Pirati dei Caraibi - Gli eredi del mare di Martyx1988 (/viewuser.php?uid=51220)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Persefone ***
Capitolo 2: *** Lettere perdute ***
Capitolo 3: *** Il capitano ***
Capitolo 4: *** Pirata all'un per cento ***
Capitolo 5: *** Il Pivello ***
Capitolo 6: *** Occhio alla scimmia ***
Capitolo 7: *** Dal 'Guercio'... ***
Capitolo 8: *** Una pessima serata ***
Capitolo 9: *** Obblighi di famiglia ***
Capitolo 10: *** Ancore e porti ***
Capitolo 11: *** Il Commodoro Charles ***
Capitolo 12: *** Lord Coward ***
Capitolo 13: *** Il Principe e il Pirata ***
Capitolo 14: *** Il Prigioniero ***
Capitolo 1 *** La Persefone ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
La Persefone
La scuola
per signorine di Miss Parker era tra le più prestigiose di
Londra. Molti gentiluomini mandavano le figlie lì
perché venissero istruite all’etichetta e alle
buone maniere e potessero diventare, con gli anni, delle ottime mogli
per i rampolli dell’alta società britannica.
Alcuni dicevano che anche la moglie del re era stata educata
lì, ed era riuscita ad arrivare al trono grazie agli
insegnamenti di Miss Parker, che ogni tanto vantava una qualche visita
a Buckingham Palace sotto invito della sua vecchia allieva.
Le
studentesse della casa andavano dai cinque ai diciassette anni, anche
se spesso uscivano molto prima di quell’età dalla
scuola, per contrarre un matrimonio combinato in tempi pregressi dai
genitori con quel tal duca o quel barone di laggiù.
A
dire la verità una sola era la ragazza di diciassette anni
che studiava lì, l’unico caso da quando la scuola
era stata fondata. E per Miss Parker quella ragazza era una pura e
semplice maledizione. Se ne sarebbe liberata molto prima se non fosse
stato per l’ingente somma di denaro che era pervenuta assieme
a lei quando, ancora bambina, era stata trovata alla ruota di uno degli
innumerevoli orfanotrofi londinesi, uno dei meno decadenti, e che le
assicurava un soggiorno presso la casa ancora per qualche mese.
Dopodiché se ne sarebbe lavata le mani di lei.
Ma
fino ad allora era sotto la sua tutela ed era suo dovere trovarla, a
tutti i costi. Perché la piccola Elizabeth, oltre ad essere
una palla al piede quando era a scuola, aveva il tremendo vizio di
scappare dall’edificio per andare chissà dove.
Secondo Miss Parker era inevitabile che si comportasse così,
viste le sue origini. Sulla lettera che le suore
dell’orfanotrofio avevano trovato nella cesta della bambina
era scritto che veniva dal Nuovo Mondo, dai Caraibi precisamente, e il
nome datole era un chiaro segno della sua discendenza. Non le era mai
stato detto il suo vero nome, sin dal primo giorno Miss Parker aveva
presentato la bambina col nome di Betty, senza cognome né
niente. Insegnanti, camerieri e cittadini la chiamavano Miss Betty,
Miss Parker solo Betty.
“Avete
visto Betty uscire, di recente?” domandò
perentoria la signora, guardando il portinaio oltre l’adunco
naso.
“No,
miss, purtroppo non l’ho vista” rispose
l’uomo dimesso “Ma potrebbe essere uscita mentre
ero a mangiare all’osteria”
“Nulla
di più probabile, quella ragazza è una volpe. Ma
stavolta l’ha fatta grossa. Anche il figlio di lord Coward
non si trova più”
Quel
giorno alcuni dei giovani scapoli della Londra bene avevano fatto
visita alle ragazze della scuola oltre i quattordici anni, una
tradizione radicata per favorire le conoscenze e i successivi
matrimoni. Lord Coward era uno dei più importanti membri
della Camera e suo figlio il cosiddetto scapolo d’oro dopo il
principe. Come aveva temuto, aveva subito notato Betty e non le si era
scollato di dosso un attimo, nemmeno quando la ragazza aveva deciso di
fuggire.
“Molto
bene” sentenziò Miss Parker “A mali
estremi, estremi rimedi”
Scese
gli scalini che portavano alla porta della scuole e si immerse nella
folla che animava la strada di fronte.
Il
portinaio sbuffò. Anche lui sarebbe scappato da una donna
come Miss Parker, perciò non biasimava la giovane Betty.
Anzi, gli stava pure simpatica.
“Forse
dovremmo tornare” azzardò il giovane Henry mentre
si guardava intorno circospetto. Aveva visitato la zona del porto solo
a bordo di una delle carrozze di suo padre e l’odore fetido
che era riuscito a entrare gli aveva creato non pochi problemi allo
stomaco. In quel momento, però, ci era totalmente dentro
alla zona del porto e l’effetto dell’odore era
duplicato, se non triplicato. Evitò una secchiata di non
voleva sapere cosa che una donna aveva gettato da una delle finestre in
alto e si affrettò a raggiungere la ragazza che era con lui.
O meglio, era lui ad essere con la ragazza, perché era stata
lei a convincerlo a disertare il tè delle cinque con le
altre allieve e i loro accompagnatori per venire lì.
Betty
si voltò appena per rispondergli “Tu va, se vuoi.
Io là dentro non ci torno”
“Spiacente
Betty, ma o torni con me o io resto con te”
“Non
mi pare tu gradisca molto l’ambiente” rise lei.
“No,
infatti, ma non si addice nemmeno ad una signorina ben educata e
istruita come te”
Betty
scoppiò in una fragorosa e poco educata risata e finalmente
si voltò verso il giovane rampollo, che immediatamente
ricordò per quale motivo l’aveva seguita. Betty
non era come le altre, anche se l’apparenza diceva il
contrario. Come tutte le studentesse era molto carina alla vista,
l’abito azzurro e blu le contornava bene il fisico asciutto e
metteva in risalto i suoi capelli biondi, raccolti in una complicata
croccia da cui emergevano alcuni voluminosi boccoli. Ma ad un occhio
più attento non sarebbe sfuggito il nastro leggermente
storto, il ciuffo scappato all’acconciatura e adagiato
scomposto sulla fronte, il trucco leggermente sbavato,
l’abito in disordine. L’aveva notata
perché era riuscita a distinguersi in un modo tutto suo,
quasi selvaggio, come quella risata.
“Povero
Henry!” disse una volta calma “Ecco
perché non potrà mai funzionare tra noi. E, tra
parentesi, Miss Parker ne sarebbe molto sollevata”
“Per
quale motivo dovrebbe esserlo?”
“Diciamo
che non sono la sua allieva prediletta. Secondo lei staresti bene con
Margaret Woodstock, prima della classe in economia domestica, ma anche
con Polly Johnson non ti vedrebbe male…eccola, Henry,
guarda!” esclamò interrompendo il suo pensiero e
indicando qualcosa oltre la marmaglia di marinai che camminavano
freneticamente lungo i moli.
“Non
è stupenda?”
Ciò
che Betty stava indicando era una nave, un mercantile probabilmente, di
buona fattura e ben tenuta, armata con una ventina di cannoni e dalle
bordature verde muschio, così come il nome, le cui lettere
erano contornate in oro in modo che risaltassero sul legno scuro.
“La
Persefone” Betty sussurrò il nome della nave con
voce sognante.
“Sì,
è una bella nave, ma cos’ha di speciale rispetto
alle altre?” domandò Henry.
Betty
si voltò spazientita verso il ragazzo.
“Quella
nave viene dai Caraibi, dal Nuovo Mondo!”
“E
allora?”
Betty
sospirò.
“Ma
non ti hanno insegnato niente a scuola? Per cosa è famoso il
Mar dei Caraibi?”
Henry
scosse la testa disorientato.
“Pirati!”
esclamò lei, sbalordita da tanta ignoranza “La
Persefone ha fatto Londra-Caraibi e ritorno sopravvivendo ai pirati.
È incredibile!”
“Probabilmente
perché non ce ne sono quasi più di
pirati” commentò Henry a testa alta “Mio
padre dice che la Marina Britannica e la Compagnia delle Indie li hanno
praticamente eliminati dai mari”
“Baggianate!
I pirati hanno dato una lezione a entrambi meno di vent’anni
fa” rispose Betty, irritata dal modo in cui Henry le aveva
parlato.
“E
chi te l’ha detto questo?” domandò
allora lui, divertito.
“Un
marinaio”
“Tsk,
un marinaio! Pensi che possa credere ad un marinaio ubriacone e non a
mio padre?”
“Non
era ubriaco!...non ancora, almeno, e comunque ho ragione di credere che
tuo padre non abbia mai messo piede su una nave, o sbaglio?”
“Una
volta mi ha raccontato di aver navigato lungo la Senna, a
Parigi”
“Uh,
emozionante!”
Detto
questo, diede le spalle al ragazzo e iniziò ad allontanarsi.
“Dove
stai andando?” le domandò Henry preoccupato.
“A
vedere la Persefone più da vicino” rispose
scocciata.
Si
sentì poi afferrare di malo modo per un braccio.
Cercò di liberarsi dalla presa, ma venne subito
riacchiappata e costretta a voltarsi. Si sarebbe aspettata di vedere
Henry, invece davanti alla su faccia stava quella abbronzata e sudicia
di un marinaio che le sorrideva mostrandole la dentatura
tutt’altro che perfetta.
“Vai
da qualche parte, dolcezza?” le alitò in faccia,
costringendo i muscoli del suo volto a contrarsi in una smorfia
disgustata.
“Ah,
sì, io…sto cercando mio padre, è il
capitano di una nave”
“Ma
davvero? E quale nave?” domandò ancora
l’uomo, sempre più vicino.
“La
Persefone” si affrettò a rispondere lei, tentando
nuovamente di allontanarsi.
“Conosco
il capitano Gibbs e non ha né moglie, né
tantomeno figlie”
“Beh,
magari a voi non l’ha mai detto. Ora scusate, devo
andare”
Un
altro tentativo di allontanamento venne vanificato dal marinaio, che
attirò Betty ancora più verso di sé
costringendola ad inarcarsi con la schiena per mantenere le distanze.
“Signore,
abbiate la decenza di lasciare quella ragazza!”
urlò la voce di Henry, anticipando l’arrivo del
ragazzo. Il marinaio si voltò in direzione del disturbatore
e Betty ne approfittò per tirargli un calcio su uno stinco
che lo costrinse a lasciarla andare. La ragazza colse
l’occasione al volo e iniziò a correre il
più lontano possibile dal marinaio, trascinandosi dietro
Henry, costretto a tenersi la parrucca castana con una mano per evitare
di perderla. Dopo aver messo una buona distanza tra loro e lo
scocciatore, rallentarono la corsa e si sedettero su alcune casse di
legno a riprendere fiato. Il giovane Henry sembrava aver patito non
poco lo sforzo fisico ed era paonazzo in volto, con la parrucca
scomposta che lasciava intravedere qualche ricciolo rosso.
“Ammettilo…ti
sei pentito…di non essere tornato indietro…appena
hai potuto” fu l’accusa di Betty a Henry, tra un
respiro e l’altro.
Il
giovane rise.
“Diciamo
che, quando mi sono alzato stamattina, mai avrei immaginato di finire
in una situazione del genere”
Betty
si unì alla risata, ma poco dopo Henry tornò
serio.
“Non
hai visto la Persefone, però” constatò,
guardando verso l’albero della nave, che spuntava tra quelli
più bassi delle altre imbarcazioni.
“Tornerò,
magari domani” fu la semplice risposta di Betty.
“Potrebbe
non esserci più domani”
“Allora
tornerò fra cinque mesi, quando sarà nuovamente a
Londra”
“Perché
ti interessa tanto quella nave?” domandò Henry
curioso.
“Il
mio destino non è quello di diventare una lady, Henry. Non
frequenterò mai salotti nobili né
prenderò un tè con la regina. Sono orfana e senza
dote e nessuno accetterebbe di sposarmi. Nel Nuovo Mondo, invece, avrei
molte più possibilità”
“Non
è molto rosea come prospettiva, inoltre chissà,
qualcuno disposto a prenderti in moglie potresti trovarlo”
A
Betty non sfuggì l’allusione di Henry e sorrise al
ragazzo.
“Noi
due non siamo fatti per stare insieme, mi sembra di avertelo
dimostrato” gli disse con gentilezza, ma il ragazzo non parve
arrendersi.
“Mi
conosci solo da questa mattina, come puoi esserne certa?”
“Fidati,
è così. Siamo due mondi totalmente
diversi”
“Non
ho proprio nessuna speranza?”
Betty
scosse la testa dispiaciuta.
“A
questo punto, direi che conviene tornare alla tua scuola. È
quasi il tramonto e Miss Parker sarà preoccupata per la
nostra assenza”
“Nah,
forse per la tua. Probabilmente spera che ritorni da solo con la triste
notizia di un mio rapimento o che so io”
Si
alzarono entrambi dalle casse e ripresero a camminare verso il centro
di Londra. Prima di lasciare definitivamente il porto, Betty
lanciò un’ultima occhiata malinconica
all’albero maestro della Persefone, promettendogli che
sarebbe tornata.
Raggiunsero
il quartiere in cui si trovava la scuola di Miss Parker in poco
più di un quarto d’ora di cammino silenzioso,
Betty davanti e Henry dietro. Per tutto il tragitto la ragazza non
pensò ad altro che alla Persefone e alla nuova vita a cui
quella nave poteva condurla, lontana da sfarzi, etichetta e buone
maniere. Il suo soggiorno alla scuola stava per terminare, i soldi che
le erano stati lasciati stavano per finire e per lei sarebbe
significato ripartire da zero. Ma in una città come Londra,
se non hai delle referenze confermate puoi fare poca strada. Nelle
colonie del Nuovo Mondo, invece, tutto questo non valeva, e avrebbe
potuto vivere la sua vita come più avrebbe preferito, senza
alcuna sorta di vincolo.
“Miss
Betty!” la chiamò qualcuno da lontano.
Alzò
gli occhi dal pavimento e scoprì di essere arrivata a pochi
metri dalla scuola. Vide dei soldati davanti alla porta intenti a
parlare con Miss Parker.
“Addirittura
i soldati, questa volta?” si domandò a voce alta,
incredula, per poi cercare chi l’aveva chiamata. Vide Bobby,
il giovane postino, correre a perdifiato verso di lei con qualcosa in
mano.
“Miss
Betty, questa lettera è per voi, da vostro
fratello” le disse il ragazzo ansimante “Deve
essere caduta mentre preparavamo i sacchi per la consegna del mattino.
Appena l’ho vista sono corso per darla a Miss Parker, come
tutte le altre, ma l’ho trovata
impegnata…”
“Ferma
un momento, Bobby” lo bloccò Betty con un gesto
della mano “Ti stai sbagliando. Non ho mai ricevuto lettere
in vita mia, ma soprattutto non ho nessun fratello”
“Avete
lo stesso cognome, ho pensato fosse vostro padre la prima volta che ho
fatto le consegne qui, ma Miss Parker mi ha subito corretto dicendomi
che eravate orfana”
“Tu
hai consegnato delle lettere per me a Miss Parker?” chiese
Betty, nel tentativo di capirci qualcosa.
“Consegno
tutta la posta per voi signorine a Miss Parker e poi lei la
distribuisce a voi”
“Ma
a me non è mai arrivato niente. Sei proprio sicuro che io
abbia ricevuto periodicamente delle lettere da mio fratello, se mai
esiste”
“Certo!
Almeno, da quando lavoro io in questa zona, ho sempre visto una lettera
per voi, più o meno ogni mese”
“Fammi
vedere quella”
Bobby
le porse il foglio di carta piegato che teneva in mano.
All’esterno del foglio, in grafia appuntita, erano scritti
mittente e ricevente.
Dal tenente Jack Weatherby Turner
Distaccamento della Marina Britannica a Port Royal
Per Morgan Elizabeth Turner
Scuola di Etichetta e Buone Maniere di Miss Gloria Parker
Londra
Losso,
losso, sono già imbarcata con altre mille ff, direte voi,
perchè ne inizi una nuova?
E avete pienamente ragione, però ho rivisto di recente il
film e letto altre fic molto avvincenti sull'argomento...e la mia
fantasia ha frullato e frullato ed ecco il risultato...almeno, l'inizio.
Mi serve sapere se vi piace, se Betty ha tendenze da Mary Sue in modo
da poterla cambiare sin da subito, se vale la pena svilupparla o se
tanto vale cancellarla, grassie :)
Buona lettura, comunque!
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Capitolo 2 *** Lettere perdute ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Lettere perdute
"A dead letter is a
letter that
has
never been
delivered
because
the person to
whom
it was written
cannot be
found,
and it also
cannot be
returned to
the
person who
wrote it"
The Rasmus -
Dead Letters
Dal tenente Jack
Weatherby Turner
Distaccamento
della Marina Britannica a Port Royal
Per Morgan
Elizabeth Turner
Scuola di
Etichetta e Buone Maniere di Miss Gloria Parker
Londra
Ogni
lettera di quella scatola era intestata allo stesso modo di quella che
le aveva consegnato Bobby. Saranno state una ventina di lettere, se non
di più, tutte quante indirizzate a lei, tutte quante mai
consegnatele. Se non fosse stato per il casuale incontro con Bobby, non
sarebbe mai venuta a conoscenza della loro esistenza.
Dopo che il ragazzo le aveva consegnato la lettera, era rimasta
comunque scettica sul fatto che fossero effettivamente per lei.
"Potrebbe essere una qualsiasi delle ragazze della scuola. D'accordo,
mi chiamo Elizabeth, ma qui è messo come secondo nome e un
sacco
di mie compagne si chiamano così" aveva obiettato.
"Qualcuna di loro fa Morgan di primo nome?" era stata la domanda di
Henry, che si era rivelato molto interessato alla faccenda.
Betty ci aveva pensato su qualche momento, ma non le era venuta in
mente nessuna ragazza che si chiamasse in quel modo. In effetti, Morgan
non era un nome molto comune a Londra, anzi, era soprattutto un
cognome. Era bizzarro che dei genitori avessero chiamato la loro figlia
femmina con un cognome. L'unico Morgan che le era venuto in mente era
sir Henry Morgan, un pirata vissuto quasi cento anni prima di cui aveva
sentito alcune storie da dei marinai al porto.
A quel pensiero una balzana idea le era iniziata a frullare in testa,
avvalorata dal fatto che la lettera provenisse dalla principale colonia
inglese nel Mar dei Caraibi.
"E' assurdo" aveva detto Betty, prima di incamminarsi a passo spedito
verso il capannello di soldati attorno a Miss Parker, seguita a ruota
da Henry e da Bobby, un po' più distante.
La donna stava parlando fittamente con uno dei gendarmi, affiancanta da
un distinto uomo in parrucca bianca.
"La ragazza non è un problema" stava dicendo Miss Parker in
modo
teatrale "Ma il giovane figlio di lord Coward potrebbe essere preso in
ostaggio o peggio. Oh, che il Signore lo protegga!"
"Faremo il possibile, Miss, Milord, ve lo assicuro" continuava a
ripetere il soldato.
"Mio figlio è in corsa per diventare uno dei più
stretti
collaboratori del re, non appena avrà finito la sua
formazione"
aveva aggiunto pomposo Lord Coward "Sua Meastà ha notato le
sue
brillanti doti di diplomatico e lo tiene sott'occhio da molti mesi..."
"Mettetevi l'animo in pace, Milord" era intervenuta allora Betty
"Vostro figlio è tornato sano e salvo"
I soldati le avevano fatto spazio per lasciarla salire fino alla porta,
dove Miss Parker e Lord Coward la stavano osservando severi.
"Guardati come sei ridotta" le aveva sibilato la donna dopo aver notato
il suo aspetto disordinato "Che figure mi fai fare? Tutti penseranno
che le mie allieve sono delle poco di buono..."
"Moderate i termini, Miss" l'aveva rimproverata Henry, affiancandosi
subito a Betty "Piuttosto, avete delle spiegazioni da dare a questa
ragazza"
Miss Parker si era messa a scrutare entrambi con espressione arcigna,
che si era poi trasformata in allarmata quando Betty le aveva mostrato
la lettera.
"Dove l'hai presa?" le aveva chiesto con voce acuta, eliminando
così ogni dubbio dalla mente della ragazza.
"Bobby vi ha vista occupata e l'ha consegnata direttamente a me. Mi ha
anche detto che non è la prima che mi viene spedita. Ho
ragione
di credere che mi abbiate nascosto la mia corrispondenza?"
Gli occhi di tutti i presenti si erano concentrati su Miss Parker, la
cui bocca aveva continuato ad aprirsi e chiudersi senza proferir parola
per alcuni secondi. Si era poi voltata verso Lord Coward, il quale la
osservava dall'alto in basso con le mani congiunte sul pomello del suo
bastone da passeggio, in attesa. Miss Parker aveva tirato allora un
lungo sospiro con fare rassegnato.
"Vi ringrazio, capitano, non c'è più bisogni di
voi ora"
avava detto per congedare i soldati, che dopo aver battuto i tacchi
erano ritornati alle loro posizioni in strada. Aveva poi detto a Betty
di seguirla in casa.
Lord Coward, invece, aveva intimato al figlio di salire in carrozza per
tornare a casa, ma questi si era fermamente opposto per restare con
Betty, a meno che la ragazza non fosse stata contraria. Betty aveva
annuito col capo, attirandosi ulteriori antipatie da parte del
nobiluomo, che aveva rifiutato l'invito a fermarsi
per la notte rivoltogli
da Miss Parker ed era salito brontolando sulla sua carrozza.
Miss Parker aveva fatto strada ai due giovani fino al suo studio. Da un
cassetto della sua scrivania aveva tirato poi fuori quella scatola e
l'aveva aperta davanti a Betty, mostrandole le lettere in essa
contenute, tutte indirizzate a Morgan Elizabeth Turner.
"E' il tuo vero nome" le disse, dopo averle lasciato qualche attimo per
contemplarle "Non che Betty sia falso, ma ho ritenuto che Morgan non si
addicesse ad una signorina per bene. Non si addice a nessuna ragazza in
generale, a parer mio"
"Perchè l'avete fatto?" le domandò Betty,
più sconcertata che arrabbiata.
"Per assecondare il desiderio di tua madre" rispose serafica la donna,
prendendo una delle lettere in fondo e porgendola a Betty. All'esterno
non c'era scritto l'indirizzo come nelle altre, solo "Per Miss Gloria
Parker" ,
in grafia elegante e ordinata.
"Era nella tua cesta, accompagnava i soldi per la retta. Tua madre
è stata una studentessa di questa scuola fino a quando non
è partita con tuo nonno per Port Royal, dove avrebbe
ricoperto
la carica di governatore delle colonie. Qui ha scritto molto
chiaramente che voleva che doventassi una Lady e ti facessi una vita
dignitosa qui a Londra. Anni dopo sono iniziate ad arrivare le lettere
da parte di tuo fratello e ho rotenuto che loro contenuto avrebbe
potuto compromettere la tua crescita, che risultava già
difficoltosa visto il tuo carattere difficile. Ulteriori motivi di ribellione
avrebbero rovinato il lavoro fatto fino a quel momento.
"Continuando a crescere la tua poca predisposizione per le buone
maniere si è accentuata e ciò mi ha convinto a
continuare
a nasconderti le lettere, nella speranza che qualcosa cambiasse in te,
prima o poi. A questo punto, però, non mi sembra il caso di
continuare"
Miss Parker avvicinò ulteriormente la scatola a Betty
"Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato. Evidentemente diventare una
Lady non è mai stato il tuo destino"
"Allora qual è?" domandò Betty, continuando a
guardare le lettere.
"Quelle lettere ti aiuteranno a capirlo. Ho letto solo la prima
arrivata qui, le altre non so di cosa parlino, ma credo che riservino
delle sorprese. Dopotutto provengono dal Nuovo Mondo"
Betty si lasciò sfuggire un rapido sorriso, quindi rimise la
lettera di sua madre insieme alle altre e prese la scatola.
"Puoi usare la biblioteca. Non farò entrare nessuno"
offrì Miss Parker, indicando la stanza di fronte al suo
studio.
"Grazie Miss Parker"
Betty uscì dallo studio rapidamente e, aperta la porta della
biblioteca, vi entrò senza indugi. Stava per richiudere il
battente quando notò henry in piedi nel corridoio, a
metà strada tra le due stanze, in attesa di indicazioni.
Forse per premiarlo per essere stato sempre dalla sua parte, forse per
avere qualcuno al suo fianco con cui condividere quel segreto, Betty lo
esortò ad entrare.
"Ormai ci sei dentro anche tu, tanto vale andare fino in fondo"
aggiunse come giustificazione alla sua scelta.
Il giovane Coward sembrò entusiasta dell'invito e si
affrettò ad entrare. Betty chiuse la porta dietro di lui e
insieme raggiunsero il primo tavolo libero, dove la ragazza
posò la scatola con le lettere. Dalle grandi finestre
entrava ormai poca luce, poichè il sole stava volgendo al
tramonto, così Henry prese una delle lampade a olio appese
alle pareti e la poggiò sul tavolo vicino alle lettere.
Ragionando sul fatto che Miss Parker avesse preso la lettera di sua
madre, la prima lettera, dal fondo, Betty dedusse che fossero ordinate
cronologicamente dalle più recenti alle prime arrivate.
Prese perciò il mucchio e lo ribaltò sul tavolo.
Vide il semplice sigillo di ceralacca della prima lettera rotto, mentre
gli altri erano tutti intatti, a riprova dell'attendibilità
delle parole di Miss Parker. Betty sospirò, il cuore le
martellava nel petto per l'emozione. Sentiva che, dopo aver letto
quelle lettere, tutto sarebbe cambiato.
I due ragazzi rimasero chiusi nella biblioteca fino a notte fonda a
leggere le lunghe lettere che Jack aveva mandato a sua sorella sin dal
suo settimo compleanno. Nella prima di esse vi era una lunga
descrizione della loro famiglia. Erano figli di Miss Elizabeth Swan,
unica figlia del governatore Weatherby Swan di Port Royal, Giamaica,
mentre il loro padre era William Turner, fabbro che aveva poi deciso di
imbarcarsi e di passare il resto della vita in mare, sbarcando appena
possibile per riabbracciare la famiglia. La loro madre era morta che
Morgan aveva pochi mesi e già si trovava a Londra, dove
Elizabeth l'aveva mandata preventivamente presentendo la prematura
fine. Jack invece era stato affidato ad un ufficiale della Marina
Britannica perchè lo addestrasse e lo arruolasse una volta
raggiunta la maggiore età. Avevano nove anni di differenza,
dovuti alle lunhe assenze del padre a causa dei suoi viaggi.
Nelle lettere successive Jack descriveva alla sorella, con dovizia di
particolari, la sua vita a Port Royal, ponendo l'accento sui fatti di
cronaca più interessanti, il più delle volte
legati ad attacchi dei pirati ai danni dei mercantili provenienti o
diretti a Londra. Leggere di quegli avvenimenti entusiasmò
Morgan, che rimpianse di aver passato la sua vita in quella scuola
quando sarebbe potuta stare al fianco del fratello per vedere coi suoi
occhi ciò che lui le aveva descritto. Ma a Morgan non era
mai mancata l'immaginazione e si figurò tutte le vicende
alla perfezione.
In una lettera arrivata a Londra che lei aveva dodici anni Jack le
raccontava del suo arruolamento in Marina e di come il suo superiore,
il capitano Charles, fosse entusiasta del suo arrivo, tanto da dargli
subito incarichi importanti. Le lettere successivi erano racconti
dettagliati delle sue missioni in mare contro i corsari francesi e i
pirati in generale, i quali, dopo la sconfitta della flotta della
Compagnia delle Indie Orientali, si erano fatti più audaci.
Due navi in particolare sembravano non dare tregua alla Marina: la
Perla Nera e la Persefone.
Persefone?
si era domandata Morgan a leggere quel nome, ma poi aveva ragionato,
insieme a Henry, che poteva essere un'omonima del mercantile ancorato
al porto.
Arrivarono alle ultime due lettere che i rintocchi della mezzanotte
erano passati da molti minuti e la stanchezza iniziava a farsi sentire.
Quella di Morgan scomparve quando lesse le prime righe della penultima
lettera, arrivata cinque mesi prima.
Cara Morgan,
sta succedendo qualcosa qui a Port Royal. Il capitano Charles
è appena stato promosso a Commodoro e
ha fatto di me un tenente, nonostante sia ancora giovane e inesperto
per una carica così alta.
Quando sono andato per ringraziarlo dell'onore concessomi, mi ha
risposto che "era l'unico modo per
tenermi stretto il mio tesoro". C'era una luce strana nei suoi occhi,
inquietante, e quando gli ho chiesto
ulteriori spiegazioni mi ha detto che "grazie a te la sconfitta della
Compagnia delle Indie sarà presto
vendicata"
"Henry!"
chiamò Morgan senza staccare gli occhi dal pezzo di carta
che aveva in mano. Il giovane Coward le fu accanto dopo poco e
iniziò a leggere la lettera silenziosamente.
Charles sta
organizzando una grande spedizione punitiva contro i pirati, almeno
questo è quello che
sono riuscito a capire. Ho paura, però, che stavolta non si
limiterà ad azzufarsi con la Perla Nera o la
Persefone. Credo che i suoi piani siano molto più su larga
scala, continua a parlare di una Fratellanza e
di voler imprigionare il mare. Tutto fa pensare che sia un folle, ma ha
l'appoggio della Corona e finora il
suo comportamento è stato impeccabile.
Tra due giorni salpiamo, la Perla Nera è stata avvistata al
largo di Hispaniola e per il momento è
l'obiettivo primario di Charles, in attesa della Persefone.
Spero che i tuoi studi a Londra procedano bene, cara sorella. Appena la
situazione qui si sarà fatta più
chiara chiedero un periodo di permesso per venirti a trovare a Londra.
Nel frattempo, che Dio ti
protegga.
Con affetto,
tuo fratello Jack
"Ma
che cosa vuol dire?" si chiese Morgan riscorrendo velocemente la
lettera per trovare un senso alle parole del fratello. Anche Jack,
però, sembrava particolarmente confuso.
"Magari nella lettera di oggi c'è qualche spiegazione in
più" fu la supposizione di Henry, subito accolta da Morgan,
che si affrettò a recuperare l'ultima lettera e a spezzare
il sigillo di ceralacca. Dopo che l'ebbe dispiegata, rimase delusa nel
vedere che era vergata con poche righe scritte di fretta, ma ugualmente
allarmanti
Morgan,
credo di essere nei guai e tu sei in pericolo. Charles vuole
costringere la Fratellanza ad imprigionare
nuovamente Calypso, ma gli mancano due Pirati Nobili e non riesce a
trovarli. Vuole il controllo del
mare e per averlo gli serve il cuore del capitano dell'Olandese
Volante. Dice che io ho la chiave ma
non so di cosa parli. Continua a ripetermi che nostra madre deve avermi
dato la chiave ma io non ho
niente, gliel'ho giurato più e più volte. Non so
cosa sapesse nostra madre, ma se scopri qualcosa, ti
prego, resta a Londra. Lì sei al sicuro.
Che Dio ti protegga,
tuo fratello Jack
"Ha
ancora meno senso di quella di prima" constatò Henry
"Fratellanza...Calypso...Olandese Volante...sembra un romanzo
d'avventura. E' assurdo!"
"Abbiamo letto la lettera di mia madre?" gli chiese Morgan.
"No, abbiamo iniziato dalla prima di tuo fratello"
La ragazza mise da parte la lettera che aveva in mano e
cercò nel mucchio di fogli sparsi sul tavolo,
finchè non trovò la missiva con cui era arrivata
alla casa di Miss Parker. La aprì velocemente, ma vide che
c'erano scritte solo le cose che la direttrice della scuola aveva detto
loro poche ore prima.
"Morgan, guarda!" esclamò Henry, indicando un punto del
foglio apparentemente bianco. Qualcosa, però, compariva in
controluce.
"Sembra filigranato" constatò Morgan, quindi
avvicinò di più la lettera alla lampada.
Il foglio si coprì immediatamente di una fitta rete di
parole nascoste. Morgan iniziò a leggere dall'inizio.
Mia piccola
Morgan,
non so se leggerai mai queste parole, probabilmente non dovrei nemmeno
scrivertele, altrimenti rischierei
di rovinare tutto ciò che sto facendo per proteggerti.
Penso, però, che sia nei miei doveri di madre non
tacerti la verità, cosa che invece farà tuo
fratello su mia raccomandazione. Lo faccio non per andare contro
le regole da me stessa prefissate, ma perchè ho ragione di
credere che un giorno ti servirà sapere tutto questo,
e se così sarà vorrà dire che la
nostra famiglia sarà in serio pericolo.
Un giorno Jack ti dirà che sei figlia mia e di un fabbro
imbarcato su un mercantile, ma sarà una mezza
verità. Tuo padre è sì imbarcato, ma
non su un mercantile. E' il capitano della nave pirata conosciuta
come Olandese Volante, una nave leggendaria il cui comando fa gola a
molti, perchè legato alla vita
eterna. E io sono sì figlia del governatore di Port Royal,
ma non solo. Sono Pirata Nobile del mar della Cina
del Sud e Re del Consiglio della Fratellanza dei pirati.
E' probabile che tu non stia capendo molto di quello che ti sto
dicendo, che ti sembri tutto un racconto
della buonanotte, ma ti assicuro che è tutto vero. Non ti
costringo ad accettarlo, puoi continuare la tua vita
a Londra sotto la guida di Miss Parker e restare fuori da tutto questo.
Ma se un minimo credi alle mie
parole, se qualcosa di ciò che ti ho raccontato di attira,
ti fa battere il cuore, allora cerca il capitano
Gibbs e la sua nave e potrai scoprire tutta la verità.
Allora avrai tutti gli elementi per decidere
se aiutarci o no.
Ti voglio bene, Morgan, te ne vorrò sempre, anche quando non
ci sarò più. Perchè quando leggerai
questa
lettera, probabilmente sarò già morta.
Morgan
si asciugò una lacrima e posò la lettera sul
tavolo. Era figlia di pirati, come aveva supposto quando aveva letto il
suo vero nome. Il suo destino, come aveva sempre immaginato e sognato,
era nel Nuovo Mondo, nei Caraibi, vicina a suo fratello che in quel
momento, a quanto aveva capito, era in serio pericolo. Non aveva molto
tempo, la sua nave poteva salpare da un momento all'altro.
Si alzò di scatto e uscì a passo spedito dalla
biblioteca, seguita a ruota da Henry.
"Morgan, dove stai andando?" le chiese leggermente preoccupato e
intuendo già la risposta.
"Al porto"
"Non vorrai seriamente cercare..."
"La Persefone? Sì, è quello che intendo fare, se
è l'unico modo per aiutare mio padre e mio fratello"
continuò Morgan per lui, prima di lanciarsi giù
per le scale verso il pian terreno.
"E' notte fonda e non è saggio girare per Londra da sola" la
ammonì Henry, seguendola "Inoltre la Persefone potrebbe
essere già salpata"
"O potrebbe essere ancora al porto, perciò non
c'è tempo da perdere. Resta qui, se vuoi, mi hai
già dato un aiuto enorme, ma ora devo andare da sola"
"Non se ne parla, io vengo con te fino al porto"
Rapidissimo
aggiornamento prima che ricominci il periodo "Studio matto e
disperato", l'inizio è tratto dall'album dei Rasmus, che si
intitola appunto "Dead letters" e mi sembrava adatto ad introdurre il
capitolo :)
Ditemi che ne pensate, i vostri commenti sono fondamentali per la
continuazione di questa storia!
Ringrazio intanto chi ha commentato il primo capitolo
-Rebecca Lupin: esatto, il suo nome è Morgan e anche a me
Elizabeth non sta proprio simpatica, ma con la figlia
cercherò di riscattare la madre ;) inoltre è
figlia di pirati, quindi, anche se è una Turner,
imparerà a non essere onesta, promesso! Attendo un tuo
commento! A presto!
-marty_odg: ben ritrovata! Sono contenta che ti sia piaciuto il primo
cap e che tu abbia scelto proprio questa fic per soddisfare la tua
voglia di pirati :) dimmi che ne pensi del nuovo capitolo! Grazie e a
presto!
-stellysisley: ciao e grazie per aver scelto questa fic :) no,
veramente per la casa per signorine mi sono ispirata a "La Piccola
Principessa", ma grazie a te ho scoperto una nuova trilogia che potrei
leggere :) grazie del commento, spero che il nuovo capitolo ti piaccia!
Grazie ai lettori e a chi segue la storia!
A presto (spero)!
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Capitolo 3 *** Il capitano ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Il capitano
Erano
di nuovo nella zona del porto, fiocamente illuminata dalle fievoli luci
di candela lungo la strada, che proiettavano sul selciato lunghe e
traallanti ombre.
Con non poca fatica, Henry era riuscito a convincere Morgan a prendere
una carrozza e a non andare a piedi, portando come motivazione valida
la maggiorrapidità con cui avrebbero percorso il tragitto.
Appena scesa dal convoglio, la ragazza aveva fatto promettere al
conducente di non dire nulla riguardo a loro. Questi, incentivato dalla
piccola fortuna che Henry gli aveva messo in mano, aveva alla fine
acconsentito alla richiesta di Morgan e si era diretto verso una
squallida locanda per godersi il gruzzolo appena guadagnato.
I due giovani si erano invece diretti verso i moli, dove il viavai di
quel pomeriggio era notevolmente diminuito e le navi ormeggiate erano
meglio visibili.
Morgan tirò un sospiro di sollievo quando vide la Persefone
ancora alla fonda e con le vele issate. Senza indugiare oltre si
diresse a passo spedito verso il molo, seguita a ruota da Henry, i cui
sensi erano all'erta nel caso un altro marinaio sbronzo avesse deciso
di aggredirli. Fortunatamente, tutti quelli che nel pomeriggio si erano
rivelati leggermente alticci in quel momento dormivano rumorosamente
sopra i sacchi delle provviste o tra le casse.
"Che spettacolo rivoltante" commentò il giovane tappandosi
il
naso per non sentire il fetore proveniente da quegli uomini.
"Suppongo che dopo un po' ci si faccia l'abitudine" ribattè
semplicemente Morgan, prima di iniziare a rallentare il passo "Siamo
arrivati"
Col naso all'insù e gli occhi spalancati, Morgan stava
fissando
l'imponente scafo del mercantile davanti a loro, su cui la scritta Persefone
giganteggiava elegante e solo leggermente scrostata.
"Quindi questo mercantile in realtà è una nave
pirata?"
domandò Henry guardando anche lui l'imponente imbarcazione.
"Non lo so, ma se così fosse, starebbe a significare che il
capitano Gibbs è veramente abile"
"Tu dici?"
"Spero che me lo dica lui"
Detto questo, Morgan iniziò a correre lungo il molo di legno
in cerca di una passerella per salire sulla nave.
"E se il capitano non fosse a bordo?" obiettò Henry, dopo
averla raggiunta.
"Allora lo aspetteremo finchè non arriva"
"Morgan, ti rendi conto che questa è una pazzia?" le
domandò allora, bloccandola per un braccio.
"Può darsi, ma se voglio vederci chiaro non posso fare
altrimenti. E' l'unico indizio che mi è stato lasciato per
ritrovare la mia famiglia e intendo seguirlo"
"Hai letto cosa ti ha scritto Jack, no? Vuole che tu resti a Londra"
tentò di convincerla Henry, ma la testa di Morgan era
più
dura del ferro.
"Quanto pensi che possa essere al sicuro, a Londra? Non sono i pirati
ad essere sulle mie tracce, ma la Marina. Le stesse persone che oggi mi
proteggono domani potrebbero venirmi a prendere senza complimenti per
spedirmi in una cassa al commodoro Charles o a chi per esso"
"Ma perchè gettarsi di propria iniziativa tra le braccia del
nemico?"
"Cos'è questo baccano, si può sapere?"
sbraitò una voce sopra di loro.
I due ragazzi alzarono lo sguardo verso una delle finestre del castello
di poppa. Un uomo si era affacciato da essa, ma al buio non era
possibile distiguerne le fattezze.
"Perdonateci, signore" si scusò Henry mentre tentava di
trascinare Morgan più lontano, ma questa oppose una ferma
resistenza e alla fine riuscì a divincolarsi dalla presa.
"Stiamo cercando il capitano Gibbs, del mercantile Persefone"
spiegò la ragazza, ignorando le proteste di Henry.
"Perchè cercate il capitano a quest'ora della notte, Miss?"
domandò l'uomo.
"Ho bisogno di parlargli di una faccenda complicata. Molto complicata.
Mi è stato detto di rivolgermi a lui"
"E chi vi ha dato questo saggio consiglio?"
"Mia madre" rispose Morgan dopo alcuni secondi di riluttanza "Lo
conosceva"
"Il capitano Gibbs conosce un sacco di donne che potrebbero essere
vostra madre, ragazza" puntualizzò l'uomo, ridendo "Dovrete
essere più precisa per convincermi ad andarlo a chiamare"
Morgan non seppe cosa rispondere. Si voltò a guardare Henry,
il
volto contratto in un'espressione contrariata, che con un gesto della
mano la incitò ad andare avanti. La ragazza prese un respiro
profondo e continuò.
"Si chiamava Elizabeth Swan"
L'uomo alla finestra non rispose e dopo qualche secondo lo videro
chiudere la finestra e sentirono i suoi passi che si allontanavano.
Morgan sospirò delusa e abbassò lo sguardo, per
rialzarlo
subito dopo quando sentì altri passi sul ponte. Vide l'uomo
appoggiato alla balautra in legno, in cima alla passerella.
"Sono io il capitano Gibbs" si presentò cupo l'uomo "E voi
siete Morgan, giusto?"
"Mi conoscete?" domandò lei sorpresa, raggiungendo in fretta
la fine della rampa di legno.
"Oh sì. Conosco tutta la vostra famiglia. I Turner. Gente
che attira i guai come i maiali attirano le mosche"
Sia Morgan che Henry rimasero un po' interdetti dal paragone del
capitano e la ragazza si voltò verso l'amico, che la
guardò con fare ammiccante.
"In effetti..." iniziò a dire, ma il capitano lo interruppe.
"Cosa volete da me, di preciso? Non siete stati molto esaustivi, prima"
"Ecco, vorremmo delle spiegazioni" rispose Morgan, per poi mostrare al
capitano le ultime due lettere inviatele da Jack e quella di sua madre
"Sembra che mio fratello e mio padre siano in pericolo, ma non ho
capito molto altro. Mia madre mi ha scritto di rivolgermi a voi per
sapere la verità"
"Jack Turner in pericolo?"
"Sì, capitano"
L'uomo grugnì qualcosa di incomprensibile, quindi
invitò
i due ragazzi a salire a bordo. Morgan si sorprese di trovarsi davanti
un uomo già abbastanza avanti con l'età, ma in
una forma
fisica pressochè perfetta, se non si guardavano i denti
mancanti
e le cicatrici sparse su viso e braccia. Per un marinaio raggiungere
quell'età doveva essere un'impresa non da poco. Anche il
capitano si mise a guardarla con tanto d'occhi.
"Per tutti i diavoli! Siete sputata a vostra madre!" esclamò.
"Davvero?"
"Sì, le somigliate molto. E se ve lo dico io, vuol dire che
è vero. L'ho vista crescere quella ragazza. Ma bando alle
ciance, fatemi vedere quelle lettere"
Morgan gli passò subito i fogli che aveva in mano e Henry si
premurò di specificare la particolarità della
lettera di
Elizabeth Swan.
"E tu chi sei? Che c'entri in tutto questo?" gli domandò
Gibbs burbero, guardandolo storto.
"E' un mio amico, ha insistito per accompagnarmi. Possiamo fidarci"
rispose Morgan per lui.
Il capitano parve non farsene troppo un problema e, dopo aver inforcato
un paio di occhialetti sporchi, iniziò a leggere le lettere,
concentrato. Arrivato a quella di Elizabeth, si avvicinò ad
una
delle lampade a olio appese lì vicino. Alla fine
riconsegnò il tutto a Morgan.
"A quanto pare, il giovane Turner non ha molto ben chiaro quello che
sta succedendo" commentò cupo.
"E voi lo sapete invece?" domandò Morgan, fremente.
"Naturalmente! Se non lo aveste ancora capito, la Persefone nominata
lì e proprio questa nave"
"E come mai non siete ancora stato arrestato per pirateria?" chiese
Henry guardingo.
"Perchè aggirare quei citrulli al governo è
estremamente
semplice. Per loro questa nave è un semplice mercantile e
sono
convinti che la Persefone pirata sia una nave omonima. Che stupidi!"
Il giovane Coward, punto nell'orgoglio, fece per ribattere, ma Morgan
lo fermò con una gomitata nel costato.
"Capitano Gibbs, vi prego, ditemi che sta succedendo a mio fratello" lo
supplicò accorata Morgan.
Il capitano sospirò e si tolse gli occhiali.
"Non mi basta una notte per raccontarvi tutto, ma sappiate che tutto
quello che c'è scritto nelle lettere è la pura
verità. Esiste una Fratellanza e i nove Pirati Nobili ne
compongono il Consiglio. Fino ad oggi si è riunito quattro
volte. La prima di esse si decise di imprigionare la dea del mare,
Calypso, nella sua forma umana, in modo che il controllo delle acque
passasse agli uomini"
"Quella Calypso?" intervenne Henry scettico "La stessa di cui si parla
nell'Odissea? Quella che tiene Ulisse per dieci anni a Ogigia?"
"Oh, credimi, ragazzo, ha fatto di peggio" lo liquidò Gibbs,
toccandosi il mento e tornando poi al discorso principale.
"Durante il quarto consiglio, invece, si decise di liberarla, per
ottenere il suo favore nella guerra contro la Compagnia delle Indie e
l'Olandese Volante, allora capitanata da Davy Jones. Fu vostra madre,
eletta Re del Consiglio, a dichiarare l'atto di guerra, e a fine
battaglia, morto Davy Jones, vostro padre prese il comando
dell'Olandese e diede manforte alla Fratellanza, che sconfisse
così la Compagnia delle Indie"
Avendo avuto la riprova che ciò che aveva detto quel
pomeriggio
era vero, Morgan guardò Henry di sottecchi, ricevendo in
risposta un'occhiata infastidita.
"Come vi ha scritto vostra madre, prendere il comando dell'Olandese
vuol dire ottenere la vita eterna" continuò Gibbs "Ma ad un
caro
prezzo. Per dieci anni l'Olandese guiderà i morti in mare
all'altro mondo. Dopodichè al capitano è concesso
un
giorno a terra da passare con le persone che ama. Così per
l'eternità, o finchè qualcuno non pugnala il suo
cuore,
contenuto in uno scrigno la cui chiave il capitano custodisce
gelosamente. Ma l'Olandese deve sempre avere un capitano e colui che
pugnala il cuore deve sostituirlo col suo e prendere posto al comando
della leggendaria nave, per portare avanti il suo compito"
"Tutto questo è assurdo" commentò Henry.
"Non mi aspetto che un damerino come te comprenda le mie parole" lo
schernì il capitano, per poi rivolgersi a Morgan "Vostro
padre
affidò il suo cuore a vostra madre, chiedendole di tenerlo
al
sicuro. Per molti anni la vita del capitano Turner rimase fuori da ogni
pericolo,
finchè qualcuno non trovò i diari di Lord
Beckett,
principale esponente della Compagnia delle Indie al tempo della guerra"
"Charles" disse Morgan ricordando le parole di suo fratello. Gibbs
annuì e continuò.
"Era da poco diventato ammiraglio della Marina, il favorito del
Commodoro e ben visto dal Governatore e dalla Corona per la dedizione e
la condotta impeccabile che aveva sempre mantenuto, nonchè
per
la sua ferrea avversione verso tutto ciò che aveva a che
fare
coi pirati. Molti pensavano fosse un vero e proprio fanatico, che un
giorno sarebbe diventato pazzo per quest'ossessione. Quando gli
capitò fra le mani il diario di Beckett, il suo fanatismo
raggiunse i massimi livelli. Aveva trovato il modo più
efficace
per debellare la pirateria una volta per tutte. Mandò i suoi
collaboratori più stretti ad informarsi riguardo alla
Fratellanza, a Calypso e all'Olandese.
"Erano anni, ormai, che nessuno chiedeva più di queste cose
e
molti pirati pensarono che ci fosse qualcosa sotto, così
informarono il Re della Fratellanza, che aveva messo al mondo da poco
una figlia, la sua secondogenita. Voi"
Il cuore di Morgan ebbe un sussulto. Il capitano andò avanti.
"Temendo per l'incolumità della sua famiglia, Elizabeth
nascose
il cuore del marito in un posto segreto e ne affidò le
chiavi ai
suoi due figli. Solo con entrambe le chiavi sarebbe stato possibile
trovare il cuore e per scongiurare la cosa, vi affidò ad un
suo
uomo di fiducia perchè vi portasse a Londra, al sicuro"
"Chi era quell'uomo?" domandò Morgan, smaniosa di sapere il
più possibile.
Gibbs ci mise qualche secondo a rispondere, poi disse tutto d'un fiato
"Il sottoscritto"
Morgan spalancò occhi e bocca per la sorpresa dovuta alla
rivelazione. Pensò fosse quello il motivo per cui la
Persefone
l'aveva sempre attratta e affascinata.
"Quando tornai, seppi che il piccolo Jack era stato portato a Port
Royal, ma di lui non ebbi più notizie, fino ad adesso"
riprese
Gibbs, accennando poi alle lettere "Con le informazioni contenute nel
diario di Beckett e quelle raccolte dai suoi informatori, immagino che
per Charles trovarsi il giovane Turner tra i suoi sottoposti sia stata
una manna dal cielo, ecco perchè se l'è tenuto
stretto e
buono. Ho paura, però, che non sia stato così
accorto da
non parlare di voi, Miss"
"Non poteva sapere che Charles avesse queste mire su di noi" lo
giustificò Morgan.
"No, infatti, ma anche se attiraguai, i Turner non sono mai stati degli
stolti. Se ha un po' del cipiglio dei vostri genitori, avrà
sicuramente cercato di porre rimedio alla cosa. Ovviamente nel modo
sbagliato, ecco perchè vi ha scritto di essere in pericolo.
Volete sapere altro, Miss Morgan?"
"Sì, in effetti"
Il capitano la invitò a parlare con un gesto della mano.
"Avete un posto che vi avanza nella vostra ciurma?" domandò
la ragazza a bruciapelo.
"Cosa?" esclamarono Gibbs ed Henry all'unisono.
"Avete capito benissimo, capitano. Ho intenzione di partire con voi, o
con qualsiasi altra nave che mi porti ai Caraibi ad aiutare la mia
famiglia"
"Morgan, non fare idiozie" la ammonì Henry, parandosi
davanti a
lei "D'accordo, sei in pericolo sia qua che ai Caraibi, ma
là
molto di più che qua. Ora che so come sono andate le cose
posso
offrirti protezione. Mi basterà parlare con mio padre e
sarà tutto risolto"
"Ma davvero?" intervenne Gibbs scettico "E chi sarebbe tuo padre,
ragazzo?"
"Lord Archibald Coward" rispose fiero Henry.
"Allora tanto vale che la consegni a Charles in persona. Lord Coward
è responsabile delle colonie all'interno del governo
britannico
e non ci metterà due secondi a spedirla a Port Royal dal
Commodoro, se questo servirà a debellare la pirateria"
"Tuo padre era presente quando ho mostrato la lettera a Miss Parker"
ricordò Morgan "Ha visto che il mio vero nome è
Turner"
"Spiacente, Miss, ma non potete più restare a Londra"
constatò il capitano.
"Ma non può neanche imbarcarsi con voi verso i Caraibi. Se
laggiù siete riconosciuti come pirati, avrete addosso la
Marina
appena entrati nel golfo" obiettò Henry.
Gibbs fece per ribattere, ma alla fine dovette ammettere che
l'obiezione di Henry aveva un senso.
"Fermi un attimo" disse allora Morgan "Anche se Charles sapesse della
mia esistenza, non sa che aspetto ho, giusto? Coma farebbe allora a
riconoscermi? Per lui sarei solo una ragazza come le altre imbacata su
un vascello pirata. Se invece resto qui a Londra e Lord Coward viene a
sapere che Charles mi sta cercando per il suo piano, si
ricorderà della ragazza che gli ha rapito il figlio e non ci
metterà due secondi a mandarmi a prelevare dalla casa di
Miss Parker, tanto più che qui sono sola e senza nessuno che
possa dire o fare qualcosa a mia difesa. Non siete d'accordo?"
"Beh, in effetti ha un senso anche questo" assentì Gibbs.
"Ma che state dicendo?!?" protestò nuovamente Henry "Morgan,
non puoi immischiarti con loro. Sono pirati!"
"E io non sono molto diversa da loro, Henry. Sono nata da pirati, se
non l'avessi ancora capito"
"Ma questo non fa di te un pirata. Non per forza"
"Miss Parker ci ha provato con tutta se stessa a cambiarmi i connotati
e, come hai potuto vedere, non ha ottenuto grandi risultati,
perciò perchè continuare a mentire a noi stessi?
Questo mondo, il tuo mondo, non fa per me, e il mio, con i pirati e
tutto il resto, non credo faccia per te. Le nostre strade si dividono
qui"
Henry non seppe cosa ribattere e la guardò con espressione
dispiaciuta e ferita, che però non smosse la ragazza.
"Ci conosciamo da neanche ventiquatt'ore, Henry, non credo di essere
diventata così importante per te. Tra una settimana ti sarai
già dimenticato della mia esistenza e io sarò
immersa nei guai fino al mento per pensare a te. Non può
funzionare, te l'ho detto"
"Come fai ad esserne così sicura?" domandò lui,
guardando altrove.
"Fidati, è così. Ma puoi fare qualcosa per me
qui, a Londra"
L'attenzione del ragazzo tornò su Morgan, di nuovo seria.
"Torna da Miss Parker e dille di bruciare tutte le lettere e i
documenti su di me. Non dovrà mai dire nulla riguardo alla
mia vera vita, per lei devo continuare ad essere Betty. E anche per te"
Henry annuì, quindi si avvicinò per dare un
veloce bacio sulla guancia alla ragazza.
"Buona fortuna, Morg...Betty" sorrise lui "Spero di reincontrarti un
giorno"
"Io spero di no e sai perchè"
"Sì, certo. Addio" la salutò, per poi rivolgere
un ulteriore saluto al capitano e scendere giù dalla
passerella fino al molo. Dopo pochi minuti la sua minuscola figura era
scomparsa in lontananza in direzione della città.
Fece molta fatica ad ammetterlo, ma a Morgan quel ragazzo sarebbe
mancato un po'. Non era come gli altri nobili, non del tutto almeno, e
si era dimostrato un amico leale e paziente - perchè, con
tutte le sue stranezze, ce ne voleva parecchia di pazienza con lei.
Sentiva, però, in fondo al cuore, che un giorno si sarebbero
rivisti, a Londra o ai Caraibi non poteva saperlo.
Rallegrata da quel pensiero, si allontanò dalla balaustra
del ponte e si voltò verso il capitano Gibbs, che la stava
osservando sorridendo sornione.
"Siete sicura della vostra decisione, Miss Morgan?"
La ragazza annuì vigorosamente "Ho scoperto di avere una
famiglia e che è in pericolo. E' mio dovere tentare di
aiutarla, no?"
"Può darsi di sì. In questo caso, benvenuta a
bordo della Persefone"
Ecco,
velocissimamente come non mai, il terzo capitolo :)
C'è poca descrizione e molto dialogo, spero non vi risulti
noioso, cari lettori, nel qual caso ditemelo che proverò a
riaggiornare lo stile di scrittura ;)
Grazie alle fedeli lettrici e commentatrici:
-Rebecca Lupin: tutto sarà spiegato a tempo debito, mi cara
:) purtroppo Henry non si imbarcherà per i Caraibi...non
ancora, almeno ;) scrivendo di lui mi c sono affezionata ed
è nata una balzana idea nella mia testa :D grazie per il
commento e buona lettura!
-stellysisley: sono contenta che anche i personaggi di Jack (anche se
appena abbozzato) e di Henry ti siano piaciuti. Col tempo si
delineeranno meglio :) nel frattempo buona lettura e grazie ancora!
-marty_odg: ecco a te il tanto atteso prosequio :) spero ti piaccia,
buona lettura e grazie!
Grazie anche ai lettori silenti e a chi segue questa fic!
Alla prossima!
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Capitolo 4 *** Pirata all'un per cento ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Pirata all'un per
cento
Il
coperchio del baule scivolò all'indietro rumorosamente,
rivelando il suo contenuto polveroso agli occhi di Morgan. In quel
momento si trovana nella cabina del capitano, Gibbs le aveva detto di
andare a vedere tra gli abiti contenuti in quel baule se c'era qualcosa
di meno vistoso del vestito che aveva indosso. Morgan prese il primo
della pila, una giacca marrone e rattoppata qua e la che doveva essere
appartenuta a qualche giovane attendente del capitano. Era un po'
abbondante per lei, ma in quel frangente non poteva fare la preziosa.
Continuò a frugare tra i vestiti e riuscì a
riesumare dei
pantaloni, una camicia beige e un gilet.
Venne allora il punto più difficile: liberarsi di
ciò che
aveva addosso. Sbottonò con pazienza tutti i piccoli
bottoncini
sul corpetto dell'abito, quindi allentò il nastro che glielo
teneva stretto in vita e se lo sfilò, restando in biancheria
e
corsetto. Con qualche contorsione riuscì a sciogliere il
nodo di
quest'ultimo e a liberarsi di quella trappola. I suoi polmoni poterono
finalmente espandersi del tutto e riempirsi di aria. Fece un paio di
respiri profondi per godersi il momento di
libertà, quindi
iniziò ad indossare i vestiti riesumati dal baule, prima la
camicia, poi a seguire pantaloni, gilet e giacca. Tornò a
frugare nel baule in cerca di qualcosa da mettere ai piedi.
Trovò un paio di stivali logori ma non troppo abbondanti per
il
suo piede e li indossò sopra i pantaloni.
La nuova immagine che lo specchio le restituì di lei le
causò una morsa allo stomaco. Per la prima volta in tutta la
sua
vita riconobbe se stessa nella ragazza riflessa. La bambola di
porcellana, conosciuta come Betty, che di solito compariva aveva
lasciato il posto ad una
semplice ragazza di strada di nome Morgan, senza restrizione alcuna,
libera di essere quello che era.
Come ultimo tocco sciolse quel che restava dell'elegante pettinatura in
cui erano stati acconciati i suoi capelli e riutilizzò il
nstro per legarli in una semplice coda bassa.
Il capitano Gibbs bussò alla porta della sua cabina e le
chiese se era pronta. Morgan andò ad aprire e rispose
affermativamente.
"Stiamo per partire, non volete fare un saluto alla cara Londra? Non la
vedrete per un bel po'"
"Infatti sarà un addio, più che un arrivederci"
rispose Morgan "Non mi è mai piaciuta come città"
Seguì il capitano sul ponte, dove, a differenza di quella
notte, c'era un viavai indescrivibile di marinai indaffarati a tirare
cime e issare ancore affinchè la Persefone potesse partire.
Non badarono molto a lei, probabilmente erano avvezzi ai nuovi arrivi
sulla nave, oppure Gibbs aveva detto loro della sua presenza.
Uomini di ogni razza e aspetto camminavano sul ponte, ma nessuna donna.
Ricordò che una volta un vecchio marinaio le aveva detto che
le donne non erano le benvenute a bordo di una nave perchè
portavano male. Nonostante fosse solo una superstizione, a parer suo,
aveva contribuito non poco a soffocare i suoi sogni di partire un
giorno con un vascello verso il Nuovo Mondo.
Il capitano iniziò a impartire a gran voce ordini ai suoi
uomini, che ogni volta rispondevano con un altrettanto squillante
"Sì, signor capitano!"
La frenesia aumentò ancora, e con essa il buon umore
nell'animo di Morgan, sempre più convinta di aver fatto la
scelta giusta. Quella era la sua strada, lo era sempre stata,
nonostante avessero tentato in tutti i modi di deviarla.
"Vi conviene salire qui, se non volete essere investita da qualche
botte vagante" le suggerì Gibbs, urlando per farsi sentire
sopra tutto quel trambusto, dall'alto del castello di poppa, vicino al
timone. Morgan lo raggiunse rapida.
"Siete ancora in tempo per cambiare idea"
"Perchè dovrei?" domandò Morgan perplessa.
"Perchè non aveve la minima idea di come sia vivere tra i
pirati, Miss. Disonesti fino al midollo, tagliagole a tradimento, ladri
alla prima occasione. Non è certo posto per giovani
fanciulle, salvo eccezioni"
"Ve l'ho già detto ieri sera, ho una famiglia da aiutare e
non intendo tirarmi indietro" rispose Morgan con fermezza.
"Una Turner in tutto e per tutto. Decisa come vostra madre e avventata
come vostro padre"
"Lo prendo come un complimento" sorrise lei.
Le procedure per la partenza durarono ancora un'ora abbondante, durante
la quale Morgan cercò di capire qualcosa degli ordini che
Gibbs impartiva alla ciurma a gran voce. Per lei, però,
erano solo un'accozzaglia di parole sconosciute e prive di senso.
Quando, finalmente, sentì la nave muoversi e vide il molo
allontanarsi, il suo cuore mancò un battito. Non era solo il
molo che si stava allontanando, era tutta Londra, e con essa la sua
vecchia vita. Era Miss Betty che si stava allontanando, coi suoi abiti
eleganti e i modi raffinati, e stava salutando con una mano guantata
Morgan, la nuova Morgan, che di quella ragazza non aveva più
niente, se non il volto. Alzò leggermente la mano per
ricambiare il saluto a quella se stessa che, alla fine, non si era mai
sentita di essere, a quella maschera che aveva dovuto sempre indossare
e che le aveva tenuto nascosta la sua vera identità.
La Persefone solcò la acque profonde del Tamigi per tutta la
mattinata e buona parte del pomeriggio, sospinta da venti favorevoli.
Attraversarono altre piccole città e villaggi di pescatori e
mercanti e lande desolate coperte a perdita d'occhio da boschi e prati.
Nessuno a bordo sembrò fare caso al panorama, ma Morgan
cercò di non perdere il minimo particolare di tutto quello
che le passava sotto lo sguardo, per lei nuovo e affascinante
nonostante fossero ancora in Inghilterra.
"E questo è niente" le disse il capitano ad un certo punto,
divertito nel vederla così curiosa ed entusiasta "Quando
arriveremo alla foce tutto ciò che avete visto finora vi
sembrerà niente"
"Quanto manca?" domandò allora lei, impaziente come una
bambina.
"Poco, molto poco" sorrise Gibbs, per poi sollevare gli occhi verso la
postazione della vedetta "Forse se salite lassù riuscite
già a vederla"
"Davvero posso?" chiese, incerta sul da farsi.
"Ehi, Botton!" chiamò il capitano "C'è posto per
un'altra vedetta, lassù?"
L'uomo di nome Botton, la vedetta, dedusse Morgan, rispose senza
nemmeno voltarsi "Non vi fidate più della mia vista,
capitano? Eppure non sono così vecchio. Non quanto voi,
almeno"
"Risparmiati le battute, Botton, o dalla vedetta passerai a fare il
mozzo"
"Va bene, va bene! Mandami su il pivello!"
"Bene, Miss Morgan" Gibbs tornò a rivolgersi alla ragazza,
divertita dallo scambio di battute "Se riuscite a raggiungere il signor
Botton, lassù, potete considerarvi un pirata all'un per
cento"
"Solo un per cento?" ribattè Morgan, delusa.
"Un passo alla volta, ragazzina. Fammi vedere se buon sangue non mente"
Morgan accettò la sfida e scese dalla postazione del
capitano, diretta all'albero maestro. Da dove si trovava lei, la gabbia
della vedetta era coperta pr la maggior parte dalla vela di maestra.
Lungo l'albero molte cime scendevano fino ad avvilupparsi come serpenti
addormentati sul ponte, ma Morgan non sarebe stata in grado di
arrampicarsi con esse. Vide però che poteva raggiungere il
signor Botton sfruttando una delle due scale di corda che, dai
parapetti del ponte, terminavano in corrispondenza dell'incrocio tra
albero e pennone, poco sotto la postazione di vedetta.
Scelta a caso una delle due, Morgan salì sulla balaustra
di legno, facendo attenzione a dove metteva i piedi, quindi
iniziò la sua scalata. I pioli di corda oscillavano
ognivolta che vi poggiava sopra lo stivale e un paio di volte temette
di finire con la faccia contro le assi del ponte, salvata soltanto
dalla presa salda che aveva sulle corde, nonostante fossero ruvide e le
pungessero i palmi delle mani.
Lentamente arrivò alla fine della scala, faccia a faccia col
pennone della vela di maestra. . Morgan abbandonò allora
riluttante la ruvida sicurezza delle corde per tenersi saldamente al
legno del pennone, evitando di guardare in basso nel caso avesse
sofferto di vertigini. Si aggrappò, quindi, al bordo della
gabbia di vedetta. Una volta dentro, sbuffò per la fatica e
si concesse di guardare verso il basso - scoprendo così non
soffrire l'altezza -, dove il capitano Gibbs, sorridente, le
mostrò l'indice alzato, a significare che poteva
considerarsi pirata all'un per cento.
"Ehi! E tu chi sei?" gracchiò una voce lì vicino,
appartenente ad un marinaio abbronzato e pelato, con una grossa e rosea
cicatrice simile ad un bottone sulla fronte. Morgan lo
identificò come Botton.
"Sono il pivello" rispose spiccia Morgan.
"Si può sapere perchè Gibbs ti ha mandato
quassù?" domandò allora scocciato Botton,
tornando a scrutare l'orizzonte.
"Oh, non starò molto, volevo solo vedere la foce"
"Bene, allora rifatti gli occhi, pivello"
Morgan lasciò vagare lo sguardo verso l'orizzonte come
Botton, e ciò che vide la lasciò senza fiato. I
due lembo di terra che formavano le rive del fiume si aprivano in un
immenso estuario tinto di rosso e arancione dai raggi del sole calante
e la spuma di mare creata dall'incontro tra il Tamigi e la Manica li
riflettevano in una brillante danza di colori arcobaleno.
"E' meraviglioso" sospirò Morgan, incapace di staccare gli
occhi da quello spettacolo.
"Ti conviene tenerti, pivello. L'entrata in mare è un po'
traballante" le consigliò Botton. Subito morgan si
aggrappò con entrambe le braccia all'albero maestro, poco
prima che tutta la nave venisse percorsa da un forte scossone
di cui nessuno dei marinai parve accorgersi. Morgan dedusse
che fosse l'abitudine, in fondo era solo lei ad intraprendente quel
viaggio per la prima volta.
"Grazie, signor Botton" disse, una volta tornata la calma.
L'uomo emise una risata gutturale e borbottò qualcosa come
"Questi pivelli", prima di tornare a scrutare il mare di fronte a lui.
In quei pochi attimi si erano allontanati dalla foce del Tamigi di
parecchio e Morgan non aveva più motivi per restare
lassù, così scese allo stesso modo in cui era
salita e ritornò sul castello di poppa, da cui
potè osservare la cara vecchia Inghilterra allontanarsi
all'orizzonte e diventare sempre più una linea scura
indistinta.
"Non si può più tornare indietro, ora" disse
Gibbs dietro di lei.
"Non ho intenzione di farlo" ribattè lei risoluta, sempre
guardando verso terra "Ma fa comunque uno strano effetto"
"La prima volta è così per tutti, a meno che non
si sia nati su una nave. Ad ogni modo ora siete pirata all'un per
cento, e Londra non è più posto per voi"
"Non lo è mai stata neanche prima" rise Morgan mentre si
allontanava dal parapetto per avvicinarsi a Gibbs "Cosa dovrei fare per
diventare pirata al cento per cento"
"Siete una donna, non sarete mai pirata al cento per cento"
"Ma come farò a sopravvivere una volta arrivata ai Caraibi?"
obiettò allora lei.
"Tenterò di insegnarvi qualcosa, in modo che arriviate a
Port Royal almeno come pirata al cinquanta per cento. In questo mese di
traversata dovrebbe essere fattibile, considerata anche la grande
esperienza della mia ciurma in atti di pirateria"
"La vostra ciurma?" chiese Morgan titubante.
"Scelta con cura e perizia tra la peggior gente di Tortuga e dintorni,
più qualche galeotto raccattato tra un arrembaggio e
l'altro. Certo, all'inizio è stato difficile mantenere la
disciplina, però il polso fermo e la dura legge del mare
hanno piallato anche i caratteri più bellicosi. Prendete il
signor Botton, lassù. Di certo avrete intuito il
perchè del nome. Ebbene quella cicatrice se l'è
procurata deviando una pallottola diretta proprio a Barbanera. E' anche
chiamato Testa d'Acciaio, ma qualche ripercussione devo ammettere che
c'è stata. Là a prua, invece,
cìè Slim, detto l'Anguilla. L'abbiamo ripescato
dal mare dopo che era stato condannato al giro di chiglia. Non uno
squalo l'ha toccato. Potrei andare avanti fino a notte"
"E mia madre?" domandò Morgan a bruciapelo.
Il sorriso soddisfatto sul volto rugoso e abbronzato di Gibbs scomparve
lentamente.
"Vostra madre era diversa" iniziò serio il capitano "Nulla a
che vedere con questa gente. Ma ha sposato la libertà dei
pirati e per essa è morta, fiera come una regina"
"Com'è successo?"
"Un agguato, a Port Royal, dove era tornata dopo la vostra partenza per
mettere al sicuro anche il piccolo Jack. Charles la trovò
prima che riuscisse a ripartire per la Baia dei Relitti, dove sarebbe
stata salva. Tentò di estorcerle delle informazioni, ma lei
non aprì bocca"
Il capitano si fermò per prendere un respiro profondo "Le
sparò a sangue freddo in pieno cuore e lasciò il
suo corpo in balia del mare, finchè un suo caro amico non
venne a prenderlo per darle una degna sepoltura. Fortunatamente,
Charles non sapeva che Miss Elizabeth, oltre ad essere Re del
Consiglio, era anche un Pirata Nobile. Si è bloccato la
strada da solo"
Gibbs si voltò verso Morgan, i cui occhi colmi di lacrime
stavano per strabordare e rigare il volto contratto dalla rabbia.
"Non lasciate che la vendetta guidi le vostre azioni, Miss. Pensate a
vostro padre e a Jack. Per loro avete intrapreso questo viaggio, come
per loro si è sacrificata vostra madre. Questo non dovete
mai dimenticarlo"
Morgan si asciugò gli occhi con la manica della camicia e
annuì "Ci proverò"
"Dovete riuscirci" la esortò il capitano con voce ferma.
"E mio padre?"
"Quando si è trovato a guidare la barca della sua stessa
sposa verso l'altro mondo, ha deciso di non solcare più
questi mari. O almeno così ho sentito dire"
"Quindi non sa di essere in pericolo"
"Ho paura che non gli importi più di morire" rispose Gibbs
amaramente.
"E di noi? Di me e Jack gli importa ancora? O ci ha abbandonati a noi
stessi?"
Gibbs sospirò e abbassò il capo.
"Questo non ve lo so dire, Miss Morgan"
Morgan rimase in silenzio, ma non era del tutto rassegnata. Ancora
molte cose non le erano chiare di tutto ciò che stava
succedendo, del mondo verso cui stava navigando. In quel momento se
n'era aggiunta un'altra, più martellante delle altre. Suo
padre non poteva aver abbandonato Jack al suo destino, nè
poteva ignorare la sua esistenza. Elizabeth era riuscita in qualche
modo a rivelare tutto a Morgan, era possibile quindi che avesse fatto
lo stesso col marito. Almeno, questo era ciò che Morgan
sperava e che dava un senso al viaggio che aveva intrapreso.
"Sarà più dura di quanto immagino, vero?" riprese
lei, di nuovo risoluta come prima.
"Ovvio che sì" rispose Gibbs ghignante.
"Quante possibilità ho di uscire viva da tutto questo?"
"Dipende se riuscirete a sopportare il mese in mare aperto. Nel qual
caso, comunque, molto poche"
"Anche quando sarò pirata al cinquanta per cento?"
"Specialmente quando sarete pirata al cinquanta per cento. Adesso vammi
a prendere una bottiglia di rhum nella stiva, pivello"
Mentre scendeva attraverso i ponti sudici e maleodoranti sottocoperta,
Morgan si chiese se sarebbe sopravvissuta a quel suo primo mese da
marinaio.
Capitolo 4
pronto per essere letto! Non succede molto, è un capitolo di
transizione che porta al succo della storia :) non mi
dilungherò a descrivere il mese di viaggio, potrebbe
risultare noioso da scrivere e da leggere e questa fic piace troppo per
abbandonarla a se stessa.
Qualche nota:
- il pennone è il sostegno in legno della vela, attorno a
cui viene legata una volta issata
- il giro di chiglia era la condanna che subiva un marinaio (diciamo
che si poteva scegliere tra quella e l'impiccagione con tanto di taglio
di mano destra) e consisteva nel far buttare il malcapitato in acqua
con i piedi legati ad una cima. Questi doveva riuscire a nuotare sotto
la chiglia della nave e riemergere dall'altra parte. L'unico problema
era che, prima di tutto ciò, venivano gettati in mare i
rifiuti della nave in modo da attirare un discreto numero di squali che
impedissero al marinaio di riemergere vivo. Carina come cosa,
nè?
Ed ora i ringraziamenti:
-_Vega: Grazie e benvenuta! Farò il possibile per esaudire
il tuo desiderio, intanto dimmi che ne pensi di questo cap :) a presto!
-stellysisley: anche a me Gibbs piace molto, per questo l'ho inserito
nella trama nonostante il tempo lo abbia reso un po' troppo anziano per
essere ancora un marinaio :) qui iniziano le avventure di Morgan a
bordo, buona lettura e fammi sapere che ne pensi!!
-Rebecca Lupin: tranquilla, Henry tornerà, promesso anche
questo :) la nostra Morgan adesso è pirata all'un per cento,
dovrà tribolare parecchio per crescere di livello! Spero che
questo cap ti sia piaciuto, a presto!
-marty_odg: spero di aver soddisfatto la tua curiosità sui
coniugi Turner, non è molto felice, ma le cose cambieranno
:) attendo il tuo fedele commento! A presto!
Grazie anche a chi segue la storia e a chi la legge soltanto!
Alla prossima!
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Capitolo 5 *** Il Pivello ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Il Pivello
Gli occhi
acquosi dell'Anguilla erano puntati in quelli castani del Pivello,
immobili e scrutatori, mai perturbati da un battito di ciglia. Le
labbra sottili del marinaio erano tirate a disegnare una perfetta linea
orizzontale sul suo volto, in contrasto col sorriso sardonico del
ragazzo di fronte a lui. Nella mano dell'Aguilla il bicchiere di legno
roteava lentamente e al suo interno i dadi rotolavano e si scontravano,
dando una ritmata colonna sonora a quel momento di tensione. Un ultimo
tiro e le loro sorti sarebbero state decise una volta per tutte.
"Sette" gracchiò l'Anguilla con tono tagliente.
"Sei" ribattè il Pivello con ostentata sicurezza.
"Bene"
Con un movimento fulmineo l'allampanato pirata rivoltò il
bicchiere sulla botte di legno che fungeva loro da tavolo. I dadi al
suo interno cozzarono un'ultima volta, quindi vi fu silenzio. Gli
sguardi dei due giocatori andarono allora al bicchiere che l'Anguilla
stava sollevando con lentezza disarmante. Apparvero alla loro vista i
primi puntini neri delle facce laterali, poi lo spigolo smussato e
scheggiato del dado, infine i due piccoli cubi furono totalmente
scoperti.
"Ahaaaaa!" esultò l'Anguilla nel vedere quel magico quattro
più tre sul tavolo "Sette! Il nostro Pivellino
dovrà lavare il ponte fino a che faremo porto, che peccato!
Uahaaa!"
Ma il Pivello non si scoraggiò. Se c'era una cosa che aveva
imparato durante quel mese a bordo della Persefone era che c'era sempre
un'occasione per ribaltare le proprie sorti. Infatti, non appena
l'Anguilla gli diede la schiena per festeggiare la sua vittoria con un
collega marinaio, il Pivello si mosse fulmineo a girare il dado di una
faccia, in modo che il tre diventasse un due. Diede poi una fugace
occhiata in giro, ma Slim era ancora intento a festeggiare
sguaiatamente e gli altri pirati non gli prestavano alcuna attenzione.
"Io aspetterei a festeggiare, Slim" buttò lì con
fare innocente "Se non vado errato, è uscito un quattro
più due, non un quattro più tre"
Slim smise di agitarsi convulsamente e tornò a guardare il
tavolo. Sbattè le palpebre incredulo quando vide che il
Pivello aveva ragione.
"Ma...era...io ho visto..." iniziò a balbettare, per poi
mettersi a contare con le dita rimuginando tra sè e
sè.
"Evidentemente la matematica non è il tuo forte, mastro
Slim" constatò il Pivello alzandosi dall'improvvisato
sgabello e sistemandosi il bicorno sul capo "Vi auguro un buon lavoro"
Il ragazzo fece per andarsene, ma la mano affusolata di Slim gli
agguantò il braccio.
"Hai imbrogliato" lo accusò il marinaio, puntandogli
nuovamente gli occhi addosso.
"E in base a cosa affermi ciò?" ribattè il
Pivello senza scomporsi.
"Era un quattro più tre, ci metterei la mano sul fuoco. Hai
girato i dadi mentre non vedevo"
"Ma non mi hai visto farlo, così come nessun altro sulla
nave, perciò non hai prove"
Il Pivello fece per andarsene, ma Slim lo trattenne.
"Solo perchè sei l'attendente del capitano, non credere che
non possa tagliarti quella mano lesta che ti ritrovi"
"Forse proprio perchè è lesta, dovresti prestarci
attenzione"
Slim si corrucciò per un istante, quindi fece cadere lo
sguardo sulle mani del ragazzo. La sinistra non sembrava sul punto di
muoversi, ma quando portò gli occhi sulla destra, il Pivello
vi ficcò due dita dentro, costringendo il marinaio a mollare
la presa sul suo braccio per portarsi le mani agli occhi doloranti.
"Dannatissimo cagnaccio rognoso!" imprecò Slim ancora
momentaneamente cieco "Se ti prendo ti faccio finire in pasto agli
squali senza darti il tempo di pregare la tua fottutissima madre
ignota!"
Ma il Pivello, o meglio, la Pivella, era già a
metà della sua scalata lungo la grisella di tribordo e non
più a portata d'orecchio. Raggiunse in breve la coffa, dove
Botton scrutava l'orizzonte come ogni giorno.
"Bada che, prima o poi, Slim si ricorderà di tutte quelle
che gli hai combinato in questo mese" la avvertì la vedetta
senza scostare gli occhi dal mare pacifico.
"Confido nella sbronza di questa sera, o in qualche accidentale botta
in testa"
Botton rise.
"Certo che sei cambiato dal primo giorno, ragazzo" constatò
"Ti arrampichi su quelle griselle come se ti ci avesse appeso tua madre
appena ti ha partorito"
"Chissà che non sia vero" ribattè Morgan, prima
di tornare a guardare verso il ponte. Slim si stava sciacquando gli
occhi con l'acqua della sua borraccia e nel mentre continuava a
maledirla. Non le importò più di tanto, la sola
cosa che contava era aver raggiunto l'obiettivo: pirata al cinquanta
per cento. L'ultima prova a cui Gibbs l'aveva sottoposta era, secondo
il capitano, la più difficile. A suo parere, infatti, un
pirata, per essere tale, deve essere disonesto e senza coscienza
alcuna. Di tutti i suoi marinai il peggiore era Slim e gabbare lui
avrebbe significato aver raggiunto un livello accettabile di
disonestà, oltre che di scaltrezza. Dopo molti tentativi e
molte serate passate a tirare a lucido il ponte a causa delle sconfitte
contro Slim, alla fine Morgan aveva dovuto tentare il tutto per tutto a
meno di una settimana dall'arrivo nel Mar dei Caraibi. Alla fine ce
l'aveva fatta, poteva considerarsi un pirata.
Al momento, però, la presenza di Slim sotto l'albero maestro
che l'attendeva come un cane rabbioso le impediva di andare a riferire
al capitano il suo successo. Sulla coffa era al sicuro. Al contrario di
Slim, infatti, Botton l'aveva presa in simpatia sin dal primo giorno e
non aveva mai esitato a scaricare sull'Anguilla o qualsiasi altro
marinaio fosse alle calcagna di Morgan una buona dose di piombo. Per
questo motivo Morgan non aveva mai ingannato la vedetta, tranne che su
un particolare che aveva dovuto tener nascosto a tutta la ciurma.
Per tutti quanti lei era Morgan il Pivello, un ragazzino, un maschio.
Per rendere il tutto più credibile si era dovuta stringere
una fascia al petto, per rendere le sue forme di donna meno vistose.
Per il comportamento non si era dovuta sforzare più di
tanto, già Miss Parker le aveva sempre fatto notare quanto
il suo atteggiamento fosse poco femminile.
Il ricordo di Miss Parker le sembrò lontano millenni da
quello che era diventata durante quel mese di navigazione. Nonostante
non fosse la sua vita ideale, fu presa da un po' di malinconia che
cercò di scaricare guardando verso il mare, azzurro e
limpido sotto i raggi del sole mattutino. Un piccolo difetto,
però, non sfuggì al suo occhio. Una macchiolina
nera davanti a lei, a stento riconoscibile come una nave a causa della
lontananza. Morgan si concentrò su quel punto lontano, lo
vide crescere a vista d'occhio e dilinearsi, ne riconobbe la grande
vela di maestra, la polena, l'intero scafo. Tutto completamente nero.
"Botton" chiamò senza distogliere lo sguardo, ma il marinaio
non le rispose "Botton! Una nave!" ripetè a voce
più alta.
"Cosa?" rispose finalmente la vedetta.
"C'è una nave a babordo, con le vele nere" spiegò
meglio Morgan, voltandosi verso Botton e indicandogli il punto con
l'indice teso.
"Per la barba di Barbanera!" esclamò a bassa voce, prima di
gridare a tutta la ciurma dell'avvistamento. "Nave a babordo!"
Subito sul ponte crebbe il fermento, al suono di "Nave a babordo" che
ogni marinaio ripeteva come se fosse una cantilena, finchè
su tutte una voce si fece largo.
"Che succede, mastro Botton?" domandò il capitano Gibbs,
appena uscito dal castello di poppa.
"Una nave con le vele nere, signore. Punta dritto verso di noi e a gran
velocità"
"Nessun segnale?"
"Non ancora, signore, e il Jolly Roger non sventola"
Morgan lo prese come un buon presagio, anche se era strano che un
vascello pirata ne attaccasse un altro, specialmente di quei tempi.
"Mastro Morgan, a rapporto!" la chiamò Gibbs.
"Sì, capitano" fu la pronta risposta della ragazza, che
ridiscese fino al ponte, rapida come un ragno lungo la ragnatela.
"Perdio, ci sembri nato per questa vita!" sorrise il capitano, ormai
abituato a considerarla come un maschio. La spinse poi vicino alla
porta del castello di poppa, il sorriso completamente scomparso dal
volto abbronzato e rugoso del capitano.
"Signore, è la Perla?" domandò Morgan in un misto
di preoccupazione ed eccitazione.
"Nessun'altra nave sventola bandiere nere" rispose Gibbs, invece per
nulla elettrizzato "Ascoltami bene, ragazzino. E' molto strano che la
Perla solchi queste acque e di conseguenza non so che intenzioni abbia
Barbossa. In ogni caso, voglio che tu stia nascosto qua dentro
finchè non se ne saranno andati"
"Barbossa?" chiese confusa Morgan "Non era Jack Sparrow il capitano?"
"E' una storia troppo lunga che forse un giorno ti
racconterò, ma esigo che tu faccia come ti ho ordinato.
Intesi?"
Morgan annuì decisa, anche se la cosa non le andava molto a
genio. La possibilità di vedere un altro vascello pirata con
un altro capitano la mandava in fibrillazione.
"Chiedono di salire a bordo, signor Gibbs!" urlò Botton
dalla coffa, dopo aver interpretato i segnali mandati dall'altra nave.
"Signore?" domandò ancora Morgan, sorpresa nel sentire
Botton non rivolgersi a Gibbs come capitano.
"Nel Mar dei Caraibi, sono solo il primo ufficiale di questa nave. Ora
basta con le domande e dentro"
Gibbs aprì la porta degli alloggi quanto bastava per farci
passare il fisico esile di Morgan, quindi la richiuse e si
allontanò. Dai vetri opachi la ragazza lo vide appostarsi
alla balaustra di babordo, in attesa della barcaccia partita poco prima
dalla grande nave nera ancorata lì vicino. Non passarono che
pochi minuti, prima che un arcigno pirata con un largo cappello nero
dalla piuma spiumata e una scimmietta sulla spalla mettesse piede sul
ponte, accolto non troppo calorosamente da Gibbs.
Morgan socchiuse la porta quel poco che le bastò per sentire
la conversazione.
"I miei omaggi, signor Gibbs" salutò con eccessiva cortesia
Barbossa, sfiorandosi appena la tesa del cappello.
"E' una sorpresa vedervi qui, capitano. Le ultime notizie vi davano per
prigioniero e la vostra nave nelle mani della Marina"
"Un aiuto improvviso quanto propizio ha fatto in modo che riacquistassi
libertà e imbarcazione, ma la Marina mi è
comunque alle calcagna da quel giorno. Non che si sia mai rivelata
eccessivamente pericolosa, tuttavia è un sassolino in una
scarpa molto fastidioso" spiegò Barbossa senza scendere
troppo nei dettagli.
"Quali notizie portate, dunque, dal Mar dei Caraibi?" chiese Gibbs
sorridente.
"C'è agitazione. La scomparsa della maggior parte dei Pirati
Nobili ha preoccupato non poco i nostri illustri colleghi e sottoposti.
Inoltre strane voci iniziano a girare tra le locande"
"Riguardo a cosa, se posso chiedere?" si incuriosì Gibbs.
"Prendetela come la confessione di un vecchio marinaio ubriaco, ma
secondo lui e molte altre fonti l'Olandese è tornata a
solcare le acque dei vivi"
Al sentir nominare l'Olandese Morgan si fece più attenta
alle parole di Barbossa.
"Dopo tutti questi anni? Perchè mai?" indagò il
signor Gibbs.
"Ovviamente non con l'assiduità con cui lo faceva Jones, ma
sembra che il capitano Turner sfrutti quel poco tempo libero
concessogli per cercare qualcosa...o qualcuno"
"E immagino che voi non abbiate idea di chi stia cercando Turner"
azzardò Gibbs, lanciando un'impercettibile occhiata verso la
porta dietro cui era nascosta Morgan.
"Sappiamo bene entrambi che il nostro povero sovrano, nonchè
sua consorte, è morta anni addietro, perciò
possiamo restringere il campo a due persone" ribattè
Barbossa con fare allusorio, ma Gibbs non si lasciò trarre
in inganno.
"Persone che sappiamo perfettamente dove si trovano. Il ragazzo
è arruolato e io stesso portai la bambina a Londra"
"Bambina che ormai sarà diventata donna, non credete?"
Morgan arretrò d'istinto di qualche centimetro, silenziosa.
Sentì la scimmia sulla spalla di Barbossa gridare e guardare
nella sua direzione. Anche il capitano fece altrettanto, ma non
prestò molta attenzione al richiamo dell'animale.
"Dubito che una donna londinese si imbarchi per raggiungere questo
posto maledetto" riprese Gibbs.
"Forse avete ragione" sorrise bieco Barbossa "Ad ogni modo non sono
venuto qui per parlare dei marmocchi dei Turner, ma per darvi un
messaggio importante da riferire al vostro capitano, perciò,
se non vi dispiace convocarlo"
"Il capitano non è a bordo al momento" lo informò
Gibbs "Ma provvederò a riferire il tutto non appena
sarà stato reimbarcato"
"Già, ricordo la vostra strana usanza. Un capitano ai
Caraibi, un altro lengo le rotte mercantili"
"E' necessario se si vuole che i farfalloni inglesi credano alla storia
delle navi omonime"
"La cosiddetta genialità di Jack" commentò
ironico Barbossa "Ad ogni modo ditegli che, in quanto Pirata Nobile,
secondo il Codice è suo dovere andare in soccorso degli
altri Pirati Nobili nell'eventualità in cui questi siano in
pericolo o prigionieri, come, guarda caso, è. Siccome non
è grazie a lui se adesso sono qui a parlarvi, vi prego,
esortatelo ad onorare la chiamata come ventincinque anni fa fecero gli
altri, o potremmo dire addio alla nostra nobile professione"
"Mi duole informarvi che Jack, al momento, ha altro per la testa"
ribattè Gibbs, ma dall'espressione di Barbossa
capì che questi non ammetteva repliche "Ad ogni modo
riferirò, come mi avete chiesto"
"Molto bene" sorrise il pirata soddisfatto "Ora andrò alla
ricerca dell'Olandese, nel tentativo di portare Will Turner dalla
nostra parte"
Morgan si fece nuovamente attenta.
"Turner ha scelto di non prendere alcuna parte venticinque anni fa"
"Sì, lo so, ma penso di avere la leva giusta per smuoverlo"
ghignò Barbossa, incuriosendo sia Morgan sia Gibbs. Barbossa
non resistette alla tentazione di stuzzicare ulteriormente il suo
interlocutore e continuò "Avete presente l'aiuto propizio di
cui vi ho parlato poco fa?"
Gibbs sembrò non capire più di prima, ma la mente
di Morgan associò quell'affermazione all'ultima lettera che
suo fratello le aveva spedito. Era stato Jack a liberare Barbossa! E,
da come il pirata si atteggiava, doveva averlo fatto prigioniero subito
dopo per poter così ricattare suo padre. In men che non si
dica Morgan prese la sua decisione e si avviò verso la
finestra. Le doleva lasciare Gibbs e la sua ciurma senza dire niente,
ma si era imbarcata per salvare suo padre e suo fratello e ora le si
era presentata l'occasione giusta.
"Beh" continuò il capitano, rinunciando a far capire a Gibbs
a cosa alludesse "Diciamo che potrebbe rivelarsi ulteriormente utile"
"Spero, allora, che riusciate nel vostro intento" concluse Gibbs,
ignaro di ciò che stava succedendo all'interno della cabina
"Avere l'Olandese dalla nostra parte sarà sicuramente
d'aiuto"
"Esattamente" annuì Barbossa "Ricordatevi del messaggio per
il vostro capitano e aggiungete che spero di rivederlo presto...ma non
troppo. Ora, se permettete, tornerò alla mia nave,
più tempo spreco a parlare con voi, più la Marina
si avvicina"
"Non vi trattengo oltre, capitano" ribattè in pieno accordo
e notevolmente sollevato Gibbs.
Barbossa si sfiorò nuovamente la tesa del cappello in segno
di saluto e ridiscese fino alla scialuppa. Una volta che la barcaccia
fu abbastanza lontana, Gibbs si concesse un sospiro di sollievo e
andò verso il castello di poppa.
"Esci pure, Pivello!" gridò da dietro la porta "Pericolo
scampato"
Quando si accorse che nulla si muoveva all'interno della cabina, vi
entrò di persona, per scoprire con amarezza la finestrella
di babordo spalancata. fare uno più uno non gli
costò molta fatica.
"Diavolo di una Turner!" imprecò, arrivando alla finestra
giusto in tempo per vedere la scialuppa che veniva issata fino
all'altezza della balaustra della Perla.
"Perchè in quella famiglia devono essere così
avventati?!?" domandò al nulla, per poi uscire sul ponte e
riprendere ad impartire ordini a gran voce. Urgeva come non mai andare
a prendere capitan Jack.
Scusate per
l'attesa, ma tra lo studio e la mancanza di ispirazione i tempi si sono
fatti più lunghi del previsto...ad ogni modo, vi presento il
capitolo 5 e vi auguro buona lettura, sperando che il salto
temporale non vi dia troppo fastidio, ma è stato necessario
ad evitare la monotonia che altrimenti avrebbe contraddistinto la
storia :)
Ringrazio quindi:
-stellysisley: sono contenta che ti sia piaciuto il precedente
capitolo, spero di aver replicato con questo :) grazie a presto!
-_Vega: che bello vedere che hai aggiunto la storia tra le preferite,
lo considero un onore, nella speranza che questo cap non ti faccia
cambiare idea :) grazie del commento, a presto"
-Rebecca Lupin: mi ha fatto piacere vedere che ti è piaciuto
il cap precedente, grazie del commento!
e ringrazio anche chi segue, preferisce e solo legge questa storia :)
A presto!
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Capitolo 6 *** Occhio alla scimmia ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Occhio alla scimmia
Non fu
facile per Morgan restare in silenzio e immobile nonostante tutti gli
sballottamenti a cui fu sottoposta la scialuppa durante il ritorno alla
Perla. Ebbe meno difficoltà a calarsi giù dalla
finestra, lungo il fianco della poppa, e a nascondersi sotto un telo in
coda alla barcaccia, facilitata dal fatto che i due marinai lasciati da
Barbossa a guardia tutto facevano, meno che guardare.
"Quindi, secondo te, è impossibile che questa Persefone sia
la stessa che commercia con l'Inghilterra per il solo fatto che non ha
lo stesso capitano" stava dicendo il più robusto dei due al
compagno, visibilmente interdetto, il quale dovette riflettere qualche
secondo prima di rispondere con un semi-risoluto "No", mentre Morgan
scivolava silenziosamente sotto il telo.
I due andarono avanti con le loro assurde congetture fino a quando
Barbossa non tornò sulla scialuppa e li zittì con
un perentorio ordine. Dopo un iniziale trambusto la barca
iniziò a muoversi e in breve raggiunsero la Perla Nera. Il
capitano risalì a bordo arrampicandosi lungo una scaletta
sul fianco della nave, mentre i due marinai armeggiarono con delle
carrucole per issare la scialuppa. Non fu una risalita tranquilla e
Morgan prese colpi a destra e a manca, ma dovette mordersi
più volte la lingua per evitare di lamentarsi ed essere
quindi scoperta.
A quel punto Morgan restò in paziente attesa nel suo
nascondiglio, mentre la nave riprese la navigazione e la ciurma si
impegnò nelle sue normali attività. Gli ordini
venivano, però, impartiti da una voce diversa da quella di
Barbossa, cosa che fece supporre alla ragazza che il capitano si fosse
ritirato nella sua cabina.
Le ore sembrarono non passare mai, dopo poco i muscoli iniziarono
dolerle e gli arti ad addormentarsi. Accolse con gioia il silenzioche
calò con l'arrivo della sera. Quando anche l'eco degli
ultimi passi cessò, Morgan si azzardò a sbirciare
fuori dal telo. Il ponte era apparentemente deserto, il vecchio uomo al
timone sonnecchiava appoggiato alla ruota, così come il
pappagallo azzurro sulla sua spalla.
Sempre guardinga, Morgan si scostò il telo di dosso e
passò dalla scialuppa al ponte della nave, aiutata dai
numerosi cigolii prodotti dalla nave stessa che coprirono quelli
causati dai suoi movimenti. Rimise a posto il telo e iniziò
ad esplorare con lo sguardo la nave, in parte aiutata dalle sporadiche
lampade a olio appese qua e là.
Pochi uomini si trovavano in quel momento sul ponte, tutti ubriachi o
quasi e senza alcun valido motivo per accorgersi di lei, tanto meno
riconoscere il suo volto. In mezzo al ponte si apriva una grossa grata
che permetteva l'accesso alla stiva. Morgan suppose che, qualche ponte
più in basso, ci fossero le prigioni, il primo posto in cui
le era venuto in mente di cercare suo fratello. A giudicare da
ciò che le aveva raccontato Gibbs, però, Barbossa
era tipo da trattare in modo privilegiato chiunque gli venisse utile, a
meno che questi non si fosse rivelato poco disponibile a stare alle sue
condizioni. Non avrebbe saputo dire quale delle due situazioni fosse
migliore.
Morgan buttò un'ultima occhiata al timoniere, ora
profondamente addormentato, quindi andò verso la grata e la
sollevò, poggiandola poi a terra il più
silenziosamente possibile. Prima che qualcuno potesse accorgersi di
lei, la ragazza discese velocemente la breve scala di legno,
nascondendosi poi all'ombra dietro di essa. Il puzzo di quell'ambiente
la colpì con una porta in faccia e fece salire a Morgan un
conato di vomito che difficilmente riuscì a reprimere.
Scoprì con disappunto che l'odore sgradevole proveniva dai
membri dell'equipaggio, profondamente addormentati sulle numerose
amache che arredavano il primo ponte sottocoperta.
Muovendosi con circospezione, Morgan tornò alla scala e
scese al livello sottostante, usato come magazzino per cibo, polvere da
sparo e pezzi di ricambio per la nave. La ragazza proseguì
fino all'ultimo livello, dove finalmente trovò le celle.
L'ambiente, umido per la vicinanza al livello del mare e le frequenti
infiltrazioni, era impregnato di un odore di cadavere di gran lunga
peggiore rispetto a quello emanato dalla ciurma e che la
obbligò a portarsi una mano al volto per coprirsi il naso.
Aguzzando la vista nel tentativo di vedere nonostante il buio, Morgan
iniziò a procedere lungo le due file di celle mezze allagate
e ammuffite, nonchè apparentemente vuote, finchè
non andò letteralmente a sbattere contro l'ultima cella in
fondo, completamente inghiottita dall'oscurità e impossibile
da individuare. Istintivamente Morgan trattenne il respiro e si mise in
ascolto, ma, non appena l'eco del clangore metallico cessò,
tornò il silenzio. La ragazza allora si rilassò,
nel frattempo i suoi occhi si erano abituati al buio e riuscirono a
distinguere una forma all'interno della cella davanti a lei, che in
più le sembrò si fosse mossa. Che fosse Jack?
Morgan avvicinò il viso alle sbarre di ferro per vedere
meglio, ma subito qualcosa le balzò contro da dentro la
cella gridando e facendo scappare un urlo anche alla ragazza, che
istintivamente indietreggiò per allontanarsi dalla scimmia
aggrappata alla grata. Con la schiena andò però
ad urtare contro qualcosa, o meglio, qualcuno, che immediatamente la
prese per una spalla e la voltò. Subito fu faccia a faccia
con Barbossa.
"Cercavate qualcosa, marinaio?" le domandò il capitano
arcigno, puntando i suoi occhi giallognoli sulla ragazza.
Sotto quello sguardo maligno e indagatore, a Morgan morirono le parole
in bocca. Barbossa contorse il volto in un'espressione impaziente.
"Allora?" incalzò poi, mentre la mano libera scivolava sul
calcio della pistola.
"Io...io" iniziò titubante Morgan, impossibilitata a
staccare gli occhi da quelli del capitano "...cercavo proprio voi"
disse infine, tentando di ostentare la maggior sicurezza possibile.
"Ma davvero? Qui nelle prigioni?" indagò ulteriormente
Barbossa, a metà fra lo sorpreso e il furibondo.
"Sì, ecco...ho esplorato ad uno ad uno gli altri ponti, ma
non vi ho trovato, capitano" si giustificò Morgan.
"E non avete pensato a cercarmi nei miei alloggi?"
"Veramente...no, signore"
"E nemmeno a chiedere a qualcuno della ciurma, quindi"
"No, signore"
"Beh, in questo caso, le opzioni sono due: o la vostra stupidaggine
raggiunge limiti inimmaginabili, oppure mi avete raccontato un sacco di
frottole e i motivi della vostra presenza qui sono ben altri. E,
chissà perchè, propendo per la seconda"
"Ma, se la prima fosse quella vera, allora la seconda la si potrebbe
escludere con assoluta certezza, non trovate?" ribatt Morgan con forse
troppa risolutezza. Barbossa la squadrò con occhi socchiusi
per qualche istante, prima di domandarle "Come vi chiamate, ragazzo?"
Ragazzo? Quindi nemmeno lui si era accorto che fosse una ragazza,
probabilmente anche a causa del buio, pensò Morgan. La
ragazza fu presa, comunque, alla sprovvista. Sulla Persefone non aveva
mai avuto bisogno di inventarsi un nome, per tutti era sempre stata il
Pivello. Cercò di elaborarne uno il più
velocemente possibile.
"Ben...Parker" disse alla fine di pochi ma estenuanti secondi di attesa.
"E, di grazia, perchè mi stavate cercando, mastro Parhker?"
chiese ancora il capitano.
"Per presentarmi ed evitare spiacevoli inconvenienti, come appunto
questo"
"Ma, di preciso, quando siete salito sulla mia nave?"
"Ero imbarcato come mozzo sulla Persefone, ma il mio più
grande sogno era far parte della vostra ciurma, capitano"
spiegò ossequiosa Morgan "Così mi sono nascosto
sulla vostra scialuppa e ho atteso che la nave ripartisse. Solo che mi
sono addormentato e al mio risveglio era già sera e i
marinai disponibili...beh, non erano proprio disponibili. Allora sono
venuto a cercare direttamente voi"
"Quindi volete entrare a far parte della mia ciurma"
"Esatto, signore"
Barbossa emise un suono gutturale a tratti simile ad una risata.
"Sì, devo ammettere che avete ragione, mastro Parker, siete
molto stupido"
Morgan sorrise mestamente, poi il pirata coninuò.
"Fortunatamente per voi, oggi sono molto più misericordioso
del solito. Vi prenderò nel mio equipaggio, ma non avrete
favoritismi. Inizierete come mozzo e solo se e quando vi sarete
distinto passerete di grado. Vi auguro una buona e il più
possibile duratura permanenza a bordo della Perla Nera, mastro Parker"
Detto questo, Barbossa girò sui tacchi e tornò
verso le scale che portavano in coperta, seguito a ruota dalla sua
fedele scimmia, che fece nuovamente sobbalzare Morgan. Le venne
spontaneo pensare con malinconia al suo mese di soggiorno sulla
Persefone. Si immaginò Gibbs che la rimproverava per la sua
avventatezza, cosa che stava facendo anche lei in quel preciso momento.
Ma il bisogno di salvare Jack era stato troppo impellente per poterlo
ignorare e l'occasione troppo ghiotta e a portata di mano. Ripensando a
suo fratello, le tornò in mente la figura che aveva
intravisto nella cella, ma non fece in tempo a voltarsi che il
perentorio richiamo del capitano la obbligò a ritornare sui
suoi passi.
"Sul ponte, mozzo! Solo perchè sei un poppante non ti
è permesso oziare!"
"Jack, mi devi un enorme favore" mormorò fra sè
mentre ritornava in coperta, dove un basso pirata dai radi capelli
lunghi le porse con ironica gentilezza secchio e spazzolone.
"Il capitano ha detto che ci si vuole specchiare" precisò
poi.
Morgan lo riconobbe come l'uomo che aveva preso il comando una volta
che la nave era risalpata.
La ragazza si mise subito al lavoro, doveva finire prima dell'alba, in
modo da non avere nessuno tra i piedi.
"Olio di gomito" gracchiò il pappagallo del timoniere, che
la osservava appollaiato, stavolta, sulla balaustra di tribordo. Morgan
sbuffò.
"Ci manca solo che anche la scimmia mi dia ordini"
In tutta risposta, l'animale raggiunse prontamente il pappagallo e le
gridò contro, quasi a prenderla in giro. Morgan rivolse ai
due animali un sorriso amaramente divertito, quindi riprese il suo
lavoro, accompagnata dal leggero sciabordio del mare contro i fianchi
della nave, sotto l'occhio vigile delle due bestiole.
Il giorno dopo la visita di Barbossa, la Persefone giunse in vista di
un'isoletta non lontana dalla costa della Florida. La zona raramente
veniva battuta dalle rotte commerciali a causa del basso fondale
attorno al pezzo di terra, ma per la nave di Gibbs era tappa obbligata.
Il capitano, riprese le vesti di primo ufficiale una volta entrati nel
Mar dei Caraibi, ordinò di mollare gli ormeggi e preparare
la scialuppa con i migliori rematori a bordo. Lui stesso li raggiunse
poco dopo e, sotto la calura del tardo mattino, iniziarono a vogare
verso terra. Pian piano i contorni dell'atollo si fecero sempre
più nitidi, i folti palmeti si delinearono all'orizzonte,
infine una figura più scura della sabbia e in movimento
venne avvistata da Gibbs, il quale non potè non riconoscere
la traballante camminata del suo capitano.
Appena ebbe avvistato la barca in avvicinamento, Jack Sparrow si
portò una mano alla fronte per schermarsi dal sole e insieme
socchiuse gli occhi per vedere meglio chi vi fosse a bordo.
"Ah, era ora!" si lamentò dopo aver riconosciuto il suo
primo ufficiale, quindi bevve una generosa golata di rhum e
andò a recuperare i suoi effetti, abbandonati ordinatamente
su una foglia di palma per evitare che si imbrattassero di sabbia. Nel
mentre che si preparò, la scialuppa raggiunse la riva e
Gibbs lo salutò cordialmente.
"Ben ritrovato, capitano!"
"Ritrovato, sì, ma ci avete messo più del solito
a trovarmi" fece notare Jack con disappunto "Sapete spiegarmente il
motivo, signor Gibbs?"
"Naturalmente, Jack" rispose risoluto il primo ufficiale.
Il capitano restò in attesa, incalzando con lo sguardo Gibbs
ad andare avanti.
"Oh, vuoi saperlo ora ora"
"Come siete perspicace. Sì, appunto, perciò
parla, e sii sintetico"
"Barbossa è salito a bordo, voleva parlare con voi e,
poichè non c'eravate, ha riferito a me cosicchè
potessi riferire a voi"
"Riferite, allora"
"Vuole che soccorriate i Pirati Nobili presi in ostaggio da Charles,
come comanda il Codice"
"E meno male che era il primo a dire che era solo una traccia"
commentò amaramente Jack, per poi riattaccarsi brevemente
alla bottiglia prima di continuare "In ogni caso, come ben sapete, ho
un'altra impellente urgenza che sono, ahimè, costretto a
risolvere e anche velocemente, e nonostante i miei debiti con la
fratellanza siano stati ripagati anni orsono, non posso onorare la
chiamata"
"L'avevo avvertito di questo, ma sembrava anch'egli di gran fretta,
anche se ciò non gli ha impedito di ritardare noi"
"Di gran fretta, dici?" indagò Jack, interessato.
"A quanto diceva era evaso da poco da Port Royal, grazie ad un aiuto
propizio, e la Marina era alle sue calcagna. Inoltre aveva intenzione
di trovare l'Olandese Volante"
"C'è un solo modo per trovare l'Olandese e l'ha
già sperimentato, se ben ricordo" constatò il
capitano, facendo un rapido segno della croce con due dita.
"Già, ma a quanto pare ultimamente capitan Turner fa qualche
capatina tra i vivi" spiegò allora Gibbs.
"Tipico di Turner fare cose stupide"
"Tipico dei
Turner" precisò il vecchio pirata, incuriosendo
ulteriormente Jack.
"I Turner?"
Gibbs annuì mestamente "La piccola Morgan era imbarcata
sulla Persefone fino a ieri. Deve aver sentito tutta la conversazione
tra me e Barbossa e in base ad essa ha deciso di imbarcarsi come
clandestina sulla Perla Nera"
"Morgan è qui ai Caraibi? Dopo tutta la fatica che abbiamo
fatto per metterla al sicuro?" domandò Jack con disappunto.
"E' venuta a conoscenza di tutto quanto, specie del fatto che il padre
e il fratello fossero in pericolo"
"Ho inquadrato il soggetto e ho compreso le vostre allusioni, mastro
Gibbs, ma uno senza l'altro fanno ben poco" fece notare il capitano,
soddisfatto della sua arguzia nonostante le grandi dosi di alcol
ingerite, ma il volto poco entusiasta del primo ufficiale lo fecero
rabbuiare.
"Ho ragione di temere, capitano" iniziò Gibbs soppesando le
parole "che anche il giovane Jack sia prigioniero a bordo della Perla"
"Ergo avete un disperato bisogno di me, nevvero?" ghignò
Jack Sparrow, già diretto alla scialuppa con la sua fedele
bussola in mano. L'ago puntò dritto verso sud-ovest.
"Verso Tortuga" mormorò fra sè soddisfatto "Verso
le scorte di rhum"
Stavolta
non vi ho fatto aspettare tanto, sono stata brava, vero?? ^^
Ecco che entra in scena il nostro Jack, spero di averlo reso al meglio
delle mie possiblità, è un personaggio talmente
unico che solo chi l'ha creato sarebbe in grado di riprodurlo
fedelmente. Sappiate, comunque, che ho fatto del mio meglio :)
Passando ai ringraziamenti:
-stellysisley: già, tutta sua madre e suo padre la nostra
Morgan, ed ecco a te Jack! Ti auguro una buona lettura, grazie e a
presto!
-Rebecca Lupin: diciamo che non ci hanno messo molto, soprattutto
grazie alla scimmia ;) grazie del commento, spero che il nuovo cap ti
piaccia!
Grazie anche, ovviamente, ha chi ha solo letto, a chi segue la storia e
a chi l'ha messa tra le preferite :)
A presto!
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Capitolo 7 *** Dal 'Guercio'... ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Dal "Guercio"...
Da quando
aveva deciso di imbarcarsi, a Londra, Morgan aveva subito ogni sorta di
sveglia mattutina, dal ribaltamento dell'amaca all'urlo nell'orecchio
al topo sotto le coperte. Ma la Perla Nera, anche sotto quel punto di
vista, non era la Persefone e la sveglia che Pintel le diede dalla
prima mattina fu la peggiore che avesse mai provato.
"La prossima volta impari a buttare l'acqua sporca in mare quando
finisci il lavoro" le aveva detto, dopo averle gettato addosso la
secchiata di lerciume che aveva ottenuto dopo l'accurata pulizia del
ponte. Dallo spavento Morgan era caduta dal mucchio di cime su cui si
era addormentata, per rialzarsi completamente bagnata e sporcadi
residui di pece. Pintel aveva sghignazzato sotto i baffi, insieme al
suo amico allampanato e dall'occhio di legno, ma erano stati subito
richiamati all'ordine da Barbossa.
Morgan, intenta ad osservarsi con disgusto e a pulirsi alla bell'e
meglio, non si era poi accorta che il capitano aveva rivolto
l'attenzione verso di lei finchè il silenzio calato intorno
non l'aveva incuriosita. Alzato lo sguardo, aveva visto Barbossa
scrutarla con gli occhi ridotti a due misere fessure. Temette per un
attimo che il capitano avesse scoperto la sua vera identità
sessuale, ma potè tirare un sospiro di sollievo quando,
invece, le ordinò con noncuranza mista a disgusto di
ripulire tutto. Pensò che doveva essere in condizioni
davvero pessime se nessuno si era ancora accorto che era una ragazza.
Si sentiva i capelli stopposi, non vedeva un bagno da parecchie
settimane, probabilmente il suo odore non era molto diverso
da quello dei suoi colleghi pirati. Inoltre non riusciva a capire se la
sua carnagione, che era sempre stata chiara, si fosse scurita per
l'esposizione al sole o per la sporcizia.
Nonostante le sere successie si fosse sempre ricordata di buttare
l'acqua sporca a mare, in qualche modo Pintel riuscì tutte
le mattine a trovare un secchio pieno da rovesciarle addosso al momento
della sveglia. Morgan non osò mai immaginare cosa sarebbe
potuto succederle se avesse dormito sotto coperta col resto della
ciurma e si ripromise di non metterci mai piede finchè
nessuno le avesse fatto problemi riguardo il suo giaciglio di cordame.
Quella mattina, dopo la solita sveglia, mentre si ripuliva il viso con
la manica ormai marrone della camicia, Morgan volse lo sguardo
all'orizzonte, fino al giorno prima lineare e appena visibile tanto il
cielo era blu e limpido, e vide una sottile linea di terra incresparlo.
Era la prima volta da quando era partita da Londra e il suo cuore
mancò un battito dall'emozione. Finalmente era arrivata ai
Caraibi.
"Terra in vista!" gracchiò il pappagallo azzurro del vecchio
timoniere Cotton, nonchè sua voce, visto che il marinaio
aveva la lingua mozzata.
La scimmia di Barbossa, che, ironia della sorte, si chiamava Jack,
balzò sulla sua spalla subito dopo, ma Morgan non si
scompose, abituata com'era alla sua presenza. Barbossa gliel'aveva
messa alle calcagna sin dal primo giorno, probabilmente per controllare
le sue mosse, insospettito dalla sua presenza nelle celle la notte del
suo arruolamento.
Per Morgan era stato, così, impossibile avvicinarsi anche
solo alla grata che portava sotto coperta. Suo fratello poteva essere a
pochi metri da lei, eppure non poteva scoprirlo.
La linea increspata all'orizzonte divenne sempre più nitida
e ben presto Barbossa iniziò a sbraitare ordini a destra e a
manca. Morgan si ritrovò così a spingere l'argano
per preparare la nave all'ancoraggio.
Il pezzo informe di terra si arricchì sempre più
di nuovi particolari e in breve una disordinata città
portuale si delineò sotto gli occhi di Morgan, che chiese al
pirata davanti a lei come si chiamasse.
"Quella è Tortuga, mastro Parker" le rispose il marinaio tra
una spinta e l'altra "L'unica città abitata da soli
bucanieri di tutti i Caraibi. Troveremo cibo, acqua e ogni genere di
sollazzo a noi più congeniale. Se è la tua prima
volta, vedrai che sarà indimenticabile, un sacco di donnine
faranno la coda per renderti un vero uomo. Ahahaha!"
Morgan tirò le labbra in un sorriso forzato a quella
battuta. Nonostante non fosse la prima che sentiva, ne rimase comunque
un po' turbata, forse a causa della sempre maggior vicinanza delle
donnine a cui alludeva il marinaio.
Terminate le manovre di entrata in porto, Barbossa scese con parte
della ciurma per fare rifornimento, lasciando a Pintel il comando della
Perla. Questi non si lasciò sfuggire l'occasione per
tartassare Morgan, che fu costretta a riordinare il ponte da cima a
fondo, sotto il sole cocente di mezzogiorno e i vispi occhi di Jack,
rimasto fedelmente a sorvegliarla.
"Forza con quella pialla!" le sbraitò contro per l'ennesima
volta Pintel, mentre la osservava dall'alto del castello di poppa "Non
vorrai che il capitano si punga con una scheggia quando si appoggia
alla balaustra"
"Vorrei che succedesse a qualcun altro, però"
mormorò Morgan e Jack rispose con un verso che le
sembrò di approvazione.
"Ah, allora anche a te non va molto a genio" sorrise lei.
Jack prese allora a mordicchiare una pallina di legno che Morgan
riconobbe come l'occhio di Ragetti, sparito sotto coperta ore addietro
alla sua ricerca. La ragazza emise una breve e divertita risata, subito
repressa dal rimprovero di Pintel.
Alla piallatura della balaustra seguirono il rammendo delle vele, che
costò a Morgan non pochi buchi sulle dita, e il riordino
delle cime, tutte aggrovigliate e annodate fra loro ai vari angoli
della nave.
Era quasi il tramonto quando Barbossa e il resto dell'equipaggio fecero
ritorno alla nave, in modo da dare a chi era rimasto a bordo la
possibilità di scendere in città. Non appena
Morgan mise piede sulla passerella, però, Pintel la
fermò prendendola per un braccio.
"Dove credi di andare, mozzo?" le domandò arcigno, ma
Barbossa accorse subito a smentirlo.
"Lascialo andare" disse laconico alle spalle del primo ufficiale, che
lasciò allora riluttante la presa su Morgan. Questa scese
rapidamente lungo la passerella per mettere la maggior distanza
possibile tra lei e Pintel e non potè così
sentire la motivazione del comportamento di Barbossa. "Se va bene,
è la volta buona che riusciamo a liberarcene senza sporcarci
le mani. Non mi piaceva il modo in cui andava a ficcare il naso in giro"
In un batter d'occhio, Morgan si ritrovò a camminare per la
via principale di Tortuga, ancora insonnolita e priva del solito
movimento, anche se qualche vecchio marinaio aveva già
superato la soglia di tolleranza all'alcol.
"Ehi, bel giovanotto!" la chiamò con civetteria una
prostituta appoggiata allo stipite della porta di un bordello, il volto
coperto da un trucco pesante e colato e una vertiginosa scollatura ad
evidenziare il seno prosperoso "Vuoi che diamo una lucidata al manico
della tua postola?"
Morgan ringraziò di avere la faccia sporca che nascose il
colore paonazzo del sui volto a quell'invito. Accelerò il
passo e proseguì a occhi bassi, finchè non
andò a scontrare contro qualcuno.
"Scusatemi!" si affrettò a dire "Non vi avevo visto".
Alzato lo sguardo, però, riconobbe il marinaio che le aveva
spiegato di Tortuga sulla nave. Dall'alitata che le arrivò
in viso quando rispose dedusse che fosse già completamente
sbronzo.
"Aaaah! Mastro Parker!" biascicò entusiasta l'uomo,
avvinghiando Morgan con un braccio attorno al collo per non cadere
"State cercando la vostra prima
donnina?"
"No, io...stavo solo guardando" ribattè lei mentre cercava
di divincolarsi.
Il marinaio la osservò qualche istante con una buffa
espressione accigliata che poi si distese in un sorriso.
"Ho capito qual è il vostro problema!" esclamò
entusiasta "Siete senza un doblone, scommetto"
"Beh, sì in effetti ". La piega che aveva preso la
conversazione piacque molto a Morgan, che pensò di
sfruttarla a suo vantaggio "E quella signorina
laggiù...insomma, ci siamo capiti"
"Per-fet-ta-men-te" scandì il marinaio, quindi si
infilò la mano in tasca e ne estrasse una generosa manciata
di monete d'oro. Questi sorrise furbescamente allo sguardo meravigliato
di Morgan "Stavolta è girata bene ai dadi. Prendili tutti,
un giorno me li restituirai. Li presto volentieri ad un giovane pirata
in cerca di avventure"
Morgan sorrise e ringraziò, quindi assestò un
diretto sul naso del marinaio, che subito cadde a terra privo di sensi.
La ragazza gli prese dalla cinta spada e pistola e proseguì
la sua visita della città, pensando intanto a cosa farne di
tutti quei soldi. Il primo bisogno che ritenne necessario soddisfare fu
quello di un buon bagno. Scorse a pochi passi da lei una locanda ancora
apparentemente tranquilla, "Il Guercio", e pensò potesse
fare al caso suo. Dentro trovò una donna nerboruta intenta a
sistemare tavole e sedie nella sala principale del locale.
Alzò lo sguardo non appena gli stivali di Morgan toccarono
la prima asse di legno del pavimento.
"Un po' presto per il primo giro di rhum" constatò guardando
accigliata la ragazza, senza smettere di mettere a posto.
"Non sono qui per bere" ribattè Morgan.
La donna socchiuse ulteriormente gli occhi e prese ad avvicinarsi
circospetta a lei, che istintivamente iniziò ad arretrare.
Si bloccò quando dalla bocca della donna uscì una
divertita risata.
"Certo che no, sei troppo giovane, ragazza mia" disse infine.
Morgan, spiazzata, iniziò ad aprire e chiudere la bocca
senza che ne uscisse alcun suono.
"Tesoro vedo pirati da tutta la vita e so riconoscere una ragazza
travestita da maschio, anche se, sotto tutto quello strato di sporco e
quella puzza, devo dire che con te ho fatto fatica"
"Ecco, a proposito, io...volevo prendere una stanza e se possibile
farmi un bagno"
Morgan infilò le mani in tasca e ne estrasse la manciata di
monete che il marinaio le aveva dato "Spero bastino"
La donna spalancò gli occhi di fronte a tutta quella
manciata d'oro "Tesoro, puoi comprarti anche me con tutto quel denaro.
Però ti consiglio di fare più attenzione quando
mostri a qualcuno il tuo patrimonio. Potresti trovare gente molto meno
onesta di me"
La locandiera si avvicinò a Morgan e prese dalle sue mani
due dobloni "Questi basteranno, e posso farci rientrare la lavanderia
per quegli stracci sporchi che hai addosso"
Morgan si guardò e, con un cenno del capo, dovette darle
ragione. Questa le fece segno di seguirla fino al bancone e da un
cassetto tirò fuori una vecchia chiave arrugginita. Rifece
nuovamente il giro del tavolo e si infilò rapida in un
passaggio angusto poco distante, che portava al piano superiore tramite
una pericolante scaletta di legno. Si fermò davanti ad una
porta e la aprì con la chiave, rivelando a Morgan una
piccola stanza con una spartano letto di legno su cui era adagiato un
materasso di paglia ricoperto da un lenzuolo bianco e rattoppato qua e
là. Il resto del povero mobilio consisteva in una
cassettiera piena di buchi di tarli, un tavolino e una sedia
semi-sfondata.
"Questa è la migliore che ho e posso concedertela al massimo
fino al calar del sole, a meno che tu non voglia assistee ai peggiori
eccessi di lussuria della tua vita. Per il bagno arrivo tra poco,
intanto svestiti, così mentre tu pulisci te io pulisco i
tuoi vestiti"
"Va bene" rispose Morgan, confusa da tutta quella
disponibilità. La donna fece per uscire quando lei la
richiamò.
"Come vi chiamate?" domandò la ragazza con fare innocente.
"Theresa Goddman" rispose la locandiera.
"Perchè mi trattate in questo modo? Non che non lo apprezzi,
intendiamoci, però mi sembra strano per una città
di bucanieri"
Theresa rise piano prima di dare a Morgan la spiegazione che voleva.
"Solo perchè sei a Tortuga non vuol dire che tu debba
incontrare solo pirati e delinquenti, anche se questo non toglie che tu
sia stata fortunata. E ti tratto con riguardo perchè ho
visto il tuo temperamento, prima con quel pirata, e mi piaci.
Nonostante te la sia fatta sotto come un poppante quando ti ho
smascherata, mi ricordi me"
La ragazza fece per protestare, ma alla fine si limitò ad
abbassare lo sguardo imbarazzata e a sorridere mestamente. La
locandiera le strizzò l'occhio e se ne andò
chiudendosi la porta alle spalle. Morgan iniziò allora a
spogliarsi. Posò i vestiti sul tavolo e si coprì
con un altro logoro lenzuolo che aveva trovato nella cassettiera. Poco
dopo Theresa tornò trascinandosi dietro una tinozza di legno
ricolma d'acqua in cui, constatò lei a occhio e croce,
sarebbe entrata a malapena. Mentre la donna si accingeva a prenderle i
vestiti per lavarli, Morgan fece per entrare in acqua, ma
ritornò sui suoi passi dopo averne sfiorato la superficie
con un dito.
"E' gelida!" esclamò voltandosi verso Theresa.
"Certo che lo è" ribattè la locandiera, per nulla
scioccata "Questa non è una locanda di lusso, ringrazia
ancora che ci sia la saponetta sul fondo.
Morgan sospirò e, dopo che Theresa se ne fu andata, prese
coraggio e si immerse nella tinozza. Superato lo shock iniziale, si
immerse allora con tutta la testa.
Quando uscì dalla vasca, alla piacevole sensazione di
sentirsi pulita il calore causato di riflesso dal bagno freddo. Fece
appena in tempo a coprirsi col lenzuolo che qualcuno entrò
senza complimenti nella stanza, richiudendosi rumorosamente la porta
alle spalle.
"Voi chi siete e come avete osato entrare qui?" domandò
Morgan scandalizzata, riprendendo per un momento il fare dell'aspirante
lady britannica, alla schiena dell'uomo appena entrato. Questi si
girò sorpreso e, quando la vide, strabuzzò gli
occhi e sorrise furbescamente. Doveva avere pochi anni più
di lei, pelle abbronzata di chi ha vissuto tutta la sua vita in mare,
occhi e capelli castani, fisico asciutto coperto da una camicia rossa e
brache di pelle nera, un paio di stivali che gli arrivavano al
ginocchio.
"La porta era aperta" rispose innocente, iniziando ad allontanarsi
dall'uscio.
"Beh, questo non vi dà il diritto di entrare, soprattutto se
dentro c'è..."
"Una ragazzina bella, isterica e mezza nuda? A maggior ragione allora"
Morgan spalancò la bocca, allibita. "Come osate? Siete un
essere spregevole, uscite immediatamente"
"Vi mentirei se vi dicessi che vorrei tanto e, ad ogni modo, non posso"
il ragazzo prese a guardarla intensamente "Anzi, credo proprio che
potreste aiutarmi"
Dal piano di sotto giunsero molte voci concitate che misero il giovane
in allarme. "Sì, pare proprio che mi aiuterete, miss"
concluse, per poi sfilarsi rapido la camicia e mettere mano alla cinta
dei pantaloni.
"Cosa...che state facendo?" chiese Morgan scioccata e in preda
all'isteria.
"Tranquilla, resterò solo in calzoni. Se poi vi
piacerà allora possiamo completare entrambi l'opera"
La ragazza non ebbe il tempo di ribattere, perchè si
ritrovò le labbra dell'intruso incollate alle sue. Questi la
prese poi per la vita e si lasciò cadere di schiena sul
letto, portandosi Morgan sopra, senza smettere di baciarla nonostante
le sue continue proteste. Quando però lei gli
conficcò le unghie nel braccio, dovette cedere.
"Sentite" disse allora il ragazzo, spazientito "Ci siete dentro, che lo
vogliate o meno, perciò vedete di collaborare se non volete
morire"
La afferrò quindi per la nuca bagnata e riprese a baciarla
zittendo ogni eventuale protesta. La staccò da lui poco dopo.
"E qualsiasi cosa succesa, continuate a baciare"
Di nuovo con le labbra del ragazzo sulle sue, Morgan giurò
che gliel'avrebbe fatta pagare. Mentre studiava la sua cruenta
vendetta, la porta si aprì di nuovo e al rumore del suo
tonfo contro la parete seguì quello di uno sparo.
Spaventata, la ragazza si aggrappò instintivamente al suo
falso amante, che la strinse di più a sè e le
spalancò la bocca con veemenza. Morgan gemette, scossa da
uno strano brivido, e si dimenticò completamente di tutte le
sue congetture.
Chiunque fosse entrato, imprecò in modo poco fine e
proseguì lungo il corridoio borbottando qualche scusa.
Il ragazzo scostò bruscamente Morgan e corse a chiudere la
porta, per poi concedersi un sospiro di sollievo e tornare a guardare
Morgan, ancora disorientata e in affanno. Le rivolse un sorriso sghembo.
"Complimenti, miss. Non ti facevo così passionale"
Morgan si accigliò a quelle parole "Prego?"
"Per essere solo una ragazzina isterica, baci molto bene. Ed
è indubbio che ti sia piaciuto"
"Piaciuto?!?" esclamò allora lei, tornata nuovamente in
sè "E' stato disgustoso e...irrispettoso. E non avete nessun
diritto di darmi del tu!"
"Credevo che ormai fossimo in confidenza" ribattè il ragazzo
ammiccante, mentre si rivestiva.
"Con un individuo spregevole e arrogante come voi, mai"
Il ragazzo rise, per nulla offeso "Mia cara miss, ferisce
più la spada delle vostre
parole. Grazie per la sentita collaborazione e alla prossima"
Presala per il mento, le schioccò un ennesimo bacio sulle
labbra, poi uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle
spalle giusto in tempo perchè il già malconcio
vaso da notte lanciato da Morgan andasse ad infrangersi contro.
Scuuuuuuusate
il ritardo, il cap era pronto da un pezzo, dovevo solo batterlo al pc ^^
Nuovi personaggi a gògò in questa puntata, di cui
uno non sparirà così facilmente, scommetto che
intuite già chi possa essere ;)
Bando alle ciance, passiamo ai ringraziamenti del caso:
-Lyla91: Benvenuta cara, e grazie dei tuoi commenti, sono contenta che
la storia ti abbia interessata. Spero che questo cap accresca la tua
curiosità :)
-stellysisley: Direi che innumerevoli strati di sporco bastino a
mascherare le fattezze femminee di Morgan, che dici? ;) Fammi
sapere cosa ne pensi di questo cap e grazie di tutto!
-Rebecca Lupin: esatto sono proprio loro, imbattibili ^^ è
inoltre probabile che Jack abbia cantato qualche ninna nanna a Morgan
quando era ancora in fasce e le abbia trasmesso un po' del suo cipiglio
:D spero ti sia piaciuto questo cap, grazie del commento!
Grazie, come sempre, a chi segue la storia, a chi la preferisce e a chi
la legge soltanto :)
Alla prossima!
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Capitolo 8 *** Una pessima serata ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Una pessima serata
Richiusosi
la porta alle spalle, Jed non si sorprese quando il vaso da notte
andò in mille pezzi dall'altra parte.
Si passò la lingua sulle labbra, per gustare ancora una
volta il
sapore forte che avevano quelle di lei. Un sapore perfettamente in
armonia col suo temperamento focoso. Jed si meravigliò di
quanto
quella ragazzina appena conosciuta lo attirasse. Non gli era mai
successo di provare niente del genere, almeno non al primo bacio.
Dopo essersi ripromesso che l'avrebbe rintracciata, non appena i suoi
problemi si fossero risolti, ridiscese le scale in tutta fretta, non
curandosi di Theresa, intenta a stirare alcuni indumenti con un ferro
caldo.
"Mi sorprende vederti ancora vivo" disse la donna per attirare la sua
attenzione, senza smettere di lavorare.
Jed sorrise e si voltò verso Theresa.
"Ormai ho acquistato una certa abilità nel tirarmi fuori dai
guai, dovresti saperlo, Terry"
"Può darsi, ma la prossima volta scegli un'altra locanda per
tirarti fuori dai guai" lo minacciò la donna mentre piegava
accuratamente l'indumento fresco di stiratura.
"Andiamo, miss Goodman!" fu la bambinesca protesta di Jed, che si
appoggiò poi al tavolo con fare ammiccante "Mi conosci da
tutta
la vita e sono certo che le mie seppur frettolose e sporadiche visite
ti fanno piacere"
Il ragazzo le pizzicò affettuosamente la guancia, non
riuscendo però a strapparle il solito sorriso.
"Non quando vengono importunati i miei clienti"
"Non so di cosa parli...Ahi!"
Theresa prese Jed per un orecchio e lo avvicinò di
più a sè, ignorando totalmente le proteste del
ragazzo.
"Se scopro che hai torto anche solo un capello a quella ragazza, te ne
faccio pentire amaramente. Ho detto al vecchio Sam che non ti ho visto
entrare nè uscire, ma faccio ancora in tempo a smentirmi"
"Va bene, va bene, ho recepito il messaggio, ma adesso lasciami andare"
implorò Jed, il cui orecchio era diventato sempre
più
rosso ad ogni parola della donna.
Theresa lo liberò e Jed si congedò rapidamente,
sperando
in cuor suo che quella ragazzina isterica non gli complicasse
ulteriormente la vita.
La locandiera scosse la testa contrariata.
"E' proprio figlio di suo padre" sospirò infine, quindi
prese la pila di abiti puliti da portare alla ragazza.
Quando, aperta la porta della stanza, scoprì i cocci del
vaso da
notte sulla soglia, si pentì di aver lasciato andare Jed
così presto.
La ragazza era seduta sul letto sfatto, il volto contratto in
un'espressione furibonda e le mani che stringevano convulsamente il
lenzuolo con cui era coperta. Il viso si rilassò un po' alla
vista di Theresa sulla soglia.
"Stai bene?" le chiese la donna con dolcezza.
La giovane annuì col capo.
"Cosa ti ha fatto?" indagò ancora Theresa.
"Mi ha usata per salvarsi la vita" rispose la ragazza asciutta.
"Sei a Tortuga, ragazza mia, è il minimo che ti possa
capitare per essere una donna"
"E' quello che ho pensato anch'io" ribattè Morgan risoluta,
alzandosi dal letto e iniziando a vestirsi "Mi sono lasciata prendere
dal panico e non ho reagito da pirata quale sono, ma come se fossi
ancora la vecchia Betty"
Theresa si fece più interessata al discorso.
"Ma adesso le cose cambieranno. Quando ho lasciato Londra, ho lasciato
anche Miss Betty. Non c'è posto per lei qui"
"Come ti chiami, quindi?" domandò allora Theresa.
Morgan, completamente vestita e intenta a sistemarsi il cinturone in
vita, rimase spiazzata da quella domanda e prese a fissare intensamente
la donna. Non sapeva se fidarsi di lei, eppure si era dimostrata onesta
e disponibile nei suoi riguardi, nonostante la conoscesse. Decise di
provare a fidarsi e, nel caso fosse stata la scelta sbagliata, ne
avrebbe affrontato le conseguenze.
"Il mio è un nome pericoloso, miss Goodman. Saperlo potrebbe
mettervi in un mare di guai" la avvertì prima, ma la donna
rise.
"Sono una donna che gestisce una locanda in un covo di bucanieri. Penso
di saperli gestire i guai"
"Mi chiamo Morgan Elizabeth Turner"
Theresa non si scompose.
"Il tuo nome scotta, su questo ti dò ragione.
Perciò ecco
un consiglio prima che tu esca da qui: se non vuoi finire nelle mani
sbagliare, ti conviene chiedere in prestito a Miss Betty da Londra il
suo nome"
"Grazie, lo farò. Adesso, però, ho una nave da
prendere"
Theresa le fece intendere a gesti che poteva andare e Morgan la
ringraziò di tutto quando con un sorriso.
Dopo il calar del sole, Tortuga si era risvegliata dal torpore del
tardo pomeriggio. Le locande cominciavano a riempirsi, insieme agli
stomaci degli avventori, e le bottiglie a svuotarsi. Al silenzio si era
sostituito un motivetto fatto di canti tra loro discordanti biascicati
da chi a stento riusciva a stare in piedi, ma non perdeva mai la presa
sul collo della bottiglia che aveva in mano.
Avere una pistola e una spada a portata di mano diede abbastanza
sicurezza a Morgan da convincerla ad uscire dal "Guercio" per
addentrarsi in quel marasma, diretta al porto. Nessuno badò
a lei più di tanto, durante il tragitto, ma rimase comunque
sempre in allerta, memore del piccolo tesoro che aveva in tasca.
Arrivata ai moli, notò che il numero delle navi attraccate
era notevolmente aumentato e intuì che molte di esse non
sarebbero salpate prima dell'indomani mattina.
Quando era scesa in tutta fretta dalla Perla, non aveva fatto caso a
quale molo fosse attraccata, perciò iniziò a
percorrere tutto il porto, convinta ad ogni modo che una nave come la
sua sarebbe saltata subito all'occhio. Quelle ormeggiate,
però, erano tutte una più anonima dell'altra.
Nella mente di Morgan iniziò a farsi strada un pensiero poco
confortante che trovò la sua conferma quando non rimasero
più moli da controllare.
La Perla Nera era partita lasciandola a terra, sola e senza la minima
idea di come arrivare a Port Royal.
Nonostante tutti i tentativi di mantenere la calma, alla fine Morgan si
lasciò prendere dallo sconforto e si mise a piangere come
una bambina, mandando all'aria tutti i risoluti propositi comparsi alla
locanda. Vide una botte lì vicino, ma, quando ci si sedette,
il legno marcio non resse il suo peso e Morgan finì con la
schiena a terra. Le monete uscirono dalla tasca della sua giacca e
Morgan non si meravigliò più di tanto quando, una
per una, caddero in mare attraverso una fessura tra due travi. Aveva
capito ormai da un pezzo la piega che aveva preso quella serata,
perciò perchè sforzarsi di cambiarla?
Sola, abbandonata in un covo di pirati e senza un soldo. Erano motivi
più che validi per convincerla a restare sdraiata sul molo a
piangere silenziosamente, in attesa del colpo di grazia.
Iniziò a pensare a tutti gli eventi che l'avevano portata
lì, le lettere, la Persefone, il colloquio tra Barbossa e
Gibbs, e si chiese di conseguenza cosa sarebbe successo se, invece di
imbarcarsi, fosse rimasta a Londra.
Subito le venne in mente Henry e l'evidente sbandata che si era preso
per lei. Quel giorno di più di un mese prima le aveva detto
che sarebbe stato disposto a sposarla, ma lei lo aveva, con non poca
fatica, lo aveva fatto desistere. Aveva rinunciato ad un futuro roseo
accanto ad un Lord per inseguire quelli che, fino a quel momento, erano
stati solo dei fantasmi, ombre indefinite che l'avevano portata, alla
fine, su quel molo bagnaticcio e scomodo. Henry, invece, con tutta
probabilità si stava godendo la sua vita da rampollo con
accanto un'altra ragazza, forse una sua compagna della scuola di Miss
Parker che lei stessa gli aveva consigliato.
Un rumore di passi sul legno la distolse dai suoi pensieri. Ecco, stava
arrivando il colpo di grazia. Morgan chiuse gli occhi, non aveva senso
opporsi al destino, e attese che questo si compiesse.
Un'ombra le oscurò il viso e una risata divertita le giunse
alle orecchie. Due dita, poi, le scostarono una ciocca di capelli da
davanti agli occhi. Sorpresa dal gesto, Morgan si decise ad aprirli e
dovette reprimere un urlo di sorpresa quando vide chi le stava sopra.
Ma subito ragionò che non poteva essere Henry,
perchè Henry era a Londra e non a Tortuga.
"Ben svegliata!"
Peggio. Oltre a non essere Henry, era il ragazzo della locanda.
"Ti hanno lasciata a terra, piratessa?"
continuò a canzonarla lui. Decisamente era il peggior colpo
di grazia che potesse capitarle.
"No, sdraiarmi sui moli è la mia passione" rispose seccata
Morgan.
"Come siamo permalose!"
"Dopo quello che hai fatto alla locanda, pretendevi forse inchini e
riverenze?"
"E' stato solo un bacio. Perchè te la prendi tanto?"
"Solo un bacio?" scattò allora Morgan, che si rimise
immediatamente in piedi "Mi hai letteralmente aggredita e hai
approfittato di me"
"Ah, ho capito il problema!" esclamò il ragazzo, alzandosi
"Era il tuo primo bacio"
"Cosa...sì...cioè...che c'entra questo?"
"Che ne so? Siete voi ragazze che la rendete una cosa importante. Ad
ogni modo puoi vantarti di aver dato il tuo primo bacio ad un fascinoso
pirata. Mi sembra un vanto non da poco"
Morgan rimase a bocca spalancata in cerca delle parole giuste per
ribattere, ma il ragazzo la battè sul tempo.
"Senti, lascia perdere la storia del bacio, va bene? Ti sarai chiesta
perchè sono qui, immagino"
Morgan sospirò. "Per peggiorarmi ulteriormente la giornata?"
"La tentazione è forte, ma no. Che ti sia piaciuto o meno,
alla locanda mi hai salvato la pelle, quindi sono in debito con te"
La ragazza spalancò gli occhi, sorpresa da quelle parole.
"Vuoi aiutarmi?"
Il ragazzo si strinse nelle spalle.
"Ero al porto quando sei arrivata e vederti così vestita ha
suscitato la mia curiosità, così ti ho seguita.
Ammetto che è stato divertente vederti finire gambe
all'aria, ma poi ho capito che qualcosa non andava e il mio lato
cavalleresco ha avuto il sopravvento"
"Perchè? Mi conosci da neanche un'ora, cosa ci guadagni ad
aiutare una spiantata come me?"
Il ragazzo sfoggiò il suo sorriso sghembo.
"Chi lo sa? Forse perchè un po' mi piaci. Inoltre, in questo
modo, avremo tempo per conoscerci"
"Ma sei io non ti volessi conoscere?" azzardò Morgan "Dopo
quello che mi hai fatto, dovrei starti mille miglia alla larga"
"Eppure non sei che a pochi centimetri da me. Come mai?"
"Perchè se faccio un passo indietro finisco in acqua, ecco
perchè. Non montarti la testa, fascinoso pirata"
Il ragazzo rise. Doveva ammettere che la fanciulla aveva prontezza di
spirito. Valeva davvero la pena conoscerla. Ad attrarlo ancora di
più c'era poi quell'alone di mistero che la avvolgeva. Non
appena l'aveva vista in abiti maschili, si era chiesto cosa cosa ci
facesse una donna come lei tra i pirati. Il sesso femminile era poco
rappresentato nella loro cerchia, forse era normale che vederne
spuntare una dal nulla suscitasse curiosità. Il fatto che
fosse bella e sfuggente, infine, completava l'opera.
"Allora, come pensi di aiutarmi?" gli domandò Morgan.
"Beh, per iniziare, potremmo presentarci. Io sono Jed"
"Solo Jed?" indagò Morgan.
"Precisamente"
"Io sono Morgan. Solo Morgan"
Non sapeva se fidarsi o meno di Jed, ma iniziare il loro rapporto con
una bugia non avrebbe facilitato le cose. Era la sua unica ancora di
salvezza e non poteva perderla.
"Piacere, solo Morgan"
Aveva anche il nome intrigante!
"Piacere, solo Jed"
"Propongo di tornare a far visita alla vecchia Terry. Davanti ad un
buon boccale di birra si ragiona meglio, per quanto mi riguarda"
"Io non bevo birra"
"Ovviamente"
Il "Guercio" si era notevolmente animato durante l'assenza di Morgan,
che l'aveva lasciato con giusto un paio di avventori al banco in
trepidante attesa. Il chiasso dentro il locale non le
impedì, però, di sentire ogni parola della
strigliata che Theresa riservò a Jed, con tanto di tirata
d'orecchie.
"Ti avevo avvertito che, se avessi scoperto che le avevi fatto qualcosa
di male, ne avresti subito le conseguenze" stava urlando la locandiera
al ragazzo, che si teneva al bancone nel tentativo di sfuggire alla sua
presa.
"E' stato solo un bacio, Terry, non mi sembra il caso di chiamare il
vecchio Sam" si giustificò Jed, con sguardo implorante.
"Chi è il vecchio Sam?" domandò Morgan a Terry.
"Quello che è entrato in stanza mentre ci coccolavamo,
piccola...ahiahiahi!". L'ennesima tirata d'orecchi interruppe il
momento ironico di Jed.
"Per tua fortuna è sbronzo e ricorda a malapena chi sei, ma
ci metto poco a rinfrescargli la memoria, se non decidi di rigare
dritto" lo minacciò Theresa.
"Appunto per questo sono qui con lei. Le ho offerto il mio aiuto e lei
ha accettato. Smettila di tirare, fa malissimo!"
Theresa spostò lo sguardo da Jed a Morgan, che
confermò tutto, quindi lasciò andare l'orecchio
del ragazzo, che era diventato quasi viola.
"Bada bene che, se vengo a sapere..."
"Sì, sì, se oso anche solo sfiorarla mi farai la
festa al mio ritorno" finì Jed per lei "Però se
si innamora di me, non è colpa mia, d'accordo?"
"Tranquillo, non c'è pericolo" lo rassicurò
Morgan.
"E posso sapere come intendi aiutarla?" chiese Theresa mentre porgeva a
Jed una pinta di birra.
"Intanto evito che qualche malintenzionato le faccia del male, poi la
imbarcherò su una nave e buona fortuna a tutti"
"Oh, che grande sforzo!" commentò amaramente Morgan.
"Che altro pretendi, scusa? Sono più al verde di te e ho
già i miei guai. Ringrazia che mi sia interessato a te
più del dovuto"
"Ad ogni modo, vedi di aiutarla per bene e di non imbarcarla sulla nave
sbagliata" intervenne Theresa.
"Perchè? Una nave non vale l'altra?"
"Non sai chi sia questa ragazza?"
"So che si chiama Morgan" si voltò verso la ragazza e la
fissò intensamente "Che altro dovrei sapere?"
Theresa sospirò e guardò anch'ella verso Morgan,
che si strinse nelle spalle. La locandiera annuì e, dopo
aver dato ordini ad uno sguattero di occuparsi momentaneamente della
locanda, condusse i due ragazzi sul retro, che fungeva da magazzino per
le botti di birra e rhum.
Dopo che si fu richiusa la porta alle spalle, nella stanza cadde il
silenzio, con solo alcuni stralci degli schiamazzi del locale in
sottofondo.
"Bene, ora siamo lontani da orecchie indiscrete. A te la parola, Morgan"
La ragazza prese un respiro profondo e si rivolse a Jed.
"Il mio nome completo è Morgan Elizabeth Turner" disse
semplicemente e, dal cambio d'espressione sul volto di Jed,
capì che era più che sufficiente.
Il ragazzo prese a guardarla con occhi spalancati per la sorpresa
mentre pensava che, a volte, il destino gioca davvero strani scherzi.
"Capisci perchè non può salire su una qualsiasi
nave?" intervenne Theresa.
"Perfettamente" rispose Jed serio.
"E capisci anche che potrebbe rivelarsi un compito fuori dalla tua
portata"
Jed sorrise, senza smettere di guardare Morgan.
"Ho preso un impegno e lo porterò a termine" disse alla
fine, risoluto.
"Grazie" sorrise di rimando Morgan.
"Allora buona fortuna, ragazzi miei. Io ho una locanda da gestire,
quindi, se volete scusarmi".
Theresa si congedò per tornare al bancone in aiuto del
povero sguattero inesperto, consapevole che i due giovani nell'altra
stanza erano sulla buona strada per cacciarsi nel pasticcio
più grande della storia.
Dal canto suo, dopo aver scoperto la vera identità di
Morgan, Jed la vedeva sotto una luce totalmente diversa. Nonostante
sapesse che, aiutandola, sarebbe inesorabilmente finito tra le grinfie
del suo peggior nemico, aveva comunque deciso di correre il rischio e
approfittare dell'occasione per farsi un nome e una fama. Sapeva,
inoltre, che se anche avesse rifiutato, prima o poi l'avrebbe
reincontrata sul suo cammino. Praticamente era il suo destino.
Morgan stava per ritornare alla locanda quando Jed le disse "Sapevo che
c'era molto più che una ragazzina isterica in te".
"Fai sempre in tempo a ritornare sui tuoi passi" ribattè lei.
"Non mi credi all'altezza della situazione?"
"Potrebbe finire molto male"
"Per me finisce sempre molto male, perciò sono pronto.
Adesso, però, ho una birra da scolarmi, se non ti dispiace"
Cavolo,
quasi un mese che non aggiorno...chiedo umilmente perdono!!
Ecco svelato il nome del misterioso ragazzo del bacio facile. Non sono
molto soddisfatta di questo pezzo, non riesco mai a metterlo
giù come vorrei o come mi viene in mente nei momenti in cui,
ovviamente, non ho carta e penna sotto mano. Spero vi piaccia lo
stesso, altrimenti liberissimi di dire il contrario, non mi offendo :)
Ora i ringraziamenti di rito:
-_Sara_: grazie di tutto e benvenuta tra le lettrici :) sono contenta e
onorata che tu abbia scelto la mia storia tra le tante del fandom,
spero di non deludere le tue aspettative :) buona lettura!!
-Rebecca Lupin: Sì, è vero, Jed ha qualcosa del
vecchio Jack...chissà ;P spero che questo capitolo ti sia
piaciuto, grazie del commento!
-Lyla91: ecco a te, un po' in ritardo, il nuovo capitolo, spero che
soddisfi almeno un po' la tua curiosità :) buona lettura a
presto!
Grazie, come sempre, a chi segue la storia, a chi l'ha inserita tra i
preferiti e a chi la legge soltanto.
A presto!
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Capitolo 9 *** Obblighi di famiglia ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Obblighi di famiglia
"Fammi
capire" disse Jed dopo un lungo sorso dall'ennesima pinta di birra, che
però non sembrava avere effetto sulla sua
lucidità "Tu
pensi che Barbossa tenga prigioniero tuo fratello sulla Perla, dopo che
questi l'ha fatto evadere?"
"Lo so che è un po' complicato come ragionamento,
però
è quello che l'atteggiamento di Barbossa e soprattutto le
sue
parole mi hanno suggerito"
Per tutta la sera Jed e Morgan erano stati seduti ad un tavolo e in una
zona appartata e relativamente tranquilla della locanda. La ragazza
aveva raccontato a Jed tutto ciò che sapeva e che le era
successo fino a quel giorno. Non gli aveva nascosto nulla, per
premiarlo della sua disponibilità a darle una mano, cosa
rara
per un pirata. L'unica reazione strana che Jed aveva avuto era stata
una smorfia di disappunto quando Morgan gli aveva parlato della
Persefone, ma l'aveva attribuita a qualche precedente malinteso.
"E tuo fratello l'hai visto? Sulla Perla, intendo"
"No" sospirò Morgan "L'unica cosa che ho visto nelle celle
della
nave è stata un'ombra, ma poi è arrivato Barbossa
e da
allora mi è stato impossibile tornare laggiù. Mi
ha
sguinzagliato la sua scimmia alle calcagna"
"Però Barbossa non sapeva chi fossi" obiettò Jed.
"Mi sono spacciata per un ragazzo, Ben Parker, e lui ci ha
apparentemente creduto. Ciononostante le celle erano off limits per me"
spiegò ulteriormente Morgan.
"Ci vuole ben altro per ingannare il vecchio Hector" rise Jed "Non so
se si sia veramente bevuto la tua storia o te l'abbia fatto solo
credere, sta di fatto che ti ha lasciata a terra, Ben Parker o no,
quindi qualche sospetto su di te deve avercelo avuto"
"Il che rende ancora più plausibile che Jack fosse rinchiuso
in quella cella" concluse Morgan.
"Suppongo di sì". Jed bevve l'ultimo sorso della sua pinta.
Morgan riflettè un momento in silenzio e Jed, nell'attesa,
fece
vagare lo sguardo per il locale. Nulla di nuovo, le solite risse.
Sobbalzò quando Morgan sbattè le mani sul tavolo
di legno.
"Devo ritrovare la Perla" disse decisa, alzandosi in piedi.
"Ottima idea! E come pensi di fare?" le chiese Jed, senza scomporsi.
"Non lo so, ma mi inventerò qualcosa"
"Buon funerale" concluse Jed. Morgan si bloccò dopo aver
mosso
neanche un passo verso l'uscita della locanda, si voltò
lentamente verso di lui e incrociò il suo volto divertito.
"Miss Turner, questa non è Londra e tu non sei una Lady,
quindi non puoi permetterti di improvvisare"
Si alzò anch'egli dalla sedia e raggiunse Morgan dall'altra
parte del tavolo.
"Quindi cosa facciamo?" domandò Morgan.
"Troviamo una nave"
"C'è solo una nave su cui posso essere al sicuro" gli fece
notare.
"Guarda che non tutti i pirati sono ladri e tagliagole senza scrupoli.
Troveremo qualcuno disposto ad aiutare la Fratellanza e te"
"Già, ma quel qualcuno non deve avercela con te, il che
restringe enormemente il campo, se non sbaglio"
Jed rise. "Non preoccuparti per me, sei tu il pezzo da novanta da
mettere al sicuro"
Morgan in un primo momento sorrise, ma quando realizzò cosa
implicasse l'affermazione di Jed il sorriso scomparve dal suo volto.
Non fece in tempo a ribattere che uno sparo riecheggiò nel
locale e un vecchio pirata sfregiato in piedi su un tavolo si mise a
gracchiare "Dov'è quel dannato Sparrow?"
Jed strattonò Morgan per un braccio e la trascinò
sotto il tavolo.
"Che diavolo ti prende?" domandò contrariata, subito zittita
dal
ragazzo, evidentemente agitato, prima che il tavolo sopra le loro teste
volasse via calciato dal vecchio pirata.
"Bene, bene, bene!" esclamò trionfante abbassando il cane
della
pistola e puntandola verso la fronte di Jed "Due passerottini in gabbia"
La Persefone attraccò a Tortuga che era ormai sera inoltrata
e
la città pullulava di vita. Gibbs e Jack scesero insieme a
pochi
altri marinai cui delegarono il compito di fare provviste. Gibbs,
invece, seguì il suo capitano per le vie di Tortuga.
Il comportamento di Jack aveva insospettito il primo ufficiale sin da
quando avevano gettato l'ancora. Jack aveva allora controllato
nuovamente la bussola, il cui ago indicava sempre in direzione della
città, ed era sceso a terra. Molte persone lo avevano
salutato
durante il cammino, chiamato a gran voce e persino minacciato, ma lui
era sempre rimasto impassibile e guardingo.
"Non siamo venuti qui per il rhum, giusto Jack?" domandò
infine
Gibbs, dopo aver steso l'ultimo pirata che aveva attentato alla vita
del suo capitano.
"Ma certo che siamo qui per il rhum" rispose Jack guardando Gibbs con
superiorità "Il caso vuole che, dove c'è il rhum,
ci sia
anche qualcos'altro"
"Come fate ad esserne sicuro?"
"Sesto senso" lo liquidò Jack, tornando a camminare
circospetto.
Gibbs attese qualche istante prima di tornare all'attacco.
"E cosa faremo una volta trovato questo qualcos'altro?"
Jack rispose scocciato "Improvviseremo come sempre, signor Gibbs. La
bussola mi indica dov'è, non cosa fa, ergo non posso
elaborare
un piano"
Gibbs assentì col capo. Un rumore di vetri rotti
attirò
l'attenzione dei due gentiluomini. Un tavolo era volato fuori dalla
finestra di una locanda.
"La cara Terry non sarà contenta" commentò Jack,
mettendo
mano per l'ennesima volta alla bussola. L'ago indicava esattamente
quella finestra, da cui uscivano imprecazioni poco fini e svariati
spari.
Jack fece in tempo ad alzare lo sguardo che una ragazza in abiti
maschili e con una spettinata chioma di boccoli biondi uscì
dalla finestra in tutta fretta.
"Miss Morgan!" esclamò Gibbs, riconoscendo la ragazza, che,
a sentire il suo nome, si voltò verso i due pirati.
"Signor Gibbs!" si illuminò lei, sorpresa, ma un'altra
figura
sbucata dalla finestra la richiamò prima che potesse
muoversi.
"Morgan!"
"Jed?" fu la reazione di Jack.
"Sparrow!" esplose una voce roca dalla locanda, anticipando l'uscita
del vecchio pirata dalla pistola facile.
Jed prese Morgan per un braccio e si mise a correre verso Jack e Gibbs,
ma si bloccò subito una volta accortosi dei due uomini e
Morgan
andò a sbattergli contro.
"Che stai facendo, Jed?" domandò la ragazza, guardando
alternativamente Jed e il vecchio Sam, che avanzava ricaricando la
pistola. Il ragazzo era invece concentrato su Jack.
"Adesso ti faccio esplodere il cervello, ragazzo" gracchiò
Sam,
puntando l'arma contro Jed. La pistola saltò dalla sua mano
poco
dopo, a seguito di un preciso colpo partito dalla pistola di Gibbs. Il
vecchio pirata dietro ai ragazzi imprecò tenendosi la mano
ferita.
"Andiamo, Jed!" lo esortò Morgan, spingendolo da dietro.
"No" grugnì lui, muovendo un passo indietro.
"Vuoi farci uccidere?" domandò la ragazza, sconcertata dal
suo comportamento.
"Non posso!" sbraitò lui, voltandosi verso Morgan e
mostrandole
il volto ai limiti della disperazione. In questo modo, però,
rivolse la nuca scoperta a Jack, che subito la colpì col
calcio
della pistola. Sparò quindi su quella del vecchio Sam,
allontanandola da lui.
"Non stasera, amico" gli disse il capitano con un mezzo sorriso.
Gibbs e Morgan avevano, nel frattempo, sollevato il corpo inerme di Jed
e attendevano Jack poco distanti.
Sparrow seguì con la pistola pronta il vecchio Sam,
finchè questi non fu di nuovo dentro la locanda. Solo allora
rinfoderò l'arma e raggiunge gli altri tre. Si tolse il
tricorno
con gesto teatrale e si inchinò a Morgan.
"Miss Turner"
La Persefone fu pronta a salpare nel giro di un'ora. Jed venne chiuso
in una cella sottocoperta, mentre Morgan venne condotta da Gibbs nella
cabina del capitano.
"Perchè avete rinchiuso Jed?" domandò subito al
marinaio.
"E' una lunga storia, miss" rispose sbrigativo Gibbs.
Morgan protestò, ma l'entrata di Jack la zittì
all'istante.
"Jed al momento non è un tuo problema" le disse serafico il
capitano "Ma, se vuoi, dopo puoi andare a fargli visita. Sempre che sia
già sveglio"
Morgan intese che non sarebbe più dovuta tornare
sull'argomento.
Jack congedò Gibbs affidandogli il comando della nave,
quindi rimase solo con Morgan.
"Siediti pure, mia cara" la invitò, indicando la sedia
sgangherata da un lato del tavolo ricoperto di carte.
Morgan prese posto, imitata da Jack, che si sedette dal lato opposto e
poggiò i piedi sul tavolo.
"Bene, Morgan, prima che tu faccia qualche altra cosa stupida come
quella dell'imbarco sulla Perla, lascia che ti spieghi in cosa sei
finita"
"Lo so in cosa sono finita" ribattè lei, inviperita.
"Ah, davvero? Sentiamo"
"Il commodoro Charles vuole la Fratellanza per imprigionare Calypso e
me e mio fratello per trovare il cuore di nostro padre. In questo modo
avrà il pieno controllo del mare e potrà
debellare la
minaccia dei pirati"
"Sì, in linea di massima è così"
assentì
Jack, stappando una bottiglia di rhum "Ma non sai come tu e il piccolo
Jack servite a Charles per trovare il cuore di Will Turner...dio! Come
suona male! Era meglio il cuore di Jack Sparrow"
Morgan non badò al'ultima considerazione e rispose "Jack mi
ha
accennato ad una chiave che Charles crede che lui possieda, ma non
c'è nessuna chiave"
"Oh, sì che c'è" rivelò il capitano
con un mezzo
sorriso cospiratorio "O meglio, ci sono. Due chiavi: una a Jack e una a
te"
"Ma io non ho niente!" protestò Morgan "Nemmeno questi abiti
sono miei!"
"La chiave non è qualcosa che possiedi, ma che hai dentro di
te" spiegò allora il capitano con fare solenne.
"E cos'è?"
"So molte cose, ma non tutto" rise il capitano, per poi bere un'altra
golata dalla bottiglia "Ma questo dovrebbe farti capire una cosa:
Charles è pronto ad uccidere te e tuo fratello per ottenere
queste chiavi. E non solo lui"
Morgan, davanti a lui, si irrigidì e sbiancò.
"Perciò sii più prudente la prossima volta che
decidi di
arruolarti nella flotta di qualche pirata. E' stata un'ottima idea
spacciarsi per un ragazzo e dare un nome farlo a Barbossa, ma il caro
Hector non è uno stupido, credimi. Alla prima occasione,
infatti, ti ha mollata a terra. Eheh, immagino la sua faccia quando
scoprirà di essersi lasciato scappare la piccola Turner. Ad
ogni
modo, non siamo tutti membri della Fratellanza e molti di noi sono
all'occasione corsari. Non ci penserebbero due minuti prima di portarti
a Charles su un vassoio d'argento. Sono stato chiaro?"
Morgan deglutì e annuì nervosa.
"Eccellente! Ora, immagino tu voglia andare a visitare il prigioniero"
cercò di indovinare Jack, indicando col capo sottocoperta.
"Sì, anche se non capisco perchè lo abbiate
rinchiuso" confermò lei, un po' contrariata.
"Per l'unico motivo per cui si rinchiude qualcuno: per non farlo
scappare"
Con un teatrale gesto della mano, Jack la invitò ad uscire.
Morgan andò spedita verso le celle, ignorando le occhiate
sorprese dei marinai, che l'avevano sempre considerata un ragazzo.
La Persefone era munita di quattro prigioni, usate soprattutto come
deposito munizioni. La più larga era stata svuotata dalle
casse
di polvere da sparo per lasciar spazio al suo prigioniero. Jed era
seduto scomposto vicino all'oblò e giocava distrattamente
con un
pezzo di legno.
"Ehi" lo salutò timidamente Morgan.
Jed alzò appena gli occhi dal suo passatempo, non ritenendo
la presenza di Morgan rilevante.
"Senti, mi dispiace che tu sia finito dentro" riprese lei remissiva.
"Può dispiacerti quanto vuoi, da qui non mi faranno uscire"
sbottò Jed velenoso.
"Come potevo saperlo, scusa? Non mi hai detto nulla a riguardo" si
giustificò Morgan, a cui il comportamento del ragazzo
iniziava a
dare sui nervi.
"Ti avevo detto che c'erano molte altre navi che andavano bene, ma tu
no! La Persefone di qui, la Persefone di là..."
"Ci stavano sparando! Era la nostra unica possibilità di
salvezza, la sola nave reperibile in cinque secondi"
"Che, caso vuole, era l'unica nave di tutti i Caraibi su cui io non
potevo salire"
"Non potevi o non volevi?" insinuò Morgan, alzando i toni.
"Fa differenza? Che io non potessi o non volessi, sta di fatto che ci
sono salito e sono finito qui" ribattè Jed, adeguandosi.
"Allora ti spiacerebbe spiegarmi il perchè, così
che possa aiutarti?"
"Non puoi fare niente" sibilò Jed, distogliendo lo sguardo.
"Posso provarci"
"A cambiare il mio destino? A far sì che non diventi
ciò che sono nato per essere? Ne dubito"
A quella sibillina rivelazione, Morgan non seppe cosa ribattere.
"Che vuoi dire?" domandò alla fine con voce tremante. Jed
scosse la testa.
"Non l'hai ancora capito? Quello che è successo alla locanda
non ti ha suggerito niente?"
"Il vecchio Sam cercava Jack Sparrow" tentò di indovinare
lei "E pensava che tu sapessi qualcosa..."
"Cercava uno Sparrow, ma non Jack" la interruppe il ragazzo, che era
tornato a guardarla. La luce della luna gli illuminava metà
viso, mettendone in risalto il naso dritto, gli zigomi alti e l'ovale
sottile. Tutti tratti che Morgan aveva visto poco prima.
"Jack Sparrow è tuo padre" sussurrò appena, per
paura che
quelle parole avessero chissà quale effetto catastrofico.
"Ed essere uno Sparrow comporta degli obblighi ben precisi" aggiunse
Jed poco entusiasta.
"Come aiutare i Turner, per esempio?"
"Sì, potremmo annoverare anche questo fra gli obblighi" rise
il
ragazzo, per poi tornare di nuovo serio "Ma quelli a cui mi riferisco
sono altri fardelli che io mi devo caricare sulle spalle solo
perchè mi chiamo Sparrow di cognome"
"Quali sono questi fardelli?"
"Quelli da cui mio padre ha sempre cercato di fuggire. Obblighi verso
la Fratellanza che i nostri antenati si sono sobbarcati e tramandati si
dai tempi di Morgan e Bartholomew. Siamo i custodi del Codice e i
guardiani del Consiglio, Pirati Nobili per diritto di discendenza. E'
un onore, non fraintendermi, ma custodire il Codice vuol dire restare
segregati alla Baia dei Relitti per tutto il resto della vita, come
è successo a mio nonno, che non è più
salito su
una nave da quando ha assunto la carica. Ora che sta morendo,
l'eredità passerà a me e io dovrò dire
addio alla
libertà che l'essere pirata comporta"
"Ma perchè passa direttamente a te e non a Jack?"
"Perchè è capitano di una nave, altrimenti per
quale
motivo affannarsi a rincorrere la Perla per metà della sua
vita?
Alla fine è stato costretto a ripiegare sulla Persefone pur
di
scamparla. Anche mio nonno era un capitano, ma ha scelto di diventare
ugualmente custode. Io non sono capitano di nessuna nave,
perciò
non posso essere esonerato dal mio compito"
"Quindi, se volessi aiutarti, dovrei trovarti una nave e farti
capitano" fu la conclusione a cui giunse Morgan.
"Direi che è un po' troppo per una che naviga tra i pirati
da un mese"
"Un custode e una chiave. Siamo proprio una bella coppia, io e te"
sospirò lei, lasciandosi cadere a terra con la schiena
poggiata
alle grate.
"Una chiave?" domandò Jed incuriosito, avvicinandosi alla
ragazza.
Morgan gli riportò la conversazione avuta poco prima con
capitan Jack.
"Perciò Charles non può fare niente senza me e
mio
fratello in prima persona. Se riuscisse a prenderci, non oso immaginare
cosa ci farebbe"
"Non devi preoccuparti" la rassicurò Jed, che l'aveva
ascoltata
in silenzio "Qui sei al sicuro, Gibbs e mio padre non permetteranno che
ti facciano nulla"
"A quanto ne so, il vecchio Jack è piuttosto famoso per
essere un voltagabbana" gli fece notare Morgan.
"Ma tiene alla sua vecchia pellaccia più di qualsiasi altra
cosa al mondo e tenere in salvo te implica salvare anche lei"
Morgan sorrise, abbastanza rincuorata dalle parole di Jed. "Speriamo
che le cose restino così, allora"
Voltandosi verso Jed, lo vide con lo sguardo perso oltre il piccolo
scorcio di orizzonte visibile dall'oblò. Un uccello in
gabbia
che agognava la libertà.
"Jed, ascolta" riprese Morgan "Forse non posso aiutarti materialmente,
ma voglio dirti una cosa"
Il ragazzo si voltò verso di lei, incitandola con gli occhi
ad andare avanti.
"Quando ero a Londra sono sempre stata convinta di una cosa: non sarei
mai diventata una lady. Mia madre lo avrebbe voluto, se non altro per
tenermi al sicuro, ma sapevo che non era il mio destino. Me lo sentivo
e forte di questo sono giunta fino a qui. Perciò se anche tu
provi qualcosa del genere, continua a seguire la tua strada e non
arrenderti. Il tuo destino è dentro di te, non sono gli
altri a deciderlo"
Jed sospirò e il suo volto si distese in un malinconico
sorriso "Non sono così sicur che valga anche per me, ma ci
proverò"
La stanchezza accumulata durante quell'infinita giornata
iniziò a prendere il sopravvento. Morgan si
stropicciò gli occhi e sbadigliò, suscitando una
leggera risata in Jed.
"Va a dormire, Turner, che da oggi in poi le tue giornate andranno
sempre peggio" le consigliò infatti, alzandosi dal pavimento
e stiracchiandosi.
Morgan pensò al letto comodo che la attendeva nel castello
di poppa e automaticamente lo paragonò alla lugubre e umida
cella in cui Jed era finito, alla fine dei conti per colpa sua. Si
tirò su anche lei.
"Suppongo che, nel caso riuscissi a farti uscire, scapperestida questa
nave alla prima occasione" gli disse neutrale.
"Non è quello che vorresti? Fino a poco fa mi credevi uno da
cui stare a chilometri di distanza" ribattè Jed provocatorio.
"E' strabiliante quante cose si possano scoprire di qualcuno nell'arco
di poche ore" replicò Morgan, riuscendo a non cadere nella
trappola "Potrebbe essere che abbia cambiato idea sul tuo
conto"
"D'accordo, Turner. Prova a tirarmi fuori da qui e poi si
vedrà"
Morgan accettò la sfida e, augurata la buona notte a Jed,
risalì fino alla sua stanza. Le ci voleva una dormita
ristoratrice per poter affrontare al meglio capitan Sparrow il giorno
dopo.
Pardonne
moi, non riuscivo mai a trovare il tempo di completare la battitura di
questo cap, pronto ormai da parecchio.
Alla fine, comunque, eccolo qui per voi, se avrete ancora voglia di
leggere questa fic :) purtroppo gravosi impegni di studio mi riducono
il tempo che posso dedicare a tutte le mie storie che, ribadisco, non
ho ad ogni modo intenzione di abbandonare :)
Come molti avranno sicuramente intuito da molto, Jed appartiene alla
nobilissima stirpe piratesca degli Sparrow, anche se non ne sembra
molto entusiasta...a voi i commenti!!
Ringrazio tutti i recensori insieme, la fretta è una brutta
bestia, augurandomi di essere riuscita a soddisfarli e non solo loro
con questo cap. Grazia, come al solito, anche a chi segue
silenziosamente la storia, a chi l'ha inserita fra i preferiti e a chi
solo la legge.
A presto!
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Capitolo 10 *** Ancore e porti ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Ancore e porti
“Jedediah
Teague Sparrow”
La voce melliflua e a tratti canzonatoria di Jack arrivò
alle orecchie di Jed come la peggiore sveglia che avesse mai ricevuto.
Dopo un mugolio di protesta, il ragazzo sputò i filuzzi di
paglia che gli erano entrati in bocca durante il sonno e si
stiracchiò le membra, irrigidite a causa dello scomodo
giaciglio su cui aveva passato la notte. Le ossa scricchiolarono come
maracas e un fastidioso mal di schiena si fece poi largo tra i suoi
muscoli.
Quando, alla fine, aprì gli occhi, incontrò lo
sguardo divertito del padre e gli venne voglia di risdraiarsi e
rimettersi a dormire con le spalle alla cella.
“Buongiorno” lo salutò Jack senza
smettere di sorridere, o meglio ghignare.
Quel sorriso furbesco gli metteva i nervi, sembrava urlasse al mondo
‘Io sono capitan Jack Sparrow e nessuno potrà mai
farmela sotto il naso, specialmente tu’ e, per qualche
incognito motivo, quel ‘tu’ sembrava sempre
riferito a Jed. Jed che, a poco più di vent’anni,
era ancora un pirata solitario. Jed che doveva scappare per evitare una
prigione peggiore di quella in cui era rinchiuso. Jed che, alla fine,
veniva sempre rintracciato da un destino che, teoricamente, non doveva
essere suo così presto, ma lo era diventato grazie alla
scaltrezza che aveva reso il padre famoso in tutti i Caraibi e fino ai
Confini del Mondo. Ripensò alle parole di conforto di Morgan
della sera prima. No, non sarebbe mai riuscito a scollarsi di dosso
quella spada di Damocle, decisamente non era il suo caso.
“Noto con piacere che sei sempre felice di federmi,
figliolo” ironizzò Jack mentre si guardava le
unghie.
“Dovrei averne motivo?” ribatté Jed
ostile.
“Ancora arrabbiato per quella cosuccia del Codice? Vedrai che
non è poi così male”
“Se non è così male, perché
non diventi tu il Custode e mi lasci vivere la mia vita?”
“Ho una nave da comandare e un’altra da
recuperare” elencò allora Jack “Direi
che proprio non ho tempo. Tu, invece, cos’hai da fare,
Solitario Jed?”
Il modo con cui il padre pronunciò il soprannome con cui era
conosciuto tra i pirati lo mandò ancora più in
bestia, come a sottolineare che il suo essere solitario lo condannasse
senza appello alla segregazione alla Baia, ad una vita di clausura.
“Senti, Jed” riprese Jack, stavolta in tono
più serio “Mi dispiace che sia toccato a te questo
compito”
“Oh, per favore” sbuffò il ragazzo,
alzandosi e dando le spalle al padre “Mi sembra sia un
po’ tardi per fare il padre apprensivo, non ti
pare?”
“Sto parlando seriamente, Jed”
“E infatti sono solo parole” sottolineò
il ragazzo, tornando ad affrontare Jack “Solo inutili parole
che non cambieranno niente. Non so neanche quanto siano vere, visto che
non hai mai fatto niente per aiutarmi, anzi. Mi sei corso alle calcagna
ogni volta che sono scappato e mi hai riportato dal nonno al
guinzaglio, per poi ripartire all’avventura.
Perciò risparmiati le scuse, perché le tue azioni
le smentiscono su tutta la linea”
“È necessario che ci sia un Custode del Codice e
sai bene quali possono essere le conseguenze se questa tradizione non
si mantiene. Io sto facendo il possibile perché
ciò avvenga e tu dovresti fare altrettanto”
“Certo! Tanto quello che se ne starà ad ammuffire
alla Città dei Relitti sarò io, mica
tu” gli fece notare Jed “Tu continuerai a viaggiare
per i mari in eterno, come sognavi sin da bambino. Una tappa ogni tanto
alla Fonte della Giovinezza e poi di nuovo in pista, a scappare dalle
responsabilità come tuo solito”
L’espressione sul volto di Jed si fece malinconica e Jack si
accigliò.
“Dimmi, papà” riprese il ragazzo
“Che tipo di padre pensi di essere stato?”
“Non sono mai stato portato per fare il genitore”
sussurrò appena Jack, per poi riprendere tono
“Sono un pirata, non proprio il tipo di persona adatta a
mettere su famiglia”
“Però l’arrivo di un figlio tra capo e
collo, alla fine, si è rivelata utile, no?”
domandò Jed, velenoso.
Jack non rispose all’accusa del figlio, che scosse la testa e
si allontanò dalla grata, dando le spalle al padre.
Il rumore degli ingranaggi della serratura che si muovevano e il
cigolio della cella che si apriva, però, lo convinsero a
guardarsi indietro. Jack stava riagganciando le chiavi alla cintola.
“Che cosa fai?” gli chiese Jed, confuso.
“Tranquillo, la tua valanga di accuse non mi ha fatto
cambiare idea” rispose serafico Jack “Non sono mai
stato incline ai rimorsi e ai sensi di colpa. Non portano da nessuna
parte, secondo me”
“Mi stai spianando la strada per fuggire di nuovo, se non te
ne sei accorto” gli fece notare Jed, ma il capitano sorrise
divertito.
“Invece no, mio caro ragazzo. Su questa nave
c’è l’ancora che ti terrà
ormeggiato al mio porto, perciò non corro alcun
rischio”
“E se ti sbagliassi?” domandò Jed,
muovendo un primo passo incerto verso l’uscita.
Jack rise appena, quindi gli lasciò libero il passaggio e
gli fece segno con il braccio che poteva andare.
Il ragazzo uscì dalla cella senza perdere di vista il padre
un solo istante, ma Jack rimase immobile al suo posto per tutto il
tempo che gli ci volle per raggiungere la scala che portava in coperta.
Non le sentì nemmeno salire dietro di lui.
Stentando a credere a ciò che stava succedendo,
salì i gradini a due a due fino al ponte principale e svelto
uscì all’aperto, per poi bloccarsi
d’improvviso.
L’ancora. Capì immediatamente a chi si era
riferito Jack.
Morgan era a pochi metri da lui e, come al solito, stava protestando
per qualcosa con un pirata allampanato e dall’aria viscida
che continuava ad allontanarla ogni qual volta lei provasse a mettere
mano alla scotta che, insieme ad altri due o tre marinai, stava
cazzando.
“Una Turner in tutto e per tutto”
commentò la voce di Jack alle sue spalle, ma Jed non si
voltò verso di lui. Lo sentì che gli si
affiancava.
“Mi ricordo di sua madre” disse con voce flebile,
sentendo un nodo alla gola a quel ricordo. Elizabeth Turner, il Re
della Fratellanza, era stata l’unica a dimostrargli un
po’ di affetto materno durante la sua infanzia alla Baia dei
Relitti. La presenza sua e del figlio Jack erano l’unica cosa
in grado di rallegrargli le tetre giornate passate col nonno a leggere
il Codice e a sognare una vita avventurosa come quella del padre che
raramente aveva visto.
Sorrise al ricordo della donna nuovamente incinta e al pensiero che
ciò quel pancione aveva dato la vita a Morgan. Poi la loro
partenza e la morte di Elizabeth. Allora aveva iniziato a scappare,
imbarcandosi di nascosto su una delle numerose navi che attraccavano
alla Baia. A quel punto suo padre aveva iniziato ad essere presente, ma
in un modo che a Jed non era mai piaciuto, specie dopo che Jack e
Teague gli ebbero spiegato del Codice e del ruolo che avrebbe assunto
una volta morto il nonno.
Incontrare Morgan gli aveva dato la possibilità non solo di
realizzare il suo sogno di sempre, ma anche di ripagare la famiglia
Turner dei pochi momenti di gioia che la sua infanzia gli aveva
concesso. Non si sarebbe tirato indietro.
“La mia ancora” sospirò mentre si
voltava verso Jack, che ghignava soddisfatto, come al solito
“Che rotta, capitano?”
All’ennesimo rifiuto di Slim alla richiesta di farsi aiutare,
Morgan sbuffò e pensò che era molto meglio quando
la consideravano un ragazzo. Quando mai si erano visti dei pirati
gentiluomini e con slanci di cavalleria?
“Andiamo, Slim! Voglio aiutarti!”
ritentò, ma il pirata non cedette. Già era stato
umiliante scoprire che chi l’aveva gabbato ai dadi era una
ragazzina. Farsi anche aiutare da lei in un lavoro da uomini avrebbe
compromesso la sua reputazione per sempre.
Il marinaio legò la scotta e ne ammucchiò la
parte restante vicino alla paratia, quindi andò a dedicarsi
ad un altro lavoro, seguito con gli occhi da una delusa Morgan.
La ragazza sospirò e prese a guardarsi intorno, smarrita. La
nave che, per un mese, era stata la sua casa, tutto a un tratto le
appariva estranea e ostile.
Si lasciò cadere sulle spesse cime dietro di lei e
affondò il viso imbronciato tra le mani.
“Non dirmi che ora ti sei pentita di essere salita su questa
nave”
Al suono della voce di Jed, Morgan parve ridestarsi e si
voltò di scatto, incontrando gli occhi scuri
dell’amico che troneggiava sopra di lei.
Jed le si sedette accanto e sorrise alla vista della sua espressione
sorpresa.
“Cosa…come…”
farfugliò Morgan, indicando con mezzi gesti il ponte della
nave.
“Deduco che non sia stato merito tuo, allora”
“No, cioè…volevo parlare col capitano,
ma sembrava praticamente irrintracciabile” si
giustificò lei.
“Deve averti battuto sul tempo, perché era
giù a chiacchierare con me” le spiegò
senza nascondere una mezza smorfia contrariata.
“Avete parlato di…”
“È stata più che altro una
conversazione unidirezionale che non ha portato a nient’altro
che non fosse tensione. Come se non ce ne fosse già
abbastanza”
“Mi dispiace, Jed”
“Ah, non importa” sdrammatizzò lui,
sorridendole “Ormai ci sono abituato e quasi mi diverto a
litigarci. Un po’ come con te”
“Ma noi non stiamo litigando” gli fece notare
Morgan.
“Non ancora” ammiccò Jed
“Ricordati che io sono uno Sparrow e tu una Turner, ergo
discussioni assicurate”
“Beh, mi farò trovare pronta allora”
promise Morgan, non capendo però se le parole di Jed fossero
serie o soltanto ironiche.
Il ragazzo accennò col capo alla spada che le pendeva dalla
cintola.
“Dì un po’, l’hai mai
usata?”
Anche Morgan guardò la spada, prima di rispondere.
“No, non ne ho ancora avuto l’occasione”
“Ieri sera poteva essere una buona occasione”
suggerì Jed.
“Ieri sera ci stavano sparando contro”
rimarcò Morgan.
“Scommetto che non la sai usare” fu
l’accusa del ragazzo.
Morgan cercò di non cedere. “E in base a cosa hai
dedotto ciò?”
“Se si è abili con la spada, si riesce benissimo a
mettere in scacco un avversario con la pistola”
argomentò Jed.
“Perché non l’hai fatto, allora? Anche
tu hai una spada. Magari sei tu quello che non la sa usare”
“Mi state lanciando una sfida, miss Turner?”
“E voi la state accettando, signor Sparrow?”
Jed sorrise e si alzò dal ponte, quindi tese una mano a
Morgan per aiutarla a fare altrettanto. Quando fu in piedi,
però, non le lasciò andare la mano, ma con
l’altra le puntò la spada alla gola.
“Puoi interpretarlo come un sì” rispose
allora Jed, sempre sorridente.
Lasciò andare la ragazza e spostò
l’arma nella mano destra. Nel frattempo anche Morgan prese la
spada.
Durante il mese di traversata da Londra ai Caraibi, Gibbs le aveva
insegnato le basi di un duello con le spade – per diventare
pirata al trenta per cento. Si era dimostrata abile per essere alle
prime armi, ma l’inesperienza aveva sempre giocato a suo
sfavore e non l’aveva mai condotta ad una vittoria.
Mentre pensava a tutto questo, la sua espressione doveva essere
cambiata, perché Jed abbassò la guardia.
“Tranquilla, ci andrò piano” le
assicurò.
Morgan lo ringraziò con un cenno del capo e, rialzate le
guardie, iniziarono il duello amichevole, sotto gli occhi divertiti dei
marinai e lo sguardo attento di Jack, che li osservava dal timone,
affiancato da Gibbs.
“Due giovani promettenti” constatò il
primo ufficiale, senza ottenere alcuna reazione dal capitano, perso nei
suoi pensieri.
Non era mai stato uno che stava a sentire le proteste della propria
coscienza, il capitano Sparrow. Se una cosa poteva portagli vantaggio,
la faceva, se gli portava danno, la evitava. Era andato avanti
così per tutti quei lunghi anni di navigazione e le rare
volte in cui aveva trasgredito alle sue regole, poi se ne era pentito
amaramente. L’arrivo di Jed, si era detto al tempo, non
avrebbe cambiato il suo modo di essere. Affidatolo alle cure del nonno,
felice di aver trovato finalmente un erede, aveva continuato a
viaggiare dando poca considerazione al marmocchio, dimenticandosi quasi
che sarebbe, prima o poi, diventato uomo.
Quello che Jack non si sarebbe mai immaginato era che Jed potesse
diventare così simile a lui, così amante della
libertà e fiero di essere pirata. Come lui insofferente agli
obblighi e alle regole, era fuggito da quella prigione più e
più volte per vivere la sua vita, e più e
più volte Jack ce lo aveva riportato. Ogni incontro una
discussione, ogni viaggio un pesante esame di coscienza e sempre la
stessa domanda che gli ronzava in testa: possibile che fosse arrivato
al punto di voler bene a suo figlio?
“Nave in vista, Capitano!” urlò Botton
dal posto di vedetta.
Jed e Morgan smisero di duellare, Jack si portò il
cannocchiale all’occhio.
La nave batteva bandiera britannica. E puntava dritta verso di loro.
“Charles” sibilò con disgusto Jack, per
poi fare un cenno col capo a Gibbs.
“Tutti ai vostri posti! Prepararsi alla bordata!”
Eccomi di
nuovo qui con un rapidissimo aggiornamento che mi è venuto
di getto tra una pausa studio e l'altra :)
Non che succeda molto, è anche abbastanza breve come
capitolo, ma ci fa conoscere un po' più a fondo Jed e
capitan Jack in veste di padre...
Ringrazio Rebecca Lupin per il suo fedele commento e spero che questo
cap la soddisfi come i precedenti :)
Grazie anche, come sempre, a chi ha inserito la storia tra i preferiti,
a chi la segue e a chi solo la legge :)
A presto!
ps: una piccola chicca! Ecco come mi immagino i due protagonisti
centrali di questi ultimi capitoli
Morgan
Elizabeth Turner
Jedediah
Teague Sparrow
Per Morgan ero sicura dal principio, ma Jed è stata una
bella sfida e più avanti mostrerò altre proposte
:)
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Capitolo 11 *** Il Commodoro Charles ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Il Commodoro Charles
Mai avrebbe pensato che una parola, un semplice nome sussurrato appena
avesse il potere di sconvolgere così tanto il suo animo.
Invece Morgan si scoprì a tremare e col fiato corto e il
battito accelerato quando lesse sulle labbra del Capitano il nome di
Charles.
La spada le cadde di mano e il suo corpo si rifiutava di rispondere
agli ordini. Con lo sguardo perso oltre la poppa della nave, Morgan
ripensò nuovamente al viaggio che aveva intrapreso e a
quanto fosse stata stupida anche solo a pensare di poter riuscire in
un'impresa del genere. Una ragazza cresciuta a pane e tè
delle cinque non aveva la minima speranza di sopravvivere tra i pirati,
soprattutto se era ricercata dal Commodoro della Marina inglese in
persona. Oltre a tutto questo aveva anche preteso di salvare suo
fratello e suo padre e, di conseguenza, l'intera Fratellanza dei pirati.
Come si era sopravvalutata!
"Morgan, che hai?" le chiese Jed, preoccupato dalla sua
immobilità.
Avrebbe voluto rispondergli che aveva paura, che quello che aveva
sempre considerato un nome astratto stava per acquistare
un'identità, una faccia che l'avrebbe perseguitata fino alla
morte di uno dei due.
Le parole, però, non ne volevano sapere di uscire e Morgan
aprì e chiuse la bocca restando muta come un pesce.
Intorno ai due ragazzi, intanto, l'attività ferveva e la
nave era praticamente pronta all'abbordaggio. Il nostromo
comunicò la cosa a Jack e questi, senza proferir parola,
scese sul ponte lasciando il timone a Gibbs. Sempre scrutando
l'orizzonte, dove la nave della Marina iniziava a prendere forma, si
rivolse a Jed.
"Porta Morgan sotto coperta e non uscite per nessun motivo al mondo"
A quelle parole, Morgan parve risvegliarsi e si concentrò
sul Capitano.
"Ma io posso combattere" protestò Jed, subito zittito da un
rapido gesto del padre.
"Ti sei preso l'impegno di aiutarla" Jack accennò a Morgan.
"L'aiuto che puoi darle adesso è proteggerla"
Considerando la discussione chiusa, Jack oltrepassò i due
ragazzi e iniziò ad impartire ordini a gran voce alla ciurma.
Lucida, ma ancora in preda la panico,per la situazione, Morgan vide Jed
stringere l'impugnatura della spada con forza eccessiva, tanto che le
nocche erano sbiancate.
"Non sei obbligato a venire giù con me, se non vuoi"
sussurrò appena, per paura che un tono di voce
più ampio sfociasse in un pianto isterico.
"No, ha ragione lui" disse invece Jed, sospirando subito dopo, "Ho
fatto una promessa, e intendo mantenerla. Vengo con te"
Morgan non potè non sorridere a quella decisione e lo
ringraziò con un cenno del capo.
"Forza, andiamo" la incitò, spingendola gentilmente verso la
porta del castello di poppa.
Morgan raccolse la sua spada ed entrò, quindi scese fino
alle celle. Da un oblò provò a vedere
il vascello di Charles che avanzava. La polena iniziava ad essere
visibile in ogni suo dettaglio. Morgan deglutì e si
allontanò dall'apertura, andando ad urtare con la schiena
contro Jed.
"Stai tranquilla" le disse lui, stringendole una spalla con fare
incoraggiante. "Non permetteremo che ti accada nulla"
"Perchè lo stai facendo?" gli domandò Morgan,
apparentemente senza motivo.
Era tutta la mattina, però, che cercava di capire per quale
ragione Jed avesse rinunciato alla sua unica occasione per scappare
decidendo invece di restare con lei.
Il ragazzo abbassò lo sguardoe prese a giocherellare con
l'elsa della spada nervosamente.
"Credo sia il mio modo per ringraziare tua madre" rispose poi, tornando
a guardare Morgan. "FInchè c'è stata lei alla
Baia, la mia infanzia ha visto anche momenti sereni, di quelli che ogni
bambino dovrebbe vivere. Non è molto da pirata, lo so"
"E' un gesto nobile" affermò Morgan, con gli occhi lucidi "E
sono sicura che la mamma lo avrebbe apprezzato. Non l'ho mai
conosciuta, ma penso proprio che sarebbe stato così"
"Le somigli più di quanto credi, Miss Turner"
Jed le scostò una ciocca di capelli dal viso e la sua mano
indugiò sulla guancia bagnata di lacrime di Morgan.
Gliel'asciugò col pollice.
"E non solo nell'aspetto"
La sua voce si era ridotta ad un basso sussurro che però
Morgan riuscì a percepire distintamente, tanto minima era
diventata la distanza fra loro.
"Perchè stai fischiando?" gli chiese lei quando ormai le
punte dei loro nasi erano a contatto.
"Non sto fisch... GIU'!"
Jed buttò Morgan a terra pochi istanti prima che la
cannonata colpisse il fianco della Persefone. Schegge di legno volarono
ovunque e ricoprirono i due ragazzi. La seconda bordata
colpì un'altra zona del mercantile, dando loro il tempo di
rialzarsi.
"Stai bene?" si accertò subito Jed, aiutando Morgan ad
alzarsi.
La ragazza scosse vistosamente il capo in segno di assenso, ma non
riuscì a proferir parola. Le cannonate che si susseguivano e
il clamore fuori sul ponte le avevano ricordato dell'imminente arrivo
di Charles, ora più vicino che mai.
"Non preoccuparti" Jed la afferrò per le spalle e la
costrinse a guardarlo. "Resta dietro di me e non ti
succederà niente"
Morgan non se lo fece ripetere due volte e, una volta dietro a Jed, si
rannicchiò contro la sua schiena.
Piazzato davanti alla scala, la spada in una mano e la pistola
nell'altra, Jed sospirò e rimase in attesa, con le orecchie
tese a captare il minimo rumore che potesse rivelargli qualcosa di
quanto stava succedendo sul ponte.
In breve le cannonate cessarono e alle voci concitate dei marinai si
aggiunsero quelle della flotta della Marina. Lo scontro tra le due
ciurme non tardò ad iniziare.
Ai primi clangori di spada la presa di Morgan sulla camicia di Jed si
rafforzò. Sentì sotto le sue mani i muscoli del
ragazzo tesi dall'attesa e pronti a scattare al minimo segnale di
pericolo. Guardò la mano che impugnava la spada. Stava
tremando leggermente.
Jed aveva paura. Di cosa in particolare, Morgan non avrebbe saputo
dirlo, ma era spaventato quanto lei.
"Jed..."
"Andrà tutto bene" rispose nervoso il ragazzo.
Morgan sapeva che era l'esatto contrario. Se gli uomini di Charles
fossero riusciti a raggiungerli, non avrebberoa avuto via di scampo. Le
prigioni erano un vicolo cieco, l'unica via d'uscita era anche l'unica
d'entrata, se non si contava il foro aperto dalla prima bordata.
Morgan sospirò.
"Scappa, Jed" disse risoluta, lasciando la presa sulla camicia del
ragazzo e portando la mano all'elsa della sua spada.
Jed si voltò sorpreso verso Morgan e rimase spiazzato dal
suo cambiamento repentino, tanto che non riuscì a ribattere
niente di sensato.
"Devi scappare, finchè sei in tempo" scandì
Morgan, indicando la falla nello scafo, abbastanza grande da farci
passare una persona.
"Non se ne parla. Ho detto che ti avrei aiutato e non intendo tirarmi
indietro" rispose Jed, altrettanto sicuro.
"Tu non morirai per causa mia, nessuno sarebbe dovuto morire per me"
"Non è solo per te, Morgan. E' per la libertà che
lassù la gente sta morendo"
"D'accordo, ma tutto questo non ha mai riguardato te. Io non so per
quale motivo non hai approfittato della tua scarcerazione, ma adesso
voglio che tu vada via da qui e continui ad inseguire i tuoi sogni,
finchè puoi"
Jed non rispose subito. Avrebbe avuto troppe cose da dire. Se da un
lato non vedeva l'ora di rivelare a Morgan che era lei il motivo per
cui non se n'era andato e non solo per riconoscenza verso sua madre, ma
soprattutto per il brivido che gli saliva lungo la schiena ogni volta
che incrociava il suo sguardo
e per la voglia difficilmente sopprimibile che aveva di baciarla ogni
qual volta muoveva le labbra per dire qualcosa, dall'altro sapeva che
non era il momento adatto per rivelazioni del genere, ma che era il
momento di dimostrare a se stesso di essere un uomo.
"Troppo tardi, Morgan" rispose infine "Sono un uomo di parola e ho
promesso che ti avrei portato al sicuro. Ed è quello che
farò"
"Jed, non..."
Al ragazzo bastò un dito sulle labbra per zittirla. Riprese
poi la sua posizione tra la scala e Morgan.
La ragazza vide che non tremava più.
Nemmeno lei aveva più paura.
"Comunque vada" disse infine "Non lascerò che tu muoia, Jed
Sparrow"
"Grazie per il pensiero, ma non vedo come tu possa riuscirci"
Non ebbero modo di ribattere ulteriormente.
I rumori che prima giungevano attutiti alle loro orecchie esplosero in
coperta quando le botole furono aperte e la ciurma della Marina
iniziò a scendere per i vari ponti.
Comparve uno stivale, poi un altro. Due gambe coperte da brache
bianche. Una giubba rossa. Un foro all'altezza del cuore.
Il soldato cadde ai loro piedi.
"La tua pistola" ordinò Jed, agitanto la mano sinistra.
Morgan vi poggiò subito il calcio della sua arma.
Comparve un altro soldato e Jed lo freddò come il primo.
Non c'era tempo di ricaricare le pistole, Jed avrebbe dovuto contare
solo sulla sua abilità con la spada.
Strappò quella di Morgan dalla sua mano e la spinse via in
malo modo, quindi andò ad affrontare a viso aperto tutti i
soldati che, ad uno ad uno, si presentarono alla scala. Non lasciava
loro il tempo di imbracciare il moschetto che si trovavano
già trafitti da una delle due lame.
Jed resistette agli assalti per parecchi minuti, finchè un
colpo d'arma da fuoco non gli colpì la mano sinistra.
La spada gli cadde dalla mano ferita e il ragazzo arretrò.
Altri passi scesero le scale e un altro paio di stivali
spuntò dal ponte soprastante. Jed andò incontro
al nuovo soldato, ma si trovò una pistola puntata in fronte
e due occhi cerulei a scrutarlo arcigni.
"Mettila giù, da bravo, se non vuoi anticipare la tua
sentenza di morte"
Jed lasciò la presa sull'elsa e alzò entrambe le
mani.
"Molto bene"
L'ufficiale schioccò le dita della mano libera e due soldati
accorsero immediatamente per immobilizzare Jed con le braccia dietro la
schiena.
Solo quando il ragazzo fu fatto inginocchiare a forza, l'uomo parve
accorgersi di Morgan.
Dopo la spinta di Jed, colta alla sprovvista, era rimasta a terra ad
assistere alla lotta, finchè non si era sentita gelare
all'arrivo dell'ufficiale.
Un rapido sguardo al suo abbigliamento le aveva permesso di intuire chi
fosse.
"Commodoro Charles?" domandò titubante.
Il Commodoro sorrise, bieco.
"E voi sareste, Miss?"
Morgan non rispose subito. Doveva inventare una bugia più
che plausibile per far uscire lei e Jed incolumi da quella situazione.
"Miss Parker, signore" rispose timidamente.
Charles parve riflettere sul suo nome, per poi tornare a sorridere come
prima.
"Spiacente, non credo di conoscervi. Potreste essere più
precisa, cosicchè io abbia eventualmente un motivo per
trarvi in salvo?"
Il tono canzonatorio con cui il Commodoro le pose la domanda fece
passare in secondo piano il timore reverenziale che Morgan provava nei
suoi confronti, per lasciare spazio all'odio puro e semplice. Si
rialzò e si riassestò vistosamente, pronta a
mettere in atto gli insegnamenti della vera Miss Parker.
"Il mio nome è Elizabeth Gloria Parker"
Ed era il terzo nome fasullo che assumeva.
"Mi sono imbarcata un mese e mezzo fa sul mercantile Persefone per
raggiungere il mio futuro sposo, qui, ai Caraibi. Mi sono travestita da
uomo per non essere notata quando la Persefone pirata ci ha arrembati
e, fortunatamente, ha funzionato fino ad ora. Questi gentiluomini non
si sono accorti di nulla" accennò col capo a Jed, poi
proseguì. "A dire il vero aspettavo un vostro intervento
già da qualche giorno. Il mio arrivo era stato previsto per
una settimana fa e, dato che il mio futuro marito è un
vostro sottoposto, pensavo sareste intervenuti un po' più
tempestivamente, ecco"
Charles studiò ad occhi socchiusi l'atteggiamento civettuolo
di Morgan, ma la ragazza sostenne egregiamente il suo sguardo.
"E chi sarebbe questo mio sottoposto, vostro futuro marito, miss
Parker?" domandò allora Charles, apparentemente interessato.
"Jack Weatherby Turner. L'ultima volta che mi ha scritto aveva assunto
il grado di tenente da poco, confermate?"
"Confermo, miss, e aggiungo che la sua morte è stata una
grave perdita per la Marina" rispose il Commodoro, contrito.
"Perdita?" si allarmò Morgan, contribuendo ad aumentare la
sua credibilità.
"E' caduto prigioniero della Perla Nera qualche mese prima della vostra
partenza e dubito che Capitan Barbossa sia stato clemente con lui. Le
mie condiglianze"
Dopo un breve attimo in cui non seppe cosa ribattere, Morgan
trovò un valido espediente per avere informazioni su Jack e
contemporaneamente sollecitare Charles ad andare dietro alla Perla.
"Dai racconti che ho sentito sulla Persefone, la famiglia Turner
è importante per non ho capito bene cosa. C'entravano
Calypso e il dominio dei mari o qualcosa del genere"
A quelle parole, come volevasi dimostrare, l'interesse di Charles si
ridesto. Morgan continuò.
"Da quello che ho potuto vedere, i pirati sono gente superstiziosa e,
come dire, rurale. Il povero Jack potrebbe essere ancora vivo se
è, effettivamente, considerato così importante"
Sul voltò di Charles si piegò un ghigno divertito.
"Stase suggerendo di lanciarci all'inseguimento della Perla Nera, miss
Parker?"
"Con la nobile intenzione di ridarmi un marito, s'intende. Trovate voi
altre più valide motivazioni"
Saaaaaaaaalve
:)
Lo so, sono imperdonabile per l'attesa a cui vi ho sottoposti, ma a
livello di studio è stato un anno infernale e solo ora
riesco ad avere un po' di tempo per aggiornare tutti i miei lavori.
Premetto che non sono per niente soddisfatta di questo cap, soprattutto
nella parte che precede l'arrivo di Charles. Come al solito me l'ero
immaginata in un modo ed è uscit fuori tutt'altra cosa :-/
spero che risulti comunque leggibile e soprattutto comprensibile...
Risponderò alle precedenti recensioni via mail e spero di
ricevere qualche parere su questo cap :)
Alla prossima!
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Capitolo 12 *** Lord Coward ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Lord Coward
Risalirono in coperta, Charles ad aprire la fila, Morgan, Jed e la sua
duplice scorta dietro, in silenzio. Ogni tanto Morgan si voltava verso
Jed, ma il ragazzo camminava a sguardo basso.
Sul ponte gli scontri erano giunti ad una situazione di stallo, in cui
i soldati della Marina tenevano sotto tiro di spada o pistola la ciurma
della Persefone.
Morgan si sincerò subito che Gibbs e altri dell'equipaggio
fossero ancora vivi. Vide Botton appeso ad una grisella, con la canna
di una pistola all'altezza dell'ombelico, mentre Slim non si era ancora
deciso ad abassare la spada, nonostante ne avesse due alla gola.
Gibbs e Jack erano sul ponte di comando, anch'essi incolumi e tenuti a
bada da due sottufficiali di Charles, il quale si affrettò a
raggiungerli, assieme al suo seguito.
"Signor Sparrow" salutò con falso ossequio, senza degnare
Gibbs della minima attenzione.
Jack biascicò qualche protesta sul suo titolo di capitano
che il Commodoro non ascoltò.
"A quanto pare, questa volta la fortuna ha arriso a me"
continuò Charles, iniziando a passeggiare.
"Perchè non approfittare di questa giornata di buona sorte,
allora?" suggerì Jack, seguendolo con lo sguardo.
"RIprendete la navigazione e cercate la Perla, potrebbe andarvi bene di
nuovo"
Charles fermò il suo passeggiare distratto e si
voltò a guardare Jack con espressione divertita.
"E' lo stesso suggerimento datomi da Miss Parker poco fa, guarda caso"
Il Capitano diede una rapida sbirciata verso Morgan,
chedeglutì in risposta.
"Guarda caso" ripetè poi, sorridendo con fare sarcastico.
"Se avete bisogno di informazioni sulla Perla, Commodoro, non esitate a
chiederle"
"Sareste davvero in grado di indicarmi la rotta della Perla Nera,
Capitano?" domandò Charles, faccia a faccia con Jack.
"Diciamo che potrei..." rispose lui, allusivo.
"Osate porre delle condizioni? Con le gole dei vostri uomini a poche
dita dal filo della lama dei miei?"
"Ogni cosa ha il suo prezzo"
"E qual è quello per le vostre parole, Capitan Sparrow?"
"La mia nave e la mia ciurma, incolumi, in cambio delle informazioni e
della donzella qui presente"
"Non scherzate, capitano" ribattè duro Charles. "In cambio
di parole che potrebbero non essermi utili e di una mocciosa viziata
pretendete che vi lasci scorrazzare libero per i Caraibi a saccheggiare
e derubare e questo non mi sembra equo, perciò vedete di
alzare l'offerta, o questa nave viene dritta a Port Royal con me, ad
arricchire la mia collezione"
"Allora ditemi, qual è il vostro prezzo, Commodoro?"
Charles sorrise bieco e prese a guardarsi intorno, fino ad incontrare
lo sguardo contratto di Jed.
Se era stato nascosto in fondo alla nave con la ragazza,
pensò Charles, doveva esserci un motivo.
"Voglio un Pirata Nobile" disse infine il Commodoro a voce bassa, in
modo che solo Jack potesse sentirlo.
"Non ci sono Pirati Nobili a bordo" rispose sicuro Jack, provocando una
sorda risata nel Commodoro.
"Capitan Sparrow, se c'è una cosa che non sopporto
è essere preso in giro. Voi e la Perla siete le ultime navi
pirata che solcano il mar dei Caraibi e mancano tre Pirati Nobili a
completare il Consiglio della Fratellanza. Uno di questi deve essere
per forza qui e io lo voglio, in cambio delle vostre informazioni e
della vostra libertà"
Jack sostenne qualche secondo lo sguardo glaciale di Charles, quindi lo
spostò su Jed, che gli rispose con un lieve cenno
affermativo del capo.
"L'avete già sotto tiro, Commodoro" rispose allora,
accennando al figlio.
"Eccellente" sorrise Charles, rimanendo poi in attesa.
Jack rimase in silenzio ancora qualche secondo, quindi
rispettò la seconda parte del patto.
"La Perla Nera è sulle tracce dell'Olandese Volante, dopo
essere partita non più tardi di ieri da Tortuga. Questo
è tutto ciò che so, Commodoro.
Charles sorrise. "Informazioni inutili, come avevo immaginato. Ma ormai
sono abituato a trattare con gente della vostra risma, Capitano, e so
per certo di essermi assicurato un lieve vantaggio dopo questa
trattativa. Tornate pure a far sguazzare questa bagnarola carica di
feccia tra gli squali e considerate il mio congedo come un arrivederci
piuttosto che un addio, Capitano"
"Arrivederci a presto, allora, Commodoro"
Gli ordini di Charles di tornare sulla nave della Marina non tardarono
ad arrivare, e subito vi fu un alternarsi di giubbe rosse e blu lungo
le passerelle.
"Se volete precedermi, Miss" fu l'invito viscido di Charles a Morgan,
che scese così le scale del castello di poppa seguita dal
Commodoro e dal prigioniero.
Una volta sulla passerella, Morgan si voltò velocemente
verso Jack e Gibbs, che osservavano la processione dal timone.
Il pensiero che Jed fosse ancora con lei la fece sentire meno sola ed
esposta alle grinfie di Charles, tra le cui braccia si stava gettando
senza avere via di scampo.
L'ammiraglia della flotta britannica era la nave più
gigantesca che Morgan avesse mai visto. In confronto la Perla e la
Persefone erano davvero delle bagnarole. Persino il nome
incuteva rispetto in chi lo sentiva.
A bordo della Majesty
era tutto un viavai di soldati e marinai, perfettamente ordinati e ligi
al loro dovere, nulla a che vedere con l'anarchia che regnava sulle
navi pirata.
Dopo aver salpato le ancore, Charle ordinò che Jed fosse
condotto nelle prigioni. Lui e Morgan riuscirono a scambiarsi un
ultimo, rapido sguardo prima che Jed scomparisse sotto coperta. La sua
espressione era imperscrutabile e Morgan sospettava che fosse
arrabbiato con lei come dopo che erano salpati da Tortuga. Dopotutto
era la seconda volta che finiva in cella per causa sua.
Charles la richiamò all'attenzione.
"Quanto a voi, miss Parker, dovete sapere che personalmente non sono
incline a trattare col gentil sesso se non in un solo modo. L'esercito
rende rudi, come si suol dire". Il suo sguardo percorse lascivo il
corpo di Morgan, che istintivamente si ritrasse.
"Vi affiderò, perciò, alle più
delicate cure di Lord Coward. Siete fortunata che abbia voluto provare
di persona cosa vuol dire essere responsabili delle colonie..."
"Lord Coward? Volete dire quel
Lord Coward?" volle accertarsi Morgan, nonostante conoscesse
già la risposta.
"Lo conoscete, per caso?" si incuriosì Charles, socchiudendo
gli occhi come faceva sempre quando qualcosa stuzzicava la sua
curiosità.
"Solo di fama" balbettò lei con un fil di voce.
"Strano, perchè è stato proprio Lord Coward a
spingere perchè cercassimo una ragazza sulla Persefone". Lo
sguardo incuriosito rimase ancora.
"Forse gli è stato comunicato del mio rapimento?"
azzardò Morgan, tentando di essere convincente.
"Forse" acconsentì Charles, rendendo il suo sguardo meno
curioso. "Ad ogni modo, debbo portarvi da lui"
"Oh, non credo sia necessario disturbarlo" si affrettò a
dire la ragazza, con voce troppo acuta perchè Charles non se
ne accorgesse. "Voglio dire... suppongo che sia impegnato, quindi...
perchè disturbarlo per una sciocchezza come me?"
"Perchè egli stesso ha insistito che vi portassimo da lui,
nel caso vi avessimo trovata" rispose serafico Charles. "Ora se volete
seguirmi"
Sono morta,
pensò Morgan mentre percorreva la breve distanza che la
separava dagli alloggi di Coward.
L'ingresso era piantonato da due guardie, che subito aprirono la porta
appena Charles espose le indicazioni che Coward gli aveva dato.
Dopodichè il Commodoro invitò, con un gesto della
mano, Morgan ad entrare, quindi le guardie chiusero la porta alle sue
spalle.
Ecco, ora sono proprio
morta, constatò definitivamente, con lo sguardo
fisso sui battenti chiusi.
"Morgan"
Nessun tono incredulo o sorpreso, solo una nota felice in quella
semplice parola che era il suo nome. E un tono di voce che aveva quasi
domenticato e che spazzò via tutte le sue paure.
Morgan si voltò lentamente, forse per paura che quel sogno
accarezzato una sola volta in un momento di sconforto diventasse il suo
peggiore incubo, ma l'abbraccio con cui Henry la accolse
fugò ogni dubbio.
"Grazie a Dio sei sana e salva"
La ragazza ricambiò il gesto d'affetto con tutto il
trasporto possibile. Nonostante l'avesse lasciato sperando di non
vederlo mai più, riaverlo accanto così
all'improvviso le rese il cuore più leggero, come se il mese
e mezzo appena trascorso non fosse mai esistito.
Quando Henry sciolse l'abbraccio, non la lasciò comunque
andare del tutto, ma la trattenne vicino a sè con due mani
sulla vita di Morgan. Questa non se la sentì di allontanarsi
dall'unica persona che, su quella nave, significava protezione.
"Che ci fai tu qui?" gli chiese sorridente, mentre lo osservava con
cura. La parrucca castana era posata sulla scrivania e i raggi del sole
del tardo mattino accendevano i riflessi rossi della chioma naturale di
Henry, lasciata incolta e lunga come la morbida barba, che doveva avere
un paio di giorni. La stessa stretta con cui la teneva, forte e sicura,
dimostrava che del damerino londinese era rimasto ben poco, per lasciar
spazio all'uomo d'avventura.
"Ho preso il posto di mio padre. E' morto poco dopo la tua partenza e
il re mi ha subito affidato il suo incarico. Ho accettato a condizione
che venissi mandato di persona qui"
"E hai fatto tutto questo per me?" domandò ancora Morgan,
stavolta meno sorridente di prima.
"Sì, in parte" rispose Henry, lasciandola andare per tornare
alla scrivania. "Ma anche perchè, dopo quella notte, non ho
smesso un attimo di pensare a questo mondo, hai racconti delle lettere
e del capitano Gibbs. Li sognavo di notte e ne ero terribilmente
affascinato e attratto. La proposta del re è stata una
piacevole sorpresa e un'occasione che non potevo rifiutare"
"Così ti sei schierato dalla parte di Charles"
constatò Morgan.
Henry rispose allo sguardo duro di Morgan con uno altrettanto
inespressivo.
In pochi passi sorpassò la ragazza e socchiuse il battente
quel tanto che bastava per congedare le guardie all'ingresso, quindi lo
richiuse con più forza di quanta ne fosse necessaria.
Nel tornare alla scrivania, si trascinò dietro Morgan
tenendola per un braccio e la costrinse a sedersi su una delle sue
sedie di fronte al tavolo. La ragazza si ritrovò in men che
non si dica il volto di Henry a pochi centimetri dal suo,
impossibilitata ad alzarsi per la presenza del ragazzo sopra di lei e
per le sue mani appoggiate ai braccioli della sedia, a chiudere la
gabbia.
"Dopo tutto quello che ho detto e fatto per te dal giorno in cui ti ho
conosciuta ad oggi, pensi ancora che possa venderti al tuo peggior
nemico?"
La domanda di Henry sprizzava rabbia e delusione ad ogni sillaba, ma
Morgan non si lasciò intimidire e rispose a tono.
"Quando hai sia pirati che Marina alle calcagna per farti la pelle,
penso che sia normale non fidarsi subito di chiunque, non trovi?"
Henry non rispose, ma non abbandonò mai gli occhi di Morgan,
come lei non lo fece coi suoi. Il suo sguardo si addolcì
gradatamente fino a stendersi in un sorriso.
"Sei cambiata, miss Betty" disse infine Henry "E mi piaci ancora di
più"
"Anche tu, lord Coward" sorrise Morgan di rimando "Ma non so ancora se
sei il mio tipo"
"Ho una speranza, quindi"
Henry si risollevò e porse a Morgan una mano per aiutarla ad
alzarsi.
"Beh, in realtà sarei la promessa sposa del tenente Turner"
ribattè lei, ammiccando, per poi proseguire a voce
più bassa. "Per quanto riguarda Morgan... chi lo sa"
Henry parve piuttosto soddisfatto della risposta di Morgan. Tenendole
ancora la mano, la invitò verso quelli che sarebbero stati i
suoi alloggi per tutto il tempo che avrebbe trascorso sulla Majesty.
Le venne assegnata la cabina esattamente a fianco di quella di Henry,
che si premurò di specificare che era disponibile per
qualsiasi sua necessità. Le disse, inoltre, che avrebbe
trovato degli abiti più consoni a lei nella cassapanca,
quindi si congedò baciandole garbatamente la mano.
Una volta sola, Morgan non potè non pensare a quale destino
fosse toccato a Jed. Il motivo per cui Charles l'aveva preso come
ostaggio non le era chiaro, quella parte di discussione tra il
Commodoro e Jack si era svolta troppo sotto voce perchè
potesse essere sentita.
Stava di fatto che Jed l'aveva seguita per l'ennesima volta, che
ciò fosse avvenuto contro la sua volontà o no,
non sapeva dirlo, ma per mantenersi la coscienza a posto, decise che
sarebbe andata a chiederlo.
Henry si era dimostrato gentile e disponibile, nonchè
interessato a lei, come sempre. Era meschino da parte sua approfittare
della sua devozione, ma si sentiva in qualche modo responsabile per Jed
e voleva sincerarsi delle sue condizioni, prima di tutto, e di cosa gli
passasse per la testa, in seguito. Solo allora si sarebbe occupata di
rimediare al brutto tiro che aveva intenzione di tirare ad Henry.
Dopo
pochissimissimo, ecco il capitolo numero 12 :) visto che brava?
Questo, invece, è venuto liscio liscio come lo volevo io e
ne sono soddisfatta!
E' anche tornato il nostro beneamato Henry Coward, che però,
poverino, dovrà penare un po' con la nostra Morgan (ops,
piccolo spoiler XD)
Grazie a chi ha letto il cap precedente dopo millenni di
non-aggiornamento :)
A presto!
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Capitolo 13 *** Il Principe e il Pirata ***
Pirati dei Caraibi
– Gli eredi del mare
Il Principe e il
Pirata
Gli abiti di cui era fornito il baule che Morgan trovò nella
sua cabina erano semplici ed essenziali, nulla a che vedere con le
tende esageratamente decorate che si vedevano in giro per Londra.
Tuttavia non fu piacevole dover nuovamente indossare un corsetto. Con
uno sforzo immane, Morgan si strinse in quella prigione legalizzata e
vi indossò sopra l'abito, quindi andò allo
specchio per valutare il risultato. Le apparve una giusta via di mezzo
tra la lady londinese e la piratessa che era stata fino a pochi minuti
prima. Come tocco finale, acconciò i capelli in modo che
alcune ciocche ondulate le ricadessero sul petto e le incorniciassero
il viso.
Non era mai stata una ragazza vanitosa, ma, alla fine dei preparativi,
potè ritenersi soddisfatta del risultato, in quanto
rispecchiava perfettamente le sue idee di bellezza femminile: semplice
e allo stesso tempo sofisticata, avvenente ma non troppo, ordinatamente
disordinata.
Uscì dalla cabina dopo aver tratto un lungo sospiro e si
diresse verso quella di Henry. Non fece in tempo ad alzare il pugno per
bussare che una delle due guardie la informò, con tono
asciutto, che Lord Coward non era nei suoi alloggi.
"Sapete dirmi dove posso trovarlo?" domandò allora lei, con
gentilezza.
"E' andato a conferire col Commodoro" ribattè la stessa
guardia. "Ci ha lasciato detto di indirizzarvi al ponte di comando, nel
caso l'aveste cercato"
"Molto bene, grazie" sorrise Morgan, affabile, per poi dirigersi rapida
fuori dal castello di poppa.
Subito le sue orecchie vennero investite dai richiami che si lanciavano
marinai e soldati da un lato all'altro del veliero, nulla a che vedere
con gli schiamazzi poco fini dei pirati, alternate ai versi dei
gabbiani che volavano sulle loro teste.
La giornata stava volgendo al termine, il sole era basso all'orizzonte
e il cielo iniziava a tinteggiarsi di rosa. Dal mare proveniva una
piacevole brezza calda e dall'odore salmastro, che
accompagnò Morgan mentre saliva le scale di legno verso il
ponte di comando.
Henry stava parlando animatamente con Charles appoggiato alla balaustra
opposta. Nonostante fosse più giovane e mingherlino del
Commodoro, il giovane lord sembrava in grado di tenergli testa
benissimo solo a parole.
Morgan si arrestò a pochi gradini dal ponte, in attesa che
la discussione finisse. Henry, che dava le spalle alla poppa, la vide
con la coda dell'occhio e parve improvvisamente calmarsi.
Dileguò Charles con uno sbrigativo "Ne riparliamo dopo" e
raggiunse l'amica in poche falcate, lasciandosi dietro un Commodoro
visibilmente contrariato. Charles portò la sua attenzione
alle carte posate su un grezzo tavolo di legno vicino al timone, non
senza tenere d'occhio i due giovani, che nel frattempo si erano
spostati dove poco prima stava parlando con Lord Coward.
"Ora sì che sei la mia Betty" sorrise Henry, dopo aver
ammirato Morgan.
"Stai insinuando che prima non ti piacevo, per caso?"
"No, no, non intendevo questo!" si corresse subito il giovane, agitando
freneticamente le mani. "Solo che... la Betty che ho conosciuto era
più simile a questo che alla piratessa"
Morgan notò la nota di sdegno che Henry aveva dato
all'ultima parola, ma non ci diede peso. Dopotutto, non era abituato
come lei a trattare con i pirati.
"Di cosa parlavate con il Commodoro?" domandò poi, cercando
di non dare alla domanda l'importanza che in realtà aveva.
"Charles vuole andare alla ricerca della Perla Nera. E' certo di
poterla intercettare entro domani mattina ed è ancora
più sicuro che riuscirà finalmente a
sottometterla"
"E tu invece no?"
"Per quanto poco ne sappia, la nave ha comunque subito dei danni dopo
lo scontro con la Persefone e la Perla, a quanto ho sentito,
è un osso ancora più duro da spezzare. Sto quindi
cercando di convincerlo a far rotta su Port Royal, così da
apportare le giuste riparazioni e, soprattutto, mettere te al sicuro"
"Ma così Barbossa avrà il tempo di rifugiarsi da
qualche parte e non la prenderemo più" obiettò
Morgan, con troppa veemenza perchè Henry non se ne
accorgesse.
"Prenderemo?" sottolineò, infatti, il ragazzo, accigliato.
Morgan riflettè qualche secondo, e alla fine optò
per rivelare all'amico la verità.
"Ho suggerito io al Commodoro questa mossa" spiegò a voce
talmente bassa che Henry dovette arrivarle ad un palmo dal naso per
sentire. "Jack
è tenuto prigioniero sulla Perla. Io devo
liberarlo prima che lo trovi Charles o che Barbossa lo usi per
ricattare mio padre in qualche modo"
"E' una follia, non ce la farai mai ad eludere entrambi"
"Devo almeno provarci. E' per questo motivo che mi sono imbarcata,
ricordi?"
"Ed è per evitare che combinassi sciocchezze che io mi sono
imbarcato" ribattè energico Henry, lasciandola senza parole.
Il ragazzo continuò. "Senti, voglio aiutarti, te l'ho detto
prima, ma in un modo che non preveda arruolamenti avventati su navi
pirata. Penserò io a Jack e una volta portato in salvo, vi
porrò sotto la protezione della Corona..."
"Charles se ne farà un baffo della protezione della Corona.
Questa è terra di nessuno, sarebbe capace di uccidere me e
Jack e di far passare la nostra morte come un tragico incidente.
Nessuno oserà contraddirlo dopo che sarà riuscito
nel suo intento di eliminare la pirateria e controllare il mare"
"Allora troverò un altro modo, devo solo pensarci..."
Morgan poggiò le mani sulle spalle dell'amico, per zittirlo
e calmarlo.
"Henry, non puoi fare niente per me, da questo punto di vista, se non
continuare a coprirmi finchè sarò su questa nave"
Il ragazzo lasciò vagare lo sguardo sul mare, su cui si
rifletteva il grosso spicchio di sole che stava tramontando.
"Non voglio perderti di nuovo" disse infine, senza voltarsi, ma
prendendo le mani di Morgan tra le sue.
La ragazza avrebbe voluto ribadirgli ciò che gli aveva detto
quando erano ancora a Londra, ma se voleva dare anche una mano a Jed,
era necessario assecondare Henry.
"Chi ti ha detto che mi perderai?"
Subito gli occhi di Henry furono di nuovo su di lei, che gli sorrise.
Il ragazzo aumentò la stretta sulle sue mani e si fece
più vicino.
"La vuoi sapere una cosa?" le chiese. Aveva abbassato il tono di voce.
"Cosa?"
"Ho provato a fare come mi avevi detto tu, ma non ha funzionato.
Nè con Margaret Woodstock, nè con... come si
chiamava..."
"Polly Johnson" rise Morgan, ricordando quell'episodio.
"Giusto, Polly Johnson. E vuoi sapere perché?
Perché entrambe avevano un difetto enorme"
"E cioè?" Morgan non ricordava che Margaret e Polly avessero
difetti.
"Non erano te"
La ragazza non ebbe il tempo di stupirsi o lusingarsi per la risposta,
che le labbra di Henry erano già a sfiorare le sue in un
lieve bacio. La sua mente tornò involontariamente al bacio
che Jed le aveva dato al loro primo incontro, tutt'altro che casto e in
confronto al quale il tocco di Henry sembrava quasi una richiesta di
permesso.
I due giovani si guardarono per qualche secondo, prima che Morgan
concedesse il permesso a Henry di baciarla di nuovo.
Mentre il ragazzo la stringeva, Morgan riprese a paragonare quel bacio
con quello di Jed. Quella volta, alla locanda, Jed sembrava volesse
mangiarla, tanto irruento era stato il suo tocco. Era stato un bacio
rude, quasi un morso, senza richiesta di permesso. Forse era per quel
motivo che aveva sentito quello strano brivido lungo la schiena. E poi
le mani di Jed l'avevano stretta con forza, constringendo la sua bocca
contro quella del ragazzo, mentre la presa di Henry era gentile, quasi
una carezza. Glissando poi sul fatto che lei e Jed erano quasi
completamente nudi al tempo, mentre in quel momento lei ed Henry non
avevano un abito fuori posto, notò infine che il bacio di
Jed era stato una semplice via di fuga dall'ira del vecchio Sam, mentre
Henry la stava baciando perché semplicemente le voleva bene.
A quel pensiero accadde qualcosa che Morgan non aveva previsto. Nello
stomaco qualcosa iniziò ad agitarsi, il cuore
accelerò i battiti e lei si sentì leggera come
una piuma. Una ragazza normale avrebbe gioito di quella sensazione.
Morgan invece si spaventò e si staccò bruscamente
la Henry.
Non poteva legarsi così tanto a lui, avrebbe complicato
ulteriormente le cose.
"Scusami" si affrettò a dire Henry, allontanandosi.
"Probabilmente ho frainteso. Credevo che anche tu lo volessi"
Morgan si sentì terribilmente in colpa e impedì
al ragazzo di allontanarsi ulteriormente.
"Infatti è così. Solo... era la prima volta per
me" mentì, anche se non le piaceva considerare il bacio di
Jed il suo primo bacio.
Henry parve rilassarsi e, di nuovo vicino a lei, le
accarezzò una guancia. Rimasero a fissarsi per secondi che
parvero ore, finché non successe una cosa strana.
Quasi come se fosse un monito, il volto di Jed si sovrappose per un
istante a quello di Henry, e ricordò a Morgan
perché aveva fatto tutto questo.
"C'è un favore che vorrei chiederti, Henry"
"Tutto quello che vuoi" rispose accondiscendente Henry.
"Ecco, io... vorrei vedere il prigioniero, il ragazzo che avete portato
con me sulla nave"
Henry si accigliò a quella richiesta e Morgan
cercò subito di giustificarla.
"Durante l'arrembaggio, i soldati di Charles ci hanno attaccati e lui
mi ha difesa. Volevo solo ringraziarlo"
Un'altra piccola bugia che andava ad infittire la rete di menzogne che
stava continuando a tessere.
Il ragazzo parve credere alle sue parole e le fece strada. Passando a
fianco del Commodoro, ancora intento a studiare le sue carte, Morgan lo
vide alzare la testa e incrociare per un attimo il suo sguardo.
Sicuramente aveva prestato attenzione ad ogni singola parola della sua
conversazione con Henry, ma i due ragazzi erano stati bravi a lasciar
trapelare il minimo indispensabile a non destare sospetti nel Commodoro.
Scesero in silenzio i vari ponti, fino alla stiva, in fondo alla quale
si aprivano le celle. L'ingresso era, anche qui, piantonato da due
soldati, che aprirono la porta alla richiesta di Henry e la richiusero
alle spalle di Morgan dopo che fu entrata.
Jed era stato messo nell'ultima cella in fondo a destra. Stava sdraiato
sull'unica umida e pericolante panca come se, invece, fosse disteso su
un immenso prato. Non accennò a muoversi quando Morgan
raggiunse la sua cella e lo chiamò.
"Stavo giusto domandandomi quando saresti venuta a trovarmi" disse
invece, sorridendo alla sua solita maniera sghemba.
"Come facevi ad essere sicuro che sarei venuta?"
"Perché non sai resistere un minuto lontana da me"
Detto questo, si decise ad alzarsi, sempre con fare baldanzoso, per poi
fermarsi bruscamente una volta notato Henry.
"Lui chi è?" chiese a Morgan con astio, accennando all'altro
ragazzo col capo.
"Potrei chiedere la stessa cosa" ribattè Henry, guardando
Morgan a sua volta, stavolta con sguardo severo.
"Henry, questo è Jed Sparrow e il suo aiuto mi è
stato prezioso in questi ultimi giorni, non solo durante l'attacco.
Jed, lui invece è Henry Coward, mi ha aiutata quando ero a
Londra e mi sta aiutando adesso a nascondermi dal Commodoro"
I due ragazzi si scrutarono per qualche secondo, finché Jed
non riportò la sua attenzione su Morgan.
"Cosa pensi di fare, adesso?"
"Ho suggerito a Charles di cercare la Perla" spiegò Morgan.
"Quando l'avrà trovata, dovrò in qualche modo
liberare mio fratello e allontanarlo dal Commodoro"
"E pensi di fare tutto da sola?"
"No, probabilmente avrò bisogno di aiuto" ammise lei,
guardando sia Henry sia Jed.
"Quindi non siamo venuti qui solo per dei semplici ringraziamenti"
dedusse Henry, visibilmente contrariato.
"Mi avresti portata qui se ti avessi detto che intendevo liberarlo?"
"No, ovviamente"
"Mi dispiace, Henry, ma ho bisogno di entrambi per questa cosa.
Credimi, non volevo mentirti, ma sono disposta a tutto pur di salvare
Jack e mio padre. Sono quel che resta di una famiglia che non ho mai
visto, cerca di capirmi"
Il ragazzo rimuginò qualche secondo sulle parole di Morgan,
quindi sospirò e pose le sue condizioni.
"Promettimi che non mi mentirai mai più. Mi sono fatto in
quattro per te, non merito di essere preso in giro, non credi?"
"No, hai ragione. Te lo prometto"
Henry sorrise, in un modo che a Jed non piacque per niente. Anche quel
damerino era interessato a Morgan, lo si vedeva da un miglio di
distanza. E a quanto pare era anche arrivato prima di lui. Doveva
recuperare lo svantaggio in qualche modo.
"Quando pensate di liberarmi, dunque?" domandò
più per riportare l'attenzione su di lui che per altro.
"Appena sarà avvistata la Perla Nera" rispose pronta Morgan.
"Approfitteremo del trambusto per tirarti fuori e poi saliremo sulla
Perla per liberare Jack. Faremo finta che Jed si sia liberato da solo e
che mi abbia preso come ostaggio"
"E' molto rischioso" puntualizzò Henry.
"Hai paura di farti male?"
"No, ho paura che si faccia male lei" ribattè prontamente
Henry.
"Si vede che non la conosci abbastanza, allora"
"Adesso basta" intervenne Morgan.
La situazione era già abbastanza complicata senza i loro
litigi. Morgan pensò che probabilmente era colpa sua se le
cose si stavano intricando così, ma non sapeva come altro
fare per raggiungere i suoi scopi. In qualche modo avrebbe comunque
sfruttato quella neonata rivalità a suo vantaggio.
"Nessuno si farà più male del necessario se ci
atteniamo al piano. Henry, per liberare Jed ho bisogno che ti procuri
le chiavi delle prigioni"
"Le tiene in custodia Charles nella sua cabina, ma posso recuperarle"
"Bene, direi che non possiamo fare molto altro adesso" concluse Morgan,
guardando alternativamente Jed ed Henry, che ogni tanto si lanciavano
occhiate omicide.
"Possiamo tornare nei nostri alloggi, allora" propose infine Henry, ma
Jed non aveva intenzione di lasciare Morgan con quel farfallone senza
chiedere spiegazioni.
"Io vorrei parlare in privato con lei, se non ti dispiace"
Henry fece per ribattere con lo stesso tono arrogante di Jed, ma la
ragazza gli poggiò una mano sulla spalla e, con un cenno del
capo, gli fece intendere che andava tutto bene.
ll giovane lord sospirò per il disappunto, quindi si
incamminò verso l'uscita. Una volta che la porta gli si fu
chiusa alle spalle, Jed attirò Morgan verso la cella
prendendola poco gentilmente per un braccio.
"Te la fai con i nobili, adesso?"
"Jed, lasciami, mi stai facendo male"
Il ragazzo mollò la presa, ma rimase a fissare Morgan con
espressione furibonda. Le mani non riuscivano a stare ferme e si
aprivano e chiudevano a pugno ogni secondo.
"Abbiamo bisogno anche di lui per salvare gli altri pirati"
"Non erano questi i piani"
"Non avevamo un piano, fino a poche ore fa, e l'unico che avevamo
elaborato è andato in fumo nel momento stesso in cui
Barbossa mi ha lasciata a Tortuga. Ho dato per scontato che ti andasse
bene, ma se hai deciso di tirarti indietro, allora resta pure in questa
cella a marcire"
"Io non mi tiro indietro, dico solo che non mi fido di lui"
"Io sì. Conosce il mio segreto da più tempo di
chiunque altro e non l'ha mai rivelato a nessuno"
"Come puoi esserne certa?"
"Perché è innamorato di me, maledizione!"
Quella era l'unica risposta che Jed non avrebbe voluto sentire. La
certezza di avere un rivale rendeva la sua strada verso il cuore di
Morgan ancora più in salita di quanto già non
fosse. Inoltre, se, come diceva Morgan, si conoscevano da
più tempo rispetto a loro, le cose si complicavano
ulteriormente.
Jed non riuscì ad evitare di porle la domanda successiva.
"E tu?"
Morgan rimase spiazzata da quelle due semplici parole. Non poteva
negare a se stessa di aver provato qualcosa mentre Henry la baciava,
esattamente come non poteva ignorare quel brivido che l'aveva scossa
mentre era tra le braccia di Jed. Decise allora che era venuto il
momento di porsi delle priorità.
"Io voglio solo liberare mio fratello e mettere al sicuro mio padre. Al
resto penserò dopo"
Jed si rilassò a quella risposta. C'era ancora una speranza
per lui di conquistarla. Non sarebbe stata una guerra ad armi pari.
Ogni bambina sogna di incontrare il principe azzurro ed Henry era
ciò che più vi si avvicinava in tutto il Mar dei
Caraibi. Doveva fare in modo che la sua bambina
scegliesse invece il pirata.
"Allora liberiamolo" sorrise Jed, andando a prendere la mano di Morgan.
La ragazza gliela strinse con affetto e sorrise di rimando, mentre si
riavvicinava alle sbarre.
"Mi dispiace. Sei finito di nuovo in gattabuia per causa mia"
"Ma almeno questa è una gattabuia di lusso. Guarda,
c'è persino una panca"
Entrambi si misero a ridere di gusto, ma Morgan smise quasi subito,
facendo spegnere anche la risata di Jed.
"Gli uccelli non sono fatti per stare in gabbia" disse mesta,
guardandolo con occhi tristi. "Comunque vada a finire questa storia, ti
prometto che sarai libero"
Jed emise una breve e poco divertita risata, prima di risponderle.
"E' una promessa che non puoi mantenere, questa volta, ma grazie del
pensiero"
"Saremo liberi tutti, un giorno" continuò lei imperterrita.
"E faremo quello che abbiamo sempre sognato sin da bambini"
"Tu cosa sognavi da bambina?"
"Sognavo mille avventure, per monti e per mare, dove le regole non
esistono...sognavo i pirati"
A quelle parole il cuore di Jed fece una capriola in petto e il ragazzo
strinse istintivamente la mano di Morgan. Questa parve risvegliarsi dai
suoi sogni ad occhi aperti e incontrò gli occhi scuri di
Jed, molto vicini ai suoi e brillanti come non mai.
"Morgan" disse con voce rauca e suadente, avvicinando il viso al suo
tanto quanto le sbarre lo permettevano, mentre con la mano libera le
carezzava una guancia. Bastò quel semplice tocco a causarle
quella scossa che aveva sentito nella stanza del 'Guercio' e a farle
nascere il desiderio di essere di nuovo tra le braccia di Jed.
Si sforzò di rammentare qual era la sua priorità
e riuscì ad allontanarsi dal ragazzo.
"Devo andare adesso. Non voglio far preoccupare Henry" si
giustificò, mentre si allontanava dalla cella. "Buonanotte
Jed"
Il ragazzo non la perse di vista finché non fu scomparsa
oltre la porta di legno, quindi si lasciò cadere a terra con
la schiena contro le sbarre. Sapeva che, per un pirata era pericoloso
innamorarsi, ma si disse con convinzione che, per Morgan avrebbe
volentieri rinunciato alla sua libertà.
"Buonanotte, bambina mia" sussurrò al nulla.
Eccomi qui!!
Brividi e sospiri in questo capitolo, un po' mieloso, lo so, ma presto
tornerà l'azione e moooolto presto entrerà in
scena un personaggio fondamentale, indovinate chi?
Dai che è facile :)
Spero che i lettori gradiranno questo cap, buona lettura comunque!
A presto!
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Capitolo 14 *** Il Prigioniero ***
Pirati dei
Caraibi
– Gli eredi del mare
Il
Prigioniero
L'ultimo
raggio di sole di quell'ennesima giornata scomparve sotto la
superficie del mare. Dalla sottile fessura tra le assi della nave
vide il cielo stingere dal rosso al viola al blu. Riuscì
persino ad
intravedere una stella, scompariva e ricompariva a ritmo col rollio
della nave.
Da
quanti giorni era in quella cella? Aveva perso il conto al terzo,
forse al quarto. Là sotto ogni giorno era uguale all'altro,
specialmente quando le nubi si addensavano in cielo, dandogli un
permanente colorito grigio tetro. Nè poteva prendere come
riferimento l'ora del pranzo, perché il pranzo, o meglio, il
suo
unico pasto, poteva arrivare a qualsiasi ora.
Gente
senza regole, i pirati, e senza un briciolo di gratitudine. Era
grazie a lui se quella nave poteva ancora solcare i mari e la
gattabuia era stata la sua ricompensa. Gliel'avrebbero pagata, in un
modo o nell'altro. Sarebbe uscito da lì e avrebbero fatto i
conti.
Dopotutto, lui era fondamentale
per la loro sopravvivenza.
Ma
non solo lui.
Gli
tornò in mente quel giorno, quando un nuovo mozzo era
arrivato sulla
nave. Dalla voce sembrava un ragazzino di massimo quattordici anni.
Era troppo acuta per un ragazzo più grande, forse troppo
acuta
persino per un ragazzo in generale.
Ma
non poteva essere altro che un giovane mozzo. Le sue istruzioni erano
state chiare, non doveva venire ai Caraibi.
I
passi sul ponte principale si fecero più frenetici e gli
ordini
iniziarono a riechieggiare per tutta la nave.
Due
parole giunsero distinte alle sue orecchie: Majesty e Charles.
Qualcosa
sarebbe cambiato quella notte.
Al
primo urlo della vedetta, Morgan saltò in piedi. Non poteva
aver
sentito male, nè aver sognato.
"La
Perla Nera! Dritta di prua!"
Charles
aveva mantenuto la sua promessa di raggiungere la nave prima
dell'alba.
Morgan
venne pervasa da una strana agitazione, un misto di terrore ed
emozione che le fece scorrere l'adrenalina a fiotti nelle vene. Senza
badare al fatto che era solo in sottoveste, si precipitò
fuori dalla
sua cabina giusto in tempo per incrociare Henry. Anche lui era stato
svegliato da quel trambusto, ma era riuscito a mettersi almeno un
paio di brache e una camicia. Morgan lo vide arrossire di fronte al
suo abbigliamento, ma non ci fece caso. Non c'era tempo per pensare
ai dettagli.
Insieme
uscirono in coperta, dove il via vai di marinai e soldati
impedì
loro di andare oltre la soglia della porta del castello di poppa.
Tanto bastò, comunque, perché la Perla apparisse
nitidamente
davanti ai loro occhi.
I
due giovani si guardarono e Henry strinse la mano di Morgan per
qualche secondo, prima che la voce di Charles imperasse sopra tutte
le altre. I due ragazzi si separarono subito, appena prima che il
Commodoro li raggiungesse.
"Non
è prudente che restiate qui, Milord, e nemmeno voi, miss
Parker"
li avvertì, nonostante avesse un tono di voce tutt'altro che
preoccupato.
Henry,
ad ogni modo, non se lo fece ripetere due volte e condusse Morgan
verso la sua cabina. Subito la ragazza si precipitò alle
finestre
per cercare di vedere la Perla.
"Morgan,
sei sempre sicura di volerlo fare?" le domandò il ragazzo,
con
la viva speranza che l'avere il pericolo alle calcagna avesse fatto
cambiare idea alla ragazza.
"Non
ho altra scelta. Questa occasione potrebbe non ripetersi
più"
rispose lei risoluta, senza spostarsi di un millimetro. "Agiremo
appena avremo agganciato la Perla. Nel caos che regnerà
sulle due
navi non si accorgeranno di noi"
"Spero
per noi che sia così"
La
Majesty effettuò una brusca virata per affiancarsi alla
Perla. Le
bocche dei cannoni del vascello pirata passarono davanti a Morgan.
La
parola fuoco
riecheggiò tutt'attorno.
Alla
prima bordata, la cella venne invasa da miriadi di schegge di legno.
Dovette coprirsi il viso con le braccia per evitare che qualche pezzo
di legno andasse a conficcarglisi negli occhi.
Le
cannonate si susseguirono, poteva vedere distintamente le scintille
dei cannoni avversari dalla falla che la prima bordata aveva creato
nello scafo.
Con
grande fatica a causa del rollio della nave, aumentato per le
cannonate, si mise in piedi e si ripulì del legno che aveva
addosso.
Dalla falla vide la polena della Majesty. Le due navi erano
perfettamente affiancate e poco mancava alla seconda raffica di
cannonate.
Si
allontanò dalla fiancata giusto in tempo. Una palla di
cannone prese
in pieno la poppa della Perla, sradicando le celle, compresa la sua.
Quando riaprì gli occhi, infatti, vide le sbarre di metallo
completamente ripiegate verso l'esterno e la porta della cella era
saltata via.
Era
libero.
Henry
riuscì a spostare Morgan dalle finestre appena in tempo per
evitare
la prima bordata proveniente dalla Perla. Buona parte della sua
cabina venne fatta a pezzi, della scrivania e della porta non era
rimasta traccia e oltre la soglia si sentivano i gemiti dei primi
feriti dello scontro.
"Morgan,
stai bene?" chiese Henry, in apprensione.
La
ragazza si guardò attorno qualche secondo, quindi fece cenno
di sì
col capo. Si rialzò poi rapidamente e si ripulì
come meglio potè,
seguita da Henry.
Sbirciando
fuori, vide che il loro ponte era completamente deserto. Si rivolse
allora a Henry con la stessa spavalderia di poco prima.
"Andiamo,
non c'è nessuno"
Uscì
dalla stanza senza attendere risposta e Henry non potè fare
altro
che seguirla.
La
cabina del Commodoro era in fondo al corridoio e anch'essa non era
stata risparmiata dal primo giro di cannonate. Al posto della parete
di legno non c'era altro che un enorme buco, la scrivania era
ribaltata e in buona parte era stata portata via dalla cannonata, e
così era anche per il letto del Commodoro e per il resto
della
mobilia.
Morgan
si avventò rapida su quel che restava dello scrittoio, ma
scoprì
con disappunto che i cassetti erano tutti chiusi a chiave.
"C'era
da aspettarselo" commentò Henry dopo l'ultimo tentativo di
forzare un cassetto.
Morgan
rispose tirando un calcio alla scrivania con rabbia.
"Adesso
che facciamo?" domandò poi, in agitazione.
"Non
lo so" fu la titubante risposta di Henry. "Temo che non
possiamo fare nient'altro. Ci abbiamo provato, Morgan"
Ma
la ragazza non ascoltò nemmeno l'ultima affermazione e
riprese a
strattonare i cassetti, più per disperazione che per altro.
I
cannoni ripresero a tuonare e la nave trmò da prua a poppa.
Morgan
ed Henry mantennero a stento l'equilibrio appoggiandosi allo
scrittoio, ma quando le bordate colpirono anche la poppa, mancando di
poco i due ragazzi, Morgan perse l'appiglio e cadde a terra. Il
rollio della nave le impedì poi di rimettersi in piedi e la
fece
rotolare fino alla grossa falla nella parete della cabina.
Prima
di cadere nel vuoto, riuscì a sentire il debole richiamo di
Henry,
poi, più presto di quanto immaginasse, si ritrovò
sommersa dal
mare, con le narici piene d'acqua e irritate dal sale. Nonostante
l'intralcio della camicia da notte, Morgan fu in grado di tornare in
superficie con poche bracciate.
Le
due nave la sovrastavano con prepotenza e davano l'impressione che si
sarebbero scontrate l'una contro l'altra, schiacciandola tra i loro
ventri.
Guardandosi
intorno in cerca di un appiglio per tornare a bordo, Morgan
notò una
scaletta a pioli sul fianco della Perla, che portava direttamente a
bordo attraverso una falla quasi delle dimensioni di quella da cui
era caduta. Senza pensare a cosa avrebbe fatto dopo, i
arrampicò
lungo il fianco fino alla falla e ricadde sul ponte che faceva da
magazzino per le cibarie e da armeria. Subito individuò la
scala che
portava alle prigioni, ma la scoprì bloccata da numerosi
pezzi di
legno e altri detriti. Non poteva fare altro che risalire in coperta.
Scampato
alla seconda scarica di cannonate per miracolo, dovette lavorare
alcuni minuti per liberarsi dall'intriglio di casse e sacchi in cui
era caduto. Si rialzò poi velocemente e vide che l'accesso
alle
celle era completamente ostruito. Le uniche vie d'uscita erano una
grossa falla sul fianco della nave rivolto verso la Majesty –
che
avrebbe significato tornare nelle grinfie di Charles – e la
scala
che portava in coperta, dove il trambusto della battaglia gli avrebbe
dato più possibilità di fuggire. Fino a quel
momento tutto era
girato a suo vantaggio. Sperò che questo colpo di fortuna
durasse
ancora un po' e, per dargli un aiutino, prese in prestito una pistola
e una spada prima di salire.
Trovò
il ponte in cui dormivano i marinai riempito solo del frastuono
prodotto dallo scontro che stava avendo luogo in coperta. I cannoni
sembravano aver cessato la loro attività. Al loro posto si
sentivano
gli schioppi degli archibugi e il clangore delle lame che si
scontravano l'una contro l'altra.
La
grata che chiudeva l'accesso ai ponti sottocoperta era spalancata,
segno che qualcuno doveva essere passato da lì poco prima di
lui.
Non avendo incrociato nessuno, intuì che quel qualcuno era
uscito
anch'egli sul ponte.
Affiorò
con la testa per valutare la situazione. I corpi a terra erano
numerosi, soprattutto quelli con le giubbe rosse e blu della marina.
Gli scontri stavano avendo luogo lungo tutto il ponte e perfino sulle
paratie e sulle scale che portavano al ponte di comando, dove Charles
e Barbossa stavano dando spettacolo. Nessuno, però, parve
badare a
lui, il che lo spinse ad uscire dal suo nascondiglio. La strada fino
al parapetto non era tanta, pochi metri e sarebbe stato veramente
libero.
Era
quasi arrivato, quando la voce gracchiante di Barbossa, che doveva
essersi momentaneamente sbarazzato del Commodoro, sovrastò
tutto il
resto e raggiunse le sue orecchie.
"Turner!"
Fece
appena in tempo a voltarsi per vedere il Capitano puntargli la
pistola contro. Qualcosa poi lo urtò al ventre e lo
trascinò a
terra, appena un attimo prima che la pallottola lo colpisse.
Ripresosi
dalla caduta, per un attimo pensò di aver sbattuto la testa
troppo
forte. Quella che aveva davanti non poteva essere sua madre, era
impossibile. Eppure la somiglianza era così impressionante...
"Avanti,
alzati!" gli intimò, strattonandolo per un braccio. "Vuoi
farti ammazzare?"
Non
se lo fece ripetere due volte e si rimise rapido in piedi. Barbossa
era di nuovo alle prese con Charles, doveva approfittarne.
La
ragazza che lo aveva salvato stava già armeggiando con le
cime di
prua di una scialuppa. Andò a darle una mano occupandosi di
quelle
di poppa, ma uno sparo le recise in un colpo solo, lasciando
penzolare la barcaccia che sfuggì dalle mani della ragazza.
Si
voltarono entrambi verso il punto di provenienza del colpo.
Charles
stava avanzando con passo marziale verso di loro, la pistola
ricaricata pronta a colpire di nuovo. Doveva fare in fretta.
Salì
sul parapetto e intimò alla ragazza di fare lo stesso,
afferrò la
cima della scialuppa con una mano e la porse alla giovane.
"Tieniti
con tutte le tue forze, hai capito?"
Lei
annuì convinta.
"Bene,
saltiamo al mio tre... TRE!"
Si
diedero lo slancio e si allontanarono dal parapetto poco prima che
Charles li raggiungesse. Il Commodoro li teneva comunque sotto tiro e
stava per premere il grilletto.
Solo
allora sfoderò la spada e, con un colpo secco, recise la
cima appena
sopra le loro mani.
Per
la seconda volta in pochi minuti, Morgan fu sommersa dalle acque
marine, che zittirono le urla della battaglia sopra di loro.
Intravide
lo scafo della Perla poco distante da lei e cominciò a
nuotare per
allontanarvisi. Si bloccò poco dopo, quando scorse in
lontananza una
figura nuotare nella sua direzione. Sembrava una medusa dai lunghi
tentacoli neri. Quando fu più vicina, però,
distinse perfettamente
due occhi scuri, un naso e una bocca, finchè la creatura non
assunse
le sembianze di una donna, mentre quelli che aveva creduto tentacoli
altro non erano che le ciocche della sua lunghissima chioma corvina.
La
donna fece per parlare, e le sue parole riecheggiarono tra i flutti
del mare.
Se
allo scrigno vuoi arrivare
due
chiavi al mare devi donare.
Nelle
acque che il tocco fuggono
devi
immergere il primo dono,
poichè
qui la Dea vuole
cio
che il cuore in corpo muove.
All'Oceano
dalla battaglia scosso
dona
invece ciò da cui il cuore è mosso.
La
figura scomparve insieme all'eco della poesia e in Morgan
tornò
prepotente in bisogno di riprendere aria.
Dopo
poche bracciate verso la superficie, si sentì afferrare con
forza
per un braccio e trascinare di lato, quindi verso il pelo dell'acqua.
Emerse
in uno spazio angusto, andando a sbattere contro qualcosa di duro.
Era sotto la scialuppa ribaltata.
"Stai
bene?" le chiese il ragazzo di fronte a lei.
Per
la prima volta, Morgan potè guardarlo in faccia per
più di un
secondo e senza qualcuno a metterle fretta. Nulla del suo viso le
sembrava familiare, ma doveva essere colpa del buio, che lasciava
intuire solo alcuni tratti del suo viso; e, dopotutto, Barbossa si
era rivolto a lui quando aveva gridato il suo cognome poco prima.
"Sì,
sto bene" rispose semplicemente alla fine.
"Conviene
allontanarci, allora"
Afferrata
una delle panche della barcaccia, il ragazzo iniziò a
nuotare e ad
allontanarsi dalla battaglia. Morgan lo aiutò
finchè le gambe le
ressero. Quando si accorse che riusciva a stento a stare a galla, il
ragazzo si fermò.
"Dovremmo
essere al sicuro, ora"
Si
immerse ed uscì dal guscio della scialuppa, quindi la
ribaltò e
aiutò Morgan a salirci sopra, seguendola a ruota.
Le
due navi non erano molto distanti, ma nessuno sembrava interessato
alla loro fuga.
Il
ragazzo prese comunque i remi e iniziò a vogare con
rapidità per
interporre ancora più distanza tra loro e Charles.
Più
la guardava e più quel dubbio gli assillava la mente. Dopo
aver
escluso a priori che fosse sua madre, gli era rimasta un'unica
possibilità, un unico nome che identificasse la ragazza di
fronte a
lui.
Forse
sentendosi osservata, lei voltò lo sguardo, prima puntato
alle luci
delle navi, uniche luci oltre alle stelle che illuminavano quella
notte. Solo allora si accorse che tremava da capo a piedi e che aveva
le labbra viola. Anche lui iniziava ad avere freddo, doveva
ringraziare il continuo vogare se era riuscito a non percepirlo fino
a quel momento.
Non
poteva però lasciarla morire di freddo. Se le sue
supposizioni erano
vere, nessuno di loro due doveva morire di freddo. Ma cosa poteva
fare? Era notte fonda e non si vedeva terra all'orizzonte, le navi
erano ormai irraggiungibili e nulla sulla scialuppa veniva utile per
ovviare al freddo pungente.
Quasi
in risposta ad una sua muta preghiera, la barcaccia si fermò
d'improvviso con un forte scossone che sbilanciò entrambi.
Si voltò
e, con enorme piacere, scorse la sagoma di una palma nella notte
buia, poi di un'altra e di una terza vicino.
"È
davvero la mia notte fortunata" pensò a voce alta, poi scese
dalla barca e si godette qualche istante il contatto con la sabbia
fine della spiaggia.
La
ragazza lo affiancò poco dopo, con le braccia strette in
vita per
riscaldarsi un minimo.
"Dove
c-credi che s-siamo?" gli chiese mentre batteva i denti.
"Lontani
da Charles, questo è l'importante" le rispose, quindi
l'abbracciò. "Perchè sei venuta qui?"
Se
all'inizio aveva lasciato da parte la sorpresa per quel gesto e si
era abbandonata al calore che quell'abbraccio le stava donando,
quella domanda la obbligò a staccarsi dal ragazzo per
guardarlo in
volto. Possibile che sapesse?
La
fissò intensamente, con un'espressione imperscrutabile che
voleva
dire tutto e niente.
"Jack?"
riuscì solo a dire dopo istanti eterni. "Sei davvero tu?"
"Solo
se tu sei davvero Morgan"
Morgan
non rispose, ma gli gettò di slancio le braccia al collo.
Finalmente
l'aveva trovato. Finalmente era con suo fratello. Finalmente era con
la sua vera famiglia.
La
stretta di lui attorno alla sua vita si attenuò e Jack le
prese il
volto fra le mani, scostandole i capelli bagnati dall'acqua di mare e
dalle lacrime. Anche gli occhi di Jack erano lucidi di pianto, ma il
suo volto era sorridente e radioso.
"Razza
di incosciente, che sei venuta a fare qui?" tentò di
rimproverarla, ma la gioia di averla di nuovo al suo fianco era di
gran lunga più grande del disappunto.
"È
stata la tua ultima lettera... e quella della mamma"
Morgan
si lanciò in un racconto dettagliato degli avvenimenti che
l'avevano
portata ai Caraibi, spiegò delle lettere mai recapitate e
del suo
viaggio sulla Perfesone prima e sulla Perla dopo, di come era finita
sulla Majesty e del suo iniziale piano per liberarlo. Quanto a Jack,
non si perse una parola di quella storia pazzesca e pensò
che solo
una come Morgan poteva fare cose del genere. Dopotutto, era figlia di
sua madre, come poteva non somigliarle nell'aspetto e nel carattere?
"...
E poi Barbossa ha urlato 'Turner' rivolgendosi a te e l'ho visto
puntarti la pistola contro e allora mi sono lanciata giù
dalle scale
per toglierti dalla traiettoria e... beh, il resto lo sai"
Morgan
prese fiato, aveva raccontato tutto respirando solo il minimo
indispensabile.
Nel
frattempo si erano seduti sulla spiaggia e, a furia di gesticolare
per dare più enfasi alle sue parole, il freddo le era
passato quasi
del tutto.
Jack
rise brevemente alla fine di quel racconto dettagliato.
"E,
per curiosità, cosa pensavi di fare dopo avermi liberato?"
le
chiese quindi, scompigliandole i lunghi capelli.
"Ecco...
veramente non ci ho pensato" ammise lei, con aria colpevole.
"Probabilmente contavo sull'esperienza del tenente Turner"
ammiccò poi, suscitando un'altra risata nel fratello.
"Non
so se sarebbe bastata in quella situazione. Non mi hanno addestrato a
sfuggire a ben due navi nemiche!"
"Ma
perchè Barbossa ti ha rapito, dopo che l'hai liberato?"
domandò
allora Morgan.
"Per
istinto di sopravvivenza, credo" rispose lui, abbandonata del
tutto l'allegria. "Deve aver pensato che fossi la via più
breve
per arrivare a nostro padre, e quindi al solo uomo potenzialmente in
grado di dare del filo da torcere a Charles. Inoltre gli ha tolto
l'enorme vantaggio che aveva sulla Fratellanza"
"Gli
ha tolto una delle chiavi" specificò Morgan.
"Quindi
lo sai"
La
sorella annuì, e subito le tornò in mente quello
che aveva sentito
dopo essere saltata dalla Perla in mare.
"Jack,
è possibile che abbia sentito qualcosa mentre ero
sott'acqua?"
gli chiese, titubante.
"Qualcosa
tipo?"
"Tipo
una poesia"
Gliela
recitò tutta, facendo fatica solo a ricordare i primi versi,
dopo i
quali le parole le uscirono dalla bocca come se le avesse sempre
sapute.
Alla
fine dell'ultimo verso, tutti e due rimasero in silenzio, Jack a
fissare il mare e Morgan a fissare suo fratello.
"Hai
visto qualcosa mentre sentivi tutto questo?" chiese ancora Jack,
dopo qualche secondo.
"Sì,
una donna. Aveva la pelle scura e i capelli neri, credo"
Jack
annuì. "Penso allora che Calypso ti abbia voluto indicare il
modo per trovare il cuore di nostro padre"
"Ne
sei sicuro?"
"Sicuro
no, ma altrimenti che senso avrebbero quei versi. Tutto riconduce al
cuore e l'unico cuore di fondamentale importanza in questo momento
è
quello del capitano dell'Olandese"
"Pensi
che qualcun altro abbia sentito la poesia?"
"Non
lo so, Morgan". Jack scosse la testa, sconsolato. "Spero
vivamente di no"
Eccomi
tornata!
Ho dovuto bazzicare un po' per mare per riuscire a finire questo cap,
non mi convince molto, ma spero che a voi piaccia lo stesso :)
Buona lettura e...eccovi Henry
Archibald Coward III e Jack
Weatherby Turner (come li vedo io, s'intende...ps: per Henry
è stata una faticaccia, spero apprezzerete ;P)
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