Dal profondo del cuore

di Haruko
(/viewuser.php?uid=3978)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vita per una vita ***
Capitolo 2: *** L'immagine riflessa ***
Capitolo 3: *** Il valore di un uomo ***



Capitolo 1
*** Una vita per una vita ***


Dal profondo del cuore

Dal profondo del cuore

 

1-una vita per una vita

 

Personaggi: Jin, Kazuya, Heiachi e Xiaoyu.

Genere: FF triste…

Commenti dell’autore: E’ solo la mia prima FF e vi chiedo di essere clementi nel giudicarla, va bene?! Alcune cose le ho inventate un po’ (i referti medici, l’arma ignota e altre cosine qua e là, penso!)…spero che riuscirete a capire ciò che vi ho voluto trasmettere scrivendo questo aberrante primo capitolo! Non uccidetemi se vi fa veramente pena!!

 

Era successo qualcosa di davvero molto strano, solo poche ore prima, un’arma mai vista prima aveva colpito Kazuya e gli aveva procurato una ferita quasi mortale, in più il proiettile era scomparso al contatto con il corpo. L’uomo si trovava in una gelida stanzetta di uno squallido ospedale di Tokyo, era in uno stato confusionale, sapeva descrivere l’arma che gli aveva procurato quel lacerante squarcio, ma non aveva idea di chi fosse stato l’artefice di quello, anche se i sospetti non mancavano di certo. La ferita di Kazuya era stata cucita e sistemata ma lui sentiva che qualcosa non andava ed era la verità. Due medici sulla porta della sua stanza stavano discutendo a bassa voce –Non ho idea del perché, il corpo del paziente rifiuti il sangue che gli abbiamo somministrato!- disse uno dei due, il più basso –Non lo so nemmeno io…va bene che AB positivo è un gruppo sanguineo molto raro, ma non è mai successo un rifiuto da parte del corpo stesso!- commentò il medico più alto –Tra l’altro nel sangue del paziente è stato rilevato uno strano anticorpo di natura sconosciuta!- esclamò il medico basso leggendo una cartelletta che teneva in mano –Dovremo provare a contattare un parente che abbia un legame di sangue diretto con lui…magari un fratello, il padre o dei figli! Se uno di loro ha lo stesso anticorpo nel sangue riusciremo a salvarlo e potremo anche fare una piccola analisi su questa forma sconosciuta!- propose il medico alto –Dalla cartella personale risulta che il paziente si chiami Kazuya Mishima…le infermiere hanno provato a contattare il padre del paziente…ma non è reperibile, di fratelli consanguinei non ne ha…c’è scritto solo che ha un figlio; Jin Kazama…non ho idea del perché abbia un diverso cognome. Ho preferito non farlo chiamare per adesso ma…se l’anticorpo era presente nel padre…può essere stato trasmesso anche al figlio, che ha lo stesso gruppo sanguineo.

Erano già le ventitre e trenta, Jin aveva appena terminato i suoi allenamenti quotidiani. Dopo essersi fatto una doccia si buttò a peso morto sul divano e accese la televisione per vedere un notiziario della notte. Appena si fermò su un canale squillò il telefono. Il ragazzo si alzò e rispose –Pronto?- disse con voce stanca –Pronto, lei è il signor Jin Kazama?- chiese una voce femminile,  il ragazzo non aveva idea di chi potesse essere –Si…sono io. Lei chi è?- la donna non esitò a rispondere

–Sono un’infermiera del Memorial Hospital di Tokyo…mi dispiace disturbarla a quest’ora, ma, il dottor Takezawa mi ha pregato di telefonarle…si tratta di Kazuya Mishima.- Jin ebbe un colpo al petto nel sentire quel nome e non disse nulla, fu la donna a parlare di nuovo –Signor Kazama?! Tutto bene?- lui cercò di togliersi dalla mente quel pensiero –Si. Perché chiamate me?- chiese sorpreso dalla notizia –Mi dispiace dirglielo proprio adesso ma…il signor Mishima è in condizioni gravose…lei  è il suo figlio naturale, vero?- Jin avrebbe tanto voluto rispondere il falso ma la sua buona natura glielo impedì –Si, lo sono.- la donna cambiò tono di voce, passò dal triste e cauto al pacato e sull’allerta –Il dottore vorrebbe chiederle qualcosa relativo a suo padre. La prego di venire il prima possibile, è urgente!- il giovane accettò –Si…va bene, arrivo.- riattaccò la cornetta e si infilò una camicia bianca e un paio di jeans più in fretta che poteva, non gli andava affatto andare da suo padre  dopo tutto quello che c’era fra di loro, ma non era da lui non farlo. Impiegò circa un quarto d’ora ad arrivare all’ospedale. Appena arrivato andò all’accettazione e chiese informazioni a una giovane infermiera dai lunghi capelli castani –Salve. Sono Jin Kazama…una di voi mi ha telefonato prima per…- la ragazza gli fece cenno di non dire altro –Si, lo so! L’ho chiamata io signor Kazama. Venga, la accompagno da suo padre. E’ nella stanza 12. La ragazza, andò da Jin per accompagnarlo, era piuttosto bassa e magra, avrà avuto all’incirca ventuno anni, sulla targhetta appuntata al camice rosa c’era scritto “Arumi” doveva essere il nome della ragazza. Arrivati alla stanza l’infermiera bussò poi entrò. Kazuya era seduto con la schiena appoggiata alla spalliera del letto, non si aspettava che Jin andasse da lui –Bene, io vado a chiamare il dottore, arriva subito…intanto potete…parlare.- la ragazza di fretta si allontanò dalla stanza chiudendo la porta. Jin rimase all’ingresso non si avvicinò al padre e non disse nulla, nemmeno Kazuya disse niente. Jin lo guardò bene in viso, notò che il suo colorito era piuttosto pallido e aveva davvero un’aria malata, una condizione che Jin non aveva mai visto sul viso di suo padre –Hai intenzione di restartene lì?!- chiese Kazuya interrompendo il silenzio –Kazuya, se questo è un altro dei tuoi giochetti per manipolarmi la mente e poi cercare di farmi fuori…ti assicuro che non ti risparmierò alcuna pena.- Kazuya scosse il capo –No Jin. Ma non mi vedi?! Sono qui immobile, non ho nemmeno la forza di tirarti uno schiaffo! Non credere che la cosa mi diverta o che me la sia scelta.- Jin alzò le spalle –Da uno come te devo aspettarmi di tutto…- Kazuya  stortò la bocca –Uno come me?!- Jin annuì –Uno schifoso stronzo, bastardo…- in quel momento entrò la giovane infermiera con il dottore interrompendo Jin –Salve signor Mishima!- disse porgendo la mano a Jin che la strinse –Kazama, Jin Kazama.- l’uomo si corresse –Mi scusi, Kazama. Io sono il dottor Takezawa, mi occupo di suo padre. E’ un caso piuttosto insolito…nel sangue del signor Mishima è stato rilevato uno strano anticorpo, si pensa sia di natura genetica …sappiamo che lei e suo padre avete lo stesso gruppo sanguineo, per questo abbiamo motivo di credere che anche lei abbia nel sangue quella specie di anticorpo…trasmessole al concepimento.- Jin sapeva benissimo che si trattava del Devil Gene ma non disse nulla al riguardo –Ed io cosa centrerei in questa faccenda?- il dottore si mise sotto la spalla la cartella con i referti medici –Dovrebbe farsi prelevare una modesta quantità di sangue…da dare a suo padre…solo in questo modo siamo sicuri di salvarlo.- Jin non sapeva veramente cosa dire –Lei mi sta dicendo che posso decidere se salvare o meno Kazuya Mishima?!- il dottore confermò la domanda, trovando strano che Jin si fosse riferito a suo padre con il nome completo –Esatto. Io dovrei assentarmi un minuto, lei ne parli con suo…padre nel frattempo.- il dottore appoggiò la cartella sul comodino accanto al letto e se ne andò. Jin sapeva già cosa avrebbe fatto –Qualcuno mi ha ferito Jin…niente è stato fatto da me. Quella cosa che mi ha ferito è riuscita a ferire anche il mio demone…ora sta morendo…come me…- Jin sentì una strana sensazione nel petto dopo le ultime due parole pronunciate dal padre –Mi è stato chiesto di darti il mio sangue perché abbiamo lo stesso gene… è l’unico modo per salvarti.- Kazuya lo aveva immaginato –Sarai buono con me, vero?- Jin scosse il capo –Tu lo sei mai stato con me?! Hai pensato a me quando hai ucciso mia madre?! Rispondi, lo hai fatto?- prima che Kazuya rispondesse il medico entrò nella stanza –Eccomi. Prepariamo la sala per la trasfusione?- Jin disse di no –No. Io non…me la sento. Mi spiace.- il dottore rimase esterrefatto alla risposta datagli –Sta scherzando spero?!- Jin scosse il capo –No, affatto. Pane al pane e vino al vino.- si allontanò dalla stanza lasciando il dottore stupito, Kazuya invece in parte se lo aspettava.

Jin, dopo aver lasciato l’ospedale, non se ne andò subito a casa, si diresse alla Mishima Zaibatsu, per sapere se Heiachi centrasse in qualche modo, era già la una meno venti, ma a Jin importava poco che ora fosse, infondo dopo la sua vittoria al King of Iron first tournament 5, l’azienda era sua, anche se aveva deciso di lasciare Heiachi a condurla perché lui non si intendeva affatto di quelle pratiche. Le guardie all’ingresso non esitarono a farlo entrare, lui si diresse dritto alla sala d’aspetto dove fece chiamare Heiachi che arrivò dopo dieci minuti, era già andato a letto. Appena vide il ragazzo fece una strana smorfia –Oh, Jin Kazama…qual buon vento ti porta qui?- Jin si alzò dalla poltroncina rossa dove era seduto –Evitiamo questo, per piacere!- Heiachi alzò le spalle –Come preferisci. A cosa devo questa irruzione?- Jin sapeva che il vecchio era a conoscenza di tutto –Lo sai. Kazuya è stato ferito, ora sta per morire.- Heiachi cominciò a ridere malignamente –Ma non mi dire!- Jin gli spiegò come stessero le cose –Te lo dico invece. Io sono l’unico che ha la possibilità di salvarlo, in quanto possegga il Devil gene come lui, i dottori credono che sia una cosa tramandata...- Heiachi ascoltò con interesse –Quindi tu lo salverai…- Jin scosse il capo –No, affatto.- Heiachi ebbe la stessa reazione del dottore all’ospedale –Non farai nulla?- Jin confermò –Esattamente.- Heiachi rise nuovamente –Caro Jin Kazama, tu dici tanto di non voler essere come lui, vuoi che la vostra somiglianza sia puramente fisica, ma ti sbagli di grosso…lui ti riserverebbe lo stesso trattamento se tu ti trovassi nelle sue condizioni…- Jin non ci aveva affatto pensato –Sei tu quello a sbagliarsi…questa è l’unica occasione che ho per liberarmi di lui…non ho intenzione di fare nulla. Poi la diversità fra noi due è notevole. Comunque, ora tolgo il disturbo.- con quelle parole Jin se andò dalla Mishima Zaibatsu. Una guardia della Zaibatsu che aveva sentito il discorso si avvicinò al vecchio –Signore, credo che dovremmo intervenire.- Heiachi dissentì –No. E’ solo l’inizio, aspetta e vedrai…-.

Cominciò a imperversare un violento temporale, Jin si stava dirigendo verso casa, la sua auto sbandò facendolo finire su una stradina fuori dalla città che portava in campagna. Non sapendo dove si trovasse spense il motore e scese dalla macchina, furioso, per come si erano svolti i fatti, tirò un calciò all’automobile facendole una grande ammaccatura (E dire che ho voluto farti guidare una bella Mercedes nera…sigh!n.d.H). Pioveva fortissimo e il ragazzo diventò in pochi minuti fradicio. La camicia bianca che indossava era diventata trasparente facendo intravedere del tutto i suoi bellissimi pettorali scultorei. In verità era più furioso per quello che il vecchio gli aveva detto che per il fatto che la macchina lo avesse portato fuori strada, così cominciò a gridare

–Perché?! Perchè questo?!- era in aperta campagna e non aveva la più pallida idea di dove si trovasse in quel preciso istante. Cadde a terra in ginocchio, mentre la pioggia gli scorreva veloce sul corpo perfetto. Qualche istante dopo una strana e sgradevole sensazione lo colse, si trasformò infatti nel demone in cui temeva.

La mattina dopo Jin si risvegliò, era sdraiato su un campo di grano, i suoi vestiti erano ridotti in brandelli, era sporco di fango e non aveva la minima idea di che cosa fosse successo, si ricordava solo di essere uscito di strada con la macchina la sera prima –E’ successo di nuovo…- commentò guardandosi attorno dove la campagna era quasi stata distrutta. Si alzò da terra e andò a cercare la sua auto, che era per metà distrutta, a qualche metrò dalla macchina era stato scaraventato il suo cellulare che per metà funzionava ancora, con quel poco telefonò un carro attrezzi, si fece portare in città e fece sistemare la sua auto. Arrivato a casa sua vide Xiaoyu che lo stava aspettando –Ciao Jin! Ti aspettavo…ma, cosa ti è successo?- gli chiese riferita ai vestiti strappati e al corpo completamente coperto di terra –Niente, sono uscito fuori strada con la macchina. Tu cosa ci fai qui?!- domandò lui mentre prendeva le chiavi di scorta da sotto lo zerbino di casa –Ero passata per salutarti, visto che sono appena tornata in Giappone…- Jin aprì la serratura –Ah si?!- lei annuì –Si.- lui non la fece nemmeno entrare in casa –Beh, adesso non ho proprio tempo di parlare, mi spiace Xiaoyu…ripassa magari nel pomeriggio o stasera. Ciao.- disse chiudendole la porta in faccia –Che modi!- disse la ragazzina offesa mentre se ne andava via. A Jin dispiaceva di certo averla mandata via, ma aveva bisogno del tempo per starsene da solo e riflettere. La frase che gli aveva detto Heiachi era ancora la prima cosa che gli scorreva in mente “Lui ti riserverebbe lo stesso trattamento se tu ti trovassi nelle sue condizioni” aveva in sé il terribile sospetto che quelle accuse fossero la più reale verità e che in quel momento stesse agendo come Kazuya stesso avrebbe fatto al suo posto. Jin si sdraiò sul divano e si addormentò, non ne poteva più di pensare alle stesse cose. Fu svegliato solo alle sei e mezza di pomeriggio quando gli suonò il telefono, fece uno scatto improvviso e si alzò andando a rispondere al telefono con voce rauca –Pronto?!- la voce dall’altra parte era la stessa della sera prima –Signor Kazama?! Qui è il Memorial Hospital che le parla, il dottor Takezawa la prega di venire immediatamente in quanto le condizioni di suo padre si sono ulteriormente aggravate!- Jin a suo malgrado accettò –Va bene, arriverò tra poco.- essendo sprovvisto di macchina, a Jin toccò andare all’ospedale in autobus e ci mise un’ora e mezza per arrivarci. Appena arrivato andò dritto nella stanza del padre, entrò subito, voleva vederlo già morto anche se non sapeva come avrebbe reagito se davvero non ci fosse stato più. Il problema non sussistette perché Kazuya era ancora vivo, ma non se la passava affatto bene, sul viso ormai scarno vi era un’espressione di dolore e sofferenza, a Jin faceva quasi pena –Non te la passi troppo bene vedo…- disse Jin senza allontanarsi dall’uscio della porta –No, per niente…lui è già morto…a me non mancherà poi molto.- anche il tono di voce di Kazuya era cambiato e Jin lo notò subito –Lui è morto?!- Kazuya annuì –Si. Per adesso ci sono solo io. Non resisterò ancora per molto.- Jin non disse nulla –Non restartene lì, vieni qui…vicino a me.- Jin era sospettoso al riguardo –No.- rispose secco –Non temermi…io non ho alcuna intenzione di farti del male. Avvicinati.- Jin non era del tutto convinto ma si sarebbe potuto difendere nel caso gli avesse voluto fare qualcosa, si avvicinò al padre che gli prese la mano, il ragazzo diffidente alzò subito l’altro braccio come per tirare un pugno ma si fermò quando vide che Kazuya aveva solo stretto la mano di Jin nella sua, cosa che non gli era mai capitata, ne rimase piuttosto male –Non ti preoccupare…- disse l’uomo al figlio capendo i suoi timori –Kazuya, senti, io…- Kazuya scosse il capo –No, non dire niente, ti prego. Lascia solo che per una volta ti guardi con gli occhi di un padre, non con quelli di un assassino…- quelle parole colpirono il cuore di Jin che però non abbassò la guardia –Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.- disse il giovane –Hai ragione. E’ giusto così. Quanto mi assomigli…hai il viso simile al mio solo vent’anni fa…tranne per gli occhi, quelli sono di tua madre.- Jin si era sentito dire quelle cose sempre da quando era nato, ma da suo padre non aveva mai udito quelle parole, tanto da sembrargli nuove –Me lo dicono tutti.- rimarcò voltando lo sguardo verso la macchina alla quale era collegato l’uomo –Ed è la verità…oh Jin…ho amato davvero tua madre, voglio che tu lo sappia.- per Jin fu spontaneo rispondergli –Allora perché l’hai uccisa?- Kazuya se la aspettava quella domanda ed era sicuro di meritarsela –Non sono stato io…è stato lui…io non avrei mai osato nemmeno torcerle un capello…mi illuminava le giornate, con quel suo sorriso incondizionato e la sua ingenuità infantile…l’unico errore che ha fatto nella sua vita è stato quello di mettersi con me e difendermi fino a quando a potuto…- c’era una punta di amarezza in quelle parole e Jin la percepì

–Io quindi sono un errore…- dedusse Jin –No. Non lo direi mai. Tu sei l’unica cosa buona che io sia riuscito a fare in tutta la mia vita…- puntualizzò Kazuya sorridendo come mai aveva fatto prima di allora –Se è la verità ti ringrazio…- Kazuya lo ripeté –E’ la verità…non sono mai stato così sincero. Vorrei chiederti solo una cosa…- Jin non sapeva cosa rispondere –Sarebbe?- Kazuya si mise a sedere appoggiandosi alla spalliera del letto –Lasciati abbracciare…solo per una volta, ora che ci sono solo io…- Jin non lo voleva affatto fare –No. Io non mi fido di te, mi spiace.- Kazuya glielo richiese –Ti prego, voglio provare la sensazione di farti da padre, anche solo per pochi secondi.- Jin rimase a bocca aperta, da quando era entrato in quella stanza suo padre non aveva fatto altro se non fargli dei complimenti e lui ancora non riusciva a fidarsi…sentiva di dovergli un abbraccio, ma era una cosa troppo nuova per lui, esitò per qualche secondo ma poi si avvicinò al padre ulteriormente e si fece abbracciare. Era una sensazione sconosciuta per entrambi, Jin non era mai stato abbracciato, non aveva mai appoggiato il capo sul petto di un padre, sentì quel suo calore sul petto, un calore umano quasi rassicurante e gli era così vicino da sentirgli il battito del cuore, Kazuya invece non era mai riuscito a stare così vicino a suo figlio, in quel momento sembrava quasi che fossero una famiglia normale, una delle tante, anche se la realtà era ben diversa –Sono davvero fiero di te figlio mio... Fai bene a non volermi salvare, morendo io muore anche lui, porrai fine alle tue sofferenze ed io potrò raggiungere tua madre, anche se non andrò certo in paradiso…potrò vederla spero, il mio dolce angelo…se fossi in te non  mi salverei  neanch’io.- Jin a quella parole si staccò dall’abbraccio –Io devo andare assolutamente…- si allontanò dal padre –Va bene, allora addio Jin…un’ultima cosa…solo questa volta, che potrebbe essere l’ultima, mi piacerebbe se tu…- Jin capì cosa volesse dire –Si…addio…papà…- quella parola mai pronunciata prima da Jin fece sorridere di gioia l’uomo. Jin se andò in fretta prima di pentirsi della strada che stava percorrendo. Uscito dall’ospedale mentre aspettava il pullman per tornarsene a casa, continuava a pensare a tutte quelle bellissime parole che suo padre gli aveva detto, parole venute dal profondo del cuore. In quella stanza, per una manciata di minuti, Jin aveva avuto un padre e aveva sentito l’affetto paterno, non negava che gli fosse piaciuto anche solo per quel poco.

Arrivato a casa Jin vide ancora Xiaoyu che lo stava aspettando sugli scalini di legno sulla veranda per entrare in casa, aveva una borsa in mano –Ciao Jin! Sono venuta a trovarti e non accetto rifiuti!Ho portato anche del gelato- Jin non disse nulla –Allora?!- richiese lei prendendo dal sacchetto,che teneva in mano, una vaschetta di gelato –Puoi restare…- accettò il ragazzo sedendosi accanto a lei sugli scalini –Ho saputo di papà Kazuya…- disse la ragazza aprendo la vaschetta di gelato –Ah…come lo sai?- chiese Jin –Beh, nonno Heiachi l’ha detto al telegiornale proprio oggi!- Jin annuì –Beh si…- Xiaoyu notò un’espressione malinconica sul bel viso del ragazzo –C’è qualcosa che non va, vero?! Dai dillo a me!- Jin cercò di essere meno espressivo possibile –Solo io ho la possibilità di salvarlo per…una cosa che c’è sia nel mio che nel suo sangue, ma io per ovvie ragioni ho deciso di non fare la trasfusione…- Xiaoyu non ci credeva –Eh?! Ma stai scherzando spero?!- Jin dissentì –Affatto. Lui mi ha tolto mia madre ed è giusto che paghi con la vita. Perché dovrei essere clemente con lui?! Tu non hai idea di come ci si sentiva quando alla festa del papà da bambino, tutti preparavano il bigliettino per il papà ed io, che non ce l’avevo un padre, me ne stavo in un angolo a sentire tutte le belle frasi d’affetto che scrivevano gli altri. Oppure a tutte le feste dello sport, dove non ho mai potuto partecipare perché erano esclusivamente gare fra padri e figli o ancora al mio diciottesimo compleanno dove non avevo un padre che mi dicesse “Complimenti Jin, sei diventato un uomo adesso”.- Xiaoyu gli diede ragione –Non posso darti torto Jin…lui cosa ti ha detto?- Jin dubitò a risponderle –Lui…lui…lui…lui mi ha detto che era fiero di me, che sono l’unica cosa buona della sua vita e…che amava mia madre, poi mi ha abbracciato…però non era lui quello che parlava! Era lui, si, quello vero, però…- Xiaoyu aveva capito –Senti, non ti sembra che ti abbia detto delle belle parole?!- Jin annuì –Infatti, quello che parlava era il vero Kazuya Mishima, non Devil…- Jin non aveva idea di come facesse a sapere anche quello –Come lo sai?- lei sorrise

–Lo so tramite mio nonno…comunque non ti preoccupare, non dico niente su nessuno di voi due!- Jin si fidava della ragazza –Ricapitolando, lui quelle cose te le ha dette perché le pensava veramente, Jin non è colpa sua se c’è un demone dentro di sé, come non è colpa tua che ce l’abbia anche tu…probabilmente non ti dirà mai più quelle parole d’affetto, però, tu le hai sentite almeno una volta ed è tanto, lo sai bene.- anche Jin l’aveva pensata in quel modo pochi secondi dopo che era uscito dall’ospedale –Hai ragione, quindi io devo salvarlo?!- Xiaoyu gli sorrise –Io non ti dico cosa devi fare…ti dico solo di seguire il tuo cuore…qualunque cosa lui ti suggerirà, sarà quella giusta…- Jin accettò –Va bene, grazie, grazie davvero.- dopo quelle parole si avvicinò e diede un delicato bacio sulla guancia alla ragazza che arrossì, dopodichè lei se ne tornò a casa e lui si preparò per fare “la cosa giusta”. Più in fretta che poteva corse alla fermata dei pullman, sperò davvero che non fosse troppo tardi, arrivato all’ospedale andò dall’infermiera delle telefonate –Salve. Devo fare un prelievo per…mio padre.- l’infermiera sorrise –Le chiamo subito il dottore!- pochi istanti dopo arrivò il dottore –Signor Kazama! Sono felice faccia la scelta giusta!- lui annuì –Si. Ma sia chiaro, il mio sangue non dovrà essere esaminato!- il dottore annuì –Farò quello che posso per evitarlo…venga. -. Dopo essersi fatto prelevare il sangue andò con il dottore nella stanza del padre –Signor Mishima, abbiamo il sangue per lei!- Jin entrò poco dopo –Jin…tu…- il ragazzo mostrò gli avambracci coperti con dei cerotti, dopo i due prelievi –Non devi salvarmi Jin! Salverai anche lui! Perché l’hai fatto?- Jin annuì -Lo so. Tu hai permesso che io venissi al mondo e io ti do il mio sangue per farti continuare a vivere…la mia vita per la tua vita, così ho saldato il mio debito.- Kazuya non capì a cosa dovesse quel cambiamento improvviso –Perché, Jin?!- Jin stava per uscire dalla stanza poi si girò verso il padre –Perché io sono diverso da te…- uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Kazuya lo trovò un gesto di grande valore “Lo so che sei diverso da me…e sono felice che sia così.”.

Alla Mishima Zaibatsu, Heiachi stava seduto a leggere delle pratiche quando entrò una delle sue guardie –Signor Mishima, Jin Kazama ha dato il sangue, Kazuya Mishima è salvo.- Heiachi fece un ghigno malefico –Molto bene…sapevo come sarebbe finita…o meglio dire come sarebbe iniziata. Brindiamo alla mia parziale vittoria Ito!- la guardia si avvicinò e prese il bicchiere di vino –A lei signor Mishima!- disse la guardia –E alla mia vittoria su Jin Kazama e Kazuya!- Heiachi cominciò a ridere maleficamente facendo rimbombare le sue risa in tutta la stanza.

Jin era appena tornato a casa, se ne stava sul suo balcone a vedere la luna, era grandissima quella sera –C’è una parte buona in te…questo ti salva…papà…- disse Jin pensieroso mentre osservava il cielo.

***Fine primo capitolo!***

                                                                            

àFinito! Voglio prima di tutto scusarmi se il gruppo sanguineo di Kazuya non è AB come quello di Jin, perché (non mi uccidete, vi prego!) non me lo ricordo affatto!! Mi scuso anche se ho fatto errori di qualsiasi tipo o genere (comprensione, sintassi, grammatica ecc…)! mi auguro che nonostante gli errori (Che avrò sicuramente fatto!!) vi sia piaciuto questo mio primo capitolo! Spero mi direte se ne volente un secondo o se è meglio cancellare tutto!!

Aspetto commenti il più presto possibile!!(anche direttamente al mio indirizzo di posta elettronica!!)ß

 

Baci da

Haruko --m(^0^)m--

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'immagine riflessa ***


2- Silenzi

2- L’immagine riflessa

 

Personaggi: Jin, Kazuya, Heiachi e Xiaoyu.

Genere: FF triste…

Commenti dell’autore:  Salve !A distanza di ben 5mesi, aggiorno la mia storia…purtroppo ho avuto dei problemi e non ho potuto completarla prima, ma finalmente in questa settimana ci sono riuscita! Mi sono accorta che la prima parte, infondo, non era male (come all’inizio sostenevo!) ed era piuttosto difficile crearne un seguito dello stesso livello, ma io ci ho comunque provato! Questa seconda parte, parla soprattutto dei sentimenti e dei pensieri di Jin, messi a dura prova (come letto nel capitolo precedente) dal padre. Si sviluppa anche il rapporto Xiao/Jin, mentre si cela la perfidia senza limiti del malvagio Heiachi. Beh, credo che il resto lo dovrete leggere da soli ^__^

Buona lettura!

 

 

 

 

Mishima Zaibatsu, il mattino seguente.

 

Heiachi stava tenendo una conferenza sui bilanci dell’azienda –In conclusione, signori, penso sia di comune accordo affermare che…- venne interrotto dalla sua guardia, Ito, che bussò ed entrò

–Signore, ci sono novità per lei.- Heachi si infuriò per quella irruzione improvvisa –Non è il momento! Sto trattando una questione alquanto delicata, Ito!- la guardia insistette –Ma, signore, riguarda la sua famiglia…- Heiachi cambiò subito umore –Oh, la faccenda cambia…la famiglia sempre al primo posto, dico io! Vogliate scusarmi.- il vecchio si avviò con la guardia nella saletta delle proiezioni accanto alla sala congressi dove era tenuta la conferenza –Dunque?- Ito prese una busta bianca e la porse al suo padrone –Sarebbe?- chiese Heiachi, mentre osservava la busta, Ito si spiegò.

 

Nel pomeriggio.

 

Jin, si stava allenando nella sua palestra personale, mentre tirava pugni al sacco, non poteva fare a meno di pensare all’accaduto del giorno precedente, continuavano a venirgli in mente le parole che lui e suo padre si erano detti, continuava a chiedersi “Avrò fatto bene a fare ciò che ho fatto?” oppure “Se avessi agito diversamente,cosa sarebbe successo?” la risposta non veniva mai, nella sua mente vi erano solo quelle laceranti domande, che gli provocavano un forte colpo al cuore, solo ad essere pensate. I suoi pensieri vennero interrotti –Ciao Jin!!- era Xiaoyu –Ah, ciao.- disse asciugandosi con la mano il sudore sulla fronte –La porta della palestra era aperta e quindi sono entrata. Voglio congratularmi con te! E’ stato un grande gesto quello di salvarlo.- il ragazzo prese un asciugamano, poi si sedette su una panca –Già, grande, gesto.- la ragazza lo vide poco convinto

–Cosa c’è che non va?- lui scosse il capo –Niente…senti, ti va di allenarci?!- chiese per cambiare argomento –Io, con te?- lui annuì –Si.- lei naturalmente accettò –Ma certo! E me lo chiedi?!-.

I due ragazzi si allenarono per circa due ore. Al termine di quelle due ore, andarono a casa del ragazzo per bere qualcosa –Lo fai tutti i giorni?!- chiese Xiaoyu sorseggiando del the –Che cosa?- lei gli sorrise –Allenarti in questo modo, così, così…intensamente!- lui non lo riteneva affatto un allenamento intenso quello appena terminato, era stato più che altro un modo per svagarsi o meglio un modo per soffocare le voci nel suo cervello, le voci che ponevano senza sosta le famose domande già citate. Xiaoyu era davvero felice di essersi allenata con il ragazzo che amava, lo osservava silenziosamente, quasi fosse in ammirazione del ragazzo, non era facile capire cosa passasse per la mente del giovane, ma una cosa era chiara; non erano pensieri felici. La giovane cinesina l’aveva intuito, aveva capito che c’era qualcosa che non andava, avrebbe voluto chiedere lui cosa in particolare lo turbasse, ben sapendo che era di certo qualcosa riguardante il padre e il fatto che l’avesse salvato, però, decise di non porgli alcuna domanda, di ammirarlo in silenzio, cercando di trarre da quei suoi silenzi qualcosa che le facesse capire come poterlo aiutare. Finito di bere, Jin, si alzò, finché era in compagnia, le domande nel suo cervello non lo torturavano, così, quasi come per istinto, prese una decisione –Senti, che ne diresti di fermarti fino a stasera?! A cena intendo…- lei accettò, ignara del perché le avesse così improvvisamente fatto quella proposta e in cuor suo sperò che avesse un doppio fine –Volentieri. Sai cucinare?- il ragazzo diede una risposta negativa –No. Pensavo di…ordinare una pizza.- la cinesina sorrise –Allora, credo che cucinerò io stasera!- il ragazzo accettò –Meglio così!-.

 

Poco dopo, alla Mishima Zaibatsu –Mi ha mandato a chiamare, signore?!- chiese la guardia Ito presentandosi nell’ufficio del principale –Si, Ito…questa sera in televisione verrà trasmessa l’intervista che ho rilasciato dopo la “lieta” notizia, mi riferisco al fatto che Kazuya si sia salvato, ovviamente…- Ito aveva assistito all’intervista –Posso, senza presunzione, affermare che il piano che sta attuando è di certo il migliore che abbia mai pensato, signore.- Heiachi ghignò –Ma certo che lo è! Ah, Ah, Ah! Comunque, ti ho mandato a chiamare, perché vorrei che tu invitassi Jin Kazama per assistere all’intervista, nel salone di questo palazzo, proprio davanti a me. Voglio vedere l’espressione del suo volto, voglio vederlo soffrire lentamente…- Ito si preparò ad esaudire quel comando –Lo farò chiamare, padrone. Desidera altro?!- il vecchio era sicuro che quella volta il suo piano si sarebbe adempito –No, per ora…-.

 

Jin., dopo essersi fatto una doccia per rinfrescarsi le idee, si gettò sul divano per cercare di vedere la televisione, la sua ospite era seduta sulla poltrona accanto, immobile, si sentiva ignorata, per fare qualcosa gli fece una strana proposta –Jin, ti andrebbe di guardare un film?- lui accettò –Si, che cosa?- lei si alzò e si sedette vicino al ragazzo –Hai qualche cartone animato?!- lui fece una strana espressione –Non siamo un po’ troppo grandi per queste cose?!- la ragazza non lo pensava affatto

–Assolutamente no! Non penserai anche tu che i cartoni siano solo per i bambini?!- lui invece lo pensava –Credo sia così…- la ragazzina si arrabbiò, ma ovviamente non era una vera e propria arrabbiatura –Ah si?! Beh, invece non è così! I cartoni insegnano a vivere! Anche agli adulti! Poi ci sono anche i cartoni per i grandi!- Jin conosceva solo un certo tipo di “cartoni per i grandi” –Non penso che dagli hentai si possa davvero trarre qualche insegnamento sulla vita!- a quella battuta Xiayu arrossì –Ecco…io non intendevo quello! Non ci sono solo quelli per i grandi! Scusa, ma tu ne hai mai visto uno?!- anche Jin arrossì -…No!- la ragazza ci credeva poco –Sicuro? A me sembra quasi che tu ne abbia visti parecchi!- il ragazzo sorrise –Beh, magari qualcuno…- anche la cinesina sorrise. La ragazza era riuscita a far sorridere Jin, era tanto che non lo vedeva più sorridere, poi con la sua ondata di allegria mista a un po’ di ingenuità infantile, era riuscita a sollevare il morale del ragazzo. In quel momento, nei pensieri del giovane, non c’erano massacranti quesiti o strane sensazioni, la sua mente era quasi vuota. Purtroppo, quella sensazione, durò molto poco, un semplice squillo del telefono bastò per infrangere quell’effimera allegria, il ragazzo si alzò

–Pronto?- la voce dall’altro capo del telefono non rispose immediatamente –Si, pronto, sono la segretaria del signor Heiachi Mishima.- il sorriso di Jin si tramutò subito in una espressione di tristezza –Cosa vuole da me?- chiese stanco –Il signor Mishima la invita questa sera alle nove alla Mishima Zaibatsu…- Jin era stanco di tutto quello –E’ necessario che vi vada?- la risposta fu chiara e concisa –Si.- il ragazzo accettò –Ci sarò.- poco dopo riattaccò. Xiaoyu aveva assistito alla scena

–Che cos’è successo?- lui scosse il capo –Nulla. Alle nove dovrò uscire…- la ragazza guardò l’orologio a pendolo, segnava le sei –Vorrà dire che la cena sarà pronta per le sette!- disse sorridendo, sperando di vedere sorridere anche lui, ma non fu così, infatti il ragazzo andò sul balcone. Non gli era parso vero di essere riuscito per pochi minuti a scordarsi dei suoi problemi, infatti, era durato ben poco, ora i suoi pensieri erano tornati ad assillarlo, si sentiva la testa pesante, non ce la faceva più, era la prima volta che si sentiva crollare interiormente “E adesso cosa vorrà Heiachi da me?!” pensò fissando le luci dei palazzi circostanti, fece un lungo respiro. Qualcosa dentro di lui gli suggeriva che tutti i suoi problemi non si sarebbero risolti molto presto –Guarda, si è già fatto buio!- esclamò Xiaoyu apparendogli accanto, il ragazzo non fiatò –Mio nonno mi dice sempre che la miglior soluzione per ogni problema è sorridere e pensare che potrebbe accadere di peggio così di conseguenza i problemi si risolveranno da soli! (Me lo dice sempre anche il mio nonnino, eh, eh ^__^ n.d.H) Di solito funziona!- Jin non reagì –Poi un così bel viso è sprecato per un’espressione triste!- dopo quella affermazione la cinesina arrossì, non aveva riflettuto affatto prima di pronunciare quelle parole, se Jin fosse stato muto nuovamente, Xiaoyu avrebbe certamente detto altre considerazioni personali che voleva, appunto, far rimanere tali –Come dici?- per fortuna il ragazzo non aveva prestato attenzione –Oh, niente! Dicevo solo che…ho intenzione di preparare del riso al curry…ti piace, vero?- il ragazzo annuì –Ma certo…mia madre me lo cucinava sempre quando ero un bambino…era la sua specialità…aveva quel gusto delicato e fine, ma notevolmente apprezzabile, proprio come lei.- Jin non aveva mai parlato di sua madre con Xiaoyu –Tua madre doveva essere davvero una brava persona…- Jin confermò –Lo era. Se sono cresciuto come sono adesso è solo perché ho avuto lei come madre…altrimenti…sarei diventato come Kazuya e spero con tutto il cuore di non assomigliare mai a lui, mai.- Xiaoyu notò una nota di malinconia in ciò che aveva appena detto Jin –Ancora non capisco come una persona sensata come mia madre, abbia potuto innamorarsi di lui. Tutte le parole che mi ha detto ieri, oggi mi risuonano false, non riesco a credere possibile che lui l’abbia amata. Non perdonerò mai mia madre per essersi innamorata di quell’essere spregevole.- c’era dell’odio o della semplice inquietudine nelle parole di Jin?! Xiaoyu stava cercando di capirlo –Jin, non dovresti dire questo!- lui non capiva

–Perché?!- lei cercò le parole più semplici possibili per spiegarglielo –Perché, vedi, secondo me se tu l’hai salvato è perché…hai creduto nel suo lato umano, quello di cui probabilmente tua madre si è innamorata.- Jin smentì –No. L’ho fatto solo per dimostrare che sono diverso da lui, ricordi?! Tu stessa mi hai suggerito di fare ciò che mi diceva il mio cuore ed era questo.- la ragazzina scosse il capo –Ne sei proprio sicuro?- Jin diede uno sguardo alla città –Sicurissimo.- lei non poté che starsene zitta, cambiò discorso –Devo cominciare a preparare la cena…Ti assicuro che assaggerai un riso al curry che non ti scorderai facilmente! Tanto è vero che mi chiamo Ling Xiaoyu!- Jin non diede cenno di risposta. Il ragazzo rimase su quel balcone a lungo, in balia dei suoi pensieri, primo fra tutti, cercava di immaginare il motivo dell’invito di Heiachi –A tavola!- urlò Xiaoyu, il ragazzo allora raggiunse la sala da pranzo, si sedette. La tavola era stata apparecchiata a regola d’arte, sembrava quasi di cenare in un vero e proprio ristorante, il cibo aveva un aspetto davvero promettente e il profumo era del tutto invogliante. Jin ne assaggiò prima una piccola parte per assaporarne meglio il gusto, Xiaoyu era ansiosa di ricevere il commento, per preparare quel piatto ci aveva messo tutto l’amore e l’impegno possibili e, a suo personale parere, era ottimo –Allora? Com’è?- domandò la cinesina impaziente lui la lasciò sulle spine, fece una smorfia, ma poi –E’ ottimo.- Xiaoyu era davvero soddisfatta –Sono la migliore!- purtroppo, l’espressione del ragazzo non mutò, nemmeno il piatto preferito preparato apposta come lui definiva quello della madre “delicato e fine”, era riuscito a strappargli un sorriso “Vorrei tanto aiutarti Jin” pensava la ragazza dispiaciuta.

 

Durante tutta la cena, nessuno dei due parlò, certo, Xiaoyu ci aveva provato, ma senza risposta da parte del ragazzo. Solo verso la fine della cena, Jin, parlò –E’ quasi come quello di mia madre.- quel commento fece sorridere di cuore la ragazza. Prima delle nove, l’ospite decise di andarsene –Credo sia ora che vada.- disse dopo aver sparecchiato la tavola –Ah, si.- disse Jin, accompagnandola fino alla porta –Grazie mille della serata e degli allenamenti!- disse la ragazzina –Grazie a te.- rispose lui –Spero che mi inviterai di nuovo! Così potrò prepararti ancora il mio riso al curry!- lui annuì

–Certo.- lei non voleva proprio andarsene, non voleva lasciarlo solo, le dispiaceva che fosse così triste –Ciao ciao Jin!- lui alzò la mano. Ora era di nuovo solo, in quella grande casa vuota, non c’era più la voce allegra della ragazza a distrarlo, per quanto fosse possibile. Erano quasi le nove, così decise di avviarsi verso la Mishima Zaibatsu, salì in macchina. C’era abbastanza traffico quella sera e in più i semafori erano sempre rossi, al quinto semaforo si stancò, c’era colonna ferma fino alla sua destinazione, ma non era ancora in ritardo, si guardò allo specchietto e lo vide, Lui, il suo demone, lo vide in faccia per la prima volta, si giro di scatto, pensando ingenuamente che fosse dietro di sé, ma, naturalmente, non c’era, era solo la sua immaginazione. Quella visione gli fece uno strano effetto, quasi lo spaventò. Poco dopo il traffico ripartì regolarmente.

 

Arrivato all’edificio centrale, entrò senza problemi, una guardia lo condusse da Heiachi, l’uomo era comodamente seduto su una grande poltrona, lo accolse con falso calore, come era solito fare –Oh. Kazama! Finalmente!- il ragazzo odiava quell’ipocrisia –Cosa vuoi da me?- l’uomo ghignò –Ma come?! Ti rivolgi così al tuo caro nonno che ti invita a trascorrere del tempo con lui?- Jin lo guardò male –Finiscila con le falsità, arriva al sodo.- il vecchio fece chiamare uno dei suoi assistenti –Voi ragazzi di oggi volete tutto e subito! Come desideri! Ma…ti consiglierei di metterti comodo.- in pochi istanti l’enorme televisore al plasma fissato al muro si accese e partì la registrazione –Che cosa significa questo?- chiese Jin sorpreso –Lo scoprirai.- rispose il vecchio. La registrazione iniziava in quella stessa sede dove si trovavano loro, una giovane giornalista, probabilmente europea, stava ponendo delle domande a Heiachi. –Ci dica signor Mishima, cos’ha pensato quando ha saputo delle condizioni di suo figlio?- il vecchio nel video aveva la stessa espressione che aveva seduto su quella poltrona –Naturalmente, ero molto triste. Sapete, i padri con i figli…- la falsità del vecchio non cambiava mai –Posso immaginare…ma, mi racconti tutto. Dica al nostro pubblico del generoso gesto.- Jin ebbe un forte colpo al cuore –Sapete, il mio adorato nipote, Jin Kazama, è un bravo ragazzo, ma molto egoista! Io avrei tanto voluto poter salvare mio figlio, ma per colpa di un maledetto e pericoloso anticorpo nel sangue di padre e figlio…non ho potuto. Così ho supplicato il mio nipote prediletto, nonché l’unico, a fare una generosa donazione, ma lui si è opposto! Solo alla fine grazie alle mie sagge parole, i medici in maniera molto ortodossa, data la resistenza, sono riusciti a far si che concedesse qualche goccia del suo sangue infetto.- ora tutti sapevano cosa c’era nel sangue di Jin –Vecchio, io ti…- l’uomo lo fece azzittire –Aspetta, non penserai che sia finita qui?- Jin era davvero furioso, tornò a seguire il filmato –Si, sa, la gioventù odierna è piuttosto egoista! Ma, ha parlato di un anticorpo pericoloso e infetto?- il segreto di Jin, ormai, non era più tale –Si. E’ più che altro una specie di gene. Un gene malvagio. Che porta alla malvagità dell’individuo che lo possiede…- l’espressione della giornalista si fece preoccupata –Lei sta forse dicendo che, il signor Kazuya Mishima e il signor Jin Kazama, sono un pericolo?- Heiachi annuì

–Si, naturalmente non penso che arriverebbero mai ad uccidere.- la donna era terrorizzata

–Uccidere?- il vecchio si divertiva un mondo seduto sulla sua comoda poltrona –Ho detto uccidere? Mi dispiace! Non volevo dire questo.- invece era tutto escogitato –Bene, credo che sia tutto. Speriamo di rivederla presto.- la televisione si spense. –Allora, sono telegenico, ragazzo?- Jin trasudava odio –Tu! Come hai potuto farlo?- il vecchio era davvero fiero di stesso –Diciamo che tu e tuo padre non mi siete mai piaciuti molto.- il ragazzo provava l’irrefrenabile voglia di distruggerlo –Sei un traditore codardo!- quegli insulti lusingavano soltanto Heiachi –Ti ringrazio. Questa intervista andrà in onda oggi a tarda notte, ciò significa che molto presto sarai ricercato da giornalisti e dai medici come i cacciatori d’avorio danno la caccia agli elefanti. Questo perché voi due avete quel gene, che io non ho!- Jin avrebbe voluto ucciderlo, ma temeva di trasformarsi in quel mostro del quale aveva avuto paura solo nel guardarlo allo specchio, si calmò –La pagherai per questo, te lo assicuro.- il vecchio scoppiò a ridere –Ma fammi il piacere! Cosa vorresti fare?! Speri forse che tuo padre ti aiuti dopo quello che hai fatto per lui?!- la rabbia di Jin era al massimo della sopportazione –Stai zitto…STAI ZITTO!- il vecchio continuava a ridere di gusto –Bene, ora vattene…ah, ancora una cosa. Questa lettera è per te, prendila.- porse al ragazzo una busta bianca, Jin la guardò –L’ha scritta tuo padre, per te. Ha incaricato un’infermiera di consegnartela e questa l’ha erroneamente portata qui.- il ragazzo mise in tasca la busta –Vai, pure. Stai attento a non sbatterti la porta in faccia mentre esci, ah ,ah! (battuta patetica per non dire vecchia, ma secondo me ci sta bene, no?! N.d.H).-

Jin con calma uscì dal palazzo, faceva piuttosto freddo quella sera, erano solo le nove e mezza. Ci impiegò abbastanza tempo ad arrivare a casa, come all’andata, c’era molto traffico. Fu a casa per le dieci. Arrivato, appoggiò sul tavolo da pranzo la busta “Perché dovrei leggerla?”, ora ad angosciarlo vi era anche il fatto che nel giro di un’ora tutto il Giappone, per non dire tutto il mondo, avrebbe saputo del devil gene. Ancora una volta Heiachi era riuscito a rovinarlo. La cosa che però temeva ancora di più era quel mostro che c’era in lui, pronto ad uscire in ogni momento “Se diventassi come Kazuya?! Farei del male a tutti! Non posso, NON POSSO!” Pensava fissando nel vuoto. Rimase immobile sul divano, ad assillarsi con sospetti, pensieri e qualsiasi cosa lo potesse mettere in crisi. In quel momento era vulnerabile, si sentiva indifeso. Quando l’orologio a pendolo suonò la mezzanotte, decise di andarsene a letto. Si infilò il pigiama e si buttò a peso morto sul suo immenso letto “Domattina mi verranno a cercare.” pensava fissando il soffitto “Potrei scappare!” pensò in un attimo di follia “No, sarebbe inutile, mi troverebbero.” si girò su un fianco in modo da vedere la luna dalla finestra che faceva filtrare la sua luce fioca illuminandogli parzialmente il viso “Li affronterò, fosse l’ultima cosa che faccio!” decise, poi si girò nuovamente. Quella notte, Jin, non riusciva a dormire, rimase a rigirarsi nel letto fino alle due, poi decise di alzarsi, andò in bagno a rinfrescarsi il viso, immerse completamente la faccia nel lavello, quando rialzò lo sguardo vide nuovamente allo specchio quella terrificante immagine, però, quella volta non si girò per vedere se fosse dietro di sé –Sei qui, vero?- disse appoggiandosi una mano sul cuore –Così, questo sarei io…- lo specchio continuava a riflettere quell’immagine, con la differenza che ripeteva ogni gesto,Jin, facesse –No…no…no…no…NO!- il ragazzo in preda all’ira e al terrore, scagliò un violento pugno al specchio, riducendolo in frantumi e tagliandosi la mano –IO NON SONO QUELLO! IO NON SONO COSI’! NON SONO IO!- urlò disperatamente, mentre il sangue scorreva liberamente sul lavabo, solo qualche minuto dopo, si accorse della ferita sulla mano e andò a medicarsi con del disinfettante e delle bende, dopodichè si appoggiò al tavolo fissando la mano bendata, quasi impietrito dal comportamento che aveva appena tenuto. Con la coda dell’occhio vide quella busta bianca “L’avrà scritta davvero lui?” si chiese  “Ad ogni modo, non mi interessa! Non la voglio leggere!” nonostante i suoi pensieri, continuava a fissarla “Cosa vorrà ancora da me?! Non gli è bastato?” rimase qualche istante a fissare il nulla, poi uno scatto improvviso gli fece afferrare la lettera, la aprì frettolosamente, conteneva tre fogli scritti a mano, (ho ipotizzato una lunghezza, come fosse scritto in ideogrammi e a penna! N.d.H) cominciò a leggere.

 

Jin,

Ti scrivo questa lettera pochi istanti dopo il generoso gesto che tu hai compiuto per me. Lo faccio in questo preciso istante, quando Lui non è ancora così forte da sopprimermi, in un momento in cui riesco ancora ad avere il sopravvento. Voglio ringraziarti per quello che hai fatto, questo dimostra che affermando che sei l’unica “cosa” che mi sia riuscita, non sbaglio. Ti ho fatto del male in questi anni e me ne rendo conto, hai sofferto per causa mia eppure sei riuscito lo stesso a strapparmi dal braccio della morte, posso dirti una cosa?! Non me lo merito, io non mi merito niente, soprattutto da te. Sono sicuro che l’hai pensato e IO sono d’accordo.  Non ho idea di come Lui si comporterà nei tuoi confronti ora, so solo che IO non potrei essere più fiero.

Tutto ciò che ti ho detto IO, potrà risuonare falso, ma ti assicuro che non lo è. Ciò che mi hai sentito dire è la verità. Sono consapevole che anche scrivendoti quello appena riportato, se pensi che non ti abbia detto la verità, continuerai a pensarlo, ma… io credo in te. Segregato in questo corpo che ormai non è nemmeno più MIO, ho potuto osservarti e ti assicuro che ho tentato di far si che Lui ti lasciasse vivere una vita serena, come quella che tua madre avrebbe voluto che vivessi, ma come hai provato sulla tua pelle, non ci sono riuscito. Sfortunatamente, nessuno di noi ha potuto e potrà vivere una vita del tutto felice e soprattutto normale. C’è chi direbbe che siamo nati sono una cattiva stella, ma ti dico una cosa, io non credo nel destino, non ci ho mai creduto. Non posso credere che davvero qualcuno decida per noi cosa faremo, ognuno ha la capacità di scelta e nessuno all’infuori di lui stesso sa cosa farà, lo testimonia il fatto che tu mi abbia salvato la vita, a mio parere, il destino non sapeva anticipatamente che cosa tu avresti fatto, in parole povere, il destino ce lo costruiamo da soli. Vorrei solo che tu tenessi bene a mente questo. Mi sarebbe piaciuto farti padre e impartirti degli insegnamenti, nonostante, probabilmente, anche se fossi stato presente non ne sarei stato capace.  Nemmeno io, in pratica, l’ho avuto un padre. Jin, io ho fallito, come uomo. Sono stato eclissato dalla mia parte malvagia e, penso per comodità, non ho avuto il coraggio di oppormi, quando il coraggio l’ho avuto, era troppo tardi. Te lo dico perché desidero che tu non faccia la mia fine, devi opporti a Lui, sono sicuro che sarai tu ad avere la meglio. Posso solo immaginare quanta gente ti abbia detto che somigli a me, ma tu non devi ascoltare chi dice questo, perché non è vero! Tu sei buono Jin, IO no. Tu sei forte d’animo e IO no. Ti è stato insegnato ciò che giusto e ciò che è sbagliato, sai ciò che devi fare. Potresti  pensare che io sia un vigliacco, un traditore, un debole e avresti ragione, ma non pensare MAI che non abbia amato tua madre o che non ti abbia desiderato come figlio perché sbaglieresti. Queste sono le uniche due certezze nella mia vita.

E’ difficile esprimere su carta tutto ciò che ti voglio dire, sto cercando di scrivere il più possibile prima che Lui vinca contro di me. Sto già affievolendomi, faccio quasi fatica a scrivere queste  poche parole, mi devo preparare a scomparire nuovamente in quel baratro buio e senza uscita che ormai è divenuto il mio corpo. E’ stato bello poterti parlare, poterti finalmente vedere con questi occhi accecati dal male e dalla perfidia, da questo cuore egoista e spietato. Vorrei dirti tante cose, rispondere a qualunque tua domanda, ma per farlo dovrei passare nuovamente del tempo con te e questo non è possibile. Una cosa però te la posso ancora dire; credi in te stesso. L’autostima è il modo migliore per affrontare i problemi, chi crede in sé sopravvive, chi invece non ci crede viene schiacciato. Anche nel mondo moderno vale la “legge del più forte”, anche se ha pressoché un senso metaforico, in quanto non si  intenda la vera forza fisica, ma la forza interiore. Di certo mi hai odiato con tutto te stesso ed è probabile che tu mi odi ancora. Non nego che la cosa mi dispiaccia, ma so di essermelo meritato. Non sempre mi sono assunto le mie responsabilità, il fatto che non ti abbia cresciuto è un chiaro esempio. Ti starai chiedendo perché scrivo tutto questo e  perché non ho fatto che ripetere le stesse cose per tutta la durata di questa lettera. Ecco la tua risposta; voglio che tu mi dia il colpo di grazia. Esatto, voglio che tu mi uccida, o meglio, voglio che tu uccida Lui, perché, vedi, IO sono già morto, tempo fa, IO sono morto nel momento nel quale ho ucciso Jun, sono morto con lei. Morto dentro di una morte lacerante e dolorosa. Tu vuoi vendicare tua madre, anch’io, anch’io desidero la sua vendetta. E’ morta per mano di chi si fidava, non se lo meritava. Al contrario di Lui ( e nemmeno IO mi escludo) che quindi ci meritiamo una morte indegna, da traditori, una morte che non lasci di noi la minima traccia che ci spazzi via per sempre dalla terra e dalla memoria di chi ha sofferto per causa nostra, primo fra tutti tu. Ti ho detto che non mi devi nulla, ma questo te lo chiedo ugualmente, sperando che tu mi faccia questo favore.

E’ sempre difficile chiudere una lettera, sai?!  Spero che tu la legga tutta, considerala il ricordo  di un padre che non hai mai potuto avere accanto.

Addio…

 

Sinceramente,

Kazuya Mishima, papà

 

 

 

Mentre terminava di leggere quella lettera, la sua mano destra, quella fasciata, cominciò a tremare, e il suo respirò cominciò a farsi affannoso, dopodichè, il messaggio gli scivolò dalle mani, dopo di esso anche lui cadde, in ginocchio –Come ti permetti di scrivermi questo?!- disse debolmente riferito al padre –Ti odio Kazuya! TI ODIO!- per la prima volta, da quando era nato, Jin Kazama pianse, in realtà non fu un vero e proprio pianto, ma una lacrima cristallina che scese sul suo viso, lacrima che Jin asciugò presto, vergognato, quasi temesse che qualcuno potesse vederlo debole, che qualcuno potesse capire che in realtà non era proprio odio quello che stava provando, ma qualcosa di diverso, a lui sconosciuto, che mai avrebbe pensato di provare nei confronti di Kazuya .

 

 

***Fine secondo capitolo!***

 

 

 

àFinita! Sono riuscita a concludere il secondo capitolo. Come dicevo all’inizio ci ho messo tanto ad aggiornare e quindi ho in parte perso lo “spirito” utilizzato nel primo capitolo (che ho scritto a fine luglio!). Ho fatto il possibile per renderla decente. A mio parere non è il massimo, ma io penso sempre che quello che faccio fa schifo, (proprio io che ho fatto dire a Kazuya nella lettera che bisogna avere autostima! Come sono incoerente!!!) quindi giudicate da voi!

In questa seconda parte si svela un Jin che nel mitico gioco non si vedrà mai, però ho provato a costruire quella specie di “crollo psicologico” dovuto ad un così inaspettato svolgimento dei fatti! Questa volta ho già ideato il capitolo successivo, quindi per la terza parte non farò più passare così tanto tempo!

 

Bene, ho già scritto troppo! Ah, dimenticavo, vi invito a scrivermi più commenti possibili e farmi notare se ,come al solito, ho fatto qualche errorino (però per favore siate sempre gentili e clementi, altrimenti mi demoralizzo!! compatitemi ^__^)! Okay, appuntamento alla prossima!! ß

 

 

Baci da

Haruko -m-(^0^)-m-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il valore di un uomo ***


3-

 

3- Il valore di un uomo

 

Personaggi: Jin, Kazuya, Heiachi e Xiaoyu.

Genere: FF triste…

Commenti dell’autore:  E rieccomi sulle pagine web (sarebbe sulle pagine e basta, ma non è un libro!!) della mia ff su Tekken. Ho impiegato meno tempo dell’altra volta, sono stata brava ^_^?!  Comunque, ecco il mio terzo capitolo…che come al solito penso faccia schifo, classico… Volevo dirvi che questo capitolo non inizia subito da dove finisce il precedente, ma leggetevelo da voi!!

 

Buona lettura!

 

 

 

Quindici anni.

 

E’ un’età difficile, complicata. Si è in piena adolescenza, ben lontani dalla fine. Questo è un periodo di incertezze, insicurezze, paure e angosce di ogni tipo e non fa eccezione nessun ragazzo.

Era l’undici agosto(non so quando compie gli anni, così ho messo la mia data…n.d.H), Jin compiva, appunto, quindici anni. Era una calda giornata estiva, una delle tante. Il ragazzo si era svegliato presto per riceve gli auguri e naturalmente i regali. L’unico regalo però che gli sarebbe davvero piaciuto ricevere il quel momento, era il ritorno della madre. Jun era via da ormai due settimane, aveva detto al ragazzo di doversi assentare per motivi di lavoro. Madre e figlio si erano sentiti tre sere prima, la donna aveva detto a Jin parole che lui, non si scordò mai negli anni avvenire –Non preoccuparti tesoro, finalmente ho trovato ciò che cercavo. Presto potrò tornare a casa.- nulla avrebbe potuto essere più falso. Quella precisa mattina, Jin si alzò e si precipitò in cucina, con la grande speranza di trovarvi la madre intenta a preparare per lui una ricca colazione col suo sorriso sereno sulle labbra. Si, avete indovinato, non c’era. I fornelli erano liberi, sul tavolo non c’era la tovaglietta in bambù per la colazione e la finestra era ancora chiusa. Tutte le speranze di Jin erano svanite. Non gli bastarono certo i regali degli amici o dei parenti a farlo tornare felice, ci voleva molto di più. La giornata trascorse in fretta, tra false risate e sorrisi di circostanza, pareva un giorno come un altro, ma, il meglio, o peggio che dir si voglia, doveva ancora venire.

Erano le undici di sera, Jin, esausto, si era già preparato per andare a letto, quando suonò il citofono, piuttosto seccato si precipitò ad aprire, fu sorpreso, aprendo la porta, di trovarsi di fronte due agenti della polizia; un uomo e una donna. Il suo cuore già gli suggeriva che era successo qualcosa di spiacevole e che fosse qualcosa inerente alla madre, anche se vi era una grande forza di auto-convincimento da parte del ragazzo che lo portava a pensare con non fossi così. L’uomo lo guardava con un’espressione indefinita, non si capiva bene cosa provasse, mentre il volto della donna, mostrava chiaramente rammarico e desolazione –Ciao. Tu sei Jin, Jin Kazama?- chiese con gentilezza la donna, il ragazzo si limitò a fare cenno di si col capo –Sei così giovane…- disse con un fil di voce, l’uomo la guardò impassibile –Vedi, Jin. Ho una cosa da dirti.- il cuore del ragazzo aveva cominciato a battere all’impazzata –Devi venire in centrale per un accertamento.- disse frettoloso l’uomo, seccato dall’animo gentile della collega –Io…io…dovrei, vestirmi.- la donna annuì col capo, aveva le lacrime agli occhi, Jin aveva già capito tutto, ma non si azzardò a chiedere chiarimenti. Come alcuni ragazzi, a quell’età, era convinto che non sapendo veramente come stavano le cose, esse avrebbero potuto mutare al meglio. In realtà non ne era convinto, ma gli dava più pace pensarlo in quel modo. Una volta vestito, Jin salì sulla volante della polizia, nel tragitto tra casa sua e la centrale, gli parse quasi che il suo cuore si fosse fermato e che non avesse affatto intenzione di ripartire. L’attesa lo stava uccidendo. La poliziotta, sorridendo, continuava a voltarsi verso di lui chiedendogli se stesse bene. La voce di Jin non lasciava trasparire le emozioni che stava provando, ma il suo sguardo perso nel vuoto, diceva tutto. Prima di entrare alla centrale, la donna si era decisa di spiegargli come stavano le cose. –Ascolta, ora tu devi fare una cosa. Vedrai una persona. Ci dirai se la conosci, capito?- lui annuì –E’ un cadavere.- il cuore di Jin ripartì, solo per fermarsi di nuovo, in quel momento provava la sensazione che tipicamente si prova sulle montagne russe. Fu condotto ad una camera mortuaria, spoglia cupa. Al centro della stanza c’era un lettino, coperto da un telo bianco. Jin aveva visto quella scena tante volte, in televisione, ma mai avrebbe pensato di poterla vivere sulla sua pelle. –Ti avverto ragazzo, quello che vedrai potrà sconvolgerti.- disse l’agente uomo, che stava per sollevare il telo bianco, in un gesto rapido lo sollevò, Jin aveva gli occhi fissi, gli ci volle qualche secondo prima di focalizzare bene ciò che si trovava davanti: il minuto corpo di una donna, terribilmente rovinato da gravi ustioni. Jin spalancò bene gli occhi, il suo respiro si fece affannoso, il labbro inferiore aveva cominciato a tremargli e un brivido gli percorse tutto il corpo come una scossa ad alta carica elettrica. Si trovava davanti al corpo esanime della madre, sfigurato, immobile. Si avvicinò quel poco che bastava per vederla meglio. Gli occhi gli si gonfiarono, bruciavano, ma non pianse. Aprì la bocca e sussurrò –Mamma…- poi prese il fiato e lo disse di nuovo, più forte –Mamma.- infine arrivò a gridarlo –MAMMA!-.

 

Si svegliò di scatto, era un sogno. Jin aveva sognato l’episodio più triste della sua adolescenza. Guardò l’ora segnata dalla sveglia –Le quattro…- disse a bassa voce. Ormai era imminente che a momenti sarebbero arrivate orde di giornalisti a fargli ogni tipo di domanda e forze speciali a portarlo via. Si alzò e si vestì poi si diresse in cucina, ma suonò il campanello. “Sono già qui.” pensò bloccandosi, fece un lungo respiro “Avanti.”. Andò ad aprire la porta, pronto all’impossibile, ma –Jin. Devi venire con me!- era Xiaoyu, lui la guardò sbalordito –Che cosa?- la cinesina non aveva la solita allegria –A mezzanotte hanno trasmesso…- lui la bloccò –Lo so, lo so.- lei ricominciò –Devi scappare Jin! Ti prenderanno.- lui non parlò –Coraggio, infilati questo impermeabile!- lui non capiva bene cosa stesse succedendo –Non voglio scappare…- lei persisté

Si che devi! Jin non voglio che ti catturino, ti prego vieni con me! A momenti saranno qui!- Jin si guardò in giro –E’ da vigliacchi fuggire.- lei cercò di convincerlo –Ne parliamo dopo, ok?! Mio nonno ci aspetta qua fuori in macchina!- lui cedette, si infilò l’impermeabile marrone e seguì la cinesina che lo fece salire su un grande fuoristrada, guidato da Wang. –Eccolo nonno! L’ho convinto!- il vecchietto sorrise –Molto bene. Salve Jin Kazama.- Jin mormorò appena un –Salve.- Xiayu si allacciò le cinture –Jin, tieni quel coso addosso finché non te lo dico. Parti nonno!- la macchina partì. Il ragazzo seduto dietro non si era ancora ben reso conto di quello che era successo, era accaduto tutto così in fretta. Solo due ore prima si trovava nel suo appartamento pronto a tutto ed ora era su un’automobile diretta chissà dove.

 

Poco dopo alla Mishima Zaibatsu.

 

Heiachi era stato svegliato dalle sue guardie –Allora?! Cosa c’è di così importante da disturbare il mio sonno?- Ito si fece avanti –Signore, ci sono delle cattive notizie.- l’uomo sgranò gli occhi –Le forze armate sono irrotte nell’appartamento di Jin Kazama, ma lui non c’era. E’ scappato signore. Irreperibile!- il vecchio non ci credeva –Che cosa?! Cercatelo dappertutto! Non può essere lontano!- la guardia pareva in difficoltà –Ma signore…abbiamo quasi perlustrato tutta la provincia di Tokyo! Non si trova!- l’uomo si infuriò –Cercatelo! Cercate ancora! Avete bisogno che vi dica io di farlo?! Muovetevi voglio che la sua faccia sia su tutti i giornali!- la guardia era intimorita –S-si sissignore!- tutte le guardie stavano per andarsene –Invece, che mi dite di Kazuya?- la guardia sorrise –Lui è sistemato! Si nascondeva in una baracca in un paesino di montagna. Ha opposto resistenza, ma non a sufficienza. Ora è legato giù nei sotterranei, in attesa di suoi ordini.- Heiachi ghignò –Bene, molto bene. Ora cercate quel ragazzo!- le guardie abbandonarono la sala –Nasconditi quanto puoi Jin Kazama, non puoi fuggire.-

Era mezzogiorno passato quando l’auto finalmente si fermò. Avevano percorso un’intricata e fitta foresta, ora si trovavano davanti ad una piccola ma graziosa casetta di legno tra gli alberi. –Ora puoi toglierti l’impermeabile Jin.- il ragazzo fece ciò che gli era stato detto, poi tutti e tre scesero dalla macchina –Qui non ti troveranno! Puoi restare quanto vuoi.- disse sorridente la ragazzina, nel frattempo il nonno stava scaricando alcuni scatoloni dalla macchina –Sicura che ci sia solo l’indispensabile figliola?- chiese il vecchio –Certo nonno! Cibo, riviste, vestiti, coperte, una televisione a pile, un lettore dvd e dei dvd!- l’uomo sbuffò –Ai miei tempi bastava un coltello, con il quale procurarsi il cibo, e difendersi! Altro che lettori di vu qualcosa!- la cinesina sorrise divertita. Jin era silenzioso, fermo, impassibile, -Coraggio entriamo!- lui la seguì. Ogni passo che faceva gli pareva meccanico, non stava ragionando, anzi era come avesse staccato la spina del cervello. La casa dentro era piuttosto piccola, ma accogliente. C’era un fornello, un lavandino, una stufa, un tavolo con un paio di sedie, una brandina e una stanza piccola, che fungeva a bagno. –Qui ci viene mio nonno ad allenarsi! Nessuno l’ha mai scoperto. Sei al sicuro da tutto.- il vecchio finì di portare nella casetta le cose –Bene. Ora devo andare. Xiaoyu ti vendo riprendere per le otto. Fa’ la brava.- La ragazzina salutò il nonno che chiuse a chiave la porta.

 

 

Mishima Zaibatsu.

 

Heiachi stava scendendo nei sotterranei per avere un “colloquio privato” con Kazuya. Aprì una piccola stanzetta buia. L’uomo si trovava legato al muro ai polsi e alle caviglie, aveva il capo abbassato lo alzò vedendo arrivare il vecchio –Kazuya. Che piacere vederti, cosa ti porta qui?- Kazuya si dimenò per liberarsi –Come se non lo sapessi!- Heiachi ghignò –Ed io che credevo fossi venuto per trovarmi, figlio mio…- la rabbia di Kazuya cresceva –L’unico momento che ti verrò a trovare sarà, quando sarai cibo per i vermi e sarà per ridere di te!- il vecchio sorrise –Hai ancora voglia di fare sarcasmo vedo. Ma dimmi, cosa ne dici delle mie catene indebolenti?!- Kazuya cercava di liberarsi, ma più ci provava e più diventava debole –Che diavolo hai fatto?!- il vecchio era felice –Diavolo, è proprio la parola giusta! Vedi. Tutte le volte che tu cerchi di liberarti una forte scarica elettrica ti percorre nelle vene e ti indebolisce.- Kazuya continuò ugualmente nel suo tentativo di liberarsi –Vecchio bastardo!!- l’uomo cominciò a ridere –Sai, pensavo che quelli come te e Kazama fossero invincibili, invece proprio come superman avete la vostra kriptonite! E vuoi sapere qual è il tuo tallone di Achille?- Kazuya lo guardò ancora con più sdegno –Che cos’è?- il vecchio indicò le catene –Il materiale che è contenuto in quelle catene. La magnetite (ovviamente me lo sono inventato! E’ la prima cosa che mi è venuta in mente! N.d.H). Più tu cerchi di liberarti, più diventi debole. Me ne starei lì bello tranquillo se fossi in te!- Kazuya sputò e lo sputo arrivò dritto in faccia del vecchio –Ma bene, vedo che mi adori.- Kazuya smise di dimenarsi

–Tra poco verrà a farti compagnia il tuo caro figliolo…- Kazuya parve sorpreso –Dov’è Kazama?- il vecchio sorrise –Lui è riuscito a scappare. E’ stato più abile di te.- Kazuya fece un grugno

Uhmpf! Vigliacco, proprio come sua madre.- Heiachi scoppiò a ridere –Ah! Ah! Siamo sempre così fra di noi, di generazione in generazione.- il vecchio se ne andò, lasciando da solo Kazuya.

 

 

Jin era seduto sul letto, stava fissando il muro. Xiaoyu stava cercando di fare il possibile per tirarlo su di morale –Senti Jin, non ti va di mangiare qualcosa?!- lui scosse il capo –Dai! Possibile che tu non abbia nemmeno un po’ fame?!- lui non rispose –Dev’essere davvero terribile tutto questo. Ma per fortuna, ora sei al sicuro! Non farti problemi a restare quanto ti pare. Fosse per me ti farei stare per sempre, ma prima o poi si stancheranno, no?!- lui non parlò –In effetti è probabile che non si stanchino, ma…potresti cambiare nome, identità, farti una famiglia. Chiudendo il capitolo dei Mishima!- Jin rimase immobile –Beh! Peggio per te! Se proprio non vuoi parlare stattene lì! Io preparo qualcosa da mangiare! Poi sta a te decidere se stare lì a fare il musone o meno!- la cinesina si alzò e aprì gli scatoloni per cercare il necessario. “Posso davvero starmene qui per sempre e lasciarmi la mia vita alle spalle?!” pensò il ragazzo indeciso “Potrei fingere di essere un altro…creare la mia famiglia, gestire una palestra di karate per guadagnare. Akira…mi è sempre piaciuto questo nome, potrei chiamarmi Akira, è un nome comune, chi mi riconoscerebbe?! Basterebbe farmi crescere la barba, vestirmi diversamente, tagliare i capelli in modo differente e sarebbe fatta. ci ripensò “Ma cosa sto dicendo?! Non so più cosa sto dicendo…” guardò la ragazzina “Perché si disturba tanto per me?! Io non me lo merito…è sempre così gentile nei miei confronti…e se le facessi fare la fine che Kazuya ha fatto fare a mia madre?!” rabbrividì al ricordo del “faccia a faccia” con il suo diavolo. “Non posso …” la ragazza aveva quasi finito di preparare, quando estrasse dallo scatolone una piccola televisione –Guarda Jin! Questa va a pile, è satellitare. Potrai rimanere informato del mondo grazie a questo scatolino!- lui diede un veloce sguardo al televisore –Uffa! Fai almeno finta! Mi fai passare la voglia di aiutarti!- lui parlò

–Grazie…-  Xiaoyu sorrise –Pensavo avessi perso il dono della parola, sai?!- lui scosse il capo

–No.- lei sorrise di nuovo –Sono contenta! Dai, vieni a mangiare! Non fare il bambino! Di bambina, basto io, non ti pare?- il ragazzo si alzò ed andò a sedersi a tavola. Xiaoyu aveva preparato del ramen –Mi piace il ramen.- disse Jin osservando il piatto fumante –A chi non piace?!- esclamò la cinesina

–Perché fai questo per me?- domandò lui –Questo cosa?!- chiese lei fingendo di non aver capito, o forse non aveva capito sul serio –Tutto.- rispose lui –A cosa servirebbero gli amici, sennò?!- “Già, amici…” pensò poi la ragazza in parte delusa –Non tutti lo farebbero.- disse Jin senza farsi alcun problema –Solo quelli veri lo fanno.- precisò la ragazzina dolcemente. –Senti, se accendessimo la televisione?! Guardiamo cosa ne pensano della tua fuga, eh?- Jin annuì. C’era un notiziario, con la stessa giornalista della sera precedente, stava parlando con un medico, quello dell’ospedale dove era stato ricoverato Kazuya, Jin riconosceva il suo volto, si mise ad ascoltare cosa diceva “Si. E’ vero, il padre è stato ricoverato qui. L’uomo nel sangue aveva un particolare anticorpo, ancora non riusciamo a capire di che natura sia. Una cosa fuori dal comune, mai vista prima d’oggi.” era lo stesso medico che aveva detto a Jin che non avrebbe esaminato il suo sangue, era venuto a meno della sua parola, una cosa che Jin odiava. La giornalista continuava a parlare “Oggi, il soggetto: Jin Kazama è risultato irreperibile. Tutta la città sta facendo il possibile per catturarlo. Nel frattempo, abbiamo alcune immagini del padre; rinchiuso nel carcere di sicurezza alla Mishima Zaibatsu in attesa che i migliori esperti del paese arrivino a  visitarlo.” Apparve un’immagine di Kazuya incatenato, Jin guardò incredulo, Xiaoyu era disdegnata –Oh mio dio! E’ una cosa terribile. Che razza di bestie fanno queste cose?!- Jin non riuscì ad esprimersi, poté solo pensare una cosa “Avrei dovuto esserci anch’io legato a quelle catene...” –Senza ritegno! Senza un minimo di contegno! Un uomo che tratta un altro suo pari come una bestia. Che onore è questo?!- del discorso di Xiaoyu, Jin sentì solo una parola: onore.

 

 

Nel frattempo alla Mishima Zaibatsu.

 

Heiachi stava guardando lo stesso telegiornale, in compagnia delle sue guardie –Vedete signori; questo è ciò che io amo definire: presagio di vittoria. Non c’è scena più piacevole di vedere

quell’ arrogante di Kazuya in quello stato.- le guardie ascoltavano attente il discorso del loro capo

–Quando l’anno scorso ho saputo che si era salvato da quel vulcano, beh devo ammettere che per un solo misero istante, ho temuto che avrebbe sul serio potuto intralciare i miei piani, ma…ora ditemi, chi sta vincendo?- le guardie risposero in gruppo –Lei, signore!- solo una di loro, un giovane alle prime armi ebbe il coraggio opporsi –Signore, vorrei precisare che Jin Kazama è ancora a piede libero.- tutti gli altri si girarono verso quel “coraggioso” ragazzo, nessuno poteva contraddire Heiachi, avrebbe incorso alla morte –Osi dire forse che non è sicuro che vinca?- disse il vecchio raggiungendolo minaccioso –Sai, ragazzo. Potresti avere ragione.- tutti si sorpresero –Si, Jin Kazama non è ancora stato trovato. Furbo il ragazzetto. Ma in questi miei anni di…chiamiamola esperienza, c’è una cosa che ho capito. Volete sapere cosa?- era una domanda con una sola ed ammissibile risposta, ovvero, “si” –Ho capito che Jin Kazama è uno di quelli che chiamano: “buoni”. Jin Kazama è un buono. Dei buoni ho capito che fanno sempre la loro famosa “scelta giusta”. Kazama pur odiando suo padre non lascerà che muoia senza provare a combattere. Se non lo prenderemo verrà da solo. I buoni sono deboli.- ci fu un silenzio totale, Heiachi tornò a sedersi sulla sua enorme sedia che pareva un trono reale –Quindi se le mie teorie sono giuste, e lo sono, mi basterà sedere su questa poltrona ed attendere che il nostro Kazamafaccia la sua mossa.-

 

 

Erano quasi le otto. A momenti Xiaoyu sarebbe andata via. –Va bene Jin. Tra poco devo andare a casa. Tornerò a trovarti domattina presto, d’accordo?!- lui annuì –Perfetto. Ti lascio qui sul tavolo l’altra copia delle chiavi, nel caso tu voglia uscire a prendere un po’ d’aria. Il bosco è al sicuro! Ciao, passa una buona nottata!- la ragazzina uscì dalla casetta, chiudendo la porta. Quella che aspettava Jin, sarebbe stata tutt’altro che “una buona nottata”. Si gettò sulla brandina e si mise a fissare il soffitto. Il tempo trascorreva lento, la sua mente era vuota, una cosa piuttosto insolita. Girandosi su un fianco, con la coda dell’occhio, vide la televisione portatile, fu lì che gli tornò in mente quella parola scomoda: onore. “Cosa vuol dire questa parola?” pensava Jin  messosi a sedere “Harakiri…è il suicidio del samurai per onore. Ma vale davvero la pena morire per quella parola? Sarà poi qualcosa di più di una parola?” ancora una volta, l’angoscia turbava il tormentato Jin  “Quanto conta l’onore nella vita di un uomo?! Conta davvero quanto basta per rinunciare alla vita stessa?” Jin aveva mille e mille domande, ma nessuna risposta. “Ho giurato che avrei vendicato l’onore di mia madre…ma non so cosa significhi…vendicare vuol forse dire: restituire onore?” Jin diede un pugno al letto “Come posso restituirglielo se non so bene di cosa si tratta?” in quel momento si ricordò di una frase dettagli da sua madre: una frase sull’onore <> con quel piccolo ricordo, sorsero in Jin ulteriori domande “Io come mi sto comportando? Quanto vale il mio onore con ciò che sto facendo adesso?” rimase qualche secondo cercando di trovare risposta a quel particolare quesito. Non ci riuscì. Per lui era troppo complicato pensarci. Al posto della risposta, ci fu un’altra domanda “Mi rende onore scappare come sto facendo?” ecco. Con quel quesito aveva centrato il punto. Con quella semplice domanda, aveva riassunto tutto ciò che voleva sapere in quel momento. Quella mattina, era scappato via senza nemmeno pensare se stesse facendo la cosa giusta, le sue gambe avevano preso a muoversi da sole, senza alcun preciso comando del cervello, la sua mente si era come separata dal suo corpo. Non era da lui agire senza passare almeno qualche istante a riflettere. Senza contare, che era stato notevolmente incoerente; infatti, la sera prima aveva detto che non sarebbe fuggito, che avrebbe affrontato a muso duro qualsiasi cosa si fossa trovato davanti. Invece, cosa aveva fatto?! Aveva varcato la soglia di casa, scappando. “Questo non rende onore.” Finalmente era arrivato alla tanto ricercata risposta. “Non mi è stato insegnato a scappare davanti agli ostacoli. Non mi è stato insegnato a tirarmi indietro. Si alzò dal letto deciso “Mi è stato insegnato ad affrontare tutto ciò che il cammino mi avrebbe riservato. L’ho fatto fin ora e non smetterò di farlo. Quella era la spinta che serviva a Jin per rendersi conto di dover fare marcia indietro sui suoi passi. “Posso fuggire da casa mia, dalle persone che vogliono catturarmi, dalla gente, da Heiachi. Però, non posso fuggire dal mio passato. Il passato dice chi siamo stati e aiuta a capire chi diverremo. Per quanto io possa nascondermi o scappare, il mio passato graverà sempre sulle mie spalle, come un’ingente masso pietroso.” Jin si guardò le mani “Queste mani mostrano segni dei combattimenti e delle esperienze che ho vissuto. Esperienze dalle quali sono sempre riuscito a cadere in piedi. Fece un lungo respiro “Se in passato non avessi vissuto queste esperienze, forse non avrei problemi a tirarmi indietro da ciò che mi aspetta. Ma, le ho vissute…” si sedette di nuovo “Il passato non lo posso cambiare, ma il presente si. Gli tornò in mente un’altra frase della madre <> Jin non le aveva mai rimosse quelle parole, se ne era solo dimenticato col tempo, ma ora erano riaffiorate “E’ giusto. Questa volta ho sbagliato, ma so come ripare. Ho capito.”

 

La mattina successiva, alle nove, la porta della casetta si aprì, era Xiaoyu –Buongiorno Jin!- esclamò guardando la brandina, ma il letto era fatto e il ragazzo non c’era. –Jin?!- Uscì e si mise a chiamarlo –Jin! Jin!- se n’era andato. La ragazza desolata tornò alla casetta e si sedette sul lettino. Guardando il tavolo vide un pezzetto di carta strappata con accanto una penna, prese il pezzo di carta e lo lesse.

 

Per Xiaoyu.

Grazie mille per quello che hai fatto per me. Te ne sarò per sempre riconoscente. Però, non posso scappare, devo andare verso la mia strada. Non c’è onore migliore per un guerriero se non morire combattendo. Spero di rivederti.

 

 

 

Xiaoyu era piuttosto triste, era convinta che Jin sarebbe rimasto con lei per sempre. Non pensava sarebbe tornato indietro. D’altro canto, Jin era un guerriero, un uomo leale, un uomo d’onore. Xiaoyu si era innamorata di lui proprio per quei motivi, perché era uomo vero. La ragazzina prese il foglietto e lo strinse con forza a sé. –Ci rivedremo di sicuro Jin. Ed io resterò qui ad aspettarti.-

 

 

 

 ***Fine terzo capitolo!***

 

 

àFinita! Com’era?! Io l’ho trovata un pochino pallosa rileggendola, però mi serviva proprio scriverla come l’ho scritta. Volevo aggiungere che le due frasi “sagge” durante il noioso soliloquio di Jin, non le ho inventate di sana pianta! Soprattutto quella sugli errori, quella più o meno l’avrete sentita tutti, no?! Poi volevo puntualizzare che per la parte dello sputo, ho preso spunto da un episodio accaduto dalla mia amica Nana-Bea, mia prima lettrice di FF. Nana-Bea Tvtrb!!  

Va beh, detto questo vi do appuntamento alla prossima puntata e un grazie ai commentatori! ß

 

Baci da

Haruko -m-(^0^)-m-

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=47671