Amazing. Il miracolo di Haiti.

di Hedley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chapter 1. ***
Capitolo 3: *** Chapter 2. ***
Capitolo 4: *** Chapter 3. ***
Capitolo 5: *** Chapter 4. ***
Capitolo 6: *** Chapter 5. ***
Capitolo 7: *** Chapter 6. ***
Capitolo 8: *** Chapter 7. ***
Capitolo 9: *** Chapter 8. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


amazing - prologo L'idea per questo racconto è nata di getto,inaspettata,come un rivolo di acqua fredda sul viso.
è diversa dal genere di fan fiction che mi sono trovata a leggere, però ho deciso di proporvela lo stesso.
L'ispirazione è arrivata dalle parole di Joe scorse in un website americano: "potrei andare ad Haiti." Ha detto così.
Non so se lo farà. Probabilmente no.
Ma l'idea ha incominciato a solleticarmi la mente e poi una canzone mi è giunta in aiuto ispirandomi.
E così è nata Amazing.
Premetto che non sarà molto lunga, ed i capitolo saranno brevi, poichè è nata per essere una one shot.

Con Joe e con Shaun non voglio assolutamente rappresentare la vera situazione ad Haiti,perchè non ne sarei in grado. Purtroppo non so molto di quel paese travolto dalla tragedia.

Ma spero comunque che questo racconto possa trasmettervi qualcosa.
Adesso vi lascio al prologo.
Un abbraccio.
Laura

Dedicata a tutti gli Shaun e i Joe là fuori. Il mio pensiero si rivolge a loro.



I hope you wish on every star
I hope you never fall too far
I hope this world can see how wonderful you are

The morning cold and raining,
dark before the dawn could come

La luce filtrò pallida e irreale attraverso le palpebre chiare del giovane che socchiuse un occhio,prima di convincersi ad accogliere un neonato sole con lo sguardo assonnato.
Joseph scrutò con sguardo affascinato la spessa coltre di nuvole della consistenza di batuffoli di cotone avvolgere l’aereo come una coperta,mentre il ronzio alle orecchie faceva capolino ora che si era svegliato.
Il ragazzo si stiracchiò e premise alle note docili sussurrate dagli auricolari di insinuarsi con facilità dentro la sua mente,cullando i pensieri che turbinavano agitati alla ricerca di una dimora.

Gli avvenimenti della sera precedente lo avvolsero vividi e rischiarati dalle parole di sua madre, Denise, che l’avrebbe sicuramente chiamato non appena avrebbe depositato piede sul terreno fragile di Haiti….
“Sei sicuro di volerci andare?” la donna sfiorò con delicatezza la guancia del suo secondogenito immergendo gli occhi scuri in quelli dal taglio particolare del giovane.
Joe respirò piano, lo sguardo pervaso da un brivido di impazienza.
“Mamma, sì. Ne abbiamo già parlato e mi pareva che anche tu fossi d’accordo.”
“Ma sì, sono d’accordo tesoro. È solo che non posso fare a meno di preoccuparmi. Potrebbe arrivare un’altra scossa e…”
“è passato più di un mese, mamma, i rischi di scosse sono ridotti e qualsiasi cosa debba succedere,vorrà dire che era destino. Per piacere…” aggiunse sorridendo debolmente ed accarezzando con dolcezza il capo della mamma.
Denise scosse il capo rassegnata.
“Sei speciale,lo sai, vero?” domandò la donna stringendolo forte ed avvertendo due braccia energiche e vigorose ricambiare la stretta: accorgendosi solo in quel momento,grazie a quelle braccia avvolte attorno al suo corpo,che il suo bambino tanto bambino non era più.
Ed era giunto il momento di lasciarlo andare…

Le converse All Star si inseguivano avanzando ritmicamente e riproducendo fedelmente il ritmico battito del cuore scalpitante in petto al loro proprietario.
TUM TUM, Joe sollevò lo sguardo da terra e si accorse che Haiti si agitava fragile ed inerme al fruscio consistente del vento.
Poco distante due bambini giocavano a rincorrersi mentre un terzo, troppo piccolo, cercava di mantenere il passo, arrancando fra cumoli di macerie e spazzatura: nonostante il gran daffare che si erano dati migliaia di volontari, il lavoro da svolgere era ancora molto.

E Joseph era lì appunto per questo.
Concedendosi un leggero sorriso, il giovane riprese a camminare lasciandosi guidare dalle grida eccitate dei ragazzini verso il cuore della piccola comunità.

Un cuore ferito,da un tremore della sue stessa terra.

Ma un cuore che avrebbe ripreso a battere.

Joseph ne era sicuro.


TO be continued

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Capitolo 2
*** Chapter 1. ***


amazing 1.

 

1.




You came like crashing thunder

breaking through these walls of stone

 

“Che cosa è stato?”

I volontari balzarono in piedi, destati dall’improvviso fracasso generato dal cozzare di qualcosa contro un corpo metallico.
Gli occhi di Joseph saettarono tesi in direzione dell’entrata della tenda individuando all’istante altri rumori echeggiare poco distante,simili ad un clangore metallico.
“Vado a vedere.” Annunciò sollevandosi ed arrampicandosi fuori dalla tenda, sentendosi addosso lo sguardo degli altri volontari.
Il ragazzo percorse con sguardo attento il viavai di persone, donne affaccendante, bambini in lacrime, uomini a torso nudo ed individuò infine la fonte del rumore.

 

Il bidone della spazzatura era stato rovesciato ed ora giaceva a terra inerme,un piccolo bozzo incastrato nella parte frontale.
E dentro al bidone, lo sguardo  vigile di Joseph riconobbe una figurina esile, tremante, rintanata fra ritagli di cartone e cumuli di immondizia.

 

“Ehy.”

 Il ragazzo tentò un passo in direzione del bidone,ma la creatura al suo interno incominciò a fremere con maggior intensità arrancando con difficoltà sempre più a fondo in quell’involucro di metallo.

 Terrorizzato.

 Gli occhi di Joseph si spalancarono, curiosi ed increduli, avvolgendo quel minuscolo corpicino che stringeva le piccole gambe al petto, accecato dalla paura.
Paura di che cosa?

 “Non voglio farti del male.”
Il giovane si avvicinò di qualche passo e poi, convinto di fare la cosa giusta,si accovacciò per essere all’altezza del bidone e di apparire meno minaccioso.

 
“Capisci la mia lingua?”

 
Adesso che era più vicino, anche la testolina del bambino era visibile.

Perché di un bambino si trattava.

 
Minuscolo e sottile come il corpo di uno spillo.  Il piccolo capo giaceva avvolto da due fragili braccia,le manine scure a nascondere due occhioni sicuramente sbarrati per il terrore.

 Era questo terrore, che a Joseph sfuggiva.

 
“Coraggio,ti aiuto ad uscire di lì.” Con gentilezza e una ponderata delicatezza, Joseph offrì una mano al ragazzino che continuò a tremare, un leggero pigolio tramutatosi presto in lamento pronunciato da due labbra esangui.

“Va tutto bene bimbo. Sul serio.”

Non sapeva bene cosa fare.
Voleva raccoglierlo da là dentro,portarlo al pulito nella tenda,al sicuro.
Lavarlo e nutrirlo, magari vestirlo,perché la camicetta troppo corta che gli lasciava scoperto metà del pancino, era stracciata in più punti.
Dove erano i suoi genitori? Era forse orfano? E perché tremava così?

 E in quel momento, Joseph si accorse che a molte delle sue domande non avrebbe mai trovato una risposta.

Per la prima volta,avvertì sulla propria bocca il sapore malasano di una realtà che per sua fortuna non aveva mai sfiorato alcun pensiero della sua mente,se non come un eco lontano,remoto.

Per la prima volta avvertiva sulla sua pelle la sensazione di arida povertà, il richiamo incessante della rassegnazione.

 Era preparato ad affrontare questo genere di situazioni? Per niente.

E allora perché era lì?

 

Ma poi il bambino scostò le manine dal viso ed il giovane individuò duo occhioni gonfi, lucidi come l’inchiostro che scivola liscio su un foglio,ma ricoperti da una leggera patina opaca.

In quegli occhioni scuri, Joseph lesse la sua risposta, trascritta indelebile, come una scalfitura sepolta in quello sguardo timoroso ed ingenuo. Da bimbo.

 

“Coraggio.” Con voce docile,ma ferma, una mano del ragazzo scivolò delicata verso quella piccola e gracile del ragazzino.

Era solo una mano.

Pallida intelaiatura ricoperta di carne, bianca e in alcuni punti appena callosa.

Non aveva molto altro da offrire a quel ragazzino.

Aveva i soldi, certo. Aveva cibo, aveva acqua.

 Ma che cosa se ne fa un bimbo terrorizzato di soldi,cibo e acqua?

 Un bimbo terrorizzato ha bisogno del sorriso di una persona cara. Di un abbraccio della propria mamma.
E Joseph queste cose non gliele poteva offrire.

 Perciò gli tese la mano.

 Ci volle parecchio. Minuti, forse anche di più.

 Ma quando alla fine, lenta e diffidente, una minuscola manina si agganciò titubante alla sua , pallida e ben nutrita, Joseph avvertì che quel contatto rivelava qualcosa di magico.

 Quasi gli parve di stringere la piccola anima del bimbo, di ritirarla in salvo.

 “Adesso ci solleviamo. Va bene?” Avendo intuito che il bimbo non lo comprendeva, tentò di infondergli tutta la dolcezza e la tenerezza che possedeva in petto adoperando il timbro della sua voce.

 Lentamente,aiutò il ragazzino a rimettersi in piedi, a ripulirsi dalla sporcizia contenuta nel bidone. Notò che le piccole labbra erano pervase da briciole di pane.

Improvvisamente i tremiti del bambino  raddoppiarono.

“Che cosa c’è?” Joseph si inginocchiò di fronte a lui ed individuò lo sguardo sbarrato del bambino farsi strada oltre la sua spalla, mentre le manine scure si avvolgevano con forza ad un lembo della sua camicia, esili e tremanti.

Il ragazzo si voltò ed incrociò lo sguardo furibondo di un ometto dai capelli color carbone che sbraitava con voce grossa proprio nella loro direzione.
L’uomo indicò con dito minaccioso il ragazzino che si strinse tremante a Joseph tentando di rendersi invisibile,facendosi schermo con il corpo del ragazzo.

 Nel frattempo, il tizio pareva essersi reso conto che Joe non comprendeva la sua lingua,perciò sbraitò alcune frasi in francese, per nulla sforzandosi di mantenere un tono meno alterato.

 
Joe, riuscì a comprendere solo brandelli del monologo tra cui le parole “pane”, “uccidere” e “ladro.”
Intuì che le briciole ai lati delle labbra del piccolo, provenivano forse da una pagnotta rubata che doveva essere appartenuta all’uomo dai capelli scuri.
Senza pronunciare alcuna parola, Joseph si frugò nelle tasche ed estrasse una banconota sgualcita.
La porse al signore che lo scrutò con sguardo torvo e diffidente,prima di allungare la sua mano verso la banconota e raccoglierla con un unico brusco movimento,quasi avesse paura che il giovane potesse cambiare idea da un momento all’altro.
 
Rivolse un’ultima occhiata di ghiaccio al bambino rannicchiato e tremante prima di voltarsi e tornare sui suoi passi,lasciandosi Joseph, il piccolo e la tenda alle spalle.

 Joe avvertì immediatamente la presa delle mani del piccolo farsi più esile attorno al lembo della camicia. Il tremore del piccolo corpo divenne meno frequente,ma non cessò.

 “Se ne è andato,  hai visto?” domandò con voce soffice inginocchiandosi,per avere lo sguardo del bambino all’altezza dei propri occhi.
“Non devi aver paura adesso.”

Non lo capiva, Joseph lo sapeva. Eppure avvertì la tensione allentarsi in quegli occhioni così grandi,ma così persi. Sepolti da un possente strato di debolezza e rassegnazione.

 A corto di ispirazione, il giovane gli tese la mano ed il bimbo la strinse. Con forza questa volta. Le piccole dita tremavano, e a Joe parve bisbigliassero una tacita supplica: portami al sicuro, dicevano.

 “Entriamo dentro. Andiamo a cercare qualcosa da metterti.” Sussurrò in tono rassicurante indicandogli la tenda e poi il suo petto, mimando dopo di che il gesto di qualcuno che si copre con una coperta.
Il bambino lo osservò a lungo: non comprendeva.

“Parlez-vous français?” domandò ancora Joseph  lisciandosi il mento turbato.
Lentamente il ragazzino scosse il capo, continuando a scrutarlo con i giganteschi occhioni color cioccolato. La manina scura ancora appesa a quella di Joseph.

“Ok, niente francese, allora… che ne dici se facciamo così?” dato che non riusciva a convincere il bimbo che nella tenda avrebbe trovato dei vestiti puliti e comodi per lui,decise di sfilarsi il maglione.
Lo depositò sulle spalle fragili del bambino che si ritrasse preoccupato.

 “No, non devi spaventarti, è per te. Per il freddo. BRRR!”  pronunciò fingendo di tremare infreddolito.
Gli occhioni del bambino si spalancarono e Joe vi riconobbe stupore e meraviglia.

Poi improvvisamente le labbra esili e screpolate si inarcarono a formare un lieve sorriso.
Il primo sorriso che Joseph vedeva sorgere su quel visetto imperlato di malinconia.

 

Good Boy.

 

“Allora lo indossiamo questo maglione?” domandò adagiandoglielo sulle spalle e legando le due maniche al collo del piccolo: era così grande che avrebbe potuto starci due volte dentro.

 E poi il bimbo fece qualcosa di importante: sollevò un indice e lo tenne sospeso a lungo,prima di indicarsi e pronunciare con voce rauca ed infantile un nome.

“Shaun”

 Joseph rimase incantato ad osservare quegli occhioni gonfi di pianto, sonno e sofferenze, ma che ora avevano cominciato a brillare forse grazie al dolce peso del suo maglione avvolto sulle sue spalle.

 “Shaun.” Ripeté Joseph in un sussurro e sorrise al piccolo volto che illuminatosi annuì.

 Il volto di Shaun.

Joseph strinse con delicatezza la minuscola mano e puntò l’indice del bambino verso il proprio petto.

 “Joe.”

Sussurrò con espressione divertita lasciandogli andare la mano.

“Joe.” Ripeté il bimbo mentre il cuore del giovane si dilatava, sommerso improvvisamente di una gioia misteriosa.

"Bravo.” Joe accompagnò le parole ad un cenno del capo,per rendersi comprensibile.

 “Andiamo?” gli porse la mano. Shaun la prese ed assieme fecero ingresso all’interno della tenda.

 Lui con la felpa che gli raggiungeva le ginocchia e lo sguardo dritto di fronte a sé, orgoglioso,come un adulto.

 Joe con i capelli scarmigliati ed il cuore esile,leggero.
Come quello di un bimbo.


Angolo dell'autrice.
Ed ecco qui una nuova parte di questo racconto.
In questo primo capitolo fa capolino Shaun, il protagonista di questa breve (brevissima) fan fiction.
Shaun è un personaggio appena abbozzato,ma al quale sono già irrimediabilmente affezionata, perciò tengo davvero tanto a sapere cosa ne pensate voi.
Rappresenta un po' tutti  quei bambini che sono là fuori soli e spauriti e grazie a Shaun, il mio pensiero li sfiora ogni momento che dedico a queste pagine.

Ringrazio le quattro persone che hanno inserito questo racconto tra i preferiti e le tre che lo hanno aggiunto tra le seguite.
Spero di scoprire prima o poi che cosa ne pensate di Joe e Shaun ^^

E intanto mi dedico ai ringraziamenti per le tre splendide recensitrici che mi hanno lasciato un commento:

sarettajb: Ed eccoti il seguito, anche se questa parte tu l'hai già probabilmente letta da un'altra parte. Ti ringrazio perciò doppiamente per aver commentato in entrambe le parti: un commento mi rende felice,due commenti mi fanno direttamente saltellare per la gioia. Attendo un terzo allora^^ Un bacione.

dancermarty95: Ciao!Sono contenta che il prologo ti sia piaciuto. Spero che tu abbia altrettanto apprezzato questo primo capitolo. Che mi dici di Shaun? Un bacione!

Maggie_Lullaby: Maggie *.* Quanto tempo! Mi fa piacere trovare un tuo commento anche qui. Joe è speciale, proprio grazie a quella santa di Denise (e papà Paul) che lo ha allevato con tanta cura e affetto (lo stesso vale per gli altri tre ometti).  A presto!Un bacione!



A presto con il secondo mini capitolo. Un bacione!
Laura

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Capitolo 3
*** Chapter 2. ***


2.
2.
You came with wide eyed wonder
into all this great unknown


“Questa è una valigia. Prova a dirlo tu Joshua.”
“Vaigia!”
I volontari  che si occupavano dei bambini di erano cinque in quel particolare accampamento.
Joseph si era aggiunto qualche settimana prima,dopo l’incontro con Shaun.
Le due ragazze, Vanessa e Theresa, si occupavano di insegnare ai ragazzini qualche parola di inglese, mentre Joe e un altro ragazzo di nome Theodore avevano il compito di coinvolgerli in attività ricreative quali il disegno o i giochi di società. Nel caso di Joseph,la musica.
La sua lezione era terminata da un quarto d’ora e adesso osservava i ragazzini scrivere su quadernetti raffiguranti Spongebob e pronunciare parole che per loro non avevano senso, ma che lo avrebbero avuto molto presto,se tutto sarebbe proseguito come da copione.

Quanti di quei bambini avrebbero trovato una sistemazione permanente in un’accogliente dimora americana o europea?
Era poi questo quello volevano?

Certo che sì, si ritrovò a pensare Joe sfiorando le corde della sua chitarra con i polpastrelli ed arpeggiando un motivetto astratto.
Eppure non riusciva a distogliersi da certe sensazioni incongrue allo stato d’animo di serenità,quando pensava a quei bambini e alle loro future famiglie.

Avevano perso una casa, dei genitori e dei fratelli.
Molti di loro non vedevano l’ora di dimenticare tutto e voltare pagina, per incominciare un nuovo quaderno della loro vita. Magari con Spongebob in copertina.
Altri però non avrebbero voluto abbandonare la propria terra, i propri amici. E forse si sarebbero sentiti dei traditori a sfuggire laddove altri bambini non avevano avuto altra scelta che restare lì inondati da un mare di macerie. Per sempre.

Non c’era stabilità per quei ragazzini.

Joseph si sorprese a sorridere dei suoi stessi pensieri,domandandosi da quando avesse cominciato a realizzare riflessioni così profonde, mentre la musica continuava a scivolare inesorabile dalla dita alle corde della chitarra e poi a quelle del suo cuore.

In effetti, lo stava cambiando più di quanto avrebbe mai immaginato prima di partire.
L’osservare la sofferenza da vicino e non al riparo dietro uno sterile schermo televisivo.
La piacevole sensazione di poter essere utile, davvero utile.
Un sorriso rubato al bimbetto che in quel momento aveva smesso di ascoltare le parole pronunciate pazientemente da Theresa e lo osservava,con espressione assorta.

Quando Shaun si accorse che Joe ricambiava lo sguardo, sorrise: sorrideva sempre più spesso quel piccoletto.

E Joe non aveva mai apprezzato così tanto il valore di un singolo incresparsi di due labbra.

Rivolgendo un’ultima occhiata ansiosa a Theresa, Shaun sgusciò via dall’angolo  adibito alle lezioni e si avvicinò con passetti titubanti a Joesph e alla sua chitarra.

Senza alcuna parola,prese posto sul pavimento a gambe incrociate e lo ascoltò suonare,come faceva sempre da una settimana a quella parte.

Nessuno dei volontari era ancora riuscito ad entrare pienamente in comunicazione con Shaun. Il piccolo non dava cenno di comprendere né l’inglese né il francese e si esprimeva molto raramente adottando alcune frasi in Haitiano.

Tuttavia, Joe era convinto che quegli occhioni profondi come oceani, fossero in grado di comunicare ben più di qualche parola in qualsiasi lingua.

Ora che lo conosceva un tantino meglio, aveva scoperto che Shaun era un tipetto allegro,anche se diffidente. Giocava volentieri a calcio, era un fanatico delle imitazioni e sorrideva spesso,anche se rideva solo con lui.

Un’altra cosa che Shaun adorava fare era accoccolarsi sul tappeto della tenda ed ascoltare Joe suonare.

La musica era un tipo di comunicazione che non aveva bisogno di parole,per venire compresa. La musica è il linguaggio che tutti conoscono.
Shaun amava  lasciar ondeggiare il capo ricciolino a ritmo e socchiudere gli occhi immergendosi in chissà quali fantasie infantili,mentre il suo nuovo amico suonava per lui. Joe sapeva che i suoi sogni erano docili e leggiadri, come la sua innocenza. Lo sapeva perché ogni volta che questo succedeva, sul suo visetto smunto faceva capolino il fantasma di un sorriso.

Delle volte, quando Joe non era occupato a svolgere altre mansioni, lui e Shaun se ne stavano sul tappeto per delle ore, l’uno a parlare o a cantare, l’altro ad ascoltare.

Shaun amava ascoltare Joseph. Le parole erano come musica, per lui, che non poteva comprenderne il significato.

Certe volte rideva, individuando il suono buffo di alcune parole, e allora Joseph le ripeteva a menadito, giusto per il gusto di vederlo sogghignare divertito ad ogni lettera, dimenandosi sul tappeto.

Altre volte,le parole di Joseph risuonavano in lui come un eco tormentoso e malinconico, nonostante non fossero mai tristi. Allora il bambino si rannicchiava su se stesso e serrava gli occhi con espressione sconsolata. In quei momenti Joe lo attirava a sé in un abbraccio e attendeva che il gli tornasse il sorriso, pronunciandogli parole buffe che lo facessero divertire.

Le origine di Shaun erano sconosciute, almeno per Joseph e gli altri volontari.
Sospettavano tutti che fosse orfano, ma lui non diede mai cenno di ricordare qualcosa sul suo passato, se non durante quei brevi attimi di smarrimento in cui si rannicchiava su sé stesso.
Semplicemente, Shaun era lì. Con loro.
Forse aveva avuto una famiglia,dei fratelli, ma ora l’importante per lui era restare al sicuro.

E a quanto pare, per Shaun sicurezza significava accoccolarsi fra il tessuto morbido del tappeto e le melodiose note della chitarra.


“Non dovresti studiare mascalzone?” Joe depositò la chitarra sulla panca e con un gesto volutamente esagerato, imitò lo scrivere frenetico di Theresa e finse di sollevare una lavagnetta in direzione di Shaun con espressione forzatamente severa.
Il bambino scoppiò a ridere entusiasta scuotendo ripetutamente il capo: era raggiante.

E se lo era Shaun,allora automaticamente lo diventava anche Joe.

“Ma la scuola è importante” spiegò con dolcezza il giovane indicando il gruppo di orfanelli intenti a scrivere e sollevando un pollice con significato affermativo.
Shaun inclinò il capo leggermente verso testa, come pensieroso. Dopodiché annuì poco convinto ed immerse gli occhioni luminosi in quelli nocciola del giovane.

“Che cosa c’è? Cosa vuoi dirmi Shaun?” Joe sussurrò questa frase incorniciando con lo sguardo quei lineamenti esili e fragili, il semi-sorriso pitturato sulle labbra screpolate del bambino che indicava sé stesso e poi il suo volto ripetutamente.

Adesso Shaun non sembrava più tanto esile e sottile: la felpa bianca di Joseph ricopriva il corpicino magro nascondendo ogni segno di sofferenza fino alle ginocchia.
Nonostante gli sforzi, nessuno era riuscito a convincerlo a scambiare l’indumento con un altro maglione, magari della sua taglia.
Quel gesto aveva intriso il cuore di Joseph di tenerezza.

Shaun indicò ancora il viso di Joe, questa volta utilizzando ben due dita e non solo una e poi il suo.

Pronunciò qualche parola in Haitiano e poi, in mezzo ad una frase, Joe distinse una parola in francese.

“Yeux” aveva detto Shaun indicando il volto di Joe e poi ancora il suo.

“Yeux comme mon”

Occhi. I suoi occhi erano come i suoi.
Era questo che il piccolo Shaun stava cercando di dirgli?

“Yeux.” Joseph ripeté lentamente mentre un dito minuscolo sfiorava il suo zigomo.

“I nostri occhi si assomigliano. Hai ragione piccolo.”

“Yeux comme mon” ripeté Shaun adagiando l’indice all’estremità di uno dei suoi occhi ed indicando le palpebre di Joseph. E poi sorrise.

“Oc-chi.” Pronunciò con un briciolo di difficoltà piantando il suo sguardo da cerbiatto in quello del giovane che annui, meravigliato.

“Occhi, sì. Bravo!”  esclamò il ragazzo scompigliandogli i capelli e facendolo ridere.

Quella era un’altra delle meraviglie di Shaun: non potevi mai sapere cosa l’avrebbe fatto ridere.
Perciò ogni risata era una sorpresa.
E ogni sorpresa finiva diritta al cuore.

La mano di Shaun si depositò con delicatezza sul manico della chitarra e ne tastò il legno con ammirazione, incuriosito.

“Guitar…  Guitare.”  Pronunciò Joseph con dolcezza prima in inglese, poi in francese.

“Guitar. Guitare.” Ripeté Shaun con meccanicità ponendo un interrogativo all’interno dei suoi occhi e fissando Joe.

“Vuoi suonarla?” domandò il ragazzo sfiorando la manina e dirigendola verso le corde con delicatezza.
Gli occhi di Shaun tornarono bui, per il turbamento: detestava quando  non riusciva a comprendere.

Istantaneamente, Joe lo indicò con l’indice e fece segno di sfiorare le corde con entrambe le mani.

Gli occhioni di Shaun tornarono lucidi e vispi.

“Lo prenderò per un sì.” Esclamò con un sorriso spostando la chitarra e battendosi le mani sulle ginocchia fissando Shaun.
Il bambino si arrampicò timidamente in grembo al giovane e Joe imbracciò nuovamente la chitarra, sfiorando le corde con una mano e stringendo le dita sottili del bimbo con l’altra.

“Partiamo dalla nota più facile. Mi minore.” Raccolse l’indice ed il medio di Shaun e li adagiò sulla tastiera dello strumento. Dopodiché permise al suono di propagarsi per il salone sfiorando le corde.

“Mi minore.” Ripeté mentre la risata divertita di Shaun attutiva i battiti del suo cuore e lo riempiva di allegria.

“Un’altra?” domandò dimentiche che l’inglese non poteva venire compreso dal bimbetto e sollevando le dita dalla tastiera.
Tuttavia, Shaun annuì.
“Un’altra.” Ripeté con voce dolce ed un sorriso vivace.

“Un’altra.” Sussurrò ancora Joseph immergendo lo sguardo in quello così diverso,ma non poi così tanto del bambino.

C’era qualcosa in quel ragazzino che lo faceva sentire insolitamente sereno, anche solo al più semplice sguardo.

Era forse arrivato il momento in cui per la prima volta si rese conto di quanto bene  possa generarsi dentro il cuore di qualcuno che impiega sé stesso per il bene di qualcun altro.

Joseph lo scoprì grazie a Shaun.

E Shaun lo scoprì grazie a Joseph.

NOTA DELL'AUTRICE: Ed ecco la terza parte. Non siamo ancora neanche a metà. Credo che questo racconto si concluderà in 8, massimo 9 capitoli.
Così abbiamo approfondito il rapporto tra Joseph e Shaun. Se siete curiosi di scoprire che faccia abbia questo meraviglioso bambino, posso dirvi che non  appena ho visto il servizio in televisione su Monley, il bimbo che è rimasto sotto le macerie per otto giorni, ho pensato a lui. Shaun è un po' più grandicello, con i capelli più lunghi e gli occhi più chiari, ma il visetto è lo stesso. Ecco il video di Monley: http://www.youtube.com/watch?v=nDYTJXYTTvo
Verso la metà del filmato si può vedere quel piccoletto in tutto il suo splendore: non è una meraviglia? <3
Ed ora: ringraziamenti!

dancermarty95: Ti ringrazio. Shaun è stato più fortunato rispetto ai tanti bambini che sono soli e soffrono, non solo ad . Hai perfettamente ragione: trovarci nel 2010 e sapere che esistono ancora realtà desolanti come quella, ma che soprattutto c'è ben poca gente disposta a dare una mano è angosciante. Speriamo che con il tempo le cose migliorino anche se lo dubito: io sono dell'idea che ogni persona debba fare qualcosa nel suo piccolo, per quanto minuscola ed insignificante possa sembrare. Un bacione cara, a presto!

Nes95: Nuova lettrice^^ Ciao cara,mi fa piacere che tu stia apprezzando questo breve racconto, specialmente perchè a Shaun tengo a molto. A lui e a tutti gli Shaun ed i Joe là fuori. Per questo il racconto è dedicato a loro. Spero che ti sia piaciuta anche questa terza parte. Un bacione e a presto!

Je: Tesoro sei anche qui!Questa volta ti chiamo solo Je, così sono sicura di non sbagliare le "e". Che mi dici di questo racconto? Non ci sono i Baby Jonas, ma c'è un baby Shaun al quale mi sono irrimediabilmente affezionata. A presto cara!Un bacione

Maggie_Lullaby: Ciao cara!Sai, non penso Joe riuscirà ad andare sul serio ad Haiti... Ma spero comunque con tutto il cuore che la maggior parte dei bimbi là fuori riusciranno a trovare un sostegno ed un rifugio dall'orrore che hanno vissuto. E non solo i bambini,ma tutti quanti. Quelle persone hanno bisogno di tanto amore e non solo di cibo e di acqua. Questo è quello che penso io. Un bacio tesoro a presto!

Ringrazio ancora tutti coloro che hanno letto. A presto!
Laura

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Capitolo 4
*** Chapter 3. ***


2.
3.
Hush now don't you be afraid
I promise you I'll always stay
I'll never be that far away
I'm right here with you

Joe fletté le palpebre destato da un mugolio tormentoso e sofferente.
A tentoni, riconobbe la torcia elettrica sul comodino e la accese, sfumando di luce pallida l’ingresso della tenda: nulla di insolito.

Il mugolio si ripeté, questa volta con più forza e Joe invertì il fascio di luce verso le brandine dei bambini,individuando all’istante la fonte dei lamenti, disegnando cerchi concentrici sulla figurina scura avvolta in un maglione bianco.

“Shaun.” Il cuore saltò un battito.

Meccanicamente, il giovane si sollevò e diresse i propri passi verso il bambino che si agitava nella branda, gli occhi sbarrati e il corpo tremante nella penombra della tenda.
“Shaun!” ripeté più forte sedendosi al bordo della branda e sfiorando il bambino con delicatezza, il volto contratto per la tensione.

Il piccolo continuò a mugolare,sussurrando parole in Haitiano e stringendosi al letto, vittima di un incubo che tardava ad estinguersi tormentando la piccola anima.

“Shaun sono io, Joe.” Il ragazzo incominciò a scuoterlo gentilmente,ma con fermezza tentando di sottrarre il bimbo alla presa pesante delle coperte.

“Va tutto bene. Shaun, coraggio è solo un sogno.” Continuò a scrollare le spalle del ragazzino, fino a che gli occhioni nocciola non si spalancarono ed il bambino smise di mugolare, pur continuando a tremare.

“Shaun, sono qui. Siamo nella tenda.” Si era accorto che adesso il bimbo era sveglio. Tuttavia non riusciva a sfilarsi di dosso una tremenda sensazione di disagio e i brividi incominciarono a percorrere anche il suo corpo.

“Sei al sicuro Shaun. Va tutto bene.”

Pian piano si calmò. Si calmarono entrambi.

Rimasero immobili per qualche istante, complici di un penetrante gioco di sguardi.
Joe avvertì il respiro del bambino farsi più docile e regolare, mentre il suo invece si spezzava ed il cuore martellava con violenza nel petto, simile ad un tamburo.

D’un tratto gli occhioni di Shaun si inondarono di lacrime ed il visetto imperlato di sudore freddo sparì alla visuale di Joseph per intrufolarsi al riparo fra le sue braccia.

La sensazione di contatto con quell’esserino che si aggrappava a lui con tutte le sue forze, rimase indelebile,scolpita nel suo cuore anche negli anni a venire.

“Shhh… Va tutto bene.” Senza più avvertire alcun controllo nel movimento dei suoi arti, nel turbinio confuso di emozioni che vorticava dentro la sua testa, Joe avvolse il bambino in un abbraccio e lo cullò con pazienza sussurrandogli parole dolci, canticchiandogli nenie.

“Sono qui. Sono qui.” Continuò a mormorare sfiorando il piccolo capo ricciolino con le labbra ed accarezzando il corpicino sottile percosso dai gemiti e dai singhiozzi.

Le manine di Shaun si contrassero sulla sua T-Shirt ed il bimbo si rannicchiò al petto del ragazzo appoggiando l’orecchio al cuore di Joseph. Gli occhietti socchiusi. Iniziava a calmarsi.

“Va meglio?” Con voce dolce, il giovane accarezzò la testolina del bambino analizzando con premura i fremiti affievolirsi ad ogni suo tocco.

Shaun respirò piano, lasciandosi cullare. I loro respiri erano l’unico rumore percepibile all’interno della tenda. Finché il flebile sussurro del bimbo non si frappose fra i loro silenzi.
“Tremblement” mormorò sussultando lievemente e sollevando il capo per lasciar coincidere i propri occhi con quelli di Joseph, che li scrutò stupito.

“Tremblement? La Terre? Un terremoto?” domandò con voce rauca adagiandosi il bimbo sulle ginocchia per tener maggiormente d’occhio il suo sguardo.

“Terremoto.” Shaun ripeté con espressione fragile, le manine ancora aggrappate alla maglietta del giovane.
“Terremoto. “ pronunciò aggiungendo una parola in Haitiano.

Accorgendosi che l’amico non capiva, adagiò il capo sulle due mani frapposte,fingendo di dormire.

“Oh lo hai sognato?” domandò Joseph intuendo ciò che il bambino cercava di comunicargli.
“Tu hai sognato il terremoto?” domandò accompagnando ogni parola da un gesto, indicando Shaun, il letto e fingendo di dormire, marcando la parola “terremoto”.

Lentamente il bimbo annuì. Il piccolo corpo incominciò a tremare, mentre le parole parevano spezzarsi appena scivolate fuori dalle sue labbra, fragili.

“Maman” Joe riconobbe solo questa parola inerpicarsi con rimorso sulla superficie del suo cuore.

“Vieni qui.” Non c’era bisogno di gesti.
Shaun individuò il sorriso dolce del ragazzo e volle rifugiarcisi dentro, scivolando con smarrimento nel tepore delle sue braccia robuste lasciandosi stringere, avvertendo un tremore che non aveva nulla a che fare con il terremoto. Non quella volta. Era solo il battere di un cuore.

“Torniamo a nanna, che dici?” domandò dopo qualche minuto Joseph sollevando le coperte della branda ed alzandosi in piedi per depositare il piccolo nuovamente nel letto.

“Shaun dorme ora.” Sfiorò il nasino del bimbo con la punta dell’indice ed indicò il letto mimando un’espressione sonnolenta. Con sua grande gioia, riuscì a farlo ridere.

“Joe stay avec Shaun?”
Due nomi, un verbo, una proposizione.
Due lingue, inglese e francese.
Due persone, un giovane ed un bimbo.
Joe e Shaun.
Due paia di occhi nocciola si scontrarono nel buio della notte generata da una sonnolenta Haiti.

“Va bene.” Un breve sorriso di resa e Joe strinse a sé il bambino dirigendosi dall’altro lato della tenda per raggiungere la propria branda.

Le braccia sottili di Shaun avvolte con timida delicatezza attorno al suo collo. Il piccolo capo appoggiato al suo petto.
“Joe resta con Shaun.”

Più tardi, avvertendo i piedini gelidi di Shaun sfiorargli un ginocchio nel sonno, gli tornarono alla mente i giorni in cui Nick era così piccolo e spaurito che si rifugiava ben volentieri sotto le sue coperte per scacciare via fantasmi e paure. Quatto quatto, si intrufolava nel lettino senza il minimo rumore e si stringeva a lui, immediatamente dimentiche dei brutti incubi o della strana ombra a forma di mostro che figurava distorta sul soffitto.

Gli mancavano i suoi fratelli.

E mentre la testolina di Shaun si accoccolava esausta sul suo petto ed il bambino scivolava dolcemente in un meritato sonno senza sogni, Joseph venne solleticato da un pugno di interrogativi bizzarri.
Si fece domande a proposito della sua famiglia. A Frankie sarebbe piaciuto Shaun? Non avevano poi così tanti anni di differenza. E a Shaun sarebbe piaciuto lui? E L’America? Gli sarebbe piaciuta l’America?

Si domandava. E continuò a porsi interrogativi per tutta la notte,fino a che la manina tiepida del bambino non si insinuò esile come un piuma dentro la sua guidandolo in un profondo e meritato sonno.

NOTA DELL'AUTRICE: 

Ed ecco un nuovo capitolo.
Finalmente scopriamo, o meglio intuiamo,qualche cosa a proposito del passato di Shaun.
E siamo arrivati a circa metà dell'opera.
Mancano ancora più o meno quattro capitoli e ne ho già due pronti che pubblicherò a breve o fra qualche settimana,dipende dalle recensioni.

Ed a proposito di recensioni, corro a ringraziare la mia unica recensitrice dello scorso capitolo :

Maggie_Lullaby: Tesoro non sai quanto mi abbia fatto piacere leggere il tuo commento.
Per quanto riguarda Shaun e Joe, abbiamo già potuto constatare in questo capitolo che il loro rapporto si sta evolvendo *me li adora*. Un adozione? Beh adottare un bimbo è qualcosa di molto complicato, specie se vive dall'altra parte del continente. Non ti posso dire altro, vedremo come andranno avanti le cose. Un bacione cara!E mi fa piacere che tu abbia guardato il video *.*

Un grazie anche alle persone che hanno inserito "Amazing" fra i preferiti e le seguite.
Appuntamento al prossimo capitolo!

Laura


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Capitolo 5
*** Chapter 4. ***


2.
4.

 You came from heaven shining Breath of God still flows from fresh on you
The beating heart inside me
Crumbled at this one so new

“Avevi ragione Joe.”
James rivolse un cenno cortese all’autorità e raggiunse Joseph tenendo in mano un plico di documenti avvolti in una copertina trasparente.
“Ecco qui i documenti che mi hai chiesto. Il tuo piccolo amico ha perso la mamma e i due fratelli nella scossa del 12 gennaio a Port-au-Prince. I due bambini, il fratello e la sorella,sono morti sul colpo,mentre la mamma a quanto ho capito  ha resistito fino all’arrivo dei soccorritori, ma purtroppo il loro intervento non è stato sufficiente.”
 
Joe avvertì una fastidiosa stretta dalle parti dello stomaco e le palpebre pungere, mentre le sue mani si appropriavano del plico di documenti con gesti meccanici.
 “A quanto pare Shaun non era a scuola al momento della scossa, per questo è riuscito a salvarsi.” continuò James sorridendo debolmente ed incrociando lo sguardo stanco di Joe.
  Aveva iniziato a prendere sonno con fatica e gli occhi nocciola erano sottolineati da un principio di occhiaie.
 
Le prime settimane di volontariato non aveva avuto problemi di questo tipo, poiché la stanchezza e l’affaticamento avevano contribuito a farlo addormentare non appena il suo corpo sfiorava la branda.
Ma da quando aveva sorpreso Shaun piangere, pensieri distorti e senza alcun significato concreto avevano preso a vorticare come farfalle in circolo nella sua testa, impedendo al corpo di rilassarsi e alle palpebre di coprire gli occhi, donandogli riposo.
La sera si era sorpreso sempre più spesso a passeggiare per la tenda in attesa del più impercettibile movimento del bambino, controllando se dormiva ed assicurandosi che il freddo non disturbasse lo stato di placida tranquillità del piccolo.
Shaun aveva avuto incubi un altro paio di volte e puntualmente Joseph aveva cercato di rassicurarlo, cullandolo e sussurrandogli parole dolci,che alle orecchie di Shaun equivalevano a ninnananne.
Più volte, il ragazzino si riaddormentava mormorando parole sconnesse in creolo haitiano, mescolando vocaboli inglesi e francesi. Joe pensava che per Shaun fosse rassicurante avvertire dei suoni nell’oscurità della tenda e ancor di più individuare una risposta sussurrata con fare tenero da Joe: lo aiutava a realizzare che nonostante il buio, il terremoto e le macerie erano solo un ricordo lontano. O nel peggiore dei casi, che ovunque si trovasse non era solo.
L’inglese era ancora una lingua quasi totalmente sconosciuta per il piccolo che seguiva piuttosto malvolentieri le lezioni di Theresa e Vanessa, poiché gli impedivano di trascorrere il suo tempo imparando a suonare la chitarra a giocando a calcio con gli altri bambini.
Ma il francese aveva iniziato a farsi strada lungo le sue corde vocali con facilità sempre più elevata ed il risultato era un buffo vociare concitato composto da parole slegate tra loro in francese mescolate ai pochi vocaboli di inglese che il bambino era riuscito ad assimilare.

In particolare, Joseph scoprì, Shaun apprendeva meglio le parole che suscitavano in lui sensazioni gioiose o ilarità.

La parola “Sandwich” l’aveva raggiunto per caso durante uno dei monologhi del giovane a proposito delle merende tipiche dei bambini nelle scuole americane. Shaun rideva un sacco ogni volta che qualcuno gli rivolgeva la parola inserendo “Sandwich” nella frase. Ovviamente, essendo un grande ammiratore della sua esile risata, Joseph aveva incominciato a pronunciare il termine come virgola, inserendolo in qualsiasi contesto a costo di costruire frasi senza alcun senso.
 
Un’altra parola che Shaun amava adoperare era “Joe.”
“Joe” era una delle prime cose che Shaun pronunciava la mattina augurando il buongiorno agli impertinenti raggi del sole ed una delle ultime prima di coricarsi nel letto. Joe era un amico, un compagno di giochi, ma prima di tutto era l’appiglio a cui quel bambino sperduto si era aggrappato dal momento in cui una felpa bianca aveva circondato le sue piccole spalle con fare protettivo.
E nonostante finalmente il ragazzino si fosse convinto ad indossare magliette più adatte per un bambino della sua età, quella felpa era ancora la sua coperta e il suo pigiamino, nella quale la notte si accoccolava sereno e dimentiche della paura dei mesi precedenti.
 
In quanto a Joseph, la compagnia di Shaun era diventata qualcosa di inevitabile.
La fiducia incondizionata che quel bimbo riponeva in lui, aveva incominciato a radicarsi come un germoglio seminato nel suo cuore,che cresceva innaffiato dal prezioso valore di ogni ora trascorsa  assieme.
Giorno dopo giorno, sorriso dopo sorriso, incubo dopo incubo, iniziava a farsi strada dentro il suo animo una decisione che lo spaventava e lo inebriava al tempo stesso.
 
Non sapeva se sarebbe stato possibile.
Non era nemmeno sicuro di volerlo veramente.
Ma da quando il piccolo Shaun aveva fatto capolino nella sua vita, il visetto sporco di briciole e gli occhioni nocciola colmi di tormento, qualcosa era avvenuto dentro di lui.
Il suo cuore aveva preso a battere più forte per cose che prima di catturavano con difficoltà la sua attenzione: il sorriso raggiante di un bimbetto che dopo mesi di pane e avanzi assapora il dolce sapore della nutella impiastricciandosi le labbra di cioccolato. Le lacrime di commozione di una maestra al riconoscere un edificio appena abbozzato laddove solo pochi mesi prima vi era solo maceria e sofferenza. Le parole “grazie”, “caldo”, “sicuro”, “buonanotte” “amico” pronunciate da boccucce screpolate.
Gli occhi luccicanti di Shaun.
 
“Non gli piace la scuola.” Fu l’unica frase che fuoriuscì dalla sua bocca asciutta,mentre in compagnia di James si avviava verso le tende.
Arrotolò i la cartellina di plastica e trafficò per infilarsela nella tasca dei jeans, sperando di dimenticare al più presto il contenuto di quei documenti.
Al suo ingresso nella tenda, venne salutato da un gruppetto dei bambini più piccoli che gli mostrarono raggianti i loro ultimi disegni.
“Questo l’abbiamo fatto io e Mikah per te!” una bambina esclamò in francese, porgendogli il disegno: raffigurava un ragazzo con quattro mani.
Con due stringeva una chitarra e con le altre due teneva per mano un girotondo di bambini sorridenti.
Ma il sorriso più vistoso era quello dell’uomo con quattro mani: il suo.
“Oh Tiana,ma è strepitoso!” esclamò prendendola in braccio e solleticandole i fianchi, facendola ridere.
Sporgendosi in avanti per depositarla a terra, la cartellina scivolò dalla tasca ed il plico dei documenti gli scivolò sul pavimento della tenda.
“Uhm che sbadato!” esclamò fingendo di inciampare nei fogli mentre con una risata cristallina Tiana gli scoccava un bacio sulla guancia e correva di corsa da Theresa perché valutasse il suo disegno.
Il giovane si inchinò per recuperare i fogli,quando si accorse che non erano più a terra.
 
“Joe! Papier.” Il voltò di Shaun si illuminò, mentre le sue manine esili consegnavano la cartellina al proprietario, inconsapevole del tremendo contenuto di quelle pagine.
“Grazie Shaun!” come contagiato dal brillio delle sue iridi, anche lo sguardo di Joseph si illuminò.
“Che cosa hai fatto oggi a scuola?” domandò inginocchiandosi al suo livello e scompigliandogli i capelli ispidi.
“Scuola?” Shaun sollevò le manine per aria e gli rivolse un’espressione confusa. Il ragazzo,tuttavia, non si lasciò trarre in inganno.
“Ah furbacchione, non ci casco lo sai? So perfettamente che hai capito”
Esclamò sorridendo vistosamente e solleticando il pancino di Shaun che lo lasciò afferrare ridacchiando sommessamente: era l’unico ragazzino di sua conoscenza per cui il solletico non aveva controindicazioni. Lui rideva e basta, non si dimenava, non si contorceva. Era un grande ammiratore del solletico.
“Joe, tu stop.” Esclamò il bambino riproducendo il gesto di Stop con la mano e correndo in direzione del tavolo.
“Aspetto Shaun, non ti preoccupare.” Mormorò il giovane fra sé osservando con un mezzo sorriso le gambette esili del bimbo invertire la direzione e muoversi più in fretta che potevano, per non farlo attendere.
Shaun fu di ritorno poco dopo con un cartellone multi colorato sotto un braccio.
“Fa-mi-ly.” Sillabò a mezza voce indicando la parola scritta in stampatello nella parte alta del foglio.

Joe lo prese e lo esaminò con attenzione sotto lo sguardo inquieto del bambino.

Il cartellone era stato riempito con una serie di quadratini raffiguranti i vari componenti di una famiglia: madre, padre, fratello, persino il pet: l’animale domestico.
“Guarda Shaun.” Joseph spiegò il foglio sulle ginocchia ed indicò la figura di una donna sorridente.
“Mamma di Joe: Denise.” Pronunciò con voce chiara assicurandosi di aver indicato con precisione prima la figura,poi sé stesso e poi ancora la figura.
Shaun esaminò con estrema attenzione i gesti del ragazzo e attese per qualche istante prima di indicare a sua volta il cartellone
“Mamma Shaun: Zhara.” Dichiarò portando l’indice bruno contro il suo petto.
Joseph annuì con fare pensieroso.
“Zhara è un bel nome.” Mormorò sfiorando con dolcezza la guancia del bambino che non comprese, ma sorrise ugualmente prima di far scorrere l’indice su di un’altra figura.
“Soeur. Sorella.” Lesse prima in francese e poi in inglese, ben sapendo che a Joe piaceva sentirgli ripetere i termini che imparava in entrambe le lingue.
“Sorella Shaun: Mira.” Aggiunse indicando prima sé stesso, poi la figura sul foglio, come aveva fatto in precedenza per la parola “mamma”.
“Fratello Shaun: Shmuel.” Riprese sfiorando un’altra figura.
Joe non ebbe il coraggio di sollevare lo sguardo verso di lui. Verso quel sorriso ingenuo,di bimbo. Verso gli occhioni sognanti sempre meno gonfi, sempre più accesi.
 
Non ebbe il coraggio.
Ed ebbe paura che lasciando combaciare i due sguardi, le parole sarebbero scivolate via dai suoi occhi permettendo al bimbo di comprendere la terribile verità.
 
Perché Zhara, Mira e Shaun non erano più nient’altro che un ricordo, ormai.
 
“Papà di Joe: Kevin.”
Joseph respirò a fondo e continuò ad interrogare Shaun, questa volta indicando la figura di un uomo, ovviamente sorridente, così come gli altri familiari.
“Ed il tuo papà?” 
Shaun osservò la figura, dopodiché scrollo il capo con convinzione.
“No” rispose sollevando lo sguardo verso di lui.
Joe ricambiò cercando di comprendere cosa si celasse dietro quella risposta.
“No papà? No père?” domandò semplicemente indicando più volte la figura e poi Shaun.
 
Shaun annuì.
 “Shaun have no père.”

Shaun non cel’ha un padre
.

Perché?


 “Joe.” Shaun lo riscosse dai suoi pensieri indicandolo più volte, stuzzicandogli il petto con un ditino sottile.
  “Che cosa c’è Shaun?” domandò sorridendo debolmente, lo sguardo visibilmente assorto da pensieri per nulla confortanti.
  Il bambino esordì in uno dei suoi sorrisi più candidi ed indicò nuovamente qualcosa sul cartellone.
  Non era una delle persone riquadrate. E non era nemmeno il pet.
  Nulla di tutto ciò.
 Semplicemente portò l’indice sul titolo.
Era la parola family.

“Shaun have Joe.”
Dichiarò timidamente inclinando il capo verso sinistra ed osservandolo, come a voler esaminare la sua reazione.

Il ragazzo avvertì immediatamente quel qualcosa che a lungo covava seppellita nel suo animo risalire con abilità in superficie, generando eccessivi battiti nel suo cuore.
  E quel bambino… Il ragazzino che con gli occhi socchiusi ridacchiava sotto i baffi divertito alla sua espressione sbigottita, sapeva sfiorare ogni corda più sensibile del suo animo arpeggiando una melodia.
 
Shaun aveva trascritto il suo destino dentro di lui. Joe se ne rendeva conto.

 
E fu in quel momento, quando due paia di occhi dal taglio particolare e la stessa tonalità di nocciola si sfiorarono, che lui decise, una volta per tutte.
Attuò un piano, qualcosa che avrebbe cambiato per sempre il corso della sua vita. Ma si accorse anche che non aveva più importanza.
 
Perciò abbracciò Shaun.
E quando il piccolo si arrampicò con agilità sulle ginocchia per farsi prendere in braccio gli sussurrò  parole che  seppur inconsapevolmente, tracciarono per sempre il destino di entrambi.
“Shaun avrà sempre Joe.” Pronunciò sfiorando la piccola fronte con un bacio e rispondendo all’abbraccio che il piccolo gli concedeva, il cartellone sospeso nella sua manina. Il plico di documenti immobile e taciturno nella tasca dei jeans del ragazzo.
 
“Per sempre.”


Angolo dell'autrice
Ebbene sì, sono  tornata! Volenti o nolenti eccomi qui, a proporvi un'altro spezzone di questo racconto.
Ormai siamo a più della metà.  Mancano all'incirca tre o quattro capitoli e ne ho solo più uno da scrivere: direi che ce la possiamo fare.
Ma ora passiamo a voi: sei recensioni lo scorso capitolo *.* Grazie,davvero, mi avete reso super felice (Shaun è qui vicino a me e saltella allegramente ^^),

Andiamo a ringraziare ognuno di voi:

Stellalily: Tesoro grazie,sei stata gentilissima sul serio! Il tuo gesto è devvero molto bello.  Ti ringrazio per i complimenti e mi fa piacere che tu abbia apprezzato sia la tematica (un po' particolare) che la descrizione del rapporto tra Shaun e Joe. Non sono molto documentata sulle vicende di , è vero, ma ho preferito raccontare ciò che veniva dal cuore invece di ciò che veniva da i giornali. Forse è stata la scelta giusta,forse no, ma in ogni caso mi fa piacere che tu abbia apprezzato. Un bacione e a presto!

BlackStar: Grazie cara *Laura arrossisce*. Ho visto che il tuo nome appariva da un po' tra i preferiti e non sai quanto mi abbia fatto piacere trovare un tuo commento: sul serio. Adoro scoprire sapere che cosa pensano le persone di ciò che scrivo (come  tutti d'altronde^^). Un bacio  e a presto!

Star711: Ehilà!Eccomi qui!Perdonami se non sono riuscita ad aggiornare prima, ma ecco finalmente questo nuovo capitolo. Spero che ti piacerà come i precedenti e ancora grazie,grazie davvero!Un bacione!A presto!

Je:  Tesoro non ti preoccupare! Anche io torno ormai piuttosto raramente qui,quindi ti capisco ^^ L'importante è che alla fin fine tu sia arrivata, così ho potuto constatare cosa ne pensi di Joe e Shaun. Un bacione grosso!A presto bella!

Maggie_Lullaby: Ah questi pullman... Ti capisco benissimo, pure qui ne passa uno ogni morte di papa... E la cosa è alquanto spiacevole.  Maaa torniamo a noi. Joe e Shaun ringraziano per i complimenti e Joe ricambia lo "spupazzamento". Non ti preoccupare ad ogni modo. Per me l'importante è leggere che ci sei, lungo o corta la recensione che sia, questo mi fa già un gran piacere. A presto tesoro!Un bacio.

Benny: Che bello,quante nuove lettrici oggi <3  Buondì a te! Hai proprio ragione, la situazione di Shaun è davvero triste. Ma ciò che la rende così malinconica è il pensiero che purtroppo ci sono molti bambini reali nella sua stessa condizione e molti altri ancora più soli. Sarebbe un sogno se ogni piccolo Shaun trovasse un Joe, un punto di riferimento, ma purtroppo la realtà è quello che è. Noi comunque continuiamo a sperare ^^. Un bacione e a presto!

Colgo l'occasione per ringraziare (come sempre) le 11 persone che hanno aggiunto Amazing tra i preferiti e le 5 che hanno collocato il racconto tra le seguite. Spero ancora di ricevere qualche parere da voi, ma non ho fretta.

Nel frattempo a presto e un bacione a tutti!

Laura



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Capitolo 6
*** Chapter 5. ***


2.
5.

No matter where how far you wander
For a thousand years or longer
I will always be there for you
Right here with you

Eccolo lì.

 

Rilassato e taciturno, come sempre.

 

Lavora al suo disegno con espressione concentrata. La manina vigile lascia scorrere il pastello sulla carta colorando cieli, tratteggiando occhi, nasi,bocche sorridenti, bambini di colore e uomini bianchi mano nella mano.

 

Ed al centro del disegno sempre loro due.

 

Joe e Shaun.

Shaun e Joe.

 

Si fidava di lui, il piccolo Shaun.

 

Ed il cuore di Joseph tremò mentre, valigia in mano, si avvicinava al tavolo di lavoro con espressione contratta: consapevole che in pochi istanti tutta la sua fiducia sarebbe stata tradita.

“Ehy campione!” Joseph sorrise dolcemente ed accarezzò la testolina del piccolo.

Gli occhioni nocciola di Shaun saettarono istantaneamente ad incrociare quelli del giovane, prendendo a luccicare di un particolare brillio.

 

“Joe tornato!” esclamò allegramente avvolgendo le esili braccia brune attorno al suo collo.

Joe accolse questi piccoli gesti abituali come qualcosa di meravigliosamente speciale. Qualcosa che non avrebbe dimenticato tanto facilmente.

 

Probabilmente qualcosa che sarebbe stato per sempre parte di lui.

 

Ed improvvisamente il suo coraggio venne meno.

 

“Shaun, piccolo, Joe ti deve dire una cosa importante ora.”  Lo prese in braccio e si allontanò dall’angolo scuola,diretto verso la zona brande.

 

Shaun lo lasciò fare canticchiando allegramente fra sé; il piccolo capo ondeggiante a destra e a sinistra.

 

“Qui.” Joseph prese posto su una delle brandine e si depositò il bimbo sulle ginocchia che continuò a canticchiare sorridendo candidamente.

 

Joe si sforzò di sorridere a sua volta: per la prima volta i dentini gialli del piccolo impilati tuttavia in maniera ordinata non istigarono in lui automatica serenità: rendevano solo il tutto ancora più difficile.

 

Notando che Joe non parlava, il bimbo incominciò a solleticargli lo stomaco e Joseph dimenticò per un attimo la vastità dei pensieri che lo opprimevano divertendosi a giocare con il bimbo, come facevano tutti i pomeriggi.

 

“Ehy hai vinto!” Annunciò infine sorridendogli divertito e sollevando le mani in cenno di resa, mentre ridacchiando, Shaun agitava le dita brune sul suo collo solleticandolo.

 

“Shaun vinto di nuovo!” esclamò allegramente il piccolo sollevando le braccia in aria vittorioso; il suo inglese stava decisamente migliorando. Joe si stupiva sempre di come quei bambini potessero imparare qualsiasi cosa in così poco tempo.

 

“Devo dirti una cosa importante Shaun.” Ritentò Joseph indicando  prima sé stesso e poi Shaun, sfiorandosi le labbra con un dito  e dirigendolo verso le orecchie del bambino.

 

Shaun annuì con espressione grave. Nella sua lingua taciturna, quel cenno del capo significava: hai tutta la mia attenzione.

 

Joe sospirò. Accarezzò con tenerezza la testolina del bambino che era stata rasata qualche giorno prima.

Senza le ciocche riccioline che ricadevano sulla fronte bruna, gli occhioni di Shaun apparivano ancora più grandi e più profondi.

 

Per l’ennesima volta, Joseph li sfiorò con i propri, rivolgendogli un’occhiata dolce e  malinconica al tempo stesso.

 

“Ti ricordi, quando abbiamo parlato delle nostre famiglie?  Famiglia. Ti ricordi?”

 

“Famiglia!” Shaun ripeté con un sorriso indicando il cartellone appeso in un angolo della tenda a fianco alla branda del giovane; Shaun l’aveva terminato un paio di giorni prima e da allora, tutte le sere ripassava in compagnia di Joe l’albero genealogico della sua famiglia.

 

Quei tre nomi, Zhara, Mira e Shmuel rimbombarono a lungo alle orecchie di Joseph perseguitandolo nei sogni, dove la parola evocava un riflesso e tre figure dal volto scarno ed esangue gli vorticavano attorno con gli occhi vuoti.

 

Al cartello, Shaun aveva aggiunto un altro quadrato raffigurante un ragazzo dai capelli neri e un sorriso che occupava gran parte della faccia. Joe non era il padre di Shaun ,né il fratello o un amico. Joe rispondeva all’etichetta di “Joe” anche in quel cartello, portando Theresa a domandarsi più volte se Shaun non avesse incominciato ad utilizzare quel nome come un aggettivo.

 

Tuttavia, Joseph non aveva mai dato troppo peso alla faccenda.

Per lui, il semplice fatto che il bambino avesse deciso di rappresentarlo in quel cartellone, significava più di qualsiasi altra cosa e non c’era pomeriggio che non rimirasse orgoglioso quel cartoncino sbilenco colorato a pastello e le cinque lettere trascritte in calligrafia infantile all’angolo destro: S-H-A-U-N.

 

“Joe ha una famiglia negli Stati Uniti. E a Joe manca la sua famiglia.” Spiegò con espressione grave indicandosi il cuore,mentre la parola “famiglia” scivolata marcata fuori dalle sue labbra.

 

“Joe manca famiglia.” Ripeté con espressione attenta Shaun toccandosi il cuore  poi sfiorando la guancia del ragazzo con tenerezza.

 

“Joe triste?” domandò con espressione turbata.

 

Lo sguardo di Joseph si depositò spiazzato fra le iridi luccicanti del bambino.

 

“Sì Shaun. Sono molto triste.” Spiegò sforzandosi di sorridere.

“Perché è giunto il momento di andare via. A casa.”

 

“Anche Shaun manca famiglia!”

Non comprese le parole di Joseph, il ragazzo se ne accorse immediatamente.

Shaun si sfiorò il petto ed imitò l’espressione triste dell’amico.

 

Il cuore di Joe tremò fragile all’udire quelle parole e la sua voce si incrinò.

 

“Shaun,piccolino ascolta.”  Mormorò avvolgendo le braccia attorno al corpicino esile del bimbo ed immergendo le iridi nocciola in quelle  del piccolo.

 

“Joe… Io… Io torno a casa. A casa, negli Stati Uniti. Casa.” Indicò il cartellone della “family” e portò l’indice sul contorno a forma di abitazione che lui e Shaun avevano ripassato con cura usufruendo di tutti i colori che erano venuti loro in mente.

 

“Maison?” domandò confuso Shaun indicando anche lui il cartello.

Lo sguardo di Joseph brillò.

 

“Oui. Maison.” Rispose con voce fievole accarezzando la testolina rasata di Shaun con tenerezza ed un‘incredibile malinconia.

 

“Maison di Joe: Stati Uniti.” Mormorò indicando sé stesso, poi la casa e marcando le ultime due parole.

 

“Maison di Shaun: Port-au-Prince.” Continuo ripetendo la sequenza di gesti,ma sostituendo sè stesso con il bambino che annuì lentamente.

 

Joseph sospirò un’ultima volta,costringendosi ad osservare quegli occhioni luccicanti di ingenuità e spensieratezza ed avvertendo  un’incredibile fitta al cuore.

 

“Joe torna a casa. Domani.” Sussurrò, sperando che Shaun lo comprendesse una volta per tutte. Ma temendo quel momento con ogni cellula del suo corpo.

 

Shaun lo osservò a lungo con espressione impassibile. Dapprima aggrottò le sopracciglia. Il sorriso scomparve,susseguito dall’attenuarsi del luccichio nel suo sguardo. Dopodiché le parole sgorgarono limpide e decise, urlate con quanto fiato avesse in gola.

“NO!” l’urlo si spezzò in un singhiozzo che si propagò dentro di Joe con una violenza spaventosa, mentre le lacrime del bambino inondarono a fiotti il visino bruno.

 

Fu qualcosa di terribile.

 

Gli argini che con tanta cura erano riusciti a ricostruire cedettero.

 

Il grido di Shaun si insinuò in ogni angolo del suo cuore facendolo rimbalzare con furia: come un terremoto.

 

“Shhh va tutto bene!” tentò di calmarlo accarezzandogli il capo, ma Shaun non lo ascoltò.

 

Si strinse a lui, con forza impellente, allacciando le braccia sottili attorno al suo collo.

 

“Joe stay avec Shaun!” esclamò con rabbia singhiozzando sommessamente; ogni cellula del suo corpo agganciata a quella di Joe.

 

“Joe è detto che lui sta con Shaun, sempre! Joe famiglia Shaun!” le lacrime del bambino scivolarono imperterrite lungo la superficie ruvida della sua maglietta, insinuandosi sulla sua pelle.

 

Joe continuò a stringere Shaun a sé, cullandolo con tenerezza, avvertendo i singhiozzi percorrere il corpicino con ferocia, il tremore prendere possesso di ogni centimetro del fanciullo.

 

Qualcosa di caldo, di umido, scivolò a picco dal precipizio delle sue palpebre e solcò la guancia pallida del giovane fino ad intrufolarsi nel suo colletto.

 

“Io non ti voglio lasciare piccolino.” Gli sussurrò in un orecchio con voce rauca: nel suo cuore, il germoglio che durante quei mesi aveva annaffiata e potato con cura, venne brutalmente sradicato.

 

“Non voglio lasciarti, ma devo tornare a casa. Gli Stati Uniti sono la mia casa, lo capisci Shaun?”

 

“No!”  Shaun non capiva. Come poteva un bambino così piccolo comprendere l’orrore che gli stava capitando?

 

La sua famiglia gli era stata strappata via e dopo mesi di vagabondaggio, aveva finalmente trovato qualcuno che si prendesse cura di lui. Ma quel qualcuno l’aveva tradito.

 

Shaun continuò a piangere, aggrappandosi a Joseph con tutta la forza che possedeva in corpo. Forse pensava che stringendolo con forza,gli avrebbe impedito di muoversi e di abbandonarlo lì.

 

Da solo.

 

 

Lo cullò a lungo e prima che entrambi se ne accorgessero il sole aveva incominciato ad assopirsi.

Quella sera, Shaun non ne volle sapere di mangiare ed anche Joe finì per rifiutarsi: il peso sullo stomaco era troppo grande.

Invece di dirigersi in mensa, il ragazzo prese posto al bordo del letto del ragazzino.

Shaun giaceva immobile: le ginocchia strette al petto, gli occhioni nocciola socchiusi per la stanchezza e il tanto piangere.

Senza proferir parola, il ragazzo lo raccolse tra le sue braccia e lo strinse a sé, come se fosse suo. Come se gli appartenesse.

Shaun si lasciò cullare in silenzio, la piccola fronte adagiata al petto del ragazzo. Piccoli singhiozzi minacciarono di scivolare una seconda volta lungo la sua gola,ma prontamente li ricacciò indietro: era un bambino forte, il nostro Shaun.

 “Joe con me.” Mormorò improvvisamente con voce flebile,stringendosi a lui. Aveva nuovamente addosso la felpa bianca e pareva ancora più minuscolo, ancora più sperduto. Ancora più indifeso.

“Con me. Joe sta con me.”

Era una nenia,una sorta di cantilena. Come quando la notte aveva gli incubi, il bambino ripeté quelle parole a lungo, lasciandosi avvolgere dal suono rassicurante delle sue stesse parole.

Joseph si sentì invadere da una profondo moto di tenerezza.

 

Gli occhi nocciola si offuscarono per un istante e quando la visuale si rifece nitida, un pensiero si fece strada dentro di lui. Limpido come la luce del tramonto riflessa sulla superficie delle acque.

 

Shaun voleva stare con Joe.

E Joe, non ebbe difficoltà a capirlo, voleva stare con Shaun.

 

Nel suo cuore, fece capolino la soluzione. Quella che da tempo si presentava agitata nel suo animo, tormentandolo nel sonno.

 

D’un tratto tutto ebbe una prospettiva migliore. E fu un attimo, un attimo che durò un’eternità, ma che avrebbe ricordato ancora per lungo, conservato con cura in un angolo del cuore.

 

Non sarebbe stato facile.

 

Ma era l’unica cosa che gli avrebbe permesso di rincuorare Shaun.

 

“Shaun, vuoi venire con me?”

La voce risultò quasi estrania alle sue orecchie,eppure proveniva da lui. Erano parole che aveva ripetuto costantemente a sé stesso da un mese a quella parte: dentro di lui. Era giunto il momento di tirarle fuori.

 

“Con me negli Stati Uniti?”

 

Shaun non rispose.  

Si limitò ad interrompere il frusciare inesorabile del suo sommesso balbettio.

 

E poi le piccole braccia si avvolsero attorno la sua schiena, ma in maniera docile,delicata.

 

Shaun non aveva più nulla da temere.

 

“Joe.” Una parola, niente di più.

 

Ma per Joseph quella parola bastò.

 

Immediatamente il giovane avvertì un immenso fiotto di calore propagarsi dalle punta delle dita ad ogni angolo del suo cuore. Rimase immobile ancora a lungo ad ascoltare il respiro lieve e regolare del bambino. A condividere con lui i battiti rapidi del suo cuore.

 

“Adesso cerca di dormire piccolino.” Gli sussurrò  infine sfiorando la piccola fronte con un bacio e cullandolo con tenerezza.

“Joe rimane con te.” Lo adagiò sul materasso e si assicurò che le coperte lo coprissero per bene prima di prendere posto accanto a lui.

 

Gli occhioni nocciola di Shaun non lo lasciavano andare un secondo: erano lì,puntati sul suo volto e sul suo cuore. Vigili ed inquieti.

 

“Promesso?” sussurrò il bambino infilando una manina in quella più grande e più calda dell’amico.

Joseph la strinse con affetto e gli sorrise.

 

“Promesso.”

 

Qualsiasi dubbio, in quell’istante svanì: come neve disciolta al sole.

 

Angolo dell'autrice:  

Buondì a tutti quanti!

Ed ecco un nuovo capitolo. Un capitolo decisivo per Shaun e Joe.
Ormai siamo quasi giunti alla conclusione.
Dopo questo capitolo ce ne saranno ancora altri due brevi e poi l'epilogo.
Ringrazio tutti di cuore, davvero.

Passo a ringraziarvi singolarmente.

Damned_Girl: Grazie Julie, davvero. E grazie per avermi aggiounto tra gli autori preferiti,sul serio è un onore *Laura arrossisce*.
Credimi, mi fa davvero piacere che ti abbia fatto emozionate il rapporto tra Shaun e Joe, perchè sono tanto affezionata a questa storia, un po' per la tematica, un po' perchè io finisco sempre per attaccarmi tantissimo ai personaggi che creo *Coccola Shaun e non lo lascia più*. A presto!^^ Un bacio.

Benny: Tesoro grazie per il link, l'avevo già guardato il video (una fan di Michael J come me, non poteva scordarsi di una cosa del genere) anche se devo ammettere che preferisco la versione originale del 1984. Quei bambini, però... Maravigliosi. E in molti dei loro volti mi sembrava quasi di scorgere il piccolo Shaun. E poi il coro di cantanti e la canzone che ha un testo così speciale...Fatto sta che (come sempre) mi sono commossa, ecco *.*
Ti ringrazio ancora davvero tanto, e spero che tu abbia apprezzato anche questo capitolo.
Un bacione e a presto^^

Jeeeeee: Tesoro! Eh combinazione il video di è uscito proprio nel periodo in cui ho postato. Giusto per ricordarci che putroppo i bambini nelle condizioni di Shaun ci sono, e hanno costantemente bisogno di supporto ed attenzioni. Un bacio carissima!A presto ^^

Maggie_Lullaby: *Porge un fazzolettino* Tesoro tu sei troppo dolce. Ogni volta che leggo un tuo commento mi fai arrossire xD Spero che tu abbia apprezzato anche questo capitolo. Alla fin fine il nostro Joe ha preso la decisione giusta. Denise aveva proprio ragione a dire che era un ragazzo speciale *Stritola Joey*. Un bacione tesoro,a presto^^

Nes95: Storie scelte *Laura spalanca gli occhi con espressione sognante*. Eh sarebbe un sogno, ma purtroppo è qualcosa di impossibile, tesoro. C'è bisogno di mooolto più seguito e pubblicità. Però mi ha davvero intenerito quello che hai detto. Grazie mille *.* Spero di leggere presto una tua nuova recensione!Un bacio!

Ultima cosa!Scusate se mi faccio pubblicità, ma ho pubblicato una nuova one-shot che s'intitola "Comatose" e mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate. La potrete trovare qui.

Un bacione a tutti quanti!

Laura

 


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Capitolo 7
*** Chapter 6. ***


2.
6.

I hope your tears are few and fast
I hope your dreams come true and last
I hope you find love that goes on and on and on


Erano trascorsi due mesi e mezzo dal previsto ritorno a casa di Joseph.
Due mesi di tensioni, pressioni burocratiche e decine e decine di carte.
Dopotutto sel’era aspettato;  ma per il giovane nulla di tutto ciò aveva più importanza, poiché stava finalmente rientrando negli Stati Uniti.

E non era solo.

 Sorrise leggermente insonnolito individuando la fronte bruna di Shaun adagiarsi sulla sua spalla. Le piccole palpebre scure fremevano appena celando alla sua vista gli occhi nocciola del piccolo, profondamente addormentato.

 Shaun non era mai salito su un aereo prima di quella mattina.
Joseph l’aveva guidato lungo l’aeroporto assicurandosi che il tram tram dei viaggiatori non lo innervosisse ed assieme avevano atteso il momento della partenza osservando il nastro trasportatore delle valigie: se Shaun avesse mai avuto un nuovo giocattolo, gli aveva spiegato prima di addormentarsi, gli sarebbe piaciuto proprio un nastro trasportatore.

 Joseph sorrise al pensiero e sfiorò con la mano il piccolo capo rasato del bimbetto che giaceva accoccolato sulla sua spalla.

 Ora che finalmente Shaun era con lui, davvero con lui, alcuni interrogativi fino a quel momento sconosciuti si riversavano di continuo nel suo animo, agitando la pacata sensazione di benessere che circondava ogni angolo del suo cuore: molti avevano come base di fondo la sua famiglia.

 La decisione di tenere segreta l’adozione di Shaun gli era parsa buona, nel momento stesso in cui la sua firma aveva finalmente fatto capolino all’angolo di quel documento.

 Ferma. Ordinata. Indelebile.

 Ma mentre l’aereo si muoveva ingurgitando chilometri dopo chilometri ed il musetto assonnato di Shaun affondava semi-nascosto dall’ormai inseparabile felpa bianca, il suo cuore saltò un battito all’idea di cosa lo avrebbe aspettato una volta atterrato.

 Sua madre,suo padre, i suoi fratelli: avrebbero accettato la sua decisione? O avrebbero considerato quell’adozione un gesto avventato? Un capriccio addirittura?

 Joseph sospirò portandosi distrattamente una mano fra i capelli e poi giù lungo il mento,accarezzando il pizzetto appena accennato.

 Ciò che più lo preoccupava, e quasi aveva  timore ad ammetterlo a sé stesso, era il suo ruolo nei confronti di Shaun.
Joseph era probabilmente ciò di cui il bimbo aveva bisogno in quel momento: ma che ne sarebbe stato di lui, di loro solo a qualche anno di distanza? Joe sarebbe stato in grado di occuparsi di Shaun come un padre?

 Perché era di questo che si trattava.
Lui non era più il compagno di giochi di Shaun.

Non era più un amico e nemmeno un fratello.

 Joe aveva imparato a fare il fratello fin dai primi mesi di vita: non era poi così difficile. Qualche litigata, una buona dose di pacche sulla spalla e sostegno incondizionato sempre ed ovunque. Un fratello è qualcuno che anche se non ti guarda,ti vede. Sei sempre alla portata nel suo mirino.

 Fratello Joseph lo era nato, così come era nato figlio.
Essere figlio è più difficile di essere un fratello.

Da un figlio non ci si aspetta che comprenda subito, che sia in grado di affrontare ogni responsabilità.

Da un figlio ci si aspettano gli sbagli, le cadute, eppure la difficoltà sta proprio lì: nell’imparare dai propri errori. Nell’ascoltare chi è più saggio di te: chi è già caduto più di una volta.

Un figlio deve imparare riconoscere quelle mani che lo aiuteranno a rialzarsi, a stringerle forte e a non lasciarle andare.
Joseph voltò lo sguardo verso il bimbetto che sonnecchiava alla sua destra, il volto saturo di purezza ed ingenuità.
Shaun sarebbe stato un figlio meraviglioso, lo sapeva.

Ma lui sarebbe stato altrettanto bravo a fare il padre?

 “Joe.” Gli occhioni nocciola del piccolo Shaun frugarono fra i suoi con assonnata curiosità.
Un semplice gioco di sguardi bastò a far scivolare qualsiasi dubbio a fondo in un piccolo angolo del suo cuore.
“Ehy!Ben svegliato dormiglione!” sorrise e sfiorò la punta del nasino di Shaun con un indice.

 Shaun sorrise mettendo in evidenza la dentatura ben impilata e un barlume di felicità che lo circondava sin dalla sera precedente.  
“Quando arriva Joe e Shaun in Stati Uniti?” domandò guardandosi intorno con aria incuriosita: le manine brune trafficavano nervose con la cintura di sicurezza.
“Presto Shaun.” Joseph osservò con aria stanca il tentativo del bambino di liberarsi dalle cinture di sicurezza.
“Shaun non voglio queste!” si lamentò dopo un paio di minuti il bambino tirando con forza i due lembi ed indirizzando un’occhiata offesa al suo vicino.
“Lui non ha questo!” si lamentò indicando il signore alla loro destra privo di alcuna cintura di sicurezza.
L’uomo riservò ai due un’occhiata confusa.
Joseph si lasciò sfuggire una risatina divertita prima di poter far nulla per evitarla.
“Adesso puoi togliere anche tu la cintura piccolo.” Lo rassicurò continuando a sorridere sotto i baffi trafficando con le bande della cintura, mentre il signore tornava al suo giornale con aria leggermente stizzita.

 Shaun lanciò un’occhiata a Joseph ed individuò  la voglia di ridere trattenuta agli angoli delle labbra.
La risata del bimbo riempì l’aereo limpida e cristallina contagiata dall’impellente luccichio tra le iridi del giovane: Shaun amava ridere, ma ancor più amava veder ridere Joe.

“Shaun voglio regarder: fuori.”  Dichiarò il ragazzino arrampicandosi con agilità sulle ginocchia del giovane e sorridendo mesto all’occhiata furtiva di alcune hostess.

Shaun vuole guardare fuori.

Joseph arrossì.
“No, fermo. Ehy piccolo devi rimanere seduto al tuo posto.”
“Shaun non capito!” si lamentò il piccolo insinuando le iridi nocciola in quelle altrettanto scure del giovane uomo.
Joe si grattò un orecchio e sistemò con delicatezza il bambino nuovamente al proprio posto.
“Shaun devi stare qui.” Spiegò indicando il petto del bambino e poi il sedile, ignorando le occhiate incuriosite dei presenti.
“Questo è il tuo posto. Il posto di Shaun.” Non sapeva come spiegarlo diversamente.
Indicando il bambino, sfiorò il suo petto con la punta delle dita e stranamente gli occhioni del bimbo si illuminarono,come se finalmente avesse capito.
“Posto di Shaun!” esclamò il bambino toccandosi il cuore e balzando giù dal sedile con occhi colmi di vivacità.
“Posto di Shaun con Joe!” dichiarò sorridente arrampicandosi nuovamente sulle sue ginocchia.
Joseph sgranò gli occhi a metà fra il perplesso e lo stupito, mentre le manine di Shaun nascondevano la boccuccia colta da un leggero attacco di risa.

 

“Shaun tu hai..”

Aveva frainteso. Quella piccola peste aveva frainteso, ma era stato l’equivoco più dolce che il bambino,il suo bambino,avesse mai potuto combinare.
“Oh vieni qui piccoletto!” Distese le braccia e subito Shaun si accoccolò sul suo petto,allacciando le minuscole braccia al collo del genitore adottivo con energia,quasi come se temesse che allentando la presa, l’abbraccio si sarebbe concluso.

“Shaun voglio bene Joe.” Mormorò appoggiando la piccola fronte bruna alla sua spalla e rimanendo immobile, finalmente al caldo,finalmente al sicuro. Finalmente figlio.
“Anch’io ti voglio bene pulce.”  Gli sussurrò in un orecchio accarezzando la testolina scura con tenerezza.
“Pulce!” la boccuccia di Shaun si allargò in un sorriso mentre il bimbo sghignazzava divertito al “sapore” della nuova parola.

Una boccuccia umida e liscia. Una boccuccia sana. Una boccuccia che sorride.

“Mi scusi signore!” una hostess si avvicinò al duo e con un sorriso dolce indicò il bambino da sotto il vassoio.
“Il bimbo dovrebbe stare al suo posto. È per la sua sicurezza.”
Joseph le scoccò un’occhiata pensierosa. Era una bella donna dai lineamenti orientali ed i capelli raccolti in una crocchia,come tutte le altre assistenti dell’aereo. Non dimostrava molti più anni di Joseph: chissà se anche dentro al suo cuore si celava ben custodito il sorriso di un bambino?
 “è questo il suo posto signorina.” Pronunciò con espressione malandrina appoggiando il palmo della mano sulla testolina liscia di Shaun.
“E può stare tranquilla.” Aggiunse mentre il bimbo socchiudeva gli occhi preparandosi ad un secondo sonnellino in attesa dell’arrivo a destinazione: casa.
“Per questo bambino non esiste posto più sicuro al mondo di questo.”

 


Angolo dell'autrice:  

Nuovo capitolo per voi!
Premetto che questa è la prima parte di un capitolo che ho deciso di dividere in due. è un po' corta lo so, ma ho preferito fare ciòe, poichè le due parti sono separate l'una dall'altra e così avrebbe avuto più senso *Ma come parlo oggi?Eeeh stanchezza post-scuola xD*.
Ormai siamo quasi alla fine: quasi non ci credo O.o
Ringrazio tutti voi che state leggendo e che puntualmente lasciate il vostro commento: è un piacere incredibile per me leggere le vostre parole,sul serio.
Vi adoro^^

Passo a ringraziarvi singolarmente.

Bennyy: Tesoro grazie,sei troppo dolce! Già purtroppo siamo proprio agli sgoccioli del racconto... E mi fa un piacere incredibile sentirti dire che Joe e Shaun ti hanno emozionato *saltella allegramente per la stanza.* A presto cara!Un bacio^^

Damned_Girl:
Juuulie *.* Grazie mille per i complimenti tesoro, sai che mi rendono davvero  felice. Ringrazia anche Shaun ^^ A presto!Bacione

Bennyaries: Uuh nuova lettrice! Ti ringrazio per i complimenti e a questo punto attendo anch'io vivamente un tuo prossimo commento!Un bacione^^

Maggie_Lullaby: Tu. Vuoi. Farmi. Arrossire. Tesoro grazie davvero!E soprattutto grazie per aver commentato Comatose, credimi mi fa un piacere incredibile,perchè tengo tanto a quella one shot. Eheh ce la vedo tua madre dall'altro capo del telefono intimorita dal tuo "Sì" esclamato a squarcia gola. xD A presto Maggie! Un bacione ^^

Cokina: Ma ciao!Innanzitutto grazie infinite per i complimenti e per l'aver letto quasi tutti i miei lavori *bocca spalancata*. Mi sento onorata davvero, sei un tesoro. In secondo luogo, mi fa davvero piacere il fatto che tu prenda questo racconto più come un pretesto per far riflettere su qualcosa che esiste nella realtà di tutti i giorni: la situazione di tanti bambini sfortunati, non solo ad Haiti. E il gran cuore dei molti volontari che si offrono ogni giorno di accorrere in aiuto di questi ragazzini. Perciò grazie davvero Coki, e spero vivamente di leggere ancora dei tuoi commenti. Un bacione carissima!^^

Ebbene vi lascio, mella speranza di riuscire a raccimolare qualche commentuccio anche da coloro che si sono "persi per strada" e dalle 16 persone che hanno inserito questa storia tra i preferiti e le seguite * Faccina speranzosa*.

Intanto vi saluto.
Un bacione a tutti quanti e ancora grazie^^

Laura

 


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Capitolo 8
*** Chapter 7. ***


Chapter 7.
7.


“Joe!” la voce che lo stava chiamando proveniva da poco distante ed era una voce che durante gli ultimi mesi aveva sentito solo di rado per telefono
Certo,di voci di bimbi ne aveva ascoltate tante in quel periodo.
Voci splendide, magiche, appartenenti a piccoli angeli che avrebbe portato sempre nel cuore.

Ma quel bambino era speciale e la sua voce, si disse, la sua voce gli era mancata da morire.
Perché era suo fratello.
“Frankie!”
Joseph accolse con un sorriso allegro il ragazzino che si precipitò a raggiungerlo seguito a breve distanza da altre quattro figure.
Mentre sia lui, sia Shaun, lo esaminavano, si accorse che era cresciuto parecchio: aveva tagliato nuovamente i capelli e perfino i lineamenti sembravano cambiati: erano più adulti.
“Ben tornato fratellone!” fece per stringergli la mano quando Joe lo afferrò per lo stomaco e lo prese in braccio con facilità.
“Non te la caverai con una sola stretta di mano dopo due mesi che non ti vedo,piccolo Nano malefico!” lo prese in giro strofinandogli un pugno sulla testa mentre il bambino si dimenava ridacchiando.

Shaun li osservò giocare pensieroso ed un po’ intimidito da tutto quel calore che il suo neo-papà rivolgeva a quell’altro bambino.

“Ehilà fratello!” Kevin gli avvolse un braccio attorno alle spalle e Nicholas fece altrettanto dall’altro lato.
“Ehilà a voi fratelli!Vi sono mancato eh?” Nicholas fece spallucce.
“Più che altro, ci è mancato l’idilliaco suono del tamburello!” lo prese in giro prima di stritolarlo in un portentoso abbraccio fraterno aiutato dal primogenito.
“Prova a partire un’altra volta così a lungo e ti strangolo vivo!”
“E io ti cucino per le feste!” intervenne Kevin scompigliandogli i capelli con aria allegra.
“Per quali feste?”
“Uhm non lo so, Natale, Capodanno,San Valentino, scegli tu…”

Il sorriso di Joseph si gelò sulle labbra, quando il suo sguardo individuò le figure dei suoi genitori avvicinarsi con aria perplessa al piccolo Shaun.

“E tu chi sei piccolino?” domandò Denise con espressione indecifrabile accarezzando la testolina scura del bimbo.
Paul concesse un’occhiata severa al suo secondogenito e Joseph rabbrividì: perfettamente consapevole che lui aveva capito.
“Mamma, papà, fratelli…”
Lo sguardo di Joe si depositò tremulo prima sul padre, poi sulla madre i quali occhi si erano sollevato a puntare dritti contro quelli di lui: erano lucidi.
Improvvisamente il suo coraggio venne meno ed il cuore prese a battere ad una velocità inverosimile disegnando farfalle in ogni meandro del suo petto.
Ma poi la manina di Shaun si insinuò esile e delicata all’interno della sua e la strinse con forza, ricordandogli tutte le emozioni che in quei due mesi aveva raccolto e conservato, scavando tra i desolanti resti di un Paese in rovina.

Per quei due mesi Haiti era stata la sua casa. Gli aveva concesso cose che molto spesso tutti i soldi e la salute di questo mondo non possono comprare: gli aveva concesso amore. Amore, tenerezza, amicizia, solidarietà.


Se adesso tornava a casa con il cuore colmo di gioia, era perché Haiti gli aveva donato la consapevolezza di quello che talvolta il più piccolo dei sorrisi può fare.

E c’era un altro dono, più grande. Il regalo più bello che Joseph avesse mai ricevuto.
Ed era proprio lì a fianco a lui.

Joe have Shaun
“Vorrei presentarvi una persona speciale. Un ometto che ha rallegrato le mie giornate e quelle di molte altre persone con il suono della sua,della nostra chitarra. Non è vero Pulce?”
Shaun rise ancora una volta sotto lo sguardo confuso dei presenti, che il piccolo non sapeva, avrebbero riempito presto un secondo cartellone intitolato “Family”.

“Shaun resta con me.” Aggiunse il giovane con espressione tesa accarezzando il capo del bambino che annuì serio, a confermare le parole di Joseph.

“Shaun, questa è la mia mamma, Denise. E lui è mio padre, Kevin. E loro sono i miei fratelli.” Indicò ciascun membro della famiglia facendo bene attenzione a pronunciare le parole accompagnate dal rispettivo gesto.

“Famiglia Joe?” Shaun osservò con espressione interrogativa il ragazzo e poi, stranamente il suo sguardo cadde a combaciare con quello di Denise.

Il volto della donna era rigato di lacrime, lacrime che per Joe erano una speranza ed un tormento.
Nessuno dei presenti ancora aveva espresso alcuna opinione a proposito di quel piccolo ometto la cui mano giaceva ben serrata attorno alla sua. Ed il silenzio era ben più duro che un qualsiasi rimprovero.

Shaun lanciò un’ultima occhiata a Joe, dopodiché sfilò delicatamente la sua manina da quella del giovane e fece timidamente un passo verso Denise che lo osservò in tralice.
“Mamma Joe ciao. Io Shaun.” Mormorò con voce sottile, docile, indicando sé stesso mentre pronunciava il suo nome.
La donna sollevò il capo, mentre piccole gocce di rugiada scivolavano lente lungo le sue gote.
D’un tratto una manina bruna interruppe il tragitto di quelle lacrime adagiandosi morbida sul suo viso.
“Mamma Joe triste perché mancava Joe?” domandò con espressione interrogativa continuando ad accarezzare il volto della donna.

Fu in quel momento che successe.
Un attimo prima, Shaun inclinava il capo verso destra turbato dalla pioggia cristallina che pioveva dagli occhi di Denise, e l’attimo dopo il bimbo giaceva avvolto da un teporoso e morbido abbraccio materno.
“Sei un bambino bellissimo.” Mormorò commossa, mentre Shaun si lasciava stringere, il volto affondato nella sua spalla.
Le mani di Denise accarezzarono con tenerezza quel corpicino magro, ma sano ed indugiarono con sorpresa sulla felpa bianca allacciata al collo del bambino, che riconobbe facilmente: la felpa di suo figlio.
Volse lo sguardo verso l’alto e Joseph era lì. Sorrideva, leggermente impaurito forse, ma nel suo sguardo riluceva una luce speciale: in quegli occhi, la donna lesse l’amore.
E a Denise quello bastò.

Joseph si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo,quando la mano di Paul Kevin senior si depositò con energia sulla sua spalla ed i suoi gli occhi sorrisero orgogliosi.
“Ho fatto la cosa giusta?” domandò il ragazzo con un briciolo di imbarazzo osservando Shaun discorrere vivacemente con sua madre ed un incuriosito Frankie avvicinarsi ai due con calcolata lentezza.
Suo padre lo squadrò sorridendo con aria misteriosa.
“Forse sì, forse no.” Pronunciò lasciandolo interdetto, mentre anche Kevin e Nicholas si avvicinavano a Shaun che stava ridacchiando allegramente in compagnia della nonna.
“Ma vedi figliolo ,certe volte il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato non ci viene mostrato ben delineato come noi ce lo siamo aspettati.” Spiegò posandogli un braccio attorno alle spalle ed osservando la sua famiglia circondare un piccoletto bruno dall’aria vivace e gli occhietti vispi.
“Ed è allora che entra in gioco questo.” Aggiunse appoggiando la mano sul petto del figlio.
“Cuore.” Fu una cosa istintiva. Dopo due mesi di comunicazione a gesti, la parola sfuggì come trascinata dalle dita del padre adagiate sul suo petto.

“Esatto ragazzo mio.” Kevin annuì con espressione soddisfatta.
“è comunque, se vuoi il mio parere…” aggiunse sistemandosi il colletto della camicia ed osservando Denise ridere come una bambina con Shaun tra le braccia.
“La mia risposta è sì. Hai fatto la cosa giusta.” Fece per dargli un’altra pacca sulla spalla, ma poi ci ripensò.
Sfiorò il capo bruno del figlio con un bacio e si diresse canticchiando in direzione dei suoi familiari.
Joseph rimase immobile ancora per qualche istante, osservando i suoi genitori interagire con il piccolo Shaun.
Il bambino sembrava essere a suo agio con la nuova famiglia e Joseph non poté che avvertire un minuscolo sassolino scivolare via dal suo petto.
“E così mi sono sbagliato.” Nicholas sorrise con fare malandrino e gli posò un braccio attorno alle spalle.
“Chi l’avrebbe mai detto che il mio primo nipotino sarebbe stato figlio tuo?”
“Ehy con calma fratellino. Le mie bambine dovrebbero nascere fra pochi mesi. Tecnicamente le prime nipotine saranno loro due.” Kevin li raggiunse sorridendo soddisfatto.
“Come sta Danielle?” domandò Joseph avvertendo uno strano tepore avvolgerlo con delicatezza: era bello avere dei fratelli.
“Oh sta che è una meraviglia. Si è molto gonfiata dall’ultima volta che l’hai vista sai?” dichiarò il primogenito sorridendo apertamente e cingendo l’altra spalla di Joe.
“Pensavo che magari uno di questi giorni, potremo far conoscere Shaun alle future gemelle Jonas.”
“Con calma papà Kevin.” Lo smontò immediatamente Nicholas.
“ Il mio nipotino avrà sicuramente voglia di fare un giro per lo stage prima di qualsiasi altra questione familiare. Chi lo sa, magari ha del potenziale.”
“Però forse il mio nipotino non ha voglia di diventare un musicista…”
“Ah errore per Kevin!Lui suona la chitarra!Tecnicamente è già un musicista..”
“Certo,però magari ..”
“Ragazzi!” con un sorriso stanco, ma sereno, Joseph interruppe la discussione fra neo-zii.
“Sì, papà Joey?” Kevin canticchiò dandogli una gomitata scherzosa.
Joseph scosse il capo rassegnato.
“Grazie.” Mormorò lasciando scorrere lo sguardo dall’ uno all’altro.
“Grazie. Davvero.”
Nick gli diede una pacca sulla spalla.
“è di che Bro? Quello che hai fatto è meraviglioso.”
Kevin annuì vistosamente.
“Proprio così Bro. Sono davvero,davvero orgoglioso di te. Abbraccio di gruppo?” propose allargando le braccia.
Sbuffando, ma solo per mantenere le apparenze, Joe e Nick si insinuarono nell’abbraccio del fratello ridacchiando sommessamente quando quel mattacchione di Joseph cercò di farli precipitare tutti a terra.

Dopo un minuto buono di abbraccio, il secondogenito sgusciò via dalle grinfie di Kevin e raggiunse i genitori ed i due bambini che nel frattempo stavano facendo conoscenza.
“Quanti anni hai?” cercava di domandare Frankie a Shaun che scuoteva il capo confuso, non riuscendo a comprendere.
“Ne ha sei. Li ha compiuti il mese scorso.” Spiegò Joseph raggiungendoli sorridendo, lo sguardo rilucente di gioia.
Shaun si precipitò a stringergli la mano e Joe lo prese in braccio con facilità, permettendo al piccolo di avvolgere le proprie braccia attorno al suo collo.
“Joseph Adam.” Denise si avvicinò a lui e rivolse al suo secondogenito un’occhiata colma di amore misto ad orgoglio.
“Voglio che ti sappia di quanto mi hai resa orgogliosa affrontando quello che hai accettato di affrontare. E non sto parlando di…” si interruppe per accarezzare il capo del piccolo Shaun che coccolava Joseph con dolcezza.
“Di questo meraviglioso bambino, ma di tutto. Questi due mesi sono stati preziosi per entrambi, per me e per te. Per te perché ne sono sicura, ti hanno permesso di conoscere e di amare una terra scossa dalle disgrazie: disgrazie che l’hanno percorsa e continuano a percorrerla da anni. Tu hai saputo offrire qualcosa di te a quelle terre e loro ti hanno ringraziato, permettendoti di serbarle nel cuore.” Si interruppe osservando con tenerezza il piccolo Shaun che aveva preso a giocherellare con le mani del suo Joe.
“Sono stati preziosi per me, perché grazie a questi mesi mi sono potuta rendere conto di quanto tu sia cresciuto e maturato. E di qualche persona splendida tu sia diventata, non solo grazie a me e a tuo padre.
Ma anche grazie a te stesso. Per questo, sono sicura che tu e Shaun ve la caverete alla grande.” Aggiunse con un sorriso accarezzando la testolina di Shaun con dolcezza.
“Non sarà facile,certo che no. Ma ce la farete. Ce la faremo tutti assieme.”
“Grazie mamma.” Joseph strinse a sé la madre,quella donna che nonostante tutto, era sempre lì a sostenerlo, giorno dopo giorno,anno dopo anno.
“Sei un angelo lo sai?” Denise scoccò un bacio sulla guancia del figlio e contemplò il visetto vispo del piccolo Shaun sorridendo intenerita.
“Sei una benedizione per questo bambino.”
Joe scosse il capo con fermezza.
“è lui l’angelo.” La contraddisse porgendo una mano bimbo che la accettò con un sorriso carico di spensieratezza.
“è lui la mia benedizione.”


Note dell'autrice.

Penultimo capitolo completato. Ahy siamo ormai giunti alla conclusione.. L'ultimo capitolo è vicino, vicino, incredibilmente vicino. Da un lato non vedo davvero l'ora che lo leggiate, perchè sarà un po' particolare.
Dall'altro beh, mi mancherete. Mi mancheranno Joe e Shaun.
Ma per i discorsi lacrimevoli attendiamo l'ultimo capitolo che arriverà la prossima settimana. Per il giorno, dipende dalle recensioni: più saranno e meno dovrete aspettare^^

Siete meravigliosi  come sempre!Ma passiamo a ringraziarvi uno per uno:

Ringraziamenti:

Benny:
 Tesoroo!Sei troppo tenera! Purtroppo siamo già al penultimo capitolo, ma ho un paio di progetti in programma sempre su Shaun che spero riuscirò a realizzare. Non sai quanto mi ha fatto piacere leggere che questa è una delle tue fan fiction preferite. Spero di non deluderti!A presto cara ^^Un bacione!

Maggie_Lullaby: Tu riesci sempre a farmi venire gli occhi a cuoricione! Ed eccoti la reazione della famiglia di fronte alla decisione del nostro Joe. Tra l'altro mi sento onorata del fatto che tu abbia deciso di far leggere questa storia a tua mamma *.* Lo sai che ho fatto lo stesso con la mia? Sì è commossa al pezzo di Denise, perchè si è immaginata me che le portavo a casa un bimbo come Shaun. E grazie per aver commentato anche la storia dei due Nicholas *.* Per rispondere alle tue domande, sì, può essere che pubblicherò qualcosa di nuovo dopo Amazing, ma bisogna vedere come va con la scuola. Sì, Joe sa che Junior è figlio di Nick, perchè è successo prima che lui e Haley si sposassero. Ed in quanto al banner, uso un programma che si chiama photo filtre. Te lo consiglio, perchè è piuttosto facile da usare. A presto tesoro!Un bacione.

Cokina: Awww tenera tu che mi hai mandato un commento doppio. Hai visto che ho aggiornato? Appena mel'hai detto ^^Purtroppo ho il vizio di non postare mai a troppa poca distanza. Ma davvero venivi a controllare così spesso? Che dolce! In questo caso, spero vivamente che questo capitolo abbia placato la tua curiosità!Un abbraccio e a presto!

Nes95: Buondì!Ed ecco scoperto come l'ha presa la famiglia di Joe. E pare che Shaun abbia riscosso parecchio successo, specie dai due zii più grandi. Tesoro grazie per essere passata anche da Comatose, davvero tengo moltissimo a quella serie di racconti e ti annuncio che sto preparando un'altra one-shot sempre incentrato su Haley e Nick.  A presto!Un bacione!

Bennyaries: Grazie mille per i complimenti casa,sul serio. L'idea del posto a sedere è nata per proprio per caso, ma molto spesso le cose che non si preparano sono le migliori. Un bacione, a presto^^

Star711: Uuuh rieccoti!Che bello, non sai quanto mi fa piacere ricevere un altro tuo commento!^^ Proprio come avevi predetto tu è impossibile non amare un bimbo dolce come Shaun. Ed infatti la sua neo-famiglia sembra non avere occhi che per quel piccoletto.
Grazie ancora e a presto!Un bacione^^

Ebbene, siamo giunti alla fine!Colgo l'occasione per ringraziare le persone che hanno recentemente aggiunto questa storia fra i preferiti e le seguite. Più l'epilogo si avvicina e meno ho la speranza di scoprire che cosa ne pensate di Amazing, ma chi lo sa. Magari c'è ancora qualche possibilità.

Vi adoro! A presto!

Laura

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Capitolo 9
*** Chapter 8. ***


Chapter 7.
8.
I hope you wish on every star
I hope you never fall too far
I hope this world can see how wonderful you are


“Hai preso tutto?”
La voce rimbalzò lungo I gradini d’ingresso mescolandosi al canticchiare concitato di un bimbetto che saltellava accanto a un cumulo di valige.
“Credo di sì.”
Il giovane che aveva parlato aveva grandi occhi nocciola ed un sorriso aguzzo, sghembo.
Diede un’occhiata al bambino che giocava con le valige e lo accarezzò con lo sguardo, prima di rivolgere la sua attenzione ad un tremulo sole che sonnecchiava tiepido, semi-riparato dalle fronde degli alberi.
“Sicuro di non aver dimenticato niente?” la donna si avvicinò al giovane e lo scrutò con aria assorta. Nei suoi occhi era appena percepibile una leggera ombra di apprensione.
“Shaun…” la voce era docile e lieve, simile al tocco di una carezza.
“Va tutto bene mamma.” Il ragazzo dagli occhi nocciola le prese la mano e sorrise con dolcezza, mentre altre due figure, quella di un uomo e di una ragazzina bionda, scendevano i gradini d’ingresso semi-illuminati dalla luce tenue del tramonto.
“Tornerò presto, vedrai.”
“Te ne vai senza di me!” la bambina era ormai a pochi passi di distanza dal giovane.
Chiara lasciò oscillare i codini a destra e sinistra portando le braccia al petto con espressione offesa.
Shaun sorrise con fare divertito scompigliando la frangetta della sorellina minore.
“Ti telefonerò tutte le sere. Promesso piccola.”
La bambina distolse lo sguardo, lasciandosi catturare dal ritmico TUM TUM emesso dai piedini del bimbo che saltava, le braccia avvolte con energia attorno al peluche che stringeva tra le braccia.
“Chiara..” Shaun richiamò la sua attenzione e si inginocchiò di fronte a lei, mentre la piccola rivolgeva gli occhioni blu verso di lui, simili ad aggraziate gocce di rugiada.
“Lo so che in questo momento sei arrabbiata. Ma devi capire che il viaggio che sto per fare ha un grande significato per me. Lo sai dove sto andando?”
Chiara lanciò un’occhiata incerta in direzione dei genitori.
Lentamente annuì.
“Stai andando nel paese dove sei nato.” Mormorò la piccola tirando su con il naso ed appoggiandosi al fianco del padre che strinse la minuscola manina della figlia, accarezzandone il dorso con il pollice.
Shaun sorrise e la fievole luce del tramonto parve incastonarsi nel candore della sua dentatura.
“Esatto Chiara. Nel paese dove sono nato. Si chiama Haiti. Io e papà ci siamo conosciuti lì tanti anni fa. Prima che tu e Xander nasceste. E adesso ci devo tornare. È il mio cuore che me lo chiede. Lo capisci?”
Domandò dolcemente sfiorando la punta del nasino di Chiara con tenerezza.
A malincuore la bimba annuì.
“Ad Haiti…” Shaun si interruppe per un attimo.
Le iridi nocciola andarono a combaciare con un altro paio di occhi incredibilmente simile ai suoi.
Gli occhi di suo padre.
“Ad Haiti ci sono tanti bambini poveri e soli. Non hanno una mamma, né un papà e sicuramente hanno molta, molta paura. Noi siamo stati fortunati.” Aggiunse lanciando un’occhiata in direzione dei suoi genitori e sorridendo con lo sguardo.
“Io e te abbiamo una mamma, un papà ed un fratellino che ci vogliono tanto bene. Ma loro no Chiara. Loro sono soli. Però forse posso fare qualcosa io per quei bimbi. Posso andare a regalare un po’ di amore a quei bambini. Così …”
Sorrise e nel suo cuore avvertì il melodioso arpeggio di una chitarra e le tinte color pastello di un cartellone.
“Così come è successo a me.” Concluse accarezzando con dolcezza la testolina bionda della sorellina.
Chiara si fissò le punte dei piedi in silenzio, mentre lacrime gemelle sgorgarono dai suoi occhi di rugiada.

“Shaun…” mormorò improvvisamente con voce fievole.

“Prendi..” rimirò con attenzione il suo lupacchiotto di peluche, lo baciò sul musetto e lo depose fra le braccia del fratello maggiore.
“Prendi Mr Provolo. Così lo puoi imprestare a un bambino se è solo. Perché io non voglio che un altro bambino è impaurito.” Le piccole labbra tremarono leggermente al pronunciare quelle parole.

Shaun le sorrise con dolcezza prima di depositare un bacio sulla fronte di Chiara.

“Facciamo così.”

Improvvisamente si sollevò. Una mano scivolò bruna lungo un lembo della sua felpa ed il giovanotto se la sfilò, porgendola alla sorellina.

“Questa felpa è speciale per me. Ha significato tutto quando ero piccolo ed avevo più o meno la tua età. Questa felpa mi ha fatto sentire coccolato, amato. Sempre al caldo e mai solo. Voglio che la tenga tu.”
Aggiunse con dolcezza annodando le maniche bianche al collo della bambina.
“Così sarà come se fossi io a stringerti. Va bene sorellina?”

Chiara singhiozzò. Abbandonò la manina del padre e si gettò tra le braccia del fratello maggiore.
“Torni presto Shaun? Torni presto vero?” mormorò tra le lacrime mentre Shaun la stringeva con tenerezza.

“Più presto di quanto immagini. Te lo prometto.”

“Saun!” il bimbo che saltava decise finalmente di avvicinarsi al resto della famiglia.

“Ehy fratellino!” Shaun tese le braccia e sollevò il fratellino minore con facilità.
Xander era un piccoletto dal visetto ridente ed i capelli corvini: gli occhi erano nocciola, lo stesso identico taglio di quelli del padre.

Lo stesso di Shaun.

“Saun voio bene io!” commentò il piccolo stampando un bacio sulla guancia del fratello e ridendo gioioso.
“Anche io te ne voglio Pulce.” commentò strofinando il naso contro quello del piccolo, facendolo ridere.

Coccolò il bimbo ancora per qualche istante, accarezzando con lo sguardo i volti dei presenti, lottando con una leggera fitta di malinconia che gli martellava in petto con insistenza.

Ma sapeva, che stava facendo la cosa giusta.

“Il taxi è arrivato tesoro.”
Sua madre gli riservò un’occhiata satura di affetto e tenerezza, prima di prendere per mano i suoi figli minori e dirigersi verso le valige.

“Posso aiutarti con le valige mamma?”
“Acche io mamma!Acche io!”

Lo sguardo di Shaun inseguì le tre figure allontanarsi, mentre le ombre dei suoi familiari tinteggiavano immagini distorte sul marciapiede.

“Ehy.”
Erano rimasti loro due: due paia di occhi scuri che si cercano e si incontrano rischiarati dalla lucentezza del tramonto.

Lo sguardo di un padre, lo sguardo di un figlio.
Joe e Shaun.

“Sei pronto per partire?”
Joseph sorrise.
Un sorriso sghembo, malandrino. Il sorriso che aveva conquistato il cuore di sua moglie, facendolo battere come un tamburo.

Quel sorriso, piaceva molto anche a Shaun.
Lo sapeva, quel ragazzo, che anche le sue labbra si inarcavano alla stessa maniera?


“Sono pronto papà.”
La parola papà risuonò candida e ben scandita sovrastando il vociare concitato dei suoi fratellini ed il chiacchierio sommesso della madre con il taxista.

“Forse sono pronto da sempre.”

Joseph annuì lentamente.
Con le mani in tasca e lo sguardo assorto, impenetrabile ma vispo, ricordava quasi il Joe ragazzo, quello che aveva conosciuto una gelida mattina di quattordici anni prima.

Lui, uno sperduto bambino senza più madre, né speranza.
Joseph,il suo Joe, un giovanotto che pronunciava parole dal suono buffo ed indossava una felpa bianca.

Era questo il ricordo di lui che il ragazzo serbava nel cuore.

Questo ed il primo sorriso che gli aveva rivolto. Screpolato, tremulo, ma vero.

“Mi chiamerai, non è vero?”
Il padre rimirò con calcolata ammirazione lo sguardo nitido e determinato del figlio, soffermandosi sui lineamenti vigorosi e marcati; riconoscendo in quei tratti il volto di un giovane uomo.

Non più un bimbo debole e sperduto, ma un meraviglioso principe.

“Non appena arriverò a Port-Au-Prince. Promesso.”

La voce di Shaun era malinconica e rassicurante al tempo stesso.
Matura, ma rischiarata da una nota cristallina che sottolineava sprazzi di purezza e candore.

E un’innocenza che quel giovane uomo aveva conservato in un angolo del suo cuore.
La tenerezza che l’aveva avvicinato a lui.

“Vieni qui. Pulce.”
L’ultima parola venne accolta da un risolino limpido del giovane che si strinse nelle spalle e si lasciò accogliere dal tiepido abbraccio del padre.

Shaun rimase immobile per qualche istante ad assaporare il calore emanato dalle sue braccia vigorose e da quel cuore che scandiva i propri battiti ad un ritmo lento e regolare, dirigendo l’eco dei suoi respiri.

Era dolce,quell’abbraccio.

“Te la ricordi Shaun?” lo sguardo di Joseph indugiò, per un attimo distante, adagiato tra le rovine di un Paese lontano.

“Haiti.”

Shaun sorrise ed il sorriso sghembo plasmò il proprio riflesso incastonato tra le labbra del padre.


Shaun e Joe erano molto diversi:
Erano la notte e il giorno.
Il padre e il figlio.
Il salvatore ed il salvato.

Ma erano anche simili.
Lo dimostravano quegli occhi dal taglio così particolare. Quello sguardo sognante tempestato di sprazzi luminosi.

E quel sorriso: perché quando si ama tanto qualcuno, è così semplice raccogliere un pezzo di quella persona e custodirlo dentro di sé, in un frammento di anima.

E Shaun aveva rubato il suo sorriso.

Il sorriso di Joseph.

“Certo che me la ricordo papà.”
Si separò dall’abbraccio del padre e fece un passo indietro per lasciar coincidere le iridi gemelle.

“Ricordo ogni più piccolo dettaglio della mia infanzia,anche se alcuni sono sfumati, opachi. Come polverosi.”

Inclinò leggermente il capo verso destra ed individuò con un sorriso i giochi infantili di Chiara e Xander che si rincorrevano poco distante, inseguiti dallo sguardo vigile della madre.

“Mi ricordo della mamma.” Dichiarò infine lasciando che il suo sguardo ritornasse ad incrociare quello di Joseph, mentre la testa si riempiva di piccoli fiotti di immagini.

“Di Zhara.Della sua voce docile e delicata. Del suo sorriso di vetro soffiato. E dei miei fratellini.”
Aggiunse in tono tenero, quasi paterno.

“E mi ricordo di noi.” Riprese allungando una mano verso le nocche abbronzate del padre.

“Di me e di te, papà. Del giorno che ci siamo conosciuti. Di come ho avuto paura, salvo poi ricredermi,quando la tua mano ha afferrato la mia.”

Ripeté lo stesso gesto, sorridendo con dolcezza.
Joseph avvertì un leggero tremolio nel profondo, dentro l’anima, al rivivere quei momenti che gli erano penetrati in un angolo del cuore, ma rimasti immobili per così a lungo.

“Non tel’ho mai detto papà.” Shaun riprese il suo discorso individuando distratto il ridondare delle campane.

“Pensavo fossi un angelo. E che ti aveva mandato la mamma. Per cercarmi.”

Sprazzi di luce simile a minuscole stelle brillarono incastonati fra le iridi nocciola del giovane di Haiti.

I suoi occhi rilucevano in quelli del padre, catturandoli.

“Shaun.” Joseph scosse il capo lentamente, mentre una lacrima, un’unica e sottile gemma di rugiada scivolava limpida lungo il profilo del suo naso.

Shaun sorrise.

“Porterò ad Haiti i tuoi saluti.” Aggiunse allentando la presa sulla mano del padre ed osservandolo, impacciato.

“La nostra Haiti.”

Joseph incrociò lo sguardo del figlio ed accolse con affetto l’aura fiera,ma mite al tempo stesso contenuta nel suo sguardo.

“Io ci conto.” Il padre adagiò una mano sulla spalla del figlio e si batté un pugno sul petto, ammiccando.

“Dille che io l’ho sempre portata qui.” Aggiunse sfiorandosi il cuore con i polpastrelli.

“E ringraziala…” aggiunse rivelando un sorriso sghembo, ma terso di sensazioni che a Shaun parvero meravigliose, ma impossibili da districare.

“Per avermi donato uno dei suoi figli.” Sfiorò il volto del giovane con un buffetto scherzoso.

Le due paia di occhi si incrociarono e dal cozzare degli sguardi ebbe origine una risata, pura e sincera: ridevano ancora per un nonnulla i nostri Shaun e Joe.

“Ti voglio bene papà.”
Un ultimo abbraccio. Le lancette sull’orologio del campanile si spinsero ancora di qualche millimetro ad indicare che era giunto il momento di andare.

“Grazie per avermi salvato.”

Joseph accolse l’abbraccio del figlio con orgoglio ed un leggero fastidio dalle parti del cuore: lasciar partire un figlio non è poi così semplice.

“Grazie a te figliolo.” Le parole rifluirono docili e scivolarono languide in balia di un sottile alito di vento

“Grazie a te.”

Dieci minuti più tardi, una famiglia era raccolta ai margini di un marciapiede sventolando mani e nascondendo lacrime, mentre il taxi si allontanava con a bordo un ragazzo, un figlio e un fratello.

“Se la caverà non è vero?” la madre sospirò e sorrise debolmente, mentre il capo si adagiava rassegnato sulla spalla dell’uomo alla sua destra.

Joseph accarezzò la chioma chiara della moglie con dolcezza, lo sguardo rapito dalle corse dei suoi figli più piccoli che avevano preso a rincorrere il taxi: senza più lacrime, ma solo spensierate risate, agitavano le braccia in segno di saluto
“Certo. Che se la caverà.” Sorrise e la felpa bianca che circondava le spalle di Chiara attirò la sua attenzione, riportandolo a pensieri che coincidevano con vocaboli in francese e manine piccole: manine color cioccolato.

“ Perché è meraviglioso.”

Le campane rintoccarono una seconda volta e le sfumature rosee del cielo vennero assorbite dall’inchiostro blu della notte che la luna sta incominciando a versare.

“Lo è davvero.”

Come il flashback di qualcosa che si era manifestato in passato e che stava per tornare, a quasi quattordici anni di distanza, un aereo viaggiava rapido contornato di nuvole candide.

Il veicolo scivolava agile in un cielo trapuntato di stelle, trasportando il frutto di un Paese in rovina, ma che grazie all’amore era riuscito a rinascere.

Era il germoglio che cura e pazienza, attenzioni ed affetto avevano aiutato a fiorire,a maturare, a vivere.

Era un ragazzo dallo sguardo assorto e le iridi nocciola che brillavano, avvolto dal rassicurante ronzio di un paio di cuffie.

Era Shaun:il miracolo di Haiti.

You're so amazing you shine like the stars
You're so amazing the beauty you are
You came blazing right into my heart
You're so amazing
You are


Ringraziamenti.

Ci siamo.
È finita.
Non riesco ancora crederci.
Otto capitoli sono pochi per potersi permettere di considerare Amazing una vera e propria storia.
Tuttavia non posso evitare di avvertire una sorta di stretta allo stomaco nel dover salutare i miei personaggi. Shaun e Joe.
Shaun ha letteralmente rapito il mio cuore fin dalla sua prima comparsa. Mentre la sua immagine prendeva forma nella mia testa non ho potuto fare altro che sorridere, intenerirmi,commuovermi,provare compassione. Perché per me Shaun rappresenta tutti quei bambini che non hanno un posto dove andare ed una persona che si prenda cura di loro. Non solo i bimbi di Haiti. Non solo le piccole vittime di quella terribile tragedia.
E Joe, Joe è il lato opposto della medaglia. Rappresenta quelle splendide persone che ogni giorno sacrificano parte delle loro vite per occuparsi delle persone che hanno bisogno di aiuto. Ottenendo in cambio amore. L’amore vale molto di più del tempo e loro lo hanno capito.

So che Shaun mi mancherà. E sembrerà stupido, ma ora so che sta bene. Che ècresciuto, grazie all’affetto dei suoi genitori. Che ha di nuovo una famiglia, due fratellini minori , una casa meravigliosa ed un sorriso altrettanto splendido.
E se il cammino di Joe e Shaun è giunto alla sua conclusione devo ringraziare voi.
Voi che avete letto e commentato questa storia,facendomi tornare il buon umore ogni volta che postavo e leggevo le vostre risposte.
Perciò grazie mille a tutti voi.

Ed infine il grazie più importante di tutti.

Grazie a Joe e a Shaun. I miracoli di Haiti.
E ad Haiti stessa. Per avermi donato questa storia.
Nella speranza che il suo fragile cuore ricominci presto a battere.


Ringraziamenti singoli:

Benny:
Tu sei sempre la prima a commentare!Mi piace troppo questa cosa!
Grazie ancora Benny. Per tutti i complimenti e per l'esserti emozionata leggendo di Shaun e Joe. Loro sì, mi mancheranno, ma mi mancheranno anche i vostri commenti. Spero che questo ultimo capitolo non ti abbia deluso.
Un bacione bella!

Nes95:  Tesoro!Grazie davvero! Spero che questo finale ti sia piaciuto. Ma non vi libererete troppo facilmente di me. Anzi, annuncio che ho già pronta una one shot che ha ha che fare con amazing e prima o poi la pubblicherò. Grazie ancora tanto per avermi seguita!Un bacione grande!

Star711: Ebbene sì siamo arrivati all'ultimo capitolo. La famiglia Jonas non poteva non affezionarsi subito al piccolo Shaun. Dopotutto è un ometto speciale ^^ Tesoro non ti preoccupare, sposta pure la storia nell'altra categoria. Tra l'altro efp è stato aggiornato e ora tra le mie opzioni è anche possibile vedere quali sono le storie da ricordare. Ti ringrazio ancora! Un bacione

PeggiuZ: Uh ciao Peggy! Mi ricordo dei tuoi commenti sul forum!Beh ti ringrazio davvero tanto per aver commentato anche qui!Io sono una persona che ci tiene davvero molto alle recensioni (ed infatti rompo sempre le scatole), perchè mi fanno un piacere immenso. Ed eccoti l'ultimo capitolo nella speranza che sia di tuo gradimento. Un bacione!

Bennyaries: Mi hai fatto arrossire. Sei troppo gentile, io ti ringrazio davvero tanto! Eggià, siamo arrivati all'ultimo capitolo. Tuttavia ho in serbo una piccola one shot un po' particolare che ha a che fare con Amazing e la pubblicherò più avanti nella speranza che vi piaccia. U n bacione cara e ancora grazie!

Futurestar: Laylaaaaaa!Ma che bella sorpresa!Anche tu qui! Il tuo commento è niente affatto inutile, perchè io li adoro i commenti U.U Quasi quanto adoro Shaun ( ribadisco quasi). Shaun mi manca già!Anche se amo la raccolta nuova (che fra parentesi ho continuato) ,ma non è la stessa cosa. Ti saluto cara!Noi ci sentiamo sul forum (P.S. Ho letto la tua one-shot. Che tenera <3).

Cokina: Tesoro so che è tardi, ma ho pubblicato più presto che ho potuto. Purtroppo la scuola è una brutta bestia, specie quest'anno e mi tiene distante da "Word" e Efp. Ed eccoci finalmente al termine di questa storia. Spero che l'epilogo non ti abbia deluso. Un bacione Coki!

Maggie_Lullaby: Eccoti tesoro!^^  Non ti preoccupare per il ritardo, ti capisco fin troppo bene. La scuola è una palla al piede... Brutta brutta palla al piede!Ma torniamo a noi! c E così tua madre ha davvero iniziato a leggerla? La cosa mi onora davvero tanto! Spero davvero che continuerà a piacerle, perchè (ormai si è capito), a Shaun e a questa storia sono davvero tanto affezionata. Non tanto come fan fiction, più per quello che mi evoca.
A presto tesoro e ancora grazie!Un bacione

Ultimo goal per me. Dato che siamo ormai giunti all'epilogo, mi piacerebbe davvero tanto trovare un commento di tutti coloro che sono arrivati fino a qui. Che hanno concluso questo percorso assieme a Shaun e Joe. Anche solo una frase o due, giusto per sapere cosa vi è piaciuto o cosa no. Ci tengo molto <3

Nel frattempo vi ringrazio ancora.

Alla prossima storia!
Laura

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