Come sole e pioggia di Dark Roku (/viewuser.php?uid=64718)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Forbici e coltelli ***
Capitolo 2: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 3: *** Sogni e incubi ***
Capitolo 4: *** Compiti e giochi ***
Capitolo 5: *** Pomeriggio e sera ***
Capitolo 6: *** L'uno e l'altro (e la papera)~1 ***
Capitolo 7: *** L'uno e l'altro (e la papera)~2 ***
Capitolo 8: *** Adulti e adolescenti ***
Capitolo 9: *** Il Principe e il Povero ***
Capitolo 1 *** Forbici e coltelli ***
Note dell'autrice (stavolta prima): Allora posto e scappo (Ma puoi andartene anche senza postare, che fai un favore a tutti n.d.altra me). Un paio di raccomandazioni prima della lettura. Innanzitutto i personaggi non sono miei, ma sono di proprietà della Square Enix e questa storia non è scritta a scopo di lucro e bla bla bla.
Secondo: Rain Town è inventata. I personaggi di Final Fantasy sono messi a casaccio perchè non conosco la saga. I'm sorry.
Terzo: E' solo una sottospecie di introduzione. Tengo abbastanza a questa fic a più capitoli, per cui mi piacerebbe sapere cosa ne pensate (Te lo dico io: fa pena n.d.altra me) e se devo continuare. Ok, ora potete leggere. Buona lettura.
Forbici e coltelli
Ecco, gli mancava pochissimo. Altri cinque secondi e l’opera d’arte a
cui lavorava da mesi sarebbe finalmente stata completa.
Le forbici azzurre sfrigolavano tra le sue mani e la scritta V+K+N+S+R=
FRIENDS 4 EVE incisa a lettere cubitali sul banco pareva dotata di una
luce propria in quel momento. Mancava poco e avrebbe completato anche
la R.
Vide Kairi al suo fianco, ansiosa quanto lui, trattenere il respiro.
- Cinque…- sussurrò Ven alla sua sinistra iniziando il conto alla
rovescia. Sora tracciò la prima retta.
- Quattro…- Naminè continuò da davanti di lui. Ripassò la linea per
scolpirla nel legno. La pancia della R fu finita di incidere dopo il
Tre di Kairi.
-Due …- sussurrò. Un biglietto con scritto “Uno” arrivò da Riku.
Si preparò alla fine: soffiò legno che era stato tolto, poggiò le
forbici sul banco e…
- COSA STANNO FACENDO I SIGNORI, LI’ DIETRO?- L’urlo sovraumano della
professoressa fece sobbalzare tutti. Le forbici volarono per aria e
tutti si gettarono sul banco, stile Wrestling.
- Niente professoressa.- balbettarono Ven e Kairi all’unisono.
- Bene. Lo spero per voi.- il suo tono tornò calmo, ma continuò a
guardarli – Signorino Leonhart…- disse rivolgendosi a Sora che cominciò
a sudare. Lo sapeva! Quella professoressa ce l’aveva con lui! L’aveva
scelto su quattro persone!
- Mi fa gentilmente la traduzione di “Pax insigna est”?-…che?????? Ma
che lingua era?
Forse latino considerando che era l’ora di latino, ma non poteva
essere! La professoressa doveva stargli facendo uno scherzo e si era
messa a parlare in ostrogoto antico! Sì, doveva essere assolutamente
così! Però, andando a senso poteva voler dire:
- L’insegnante è pazza! – affermò Sora convinto scatenando le risate
della classe. La suddetta insegnante sospirò spazientita:
- Ven voglio parlare con i vostri genitori. Tuo fratello si distrae
troppo spesso in classe. Non che tu sia da meno…- il biondino puntò i
suoi occhi azzurri sulla scritta coperta da alcuni libri:
- Sì, professoressa. – disse meccanico.
- Per quanto riguarda lei, signorina Flames…- si rivolse a Kairi senza
nessuna espressione nella voce. – Parlerò con suo fratello oggi stesso.
–
- Va bene zia. Non la vedo una cosa difficile visto che abitiamo sotto
lo stesso tetto. – fece Kairi divertita. Il fatto che suo fratello Reno
si fosse sposato con la sua professoressa giocava a suo vantaggio,
indubbiamente.
Prima che l’insegnante potesse replicare, un trillo annunciò la fine
delle lezioni. La classe si svuotò in poco tempo:
- Non è giusto!!! - cantilenò Sora afferrando la borsa. – Perché
richiama sempre me? Ka-chan tua zia mi odia, non è giusto! - Ven
s’intromise guardando Riku:
- Fratellino il tuo ragazzo mi fissa in modo strano. –
- Riku non è il mio ragazzo!- Sora arrossì di botto. L’argenteo
si avvicinò sorridendo:
- Ah, sì? Davvero? – lo guardò negli occhi. Il moro li chiuse di scatto
allontanandosi.
- Allora immagino di non poterti più invitare a casa mia…stanotte. – lo
provocò Riku uscendo dalla classe.
- Rì aspettami. – Sora gli corse dietro lasciando Kairi e Ven tra le
risate.
Pioveva fuori dalla scuola.
Ma tanto in quel posto pioveva sempre.
Eppure Roxas se ne accorse solo quando la macchina sfrecciò via,
lasciandolo solo, bagnato.
Per un po’ si era dimenticato della pioggia: aveva trovato il suo sole,
e questo era l’importante.
E adesso, dopo tanto tempo, la pioggia tornava a scrosciare su di lui
rovinandogli i capelli e inzuppandogli i vestiti.
Ma tanto a lui la pioggia piaceva: era il punto e a capo del mondo.
Il sole era troppo stupido per poter far qualcosa: sapeva solo
riscaldare, esteriormente.
Non capiva che quando erano le anime ad essere fredde lui, grossa palla
infuocata, non poteva far nulla.
Mentre l’acqua rifletteva le persone, le capiva, in una certo senso le
consolava.
Così, mentre gli scivolava addosso gli sussurrava “Io sono come te. Io
sono come te.”
Trascinava via tutto: le impurità, le macchie, i dolori.
Cancellava ogni cosa.
Persino le sue lacrime…
Il clima non cambiava mai alle isole del Destino, pensava Ven, mentre,
dal finestrino dell’autobus, vedeva il cielo azzurro riflettersi nel
mare, e la luce del sole accecargli gli occhi.
Che fosse il quindici dicembre, o il diciassette luglio non aveva
importanza, il sole era il re incontrastato del cielo delle isole.
Questa monotonia lo aveva quasi stufato: faceva sempre troppo caldo.
Forse, un po’ di pioggia lo avrebbe completato, avrebbe alleviato il
senso di vuoto che lo accompagnava da una vita. Perché Ven si sentiva
incompleto, era come se una parte di lui se ne fosse andata. Un po’
come il sole senza la pioggia.
Ah, basta! Non era da lui perdersi in discorsi profondi! C’era il sole,
punto.
- Cioccolata! Panini! Pop-corn! - delle urla femminili, simili a quelle
che si sarebbero sentite al mercato o in uno stadio lo raggiunsero. Una
ragazza stava facendo su e giù per il corridoio spingendo un grosso
carrello colmo di cibarie. Era alta, aveva degli strani capelli blu
tagliati in un caschetto mal pettinato, una gonna azzurra e una maglia
attillata che metteva in risalto il suo seno prosperoso, con su scritto
a caratteri cubitali HOSTESS.
- Ven vuoi qualcosa?- gli chiese gentilmente passandogli accanto. Il
biondo sorrise imbarazzato:
- Ehm…Aqua, non siamo su un aereo. – la ragazza parve delusa dalla
risposta e confusamente chiese – Ma come? –
Ven indicò il finestrino – Guarda, quello è il terreno, siamo a terra.
– spiegò lentamente. Aqua non era ritardata o cose del genere, era solo
un po’ stupida, tutto qui. Quest’ultima, rendendosi conto della
situazione mise su un’espressione infuriata e raggiunse di scatto il
conducente. Lo afferrò per il colletto: - Terra, perché non mi hai
detto che non siamo su un aereo?- urlò schiaffeggiandolo.
Fortunatamente il guidatore era abituato alle sfuriate della ragazza e
riuscì a mantenere il controllo del mezzo.
Ven sospirò affranto: Terra era così dannatamente perfetto. Aveva degli
spettinati capelli color cioccolato, dei profondi occhi azzurri ed era
pieno di muscoli; riusciva ad essere calmo in ogni situazione e aveva
sempre la battuta pronta.
A volte il biondo si ritrovava a pensare a lui, senza nemmeno volerlo,
e si chiedeva se i suoi sentimenti sarebbero mai stati ricambiati…poi
si rendeva conto che Terra aveva dieci anni in più ed era solo
l’autista dell’autobus, quindi conosceva centinaia e centinaia di
ragazzini, perché avrebbe dovuto scegliere proprio Ven?
- Smettila Ka-chan! Ti ho detto che siamo solo amici!- le urla di suo
fratello lo riportarono alla realtà.
Sora era seduto in fondo, tra Kairi e Naminè, e stava tentando –senza
riuscirci oltretutto- di spiegare alle ragazze che lui e Riku erano
solo amici -cosa tecnicamente non vera, pensava Ven ricordando la sera
di Natale- .
L’argenteo, del tutto ignaro della discussione era seduto un po’ più
lontano, circondato da studentesse: lui, insieme con Ven e Sora erano i
tre ragazzi più popolari della scuola…sì, ma tanto si sapeva che l’uomo
perfetto o era gay o era occupato, o tutt’e due.
Ven si voltò verso il finestrino sospirando: era tutto davvero troppo
monotono.
Cosa vedeva Roxas quando si guardava allo specchio?
Oh, tante cose, ma di certo non Roxas.
Vedeva un ragazzo pallido e smunto, ma di certo non Roxas.
Vedeva un corpo anoressico vestito di nero, ma di certo non il corpo di
Roxas.
Vedeva due occhi azzurri con ancora il riflesso della pioggia, ma di
certo non gli occhi di Roxas.
Vedeva dei capelli biondo cenere appesantiti dall’acqua, ma di certo
non i capelli di Roxas.
Vedeva delle pareti bianche dietro di lui, ma di certo non le pareti
della stanza di Roxas.
E poi…
Vedeva la figura nello specchio prendere un coltello argentato e
abbassarsi la manica per mostrare una fitta ragnatela di cicatrici.
Di certo quello non era Roxas.
Il coltello poggiarsi sul polso sinistro e il sangue fuoriuscire
lentamente, ma tanto neppure il sangue era di Roxas.
Poi il coltello si piazzava con forza nello specchio, spezzando la
figura non-Roxas, e una risata isterica si faceva spazio nell’aria.
In fondo non esisteva neppure una
figura chiamata Roxas …
- Maammmmaaa!!!!! Siamo a casa!!!- cantilenarono all’unisono Ven e Sora
entrando.
Aerith arrivò dalla cucina sorridendo e tenendo fra le mani una brocca
d’acqua:
- Bentornati cari. Andate a lavarvi le mani, il pranzo è quasi pronto. -
- Ma io ho fame adesso! – si lamentò Sora correndogli dietro.
- Suvvia Sora. Possibile che devi sempre far esasperare tua madre? Non
sai aspettare cinque secondi? – una voce maschile li raggiunse, e
subito dopo Squall, sbucò dal salotto.
- Papà! – Sora urlando si gettò tra le braccia dell’uomo. Ven era
rimasto sull’uscio, del tutto assente, probabilmente era rimasto al “A
domani Ventus!” che gli aveva detto Terra. L’aveva anche chiamato per
nome! E il fatto che Aqua poi lo avesse corretto dicendo “Cretino, non
sai che si chiama Ven? Se lo vuoi chiamare così, tanto vale che soffi
per chiamarlo. Fiuuuuuu!” era irrilevante.
- E tu non mi saluti?- Squall gli si mise davanti a braccia conserte.
- Ah …sì…ciao papà. – gli diede una stretta di mano e corse in bagno.
Stava uscendo matto, ne era certo: si sentiva così strano.
Si sciacquò velocemente mani e faccia e si guardò nello specchio per
vedere se aveva effettivamente qualcosa di diverso.
Qualcosa la notò: un’ombra in fondo ai suoi occhi. Si sporse in avanti
per guardare meglio e…il Ven nello specchio gli lanciò un coltello
argentato.
Urlando cadde all’indietro e sbatté la testa contro la vasca da bagno.
Rivolse uno sguardo allo specchio: non c’era niente. Aveva avuto
un’allucinazione?
Aerith e Leon arrivarono immediatamente in suo soccorso e lo trovarono
steso sul pavimento che tremando e piangendo si stringeva il braccio.
L’ultima cosa che notò prima di cadere nell’oblio fu che il polso
sinistro cominciava a fargli male.
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Capitolo 2 *** Incontri e scontri ***
Incontri e scontri
Terra parcheggiò l’autobus come al solito, davanti alla scuola
primaria. Aqua lo seguiva docilmente.
In fondo aveva accettato quel lavoro solo perché gliel’aveva detto la
sua psicologa: quando si era accorta della sua perversione –la
pedofilia, per la cronaca- aveva esclamato “Fai l’autista dell’autobus!
Puoi guardare i bambini e contemporaneamente devi tenere le mani
occupate!E io ti seguirò per accertarmi del tuo atteggiamento.”
Non che Aqua fosse il massimo come psicologa, però doveva ammettere che
era stata la migliore idea che aveva avuto, aveva funzionato...fino a
quando non era arrivato quel ragazzo.
Ventus Leonhart: lo aveva stregato fin da subito con i suoi occhi
azzurri e il suo sguardo profondo. Forse era l’unica persona che gli
piaceva da quando si era trasferito alle Isole del Destino.
Aveva bisogno di tutto l’autocontrollo per non fermare il pullman e
saltargli addosso.
Però, dannazione, più passava il tempo, più Ven diventava bello, più la
sua perversione peggiorava.
Chissà quanto avrebbe resistito…
- Vieni a pranzo con me, Aqua?-
- No, mi spiace. Devo vedermi con le ragazze.-
Già, chissà…
- Professoressa, mi passi il sale per favore.- erano state le uniche
parole che Kairi e Elena si erano scambiate da quando erano arrivate a
casa.
E considerando che erano a tavola da circa venti minuti erano poche.
Povero Reno, diviso tra sua moglie e sua sorella che si scambiavano
sguardi di fuoco!
Kairi era fatta così: con il suo sorriso da angioletto e la sua anima
indemoniata, chissà cosa aveva combinato!
Elena diceva sempre che non le portava di rispetto quando a scuola le
dava del tu e la chiamava zia, ma Reno non poteva crederci visto che
Kairi dava del lei anche quando era a casa.
Vide un’altra occhiataccia volare: lo scontro stava per iniziare.
- Vedi caro…- cominciò Elena facendo gli occhi dolci – oggi la tua
sorellina…-
- Fratellone…- Kairi interruppe mettendo su un’aria da cucciolo
bastonato. – la professoressa dice…-
- Signorina stavo parlando. Non sai che è maleducazione interrompere?-
la sua voce assunse una sfumatura seria.
- Oh, ma professoressa, anche lei mi ha interrotto. Non sa che è
maleducazione interrompere?- le fece il verso la rossa.
E cominciarono ad urlare. Reno si mise le mani fra i capelli rossi, una
caratteristica di famiglia: se solo ci fosse stato lui, che sapeva
sempre gestire la situazione!
Dlin Dlon.
Il campanello fu una manna dal cielo.
- Vado ad aprire.- annunciò alzandosi in piedi. Raggiunse velocemente
il portone d’ingresso e lo spalancò, senza neppure osservare
dall’occhiello della porta.
- Weilà Reno, da quanto tempo non ci si vede!- una voce allegra lo
salutò: un ragazzo che gli somigliava molto era in piedi sulla porta.
Aveva dei capelli rossi, a dir poco strani (“Pettinati con un petardo”
sarebbe stato il modo migliore per definirli) occhi verde smeraldo, con
due triangoli rovesciati disegnati sotto gli occhi e la bocca piegata
in un sorriso allegro; indossava un jeans nero, una giacca nera e una
maglia rossa.
Inoltre, era suo fratello, ragazzo che sarebbe dovuto essere in una
qualsiasi parte del mondo, ma mai davanti a quella porta.
- Axel…che diavolo ci fai qui?-
Demyx lanciò un’occhiata alla cassa da sopra il libro che stava
‘leggendo’: era entrata una ragazzina bionda.
Sapeva i gesti del bibliotecario a memoria: muoveva il mouse del
computer con indice e pollice, si scostava il ciuffo azzurro dagli
occhi, inforcava gli occhiali, e poi scuoteva la testa nel caso il
libro non c’era.
Se invece il libro c’era dava al cliente un bigliettino con scritto il
reparto dove trovarlo.
In quel caso il libro era presente.
La ragazzina ringraziò e prendendo delicatamente il biglietto si avviò
tra gli innumerevoli scaffali della biblioteca. Il libraio la seguì con
lo sguardo e i suoi occhi incrociarono per un attimo quelli di Demyx
che si nascose istantaneamente dietro il libro che aveva preso: era un
mattone bello grosso, per darsi un’aria da intellettuale.
- Ancora a spiare Zexion, Dem?- una voce aspra lo sorprese. Il biondo
sobbalzò ritrovandosi faccia a faccia con una ragazza dai capelli color
limone e due ciuffi che le sbucavano a mo’ di antenne.
- Larxene…mi hai fatto prendere un colpo. Abbassa la voce. – sussurrò.
L’altra rise.
- Non farai colpo su di lui stando rinchiuso tutto il giorno facendo
finta di leggere e osservandolo.-
- Tu invece che ci fai in biblioteca?- domandò cercando di deviare
l’argomento.
- Ho preso un libro per una mia amica.- disse guardandosi l’orologio –
Oh,ma guarda come è tardi! Aqua mi starà già aspettando!- e si avviò.
Dopo qualche passo si fermò e si voltò verso Demyx.
- Oh, a proposito…- fece con voce squillante – è da tanto che hai preso
quel libro?-
- Circa due ore, perché?- Demyx rispose ignaro di tutto.
- Sappi che è un dizionario…e lo stai leggendo al contrario.- scoppiò a
ridere. Il biondo rosso di vergogna si nascose sotto il tavolo: che
figura! Chissà se anche Zexion se n’era accorto.
- Se vuoi due volete parlare, vi pregherei di accomodarvi fuori.- la
voce di Zexion gli arrivò melodiosa, come sempre.
L’aveva anche fatto sgridare! E adesso come riconquistava la sua
fiducia?
Dannata Larxene!
Riku non osava aprire la porta.
Se ne stava sull’uscio, con le chiavi infilate nella serratura, senza
avere il coraggio di girarle.
Pochi secondi prima un pensiero orribile gli aveva attraversato la
mente evitandogli di fare l’errore più grande della sua vita.
Aveva fatto un rapido calcolo: quel giorno era venerdì quindi i suoi
genitori erano ancora in viaggio per lavoro. E i suoi zii,
momentaneamente trasferitisi da lui, il venerdì lavoravano fino a
tardi. E suo cugino Zexion era ancora di turno in biblioteca, perciò a
casa c’era solo…no, non poteva essere. Tutti, ma non la maniaca.
Non era possibile che sua cugina Xion, che lo ossessionava ogni
talvolta lo vedeva e che era fissata con lui da quando aveva cinque
anni, era lì dentro, da sola, ad aspettarlo.
Era del tutto illogico! Per di più le urla stonate che provenivano da
dentro non erano per niente rassicuranti:
- Sto preparando un bel pranzetto per il mio maritino! Il mio
maritinooooo!!!!- canticchiava una voce allegra, paragonabile a una
cornacchia con il mal di gola.
Riku si guardò intorno impaurito: che possibilità aveva?
Kairi abitava troppo lontano per andarci a piedi. Avrebbe potuto
raggiungere Zexion in biblioteca, ma l’unica scusa che gli veniva in
mente in quel momento era “Il dottore mi ha consigliato di leggere
quindici paragrafi della Bibbia prima di pranzo” e risultava poco
credibile persino a sè stesso.
Però, forse…
Lanciò un’occhiata alla casa poco distante dall’altro lato della
strada, a pochi isolati da lì: Sora lo avrebbe sicuramente accolto a
braccia aperte.
Ma cosa avrebbe detto ai suoi genitori?
“ Ciao mamma, ciao papà. Questo sapete che è Riku e sta sfuggendo a sua
cugina che vuole stuprarlo. Può rimanere a pranzo? Oh, e un’altra cosa:
ci siamo messi insieme.” Forse l’ultima frase andava rivista: lui e
Sora, non stavano insieme, non del tutto e non ancora.
Cioè, lui amava Sora, di questo era certo. Era il castano che aveva
chiesto del ‘tempo per pensare’ perché non era ancora del tutto sicuro
dei suoi sentimenti.
Bah, sicuramente quella scusa gliel’aveva suggerita quel deficiente di
Ven: solo lui era capace di inventarsi certe cose da telenovela
spagnola.
- Ma quando arriva il mio tesoruccio?- urlava la voce da dentro.
Riku si rese conto di non avere scampo: aprì lentamente la porta e una
ragazza dai capelli neri gli saltò addosso.
- Amore! Sei finalmente arrivato! Vieni, vieni, ti ho preparato tante
cose buone!- lo trascinò in cucina e lo fece sedere.
Altra pecca che l’albino non aveva considerato: Xion non sapeva
cucinare.
Se ne ricordò quando gli arrivò davanti una melma verde e puzzolente
con dei pezzi di guscio d’uovo che galleggiavano sulla superficie. Riku
inspirò a pieni polmoni:
- Posso avere del pane?-
Naminè si sentiva davvero felice quando disegnava.
Forse disegnare era l’unica cosa che la faceva sentire meglio.
Riusciva a sfogare su un foglio tutte le emozioni che provava che
fossero belle o brutte.
Non era una bella vita la sua: era rimasta orfana di madre a due anni e
suo padre era severo, nonostante le voleva un bene dell’anima.
La vedeva troppo fragile: aveva paura di perderla, come era successo
con la moglie che, a causa di un tumore al cuore, era volata in
paradiso.
Naminè raffigurava spesso sua madre nei suoi disegni; come un angelo
che cantava, o un uccello che volava libero nel cielo azzurro. Poi
arrivava un corvo e mangiava l’uccellino.
Naminè andava dallo psicologo a causa di un trauma: quando aveva dieci
anni era stata stuprata ed era caduta in depressione.
Si era rialzata anche grazie all’aiuto dei suoi angeli custodi: suo
padre, Kairi, Riku, Sora e Ven. che gli erano stati accanto nei momenti
in cui stava peggio e l’avevano aiutata ad andare avanti.
Nonostante la sua non fosse una bella vita Naminè sognava ancora il
principe azzurro.
La persona che l’avrebbe portata in un mondo in cui non esisteva la
crudeltà e in cui non aveva bisogno di disegnare per sentirsi meglio.
Ma, una piccola parte di lei, sapeva già che il principe azzurro non
sarebbe mai arrivato.
- Ha avuto un calo di zuccheri. – stava spiegando una voce che non
conosceva. Fu la prima cosa che sentì quando si riprese.
La seconda fu il singhiozzare di Sora che gli stringeva la mano. E si
concentrò unicamente su quella: come mai gli voleva così bene?
In fondo non erano neppure fratelli… fratellastri al massimo.
La loro era una storia lunga e complicata: Aerith abitava in un altro
paese prima: Rain Town. In quello che era diventata la megalopoli più
importante del pianeta, ma quello non c’entrava.
Nella città era fidanzata con un uomo, poi da quest’uomo era rimasta
incinta. Prevedevano di sposarsi dopo il parto.
Solo che dopo la nascita di Ven, l’uomo si era improvvisamente reso
conto di non amare Aerith e fine della loro storia.
Aerith si era trasferita alle Destiny Island dove aveva conosciuto
Squall che aveva sposato e da cui aveva avuto Sora.
Sora aveva fatto la primina per trovarsi al passo con il fratello e
adesso erano un’allegra e felice famigliola. Fine.
Ven non aveva mai conosciuto il suo vero padre, e Aerith si era
rifiutata di dirgli anche solo il nome, anche se c’entrava qualcosa con
il cielo e il sole.
Ma in fondo andava bene così: Squall voleva bene a Ven, quasi quanto ne
voleva a Sora.
- Ven…per favore fratellone svegliati! – singhiozzò Sora asciugandosi
gli occhi con la mano di Ven, che aprì delicatamente gli occhi.
- Come stai caro?- chiese Aerith mettendogli una mano sulla fronte. Era
seduta accanto a lui, di fronte a Sora. Squall era in piedi e stava
parlando con il medico.
- Meglio mamma. – rispose sorridendo. – Cosa è successo?- aggiunse. Non
ricordava cos’era accaduto, ma i ricordi riaffiorarono poco a poco:
- Il coltello.- sussurrò spaventato. La vivida sensazione di essere
accoltellato gli fece accelerare i battiti- Squall si mise
improvvisamente in ascolto:
- Quale coltello?- chiese stupito.
- Quello argentato…è uscito dallo specchio. E poi è sparito. E il
polso…- gli tornò il mal di testa.
- Probabilmente sta delirando. – disse il medico uscendo. – Deve solo
stare a riposo. Arrivederci. – salutò.
- Ho fame…e sento puzza di bruciato. – si lamentò Sora ignorando
l’accaduto.
- Il tacchino! – urlò Aerith correndo via.
Ven chiuse gli occhi, rivivendo quell’attimo, che in qualche modo,
sentiva, non apparteneva a lui.
- Signorino le ho portato il pranzo.-
Era sempre la stessa scena, no?
La cameriera entrava con il vassoio in mano.
La cameriera si guardava attorno confusa.
La cameriera notava lo specchio rotto.
E Roxas, a terra, sanguinante.
Che rideva convulsivamente, tra i cocci dello specchio…e quelli del suo
cuore.
La cameriera urlava.
Il vassoio cadeva facendo crack.
Roxas rideva più forte, chiedendosi perché i cuori quando si rompono
fanno lo stesso suono dei vassoi che cadono.
La cameriera metteva Roxas sul letto e chiamava la servitù per aiutarla
a pulire.
E Roxas continuava a ridere isterico mentre guardava la cameriera
affannarsi nel raccogliere i pezzi dello specchio.
Avrebbe voluto saperlo fare anche lui.
Saper raccogliere i frammenti del suo cuore e buttarli nella spazzatura
sospirando “Speriamo che il padrone non si accorga che l‘ho sostituito
di nuovo”.
E poi comprare un cuore nuovo…che si sarebbero rotto di nuovo.
Rideva.
Solo perché gli erano finite le
lacrime…
Note dell'autrice (Che purtroppo è tornata alle vecchie abitudini n.d.altra me):
Allora...questo capitolo è ancora un po' introduttivo alla storia (Quando comincerà la storia vera? n.d.altra me). Però comunque sono stata malata fino a ieri, e mi dispiace di non aver potuto aggiornare (Sempre scuse! n.d.altra me). Vi chiedo umilmente scusa.
Allora...velocissimamente rispondo alle gentilissime persone che hanno recensito:
SweeTDemly: Grazie mille per aver commentato!!! Riguardo alla tua domanda...beh, si vedrà. (Ma conoscendola e guardando il suo repertorio ci vuole poca fantasia ad immaginarlo n.d.altra me). E si, hai ragione ho messo tra gli avvertimenti OOC proprio per Aqua, ma l'idea di farla stupida mi allettava (E immagino che l'idea di far stupida te allettava molto tua madre, no Kim? n.d.altra me), perchè giocando a Birth by sleep l'ho trovata troppo seria.
Il rapporto di parentela tra Kairi e la prof. hai ragione tu, ma pensavo che "Zia" fosse più affettuoso e irrispettoso di cognata (E secondo te i lettori come dovrebbero arrivarci? Per telepatia? n.d.altra me) E grazie ancora per la recensione!!!
Agito: Grazie mille per la recensione! La storia del coltello lanciato la spiegherò più avanti...forse. (Che vuol dire forse? n.d.altra me). Beh, l'intento di Aqua è un po' quello. Nel gioco sono tutti e due troppo seri! Grazie.
Grazie anche a chi a solo letto, a Kiby chan che l'ha aggiunta alle preferite e a Color_by, Edo, RikaaKawaii e vul95 che l'hanno messa tra le seguite. Grazie mille ragazzi! Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate!
Alla prossima! |
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Capitolo 3 *** Sogni e incubi ***
Sogni e incubi
Era già notte inoltrata quando Sora si coricò nel letto. Ven dormiva di
fronte a lui, con un’espressione corrucciata sul volto, come se stesse
sognando qualcosa che lo turbava.
Beh, meglio così, poteva riflettere senza dover far finta di dormire,
al contrario delle altre sere.
Anche se non si sarebbe mai detto Sora –l’ingenuo, infantile,
stupidissimo Sora – era una persona profonda, che pensava, e anche
tanto.
Ogni sera si metteva nel suo letto e facendo finta di dormire
rifletteva sul resoconto della sua vita.
Pensava a Ventus, il suo adorato fratellone, rinchiuso nella sua bolla
di vetro che nessuno poteva scalfire. Sora non considerava il loro
mezzo-legame di sangue un handicap, ma probabilmente Ven sì, visto che
non riusciva mai ad aprirsi totalmente a lui. E questo gli dispiaceva
perché quando vedeva il biondo immerso nei suoi pensieri con gli occhi
vuoti lo sentiva lontano.
Aveva preso in considerazione anche l’ipotesi che Ven lo odiasse.
Dopotutto, aveva abbastanza motivi per farlo.
Poteva essere geloso di lui perché aveva entrambi i genitori, mentre
lui non aveva mai conosciuto il suo vero padre, e la gelosia ci mette
poco a trasformarsi in odio.
Poteva odiarlo per il suo carattere, perché lui era sempre allegro
mentre Ven aveva quei giorni in cui neanche le sue versioni di latino
riuscivano a strappargli un sorriso (E le sue versioni erano davvero
assurde).
Poteva odiarlo perché si sentiva di troppo in una famiglia che non era
del tutto la sua, su un’isola che non era il suo paese di nascita.
Però lui ce la metteva davvero tutta per piacere a Ven, per farlo
sentire meglio.
Riku diceva sempre che si preoccupava troppo, per qualcuno che non era
degno neanche di pulirgli le scarpe…
Ecco, Riku: pensava anche a lui prima di addormentarsi. Alla loro
non-relazione.
Porca miseria, l’albino lo amava davvero e lui l’aveva liquidato con un
“Ci devo pensare” suggerito da suo fratello.
In parte la scusa era vera: Riku era il suo migliore amico dalla
nascita e gli voleva un bene dell’anima, ma non era certo di amarlo, in
quel senso.
Si erano pure baciati!
A Natale, sul portico di casa sotto il vischio quello gli aveva detto
“Sora il mio regalo di Natale sono i miei sentimenti. Io ti amo.” e gli
aveva infilato la lingua in gola.
E lui stupido aveva solo saputo dire un “Eh?” inebetito e correre da
Ven urlando “Riku mi ha baciato! Riku mi ha baciato!”.
Poi pensava a Kairi che lo trattava come il classico ‘amico gay’ dei
telefilm americani. Quando avrebbe capito che a lui non fregava un
cavolo della minigonna rossa che era arrivata da Mode?
E a Naminè, che gli faceva così pena, quando la vedeva in un angolo da
sola a disegnare. Aveva sofferto così tanto, poverina…
Voleva un bene dell’anima a entrambe.
Infine pensava un po’ a tutti: ai suoi genitori, ai suoi insegnanti e
persino alle persone che non conosceva.
Tanto nessuno avrebbe sospettato che dietro quella maschera di
innocenza e quel sorriso fisso si nascondeva una persona così.
Sora chiuse gli occhi stanco: era così difficile fingere di essere ciò
che non si è.
Stava quasi per addormentarsi quando un forte ansimare lo riportò alla
realtà: si voltò verso il letto accanto al suo e vide Ven boccheggiare,
sudare e piangere allo stesso tempo.
- Smettila…ti prego. - sussurrò il biondo continuando a singhiozzare.
Sora si alzò di scatto:
- Mamma!- urlò correndo fuori dalla stanza.
Ven si trovava in uno spazio bianco, galleggiava. Poteva muovere dal
busto in su, ma le sue gambe erano bloccate. E c’era uno specchio
davanti a lui, solo che l’altro lui indossava un pigiama nero, al
contrario del suo che era bianco.
Mosse la mano: lo specchio fece lo stesso. Bene, non c’era pericolo che
potesse tirargli coltelli, o forchette, era solo uno specchio.
Alzò lentamente una mano e la avvicinò al vetro, prevedendo di toccare
una superficie fredda.
Ma quello che le sue dita incontrarono furono dei polpastrelli umani.
- Ciao. – disse lo specchio sorridendo malvagiamente. Il cuore di Ven
fece un balzo e lo sentì quasi staccarsi dal petto: lo specchio era
vivo!
Cominciò ad avere paura. C’era qualcosa in quel sorriso di spettrale e
in quell’espressione. Era spaventosa, inquietante e pazza allo stesso
tempo.
- C…chi sei?- balbettò tremando. L’altro lui si mosse e cominciò a
girargli attorno, spaventandolo ancora di più:
- Decisamente come mi aspettavo. Assolutamente.- disse con voce
soddisfatta. Si fermò dietro di Ven e gli percorse la schiena con un
dito: era un tocco freddo, avido, come quando ai funerali si bacia un
morto. Lo specchio continuò a sorridere e annuire:
- Sì, sei esattamente come immaginavo Ven. –
- Chi sei? Come fai a conoscere il mio nome?- ripeté il biondo –quello
vero- acquistando sicurezza.
Lo specchio, ancora dietro di lui, gli circondò la vita con un braccio
e una lama fredda, il coltello argentato, si poggiò sul collo di Ven.
- Io…- sussurrò facendo una leggera pressione con il coltello. Gli
alitò sul collo: anche il suo respiro era freddo e odorava vagamente di
sangue. -…sono te. - gli girò nuovamente attorno fermandosi stavolta di
fronte a lui e guardandolo negli occhi. – Inoltre…- aggiunse calmo.
- Smettila…ti prego.- disse Ven tappandosi le orecchie.
Lo specchio, tornando dietro di lui, gli prese le mani e gliele
strinse, lasciandole ricadere sui fianchi.
- Sono il tuo peggiore incubo.- disse. Ven cominciò a piangere. Lo
specchio avvicinò la bocca al suo orecchio:
- Buh!- bisbigliò.
Ven si svegliò di soprassalto urlando:sua madre, suo padre e suo
fratello erano attorno a lui con un’espressione preoccupata e stanca
sul volto. Le lacrime gli rotolavano giù per le guance senza che
potesse fare niente per fermarle:
- Shh…va tutto bene. Hai solo avuto un incubo. - sua madre lo abbracciò
asciugandogli il viso con il dorso della mana.
- Fratellone…mi spieghi che ti sta succedendo?- chiese Sora
stringendogli la mano.
- N-non lo so. - balbettò il biondo ancora intontito. Ed era vero: non
lo sapeva neppure lui.
Roxas sussultò nel suo letto, ma non si svegliò.
Dopo tanto tempo passato a imporsi di dormire quando si svegliava nel
cuore della notte neppure il peggiore degli incubi avrebbe potuto
distrarlo dal suo sonno.
Si era allenato per anni perché, troppo spesso, desiderava di chiudere
gli occhi e non aprirli più.
O forse perché i suoi continui sogni lo stavano facendo diventare una
specie di vegetale che faceva fatica a tenere gli occhi aperti in ogni
momento della giornata.
Eppure quella notte si sarebbe voluto svegliare.
Giusto per vedere il sorriso soddisfatto che aveva.
Lo stesso sorriso –pensava- che avevano i cacciatori quando prendevano
la loro preda.
O gli assassini quando uccidevano il loro obiettivo.
Axel si sdraiò nel letto di Kairi, poco convinto: avrebbe dovuto
dormire con sua sorella fino a quando la sua camera –adibita a
ripostiglio da quando era partito- non fosse stata liberata.
Beh, di certo aveva sorpreso tutti tornando visto che si era
ufficialmente trasferito in un’altra città tre anni prima. Era tornato
a casa solo nelle vacanze di Natale e in quelle estive.
Eppure a Kairi non dispiaceva dormire con suo fratello: aveva sempre
ammirato Axel per tutto. Per la sua simpatia, la sua prontezza di
spirito, il suo carattere e perché l’aveva sempre visto un po’ come “il
fratello bravo”. Essendo i loro genitori morti quando Kairi aveva solo
cinque anni a Reno era toccato prendere le redini della famiglia e
quindi essere severo, mentre Axel aveva sempre fatto la parte del papà
che la difendeva quando disubbidiva alla mamma.
Quindi non poteva che scoppiare di gioia al pensiero che sarebbe di
nuovo stato con lei.
Però, da quando era arrivato, c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi:
un velo di maturità. Come se quell’Axel burlone e simpatico che
conosceva se ne fosse andato…rabbrividì solo al pensiero.
- Aku…- cominciò con voce seria – posso farti una domanda?-
L’altro la guardò annuendo.
- Perché sei tornato? Cioè, voglio dire, quando sei venuto a Natale mi
hai detto che ti eri laureato in lingue e avevi anche trovato un lavoro
come traduttore che era ben pagato. Perché tutt’a un tratto hai deciso
di tornare qui?- c’era una nota d’incertezza nella sua voce, come se
avesse paura di dire la cosa sbagliata. Axel la guardò sbalordito: non
si aspettava quella domanda. Chiuse gli occhi forse per richiamare alla
mente i ricordi:
- Vedi sorellina, per far chiarezza a volte bisogna ritornare sui
propri passi. La vita è come un testo: dopo la prima stesura bisogna
ricontrollarla, correggere gli errori e se ce n’è bisogno, anche
riscrivere alcuni pezzi. Anche se non sempre questo si può fare, vale
la pena di tentare, credimi. Ma questo lo capirai quando sarai più
grande…- la abbracciò e le posò un bacio sulla fronte.
Una lacrima solcò la guancia di Kairi: quel discorso era troppo
profondo per essere di Axel.
Quello non era più il suo Axel.
Era l’Axel di qualcun altro.
Riku si asciugò la bocca prima di avere un altro conato di vomito:erano
più di venti minuti che rigurgitava e pensava di non avere più nello
stomaco i pasti degli ultimi tre giorni.
- Quando hai finito di vomitare dimmelo, così mi lavo le mani e vado a
letto. - disse suo cugino Zexion dal trespolo su cui era seduto a
leggere una rivista.
- Ho vomitato l’anima e tu pensi alle tue mani?Non ti senti egoista?-
Sbottò l’albino tra un conato e l’altro.
- Fatti tuoi, sei tu che hai voluto mangiare quello che ha cucinato
Xion. – Zexion si scostò il ciuffo azzurro-grigiastro dietro l’orecchio
e voltò la pagina.
- Aveva un coltellaccio da cucina in mano! E l’ha posato solo quando ho
finito la sua “zuppa”! – protestò Riku lavandosi la faccia: il vomito
sembrava finito.
- Non dubito che la mia sorellina abbia il coraggio e la forza di
ammazzare qualcuno. – voltò nuovamente pagina.
- Che stai leggendo?- domandò Riku interessato. Zexion alzò il libro.
- “Come liberarsi degli spasimanti e/o conquistare qualcuno”…mmh
immagino che sia per Demyx. Ma quale parte stai leggendo: la prima o la
seconda?-
- E tu? Hai intenzione di far prendere prima una decisione a Sora o di
portartelo prima a letto?- rispose l’azzurro per le rime.
- COOOSAAA???? Chi è Sora e perché il mio Rikuccio dovrebbe portarselo
a letto?- una ragazza irruppe nella stanza urlando. Zexion sbuffò:
quella tizia doveva avere un udito finissimo per le questioni che
riguardavano lei. Era quando diceva “Xion per favore portami un
bicchiere d’acqua” che diventava del tutto sorda.
- Oh no. – sussurrò Riku cominciando a correre.
Quando Roxas si svegliò sudato e con la terribile sensazione di essere
appena uscito da un’apnea durata un po’ troppo non accese la luce. Né
si alzò dal letto.
Non era stupito del suo risveglio perché probabilmente era dovuto
all’emicrania che gli era venuta.
Rimase ad osservare il soffitto bianco, da sotto le coperte color pece
con la fievole luce che proveniva dal terrazzo. Quella sera la luna
piena aveva deciso di piazzarsi davanti alla sua finestra, per cui
aveva dovuto chiudere le tende per prendere sonno.
Con la coda dell’occhio fece un breve controllo della stanza: sui due
comodini le lampade erano spente, l’orologio digitale segnava le 01:25,
e sulla grande scrivania giacevano ancora i libri di quel pomeriggio;
lo schermo al plasma da quaranta pollici era spento, lo specchio era
già stato sostituito e l’armadio semiaperto non lasciava intravedere
nulla, come se il mondo finisse lì dentro; la porta del bagno era stata
chiusa con violenza qualche ora prima, quando Marluxia, il suo
cameriere, dopo averlo trascinato con forza a lavarsi il polso
insanguinato gli aveva infilato il pigiama e l’aveva ri -sbattuto nel
letto ordinando di non alzarsi fino al mattino successivo.
Dal suo letto a due piazze Roxas aveva la panoramica completa della sua
stanza e più la guardava, più si rendeva conto che era troppo grande.
Poteva permettersela: tanto era ricco.
Suo padre era ricco, forse un po’ troppo.
Dopotutto la Strife Company era la compagnia più ricca e importante
della capitale.
Gestiva un sacco di cose: ristoranti, alberghi, il “Kingdom Hearts”,
giornale più famoso e si stava preparando per aprire un’università.
Quindi Roxas essendo unico successore della sua famiglia era
ereditariamente troppo ricco.
Era abituato al lusso: casa sua in generale era troppo grande: una
villa da troppe stanze come ce n’erano poche –se non nessun’altra- in
città. La facevano sempre vedere in televisione, per dare prestigio e
splendore al paese…dopotutto Rain Town non si era guadagnata il titolo
di megalopoli per nulla.
La parte che Roxas adorava di più di casa sua era l’immenso giardino
che la circondava: stava seduto per ore a osservare le alte mura,
interrotte solo da un grande cancello di ferro.
La sua casa, il suo carcere. Troppo lussuosa, troppo bella e troppo
finta.
La sua esistenza lì dentro era tutto un film il cui copione andava
seguito alla lettera.
Invece fuori…
Fuori la sua vita era un’immagine
nera con in sottofondo il rumore della pioggia…
A Sora e Ven non pesava la situazione finanziaria della loro famiglia.
Non erano poveri in canna, ma nemmeno navigavano nell’oro.
Aerith faceva la donna delle pulizie per una ditta e Squall era un
poliziotto con un normale stipendio.
Anche Sora e Ven lavoravano: di pomeriggio dal lunedì al venerdì
facevano i camerieri nel “Coffe/Restaurant X”, ma per loro scelta, con
lo stipendio dei genitori avrebbero potuto benissimo vivere.
In realtà nelle Isole del Destino non c’erano persone povere e persone
ricche, erano tutti più o meno sullo stesso modesto piano finanziario,
una persona molto agiata avrebbe stonato.
Anche le case erano tutte più o meno simili: unica eccezione la villa
di Aqua –che era una ricca ereditiera- su una collina in periferia.
Neanche Kairi se la passava male, ma la sua villetta erano
semplicemente un condominio unificato.
Ven e Sora amavano la loro abitazione: era una casa in una schiera, con
due camere da letto, due bagni, un salotto e una cucina su un solo
piano. Niente di eccezionale insomma, però gli piaceva comunque.
Eppure quando in televisione vedevano quelle grosse ville a Rain Town,
grandi quanto l’isola su cui vivevano non potevano fare a meno di
pensare che abitare lì sarebbe stato davvero bello.
Note dell'autrice (Ma non datele retta
perchè ha appena mangiato un uovo al cioccolato...sì, tutto intero
n.d.altra me):
E abbiamo finito anche questo! Visto che la storia pare andare
per le lunghe d'ora in poi i capitoli saranno più lunghi...contenti?
(Per niente n.d.altra me), a partire da questo.
Bah, mi chiedo chi avrà il coraggio e la forza di seguirmi fino alla
fine (Nessuno, credo n.d.altra me). Anche se sono un po' depressa
perchè ho sfogliato distrattamente il diario oggi, e ho visto i compiti
per le vacanze e mi sono chiesta come farò a farli.( Se continui a
perdere tempo non tanto facilmente n.d.altra me)
E ora rispondo alle vostre recensioni (Non me le spiego: perchè ti
compatiscono così se non hai fatto niente per meritarlo? n.d.altra me)
Little white angel: Oh, che bello una nuova lettrice!
Piacere, io sono la matta che scrive questa storia (Penso ti conosca,
fin troppo bene n.d.altra me). Beh, te l'ho detto le mie crisi di
doppia personalità mi confondono abbastanza. Xion in balia di Riku
è...una piccola vendetta personale per Aku-san. Non so Sora di chi avrà
bisogno nella mia fic...ti ho detto quanto l'incest e le
sperimentazioni mi attirano. Potresti ritrovarti uno Xiora senza
accorgertene (Sì, certo, come no n.d.altra me). Comunque grazie per
aver recensito!
Edo: E un caloroso
benvenuto anche a te nuova lettrice!!! Beh, sulla cornice narrativa hai
ragione...ma non lo so neppure io qual'è l'evento principale! (Devi
sempre farti conoscer per la tua pazzia, eh? n.d.altra me). La mia
storia intrigante? Grazie mille!!! Spero che questo capitolo ti sia
piaciuto! E grazie per aver recensito.
SweeTDemly: Non credevo che avresti continuato a
commentare! Grazie. Io mi sono divertita a far soffrire Riku tra le
mani di Xion...sarò sadica? (No, sei solo un'idiota n.d.altra me). Per
quanto riguarda gli aggiornamenti, anche io lo spero, ma come ho già
detto ho visto il diario e la situazione non sembra promettente, sigh.
Però ho un po' di continuazione già pronta per cui cercherò di
mantenermi regolare. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, e
grazie ancora.
Alla prossima, e grazie anche a tutti coloro che hanno solo
letto ecc.ecc.
Baci&Abbracci da Kim.
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