Police Love

di Oxis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** soffrirai come ho sofferto io ***
Capitolo 2: *** paura di perderti ***
Capitolo 3: *** acqua e manette ***
Capitolo 4: *** a qualunque costo ***
Capitolo 5: *** sul filo del rasoio ***
Capitolo 6: *** angoscia - parte 1 ***
Capitolo 7: *** ti ho trovato ***
Capitolo 8: *** angoscia - parte 2 ***
Capitolo 9: *** aspettando... ***
Capitolo 10: *** forza, Hope ***
Capitolo 11: *** la fine della vendetta ***
Capitolo 12: *** l'attesa frustrante ***
Capitolo 13: *** non azzardarti a morire! ***
Capitolo 14: *** vieni subito! ***
Capitolo 15: *** finalmente ***



Capitolo 1
*** soffrirai come ho sofferto io ***





chiedo scusa a tutti quelli che amano la coppia Jan/Semir, mi dispiace molto, ma io sono per le coppie etero... !  




Jan Richter girò la chiave nella porta di casa ed entrò richiudendosela alle spalle.

Aveva bisogno di una doccia, era a pezzi. La sua ex ragazza, Sandra, gli aveva teso una trappola quella stessa mattina. Voleva ucciderlo e c'era mancato davvero poco.

Ma che cosa poteva volere? La loro storia era finita da un bel pezzo ormai, Jan l'aveva lasciata perchè...

Ahh. Ecco il motivo.

Jan si passò una mano sugli occhi, lasciandosi cadere sulla poltrona davanti a lui. Probabilmente Sandra voleva ripagarlo con la stessa moneta.

O forse non proprio con la stessa.

Chissà dov'era in quel momento, magari stava scappando. O forse progettava di sorprenderlo un'altra volta.

Si slacciò la giacca andando verso il bagno e aprì la doccia.

In quel momento avvertì un colpo dietro alla nuca e la vista gli si scurì.

Provò ad urlare ma si accorse di avere sulla bocca un fazzoletto.

- Soffrirai come ho sofferto io.

Tutto diventava buio. Perse i sensi ancora prima di toccare terra.



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Capitolo 2
*** paura di perderti ***




ho omesso il pezzo iniziale per evitare di parlare di chiacchiere, se a voi sta bene... recensite, mi raccomando




- Mi stai dicendo che noi avremmo lasciato andare una potenziale assassina e che probabilmente era lei ad aver organizzato l'attacco a Jan? - urlò Hope al collega. - e che il motivo per cui Jan non risponde al cellulare può essere che l'abbia rapito?

- Non c'è niente di sicuro... Però è probabile che...

- Che quella pazza possa averlo già ammazzato!

Semir le posò una mano sulla spalla per calmarla.

- Non lo sappiamo, Hope, magari Jan ha solo il telefono spento, era a pezzi ieri dopo l'attentato di...

- Della sua ex-ragazza psicopatica!

Come facevano a stare così calmi? Jan poteva essere già morto e loro se ne stavano lì come se fosse solo andato in vacanza. Come se non fossero ovvie le intenzioni di quella pazza. Voleva ucciderlo per averla lasciata due anni prima. Non poteva permetterlo.

Hope cadde sulla sedia davanti alla scrivania della Engelhardt, rimasta zitta per tutto il tempo.

- Capisco la tua ansia, Emerald, ma per adesso non possiamo fare proprio niente... - tentò la donna.

La ragazza si alzò di scatto e afferrò la giacca gettata di lato.

Senza un'altra parola uscì dalla stanza.

- Hope... aspetta - Semir sbuffò, fece per seguirla quando fu richiamato dalla voce dalla voce del capo.

- Gerkhant.

Si voltò, immaginando già quello che gli stava per dire.

- Immagino che tu sappia perchè Emerald è così turbata dal rapimento di Richter dalla sua ex ragazza - esordì.

- Io? No, non credo. Mi scusi, vado a cercare di farla ragionare...

- Semir... - la donna si protese verso di lui - se è come penso, la perdita di un collega potrebbe fare male a Hope più che tutti quanti noi. Aiutala, ne ha bisogno.

Semir annuì sospirando.

- Lo farò, capo.


Hope si teneva la testa fra le mani, appoggiata all'auto di servizio.

Non piangeva, ma era sull'orlo di esplodere.

- Ehi, Hope.

Sentì Semir avvicinarsi ma non si mosse. Si appoggiò accanto a lei e trasse un gran sospiro.

- Jan sa badare a se stesso. Figurati se si fa mettere nel sacco da una biondina - disse animato dall'estremo tentativo da strapparle un sorriso.

Nessuna risposta.

- Anch'io sono preoccupato, e molto. Ma con tutta l'esperienza che Jan ha, riuscirà a cavarsela, vedrai.

Hope sollevò la testa e guardò dritto davanti a sè. Un ciuffo di capelli le ricadde sugli occhi. La sua espressione era impassibile, nonostante il fiume di emozioni dentro di lei.

- Lo so.

Il collega le battè l mano sulla spalla e sorrise.

- Ti prometto che non gli succederà niente.

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Capitolo 3
*** acqua e manette ***


chiedo scusa perchè non si leggono alcune lettere con l'accento: ho convertito la storia in formato HTML e questo è il risultato... se non lo facessi la storia diventerebbe senza spazi e sarebbe leggermente illeggibile...

se avete qualche consiglio, grazie mille

spero che le leggerete lo stesso!



ringrazio laurakovac per la recensione!Jan aprì gli occhi lentamente e la prima cosa che vide fu molta luce.


Poi una fitta di dolore gli trapassò la testa e fece per portarsi una mano alla nuca, quando si accorse che non gli era possibile.


Spalancò gli occhi e capì di essere legato a qualcosa che gli bloccava mani e piedi.


Si guardò intorno: era in un bagno, luminoso e completamente bianco.


Gettò un'occhiata sopra di sè e vide un paio di manette che lo legavano alla doccia. Era opera di Sandra.


Come se avesse letto i suoi pensieri, una figura si stagliò sulla porta del bagno, guardandolo con espressione seria.


- Ciao Jan.


La giovane bionda gli si avvicinò e si abbassò fino a sfiorargli il naso con il proprio.


- Quando ti ho teso quell'attacco c'era una ragazza. - cominciò con voce bassa.


Il poliziotto non potò fare a meno di alzare le sopracciglia.


- Chi? La mia collega?


Lei non rispose. Lo guardò negli occhi grigi, gelidi come il ghiaccio. Il sorriso svanì dalle labbra di Jan.


- Tu sei pazza - disse capendo- la tua gelosia è assurda.


Sandra sorrise, ma non c'era allegria nel suo sorriso.


- La tua collega. - ripetè.


Jan esplose.


- Ma ti rendi conto che sei gelosa di una persona che hai visto cinque minuti nella tua vita? Ci siamo lasciati due anni fa! Che cosa vuoi ancora da me?


Lei si staccò all'improvviso e si voltò verso la doccia.


- Voglio che tu soffra come hai fatto soffrire me! - gridò.


Con un rapido gesto azionò il miscelatore dell'acqua al massimo e tornò a guardarlo con odio.


- Sandra, ma sei impazzita! - urlò Jan - Che vuoi fare? Affogarmi? Per quale scopo? Milioni di persone vengono lasciate e non fanno queste pazzie!


La biondina gli voltò le spalle sorridendo maligna.


- Io non sono milioni di persone.


Poi uscì lentamente dalla stanza, senza girarsi indietro.

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Capitolo 4
*** a qualunque costo ***


Hope entrò al comando e gettò la giacca sulla prima sedia che vide.

- Ah, bene, Emerald - la Engelhardt le andò incontro - Vai nell'ufficio di Gerkhant, ti spiegherà tutto.

La ragazza si strofinò gli occhi e annuì.

- Semir - disse entrando nella stanza.

- Hope, ciao. Forse abbiamo una pista... - il collega alzò lo sguardo dal computer dove Andrea stava picchiettando. - ti senti bene? Hai una faccia...

- Tutto... tutto bene. Allora, che pista?

Andrea indicò lo schermo.

- Abbiamo scoperto che Sandra Fhonainderg ha un solo posto dove nascondersi senza dare nell'occhio. La villa di sua madre, morta due anni fa. E' nel cuore della montagna, pensiamo che molto probabilmente se ha rapito Jan, lo deve aver portato lì. Sembra il nascondiglio perfetto.

- Forse troppo perfetto - commentò Semir dubbioso.

- Non ci resta che provare - tagliò corto con voce dura Hope, voltandosi per uscire. - andiamo.

Semir e Andrea si guardarono.

- E' una possibilità, ma prima di far scomodare tutto il distretto dobbiamo esserne sic...

- Ci andrò da sola - fece lei senza alterare il tono.

- Hope, aspetta!

Semir la afferrò per un braccio e Hope si voltò di scatto. Il movimento brusco la fece barcollare e all'improvviso la vista le si oscurò.

- Ah... - mormorò prima di afflosciarsi fra le braccia di Semir.

- Hope! Andiamo, Hope? Andrea!

Gli occhi della ragazza ebbero un guizzo.

- Mmmm - borbottò.

Con l'aiuto di Andrea e del capo la fecero sedere sulla sedia girevole più vicina e Semir le porse un bicchiere di acqua.

- Scusate - disse lei bevendo e calcandosi una mano sugli occhi.

Semir la guardò. Sapeva bene il motivo del suo mancamento. Si chiamava Jan. Si promise di ritrovarlo vivo. Non poteva vedere nè lei nè il suo amico in quello stato.

Probabilmente Hope non aveva neanche mangiato quel giorno. E forse quello prima.

- Adesso sto bene - disse all'improvviso lei - allora Semir, andiamo?

Lui non replicò, prese le chiavi dell'auto e si diresse con la collega verso il parcheggio.

- Guida tu - disse lei prendendo posto sul sedile anteriore.

Semir non disse altro finchè le portiere non furono chiuse.

- Sai che ti stai facendo del male da sola, vero? - esordì.

- Semir, ti prego. Non adesso.

Lui si girò verso di lei.

- Non devi perdere la speranza, Hope. Lo troveremo, ma non devi ridurti così.

Poi la ragazza scattò.

- Tu non capisci, vero? - urlò - Non capisci cosa sto passando?

- Hope...

Lei lo afferrò per un braccio dovette far uso di tutto il suo autocontrollo per non stringerlo troppo.

- Immagina che Andrea venga rapita da un pazzo che ha ucciso già due persone, senza cuore, a cui importa soltanto della propria vendetta!

Semir l'aveva vista così raramente. Molto raramente.

- Cosa faresti tu? - Hope finì la frase e la voce le si incrinò.

Il collega vide la paura nei suoi occhi azzurri, di solito così vivaci.

- Lo so, Hope - mormorò - Ma io ti ho fatto una promessa e intendo portarla avanti.

Poi attirò a sè la sua amica, cercando di trasmetterle un po' di conforto. C'era stata quando lui era giù, adesso toccava a lui. Era come una sorella per lui, e le sorelle vanno protette.

A qualunque costo.

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Capitolo 5
*** sul filo del rasoio ***



per conoscermi meglio...


ho sempre scritto storie, da quando ero piccola e quando mi appassiono a film o libri non ne faccio meno di cinque o sei, anche di piu'.

nel caso di Cobra 11 ne ho fatte nove, alcune da schifo, altre accettabili... diciamo che sono abbastanza critica con me stessa...

il problema non ci sarebbe se non quello che praticamente nessuna viene portata a termine! 

rinnovo il mio grazie a tutti quelli che leggono le mie fanfict, perche' mi piace sapere cosa ne pensa la gente del mio modo di scrivere e mi piace ricevere consigli e critiche.

e soprattutto (incredibile) con questa prima storia che ho pubblicato, riesco ogni giorno a trovare la voglia di continuarla!


a Masquedqueen: grazie per il suggerimento degli apostrofi al posto degli accenti e in effetti c'e' un motivo perchè la protagonista della mia storia ha il mio stesso nome: oltre per il fatto che (ovviamente!) mi piace immaginarmi nei suoi panni, nelle mie storie sono pochi i nomi che uso per le protagoniste.

chi e' abituato a scrivere puo' capirlo bene, in pratica mi sono affezionata a determinati nomi che a lungo andare sono diventati ''fissi'', ed e' solo con quei pochi che riesco a immedesimare e a riconoscere il personaggio, che in questo caso ha lo stesso nome del mio nickname.


ok, ho finito con le solfe, spero di non avervi addormentato perchè fra poco arriva il bello...





Jan pensava. Non era abituato a stare con le mani in mano. Dovere riuscire a farsi venire un'idea, che possibilmente lo portasse fuori da quella situazione assurda.

Sandra. L'aveva lasciata due anni prima, e pensava che l'avesse perfino presa bene. 

Di certo non aveva potuto prevedere che di li a meno i ventiquattro mesi l'avrebbe rapito e portato nella sua casa di montagna.

Se la ricordava, c'era stato quando erano ancora una coppia felice.

Sospirò.

Almeno aveva fermato l'acqua. Adesso gli arrivava quasi venti centimetri dal mento. La sua ex fidanzata godeva nel vederlo col fiato sospeso.

I suoi pensieri però deviarono inconsapevolmente a un'altra figura femminile. La sua collega, come l'aveva chiamata davanti a Sandra.

Era molto piu' di questo. Era un'amica, e forse anche piu' di un'amica, ma questo non dipendeva da lui.

Nella sua mente prese forma l'immagine di loro due con Semir che ridevano o che inseguivano un criminale tutti a bordo della stessa auto. Ricordava tutte le battute di Hope. Riusciva a tirarlo su quando era sotto stress.

Sorrise, ripensando a quante volte Semir l'aveva preso in giro scherzando perchè l'aveva sorpreso a fissare Hope con uno sguardo incantato.

E forse non l'avrebbe piu' rivista. Voltò la testa di scatto, preso da un improvviso senso di disperazione. No, non poteva permetterlo.

Scosse le manette inutilmente, come inutilmente le aveva scosse centinaia di volte prima.

Si impose la calma, ma il pensiero di Hope nell'ufficio con Semir e tutti gli altri a continuare a dare la caccia ai criminali dopo la sua morte gli torturava il cuore.

- Jan.

Sobbalzo' e quando alzo' gli occhi vide Sandra con un'espressione impassibile sul volto.

La sua freddezza non lasciava il posto neanche al piacere della vendetta.

- Sandra, per favore. Arrenditi, è una cosa insensata.

Lei lo guardo', gli occhi grigi privi di emozione, duri e glaciali.

Mentre il rubinetto scattava, Jan si ritrovo' a pensare furiosamente che Hope non avrebbe mai avuto quello sguardo. Era troppo...

Ma l'acqua gli impedi' di continuare, gli sembro' ghiacciata e bollente insieme, lo annientava come un colpo di pistola.

Ma non poteva arrendersi. 

Sul volto di Sandra comparve un ghigno che le deformo' le labbra. Non aveva nulla in comune con un sorriso. Poi se ne ando', lasciandolo solo nel bagno dove il rumore assordante dello scroscio d'acqua impediva al poliziotto di pensare con lucidità.

- Sandra!! - urlo', con l'acqua che saliva pericolosamente e si avvicinava al collo.

Tento' di mettersi seduto, ma le catene lo bloccavano impedendogli la più minima libertà di movimento.


- Hope? Mi leggi quel cartello? Ho perso l'orientamento... Hope!

La ragazza sobbalzo' e lesse appena in tempo il cartello che dopo un secondo scomparve dietro di loro.

- Devi andare sempre dritto - disse con aria stanca - mancano due chilometri alla fine della citta'.

Semir non replico', ma trattenne a stento un sospiro.

Le lancio' un'occhiata di traverso, prima di imboccare l'uscita dell'autostrada.

Non erano passati neanche tre minuti che Hope sussulto' di nuovo.

- Che hai?

- E' questa.

Davanti a loro si stagliava un bosco fitto al limitare della strada.

- E' il bosco intorno alla casa. Sono sicura.

- Ok.

Semir fermo' l'auto e si avviarono verso il bosco.

Il sole illuminava pigro gli alberi sempreverdi e a un certo punto Hope salto' su per la terza volta. Erano entrati nel bosco e della strada non si vedeva piu' niente.

Davanti c'era una piccola villetta che assomigliava alle case di montagna che si vedono sulle cartoline d'auguri.

- Eccola. - sussurro'.

- D'accordo, ma ti vuoi calmare?

Lei non rispose ed estrasse la pistola, caricandola.

Si diressero in direzioni opposte, senza fare il minimo rumore.


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Capitolo 6
*** angoscia - parte 1 ***


All'improvviso Semir udi' un rumore secco alle sue spalle e si volto' di scatto.

Un pugno secco gli arrivo' in mezzo al petto, prima che lui reagisse e afferrasse la mano della ragazza davanti a se'. Era bionda, vestita di nero, con un lampo di odio nello sguardo glaciale.

- E cosi' sei tu la ex di Jan- commento' Semir mentre lei riattaccava.

Il poliziotto schivo' un colpo e fece per prendere la pistola.

- Tipetto difficile.

Lei non aveva un'arma, altrimenti l'avrebbe gia' usata, ma con la lotta libera era messa abbastanza bene.

Poi vide la propria pistola abbandonata tre metri piu' indietro.

Semir azzardo' un'occhiata dietro di se', di Hope nessuna traccia.

Se avesse avuto bisogno, avrebbe dovuto cavarsela da solo.


Hope procedeva rapida e silenziosa lungo il perimetro della casa. Raggiunse la porta d'ingresso e si accorse che era aperta.

Carico' la pistola ed entro' facendo scattare lo sguardo a destra e sinistra per non essere sorpresa.

Niente.

Non riusciva a ricordare un'altra circostanza in cui aveva avuto la stessa ansia di quel momento. Il cuore le batteva cosi' forte da farle male, degluti' e si avvio' verso la cucina.


La biondina indietreggio', sfuggendo al tentativo di Semir di bloccarla da dietro.

Come era possibile che gli fosse caduta la pistola?

Si maledisse e in quel momento un colpo più forte del previsto gli spacco' il labbro.

- Diro' a Jan di scegliersene una piu' tranquilla, la prossima volta - farfuglio' spuntando sangue.


Hope stava per svenire. All'improvviso era stata presa da un'angoscia che non aveva mai provato prima. Si appoggio' alle scale solo per un attimo, prima di costringersi a salire velocemente.

- Jan? - urlo' - Jan!

Nessuna risposta.

E se fosse...?

Scaccio' quel pensiero e arrivo' nel corridoio del piano di sopra.

Senza perdere tempo spalanco' con un calcio la prima porta: camera da letto. Nessun anima, neanche viva. Soprattutto viva.

Seconda porta: ripostiglio.

Hope scosse la testa e il respiro le accelero' di botto.

- JAN! Dove sei?

Restava solo una porta.

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Capitolo 7
*** ti ho trovato ***


- Jan?

Hope si avvicino' alla porta e strinse più' forte la pistola.

Fece un passo indietro e diede un violento calcio alla porta che si sfondo' cadendo all'indietro.

Era nel bagno della casa. Lo sguardo perlustro' rapido la stanza e cadde nella vasca piena d'acqua. 

Dentro c'era Jan, immerso completamente, con mani e caviglie legati alla doccia.

- JAN!

La pistola della ragazza cadde e lei si precipito' ad aiutare il collega.

Le mani le tremarono violentemente mentre slegava i nodi che lo immobilizzavano nella vasca. 

Hope gli libero' le mani e lo sollevò con fatica, sostenendogli il busto con una mano e tenendogli il viso con l'altra.

Jan riprese i sensi quando la sua testa infranse la superficie dell'acqua.

Scivolo' fuori dalla vasca e cadde in ginocchio sul pavimento tossendo.

Ebbe appena il tempo di strofinarsi gli occhi che il suo campo visino fu totalmente offuscato da una massa di capelli rossi.

Hope lo stava abbracciando. 

Senti' il suo corpo che tremava mentre lo stringeva a sè, e non dava segno di volersi staccare. 

Tremava piu' del suo.

Lui ricambio' la stretta, appoggiando la testa sulla spalla della collega, cercando di riprendersi.

- Grazie, Hope...

Si separarono lentamente e i loro occhi si incontrarono, come calamitati.

Con le braccia ancora intorno al collo di Jan, Hope apri' la bocca, ma non riusci' a dire niente.

Lui non le stacco' gli occhi di dosso, mentre lei abbassava finalmente lo sguardo. Cerco' di concentrarsi sui propri vestiti bagnati da quelli di Jan, piuttosto che tornare a guardarlo in faccia.

Il cuore le batteva tanto che ebbe la folle impressione che stesse per scoppiare e la paura di prima la travolse ancora, insieme a un misto di commozione e un immenso sollievo. 

Jan la vide nascondersi il viso con le mani e il suo corpo comincio' a sussultare a ritmo irregolare. Fu colto da un groppo alla gola.

- Ehi, non starai piangendo...

Lei volto' il viso dall'altra, ma senza troppo successo.

- Mi dispiace, Jan... - mormoro' con voce rotta - io... ho avuto paura di...

Non riusci' a finire la frase e Jan fu travolto da un moto di tenerezza enorme.

Istintivamente allungo' le braccia verso di lei e la prese per le spalle, attirandola a se'.

- E' finita, Hope... Stai tranquilla...

Hope si accoccolo' nel suo abbraccio caldo e protettivo, senza smettere di singhiozzare.

Si lasciarono e il giovane si accorse all'improvviso che le loro teste erano piu' vicine di quello che dovevano. 

La guardo' negli occhi e la sua mano si alzo' ad asciugarle delicatamente una lacrima che le pendeva da un occhio.

Inesorabilmente i centimetri che li dividevano scivolarono via...

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Capitolo 8
*** angoscia - parte 2 ***



Beh, allora, lo so che quest'ultimo capitolo sa molto di melodrammatico, ma non ho resistito! spero che mi sia venuto bene.... recensite, mi raccomando e ditemi cosa potevo cambiare e cosa non vi è piaciuto, mi servono le vostre critiche... ;)





Jan non resistette piu'. Ancora un millimetro...

Un colpo lacero' l'aria e il tempo, che prima si era fermato. Fu come se fosse stato travolto da una valanga.

Contemporaneamente Hope trasali' così bruscamente che le bruciò la gola.

- Mi dispiace, Jan. O lei o te. Hai scelto la tua vita, non risparmiero' la tua amichetta.

La mente di Jan non era ancora arrivata agli ultimi avvenimenti, era rimasto al momento magico in cui la sua bocca e quella di Hope stavano per...

Un momento. C'era qualcosa che non andava.

Sandra era sulla porta del bagno, la pistola puntata contro di loro.

- Jan...

Era la voce di Hope.

Si spavento' a sentire la voce della sua collega cosi' flebile.

La cerco' con gli occhi e vide il suo sguardo cadere lentamente verso il basso. 

Lo segui' e sentì i polmoni lacerarsi e il cuore scoppiare. 

Una scarica lo colpi' come quella di un fulmine: una larga chiazza rossa si espandeva sull'addome di Hope.

Il corpo agognato della ragazza sussulto' un'altra volta, poi cedette e perse l'equilibrio.

La ragazza, gia' in ginocchio, cadde verso Jan che la sorresse d'istinto.

I loro occhi si incontrarono ancora un attimo e lui le lesse la paura e la supplica nell'iride chiara che a poco a poco perdeva la luce.

Poi esplose.

- COSA HAI FATTO!?

Non aveva mai urlato cosi'. Credette che le corde vocali si fossero spaccate.

La mente in standby, completamente accecata dalla rabbia per quello che Sandra aveva appena fatto e per l'angoscia di perdere la sua collega.

Hope si accascio', il corpo torturato dagli ultimi spasmi, sul pavimento bagnato, a pancia in giu'.

La vista se ne stava andando, ma lei non voleva morire. 

Non adesso che aveva salvato Jan. Non poteva. 

La disperazione la colpi' così violentemente che non riusci' nemmeno a piangere.

- Jan... - mormoro' lei con voce irriconoscibile.

Lui non sapeva cosa fare.

- SEMIR! - urlo'. - SEMIR!

Sandra sorrise maligna si volto' e usci' lentamente dalla stanza, senza fretta.

Jan riporto' l'attenzione su Hope, dal cui ventre usciva a fiotti il sangue di un rosso spaventoso.

La ragazza tremava, con gli occhi fissi nei suoi. La sua mano si mosse e incontrò quella di Jan che fatico' a non crollare a piangere e la strinse con una forza notevole per essere una che stesse per morire.

Cerco' di dire qualcosa ma le parole le morivano in gola, nonostante i suoi sforzi, sentiva solo il calore della stretta di Jan, il resto era solo freddo e disperazione.

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Capitolo 9
*** aspettando... ***




ho aggiunto questo capitolo che fa un po' da premessa alla seconda parte della storia.

sono stata un po' ambigua, in effetti, ma adesso posso dire esplicitamente che non avevo assolutamente intenzione di fa morire la mia protagonista!

insomma, non sono cosi' crudele... ;)





Jan non aveva mai sopportato gli ospedali. Avevano quell'odore di disinfettante con un alone di morte che trovava irrespirabile.

Eppure adesso era seduto su una delle sedie di plastica fredda e dura, con la schiena appoggiata al muro colorato di un verde pastello che doveva servire a tranquillizzare i pazienti e soprattutto i visitatori.

Avvertiva l'odore nauseante penetrargli nelle narici, mentre restava a guardare la porta davanti a se' con sguardo vacuo.

Semir accanto a lui sospiro' pesantemente, sul volto la stessa espressione vitrea.

Non avevano detto niente da quando erano arrivati.

Dopo che era arrivata l'ambulanza Jan si era rinchiuso in un silenzio angosciante e neanche l'abbraccio del collega l'aveva confortato.

Semir azzardo' un'occhiata verso l'amico, immobile, ma Jan non gli restitui' lo sguardo.

Aveva ancora davanti agli occhi l'immagine di Hope e non riusciva a togliersela dalla testa.

Il medico aveva detto che aveva poche possibilita' di sopravvivenza, perche' aveva perso troppo sangue e la pallottola era penetrata nello stomaco.

Quasi un'ora prima erano arrivati all'ospedale. 

Jan non poteva aspettare oltre.

Il suo corpo si alzo' di scatto e si mise a camminare per il corridoio, con Semir che lo seguiva con lo sguardo distrattamente.

Non aveva intenzione di perdere le speranze.

Non se lo poteva permettere.

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Capitolo 10
*** forza, Hope ***



allora, che ne dite? troppo drammatica per adesso? commentate, ci tengo, e ditemi cosa posso cambiare, cosa vi piace e cosa non ci sta proprio... ;)

grazie e buona lettura!




Un uomo vestito della stessa tonalita' di verde delle pareti usci' dalla porta davanti alla panchina i due colleghi erano rimasti da quasi tre ore.

Aveva in mano una cartelletta clinica da cui spuntavano vari fogli.

Si avvicino' ai poliziotti e si abbasso' la mascherina di protezione.

- Buongiorno.

Jan scatto' in piedi, facendo quasi cadere il collega.

- Allora?

Il medico sospiro' e apri la cartelletta.

- Ho una notizia bella e una brutta.

- Avanti, per favore. - incalzo' Semir impaziente.

- Siamo riusciti a salvarla, abbiamo ricucito lo stomaco che era stato lacerato dal colpo. Per poco non l'abbiamo persa. Il fatto e' - continuo' con un altro respiro - che stava morendo e il suo cuore e' stato fermo per quasi un minuto.

Si e' stabilizzata ma adesso... e' in coma.

Jan senti' di colpo il mondo precipitare, come se la gravita' non esistesse piu'.

Fu come ricevere un pugno dritto nel petto.

Rimase a bocca semiaperta, interdetto e combattuto da un senso di angoscia misto a una lieve speranza.

Dopo svariati secondi, Semir prese in mano la situazione.

- Quante possibilita' ci sono che ritorni... come prima?

- Le possibilita' di svegliarsi sono circa del trenta per cento, ma non c'e' garanzia che riprende appieno tutte le facolta' che aveva prima dell'incidente.

Il medico fece un cenno con la testa.

- Mi dispiace, abbiamo fatto tutto il possibile... scusatemi, devo andare - si volto' e si allontano' dal cerchio di tristezza che aleggiava sui due poliziotti.

Jan si volto' verso Semir, ma non riusci' a dire una parola.

Aveva la bocca arida.

Un fiume di pensieri gli attraverso la mente e lui non riusci' a isolarne nessuno.

Era troppo. Tutto.

Quando stava per crollare un'infermiera usci' dalla stessa stanza da cui era uscito il medico.

Alzo' gli occhi di colpo e le si avvicino'.

- Scusi, posso... posso vederla?

La donna strinse le labbra.

- Solo uno di voi, c'e' il rischio che la paziente percepisca la vostra presenza. E un sovraccarico sarebbe fatale.

Jan scosse la testa, non gli interessava nient'altro. Doveva solo vederla.

Non ringrazio' neanche, guardo' Semir, che sorrise confortante.

- Io ti aspetto. - disse.

Lui annui', poi spinse la porta della camera.

Subito un odore piu' forte di quello che si sentiva nel resto dell'ospedale lo colpi' in pieno.

Hope giaceva su un lettino, il corpo attaccato a un monitor che emetteva un suono intermittente, mentre un'onda verde digitale si alzava e si abbassava a ritmo.

Era viva.

Jan si avvicino' piano, quasi per non disturbarla.

Il viso della ragazza era pallido, anche piu' del solito, i capelli rossi sul cuscino e gli occhi chiusi.

Sembrava che dormisse.

Chissa' cosa stava sognando. Chissa' se poteva pensare.

Jan ebbe un moto di rabbia improvvisa, seguito da un senso di angoscia mai provato.

La sua mano si mosse a sfiorare quella della ragazza, facendo attenzione a non toccare nessun filo.

Era fredda come il ghiaccio. Ma respirava.

- Forza, Hope.

Non disse altro e con gli occhi segui' i lineamenti che solitamente erano cosi' allegri e che adesso avevano assunto una piega incolore e inespressiva.

Poi si allontano' lentamente e si volto'.

Non poteva rimanere li' dentro per un minuto di piu'.

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Capitolo 11
*** la fine della vendetta ***




- Ammazzero' quella bastarda, fosse l'ultima cosa che faccio.

- Delitto non conveniente. Manderebbero al macero il tuo distintivo.

Jan e Semir erano seduti nel loro ufficio da tutta la mattina, aspettando che Andrea rintracciasse finalmente la ex fidanzata di Jan.

- E' davvero... frustrante.

Semir si alzo' e ando' alla macchinetta del caffe'.

- Caffe'?

- Si', ne ho proprio bisogno.

Il contenuto del bicchierino era denso e fumante, un'ottima distrazione dall'angoscia che attanagliava Jan da quando Hope era stata ferita.

O almeno ci provava.

- Ragazzi!

Jan quasi si strozzo' con il caffe' che gli brucio' la gola, mentre si alzava di scatto e raggiungeva Andrea, seguito da Semir.

- L'abbiamo trovata. Un nostra pattuglia l'ha vista mentre usciva da un pub notturno. Sembrava ubriaca, la stanno inseguendo in macchina.

- Dove sono? - chiese Semir afferrando la giacca.

- Sull'A1, direzione Sud.

I due colleghi si precipitarono fuori e cinque secondi dopo l'auto di servizio stava sgommando sull'asfalto liscio.


La biondina non si arrendeva. I due poliziotti le stavano a meno di due metri di distanza, ma il guidatore non era molto abile.

- Occhio, Jim, quello è un tir! - grido' il suo compagno aggrappandosi al sedile.

- L'ho visto, l'ho visto! Stanno arrivando i rinforzi?

- La squadra 11.

La macchina davanti scarto' di colpo e i due la persero di vista.

- Ma vuoi darti un mossa?

- Vuoi guidare tu? - gli urlo' di rimando Jim, alzando una mano per asciugarsi un rivolo di sudore dalla fronte.

Quel gesto basto' a fargli perdere il controllo, l'auto sbando' e con un salto mozzafiato fini' dritta contro il tir.

- Te l'avevo detto di far guidare me... - mormoro' il compagno del guidatore prima che entrambi persero i sensi.


- A cobra 11, la criminale ha seminato i colleghi di Cobra 13, sta proseguendo sull'autostrada, mandiamo altri rinforzi.

- Adesso vedi se non la prendo - disse con voce forzata Jan, sterzando per evitare l'auto davanti a loro.

- Jan... Io credo che tu non sia del tutto...

- Non mi dire che non sono in me, Semir, e lasciami guidare.

Semir si morse le labbra, gettando un'occhiata al collega. La rabbia si stava impossessando di lui e se perdeva la lucidita' rischiava di fare qualche sciocchezza, come...

- Jan! - urlo'.

L'auto prese la rampa di ferro di un carroattrezzi vuoto che li precedeva e si esibi' in un spettacolare volo i tre metri.

- Ma sei...

Semir non riusci' a finire l'insulto, che l'auto cadde a terra con uno scossone enorme.

Jan non dava segno di voler rallentare, sfrecciava fra le macchine e stava per raggiungere la berlina nera che Sandra aveva rubato uscendo dal Pub.

La sua ex sterzo' per evitare l'uscita e sfondo' il parapetto di ferro sul ciglio della strada, ritrovandosi sull'erba di un campo.

E Jan dietro.

La biondina sembro' accorgersi di essere seguita e anche da chi perche' la videro estrasse una pistola e cominciare a sparare alla cieca dietro di se'.

- O porca vacca... - esalo' Semir tirando fuori la propria arma - da quando ha un pistola?

- Semir!

Fra uno scarto e l'altro, Jan indico' davanti a se e il collega capi' che alludeva alla strada che si estendeva davanti a loro. O, meglio, che finiva.

- Quello e'...

Non fini' la frase, che Sandra si volto' di colpo e afferro' il volante con uno scatto di terrore.

Troppo tardi. L'auto, ormai in velocita' era impossibile da fermare.

Jan freno' appena in tempo e guardo' impotente la sua ex precipitare insieme alla macchina nel burrone che si apriva sotto di loro.




--- Beh, si ok, lo so, sono stata un po' cattiva forse. Pero' non volevo che poi Jan avesse ripensamenti sui suoi sentimenti...

E poi oggi è il mio compleanno e volevo aggiornare, così ho scritto questo capitolo tutto d'uni fiato...

ditemi come uscito! =) ---

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Capitolo 12
*** l'attesa frustrante ***



Allora questo capitolo e' solo una specie di transizione, ringrazio tutti quelli che hanno recensito e anche quelli che hanno letto e basta

mi raccomando, ditemi se va bene... dopo arriva la bomba ;)




Linea. Curva. Linea. Salto. Linea.

Gli occhi di Jan non si staccavano dal monitor a cui era ancorata la sua collega e ogni volta che incontravano la ''linea'' il suo cuore faceva un balzo.

Ma il cuore di Hope si fermava (e batteva) a intervalli regolari, senza nessun nuovo movimento.

Non migliorava e non peggiorava.

Jan era rimasto li', con la mano stretta a quella fredda avvolta da tubicini della ragazza per tutta la mattina. E non dava segno di volersene andare.

Come Hope non dava segno di volersi svegliare.

Il giovane si ritrovo' un tenue calore che gli si espandeva nel corpo, nonostante la situazione, quando i suoi pensieri deviavano in zona ''quanto-mi-piace-quella-ragazza''.

Era assurdo.

Un attimo prima stavano per baciarsi e quello dopo Hope gli cadeva in braccio, con un buco nello stomaco, che perdeva sangue in un modo spaventoso.

Jan chiuse gli occhi per un istante e rafforzo' la stretta sulla sua mano.

- Cosa mi hai fatto Hope? - sussurro' trattenendo le lacrime.

Non riusciva a togliersi dalla mente quello che era successo e non gli sembrava vero che adesso lei stava per morire.

Ma non tutto era perso. Non ancora.

Avvicino' il proprio viso a quello di Hope e la guardo', scolpendosi nella mente ogni  singolo, impercettibile particolare.

La ragazza sembrava che dormisse, come se da un momento all'altro potesse riaprire gli occhi e finire quello che era stato interrotto dal colpo di Sandra.

Appoggio' la fronte alla sua e chiuse gli occhi.


- Come sta Richter?

La Engelhardt, seduta alla scrivania guardava con occhi interrogativi Semir.

Lui alzo' lo sguardo.

Da quando era arrivato in ufficio non si era mosso dall'angolo dove anche adesso si trovava.

- Non... Lei non si sveglia... - disse - Jan e' sotto shock.

La donna sospiro'.

- Posso capire quello che sta passando... Mi dispiace molto.

Semir annuu'.

Aveva visto l'espressione sul volto di Jan quando avevano ricevuto la notizia che Hope era entrata in come. Non se la sarebbe dimenticata facilmente.

Rabbia.

Paura.

Frustrazione.

Terrore allo stato puro.

Gli venivano i brividi.

- Non so se potrà sopportarlo se...

- Gerkhant... Semir. Per favore. Almeno noi dobbiamo essere ottimisti. Ci sono buone possibilita' che...

- No invece. Il trenta per cento.  - Semir si passo' una mano sulla fronte - e poi non e' tanto  una questione matematica. Potrebbe anche svegliarsi... ma le facolta' che aveva prima non saranno piu' le stesse.

- Dobbiamo farla sentire ancora fra noi. E anche Jan...


Semir apri' piano la porta e scivolo' nella stanza d'ospedale.

Il suo sguardo si poso' su Jan, la testa accanto a quella di Hope, addormentato.

Sembrava che stessero dormendo tutti e due.

Si avvicino' lentamente, continuando ad osservarli e sorrise fra se'.

Poi allungo' un mano e scosse leggermente il collega che sussultò.

- Ehi, non ti conviene fare una pausa?

Jan si rimise seduto sulla sedia e si sfrego' gli occhi.

- No... Io... no.

Semir annui'.

- Ti capisco. Come... come sta?

Jan strinse le labbra e abbasso' lo sguardo, desolato.

E poi ne accaddero di tutti i colori.

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Capitolo 13
*** non azzardarti a morire! ***



di questo passo muoio prima io di Hope! per fare questo capitolo ci ho messo mezz'ora, non riuscivo a esprimere con le parole quello che volevo descrivere.

mamma mia! basta con le scene drammatiche ;)

ditemi se vi e' piaciuta, aspetto le vostre critiche!




Jan strinse le labbra e abbasso' lo sguardo, desolato.

E poi ne accaddero di tutti i colori.


All'improvviso una spia del monitor comincio' a lampeggiare di rosso.

Senza preavviso, a intermittenza.

E rosso vuol dire solo una cosa.

La linea verde fece un salto, poi un altro, sempre piu' irregolarmente.

- Che cosa...

Jan non capi' subito, poi il suo cuore comincio' a battere forte. 

E basto' quello a fargli capire il resto. 

Guardo' il monitor, poi il letto.

E poi urlo'.

- VENITE! AIUTO! PRESTO!

I medici arrivarono un attimo dopo di corsa, spalancando la porta dell'aula e accerchiarono il letto.

- CHE COSA STA SUCCEDENDO?

Semir afferro' il collega per le spalle appena in tempo per non intralciare un infermiere arrivato in quel momento.

Jan non connetteva piu'.

Deve essere un sogno, penso', ma poi la disperazione comincio' ad annebbiargli la mente.

Neanche un incubo poteva essere cosi'.

Rimase immobile, impotente a guardare i medici che si affannavano intorno a Hope, inerme sul letto, pallida. Innocente.

Non sapeva cosa fare, senti' il panico annegarlo.

Linea, linea, curva, linea.

Non sentiva piu' niente. Le voci dei medici erano lontane. Poi colse una frase.

- La stiamo perdendo!

- Carica 200.

Una stretta al cuore lo paralizzo', quando vide il corpo della ragazza sussultare.

- Libera!

Un altro sussulto.

- Non sta respirando!

Un medico le appoggio' sul viso una maschera per la respirazione artificiale, affrettandosi a collegare vari tubi a vari apparecchi.

Neanche Jan riusciva a respirare, i polmoni in una morsa di acciaio.

Linea, linea, linea, curva. Linea.

- 300!

Ma Hope non reagiva. 

Il medico piu' vicino a loro afferro' una siringa e inietto' il suo contenuto dritta nella carotide della paziente.

Non poteva morire.

Jan gemette. E poi esplose.

- FATE QUALCOSA!

- Jan, stai calmo!

- HOPE!

- JAN!

Linea, linea, linea, linea...

Il suono continuo del monitor era come una lama nel cuore.

Ghiacciata. Ustionante.

Jan senti' la gola bruciare e credette di impazzire.

- NO! HOPE! NON AZZARDARTI A MORIRE!

Linea, linea, linea, linea...

- Niente da fare.

Jan senti' il corpo spaccarsi in due e la vista gli si oscuro'.

Curva.

Nella stanza il tempo si fermo' di colpo.

Il silenzio angosciante fu infranto da un suono pieno di speranza.

Bip.

Linea, linea, curva, linea, curva, salto.

Non era un'allucinazione. Il suono nitido raggiunse le orecchie di Jan come un coro d'angeli.

- Ce la fatta! - esclamo' l'infermiere.

I medici si affaccendarono intorno a lei.

Jan rimase immobile, il cuore in gola, senza accorgersi di avere la mani strette ermeticamente intorno alla sbarra del lettino.

Aveva i polmoni in fiamme, il cuore gli faceva male, come se avesse appena corso la maratona.

Era successo davvero?

Si riempi' gli occhi dell'immagine del monitor.

Sullo schermo nero una linea saltava a intervalli regolari, come se non fosse successo niente.

Hope giaceva nel suo lettino, come prima, in un sonno calmo, completamente ignara di quello che era accaduto.

Degluti' e senti' la stretta di Semir sul suo braccio, incredulo come lui.

Si guardarono e poi lui abbraccio' il collega, senza riuscire a dire una parola.

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Capitolo 14
*** vieni subito! ***


La Engelhardt aspettava fuori dalla stanza e appena la porta si apri' si alzo' e ando' verso Jan e Semir, a dir poco sconvolti.

- Cosa è successo?

Dato che Jan non riusciva a dire una parola, Semir prese in mano la situazione.

- Hope ha avuto delle complicazioni... ha rischiato grosso, ma adesso non sappiamo... insomma, si è ristabilizzata.

La donna annui' e getto' uno sguardo a Richter, completamente perso, con lo sguardo assente.

- Richter, non perdiamo le speranze.

Facile a dirsi.


jan apri' la porta del suo appartamento e la richiuse alle spalle, gettando le chiavi di casa sulla mensola all'ingresso.

Si premette le mani sul viso, cercando di schiarirsi la mente sovraffollata ormai da settimane.

I pensieri arrivarono al momento in cui Hope aveva avuto quella complicazione in ospedale.

Jan non riusciva a pensarci. Era stata sul punto di lasciarlo, senza avergli mai parlato dopo che lui aveva capito quello che realmente provava.

Ma adesso lo sapeva, aveva avuto il tempo per rifletterci, e non poteva mentire a se stesso. Era palese che Hope fosse molto di piu' di amica e collega, per lui...

Il cellulare squillo' all'improvviso, facendo trasalire Jan.

Era Semir.

Fisso' con il cuore in gola la propria mano che stringeva l'apparecchio, combattuto furiosamente fra il sapere e il non sapere per non soffrire.

Alla fine schiaccio' il pulsante verde e degluti'.

- ...si

- Jan... Vieni. In ospedale. Adesso.





capitolo brevisssssssssimo, lo so, ma non ho molto tempo di scrivere ultimamente... anche perche' sono presa da un'altra ff di Cobra 11...


recensite, mi raccomando, aggiornero' presto!

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Capitolo 15
*** finalmente ***



per fare questo capitolo ci ho messo meno di quattro minuti.

l'ho scritto di getto e forse non mi e' venuto bene come volevo...

ditemi la vostra opinione, mi raccomando!

non vi faro' piu' agoniare, promesso! ;)





Jan non si accorse neanche che il semaforo fosse rosso. Schiaccio' piu' a fondo l'acceleratore e arrivo' trafelato in ospedale.

La tensione lo stava uccidendo, letteralmente.

Continuava a ripetersi le parole di Semir al cellulare, di capire il tono e di risentirle nella propria testa per trovarci un tono, un indizio che lo aiutasse a capire.

Ma non c'era piu' niente nella sua testa, eccetto che per quel chiodo fisso.

Niente piu' lucidita'.

Corse su per le scale e finalmente arrivo' davanti alla porta dove era ricoverata Hope.

Sentiva voci all'interno ma non le distingueva.

Chi erano? Cosa dicevano? Notizie buone o cattive?

Stava per crollare.

Tendeva l'orecchio, sperando di sentire il suono della voce della ragazza.

E poi la porta si apri'.

E fu come se l'aria fosse sparita dai suoi polmoni e il sole avesse accecato tutta la terra.

Hope.

Il cervello di Jan si era totalmente fermato.

Hope.

Era li', davvero. Sulla porta della stanza.

Jan non vide altro che il suo sorriso.

Hope.

Stava sognando? Aveva paura di scoprirlo.

Poi la vide avanzare, prima lentamente, come in un film a rallentatore e poi sempre piu' veloce.

E la senti', prima ancora di vederla bene in faccia.

Senti' le labbra di Hope affondare nelle proprie e il tempo cessare di esistere.

Non era un sogno. Era semplicemente in paradiso.

Chiuse gli occhi e cerco' di trasmetterle tutto quello che provava dentro di se', che si stava riversando su di lui come uno tsunami.

Era viva, calda, e... cosi' reale.

Jan stava finendo quello che era stato interrotto giorni prima.

Non ci poteva credere. O meglio, non ci avrebbe creduto se fosse stato in grado di ragionare, ma ormai non riusciva a fare neanche quello.

La strinse come per avere la conferma che lei era li' davvero e che lo stava baciando.

Oddio, lo stava baciando.

Si staccarono lentamente.

Era incredibile come il mondo fosse insignificante, piccolo in confronto a quello.

Si immerse nei suoi occhi e avverti' una gioia profonda invadere ogni centimetro del suo corpo e trasformarsi in euforia.

- E' bello rivederti.

La voce di Hope era bassa e sorridente. Jan non riusciva a parlare.

Gli era mancata cosi' tanto.

Pero' adesso era li' ed entrambi sapevano che sarebbe potuto cominciare qualcosa di nuovo. Era davvero possibile.

La guardo' negli occhi per un tempo indeterminabile, poi la abbraccio' di nuovo.

Non si accorse dei medici intorno a loro.

Neanche dei suoi colleghi e di Semir che applaudiva. Non si rese conto nemmeno che fossero li'.

Esistevano solo loro due. Finalmente.

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