizen a portare alla Soul Society quell’hollow che ha portato Shiba Kaien alla morte!  L’ha aiutato a creare quegli hollow che sono la causa delle cicatrici di Hisagi! L’ha aiutato a cercare di uccidere Hinamori! Ha aiutato Aizen a creare quei mostri che quasi non ci hanno ucciso tutti! Ha combattuto contro di noi e non ha dimostrato un minimo di rimorso! Neanche una goccia e…”

 

“Le so queste cose!” interruppe Rangiku. “So tutto questo ma…”

 

“Ma cosa!” Nanao piangeva. “Perchè stai facendo questo? Perchè ti stai lentamente avvelenando con queste…” Prese la bottiglia di sake più vicina e la infranse sul pavimento. “Perché Rangiku? Perché continui ad amare quel diavolo sorridente?”

 

“Perchè…” sussurrò Rangiku. “Lui è il diavolo e io ho mangiato il suo frutto.”

 

“Rangiku!”

 

“Non ho nessun’altro Nanao!” Strillò Rangiku. “Ero sola prima di incontrarlo e sarò sola quando se ne andrà! Non voglio restare da sola.” Le si riempirono gli occhi di lacrime ma lo sgardo di Nanao rimase impassibile.

 

“Sciocca! E noi? Io cosa sono? Il Capitano Kyoraku? Il Capitano Hitsugaya? E Hisagi e le alter ragazze? Non siamo niente per te? Pensi che non c’importi? Hai una vaga idea di quanto sia doloroso guardare un persona a cui vuoi bene distruggere se stessa? Ma dovresti saperlo. Non è vero forse? Ichimaru l’ha fatto. Si è distrutto con le sue mani e tu ora stai facendo lo stesso!” Strillò Nanao. “Forse,” la sua voce si abbassò, fino a diventare un sussurro, “forse siete davvero fatti l’uno per l’altra. Siete entrambi bravi a portare tristezza.” Detto questo Nanao si voltò e uscì, ma Rangiku fece in tempo a vedere le lacrime nei suoi occhi.  


 

Stava nel centro della stanza, aspettandola. “Così hai deciso di farmi visita alla fine.” Disse quando lei entrò, sorridendo apertamente. “Ne sono contento. Pensavo che non ti avrei rivista prima del gran giorno.”

 

Aveva un’aria stanca ma stranamente pacifica. C’era un sorrisetto sulle sue labbra quando si chiuse la porta alle spalle. “Mi hai sentita arrivare.”

 

“Tue d Izuru siete le uniche persone che percepisco da qui.” Spiegò. “Così cerco di seguire tutti i tuoi movimenti. Non ho molto altro da fare. Il Capitano Unohana mi ha portato dei libri ma leggere non è divertente quanto osservare la gente. Mi mancano le mie passeggiate.”

 

“Immagino.” Disse Rangiku avvicinandosi a lui. Gli poggiò dolcemente una mano sul petto e sussurrò. “Mi sei mancato.” Poi appoggiò la testa sul suo petto e pressò il corpo contro il suo.

 

Le sue braccia automaticamente la abbracciarono. “Questa è una sorpresa.” Sussurrò baciandole la testa. “Pensavo fossi arrabbiata con me, Rangiku.”

 

“Non voglio provare rabbia adesso.” Sussurrò Rangiku. “D’ora in poi non voglio più provare emozioni negative.”

 

Qualcosa non andava. “Rangiku, che stai dicendo? Cosa hai fatto?”

 

Rangiku si staccò leggermente da lui e also lo sguardo, stava ancora sorridendo. “Non posso andare avcanti così. Non posso continuare a far soffrire i miei amici ma so che non posso vivere senza la mia volpe argentata. Ma disperarmi e lasciarmi andare lentamente non è giusto nei confronti di chi mi vuole bene. Così ho deciso di farla finita velocemente.”

Gli occhi di Gin si aprirono quando capì. “Ti sei avvelenata!”

 

Annuì. “È meglio così, almeno non dovrò soffrire per la tua morte...” Ma Gin non l’ascoltava, non appena aveva annuito si era fiondato verso la porta e aveva cominciato a sbatterla con forza.

 

“Hey, c’è nessuno! Per favour aiuto!”

 

“Non serve a niente.” Sussurrò Rangiku, il veleno la rendeva sempre più debole e si accasciò lentamente. “Non c’è nessuno qui a quest’ora di notte.”

 

“Rangiku! Ti prego! Ti prego apri questa porta!” la implorò Gin, prendendola in braccio senza sforzo e portandola dalla porta. “Ti prego!”

 

“Gin, per favore,” sussurrò Rangiku, “Non mi resta molto tempo, solo… stringimi.”

 

Emettendo un suono indescrivibile Gin riprese a sbattere contro la porta, pur stringendo Rangiku. Poteva sentire la sua forza vitale scivolare via. “Aiuto! Per favour! Qualcuno! Aiuto!”

 

Fortunatamente, in quell preciso momento Hisagi Shuhei e il Capitano Komamura stavano uscendo dalla cella di Tosen Kaname. “Che significa tutto questo, Ichimaru?” domandò Komamura dall’altra parte della porta.

 

“Komamura-san! Rangiku ha tentato il suicidio. È qui dentro, ha bevuto un qualche veleno. Se non la portate subito dal Capitano Unohana, morirà!” spiegò Ichimaru.

 

“Cosa?” fu l’urlo shockato di Hisagi.

 

“Hisagi, vai a chiamare il Capitano Unohana.” Ordinò Komamura. “Ichimaru, la mia zampakuto non ha il permesso di aprire la tua cella. Devi fare in modo che lei apra la porta.”

 

Ichimaru non tentò neanche di chiedere a Rangiku, tolse Haineko dal fodero e guidò le mani di Rangiku all’elsa forzandola a impugnarla. “Gin… don’t…” sussurrò lei, ma come al solito non le diede retta. Le fece mettere la zampakuto nella fessura e la porta si spalancò. Komamura si sporse oltre la soglia e la prese dalle sue braccia. Senza dire altro, si voltò e corse nella direzione del reiatsu del Capitano Unohana sperando di incontrarla a metà strada.

 

La porta era rimasta aperta, Haineko nella fessura. Gin tentò di mettere una mano fuori ma la barriera speciale gli diede la scossa. Dopo tutto, la porta non era fatta per tenere dentro i prigionieri ma per non fare entrare gli indesiderati. Bastava la stanza per tenerlo imprigionato. Fissò la bruciatura sulle sue dita come se non sapesse come c’era arrivato. “Non morire, Rangiku.” Sussurrò continuando a fissare le sue dita. “Ti prego non morire.”

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** 5 ***


5

The truth behind the smile

 

50 anni dopo l’esecuzione

 

Shunsui si dimenticò di Ichimaru il serpente abbastanza in fretta, ma Gin la volpe divenne ben presto la bambola preferita di Rangiku. Se la portava dietro dovunque. La portava con se alle lezioni di lettura e scrittura. La portava con se all’allenamento di Kido, a quello di Kendo e quando andò a trovare il suo capitano preferito, il Capitano Hisagi della nona divisione, lo stringeva fermamente a se. Quando  arrivò trovò il Capitano Hisagi che parlava con una ragazza carina che lei non aveva mai visto. Rangiku la squadrò e decise subito che non le piaceva. Corse da Hisagi e gli tirò l’hakame per avere la sua attenzione. “Ecco la mia ragazza preferita!” Esclamò Hisagi prendendola in braccio. La donna con cui stava parlando porse i suoi saluti e se ne andò.

 

“Chi è quella?” Domandò Rangiku lanciando uno sguardo torvo alla schiena della donna.

 

“Oh, è il mio quarto seggio.” Disse Hisagi. “Si è appena trasferita dalla settima divisione.”

 

“Ti piace?”

 

“Beh, sembra gentile.” Disse Hisagi.

 

“No! Voglio dire, ti piace, piace?” Domandò Rangiku.

 

Hisagi sbattè le palpebre e scoppiò a ridere. “No, non mi piace.”

 

“Bene.” Disse Rangiku con lo stesso sorriso di sua madre. “Perchè tu sei mio!” lo informò prima di accoccolarsi contro il suo petto.

 

Hisagi restò senza parole, guardò la bambina tra le sue braccia e per un attimo riuscì a pensare solo alla donna che era stata sua madre. Quella donna che aveva amato invano perchè lei era sempre appartenuta a un’altro. Era sempre stata della volpe d’argento. Ma questa bambina non apparteneva a quella volpe d’argento. Piuttosto la volpe d’argento apparteneva a lei, anche se era solo un peluche. “Si,” riuscì a dire Hisagi, “sono tutto tuo. Sono sempre tuo.” Neanche Hisagi sarebbe avrebbe potuto capire con quale della due Rangiku stava parlando.

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11 mesi prima dell’esecuzione

 

Se Hisagi Shuuhei avesse avuto bisono di un’altra ragione per odiare Ichimaru Gin, la ottenne guardando Rangiku agitarsi nella presa del Capitano Komamura mentre il Capitano Unohana cercava di curarla. “No, per favore no. Lasciatemi morire.” Sussurrò, la voce sempre più bassa per effetto del veleno.

 

Non potevano atterrirla per paura di peggiorare gli effetti del veleno ma cercare di curarla mentre si agitava non era comunque facile. “Basta!” Comandò il Capitano Unohana. “Luogotenente Matsumoto, stai ferma, è un ordine!”

 

Forse per via della sua anima da soldato o forse perchè a quel punto il veleno le impediva di muoversi, Matsumoto smise di agitarsi. Le lacrime, però, continuarono a scorrere. “Hisagi,” gli disse il Capitano Komamura, “per favore vai a informare il Capitano Hitsugaya di ciò che è successo.”

 

Pur essendo reluttante a lasciarla, anche Hisagi era un buon soldato. “Si, Capitano Komamura.” Se ne andò. Maledicendo ancora una volta il nome di Ichimaru Gin e pregando tutti gli dei che gli venivano in mente e implorando che Matsumoto sopravvivesse.

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La ricoverarono nel reparto psichiatrico del Sougou Kyuugo Tsumesho e la segnalarono come a rischio di suicidio. I suoi amici potevano andarla a trovare quando volevano ma lei non poteva uscire, non che avesse alcun posto dove andare dopo che le avevano revocato il permesso d’accesso alla cella di Gin.

 

“Inoue Orihime ti ha mandato delle paste dal mondo reale.” Disse Nanao passandole a Rangiku.

 

“Lei sa che...” chiese Rangiku, la sua voce era debole e esausta.

 

“No, non ancora.” La rassicurò Nanao. “Recentemente nessuno è andato nel mondo reale. Sia Abarai che Kuchiki sono pieni di impegni e quindi sono mesi che non vanno. Ichigo è molto tempo che non viene. Immagino sia preso dalla sua vita di tutti i giorni. Inoue ha mandato dei regali tramite Kurumadani Zennosuke quando ha terminato il suo incarico. Ha mandato caramelle per Yachiru, degli accessori a forma di coniglietto per Kuchiki e degli occhiali da sole per Abarai. Ha anche mandato qualcosa al Capitano Hitsugaya ma si rifiuta di dirci cos’è.”

 

Rangiku riuscì a sorridere un po’ e disse “Scommetto che è un DVD di Kitsue, al capitano piacevano molto quando stavamo da lei.”

 

“Kitsue?”

 

“È un cartone animato.” Spiegò Rangiku.

 

“Oh!” Esclamò Nanao sorridendo. “Capisco. Non mi stupisce che non voglia confessarlo.”

 

“Rangiku sospirò. “Il Capitano… probabilmente è sommerso di lavoro e devo avervi fatto preoccupare a tutti. Sono stata un peso terribile vero? Non riesco a non far del male a chio mi sta intorno.”

 

“È tutto a posto!” le assicurò Nanao, prendendole una mano tra le sue. “Eravamo solo preoccupati per te e se ci preoccupiamo è perchè ti vogliamo bene. Non sei sola Rangiku! Non lo sarai mai! E ti prego, non pensare mai più, neanche per un istanti, che la tua morte smetterebbe di farci soffrire. Sarebbe ancora peggio e ci mancheresti sempre.”

 

Lacrime scesero sul volto di Rangiku. Ultimamente piangeva spesso. “Mi dispiace.” Sussurrò, senza specificare per cosa le dispiaceva ma Nanao ne aveva una vaga idea. Le dispiaceva di aver fatto preoccupare i suoi amici, le dispiaceva di aver causato tanti problemi ma soprattutto le dispiaceva di non riuscire a pensare ad altro che Ichimaru Gin.

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“Voglio vederla.” Disse Ichimaru al Capitano Unohana mentre alcuni membri della quarta divisione facevano pulizia all’interno della sua cella.

 

“Il luogotenente Matsumoto è in uno stato mentale molto fragileche dubito possa migliorare visitandoti.” Rispose semplicemente il Capitano Unohana.

 

“Io sono l’unica cosa che la può aiutare.” Affermò Ichimaru. “Si sta distruggendo per me. Lasciate che venga qua e comincerà a star meglio.”

 

“Questa non potrebbe essere una soluzione permanente, non sarebbe neanche da prendere in considerazione.” Rispose con calma Unohana. “È in depressione perche sei condannato a morte. Non vedo come passare del tempo con te le farà accettare questo fatto.”

 

“Neanche tenerla lontana da me.” Ribattè Ichimaru. “Lei ed io… abbiamo molte cose da chiarire. Lasciate… lasciateci far pace prima che io muoia e almeno dopo che me ne sarò andato riusirà ad andare avanti.”

 

“Pensi davvero che sia possibile, Ichimaru?” chiese sinceramente il Capitano Unohana. “Credi davvero che la donna per cui tu sei stato un amico, un amante e la cosa più vicina a una famiglia che abbia mai avuto sarà veramente in grado di ‘andare avanti’?”

 

“Lasci che mi spieghi meglio.” Disse Ichimaru con un sorriso particolarmente ampio. “Non tornarà mai ad essere quella di prima una volta che me ne sarò andato. Ma se lascierete che ci riappacifichiamo, potrebbe arrivare a uno stato mentale che l’aiuterà a sopravvivere quando non ci sarò più.” Unohana gli lanciò uno sguardo scettico, Ichimaru sospirò. “Guardi, non negherò di essere sadico. Ma non ho mai voluto far del male a Rangiku. Io…” Ancora in quel momento, la parola amore si rifiutava di uscirgli. “Io non voglio che mi segua nella tomba.” Disse sinceramente.

 

“Dopo averci pensato un attimo il Capitano Unohana rispose. “Prenderò in considerazione la tua richiesta in base anche alle condizioni del luogotenente nelle prossime settimane.”

 

“Grazie,” sussurrò Ichimaru, “lei è sempre stata il mio secondo capitano preferito.”

 

“Fammi indovinare, Aizen era il primo.” Disse Unohana con indifferenza, senza prenderlo sul serio.

 

“Nah, il Capitano Undici era il primo.” Replicò Ichimaru. “Il Capitano Aizen… lo conoscevo troppo bene perchè fosse il mio preferito.”

 

Questo udì Kira entrando nella stanza con uno scatolone pieno di rompicapi. “Scusate se mi intrometto, ma quando sono andato a trovare matsumoto-san mi ha detto che lei si annoiava,” disse rivolto a Ichimaru, “e mi ha chiesto se potevo portarle qualcosa per passare il tempo. Così ho pensato di portarle la sua collezione di rompicapo.”

 

“Beh è stato gentile da parte di Rangiku, e anche da parte tua Izuru.” Disse Ichimaru prendendo lo scatolone dalle braccia di Kira. “Grazie Izuru, grazie per avermi portato 110 anni di regali da parte del Capitano Aizen.” Per il disappunto di Ichimaru, Kira non mostrò la minima reazione. “Sapevi che me li aveva dati lui?”

 

“Si.” Ammise Kira. “Hinamori-kun mi ha detto che ogni anno il giorno del suo compleanno lei andava a trovarlo a mezzanotte e riceveva in regalo un rompicapo che avrebbe risolto sul posto prima di andarsene.”

 

“Capisco.” Disse Ichimaru deluso. Sperava in una sua reazione. “Però me li hai portati comunque.”

 

“Non vedevo il motivo per cui avrei dovuto sequestrarli solo perchè l’uomo che li aveva regalati e quello che li aveva ricevuti si sono rivelati due traditori.” Rispose Kira, sentendosi imbarazzato dal tenere questa conversazione di fronte al Capitano Unohana e ad altri due shinigami della quarta. Ichimaru non rispose.

 

“Devono piacerti molto se Aizen te li regalava ogni anno.” Commentò Unohana, più per rompere il silenzio che altro.

 

“Non mi fanno schifo.” Disse Ichimaru. “Ma piacere è una parola molto forte. Li ho sempre trovati un po’ troppo semplici da risolvere.”

 

Kira sbattè le palpebre, “Allora perchè…”

 

“Metafore, Izuru. Al Capitano Aizen piacevano molto le metafore.” Spiegò Ichimaru.

 

“Cosa…” iniziò Kira.

 

Il sorriso di Ichimaru raggiunse dimensioni inumane. “Sei un ragazzo intelligente, Izuru, arrivaci.”

 

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“Mi hai portato da bere, Shuuhei?” chiese Matsumoto col sorriso più grande che riusciva a fare stampato in faccia.

 

“Non hai il permesso di bere, Rangiku-san.” Disse Hisagi sedendosi sulla sedia e chiedendosi come fosse possibile che fosse così bella nonostante le sue condizioni.

 

Lei mise il broncio. “Questo mi rattrista, non sono fatta per essere sobria.”

 

“Non credo che tu ti sia divertita molto ultimamente a ubriacarti da sola nella tua stanza.” Affermò.

 

Rangiku sospirò. “Stavo cercando di abituarmi alla solitudine ma poi mi sono ricordata di quanto mi sentissi miserabile da sola e del perchè avevo smesso di combattere per la mia vita.”

 

“Non capisco.”

 

“Vieni dal Rukongai vero?” Hisagi annuì. “Qual’è stata la cosa peggiore che tu abbia mai mangiato? Capisci, quando vivevi lì?”

 

 “La cosa peggiore mai mangiata…” Hisagi pensò un attimo. “Non saprei veramente…”

 

“Da questo immagino che il tuo distretto non fosse per niente male.” Disse Rangiku sorridendo.

 

“Immagino di no. Cioè,” toccò il 69 sul suo volto, “la mia infazia non è stata priva di incidenti, di cui uno ora so essere stato causato da Aizen e Tosen. Ma il mio distretto era pieno di alberi da frutto sulle terre comuni e la gente tendeva ad aiutarsi a vicenda. Non mi ricordo di aver mai sofferto la fame.”

 

“Noi si.” Disse Rangiku, l’espressione triste e stanca. “Io e Gin. Molte volte ci andava abbastanza bene. Ma ogni tanto… Gin avrebbe mangiato qualunque cosa pur di sopravvivere. Spazzatura, ratti, topi; il suo istinto di sopravvivenza era fenomenale. Io non l’ho mai vauto. Mai. Sarei morta se non mi avesse trovata, e non parlo solo del fatto che ero collassata per la fame quando mi trovò. Quando le cose si facevano difficili ed eravamo costretti a sopravvivere mangiando le cose più disgustose... a volte mi rifiutavo di mangiare. Mi rifiutavo di mettere un altro pezzo di ratto in bocca. Mi rifiutavo di ingoiare un altro scarafaggio. Gli dicevo di lasciarmi stare e di lasciarmi morire in pace. Ovviamente, non l'avrebbe mai fatto. Non mi ha mai ascoltata. Mi baciava, mi incoraggiava e mi imboccava cosicchè potessi sopravvivere. Non sono sopravvissuta abbastanza per entrare nel Gotei 13 perchè avevo un forte istinto di sopravvivenza, sono vissuta così tanto perchè lui desiderava ardentemente che io sopravvivessi.”

 

Il cuore di Hisagi si strinse sapendo che non poteva rispondere alle parole di Rangiku. Che diversamente da Ichimaru, non avrebbe potuto baciarla e incoraggiarla a vivere. Come avrebbe potuto prendere il posto di una persona che per lei aveva significato tanto? Hisagi non lo sapeva. Sapeva solo che non voleva che lei morisse, “Ti prego,” si sentì sussurrare, “ti prego non mollare. Ti prego!”

 

Silenzio. “Sinceramente, non mi ricordo come si faccia.”

 

Quando infine Hisagi se ne andò, si sentiva emozionalmente esausto. Lentamente ma con sicurezza lei si stava distruggendo e non c’era niente che potesse fare. Quel sentimento di inutilità… ricordava la battaglia di Karakura Town quando la gran parte dell’addome di Matsumoto era stato strappato via da quel mostro. Aveva cercato di combatterlo, aveva cercato di dare il tempo a Kira di curarla ma alla fine, aveva fallito. Aveva avuto bisogno di essere salvato, di essere curato. Di passaggio, si chiese cosa pensasse Ichimaru allora. Aveva sicuramente sentito l’affievolirsi del reiatsu di Matsumoto. Gli importava? O la sopravvivenza di Rangiku era seconda alla sua? Disagi scosse il capo, che importava ora? Niente. A chi importa cosa pensasse Ichimaru in quei momenti.

 

“Hisagi-san.” Chiamò Kira a bassa voce.

 

“Kira, che succeed?” chiese Hisagi.

 

“Io… avrei una richiesta.”

 

“Richiesta?”

 

Kira annuì. “Mi porteresti a visitare Tosen Kaname?”

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Capitolo 6
*** 6 ***


6

The truth behind the smile

50 anni dopo l’esecuzione

 

Le piaceva ascoltarlo quando suonava la chitarra. Gli piaceva suonare per lei. Qualche volta le dava anche lezioni e altre volte parlavano di sua madre. “Ho sentito dire che era molto bella e aveva poppe grandi.” Disse la piccola Rangiku, mentre lui riaccompagnava lei e Gin la volpe alla Seiretei dalle montagne di Rukongai, dove ancora lui passava del tempo a suonare.

“Chi te l’ha detto?” chiese Hisagi.

“Ikkaku.”

“C’era da immaginarselo.” Borbottò Hisagi. “Si, era molto bella.”

“Spero di diventare bella come lei da grande!”  Disse lei.

“Lo sei già.” La rassicurò Hisagi.

Sorrise. “Quando cresco e divento bella e sexy come la mamma, mi sposi?” chiese, rivolgendogli uno sguardo serio.

Hisagi sorrise. “Se mi vorrai ancora, quando sarai cresciuta nella rubacuori che è stata tua madre, ti sposerò volentieri.”

Lei rise e si allungò per prendergli la mano. “Io ti vorrò sempre.”

“Vedremo.”                                                                                                                                        

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11 mesi prima dell'esecuzione

La domanda più immediata di Hisagi quando Kira gli chiese di portarlo da Tosen Kaname fu, “Perchè?”

 “Voglio fargli qualche domanda.” Replicò Kira. “non so se mi risponderà. Ma se non provo, me ne pentirò.”

“Va bene. Possiamo anche andare adesso.”

“Hai l’aria stanca, Hisagi-san, non vorrei che ti sforzassi troppo.”

“Questo tipo di stanchezza non può essere curata da una buona notte di sonno, Kira.” Sussurrò Hisagi mentre lo sguardo andava verso il Sougou Kyuugo Tsumesho. Non c’era bisogno di dire altro.

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“Sei tornato, Hisagi.” Disse Tosen mentre Kira e Hisagi entravano nella sua cella. “Tornato per riprovarci. Che perdita di tempo. Io non ero in errore. La strada che ho seguito era quella meno bagnata di sangue, era la via della giustizia.”

“Forse, non hai semplicemente visto il sangue.” Suggerì Hisagi. “Dopo tutto, sei cieco.” In quella frase c’era troppa malizia, troppi dippi sensi. Non era una cosa che Hisagi Shuhei avrebbe mai detto in normali circostanze.

“Cosa è successo?” Chiese Tosen. “Suoni stressato.”

“Dubito ti importerebbe.” Rispose Hisagi. “Sono venuto stasera perchè Kira voleva farti delle domande.”

“Strano, luogotenente Kira Izuru, non posso immaginare in cosa potrei esserti d’aiuto.” Commentò Tosen.

“Voleo chiederle del Cap..” si bloccò in tempo, “di Ichimaru, Ichimaru Gin.” Come è entrato a far parte della vostra cospirazione? Perché secondo lei? Cosa pensava di lui?”

Hisagi gli lanciò uno sguardo incredulo, quindi era questo il motivo per cui Kira voleva parlare con Tosen. Perché? Tosen pose fine alle domande di Hisagi chiedendo lui stesso, “Perché lo chiedi a me? Molte di queste domande dovrebbero essere rivolte allo stesso Ichimaru.”

“Lui non ne parla.” Spiegò Kira. “E io ho bisogno di saperlo. Per me, devo saperlo per la mia sanità mentale. A modo suo, lei è un uomo onesto, so di poter fidarmi di ciò che dice.”

Per un attimo sembrò che Tosen non avrebbe risposto, ma poi, “Si capivano a vicenda…”

“Si capivano, Aizen-sama e Gin. Si comprendevano in un modo impossibile a chiunque altro. Penso che Aizen-sama se ne sia accorto subito. Gin è sempre stato potente. Mi fu detto che Aizen-sama cominciò a interessarsi a quel genio bambino quando Gin uccise il terzo seggio della quinta divisione, la stessa notte che Gin entrò nel Gotei 13 e nella quinta. Aizen-sama usò il potere della sua zampakuto per occultare quella morte e procedette a dare a Gin il seggio. Non so esattamente come mai Gin abbia ucciso il vecchio terzo seggio. Gli era stato offerto un seggio non appena entrò, in una posizione sotto la terza. Se Gin pensava che il terzo seggio non meritasse il suo grado, non avrebbe esitato a prenderlo con la forza. In questo senso Gin non è molto diverso da Zaraki Kenpachi. La sola differenza è che il modo in cui Zaraki uccise il vecchio capitano dell’undicesima e ne prese il posto fu ‘ufficiale’, mentre l’azione di Gin fu compiuta a notte fonda e fu strettamente ‘non ufficiale’. Sono queste incongruenze che per me non hanno mai avuto senso, che mi hanno fatto venir voglia di cambiare il mondo.  

Comunque, dubito che Gin abbia mai avuto simili ambizioni. Dubito che abbia mai creduto nella causa. Uccidere senza uno scopo è solo omicidio. Mentre uccidere con uno scopo è giustizia. Gin non ha mai avuto bisogno di una scusa per versare del sangue. Era ed è un mostro. Anche quando era ancora un bambino, pensavo a lui come un demonio sorridente. Sorrideva e sorrideva e continuava a sorridere e a trapassare i cuori delle persone con Shinso senza battere ciglio. Le sue azioni non erano votate alla causa della giustizia. Amava semplicemente le carneficine. Amava il sangue. Non gli importava di niente e di nessuno, ma eseguiva gli ordini di Aizen-sama. Era un buon subordinato, un buon luogotenente. Aizen-sama non avrebbe mai considerato altri come suo braccio destro e questa è l’unica ragione per cui non l’ho ucciso. A essere onesto, fui sempre sospettoso verso di lui, non mi è mai piaciuto. Dubito che qualcuno possa affermare onestamente che gli piace Ichimaru. Be, eccetto per quella ragazza, ma lei non conta. È cresciuta dipendendo da Ichimaru e ho sempre avuto l’impressione che questa dipendenza non terminò con la crescita. Fui sorpreso quando seppi che aveva bloccato la sua spada quando Ichimaru si battè con Hitsugaya. E fui ancora più sorpreso quando sul Sokyoku Hill gli tenne la spada puntata alla gola. Ma dopo tutto è un buon obbediente luogotenente. Immagino che in quei momenti l’obbedienza che le è stata installata nell’anima per il Gotei 13 fu più forte della sua dipendenza da Ichimaru Gin.”

“E questo è tutto ciò che ho da dire su Ichimaru Gin.” Disse Tosen. “Sono stato d’aiuto, Kira Izuru?”

“Non so ancora.” Disse Kira. “Ma grazie.”

Hisagi aprì la porta e Kira si voltò per uscire, ma si fermò. “Si è sbagliato, Tosen-san.”

“Su cosa?” chiese Tosen.

“Sul Capitano Ichimaru e Matsumoto-san. Non conta solo il fatto che Matsumoto-san sia cresciuta avendo bisogno di lui. Fosse stato solo quello, il Capitano non sarebbe rimasto con lei.” Disse Kira. “E si è anche sbagliato sproposito della via della giustizia, Tosen-san. Usare la spada per servire una causa non significa usarla per la giustizia. Solo perché la strada che viene percorsa è quella meno bagnata di sangue, non significa avere la giustizia accanto. A volte c’è bisogno di spargere molto sangue per proteggere ciò che è giusto e la cosa più giusta al mondo a cui posso pensare è il libero arbitrio. Tutti lo abbiamo e tutti dovremmo averlo ma spesso ciò risulta in caos. Ma questo non significa comunque che dovremmo tutti essere schiavi di un uomo.” E con ciò lasciò la stanza. Non gli interessava molto l’opinione di Tosen sull’argomento. Dopo tutto, Tosen Kaname era un uomo le cui parole raramente riflettevano le sue azioni.

Hisagi chiuse la porta e si voltò verso Kira con un’espressione di grave preoccupazione dipinta in faccia. “Stai attento, Kira.”

“Che… che vuoi dire Hisagi-san?”

“Hai ricominciato a chiamarlo Capitano.”

NDT. Tosen non è un personaggio che mi piace molto, e a quanto pare nemmeno all’autrice della fic. (Hisagi lo sopporto ancora meno ma vabbe) Comunque nella traduzione ho deciso che Kira avrebbe dato del lei a Tosen, non per rispetto ma perché Kira che da del tu a un ex capitano, anche se un traditore, proprio non lo immagino. Invece qui Hisagi da del tu a Tosen proprio perché ha perso ogni rispetto per lui e soprattutto perché in questo momento della storia è pieno di rabbia.

 

 

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Capitolo 7
*** 7 ***


7

The truth behind the smile

 

10 mesi prima dell’esecuzione

Le sue mani erano occupate da uno dei puzzle che Aizen gli aveva regalato quell ache sembrava una vita fa ma la sua mente era piena di pensieri di lei. Voleva vederla, ma avrebbe potuto solo se fosse peggiorata. Voleva che stesse meglio, ma se questo accadeva non poteva vederla; per come stavano le cose dubitava che avrebbero permesso a Rangiku di presenziare alla sua esecuzione. E così si trovo di fronte a un dilemma, doveva sperare che si riprendesse senza di lui o che la situazione peggiorasse al punto che il Capitano Unohana sarebbe stata costretta a portargliela. Voleva vederla, davvero, voleva stringerla ancora. Sdraiarsi nel conforto caldo delle sue braccia e far finta che questo fosse tutto un brutto sogno e che la data della sua esecuzione non si stessa avvicinando. Aveva sempre avuto una paura patologica della morte, al punto che avrebbe fatto qualunque cosa pur di sfiggirle. Ora che non poteva più evitare la morte però, voleva andarsene senza preoccupazioni e lui era preoccupato. Era preoccupato che lei sarebbe stata miserabile, che non avrebbe mai più riacquistato la voglia di vivere seguendolo così nell’abbraccio freddo della morte. Non voleva questo. Voleva che lei vivesse. Voleva che andasse avanti e poichè era pur sempre un egoista, voleva che lo amasse per sempre. Quest’ultima cosa gli sembrava garantita. Non riusciva a immaginarsi di non mancarle, che Rangiku smettesse di amarlo ardentemente come adesso. Una parte di lui gli diceva che era un irrazionale e un illuso. Il tempo poteva erodere anche i sentimenti più ardenti e se Rangiku fosse sopravvissuta, eventualmente quello che sentiva per lui sarebbe diminuito. Col tempo, sarebbe andata avanti. Avrebbe potuto imparare ad amare un altro. Anche se probabilmente lui avrebbe sempre avuto un posto nel suo cuore. E così si ritrovò di fronte a un altro dilemma, non voleva che lei fosse miserabile ma non voleva neanche perdere il posto nel suo cuore. Voleva che lei fosse sua per sempre. Era una posizione insostenibile.  

“Dannazione, Rangiku.” Sussurrò nel vuoto della sua cella, “Sei tutto quello che ho e a volte vorrei non averti. Se non ti avessi, non avrei nulla per cui sperare. La mia speranza sarebbe morta. Ma ora, tutto ciò che posso fare è sperare. Sperare di vederti ancora, anche se sarà l’ultima volta.”

Non è che voleva smettere di mangiare, più che altro non riusciva a trattenerlo. Anche i suoi adorati cachi essiccati sapevano di cenere e quando riusciva a combattere il sapore tanto da ingoiarli, il suo corpo li rifiutava e finiva per vomitare anche quel poco che aveva mangiato. Avevano finito per doverla nutrire attraverso una flebo ma non migliorava. Si stava pian piano distruggendo davanti ai loro occhi.

“Non c’è niente che possiate fare?” Domandò Hitsugaya. “Deve esserci qualcosa!”

Il Capitano Unohana scosse la testa con tristezza. “Abbiamo cominciato a somministrarle degli antidepressivi ma hanno solo portato a reazioni negative. Questo nuovo sintomo è la manifestazione fisiologia che suo stato psicologico. Non vuole più vivere e così il suo corpo si sta rifiutando di farlo. A questo punto non c’è nulla che io possa fare.”

“Dev’esserci qualcosa, qualcuno che possa aiutare!” Affermò Hitsugaya. “Per favore! Non voglio che muoia! Se non fosse stato per Matsumoto non sarei mai diventato uno shinigami. Se non fosse stato per lei avrei ucciso mia nonna coi miei stessi poteri senza neanche accorgermene. Non ha mai detto che sono come il ghiaccio, proprio come la nonna, non l’ha mai detto. Non può lasciarla morire.”

Il Capitano Unohana chiuse gli occhi per un momento e quando li riaprì erani più decisi che mai. “Allora, c’è solo una strada da prendere. Devi aiutarmi a convincere il Comandante a lasciare che le portiamo Ichimaru Gin.”

“No” Disse il Capitano Comandante Yamamoto. “Ichimaru Gin è troppo pericoloso per lasciarlo uscire dalla sua cella. Lascierà la sua cella solo quando sarà portato alla Torre Biance e lescierà la Torre Bianca solo quando sarà il momento di condurlo alla Sokyoku Hill.”

“Ma Comandante, è l’unico che abbia una possibilità di aiutare il Luogotenente Matsumoto.” Insistè il Capitano Unohana. “Non faccio questa proposta con leggerezza. Ho aspettato più di un mese provando qualsiasi metodo conoscessi. Questa è l’ultima spiaggia.”

“Per favore Comandante.” Implorò Hitsugaya. “Per favore! Il Luogotenente Matsumoto è stat un leale e valoroso membra del Gotei 13. Per favore non la lasci morire così.”

“La mia risposta resta no. Non permetterò la rimozione di Ichimaru Gin dalla sua cella.” Alzò una mano per bloccare sul nascere le proteste che si stavano formando sulle bocche dei due capitani. “Però, vi permetterò di portare temporaneamente Matsumoto Rangiku nella sua cella. Se migliora, speriamo che arrivi a un punto da poter vivere senza di lui e se non migliora, almeno potrà passare il tempo che le resta con l’uomo che ama così chiaramente. Per quanto poco lui lo meriti.”

“Grazie Comandante.”  Disse il Capitano Unohana con un inchino, imitata da Hitsugaya. “Farò i preparativi per il suo trasferimento immediatamente.”

Il suo reaitsu sembrava muoversi verso di lui e Kira era con lei. Si chiese se il suo luogotenente la stesse portando da lui. Il reitsu di lei era sempre più debole, probabilmente non aveva il permesso di muoversi da sola. Non che gl’importassero i dettagli, gli importava solo che stava arrivando. Che la stava per vedere. Quando la porta venne aperta dal Luogotenente Kotetsu Isane, due shinigami della quarta entrarono portando un letto, un po’ più grande e molto più confortevole di quello che avevano dato a lui. Velocemente e con esperienza fecero il letto con soffici lenzuola e plaid pesanti, poi se ne andarono.

Il sorriso di Ichimaru andava da un’orecchio all’altro. “Un letto nuovo! Da quando piaccio così tanto al Comandante?” Chiese.

“il letto è per il Luogotenente Matsumoto Rangiku.” Lo informò Isane sorprendendolo. “per via delle sua condizioni di salute il Comandante ha dato il permesso perché possa stare qua e passare il tempo che le rimane con te.”

“Cosa vuol dire, il tempo che le rimane!” Domandò Ichimaru, il sorriso scomparso. “Rangiku non morirà.”

“Il suo corpo rifiuta di trattenere il cibo e si sta chiudendo su se stesso. Ha perso la voglia di vivere.” Lo informò Isane.

“Oh,” cominciò di nuovo a sorridere, “Tutto qui?”

“Cosa vuol dire, tutto qui!” Domandò Isane perdendo la pazienza.

“Tempo fa, prima che ci unissimo al Gotei 13, riuscivo a farle mangiare gli scarafaggi quando le cose andavano male e non avevamo altro da mangiare. Lei non voleva, se fosse stata da sola si sarebbe raggomitolata in un angolo aspettando di morire. Rangiku non ha mai avuto una voglia di vivere fine a se stessa. Ha bisogno di una ragione per vivere. Un tempo, io ero la sua unica ragione. Ma da quando siamo diventati shinigami ha avuto anche il Gotei 13 per cui vivere. Immagino che ora pensi che il Gotei 13 non ha più bisogno di lei e, beh…” il sorriso si fece più grande, “io non ci sarò ancora per molto no?”

Isane non sapeva come rispondere e così si tenne occupata mettendo a posto alcune delle cose di Rangiku che aveva portato. Presto sarebbe stata raggiunta dal Capitano Unohana, seguita da Kire e dal terzo seggio della quarta divisione Iemura Yasochika che portavano Rangiku su una barella. Alla vista del suo corpo magro e pallido, il sorriso di Gin sparì. Saltò in piedi e con pochi veloci passi fu al suo fianco. Prima ancora che Kira e Iemura potessero poggiare la barella a terra, Gin l’aveva presa tra le braccia e la stava portando verso il suo letto. Era a malapena cosciente, o le avevano dato qualcosa o era troppo debole per restare sveglia. Non lo sapeva, ma era spaventato e tutto ciò a cui riusciva a pensare era di mantenerla cosciente, di farla restare sveglia.

“Quanto lavoro, Rangiku.” La rimproverò. “Ti lascio sola per un po’ e guard ache combini! Perché non mangiavi, ti hanno mica messo del bambù nel cibo?”

“No.” Disse lei in un sussurro quasi percettibile. “Ma tutto sa di bambù, se non peggio.”

“E di cosa? Sa di taro essiccato?” chiese, riprendendo a sorridere.

“Quello che ha problemi col taro essiccato sei tu. A me non ne ha mai dati.” Disse, riuscendo anche a sorridere appena.

Gin s’imbronciò. “Non è giusto, Rangiku, non ti può piacere qualcosa che non piace a me. Come faccio poi a rubarti le cose dal piatto se ho paura di mangiare un caro essiccato confondendolo per un caco essiccato.” Questo era infatti ciò che era successo quando aveva scoperto il tanto odiato cibo.

Si era aspettato che lei continuasse a sorridere e invece le sue parole le avevano fatto venire le lacrime agli occhi, si era ricordata infatti che i giorni in cui Gin avrebbe potuto rubarle il cibo dal piatto erano contati. “Perché, Gin?” Chiese improvvisamente. “Perché ti sei unito a lui? Perchè mi hai lasciata?” Chiese.

Sapeva che più di un paio d’orecchie aspettava la sua risposta ma essa era riservata ad un unico paio. “Mi conosci, Rangiku.” Sussurrò. “Non sono bravo a starmene tranquillo e felice ma sono molto bravo con i peccati capitali.”

Lei chiuse gli occhi e lasciò scorrere le lacrime. Naturalmente lo sapeva. Naturalmente capiva, anche se nessun altro nella stanza poteva farlo. Gin non sarebbe mai stato tranquillo e felice, avrebbe sempre voluto il potere, invidiato chi l’aveva, ne sarebbe sempre stato ghiotto, orgoglioso del potere che aveva e sempre cercando di averne di più.

“Ti mancano l’ira e la pigrizia.” Sussurrò tra le lacrime. “Non ti si addicono.”

Il suo sorriso si fece genuine e dolcemente la bacio in fronte. “Probabilmente è per questo che ho te. Se ne avevo sette su sette… non avrei avuto niente di bello. Sai il karma…”

 

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Capitolo 8
*** 8 ***


8

The truth behind the smile

 

50 anni dopo l’esecuzione

 

“Ukitake-san!” Chiamò Rangiku sventolando uno zucchero filato oscenamente grande. “Vieni, presto! I fuochi d’artificio stanno per iniziare.”

 

Ukitake le sorrise e si avviò verso di lei, del piccolo Shunsui, Kyoraku e Nanao. “Quanto zucchero filato.” Commentò vedendo la palla rosa di Rangiku e quella blu di Shunsui.

 

Il solito sorriso di Shunsui si fece incredibilmente grande, facendogli raggiungere un livello di tenerezza di solito riservato a piccoli mammiferi pelosi. “Per me è il terzo!” Dichiarò.

 

“Non c’è da andarne fieri!” Lo rimproverò nanao.

 

“E su, Nanao-chan,” disse Kyoraku ridendo, “Lascia che si diverta. I festival ci sono poche volte l’anno in fondo.”

 

Shunsui sorrise al padre e gli strinse la mano in ringraziamento. Kyoraku non era neanche lontanamente un padre severo ma una cosa su cui insisteva era che i suoi due bambini tenessero per mano o lui o Nanao quando erano tra la folla. “Adoro i festival!” Dichiarò. “Posso mangiare lo zucchero filato, ho nuovi giocattoli e guardo I fuochi d’artificio!”

 

“Se solo i festival fossero gli unici momenti in cui mangiate zucchero filato o ricevete nuovi giocattoli.” Disse Nanao con tono insofferente. “Voi due siete i bambini più viziati di tutta la Seireitei. Mi chiedo come sia possibile che non vi abbiamo ancora rovinati.” Dichiarò.

 

Il piccolo Shunsui la guardò con occhi luccicanti. “È tutto grazie a te Nanao-san. Con un modello come te, come potremmo finire rovinati?”

 

Nanao non potè non sorridere. “Sei un piccolo incantatore.”

 

Kyoraku rise, “bravo il mio ragazzo,” lasciò brevemente la sua mano per arruffargli i capelli. “Proprio come il suo vecchio, vero Ukitake?”

 

Ukitake annuì. “Se non ci stai attento, Shunsui, finirai con la stessa reputazione di Kyoraku, per non parlare delle costanti ramanzine di Yama-jii.”

 

“Yama-jii non mi rimprovera mai.” Affermò Shunsui. “Dice che sono il miglior studente che abbia mai avuto e mi da sempre le caramelle.”

 

“Chiaramente Yama-jii s’è addolcito da quando si è ritirato.” Commentò Nanao.

 

“No, non è vero.” Protestò Rangiku. “È duro come sempre! Ha solo più tempo per comprare caramelle adesso! Tutto qui!”

 

Kyoraku ruse. “Beh ne sono felice, è molto più divertente ricevere le caramelle da Yama-jii che una strigliata.” Li rassicurò. E sono anche contento, pensò, che Yama-jii abbia concesso a Rangiku di stare con Ichimaru tanti anni fa. La sua morte non è una cosa che io abbia mai voluto ma non posso che essere grato per voi due.

 

10 mesi prima dell’esecuzione

 

“E così l’hanno trasferita nella sua cella. Ichimaru deve esserne contento.” Commentò Ukitake.

 

“A quanto pare, è felicissimo.” Concordò Kyoraku. “Yama-jii ha concesso a Nanao-chan l’accesso alla cella in modo che potesse far visita a Rangiku. Dice che Ichimaru è tanto felice che avrebbe voluto accoltellarlo. Anche se, visto come sorride sempre, non sono sicuro che possa capire se è veramente felice o se è solamente… beh, se stesso. Il lato positivo è che Rangiku migliora di giorno in giorno. Ha ripreso a mangiare e si sta rimettendo in forze. Nanao dice che sembra felice, quasi quanto prima che il tradimento di Aizen fosse svelato.”

 

“Immagino sia un bene, anche se mi sembra solo un castello di sabbia.” Affrmò Ukitake. “Cosa succederà dopo l’esecuzione di Ichimaru?” Chiese.

 

“Cerco di non pensarci.” Disse Kyoraku con tristezza. “Spero solo che Ichimaru le voglia abbastanza bene da aiutarla ad accettare l’inevitabile.”

 

“C’è anche da chiedersi SE possa fare qualcosa per aiutarla ad accettare l’inevitabile.” Disse Ukitake. “Non riesco neanche a immaginare cosa qualcuno possa fare per aiutare una persona in questo caso.”

 

“C’è anche questo, si.” Concordò Kyoraku. “Soprattutto quando quel qualcuno è spaventato dalla morte quanto Ichimaru.”

 

All’inizio non faceva altro che stringerla, cercando di convincerla a mangiare e parlando di cose insulse ma piene di tutto l’humor che poteva, solo perché lei non cominciasse a piangere. Ebbe successo, lei mangiava con obbedienza tutto quello che le offriva. Sorrideva e rideva appropriatamente. Lasciava che la stringesse stretta. In tutto ciò che doveva fare, fu aiutato non solo dal fatto che a Rangiku non piaceva fargli perdere la calma ma anche perchè lei presto si accorse di quanto gli fosse necessaria. aveva bisogno della sua forza in modo che potesse appoggiarvisi e letteralmente liberare sul suo petto tutte le paure del suo cuore.

 

“Vedo solo tenebre.” Sussurrò annidandosi dolcemente tra i suoi seni. “Sai, sto cercando di pensare a dopo la morte ma vedo solo tenebre.”

 

“Siamo shinigami, Gin. Siamo superiori alla morte.” Gli fece notare Rangiku passandogli le mani tra I capelli. “Sappiamo cosa viene dopo. Quando muori, rinasci nel mondo reale.”

 

“Si, se muori normalmente. Mi uccideranno col Sokyoku. Brucia l’anima. Io non rinascerò. Per me sarà tutto finito. Cioè, non è per questo che abbiamo distrutto I Quincy? Perchè loro distruggevano gli hollow in modo che l’anima dell’hollow e lw anime che l’hollow aveva consumato sparissero completamente. Togliendole dal circolo di vita e morte.” Sussurrò Gin, Rangiku poteva percepire i brividi che gli scorrevano il corpo mentre la stringeva più forte a se.

 

“Io non ci credo.” Disse Rangiku. “Non potrebbero essere così crudeli. Come shinigami abbiamo il compito di mantenere l’equilibrio. Distruggere le anime, distruggerle veramente, non mantiene l’equilibrio.”

 

“Che differenza c’è nel distruggere un’anima malvagia, è questo che mi chiederei.” Disse Gin. “E poi, non è che non abbiamo mai distrutto gli hollow col kido. Cerchiamo di evitarlo ma poi non ci perdiamo il sonno. No Rangiku, io sono finito e anche se rinascessi, non sarebbe molto meglio. In questa vita sono stato fortunato e sono diventato shinigami. Se ci fosse una prossima vita… chissà cosa sarei. Potrei diventare un hollow, o finire mangiato da un hollow. Dubito di poter diventare uno shinigami due volte di seguito.”

 

“Potresti essere un’anima normale. Sarebbe così male?”

 

“L’idea di essere spazzatura non è molto invitante, Rangiku.”

 

Rangiku sospirò ma il commento di Gin le portò alla mente una domanda che aveva sempre voluto fargli. “mi avresti salvata se non avessi avuto potere spirituale?”

 

“Se non avessi avuto poteri, non saresti collassata e non avrei dovuto salverti.” Le ricordò Gin.

 

Rangiku sorrise. “Rendi tutto così semplice vero?”

 

“È così semplice.” Ribattè Gin. “Non so perchè cerchi di complicare le cose.”

 

“Ti sei mai chiesto dove saremmo adesso se non avessi incontrato Aizen?” Chiese Rangiku.

 

“Non sono bravo con i se, Rangiku.” Disse Gin. “Forse saremmo sposati con dei bambini, o forse sarei finito in cella prima. Difficile dirlo. Voglio dire, il Capitano Aizen non mi ha trasformato in quello che sono. È per via di quello che sono che il Capitano Aizen mi ha coinvolto nei suoi piani. Non il contrario.”

 

Rangiku chiuse gli occhi sforzandosi di non piangere. Era vero ovviamente. Ichimaru Gin era sempre stato un sadico la cui lealtà non andava oltre se stesso. Ma in fondo se il Gotei 13 poteva tollerare Kurotsuchi Mayuri, sicuramente non si sarebbe mai rivoltato contro Ichimaru Gin se non l’avesse fatto lui. Dopo tutto, il Comandante Yamamoto era un uomo estremamente tollerante. Finchè i suoi Capitani servivano gli interessi del Gotei 13 non gli importava se fossero volpi umanoidi, scienziati pazzi o Zaraki Kenpachi. I 46 invece erano un’altra cosa ma il loro scopo principale ra quello di mantenere la pace e l’ordine. Se le peculiarità di Gin non interferivano con la pace e l’ordine, non gli sarebbe neanche importato, o almeno è quello che credeva. I se erano complicati e chissà come sarebbero andate le cose nella realtà.

 

“Mi sarebbero piaciuti i bambini.” Disse infine. “Ho sempre voluto una famiglia. Anche prima di conoscerti sognavo di avere dei figli. Ovviamente a quei tempi voleo una famiglia per non essere sola. Dopo aver conosciuto te volevo una famiglia perché desideravo qualcosa che fosse metà me e metà te. Io… io ti amo così tanto…” Non potè fermare le lacrime questa volta. “Così tanto che… che non potrei mai stare con te abbastanza. Io…” Non riuscì a continuare per il pianto.

 

Gin alzò la testa e lentamente cominciò a baciarle le lacrime che cadevano. “Sai Rangiku, non è troppo tardi per i bambini. Tu sei qua, io sono qua e abbiamo un letto comodo. Da che mi ricordo non ci è mai servito altro per cercare di fare bambini. Che ne dici? Anche se non riusciamo, ci divertiremo nel provarci.”

 

Rangiku rise e lo tirò a se per dargli un bacio. “Si.” Sussurrò. “Proviamoci.” E dopo non restò niente da dire, ma molto da fare.

 

 

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Capitolo 9
*** 9 ***


9

The truth behind the smile

 

50 anni dopo l’esecuzione

 

“Oh no!” urlò Rangiku correndo per la Seireitei con Gin la volpe. “Sono in ritardo per la lezione con Yama-jii. Trovato, taglierò per la zona di allenamento della quinta. Sono sicura che non gli darà fastidio e poi è una scorciatoia per la casa di Yama-jii.”

 

Rangiku non andava spesso alla quinta divisione. Non aveva amici lì, suo padre non era particolarmente vicino al Capitano Abarai e aveva la netta impressione di non piacere per niente ad alcuni shinigami. Anche se non capiva perché. Forse erano semplicemente strani. Immersa nei suoi pensieri non notò i due shinigami che si stavano rilassando lì vicino. “Guarda qua, la stirpe del traditore.” Disse uno all’altro.

 

Rangiku però non si accorse di loro finchè uno non le bloccò la strada mentre l’altro le strappò il peluche di mano. “Hey! Che vuol dire questo! Ridatemi Gin!”

 

“Gin!” esclamò lo shinigami che teneva la bambola. “Non se ne vergogna neanche. Ha chiamato il suo peluche come lui.” Disse diretto al suo compagno.

 

Rangiku rimase un attimo confusa ma poi pensò che si stavano probabilmente riferendo all’amicizia di sua mamma con Ichimaru Gin. “Vi informo, che non c’è niente di male se la mia mamma ha chiamato le sue bambole come un suo amico e neanche se io non ci cambio nome. Ora ridatemi Gin altrimenti!”

 

“Altrimenti cosa?” Chiese l’altro shinigami. “Corri da ‘papà’, vero? Piccola merda!”

 

Rangiku assottigliò gli occhi. “Non ho bisogno di scomodare papà per sistemare due spazzature come voi.” Puntando due dita contro lo shinigami che teneva Gin disse, “Bakudo no. 1 Sai.” Gin gli cadde dalle mani che vennerò legate insieme dietro di se. Prima che Gin toccasse il suolo Rangiku lo prese.

 

“Piccola…” l’altro shinigami si mosse verso di lei.

 

Senza scomporsi Rangiku si voltò verso di lui e disse, “Bakudo no.9 Geki.” Un flash di luce rossa avvolse lo shinigami che venne completamente paralizzato. “Per chi mi hai presa!” Interrogò Rangiku. “Io sono Kyoraku Rangiku, non fare il furbo con me.”

 

Lo shinigami paralizzato non poteva parlare ma il suo amico scoppiò a ridere e disse, “Oh so bene chi sei. Chiamante so chi sei meglio di te. Sei la marmocchia di quel…” improvvisamente si ritrovò la testa nel gancio di Wabisuke.

 

“Sicuro di voler terminare quella frase?” Chiese Kira tranquillamente.

 

“Ca… Capitano Kira…” sussurrò lo shinigami.

 

“Cosa stava per dire?” Domandò Rangiku.

 

“Niente d’importante.” Le assicurò Kira. “Ora, che ci fai qui?” Chiese.

 

“Oh! Ero in ritardo per la mia lezione di Kido con Yama-jii. Devo andare, a più tardi Capitano Kira!” Urlò mentre correva via. Non avendo ancora ben imparato lo Shunpo era costretta a correre normalmente. Mentre correva, si chiese cosa stava per dire lo shinigami ma presto decise che probabilmente stava per fare alcuni commenti su sua madre e Ichimaru Gin. Considerato il modo in cui i due shinigami avevano reagito saputo il nome della bambola, era la conclusione più logica. Immaginò che dopo la scoperta dei tre traditori, molti dei loro amici li avevano rinnegati. Forse sua madre nn l’aveva fatto e alcuni shinigami, soprattutto quelli della terza, quinta e nona divisione provavano ancora del risentimento per chi era rimasto al fianco dei traditori.

 

“Si, tua madre non ha mai perso la fiducia in Ichimaru.” Le disse Yama-jii quando raggiunse la sua casa dove lui e suo fratello avevano già iniziato la lezione. “Anche se ha sempre messo il Gotei 13 al primo posto, non l’ha mai rinnegato. Ma non è motivo per cui provare risentimento e certamente non è qualcosa per cui prendersela con te. Discuterò dell’incidente col Capitano Abarai.” La rassicurò.

 

“Non mi preoccuperei per questo.” Disse allegramente. “Sono sicura che il Capitano Kira ha trascinato quegli uomini dritti all’ufficio del Capitano Abarai e li ha fatti mettere a posto.”

 

“Si, Yama-jii.” Concordò Shunsui. “il Capitano Kira non è il tipo da lasciar correre cose di questo genere. E neanche il Capitano Abarai. Quegli uomini si pentiranno di aver dato fastidio a Rangiku prima che il giorno finisca.”

 

“Mmm… sono sicuro che hai ragione.” Disse Yamamoto. “Ma in ogni caso mi accerterò che gli venga data una punizione adeguata. Ma ora non parliamone più. Venite bambini, continuiamo la lezione.”

 

“È Hinamori, non si sarebbero mai azzardati a fare una cosa del genere se non avessero pensato di avere il suo supporto.” Disse Renji a Kira dopo aver finito con i due shinigami. “Il passare del tempo non fa altro che farle ricordare con ancora più devozione il ‘Capitano Aizen’. Ha decisamente dei problemi col fatto che io sono il suo capitano. Penso che si risenta del fatto che tra noi tre, quattro se conti Hisagi-san, lei è l’unica che non ha raggiunto il bankai. Del fatto che sia ora la subordinata di un compagno di classe. Voglio dire, prima ha visto Hitsugaya diventare capitano pur essendo diventato uno shinigami dopo di lei e poi io, tu e Hisagi abbiamo raggiunto il bankai e siamo diventati capitani e lei… beh lei è rimasta indietro.”

 

“non capisco come questo abbia a che fare con Aizen o Rangiku-chan.” Disse Kira.

 

“Beh, lei era felice quando Aizen era il suo capitano. La faceva sentire come se potesse fare qualunque cosa. Tra l’altro non credo abbia mai accettato il fatto che Aizen fosse il capo e non Ichimaru Gin.” Spiegò Renji. “Sicuramente odia quei bambini e non si fa neanche problemi a dirlo.”

 

“Cosa!” urlò Kira. “Non le ho mai sentito dire niente.”

 

“Non è stupida e non va a parlarne di fronte a chicchessia.” Disse Renji. “Ma c’è un piccolo gruppo di shinigami, più o meno cinque o sei, a cui quei due appartengono. Molti di loro entrarono nella divisione con Aizen e ancora non credono che fosse quello che era. Hinamori si è aggiunta a loro e anche se lei c’era, anche se ha combattuto la guerra d’inverno, non le dispiace per niente unirsi a loro e ricordare Aizen con affetto. Sarebbe totalmente innocente se non per il fatto che le sta facendo scordare il vero Aizen.”

 

 La trovò nel suo ufficio, intenta a completare la pila di moduli associati con una divisione di messaggeri. “Kira-kun!” Urlò quando entrò per poi accorgersi del suo errore. “Volevo dire, Capitano Kira.”

 

“Ti ho mai detto di non chiamarmi Kira-kun, Hinamori-kun?” Chiese Kira.

 

“Oh no, ma non è appropriato che io continui a chiamarti Kira-kun.” Disse con aria triste. “Cosa ti porta qui?”

 

“Ho fatto una chiaccherata con Abarai-kun approposito di due membri della divisione che ho beccato ad assalira Rangiku-chan.” Spiegò.

 

“Assalire Rangiku-chan!” Esclamò Hinamori. “Sta bene?”

 

“Tutto ok. Anche se ancora piccola è molto più forte di loro.”

 

“Un altro bambino genio, ma che carino!” Disse anche se era chiaro che non lo pensava. L’accidia nel suo tono era evidente.

 

Kira la guardò un attimo prima di dire, “Allora è vero.”

 

“Cos’è vero?” Chiese Hinamori, sentendosi come se la stesse battendo in un gioco d parole di cui non conosceva le regole.

 

“Non ti piacciono quei bambini, ma perché? Che ti hanno fatto?”

 

All’inizio sembrò che non avresse risposto ma poi, “Esistono.”

 

“Cosa dovrebbe significare?”

 

“Esattamente ciò ke ho detto.” Strillò Hinamori, incapace di trattenere la rabbia. “Hanno ucciso il mio capitano sul campo di battaglia. Non ha avuto un anno per far la pace con tutti. Non ha avuto un anno per lasciare una parte di se. Anche la sua zampakuto è stata distrutta. Non ho niente! Niente di lui!”

 

“Hai lo spavento che ti ha fatto prendere.” Le ricordò Kira.

 

Per un’attimo hinamori aveva l’aria di voler attaccare Kira ma si trattenne. “Cosa vuole da me, Capitano Kira?”

 

“Vorrei sapere perchè proprio tu stai ancora soffrendo per Aizen Sosuke.” Affermò Kira.

 

“Io! E tu? Stai ancora soffrendo per quel serpente traditore!” Sbraitò hinamori. “Tu puoi ancora voler bene al tuo capitano, ti manca ancora ma a me questo non è permesso! È giusto questo?”

 

“A me non manca un’illusione.” Risse francamente Kira. “Tu non ami il vero Aizen, non ti manca quello vero. Tu amavi e ora ti manca l’illusione di Aizen. Il capitano gentile, il capitano amabile che aveva sempre una parola di riguardo per tutti. Il vero Aizne non era né gentile né amabile. Era un manipolatore, un megalomane e un sociopatico.”

 

“E in cosa sarebbe diverso da ichimaru?” domandò Hinamori.

“Non ho mai affermato che fosse diverso dal Capitano Ichimaru, ma lui almeno non ha mai fatto finta di non essere un sadico manipolatore.” Disse Kira. “Il mio capitano mi manca ancora, nonostante i suoi difetti. Non perché continuo a non volerli vedere. Tu… tu sei riuscita a trasferire tutti i difetti del tuo sul mio e hai lasciato che il tuo cuore si affezionasse di nuovo a un uomo che non è mai esistito, se non come illusione creata genialmente come qualsiasi altra cosa la sua zampakuto possa aver creato.”

 

“E allora!” Domandò. “Mi avete tutti lasciata, vi siete scordati di me. Avete tutti le vostre vite e io…” gli occhi le si riempirono di lacrime. “Hitsugaya-kun non è più lo stesso dalla morte di Rangiku-san. Soprattutto considerato che è stata seguita da quella della nonna. Ancora adesso c’è una distanza tra noi che non riesco a colmare. Tu… tu hai trovato il tempo per vederti con Abarai-kun, con Hisagi-san ma non con me. Dopo un po’ abarai-kun era impegnato e poi un giorno, dopo che io avevo mandato avanti la divisione per dieci anni senza un capitano, Abarai-kun arriva come Capitano Abarai! So che ha il bankai ma io sono stata luogotenente per più tempo! Ho fatto le veci di un capitano per dieci anni! E all’improvviso, non ha più importanza. Tutto ciò che importava era che le mie possibilità di raggiungere il bankai erano pari a zero.”

 

“Abarai-kun ha meritato il suo grado.” Replicò Kira in tutta calma. “Tu non sei incapace di raggiungere il bankai. Semplicemente non volevi perche dentro di te non volevi che qualcuno prendesse il posto di Aizen, tu per ultima e ora che Abarai-kun è il capitano di questa divisione, tu non hai più ragione di provarci. Tutto questo torna sempre alle tue illusioni su Aizen.”

 

Hinamori chiuse gli occhi e lasciò le lacrime scorrere liberamente. “So che mi sto illudendo. Tutto ciò che devo fare è guardarmi allo specchio la mattina e so cos’era realmente il Capitano Aizen. Ma..” Si coprì la faccia con le mani e continuò a piangere. “Quando vedo che tutti gli altri sono andati avanti mentre io sono bloccata esattamente dov’ero 50 anni fa… non posso non pensare a come sarebbe stata la vita se ci fosse ancora il Capitano Aizen. Ma non c’è mentre lui si.” C’era tanto veleno nella sua voce che Kira rimase shockato. “Non ti mentirò. Non sopporto quel bambino. Lo guardo e tutto ciò che vedo è il Capitano Ichimaru. Lo odiavo, anche prima che si rivelasse un traditore lo odiavo e non riuscivo a capire come tu potessi essergli così devoto. Non capivo perché il Capitano Aizen a volte ancora mi chiamasse ‘Gin’ quando dava gli ordini.” Ammise.

 

“Non è giusto.” Sussurrò Hinamori. “Non è giusto che quel serpente si sia riprodotto e che a nessuno sembra importare che quei bambini sono i suoi. Li amano tutti. Tutti quanti. Rangiku-chan posso capire. È la fotocopia di Rangiku-san ed è naturale che a Hitsugaya-kun e Hisagi-san piaccia così tanto. Ma quel bambino! È identico a Ichimaru ma a nessuno sembra importare! Yamamoto-sama non fa altro che lodarlo e lo tratta come se fosse veramente il figlio Del Capitano Kyoraku e…”

 

“Lui è il figlio del Capitano Kyoraku.” Disse Kira con fermezza. “Su questo nessuno finge. C’è di più nell’essere un padre del sangue.” La voce di Kira si fece sempre più dura mentre continuava. “Sono venuto qui stasera sperando che Abarai-kun si fosse sbagliato su di te. Ma ora vedo che non è così. Perciò ti dirò questo, Luogotenente Hinamori. Controlla i tuoi amici e te stessa. Non mi frega niente se passate il vostro tempo a idolatrare Aizen ma se il vostro veleno tocca di nuovo quei bambini, cederete le vostre teste a Wabisuke.”

 

“Kira-kun! Perchè?”

 

“Avevi ragione sul mio evaderti. O almeno, ti stavo evitando subito dopo l’esecuzione perché tra tutti tu eri l’unica persona felice per l’esecuzione del Capitano Ichimaru. Inclusi Soi Fon e Yamamoto-san a cui alla fine dispiacque che il Capitano dovesse morire. Se non altro perché uccidendolo ci sarebbero stati due orfani in più al mondo. Ma tu… non potevo, Hinamori-kun. Non potevo star vicino a qualcuno che non poteva, non voleva perdonare il mio capitano. Soprattutto quando io ho dovuto lasciar andare tutta la mia rabbia e il mio risentimento verso Aizen. E dopo stasera,” Kira sembrava triste, “non penso di conoscerti più, Luogotenente Hinamori. Perché l’Hinamori Momo che pensavo di conoscere non avrebbe mai detto cose simili di un bambino, qualunque bambino, e soprattutto dei bambini di una donna che la chiamava amica.”

 

Hinamori distolse lo sguardo. “Hai ragione. Non sono più la stessa Hinamori Momo che ero una volta. Non so quando sono cambiata ma è successo. Non posso dire che mi piaccia la persona che sono diventata, ma penso sia troppo tardi per tornare indietro.”

 

Kira aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma le parole non uscirono. Tra loro sembrava esserci un abisso. Dopo essere rimasto lì a fissarla per un po’, Kira si voltò e uscì. Camminando verso gli edifici della terza divisione ricordò la volta che aveva dovuto usare la spada contro Hinamori in difesa del suo capitano. Realizzò che era disposto a farlo ancora se c’era bisogno, ma questa volta la sua spada sarebbe stata sguainata in difesa dei figli del suo capitano. Voleva bene a entrambi profondamente e con la stessa devozione che aveva avuto per il suo capitano.

 

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