Possibilità

di Angorian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le cinque ciotole. ***
Capitolo 2: *** La prima ciotola. ***
Capitolo 3: *** Presente. ***
Capitolo 4: *** La seconda ciotola. ***
Capitolo 5: *** 2. Presente ***
Capitolo 6: *** La terza ciotola. ***
Capitolo 7: *** 3. Presente ***
Capitolo 8: *** La quarta ciotola. ***
Capitolo 9: *** Frammenti. ***



Capitolo 1
*** Le cinque ciotole. ***




Possibilità




L’umidità della grotta era palpabile, e l’odore di ferro si imponeva prepotente all’olfatto del demone.
Sesshomaru avanzò nel buio senza vacillare o guardarsi indietro, tenendo lo sguardo fisso sull’unica, fioca luce che lo guidava nei meandri dell’insenatura.
La luce si fece più decisa, e Sesshomaru entrò nel rifugio di un demone antico quanto il tempo stesso, una sorta di stanza circolare scavata nella roccia nuda.
L’odore che si respirava era pungente, ma non sgradevole; proveniva dalle molte erbe conservate negli anfratti della stanza.
Al centro di essa, una donna era seduta sui talloni, e contemplava un braciere morente, riscaldandovi le mani.
Quando lo sentì arrivare, alzò lo sguardo verso di lui e sorrise benevola.
I capelli di un grigio sbiadito le incorniciavano il volto magro e rugoso, ma riaffiorava ancora la bellezza che doveva avere posseduto.
“ Ah, Sesshomaru. Mi hai portato quello che ti ho chiesto?”. Chiese.
La sua voce era vellutata, e riempiva la stanza di una eco melodiosa.
Sesshomaru aprì la mano, offrendole l’insolito contenuto: una ciocca di capelli color ebano, liscia e lucente al bagliore dei carboni ardenti.
La donna la prese con grazia, e chiudendo gli occhi la accarezzò.
Sorrise.
“E’ così strana la tua richiesta, Sommo Signore dei Demoni”.
Sesshomaru si limitò a osservarla, e la donna, continuando a sorridere pose la ciocca su un pezzo di tessuto bianco.
Si alzò con leggerezza, e sfilò un pugnale dall’ampia manica del suo abito nero.
“Abbiate pazienza, mio signore”. Disse.
Si avvicinò a lui, e dopo un inchino prese una ciocca di capelli argentata e la recise.
Sesshomaru strinse le labbra, ma non si oppose alla vicinanza e al gesto della donna. Lei lo guardò negli occhi, e smise di sorridere.
“ La vostra richiesta è pericolosa; pochi mi hanno chiesto di regalargli una visione del futuro. Io stessa non posso offrirvi certezze, solo possibilità.
E di infinite possibilità, ve ne offrirò cinque, come avevamo stabilito”.
La donna si allontanò, e prese da un vecchio tavolo impolverato cinque ciotole di fine porcellana bianca.
Le dispose attorno al focolare, e in ognuna versò un infuso trasparente e assolutamente inodore. Ma non era acqua.
“Venite”. Lo invitò.
Sesshomaru si fece più vicino, e si sedette con la consueta eleganza di fronte alla donna, intenta ad intrecciare le due ciocche, sussurrando parole antiche.
Poi, si rivolse a Sesshomaru.
“Qualunque cosa voi vediate, sono possibilità. Nulla di certo, nulla di stabilito.
I vostri destini si cono incrociati e intrecciati, e nel bene o nel male, la vostra esistenza influenzerà la sua, e viceversa”.
Riprese il coltello, e sfilacciò le ciocche nel primo contenitore.
I capelli sfiorarono il contenuto della ciotola, che cominciò a emanare vapori azzurri.
La donna passò la mano sopra la ciotola con aria sognante.
“Questo, è il vostro futuro. Il primo”.
Sesshomaru inspirò i vapori, e chiuse gli occhi.

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Capitolo 2
*** La prima ciotola. ***




Era primavera, Sesshomaru lo sentiva nell’aria.
Una ragazza era chinata sul limitare del bosco, intenta a raccogliere piccole bacche bianche, sistemandole in un cestino.
Quando un alito di vento le scompigliò i capelli scuri, liberandole il volto e facendogli arrivare il suo odore, Sesshomaru la riconobbe.
Era una Rin più grande, più matura.
Lo si poteva osservare nel modo di muoversi, più misurato e attento, proprio di una giovane donna. Ogni tanto si guardava intorno, visibilmente sulle spine.
Era pensierosa, preoccupata forse.
Sesshomaru si avvicinò a lei, osservandone i lineamenti con più attenzione.
Sì, era Rin.
Sesshomaru sentì dei passi affrettati, e quando anche Rin se ne accorse, trasalì, e si affrettò a nascondersi nella vegetazione nei pressi del bosco.
Un giovane umano correva verso il bosco, guardandosi intorno, e chiamando un ben distinguibile “Rin!”.
Soltanto quando il ragazzo si allontanò, Rin emise un sospiro di sollievo.
Dietro di lei, Sesshomaru vide avvicinarsi la vecchia sacerdotessa Kaede.
“Pensi che continuerai a nasconderti ancora per molto?”. Chiese.
Rin sussultò; non si era accorta che la vecchia donna le si era avvicinata.
Arrossendo, la ragazza la salutò con un inchino.
“Maestra Kaede”.
Sesshomaru osservò la vecchia con attenzione.
Era proprio a lei che aveva pensato di affidare Rin.
Evidentemente, in quel futuro si era realizzata proprio quell’ipotesi.
“Allora?”. Insisté la donna, severa.
“Perdonatemi, maestra. Ma conosco già la sua domanda”. Rispose la ragazza, giocando con una ciocca di capelli.
“E la risposta? Sai anche questa?”. Chiese.
Rin abbassò lo sguardo, visibilmente imbarazzata.
“No, maestra. Provo affetto per lui, ma non so se sia amore”.
Sesshomaru era irritato.
Era evidente che Rin stesse bene, e che la scelta di lasciarla alla vecchia doveva essere stata quella giusta.
La vita della ragazza sembrava relativamente normale e tranquilla, nonostante il fastidioso essere umano.
Perché dunque la visione non si interrompeva?
“Se non ci provo, non potrò mai saperlo”.
Sesshomaru ricominciò a prestare ascolto alle due donne.
Le guance di Rin erano ancora rosse, mentre chiaramente protestava con foga a qualcosa che doveva averle detto la vecchia sacerdotessa.
“Me l’hai già chiesto, Rin. La mi risposta non è cambiata. E’ stato lui a volere così”.
Nonostante Sesshomaru fosse convinto della necessità della disciplina, rimase affascinato nel vedere la passione di Rin nel sostenere una sua convinzione.
Stava mostrando un tratto della sua personalità già presente anche nella Rin bambina, anche se forse stava ancora germogliando.
Non era forse testardamente decisa a seguirlo, al contrario di ogni buon senso?
“Ho bisogno di vedere Sesshomaru ancora una volta, o non potrò essere mai sicura”. Replicò Rin.
Il demone rimase immobilizzato, comprendendo di essere l’argomento dell’accesa discussione.
E il sospetto, cominciò ad invadere la sua mente.
I sentimenti umani, del resto, erano complessi e misteriosi.
Che la Rin bambina mostrasse affetto per lui, non era così cieco da non averlo compreso.
Ma la maturazione della bambina in donna, come avrebbe cambiato quell’affetto?
La risposta era lì, davanti ai suoi occhi attenti.
Qualunque cosa fosse diventato, era abbastanza forte da spingerla a volere una risposta, non tanto da lui quanto da se stessa.
Ora Sesshomaru riusciva a vedere il futuro insidioso che si prospettava per la ragazza.

“Nel bene o nel male, la tua esistenza influenzerà la sua vita, e viceversa”.


“Capisco”. Rispose la vecchia. “Sono contraria, ma non ti impedirò di andare”.
E Rin, si lasciò andare ad una esclamazione di gioia.
“Grazie maestra!”.
E mentre abbracciava la vecchia donna con entusiasmo, Sesshomaru vide la Rin bambina davanti ai suoi occhi.
Cosa gli stava succedendo? Stava diventando un sentimentale, come suo padre?
Il demone strinse i denti, ma il peso di Tenseiga gli fu di conforto.
La compassione per gli esseri umani l’aveva potenziata.
Alcuni sentimenti, alcuni pensieri, non erano un male.
Si concentrò su questo per non perdere se stesso.
Si riscosse dai suoi pensieri, vedendo la ragazza allontanarsi di corsa verso il villaggio.
Prima di seguirla però, notò l’espressione preoccupata della sacerdotessa mentre la seguiva con lo sguardo.

*


La visione cambiò. Era in una piccola abitazione, e Rin era di fronte a lui.
Si stava svestendo nella penombra.
Il demone voltò lo sguardo verso la finestra, per concederle intimità.
Sentì il fruscìo delle vesti che le accarezzavano la pelle, e il delicato tonfo mentre li lasciava cadere sulle assi di legno del pavimento.
Gli risultava strano comprendere perché improvvisamente non riuscisse a non prestare attenzione a quei rumori.
Ad un tratto, questi cessarono, e Sesshomaru si voltò, pensando che fosse pronta.
Rin era seduta per terra, e contemplava il suo corpo nudo.
Non c’era compiacimento nel suo sguardo, o soddisfazione.
Nonostante fosse certamente attraente a degli occhi umani, Rin sembrava dispiaciuta.
“Non c’è modo di cambiare le cose. Ai suoi occhi sarò diversa. Non si puo’ tornare indietro…”. Sussurrò piano a se stessa, accarezzando con la punta delle dita la superficie dello specchio.
Era questo, dunque, che la preoccupava.
La ragazza si alzò di scatto, forse rinvigorita da un qualche pensiero.
Si rivestì in fretta, e Sesshomaru tornò a voltarsi.
Una volta pronta, la ragazza afferrò uno zaino di tela, e uscì alla luce del sole.

*


Nuovamente, la visione cambiò.
Sesshomaru riconobbe immediatamente il luogo: era il giardino del suo Palazzo, e Rin lo stava attraversando di fretta.
Era visibilmente stanca e scarmigliata, ma lo sguardo era più deciso che mai.
Quanto tempo era durato il suo viaggio?
Il demone vide Jaken andarle incontro.
“Allontanati, umana! Questo è il Palazzo di un grande e potente demone!”. Gracchiò il Kappa. Rin sorrise, e si chinò sul piccolo demone.
“Signor Jaken, sono Rin!”.
Il Kappa rimase basito, cercando nella giovane donna le tracce quasi dissolte della bambina che ricordava.
“Rin!”. Esclamò, riconoscendola.
“Signor Jaken, devo vedere il Sommo Sesshomaru”.
“In questo il momento il signor Sesshomaru non vuole vedere nessuno”. Disse, agitato.
“La prego, Signor Jaken”.
“Mi ha ordinato di non disturbarlo!”. Esclamò, stizzito.
Rin abbassò lo sguardo per un attimo. Poi, con uno scatto superò il piccolo demone, e corse verso l’ingresso della villa.
“Rin!Ferma!”. Urlò. Jaken tentò di seguirla, ma cadde, com’era prevedibile.
Sesshomaru seguì Rin nella villa, come un ombra.
La vide correre per il corridoio gettando sguardi veloci per le stanze, ma fu davanti all’unica porta chiusa che si fermò.
Fece scorrere la porta con lentezza, insicura.
Oltre le spalle della ragazza, Sesshomaru vide la sua stanza da letto, sostanzialmente identica a come l’aveva lasciata.
E vide se stesso a letto, mollemente disteso sopra dei cuscini bianchi.
Sentì Rin irrigidirsi e indietreggiare. “Chiedo scusa”.
Visibilmente sconvolta, la ragazza corse via.
Sesshomaru la vide solo allora.
Una donna, un demone, giaceva nuda accanto a lui, e fissava stupita la porta, dov’era appena scomparsa Rin.
“Chi era quella strana umana?”. Chiese.
Quel se stesso del futuro strinse gli occhi, e alzandosi dal letto si gettò sulle spalle i suoi abiti.
“Non puo’ essere”.

*


Sesshomaru vide Rin correre, scavalcare uno strillante Jaken e uscire dalla villa.
Solamente quando fu lontana, si permise di riprendere fiato.
Sesshomaru, che l’aveva seguita senza forzo, la guardò in volto, dove brillavano due lacrime.
Eccola, liquida e salata, la risposta che stava cercando.
Rin non vide i demoni che la stavano osservando, bramosi.
Sesshomaru si, ma per la prima volta scoprì di non poter fare nulla.
Con rabbia crescente li vide avvicinarsi alla ragazza, che se ne accorse soltanto quanto fu troppo tardi.
Il demone più vicino la colpì con un artiglio dritto nel petto, all’altezza del cuore.
E ridendo, osservò goloso il sangue di Rin coprire l’erba.
Sesshomaru le corse accanto, guardando in alto e aspettando la sua stessa venuta. Ma il cielo era azzurro e sgombro.
Fu con un’ultima lacrima che si spense la vita di Rin, mentre accasciata sul suolo aveva aspettato un aiuto che non era arrivato.
Sesshomaru ringhiò per la frustrazione. Era morta.
Rin in quel futuro moriva per colpa sua, per la sua incapacità di proteggerla.
Dopo alcuni minuti, vide se stesso volare verso di loro, il viso frustato dai capelli mossi dal vento. E quei demoni fuggire, vili di fronte al suo potere.
E nei suoi stessi occhi color ambra, vide la sua stessa consapevolezza, l’impossibilità di usare Tenseiga una seconda volta.
Le accarezzò il viso sporco di sangue, e la prese in braccio, incurante del sangue che macchiava i suoi abiti impeccabili.
E con un ringhio di rabbia verso il cielo nelle orecchie, Sesshomaru sentì la vista offuscarsi.
La visione, era terminata.
**

Grazie per i commenti, spero che questo capitolo vi piaccia :D

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Capitolo 3
*** Presente. ***




Il ritorno al presente fu brusco, e solo quando la nebbia si dissolse dalla sua mente, Sesshomaru riaprì gli occhi d’ambra.
Il buio antro lo riaccoglieva con la consueta umidità, e con il pigro scoppiettio dei carboni ardenti.
La visione gli aveva lasciato addosso una viscida sensazione di rabbia trattenuta. Strinse i pugni, scoprendosi intorpidito.
Di fronte a lui, il demone donna tamburellava le dita sulle labbra pallide, osservandolo intensamente.
I suoi occhi rossi mal celavano la luce di interesse che si era accesa, e un’inquietante gaiezza ne trasfigurava il volto.
“Un vero peccato”. Disse. “ Una così graziosa umana”.
Si leccò le labbra, pensierosa.
Sesshomaru soffocò un ringhio gutturale.
“La prossima”.
La donna rise, ilare.
“Sei irritato, Sesshomaru? Eppure questa povera vecchia ti aveva avvertito; Il futuro non è fardello da accettare con leggerezza.
Il destino di una fragile umana intrecciato a quello di un demone come te, non può che essere insidioso o tragico.
Cerca quanto vuoi tra gli squarci del futuro, ma le leggi della natura ci dominano. Gli umani sono condannati a morire, qualunque scelta tu possa fare”.
“La prossima”. L’ordine fu secco, sbrigativo.
Ridacchiando, il demone non si oppose oltre.
Sembrava provare un oscuro compiacimento, mentre riprendeva a sfilacciare i capelli, argento e ossidiana, nel secondo contenitore.
Il liquido ribollì, emanando evanescenti fumi verdi.
“Azzurro, come l’innocenza. Verde, come la curiosità”. Sussurrò la donna, passando una mano sui vapori, quasi con tenerezza.
Alzò lo sguardo verso di lui, le tracce del sorriso erano scomparse.
“Questo, è il vostro futuro. Il secondo”.
Sesshomaru lasciò che il vapore gli accarezzasse il volto, e chiuse gli occhi.

*

N.A. E’ un capitolo (paragrafo più che altro) interlocutorio.
Le altre possibilità sono già pronte, ma voglio rivederle con calma per evitare pasticci..
Ringrazio chi preferisce, ricorda e segue questa storia ;)
Odio chiederlo, ma qualche commento sarebbe gradito, giusto per sapere se ci sono parti da migliorare o rivedere.
Un bacio a tutte =)

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Capitolo 4
*** La seconda ciotola. ***




Le immagini vorticarono confuse nella sua mente, finché non si ritrovò in un luogo familiare.
Era una delle ampie stanze del suo palazzo; il sole filtrava dorato illuminando una ben più riconoscibile Rin.
Non era più una bambina, ma non ancora una donna.
Doveva avere all’incirca quattordici anni, e indossava un kimono azzurro decisamente sgualcito.
Lo sguardo implorante di lei era rivolto ad uno strepitante Jaken.
“Padron Sesshomaru mi ucciderà questa volta, se non ti tengo d’occhio! Torna in camera tua e non uscire!”.
“La prego, signor Jaken. E’ tanto che non mi lasciate uscire, tornerò così presto che il signor Sesshomaru non se ne accorgerà neppure..”. Piagnucolò Rin, cercando di impietosire il Kappa.
“Assolutamente no! Fila in camera tua!”. Irremovibile, il piccolo demone la guardò truce.
Sesshomaru osservò la ragazza obbedire, e lasciare la stanza a testa bassa.
In questo futuro, la sua scelta era stata quella di tenere la bambina, di crescerla.
Per farlo, sembrava aver deciso di riportare tutti nel Palazzo, sicuramente più sicuro che trascinarla da un luogo all’altro.
Era una decisione ragionevole; viste le difficoltà di Rin a rimanere in un villaggio umano, continuare a tenerla con se sembrava una scelta obbligata.
Con rassegnazione vide Rin eludere la precaria sorveglianza di Jaken, e fuggire all’aria aperta.
Era ironico che cercasse di fuggire con tanta determinazione quando nella precedente visione, pur di rivederlo, era morta.
Soffocando quel pensiero che lo rendeva inquieto, si limitò a seguirla, dal momento che non gli era permesso fare altro.
La vide correre sull’erba a piedi nudi, sporcando di terra il kimono già sgualcito.
Per quanto il suo corpo potesse mutare, era sempre Rin.
La ragazza divenne più esitante, vedendo il limitare di un villaggio.
Non aveva ancora superato la sua paura per gli esseri umani; probabilmente era l’unica umana al mondo che riusciva a trovarsi più al sicuro nel Palazzo di un demone che non accanto ai suoi simili.
In quel momento, un giovane umano dai capelli scuri la avvicinò.
Sembrava più grande di lei, ma non abbastanza da spaventarla.
La naturale curiosità di Rin prese il sopravvento, e lasciò che il ragazzo si presentasse.
Sesshomaru si obbligò a non ascoltare le loro parole, intento a cercare possibili minacce per la ragazzina.
Era naturale, si ritrovò a pensare, che capitasse; Era giusto che Rin trovasse qualcuno cui legare la propria vita, che crescesse e invecchiasse con lei.

“Le leggi della natura ci dominano”.


Gli era già stato detto. Ma l’irritazione che provava per il gracile umano era naturale, giustificata.
Era evidentemente troppo debole per proteggerla, e dubitava che con il tempo sarebbe stato capace di tenerla al sicuro.
Osservò i due ragazzi avvicinarsi al villaggio, lui sorridendo incoraggiante, lei timorosa.
Quel pomeriggio, Rin visse da umana.
La vide camminare e sorridere, dapprima titubante ma poi più sicura, a quelle creature che l’avevano sempre spaventata, inconsapevole di avere Sesshomaru al suo fianco.
Gli esseri umani, non erano più mostri da temere.
A quel punto, avrebbe continuato a restare con lui, o avrebbe preso il posto che giustamente le spettava tra quelli della sua razza?
I due ragazzi si fermarono sotto un albero, cercando conforto dall’arsura nell’ombra.
“ Non è stato così male, no?”. Chiese il ragazzo con un sorriso.
“Voi umani non siete cattivi”. Sorrise Rin di rimando.
“Ma anche tu sei umana. Dovresti venire a vivere con noi, e non restare con quel demone crudele”.
Rin s’infervorò.
“Il signor Sesshomaru non è affatto crudele! E’ buono e coraggioso!”.
Il demone restò piacevolmente sorpreso dalla lealtà di Rin, rimasta intatta con il passare del tempo.
“Ehi, ma non sarai innamorata di quello, vero?”. Il ragazzo sembrava irritato dalla veemenza di Rin nel proteggerlo.
“Che cosa vuol dire innamorata?”.
Imbarazzato e sorpreso, il ragazzo cominciò a giocare con una foglia.
“Ma come fai a non saperlo?”. Chiese con sarcasmo.
Rin sembrò arrabbiarsi.
“Non lo so. Cosa vuol dire?”.
“Vuol dire.. quando vuoi molto bene a una persona..quando vorresti stare con lei per tutta la vita”. Rispose il ragazzo, impacciato.
“Oh. Come si fa a capirlo?”. Chiese, sempre più curiosa.
Il ragazzo sembrò in difficoltà, e si stava chiaramente pentendo di avere dato inizio a quella scomoda conversazione.
“Beh. Quando sei innamorata, vorresti baciarlo. No?”.
Rin sembrava più confusa che mai, e la sua espressione era così buffa e innocente, che Sesshomaru si vide costretto a sorridere.
A modo suo, quella creatura era unica, preziosa.
“Come si fa a baciare?”. Chiese.
Il ragazzo arrossì.
“Ehm..Cominci chiudendo gli occhi..”.
“Ma se chiudo gli occhi come faccio a guardarlo?”. Lo interruppe Rin, poco convinta.
Il ragazzo si spazientì.
“Infatti non devi vedere! Ecco, si bacia così”.
Le mise una mano sulla spalla, e avvicinandosi le diede un bacio.
Rin rimase immobile e con gli occhi spalancati; quando il ragazzo si allontanò, si toccò le labbra con le dita.
“Il signor Sesshomaru non l’ha mai fatto”. Disse soltanto.
“Allora vuol dire che non siete innamorati”. Affermò, sicuro.
“E poi lui è un demone, quelli come lui gli umani li ammazzano”.
“Questo non è vero”.
“Si invece, è la loro natura”. Replicò testardo il ragazzo.
Rin aveva quasi le lacrime agli occhi.
“Non è vero!Bugiardo!”.
E fuggì senza voltarsi, lasciando solo il ragazzo, ancora stupito.

*


La scena cambiò.
Era di nuovo nel Palazzo, nelle sue stanze private.
Solo con il suo se stesso, Sesshomaru ebbe modo di osservarsi.
Non c’era nulla di diverso nel suo fisico, nessun segno tangibile degli anni passati.
Neppure i suoi occhi mostravano alcun cambiamento.
Non riusciva a capire l’affetto di Rin, né la sua assoluta e cieca fiducia.
Consapevole di essere una creatura fredda, gli appariva impensabile che la solare, spensierata Rin fosse così tenace nel suo affetto probabilmente mal riposto.
Sentì dei passi leggeri avvicinarsi, e la testa di Rin sbucare dall’uscio della porta.
“Signor Sesshomaru?”.
Il demone si slacciò la cintura con cui teneva le spade.
“Si, Rin?”.
La ragazzina entrò nella stanza, e si avvicinò a lui.
“Siete troppo alto”. Affermò, quasi contrariata.
Sorpreso, il demone si abbassò, in modo che i loro occhi si potessero incontrare alla stessa altezza.
“Ora non più”.
Lei sorrise.
“Io sono felice di stare con lei, e non vorrei mai lasciarla”.
E con la sua solita incoscienza e tenerezza, ripeté i gesti del ragazzo del villaggio; Posò una mano sulla spalla del demone, e gli diede un leggero bacio sulle labbra sottili.
Quando si scostò, sorrise disarmante.
“L’ho fatto bene?”.
Sesshomaru le mise una mano sulla testa.
“L’hai visto fare al villaggio?”. Chiese.
“Sì”. Rispose, poi, ricordando che non avrebbe dovuto uscire, esclamò “No!”.
Sesshomaru si alzò.
“Va bene, Rin. Ora torna nella tua stanza”. Disse.
E lei uscì, lasciandolo solo con i suoi pensieri.

*


Quando la scena cambiò, si trovava nei pressi del villaggio, nella campagna.
Era tarda sera, e Rin parlava con una donna che Sesshomaru avrebbe riconosciuto tra mille.
I lunghi capelli d’argento erano mossi dalla brezza serale, quasi opalescenti, e nella fronte bianca, spiccava una luna viola.
Le sue labbra erano curve in un sorriso.
Sua madre stava accarezzando la guancia di Rin, con fare rassicurante.
“Sei una brava bambina, Rin”.
Nonostante il tentativo di tranquillizzarla, Rin era spaventata.
Lo vedeva nei suoi occhi spalancati, nella pelle d’oca.
Perché sua madre era interessata a Rin?
Teso, Sesshomaru le osservò con attenzione.
“Io sono la madre di Sesshomaru, piccola. E ho bisogno di un tuo piccolo aiuto”. Disse.
Improvvisamente, afferrò la gola di Rin con entrambe le mani, e la ragazzina non fece in tempo ad urlare.
“Vedi, piccola Rin, credo che il tuo tempo accanto a mio figlio sia giunto al termine”. Le sorrise, mostrando gli scintillanti denti bianchi.
“Sei stata brava ad aiutarlo a comprendere Tenseiga, e l’hai reso più potente di quanto potessi sperare”.
Rin cercò di divincolarsi, invano.
“Ma più cresci, più le possibilità che finirai con l’indebolirlo aumentano. Capisci adesso, perché devo ucciderti?”. Chiese con dolcezza.
Il viso di Rin si fece arrossato, nel tentativo di continuare a respirare.
E Sesshomaru, non poté fare altro che osservare con orrore crescente, mentre ogni fibra del suo corpo fremeva per fermarla.
“Sesshomaru è perfetto, adesso. La sua mente deve restare gelida e pura, e il suo cuore aperto solo alla compassione. Fai la brava, Rin, e aiuta il tuo signor Sesshomaru a restare potente”.
L’agonia della ragazzina non durò a lungo.
Le braccia di Rin si fecero deboli, fino a pendere lungo i fianchi, inerti.
Sua madre depose la bambina a terra con gentilezza, sistemandola in modo che la sua posizione fosse dignitosa.
“Grazie, piccola Rin”. Le sussurrò, prima di allontanarsi nella notte.
E anche questa visione si fece sfocata, fino a svanire.

*

NA. Ringrazio per le recensioni xD
Non ero soddisfatta di questo capitolo, ma a questo punto preferisco concentrarmi sul successivo, credo più interessante =P
Un bacio!

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Capitolo 5
*** 2. Presente ***




Sesshomaru provò rabbia.
Una rabbia crescente e bruciante, alimentata dall’impotenza davanti a ciò che aveva visto, e che probabilmente avrebbe continuato a vedere.
La terza ciotola era davanti a lui, e gli risultava intollerabile che un oggetto così fragile fosse per lui causa di.. ansia?
“Mi mostrerai ancora morte?”. Chiese al demone, ironico.
L’immobilità della donna era inquietante.
Lo sguardo color rubino era fisso sul suo viso, ma non lo stava davvero guardando.
Vedeva oltre.
“Non sono io a mostrarti la morte, sei tu che la porti all’interno del tuo corpo, e al tuo fianco sotto forma di spada. La bambina per cui ti dai tanta pena, era già morta. Tu, di fatto, hai cambiato il suo destino facendola rinascere”. Rispose, pacata.
Sesshomaru portò la mano sull’elsa di Tenseiga.
“E’ stata Tenseiga a volerlo”.
Le labbra della donna si stiracchiarono in un sorriso.
“E tu l’hai esaudita. Avresti potuto ignorarla, ma non l’hai fatto.
Forse, avresti dimostrato più compassione per quella ragazzina lasciandola ai demoni dell’oltretomba, invece di trascinarla sulla tua scia di morte”.
“Dunque è vero. C’è solo morte in quelle ciotole”. Concluse Sesshomaru.
Il sorriso della donna si allargò, e i suoi occhi luccicarono, divertiti.
“Oh, no. Credo che troverai la prossima visione piuttosto interessante, in un certo senso”.
Sesshomaru tornò alla sua fredda staticità, e attese.
La donna proseguì con il solito rituale, ma questa volta sembrava frenetica, eccitata.
I vapori sprigionati dalla ciotola furono scuri e densi, del colore del vino. O del sangue.
“Rosso, come il desiderio”. Sussurrò.
“Questo, è il vostro futuro. Il terzo”.
Per la prima volta, Sesshomaru non era sicuro di voler vedere.
Ma respirò comunque il fumo rosso, e con un lento sospiro, lasciò che il futuro si schiudesse per lui.

***

Lirinuccia: Grazie per gli incoraggiamenti che mi dai, sei un tesoro =)
In realtà anche io mi sento un po’ stronza per la fine che fa ogni volta Rin, ma se non lo faccio, Sesshomaru non puo’ darsi una smossa xD
Già, Sesshomaru. E’ un personaggio che sfugge dalle mani, faccio una fatica assurda per non renderlo un cucchiaio di miele.
E la tentazione è forte *-*
Spero che i prossimi capitoli ti piacciano!

Grazie a chi segue questa storia! Un bacio!

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Capitolo 6
*** La terza ciotola. ***




Un villaggio umano, illuminato dalla tremula luce delle fiaccole.
La quiete della notte fu disturbata da passi leggeri ma affrettati di una donna, che riconobbe essere Rin.
Avvolta in un kimono viola, la sua figura era morbida e slanciata.
Seguì la sua corsa silenziosa verso la campagna, e una volta raggiunto un albero, si sedette tra le radici e l’erba umida di rugiada.
Subito dopo, una figura chiara uscì dalle ombre per avvicinarsi.
Il Sesshomaru di quel futuro era identico a tutti gli altri, come sempre; solo la figura di Rin mostrava il tempo trascorso.
Lei sorrise alla sua venuta, ma il calore che gli aveva sempre dimostrato si era fatto più quieto, tiepido.
“Signor Sesshomaru”. Lo salutò.
“Rin”. Fu la sua risposta.
Sebbene il contegno del demone fosse come sempre impeccabile, Sesshomaru notò che anche in se stesso c’era qualcosa di diverso.
Non fisico, non evidente. Ma lo percepiva nell’aria intorno a loro.
“Siete in ritardo. Le poche visite che mi concedete ultimamente si fanno sempre più rade”. Affermò con tristezza.
Una via di mezzo; Ecco cosa mostrava la terza ciotola, la terza possibilità.
Lasciarla agli umani, ma non scomparire dalla sua vita, continuando a vegliarla da lontano. Sul confine tra due mondi, lui non avrebbe interferito nella sua breve vita umana, e lei non sarebbe stata in pericolo in un’ esistenza di sangue e potere.
Un equilibrio logico, ragionato.
Eppure, ogni visione inizialmente gli era sembrata la scelta giusta, almeno fino al momento in cui Rin moriva, un dettaglio che sembrava ripetersi.
Il Sesshomaru del futuro comunque non rispose alla ragazza, si limitò ad osservarla con sguardo critico.
“Mostrami le braccia”. Disse.
Sorpresa, Rin abbassò lo sguardo.
“Perché?”.
Sesshomaru si avvicinò minaccioso, sovrastandola.
“Alzati”. L’ordine fu pronunciato con rabbia contenuta.
La ragazza si alzò, incapace di opporsi, ma rifiutandosi di incontrare il suo sguardo.
Il demone le scostò le maniche del kimono, rivelando le braccia pallide alla luce della luna. Fu allora che Sesshomaru si accorse di quello che il suo se stesso era stato più veloce nel notare.
Lunghi tagli in parte rimarginati percorrevano la lunghezza delle braccia.
“Ne sentivo l’odore”. Disse. “Chi è stato?”.
La ragazza si scostò da lui.
“Adesso va tutto bene”.
L’odore della menzogna impregnò l’aria.
Il demone strinse gli occhi.
“Scopriti il collo”.
La ragazza indietreggiò.
“Adesso va tutto bene”. Ripeté, testarda.
Il demone la afferrò, e con uno strattone liberò il collo e le spalle dal kimono. Chiazze violacee indicavano dove era stata afferrata, scossa, colpita.
“Chi è stato?”. Ripeté, con voce soffocata.
La ragazza si ricoprì, ignorandolo ostinatamente.
“Siete soddisfatto?”.
Gli occhi scuri incontrarono quelli d’ambra, sfoggiando un orgoglio che Sesshomaru non vi aveva mai visto.
Eccola, la donna che aveva preso il posto della bambina, testardamente convinta di non avere più bisogno di protezione, di cavarsela.
Il demone non desistette.
“Il suo nome, Rin”. La sua voce era più calma, nel pregustare la morte.
“No. Non ho bisogno del vostro aiuto”.
Eccolo, il confine si faceva più visibile.
Decidendo di vivere ai margini della sua vita, non aveva più il diritto di interferire. Provò una sensazione sgradevole, cui non riuscì a dare un nome.
I due si fronteggiarono, in silenzio.
Non c’erano più giustificazioni.
Rin aveva guadagnato un posto nel mondo, rifiutando la sua protezione.
Era libera.
Il legame contro natura che si era instaurato tra loro, era stato reciso. La terza visione dunque, era quella che Sesshomaru stava cercando.
Proteggerla, era stata per molto tempo l’unica scusa, l’unica attenuante per la sua presenza; poiché era venuta meno, lasciarla andare era la cosa più semplice.
Ma il Sesshomaru del futuro non si mosse, non si voltò per andarsene, come avrebbe dovuto.
Alzò una mano per sfiorarle i capelli, e fu con sorpreso disgusto per se stesso che il demone comprese.
La scelta era stata quella giusta, ma quel cambiamento che aveva annusato nell’aria si era reso concreto in quell’unico gesto di tenerezza.
Nelle sue visioni, Sesshomaru aveva dimenticato qualcosa di fondamentale.
Anche se con alcuni incantesimi era riuscito ad aprire finestre nel futuro, non aveva tenuto conto dello scorrere del tempo, e che le scelte, portavano anche mutamenti interni.
La visione non gli mostrava come si fosse fatto strada il cambiamento che era avvenuto in lui, soltanto le conseguenze.
E la conseguenza, fu che il potente demone stava perdendo una battaglia contro se stesso.
Le sfiorò la guancia con esitazione, diviso tra coerenza e istinto.
Da quanto durava quella lotta?
Fu Rin a scostarsi.
“E’ meglio che vada”. Disse, incerta.
Sesshomaru non rispose.
Rabbia, desiderio, conflitto.
Era l’amore dei demoni.
“Hai paura?”. Le chiese.
Come un’ infezione si era propagato in lui, un morbo cui pensava di essere immune. Sua madre aveva ragione.
Rin, una delle cause del suo potere, era diventata una debolezza.
Anche questa volta, Sesshomaru non poté intervenire.
“No”.
Vide il suo debole se stesso del futuro trattenerla, e lei fu incapace di negarsi, soggiogata dal suo sguardo.
La colpa del padre ricadeva sul figlio, come una maledizione.
Cadde in un abisso, trascinando il corpo candido di Rin con sé.

*


L’orrore non sembrava avere fine.
L’ultimo squarcio della terza visione, fu Rin, sotto quello stesso albero, con la gola tagliata.
Sesshomaru provò sgomento, e odio.
Era stato lui a mettere fine alla sua vita?

**

NA. Spero di avervi messo un po’ di curiosità :D
Purtroppo per un po’ non potrò aggiornare, visto che passerò il fine settimana a Venezia.
Grazie a chi sta seguendo questa storia, un bacio!

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Capitolo 7
*** 3. Presente ***




Con uno scatto fulmineo, Sesshomaru strinse la gola sottile della vecchia.
“Avevi detto niente più morte”. Sibilò.
La donna emise un verso strozzato, che Sesshomaru identificò come una risata.
“Ho detto che non ci sarebbe stata solo morte”. Precisò lei.
Con forza inaspettata allontanò gli artigli di Sesshomaru da se.
“E’ un interessante risvolto, non trovi?”. Gli occhi luccicarono sul volto sornione.
“Il demone che ha giurato disprezzo agli esseri umani, infine si invaghisce controvoglia della giovane umana che ha salvato”.
Sesshomaru scoprì che controllare la collera si stava rivelando difficile.
Era stata la visione, o l’irritante sguardo di quel demone?
“Non sfidarmi”. Rispose, cercando di mantenere il tono incolore.
La donna gli riservò uno sguardo tagliente.
“Vuoi negare ciò che hai visto?”. Chiese.
“Non permetterò che il futuro sia questo”. Ringhiò.
Il demone lo guardò pensierosa, inclinando la testa.
“Non hai l’acume di tuo padre, Sesshomaru. Alla terza visione, aveva già intuito il segreto delle ciotole”. Osservò con finta noncuranza.
La sorpresa prese il posto dell’irritazione.
“Anche lui ti chiese visioni del futuro?”.
Non era poi così impossibile.
Era stato proprio suo padre a svelargli l’esistenza del vecchio demone rintanato in quel luogo oscuro.
La donna si leccò le labbra, dischiudendole in un sorriso quasi lascivo.
“Izayoi, questo era il nome della donna. Una creatura delicata. Più bella, credo, della tua piccola umana”. Disse, quasi con tono di scusa.
“Voleva vedere il suo futuro con quella donna?”. Chiese Sesshomaru, riprendendo il consueto controllo.
“Oh, no. Aveva già deciso di tenerla con se. Tuo padre aveva più amore nel cuore, e più egoismo”. Rispose.
“No, era preoccupato per il cucciolo. Fu il suo futuro, che mi chiese di mostrargli”.
Inuyasha, certo. Il fastidio che provava per il fratello aumentò.
Era certo che il padre non avesse affatto chiesto delle visioni per il maggiore, il demone completo che avrebbe dovuto apprezzare di più.
“E cosa capì delle ciotole?”. Chiese.
La risata deliziata del demone riempì la stanza.
“Inquietante, come le ciotole ti abbiano mostrato solo morte, non trovi?”. Chiese, ironica.
“Il fatto, Sesshomaru, è che tu non mi hai posto la domanda giusta, quella che tuo padre mi fece, dopo la terza ciotola.”.
Sesshomaru spostò lo sguardo dalla donna al liquido chiaro delle ciotole, dalle quali si levavano forme sinuose simili a corpi.
Le ciotole gli avevano aperto squarci di futuro.
Eppure, ognuna gli aveva mostrato come le sue decisioni erano state fallimentari.
Se i futuri possibili erano molteplici, perché a lui venivano mostrati solo quelli in cui Rin moriva?
La donna sembrò intuire i suoi pensieri.
“Il futuro è vario, mutevole, indefinito. Forme indistinte, come questi vapori. Le ciotole cui tu fai tanto affidamento, mostrano possibilità, decisioni che potresti prendere, e soprattutto” aggiunse con un sorriso “Le tue paure”.
Sesshomaru rimase in silenzio.
“Il futuro ci è cucito addosso. E le ciotole, non sono altro che specchi. I tuoi timori per la ragazzina sono così definiti, che divengono possibili, e le ciotole ti mostrano queste possibilità. Al futuro bisogna accostarsi con mente lucida e rassegnata.
Tu, Sesshomaru, non ti sei mai arreso al destino, esattamente come tuo padre. Per questo, non siete mai riusciti a vedere più in la delle vostre paure”.
La donna muoveva distrattamente la mano sul braciere, che sembrava farsi più vivo.
“La vedi crescere, e scoprire sentimenti che non sarai in grado affrontare o restituire. La vedi crescere e diventare donna, desiderare un compagno e non più un protettore.
E allora la uccidi, incapace di gestirla. La sua morte arriva sempre per mani diverse, ma nella tua mente, l’assassino resti tu”. Spiegò con tono gentile.
Dai carboni ardenti uscirono fili di fumo, che unendosi e contraendosi formarono un corpo umano. Il corpo di Rin.
“La paura di cadere nell’errore di tuo padre ti ossessiona. Respingi l’affetto di questa creatura, ma ne sei irresistibilmente attratto. E questo, ci porta alla terza ciotola, dove vedi te stesso cadere alla tentazione del suo giovane corpo.
Un desiderio che hai sentito, e di cui hai avuto paura. L’essere che più temi, sei proprio tu. Un te stesso che reprimi, e disprezzi, perché troppo simile a quel padre che ha amato più un’umana che il nobile demone che era tua madre”. Disse.
La bambina con il corpo di fumo lo guardava con occhi spenti, persi. La donna le accarezzò le guance, ma i suoi occhi erano per Sesshomaru.
“E’ un peccato che non sia qui con noi. Una creatura così piccola e innocente, capace di scatenare tanta confusione in un demone come te”.
Mentre parlava, distrusse con un gesto della mano la figura di fumo, che riformandosi prese l’aspetto di una Rin adulta.
“Ogni volta che la vedi morire, il tuo cuore impassibile viene scalfito. E questo, Sesshomaru, mi incuriosisce molto.
L’interesse che esercita questa umana in te, è tale da solleticare anche il mio”.
Sesshomaru si irrigidì, e strinse gli occhi.
“In effetti, desidero molto la sua anima”. Confessò. “Posso solo immaginare il potere che avrei su di te”.
Con forza straordinaria, afferrò la mano di Sesshomaru e la incise con il coltello.
Il sangue del demone macchiò i capelli che la donna teneva in mano.
“Lascia che ti mostri la quarta ciotola, e il patto che vorrei stringere con te”. Sussurrò.
Lasciò cadere parte dei capelli nella ciotola, che ribollì di fumi violetti.

**

Eccomi xD
Penso che con questo capitolo, sia più chiaro dove voglio andare a parare, no? xD
Per il finale sono indecisa, ma spero che il parto della mia fantasia malata vi piaccia.
Un bacio a tutte, e sempre grazie per i commenti e per chi segue questa ff :D

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Capitolo 8
*** La quarta ciotola. ***




Quando la nuova visione si delineò davanti ai suoi occhi, inizialmente non comprese.
Si trovava ancora nella grotta, in piedi di fronte al demone, che però non lo guardava.
Il suo sorriso infatti, era rivolto ad un altro Sesshomaru.
“Il patto, è stretto”. Affermò la donna, porgendogli una fragile fiala di vetro.
Sesshomaru osservò se stesso prendere la fiala con lentezza, con un’indecisione che in parte lo lasciò stupito.
Era sempre stato certo delle proprie scelte; perché allora, quell’esitazione?
Fece scivolare la fiala tra le sue vesti, vicino al petto.
La maneggiava con cura, come se fosse preziosa.
Con un’ultima occhiata al demone, lasciò la grotta senza voltarsi.

*


L’immagine cambiò.
Si trovava su una scogliera, in un luogo che gli era vagamente familiare.
Due figure si stagliavano contro il cielo rosso, mentre il sole moriva all’orizzonte.
La prima, altera, osservava il mare sottostante che si infrangeva sugli scogli, mentre l’altra, più minuta, cercava di coprirsi come meglio poteva dal freddo pungente.
Fu facile riconoscervi Rin; quel volto cambiato dal tempo gli era ormai familiare quanto il viso della Rin bambina.
Per quanto il vento soffiasse feroce, riuscì comunque a distinguere le loro parole.
“Vi ho già detto che sono pronta a pagare il prezzo, Signor Sesshomaru”.
Le parole della ragazza furono pronunciate con fervore, mentre implorante osservava le ampie spalle del demone.
“Non potrai tornare indietro”. Non si voltò, mentre lo diceva.
Continuava ad osservare il mare, e quella constatazione sembrava rivolta più a se stesso che non un avvertimento per Rin.
Seguì il silenzio, interrotto solo dal fragore delle onde.
“Resterò con voi per sempre”. Replicò la ragazza.
Il demone si voltò per fronteggiarla, e lei rispose con un sorriso timido, che fece scendere sul volto di Sesshomaru un’ombra.
Il demone sfiorò con le dita quel sorriso, incapace di capirne il senso.
Sesshomaru osservò la scena mantenendo il suo contegno distaccato, ma non lasciandosi sfuggire quel gesto quasi casuale, apparentemente semplice.
Il patto non era ancora stato svelato, ma intuiva che fosse Rin a doverne accettare buona parte del peso.
Sembrava che le sue scelte dovessero ricadere su di lei, schiaccianti.
La visione sfumò.

*


Una collina.
Su di essa, sorgeva una costruzione elegante, apparentemente deserta.
Accanto al ruscello che costeggiava l’abitazione, una Rin identica alla precedente visione passeggiava sulle rive.
Sembrava la Rin della scogliera, se non per un dettaglio apparentemente insignificante: i suoi capelli d’onice scendevano molto più lunghi, fino a superarle la vita.
Ma c’era qualcos’altro, che Sesshomaru non notò finché non le si avvicinò.
I suoi occhi, generalmente ridenti, sembravano privi di quella gioia che la distingueva, cerchiati com’erano dalla stanchezza e dalla malinconia.
Sebbene non riuscisse a riconoscere il luogo dove si trovava, sentiva sulla pelle una strana sensazione di immobilità.
Non c’era filo di vento che muovesse le cime degli alberi sparsi, e nessun animale interrompeva la quiete del luogo.
Persino il ruscello sembrava congelato.
Osservò Rin alzare gli occhi verso il cielo, come in attesa.
Seguendo il suo sguardo, l’attenzione di Sesshomaru fu colpita da strani bagliori iridescenti.
Sembrava che quel bosco fosse avvolto da una sorta di ragnatela, che avvolgeva tutto come una cupola protettiva.
Improvvisamente, accanto a lui vi fu il demone donna, che osserva Rin con un’oscena tenerezza.
“Povero uccellino”. Disse, “Quanto amore deve provare per il suo Sesshomaru”.
Volse lo sguardo vermiglio verso di lui.
“Adesso riesci a vedere, il nostro patto?”. Chiese.
Sesshomaru non rispose, e la donna rise.
“Ti ho offerto l’unica soluzione possibile. Un luogo dove nulla puo’ scalfirla, neppure il tempo impietoso.
Un luogo cui hai accesso solo tu, dove puoi proteggerla dal mondo e persino da te stesso. Finché resta qui, vivrà per sempre”. Disse.
Fu così che venne svelata la ragione dell’immobilità che percepiva; e comprese la follia di quel patto, e il suo indubbio fascino.
“A cosa serviva, la fiala?”. Chiese a quel punto.
Una nuova, genuina risata sgorgò dalla gola della donna.
“Ci siamo dentro, Sesshomaru. E’ questo, il luogo sicuro per la piccola Rin”.
La sorpresa si mescolò alla rabbia, e al disgusto. Le sottili ragnatele, non erano altro che i riflessi del vetro.
Ecco perché l’aveva inizialmente chiamata “uccellino”, nella sua crudele ironia.
Rin era davvero in gabbia, sospesa nel tempo e nello spazio.
“E’ prigioniera”. Ringhiò.
“Se vuoi vederla in questo modo. Il carceriere, in fondo, sei tu: puoi liberarla in qualsiasi momento desideri”. La donna scrollò le spalle.
“Ti ricordo però, che è stata lei ad accettarlo. Nessuna imposizione, era parte del contratto. E lei, pur di restare con te, ne ha accettato le conseguenze”. Aggiunse.
Sesshomaru riportò il suo sguardo su Rin. Era seduta sull’erba, in silenzio; Guardava quel mondo costruito per lei.
“La tieni al sicuro, accanto al tuo cuore, tra le vesti. La raggiungi appena ti è possibile, per regalarle calore, e salvarla dal tedio.
Eppure, sembra una buona prospettiva. Nessuno si fa del male”. Cinguettò il demone.
Sesshomaru non distoglieva lo sguardo da Rin, ma era teso.
“E cosa ricavi, tu, da questo patto?”. Chiese, la voce incolore.
Lei sorrise.
“Finché Rin resta qui, nulla potrà farle del male, neppure io. Ogni cosa dipende dalla sua volontà. Ma se esce di sua spontanea volontà, la sua anima è mia”.
Sesshomaru portò la mano sulla sua spada, ma il demone si allontanò con inaspettata velocità.
“E’ il patto che ti offro. Del resto, Rin potrebbe decidere di restare qui per sempre, e io non potrei fare nulla per impedirlo”.
Sesshomaru strinse i denti.
Sentiva che qualcosa nel discorso del demone gli sfuggiva. Se davvero Rin era libera di scegliere, quella possibilità era davvero invitante.
Una volta cresciuta, gli avrebbe offerto la fiala, e a decidere sarebbe stata unicamente lei. Nessuna morte, nessuna sofferenza.
La donna si avvicinò a Rin, e incredibilmente, lei alzò gli occhi per guardarla, sorpresa.
Il demone stava interferendo con la visione, mentre lui era limitato al poter solo osservare.
“Ciao, piccola. Cosa ci fai qui, tutta sola?”. Chiese la donna, con tono amabile.
Rin sorrise, vittima della sua ingenuità.
“Aspetto il signor Sesshomaru”. Rispose.
Il demone ricambiò il sorriso con dolcezza.
“E perché non vai tu da lui?”.
Rin si rabbuiò.
“Non mi è possibile. Ha detto di aspettarlo qui”.
“E se lui si fosse dimenticato di te? Forse dovresti ricordargli la sua promessa”. La donna le accarezzò i lunghi capelli, e Rin al contatto, arretrò.
“Non puo’ averlo dimenticato”. Rispose, titubante.
Il demone sfoggiò un’espressione preoccupata, compassionevole.
“Ne sei sicura, piccola?Sai, non è poi così difficile, uscire. Basterebbe che tu toccassi le pareti di vetro che circondano questo luogo. Forse dovresti provare”.
L’intento della donna era chiaro. Per impadronirsi dell’anima di Rin, avrebbe continuato a tentarla, all’infinito.
E Rin, avrebbe ceduto?
Con rabbia, Sesshomaru estrasse Tenseiga.
“Basta, adesso”. Disse.
E con un fendente, frantumò le pareti di vetro.

**

Eh sì, siamo quasi alla fine =)
I ringraziamenti sono d’obbligo, sia a chi commenta, sia a chi segue silenziosamente.
Non faccio nomi per adesso, ma insomma, sapete a chi mi riferisco!
Spero di riuscire a postare l’ultimo capitolo prima della gita xD

Lagadema: Grazie per la bella recensione! 
Ho sempre pensato che Sesshomaru fosse più di un demone freddo e scostante, sebbene siano le sue peculiarità. Volevo che questa storia fosse un po’ un analisi dei suoi sentimenti, del suo sentirsi un demone completo,ma tenendo presente che anche suo padre lo era.
Quindi, il suo “sangue puro” non puo’ salvarlo dalla possibilità di cedere a dei sentimenti “umani”.
Sentimenti che cerca però di sopprimere, e in questo senso ho inteso le morti di Rin, personificazione del suo tanto disprezzato lato umano..
Ogni volta che nella storia si avvicina ad un coinvolgimento emotivo, lei muore. Una specie di blocco xD
Dovrebbe essere questo il senso di questo capitolo, ovvero di come Sesshomaru possa decidere di tenere Rin, ovvero i suoi sentimenti, gelosamente custoditi sotto vetro.
E poi c’è il demone. E’ interessante vederla come una sorta di coscienza, certamente è lei che spinge Sesshomaru a riflettere.
Sì, bisogna essere pazzi per pensare queste cose ù.ù XD
Il lieto fine. Mhm. Spero vi piaccia la decisione che ho preso, tentando di essere coerente con quanto già narrato.

A prestissimo =)

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Capitolo 9
*** Frammenti. ***





Attese che i vapori si diradassero, affinché la sua mente potesse tornare sgombra.
Le visioni, nel loro mutevole caos, avevano originato in lui una lucida comprensione; un’idea presente fin dall’inizio, ma che aveva avuto bisogno di tempo per mostrarsi come unica via.
Riaprì gli occhi d’ambra con studiata lentezza, per avere modo di prepararsi allo sguardo scarlatto e tagliente del demone.
Tuttavia, l’attenzione di quest’ultima era rivolta alla piccola ampolla che teneva in grembo, la dannata fiala con cui avrebbe potuto mantenere Rin in vita.
Con tenerezza, il demone la accarezzava pensierosa, mentre il vetro riluceva cangiante i bagliori rossastri del fuoco.
Senza alzare gli occhi, la donna ricominciò a parlare.
“Contrariamente a quanto pensi, non voglio in alcun modo ingannarti, Sesshomaru. In questo momento, la scelta più giusta per l’umana ti sembra quella di rifiutare; ma è così sbagliato cedere all’egoismo?Lei vorrà restare con te, e tu non vorrai lasciarla morire. C’è così tanta sofferenza nel futuro, per entrambi”.
Sesshomaru osservò le dita magre della donna rincorrere i bagliori sulla superficie lucente della fiala.
Risultava difficile distoglierne lo sguardo.
“Non ti concederò la sua anima”. Affermò Sesshomaru, secco.
Il demone continuò a non guardarlo, e questo lo irritò.
“Non è detto che debba accadere. Tenterei di impadronirmene, certo; ma non verrei meno al patto. Lei resterà tua finché lo vorrà. Un infinito futuro che dipano ai tuoi piedi, legato alla sua sola volontà umana”.
Sesshomaru si alzò in piedi con un movimento fluido, per torreggiare sulla minuta figura della donna; questa però non parve affatto intimidita, e continuò a non guardarlo.
“E’ il tuo interesse, che non mi spiego”. Replicò Sesshomaru.
Il demone finalmente alzò il capo. I suoi occhi brillavano di una luce ironica.
“Oh, certo che lo capisci”. La risposta della donna giunse con tono velato, carico di sottintesi.
Il fumo dei carboni ardenti tornò ad addensarsi, ricomponendo la figura nuda della Rin adulta.
Fluttuò accanto a lui seducente, le dita di fumo protese verso di lui, cercando un contatto.
“La mia attrazione per lei è equivalente alla tua”. Sorrise, indulgente al suo sguardo interrogativo.
Intanto, la creatura di fumo gli sfiorava i capelli.
“Le anime umane sono così calde”. Gli angoli della sua bocca si inclinarono nel sorriso goloso che ormai conosceva.
“Vitali, palpitanti. Noi demoni maggiori siamo esseri immobili, freddi. Quando non è il desiderio di violenza a muoverci, siamo portati naturalmente alla noia. E gli uomini, creature così piene di emozioni, ci attraggono irrimediabilmente”.
Mentre la donna parlava, la ragazza di fumo cominciò ad accarezzare le guance di Sesshomaru, con tocco lieve. Sembrava voler richiamare la sua attenzione.
“Sfugge alla nostra comprensione, come queste creature dotate di logica antepongano i loro istinti all’intelletto”. Continuò il demone.
“ Il calore delle loro anime, è così piacevole e invitante. Più forti sono le emozioni che li muovono, più calore emanano. E trovo la tua piccola Rin, con la sua cieca fedeltà, assolutamente deliziosa”.
Sesshomaru si impose di mantenere a freno la sua rabbia. Pochi demoni avevano quell’effetto su di lui.
“La vita dei demoni è lunga, Sesshomaru. E le cose rare incuriosiscono i vecchi demoni come me; il tuo legame con l’umana non è unico, ma è raro. Immagina, quale sensazione potrei provare nell’affondare le mani sulla sua bella anima. E il potere che potrei avere su di te”. Disse la donna.
Sembrava compiaciuta della sua assurda sincerità.
“Non riesci a vedere, come il piatto della bilancia penda a tuo favore? Ti sto assicurando un’eternità accanto a lei. Nessuno puo’ offrirti tanto. L’unico prezzo, è un momento che potrebbe persino non arrivare mai”.
Sesshomaru strinse gli occhi.
“Se quel momento dovesse arrivare, ti ucciderei”. Sibilò.
La Rin di fumo si fece più evanescente, fino a scomparire.
L’ultima cosa che vide, furono i suoi occhi vacui.
“Sì, indubbiamente proveresti a farlo. Ma c’è un’ultima ciotola da vedere”. Rispose la donna, abbassando lo sguardo sull’ultimo contenitore bianco.
“Mi mostrerà le conseguenze del patto?”. Chiese, sarcastico.
“E’ possibile”.
Sesshomaru sentì affiorare sulle sue labbra un sorriso.
“Possibilità. Tutto si risolve a questo”. Commentò.
Con uno scatto repentino Sesshomaru levò Tenseiga, e con un fendente distrusse l’ultima delle cinque ciotole.
I frammenti bianchi e gli schizzi del liquido si sparsero confusi sulla roccia del pavimento, in ogni direzione.
La donna lo osservò senza intervenire.
“Rin è libera”. Disse Sesshomaru. “Farà quello che vuole”.
Il demone rise a quelle parole.
“Rinunci alla fiala, per la sua libertà? E’ un prezzo che sarebbe disposta a pagare, lo sai”.
Sesshomaru ripose la spada nella fodera.
“Se ne pentirebbe”. Rispose, sicuro.
La donna lo guardò a lungo.
“Soffrirai, Principe dei Demoni”.
Il volto di Sesshomaru si illuminò in un ultimo, breve sorriso.
“La quinta ciotola non ha mostrato il suo contenuto. C’è una possibilità che non sia come dici”.
Il demone ricambiò il sorriso.
“Tipico di te, Sesshomaru”.
Sesshomaru non rispose.
Si voltò, e senza aggiungere altro, imboccò il corridoio che l’avrebbe riportato alla luce.
Dalle profondità della grotta, sentì la risata soffocata della donna.

*


Quando fu fuori dalla grotta, i tiepidi raggi del sole morente fecero brillare i suoi capelli d’argento di sfumature rosate.
Si era sentito sollevato nel lasciare l’antro, consapevole di avervi lasciato dubbi che lo inquietavano.
Avrebbe continuato a portare con se delle emozioni scomode, che per molto tempo non aveva voluto analizzare.
Non voleva più soffermarsi su quei pensieri.
Avrebbe lasciato Rin crescere, e avrebbe accettato la sua decisione.
Le sue interferenze, avrebbero procurato solo dolore e sangue.
Sapeva soltanto che avrebbe continuato a proteggerla, vicina o lontana.
Il suo olfatto fu solleticato da un odore familiare, un profumo lieve che gli avrebbe indicato dove dirigersi.
Lei era vicina, e lo stava aspettando.

*Fine*

NA:Perdonate l’atroce ritardo, ma una certa nube ha protratto la mia gita, e ho potuto aggiornare solo adesso.
Spero che quest’ultimo capitolo vi sia piaciuto, e che vorrete lasciare una traccia del vostro passaggio.
I ringraziamenti li faccio via mail, ma comunque grazie per il vostro entusiasmo e calore.
Un bacio, e arrivederci =)

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