Non potevo ignorare questa storia.
A voi farà pur schifo, ma vi
stupirete se vi dico che è quella di cui vado più fiera.
Semplicemente ho voluto dare un poi
al tutto.
..Buon sangue non mente..
A quei legami indissolubili.
Che rendono la vita meno monotona.
A quelle persone indimenticabili.
Che con la loro presenza ci hanno segnati.
Ai nemici, Specialmente.
Perchè danno la forza di non arrendersi MAI!
La sala comune dei Grifondoro non era mai stata così
affollata come quella sera.
Lily Evans camminava avanti e indietro al ritratto della signora grassa
mentre si torceva le mani sudaticce, era nervosa, lo si vedeva lontano un
chilometro e non era l’unica ad esserlo.
La sala comune era un accorarsi di bisbigli e di gridolini
soffocati, mentre continue occhiate allarmate scattavano alle spalle della
Caposcuola al minimo rumore.
Remus era seduto su una delle poltrone vicino al caminetto,
il busto puntato verso terra e i le mani affusolate sulle ginocchia, mentre
Minus in piedi di fianco a lui torturava con le dita le rifiniture della
poltrona staccando filetti di tessuto rosso con le mani tozze mentre oscillava
il peso da una gamba all’altra.
Lily sospirò per darsi contegno, in fondo lei era la Caposcuola, doveva dare
il buon esempio, anche se in un momento come quello era l’ultimo dei suoi
problemi, infondo la questione era di vitale importanza.
Un cigolio sinistro sembrò zittire tutti, facendo trattenere
il fiato ai Grifoni nella sala, poi nello stesso momento in cui due sagome
entrarono dal ritratto il chiacchiericcio aumentò e la preoccupazione si
ridestò con maggiore intensità.
La Evans
lanciò un gridolino allarmata facendosi da parte per fare passare i tanto
attesi compagni.
Remus che nello stesso istante che aveva sentito il rumore
era scattato in piedi come una molla con solo due falcate aveva raggiunto gli
amici e con sguardo serio aveva esortato loro di informargli.
Potter e Black si guardarono negli occhi come a voler darsi
coraggio a vicenda.
James sospirò lanciando uno sguardo di sottecchi a Lily.
<< è iniziata >> concluse.
Lily sgranò gli occhi sconvolta, si morse il labbro
inferiore e si slanciò verso le braccia di James che prontamente la accolsero.
Remus era rimasto pietrificato a fissarsi le scarpe e non
sembrava essere pronto a proferir parola, a Minus erano cedute le ginocchia e
ora si trovava seduto sulla moquette
rosso fuori con una mano davanti la bocca.
L’intera sala comune era allo stesso tempo rassegnata,
terrorizzata e sconvolta.
Sirius che fino a quel momento non aveva proferito parola
sfilò silenziosamente verso il dormitori maschile.
In fondo due anni non gli erano bastati a metabolizzare il
tutto.
* * *
Mira Lancaster era cambiata, dal giorno in cui due anni
prima aveva lasciato la scuola il suo mondo aveva preso una sfumatura diversa,
era dimagrita e la sue pelle era diventata ancora più chiara facendola sembrare
quasi un vampiro, i capelli le erano cresciuti e cadevano abbandonati fino alla
vita, gli occhi verdi che una volta sembravano liquidi ora erano spenti il che
le dava un aspetto ancora più da dannata.
Mira era una perfetta statua di cera.
Aveva imparato presto che per sopravvivere bisognava essere
furbi e soprattutto non bisognava dare dispiaceri a lui, al contrario aveva imparato la perfetta regola dell’obbedienza,
aveva imparato a non far domande a
obbedire semplicemente agli ordini portando a termine qualunque missione
senza fiatare.
Forse era per quello che era ancora viva, o forse era
semplicemente fortuna.
La sua vita era molto cambiata dal momento della scuola, ma
nonostante tutto le basi erano sempre le stesse: Imparare per migliorarsi,
prestare attenzione, elargire furbizia nei momenti giusti, rispettare e farsi
rispettare.
Perché come a scuola anche lì esistevano le punizioni,
seppur diverse e Mira aveva avuto modo di testarle sulla sua stessa pelle.
Una smorfia le si dipinse sul viso, il marchio bruciava.
Nonostante tutto non era ancora riuscita a abituarcisi, con
la mano sana strinse il tatuaggio cercando di placare la fitta di dolore che le
procurava pur sapendo che non sarebbe servito a nulla.
Sentì un gridolino soffocato alle sue spalle ma lo ignorò.
Alzò la bacchetta e sussurrò poche semplici parole <<
Morsmodre >> e un teschio con dei serpenti apparve nel cielo sopra alla
sua testa.
<< muoviamoci >> tuonò alla figura alle sue
spalle che imitandola scomparve con un bop.
Riapparsero dalla parte opposta di Londra, poco distante dal
cancello della Malfoy Manor e finalmente si sfilarono i cappucci.
Mira lanciò un’occhiate distratta alla recluta che avanzava
a qualche passo di distanza; doveva avere sui 17 anni, forse a scuola lo aveva
pure visto qualche volta.
Cancellò il pensiero come le era venuto e continuò a
avanzare per il giardino, era inverno e faceva freddo, ma nonostante la brezza
notturna e il cielo pieno di stelle non riusciva a essere a suo agio,
l’incontro con il suo Signore le metteva sempre una certa ansia, nonostante la
missione fosse riuscita senza nessuna interferenza.
Il ragazzo al suo fianco si schiarì la voce, Mira lo guardò
di sottecchi e questo ne approfittò per proferir parola.
<< dicono che la prima volta è la più difficile
>> era pallido e visibilmente scosso ma la sua voce era sicura senza
alcun tremore.
Mira ghignò, sapeva dove voleva arrivare << dicono
male >> concluse pacata conscia che la conversazione non sarebbe finita
lì.
<< dicono che dopo la prima volta che si usa l’anatema
su una persona sia sempre più facile >> questa volta la voce tremava
Mira sospirò << la prima volta non sei pienamente
conscio di quello che fai, già dalla seconda le cose cambiano perché sai quello
che succederà, la terza poi ne sei certo, la quarta non guardi più, la quinta
non ci pensi..ma non centra
nulla con la facilità e l’effetto che ti procura, direi che è inversamente
proporzionale la cosa >>
Percorsero in silenzio il resto del tragitto fino al grande
portone di quercia per poi andare nel salone dove lui gli attendeva.
Mira si inginocchio, il ragazzo
fece lo stesso.
Voldemort ghignò soddisfatto.
* * *
L’intero Ordine della fenice guardava la copia della
Gazzetta del Profeta, un’altra morte e di nuovo il marchio nero sul cielo di
Londra.
Questa volta era toccato a un Magonò,che probabilmente non aveva potuto difendersi, i testimoni
parlavano di due figure incappucciate, una aveva ucciso l’altra aveva lanciato
il marchio nel cielo, poi erano scomparsi prima dell’arrivo del ministero,
nessuno logicamente aveva visto il loro volto e
sapeva dare identità a quelle
figure.
Il problema era che di quelle notizie ne era pieno il
giornale ogni giorno.
Sirius sbuffo, accartocciò la sua copia della gazzetta e la
gettò nel caminetto, ancora una volta l’Ordine aveva fallito, era arrivato
troppo tardi e i Mangiamorte erano scappati.
Quando era arrivato sul luogo quella sera aveva trovato solo
il corpo inerme del Magonò precedentemente torturato
e il marchio nero in cielo, aveva imprecato ma non era
servito a nulla.
Le volte che l’ordine arrivava in
tempo erano poche e quando succedeva non erano mai riusciti a catturare nessuno
solo a procurare qualche ferita all’incappucciato che poi si era semplicemente
materializzato via.
<< devo uscire >> affermò Sirius alzandosi di
scatto dalla sedia e
senza troppe cerimonie si diresse alla porta, afferrò il mantello e se lo legò
al collo.
James, Remus e Minus lo imitarono e insieme uscirono da
casa.
<< dove andiamo? >> chiese dopo alcuni minuti
che camminavano a caso Minus
<< fa lo stesso,a me bastava uscire da lì dentro >>
sbuffò Sirius
<< potremo andare a Diadon Alley, ho bisogno di pergamena >> esordì James
<< in effetti anche io devo
passare a prendere qualche ingrediente per pozioni >> mugugnò Remus
<< Diagon Alley sia! >> ghignò Sirius dirigendosi verso il
Paiolo Magico
<< ma ci credete, siamo già all’ultimo anno! >>
trillò Minus
Potter ghignò soddisfatto,Remus
annuì sorridendo, Sirius sospirò.
Assurdo come in soli cinque anni la vita possa cambiare
radicalmente più e
più volte.
Diagon Alley
era sempre uguale, gremita di persone che giravano indaffarate per le compere,
streghe e maghi di tutti i tipi, ma il clima non era più lo stesso di alcuni
anni fa, la guerra aveva toccato tutti, impossibile non aver paura e non
guardarsi intorno con sospetto, solo alcuni più sicuri di altri andavano in
giro con tranquillità la sera di notte, o perché non avevano motivo di aver
paura o perché erano loro a fare paura.
Comunque l’aria era cambiata, lo si
poteva sentire a pelle.
<< ok io devo andare da
Maledizioni e Contromaledizioni >> esclamò
Remus dirigendosi verso il negozio seguito dai suoi compagni.
<< io e James vi aspettiamo qui fuori >> esclamò
Sirius vedendo il sovraffollamento del negozio, ne avrebbero avuto per parecchi
minuti, mettendosi in punta di piedi vide Remus e Minus che scomparvero tra la
folla del negozio.
Sbuffò contrariato poi sentì un dolore alle costole, girò
appena la testa è constatò che James gli aveva appena
conficcato un gomito nel costato e che ora gli tirava il lembo del mantello
mentre fissava un punto fisso alle sue spalle.
Sirius si sforzò di non schiantare subito il suo amico a
seguì con lo sguardo cosa aveva attirato l’interesse di Ramoso così tanto da
fargli ricevere una gomitata e quello che vide gli gelò il sangue nelle vene.
<< Regulus >> soffiò
James come a spiegare il tutto
Mira pensò Sirius.
Sirius trattenne il fiato.
E Sirius sa che la riconoscerebbe
tra tutte anche solo di schiena.
Come se chiamato ad alta voce Regulus incrociò il suo sguardo e un ghigno gli si dipinse
sul volto.
Ma non fu quello a far perdere un
battito a Sirius.
Incuriosita dallo sguardo di Regulus, Mira aveva seguito il suo sguardo, proprio come
aveva fatto lui con James e ora Sirius poteva scorgere di nuovo il su viso.
Le iridi della ragazza si dilatarono ma il suo viso non scaturì alcuna emozione.
Fu nello stesso momento in cui
Sirius rincontrò le iridi verdi della ragazza che sentì qualcosa dentro di sé
dolere.
Regulus avanzò verso il fratello
con passo fiero seguito dalla ragazza a poca distanza che
però appariva più titubante, e finalmente James potè
notare che i due figli Black esteticamente erano molto affini, nonostante di
idee totalmente diverse.
<< Sirius >> lo canzonò Regulus
ghignando
<< Regulus >> rispose
con lo stesso ghigno per poi spostare lo sguardo sulla ragazza e constatare che
dall’ultima volta che l’aveva vista era diventata ancora più magnifica <<
Mira >>
<< Sirius >> soffiò la ragazza distogliendo
prontamente lo sguardo per poi posarlo su suo fratello
Sirius vacillò e Regulus lo
percepì perché non si fece scappare il momento per cingere la vita della
ragazza e avvicinarla maggiormente a sé.
Sirius
strinse i denti serrando la mascella.
Mira non aveva opposto resistenza e si ostinava a ignorare
il suo sguardo che non smetteva di cercarla.
Fù in quel momento che Sirius capì che nonostante fossero passati due anni dall’ultima
volta che l’aveva vista allontanarsi nella foresta proibita, nonostante si
fosse impegnato anima e corpo, lui non era riuscito a dimenticarla.
<< non dovreste andare in giro da soli, non lo sapete
è pericoloso, ormai il sole sta calando, potrebbe esserci qualche mangiamorte in giro.. >> lo
canzonò Regolus facendoli finalmente spostare lo
sguardo dal viso della ragazza che si irrigidì percettibilmente
<< non vedo l’ora di incontrarne uno >> si
intromise Potter
Regulus ghignò << non si sa
mai che tu venga accontentato >>
<< non desidero altro >> esclamò Sirius facendo
un passo verso il fratello
Regulus sfilò il braccio dalla
vita della ragazza e lo infilò sotto il mantello sfilando la bacchetta.
Sirius lo guardò divertito già con la
bacchetta in mano imitato prontamente da Potter.
Un campanello di gente che aveva assistito la scena ora si
stava dileguando il più lontano possibile.
<< scommetto che non ne hai il coraggio >> sputò
Sirius
Il viso di Regulus di deturpò di
rabbia e dalla sua bacchetta scaturirono scintille rosse.
Sirius stava già per pronunciare un incantesimo
quando la figura di Mira di frappose tra di loro guardandolo finalmente
negli occhi.
<< non mi sembra né il posto né il momento >>
tuonò rivolta a Sirius per poi voltargli di nuovo le spalle e abbassare delicatamente
la bacchetta di Regulus che non la smetteva di
fissare truce il fratello.
<< dobbiamo andare adesso >> soffiò la ragazza
verso suo fratello afferrandolo via per il braccio.
Regulus non aveva smesso un attimo
di fissare Sirius, nonostante ora si trovassero già a diversi passi di
distanza, poi un ghigno si dipinse sul suo viso, afferrò per la vita Mira e
l’attirò a sé per poi baciarla con forza e passione sulle labbra.
Sirius strinse i pugni con forza facendo sbiancare le
nocche.
Mira e Regulus se ne stavano
andando tra la folla di spalle, sempre più lontani e la sua rabbia sembrava
incontenibile.
Non riusciva a staccare gli occhi dalle loro figure,
lottando con la voglia di correre di suo fratello e tirargli un pugno in pieno
viso.
Fu un attimo, la testa della ragazza si girò appena, Mira lo
stava guardando e le sue iridi brillavano, solo per lui, ma di una luce
diversa, i suoi occhi brillavano di dolore.
Come una supplica silenziosa, e l’animo di Sirius si sedò.
Tutto l’odio che provava fino a un attimo prima si era
trasformato in un non meno irruente dolore.
Lui la amava, e forse
non avrebbe mai smesso di farlo.
La verità gli piombò in faccia come un secchio di acqua
ghiacciata facendoli mancare il respiro, e di nuovo il dolore iniziò a pulsare
nelle sue vene.
* * *
Di James Potter si può dire di tutto, tranne che sappia il
significato della parola arrendersi, quando si mette in testa una cosa è
impossibile dissuaderlo da metterlo in atto; Potter aveva quel gene ereditario
dell’ossessione, ne era la prova tale Evans, che dopo quasi cinque anni di
continue avance spietate era riuscito a conquistare.
Era chiaro a chiunque lo conoscesse, era inutile dire di no
a Potter, lui non avrebbe lasciato perdere, avrebbe insistito e insistito
ancora fino a quando il diretto interessato ormai troppo stufo e disperato
dalle continue insistenze del Cercatore non si arrendeva e a malincuore cedeva
alle pressioni di Potter svuotando il sacco.
L’insistenza di Potter oltre ad essere uno dei tratti più
significativi del suo carattere era come un’arma a doppio taglio, la morbosità
della sua insistenza non gli lasciava il tempo di ponderare se quello per cui si dava tanta
pena per avere valesse davvero il tempo impiegato per ottenerlo o se fosse solo
una vera e propria perdita di tempo, rivelandosi infine una delusione.
Un’altra cosa che Potter sapeva era però che se la cosa in
questione riguardava un suo amico, e specialmente quel amico, allora l’insistenza era motivata e se poi se la cosa in
questione sembrava pesare sullo stato di quel
suo amico, era di vitale importanza che lui ne fosse
a conoscenza, perché era tipico di Potter dover fare qualcosa per lui.
Non si poteva certo dire che Sirius era facile da leggere
come una sfera di cristallo per la professoressa Cooman ma non si poteva
neppure dire che era enigmatico come il Barone Sanguinario, in poche parole
Sirius Balck aveva la capacità di non far vedere cosa
lo turbasse, ma non l’onniscienza di non far vedere nulla, e questo per Potter
era una missione.
Scoprire cosa Felpato aveva nella
testa era diventato il suo pensiero fisso.
Sirius sbuffo sonoramente facendo alzare il ciuffo corvino
che gli copriva la fronte, gli erano cresciuti tremendamente i capelli, ma lui
non aveva voglia di tagliargli gli andava bene così infondo.
James si schiarì la voce con maggior convinzione.
Sirius iniziò a contemplarsi le scarpe in
pelle di drago tirate a lucido, nonostante non facesse più parte della famiglia
Balck, non riteneva che lo stile nel vestire dovesse
andare cambiato.
James tamburellò con le dita sul comodino.
Sirius iniziò a rigirarsi la bacchetta tra le dita, nove
pollici e mezzo, corda di cuore di drago, comprata da Olivander
sette anni addietro, decisamente aveva bisogno di una lucidata, ma anche per
quello la voglia sembrava mancare.
James scattò in piedi e si avvicinò al baldacchino
dell’amico.
Sirius iniziò a allentare la cravatta, coccarda rosso oro
simbolo della sua casata e a sbottonare i primi bottoni della camicia
abbandonando la bacchetta sul letto al suo fianco.
James grugnì, alzò la bacchetta e la puntò verso il suo
amico.
Sirius cadde dal letto accogliendo il tutto con
un’imprecazione a mezz’aria, fece leva con il braccio e si sedette di nuovo sul
suo letto guardando truce quello che doveva essere il suo miglior amico.
<< che vuoi? >> gracchiò
<< che hai? >> sbottò Potter
<< io non ho nulla, ma tu sei matto forte, dovrò dire
alla Evans di farti ricoverare al San Mungo, aggredire così il tuo miglior
amico! >> sibilò cinico Sirius mentre si alzava
e si defilava verso la porta dei dormitori
<< è da quando abbiamo visto Regulus che sei così non credi sia il caso di parlarne?
>> tuonò Potter sbarrandogli la strada
Sirius ghignò << Regulus non
mi tocca >> sbottò per poi superare l’amico
James rimase interdetto, poteva dire di conoscere Sirius
come nessun altro al mondo e poteva quasi avere la certezza matematica che
Sirius non mentisse, ma allora la cosa non quadrava.
Che cazzo aveva Sirius?
<< allora che cazzo hai?
>> affermò
dando vita ai suoi pensieri mentre fissava la schiena dell’amico sempre più
vicino alla porta.
Sirius non rispose né fece mostra di averlo sentito,
proseguiva semplicemente con passo noncurante verso la porta del dormitorio, le
spalle larghe e l’andatura un po’ infossata.
Afferrò la maniglia e lasciò il dormitorio e con quello un
Ramoso sempre più interdetto.
Appena fuori dalla stanza si passò
una mano sul viso.
Così non poteva
continuare.
* * *
Tom Orvoloson Ridde noto
anche come Voldemort era tutto tranne un incapace,
probabilmente era uno dei migliori maghi degli ultimi cent’anni,
e qui certamente nessuno poteva obbiettare, pareva che oltre al fascino di
qualunque bel ragazzo di soli trenta anni possedesse l’ambizione giusta per
guardare sempre più lontano e aumentare a vista d’occhio le sue ambizioni.
Mira era
sicura su due sole cose Tom Ridde era sveglio e
totalmente, terribilmente pazzo.
La prima
volta che l’aveva incontrato aveva pressappoco sedici anni ed era rimasta
spiazzata da quel ragazzo, sembrava possedere un fascino non indifferente e
soprattutto sapeva come sfruttarlo, nello stesso momento in cui aveva aperto
bocca aveva potuto notare la sua dote come oratore e nello stesso momento in
cui due anni prima le aveva inferto il marchio nero, aveva avuto modo di
incontrare i suoi occhi e per la prima volta della sua vita aveva potuto
constatare il significato della paura.
La cosa che le faceva più paura era probabilmente che ad
averlo incontrato in qualunque altro contesto avrebbe potuto sentirsi quasi a
suo agio e essere onorata di fare la sua conoscenza, molto probabilmente se un
giorno avesse fatto la sua conoscenza sarebbe arrossita e avrebbe abbassato lo sguardo affascinata e compiaciuta.
Ma in quelle circostanze ogni
singolo sguardo, ogni singola attenzione, ogni singolo tocco e ogni singola
frase rivolta a lei le faceva gelare il sangue nelle vene.
Regulus Black dal canto suo
sentiva in Voldemort la figura del fratello maggiore
che l’aveva tanto disonorato e vedeva nelle idee del suo padrone un modo per
redimere il disonore della sua famiglia e mettersi in luce nella comunità
magica.
Per Regulus, Voldemort
era ciò che di meglio poteva incontrare nella sua strada.
Mira si lasciò cadere sul materasso, era stanca, sentiva nel
suo corpo il peso di quello che ogni mattino la accoglieva appena sveglia e
quello che la notte la accompagnava nel sonno, per non abbandonarla neppure lì;
ormai erano mesi che non dormiva e il suo corpo non sembrava essere d’accordo.
Si portò una mano sulla fronte, era calda, probabilmente a
causa la febbre, ma non se né curò, chiuse gli occhi e si lasciò trasportare
dal silenzio che regnava nella sua casa fino a quando
il tepore delle coperte la avvolse e si assopì ancora con mantello e cappuccio
addosso.
Quando aprì gli occhi potè
constatare che era ancora notte fonda e la stanchezza sembrava essere
raddoppiata, sbuffò e fece leva sul braccio destro per alzarsi, era impossibile
dormire con quel tremendo pizzichio all’avambraccio.
Sospirò
rassegnata e si smaterializzò.
Malfoy Manor era il posto dove passava più tempo dopo casa
sua, ma la differenza tra casa sua e casa Mlafoy era
abissale, specialmente per quanto riguardava i frequentatori.
Apparve a pochi passi dalla tenuta e con lei apparve anche Regulus, lo salutò con il capo e lui si avvicinò per darle
un bacio veloce per poi entrare e andare al cospetto del suo padrone che anche
quella sera gli aveva chiamati.
Lord Voldemort sembrava di ottimo
umore, sorrideva ma il suo sorriso sembrava
agghiacciante lo stesso, un gesto così naturale su di lui sembrava come una
doccia fredda
<< domani notte attaccheremo Hogwards
>> sentenziò
Mira si sentì vacillare, attaccare Hogwards
voleva dire due cose, la prima era che Voldemort era
forte tanto da poter contrastare Albus Silente e la
seconda era che avrebbe dovuto uccidere molti ragazzi e forse, cosa alquanto
peggiore, avrebbe rivisto lui.
Ma la cosa che le fece
perdere un battito fu l’idea che lui potesse essere in
pericolo.
* * *
Hogwards è un posto sicuro.
Era una specie di nozione fondamentale che tutti i maghi
conoscevano fin dalla nascita, se c’era un posto in tutto il mondo magico e non
degno di poter essere considerato tale quello era sicuramente Hogwards.
Non c’era un motivo vero e proprio che potesse
dimostrare questo fatto, perché in effetti in tutta la storia della scuola mai
era avvenuto un avvenimento che potesse confermarlo, ma era altrettanto vero
che NON era mai successo nulla che potesse non confermare questa cosa.
Hogwards era sicura, punto e
basta.
Nonostante le varie leggende e miti che aggiravano sulla
scuola descrivendola come un luogo pieno di incantesimi tale che se solo una
persona con malevole intenzioni avesse varcato i cancelli sarebbe stata
scaraventata subito nell’angolo più fitto della foresta proibita, i maghi
adulti o semplicemente meno stolti sapevano che il motivo per
cui Hogwards vantava tale ruolo di importanza
era per le persone che ci risiedevano.
Tutti sapevano che i migliori maghi e le migliori streghe
che il mondo magico avesse conosciuto erano passate da quei cancelli e altrettanto
si sapeva che molte di quelle menti brillanti vi erano poi tornate per elargire
agli studenti il loro sapere.
Hogwards era e sarà per sempre la
roccaforte del sapere, e come tutti sanno il potere può appartenere solo e
unicamente ai dotti.
Le figure incappucciate sapevano molto bene questo mentre si infilavano nello stretto armadio di nella
cantina di Malfoy Manor, per avere il potere c’era bisogno di distruggere i
valori di Hogwards, solo così ricostruendo dalle
fondamenta si poteva creare un mondo con ideali duraturi e fertili.
Ma nessuno pensava a quello.
L’aria era pesante e il silenzio tombale, uno a uno gli incappucciati entravano nell’armadio per poi
scomparire e apparire molti chilometri lontano proprio nel cuore di Hogwards.
Mira entrò nell’armadio subito dopo di Regulus
e quasi simultaneamente apparvero nella stanza delle necessità, ora impolverata
e insonorizzata, decisamente in disuso da un bel pezzo, un posto del tutto
diverso da quello che lei aveva frequentato due anni addietro.
Dovevano essere una ventina,in
silenzio nonostante anche se avessero cantato nessuno gli avrebbe sentiti,
tutti rigidi e in attesa che una fitta
al braccio gli desse il segnale per entrare in azione.
Passarono diversi minuti, che sembravano ora da quanto erano
pesanti nel mentre nessuno parlò, seccano si rilassò,
semplicemente nessuno diede segno di vita.
E poi una fitta al braccio e tutto ebbe inizio.
Con un colpo di bacchetta un mangiamorte
aprì l’immenso portone del terzo piano e la immobilità
fu presto lasciata alle spalle.
Il boato delle esplosioni dei piani inferiori arrivavano fin
lì, la polvere, le urla, le maledizioni imprecate a gran foce, la paura, il
terrore, l’odio, la disperazione seppur da lontano erano
udibilissime.
Mira si accorse che stava correndo per le scale
quando ormai era arrivata al secondo piano, stringeva convulsamente la
bacchetta e spostava aritmicamente gli occhi e destra e a sinistra, per ora non
aveva ancora incontrato nessuno e la cosa la innervosiva, forse gli altri
avevano preso la strada giusta e il lavoro sporco sarebbe toccato tutto a loro.
Scese un altro piano di scale, ormai la stanza dei trofei
era proprio davanti ai suoi occhi e da lì finalmente poteva scorgere la
battaglia, sospirò per darsi la carica poi alzò semplicemente il braccio e le
cinque figure incappucciate che la seguivano si lanciarono in corsa verso la
battaglia.
Era il disastro.
Mira iniziò a lanciare controincentesimi
a tutto spiano ma sembravano non bastare mai,c’erano
sagome per terra probabilmente svenute o senza vita da saltare, c’erano persone
che combattevano e altre che cercavano di nascondersi, c’erano sprizzi verdi
e gialli che schizzavano da tutte le
parti ma c’erano specialmente urla. Tante. Troppe.
Proprio mentre stava per lanciare un
Stupeficium a un Corvonero
sentì qualcosa afferrarla da dietro e tirarle un braccio, alzò lo sguardo
pronta a attaccare l’individuo che l’aveva afferrata ma rimase con la bocca
aperta a fissare il licantropo che la guardava truce.
Boccheggiò confusa.
<< Fenyr..cosa?..
>>
Il licantropo la guardò truce << vuoi farti ammazzare
ragazzina? >> ringhiò
Mira sbattè le
palpebre confusa, forse si era persa qualcosa..
<< non siamo qui per giocare, quindi vedi di darti da
fare, cosa sono quei Stupeficium,
e Expelliarmus?..non posso salvarti il culo in
continuazione! >> ringhiò per poi ributtarsi in piena foga nella
battaglia.
Mira era rimasta immobile, spiazzata, solo
quando un enorme boato proprio a pochi metri da lei la fece sbalzare per
terra e rotolare sul pavimento di marmo di quella che era stata la sua scuola
reagì.
O reagiva o moriva e per la seconda ipotesi non era ancora
pronta.
Appuntò nella mente di ringraziare Greyback
tralasciando il fatto che lui si era scomodato a salvare proprio lei.
Avvistò a qualche metro di distanza un cappello di Grigonforo intento a difendersi a vicenda dagli attacchi di
due mangiamorte, due reclute probabilmente perché non
avevano ancora risolto nulla, quindi si decise ad andare a dargli manforte.
* * *
Sirius
schizzava a destra e sinistra elargendo incantesimi a perdifiato,
tutto avrebbe immaginato tranne quello, un attacco diretto al castello e in
piena notte addirittura.
Erano mille i pensieri che lo attanagliavano in quel momento ma uno era più intenso degli altri.
Lei.
Che dietro quei cappucci così terribilmente neri, che dietro
ogni bacchetta che si alzava nella sua direzione potesse esserci lei.
Quella stessa lei per sui gli
traballava il cuore da quando era piccolo e che ora da quando la battaglia
aveva avuto inizio sembrava potergli schizzare da un momento all’altro fuori
dal costato, la stessa lei per cui ora la sua spalla sanguinava copiosamente,
perché da quanto ne era ossessionato aveva creduto di scorgerla in lontananza e
si era distratto prendendosi in pieno un incantesimo dalla figura che ora
giaceva svenuta a pochi passi da lui.
Era come se qualcosa nella sua testa continuasse a
ripetergli di cercarla, che lei si trovava lì, a pochi passi da lui e che gli
sarebbe bastato allungare il braccio per afferrarla e non lasciarla mai più
andare, e più passava il tempo più si angosciava ma la
convinzione cresceva sempre più forte.
Lui lo sapeva, se lo
sentiva, lei era in quel castello.
Ora.
Boccheggiò sorpreso quando una
figura incappucciata apparve alla sue destra con la bacchetta levata nella sua
direzione per poi venir balzata a metri di distanza fino a sbattere alla parete
della sala grande.
Voltò la testa di lato e potè
scorgere un’annaspante Potter con la bacchette propesa
nella sua direzione, in fondo Potter nonostante portasse gli occhiali a volte
vedeva le cose meglio di lui.
Accennò un ringraziamento con il capo quasi subito risposto
da un ghigno benefico.
<< non posso pararti il culo
per sempre Black! >> borbottò il cercatore per poi defilarsi verso la
sala dei trofei da cui provenivano una serie di boati e urla.
Decisamente la battaglia grossa si stava svolgendo lì.
E forse lei era
proprio lì.
A quel pensiero si lanciò all’inseguimento di Potter che
presto si trovò a guardare la sua schiena avanzare ritmicamente mentre del
liquido rosso continuava a macchiargli la maglia.
Lei. Che cosa
avrebbe fatto quando lo avrebbe visto?lo avrebbe
attaccato?lo avrebbe abbracciato?o peggio avrebbe fatto come a Hogsmade, l’avrebbe ignorando passando oltre?
E lui, cosa avrebbe fatto?
Nello stesso momento il cui entrò nella sala dei trofei si
fermò di botto sgranando la pupille sconvolto, poteva
percepire la presenza del suo migliore amico vicino a lui e poteva sentire la
sua stessa sorpresa.
Quel posto era l’inferno.
Mangiamorte ovunque, tantissimi, urla, povere, pareti distrutte, corpi accasciati
al suolo, pozze di sangue, scintille che vibravano in aria, e persone che
cadevano a terra, per poi rialzarsi nonostante le lacerazioni e le ferite
inferte dall’avversario.
Hogwards stava soccombendo.
* * *
Come sempre a Regulus era stata
affidata la parte più facile della missione, prendere un semplice, stupido
medaglione vecchio stampo che per di più era appartenuta a una Corvonero.
Insomma, lui serpeverde dalla
nascita doveva occuparsi di rintracciare vecchi pezzi di antiquariato per il
suo Signore mentre gli altri se ne stavano giù nel
vivo della situazione a combattere, per cosa poi?
chissà perché lui se lo sentiva, quello che doveva essere la presa di Hogwards non lo era affatto, ma non riusciva a immaginare
il perché di tutto quello, insomma, Hogwards era uno
degli obbiettivi questo era sicuro, ma allora perché quel medaglione?perchè non
qualche tesoro da Serpeverde da prelevare per poter
far guardare solo ai veramente degni?
Perché tutto questo? Da quando Voldemort
si interessava alle reliquie?
Sbuffò sonoramente uscendo dall’ufficio del preside, giù
c’era il disastro lo poteva sentire benissimo, ma non doveva prenderne parte,
così dicevano gli ordini.
Strinse convulsamente le mani fino a far sbiancare le nocche
e grugnì insoddisfatto e frustato;sicuramente il suo
Signore lo avrebbe lodato e ripagato per aver preso il medaglione, ma a lui
sembrava troppo una farsa, era un Mangiamorte
purosangue oltretutto e non aveva neppure usato la bacchetta quella sera.
Mira sicuramente era nel vivo della battaglia, la invidiava.
E magari oltre a Mira c’era anche lui, il traditore di
sangue, quello che un tempo aveva chiamato fratello.
Serrò la mandibola furioso.
Fù in quel momento che sentì dei
passi frettolosi arrivare nella sua direzione.
Probabilmente due persone scappate alla battaglia, avrebbe
potuto farle fuori in men che non si dica, ma gli
ordini erano chiari.
Si nascose dietro una vecchia armatura arrugginita e
approfittandone di un cono d’ombra che la lampada a olio non riusciva a
illuminare divenne del tutto invisibile.
Trattenne il respiro e ascoltò i passi farsi sempre più
vicini, poi riuscì a distinguere delle voci, uno era decisamente uno studente,
e l’altro un professore.
Inarcò un sopraciglio sospettoso, un professore che non
prendeva parte alla battaglia era alquanto strano, e visto che la stazza
sicuramente gli faceva escludere Lumacorno la cosa
diveniva sospettosa.
Forse stavano andando alla gufiera,
a mandare un gufo al ministero, in cerca d’aiuto, ma allora non bastava solo lo
studente? In fondo un mago adulto in una battaglia era una mano importante e
avrebbe fatto la differenza.
Regulus rimase in silenzio,
appiattito tra il muro e l’armatura finchè le due
figure non scomparvero alla vista e i passi furono finalmente lontani,
dopodiché uscì confuso e pensieroso interdetto su quello che doveva fare.
Gli ordini del suo Signore erano stati chiari, doveva
recarsi nello studio del preside, prendere il medaglione di Corvonero
e poi portarglielo. L’unica avvertenza era stata che lui non doveva prendere
parte alla battaglia.
Ma mai nessuno aveva
detto che non poteva assisterci.
E così mentre scendeva le scale per andare al piano terra,
l’immagine delle due figure farfuglianti che salivano verso il terzo piano,
passò in secondo piano.
* * *
Lanciò un ennesimo controincantesimo
e alla fine quando il giovane Tassorosso che aveva
osato sfidarla cadde a terra svenuto si concesse un
attimo per respirare, iniziò a guardarsi intorno confusa, stavano vincendo ma
non ne era felice.
Era sempre state una persona competitiva e aveva sempre
creduto che per essere felici bisognasse sempre
vincere, sempre comunque e in qualunque occasione, ma stranamente in quella non
era così.
Era come svuotata, assente, come se la persona che stesse
facendo quelle azioni non fosse lei, come se tra lei e
la realtà ci fosse una sottile patina che la rendesse distaccata;per un attimo
aveva pensato a un imperius ma poi l’aveva scartato
velocemente come opzione.
Spostò la sua attenzione su Fenyr
dalla parte opposta della stanza, non sembrava in difficoltà, anzi sembrava
divertirsi; una smorfia le si dipinse sul viso e cercò
di guardare altrove, c’era un mangiamorte svenuto a
qualche metro da lei, non riusciva a riconoscerlo, aveva in cappuccio abbassata
sul volto, esattamente come lei e come tutti, ma qualcosa la incuriosì in quel
fagotto per terra tra i calcinacci.
Avanzò qualche passo verso di lui senza staccargli gli occhi
di dosso neppure un istante, la bacchetta alla mano, ma il braccio lasciato
riposare a penzoloni, arrivò accanto al fagotto e si
accucciò incuriosita.
Allungò la mano verso il cappuccio ma proprio quando stava
per afferrare la liscia stoffa nera sentì una lieve pressione alla nuca e una
voce carica di rabbia.
<< schifoso magiamorte,non muoverti >> una voce maschile, di un ragazzo.
Si raggelò all’istante e rimase quasi paralizzata, possibile
che tutto fosse finito proprio così? Che la sua stupidità l’avesse portata alla
condanna? Possibile che fosse stata così ingenua e idiota?
Sbuffò sonoramente, si lo era
stata.
<< lascia cadere la bacchetta e alzati >> obbedì
senza tante cerimonie in perfetto silenzio, poteva sentire tranquillamente la
punta della bacchetta del ragazzo che le punzecchiava il cappuccio.
<< ora voltati >>
ringhiò la voce e le obbedì
James Potter.
Alla vista di quel voltò si sentì ghiacciare il sangue nelle
vene.
Se c’era Potter, c’era anche lui.
<< via il cappuccio, ora! E niente scherzi! >> a
quelle parole si sentì morire.
Se lo avesse fatto, Potter l’avrebbe riconosciuta, e Sirius
lo avrebbe saputo, anche se in fondo Sirius lo sapeva già, ma affrontare gli
occhi di lui che si trovava a
guardarla veramente per quello che era diventata era tutta un’altra cosa.
<< muoviti >> il viso deturpato dalla rabbia, il
rancore nella voce e gli occhi di acido puro.
Alzò le mani lentamente e afferrò il lembo del cappuccio.
Potter sbiancò.
Mira lo guardò in silenzio, poteva scorgere il suo viso
varare le diverse espressioni a seconda del procedimento
che il suo cervello stava attuando, sorpresa, realizzazione, confusione,
accettazione e alla fine decisione.
Lancaster-Mangiamorte.
<< sorpreso? >> soffiò atona
Potter grugnì qualcosa di indecifrabile e la trapassò da
parte a parte con lo sguardo.
Rimasero così fermi per un tempo che sembrava un’eternità, in attesa l’uno dell’altra.
Mira aspettava che Potter facesse qualcosa, Potter aspettava
un’ispirazione dell’alto.
Poi gli occhi di Potter si sgranarono per spostarsi su un
punto alle sue spalle, la bocca si dischiuse leggermente producendo un mugugno
di dolore e poi Potter iniziò a correre, dimenticandosi di Mira.
Mira afferrò la bacchetta e seguì con lo sguardo Potter e
cosa lo aveva distratto così tanto da lasciarla andare, ma tutto quello che vede fu la sagoma di una persona dal capelli rossi a terra
svenuta e con un taglio sulla testa, doveva essere la Evans, nonostante fosse
cambiata moltissimo in due anni la missperfettinamorosadipotter
era riconoscibile a chilometri.
Si lasciò scappare un sorrisetto
beffardo che venne presto sostituito da una smorfia di
dolore, il marchio bruciava.
Questo voleva dire solo una cosa:la
missione era conclusa.
Si voltò verso la porta della sala dei trofei iniziò a correre
impegnandosi di schivare gli incantesimi che volavano in giro per la stanza e
cercando di non inciampare sulle persone e i calcinacci per terra, poteva udire
nonostante il rumore che non era l’unica che aveva recepito il messaggio e che
tutti i mangiamorte, come lei si stavano mobilitando
a lasciare la scuola, che come lei tramite la stanza delle necessità,chi invece
come Fenyr dalla foresta proibita.
<< Mira >> se quattro sillabe avevano il potere
di ucciderla erano state appena pronunciate.
Si bloccò di colpo, gli occhi sbranati e le orecchie rizzate,
non poteva essersi sbagliata, era la sua voce, la voce di lui.
Si voltò lentamente di lato e lo vide, era a qualche metro
da lei, fermo immobile, sporco di polvere e ferito, e la fissava in silenzio.
Fù come se le avessero rovesciato
un secchio di acqua gelida addosso, come se qualcuno le avesse sbattuto la
porta in piena faccia, come se Merlino in persona le fosse spuntato
dall’armadio in piena notte.
Sirius era bello, nonostante tutto.
Avrebbe voluto aver la capacità oratoria di Voldemort in quel momento per poter spiegargli tutto, per
inventarsi qualcosa, qualunque cosa che fosse diverso dalla realtà, qualcosa
che non dicesse così sfacciatamente – hey!sono una mangiamorte,e probabilmente qualcuno dei tuoi amici ora è
in fin di vita per colpa mia- avrebbe voluto tantissimo avere qualcosa da
dire ma non trovò nulla di adatto.
Si mordicchiò il labbro nel tentativo di concentrarsi, ma
alla fine la stretta dei denti sulla carne divenne una vera e propria morsa.
Capì quello che aveva fatto solo quando
un liquido caldo iniziò a colargli dalle labbra fino al mento, per poi
inzupparsi sul manto nero già sporco di polvere, quindi decise di allentare la
presa dei denti e di concentrarsi su qualcos’altro.
Doveva andarsene da lì, al più presto.
Sbattè le palpebre con foga e poi
si voltò semplicemente per riprendere la sua fuga, cercando di non pensarci,
almeno ora.
Le scale di marmo salivano ripide fino al secondo
piano, dopodiché avrebbe dovuto prendere le scale mobile, e lì avrebbe dovuto
contare un po’ sulla sua fortuna perché le scale non volessero cambiare proprio
nel momento in cui lei doveva attraversarle.
Poteva sentire il tacchettio delle sue scarpe sul marmo
bianco sotto i suoi piedi farsi sempre più spedito man mano che avanzava e che
il numero dei gradini che lasciava alle sue spalle aumentava, ne aveva
calcolati all’incirca una ventina quando avvertì uno
strappo alla spalla destra e qualcosa che la obbligò a fermarsi, ruotando su sé
stessa per non cadere di sotto.
Sirius Black le stringeva violentemente il polso e la
guardava con sguardo truce e non aveva la minima intenzione di lasciarla andare.
<< perché? >> le ringhiò d’un tratto in pieno viso
Mira fu tentata di indietreggiare, ma la morsa di Sirius era
ferrea, non aveva via di scampo.
<< perche?! >> urlò
con il viso sopraffatto dall’ira
<< lo sapevi.. >>
rispose atona
Gli occhi di Sirius si accesero d’ira, afferrò la ragazza
per entrambe le spalle e la trascinò giù di un paio di scalini così da
trovarsela perfettamente davanti ai suoi occhi.
<< dimmi per quale caz*o di
motivo?! >> tuonò
Mira alzò lo sguardo e per la prima volta da quando Sirius
la conosceva stentò a riconoscerla veramente.
<< perché non ho scelta!lo vuoi capire?non tutti
possono scappare come hai fatte te Sirius! IO-NON-POSSO! >> gli ringhiò
in pieno muso
Sirius vacillò e allentò la spesa
sconvolto.
Mira con uno strattone si liberò e dopo avergli lanciato un
unico sguardo indecifrabile rincominciò a correre su per le scale.
Era confusa e soprattutto era sconvolta ma
ora doveva pensare a scappare, al resto ci avrebbe pensato dopo, o forse
sarebbe riuscita a accantonarlo fino a che non se ne fosse dimenticata
definitivamente, inutile, sapeva che non sarebbe mai successo.
Continuò a correre per il corridoio del secondo piano con la
bacchetta alla mano pronta a scagliare un incantesimo a chiunque si fosse
frapposto tra lei e la stanza delle necessità.
Sentì dei passi alle sue spalle inseguirla frettolosi, stava
per mettersi a lanciare stupeficium su tutto il corridoio quando la voce di Regulus
la trattenne.
<< perchè sei ancora qui?dovresti essere già tornato
da un pezzo..
>> parlò atona
<< volevo vedere là sotto >> rispose
tranquillamente lui mentre il corridoio del terzo
piano si allungava sotto i loro piedi, ancora una svolta a destra e sarebbero
arrivati.
Fù in quel momento che Regulus realizzò.
Afferrò Mira per un polso un attimo prima che svoltasse l’angolo, lei lo guardò allarmata e infastidita.
Lui le portò una mano sulla bocca per tappargliela e si
sporse verso il corridoio imitato dalla ragazza.
Era proprio come se lo era
immaginato:vuoto ad eccezione dei fagotti neri stesi per terra senza sensi.
Ecco dove erano andati i due maghi poco
prima, a far in modo di impedirgli la fuga.
Mira strabuzzò gli occhi in preda al terrore, Regulus strinse i pugni.
Poi si alzarono e iniziarono a correre nella direzione da
cui erano venuti contemporaneamente.
Arrivarono alle scale che davano al secondo
piano con il fiatone ma lì si dovettero fermare, erano in trappola, una decina
di maghi stavano salendo verso di loro, e viste le condizioni e il fatto che la
missione non era ancora compiuta quello era un grande guaio.
Mira guardò attentamente i visi delle persone, c’erano due professori Silente e un altro che lei non aveva mai avuto,
poi c’erano due corvonero, tre tassorosso
e tre grifondoro.
Una smorfia di dolore le si dipinse
sul viso:Potter, Evans e lui.
Fu in quel momento che qualcosa fece breccia nella sua testa
come un fulmine a ciel sereno.
Afferrò Regulus per un braccio,
alzò la bacchetta e la puntò alla finestra << bombarda >> e la
finestra andò in mille pezzi.
Regulus la guardò sconvolto
<< che cosa vuoi fare? >> le domandò
confuso
Mira lo guardò intensamente, poi buttò lo sguardo alla
finestra e poi di nuovo sul ragazzo << sono una strega, ci penserò strada
facendo >> poi lo trascinò per il braccio e insieme si buttarono dalla
finestra del terzo piano scomparendo nel buio.
* * *
Potter si lasciò sfuggire un
gridolino soffocato mentre il medimago gli toglieva
il pezzetto di legno che gli si era conficcato sulla gamba, inutile a dirsi ma
a suo dire che l’unico pezzo di legno presente nell’intera battaglia aveva
pensato bene di nascondersi nella sua bellissima gamba da cercatore d’oro.
Se poi la sfiga era pure cieca.
Sospirò esasperato, erano ormai due ore che si era stanziato
nell’infermeria della scuola e il sonno cominciava a farsi sentire.
Ringraziò frettolosamente l’infermiera che gli aveva
applicato una fasciatura alla gamba e si diresse alla ricerca dei suoi amici.
Lily da perfetta ragazza che solo lui poteva trovare si era
ben disposta a aiutare come poteva le infermiere nell’infermeria e era del
tutto scomparsa alla sua vista, Regulus
e Minus, del tutto incolumi erano invece stati diretti alla sala comune
rosso-oro per evitare ulteriori affollamenti per la scuola, visto che ormai il
preside aveva decretato lo scampato pericolo, se così di poteva dire,
semplicemente aveva constatato che i mangiamorte se
ne erano andati e che per quella notte non c’era rischio che ne facessero ritorno.
Ma Potter non era scocciato da quello ma dal semplice fatto
che non aveva potuto parlare con lui, il suo amico.
Lui che doveva essere la persona a cui
confidava tutti i suoi segreti e lo affiancava nelle malandrinate.
Lui che gli aveva nascosto qualcosa per molto tempo, e che aveva dovuto avvenire un attacco al castello perché potesse
intuire che i punti fermi su Sirius Black non erano poi tanto fermi.
Sirius gli doveva una spiegazione, e per la barba di Merlino
non avrebbe lasciato perdere.
Si avventurò nel corridoio deserto ma
illuminato solo dalla flebile luce dell’alba che stava giungendo da dietro la
foresta proibita e iniziò a camminare, o
meglio zoppicare, visto che l’infermiera aveva pensato bene di applicargli una
stecca di legno alla ferita in modo che il muscolo in questione non venisse
teso da nessuna mossa strana.
Per Potter persisteva a essere un misero taglietto da
altalena babbana.
Una volta giunto a passetti fino
alla scala di marmo tirò un sospiro di sollievo, dopo le scale e un piccolo corridoietto sarebbe arrivato a destinazione, in fondo era
stanco, non lo poteva nascondere a nessuno, per quello faceva una leggera
fatica, non certo per la gamba, quella era sanissima.
Iniziò a
arrampicarsi per le scale ma al momento di piegare la gamba
sinistra avvertiva uno strappo all’altezza del bendaggio, probabilmente colpa
della stecca applicata dall’infermiera, dovette oscillare il suo peso sulla
gamba sinistra per sollevare la destra fino al secondo scalino, poi il problema
era mettersi di peso sulla gamba guasta per sollevare quella sana.
Si guardò intorno contrariato, il corridoio era deserto,
buon segno.
Afferrò il corrimano con entrambe le braccia e si sollevò di
peso fino al secondo scalino.
Una volta che il meccanismo era imparato il gioco era fatto,
almeno così funzionava per Potter.
Continuò fiducioso la scalata ma
una volta giunto al quindicesimo scalino decise che forse era bene concedersi
una pausa, ma non perché la gamba gli facesse male, solo perché l’ignorante
infermiera di prima aveva pensato bene di fossilizzargli una gamba per
l’occasione rendendoli il 90 % di invalidità.
Si lasciò riposare di peso con la schiena sul cornicione,
lasciando a penzoloni la gamba guasta, rimase in
quella posizione per quasi due minuti dopodiché decise che era meglio
proseguire la scalata, in fin dei conti aveva fretta di sentire cosa aveva da
dirgli una certa persona riguardo a una certa cosa.
Avanzò di un altro paio di scalini quando
un rumore molesto lo sorprese dalla cima delle scale.
Sirius Black stava ridendo di lui.
Con la massima disinvoltura si portò una mano al viso e
raddrizzò gli occhiali e cercò di prendere una postura eretta.
Lui era Potter, il cercatore, no Potter il nonnetto di 90 anni che non riusciva a fare le scale.
<< che ti ridi? >>
sbottò
Sirius si sciolse in un ghigno tra il cinico e il divertito.
<< ti aspettavo, ma non arrivavi, quindi ho pensato di
venirti incontro e ecco come ti trovo >> con un cenno del capo indicò
l’amico a metà scalinata che di tutta risposta alzò un sopraciglio indignato.
<< dobbiamo parlare >> forviò il cercatore
<< non cambiare discorso..
>> soffiò Sirius
<< ma noi dobbiamo parlare >> evidenziò l’altro
<< lo so >> soffiò Sirius guardandosi le scarpe
<< non era per lui, era per lei >> non era una
domanda, ma una semplice affermazione
Sirius guardò in silenzio l’amico, in fondo mentirgli era da
sempre stata una pessima idea.
<< spiegherebbe molte cose..
>> continuò Potter
Sirius ormai ascoltava soltanto, rapito.
<< quindi, tu e lei, insomma, voi..ma, non, aspetta, non può
essere..come, da quando?..insomma
lei, lei.. >> balbetto in preda alla confusione Potter
Sirius sorpirò << dal prima anno, o meglio da prima della scuola, Mira c’è
sempre stata.. >> spiegò atono
Potter annuì << tornerebbero molte cose..>> sussurrò tra sé << ma è tutta storia
passata? >>
Sirius girò la testa di lato, e si morse il labbro, proprio come faceva sempre lei quando era nervosa.
Potter sbiancò e iniziò a avanzare su per la scalinata,
sempre goffo, ma meno attento a quello che il suo amico avrebbe visto.
Dopo quasi due minuti l’ultimo pezzo di marmo era ormai alle
sue spalle, si avvicinò all’amico che non l’aveva guardato un attimo.
<< tu lo sapevi? >>
Sapevi che lei era una
di loro? sapevi che lei era una mangiamorte?
Sirius sussultò, si voltò di scatto verso l’amico e rimase
sconvolto da quello che dive.
Confusione. Odio. Speranza. Desiderio. Rabbia. Tanta rabbia.
Sgranò gli occhi automaticamente, poi annuì in silenzio.
Potter sospirò, gli passò oltre e si allontanò goffamente
per il corridoio buio in perfetto silenzio
* * *
A trent’anni Fenyr
Greyback era bello e sarebbe facilmente entrato nelle
fantasie di molte streghe se non fosse stato per quel dettaglio quasi
‘superficiale’ che lo distingueva dagli altri, era un licantropo, e quindi una
creatura del male, orribile e da evitare come la peste nera.
Infondo pure per i mangiamorte era
così, tutti lo evitavano, nessuno lo voleva eccessivamente nei dintorni se non
per espresso ordine, ma Fenyr
ci era abituato.
Quando si nasce licantropi puri il mondo che ti appare
davanti è molto diverso da quello che conosce un mago.
Non ci sono sprizzi di bacchette a illuminarti le notti
senza luna ma semplicemente mandibole dissanguate pronte a azzannarti nel
momento meno propenso.
Fenyr conosceva la morte, ma ancora
più conosceva la maledizione di una vita di morte.
Aveva imparato fin da cucciolo che per sopravvivere
bisognava badare solo a se stessi,senza preoccuparsi
degli altri, perchè la morte giungeva quando meno te l’aspettavi, e magari nel
momento in cui decidevi di dare una zampa a qualcuno, la morte di afferrava da
dietro, da lì dove non potevi vederla e allora eri fregato.
Semplicemente morto, carne da macello.
E così aveva fatto per suoi trentenni di vita, o almeno fino
a quella sera.
Lanciò un’occhiataccia alle sue spalle
seguito da un ringhio di minaccia ai due mangiamorte
al suo seguito.
Lei era lì, viva, probabilmente per merito suo.
Era fastidiosa quella Lancaster, una mocciosetta
sempre taciturna che se ne stava sulle sue, con quello sguardo altezzoso da so tutto io, aveva pure l’aria malaticcia, probabilmente non
mangiava abbastanza.
Nel suo branco immaginario, quella ragazzetta non sarebbe
arrivata all’inverno.
Le guardò distrattamente mentre
ammoniva con un’ulteriore ringhio le due figure nere alle sue spalle di
muoversi prendendosi un << abbiamo capito >> dall’ancora più odioso
moccioso che stava con lei, di cui però non si ricordava manco il nome.
Doveva ancora capacitarsi di che cosa aveva fatto quella
sera, di che cosa gli era passato per la testa in quel momento, per salvare
quella, probabilmente era stato colpito da un incantesimo confundus
o ancora meglio qualcuno lo aveva messo sotto imperio.
Quella mocciosa le dava quasi fastidio, ma allo stesso tempo
lo incuriosiva; era un mago affascinante da studiare perché era strano e questo
lo incuriosiva e ogni qual volta che ne aveva la possibilità ne approfittava di
sottecchi.
A detta di molti mangiamorte era
tremendamente bella; per lui era assurdo, insomma, era tremendamente magra, pallida e asociale e allo stesso tempo così strana e
dalla pelliccia così folta spazzolata che stentava a credere che lei potesse
essere una di loro.
Aveva avuto modo di vederla più volte destreggiarsi in
scontri più o meno facili e doveva ammettere che a modo suo se la cavava ma rimaneva sempre una mocciosetta
fuori luogo.
Insomma quella Lancaster era fastidiosa perché non lo
trattava come facevano tutti, diversamente, ma lo trattava come trattava tutti
gli altri.
Ignorandolo.
E questo le dava fastidio.
Per quanto antilupo fosse la cosa, Fenyr odiava essere ignorato da Mira.
Ecco come si chiamava
la mocciosa.
* * *
Avrebbe dovuto aspettarselo; dopotutto il suo viso era stato
visto da mezzo castello e dal preside in persona, in fin dei conti era una cosa
abbastanza normale, doveva chiaramente aspettarselo.
Rigirò tra le mani il volantino un’ulteriore volta senza
darsi troppo peso per non stropicciarlo, quindi sbuffò, rassegnatamente
mentre il suo stesso viso la guardava altezzosamente da quel pezzettino
di carta ormai straccia.
Ordine di cattura, per lei, Regulus,
Fenyr e un certo Aldmon.
Probabilmente avrebbe dovuto prenderlo in considerazione
come possibile destino nel momento in cui aveva varcato la linea tra il giusto
e lo sbagliato, almeno secondo alcuni, perché secondo altri
quello che loro facevano era pienamente giusto, come la causa d'altronde.
In fin dei conti era quello il fine di
tutto, la causa, in cui lei credeva pienamente, o almeno doveva credere
secondo norma visto che era in prima fila per quello.
Sbuffò.
Sicuramente le cose non sarebbero potute andare altrimenti,
magari si, avrebbe potuto salvarsi da quell’ordine di cattura ma per il resto era sicura che non
avrebbe avuto alternative.
Magari, forse se fosse nata in una famiglia di gabbani, giammai!, o
magari se fosse stata smistata in un’altra casa, ma anche in quel caso non le
sarebbe andata meglio, al posto del predatore sarebbe divenuta la preda.
In fin dei conti, per quanti ma e se si sforzava di creare,
quelli erano i fatti, lei era una mangiamorte e per lo più ricercata.
Brutta storia su quello non ci pioveva.
Il suo stesso viso in bianco e nero annuì d’accordo,Mira gli lanciò un’occhiata distratta, ecco cos’era
diventata, tutto quello che lei non voleva essere, una bambolina senza il
minimo utilizzo della sua corteccia celebrale, insomma una marionetta.
Una smorfia le si dipinse sul volto
mentre con la mano destra accartocciava la sua stessa figura che ringhiò
contrariata.
Adesso ci mancava solo che si mettesse a parlare con le foto;lanciò la carta dalla parte opposta della stanza frustrata,
respirò incerta per poi serrare gli occhi in un vano tentativo di estraniarsi
dalla realtà ma si trovò nuovamente in preda dei suoi pensieri.
Scattò in piedi e iniziò a camminare per la stanza a ritmo
frenetico come a tentare di accelerare il suo cervello, doveva pensare e doveva
farlo il prima possibile, doveva trovare una soluzione, un modo per uscire dal
casino in cui era finita e doveva farlo al più presto.
Sentì la rabbia bollirle nelle vene e le mani prudergli
spasmodicamente.
Stava scoppiando, ne era certa.
Sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e insonorizzò
la stanza per poi sferrare la bacchetta da qualche parte lontana da lei e
iniziò a gridare.
Una pazza.
Una folle.
Ecco cosa era diventata, ecco cosa era rimasto di lei.
Incrociò il suo stesso sguardo che la fissava vuoto e carico
d’odio davanti a lei e gli si gettò contro con tutta la forza che aveva in
corpo.
Lo specchio si frantumò in mille pezzi contro il suo polso
che iniziava subito a grondare sangue a fiotti, ma il dolore sembrava non
toccarla,come
si può distinguere un dolore dall’altro
quando non resta altro ché semplice dolore ?
Senza rendersene conto sentì le sue ginocchia sbattere sul
pavimento ricoperto di schegge di vetro, ma anche in quel caso il dolore non la
scalfì; iniziò a colpire ripetutamente con le mani il pavimento procurandosi
altri tagli e macchiando il marmo bianco di quello che doveva essere il suo
sangue.
Perché quando tocchi
il fondo il resto scompare.
Iniziò a
mordersi il labbro inferiore, con rabbia con il solo intento di
farsi male.
Perché solo un dolore
più forte di quello che si ha riesce a farci dimenticare quello che ci fa stare
così male.
Si tirò i capelli impasticciandoli di sangue e schegge.
Tutto ma fatelo
smettere vi prego.
E fù solo quando realizzò che il sangue non sapeva da salato che si paralizzò
lì dove si trovava.
Stava piangendo.
Si portò una mano tremante al viso, fin sotto gli occhi e
sentendo l’umido sul suo viso si lasciò scappare un singhiozzo.
Lei stava piangendo.
Raccolse un pezzo di vetro abbastanza grande per poter scorgere il suo riflesso e stringendolo con foga,
procurandosi ulteriori tagli alle mani lo avvicinò al viso e si paralizzo.
Ne era davvero capace.
Lanciò un urlo soffocato dai singhiozzi e serrò la mano con
lo specchio avvicinandola al petto iniziando a piangere convulsamente.
Lacrime salate le colavano dal viso e andavano a mischiarsi
al suo stesso sangue.
Mentre singhiozzi soffocati e respiri affannosi andavano a
disperdersi nella stanza per poi non essere uditi da nessun altro che da lei e
il quadro alle sue spalle che aveva assistito a tutta la scena in perfetto
silenzio.
Mira aveva imparato a
piangere.
* * *
Regulus Black era tutto tranne uno
sprovveduto.
Da quando suo fratello era uscito di ruolo, lui non aveva
esitato un attimo a prendere il suo trono, non aveva esitato neppure a prendere
al sua ex ragazza che tra l’altro gli piaceva da
quando l’aveva vista la prima volta giocare con il fratello con le loro scope
giocattolo a Diago
Alleyall’età di 4 anni pressappoco.
Regulus Black insomma, sapeva
quello che voleva e a quanto risultava riusciva anche a ottenerlo.
Aveva ottenuto un ruolo di rispetto nella causa perché era
quello che voleva.
Aveva ottenuto un posto d’onore nell’albero della famiglia
Black perché era quello che voleva.
Aveva ottenuto il fidanzamento con Mira Lancaster perché era
quello che voleva.
Insomma, lui aveva tutto quello che un mago poteva
desiderare.
Onore, Gloria,Sangue Puro, Rispetto
e una ben perfetta metà femminile; in fin dei conti poteva definirsi una
persona soddisfatta.
Eppure quel giorno non era del tutto soddisfatto di sé per
le più varie ragioni; innanzitutto un ordine di cattura aveva sancito che il
suo bel faccino non potesse essere esposto in luogo pubblico per ‘necessità’ e per tutto il discorso il suo signore aveva
deciso che lui, Mira, Fenyr e un certo Almond sarebbero dovuti andare in Romania, per una faccenda
che non gli era stata ancora riferita ma che come aveva promesso il suo
signore, quella sera avrebbe avuto modo di entrarne a conoscenza.
Un motivo in più per essere fieri di sé stessi, Lord Voldemort aveva chiesto al sua presenza
in esclusiva per quella stessa sera, per una missione speciale e stranamente
aveva richiesto anche la presenza del suo sudicio elfo domestico, poco male in
fondo; dopodiché avrebbe dovuto far fagotto e trasferirsi per qualche settimana
in Romania con gli altri al seguito.
Ma se si trattava di Regulus Black
la cosa non era poi tanto positiva, a lui piaceva la prima linea non le
missioni in incognito.
Per lo più quella stessa mattina i Mangiamorte
stavano dando battaglia al Ministero e a quanto sapeva lì c’era anche suo
fratello, motivo per cui le mani gli prudevano
insistentemente, lui a differenza degli altri era bloccato lì, a Malfoy Manor
insieme a un lupo mannaro e a un tizio che riteneva del tutto insignificante; e
di Mira nessuna traccia, probabilmente
dormiva.
Aprì gli occhi piano ma facendo una
sforzo tremendo, lì batte un paio di volte prima di realizzare che quello che
vedeva era si, rosso, ma un rosso strano, decisamente non quello del suo
copriletto e decisamente il suo copriletto non era così scomodo.
Cercò di mettersi a sedere ma delle
fitte intense la colpirono pressappoco ovunque, staccò una mano dal pavimenti,
ecco dov’era, e se la portò al viso per scostare i capelli che gli si erano
appiccicati alla faccia, ma quando vide la sua mano si convinse a lasciar
stare; decisamente non era presa bene.
Fece leva sugli avambracci per sollevarsi da terra e dopo
non pochi sforzi riuscì
a raggiungere la posizione retta,e fu subito colpita da un senso di vertigine e
svenimento non indifferente.
Allungò la mano fino alla tasca dei pantaloni ,ma la trovò vuota; aveva bisogno della sua bacchetta,
iniziò a girare la testa avanti e indietro nel tentativo di scorgerla da
qualche parte ma ogni movimento era una scarica assurda di dolore, verso il
quarto tentativo riuscì a scorgere l’affarino di legno che beatamente riposava
sul suo cuscino e si allungò per prenderla.
Si portò una mano alla tempia massaggiandola
mentre con l’altra mano schizzava incantesimi per la camera che
magicamente si rassettava da sola, esattamente come se lì non fosse successo
nulla.
Si trascinò fino allo specchio e quello che vide le fece
gelare il sangue nelle vene, tagli sangue, capelli spettinati e occhi rossi,
sospirò affranta e con uno schiocco di dita evocò il suo elfo domestico, aveva
decisamente bisogno d’aiuto.
Regulus guardò insistentemente
l’orologio d’oro massiccio attaccato alla parete di villa Malfoy, sforzandosi
di non mettersi a urlare in pieno soggiorno non suo, si limitò a uno sbuffo a
mezz’aria; erano le 10:30 e di Mira ancora nessuna
traccia, possibile che stesse ancora dormendo?
Probabilmente a quell’ora
la battaglia era nel bel mezzo dell’azione e lui era seduto su un divano a
aspettare la sua ragazza con un lupo e un’inutile mago.
Aveva trangugiato mezzo vassoio di biscotti che l’elfo
domestico aveva portato quasi mezz’ora fa, Fenyr non
aveva spiccicato parola da quando erano arrivati e
continuava a guardarlo in cagnesco e quell’altro
mago, bè se ne stava zitto seduto su una poltrona
dalla parte opposta della stanza senza degnare nessuno di uno sguardo guardando
costantemente fuori dalla finestra, probabilmente trovava i pavoni animali
interessanti.
Stava per alzarsi e tirare un calcio al tavolino che un bop nelle vicinanze del caminetto attirò
la sua attenzione facendoli comparire un ghigno sul viso e alzandosi si
avvicinò alla figura appena comparsa.
<< dormito bene? >> domandò stranamente calmo
Mira annuì per poi avviarsi verso il divano in velluto nero
di fronte e quello in cui era seduto Regulus che
ritornò tranquillamente al su posto.
Aldmond fece un cenno di saluto
con il capo e la ragazza ricambiò facendo sbuffare Regulus,
che a a quanto pare non era
stato salutato da nessuno dei due.
Fenyr continuava annaspare l’aria concentrato e non si era minimamente interessato a
salutare la ragazza che aveva seguito con lo sguardo da quando era arrivato,
senza interrompere il contatto visivo neppure per un istante, ma stranamente il
suo sguardo era puntato più verso la mano destra della ragazza che al viso.
D'altronde i lupi
mannari hanno un buon fiuto, particolarmente per il sangue.
Mira si guardò intorno confusa per
poi puntare le sue iridi –spente-
verso Regulus.
<< dove sono gli altri? >> domandò con un tono
di voce leggermente acuto
Regulus ridacchiò per nulla
notando le stranezze della ragazza.
<< mentre la bella addormentata vagava nel mondo dei
sogni si stà disputando una battaglia al Ministero.. >> cantilenò divertito
Mira si accigliò confusa << contro? >>
<< a quanto pare contro l’Ordine della Fenice e
qualche altro babbanofilo >> gracchiò Regulus
guardandosi le unghie perfette
Mira sgranò gli occhi << l’Ordine? >> soffiò
Regulus alzò lo sguardo e la
guardò confuso, che era diventata sorda per caso?
Aldmond staccò finalmente gli
occhi dai pavoni e portò la sua attenzione al trio che parlava.
Mira si mordicchiava il labbro che l’elfo domestico aveva
cercato disperatamente di risistemare mentre i suoi
occhi scrutavano il tappeto ai suoi piedi.
<< .. anche Sirius fa parte
dell’ordine.. >> soffiò piano
Regulus sbuffò << in effetti mi dà alquanto fastidio non essere io a..
>> ma dovette interrompersi perché la ragazza era scattata in piedi come
una molla e stringeva i pugni convulsamente.
Regulus scattò in piedi e affiancò
velocemente la ragazza << così ti fai male..
>> cercò di spiegarle mentre
afferrava le sue mani in cerca di aprirle << Mira, che cavolo ti
prende..? >>
Fenyr guardava la
scena confuso ma senza muovere un muscolo, Aldmond
si era alzato in piedi per vedere meglio quello che stava succedendo.
Mira si liberò con uno strattone da Regulus
e si diresse verso il caminetto dove poco prima era apparsa livida in volto.
<< non posso permetterlo.. >> soffiò quando Regulus
la bloccò per i fianchi
<< sei impazzita? >> tuonò Regulus aumentando la stretta
<< Lasciami!
>> tuonò la ragazza
<< non dire stronzate!
>> ribattè Regulus
senza dar segno di sciogliere la presa
Aldmond assisteva alla scena confuso e interessato.
Fenyr ringhiò zittendo tutti i
presenti e si avvicinò ai due ragazzi con un salto.
<< lasciala >> tuonò rivolto al ragazzo che
obbedì all’istante
Mira fissava il lupo davanti a lei senza capire che stesse succedendo quando si sentì afferrare il viso con una mano e
tirare in avanti facendola vacillare, ora il suo viso era a una spanna da
quello del lupo.
Aldmond e Regulus
guardavano la scena pietrificati.
<< se tu vai lì ti ammazzano >> sibilò piano Fenyr
Mira ghignò per poi strattonarsi all’indietro liberandosi
così dalla morsa del lupo che però le aveva lasciato i
segni.
<< non mi importa >> rispose atona
per poi scomparire con un semplice bop.
Regulus calciò il tavolo colto
dalla rabbia, Aldmond ritornò sulla sua sedia con
vista e Fenyr abbassò lo sguardo, forse per la sua prima volta.
* * *
Il Ministero era in pieno disastro.
La battaglia sembrava non voler risparmiare nessuno, e
nessuno sembrava risparmiarsi in battaglia.
Sirius era esausto, ormai dalla sua bacchetta partivano
incantesimi e controincantesimi quasi in automatica e
i risultati non erano dei migliori.
Poteva scorgere i volti di decine di persone conosciuti e
non che lo guardavano con sguardi vuoti e assenti dal pavimento, quasi
sicuramente morti o nel miglior dei casi svenuti.
Per la prima volta nella sua vita Sirius
poteva dire di non avere la situazione sotto controllo; non faceva altro che
scansarsi all’improvviso con movimenti calibrati solo dalla fortuna e a
spruzzare fiammelle colorate dalla bacchetta, contro chi
poi era un mistero.
Potter dal canto suo sembrava
stesse ballando il tip-tap quanto si muoveva
saltellando sullo stesso posto, Lupin a differenza di
loro sembrava molto ponderato e cosciente di quello che stava facendo, la sua
bacchetta sprizzava a ritmi regolari e con fermezza fiammelle rosse, frutto
probabilmente di Expelliarmus che andavano a segno, di Minus invece nessuna traccia, classico d'altronde.
L’Ordine al completo era radunato nell’edificio e lottava
con le unghie e con i denti per non essere sopraffatto, ma nonostante tutto,
dovevano ammetterlo anche loro, i Mangiamorte
spuntavano come i funghi e nonostante la cosa fosse alquanto preoccupante non
era nulla considerando che la loro poca stima per la vita sembrava
guidarli rendendoli micidiali e senza controllo.
Nonostante tutto di
lui nessuna traccia.
A quanto sembrava l’organizzatore della festa non si era fatto vedere,
o almeno loro non erano riusciti a scorgerlo, d'altronde Voldemort,
o meglio Colui-che-non-deve-essere-nominato per i più
sembrava essere diventato colui-che-non-deve-essere-visto
cosa piuttosto strana visto che i leader di solito tendono alla lieve maniacale
presenza per alimentare il loro protagonismo.
Sirius continuava a lanciare
occhiate allarmate a destra e a sinistra del tutto incosciente che facendo così
si rendesse un obbiettivo facile e eliminabile.
Fu una frazione di secondo, il tempo di scorgere una luce
verde accecante puntare nella sua direzione, e non ci voleva certo un genio a
capire di che incantesimo si trattasse,a quanto poco
ne sapeva Sirius un solo incantesimo sviluppava
fiammelle verde smeraldo,e tra l’altro
era un incantesimo proibito.
Avada Kedabra.
Classico, efficace e diretto a lui.
Nello stesso momento in cui captò il pericolo la sua mente
era già arrivata alla conclusione più logica e possibile, sarebbe morto, lì
stecchito e sarebbe diventato un altro volto vuoto a far compagnia a quelli già
presenti sul pavimento.
Sirius Black sarebbe morto alla fottutissima età di 19 anni a mano di uno sconosciuto, ma
la causa almeno era buona.
Sentì il sangue gelarsi nelle vene e gli occhi serrarsi
sgomenti, poi l’attesa.
Attesa che si sarebbe conclusa con un formicolio al petto e
un dolore lancinante al cuore e poi basta, puff, tutto sarebbe finito;
forse, magari, lo sperava indolore.
Ma quello che sentì era molto peggio di come se lo era immaginato.
Un colpo mirato all’addome, una forza sconosciuta che
comprimeva il suo corpo vero il basso, e un dolore lancinante alla nuca, fuoco,
ecco cos’era.
Tossì convulsamente portandosi un pugno alla bocca, aprì
leggermente gli occhi appannati e constatò con tutta la sua meraviglia che si,
era diventata un’altra figura accatastata al pavimento ma
era viva.
Sentì una fitta alla nuca , lì dove
l’attaccatura dei capelli si faceva più folta, e tastando con la mano potè constatare che il fuoco non era altro che sangue, il
suo che colava copioso tra i suoi capelli, forse dovuto all’impatto con il
suolo.
Frastornato cercò di guardarsi intorno ma
la vista appannata non lo aiutava per nulla.
Da quel poco che vedeva un’ombra scura gli dava alle spalle
fronteggiando quello che doveva essere il mangiamorte
che aveva cercato di spedirlo all’altro mondo, ma non c’era decisamente
riuscito, almeno che lui non morisse per un’emorragia
alla nuca proprio lì nel bel mezzo della battaglia.
Strizzò gli occhi stizzito nel
tentativo di scorgere chi lo avesse salvato, così da appuntarsi in mente chi
avrebbe dovuto ringraziare a tempo debito,
ma i suoi occhi non sembravano collaborare.
Remus non era, la figura era
troppo bassa.
James non aveva i capelli lunghi.
Minus era troppo tozzo.
Una ragazza. Ecco chi
era la figura davanti a lui. Una ragazza e gli dava visibilmente le spalle.
Cercò tantoni di trovare una spiazzo di pavimento libero dove poter far leva con i
gomiti per issarsi e raggiungere finalmente la posizione eretta ma una volta
che lo trovò e era quasi a mezz’aria con il bacino sentì una fitta pazzesca
alla nuca e la sua voce lamentarsi copiosamente mentre ricadeva al suolo.
<< stai giù >> ordinò una voce davanti a lui
Girò lentamente la testa verso destra e costatò che la
figura che aveva parlato era la stessa figura che non aveva attribuito a
nessuno di sua conoscenza.
Decisamente la voce
era da femmina.
Sbuffò confuso cercando di strofinarsi gli occhi per vedere
quello che stava accadendo ma il risultato fù
pessimo.
Sbattè gli occhi ripetutamente nel
tentativo di far sparire la patina opaca che gli sformava la visuale.
Poteva distinguere chiaramente due dettagli: la figura che lo
aveva salvato ora lo guardava ma il corpo rimaneva
rigido e all’erta nell’altra direzione.
Sentì qualcosa di caldo risalirgli per la gola e iniziò a tossire mentre con la mano cercava di comprimere l’aria
nella bocca.
Sangue, terribile gusto ferroso nella sua bocca.
Cercò con lo sguardo la figura che lo aveva aiutato ma questa non lo guardava più, era impegnata in un
perfetto scontro rossoverde con un mangiamorte.
Poteva sentire l’adrenalina scorrergli nelle vene mentre osservava lo scontro proprio sotto il suo naso,
odiava stare a guardare, ma era abbastanza sicuro che in quella situazione non
avrebbe potuto fare altro che guardare e sperare.
Sperare che quella ragazza sopravvivesse.
Da quel poco che i suoi sensi gli permettevano poteva captar
che lo scontro a cui assstiva
del tutto inerme al suolo non era solo fisico ma verbale.
Le due figure sembravano decisamente conoscersi.
Strano, magari era
confuso e non capiva bene.
E quella maschile sembrava visibilmente arrabbiato.
Gemette. La testa
iniziava a girargli.
Era uno scontro all’ultimo colpo, lo si
capiva chiaramente, se da una parte lui cercava di uccidere lei cercava di
schiantare, senza limitazioni, senza regole.
Si portò una mano
sugli occhi, cercando di migliorare la sua vista che pieno piano andava fievolendo.
Uno scontro pari, ecco cosa sembrava.
Tossì nuovamente e una
fitta lo colse alla sprovvista causandogli un’imprecazione di dolore che alle
sue orecchie arrivò come un mugugno insensato.
La figura femminile girò la testa di scatto, nella sua
attenzione, probabilmente allarmata dal suo gemito e il mangiamorte
ne approfittò per lanciare un colpo alla sprovvista, che la ragazza riuscì a
evitare solo in parte.
Sirius trattenne il fiato, colpevole.
La ragazza restituì il colpo all’interessato e con la mano
libera si tamponò la ferita sul braccio. Sangue.
Sirius brontolò qualcosa di insensato mentre lottava per tenere
gli occhi aperti.
La ragazza andò a segno con un incantesimo ben mirato e la
figura davanti piombò per terra inerme e senza sensi.
Sirius boccheggiò confuso tentando un sorriso.
La ragazza si affrettò a raggiungerlo e a sedersi a carponi di fianco a
lui sorreggendoli la testa.
Sirius cercò di guardarla in viso ma la testa
riprese a girare all’impazzata facendoli serrare gli occhi e gemere di dolore.
La ragazza gli accarezzò il viso, silenziosa
mentre i rumori della battaglia continuavano a ritmi regolari.
<< andrà tutto
bene, vedrai >> poteva sentire da lontano una voce acuta ma così familiare.
Cercò di rilassarsi
nella sua incoscienza mentre sentiva la sua testa
posarsi su qualcosa di soffice e piacevole.
<< ora sei al
sicuro…………………………
Poi il silenzio.
* * *
Quando aprì gli occhi tutto sembrava così confuso, una luce
bianca lo
accecava e un odore d alcol si insinuava nelle sue narici per andare a
tormentargli il suo sistema nervoso.
Sicuramente quel luogo non era il paradiso, tutt’altro.
<< si è svegliato, si è svegliato! >> una luce
graffiante gli tamburellò nella nuca, decisamente quello non era il paradiso ma
Potter.
Schioccò la lingua per il disappunto e cercò di issarsi
seduto, con qualche fatica ma ce la fece.
<< Sirius! >> sentì il
grido del suo miglior amico piombargli nella testa come un martello pneumatico al domenica mattina, poi una stretta al collo, da quando Potter
era dedito alle smancerie?
Mugugnò infastidido per il
disappunto e quando Potter si distaccò lasciandoli
libero il Suo spazio vitale sospirò a vuoto.
Erano tutti lì.
I Malandrini al gran completo più la Evans
e lo guardavano stranamente.
Non c’era voluto un genio a capire dove si trovasse, un letto, una luce bianca, forte odore di alcol e
un silenzio disumano –eccezione fatta per James- era
decisamente in un ospedale e dalle facce dei suoi amici +1 non doveva essere in
ottima forma.
<< come ti senti? >> domandò serio Remus
Sirius boccheggiò aria fino a riempire i polmoni,
constatò la presenza di tutti i suoi arti e alla loro funzionalità, poi quando
il ceck-up sembrava essere giunto al termine e a buon
fine ricordò la testa, ecco cosa gli creava fastidio, la testa e a quanto
pareva era stata pure bendata.
Sbuffò.
<< hanno detto che nel giro di due giorni saresti
stato nuovo, non dovrebbe mancare tanto.. >>
trillò Peter
Sirius si
protese in una smorfia di fastidio.
<< considerando che è già un girono
e mezzo che dormi non dovresti essere preso tanto male >> continuò al Evans
Sirius sgranò gli
occhi esterrefatto..Due giorni e mezzo?
<< cos’è successo? >> tuonò con una voce fin
troppo acuta per essere stata la sua
James abbassò lo sguardo
imbarazzato, Peter iniziò a torturarsi le mani impacciato, Remus spostò
tatticamente lo sguardo e la Evans sembrava infastidita.
<< allora?qualcuno mi vuole dire che cavolo è successo!? >> i presenti si guardarono negli occhi esitanti, Sirius sbuffò << per le sottane di Morgana!Rispondete! >>
tuonò
Lily, Peter e Remus
spostarono lo sguardo su James, in fondo era lui il
suo migliore amico, toccava a lui.
James sospirò consapevole e si
lasciò cadere sulla sedia a fianco del letto.
<< dopo che lei
ti ha salvato e che tu hai perso i sensi..bè ecco.. >>
deglutì per farsi forza << insomma, i mangiamorte
sono stati scacciati, o meglio se ne sono andati, non abbiamo ancora scoperto
il perché.. ma Silente ci sta lavorando.. >> fece una pausa abbassò lo sguardi frustrato
<< continua >> lo intimò Sirius
sempre più confuso
<< bè..ti
abbiamo portato qui e lei, bè..lei.. sai
com’è la legge Sirius.. >> sbottò James
Sirius alzò lo sguardo confuso e
smarrito, non riusciva a capire più nulla, nella sua testa c’era solo una
grande confusione.
Fù la voce di Lily che lo fece
ritornare alla realtà << lei è
stata arrestata, e questa sera ci sarà il processo, Azkaban
o il bacio dei dissennatori, è tutto da decidere
>> ghignò.
Sirius sgranò gli
occhi esterrefatto mentre dalle sue labbra usciva un sibilo soffocato
<< ..Mira.. >>.
James annuì per poi abbassare lo
sguardo.
Sirius sentì una fitta allo
stomaco.
Ecco chi era lei.
* * *
Procedeva con passo lento e ritmico, le era stata tolta la
bacchetta e le ne erano state puntate addosso quasi cinque.
L’idea di darsi alla fuga era da scartarsi, sarebbe fioccata
in un’umiliante e inutile fallimento, d’altrocampo se fosse pure riuscita a fuggire sarebbe stata
una latitante tra le latitanti, non solo avrebbe dovuto guardarsi dal Ministero
della Magia ma pure dal suo antipode, se così lo si voleva chiamare.
Sospirò affranta, e così all’età di 19 anni la sua vita
avrebbe raggiunto al fine e talpiù nel peggiore dei
modi, un bacio da un dissennatore, una vita
senz’anima la attendeva, in fondo una Avada Kedabra da Voldemort in persona sarebbe stata migliore.
Continuò a camminare senza fiatare fino a una gabbia di
metallo circondata da bacchette puntate tutte verso l’interno, decisamente non
aveva via di scampo da lì dentro.
Sentì una figura alle sue spalle spintonarla all’interno
senza troppe galanterie facendole sbattere il fianco sulla superficie ferrosa,
il braccio destro gli rispose con una fitta, nonostante i medimaghi
non era ancora guarita, poco male, alla chiusura della porticina le bacchette
posizionate tutt’intorno alla gabbia sfavillarono
scintille, chiaro segno che quella prigione sarebbe stata la sua permanenza
fino al processo e che la fuga era impossibile, ma d'altronde la possibilità
della fuga l’aveva già scartata quando quasi due
giorni fa si era lasciata schiantare senza troppe obiezioni da un funzionario
del ministero che l’aveva guardata come si guarda un trofeo di Quiddich alla coppa del mondo.
Pochi minuti dopo sentì i brusio di
voci che fino a prima le avevano fatto da sfondo all’attesa scemare in un
assurdo silenzio, interrotto solo dal cigolio sopra la sua testa, segno che la
botola stava aprendosi.
Fu la fitta all’ombelico mentre la
gabbia in cui era intrappolata veniva issata da un incantesimo nel bel mezzo
del Wizwengamon, affollato da maghi e streghe, con
gli occhi inorriditi puntati su di lei, che capì che quella era la fine.
L’esodo di Mira Lancaster era appena iniziato.
Aveva corso come un pazzo, dimenticandosi perfino come si respirasse
per arrivare in tempo, perché sapeva che doveva
esserci, sapeva che la sua presenza doveva essere lì, in quella stanza, in quel
momento.
Aveva preso la metropolvere dal
San Mungo fino al ministero ancora con la fasciatura sulla testa con James e Lupin che lo
spalleggiavano –Peter aveva optato per non andare- e
poi aveva percorso di corso i corridoi di mezzo ministero fino a arrivare alla
dannatissima, e manco Merlino lo aveva fatto apposta, stanza
7 del Wizewengamon che il destino aveva voluto
che si trovasse proprio nell’angolo più remoto del tribunale.
Casi speciali- quando aveva letto la targhetta sulla porta
sul viso gli si era dipinta una smorfia di perfetto disappunto, ma non aveva
fatto troppe storie ed era entrato andandosi a sedere nel palco per il
pubblico, cosa che lo inorridiva maggiormente il fatto che ci fosse un palco
per il pubblico come al teatro.
Alla fine era pure riuscito a arrivare in anticipo, quando
la sala era mezza vuota e il processo doveva ancora iniziare, così si era seduto
in prima fila, con James e Remus
di fianco come a spalleggiarlo.
Adesso se ne stava lì in silenzio, con il cuore che perdeva
battiti a ogni parola della giuria e gli occhi vuoti che fissavano la gabbia
appesa a mezz’aria con la figura minuta che se ne stava rigida a guardare
davanti a sé senza fiatare parola e senza battere ciglio a ogni accusa che le
era stata attribuita.
Mira non negava né
denegava.
Il Wizwengamon era grande e
affollato, furono quelle le prime cose che gli passarono nella mente, c’erano
maghi e streghe di tutti i tipi, buoni, cattivi, brutti e perfino belli, ma
tutti accomunati da un unico interesse la sua condanna.
Guardandosi in giro aveva potuto scorgere la figura di Lucius e di un altro mangiamorte,
entrambi probabilmente non ricercati né a carico di nessuna accusa che la
guardavano in silenzio ascoltando con interesse e annotando mentalmente le
decisioni della giuria, non certo per loro, ma per lui.
Nonostante tutto non era riuscita a scorgere in Lucius uno sguardo di odio ma bensì di comprensione che gli
aveva fatto pensare.
Che lui non sapesse
del tradimento?che lui non avesse capito?che Regulus
e gli altri non avessero fatto la spia?
Aveva continuato a seguire con lo sguardo gli spalti che la
circondavano cercando però di non attirare
l’attenzione di nessuno, lei infondo doveva mostrare il suo disinteresse verso
chiunque avesse visto.
Aveva potuto scorgere il volto di Silente spiccare tra le
file dei giurati che non le aveva staccato gli occhi di dosso neppure un
istante, come volerla studiare a volerla leggere dentro, ma non ci aveva dato
importanza, tanto tra poco tutto sarebbe finito e lei sarebbe stata solo un
vacuo ricordo.
Aveva individuato anche qualche magonò
e qualche mezzosangue guardarla con astio ma non c’aveva dato peso, la odiavano
probabilmente avrebbero voluto loro stessi ucciderla ma anche quello era un esame
superfluo, a lei non importava.
Scorse la smorfia di Lucius quando l’accusa proclamava il bacio del dissennatore
come condanna e lo sguardo di Silente per abbandonarla e andarsi ad appoggiare
sul Ministro della magia.
Poi accadde qualcosa che non si era aspettata, Silente
chiedeva udienza al Ministro e ai giurati.
Mira inarcò un sopraciglio incuriosita
quando Silente le scoccò un’occhiata a suo dire ammonitrice prima di ritirarsi in una stanza limitrofa con l’elite
del tribunale al gran completo.
Mira sospirò, socchiuse gli occhi e sbuffò infastidita, la
cosa stava andando un po’ troppo per le lunghe per i suoi gusti.
Sentì un leggero formicolio alla nuca e si voltò leggermente
verso Lucius che la fissava insistentemente,
sicuramente se avesse conosciuto la telecinesi quel ragazzo le avrebbe detto qualcosa, ma cosa?
Iniziò a fissarlo a sua volta come a voler decifrare il suo
comportamento sospetto e a dir poco assurdo, rimasero
a fissarsi negli occhi per tutto il tempo in cui il grande elite rimase nella
stanza a decidere del suo destino, poi entrambi ritornarono all’udienza che
ormai era giunta al termine.
<< ..All’imputata Lancaster Mira,
come condanna alle imputazione su lei presentate, il tribunale ha così deciso
una pena di 10 anni di isolamento presso la prigione per maghi e streghe di Azkaban.. >>
Mira sgranò gli occhi esterrefatta, Silente si concesse un leggero
sorriso da sotto la folta barba bianca, Lucius le
fece un cenno di saluto con il capo mentre usciva dalla sala seguito a ruota
dall’altro mangiamorte.
La platea si accese di
brusii e lamentele, a quanto pareva Mira non era l’unica ad avere trovato la
sua condanna alquanto riduttiva.
Spostò leggermente lo
sguardo tutto intorno a se per aver conferma che quello che stava succedendo
era reale e non una sorta di incantesimo confundus
che le era stato scagliato celatamente e quello che vede la irrigidì
percettibilmente.
Doveva trattarsi
decisamente di un incantesimo Confundus perché quello
che era seduto in prima fila alla sue destra era Sirius e la fissava imbambolato.
Girò totalmente il
corpo nella sua direzione in modo da trovarselo perfettamente di fronte.
Sirius la guardava in silenzio con gli occhi
liquidi, si era alzato in piedi quando lei aveva
intercettato il suo sguardo e ora rimanevano entrambi immobili a guardarsi
negli occhi in silenzio.
<< perdonami >> sillabò Mira con le labbra in un
sussurro inudibile mentre sul suo perfetto viso di porcellana
si faceva strada una lacrima solitaria
Sirius sussultò alzando una mano a mezz’aria verso
la ragazza mentre i suoi occhi si facevano sempre più
lucidi, Mira singhiozzò alzando la mano a sua volta all’interno della gabbia, poi
sentì solamente il cigolio della botola aprirsi sotto di lei e la fitta
all’ombelico la colpì di nuovo facendola piombare nella stanza dove aveva
atteso prima dell’udienza.
Fu in quel momento che James
percepì l’anima il suo amico spezzarsi sotto il suo dolore, in fondo lui, il
dolore non lo conosceva minimamente, appoggiò una mano sulla spalla di Sirius e abbassò la testa senza aver il coraggio di dire
nulla, per la prima volta in tutta la sua vita.
N/A
Ho voluto dare voce a una domanda e poi?
Esatto ecco il mio poi, sempre
triste, doloroso e fastidioso potrei dire.
Sono passati due anni dall’ultima
volta che Sirius ha visto Mira e le cose sono cambiate, molto, ma forse non
tutto..il dolore della guerra, la paura di chi è troppo giovane per farne
parte, la pazzia, le decisioni, ma soprattutto quel dolore malsano che solo
l’amore riesce a produrre..
Questo per ricordarmi che il mondo
cambia ma che alcune cose, specialmente quelle che provano più dolore sono
indissolubili.
Perché si può perdonare ma non dimenticare.
E magari ci sarà un poi..
Un grazie a tutti quelli che
leggono, seguono e perché no, a volte commentano!