I solemny swear that I am up to no good di Lady Tsepesh (/viewuser.php?uid=20039)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hogwarts time ***
Capitolo 2: *** Don't touch my girl ***
Capitolo 3: *** Gryffindor and Slytherin ***
Capitolo 4: *** The Unbreakable Vow [part one] ***
Capitolo 5: *** The Unbreakable Vow [part two] ***
Capitolo 6: *** During the Day: Gryffindor's Soul ***
Capitolo 7: *** During the Night: Slytherin's Soul ***
Capitolo 8: *** Tell me a story ***
Capitolo 9: *** Bedtime ***
Capitolo 10: *** It's time to fly... ***
Capitolo 11: *** Shadows ***
Capitolo 12: *** After The Quidditch Match ***
Capitolo 13: *** Run ***
Capitolo 14: *** Sorrow ***
Capitolo 15: *** ° Savannah ° ***
Capitolo 16: *** Illusion ***
Capitolo 17: *** Before Halloween ***
Capitolo 18: *** Before Halloween [2] ***
Capitolo 19: *** Halloween ***
Capitolo 20: *** So Beautiful & So Dark ***
Capitolo 21: *** Asleep ***
Capitolo 22: *** A Star Called Andromeda ***
Capitolo 23: *** My Part In This World ***
Capitolo 24: *** Face To Face ***
Capitolo 25: *** ° Jeremy ° ***
Capitolo 26: *** All The Things He Never Said ***
Capitolo 27: *** White Clouds and Golden Sun ***
Capitolo 28: *** The Great Match ***
Capitolo 29: *** Fall To Pieces [part one] ***
Capitolo 30: *** Fall To Pieces [part two] ***
Capitolo 31: *** I Love Her Green Eyes ***
Capitolo 32: *** When Darkness Comes ***
Capitolo 33: *** Snow White Party ***
Capitolo 1 *** Hogwarts time ***
CAPITOLO
1 "HOGWARTS TIME"
Quella mattina era veramente una bella giornata, davvero un peccato
doverla
sprecare nei sotterranei del castello, dove si svolgevano le lezioni di
Pozioni. Non c'era neppure la possibilità di volgere lo
sguardo alla finestra
ed osservare la luce del sole che illuminava i prati sempre ben curati
del
parco, perchè i fondatori della scuola, da bravi professori
sadici che si
rispettino, non avevano previsto neppure una finestra in quell'aula,
che perciò
poteva venire illuminata solo e soltanto con la luce delle torce appese
alle
pesanti mura di pietra.
Così, quando i poveri studenti si trovavano a seguire le
lezioni in detta
classe, sembrava loro di stare a Durmstrang, altro che ad Hogwarts.
Il settimo anno di Grifondoro, insieme al non tanto amato settimo anno
di
Serpeverde, si trovava, proprio a quell'ora del mattino, a seguire le
noiose
lezioni de professor Lumacorno. Quel giorno pareva veramente ispirato
nello
spiegare la sua lezione.
Svolazzava da un gruppo ad un altro, esaminando il contenuto dei
calderoni e
pronunciandosi in lunghi discorsi di apprezzamento, oppure di ben
educato
ribrezzo, che comunque apparivano come nenie noiose e snervanti.
Uno di quei giorni, uno degli studenti lo avrebbe preso e ficcato a
forza in un
calderone pieno zeppo di Puzzalinfa, oppure gli avrebbe aizzato contro
un
Tranello del Diavolo. Non importava tanto il come, l'importante era
toglierselo
di mezzo.
L'aula era ormai ricca di fumo, che continuava ad innalzarsi verso
l'alto, con
fare sinuoso, dai calderoni. L'aria era diventata pesante ed
irrespirabile e
faceva un caldo infernale.
-Ancora dieci minuti, ragazzi.- annunciò il professore.
Quelli, anziché terrorizzati dalla notizia del poco tempo
rimasto loro per
ultimare la pozione, parvero sollevati e ringraziarono il Creatore per
un atto
di così pietosa provvidenza divina.
James Potter si ritrovò a recitare mentalmente una preghiera
di ringraziamento,
mentre si sentiva sempre più accaldato.
Scambiò un'occhiata veloce con il suo migliore amico, Sirius
Black, anche lui
visibilmente sollevato, e tornò a dedicarsi alla sua
pozione. Quella aveva
assunto un bel colore viola acceso, proprio come dicevano le istruzioni
del
libro. Perfetto!
Poteva dire di avere finito.
Mentre riordinava il banco, dove c'era una confusione di libri, fogli
di
pergamena ed ingredienti per pozioni, lasciò vagare lo
sguardo sulla classe.
Grifondoro occupava tutto il lato destro, Serpeverde il sinistro. Non
sia mai
che si trovassero uniti!
Lucius Malfoy, suo nemico giurato, era ancora chino sul proprio
calderone,
ancora preso nel mischiare ingredienti. James non potè fare
a meno di pensare a
quanto sarebbe stato bello utilizzare un semplice incantesimo per far
esplodere
l'intero contenuto sull'odiato Serpeverde. Poi si disse che non ne
valeva
davvero la pena prendere un rimprovero da Lumacone per fare uno scherzo
cattivo
a Lucius-Ho i capelli più belli e lucenti del mondo-Malfoy.
Ci sarebbero state altre occasioni.
Severus Mocciosus Piton, invece, sembrava avere terminato, ma
scribacchiava in
modo quasi febbrile sul suo libro di pozioni. Che faceva, prendeva
appunti?
Da quella postazione James non riusciva proprio a vederlo. Beh, non
sarebbe
morto dal dispiacere.
Tornando a guardare dalla sua parte, notò che anche Sirius e
Remus, altro suo
grande amico, avevano finalmente terminato. Il secondo stava cercando
di
comunicare a voce bassissima con altro ragazzo, un piccoletto
tarchiato, per
potergli dare qualche consiglio sulla pozione che stava diventando
pericolosamente nero pece.
-Questa pozione non va affatto bene, Minus.- sentenziò
Lumacorno, passando di
lì proprio in quel momento.
Fece evanescere il contenuto, per poi tornare al suo giro.
James sapeva che cosa sarebbe successo di lì a poco. Era un
pò un rituale
sacro.
“Lumacone
si ferma davanti al calderone della
Evans.”
Il
professore, finito il giro della classe, tornò,
quasi saltellando, verso la zona Grifondoro, fermandosi proprio di
fronte ad
una bella ragazza dai capelli rosso fuoco, lunghi e lisci, che andavano
a
coprirle il volto, ancora piegato sul calderone.
Quella non alzò il capo nonostante avvertisse la presenza
del professore vicino
a lei. Si limitava ad ultimare il suo lavoro in silenzio.
“Lumacone
dà un'occhiatina alla pozione della
Evans, alza gli occhi al cielo, e fa....”
Lumacorno
posò lo sguardo sul contenuto del
calderone. La pozione era di un bel viola brillante, perfettamente
completata,
ma la ragazza continuava a lavorarci sopra, sfruttando gli ultimi
minuti per
aggiungere altri ingredienti superflui che, però, avrebbero
contribuito a
migliorarne il sapore, oppure l'aspetto.
Soddisfatto, alzò gli occhi al cielo, solo per poter
esprimere la sua
gratitudine per avere avuto una studentessa tanto dotata nella propria
materia.
Sembrava davvero che considerasse Lily Evans come un angelo sceso dal
cielo per
poter insegnare ai comuni mortali che il fare pozioni non è
un semplice lavoro,
è arte.
“-Ragazzi,
ragazzi! Interrompete un attimo
per osservare questo lavoro ottimo e ricco di ogni dettaglio, prodotto
dalle
mani fatate della nostra Lily!-“
Schiarendosi
la voce, Lumacorno ottenne l'attenzione
di tutta la classe.
-Ragazzi forza, lasciate pure perdere i vostri lavori! Guardate che
capolavoro
hanno prodotto le manine di fata della nostra adorabile Lily!-
esclamò, quasi
sul punto di saltare dalla gioia.
Severus Piton neppure alzò il capo, mentre Lucius Malfoy,
voltandosi verso i
suoi amici Serpeverde, sussurrò con cattiveria:
-Chissà se quelle "manine di fata" saprebbero fare anche
altri
lavori...-
Il lato sinistro dell'aula prese a sghignazzare.
James non aveva sentito le parole di Malfoy, né aveva
prestato troppa
attenzione alle ovazioni del professore. Ormai conosceva a memoria gli
encomi
alla Evans, non sprecava certo la sua attenzione ad ascoltarli tutte le
volte.
Con un gesto spontaneo, la sua mano passò sui suoi capelli
corvini,
scompigliandoli ancora di più.
Quello che all'inizio era stato un gesto volontario, adesso era
arrivato ad
essere del tutto indipendente dal suo volere.
Un paio di ragazze Grifondoro, unite ad un nascosto gruppetto di
Serpeverde, se
lo mangiarono con gli occhi.
Lui si
accorse di quegli sguardi ed un sorrisetto
compiaciuto sbocciò sulle sue belle labbra, sogno di mezza
popolazione
femminile di Hogwarts.
Sapeva
di essere un bel ragazzo, perchè negarlo?
A soli
diciassette anni di vita, si trovava ad
essere idolatrato come un Dio e la cosa, ad essere sincero, non gli
dispiaceva
affatto. Era sempre ben voluto da tutti e, senza volerlo, si trovava
sempre
circondato da un corteo pronto a fare tutto ciò che lui
dicesse. Eppure non
aveva mai fatto niente per raggiungere una simile
popolarità. Sì, era un genio
nel Quidditch ed aveva un bel faccino, ma per il resto non capiva per
quale
motivo tante persone lo seguissero. Poco male, a lui la cosa andava
benissimo!
In
realtà, James Potter, non riusciva veramente a
comprendere la sua qualità migliore. Lui era forte, gentile,
giusto ed
altruista, per molti rappresentava semplicemente la figura del capo,
del
pilastro portante.
Ogni
studente di Hogwarts sapeva che su James Potter
si sarebbe sempre potuto contare e che lui, magari mascherando tutto
con una
delle sue battute, sarebbe sempre stato pronto a dare una mano. Questo
era
James Potter. Lui era, fondamentalmente, la figura positiva della quale
ognuno
aveva bisogno.
Quando
la campana suonò ad indicare il termine della
lezione, il ragazzo alzò i suoi occhi neri al cielo, in
segno di
ringraziamento. Afferrò con poco garbo gli oggetti che aveva
sparsi sul banco e
li ficcò, letteralmente, nella borsa a tracolla sgualcita e
piena di scrittine
assurde, una delle quali diceva “Uno shampoo in
più ogni giorno, toglie a
Mocciosus l'unto dei capelli di torno.”
Lasciò
una fialetta con la pozione appena preparata
sulla cattedra di Lumacone ed uscì in fretta dalla classe,
respirando
finalmente aria pulita nel corridoio che, mano a mano, cominciava a
riempirsi
di studenti diretti in Sala Grande per il pranzo. James fu sicuro di
sentire i
propri polmoni recitare il “Padre Nostro” per la
contentezza di non essere più
riempiti di aria zozza.
Poggiò
la borsa a terra, che cadde con un lieve
tonfo, e si appoggiò alla parete, incrociando le braccia al
petto.
Nessuno
dei suoi amici era ancora uscito.
Incurvando
la bocca in una smorfia infastidita,
dette un'occhiata al suo orologio. Cinque minuti...ed erano ancora
dentro!!
Sospirò,
esasperato.
E,
senza volerlo, la sua attenzione si fissò su uno
strano braccialetto che aveva stretto proprio al polso sinistro, vicino
al
cinturino dell'orologio. Erano un nastro blu scuro e due catene
d'argento
intrecciate insieme.
In
molti si domandavano che cosa potesse
rappresentare quell'oggetto che si trovava fedelmente al polso di
Potter. Ai
curiosi, lui si limitava a dire che era un porta fortuna.
Proprio
in quel momento, finalmente, uscirono
dall'aula di Lumacone i suoi Malandrini.
Sirius
Black, bello come il sole ed incazzato come
un drago a cui si è appena pestata la coda, sembrava sul
punto di sbranare
qualcuno. I suoi occhi blu mandavano scintille che non lasciavano
intendere
nulla di buono.
Aveva i
capelli neri, legati nella consueta corta
coda, decisamente scarruffati e ciuffi neri gli ricoprivano
disordinatamente il
viso, coprendogli in parte anche gli occhi.
Forse
per le ragazze poteva costituire un bocconcino
niente male... lui, dal suo canto, avrebbe dato tutto per poter
lanciare un
potente incantesimo di esilio ad una certa persona.
Remus
Lupin, anima pia, biondo e dai gentili occhi
chiari, cercava invano di far cessare le ire dell'amico, dandogli
ripetute
pacche sulla spalla e mormorando, di tanto in tanto:- Cerca di
controllarti,
Sir...-
Peter
Minus non sembrava avere nulla da dire.
-Beh,
che è successo?- chiese James, osservando
l'espressione corrucciata dell'amico.
Black
gli rispose con un grugnito che ricordava
tanto uomo di Neanderthal.
-Sir si
è messo a sbraitare contro sua cugina
Bellatrix, proprio mentre stavamo per uscire.- disse Remus, traendo un
sospiro.- Non so che cosa gli abbia detto, però lui dovrebbe
ormai essere
abbastanza maturato per sapere perfettamente ignorare le parole di
quella
stronza di sua cugina.- terminò, lanciando al moro, ancora
imbronciato, un
severo sguardo di rimprovero.
-Il
professore stava per togliere dei punti ad
entrambi!- squittì Peter, finalmente partecipe alla
conversazione. -E' stato
grazie a Rem se non lo ha fatto. È intervenuto al momento
giusto, Sirius aveva
già tirato fuori la bacchetta.-
A quel
punto Black sbuffò. -Volevo solo darle fuoco
ai vestiti con un innocuo incantesimo di incendio, mica lanciarle
un'Avada
Kedavra!-
Ma
Remus J. Lupin sembrò non gradire neppure quella
possibilità, anzi, trucidò l'amico con lo sguardo
ed in quel momento assunse
veramente l'aria da Caposcuola oltraggiato.
Si
voltò ad incontrare gli occhi di Potter, che fino
ad allora se ne era stato Super Partes, cercando sostegno morale ed
invitandolo
a partecipare insieme a lui nell'operazione “rimprovero
Sirius Black”.
Quello,
per tutta risposta, fece spallucce.
Poi,
incamminandosi verso la Sala Grande, si accese
una sigaretta. Subito un intenso odore di arancio si diffuse per il
corridoio.
-Dài,
Jamie! Digli qualcosa pure tu, no?- lo incalzò
Remus, camminando alla sua destra.
Sirius,
che stava invece alla sua sinistra, borbottò
un qualcosa che suonava tanto come un “Remus fatti i cazzi
tuoi”.
Potter
dette un altro tiro alla sigaretta, fece
uscire il fumo dalle labbra e si voltò, finalmente, a
guardare il suo migliore
amico. Lupin annuì, felice di avere finalmente un supporto
morale.
-Che
vuoi che ti dica, Siri? - cominciò James,
mentre ancora Remus annuiva compiaciuto. -Hai fatto proprio bene a
tentare di
bruciare viva quella serpe. Peccato che non ci sei riuscito,
sarà per la
prossima volta.-
Il
sorriso di compiacimento che aleggiava sulle
labbra di Lupin si congelò all'istante. Peter ebbe appena il
tempo di tapparsi
le orecchie prima dell'esplosione.
-JAMES
POTTER!!!!!!!!- sbraitò il biondo Grifondoro
con tutto il fiato che aveva in gola, mentre molti degli studenti che
si
trovavano a percorrere quel corridoio si voltavano verso di loro,
spaventati.
-Ma che ti metti a dire a questo decerebrato, eh???Possibile che a
diciassette
anni non siate ancora in grado di andare oltre a queste discriminazioni
tra
case?? Non siamo in guerra, siamo a scuola, dannazione!Sirius poteva
veramente
fare del male a Bellatrix.-
Sirius
e James si lanciarono uno sguardo eloquente.
Loro non ci avrebbero trovato assolutamente nulla di male se Bellatrix
Black
fosse morta bruciata, anzi, avrebbero addirittura santificato il genio
che
avesse avuto l'idea di dar fuoco all'intero dormitorio Serpeverde.
Loro
due, con grande rammarico per la loro persona,
non ci avevano mai provato...ma solo perchè, ogni volta che
si accennava alla
cosa, Remus-Adesso mi ricordo di essere un Caposcuola-Lupin, li
massacrava a
suon di urla e di minacce, tediandoli poi per ore su quanto fosse
importante
tenere ben saldi i rapporti tra case.
Rapporti
tra case....mah...
Oramai
era del tutto impossibile allacciare dei
legami d'amicizia e rispetto tra Grifondoro e Serpeverde, era stupido
il solo
provarci.
Continuarono
a camminare in silenzio, con un Remus
che pareva ribollire come una pentola a pressione e ogni tanto se ne
usciva con
un “ragazzini”, oppure “lo sapesse
Silente” e ancora “staremo a vedere...”.
Molti,
al loro passaggio, si voltavano, desiderosi
di incontrare i famosi Malandrini, quelli che potevano essere
tranquillamente
definiti i divi di Hogwarts.
Il solo
parlare col loro, bastava a rendere popolare
anche lo studente più patetico della scuola.
Quando,
all'improvviso, i passetti di Minus si
interruppero ed i tre ragazzi si resero conto che il loro quarto amico
non li
stava più seguendo.
James
si voltò, tenendo la sigaretta ancora non
finita tra le labbra, ed osservò l'amico con aria
preoccupata. Era stato il
primo ad accorgersi dell'allontanamento di Peter.
-C'è
qualcosa che non va, Codaliscia?-
Sirius
si fermò vicino a James, poggiando un braccio
sulla spalla dell'amico e fissando il ragazzo che aveva di fronte con i
suoi
occhioni blu mare.
-Beh,
che ti prende topastro?- chiese
scherzosamente.
-Ecco...i-io...i-io
do-dovrei....- balbettò Minus,
fissandosi le scarpe.
-Pete,
c'è qualche problema?- ripeté James.
-N-no....no....-
James e
Sirius si lanciarono uno sguardo
interrogativo, prima di tornare a concentrarsi su Peter. Remus, dal
canto suo,
se ne rimase in disparte.
-I-io...d-devo
andare....Devo andare al bagno!-
concluse Minus, velocemente, prima di sfuggire alle occhiate sospettose
dei
suoi amici e di spiccare una corsa sgangherata per il corridoio.
I tre
Malandrini restarono a guardare la sua fuga
fino a quando la sua figura scomparve tra la calca di studenti. Ognuno
con un
gran punto interrogativo in testa.
Sirius
Black, grattandosi la testa, si voltò verso i
suoi amici, con aria pensosa.
-Ma che
gli piglia a Peter, eh? Da un po' non ci sta
più con la testa.-
James
annuì.
-Già,
già. Gli starà mica capitando qualcosa? Forse
dovremmo indagare più a fondo, siamo i suoi migliori amici
no? Eppoi questi
balbettii e questo timore verso di noi non sono normali....-
Sirius
sembrava d'accordo.
Fu
allora che Remus decise di intervenire,
avvicinandosi ai due ragazzi.
-Come
al solito voi due avete la sensibilità di una
piovra gigante.- commentò, mentre si sistemava meglio la
borsa stracarica di
libri sulle spalle. -Ma non lo avete capito? Dovreste dedicare
più attenzione
agli amici e fare meno gli idioti.-
I due
non sembravano affatto essersela presa per le
parole del ragazzo, del resto, quando aveva detto che avevano la
sensibilità di
una piovra, non è che avesse poi sbagliato di tanto.
Piuttosto,
lo stavano guardando con tanto d'occhi pieni
di curiosità, aspettando che proseguisse.
Il
povero Lupin sospirò per quella che era già la
terza volta in tutta la mattinata e si preparò a dare loro
una spiegazione
elementare. Ovvero, dare subito la notizia senza tanti giri di parole.
-Credo,
anzi, sono sicuro, che il nostro Codaliscia
si sia innamorato.-
La
sigaretta che James teneva tra le labbra scivolò
a terra, perchè il suo diretto proprietario aveva spalancato
la bocca dallo
stupore. Gli occhi scuri, dietro le lenti degli occhiali, erano
spalancati come
scodelle.
Sirius
dovette reggersi all'amico per non fare un
bel ruzzolone per terra. Adesso i suoi capelli sembravano ancor
più spettinati.
-C-come
hai detto, scusa?- pigolò James Potter,
fissando l'amico come se davanti a lui ci fosse Albus Silente vestito
alla
hawaiana, con tanto di fiori colorati inseriti nella lunga barba
argentata.
Il
cipiglio severo di Remus si ampliò.
-Non
siete affatto gentili a reagire così! Ma che
credevate?! Anche Peter ha dei sentimenti, no? Era normale che prima o
poi si
interessasse ad una ragazza!-
-Sì,
certo.- si affrettò a dire Potter. -Però, in
tutta sincerità, io credevo più poi che
prima.....-
-James
ha ragione, Rem.- fece Sirius, una volta
essersi ripreso. -E' solo che...insomma, lo sai, Pete è un
pò....-
-Un po'
cosa, Black?- lo incalzò Lupin.
-Addormentato,
ecco.- concluse il moro, fissando il
biondino con sfida. -Addormentato per...certe cose.-
-Un po'
come me, insomma.- sibilò Remus, con gli
occhi azzurri che scintillavano d'ira.
Sirius
e James ebbero il buon gusto di allontanarsi.
L'acqua cheta spacca i ponti! Questo avevano compreso in quasi sette
anni di
amicizia con Lupin. E, mai, mai, svegliare il Lupo-Remus che dorme!!
Prima
regola dei Malandrini.
-Via
Rem, lasciamo perdere, va!- si buttò James
Potter, dimostrando di avere grande coraggio e di essere degnissimo di
appartenere ai Grifoni. -Non hai fame?-
-Giusto!-
esclamò Sirius, prendendo la palla al
balzo. -Subito in Sala Grande!-
E,
ostentando questo stupefacente gioco di squadra,
Potter e Black, ormai esperti deviatori di argomenti, riuscirono a
trascinare
un ancora reticente Lupin nel gran salone dove tutti gli studenti di
Hogwarts
solevano riunirsi per consumare i pasti.
E anche
per quella volte, le due astute canaglie, se
l'erano cavata...
***
Ci sono
molte cose strane al mondo alle quali non
sai mai dare una spiegazione. Lei, Lily Evans, diciassette anni, ex
prefetto di
Grifondoro, attuale Caposcuola, era convintissima che, applicando la
sua mente
così dotata ed usufruendo dei molti libri sui quali era
riuscita a mettere le
mani, sarebbe stata sicuramente in grado di trovare una spiegazione
logica ad
ogni stranezza le si fosse presentata davanti.
Eppure,
tra i tanti perchè risolti, ce ne era uno,
il più maligno di tutti, che continuava a rimanere senza una
soluzione.
“Perché
non mi vogliono?”
Seduta
su di una panchina nel parco, consumava una
mela, senza prendere parte al pranzo sfarzoso in Sala Grande, e,
silenziosa, si
beava dei caldi raggi del sole.
Osservava
con occhi assenti ragazzi e ragazze che le
passavano di fronte con il sorriso sulle labbra, ridendo, scherzando,
giocando
tra di loro.
Mai,
mai nessuno che si voltasse verso di lei.
La
verità era che, nonostante lei possedesse una
mente di gran lunga superiore a quella degli altri, non poteva trovare
un senso
a qualcosa che, per quanto potesse farle rabbia, un senso non lo aveva.
Capita
così, capitava un tempo e sarebbe continuato
a capitare.
Un
grande giardino, tanti fiori profumati ed uno
destinato a stare all'ombra.
Uno,
uno soltanto. Emarginato, solo, brutto, pietoso
e triste. Così sarebbe nato e così sarebbe morto,
perchè, nella sua mente Lily
Evans sapeva che, per quanti sforzi si potessero fare, non si raggiunge
la luce
del sole, se si è costretti dalla maggioranza a vivere tra
le ombre.
E non
c'è una spiegazione logica, è semplicemente
così, punto.
Lei,
troppo intelligente.
Lei,
troppo chiusa.
Lei,
troppo ingenua e rispettosa.
Lei,
troppo seria.
Lei,
troppo diversa.
Lei,
troppo....troppo Mezzosangue.
Lei era
stata scelta per interpretare il distruttivo
ruolo del fiore senza luce.
E, con
il tempo, a quel ruolo lei si era abituata.
Sapeva recitarlo con una certa bravura, oramai.
Passano
gli anni e la solitudine diventa dolore, poi
il dolore si tramuta in rabbia, e la rabbia muta in odio ed allora,
ecco, ci
sei, sei il fiore senza luce.
L'unica.
La diversa. Quella che tutti evitano a
prescindere. Quella a cui danno giudizi, quando neppure ti conoscono.
Ed
ormai lei, Lily Evans, aveva concluso di non
aspettare mai più l'arrivo di un misero raggio di sole.
Inutile sperare, faceva
solo più male.
Se i
suoi compagni non la volevano, se la sua
famiglia la detestava, allora forse era in lei che c'era qualcosa di
sbagliato.
Perciò andava bene così. Non chiedeva nulla.
Poteva andare benissimo avanti
così, senza problema, veramente....
-Hey,
Evans....-
Una
voce che conosceva. Una figura a frapporsi fra
lei e la luce. Ancora ombra...
La
ragazza sollevò gli occhi smeraldini dal terreno,
dove erano stati fissati fino a poco prima, per incontrare lo sguardo
di chi le
stava davanti.
Di
fronte a lei c'era Severus Piton, che la
osservava quasi con curiosità, il che era tanto per uno che
aveva si e no due
espressioni facciali diverse da usare a seconda dei casi.
-Si?-
fece lei con distaccata cortesia.
In
realtà, desiderava solo che anche lui se ne
andasse. Voleva stare da sola.
-Ti
è caduto questo mentre lasciavi l'aula di
Pozioni.- disse lui, porgendole il libro in questione.
Lei non
potè fare a meno di riservargli un'occhiata
sospettosa. Come mai Severus Piton, Serpeverde e felice di esserlo,
stava
compiendo un atto di gentilezza nei suoi riguardi? Esitò a
prendere il libro,
anche se sapeva di apparire scortese, comportandosi in quella maniera.
-Non
sto cercando di fregarti, Evans.- furono le
parole acide di Piton.
Pareva
che il pensiero che lei non si fidasse di lui
lo innervosisse.
Decise
di dargli retta e afferrò il tomo, mormorando
un frettoloso “grazie”.
-Di
niente Mezzosangue.- si limitò a dire il
Serpeverde. -Sta più attenta alla tua roba la prossima
volta.-
Lily lo
osservò allontanarsi, mentre i suoi capelli
rosso fuoco, lunghi e lisci come seta, ondeggiavano delicatamente
sospinti dal
vento.
Il libro di Pozioni ancora in mano. Lo guardò. Era veramente
il suo. In
silenzio, unica compagna di se stessa, lo ripose nella borsa, e da
questa
estrasse il pesante volume di Storia della Magia. Tanto valeva
trascorrere il
tempo studiando.
***
La Sala
Grande a quell'ora di tarda mattinata, o di primo pomeriggio, era
affollatissima e piana di confusione. Un vero toccasana per colei che
gli
studenti più temerari osavano chiamare, anche durante le sue
ore di lezione, La
Minerva Semprevergine.
E dire
che Minerva McGranitt, donna severa e molto
ligia all'ordine, non aveva per nulla idea degli affettuosi nomignoli
che le
venivano affibbiati.
Continuava
imperterrita il suo lavoro di educatrice
e, per tutta risposta, i soprannomi che la riguardavano peggioravano
sempre di
più ed ormai gli studenti si divertivano anche a narrare
fantasiosi incontri
notturni a carattere amoroso tra lei ed il preside Silente. Un nome a
caso tra
i numerosi diffusori di gossip tanto piccanti: James Potter.
Lo
stesso James Potter che, in quel preciso istante,
si stava godendo i rimproveri di una McGranitt alquanto furiosa.
Inutile
spiegarle che non era colpa sua se “casualmente”
Severus Mocciosus Piton era
scivolato nei lacci delle proprie scarpe e si era ritrovato spalmato a
terra,
proprio mentre faceva il suo trionfale ed unto ingresso in Sala Grande.
Ma si
sa, ogni professore ha il suo allievo prediletto e Minerva McGranitt
sembrava
avere sviluppato per Potter un'attenzione particolare...
Sirius
Black cercava come poteva di aiutare l'amico,
ma non fece che peggiorare la situazione quando dichiarò che
probabilmente
Severus Piton sarebbe “ugualmente” scivolato
“anche da solo” dal momento che
non vedeva un'emerita mazza a causa del suo lungo naso unto.
Remus
Lupin, ormai stanco delle bambinate dei suoi
amici, continuava imperterrito a mangiare ma, quando udì la
professoressa
incombere sui due poveri angioletti e minacciarli di una punizione che
mai,
mai, avrebbero dimenticato, prendendo mentalmente nota di divorarli
vivi la
prossima notte di luna piena, intervenne a salvarli in extremis,
utilizzando
una carta alla quale nessun professore poteva resistere: la tecnica
segreta
dello studente modello.
Così,
con un sorrisetto da bravo ragazzo da
presentare ai genitori, una parlantina in grado di lasciare disarmato
il più
grande oratore del foro romano e l'aria da studente attento ed
intelligente,
riuscì a convincere la povera Semprevergine che, davvero,
James e Sirius
stavano soltanto mangiando in tutta tranquillità il loro
pasto, che la risata
sguaiata, che era uscita dalle loro boccucce non appena Piton era
caduto, era
stato solo il frutto dell'ilarità della situazione e che,
comunque stessero le
cose, non vi era alcuna prova che loro due fossero colpevoli.
A fare
da sfondo a tutto ciò, James e Sirius che
annuivano ripetutamente dando piena conferma alle parole del Caposcuola
Grifondoro.
Finì
che la povera Minerva, sconfitta dalla
parlantina di un diciassettenne, si ritirò a trovare
conforto tra i suoi
colleghi, mentre quei diavoli malefici che rispondevano al nome di
Potter e
Black tornavano a sghignazzare come iene.
-Non
crediate che vi parerò il così detto
fondoschiena per sempre.- commentò Remus, osservandoli con
un cipiglio severo
degno della Semprevergine.
-Graaaaaazie,
Remus!!!!- esclamarono in tono
decisamente troppo dolce i due, mentre si avvicinavano minacciosamente,
uno da
destra, l'altro da sinistra, con la chiara intenzione di schioccargli
un bacio
sulle guance.
-Allontanatevi
da me!!!- urlò il povero Caposcuola
cercando di allontanarli.
James
scoppiò a ridere ed in sincrono partirono
anche le risa di Black, mentre il loro compagno, ora salvo, li stava
trucidando
con lo sguardo.
Con gli
occhi scuri che ancora scintillavano per il
divertimento, James Potter tornò ad aggredire il suo pranzo.
Capelli
scarruffati, cravatta rosso oro allentata, camicia sbottonata. Sua
madre non
sarebbe stata felice di vederlo così, le sue ammiratrici
invece sì, decisamente
sì. Alcune ragazze di Corvonero, dai posti dove si
trovavano, si stavano
stirando il collo a forza di tenderlo per riuscire a lanciargli
un'occhiata.
-Ti
divorano con gli occhi, amico.- fece Sirius,
sentendo arrivare occhiate sempre più prolungate. -Finisce
che mi freghi tutta
la piazza.-
-Prenditele
tutte, per me non hanno importanza.- fu
l'indifferente risposta.
-Tu sei
tutto scemo se dici una cosa simile.-
continuò Black, scotendo la testa. -Non mi dire che sei
ancora fissato con la
Evans!-
Remus,
intento nella lettura delle pagine assegnate
di Storia della Magia, riemerse dal libro, puntando il suo sguardo
azzurro su
quello che tutti consideravano il capo dei Malandrini.
Ed
eccoci arrivati al punto dolente.
Durante
l'estate, James non aveva più menzionato il
nome Lily Evans ed era anche uscito con qualche ragazza conosciuta per
caso in
spiaggia, così sia Sirius che Remus avevano cominciato a
credere che
quell'argomento da tempo tirato avanti si fosse concluso.
Infondo
era chiaro che Lily non avrebbe mai prestato
attenzione a James Potter e che James non sarebbe mai stato in grado di
portare
avanti una storia seria con una ragazza come Lily Evans.
Quei
due erano troppo diversi, sembravano vivere agli
opposti poli del mondo, per non dire di peggio.
Tutta
la scuola sapeva, tutta la scuola vedeva le
cose da questo punto di vista.
-Non
rispondi, Ramoso?- fece Remus, notando che
James continuava tranquillamente a mangiare. -Non ci dici nulla?-
Lo
videro sorridere in modo strano, quasi triste, ed
entrambi se ne stupirono.
James
posò il bicchiere di succo di zucca e riportò
lo sguardo sui suoi migliori amici.
-Cosa
volete che vi dica?- mormorò con uno strano
sentimento negli occhi. -Non mi è ancora passata.-
Fine
primo capitolo!!!!
Note:
L’invenzione di sigarette magiche dal sapore
di frutta o altro non è mia. Ne lessi
per la prima volta in un’altra
fanfic sui Malandrini di cui non ricordo il titolo, ma che
provvederò a dire,
non appena avrò ritrovato la fanfic. E James porta gli
occhiali, ma non
immaginateveli assolutamente tondi a fondo di bottiglia come quelli di
Harry,
mi sento male al solo pensarci. Sono occhiali seri, ok?
Non so,
io me li figuro rettangolari con la
montatura nera! ^^
Adesso
vi lascio Perché casco dal sonno. Al prossimo
capitolo!
Baci,
Lady
Tsepesh
|
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Capitolo 2 *** Don't touch my girl ***
CAPITOLO
2 “DON’T
TOUCH MY GIRL”
Tra le
tante cose che amava fare, Remus J. Lupin
passava molto tempo stando, semplicemente, ad osservare.
Si
sedeva in un angolo, in silenzio ed in
tranquillità, ed osservava. Non tanto per venire a
conoscenza prima di tutti
dello scoop mondiale, ma per il semplice fatto che gli piacevano le
persone ed
i loro differenti comportamenti.
In quei
momenti di quasi astrazione, i suoi occhi
azzurri seguivano con vivace interesse ciò che gli accadeva
intorno e questo
perchè, a volte, gesti ed espressioni sapevano valere molto
più di milioni di
parole.
A
quell'ora del mattino se ne stava tranquillamente
seduto al tavolo di Grifondoro . La colazione ben disposta davanti a
lui ed
un'ingente quantità di libri aperti a fargli da compagni.
Lo
sguardo rivolto all'ingresso della Sala Grande,
dove, già da un po' di tempo, un ragazzo ed una ragazza
stavano discutendo.
Lui, alto, bello, moro, sembrava sinceramente dispiaciuto, mentre
parlava alla
ragazza che, da un pò, aveva abbassato il viso, puntando lo
sguardo sui suoi
piedi.
Remus
vide il ragazzo sollevare un braccio ed andare
ad accarezzare la testa bionda della ragazza in piedi di fronte a lui.
Lei,
allora, tornò a guardarlo, probabilmente i suoi occhi si
erano fatti lucidi.
Doveva essere brutto sentirsi dire un no dal ragazzo che ti piace.
Lui le
regalò una carezza e la salutò gentilmente,
ritornando verso i tavoli.
-Credo
che questo sia il terzo rifiuto della
mattinata del nostro James.- commentò Remus, tornando alla
sua lettura del
libro di Trasfigurazione.
-Io
ribadisco. Quello è tutto scemo.- fece Sirius
Black, che fino a quel momento si era dedicato anima e corpo a spalmare
burro e
marmellata sul pane, non curandosi di ciò che stesse facendo
il suo migliore
amico.
-Non ci
trovo nulla di male se James ha deciso di
smetterla con le storie stupide e di dedicarsi a ciò che per
lui è veramente
importante.- replicò il biondo.
-Mah...Secondo
me, invece, farebbe meglio a
divertirsi ora che può.-
-Questo
perchè tu, molto spesso, ragioni con qualcos'altro
al posto del cervello.-
Le
labbra di Black si stirarono in un sorrisetto
sornione, che la diceva lunga sul fatto di quanto fosse orgoglioso di
utilizzare un metodo di ragionamento molto diverso da quello del suo
amico
Caposcuola.
-Pervertito.-
lo canzonò Lupin. -Hai gli ormoni a
mille.-
-Tu
invece decisamente a zero, Lunastorta! Mi
vergogno io per te!-
Remus
fece per replicare con un'altra frasetta non
tanto carina, ma fu interrotto dall'arrivo di James. Quello si sedette
alla
destra di Sirius, salutandolo con un'affettuosa pacca sulla spalla,e
cominciò a
servirsi la colazione. Quella mattina, sembrava proprio essersi
dimenticato
della cravatta e la camicia era sbottonata sul collo ed arrotolata fino
agli
avambracci.
-Fa
così caldo, Jamie?- lo riprese Remus, dopo
avergli lanciato un'occhiata.
Quello
cadde dalle nuvole.- Eh?-
-Non ti
fa freddo?- continuò il biondino,
indicandogli il suo abbigliamento.
Sirius
sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
-Falla
finita o ti annovero al secondo posto come
Semprevergine, Rem.- borbottò.
Il lupo
ed il cane si riservarono un'occhiataccia
per nulla amichevole e James scoppiò a ridere. Pazientemente
riportò le maniche
della camicia al loro posto e riagganciò qualche bottone,
tanto per
accontentare le manie dell'amico.
-E'
Settembre Remus, - spiegò. - ed io ho caldo, lo
sai. Mi sono alleggerito per questo...Quando sarà inverno mi
vedrai
copertissimo, credimi.-
Lupin,
ritenendosi soddisfatto per averla avuta
vinta, non replicò, limitandosi ad annuire e a sfidare
Sirius con lo sguardo,
della serie “Hai visto? Alla fine da retta a me.”
-Approposito..-
se ne uscì Potter, dopo pochi minuti
di silenzio. -Qualcuno di voi ha visto Peter?-
A
rispondergli furono due facce perplesse e
preoccupate. Ne dedusse che nessuno lo aveva visto. Ormai ritrovare
tutti e
quattro i Malandrini seduti a tavola a mangiare era una
rarità...uno di loro
mancava quasi sempre.
James
abbassò lo sguardo, preoccupato più di tutti
gli altri. In realtà, era stato lui il primo ad occuparsi di
Peter Minus e a
tenerlo sotto la sua ala protettiva. Era convinto che sarebbe sempre
riuscito a
prendersi cura del suo amico, sempre così fragile ed
insicuro, e Peter non si
era mai fatto problemi a chiedergli una mano, a confidarsi con lui.
Ultimamente, però, non era più così.
-Perchè
ci evita?- mormorò, più a se stesso che ai
suoi due amici.
-Io te
l'ho detto come la penso.- fece Remus,
tornando a leggere il suo libro. -E' bello che ti preoccupi per lui,
Jamie, ma
credo che Peter abbia deciso, per una volta, di cavarsela da solo. Non
trovi
che sia positivo? Non può mica stare sempre attaccato alla
tua camicia...-
-Infatti!-
concluse Sirius. –E poi, se si tratta di
ragazze, Pete saprà sicuramente come cavarsela visto che due
dei suoi migliori
amici sono dei Latin Lover convinti, no?-
Fu un
attimo e sul volto di James apparve il primo
sorriso veramente malandrino della mattinata. Remus lo notò
subito ed
immediatamente ne capì la causa. Sotto sotto, nascosto dal
suo libro, cominciò
anch'egli a ridersela sotto i baffi.
-Approposito
di Latin Lover...- cominciò James, con
un ghigno che andava da un orecchio all'altro. -Sta arrivando la tua
bella,
Signor Orsacchiottino Black!-
Sirius
dette una gomitata al suo migliore amico per
intimarlo a tacere e si voltò a salutare, con un sorriso
totalmente malizioso,
la sua ragazza che, bella ed elegante, avanzava verso di lui con
l'andamento di
una modella.
Kelly
Logan, settimo anno, Corvonero. Alta, un corpo
da urlo, lunghi e fluenti capelli biondi, occhi verde acqua che
pietrificavano
e ricca fino al midollo. La Regina della scuola. Sembrava avere
dimenticato di
comprare la gonna della divisa scolastica, passato il secondo anno,
perchè
quella che indossava in quel momento lasciava poco all'immaginazione.
Volò,
piena di grazia femminile, fino al tavolo dei
Grifoni, andandosi a sedere vicino al suo ragazzo e lasciando intorno
una marea
di profumo stucchevole.
-Ciao,Oracchiottino
mio!- salutò, andando poi subito
ad appropriarsi delle labbra di Black, sua ASSOLUTA
proprietà.
Molte
ragazze presenti in Sala Grande le lanciarono
mentalmente un'Avada Kedavra.
James
Potter, seduto accanto all'amico, dovette
ficcarsi l'intero pugno della mano in bocca per soffocare le risa
convulse che
quel nomignolo aveva provocato. Remus, al riparo dietro al suo libro,
potè
sghignazzare per lo stesso motivo in tutta tranquillità.
-Hey,
bambola...- la salutò Sirius, passandole un
braccio intorno alle spalle. Quella, per tutta risposta, sembrava fare
le fusa
come una gattina.
Remus,
dietro al libro, scosse il capo.
-Cosa
fai oggi?- si informò la ragazza, mentre
prendeva uno dei biscotti integrali posti in una scodella lì
vicino. Le sue
unghie erano perfette.
-Ho gli
allenamenti, piccola.-
Lei
sgranò i suoi begli occhioni ed assunse un'aria
molto ferita e delusa.
-Ma
come, patatino mio! Io credevo che saremo stati
insieme!-
Ecco,
adesso James Potter soffocava. Questo pensò
Remus Lupin, quando vide il suo amico quasi ficcarsi la mano intera in
bocca e
chinarsi sulla tavola con una faccia rossa da sembrare preoccupante.
Ehh....cosa
si è pronti a fare per amicizia!
Guardate James, pur di non scoppiare a ridere in faccia alla ragazza
del suo
migliore amico, rischiando di rovinargli la piazza, era disposto a
rischiare la
sua stessa vita! Un'azione davvero encomiabile!
-Dai,
guarda se riesci a saltarlo, no?- insistette
la Logan, con fare malizioso.
Per un
attimo James non si curò affatto di quelle
lusinghe fatte al suo migliore amico, dicendosi che era del tutto
normale, poi,
accadde qualcosa.
Quando
si rese conto che Sirius stava quasi per
cedere, il che equivaleva ad abbandono dell' allenamento di Quidditch,
allora
dentro di lui si accese la fiamma pericolosissima del capitano, che
vedeva
minacciati i suoi uomini dalla temibilissima voce della Sirena. E
poiché non
disponeva né di corde, né di tappi di cera,
l'unica cosa che si risolse di fare
per salvaguardare la squadra fu quella di pestare a sangue il povero
piede di
Black, in modo da attirare la sua attenzione, attenzione, per altro,
molto
incline al risentimento, e di avvalersi di un linguaggio tecnico da
ritenersi
universale in tutto il mondo.
Dito
indice, gola, taglio.
E
Sirius Black, amico fedele, con ancora il povero
piede che fremeva per il dolore, maledicendo James Potter e tutta la
sua futura
progenie, dette picche alla sua bella ragazza. Kelly Logan allora si
alzò,
oltraggiata, e se ne andò come era venuta, salutando Sirius
con un freddo
“ciao”, senza neppure regalargli uno dei suoi
preziosi soprannomi mielosi.
-Mah...io
non so come fai a stare con lei, Felpato.
Ci provo a capirlo ma, davvero, non ci riesco.- commentò il
tutto Remus.
Anche
James, adesso un ragazzo felice, si voltò ad
aspettare la risposta dell'amico tirato in causa. A dire il vero, anche
lui non
riusciva a concepire la filosofia di vita che Black aveva scelto per
potersi
mettere insieme ad una come Kelly Logan.
La
risposta tanto attesa non aspettò oltre ad
arrivare.
-E'
bona.-
Remus
quasi si sbrodolò con il caffè, mentre James
riattacava a ridere.
-Scusami
tanto, Siri.... - fece il biondo, cercando
di mantenere la calma. -Tu stai con la Logan solo perchè
è..... “bona”?-
-No.-
rispose in fretta Sirius con aria grave. Come
se la frase appena detta dall'amico lo avesse seriamente offeso. -Anche
perchè
è brava a letto. E queste, amico mio, sono due
qualità basilari che danno a
Kelly tutto il diritto per essere la ragazza del sottoscritto.-
Il
povero Lupin, a quel punto, decise di lasciare
perdere sul serio quel caso disperato e si rintanò nel suo
libro per quella che
era già la terza volta. Ogni tanto scoteva la testa,
borbottando qualcosa.
James
Potter, più di larghe vedute, si limitò ad
annuire alle parole di Sirius.
-Se sei
contento tu, sono felice anche io.- disse,
dando prova della sua più sincera amicizia. -Basta che non
perdi gli
allenamenti.-
E disse
quest’ultima frase con un sorrisone freddo
come lo zero assoluto, che racchiudeva anche un'implicita minaccia di
morte per
avvelenamento, se l'amico non fosse stato ligio ai suoi doveri.
Mai,
mai, mancare ad un allenamento di Capitano
Psicopatico Potter....
Poteva
essere l'ultima cosa che facevi in tutta la
tua vita.
Fu in
quel momento che il portone della Sala Grande
si aprì di nuovo, lasciando entrare la figuretta fragile e
delicata di Lily
Evans. Camminava a capo chino, senza incontrare lo sguardo di nessuno,
senza
neppure curarsi dei sorriseti crudeli che aleggiavano sulle labbra dei
suoi
compagni.
Fu un
attimo, il tempo per guardarla davvero, e la
sala si riempì di risate sguaiate tutte provocate
dall’arrivo della sua
persona.
Al
tavolo di Serpeverde tutti quanti, chi più chi
meno, se la ridevano a crepapelle ed ogni tanto additavano la ragazza,
che
continuava a spostarsi senza alzare lo sguardo. I Corvonero ridevano in
maniera
più moderata, da signori quali erano, oppure la ignoravano,
proseguendo con la
loro colazione. I Tassorosso, invece, insieme ai Grifondoro, erano
divisi tra
quelli che ridevano e quelli che, invece, sembravano veramente
dispiaciuti per
la ragazza.
Ma lei
non sentiva niente. Non sentiva più niente.
Neppure quel freddo che le arrivava fino alle ossa.
Lily
Evans procedeva in silenzio. I capelli rossi
completamente attaccati al viso, talmente bagnati da risultare molto
più che
rossi, quasi sanguigni. Le labbra che tremavano per il freddo. La
divisa
completamente fradicia, tanto che la camicia era quasi diventata
trasparente.
Aveva
la borsa dei libri a tracolla e teneva alcuni
testi di Trasfigurazione stretti al seno, come nel tentativo di cercare
di
proteggere almeno quelli.
James
Potter, non appena se la vide passare davanti
cessò all’istante di ridere con i suoi amici ed il
suo sguardo si fece
all’improvviso molto serio.
Remus
continuava a leggere imperterrito il suo libro, o almeno
così sembrava, in
realtà ,da un po’, i suoi occhi avevano smesso di
muoversi sulle pagine. Anche
Sirius, strano ma vero, sembrò avere cancellato di botto il
sorriso dalla sua
faccia. Adesso scrutava la rossa e tutti coloro che sembravano
divertirsi un
mondo nel prenderla in giro con un’espressione neutra che
avrebbe potuto dire
tutto, oppure niente.
James
non distolse un solo istante lo sguardo da
lei. La vide prendere posto a tavola, un po’ isolata dagli
altri, posare i
libri che aveva tenuto in braccio fino a quel momento ed estrarre dalla
borsa
la bacchetta.
Le sue
labbra formularono piano qualche parola,
sufficiente per far uscire dall’oggetto magico aria calda,
per potersi
asciugare.
Sentì
solo di sfuggita le parole di Remus che
chiedevano spiegazioni a due ragazzine del secondo anno, giunte insieme
alla
rossa.
-Abbiamo
visto tutto, sono stati davvero
cattivissimi.- stava dicendo una delle due.
Tristezza.
Tristezza, perché nessuno si era alzato
per aiutarla. Perché lei continuava a mostrare quella
facciata fredda ed
indifferente, senza arrabbiarsi.
-Erano
Lastrange e Nott, l’hanno aspettata e le
hanno tirato addosso tutta quell’acqua. Sapevano che stava
tornando dalla
biblioteca…-
Tenerezza.
Tenerezza perché, anche così, lei era
bella. Bella in modo diverso. Gli sembrava un pulcino bagnato, non
più la
ragazza dura che credeva di essere.
-No,
non li abbiamo più visti. Se ne sono andati via
ridendo…-
Dolore.
Dolore perché, nonostante vedesse che
soffriva, non poteva fare niente. Lei, così dannatamente
orgogliosa e priva di
fiducia in chi le stava vicino, lo avrebbe cacciato via. Non poteva
andare da
lei, non poteva cercare di aiutarla a sistemare i libri. Non poteva
abbracciarla forte, così forte da placare tutto
ciò che, probabilmente, si
stava agitando in quel giovane petto. Non poteva, no, non poteva in
alcun modo
correre da lei e stringerla a se, così tanto da mozzarle il
fiato, anche
soltanto per scaldarla.
E
rabbia. Tanta rabbia. Così forte da fargli provare
odio.
Sirius
si portò il bicchiere di succo di zucca alla
bocca, osservando il suo migliore amico di sottecchi, mentre Remus
ringraziava
le due ragazze, fin troppo felici di avere parlato con i Malandrini.
James
lanciò un ultimo sguardo a Lily, ancora
intenta ad asciugarsi i vestiti, poi, senza dire una parola, si
alzò da tavola.
I suoi occhi scuri sembravano abissi neri senza fine nei quali
sprofondare. Non
disse una parola, neanche una, neppure quando sentì gli
sguardi di Remus e
Sirius su di lui.
In
perfetto silenzio lasciò la Sala Grande, senza
neppure salutare chi, incontrandolo per strada, lo chiamava.
***
Sirius
Black non era mai stato in grado di dire di
no ad una ragazza, che dire?, era un tipo dal cuore tenero in fondo,
decisamente molto tenero, per cui, come dire, di fronte agli occhioni
della sua
ragazza, proprio non era riuscito a rifiutare.
E
adesso, sentendosi una Spada di Damocle sulla
schiena, che altro non era che la maledizione di James che incombeva
sui membri
della squadra disertori, correva come un pazzo per i corridoi della
scuola, con
l’uniforme da Quidditch rossa e oro messa per metà
e la scopa in spalla.
Il suo
migliore amico lo uccideva, non c’erano dubbi
in proposito. Ma non poteva certo dire di no alla sua dolce e
meravigliosa
metà!! Certo, non aveva previsto di fare un ritardo di ben
mezzora….
Quando
arrivò al campo da Quidditch tutti i membri
della squadra si stavano già allenando, spostandosi per il
campo con un rosso
sfrecciare qua e là. James Potter, giocatore solitario, era
interamente preso
nell’operazione di recupero del boccino d’oro.
Questione di secondi e lo
avrebbe preso. Le mirabili azioni di Potter sul campo sarebbero
sicuramente
passate alla storia!
Sirius
corse in campo, accolto dalle ovazioni dei
suoi compagni, probabilmente al corrente di dove fosse stato fino a
quel
momento. Non erano un mistero gli spostamenti di Sirius
Black….
Lui,
senza essere minimamente in imbarazzo, rispose
a quei saluti con uno scherzoso inchino, che provocò una
risata generale.
Forse, l’unico ad avergli lanciato, appena appena, uno
sguardo di rimprovero fu
James, ma durò solo un istante perché, alla fine,
pure lui scoppiò a ridere.
Atterrò sul campo, proprio vicino all’amico, senza
più curarsi del boccino.
-In
ritardo come al solito, Felpato! La prossima
volta ti butto fuori!- lo minacciò scherzosamente, mentre
gli rifilava un pugno
su quella testa dura.
Sirius
rise. –Quando la natura chiama….-
-Sì,
sì…ok! Adesso però mi servi in campo,
Black!
Senza di te non riesco ad eseguire certe nostre tattiche…-
si intromise una
voce femminile.
Era
scesa proprio vicino a loro ed aveva le guance
ancora accese dal volo. La scopa in spalla, la divisa rossa della
squadra
spiegazzata dal vento ed i capelli neri in disordine per lo stesso
motivo. In
quegli occhi azzurri, che fissavano i due ragazzi con divertimento,
c’era la
libertà.
Si mise
vicino a loro, dando una pacca sulla spalla
di James.
-Hai
fatto un vero affare a far entrare in squadra
questo qua, capitano!- disse, osservando Sirius con un sorriso
birichino.
Sarebbe stata un Malandrino con i fiocchi.
-Sta’
zitta, Vick! Sei crudele!- le rispose Sirius,
cercando di afferrarla.
Lei si
scansò in tempo, andando a rifugiarsi dietro
James e facendo la linguaccia! Non era facile prenderla, tanto meno
fermarla.
Questo era ben noto a tutti coloro che si erano ritrovati ad averla
come
avversaria!
Victoria
Olsen, sesto anno, Grifondoro, era la
Cacciatrice che, insieme a Sirius Black, formava la coppia
d’oro. Era abile,
veloce e spericolata, praticamente nessuno riusciva a fermarla se si
metteva in
testa di fare punto. Non era una grande amante di ciò che,
di solito, si addice
ad una ragazza, piuttosto si comportava da maschiaccia incallita,
sentendosi
fiera del suo spirito libero e ribelle. Di fatti, era più
facile trovarla in un
gruppo di ragazzi a correre dietro ad un pallone rubato dalla classe di
Babbanologia, che inserita in un corteo di ragazze sempre ben curate ed
attente
al loro aspetto, magari intente a spettegolare, oppure a parlare di
qualche
ragazzo.
-Allora,
questi allenamenti?- fece James, mentre i
due suoi compagni continuavano a farsi le boccacce a vicenda.
–Guardate che se
non vinciamo subito alla prima partita….vi
costringerò ad allenarvi anche
durante i temporali, avvertiti.-
-Sei
crudele, Jamie!!!!- piagnucolò la ragazza.
Poi,
rimontando in scopa, fece cenno a Sirius di
seguirla.
-Vediamo
se la tua ragazza ti ha lasciato ancorato a
terra, oppure riesci ancora a starmi dietro, ragazzaccio!-
Spiccò
il volo, senza lasciargli il tempo di
raggiungerla. Il diretto interessato scosse il capo, aveva un
sorrisetto furbo
sulle labbra.
-E chi
la ferma, quella teppista!- fece, salendo sul
suo manico di scopa.
James
non disse nulla, stranamente. Rimase fermo, a
terra, ad osservare il suo amico raggiungere la ragazza e cominciare a
rincorrerla per il cielo, quel giorno di un azzurro incredibilmente
bello.
E,
mentre li vedeva ridere e scherzare insieme, non
potè fare a meno di dare dell’idiota al suo amico
che, come al solito, non
riusciva mai a prendere le scelte giuste.
Ritornò
in volo e riprese la ricerca del boccino.
Era strano, si disse. Era veramente molto strano che, nonostante ci
fossero
così tanti giovani in quella scuola, Lei, proprio Lei, non
riuscisse a trovare
nessuno.
Eppure,
a vedere i suoi compagni di squadra, tutti
quanti parevano felici ed amichevoli…e lo erano! Allora
perché nessuno le si
avvicinava?
Non
riusciva a darsene una ragione e questo lo
lasciava, spesso, con l’amaro in bocca.
Sapeva
che in quella scuola c’erano degli idioti che
si divertivano a far soffrire le persone e che consideravano Lily Evans
come il
bersaglio per antonomasia, però…però
c’erano anche brave persone, come Vick, ad
esempio. Eppure neppure quelle si avvicinavano.
La
colpa era loro, perché non avevano mai provato a
dare a Lily una possibilità. L’avevano sempre
vista da sola e non si erano mai
sforzati di cambiare le cose.
La
colpa era anche di Lily. Ormai partiva prevenuta
nei confronti di tutti e non dava a nessuno la possibilità
di conoscerla.
Credeva che tutti quanti fossero pronti a farle del male e, per questa
ragione,
si era racchiusa in un guscio infrangibile.
E James
Potter, quel giorno, comprese che, per
nessuna ragione al mondo, avrebbe mai più permesso che le
cose andassero così.
Era il capo dei Malandrini, no? Allora avrebbe inventato qualcosa, di
sicuro.
Avrebbe
trovato la maniera per interrompere quel
circolo vizioso.
L’allenamento
proseguì tranquillamente per tutto il
pomeriggio. Ci fu qualche intoppo, ma si trattava di normale
amministrazione.
Ad
esempio, ad un certo punto della giornata, un
gruppo di Serpeverde spia fecero furtiva irruzione in campo, ma James,
soprannominato Occhio di Lince, si accorse di loro e fece in modo che
avessero
un buon viaggio di ritorno verso il castello.
Quello
era l’ultimo anno sia per James, sia per
Lucius ed entrambi volevano portarsi via la coppa di Quidditch.
Il
signor James Potter era sempre stato isterico in
materia “partite di Quidditch”, anche se i
risultati della sua squadra erano
schiaccianti sulle altre, ma quell’anno, l’ultimo
anno, sembrava che i suoi
isterismi fossero peggiorati.
Così,
a fine allenamento, i poveri giocatori di Grifondoro
dovettero sorbirsi, per una buona mezzora, le lagne di Potter,
psicologicamente
turbato per avere impiegato un minuto e cinquantasette secondi per
recuperare
il boccino, quando di solito erano un minuto e cinquantaquattro.
Alla
fine fu Sirius a salvare tutti quanti,
afferrando Potter per un braccio e ficcandolo di forza sotto la doccia
ancora
perfettamente vestito.
-Magari
una doccia fredda gli farà bene.- spiegò,
quando Emma McLoow, portiere, lo guardò con tanto
d’occhi.
A James
fu concesso di uscire da quella improvvisata
camera della morte solo trenta minuti dopo, gocciolante dalla testa ai
piedi e
quasi congelato. Mandare al diavolo il suo migliore amico non sarebbe
servito a
nulla, perciò andò a recuperare i suoi vestiti e
cominciò a vestirsi in
silenzio. Black assunse la tipica espressione di vittoria.
Volete
zittire James-RompiBoccini-Potter? Ficcatelo
in una doccia a 40 gradi sotto zero. Soddisfatti o rimborsati!
Quando
lasciarono lo spogliatoio era già pomeriggio
inoltrato ed il sole stava tramontando dietro le colline, illuminando a
tratti
il grande parco con i suoi raggi di uno stupendo arancio tendente allo
scarlatto. Le ombre della natura, lentamente, si spostavano.
Dal
camino della capanna del guardiacaccia usciva
del fumo. Che Hagrid si stesse cimentando in una delle sue mortifere
prove di
cucina?
James,
avvolto nel mantello nero della scuola, con
ancora i capelli umidi, afferrò Sirius, che camminava vicino
a lui, per un
braccio e deviò il loro cammino, in modo che Hagrid, se si
fosse affacciato
dalla finestra, avrebbe potuto vederli.
Niente
di personale, anzi, lui voleva molto bene ad
Hagrid…
Ma
dall’andarlo a trovare in un momento della
giornata qualsiasi, allo essere prelevati, una volta individuati, e
costretti a
mangiare con la forza una delle sue schifezze culinarie c’era
una bella
differenza. E James Potter, quella differenza, con suo abnorme
dispiacere, la
conosceva bene…
-Se
avremo figli….- iniziò James con un sorriso
buffo. -…ed il nostro Hagrid sarà ancora custode
qua…ricordiamoci di dire a
quei poveracci di non mangiare MAI, per nessun motivo, nulla di
ciò che lui
offrirà loro. Altrimenti si ritroveranno in un batter di
ciglio in infermeria…
-
Sirius
scoppiò a ridere, voltandosi indietro per
adocchiare la capanna. No, per fortuna Hagrid non si era accorto di
loro e non
era uscito.
-Non ti
ci vedo a fare il padre premuroso…- fece,
con aria convinta. –Secondo me saresti così
bastardo da non avvertire tuo
figlio, anzi, da consigliare a quel poveraccio di provare i deliziosi e
morbidissimi
biscotti di Hagrid…-
Per un
attimo James restò in silenzio, poi,
sfoderando un sorriso che poco sapeva di umano, ma molto di diabolico,
annuì
con la testa.
-Sì,
credo che sarei così stronzo da fare
così…-
Si
fermarono di fronte al portone principale e si
sedettero di fronte ai grandi gradini di marmo. Davanti a
loro….l’intero parco
di Hogwarts.
Il
sole, incandescente, sembrava annegare nel grande
lago, dove, in un punto lontano, l’acqua sembrava muoversi
leggermente. La
piovra gigante.
La
Foresta Proibita, a quell’ora della sera, non
faceva paura. Frusciava tranquilla, mostrandosi come un nascosto e
sopito luogo
incantato. Non c’era anfratto che loro, i Malandrini, non
avessero scovato,
nelle silenziose notti di luna piena.
Regole
fatte per essere infrante…
James
trafficò un po’ nel suo mantello ed estrasse
le sue sigarette, prendendone una dal pacchetto ed infilandosela in
bocca. La
stessa operazione fu eseguita dall’amico.
Bacchetta,
incantesimo mormorato piano, scintillio,
fumo.
-Se
Gazza esce e ci becca proprio qui a fumare ci
ammazza.- fu il commento ironico e per nulla preoccupato di Sirius.
James
fece spallucce. –Bisogna pur morire in qualche
modo…-
Black
rise. –Fatalista…-
Potter
fece un buffo inchino con la testa. Poi il
suo sguardo parve rannuvolarsi ed il suo migliore amico se ne accorse
subito.
-Che
c’è?-
James
non rispose subito. Per un po’, il suo sguardo
parve perdersi nel lago… Fece uscire una nuvoletta di fumo
dalla bocca, senza
dire una parola, sotto lo sguardo interrogativo dell’amico.
-Tu ci
pensi mai….a ciò che sarà di noi tra
una
ventina di anni?- chiese, ad un tratto.
Se
Black fu sorpreso dalla domanda, non lo dette a
vedere.
-No.
Non lo so e non lo voglio sapere. Mi basta
avere la certezza che sarò lontano anni luce dalla mia
famiglia.-
-Io
invece qualche volta ci penso.- confessò James,
lo sguardo puntato a terra. –E sai che ti dico? Mi piacerebbe
che il tempo si
fermasse adesso, ora che siamo ragazzi. Insomma, cosa mi
succederà una volta
lasciata questa scuola?-
-Ahhh….adesso
capisco…- fece Sirius con un sorriso
indulgente. –Stai già cominciando a pensare che
questo è l’ultimo anno, non è
così? –
Potter
annuì. –Sono idiota?-
-Certo
che no!- rispose Sirius. –Anche a me mancherà
tutto questo! Non credo riuscirò a vivere senza la
Semprevergine che ci butta
fuori a calci dalla classe….- e qui risero tutti e due.
–Prova a pensare
questo, però: anche se lasceremo la scuola non
cambierà nulla. Noi quattro
staremo comunque insieme. A me già questo basta…-
-Hai
ragione.- ammise James. –Però…-
-Però?-
Si
passò una mano sui capelli bagnati e si grattò la
fronte, tipico atteggiamento di quando stava per spararla una grossa.
–Beh…diciamo che non mi piace lasciare le cose
concluse in un certo modo….-
-Eh?!-
fece Sirius, non riuscendo a capire.
-Lascia
stare.-
Non
poteva certo dirgli che, adesso che sentiva la
conclusione di quel lungo viaggio avvicinarsi, aveva anche cominciato a
pensare
a come sarebbe stato non vederla più. Non poterla incontrare
neppure di
sfuggita.
Finita.
Completamente. Non sapeva neppure dove
abitava…
Sirius
l’avrebbe sicuramente preso in giro.
Ciccò
per terra e si rialzò, con ancora gli occhi
sospettosi di Black puntati addosso.
Non
poteva dire che quel qualcosa, iniziato così,
per gioco, adesso era diventato tanto forte da riuscire a farlo stare
male.
Rientrarono
nel castello, incuranti di stare
camminando sul pavimento appena lucidato da Gazza e si recarono in Sala
Grande
per la cena.
Remus,
già seduto a tavola con Peter, li stava
aspettando. Teneva in mano la Gazzetta del Profeta, ma in un modo
così
tranquillo e privo di nervosismo che stava a significare una cosa sola.
Niente
stragi, quel giorno.
James
prese posto vicino a lui, mentre Sirius si
accomodava accanto a Peter, intento ad abbuffarsi.
Mentre
cominciavano a servirsi la cena, Remus posò
il giornale sul tavolo e, con uno strano sorriso di chi la sa lunga, si
rivolse
ad i suoi amici.
-Volete
sapere l’ultima?- domandò, già sicuro
che la
risposta che avrebbe ricevuto sarebbe stata positiva.
Di
fatti, tutti e tre i suoi amici annuirono.
-Stanno
circolando strane voci, qui a scuola…-
cominciò, sempre sorridente. –Soprattutto tra noi
Prefetti e Caposcuola. Dicesi
che…Nott e Lastrange siano stati ritrovati, poco dopo
pranzo, ficcati fino alle
spalle in due water del gabinetto di Mirtilla, con solo la testa
fuori…-
-COSA!?!?-
saltò su Sirius, piacevolmente allietato
dalla meravigliosa ed esilarante notizia.
James,
con il piatto pieno di leccornie, cominciò a
mangiare in perfetta tranquillità, senza mostrarsi
minimamente interessato.
-Proprio
così.- confermò Remus. –Non si erano
visti
più, dopo la colazione di stamani. Non si sono neppure
presentati a lezione. Ed
oggi…beh, il Professor Lumacorno li ha trovati
lì. Mirtilla era indignata!!! E
sapete la cosa più strana? Quando sono stati interrogati,
hanno detto di
essercisi ficcati da soli lì dentro…. Credo che
qualcuno abbia fatto loro un
incantesimo, o forse due…-
-Ma
davvero?- fece Sirius, guardando James di
sottecchi.
Il
diretto interessato, sentendosi addosso gli
sguardi dei suoi amici, lasciò stare la sua cena ed
alzò gli occhi su di loro.
-Beh?
Che volete che vi dica? Mi dispiace molto per
loro, ma a volte ad Hogwarts c’è davvero gente
crudele…- dichiarò, con uno
strano scintillio divertito nello sguardo. –Comunque non
credo abbiano sofferto
molto, infondo…stamani hanno dimostrato questo sviscerale
amore per l’acqua,
no?-
I
Malandrini scoppiarono a ridere, mentre James-Sono
Innocente-Potter tornava a mangiarsene tranquillo.
Lily
Evans era da poco arrivata in Sala, sedendosi
parecchio distante da loro. Dalla sua posizione, però,
riusciva a vederla
perfettamente. Sembrava calma, quella sera, forse aveva trascorso un
buon
pomeriggio, rannicchiata nella sua sicura biblioteca.
Lui non
era molto amico dei libri e studiava solo
quanto era necessario, però gli sarebbe piaciuto fare una
capatina dalle parti
di Madama Pince, giusto per dare una sbirciatina a quello che Lei stava
combinando.
Se non
fosse stato per quegli allenamenti di
Quidditch!
Fine
secondo capitolo. Mi era venuto più lungo,
perciò ho deciso di tagliare un po’…la
parte mancante nel terzo cap!! Bene,
spero che la storia, che ancora non è entrata veramente nel
vivo, vi piaccia!
Dal
prossimo cap cominceranno i guai…state a
vedere!!
Un
ringraziamento a tutti coloro che hanno letto o
che hanno lasciato un commento, siete veramente molto gentili!!!!!^^
Bacioni……
Lady
Tsepesh.
|
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Capitolo 3 *** Gryffindor and Slytherin ***
CAPITOLO
3 “GRYFFINDOR
AND SLYTHERIN”
Sirius
Black,
quella fredda mattina di Settembre, ebbe un bruttissimo risveglio...
Era
ormai risaputo da tutta Hogwarts che lo
svegliare i quattro Malandrini fosse un'impresa pressoché
impossibile per
qualunque sveglia, o gallo, del pianeta.
Non
tanto perchè i quattro flagelli della scuola non
avessero un udito abbastanza fine per udire il dolce richiamo del
mattino,
quanto perchè....tra festini illegali notturni e viaggetti
per il parco al
chiaro di luna, ciò che restava di loro al mattino
corrispondeva poco più a
quattro corpi vuoti che hanno provato l'ebbrezza di dare un bel bacio
alla
francese ad un Dissennatore.
Quella
mattina non fu diverso.
Per
prima partì la sveglia di Remus, programmata per
le sei e mezza....
Lupin
era sempre stato un ottimista.
Dopo
essersi sgolato per almeno quindici minuti, il
povero oggetto ricevette come ricompensa per il suo lavoro un
bell'incantesimo
di Esilio, che lo mandò chissà dove.
Poi,
timidamente, anche la sveglia di Peter, pochi
minuti dopo, cominciò a trillare.
E, cosa
strana dal momento che era stato sempre
l'ultimo a lasciare il caldo abbraccio del suo letto, il suo
proprietario si
alzò, anche se con un po' di fatica, indossò le
ciabatte e partì verso il bagno
con una faccia che, anche da sola, indicava quanto ancora il cervello
fosse
disconnesso dal corpo.
-Tutto
bene, Pete?- lo raggiunse la voce assonnata
di Remus.
Lupin lo
stava fissando con un solo occhio aperto,
il corpo imprigionato nella ferrea presa delle coperte ed i capelli
chiari
tanto scarruffati da fare concorrenza con quelli di Potter.
Il
ragazzo sobbalzò, sentendo quella voce e si voltò
a guardare l'amico. Adesso era completamente sveglio.
-Tutto
bene, Remus. Tutto benissimo.- disse in un
soffio, prima di sparire dietro la porta del bagno.
Fu il
suo modo di rispondere così affrettato e la
sua palese voglia di sfuggire che gettò Lupin nella
più totale confusione. Era
tutto molto strano. Chiunque conoscesse bene Peter poteva asserirlo. Lui, Remus
Lupin, da attento osservatore, si
era accorto delle stranezze di Codaliscia prima di Sirius e James. Lo
aveva
visto cambiare alla fine del loro sesto anno e continuava a vederlo
cambiare
anche adesso. Peter si stava, in qualche modo, allontanando da loro.
Era
stato un processo così lento e appena
percettibile che nessuno se ne era accorto, eppure adesso la
realtà dei fatti
si sbatteva loro davanti agli occhi.
L'unica
cosa che Remus poteva dire con certezza era
che, da tempo, Peter stava molto più attento ad il suo modo
di porsi di fronte
agli altri, curando anche il proprio aspetto. L'aveva visto arrossire
molte
volte durante le lezioni ed anche in Sala Grande e questo lo aveva
portato a
convenire che il loro amico, come capita a tutti, si era innamorato.
Gli
sembrava strano che non ne avesse ancora fatto
parola con loro, i suoi migliori amici, ma aveva deciso di rispettarlo
e di
rimanere in silenzio. Ora che anche James e Sirius si erano accorti che
qualcosa non andava, però, le cose sarebbero cambiate...
Loro,
così socievoli ed espansivi, non avrebbero
rispettato il silenzio di Peter per molto.
Se il
pensiero che un Malandrino si stava
allontanando da loro li avesse colti...avrebbero fatto di tutto per
riportarlo
a casa. Qualunque cosa.
Mentre
se ne stava ancora sdraiato sul suo letto,
con lo sguardo fisso al soffitto, ancora intento a congetturare, Remus
sentì
Peter uscire del bagno e dirigersi in religioso silenzio verso il
proprio
baule, pronto a vestirsi.
James e
Sirius ancora dormivano alla grande. Non si
sarebbero svegliati fino alle sette e mezza, o peggio, alle otto
spaccate.
Restò
ad ascoltare l'amico vestirsi senza dire una
parola. Indeciso se parlare
oppure
restarsene zitto. Ma che avrebbe potuto dire? Lui non era bravo con le
parole.
Non era Sirius, né James.
Lui era
l'anima pensante del gruppo. Aveva accettato
volentieri quel ruolo, perchè non si era mai visto bene nei
panni dell'oratore.
-Peter,
sei sicuro che vada tutto bene? Non hai
proprio niente da dirmi?- domandò tutto ad un tratto,
vincendo finalmente il
suo carattere chiuso e riflessivo.
-S-Sei
sveglio?- balbettò Minus, decisamente
colpito. -Credevo ti fossi riaddormentato, Rem...-
-Sono
sveglio.- confermò Lupin con un sorriso,
mentre si metteva a sedere sul letto. -Allora?-
-Cosa?-
-Cosa ti
sta succedendo, Peter? Io, James e Sirius
siamo preoccupati.-
Remus
ebbe la strana impressione che Peter, nel
sentire quelle parole, avesse desiderato soltanto sparire sotto il
mantello
dell'invisibilità di Potter. Lo vide contorcersi le mani e
fissare il pavimento
nel vano tentativo di mimetizzarsi con esso. Questo lo
preoccupò.
-Peter...-
-Sto
bene, te l'ho detto Rem. Voi ragazzi non dovete
assolutamente preoccuparvi! Sto solo attraversando un periodo
così...-
Era vaga
quella risposta, troppo vaga. Remus non ne
fu affatto soddisfatto, ma il suo temperamento mite e anche troppo
permissivo,
lo portarono a non insistere oltre.
-Ok,
Pete. Però ricordati che....-
Quello
non gli dette il tempo di finire la frase.
-Voi ci sarete sempre. Sì.-
Lo disse
in fretta, senza pesare affatto a ciò che
quelle parole potevano significare. A Remus dette l'impressione che il
suo
amico stesse quasi gettando del fango su quella frase così
preziosa che era sempre
stata il fondamento dell’ epica amicizia dei Malandrini.
“Ricordati
che...qualunque cosa succeda, io ci
sarò sempre...”
Quella
frase, così speciale nella sua semplicità,
era uscita per la prima volta dalle labbra di colui che, da sempre, era
stato
il pilastro del loro gruppo. Colui che era sempre stato il
più forte, che aveva
sempre avuto la capacità di rialzarsi subito, anche quando
le ferite erano
troppo profonde. Colui che sempre riusciva a sorridere, anche quando
nel suo
cuore si agitava il dolore più devastante di tutti.
L'anima
del gruppo....
James.
Era
stato lui a pronunciare per primo quella frase.
Remus lo ricordava bene...
Ricordava
bene quella notte di tanti anni fa.
L'infermeria
della scuola. Un lettino. Lui, Remus,
seduto su quel lettino e, su di una sedia, James Potter, con uno
squarcio sul
viso ancora sanguinante che metteva paura.
Era
stato lui il primo a sapere.
Però...Anche
se ferito, anche se, sicuramente,
spaventato, anche se aveva appena scoperto che uno dei suoi amici aveva
tenuto
nascosto un segreto tanto grande....James Potter sorrideva, allegro e
stravagante come sempre. Sorrideva a lui.
E,
guardandolo con i suoi sinceri occhi neri, glielo
aveva detto.
“Ricordati
che...qualunque cosa succeda, io ci sarò sempre Rem.
Troverò un modo per
risolvere il tuo piccolo problema peloso, te lo giuro.”
E Remus
Lupin aveva sentito il suo cuore tornare a
battere dopo tanto, tantissimo tempo. Tutto grazie a quel ragazzino
buffo ed un
po' matto che tuttavia nessuno poteva fare a meno di cercare, anche
solo per
stargli un po' vicino, solo un pò.
E ora
sentiva una sorta di scherno, di beffa, su
quelle parole così importanti. Non ebbe il coraggio di
guardare Peter in
faccia, troppo spaventato da quello che avrebbe potuto trovarvi.
Eppure
le parole di James avevano, a suo tempo,
salvato anche lui, come avevano salvato Sirius...
Peter
Minus uscì dalla stanza con ancora le scarpe
slacciate e mezzi libri, arruffati in fretta, nella cartella. Quando se
ne fu
andato, Remus provò uno strano senso di vuoto. Che stava
succedendo ai
Malandrini?
-E'
successo qualcosa.-
Una
constatazione dolorosa, come scaturita da una
ferita inferta senza pietà.
Lupin
sussultò nell'udire quella voce, gelato. No,
non lui. Lui non avrebbe mai dovuto sentire...
-Da
quanto sei sveglio?- chiese, quasi con paura.
James si
mise seduto, dopo essere stato per un bel po'
di tempo raggomitolato sotto le coperte in silenzio, ad ascoltare
quelle parole
fredde come lame.
-Non ha
importanza.- rispose. -Buongiorno,
Lunastorta!- fece, il consueto sorriso amichevole che tornava,
sostituendo
quell'anomala espressione seria che aveva, per poco, usurpato il suo
posto.
Sospirando,
Remus scese dal letto, sentendo il
pavimento freddo sotto i piedi scalzi. James lo stava osservando con
l'aria
ancora assonnata e gli occhi neri ridotti a fessure. Gli
sfuggì un sorriso
affettuoso.
-Quanti
me vedi stamattina, Jamie?- domandò,
divertito.
Ramoso
sorrise, grattandosi la testa in modo
buffissimo. -Quattro, sto migliorando...-
Inforcò
gli occhiali, tornando ad avere un'unica
immagine di Remus. Questo era consolante. Non che non volesse bene a
Lupin, sia
chiaro, ma di bacchettoni ne bastava uno solo...
Si
alzò a sua volta, stiracchiandosi come un gatto e
si diresse verso il bagno.
James se
ne andava a letto con un paio di pantaloni
di una tuta ed una canottiera nera che poco lasciava all'immaginazione
di tante
fanciulle, facendo fare bella mostra di se alle spalle ed ai muscoli
delle
braccia. Insomma, Potter non era più un moccioso ed aveva il
fisico atletico ed
allenato di un giocatore di Quidditch.
Remus
pregava ogni santissimo giorno, che Dio mandava
sulla terra, affinché per la scuola non si diffondesse per
nessun motivo la
voce dell'abbigliamento che James utilizzava per andare a dormire,
altrimenti,
prima o poi, la porta della loro stanza sarebbe stata sfondata in piena
notte
da migliaia di ragazzine adoranti e sovreccitate.... e sarebbe successo
un
macello!!
Aspettando
che Potter gli liberasse il bagno, Remus
si decise a vestirsi, indossando con calma l'uniforme scolastica.
Gettò
un'occhiata verso il “regno” di Sirius, quello che
lui aveva definito il suo
angolo di stanza. C'erano poster di squadre di Quidditch e di gruppi
musicali
un po' ovunque. Felpato ancora ronfava della grossa.
Poco
dopo, James uscì dal bagno e....successe ciò
che doveva accadere.
-Siri
dorme ancora?- fece, con uno strano e
diabolico scintillio negli occhi.
Remus
annuì, ormai arreso a quell'evidenza. Black
era fatto così. -Già, che vuoi farci?-
E
accadde una cosa assurda agli occhi del povero
Remus J. Lupin. Vide James avvicinarsi di fretta al proprio baule,
aprirlo, e cominciare
a rufolarvi dentro con una strana euforia.
-J-James?-
fece, preoccupato.
Quello
riemerse tutto trionfante con un bandana
molto grande di un bel colore giallo canarino. Sghignazzava. James
Potter aveva
attivato la modalità “Malandrinite
Acuta”.
Quando
Remus fece per chiedere spiegazioni, l'amico
gli fece solo cenno di tacere e tornò a dedicarsi alla sua
bandana, andando a
legarsela intorno alla testa, a mò di pezzuola. Si tolse gli
occhiali,
infilandoseli nella tasca dei pantaloni ed avanzò in punta
dei piedi verso il
letto dell'ignaro Black, ancora beatamente dormiente.
Remus,
non riuscendo a capirci una mazza, ma ben
consapevole che James stava per combinare una delle sue trovate
demenziali, si
risedette sul letto, aspettando.
Arrivato
alla meta, Potter si chinò sul suo migliore
amico. Quello dormiva tranquillo, sognando chissà che cosa.
Aveva la bocca
mezza aperta ed i capelli a spasso per il cuscino. Era degno di una
foto, ma
per quella poteva aspettare la prossima mattina.
Con il
dito indice andò a pungolarlo delicatamente
ad un braccio.
-Hey,
Orsacchiottino mio...- se ne uscì fuori, con
la voce volutamente in falsetto. -Patatino mio dolce....-
Remus,
capito tutto, si portò entrambe le mani alla
bocca, nel tentativo di bloccare sul nascere la risata madornale che
minacciava
di venire fuori. Presto la sua faccia prese fuoco, diventando rossa.
-Caro,
cucciolotto piccolo trottolottino amoroso, dai....-
insistette James Potter. -Svegliati...c'è qui la tua ciccina
piccina Kelly...-
Accadde
tutto in pochi secondi.
Sirius,
con ancora gran parte del cervello
disattivato, apri gli occhi.
Gli
apparve davanti una figura sfocata, con qualcosa
di giallo intorno alla testa e sulle spalle.
Poi il
nome “Kelly Logan”.
Poveretto,
per la sua testolina ancora in viaggio
per il mondo dei sogni, fece anche troppo.
Con un
sorriso ebete afferrò la sua “Kelly”e la
strinse in un abbraccio mozzafiato, un po' stupito di trovarla
così robusta di
spalle, ma per nulla turbato e
portandola sul letto con lui.
-Mi hai
voluto fare una sorpresa, piccola?-
borbottò, con la voce ancora impastata dal sonno.
Sentì
la testolina bionda di “Kelly” fare di
sì sul
suo petto.
Così
Black, compiaciuto, andò a dare un bel bacio in
fronte alla sua dolce metà e accadde una cosa stranissima.
La bella chioma
bionda della sua ragazza parve staccarsi all'improvviso, lasciando
spazio ad
una scarmigliata capigliatura corvina.
E allora
fu tutto dolorosamente chiaro.
Spalancò
gli occhi blu, all'improvviso sveglissimo,
e si ritrovò a fissare la faccia simpatica e sorridente di
James Potter a pochi
centimetri di distanza.
-Anche
io ti amo, Felpato. Dai, scappiamo insieme!-
Un
attimo e tutta Hogwarts, ancora per metà
dormiente, fu scossa da un urlo stratosferico che fece crepare di cuore
parecchi gufi anziani, che ancora sonnecchiavano nella Guferia.
James
Potter fu scaraventato giù dal letto, mentre
Remus Lupin, totalmente sdraiato sul suo si lasciava andare alla risata
più
idiota di tutta la sua vita.
Inutile,
James Potter restava sempre James Potter.
Con le
lacrime agli occhi, Remus riuscì a rimettersi
seduto. James si era rimesso gli occhiali ed ancora rideva
sguaiatamente,
seduto per terra a gambe incrociate, con Sirius che gli smadonnava
contro.
-MA SEI
CRETINO??????!!!!! FOTTUTO IDIOTA DEL CAZZO!
E SE TI BACIAVO IN BOCCA, EEEEEEH??? FROCIO DI MERDA!!! CREDEVO CHE TI
PIACESSERO LE DONNE!!!! MA CHE SCHERZI CRETINI TI VIENE IN MENTE DI
FARE A
QUEST'ORA????!!! VATTI A FARE FOTTERE DALLA TUA SCOPA, DEMENTE!!!!-
Il resto
deve essere obbligatoriamente censurato.
Uscendo
dal letto come una furia, Sirius Black si
diresse sparato come un proiettile verso il bagno e si chiuse dentro,
sbattendo
la porta con violenza e chiudendo pure a chiave! Il tutto continuando a
bubbolare come una pentola a pressione.
Lui, per
andare a letto, portava solo i pantaloni
del pigiama, restandosene bellamente a petto nudo. Altro motivo di
preghiera
per Remus.
***
Victoria
Olsen, Vick per gli amici, li trovò a fare
colazione in Sala Grande ed andò ad unirsi a loro con un bel
sorriso da ragazza
spensierata. Continuava ad indossare la divisa scolastica a modo suo.
Portava
la camicia di una taglia più grande, in modo
che le stesse un po' più larga, la cravatta rossa ed oro
annodata solo in fondo
e la gonna decisamente corta, come la indossava la Logan, con la sola
differenza che aveva le gambe fasciate da un paio di attillatissimi
pantaloni
neri.
I corti
capelli corvini, sempre vivacemente
scarruffati dal vento quando stava su una scopa, quella mattina erano
legati in
due piccoli e simpatici codini.
-Buongiorno,
ragazzi!- fece allegra, andando a
sedersi vicino a James.
-'Giorno
Vick!- le risposero Potter e Lupin con un
sorriso.
Da Black
arrivò soltanto un grugnito. Gli occhioni
azzurrissimi della ragazza si puntarono su di lui, che sembrava avere
trovato
gusto nel girare ripetutamente il cucchiaino nel suo caffè,
con gli occhi blu
concentratissimi nell'operazione e dallo sguardo minaccioso.
-Sai,
credo che lo zucchero si sia sciolto, Siri.-
disse lei, con aria pensierosa.
Altro
grugnito.
Allora
Vick si volse verso James, che aveva ripreso
a ridacchiare.
-Ma che
ha fatto?- domandò la ragazza. Le risposero
due identici sorrisi perfidi. Remus e James.
Dieci
minuti più tardi le risa della Olsen, messa al
corrente di tutto, invasero l'intera Sala, tanto che molti, passando
davanti al
tavolo di Grifondoro, finirono con il voltarsi.
Sirius
osservò la ragazza di fronte a lui con astio.
Lei continuava a ridere di gusto e le sue guance avevano finito con
l'arrossarsi, mentre gli occhi azzurro cielo brillavano di genuino
divertimento, vicini a lacrimare.
Finì
con il sorridere pure lui. La risata di Vick
era sempre contagiosa per lui.
-Dai,
Siri!- fece lei, sorridendogli.- James stava
solo cercando di trovare il modo più dolce per svegliarti!-
-Se
è così la prossima volta preferisco svegliarmi
da solo...- protestò Black, ormai entrato nella
comicità di ciò che gli era
capitato quella mattina.
James
mise su un broncio adorabile, mentre gli altri
tre ridevano. -Cattivone!- commentò.
-Ragazzi,
mi farete morire!- esclamò Vick. -Ma lo
sapete che si vocifera che il nuovo custode, Gazza, appena sentito
l'urlo sia
uscito dalla sua stanza con un sacco di vecchie catene e abbia
cominciato a
correre per i corridoi della scuola ancora in pigiama urlando a destra
e a
manca?! Aveva pure un cappellino di lana con tanto di bonbon sulla
testa!!!!-
E
giù a ridere tutti e quattro.
Se
Victoria fosse stata un ragazzo, sarebbe
sicuramente entrata a fare parte del gruppo dei Malandrini
ufficialmente.
Tuttavia la si vedeva quasi sempre gironzolare in loro compagnia e
spesso
partecipava attivamente alle loro “malandrinate”.
Era talmente legata a tutti e
quattro i ragazzi, che era stata addirittura messa a conoscenza del
segreto di
Remus, con la storia degli Animagi inclusa.
Lei era
più piccola di loro di un anno, era perciò
arrivata ad Hogwarts un anno dopo di loro, ma non appena si erano
incontrati,
era stato un colpo di fulmine. Victoria doveva essere una di loro.
Del
resto lei preferiva la compagnia di quattro
ragazzi a quella delle sue compagne, da brava maschiaccia quale era e,
se
avesse potuto, sarebbe felicemente diventata un maschio.
Fu un
attimo ed il sorriso divertito della ragazza
scomparve dalle sue labbra, lasciando il posto ad una totale
espressione di
disgusto e rabbia, con qualcos'altro di indefinito in più.
Sirius,
davanti a lei, si accorse del brusco
cambiamento e se ne preoccupò.
-Hey,
Vick!- fece.
Lei lo
guardò, facendogli cenno di voltarsi. -Sta
arrivando la tua miss Hogwarts, Black.- disse con freddezza, gli occhi
ridotti
a due specchi di ghiaccio.
Kelly
Logan, quella vera, bella come una Veela, volò
piena di grazia dal suo ragazzo e si sedette vicino a lui, imponendo
con uno
sguardo sprezzante ad un ragazzino del terzo anno di farle posto.
Il suo
corteo di damigelle rimase in piedi, intento
a lanciare occhiatine a James e a ridacchiare. Potter neppure le
calcolò.
-Buon
dì, Orsacchiotto!- disse Kelly, la voce dolce
come il miele, salutando il suo ragazzo.
Black le
sorrise e le dette un bacio. James sentì il
corpo di Vick, seduta al suo fianco, irrigidirsi.
Distogliendo
l'attenzione dal suo amore, la Logan
puntò il suo sguardo da regina proprio su di lei. Eppure
Vick, nonostante fosse
meno ricca di lei, nonostante non indossasse delle firme, nonostante
non
vestisse elegante e raffinata come lei, anzi, e nonostante non fosse
stata mai
nominata reginetta di Hogwarts per due anni consecutivi, non
abbassò lo sguardo,
come la Logan si aspettava facesse.
-Che ci
fa la stracciona maschiaccia qui,
Orsacchiotto?- domandò dopo un pò, sconvolta.
Il suo
corteo annuì, sentendo le parole della capo
gruppo.
Il
sorriso che Sirius stava rivolgendo alla sua
ragazza si congelò di colpo.
-Come
l'hai chiamata, scusa?- intervenne James. No,
non sorrideva affatto adesso. Quando gli si offendevano gli amici si
divertiva
veramente poco.
-Lascia
stare, Jamie.- fece Vick. -Se ti do tanto
fastidio non calcolarmi, Logan e limitati a sbacciucchiare il tuo
ragazzo.-
“Caso
mai”, pensò Vick, “ sei tu, Logan, a
dare
fastidio a me se ti baci Sirius...”
Una
delle ragazze del corteo decise di intervenire
in favore della sua Regina.
-Sta
zitta, Olsen! Certo che infastidisci Kelly se
te ne stai così vicina a lei! Ma non ti guardi allo
specchio!? Guarda come ti
vesti!!!-
-E
allora?- replicò la moretta. -A me piace!-
-Anche a
me piace come si veste.- fece Sirius, ad un
tratto. -Ed il tuo commento non era richiesto.- continuò,
rivolto alla ragazza
che aveva parlato.
-Oh mio
Dio!!!- strillò Kelly, sconvolta. -Non
voglio stare con una che si veste da paura, gioca a Quidditch, si
mangia le
unghie e sta con i maschi!- protestò. -Lei
è...lei è....- sembrava veramente
schifata adesso e fissava Victoria come se fosse un insetto disgustoso.
-Lei
è...disgustosa! Il solo guardarla mi fa sentire…
Oddio, cielo, un capogiro…-
La corte
le corse attorno, per confortarla e fissare
con minaccia la Olsen, nel caso le fosse venuto in mente di saltare
addosso con
la bava alla bocca alla loro Regina in quel momento.
Victoria
era semplicemente ammutolita. Troppo
sconvolta per parlare. James sembrava in procinto di piombare addosso a
quel
corteo di oche starnazzanti brandendo la falce della morte in una mano
e Remus
era pietrificato.
-Se ti
da fastidio stare vicino a Vick, allora
alzati e vattene a fare un giro lontano da qui, tesoro.- disse Sirius
all'improvviso, rivolto alla sua ragazza. -Victoria è una
dei miei più cari
amici, se vuoi stare con me, devi accettare anche lei. Non solo James,
Remus e
Peter, i “famosi” Malandrini che ti piacciono
tanto...-
Kelly
spalancò gli occhi, ma non riuscì a replicare.
Si alzò, furiosa, e se la dette in ritirata con un
antipatico ticchettio di
tacchi sul pavimento, seguita dal corteo.
Per un
attimo nell'angolo dove stavano i Malandrini
cadde il silenzio. La prima a parlare fu proprio Vick.
-Grazie
Sirius...- mormorò, non riuscendo a
guardarlo in viso, mortificata. -Mi dispiace.-
-Di cosa
dovresti dispiacerti?!- scattò Potter. -Non
è colpa tua se la nuova ragazza di Sirius è una
stronza senza cervello!-
Ecco,
l'aveva detto. Ora il suo migliore amico
poteva anche arrabbiarsi, non gli fregava niente.
Sirius,
invece, sorrise. -Già.- disse.
-Tu
sapevi...- cominciò Remus, guardandolo stupito.
-Beh,
non sono mica nato ieri.- fece Black. -So che
sta con me solo perchè crede che metterò le mani
sul grande patrimonio dei
Black, perchè sono bello e sono un Malandrino, quindi un
membro del gruppo più
gettonato di Hogwarts.-
-Ti sei
dimenticato che sei anche un acclamato
giocatore di Quidditch, Felpato.- aggiunse James con un sorrisetto
amaro.
-Vero.-
confermò Sirius.
-Allora
perchè ti ci sei messo, Black?- domandò
Victoria, senza pensare.
Lui fece
spallucce. -Così, e poi è bella.-
La
ragazza allora tornò a servirsi la colazione,
senza più fiatare. James, unico a sapere, lanciò
all'amico uno sguardo omicida,
che però Black non capì.
Finirono
la colazione in silenzio, poi si
incamminarono insieme verso le aule. Era ancora presto per l'inizio
delle
lezioni, mancava ancora una buona mezzora. Davvero strano per i
Malandrini
essere così in anticipo, quando di solito piombavano in
classe col fiatone ben
quindici minuti dopo il suono della campana.
Victoria
aveva ad aspettarla due pesanti ore di
Storia della Magia con Ruff e se ne stava lamentando con James, che,
invece, le
riferiva che il Settimo anno di Grifondoro aveva la prima ora libera,
visto che
il loro professore di Cura delle Creature Magiche era stato ricoverato
d'urgenza al San Mungo, visto che l'ultima sua stravagante creatura
aveva avuto
la dolce idea di attaccarsi al suo braccio nel tentativo di
sbranarglielo.
-Ma
perchè seguite ancora Cura delle Creature
Magiche?- si informò la Olsen. -Che razza di lavoro volete
fare usciti da qui?-
-Non lo
sappiamo!- fece James sorridendo. -Ecco
perchè li seguiamo tutti! L'idea è stata di
Remus, che dice di voler prendere
una decisione definitiva solo alla fine. Io e Siri non eravamo molto
contenti,
all'inizio...-
-Ahhh....Beato
Rem..- fece Victoria, divertita.
Lei e
James stavano passeggiando allegramente per i
corridoi, tenendosi simpaticamente a braccetto, con Remus e Sirius alle
spalle.
-Vuoi
ancora stare con quella?- chiese Remus a bassa
voce.
Sirius
sospirò, ormai stanco delle ripetute domande
dell'amico.
-Ma che
ne so, Rem! Che mi frega? Posso anche
starci.-
-Hai
visto che tipo è, no?!-
-E
allora? È una cretina, però per fare quello che
deve fare mica c'è bisogno che parli...-
Remus
allora lasciò perdere, sconfitto. -Mah,
Sirius....Io spero che questo lungo periodo di immaturità ti
passi, prima o
poi. Forse devi solo incontrare la ragazza giusta.-
La loro
chiacchierata terminò, perchè intanto
avevano raggiunto l'aula di Storia della Magia, ancora vuota. Vick fece
qualche
passo in avanti, sbirciando all'interno e non trovando nessuno.
-Vabbè,
sto un altro po' con voi.-
-Ma dai,
Vick! Fai sega e stai con noi! Andiamocene
ad Hogsmeade!- fece Sirius.
-Buona
idea, Felpato!- commentò James.
-Assolutamente
no!- si intromise Remus. -Siamo
all'ultimo anno! Meno punizioni riceviamo, più beneficio ne
trarrà il nostro
M.A.G.O.-
James
fece per ribattere con una delle sue battute
Potteriane, ma si zittì di colpo. Qualcuno si stava
avvicinando a loro con
passo spedito.
Subito
la mano di Potter corse ad arruffarsi i
capelli, in un gesto abitudinario.
Lily
Evans.
La bella
Caposcuola di Grifondoro fermò i suoi passi
quando fu loro davanti. Portava l'uniforme in modo impeccabile e teneva
la
consueta borsa blu a tracolla. I capelli rossi, bellissimi e lucenti,
legati in
un'alta coda, con dei ciuffi scarlatti che le cadevano distrattamente
sul bel
viso, senza infastidire gli occhi verdissimi, sempre atteggiati in
un'espressione fredda ed autoritaria.
Lei era
una figura alta e magra, da fare invidia
alla bella Kelly Logan, e riusciva ad apparire meravigliosa anche senza
trucco.
Aveva intorno a se, però, una sorta di barriera
indistruttibile, atta a non
fare avvicinare mai troppo nessuno. E James, quella barriera
immaginaria, la
odiava.
Victoria
notò che James aveva nascosto la mano con
il suo misterioso braccialetto nella tasca dei pantaloni e se ne chiese
mentalmente il motivo.
Potter
si avvicinò alla rossa con un sorriso che
avrebbe fatto svenire la popolazione di Hogwarts, ma non lei, che
rimase a
fissare quei bei occhi neri con indifferenza.
-Caposcuola
Evans.- la salutò lui.
-Potter.-
salutò a sua volta lei. -Non stai
combinando nulla di illecito, spero.-
Il
sorriso furbo di James si ampliò. -E anche se
fosse, Evans?-
Stranamente,
anche lei sorrise. -Ti farei sbattere
fuori dalla tua squadra di Quidditch, che resterà senza
capitano, senza sapere
neppure cosa hai combinato. Contento così, Potter?-
-In
realtà non sei così cattiva, Evans...-
-Potter...-
fece lei, continuando a sorridere con
freddezza. -Non sottovalutare la mia cattiveria.-
-Non lo
farò...- mormorò lui, perdendosi negli occhi
verdi della ragazza.
Lei
sfuggì da quello sguardo, mantenendo sempre e
comunque la sua aria severa. -Devo scambiare una parola con uno di
voi.-
comunicò, con fare pratico.
-Con me
puoi scambiarne anche due.- fece James.
-Non
essere così ottimista da pensare che io abbia
voglia di parlare con te, Potter.- fu la fredda risposta. -Caposcuola
Lupin,
hai un momento?- fece, rivolta al biondo. -Ti devo comunicare le ultime
annotazioni del preside...-
Remus
annuì, gentile e cortese come sempre.
-Certo,
Evans.- disse, lasciando il gruppo. -Ci
ritroviamo all'inizio del parco, ragazzi?-
James e
Sirius annuirono.
-Vi
auguro una buona giornata a tutti, ragazzi.-
fece Lily, prima di seguire Remus. -E....Potter?Sappi che ti tengo
d'occhio.-
James
sorrise, facendole un buffo inchino. -Anche io
lo sto facendo, Evans. E lo faccio moooolto accuratamente!-
Fulminandolo
con lo sguardo, la ragazza si incamminò
dietro l'altro Caposcuola di Grifondoro, senza mai voltarsi.
-Ti
odia.- constatò Victoria.
-Naaa!!!-
fece Potter. -E' solo timida!-
-Sarà.-
continuò la mora. -Allora quello sguardo che
solitamente si rivolge ad uno Schiopodo Sparacoda me lo sono soltanto
immaginato.-
Sorridendo
divertito, Sirius si affiancò alla
ragazza, passandole un braccio intorno alle spalle.
-Non
essere troppo spietata, sorella.-
I due si
scambiarono un'occhiata complice, mentre
ancora sghignazzavano come iene. James fece la linguaccia a tutti e
due, per
nulla offeso.
-Vedrete
che non sarà sempre così. Lo troverò
un
modo per cambiare la Evans.-
-E
come?- fece Sirius. -Le farai bere una bella dose
di Amortentia?-
-Impossibile,
lei è troppo brava in pozioni. Come
minimo se ne accorge....- rispose l'amico.
Intanto
erano usciti nel parco, popolato da quegli
studenti che, come loro, o avevano un'ora buca, oppure avevano bigiato.
Erano
tutti ragazzi grandi, i piccoletti, ancora
abbastanza ligi alle regole, da qualche minuto avevano cominciato a
svolgere il
proprio dovere, entrando in classe.
Il cielo
era cupo ed i raggi del sole facevano
fatica a raggiungere il suolo, per potere poi scaldare l'aria. Victoria
rivolse, preoccupata, lo sguardo alla coltre di nubi che viaggiava
sopra di
loro.
-Oggi
piove.- disse, così, senza uno scopo preciso.
-Già...-
fece Sirius, che ancora le era vicino.
Vick non
riusciva a capire come, però stava
riuscendo nella difficilissima impresa di non stramazzare al suolo.
Avere
Sirius così vicino riusciva sempre a mettere in
difficoltà i suoi poveri nervi.
Con un
mezzo sorriso sulle labbra, pensò alle parole
della Logan.
Lei...ammaschiata??
Se solo
avesse avuto meno freni inibitori, sarebbe
saltata addosso a quel ragazzo, che le stava affettuosamente cingendo
le spalle
con un braccio, e avrebbe fatto vedere a tutti quanto fosse lontana
dall'essere
ciò che quell'oca credeva.
Ma, come
si suole dire, il buongiorno lo si vede dal
mattino. E sia James, che Sirius lo poterono confermare quando si
ritrovarono a
poca distanza da certi ceffi che proprio non riuscivano a tollerare.
Lucius
Malfoy e tutta la sua cricca decisero proprio
di dirigersi verso di loro, non appena li ebbero individuati. James e
Sirius si
scambiarono uno sguardo eloquente.
Malfoy
andò proprio a piazzarsi di fronte a James,
fissandolo con la sua bastardissima aria canzonatoria. I capelli
biondi, quasi bianchi,
legati in una lunga coda dai toni un po' antiquati, per i gusti di
Potter.
Alla
destra della Serpe incarnata stava, ovviamente,
Severus-Mocciosus-Piton, alla sua sinistra Bellatrix Black, bella come
una rosa
dalle spine pericolosamente appuntite e velenose. I suoi occhi blu,
gemelli di
quelli di Sirius, indugiarono un po' troppo su James, come a volerlo
divorare.
Poi, in
un angolo, come dimenticata da tutti, c'era
l'esile figura di Narcissa Black. Piccola, dall'incarnato chiaro e
fredda come
un fiocco di neve. I capelli biondi sciolti sulle spalle e lo sguardo
vacuo di
chi, in tutta quella combriccola, non trova nulla in cui riconoscersi.
Frequentava
solo il quinto anno a Serpeverde, eppure
la si vedeva sempre in giro con la sorella maggiore ed il fidanzato,
Lucius,
mai con ragazzi della sua età.
-Ma
guarda chi c'è.- esordì Malfoy.- Sua
maestà
Potter e fido Black.-
-Posso
fare qualcosa per te, carissimo?- domandò
James, riservandogli un sorrisetto cattivo. -Vuoi che ti consigli,
finalmente,
un parrucchiere decente?-
Malfoy e
Bellatrix scoppiarono a ridere, come se la
battuta cattiva di James non avesse sortito nessun effetto.
-Sei
spiritoso, Potter. Ma con me ti conviene non
fare l'idiota.- sibilò Lucius con rabbia. -So che sei stato
tu a fare quello
scherzo idiota a Nott e Lastrange.-
Le belle
labbra di Potter si stirarono in un sorriso
sornione. Chi stava passando da quelle parti, fece presto a cambiare
direzione.
Trovarsi in mezzo tra il gruppo di Potter e quello di Malfoy non era
mai una
bella cosa. Meglio fare il tifo da lontano.
-Non
dare la colpa a me, se quegli idioti sono
ancora in infermeria in stato confusionale. Dovresti stare
più attento ai tuoi
cagnolini, Malfoy.-
-Vergognati,
Potter.- fu l'acida risposta di Lucius.
-Mettersi contro gente più in alto di te...per una sporca
mezzosangue!-
Gli
occhi di James si assottigliarono, al suono di
quella parola, diventando freddi e profondi come un abisso in cui
nessuno
avrebbe mai desiderato sprofondare.
-Mezzosangue
o no, se ripesco i tuoi amichetti ad
infastidire la Evans, te li rimanderò indietro in una
tabacchiera, Malfoy.
Garantito.-
-Ma
davvero?-
-Oh,
sì. - confermò James. -Ricorda bene che non ho
bisogno di una stupida bacchetta per farti veramente male, Lucius.-
Del
ragazzo amichevole ed allegro che tutti
conoscevano non era rimasto assolutamente nulla. Victoria, che Sirius
costringeva a stare dietro di se, tremò nel vedere
l'espressione fredda e quasi
malvagia che aveva James in quel momento. Si chiese come facessero quei
Serpeverde a continuare a stargli davanti e provocarlo, invece di
scappare a
gambe levate.
-Sirius...-
chiamò. -Andiamo via...-
Black
neppure le rispose. Se ne stava davanti a lei,
tenendola, per così dire, esclusa dalla battaglia e
continuava a fissare con
puro odio la cugina Bellatrix, che lo fissava con il medesimo
sentimento.
-Sto
tremando dalla paura, Potter.- fece Malfoy, per
nulla intimorito dagli occhi gelidi di James.
Quello,
per tutta risposta, gli sorrise beffardo.
-Di
già? Tremi già dalla paura, Malfoy?- disse,
fingendosi preoccupato per lui. -Allora cosa farai quando ti
appenderò dalla
torre di Astronomia?-
Ecco. Il
sorriso canzonatorio di Lucius scomparve in
quell'istante. Fu un attimo ed aveva già la mano alla
bacchetta. James continuò
a fissarlo, come a sfidarlo a fare qualcosa.
Sirius,
vicino a lui, era pronto a scattare in
qualsiasi momento.
-Cosa
sta succedendo qui?!- esclamò una voce ad un
tratto, andando a rompere quel silenzio agghiacciante che si era andato
a
creare.
Per un
istante Vick credette fosse arrivato un
insegnate, poi si rese conto di stare sbagliando.
Lily
Evans avanzava, fiera e sicura, verso di loro.
Gli occhi verdi gelidi come lame. Al suo fianco Remus Lupin e, poco
dietro di
loro, Peter Minus.
La rossa
si fermò tra Potter e Malfoy, dimostrando
di non avere paura proprio di niente.
-Ragazzi,
via le bacchette. Subito.- ordinò.
James,
anche se contro voglia, ripose la propria
bacchetta nel mantello, continuando a fissare Malfoy con rabbia.
Sirius,
invece, si limitò ad abbassarla.
-Non
prendo ordini da una sudicia Mezzosangue! Và a
pulire cessi con le tue belle manine da pozionista, caposcuola Evans!-
Lo
sguardo di James, se possibile, divenne ancora
più furente.
E,
stupendo tutti quanti, fu la stessa Lily a tirare
fuori la sua bacchetta e a puntarla contro il Serpeverde.
-Non
costringermi a farti un incantesimo che ti
farebbe piangere, Malfoy. Fa come ti ho detto o li pulirai tu i cessi
con le
tue belle manine da Purosangue.-
Lucius
le rivolse uno sguardo omicida. Le avrebbe
fatto pagare quell'isolenza. Una Mezzosangue che osava rivolgersi a lui
in quel
modo...non aveva il diritto di continuare a respirare la sua stessa
aria.
James si
avvicinò a Lily, preoccupato dallo sguardo
cattivo di Malfoy.
-Levati
di mezzo, Evans. -le disse. -Non sai quello
che stai facendo.-
Lei lo
guardò con rabbia e lo allontanò da se con
uno spintone.
-Levati
di mezzo tu, Potter! Io sono Caposcuola!
Fino a prova contraria si fa quello che dico io, o finite tutti nei
casini!-
Non
stava scherzando, non stava scherzando affatto.
Nei suoi occhi c'era una rabbiosa decisione che poco lasciava posto al
poter
ribattere.
James si
zittì, ancora preoccupato per lei. Non era
bene che si mettesse così palesemente contro la cricca di
Malfoy. La prossima
volta, magari, le sarebbe anche potuto capitare di peggio del ricevere
dell'acqua addosso.
-Ora via
la bacchetta, Malfoy. Non lo ripeterò una
seconda volta.-
Peter,
nascosto dietro Remus, tremava.
-Vatti a
fare fottere da Potter e crepa! Non mi
faccio comandare da una puttana Mezzosangue!-
James,
fuori di se, fece per scaraventarsi su
Lucius, ma fu preso in tempo da Remus.
-No,
James! NO!- gli urlò Lupin, mentre quello si
dibatteva per liberarsi ed andare finalmente a spaccare la lurida
faccia di
Malfoy.
Bellatrix,
d'altro canto, pareva divertirsi e Piton,
che sembrava non avere gradito l'ultima apostrofe che il compagno aveva
dato
alla Evans, non si mosse. Narcissa era immobile.
-Senti
Malfoy, hai veramente rotto!- se ne uscì
Victoria, liberandosi dalla protezione di Sirius. -Prendi i tuoi
compari e
vattene allegramente a cagare!-
-Muori
anche tu, nanerottola!- fu l'acida risposta.
-Nanerottola?!-
ripetè la Olsen, avanzando
minacciosamente verso il Serpeverde. -Te la do io la nanerottola,
coglione!-
Quello
che accadde passò alla storia.
Victoria
Olsen non doveva mai, per nessun motivo,
essere infastidita, altrimenti erano dolori. E Lucius Malfoy
potè confermare da
quel giorno. Eh sì, perchè Vick, minuta e
piccolina, aveva dentro di se la
forza ed il coraggio di un drago e non aveva mai avuto paura di fare a
cazzotti
con un ragazzo. Tanto che, i poveri sfortunati che avevano provato, si
tenevano
accuratamente alla larga dalla ragazza.
Quella
avanzò verso Malfoy come una furia e, prima
ancora che l'avversario potesse fare qualcosa, gli assestò
un bel calcio nelle
parti basse, facendolo piegare in due per il dolore.
Bellatrix
corse subito a soccorrerlo, mentre Sirius,
stupefatto dal gesto della Olsen, scoppiava in una fragorosa risata
sguaiata,
osannando la ragazza, quasi inchinandosi davanti a lei.
-Vai tu
a farti fottere, Malfoy!- fece Vick,
fissandolo dall'alto con rabbia. -Porta più rispetto a noi
ragazze o finirai
castrato sul serio.-
Lily
Evans, da brava Caposcuola, avrebbe dovuto
riprendere la Olsen, anche solo per il fatto che non era a lezione,
invece, si
limitò ad annuire e a sorridere con aria crudele.
-Ti
conviene correre in infermeria con i tuoi
simpatici compari.- disse con cattivo divertimento.
-Vaffanculo,
stronze!- sibilò Lucius, rialzandosi a
fatica.
I
Serpeverde, come erano venuti, se ne andarono. E
lo fecero anche di corsa, lasciando i sei Grifondoro da soli.
Ormai,
tutti i ragazzi che, anche se da lontano,
avevano assistito, se ne erano andati già con la notiziona
della giornata sulla
bocca.
-Bravissima,
Vick!- fece Sirius dandole un
affettuoso colpetto sulla testolina nera. -Sono orgoglioso di te! Sei
fortissima!-
Lei
sorrise. -Grazie!-
-Tutto
bene, allora?- fece Lily, guardando tutti
quanti con sguardo critico. -State tutti bene?-
-Certo.-
rispose Sirius. -Ci ha salvato questa
meraviglia!- disse rivolto a Vick. -Tu si che ce li hai gli attributi!-
-Dubitavi?-
chiese la Olsen, ridendo.
Sirius
assunse un'aria serissima, portandosi la mano
sul cuore. -Non dubiterò mai più, giuro. Sei un
maschio con la M maiuscola!-
E Lily,
ritenendosi soddisfatta, ripose la
bacchetta, che ormai aveva abbandonato su di un fianco, nel mantello.
-Beh,
non farò niente stavolta, anche perchè non
è
accaduto nulla.- concluse. -Cercate però di non attaccare
briga, la prossima
volta.-
-Sono
stati loro, non noi, Evans!- fece James.
-Non mi
importa chi è stato! Non voglio mai più
ritrovarti in queste circostanze, okey, Potter?! Stattene calmo, una
buona
volta!-
-E tu
sta attenta a chi ti metti contro, Evans!- le
disse lui, con rabbia. -Non sai cosa rischi!-
-Sono un
Caposcuola. È mio dovere intervenire per
fermare gli idioti come voi! E, per la cronaca, non ho paura dei
Serpeverde!-
rispose. -Ora vi saluto. Ho di meglio da fare che stare qua a cercare
guai.-
Se ne
andò anche lei, con il suo incedere severo.
Probabilmente diretta in Biblioteca a studiare, vista l'ora libera.
James la
fissò allontanarsi con una strana espressione in viso.
Avrebbe dovuto tenerla
molto più d'occhio, da quel giorno. Rischiava grosso e
neppure ne era spaventata.
Dannata ragazza fiera ed orgogliosa!
Senza
dire nulla, si incamminò per la stessa
direzione della ragazza.
-James!-
lo chiamò Sirius. -Dove cavolo vai?!-
-A
studiare in Biblioteca.- rispose.
FINE!!!!!!!!!!!!!!!!
Mi scuso
con tutti per il ritardo, ma ho molto da
studiare, ultimamente!!!^__^””
Beh,
spero che il capitolo vi piaccia e mi scuso se,
nella lettura, potreste aver incontrato qualche errore di battitura, ma
non ho
il tempo per rileggere.
Nel
prossimo cap succederà finalmente ......
eh eh eh eh!!! Non ve lo dico!!!^_____^
A presto
con il prossimo capitolo!
Baci,
Lady Tsepesh
|
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Capitolo 4 *** The Unbreakable Vow [part one] ***
CAPITOLO 4 “THE UNBREAKABLE
VOW [ part one ]”
Da
un bel po’ di tempo, ormai, i suoi occhi non si muovevano
più su ciò che era
scritto sulla pagina del libro di Trasfigurazione.
Se
ne stavano immobili, fissi in un punto, senza il coraggio di sollevarsi
e di
puntare lo sguardo sulla fonte di quel fastidio che stava provando.
Non
riusciva a guardarlo, neppure a dire qualcosa. Desiderava soltanto che
se ne
andasse, non era mai stata tipo da apprezzare la compagnia.
“Quella” compagnia,
poi, meno di tutte.
La
Biblioteca era molto silenziosa a quell’ora del mattino. Si
sentivano soltanto
i passi di Madama Pince che riordinava i libri negli scaffali, il
mormorio
proveniente dalle classi lontane ed il vociare attutito degli studenti
in
giardino, liberi e felici.
Lily
Evans sospirò, ormai stanca di quella situazione assurda.
Chiuse
il libro con un tonfo, puntando lo sguardo di un verde intenso su di
lui.
James
Potter, dall’altra parte del tavolo, continuava a fissarla e
le sorrideva
sornione, stando seduto al contrario su una sedia.
Le
braccia sullo schienale ed il mento su di esse. Bello.
Lei
continuò a guardarlo trucemente e lui, per tutta risposta,
sollevò un
sopracciglio.
-Si
può sapere che diavolo stai facendo, Potter?-
domandò con stizza.
Lui
le sorrise. –Ti guardo.- disse con semplicità.
-E
potrei saperne la ragione?- chiese, cercando di mantenersi calma.
Una
ciocca di lisci capelli rossi le ricadde sul bel viso, James la
osservò come
incantato.
-Non
mi andava di lasciarti sola, Evans.- le rispose. –Tutto qui.
Per questo sto in
biblioteca, ti faccio compagnia.-
-E
tu…la “compagnia” credi di farmela
fissandomi?- sbottò lei.
-Beh,
potrei anche leggere un libro…- convenne Potter.
–Però mi fa fatica. Preferisco
guardare te, Evans.-
Lei
sbuffò, decisamente irritata. Ma perché cavolo
quello scemo di Potter doveva
proprio rompere le scatole a lei? Doveva studiare e lui la stava
distraendo,
maledizione!
-Potter,
mi stai dando fastidio, ok?- ringhiò.
James
la guardò con fare innocente. –Io?- fece.
–Che noia posso darti, scusa? Sto
zitto zitto…-
-Mi
stai fissando, Potter! Mi dà fastidio!-
Lui
sospirò, sorridendo. –Andiamo Evans, non essere
sempre così acida. Se vuoi
studiare, studia. Vuol dire che mi guarderò le scarpe.-
-No,
Potter! Tornatene dai tuoi compari!- sibilò la ragazza,
attenta a non alzare
troppo il tono della voce.
James
non si curò affatto delle sue parole. Continuava a scrutarla
da dietro gli
occhiali, con la sua più bella espressione malandrina. Un
bel sorriso gli
piegava le labbra, mentre nei suoi occhi c’era un qualcosa
che Lily non
riusciva a comprendere.
Tenerezza?
Forse.
Dolcezza
nei suoi confronti?
Sì,
anche.
Ma
c’era di più. Lily non riusciva a capire,
però le piaceva quello sguardo. Non
le era mai stato rivolto da nessuno, prima di allora.
Era
lo sguardo, bello e sincero, di qualcuno che le voleva bene e che
desiderava
starle vicino. Solo in quel momento lo capì.
E,
anche solo per un istante, sentì il proprio cuore prendere a
battere fortissimo
e temette davvero che sarebbe arrossita.
Invece,
esercitando violenza su se stessa, continuò a fissarlo
imperterrita.
Lui
era lì, ancora davanti a lei.
I
capelli neri in disordine perenne, gli occhi scuri, buoni e sinceri, e
quell’espressione da eterno ragazzo che non sarebbe mai
cresciuto. Ecco, era
quello il fascino di James Potter. Quella cosa che tutti, sia maschi
che
femmine, adoravano in lui.
Lily
abbassò bruscamente lo sguardo. Non poteva lasciarsi
distrarre da quell’idiota
di un Malandrino.
E
poi, probabilmente, conoscendolo, le stava così
appiccicosamente intorno, solo
per una qualche, stupidissima, sfida personale.
-Cosa
c’è, Evans?-
Sussultò,
non appena sentì
la sua voce.
-Devo
studiare, Potter.- ripeté, come un ritornello.
Quella
situazione non le piaceva, la metteva terribilmente in imbarazzo. Ma
non sapeva
proprio come fare ad uscirne, l’unica arma che riusciva ad
usare per difendersi
da lui era sempre stata quella. “Devo studiare”.
Lo
sentì ridacchiare.
-Devi
sempre studiare, Evans.- le disse. –Dai, parliamo un
po’, no?-
In
realtà, aveva un po’ di cose da chiedere a James
Potter, ma mai e poi mai lo
avrebbe fatto.
Una
domanda che spesso le sorgeva era “Ma tu, ci tieni veramente
a me, Potter?”
Lui
era sempre a rincorrerla di qua e di là, sempre a chiederle
di uscire con lui,
sempre a fare di tutto per rivolgerle la parola. Ma…quanto
di vero c’era in
tutto questo?
-Non
ho voglia di parlare con te, Potter.-
“Ecco,
mandalo via.” si disse. “Lui è troppo
diverso da te.”
Sì,
loro due erano troppo differenti. Stavano ai poli opposti del mondo.
Lei
era destinata a rimanere nell’ombra, sempre sola ed esclusa.
Lui, invece,
sarebbe sempre rimasto inondato dalla luce. Sempre circondato dagli
altri,
sempre protagonista…
Non
avrebbero mai potuto incontrarsi, mai.
-Lasciami
in pace, per favore.- disse, tornando ad essere fredda.
–Tornatene dai tuoi
amici, non ho proprio niente da dirti.-
Se
quelle parole lo avevano ferito, James non lo dette a vedere.
Abbassò
lo sguardo, come concentrato a pensare intensamente, ma non si mosse.
Sperava,
sperava davvero, che lui se ne andasse, che sparisse dietro quella
grande porta
di legno massiccio che portava fuori dalla Biblioteca e la lasciasse da
sola.
Ormai, era troppo abituata alla solitudine, la compagnia le faceva
paura.
Lui,
prima di tutti, le faceva paura.
Aveva
sempre temuto James Potter.
Lui
era tutto quello che lei non sarebbe mai stata. Era la sua nemesi
perfetta. Era
il suo sogno da una vita. La sua…metà.
Per
questo, lei, lo temeva.
Perché
sapeva che lui, con lo starle accanto, avrebbe sciolto tutto quel
ghiaccio con
il quale lei aveva avvolto il suo cuore, per proteggerlo.
E
poi? Quando quel ghiaccio se ne fosse andato, che cosa ne sarebbe stato
di lei?
Con che cosa si sarebbe protetta?
Ad
un tratto, James risollevò lo sguardo su di lei.
-Sei
sicura, Evans?- le domandò, piano. –Sei sicura di
volere sempre restare da
sola?-
Lei
restò un attimo spiazzata da quella domanda.
-Sì.
Io sto bene così.-
La
bocca di lui si piegò in un sorriso amaro, triste.
-A
me dispiace che tu sia così, Evans. A me dà un
fastidio enorme vederti da
sola…- le disse, senza troppi giri di parole. Un altro
pregio/difetto di Potter
era sempre stata la sua schiettezza. –Va bene. Ti
lascerò studiare, allora…-
Lo
vide alzarsi, finalmente. Però, stranamente, il suo animo
non fece i salti di
gioia che lei si aspettava. Anzi, sentiva una voce nella sua testa che
le
urlava ferocemente di fermarlo.
James
non la guardò più. In silenzio, rimise la sedia
al suo posto e si incamminò
verso l’uscita.
E
lei, piccola ed impaurita, non ebbe il coraggio di richiamarlo. Lily
Evans…non
era forte, era soltanto brava a sembrarlo. E lei, proprio lei, lo
capì in
quell’istante.
Non
era poi quella forte ragazza che si sforzava di essere, dopotutto.
Ecco,
maledizione….
James
Potter aveva già cominciato a sciogliere il ghiaccio.
Forse
lui non era consapevole di cosa stesse accadendo nell’animo
della ragazza, che
aveva appena lasciato in compagnia di soltanto qualche libro.
Alla
fine, aveva ritenuto che, lo stare lì a pressarla, non
portasse decisamente a
nulla. Eppure, non credeva di fare poi tanto male a provare a starle
vicino.
L’idea
di lei da sola in Biblioteca gli provocava un grande fastidio.
Inutile,
non ci riusciva.
Ce
la metteva veramente tutta ma…non ci riusciva.
Non
sarebbe mai riuscito a starle accanto, se lei, per prima, non glielo
consentiva
e, se le cose restavano così, non sarebbe decisamente
accaduto.
Ma
non si era arreso.
No,
lui la parola arrendersi non l’aveva mai conosciuta.
Fin
da piccolo, uno dei suoi credi più ferrei era che, in
qualsiasi circostanza,
bella o brutta che fosse, l’importante era
“volere”. Se si vuole si ottiene,
punto.
E
lui, un modo per convincere la Evans ad uscire dal guscio, lo avrebbe
trovato.
Non
l’avrebbe mai lasciata cadere più in basso di
così.
In
un modo o nell’altro, lui l’avrebbe salvata.
***
Faceva
freddo. Così freddo che ormai sentiva le membra del proprio
corpo intorpidite e
le ossa congelate.
E,
tutta la sua piccola figura, non poteva fare altro che tremare.
Paura.
Lui
le stava davanti, fiero e crudele, imponendosi, come al solito, su chi
sapeva
non avrebbe mai avuto né il coraggio né la forza
di opporglisi.
La
Sala Comune di Serpeverde, in quei momenti, sembrava diventare immensa
e
ovattata, come una grande bolla di sapone.
I
suoi occhi, ormai ricchi di lacrime, vedevano, sfuocati, preziosi
tessuti di un
verde cupo, tutti intorno a loro e sfavillanti scintillii
d’argento,
provenienti dai lussuosi pezzi d’arredamento.
Non
doveva piangere. Non doveva versare quelle lacrime, per nessun motivo o
lui
l’avrebbe picchiata ancora, ancora e ancora.
Riuscì,
in quell’istante di mera tranquillità, a scorgere
la figura di sua sorella,
Bellatrix.
Se
ne stava bellamente seduta su di una sfarzosa poltrona, verde e
argento,
intenta a fumarsi una sigaretta. Le belle gambe accavallate, sorridente
per gli
sguardi infuocati che Lestrange le regalava. Superba, come una regina.
La
regina delle Serpi.
I
capelli, neri come le ali dei corvi, le ricadevano, lisci e lucenti,
sulla
schiena, ma lei lasciava sempre qualche ciuffo ribelle sugli occhi blu
cobalto.
Bella. Pericolosa. Spietata.
Lo
sapeva essere così tanto, da non curarsi neppure di lei. La
sua sorellina.
Andromeda….
Se
ci fosse stata lei…
No,
se ci fosse stata lei, lui, dannato bastardo pieno dei suoi soldi, non
le
avrebbe mai fatto del male.
Un
sorriso amaro le piegò le labbra sottili. Idiota. Andromeda
non esisteva più
per i Black. Andromeda era stata la migliore. Era scappata. Non sarebbe
mai più
ritornata da loro.
Tenne
lo sguardo chino sul pavimento, dove era accucciata, senza avere il
coraggio di
alzarlo su di lui.
Non
sentiva più alcun rumore, come se il tempo si fosse fermato.
Tutti i Serpeverde
assistevano a quel consueto spettacolino senza aprire bocca.
Nessuno
l’avrebbe mai salvata da Lucius Malfoy.
Severus
Piton, dal canto suo, continuava tranquillamente a studiare sul suo
libro di
Arti Oscure, e non aveva mai sollevato lo sguardo per vedere se quella
poverina, dopo tutte quelle botte, poteva ancora essere viva.
-Allora,
ti è passata la voglia di fissarmi in quel modo, eh,
mocciosetta?!- le sibilò
Lucius con la sua voce crudele. –RISPONDIMI!-
Ecco,
quella era una cosa che proprio non riusciva a capire. A Lucius dava un
fastidio enorme incontrare il suo sguardo, ma lei non riusciva
veramente a
comprenderne la ragione. Eppure, bastava che lui incontrasse i suoi
occhi e,
così, all’improvviso, si infuriava e la picchiava.
Sentiva
ancora le parti del corpo percosse, che facevano male ed il ferroso
sapore del
sangue in bocca.
-Allora?!- insistette Lucius.
–RISPONDI STUPIDA!-
Sussultò
al suono di quelle parole così cattive e violente. Odiava,
fin da piccola, chi
alzava la voce. Ne era terrorizzata. Anche suo padre, a volte, urlava.
E lei,
troppo fragile, non poteva fare altro che tremare.
-S-scu…scusami….-
balbettò piano, con il respiro accelerato.
-Non
ho sentito.-
Dura.
Fredda. Malvagia. Quella voce….
-Scusami…-
ripeté, cercando di essere un po’ più
sicura. –Io….non lo farò
più…-
Quando
lo vide muovere una mano verso di lei, si ritrasse, spaventata e le
sfuggì un
singhiozzo che le scosse tutto il suo esile corpo, anche troppo piccolo
per una
ragazza di quindici anni. Lo vide sorridere soddisfatto.
Ma
non voleva picchiarla, non in quel momento, almeno.
Con
la mano la afferrò per la divisa e la riportò a
forza in piedi. Anche così,
però, lui continuava ad essere più alto ed
imponente di lei.
Sentiva
le gambe tramare per la paura e per il dolore, causato dallo essere
stata
troppo accucciata sul freddo pavimento della stanza. Temette che, se
lui non
avesse continuato a tenerla per la divisa, sarebbe caduta.
-E
ora che fai?! Piangi?!- sbottò la voce severa del suo futuro
marito.
Non
se ne era accorta.
Con
un piccola mano andò a toccarsi una guancia e la
trovò bagnata. Alla fine,
anche le lacrime avevano vinto su di lei. Era
proprio….debole…
Sei
una debole…Narcissa….
Non
aveva la forza né per essere fredda e spietata come sua
sorella Bellatrix, né
per ribellarsi come sua sorella Andromeda.
Un
pezzo inutile….
La
bambolina di Lucius…
La
pedina facile dei Black…
Narcissa…
Chiuse
gli occhi azzurri e chinò il capo. Ciocche di capelli
biondissimi le ricaddero
sul giovane volto.
Non
sarebbe sempre stato così, si disse. Un giorno
l’avrebbe fatta pagare a tutti
quanti. Un giorno, prima o poi, sarebbe diventata anche
lei….forte…
Lucius
la lasciò andare, gettandola con violenza contro uno dei
tavolini.
Non
urlò. Quello era poco come dolore…
-VATTENE!-
le urlò con rabbia. –Le ragazze stupide che
frignano…mi fanno schifo!-
Nott
e Lastrange scoppiarono a ridere e, con loro, anche Bellatrix.
Quella,
con un sorriso ironico sulle belle labbra rosso fuoco, si
alzò dalla poltrona
con la maestria di una pantera e si avvicinò a Lucius, fino
ad appoggiarsi a
lui con fare provocatorio.
-Abbi
pazienza, Malfoy. –gli sussurrò con la voce di una
sirena. –Cissy è ancora una
ragazzina…con il tempo cambierà. Anche se, temo,
non sarà mai un granché, come
donna…-
Posò
il capo sulla sua spalla, dolce come una gatta e fissò con i
suoi occhi
assolutamente freddi la sorella minore.
-Non
lo hai sentito, Cissy? Ubbidisci!-
E
Narcissa, senza guardarla più in faccia, si mise nuovamente
in piedi, cercando
di stare ritta sulle gambe instabili.
Procedette
senza degnare nessuno di uno sguardo, diretta alle scale che portavano
ai
dormitori. Durante il suo tragitto, nessuno osò parlare.
Quando
fu arrivata al piano superiore, potè tornare a respirare.
Quando
si fu, finalmente, chiusa in camera….potè dare
sfogo a tutte le sue lacrime.
Malfoy
continuò a fissare con stizza le scale, che davano al piano
di sopra, anche quando
la sua fidanzata se ne fu andata.
Poi,
sibilando un’imprecazione, tornò a sedersi con i
suoi compagni.
Bellatrix
lo seguì.
-Tua
sorella è la peggiore disgrazia che mi sia capitata.- fece
con rabbia, rivolto
alla ragazza. –E devo pure sposarmela…-
Bellatrix
rise di gusto, standogli molto vicina.
-Devi
sposarla, non viverci assieme, Malfoy.-
Il
ragazzo ghignò, pienamente d’accordo con la Black.
-Detesto
il suo modo di guardarmi…-
-Nostro
padre dice che Cissy ha lo stesso sguardo sfrontato di Andromeda e
Sirius.-
disse la mora, andando ad accendersi una nuova sigaretta.
–Forse è per questo
che non sopporti come ti guarda.-
Il
voltò di Lucius si indurì, diventando come la
pietra.
-Non
parlarmi di quel sudicio traditore di tuo cugino…-
sibilò. –Altrimenti ecco
che, magicamente, spunta anche quello schifoso pezzente di un
filobabbano di
Potter…-
Severus,
che, fino a quel momento, se ne era stato tranquillo a studiare,
alzò lo
sguardo sui suoi compagni di casa.
Anche
lui aveva un’espressione indecifrabile.
-Potter
e mio cugino avranno quello che si meritano.- meditò
Bellatrix. –Bisogna che
qualcuno insegni loro a comportarsi come si conviene con chi
è superiore a
loro. E poi…ci sarebbero altre persone da punire, non credi?-
Lucius
fece un sorriso sarcastico. –Ci sarebbe la Mezzosangue Evans
e…l’amichetta. La
piattola Olsen.-
-Te
la sei vista brutta, eh Malfoy?- fece Bellatrix, cominciando a
ridacchiare.
Lui
la trucidò con lo sguardo, facendola smettere di ridere
all’istante.
-Vedrai
che a quella mocciosa non tornerà più la
voglia…- soffiò con ira.
A
quel punto, fu il turno di Lestrange.
-Potter
la deve pagare.- disse. –E’ ora di finirla, una
buona volta. Se vuole sbattersi
la Mezzosangue e beccarsi qualche malattia, faccia pure. Ma non
può più
continuare a mettersi contro noi Serpeverde.-
La
donna del gruppo si alzò in piedi, tendendosi con grazia
seduttiva e puntò gli
occhioni blu sui ragazzi lì presenti.
-So
già cosa fare.- comunicò. –Ci stavo
già pensando, in effetti.-
-E
allora?- la incalzò Nott. –Parla, Black.-
Lei
fece un sorrisetto subdolo, che Lestrange adorò.
-Per
distruggere un gruppo...bisogna colpire dove c’è
l’anello più debole…-
sentenziò. –I famosi Malandrini hanno
più segreti di quanto potete immaginarvi,
ci avete mai pensato? Compaiono all’improvviso e, sempre
improvvisamente,
spariscono. Conoscono passaggi a noi sconosciuti, sono amici del
Preside…
Potter sa fare incantesimi molto strani, a volte, che non sembrano poi
appartenere così tanto alla cerchia di quelli consentiti
dalla scuola, e
poi…Lupin. Quel ragazzo…è un vero
mistero per me…-
Piton,
che fino ad allora aveva ascoltato il discorso di Bellatrix, si
affrettò a
tornare a leggere. Aveva fatto un giuramento, non avrebbe mai potuto
parlare….di quello, anche se avrebbe tanto voluto.
-Cosa
proponi di fare, Bella?- domandò Lestrange.
-Conoscere.
Poi colpire.- disse con fredda lucidità.
–Scoprirò il segreto dei Malandrini e
anche quello privato di Lupin, anche se credo di avere già
una mezza idea di
ciò che nasconde…-
Lucius
puntò il suo sguardo grigio su di lei.
-E
come farai?-
-Te
l’ho già detto, si parte sempre
dall’anello più debole della catena…-
Malfoy
fece un ghigno crudele. –Quindi partirai con il piccolo
povero pisciasotto
Minus?-
Bellatrix
scoppiò a ridere, insieme agli altri ragazzi.
-Minus
è già mio, ce l’ho in pugno.-
dichiarò, ridendo di una crudele e fredda
allegria. –Io mi riferivo proprio a…Lupin.-
-Non
sottovalutarlo, Bella.- fece Severus ad un tratto, tornando partecipe
alla
discussione. –Potresti rimanerci fregata. Tra tutti i
Malandrini, lui mi sembra
l’unico ad avere un po’ di cervello.-
Lei
fece spallucce, come a dire che quello che Piton diceva non le
importava
granché.
-Lo
vedremo.- disse. –Voi pensate pure alle ragazzine, io mi
occuperò dei pesci
grossi e poi….vi farò sapere.-
***
A
cena, nell’ampia Sala Grande, tutti quanti si ritrovarono.
Da
quella sera, tutto sarebbe inesorabilmente cominciato a
crollare…..fino alla
fine.
Sarebbe
cominciata una lunga spirale di tradimenti, cose non dette, sussurri
all’ombra
e tristi paure.
Fino
alla fine di tutto. La Morte Signora…
Il
gruppo dei Malandrini sarebbe caduto come un castello di sabbia,
fondato su una
frase che oramai non aveva più effetto.
Ma,
dove tutto si spegneva, qualcosa avrebbe sempre continuato a brillare,
anche
quando l’oscurità più buia avrebbe
sommerso tutto.
Lo
sguardo di James, anche se per un attimo, incontrò quello di
Lily…
Quando
i Malandrini, divi di Hogwarts, varcarono la soglia, rumorosi e
simpatici come
sempre, tutti si voltarono a guardarli ammirati.
In
testa c’era Lupin, che procedeva davanti a Potter, facendosi
strada tra gli
studenti, che ancora dovevano prendere posto al loro tavolo.
Dietro
di lui, gli altri tre amici.
James
al centro. Alla sua destra Sirius, che gli cingeva fraternamente le
spalle con
un braccio e rideva con lui. Alla sua sinistra, silenzioso ed
impacciato, stava
Peter.
C’era
qualcosa di orribilmente simbolico in tutto questo…
Remus,
un giorno, si sarebbe ritrovato a procedere da solo, avanti, con il
passato
dietro di lui, che, pian piano, svaniva, lontano….
E
James, il cuore del gruppo, sarebbe dipeso dai due amici che gli camminavano
accanto. Uno destra.
L’altro a sinistra.
A
volte, ad essere fatalisti non si sbaglia.
A
volte, la vita, dispettosa, ci mostra cosa sarà di noi,
disponendo i nostri
passi in un consueto cammino, facendoci compiere dei gesti, a parer
nostro,
innocui.
-Ma
guarda!- fece Sirius. –La Evans è già
qui, Ramoso!-
James
rise. –Sì, l’avevo già
notata.-
Appena
entrato, lui l’aveva cercata con lo sguardo e, pura
casualità o meno, i loro
occhi si erano incontrati.
Lei
sedeva quasi al centro della lunga tavola di Grifondoro e, piacevole
sorpresa
per lui, vicino a lei, intenta a chiacchierare a raffica,
c’era una quanto mai
impacciata e dolcissima Victoria.
Quella
ragazza era un mito.
Non
sapeva bene di cosa parlare con una persona come Lily Evans,
perciò andava per
tentativi, discutendo un po’ di questo e un po’ di
quello.
Sirius
Black, accorgendosi in quel momento delle due ragazze
e della missione difficilissima nella quale
si era lanciata la Olsen, si lasciò sfuggire un dolce
sorriso, raro per uno
come lui, rivolto alla moretta.
-Andiamo
a sederci vicino a loro?- domandò Lupin, che già
conosceva la risposta.
-Decisamente
sì!- fece Potter, partendo a passo spedito.
Subito,
Black lo trattenne per un braccio e, facendo in modo che soltanto loro
due
sentissero, domandò:- Ma sei proprio sicuro?-
James
non aprì bocca, limitandosi soltanto ad annuire con una
decisione che lasciò
Sirius disarmato. Non poteva proprio ribattere.
Sospirando
rassegnato, Felpato partì per primo in direzione delle due
ragazze, sorpassando
Lupin, che guardava ora Sirius, ora James, con espressione sospettosa.
Quei due
ne stavano combinando una delle loro.
-Possiamo?-
chiese Sirius alle due ragazze, con una buffissima cavalleria.
Victoria
gli sorrise raggiante, bellissima nella sua semplicità.
–Accomodati, Black!-
rispose, facendogli un altrettanto cortese gesto con la mano.
Sirius
andò proprio a sedersi accanto a lei.
-Buonasera
Evans!- salutò, sporgendosi.
Lily,
seduta dall’altro lato accanto a Vick, fece un cenno della
testa in risposta.
I
suoi occhi verdi erano già puntati su qualcun altro, che si
avvicinava
pericolosamente.
James
Potter si fermò proprio davanti a lei, con il suo solito
sorriso furbo e
subdolo, che tutto e niente diceva.
-Heylà,
Evans!- la salutò. –Ti sono mancato?-
-Per
niente.- fu la secca risposta.
Lui
non ci fece caso e, orrore, andò a sedersi proprio accanto a
lei, che ora si
trovava veramente circondata. A destra la Olsen e Black, a
sinistra….il
maledetto Potter.
Sospirò,
quella sarebbe stata una cena terribile. Fu quasi tentata di alzarsi e
tornarsene nella sua camera privata da Caposcuola.
Intanto,
erano arrivati anche Minus e Lupin, che presero posto davanti a loro,
dall’altro lato del tavolo.
Il
primo le rivolse un timido saluto, il secondo le sorrise benevolmente.
-Allora?
Di cosa stavate ciacciando, mie belle meraviglie della natura?- fece
Sirius,
con la sua più perfetta aria da incantatore di fanciulle.
-Non
osare provarci con me, Sirius, o ti faccio fare la fine di Malfoy!-
rise la
Olsen, dandogli un innocuo colpetto sul braccio.
Black
assunse una spassosissima aria orripilata. –Oh, no, ti
prego!- esalò,
fingendosi sconvolto. –Non potrei vivere senza! Pensa a
quante ragazze ne
soffriranno!-
Scoppiarono
tutti a ridere, eccetto Lily e Minus, che continuava a guardarsi
intorno con un
certo nervosismo.
Lei
si voltò alla sua sinistra.
James
rideva come un matto, tanto che si era dovuto anche togliere gli
occhiali. I
suoi occhi neri scintillavano di genuino divertimento, e,
così aperto e felice
di stare con i suoi amici, era bellissimo.
-Black!
Smettila di fare l’idiota o ti sbatto contro il muro!!-
urlò Vick, ridendo
festosamente e minacciando il ragazzo con un forchetta.
-Ah,
si???- fece Sirius, con un sorrisetto allusivo. –E cosa
vorresti farmi, eh,
ragazzaccia?-
Non
appena Victoria comprese il significato di quelle parole
diventò carminio e si
scagliò brontolando sul ragazzo, ingaggiando una vera a
propria lotta di
morsi, solletico e pizzicotti.
-SMETTILA
DI FARE IL PERVERTITOOOO!!!- gridò, come urlo di battaglia.
Di
nuovo tutti giù a ridere.
-Sta
attento, Felpato!- lo avvertì Remus. –Vick
è pericolosa!!!-
Il
povero Black non ebbe il tempo di rispondere, troppo attento a
difendersi dagli
attacchi spietati di quella furia indomabile.
E
Lily, che si godeva lo spettacolo da così poca distanza, si
chiese dove fosse
finita. Sembrava di stare tra i matti.
Si
allontanò un po’, ma facendo così
andò a cozzare con il braccio di James. Lui
neppure se ne accorse, troppo intento a ridere e fare battutine con
Remus, però
lei sentì come una scossa strana percorrerle il corpo.
Sollevò
lo sguardo su di lui, ma lo riabbassò subito, in imbarazzo.
Ma
cosa le stava succedendo?
Perché
si sentiva così?
Era
soltanto Potter. Soltanto Potter l’idiota. Quello che, ogni
dieci minuti,
finiva dal preside e si beccava una punizione.
Quello
che, insieme ai suoi compari, faceva perdere punti a Grifondoro!
Doveva
avere un’aria strana, perché Remus, sorridendole
gentile, le disse:
-Sta
tranquilla Evans, non siamo sempre così. A volte, di rado,
capita che siamo un
po’ più normali…-
Lei
si limitò ad annuire, non sapendo bene cosa rispondere.
Non
era molto a suo agio tra le persone, troppo abituata a stare da sola.
Invece,
proprio quella sera, si era seduta a tavola, aspettando di cenare da
sola, come
al solito, ed era arrivata Victoria Olsen, che aveva provato in tutti
modi ad
attaccare discorso con lei.
E
poi, ciliegina sulla torta, pure i Malandrini al completo.
Ad
un tratto, James si voltò verso di lei, con un sorriso
stupendo.
-Ti
senti come un pesce fuor d’acqua, eh, Evans?- le chiese,
apparendo preoccupato.
–Scusaci, non ti abbiamo fatto partecipare…-
Lei
spalancò gli occhi verdissimi, e, gesticolando con le mani,
disse, imbarazzata:
-M-Ma
no, Potter!! D-Davvero! Tutto bene! Mi diverto! Non ti preoccupare!-
Lui
le sorrise nuovamente, gentile come era, dolce come era, attento a
lei…come
era. Sempre.
-Allora,
dimmi. Hai passato una bella giornata?- le domandò.
–Io a lezione da Lumacone
stavo quasi per addormentarmi.-
-Chi?-
fece lei, non riuscendo a capire a chi si stesse riferendo.
James
rise. –Ehm…Lumacorno, scusa. Dicevo lui.-
-Voi
lo chiamate così?-
-Sì.-
fu la semplicissima risposta.
Lily
rimase un attimo senza parole, poi, collegando le immagini, non
potè fare a
meno di sorridere. Adesso, nella sua testolina, si agitava
l’immagine del suo
Proff. di Pozioni con una lumaca spalmata sulla faccia e
un’altra sulla testa
quasi pelata. Disgustoso.
-Accidenti,
Evans!- esclamò James, felice. –Stai sorridendo!!!-
Lei
si immobilizzò all’istante e arrossì
furiosamente.
-Che
scemo.- constatò Remus. –Certo che la Evans
sorride. È un essere umano come
tutti!-
James
scosse la testa dai capelli neri scarruffati.
-Sì,
però…è la prima volta che sorride per
qualcosa che ho detto io!- fece,
esultante.
-Dài,
Evans! Sorridimi ancora, su!- le disse, sollecito. –Ti
preeeeeego!!-
Aveva
la faccia buffa e simpatica. Lily sarebbe anche potuta scoppiare a
ridere sul
serio, ma, così sotto pressione, non poteva fare altro che
arrossire ed
arrabbiarsi.
-Falla
finita, Potter!- sbottò, tornando quella di sempre.
–Non riesco a ridere a
comando!- fece, imbarazzata.
Lui
però continuò a punzecchiarla per un
po’, fino a che, finalmente, Sirius Black,
riemergendo dalla battaglia con la belva assetata di sangue, non gli
disse di
smetterla.
Sembrò
tornare la calma, anche perché la McGrannit, scrutandoli da
lontano come un
falco, aveva imposto loro con il solo sguardo di darsi una regolata.
Silente,
il loro preside, approfittò quel momento di calma, quando
gli studenti avevano
preso tutti quanti il loro posto, per dare la buona sera ed augurare un
buon
pasto a tutti.
I
tavoli, riccamente imbanditi, si riempirono di delizie e tutti gli
studenti si
lanciarono su di esse, affamati.
Lily
si servì di un po’ di tutto, mentre osservava
stupita Sirius e Victoria
prendersi una bella bistecca e cominciare a dividersela, per mangiarla
in due.
-Ma…hanno
intenzione di mangiarsela tutta?!- chiese, sconvolta.
–E’ alta tre dita!-
-Quei
due sono delle fogne, non farci caso.- le rispose Remus.
–Sarebbero capaci di
mangiarsi tutto quanto.-
James
lanciò ai due squali della situazione uno sguardo schifato.
-Carnivori…-
borbottò, risentito. –Quella bistecca è
pure al sangue!-
La
rossa lo vide servirsi soltanto di verdure e tutto ciò che
non fosse carne,
alché le sorse spontanea la domanda:
-Potter?
Ma tu sei vegetariano?-
Lui
annuì, orgoglioso. –Certo!- disse. –Ci
sono più sostanze nei vegetali che in
quell’orribile carne sanguinolenta! Ma non ci pensi mai,
Evans?- le disse,
presissimo dai suoi discorsi.- Sarebbe come…prendere un
povero cervo che
passeggia tranquillo tra i boschi, sparargli e cuocerlo alla griglia!!
ORRIBILE!-
-Che
palle, James…- si lamentò Sirius, con la bocca
piena.
-TACI!
Schifoso carnivoro!- gli urlò contro Potter, risentito.
Remus
sospirò, scotendo la testa.
Lily,
sorpresa da quella rivelazione, osservò James curiosa. Non
lo faceva
vegetariano, proprio lui! E invece…
-Beh…posso
almeno servirmi del pollo, Potter?- gli chiese, divertita.
Lui
ci mise un po’, prima di darle una risposta.
Alla
fine, squadrando la teglia dove giaceva il defunto pollo in questione
con
sguardo di sufficienza, disse:
-Se
proprio ne hai questa necessità, Evans…-
Quella
sera, Lily cenò tranquilla e piacevolmente allietata da
tutti quei simpatici
ragazzi che si divertivano a fare i giullari.
Non
credeva che si sarebbe mai divertita, in loro compagnia.
Di
solito, quando vedeva Potter avvicinarsi con la sua cricca, se ne
andava, senza
aspettare che lui si sedesse. Avrebbe dovuto restare quelle volte, si
disse.
Allora,
come mai quella sera era rimasta? Cosa era successo di diverso?
Beh,
forse era stata Victoria a distrarla.
Quando
i Malandrini erano arrivati, lei non aveva fatto in tempo a svignarsela.
O,
forse, era stato lo sguardo di Potter, in Biblioteca.
Quando
la cena fu finita e molti studenti cominciavano già ad
avviarsi verso i loro
dormitori, Lily si alzò da tavola, serena.
Alla
fine, il dannato Potter, era riuscito a fregarle il gommino e a
scioglierle i
capelli, una cascata di puro oro rosso che le scivolava morbidamente
sulla
schiena.
-Vado
in Sala Comune.- comunicò a tutti. –Buona notte.-
Le
rispose un divertente coro di voci.
James
la osservò farsi largo tra i loro compagni e uscire dalla
Sala Grande, Sirius
fece lo stesso.
Potter
sorrise bonario ai suoi amici e si mise in piedi, sotto lo sguardo
curioso dei
presenti.
-Beh,
vi lascio.- disse. –Ho da fare.-
Remus,
che già da prima di cena sentiva puzza di guai, lo
scrutò con fare
inquisitorio.
-Fare
che cosa, James?- domandò.
Il
capo dei Malandrini fece uno strano sorriso, che preoccupò
Lupin ancora di più.
Non dette una risposta esauriente e se ne andò, prima che
gli venissero fatte
altre domande.
Uscì
dalla sala senza degnare nessuno di uno sguardo, con un solo obbiettivo
in
testa. Doveva trovare la Evans prima che fosse troppo tardi.
I
corridoi della scuola, a quell’ora della sera, erano bui,
illuminati soltanto
dalla luce delle torce.
Superò
un gruppo di ragazzini di Tassorosso del secondo anno e corse spedito
verso la
Sala Comune dei Grifondoro.
Non
aveva molto tempo per attuare il suo piano.
Sperava
solo che la Evans ci cascasse.
Quello
era l’unico modo che aveva trovato.
Non
si sarebbe tirato indietro, per nessun motivo.
Disse
in fretta la parola d’ordine, quando si trovò di
fronte al ritratto della
Signora Grassa e si precipitò nella sala calda ed
accogliente dei Grifoni.
Per
un attimo, guardandosi intorno, non la vide e fu preso dal panico, poi,
tornando ad osservare meglio la stanza, la vide.
Se
ne stava accoccolata su di una poltrona vicino al camino, intenta a
leggere un
libro.
James
sorrise. Lei era così teneramente abitudinaria in certe
cose…
Lo
faceva per lei.
Unicamente
per lei.
Non
per soddisfare se stesso.
Per
lei.
Perché
desiderava ardentemente salvarla…
Le
si avvicinò in silenzio, senza farsi troppo notare dai
Grifondoro che ridevano
e scherzavano, appena tornati dalla cena.
Quando
le fu abbastanza vicino, si chinò sulle ginocchia, davanti a
lei, per poterla
guardare in faccia.
Lily
lo guardò, per un attimo stupita di esserselo ritrovato
davanti.
-P-Potter…-
fece, stranita. –Ma cosa…-
Lui
le fece cenno con un dito di tacere.
-Ho
bisogno di parlarti, Evans.- le disse. –Da soli.-
Lei
rimase impalata. Il libro in grembo ormai privo di attenzioni.
Non
seppe cosa rispondere.
Che
cosa poteva volere lui da lei?
Perché
in privato?
Lui
e lei da soli…
Non
le piaceva tanto l’idea, conoscendo il tipo.
Scosse
la testa, convinta.
-Scordatelo,
Potter.- fece. –Se è tanto importante dimmela qui,
sennò pazienza. Io non ci
sto da sola con te.-
Lui
le sorrise. –Paura che ti mangi, Evans?-
Era
bello e provocante, in quel momento. Le altre ragazze avrebbero subito
urlato
un sì. Ma lei non era “tutte le ragazze”
e, da sola in una stanza con James
Potter, non ci stava. Ne potava anche dipendere la sua stessa vita.
-Sei
hai voglia di giocare, vattene. Lo sai cosa ne penso io.- gli disse,
tornando
seria. Ormai del tutto dimentica della bella cena passata con lui e gli
altri.
-Tu
pensi subito male, Evans!- la riprese lui, con un ghigno. –Io
voglio veramente
solo parlare con te.-
Sbuffò,
arrabbiata di trovarsi in una situazione del genere.
Ma
che accidenti voleva??
Era
stata tanto bene, fino a quel momento! Ed eccolo che tornava a
rompere…
-Se
non verrai di tua spontanea volontà, ti prenderò
con la forza.- le disse lui,
all’improvviso, lasciandola senza parole. –Coraggio
Evans, fa la brava e
seguimi.-
-COSA?!-
sbraitò lei.
Fortunatamente
nessuno degli altri se ne curò.
-Mi
stai minacciando, Potter?!- fece, furibonda.
-Esatto.-
rispose lui con la sua migliore faccia tosta. –Ho bisogno di
scambiare quattro
chiacchiere con te, che tu lo voglia, oppure no.-
-E
si può sapere dove vorresti andare a parlare?- chiese lei,
alla fine.
-Dove
vuoi.- le disse lui. –Non mi importa il posto.-
Allora
Lily si mise a ragionare.
Purtroppo
non poteva più uscire dalla Sala Comune, tra poco sarebbe
scattato il
coprifuoco e non voleva assolutamente, lei che era Caposcuola, essere
beccata
in giro per i corridoi da un professore o, peggio, da un altro
Caposcuola.
Sarebbe
stato troppo umiliante.
Ma
non voleva neppure portarlo nella sua stanza singola, che si trovava
distante
dagli altri dormitori dei Grifondoro.
James
la osservò ragionare, già a conoscenza della
risposta che lei gli avrebbe dato.
Era in trappola.
-Ok,
Potter. –acconsentì infine. –Andremo a
parlare nella tua stanza, va bene?-
Alla
fine, pensò Lily, quella era la soluzione migliore. Nella
stanza dei Malandrini
non sarebbero stati soli a lungo, sarebbero arrivati anche gli altri
tre, alla
fine e, male che andasse, c’erano altre camere vicine.
James
annuì, senza dire nulla e si alzò in piedi,
aspettando che lei facesse lo
stesso.
Presa!
Presa in pieno. Aveva catturato la Evans!
Attraversarono
in silenzio la Sala Comune e presero a salire le scale che portavano ai
dormitori maschili.
Lily
dovette trarre un lungo respiro, prima di salire il primo gradino. Mai,
MAI,
avrebbe pensato di ritrovarsi in una situazione simile.
Maledetto
Potter!!
Salirono,
ancora zitti. Lui la precedeva di poco.
Quando
giunsero al piano dove si trovavano i dormitori dei ragazzi, le fece
cenno di
seguirlo, conducendola fino ad una porta di legno scuro, identica a
molte
altre, dove stava un bel cartello colorato che diceva:
“Questa
è la stanza dei
Malandrini! I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso, vi
danno il
loro più sincero benvenuto. Entrate, o voi, che non avete
assolutamente buone
intenzioni!!”
Poco
più sotto stava la caricatura di quello che doveva essere
Severus Piton che,
salutando con una manina, diceva in un fumetto:-Io qui non posso
entrare.-
James
aprì la porta e si fermò sulla soglia,
invitandola ad entrare con un cenno
galante.
Lily
si introdusse nella stanza con un certo nervosismo e, quando
sentì James arrivare,
dopo essersi chiuso la porta alle spalle si girò di scatto.
-Bel
disegno.- disse lei, alludendo alla caricatura di Piton.
-Ti
piace?- fece lui, sorridendole. –L’ho fatto io.-
-Bravo.-
commentò lei acida.
-La
scritta invece è di Remus. È l’unico di
noi che sa scrivere bene…-
La
rossa si guardò intorno, costatando che in quella camera
c’era un certo
disordine. La sua era sempre linda e pulita, invece.
Beh,
del resto si parlava della stanza di quattro ragazzi, due dei quali
erano
Potter e Black.
-Allora?-
fece incrociando le braccia. –Di cosa devi parlarmi, Potter?-
Lui
andò a sedersi su di un letto, quello vicino alla finestra.
Il suo,
probabilmente.
Lei,
invece, restò rigorosamente in piedi.
Per
un po’ James non parlò, troppo intento a fissare
il pavimento. Sembrava stesse
pensando intensamente e alla ragazza non piacque.
Si
era cacciata nei guai e ora non sapeva proprio come uscirne.
Maledetto
Potter!!
-Ho
da proporti una cosa Evans.- cominciò James
all’improvviso.
Lei
gli lanciò un’occhiata sospettosa.
-Diciamo…un
accordo.- continuò lui.
Trattenendo
a stento una risata cattiva, la ragazza lo invitò ad andare
avanti, con un
cenno della testa.
-Ti
starai chiedendo perché ti tiro fuori una cosa
simile…- fece James,
guardandola.
-In
effetti…- ammise lei con ironia. –Ma, tranquillo
Potter, da te sono abituata ad
aspettarmi di tutto.-
-Bene!-
fece lui. –Molto saggio da parte tua, Evans. Allora ascolta
quello che ho da
dirti…poi mi risponderai, ok?-
-Ok.-
-Tu
non mi sopporti, Evans. Lo sanno tutti, ormai.- cominciò
lui. –Non ti sto
simpatico, è vero?-
-Diciamo
che sei il classico tipo di persona che non sta bene vicino a me.-
-Perfetto.-
le concesse lui. –Io però ho voglia di farti
capire quanto ti sbagli.-
-Ah,
si?-
-Esatto.-
fece lui, annuendo. –Tu non mi conosci affatto, Evans.
Eppure, a priori, mi
detesti e non mi dai alcuna possibilità. Non puoi negarlo.-
La
ragazza sospirò, esasperata.
-Potter,
si può sapere che razza di discorsi mi vieni a fare?-
protestò, stanca. –Ho di
meglio da fare che stare qua a parlare di queste sciocchezze.-
-Hai
detto che saresti rimasta ad ascoltarmi fino a quando avessi finito.
Mantieni
la parola, Evans.-
Era
vero. Lily si calmò, andando a sedersi sul davanzale della
finestra, essendo
così più vicina a James.
Lo
guardò e capì che lui, in quel momento, era
serio.
Quella
camera era silenziosa e lei lo capì solo in
quell’istante. Erano da soli. Da
soli veramente. Era sola con Potter!
Si
sentì nuovamente prendere da quella strana sensazione che la
affliggeva da
tutta la giornata.
-Vai
avanti, allora.- gli disse.
Lui
annuì. –Facciamo un patto, io e te, Evans.-
-Un
patto?- ripeté lei.
-Un
accordo. Chiamalo come vuoi.-
-E
sarebbe?-
-Tu
mi starai vicino per un periodo di tempo.- le disse. –Verrai
dove vado io,
frequenterai gli amici che frequento io, praticamente, ti comporterai
un po’
come la mia ombra.-
Lily
rise, ritenendo che fosse decisamente meglio prendere la cosa con
ironia,
piuttosto che arrabbiarsi e compiere l’omicidio di Potter.
-Tu
sei completamente idiota!- disse.
-Forse.-
fece James. –Però è l’unico
modo che ho per potermi far conoscere da te. Se tu
ti comportassi in modo diverso, io non sarei mai arrivato a questo.-
-Ma
io…in tutto questo bel patto, che cosa ci guadagnerei?-
sbottò lei,
infastidita.
Potter
sorrise. –Beh, apparte il conoscere me…- lei lo
fulminò con lo sguardo e lui si
affrettò a continuare. -Farò anche io una cosa
che vuoi tu, ovviamente.-
A
quel punto, Lily si zittì.
Non
le piaceva affatto ciò che stava succedendo. Per nulla.
Stringere
un patto con James Potter?
Non
le pareva poi tanto raccomandabile.
Insomma,
lui era James Potter!!
Però…non
poteva negare di essere anche un po’ curiosa. Curiosa di
vedere come sarebbe
stato il potersi lasciare andare, il potersi togliere finalmente quella
maschera di ghiaccio e conoscerlo veramente.
Conoscere
lui, conoscere i Malandrini, conoscere Victoria, così
simpatica…
Forse
dopo tanto vivere reclusa, solitaria, la vita le stava dando una
possibilità.
Doveva solo fare un passo e saltare.
Era
difficile, ma, per un volta, poteva anche rischiare.
Tanto,
male che fossero andate le cose, la sua vita non sarebbe mai andata
peggio di
come stava andando ora.
-Per
quanto, Potter?- chiese.
Lui
parve pensarci un po’. –Fino a Gennaio.- rispose.
–Quando, dopo le vacanze di
Natale, ci sarà il ballo d’inverno. Per
quell’occasione il nostro patto sarà
terminato e tu potrai liberamente decidere se rimanere in camera da
sola, come
hai sempre fatto, oppure partecipare alla festa con me.-
Lily
assentì.
-E
io?-
-Te
lo ripeto, puoi farmi fare quello che vuoi.-
-Qualunque
cosa?-
-Qualunque,
Evans.-
Le
labbra da bambola della ragazza si piegarono in un sorriso pericoloso.
-Bene,
Potter. Allora, fino a Gennaio, tu non alzerai mai più la
bacchetta su Severus
Piton…-
James
aprì la bocca, indignato, come a voler protestare. Ma fu
lei, stavolta, a
fargli cenno di tacere.
-…e…non
farai più scherzi idioti insieme ai tuoi Malandrini.-
terminò, soddisfatta.
James,
sembrò un attimo combattuto su cosa rispondere. Lily era
trionfante, alla fine
lo aveva fregato lei!
Però,
dopo pochi attimi, durante i quali il povero James Potter disse addio a
tutti
quei bei mesi di divertimento assicurato, quello annuì.
-Daccordo,
Evans. Mi pare uno scambio equo. Anche se, lasciatelo dire, sei
crudele.-
-Faccio
solo il mio dovere di Caposcuola, Potter.- rispose lei, con un sorriso
che
tanto sapeva di….Malandrino!
A
quel punto, la porta del dormitorio si aprì, lasciando
entrare Sirius Black,
con un bel sorrisone soddisfatto.
Chiuse
subito la porta ed entrò, scrutando bene i due compagni
Grifondoro.
-Allora,
finite le trattative?- fece, con un riso beffardo.
James
annuì, alzandosi dal letto ed andando verso
l’amico.
-Sei
sicuro, Ramoso?- chiese ancora Sirius. –Guarda che ho sentito
cosa ti ha
chiesto di fare!-
-Beh,
è solo fino a Gennaio, infondo.- fece James. –E
poi non rinuncio a questa
cosa.-
Black,
allora, si arrese definitivamente.
Aveva
provato di tutto per dissuaderlo, da quando lui gliene aveva parlato
quella
mattina, durante una noiosissima ora di Ruff. Dopo essere tornato dalla
Biblioteca, James sembrava più deciso che mai a voler
cambiare la Evans.
-Vieni,
Evans.- fece James, rivolto alla ragazza, ancora seduta.
Lei
lo guardò, interrogativamente.
-Beh,
dobbiamo suggellare questo patto, in modo che nessuno di noi due faccia
il
furbo e si ritiri prima dello scadere del tempo. È una cosa
seria.-
-Va
bene.- acconsentì la rossa, andando dai due ragazzi.
–Che dobbiamo fare?-
Sirius
estrasse la bacchetta dalla tasca dei panatoli. –Il voto
infrangibile.- disse.
Per
un momento lei lo guardò come se non avesse capito bene.
Poi,
quando si rese conto che i due ragazzi erano serissimi, allora
sgranò gli occhi
e li guardò entrambi, ritenendoli dei veri e propri pazzi.
-Voi
siete fuori!- fece, sconvolta. –Il voto infrangibile?! Ma vi
rendete conto?! È
da pazzi! Potrebbe essere pericoloso!!-
-E’
da persone serie, Evans.- disse James. –E non sarà
pericoloso, se rispettiamo i
patti.-
Semplice.
Troppo
semplice, secondo lui.
Lily
non la vedeva nella stessa maniera.
Stringere
il voto infrangibile per una stupida ripicca tra diciassettenni era da
matti.
Matti da legare!!
E,
peggio cosa tra tutti, se i professori lo fossero venuti a sapere, li
avrebbero
come minimo espulsi. Quella non era magia da fare tra studenti!
-Cosa
fai, Evans? Non dirmi che proprio ora ti tiri indietro.- fece James.
-Stai
esagerando, Potter!- disse lei. –Non giocare con il fuoco!
È pericoloso quello
che vuoi far fare a tutti e due!-
-No,
non lo è.- dichiarò lui, tranquillo.
–Devi soltanto stare ai patti e, se sono i
professori che ti preoccupano, mia cara Caposcuola, sappi che faremo in
modo
che non se ne accorgano. Non lo saprà nessuno, te lo
prometto. Piuttosto,
perché non ti assumi la responsabilità di
ciò che hai appena detto a me?-
Presa
in contropiede, Lily non seppe più che ribattere.
Infondo,
Potter aveva ragione.
Se
avesse mantenuto il suo giuramento, non le sarebbe capitato nulla. E,
come
sotto controllo c’entrava lei, c’entrava pure lui.
Anche lui rischiava. Anche
lui avrebbe rispettato la parola data.
-Va
bene.- fece, alla fine. Già consapevole di stare facendo
l’assurdità più
assurda della sua vita. –Facciamolo! Forza Black.-
Si
portò di fronte a James e gli porse la mano destra, che lui
strinse con la sua,
senza esitare. Allo stesso tempo, Sirius li raggiunse, ponendosi tra di
loro e
posando la punta della sua bacchetta sulle loro mani intrecciate.
James
e Lily si fissarono per un lungo istante.
Poi,
quando ormai il silenzio si era fatto denso, James parlò.
-Evans,
giuri di rimanere vicino a me, fino allo scadere del tempo che abbiamo
stabilito, e di non allontanarti mai dalla mia persona, se non nei
limiti che
il potere del Voto stabilirà?- chiese, con voce ferma.
-Lo
giuro.- disse Lily.
Dalla
bacchetta di Sirius partì un fascio di luce brillante, che
andò ad avvolgersi
intorno alle mani dei due ragazzi.
-E
tu, Potter, giuri che, fino al limite di tempo stabilito, non alzerai
mai la
bacchetta contro Severus Piton, con il puro intento di provocare danno
alla sua
persona?-
Anche
se il suo volto faceva ben notare quanto gli costasse, James rispose:
-Lo
giuro.-
Una
seconda lingua di luce uscì dalla bacchetta di Black,
andando a raggiungere la
prima, formano una sorta di catena luminosa.
-E
giuri anche che, entro il tempo limite, non farai più
scherzi agli altri studenti,
ai professori e al custode, comportandoti da bravo ragazzo?- aggiunse
Lily.
I
due Malandrini quasi scoppiarono a piangere, però la
risposta di James non
tardò ad arrivare.
-Lo
giuro.-
E
una terza lingua di fuoco, più luminosa delle altre due,
andò ad avvolgersi
intorno a quelle due mani intrecciate. Per poco, l’intera
stanza dei Malandrini
fu inondata da una luce accecante, poi, tutto tornò come
prima.
Sirius,
ancora scosso, ripose la bacchetta, non sapendo che, un giorno ancora
lontano,
proprio la sua tanto odiata cugina si sarebbe ritrovata nella sua
medesima
situazione.
James
e Lily, lentamente, si lasciarono la mano.
-E….e
adesso?- chiese la ragazza, strofinandosi il polso destro.
-Beh…-
fece James. –Adesso stiamo ai patti.-
-Grazie,
Potter. Fino a questo ci arrivo da sola…-
Lui
fece per risponderle con una battuta velenosa, che, sapeva,
l’avrebbe fatta
arrabbiare ma, proprio nello stesso momento, la porta della stanza fu
spalancata con violenza, come se qualcuno l’avesse sfondata.
Tutti
e tre i ragazzi sussultarono, spaventati.
Nella
stanza entrò Remus Lupin, sparato come un proiettile e con
un’orribile
espressione in volto. Era furente.
Dietro
di lui, a passettini piccoli piccoli, arrivò anche Peter,
terrorizzato
dall’amico.
-COSA
DIAVOLO AVETE FATTO?!?!- urlò Lupin, che, fosse stata Luna
Piena, ne avrebbe
approfittato per divorarli.
-Dannazione…-
fece Sirius. –Avevo pagato quei ragazzini in modo che lo
distraessero, ma…-
-Ma
io lo sapevo che stavate combinando una delle vostre e mi sono
sbarazzato in
fretta di quei mocciosi!- terminò Remus, gli occhi ridotti a
due fessure.
–Credete che sia deficiente?! AVANTI! COSA AVETE
COMBINATO!?!?-
Sembrava
volesse saltare addosso ai suoi due amici.
-Eppure
ve lo avevo detto che siamo all’ultimo anno, ma no, voi fate
sempre come
volete!! Avete pure tentato di tenermi lontano dal luogo del crimine!-
Remus
si guardò attorno, come alla ricerca di indizi sospetti che
potessero aiutarlo
a capire di cosa, quella volta, erano colpevoli i suoi migliori amici.
E,
stranezza delle stranezze, notò che nella loro stanza
c’era Lily Evans, che lo
fissava impietrita. Prima, intento a rimproverare i due disgraziati,
non
l’aveva proprio notata.
-E-Evans?-
balbettò il biondo Caposcuola, confuso. –Che ci
fai qui?-
A
quel punto, James decise di intervenire e di dire la verità
all’amico anche se,
con ogni probabilità, quello avrebbe poi tolto il saluto sia
a lui che a
Sirius.
-Io
ed Evans….abbiamo stretto il Voto Infrangibile, Rem.-
Ecco,
aveva lanciato la bomba. E adesso?
Di
solito, dopo le notti di Luna Piena, dopo essere stato alla Stamberga
Strillante, Remus J.Lupin aveva un aspetto orribile. Era terribilmente
pallido
e malaticcio. Ma, quella sera, la sua povera pelle raggiunse un tale
livello di
biancore che Nick-Quasi-Senza-Testa, avrebbe potuto tranquillamente
affermare
di essere quasi abbronzato, al suo confronto.
Peter,
preoccupato, corse ad afferrare l’amico, pericolosamente in
procinto di
ruzzolare per terra.
Fu
così che il povero Remus fu fatto sedere sul suo letto,
mentre James gli
raccontava tutto, temendo per il povero cuore ligio alle regole
dell’amico.
Ogni
tanto, durante il racconto, Lupin scoteva il capo, orripilato. Nella
mente, una
sola parola che si ripeteva senza pietà: espulsione di
massa.
Alla
fine, disperato, levò lo sguardo su Lily.
-Evans….loro
lo capisco, sono idioti dalla nascita.- disse, alludendo ai suoi amici. –Ma…ma
tu…come?-
Lei
sospirò. –So quello che ho fatto, Lupin. Non ti
preoccupare.-
-Ma
non ti rendi conto?! È rischioso, molto!-
-Lo
so.- fece lei. –Ma ormai…Non si piange sulla
pozione versata.-
Per
un po’ non parlò più nessuno,
così Lily, ormai stanca dopo tutte quelle
emozioni, decise di andarsene finalmente a dormire e di lasciare quel
gruppo di
svitati.
-Beh,
io me ne vado a letto.- comunicò. –Ci si vede
domani. E tu vedi di rispettare i
patti, Potter. Per il tuo bene!-
Ma
Remus non le dette il tempo di muoversi, afferrandola velocemente per
un
braccio.
-Aspetta,
Evans!- fece, turbato.- Non sappiamo “quanto” puoi
allontanarti da James, adesso.
Forse per il Voto da qui alla tua stanza di Caposcuola siete troppo
lontani!
Cosa accadrebbe se fosse così?? È troppo
rischioso.-
-E
con questo?!- scattò Lily, cominciando seriamente a
preoccuparsi. –Cosa
vorresti dire con questo, Lupin?!-
Anche
James, adesso, guardava preoccupato Remus.
-Voglio
dire che non avete stabilito una distanza, perciò non
sappiamo quanto puoi
stargli lontana! – sbottò, infervorandosi.
–Ti facevo più prudente!- la
rimproverò.
–Credo
che la cosa migliore da fare per te sia quella di stare vicino a lui,
almeno
fino a quando non troveremo la maniera di capire meglio gli accordi che
avete
preso con il Voto. Quindi, Evans, devi anche dormire vicino a James.-
Ecco,
altra bomba della serata.
Lily,
improvvisamente, divenne livida in volto ed assunse un cipiglio che
avrebbe
reso orgogliosa la McGrannit.
Si
voltò, furente, verso James, che cadde letteralmente dalle
nuvole.
-Potter!-
-Evans?-
fece lui, non riuscendo a capire.
-POTTER!!!!-
-Si,
Evans?-
Lei
marciò verso di lui, furiosa come un Ungaro Spinato, e gli
si piazzò davanti,
fissandolo con sguardo omicida.
-DANNATO!
Tu…sporco…sporco….viscido, schifoso,
maledetto….POTTER! TU! Tu lo sapevi che
sarebbe andata così!!! DIMMELO! Lo sapevi??? Lo hai fatto
apposta!-
James,
terminata la sfuriata di Lily, rimase con gli occhi spalancati,
sconvolto e
stupefatto. –COSA!? Ma sei fuori, Evans?!-
protestò, offeso. –Ma ti pare che io
pensavo ad una cosa del genere!!!??? C’ho pensato solo quando
lo ha detto
Remus!!!-
Doveva
essere davvero arrabbiato e risentito, perché Lily tacque e
non insistette
oltre.
Tornò
da Remus, sedendosi vicino a lui e sospirò.
-Ok,
siamo degli emeriti idioti. E ora che facciamo?- domandò,
più a se stessa che
agli altri.
-Vabbè,
non ci vedo nulla di grave!- fece Sirius, l’accomodatore per
eccellenza. –Dormi
con James, il letto è
grande!-
Lei
lo gelò con un’occhiata assassina.- Te lo scordi,
Black! Io non dormo nello
stesso letto con lui!-
-E
allora ti accomoderai sul pavimento!- ribatté Sirius.
-NEPPURE
PER IDEA!- strillò la ragazza, fuori di se. –Io
non ci dormirò mai in una
camera con quattro ragazzi!!! Levatevelo dalla testa!-
-Tre!-
replicò Sirius con un sorriso ironico. –Tre
ragazzi! Remus ancora non si è
capito cosa sia!-
Il
diretto interessato saltò su come una molla, già
parecchio arrabbiato di suo.
-FINSCILA
DI SFOTTERE SOLTANTO PERCHE’ NON HO ANCORA AVUTO UNA
RAGAZZA!!!! E POI NON E’
IL MOMENTO!-
I
due Malandrini restarono a fissarsi. Uno con un sorrisetto soddisfatto
sul
volto, l’altro ancora ansante.
Lily,
seduta sul letto, osservò quei due con sguardo atono. Lo
sapeva, lo sapeva che
di Potter non c’era da fidarsi.
Stupida!
Stupida! Stupida!
E
adesso?
Lei
e Potter….dormire insieme??
No,
doveva essere un incubo! Non poteva essere vero!
Dannazione!
Alla
fine, si era ritrovata nei casini. D’altronde,
c’era da aspettarselo.
Fino a
Gennaio….
Tutto
quel casino fino a Gennaio…
Maledetto
James Potter!!!
FINE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ok,
ragazzi! Spero tanto che il capitolone vi sia piaciuto!
E’
stato molto faticoso per me scriverlo, perciò vi avverto, se
non recensite vi
scordate il seguito!! ( me cn aria minacciosa)^^
Ci
sarebbero veramente tantissime persone che dovrei
ringraziare…
Innanzi
tutto quelli che leggono questa storia.
GRAZIE
MILLE!!!!^^
Poi,
tutte le ragazze, stra-gentilissime che mi stanno sempre vicino e
commentano
questa fic, lasciandomi sempre delle belle recensioni.
Un
bacione a:
-Ali-del-Sole.
-AkitoandSana.
-Black-Witch.
-Kikio92
-Iside
1985
-Mangaka91
-Kagome92
-Masuko
(tesssoro mioooo!)
-Dana-
-Serporo.
-Albicoccacida.
-LadyMimi
-Stellina250
-puccalove90
-Milla92
-aly12Potter
-Vicky
Evans
GRAZIE
MILLE A TUTTEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Spero
di non avere dimenticato nessuno! A presto!
Vostra,
Lady
Tsepesh
|
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Capitolo 5 *** The Unbreakable Vow [part two] ***
CAPITOLO 5 “THE
UMBREAKABLE VOW [part two]”
Ancora
seduta al fianco di Lupin, Lily Evans sospirò, prendendosi
il volto stravolto
tra le mani.
No,
non era proprio possibile. Doveva essere un sogno, anzi, no, un incubo.
Eppure,
fin dal suo primo anno, si era sempre detta di non dare mai, per alcun
motivo,
ascolto a James Potter. Invece, per Merlino, quella volta si era fatta
fregare!
Ormai
erano rinchiusi in quella stanza da un po’ e non si era
trovata alcuna
soluzione.
Gli
occhi di tutti i presenti, chissà per quale astruso motivo,
erano rivolti a
Remus, l’anima pensante per antonomasia, ma lui sembrava non
volere più aprire
bocca.
James
Potter, seduto a gambe incrociate sul suo letto, sembrava seriamente
dispiaciuto per Lily, di certo non pensava di arrivare ad una cosa del
genere…
-Mi
spiace, Evans…- disse, mesto.
-Risparmia
il fiato, Potter.- ribatté lei, acida. –Prega solo
che non mi venga mai in
mente di versare del veleno nel tuo bicchiere!-
Sirius
Black, da sempre un ragazzo spensierato, se ne stava semi disteso sul
proprio
letto. Puntò gli occhi blu notte sulla ragazza e
sbuffò, contrariato da tutta
la sua, a parere proprio, ingiustificata acidità.
Lui,
davvero, al posto loro, tanti problemi non se li sarebbe proprio fatti.
Puntellandosi
su di un gomito, si alzò di poco, tanto per poter guardare
bene in faccia la
rossa. Compiendo tale movimento, qualche ciocca di capelli corvini si
liberò
dal laccio, ormai compromesso da tempo, dopo la zuffa con Vick, e gli
ricadde
sul viso.
-Vabbè,
oh! Vediamo di trovare una soluzione veloce, mi sto stufando.-
esordì,
guadagnandosi l’attenzione degli altri Grifondoro.
–Credo di sapere come fare…-
-Non
voglio che sia tu a trovare la soluzione, Black.- sbottò
subito Lily. –Non mi
fido delle tue idee. Sei un tipo poco affidabile!-
-Fai
male.- disse lui, incurvando le labbra in sorrisetto poco rassicurante.
–Perché
io ho proprio trovato la soluzione che fa per voi.-
-E
sarebbe?- fece Remus, incurvando un sopracciglio, per nulla fiducioso
nell’amico.
Solitamente,
i piani di Black non solo erano quasi sempre destinati al fallimento,
ma anche
a gravissimi guai e crudeli punizioni.
Felpato
non si fece scoraggiare dalla poca fiducia di Lupin e
continuò.
-Stavo
pensando che Evans è una Caposcuola come te, Rem.-
-Quindi?-
-Tu
hai una camera singola, oltre ad un posto in questa stanza, no?-
-Certo.-
ringhiò Remus. –E ci dormirei anche in quella
bella camera da Caposcuola, se tu
non la usassi come luogo di ritrovo con le tue amichette…-
-Sì,
beh…questo non ci interessa, al momento.- si
barcamenò Black. –Ora, Evans e
Jamie potrebbero usare una di quelle stanze, così lei non
sarà costretta a
dividere una camera con quattro ragazzi….- concluse, con un
sorriso
compiaciuto.
Passò
in rassegna tutti quanti con lo sguardo, come a sfidarli a dire che non
era
un’idea eccellente.
Remus
sembrava ancora scettico, Peter non aprì bocca, James
sembrava assorto nel
ragionare su quella proposta e Lily era furente.
-Non
dormirò mai in una stanza dove tu vai a sbatterti le tue
puttanelle, Black!-
disse ad alta voce e rossa in viso.
-Benissimo,
pure io sono più contento.- dichiarò Sirius con
la sua più bella faccia tosta.
–Allora tu e James dormirete nella tua camera da Caposcuola,
Evans.-
La
ragazza aprì bocca, come per protestare, ma sembrava che la
facoltà di parlare
l’avesse all’improvviso abbandonata.
Restò
ammutolita, senza la forza di ribattere.
Non
voleva dormire con quattro ragazzi, ma non voleva neppure stare da sola
con
Potter nella sua bellissima ed ordinatissima stanza.
Che
poteva fare? Non c’erano poi molte alternative….
Se
qualcuno avesse scoperto tutto quel casino, sarebbe stata la fine. Se
lo
sentiva, sarebbe stata espulsa da scuola proprio l’ultimo
anno.
-Credo
che l’idea di Sirius sia la migliore alternativa per te,
Evans.- ammise Lupin
alla fine. –Dividere questa stanza con tutti e quattro
è impensabile,
ammettiamolo. Siamo quattro ragazzi e tu sei una ragazza, capiterebbe
di
tutto….Abbiamo tutti la necessità di vestirci,
cambiarci, andare al bagno,
farci la doccia e altro….-
Lily,
nel valutare tutte quelle possibilità, per poco non si
sentì davvero male.
-Invece…-
continuò il biondo Grifondoro. -…tu e James
sareste solo in due, dopotutto. Non
dovrebbe essere poi così difficile poter convivere insieme.
Basta che sappiate
darvi delle semplici regole, no?-
La
povera rossa non seppe che rispondere.
Certo,
Remus aveva ragione.
Però
neppure dividere la sua stanza con Potter le sembrava una grande idea.
Beh,
in fondo ci si era buttata lei in quel guaio…
-Va
bene.- accettò con un lungo e doloroso sospiro.
–Potter verrà a dormire nella
mia camera.- disse, facendo ben attenzione a non guardare in faccia il
diretto
interessato.
Si
alzò da dove era seduta, mettendosi in piedi e sovrastando
tutti quanti.
Avrebbe
volentieri tolto 1000 punti a Grifondoro, per sfogare la sua rabbia, ma
sarebbe
servito soltanto ad impedire alla sua casa di vincere la Coppa delle
Case.
-Prendi
la tua roba e andiamo, Potter. Ho sonno.- imperò con
l’autorità di una vera
Caposcuola.
Quello
le fece un bel sorriso, per nulla turbato dall’astio che
aveva sentito dalla
sua voce. Doveva averci fatto l’abitudine, dopo tutti quegli
anni…
Mentre
il Cercatore più in gamba di Hogwarts faceva le valigie e
Sirius, suo grande
amico, inscenava un esagerato lutto per quell’abbandono, Lily
ritornò da Remus,
l’unico componente di quel gruppo dotato di un cervello,
secondo lei.
-Vedrai
che troveremo un modo per uscirne, sta tranquilla, Evans.- le disse,
tornando
ad essere gentile come sempre. –Devi solo avere pazienza.-
-Lo
spero, Lupin.- rispose.
-Remus.-
fece lui con un sorriso. –Ci conosciamo da quasi sette anni,
no?-
-Ok,
allora Remus.- disse la ragazza. –E io sono Lily.-
-Certo.-
In
fondo, si disse, in tutta quella situazione disastrosa, magari poteva
anche
trovare un lato positivo. Forse, per la prima volta in tutta la sua
vita,
avrebbe potuto entrare in contatto con dei ragazzi della sua
età, fare
amicizia.
A
volte, l’essere sempre così sola, riusciva a
logorarla fin dal profondo.
-Vedrai
che con James ti divertirai un sacco! Lui è spassosissimo!-
squittì Peter
all’improvviso, sorridendole amichevolmente.
Remus
si limitò a lanciargli una veloce occhiata, ancora scosso
dall’ultimo loro
dialogo. Lily invece gli regalò un bel sorriso.
-Grazie
per l’incoraggiamento, Minus. Non credo mi
divertirò, però.-
Il
ragazzo si limitò a ridacchiare piano, quasi con timidezza.
Non
era un tipo che riusciva bene a capire. Minus le era sempre apparso
come un
ragazzo troppo strano ed impacciato, non si era mai fatta
un’idea chiara di
lui.
Spesso
si era chiesta cosa ci facesse uno come Peter Minus insieme a Potter,
Black e
Lupin.
Riportò
lo sguardo su James, intento a mettere le sue cose in baule con un
Sirius
alquanto esagerato che simulava una disperazione atroce, stando
attaccato alle
sue gambe e lasciandosi trascinare per la stanza. Ridicolo.
Però a Lily strappò
quasi un sorriso.
-Dai,
Siri! Mica non ci vedremo più!- stava dicendo James,
cercando si staccarsi
l’amico di dosso, dopo che, per la terza volta, aveva
rischiato di finire
spalmato a terra.
-Ormai
ti abbiamo perduto, Ramosoooooo!!!!! – piagnucolò
Black. –Niente più scherzi a
Mocciosus, niente più scherzi in generale!!!
E…DIVISI!!!-
-Beh…-
intervenne Remus. –Io credo che questa sia l’unica
cosa positiva di questo
macello. Almeno non rischierete l’espulsione per un
po’ di mesi ed io potrò
starmene tranquillo.-
-CRUDELE!!!!-
strillò Sirius, riservandogli un’occhiataccia.
–Il nostro Jamie ci sta
lasciando, te ne rendi conto??? Addio Malandrini!-
-Non
preoccuparti, Black. Appena potrò te lo riporterò
all’istante.- intervenne
Lily.
James
le fece un bel sorriso simpatico, come a farle capire che non faceva
più caso a
quelle sue frecciatine.
Con
un rumore secco chiuse il baule e si voltò verso gli altri.
-Andiamo,
Evans?- fece, tranquillissimo.
Lei,
invece, sembrava avere l’espressione di qualcuno che ha
ingerito una Gelatina
Tutti I Gusti + Uno al sapore di…..meglio non dirlo.
-Andiamo,
Potter.- ringhiò fuori dai denti.
Si
alzò dal letto di Remus e si avviò alla porta,
mentre i ragazzi restavano
indietro.
-Vedi
di comportarti bene, James.- fece Remus, dando una pacca affettuosa
all’amico.
-Chiamami,
hai capito!!!???- piagnucolò Sirius, ancora preso dalla sua
scenetta da
innamorata abbandonata. –Usa “quello” e
chiamami!!!-
Lily
non volle neppure pensare a cosa potesse essere
“quello”. Un problema alla
volta.
-C-Ciao
James…- disse Peter, avvicinandosi all’amico.
Il
Malandrino gli sorrise e con una mano andò a scompigliare
dispettosamente i
capelli biondicci di Minus.
-Se
hai bisogno, io ci sono. Ok, Pete?- gli disse.
Quello
annuì, anche se con una certa rigidità non
giustificata.
Lily
non dimenticò mai il tono di voce e l’espressione
di James Potter, quando
pronunciò quelle parole.
Lo
notò anche dopo, mentre tornava a dedicarsi agli altri due
amici.
James
aveva il modo di fare di un papà, oppure di un fratello
maggiore. Aveva sempre
creduto che, in un gruppo come i Malandrini, un ruolo del genere
appartenesse a
Remus, invece si era sbagliata.
Lo
vide tornare al baule e puntare su di esso la bacchetta, pronunciando
l’incantesimo
di levitazione. Quello,
ubbidiente,
prese a galleggiare dietro di lui.
Le
si avvicinò e le fece cenno di fargli strada.
-Dopo
di te, Evans.- le disse con un sorriso.
E
lei, ancora un po’ scossa, partì, con
l’odiato James Potter alle spalle ed il
baule galleggiante dietro di loro.
I
Malandrini li salutarono al principio delle scale, non seguendoli nella
discesa.
Presero
a scendere lentamente. Non dovevano fare troppo rumore, e poi tutto
intorno a
loro era buio, ormai. Doveva essere scattato il coprifuoco da un bel
po’.
Lily
procedeva cauta, attenta a non mancare un gradino, riuscendo solo a
vedere,
alla fine della scala, la luce del fuoco che continuava a scoppiettare
in Sala
Comune.
Il
silenzio era quasi tangibile, dovevano essere andati tutti a letto.
Ad
un tratto, sentì James, ancora dietro di lei, sussurrare :-
Lumos.-
Subito,
una tenue luce bianca si diffuse intorno a loro.
Arrivati
nella sala dei Grifoni, si ritrovarono soli.
Riponendo
la bacchetta e guardandosi intorno, James le tornò vicino.
-Allora?-
le disse.
Sbuffando,
lei marciò spedita verso un arazzo rosso e oro che prendeva
gran parte di una
parete della stanza. Sollevò il pesante tessuto, giusto quel
tanto che bastava
per individuare il muro, completamente bianco e pulito.
Prese
la sua bacchetta e picchiettò tre volte sulla parete,
pronunciando infine:
-Rosarum Regina.-
E,
come spesso capitava ad Hogwarts, tanto che nessuno ne era
più molto stupito,
nella parete si disegnò un passaggio ovale, che permetteva a
chiunque di
entrare e di incamminarsi per il lussuoso corridoio che si sviluppava
da lì.
-Seguimi,
Potter.- fece lei, attraversando l’apertura.
-Con
molto piacere!- disse lui, seguendola.
Subito,
il passaggio si richiuse dietro di loro e, contemporaneamente, le torce
disposte in fila sul muro si accesero, illuminando il piccolo corridoio
e
creando delle strane sfumature sul tappeto rosso, ricamato in veri fili
d’oro,
dove loro due poggiavano i piedi.
C’erano
due porte. Una sulla destra, l’altra sulla sinistra.
Lily
prese quella di sinistra, ben attenta a non lanciare neppure
un’occhiata alla
destra, ora che sapeva quale era stato il suo utilizzo fino a quel
momento.
Aprì,
anche se non con tanta allegria e si fece da parte, lasciando entrare
James,
che si guardava intorno incuriosito.
-Bella
stanza!- fece, depositando il baule a terra. –Vi trattate
bene, voi
Caposcuola.-
-E’
la ricompensa per le nostre fatiche, Potter.- rispose lei.
Chiuse
la porta e la consapevolezza di essere nuovamente sola con lui la colse
all’improvviso con un strana stretta allo stomaco.
Per
un attimo, credette quasi di non essere più in grado di
respirare.
-Tutto
bene, Evans?- la raggiunse la voce di lui.
Si
voltò, tornando a
guardarlo, ed annuì,
anche se poco convinta.
James
sembrò capire, però, che qualcosa si agitava
all’interno della ragazza, perché
si affrettò a dire:
-Ok
gli scherzi, però….Davvero, Evans. Io non
farò nulla.-
Le
sfuggì un sorriso, nel sentire quelle parole, che sembravano
dette anche con un
certo impaccio.
Scosse
il capo, facendo ondeggiare i suoi bei capelli rossi.
-Non
preoccuparti, Potter. Anche perché, se tu avessi intenzione
di fare qualunque
cosa, ti farei fare una brutta fine. Adesso devo trovare un modo per
sistemarti…-
Prese
a camminare per la stanza, pensierosa.
James
stette a guardarla in religioso silenzio, silenzioso spettatore,
appoggiandosi
ad una parete, felice di averla, finalmente, tutta per se.
Chissà
se lei si rendeva conto di quanto potesse essere micidiale la sua
semplice e
pulita bellezza. A volte, James si chiedeva se un giorno, alla fine,
sarebbe
crollato sotto lo sguardo di quegli occhi da gatta, sempre cosi seri ed
autoritari.
Beh,
forse, visto come stavano andando le cose…lo avrebbe
scoperto presto.
***
C’erano
tante persone al mondo da temere, una di queste sarebbe sempre stata
Bellatrix
Black.
Questo
pensò Severus Piton, mentre, in silenzio, osservava la
ragazza intenta a
confabulare con un gruppo di amiche Serpeverde.
Non
aveva idea di cosa stessero parlando, ma le femmine della sua casa
sapevano
essere veramente pericolose, anche solo per il fatto di avere come capo
e somma
regina la bellissima Bella.
Pochi
Serpeverde se ne erano andati a letto, anche se l’orologio
d’argento che
avevano nella loro Sala Comune segnava ormai la mezzanotte. Se fosse
entrato il
professore Lumacorno, loro direttore, e li avesse trovati ancora in
piedi,
sarebbero stati casini.
Ad
un tratto, la bella ragazza dai lucidi capelli corvini
lasciò il gruppo ed andò
a sedersi proprio accanto a lui, accavallando le gambe e mettendo in
bocca una
sigaretta, che accese con un semplice colpo della bacchetta.
Piton
si finse concentratissimo nel leggere il suo libro. Non voleva parlare
con lei.
Bellatrix
aveva la facoltà di far fare a chiunque tutto ciò
che lei voleva.
Incantatrice
come una sirena crudele.
Per
un po’, lei non gli rivolse la parola, intenta a fissare sua
sorella minore,
Narcissa, compostamente seduta su di una poltrona di velluto verde,
intenta a
leggere un libro di poesie. La più piccola delle Black non
poteva andarsene a
dormire, se Lucius era ancora sveglio.
Il
fidanzato, infatti, lungi dall’avere sonno, faceva
amabilmente conversazione
con i suoi compagni e delle ragazze Serpeverde del quinto anno.
-Senti
un po’, Severus…- iniziò Bellatrix,
voltandosi verso di lui.
Il
ragazzo, poco felice, chiuse il libro e le prestò
attenzione, ben consapevole
che non sarebbe servito a niente ignorarla.
-Cosa
sai di Lupin?-
La
domanda arrivò, semplice, schietta e terribile, come solo
Bellatrix Black era
capace di formularla.
Sapeva
che prima o poi avrebbe dovuto aspettarselo. Lei era troppo vigile,
furba e
scaltra…
-Perché
mi chiedi una cosa del genere?- fece lui, cercando di apparire sorpreso.
La
ragazza incurvò le belle labbra rosse e carnose in un ghigno
orribile.
-Perché
quella notte è successo qualcosa tra te e gli amichetti di
mio cugino, non è
così?- rispose lei, astuta. –Siete finiti tutti
dal preside ed io so che
c’entrava Lupin.-
Sospirando,
Severus tentò di sfuggire da quegli occhi blu che ora lo
guardavano, quasi
folli.
Non
poteva dire nulla, erano i patti.
Quel
dannato Silente lo aveva fatto giurare.
-Non
voglio parlare di quegli idioti.- sbottò con freddezza.
–Non so nulla di Lupin,
solo che è un idiota della cricca di Potter. Fine.-
Lei
non sembrò soddisfatta della risposta, ma non lo
aggredì, come invece lui si
aspettava. Dette un tiro alla sua sigaretta ed una nuova nuvoletta di
fumo
rosso si sparse per l’aria.
-Non
vuoi aiutarmi, vero?- sussurrò.
-Esattamente.
Lasciami fuori dai tuoi giochi, Bella.-
-Va
bene.- fece lei, seria. –Ho altri modi per studiare Remus
Lupin e gli altri…-
-Cosa
hai mente?-
La
vide sorridere in modo inquietante. –Ho organizzato qualcosa,
insieme alle
ragazze…-
-Stai
attenta, ti ripeto che non hai a che fare con degli idioti…-
-Certo.-
fece lei, annuendo. –Ma qui si parla di furbizia e credo di
averne molta di più
io..- disse, sorridendo. –Fidati di me, Severus.-
Non
seppe cosa risponderle.
Fosse
stato per lui, avrebbe contribuito eccome alla distruzione dei
Malandrini, ma,
purtroppo, era fuori.
Avrebbe
però assistito volentieri al teatrino di Bella,
probabilmente ci sarebbe stato
da divertirsi.
***
E,
mentre nei freddi sotterranei, forti fondamenta sulle quali si
sviluppava il
grande costello di Hogwarts, si tessevano trame che, con il tempo,
avrebbero
portato tante giovani vite alla rovina, c’era anche chi,
ingenuamente
spensierato e per nulla intimorito da ciò che sarebbe
accaduto in futuro, non
riusciva a dormire, ma solo per il fatto che i suoi diciassette anni
imponevano
alla sua persona di godersi la propria gioventù.
Sirius
Black non era mai stato tipo di molti pensieri. Remus, a volte, era
addirittura
arrivato a temere che l’amico proprio non
ce li avesse.
Se
ne stava seduto sul suo letto, intento a scegliere i nuovi poster da
attaccare
alla parete.
I
“Magic
Sound” avevano fatto il loro corso e le loro reliquie, che
Sirius aveva tanto
venerato per circa due, tre mesi, erano state riposte in uno scatolone,
pronte
all’eliminazione.
Adesso
toccava ai “Wizards” il posto d’onore.
Non sarebbe durato molto, comunque.
Black
cambiava mode continuamente.
-Devi
proprio metterti a fare questi lavoretti proprio ora, Siri?- fece Remus
infastidito, già pronto per andare a dormire. –Non
vedi che ore sono?-
-Sì,
proprio adesso.- dichiarò lui. –James se ne
è andato per sempre ed io sono
depresso…- aggiunse, mettendo un broncio addolorato e non
curandosi neppure
delle proteste di Peter, decisamente assonnato.
Lupin
sospirò, levando gli occhi al cielo. –Non fare
l’idiota. James ha solo cambiato
stanza, non se ne è mica andato.- sbottò, stufato
da quella lagna. –Non credo
che James ci abbandonerebbe mai. – concluse con un sorriso
affettuoso.
Già.
Forse era veramente così…
Forse
anche in futuro, James….non li avrebbe mai abbandonati.
Non
del tutto.
-Siete
una lagna.- fece Sirius, sbuffando. –Con voi non mi diverto
affatto.-
Scese
dal letto, facendo l’offeso.
Remus
si trattenne dal ridergli in faccia. Ormai aveva imparato a capire le
scenette
melodrammatiche di Black ed i suoi repentini cambi d’umore.
Sirius
era come il cielo d’estate, capace di regalare giornate
incredibilmente
luminose e di sostituirle poi, repentinamente, con oscure burrasche.
Era
il suo animo, ancora ben lontano da crescere e divenire più
razionale, a
provocare tutto questo.
Il
giorno che Sirius Black si sarebbe messo a riflettere e non si sarebbe
fatto
guidare solo dal turbinio di emozioni che si agitavano nel suo petto,
allora
sarebbe veramente stata la fine del mondo.
Pensando
questo, Remus sorrise.
-E
ora dove te ne vai?- fece, vedendolo avviarsi alla porta.
Peter
ormai stava definitivamente crollando dal sonno sul pavimento e festa
finita.
Black
si voltò a guardare i suoi amici.
-A
trovare qualcuno che mi aiuti ad attaccare i miei poster!- disse prima
di
uscire.
Lupin,
povera anima, sospirò.
Sirius
aveva addosso solo i pantaloni blu scuro del pigiama ed i capelli
sciolti…
Se
lo avesse visto qualche ragazza…..!!!!
Lanciando
uno sguardo addolorato alla porta si disse che, alla fine, tutte le sue
preghiere per garantire la pace in quella stanza, non sarebbero state
esaudite…
***
Quella
notte, proprio gli studenti di Hogwarts non vollero saperne di
andarsene a
nanna come dei bravi bambini.
Quando
poi quello che sogni da tempo ti si materializza davanti agli occhi,
allora
dormire diviene superfluo. Questo pensarono molte ragazze di
Grifondoro,
almeno.
Eh,
sì.
Perché
il caro Sirius Black, pecora nera di uno dei casati più
nobili del mondo
magico, decise che quella persona che avrebbe vegliato con lui,
attaccando
poster di un gruppo quasi sconosciuto per molti, sarebbe stata Victoria
Olsen.
E,
siccome lui, fondamentalmente, era un ragazzo ottimista, decise anche
che
quella notte, proprio quella notte, per il semplicissimo fatto che lo
voleva
lui, le scale che portavano al dormitorio femminile si sarebbero
lasciate salire
da Sua Maestà, facendo qualcosa che era stata impossibile
fin dalla fondazione
della scuola.
Il
ragazzo partì a razzo, convintissimo di arrivare alla meta e
restò alquanto
deluso quando, fatti pochi gradini, le scale scomparvero lasciandolo
cadere
all’indietro.
Così,
Sua Altezza Reale Black, ruzzolò per terra come ogni comune
mortale, battendo
il suo prezioso fondoschiena.
Tempo
un attimo e l’allarme delle scale, difesa per
l’eterna castità delle fanciulle
del dormitorio, prese a trillare, annunciando il pericolo di un nuovo
speranzoso baldo giovane, minaccia per la loro morigeratezza.
A
quei trilli assordanti, che svegliarono mezzo dormitorio, si unirono
anche le
bestemmie indicibili di Black, tutto dolorante, che ululava pieno di
rabbia.
Finì
che proprio Victoria fu l’unica a dormire, avendo il sonno
pesante e quindi non
sentendo assolutamente nulla.
In
futuro, se ne sarebbe pentita.
A
detta di molte ragazze, scese a vedere cosa stesse accadendo in Sala
Comune,
Black quella notte era adorabilmente indecente.
Detto
Black fu dovutamente circondato da una folla di ragazze di varia
età che per
poco non lo atterrò, segnando la sua fine.
Ma,
quando il povero Sirius fu ormai convinto che quelle pazze assatanate
lo
avrebbero violentato, Remus e Peter accorsero in suo aiuto,
sottraendolo a
quella trappola mortale.
Incazzato
come un Ippogrifo a cui si è tirata la coda e più
scarruffato del normale,
Felpato si lasciò ricondurre nella sua stanza, con Remus che
si tratteneva dal
pronunciare la sua frase a effetto. “Io lo
sapevo….”
Quella,
sarebbe stata una lunga notte.
-Credo
che i tuoi amici ne abbiano combinata una delle loro…-
mormorò Lily Evans,
lanciando un’occhiata alla porta della sua stanza, come se i
temuti Malandrini
fossero stati dall’altra parte.
Se
ne stava seduta sul suo letto di velluto rosso a gambe incrociate e
osservava
James, ancora intento a mettere in ordine le sue cose.
Alla
fine, avevano deciso di trasfigurare un altro letto, posto vicino a
quello di
lei, che non ne era stata particolarmente contenta.
La
stanza però era quella che era ed avevano dovuto
posizionarlo in modo che non
togliesse eccessivo spazio.
Potter,
che stava rimettendo in ordine le sue cose nel baule, levò
gli occhi su di lei
e le sorrise. –Tranquilla, Caposcuola Evans.
C’è Remus con Sirius e Peter,
tutto sotto controllo. E poi chi ti dice che siano proprio loro a fare
questo
casino?-
-Puro
intuito, Potter.- rispose subito lei. –Hai finito con le tue
cose?-
-Sì.-
-Allora
vieni qui, abbiamo delle regole da fissare, io e te.-
Sospirando
teatralmente, James si alzò in piedi ed andò a
sedersi accanto a lei. Lily
restò un po’ spiazzata. Credeva che Potter si
sarebbe accomodato sul suo letto,
non proprio su quello di lei, andandole vicino.
Cercando
di calmarsi e di non dare ascolto a quella strana agitazione che
sentiva, puntò
i suoi occhi di giada su di lui.
-Si,
Evans?-
-Allora…-
cominciò lei.- Regola numero uno: Mai, dico MAI, dovrai
spogliarti qui, ok? Te
ne andrai in bagno.- enunciò.
-E
quando ti spogli tu?- fece lui, con malizia.
-Andrai
comunque in bagno.-
-Cosa?!-
protestò Potter.
-E’
camera mia, quindi decido io!- ribadì la ragazza.
–Poi, regola numero due:
quando io mi faccio la doccia, VIETATO entrare in bagno, anzi, tu
dovrai uscire
dalla stanza e startene fuori dalla porta, che verrà chiusa
a chiave.-
-Evans!-
protestò James, risentito. –Stai parlando con il
Malandrino sbagliato! Io non
sono un cane!!-
Lei
neanche lo ascoltò.
-Regola
numero tre. – disse, invece. –Io devo studiare,
quindi guai a te se fai casino,
oppure ti rifiuti di venire in Biblioteca.-
-In
Biblioteca NO!- sbottò il ragazzo, assumendo
un’espressione schifata.
-Sì,
invece.- fece lei, risoluta.
Il
suo sguardo non dava adito a repliche.
-Numero
quattro…-
-Pure
la quattro???- piagnucolò il povero James, che
già faticava ad accettare le
altre.
-Vietati
spostamenti notturni durante la notte. Se ti becco fuori dal letto,
intento
magari ad infilarti nel mio per fare il furbo, ti giuro che non sarai
più in
grado di generare figli e quella disgraziata che ti sposerà
dovrà tenerti
castrato, intesi?-
Deglutendo
a fatica, spaventato da quell’orribile minaccia, il povero
Potter annuì,
abbozzando un sorrisetto intimidito.
-Sta
tranquilla, Evans.- le disse, una volta che si fu ripreso.
–Io sono un bravo
ragazzo. E ,comunque, quando non ho gli occhiali non vedo al di
là del mio
naso, prima di arrivare al tuo letto, sarò già
morto.-
-Eccellente.-
fece lei, compiaciuta. –Io, in cambio, farò del
mio meglio per starti vicino e
seguirti, ok?-
-Affare
fatto, Evans.-
-Benissimo.
–disse lei, pratica. –Allora vai in bagno a
cambiarti, che anche io devo
mettermi il pigiama.-
Lo
disse con un sorriso da sadica ragazza dispettosa che James
adorò.
Si
alzò, da bravo bambino ubbidiente, prese la sua roba dal
baule e se ne andò in
bagno. Una volta chiuso dentro, cominciò a pensare
intensamente alla scabrosa
immagine di Mocciosus e Malfoy, vestiti da donna, intenti a ballare il
tip tap.
Questo
era l’unico modo che aveva per non pensare che,
dall’altra parte della porta,
la Evans stava indossando il suo delizioso pigiamino.
Quando
uscì, dopo avere cortesemente chiesto il permesso, Lily era
già pronta per
andare a dormire. A guardarla, aveva davvero l’aria stanca.
James
poteva capirla.
Evans
era mattiniera in modo terrificante, studiava a tutte le ore del giorno
e stava
pure attenta alle lezioni di Ruff, invece che farsi un salutare
pisolino, come
invece faceva lui, infine passava l’intera giornata a
scorrazzare qua e là alla
ricerca di regole infrante da scovare.
Doveva
essere una vita molto faticosa la sua.
Mentre
la guardava avvicinarsi al letto ed affaccendarsi con le coperte,
spostandole
da una parte, la sua figura gli apparve ancora più piccola e
delicata.
Indossava
un pigiama più grande del dovuto, di un bel bianco candido,
dove stavano disegnate,
sparse qua e là, delle nuvolette azzurrine.
I
piedini scalzi che si muovevano velocemente sul gelido pavimento di
pietra nel
vano tentativo di non venire troppo a contatto con il freddo, i capelli
rossi
liberi sulle spalle, come una cascata di brillante oro rosso, il seno
che si
scorgeva appena, nascosto da quella maglia volutamente ampia…
James
sentì qualcosa sciogliersi nel petto con la dolcezza del
miele, mentre ammirava
quella scena tanto semplice. Tenerezza….
Sorridendo,
si avviò verso il suo letto, cominciando a sentire a sua
volta la stanchezza.
Lily
gli lanciò un’occhiata di nascosto, ancora turbata
da quell’evento così strano
che le stava sconvolgendo la vita.
Potter
se ne andava a dormire con solo una canottiera, quando ormai cominciava
a fare
freddo, di notte.
Distolse
subito lo sguardo, imbarazzata.
Era
indecente, ecco. O, almeno, lo era per lei, che di ragazzi ne vedeva
solo
abbondantemente vestiti.
Quando
lo guardò di nuovo, notò due cose strane.
La
prima era una strana catenella d’oro che Potter teneva al
collo. Questa se ne
stava nascosta sotto la canottiera, quindi Lily non potè
vedere che ciondolo vi
fosse appeso.
La
seconda era la più curiosa.
Sulla
spalla sinistra, ben in vista grazie all’indecenza
dell’indumento che
indossava, spiccava uno strano tatuaggio nero, dalla forma bizzarra.
La
ragazza non riuscì bene a capire che cosa fosse, sembrava un
simbolo.
-Potter?-
chiamò.
Il
ragazzo si voltò verso di lei, incuriosito. –Che
c’è?-
Lei
si peritò un attimo, prima di chiedere.
-Che
cos’hai tatuato sulla spalla?-
Quello
che vide la lasciò senza parole. James parve, anche se solo
per un attimo,
congelarsi. Abbassò lo sguardo, poi lo portò
nuovamente su di lei e, quando lo
fece, già sorrideva spensierato e bonario come suo solito.
-Questo?-
fece, toccandosi la spalla. –E’ uno scarabocchio
che mi sono fatto fare così,
per bellezza. Non sono l’unico ad apprezzare i tatuaggi.-
Non
ne fu molto convinta, ma lasciò perdere, infondo aveva
davanti a lei James
Potter, il cerca guai. Non
doveva stupirsi
di nulla.
Si
misero a letto, senza più dirsi una parola.
Le
luci, magicamente, si spensero, lasciandoli sprofondare nel buio.
In
quell’oscurità così opprimente, Lily
sentì il respiro calmo e regolare del
ragazzo ed il proprio cuore battere come un tamburo.
-Evans?-
Una
voce nel buio. Una parola pronunciata così piano che, se non
fossero stati in
quella stanza rispettosamente silenziosa, lei non sarebbe riuscita a
sentirla.
-Si?-
James
attese un po’ prima di continuare.
Quando
lei credette che lui non avrebbe più detto nulla, quella
voce tornò ancora.
-Russi?-
Quella
domanda volutamente detta per infastidirla, aveva un tono dolce
nascosto al suo
interno.
Lily
non potè fare a meno di sorridere e fu felice che la camera
fosse al buio, così
lui non avrebbe potuto vederla.
-No,
Potter. Perché?-
La
risposta non tardò ad arrivare, come lei sperava.
-Perché,
se fosse stato così, non sarebbe stato un problema. Sono
abituato con Peter e
Sirius….-
Questa
volta Lily rise e James, poco dopo, si aggiunse alla sua risata e fu
strano.
Fu
veramente strano e particolare per entrambi ridere insieme, sentire il
suono
delle proprie voci insieme.
-Buona
notte, Potter.- fece la ragazza, infine, lasciandosi sfuggire in quella
frase
una piccola sfumatura dolce.
Le
labbra di James si piegarono in un bellissimo sorriso, che lei non
avrebbe mai
visto. -Notte Evans, sogni d’oro.-
***
La
mattina dopo, svegliata da un insistente raggio di sole che,
dolcemente, le
solleticava il viso, Victoria Olsen aprì i suoi occhi
azzurri, fissando, in
quel confuso dormiveglia, le tende scarlatte del suo baldacchino.
I
respiri lenti e pacati delle sue compagne le fecero intuire che
stessero ancora
dormendo.
Si
portò una mano sul viso, cercando di ripararsi dalla troppa
luce, alla quale
non era ancora abituata.
Poi,
lentamente, lasciò ricadere il braccio sul letto e, con la
mano, andò a toccare
qualcosa di liscio e rigido sul cuscino.
Incurvando
la fronte, confusa, afferrò quello che capì
essere un semplice foglietto
stropicciato di carta.
Se
lo portò davanti agli occhi, ancora un po’
intontita, chiedendosi come avesse
fatto a finire nel sul letto.
Con
mano incerta lo spiegò e lesse ciò che vi era
scritto. Non riconobbe la
calligrafia.
“ E’ tempo
che parliamo di ciò che
veramente è importante per noi.
Ti aspetto questa notte alle
dieci in
Biblioteca.”
Ok,
pampini miei!!!! Fine del quinto capitolo, postato per grazia divina,
visto che
sono incasinatissima con la scuola. Chiedo scusa se non
riuscirò a postare con
regolarità, ma vi assicuro che ce la sto mettendo tutta.
Bene,
vi saluto tutti quanti.
Un
bacione!!!^______________________^
Vi
prego…..RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Fate i bravi,
su!!!!!! Che io ci tengo tanto tanto tanto tantoooooooo!!!!!!
CIAUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU!!!!!!!!!!!!!!!!!
Un
saluto grande grande a….
-Ali
del Sole
-AkitoandSana
-Black-Witch
-Iside
1985
-Kikio
92
-Kagome
92
-Mangaka
91
-Masuko
-Dana
-Serporo
-Albicoccacida
-LadyMimi
-Stellina
250
-Puccalove
90
-Milla92
-aly12Potter
-Vicky
Evans
Lalla23,
Fly e Cla 92……BEVENUTE!!!!! Questo capitolo lo
dedico a voi!!!!!
Mi
fa molto piacere che vi siate aggiunte!!!!!^___________^
E…infine…la
sorpresa più bella del giorno per me……
CIAOOOOOO
Rosgreenday!!!!! Ma
che bello che ci
sei pure tuuuuu!!!!! TESSSSSORO!!!!!! Benvenuta!!!! Spero che la storia
ti
piaccia!!!!^___________^
|
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Capitolo 6 *** During the Day: Gryffindor's Soul ***
Nota di
Lady Tsepesh:
Allora,
questo è un
messaggio che ci tengo a dare, prima di lasciarvi alla lettura del
capitolo. Un
attimo di pazienza.
Volevo
solo scusarmi con
tutti coloro che stanno leggendo questa fanfic, dal momento che, contro
la mia
volontà, li ho costretti ad attendere moltissimo per questo
aggiornamento. Il
motivo è uno solo, la scuola. Ho passato le ultime settimane
a preparare
compiti ed interrogazioni, quindi pensare di mettermi al pc era
impossibile!
Anche perché, se sono stanca, si nota poi nella stesura del
racconto, perché
non ho dato il massimo ed io voglio, invece, mettercela tutta in ogni
capitolo.
Trovo inutile aggiornare, ripeto, solo per dovere di farlo, solo per
portare
avanti la storia. Siccome ho rispetto di voi e del mio racconto, esigo
dare il
meglio e, credetemi, se avessi scritto in quel periodo così
duro, avrei preso
in giro voi e me stessa. Perciò eccomi qui, a scusarmi per
la lunga attesa e a
darvi le mie ragioni. Liberissimi di insultarmi, di capirmi o di
cessare di leggere
la fic, se volete.
Io ho
voluto essere
corretta.
Ma ora
basta con questi miei
piagnistei, i miei Lily, James, Sirius, Remus, Peter e Vick sono
tornati per
voi! Spero che continuino a piacervi!
Un
bacione a tutti quanti!
Lady
Tsepesh
P.s.
Come promesso...dedico
il cap a “Lilian Potter”! ^^
CAPITOLO 6
“
DURING THE DAY: GRYFFINDOR’S SOUL”.
Quella
luminosa mattina di Settembre, chiunque si fosse trovato a passeggiare
per i
corridoi di Hogwarts, parecchi minuti dopo l’inizio delle
lezioni della giornata,
avrebbe potuto assistere ad uno spettacolo eccezionale ed unicissimo
nel suo
genere.
Tanto
che, se Xeno Lovegood, futuro grande editore del Cavillo, da sempre un
ragazzo
un tantino strambo, avesse visto con i suoi occhi una scena del genere,
sarebbe
con ogni probabilità andato poi in giro dicendo che la fine
del mondo era ormai
prossima.
Causa:
I Bisticilli Scempiacervello. Creature assai pericolose capaci di far
compiere
alle proprie vittime i gesti più strani ed ingiustificati.
Effettivamente,
si parlò molto di quella mattina nello scorrere del tempo,
proprio perché fu
scenario di una scenetta alquanto bizzarra.
Ora,
se ciò che accadde fu causa dei precedentemente citati
Bisticilli
Scempiacervello, di una pozione dagli effetti confondenti, di una
pesante
caduta di un calderone sulla testa, oppure di un semplice scherzo del
destino,
non ci è dato saperlo.
Fatto
sta che, quella mattina, chiunque si trovasse per caso ancora in giro
per il
castello, magari con l’idea di farsi una bella forca,
potè giurare con lo sputo
ed il contrasputo di aver visto James Potter e Lily Evans correre a
perdifiato,
affannati e arruffati, per i corridoi. Il primo che non faceva altro
che
scusarsi, la seconda che pareva avere ben chiara in testa
l’idea di compiere in
diretta l’omicidio del Dio di Hogwarts, e tante condoglianze
al suo FanClub.
Adesso….
Vedere
James Potter correre come un pazzo, in ritardo per le lezioni, era
normalissimo, quasi un principio matematico.
Vedere
Lily Evans berciare assatanata contro Potter era altrettanto una
normalità,
come il giorno che se segue la notte.
Ma,
vedere Potter ed Evans correre insieme in ritardo per una
lezione…beh…decisamente non era normale!!!
I
più scaramantici, a tale visione, sbiancarono
d’orrore, convintissimi che
sarebbero certamente stati interrogati a tutte le materie e non
sarebbero
neppure stati in grado di rispondere.
-DANNATO
POTTER!!!! Quanto avevi intenzione di dormire ancora, eh????!!!!- stava
urlando
la Caposcuola di Grifondoro, rossa in viso più dei suoi
capelli.
-Scusa,
Evans….Mi spiace, davvero…- pigolò
Potter, facendosi piccolo piccolo. –Io di
solito mi alzo a quell’ora e…-
-E
ARRIVI IN RITARDO A LEZIONE! Ecco spiegato il motivo dei ritardi di voi
Malandrini!-
La
ragazza sembrava furente.
Era
sempre più convinta che tutta quella storia non avrebbe
fatto altro che
rovinarla. Per buttare Potter fuori dal letto ce ne erano volute tutte,
quello
era capace di dormire anche in piedi!!!
E
adesso…chi la sentiva la McGrannit?!
Lily
quasi si sentì male a quel pensiero. Erano ben dieci minuti
di ritardo, non era
mai capitato nulla del genere nella sua perfetta carriera scolastica!
Maledetto
Potter!!!
Quel
dannato idiota le stava letteralmente stravolgendo la vita…
Arrivarono
all’aula di Trasfigurazione quasi buttando giù la
porta e, non appena osarono
sollevare lo sguardo, assistettero ad una scena tutta particolare.
L’intera
classe e persino la professoressa li stavano fissando con tanto di
occhi a
scodella.
Potter
ed Evans…..IN RITARDO INSIEME?!?!
Il
fatto fu così sconvolgente che neppure Minerva McGrannit
ebbe la forza di
partire con una delle sue tirate sulla morale da tenere a scuola.
Si
limitò a fissare i suoi due studenti con espressione
attonita e ad esalare uno
sconvolto –Signor Potter…..s-signorina
Evans….-
Lily,
troppo devastata per parlare, tentò di spiccicare una sola
parola, ma dalle sue
labbra non uscì neppure un fiato.
Si
sentiva, ormai, la fine sulle spalle. Fredda e spietata come la mannaia
di un
boia.
Fu
James, asso nel raccontare frottole, a prendere in mano la situazione.
Sfoderando
uno dei suoi sorrisi più affabili, si avvicinò
alla povera Semprevergine,
narrandole l’avventura del mattino…
-Professoressa…-
incominciò. –Adesso non si metta subito a
brontolare, la prego. Posso spiegare
tutto io! Non c’è proprio da preoccuparsi, lo sa?-
L’intera
classe, ben consapevole di cosa stesse per fare Potter,
drizzò le orecchie,
sfoderando un ghigno collettivo.
Lily,
invece, si voltò a guardare il suo compagno di stanza ancora
più sconvolta di
prima. Cosa stava per tirare fuori quel matto?!
-Vede,
- continuò James. – io ed Evans stavamo
diligentemente recandoci a lezione,
quando, mi creda, è successa una cosa assai
strana…-
-E
sarebbe, Potter?- fece la McGrannit, che intanto aveva riacquistato il
suo
cipiglio severo, riprendendosi dal colpo di avere assistito al ritardo
di una
dei suoi migliori studenti.
-Ecco…abbiamo
sentito dei rumori sospetti e, a quel punto, mica potevamo fare finta
di nulla,
no?-
L’attenzione
della classe era al culmine, come lo era la disperazione della Evans.
Sconfortata, la ragazza
volse lo sguardo verso
Sirius, seduto vicino a Peter, e Remus, che occupava uno dei primi
banchi.
Entrambi
i ragazzi tentarono di farle capire che con James non c’era
veramente niente di
cui preoccuparsi. Lui era una mito nell’inventare frottole.
Lily
non ne era molto sicura. Già vedeva la sua spilla da
Caposcuola prendere il
volo…
I
Serpeverde, seduti all’angolo opposto occupato da Grifondoro,
se la ridevano
sotto i baffi, pregustando la fine di Potter ed Evans.
Lucius
e Bellatrix si scambiarono un lungo sguardo d’intesa.
-Lascia
perdere, Potter.- disse ad un tratto la McGrannit, riaggiustandosi gli
occhiali
sul naso. –Conosco Evans. Se è in ritardo ci
sarò una giustificazione più che
valida ed io do fiducia ad i miei migliori studenti.- fece, risoluta.
–Ti
grazio perché eri con lei. Seduti tutti e due ora.-
Non
credendo alle sue orecchie Lily si diresse verso un banco vuoto come un
automa.
Da
una parte era felice della tanta fiducia che la professoressa
dimostrava verso
di lei, dall’altra non poteva non pensare che adesso
l’invidia e la rabbia di
tutti i suoi compagni sarebbe aumentata. Avrebbe dovuto scontare quella
nuova
lode, lo sapeva. Già vedeva le facce schifate dei Serpeverde
ed annoiate di
alcuni Grifondoro.
James
corse a sedersi vicino a lei e, questo, stupì una bella
quantità di studenti.
Non
sembrava essersela presa per le parole dell’insegnante, anzi,
sorrideva.
Chinandosi verso Lily, già a capo chino per prendere
appunti, sussurrò piano:
-Grazie,
Evans.-
Sentendo
quelle parole, dette così da vicino, la ragazza
avvertì una stranissima morsa
allo stomaco ed il respiro mozzarsi.
Quando
si voltò verso di lui, le sue guance si erano già
accese di un lieve colore
rosso, che James Potter adorò.
-Non
ho fatto niente, Potter.- disse lei, scrutandolo con i suoi occhioni di
giada.
–Piuttosto, che non si ripeta più una cosa
simile.- aggiunse, tentando di
apparire severa.
-Certo.-
fece lui. –E’ una promessa.-
E
disse quell’ultima parola con un tono ed
un’espressione così solenne che riuscì
a strappare un sorriso alla ragazza.
-Adesso
zitto, Potter. C’è lezione.- lo ammonì,
dandogli un colpetto sul braccio.
James
accusò il colpo, sorridendole, anche se dubitava che un
colpo della Evans
sarebbe mai riuscito a metterlo veramente al tappeto.
Prese
i propri libri dalla borsa e li sistemò sul banco, cercando
di non contraddire
più la Evans, almeno per quella giornata. Tuttavia, malgrado
tutti i suoi buoni
propositi, la tentazione di guardare cosa stesse facendo Sirius, pochi
banchi
davanti a lui, fu troppo forte.
Sollevò
lo sguardo.
Black
se ne stava seduto in bilico sulla sedia, dondolandosi, e sembrava
profondamente concentrato a fissare il soffitto. Peter, seduto accanto
a lui,
stava a capo chino, tentando di stare dietro alla spiegazione della
McGrannit.
Prendendo
visione di quanto il proprio migliore amico fosse preso dalla lezione
di
Trasfigurazione, James sghignazzò.
Con
un ghigno perfido,tipicamente malandrino, afferrò uno dei
suoi quaderni e
strappò di netto una pagina pulita.
Lily
si voltò a guardarlo, confusa, cessando di prendere appunti.
-Potter,
che stai facendo?-
-Shhh!!!-
Prese
ad appallottolare il pezzo di carta sotto lo sguardo impotente della
Evans, che
già aveva cominciato a presagire puzza di guai.
E
poi, prima che la povera Caposcuola potesse dire o fare qualcosa, la
pallina di
carta partì, sparata come un missile grazie ad un solo cenno
della bacchetta
del ragazzo, finendo la propria corsa sulla testa mora di Black.
Quello
per poco non ruzzolò per terra, colto di sorpresa.
L’aiuto di Minus fu
provvidenziale.
Si
voltò indietro, pronto a beccare il colpevole e non fu molto
sorpreso di
trovare il sorriso furbo di James e lo sguardo esasperato di Lily.
Sorrise
a sua volta, facendo loro un cenno della mano, e rilanciò la
palla al mittente.
Brutta
mossa. Lily lo capì subito vedendo la professoressa
torreggiare cupamente
dietro Sirius, ancora tranquillamente girato verso James, il quale
cambiò
repentinamente espressione, vedendo quel demone infernale ergersi alle
spalle
del suo migliore amico.
-BLACK!!!!-
urlò la McGrannit, inferocita come un ippogrifo al quale non
è stato fatto un
inchino. –POTTER!!!-
Lily
raggelò. Ma perché, perché, quei due
dovevano essere COSI’ stupidi??? Ma dove
potevano trovarsi il giorno della distribuzione dei cervelli?!
Probabilmente in
punizione anche quella volta.
L’unico
che, tuttavia, sembrava aver veramente capito la gravità
della cosa era Lupin.
Il povero ragazzo pareva friggere sulla sedia e non staccava gli occhi
di dosso
all’insegnante, terribilmente preoccupato.
-Se
non trovate interessanti le mie lezioni….FUORI!-
terminò la Semprevergine.
Ecco
la bomba.
Remus
per poco si sentì male. Il suo viso, in genere sempre
pallido, divenne ancor
più bianco del solito e la sua espressione assunse i toni di
chi è prossimo a
vomitare. A fargli compagnia…Lily, finalmente resasi conto
dell’abnorme danno.
James
e Sirius parevano non averci fatto caso. Ridacchiavano tra di loro,
già in
piedi, pronti a svignarsela da quella noiosa lezione di Trasfigurazione
umana,
argomento che, guarda caso, conoscevano bene.
-Perfetto,
noi togliamo il disturbo professoressa.- fece Black, compiendo un mezzo
inchino
e rendendo la donna ancora più furiosa.
Potter
fece per seguirlo, ma una mano di Lily, afferrato un lembo della sua
camicia,
lo fermò. –Dove cavolo credi di andare, idiota?!
Non possiamo dividerci, no?!-
soffiò la ragazza, ansiosa. –Non ti ricordi
più, razza di scemo?!-
James
capì all’istante e, dandosi mentalmente del
cretino, comprese di trovarsi
seriamente in guai seri. E adesso?!
Sirius
lo aspettava alla porta, guardandolo impaziente e la McGrannit se ne
era
tornata a scrivere alla lavagna, continuando la spiegazione.
Cavolo!
Non poteva andarsene! Non poteva uscire!! Cosa sarebbe successo poi?!
Notando
l’espressione sconvolta di Potter, Lily fece un sorrisetto
ironico ed amaro.
-Meglio
tardi che mai, eh, imbecille?- disse acida. –Ora risolvi
questo casino.-
Fattosi
piccolo piccolo, James annuì.
-Ehm…
professoressa?- chiamò, titubante.
La
classe era totalmente concentrata sul ragazzo.
-Ancora
qui, Potter?- fece la donna, senza voltarsi. –Mi pare di
essere stata chiara.
Esca con il suo amico Black.-
Sospirando,
James si avvicinò all’insegnante, che si
voltò a guardarlo con severità.
-Mi
dispiace, professoressa. Le chiedo scusa. Ci terrei a rimanere.-
Ecco,
quello fu davvero il momento della giornata nel quale i più
scaramantici e
credenti nel fato ebbero il netto presentimento che presto il mondo
sarebbe
esploso, i Serpeverde sarebbero andati in giro ad aiutare i poveri
Babbani
senza tetto e Silente si sarebbe trovato, finalmente, una dolce
compagna con la
quale tubare amorevolmente durante una tranquilla passeggiatina
all’interno
della Foresta Proibita, divenuta un luogo fiabesco ricco di fiori,
farfalle ed
elfi ballerini.
Persino
la McGrannit strabuzzò gli occhi, incredula.
-E’
che…insomma…- fece James, rendendosi conto
dell’assurdità della
situazione. –
Insomma, siamo all’ultimo
anno.- buttò lì, sperando di finirla in fretta.
Inutile
dire che molti ragazzi presenti in classe spalancarono la bocca e
sgranarono
gli occhi, assumendo un’espressione basita. Alcuni Serpeverde
scoppiarono a
ridere. Si sarebbero ricordati di questo momento in futuro per avere un
altro
motivo valido per attaccare Potter.
Per
un istante la professoressa stette in silenzio, squadrando James dalla
testa ai
piedi. Le sue labbra erano rigide ed assottigliate come lame e le
narici
fremevano pericolosamente. Infine, scoccando un’occhiata
gelida, si decise a
dare il responso che ormai tutta la classe attendeva.
-Dovevi
pensarci prima, Potter. Prima arrivi tardi, dopo ti metti a
giocare…
Sono
stufa delle vostre stupide trovate, che vi serva da lezione. Spero
crescerete
un giorno. Ora fuori.-
Si
voltò di nuovo, tornando a scrivere alla lavagna, dando ad
intendere che non
c’era davvero più niente su cui discutere.
Lily
si sentì morire.
Se
fosse accaduto qualcosa…sarebbero stati espulsi, OVVIO!!!
Scambiò
un lungo sguardo con James, poi, facendo un lungo respiro, gli fece
cenno di
uscire. Era inutile riprovare con la McGrannit, era furiosa e a buon
ragione.
Sperava
solo che andasse tutto bene, in fondo non conoscevano ancora la
distanza che il
patto aveva loro imposto. Poteva andare tutto bene!
Anche
Remus, rassegnato, incoraggiò James ad allontanarsi.
Basta
indugiare, no?
“O
la va, oppure la spacca.”
E
poi, prima o dopo, avrebbero dovuto provare. Magari non con un
insegnante
vicino, ma…
Traendo
un lungo sospiro, James Potter, asso nel combinare guai, si diresse
verso
l’uscita dell’aula, dove lo attendeva Sirius a
braccia conserte.
Ovviamente
Black ancora non era arrivato a capire in che casino si era cacciato il
suo
migliore amico…
-Andiamo,
Ramoso! Che aspetti?-
Fulminandolo
con lo sguardo, James aprì la porta e, sentendo lo stomaco
ridursi alla
grandezza della punta di uno spillo, attraversò
l’immaginaria linea di
demarcazione tra aula e corridoio.
Sia
lui che Lily, in quel fatidico momento, chiusero gli occhi.
Quando
li riaprirono…
….non
era successo niente!!
Lily
e Remus si guardano. E adesso?!
Senza
fare tante storie, Sirius chiuse la porta alle loro spalle e prese a
marciare,
baldanzoso, per il corridoio.
Si
stupì, tuttavia, di non sentire la presenza del suo amico
vicino a lui. Si
voltò, scocciato, trovando James ancora vicino alla classe.
-Che
cavolo fai, Jamie?!- sbottò.
-Ma
sei scemo oppure no?!- fece l’altro, guardandolo con rabbia.
–Hai pure fatto da
testimone!! Il voto tra me ed Evans, ricordi?!-
Come
da aspettarsi, Sirius Black cadde dalle nuvole.
Sgranando
gli occhi blu e mettendosi una mano alla bocca, pigolò un
disperato:
-
…Porcaccia la miseria….è vero!!! E ora
che si fa!?-
James
sospirò ancora e si passò una mano tra i capelli,
disordinandoli ancora di più.
-Beh,
prima o poi dovevamo vedere, no? Solo che…ho un
po’ paura a fare un altro
passo. Evans è in classe. Se il Voto si infrangesse ed
accadesse qualche
stramberia…la Semprevergine vedrà lei!! Evans
potrebbe essere punita!-
-E
allora che fai? Resti qui tutta l’ora?- disse Sirius,
avvicinandosi all’amico.
–Dai Jamie! La vecchiaccia ci ha dato il via libera!
–
Potter
non era molto convinto, decisamente no. La soluzione di restarsene
buono buono
lì fermo, da bravo cagnolino, sembrava essere decisamente la
migliore.
Non
era il momento di sperimentare quanti metri di distanza potevano
esserci tra
lui ed Evans. Proprio no!
-Su,
James! Non farmi la checca impaurita, eh! Andiamo in Sala Comune e
facciamoci
una partitella a Scacchi, no? Vedrai che la Evans se la cava! E poi
devo
copiare da te il compito di Storia della Magia.-
Ancora
pensieroso, James finì per annuire.
Se
doveva accadere il disastro…che accadesse!
In
silenzio, ripresero a camminare per il corridoio, ma ogni passo che
James
Potter fece fu frutto di un grave turbamento psicologico sempre
rinnovato.
Sarebbe
diventato pazzo. Mannaggia a lui!!
Poi,
improvvisamente, una lucina si accese nella sua testolina un
po’ bacata dalla
nascita, a detta della Evans.
-Ma…Siri?-
-Mmh?-
-C’era
un compito di Storia della Magia da consegnare per oggi?-
Felpato
fermò la sua marcia all’istante, puntando lo
sguardo blu elettrico su di lui.
Non era un bello sguardo.
-Non
dirmi che non lo hai fatto pure tu!- esclamò terrorizzato.
-Temo
di no, Felpy vecchio mio…- mormorò James, ben
consapevole di stare scatenando
le ire del suo migliore amico. –Quando ne ha parlato Ruff?-
Fu
il turno di Black sospirare e sollevare gli occhi al cielo.
-Probabilmente
quando stavi riempiendo la tua pergamena di L.E.- disse, esasperato.
***
-Hey,
che faccia che avete tutti!-
Queste
furono le prime parole di Victoria Olsen quando trovò il
gruppo Malandrini più
Evans seduti sotto uno degli alberi più anziani del parco di
Hogwarts.
Era
una delle poche giornate di sole prima dell’arrivo
dell’autunno e molti
studenti avevano deciso di consumare il pranzo fuori all’aria
aperta, dopo
avere sgraffignato qualche provvista dai ricchi tavoli della Sala
Grande.
Il
cielo era di un azzurro incantevole e poche nubi passeggiavano
tranquille
tracciando ombre scure sull’erba verde del prato.
Non
sembrava di stare in Inghilterra.
Tutto
intorno si sentivano le urla miste alle risa degli studenti decisi a
godersi la
giornata.
Victoria
Olsen era una di loro. Sembrava che lei non riuscisse mai a non essere
felice
e, molto spesso, era in grado di contagiare anche chi le stava vicino.
Indossava
i soliti abiti strani, ma aveva lasciato liberi i corti capelli neri,
agitati
da un lieve venticello quasi inesistente.
I
suoi occhi erano dello stesso colore del cielo che sovrastava su di
loro.
Lily
Evans puntò i suoi occhi verdissimi sulla giovane Grifondoro
e le sorrise.
-Non
è stata una mattinata facile, tutto qua. Sono
esausta…-
Sedendosi
vicino a lei, Vick le fece un gran sorriso, curiosa. –Come
mai?-
-Chiedilo
a Potter…- ringhiò la Evans.
A
dire il vero non era stata proprio una giornata facile per lei.
Alla
prima ora Potter era stato buttato fuori dalla classe e, per grazia
divina, non
era successo nulla, ma non era accaduto solo questo!
Anche
nelle ore successive il rischio di venire scoperti era stato grande. E
tutto
perché Potter, fondamentalmente, era un idiota!
I
lunghi capelli rossi della Evans ondeggiavano al vento e James,
completamente
perso dalla figura della ragazza, sorrise quando si sentì
insultare nuovamente
da lei.
Ormai
era ovvio che l’odiava, inutile pensare di poter anche solo
diventare suo
amico.
Per
un imprecisato periodo di tempo se ne restarono in silenzio, ognuno
totalmente
assorto nei suoi pensieri.
Remus
sfogliava svogliatamente un pesante volume
preso in prestito in biblioteca, Peter non si vedeva,
probabilmente era
ad abbuffarsi in Sala Grande e Sirius, sdraiato sull’erba,
teneva gli occhi blu
cobalto fissi al cielo, totalmente rilassato.
Stava
per addormentarsi, constatò Victoria, dopo averlo osservato
anche troppo a
lungo.
In
quel momento le venne da pensare ad una cosa assurda….
Poteva
essere Sirius l’autore di quel biglietto?
Il
pensarlo le provocò un brivido, un battito del cuore
più accelerato.
Aveva
paura ma, allo stesso tempo, era felice.
Sarebbe
stato bello se fosse stato lui.
Il
messaggio era in stampatello, non in corsivo, quindi non poteva proprio
riconoscere il mittente. Però la calligrafia era decisamente
disordinata. Non
poteva che essere un ragazzo.
Distolse
lo sguardo da Black, turbata.
Perché
non glielo chiedeva e basta?
Bastava
chiedere.
Che
ci voleva?
Bastava
andare da lui e domandare:
-Scusa
Siri, mi hai forse mandato un biglietto?-
No,
non ne avrebbe mai avuto il coraggio, maledetta codarda.
Mai…
Non
avrebbe mai avuto il coraggio, che tutti quanti in lei ammiravano, di
fronte a
Sirius Black. Non ce lo aveva mai avuto….
Senza
rendersene conto, Vick incontrò lo sguardo di James. Lui le
sorrise.
Sapeva.
James
sapeva tutto.
Capirlo
fu, prima di tutto, uno shock per lei.
C’era
da aspettarselo da uno come lui, sempre così attento agli
altri.
Potter
le sorrise, per poi tornare a volgere il proprio sguardo altrove. Non
voleva
metterla in imbarazzo. Se un giorno avesse sentito il bisogno di
parlargli,
magari per sfogarsi, avrebbe sempre saputo dove trovarlo.
Tutto
questo all’insaputa di Sirius Black, ormai catapultato nel
mondo dei sogni.
Chi, invece, sembrava non voler dare il tempo alle chiacchiere era
Remus.
Da
un po’ se ne stava in disparte, con la schiena poggiata al
tronco di un albero,
totalmente perso nella lettura di un tomo molto antico, riguardante
incantesimi
di alto livello magico. Inutile dire cosa stesse cercando…
-Trovato
niente, Remus?- chiese Lily, avvicinandoglisi.
Il
ragazzo alzò lo sguardo azzurro su di lei e scosse il capo.
-Non
è facile trovare libri che parlando del Voto
Infrangibile…- le disse a bassa
voce. –Però mi sono fatto una teoria su
ciò che è accaduto questa mattina.-
Lily
si guardò intorno. Victoria adesso stava parlando con James
delle loro ultime
tattiche di attacco di Quidditch.
–E
quale sarebbe?- domandò in un soffio.
-Quando
tu e James avete stretto il Voto, mi hai raccontato che nessuno dei due
ha
specificato “quanto” poteste allontanarvi e
“quanto”, invece, doveste stare
vicini. Purtroppo è il Voto che deciderà al posto
vostro, quindi niente è
sicuro. Tuttavia, oggi James è stato in Sala Comune, al
settimo piano, mentre
tu eri in aula di Trasfigurazione, che sta molto più
giù, perciò…- si
interruppe un attimo, come a voler riflettere bene, poi
continuò. -…Posso dire
tranquillamente che non avete necessità di spostarvi sempre
insieme, ma se
dovessi dirti che da questo momento in poi potete tornare a come
eravate prima
sbaglierei.-
-Che
vuoi dire?- chiese Lily.
-Non
lo so bene, però non mi convince il fatto che il Voto si sia
dimostrato così
debole. Forse si attiva in certe circostanze ed in altre no, se fosse
così, il
rischio per voi due sarebbe maggiore. Dovete stare attenti e
allontanarvi solo
quando serve veramente.-
Sorridendo
ironica, la ragazza sospirò. –Quindi ancora
appiccicata a Potter?-
-Temo
per te di sì.- le rispose Lupin, rispondendo al suo sorriso.
A
quel punto, Lily Evans abbassò lo sguardo per un
po’.
Aveva
davvero creduto che tutto fosse finito, che, finalmente, avesse potuto
tornare
alla sua vecchia vita, che tutto si fosse rivelato come uno
stupidissimo scherzo.
Invece
doveva continuare e lei non sapeva se essere arrabbiata per questo,
oppure
felice.
Felice?!
Perché
avrebbe dovuto essere felice?!
Potter
era un idiota e non avrebbe fatto altro che ficcarla nei guai! Fin dal
primo
giorno l’aveva fatta arrivare in ritardo alle lezioni!
Eppure…c’era
qualcosa. Un che di indecifrabile. Un sussurro nella mente.
Era
felice perché, in fondo al suo cuore, forse sapeva che stare
con James Potter
sarebbe stato l’unico modo per salvarsi, per uscire dal
tunnel d’oscurità nel
quale si era perduta da piccola.
Sollevò
lo sguardo di giada su di lui.
James
rideva tranquillo con Victoria, incurante del fatto che lei lo stesse
guardando.
Ma
chi era Potter in realtà?
Lily
Evans, in quel momento, capì di non averlo mai conosciuto
veramente.
In
tutti quegli anni, si era limitata a scrutarlo con sguardo severo
mentre le
passava vicino per i corridoi, scherzando con gli amici e dandosi arie
da super
maschio.
Lo
aveva giudicato a priori e non aveva mai voluto saperne di cambiare
idea.
Adesso,
mentre lo vedeva sorridere con i suoi amici, lontano dal suo pubblico,
sembrava
una persona diversa.
Era
rilassato, dolce, felice. Era bello.
E,
cosa che Lily notò con un tuffo al cuore, lui la stava
fissando!
-Cosa
vuoi Potter?!- scattò subito, pericolosamente vicina
all’arrossire.
Il
ragazzo fece spallucce. –Veramente sarai tu che vuoi qualcosa
da me, mi stai
fissando da un bel po’, Evans.- le rispose con un sorrisetto
furbo. –Se vuoi
chiedermi di uscire, fallo e basta, no?-
-Io
non voglio uscire con te, troglodita!!!- strillò la ragazza,
vicina ad una
crisi di nervi. –E poi non ti stavo affatto guardando!-
Persino
Remus, che era tornato alla lettura del suo libro, sollevò
uno sguardo poco
convinto sulla ragazza.
Sirius,
a sentire quegli strilli isterici, si destò di colpo, con
l’orribile sensazione
di avere sua madre a pochi passi.
-Fa
come ti pare, Evans.- fece James, tranquillo. –Comunque la
risposta sarebbe
stata un sì, lo sai.-
-Non
me ne frega!- sbottò lei. –E smettila di ridere
così!-
-Così
“come”, Evans?-
-Così!
Come se io fossi una bambinetta scema e tu l’intelligente!-
-Ma
è inutile che tu neghi l’evidenza, mi stavi
guardando.-
-No,
non è vero!-
-Sì,
invece.-
-Sei
fuori, Potter!!-
-E
tu, Evans?-
Fumando
per la rabbia Lily si alzò di scatto da terra e si mise in
piedi. I suoi occhi
verdissimi sembravano mandare pericolose scintille.
-Mi
hai stufato, sai?!-
Sfoderando
un ghigno pericoloso, James le si mise di fronte.
-Vuoi
forse fare a botte, Evans?-
Sospirando,
Remus chiuse il libro. –Ragazzi….- fece, cercando
di riportarli alla ragione,
cosa assai ardua.
Victoria
sorrideva, gustandosi la scenetta comica che aveva davanti. Pareva che
Lily
fosse diventata una locomotiva da quanto stava fumando!!
Sirius
incitava alle botte.
Poi,
ad un certo punto, il sorriso di Vick scomparve insieme ad un intenso e
nauseante profumo di viole. Anche Remus, dal luogo dove era seduto, la
vide
arrivare.
-Credo
che sia arrivato il tuo amore, Orsacchiottino.- ringhiò la
moretta.
Sirius
cadde dalle nuvole.
Non
ebbe il tempo di dire niente. L’odore di viole si fece
più forte e si ritrovò
stretto in un abbraccio esagerato, asfissiante e per niente gradito.
-Cucciolotto!!!
Dove eri finito? Ti aspettavo in Sala Grande! Ti ho cercato ovunque!!-
E,
prima ancora di essere riuscito a staccarsi di dosso quella furia
bionda della
sua ragazza, Black si ritrovò impegnato in un bacio mozza
fiato.
Remus,
da bravo ragazzo discreto, era tornato a leggere. Lily fissava i due,
ancora
furiosa con James, con apatia. Potter sembrava sul punto di vomitare.
Ma
nessuna delle loro facce era comparabile a quella della Olsen.
Gli
occhi celesti della ragazza erano diventati pura polvere di ghiaccio.
Sembrava
essersi pietrificata.
L’unica
cosa che voleva era alzarsi e staccare quella piovra truccata da
Sirius, magari
mollandole anche un bel ceffone. Poi prendere Sirius, dare un ceffone
pure a
lui, e poi baciarlo così tanto da cancellare
l’impronta di quella bocca
fintamente rossa e luccicante da quella di lui.
Finalmente,
dopo innumerevoli tentativi, Black riuscì ad allontanare la
sua ragazza.
-Hai
cambiato rossetto, vedo…- disse, cercando di togliersi i
residui di trucco che
la bionda gli aveva lasciato sulle labbra e contenendo il suo disgusto.
-Già!-
trillò lei, felice. –Che amore! Te ne sei accorto
subito!-
Ma
quella ragazza aveva un cervello? Si chiese Lily.
Lei
e James si scambiarono uno sguardo.
-Perché
sei qui, Kelly?- domandò Sirius, scostandosi da lei.
-Che
domande!- fece la ragazza. –Ti volevo vedere, no? Dobbiamo
decidere come
vestirci per la festa di Halloween!-
-Ma
siamo ancora a Settembre!- protestò Black.
-E’
già tardissimo, no?!- strillò lei, sconvolta.
–Sto diventando isterica!
Dobbiamo essere eletti Re e Regina del ballo!-
Poi,
come se si fosse resa conto solo in quel momento che non erano soli, si
guardò
intorno. Assunse un’aria nobilmente sdegnata quando il suo
sguardo incontrò le
figure di Lily Evans e di Victoria Olsen.
-Cosa?-
esalò, stupita. –Ancora la Caposcuola Mangialibri
e la Maschiaccia? Amore, che
fanno loro qui? Ci perdi in immagine!-
-Scusa,
ma a me non importa poi molto della mia immagine. E poi dipende dai
punti di
vista.- rispose Sirius. –A me Vick ed Evans piacciono.-
-Amore!-
lo rimproverò lei. –Non va bene così!-
-Finiscila
di chiamarlo “Amore”, razza di stupida.-
sibilò Victoria, fredda come un
iceberg. –Tu non hai quel sentimento in corpo. Sei vuota!-
-Sta
zitta, Maschiaccia!- ribatté Kelly Logan.
–Tornatene nel fango e vattene dalla
mia presenza!!-
Per
la prima volta, James ebbe l’impressione che Victoria non si
sarebbe limitata a
restare in silenzio e lasciare la ragazzetta di turno con Sirius.
Prima
o poi si scoppia.
Voleva
farlo adesso?
-Sta
zitta tu, decerebrata!- gridò Vick, ormai in piedi.
–Stai con Sirius solo per i
suoi soldi, solo perché è un Black, un
Malandrino, un giocatore di Quidditch,
ammettilo!-
-Le
persone importanti stanno con persone altrettanto importanti!-
dichiarò Kelly.
-Tu
sei malata!- fece Victoria, sempre più furiosa.
Ormai
le due ragazze erano a tanto così dal picchiarsi.
Una
alta, con lunghi capelli biondi e setosi, dalle belle gambe messe in
risalto
dalla gonna cortissima della divisa. Il seno messo in vista dalla
camicia
stretta, il viso truccato ad arte e dal profumo costoso.
L’altra
più bassa, piccolina, anche per il fatto che non portava
tacchi. I capelli
corti e neri al vento, liberi. Le gambe fasciate da aderenti pantaloni
scuri,
la gonna come semplice accessorio, dalla quale pendeva una catena.
La
camicia larga, sbottonata, sotto la quale si vedeva una maglietta nera.
La
cravatta rossa e oro slacciata.
Sirius
puntò gli occhi blu su di lei, confuso. Non c’era
davvero bisogno che Vick si
scaldasse fino a quel punto. Ma che le stava prendendo?
-Vick…-
la richiamò, avvicinandosi a lei.
La
moretta neppure lo degnò di uno sguardo.
-L’unica
malata sei tu!- sibilò la Logan. –Guarda come sei
vestita, sembri uno
spaventapasseri! Chi vuoi che lo calcoli un esserino come te?-
Fu
troppo.
Lily
fu la prima ad accorgersi che Vick aveva impugnato la bacchetta ma,
stranamente, dimentica del suo dovere di Caposcuola, lasciò
fare.
Partì
un raggio di luce azzurra che andò ad investire in pieno la
bella biondina, che
strillò, terrorizzata, fino a quando il fascio di luce
l’avvolse interamente.
Quando
il raggio si esaurì, Kelly Logan era sparita.
I
Malandrini e Lily strabuzzarono lo sguardo, terrorizzati.
E
ora?!
Poi,
trattenendo il fiato, Sirius indicò un punto vicino al lago.
Un
animaletto stava zampettando velocemente lontano da loro, o meglio, da
Victoria.
-L’hai
trasformata in un’oca!- esclamò Black, rivolto
alla ragazza al suo fianco.
La
Olsen si volse a guardarlo ancora scura in volto. –Beh, non
noto molto la
differenza!-
Detto
questo se ne andò, senza più degnarlo di uno
sguardo.
***
-Si
può sapere cosa c’entro io con tutto questo?-
brontolò James Potter.
Ormai
le lezioni pomeridiane dovevano essere cominciate, non si vedevano
più studenti
in giro e la campana era suonata già due volte.
Il
parco era divenuto stranamente silenzioso. Si poteva sentire, prestando
attenzione, il lieve rumore dell’acqua del grande lago ed il
lontano vocio
degli studenti che stavano seguendo la lezione di Cura delle Creature
Magiche
con il professor Kettleburn.
Era
da più di un’ora che stavano girando a vuoto alla
ricerca dell’oca perduta.
-Sei
il migliore amico, no?- fece Sirius Black. –Aiutami e zitto!
Non posso mica
lasciare Kelly in giro per il parco di Hogwarts!-
Sospirando
esasperato ed alzando gli occhi al cielo, Potter si rassegnò
al suo destino.
Bel
modo di passare il pomeriggio lontano dalle lezioni! Potevano almeno
fare un
giro ad Hogsmeade da Zonko!
Invece
erano lì come due stupidi a rincorrere una papera!
Lily
si era defilata, quando avevano chiesto il suo aiuto.
La
sua bocca si era curvata in un ghigno perfido, quasi diabolico, e si
era
limitata a dire loro che non rientrava nei compiti di un Caposcuola
l’occuparsi
di stupidi animaletti senza cervello e privi di importanza.
Maledicendo
il Voto Infrangibile che continuava a permettere alla Evans di
allontanarsi da
lui, James si era ritrovato da solo con Sirius, visto che Remus non
aveva
voluto saperne di saltare le lezioni per Kelly Logan.
Alla
fine erano riusciti a coinvolgere almeno Hagrid, spiegandogli
più o meno come
stavano le cose.
Quello
aveva dato loro un sacchetto con del becchime, con il quale tentare la
gola
dell’oca che continuava a starnazzare scappando per il parco,
e si era diretto
verso la Foresta Proibita per evitare che Kelly si dirigesse proprio da
quella
parte.
-Senti,
dividiamoci! Così non risolviamo niente.- propose James,
ormai stufo.
Sirius
annuì, dirigendosi verso la parte opposta dove si stava
incamminando l’amico.
Ritrovandosi
solo, Potter si preparò ad una lunga ricerca.
Non
si chiese per quale ragione, alla fine, erano sempre lui e Black a
ritrovarsi
in certe situazioni idiote. Ormai ci era abituato.
Era
il bello di loro due.
Solo
che, quella volta, non vedeva davvero dove stesse
l’utilità. Perché aiutare
quella sciocca della Logan? Vick aveva fatto un lavoro eccellente.
Inoltrandosi
di più verso la Foresta Proibita, gli parve di sentire
un’inconfondibile odore
di lavanda.
I
rumori del castello erano quasi del tutto scomparsi, si udiva solo il
lieve e
tranquillo frusciare degli alberi ultra centenari di quel luogo
così tetro e
misterioso.
Fece
alcuni passi, sentendo dei rametti spezzarsi sotto ai propri piedi, e
l’odore
di lavanda sembrò intensificarsi.
Si
ritrovò inghiottito dalla Foresta senza neppure rendersene
conto. Sperò che
Kelly non fosse arrivata fino a lì, altrimenti sarebbe stato
molto difficile
per lei tornare indietro, visto le creature che abitavano in quella
zona.
La
luce se ne stava andando, presto fu solo una spettrale penombra.
E,
più andava avanti, più aumentava quel profumo
dolce di lavanda. Lo conosceva,
credeva di conoscerlo abbastanza bene, dopo tutto.
Lei
era lì?
Che
cosa ci faceva in un luogo del genere?
Dopo
altri pochi passi, si ritrovò in una radura, circondata da
piante altissime che
impedivano alla luce del sole di illuminare con i propri raggi.
E,
seduta su un tronco d’albero abbattuto, c’era lei.
Le
gambe lunge accavallate in una postura elegante, le mani curate dalle
unghie
rosse poggiate sul legno, i capelli corvini al vento, onde nere
pericolosissime.
E
quella sigaretta tra
le labbra…
Quando
James si avvicinò ancora, lei puntò gli occhi blu
elettrico su di lui e
sorrise. Se era sorpresa di esserselo trovato davanti, non lo dette a
vedere.
-Potter.-
salutò.
-Black.-
rispose lui, scrutandola con i suoi occhi scuri, adesso totalmente
freddi.
Rimasero in silenzio a
studiarsi per un bel
po’.
-Che
cosa fai qui, Black?- chiese lui, decidendosi a parlare.
La
ragazza sorrise. –Salto la lezione di Incantesimi e mi fumo
una sigaretta in
pace.- disse con la calma di un serpente. –E tu?-
James
non rispose, continuando a fissarla con diffidenza.
-Devo
crederci?-
Bellatrix
rise di gusto. –Non passo ogni singolo attimo della mia vita
ad architettare
diabolici piani per far buttare fuori dalla scuola i Mezzosangue e voi
Malandrini.-
Facendole
un sorriso, che però non si estese fino agli occhi, James le
voltò le spalle,
deciso ad allontanarsi da quella ragazza pericolosa.
Quando
si sentì tirare piano per la camicia, comprese di non averla
neppure sentita
alzarsi. Si irrigidì. Non la voleva avere vicino. Non voleva
sentire quel
profumo di lavanda. Era disgustoso.
-Aspetta.-
gli disse lei, a voce bassa. –E’ tanto che non
parliamo.-
-Non
ho niente da dirti, Black.-
La
sentì sorridere alle sue spalle.
-Giusto,
tu mi detesti perché sono brutta e cattiva, vero?- chiese
divertita. –Evviva la
santa e vergine Evans!- dichiarò, per poi scoppiare a ridere.
Quando
James si voltò verso di lei, i suoi occhi erano un nero
abisso senza fine. Ecco
il James Potter che pochi conoscevano. Quello che nessuno doveva
scatenare.
-Non
parlare di lei.- le ordinò con durezza.
-Scusami.-
fece lei, per nulla dispiaciuta. –Solo che, lascia che te lo
dica, mi sembri un
tantino sprecato con una verginella secchiona che neppure ti vuole.-
James
fece un sorriso cattivo. –E chi mi vorrebbe? Tu, forse?-
Incurvando
le belle labbra piene in un sorriso, Bellatrix non abbassò
lo sguardo. Non
conosceva l’imbarazzo.
-Non
mi pare di avertelo mai nascosto, James.-
-Spiacente.-
le disse. –Non mi va di andare a letto con una che si fa
sbattere anche da un
manico di scopa, all’occorrenza.-
Freddo,
diretto, esplicito, crudele.
Ma
lei lo voleva esattamente così.
-Ti
fa comodo la facciata da bravo ragazzo.- gli sussurrò.
–Ma l’anno passato tu
sei venuto da me e io ho visto chi sei, James Potter.-
-E’
stato un errore, tutto qui. Ed io non ero in me, quella sera.-
Bellatrix
rise di nuovo.
-Certo,
certo.- disse. –Convincitene, James. È
l’unica cosa che puoi fare. È così che
ti giustificherai, quando un giorno Sirius lo verrà a
sapere?-
-Lascia
fuori Sirius da questa storia.-
-Vuoi
davvero tenere nascosto qualcosa al tuo migliore amico?- lo prese in
giro lei.
Stranamente,
anche James sorrise. –Ti conviene tacere, Bellatrix. Sai cosa
sono capace di
fare per convincere le persone.-
Lei
era estasiata, ma annuì.
-Sei
così anche con la Evans?-
-Ti
ho detto di non parlare di lei.-
Il
silenzio creatosi tra i due fu interrotto dalla lontana voce di Sirius,
che si
stava letteralmente sgolando per chiamare il proprio migliore amico.
Alzando
lo sguardo su di lui, Bellatrix gli sorrise ancora, ma non ebbe il
coraggio di
toccare quelle labbra, che lei tanto bramava, con le sue.
Sapeva
che lui sarebbe anche potuto arrivare ad ucciderla, se
l’avesse fatto.
-Sei
meraviglioso, James Potter.- mormorò, persa
nell’abisso cupo degli occhi del
ragazzo.
Lui
non si scompose.
-A
mai più rivederci, Black.-
Quando
Bellatrix Black, regina di Serpeverde, percepì a pieno la
durezza insita in
quelle poche parole, James se ne era già andato e la sua
sigaretta di lavanda
era ormai consumata del tutto.
***
-Hey,
dove ti eri cacciato?- fece Sirius, andando incontro
all’amico.
Sotto
il braccio teneva un’oca di loro conoscenza, che continuava a
starnazzare e a
scuotere le ali, furiosa.
James
sorrise a quella vista.
-L’hai
trovata!- disse.
Sirius
scoppiò a ridere. –Ho dovuto rincorrerla per quasi
tutto il parco insieme ad
Hagrid. Alla fine era così esausta che si è fatta
prendere!-
-Beh,
che facciamo? La portiamo dalla Chips?-
-Dici?-
-Come
facciamo a farla ritornare normale, altrimenti? Non credo che Vick
voglia
ritornare sui suoi passi. Ci conviene inventarci una buona scusa e
portarla in
Infermeria.-
Annuendo,
Sirius si diresse verso il castello, seguito da James.
I
suoi occhi blu indugiarono un po’ troppo nel vuoto, confusi.
-A
che pensi?- chiese James.
Black
rimase in silenzio.
-Pensi
a Vick, vero?-
A
quel punto, Sirius guardò l’amico e Potter
capì di avere azzeccato, come
sempre.
-Oggi
sembrava fuori di sé.- disse Black. –Credo ce
l’avesse anche con me, sai? Ed è
strano! Vick non si è mai comportata così! Ma che
le prende?-
Sorridendo
con indulgenza, James restò ad osservare il suo migliore
amico per un po’,
prima di rispondergli. –Non credo di essere io la persona
giusta con la quale
devi parlare di questo, Felpato.- gli disse. –Se credi che
Vick sia arrabbiata
con te, vai a parlarle, no?-
Sirius
annuì, tornando a guardare avanti a se.
E
James si chiese se veramente Sirius Black non riuscisse a capire cosa
si stava
scatenando nell’animo di Victoria Olsen. Proprio lui che
sembrava così maturo e
vissuto in materia.
Sorrise.
Forse,
Sirius Black era, in realtà, il più inesperto di
tutti.
***
Quando
Lily Evans fece ritorno nella sua bella stanza di Caposcuola, distrutta
per la
dura giornata di studio, si diresse come un robot verso il proprio
letto.
Era
esausta.
Lasciò
vagare lo sguardo sulla stanza. Adesso c’era meno spazio,
rispetto a prima. Si
vedeva che non era più una persona sola a vivere
lì dentro.
Quella
sarebbe stata la seconda notte.
Arrossì
di colpo.
In
realtà, visto come si era comportato il Voto durante la
giornata, magari non
era necessario che James stesse lì con lei.
Ne
avrebbe parlato con Remus a cena, decise.
Mancavano
pochi minuti, prima che dovesse scendere in Sala Grande. Forse aveva il
tempo
di farsi una doccia.
E
se poi arrivava Potter?!
Chissà,
probabilmente era ancora nel parco a cercare di catturare
l’ochetta giuliva
insieme a Sirius. Le venne da ridere. Sorrise. Rise. Fino a riempire la
stanza
con la sua risata. Era raro che accadesse. Era raro che fosse
così serena,
tranquilla, divertita.
Stava
cambiando e neppure se ne rendeva conto.
I
suoi occhi verdi, avevano cominciato a brillare a sua insaputa.
Decide
di mettersi in piedi e di darsi una rinfrescata prima di cena e
così notò la
borsa stracarica di libri che aveva gettato a terra, appena entrata.
Si
chinò e la tirò su, anche con un po’ di
fatica. Forse non doveva prendere tutti
quei libri in Biblioteca.
Inaspettatamente,
nel compiere questa azione, sentì uno strano fruscio.
Qualcosa
era caduto a terra.
FINE!!!
Ecco,
il capitolo 6 è stato finalmente ultimato!^___^
Vi
attendo numerosi con le recensioni, non siate cattivi, su!
Che
dire?
Mi
auguro di aggiornare presto, visto che ora sono libera da impegni.
Il
prossimo chap si intitola….
….. “ During the nigth:
Slytherin’s Soul”…..
Spero
che vi piacerà.
I
misteri qui si infittiscono, ma siate pazienti, tutto si
svelerà con il tempo.
Un
bacione a tutti coloro che seguono questa fic e che hanno atteso questo
aggiornamento, magari mandandomi a quel paese, qualche volta!
^___^”””
E,
ovviamente, ringrazio i miei tesssssssori che recensiscono sempre:
-Lilian
Potter
-amy
-Pralina93
-LadyMimi
-canfly
-MASUKO!!!!!!!
^___________^
-Brucy
-albicoccacida
-puccalove90
-Bea
-Aurora
-Rosgreenday
-lalla23
-Serporo
-DANA!!!!
^______________^
-Cla’92
-Stellina250
-Vicky
Evans
-Ali12potter
-Milla
92
-Aly
92
-ALI-DEL-SOLE!!!! (Sorella miaaaaa!!!!!! )
-Black
Witch!!! ( Altra sorellinaaaa!!!! )
-Akito
and Sana!!! (Come va, tesoro???)
-Kikio92
-Iside
1985
-mangaka
91
A
presto, ragazze! Un bacione!
|
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Capitolo 7 *** During the Night: Slytherin's Soul ***
CAPITOLO 7
“DURING THE NIGHT : SLYTHERIN’S
SOUL”
Remus
J. Lupin non era decisamente un tipo di compagnia, se non per rare
eccezioni.
Una di queste erano i Malandrini.
Tuttavia,
per quanto riguardava il resto, lui rimaneva un accanito topo da
Biblioteca e,
quando poteva, amava restare da solo, lontano da tutti, magari
leggendosi un
buon libro. Era consapevole che se James lo avesse saputo da solo a
studiare si
sarebbe preoccupato.
Cercava
sempre di non lasciarlo mai troppo da solo, temendo che il motivo di
quella
ricerca continua di solitudine fosse causato dalla paura che Lupin
nutriva
verso la sua vera natura.
Forse
era così. In verità, però, molto
più semplicemente, Remus si era talmente
abituato a stare da solo, soprattutto quando tornava a casa per le
vacanze
estive, che ormai non poteva più farne a meno.
A
quell’ora della sera non c’era più
nessuno in Biblioteca, eccetto Madama Pince,
che stava riordinando dei libri poco più in là.
Il
resto degli studenti era salito nel rispettivo dormitorio per
prepararsi per la
cena.
Il
capo chino su di una pergamena quasi del tutto scritta con una
calligrafia
precisa ed ordinata, le spalle curve sotto la camicia, una mano a
sostenere il
capo, l’altra ancora intenta a scrivere. I suoi capelli
biondo cenere
rilucevano la luce intensa delle fiaccole. Aveva gli occhi azzurri
assottigliati, lucidi di stanchezza.
Ad
un tratto qualcosa attirò la sua attenzione. La pesante
porta della Biblioteca
fu aperta e questo destò la curiosità del
ragazzo. Chi poteva voler venire in un
posto simile a quell’ora?
L’unica
persona che gli veniva in mente era la Evans, ma lei era già
passata poco
prima. Un professore, forse?
Restò
stupito quando vide entrare una ragazza.
Dolci
boccoli castano chiaro che le arrivavano alla vita, occhi verde scuro,
viso
elegante e sicuro.
Teneva
a tracolla la borsa dei libri, per altro di ottima fattura, come una
nobildonna.
Camminava
con passi leggeri, decisi, tranquilli, provocando un lieve rumore sul
pavimento
di marmo.
Come
sempre, indossava la divisa della sua Casa in maniera impeccabile.
Remus
la conosceva di vista.
Eva
Ames, settimo anno, Caposcuola di Serpeverde insieme a Severus Piton.
La
ragazza si diresse verso uno dei reparti di Storia della Magia,
salutando
gentilmente la bibliotecaria, e sparì dalla vista di Lupin,
che se ne tornò ai
suoi compiti.
Nonostante
fosse una Serpeverde, Eva Ames era molto tranquilla e riservata. Non
amava i
Grifondoro ed i Mezzosangue, questo era sicuro, ma non passava mai del
tempo ad
insultare. Più che altro usava l’arma
dell’indifferenza.
Poco
dopo eccola di ritorno.
Teneva
tra le braccia dei pesanti volumi dall’aria decisamente
antica ed ammuffita, si
muoveva con difficoltà.
Senza
pensarci due volte, Remus si alzò in piedi e corse ad
aiutarla.
Quando
se lo ritrovò davanti, Eva gli sorrise in maniera educata.
-Grazie.-
disse, lasciando che il ragazzo prendesse un po’ dei suoi
libri.
Remus
le sorrise, come a farle capire che non era affatto un disturbo.
-Dove
vuoi che li porti?- le chiese, invece.
-Su
un tavolo, devo ancora decidere quali portarmi in dormitorio e quali
no.-
Annuendo,
il Grifondoro fece per muoversi verso uno dei tanti tavoli liberi, ma
la
ragazza già si stava dirigendo al tavolo dove, fino a quel
momento, Remus si
era dedicato al compito di Pozioni.
La
raggiunse.
-Vuoi
studiare qui?-
-Spero
non ti dia fastidio.- fece lei, sorridendo. –Non mi va di
occupare un tavolo
totalmente vuoto, almeno qui ci sei anche tu. Detesto la solitudine.-
-Certo
che no.- le rispose Remus, gentilmente.
Riprese
posto e tornò al suo tema, senza più rivolgerle
lo sguardo.
In
realtà cominciava ad avere decisamente fame e gli occhi gli
bruciavano, voleva
finire al più presto.
Sentì
Eva cominciare a sfogliare uno dei libri che aveva appena preso in
prestito.
Era una presenza pacata e silenziosa, meglio per lui. Non gli piaceva
studiare
con attorno gente rumorosa. Un esempio a caso: James e Sirius.
Rileggendo
l’ultima frase, notò degli errori.
Cancellò,
tracciando nervosamente un frego con la penna, e tornò a
consultare il libro di
Pozioni che aveva aperto lì accanto.
-Tema
di Pozioni?- si sentì chiedere da Eva.
Annuì,
mentre sfogliava in fretta le pagine ingiallite del libro.
-Ma
Lumacorno ce lo ha assegnato per la prossima settimana.-
-Lo
so.- le rispose, sorridendo. –Mi piace mantenermi sempre in
anticipo sulla
tabella di marcia, per così dire.-
La
Ames rise, guardandolo un po’ stupita. –Sei proprio
un secchione, Caposcuola
Lupin.- lo prese scherzosamente in giro.
Il
ragazzo fece spallucce. –Mi limito a fare il mio dovere di
studente.-
La
ragazza assentì, ancora divertita dall’assurda
devozione di Remus ai compiti.
-Di
fatti sei sempre qui in Biblioteca.- constatò.
-Tutte
le sere, sì.- confermò lui, tornando a scrivere.
***
-Evans,
lo sai che a mangiare troppa carne viene la gotta?-
La
Caposcuola di Grifondoro alzò gli occhi al cielo, contando
fino a mille ed
invocando la forza sacra di Budda, prima di rispondere.
-Lasciami
cenare in pace, Potter! Mangiati le tue verdure e stattene zitto!-
I
due Grifondoro, seduti rispettivamente uno di fronte
all’altro al loro tavolo,
si scambiarono un’occhiataccia.
-Tu
stai mangiando una povera mucca, lo sai? Un povero animale come noi,
ucciso
senza una ragione!-
-La
ragione è il mio stomaco, Potter!-
-Crudele!-
Anche
Sirius trangugiava tranquillamente una coscia di pollo, altro animale,
incurante dell’amico ed ascoltava i battibecchi continui dei
suoi due compagni
senza particolare attenzione.
Victoria
non era ancora scesa a cena.
-Senti,
e che mi dici delle verdure?! Anche loro sono state strappate della
terra per
nutrirti, Potter!- continuò Lily, piccata.
-Che
c’entra?! Le verdure mica sono animali?! Non hanno
un’anima e non soffrono!-
In
quel momento, tutto trafelato ed ansante, arrivò Peter.
Aveva
l’aria stravolta.
Prese
posto vicino a Sirius, sorridendogli nervosamente.
-Dei
Serpeverde mi hanno fatto ruzzolare le scale…- disse
all’amico, che lo guardava
preoccupato. – Se ne stavano lì appostati vicino
alla Biblioteca…- piagnucolò.
Contrariato,
Sirius abbassò lo sguardo sul suo orologio d’oro,
pezzo importante della
collezione dei Black. Le nove e venticinque.
Molti
studenti avevano già da un po’ abbandonato la Sala
Grande, dirigendosi verso la
propria Sala Comune.
Diresse
la sua attenzione sull’ingresso della sala, aspettando di
vedere entrare la Olsen,
ma l’unica persona amica che vide arrivare fu Remus.
Il
ragazzo aveva con se la borsa dei libri, segno che si era subito
diretto in
Sala Grande, dopo essere stato in Biblioteca. Aveva l’aria
stanca.
Sorrise
ai suoi amici, non appena fu da loro.
-Credevo
foste già in Sala Comune.- disse, prendendo posto vicino a
Peter e dandogli
un’affettuosa pacca sulla spalla. –I professori se
ne stanno andando…-
-Adesso
smettila, Potter! Lasciami mangiare, ti prego!- sbottò la
Evans, esasperata.
-Non
puoi avere così poca pietà per gli animali,
Evans!-
-Ma
che succede?- fece Lupin, confuso.
Sirius
sospirò. –Fanno così da quando la Evans
ha avuto la malaugurata idea di mettere
una bistecca nel suo piatto…- spiegò.
I
due ragazzi si guardarono e scossero il capo. Peter sorrise, divertito
dalla
scenetta.
-Ma
a te piacerebbe essere ammazzata e poi cotta?!-
-Non
mi succederà mai, Potter! C’è una cosa
che si chiama “Catena Alimentare” e noi
esseri umani, per tua informazione, siamo in cima!-
-Che
significa, eh?! Che un povero cervo, ad esempio, è
condannato a morire perché
non ha avuto la fortuna di essere in cima ad una stupida piramide?!-
Sirius,
Peter e Remus sospirano all’unisono. Eccolo che ricominciava
con quella
stupidissima storia! Black avrebbe dato qualsiasi cosa per trasformarsi
in
cervo e lasciare che fosse James a diventare un cane, così
che la smettesse di
lagnarsi ogni volta che erano a tavola. Mannaggia a James Potter e alla
sua
stupidissima idea di essere voluto diventare vegetariano!
-Si
può sapere perché ti piacciono tanto i cervi,
Potter?!- sbottò Lily, stanca.
–Guarda che mio nonno, in salotto, tiene attaccata alla
parete la testa mozza
di un cervo, lo sai? Lui è andato a caccia di cervi, da
giovane!-
Un
istante ed il volto di James sbiancò completamente.
Non
ebbe più la forza di parlare.
Sorpresa
per l’eccessiva reazione, Lily tornò a mangiare
soddisfatta, finalmente
tranquilla.
Sollevando
lo sguardo su Remus, si ricordò che aveva deciso di
chiedergli se fosse proprio
necessario, secondo lui, che Potter continuasse a dormire nella sua
stanza. Fu
tentata di fare la domanda, ma, dando una veloce occhiata
all’ora ormai tarda,
decise di rimandare al giorno dopo.
Finì
l’ultimo boccone e si alzò da tavola,
stiracchiandosi soddisfatta.
In
fondo, una notte in più con Potter non l’avrebbe
uccisa…
-Vai
a dormire?- le chiese Remus.
Anche
James aveva alzato lo sguardo su di lei.
Lily
scosse il capo, mentre faceva per allontanarsi. –Ho qualcosa
da fare, prima.-
disse, vaga. –Tu vai pure in camera, se vuoi, Potter. Se ve
ne andate tutti a
dormire prima che torni, buona notte.-
Sorprendendosi ancora una volta di quel
legame che ancora
non si manifestava, James la osservò mentre si allontanava.
Aveva
i capelli rosso fuoco sciolti sulle spalle, lunghi e liscissimi.
Ondeggiavano
ad ogni suo movimento.
Mentre
passava accanto al tavolo di Corvonero, due ragazze, indicandola
malignamente,
le dissero qualche parola sgarbata che il ragazzo non sentì.
Lily,
però, tirò dritto, rigida come sempre.
Non
sarebbe stato facile farla integrare con gli altri. Per troppi anni era
stata
emarginata, non si potevano cambiare i fatti.
Ma
James Potter non conosceva la parola “impossibile”.
-Secondo
vuoi dove starà andando?- chiese, tornando dai suoi amici.
-Cos’è?
Hai intenzione di seguirla?- domandò Sirius.
James
si affrettò a scuotere la testa, in segno di diniego.
-Non
ne ho idea.- disse invece Remus, cessando un attimo di cenare.
–Non c’è nessuna
riunione di Caposcuola, però. Quindi sarà
qualcosa di personale.-
Il
Cercatore di Grifondoro si zittì, tornando serio. Non gli
piaceva lasciare la
Evans in giro da sola con tutte le Serpi che abitavano nel castello.
-Come
sta Kelly?- fece Lupin, ad un tratto.
Peter
scoppiò a ridacchiare.
-Continua
ancora ad avere le piume.- disse Sirius, lapidario. –E, a
volte, ancora
starnazza. Non credo che la nostra storia possa andare avanti.-
-L’hai
lasciata?- chiese Peter, curioso.
-Ovviamente!-
sbottò Black. –Non voglio stare con un volatile!-
Alzando
gli occhi al cielo, Remus e James ringraziarono la divina provvidenza.
Finalmente il noioso capitolo “Kelly Logan” si
chiudeva!
-Quindi
si riapre la caccia?- si informò Remus, temendo il peggio.
-Ho
bisogno di una pausa.- dichiarò invece Black. –Ora
come ora vorrei solo sapere
dove si è cacciata quella sclerata della Olsen. Dobbiamo
parlare, io e lei!-
-Beh,
vai a cercarla in Sala Comune.- fece James. –Oppure chiedi di
lei in giro.-
Sirius
assentì, lasciando vagare ancora il suo sguardo sulla Sala
Grande. Il tavolo di
Serpeverde era quasi del tutto svuotato.
Sua
cugina Bellatrix si stava alzando in quel momento, senza la compagnia
del
fidanzato Lastrange.
Per
un attimo i loro occhi, gemelli dello stesso colore blu elettrico, si
incontrarono.
La
ragazza gli fece un cenno beffeggiatorio di saluto, Sirius non la
calcolò,
continuando a fissarla con rabbia.
-Proprio
non puoi vederla, vero?- chiese Remus, con gentilezza.
-Come
potrei?!- saltò subito Black, suscettibile. –Lei
rappresenta tutto quello da
cui cerco di scappare da una vita. Li ucciderei tutti quanti, se
servisse a
qualcosa. Detesto la mia famiglia, lo sai.-
-Sbagliato.-
si intromise James, che, fino a quel momento, se ne era rimasto in
silenzio.
–Loro non sono la tua famiglia, Felpato. Non più.-
E
vedere il suo migliore amico tornare a sorridere sinceramente, grazie a
quelle
parole, riuscì, anche se solo per un attimo, ad ammorbidire
il pesante senso di
colpa che James, da tempo, nutriva.
***
Quella
notte accadde ciò che, da lungo tempo, Albus Silente,
preside di Hogwarts,
temeva. Sapeva il
rischio a cui andava
in contro, il giorno in cui decise di accogliere nella sua scuola quel
bambino
moro, piccolino, dagli occhi blu.
Con
il tempo, quelle iridi incantevoli si sarebbero sporcate del colore del
sangue,
ma questo, Silente non poteva prevederlo.
Poteva
avvertire che quel bambino, orfano dei genitori, potesse divenire
speciale, un
giorno, ma non che scatenasse l’orribile tempesta che, a poco
a poco, aveva
preso a stroncare ad uno ad uno tutti gli alberi, distruggendo boschi
interi.
Prima
di lasciare Hogwarts, Tom Riddle aveva lasciato un piccolo germe
maligno che,
con il passare degli anni, era cresciuto, si era sviluppato, andando ad
intaccare l’animo di ogni studente.
L’odio.
La
rabbia.
L’invidia.
L’ambizione.
Il
ribrezzo.
Aveva
esasperato la rivalità tra case, messo a tacere quello che
era l’antico spirito
di unione, continuando il lavoro dell’illustre Salasar
Serpeverde.
E
quella notte, per la prima volta, il Preside ebbe l’evidente
risultato che Tom
non se ne era andato dalla sua scuola, non del tutto.
Il
germe del male, inesorabilmente, continuava a crescere, attendendo il
giorno in
cui un ragazzo con una bizzarra cicatrice avrebbe lottato da solo per
spazzarlo
via.
Per
Victoria Olsen era ancora troppo presto per venire a sentir parlare di
un certo
“Bambino Sopravvissuto”.
Lei
non avrebbe vissuto il mito.
Non
avrebbe vissuto nella speranza insita in quei giovani occhi verdi.
Lei
apparteneva a quel gruppo di protagonisti predecessori.
Coloro
che, arrivando anche a vomitare sangue dalla bocca, combattendo,
avrebbero
preparato la strada che poi, in seguito, Harry Potter avrebbe percorso
da solo.
Ma
chi era lei per prevedere tutto questo?
Camminava
solitaria per i corridoi della scuola, ormai semi bui, pregando di non
farsi
beccare da qualche Caposcuola o, peggio, professore.
Teneva
i capelli neri stretti in una coda alta. Una maglietta a righe bianche
e nere,
leggera, un paio di stretti pantaloni di jeans, strappati, dai quali
pendevano
piccole catene luminose per la luce bianca della luna.
Nelle
mani stringeva un bigliettino di carta.
La
sua camminata terminò di fronte al portone della Biblioteca,
ovviamente chiuso.
Restò
immobile.
Forse
non era stata una grande idea. Era ancora in tempo per tornare indietro.
E
se fosse stato Sirius?
La
sua mente sedicenne vagò per un istante a ciò che
sarebbe potuto accadere se
fosse stato veramente Sirius Black l’autore di quel biglietto.
Scosse
il capo.
Era
stupida a pensare una cosa simile.
Sirius
non sarebbe mai entrato in Biblioteca per lei.
Non
era lui che la stava aspettando.
Per
un attimo ebbe paura.
Chi
avrebbe trovato ad aspettarla?
Non
aveva scelta, se voleva scoprirlo, doveva entrare.
Forse
era semplicemente un ragazzo che voleva dichiararsi. Improbabile. Lei
non era
il tipo che attirava ragazzi. Di solito scappavano tutti di fronte a
lei.
Sospirando,
posò una mano su di un’anta del portone e si
accorse che, stranamente, la
Biblioteca era ancora accessibile.
Come
poteva essere possibile?
Madama
Pince si era dimenticata di chiudere?
Si
decise ad aprire ed entrò.
All’interno
dell’immensa stanza, ricca di reparti ed anfratti, albergava
la più totale
oscurità. Un’oscurità tanto densa da
poterla toccare. Solo dalle finestre semi
chiuse filtrava, lieve, la luce della luna.
Spettrale.
Victoria
sentì il proprio respiro accelerare insieme al battito del
suo cuore.
Quando,
ad un tratto, alcune delle torce poste lungo le pareti, si accesero. La
ragazza
sussultò, spaventa, e si voltò di scatto verso
dall’entrata.
Sulla
porta della Biblioteca, con ancora la bacchetta tesa verso le fiaccole,
a
fissarla stupita e sorpresa, c’era Lily Evans.
Le
due ragazze si fissarono per un po’, senza dire nulla.
Stupore generale di
entrambe.
Poi,
alla fine, Lily si fece avanti, facendo frusciare la lunga gonna
bianca, che
aveva indossato insieme ad una camicetta azzurra, prima di scendere a
cena,
dove non era più obbligatoria la divisa.
-Olsen?-
disse, confusa.
-Evans?-
fece l’altra, nello stesso stato d’animo.
Un
attimo e la rossa aveva già riacquistato il suo spirito
ligio all’ordine. –Che
fai qui in Biblioteca?- chiese. –Non sai che è
proibito uscire dai dormitori
dopo il coprifuoco?-
-E
tu, allora?- ribatté la moretta.
-Beh,
io sono Caposcuola.- si difese la Evans.
Sorridendo
mite, Vick si avvicinò a Lily e le porse il biglietto.
–Io sono qui per
questo.- le rivelò. -E non credo me lo abbia mandato tu,
giusto?-
Lily
fissò il bigliettino sconvolta, poi, andando a rovistare
nelle piccole tasche
della sua gonna, estrasse un foglietto simile.
-E’
uguale al mio.- disse, porgendolo a Vick.
Stessa
calligrafia, stessa frase.
“ E tempo che parliamo di
ciò che è
veramente importante per noi.
Ti aspetto questa notte alle dieci
in
Biblioteca”.
Lo
sguardo di Lily si incupì, insieme a quello della Olsen.
Ormai era troppo
tardi. Ci erano cadute, qualunque fosse lo scherzo, oppure la trappola,
erano
dentro.
Non
c’era più il tempo per scappare.
-Merda.-
sibilò Vick, irrigidendosi. Aveva un’orribile
sensazione.
-Parola
giusta, Olsen.- fece una voce, uscendo fuori dal nulla.
Un
rumore secco.
Le
due ragazze si voltarono nuovamente verso la porta della Biblioteca,
Rodolphus
Lastrange la stava sigillando in quell’istante.
La
voce, tuttavia, proveniva da alcuni scaffali lontani dove stavano i
libri di
Incantesimi.
Con
un sorriso beffardo da gatto che, finalmente, è riuscito a
mettere le zampe sul
topo, Lucius Malfoy uscì allo scoperto.
***
Sdraiato
di schiena sul suo nuovo letto, James Potter osservava il nulla. Non si
era
ancora cambiato per andare a dormire.
Non
aveva sonno, però.
Nel
silenzio di quella stanza, solo, per la prima volta, senza i suoi
Malandrini a
fare confusione, ebbe il tempo per pensare.
Detestava
quel silenzio che sentiva premere su di se.
Non
voleva pensare.
Non
voleva analizzarsi.
No.
Se
lo avesse fatto, forse, il giorno dopo, non sarebbe più
stato in grado di
uscire e stare in mezzo agli altri.
Ma
le parole di Bellatrix non tardarono ad arrivare per tormentarlo.
Non
avrebbe mai più trovato pace, ne era consapevole. Lo era
sempre stato.
Era
il giusto prezzo da pagare.
Il
tatuaggio sulla sua spalla sinistra sembrava voler prendere fuoco da un
momento
all’altro. Niente di grave, ci era abituato.
Per
un attimo fu tentato di spostare la manica della maglietta nera che
stava
indossando, per controllare.
Non
lo fece. Non voleva vedere ancora quell’orrendo disegno nero
muoversi.
Non
voleva vedere la verità.
Sempre
dalla stessa parte, la sinistra, stretta al polso, stava la sua
consolazione.
Quel
bracciale che si era costruito da solo.
Due
catenelle d’argento intrecciate tra di loro, insieme ad un
nastrino azzurro.
Era
stato di Lily, una volta.
Spesso
l’aveva vista portarlo, legato tra i suoi capelli rossi.
Glielo
aveva fregato un giorno del loro quinto anno, quando ancora la spiava
studiare
in Biblioteca.
Sorrise.
Lily
Evans….
Il
suo sogno. Il suo desiderio più grande.
Perché?
Se
lo avesse saputo, probabilmente, non si sarebbe tormentato
l’anima in quel
modo.
Non
esiste un perché.
Così
gli aveva detto suo zio Andrew, quando gliene aveva parlato.
Quando,
per la prima volta, aveva deciso di rivelare a qualcuno quello strano
sentimento, prima sconosciuto, che aveva cominciato ad insediarsi
dentro di
lui.
Non
voleva niente da Lily.
Non
desiderava follemente che lei diventasse la sua ragazza.
L’unica
cosa che voleva era il poterle stare vicino.
Voleva
occuparsi di quella ragazza sempre così sola e silenziosa.
Riuscire
a vedere, un giorno, il suo volto felice.
Solo
questo.
Ma
se lei avesse scoperto cosa era in realtà, probabilmente lo
avrebbe allontanato
ancora di più.
E
con lei, James lo sapeva, se ne sarebbero andati anche Sirius, Remus,
Peter e
Vick.
Il
solo pensarlo gli provocò un atroce nodo alla gola.
Non
voleva.
Non
voleva perderli.
Ma
non si poteva nascondere e mentire all’infinito.
Prima
o poi…
I
suoi pensieri cupi si interruppero, quando una strana luce
azzurrognola,
proveniente dal suo baule, arrivò dritta ad accarezzargli il
viso.
Poi
una voce, soffocata.
James
saltò subito in piedi e corse al baule, tirando fuori, dopo
aver frugato un po’
tra i vestiti, uno specchietto dalla fattura antica.
La
voce si fece, a quel punto, chiarissima.
-James!-
-Felpato?-
Potter
non sembrava affatto stupito di parlare con l’immagine del
proprio migliore
amico riflessa in uno specchietto. Anzi, pareva esserci abituato.
-Che
succede?- chiese.
Sirius
pareva preoccupato.
-Io
esco.- disse.
-Fuori?
A fare che?-
-Vick
non si trova.- fece Black, senza nascondere la sua ansia. –Ho
chiesto di lei in
giro, ma le sue compagne di stanza hanno detto che l’hanno
vista uscire poco
prima che arrivassimo e non è ancora tornata.-
Facendosi
serio, James assottigliò gli occhi nero pece.
-Neppure
Evans è tornata. Eppure dovrebbe essere scattato il
coprifuoco.-
Sospirando,
Sirius distolse lo sguardo dall’amico.
-Io
vado.- disse risoluto.
-No!-
lo fermò James. –Stai calmo, Siri. Vengo subito
con la Mappa.-
Black
lo fulminò con un’occhiataccia. Si vedeva che il
consiglio di starsene fermo gi
rodeva. –Muoviti.- disse soltanto.
***
-Se
volevate un appuntamento, bastava ce lo chiedeste, timidoni.- fece la
Olsen,
velenosa, trucidando con il suo sguardo azzurro i Serpeverde presenti
nella
stanza.
Severus
Piton, uscito allo scoperto dopo Malfoy, insieme a Nott, Avery e
Zabini, piegò
le labbra sottili e pallide in un ghigno e, prima ancora che le ragazze
riuscissero a fare qualcosa, pronunciò:
-Accio Bacchette Evans e Olsen.-
Lily
guardò impotente la sua bacchetta finire nelle mani del
Caposcuola di
Serpeverde. Erano nei guai, guai grossi.
-Credete
che senza bacchetta io non riesca a farvi comunque piangere come delle
femminucce?!- fece Victoria, furente. –Stupidi! Non vi
conviene provocarmi!
Vero, Malfoy?- sibilò, fredda ed ironica.
Lucius
non si scompose.
Rispose
a quell’attacco con un ghigno.
-Staremo
a vedere chi sentirà male questa volta, piattola!-
-Giusto!
Staremo proprio a vedere!- replicò Victoria, bellicosa come
sempre. –Evans,
stai dietro di me!- aggiunse, portandosi di fronte alla rossa.
Uscendo
dalla difesa della moretta, Lily andò ad affiancarlesi.
I
suoi occhi verdi si erano fatti freddi e privi d’emozione. Il
bel viso delicato
atteggiato in un’espressione dura.
-Che
cos’hai intenzione di fare, Malfoy?- domandò,
rigida.
-Dare
una lezione alla piattola, mi pare ovvio.- rispose Lucius, con un
sorriso
velenoso. –E divertirmi un po’ con la fidanzatina
mezzosangue dell’odiato
Potter! Voglio proprio vedere la faccia che farà, quando
ritornerai da lui dopo
che avremo finito con te…-
Lily
non si scompose, né indietreggiò di un passo.
-Siete
matti da legare!- urlò Victoria, furente. –Siete
solo gli schifosi tirapiedi di
quel malato di mente che se ne va ad uccidere Babbani e Mezzosangue!
Farete
presto una fine orribile, ve lo garantisco!-
Lucius
ed i suoi compagni fecero finta di nulla, limitandosi a sorridere tra
di loro,
custodi di segreti che gli altri, inferiori, non conoscevano.
Lastrange
scoppiò a ridere.
Lily
gelò, ricordandosi in quell’istante delle
terribili notizie che di recente
aveva letto sui giornali magici e non.
-Adesso
basta.- fece Malfoy all’improvviso. –Vediamo di
movimentare la serata, ragazze.
Nott.- chiamò.
Quello
si fece avanti, tenendo in mano un sottile bacchetta di scuro ferro,
terminante
con un simbolo spigoloso che sembrava una M.
Un
attrezzo per le marchiature a fuoco?!
Sia
Vick che Lily trattennero il fiato.
-Non
temere, Olsen.- fece Lastrange, mentre si avvicinava a Nott, con un
sorriso
fintamente dolce. –Questo giocattolino è per la
Evans. Vogliamo, come dire,
indicare bene a tutti cosa è, così che tutti
possano scansarsi, non appena
scorgono il nostro monito.-
Rise
ed insieme a lui tutti gli altri.
In
tutte quelle risa, sentendo Vick imprecare contro i loro aguzzini, Lily
sentì i
propri occhi bruciare di lacrime di rabbia e vergogna.
Lacrime
che mai, per alcun motivo, si sarebbe azzardata a versare. Non avrebbe
dato
loro quella soddisfazione!!
Non
doveva avere paura! Non doveva!
Fu
un minuto. Un istante. Un misero battito di ciglia.
Quando
Avery e Lastrange si mossero verso di lei, pronti a portarla da Nott,
Vick
saltò su di loro come una furia, aggredendoli.
La
Grifondoro fu afferrata proprio da Rodolphus, che la gettò
con violenza non
contenuta contro uno dei tavoli.
Ci
fu un rumore assordante.
Lily
tentò di correre in suo aiuto, ma Lucius
l’afferrò con forza per un braccio.
Strinse così forte che, probabilmente, sarebbe rimasto il
segno.
-Lasciami,
Malfoy!- strillò, cercando di liberarsi.
-Pensa
a te stessa, mezzosangue! Non te la passerai in modo migliore delle tua
amica.-
le sibilò all’orecchio, sputando veleno.
Privo
di delicatezza, la lanciò tra le braccia di Zabini, che la
strinse in maniera
decisamente equivoca.
-Chissà
se le mezzosangue sono brave a letto…- mormorò,
accarezzandole alcune ciocche
di capelli rossi.
Lily
cercò di divincolarsi, ma il ragazzo nero era troppo
più forte di lei. In mente
un unico pensiero: qualsiasi cosa le avessero fatto, non doveva
piangere!
Giocando
con la propria bacchetta magica, bella per il suo colore argentato,
Lucius si
pose di fronte a lei con un ghigno orribile ad aleggiargli sulla bocca.
-Quelli
come te sono solo feccia.- scandì, cattivo.
–Meritereste la cancellazione
ancora prima dei Babbani. Voi Mezzosangue non siete nessuno, siete
affari a
metà. Non avete ragione di esistere.-
Spalancando
gli occhi verdi, Lily Evans sentì quelle parole crudeli
affondarle nel cuore,
come il pugnale dalla lama più affilata. Non
sanguinò, perché la ferita non era
reale, ma era pronta a giurare di non avere mai sentito tanto dolore in
vita
sua.
Una
sola lacrima le scese su di una guancia.
Quelle
parole…
Quante
volte se le era ripetute da sola, nella sua mente.
Adesso,
alla fine, qualcuno gliele aveva veramente sbattute davanti.
-Hai
sentito, rossa?- le sussurrò Zabini all’orecchio.
-Mi
fa schifo il solo toccarti.- continuò Lucius.
In
una frazione di secondo Lily lo vide sollevare il braccio libero, poi
percepì
lo spostamento repentino dell’aria.
Lo
schiaffo che la colpì alla guancia dove riposava la sua
piccola lacrima
solitaria le rovinò il labbro, le fece volare la testa di
lato con violenza e
risuonò in tutta la Biblioteca.
-Che
schifo.- soffiò Malfoy, allontanandosi.
La
ragazza si accorse di stare sanguinando ed il Serpeverde si era
macchiato la
camicia con poche gocce di quel sangue costretto ad uscire dal labbro
ferito di
una….mezzosangue!
Severus
Piton era impassibile.
Da
poco distante si sentirono le urla arrabbiate di Victoria, scattata
nuovamente
in aiuto della compagna.
Lastrange
la afferrò di nuovo e la costrinse sdraiata su uno dei
tavoli. Inutili i suoi
tentavi di liberarsi. Avery, dalla corporatura mastodontica, intervenne
a
bloccarla.
Con
una mano le costrinse entrambe le braccia sopra la testa, con
l’altra la fermò
definitivamente, bloccandola alla gola.
Rodolphus
le bloccò le gambe con le sue, sedendosi sopra di lei con un
ghigno
soddisfatto.
-Non
sei molto eccitante, tesoro.- le disse.
-Vaffanculo!-
sbottò Vick, che ancora si dimenava. –Tornatene da
quella puttana di Bellatrix,
se ne vuoi una che ti ci sta!-
Il
Serpeverde rise e si rivolse al suo compagno.
-Che
dici, Avery? Lo vediamo si o no se è una femmina, oppure un
ragazzo?- propose,
afferrando la maglietta della ragazza con il preciso intento di
strappargliela.
-Se
ti azzardi a farlo ti stacco la testa, bastardo!- ringhiò
Victoria,
trucidandolo con lo sguardo.
Con
gli occhi grigi ridotti a fessure, Lucius Malfoy sputò su
Lily Evans, con il
chiaro proposito di farle vedere quanto rappresentava lei per lui.
Le
sorrise, facendo posto a Nott.
Quello
puntò la bacchetta verso il marchio di ferro e
mormorò, soddisfatto:
-Incendio.-
Il
ghigno di Malfoy era un che di diabolico, quando sussurrò:
-Via la camicia.-
Senza
più tentare di liberarsi dalla presa di Zabini, Lily chiuse
gli occhi.
Forse
era davvero quello che meritava, disse cinicamente rivolta a se stessa.
In
fondo, era davvero una diversa, una nata sbagliata.
Non
apparteneva a nessun mondo e nessuno, giustamente, teneva a lei.
Nessuno
si sarebbe preso la briga di salvarla da quell’incubo.
Che
facessero in fretta.
Era
pronta.
Tutti
gli umani odiano gli infelici.
Quanto odio devo suscitare io
che sono il
più infelice degli esseri viventi?
-Mary Shelley, Frankenstein-
Fine!
Accidenti,
in che brutto punto che vi lascio!!! ^^
Mi
dispiace un po’…. =____=
Mi
farò perdonare!
Che
dire?
RECENSITE!
Altrimenti
vi scordate il seguito! XD XD XD XD
Un
bacione a tutti, carissimi!
A
presto,
Lady
Tsepesh
N.B.
Allora,
come mi fanno notare in molti, la presenza di Lucius e co. Non dovrebbe
esserci, visto che nella vera storia dovrebbero essere più
grandi di James e
gli altri.
Ripeto,
è una licenza che mi sono presa.
Non
perché non sono capace di inventarmi personaggi nuovi, anzi,
il mio genere è
l’originale, perciò non sarebbe stato un problema.
Ho fatto questo
semplicemente perché mi piacciono Bellatrix, Narcissa e gli
altri.
Comunque
io non sapevo davvero che il gruppo dei serpeverde fosse più
grande dei
Grifondoro, se è così, scusate la mia ignoranza.
La storia, comunque, è
questa.
Avverto
anche che il mio James non sarà come quello al quale siete
abituate, nasconde
dei segreti ed un passato particolare. Se vedrò il caso,
metterò l’avviso OCC,
ma non credo.
Detto
questo vi risaluto, a presto con il nuovo capitolo 8 “Tell me
a story”.
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Capitolo 8 *** Tell me a story ***
CAPITOLO
8 “TELL
ME A STORY”.
Lacrime,
lacrime amare.
Lacrime
salate.
Lacrime
dolorose.
Lacrime
che
aspettano un perché.
E
lacrime
ancora…
“
Vattene. Vai
nel mondo al quale appartieni”
Piangere.
Qual’
è mai il
mondo al quale appartengo?
“
Vai, ti prego.”
Mi stai
pregando?
Desideri
la
mia scomparsa fino a questo punto?
“
Io e tuo
padre, ormai, non sappiamo davvero più come fare ad amarti.
Perdonaci, Lilian.”
Ho
capito. Ho
capito, davvero.
Mi
dispiace.
Perdonatemi…
-Giuro
solennemente di non avere buone intenzioni.- pronunciò
James, puntando la sua
bacchetta su un vecchio ed alquanto mal ridotto foglio di pergamena
ingiallita.
La
Mappa del Malandrino, prontamente, si svelò ai suoi padroni,
mostrando ogni
singolo anfratto del castello e del parco di Hogwarts, insieme a
minuscoli
puntini, fermi, oppure in movimento, che altri non erano che gli
abitanti di
quella scuola di magia.
Sistemandosi
meglio gli occhiali sul naso, James Potter si chinò ad
osservare
scrupolosamente ogni singola zona del castello.
Sirius,
seduto vicino a lui, compiva la medesima operazione.
Peter
se ne stava seduto sul suo letto ed osservava i due ragazzi con
curiosità.
Remus, vicino ad una delle finestre della camera dei Malandrini,
fissava il
cielo.
Nei
prossimi giorni, purtroppo per lui, la luna sarebbe divenuta piena,
ancora una
volta. Sospirò, tornando a dedicarsi ai suoi compagni.
-Siete
sicuri che sia necessario tutto questo? Non credo si trovino in
pericolo…-
fece, avvicinandosi ai due.
Né
James né Sirius risposero.
-Come
non detto...- continuò Lunastorta. –Avete visto
qualcosa, almeno?-
Le
espressioni dei due ragazzi, quando sollevarono lo sguardo su di lui,
ebbero il
potere di fargli gelare il sangue ancora prima di sapere.
James
lasciò cadere la Mappa a terra e, ancora sconvolto,
ghiacciato fino al sangue,
mormorò: -Sono con i Serpeverde, Rem.-
Non
ci fu tempo per altre parole.
Senza
neppure considerare che, da buon Caposcuola, avrebbe semplicemente
dovuto
andare da un professore e mai, per alcuna ragione, uscirsene dopo il
coprifuoco,
Remus partì a corsa fuori dalla stanza, seguito a ruota da
James e Sirius.
Dopo
avere ciondolato un po’, anche Peter li seguì.
In
Sala Comune non c’era quasi più nessuno, solo
qualche studente ancora intento a
studiare, oppure a terminare l’ultima partita di scacchi
magici, prima di
andare a dormire.
Nessuno
fece caso ai Malandrini, quando li vide uscire.
Non
era la prima, né sarebbe stata l’ultima volta che
disertavano le regole imposte
dal coprifuoco.
Se
però qualcuno avesse guardato con attenzione le loro facce,
si sarebbe accorto
che quella notte c’era ben poco da scherzare.
Correvano.
Correvano
per il buio corridoio del settimo piano, ignorando i continui richiami
indignati della Signora Grassa, che si era svegliata non appena i
quattro ragazzi
erano usciti dal passaggio coperto dal suo ritratto.
Giù
per le pericolose scale, sempre in movimento.
Correre
con la consapevolezza che stava accadendo qualcosa di atroce in
Biblioteca,
quella notte.
Un
gruppo di Serpeverde con due ragazze Grifondoro. Bastardi!
Correndo
di fronte a tutti, James Potter ebbe come l’impressione che,
presto, avrebbe
ceduto. Presto sarebbe morto.
Il
suo corpo pareva congelato, dandogli l’impressione di avere
perso del tutto la
sensibilità.
Stupido!
Lo
sapeva! Lo sapeva! Lo sapeva!
Non
avrebbe mai dovuto lasciarla da sola! Mai!
Non
con i Serpeverde così arrabbiati dopo la loro ultima
discussione!
Maledizione!
E
se non fosse arrivato in tempo?
Cosa
le avrebbero fatto?!
Fu
in quell’istante di follia pura che James, improvvisamente,
avvertì una strana
fitta al polso destro. Remus, Peter e Sirius la videro prima di lui,
dal
momento che gli correvano dietro.
Una
scarica abbagliante aveva avvolto quasi interamente il braccio destro
del
ragazzo, percorrendolo con le sue elettriche ramificazioni biancastre.
-Ma
cosa….!- fece James, osservando tutto ciò con
stupore.
Non
ebbe il tempo di dire altro, perché una strana forza
invisibile prese a
trascinare il suo corpo, sottraendolo ai suoi amici.
Pareva
fosse divenuto una calamita vivente.
Una
calamita che, disperatamente, cercava il suo polo opposto.
-Il
Voto!- esclamò Remus, correndo dietro a Potter, insieme agli
altri due ragazzi.
A
fatica i tre Malandrini riuscirono a riavvicinarsi al loro capo, che
correva
come se avesse avuto le ali ai piedi, tirato da una fune
indistruttibile.
E,
mentre si dirigeva rapidamente verso il luogo dove sapeva esserci la
seconda
metà di quel patto, James Potter sentì la sua
mente andare lontano, aprirsi.
Non
avrebbe mai potuto descrivere ciò che provò in
quel momento, sicuro che al
mondo non esistesse nulla di simile.
Però,
per un solo istante, non fu più James Potter, fu Lily Evans.
Vide
con i suoi occhi.
Sentì
con le sue orecchie.
Percepì
con i suoi sensi.
Provò
ciò che lei provava.
Tremò
e cadde a terra, non riuscendo più a sorreggersi con le
proprie gambe. La sua
vera coscienza che, dopo avere lasciato il posto a quella di Lily,
ritornava.
I
suoi amici gli furono subito accanto.
-James!-
fece Sirius, aiutandolo a rimettersi in piedi.
La
scarica di luce era tornata a vibrare intorno al suo polso destro,
lasciandogli
libero il braccio.
-D-Devo
andare…- mormorò James debolmente. –Lei
ha paura.-
Remus
lo fissava sconvolto e Peter, terrorizzato, se ne stava di parecchio
dietro di
loro. Ma James non li guardava più. Non vedeva
più nessuno.
Si
liberò con uno strattone dalla presa di Sirius e riprese a
correre, senza mai
voltarsi verso di loro.
Ripresero
a correre, imboccando quei passaggi nascosti che solo loro conoscevano
e che li
avrebbero condotti prima alla loro meta.
Quando
videro il portone della Biblioteca avvicinarsi, fu una liberazione,
anche se la
paura di ciò che avrebbero visto, una volta entrati, era
schiacciante.
La
scarica al polso faceva sempre più male, cominciando a
rodere la prima pelle.
Sangue.
-James.-
fece Remus, preoccupato.
Il
ragazzo non lo calcolò.
Insieme
a Sirius si precipitò di fronte alla grande porta di legno,
tentando di
aprirla.
Fu
tutto inutile e presto se ne resero conto.
-C’è
un incantesimo di sigillazione!- sbottò Sirius, furente,
cominciando a prendere
a pugni il legno antico del portone.
Terrorizzati.
Erano fuori di se, tutti e due, osservò Lupin.
-Maledizione!-
urlò James, sferrando un calcio ad una delle ante.
Sospirando,
Remus si avvicinò ai suoi due amici, tentando di calmarli.
-Adesso
calmatevi, intesi? Dobbiamo cercare aiuto! Non siamo in grado di
rompere un
incantesimo come questo, è magia nera, non sentite?-
Sollevando
gli occhi scuri verso l’alto, James fece uno strano sorriso.
Certo
che era magia nera.
L’aveva
avvertita ancora prima di imboccare il corridoio che li aveva condotti
fino a
lì. La magia nera, ciò che detestava
più di ogni altra cosa, eppure……
Scosse
il capo.
-Cazzo,
cazzo, cazzo!!!- stava imprecando Black, ormai completamente fuori di
testa,
mentre prendeva a calci e pugni ciò che gli impediva
l’accesso alla Biblioteca.
–VICK!-
urlò. –VICK RISPONDI!-
Mettendo
una mano sulla spalla di James, Remus cercò di guadagnarsi
la sua attenzione.
-Non
credo che con Alohomora riusciremo ad entrare, ci serve un professore,
James!-
-Credi
bene, Rem.- fece Potter.
Guardandolo
in viso, Remus Lupin, per la prima volta, ebbe paura del suo amico.
Quegli
occhi neri, da sempre buoni, scherzosi, gentili, erano cupi e bui come
la gola
interminabile dell’inferno. Come una notte senza luna.
Senza
neppure rendersene conto, indietreggiò, trattenendo il fiato.
Quello
non poteva essere James.
-Ragazzi…-
cominciò la vocetta tremante di Peter. –Ragazzi,
io…io credo sia
meglio…a-andarsene da qui….- continuò,
guardando il corridoio sempre più buio
ed opprimente.
-Sta
zitto!- urlarono James e Sirius contemporaneamente, innervosendosi
ancora di
più.
-Vai
a cercare aiuto, Peter.- disse Remus, cercando di apparire calmo di
fronte
all’amico. –Chiama il preside, oppure un
professore, intesi?-
Annuendo
tutto tremante, Peter scappò via e Remus sperò
solo che, nonostante la paura,
Minus trovasse la forza per fare come gli aveva chiesto.
Lui
aveva altro da fare, tipo far ragionare quelle due furie scatenate dei
suoi
migliori amici, che oltre a tentare di sfondare il portone con il loro
corpo,
stavano provando su di esso anche gli incantesimi più
impensati.
E
James, oltretutto, continuava a sanguinare. Il suo polso destro, dove
ancora
serpeggiava la scarica di luce, era ormai ricco di tagli e graffi
profondi.
Se
fosse andata avanti così…
***
Lestrange
finì a terra, tenendosi una mano sullo stomaco, ancora
dolorante. Aveva il
fiato mozzato, le labbra sporche delle poche gocce di sangue che il suo
corpo
aveva rigettato. Lo sguardo di un pazzo.
-Tu…-
sibilò con odio.
Victoria,
trattenuta in piedi dalle forti braccia di Avery, sostenne senza paura
lo
sguardo del Serpeverde.
E
nessuna vergogna.
Nonostante
avesse la maglietta irrimediabilmente strappata non mostrava il minimo
interesse per un dettaglio tanto umiliante, invece, per una ragazza
comune.
Lo
sguardo fiero da vera Grifondoro.
Le
labbra incurvate in un ghigno.
Glielo
aveva detto, no?
Se
si fosse provato a toccare i suoi vestiti avrebbe sentito molto male.
Forse non
era riuscita a staccargli la testa, ma una bella ginocchiata in pieno
stomaco
le pareva più che sufficiente.
Lastrange
boccheggiava ancora.
Ma
quello che aveva in mente il Serpeverde per vendicarsi ebbe la
capacità di
farle tremare ogni singola cellula del corpo.
Vick
se ne accorse subito, non appena Rodolphus sollevò la
bacchetta verso di lei.
Un
brivido freddo.
Aria
in movimento.
Un
incantesimo oscuro potente.
-Crucio.-
Il
ragazzo pronunciò quella parola in un sibilo che si disperse
nelle urla
spropositate di Victoria. L’incantesimo la colpì
ancor prima che lei riuscisse
a comprendere cosa avesse intenzione di farle.
Sentiva
solo bruciare.
Ogni
parte del suo corpo bruciava, ardendola da dentro. Gli occhi presero a
lacrimarle.
Sentì
le proprie ossa scricchiolare, stridere, come se fossero prossime a
spezzarsi.
E
non c’era urlo abbastanza forte per potersi liberare da
quella tortura.
L’inferno.
Victoria vide l’inferno.
E
urlava, urlava tanto forte che Lily desiderò morire,
piuttosto che udirla
ancora.
Vide
Lucius sorridere, folle.
I
suoi occhi esprimevano da soli la bestiale brama di sentire quelle
urla.
Ancora. Ancora. Un’altra volta. Ancora di
più…
Erano
pazzi, lo erano tutti.
-Urla
pure quanto vuoi, Olsen.- fece Lestrange. –Nessuno ti
sentirà, la Biblioteca è
insonorizzata solo per te, stanotte.-
A
distanza di anni, Lily Evans non avrebbe mai dimenticato quella notte.
Quella
notte che le confermò molti pensieri. Alcuni brutti, altri
bellissimi.
Non
piangeva, non lo avrebbe fatto mai.
Quando
Lucius Malfoy le aprì la camicetta azzurra, strappando
malamente via i bottoni,
non fece un fiato, né lasciò che il suo viso
riflettesse le proprie emozioni.
In
quegli occhi d’acciaio non c’era il desiderio di un
ragazzo verso il giovane
corpo di una ragazza.
Schifo.
Solo
questo.
-Ma
che peccato, ha il reggiseno…- sbottò Zabini
volgarmente.
Ghignando,
Lucius si avvicinò alla rossa.
-Ti
marchieremo proprio qui.- disse indicandole la zona di pelle chiara
sopra il
seno destro. –“M”
come Mezzosangue.
Così quando Potter ti porterà a letto,
potrà vederlo sempre benissimo. Tu che
dici?-
Gli
occhi della ragazza erano vuoti. Totalmente vuoti.
Un
amaro sorriso le piegò le labbra, ma non pianse.
Non
aveva pianto neppure quella volta di tanti anni fa. Mai una lacrima per
Lily
Evans. Stringere i denti, raffreddare il proprio cuore, chiudere le
porte della
sua anima…
Non
c’era nessuno per lei.
Semplicemente,
non esisteva. Non era contemplato, nella sua insulsa vita, qualcuno che
si
prendesse cura di lei.
Vide
Nott avvicinarsi con il ferro rovente.
Fu
come se il tempo e lo spazio avessero deciso di non esistere
più per lei.
Non
sentiva niente. Fredda, un pezzo di ghiaccio.
Neppure
le urla strazianti di Vick riuscivano ad arrivare alle sue orecchie,
ormai.
Quella
fu una prima conferma.
Non
esisteva niente di importante per lei in quella vita.
Non
c’era nulla per il quale tirare avanti.
Non
vi era pietà tra le persone.
Niente
al quale appellarsi.
Inutile.
Lei
era… inutile.
E
poi, come una magia troppo inafferrabile per essere imparata, troppo
forte per
non essere considerata, calda come il sole, consolante come
l’acqua, fredda
come l’inverno, accadde.
Quando
Nott fece ancora un passo avanti verso di lei, fu sbalzato brutalmente
all’indietro da una barriera creatasi improvvisamente intorno
al corpo della
ragazza.
-Che
diavolo è?!- proruppe Lucius, fissando confuso il polso
destro di Lily.
Posando
a sua volta lo sguardo sulla parte interessata del suo corpo, la
ragazza scorse
una strana scarica di luce serpeggiare intorno al polso delicato, con
fare
sinuoso.
Bruciava,
ma di un calore impossibile da spiegare.
E
lo sentiva.
Nel
suo cuore lo sentiva.
Lui
era…
Fece
per sfuggire dalla presa di Zabini, ma il ragazzo glielo
impedì, stringendola
ancora più forte. Terribile sbaglio.
La
scarica di energia colpì in pieno anche lui, scaraventandolo
all’indietro.
Lucius
e Piton indietreggiarono.
E
Lily corse, il braccio destro che le imponeva di ubbidire. Quel dolore
che le
serviva da monito.
Un
ricordo.
La
sua prova.
La
sua sfida.
Lui.
James…
-James…-
mormorò, fermandosi di fronte all’enorme porta di
legno della Biblioteca.
E
fu velocissimo.
Lestrange
ed Avery a torturare Victoria.
Nott
e Zabini a terra.
Malfoy
e Piton che non capivano.
Una
mano. La sua piccola mano dalle dita da pianista, sottili.
La
sollevò, toccando la scabra superficie di legno.
E
la luce intorno a lei si intensificò ancora.
Quando
Lucius Malfoy si avventò su di lei, cercando di fermarla e
richiamando gli
altri compagni, qualunque cosa stesse per fare, fu troppo tardi.
Il Voto
fece il suo dovere.
Uniti, uniti sempre.
Fino
alla fine del tempo.
Fu
una strana voce a muovere James Potter.
Una
voce che parlava direttamente al proprio io.
Intima.
Calda.
Imperante.
Mosso
come un burattino, ma con la consapevolezza di sapere dentro di se cosa
fare.
Alzò
la mano destra, posandola lievemente su una delle ante.
Sirius
e Remus lo guardavano senza comprendere.
Fu
un’immensa esplosione di luce.
Lo
fu da entrambe le parti.
Le
loro mani erano ferme allo stesso punto. Somma precisione.
Il
pesante legno tra di loro.
Erano
lontane, eppure ci fu un momento in cui, sia Lily che James ne erano
certi, fu
come se si fossero delicatamente toccate, sfiorate.
Il
portone esplose, lanciando detriti e schegge ovunque, risvegliando
probabilmente mezza Hogwarts.
Un
boato assordante che riecheggiò di corridoio in corridoio.
E
quando i tre Grifondoro fecero il loro ingresso fu la fine.
James
entrò di corsa, gettandosi tra il fumo, e poco distante
trovò Lily, seduta a
terra, stravolta.
Le
si inginocchiò accanto, circondandola teneramente con le
braccia.
La
ragazza tremava.
-Evans?-
la chiamò gentilmente, usandole un tono delicato, tipico di
quando si parla con
una bambina.
Non
rispose.
Come
avrebbe potuto?
Quella
luce accecante se ne era andata, ma il suo animo restava ancora
profondamente turbato.
Che cos’era accaduto?
Le
sue piccole spalle erano scosse da brividi irrefrenabili e James
temette che,
anche stringendola fortissimo, non sarebbe riuscito a placarli.
Lo
sguardo che sollevò sui Serpeverde fu di un tale odio, di
una tale rabbia ed atrocità,
che parve loro di essere scrutati dal demonio in persona.
Adesso,
adesso sì.
Lo
avevano fatto arrabbiare veramente…
Sirius
oltrepassò Remus, entrando nella Biblioteca come un razzo.
Cercò
Vick con lo sguardo e quando la vide, semi svenuta a terra e con la
maglietta
rigorosamente punk strappata, si sentì gelare dentro.
Corse
da lei, non curandosi di Lestrange ed Avery che sghignazzavano tra di
loro. Le
si inginocchiò vicino.
-Vick…-
mormorò, ben consapevole che lei non lo avrebbe sentito.
Remus,
unico lucido in quella situazione senza senso, si decise a fare le
dovute
domande. I suoi occhi azzurri avevano assunto il colore delle acque
ghiacciate.
-Cosa
avete fatto alle ragazze? Siete impazziti?!-
Le
labbra pallide e sottili di Lucius si piegarono in un sorriso crudele.
-Volevamo
impartire loro una lezione, tutto qui.- spiegò con
tranquillità.
-Una
lezione…- ripetè con un sibilo James, che ancora
stringeva Lily senza lasciarla
andare. La ragazza continuava a mantenere il suo silenzio.
Anche
Sirius, accucciato vicino alla Olsen, non faceva parola. Guardava la
ragazza
con gli occhi sbarrati, terrorizzato dall’idea di perderla.
Perché
se ne stava così immobile?
Perché,
non appena aveva provato a prenderla in braccio, aveva urlato di dolore?
-Le
maledizioni senza perdono sono una cosa meravigliosa.- fece Lestrange,
fissando
Black con ironia.
Lo
sguardo di Sirius si fece cupo ed il suo mutismo divenne inquietante.
-Cosa?!-
si intromise Lupin. –Ma siete fuori di testa?!
Severus! Severus tu sei un Caposcuola! Come hai potuto?!-
Piton
si limitò a fissare il licantropo, senza scomporsi
più di tanto.
Aveva
ancora tra le mani le bacchette di Lily e Victoria.
Con
il viso contratto e l’espressione rigida, James Potter
lasciò Lily a terra,
mentre la ragazza tentava di coprirsi come poteva con la camicia priva
di
bottoni.
Fermò
i suoi passi di fronte al Caposcuola dei Serpeverde, la mano tesa in
avanti,
scuro in volto.
-Restituiscimi
le bacchette, Piton.- ordinò.
Non
aveva usato nomignoli di sorta.
Non
scherzava, adesso.
-Dammele,
oppure me le riprendo da solo.-
Certo,
non poteva fare incantesimi su di lui, lo aveva giurato. Tuttavia,
chissà come,
era sicuro che sarebbe comunque riuscito a fargli male, se avesse
voluto.
Il
Serpeverde non si scompose, continuando a fissare il Grifondoro che gli
stava
davanti con indifferenza.
-Piton
non essere idiota!- si intromise anche Remus, mettendosi di fianco a
James.
–Hai una vaga idea di ciò che avete fatto?! Quando
lo verranno a sapere i
professori…-
Purtroppo
Remus non terminò la frase, interrotta dalla risata sguaiata
di Lestrange, che
si era avvicinato a Lucius.
Puntava
la bacchetta sui due ragazzi.
-Siete
in minoranza, non potete farcela contro di noi. Questa notte vi
ridurremo in
briciole, è la resa dei conti.- sibilò il
fidanzato di Bellatrix.
-Ah,
si?- fece James, sfoderando un ghigno crudele che non gli apparteneva. –Staremo
a vedere chi
sarà a finire in briciole.-
-Smettetela!-
gridò Remus, mettendosi tra i due. –Non dobbiamo
combattere tra di noi! Questa
lotta tra case è assurda! Assurda!!-
Ah…
Gli
incantesimi non verbali sono una gioia per chi li sa usare.
Il
sorrisetto compiaciuto di Malfoy.
Uno
spostamento d’aria improvviso, quasi un risucchio.
Poi
l’urlo di Lily.
-STA’
ATTENTO, POTTER!!!-
Troppo
tardi.
Severus
Piton aveva già formulato ciò che voleva.
Colpire
James Potter alle spalle, una goduria.
Il
ragazzo fece a tempo per girarsi e vedere un’enorme lingua di
fuoco, quasi un
vortice di fiamme, avventarsi su di lui.
-Che
le fiamme dell’inferno ti inghiottano, maledetto…-
sibilò Severus con rabbia.
In
quel frammento di secondo che gli restava prima che le fiamme lo
sommergessero,
James ebbe il tempo
di pensare a Remus,
che gli stava ancora vicino, correndo il suo stesso rischio.
E
mentre tutti prendevano a correre per salvarsi da quella diabolica
furia rossa,
Potter si lanciò sull’amico, facendo cadere a
terra tutti e due e cercando di
riparare il licantropo, in modo da essere il solo a dover affrontare le
fiamme.
Ci
fu un rombo assordante.
Le
urla spaventate di Lily non si sentivano più.
Il
grido di Sirius, quando il fuoco investì i suoi migliori
amici, si perse nel
fragore.
Ci
fu una sorta di esplosione.
Fiamme
che schizzavano ovunque, attaccando il legno presente in Biblioteca ed
i libri.
L’incendio
si propagò a macchia d’olio.
Gattonando
in fretta verso Sirius e Vick, ancora priva di sensi, Lily
riuscì a raggiungere
i due Grifondoro e a preparare una barriera in grado di proteggere
tutti e tre.
Tremava ancora, constatò Black, ma la mano nella quale
teneva la bacchetta,
nell’istante in cui pronunciava l’incantesimo, era
immobile, ferma.
Lily
Evans sarebbe stata una grande strega.
-Che
diavolo hai combinato, Severus?!- sbraitò Lucius Malfoy,
quando si rese conto
che l’unica uscita della Biblioteca era del tutto
impraticabile.
Piton
non rispose.
I
suoi occhi, scuri come la pece, erano puntati in maniera quasi
maniacale sulla
cupola di fuoco che aveva circondato James e Remus.
Perché
non li aveva ancora bruciati?!
Quanto
ancora avrebbe dovuto aspettare per vedere la sua vendetta compiersi?
Loro
avevano tentato di ucciderlo.
Ora
lui li avrebbe uccisi.
Invece
di ridursi, la massa di fiamme si intensificò e dei raggi di
luce nera,
spettrale, presero a trafiggerla.
Per
un istante sembrò che l’ampia sala precipitasse su
di loro.
I
risucchio di energia fu tale che tutto prese a tremare.
E
Sirius ringraziò il cielo che Vick non stesse vedendo nulla.
L’inferno.
Ci
erano finiti veramente. Il caldo e la mancanza d’aria erano
schiaccianti.
Forse,
pensò Black, forse sarebbero davvero morti tutti.
Per
quanto avrebbe retto la barriera della Evans sotto quelle che erano, in
fin dei
conti, potenti fiamme magiche?
Improvvisamente,
sentì la piccola mano della rossa stringere la sua.
Black
comprese subito.
Doveva
proteggere Vick, basta con la paura. Se fosse rimasto ancora immobile,
l’avrebbe perduta davvero.
Senza
pensarci due volte, lasciò che la Grifondoro attingesse
potere anche da lui.
La
barriera di colpo aumentò le sue dimensioni ed il suo
spessore.
Ed
infine, come il tuono che squarcia la terra, come l’onda che
spazza via tutto,
come il vento che stronca gli alberi, accadde.
Il
prodigio.
La
luce nera prese ad aumentare, sempre più.
Sempre
più.
Sempre
più.
La
cupola di fuoco esplose, lanciando fuoco ovunque.
Ognuno
cercò di ripararsi come potè.
La
barriera di Lily, aiutata anche dalla magia di Sirius, resistette anche
a
quell’attacco.
Nel
punto dove, per tutto il tempo, l’agglomerato di fiamme aveva
insistito, il
pavimento era del tutto annerito, ma, con lo stupore di tutti, James e
Remus
c’erano ancora.
Il
Caposcuola di Grifondoro era a terra, del tutto illeso, ma immobile.
James
stava seduto a terra.
L’aria
sfinita.
Il
retro della maglietta prevalentemente inesistente.
La
schiena ustionata.
Un
rivolo di sangue gli scivolava giù dalla bocca.
Sirius
e Lily trattennero il respiro.
Ma
gli occhi di James Potter erano rivolti unicamente sui ragazzi verde e
argento.
Paura.
Terrore.
Sgomento.
Quando
riuscirono chiaramente a leggere gli occhi del ragazzo, nei quali
albergava il
nulla, allora tremarono davvero.
Allora
fu davvero un incubo.
-Come…come…hai
fatto?!- balbettò Lucius Malfoy, sbiancando.
Nello
scoppiettare basso delle fiamme che continuavano ad ardere qualunque
cosa
riuscissero ad afferrare, si sentì anche la lieve risata di
James.
-Tu
non sei umano!- gridò Zabini, indietreggiando. –
Che accidenti sei, Potter!?-
-La
mia è stata solo fortuna.- mormorò il ragazzo,
senza smettere di scrutarli con
i suoi occhi scuri. Terribili, in quel momento.
Fortuna?
Neanche
il più stupido ci avrebbe creduto.
Severus
aveva gli occhi sgranati ed il respiro breve.
Dio…
Ma
come aveva fatto?
Come?
COME?!
Quelle
non erano fiamme normali.
Avrebbero
dovuto bruciare il corpo dei due Grifondoro in un battito di ciglia.
Il
silenzio inghiottì tutto.
Nessuno
parlava, perché niente c’era da dire.
E,
tutto intorno, il solo crepitio del fuoco.
Se
non fossero usciti in fretta, sarebbe stata la fine per tutti loro,
colpevoli e
innocenti.
Panico.
Ma,
fortunatamente, qualcuno, quella sera, aveva fatto il suo dovere.
Dall’altra
parte delle fiamme che ostruivano la porta d’ingresso e di
uscita della
Biblioteca, si udirono delle voci e, da quello che si poteva sentire,
erano in
molti.
-State
bene ragazzi?- fece l’allarmata voce della McGrannit.
-Stiamo
bene!- rispose Lily, tornando ad essere una brava Caposcuola.
–Ma ci sono dei
feriti!-
-Signorina
Evans, è lei?- domandò la professoressa.
-Sì!
Sì, sono io.-
La
donna parve farsi più tranquilla.
-Allontanatevi
dall’ingresso quanto potete, ragazzi.- si aggiunse la voce di
Silente. –Potrebbe
essere dannoso. Pronto
amico mio?-
-Quando
vuoi, Albus.- rispose la vocetta di Lumacorno.
Sentire
le voci dei professori fu indescrivibile.
Come
respirare dopo tanto, tantissimo tempo.
Quel
brutto sogno stava per avere un termine.
Pozione
refrigerante, capì subito la mente attenta di Lily, non
appena vide gli effetti
dell’infuso che Lumacorno stava versando sulle fiamme.
Subito
il fuoco parve congelarsi, per poi sciogliere il ghiaccio e riprendere
vigore.
Una
morsa di puro sgomento attanagliò lo stomaco della rossa.
Non
funzionava!
Ci
vollero tre fiale di pozione, unite all’incantesimo di gelo
formulato sia da
Silente che dal professor Vitious, per placare l’incendio.
Poi
tutto finì.
I
professori entrarono nella sala, insieme a Madama Pince, che, non
appena vide
in che stato si trovavano i suoi preziosi scaffali e libri, ebbe un
malore.
Per
placare tutte le fiamme ci volle un lungo lavoro. Probabilmente, ci
sarebbe
voluta tutta la notte.
Silente
lasciò il duro compito ai suoi colleghi, per avvicinarsi ai
suoi studenti.
Se ne
stavano tutti in un
angolino, con le facce più o meno spaventate.
Non
aveva l’aria arrabbiata, piuttosto stanca, triste, forse
anche delusa.
Lily
si sentì sprofondare.
Osservandoli
tutti con i suoi occhi azzurri nascosti dietro agli immancabili
occhiali a
mezza-luna, il preside si avvicinò a Remus, ancora senza
sensi.
-Come
sta?- chiese Lily, preoccupata.
Silente
sorrise. –Sta bene, è solo svenuto. Va portato in
infermeria.- disse, prima di
passare a Victoria.
La
studiò un istante, poi la toccò delicatamente con
le dita.
Il
corpo della ragazza fremette.
Sentiva
male anche per così poco.
Il
preside sollevò lo sguardo sul resto dei suoi studenti e per
un attimo sembrò
voler dire qualcosa. Poi lasciò perdere.
A
James parve che quegli occhi chiari stessero cercando di trattenere una
lacrima.
-Qualcuno
vorrebbe portare la signorina Olsen in infermeria? Non
c’è tempo da perdere.-
chiese con voce pacata.
Sirius
si fece subito avanti, accucciandosi vicino al preside e la ragazza.
-Mi
dica come devo fare.- disse.
-La
prenda tra le braccia con la massima delicatezza, signor Black. La
signorina
Olsen è giovane, ecco perché le sue ossa hanno
resistito. Cerchi di non farle
sentire troppo dolore, se ci riesce.- rispose l’anziano mago,
guardandolo con
un sorriso triste.
Sirius
obbedì.
Sollevò
Vick da terra, tenendola in braccio morbidamente, cercando di non
stringerla
troppo. Si stupì nel sentire quanto, in quel momento, lei
fosse così piccola e
delicata.
Gli
era sempre parsa una sorta di super maschio, invece, solo in
quell’istante, si
accorse di quanto fosse leggera e minuta, rispetto a lui.
Vick…
La
sentì emettere qualche gemito di dolore, ma cercò
con tutto se stesso di non
curarsene. Doveva portarla via da lì.
Ma,
quando fu arrivato all’uscita di quell’inferno
artificiale, si voltò.
Lo
fece una volta sola.
Ed
il suo sguardo fu tutto per i Serpeverde.
I
suoi occhi blu assunsero un’espressione che difficilmente gli
apparteneva.
L’avrebbe
fatta pagare a tutti loro.
Presto.
Molto
presto.
E
Sirius Black non minacciava mai a vuoto.
Il
tempo necessario perché capissero, poi se ne andò.
***
Dovevano
essere le due del mattino quando Lily Evans mise piede nella sua calda
e
confortevole stanza di Caposcuola.
Non
le sembrava vero.
Sembravano
secoli dall’ultima volta che era stata lì.
Dall’ultima
volta che era stata……normale.
Niente
sarebbe stato più come prima dopo quella notte.
Stringendo
i denti, tenendo duro, dando il massimo sempre e comunque, trattenendo
le
lacrime, era stata vicino agli insegnanti, che ancora si trovano a
lavoro.
Alla
fine, avevano insistito perché tornasse in dormitorio a
riposare.
A
nulla erano servite le sue proteste ed il suo sbandierare il distintivo
di
Caposcuola.
Il
preside le aveva fatto una carezza gentile, poi aveva insistito
perché
lasciasse tutto a loro. Il giorno dopo sarebbe stata esonerata dalle
lezioni,
se avesse voluto.
E
adesso era nella sua stanza.
Le
pareva di trovarsi sospesa in una bolla di sapone.
Niente
fiamme.
Niente
cattiveria.
Niente
urla.
Solo
silenzio.
Un
silenzio morbido e soffice come sembravano essere le nuvole.
Sospirando,
si decise ad andare in bagno per prepararsi per dormire, se mai ci
fosse
riuscita, ovvio.
In
infermeria, Remus riposava su un lettino.
Così
Victoria, sottoposta alle frettolose cure di Madama Chips, che aveva
messo
delle tendine, in modo che la ragazza non venisse disturbata.
Lily
aveva lasciato Sirius, James e Peter, comparso all’improvviso
tutto tremante,
con loro. La McGrannit aveva insistito che James si facesse curare le
ustioni.
E i
Serpeverde?
Lily
non sapeva proprio prevedere la loro sorte.
Silente
aveva detto che, il giorno dopo, avrebbe parlato separatamente sia con
le Serpi
che con i Grifoni, volendo sentire le versioni di entrambi.
Sembrava,
tuttavia, deluso da tutti e due.
E
lei, invece, si sentiva del tutto vuota dentro.
Stanca.
Indossò
il pigiama con lentezza, senza mai guardarsi allo specchio.
Non
si voleva vedere.
Non
voleva vedere il riflesso di una mezzosangue.
No.
Uscì
dal bagno con i piedi scalzi, non sentendo neppure il contatto con il
freddo
pavimento.
Si
mise a letto, sentendo la morbidezza ed il profumo delle lenzuola
cambiate. Il
suo corpo, contratto dalla paura e dal dolore, riuscì un
po’ a rilassarsi.
Lily
potè quasi avvertire ogni sua singola cellula smettere di
contrarsi.
Pace.
Non
chiedeva altro.
Spense
la luce e l’impressione di trovarsi in una bolla di sapone
tornò.
Ma
era dolce sentirsi cullare da quel silenzioso torpore.
Non
chiedeva altro.
Chiuse
gli occhi, tentando di sentire il sonno arrivare.
Però,
ogni volta che lasciava libera la mente, le tornavano in mente le
immagini di
ciò che aveva vissuto quella notte.
Si
accoccolò di più tra le coperte, nascondendosi
sotto di esse.
Il
castello era così silenzioso…
……ed
il suo cuore batteva così forte da farle male.
Portò
le gambe al petto e le circondò con le braccia, assumendo la
posa da gatto
appallottolato, come la chiamava sua madre, che utilizzava da piccola
quando
aveva paura.
Pensare
a sua madre, però, fu un errore.
Ecco
gli occhi che tornavano a bruciare e la gola a strozzarsi per quelle
lacrime
che non versava.
E
in quel momento la porta della stanza si aprì, molto piano.
Era
James, qualcosa dentro di lei glielo diceva. Forse il loro legame.
Il
ragazzo si mosse piano, senza accendere la luce.
Mai,
per nessun motivo, avrebbe voluto svegliarla. Poteva solo immaginare
cosa
avesse passato, i professori avevano ragione, doveva riposare.
Lily
lo sentì trafficare nel suo baule, poi andare in bagno e
chiudere piano la
porta.
Sorrise.
Era
dolce ad avere tutte queste premure.
In
effetti, ora che rifletteva a mente lucida, lui era venuto.
Lui
era arrivato a salvarla, rischiando tutto. Spalancò gli
occhioni verdi.
Non
lo credeva possibile.
Perché
si preoccupava per lei in questo modo?
Lei
non era altro che una Mezzosangue, non era simpatica, né di
compagnia. L’unica
cosa che sapeva fare era studiare sodo e portare a compimento i suoi
obblighi
di Caposcuola. Nient’altro.
Lui
era di più, molto di più.
A
volte lo aveva invidiato.
Lui
aveva tutto ciò che avrebbe sempre e solo potuto
sognare…
Era
bello, simpatico, intelligente, carismatico. Sembrava che nessuno
riuscisse a
stargli lontano.
Tutti
volevano James Potter.
Nessuno
voleva Lily Evans.
Si
sentiva così piccola ed inadeguata vicino a lui…
Per
questo, per tutti quegli anni, non aveva fatto altro che evitarlo e
allontanarlo.
Con
lui accanto, si sarebbe sentita ancora di più una
nullità, un essere
invisibile.
E
la sua rabbia, a poco a poco, l’aveva portata ad odiarlo.
Però,
nonostante l’avesse sempre trattato con stizza e freddezza,
non perdendo mai
occasione per giudicarlo a priori, lui era corso da lei.
Quella
notte le aveva confermato che, realmente, esistevano persone capaci di
fare del
male.
Le
aveva sbattuto in faccia il suo essere una sporca Mezzosangue,
mostrandole cosa
le aspettava.
Ma
c’era altro e lei lo capì solo in quel momento.
C’era
anche un’altra conferma, un altro monito, che quella notte le
aveva dato.
James
Potter era con lei.
Con
il tempo, con gli anni, quella conferma sarebbe diventata una costante
della
sua vita. Lui e lei, sempre, fino alla fine.
Non
era vero che nessuno teneva a lei.
Ora
una persona c’era.
Era
spuntata fuori così, come un angelo, quando lei aveva ormai
smesso di cercarla.
Fu
un’emozione così forte che, nonostante i suoi
sforzi, non potè più impedire a
se stessa di piangere.
Prima
le lacrime, calde e salate.
Poi
i singhiozzi a scuotere il suo piccolo corpo stanco.
Quando
James uscì dal bagno, esausto, la sentì piangere
e fu come se una lama lo
avesse perforato da parte a parte.
Il
suo cuore parve stringersi ed accartocciarsi come carta al fuoco.
Per
un lungo momento rimase fermo sulla porta del bagno ad ascoltarla,
sentendosi
del tutto impotente.
Era
buio, però riusciva a vedere il corpo della ragazza,
nascosto sotto le coperte,
sussultare di tanto in tanto, scosso da pesanti tremiti.
Sospirando,
fece l’unica cosa che poteva venirgli in mente.
Si
avvicinò al letto della ragazza e si tolse gli occhiali,
posandoli sul
comodino.
Lily
sentì il fruscio delle coperte che venivano spostate, ma non
fece nulla,
continuando a piangere.
Ma
sgranò gli occhi, lasciando scivolare altre lacrime, e si
irrigidì, quando
sentì due braccia avvolgerla con dolcezza.
Il
letto
cigolò un attimo nel momento in cui James si
sdraiò vicino a lei, stringendola
forte e poggiando il capo sulla sua schiena, ancora tremante.
-Non
ti faranno più niente, te lo giuro.- mormorò
contro la stoffa morbida del
pigiama della ragazza. –Te lo giuro.- ripetè.
Una
promessa che si disperse nel buio della stanza, ma che lei
udì lo stesso.
Adesso
il suo cuore batteva forte, ma non per paura, come prima.
Arrossì
e ringraziò il cielo che fosse buio.
E
pianse, pianse ancora, lasciandosi stringere teneramente.
Non
lo avrebbe mai mandato via, aveva troppo bisogno di sentirsi
abbracciare così.
Aveva
troppo bisogno di lui.
Portò
le mani su quelle del ragazzo e lo indusse a sciogliere il suo
abbraccio.
James
ubbidì, docile.
E
lei potè muoversi.
Potè
voltarsi verso di lui e rannicchiarsi meglio tra le sue braccia, che
subito la
avvolsero di nuovo, senza aspettare che fosse lei a chiedere.
Posò
il capo sul suo petto, vicino all’incavo di una spalla,
sentendo il suo cuore
battere tranquillo, forse un po’ più veloce,
rispetto alla norma.
Che
fosse emozionato anche lui?
James
invece appoggiò una guancia su quella testolina rossa,
sospirando.
Non
ricordava più da quanto tempo avesse sognato di poterla
stringere così.
Il
corpo di Potter era caldo ed il battere del suo cuore una dolce
consolazione.
Lily
chiuse gli occhi, pregando di poter rimanere così per tutta
la vita.
Non
avrebbe mai immaginato che, un giorno, proprio loro due, si sarebbero
trovati
in una situazione simile.
Eppure
adesso non le dispiaceva affatto.
Era
tutto così tenero e dolce che le ferite subite quella sera
parvero
rimarginarsi, una colata di miele caldo le scorreva in petto, o almeno
così le
sembrava.
Cessò
di piangere.
Ma
chi era James?
Che
cosa voleva da lei?
Perché
le stava così vicino?
Sollevò
lo sguardo, incontrando quello di lui.
Le
sue parole vennero fuori ancora prima che il suo cervello ricevesse
l’ordine di
parlare.
Parole
sussurrate.
Una
timida domanda.
-Sei
vero?-
Esisteva
veramente?
Poteva
esistere davvero una persona che aveva voglia di occuparsi di lei?
Oppure
era tutto frutto della sua immaginazione?
Lui
ci sarebbe stato ancora domani?
Una
domanda che aveva un che di assurdo per chi la ascoltava, ma James non
parve
stupito, né la guardò come se fosse pazza.
Le
sorrise.
E
fu il sorriso più bello e dolce del mondo.
Lily
non avrebbe mai dimenticato la stretta al cuore che le
provocò.
La
strinse di più, rendendo minima la distanza tra i loro
corpi.
-Raccontami
di te, Evans.- le disse improvvisamente. –Voglio sapere chi
sei. Voglio sapere
in che modo la tua vita ti ha portata ad essere
così…-
Sentì
le lacrime salire di nuovo e le lasciò scorrere.
Poteva
farlo, se c’era lui.
Solo
con lui.
E
perdendosi in quegli occhi neri, così buoni mentre erano
posati su di lei, Lily
raccontò.
E
anche questo capitolo è terminato! ^^ Spero di avere fatto
un buon lavoro, ci
tengo veramente che voi abbiate il meglio di me!
Mi
scuso per il ritardo, visto che avevo sbandierato ai quattro venti che
avrei
aggiornato domenica, ma la mia ADSL ha dato completamente di
matto…. =___=
Fortuna
che ora funziona di nuovo.
Mi
sono sentita male, però, ve lo assicuro! Dannati aggeggi
tecnici!
Saluto
tutte voi, che state aumentando ogni giorno! E’ un onore
scrivere per voi.
Saluto
soprattutto Meylover e lo faccio con tanto di inchino, non mi aspettavo
di
trovarti tra i miei lettori, quando tu sei stata una specie di idolo
per me!
^///^
Oggi
20/06/07 per
me è un giorno bello e triste insieme. Kysa, il mio idolo,
ultimerà il suo
lavoro per poi ritirarsi. Forse non avrò più la
possibilità di sentirla di
nuovo…
E’
stata una
maestra per me e le sono molto affezionata.
Perciò,
trattenendo
la solita lacrimuccia, colgo l’occasione per salutarla ancora
anche per mezzo
di un’altra parte di me, forse quella più
importante: la scrittura.
Perché
è questo ciò
che sono, prima di tutto.
La
saluto con
questo capitolo, che io considero uno dei più importanti
della mia storia.
Quindi
Kysa, se
mai un giorno ti troverai a leggere questa storia mediocre ed arriverai
a
leggere questo capitolo, sappi che c’è una tua fan
che terrà te e le tue storie
sempre in un posticino speciale del suo cuore……
Grazie
di cuore
per avermi fatta crescere con i tuoi racconti.
Mi
mancherai.
Semper
fidelis …
Valentina
|
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Capitolo 9 *** Bedtime ***
CAPITOLO
9 “
BEDTIME”
Please,
please
forgive me,
But I
won’t be
home again.
Maybe
someday
you’ll have woke up
And, barely conscious, you’ll say
to no one:
“Isn’t something
missing?”
You won’t cry for my absence, I know
You forget me long ago.
Am I that unimportant...?
Am I so insignificant...?
Isn’t something missing?
Isn’t someone missing me?
Missing, Evanescence
C’era
stato un tempo, quando era ancora bambina, in cui era stata felice.
Si
trattava, tuttavia, di un periodo così distante nella sua
memoria, che ormai
aveva dimenticato.
Per
sempre.
Chiuse
gli occhi e tentò di ricordare.
Andare
indietro…
Ancora,
ancora e ancora, cercando di afferrare sfuggenti ricordi dove non
risiedeva il dolore.
La
felicità.
Una
parola estranea. Assente nel suo vocabolario.
Forse
non sarebbe stata capace di ritornare con la memoria a quei giorni.
Forse
le troppe lacrime versate avevano finito con lo sbiadire quelle
immagini.
Forse,
semplicemente, non ne aveva il coraggio.
Il
coraggio di vedere com’era stata la sua vita
all’ora e com’era divenuta adesso.
Non
era mai stata una coraggiosa…
Non
aveva mai provato a ricordare, temendo di sentire quelle piaghe
profonde
ingrandirsi e provocarle un dolore maggiore.
Ma
la stretta di quella mano era forte.
Così
forte che, in quell’istante, pensò davvero di
essere capace di poter fare di
tutto.
Guardare
incantata quegli occhi scuri e gentili, specchiarsi in quella
limpidezza e
capire di poter raggiungere tutto quanto, qualsiasi cosa.
Sentì
la paura allontanarsi e scomparire.
Aprì
la mente e trovò finalmente la forza di raccogliere i
piccoli frammenti della
sua esistenza, ancora così breve, e rimetterli insieme.
Lui
avrebbe capito.
Qualunque
cosa fosse uscita dalle sue labbra, tremanti per la paura e, allo
stesso tempo,
per l’euforia di narrare un storia da troppo tempo taciuta,
lui l’avrebbe
accettata. L’avrebbe capita, senza giudicare.
Muovere
le labbra e cominciare a raccontare, mettendo ordine nella sua memoria
martoriata
da ricordi atroci.
Da
bambina era stata felice. Era stata bella quella vita in cui credeva
ancora di
essere come loro. Come la sua famiglia.
E
parlare del forte e profondo amore per sua madre. La sua ammirazione di
bambina
verso colei che l’aveva messa al mondo, il suo universo.
Sorrise,
mentre giungeva il ricordo di se stessa, così piccola, che
fissava quella bella
donna dai ricchi boccoli rossi, mentre, concentrata sulla propria
immagine allo
specchio, si truccava in maniera impeccabile.
Vederla
voltarsi per sorriderle.
Vederla
allungare le braccia verso di lei, incitandola ad avvicinarsi.
Sentirla
chiederle, scherzosamente, se stesse bene acconciata in quel modo.
Sentire,
infine, la propria risposta. Sincera, affettuosa, limpida….
-Sei
bella, mamma.-
Non
si curò affatto di quel dispettoso nodo che le aveva stretto
la gola, tentando
di impedirle di continuare.
Sentì
quella mano calda stringere la sua ancora più forte.
Sospirò
ed andò avanti.
Riportò
alla memoria l’espressione dolce e calda che aveva Rose
Evans, quando i suoi
occhi nocciola si posavano su di lei.
Il suo
modo di sorridere, in grado di farla sentire terribilmente importante.
Quelle
mani, sempre ben curate, che si muovevano con veloce precisione, quando
la
aiutava ad indossare uno di quei vestiti ricchi di fiocchi e merletti
che le
piacevano tanto.
Ricordò
il tocco gentile che sua madre aveva quando le regalava una carezza.
Ricordò
le attenzioni che aveva avuto per lei.
I
biscotti caldi, appena sfornati, al mattino.
Le
coperte rimboccate, la sera.
Il
leggero bacio dato sulla fronte, quando, di notte, si recava
silenziosamente
nella sua cameretta per controllare che stesse dormendo serena.
Il
sospiro che scaturì dalle sue labbra fu atroce, ma non
cedette.
Non
poteva cedere.
Sentiva
la libertà della sua anima così
vicina……
Ricordare
ancora.
Ricordare
gli sforzi fatti per rendere quella donna meravigliosa orgogliosa di
lei.
Giornate
passate a studiare sui libri, mentre gli altri bambini giocavano nel
parco
vicino.
Felice.
Felice
di sapere che, studiando così tanto, avrebbe sicuramente
ottenuto ottimi
risultati e visto il sorriso raggiante di sua madre.
Rinunce.
Rinunciare
alla compagnia dei coetanei.
Rinunciare
a passare del tempo alla TV.
Sorrise
nel vedere la fronte di James Potter corrucciarsi, confusa, al suono
della
parola “ Cartoni Animati”.
Non
rimpiangeva ciò che aveva fatto. Era stata questa la sua
volontà.
Forse,
fin da sempre, aveva saputo che avrebbe dovuto lottare per potersi
guadagnare
l’affetto dei genitori. Per poter
essere……accettata.
Heric
Evans, suo padre.
Un
tempo quell’uomo aveva avuto la capacità di farla
sentire una principessa.
La
chiamava spesso con quel nome. Principessa……
Poi,
un giorno, aveva cessato di farlo.
Suo
padre…
Capelli
biondi come il grano.
E
sottili occhi verdi, identici ai suoi.
Lo
aveva adorato, ma tutto il suo amore non era servito a niente.
Ripensandoci
dopo tanto tempo, Lily ebbe come l’impressione che,
nonostante i suoi sforzi,
tutti quanti avessero calpestato il suo cuore, riducendolo in poltiglia.
C’erano
stati giorni meravigliosi.
Giorni
durante i quali lei aspettava, seduta sul muretto che circondava casa
sua, in
attesa di veder sbucare la macchina di suo padre.
Vederlo
parcheggiare ed infine scendere.
Correre
veloce verso di lui con un sorriso colmo di tutto l’affetto
che il suo giovane
cuore poteva donare.
Attendere
con impazienza che lui la sollevasse da terra, tenendola saldamente tra
le
braccia, facendola volare.
E
poi la sua voce.
Dolcissima.
-Eccoti,
principessa…-
Aveva
trascorso i primi dieci anni della sua vita come se fossero stati un
bellissimo
sogno.
Cullata
dall’abbraccio ricco d’affetto dei suoi genitori.
Tenuta
sempre per mano da sua sorella
maggiore,
sempre così protettiva con lei.
Petunia…
Anche
quella ferita bruciava.
Colei
che per prima l’aveva allontanata.
Colei
che per prima l’aveva disprezzata.
Invidiosa
e cattiva.
E
pensare che, in quei giorni luminosi, erano state così
vicine……
Il
suo mondo dorato finì nel medesimo istante in cui quella
lettera arrivò.
Un
premio e, al tempo stesso, una maledizione.
Lei,
troppo Babbana per poter diventare strega.
Lei,
troppo strega per poter tornare ad essere una Babbana.
Due
mondi.
Eppure
nessun luogo dove andare.
Mezzosangue……
Il
ricordo delle parole di Malfoy la scosse.
James
tornò ad abbracciarla, lasciando che lei appoggiasse il capo
sul suo petto.
Fu
strano ripensare ai sentimenti che provò il giorno
dell’arrivo di quella
lettera…
Incredulità.
Stupore. Eccitazione. Consapevolezza.
Tante
cose di lei dicevano.
Tante
cose le dimostravano la verità.
Lei
era speciale.
Non
era come gli altri.
Improvvisamente,
la sua mente di bambina era riuscita a giustificare tutti quegli eventi
strani
che le capitavano di continuo.
Era
stata gioia.
Pura
gioia.
Mentre
Petunia, da subito, aveva eretto un muro di invidioso silenzio, i suoi
genitori, da principio, erano stati felici per lei.
Orgogliosi.
Curiosi.
Desiderosi
di conoscere quel nuovo mondo insieme a lei.
Con
un sorriso nostalgico, Lily prese a raccontare di quella meravigliosa
giornata
a Diagon Alley, per gli acquisti scolastici.
C’era
stata confusione nel suo animo.
Si
era ritrovata a vagare per quelle viuzze sconosciute dai negozi
bizzarri,
girandosi in continuazione per poter vedere tutto e subito.
Perfino
le persone che le camminavano intorno erano strane.
Ricordò,
per un attimo, l’espressione sconcertata di sua madre, quando
i suoi occhi
attenti si erano posati sulle vesti strampalate e multicolore di chi le
passava
vicino.
Era
stato bello.
Divertente.
Diverso.
Aveva
comprato più libri del necessario, desiderosa di leggerli
tutti.
Aveva
mangiato dolci che, prima di allora, non credeva esistere.
Aveva
trovato la sua bacchetta.
Aveva
conosciuto il suo potere, per la prima volta……
Le
labbra di Potter si piegarono in un sorriso di tenerezza. Per lui non
era stato
così.
Lui
aveva conosciuto Diagon Alley fin da piccolo.
Non
c’era stato stupore o meraviglia per lui, il giorno degli
acquisti per il primo
anno. Non c’era stato timore o confusione.
Si
sorrisero, parlando per un po’ di come fosse stata quella
giornata per loro,
raccontandosi aneddoti buffi e divertenti.
James
la fece ridere, narrandole il suo primo ed esilarante incontro con
Sirius
Black, al negozio di abiti di Madama McClan. Il loro era stato un colpo
di
fulmine.
Amici
fin da subito, le disse ridendo.
Poi,
con rinnovato coraggio, Lily raccontò del suo arrivo ad
Hogwarts.
Vedere
tutti gli altri molto più informati di lei.
Sentirsi,
in qualche modo, inferiore.
Udire
quei ragazzini parlare di cose a lei sconosciute.
Sentirsi……un’estranea.
Il
suo terrore per lo smistamento imminente.
La
sua paura di non essere scelta per nessuna casa ed essere cacciata via.
Ricordò
di come avevano tremato le sue gambe, mentre si stava avvicinando allo
sgabello
dove avrebbe dovuto sedersi per sottoporsi alla prova del Cappello.
Paura.
Paura
fino alla fine.
Poi
sorpresa.
Sorpresa
nel sentire la voce dell’oggetto magico comunicarle di essere
addirittura
indeciso se mandarla a Corvonero, oppure a Grifondoro.
Sollievo
e gioia.
Faceva
parte di quel mondo, allora!
Timidamente,
Lily confidò a James di averlo osservato, quella sera.
Lui
si era avvicinato verso la prova da affrontare fiero e baldanzoso come
era e
sarebbe sempre stato.
Lo
aveva invidiato fin da allora.
Aveva
invidiato la sua sicurezza.
Lei
non ne aveva mai avuta, destinata ad un’esistenza
all’ombra.
In
principio, aveva davvero creduto che la vita ad Hogwarts
l’avrebbe resa felice.
L’idea
di poter stare con altri ragazzi come lei l’aveva
elettrizzata e riempita di
aspettative che, successivamente, si sarebbero rivelate vane.
Non
l’avevano mai accettata. Fin da subito.
La
sera stessa del suo arrivo scoprì di essere una Mezzosangue,
quindi indegna di
studiare magia.
Non
tutti la pensavano a quel modo, ovviamente, ma l’opinione di
coloro che le
rivolgevano tali parole cattive era troppo importante.
Tutti
seguivano.
Tutti
eseguivano.
Tutti
la evitavano.
Non
le rimase altro che rinchiudersi in un silenzio doloroso, deluso e
amareggiato.
Passare
giornate sui libri in un angolo appartato della Biblioteca.
Passeggiare
da sola nel parco.
Occupare
i banchi vuoti.
Escludersi.
E
quella necessità di esclusione, alla fine, divenne
desiderio, tanto da non
poterne fare più a meno.
Era
stato un errore, lo sapeva. Ma non aveva visto atre vie
d’uscita…
Lei
non era James Potter.
In
quei momenti, l’unica consolazione che aveva era il pensiero
del suo ritorno a
casa, da chi le voleva bene.
Senza
rendersene conto, trattenendo lacrime tristi, aveva preso a segnare i
giorni
che la separavano da quel momento.
Amava
la scuola, amava le materie e tutto il resto, ma desiderava solo
tornare a
casa.
Tramando,
Lily non riuscì a trattenere un singhiozzo.
James
la strinse senza dire niente.
Il
suo ritorno a casa…
Ciò
che l’aveva fatta resistere in
quell’inferno…
Eppure,
una volta tornata, non aveva potuto fare altro che sperare di ripartire.
I
nervosi sorrisi di benvenuto dei suoi genitori.
La
rabbia palese di Petunia.
La
paura.
Avevano
davvero paura di lei?
Aveva
passato l’estate che precedeva il suo secondo anno sentendosi
osservata costantemente.
Perché?
Perché
non si fidavano più di lei?
Perché
le avevano ordinato di mettere via il baule con le sue cose di scuola?
Cos’era
accaduto in quell’anno di lontananza?
Con
un sorriso doloroso, Lily raccontò che l’estate
successiva fu assai peggiore.
Suo
padre, senza tanti problemi, le aveva chiesto di lasciare la scuola e
di
tornare a frequentare gli istituti babbani.
Doveva
lasciarsi quei due anni di magia alle spalle e dimenticare.
Nonostante
l’amore e l’affetto, nonostante il desiderio di
tornare ad essere la figlia
amata, non aveva accettato e li aveva lasciati ancora.
Avrebbe
dovuto ubbidire?
Ripensandoci,
visto l’andare delle cose, avrebbe dovuto.
La
sua famiglia era più importante dell’imparare
magia. Ma a quel tempo non aveva
minimamente pensato alle conseguenze della sua scelta.
Aveva
dato per scontato l’amore e il sostegno incondizionato della
sua famiglia.
Ma
sua madre aveva cominciato ad essere fredda con lei, anche se aveva
provato
miseramente a mascherarlo.
Suo
padre aveva preso a non tollerare più oggetti magici in giro
e sua sorella si
era chiusa in un silenzio riservato solo a lei.
Nessuno
l’amava più, non era così stupida da
non accorgersene.
Quando
si ha paura di qualcosa che non si comprende, allora la si finisce per
odiare.
Fine
terzo anno.
Fine
della sua misera vita.
“Vattene.
Vai nel mondo al
quale appartieni”.
“Vai
ti prego.”
“Io
e tuo padre, ormai, non
sappiamo davvero più come fare ad amarti Lilian”
“Cerca
di capire…… sei
diversa da noi….”
“Come
possiamo farti da
genitori?”
“
Comunque ti manterremo,
non preoccuparti, e potrai tornare a trovarci, qualche
volta… E’ meglio se vai
da tua nonna, però. Lei… lei non sa nulla di te,
mi raccomando, non fare
stranezze anche lì, va bene?”
“Perdonaci,
tesoro.”
Quelle
parole suonavano tanto come un addio definitivo e lei non aveva avuto
neppure
la forza di replicare.
Aveva
dovuto dare le spalle anche a chi credeva l’avrebbe sempre
sostenuta. Non
voluta neppure da loro.
Distruzione.
Inesorabilmente,
crudelmente, si avvicinava.
Il
suo cuore aveva cominciato a chiudersi, congelandosi.
Non
voluta tra i maghi.
Non
voluta tra i babbani, la sua famiglia.
Rabbia.
Tristezza.
Odio.
Distruzione
totale..
Se
nessuno la voleva, allora sarebbe diventata invisibile.
Era
una cosa impossibile, ma ci avrebbe provato.
Come
un suicida che si appresta a saltare ne vuoto, lei era rimasta a lungo
sospesa,
ed in fine, chiudendo gli occhi, aveva fatto il passo in più.
Cadere
nel vuoto…
Sempre
più giù, sempre di più…
Dritta
fino all’oscurità, dove nessuno
l’avrebbe più potuta vedere.
Eppure,
in quel momento, con James lì vicino, ebbe
l’impressione che, alla fine,
qualcuno fosse riuscito a raggiungerla, per quanto in
profondità si trovasse, e
fosse riuscito ad afferrarla, arrestando la sua continua caduta.
Il
ragazzo la guardava con uno sguardo indecifrabile. Sembrava vibrare.
Non
voleva che provasse pietà per lei.
Non
desiderava questo da lui.
Puntando
gli occhi verdi sui suoi, analizzò quel suo sguardo.
-Ti
faccio pena?- chiese d’un tratto.
Lui
non rispose subito, poi, sorridendole, chiese : -Tu credi di far pena?-
Spiazzata.
Abbassò
lo sguardo, incapace di sostenere quello del ragazzo.
Che
rispondere?
-Non
fai pena, Evans.- le disse lui, aiutandola a trovare la risposta a
quella
domanda così difficile. –Sono coloro che ti hanno
costretto ad essere così che
fanno pena, credimi. Ed io entro nella categoria…-
Lily
spalancò gli occhi. –Ma…Potter! Ti
sbagli, tu…tu non mi hai mai…-
James
fece un lieve sorriso. –No, non ti ho mai trattato come un
rifiuto, ma resta il
fatto che non ti ho neppure aiutata a non cadere. Non ho mai saputo
come fare
per avvicinarmi a te, Evans.-
Lei
sorrise, tentando di sollevarlo. –Adesso mi sei vicino, no?-
Anche
lui sorrise. –Già. Adesso sì.-
Per
un po’ restarono in silenzio, ognuno perso in
chissà quali pensieri. James
osservò l’espressione triste della ragazza. Anche
senza occhiali, così vicina,
riusciva a vederla.
Non
c’era niente di più bello per lui…
-Ti
mancano?- le chiese a bruciapelo.
Lily
trasalì, ma decise di rispondere. –Certo. Anche se
continuo a vederli, mi
mancano. È come se fossi un’estranea, adesso.-
-Capisco.-
mormorò il ragazzo. –Ma non credi sia arrivato il
momento di uscire dal buco,
Evans?- le disse piano.
Sorridendo
mesta, la ragazza scosse il capo. –E’ troppo tardi,
Potter.-
-No.
Non è mai tardi per nulla.-
-E
come dovrei fare, allora?- lo incalzò lei, piccata.
Sfiorandole
uno zigomo con l’indice, fissandola incantato, James le
sorrise.
-Tienimi
per mano… Lily.- disse. –Se lo farai, io ti
tirerò fuori. È una promessa.-
Sentendo
il cuore battere a mille, la ragazza comprese di essere arrossita
ancora.
Non
capiva bene per quale ragione.
La
vicinanza di James?
Le
sue dolci parole?
La
sua promessa?
Oppure
tutto quanto?
Comprese
di avere voglia di piangere, ma di gioia.
Lui
l’aveva chiamata per nome!
E
sentire il suo nome pronunciato dalle sue labbra fu meraviglioso. Il
suo cuore
acquistò calore, dopo tanto gelo.
-Lo
farai, Lily?-
-Sì.-
rispose, trattenendo le lacrime.
Nessuno
mai, prima di allora, le aveva fatto promettere una cosa simile.
Nessuno aveva
mai voluto tenerla per mano…
-Sì,
James…-
***
Le
due e mezza del mattino.
Spettrale,
la pallida luce biancastra di una luna quasi piena filtrava dalle
spesse
finestre dell’infermeria, illuminando di poco
l’ampia stanza.
Il
silenzio faceva da padrone, opprimendo ogni cosa.
Tutto
sembrava placidamente addormentato, privo di vita.
C’era
solo una candela accesa, che riusciva a stento a creare una piccola
pozza di
luce.
Ma
a lui bastava.
Non
aveva bisogno d’altro.
Poco
distante, in un letto nascosto da delle tendine , riposava Remus,
ancora
incosciente. Madama Chips aveva detto che ci sarebbe voluta una notte
intera di
riposo, affinché si riprendesse.
Nel
lettino di fronte a lui, invece, giaceva Victoria Olsen, di poco
illuminata dai
raggi della luna e dalla tenue luce della candela.
Indossava
una veste giallo chiaro che le aveva messo l’infermiera con
la massima
delicatezza e dormiva tranquillamente, supina, avvolta da soffici
lenzuola.
Quando
Madama Chips le aveva fatto ingerire delle potenti pozioni di
rinvigorimento,
aveva urlato come una pazza.
Quelle
urla gli avevano lacerato il cuore. Spaccato in due.
Adesso
lei pareva dormire senza problemi.
Era
stanco, aveva sonno ed aveva bisogno di rilassarsi un po’,
tuttavia non aveva
voluto saperne di tornare nel suo dormitorio, né di
sdraiarsi su uno dei tanti
lettini dell’infermeria.
Quella
mano, stretta nella sua era piccola. Così piccola…
Anche
lei lo era.
Il
suo corpo era esile, di un peso esiguo, delicato..
Gli
occhi blu di Sirius Black indugiarono su quella minuta figura
addormentata.
Non
aveva mai capito.
Adesso
aveva aperto gli occhi.
Aveva
sempre creduto che Victoria Olsen fosse una specie di ragazzaccio
mancato.
Lei
era una tigre.
L’aveva
sempre vista più come un amico, che come un’amica.
Per
lui, lei era sempre stata un secondo James.
Un
amico fidato con il quale fare risse.
Con
il quale lottare giocosamente.
Un
secondo amico al quale aveva mandato lettere chilometriche piene di
rabbia e
solitudine, quando si era trovato in quella prigione dorata di casa
Black.
Lei
formava con lui la coppia d’oro dei Cacciatori di Grifondoro.
Lei
faceva insieme a lui gli scherzi ai Serpeverde e alle matricole del
primo anno.
Con
lei prendeva in giro i professori…
Con
lei sfuggiva alle lezioni, sgattaiolando ad Hogsmeade, nascosti sotto
il
mantello dell’invisibilità…
Sirius
Black era stato il primo dei Malandrini a conoscere Victoria Olsen.
Era
al secondo anno, mentre lei era una piccola matricola del primo.
Ad
undici anni Vick aveva i capelli cortissimi, tenuti in un caschetto da
maschio.
L’aria
fiera ed orgogliosa, da dura.
Ed
aveva costantemente qualche livido o cerotto da qualche parte.
Era
una capa.
Nessuno
del suo anno osava mettersi contro di lei e, presto, neppure gli
studenti più
grandi.
E un
giorno, nel corridoio del Settimo piano, Sirius Black e Victoria Olsen
si erano
incontrati. Ognuno seguito dal proprio corteo.
Sirius
aveva creduto di poter fare il gradasso ed il grande capo con lei,
visto che
era una matricola. Victoria, per tutta risposta, gliele aveva suonate.
Come
dimenticare quel giorno?
Perfino
gli abitanti dei quadri si erano affaccendati per spiare ciò
che accadeva sotto
ai loro occhi.
Una
rissa in piena regola e tra componenti della stessa casa, perfino!!
Il
duello era terminato quando i due valorosi guerrieri, picchia di qua,
colpisci
di là, avevano finito con il ruzzolare più di una
rampa di scale, facendosi un
male atroce.
Il
piccolo Black aveva passato i seguenti tre mesi ad evitare quella
bambina
malefica, sfuggendole con la coda tra le gambe e meditando vendetta.
Vendetta
che poi non era avvenuta, perché i due, nonostante gli
insulti e le occhiate in
tralice, arrivarono a riconoscere il valore dell’avversario,
per poi diventare
amici.
E
Victoria era divenuta membro ufficiale dei Malandrini.
Sirius
sorrise a quei ricordi.
L’aveva
sempre ritenuta diversa dalle altre. A volte neppure la considerava una
ragazza. Era più abituato a crederla un maschio.
Vick
giocava a Quidditch in maniera perfetta, non passava tempo a studiare
diligentemente
in Biblioteca.
Faceva
a pugni con chiunque la provocasse, non passava giornate intere a
truccarsi e a
sistemarsi i vestiti.
Ad
Hogsmeade si fiondava di corsa da Zonko, mai a guardare le vetrine dei
negozi
di abiti…
Vomitava
al pensiero di una cioccolata da Madama Piediburro, mentre amava bere
una bella
Burrobirra ai Tre Manici di Scopa.
Questa
era lei.
Aveva
sempre ostentato forza e carattere.
Sirius
non avrebbe mai creduto di poterla vedere, un giorno, in condizioni del
genere.
Eppure
anche Vick era fragile.
Anche
lei provava dolore e, nonostante fosse forte, non poteva farcela contro
dei
ragazzi, come invece poteva riuscire lui.
Doveva
proteggerla, invece non l’aveva fatto.
L’aveva
sopravvalutata troppo?
Eppure,
per lui, lei restava comunque il suo eroe.
L’eroe
che, quella notte di tanti anni fa, l’aveva salvato,
liberandolo per sempre e
regalandogli la felicità che tanto aveva
bramato……
Posò
il suo sguardo blu elettrico su di lei.
C’era
tenerezza in quegli occhi.
E
c’era adorazione.
La
luce lunare gliela mostrava interamente.
Victoria
aveva la pelle chiara, i capelli neri come l’ebano, gli occhi
di un celeste
ghiacciato, nascosti, in quel momento, sotto le palpebre abbassate.
Fu
come vederla per la prima volta.
Victoria
Olsen era bella.
Così
bella da mozzare il fiato, o almeno, questo fu l’effetto su
di lui.
Si
sentì mancare all’improvviso, chiedendosi come
avesse fatto, per tutto quel
tempo, a starle vicino senza mai rendersene conto.
Si
chinò su di lei, senza neppure rendersene conto.
Incantato.
Soggiogato.
Ai
suoi piedi.
Vick
aveva le labbra sottili semichiuse in un sospiro.
Lui
chiuse gli occhi, vergognandosi di se stesso.
Poi
non ascoltò più.
Senza
rendersi conto di dove fosse…
Senza
considerare più cosa stesse facendo…
La
mente annullata del tutto…
Il
cuore stretto in una morsa…
Tremante
per una paura sconosciuta, posò le proprie labbra su quelle
di lei e si sentì
morire come mai gli era capitato prima…
Ecco
qua, capitolo concluso.
Chiedo
scusa a tutti voi per il ritardo, ma settimane fa la mia ADSL
è morta
definitivamente, lasciandomi in una depressione senza eguali.
Ne
sono successe di tutte, ho provato a chiamare mezzo mondo e anche di
più per
riportare in vita il dannato aggeggio, alla fine, dopo lacrime,
berciate e
tentativi di distruzione del computer (ero un tantino
inc…..) ce l’ho fatta.
Il
dannato aggeggio rifunziona e spero lo farò per sempre!!!!!!
Inseguito
ho avuto qualche problema con la scrittura di questo capitolo, non
è stato
facile per me, ho dovuto provarci numerose volte, perché non
mi soddisfaceva
mai.
Anche
adesso, ad essere sincera, non sono soddisfatta di questo
capitolo….
Pazienza,
vi chiedo umilmente scusa per questo disastro.
Farò
meglio la prossima volta, promesso! ^___^””
Non
avendo molto tempo, ringrazio tutti coloro che leggono questa storia,
soprattutto coloro che non mancano mai di recensire e che, facendolo,
mi danno
sempre la forza per scrivere il capitolo successivo.
X EFP: Ringrazio anche
coloro che hanno
aggiunto questa fic mediocre tra le loro fic preferite! Grazie
davvero!!!
Grazie
anche a coloro che invece mi hanno addirittura messo tra gli autori
preferiti!!!
Che
dire?
Non
mi merito tutto questo, perciò vi dico un GRAZIE
moltiplicato per
100000000000000000000000000000000000000000000 di volte e mi inchino.
Infine
altre due cose! ^___^
Nonostante
sia una contessa vampira e prediliga spostarmi sotto forma di
pipistrello,
oppure tramite una bella carrozza nera trainata da cavalli neri, da
vero
romanzo gotico, la vostra Lady Tsepesh deve dare l’esame di
teoria per la
patente di guida.
Ebbene
sì, pure i vampiri necessitano di macchina! XD XD
Quindi
non so quando potrò riaggiornare. Cercherò di
fare in fretta…
Seconda
cosa, dedico il capitolo a Black-Witch, che spero abbia gradito il
finale del
capitolo.
Un
bacione a tutti voi…
Lady
Tsepesh
|
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Capitolo 10 *** It's time to fly... ***
Dedico questo capitolo a
tutti coloro che,
proprio nel momento in cui si sono sentiti più soli, si sono
resi conto di
avere qualcuno vicino. Lady Tsepesh
CAPITOLO 10
“IT’S
TIME TO FLY”
Era
bella. Terribilmente bella…
E
lo era sempre stata.
Andava
su e giù per la Sala Comune verde e argento, spostandosi
sulle sue belle gambe
messe in risalto dalla gonna della divisa decisamente ridotta, e dava
ripetuti
tiri alla sua sigaretta dal profumo di lavanda.
Non
era il caso di contraddirla in quel momento, sarebbe stata capace di
uccidere a
sangue freddo.
Mai
contraddire la regina di Serpeverde.
Guai
a provocare le ire di Bellatrix Black.
Narcissa,
rincantucciata in una delle soffici poltrone della sala, osservava
preoccupata
la sorella maggiore.
I
suoi capelli biondi ricadevano sulle sue esili spalle, gli occhi chiari
privi
di luce.
Più
che sembrare una ragazzina di quindici anni, pareva essere una bella
bambola di
porcellana, niente di più. E, forse, era così che
tutti i suoi compagni la
consideravano.
-Bella…-
chiamò, quasi in un sussurro.
La
marcia della sorella si interruppe di colpo e la mora si
voltò verso di lei.
Mostrava
un’aria annoiata che la diceva tutta su quanto potesse essere
interessata alle
lagne della sorellina.
-Cosa?-
fece, non cercando neppure di mascherare il suo essere terribilmente
seccata.
Narcissa
abbassò lo sguardo, timorosa di incrociare quello blu di
Bellatrix.
-Pensi…-
cominciò con insicurezza. –…Pensi che
li espelleranno?-
Ovviamente
non osò sollevare gli occhi.
Per
un attimo le parve di essere stata circondata da un atroce e gelido
silenzio,
probabilmente quelli erano gli occhi di Bella puntati su di lei.
Poi
la risata fredda, priva di emozione, della sorella le giunse alle
orecchie.
Detestava
sentirla ridere in quel modo.
Somigliava
troppo a loro padre, quando lo faceva.
A
Narcissa vennero i brividi.
-Sono
degli idioti, soprattutto il tuo fidanzato.- disse Bellatrix, con un
ghigno
ironico sul viso. –Ma non li butteranno fuori, sono tutti di
famiglia troppo
ricca. Il consiglio non può permettersi la perdita dei
rampolli delle famiglie
di maghi più prestigiose, non credi?- ragionò,
logica. – Scommetto che i
genitori stanno già marciando verso Hogwarts…-
-Capisco.-
mormorò la biondina, stringendosi di più nel suo
cantuccio.
Le
labbra della mora si piegarono in un orribile sorriso.
-Lucius
sarà di umore tremendo quando tornerà.-
Bastarono
quelle parole per raggiungere ciò che voleva.
Il
corpicino esile di Narcissa fu attraversato da un fremito.
Adorava
tormentare quell’inutile di sua sorella. Adorava tormentare
tutti quanti, a
dire la verità.
In
quel momento l’entrata della loro Sala Comune si
aprì, lasciando passare
qualcuno che, insieme ai professori, aveva lavorato quasi tutta la
notte per
spegnere le fiamme e riparare la Biblioteca.
Duro
lavoro quello dei Caposcuola…
Eva
Ames aveva l’aria sfinita.
I
ricci castano chiaro sparati in maniera disastrosa, gli occhi verde
scuro
stanchi e arrossati. Doveva aver passato una notte
meravigliosa…
Aveva
una vestaglia viola scuro sopra la camicia da notte.
L’avevano chiamata,
buttandola giù dal letto, senza neppure darle il tempo di
vestirsi.
Questo,
conoscendo la sua mania per la perfezione, era già stato
più che sufficiente
per farle saltare i nervi.
Erano
le sei del mattino, tutti gli studenti si trovavano ancora a letto.
Tutti
tranne quelle tre ragazze.
Scrutando
le due sorelle Black con i suoi freddi occhi verdi, Eva fece un mezzo
sorriso
ironico.
-Buongiorno.
Dormito bene?-
Bellatrix
fece una smorfia.
-Una
meraviglia.- sibilò con rabbia. –Che ne
è dei ragazzi? Sono dal preside?-
-Io
li ho lasciati lì.- rispose Eva, avvicinandosi alla compagna
di casa. –Bella…-
fece, incrociando volutamente il suo sguardo.- Quello che è
accaduto è opera
tua?-
Non
sorrideva più.
In
quel momento la Ames aveva un’espressione rigida. Severa,
quasi.
Non
aveva mai amato le grane e non aveva mai preso parte ai piani di
Serpeverde
contro Grifondoro.
La
Black sorrise, dando un tiro alla sua sigaretta. –Certo che
no, io ho più
classe. È Lucius l’idiota che riesce sempre a
farsi sgamare.-
La
battuta finale non riuscì a strappare alla Ames neanche un
sorriso.
-Siete
degli idioti e questa storia deve finire!- esclamò, dura in
volto. –Non è un
gioco, Bella! Qualcuno poteva morire, stanotte! Ma te ne rendi conto o
no?!-
Per
tutta risposta Bellatrix Black scoppiò a ridere.
-So
benissimo che non è un gioco, di fatti io prendo le cose
seriamente. Per quanto
riguarda il morire, beh……. Non mi sembra che
avremmo avuto grandi perdite, no?-
Fu
un attimo.
Un
attimo durante il quale Eva sentì la propria mano fremere
così forte, che ebbe
davvero il timore che avrebbe dato uno schiaffo a colei che governava
Serpeverde sopra chiunque.
Anche
Narcissa se ne accorse, prendendo a tremare.
Gli
occhi di Bellatrix erano freddi e pungenti, divoranti. Il ghigno sempre
perenne
sulle belle labbra rosse.
-Sai
che ti dico?- disse, portandosi ancora più vicino alla Ames.
–Come cattiva non
sei proprio una gran cosa… E come buona sei addirittura
patetica. Fa ciò che ti
ho detto di fare e tieni la bocca chiusa, Caposcuola Ames.-
Le
soffiò in faccia l’ultima boccata di fumo, ma Eva
non si scompose, continuando
a scrutarla con stizza.
-Ti
sei offesa, principessa?- fece Bella, con un sorrisetto ironico.
Fu
il turno di Eva sorridere.
-Mi
fai pena, Bellatrix. L’unica cosa che mi obbliga ad
obbedirti…è il volere dei
miei genitori, niente di più. Tu per me non sei nessuno.-
Disse
quelle parole così dure con una tranquillità
disarmante e terribilmente
inglese.
No,
Eva non aveva paura di lei.
Non
si curava affatto che lei fosse la grande Bellatrix Black.
Superiore.
Ignorandola,
la scansò, diretta ai dormitori.
Non
si voltò più indietro.
Fu
con orrore che Narcissa Black udì la risata sguaiata ed un
po’ folle di sua
sorella invadere la Sala Comune.
A
volte Bellatrix faceva paura, capacissima di far gelare il sangue nelle
vene di
chiunque.
Lei,
piccola di casa Black, lo sapeva meglio di chiunque altro.
Sua
sorella era pazza.
Lo
era sempre stata.
Assetata
di un potere irraggiungibile, mai bastante per la sua gola avida.
Un
giorno quella
sete atroce avrebbe finito con il logorarla, ma sembrava che lei fosse
ben
lungi dal curarsene.
L’eterna
pazzia di chi vuole tutto e, al tempo stesso, non vuole niente.
Ma
Narcissa sapeva…
In
fondo al suo cuore, Bellatrix teneva nascosto il suo unico, vero,
desiderio.
Lo
teneva racchiuso in uno scrigno così piccolo e buio, che a
stento lo si poteva
vedere. Anche lei, nonostante ne fosse l’unica custode, a
volte finiva con
l’ignorare la sua esistenza. Eppure
c’era…
Era
lì…
Un
desiderio.
Un
desiderio talmente grande che tutto l’oro dei Black non
sarebbe mai bastato….
Senza
rendersene conto, Bellatrix aveva portato lo sguardo a terra, rimanendo
immobile come una fredda statua di marmo.
I
passi di Narcissa si sentirono appena, nonostante il silenzio
opprimente.
La
grazia di una fata.
Timidamente
e con lentezza, la ragazzina posò una mano delicata sul
braccio della sorella
maggiore, richiamando la sua attenzione.
-Bella…-
mormorò, guardandola con un’espressione difficile
da decifrare.
Gli
occhi blu di Bellatrix si puntarono su di lei, privi di qualsiasi
emozione.
Vuoti,
come quelli di una bambola.
-…lo
farai veramente?-
Le
aveva sempre fatto paura quella domanda, ma sapeva che, prima o poi,
avrebbe
dovuto formularla.
Quando
vide la sorella annuire leggermente con la testa, si sentì
mancare.
-Perché?-
domandò ancora con un filo di voce.
Le
labbra di Bellatrix si piegarono in un sorriso che non
arrivò agli occhi.
-Perchè
è ciò che sono, Cissy.-
Scrutandola
con i suoi occhi azzurri, ancora privi di crudeltà, Narcissa
Black non accennò
ad alcun segno di comprensione.
No,
lei non capiva.
Non
ancora…
-Lo
fai a causa sua, non è vero?- chiese a brucia pelo.
A
quel punto, lo sguardo di Bellatrix si fece sfuggente.
Si
sottrasse alla sua debole presa, andando a sedersi su una delle tante
poltrone.
Gambe accavallate, nuova sigaretta alle labbra…
Ancora
odore di lavanda…
Il
sorriso impertinente che tornava.
Dopo
aver dato un tiro alla sigaretta, la strega dai capelli corvini si
decise a
muovere le labbra per dare una risposta.
Un
ghigno.
-Lo
faccio per me, Cissy. Solo per me.-
E
nel momento stesso in cui lo diceva, Narcissa ebbe la chiara
impressione che
fosse soltanto un’altra stupidissima bugia.
***
Quando
Lily Evans si svegliò, quella mattina, lo fece con
l’impressione che il mondo
avesse preso a girare, finalmente, in maniera diversa.
Il
suo cuore non pesava più così tanto e neppure il
respirare le risultava così
difficile.
Non
aveva dimenticato.
Questo
non lo avrebbe fatto mai, probabilmente.
Non
poteva ignorare ciò che le era accaduto, però
c’era qualcosa…
Un
qualcosa di caldo e di avvolgente che riusciva a lenire tutto il suo
dolore ad
una velocità inaudita. Una super medicina che neppure Madama
Chips aveva.
I raggi
del sole, ormai pienamente sorto in cielo, le accarezzarono il viso in
modo
delicato e lei si ritrovò a sorridere anche di questo.
Era…felice?
Non
ricordava di esserlo più stata da un po’ di tempo
a quella parte.
Eppure,
in quel momento, aveva solo voglia di sorridere.
Probabilmente,
se adesso stava così, tutto il merito andava alla notte
scorsa. Non aveva mai
parlato a nessuno di ciò che teneva nascosto nel suo animo,
aveva vissuto
un’esistenza avvelenata, senza lasciare che qualcuno curasse
le sue ferite.
Quel
qualcuno poteva essere davvero James Potter?
Confusione.
Lo
aveva detestato, mentre invece lui le aveva rivelato che, per tutti
quegli
anni, aveva davvero voluto esserle amico.
Adesso
lei si detestava per averlo odiato.
Odiato
senza una ragione precisa, in fondo.
Lo
aveva disprezzato, perché in realtà lui era
migliore di lei. Era un idolo, era
qualcuno che tutti cercavano e rispettavano.
Lui
era forte, coraggioso, sicuro di se, spavaldo.
Lei,
l’esatto contrario, aveva bramato a lungo di essere come lui
almeno in piccola
parte. Ma non ci era mai riuscita.
Certe
macchie di nascita non si potevano cancellare.
Anche
questo era stato fonte di rabbia per lei…
Godendosi
ancora il tiepido calore del letto, Lily si voltò alla sua
destra, dove aveva
sentito James riposare per tutta la notte.
Lui
non c’era più.
Svanito,
come il più bello dei sogni.
Scattò
seduta con il cuore che le batteva forte, guardandosi intorno.
James
non era neppure tornato nel suo letto, dal momento che non era neppure
sfatto e
non era in giro per la stanza.
Sospirò,
portando le gambe al petto ed abbracciandole.
Chiuse
gli occhi, desiderando per la prima volta che quel maledetto legame
agisse per
tenerli insieme. Invece il Voto funzionava solo come e quando voleva.
Bella
fregatura!
Non
ne sapeva il motivo, oppure, forse, non voleva saperlo, però
aveva voglia di
sentire James vicino. Il fatto di saperlo via, in giro da qualche
parte, magari
a fare il galletto con qualche ragazza, la innervosiva.
Ad
ogni modo, non aveva alcun motivo di sentirsi così
possessiva verso di
lui. Aveva
tutto il diritto di fare ciò
che voleva, no?
E
poi ci teneva a lei, era stato così gentile…
Per
un attimo la sua mente tornò alla notte appena trascorsa.
In
uno dei loro silenzi, il suo sguardo era caduto allo strambo
braccialetto che
lui aveva al polso sinistro. Due catene d’argento ed un
nastro blu, uniti,
intrecciati.
Aveva
sorriso. –Mi dici che cos’è questo?-
aveva chiesto.
James
aveva sollevato lo sguardo su di lei.
I
suoi occhi erano i più belli che Lily avesse visto, anche se
erano di un
normalissimo colore nero, cupo come la notte più buia. Non
erano azzurri, né
verdi, né di atro colore particolare. Ma lei era pronta a
giurare che non ve ne
fossero di più belli.
Le
aveva sorriso in modo buffo, con il suo miglior ghigno da Malandrino.
-Davvero
non ti ricordi, Lily?-
Aveva
ricordato.
Aveva
ricordato eccome!
James
non aveva neppure dovuto ricordarle l’intera vicenda.
Il
loro quinto anno.
I
G.U.F.O. sempre più vicini.
Lei
in Biblioteca, a studiare.
Lui,
comparso all’improvviso alle sue spalle.
Il
nastrino che teneva legati i suoi capelli era scivolato via, con un
fruscio,
finendo nelle mani di James, che aveva sorriso.
Gli
aveva sbraitato contro per un bel po’, ma alla fine era
scappato con il nastro
blu.
Lily
aveva creduto che lo avrebbe gettato via, oppure usato per una delle
sue
malefatte.
Il
suo cuore aveva mancato un battito quando aveva scoperto che lui lo
aveva
conservato per così tanto tempo, invece.
Le
sue labbra si incurvarono in sorriso e le sue guance assunsero un lieve
colore
rosso.
Traendo
un lungo respiro, decise di alzarsi.
Erano
le dieci e mezza del mattino, dovevano essere tutti a
lezione…
Non
erano molte le volte che lei saltava la scuola, decise
perciò di prendersela
comoda. Dopo la confusione della notte passata, si sentiva stanchissima
ed
abbattuta.
Si
alzò piano dal letto, muovendosi come a rilento.
Si
fece una doccia veloce, cercando di lavare via anche tutte le brutte
sensazioni
provate. Magari ci fosse riuscita…
Invece
i ricordi sarebbero rimasti e lei avrebbe dovuto conviverci.
Una
volta pronta, si diresse in Sala Comune, convinta di non trovare
nessuno.
Invece,
con sua somma sorpresa, trovò Sirius Black seduto su una
delle poltrone più
vicine al camino.
Fissava
le fiamme senza vederle veramente, lo sguardo perso chissà
dove.
-Black?-
chiamò, avvicinandosi.
Lui
parve stupito di trovarsela vicino. Probabilmente non l’aveva
neppure sentita
arrivare. Comportamento strano per uno come lui.
Si
riprese subito, sorridendole affascinante. La sua bella maschera di
nuovo in
funzione.
-Buongiorno,
Evans.-
-Non
sei a lezione?- chiese lei.
-Siamo
giustificati, no?- fece lui, alzando le spalle. –E comunque
non sarei andato lo
stesso, non ho chiuso occhio, stanotte.-
A
dire il vero Lily avrebbe anche potuto chiedergli il motivo, ma Sirius
non era
volutamente andato avanti, quindi lei non fece domande, discreta.
Si
sedette poco distante da lui.
-Victoria
e Remus stanno bene?- domandò a bassa voce.
Per
un istante le sembrò che Sirius avesse trattenuto il fiato a
quella domanda,
poi lui si voltò, sorridendole. –Remus dovrebbe
ritornare in giornata. Vick …
ha ancora bisogno di riposo.-
Chiudendo
gli occhi e non riuscendo a trattenere un brivido, Lily
ricordò le urla
spropositate di Victoria, mentre Lastrange la torturava.
Guardando
Black, si chiese se fosse veramente il caso di dire tutta la
verità.
Forse
avrebbe dovuto tacere.
Però,
rifletté, se Madama Chips avesse saputo cosa era realmente
accaduto alla
Grifondoro, forse avrebbe agito con più sicurezza nel
curarla.
Non
c’era motivo di tacere. Per cosa, poi?!
Difendere
i Serpeverde?!
Non
era ancora così stupida da arrivare a tanto.
Vick
aveva tentato di aiutarla, finendo nei guai….
-Hanno
usato la maledizione Cruciatus su di lei.- disse a mezza voce, non
avendo il
coraggio di guardare il ragazzo.
Sirius
sgranò gli occhi blu, sentendosi ghiacciare dentro.
Provò
molte volte, prima di riuscire ad esalare un semplice: -Cosa?-
Lily
sollevò lo sguardo, trovando la forza di guardarlo negli
occhi.
-Mi
hai sentito. Non ti sto mentendo. Lastrange ha usato la Cruciatus su di
lei. Mi
dispiace di non essere riuscita a dire nulla al preside, ieri.-
Lui
non le rispose, tornando a fissare intensamente le fiamme.
Non
aveva voce per rispondere.
Adesso
capiva il motivo per il quale Victoria aveva provato dolore anche con
il solo
essere sfiorata.
In
casa Black si usavano spesso le maledizioni senza perdono. Fin da
bambino i
suoi occhi avevano visto cose mostruose compiute dai propri genitori.
La
maledizione Cruciatus era una di queste.
Spesso
sua madre l’aveva usata sugli elfi domestici. Non era stato
un bello
spettacolo, almeno per lui.
Il
pensiero di Victoria nelle medesime condizioni di quelle povere
creature lo
lasciò senza fiato.
Se
si fosse trovato al posto di Lily, se fosse stato lui a sentire le
grida
disperate di Vick, avrebbe desiderato una cosa sola, in quel momento:
la morte.
No,
lui non ce l’avrebbe fatta.
Non
avrebbe sopportato di vedere la sua eroina distrutta pezzo per pezzo.
-
L’hanno trattata con lo stesso disprezzo che hanno usato con
me.- mormorò Lily,
abbassando lo sguardo. –Non ce l’avevano con lei
soltanto per vendetta, c’era
dell’altro. Forse….mi sembra che anche lei sia
figlia di Babbani, non è vero?-
Nello
stesso momento in cui diceva quella frase, sentì di nuovo
rabbia. Quella rabbia
che l’aveva mossa fino a quel momento.
Ma
perché?
Cos’avevano
poi di tanto sbagliato i Mezzosangue?
Scorse
Sirius fare un sorriso triste.
-Non
hai completamente torto.- le disse. –Tuttavia, Malfoy e la
sua banda non
disprezzano Vick perché Mezzosangue. Lei è
Purosangue come loro. La disprezzano
per la sua famiglia…-
-Ma
come?- fece Lily, stupita. –I suoi genitori sono…-
Black
scosse il capo.
Non
parlò subito, come se fosse stato indeciso se aprir bocca o
meno.
- I
genitori Babbani di Victoria non sono coloro che l’hanno
messa al mondo.- senza
curarsi dell’espressione sconvolta della Evans,
andò avanti. - Il padre e la
madre di Vick erano maghi di famiglia nobile e pura, Auror da
generazioni.
Vennero uccisi insieme a tutta la loro famiglia quando lei aveva appena
tre
anni, per questo finì in orfanotrofio. I signori Olsen
l’hanno presa con loro
senza sapere che lei fosse una strega. Victoria mi ha raccontato che,
una volta
manifestati i suoi poteri, aveva avuto seriamente paura che
l’avrebbero
riportata in orfanotrofio. Aveva avuto davvero paura di perdere quelle
persone
che amava come veri genitori. Invece loro l’hanno accettata
per quello che era
e hanno continuato ad amarla.-
Le
labbra di Lily si piegarono in un sorriso, mentre uno strano nodo di
commozione
le stringeva la gola.
Lei
avrebbe dato tutto, ogni cosa, pur
di
ricevere il medesimo regalo dalla propria famiglia.
Ma
non per tutti le cose accadono nello stesso modo…
-Sono
felice per lei.- disse. –Devono davvero essere dei genitori
meravigliosi.-
-Lo
sono.- fece Sirius, sorridendo a sua volta. –Quando li vedo
tutti e tre
insieme, riesco a sentire un calore fortissimo che non ho mai provato
stando
con i miei…-
La
stanza piombò nel silenzio.
Osservandolo
in silenzio, Lily si chiese se anche Sirius, esattamente come lei, non
riuscisse a trovare amore nella propria famiglia.
In
quel momento, silenziosi nei loro pensieri probabilmente molto simili,
riuscì a
sentirlo molto vicino e a provare davvero amicizia nei suoi confronti.
Aveva
giudicato male anche lui.
Era
davvero stupida.
Non
avrebbe mai più sparato giudizi su nessuno.
Ora
che lo guardava non le sembrava più il super figo di
Hogwarts, ma le appariva
semplicemente come un ragazzo terribilmente solo.
Ripensandoci,
era normale che una persona dolce come James Potter avesse deciso di
diventargli amico e di stargli accanto.
Pensando
questo, Lily sentì il proprio cuore accelerare i battiti.
James…
Tornando
a sorridere serenamente, si alzò in piedi, andando a
mettersi proprio di fronte
a Sirius.
-Su!
Basta stare qui a rimuginare! Perché non andiamo a vedere
come stanno Remus e
Victoria?- fece, imparando, per la prima volta, ad avvolgere i brutti
pensieri
e a sopportarli per dedicarsi ad altro. –Vieni?- chiese
ancora.
Le
sembrò che Sirius cercasse di evitare il suo sguardo,
scappando e nascondendosi
da qualcosa. –Non vengo.- le disse, cercando di sorriderle.
–Ci sono già stato
poco tempo fa. Adesso ho davvero bisogno di dormire.-
Capì
subito che quella era soltanto una scusa, ma non provò ad
insistere.
Nello
sguardo sfuggente di Sirius riuscì a scorgere
l’immenso desiderio di restare da
solo, in pace. Probabilmente la sua presenza l’aveva turbato
fin dall’inizio.
Non
conosceva così bene Sirius Black da poter capire che cosa si
agitava nel suo
animo, tuttavia comprese che tutto ciò era legato a Victoria.
Lo
aveva capito dall’espressione che assumeva il volto del
ragazzo ogni volta che
lei nominava il nome della Grifondoro.
-Va
bene.- disse sorridendogli. –Allora ti farò sapere
come stanno.-
Gli
voltò le spalle, diretta all’uscita della Sala
Comune.
I
lunghi e soffici capelli rosso fuoco, fiamme vive, che ondeggiavano
sulle sue
spalle, seguendo ogni movimento del suo corpo.
Sirius
non sollevò il capo per seguirla con lo sguardo.
Rimase
con gli occhi blu fissi a terra, il giovane cuore, ancora inesperto,
stretto in
una morsa che non lo aveva lasciato per tutta la notte.
Semplicemente
colmo d’amore.
***
-Non
riesco a crederci!- sbottò Remus Lupin, gli occhi cerulei
assottigliati dalla
rabbia. Era raro beccarlo in quel particolare stato d’animo,
solitamente era la
quinta essenza della calma…
Lily
sospirò, non riuscendo a dire nulla.
Se
ne stava seduta su una sedia vicino al letto dove il Caposcuola di
Grifondoro
era stato forzato a rimanere per tutta la giornata, sentendo, a volte,
gli sguardi
di fuoco che Madama Chips le lanciava come monito: guai a fare casino.
Neppure
lei riusciva a crederci, eppure era proprio così che stavano
le cose.
Su
un lettino poco distante da loro, Victoria giaceva ancora addormentata,
senza
accennare a svegliarsi, questo anche a causa dei pesanti sedativi che
le erano
stati somministrati.
Lily
ricordava ancora le sue urla…
Terribile,
era stato atroce, eppure…
-Non
possono cavarsela così. Il preside è impazzito!-
esclamò ancora Lupin, mentre
scartava con stizza una Cioccorana.
Qualcuno
doveva essere venuto a fargli visita prima di lei, visto il gran carico
di
dolci sul comodino.
Non
c’era da stupirsi che a scuola già tutti sapessero
dell’accaduto. Più segrete
erano le cose, più con facilità se ne veniva a
conoscenza.
-Non
potevano espellerli, Remus. Le loro famiglie sono troppo importanti,
no? I
rappresentanti dei genitori non avranno voluto.- disse Lily,
ragionevole.
-Fa
lo stesso, maledizione! Hanno cercato di ammazzarci tutti!-
-Cosa
vorresti fare allora? Sentiamo.-
Il
ragazzo tacque, aveva un’espressione poco amichevole in
volto. Non l’avrebbe
fatta passare liscia ai Serpeverde, la ragazza lo capì
subito.
Per
quanto le riguardava, era adirata come e più di lui per la
decisione del
consiglio. Non credeva che una semplice punizione sarebbe bastata per
farla
pagare a quei ragazzi che l’avevano quasi marchiata a fuoco,
ma sapeva
benissimo di non poter fare altro. Rassegnazione, come sempre.
Fu
senza neppure rendersene conto che, all’improvviso, chiese:
-Hai visto James?-
Si
dette subito della stupida quando comprese ciò che aveva
appena chiesto. Cosa
c’entrava Potter in quel discorso? Perché stava
pensando a lui proprio in quel
momento? Era proprio stupida…
Remus
le sorrise.
-E’
passato a trovarmi questa mattina, molto presto. Ha detto che doveva
scappare,
il preside voleva vederlo.-
-Il
preside?! Perché?-
-Non
lo so.- disse il ragazzo con sincerità.- Spero che non venga
accusato di
qualcosa. Lui non ha fatto niente questa volta, strano ma vero.-
Ecco,
adesso era davvero preoccupata.
Che
cosa poteva volere Silente da James?
Che
fosse stato incolpato per qualcosa dai Serpeverde?
Che
il Voto fosse stato scoperto?
-Vedo
che il legame funziona un po’ come vuole…- fece
Lupin pensieroso.
-Ormai
ho smetto di rifletterci sopra.-
-Io
credo che sia James in persona, anche se senza rendersene conto, a
dettare le
regole della vicinanza, sai? Lui ti ha giurato di non fare
stupidaggini, sei
stata tu ha giurare di seguirlo, no?-
Lily,
presa dal discorso, annuì.
-Credo
che tu sia obbligata a stargli accanto solo se lui lo vuole. Guarda
l’altra
notte. È bastato che James desiderasse arrivare da te, per
salvarti, che il
legame si è attivato e vi siete venuti incontro come
calamite. Avete
addirittura fatto saltare in aria il portone!- fece, sorridendo.
Aveva
ragione, in effetti.
Lily
Evans però aveva la mente altrove.
James
era corso da lei, per salvarla…
A
stento riuscì a mantenere la sua espressione risoluta.
Poco
dopo, salutato Remus con la promessa di fargli avere gli appunti da
qualche
compagno, si diresse spedita in Sala Grande.
Già
molti studenti stavano procedendo per il suo medesimo percorso,
l’ora di pranzo
si avvicinava.
Alcuni,
al vederla passare, si zittirono all’istante, prendendo poi a
sussurrare
all’orecchio del compagno.
Cercò
di ignorarli, concentrandosi su altro.
Non
aveva voglia di rovinarsi la giornata per loro, e, comunque, lei non
aveva
fatto proprio nulla di male, era una vittima, nient’altro.
Che
andassero a sparlare di Malfoy e compagnia!
Eppure,
quando varcò il portone che dava sull’enorme Sala
dall’apparente soffitto
scoperto, si sentì gelare.
Tutti
gli occhi erano su di lei.
Dal
tavolo di Serpeverde partirono insulti e risate guaite. I ragazzi delle
altre
case si limitarono ad osservarla.
Doveva
capirlo.
Era
lei la Mezzosangue.
Era
lei che, a priori, aveva sbagliato.
Chinò
la testa, indecisa se fare altri pochi passi ed entrare, oppure tornare
indietro.
Che
fine aveva fatto il tanto decantato coraggio dei Grifoni?
Forse
lei non ce lo aveva mai avuto. Sarebbe stata decisamente meglio a
Corvonero.
Quelle
occhiate derisorie, curiose, divertite, ebbero la capacità
di farla sentire un
verme. Naturalmente nessuno accorse a salutarla, nessuno la
chiamò per
indicarle un posto libero a tavola.
Era
così che funzionava, no?
Lei
era il fiore appassito del grandioso giardino, nessuno la voleva.
Sentì
gli occhi bruciare.
Perché
la fissavano in quel modo?
Perché?
Perché?!
Fu
in quell’istante che, ritrovandosi da sola contro tutti,
desiderò, per la prima
volta, avere degli amici.
Qualcuno
che credesse sempre e comunque a lei, che la proteggesse, che le
serbasse il
posto a tavola e a lezione.
Lo
desiderò così intensamente che il peso di quegli
anni di solitudine parve
schiacciarla.
E
poi, quando ormai aveva deciso di scappare, piccola e codarda,
sentì una mano
calda stringersi intorno alla sua ed una presenza estremamente luminosa
venirle
accanto.
-Cerchiamo
un posto dove metterci a sedere?-
Lily
non ebbe il coraggio di voltarsi a guardarlo, sicura che se lo avesse
fatto
sarebbe caduta a terra, le gambe non l’avrebbero sostenuta.
Lui
era lì, accanto a lei, spuntato dal nulla, e la teneva
dolcemente per
mano.
Un angelo,
non smetteva di pensarlo.
Quando
si voltò, lui le sorrise con il suo modo simpatico e ricco
di calore. Si era
letteralmente innamorata di quel sorriso.
Ogni
volta che lui glielo rivolgeva, aveva la capacità di farla
sentire importante
per la prima volta ed era meraviglioso per lei.
Sentì
una lieve morsa stringerle lo stomaco e tanto calore scorrerle sotto la
pelle.
James…
I
suoi occhi neri, dietro le lenti degli occhiali, erano dolci, mentre la
guardavano.
I
suoi capelli d’ebano, scuri come le ali dei corvi,
disordinati in maniera
buffissima.
Le
labbra piene incurvate in quel sorriso fondamentale per la sua misera
esistenza…
Il
mormorio in Sala Grande si era moltiplicato all’arrivo di lui.
Strani
sussurri si levano alla vista del grande Potter che prendeva per mano
l’insulsa
Evans…
Ma,
ad un tratto, tutto fu diverso per lei.
James
aveva ancora le dita intrecciate con le sue, quando prese a guidarla
tra i
tavoli per raggiungere la zona Grifondoro, e non accennava a lasciarla.
Era
meraviglioso…
Strano.
Diverso.
Un
mondo nuovo, per lei.
Desiderò
davvero che lui non la lasciasse più, per alcun motivo.
Quella
mano le trasmetteva una sicurezza che non aveva mai avuto, avrebbe
voluto
stringerla per sempre.
E,
mentre si lasciava trascinare da lui, all’improvviso, tutte
le voci cattive
rivolte a lei svanirono. La mante le lasciava fuori, lontane.
Basta
ascoltare.
Basta
soffrire.
Basta
vivere nascosti ed insicuri.
James
era lì, con lei.
Era
tempo di volare…
FINE!
Eccoci
qua ragazzi, questo è il capitolo 10, il capitolo con cui vi
lascio augurandovi
buone vacanze! ^____^
Starò
via due settimane in vacanza con le mie migliori amiche e, se
sopravvivrò a
questa esperienza, mi vedrete ritornare il primo di agosto.
Spero
che questa pausa mi porti nuove idee, ho ancora molto da lavorare con
James!
Leggere i prossimi capitoli per credere.
So
di aver gettato sulla piazza tanti misteri e di non averne ancora
risolto uno,
ma, che volete che vi dica? Sono un animo sadico!
Abbiate
fiducia! ^___-
Detto
questo, un bacio a tutti!
Ringrazio
tutti coloro che leggono e quelli che, gentilissimi, commentano sempre!
Mi
farebbe piacere ricevere commenti anche da coloro che leggono e basta.
Siete
così in tanti, mi piacerebbe conoscervi! ^___^
Vi
saluto, sperando di ritornare e trovare tante belle recensioni da parte
dei
miei tesori!
Ciao,
ciao…
Valentina
P.s.
Scusate
se ho fatto degli errori, sono di furia, devo fare le valigie!!!!
Nel
prox capitolo si avvicinerà la festa di Halloween!
Che
ne sarà di Lily e James? E di Sirius e Vick?
Cosa
sta tramando Bella? E perché Silente ha voluto parlare con
James?
^_________________^
Alla
prossima!
|
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Capitolo 11 *** Shadows ***
“Dedico
questo capitolo a
Masuko, una mia carissima amica virtuale, che sta muovendo i primi
passi come
fanwriter, e li sta muovendo anche bene!”
Lady
Tsepesh
AGGIUNTA:
Dopo le notizie
avute da amici, ho scoperto di avere fatto un casino con i nomi dei
genitori
Black, quindi ho corretto il capitolo. Lo so, potevo lasciarlo come
era, ma
sono una maniaca del preciso. ^^ Spero non vi crei disturbo. Mi scuso
con tutti
voi.
CAPITOLO
11 “
SHADOWS”
Quella
fresca mattina del primo Ottobre, Albus Silente, preside della scuola
di magia
e stregoneria di Hogwarts, si trovò ad osservare con sguardo
perso il vasto
parco che circondava il castello, fermo di fronte alla finestra.
Non
aspettava buone visite.
Sulla
nobile scrivania di legno pregiato intarsiata di puro oro elfico,
appartenuta
ad ogni preside della scuola, stava già aperta una lettera
dall’aria ufficiale.
Sapeva
la ragione di quella visita, inutile sprecare i propri pensieri per
trovare
altre risposte. Il motivo era uno solo, uno soltanto.
Sperava
solo di poter riuscire a respingerli, ancora una volta.
Non
è facile vincere contro i potenti.
Ad
un tratto qualcuno bussò alla porta, due colpi netti e
precisi. Quasi scanditi.
L’anziano
mago sospirò, prima di pronunciare, deciso: -Avanti.-
La
porta si aprì senza esitazioni e Silente potè
ammirare la più vasta sfilata di
maghi purosangue più potenti dell’Inghilterra.
Da
brivido.
Mantelli
costosi, abiti leggeri e raffinati, volti lisci e perfetti, corpi
aggraziati,
luccicanti d’oro, argento e pietre preziose.
La
nobiltà…
La
tanto ammirata ed odiata nobiltà…
In
tutto erano in nove, tutti perfettamente in grado di governare il
mondo. Ricchi
e spietati oltre l’inverosimile.
Sarebbe
bastato un semplice gesto di uno di loro per distruggere, oppure creare.
Le
regali figure presero posto nella stanza, posizionandosi di fronte alla
scrivania del preside. Unica cosa che separava quest’ultimo
da loro.
Parevano
statue di marmo, semplicemente perfetti.
Di
fronte a Silente stava una donna avvolta in un lungo mantello di
velluto nero.
Gli occhi verde giada, da gatta, la pelle d’alabastro, le
labbra perfette, i
ricci capelli neri stretti in un chignon, il quale però non
riusciva a
trattenere ciocche ribelli, che scivolavano sinuosamente sul viso
bellissimo. A
tenerle elegantemente la mano, un uomo dall’aspetto di un
sovrano. Moro, occhi
blu elettrico, nascosti da una zazzera di capelli neri, che riuscivano
a
conferirgli una seducente aria distratta.
Orion
e Walburga Black, i genitori di Sirius.
Il
preside si chiese per quale ragione fossero venuti anche loro, certo
non era
Sirius a rischiare l’ espulsione e ad essere costretto a
punizione tutte le
sere. Destino che invece era capitato ad un certo gruppo di
Serpeverde…
La
risposta alla domanda del mago non tardò ad arrivare.
Bastò lanciare
un’occhiata breve agli altri ospiti.
Vicino
al padre e alla madre di Sirius, stavano i genitori di Narcissa e
Bellatrix.
Cygnus
Black, fratello minore di Walburga. Stessi occhi verdi, identici
capelli
corvini.
A
differenziarlo dalla sorella, un’aria
decisamente più nobile e rigida. Una bellezza fredda e
costruita, non morbida e
sensuale come quella di lei.
Una
bella donna dai capelli biondo miele stava stretta al suo braccio.
Indossava
talmente tanti gioielli che la dicevano lunga sul conto della sua
famiglia alla
Gringott.
Aveva
gli occhi azzurri freddissimi, due schegge di ghiaccio liquido.
Un
vestito color porpora le fasciava il corpo sottile come una seconda
pelle.
Druella
Black, bambolina perfetta, probabilmente neppure tanto innamorata
dell’uomo che
le era stato scelto come marito.
Ma
la sfilata non era ancora finita…
Poco
distante dalle due coppie Black stava il massimo esempio di
nobiltà e bellezza
eterea, irraggiungibile da chiunque.
Abraxas
ed Evangeline Malfoy rasentavano
la
perfezione.
Entrambi
dall’incarnato chiaro e dalla figura esile, delicata. I
lineamenti dolci,
grottescamente angelici, per coloro che, al contrario, non conoscevano
la
pietà.
Lui
era alto, longilineo, i capelli biondi, quasi bianchi.
La
bocca sottile, rosea.
L’aria
elegante e raffinata. Un Re.
E
occhi grigi come spietate gocce di pioggia. Lame pericolose per chi
osava
incrociare il suo sguardo.
Lei
era minuta, snella e leggera. Aveva gli occhi sottili, di un verde
acqua
stupefacente. I capelli biondo chiaro, meravigliosamente composti da
boccoli
deliziosi. Le labbra piegate in un sorriso sicuro.
Un
vestito azzurro come il cielo la copriva, mostrando la morbida curva di
un seno
appena accennato. Al collo aveva una catenina d’oro con una
pietra di acqua
marina. Semplicemente bellissima.
I
coniugi Malfoy erano stati cugini, prima di essere marito e moglie.
Uniti
dai parenti per salvare quella bellezza eterea nelle generazioni a
venire.
Il
marchio dei Malfoy.
E,
cosa più interessante, dal punto di vista di Silente, i
coniugi Malfoy erano
innamorati, a differenza delle altre coppie.
Lo
si capiva dal modo in cui si tenevano la mano –dita
perfettamente intrecciate-
e da come Abraxas si chinava per sussurrare qualcosa
all’orecchio tenero della
moglie. Lo
sguardo dolce di entrambi.
Un
po’ più in dietro c’erano i coniugi
Lastrange, belli, ma terribilmente
acconciati. Tutto quell’oro e quei profumi costosi davano
loro una stucchevole
aria barocca.
Non
c’erano i genitori degli altri ragazzi, probabilmente avevano
ritenuto che un
tale sfoggio di potere fosse più che sufficiente.
Sciocchi…
Tuttavia,
rimasto vicino alla porta, c’era ancora qualcuno e Silente lo
temette più di
tutti gli altri. Un uomo avvolto in un ricco mantello rosso cupo.
Dimostrava
almeno una settantina d’anni, ma aveva ancora
un’aria affascinante.
Da
giovane, probabilmente, molte donne gli erano cadute ai piedi.
Capelli
bianchi precisamente pettinati, occhi leggermente tagliati a mandorla,
azzurro
chiaro.
Un
corpo ancora forte, nonostante il trascorrere degli anni.
Sorrise
al preside in maniera educata, decidendosi ad avvicinarsi, ma il
sorriso non si
estese agli occhi.
Edward
Havisham, probabilmente l’uomo più potente del
mondo.
Convintissimo
che i Mezzosangue ed i Babbani insozzassero l’aria respirata
dai veri maghi.
Spietato come pochi.
Non
c’erano mai stati buoni rapporti tra lui ed Albus Silente.
Eppure, da un po’ di
anni, erano costretti a vedersi e molto spesso i loro incontri finivano
per terminare
con dei litigi.
-Buon
giorno cari signori.- salutò Silente, mantenendo la sua aria
tranquilla. –A
cosa devo il piacere della vostra visita?-
Neppure
l’ombra di un sorriso su quei volti perfetti.
Havisham
si tenne in disparte, come a voler far intendere che il motivo per il
quale si
trovava lì era del tutto diverso da quello degli altro
ospiti. Oh, Silente lo
sapeva bene!
Abraxas
Malfoy si fece avanti, sorridendo falsamente.
-Preside,
noi genitori siamo venuti fin qui per farle notare alcune cose che, mi
perdoni,
credo le siano sfuggite nel giudicare i nostri ragazzi.-
-Davvero,
signor Malfoy?- domandò il preside, educato.
-Davvero.-
ripetè Malfoy Senior con algida sicurezza. –Mio
figlio è stato accusato di aver
usato violenza su due ragazze Grifondoro e di essere stato uno dei
responsabili
dell’incendio che ha rovinato temporaneamente la Biblioteca
scolastica. Ora,
premesso che io credo a queste accuse, nonostante non mi siano state
portate
delle prove tangibili nel trascorrere dei giorni, ritengo davvero, mi
passi il
termine, squallido da parte vostra seguitare a punire i ragazzi e
continuare a
minacciarli con l’espulsione, dal momento che neppure voi
professori siete
perfettamente a conoscenza dei fatti accaduti quella notte.-
Abraxas
Malfoy era nato per parlare. La sua dialettica era assolutamente da
gentiluomo,
degna di un antico oratore romano, ma il vecchio mago non si
lasciò incantare.
-Mi
perdoni, Signor Malfoy. Mi pare di avere discusso di questo con lei e
gli altri
genitori tempo addietro.- continuò Silente, mite.
–Ci sono dei ragazzi
Grifondoro pronti a raccontarci nuovamente l’accaduto. Se non
fosse stato per
loro, probabilmente, l’esito di questa vicenda sarebbe stato
assai peggiore.-
Orion
Black sbuffò, gli occhi assottigliati dalla rabbia. Sirius
non sarebbe stato un
eroe, per lui. Salvare una Mezzosangue e quella dannata mocciosa
adottata da
Babbani…
-Quei
ragazzi non sono in amicizia con Lucius ed i suoi compagni.-
replicò Malfoy,
tranquillamente. –Potrebbero aver mentito, potrebbero essere
stati loro a
combinare il disastro del quale avete accusato i nostri figli. Vi ho
già
esposto questa possibilità, Preside.-
-E
io l’ho tenuta in considerazione, ovviamente. Ma vede, temo
di doverla
informare che abbiamo sottoposto a controllo le bacchette dei ragazzi,
inclusi
i Grifondoro, la sera dopo l’incidente. Ci risulta che uno
dei ragazzi
Serpeverde abbia utilizzato la maledizione Cruciatus.-
La
tensione che avvolse la sala fu palpabile.
Le
labbra di Edward Havisham si stirarono in un ghigno. Doveva trovarlo
divertente.
I
genitori rimasero impietriti, perfettamente immobili. Alcuna
espressione di
mutamento nel viso.
-Non
Lucius.- disse Abraxas, serio. –Mio figlio non conosce tali
incantesimi,
nessuno dovrebbe conoscerli.-
Silente
sorrise.
-Uno
dei ragazzi però lo conosceva.-
Le
iridi grigie di Malfoy Senior si spalancarono impercettibilmente.
–Non
oserà, Preside! Non oserà certo affermare che
nella mia casa si insegnano certi
tipi di maledizioni, mi auguro!- tuonò.
Si
sentì una risata fioca alle spalle dei genitori, che si
voltarono appena.
-Coda
di paglia, Malfoy?- fece Havisham, sogghignando.
Il
diretto interessato fece una smorfia, ma non si curò
dell’anziano, tornando a
fissare Silente, che gli restituì lo sguardo dietro i suoi
occhiali a mezza
luna.
-Si
calmi, signor Malfoy. Io non intendo accusare nessuno.-
-Vorrei
vedere!- esclamò ad un tratto Walburga Black, staccandosi
dal marito, sorrideva.
–Stiamo parlando di ragazzi. Tutto ciò che non
dovrebbero sapere, si sa, è di
loro conoscenza. Il ragazzo in questione potrebbe avere scoperto la
formula ed
averla usata senza rendersi conto della gravità della
maledizione.-
-Oh,
mi spiace deluderla, cara signora.- riprese Silente. –Ma i
miei insegnanti insegnano
ai loro studenti la gravità delle maledizioni oscure.-
-Come
ho detto, stiamo parlando di ragazzi.- continuò Walburga,
per nulla smontata.
Sorridendo
affabile e facendo un inchino col capo, Silente si dedicò
alle coppie Black.
–Potrei sapere, se non sono scortese, il motivo della vostra
venuta? I vostri
figli non sono stati accusati di niente.-
-Rodolphus
Lestrange è il futuro sposo di mia figlia Bellatrix e Lucius
Malfoy lo è di
Narcissa. Mi sono sentito in dovere di intervenire.- rispose Cygnus
Black.
-Non
avevo altro da fare…- sorrise Orion, l’ironia
negli occhi.
Il
vecchio preside sorrise, chinando il capo. Cominciava ad essere stanco
di
quella compagnia ed Edward Havisham era ancora lì.
-Dunque,
signori.- richiamò l’attenzione. –Sono
felice che il futuro scolastico dei
vostri figli vi stia così a cuore, ma la mia decisione resta
invariata, temo.
Non ci saranno espulsioni, nonostante la professoressa McGrannit me lo
abbia
suggerito numerose volte, tuttavia le punizioni resteranno. Non
denuncerò la Maledizione
Senza Perdono. Sono giovani e la rivalità tra Case
può spingere verso tali
brutte situazioni, ne sono consapevole.
I
ragazzi coinvolti che fanno parte della squadra di Quidditch resteranno
fuori
dal loro gruppo e continueranno per tutto l’anno ad aiutare i
professori come
assistenti e, sì, signora Lastrange, ad aiutare
giù a pulire le cucine. I voti
dei M.A.G.O. saranno automaticamente diminuiti.- dichiarò,
ignorando gli
sguardi furibondi dei genitori.
-E
adesso, se volete scusarmi, ho altro di cui discutere con il mio
ospite.- fece,
indicando Havisham.
Quello
sorrise di nuovo, falso come Giuda.
Malfoy
sbuffò, contrariato. –Come volete, preside.-
sibilò, facendosi indietro.
La
moglie gli si affiancò subito.
Tempo
pochi minuti e se ne erano andati tutti, alcuni anche senza salutare.
Silente
non ci fece troppo
caso, probabilmente quei grandi signori ritenevano troppo prezioso un
loro
saluto per poterlo concedere a tutti.
In
effetti…era felice di non entrare a far parte della
categoria di tali
privilegiati.
Sedendosi
alla scrivania, fece un educato cenno di accomodarsi
all’ultimo ospite rimasto,
il peggiore.
Edward
Havisham prese posto di fronte a lui.
-Tè,
Edward?- domandò, con poco interesse.
-Grazie,
Albus. No.- rispose l’altro.
Silente
fece un sorrisetto. –Posso sapere perché sei qui?
Non abbiamo già discusso
abbastanza, l’ultima volta?-
Havisham
rise.
I
suoi occhi erano orribilmente gelidi. Il preside li sostenne senza
problemi.
Probabilmente
era l’unico a non temerlo.
-Sono
venuto per il ragazzo, vecchio mio.- fece Edward con un sorriso falso. -Dovresti saperlo,
no?-
Silente
annuì, fissando per un attimo fuori dalla finestra.
Ogni
volta si sentiva sempre più a disagio nel parlare di
quell’argomento. Avrebbe
voluto chiudere la questione e finirla.
Soprattutto
voleva farlo per James…
-Certo,
lo so. Ma non credo che continuando a discutere con me cambierai le
cose,
Edward. Non sono io a decidere per James Potter.-
-No.
Però sei colui che aiuta quei dannati filobabbani a
fermarmi.- ringhiò,
perdendo la sua aria tranquilla ed ironica.
-Lo
faccio perché credo sia giusto.- fece Silente, deciso.
Si
fissarono un istante, sfidandosi con lo sguardo. Infine, Havisham
sospirò e
tornò a sorridere, amabile.
-James
è mio nipote. Lo voglio nella mia famiglia e né
tu né quei poveri Potter
riuscirete ad impedirmi di averlo, è inutile che continuiate
a mettermi i
bastoni fra le ruote. Ho abbastanza amicizie al Ministero per ottenere
il
passaggio dell’affidamento.-
-Non
ci riuscirai.- sentenziò Silente. –Jeremy ha esposto chiaramente la sua
volontà che James
fosse affidato a Zack ed Amelia Potter. Inoltre, James è
maggiorenne dallo
scorso Marzo. Ha diciassette anni e può decidere da solo
con chi stare. Non
verrà certo da te.- lo sguardo del vecchio mago si fece
più minaccioso. –Lui sa
benissimo chi sei, Edward Havisham. Sa che genere di persona
è suo nonno
materno.-
Quello,
per tutta risposta, scoppiò a ridere.
-E’
ridicolo. Voi gli avete fatto il lavaggio del cervello! In quel ragazzo
c’è
così tanto potere da far tremare anche te, Silente! E quel
potere è sprecato!
Voi lo soffocate, gli tarpate le ali! Non vi permetterò di
continuare ad
istupidire mio nipote con le vostre chiacchiere sull’amicizia
verso i Babbani e
la parità di diritti! James Potter è un
Havisham!- urlò, alzandosi in piedi. –
Fa parte della famiglia di maghi che possiede il più alto
potenziale magico del
mondo! Maghi che non hanno bisogno di usare una misera bacchetta! Maghi
che
sono Domatori di spiriti infernali da secoli! Maghi che parlano con i
Demoni!
Maghi che hanno scritto i più importanti volumi di magia
nera! Non potete
tenerlo lontano dalla sua vera famiglia!-
Fu
il turno di Silente ad alzarsi. La sua figura fu, ad un tratto,
imponente.
-Mi
rifiuto di vendere James ad una famiglia di Stregoni Neri, veneratori
dell’occulto! Ti guardo e vedo soltanto il capostipite di una
famiglia dannata
che ha insegnato a Tom Riddle tutto ciò che gli serviva per
divenire Lord
Voldemort! Avete creato un mostro! Non farete lo stesso a James! Lui
è una
persona meravigliosa!-
-Tom
ha tutto il mio rispetto!- fece fiero Edward. –E James
starebbe meglio con
quelli come lui!-
Tornando
seduto, il preside di Hogwarts si prese la testa tra le mani. Disperato.
No,
non gli avrebbe lasciato James.
Non
lo avrebbe fatto per alcun motivo.
Loro
lo avrebbero rovinato, come avevano rovinato sua madre, la figlia di
Edward.
Jeremy
lo aveva implorato, poco prima di morire.
-
Sei un folle, Edward. Ti prego di ritornare sui tuoi piani.- fece
Silente,
sollevando lo sguardo azzurro. –So che non ti importerebbe
nulla di James, se
lui non fosse così…speciale. Non hai mai provato
affetto per nessuno. Lascialo
in pace, te ne prego. Finirai con il distruggerlo…-
Havisham
sogghignò, divertito dal sentire il grande Silente in
persona pregarlo.
-Lui
è mio. È della mia famiglia. Questo non potrete
cambiarlo mai. La volontà di
quel traditore di Jeremy non vi aiuterà in eterno.-
Scotendo
lentamente la testa, Albus Silente trasse un lungo sospiro.
-Con
quale coraggio, Edward ?- domandò, puntando gli occhi chiari
su di lui. –Con
quale coraggio riesci ad andare sempre dritto e deciso sulle terribili
strade
che decidi di percorrere?-
A
rispondergli fu una risata sarcastica.
-Non
siamo tutti uguali a questo mondo, Albus.-
-Già...-
mormorò Silente in tono stanco. –Suppongo di no.-
-Devo
dedurre che neppure questa volta mi permetterai di incontrare mio
nipote…-
-No,
mi dispiace.-
-Io
ne ho tutto il diritto, Albus!-
Altro
sospiro, quasi doloroso.
-Capisco,
Edward. Lascia che ne parli prima con James, te ne prego. Se lui
deciderà di
incontrarti, io… lo lascerò fare. Questo
è l’unico accordo che posso prendere
con te.- disse il preside,
fissando un
punto imprecisato della ricca stanza.
-Va
bene.- si arrese Havisham. –Credo di dovermi ritenere
fortunato…- fece in tono sprezzante.
–Aspetterò il messaggio che mi dirà di
venire ad incontrare James, allora. Vedi
di non farmi aspettare troppo.-
Si
mise in piedi e, senza neppure salutare, uscì dalla stanza a
passo spedito, chiudendosi
la porta alle spalle. Silente sentì i suoi passi, mentre
scendeva le scale.
Era
andata anche quella volta…
Ma
la prossima?
Di
nuovo si prese la testa tra le mani.
I
futuro di James con gli Havisham sarebbe stato orribile, non poteva
permettere
che gli accadesse una cosa del genere. Loro l’avrebbero fatto
cambiare,
l’avrebbero distrutto.
Tuttavia,
forse i suoi parenti erano gli unici capaci di aiutarlo veramente.
Ormai i
sigilli, che lui stesso aveva posto, non tenevano più.
Presto
sarebbe esploso tutto quanto…
Facendosi
coraggio si alzò dalla sedia, dirigendosi verso un
armadietto di legno.
La
fenice Funny lo osservò attenta, mentre pescava fogli e
piume per scrivere una
lettera. Doveva avvertire i Potter, non c’era altro da fare.
Chiunque
frequentasse la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, fosse stato
del
primo o dell’ultimo anno, conosceva bene la fama di
“certi” personaggi.
Ad
esempio, era risaputo che alla Regina Bellatrix Black era vietato
pestare
l’orlo del mantello, che non era saggio combinare casini
sotto l’occhio di
lince del Caposcuola Remus- Io vedo tutto- Lupin, che non era
altrettanto
intelligente sfidare i ragazzi di
Serpeverde dell’ultimo anno a duello, che
portare via una delle ancelle
dell’Harem di Sirius Black era peccato capitale, vista la
punizione che
infliggeva quest’ultimo, e che, fosse morta la persona
più cara, interrompere
uno dei preziosi allenamenti del Capitano Potter equivaleva a scatenare
una
mini apocalisse.
Allo
stesso modo, tutti sapevano che Stephanie Hamilton era stata catalogata
come “
Il Mostro”.
E,
poveretta, il soprannome certo non derivava dal suo aspetto.
Steph.
pareva una bambolina.
Magra,
di statura non tanto alta, boccoli biondo miele che arrivavano fino
alle esili
spalle, occhioni verde chiaro, qualche lentiggine sul naso delicato ed
un
sorriso in grado di far sciogliere anche quel ghiacciolo di Lucius
Malfoy.
Frequentava
lo stesso anno di Victoria, ma quest’ultima, come tutti gli
altri, evitava di
avercela intorno.
Il
fatto che Stephanie fosse una gran pettegola e che adorasse giocare con
i
sentimenti delle persone, usandoli come piccanti scoop, incoraggiava
già a
mantenere le distanze da lei, se poi si considerava il fatto che fosse
anche
Presidentessa del Comitato Studentesco, il tremito alle vene e ai polsi
aumentava.
Quella
mattina, dopo aver chiuso mezza scuola in Sala Grande, salita sul
tavolo di
Grifondoro, urlando per farsi sentire in ogni angolo, stava dando
disposizioni
sull’ormai prossimo ballo in occasione di Halloween.
Per
chi partecipava era obbligatorio mascherarsi.
A
Remus quasi andò di traverso il caffè. Perfetto!
Gli
toccava pure mascherarsi….
Al
diavolo!
Sarebbe
rimasto in pace in camera sua a leggersi un buon libro. La settimana
scorsa
aveva pure dovuto subirsi la trasformazione, proprio non aveva voglia
di darsi
alla pazza gioia.
Aveva
certe occhiaie da far paura…
Certo,
in quella sala c’era qualcuno che a faccia era ridotto peggio
di lui, con somma
sorpresa del Caposcuola.
Sirius
Black, seduto di fronte a lui, aveva uno sguardo che Remus non
ricordava di
avergli mai visto in sei anni d’amicizia. Era teso e non era
da lui.
Consumava
la colazione in silenzio, inquietante, e non rivolgeva la parola a
nessuno.
Anche
James doveva essersene accorto, perché ogni tanto, mentre
parlava con Lily, gli
lanciava qualche occhiata.
Victoria,
seduta vicino alla Evans, teneva lo sguardo fisso sulla sua tazza di
latte,
sembrava in procinto di esplodere.
Era
stata dimessa da poco dall’infermeria e già allora
aveva quella faccia cupa.
Veramente strano per una come lei.
Non
c’era voluto un grande sforzo per capire che tra Sirius e
Vick qualcosa non
andava, ormai lo aveva capito tutta Grifondoro.
Quando
erano insieme, semplicemente, ammutolivano. Tornavano in se soltanto
quando
veniva a mancare uno dei due.
Ad
un tratto Sirius si alzò, sorridendo in modo freddo ai suoi
amici. Sapeva tanto
di saluto di cortesia.
-Io
mi avvio in classe, ci vediamo là.- informò,
prima di andarsene senza più
voltarsi.
Victoria
lo fulminò con lo sguardo.
Fu
James, ovviamente, ad eliminare quella strana tensione che si era
creata.
-Allora,
chi viene al Ballo di Halloween?- chiese, allegro come sempre.
Remus
gli lanciò un’occhiataccia. –Io no.-
scandì, minaccioso.
-Cosa?
E perché?-
-Perché
non ci tengo a camuffarmi, scordatelo!-
James
mise il broncio per circa tre secondi, poi, voltandosi verso Peter,
riassunse
il suo bel sorriso raggiante. –Pete invece viene, vero?-
Minus
sorrise nervosamente all’amico ed abbassò lo
sguardo.
-S-se
v-vuoi, Jamie…- mormorò timidamente.
-Certo
che voglio ! Ma che domande ! Ci portiamo dietro pure
Sirius! Ho dei
costumi…. – ghignò, estasiato.
–Tu vieni Lily?- domandò, ad un tratto.
Sentendosi
tirare in ballo così all’improvviso, la rossa
alzò lo sguardo su di lui,
confusa. Era la prima volta che qualcuno le chiedeva se avesse
intenzione di
partecipare ad una festa.
Solitamente
nessuno l’aveva mai neppure invitata, quindi aveva sempre
preferito restarsene
in dormitorio e portarsi avanti con i compiti.
-Non
lo so, James.- disse, insicura. –Non credo
di…ecco.. di essere tipo da feste.-
-Sciocchezze!-
fece lui, sicuro. –Ok, ho deciso. Tu vieni.-
Suonava
tanto come un imperativo e, in effetti, lo era. Lily, ormai, aveva
rinunciato a
capire quel matto di Potter. Tuttavia le faceva piacere il fatto che
lui avesse
voluto averla vicino, alla festa. Chissà, magari si sarebbe
anche divertita.
-Come
vuoi.- si arrese.
-Grande!-
esclamò lui. –Altrimenti avrei dovuto costringerti
con il nostro piccolo
segreto - fece con un sorrisetto sghembo, alludendo al Voto –
e mi sarebbe
dispiaciuto un po’…-
-Perfido.-
disse Remus.
Lily
sorrise.
Ancora
doveva abituarsi al fatto di avere un gruppo che le ruotava intorno.
Era bello,
ma strano e nuovo.
-Tu
vai, Vick?- fece Remus, fissando la moretta.
Quella
parve non aver neppure seguito i loro discorsi. Cadde letteralmente
dalle
nuvole. Poi, tutto ad un tratto, si alzò, mormorando delle
scuse e si precipitò
fuori dalla Sala Grande, ignorando i richiami degli amici.
Rimasero
tutti a guardarla allontanarsi. Sembrava furiosa.
-Ma
che le prende?- chiese Peter.
Lily
e James rimasero in silenzio, ognuno dei due perfettamente consapevole.
Remus
tornò alla lettura del giornale, discreto come sempre.
Coloro
che si trovarono ad incrociare il suo cammino, quella mattina, ebbero
la
sensata idea di cambiare strada. Victoria Olsen aveva
l’orribile espressione di
un Demone uscito dagli Inferi per distruggere il mondo.
Marciava
a passo spedito, furibonda, le labbra serrate, i pugni stretti. La
gonna che
ondeggiava sui pantaloni aderenti ad ogni movimento.
No,
non aveva un bell’aspetto.
Basta!
Doveva finire! Doveva smetterla!
Lui
doveva finirla di trattarla in quel modo strano, senza un motivo
valido, poi!
Non
era mai venuto a trovarla quando era ricoverata in Infermeria e, quando
era
stata dimessa, si era chiuso in un freddo silenzio solo nei suoi
confronti.
Perché?!
Che
accidenti aveva fatto per meritarsi una cosa simile?
Oh,
glielo aveva chiesto!
Glielo
aveva chiesto ogni giorno che il buon Dio mandava sulla terra, ma lui
niente!
Sirius Black la snobbava bellamente!
Ma
quella storia doveva terminare. Era stufa!
A
costo di pestarlo a sangue, gli avrebbe cavato le parole di bocca!
Che
cavolo, erano amici, no? Se aveva problemi con lei che glielo dicesse!
Se
lo meritava!
Mancava
poco all’aula di Pozioni dove si sarebbe tenuta la prima ora
di lezione per il
settimo di Grifondoro e Serpeverde, ma ancora prima di arrivare
laggiù, percepì
un intenso odore di fumo.
Fumo
Babbano. Conosceva il proprietario di quelle sigarette.
Cambiò
rotta immediatamente e prese a correre, se avesse fatto tardi alle
lezioni,
pazienza.
Quando
si fermò, dopo aver travolto sicuramente qualcuno, aveva il
fiatone.
Sirius
se ne stava seduto su uno dei muriccioli che dividevano il corridoio
dal
giardinetto interno della scuola. Il capo poggiato sulla colonnetta
dietro di
lui.
La
sigaretta in procinto di consumarsi da sola, tra le dita.
Dire
che si sentì cadere a quella vista sarebbe stato un
eufemismo.
Si
dette dell’idiota. Ridursi a sbavare per un ragazzo come una
bimbetta
qualunque…
Non
era facile accettarlo per una come Vick.
Eppure
era così.
Lei
lo adorava.
Adorava
quei capelli neri come l’inchiostro, quegli occhi blu
elettrico e quel sorriso
menefreghista e sbruffone, propri di Sirius.
Adorava
il modo in cui teneva la camicia sfacciatamente sbottonata sul petto,
di come
si portava la sigaretta alle labbra per poi far uscire il fumo dalla
bocca.
Lo
venerava.
Non
perché era un Black.
Non
perché la sua famiglia aveva montagne d’oro ed una
villa da urlo, mentre i suoi
genitori avevano un lavoro qualunque ed una casetta comune.
Solo
perché era Sirius, il suo Sirius. Il ragazzo che la stava
facendo morire da
anni.
C’erano
volte che avrebbe solo voluto prenderlo a calci ed urlargli addosso: -E accorgiti di
me!!! IDIOTA!-
Probabilmente
un giorno, arrivata all’esasperazione, lo avrebbe fatto
davvero.
Quella
mattina lei era a tanto così dallo scoppiare per la prima
volta.
Si
fermò di fronte a lui.
-Sirius?-
Quello
aprì gli occhi e rimase pietrificato nel trovarsela davanti
e così vicino.
Subito le restituì un’occhiata indifferente.
-Che
vuoi? Non hai lezione?-
-Non
credo me ne freghi poi molto.- rispose, rigida.
-Beh,
io voglio rimanere da solo. Puoi andartene?-
Lo
sguardo azzurro della ragazza si fece più cupo.
–Mi stai cacciando via, dico
bene?- chiese, trattenendo la rabbia.
Sirius
non rispose, dando un altro tiro alla sua sigaretta.
Improvvisamente
Victoria perse la sua aria fiera e battagliera, lasciandosi prendere
dallo
sconforto. Era come trovarsi di fronte ad un muro,
nient’altro.
-Sirius…-
mormorò. –Cosa c’è? Che
è successo?- un nodo le serrò la gola. –Credevo… credevo
che fossimo amici…-
A
quelle parole la morsa che soffocava il cuore del ragazzo si strinse
ancora di
più.
Non
doveva voltarsi e guardarla. Assolutamente no!
Altrimenti
le sarebbe caduto ai piedi.
Era
colpa sua, unicamente sua.
Lei
era sua amica, eccome! E lui l’aveva baciata!
L’aveva baciata quando lei non
era neppure in grado di reagire.
Codardo,
traditore.
Eppure
Vick era speciale! Si era sempre giurato di non trattarla come le altre
ragazze. Voleva davvero considerarla di più, come
un’amica di cui occuparsi.
Se
lo era detto fin dall’inizio.
“
Certe cose con Vick, no!”
E
invece aveva ceduto, dannato bastardo! E adesso?
Con
che coraggio poteva guardarla negli occhi? Gli pareva di averle fatto
il torto
peggiore.
E
dire che le voleva bene! Così bene che non avrebbe
rinunciato a lei per nessun
motivo. Mai.
Ma
che gli era preso quella notte? Non riusciva a capirlo.
Perché
lo aveva fatto?
Vick
ancora lo guardava, distrutta.
Si
alzò, scostandosi da lei e cominciando a camminare,
ignorandola.
Per
un attimo la Grifondoro rimase come paralizzata, poi si
voltò e gli corse
dietro.
-Almeno
dimmi che cosa ho fatto!- gli urlò.
Quando
Sirius si voltò, come se avesse avuto davvero
l’intenzione di risponderle, i
suoi occhi blu si spalancarono.
Victoria
gli restituì un’occhiata confusa. Poi
avvertì la presenza di qualcuno dietro di
se. Si voltò e gelò. No, non loro.
Orion
ed Walburga Black erano lì, belli come sempre. Gli occhi
puntati su Sirius.
Con
loro c’era una ragazzino del terzo anno, il fratello minore
di Sirius, Regulus,
ovviamente indossava la divisa di Serpeverde.
-Ma
guarda. – fece Orion con tono ironico. –Il nostro
Sirius…-
Improvvisamente,
Victoria sentì la mano del ragazzo afferrare la sua e
trascinarla accanto a se
con fare protettivo.
Walburga
Black sorrise in modo amabile. –Come stai, figlio mio?- si
informò.
Sirius
non rispose.
I
suoi occhi si erano fatti improvvisamente vuoti.
-Devo
andare a lezione.- sibilò.
Ritrovarsi
di fronte i suoi genitori non era proprio il massimo. Adesso
sì che era una
bella giornata…
-Ma
come?- rise sua madre. –Tuo fratello ha ricevuto un permesso
per poter stare un
po’ in nostra compagnia. Puoi farlo anche tu, no?-
-Io
a differenza di Regulus non ho intenzione di stare con voi, madre.-
rispose
acidamente. –Felicissimo di avere avuto la sfortuna di
rivedervi, tanti
saluti.-
Detto
questo, girò sui tacchi e tirandosi dietro Victoria fece per
andarsene con la
chiara idea in testa di mettere mille piani di distanza tra lui ed i
suoi
genitori.
-Aspetta
un po’!- lo richiamò la voce di suo padre.- Quella
non è forse la mocciosa
adottata da Babbani che ti ha aiutato a scappare da casa nostra?-
A
Sirius gelarono le vene.
Orion
sorrise. –Ho sempre desiderato complimentarmi con te,
ragazzina.- disse
scrutando Vick con gli occhi blu, assottigliati. Simili, eppure
così diversi da
quelli di Sirius. – Hai avuto davvero un bel coraggio per
poterti intrufolare a
villa Black e aiutare il traditore a scappare dal suo amato amico
Potter…-
-Il
coraggio non mi manca, signore.- rispose Vick a tono. –Sono
una Grifondoro.-
-Oh,
lo vedo.- fece Orion ironico, facendo qualche passo verso di lei.
Sirius
si sentì morire. Suo padre non doveva avvicinarsi
così tanto a lei.
Se
avesse osato farle qualcosa….
Invece
l’attenzione di Black Senior si rivolse a lui. –Lo
sapevi che grazie al suo
gesto eroico la tua amichetta ha ricevuto un bell’ammonimento
da parte del
Ministero? Usare una scopa in pieno cielo Babbano non è
stata un bella idea,
credo. Neppure intromettersi in proprietà privata, in casa
mia, lo è stata. Te
lo ha detto? Ti ha riferito che alla prossima violazione delle regole
sarà
sbattuta fuori dalla scuola e perderà la sua preziosa
bacchetta?-
Il
ghigno sulle labbra di Orion Black era a dir poco diabolico.
Sirius
boccheggiò, gli sembrò di non riuscire
più a respirare. Si voltò verso la
compagna. –Cosa?- esalò.
-Non
mi importa, Sirius.- replicò lei, decisa. –Dovevi
andartene da loro.- aggiunse,
trucidando i Black con lo sguardo.
-Non
sei stata molto intelligente, ragazzina. Continuando per questa strada,
farai
sicuramente la medesima fine dei tuoi genitori.- soffiò
l’uomo con aria
minacciosa.
Fu
troppo.
Orion
si trovò con la bacchetta del suo primogenito sotto la gola.
Due occhi blu,
identici ai suoi, a scrutarlo con rabbia ed odio.
-Non
osare.- sussurrò Sirius, non curandosi degli strilli di sua
madre. –Non osare
MAI minacciare Victoria, padre. Se oserai puntare la bacchetta su di
lei, io..
io vi ucciderò. Vi ho avvertito.-
Nascosta
dietro di lui, Vick tremò. Non gli aveva mai sentito usare
quel tono.
La
signora Black strillò ancora, indignata. Regulus fissava il
fratello come se
fosse stato un lombrico viscido e schifoso.
Suo
padre, invece, scoppiò a ridere. –Perdere te
è stata la più grande fortuna del Nobile
Casato dei Black, Sirius. Saresti stato la nostra rovina.-
Con
violenza, spinse il figlio lontano da lui, fissandolo con disprezzo. Si
voltò,
dando le spalle ai due ragazzi, e fece cenno alla moglie e al figlio
secondogenito di andarsene. Tempo pochi minuti ed erano già
lontani.
Solo
quando non furono più visibili Sirius tornò a
respirare.
Rimasero
da soli, in silenzio.
Il
trillo della campana che indicava l’inizio delle lezioni
scivolò su di loro,
senza interessarli veramente.
In
lontananza
si udiva il rombo di qualche tuono. Si stava avvicinando un temporale
ed il
vento si era già alzato.
Ad
un tratto Sirius si voltò verso di lei, scrutandola.
Victoria lo guardò a sua
volta.
-Stai
bene?- chiese, preoccupata.
No,
non stava bene.
Per
niente.
Aveva
appena rivisto i suoi genitori.
Aveva
appena litigato con loro, ancora.
Aveva
appena sentito la campana, quindi era in ritardo per le lezioni.
Aveva
appena scoperto che lei era nei guai da tempo, per causa sua.
E,
nonostante tutto, l’unica cosa a cui riusciva a pensare, in
quel momento, era
che provava un desiderio quasi soffocante di baciarla ancora e di
sentirla
rispondere al suo bacio.
No,
non stava bene, stava decisamente malissimo.
Non
riuscì subito a parlare. –Tu sei pazza.- disse.
– Sei finita nei casini per me
e non mi hai mai detto nulla.-
Vick
sorrise. –Te l’ho detto, non è
importante. Volevo aiutarti. Hai passato estati
intere a mandarmi lettere in cui dicevi quanto fosse difficile per te
stare in
quella gabbia di matti. Sapevo che soffrivi. Quando James ti ha
proposto di
andare a stare da lui, l’ho trovata un’idea
splendida. Sapevo che i tuoi non te
lo avrebbero permesso, perciò ho agito di conseguenza. Per
gli amici si fa
questo ed altro, no?-
Lei
era meravigliosa.
Stupenda,
splendida.
Lei
gli aveva aperto le porte che portavano ad un mondo migliore. Lei lo
aveva reso
libero, felice. Lei era tutto.
Ricordava
quella sera…
La
grande festa a Villa Black per il fidanzamento di Narcissa.
Lui,
Sirius, costretto a fare la parte e a sorridere a tutti quei maghi
spocchiosi.
Prigioniero
di quella gabbia dorata.
Poi
Lei, spuntata all’improvviso, che lo prendeva per mano e lo
portava via.
Correre
di nascosto nella sua stanza…
Fare
in fretta il baule, ficcandoci alla rinfusa il minimo
indispensabile…
Salire
sulla scopa...
E
poi…. …. Fuori!!
Era
stata lei ad accompagnarlo in quella fuga difficile. Lei lo aveva
portato via,
aiutandolo a prendere quella dura decisione. Lui, da solo, non ci
sarebbe mai
riuscito. Forse non se ne sarebbe mai andato.
Forse
non avrebbe mai avuto il coraggio necessario per lasciare coloro che,
nonostante
li odiasse con tutto se stesso, in una parte recondita del suo animo,
erano
comunque la sua famiglia.
Erano
stati rincorsi in giardino da ospiti e parenti.
Avevano
riso come matti sentendo gli strilli della vecchia zia
Elladora…
Doveva
andarsene. Doveva allontanarsi da lei!
Altrimenti
non avrebbe resistito. L’avrebbe baciata fino a toglierle e
togliersi il fiato.
-Devo
andare, adesso.- mormorò, senza più guardarla.
-Come?-
fece lei, restando a guardarlo andare via, impotente.
–Sirius!- chiamò.
Lui
non si voltò, continuando a procedere a capo basso.
-Ma
che ti prende, me lo dici?!- gli gridò dietro.
–Parlami, per favore! Se ho
fatto qualcosa…-
Inutile,
come parlare ad una statua.
Frustrata,
Victoria spiccò una corsa e lo raggiunse, afferrandolo per
la manica della
camicia. –ASPETTA, CAVOLO!- urlò, furiosa.
–Stai scappando da me?!-
Ma
aveva proprio preso il nervo scoperto.
Sirius
le lanciò un’occhiata talmente fredda da gelare lo
stesso Inferno.
A
quel punto fu semplicemente troppo.
Prima
la ignorava, poi la proteggeva, dopo la ignorava ancora…
Le
lacrime cominciarono a sgorgare copiosamente dagli occhi della ragazza,
come
non era mai, veramente mai, accaduto prima.
Sirius
credette di morire in quell’istante.
Non
ebbe il tempo di dire o fare niente. Lei era scappata via.
“Guarda,
quello è l’amore.
Rincorrilo,
raggiungilo, prendilo!
Solo
così
sarai felice…”
Ecco,
il capitolo 11 è finito.
Un
bel capitolone. Sono stremata, ma sono soddisfatta. Ricco di
informazioni e
sentimenti. Mi spiace solo di non avere dato spazio a Lily e James,
beh, mi
rifarò nel prossimo.
Che
dire?
Se
siete ancora vivi vi aspetto con il capitolo 12. Fatemi sapere che ne
pensate
del capitolo 11, please. ^____^
Un
bacione,
Valentina
|
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Capitolo 12 *** After The Quidditch Match ***
CAPITOLO 12 “ AFTER THE QUIDDITCH
MATCH”.
Notte.
Doveva
essere almeno l’una del mattino quando Remus J. Lupin fece il
suo ingresso
nella saletta dei Caposcuola. Aveva l’aria sfinita,
decisamente non vedeva
l’ora di buttarsi a peso morto sul suo letto e farsi una
bella dormita.
Il
lavoro di un Caposcuola era uno schifo. Un autentico schifo.
Odiava
le ronde notturne…
Anche
quella nottata aveva finito con il passare il tempo al buio,
passeggiando per i
corridoi vuoti come un’anima in pena. Fortuna che qualche
abitante dei quadri
aveva avuto la gentilezza di scambiare qualche parola con lui.
Adesso,
sospirando e tentando di tenere gli occhi aperti, si apprestava a
mettere a
verbale i risultati portati dalla ronda di quella notte.
Due
coppiette beccate a pomiciare, tre Serpeverde a passeggio per il parco,
Pix che
si divertiva a far cadere lampadari nel corridoio del quarto
piano…
Si
sedette alla scrivania di mogano pregiato, intinse la piuma di
inchiostro e si
preparò a scrivere sulle pagine bianche del diario personale
dei Caposcuola
che, guarda caso, era sempre lui a dover compilare, fosse il suo turno,
oppure
no.
Quando,
ad un tratto, sentì una presenza dietro di lui.
-Oh!
Caposcuola Lupin…!- fece una voce alle sue spalle.
Si
voltò di scatto. Eva Ames stava sulla soglia, osservandolo
confusa.
Sembrava
stupita di averlo trovato lì.
-Ames?-
disse lui, altrettanto stranito. –Cosa fai qui?-
La
Serpeverde si avvicinò, sorridendogli educata. Una perfetta
inglese.
-Credevo
toccasse a me mettere a verbale. Sono ritornata qui per questo.-
spiegò.
Remus
scosse il capo. –Ti sbagli. Stanotte tocca a me.- disse,
convinto.
Sospirando,
la ragazza andò a sedersi alla sedia vicino alla sua.
Poggiò i gomiti sul
tavolo e depose la testa tra le mani. Boccoli castano chiaro, curve
sinuose, le
ricadevano sul viso elegante.
-Stai
bene?- domandò Lupin gentilmente, posando la piuma e
dedicandosi a lei.
-Non
proprio.- ammise Eva.
Remus
abbassò lo sguardo, impacciato. Non era mai stato un
chiacchierone.
Quando
era con i suoi amici,
erano loro a parlare per lui.
Era
loro grato per questo. Amava osservare, ma non era bravo con le
persone, non lo
era mai stato dopo la sua “disgrazia”.
Era
difficile comunicare più del necessario, per lui,
soprattutto con gente che
conosceva a pena.
-
Ronda noiosa, vero?- fece lei ad un tratto, togliendolo
dall’impaccio.
-Già…-
rispose lui, tornando a scrivere.
La
ragazza gli si avvicinò, grattando la sedia sul pavimento, e
si sporse per
vedere ciò che Remus aveva appena messo a verbale.
Non
curandosi di quella presenza così vicina, lui
continuò il suo dovere.
-Hai
una bella calligrafia.- dichiarò lei, gentile.
Remus
sollevò lo sguardo e le sorrise. –Grazie.-
Erano
incredibilmente vicini, più di quanto il ragazzo concedesse
ad estranei.
Lui
non era tipo da lasciar invade i propri spazi da chiunque.
Ma
Eva gli si era accostata con delicatezza e silenziosamente, tanto che
lui non
era riuscito ad avvedersene in tempo.
La
sua vicinanza, tuttavia, non era fastidiosa. Questo lo mise a suo agio.
Anche
lei, come lui, era una persona discreta e tranquilla.
E
dire che, fino a poco tempo fa, lui aveva creduto di non avere proprio
nulla di
comune a quella Caposcuola così algida e bella. Eva Ames
metteva un po’ tutti
in difficoltà. Si spostava con le movenze di una regina,
parlava piano, senza
mai alzare la voce, e dava poche confidenze agli altri.
Aveva
un cospicuo gruppo di Serpeverde che ambivano per starle accanto, ma
lei
difficilmente trattava qualcuno come un amico. Era sempre gentile con
tutti,
Grifondoro compreso, ma non si apriva mai con nessuno.
Sembrava
non essere interessata ad avere una compagnia che andasse al di
là dei banchi
di scuola. Questo metteva chiunque in soggezione di fronte a lei.
Anche
Remus.
Si
era sempre detto che loro due difficilmente avrebbero avuto motivo di
fare
amicizia, nonostante entrambi Caposcuola.
Lei,
una principessa. Abiti firmati, inclusa la divisa, e aspetto da nobile.
Lui,
un ragazzo qualunque. Una divisa come le altre, abiti comuni.
L’aspetto di uno
che, nonostante possieda grandi capacità, ha paura di stare
con gli altri.
Lei,
una Serpeverde.
Lui,
un Grifondoro.
Non
potevano capirsi.
Sorridendo
soddisfatto, Remus chiuse il registro e ripose la piuma. Finalmente il
suo
compito di Caposcuola era terminato, almeno per quella notte.
Eva
si alzò prima di lui, utilizzando una grazia pari a pochi.
-Vogliamo
andare?- gli chiese con cortesia.
Il
ragazzo annuì, mettendosi in piedi. Non capiva per quale
ragione lei lo avesse
aspettato, ma non vi fece molto caso. Voleva andare a dormire.
Si
avviarono in silenzio per i corridoi bui del castello, incontrando solo
qualche
fantasma per strada.
-Non
c’era bisogno che mi aspettassi…-
cominciò lui, guardandola camminare al suo
fianco.
-Non
c’è problema.- rispose lei. –Non ho poi
così tanta fretta di tornare nel mio
dormitorio…-
Remus
si lasciò sfuggire un sorriso.
Lei
si voltò a guardarlo, seria.
-Senti…-
fece, scrutandolo con i suoi scuri occhi di giada. -…
Victoria Olsen come sta?-
chiese all’improvviso.
Lui
le sorrise. –Sei gentile.- le disse. –Vick sta
bene, tranquilla.-
Si
erano fermati in un corridoio totalmente buio, se non per la luce della
luna.
Eva
sospirò, abbassando lo sguardo.
-
Mi dispiace.- mormorò sinceramente. –Non avevo
idea che loro stessero per… Se
lo avessi saputo…-
-Non
fa niente.- fece lui, convinto. – Lascia stare. Tu non
c’entri con questa
brutta faccenda, ok? Non accollarti questa colpa, ti prego.-
-Grazie.-
fece lei, sorridendo mesta. –Comunque, la prossima volta
terrò gli occhi più
aperti.-
Si
scambiarono un sorriso, poi ripresero a camminare.
Remus
notò che non era fastidioso il silenzio tra loro due, questo
lo tranquillizzò.
Amava l’assenza di rumore e, probabilmente, anche lei.
Quando
Lily Evans varcò la soglia della Sala Grande, quella
domenica mattina, capì che
di lì a poco sarebbe accaduto qualcosa di terribilmente
importante per gli
studenti di Hogwarts. Quidditch.
Storse
la bocca. Lei odiava a priori ogni tipo di sport, magico o babbano.
Quella
mattina si sarebbero scontrati Corvonero e Grifondoro. Gli appartenenti
alle
rispettive Case sembravano friggere sulle proprie sedie, per non
parlare dei
giocatori. Agitati all’inverosimile.
Jason
McGray, Capitano di Corvonero, aveva fatto sedere tutta la squadra
vicino a
lui, sottoponendoli ad un ultimo ripasso delle tattiche che avrebbero
utilizzato
ed impedendo loro di fare colazione, se mai ne avessero sentito il
bisogno, si
intende. Probabilmente quella tortura psicologica aveva chiuso lo
stomaco di
quei poveracci.
Erano
tutti talmente elettrizzati dalla partita imminente, che nessuno si
curò del
suo arrivo. Un bene per lei.
Si
fece largo verso il tavolo di Grifondoro, convinta di trovare
confusione anche
lì. Invece, stupita, notò che i giocatori erano
tranquillissimi, tutti intenti
a fare colazione, oppure a discutere della partita con i compagni di
Casa.
Sirius,
seduto tra Remus e Peter, taceva. Beveva il suo succo
d’arancia in apparente
tranquillità. Victoria, seduta con un gruppo di ragazze del
suo anno, tra cui
vi era anche –Lily rabbrividì –
Stephanie Hamilton, non parlava. Non aveva
neppure fatto colazione. La rossa la salutò amichevolmente,
quando le passò
davanti.
Vick
le rispose con un sorriso piuttosto spento.
Preoccupata,
la Evans tornò a guardare Sirius.
Victoria
era la prima amica che aveva in assoluto, non poteva lasciarla in
quelle
condizioni. Se fosse stato necessario, sarebbe marciata verso Black e
gliele
avrebbe dette un bel po’.
Quando,
ad un tratto, sentì una risata divertita alle sue spalle.
Si
voltò, come spinta da una forza invisibile.
James
Potter, già con l’uniforme da Quidditch, stava
allegramente discutendo con un
gruppo di ragazzi del loro anno. Rideva.
Lily
sentì il proprio cuore stringersi in una stretta dolcissima.
Quella mattina lui
si era svegliato presto per potersi preparare adeguatamente alla
partita e per
controllare il campo. Lei sembrava dormire profondamente e non
l’aveva voluta
svegliare.
Lily,
invece, era sveglissima ed aveva sentito tutto. Anche quando lui si era
chinato
su di lei, per osservarla, e le aveva sistemato le coperte, temendo che
sentisse freddo.
Tenerezza…
Mentre
lo guardava, lei si chiese per quale ragione non fosse con i suoi
amici.
Avrebbe tanto voluto avvicinarsi a lui, almeno per augurargli buona
fortuna, ma
temeva di farlo.
Non
conosceva quei ragazzi, o meglio, non aveva confidenza con loro.
Quei
compagni del settimo anno non l’avevano mai presa in
considerazione,
probabilmente neppure esisteva per loro.
Non
poteva avvicinarsi.
Ad
un tratto, sentì come una barriera invisibile a dividerla
dal suo angelo.
Si
sentì sprofondare.
Era
una codarda.
In
cuor suo sperava che lui si accorgesse di lei e la chiamasse.
Sì,
era una codarda.
Più
volte era stato James a tenderle la mano e a rendere tutto
terribilmente
semplice da affrontare. Doveva farlo lei, adesso. Era giusto.
Non
poteva aspettare sempre quella mano tesa…
Con
un coraggio che non credeva di avere, cominciò a muovere dei
passi verso quel
gruppetto di ragazzi, traendo un bel sospiro.
Se
l’avessero presa in giro, oppure ignorata, pazienza. Lei non
stava certo
cercando loro. L’importante era che lui non la cacciasse.
Se
mai lo avesse fatto, l’avrebbe uccisa.
Quando
arrivò vicino a lui, mormorando un timido e forzato
“buongiorno”, sentì le
proprie vene raggelarsi dalla paura. Di lì a poco avrebbe
preso a tremare, lo
sapeva.
Il
sorriso che le rivolse James, tuttavia, fu un premio bellissimo per
quella sua
prova di coraggio.
Mentre
il gruppo di ragazzi ammutoliva, osservandola come se fosse stata una
creatura
sconosciuta, lui la prese per mano, invitandola a sedergli vicino.
-Ti
ho tenuto un posto libero.- le spiegò, sorridendo.
Il
cuore della ragazza perse un battito.
Le
aveva tenuto un posto…
Il
suo desiderio…
A
stento si trattenne dal gettargli le braccia al collo e ringraziarlo
per ogni
singola cosa terribilmente importante che faceva per lei ogni giorno,
senza
neppure esserne consapevole. Non pianse, ma ci andò molto
vicino.
Si
sedette, abbassando il capo. Non voleva incontrare lo sguardo freddo o
curioso
dei compagni. Le interessava solo essere lì. Non aveva paura.
La
mano calda di James era ancora stretta alla sua, dandole sicurezza.
Dita dolcemente
intrecciate, nascoste sotto alla tavola, in modo che nessun altro
potesse
essere partecipe di quella tenerezza.
Il
ragazzo la scrutò di sottecchi.
Finalmente
si era decisa a lasciare sciolti i suoi lunghi capelli rosso fuoco.
Erano
bellissimi, lisci come seta.
Li
aveva sempre adorati.
Indossava
una gonna blu scuro, lunga fino al ginocchio, ed una maglietta bianca
piacevolmente
soffice.
Inutile,
adorava anche il modo in cui si vestiva. Probabilmente adorava anche il
fatto
che non l’avrebbe mai vista indossare un paio di pantaloni
attillati.
Sorrise,
dicendosi che era proprio andato.
Passò
un po’ di tempo, prima che il ragazzo biondo che le sedeva di
fronte le facesse
un sorriso. –Come va, Evans?-
Sentendosi
chiamare, la ragazza cercò di riprendersi in fretta.
-Bene…-
balbettò, in imbarazzo.
Odiava
essere al centro dell’attenzione e adesso tutto il gruppo la
fissava. Perfetto.
-Sei
venuta a farmi gli auguri per la partita?- fece James, venendole
provvidenzialmente in aiuto.
-Sì.-
rispose Lily.- Non ho avuto tempo in… in Sala Comune.-
Non
poteva certo dire in camera!
-Non
preoccuparti.- fece lui, tornando ad essere sbruffone.
–Vinceremo sicuramente,
anche se i Corvonero sono forti.-
-Stronzate.-
fece il ragazzo biondo di prima. –Sono tutti delle checche.-
-Non
essere cattivo, Thomas!- si intromise una ragazza dai lunghi capelli
bruni.
Lily
la conosceva. Frequentava il loro stesso anno. Alice Rubin.
Di
lei, la rossa sapeva soltanto che era un’abile giocatrice di
Quidditch, il
terzo elemento che completava la squadra vincente composta anche da
Sirius e
Victoria.
Era
una tipa piuttosto popolare.
Mentre
i due cominciavano a parlottare di Quidditch, Lily prese
inconsapevolmente a
guardarsi intorno. Con stupore notò che sulla tavola,
proprio di fronte a
James, c’era un sacchetto di stoffa scura dal quale
fuoriusciva qualche
galeone.
Questa
poi…
Alzò
il capo per incontrare lo sguardo del giovane e gli rivolse una muta
domanda.
Quello fece spallucce.
-Li
stiamo raccogliendo per la festa di Halloween.- le spiegò.
–Alice mi aveva
detto di venire a contarli per vedere se avevamo raggiunto la cifra
giusta…-
-Ma…-
fece Lily stupita. -…credevo che fossero gli insegnanti a
preparare le festa…-
-Certo!-
esclamò Thomas, sorridendo insieme ad un altro ragazzo, Adam
Maison.
-Preparano
la loro festa! Noi ci prepariamo
la
nostra! Mi pare ovvio!-
Ok,
non ci capiva più nulla.
Adam
rivolse uno sguardo di ghiaccio all’amico, imponendogli di
non proseguire.
–Ricordati
che è la
Evans!- sibilò.
Lily
sentì lo stesso.
-Non
lo andrà certo a raccontare!- protestò Thomas.
–Giusto?- fece rivolto a lei.
-Certo
che non lo farà!- si intromise James, tornando a contare il
denaro.
-State
organizzando una festa all’oscuro dei professori?- chiese
Lily, capendo
finalmente il motivo di tanta segretezza.
-Beh,
non è la prima volta…- fece Alice, sorridendo
furba. –E’ James che se ne
occupa, insieme a pochi altri. Fino ad ora non ci hanno mai beccati!-
Era
lui ad organizzare? Non ne dubitava!
James
era proprio tipo da macchinare festini illegali!
-Mi
raccomando.- le disse Adam, serio. –Non aprire bocca!-
-Stai
tranquillo! E’ la donna di James, no?- fece Thomas, calmo.
Lily
sentì il viso andarle in fiamme. Si voltò a
guardare James, che continuava
tranquillamente la sua conta. Perché non diceva nulla?
Perché non smentiva
tutto?
Imbarazzata,
lasciò vagare lo sguardo per la Sala Grande.
Già
molti studenti se ne stavano andando, probabilmente diretti verso lo
stadio.
James non sembrava preoccupato dalla partita.
Finito
di contare, rimise le monete nella sacca e le consegnò ad
Alice con un bel
sorriso. –Tutto a posto.- le disse. –Sai a chi devi
darle, fai in fretta. Tra
dieci minuti ti voglio nello spogliatoio.-
La
ragazza annuì.
Si
alzò in piedi e si diresse velocemente al portone,
attraversandolo insieme a
quella piccola folla di tifosi.
Molti
ragazzi si presero il disturbo di far cadere tanti tovaglioli, durante
il
passaggio dell’atletica Cacciatrice di Grifondoro. Quella non
parve farci
troppo caso.
Procedeva
a falcate sicure, per nulla turbata da quella eccessiva dedizione alle
sue
gambe. I capelli assolutamente bruni splendevano alla luce del sole che
penetrava dal soffitto incantato e dalle finestre.
Appena
fu in corridoio, per poco non travolse un ragazzo
del suo anno, che correva nella sua
direzione.
-Stai
attento a dove vai, Paciock!- fece lei dura, trucidando il ragazzo con
i suoi
occhi nocciola. Freddissimi.
-Scusami
Rubin.- disse il ragazzo, arrossendo d’imbarazzo.
–Stavo scendendo a fare
colazione, quando Pix…-
-Si,
si…- borbottò lei, annoiata. –Levati di
torno…-
Si
allontanò da lui senza più degnarlo di uno
sguardo, ritenendosi fin troppo
superiore per un ragazzetto così impacciato e inutile. Non
aveva proprio niente
da spartire con un tipo simile. Gli voltò le spalle non
consapevole di quanto,
in realtà, si sbagliasse…
***
-Dove
credi di andare, Lily?-
La
rossa si fermò nel corridoio quasi del tutto deserto, la
maggior parte degli
studenti si era già avviata allo stadio.
Non
si voltò, ma il suo cuore batteva fortissimo.
Quella
voce…
Ironica
e dolce.
Tenera
e buffa.
Adorabile.
James
fece qualche passo e le si mise accanto. Sorrideva.
Scioccamente,
lei si ritrovò a pensare che era decisamente più
alto di lei.
Doveva
tenere il viso sollevato, per poterlo guardare in faccia.
-Volevo…-
cominciò, impacciata. –Volevo andare in
Biblioteca, ho dei compiti da fare. –
spiegò.
Lui
la scrutò, poco convinto.
Quell’uniforme
rossa e oro era meravigliosa, indossata da lui. Non ci aveva mai fatto
caso,
fino a quel momento. Non lo aveva mai visto giocare a Quidditch, non
aveva mai
visto giocare nessuno, a dire la verità.
Essendo
un’autentica frana in qualunque tipo di sport, se ne era
sempre tenuta alla
larga. Stava ben attenta a non dire a nessuno di essere stata
praticamente
l’unica alla quale la scopa non si fosse sollevata dopo il
comando “SU!”, al
primo anno.
Sapeva
che lui era bravo, la sua fama circolava anche tra i professori, ma non
aveva
mai avuto voglia di vedere con i propri occhi.
Uno
dei motivi era proprio la popolarità che lui aveva e che
lei, invece, odiava e
bramava allo stesso tempo.
E
poi, temeva che, se si fosse presentata ad una partita, tutti gli occhi
sarebbero stati su di lei, il topo di Biblioteca.
Come
leggendole nel pensiero, James sorrise e disse: -Non vuoi venire?-
-Come?-
-Non
vieni a tifare per me alla partita?-
Restò
di sale.
Non
credeva che lui sarebbe addirittura arrivato a chiederglielo.
Scrutò i suoi
occhi scuri. Non la stava prendendo in giro, voleva davvero che venisse.
Abbassò
lo sguardo, incupendosi.
-Mi
dispiace.- disse sincera. –Non mi piace il Quidditch.- ammise.
Ebbene
sì, a quel punto aveva tirato una sonora bestemmia, o almeno
lo era per il
grande Capitano-Vivo di solo Quidditch-Potter. Tuttavia lui non si
scompose,
mantenendo la sua solita aria amichevole.
-
Scusa…- ripetè lei, mortificata. –Ma
io… non sono tipo da amare il Quidditch e
non mi piace la confusione…- fece, non guardandolo in
faccia. –Comunque…beh…ti
faccio gli auguri, James.-
Ecco,
questo era il massimo che poteva fare, ne era sicura. James si era
dimostrato
un amico meraviglioso e lei avrebbe tanto voluto fare qualcosa di
altrettanto
bello per lui, ma non aveva il coraggio di stare esposta tra le
persone, aveva
ancora troppa paura.
Credeva
che, a quel punto, lui se ne sarebbe andato. Anzi, lo sperava.
Invece
James Potter restò lì, di fronte a lei. Incurante
dei soli dieci minuti che
mancavano alla partita.
-A
quanto pare,- disse con un sorriso triste. – tu non sei mai
tipo per nulla,
Lily. O meglio, non vuoi esserlo.-
Fu
come una pugnalata fredda. Faceva male, ma era pur sempre la
verità.
La
ragazza alzò lo sguardo su di lui, scossa.
Stranamente,
il ragazzo le sorrise.
-Non
ti sto chiedendo di venire a vedere il Quidditch, ti sto chiedendo di
assistere
alla partita per vedere me, tutto qui.- le disse con dolcezza.
–Voglio giocare
per te, Lily.-
Si
sentì morire a quelle parole.
Come
poteva essere così buono nei suoi confronti?
Chi
era lei a meritarsi una cosa simile?
Si
sentì sporca e cattiva, rispetto a lui.
In
verità, se James avesse desiderato a tutti i costi portarla
con se, sapeva come
fare. Bastava un ordine ed il loro legame avrebbe agito.
Ma
lui non sembrava neppure pensare ad una cosa del genere.
Osservò
per qualche istante il mutismo della ragazza, poi, traendo un sospiro,
si
sforzò di tornare allegro come prima.
-Devo
andare.- le disse. –Devi ancora farmi gli auguri!-
Lily
stava per protestare, ricordandogli di averlo fatto poco prima, quando
lo vide
chinarsi su di lei ed il respiro le morì in gola.
Quelle
labbra, che si era ritrovata ad ammirare in quegli ultimi tempi, si
posarono
con delicatezza su una sua guancia, sfiorando la sua pelle
così lievemente, che
lei avrebbe anche potuto domandarsi se fosse vero.
Ma
i tonfi sordi del suo cuore erano reali, così come lo era il
tremore delle sue
gambe ed il calore del suo viso.
Tutto
questo per un semplice bacio su di una guancia.
Incredibile
come lui riuscisse a metterla in agitazione con un niente.
Ritirandosi,
James tornò a guardarla con dolcezza ed un misto di
sofferenza, dovuta a quel
suo desiderio tanto forte ed appena appena soddisfatto.
-Non
deludermi, Lily…- mormorò, prima di voltarsi ed
andarsene, lasciando lei nella
più totale confusione.
***
Quando
il Capitano di Grifondoro, probabilmente il giocatore di Quidditch
più
promettente di quegli anni, fece il suo ingresso nello spogliatoio, la
sua
squadra era già perfettamente pronta a giocare. Tutti
indossavano la loro
uniforme rossa ed oro, la scopa già in spalla.
Qualcuno
batté le mani con ironia, quando arrivò. Adam
Maison.
-Finalmente
ti sei degnato di venire!- fece con un cipiglio severo. –Si
può sapere dove ti
eri cacciato, eh?-
-Temevamo
che qualcuno di Corvonero ti avesse schiantato. Stavamo per avvertire
la
Semprevergine!- spiegò Lucas Smith, un ragazzo del quinto
anno che giocava come
battitore.
-Mi
spiace. Avevo una cosa importante da fare.- si scusò James.-
Comunque, siete
pronti?-
-Lo
siamo eccome!- esclamò Alice, battendogli sulla spalla.
Gli era
arrivata alle spalle.
Lui
non ne dubitava. Aveva la massima fiducia nella sua squadra.
Incrociò
lo sguardo di Victoria, seduta su una delle panchine. Lei gli sorrise,
ma non
con la gioia frizzante di sempre. Nessuno spirito battagliero nello
sguardo
che, solitamente, aveva prima di una partita.
Sirius,
neanche a dirlo, se ne stava vicino ad Adam, ignorando la sua compagna.
Il
problema era peggiore del previsto, si disse James.
Sperava
tanto che nell’agitazione comune della partita, quei due si
sarebbero riuniti.
Fece
un bel sospiro e parlò.
-Non
c’è alcuna ragione per cui dovremmo perdere.-
disse, guardandoli uno ad
uno. –Abbiamo
i tre Cacciatori
migliori della scuola, - e a quelle parole Alice fece finta di
gonfiarsi di
superbia, mentre Sirius sorrideva e Vick restava praticamente
indifferente. –
un Portiere che riesce a parare di tutto – e fu il turno di
Emma McLoow, una
bella ragazza del sesto anno, di sghignazzare – e due
Battitori che riescono a
beccare chi vogliono.- Adam e Lucas sorrisero compiaciuti.
-Hey!-
fece Lucas, sorridendo. –Non dimenticarti del pezzo migliore!-
James
sogghignò, decidendo finalmente di rivelarsi per lo
sbruffone quale era.
–Beh,
sì. Hai ragione. Ci
sono IO!-
E
giù a ridere tutti quanti.
A
quel punto non ci fu più tempo di dire nulla. Madama Bumb
aveva fischiato,
avvisando i giocatori che era il momento di entrare in campo.
Con
l’adrenalina a mille, le squadre di Grifondoro e Corvonero
fecero il loro
ingresso.
Lo
stadio era un tappeto rosso e oro e blu ed argento. Tassorosso e
Serpeverde si
erano schierati dalla parte della Casa che più preferivano.
Amanda
Scott, settimo anno di Tassorosso, seduta nella tribuna dei professori,
era già
pronta a commentare la partita. Vicino a lei, la professoressa
McGrannit ed il
professor Vitius. Poco distante, Stephanie Hamilton teneva pronta la
penna prendi
appunti, con accanto il suo fotografo e cagnolino asservito, Evan Gres.
Maledetto il giorno in cui quella serpe bionda aveva deciso che, oltre
ad
essere Presidentessa del Comitato Studentesco, potesse essere
divertente anche
scrivere sul giornaletto scolastico e seguire le orme della giovane
giornalista
Rita Skeeter!
Sotto
le grida, le esclamazioni, gli incitamenti ed i fischi della tifoseria,
James
Potter e Jason McGray, si strinsero più o meno
amichevolmente la mano.
Poi
il lungo fischio della Bumb.
Le
scope si alzarono da terra in uno sfrecciare colorato. Un turbinio blu
e rosso,
oro e argento, difficile da seguire. Alice Rubin si era già
impossessata della
Pluffa.
La
partita di inizio stagione era cominciata.
Remus,
ovviamente seduto nella zona Grifondoro, leggeva tranquillamente la
Gazzetta di
Hogwarts, curioso di sentire quali altre malignità la
Hamilton avesse tirato
fuori. Di tanto in tanto, lanciava uno sguardo alla situazione in campo.
Peter
Minus, vicino a lui, squittiva eccitato ad ogni azione dei giocatori
della sua
Casa, saltellando sul posto.
Stava
giusto leggendo con un certo interesse un articolo dove la dolce Steph
screditava il povero Tobias Coote, Prefetto di Corvonero, quando
qualcuno gli
si sedette vicino.
-Non
credevo ti piacesse certa roba.- fece Eva, indicando il giornale con un
sorriso.
Remus
sollevò lo sguardo su di lei, sorpreso di trovarsela
lì. Poi sorrise a sua
volta.
-Lo
trovo divertente.- rispose con un ghigno accennato. –Quella
Hamilton riesce
sempre a stupirmi.-
-Parla
per te.- fece la Ames, diventando cupa. –Non hai letto
l’articolo dove diceva
che mi spalmo litri di Pus di Bubitilla per togliere quella che,
altrimenti,
sarebbe un’acne devastante?-
Lupin
riuscì a restarsene serio per un attimo, poi
scoppiò a ridere. – Sì!- ammise.
Eva
sbuffò, irritata. –Ti pareva.- disse. –E
comunque, per la cronaca, cosa mai
sarebbe una Bubitilla?-
Ridendo
ancora più forte, Remus riuscì a rispondere:-Credo ci sia lo zampino di Xeno
Lovegood!-
Soffiando
sempre più arrabbiata, la ragazza incrociò le
braccia al petto e restò a
guardare la partita in silenzio.
Remus
la osservò con ancora il sorriso sulle labbra. Non
l’aveva mai vista
imbronciata, uno spettacolo più unico che raro.
Probabilmente
la “Principessina” ci teneva alla sua immagine.
Teneva
i ricci raccolti sulla nuca con una spilla. Un’attillata
camicetta blu con
bottoni in onice, una corta gonna nera, a pieghe, leggere calze scure e
lucidi
stivali neri con il tacco le davano quell’aria nobile ed
elegante che solo lei
poteva vantarsi di avere.
Già,
era proprio una principessa.
-
Non credevo ti piacesse il Quidditch.- fece il ragazzo, distogliendo lo
sguardo
da lei e riportandolo al giornale.
-Infatti
non mi piace.- rispose Eva, tranquillamente. –Ma non sapevo
come passare il
tempo. E tu, invece?- aggiunse, guardandolo.
–Com’è che invece di guardare la
partita leggi il giornale?-
Lui
fece spallucce.
-Che
senso avrebbe? Quando tutto sarà finito i miei amici mi
ripeteranno il riassunto
dettagliato per almeno una cinquantina di volte…-
Si
stupì di udire la sua risata, era la prima volta che la
sentiva ridere.
Era
un peccato, si disse, che lei lo facesse così poco.
In
quel momento, Eva non sembrava più una statua di beneducata
freddezza, ma una
ragazza diciassettenne qualunque ed era meravigliosa.
Sì,
davvero un peccato.
-Ma
che cavolo stanno facendo?!- strillò Peter, che non aveva
tolto gli occhi dalla
partita. –Sono impazziti?!-
Remus
si riscosse, portando lo sguardo sull’amico. C’era
qualcosa che non andava, in
campo. Oltre a Peter, anche molti altri Grifondoro stavano urlando
arrabbiati.
Confuso,
si alzò in piedi e riportò l’attenzione
al campo da gioco. I giocatori
sembravano essersi fermati. La tifoseria di Corvonero stava fischiando.
-
C’è qualcosa che non va nella vostra squadra.-
fece Eva, accanto a lui,
indicandogli un punto del campo.
Con
stupore, Lupin vide Vick, Sirius ed Alice a terra. La Rubin stava
sbraitando su
di loro, inferocita e rossa di rabbia, gesticolando furiosa.
Madama
Bumb stava correndo nella loro direzione, cominciando a fischiare
ripetutamente
e James, insieme al resto della squadra, stava atterrando vicino ai tre.
Caos
generale.
-A
quanto stiamo, Pete?- chiese Remus.
-Settanta
a dieci per Corvonero.- rispose, disperato. –I nuovi
Battitori di McGray hanno
preso di mira James, non gli danno tregua! Adam e Lucas non possono
fare altro
che difendere lui! E Sirius e Vick…- si interruppe,
prendendosi il capo tra le
mani, sconvolto.
Le
ultime parole bastarono a far preoccupare il biondo, che prese a
dirigersi a
corsa verso l’uscita della tribuna, per poter avvicinarsi di
più ai giocatori.
Giù
in campo le cose si stavano mettendo male…
-
SIETE COMPLETAMENTE FUORI DI TESTA O COSA?!- stava sbraitando Alice.
– CHE FINE
HA FATTO IL GIOCO DI SQUADRA?! SIETE COMPLETAMENTE FUMATI? SIRIUS,
VICK,
PERCHE’ NON VI PASSATE LA PLUFFA?! NON POSSO FARE TUTTO IO!!-
I
due tenevano lo sguardo basso, evitando accuratamente di guardarsi.
Sirius era
praticamente privo di emozione,Vick furibonda.
Ma
niente in confronto a James Potter, che quando si parlava di Quidditch
diventava un invasato.
-CHE
CAZZO STATE FACENDO?!- urlò a livelli assai spropositati,
tanto che lo udirono
fino ai piani più alti delle tribune.
Aveva
i capelli più disordinati del solito ed il volto ricoperto
di graffi. A quanto
pareva, la difesa serrata di Adam e Lucas non era stata sufficiente per
salvarlo dagli attacchi dei Bolidi.
-
Che sta succedendo, ragazzi?- fece Madama Bumb, raggiungendoli.
-I
Corvonero si sono presi i Bolidi e bersagliano solo James!- intervenne
Adam,
arrabbiato. –Nessuna delle due cose è leale,
professoressa!-
-No,
non lo è.- rispose lei calma. –Ma niente lo vieta,
Maison.-
Quello
parve fumare dalle orecchie.
-Non
ha importanza, Adam.- fece James, rivolto a lui. –Tu e Lucas
cercate di
impossessarvi dei Bolidi e di mirare ai Cacciatori nemici, ci penso da
solo a
difendermi.- poi, tornando ai suoi Cacciatori, il suo sguardo si
assottigliò.
–In quanto a voi tre, state letteralmente facendo schifo! Ma
si può sapere che
vi prende?! Siamo sotto di sessanta punti, se andiamo avanti
così, non
risolverò nulla anche prendendo il Boccino! Non solo non
avete segnato uno
straccio di punto, ma non aiutate neppure il nostro portiere a
difendere gli
anelli!-
Emma
annuì, infuriata quanto lui. Si teneva il braccio sinistro,
che aveva un brutto
aspetto.
-Non
dirlo a me!- si scaldò Alice. –Io sto giocando per
tre! Sono questi due che
hanno perso il cervello!- fece, indicando Sirius e Victoria.
Black
non replicò, ma Vick perse le staffe.
-Io
non ci gioco con questo qua!- strillò, vicina alle lacrime.
–Ho provato a
chiamarlo per fare un’azione, ma lui gioca solo accanto ad
Alice! Non mi passa
neppure la pluffa! Se ha qualche problema con me, me lo dica,
dannazione!-
Ignorando
i compagni, marciò dritta su Sirius, afferrandolo con rabbia
per la divisa.
-Che
problema hai, dimmelo!- gli urlò addosso. –Sono
diventata così insignificante
per te, che non riesci più neppure a considerarmi tua
compagna di squadra?!-
continuò, non curandosi più di trattenere le
lacrime.
Evitando
di guardarla, Sirius rispose con freddezza: –E’
una tua impressione, a me non è sembrato.-
Il
suono dello schiaffo che gli colpì la guancia fu sentito
anche ai primi piani
delle tribune. Alcuni Corvonero e Serpeverde risero. I Grifondoro
parvero
indignati.
-Vaffanculo.-
gli sibilò Vick, prima di gettare con ira la scopa a terra e
di lasciare il
campo, ignorando i richiami di Madama Bumb e della sua squadra.
Black
rimase immobile. Inutile, non riusciva più a starle accanto.
Dandosi
dell’idiota strinse forte i pugni, fino a farsi diventare le
nocche bianche.
Aspettò che James lo travolgesse con la sua rabbia, quasi
desiderando che succedesse.
Non
accadde niente del genere.
Potter
si limitò a scrutarlo per un attimo, prima di gettare a sua
volta la scopa.
-Molto
bene.- disse, tentando di apparire calmo. –Ragazzi, a questo
punto, credo che
possiamo anche ritirarci. Non possiamo continuare, non senza un
prezioso
elemento come la nostra Vick.-
-Stai
scherzando?- fece Adam, sconvolto.- E’ la prima partita,
cazzo! Non possiamo
abbandonare ora…-
Ignorando
i fischi dei Corvonero e le urla inferocite dei Grifondoro, il Capitano
scosse
il capo.
-
Emma non può resistere per molto, è stata
violentemente colpita al braccio
sinistro da un Bolide. Tu e Lucas non potete difenderci tutti e i
Corvonero non
vi permettono di colpire i Bolidi. Alice da sola non può
fare nulla e anche se
io prendessi il Boccino, se i Corvonero facessero altri punti, non
servirà a
nulla.- spiegò, distrutto. –Non
ci
eravamo mai ritrovati in una situazione simile. La squadra non funziona
più.-
Per
i giocatori di Grifondoro, sentire il proprio Capitano pronunciare una
cosa
simile fu come venire investiti da una doccia fredda.
Come
era possibile?
Loro,
proprio loro!
Vincitori
della Coppa di Quidditch da ben sei anni di fila!
Adam
si portò le mani agli occhi, dando le spalle ai compagni.
Alice pareva
indemoniata. Lucas ed Emma si lanciarono uno sguardo disperato.
-Io…-
cominciò Sirius.
-STA
ZITTO, IDIOTA!- lo aggredì Adam, girandosi verso di lui.
Black
non ebbe il coraggio di ribattere, ma bastò
un’occhiataccia di James per
mettere a tacere il Battitore.
-Allora,
che avete intenzione di fare?- chiese la Bumb, stanca. –Se
non tornate in campo
entro dieci minuti, verrete automaticamente buttati fuori dal
campionato.-
James
fece un lungo sospiro. Non era da lui cedere, ma non vedeva proprio
come
cavarne fuori le gambe. Il suo portiere era infortunato, i Battitori di
Corvonero giocavano slealmente, Alice era troppo nervosa, Vick se ne
era andata
e Sirius non ci stava con la testa. Per quanto potesse essere bravo,
non poteva
fare miracoli.
-Mi
deludi, Potter.- fece una voce alle sue spalle in tono severo.- E
pensare che
ti vanti tanto di essere il migliore… il Mago del Quidditch.-
Si
voltò, sorpreso, e quasi credette di avere le allucinazioni,
quando si ritrovò
di fronte a Lily Evans. La rossa lo guardava con il suo famoso cipiglio
da
Caposcuola, che persino la McGrannit avrebbe temuto.
Teneva
le braccia sotto al seno e non accennava ad un sorriso.
-Tutto
il tempo che passi a pavoneggiarti… per cosa? E io che
credevo fossi bravo!
Allora erano solo storie! Non può essere vero se getti la
spugna così.-
-Cosa
dovrei fare, sentiamo.- disse lui, ancora parecchio scosso
dall’aversela
trovata lì. Non credeva possibile una cosa del genere.
–Non hai notato come
siamo ridotti?-
-No.
Ho notato soltanto che quello che dovrebbe essere il più
bravo e fighissimo
Cercatore della scuola non ha ancora preso il Boccino D’Oro,
togliendo la
squadra dai casini.-
Lui
non ebbe il coraggio di ribattere. Sentiva una forte rabbia crescere
dentro di
se. Ma cosa voleva saperne lei?
Lei
che non aveva mai neppure assistito ad una partita?
Lei
che l’aveva snobbato fino a quel momento!
Lui
non poteva giocare perfettamente in quelle condizioni. Come poteva
cercare di
prendere il Boccino con Lucas ed Adam che gli volavano così
vicino per
difenderlo dai Bolidi?
Perché
ci stava mettendo bocca?!
Era
venuta ad insultarlo ancora?!
Del
resto, era sempre stato così. Lei l’aveva sempre
schiacciato, appena le si
presentava l’opportunità.
Non
voleva risponderle male, perciò evitò di parlare.
Quegli
occhi verdi continuavano a scrutarlo senza esitazione, senza paura. Lei
se ne
stava rigida come il marmo davanti a lui, l’espressione
severa, quasi schifata.
-Vai
a prendere questo Boccino, James Potter. Se non lo farai, non osare mai
più
vantarti di una bravura che non hai, quando io sono nei paraggi. Se sei
tanto
bravo, non dovrebbe essere un problema per te prendere quel dannato
affare
prima che i Corvonero riescano a fare altri punti, no?-
Sirius
la guardava come se fosse impazzita e gli altri giocatori sembravano
del suo
stesso parere. Lily Evans che scendeva tra i comuni mortali e si
metteva a dare
ordini e a bersagliare il più bravo giocatore della scuola?
Assurdo.
Potter
non riuscì a non lanciarle un’occhiata arrabbiata.
Lei parve non curarsene.
-Hai
detto di voler giocare per me.- mormorò, guardandolo con
sfida. –Fallo.-
Era
vero, l’aveva promesso e James Potter manteneva sempre le
promesse.
James
Potter non
accettava neppure di essere umiliato da nessuno.
Fu
solo questo che lo spinse a raccattare la sua scopa e a borbottare,
furioso, a
Madama Bumb: -Giochiamo.-
Si
alzò in volo, senza degnare la ragazza di uno sguardo.
Glielo avrebbe fatto
vedere, dannazione! Lui era bravo. Lo era, accidenti! E se la sua
squadra era
in difficoltà, pazienza! Lui poteva vincere da solo!
Così,
magari, la Evans avrebbe visto quanto valeva! Accidenti a lei, stupida
ragazza
fredda che lo aveva fatto innamorare fino a perdere il senno!
Volò
in alto, non curante del fischio di Madama Bumb che faceva riprendere
la
partita, né dei fischi
derisori dei Serpeverde
e dei Corvonero, né della cronaca di Amanda e neppure dei
giocatori che si
scontravano sotto di lui.
I
Battitori di Corvonero presero subito a braccarlo e subito si udirono
le grida
arrabbiate e furiose della tifoseria di Grifondoro, unite alle risate
dei
Corvonero.
Quando
Lucas ed Adam gli si avvicinarono con le mazze levate, pronti a
proteggerlo,
urlò loro con rabbia di fare come aveva detto: difendere gli
anelli.
Sfrecciò
da solo, seguito dal sibilo del Bolide che gli era stato lanciato
contro e
tampinato dal Cercatore nemico, che tentava di buttarlo giù
dalla scopa.
Se
questo era essere leali…
I
suoi Grifoni, però, continuavano a fare il tifo per lui.
Quando vide il Boccino brillare vicino
agli
anelli dei Corvonero, si lanciò a tutta, ignorando il Bolide
che poteva
colpirlo da un momento all’altro.
Appena
i Grifondoro si resero conto di ciò che stava accadendo, le
urla di
incoraggiamento si fecero più forti, tanto da sovrastare gli
insulti .
Ma
non gli importava.
L’unica
cosa che desiderava era che Lily lo guardasse e che non si azzardasse
più a
dirgli delle cose simili. Mai più.
Che
capisse, una volta per tutte, cosa era disposto a fare per lei.
E
lei lo guardava.
Trovato
posto in una tribuna, ignorando tutti gli altri, lei lo guardava,
pregando in
cuor suo che lui ce la facesse. Che vincesse quella che lei riteneva
una
stupida partita di Quidditch, ma che lui considerava importante.
-FORZA
JAMES!!- gridò il ragazzo accanto a lei, unendosi al coro
formato dai
Grifondoro. Era Frank Paciock.
Non
credeva che lui fosse il tipo di ragazzo da andare alle partite. Beh,
in realtà
neppure lei credeva di esserlo, eppure era lì, a fare il
tifo in silenzio.
Non
perché fosse particolarmente interessata alla vittoria della
sua Casa, per lui.
Semplicemente
perché desiderava vederlo felice e fiero di se. Solo per
questo.
Ad
un tratto tutti trattennero il fiato e qualcuno si lasciò
sfuggire un urlo.
Un
Bolide aveva colpito James alla spalla, ma non era riuscito a buttarlo
giù
dalla scopa. Sotto di lui, i Cacciatori di Corvonero attaccavano gli
anelli
difesi da Emma senza sosta. La ragazza si spostava di continuo,
nonostante il
braccio, dimostrando di meritarsi a pieno titolo il posto in squadra.
Adam
e Lucas le erano accanto.
L’ultimo
tiro fu intercettato da Sirius, deciso a non peggiorare le cose
più di quanto
lo fossero, e la pluffa fu lanciata ad Alice, che partì a
razzo.
Nel
momento in cui l’abile Cacciatrice di Grifondoro riusciva a
segnare, evitando
una resistenza che pochi sarebbero riusciti a vincere, James
serrò la mano
intorno alla piccola pallina dorata, facendo terminare la partita.
Fu
un attimo e lo stadio fu invaso da un boato assordante che altro non
era che
l’insieme di urla di giubilo della zona rossa e oro.
Le
squadre atterrarono.
I
Corvonero erano furiosi. La rabbia si sarebbe protratta per settimane.
I
Grifondoro, scendendo dagli spalti, si lanciarono sui propri giocatori.
Ci
fu chi non la smetteva di gridare, chi si mise a piangere, chi non
riusciva a
cessare di ridere. Remus e Peter corsero dai propri amici. Il primo
ancora un
po’ preoccupato, il secondo raggiante, con un sorriso che
andava da un orecchio
all’altro.
E
c’era Lily, in disparte.
L’unica
Grifondoro rimasta vicino alle tribune e a non essersi unita ai
festeggiamenti.
Sorrideva, vedendolo sorridere.
Era
davvero il miglior Cercatore della scuola.
Fece
per voltarsi ed andarsene, quando, per uno strano scherzo del destino,
incrociò
lo sguardo di lui.
E
James, senza più la preoccupazione e l’amarezza
per la partita quasi persa, con
la mente lucida, sbollita la collera e la delusione, capì.
Lei
aveva fatto qualcosa che non aveva prezzo. E l’aveva fatto
per lui.
Aveva
vinto la paura di stare in mezzo agli altri ed era venuta ad assistere
alla
partita.
Quando
aveva visto che si trovava in difficoltà, aveva ragionato
lucidamente e trovato
la soluzione che lui non riusciva a vedere, confuso dalla rabbia.
Ignorando
la sua insicurezza ed il terrore degli altri, aveva trovato il coraggio
di
scendere in campo, davanti agli occhi di tutti, e di farlo ragionare
con
l’unico mezzo che, in quel momento, avrebbe funzionato con
lui. Gli insulti.
L’orgoglio ferito.
Non
si era preoccupata del fatto che, udendola, i Grifondoro
l’avrebbero vista
ancor più con occhio cattivo, né che lui, offeso,
avrebbe potuto non rivolgerle
più la parola.
In
silenzio, lei gli aveva fatto un regalo stupendo. Più bello
del vincere Coppe
di Quidditch per tutta la vita.
Idiota.
Lui
era stato un idiota.
Ed
in quel momento, mentre la vedeva abbassare lo sguardo ed andarsene,
capì che
l’amore che provava per lei era arrivato ad un punto tale da
non essere più
neppure concepibile.
Avrebbe
voluto che tutti se ne andassero, che la smettessero di dargli pacche
ed
abbracciarlo. Non voleva la loro felicità ed i loro
complimenti.
Non
gli importava più che lo chiamassero “James il
Grande”.
Voleva
lei, solo lei.
Lei,
l’unica cosa in grado di farlo felice.
L’unica
ragazza che l’aveva fatto innamorare senza neppure usare una
qualche strategia.
Lei,
che si era fatta amare semplicemente essendo se stessa.
Lei,
diversa dalle altre.
Lei,
così intelligente e semplice.
Umile,
onesta, leale e dolce.
Lei,
sempre così sola.
Lei,
che era bellissima, ma non se ne accorgeva.
Lei,
così teneramente bisognosa di essere tenuta per mano.
Lei,
così poco sicura di se stessa.
Lei,
il suo piccolo amore.
Sì,
era stato un idiota a non capirlo subito. Ad avere provato rabbia nei
suoi
confronti.
L’aveva
guardata come facevano tutti gli altri, togliendole la sicurezza della
loro
amicizia appena nata.
Idiota…
Con
il nodo alla gola e la disperazione emersa a tormentarlo, si
liberò dai
calorosi abbracci dei compagni e, senza curarsi più di
nulla, prese a correre.
Fine!
^___^
Ringrazio
tutti coloro che leggono e che recensiscono sempre questa fanfic. Mi
scuso
davvero molto per il lungo ritardo, ma questo è stato un
capitolo maledetto,
per me. Ovvero, sembrava che il destino si divertisse a trovare modi
per non
farmelo scrivere…
Per
prima cosa mi sono beccata la febbre dovuta ad una terribile
insolazione,
accidenti alla mia pellaccia chiara.
Dopo,
quando sono stata bene, la zona dove abito è stata presa di
mira da una lunga
sequenza di temporali, perciò ho staccato la spina al pc,
temendo che
succedesse qualcosa di terribile, tipo perdere il computer a non ancora
un anno
di vita.
Quando
i temporali se ne sono andati, ho fatto una scoperta agghiacciante. Il
capitolo
12 non esisteva più. Perché? Eh, piacerebbe
saperlo pure a me.
Infine,
quando mi sono decisa a rimboccarmi le mani e a riscrivere, dopo un
giorno di
disperazione, ho scoperto che mia mamma aveva preso le ferie.
Cosa
c’è di male?
Beh,
se mia mamma mi becca a stare al pc più del dovuto,
è capace di frullarmelo dalla
finestra, quindi ho dovuto cercare i momenti adatti da dedicare alla
scrittura,
per non farmi sgamare…. =___=
Insomma,
un capitolo maledetto che io ODIO.
Spero
lo odierete anche voi, ne sarei felicissima. ^___^
Detto
questo vi saluto, alla prossima. Pregando che vada tutto bene, almeno.
Un
bacione,
Lady
Tsepesh
|
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Capitolo 13 *** Run ***
“
Dedico questo capitolo a tutti
coloro che mi hanno seguita fino
a qui e
che recensendo mi hanno invogliato ancora di più a
continuare questa fic. È un
onore scrivere per tutti voi.” Lady Tsepesh
CAPITOLO
13 “ RUN”
Pioveva.
Tempo
di svuotare lo stadio ed una leggera pioggia aveva preso a bagnare i
vasti
prati di Hogwarts, ora festosa. Una lunga sfilata di ragazzi in rosso
ed oro
era appena tornata al castello, il sorriso sul volto.
Sarebbe
stata una lunga giornata, fatta di risa, scherzi e cibo sgraffignato
dalle
cucine.
Ma
c’era qualcuno che, in quel momento, non aveva alcuna voglia
di festeggiare.
Seduto
sui gradini che portavano allo spogliatoio di Grifondoro, intento a
fumarsi una
sigaretta in silenzio, Sirius Black osservava la pioggia cadere
giù,
esattamente come il suo umore.
Non
era da lui comportarsi in quel modo. Aveva fatto veramente schifo in
tutti i
fronti. Era stato una frana durante la partita, aveva deluso James e
aveva…
aveva ferito Vick ancora di più.
Non
voleva tornare al dormitorio della sua Casa, dove avrebbero festeggiato
fino
all’alba. Voleva restare da solo.
Aveva
perso Vick.
E
tutto perché era un viscido idiota. Forse, si disse, non era
poi così diverso
dalla sua famiglia. Anche lui, dopo tutto, non faceva altro che ferire
chi gli
stava vicino.
Fece
un sorriso triste.
Ormai
era completamente fradicio. La sua uniforme era diventata
più pesante.
Si
chiese dove fosse Victoria.
Conoscendola,
avrebbe anche potuto essere ancora nei dintorni, sotto la pioggia che
si faceva
più fitta, a sbollire la rabbia.
Non
ricordava di avere più litigato con lei dopo il loro secondo
anno.
E
adesso l’aveva persa.
Lei
non sarebbe più tornata ad essere la sua migliore amica.
Ed
era tutta colpa sua. Lui, che aveva dato di matto.
Perché
l’aveva baciata?
Perché
aveva voluto rovinare tutto?
Lei
era l’amica più cara che aveva. La persona
più preziosa. E lui aveva distrutto
tutto.
Come
poteva tornare tutto come prima?
Non
riusciva neanche a guardarla più in faccia!
L’aveva
allontanata con freddezza, ma solo perché non voleva
combinare altri casini. In
realtà, lui voleva essere dolce con lei e quando
l’aveva vista piangere,
l’unica cosa che avrebbe voluto fare era abbracciarla forte e
chiederle
umilmente perdono. Lui era uno stronzo, un bastardo. Non si meritava la
sua
amicizia.
Forse,
forse era davvero meglio così.
Forse
era meglio se rimanevano lontani.
Scoprire
di essere attratto da Victoria Olsen lo aveva turbato
all’inverosimile.
Lo
aveva lasciato con il gelo nelle vene.
Cosa
doveva fare?
Dirle
la verità?
Per
poi cosa?
Se
le avesse detto tutto, probabilmente lo schiaffo che si era preso a
fine
partita non sarebbe stato nulla.
Lui
era il suo migliore amico, l’avrebbe probabilmente sconvolta
dicendole cosa
aveva codardamente fatto mentre lei dormiva.
Se
le avesse detto tutto, lei non lo avrebbe davvero più
guardato.
Se
le avesse detto che, da quella notte, il desiderio di baciarla non se
ne era
andato e che la voglia di tenerla per mano era tanto forte, lei si
sarebbe
allontanata definitivamente.
L’avrebbe
sconvolta, confusa, messa in difficoltà. Non voleva questo,
lei non se lo
meritava.
Vick
gli era sempre stata vicino, dimostrandogli ogni volta quanto speciale
fosse la
loro amicizia. Aveva rischiato moltissimo per lui.
E
adesso lui, dannato bastardo, non poteva mandare tutto a puttane.
Già
si vedeva l’espressione orripilata e disgustata della Olsen,
se le avesse detto
cosa aveva cominciato a provare per lei.
Victoria
lo considerava un amico.
Il
suo migliore amico.
Bella
storia andarle a dire di averla baciata e di non avere più
smesso di pensare ad
altro. Che schifo…
E
comunque non voleva diventare il suo ragazzo, per nessuna ragione.
Avrebbe solo
peggiorato le cose.
Le
storie finiscono, prima o poi. Sirius non aveva mai creduto
all’amore a prima vista,
né a quello eterno, come invece faceva James.
Lui
non era un romantico come il suo migliore amico. Non aveva neppure il
suo animo
gentile. Non credeva nel “per sempre felici e
contenti”.
Come
poteva?
La
sua vita era stata un autentico schifo fino a quel momento.
Se
lui e Vick si fossero messi insieme, un giorno sarebbe comunque finita
e il
loro rapporto sarebbe stato distrutto. Non avrebbero neppure
più potuto tornare
ad essere amici come prima. L’avrebbe davvero perduta, a quel
punto.
No,
non l’avrebbe mai permesso.
La
rabbia di Vick si sarebbe placata, prima o poi, e sarebbe tornato tutto
come un
tempo. Non si sarebbe mai più azzardato a fare altri errori.
Mai più.
Ciccò
per terra e si decise ad alzarsi.
Era
il caso di mettersi dei vestiti asciutti.
Non
sapeva più dove cercare, ormai. Aveva fatto di corsa tutto
il parco di
Hogwarts, incurante della pioggia. Ora, bagnato fradicio, continuava a
correre
per i corridoi del castello, pregando di non beccare Gazza, altrimenti
sarebbe
stata la fine.
Aveva
il fiato corto e rischiava una polmonite, ma non se ne curava affatto.
Doveva
trovare lei.
Fregandosene
di tutti gli studenti che si voltavano a guardarlo curiosi al suo
passaggio e
di tutti quei volti amici che continuavano a congratularsi per la
vittoria,
andava avanti, disperato.
Se
solo avesse avuto la Mappa con se…
Non
riusciva a pensare ad altro che non fosse lei. Aveva lasciato il suo
migliore
amico, che probabilmente in quel momento aveva bisogno di lui.
Aveva
lasciato la sua squadra ed i suoi compagni, che lo avevano chiamato per
festeggiare.
Aveva
lasciato tutto, ogni cosa.
Doveva
trovare lei…
Ad
un tratto sentì gli strilli della McGrannit, dietro di lui.
Non se ne preoccupò
e continuò a correre come un’anima in pena.
Ne
era sicuro, lei adesso stava soffrendo e tutto a causa sua.
Maledetto
idiota.
Come
aveva potuto non capire subito? Come aveva potuto riservarle quello
sguardo
cattivo? Come?! Come aveva potuto lasciarla scappare via?
Doveva
trovarla. Doveva vederla. Parlarle. Chiederle scusa.
Quando,
improvvisamente, accadde ancora.
Un’altra
volta.
Lì,
a salvarlo.
Una
luce biancastra, spettrale, elettrica, gli avvolse il polso,
cominciando a
tirarlo. Non riuscendo a trattenere un sorriso, James si
lasciò guidare, come
un bimbo che tiene la mano della madre, fidandosi ciecamente di lei.
Il
Voto lo guidò nuovamente fuori dal castello, dritto verso le
serre di
Erbologia.
Prese
a correre più veloce.
Adesso
era vicina, lo sentiva.
La
pioggia scendeva impetuosa su di lui. I capelli corvini erano ormai del
tutto incollati
alla sua testa, rivoli del più puro inchiostro nero che
scendevano sul suo
viso; l’uniforme da Quidditch resa ancora più
cupa, al contatto con l’acqua. Di
un rosso sangue, non più brillante come prima.
L’oro era divenuto ambra.
Non
aveva idea di come avrebbe reagito Lily, una volta che le sarebbe stato
davanti. Forse lo avrebbe cacciato via. In quel caso, comunque, se lo
sarebbe
meritato.
Poteva
solo immaginare le emozioni che in quel momento si stavano agitando in
quel
corpicino sottile. E non erano emozioni belle.
Povero
piccolo amore…
Quante
cose aveva fatto lei per lui, quel giorno, e quante poche lui, invece.
Ma
Lily Evans aveva volentieri affrontato quella prova di coraggio. James,
senza
capirlo, riusciva a trasmetterle tutta la forza d’animo di
cui lei aveva
bisogno. Sarebbe riuscita a sollevare il mondo con un dito, grazie a
lui.
Non
era pentita di ciò che aveva fatto. Non era dispiaciuta,
affatto. Poco
importava ciò che aveva provato una volta di fronte a tutta
la scuola.
In
quel momento, aveva sentito il sangue gelarsi e le gambe tremare. Aveva
davvero
avuto paura che sarebbe caduta, ma lui era ormai a pochi passi da lei.
Lo aveva
raggiunto ed aveva fatto ciò che era giusto.
Adesso
James aveva vinto, era felice per lui ed orgogliosa di se stessa.
Dopo
tutto ciò che lui aveva fatto, era felice di essersi un poco
sdebitata. Poco
importava se lui non avesse capito e fosse rimasto arrabbiato con lei.
Forse
non l’avrebbe più considerata. Non era importante.
Anche il solo saperlo felice
le bastava.
James
Potter non era una sua proprietà, ovviamente. Non poteva
pretendere di poterlo
tenere legato a se per sempre, come aveva cominciato ad immaginarsi.
Quel
sentimento egoistico, a volte, la spaventava.
Sentiva
la pioggia picchiettare incessantemente sul tetto della serra. Tutto
intorno,
un dolce profumo d’erba bagnata, di fiori delicati e piante
stravaganti.
Adorava
le serre.
Nessuno
veniva mai da quelle parti, se non per studiare. Non erano in molti ad
apprezzare la bellezza dei fiori, come invece faceva lei.
Era
felice del suo nome: Lilian. Giglio.
Stava
seduta su uno dei tanti tavoli vuoti, ascoltando la pioggia ed il
silenzio,
lasciando che i suoi sensi si aprissero a quei profumi così
delicati.
Ahh…La
solitudine.
A
volte ferisce ed il desiderio di fuggire da lei è forte.
Altre,
invece, non si può fare a meno di desiderarla.
Lei,
Lily Evans, aveva fatto della solitudine la sua confidente, il suo
tesoro.
Aveva
imparato ad apprezzare i rumori più sottili, scoprendo i
segreti più celati. Si
era innamorata della pace che la cullava in quei momenti, quando era
lei a
rifugiarvisi di sua spontanea volontà.
I
suoi piedi penzolavano nel vuoto in modo giocoso, i lunghi capelli
rosso fuoco
sparsi sulla schiena e sul petto. Liberi. La gonna che si increspava ad
ogni
movimento delle gambe.
Potava
anche sembrare una fata. Uno spirito vagante solo nei giorni di
pioggia.
Ad
un tratto il suo polso destro si illuminò. Riconobbe quel
bagliore, l’aveva
salvata, poco tempo fa.
Si
portò l’arto di fronte al viso, scrutandolo senza
capire.
Che
James la stesse cercando?
Perché?
Sospirò,
proprio nell’esatto momento in cui un fulmine
squarciò il cielo, seguito da un
tuono assordante. Per un instante, la penombra nella quale si trovava
fu accesa
di un bianco luminoso.
Balzò
giù dal tavolo, dirigendosi ad una delle finestre della
serra. Osservò il
cielo. Era in totale rivoluzione. Di un pauroso grigio cupo, di tanto
in tanto
spruzzato di improvvisi bagliori luminosi.
Gli
alberi della Foresta Proibita frusciavano in maniera sinistra,
più lugubri che
mai. Non riuscì a trattenere un brivido.
Da
un po’ di tempo, pensò, il clima non era
più quello di una volta, anche se non
c’era da stupirsi di avere temporali in Inghilterra.
C’era
qualcosa là fuori, lo sapeva, anche se cercava sempre di non
prestarvi mai
troppa attenzione.
La
sua giovane età, mista al suo animo tendente a chiudere
tutto fuori per paura
di ferirsi, l’avevano resa quasi immune dalla paura del
domani, anche se,
forse, avrebbe dovuto averne.
Abbassò
lo sguardo.
Il
suo polso brillava ancora di scariche bianche. Non poteva lasciare il
luogo
dove si trovava, non in quel momento. Se si fosse allontanata ancora,
avrebbe
spezzato il legame e allora, beh.. forse non sarebbe stata molto bene,
dopo.
Non
poteva rischiare.
Lo
sentiva avvicinarsi e ne era felice, anche se non sapeva il motivo per
il quale
lui la stesse cercando. Forse voleva solo urlarle addosso.
Probabile,
ma almeno avrebbero parlato e lei avrebbe potuto spiegargli.
Quando
sentì la porta aprirsi con un cigolio non si
voltò, sapeva già che era lui.
Restò
ferma, immobile a fissare fuori dalla finestra, pronta al peggio.
Non
poteva aspettarsi ciò che accadde poco dopo.
Sentì
due braccia stringerla gentilmente alla vita, un corpo avvicinarsi a
lei,
lentamente. Il respiro le morì in gola.
Lui
era lì, dietro di lei, e la stringeva in modo
così dolce che sentì qualcosa
stringerle dolorosamente la gola. Le braccia strette intorno a lei con
delicatezza, il torace premuto contro la sua schiena, il volto chino
sull’incavo della sua spalla.
La
guancia della ragazza venne a contatto con i capelli bagnati di lui e
rabbrividì un poco. James doveva essere fradicio.
Per
un po’ nessuno dei due parlò. I polsi di entrambi
avevano cessato di brillare.
Lei
rimase quieta in quell’abbraccio, senza fiato né
parole. Incapace di formulare
un qualsiasi pensiero. Lui era semplicemente troppo dolce.
Poi,
ad un tratto, la sua voce.
-Perdonami.-
Lily
spalancò gli occhi smeraldini, stupita. Non si aspettava
niente del genere.
Perdonarlo? E di cosa?
-James…
cosa…?- provò a dire.
Lo
sentì scuotere la testa.
-Non
ho capito nulla.- le disse a bassa voce, come se fosse stato un loro
segreto.
- Sono
stato
davvero arrabbiato con te, ma non avevo capito niente. Sono un idiota,
solo un
idiota. Tu hai fatto tutto per me, non è vero?-
-…sì.-
dichiarò lei, sentendo il cuore sciogliersi.
-Lily…-
mormorò lui, stringendola ancora di più.
-… sono tanto orgoglioso di te.-
La
ragazza non riuscì a trattenere un singhiozzo. Con gli occhi
offuscati dalle
prime lacrime, corse a cercare le mani di lui, stringendole con le sue.
Si
morse le labbra per non far sfogare il suo pianto, rendendole quasi
bianche.
-Ti
prego, non piangere.- gli sentì sussurrare. –Oggi
hai fatto tanto per tutti e
due. Hai abbattuto il tuo muro ed aiutato me a vincere. Sono.. sono
così fiero
di te.-
-Ho
solo cercato di rendermi utile.- si schernì lei.
Sentì
le braccia di lui ritrarsi, abbandonandola. Poi una mano su una spalla,
che la
costringeva a voltarsi.
-Hey…-
la chiamò lui con dolcezza. – Guardami.- aggiunse,
facendole sollevare il volto
con una mano. – Quando la smetterai di sminuire sempre quello
che sei?- la
rimproverò con un sorriso. – Sei stata molto
coraggiosa, invece. Ed io non ce
l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto, lo sai?-
Lei
lasciò che le proprie labbra si piegassero in un piccolo
sorriso. Lui sembrò
esserne rincuorato.
-
Brava.- le disse, dandole un affettuoso buffetto sulla testa.
–Sai,- cominciò.
– io trovo che tu sia una persona meravigliosa, Lily Evans e
compatisco gli
altri, che non lo hanno ancora capito.-
Quelle
parole la gelarono e la bruciarono allo stesso tempo. Il cuore le
batteva
troppo forte, non avrebbe retto, ne era sicura. Non riuscì a
dire nulla.
-Non
dovresti farti trattare in modo così crudele, né
escludere. Non devi
nasconderti, Lily, ma metterti in gioco. Tutto qui. La gente
dà giudizi di
continuo, se le stessimo a sentire tutti ne moriremo. Ma nessuno
potrà mai
metterti in difficoltà, se tu non lo vuoi. Non ci credi?
Credi di non essere
forte?- fece guardandola teneramente. – Io non lo credo. Non
credo che tu sia
debole e, anche se all’inizio tu avessi bisogno, potrai
sempre contare su di
me. Te l’ho detto, no? Potrai sempre tenermi per mano.-
Lily
annuì, il nodo alla gola sempre più stretto.
-Quello
che voglio dirti è che… vorrei che tu provassi.
Vorrei che anche tu cominciassi
a correre, senza più restare in panchina. Senza
più avere scarsa fiducia in te
stessa. Devi correre come tutti gli altri. Anche se tu avessi una gamba
in
meno, questa non sarebbe una ragione valida per non farlo. Mi capisci?
Ci sono
persone che desiderano vederti in panchina, persone cattive. Ce ne sono
altre,
però, che vorrebbero averti con loro, ma a forza di vederti
seduta hanno smesso
di girarsi per vedere se li stavi seguendo oppure no. Guarda Vick. Le
piaci.
Avete fatto amicizia.-
Rimase
in silenzio, aspettando che lei avesse assorbito tutto. Con un sorriso,
le fece
una carezza. Era incredibilmente piccola in quel momento.
-
Oggi mi hai dato la dimostrazione che le gambe per correre le hai.- le
disse
con un sorriso furbo. –Quindi non hai più scuse.-
Lily
annuì, sorridendo.
-Non
sarà facile.- disse in un soffio.
James
scosse il capo. –Niente è facile da raggiungere,
Lily. Altrimenti adesso sarei
già fuori da questa scuola a giocare per qualche famosa
squadra di Quidditch.-
Alla
ragazza scappò una risata. Lui sorrise.
Voltandogli
le spalle, Lily tornò a guardare alla finestra. Quello che
stava per dirgli non
era così facile da esternare.
-Grazie,
James.- gli disse piano. – Quello che fai per me…
nessun altro…- non riuscì a
finire, quindi andò avanti. –Io… volevo
ringraziarti, ecco. E dirti che… sì,
ecco…sei l’amico più caro che abbia mai
avuto.- disse, tornando a guardarlo.
–Non dimenticherò mai tutto questo. E quando anche
tu avrai bisogno di me, io
ci sarò. Te lo prometto.-
Lui
le sorrise e senza darle il tempo di avvedersene, la
abbracciò di nuovo,
stringendola forte. In quel momento, mentre la teneva stretta a se, gli
veniva
una sola cosa da dirle. Una soltanto. Ma ingoiò quelle
parole, accontentandosi
di poterla avere così e niente di più.
-James…?-
-Si?-
fece lui, mentre ancora le era abbracciato.
La
domanda non arrivò subito.
-Perché
fai tutto questo per me?-
Fu
sussurrata, quella domanda. Sussurrata e detta talmente piano da
sembrare solo
il fruscio del vento. Lui avrebbe potuto benissimo non udirla. Invece
capì e
sorrise.
-
Per sdebitarmi.- fu la semplice risposta.
Lily,
il capo posato sul suo petto, corrugò la fronte, non
riuscendo a capire.
-…
sdebitarti?-
Lo
sentì ridere in maniera dolce, prima di risponderle.
-Vorrei
vederti felice, come lo sono io.- le spiegò. – E
se lo sono, beh, è grazie a
te.-
-Me…?-
-Quando
ti vedo, io mi sento il più felice del mondo, Lily.- disse
lui, stringendola di
più. –Visto che traggo la mia felicità
da te, mi pare il minimo cercare di
farne avere un po’ anche a te, no?-
Ma
lei non gli rispose. Non poteva rispondere.
Si
sentiva come paralizzata. Sospesa in una bolla di sapone. Lui era
meraviglioso.
Al suo confronto, lei non era nulla.
Come
era possibile che un ragazzo del genere avesse deciso di stare accanto
a lei?
Si meritava davvero tutto questo?
Si
staccò di poco da lui, il tanto che bastava per guardarlo
negli occhi. Forse fu
un errore, perché sentì un fiume caldo scorrerle
nel petto ed il respiro
mancare.
Il
rumore della pioggia, mista a lampi, giungeva lontano, come se il
temporale si
fosse trovato su un altro pianeta. Non la raggiungeva più
nulla.
Quegli
occhi scuri erano la sua dannazione.
Non
riusciva mai a distogliere lo sguardo, una volta incrociati. Schiava.
E
lui era bello.
Aveva
dei lineamenti che nessun altro aveva, ne era sicura. Sembrava essere
più che
umano, ora che lo guardava bene. Era semplicemente troppo bello.
La
pelle del suo viso non aveva alcuna imperfezione, neppure una
minuscola, e
quando lui sorrideva, come in quel momento, gli veniva una fossetta sul
mento
terribilmente adorabile.
Le
si stava sciogliendo il cuore.
-…sei
il mio angelo.- disse, senza pensare.
Le
mani di lui si posarono ai lati del suo viso, accarezzandole le guance,
gli
zigomi, le tempie, con le dita. Soggiogato, incantato da lei, allo
stesso modo
in cui Lily lo era da lui.
Le
si fece più vicino, senza neppure rendersene conto.
Lasciò una mano ad
accarezzarle la guancia, spostò l’altra sulla
nuca, avvicinando il viso della
ragazza al suo. Più vicina, la voleva ancora più
vicina.
Credeva
di impazzire. Sentiva il suo respiro sulla bocca, ma aveva paura di
avvicinarsi
di più.
Paura
che lei lo avrebbe respinto.
Paura
di come fare, con lei. Lei che non era come le altre ragazze.
Paura
di non essere alla sua altezza, lui, James Potter, così in
basso rispetto a
lei.
Paura
di come abbracciarla, di come prenderle la mano, di come…
baciarla.
Sentiva
la testa girare.
Tutto
era nuovo, con lei. Anche un bacio.
Si
sentì come un ragazzino inesperto al suo primo bacio, quando
era da tempo che
aveva dimenticato quell’impaccio.
Era
addirittura stato a letto con delle ragazze, ma in quel momento non era
più
sicuro di niente. Voleva darle tutto, ma era convinto di non avere
nulla.
Il
primo bacio glielo dette all’angolo della bocca. Delicato,
appena percettibile.
La
ragazza avrebbe anche potuto credere di essersi immaginata tutto, ma il
brivido
che avvertì dentro di se ebbe la capacità di
bruciarla. Era dolce. Così dolce…
Lily
tremò tra le sue braccia.
Teneva
gli occhi chiusi, temendo che, se li avesse aperti, lui sarebbe
scomparso.
Avvertì
le sue labbra posarsi sul suo mento, dolci come il miele, morbide come
seta.
Sembravano le ali di una farfalla, decisa a farsi prendere.
Poi,
di nuovo, si allontanarono, per raggiungerla di nuovo. Quasi tremanti,
le
sfiorarono il labbro inferiore, catturandolo infine tra di loro.
Se
lui non l’avesse sorretta, probabilmente, sarebbe caduta. Si
sentì come se
tutte le sue forze l’avessero abbandonata. Si
lasciò sfuggire un sospiro.
Era
consapevole di stare tremando. Aveva paura ed era terribilmente
confusa, ma non
avrebbe mai trovato il coraggio di allontanarlo, di farlo smettere.
Non
voleva che finisse. Non doveva finire.
Gli
mise le esili braccia intorno al collo, stringendolo a se. Il
maglioncino
bianco, morbidissimo, gli sfregò contro le guance ed il
collo e lui sorrise.
C’era
della tenerezza in tutto questo, capace di spaccare in due entrambi.
Abbandonandosi,
James prese a baciarle con insistenza il labbro che aveva catturato,
usando una
gentilezza tale da farle capire che, in qualunque momento lei avesse
voluto,
avrebbe potuto ritrarsi da lui.
Stupido.
Dolce. Lei non lo avrebbe mai fatto.
Docile,
lasciava che lui la stringesse.
Quiete,
lasciava che lui le desse quell’accenno di bacio.
Tenera,
lasciava che lui continuasse ad accarezzarle il viso.
Ad
un tratto, il desiderio di baciarlo a sua volta fu schiacciante. Uno
strano
calore al petto, un brivido alla schiena. Voleva farlo. Sarebbe morta,
se avesse
detto di no a quel desiderio.
Ma
era terrorizzata dall’idea di provare. Si sentiva troppo
piccola, troppo
insignificante e troppo inesperta.
E
se l’avesse fatto male?
C’erano
forse delle regole per baciare? Si? No?
Ecco
a cosa portava la sua vita da eterna reclusa, pensò. Si
sentiva morire. Avrebbe
voluto essere terribilmente vissuta per lui. Invece era terribilmente
insicura.
Ma
quando James le feci reclinare la testa all’indietro,
accompagnandola con la
sua mano, non ebbe più il tempo di pensare a niente.
Quella
bocca delicata andò a depositare baci sulla pelle tenera del
suo collo, del suo
mento, della sua gola.
Sembravano
bruciare…
Sembravano
bruciare le zone di epidermide dove lui posava le sue labbra.
Anche
lui stava tremando, si rese conto Lily. Non poteva crederlo possibile.
James
la trattava come se lei fosse stata un gioiello dal valore
inestimabile,
arrendendosi a lei con la devozione di un servo.
I
brividi alla schiena aumentavano e il calore al petto cresceva,
espandendosi.
Ormai
aveva disimparato a respirare.
Sentiva
il proprio volto andare in fiamme.
-Ho
sempre voluto solo te…- mormorò piano James,
mentre saliva a sfiorarle la
mandibola con i baci. -… solo te, Lily…-
Non
riuscì a rispondergli. Non era tanto sicura di conservare
ancora una voce.
Lo
strinse più forte a se, tentando di fargli capire quanto
significassero quelle
parole per lei. Lei che, per tutta la sua vita, non era mai stata
voluta.
Sentiva
il freddo del vetro della finestra dietro di lei. In trappola.
Racchiusa nella
prigione più bella che potesse esistere.
Quando
lui tornò alla sua bocca da bambola, non desiderando nulla
più di quello, un
tuono, seguito da un lampo accecante, li fece sobbalzare entrambi.
Per
un attimo sembrò che l’intera serra tremasse.
Il
rombo non riuscì ad esaurirsi subito.
In
lontananza si sentiva il furioso abbaiare di Thor, il cane di Hagrid.
Quell’animale non era mai stato un cuor di leone.
Sorridendo,
James la strinse tra le braccia, posando il mento sulla sua testa.
-Tutto
bene?- le chiese dolcemente.
Lily
non sapeva se si stesse riferendo al tuono spaventoso, oppure a
ciò che aveva
appena interrotto. Si sentì arrossire.
-Sì.-
rispose debolmente. –Tutto bene.-
-Forse
è meglio tornare al Castello, è pericoloso stare
qui.- le disse.
-Però
un fulmine potrebbe incenerirci durante il viaggio.-
protestò lei, non
riuscendo tuttavia a guardarlo negli occhi, imbarazzata.
Non
immaginava che “il dopo” sarebbe stato
più difficile da gestire del “durante”.
Eppure non si erano neppure scambiati un bacio vero. Cosa sarebbe
accaduto,
allora, una volta che sarebbe successo?
Si
dette subito della matta.
Non
poteva essere certa che una cosa del genere si sarebbe ripetuta. Non
era detto
che lui l’avrebbe voluta baciare ancora, anche se le aveva
detto…
James
le sorrise, furbo. –Credo di conoscere un incantesimo che fa
al caso nostro.-
Eccolo
tornare il Malandrino di sempre.
Lily
fu sollevata dal fatto che, nonostante tutto ciò che era
appena accaduto tra
loro, le cose non fossero poi cambiate così tanto.
Arrossì
ancora di più, quando si accorse che lui la stava guardando
in modo affettuoso.
Decise di dire qualcosa, tanto per non stare in silenzio.
-Sei…
sei fradicio.- buttò lì, stupidamente.
Ok,
avrebbe anche potuto fare di meglio, ma l’improvvisazione non
era il suo forte.
James scoppiò a ridere.
Fece
per avvicinarsi a lei, quando la porta fu aperta violentemente,
spaventando
tutti e due. Una figuretta nascosta dal mantello della scuola si
accasciò a
terra, tremando, scossa da profondi sussulti.
A
vedere dalle mani che la figura teneva a terra, per sorreggere il suo
corpo,
Lily potè capire che si trattava di una ragazza.
-Tutto
bene?- chiese lei, avvicinandosi un po’. James le venne
dietro.
Sembrò
che quella strana apparizione si fosse accorta di loro solo in quel
momento. Cominciò
ad indietreggiare, cercando di alzarsi in piedi.
Questo
non fece altro che farla cadere di nuovo.
-Ma
chi sei?- chiese James, chinandovisi di fronte.
Senza
aspettare risposte, tirò via il cappuccio e trattenne il
fiato. Lily si portò
le mani alla bocca, sconvolta.
Davanti
a loro, tremante, bagnata ed infreddolita, stava Narcissa Black.
Il
suo volto era una maschera di lividi e di sangue.
Fine!
^___^
Che
dire? Vi lascio con l’amaro in bocca. Avevo pensato di
proseguire un altro po’,
ma ho deciso di lasciare il resto al prossimo capitolo. Questo, il 13,
voglio
lasciarlo a Lily e James, senza spostare troppo l’attenzione
su altri
personaggi.
Dal
prossimo si riparte. ^^
Un
saluto ed un abbraccio a tutti coloro che leggono questa fanfic, in
particolare
ai miei tesori che, con il tempo, sono diventati dei veri amici, per me:
-Masuko
-Betta90
-Rossgreenday
-Lilian Potter
-Aly92
-The Best Lady
-Black Witch
-mimmyna
-Ali
del Sole
-Akito
and Sana
-puccalove90
-canfly
-Dana
-Parisienne
-serporo
-albicoccacida
-evillinnie
-Milla92
-Aly12Potter
-Lady
Mimi
-Vicky
Evans
-stellina250
-MeyLover
-Cla’92
-lalla23
-Brucy
-Aurora
-Bea
-Pralina93
-Lily Prongs
-Amy
-Jenny
-anguria25
-Anna Mellory
-Miley Stewrt
-meli-mao
-Sherry
-...Miriel...
-White Shadows
-Ninny
-Ginny W
-Lexie Black
-Kiki 3006
-Viky Lunastorta
-Vane91
-Saraligorio 1993
-Hil
-Potterina_88
-Orlandofigo93
-Sakura210692
-fefe-hinata-chan
-Iside1985
-pinkdreamer
-Kikio92
Ecco,
credo ci siate tutti. ^___^ Se non fosse così, ditemelo, che
mi prendo a
bastonate. Il fatto è che cominciate ad essere tanti ed io
sono felicissima,
anzi, strafelice, ma non è facile avervi tutti presenti.
^^””
Perciò
non stupitevi se, uno di questi giorni, vi arriva un messaggio da parte
mia che
a voi risulta incomprensibile, visto che non c’entrate nulla.
Adesso lo sapete,
rischio di far confusione.
Un
bacione e a presto con il capitolo 14. ^^
Vedo
che ci stiamo muovendo. ^__^ Ma, come ho detto a molte, non
concluderò la fic
tanto in fretta, quindi mettetevi pure comodi. XD
Lady
Tsepesh
|
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Capitolo 14 *** Sorrow ***
Vi
chiedo di leggere le note dell’autore riportate alla fine del
capitolo. Niente
di grave, comunque. Tranquilli. Grazie! ^__^
CAPITOLO
14 “ SORROW”
Narcissa
Black non era mai stata una ragazza dalla personalità forte,
tutt’altro. Ultima
di tre figlie, era stata coccolata e viziata all’inverosimile.
Per
suo padre, lei era una piccola principessa. Sua madre, neanche a dirlo,
la
reputava la sua figlia migliore per raffinatezza ed eleganza.
Sempre
accompagnata passo dopo passo nella sua vita, Narcissa non aveva mai
imparato
ad accumulare quella forza d’animo necessaria per lottare.
Così,
quando suo padre le aveva comunicato che avrebbe sposato
l’unico figlio dei
Malfoy appena uscita da Hogwarts, non aveva avuto il coraggio di
ribattere.
Era
una bambina.
Lo
era nel corpo ed anche nell’anima. Forse, con il tempo, il
suo fisico sarebbe
maturato, ma lo stesso non si poteva dire del suo cuore.
Lei
non si riteneva forte come Andromeda e Bellatrix. No, non era affatto
come
loro. Si era sempre sentita diversa, inferiore.
Loro
erano belle, more, con brillanti occhi blu. Lei era bionda ed aveva gli
occhi
cerulei. Il suo corpicino gracile non aveva niente a che vedere con le
forme
morbide ed aggraziate delle prime due. Già fisicamente, fin
da piccolissima, si
era sentita distante dalle sorelle maggiori.
Anche
caratterialmente era diversa.
Bellatrix
aveva un fidanzato come lei, eppure non si faceva problemi a tradirlo
con il
primo che passava, né a comandarlo a bacchetta. Andromeda,
per amore, aveva
voltato le spalle a tutto e a tutti, rinunciando ad essere una Black.
Lei,
Narcissa, non avrebbe mai avuto la capacità di imitare
l’una o l’altra.
Tremava
al solo pensiero di disubbidire.
Suo
padre sarebbe sempre stato il suo Sire fuori da Hogwarts e,
all’interno della
scuola, lo sarebbe sempre stato Lucius.
L’unica
cosa che la confortava era il fatto che quello fosse l’ultimo
anno per lui.
Dopo, eccetto per le vacanze, avrebbe potuto trascorrere qualche anno
in
tranquillità.
Non
era mai stato molto gentile con lei, da che ricordava. Aveva accettato
male il
fatto di doversi sposare con una ragazza imposta dai genitori. Quando
aveva
scoperto che la ragazza in questione era poco più di una
mocciosa, poi, l’aveva
presa ancora peggio. La detestava, ne era certa.
Lucius
viveva Narcissa come una palla al piede. Una palla al piede quindicenne
che non
gli ispirava neppure per andare a letto. Un bambina, niente di
più.
Aveva
subito chiarito di non avere intenzione di fare da babysitter.
Spesso
e volentieri la ignorava, passandole vicino senza neppure considerarla.
Altre
la prendeva in giro, dicendole parole crudeli. Altre ancora, le
peggiori, la
picchiava, sfogando su di lei il suo nervosismo e la sua rabbia.
In
fondo lei era sua, no? Aveva tutto il diritto di usarla come voleva.
Questa era
la sua filosofia.
Con
i compagni di Casa che ridevano di lei e Bellatrix, che non veniva mai
a
soccorrerla, Narcissa poteva fare ben poco da sola. Una sola volta
aveva
provato a ribellarsi e le conseguenze erano state disastrose.
Quell’unica
volta risaliva a quel pomeriggio, dopo la partita di Quidditch. Lo
aveva
sentito parlare con la sorella di una setta segreta, la setta di Lui, e non ci aveva visto più.
Aveva
osservato l’espressione estasiata e bramosa della sorella ed
aveva sentito il
sangue gelarsi nelle proprie vene.
Non
poteva accettare che certe idee venissero inculcate nella testa della
sorella,
già fanatica di per se. Sapeva che Bellatrix era interessata
ad unirsi a quel
gruppo che si faceva chiamare “I Mangiamorte”, ma
sperava di farle cambiare
idea. Avrebbe fatto di tutto per salvarla. Non l’avrebbe
fatta andare via. Non
avrebbe mai più sopportato di perdere una sorella. Questa
era una delle poche
cose che riuscivano a trasmetterle abbastanza coraggio per affrontare
addirittura il male personificato.
Aveva
odiato Lucius ancora di più. Non gli avrebbe mai permesso di
fare il lavaggio
del cervello a Bellatrix.
Perciò,
animata da una forza che poche volte l’aveva accompagnata, si
era messa in
mezzo ai due, fissando il fidanzato con una freddezza negli occhi che
avrebbe
potuto anche congelare l’inferno, e lo aveva affrontato.
Ciò
che era accaduto dopo, purtroppo, era stato orribile. Di nuovo, nessuno
in suo
aiuto. Né i compagni di Casa, né
l’amata sorella.
E
adesso era lì, incredula, semi seduta in un lettino
dell’infermeria. Le ferite
che aveva sul viso bruciavano ancora un po’, ma Madama Chips,
come al solito,
aveva fatto i suoi miracoli.
Aveva
tirato su i capelli chiari in una coda alta ed indossato il camice
chiaro che
le aveva dato l’infermiera. Sentiva ancora un po’
male alle spalle, dove Lucius
l’aveva stretta per strattonarla con violenza.
Vicino
a lei, le due persone che mai si sarebbe aspettata potessero
preoccuparsi per
la sua salute. La Caposcuola Lily Evans ed il Casinista James Potter.
Entrambi
Grifondoro, entrambi poco amici dei Serpeverde. Eppure, che ci credesse
oppure
no, erano stati loro a soccorrerla, non uno della sua Casa.
Potter
le sorrideva, Evans la scrutava preoccupata.
-Non
posso fare altro per le tue ferite, Black.- fece la Chips, tornando da
loro.
-Comunque
tutto si sistemerà in pochi giorni.- terminò con
un sorriso.
Narcissa
annuì, ringraziando a bassa voce. Si sentiva esausta. Voleva
solo dormire.
-Hai
bisogno di qualcosa?- chiese Lily con gentilezza. –Vuoi che
ti vada a prendere
qualcosa in Sala Grande? È ora di pranzo.-
La
biondina scosse il capo.
-Comunque
credo sia il caso di avvertire la sorella.- fece l’infermiera.
Narcissa
spalancò gli occhi. Fece per protestare, ma la donna era
già uscita
dall’infermeria, ben conscia che sarebbe stato pericoloso
mandare due
Grifondoro dai Serpeverde al posto suo.
Rimasti
soli, i tre ragazzi tacquero.
Lily
osservava i tagli ed i lividi sul volto della ragazza con
preoccupazione.
Avrebbe avuto molte domande da fare al riguardo, ma non era molto
sicura che
farlo potesse essere una buona idea. Forse Narcissa non voleva parlarne.
James,
invece, che non aveva mai avuto peli sulla lingua e non si faceva
problemi a
mettere in difficoltà la gente con la sua
sincerità tagliente, non riuscì a
tenersi a freno.
-Ascolta
Black,- fece incrociando il suo sguardo. – io proprio non ci
credo al fatto che
tu sia inciampata da qualche parte. Ti va di dirmi che è
successo veramente?-
Più
chiaro di così si muore. Lily lo avrebbe strangolato per la
sua mancanza
assoluta di tatto. Narcissa, poi, sembrava un persona così
delicata…
Quando
la rossa si accorse del repentino cambiamento d’espressione
della quindicenne,
che si fece d’un tratto terrorizzata, decise che
sì, avrebbe strangolato James
Potter nel sonno.
-Non
sei costretta a parlare, se non ti va.- si affrettò ad
aggiungere in suo aiuto.
-Certo
che lo è, cavolo!- protestò James.
–Sicuramente qualcuno l’ha pestata!-
Ok,
mantieni la calma, Lily Evans, si disse. Si sa, i maschi hanno la
sensibilità
di uno cucchiaio, perché James dovrebbe essere diverso dai
suoi simili?
-James,
fammi il piacere di stare zitto.- gli sibilò.
-Cosa?!-
sbottò lui. –Dobbiamo farla parlare!-
-Ma
non in questo modo!-
-E
come, allora?!-
Narcissa
li osservava confusa. Ma erano amici quei due, oppure no? Beh, se non
altro,
erano piacevolmente divertenti.
-Ok.-
sbuffò Lily. –Vattene.-
-Mi
stai cacciando dall’infermeria?-
-Esattamente.
Và a cambiarti che sei fradicio, resto io con lei.-
-Ma…-
-Fuori.
O ti scaglio una fattura, Potter.-
disse lei, tornando perfettamente nei panni della Caposcuola
bacchettona.
Notare come fosse ritornata al cognome.
-Va
bene, me ne vado. Evans.- fece,
dignitosamente oltraggiato, prima di battere in ritirata. Lily aveva
già la
bacchetta in mano.
A
Narcissa sfuggì un mezzo sorriso. Che tipi strani, questi
Grifondoro. La rossa
si voltò verso di lei, sorridendole. Sperava di esserle
almeno un pochino
simpatica.
Non
era molto brava a parlare con gli altri.
Riusciva
ad essere sicura di se solo nei panni della Caposcuola. Dubitava,
tuttavia, che
fosse una buona idea porsi alla ragazzina in quelle vesti.
Doveva
essere solo Lily. Fece un bel respiro, tentando di dare ascolto alle
parole di
un certo James- Ho la delicatezza di uno Schiodo Sparacoda- Potter.
Doveva
credere in se stessa.
-Senti,
Black…- cominciò. –Io non voglio farmi
gli affari tuoi ma, ecco, le ferite ed i
lividi che hai… credo che neppure Madama Chips creda che tu
te li sia procurata
da sola…-
Narcissa
abbassò il capo, spaventata. Sapeva che non le avrebbero
creduto.
-Ascolta…
io non sono un granché con le persone, anzi, sono un
disastro… ma… beh… se ti
va di parlarmene… Non lo dirò a nessuno, se vuoi.
Posso…ecco…darti una mano. Mi
fa piacere, credimi.-
Quelle
parole le fecero tenerezza. Narcissa non riuscì a non alzare
lo sguardo, per
poterla guardare. Apprezzava veramente, ma non poteva parlare. Assurdo,
si
disse. Doveva esserci sua sorella, lì, accanto a lei. Invece
c’era Lily Evans.
Quella ragazza le trasmetteva un calore piacevole, come…
come sua sorella
Andromeda.
Si
sentì un forte nodo alla gola, a quel pensiero.
-Ve
l’ho detto.- parlò con la sua voce bassa e
vellutata. –Sono inciampata e… sono
andata a sbattere contro uno degli specchi della mia Sala Comune.-
Beh,
era pur sempre una mezza verità. Era davvero andata a
sbattere contro uno
specchio, tagliandosi il viso. Solo non era inciampata.
-Va
bene.- fece Lily. –Ho capito.-
Non
se la sentiva di forzarla. Sapeva quanto difficile fosse parlare delle
proprie
vicende dolorose. Avrebbe aspettato e… l’avrebbe
tenuta d’occhio.
-Comunque,-
le disse sorridendole. – io mi chiamo Lily.-
La
ragazza spalancò un po’ gli occhi azzurri,
sorpresa. Stava davvero cercando di
fare amicizia con lei? Illogico. Chi avrebbe voluto diventare sua
amica? Tutti
la trattavano come una bella bambolina di porcellana, niente di
più.
Però
il sorriso della rossa sembrava sincero, rispetto a quello degli altri.
E lei
doveva comunque essere educata, glielo impartivano le sue buone maniere.
-Narcissa.
Mi chiamo Narcissa.- mormorò.
C’erano
due cose che Bellatrix Black non sopportava, dopo i Babbani. Una di
queste era
il doversi preoccupare degli altri. Tipo quella piagnona sempliciotta
della sua
sorellina.
I
capelli neri che frusciavano sinistramente sulla sua schiena, gli occhi
blu
assottigliati dal fastidio, le labbra contratte. Camminava a passo di
marcia,
facendo ondeggiare le braccia al ritmo dei suoi passi.
La
sigaretta semi consumata tra le labbra. Brutto segno. Chi si trovava
sul suo
tragitto fece presto a togliersi di mezzo.
Bella
e maledetta. Una Dea del male.
Bellatrix
riusciva ad incutere a tutti paura e, allo stesso tempo, ammirazione.
Gliene
avrebbe dette di cattiverie a quell’essere inutile di
Narcissa. Quell’idiota di
Madama Chips era entrata nel suo dormitorio, interrompendola mentre
ultimava il
suo prezioso tema di pozioni. Che andasse al Diavolo!
La
seconda cosa che non sopportava le si parò di fronte proprio
in quel momento,
mandandole i nervi a mille. In quel corridoio pieno di studenti, oltre
a lei,
stava camminando anche James Potter. Strinse i pugni tanto forte da far
diventare le nocche bianche. Dannazione a lui!
James
sembrava non essersi accorto di lei, nonostante si stesse dirigendo
dalla sua
parte. Non indossava più l’uniforme da Quidditch,
ma un paio di jeans scuri ed
una maglietta nera arrotolata sugli avambracci. Aveva i capelli ancora
umidi.
Una visione.
Bellatrix
distolse lo sguardo. Era già irritata di suo, parlare con
James Potter le
avrebbe fatto saltare le coronarie. Ciccò per terra,
incurante di stare
sporcando il prezioso pavimento tanto curato da Gazza, e si accese
un’altra
sigaretta.
Sperò
che Il Deficiente non si accorgesse di lei.
-Hey,
Black!-
Come
non detto.
-Potter.-
salutò, fredda.
-Stai
andando da tua sorella?-
-E
dove, sennò?- rispose lei, seccata.
-Accidenti.
Questo sì che è amore fraterno.-
-Cosa
vuoi che ti dica?- fece lei, ghignando. –Ho sempre voluto
essere figlia unica.-
Rimasero
a scrutarsi un istante. Gelo.
-Sai
cosa le è successo.-
-Scusa?-
rise lei. –E come potrei? Che domanda mi fai?-
-Non
era una domanda.- sibilò James, prima di superarla e di
andarsene.
Così
come era venuto, se ne era andato.
Bellatrix
non si voltò neppure per guardarlo. A stento si trattenne da
lanciare una
Cruciatus verso uno dei primini che le girottolavano lì
vicino. Dannato James
Potter!
Sirius
Black era lo spettro di se stesso, il che era inquietante. Se ne stava
sdraiato
sul suo letto, nella torre dei giusti Grifoni, sentendosi tutto
fuorché giusto.
Teneva un braccio a nascondergli il viso. Totalmente distrutto.
Remus
Lupin, seduto a gambe incrociate sul tappeto della stanza dei
Malandrini, un
pesante tomo di incantesimi aperto di fronte a lui, alzò per
la centesima volta
gli occhi verso l’amico, lasciando perdere lo studio.
Sì,
si confermò. Sirius, senza il suo sorriso da idiota, era
inquietante.
-Siri?-
chiamò.
-Eh?-
la risposta.
-Niente.-
si affrettò a dire il biondo, tornando al libro.
Imprecò
mentalmente. Ma dove cazzo era James quando serviva?!
-Emm…Sirius?-
riprovò.
-Eh?-
-Nulla,
nulla.-
Remus
sospirò, rimettendosi a leggere. Il dito che tamburellava
sul pavimento.
Ad
un tratto chiuse gli occhi, al culmine del nervosismo.
-Senti
Sirius…- cominciò.
-Senti
Remus, mi hai rotto le palle.- lo precedette Black. –Si
può sapere che c’è?-
Furioso,
Lupin si alzò in piedi.
-Curioso.-
ringhiò. –Stavo esattamente per dirti la stessa
cosa.-
Togliendosi
il braccio da davanti agli occhi, Sirius si alzò il piedi.
Una faccia da far
paura. –Ah, si?-
-Sì.-
confermò l’amico. –Si può
sapere perché non stai facendo il cretino come tutti
i giorni? Sei inquietante! Non riesco a studiare!-
-Cosa?!-
sbottò Black, guardandolo come se fosse stato pazzo.
–Quando faccio casino mi
urli addosso perché non riesci a studiare
e…quando sto fermo tu mi urli ancora
addosso perché non riesci a studiare! Guarda che non sei
normale! Deficiente!-
-Sì,
vabbè! Ma questo ora non è importante!- si
riprese in fretta Remus. –Il fatto è
che tu hai qualcosa che non va! Mi vuoi dire che
c’è?-
-Non
c’è niente.- sbuffò l’altro.
Ma
non poteva cavarsela così, lo sapeva bene. Remus lo stava
ancora fissando con i
suoi occhi radar. Pericolosissimi. In grado di captare il minimo
accenno di
bugia.
Parlò
ancor prima di rendersene conto.
-Ho
baciato Vick, quando era in infermeria.-
Ecco,
aveva tirato la bomba. Probabilmente Remus si sarebbe messo a
rimproverarlo,
come suo solito. Invece non accadde nulla del genere.
Sentì
l’amico sedersi vicino a lui, in silenzio.
-E
lei… non l’ha presa bene?- domandò
Lupin, con calma.
Sapeva
che, prima o poi, il suo amico si sarebbe interessato a Victoria,
esattamente
come lei, da tempo, provava interesse per lui. Nessuno sapeva osservare
i
propri amici meglio di Remus J. Lupin.
-Lei
non l’ha proprio presa.- fece Sirius, con un sorriso amaro.
–Dormiva, quando
l’ho fatto.- confessò.
Vigliacco,
si disse.
Ecco,
adesso era proprio sicuro che Remus avrebbe attaccato con una delle sue
ramanzine noiose. Ne era certo.
L’amico
lo sorprese anche quella volta. Restò in perfetto silenzio.
-Per
questo ti comporti in modo così strano con lei?- chiese.
–Lascia che te lo
dica, non è la soluzione migliore.-
-Non
so che altro fare, Rem.- fece Sirius, disperato. –Sono il suo
migliore amico,
lo sai!Che devo fare? Andare da lei e dirle la verità? E
poi…-
-Quale
sarebbe questa verità?- lo interruppe Remus, attento.
-Cosa?-
-Rispondi.
Penso che sia importante che tu lo faccia. Qual è la
verità, Siri?-
Il
moro abbassò lo sguardo, confuso e leggermente in imbarazzo.
Ma
che domande andava a fargli, Lunastorta?!
-Io…-
mormorò. -… non lo so. Davvero.-
-Sì
che lo sai.-
Fredda
come una pugnalata in pieno petto. La verità.
Gli
morirono le parole in bocca. No, non riusciva a rispondere a quella
domanda.
Era troppo difficile per lui. Sentiva il proprio cervello andare in
tilt.
Guardandolo
con affetto, Remus sorrise.
Sirius
non cambiava mai. Irrazionale, giocoso, simpatico, buffo e coraggioso.
Ma
anche
insicuro, indeciso, sbadato e distratto. No, non sarebbe mai cambiato.
E i
suoi tempi sarebbero sempre stati quelli, non poteva forzare le cose.
Infondo,
gli voleva bene e lo rispettava anche per questo.
Sirius
Black doveva arrivarci da solo a quella risposta. Remus non poteva
suggerire,
stavolta. Si stava parlando di qualcosa di più importante di
un compito in
classe.
Si
alzò dal letto, allegro.
-Forza!-
fece, cercando di darsi un’aria malandrina.
–Andiamo a combinarne una delle
nostre!- dichiarò.
Sirius
lo guardò con gli occhi a scodella. Ok, Remus era impazzito.
Ora ne aveva la
prova. Oppure qualcun altro aveva preso le sue sembianze con la
Polisucco.
-Prego?-
chiese, sperando di aver capito male.
-Mi
hai sentito!- fece l’altro, allegro.- Su, andiamo a fare
casino!-
Il
povero Black si sentì vicino ad un infarto. Che stava
succedendo?!
-Sei
sicuro di stare bene?- si informò, preoccupato.
-Certo!
Perché? Non posso forse dire anche io “andiamo a
fare casino”?-
-Cavolo!-
saltò su Sirius. –Certo che no! Questo
può significare una cosa sola… siamo
vicini all’Apocalisse, oppure… la tua
trasformazione ti sta facendo dare i
numeri! Devo portarti da Silente!-
Si
alzò in fretta dal letto, raggiungendolo.
-Non
essere idiota!- protestò Lupin. –Non vedo che ci
sia di male. Sono un
Malandrino anche io!-
Inutile,
Sirius continuava a scrutarlo con apprensione crescente. –Ok,
Remus.- disse,
cercando di stare calmo. –Adesso… adesso andiamo a
pranzo, va bene?-
-Non
parlarmi come se fosse un matto ricoverato al San Mungo!-
-Sì,
sì. Va bene. Scendiamo, eh?-
Sentendosi
prendere per un braccio e condurre verso la porta, Remus
alzò gli occhi al
cielo. E che cavolo! Ci mancava anche questa! Ecco cosa ci si guadagna
nel
cercare di tirar su di morale gli amici!
A
tavola le cose non migliorarono.
Sirius
aveva espresso i suoi timori a James e Peter, ricevendo subito la loro
approvazione. Adesso erano in tre a fissarlo come se fosse una povera
vittima
della maledizione Imperius.
A
nulla era servito il provare a spiegare a quei decerebrati che
l’unica ragione
che lo aveva spinto a dire una tale, a detta loro,
assurdità, era la vana
ricerca di tirare Sirius su di morale. Adesso stavano discutendo se
portarlo da
Silente, da Madama Chips, oppure direttamente al San Mungo.
Se
non l’avessero fatta finita, lasciandolo mangiare in pace,
alla prossima luna
piena li avrebbe divorati. Sicuro!
Il
povero Remus fu salvato dall’arrivo provvidenziale di Lily,
che si era diretta
verso di loro senza neppure pensarci.
-Oh,
guardate!- fece James, sfoderando un ghigno da iena.
–E’ arrivata la Evans!-
Lily
lo fulminò con lo sguardo.
-Credevo
avessi smesso di chiamarmi Evans, scemo!- protestò.
-Credevo
avessi smesso di chiamarmi Potter, scema!- la scimmiottò,
mettendo un broncio
buffo e adorabile.
Si
fissarono in cagnesco per qualche istante, poi scoppiarono a ridere
perfettamente in sincrono. Remus, Sirius e Peter si guardarono senza
capirci
nulla.
Sempre
sorridendo, James le fece cenno di sedersi vicino a lui. Lily non se lo
fece
ripetere due volte anche se, una volta al suo fianco, fu inevitabile
pensare a
cosa era successo poche ore fa e sentirsi in imbarazzo.
Lui,
però, sembrava a sua agio.
In
silenzio, la ragazza prese a riempire il piatto di cibo.
-Sai,
Lily – cominciò James, sghignazzando. –
prima che tu arrivassi, stavamo
discutendo se era il caso di far ricoverare il nostro povero Remus.-
Il
diretto interessato alzò gli occhi al cielo. Rieccoci!
La
Evans puntò gli occhi verdi su di lui, lo sguardo
interrogativo. –Perché?-
chiese.
-Per
caso stai male, Remus?-
-Altrochè!-
fece subito Sirius. –Non ti immagini neppure a quali problemi
psicologici sia
soggetto il nostro caro Lunastorta!-
Lily
lo guardò poco convinta. Dallo sguardo esasperato di Lupin
aveva capito che lo
stavano solo prendendo in giro.
-No,
non me lo immagino.- rispose, dolce come una vedova nera.
–Posso immaginare i
tuoi però, Black.-
-Touchè!-
trillò Remus, con un sorriso cattivo rivolto a Sirius, il
quale, non
aspettandosi certo un tale rovescio della frittata, si fece piccolo
piccolo.
-James…-
pigolò verso il suo migliore amico. – James,
dì alla tua amichetta di non fare
la cattiva con me!-
-Lily,
non fare la cattiva con Felpato.- fece Potter, intento a condirsi
l’insalata.
Facendo
una smorfia, Lily prese a bere il suo succo di zucca a piccoli sorsi.
Non si
stava certo rendendo conto che, in quel momento, si stava comportando
come una
ragazza come tante. Una ragazza che scherza e si diverte con gli amici.
James
però lo aveva notato. Sorrise sotto i baffi, soddisfatto.
-Approposito,-
intervenne la rossa, all’improvviso. –Me la
spiegate una cosa?-
Tutti
e quattro i Malandrini le prestarono attenzione.
-Ecco,
che cosa vogliono dire i vostri nomi?- domandò.
–Cioè, a Malandrini ci arrivo
da sola.- fece, riservando a tutti un’occhiata da Caposcuola.
–Ma gli altri? Mi
pare che usiate dei nomi in codice per chiamarvi, no? Vi ho sentito
più di una
volta! Tipo… Lunastorta e Felpato. Che vuol dire?-
Beh,
che aveva chiesto di tanto strano?
Perché
ora la fissavano come se fosse un Dissennatore in procinto di dare un
bel bacio
a tutti?
Al
povero James era andata l’insalata di traverso ed aveva preso
a tossire.
Sirius
era rimasto con la forchetta solleva. Un pezzo di frittata che
penzolava.
Remus
si era bloccato con il bicchiere alle labbra.
Peter
la fissava con gli occhi a scodella.
-Cos’è?
Un segreto?- chiese lei, sospettosa.
-Ma
che segreto e segreto! No no no
no!!!-
saltò su Sirius, come se fosse stato seduto su una molla.
–Sono… sono
soprannomi! Così! Fa più ganzo, no?-
Lily
annuì, poco convinta. –E che significherebbero,
scusa? Che so, perché Remus si
chiama Lunastorta?-
Un’altra
scarica elettrica colpì i quattro compari.
-Beh,
perché Rem non è mai tanto normale, si sa!-
intervenne James, che si era
ripreso. -Ha sempre la Luna di traverso. Un attimo ride, un attimo dopo
è
arrabbiato… Per questo!-
Lupin
trucidò Potter con lo sguardo, ma non si azzardò
a replicare.
-Ma
sì!- si aggiunse Sirius. –Come dirti…
Ogni mese ha i suoi cambi d’umore! Come
voi ragazze! Vero Remus?-
Il
biondino annuì, sorridendo. Ma il sorriso non si estese agli
occhi. James e
Sirius seppero in quel preciso istante di potersi scordare la copiatura
dei
compiti fino a data da ristabilirsi.
-Capisco.-
annuì Lily, pensierosa. –E gli altri? Tu, James?
Come ti chiami?-
-…..Ramoso.-
rispose quello in un filo di voce.
-Eh?-
fece lei. –Ma che nome è?-
Sirius,
però, aveva la risposta pronta.
-Il
Quidditch!- esclamò.
Tutti
si voltarono a guardarlo. Black annuì, convincendosi appieno
dell’idiozia che stava
per sparare.
-Beh, James gioca a Quidditch! Cavalca
una scopa, che è
fatta di legno. Tipo ramo di albero!- spiegò.
Potter
lo guardò. Poteva anche inventarsi di meglio quello scemo.
Comunque, quando
Lily si voltò per chiedergli conferma, annuì,
sorridendo.
Poi
fu il turno di Sirius spiegare il significato del suo soprannome. Remus
ghignò
come una vipera in procinto di mordere un povero cucciolo.
-Vedi,
Lily..- cominciò, serio. – il povero Sirius, sai,
soffre di incontinenza
durante la notte. Deve sempre alzarsi e correre in bagno.
Però, povero ragazzo,
non vuole disturbare, quindi si muove molto piano… con passo
felpato.-
Scoppiarono
tutti a ridere, tranne Sirius, ovviamente, e Remus, che manteneva la
sua aria
discreta e che si finse addirittura arrabbiato. –Non
prendetelo in giro,
poverino!-
Lily
aveva ormai le lacrime agli occhi.
Rideva
come una matta.
Alla
fine anche Black si mise a ridere.
-Ok,
ora basta.- fece la ragazza, cercando di calmarsi. -Tanto lo so che mi
state
raccontando un mucchio di cavolate!-
-No,
non è vero!- dissero in coro tutti e quattro. Il che la
disse lunga…
Mentre
continuava a sorridere, Sirius non potè fare a meno di
pensare a Victoria.
Chissà come si sarebbe divertita in
quell’occasione…
Lasciò
vagare lo sguardo lungo la tavola di Grifondoro. Lei non
c’era.
Sentì
di nuovo una morsa attanagliargli lo stomaco.
-Va
bene.- sentì dire a Lily. –Allora io come dovrei
chiamarmi?-
Erano
assorti nella ricerca di un nome stravagante anche per lei, quando un
ragazzino
del secondo anno, eccitato di poter parlare con i Malandrini, si
avvicinò al
gruppo.
-James
Potter?- trillò, felice.
Quando
James si voltò verso di lui, sorridendogli, per poco il
mocciosetto non crollò
a terra, supplicandolo di fargli un autografo.
-La
Professoressa McGrannit mi ha detto di dirti che il Preside ti aspetta
ora nel
suo ufficio.- disse velocemente, rosso come un pomodoro.
Tutti
e quattro i Malandrini lo stavano guardando!
-Grazie.-
fece Potter.
Il
ragazzino biascicò un “prego” e
scappò via, felicissimo, verso i suoi compagni
invidiosi.
-Cosa
vuole Silente da te?- disse Remus, fattosi pensieroso. –Non
avrai mica
combinato niente, vero?-
-No!-
sbottò James, fintamente risentito. –Beh, vado a
sentire.-
Guardò
il tavolo dei professori. Effettivamente, il Preside non era
lì.
Si
alzò, sospirando. Non aveva proprio idea di cosa potesse
volere Silente da lui.
Sperava solo che non volesse parlare proprio di
“quello”.
-Ci
vediamo dopo, ok?-
I
suoi Malandrini annuirono.
-Noi
stiamo in Sala Comune.- lo informò Remus.
Con
un tempo simile, di certo non potevano andarsene in riva al lago.
-Va
bene, vado e torno!- fece James. –A dopo.- disse dolcemente,
rivolto a Lily,
prima di andarsene.
La
rossa lo osservò uscire dal portone, preoccupata. Era la
seconda volta che
andava nell’ufficio di Silente. Decisamente preoccupante.
Poi,
tornando a Remus e Sirius, che la fissavano, si sforzò di
sorridere.
-Sai
una cosa, Black?- fece seria, attirando l’attenzione del
moro. –Tua cugina
Narcissa è in infermeria. Non se la passa molto bene.-
Lui
non sembrò particolarmente interessato, si limitò
ad un: -Ah, si?-
-Non
sta bene?- chiese invece Remus.
-Già.-
confermò la rossa. –Io e James l’abbiamo
trovata decisamente ferita. Ha detto
di essere caduta, ma io…ecco…credo che
l’abbiano picchiata.- disse, abbassando
lo sguardo.
-Picchiata?!-
fece Sirius, non riuscendo più a fare
l’indifferente.
-Beh,
non lo so!- rispose Lily in fretta. –A me è
sembrato così e anche a James. Mi è
sembrata molto fragile, ecco. Magari, che so, potresti andare a
trovarla.-
Black
fece uno sbuffo divertito. –Quella non è fragile,
è solo viziata.-
-Sirius,
è tua cugina.- intervenne Lupin.
-Cugina?-
sibilò Black, facendosi cupo. –Non mi sembra che
lo sia stata quando la nostra
famiglia mi trattava come un rifiuto, né la volta che me ne
sono andato. Mai
una lettera, né un saluto.-
-Fai
come vuoi, però a me è sembrata molto sola.-
ribadì Lily. –L’ho lasciata con
sua sorella Bellatrix, ma non sembrava molto felice di averla vicino.-
A
Sirius scappò una risata.
-Neppure
un Dissennatore sarebbe felice di avere vicino Bellatrix Black.-
Il
suo stomaco brontolò di nuovo, implorante.
Aveva
fame, decisamente molta. Ma non voleva andare in Sala Grande. Non
voleva vedere
nessuno.
Si
vergognava.
Aveva
giocato male ed abbandonato la partita, mettendo la squadra nei guai.
Due cose
che non aveva mai fatto, prima di allora.
E
aveva dato uno schiaffo a Sirius.
Al
solo pensiero le venne da vomitare. Ma come aveva potuto farlo?
Ok,
era arrabbiata e lui poteva anche meritarselo,
però…
Si
rannicchiò di più nel suo rifugio, infreddolita.
Si
era nascosta in una delle tribune dello stadio ed aveva osservato tutto
il
tempo il campo da Quidditch, senza in realtà vederlo.
Aveva
una grande confusione in testa.
Per
farla breve, non capiva il comportamento di Sirius. Lui non si era mai
fatto
problemi a dirle quando qualcosa non gli andava bene e, grazie alla
loro
reciproca sincerità, si erano sempre chiariti, senza mai
ricorrere ai litigi.
Cosa
era successo quella volta?
L’aveva
davvero combinata così grossa che lui non riusciva neppure a
parlarle?!
Eppure,
a lei non sembrava di aver fatto niente di male che potesse offenderlo.
Si
dette della stupida.
Solo
lei poteva arrivare a far arrabbiare gli amici in quel modo.
Però, accidenti!,
poteva almeno dirle cosa c’era che non andava!
Così,
almeno, avrebbe potuto scusarsi.
Rimase
un attimo a riflettere, cupa.
Poi
la colse un’idea atroce.
E
se Sirius si fosse accorto che lei era innamorata di lui?!
No,
assurdo!
L’aveva
tenuto nascosto in modo perfetto per tutti quegli anni. Non poteva aver
commesso un errore di quel tipo proprio ora.
Forse,
forse senza rendersene conto, lo aveva osservato troppo a lungo e lui
si era
insospettito. Oppure, orrore, aveva lasciato il quaderno che fungeva da
diario
in Sala Comune, e lui lo aveva letto per gioco e scoperto, poi, la
verità!
Impallidì.
In
quel quaderno c’era praticamente l’autobiografia di
Sirius Black, con tanto di
cuoricini, stelline e frasette melense.
Dio,
no!
Si
sentì gelare il sangue al ricordo di una paginetta
particolarmente
compromettente che lei aveva riempito di tanti cuoricini rossi, per poi
scrivere al centro “ Victoria & Sirius
Black”.
O
–
MIO – DIO.
Da
quanto tempo era che non prendeva il diario in mano?
Qualche
settimana, si rispose. Da prima del brutto episodio in Biblioteca.
Beh,
c’era davvero la possibilità che lo avesse
lasciato da qualche parte, in bella
vista. Lei non lo aveva più preso, quindi non aveva
controllato che fosse al
suo posto, al sicuro nel baule sotto strati di vestiti.
Si
sentì mancare.
Ok,
se le cose stavano così poteva anche darsi alla macchia e
Sirius aveva tutte le
ragioni per comportarsi in quel modo.
Cavolo!
Lei
era la sua migliore amica!
Sicuramente
lui sarebbe rimasto sconvolto nello scoprire che colei che gli faceva
da spalla
in ogni occasione, aveva una cotta segreta per lui da quando aveva
tredici
anni!
MERDA!
Si
alzò in piedi, sconvolta.
Doveva
controllare! Doveva farlo assolutamente! Anche se era terrorizzata
dall’idea di
non trovare il quaderno segreto al suo poso!
Prese
a correre verso il castello, stremata da tutte quelle emozioni.
Troppe,
in tutta la mattina!
Evitò
gli studenti ed ignorò il suo stomaco che bruciava per la
fame. Arrivò alla sua
stanza, nella torre di Grifondoro, spalancando la porta come una furia.
Le
sue compagne, tra le quali la terribile Stephanie Hamilton, non
c’erano.
Probabilmente si trovavano a pranzo, per poi
tornare in Sala Comune e proseguire i
festeggiamenti per la vittoria appena conseguita.
Si
diresse al suo baule e lo aprì, cominciando a gettare via
vestiti, biancheria e
fogli di pergamena, con la speranza di trovare il suo diario.
Quando,
ad un tratto, il suo povero stomaco fece una capriola
all’indietro o, almeno,
questo le parve. Trattenne il fiato.
Adesso
aveva la risposta alla sua domanda.
Crollò
a terra, non riuscendo neppure a sentire il proprio cuore. Gli occhi
azzurri
spalancati dall’orrore.
Tremava.
Il quaderno non
c’era più.
Ecco
qua il capitolo 14! ^^
Che
dire? Non riesco a non torturare la povera Vick, sono davvero cattiva!
^___^
E
adesso, mentre vi lascio, tanto per cambiare, con il fiato sospeso, ho
alcune
cose da dire a tutti quanti, se mi fate la gentilezza di prestarmi un
altro
pochino di tempo.
Per
prima cosa volevo scusarmi se alcune delle età dei
personaggi non combaciano
con quelle ufficiali. Questo è dovuto un po’ alla
mia ignoranza in materia, un
po’ anche alle mie necessità.
Quindi
i futuri genitori di Neville hanno la stessa età dei
Malandrini, Andromeda è la
sorella più grande, non Bellatrix, come ho scoperto, e
Lucius Malfoy ha la
stessa età di James.
Mi
sono inventata di sana pianta gli anni di Regolus e Narcissa.
Altra
cosa. Finalmente, grazie alla mia cara Masuko, ho i nomi di tutti i
Black. Ho
quindi modificato il capitolo 11, dove ci sono i nobili, dando loro
nomi e
parentele giuste. Non vi chiedo di rileggerlo, non è
necessario. Ve lo dico e
basta. ^^
Infine,
un’informazione per tutti coloro che si sono affezionati alla
mia storia.
Questa fic durerà parecchio, ho ancora un bel po’
da scrivere, tuttavia, se voi
mi sarete vicino e se la maturità imminente non mi
ruberà tempo, una volta
terminata la fic, ci sarà un proseguo. Questo
perché voglio accompagnare i
Malandrini fino alla fine, anche fuori da Hogwarts.
Di
fatti terminerò il mio faticoso progetto con la morte di
Lily e James e ciò che
succede ai loro amici.
Dopo,
se sarò ancora viva ed avrò ancora voglia di
scrivere, beh, ho intenzione di
lanciarmi nella “Missione Kamikaze”. ^___^
Cos’è?
Una
nuova fic, però legata alle precedenti. Sarà un
vero e proprio sequel dove, non
riesco neppure a pensarlo, mi occuperò di Harry Potter.
Vi
avviso, l’Harry Potter della Row non mi piace e non mi
è mai piaciuto, eccetto
nel sesto libro. ( Fan di Harry non mi uccidete, la mia è
solo un’idea come le
altre!) Quindi, quando il maghetto passerà sotto le mie
perfide grinfie, sarà
un po’ diverso dall’originale. Non troppo
però, tranquilli. ^__^
Altro
avviso, e qui vi vedo già con il mitra puntato. Non
garantisco che le coppie
saranno quelle originali.
Ho
già in mente storia e personaggi nuovi, tra cui uno, che non
credo vi
dispiacerà. ^____-
Detto
questo mi zittisco e vi lascio andare. Non prendete le mie parole per
oro
colato, la mia è solo una possibilità. Ve
l’ho voluto comunicare perché voglio
sapere il vostro pensiero a riguardo, altrimenti non mi metto neppure a
faticare. ^^
Beh,
allora un bacione a tutti! Un super abbraccio virtuale!
Lady
Tsepesh
|
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Capitolo 15 *** ° Savannah ° ***
Questo
è un capitolo diverso dagli altri, ragazzi.
Ce ne saranno altri di questo tipo. Preparatevi a tornare ancora
più indietro
nel tempo, quando ancora i Malandrini non esistevano. Buona lettura.
Lady
Tsepesh
“
Savannah ”
A
quell’ora
del mattino, il sole scintillava alto nel cielo. Tutto sembrava essere
tornato
a nuova vita.
Durante
la
notte, c’era stato un violento temporale. Il vento aveva
battuto con prepotenza
sulla finestra della sua camera. Per un istante, sveglia a cogliere gli
affascinanti suoni della natura, le era sembrato che l’aria
la stesse
chiamando, frusciando tra le foglie degli alberi. Poi, una fiamma nera
aveva
illuminato la finestra, abbagliando l’intera stanza di una
luce magnifica,
aliena, mai vista.
Infine,
silenzio.
Era
stato un
sogno?
Non lo
credeva
possibile. Fin da bambina le era stato insegnato a udire e capire le voci degli
spiriti. Non poteva
sbagliarsi.
Qualcosa,
là
fuori, la stava chiamando.
Decisa
a
tenere per se quel segreto, non ne aveva fatto parola con la cara
balia, quando
era venuta a destarla. Sapeva quanto apprensiva potesse diventare la
donna.
Stava
ferma
sul piccolo terrazzo che dava sull’immenso giardino, ben
consapevole di essere
in ritardo per la prima colazione. Forse sua madre stava già
lamentandosi.
Ma
quella
mattina, lei si era svegliata diversa.
Anche
il tocco
dei raggi solari sulla pelle candida le pareva differente.
Respirò
a
pieni polmoni il profumo dell’erba e dei fiori,
dell’acqua del fiume che
scorreva lì vicino e del legno dei secolari, arrivando quasi
a desiderare di
far parte di quel meraviglioso quadro bucolico.
Udì
una voce
lontana chiamarla.
Avevano
mandato la balia a cercarla. Le sfuggì un sorriso, che le
incurvò le belle
labbra piene e rosee.
Lasciò
la
terrazza, rientrando in casa. Si trovò nella grande
biblioteca dove era solita
trascorrere interi pomeriggi.
Lei era
una
figura delicata e fragile, ancora conservava i tratti della
fanciullezza.
Indossava
un
lungo abito bianco, stretto in vita da un nastro di colore azzurro.
Semplice.
I piedi
scalzi. Sua madre non faceva altro che sgridarla per quella sua pessima
abitudine. Quando poteva, lei, incurante delle buone maniere, amava
passeggiare
senza niente ai piedi.
I
capelli
arrivavano, ormai, a metà della schiena sottile. Morbidi,
corvini, ondulati in
maniera deliziosa. Gli occhi, belli e vivaci, di un nero abissale.
Due
gemme
scure. Bellissimi, dal taglio sottile, orientale.
Quando
fece il
suo ingresso nella saletta adibita alla colazione, sua madre la
guardò spazientita.
Non era mai stata una donna avvezza ad usare la pazienza.
Quella
mattina
aveva i capelli neri legati sulla nuca con una particolare acconciatura
ed
indossava uno dei suoi vestiti dai colori luminosi, mai usati dalle
signore
inglesi, e dai tagli tipicamente asiatici.
-Sei in
ritardo.- dichiarò con freddezza.
-Vi
chiedo
scusa, madre.-
-Siediti.-
Fece
come le
era stato ordinato, senza fiatare. Non voleva che la genitrice fosse di
cattivo
umore fin dal mattino. Era capace di diventare intrattabile.
Prese
posto a
tavola, aspettando che le venisse servita la colazione. Quella mattina
avrebbero usato le porcellane acquistate in India, si rese conto,
esaminando la
tazza da latte che aveva di fronte. Erano le sue preferite.
Prese e
spiegò
il tovagliolo di cotone ricamato, posandolo sulle ginocchia.
Sua
madre le
sorrise, contenta della sua educazione.
Suo
padre
stava leggendo il giornale, la Gazzetta del Profeta. Non
l’aveva salutata al
suo arrivo, intento nella lettura.
La
ragazza
sospirò, sforzandosi di ricordare alla precisione tutte le
regole da usare
durante il consumo della prima colazione.
Il
latte non
doveva riempire più della metà della tazza; il
tovagliolo doveva essere
sollevato unicamente per pulirsi discretamente la bocca; per tagliare
le brioche
era obbligatorio usare la forchetta ed il coltello più
piccoli, sulla sinistra;
per la frutta si poteva unicamente usare il piatto più
piccolo, MAI quello
grande.
Sollevò
lo
sguardo ed incontrò quello materno. Di nuovo uno scambio di
educati sorrisi.
Sua madre era bellissima, come sempre.
-Stasera
dobbiamo presentarci dai Black per una cena, Satsuki.- fece il signore
del
palazzo, ancora nascosto dietro al giornale.
-Ancora?-
protestò la donna.
-Arcturus
ha
bisogno di parlarmi, mia cara.- rispose l’uomo con i suoi
pacati modi inglesi.
–E non dimenticare che, tra non molto, ci sarà la
festa per il fidanzamento di
suo figlio Orion con Walburga.-
Satsuki
sospirò. –Non capisco questa strana abitudine dei
Black di sposarsi tra
parenti, lo trovo vagamente…volgare, ecco.-
-Lo
fanno per
salvaguardare la purezza del loro sangue, mia cara. Non ci trovo niente
di
strano in questo.-
-Oh, ti
prego,
non cominciare con questi discorsi, Edward.-
Lei
ascoltava
distrattamente i discorsi dei genitori, intenta a sbucciare una mela.
Detestava
i ricevimenti e tutta l’ostentazione di denaro che
provocavano. Lei, almeno, ne
aveva abbastanza della ricchezza.
C’erano
delle
volte che, non si vergognava a pensarlo, le sarebbe assai piaciuto
provare a
vivere come una Babbana con il denaro sufficiente a mantenere una casa
modesta.
Invece
era
nata strega, unica figlia di quello che, con ogni
probabilità, era uno dei
Casati di maghi più potente, ricco e temuto del mondo.
Forse,
a
tenere testa alla famiglia alla quale apparteneva, c’era il
Casato dal quale
proveniva sua madre. Quindi, decisamente, lei era in trappola.
Chiusa
per
sempre in una gabbia dorata.
Confortevole,
certo, ma terribilmente stretta.
-Ovviamente
parteciperai anche tu.- fece suo padre.
Era
talmente
persa nei suoi pensieri che, inizialmente, non si rese conto di essere
lei la
destinataria di quella velata imposizione.
-Mi
stai
ascoltando, Savannah?-
Sussultò,
incontrando gli occhi azzurro chiaro di suo padre.
-Mi
dispiace,
padre. Ero soprappensiero.-
-L’ho
notato.-
fece lui, stizzito. –Vedi di tenerti pronta, figlia mia.
Parteciperanno molti
rampolli alla festa dei Black, magari è la volta buona che
trovi marito.-
Non si
azzardò
a replicare.
-Non
avere
così tanta fretta, Edward!- lo sgridò Satsuki.
–Savannah è ancora troppo
giovane per sposarsi. Ha solo diciassette anni.-
-Quando
tu hai
lasciato il Giappone e la tua famiglia per sposare me ne avevi sedici,
mia
cara.- le ricordò l’uomo.
Finì
di bere
il suo caffè e si alzò da tavola. Savannah non
voleva neppure sapere dove
stesse andando. Probabilmente si sarebbe recato nei sotterranei del
maniero,
dove accadevano cose oscure alle quali, un giorno, anche lei avrebbe
dovuto
prendere parte.
Detestava
quella maledetta tradizione familiare.
-Ci
vediamo a
pranzo, mie signore.- le salutò,
prima
di lasciare la stanza.
La
ragazza
tirò un sospiro di sollievo.
Non
riusciva
mai a stare tranquilla, quando Edward Havisham era vicino a lei. Non
sopportava
la sua aria severa, né i suoi occhi gelidi.
In
diciassette
anni di vita, non aveva mai ricevuto alcuna dimostrazione
d’affetto da parte
sua. Si sentiva costantemente sotto esame, mai libera di essere se
stessa.
Prigioniera nella sua stessa casa.
Unica
discendente
delle due famiglie magiche più potenti del pianeta. Gli
Havisham, in
Inghilterra, e gli Yakono, in Giappone.
Tutti
seguivano i suoi passi senza farsi scrupolo, domandandosi come avrebbe
speso il
grande tesoro che, un giorno, le sarebbe spettato. Tutti pronti a
coglierla sul
fatto, quando avrebbe fatto il primo errore.
Sempre
vigile,
sempre perfetta, sempre impeccabile. Un automa. Detestava quella vita.
Detestava il palazzo dove viveva. Detestava i soldi e la magia.
Detestava il
suo futuro di strega nera, di domatrice di demoni e spiriti.
Decisamente
non aveva niente a che vedere con suo padre.
Era
chiusa in
una bolla soffocante dalla quale non sarebbe mai riuscita a sfuggire,
vi
sarebbe rimasta segregata per tutto il resto della sua vita, lo sapeva.
Non
aveva alcuna speranza di fuga.
Cessò
di fare
colazione, lasciando cadere il coltello sul piatto di ceramica. Sua
madre se ne
accorse appena, intenta a sorseggiare il suo the.
Boccheggiò,
portandosi una mano alla gola, toccando piano la pelle di burro.
Aveva
nausea. Ancora.
Non era
la
prima volta che le accadeva.
Un
attimo e si
sentì quasi soffocare. La testa girava…
Doveva
uscire
di lì, subito.
Si mise
in
piedi, non curandosi di poter apparire maleducata agli occhi attenti
della
madre. Non le importava più, il suo fisico e la sua mente la
stavano
implorando.
-Mia
cara?-
domandò Satsuki, osservandola sorpresa.
-Perdonatemi
madre.- mormorò lei con un filo di voce.
–Io… Io ho bisogno di prendere un po’
d’aria.-
-Ma la
colazione…-
-Non ho
appetito, mi rincresce.-
Scappò
da
quella stanza e da quella donna ancor prima che le giungessero altre
repliche.
Si chiuse la porta alle spalle ed il ritrovarsi sola in corridoio fu
quasi una
benedizione per lei.
Per un
istante
rimase perfettamente immobile. La schiena poggiata alle regali ante di
legno
pregiato. Sola.
I
battiti del
suo cuore si fecero più regolari, il senso di nausea andava
svanendo. La testa
aveva smesso di pulsare dolorosamente.
Non era
libera, lo sapeva.
Continuava
ad
essere ancora tra quelle mura, ma il fatto di trovarsi lontana dagli
altri
abitanti del palazzo le dava un piacevole senso di
tranquillità.
Eppure,
quel
giorno non era destinato ad essere dimenticato.
Quel
giorno
per lei si sarebbe aperta una nuova, misteriosa e sconosciuta strada
che
l’avrebbe portata ad uscire da quella che lei aveva sempre
chiamato “La
Gabbia”.
Una
volta
ripresasi, cominciò a percorrere piuttosto velocemente il
lungo corridoio dai
lustri pavimenti di marmo bianco, sperando di raggiungere in fretta il
suo
rifugio sicuro, la sua stanza.
Invece
fu
bloccata dall’udire la voce di suo padre avvicinarsi, insieme
ad un’altra a lei
sconosciuta.
Apparteneva
ad
un uomo, capì subito, ed era molto elegante e sensuale.
Affascinante.
Quando
vide le
due figure spuntare dall’angolo del corridoio, si
immobilizzò. Tanto era ben
cosciente di non potersi allontanare senza aver fatto riverenza al
nuovo
ospite.
Suo
padre
sorrise appena, quando la vide.
L’uomo
che
stava al suo fianco, invece, la scrutò con interesse.
Non le
piacque
quello sguardo.
Non le
piacque
lui.
Era un
tipo
alto e magro, dai tratti nobile.
Aveva
corti
capelli nero pece ed occhi di un magnetico blu notte. Bellissimi, ma
terribilmente spaventosi.
Savannah
si
affrettò ad abbassare lo sguardo, temendo che quelle gemme
magnetiche avrebbero
potuto ipnotizzarla.
I suoi
abiti
erano neri, terribilmente raffinati.
La
pelle
candida, diafana.
Quell’individuo
non trasmetteva sicurezza, caso mai inquietudine.
-Mia
cara.- la
salutò suo padre. –Che piacere! Io ed il mio
ospite stavamo giusto parlando di
te e della tua futura educazione.-
La
ragazza
rabbrividì nell’udire le parole “futura
educazione”. Sapeva a cosa si stava
riferendo il genitore.
Havisham
non
parve farci caso, rivolgendosi tranquillamente al suo compagno.
-Lei
è proprio
Savannah, Tom. Mia figlia. Adorabile, vero?-
Quello
incurvò
le labbra sottili in un sorriso accennato, chinando educatamente il
capo in sua
direzione.
Osservandolo,
la ragazza si accorse che gli occhi cobalto possedevano delle strane
sfumature
sanguigne. Questo lo rese ancora più temibile ai suoi occhi.
Insieme,
ovviamente, al potere oscuro che il suo corpo emanava.
Tuttavia,
sentendo lo sguardo severo di suo padre su di sé, si
affrettò a sorridere
gentilmente e a porgere la mano.
L’uomo
la
prese tra le sue con delicatezza. Quegli arti dalle dita da violinista
erano
gelati.
-Tom
Riddle.-
mormorò. –Incantato.-
Quando
quelle
labbra quasi esangui si posarono sul dorso della sua mano, Savannah
desiderò
quasi tagliarsi l’intero braccio di netto.
-Il
piacere è
mio, signore.- recitò. –Non vi avevo mai visto
ospite in questa casa.-
Riddle
sorrise.
Fu
Edward a
rispondere.
-Tom
sta
studiando da noi, mia cara. Ed è un ottimo allievo.-
-Tutto
merito
dei tuoi insegnamenti, amico mio.- si schernì il diretto
interessato.
-Sciocchezze.-
rise Havisham. – Sei tu ad essere terribilmente dotato,
credimi. Beh, presto
vedremo come se la caverà anche Savannah.-
-Cercherò
di
non deludervi, padre.- si affrettò a dire lei.
-Ne
sono
certo.- disse serio. –La nostra arte è
antichissima e tu, in quanto unica
erede, sei tenuta a conoscere ogni sfumatura della nostra magia.
Diverrai
un’abilissima strega nera, padrona dell’occulto,
come tutti i tuoi antenati.-
-Sarà
un
onore, padre.-
-Ne
sarà
capacissima.- intervenne Riddle, cortese. –Il suo potenziale
magico cresce a
dismisura, lo sento, ed è già molto elevato,
nonostante la giovane età.-
proseguì, quasi con ammirazione. –Usate la
bacchetta, signorina?-
-Non
l’ho mai
usata. Non ne ho mai avuto bisogno per fare magia, signore.- rispose
Savannah,
cercando di essere il più educata possibile.
In
realtà era
disgustata dallo sguardo quasi adorante ed ardente di Tom Riddle.
Pareva essersi
innamorato del potere e delle capacità proprie della sua
famiglia.
-Stiamo
scendendo
nei sotterranei, dobbiamo ricevere alcuni nuovi amici da sfruttare.- la
informò
suo padre con un sorriso ironico. –Vieni con noi.-
Non era
una
domanda.
***
-No.-
Una
risposta breve, secca, quasi distaccata.
Una
risposta che non lasciava spazio a repliche di
alcun genere. Ma lui non aveva alcuna intenzione di ribattere. Anzi.
Albus
Silente si lasciò sfuggire un sorriso sereno,
sollevato, mentre osservava il ragazzo che gli sedeva davanti
attraverso i suoi
occhiali a mezza luna.
James
Potter era rigido come il granito.
La
domanda che gli era stata appena formulata non
gli piaceva per nulla. Nella sua mente così tante domande da
rendere
impossibile l’esposizione di almeno una.
Confusione
totale.
-Perdonami,
James. Dovevo chiedertelo.-
-La mia
risposta è no.- ribadì con freddezza.
-Lo so,
lo so. E ne sono lieto, ragazzo.- fece
Silente, portandosi alle labbra la sua tazza di the e sorseggiando la
calda
bevanda ambrata.
Lo
osservava.
James
lo stava scrutando in una maniera quasi
raccapricciante. Spesso, il vecchio preside si era chiesto se il
giovane Potter
avesse avuto la capacità di saper leggere i pensieri.
-Perché
me lo ha chiesto?- disse il ragazzo, ad un
tratto. Non aveva ancora toccato la sua tazza.
-Perché
proprio ora?-
Il
vecchio si lasciò andare ad un sospiro.
-E’
tuo nonno, James. Non posso continuare a tenervi
lontani. Edward è un uomo ricco e potente, temo che, prima o
poi, si imporrà
per vederti. Ha cercato di avvicinarti a te per tanti anni, fin da
quando eri
un bambino, ma io sono sempre riuscito ad intervenire. Ora
però sei maggiorenne
e per lui questo ti rende ancora più speciale. Vedi,
è a questa età che i
giovani maghi neri cominciano ad essere istruiti….-
Il
ragazzo rabbrividì.
-Non
voglio imparare quella roba. Non mi interessa.-
-E io
sono molto contento di questa tua decisione,
mio caro ragazzo.- fece Silente con orgoglio.
–Ma temo che, prima o poi,
sarai costretto ad affrontare la famiglia di tua madre.-
-Mia
madre è Amelia Potter.-
-Ovviamente.-
rispose il preside con dolcezza. –Ma
resta il fatto che sia Savannah Havisham la tua vera madre biologica e
questo,
purtroppo, dà tutto il diritto ad Edward di incontrarti. Sei
suo nipote.-
-Al
diavolo!- sbottò il giovane con rabbia. –Non
voglio avere nulla a che fare con quell’uomo! Non voglio
diventare un domatore
di demoni o altro! Non voglio praticare quella magia, né
legarmi a gente
malata! A degli assassini!-
Silente
sorrise dolcemente, poi il suo sguardo si
perse al di là della finestra che dava sul parco del
castello. Fuori, con
lentezza, il tramonto stava arrivando, facendo brillare di arancio ed
oro
l’acqua del grande lago.
-Però….-
mormorò piano. -….mi chiedo se, in fondo,
non sia proprio Edward l’unico a poterti aiutare…-
James
sgranò gli occhi, pietrificato.
Quello
sguardo azzurro così gentile si posò su di
lui, tentando di calmarlo. Inutile. Non poteva sperare una cosa del
genere dopo
ciò che aveva appena proferito.
-James…-
-Ripeta
quello che ha detto.- scandì il giovane con
rabbia.
-Ragazzo
mio…-
-Mi
aveva promesso che sarebbe stato lei ad
aiutarmi.- sibilò con ira.
-E lo
sto facendo.- fece Silente, calmo. –Ma, dopo
l’episodio in Biblioteca e…dopo i nostri ultimi
incontri, temo che tutti i
fermi che ho apportato su di te non siano sufficienti, ragazzo.-
Il
corpo del giovane fu scosso da un brivido.
-I tuoi
poteri crescono a dismisura, James.-
continuò il preside. –Se non troviamo il modo di
contenerli, di controllarli,
potrebbero prendere il controllo della tua anima o peggio ancora, non
possiamo
rischiare, capisci?-
-Lo
so.- mormorò il giovane, abbassando lo sguardo.
Non
voleva incontrare gli occhi limpidi del vecchio.
Si sentiva sporco. Si sentiva sempre sporco.
Non era
come gli altri, non lo era mai stato. Fino a
quel momento, tuttavia, era sempre riuscito a mascherarsi bene tra i
suoi
coetanei. Non era sicuro che ci sarebbe ancora riuscito, con il passare
del
tempo…
-I
poteri degli Havisham non sono il vero problema,
lo sai. Se dentro di te ci fosse solo l’alto potenziale
magico della tua
famiglia, non sarebbe un caso difficile da risolvere, saresti
semplicemente il
primo della classe quando si tratta di magia, come sei, del resto. Il
vero guaio
è il patrimonio genetico che ti ha lasciato
Jeremy…-
-Lo so.
È mio padre ad essere il vero problema della
mia vita…-
-Non
dire così.- lo rimproverò Silente.
–Jeremy ti
amava tanto. Sei stato la prima cosa bella che la sua vita gli ha dato,
insieme
a tua madre. Se avesse potuto, non ti avrebbe mai lasciato i suoi
poteri, te lo
garantisco. Non avrebbe mai voluto che tu fossi come lui.-
James
chinò il capo, incapace di dire qualcosa.
Non
aveva mai conosciuto i suoi veri genitori. I
Potter lo avevano preso con loro quando lui non aveva che pochi mesi di
vita.
Era naturale, per lui, chiamare Zack ed Amelia papà e mamma.
Quando
a sei anni gli fu detta la verità, era stato
come precipitare in un baratro dal quale, in verità, non era
mai uscito
veramente del tutto.
Dentro
di lui continuava ad esserci quel bimbo di
sei anni che, battendo i piedi a terra, continuava a ripetere con le
lacrime
agli occhi “NON E’ VERO!”
E poi,
subito dopo aver appreso di essere sempre
stato un orfanello e non il piccolo amore di mamma e papà,
aveva dovuto
sopportare una rivelazione ancora più devastante e
distruttiva: il fatto di
essere un mostro.
Era
stato Silente a dirgli la verità sui suoi
poteri, un pomeriggio di tanti anni fa, quando lui ancora ascoltava
incanto i
racconti su Hogwarts di suo zio Andrew.
Il
vecchio preside, con un sorriso, gli aveva
spiegato che lui era molto più speciale degli altri piccoli
maghi e che avrebbe
dovuto fare molta attenzione a come usare i suoi poteri.
Speciale?
Faceva
ridere.
Lui non
era mai stato speciale.
Era
diverso, mostruoso, pericoloso, mai speciale.
Si era
fidato di Silente, aveva lasciato che
l’anziano mago si occupasse di come gestire il suo
potenziale, non facendo mai
domande.
E ora
lo stesso uomo che gli aveva garantito aiuto,
gli stava apertamente dicendo che c’era ben poco che, in
realtà, avrebbe potuto
fare per aiutarlo.
E,
intanto, quell’energia dentro di lui cresceva,
bruciante.
Era
stato così facile stare vicino a Remus e capire
la sua paura di rivelare a tutti di essere un licantropo. Sapeva cosa
provava.
Remus avrebbe usato la stessa comprensione verso di lui, se gli avesse
detto
chi era veramente?
E Peter?
Sarebbe
scappato, sicuramente. Terrorizzato da lui.
Lo sapeva. E lo capiva.
E cosa
avrebbe detto Sirius? Sarebbe rimasto suo
amico? E com’avrebbe reagito, il giorno in cui gli avrebbe
rivelato di essere
stato a letto con Bella, cedendo al suo lato oscuro e alla
disperazione,
credendo, solo per quella notte, che quella ragazza così
tetra avrebbe potuto
farlo sentire meglio di un milione di amici?
Quando
il volto di Lily si delineò nella sua mente
si sentì morire. Lily…
La sua
piccola ragazza sempre sola e silenziosa.
Sempre
maltrattata e derisa.
Aveva
desiderato proteggerla dal primo giorno che si
erano incontrati.
Cos’avrebbe
detto o fatto, se avesse scoperto il suo
segreto? Si sarebbe ancora fatta baciare da lui in quel modo
così teneramente
impacciato?
Probabilmente
no.
Probabilmente
sarebbe scappata da lui, disgustata.
-James?-
lo richiamò il preside, preoccupato.
Alzare
lo sguardo per incontrare quello azzurro del
mago fu l’impresa più difficile che avesse mai
affrontato. Poteva giurarlo.
Sentiva una strana morsa attanagliargli lo stomaco, soffocandolo.
Gli
occhi bruciavano.
-V-Va
bene.- disse, non abbassando gli occhi.
-Sei
sicuro?- chiese Silente, scrutandolo
attentamente.
-Ho
deciso.- rispose James, con voce debole. –Io…
incontrerò Edward Havisham.-
***
Non
aveva mai
amato quel posto, l’energia negativa che emanava era quasi
palpabile.
Disgustosa. Il fatto di far parte di quel mondo la distruggeva.
Camminava
piano, scendendo le scale di pietra che portavano ai sotterranei
lentamente,
una per volta, come a cercare di ritardare il momento in cui si sarebbe
ritrovata in quello che si poteva benissimo definire “Antro
del Diavolo”.
Suo
padre e
Riddle erano davanti a lei, scendevano le scale sicuri, come se si
stessero
recando in un piacevole salotto privato, non in un luogo di torture
dove si
eseguivano i peggiori incanti oscuri.
-Non ti
nascondo di essere curioso, Edward.- fece Riddle ad un tratto.
–Chi sono questi
nuovi prigionieri che sfrutterai per i tuoi esperimenti?-
-I miei
ospiti, dici?- replicò Havisham, sorridendo ironico.
-Giusto,
i
tuoi ospiti.- aggiunse Riddle, ghignando.
-Sono
Spiriti
delle Tenebre.- spiegò Edward. –Difficili da
domare, anche per un conoscitore
avanzato dell’arte. Alcuni li chiamano Fenici Nere.-
-Non ne
avevo
mai sentito parlare.-
-Ci
sono molte
cose che potrai imparare solo da me, Tom.-
-Sono
qui per
questo.-
A lei
non
piaceva affatto quella conversazione. Parlavano del potere in maniera
troppo
semplice, troppo… irresponsabile.
Alla
fine
della scalinata, l’aspettava un lungo e freddo corridoio di
pietra, illuminato
solo da poche torce. Sentì la propria pelle accapponarsi.
Si
chiese per
quale ragione suo padre insistesse tanto per farla scendere con lui
ogni qual
volta si recasse nei sotterranei.
Chissà,
forse
stava tentando di abituarla al suo futuro. Il suo destino.
Orribile.
Sapeva
di
avere più potere magico degli altri maghi, non aveva mai
usato una bacchetta in
vita sua e al primo anno a Durmstrang era riuscita a trasfigurare se
stessa in
una pozza d’acqua, facendo quasi venire un infarto al
professore di
Trasfigurazione, che da quel giorno non smise mai di considerarla come
l’allieva più dotata che avesse mai avuto.
Poteva
convivere con i suoi poteri. Non era però tanto sicura di
poter accettare ciò
che, di lì a poco tempo, suo padre le avrebbe fatto
apprendere. Più si
avvicinava alla cigolante porta di legno che l’avrebbe
condotta in una delle
prime sale occulte, più avvertiva l’energia
maligna crescere.
C’era
qualcosa, in quei sotterranei. Qualcosa che emanava male allo stato
puro, quasi
nauseante. Avvolgeva tutto come una mano putrefatta.
Non
voleva
entrare.
Suo
padre e
Riddle procedevano tranquilli, discutendo amabilmente.
Ma chi
era
quell’uomo misterioso?
Il suo
spirito
era malvagio, sembrava attirare tutta la malignità racchiusa
in quelle segrete.
La sua
mente
giovane formulò un pensiero.
“Un
tipo
simile non dovrebbe imparare la nostra magia”.
E
invece suo
padre pareva assai felice di istruire il suo nuovo allievo.
Portandosi
di
fronte alla porta incrostata di sporcizia, Edward aprì una
delle due ante,
facendo cenno a Riddle di passare ed aspettando che anche Savannah
facesse lo
stesso. La ragazza prese un bel respiro, prima di attraversare quella
specie di
orribile confine invisibile.
Si
trovò in
una stanza circolare, dal soffitto molto alto. Le mattonelle del
pavimento
erano logore e sporche, tutto emanava un orribile fetore di morte.
Sentì
la
colazione rivoltarsi nel suo stomaco. Serrò le labbra,
sentendosi sudare freddo.
C’era poca luce. Giusto qualche candela accesa sui tavolini
colmi di libri
antichi. E c’erano due poltrone eleganti, unica cosa di stile
in quella stanza,
di velluto nero. Edward invitò la figlia e
l’allievo a sedersi.
-Ti
piacerà,
Tom.-
-Non ne
dubito.-
rispose quello, accomodandosi.
Aveva
un
sorriso strano. Grottesco.
Savannah
prese
posto nell’altra poltrona, evitando di incontrare lo sguardo
dell’uomo.
Osservò
suo
padre dirigersi verso una piccola porticina nascosta tra due scaffali
colmi di
libri molto vecchi e, con ogni probabilità, molto oscuri.
Bussò
tre
volte, poi ordinò:
-Josh,
portameli qui.-
La
ragazza non
riuscì a trattenere una smorfia.
Josh
Everall
era uno degli assistenti di suo padre, innamorato
dell’occulto e della magia
nera quanto lui. Non era molto più grande di lei, aveva
appena vent’anni, ma il
suo volto era già stato segnato ed invecchiato dalle
atrocità commesse con
soddisfazione. La sua anima, se ancora ne aveva una, era troppo logora
per
risplendere e rendere il suo volto umano.
Eppure,
suo
padre adorava quel ragazzo e, con sommo fastidio di sua figlia, non
cessava mai
un momento di assillarla sul quanto sarebbe stata ragionevole a
desiderare lui
come marito.
La
porta si
aprì con un cigolio sinistro.
Un
ragazzo dai
capelli castano scuro e da azzurri occhi spenti, fece il suo ingresso
nella
stanza. Aveva il viso magro e pallido, le guance incavate e profonde
occhiaie.
Non era il ritratto della salute, ma Savannah era ben consapevole che
lui non
fosse affetto da alcuna malattia. Questo era il prezzo che Josh doveva
pagare
ogni giorno per aver stipulato un patto con un Demone Infernale.
I suoi
poteri
aumentati a dismisura in cambio di un pezzetto della sua anima.
Il
ragazzo
sorrise ai tre, indugiando troppo su di lei. La ragazza non lo
degnò di uno
sguardo.
Quello
fece
qualche passo avanti, tirandosi dietro una pesante catena incantata.
Con orrore
Savannah si chiese che cosa vi fosse legato.
L’energia
maligna era aumentata a dismisura, quasi schiacciante. Riddle si era
sporto in avanti,
poggiando i gomiti sulle ginocchia, avido di conoscere.
E, uno
ad uno,
pregnanti di male puro, con capo chino, vergognose della loro
schiavitù, le
nuove creature di Edward Havisham sfilarono in silenzio davanti a loro.
Ognuna
di esse legata alla catena come animali.
Josh
strattonò
più forte, in un implicito ordine di sbrigarsi. Una delle
creature cascò a
terra, stremata.
Edward
ghignava compiaciuto, Riddle era in procinto di alzarsi, desideroso di
avvicinarsi di più. Savannah era immobile, il cuore stretto
in una morsa.
Lei, al
contrario dei tre uomini nella stanza, provava pietà.
Se
avesse
avuto abbastanza forza per opporsi a suo padre, lo avrebbe fatto.
In
tutto, gli
Spiriti delle Tenebre erano quattro. Avevano aspetto umano, tre ragazzi
ed una
ragazza, ancora a terra, sfinita.
Non
potevano
dimostrare più dell’età di Josh.
Uno dei
ragazzi fece per andare a soccorrerla, muovendosi con
difficoltà, ma Everall
tirò ancora la catena, rischiando di far cadere anche i tre
in piedi. Sembrava
divertirsi.
Savannah
sentì
una rabbia acuta crescere dentro di se. Restò seduta,
mordendosi le labbra e
conficcandosi le unghie nella carne. Doveva concentrarsi sul dolore.
Solo così
non avrebbe più prestato attenzione alle atrocità
di suo padre.
Sentì
a
malapena la risata dei tre uomini, mentre osservava i quattro
prigionieri.
La
ragazza si
stava mettendo seduta, puntellandosi sulle mani. Aveva lisci e lunghi
capelli castani,
con lucide sfumature rossastre. I suoi occhi, Savannah li
fissò incuriosita,
erano di uno stranissimo color ametista. Non ne aveva mai visti
così. Ma, come
potè presto vedere, quel particolare colore era proprio
della sua specie, dal
momento che anche i ragazzi avevano gli occhi violacei.
Il
giovane che
si era chinato per soccorrerla aveva i capelli di un biondo mai visto,
parevano
essere dorati. Gli stavano in maniera assurda, sparati dappertutto,
totalmente
spettinati.
Gli
altri due
erano entrambi mori. Identici come gocce d’acqua. Erano
gemelli.
Tutti e
quattro
indossavano stracci.
Erano
loro ad
emanare quella forte energia malvagia che aveva avvertito.
Quindi
erano
loro le cosiddette “Fenici Nere”?
Si
chiese cosa
avesse intenzione di farne suo padre. Probabilmente li avrebbe fatti
diventare
cavie da laboratorio.
-Allora,
ti
piacciono, Tom?- chiese Edward, sorridendo.
-Molto.-
rispose il diretto interessato, alzandosi ed avvicinandosi.
–Sembrano essere
molto potenti.-
-Lo
sono,
amico mio.- confermò Havisham. –E’ mio
interesse analizzarli e domarli. Saranno
degli ottimi strumenti da guerra, trovi? Sono le creature
più capaci che mi
siano mai capitate sotto mano. Lo sai, amo circondarmi di ottimi
servitori. E
loro saranno sicuramente i miei preferiti, ne sono certo.-
-Di
sicuro.-
fece Riddle.
-Non li
terrò
tutti e quattro.- dichiarò Edward. –Avevo
intenzione di donartene uno, sai? Che
ne dici della femmina?-
Il
sorriso di
Riddle si ampliò. –Sarebbe un onore, Edward.
Potrei studiarci molto su. Mi
piacerebbe trovare il modo di appropriarmi dei suoi poteri, dici possa
essere
possibile?-
-Fattibile
di
sicuro. Dovresti provare.-
Con
orrore e
rabbia, Savannah si accorse che la ragazza aveva preso a tremare.
Era
talmente
presa da quella figuretta così spaventata, che non si
accorse, per la seconda
volta in quella giornata, che suo padre aveva fatto il suo nome.
-Savannah!-
tuonò Edward.
La
ragazza
sobbalzò, spostando lo sguardo sul genitore. Quello sembrava
essere furente. I
suoi occhi erano schegge di ghiaccio.
-Finalmente.-
sibilò con astio. –E’ così
arduo per te prestarmi attenzione, ragazzina?-
-N-No,
padre.
Perdonatemi.-
-Stavo
dicendo
che anche tu avrai uno di loro come servitore.-
-C-Come?-
-E’
ora che
anche tu cominci a prendere confidenza con certe creature. Che impari a
governare su di loro e a studiarle. Scegli pure quello che preferisci.-
Restò
di sale.
Scegliere?
Come avrebbe potuto?
Con che
coraggio avrebbe potuto togliere uno da quell’inferno e
lasciare gli altri due?
Si
detestò per
ciò che disse, ma non poteva fare altrimenti.
-Decidete
voi
per me, padre.-
Era una
codarda, lo sapeva. Ma non aveva la forza di compiere una scelta
simile. Si
sarebbe odiata e tormentata, pensando a chi aveva lasciato a soffrire.
Sì,
era una
codarda.
Edward
sbuffò,
probabilmente contrariato dal comportamento privo di carattere della
figlia.
Poi, puntò gli occhi gelidi sui suoi prigionieri.
-Tu.-
ordinò
al ragazzo biondo. –Tu sarai di mia figlia.-
Quello
non
rispose, ancora chino sulla compagna. Si limitò solo a
sollevare lo sguardo
violaceo su Savannah, scrutandola senza reale interesse. Lei
ricambiò
l’occhiata, non riuscendo a trattenere un moto di dolcezza e
calore, misto a
pietà.
Quella
fu la
prima volta che i loro occhi si incontrarono.
E qui
si conclude il capitolo 15, particolare lo so,
vi avevo avvertito.
Sono
sfinita e voglio andare a nanna, ma ci tenevo a
pubblicare, altrimenti finisce davvero che vi scordate di me.
^___^””
Se ci
sono errori vi chiedo scusa, prossimamente,
rileggerò il capitolo e correggerò, per ora ve lo
lascio così, visto che non so
quando potrò tornare al pc. Sto già studiando
come una matta e la tensione per
la maturità già si fa sentire!!!!
Ecco,
con questo capitolo ho intenzione di aprire
una storia nella storia alla quale penso tanto. Mi sono innamorata dei
personaggi.
Spero
gradirete, anche perché si va a scavare nel
passato del mio James. Vi ho dato molte informazioni su di lui, forse
troppe,
ma ero stanca di tenervi sulle spine.^^
Beh,
dal prossimo capitolo si ritornerà ai
Malandrini.
Un bacio e
buona notte,
x
sempre vostra…
Lady
Tsepesh
P.s.
Ci
tengo a ringraziare Masuko, mimmyna,
Lady_Slytherin, Anna Mellory e Fefe Hinata-Chan che mi hanno
gentilmente
offerto parole di conforto, placando un po’ i miei isterismi.
Ebbene sì, sta
maturità mi sta facendo diventare isterica, insieme
all’imminentissimo esame di
guida pratica!!!!!!!
Come ho
detto nell’avviso che cancellerò,
aggiornerò
nei fine settimana. È il massimo che posso fare per la fic,
di più non poterei.
Un
bacione a tutti coloro che seguono con pazienza
la mia fic. Mi spiace di farvi sempre aspettare. Vi penso sempre,
però, tutti
quanti e voglio dirvi questo. Nessuno è in grado di rendermi
felice quanto voi.
Una vostra parola vale così tanto che non sarei mai in grado
di esprimerne la
quantità.^^
Siete
numerosissimi ormai, più di quanto mi
aspettavo, e questo mi commuove.
Per me,
ogni capitolo è un passo in più per arrivare
al raggiungimento del mio sogno di diventare scrittrice ed anche voi ne
fate
parte. Vi voglio bene…
Valentina
|
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Capitolo 16 *** Illusion ***
Dedico
questo capitolo a Gypsy_Rose90, che si è letta tutti i
capitoli in 2 giorni,
staccandosi dal pc solo per andare a scuola! Sei una grande! Grazie
infinite!
Lady
CAPITOLO
16 “ILLUSION”.
Quella
mattina assolata, Narcissa Black ricevette a farle visita una delle
persone
che, meno di tutti, si sarebbe aspettata di vedere al proprio capezzale.
Se
ne stava seduta sul proprio letto in silenzio, senza prestare
attenzione a
Madama Chips intenta a riordinare i medicinali appena arrivati dalla
farmacia,
completamente persa nell’osservazione dei raggi solari che,
attraversando le
spesse vetrate delle finestre, le accarezzavano il viso, quando
udì aprirsi il
grande portone di legno dell’infermeria.
Ad
entrare fu Sirius Black in persona.
La
ragazzina non riuscì a crederci. Era convinta che tra lei e
quel ragazzo non vi
fosse più rimasto nulla da spartire.
Lui
rimase sulla porta a fissarla, non accennando ad alcun movimento.
Sembrava che
fosse alquanto difficile da compiersi anche un solo altro passo verso
di lei.
Narcissa,
a suo volta, restò ad osservarlo in silenzio.
Non
era cambiato suo cugino.
Stessi
capelli nero pece, stessi occhi blu elettrico, magnifici, con il
medesimo sentimento:
tristezza mista a ribellione. Da che aveva memoria, la ragazzina
ricordava quell’espressione
negli occhi di Sirius Black in ogni momento della sua vita a Black
Mansion.
Ricordava
quel bel volto dai lineamenti aristocratici, quelle labbra ben
disegnate,
quegli occhi tristi e quei capelli scuri così simili a
quelli delle sue sorelle
Bellatrix ed Andromeda. Ricordava quel modo sfacciato di indossare i
preziosi e
sfarzosi abiti che gli venivano comprati contro la sua
volontà.
Ricordava
ogni singola cosa su di lui.
Un
tempo si erano voluti bene. Lei, almeno, gliene aveva voluto molto e
non poteva
dimenticare le lacrime versate il giorno in cui lui era fuggito via,
poco dopo
l’abbandono di Andromeda.
Aveva
perso la sua amata sorella maggiore e dopo il suo adorato cugino.
Era
stato atroce.
Lo
era stato ancora di più il dover fingere di fronte ai propri
genitori che non
le importasse assolutamente niente.
Se
avesse potuto, non avrebbe esitato un istante a seguire i due esempi e
a
fuggire da quella orribile prigione dorata, ma le era sempre mancato il
coraggio. Non era mai stata forte come Sirius ed Andromeda. Loro erano
nati per
brillare, per brillare veramente.
I
loro nomi non erano semplicemente una tradizione di famiglia,
rappresentavano
esattamente ciò che erano. Loro due erano davvero stelle
luminose, le più
splendenti del cielo.
Narcissa
non lo aveva mai dubitato.
In
quella casa buia e cupa non avrebbero mai potuto vivere.
Dopo
la sua fuga, Sirius non aveva voluto avere più niente a che
fare con nessuno
della famiglia Black, inclusa lei. Anche a scuola la evitava. E lei,
ubbidendo
ai genitori, aveva fatto altrettanto.
Si
erano divisi.
E
adesso lui era lì, proprio lì, a guardarla
stupito quanto lo era lei.
Cosa
dire? Cosa dirsi dopo tanto tempo di rancore?
Lui
era venuto per lei? Oppure era semplicemente passato in infermeria per
affari
propri?
Decise
di fare finta di niente e distolse lo sguardo. Non voleva fare la
figura della
stupida.
Avrebbe
tanto voluto correre da lui e stringerlo forte, avrebbe voluto
chiedergli di
prenderla tra le braccia e sollevarla in aria, come quando erano
piccoli,
avrebbe voluto sentire la sua voce dirle scherzosa e dolce:
“Mangia di più,
bambolina!”.
Chissà
se lui ricordava tutto questo…
Ad
un tratto Sirius fece un passo avanti, lei riuscì a sentirlo
e si voltò a
guardarlo.
I
loro occhi si incontrarono e lei percepì un’atroce
fitta al cuore.
Come?
Come
avevano fatto a ridursi così? E perché?
A
lei poco importava se lui aveva cessato di essere un Black! Non le era
mai
interessato! Era Sirius, no? Era lui! Che altro contava?!
Non
riusciva a vederlo con gli occhi dei suoi zii e dei suoi genitori, come
non
aveva smesso di desiderare l’abbraccio di Dromeda.
Rimase
a guardarlo, stupita ed un po’ imbarazzata, mentre lui
avanzava verso di lei.
Ogni suo passo era insicuro, difficile da compiere. Ma a Sirius non era
mai
mancato il coraggio.
Sentendo
il cuore battere forte, Narcissa non riuscì a trattare un
timido sorriso. Lui
parve notarlo.
-Cissa…-
mormorò, sedendosi sulla sedia posta vicino al letto.
Un
dolce tuffo al cuore. Era venuto veramente per lei…
Sembrava
essere in difficoltà ed in imbarazzo, eppure le stava vicino.
-….ciao…-
fece lei, non riuscendo a smettere di guardarlo.
-…S-Sirius…-
Parlare
era difficile, troppo.
Per
un po’ restarono in silenzio.
Lui,
del resto, non riusciva a spiegarsi il motivo per il quale si trovasse
lì,
vicino a sua cugina.
Forse
erano state le parole di Lily.
Forse,
per quanto cercasse di rifiutarlo, nel profondo del suo cuore non
poteva
dimenticare completamente la sua famiglia. Non poteva scappare del
tutto.
E
Narcissa, in fondo, non avrebbe mai cessato di essere la sua
“bambolina” così
magra e fragile da poter essere sollevata in aria come se non avesse
peso.
-….stai….stai
bene?- domandò lui ad un tratto, sollevando lo sguardo su di
lei.
La
Serpeverde non rispose, sfuggendo a quegli occhi.
No,
non stava mai bene. Quelle ferite non erano niente rispetto a
ciò che si
agitava nel suo piccolo petto. Non erano niente, paragonate al suo
inferno
personale.
-Sto
bene.- disse piano, attenta a non incrociare il suo sguardo.
-Hai
detto che sei caduta.- fece Sirius con cautela. –E’
vero, Cissa?-
La
ragazzina trasalì.
-Sì.-
-Io
non ci credo.-
Sirius
era sempre stato terribilmente diretto, ricordò lei.
-E’
la verità.- continuò lei. –Credimi.-
Inspiegabilmente
le labbra di Sirius si piegarono in un sorriso amaro.
-Zio
Cygnus non ti ha insegnato bene a mentire.- fece calmo. -E’
Malfoy, non è
vero?-
Non
c’era alcun bisogno di una risposta diretta.
Bastò
il tremito che attraversò il corpicino della biondina per
confermare i pensieri
del ragazzo. Una strana rabbia si impossessò di lui. Strano,
si disse, aveva
giurato di restare fuori dalle faccende della sua vecchia famiglia.
Perché
si preoccupava per Narcissa?
Perché,
anche dopo la sua fuga, non aveva mai cessato di tenerla
d’occhio, di tenere
d’occhio anche Lucius?
Un
altro sorriso amaro.
Stupido
cuore che non può cessare a comando di provare
affetto…
-Cissa…-
La
Serpeverde scosse il capo, tenendo gli occhi chiusi. Terrorizzata.
Era
piccola, infinitamente piccola.
Le
mani delicate a celarsi gli occhi, i capelli chiari sul viso dai tratti
ancora
infantili. Sirius si sentì morire dal profondo affetto che
non riusciva a
smettere di provare per lei. Con gentilezza afferrò i polsi
sottili della
cugina, costringendola a scoprire gli occhi.
-Tesoro…-
riprovò, piano.
-Si-Sirius…-
balbettò lei, scossa dai tremiti. -…ti prego, non
fare niente. Ti prego!
Papà…papà vuole che io…non
posso…il fidanzamento non deve essere annullato!-
farfugliò ancora.
-Sei
pazza a chiedermi una cosa del genere! Non posso lasciarti in queste
condizioni
senza fare niente!-
-Ti
prego!- ripetè lei, guardandolo con le prime lacrime agli
occhi. –Io…io non
voglio deludere i miei genitori.-
-Esatto.-
sibilò una voce alle loro spalle.
Narcissa
spalancò gli occhi, Sirius si irrigidì, divenendo
come marmo.
Doveva
voltarsi ed incontrare lo sguardo di chi era appena arrivato?
La
parte più saggia di lui gli stava implorando di non farlo.
Ma
quando mai l’aveva degnata di attenzione?
Lasciando
la mano di Cissa, si alzò, affrontando una delle persone che
più detestava al
mondo.
-Non
ci credo.- fece con ironia velenosa. –Ti importa di lei?-
-
E’ mia sorella.- rispose Bellatrix Black, incurvando le
labbra piene in un
ghigno poco rassicurante.
I
lunghi capelli neri lucidi e lisci come seta, la pelle chiara, gli
occhi blu
scintillanti di crudele divertimento. Quando non indossava
l’uniforme
scolastica, Bellatrix Black vestiva unicamente di elegante nero.
Una
giovane Dea del male.
-Quindi
nel tuo cuore di pietra c’è spazio per
dell’affetto fraterno? Da non credere,
Black!- fece Sirius, con finta aria sorpresa.
-Stupisco
sempre, lo so.- rispose la ragazza, compiendo un lieve inchino con il
capo.
-Tu,
piuttosto. Come mai qui?-
-Affari
miei.-
-Fai
il misterioso, cugino?-
-Vattene.
Non è il caso che ti aggiungi alla lista di massacratori di
Narcissa.-
Bellatrix
rise. – Cissy ha bisogno di me. Non sarebbe neppure in grado
di mangiare, se
non ci fosse la sua paziente sorella maggiore ad imboccarla.-
La
mano destra di Sirius si strinse a pugno, mentre i suoi occhi si
riducevano in
due fessure. –Tu. Tu sei…- sibilò.
-Cosa?-
lo incitò lei, sorridendogli.
-SMETTELA!-
gridò Narcissa, visibilmente stanca.
Vederli
affrontarsi era l’ultima cosa che voleva. Occhi gemelli si
puntarono su di lei.
La
ragazzina sostenne lo sguardo, scrutando il cugino e la sorella.
-Se
avete tanta voglia di litigare, beh…non fatelo davanti a me,
ok?-
-Cissy,
tu non devi più parlare con questo traditore.- se ne
uscì Bella con
severità.
–Lui
ci ha traditi tutti quanti, anche tu! Non è più
degno della nostra famiglia.-
-Punti
di vista.- rispose Sirius. –Io sono convinto che sia la
vostra famiglia a non
essere degna di me.-
Narcissa
abbassò lo sguardo, fissandosi le mani.
Non
voleva assistere ad una nuova lite tra i due, li amava troppo entrambi.
E
lei era troppo debole per fermarli.
Sirius
e Bellatrix non erano mai andati d’accordo, l’unica
a poterli fermare, era
anche l’unica che le aveva spezzato il cuore.
Pensare
a quella figura ormai così distante le fece bruciare gli
occhi.
Chissà
se era cambiata, se l’avrebbe riconosciuta. Chissà
se, lontana dal mondo che
odiava, era davvero riuscita a trovare la felicità.
-Sirius…-
chiamò, attirando l’attenzione del cugino e della
sorella. -…tu
potresti…potresti farmela incontrare?- chiese, non riuscendo
a nascondere una
certa difficoltà. –Potresti…farmi
incontrare Andromeda?-
Voleva
vederla, lo voleva tanto. Lo desiderava dal momento stesso in cui lei
se ne era
andata via, lasciandola sola. E ora, dopo tanto tempo, il bisogno di
riaverla
vicino, anche per un solo istante, la distruggeva.
Non
si stupì delle reazioni che scatenò.
Bellatrix
era come raggelata. I suoi occhi erano colmi di rabbia.
Sirius
pareva non credere a ciò che aveva sentito. Però,
con sommo stupore e gioia
della ragazzina, annuì, accennando anche un sorriso.
-Grazie.-
fu l’unica risposta che Narcissa riuscì a
formulare.
-Tu
sei fuori di testa!- sbottò Bellatrix. –Cissy, non
posso permettertelo!-
-E
come farai?, sentiamo.- fece Sirius.
Bella
lo trucidò con lo sguardo. Poi, improvvisamente,
scoppiò a ridere.
La
sua risata era terribile. Narcissa non riusciva a sopportarla.
Quelle
risa non esprimevano mai gioia o allegria, solo male, puro male.
Si
accorse con orrore che sua sorella
stava
guardando lei, ignorando Sirius.
-Sai
che ti dico?- fece quella divertita. –Falla venire! Falla
venire ed incontrala.
Anche io ho davvero molta voglia di vederla. Sono proprio curiosa di
vedere
come si è ridotta quella sudicia filobabbana! E sono ancora
più curiosa di
vedere la reazione di papà, quando gli dirò che
tu hai voluto incontrarla,
razza di stupida.-
Narcissa
non le rispose, cercando lo sguardo di Sirius.
Bella
non cessava di ridacchiare.
-Vattene,
serpe.- sibilò il ragazzo.
-E’
quello che sono.- replicò la mora, sorridendo.
-Vattene.-
Bellatrix
non parve intimidirsi. –Non mi fai paura, Black.- fece
avvicinandosi alla porta
per andarsene. –Salutami il tuo amicone.- soffiò.
-Non
lo farò affatto. E sta lontana da James.- rispose Sirius con
rabbia. –Si può sapere
che cavolo vuoi da lui?-
La
ragazza rise. –Cosa ti fa credere che sia sempre io la
cattiva?-
-Un
sacco di cose, se vuoi te le elenco. Ma ci metteremo un po’.-
-Questa
volta sbagli.-
-Non
so quali perverse intenzioni hai, ma stagli lontana. Lui non ti
calcola, ok?-
-Giusto!-
fece la mora. –Lui ha la Evans, no? Si è
consacrato a lei. Dicono che stiano
insieme….-
-Non
sono affari tuoi.-
-No,
non lo sono.- mormorò Bella con voce appena percettibile, il
sibilo di un vero
serpente. I suoi occhi, insieme a tutta la sua persona, parevano
essersi
incupiti.
Ecco,
adesso faceva veramente paura.
Adesso
era veramente una Dea maligna.
Sirius
si chiese il motivo di un tale cambiamento, ancora ignorante di certi
fatti.
Narcissa
abbassò nuovamente lo sguardo.
Quando
Bellatrix uscì dall’Infermeria, parve che, al
posto suo, fosse stato un demonio
in persona a farlo.
Le
antiche mura di Hogwarts, con il trascorre del tempo, con il succedersi
dei
secoli, avevano avuto modo di assistere ad eventi di ogni genere.
Oh,
avessero potuto raccontare!
Baci
rubati, amicizie interminabili, duelli segreti, sentimenti
svariati…
C’era
stato un tempo in cui avevano potuto osservare, ammirate, i grandi
progressi di
un giovane mago dagli occhi azzurro chiaro che, un giorno, avrebbe
vegliato
sulla scuola come suo preside; c’era stato un tempo in cui,
di notte, avevano
assistito, impotenti, agli sfrenati studi di un altro giovane mago
assetato di
potere e di gloria.
Adesso,
con la medesima immobilità, stavano per assistere a qualcosa
di assai peggiore e
che da tempo, in gran segreto, si ripeteva.
Il
tradimento.
Il
vero male.
Il
bacio di un nuovo Giuda.
In
quell’angolo di Hogwarts non passava mai nessuno.
Un’aula troppo vecchia ed in
disordine per attirare l’attenzione degli abitanti del
castello.
La
polvere ricopriva quasi tutto, vorticando nell’aria, ben
visibile tra i fasci
di luce solare. Le finestre erano chiuse. Il buio era quasi totale, se
non per
qualche raggio di sole che riusciva ad evadere la prigionia delle ante
di legno
consumato.
Ovunque
regnava il disordine.
In
un lato erano ammucchiati tanti vecchi scatoloni dall’aria
trasandata,
stracolmi di oggetti rotti o non più utilizzati.
Alcuni
banchi logori stavano ammassati vicino ad una parete, una lavagna rotta
era
stata sistemata in un angolo.
Qualcuno,
proprio in quel momento, se ne stava appoggiato di spalle ad una delle
pareti,
tremante. Continuava a rigirarsi tra le mani un foglietto, ormai
abbondantemente spiegazzato.
“Alle 10, stesso
posto.”
La
figura rilesse nuovamente il biglietto, come a volersi convincere che
il
messaggio fosse proprio vero.
Ci
vuole coraggio per mantenere salda un’amicizia.
Che
ce ne voglia lo stesso per tradire?
Che
ognuno giudichi come meglio preferisce.
Quando
la porta della vecchia aula si aprì, rivelando
l’autore del messaggio, Peter
Minus trasalì. Il foglio gli cadde dalle mani.
Non
era la prima volta che si recava lì per incontrare quella
persona, eppure
ancora non riusciva a smettere di tremare e, allo stesso tempo, di
volerlo.
Bellatrix
Black gli andò incontro, muovendosi come una regina.
Bella
in ogni cellula del suo corpo.
La
bella bocca piegata in un sorriso seducente. Non si era mai divertita
tanto
come in quei momenti.
Il
gatto che gioca con il topo prima di cibarsene….
-Eccoti,
mio bel topolino…- disse, avvicinandosi lenta.
–Avevo molta voglia di vederti.
Fino ad ora ho avuto una giornata orribile…-
-Be-Bellatrix…-
balbettò Peter, arrossendo fino alla punta dei capelli.
–I-io…-
-Bella.-
disse lei, arrivatagli di fronte.
-Bella.-
ubbidì lui, tremando come una foglia e tenendo rigorosamente
lo sguardo sui
suoi piedi.
La
sentì ridere e questo gli provocò una scossa al
cuore. Batteva furiosamente.
Lei
era più alta di lui e i tacchi degli stivali neri lo
rendevano ancora più
evidente.
Si
chinò per potergli parlare all’orecchio.
-Oggi
mi rivelerai cosa nasconde Lupin?- mormorò.
Rosso
in viso, Peter scosse il capo.
-Ti
fai desiderare.- constatò la ragazza, sorridendo.
–Va bene. Non ha importanza.
Tu mi interessi più di loro.- continuò,
percorrendo il viso del ragazzo con una
mano.
Quelle
unghie, lunghe, lucide e nere erano fantastiche, pensò lui.
Con
la testa vuota, lasciò che la bocca parlasse.
Un’altra
volta.
-J-James
è stato di nuovo d-da Silente…ieri…-
balbettò. -…m-ma…non ci ha detto cosa
si
sono detti….-
-Capisco.-
fece Bellatrix.
Lui,
Peter Minus, era migliore di tutti loro, lo aveva sempre saputo. Lei,
però,
glielo aveva mostrato.
Lei,
così bella.
Lei,
così stupendamente bella.
Lei
aveva scelto lui.
Solo
lui.
Nessuno
poteva essere al suo pari.
Erano
stati James, Remus e Sirius a farlo sentire infimo e debole. Era colpa
loro.
Lo
meritavano.
Meritavano
di essere traditi, pensò il ragazzo.
E
lui meritava lei.
-…Remus….Remus
ha fatto amicizia con…con una della tua Casa. È
la Ames. Li ho visti alla
partita….- continuò.
-Davvero?-
fece la ragazza, mostrandosi disinteressata.- Non curarti di
lei…Non mi importa.-
Peter
annuì, imbarazzato dalla sua vicinanza. Lei rideva, sembrava
meno tesa di
quando era entrata. Una delle due notizie che le aveva dato doveva
averla
soddisfatta.
Questo
lo fece sorridere.
Bella
lo notò.
-Sei
perfetto, Peter.- sussurrò morbidamente, facendolo avvampare
ancora di più.
-Vuoi
che cominci io, questa volta?- gli chiese maliziosa.
Per
poco non svenne.
Pregando
che la troppa tensione non gli giocasse qualche brutto scherzo come, ad
esempio, fargli uscire sangue dal naso, il ragazzo annuì.
Adorava
quando era lei.
Era
arrivato a vivere per ciò che sapeva sarebbe accaduto dopo.
Bellatrix
rise, allontanandosi da lui ed andando a sedersi su uno dei vecchi
banchi da
tempo inutilizzati. La gonna si sollevò un poco.
Sotto
lo sguardo ipnotizzato di Minus, portò le sue mani alla
camicetta scura,
cominciando a far uscire i piccoli bottoni dalla loro asola.
Quando
le sue dita si furono fermate e la sue pelle di porcellana era ormai
visibile,
la ragazza allungò una mano verso di lui, sorridendogli.
-Vieni,
non farmi aspettare.-
Paralizzato,
Peter deglutì appena, non sentendosi più saliva
in bocca. Mosse un passo,
temendo che le proprie gambe non sarebbero riuscite a sostenerlo.
Arrivò
davanti a lei, rosso di imbarazzo, schiavo fin nell’anima,
lontano da chi,
realmente, lo amava.
Quello
non era amore.
Il
lungo
bacio che Bellatrix gli dette non era amore.
L’amore
stava nell’abbraccio di James, nei saggi consigli di Remus,
nelle buffe pacche
di Sirius.
L’amore
non risiedeva nella seducente stretta di Bella.
Ma
lui, oramai, aveva sbagliato strada.
-Cosa
stai facendo?-
Lily
Evans se ne stava sulla soglia della propria stanza di Caposcuola, una
grossa
quantità di libri in mano. Era appena ritornata dal suo
consueto “saccheggio
della Biblioteca”.
I
capelli rossi sciolti sulle spalle e quell’adorabile vestito
azzurro, indossato
sopra una morbida maglietta bianca, la rendevano terribilmente tenera.
Distogliendo
lo sguardo da lei, James tornò a riempire il proprio baule.
Durante
il tempo che aveva trascorso lì i suoi oggetti si erano
mischiati a quelli di
lei.
Nei
mobili, sulla scrivania, in bagno.
Scoprirlo
era stato bello e atroce.
-James?-
lo richiamò ancora lei, facendo qualche passo avanti.
L’espressione
confusa.
Lui
si sforzò di sorriderle, sperando di riuscirci. Di solito
era bravo a simulare
allegria anche nelle situazioni per lui più disperate.
-Sto
preparando le mie cose.- le spiegò. –Torno a stare
dai ragazzi.-
Fu
un attimo e qualcosa parve rompersi dentro Lily.
La
luce nei suoi occhi si spense.
-….perchè?-
riuscì a chiedere con un filo di voce.
-Abbiamo
visto che non è necessario stare così vicini,
no?- le rispose, cercando di
suonare pratico e convincente. –Non è necessario
che dormiamo nella stessa
stanza. Non voglio provocarti altri fastidi.-
Sentendo
quelle parola la ragazza impallidì, non riuscendo
più neppure a sentire il
proprio corpo.
-E’….è
per questo?- chiese disperata. –Ma…ma J-James
tu…tu non mi dai fastidio! Se…se
t-ti ho dato una tale impressione, ti chiedo scusa! Mi dispiace.
Io…io non
voglio che te ne vada! Scusami!-
-Non
sei tu, Lily.- le disse James con dolcezza, avvicinandosi a lei.
–Non farti
neppure venire in mente una cosa del genere.-
-A-Allora
…perché?- domandò lei, sentendo la
morsa allo stomaco crescere fino a
soffocarla.
Lui
sorrise.
-Sono
io che non voglio disturbare te. Hai diritto ai tuoi spazi. Avrei
dovuto
andarmene già prima.-
Seguì
il silenzio.
Senza
più guardarla negli occhi, James tornò a
sistemare le sue cose, evitando di
pensare. E lei, impotente, lo guardava.
Se
ne stava in piedi, con ancora i libri in mano, continuando a porsi
mille
domande.
Lui
era stato strano a cena, la sera scorsa.
Aveva
capito subito che doveva essere accaduto qualcosa durante
l’incontro con il
preside. Non si aspettava, però, che avrebbe deciso di
andarsene.
Era
a causa sua?
Un
attimo fa aveva veramente creduto che lo fosse e si era sentita morire.
Non lo
aveva accolto bene nella sua stanza, ma dopo era cambiata ne suoi
confronti, ne
era sicura.
Si
sentiva stupida.
Lì,
ferma, nella medesima posizione.
Cosa
doveva fare?
Infondo,
quello che lui aveva appena detto era giustissimo. Doveva essere
contenta di
riavere la sua cameretta, no?
Nessuna
vocina nella sua mente le rispose.
Al
posto di una risposta, arrivò un’altra domanda.
Poteva
veramente lasciare che lui se ne andasse, lasciandola di nuovo sola?
Sollevò
lo sguardo su di lui. No, non poteva.
Era
diventata così dipendente dalla sua presenza che il fatto
che lui potesse
distaccarsi da lei la uccideva.
Quella
strana sensazione di paralisi lo dimostrava.
Lui,
ormai, era diventato la sua fonte di vita.
-James?-
lo chiamò.
Il
ragazzo si fermò, tornando a guardarla. –Si?-
-Io
non voglio che te vai.- dichiarò, ignorando il rossore che
andò ad imporporarle
le guance, rendendole quasi incandescenti.
Entrambi
i loro cuori persero un battito nell’udire quelle parole.
Abbassando
lo sguardo, James implorò la sua mente di non registrare
ciò che Lily gli aveva
appena detto.
Si
impose di ricordarsi l’incontro con Silente, invece.
Si
impose di ricordarsi ciò che era.
Si
impose di ricordarsi la decisione che aveva preso: stare lontano da
lei.
Non
era degno di lei. Sciocco anche il solo pensarlo.
Se
Lily avesse saputo la verità su di lui, sarebbe giustamente
fuggita via ed il
suo cuore non avrebbe potuto sopportarlo. Meglio finirla ora.
-Lily,
è meglio che me ne vada.- le disse. –Le tue parole
mi fanno piacere, davvero,
ma pensa a cosa accadrebbe se i professori lo venissero a sapere.-
-Prima
non ci pensavi.- ribatté lei.
-Prima
sono stato stupido. Io sono abituato a ficcarmi nei casini, ma non
voglio che
tu rischi a causa mia. Potresti perdere il posto di Caposcuola, non ci
pensi?-
-No.-
rispose lei, rossa in viso, senza abbassare lo sguardo. –Non
ci penso.-
James
si sentì mancare il respiro.
Non
poteva crederci.
Allora,
allora lui contava qualcosa per lei, adesso.
Lei
aveva veramente cessato di guardarlo con disprezzo e di evitarlo?
Aveva
davvero cominciato a volergli bene?
Aveva
sognato quel momento da così tanto tempo che, ora che lo
aveva raggiunto, non
sapeva cosa dire.
-Lily…-
cominciò. -…potremmo comunque vederci. Di che ti
preoccupi?-
-Bugiardo.-
fece lei con un sorriso triste. –Tu non hai intenzione di
continuare a starmi
vicino, l’ho capito. Se te ne vai, lo farai in tutti i sensi.-
Il
ragazzo parve gelarsi di fronte a quell’evidenza.
Doveva
immaginarlo, lei era da sempre stata molto intelligente. Lei lo aveva
capito.
Fino
ad allora, solo Sirius era riuscito a farlo così bene.
-Lily…-
-No.-
lo interruppe lei. –Io non ti lascerò andare. Non
so che ti sta succedendo, ma
non mi importa! Hai promesso che mi saresti stato vicino, che mi
avresti dato
la tua amicizia ed ora non puoi ritirare tutto quanto! Io…io
credevo in te!-
esclamò, sull’orlo delle lacrime. –Se ho
fatto qualcosa, ti chiedo scusa! Se…se
ti è capitato qualcosa di brutto…io…io
sarò felice di aiutarti! Ma, ti
supplico…, non mi lasciare proprio ora, ho bisogno di te!-
Non
poteva, non poteva restarsene immobile, mentre lei piangeva disperata
di fronte
a lui. Il suo piccolo tesoro, il suo unico amore.
Senza
più pensare a nulla, James si alzò di nuovo,
tornando di fronte a lei.
Lily
continuava a fissarlo con gli occhi verdi ancora più
luminosi per le lacrime.
I libri
ancora stretti al
petto.
Rimasero
a fissarsi per un po’, in silenzio. Infine, fu lei a parlare.
-…è…è
per quello che è successo a….-
Sorridendo
dolce, James scosse il capo. –No, non lo è.- le
rispose piano.
Con
delicatezza le prese le braccia, obbligandola ad aprirle.
I
libri rovinarono a terra con diversi tonfi ripetuti.
Lei
se ne stava ferma, compiendo ciò che lui le chiedeva, come
una bambola nelle
sue mani.
A
quel punto, lui si avvicinò ancora e, piano, posò
le labbra sui suoi capelli
profumati, stringendola in un abbraccio carico di tutti i suoi
sentimenti.
Lily
tremava.
-Perdonami.-
mormorò lui, affondando il volto nei suoi capelli.
–Mi dispiace. Ci sono
delle…cose di me, che non vanno bene e non posso spiegarti.
Avrò molto da fare
da adesso in poi, perciò ho ritenuto che fosse meglio
allentarmi da te.-
-…non
mi lasciare…- lo supplicò lei, stringendolo
forte. –Non mi importa di nulla,
James. Tienimi con te. Non mi lasciare…-
Lo
sentì sorridere ed avvertì una mano accarezzarle
una guancia con dolcezza.
-No.-
lo udì risponderle. –Non ti lascio.-
Fine.
^_____^
Uffffffffffff………….Finalmente
il cielo ha voluto farmi terminare anche questo capitolo. Era
l’ora.
Temevo
che non sarei più riuscita a toccare il mio pc per
più di pochi minuti.
Vi
chiedo scusa per le attese che sarete costretti a subire, ma vi dico
con
serietà che non ho intenzione di mollare la fic. Vi chiedo
solo un po’ di
pazienza.
Ringrazio
tutti coloro che leggono questa fanfic, siete davvero gentilissimi e
spero di
non deludere le vostre aspettative. ^___^
X
Anna Mellory: Tesoro, ti ringrazio veramente per i complimenti, sono
davvero
felice del fatto che tu abbia apprezzato Savannah, spero che ti
piacerà il
proseguo di questa piccola storia nella storia. Io amo moltissimo
raccontare le
storie passate, di fatti, ho scelto di parlare dei Malandrini.^___^ Un
bacio.
Per la patente ce la metterò tutta! ^___-
X
Mimmyna: Come farei
senza di te? ^___^
Grazie mille, il tuo entusiasmo riesce ad entusiasmare pure me!!!!!
Cercherò di
togliere tutti i tuoi dubbi, anche se mi diverto a tenerti con il fiato
sospeso!!! Uh uh uh uh! Sono contenta che la mia piccola Savannah ti
piaccia!
Ce la metterò tutta per continuare a stupirti ancora! Le
sorprese non sono di
certo ancora fiite!! ^___- Bacini.^^
X
Potterina-88- : Hai
detto “ Ne ho lette
tante di storie sua Malandrini, ma come questa nessuna” ed io
mi sono messa a
piangere come una scema davanti al monitor.
^___^””” Che dire, questo è
proprio
quello che volevo! Grazie infinite, le tue parole mi hanno dato tanta
voglia di
continuare a raccontare. Ah,
ovviamente
ciò che mi hai chiesto è vero. Il bel biondino
è veramente ciò che tu pensi che
sia! ^___- Kisses.
X
Lilian Potter : Su, tranquilla. Non ho intenzione di torturare il
povero James
ancora per molto…… SCHERZO! Ovviamente lo
torturerò fino alla fine dei suoi
giorni! Ho un animo sadico, sai? Sì, il caro James
è stato con Bella, ma ora
non ha davvero più intenzione di riavvicinarsi a lei, quindi
tranquilla. ^^ Per
l’ultima domanda che mi hai fatto, beh, la risposta
è “sì, lo è”. Un
bacione.^^
X
Ninny: Grazie mille per il tuo complimento, mi fa davvero molto
piacere. ^^
Sono felice di averti incuriosito, spero che la storia non ti deluda,
farò del
mio meglio! Un bacione ed alla prossima!!! ^___^
X
Aurora : Sono contenta che tu trovi la fic interessantissima e scritta
con
maestria. Sono davvero onorata dai tuoi complimenti, grazie infinite!
Eh sì, ci
hai preso. La risposta alla tua domanda è affermativa! ^^
Un
bacione!
X
Lady Slytherin: Beh, ho creato un bel po’ di scompiglio, eh?
Mi rendo molto
entusiasta tutto questo, è quello che volevo.^^
Il povero James è candidato alla strapazzatura!
E’ talmente dolce e
coccoloso che va
ammazzato di abbracci,
che dici? Grazie per il conforto! Questo ultimo anno me lo voglio
soprattutto
godere, come hai detto tu. ^^ Un bacione!^^
X
HarryEly: Grazie per l’imbocca al lupo! Spero crepi! XD XD
Vabbè, volevo dirti
che sono molto felice per come stai vivendo la fic! Il fatto che ti
piaccia mi rende
davvero colma di felicità! Sono così
contenta! Grazie mille, grazie davvero! E sì, gli amici di
Jam non lo
abbandoneranno! ^___^ Baciotti!
X
Meli_ Mao: Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Grazie per il
commento! Visto, in questo cap siamo tornati al presente, anche se ci
sarà modo
di tornare a Savannah.^^ Spero tanto che James abbia preso la decisione
giusta!
Ebbene sì, me lo sto chiedendo pure io! ^^ Ah, pure io trovo
James gnocco! XD
XD ^___^ Baci baci.
X
Gypsy_ Rose90: Benvenuta e piacere di conoscerti! ^^ Sono davvero
contenta che
la storia ti abbia presa così tanto! Un bacione grande
grande e grazie mille
per gli auguri! ^____^
X
Kiki 3006: Le tue constatazioni sono molto azzeccate! Penso che tutti
quanti,
me compresa, stiamo aspettando di vedere cosa è in grado di
fare il nostro
James! Beh, lo scopriremo, promesso! Ho parecchie idee in proposito,
spero vi
piaceranno! Un bacione grande, tesssssoro! Grazie per i tuoi commenti!^^
X
Orlandofigo93: Sono tornata a Lily e James, visto! Ti prego, non mi
morire!! XD
XD Sono contenta
che la fic ti abbia
appassionata così tanto e che la coppia Lily/James
raccontata da me ti
coinvolga! E grazie anche per i complimenti sul capitolo di Savannah!
Baci. ^^
X
Fefe-Hinata-Chan: E’ vero, è vero! James
è proprio un cucciolo!!! Strapazziamo
di coccoleeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!
>////////////////////////<
Sono contenta che la fic ti piaccia, tesoro!
Evviva!!!! ^____^
Tranquilla
per Lily, lei è cotta di James, non lo lascerà da
solo.^^
Bacioni!^^
X
Betta90: Sei e resterai sempre la mia prima amica virtuale!^^ Il
primato non te
lo toglie nessuno ed io sono sempre pronta per le nostre dotte
disquisizioni
sulla serie di Anita Blake! Sono felice che la storia ti piaccia, ormai
non te
lo dico più!^^ Ti
farò venire il mal di
testa! Visto? Sono riuscita a farti piacere la coppia Lily/James! ^___^
Un
bacione grosso grosso!
………….
………….
Jean-Claude
FIGOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!
X
Ali-del-sole: Sono felice che il ritorno al passato ti sia piaciuto e
che tu abbia
le idee più chiare su James.^^ E sono contenta che tu lo
adori! ^___^ Ti ho
risposto alle domande, quindi non mi ripeto.^^ Ti va di fondare un
funclub
sulla fenice nera figozza dai capelli biondi e gli occhietti viola con
me? Io
non riesco a scrivere di lui se non tengo un secchio raccogli bava
vicino a me!
XD XD XD
X Black-Witch : Ciao sorella! Come
va? Sono contentissima
che continui a seguirmi! Visto che casino ti combino con Vick e Sirius!
Tranquilla, rimetterò tutto a posto, altrimenti presto ti
vedrò arrivare con un
fucile sotto casa mia! XD Intanto il capitolo su Savannah ti
è piaciuto e ne
sono felicissima! Un bacio!
E
infine…. Il ringraziamento ai i miei due tesori.^^ Masuko e
Rosgreenday.^^
Masuko,
che mi sprona sempre a dare il meglio di me e Rosgreenday che, con le
sue
recensioni, mi fa morire dal ridere.
Vi
ho incontrate per caso e ringrazio il destino che lo ha fatto accadere.
Siete
le migliori del mondo, continuate ad essere come siete!
Un
abbraccio stritolante, Vale.
|
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Capitolo 17 *** Before Halloween ***
Ed
eccomi di ritorno dopo
tanti mesi di lontananza dal mio adorato pc e dai miei adorati lettori.
Come
state? Procedono bene le vacanze?
La mia
maturità è andata
veramente molto bene e quindi ho perennemente un sorrisone che va da un
orecchio all’altro. E poi sono finalmente riuscita a farmi
prendere dai miei
genitori due splendidi gattini!!! KAWAIIIII!!!!
Vabbè,
ma tornando a noi…^^
Consiglio
a tutti di
riguardarsi un po’ la storia, visto che anche io avevo
dimenticato un po’ di
cose, poi fate voi.
Ok! Un
bel respiro e…… si
riparte!
CAPITOLO
17 “BEFORE
HALLOWEEN”
Se
c’era una sola cosa, unica tra tutte le altre, capace di far
smuovere l’intera
popolazione femminile di Hogwarts, finalmente unita, senza
più distinzione tra
Case, quella era, senza alcun dubbio, l’allenamento della
squadra di Quidditch
del Grifondoro.
A
volte capitava che ad assistere vi fossero anche delle ragazze
realmente
interessate al gioco e che, mettendosi la mano destra sul cuore,
sarebbero
state pronte a proclamarsi virtuose e per nulla interessate ai bei
corpi
maschili in movimento, come, tanto per fare un esempio, quelli di James
Potter
e Sirius Black.
La
maggior parte della folla che si radunava sugli spalti dello stadio,
tuttavia,
poteva dirsi di essere l’esatto opposto.
In
fondo, quale occasione migliore di avere una scusante per poter
ammirare il bel
capitano della squadra?
Lily
Evans, uscendo dal gran portone della scuola e cominciando a camminare
sull’erba fresca del prato, potè già
vedere cosa la stava aspettando allo stadio
di Quidditch. Una turba di ragazzine velenose pronte a distogliere lo
sguardo
da James per poter tormentare lei.
Fu
tentata di fare dietro front e tornarsene nel castello, magari a
studiare.
Poi
si ricordò che James l’aveva minacciata di farla
correre come una matta verso
di lui con una bella lucina bianca e dolorosa al polso destro, se non
si fosse
presentata al loro appuntamento.
Pensare
a quell’ultima parola, appuntamento,
non
fu proprio una buona idea. Per poco la sua faccia non
diventò del colore dei
suoi capelli.
Stringendosi
nel suo cappotto bianco panna e traendo un lungo sospiro, Lily riprese
a
scendere, stando attenta a non scivolare sul terreno umido.
Più
si avvicinava, più le figure che sfrecciavano in cielo si
facevano chiare.
Emma
McLoow era in porta, intenta a parare i veloci tiri di Alice.
Adam
Maison e Lucas Smith si stavano esercitando con i Bolidi.
Sirius
faceva dei passaggi con un’altra figuretta in rosso,
impacciata.
Per
un attimo, Lily si soffermò ad osservare la ragazza, quasi
sperando di vedere
ciò che desiderava, ma durò poco. Non poteva
prendersi in giro.
Quella
nuova Cacciatrice non era Victoria.
Victoria
non faceva più parte della squadra.
Era
come scomparsa.
Lily
non riusciva più ad incrociarla nei corridoi e le poche
volte che si
incontravano, Vick la ignorava bellamente, come, del resto, evitava
James e gli
altri.
Stava
scappando da Sirius.
E
da loro.
Il
dispiacere di aver perduto un’amica, o meglio,
l’unica amica, la tormentava
spesso e volentieri. Non riusciva a capacitarsi di
quell’abbandono improvviso,
né del terribile distacco che si era creato tra Vick e
Sirius.
Aveva
cominciato a legare con Alice e, quando capitava, scambiava qualche
parola con
la piccola Narcissa, ma Vick le mancava.
Victoria
Olsen era un piccolo terremoto, era impossibile non avvertire la sua
presenza
e, proprio per questo motivo, lo era anche non accorgersi della sua
mancanza.
Sospirando,
riprese il suo cammino.
I
suoi lunghi capelli rossi frusciavano al vento con fare sinuoso,
incantatore.
E
lei guardava dritto davanti a sé.
Fu
con immenso stupore che scorse una figuretta appostata
all’entrata dello
stadio, intenta a spiare gli allenamenti, pronta a filarsela non appena
qualcuno avesse guardato dalla sua parte.
Lily
la osservò.
Scarpe
sportive nere, dai lacci di colori diversi. Pantaloni di jeans
strappati sul
ginocchio, chiari. Catenelle di varia forma che pendevano dalla
cintura, con
piccole borchie. Una pesante felpa rossa, con cappuccio. E capelli
neri, corti,
messi in movimento dal vento.
Il
cuore
della ragazza si gonfiò di gioia.
Prese
a correre.
-VICTORIA!-
gridò, per farsi sentire. –VICK!- la
chiamò ancora, correndo nella sua
direzione.
La
Olsen trasalì, sentendosi colta in flagrante.
Si
voltò per individuare il proprietario della voce che la
stava chiamando, restando
sorpresa nel vedere Lily Evans.
Non
era proprio una consuetudine che la Caposcuola di Grifondoro si recasse
agli
allenamenti della squadra.
Si
sforzò di sorriderle, impacciata.
-Hey…-
le mormorò, quando furono vicine. -….ciao.-
Lily
invece le sorrise con calore. –Vick.- ripetè.
–Cosa stai facendo qui? Guardi
gli allenamenti?-
La
moretta parve in imbarazzo.
–Io…ecco….sì.- ammise,
piano. –Volevo vedere
come…insomma….quella Rogers non mi sembra molto
brava.- disse infine, riferendosi
alla nuova Cacciatrice che giocava con Sirius e Alice.
Lily
rise. –Non lo è infatti. Anche James lo dice.
Nessuna è come te, Vick. Ti
stanno aspettando tutti. Tutti quanti vogliono che tu torni in squadra.
Alice
mi ha confessato di non sopportare proprio Alessia Rogers. Sta
meditando un
sacco di modi per farla fuori.- le confessò, divertita.
-Parli
con Alice?- fece Vick, curiosa.
-Beh…sì.-
rispose Lily, contenta. –James mi trascina un po’
ovunque, perciò… Ecco, credo
di aver legato un po’ con i suoi amici. Anche con Alice.
È una ragazza
veramente divertente!-
-Lo
è! È un mito!- confermò Victoria,
sorridendo. Era veramente felice per Lily.
Grazie alla compagnia di James, senza neppure accorgersene, si stava
facendo
degli amici, dei buoni amici.
La
Evans la osservò per un po’, tornando seria.
–Allora?-
-Allora
cosa?- fece Vick.
-Quando
tornerai in squadra?-
Victoria
scosse il capo. –Non torno in squadra, Lily. Non posso. Non
voglio stare
insieme a Sirius, non mi pare proprio il caso.-
Eccoci
arrivate al punto dolente, pensò la Evans, osservando la
ragazza che aveva di
fronte. Forse era arrivato il momento di farla parlare, dopo tutto.
-Ascolta
Vick, io non voglio farmi gli affari tuoi, sia chiaro.-
cominciò, traendo un
bel respiro. –Però ormai è da un bel
po’ che voi due siete in rotta. Mi pareva
che foste dei buoni amici, che vi è successo? Non mi pare
che Black sia un
ragazzo con cui non si può parlare. Che vi è
capitato?-
Abbassando
lo sguardo a terra, sentendosi il cuore stretto in una morsa, la Olsen
sentì i
propri occhi bruciare. Cosa era successo? Eh, avrebbe tanto voluto
saperlo pure
lei. E sperava con tutto il cuore che l’allontanamento di
Sirius non fosse
stato causato dal suo diario misteriosamente scomparso, altrimenti
poteva
tranquillamente eclissarsi dalla faccia della Terra.
-Vick…-
la chiamò Lily, riportandola alla realtà.
-…a te….a te piace Sirius, vero?-
chiese, cercando di essere il più delicata possibile, ma
consapevole che con i
sentimenti non lo si è mai abbastanza.
Si
aspettava che la Olsen si arrabbiasse e le dicesse di farsi gli affari
suoi,
invece non fu affatto così.
-….tre
anni, un mese e tre settimane.- mormorò Victoria, tenendo lo
sguardo basso e
sentendo un grosso nodo stringerle la gola.
Gli
occhi le erano diventati lucidi.
-Vick….io..-
fece Lily, incapace di trovare qualcosa da dire.
Adesso
comprendeva tante cose.
Non
era brava a relazionarsi con gli altri, ma non poteva abbandonarla a se
stessa.
Le si fece vicino e la abbracciò, un po’
impacciata.
Victoria
non si mosse. Ma cominciò a piangere.
-Sono
innamorata di lui!- gridò nel vento, stringendosi a lei,
disperata. -Sono
disperatamente innamorata di lui, Lily. Lo sono da quando ero una
ragazzina di
soli tredici anni! Ma lui…lui non mi vuole! Non si
è mai neanche degnato di
guardarmi con interesse. Forse…forse neppure mi vede come
una ragazza! Sì! Per
lui…per lui sono asessuata, sai? Vick è un
maschiaccio! È il mio secondo James!
Ecco cosa pensa! E io…io invece di odiarlo per questo lo amo
ancora di più,
maledizione! Voglio…voglio che si innamori di me!
Perché…perché non si accorge
di me?! –
Vick
era come un fiume, un fiume bloccato per tanti, lunghissimi anni da una
diga
pesantissima, ed ora libero di uscire.
Lily
la strinse di più, cercando in ogni modo di confortarla, di
farle capire che le
era vicina. Ma non era brava con gli affari di cuore.
Si
sentiva veramente addolorata per Victoria. Commossa.
-…tutti
questi dannati anni…- stava continuando la Olsen, senza
riuscire a calmarsi.
-…a fare finta di essere sua amica. Ad accettare tutte
quelle stronze vanesie
che gli mettevano le mani addosso e che lui adorava! Tutti quei baci
che si è
fatto dare da loro! E…e io ero lì! E non potevo
fare niente!- fece, piangendo
più forte.
Lily
ricordò gli sguardi di puro astio che Victoria aveva
lanciato a Kelly Logan.
Sì, decisamente adesso capiva.
-Vick….Vick,
ti prego, cerca di calmarti…- le mormorò piano
Lily. –Vedrai che le cose si
aggiusteranno….se…se tu provassi a parlarne con
Sirius…-
Fu
un attimo.
La
Olsen si staccò da lei, passandosi un braccio sul viso, per
asciugare le
lacrime.
-Tu
non capisci.- fece seria, scuotendo il capo. –Lui non
capirebbe mai.-
-Chi
te lo dice?- replicò Lily. –Cosa ti dà
la certezza che lui non capirebbe?
Mettilo alla prova!-
-Ma
io non posso perderlo, Lily!- esclamò Victoria, distrutta.
La
Evans abbassò lo sguardo, cercando di trovare le parole
giuste. Per lei non era
davvero facile. Per niente.
-Ascolta,
Victoria.- fece, tornando a guardarla. –Io non ho mai avuto
molti amici
fino…fino ad ora, quindi non so bene come funzionano queste
cose e potrei darti
un consiglio sbagliato.- ammise, piano. –Ma io, come dire,
penso che in
amicizia, come in tutti gli altri rapporti del resto, bisogna essere
sinceri,
prima di tutto. Tu dici di non voler rivelare i tuoi sentimenti a Black
per
paura di perderlo e lo capisco, ma… Vick, non vedi che lo
stai già perdendo?
Non vi parlate da settimane, ormai. Se non vi chiarite e fate passare
altro
tempo…lo perderai per sempre! Anche solo come amico.
È questo che vuoi?-
A
udire quelle parole, Vick si sentì sprofondare. Lily Evans
aveva ragione.
E
adesso? Che cosa poteva fare?
Sirius
non le parlava più. Anche se avesse voluto aprirgli il suo
cuore, come avrebbe
potuto farlo, se lui neanche si fermava ad ascoltarla?
Si
sentì in trappola.
Ed
il diario?
E
se lo avesse proprio trovato Sirius? Se lo avesse letto? Se si fosse
allontanato da lei proprio per questo?
Dio,
che confusione!
-Grazie,
Lily.- mormorò piano. –Io…io
farò quello che posso.-
La
Evans le sorrise. –Secondo me dovresti. Non hai
più niente da perdere, ormai.
Fatti coraggio.-
Tristemente
vero, si disse Victoria con amarezza. Sospirò. Anche
respirare le era diventato
doloroso. Alzò un attimo lo sguardo, osservando i giocatori
di Grifondoro che
continuavano ad allenarsi, ignari. Riconobbe Sirius. Sfrecciava
più velocemente
degli altri intorno a lui. Sembrava essere tornato a giocare bene come
prima,
ora che lei non c’era più. Una pugnalata in pieno
stomaco.
-Me
ne vado.- disse infine. –Ho un tema di Pozioni da terminare e
tutti gli
esercizi di Incantesimi da fare.- dichiarò, rimettendosi in
marcia.
-Certo.-
fece Lily, guardandola con tristezza. –Ciao Vick.-
-Ciao
Lily.- le rispose l’altra, mentre riprendeva la salita per
tornare a scuola.
Non
si voltò mai, nemmeno una volta, per dare
un’ultima occhiata al campo di
Quidditch.
Arrivata
nella tribuna di Grifondoro, Lily Evans scoprì con stupore
che, oltre ad una
spropositata folla di ragazzine urlanti, ad assistere agli allenamenti
della
squadra dei Grifoni c’era anche Frank Paciock.
Strano,
si disse. Non credeva che un ragazzo impacciato come lui amasse lo
sport. Beh,
mai giudicare dall’apparenza.
Per
un attimo fu tentata di cercarsi un posto un po’ isolato, in
modo da potersene
stare tranquilla, lontano dagli altri.
Poi
ricordò le parole di James e l’impegno preso con
lui.
Su,
coraggio! Si disse.
Assumendo
l’aria più tranquilla e serena che aveva,
andò a sedersi proprio vicino a
Paciock, dicendosi che, se proprio doveva socializzare con qualcuno,
meglio lui
che le ragazze svitate che stavano strillando fuori di testa.
-Buongiorno,
Paciock.- disse, educata, sorridendogli.
Il
povero ragazzo, una volta voltatosi per ricambiare il saluto,
sbiancò.
Lily Evans?! LILY EVANS?!
-E-Evans!-
esclamò, terrorizzato. –Qualsiasi cosa sia
successa, io non ho fatto
assolutamente nulla! Ho passato gli ultimi giorni a studiare per
rimediare un
Troll in Pozioni! Sono innocente!-
Lily
sospirò, guardando in basso.
Doveva
aspettarselo, non poteva prendersela con gli altri per questo. Lily
Evans la
Caposcuola, era questa l’immagine che aveva voluto dare di se
in tutti quegli
anni. Ne fu, comunque, mortificata. E pensare che Frank Paciock era un
ragazzo
del suo anno, di Grifondoro. Eppure conosceva solamente il suo nome e
la sua
fama di imbranato, diffusa in tutta la scuola.
Ok,
non doveva abbattersi.
Tornò
a sorridergli, gentile.
-Tranquillo
Paciock, non sono venuta a punire nessuno. Sono qui, beh, solo per gli
allenamenti.- gli disse, cercando di suonare convincente.
-Ah
si?- fece Frank, guardandola ancora più sconvolto di prima.
–Io…io non credevo
ti interessassero.-
-Beh,
se ti può interessare….neppure io credevo
interessassero a te.- rispose lei.
Paciock
parve per un attimo offeso. Poi dichiarò: -Il Quidditch
è tutta la mia vita,
Evans! Vuoi scherzare?! Io non mi perdo mai nulla che riguarda la mia
squadra!
Non fossi così imbranato vorrei giocare anche io!-
Accidenti,
lo aveva fatto arrabbiare! Che stupida!
Lily
si sentì decisamente nei guai. Forse era davvero meglio
mettersi in un angolo,
buona e zitta, ed aspettare James.
Adesso
era in ballo, però, e Paciock la stava fissando con i suoi
occhi scuri.
-Mi
dispiace, Paciock. Mi rendo conto di…di non sapere
praticamente nulla di te,
sebbene viviamo nella stessa Casa da più di sei anni.
Scusa.- mormorò,
mortificata. Sentiva il cuore battere forte nel petto.
Era
davvero così.
In quei
giorni, seduta accanto di banco a James, aveva spesso osservato i suoi
compagni
e…aveva scoperto con una certa malinconia e disagio di
sapere poco o nulla su
di loro. Ok, non era tutta colpa sua. Ma in parte sì.
Lo
sguardo di Frank si addolcì.
-Hai
ragione, Evans. Scusami tu. Anche io ammetto di conoscere poco di te.-
fece,
gentile. –E così…ti piace il Quidditch?
Oppure sei interessata ad uno dei
giocatori? Ti prego, non dirmi che è la seconda opzione, non
ti faccio come
tutte le altre!-
Lily
rise per l’espressione di Paciock, quando questo aveva
lanciato un’occhiata
alle numerose ragazze.
-A
dire il vero, Paciock, sono qui sotto ricatto…- rispose
Lily, misteriosa.
-Tu
ti lasci ricattare?-
-Che
vuoi che ti dica? A volte la minaccia di 200 punti in meno alla Casa
non
funziona!- fece lei.
Entrambi
risero.
C’era
riuscita, si disse Lily. Stava parlando con Paciock. Stavano ridendo!
Che
stupida a credere che non ce l’avrebbe mai fatta! Adesso non
le appariva più
così difficile!
Frank
era un ragazzo estremamente gentile e molto affabile, scoprì
Lily.
Aveva
degli occhi nocciola molto espressivi, dai quali traspariva con
semplicità lo
stato d’animo del ragazzo. In quel momento, fissi su di lei,
brillavano di
divertimento e di curiosità.
-Alice
è molto brava, vero?- fece Lily, indicando la Rubin che, in
quel momento, stava
segnando un goal.
-Molto,
sì.- rispose Paciock, osservando quella che, un giorno,
sarebbe diventata sua
moglie. –Peccato per il suo terribile carattere.-
-Ma
no, dai!- esclamò Lily, divertita.
-Scherzi?
Ti confesso che a me mette anche un po’ di paura!- le
confessò Frank.
La
Evans scoppiò di nuovo a ridere.
“Ok,
adesso scendo e butto giù Frank Paciock dalla
tribuna.”
Di
chi poteva mai essere un tale pensiero omicida?
James
Potter osservava i due Grifondoro ridere, combattuto tra
l’essere felice che
Lily fosse riuscita ad aprirsi con qualcuno e il non essere felice che
Lily
fosse riuscita ad aprirsi con qualcuno, che, tra l’altro, era
un ragazzo.
Che
cavolo!
Senza
neanche pensare a ciò che faceva, James individuò
Remus.
Lupin,
costretto da Sirius e James ad assistere ad i loro preziosi
allenamenti, se ne
stava tranquillamente seduto nelle tribune di Corvonero, dove
c’era un po’ di
sole. Era sempre stato un tipo freddoloso.
Tanto
per cambiare, studiava.
Indossava
una giacchetta di jeans un po’ imbottita, per ripararsi dal
primo freddo. I
capelli biondo miele scompigliati dal vento. Gli occhi cerulei fissi
sulle
pagine di un pesante tomo di Storia della Magia, l’incubo di
ogni studente.
Si
accorse
che James stava smanaccando nella sua direzione solo dopo un bel
po’, quando a
Potter già cominciava a dolere il braccio.
Gli
lanciò uno sguardo interrogativo, della serie “Che
cavolo vuoi, scemo?”
James
gli rispose indicando ripetutamente una zona delle tribune di
Grifondoro, dove
Lily Evans e Frank Paciock stavano parlando tranquillamente.
Altro
sguardo interrogativo di Remus. Come a dire “E
allora?”
Perdendo
la pazienza, James si decise a raggiungere l’amico.
-Remus,
hai visto?- fece, non appena fu arrivato a portata d’orecchio.
-Sì!
Lily sta finalmente facendo amicizia e sono contento. E allora?-
rispose Lupin,
innervosendosi. –Che c’è?-
Potter
parve un attimo confuso. Ma si riprese in fretta. –Sta
ridendo con Paciock!-
-Lo
vedo.- fece Remus, tranquillo.
-Ecco!
Lo vedi!-
-E
allora?-
-Ma
come! Lei…lui…li vedi!-
-James…-
cominciò Remus, cominciando a capire.
-Remus,
quello scemo di Paciock ci sta provando, non vedi!? Cosa
cavolo…!!-
-James…-
-Glielo
faccio vedere io! Dannazione! Io vado dietro a Lily da molto
più tempo di lui!
Al diavolo! Io…-
-JAMES
POTTER!- fece Remus, ottenendo finalmente la sua attenzione.
–Non eri tu quello
che volevi che Lily si inserisse come tutti gli altri e si facesse
degli amici?
Ora sta provando a farlo! Che fai? Ti rimangi i tuoi propositi?-
-No!
Cioè….sì! Cioè….
… Dipende!-
Remus
Lupin scosse il capo. –Sei proprio un caso strano di essere
umano, James
Potter.- dichiarò, sospirando. –Torna ai tuoi
allenamenti.-
-Ma…!!-
protestò quello.
-Ho
caldo.- fece Remus. –Vado là all’ombra.-
disse, indicando proprio la zona dove
si trovavano Lily e Frank. –A dopo.-
E
così Remus Lupin, anima pia, ma veramente!, si
avviò a patire un po’ di freddo,
rinunciando ad il suo amato sole.
Ehhhh….cosa
non si fa per gli amici!
Quando
il povero Lupin arrivò alla meta, Frank stava tentando di
spiegare a Lily
alcune semplici tattiche di Quidditch.
-…ma
non sarà pericoloso?- stava dicendo Lily.
-Ma
no!- rispose Frank, prima di sorridere a Remus e salutarlo.
–Ciao Rem!-
Il
biondino sollevò una mano per salutare entrambi.
Andò a sedersi vicino a Lily.
-Sono
contento che sei venuta.- le disse, gentile. –Tutto bene?-
-Sì!-
replicò la Evans, allegra. –Insomma…non
ci capisco molto, ma Paciock mi sta
dando ripetizioni.-
Frank
rise.
-Non
avrei mai pensato che Lily Evans fosse interessata al Quidditch!-
esclamò il
ragazzo, divertito.
-Beh,
adesso lei sta con noi.- le venne in aiuto Remus.
Fu
allora che gli occhi di Frank si animarono di meraviglia e di
incredulità.
–Allora è vero? È vero che stai insieme
a Potter?- fece, rivolto a Lily.
La
poveretta andò a fuoco. –N-no! N-non è
vero!- ribatté, balbettando.
-Allora
stai con Lupin?- continuò Paciock.
-Cosa?!-
esclamarono i due interessati.
-Lupin
sta con Evans?- si intromise una quarta voce, molto tranquilla.
I
tre ragazzi alzarono lo sguardo, incontrando quello di Eva Ames, bella
e
raffinata come sempre. Osservava Remus.
-No,
insomma!- fece Lily, abbassando lo sguardo. –Non sto con
nessuno del gruppo.-
Paciock
annuì, poco convinto.
Lupin
invece sorrise alla nuova arrivata. –Ciao. Che fai qui?- le
chiese.
Eva
sorrise. –Tranquillo, non voglio fare la spia. Non sono
venuta per documentarmi
sulle mirabili imprese di Potter il Genio. Cercavo te.-
-Me?-
La
Serpeverde annuì. –Si è scatenata una
sorta di guerra fredda tra i quadri del
secondo piano, originata ovviamente dalla Signora Bianca. Gazza mi ha
incaricato di occuparmene e di cercare aiuto. Vuoi venire?-
Sorridendo,
Remus annuì. –C’era da aspettarselo.
Erano giorni che la Signora Bianca e Lady
Mary si punzecchiavano.- poi si voltò verso i due compagni
di Casa. –Beh, a
dopo.- disse loro.
E
si alzò di nuovo, seguendo la Ames.
Lily
li osservò, mentre si allontanavano. Avvertiva una sorta di
inquietudine.
Ma
la mise presto a tacere. L’allenamento di Grifondoro si era
finalmente
concluso. Non vedeva l’ora di parlare con James, di avercelo
vicino! Non poteva
negarlo a se stessa.
Lo
vide scendere dalla scopa, insieme a tutti gli altri. Sorrideva come
sempre.
Lily
non si accorse neppure che Frank Paciock si era alzato e
l’aveva salutata.
Poco
dopo si decise ad alzarsi a sua volta, scendendo timidamente in campo.
James le
si materializzò subito accanto, come sbucato dal nulla.
-Hey,
Lily!- trillò, tutto giulivo. –Allora, hai visto
come sono bravo?-
Lei
sorrise, contenta per il solo fatto di averlo vicino. –Certo,
certo! E poi
Paciock mi ha spiegato un po’ di cose.- gli disse.
-Già.-
fece James, rigido. –Ho visto.-
Lily
era raggiante. –Ce l’ho fatta! Non è
stato poi così difficile! E poi Paciock è
simpatico!-
-Sì,
certo. Ma è un grande imbranato, sai?- fece James, velenoso.
Lily
fece spallucce, come a far capire quanto poco la cosa le importasse.
-Allora,
si può sapere perché mi hai fatta venire qui?
Dove dobbiamo andare?- gli
chiese, curiosa.
Il
ragazzo ritornò ad essere allegro. –E’
una sorpresa, mia cara!- le disse,
divertito.
-Vado
a cambiarmi e torno. Così sono impresentabile!-
Lily
non rispose.
James
aveva il viso accaldato, il respiro lieve, i capelli ancora
più in disordine e
l’uniforme rossa ed oro stupendamente indossata.
Non
trovava affatto che fosse impresentabile, non per lei almeno.
Arrossì.
Lui
non se ne accorse, si stava già dirigendo verso gli
spogliatoi insieme ai suoi
compagni. Lily andò a sedersi in un angoletto, in pace con
il mondo come non lo
era stata da un bel po’ di tempo.
Chissà
dove voleva portarla quella canaglia…
Detta
canaglia, seduta in una panchina dello spogliatoio, stava aspettando il
suo
turno per farsi una meritata doccia. Aveva un sorriso che andava da un
orecchio
all’altro.
Ok,
si era detto mille volte che, visto le condizioni tragiche in cui lui
si
trovava, era bene non legarsi troppo a Lily, ma, cavolo!, era una vita
che
voleva uscire con lei!
Sirius,
uscito dalla doccia, avvolto in un morbido accappatoio, si accese una
sigaretta. Era decisamente provocante! Ci fossero state le ragazze!
James
gli lanciò un’ occhiata. –Come se la
cava la Rogers? Ti ci trovi bene?- gli
chiese. La ragazza in questione era sotto la doccia.
Sirius
fece spallucce.
-Va
e non va. Ha bisogno di tempo.- gli rispose.
Potter
annuì. –Victoria era a vedere gli allenamenti,
l’ho vista parlare con Lily.-
disse, piano.
Black
fu scosso da un brivido freddo, solo per un attimo. Poi
tornò ad avere
un’espressione fredda e menefreghista. –Vado a
cambiarmi.- fece,
allontanandosi.
E
James lo guardò andare via, sospirando.
Ultimamente
avevano tutti dei problemi, che periodaccio!
Si
tolse gli occhiali, pulendoli con un lembo della divisa e si
avviò verso le
docce, stanco. Sentiva tutti i muscoli tesi.
Non
appena l’acqua calda cominciò a scorrere sul suo
corpo, la sua mente si
estraniò da tutto ciò che aveva intorno.
Si
fece più leggera, lontana dalla sua vita.
Cominciò
a pensare…
Rivide
il volto di sua madre, Amelia Potter. La donna che lui adorava sopra
ogni cosa…
Poi
suo padre, Zack Potter, l’Auror che tutti rispettavano,
l’uomo che lui
venerava…
Che
cosa avrebbero detto, se avessero saputo che il loro bambino aveva
acconsentito
ad incontrare Edward Havisham?
Ma
chi era quell’uomo?
Non
si era mai voluto informare troppo su di lui.
Suo
nonno.
Signore
del casato degli Havisham, la famiglia di maghi più ricca
del mondo. Gli
Havisham…
Maghi
diversi dagli altri.
Più
potenti. Più pericolosi.
Talmente
ricchi di potere da poter fare magie senza bacchetta.
Maghi
Neri.
Conoscitori
dell’occulto, servi del Male Primario, custodi dei segreti
delle Tenebre. Maghi
corrotti. In grado di domare gli Spiriti Maligni.
Mostri.
James
fu pervaso da un orribile senso di nausea. Boccheggiò.
Tutto
questo era dentro di lui… …e non solo.
No,
lui non era solo questo.
Dentro
di lui, assai più pericoloso, si annidava il potere del suo
vero padre. Un
padre che non era umano. Un padre che…non era un mago.
Una
creatura maligna.
James
si guardò il tatuaggio.
Il
simbolo che aveva tatuato sulla spalla, una lettera in antico
runico…
Era
stato Silente in persona a inciderlo sulla sua pelle, come sigillo,
quando lui
era ancora un bambino.
Un
sigillo ai suoi poteri che, altrimenti, sarebbero cresciuti a dismisura
ed
avrebbero preso il sopravvento sulla sua anima. Rendendolo schiavo.
E
ora…quel sigillo non bastava. Non più. I suoi
poteri erano più forti di lui.
Silente
non aveva più idea di come contrastarli.
Non
aveva scelta…
Doveva
incontrare Edward.
Supplicarlo,
se ce ne fosse stato il bisogno.
Avvertì
i suoi compagni lasciare lo spogliatoio. Poi la voce di Sirius.
-Vado
anche io, James. Ci si vede in Sala Grande.-
-Ok,
a dopo.- gli rispose.
Ecco,
ora era solo.
Finalmente…
Potava
respirare.
Fu
un attimo, il tempo che la sua mente realizzasse che non vi era davvero
più
nessuno in giro…
James
cominciò a piangere, mischiando le proprie lacrime con
l’acqua calda che
scendeva su di lui.
Basta!
Non ce la faceva più.
Basta.
Perché era toccato a lui? Perché?
Perché
non lo lasciavano in pace?
Maledizione!
Ma
adesso, almeno, poteva piangere. Solo un po’, un altro
po’.
James
Potter non piange. Non è mai infelice. È sempre
allegro e ottimista. Questo è
ciò che tutti sapevano di lui.
Tutti
contavano su di lui.
Tutti
ne avevano bisogno. Doveva essere forte!
Piangeva
un altro po’ e…ripartiva. Ritornava ad essere il
giullare di Hogwarts. Ormai
ci era abituato.
Uscì
dalla doccia, si vestì, si frizionò bene i
capelli con l’asciugamano. Non
poteva andarsene in giro con i capelli umidi a metà Ottobre.
Quando
sentì la porta aprirsi non ci fece troppo caso. Poteva
essere tornato chiunque
della sua squadra, magari per recuperare qualcosa che aveva lasciato
lì.
Invece
si sentì abbracciare da dietro, in modo possessivo.
Non
ci fu bisogno di altro per capire.
Rabbrividì,
gelando.
Conosceva
quell’abbraccio, quel profumo.
-….
…Bellatrix…- mormorò, sentendosi
gelare dentro.
-…James…-
bisbigliò lei, piano, posando la bocca sul suo collo,
seducente. -…che fai, ti
rivesti? Adesso?-
Lui
posò le mani su quelle di lei e la costrinse a sciogliere
l’abbraccio. Quando si
voltò a guardarla i suoi occhi erano pieni di odio e rabbia.
-Che
accidenti fai qui?-
La
Black sospirò. –Mi mancavi.- mormorò,
guardandolo con desiderio. –Lo sai che
voglio te. Sempre e solo te…-
-E’
stato l’anno scorso, Bellatrix.-
-E
allora? Io non ho dimenticato.-
-Dovresti
farlo. Io non sono interessato a stare con te. È stata una
cazzata.-
-Ah
si? Io invece penso proprio che tu lo volessi, James. Io sono tutto
ciò da cui
stai disperatamente scappando. Fatichi, corri, corri e corri. Non ce la
fai
più. Abbandonarsi per un attimo a ciò che ti sta
inseguendo…ti è piaciuto,
dimmi la verità.-
-Non
è vero.- fece lui, rigido. –E’ stato un
errore.-
-Ti
è piaciuto, James. Ti è piaciuto smettere di
fingere ed essere finalmente te
stesso. Ti è piaciuto da morire. L’ho visto dai
tuoi occhi.-
-SMETTILA!-
gridò James, furente. –Smettila.-
Bella
rise. –Smettila tu, James. Questo non sei tu. Tu sei come
me.- mormorò lei,
facendogli una carezza. –Abbracciami. Ora. Diventa come me.
Diventa un
Mangiamorte. È questo ciò che sei.-
-Sta
zitta! Tu non sai niente di me! NIENTE! Preferirei morire!-
-Tu
stai già morendo, James! Ti stanno uccidendo loro!-
Ma
lui non la considerava più.
-Vattene.-
le disse, freddo. –Finiscila di tormentarmi.-
La
Serpeverde abbassò lo sguardo, per la prima volta sconfitta.
Lui la sconfiggeva
sempre. E per lei, sempre abituata a vincere, era così
strano… eppure con lui
era sempre così.
Non
se ne capacitava.
Lo
desiderava come non aveva mai voluto niente al mondo.
Eppure,
neppure tutto l’oro di cui disponeva sarebbe bastato. Niente
bastava. Niente
l’avrebbe mai aiutata ad appagare quel sentimento velenoso
che la portava a
bramare James Potter con tutta se stessa.
E
odiava tutto questo. Lei, Bellatrix Black, poteva avere tutto. Ogni
cosa.
Tranne lui.
-…sei
così bello…- mormorò piano, senza
neanche rendersene conto, mentre lui tornava
ad asciugarsi i capelli, ignorandola.
James
non le rispose.
-…così
bello...- continuò lei, osservandolo incantata.
-….James…- lo chiamò, con un
tono dolce nella voce che nessuno, tranne lui, le aveva mai sentito.
Non
sembrava neanche lei.
-Cosa?-
sbottò lui, tornando a guardarla.
-E’
vero che stai con Lilian Evans?- gli chiese lei, sentendosi morire.
-No.-
rispose lui.
-Ma…ma
sei innamorato di lei?-
-Sì.-
rispose lui, senza timore.
Fu
come ricevere una coltellata in pieno petto per lei.
-Perché
io no?-chiese, un filo di voce.
James
sospirò, riponendo l’asciugamano. –Non
lo so, Bellatrix. Non credo ci sia un
perché per queste cose. So solo che la amo. E nessuna
potrà mai prendere il suo
posto.-
Bellatrix
volse lo sguardo. I suoi occhi blu assunsero un’espressione
indecifrabile.
Delusione.
Tristezza. Rabbia.
-Ci
vediamo, James.- fece ad un tratto, fredda.
Non
voleva più discuterne per quella giornata. Era
già fin troppo ferita. Maledetto
James Potter!
Se
ne andò in silenzio, così come era venuta. E lui
rimase da solo.
Finì
di vestirsi.
Maglia
nera, a maniche lunghe. Jeans scuri. Scarpe sportive, le uniche che
amava. Si
dette un’ ultima aggiustata ai capelli e prese la giacca, nel
caso ne avesse
avuto bisogno.
Uscì.
Forse
Bellatrix sarebbe riuscita a capirlo molto meglio di tutti gli altri.
Non
sarebbe mai scappata se lui le avesse detto chi era veramente, anzi,
forse ne
sarebbe stata estremamente felice. Lo avrebbe adorato ancora di
più.
Probabilmente
era questo che l’aveva spinto tra le sue braccia fredde un
anno fa.
Lei
lo avrebbe accettato.
Lo
avrebbe capito.
Con
lei non avrebbe mai dovuto nascondersi.
Avrebbe
potuto dire “Sì, sono un mostro. Ma tu mi vuoi
proprio per questo. Sono
libero.”
Sarebbe
stato facile. Terribilmente facile. Bellatrix era sua, lo sapeva. Se ne
accorgeva da come lo aveva sempre guardato.
L’aveva
in pugno.
Sì,
sarebbe stato terribilmente facile…
Ma
non era questo che voleva.
Aveva
ceduto una volta, ma non lo avrebbe mai più fatto.
Lo
aveva deciso molto tempo fa.
Fino
alla fine, lui avrebbe sempre scelto la luce.
Ahhhhhhhhhhh…………..FINE!
Ovvia,
e anche questo è andato. ^^ Che ve ne pare? Sono peggiorata?
È tanto che non
scrivo, quindi ditemi voi. Mi fido.
Che
dire? Finalmente sono tornata a casa. Non ho parole adatte per dirvi
quanto mi
siete mancati, tutti voi.
Avevo
così bisogno di tornare da voi che credevo di impazzire. Ma
l’attesa è finita e
la storia continuerà senza interruzioni, spero.
Ringrazio
tutti coloro che hanno avuto la pazienza di aspettare e anche quelli
che si
sono aggiunti quando io ormai me ne ero andata. Non ho avuto occasione
di
ringraziarvi di persona e di darvi il benvenuto, beh…lo
faccio. Ben venuti! e
grazie!
Ho
notato che siete aumentati a livelli vertiginosi, mi sono quasi
spaventata
quando sono andata a vedere i Preferiti! XD
Beh,
sono molto felice. E’ un onore scrivere per voi, ragazzi. ^^
Al
prossimo capitolo. ^^
Fatevi
sentire tutti quanti, ho voglia di risentirvi. E fatemi pure domande
sulla
storia. Risponderò nei limiti del possibile.
Un
bacione! ^^
Lady
Tsepesh
|
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Capitolo 18 *** Before Halloween [2] ***
Dedico
questo capitolo a…a
me stessa, ecco! XD A me, che dopo tante fatiche sono riuscita a
superare 5
terribili e faticosi anni di Liceo Classico, studiando con impegno ed
ottenendo
risultati che mi hanno sempre resa fiera di me. A me che, adesso, ho
intenzione
di intraprendere una
nuova strada
all’università.
Vi
abbraccio tutti quanti,
Valentina.
CAPITOLO
18 “BEFORE HALLOWEEN [2]”
Era
ormai giorno inoltrato ed il parco di Hogwarts splendeva più
che mai per i
raggi del sole. Hagrid, il guardiacaccia, stava trafficando nel suo
orto di
zucche, proprio dietro la sua capanna. Halloween era vicino.
Lily
lo osservò, divertita.
Se
ne stava seduta sull’erba, vicino allo stadio, avvolta nel
suo cappotto bianco
panna. Guardò il cielo. Era di una bellezza devastante.
Neanche una nuvola.
Portò
lo sguardo agli spogliatoi. Ma quanto ci metteva James?
Sentiva
dentro di se emozioni contrastanti. Da una parte non vedeva
l’ora di vederlo
arrivare e di uscire con lui, dall’altra aveva paura.
Un
appuntamento.
Mio
Dio!
Cosa
sarebbe accaduto?
Era
terribilmente ansiosa.
Con
un tuffo al cuore vide James arrivare.
Era
di una bellezza devastante. Adorava quei capelli neri ribelli e quegli
occhi
scuri così buoni e gentili. Quando si soffermò ad
osservare il suo fisico da
atleta arrossì furiosamente.
Il
cuore cominciò a batterle ancora più forte,
quando lui le sorrise.
Era
meraviglioso.
Rispose
al sorriso e si mise in piedi, aspettandolo. Con altre tre falcate
James fu
davanti a lei, sempre sorridendole bonario.
-Allora,
andiamo?- le fece, allegro.
Lily
annuì, sorridendo. –Sì, ma dove? Me lo
vuoi dire?-
-Ad
Hogsmeade.- rispose lui. –E’ domenica, possiamo
passarci tutto il pomeriggio se
ti va.- le disse, gentile.
Lily
arrossì di nuovo. Annuendo ancora.
-Allora
pranziamo là, se facciamo tardi?-continuò James.
-Sì,
ve bene.-
Sorridendo
strafelice il ragazzo la prese per mano, provocando un ulteriore
aumento dei
battiti del cuore della ragazza.
Lily
era sicura che James si sarebbe diretto verso i cancelli della scuola,
invece,
con sua somma sorpresa e confusione, lui si diresse verso la scuola.
-Hey,
ma dove vai?- fece la ragazza, confusa. –Non volevi andare ad
Hogsmeade?-
Potter
si voltò a guardarla, con il consueto sorriso malandrino che
si dispiegava
sulla sua adorabile boccuccia. E non disse niente.
E
Lily capì che, di nuovo, si sarebbero cacciati nei guai.
Ed
intanto, c’era qualcun altro che, dopo essersi fatto una
doccia ristoratrice,
se ne stava andando a passeggio per il parco, e non con progetti futili.
Sirius
Black, angelo ribelle di uno dei Casati di maghi più
importanti d’Inghilterra,
si dirigeva a passo sicuro verso la Guferia.
In
mano teneva una lettera che aveva finito di scrivere solo pochi minuti
prima.
Sulla
fronte gli ricadevano ciocche di capelli neri, lisci e luminosi, che
gli
ricoprivano in parte gli occhi di un blu intenso, magnifici.
Pantaloni
neri. Maglietta bianca.
Il
tutto gli dava un’aria di distratta eleganza che avrebbe
conservato per il
resto della sua vita.
Mentre
procedeva per il suo tragitto, osservò di nuovo la sua
lettera. Non riusciva a
credere di stare realmente per farlo, eppure ormai era in ballo e, se
doveva
proprio essere sincero, ne era quasi felice.
Aveva
compreso.
Era
stato uno stupido a credere che sua cugina Narcissa si fosse
trasformata in una
Black con la puzza sotto il naso, come Bellatrix. Non aveva capito
niente.
Ricordava
la sua piccola bambolina. Aveva sempre adorato Narcissa, fin da quando
lei era
nata e lui l’aveva vista.
Bionda,
occhi azzurri, quell’aria indifesa…
Era
talmente tenera che aveva da subito desiderato proteggerla. Lui ed
Andromeda si
erano sempre occupati di lei. Poi Dromeda se ne era andata, creando il
caos in
casa Black. E lui, poco dopo, aveva seguito la sua strada.
Si
era incrinato qualcosa.
E
ora?
Che
si potesse rimediare ancora?
Dopo
i problemi che aveva con Victoria, sarebbe stato veramente bello
riallacciare i
rapporti con una piccola parte della sua famiglia.
A
volte, quando non era occupato a ridere e scherzare con i ragazzi,
quando non
era impegnato a volare sulla sua scopa durante una partita, una parte
di se
stesso si sentiva in preda alla solitudine.
Non
sarebbe mai riuscito del tutto a staccarsi dalla sua famiglia.
Famiglia.
Che
bella parola…
Probabilmente
la parola più importante nella vita di qualsiasi persona,
tranne lui.
Lui
aveva rinnegato la sua famiglia che, a sua volta, lo aveva respinto.
Vivere
dai Potter era ciò che di più bello si potesse
immaginare. Era un mondo
perfetto in quella casa. Regnava l’armonia,
l’amore, la fiducia reciproca.
Gli
sfuggì un sorriso dolce a quel pensiero.
Amelia
era una madre straordinaria. Si prendeva cura di lui esattamente come
se fosse
stato un suo secondo figlio ed era sempre pronta a riempirlo di coccole
e
dolci, quando ne sentiva il bisogno.
Ebbene
sì, in privato, Sirius Black era un tenerone.
Zack,
invece, era probabilmente l’uomo più buffo e
simpatico del pianeta. Prendeva
molto sul serio il suo lavoro di Auror, ma quando era a casa si
trasformava,
diventando il padre più giocherellone e disponibile.
Ogni
bambino avrebbe voluto avere un genitore come lui.
Quelli
erano la madre ed il padre di James.
Probabilmente
era proprio il fatto di essere cresciuto in una famiglia del genere ad
aver
reso il suo migliore amico così spensierato e sereno.
Sirius
non poteva desiderare altro che vivere per sempre in quella casa.
Ma
loro non erano i Black.
E
se da una parte questo lo sollevava,
dall’altra…gli creava uno non so che di
fastidio, di nostalgia.
E,
allora, che cosa voleva dalla vita?
Già…
Che
cosa vuoi dalla vita,
Sirius?
Alzò
gli occhi blu e si rese conto di essere arrivato alla Guferia. I suoi
piedi ce
lo avevano portato da solo, mentre il suo cervello pensava, ormai
avvezzi a
quel tragitto.
Salì
le scale con lentezza, stanchezza, quasi.
Era
lì. Era fatta, oramai.
Stava
inviando la sua risposta alla lettera di Andromeda, che tempo fa aveva
a sua
volta risposto alla prima lettera che le aveva mandato e dove le aveva
spiegato
il bisogno di Narcissa di poterla rivedere.
La
maggiore delle sorelle Black si era dimostrata ben felice di poter
riabbracciare la sorellina e priva di alcun rancore.
Meglio
così, si disse Sirius. Non gli restava altro che comunicare
ad Andromeda il
giorno dell’incontro.
Si
mise a cercare Deimos, il suo barbagianni, con lo sguardo e lo
chiamò, dopo
averlo individuato. Quello gli riservò un’occhiata
strana e non si azzardò a
muoversi dal suo trespolo, al sicuro con gli altri volatili.
-E
dai, scemo! Vieni giù, è urgente!- si
spazientì Sirius, dopo averlo chiamato
per l’ennesima volta.
L’animale
emise un verso strano che suonava tanto come un lamento ed
arruffò le piume.
Sembrava agitato, esattamente come tutti i suoi compagni.
-Ma
si può sapere cosa…- cominciò il
ragazzo, prima di zittirsi all’istante.
Ecco
svelato il mistero.
Accovacciata
sul pagliericcio della Guferia, con lo sguardo avido rivolto agli
impauriti
pennuti, stava immobile la gatta totalmente nera di James.
-Stria?-
fece, sorpreso. –E tu da dove spunti? Non ti si vede in giro
da settimane!-
La
gatta si limitò a lanciargli uno sguardo annoiato con i suoi
occhi di un verde
stupefacente, per poi tornare a ciò che più le
premeva.
-Hey,
Jamie era preoccupato! Sei sparita dall’inizio della scuola!-
continuò Sirius,
andando da lei e prendendola in braccio.
La
gatta non sembrò gradire molto, ma rimase buona tra le
braccia di Black,
emettendo soltanto un lieve miagolio.
-Su,
tornatene al castello.- fece, portandola alla porta e lasciandola
libera. –Ho
bisogno di Deimos, adesso.- le disse.
Per
la seconda volta, Stria gli lanciò un’altra
occhiata indifferente ed altezzosa,
prima di andarsene.
Poco
dopo, una volta sicuro che il pericolo se ne fosse veramente andato, il
barbagianni scese sul braccio del suo padrone, lasciandosi affidare la
lettera.
-Mi
raccomando, è importante.- gli disse Sirius, facendogli
qualche carezza.
–Assicurati che soltanto Dromeda la legga, ok?-
L’animale
gli dette qualche affettuosa beccata su un orecchio, prima di spiccare
il volo
e diventare un puntino poco chiaro nel cielo.
Black
se ne stava ancora affacciato ad una delle finestre della Guferia,
quando
Stephanie Hamilton, il Mostro, fece il suo terrificante ingresso,
cogliendolo
di sorpresa. Era carina come al solito ed indossava un vestitino di
lana bianca
che era un amore. Ma sotto quella faccina angelica si nascondeva un
serpente.
-Ciao
Sirius!- lo salutò lei, gioviale, mentre tendeva un braccio
verso l’alto.
Subito
il suo piccolo gufetto bianco arrivò da lei.
-Salve,
Hamilton.- le rispose il ragazzo, già pronto a svignarsela.
Preferiva
non starle troppo vicino. Sapeva essere tremenda.
Tuttavia,
quando l’atroce Stephanie metteva le sue spietate grinfie
sulla preda, era
veramente difficile che quella se la potesse svignare così
semplicemente, ed
infatti, con un sorriso furbo, la ragazza partì
all’attacco.
-Quindi
tu e la Logan non state più insieme?-
Black
si voltò a guardarla, con un sopracciglio alzato.
–Che fai, scherzi? Vuoi forse
farmi credere di non essere stata la prima a saperlo?- fece, diffidente.
Lei
rise, divertita. –Beh, in effetti…l’ho
saputo subito, sì.-
-E
allora che cavolo vuoi?-
-Sai,
nei bagni delle ragazze circolano strane voci su di te…-
-…sarebbero?-
Stephanie
sfoderò un ghigno da iena. –Si dice che tu non
abbia ancora voluto sostituire
la Logan con un’altra oca graziosa, né sia stato
con una qualche altra ragazza
in generale.-
-Ed
è un reato?- fece Sirius, cominciando ad irritarsi. Ci
mancava pure che quelle
stupide ragazze si facessero gli affari suoi.
-Beh,
visto come ti sei sempre comportato…-
Trattenendo
a stento un istinto omicida, Sirius le si avvicinò,
squadrandola con i suoi
occhi blu, ora parecchio assottigliati dalla rabbia.
-Senti
Stephanie, quello che faccio sono e restano affari miei. E dillo anche
a quelle
stupide galline giulive, ok?-
-E
dai, non ti arrabbiare! Chiedevo solo…- fece lei,
tranquilla. –Approposito, tu
vieni alla festa di Halloween?- chiese all’improvviso.
-Quale
delle due?- le rispose Sirius, spiazzato da quel repentino cambiamento.
-Quella
privata che facciamo dopo quella con i professori. Quella organizzata
da James
e Alice, no?-
-Ah,
quella. È ovvio che ci vengo.-
-Bene.-
fece lei, sorridendo in modo strano. –Lo sai che io
farò da animatrice?-
-Figata…-
se ne uscì lui, senza celare il sarcasmo.
-Spero
davvero che tu ci sia.-
E
il povero Black, sentendo puzza di guai, ma non riuscendo proprio ad
immaginare
di che cosa si trattasse, si convinse ancora di più a filar
via dagli artigli
della Hamilton. Adducendo una scusa poco credibile detta da lui,
ovvero, “vado
a finire i compiti”, prese le scale e se la battè
in ritirata.
-Ancora
non ci credo.- sospirò Lily Evans, tra
l’esasperato ed il divertito. –Quanti
altri passaggi segreti esistono nel castello?-
James
si girò a guardarla e le sorride furbo, si portò
il dito indice alle labbra e
sussurrò. –Segreto.-
Lily
scosse il capo, ormai abituata alle stramberie di quel matto che
rispondeva al
nome di Potter, e lasciò correre. Riportò lo
sguardo al paesaggio.
Si
era innamorata della piccola cittadina di Hogsmeade fin dalla prima
volta che
ci era stata, il suo terzo anno.
Un
mondo interamente magico. Dove ogni singola abitazione, ogni bar o pub,
ogni
negozio, trasudava magia. E lei ne era affascinata anche in quel
momento,
nonostante ormai fossero passati degli anni.
Sì,
la magia continuava ancora a conquistarla.
Il
cielo spendeva limpido ed il sole aveva raggiunto abbastanza vigore per
poter
riscaldare l’aria. In giro gli studenti di Hogwarts erano
ancora pochi, molti
sarebbero arrivati dopo il pranzo in Sala Grande.
Lily
si era accorta quasi subito che quei ragazzi arrivati in anticipo come
loro non
facevano altro che lanciare occhiate sospettose, quasi sconcertate, a
lei e
James. Era davvero così strano che loro due andassero in
giro ad Hogsmeade
insieme?
Che
facevano di male?
Guardò
il ragazzo che le camminava a fianco.
James
era tranquillissimo, sembrava non si fosse neppure reso conto di quelle
occhiate. Buon per lui, si disse lei, quasi invidiosa.
Avrebbe
davvero voluto essere come James, anche solo un po’.
Quando
lui le prese di nuovo la mano, intrecciando le dita con le sue, Lily
sussultò,
arrossendo. Si sentiva morire, ogni volta. Che cosa le stava succedendo?
Non
aveva mai potuto sopportare James, e adesso…
Abbassò
lo sguardo.
-Dimmelo
se vuoi fermarti in qualche negozio, ok?- le arrivò la voce
di James.
Dolce,
gentile.
Non
seppe con che voce riuscì a rispondergli, era sicura di non
averne più. Ad un
tratto si sentì così sopraffatta da quella strana
forza che le si agitava
dentro, che fu costretta a fermarsi.
Era
come lava liquida e dolce, le si riversava nelle vene, scorrendole poi
dentro
il petto, nella gola, nello stomaco. Ovunque. Una sensazione talmente
forte da
non riuscire neppure a respirare.
Quando
James si accorse che lei non lo stava più seguendo, le si
fermò davanti,
preoccupato. –Lily?- la chiamò, piano.
-James…-
mormorò lei, impercettibilmente, tenendo ancora lo sguardo a
terra.
-Cosa?-
-…abbracciami.-
Qualcosa
di terribilmente dolce riuscì a riempire il cuore del
ragazzo in un istante, il
tempo di realizzare veramente la parola appena pronunciata dalla
Grifondoro.
Non
conosceva il motivo di una tale richiesta, ma quegli occhi verdi
sembravano
implorarlo e non potè dire di no. Non avrebbe mai potuto in
nessun caso.
E
così, sotto un cielo privo di nuvole, sotto il sole
accecante e la luna, così
poco visibile, con lo sguardo di tutti pronto a puntarsi su di loro,
James
Potter abbracciò forte Lily Evans, ignorando qualsiasi cosa
che non fosse lei o
il suo cuore.
Forse
sbagliava. Forse stava commettendo un errore madornale.
Ma
non era importante, ci avrebbe pensato poi. Voleva soltanto tenerla
stretta,
almeno un po’.
E
mentre la stringeva a sé, affondò il viso tra
quei capelli di un vermiglio
stupefacente, irreali per la loro bellezza, preziosi come puro oro
rosso.
Avevano un profumo che niente e nessuno aveva.
Il
profumo di Lily. Unicamente quello.
In
quel momento, mentre la cullava, James desiderò davvero
poterle dire tutto.
Ogni cosa. Solo così allora avrebbe davvero potuto starle
vicino.
Odiava
doversi nascondere, soprattutto a lei.
Che
rapporto avrebbe potuto creare con Lily, se lei neppure lo conosceva
veramente?
E poi…era veramente giusto che uno come lui desiderasse
creare un rapporto con
qualcuno?
E
mentre lui era pervaso da quei sentimenti contrastanti di amore e
dolore, Lily
si sentiva felice come non mai.
Lì,
tra le braccia di James, si sentiva come se fosse stata la persona
più
importante e potente del mondo. Non le sarebbe mai capitato nulla tra
quelle
braccia, era protetta, al sicuro. Non c’era più
nessun brutto ricordo legato a
quella terribile notte in Biblioteca, nessun orribile
“Mezzosangue”, nessun
“Non possiamo più amarti, Lilian”.
James…
Il
ragazzo che detestava. Il ragazzo che non capiva. Il ragazzo che
odiava. Che
invidiava. Che ignorava e poi cercava.
Il
ragazzo che amava.
Lo
aveva ammesso e in quello stesso istante fu come se il suo cuore si
fosse
aperto, spalancando le porte, pronto a vivere, vivere davvero.
Sentì
gli occhi bruciare, appannarsi, ma si sforzò di rimandare
indietro le lacrime.
Piangere
di felicità, che cosa meravigliosa…
-Lily..-
la chiamò lui, preoccupato. –Vuoi dirmi cosa
c’è?-
Lei
sorrise, stringendolo un po’ più forte.
–Niente.- rispose. E la sua voce era
adesso così serena e sicura che James non potè
non rendersi conto che qualcosa
in lei era cambiato. –Pensavo.- continuò la
ragazza, con dolcezza.
-A
cosa?- la incalzò James, divertito.
-A
te.- fu la semplice risposta di lei, prima che sciogliesse il loro
abbraccio.
Il
Grifondoro la guardò, confuso, ma Lily si limitò
a guardarlo a sua volta,
calma. Ed in quegli occhi, lui vide qualcosa che lo riempì
di gioia: lei non
aveva più paura.
Allora
sorrise.
-Andiamo
a pranzare da qualche parte, ti va? Ci andremo dopo ad occupare delle
nostre
commissioni.- le propose, riprendendola per mano.
-Vuoi
dirmi una buona volta che tipo di commissioni dobbiamo fare?- gli
chiese lei,
stufa e divertita al tempo stesso.
Lui
la guardò, sorridendo. –Ma come? Ancora non lo hai
capito? A comprare i costumi
per la festa, no?-
La
lasciò di stucco. –Credevo che avessi preparato
tutto con i ragazzi…- mormorò,
confusa.
-Vero.-
fece James. –Ma hanno rovinato tutto. Sirius non è
neanche sicuro di venire,
Peter è irrintracciabile e
Remus…beh…l’ultima volta che gliene ho
parlato mi ha
praticamente ringhiato contro. Ergo, ci andiamo io e te.-
-Ah.-
fu la semplice risposta di Lily.
Quel
ragazzo era davvero incredibile. Aveva praticamente fatto tutto da
solo, senza
neppure chiederle come la pensasse.
Ma,
del resto, era così che aveva sempre fatto James Potter con
lei. Arrivava e la
travolgeva, come una marea.
-Ok.-
continuò Lily. –Quindi…ci andremo da
soli.- mormorò.
-Credo
di sì. Perciò tanto vale sceglierci un costume
abbinato. Ma ora ho fame, su!-
fece Potter e, afferrandola per la mano, cominciò a correre
per lei vie di
Hogsmeade, trascinandola con sé.
I
“Tre manici di Scopa” a quell’ora della
giornata non era particolarmente
affollato. Alcuni tavoli erano occupati da studenti di Hogwarts, altri
da
semplici viandanti in cerca di un po’ di riposo.
Ad
un tavolo vicino al bancone del locale, stavano seduti una madre
insieme al
proprio bambino, che non dimostrava più di sei anni.
Il
piccolo osservava con avida curiosità i ragazzi
più grandi, consapevole che
fossero studenti della famosa scuola di magia inglese.
Li
indicava alla madre, eccitato, e lei gli sorrideva, benevola,
carezzandogli il
capo.
Da
un po’ di tempo, Lily si era soffermata ad osservarli,
lasciando perdere il suo
piatto pieno di leccornie.
E
James guardava lei, curioso.
-Hey…-
la richiamò ad un tratto, dolcemente. -…ti sei
incantata a fissarli?-
La
ragazza sembrò tornare in quel momento alla
realtà, sorridendo al ragazzo.
-Scusami.-
fece a bassa voce, stringendosi nella sua morbida maglietta di lana
azzurra.
-No,
tranquilla.- le disse lui. –Lo capisco. I tuoi genitori ti
mancano, vero?-
-Sì.-
ammise lei, mentre tornava a mangiare.
James
fece un sorriso triste. –Mi dispiace, Lily.-
-Non
fa niente. Ormai non si possono cambiare le cose e…e il
passato è passato,
giusto?-
-Giusto.-
ammise lui. –Ma questo non ti impedisce di soffrire.-
-Da
quando mi stai vicino…soffro un po’ di meno ogni
giorno che passa, James.-
ammise finalmente Lily, arrossendo, ma sostenendo il suo sguardo.
Anche
lui la guardava, scrutandola con quei suoi occhi neri, così
intensi e buoni.
Lentamente, sfiorò la mano di lei, posata sul tavolo, con la
sua,
accarezzandola piano con i polpastrelli.
Le
loro dita si intrecciarono.
Perfezione.
-E
la tua famiglia com’è?- chiese lei ad un tratto,
interrompendo l’incanto che si
era creato tra loro e riportandoli al presente.
James
rise.
-Strana.-
fece, divertito. –Mio padre si chiama Zakary, ma non gli
piace e quindi si fa
chiamare Zack. È un Auror molto bravo, sai? Mi piacerebbe
essere come lui. È
una persona eccezionale. E mia madre, Amelia, lavora nella farmacia di
Diagon
Alley, forse l’avrai incontrata, qualche volta. È
una donna meravigliosa.-
Lily
lo ascoltava, interessata. E si accorse di una cosa, James era
letteralmente
innamorato dei suoi genitori. Era veramente felice per lui.
-Casa
mia è molto grande.- continuò Potter, ormai
lanciato. –Le stanze si spostano di
continuo ed io da piccolo mi perdevo sempre. È situata a
Londra. Papà ha deciso
di vivere lì, invece che in un villaggio di soli maghi.
Secondo lui è
importante che un Auror protegga i babbani, ancora più che i
maghi. Quindi
quale posto migliore per sorvegliarli?- fece, divertito.
Lei
lo stava a sentire, assetata di altre notizie su di lui. Era
piacevolmente
colpita dal fatto che una famiglia di purosangue come i Potter avesse
deciso di
vivere tra i babbani. Questo probabilmente spiegava il fatto che James,
fin da
quando lo aveva conosciuto al loro primo anno, non avesse mai
dimostrato
ostilità verso di lei perché mezzosangue,
né verso gli altri figli di non
maghi.
-Deve
essere proprio una gran bella casa! E poi Londra è
splendida!- fece la ragazza,
allegra.
-Sì
sì! È molto grande! Ma non ci viviamo solo noi
tre!- la informò James. –Ci
vivono anche il fratello minore di papà, zio Andrew, insieme
a sua moglie Attis
e la loro bambina, Kitty. E poi i nonni da parte di papà.-
-Accidenti!-
fece lei, entusiasta. –E dunque hai una cugina? Quanti anni
ha?-
-Sei.-
le rispose lui, con sguardo dolce. –Dovresti vederla.
È adorabile! Io ho
praticamente perso la testa per lei!-
-Deve
essere bellissimo vivere in una famiglia del genere, James!-
esclamò Lily, tenera
e sincera.
-Lo
è.- replicò lui. –E ora che anche
Sirius è dei nostri, è ancora più
bello!-
-Sirius?!-
-Ah,
già. Non lo sai. Sirius non poteva più sopportare
i suoi, quindi con l’aiuto di
Vick è scappato di casa e ora vive da me. - le
spiegò, pacato.
-Mi
ero accorta che non era in buoni rapporti con la sua famiglia, ma non
immaginavo fino a questo punto.- mormorò lei.
James
le sorrise. –Come vedi, ognuno ha le sue grane, Lily.- le
disse piano. –Il
segreto sta nello scrollarsele di dosso e andare avanti.-
E
lei alzò lo sguardo su di lui, fissandolo con i suoi occhi
smeraldini.
-E
tu?-
-Io?-
-Anche
tu hai dei problemi, James?-
Fu
come essere colpito in pieno petto. James abbassò lo sguardo
solo un attimo,
prima di risollevarlo e sorridere.
-Solo
le tare mentali che ha il capitano di una squadra di Quidditch che
vuole a
tutti costi vincere la coppa anche il suo ultimo anno per chiudere in
bellezza,
solo questo.- le rispose con un sorriso.
-Buon
per te!- fece lei, ridendo.
-Già.-
fu la lieve risposta di James, che tornò a mangiare, in
silenzio.
Lily
continuò ad osservarlo di nascosto. Le sembrava di averlo
scosso in qualche
modo, ma non capiva come. Del resto, era ben consapevole di non
conoscere tutto
di lui. Andava bene così, però. Ci sarebbe stato
tempo.
Così,
tanto per allentare quella tensione che si era misteriosamente creata,
si buttò
su un altro argomento, che le stava comunque a cuore.
-Senti,
James…- cominciò. –Secondo te, che cosa
dovrebbe fare una ragazza che si è
innamorata di un ragazzo che però non si è
accorto di lei?- buttò lì.
Ci
mancò poco che il povero James Potter ci restasse secco,
togliendo così a
Voldemort il grande ed eterno problema della sua vita che rispondeva al
nome di
Harry Potter.
Sì,
perché il Grifondoro, con quel povero cervello bacato che si
ritrovava, pensò
che Lily si stesse riferendo a se stessa.
Chi
era il ragazzo misterioso? Che fosse lui? Oppure un altro?
No,
che fosse…il viscido Paciock infame?!
Tutto
questo nella povera testolina di James.
Cercando
di riprendersi e di non farsi affogare dall’insalata che
aveva in bocca, sotto
lo sguardo attonito di Lily, il ragazzo mandò giù
una sorsata d’acqua, tanto
per avere altri secondi di tempo. Poi sollevò lo sguardo su
di lei.
-Ehm…di
chi stiamo parlando esattamente?- pigolò con un filo di voce.
La
ragazza lo guardò, indecisa sul da farsi. Del resto, James
era il migliore
amico di Sirius. E Vick le aveva detto cose parecchio personali, non
poteva
certo fare la spia.
Non
che non si fidasse di James, ma era meglio non sbandierare ai quattro
venti i
sentimenti di Victoria, no?
-…mmm…diciamo
che è una mia amica.- decise.
Un’amica?
Sì, come no!
Pensò
Potter, sentendosi sempre più agitato. Lei lo stava
guardando, in attesa di una
risposta.
-Ma
perché lo chiedi a me?- sbottò infine, con il
cervello in tilt.
-Per
avere l’opinione di un ragazzo, mi pare ovvio no?- rispose
lei, lucida.
-Ah,
ok.- borbottò lui, punzecchiando la sua insalata con la
forchetta. Lo sguardo
rigorosamente basso. Che diavolo! Perché doveva uscirsene
con delle sparate simili?!
Lily malefica!
-Beh…ecco…secondo
me dipende dal ragazzo.- fece infine, tornando a guardarla.
-In
che senso?-
-Nel
senso che se la tua amica fosse innamorata, tipo, non so….di
Paciock, ecco, io la sconsiglierei.
Non
mi sembra affatto un ragazzo pronto per una storia seria. Ancora deve
ben
capire la differenza tra una ragazza e…e sua mamma.-
Lily
lo guardò sbigottita. –Ma che c’entra
Frank! No, no. È un altro!-
-U-un
altro?!- fece James, sconvolto.
Oddio!
Ma di chi cavolo stava parlando?! Oltre a Paciock non l’aveva
vista con nessun
altro.
-Allora…allora
chi è?- chiese, sforzandosi di stare tranquillo ed
indifferente.
-Non
posso, davvero. È meglio di no. Ci sono in ballo sentimenti
troppo forti,
credimi.-
-Addirittura…?-
-Sì.-
-Ma…ma
Lily, se non mi dici il nome del bast…cioè, del
ragazzo, non posso darti un
consiglio preciso. Io ne conosco un sacco, sai? Conosco tutta la
scuola, in
pratica.-
Lei
sospirò, indecisa. Beh, chi meglio di James Potter poteva
dare informazioni su
Sirius? Poteva sapere, per esempio, se Black fosse almeno un pochino
interessato a Victoria, oppure se aveva già qualche altra
ragazza in mente.
E
poi, ora che ci pensava, forse anche James, attento com’era
ed amico di
entrambi, poteva conoscere i sentimenti di Vick.
-Ok.-
sospirò. –Ma tieni la bocca chiusa, intesi?-
Sentendo
il sangue gelarsi nelle vene, Potter “Lo Stupido”
annuì.
-E’
Sirius.-
Ed
il boia, con la sua affilatissima falce, tagliò di netto la
testa al misero
condannato a morte. James Potter sbiancò. Parve cadere in
stato comatoso.
Quando
si riprese, fu per esalare solo poche parole senza senso.
-…Sirius? …Sirius
Black?! …i-il mio Sirius? ..p-perché sono sicuro
che ce ne siano molti altri di
Sirius in tutto il pianeta….-
E
ora che aveva da essere così traumatizzato?, si chiese Lily,
guardandolo.
-Ma
certo, James. Quanti altri Sirius credi che io conosca?-
Ok,
non stava bene. James aveva una faccia strana, da far paura. Sembrava
baciato
da un Dissennatore. La ragazza continuava a guardarlo, preoccupata che
cadesse
a terra da un momento all’altro.
Per
un po’ lui tentò di dire qualcosa, senza
riuscirci. Poi, ad un tratto, se ne
uscì con un flebile: -……merda.-
-James?-
lo chiamò lei, cominciando a sospettare che qualcosa nel
discorso avesse preso
una strana piega.
-Lily,
ecco…senti, devo andare un attimo fuori…-
-Ma
dove vai?! Aspetta! Mi vuoi dire che hai capito, zuccone?-
sbottò lei,
spazientita.
Lui
si girò a guardarla. –Che la tua
“amica”..- e qui fece delle virgolette con le
dita.-…è innamorata di Sirius.-
terminò, lugubre.
-Perché
hai fatto quel gesto?- fece lei, alzandosi a sua volta.
-Andiamo,
Lily! Non sono scemo! Ho capito! Avresti anche potuto dirmelo prima
però,
cavolo! Perché non me lo hai detto? Insomma se…se
ti piace Sirius…-
-COSA?!-
strillò la Evans, scioccata. –Invece sei proprio
scemo! E quando mai l’ho
detto?! Non parlavo di me! Sei sordo? Dicevo di una mia amica!- era
furente.
-Ah,
si?- farfugliò il ragazzo, ancora poco convinto.
-Certo!-
fece lei, decisa. –Parlavo… parlavo di Vick..-
continuò, abbassando la voce, in
modo che solo lui potesse sentire.
Fu
strabiliante il mutamento d’espressione di James, in un
attimo tornò lo stesso
di sempre. Si rimise addirittura a sedere, tornando a mangiare.
Ancora
un po’ frastornata, Lily si rimise seduta a sua volta.
–Però non dirlo a
Sirius.-
-Ma
certo che no! Non l’ho mai fatto! Deve arrivarci da solo!-
trillò James, tutto
giulivo. –Dovresti stare tranquilla anche tu ed evitarmi
infarti.-
-Ma
allora…tu sai di Vick?!- chiese Lily.
-Da
una vita.- rispose James, sorridendo. –Credo che
l’unico a non saperlo sia
proprio Siri, purtroppo. Povera Vick…-
-Non
credevo che uno come Black avesse problemi a capire certe
cose…-
James
rise, divertito. –E’ perché non lo
conosci!- esclamò. –In realtà Sirius
è…è
Sirius, ecco! Va saputo interpretare!-
Entrambi
risero.
Restarono
ancora un po’ di tempo a parlare di tutto e di niente. Agli
occhi di chi
passava loro vicino, potevano anche sembrare una felice coppia di
innamorati.
E
come dare loro torto?
Bastava
osservare lo sguardo di James.
Bastava
osservare, con più attenzione, quello di Lily.
Quando
fu l’ora di andare, pagarono il conto al bancone, dove la
giovane Rosmerta per
poco non strangolò il povero James in un abbraccio un
po’ troppo affettuoso, ed
uscirono.
Lily
aveva un diavolo per capello. –Che tipo quella Rosmerta.-
sbottò, spostandosi
una ciocca di capelli rossi e liscissimi dietro un orecchio.
-E’
solo molto espansiva.- giustificò il ragazzo, mentre si
ripuliva la guancia
destra da una bella traccia di rossetto rosso.
La
Sala Grande era ormai gremita di studenti, intenti a consumare il primo
vero
pasto della giornata. Ovunque il vociare divertito dei ragazzi,
ciò che più
faceva gioire il Preside Silente.
L’anziano
mago osservava tutta quanta la Sala dall’alto del suo seggio,
posto dietro al
lungo tavolo degli insegnanti. Gli scintillanti occhi azzurri, dietro
agli
occhiali a mezzaluna, erano divertiti.
Lo
stesso non si poteva dire di Minerva McGrannit, seduta alla sua destra.
Le
labbra rigidamente strette e pallide denunciavano una certa tensione.
Stretta
nel suo abito viola scuro, manteneva lo sguardo fisso sul Preside,
sempre più
ostinata. Pareva avere un pensiero fisso in testa.
-Albus.-
cominciò, per quella che era la terza volta.
–Albus, mi ascolti?-
-Ma
certo, Minerva cara.- rispose l’anziano mago.
–Temo, tuttavia, che sia inutile
parlare ancora dell’argomento. Il signor Potter ha preso la
sua decisione.-
-E’
solo un ragazzo, Albus! Non può sapere! Se Havisham mettesse
le mani su di
lui…!!-
-Piano,
Minerva. È pericoloso per James parlare così
apertamente di tali argomenti.-
La
donna sospirò, abbassando lo sguardo. Solo per poi
risollevarlo di nuovo,
ancora più decisa e furente.
-Non
lo condivido! Non posso credere che lo permetterai!-
-L’ho
già permesso, mia cara. Con la morte nel cuore, ma
l’ho fatto.-
-Savannah
non avrebbe mai…!!!- esclamò la donna, sempre
più alterata.
Il
Preside non ebbe altra scelta. Si alzò da tavola, invitando
la collega a fare
lo stesso. Se dovevano veramente parlarne, avrebbero dovuto farlo in un
posto
più appartato, lontano da orecchie indiscrete. Lumacorno
stava già tendendo
l’orecchio, incuriosito dal loro battibecco.
Lasciarono
la grande Sala e proseguirono in silenzio per i corridoi che portavano
all’ufficio del Preside. Si stavano entrambi preparando ad
una grande battaglia
verbale. Silente lo sapeva e non potè fare a meno di
sorridere, mestamente.
Sapeva
quanto Minerva avesse tenuto e tenesse a Savannah e Jeremy.
Non
appena misero piedi nel luogo prestabilito, la strega esplose. Esplose
letteralmente,
scatenando l’indignazione dei defunti Presidi della scuola.
-Per
me sei impazzito, Silente! Permettere che Edward si avvicini a James! A
JAMES!
Cosa diranno i Potter?! Cosa accadrà al ragazzo?! Mio Dio!
Edward…lo rovinerà!
Lo cambierà! Non possiamo permetterlo!- gli gridò
contro, furiosa.
-Minerva,
ti ripeto. La scelta è stata di James, non mia.-
-James
è un ragazzo!-
-No,
è un uomo, mia cara.- mormorò il mago dolcemente.
–Sa cosa è meglio ora.-
-Cosa
è meglio? COSA E’ MEGLIO?! Hai perso la testa!
Jeremy è morto qui! QUI! Dove
siamo noi adesso! E’ morto supplicandoti di tenere lontano
suo figlio da
quell’uomo! Come puoi?!-continuò a gridare lei,
irrefrenabile. Gli occhi,
sempre così freddi ed alteri, ora rossi per le lacrime
vicine.
-Ricordo
la mia promessa a Jeremy, Minerva.- ribattè Silente, calmo.
-E
allora a che gioco stai giocando? Che hai in mente? Ti prego, Albus.
Stiamo
parlando di qualcosa più grande di tutti noi! Che va oltre
la nostra
concezione.- lo supplicò la strega, disperata.
–Non possiamo rischiare. Non
questa volta. Non con Riddle che raccoglie fanatici ovunque.-
-Non
stiamo parlando di Tom, adesso.-
-Sì,
invece. Tom è amico di Edward Havisham, è stato
suo allievo. Ha imparato le
arti occulte da lui e sono sicura che è anche a conoscenza
di James e del suo
potere!-
-Probabile,
ma non certo.-
-Albus.-
continuò Minerva, tentando di calmarsi. –Albus,
c’eri anche tu quella notte.
Ricordi? Ricordi quando Tom ed Edward cominciarono a parlare
del…. …dell’Arma
Finale?- a pronunciare l’ultima parola,
rabbrividì.
L’anziano
mago abbassò lo sguardo, restando in silenzio.
Sì,
lo ricordava. E con orrore. Ricordava ancora quel gelo che si era
impossessato
di lui, avrebbe desiderato morire.
L’Arma
Finale.
James.
Arma
per cosa? Non era mai riuscito a capirlo. Ne aveva sentito parlare una
volta,
una soltanto, e per caso. Poi, più niente. Mai un nuovo
accenno.
Con
un sospiro doloroso, andò alla propria scrivania e
cominciò a preparare due
tazze di tè, magicamente apparse grazie agli elfi domestici.
Funny
lo guardava con uno strano sguardo grave negli occhi.
Per
un po’, Silente rimase concentrato nell’operazione,
sforzandosi di non farsi
afferrare l’anima da quel tetro silenzio che si era esteso
nella stanza. Poi,
facendosi coraggio, si decise ad ammettere ciò che
più di ogni cosa lo
vergognava, mortificava e addolorava.
-Non
ho scelta, Minerva.- sussurrò, con la voce che tremava.
–E James lo sa,
gliel’ho detto. Io non sono capace, non più. Non
riesco più a tenere sotto
controllo i poteri di James. Più cresce, più
questi aumentano. I miei sigilli
svaniranno molto presto, saranno sconfitti dal potere nero del ragazzo.
Non si
può evitare.-
Fu
come se una colata di acido avesse inghiottito l’intero corpo
della donna.
Minerva
McGrannit, che tutti conoscevano come donna granitica e rigida,
boccheggiò,
indietreggiando. Una mano alla bocca. La disperazione nello sguardo.
-Che
cosa accadrà?- riuscì a dire, con un filo di voce.
-Se
il poteri di James non verranno sigillati o controllati, allora questi
prenderanno il comando della sua mente. E non ci sarà
più James Potter. Ci sarà
un corpo vuoto, privo di coscienza e sentimenti, abitato e mosso
unicamente dal
potere. Un essere fatto di magia nera, l’arma perfetta.
Nient’altro. E se quel
giorno dovesse arrivare, Minerva, preghiamo Dio di avere la morte
più veloce
che esista. –
La
strega si sedette, ricevendo con mani tremanti la tazza che il mago le
stava offrendo.
Ovviamente non toccò la bevanda.
-Allora
è finita.- bisbigliò, tremando.
-No,
mia cara. Dobbiamo avere fiducia in James.- le disse Silente, facendole
sollevare lo sguardo. -Lui conosce ciò che lo aspetta,
farà di tutto per
evitarlo. E se riusciamo a convincere Edward ad aiutarci forse
andrà meglio.
Sono sicuro che se c’è qualcuno in grado di
aiutare James a controllarsi,
quello è proprio lui.-
-Ma
perché dovrebbe farlo?-
-Perché
ha bisogno della fiducia di James. Ha bisogno di avvicinarsi a suo
nipote, di
studiarlo. Pur di stargli vicino, accetterà di aiutarlo, ne
sono convinto.
Almeno per i primi tempi.-
-E
poi?-
-E
poi lo allontaneremo.- dichiarò il mago, serio.
–Non ho mai agito in maniera
così opportunista in vita mia, ma temo di non avere
alternative.-
La
stanza sprofondò nuovamente in un silenzio angosciante,
persino la fenice Funny
non osava muoversi, immobile.
Sembrava
tutto terribilmente falso ed impossibile da credere. James Potter,
figlio di
Amelia e Zakary, due ottime persone; ragazzo brillante, spigliato,
dotato,
vivace e talvolta arrogante.
Un
giovane come tanti altri. Campione di Quidditch.
Una
minaccia, in realtà. Forse peggiore dello stesso Tom Riddle,
che in quegli
anni, sotto il nome di Voldemort, aveva cominciato ad espandere il suo
potere,
reclutando giovani menti.
E,
quella volta, neppure il grande Albus Silente sapeva cosa fare.
-Spero
che Stria sappia cosa fare, lei è l’unica in grado
di occuparsi di James,
adesso.- mormorò il vecchio Preside, accarezzando
distrattamente la sua fenice.
La
McGrannit fece una smorfia. –Ti fidi di lei? Non è
mai stata dalla nostra parte
e mai lo sarà.-
-E’
vero.- convenne l’altro. –Ma dimentichi una cosa,
Minerva. Stria non
permetterebbe mai che venisse fatto del male a James, gli vuole bene.-
-Scherzi?
Quella lì non prova affetto per niente e nessuno.
È una divinità infernale!
Svolgerà il suo lavoro fino alla fine.-
-Staremo
a vedere, Minerva. Lo scopriremo prima della fine.-
Sirius
Black fece il suo bell’ingresso in Sala Grande quando ormai
la maggior parte
degli studenti se ne stava andando via, verso i cancelli della scuola.
Era
la giornata ideale per una bella gita ad Hogsmeade.
Lui
però aveva di meglio da fare.
Arrivato
sulla porta si guardò intorno, cercando di individuare tra i
tanti compagni di
scuola, la chioma biondissima di Narcissa. Al tavolo di Grifondoro,
Alice lo
salutò, allegra, con un cenno della mano.
Lui
rispose al saluto e, in quel momento, la vide.
Lucius
Malfoy si era appena alzato dalla tavola delle Serpi, seguito dal suo
codazzo
di amici trogloditi e di amichette poco serie, come avrebbe detto quel
perbenista di Remus. Narcissa, ovviamente, era con lui, anche se di
parecchi
passi indietro.
Il
capo basso, lo sguardo perso nel vuoto.
Un
nuovo livido allo zigomo destro.
Stringendo
i pugni per la rabbia, Sirius andò verso di loro a passo
spedito, aveva poco
tempo e doveva cercare di non mettere nei guai sua cugina.
Assunse
la sua espressione più scazzata e arrogante,
allungò i passi diretto proprio
verso Malfoy che, dopo poco, si accorse del suo arrivo.
Infatti,
piegando le pallide labbra in un ghigno, Lucius si fermò,
mettendosi ad aspettarlo.
Adesso
tutta l’attenzione della Sala Grande era su di loro.
Rissa?
-Hey
Black, che fai? Vuoi venirmi a salutare? Ti manco, per caso?-
cominciò Lucius,
ridendo insieme ai suoi amici.
Loro
erano un bel gruppo, Sirius era da solo. Si sentivano sicuri.
-Toglietevi
dai piedi, mi state intralciando il cammino.- sbottò Sirius,
fissandoli con i
suoi occhi blu elettrico, che a stento contenevano la rabbia.
No,
non aveva dimenticato cosa avevano fatto a Victoria, neanche
lontanamente.
E
meditava ancora vendetta. Li avrebbe distrutti, uno a uno.
-Cos’è,
vuoi attaccare briga, reietto? Non vedi quanti siamo?- fece Lastrange,
sghignazzando. –Le vuoi prendere?-
Il
Grifondoro fece una smorfia annoiata. –Siete tremendamente
prevedibili,
ragazzi.- sospirò. –E ora fuori dai piedi, ho da
fare.-
Li
superò, senza neanche più voltarsi. Narcissa era
di fronte a lui. Il tempo di
scoccarle un’occhiata, poi si diresse a passo spedito verso
di lei, senza
considerarla minimamente.
Le
andò addosso, dandole una spallata che per poco non la fece
cadere, e poi tirò
dritto per la sua strada, senza più considerare il gruppo
dei Serpeverde.
Lucius
non si curò affatto dell’accaduto, rimettendosi a
fare il gran capo con i suoi
compari e a tormentare i membri delle altre Case.
Narcissa
era rimasta indietro.
Tra
le mani, stringeva la sua prima, piccola, speranza. Guardò
di nuovo il
foglietto che aveva tra le mani, lasciatole da Sirius quando si erano
scontrati.
“Dromeda
ha detto che va
bene. Fatti trovare nell’aula di Incantesimi. 5 Novembre,
alle 18.00. ti passo
a prendere io e ti porto da lei. Sirius.”
-Cissy,
vieni o no? Sei sorda?- la richiamò la voce annoiata di
Bellatrix, l’unica che
si era voltata indietro per vedere se lei li stava seguendo.
Nascondendo
frettolosamente il pezzetto di carta nella borsa che aveva a tracolla,
Narcissa
annuì, correndo per raggiungere il suo gruppo.
Il
suo piccolo cuore era tornato a battere.
Quello
di Sirius Black, invece, si era fermato all’improvviso,
lasciandolo sprofondare
nella disperazione.
Si
stava dirigendo verso il tavolo della sua Casa, deciso finalmente a
mangiare un
boccone, quando l’aveva vista.
Victoria
Olsen se ne stava in un angolo, in silenzio. Una delle sue compagne di
stanza
le stava dicendo qualcosa, vivace, ma lei si limitava ad ascoltare.
Anzi, forse
non faceva neppure quello.
Era
così bella…
Sirius
si vergognò di se stesso, quando si accorse aver formulato
un pensiero del
genere. Non voleva proprio capirlo che doveva togliersi dalla testa
certe idee
su Vick? Se non lo avesse fatto, la loro amicizia sarebbe finita.
Ci
fu un attimo in cui i loro sguardi si incrociarono ed entrambi si
sentirono
morire dentro, pieni di dolore e rabbia. Rabbia verso l’altro
e verso se
stessi.
Lui
fu il primo a distogliere lo sguardo e ad andare a sedersi lontano da
lei,
vicino ad Alice, che subito cominciò a parlargli degli
ultimi preparativi per
il festino illecito di Halloween.
Anche
se non particolarmente interessato in quel momento, Sirius si mise ad
ascoltarla, partecipando al discorso.
-Siamo
sicuri che i proff non se ne accorgeranno?- le chiese, versandosi un
po’ di
succo di zucca nel bicchiere.
-Sicurissimi!-
trillò Alice. –James è un genio! Ha
pensato lui ad un diversivo che terrà
occupato Gazza per tutta la notte, non avrà il tempo di
girare per i corridoi!
Ed i professori fino a mezzanotte saranno impegnati con i piccoletti
che non
possono venire alla nostra festa! E comunque abbiamo un gruppo di
Corvonero che
ha reso la Stanza
delle Necessità
sicurissima al mille per mille! Siamo al sicuro!-
Black
annuì, soddisfatto. Poi le fece un sorrisetto furbo.
-E
quale sarebbe il diversivo che si è escogitato James per
tenere a bada Gazza?-
fece, fingendosi curioso.
Tutti
i Grifondoro che stavano partecipando al discorso risero, perfidi.
-Mirtilla.-
confessò Alice, tra le risa.
-Chissà
come mai, ma me lo aspettavo.- fece Sirius, perfido. –Dannato
di un James, gli
basta sbattere un po’ gli occhioni e quella svitata fa tutto
quello che lui le
chiede, stomachevole.-
Di
nuovo tutti risero. Ormai tutta la scuola era a conoscenza della
terribile
cotta che Mirtilla Malcontenta si era presa per il giovane James
Potter, il
giorno in cui lui, per sbaglio, era entrato nel suo bagno per la prima
volta e,
vedendola piangere, si era addirittura disturbato a consolarla.
Era
stato amore a prima vista. Ed il povero James non se l’era
più scollata di
dosso, anche se aveva presto sfruttato la situazione a suo vantaggio.
Faceva
sempre comodo avere qualche fantasma dalla propria parte.
Stavano
ancora ridendo, meditando su quale ricompensa avrebbe preteso Mirtilla
da
James, una volta portato a termine il lavoro, quando una ragazza
Grifondoro del
quarto anno esclamò, raggiante: -Ecco Remus!-
Ed
infatti, il bel Caposcuola dei Grifoni stava proprio mettendo piede in
Sala
Grande e non era solo. Sirius sgranò gli occhi, incredulo.
Non
era possibile. In tutti quegli anni non era mai capitato. Non riusciva
a
credere ai propri occhi.
Remus
J. Lupin, alto, biondo, dagli occhi azzurri che stregavano un sacco di
fanciulle, stava ridendo, e lo faceva con serenità.
Non
lo aveva mai visto così, se non quando era con loro. Con gli
altri era sempre
molto chiuso e riservato.
Invece
adesso camminava a fianco di una ragazza molto bella, chiacchierando di
qualcosa di molto divertente, e rideva.
-Quella
è la Caposcuola Eva Ames!- esclamò Alice,
sorpresa. –Di cosa sta parlando con
quella Serpeverde?!-
-Saranno
affari di scuola…- fece Sirius, anche se poco convinto.
Quella
sera avrebbe messo Remus sotto torchio, assicurato!
Ed
il povero Lupin, ignaro di cosa lo stesse aspettando, continuava a
parlare
tranquillamente con Eva. Era stata dura, ma alla fine erano riusciti a
sedare
il tragicomico conflitto che si era scatenato tra i quadri.
Una
cosa semplicemente assurda, lui ed Eva ancora non riuscivano a smettere
di
ridere come dei matti.
-E
poi ci mancava pure la Signora Grassa che si mette a prendere a ceffoni
la sua
amica Violet! Semplicemente assurdo!- stava dicendo Eva, con le lacrime
agli
occhi.
-Beh,
è sempre stata poco lucida. Te lo garantisco. –
sorrise Remus, pensando alla
custode dell’entrata del Grifondoro.
–Beh…- fece, tornando a guardarla.
–Allora
io vado dai miei compagni, comincio ad avere fame.-
-Certo,
anche io.- gli rispose Eva, gentile. –Ci si vede in giro,
Remus.- e,
salutandolo, se ne andò dalle Serpi, lasciandolo da solo.
E
confuso.
Lo
aveva chiamato per nome.
Per
un po’ continuò a guardarla, immobile, poi volse
lo sguardo e si affrettò a
raggiungere la sua Casa.
Lily
non avrebbe mai immaginato che ad Hogsmeade ci fosse stato un negozio
del
genere. Seduta su una comoda poltroncina di vimini, osservava tra
l’incuriosito
ed il divertito James Potter che faceva avanti ed indietro nella
bottega,
seguito dall’anziana commessa, un po’ spazientita.
Era
più di mezzora che erano lì.
-Io
continuo a dire che stareste benissimo vestiti da Principe e
Cenerentola,
fareste un figurone!- disse di nuovo la donna, che conosceva James da
anni,
ormai.
Il
ragazzo si fermò, tenendo una maschera in mano. Aveva
l’aria poco convinta.
-No,
signora Kalvin, assolutamente. È troppo impegnativo e poi
è una cosa vista e
rivista. Senza contare che quella sera il titolo di principe e
principessa
dovrà spettare a qualcun altro. - fece, convinto e
sibillino. –Io voglio
essere…voglio essere diverso, strano, ecco! Qualcosa che non
si vede mai!
Qualcosa che James non sarebbe mai nella realtà!
È questo lo spirito di
Halloween, no? Capovolgere le cose!- si voltò a guardare
Lily, in cerca del suo
appoggio.
La
ragazza ci pensò su. In realtà non le dispiaceva
vestirsi da Cenerentola, però
il discorso di James non faceva una piega. In fondo, sarebbe stato
scontato che
una come lei si vestisse con gonnelloni e fiocchetti. Forse, cambiare
per una
notte sarebbe stato divertente, dopo tutto.
Se
la sentiva di farlo?
Perché
no! Si era ripromessa di darsi da fare per cambiare e diventare meno
chiusa!
-Sono
d’accordo, James. Facciamolo!- fece infine, convinta.
Il
sorriso raggiante che il ragazzo le rivolse le mandò in tilt
il cervello per
qualche minuto.
-Ha
sentito, signora Kalvin? Non ci importa di essere bellissimi,
né di vincere il
premio di coppia migliore! Vogliamo essere strani e sconvolgere le
persone che
ci vedranno!- ripartì James, ora più convinto che
mai.
Lily
annuì, alzandosi ed andando a mettersi vicino a lui.
La
donna parve in difficoltà. –Non so che dirvi,
ragazzi. Non so bene che cosa vi
aspettate dal vostro costume, qui non c’è niente
di strano quanto lo volete
voi, temo. Potete dare un’altra occhiata, ma non so se
troverete qualcosa.-
fece, per poi lasciarli da soli ed andare ad occuparsi di tre ragazze
arrivate
in quel momento in cerca di un costume.
Potter
sospirò, deluso. –Uffa uffa uffa! Non è
possibile! E ora?-
Lily,
intenta a pensare, si mise vicino ad una finestra. Qualcosa le stava
frullando
per la testa e pian piano stava prendendo forma.
Idea.
Anzi, no. Ideona. E forse era un po’ esagerato,
però…
Non
dovevano forse sconvolgere ed essere il contrario di ciò che
erano?
Il
volto le si illuminò. Stava per fare la più
grande cavolata della sua vita!
Glielo avessero detto giorni fa, si sarebbe arrabbiata.
-James?-
-Sì?-
-Ho
un’idea.- comunicò.
Il
ragazzo la guardò, curioso. Le andò
vicino.-Cosa?- fece, impaziente.
Sorridendo,
lei lo prese per mano e lo trascinò fuori dal negozio.
Avevano un sacco di cose
da fare, non c’era tantissimo tempo.
Per
trovare tutto, avrebbero dovuto setacciare tutta Hogsmeade e, forse,
fare un
giretto illecito per Diagon Alley, utilizzando una passaporta
decisamente
illegale.
Quando
fecero ritorno a scuola, era tardissimo. Avevano giusto il tempo di
darsi una
sistemata e correre a cena. Durante il tragitto verso la camera di Lily
non
fecero che ridere come matti, trascinando una miriade di sacchetti
stracarichi.
-Dopo
questa, Lily, ti proclamo ufficialmente un membro dei Malandrini!- fece
James,
contento. –Lascia che lo sappia Remus! Gli verrà
un colpo!-
Lei
rise, ancora incredula per ciò che avevano fatto quella
giornata. Non si era
mai divertita tanto ed ora aveva una fame da lupo.
Come
primo appuntamento, se così si poteva chiamare, era andato
benissimo. Non
riusciva a stare seria neanche per un secondo, tanto che molti dei suoi
compagni l’avevano guardata con stupore, quando lei e James
erano entrati
nell’edificio scolastico.
Nella
Sala Comune di Grifondoro, nessuno si preoccupò quando James
Potter entrò
nell’ala adibita ai Caposcuola, insieme a Lily. Da tempo
ormai tutti sapevano
che Remus aveva preferito dormire in camera con gli amici, lasciando la
sua
nuova stanza a James, che invece voleva avere un bagno tutto per se.
Queste
erano state le parole di Remus, almeno. E nessuno osava mettere in
dubbio ciò
che diceva il Caposcuola Lupin.
Lily
fu la prima ad entrare nella stanza, sempre sorridendo. Ed appena vi
ebbe messo
piede si accorse che c’era qualcosa di diverso nella sua
camera.
Qualcosa
in più.
E
quel qualcosa era un bel gatto nero, dagli splendidi occhi verdi, che
riposava
tranquillo sul letto di James. La osservava, inespressivo.
La
Evans rimase per un attimo a fissare l’animale, confusa. Poi
arrivò James
dietro di lei. –Che fai? Non è entri? Questi
sacchi pesano!- le fece,
divertito.
Lei
si voltò a guardarlo, ancora un po’ scossa.
–James, c’è un gatto sul tuo
letto.- dichiarò.
-Un
gatto?- ripetè lui. Poi il suo volto si illuminò.
Sorpassò Lily, affacciandosi
nella camera e, non appena ebbe visto l’animale, sorrise
felice.
-Stria!-
esclamò, entrando e lasciando cadere tutti i sacchi a terra.
–Micia! Ma dove ti
eri cacciata?- fece affettuoso, prendendola in braccio.
Anche
Lily entrò, guardando la scena.
-Allora
è tuo.- constatò.
-Sì.-
le rispose James, mentre faceva dei grattini dietro
l’orecchio alla gatta e
riceveva, in cambio, delle fusa. –Sta con me da quando ero
molto piccolo. È una
lei, si chiama Stria. Non preoccuparti, non ci darà
fastidio. Sta sempre in
giro per i fatti suoi, non starà molto in questa stanza.-
-Figurati.-
fece Lily, avvicinandosi. –A me piacciono i gatti.-
dichiarò, accarezzando il
pelo della gatta, che si lasciò toccare.
-Le
piaci.- la informò James, contento. –Sirius, Remus
e Peter non le vanno molto a
genio, sai?-
E
c’era anche una ragione. Un cane, un lupo ed un topo. I
migliori amici dei
gatti, insomma!
Lily
rise. –Sei veramente molto bella, lo sai?- disse dolce,
riferendosi a Stria.
Poi tornò a James. –Solo, non capisco…
come ha fatto ad entrare?-
E
Potter, tanto per cambiare, le rivolse uno dei suoi migliori sorrisi
malandrini, quelli che significavano tutto e niente.
-Beh,
Stria è un gatto molto, molto speciale.- le disse, prima di
mettere a terra la
gatta e richiudersi
in bagno.
Era
notte inoltrata, ormai. L’alba vicina. La scuola di magia e
di stregoneria di
Hogwarts riposava tranquilla, sotto i raggi flebili della luna.
Solo
due persone, a quell’ora tarda della notte, erano ancora in
piedi ed in giro
per i bui corridoi del castello. Si sarebbero beccati una bella
punizione se
solo, beh, se solo fossero stati visibili.
Lily
non aveva più tolto gli occhi verdi di dosso a James Potter
da quando erano
entrambi svaniti sotto un mantello stranissimo.
Lui,
dal canto suo, sorrideva soddisfatto.
-Quindi
è così che hai sempre fregato tutti! Hai un
mantello che rende invisibili!- se
ne uscì lei alla fine, ancora incredula.
Stava
scoprendo un sacco di cose su James, ultimamente. E la maggior parte di
queste
avevano a che fare con la violazione delle norme scolastiche.
La
rossa scosse il capo, rassegnata. –Sei incorreggibile!-
-Direi
più che sono fantastico, Lily.- fece lui, con un bel
sorrisone angelico.
La
ragazza lo punì con un pizzicotto che lo fece ridere
allegramente. Lei lo
guardò male, spazientita.
-Insomma,
bisogna proprio andare? Se ci beccano siamo finiti!-
-Siamo
invisibili, no?- ribatté lui.
-Sì,
però…-
-Dai,
Lily! Non fare la noiosa! Sono sicuro che ti piacerà.-
Ripresero
il loro tragitto. Evitarono per poco Pix, che svolazzava assonnato e
tirava
distrattamente qualche palloncino pieno di inchiostro blu, irritando le
armature.
Poco
dopo la povera Lily dovette rivolgere ostinatamente lo sguardo alla
finestra,
arrossita fino alla radice dei capelli, mentre James ridacchiava. La
causa
erano dei suoni inequivocabili che provenivano da un’aula
chiusa.
-Te
l’avevo detto che non eravamo gli unici a girottolare per il
castello di
notte!- le disse il ragazzo, ghignando perfido.
-Taci!-
soffiò lei, imbarazzata.
Ma
James Potter, era James Potter. Con
orrore, Lily lo vide
uscire da sotto il mantello ed avvicinarsi con passo felpato alla porta
incriminata.
-James!
James, ti prego! Torna
qui !- pigolò Lily, disperata.
Niente.
Quel testone non ne volle sapere. Sfoderando un ghigno diabolico si
puntò la
propria bacchetta alla gola, mormorando piano un incantesimo, e la voce
di
Minerva McGrannit risuonò nel corridoio.
-Sinistra,vieni
qui un attimo anche tu! Sento dei rumori strani provenire da questa
porta!-
La
povera Lily si portò una mano sugli occhi, sconvolta dalla
stupidità di Potter.
Quello, gettato lo scompiglio nella stanza prescelta,
ritornò velocemente da
Lily ed insieme si nascosero di nuovo, andandosene via di corsa.
Quel
demente di James rideva.
-Visto
Lily? Ho sistemato quegli sporcaccioni che ti infastidivano tanto!-
-Grazie,
molto generoso da parte tua. Ma potevi evitare! Li avrai fatti crepare
di
cuore!- sbottò lei, guardandolo severa.
-Così
imparano.- le spiegò lui, allegro. –Che cosa
squallida farlo in una classe!
Bah!-
-Ognuno
la pensa come vuole.- fece lei, imbarazzata. –E comunque
senti chi parla!
Proprio te!- sbottò, nervosa.
-Perché?
Che ho fatto?-replicò lui, guardandola.
-Beh…ecco…in
bagno…le ragazze dicono…- mormorò lei,
a capo basso.
James
sbuffò. –Che palle!- se ne uscì.
–E’ stato tempo fa! Ora ho chiuso bottega!-
Lily
divenne ancora più rossa. –…sono affari
tuoi.- borbottò, a disagio.
Lui
la guardò, divertito. La Evans poteva sentire chiaramente
gli occhi del ragazzo
puntati addosso. Si girò a guardarlo, arrabbiata.
–Insomma! Dobbiamo proprio
parlare di questo? Mi mette a disagio!- fece, agitata.
Non
si aspettava di cadere su quell’argomento proprio con lui,
accidenti.
James
rise, con dolcezza, però. Lei era tenerissima in quel
momento. –Ok, non ne
parliamo più, tranquilla.- le mormorò, dolce.
Lei
annuì. –Quello che fai non mi riguarda.- disse,
piano.
Lui
sorrise. –No?-
-No,
certo.- fece lei, convinta.
-Quindi
quello che faccio non ti importa?-
-No.-
-Qualsiasi
cosa?-
-Esatto.-
Ci
fu un attimo di silenzio. Si udiva soltanto il frusciare degli alberi.
Lily
camminava, guardando dritto davanti a sé, quando, ad un
tratto, si sentì tirare
dolcemente indietro da una mano di James. Ebbe appena il tempo di
realizzare di
essere di fronte a lui, poi, la mente le si annullò.
James
le sfiorò le labbra con le sue, con la stessa delicatezza
che le aveva
riservato quel giorno di pioggia, dopo la prima partita di Quidditch.
Lei
sentì il cuore battere all’impazzata. Per un
attimo pensò che il ragazzo non
l’avrebbe più lasciata andare, che avrebbe preteso
di più da quel lieve bacio.
Invece
James si limitò a sfiorarle appena la bocca e ad
accarezzarle una guancia.
Lì,
protetti dal mantello dell’invisibilità, il loro
sarebbe potuto essere anche un
segreto. Un dolce segreto.
Quando
lui si ritrasse, lei lo guardò, incapace di dire qualsiasi
cosa. Ricevette un
sorriso, furbo e dolce allo stesso tempo.
-Beh,
mi hai autorizzato tu.- le sussurrò James, divertito,
dandole un altro piccolo
bacio.
Lily
si limitò ad arrossire e a restare in silenzio. Era proprio
una ragazza noiosa,
si disse. Avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa, ma non le venivano le
parole.
-Andiamo.-
le disse James. –Siamo in ritardo, i ragazzi ci aspettano! Se
non ci muoviamo
ci perdiamo le ultime stelle prima dell’alba!-
La
prese per mano e ripartirono, insieme.
Poco
dopo, sulla torre di astronomia, cinque ragazzi ammiravano incantati il
cielo,
che andava tingendosi di sfumature violacee.
Peter
Minus se ne stava mezzo addormento su un groviglio di coperte che Remus
aveva
provvidenzialmente portato. Loro due, insieme a Sirius, erano arrivati
illesi
alla torre grazie all’aiuto della mitica mappa del
malandrino, che ora si
trovava tra le mani di Lily Evans, che ormai era arrivata a non
stupirsi più di
nulla, dopo quella giornata.
Sirius
stappò qualche bottiglia di Burrobirra ed andò a
distribuirne a tutti.
Brindarono
e per un po’ rimasero in silenzio, bevendo di tanto in tanto.
Lily
si strinse nella giacca, rabbrividendo per l’aria fredda del
mattino. Ma non
era pentita di essere lì.
Era
tremendamente felice.
Si
sentiva a casa, completa. Sentì di provare affetto per quei
quattro ragazzi che
erano lì, al suo fianco. Ognuno terribilmente speciale.
Il
suo sguardo incrociò quello di Sirius e, per la prima volta,
i due si sorrisero
con simpatia.
Remus
invece era vicino a James ed aveva l’aria serena di uno che
non desidera altro
che essere lì, nel posto in cui si trova. Con le persone che
ha accanto.
E
poi James.
James
che, appoggiato alla pesante balaustra di pietra, osservava la volta
celeste,
soggiogato, chiedendosi se un giorno sarebbe mai riuscito ad arrivare a
toccare
quello spettacolo anche solo con un dito.
E
l’alba arrivò, splendente e ricca di speranze,
accendendo un enorme fuoco nel
buio ed inondando di luce nuova gli occhi di quei ragazzi.
Ognuno
di loro con problemi, speranze, paure e gioie…
Ed
a tutti loro, in quel momento, sembrò che non ci fosse
più niente di
impossibile da fare. Ogni cosa appariva più semplice, meno
spaventosa.
Lily
rimase ad osservare quella meraviglia, commossa. Sentì James
prenderle la mano
e sorrise, stringendogliela a sua volta.
No,
non aveva più paura.
Adesso
volava. Volava veramente.
Remus,
silenzioso spettatore, abbandonò il cielo per posare lo
sguardo sui suoi amici.
Sirius,
James, Peter, Lily…
Sorrise.
Un
giorno, tanti anni dopo, avrebbe pianto al ricordo di quella mattina
sulla
torre di astronomia. Pianto di gioia e di dolore.
In
quel momento, erano ancora così giovani…
Ancora
con delle speranze, delle illusioni.
Liberi.
Non
avevano provato l’atroce sapore della morte, della prigionia
o della vendetta.
Non ancora…
Era
presto. Troppo presto.
C’era
ancora un po’ di tempo per sognare.
Ed
intanto, un altro giorno cominciava.
“Hold up.
Hold on.
Don’t be scared.
You’ll never change what’s
been and gone.
May your smile
Shine on.
Don’t be scared.
Your destiny may keep you warm.
Cos all of the stars
Are fading away.
Just try to not worry
You’ll see them some day
Take what you need
And be on your way
And stop crying your heart out.”
-Stop Crying Your Heart Out, Oasis.-
E
qui si conclude questa Divina Commedia! XD Mi scuso per la lunghezza,
ma
c’erano molte cose che volevo dire prima del prossimo
capitolo. Capitolo bomba.
Vorrei
ringraziarvi tutti quanti, che aumentate di giorno in giorno e mi
rendete
terribilmente felice.
Appena
posso risponderò a tutti voi, purtroppo adesso sono
veramente incasinata.
^__^”””
Che
dire? Visto che finalmente ho accontentato chi mi diceva di scrivere
capitoli
troppo corti, mi aspetto recensioni da Oscar! XD XD (Sto scherzando,
ovviamente!)
E
poi una cosa che mi ha fatto ridere. Alcuni mi stanno sottoponendo ad
interrogatorio per sapere quale coppia si formerà per prima,
visto che siamo
vicini al capitolo 20 e non se ne vede ancora una.
Mi
spiace, io ho le labbra cucite. Ma potete provare a fare le vostre
supposizioni.
E
ora vi lascio, così potete cominciare a scervellarvi. ^^
Un
bacio,
Lady
Tsepesh.
|
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Capitolo 19 *** Halloween ***
Eccomi qua, ragazzi! Questo
è il primo capitolo bomba! XD
E
lo dedico interamente a tutti coloro
che da Manga.it mi hanno seguita qui. Soprattutto lo dedico ad
Ali-del-Sole e a
Black-Witch, che invece di mandarmi a quel paese come mi meritavo,
hanno
assecondato i miei capricci. Hanno fatto le valigie e mi hanno seguita
fin qui.
Ragazze, non meritavo tanto. Non lo dimenticherò. Grazie per
la fiducia e la
fedeltà. Cercherò di essere
all’altezza. Vi voglio bene.
Un
bacione a tutti voi e…spero vi
piacciano i costumi di Lily e James. So che non piaceranno a tutti, io
però ho
avuto questa idea.
Chiedo
inoltre scusa per il ritardo.
Causa: vacanze. E un altro problema, più grave. Non riuscivo
a scrivere il
capitolo. Ho mosso le mani sulla tastiera piena d’ansia.
È il capitolo che darà
il via a tutto e avevo paura. Anche ora non sono affatto soddisfatta,
ma non
potevo scappare da voi in eterno. Perciò, eccovi il primo
capitolo bomba. (E
ora corro a nascondermi.) Baci, Lady Tsepesh.
CAPITOLO
19 “HALLOWEEN”
Quel
giorno, tutto ebbe inizio.
Sette e
trenta del mattino. 31
Ottobre. Halloween.
Chiuso
nel bagno della stanza singola
di Lily Evans, James Potter, il grande capo dei Malandrini,
alzò lo sguardo dal
lavandino, ancora lucido di gocce d’acqua, per puntarlo sullo
specchio di
fronte a sé.
Questo
gli offrì l’immagine di un
ragazzo alto, atletico, dai capelli nero pece perennemente in disordine
e dal
volto ancora un po’ umido. Gli occhi neri, profondi come
abissi, gli
restituirono lo sguardo.
Inconsapevolmente,
il ragazzo si toccò
il viso con le dita, delicatamente, come se avesse avuto il timore che
con un
tocco un po’ più deciso quell’immagine
confortante sarebbe potuta svanire,
sgretolarsi.
Sì,
era lui. Si riconosceva.
Per
adesso.
Ma per
quanto ancora? Quanto tempo gli
restava per continuare ad essere se stesso?
Non era
sicuro di volerlo sapere.
Quella
notte non era riuscito a
dormire. Brutti sogni lo avevano tormentato fino a nausearlo e lui non
aveva
potuto fare altro che rigirarsi nel letto, agitato, in cerca di un
sonno che
non era mai arrivato del tutto.
Un sogno
strano, mai fatto prima.
Vagava
nelle tenebre. Era impossibile
conoscere il tragitto dei suoi passi.
E lui
continuava, con foga, a
proseguire. Qualcosa nel suo cuore lo esortava ad andare avanti, ne
andava
della sua vita. Non poteva fermarsi, sarebbe stata la fine.
Doveva
vedere.
Doveva sapere.
Poi, ad
un tratto, si era fermato. Il
respiro lieve di chi ha corso migliaia e migliaia di chilometri senza
mai
trovare riposo.
Là,
nel buio, gli era parso di
scorgere due paia di felini occhi verdi, che lo osservavano.
-Stria?-
aveva mormorato con
insicurezza.
Non
aveva ricevuto risposta.
E
infine, dolore. Un dolore acuto che
lo aveva fatto urlare. Dimenarsi.
Il suo
corpo brillava della luce delle
stelle. Una luce spettrale, mai vista prima.
Avvolto
in quella oscura luminosità,
che aveva i colori del buio, della morte, aveva continuato a gridare.
Una pena
che nessuno avrebbe mai potuto conoscere. Una parte della sua mente
glielo
suggeriva. E desiderò morire.
Quando
quel male che lo opprimeva
divenne semplicemente troppo grande per resistere ancora, aveva chiuso
gli
occhi, di
colpo.
E
miriadi di piume nere come
l’inchiostro gli erano vorticate davanti.
Che cosa
voleva dire? Cosa?
Si era
svegliato di colpo, spaventato.
Il suo
corpo era rovente, sudato. E
tremava, tremava terribilmente.
E adesso
era lì, a rimirarsi allo
specchio come un perfetto idiota.
D’istinto
si portò la mano alla
catenella d’oro che aveva al collo. Il misterioso gioiello di
James. L’oggetto
su cui tanti si interrogavano, curiosi.
Che cosa
si trovava alla fine della
catena che Potter portava rigorosamente nascosta sotto gli abiti?
Lo
specchio riflettè l’immagine.
Tra le
dita del ragazzo si trovava una
piccola croce d’oro. L’unica sua consolazione.
Un
prezioso regalo donatogli da sua
madre Amelia.
Chiuse
gli occhi, ricordando il volto
di sua madre. Quell’espressione gentile che le apparteneva
sempre, in ogni
caso. Avrebbe voluto averla vicina, in quel momento. Ora che,
più che mai, si
sentiva vicino al limite.
-James,
finiscila.-
Una voce
bellissima, femminile.
Il
ragazzo aprì gli occhi e si voltò.
Di fronte a lui, seduta tranquillamente sul tappeto bianco del bagno,
c’era
Stria, la sua meravigliosa gatta, che lo fissava con le sue verdi iridi
feline.
Lui le
restituì lo sguardo.
-Finirla
di fare cosa, Stria? Di
sperare?-
-Di
scappare.- rispose l’animale,
senza aprire bocca, limitandosi a parlare esclusivamente nella sua
testa.
James le
dette le spalle, posando
entrambe le mani sul lavandino. Non voleva parlare ancora di certe
cose, non ne
poteva più.
-Non lo
vedi?- proseguì lei. –Se
continuerai a non accettarti, ti logorerai fino a sfinirti, sciocco.
È il tuo
destino. Il destino di tutti gli Havisham, James.-
-No.-
dichiarò secco il ragazzo. –Non
imparerò mai quella roba, né
permetterò ai poteri che mi ha trasmesso quel mostro
di uscire!-
-Ne
parli come se fosse una disgrazia…-
-Lo
è, Stria! Lo è! Come fai a non
capire?- fece lui, disperato.
La gatta
lo guardò, scrutandolo
attentamente. –Io mi occupo dei giovani Havisham da quando
questa famiglia è
nata. Ho seguito Edward nella sua giovinezza, preparandolo al suo
destino. Poi
mi sono preoccupata di Savannah… In tutti questi secoli,
mai, dico mai, ho
avuto a che fare con un ragazzo come te. Codardo, vigliacco e
irrispettoso
delle tradizioni come te, James!- sbottò, irritata.
Lui fece
un sorriso amaro. –Mi spiace
per te.- rispose, lanciandole un’occhiata. –Se
essere un Havisham significa
vendersi l’anima e uccidere, allora sto bene al di fuori di
quella famiglia. Se
ti turba tanto, allora vattene.-
Stria
continuò a guardarlo con
freddezza. –Sai che non posso. Ho prestato giuramento. Devo
assistere i giovani
Havisham fino a quando non sarà più necessario.-
dichiarò.
-Io non
sono un Havisham. Di cognome
faccio Potter.- replicò lui.
-Come ti
pare, James.-
La gatta
si alzò, stiracchiandosi, ed
uscì dal bagno, muovendosi nella stanza della Caposcuola di
Grifondoro.
La
giovane Lily Evans ancora dormiva
tranquilla, ignara di tutto. James la osservò a lungo,
stando affacciato alla
porta. Non si rese conto del tempo che passava.
Quando
Potter lasciò la stanza,
diretto al campo di Quidditch, ormai il sole era alto nel cielo.
La voce
asettica e un po’ monotona
della professoressa McGrannit aveva oramai inevitabilmente invaso
l’intera sala
adibita alle riunioni dei Caposcuola.
Gli otto
ragazzi scelti per accollarsi
le responsabilità degli studenti, seduti su sedie peraltro
scomodissime,
avevano raggiunto la fusione celebrale. Gli occhi dallo sguardo vacuo.
Persino
Lily Evans, ragazza ligia alle
regole, aveva l’aria stanca.
Annoiata,
lasciò che i suoi occhi
verdissimi vagassero per la stanza, in cerca di qualcosa che potesse
rimettere
al mondo la sua attenzione, ormai precipitata in una sorta di baratro.
Dalle
finestre chiuse proveniva la
tenue luce del sole. E poi, lontane, le voci degli studenti, attutite.
Vicino a
lei, Remus Lupin annuiva di tanto in tanto alle parole della Direttrice
di
Grifondoro, prendendo appunti.
I
rappresentanti di Serpeverde, Eva
Ames e Severus Piton, erano perfettamente in silenzio. L’una
scriveva veloce su
un quadernetto, l’altro se ne stava immobile, senza dedicare
la minima
attenzione all’insegnante.
Lana
Smith e Jasper Joyce, Corvonero,
e Sasha Rave e Matt Dils, Tassorosso, avevano ufficialmente disconnesso
i
cervelli.
Osservando
i suoi compagni di scuola,
Lily non potè fare a meno di puntare il suo sguardo su
Severus Piton. L’enigma.
Una
volta quel ragazzo si era
comportato in modo gentile con lei, andando pure contro
all’onnipresente credo
di Serpeverde, che impediva di mostrare gentilezza verso i mezzosangue.
Eppure,
nonostante ciò, Piton era
anche uno dei ragazzi che avevano intrappolato lei e Vick in
biblioteca, poco
tempo fa.
Anche se
ce la metteva tutta, Lily non
sarebbe mai riuscita a dimenticare completamente. Né a
perdonare.
Ed era
sicura che anche Victoria, così
forte, non fosse riuscita del tutto a buttarsi la faccenda alle spalle.
Una
Cruciatus non si scorda.
L’idea
che i Serpeverde in questione
se la fossero cavata con qualche punizione la riempiva di rabbia.
Sospirò,
portando lo sguardo alla finestra.
Era
rimasta sveglia una notte intera
con James a commentare la decisione del consiglio scolastico di non
prendere
provvedimenti troppo severi, come l’espulsione, nei riguardi
di Lucius e
combriccola.
Ricordava
gli occhi neri di James,
freddi di indignazione. E ricordava le sue parole.
“Il
mondo è in mano loro, non c’è
storia. Persino Silente non è riuscito a farsi valere nel
Consiglio scolastico.
E puoi giurarci, lui li avrebbe espulsi.”
Lily non
condivideva del tutto il
pensiero di James.
Non era
pienamente convinta del fatto
che il Preside avrebbe voluto l’espulsione. Era un uomo
troppo generoso, troppo
fiducioso nel prossimo. Non avrebbe mai potuto desiderare una cosa del
genere.
Assorta
nei suoi pensieri, sentì il
grattare di una sedia sul pavimento.
Era la
sesta volta che il povero Remus
cambiava posizione. Non ce la faceva più a starsene seduto.
Questo strappò un
sorriso alla ragazza.
Chissà
che cosa stava facendo James…
Si
riscosse immediatamente.
Va bene,
Potter le piaceva, ma non
poteva certo mettersi a pensare a lui nel bel mezzo di una riunione di
Caposcuola.
Ma ormai
c’era caduta. Ci stava
pensando.
Arrossì,
riportano rigorosamente lo
sguardo alla finestra, alle spalle della McGrannit. Quella continuava a
parlare, imperterrita. Adesso era arrivata al punto dolente. La sera di
Halloween. Quella sera.
E lei
alla festa ci sarebbe andata con
James.
Sbuffò.
Ancora?! Che diavolo, perché
non riusciva a non pensare a quello sbruffone?
Si
sentiva come spaccata a metà.
Da una
parte la Lily Caposcuola, che
insisteva a riportare la sua attenzione sulle parole della
Professoressa,
dall’altra la Lily ragazza, che invece faceva vagare la sua
mente verso
tutt’altra parte.
Verso i
campi di Quidditch, dove
sapeva che lui si stava allenando. Dove avrebbe voluto essere lei. E
dove,
sicuramente, un mucchio di ragazzine decerebrate si trovavano.
I suoi
occhi verdi si assottigliarono
impercettibilmente.
Fu in
quel momento che la McGrannit
terminò la sua arringa, per uscirsene con un severo:
-E’ tutto chiaro?-
Tutti
risposero. Tranne lei.
-Signorina
Evans?-
Lily si
riscosse e si affrettò a
rispondere, per poi abbassare lo sguardo, mortificata.
-Non
preoccuparti, ho scritto tutto
io.- le sussurrò Remus, gentile come suo solito.
Gli
avrebbe eretto una statua.
-Allora
ragazzi, per stasera il
Preside esige il massimo da voi, ricordatevelo. Agli studenti fino al
quarto
anno è permesso rimanere alla festa fino e non oltre la
mezzanotte. Tutti gli
altri avranno una mezzora in più.-
Stranamente,
nessuno dei Caposcuola si
lamentò per il poco tempo concesso. E fu strano che
l’astuta McGrannit non si
fosse insospettita di ciò.
-Niente
alcolici, mi raccomando. Né
alla festa, né nei dormitori. E niente festini illeciti. Ci
siamo chiariti?-
Calò
un silenzio inquietante.
Persino
Lily non ebbe il coraggio di
replicare, visto che avrebbe partecipato alla festa organizzata da
James. E, di
certo, non voleva tradirlo.
Alla
fine, la mitica Eva Ames,
ostentando un’encomiabile espressione innocente, rispose con
un pratico:
-Ovviamente, Professoressa.-
Da
lì, tutti gli altri seguirono.
Remus guardò la ragazza e sorrise.
Fu
così che la riunione, che tanto
sapeva di tortura psicologica, terminò. Mancava poco
all’ora di pranzo.
-Due ore
e ventisette minuti.- fece
Jasper Joyce, Caposcuola di Corvonero, guardando il suo orologio.
–Quella donna
vuole la nostra morte. Ma non le si secca la lingua a forza di parlare?-
Avevano
lasciato la Sala riunioni e
adesso stavano percorrendo tutti insieme lo stesso corridoio, diretti
in Sala
Grande. O, almeno, così pensava Lily.
Remus le
stava vicino, intento a
ricontrollare gli appunti. Sembrava essersi estraniato dal gruppo e lei
decise
di non disturbarlo, stando in silenzio.
Sasha
Rave però parve non curarsi
della concentrazione del Grifondoro. Gli si affiancò e con
la sua parlantina
squillante interruppe i suoi pensieri.
-Remus,
per la festa, potresti
riferire a James che…- ma si interruppe di botto, non appena
il suo cervellino
di svampita ragazza diciassettenne comprese che vicino a Remus Lupin si
trova
Lily Evans, la patrona del regolamento scolastico.
Il
biondo se ne accorse.
-Sasha,
parla pure. Lily è con noi.-
Tutti i
Caposcuola, persino Severus
Piton, si voltarono a guardare la povera rossa, increduli. Lily si fece
piccola
piccola, abbassando lo sguardo.
Quel
santo di Lupin la salvò. –Allora
Sasha? Che vuoi che dica a James?-
La
ragazza si riprese, riportando lo
sguardo su di lui. –Oh, certo. Allora, digli che con le
decorazioni abbiamo
finito. Gli ultimi ritocchi li facciamo oggi pomeriggio. Non deve
preoccuparsi.-
-Sentite,
vi muovete?- arrivò anche
Jasper. –Black non starà ad aspettare, ok?-
Black?
Si chiese Lily, tornando a
seguire quasi correndo quel gruppo di ragazzi che tutto stava facendo,
fuorché
il proprio compito di Caposcuola.
Vabbè,
si disse la ragazza. Sono stata
impeccabile per sei anni. Per una volta posso anche divertirmi.
Il
piccolo gruppo si fermò di fronte
ad un’aula vecchissima mai usata a memoria d’uomo.
Remus aprì la porta e ad
accoglierli, seduto su un vecchio e logoro banco, con le gambe
penzolanti,
stava Sirius Black.
Sempre
quell’espressione menefreghista
sul volto.
La sua
maschera, ormai Lily lo aveva
capito.
Sirius
portava la divisa di Quidditch,
segno che gli allenamenti erano finiti da poco e lui era subito corso
lì, senza
pensare a cambiarsi.
Ovviamente
aveva una sigaretta tra le
labbra.
Sorrise,
quando li vide.
-Finalmente!
La vecchia non vi
lasciava più andare?- fece, ironico.
Remus lo
fulminò con lo sguardo,
andando a mettersi vicino a lui.
Black
lanciò un’occhiataccia diretta a
Severus, che se ne stava andando, rifiutandosi di mettere piede in una
stanza
dove si trovavano ben due Malandrini. Eva, invece, rimase. Standosene
lontano
da tutti, poggiata alla parete.
Tutti
gli altri si radunarono vicino
ai due ragazzi Grifondoro.
-Allora?-
fece Sasha.
-Con
bibite e cibarie varie siamo
apposto. Ci danno tutto alla Testa di porco.- rispose Black,
prontissimo. –Ci
penso io a portarvi tutto in tarda serata, Sasha.-
Quella
annuì, soddisfatta.
-E la
festa? Quando?- se ne uscì Matt
Dils. –A che ora devo dire?-
-Quando
finisce la palla assurda del
festino con i prof.- fece Sirius, pratico. –Da mezzanotte in
poi, mi pare
ovvio. Ma non possiamo spopolare la Sala Grande tutto in un colpo.
Bisogna
andare a piccoli gruppi.-
-Ovviamente.-
convenne Jasper.
-E,
altra cosa. La festa è solo per
quelli del settimo e del sesto. Niente ragazzini. Poi si ubriacano e
succede un
macello, come l’ultima volta.- chiarì Black.
-Sarà
dura, quelli del quinto saranno
furibondi.- fece Sasha, sospirando.
-Cazzi
loro.- se ne uscì Sirius. –Alle
feste mi diverto, mica faccio il baby sitter. Chiuso. E se provano ad
imbucarsi…beh, spargete la voce che sono parecchio su di
giri ultimamente e che
a riempire di botte qualcuno non mi ci vuole nulla.-
Lily
alzò lo sguardo su di lui. Ok,
sicuramente stava scherzando.
Eppure,
mentre lo guardava, sentì la
propria pelle accapponarsi. Diceva sul serio. Quegli occhi blu erano
talmente
freddi e pieni di frustrazione che la fecero tremare. Sirius Black
sembrava sul
punto di esplodere. E quella sigaretta che aveva in bocca…
Sembrava
divorarla, più che fumarla.
In quel
momento, le sembrò di vedere
non il Principe di Grifondoro, l’acclamato divo delle
ragazze, ma un gatto. Sì,
un gatto nero, fradicio di pioggia ed affamato.
Una
bestia abbandonata, buttata per la
strada, in balia del destino.
Una
bestia che non ha mai conosciuto
una carezza, un gesto d’amore.
Provò
il forte impulso di correre ad
abbracciarlo, sussurrargli che aveva tanti amici vicini, che se avesse
voluto,
anche lei gli sarebbe rimasta accanto.
Chissà
cosa vedeva Sirius Black,
quando si guardava allo specchio.
Vedeva
il bel ragazzo moro dagli occhi
blu che faceva impazzire ogni singola ragazza di Hogwarts, oppure una
superficie putrida, marcita?
Eppure
lui era un purosangue.
Non era
come lei, mezzosangue.
E
allora? Non riusciva più a capire.
Allora qual’era la felicità? Dov’era?
Come raggiungerla?
Abbassò
lo sguardo. Si sentiva
sprofondare, annegare.
-…no,
non preoccupatevi. Se i
professori si mettono a gironzolare per i corridoi, ci pensa Mirtilla.
Sul
serio, siamo coperti. Basta non fare cazzate enormi, è
chiaro.- stava dicendo
Sirius.
Lily lo
ascoltò appena, stava cercando
di riemergere da quell’abisso che tentava di affogarla.
Doveva uscirne, doveva
avere più coraggio.
Non
avrebbe concluso niente
continuando a disperarsi, a piangere, ad essere codarda. Si
voltò ed uscì dalla
stanza, ignorando gli altri. Non sarebbe comunque stata
d’aiuto e non era
sicura che i preparativi di un festino illecito potessero interessarla
poi così
tanto. Partì alla volta della biblioteca, ricordandosi di
una ricerca di Storia
della Magia da finire.
I lunghi
capelli rossi tirati su in
una coda alta, gli occhi verdi bellissimi. Se ne stava avvolta nel suo
mantello, cercando di ripararsi dagli spifferi che riuscivano a
penetrare le
impervie mura del castello.
Mentre
percorreva in silenzio i
corridoi, passando inosservata tra i compagni di scuola, lo vide.
Teneva
gli occhi bassi, ma, ad un
tratto, qualcosa, una forza misteriosa per lei, l’aveva
spinta ad alzare lo
sguardo. E lui era apparso. Bello come il sole. Bello come solo lui
sapeva
essere.
James
Potter si era già tolto
l’uniforme da Quidditch ed indossava con la sua solita
disinvoltura jeans e
maglietta. Assolutamente niente mantello.
Lily
storse la bocca. Probabilmente
l’idiota era accaldato dopo l’allenamento e la
doccia e non ci pensava
minimamente a coprirsi.
Avrebbe
rischiato di prendersi un
malanno.
Lo vide
in compagnia della fedele
Alice Rubin, che quel giorno aveva i lunghi capelli scuri sciolti.
Questi
frusciavano liberi ad ogni sospiro del vento.
La rossa
provò uno strano dolore al
petto, costatando quanto bella fosse la Cacciatrice di Grifondoro. Per
la prima
volta da che aveva memoria, non potè fare a meno di
paragonare una ragazza a se
stessa e sentirsi terribilmente goffa, inadeguata e brutta.
Alice e
James parlavano fitto fitto,
stando vicinissimi.
Avrebbero
quasi potuto baciarsi.
Lily
scosse il capo, dicendosi che
quei due erano solo amici e che sicuramente stavano parlando di qualche
nuova
tattica per la prossima partita. Non poteva che essere così.
Eppure
non potè farne a meno. Si
voltò, ben intenzionata ad andarsene in qualsiasi anfratto
del castello, pur di
non stare lì.
Non fece
in tempo a muovere un passo,
però, che gli occhi di Potter la trovarono. La vide mentre
se ne andava e partì
subito ad inseguirla, salutando Alice e dicendole in fretta che le
decorazioni
con le zucche erano più che appropriate.
La Rubin
rise, vedendolo filare, ed
annuì.
Lily
continuava a camminare, tenendo
lo sguardo a terra e sentendosi una stupida a livelli stratosferici,
quando si
sentì afferrare la mano destra ed avvertì quella
presenza calda, avvolgente,
che tanto amava.
-Dove
scappi?- lo sentì dire alle sue
spalle.
Fu
scossa da un brivido. Maledetto
Potter…
Si
voltò a guardarlo con i suoi
meravigliosi occhi di giada e lui le restituì lo sguardo,
sorridendole. –Ti ho
fatto una domanda.- fece, dolcemente.
Lei
abbassò lo sguardo. –Non volevo
crearti fastidio.- gli rispose. –Parlavi con Alice e
io…-
Il
ragazzo alzò un sopracciglio,
guardandola confuso. –Ma che c’entra, scusa?
Parlavo con lei e allora? Non
potevi venire anche tu?-
Lily lo
guardò, senza sapere cosa
dire. Doveva forse dirgli che era gelosa? Che si sentiva inferiore alla
bella e
atletica Alice Rubin?
Si
sentì terribilmente sciocca.
James
sospirò, lasciandole la mano.
–Basta Lily.- le disse, quasi con severità.
–Cosa credevi ti avrei detto, se ci
avessi raggiunti? Pensavi che ti avrei snobbata o trattata con astio?
Io sto
bene con te, ne sarei stato felice! Dammi un po’ di fiducia e
soprattutto danne
a te stessa.-
Lei non
ebbe il coraggio di replicare.
Lui aveva terribilmente ragione. Si stava detestando per questo.
-Io ce
la sto mettendo tutta, Lily.-
continuò lui. –Ma l’aiuto più
grande deve venire da te. Devi essere tu a darti
fiducia e a darne anche agli altri. So che hai sofferto, ma non sei
l’unica.
Non sei la sola figlia di babbani, qui dentro. Se si rivolgono a te con
rabbia
ed ironia, è anche perché tu lo permetti. Cresci,
una buona volta.-
Assurdo,
si disse Lily. James, James
Potter, stava dicendo a lei di crescere. Lui, il Malandrino combina
guai, stava
dicendo a Lei, Caposcuola, di maturare.
Era
davvero il colmo, eppure, era
anche la verità. In realtà, James era molto
più forte e maturo di lei, che
fingeva soltanto di esserlo.
Restarono
per un attimo in silenzio,
mentre il resto degli studenti che passavano per quel corridoio
camminavano
vicino a loro, ignorandoli oppure limitandosi a dare loro qualche
occhiata. Fu
come se il tempo si fosse fermato.
Infine,
James le fece alzare il volto,
regalandole una carezza.
-Mi
farai diventare matto, Lily
Evans.- le disse con un sorriso divertito.
Lei
sbuffò, freddandolo con lo
sguardo, risentita. –Mica te l’ho chiesto io.-
Lui
rise. –Hai ragione. Che vuoi
farci, se non mi impegno in missioni impossibili non mi diverto.- le
disse,
tornato allegro.
La prese
per mano.
-Per la
cronaca, so che per questo
corridoio si va dritti in Biblioteca, ti ho scoperta, carissima! E
sappi che
non se ne parla! È Halloween, abbiamo un sacco di lavoro da
fare per i costumi
e è quasi ora di pranzo.-
E,
trascinandola dietro di sé, si
avviò verso la Sala Grande.
Appena
fecero il loro ingresso,
insieme ad un ben consistente gruppo di studenti affamati, un paio di
occhi blu
si puntò su di loro.
Bellatrix
Black, seduta al tavolo di
Serpeverde tra la sua sorellina e Rodolphus Lastrange, che si ostinava
a
baciarle il collo nel vano tentativo di lasciarle un succhiotto, si
sentì
invadere dalla rabbia.
La
stava tenendo per mano.
Assottigliò
le labbra, rendendole
pallidissime, e abbassò lo sguardo.
Lui
avrebbe pranzato con quella
mezzosangue. Ci avrebbe parlato. L’avrebbe tenuta per mano.
L’avrebbe baciata e
forse…
Non
riuscì neppure a concepirlo quel
pensiero.
Maledetta
puttana mezzosangue.
-E’
vero che stai con Lilian Evans?-
gli chiese lei, sentendosi morire.
-No.-
rispose lui.
-Ma…ma
sei innamorato di lei?-
-Sì.-
rispose lui, senza timore.
Fu
come ricevere una coltellata in
pieno petto per lei.
-Perché
io no?-chiese, un filo di voce.
James
sospirò, riponendo
l’asciugamano. –Non lo so, Bellatrix. Non credo ci
sia un perché per queste
cose. So solo che la amo. E nessuna potrà mai prendere il
suo posto.-
Nessuna
poteva prendere il suo posto,
le aveva detto. Lui amava Lily. Lui voleva lei. Era stato chiaro. Come
era
stato chiaro tutte le volte che le aveva detto che quella notte tra
loro era
stata l’errore più grande della sua vita.
James
Potter…corretto anche con chi la
correttezza non la meritava. Era sempre stato sincero con lei. Sempre.
E lei ne
era ossessionata. Non
riusciva a toglierselo dalla testa, anche se i ricordi di quella loro
unica
volta stavano cominciando a svanire, lasciandole solo vuoto.
Narcissa,
seduta accanto a lei, sentì
il corpo della sorella maggiore tremare. Le lanciò solo una
breve occhiata,
prima di ritornare a mangiare in religioso silenzio.
Quel
giorno, naturalmente, Lucius non
la stava tormentando. Non poteva comportarsi da fidanzato innamorato,
visto che
non lo era, ma poteva comunque evitare di torturarla. Dovevano fare
buona
impressione, si disse Narcissa con amara ironia, altrimenti addio la
corona di
re e regina del ballo di Halloween.
Se non
altro, si disse la biondina,
poteva respirare almeno per un giorno.
Guardò
il tavolo di Grifondoro. I
Malandrini erano tutti riuniti e con loro c’era Lily Evans.
L’unica ad essere
assente era Victoria Olsen.
Lei si
trovava di parecchio lontana da
loro, insieme ad un gruppo di ragazze del sesto e quinto anno. Ma non
era
l’unica ad osservare la Olsen. Anche la Evans stava guardando
da quella parte.
Ad un tratto, Narcissa la vide alzarsi, dire qualche parola a Potter ed
avviarsi verso la compagna di Casa.
Vick
alzò lo sguardo, sorridendo a
Lily. –Che fai qui?- le chiese. –Non è
il posto migliore, te lo assicuro.-
La rossa
lanciò un’occhiata alle
compagne di Victoria. Priscilla e Kira, due oche totali, stavano
commentando
una rivista di moda, chiacchierando con le loro vocette stridule. Tutte
le
altre erano prese nel racconto dei costumi che avrebbero indossato
quella sera.
-Hai
ragione.- convenne Lily.
–Soprattutto non è il posto adatto a te.-
Le si
sedette accanto, guardandola.
–Vick, andiamo dai ragazzi.- le disse, decidendo di buttarsi.
La mora
le lanciò uno sguardo
allucinato. –Stai scherzando?-
-Per
niente. Peter e Remus sentono
sicuramente la tua mancanza. E James sta impazzendo, perché
vuole bene sia a te
che a Sirius. Vick, dovete chiarirvi. Ci stiamo male tutti quanti.-
-Chiarirci?
E perché lo dici a me? È
Black quello che ha cominciato con i musi!-
Ahhh…orgogliosa
Victoria, pensò Lily,
guardandola.
Eppure
quella storia doveva terminare.
Per quanto avrebbero continuato ad andare avanti? Non sapeva
più che cosa fare.
-…hai…hai
scelto il costume per
Halloween?- le chiese, tentando di cambiare argomento e di calmarla.
-Sì.-
mormorò Victoria. –Me lo ha
suggerito James e io ho accettato la sua idea, anche se ora me ne sto
pentendo
amaramente. Non riuscirò mai a presentarmi in pubblico con
quel coso.-
Lily
sorrise, pensando al maledetto
Potter manipolatore che con moine e sorrisi dolci faceva fare a tutti
quello
che voleva.
-Che
costume è? Non può essere così
male.-
Vick
sbuffò, guardando da un’altra
parte ed arrossendo leggermente. –E’ uno di quegli
schifosi abiti da
principessa, di colore azzurro. James mi ha detto che sarebbe veramente
bello
se, per una volta, mi mostrassi più femminile.-
-Ha
ragione, Vick! Sarai meravigliosa,
vedrai! Ti aiuto io con l’acconciatura! Hai i capelli corti,
ma qualcosa
possiamo comunque inventarcelo!- fece la Evans, entusiasta.
In tutta
risposta al suo entusiasmo,
la faccia della Olsen pareva quella di una condannata al patibolo.
-Dai,
non fare così! Guarda, non sarai
l’unica a sentirti terribilmente in imbarazzo stasera! Anche
io non so proprio
come farò a presentarmi!- le disse Lily, ridendo.
-Ah, si?
Da cosa ti vesti?-
-Segreto!-
-Ma io
te l’ho detto!- protestò
Victoria.
E
ridendo e scherzando, parlando di
costumi e di acconciature, le due presero a pranzare, sotto lo sguardo
allegro
e soddisfatto di Potter “Il Manipolatore”.
-Hai lo
sguardo soddisfatto di chi ha
raggiunto il suo più grande obbiettivo, James.- gli disse
Remus, sorridendo.
-Sono
soddisfattisimo, Rem.- rispose
Potter, tornando a mangiare la sua insalata.
-Sono
contento che facciano amicizia.
Lily ha bisogno di avere una vera amica e Vick, beh, in questo periodo
ha
bisogno di un po’ di compagnia, visto che è
parecchio giù.-
E disse
quelle ultime parole con un
tono di voce inequivocabile, guardando unicamente Sirius, che lo
trucidò con lo
sguardo.
Remus
sospirò. –Ok, adesso basta.-
fece, divenendo serio. –Ora siamo tutti e quattro qui,
parliamo. Un problema di
uno di noi, è un problema di tutti e quattro.-
-Remus…-
cominciò Sirius, quasi
supplicandolo di fermarsi.
Ma Lupin
aveva deciso. Basta. –James,
Peter, sappiate che Sirius ha baciato Vick, mentre lei dormiva in
infermeria. E
da allora la evita per qualche assurda ragione non giustificabile.-
Peter
per poco non si soffocò con il
pollo, mentre guardava attonito il suo amico. James invece rimase in
silenzio,
fissando Sirius dritto negli occhi blu. Era serio.
-Perchè
non mi hai detto nulla?- gli
chiese. –Una cosa del genere, e te ne stai zitto?-
Sirius
non abbassò lo sguardo. Si era
fatto serio anche lui.
-Senti,
James, non osare fare l’offeso
perché non ti ho detto nulla, ok?-
-Offeso?
Io non sono offeso! Sono
deluso. Credevo che ci dicessimo tutto, che fossimo come fratelli!
È per questo
bacio che non parli più a Vick? Ma che diavolo hai in
testa?!-
-Fatti
gli affari tuoi, James! Ok? E
tu? Tu i tuoi segreti te li tieni, no? Allora perché io devo
dirti tutto,
cazzo! Te ne stai sempre insieme a Lily Evans e poi ti lamenti se non
ti
racconto ogni singola cosa che mi succede!-
-Cosa
c’entra Lily in questa storia,
spiegami! È assurdo!- sbottò James,
innervosendosi.
-Ragazzi,
finitela.- fece Remus,
guardando entrambi.
Peter
invece osservava Sirius,
smanioso. –Che…che segreti ha James?-
squittì.
-Li ha,
li ha.- disse Black, guardando
con astio il suo migliore amico, tanto che James si sentì
gelare. –James, ti
dirò i miei segreti, quando tu mi dirai cosa vai a fare da
Silente! Cosa state
combinando? Eh? Siete diventati amici del cuore?-
Potter
ammutolì, abbassando lo sguardo.
Si
sentì morire, spaccare a metà.
Ah,
Sirius…
Il
suo adorato Sirius…
Come
poteva pensare di poter
nascondere qualcosa proprio a lui?
Prima o
poi, si sarebbe insospettito.
Cosa
avrebbe fatto Sirius, se avesse
saputo quel segreto che teneva nascosto a chiunque, anche a lui, per
tutta la
vita?
Cosa
avrebbe fatto Sirius se avesse
saputo che lui era stato con Bellatrix, la sua odiata cugina?
-Ci
vediamo alla festa.- fece Black,
abbassando lo sguardo e andandosene via, ignorando i richiami di Remus.
Poco
dopo, lo stesso Peter si defilò,
dicendo di avere bisogno del bagno.
Remus
sospirò, tornando a guardare
James. Aveva l’aria stanca ed era provato
dall’ultima nottata passata a
studiare.
Sentiva
scivolare via tutto quanto.
Cercava di trattenere tutto, si sforzava, ma scivolava via, come acqua
trattenuta in una coppia di mani.
Il
nervosismo sempre più evidente di
Sirius…
L’allontanamento
di Peter…
I
segreti di James…
-Cosa
sta accadendo ai Malandrini?-
fece con un filo di voce. –Cosa ci sta succedendo, James?-
Ma il
suo amico, il suo pilastro, la
sua roccia, non rispose, chiuso nel suo silenzio. Si
allontanò, senza dirgli
una parola e Lupin si sentì veramente cadere la terra sotto
i piedi. Si rimise
seduto, prendendosi la testa tra le mani, disperato.
Ma cosa
stava succedendo?
Erano
stati un gruppo indissolubile
per sei anni. Erano amici, giusto?
E allora
che cos’era quel tremito che
sentiva?
Erano
divisi.
Che
parola orribile. Una bestemmia.
Avvertì
qualcuno sedersi al suo fianco
e un profumo delicato. Riconobbe quella voce dai tratti nobili.
–Ti va un giro
per il parco, Remus?-
Eva Ames.
Eva.
Lui si
voltò a guardarla. I suoi occhi
cerulei, sempre così sicuri, erano smarriti in quel momento.
Si aggrappò a lei
come se fosse l’unica sua ancora di salvezza.
-Sì.-
le disse, disperato. –Sì, ti
prego.-
Quella
sera, quando varcarono il
portone che conduceva in una Sala Grande irriconoscibile, ricca di
decorazioni
in tema alla notte di Halloween, nessuno dei Malandrini poteva dirsi
dell’umore
adatto per fare baldoria.
Non
appena fecero il loro ingresso, tutti
si voltarono a guardarli, curiosi.
Ciò
che saltò subito agli occhi fu il
fatto che James non era con loro.
I
Malandrini erano in tre.
Sirius
Black, se possibile, era ancora
più bello del solito. Ancora più affascinante e
desiderabile. Quei capelli
d’ebano liscissimi, gli occhi di un blu profondo…
Era
vestito come un principe. Il
principe che avrebbe dovuto essere, ma che aveva scacciato dal suo
destino con
tutte le sue forze.
Eppure,
per ironia, aveva deciso di vestire
quei panni proprio quella sera, per farsi beffe dei Black ancora una
volta.
Quell’abito
antico, di velluto nero e
dai risvolti blu gli calzava a meraviglia. Ma, del resto, qualsiasi
cosa
sarebbe stata a meraviglia, su di lui.
Tutti
gli occhi presenti in Sala
Grande non poterono non restare affascinati dalla sua superba figura.
Peter
Minus era anonimo come o peggio
di sempre. Se ne stava nascosto sotto ad un lungo telo bianco, con solo
due
fori che gli permettessero di vedere. Una pessima imitazione di un
fantasma;
imitazione, peraltro, poco gradita dagli spettrali abitanti del
castello.
Nick-Quasi-Senza-Testa
aveva voltato
il viso altrove, oltraggiato, quando lo aveva visto.
E infine
Remus, che forse tra i tre
era quello che più spiccava per stramberia. Il biondo
caposcuola di Grifondoro
sfoggiava niente di meno che l’uniforme scolastica, con tanto
di stemma di
Caposcuola. E alle domande stranite dei due amici aveva risposto: -Da
cosa mi
sono vestito? Ma da me stesso, ovviamente. E ringraziate che ho scelto questo
me stesso, invece dell’altro.
Preferivate sbranassi qualcuno? E non
guardarmi così, Siri. Te lo scordi che mi metto uno di quei
ridicoli costumi.-
E con
questo discorso illuminante
aveva chiuso la faccenda. C’era da dire poi che tra i vari
studenti c’era
davvero qualcuno che lo trovava originale!
Di
fatti, nessuno aveva avuto l’idea
di vestirsi da studente di Hogwarts.
Per
l’occasione, la Sala Grande era
diventata una vera e propria sala da ballo, addobbata di zucche
inquietanti e
candele che galleggiavano in aria, veri pipistrelli che volavano
tranquilli sul
soffitto incantato e armature animate.
Sirius
ghignò, burlandosi di quelle
decorazioni elementari. Se avessero visto le loro, poveri
professori…
E dire
che avevano pure chiamato un
gruppo musicale che in quel momento stava suonando in un angolo della
sala, su
un piccolo palco.
No,
decisamente niente aveva a che
vedere con la loro festa illecita.
Si
guardò intorno. Narcissa era
meravigliosa nel suo vestito verde chiaro, da ninfa. Se ne stava in un
angolo,
in silenzio, con Lucius lì vicino, interamente
vestito di nero.
Bellatrix
non si vedeva.
E
neppure Victoria.
Sospirando,
si accese una sigaretta,
diventando la perfezione. Un principe che fuma, una tentazione per ogni
fanciulla. Nobile e sfrontato.
Guardò
Remus, per nulla soddisfatto
dal suo costume, ma Lupin si limitò a scoccargli
un’occhiata che non ammetteva
repliche.
-Dai, ho
fame. Abbuffiamoci ora.- fece
Sirius, facendosi strada verso i tavoli imbanditi.
C’era
talmente tanta gente che per
spostarsi era necessaria qualche gomitata.
Remus
gli andò dietro con Peter che
trotterellava per stare al loro passo.
Ma
c’era qualcosa che non andava, si
disse il licantropo, mentre con i due amici sedeva ad uno dei tanti
tavolini a
mangiare. Non si stavano divertendo.
Peter si
guardava intorno di continuo,
come in cerca di qualcuno.
Sirius
sgranocchiava patatine,
osservando annoiato i ragazzi che ballavano scatenati in pista.
E lui,
Remus Lupin, non faceva che
pensare a James, che non era con loro.
Era la
prima volta da che ricordava
che i Malandrini non erano l’anima della festa. Persino gli
studenti più
anziani che sapevano che ad aspettarli avrebbero trovato una festa
assai
migliore si stavano comunque divertendo, godendosi fino in fondo quella
notte.
-Sirius…-
fece Remus, all’improvviso.
–Credo che dovremmo andare a cercare James.-
Black si
voltò a guardarlo, rigido.
–Perché? Se non c’è lui non
possiamo divertirci?- replicò, acido.
-Beh, mi
pare ovvio che è così.-
ribattè Lupin. –Io non riesco a stare tranquillo,
quando qualcosa nel nostro
gruppo non va.-
-Lascia
perdere, Remus.-
-No,
Sirius. Siamo un gruppo.-
Sirius
fece per replicare ma,
inaspettatamente, qualcuno lo precedette.
-Sempre
con questa storia del gruppo,
Remus. James di qua, James
di là… Sempre
James. Perchè non provare ad andare
avanti da soli, invece ? Non siamo i servi di nessuno, tanto
meno di James
Potter.-
Era
stato Peter a parlare. E lo aveva
fatto con una freddezza ed una lucidità tali da lasciare i
due amici senza
parole.
Remus si
sentì gelare, Sirius trucidò
Peter con lo sguardo.
-No, non
siamo i servi di nessuno e
mai lo siamo stati. Non parlare di Ramoso in questo modo, Peter,
perché io non
lo accetto.-
-O-oggi
mi è sembrato c-che…- provò
Minus.
-E’
una cosa diversa, Codaliscia.-
mormorò Black, abbassando lo sguardo.
–Io…io mi sento così confuso,
ultimamente… mi sento come se sbagliassi ogni singola misera
cosa che faccio.
E…e vorrei che lui mi stesse vicino. James
è…è un fratello, per me.-
Lo
sguardo di Lupin si addolcì, mentre
posava una mano sulla spalla dell’amico.
-Lo
sappiano, Siri, e anche James. La
discussione di oggi non conta nulla. Devi solo parlargli, tutto qui.-
Sirius
annuì, mesto. –Sono un moccioso
infantile. James non ha mai fatto storie quando mi sono interessato a
delle
ragazze, mettendolo da parte. E ogni volta era sempre lì per
me.- sospirò. –E
ora che finalmente è riuscito ad avvicinarsi alla
Evans…beh, credo di essermi
ingelosito un po’. Avevo bisogno di parlargli, di dirgli
tutto, come sempre… ma
lui ha lasciato il nostro dormitorio ed è sempre con
lei…-
Remus
sorrise. –James non è di
nessuno, Siri. È una persona eccezionale e tutti vorremmo
una parte di lui e
James quella parte che ci aspettava ce l’ha data. Nessuno
potrà portarcela via.
Io penso che il cuore di Ramoso sia così grande che possiamo
tranquillamente
entrarci tutti, senza problemi.- concluse con un sorriso.
-Hai
ragione.- convenne Black,
sorridendo a sua volta. –Tanto per cambiare sono stato un
imbecille.-
-Ma no!-
fece Remus. –A volte sei
stato anche peggio!-
Entrambi
risero, mentre Peter li
guardava con rabbia. Tornò a scrutare la folla di studenti
che riempivano la
Sala Grande e, finalmente, la vide.
Eccola.
Bellatrix
Black, fasciata in un lungo
abito nero senza spalline, stava parlando con Lucius Malfoy. Sorrideva.
Quei
magnifici capelli neri, belli
come quelli di Sirius, erano sciolti, pettinati in tanti soffici
ondulature che
invitavano a toccarli. Gli occhi blu evidenziati dal trucco, la bocca
rossa. Un
invito, una tentazione.
Sembrava
veramente una Dea del male.
Accorgendosi
di starla osservando
troppo, Peter distolse repentinamente lo sguardo, ma non prima di aver
visto
una scintilla di crudele divertimento in quei diabolici occhi cobalto.
Remus e
Sirius parevano non essersi
accorti di nulla.
Black si
stava letteralmente
sbracciando per attirare l’attenzione di Alice Rubin, appena
arrivata con un
gruppo di amiche.
Quell’abito
da fata le stava
divinamente. Bellissima, Alice.
Lei
corse verso di loro, sorridendo
raggiante. Meravigliosa, libera, forte.
Chi non
avrebbe potuto innamorarsi di
lei?
Non
tanto del suo aspetto fisico,
quanto di quello interiore.
Lupin
ricambiò il suo sorriso, quando
la ragazza si trovò davanti a loro.
-Che
fantasia, Rem!- scherzò lei,
osservando divertita l’uniforme da Grifondoro che Remus
esibiva. Quello face
spallucce, come a dire che non gli interessava.
-Sirius,
sei semplicemente da stupro.-
continuò lei, guardando Black.
E lui
esibì un ghigno da iena,
facendole un buffo inchino. –Se non fossi un pazzo depravato,
potrei anche
arrossire, Alice.-
Scoppiarono
tutti a ridere.
-Hai
incontrato Lily e James?- chiese
Sirius alla ragazza, mentre insieme si servivano da bere.
Alice
annuì. –Lily si rifiuta si
uscire dalla sua stanza e James mi ha detto che ormai parteciperanno
alla
nostra festa. Quindi li troviamo là.- spiegò.
-Capisco.-
rispose lui, abbassando lo
sguardo.
Lei lo
guardò, dolce. E gli mise una
mano sulla spalla.
-Qualcosa
non va?-
Sirius
si limitò a scuotere la testa.
E,
intanto, qualcun altro li
osservava.
Frank
Paciock, intrappolato in
un’armatura di ferro che gli impediva i movimenti, se ne
stava ad un tavolo,
intento ad osservare l’indiscussa protagonista dei suoi sogni
ad occhi aperti.
Una
fata.
Sì,
Alice lo era davvero.
E lui,
beh…lui si sentiva un po’ il
brutto anatroccolo, in confronto a lei.
Non
esisteva essere vivente più goffo,
timido ed impacciato di lui. Era praticamente invisibile agli occhi di
tutti,
soprattutto a quelli della Rubin, che si metteva a fare conversazione
nientemeno che con Sirius Black.
Con un
sospiro, il ragazzo alzò lo
sguardo su di lei e si decise ad alzarsi. Nessuno dei suoi compagni ci
fece
caso.
Non
voleva parlarle, si disse, mentre
camminava cigolando verso di lei. Voleva soltanto vederla un
po’ più da vicino,
solo questo.
Un
passo. Un altro passo. Un altro
ancora.
Certo,
era veramente bellissima.
Un altro
passo.
Soltanto
vederla, solo questo.
C’era
quasi, il tavolo delle bibite
era vicinissimo e lei era lì, proprio lì.
E lui
non potè evitare di comportarsi
come suo solito.
Fu un
rumore inspiegabile che fece
sussultare Sirius ed Alice, che si voltarono subito, spaventati.
Un
rumore di metallo che cozza contro
il terreno.
Il
grazioso visetto di Alice si
contorse in una smorfia che altalenava tra l’esasperato ed il
divertito. Sirius
invece scoppiò a ridere.
Non
cambiava mai, era senza speranze…
Paciock
era inciampato nella sua
stessa armatura.
La vera
festa era iniziata.
E chi,
quella notte, ebbe la
possibilità di parteciparvi potè senza ombra di
dubbio dire che mai, a memoria
d’uomo, c’era mai stato un Halloween del genere ad
Hogwarts.
Ed era
proprio così.
Perché
se Silente se l’era sempre
cavata ad organizzare feste, nessuno poteva competere con i Malandrini
uniti al
resto della scuola.
Tutti
poterono confermarlo, appena
messo piede nella Stanza delle Necessità, tramutata per
l’occorrenza in una
bolgia infernale o peggio.
La
musica, neanche a parlarne, era talmente
alta che andava eretta una statua all’onore per i Corvonero,
che erano riusciti
a realizzare incantesimi tanto potenti da rendere nullo il volume tanto
alto
all’esterno. Tutta la stanza era al buio.
Fonte di
illuminazione erano le forti
luci colorate posizionate sul soffitto, sistemate in modo tale da
riempire
l’ambiente e chi vi si trovava di macchie di
colore.
Azzurro,
blu, rosso, giallo ed un
altro arcobaleno di sfumature.
Di cibo
nessuna traccia, per quanto
riguardava le bibite, soprattutto gli alcolici, beh, quella era
un’altra
storia.
Sì,
decisamente quella era una festa
da studenti degeneri di Hogwarts.
Appartate,
lontano dalla zona da
ballo, stavano moltissime poltroncine dove già qualcuno se
ne stava seduto. Una
coppia si stava già dedicando ai dolci piaceri dello stare
insieme.
Infine,
inquietante, torreggiava in un
angolo un palco enorme, ancora vuoto, dove presto si sarebbe esibita
“Il
Mostro”, Stephanie Hamilton. Ognuno aspettava il momento
tremando, oppure
fingendo che questo non sarebbe mai arrivato.
Ma
ciò che ancora doveva stupire i
partecipanti della festa doveva ancora arrivare.
Era
scoccata la mezzanotte da qualche
minuto e la Stanza delle Necessità si stava a poco a poco
popolando.
Sirius,
Remus e Peter, accompagnati da
Alice si fecero largo tra i compagni, cercando di raggiungere le
poltroncine
prima che queste venissero totalmente occupate.
Sorridendo,
la Rubin prese Sirius per
un braccio e si rivolse verso Remus.
-Tenete
i posti, noi portiamo da bere.
Che volete?-
Ovviamente,
Lupin scosse il capo, come
a fare intendere che la sua boccuccia aborriva qualsiasi cosa fosse
alcolico.
Peter neanche pareva aver sentito.
Sirius e
Alice si avviarono insieme
verso il tavolo degli alcolici, ridendo tra loro, come coppia erano
semplicemente perfetti. E lo erano anche stati, una
coppia.
Al loro
quinto anno.
Ma poi
era finita. Perché?
Lui non
cercava nulla di serio, ma le
voleva comunque bene.
Lei si
era resa conto che Sirius Black
di principesco aveva soltanto l’aspetto.
Avevano
perciò deciso di rimanere
amici. Ed era stato meglio così.
Mentre
sorseggiavano della Burrobirra
corretta, l’uno accanto all’altra, Alice si
voltò ad osservarlo. –Sono contenta
che tu sia rinsavito, Siri.- gli disse, sorridendo maliziosa.
Lui la
guardò, sollevando un
sopracciglio.
-Kelly
Logan. Una caduta di stile,
lasciatelo dire.- fece lei.
Black
sospirò, affogando la sua
risposta con la Burrobirra.
E lei
capì, sorridendo.
Fu dal
nulla che parlò, cogliendolo
alla sprovvista, come era solito fare con tutti.
-Io
glielo direi, a Vick, intendo.-
Se ne
andò, lasciandolo con
l’espressione più basita che avesse mai avuto.
Sì,
Alice Rubin era un mito, non c’era
storia. E non le sfuggiva nulla.
Quella
ragazza era un demonio.
Fu in
quel momento che la coppia più
stramba di Hogwarts decise di fare il suo ingresso trionfale alla
festa. E non
ci fu occhio che non si voltò ad osservare.
Il
povero Sirius stava tranquillamente
bevendo il suo alcolico, quando i suoi occhi blu scorsero James Potter
ed una
rossa che probabilmente era Lily Evans. Il liquido gli andò
di traverso e
cominciò a tossire.
Ma
come diavolo si erano conciati?
E
probabilmente quella fu un po’ la
domanda che passò nella mente di tutti.
Parevano
essere ritornati da un
concerto Metal.
James
era interamente vestito di nero.
Anfibi neri, pantaloni di jeans neri, strappati in più
punti, cintura con
borchie, polsini multicolore e maglia – gli occhi di tutte le
fanciulle caddero
dalle orbite – completamente trasparente, di fine rete nera,
che non lasciava
spazio ad immaginazione e la diceva lunga su quanto potesse essere
appagante
stare con un giocatore di Quidditch.
I
capelli neri, se possibile, erano
ancora più spettinati.
Gli
occhiali con montatura nera,
invece che stonare, rendevano il nuovo James Potter ancora
più intrigante. Dio,
che visione.
Quella
pelle leggermente ambrata era
un invito, quelle braccia meravigliosamente forti, giovani, un sogno.
E se
alcune componenti della fauna
femminile si stavano dando all’esplicito sbavo, anche quella
maschile poteva
dire di essere ricorsa ai secchi a causa della visione della splendida
ragazza
che stava al fianco di Potter.
Non
poteva essere una studentessa di
Hogwarts, altrimenti si sarebbero ricordati di un tale splendore.
Alta,
magra, curve perfette, non
troppo piena sul seno, pelle chiarissima. La giovane che Potter teneva
per mano
indossava un paio di anfibi, più femminili. Ed un abitino
nero, attillato, che
pareva essere stato tagliato da un sarto decisamente distratto. I tagli
erano
totalmente imprecisi. La gonna arrivava circa a metà coscia,
lasciando in vista
un paio di gambe toniche e lunghe. Anche lei indossava polsini
colorati.
I
capelli di un rosso meraviglioso
erano stati acconciati in un distratto chignon, imperfetto, che
lasciava
generosamente sfuggire ciocche di puro oro rosso. Occhi verdi,
bellissimi,
messi in risalto da un trucco scuro.
Le
labbra tinte di viola.
E mentre
i compagni la osservavano,
chiedendosi chi lei fosse, Lily Evans si rivolse al suo accompagnatore.
–Scappiamo. Siamo ancora in tempo.-
James
sfoderò un ghigno da iena. –Ma
come? Non era un’idea tua? È perfetto Lily!
Abbiamo sul serio capovolto le
cose. Tu, soprattutto. E sono sicuro di essere il ragazzo
più invidiato in
questo momento.-
Lei
arrossì, abbassando lo sguardo. Ma
perché? Perché? Perché aveva avuto
quella stupida idea?! Si sentiva così
inadeguata!
James
invece pareva contentissimo. Era
quello che voleva: essere qualcosa di diverso, sconvolgere, attirare
l’attenzione.
E
l’avevano attirata, senza ombra di
dubbio.
Ignorando
tutti, Potter cominciò a
guardarsi intorno, in cerca di Sirius. In realtà non si
stava dando pace dopo
la loro discussione avuta a pranzo.
Si
sentiva terribilmente in colpa.
Lo vide
al tavolo degli alcolici e lo
indicò a Lily, che strabuzzò gli occhi.
Black
era indescrivibile e non c’erano
parole precise per descriverlo. E quel vestito da principe lo rendeva
più che
divino.
Un
momento, si disse la rossa,
continuando ad osservarlo. Principe?
-Io
continuo a dire che stareste
benissimo vestiti da Principe e Cenerentola, fareste un figurone!-
disse di
nuovo la donna, che conosceva James da anni, ormai.
Il
ragazzo si fermò, tenendo una
maschera in mano. Aveva l’aria poco convinta.
-No,
signora Kalvin, assolutamente. È
troppo impegnativo e poi è una cosa vista e rivista. Senza
contare che
quella sera il titolo di principe e principessa dovrà
spettare a qualcun altro.
- fece, convinto e sibillino.
Gli
occhi verdi della ragazza si
spalancarono, mentre la sua mente attentissima lavorava veloce. Un
sorriso le
si dipinse sulle labbra.
-…hai…hai
scelto il costume per
Halloween?- le chiese, tentando di cambiare argomento e di calmarla.
-Sì.-
mormorò Victoria. –Me lo ha
suggerito James e io ho accettato la sua idea, anche se ora
me ne sto
pentendo amaramente. Non riuscirò mai a presentarmi in
pubblico con quel coso.-
No. No,
non poteva crederci. Veloce,
Lily si voltò a guardare il ragazzo che, tenendola per mano,
si stava dirigendo
verso il suo migliore amico.
–E’
uno di quegli schifosi abiti da
principessa, di colore azzurro. James mi ha detto che sarebbe
veramente
bello se, per una volta, mi mostrassi più femminile.-
Si
fermò di scatto, costringendolo a
voltarsi verso di lei.
-James…-
gli disse, sorridendo.
Lui la
guardò, inarcando un
sopracciglio con fare interrogativo.
Lily gli
strinse la mano, dolcemente.
–Sei stato tu, vero? Hai pensato tu ai costumi di Sirius e
Vick?-
A
risponderle fu quel sorriso
malandrino che lei aveva cominciato ad adorare. Non riuscì a
trattenersi e gli
volò tra le braccia, stringendolo forte. –James
Potter, sei un mito!-
Lo
sentì ridere, mentre le accarezzava
dolcemente la nuca. –Perché? Lo hai scoperto solo
ora?-
Anche
lei rise, stringendosi a lui e
lasciando che le proprie guance si tingessero di rosso. Come aveva
potuto stare
lontana da quel ragazzo per così tanto tempo?
Adesso
il pensiero di poter stare
senza di lui la faceva agonizzare.
Alzò
lo sguardo, puntando gli occhi
nei suoi e fu come se tutta quella musica assordante, tutte quelle
risa, quei
gridi, quelle parole svanissero. Come se tutto il mondo svanisse.
Improvvisamente,
Lily sentì tutto il
suo corpo tremare. Doveva dirglielo.
Voleva
dirglielo.
Qualunque
sarebbe poi stata la
risposta di James, non poteva più tacere o sarebbe
soffocata.
Ma
Sirius Black scelse proprio quel
momento per raggiungerli ed entrambi furono costretti a distogliere lo
sguardo
l’uno dall’altra.
-Ramoso,
io…- cominciò Sirius, facendo
un breve cenno di saluto rivolto a Lily.
Lei
abbassò il viso, imbarazzata.
James
invece non dette il tempo al suo
amico di parlare. –Sirius, ascolta è colpa mia.
Hai ragione. Sono stato un
idiota e mi dispiace. Ci sto male da tutto il pomeriggio.-
-Non
dire cretinate, James. Io ci sto
male e io ho la colpa. Sono io l’idiota!-
-Ma non
dire assurdità, Felpato.-
-Non
dirle tu!-
Restarono
ad osservarsi, tra
l’esasperato ed il divertito.
Finì
che attaccarono a ridere tutti e
due, lasciando la povera Lily senza parole. Ma come? Non avevano
litigato? Che
strano modo di fare la pace.
-Io
proporrei di fare a metà, che ne
dite?- si intromise una voce tranquilla.
Remus
Lupin li aveva appena raggiunti,
sistemandosi vicino alla Evans. Con lui arrivò anche Alice,
che guardò Lily con
vera e propria ammirazione.
-Quello
sì che è un costume, Lily! E
io che mi vesto da fata, tsè!-
La rossa
rise, ringraziando.
Mentre
erano lì a scherzare come un
vero gruppo di amici, James non potè fare a meno di provare
un certo fastidio
dentro di sé.
Si
sentiva sporco. Bugiardo.
Stava
mentendo a tutti, anche a
Sirius. Si era meritato la sfuriata che il suo migliore amico gli aveva
fatto.
E pensare che Felpato era pure venuto a chiedere scusa, quando era lui,
James,
a dover implorare perdono.
E un
giorno, prima o poi, avrebbe
dovuto farlo.
Sentì
il proprio corpo scosso da un
brivido. Un brivido sinistro.
Scosse il capo, cercando di
ritornare in sé e fu così che tra tutti i
presenti nella sala fu il primo a
vedere uno spettacolo straordinario ed unico.
Perché
quella sera, la sorpresa della
festa era unicamente una persona sola. Per una volta,
l’attenzione di tutti fu
rivolta solo e soltanto a lei.
Bellissima
e irriconoscibile.
James
rimase incantato da quella
visione e non riuscì a non sorridere, sentendosi riempire
d’affetto. Lily
incurvò le labbra in un sorriso soddisfatto, mentre sentiva
Alice al suo fianco
mormorare: -Ma quella…quella è…-
E mentre
l’ammirazione di tutti quanti
si riversava su quella meravigliosa principessa vestita in azzurro, un
sussurro
fuoriuscì dalle bramate labbra di Sirius Black.
-Vick.-
Lo disse
piano, come temendo di essere
udito da qualcuno. Terrorizzato dall’idea che
quell’azzurra figura potesse
svanire. Eppure eccola, era ancora lì.
O forse
era soltanto un sogno.
Sentendo
lo sguardo di tutti su di sé,
Victoria Olsen abbassò il viso, imprecando mentalmente
contro James Potter, che
l’aveva convinta a comprare quel maledetto abito tutto
fronzoli e merletti e
Lily Evans, che l’aveva obbligata ad indossarlo.
In
realtà il vestito era superbo, ma
lei non si sentiva adatta ad indossare un abito del genere.
Per
prima cosa non era abituata a
muoversi con una gonna, poi era praticamente incapace di camminare con
i tacchi
ed aveva confermato ciò inciampando per ben tre volte,
mentre cercava di
raggiungere la Stanza delle Necessità.
I lividi
sulle ginocchia facevano male.
Ed
infine, cavolo, quel corpetto
metteva in risalto un seno che, fino al giorno prima, lei aveva
ostinatamente
nascosto sotto maglie e camicie più larghe. Si sentiva
terribilmente nuda ed
imbarazzata.
L’unica
cosa che apprezzava era
l’acconciatura che Lily le aveva fatto.
Avendo i
capelli corti, non potevano
inventarsi molto, perciò la rossa aveva risolto tirando su i
capelli di Vick e
fissandoli con un fermaglio d’argento, che la moretta,
nonostante il suo stile
a maschiaccia, aveva gradito.
Concludendo,
Victoria stava cercando
con tutta se stessa di non pensare al fatto di essere truccata. Avrebbe
potuto
avere un attacco isterico.
Prendendo
un bel respiro e dimostrando
di essere una vera Grifondoro, cominciò a spostarsi tra la
calca di ragazzi, in
cerca dei suoi amici.
Ad
un’occhiata troppo insistente di un
ragazzo che non riusciva a capacitarsi che lei fosse proprio la Olsen,
rispose
con un graffiante: -Beh? Cazzo vuoi?-
Ehhh…
Era
proprio vero. L’abito non faceva
il monaco. Affatto.
Sorridendo
raggiante, Lily la
raggiunse correndo, lasciando gli altri, ed avvolgendola in un
abbraccio
stritolante.
-Vick!
Vick sei meravigliosa!-
La
povera Olsen le rispose con una
specie di ringhio. E neppure l’entusiasmo della Evans
riuscì a darle un po’ di
buon umore. Continuava a ripetersi che sarebbe stata una grandissima
idea
restarsene nella sua stanza, al Grifondoro, e farsi una bella dormita.
-Scommetti
che sono andati tutti a votare
per farti eleggere reginetta del ballo?-
Lo
sguardo che Victoria rivolse a Lily
fu di puro terrore.
-Stai
scherzando?- fece, con un filo
di voce.
Lily
rise, tornando ad abbracciarla.
–E invece sarebbe proprio una bella idea!-
-Taci.-
sibilò la Olsen, acida, mentre
si avvia di filata verso una delle poche poltroncine libere rimaste.
Il piano
era sedersi lì e starsene
nascosta, soffiando a chiunque avesse osato avvicinarsi. Lily si
sedette vicino
a lei.
-Credevo
non saresti più venuta.-
-Ci ho
pensato, in effetti.-
La Evans
sospirò, scuotendo il capo.
La guardò, sorridendo. –E invece hai fatto bene,
vedrai.-
Vick
fece spallucce, non replicando.
Tanto non si sarebbe tolta il suo muso lungo fino a quando la festa non
fosse
finita.
Accidenti
a James Potter e a Lily Evans. Quei
due insieme erano ancora peggio di quando erano divisi.
-Tu
comunque sei una rivelazione,
Lily. Mi stavo giusto chiedendo se fossi tu o la tua gemella cattiva.-
fece
Victoria con un sorrisetto ironico.
La
povera rossa non potè fare altro
che incassare il colpo e tacere. In fondo era anche stata
un’idea sua.
-Ma
dai!- rise la Olsen. –Sei molto
diversa, ma stai bene! Non vedi come ti guardano?-
Lily
arrossì, sentendo diversi sguardi
su di se. Cercò di ignorarli.
In quel
momento, James Potter apparve
tra la calca di studenti intenti a ballare e corse da loro, con un
sorriso che
andava da un orecchio all’altro.
-Vick!
Sei uno schianto!- fece,
euforico.
La
diretta interessata lo trucidò con
uno sguardo al vetriolo. –Vola lontano da me, Potter. O giuro
che ti faccio
volare io e non sarà affatto piacevole. Questi tacchi sono
decisamente
appuntiti…-
James
rise. –Cavoli! Sei di ottimo
umore!- poi, rivolgendosi a Lily. –In realtà ero
venuto per te. Abbiamo un po’
di cosette da fare, tipo una che tu considererai banale che sarebbe
ballare,
no?-
Ecco,
ora moriva, si disse Victoria
Olsen, guardando il viso della sua amica perdere di colore.
Potter
fece un passo indietro e fece
un buffo inchino alla rossa, imitando alla perfezione
l’antica galanteria degli
uomini medievali, e porgendole poi la mano.
-Orsù,
mia adorata nera Cenerentola,
il vostro oscuro principe è qui per voi che vi aspetta.-
Lily
rimase immobile. La stava
invitando a ballare?!
Ancor
prima di poter rispondere
qualcosa, sentì la voce di Vick sussurrarle piano
all’orecchio:-Vai e stupralo!
Stasera è più appetitoso del solito!-
La
poverina si sentì avvampare da capo
a piedi. Poi una spinta della Olsen che la fece andare dritta tra le
grinfie di
Potter, che la trascinò senza ritegno verso la zona centrale
della pista da
ballo.
Ok, ora
era terrorizzata.
-James!
James, ti prego! Ti prego!
Aspetta! Hey! Fermati!- protestò, puntando i piedi
inutilmente. –James! Io non
so ballare!-
Lui si
voltò a guardarla, allegro e
spensierato come suo solito. –Perché? Ti risulta
che qualcuno qui sappia
ballare? Basta solo agitarsi un po’! Che vuoi che sia!-
Lo
uccideva. Sul serio. Quando si
comportava così meritava la fucilazione!
Quante
altre pessime figure le avrebbe
fatto fare quel pazzo?!
Arrivati
a destinazione, Lily scorse
nel buio le figure di Sirius e Alice, che ballavano scatenati a ritmo
di
musica. Lui teneva in mano una bottiglietta dal contenuto non
propriamente
identificato.
Ridevano.
-Oddio,
sono ubriachi.- esalò la
Evans, immobilizzandosi.
James
non si arrese, continuando a
tirarla dietro di sé. Inutile, non aveva speranza.
Non
appena Sirius e Alice si accorsero
dei due, corsero loro incontro. E Lily si ritrovò sommersa
di risa e di
allegria. Qualcosa che per tanto tempo le era stato negato. In quel
momento, si
rese veramente conto che qualcosa nella sua vita era cambiata. Che
poteva dare
un significato alla parola “amicizia”.
-Siri,
passami la bottiglia! Lily ha
bisogno di sciogliersi un po’!- celiò James,
ridendo.
-Non
pensarci neppure, James! Non ci
penso minimamente!- si riprese lei, guardandolo con astio.
Lui la
guardò per un attimo, poi fece
spallucce e buttò giù qualche sorso della bevanda
che Black gli aveva offerto.
Lily
sospirò.
Ormai la
musica si stava facendo sempre
più forte, per udirsi era necessario urlare.
Si
avvicinò ad Alice.
-Remus e
Peter?- chiese, alzando la
voce.
Quella
alla prima non capì, poi, dopo
diversi tentativi, rispose. Ciò che la rossa capì
fu “Peter sparito” e “Remus
con Vick”.
Seguì
la direzione che l’indice della
Rubin le indicava e trovò effettivamente Victoria e Remus
seduti vicini,
intenti a chiacchierare.
-Balli?-
si sentì urlare da Alice.
-Non lo
so fare.- le rispose.
La vide
scuotere il capo, divertita. I
capelli castani che splendevano sotto quelle mille luci. –Non
è difficile! Fai
come me!- la incitò, tornando a ballare e tenendole le mani.
Sospirando,
Lily cominciò ad imitarla,
poco convinta e decisamente imbarazzata.
Si
faceva pena da sola e trovava tutto
ciò assolutamente ridicolo. Sperava solo che nessuno la
stesse guardando.
Sentì
Alice ridere.
-Non
così!- le disse. –Sembri vittima
di un Imperius lanciato male! Devi sentire la musica e lasciarti
portare,
altrimenti ti sembrerà tutto ridicolo e ti muoverai male!-
-Ma
io…!- provò a protestare.
-Fregatene
degli altri!- continuò la
Rubin. -Divertiti, Lily! Fai la matta! E se ti sembra ridicolo, beh,
pensa che
tutti quanti noi lo siamo!-
Di nuovo
le indicò una zona da
guardare e Lily obbedì. Per poco non scoppiò a
ridere.
Sirius e
James erano l’esatta
dimostrazione di ciò che Alice le aveva detto.
Follia.
Fare i matti.
I due
Malandrini, tornati l’anima
della festa, si stavano esibendo in un Valzer esagerato, decisamente
fuori
tempo, facendo ridere tutti coloro che erano loro intorno.
Gli
stessi ballerini ridevano.
I loro
costumi, poi, facevano a pugni.
Erano terribilmente stonati.
-Se non
fanno gli idioti non sono
contenti!- commentò la Rubin, allegra.
Lily
scoppiò a ridere e, finalmente,
quando Alice la invitò a riprovare, riuscì a
ballare come tutti gli altri.
E,
incredibilmente, si divertì.
Un’emozione
che cresceva sempre di
più, ad ogni sussulto della musica nel suo petto.
Era
divertente.
Era
liberatorio.
-Torniamo
da James e Sirius o gli
altri ragazzi ci si appiccicheranno addosso e non ce ne libereremo
più!- le
urlò Alice, divertita.
-Che
cosa?!-
-Beh,
funziona così! Le feste servono
a rimorchiare! Ma se stiamo già con dei ragazzi, ci
lasceranno in pace!- le
spiegò furba la Rubin.
Correndo,
tornarono da Potter e Black,
che erano tornati ad una danza meno classica.
Lily non
rifiutò la bottiglia che
James le offrì, sfoggiando il suo solito sorriso malandrino.
E, per la prima
volta, lei assaporò il gusto dell’alcol. Forte,
ardente, che parve bruciarle la
gola. Sapeva di fragola e, malgrado il bruciore, era buonissimo.
Non
potè fare a meno di tossire un
poco, provocando le risa da parte di James, che
l’abbracciò, stringendola a sé
con fare protettivo.
Sentendosi
stordita, con il cuore che
batteva forte, Lily sollevò lo sguardo su di lui, che le
sorrideva.
-Almeno
per stasera, stammi vicino,
ok?- gli chiese, ricordando le parole di Alice, riguardo gli approcci
indesiderati.
Lo
sentì ridere con dolcezza e lo vide
chinarsi, fino a sfiorare il suo orecchio con le sue labbra, piegate in
un
sorriso. –Solo per stasera?- lo sentì sussurrarle.
–Non per un po’ di più?-
Stretta
tra le braccia di James,
circondata da quella matta di Alice e da Sirius, Lily non
potè fare a meno di
lasciarsi trascinare dalla festa e diventare, finalmente, parte di quel
giardino di fiori illuminati dal sole che lei aveva tanto invidiato.
Non era
più il fiore nero, lasciato da
solo all’ombra.
Adesso
la luce del sole la vedeva
chiaramente.
Non
aveva idea di quanto tempo avesse
passato a ballare e a scatenarsi con i suoi compagni, non avvertiva
neppure
alcun dolore alle gambe oppure ai piedi, avrebbe continuato anche per
tutta la
notte.
Ad un
tratto, però, la musica si
abbassò considerevolmente ed il palco destinato alla
terribile Stephanie
Hamilton si illuminò, prendendo finalmente vita.
Quasi
tutti si fermarono per attendere
tra il curioso ed il preoccupato l’arrivo del
“Mostro”, che non si fece
attendere.
Steph
indossava un lungo abito rosa
antico. Bracciali d’oro le adornavano i polsi, uniti ad una
lunga collana dello
stesso metallo.
Ma
ciò che sconvolse tutti quanti fu
il candido paio di ali, che se ne stava strategicamente posizionato
sulla
schiena della biondina.
A
seguirla sul palco furono altre tre
ragazze, vestite più o meno come il loro capo.
Il
sorriso angelico della Hamilton era
un chiaro invito a filarsela a gambe levate. Puntò la
bacchetta verso il suo
collo, pronunciando:- Sonorus.-
-Per
Merlino, cosa avrà in mente?-
sbuffò Alice, inarcando un sopracciglio.
Detto
fatto.
Stephanie
Hamilton non vedeva l’ora di
dare spiegazioni e, quando parlò, la sua voce invase tutta
la sala.
-Ragazzi,
noi siamo le “Cupide” e
questa sera, oltre a dare il titolo di Re e Regina del ballo, faremo in
modo
che siano recapitati i dovuti messaggi d’amore.-
Un
sospiro globale fu la chiara
manifestazione di ciò che pensavano tutti i presenti.
Ma la
ragazza continuò imperterrita.
-Comunichiamo
l’ora, gente. Abbiamo
fatto le tre e mezza!-
A questa
comunicazione seguì
un’ovazione generale.
-A fine
festa, avremo i nomi di Re e
Regina. Adesso l’angolo posta, ragazzi.-
E qui un
brivido percorse tutti quanti.
Scuotendo
il capo, annoiato, Sirius si
avviò verso il banco bibite e aperitivi.
-Andiamo,
tanto vale riposarsi durante
questa palla.- disse.
Gli
altri tre lo seguirono.
Alice
sorrideva.
-Sono le
tre passate? Sul serio?-
stava dicendo Lily, divertita. Non riusciva a crederci.
Arrivati
al tavolo “ristoro”,
cominciarono a sgranocchiare stuzzichini, ascoltando distrattamente le
ciance
della Hamilton.
Sirius e
James chiacchieravano,
divertiti. Lily li guardò, contenta.
Quel
pomeriggio James era stato così
di cattivo umore che lei, alla fine, era riuscita a farsi dire tutto
quello che
era accaduto in Sala Grande, a pranzo. Si era sentita molto dispiaciuta
ed ora
era felice di vederli un po’ insieme.
Ignorarono
bellamente le “Cupide” che
recapitavano i messaggi d’amore che gli innamorati avevano
lasciato nelle
cassettine all’entrata della Stanza delle
Necessità.
Lily
stava ascoltando il messaggio
disperato un certo Evan, letto da Stephanie, che diceva alla sua ex:
-Amore
mio, ti chiedo scusa. Scusa, scusa, scusa. Sono un imbecille. Ti prego
perdonami.-
Addentando
una patatina, la rossa storse
il naso. Dubitava che la ex di questo Evan lo avrebbe perdonato, dopo
una
piazzata del genere.
Lei si
sentiva molto riservata in
ambito sentimentale. Non le sarebbe affatto piaciuta una dichiarazione
fatta in
modo simile.
Poi,
finalmente, la sequela di
messaggini parve finire, con il giubilo di tutti, che stavano finendo
per
addormentarsi.
Steph si
schiarì un attimo la voce per
poi tornare a parlare di nuovo, stavolta con più fervore.
Tutti percepirono uno
strano cambiamento d’atmosfera.
-Ragazzi,
adesso un vero messaggio
d’amore. Un messaggio serio. Una vera lettera
d’amore.- disse con voce flautata.
James e
Sirius si scambiarono uno
sguardo annoiato. Lily si chiese che diavolo stava ancora per
architettare quel
piccolo mostro.
Schiarendosi
nuovamente la voce,
aspettato che passasse quel poco di tempo per creare
l’atmosfera, il “Mostro”
compì la sua opera.
“Mio
caro diario,
ancora
non riesco a crederci che io,
proprio io, mi sia messa a scrivere una cosa del genere. Non avrei mai
creduto
che potessi tenere un diario segreto. Ma non ho tantissimi amici ed i
pochi
sono tutti maschi, non saprei con chi altro confidarmi.
Perciò
eccomi qui, ancora.
Oggi
l’ho rivisto e Merlino, se era
bello.
Cioè,
è sempre bello. Ma ci sono
giornate in cui è ancora più bello del solito.
Eppure,
se dicessi che è la bellezza
ciò che mi attira di Lui, non direi la verità.
Io
lo amo. Ne sono sicura.”
E qui
Stephanie sospirò, facendo la
scena.
Lontano,
isolata da tutti, Victoria
Olsen, seduta sul divanetto, si sentì gelare.
Quello
era il suo diario.
“Ma
questo ormai lo sai. È una vita
che te lo dico.
Adoro
e amo ogni cosa di lui, anche le
sue stupidaggini e, diciamoci la verità, ne fa tantissime.
Tipo l’ultima,
quella di essersi messo con quell’oca convinta di Kelly
Logan. Merlino! Quanto
può essere stupido Sirius Black?”
Ovviamente,
tutti gli occhi si
puntarono simultaneamente verso il diretto interessato, che stava
innocentemente bevendo un bel bicchiere di burrobirra.
Sirius
si immobilizzò, incapace di
parlare.
James e
Lily, vicino a lui,
ascoltavano, attenti.
“Insomma,
è ovvio che quella sta con
lui solo perché è bello, ricco e popolare.
Invece, secondo me, l’amore si basa
su altro.
Io
adoro ascoltarlo mentre parla,
vederlo ridere quando è felice e ammirarlo mentre vola sulla
sua scopa per fare
punto in uno degli anelli. Adoro quando vinciamo e lui, euforico, mi
corre
incontro e mi solleva tra le braccia, gridando:
-Abbiamo
vinto! Abbiamo vinto!-
E
io vorrei dirgli che ho giocato solo
per lui. Che sono entrata nella squadra solo per lui, per stargli
vicino.
Non
mi piace troppo il Quidditch, ma
me lo sono fatto piacere. E mi sono impegnata tantissimo per diventare
brava.
Ed è stupido, tutto questo, ma che mi importa? Penso che sia
normale essere un
po’ stupidi, quando si è innamorati.
Ma
lui, nonostante tutto, continua a
non accorgersi di me.
Mi
chiedo cosa pensa ogni volta
che mi guarda.
Ed
ora sono costretta a vederlo tutti
i giorni appiccicato a Kelly. Vabbè, ci sono abituata, ma mi
rompe ugualmente.
Dopo
tutto quello che ho fatto per
lui, pensavo che riuscisse a capire i miei sentimenti. Forse sono io.
Forse non
gli piacerò mai.
Non
ha mai provato interesse verso una
ragazza simile a me.
Sirius,
quando capirai che ci sono io?
Quando capirai che sono io l’unica persona in grado di
occuparsi di te?
Vorrei
che tu mi dessi una possibilità.
A
me non frega nulla del cognome
Black. Anzi, sai che io disprezzo quella famiglia che ti fa tanto
soffrire. A
me interessi solo tu.
Senza
denaro, senza popolarità. Solo
tu.
Sono
anni che ti amo. Sei il primo ed
unico per me. Ma tra tanta gente non ti sei mai accorto di me. E
allora,
diario, che dovrei fare?
Rinunciare?
Forse. O forse no.
A
presto, allora. Dalla tua
proprietaria col cuore a pezzi”
Pregustando
il caos che si sarebbe
creato da lì a pochi secondi, Stephanie sorrise. Aveva tutta
l’attenzione della
sala su di sé. Tutti pendevano dalle sue labbra.
Scandì
bene le parole che seguirono.
“Victoria
Olsen”.
E
siccome sono una stronzetta, io vi
lascio qui. XD XD XD
Ringrazio
per le recensioni, che mi
aiutano a crescere, e per il numero crescente di lettori, che non
può non
lusingarmi e rendermi felice.
Chiedo
nuovamente scusa per il
ritardo, sono veramente mortificata, ma spero di essermi ripresa.
Chiudo,
andando di fretta, lasciando
poche note importanti:
La vita universitaria è
un caos che non auguro a nessuno. XD
Il
capitolo è lievemente ispirato al film “Cindarella
Story” con
Hilary Duff. Ci tendo a specificarlo, anche se non credo che si senta
così
tanto.
Faccio
è farò certe precisazioni,
perché voglio che tutto ciò che riguarda la
fanfic vi sia chiaro ed essere
sincera con voi.
Meglio
mettere le mani avanti per una
convivenza pacifica. ^__^
Detto
questo, vi do un bacione a
tutti.
Ci
sentiamo per il prossimo cap o la
spin-off, non so quale arriverà prima.
Vostra,
Lady Tsepesh.
P.s.
Ovviamente
sono troppo distrutta per
rileggere tutto il capitolo. Non dovrebbero esserci tanti errori
–spero XD-
comunque domani gli darò una rilettura e
correggerò. Intanto ve lo lascio, visto
che sono anche in ritardo. ^__^””
|
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Capitolo 20 *** So Beautiful & So Dark ***
Eh
sì… che devo dire? L’erba
cattiva non muore mai, quindi eccomi tornare da voi! Tralasciando gli
scherzi,
ho deciso di riprendere in mano la fanfic e vedere di portarla alla
fine una
volta per tutte. Mi mancate ragazzi e mi manca raccontare. Mi chiedo se
so
ancora scrivere oppure no… Lo giudicherete voi! XD
Se
controllate i capitoli
indietro, vedrete anche che sono stati revisionati e sistemati.
E ora,
visto che tutti
quanti necessitiamo di un ripasso, visto quanto tempo è
passato, vi lascio
alcune informazioni importanti da ricordare.
I
PERSONAGGI PRINCIPALI
James
Potter: I suoi
veri genitori sono Savannah Havisham, potente maga nera,
e Jeremy, uno spirito infernale appartenente al gruppo delle Fenici
Nere. Dopo
la morte dei genitori, James viene adottato dai Potter quando era
ancora in
fasce. Suo nonno materno Edward desidera incontrarlo. James nasconde
dentro di
sé terribili poteri che Silente è stato costretto
a sigillare per la sicurezza
di tutti. Un tempo era attratto da Bellatrix Black. Ama Lily Evans.
Sirius
Black: Il
miglior amico di James. Grazie all’aiuto di Victoria
è
riuscito a scappare dalla sua famiglia ed ora vive dai Potter. Il
sentimento di
amore/odio per la sua famiglia lo ossessiona. E’ molto legato
a Victoria, che
considera il suo eroe.
Peter
Minus: Si
sente costantemente inferiore ai suoi amici, soprattutto a
James. È caduto consapevolmente nella sensuale trappola di
Bella e le passa
volutamente piccole informazioni sui Malandrini, anche se per ora non
ha
svelato il segreto di Remus.
Remus
Lupin:
Legatissimo al suo gruppo, forse il più legato di tutti.
È
arrivato quasi a venerare James. Ultimamente sta legando molto con Eva
Ames, la
Caposcuola di Serpeverde.
Lily
Evans: Respinta
sia dal mondo magico, sia dalla sua famiglia, ha finito
con il chiudere il proprio cuore ed escludersi. Ha cominciato a
riaprirsi al
mondo grazie a James, del quale si è innamorata.
Eva
Ames: La sua
famiglia è molto potente ed attenta alle giuste amicizie.
Nonostante sia una Serpeverde, non ama esporsi troppo nella guerra tra
Case, ma
è al servizio di Bella.
Victoria
Olsen: Figlia
di famosi Auror misteriosamente uccisi, Vick è finita in
orfanotrofio ed è stata poi adottata da una coppia di
Babbani, gli Olsen, che
hanno accettato la sua natura di strega. È una maschiaccia.
Ama Sirius da
quando aveva tredici anni.
Bellatrix
Black: La
seconda delle sorelle Black e la più spaventosa. Desidera
essere una Mangiamorte. E’ fidanzata con Lestrange, ma è
disperatamente ossessionata James
Potter.
Narcissa
Black: L’ultima
delle sorelle Black, promessa sposa di Lucius Malfoy.
Subisce praticamente tutto ciò che le accade nella vita,
comprese le violenze
del fidanzato. Ha riallacciato i rapporti con il cugino Sirius.
Ecco,
più di questo non dico. Vi lascio al capitolo, buona lettura.
CAPITOLO 20 “ SO
BEAUTIFUL & SO DARK "
Victoria
Olsen.
Quel
nome parve galleggiare ed espandersi in tutta la sala come il primo
lungo tuono
che precede la tempesta. Emozioni di svariato genere sorsero
nell’animo di ogni
presente alla festa.
Presto,
quel silenzio che aveva fatto cadere la Stanza delle
Necessità nel vuoto più
agghiacciante fu sostituito da una miriade di sussurri concitati,
letali come
sibili nel buio.
Attonito,
James Potter continuava a tenere ostinatamente lo sguardo su Stephanie,
incapace
di credere a ciò che era appena accaduto.
Non
doveva accadere così, continuava a ripetersi nella testa.
Non
doveva accadere così.
-Ho
sentito dire che è stata lei a tramutare la Logan in
un’oca! Dunque è proprio
vero!- bisbigliò una ragazza alla sua amica, divertita.
Subito
entrambe vennero fulminate da un’occhiata al vetriolo di
Alice Rubin, che le
fece tacere all’istante.
Ma
quello non era il solo sussurro dispettoso che aleggiava nella stanza,
ormai si
era creato il caos.
Disperata,
Lily Evans provò a cercare Victoria con lo sguardo.
Le
poltroncine, si ricordò. Remus.
Le
sue iridi verdi corsero veloci nella loro ricerca, per trovare vuota la
zona
dove ricordava di aver visto i suoi amici. Se ne erano andati.
Sicuramente
Vick era scappata via. E come darle torto?
Lily
non riuscì ad immaginare una cosa più meschina da
compiere nei riguardi di una
persona. Prendere dei sentimenti, sentimenti autentici, e spiattellarli
in
piazza, alla mercè di tutti.
Si
sentì invadere da una rabbia talmente grande, che si rese a
malapena conto di
ciò che stava facendo. Ignorando i richiami di James,
marciò dritta verso il
palco, dove il “Mostro” ancora esibiva il suo
sorrisetto soddisfatto.
Vick
non lo meritava. Si
disse, fredda.
No,
non lo meritava. Nessuno avrebbe meritato una cosa del genere.
Salì
i pochi scalini e salì sul palco con lo stupore generale.
Era evidente che
tutti aspettavano di vedere le evoluzioni della faccenda.
Volto
rigido, espressione fredda.
Una
maschera che aveva indossato per tanti anni, che aveva odiato ed amato
allo
stesso tempo, che l’aveva protetta, o così aveva
creduto, e che ora le pareva
di grande aiuto.
Lei
era Lilian Evans. Caposcuola.
Fino
a prova contraria, comandava lei. Le era stata data
l’autorità dagli
insegnanti.
Per
tanto tempo non se ne era mai servita, lasciandosi schiacciare dai
compagni,
che la terrorizzavano, la facevano sentire debole ed inadeguata.
Inferiore.
Quella
notte, osservando tutte quelle facce che la guardavano, Lily non ebbe
più
paura. Sorrise.
Ma
come aveva fatto a sentirsi al di sotto di quella gente?
Come
aveva anche solo potuto immaginare che fossero migliori di lei?
Adesso
li guardava e li vedeva davvero.
Ragazzini.
Con
i loro pregi ed i loro difetti. Purosangue e Mezzosangue.
Ragazzini,
non divinità insormontabili.
Ed
avrebbero fatto quello che diceva lei, adesso.
Un
lieve movimento della bacchetta e la musica si spense del tutto,
abbandonando
la sala e lasciando tutti quanti esterrefatti.
Poi
ancora la sua bacchetta e sentì la propria voce torreggiare
sulle altre.
-Ok,
ragazzi. La festa è finita, tornatevene nei vostri
dormitori, subito.- scandì,
ignorando le grida di protesta che sorgevano sotto di lei.
Li
ascoltò inveire, insultarla, sbuffare. Attese un attimo
prima di continuare,
fredda come il ghiaccio.
-Farete
come dico io, altrimenti mi vedrò costretta a togliere
centocinquanta punti a
tutte e quattro le Case. E non prendetevela con me. Ringraziate
piuttosto
questa persona disgustosa.- e, per la prima volta, si voltò
a guardare
Stephanie, che, poco lontana da lei, la stava guardando troppo sorpresa
e
sconvolta per poter dire qualcosa.
Nessuno
degli altri Caposcuola obiettò. Forse perché
troppo ubriachi per capire o per
qualche altra svariata ragione.
-Mi
avete sentito.- ricominciò Lily. –Muoversi.-
Alcuni
obbedirono subito, memori di quanto potesse diventare terribile la
Evans.
Altri, invece, rimasero ancora un po’ ad imprecare contro la
Caposcuola più
odiata di Hogwarts, per poi dirsi che infondo si era fatto tardi ed era
ora di
andarsene a dormire.
Oltraggiata,
la Hamilton avanzò verso la rossa, pronta alla guerra.
Stringendo
i pugni fino a farsi venire le nocche bianche, la piccoletta
avanzò decisa,
convinta di poter rimettere a posto la Evans rompiboccini, ma aveva
fatto male
i suoi piani. Non fece a tempo ad uscirsene con un: -Ascolta un
po’,
Mezzosangue idiota…- che
la sua bocca non potè fare altro che riaprirsi e richiudersi
nel vano tentativo
di continuare a parlare. Tentativo inutile, visto
l’incantesimo di mutismo che
le era stato lanciato.
E
non da Lily.
Un’altra
ragazza fece il suo ingresso sul palco. Ancora la bacchetta incriminata
in
mano.
-Credo
sia ora di starsene un po’ zitte, cretina numero uno.-
sibilò Alice Rubin,
dura. Neppure l’ombra di un sorriso ironico. Era
semplicemente furente di
rabbia.
-Quelle
come te mi fanno schifo.-
Poi
non le disse altro, avvicinandosi a Lily e guardandola.
-Bel
lavoro Lily, anche se credo che tu ti sia appena guadagnato il titolo
di
“Ragazza più odiata
dell’anno”.-
La
Evans fece spallucce, come a dire che ormai c’era abituata e
che non le
importava proprio un bel niente.
Alice
sorrise un attimo, per poi tornare seria. –Andiamo a cercare
Vick.-
Solo
in quell’istante di calma apparente, mentre vedeva le due
ragazze correre via
insieme, James Potter ebbe il coraggio di voltarsi alla sua destra.
Quella
presenza amica non la sentiva più vicino da un paio di
minuti.
Da
quando il caos era cominciato. Eppure fino a quel momento non aveva
avuto la
forza di guardare.
Finalmente,
trattenendo il respiro, lo fece. E la verità lo colse in
pieno.
Sirius
Black
se ne era andato.
Quattro
e venti del mattino. Un silenzio inquietante regnava per i corridoi
vuoti e bui
del castello di magie e stregonerie di Hogwarts, come a voler presagire
che, di
lì a poco, qualcosa di grande sarebbe accaduto.
Nel
bene e nel male.
Una
luna ormai prossima all’opposizione risplendeva in un cielo
privo di altre
luci, buio come inchiostro maligno. L’aria sembrava vibrare,
intrisa di magia.
Magia
malvagia.
Remus
J. Lupin osservava la volta celeste affacciato ad una delle molte
finestre del
terzo piano, lasciando che soffi di aria fresca gli carezzassero il
volto
stanco.
Lo
sguardo rivolto allo spettrale satellite che scandiva, crudele, i tempi
della
sua vita.
Sospirò,
chiudendo gli occhi cerulei.
Non
era il momento di pensare alla sua trasformazione, aveva perso di vista
Victoria ed ora non riusciva ad immaginare dove potesse essersi
cacciata.
Era
così sconvolta …
Aveva
provato ad inseguirla, ma lei gli era sfuggita.
Che
ne sarebbe stato di lei? In che condizioni poteva trovarsi il suo
cuore,
adesso?
E
Sirius?
Remus
si prese il viso tra le mani e si lasciò cadere seduto sul
freddo pavimento di
marmo, sentendo crescere dentro di lui una grande confusione.
Avrebbe
voluto risolvere tutto ciò che stava sconvolgendo il suo
gruppo, avrebbe voluto
sistemare ogni cosa, ma si rendeva conto che il suo “mondo
perfetto” non
avrebbe potuto continuare ad esistere confinato in una perenne stasi.
Doveva
evolversi, mutare. Andare avanti. In ogni caso.
Mutare.
Una
parola che per Remus era come veleno. Il peggiore.
Sopportava
a mala pena di udirla. E desiderava rinchiudersi nel suo piccolo mondo
perfetto
sopra ogni altra cosa. Adesso tutto gli stava fuggendo di mano.
E
non aveva idea di quanto le cose avrebbero continuato a cambiare,
stravolgersi,
con il passare degli anni.
Lui,
per primo, avrebbe dovuto abbandonare la consolante parola stasi.
Concentrato
com’era a preoccuparsi per Victoria Olsen ed i suoi compagni,
udì a malapena il
rumore leggero di tacchi che si stava pian piano avvicinando.
Quando
una figura femminile gli si parò davanti, torreggiando su di
lui, Remus aveva
ancora lo sguardo fissato a terra, come caduto in un sonno ad occhi
aperti.
Eva
Ames, bellissima nel suo abito bianco, si inginocchiò vicino
a lui, chiamandolo
e scuotendolo con delicatezza.
Lo
osservava con i suoi occhi verdi, così scuri rispetto a
quelli di Lily, e
continuò a chiamarlo fino a quando lui non si accorse di lei
e si voltò a
guardarla.
La
ragazza gli sorride. –Che ti succede?- chiese piano, non
togliendogli gli occhi
di dosso.
Remus
scosse piano la testa, sentendo l’aria mancargli.
–E’ tutto finito, Eva. Finirà
tutto, lo so. Io credevo… credevo che almeno questa parte
della mia vita non
sarebbe mai cambiata, sarebbe restata così
com’è, come la volevo. E adesso
tutto va a rotoli.- mormorò con un filo di voce, tremando.
Lei
rimase in silenzio, guardandolo. Per un po’ di minuti nessuno
dei due parlò
più.
-Ho
assistito anche io a ciò che è successo alla
Olsen.- cominciò lei, lentamente.
–A quanto pare quella povera ragazza non deve stare attenta
soltanto a noi
Serpeverde.- fece con un sorrisetto ironico. –Mi dispiace,
Remus. Vuoi che
andiamo a cercarla insieme?-
Lui
scosse la testa, tornando a guardare il pavimento.
Eva
attese.
-Non
è solo Vick il problema. Siamo noi quattro. Io, Peter,
Sirius e James. C’è
qualcosa che non va.- confessò il ragazzo con la morte nel
cuore, continuando a
guardare ostinatamente a terra. –C’è
stato un tempo in cui dipendevamo
veramente l’uno dall’altro e invece ora…-
-Siete
cresciuti.- terminò la Serpeverde per lui.
Remus
alzò la testa, guardandola per la prima volta. Lei gli
sorrise.
-Credo
che sia normale.- continuò Eva. –Non siete
più bambini, non potete continuare
ad appoggiarvi tra di voi, ci sono cose che dovete imparare ad
affrontare da
soli. Ci sono scelte che dovete fare e che potrebbero rovinare anche
qualche
rapporto, ma non è importante. Remus, crescere è
questo. E’ intraprendere una strada,
diritti verso la persona che vogliamo diventare. Durante questo
percorso
possiamo essere affiancati dai nostri amici, è vero, ma
fondamentalmente è un
viaggio che dobbiamo affrontare da soli. E ci capiterà di
ferire e deludere
qualcuno, ma anche di allacciare nuovi legami, più forti dei
precedenti.- gli
spiegò, parlando con la sua voce sempre pacata e tranquilla.
-Stai
dicendo che devo lasciar perdere i miei amici?- fece Remus,
irrigidendosi.
-No,
non ho detto questo. Sto solo dicendo che dovresti anche imparare a
rispettare
i loro silenzi ed i loro segreti. Lasciali andare, Remus. Si
confideranno con
te, quando ne sentiranno il bisogno. Anche loro tengono alla vostra
amicizia,
cosa credi?-
Dopo
queste ultime parole calò il silenzio. Il ragazzo distolse
lo sguardo, incapace
di dire qualcosa. Le parole di Eva avevano fatto breccia nella sua
mente, che
continuava a ripetersele.
Forse
lei aveva ragione. Forse lui, tra i Malandrini, era quello
più ossessionato
dall’idea di gruppo, famiglia, stabilità. Forse
lui era quello con meno voglia
di crescere, di affrontare il mondo. Gli venne da ridere.
Tutti
lo consideravano il più maturo del gruppo ed invece era
quello che più di tutti
non voleva cambiare, crescere.
Bastava
che qualcosa intaccasse il suo mondo perfetto ed ecco che lui crollava,
come
stava facendo quella notte. Si sentì terribilmente debole.
Reagendo
in questo modo, non avrebbe mai potuto essere d’aiuto ai suoi
amici. Doveva
rimettersi in piedi.
La
mano di Eva si posò delicatamente sulla sua ed i loro occhi
si incontrarono.
-Andiamo
a cercare i tuoi amici adesso?- chiese lei, già conoscendo
la risposta.
Lui
annuì, rimettendosi in piedi, seguito dalla ragazza.
Solo
in quel momento Remus si rese conto della bellezza mozzafiato che era
stata
seduta vicino a lui fino a quel momento. Eva Ames era una visione.
Quel
vestito bianco immacolato le fasciava il corpo in maniera perfetta. I
boccoli
castani erano acconciati a regola d’arte e splendevano come
non mai. E quegli
occhi verdi, sapientemente truccati, sembravano quasi incantare.
-Sei
bellissima.- gli uscì di bocca.
E
lei, sorpresa dal complimento, gli sorrise. –Grazie.-
rispose. –Lo apprezzo
molto, più dei giudizi degli altri.- confessò.
-Non
è neppure qui.- dichiarò Alice con un sospiro,
chiudendo la porta dell’aula di
Babbanologia. Camminava scalza, visto che le scarpette con il tacco
avevano
cominciato a martoriarle i piedi.
Lily
Evans, meravigliosa nel suo abbigliamento da ragazza metal, se ne stava
appoggiata ad una parete, in silenzio. Era terribilmente preoccupata.
Mancava
poco alle cinque del mattino e cominciava ad accusare la stanchezza,
tanto che
era arrivata a chiedersi come facesse a stare ancora in piedi. Non
aveva mai
fatto così tardi, neppure per studiare.
-Non
riusciremo mai a trovarla.- mormorò Alice. –Questo
castello è enorme, potrebbe
essere ovunque.-
Lily
annuì, in silenzio.
Una
volta lasciata la festa, erano subito corse a Grifondoro, sperando di
trovarla
nella sua stanza o nella deserta Sala Comune, ma non era stato
così.
Avevano
cercato in tutti i posti che erano venuti loro in mente, ma, come aveva
fatto
notare la Rubin, il castello era troppo grande.
-Non
posso smettere di cercarla, Alice. Vick è una mia amica e
adesso starà
sicuramente soffrendo. Ha bisogno di aiuto.- dichiarò la
rossa, decisa. –Sono
stanchissima, ma non posso tornare al mio dormitorio e lasciar perdere
tutto.-
Ascoltando
le sue parole, Alice Rubin sorrise.
-Ben
detto, Evans! Forza, in marcia! Abbiamo ancora molti posti dove
guardare e
speriamo di non beccare qualche coppietta in intimità!- fece
allegra,
incamminandosi su per le scale.
Lily
le andò dietro, ignorando gli occhi appesantiti e brucianti
per il sonno.
Fortuna che almeno le sue scarpe erano comode.
Per
un po’ camminarono in religioso silenzio, continuando a
cercare.
I
corridoi della scuola erano totalmente sprofondati
nell’oscurità più assoluta,
perfino le torce appese alle mura erano spente. L’unica fonte
di luce proveniva
dalle bacchette delle due Grifondoro.
I
quadri animati erano silenziosi, nessun loro abitante era sveglio.
Intorno alle
due ragazze il silenzio era quasi tangibile.
Lily
non era mai stata in giro per la scuola a quell’ora tarda
della notte, era
convinta che neppure Gazza e la sua gatta fossero svegli.
Rabbrividì,
ascoltando il rumore dei loro passi.
Erano
quasi arrivate di fronte al bagno di Mirtilla Malcontenta, quando Alice
si
voltò verso la rossa con un sorrisetto furbo.
–Paura Lily?- chiese, divertita.
-No!-
rispose la Evans, punta sul vivo. –E’ solo
che… ecco… questo silenzio non mi
piace. Non ci sono abituata. I turni di veglia dei Caposcuola non
durano fino a
così tardi.- spiegò, lasciandosi sfuggire un
sospiro. –Mi chiedo dove siano
finiti i ragazzi. Siamo subito corse a cercare Victoria…-
-Forse
la stanno cercando anche loro.- fece Alice, tranquilla.
–James di sicuro sarà
andato a cercarla.-
A
sentire il nome del Cercatore di Grifondoro, il cuore della Evans
sussultò,
cominciando a battere più forte.
-Maledetta
Stephanie! Ha rovinato la nostra splendida festa! Non siamo neppure
riusciti ad
eleggere il Re e la Reginetta del ballo! Me la pagherà
quell’oca giuliva!-
sbottò Alice, entrando nel bagno infestato dal fantasma
più odiato del
castello.
Lily
la seguì, illuminando la stanza con la propria bacchetta.
Mirtilla
se ne stava seduta su un lavandino, intenta a rigirarsi una ciocca di
capelli
tra le dita e a sospirare. Non alzò lo sguardo dal
pavimento, quando le sentì
entrare. Sembrava ignorarle.
-Ma
quella sta in giro a tutte le ore?- sibilò la Rubin,
parlando pianissimo.
Lily
la ignorò e si avvicinò al fantasma, cauta.
Conosceva bene i suoi attacchi di
pianto e depressione fulminei.
-Ehm…
Mirtilla?- la chiamò con gentilezza.
Quella
alzò lo sguardo, disperato come di consueto, e
fissò gli occhi sulla Evans.
-Oh,
buona sera mia compagna di solitudine.- la salutò, pacata.
–Anzi, forse dovrei
dire buongiorno.-
Tralasciando
l’appellativo che Mirtilla le aveva affibbiato, Lily
ricambiò educatamente il
saluto, sorridendo.
-Ascolta
Mirtilla, ho bisogno del tuo aiuto. Hai per caso visto passare da
queste parti
Victoria Olsen? È importante, perciò se sai
qualcosa dimmela, per favore.-
Il
fantasma ci pensò su una manciata di secondi, per poi
rispondere con un secco
“No”, tornando a attorcigliare una sua ciocca di
capelli intorno al dito con
fare distratto.
La
Evans si lasciò sfuggire un sospiro, esausta.
-Eddai
Malcontenta!- sbottò Alice, decisa. –Quella poverina
sta sicuramente soffrendo
moltissimo, ha bisogno di noi! Non ci credo che non sai niente! Tu sai
sempre
tutto di tutti!-
Fu un
errore. Un grandissimo errore.
Mirtilla,
incubo di tutte le studentesse che capitavano in quel bagno maledetto,
se ne
uscì con un urlo spaventoso, che fece sobbalzare le due
povere ragazze.
Dopodichè
scoppiò a piangere.
-C-Certo!
Brave! Preoccupatevi pure della vostra amichetta! Sta male lei, certo!
E di me
non se ne cura nessuno!- urlò tra le lacrime.
–Nessuno pensa ai miei
sentimenti! Il mio povero cuore è straziato, ma voi pensate
alla vostra amica!
Davvero brave!-
Alice
Rubin alzò gli occhi al cielo, non riuscendo a trattenere
una bella
imprecazione, che riuscì a far piangere il fantasma ancora
di più.
Toccò
a Lily Evans, anima buona, tentare di placare quella fontana urlante
formato
ragazza, mentre Alice, scocciata, se ne andava a sedere sul davanzale
di una
finestra, scrutando il parco immerso nella notte.
-Scusaci,
Mirtilla…- cominciò Lily, stanca, ma tentando di
mantenere un tono gentile.
-Non
immaginavamo che anche tu stessi male, ci dispiace!-
-Parla
per te!- sbottò la Rubin, scocciata.
Lily
la fulminò con lo sguardo.
-Alice
è molto stanca e nervosa, non badare a lei.-
spiegò a Mirtilla, che era già
pronta a scoppiare nuovamente in lacrime. –Domani
tornerò qui a parlare con te
tutto il tempo che vuoi, ma adesso, ti prego, se sai qualcosa,
parlamene. È
importante.-
Il
giovane fantasma si librò in aria, galleggiando sul
soffitto, con lo sguardo
perso e proprio quando la povera Lily stava per perdere la pazienza,
decise di
aprire bocca.
-…
davvero domani vieni a trovarmi?- chiese con voce triste.
-Certo!-
rispose la rossa, che già stava sulla porta.
-…sai…
è… è difficile per me…
lui… lui mi ha rubato il cuore! … m-me lo ha
rubato
davvero! Farei di tutto per lui, ma non è passato neppure a
farmi un salutino
stasera…- piagnucolò, strofinandosi gli occhi
sotto gli occhiali.
Lily
ed Alice si guardarono.
-Stai
parlando di James?- se ne uscì fuori quel mostro di
sensibilità della Rubin,
guardando Mirtilla quasi con divertimento.
Lily
spalancò gli occhi, sorpresa, per poi riportarli sul
fantasma che volava sopra
di loro. Ma il danno era fatto.
Cacciando
un grido terribile e scoppiando a piangere nuovamente, il fantasma
andò a
tuffarsi in un water, facendo schizzare acqua ovunque.
Se
ne era andata, addio informazioni!
Lily,
ormai al limite della sua pazienza, stava giusto per rimproverare
Alice, quando
la porta del bagno delle ragazze si aprì, facendo raggelare
entrambe.
Fece
il suo ingresso nel bagno la persona più improbabile. La
peggiore di tutte.
Bellatrix
Black, stupenda nel suo abito nero, alzò gli occhi di uno
stupefacente blu
elettrico su di loro e piegò la bocca in un ghigno.
Alice
e Lily la guardarono, stupite. Non si aspettavano di ritrovarsi davanti
proprio
lei. Nell’attimo di silenzio che seguì
l’ingresso della Serpeverde, la Evans si
ritrovò per la prima volta a pensare che quegli occhi erano
veramente identici
a quelli di Sirius ad un primo sguardo.
In
realtà c’era un abisso di differenza…
Negli
occhi di Sirius c’era divertimento, affetto, rabbia,
malinconia… ma mai la
fredda crudeltà e ironia che si trovavano nello sguardo di
Bella.
Quest’ultima
sorrise divertita mentre le guardava.
-Bene,
bene. Ma chi si vede! Non credevo che voi Grifondoro foste tipi da
passeggiatine così mattiniere!- celiò, fredda.
–Soprattutto tu, Evans.- sibilò.
Inconsapevolmente,
Lily fece un passo indietro. Quella ragazza la spaventava.
Quegli
occhi blu erano fissi su di lei e vi regnava una cieca rabbia che la
Grifondoro
non riusciva a spiegarsi.
Lei
e Bellatrix non si erano mai scambiate una sola parola in sei anni di
scuola,
non riusciva proprio a capire il perché di tutto
quell’astio. Che fosse la sua
natura di mezzosangue ad irritare la Black?
-Indietreggi,
Evans? Per caso hai paura di me?- frecciò la mora, ironica.
-Chiudi
quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca, Black!-
sbottò Alice,
prendendo la compagna per un braccio. –Andiamo, Lily. Abbiamo
perso anche
troppo tempo qui.-
La
risata di Bella fece gelare il sangue nelle vene ad entrambe.
-Brava,
Rubin. Portala via, prima che le faccia male.- sibilò,
guardandole andare via.
Lily
fece per voltarsi, furente, ma Alice la trattenne e la portò
fuori da quel
bagno, lontana da quella mangiamorte alle prime armi.
Rimasta
sola, Bellatrix osservò in silenzio il punto dove pochi
attimi prima si trovava
l’odiosa mezzosangue. Aveva già la bacchetta in
mano, sarebbero bastati pochi
attimi per farla fuori una volta per tutte.
E
James avrebbe sofferto…
Sarebbe
stato meraviglioso per lei vederlo soffrire e pagare per il male che le
faceva
ogni giorno, anche con il solo passarle davanti.
Sarebbe
stato sublime vedere la mezzosangue agonizzare ai suoi piedi…
Si
lasciò sfuggire una risata, che si spense
all’improvviso poco dopo.
Con
i suoi sensi di strega, Bellatrix aveva avvertito qualcosa
nell’aria, qualcosa
di oscuro e di potente che si trovava ad Hogwarts quella notte vicina
al
mattino.
L’aria
si era tutto ad un tratto fatta fredda, più densa,
più difficoltosa da
respirare. Era male, puro male. il buio intorno a lei si era infittito,
come se
una diabolica mano nera avesse deciso di avvolgere tutto quanto.
In
un attimo la ragazza fu alla finestra per scrutare il cielo. Nero.
Completamente nero.
Niente
stelle, niente luna. Scomparse.
La
luce stessa pareva aver abbandonato quel luogo.
Per
la prima volta, Bellatrix tremò.
Il
sogno…
Quel sogno…
Eccolo,
alla fine si era manifestato. Era in trappola, lo sapeva.
Vedeva
il mondo con occhi diversi ora, come se tutto fosse stato ricoperto da
un velo
nero e vorticasse intorno a lui.
Tentò
di respirare piano, il minimo indispensabile, ma la nausea non passava,
anzi,
sembrava peggiorare di minuto in minuto.
Ma
perché era lì?
Come
mai?
Non
riusciva più a ricordare niente. La testa gli faceva male,
così male che
sembrava in procinto di scoppiare.
In
verità, aveva come l’impressione che tutto il suo
corpo stesse per esplodere.
Ogni sua singola cellula doleva, come se fosse stato sottoposto ad una
Cruciatus continua.
Boccheggiò,
sentendo lo stomaco chiudersi e l’aria mancargli
all’improvviso.
Fu
un attimo e si ritrovò carponi, in preda a forti tremiti.
Vomitò
anche l’anima.
“Dio,
fa che finisca in
fretta…” si ritrovò a
pensare.
Ricordava
quel sogno…
Ricordava
la paura che aveva provato…
Si
muoveva nel buio, consapevole di non avere altra scelta. Ricordava
anche due
felini occhi verdi a guidarlo…
Eppure
adesso era solo. A stento ricordava il suo nome.
Tremava,
gli battevano i denti.
Quell’aria
era irrespirabile, sarebbe soffocato.
Desiderò
morire. Sperò con tutto il cuore che qualcuno lo trovasse e
lo uccidesse,
mettendo fine a quella tortura.
Qualcosa
strisciava sotto la sua pelle e tentava di uscire, ne era consapevole,
ma non
ricordava più cosa dovesse fare.
Doveva
lasciarla uscire, liberarla, oppure no?
Tremando
come una foglia, con le ultime forze che gli erano rimaste, James
Potter tentò
di mettersi seduto, ritrovandosi con la schiena appoggiata ad una
parete.
Quella
sembrava scottare a contatto con il suo corpo gelato.
Il
ragazzo chiuse gli occhi, nauseato dalla visione di quel mondo nero che
continuava a vorticare senza sosta intorno a lui.
Strane
immagini vorticavano nella sua mente, non riusciva a comprenderle,
erano
un’esplosione di colori senza forma, prive di senso.
Chi
era?
Perché
era lì?
Non
riusciva più a rispondere a quelle domande.
Il
suo corpo pareva essersi rilassato adesso, non faceva più
male.
Doveva
andarsene da lì, si disse. Doveva cercare aiuto, subito.
A
fatica riuscì a mettersi in piedi, tenendo una mano poggiata
sul muro, come
sostegno. Doveva uscire di lì.
Lentamente,
con passi misurati, riuscì a muovere qualche passo.
La
porta, doveva cercare la porta.
Ma
vedeva tutto nero, non riusciva a distinguere nulla.
Un
passo. Un altro passo. Un altro ancora.
E
poi fu la fine, perché il sigillo imposto da Silente, alla
fine si ruppe.
James
potè distintamente avvertire un forte bruciore alla spalla
sinistra, proprio
dove si trovava tatuato quel misterioso simbolo, che Silente aveva
apportato
come sigillo ai suoi poteri tanto tempo fa.
In
quel punto la pelle bruciò terribilmente, proprio come
l’ultima fiammata di una
candela che sta per consumarsi, ed infine il bruciore si estinse, come
se non
fosse mai esistito.
Da
quel momento fu l’inferno.
Non
esistevano urla sufficientemente forti per potersi liberare da quel
dolore così
atroce, forse soltanto la morte avrebbe potuto liberarlo.
Urlando
con tutto il fiato che aveva in corpo, James finì nuovamente
a terra, riuscendo
a stento a sostenersi con le braccia.
Urlava,
urlava e non poteva fare altro.
Sentì
ogni singola cellula del suo corpo rompersi, strapparsi. Qualcosa
dentro di lui
lo divorava senza pietà, desideroso di uscire.
James
non poteva impedirlo.
Avvertì
una strana luce oscura circondare il suo corpo, mentre lui gridava, si
contorceva e gemeva in preda a quell’insopportabile agonia.
Quanto
sarebbe durato?
Quando
sarebbe finita?
Non
poteva passare l’eternità
così…
Che
qualcuno lo uccidesse.
Cercando
di ingoiare le urla, James artigliò il pavimento con le mani
più forte che
potè, passando poi a riempirlo di pugni. Forte, sempre
più forte, cercando di
concentrare la propria mente sul dolore che provava alle mani, che
avevano
preso a sanguinare.
Doveva
esserci una fine, doveva esserci!
Le
sue urla riecheggiarono per i corridoi del castello, allarmando i
fantasmi e
svegliando i quadri.
Furono
udite da Bella, ancora nel bagno delle ragazze, ferma alla finestra,
incantata
ad osservare quel cielo nero, nonostante la prossimità
dell’alba.
Le
udì Gazza, che si precipitò fuori dalla sua
stanza.
Le
udirono anche alcuni studenti di Corvonero, che restarono immobili nel
loro
letto, spaventati dal buio che li circondava, ora minaccioso.
E
le udì anche l’ultima persona che avrebbe dovuto
vedere.
La
porta della Torre di Astronomia dove James Potter stava subendo le pene
più
atroci dell’Inferno, lentamente, si aprì,
cigolando.
Il
ragazzo ancora urlava, non riuscendo a trovare pace.
Ed
uno spettacolo raccapricciante si parò di fronte al
malaugurato spettatore.
Quello
che giaceva a terra non poteva essere James. Era un mostro con il suo
aspetto.
Non poteva essere James Potter.
Pelle
chiara, pallida come la luna, attraversata ovunque da nere
ramificazioni, che
altro non erano che le vene presenti nel corpo del ragazzo messe in
risalto
dalla nera magia che aveva preso a scorrere sostituendosi al sangue.
Sangue…
Il
sangue era ovunque in quella stanza, tanto che l’aria era
impregnata di quel
nauseante odore ferroso.
James
se ne stava a terra, supino, ancora avvolto in quell’alone di
luce nera.
I
suoi occhi erano completamente neri.
Le
guance rigate di lacrime, sgorgate a causa della sofferenza.
Debolmente,
senza più forze, riuscì un poco a sollevare la
testa. Era entrato qualcuno in
quella stanza, riusciva chiaramente a percepire la sua magia.
Doveva
chiedere aiuto, subito.
Sforzandosi,
riuscì a mettere a fuoco la figura che stava ancora sulla
porta, in preda alla
paura e all’orrore.
Non
si curò di chi fosse, non se ne preoccupò.
Chiedere aiuto era più importante.
Ricordava
quella persona, sapeva che poteva fidarsi di lui.
-…Peter…-
riuscì a pronunciare, dopo numerosi tentavi.
-…Peter… ti prego…- fu costretto a
tossire, sputando fuori altro sangue. -…t-ti
prego…aiutami…-
Una
fitta di dolore più forte delle altre lo costrinse ad urlare
di nuovo, poi,
misericordiosamente, l’oblio. Perse i sensi.
Cadde
nell’oscurità e nella pace, non udendo quei passi
che si allontanavano di corsa
dalla stanza dove si trovava.
Passi
che scappavano.
Passi
che non andavano in cerca di aiuto per lui.
Per
tutta la notte il cielo era stato di un’oscurità
spaventosa, in grado di far
tremare le vene ai polsi a chiunque. Quella notte qualcosa di
terribilmente
oscuro si era risvegliato, ma, come tutte le entità maligne,
all’arrivo del
giorno, si era dissolto, lasciando il posto alla natura in procinto di
risvegliarsi.
L’aria
si era fatta più fresca e pungente, piacevole da sentire sul
viso, profumata
della prima rugiada.
L’alba
era prossima.
Lo
stadio di Quidditch era deserto, una leggera brezza si faceva spazio
tra le
tribune silenziose, in attesa di una nuova partita.
Tutto
sembrava sospeso in una bolla di sapone, anche il tempo sembrava non
scorrere
più. Il silenzio faceva da sovrano, sconfitto solamente dal
suono della natura
in risveglio. Tutti in attesa del sole.
Unica
spettatrice di quello spettacolo unico e prezioso, Victoria Olsen.
Non
aveva chiuso occhio quella notte buia, il sonno e la stanchezza erano
gli
ultimi dei suoi problemi. Il cuore le faceva male, male da morire.
Non
aveva il coraggio di pensare ancora a ciò che era accaduto
qualche ora prima.
Era
finita per lei. Finita.
Aveva
perso Sirius, ne era sicura.
Non
avrebbe mai voluto che lui sapesse dei suoi sentimenti in quel modo,
mai. Se
avesse saputo che le cose sarebbero andate per quel verso, allora
avrebbe
preferito mille volte tirare fuori gli attributi e dirglielo di
persona, da
soli.
Poteva
solo immaginare la furia del suo migliore amico.
Tradito.
Tradito due volte.
La
prima perché lei, la sua migliore amica, si era innamorata
di lui, mandando
l’amicizia disinteressata a quel paese.
La
seconda perché non era stata in grado di esporgli i suoi
sentimenti ed aveva
lasciato che fosse una cretinetta incipriata a farlo al posto suo,
davanti a
mezza scuola.
Sospirando,
Victoria si prese la testa tra le mani, disperata.
Con
che faccia poteva tornare in quel castello?
Come
avrebbe potuto incontrarlo ancora?
Sorridendo
tristemente, si disse che in fondo, doveva solo aspettare un anno,
doveva
solamente nascondersi per un anno intero, poi Sirius si sarebbe
diplomato e
avrebbe lasciato la scuola.
Meditava,
meditava da ore, cercando di inventarsi scuse convincenti o stratagemmi
per
scomparire in un baleno, se fosse stato necessario.
Se
ne stava lì, seduta nella tribuna del Grifondoro, con
l’aria esausta. Le
scarpette col tacco gettate lontano. Il vestito spiegazzato. Il trucco
rovinato
dalle lacrime che aveva versato mentre fuggiva dalla Stanza delle
Necessità,
seguita da Remus.
E
pensare che Lily si era così impegnata per truccarla in
maniera impeccabile…
Remus.
Lily.
I
suoi amici.
Le
sembrava una vita dall’ultima volta che aveva avuto una
conversazione degna di
questo nome. Le mancavano.
E
le mancava il Quidditch. Stare lì, seduta sulle tribune, le
aveva fatto
ricordare le partite vinte, le risate negli spogliatoi, James che
prendeva il
boccino e la parte rossa e oro dello stadio che esultava. E poi Sirius
che la
chiamava, la pluffa che scattava, e lei che partiva veloce, sfrecciando
tra gli
avversari e faceva punto.
Sirius
che la prendeva tra le braccia, sollevandola come se non avesse peso,
esultando: Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!
Una
lacrima dispettosa le rigò una guancia. Voleva che tutto
tornasse come prima.
Avrebbe
messo da parte l’amore, avrebbe chiuso il suo cuore, sarebbe
tornata l’amica di
sempre, senza sperare nulla, avrebbe fatto qualsiasi cosa per tornare
indietro.
Una
fitta al cuore.
Non
era stata colpa sua.
Lo
ricordava.
Se
fosse dipeso da lei, quella separazione non sarebbe mai avvenuta. Lei
non aveva
fatto niente.
Era
stato lui. Era stato Sirius.
Lui
aveva cominciato a non parlarle, ad evitarla. Era cominciato tutto dopo
quella
terribile notte in Biblioteca, quando lei e Lily erano state torturate
dai
Serpeverde.
Ricordava
il dolore che le aveva inflitto la maledizione Cruciatus.
Poi
aveva perso i sensi. Non ricordava nulla di ciò che era
accaduto dopo.
Si
era risvegliata in un lettino dell’Infermeria. Aveva notato i
regali ai piedi
del letto che i suoi amici le avevano portato.
Lily
era andata molte volte a farle visita, sempre in compagnia di James.
Remus
l’aveva aiutata a recuperare con la scuola e le aveva
raccontato della
punizione data ai Serpeverde. Si era indignata insieme a lui per la
decisione
del preside di non espellere quei maledetti.
Persino
Peter era andato a trovarla, portandole dei dolcetti presi dalle cucine.
E
poi c’era stata la squadra del Grifondoro al completo e le
sue compagne di
stanza.
Ma
mai Sirius Black. Mai.
Non
era mai andato a trovarla.
Aveva
incominciato ad ignorarla da quel momento, probabilmente.
Perché?
Perché
faceva così?
Cosa
era accaduto?
Stephanie
aveva letto una pagina del suo diario, quindi probabilmente quel
dannato
quaderno era nelle mani di quella malefica ragazza, Sirius non poteva
averlo
letto.
O
si?
Non
sapeva più che cosa pensare.
Presa
com’era a pensare e a martoriarsi il suo povero cervello
stanco, non si rese
conto di un rumore di passi che si stavano avvicinando sempre
più a lei.
Fu
quella voce a destarla. Fu quella voce ad ucciderla.
-Ti
ho trovata.-
Victoria
sussultò, sentendo il cuore fermarsi. Non aveva il coraggio
di voltarsi e
vedere con i propri occhi che lui era veramente lì.
-Come
cavolo hai fatto a correre così veloce con quei tacchi?-
continuò Sirius Black,
con voce scherzosa.
Altri
due passi e fu da lei. Le si sedette vicino.
-Ti
ho vista scappare via dalla festa.- le disse, parlando piano.
–Remus ti è corso
dietro e io l’ho seguito, ma non vi siete accorti di me,
eravate troppo lontani
ed era buio. Quando sei sparita dietro quell’arazzo, mi sono
ricordato del
sesto piano, ma mi sono sbagliato… Non riuscivo
più a trovarti…-
-Che
cosa vuoi?- lo interruppe lei ad un tratto, non potendo più
sopportare
quell’attesa. –Mi eviti da settimane e ora sei qui
a parlarmi come se nulla
fosse. Non fare il finto tonto con me, Sirius Black, non funziona!
Dimmi quello
che devi dire e vattene!- gridò, tremando come una foglia.
Finalmente
trovò il coraggio di voltarsi a guardarlo.
Quell’abito
da principe gli stava da Dio. Ogni cosa stava bene su di lui.
Sirius
la scrutava con i suoi occhi blu, ma in essi non c’era
traccia di rabbia o
disgusto, albergava solamente una grande preoccupazione, unita a
sofferenza.
-Stai
tremando…- mormorò lui, guardandola.
-Non
ho niente.- sbottò lei, abbassando lo sguardo.
Ignorando
le sue parole, Sirius si tolse la giacca, posandola sulle spalle della
ragazza.
Quel vestito era meraviglioso, ma decisamente troppo leggero per
quell’ora
della mattina.
-Sirius,
per favore…- lo implorò lei, sentendo gli occhi
bruciare. –Voglio… voglio che
tu mi dica cosa hai in testa adesso! Credo che impazzirò
così! Se… se non vuoi
dire nulla, allora vattene! Vattene ed ignorami, ok? Mi dispiace per il
diario!
Non volevo che tu lo sapessi così! Ti chiedo scusa,
io… io sono stata una
vigliacca e…-
-Alt!
Stop!- la interruppe lui, prendendole una mano. –Vick, se qui
c’è qualcuno che
deve chiedere scusa e darsi del codardo sono io. Io e nessun altro.-
La
vide alzare lo sguardo e scrutarlo con i suoi occhi azzurri, ora
confusi. Erano
arrossati quegli occhi, evidente segno che aveva pianto.
Sirius
si maledette mille volte.
Quella
lacrime erano tutte causate da lui, lo sapeva.
Sospirò,
posando lo sguardo sul campo di Quidditch.
-Mi
dispiace per la nostra ultima partita. Sono stato un idiota…-
-Eri
arrabbiato con me, vero?- mormorò la Olsen, perdendo il
coraggio di guardarlo.
-Arrabbiato?-
ripetè Sirius. –No, Vick. Assolutamente no!-
-Ti
ho dato uno schiaffo…-
-Me
lo sono meritato.-
-Io…
Io credevo che tu ce l’avessi con me per qualche motivo. Non
sei venuto a
trovarmi in infermeria, non mi hai più parlato, scappavi da
me… Credevo ti
fossi accorto di qualcosa e… e che non volessi
più saperne di me.-
Sirius
la guardò, confuso. –Di cosa parli?-
La
Olsen si strinse nella giacca, come in un vano tentativo di
proteggersi, o di
nascondesi. Aveva paura di affrontare l’argomento.
-Parlo
di quello che è successo alla festa, della pagina del mio
diario che Stephanie
ha letto davanti a tutti.- cominciò, guardandosi i piedi
scalzi. –Sto parlando…
dei miei sentimenti per te, Sirius.-
Ecco,
era arrossita.
Si
sentiva le guance andare a fuoco.
Che
fine aveva fatto la ragazza dura?
Doveva
dirgli tutto, decise. Le cose non sarebbero comunque andate peggio di
così.
E
Sirius meritava la sua onestà. Aveva il diritto di sentirsi
dire certe cose da
lei.
-Non
ho letto nessun diario.- le rispose Sirius.
Non
la stava guardando. In realtà le parole di lei lo avevano
lasciato senza aria
nei polmoni. Anzi, in verità, stava così dal
momento stesso in cui Stephanie
aveva terminato di leggere i pensieri di Victoria.
Vick
era innamorata di lui.
Era
innamorata di lui.
Continuava
a ripeterselo da ore.
-Sirius,
io…-
Il
ragazzo scosse il capo. –Non c’è bisogno
che tu mi dica niente. Lo so.-
-No,
devi saperlo da me!- fece la ragazza, stringendo i pugni.
–Non permetterò a
quella stronza di portarmi via una cosa così importante!
Sirius, guardami!-
Lui
obbedì, sentendo qualcosa tremare dentro di sé.
Gioia.
Paura. Era tutto così confuso per lui…
-Sono
innamorata di te.- mormorò Victoria, guardandolo negli occhi.
Ecco,
ora era libera. Finalmente quel maledetto nodo che le impediva da anni
di
respirare se ne era andato.
Lo
aveva detto.
Glielo
aveva detto.
Tutto
il resto non contava.
-All’inizio
eri un rivale per me, volevo batterti ad ogni costo.-
continuò lei, sorridendo.
–Poi hai cominciato a starmi simpatico e siamo diventati
amici. Voglio bene ad
ognuno di voi ragazzi, ma con te è sempre stato diverso. Poi
a tredici anni ho
capito. E non sono mai riuscita a liberarmi di quei sentimenti. Ci ho
provato,
Sirius. Te lo giuro. Ho provato in tutti i modi a tenerti nascosto
tutto, a
proteggere la nostra amicizia, ma poi…-
-E’
stata colpa mia, Victoria.- sussurrò Sirius.
Era
come se il suo cuore si fosse fermato di botto e poi avesse cominciato
a
battere velocissimo. Non si era mai sentito così.
Le
parole di quella ragazza lo uccidevano e gli davano la vita allo stesso
tempo.
-Ti
evitavo, scappavo da te… ma non a causa tua. Era tutta colpa
mia.- le disse,
guardandola. –Perdonami, Vick. Sono un codardo. Un vigliacco.-
-Ma…-
-In
tutti questi anni, sono sempre stato troppo occupato a pensare a me
stesso, per
accorgermi dei tuoi sentimenti. Ti ho sempre vista come uno dei miei
più cari
amici, mi faceva comodo vederti così. Sbagliavo.-
-Non
dire questo…- mormorò lei. –Avrei
potuto parlarti…-
-No,
Vick. Ero troppo ottuso, sul serio. Mi sarei convinto di aver capito
male.-
fece con un sorriso amaro. –Non volevo capire. Non ho mai
voluto capire che…
che avevo paura.-
-Paura?-
-Paura
di te.- le confessò lui. –Victoria, tu rappresenti
tutto per me. Sei il mio
eroe. Se non fosse stato per te, io adesso vivrei ancora con i miei
genitori.
Tu mi hai portato via da lì, tu mi hai convinto ad andare da
James. Se fossi
rimasto là ancora un po’… forse adesso
sarei freddo come Bellatrix o perso come
Narcissa. Non voglio diventare così, Vick. Ed è
grazie a te se mi sono
salvato.-
Lei
lo ascoltava senza più dire una parola, il cuore che batteva
veloce.
-Quella
sera, tu mi hai portato via tenendomi per mano, te lo ricordi?- le
chiese lui,
guardandola. –Non volli ascoltare ciò che
già sapevo dentro di me. Poi c’è
stata quella notte in Biblioteca con i Serpeverde. Credevo di
impazzire. Mi è
stata sbattuta la verità davanti agli occhi. Ti ho baciata
mentre dormivi e mi
sono sentito un verme, non volevo trattarti come ho sempre fatto con le
altre,
perciò…-
-Mi
hai baciata?- fece Vick, con un filo di voce.
La
sua mente viaggiava veloce, cercando di imprimersi nella memoria tutte
quante
le parole che stavano uscendo dalla bocca di Sirius. Non voleva
dimenticarsene
per niente al mondo.
-Già…-
ammise Black, per la prima volta in imbarazzo. –Sei
arrabbiata, vero?- fece, in
attesa delle urla della compagna.
-Arrabbiata?-
ripetè Victoria, guardandolo. –Sirius, io sono
incazzata nera!- sbottò,
tornando quella di sempre. –Per la barba di Merlino! Sirius
Black mi bacia e io
neanche posso ricordarmelo!-
Quell’affermazione
totalmente sincera, fece sgranare gli occhi ad entrambi. E se da una
parte la
povera Victoria arrossì furiosamente, dicendo
definitivamente addio alla sua
dignità, Sirius Black rise divertito, sfoderando la sua aria
malandrina.
-Beh,
a questo c’è rimedio, Olsen.- le disse, sorridendo
furbo.
Lei
lo fulminò con lo sguardo. –Non ti mettere a fare
il furbetto con me, Black.-
lo minacciò, ma sulle sue labbra stava già
spuntando un sorriso.
Lui
rise e finalmente le porse la mano. –Pace?-
Victoria
afferrò quella mano senza la minima esitazione.
–Pace.- dichiarò.
-Era
poi così difficile dirci tutto?- meditò lui,
guardandola. –L’abbiamo allungata
così tanto, quando poi non c’è voluto
molto…-
Lei
scoppiò a ridere, divertita. –Beh, siamo proprio
una bella coppia di imbranati,
Black.- sentenziò allegramente.
-Mmm…
mi piace la parola coppia…- fece lui, ancora con il suo
sorriso furbo.
-Anche
a me!- dichiarò lei, rispondendo al sorriso.
Per
un attimo si guardarono in religioso silenzio. Il sole era sorto e loro
non se
ne erano neppure accorti.
-Abbiamo
finito tutti gli argomenti, finalmente? Non abbiamo più
nulla da chiarire,
giusto?- domando Black, con fare fintamente disinteressato.
-Sì,
tutto chiarito.- rispose lei, guardandolo.
-Mmm…
bene.- fece lui, furbo. –Allora posso baciarti adesso?-
C’era
da aspettarselo, Sirius Black non sapeva neanche dove stava di casa il
romanticismo. Questo fu l’unico pensiero che per un momento
balenò in testa
della Olsen, mente scoppiava nuovamente a ridere.
Poi
non ci fu tempo di pensare altro, perché lui le strinse di
più la mano e si
chinò su di lei, baciandola come desiderava fare da tempo.
Primo
bacio.
Il
suo primo bacio.
E
lo stava dando proprio a Sirius.
Allora
esistevano anche certi sogni in grado di diventare
realtà…
Un
bacio nato da una risata.
Baci
e risate, ecco che cosa si sarebbe ricordata lei di quel giorno.
Quelle
braccia intorno a lei erano tutto ciò che aveva sempre
desiderato, quei capelli
neri che le solleticavano il viso erano seta sulla pelle, quel profumo
che era
sempre appartenuto a lui era anche suo adesso…
Tutto
era suo e non le sembrava ancora possibile.
Teneva
gli occhi chiusi e rispondeva a quel bacio, che da tenero, si era
subito fatto
appassionato, seguendo Sirius.
Era
un po’ impacciata, ma non era per nulla in imbarazzo.
Era
Sirius Black .
Era
Sirius.
Il
suo Sirius.
E
baciare quel ragazzo meraviglioso era decisamente
un’esperienza unica, era come
la fine della scuola e l’inizio delle vacanze.
No,
molto, molto di più.
Era
come la squadra di Quidditch inglese che vinceva i mondiali.
No,
neppure.
Vick
si dette della stupida. Pensare certe cose in un momento
simile…
Aveva
quasi paura che le scappasse il cuore fuori dal petto.
Le
venne di nuovo da ridere e furono costretti a separarsi.
Sirius
la studiò, scocciato dall’interruzione e allo
stesso tempo divertito. Le fece
un dispettoso buffetto su una guancia.
-Che
c’è da ridere? Guarda che stai baciando Sirius
Black in persona, sai?- disse,
fingendosi offeso.
Per
tutta risposta, lei continuò a ridere.
-Allora,
come sono andata come primo bacio, grande maestro?- lo
schernì lei, ridendo.
Sirius
finse di pensarci su, osservandola. –Mmmm… non
male, Olsen. Non male. Un altro
po’ di esercizio e sarai perfetta!- rispose con la sua faccia
tosta.
Lei
gli rifilò un colpetto sulla testa. –Non sei per
niente romantico, Black.-
-Neanche
tu sei per niente romantica, Olsen.- le rispose subito lui, furbo.
–Ora zitta,
che devo recuperare il tempo perduto…-
-Dobbiamo
recuperare tre anni!-
-Ecco,
allora basta parlare!-
A
quell’ora infame del primo mattino, c’erano ancora
due povere anime che si
trascinavano per il parco di Hogwarts con due occhiaie da fare
spavento, dopo
aver passato un’atroce notte in bianco.
Probabilmente
sarebbero presto caduti in coma, crollando sull’erba.
Illuminati
dai primi raggi del sole, Remus Lupin ed Eva Ames, Caposcuola ligi al
loro
dovere, mandarono entrambi una brutta maledizione indirizzata a
Stephanie
Hamilton, da quella sera ribattezzata come “La Bastarda
Infame”.
-Non
so come scusarmi, Eva, davvero. Ti ho trascinata tutta la notte in giro
per il
castello in cerca di Victoria e dei miei amici… Non so
davvero cosa dire.-
-Tranquillo
Remus. Sono stata io a proporti di cercare insieme la tua amica. Se
solo
fossimo riusciti a trovarla…- rispose la ragazza,
sorridendogli. –E poi, quando
abiti nel dormitorio di Serpeverde, ti abitui fin dal primo anno a
dormire
poco.-
Quella
battuta fece sorridere il biondo Caposcuola, che sentì i
nervi allentarsi
almeno un po’. Che nottata! Non ne poteva più.
Avevano
cercato Vick, poi, non riuscendo a trovarla, erano tornati nella Stanza
delle
Necessità, dove non avevano trovato nessuno. Se ne erano
andati tutti.
Allora
erano corsi a Grifondoro –Eva era rimasta sorpresa dalla loro
Sala Comune, non
essendoci mai stata- in cerca di James e gli altri.
Avevano
trovato il dormitorio dei Malandrini deserto, neppure Peter era nel suo
letto.
Il povero Remus aveva anche cercato la Mappa del Malandrino, dicendosi
che con
Eva si sarebbe inventato una scusa, ma della finta pergamena non
c’era stata
traccia da nessuna parte.
Preso
dallo sconforto e maledicendo Sirius, Victoria ed il loro problemi di
cuore, il
ragazzo era corso alla stanza di Lily ed aveva bussato, sperando che
qualcuno
aprisse, ma la stanza era rimasta chiusa. Non c’era nessuno.
Non
avevano potuto fare altro che rimettersi a cercare.
-Sicuro
di voler cercare anche al campo di Quidditch e agli spogliatoi?- chiese
Eva,
guardandolo. –Abbiamo sempre da vedere la Torre di
Astronomia.-
Remus
annuì, riprendendo a camminare. –Se non sono
neanche lì, allora ce ne andiamo a
letto e festa finita!- sbottò.
Si
stava innervosendo, notò Eva. In effetti anche lei non ne
poteva più.
Si
chiese cosa cavolo ci facesse lei, una Serpeverde, alla ricerca di un
gruppo di
Grifondoro svitati alle cinque del mattino passate.
Sospirando,
si affrettò a seguire il ragazzo.
-Ti
ringrazio davvero molto per stanotte. Sei stata gentile ad aiutarmi.-
le disse
lui, guardandola mortificato.
Eva
scosse il capo. –Non fa niente, te l’ho detto. Ti
sdebiterai.- rispose,
divertita.
-Magari
puoi comprarmi qualche dolcetto a Mielandia, la prossima volta che
andiamo ad
Hogsmeade.- buttò lì, vaga. Sorrise.
Lupin
la guardò, sorpreso. –E’ il sonno oppure
mi stai chiedendo di uscire?- fece,
camminandole vicino.
La
Serpeverde rise, pacata come sempre. –Beh, direi di
sì.-
Stavano
quasi arrivando allo stadio di Quidditch, quando si videro venire
incontro
altre due figure che potevano fare a gara con loro in quanto ad
occhiaie.
Lily
Evans ed Alice Rubin, che dopo quella nottata in bianco, passata a
girare come
trottole, potevano dichiararsi amiche del cuore.
Lily
sorrideva, anche se aveva l’aria stanca.
Alice
invece aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
-Ehi,
Lupin!- lo chiamò.
-Ragazze!-
esclamò Remus, esausto, correndo da loro.
-Lascia
perdere lo stadio, abbiamo già guardato noi.- lo
informò la Rubin. –Vick è là
e
credo stia benissimo.- fece con un ghigno.
-Benissimo?-
replicò Lupin, confuso.
-E’
con Sirius.- gli spiegò Lily, sorridendo.
-Già.-
sogghignò Alice. –E da come si danno da fare,
credo che presto tu, James e Peter
sarete zii.-
-Cosa?-
pigolò il povero Remus, sbiancando.
Alice
rise, divertita.
-Non
darle retta, Remus. Si stavano solo baciando.-
-Io
non li sottovaluterei i tentacoli di Black…-
continuò quella iena della Rubin.
-Comunque
sono affari loro!- ribattè Lily. –Forza,
andiamocene!-
E
così quei poveracci si rifecero anche il viaggio di ritorno,
percorrendo il
parco del castello come un quartetto di zombie.
Remus
Lupin meditava vendetta ad ogni faticoso passo che faceva.
Quei
due infami dannati di Black e Olsen non avrebbero avuto vita facile,
giurò. Lui
passava tutta la notte a cercarli come un’anima in pena e poi
veniva a sapere
che i due si stavano tranquillamente sbaciucchiando.
Sirius
poteva tranquillamente scordarsi le ricerche di storia della magia!
-Gli
altri sono a letto?- chiese Lily, non riuscendo a trattenere uno
sbadiglio.
-Beh,
se stai parlando degli amici di Remus, beh… nessuno era a
letto, quando siamo
saliti a vedere.- le rispose Eva, che fino a quel momento se ne era
rimasta in
silenzio.
-Anche
James non c’era.- disse Lupin. –Forse anche lui e
Peter stavano cercando i due
piccioncini…- ringhiò, per la prima volta davvero
di cattivo umore.
Quando
arrivarono al portone principale, Alice fece loro segno di fare
silenzio.
-Potrebbe
già esserci qualche professore in giro!- li
avvertì. -Pensate se ci beccasse la
McGranitt!-
Tutti
e quattro rabbrividirono d’orrore.
Entrarono
nella Sala d’ingresso senza fare un fiato, cercando di
muoversi senza fare il
minimo rumore.
Bel
presto però realizzarono che il castello era già
sveglio, in tumulto.
Udendo
un rumore di passi frettolosi, corsero a nascondersi.
Videro
la professoressa Sprite ed il professor Lumacorno affrettarsi insieme
in
direzione dell’Infermeria.
il
loro insegnante di pozioni indossava la vestaglia da camera e pareva
piuttosto
confuso, probabilmente era ancora mezzo addormentato.
-Pomona,
Pomona cara, fermati un attimo! Cosa succede? Perché ci
hanno svegliati a
quest’ora del mattino?- stava infatti dicendo, mentre correva
dietro alla
donna.
Quella
parve spazientirsi. Si fermò di botto e si voltò
a fronteggiarlo.
-Qualcosa
di terribile è accaduto in questo castello, proprio questa
notte, Horace! Non
hai sentito anche tu quell’energia negativa, prima di andare
a dormire? Io mi
immaginavo che sarebbe successa una qualche catastrofe!-
-Minerva
sembrava agitatissima! Mi ha urlato qualcosa come “prendere
tutti i miei
intrugli da pozionista” e correre in Infermeria!-
-Già.
Lo hanno portato lì. Dobbiamo andare,
c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Silente
è già lì, è stato lui a
trovarlo! Presto!- fece frettolosa, rimettendosi a
correre.
Lumacorno
le andò dietro, ansando.
-Ma
cosa è accaduto, Pomona? Non sarà mica un brutto
scherzo di… Silente mi aveva
assicurato che Lui non avrebbe mai
messo piede in questa scuola!-
-No,
non è Lui, Horace.-
rispose la
Sprite, nervosa. –Si tratta di James Potter.-
All’udire
quel nome, molti cuori persero un battito.
-Il
Preside lo ha trovato alla Torre d’Astronomia, privo di sensi
in una pozza di
sangue.- aggiunse la donna.
Lumacorno
non fece più una parola, seguendo la collega verso
l’infermeria.
Il
ghiaccio al posto del sangue nelle vene.
Fermi
vicino ad una rampa di scale, i quattro ragazzi erano sprofondati nel
più
totale silenzio. Eva, estranea in quel gruppo, guardò Remus.
Lupin
era ammutolito, le sembrava più pallido del solito. Alice
sembrava confusa,
incapace di formulare un pensiero.
Lily
era immobile, di poco lontana da loro. Si stava stringendo nelle
braccia, il
corpo percorso da tremiti. Si voltò verso Remus. Era
sconvolta.
-Stava
bene, Remus. Stava bene. Che… che cosa….?-
esalò, quasi priva di voce.
Il
ragazzo corse da lei, stringendola con un braccio. Erano sotto shock
tutti e
due, si disse il ragazzo. Doveva riprendersi, alla svelta.
Fece
un bel respiro e si voltò verso le due ragazze che stavano
dietro di loro.
-Io
e Lily seguiamo i professori. Eva, torna al tuo dormitorio e riposa,
per
stanotte ho approfittato anche troppo di te. Alice, torna a Grifondoro.
Avverti
Sirius, Vick e Peter appena puoi!-
La
Rubin annuì e corse via. Eva guardò per un attimo
Remus, poi gli voltò le
spalle e svanì nelle ombre dei corridoi.
Lupin
prese Lily per mano e cominciò a correre verso
l’infermeria.
Una
corsa contro il tempo.
In
testa tante, troppe domande.
Una
doccia fredda.
Cosa ti
è successo, James?
Ebbene,
il capitolo finisce qui. Mi aspetto insulti e lancio di pomodori.
Me
lo merito, visto che vi lascio in un punto simile.
Questo
è sul serio il capitolo più difficile che ho
scritto fino ad ora per due
motivi. Il primo è il mio ritorno alla scrittura dopo
diversi mesi, sono
decisamente arrugginita e si sente. Il secondo è…
beh… il capitolo in sé.
Davvero difficile. C’erano sul serio troppe cose da scrivere
e da intrecciare
tra loro. Ho cercato di farlo meglio che potevo.
Perché,
se da una parte abbiamo il buffo trionfo della coppia Vick/Sirius,
dall’altra
c’è James. James ed il suo incubo che si realizza.
Diciamo
che il risultato che volevo era un capitolo semplice, da commedia,
basato sul
divertente romanticismo, ma con una macchia. Una macchia che riesce ad
intaccare l’atmosfera.
Questa
macchia è James.
Questo
perché nella vita non è detto che se per te va
tutto bene, questo accada anche
agli altri. E così, mentre Sirius ha trovato
l’amore, James soffre pene atroci.
È
così che va il mondo, ragazzi!
Vi
invito a riflettere su Peter.
N.B.
Gli
occhi completamente neri di James non sono una mia idea, anzi. Vengono
spesso
usati nei telefilm sul soprannaturale. Siccome mi piacevano tanto, ho
voluto
metterli anche io.
Un
bacione,
Lady
Tsepesh
|
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Capitolo 21 *** Asleep ***
CAPITOLO
21 “ ASLEEP “
Quella
fredda mattina di inizio Novembre il silenzio faceva da sovrano nella
scuola di
magie e di stregonerie di Hogwarts. Riempiva i corridoi, le aule, i
giardini,
in una totale assenza di rumore.
Qualcosa
era accaduto tra quelle vecchie mura, qualcosa di raccapricciante.
Non
si poteva tornare indietro.
L’aria
era fredda, pungente. Spifferi di vento gelido riuscivano ad insinuarsi
nel
castello, facendo accapponare la pelle a quei pochi studenti che
avevano avuto
il coraggio di lasciare i propri letti ed andare a fare colazione.
Le
facce stanche ed ancora assonnate dei ragazzi la dicevano lunga su
quanto si
fosse festeggiato la scorsa notte di Halloween.
I
più consumavano la propria colazione in religioso silenzio,
fulminando con lo sguardo
i compagni più piccoli non appena questi accennavano a far
rumore e peggiorare
così già delle ingenti emicranie provocate
dall’alcol bevuto la sera prima.
Un
fatto però aveva colpito la curiosità di tutti,
grandi e piccini, svegli o
assonnati, ed era la totale assenza dei professori in Sala Grande.
Era
risaputo che il professor Lumacorno non era tipo da alzarsi ad
un’ora decente
nei giorni festivi, ma lo stesso non si poteva dire della professoressa
McGranitt o della Sprite.
Per
non parlare del Preside! Quell’uomo non dormiva praticamente
mai!
Era
rintracciabile a qualunque ora del giorno!
E
mentre già qualcuno scherzava sul fatto che persino i
professori si fossero
dati ai bagordi, magari proprio nell’ufficio del Preside, al
tavolo di
Corvonero le voci erano molto meno rassicuranti.
Due
ragazze Corvonero erano infatti pronte a giurare di aver udito delle
urla
tremende provenire dalla Torre di Astronomia nel cuore della notte e di
aver
sentito di mattina presto diversi passi concitati.
La
più piccola delle due, appartenente al secondo anno, aveva
ancora l’aria
spaventata.
-Beh,
forse era Pix. Non ci avete pensato?- borbottò un ragazzo
del settimo anno,
mentre era intento a versarsi una bella tazza di caffè per
ammazzare il sonno.
Julian
Harris, Corvonero, non era mai stato uno che amava molto le
chiacchiere,
soprattutto il giorno dopo aver passato la notte ad ubriacarsi per poi
ritrovarsi la mattina nudo in un letto non suo e con una
semisconosciuta.
I
suoi occhi castani, che fin da quando era piccolo esprimevano una certa
espressione di indifferenza per il mondo, erano ridotti a fessure.
Due
occhiaie da fare spavento facevano loro compagnia.
I
suoi capelli di un biondo ramato erano sparati un po’
ovunque, tanto da poter
fare concorrenza a quelli di James Potter in persona.
Trattenendo
l’ennesimo sbadiglio, il Corvonero trangugiò il
caffè senza più spiccicare
parola, ignorando le compagne di casa che lo stavano osservando.
-Per
me invece è accaduto qualcosa.- fece Jasper Joyce,
Caposcuola. –Sono andato in
Guferia stamani e indovinate chi ho visto entrare dal portone
principale?-
Adesso
gli occhi di tutti i Corvonero erano puntati su di lui.
-Auror.-
dichiarò il ragazzo, guardando i compagni. –Erano
appena le otto del mattino,
ecco perché nessuno di voi li ha visti. Eravate tutti ancora
a dormire.-
La
tensione era palese, al tavolo dei Corvi era appena caduto il silenzio.
Nessuno
stava più toccando la colazione, tutti con gli stomaci
troppo chiusi.
C’era
paura, ovvio.
Il
mondo magico ed anche quello babbano non erano più sicuri
come una volta,
bastava leggere la Gazzetta del Profeta.
Babbani
uccisi, maghi scomparsi…
Soltanto
uno di loro aveva ancora la voglia di mangiarsi un bel cornetto farcito
di
crema al cioccolato, attirando le occhiate sconvolte dei più.
-Come
fai ad essere sempre così tranquillo, mi spieghi?- proruppe
una ragazza del
sesto anno, gli occhi che mandavano scintille. –Non ti frega
proprio di
niente?-
Ed
il buon Julian, signore dei menefreghisti, alzò appena gli
occhi sulla sua
interlocutrice per poi uscirsene candidamente con un:-No, mi frega solo
del mio
mal di testa, che tra le altre cose, voi state peggiorando.-
Si
alzò, sotto lo sguardo divertito di Jasper Joyce, il suo
miglior amico.
-Gente,
vado in infermeria a farmi dare qualcosa di forte.-
comunicò, mentre si puliva
le dita dai resti del cornetto con un fazzoletto. –Fate i
bravi!-
Un
sorso di succo di zucca e via, era partito, lasciandosi dietro le facce
allibite dei suoi compagni di casa. Bisognava anche dire
però che gli studenti
più anziani, come i suoi coetanei del settimo anno, avevano
imparato a non far
più tanto caso alle stramberie di quel ragazzo.
Strano
davvero Julian Harris, talmente imprevedibile da poter gareggiare con
Xeno
Lovegood in quanto a stravaganza. Era sempre stato così fin
dal primo anno, a
partire dal modo tutto suo di stare seduto in classe.
La
povera McGranitt si era sgolata per anni a forza di rimproverarlo e di
intimargli di mettersi composto, ma alla fine aveva dovuto rinunciare e
tollerare che un suo studente seguisse le lezioni seduto a gambe
incrociare
sulla sedia.
C’era
anche da chiedersi come facesse a starsene in quella posizione per
così tante
ore e riuscisse poi ad alzarsi con facilità, senza il minimo
dolore.
E
le bizzarrie non finivano lì.
Di
poche parole, Julian era in grado di non parlare per un giorno intero,
se si
alzava male. Cosa che capitava spesso.
Durante
le lezioni disegnava sui banchi, invece di prendere un minimo
d’appunti, ma poi
durante compiti e interrogazioni era impeccabile. Era anche capitato
che il
Corvonero non spiccicasse parola ad un’interrogazione,
perché… beh… l’argomento
richiesto non era abbastanza stimolante. E se Lumacorno e Vitious
avevano
imparato a capire questo loro particolare studente, la McGranitt aveva
sommerso
i genitori del ragazzo di lettere chilometriche, incominciando una vera
e
propria crociata.
Prima
di uscire dalla Sala Grande, fermo davanti alla grande porta, Julian
fece
scorrere distrattamente il suo sguardo sul tavolo semi vuoto di
Tassorosso.
Fu
un istante.
Si
ficcò le mani nelle tasche di un paio di pantaloni neri,
abbassò gli occhi ed
uscì, non curandosi più di nessuno. Non era tipo
da considerare troppo la gente
che lo circondava.
Nel
corridoio l’aria era più fredda e non
potè non rabbrividire almeno un po’,
quella semplice camicia blu che indossava era troppo leggera per
ripararlo bene
dal primo freddo. Imprecò, strofinandosi le braccia con le
mani.
Quando
arrivò in prossimità dell’Infermeria
però, anche una persona indifferente come
lui, non potè evitare di restare almeno un po’
sorpreso. E per più di un
motivo.
Primo:
le porte dell’infermeria erano chiuse.
Secondo:
suo padre era lì.
Terzo:
il gruppo di Potter al completo si trovava lì, tutti
schierati a sedere su una
panca di legno e con certe facce da far paura.
A
quanto pareva avevano passato una nottata peggiore della sua.
Se
non altro lui si era sfondato di sesso ed alcol.
Loro
invece parevano aver avuto un incontro ravvicinato con un dissennatore
o un
branco di licantropi.
Quell’occhio
di lince di suo padre lo individuò subito e gli fece
sbrigativamente cenno di
avvicinarsi. Trattenendo un bel sospiro, Julian si affrettò
a raggiungerlo.
Il
signor Harris aveva un’espressione seria in viso quella
mattina che
incoraggiava chiunque a girargli alla larga. La divisa di Auror
indossata a
puntino poi non aiutava certo a renderlo più amichevole.
-Buongiorno
Julian.- lo salutò, rigido.
-Papà.-
ricambiò il ragazzo, guardandolo.
-Che
hai fatto ai capelli?-
-Una
lunga storia.-
Di
certo quei due non avrebbero vinto un premio di retorica, non erano mai
stati
dei gran chiacchieroni. Fortuna che la signora Harris era un tipino
tutto pepe
e parlava anche per gli uomini della sua famiglia.
-E’
tanto grave?- domandò il ragazzo, osservando il genitore.
Quello,
sempre restando immobile vicino alla porta dell’infermeria,
si accese un
sigaro. Aspirò una lunga boccata, prima di rispondere.
-Non
ne so molto, figliolo. Ma credo che James Potter non se la stia
passando
proprio benone in questo momento.-
Sorpreso,
Julian sgranò gli occhi. –James? Allora
è per questo che là ci sono i suoi
amici.- fece, parlando piano. E, lasciando perdere suo padre,
andò a
raggiungere i suoi compagni.
Fu
Remus ad accorgersi per primo di lui e a fargli un breve cenno di
saluto. Gli
altri non sembrarono neppure averlo notato.
Alice
Rubin sembrava distrutta, teneva a stento gli occhi aperti e, di tanto
in
tanto, portava lo sguardo alla porta chiusa dell’Infermeria.
Victoria
Olsen aveva il viso pallidissimo e sembrava caduta in un pesante sonno,
teneva
il capo posato su una spalla di Sirius Black.
Quest’ultimo,
neanche a dirlo, aveva uno sguardo che faceva paura. Anche lui non
aveva
dormito, si vedeva. Tra le mani aveva una sigaretta accesa, che si
stava
consumando da sola.
Infine
Lily Evans, una novità per Julian. La rossa se ne stava
seduta con tutti loro,
ma sembrava in un certo modo distante. Teneva lo sguardo fisso sul
pavimento,
forse neppure si rendeva conto della presenza di tutti gli altri.
-Beh?
Che ha combinato James?- fece Julian, guardando tutti quanti.
Fu
Remus a rispondere. –Non lo sappiamo bene neppure noi. Dopo
la festa ci siamo
tutti divisi e lo abbiamo perso di vista. Stavamo tornando al nostro
dormitorio
quando abbiamo visto i professori… Parlavano di aver trovato
il corpo svenuto di
James alla Torre di Astronomia… Io e Lily abbiamo seguito la
Sprite e
Lumacorno… Ma nessuno ci ha detto nulla… Siamo
tornati a Grifondoro per
cambiarci e abbiamo trovato gli altri…- raccontò
Lupin, con voce debole. -…sono
ore che siamo qui, ma nessuno dice niente. Ci tengono
all’oscuro di tutto, non
vogliono farcelo vedere… Victoria ha urlato fino ad
un’ora fa, si è quasi messa
a prendere a calci la porta… Alla fine è
crollata…-
-Delle
mie compagne di casa hanno giurato di aver sentito delle urla tremende
provenire dalla Torre di Astronomia la notte scorsa.- disse Julian,
ricordandosi di ciò che quelle ochette stavano starnazzando
a colazione.
Quelle
parole attirarono l’attenzione di Black, che finalmente
posò gli occhi blu sul
Corvonero. –Urla?- mormorò, sconvolto.
Harris
si limitò ad annuire.
Lily
rimase totalmente immobile, come se non avesse neppure udito le parole
del
ragazzo. Non parlava da ore.
Remus
e Sirius si scambiarono un’occhiata. Erano entrambi
pallidissimi.
-Che
fine ha fatto Minus?- se ne uscì Julian, guardandosi intorno.
-Non
lo vediamo da ieri sera.- mormorò Lupin. –Spero
che stia bene.-
Sirius
posò lo sguardo su quella dannata porta chiusa. Stavano
lì da ore e nessuno si
era preso la briga di dire loro nulla.
C’era
il suo migliore amico là dentro! C’era suo
fratello! E nessuno gli diceva
niente!
Silenzio.
Ancora una volta si erano tutti quanti ritrovati senza parole.
Lasciando
andare un sospiro, anche Julian andò a sedersi
sull’ampia panca di legno,
prendendo posto vicino ad Alice Rubin.
Nessuno
seppe dire quanto tempo passò, se trascorsero ore oppure
pochi minuti. Il
castello si era ormai risvegliato e molti studenti, passando di
lì, lanciavano loro
occhiate curiose o sospette.
Presto
cominciò a diffondersi nei corridoi la voce che qualcosa di
tremendo fosse
entrato nella scuola la notte precedente ed avesse aggredito uno
studente.
Stranamente
fu Lily la prima a sollevare lo sguardo, quando arrivò alle
orecchie dei
ragazzi un rumore di passi ben cadenzati.
L’aria
sembrava essersi fatta di colpo più densa, irrespirabile. La
rossa sentì
addirittura la pelle accapponarsi. Il suo corpo stava reagendo come se
si fosse
trovata di fronte ad una minaccia.
I
suoi occhi verdi incontrarono lo sguardo di un signore interamente
vestito di
nero, che teneva nella mano sinistra un robusto bastone da passeggio di
puro
platino lavorato. Poteva sembrarle quasi uno scettro.
Quella
fu la prima volta che vide Edward Havisham.
Quell’uomo
metteva i brividi. Non lo conosceva, non sapeva niente di lui, eppure
qualcosa
dentro di lei le urlava di stare alla larga da quella figura sinistra.
Quel
vecchio, ancora nel pieno delle forze, aveva qualcosa dentro di lui che
metteva
terrore, un’aura di potere circondava il suo corpo ed era
malvagia, Lily ne era
sicura.
Quegli
occhi color del ghiaccio sembravano vuoti come quelli di una bambola o
di un
cadavere, non avevano espressione. Erano solo… occhi. Non
avevano nulla da
raccontare.
La
ragazza avvertì chiaramente Sirius, seduto accanto a lei,
trattenere il fiato.
Il
resto del gruppo si limitò ad osservare il nuovo arrivato
con curiosità ed una
sorta di nascosta paura. Nessuno si fidava di quell’individuo.
Julian
corse con lo sguardo a cercare suo padre.
Il
signor Harris sembrava completamente sconvolto, ma non
lasciò la sua posizione
davanti alla porta dell’infermeria.
-Cosa
ci fa lei qui?- domandò alla fine l’Auror,
portando subito la mano alla
bacchetta, gesto che tutti i ragazzi notarono.
Havisham
sorrise ed a tutti sembrò che il sangue si fosse congelato
nelle vene.
-Si
faccia da parte, signor Harris. Devo parlare con Silente.- rispose,
pacato.
Sembrava che nulla potesse turbarlo.
-Noi
Auror abbiamo ricevuto il preciso ordine dal Preside di non lasciar
passare
nessuno, sono spiacente Lord Havisham.- dichiarò il padre di
Julian, non
muovendosi di un centimetro da dove si trovava.
-Oh,
povero ragazzo… Mi lascerai passare eccome
invece…- mormorò l’anziano mago,
piegando le labbra in un ghigno.
Fu
un attimo. Un attimo atroce che parve durare
un’eternità.
Julian
potè quasi sentire il suo cuore cessare di battere per la
paura.
L’aria
andava facendosi sempre più densa, sempre più
ricca di potere, una magia
malvagia, intollerabile. Tossica.
Era
finita, si disse Remus. Era finita per tutti loro. Non sapeva
spiegarsene il
motivo, ma era sicuro che quell’uomo li avrebbe uccisi tutti,
dal primo
all’ultimo.
Sentì
anche qualcosa risvegliarsi dentro di sé. La bestia che era
dentro di lui, il
suo spirito di lupo, stava rispondendo a quel potere maligno.
Boccheggiò, senza
fiato.
Ma
proprio quando temette di trasformarsi lì, in pieno giorno e
di fronte a tutti,
la porta dell’infermeria si aprì, rivelando la
loro salvezza.
Albus
Silente uscì in corridoio, richiudendosi la porta alle
spalle. Andò subito a
fronteggiare Havisham, ignorando tutti gli altri.
-Non
usare la tua magia sui miei studenti, Edward.- fece, con il suo solito
tono
tranquillo di voce. Il suo volto, tuttavia, non era mai stato
così serio. –E
neppure sugli Auror venuti qui dal ministero per aiutare me.-
Havisham
non dette segno di essere rimasto minimamente turbato
dall’intervento del
Preside, anzi, il suo sorrisetto derisorio si ampliò
più di prima.
Figurarsi
se aveva paura di Silente!
I
ragazzi erano ammutoliti. Se ne stavano in disparte a fissare i due
maghi,
ancora spaventati da ciò che era quasi accaduto prima.
-Preside,
se volete cacciare via quest’uomo dal castello, non avete che
da chiedere. Mi
basta un attimo per chiamare i miei compagni.- si intromise il signor
Harris,
rigido come una statua di marmo.
-Ti
ringrazio Marcus, ma non è necessario. Edward
entrerà con me in infermeria.-
dichiarò Silente, osservando il pericoloso mago con i suoi
occhi azzurri. –Abbi
cura dei ragazzi.- aggiunse.
E
mentre Harris annuiva, anche se poco convinto della decisione del
Preside,
Havisham parve finalmente soddisfatto.
-Era
ora.- sibilò, superando tutti i presenti ed entrando nel
regno di Madama Chips.
Si chiuse la porta alle spalle facendo rumore, senza più
considerare nessuno.
Sospirando
stanco, Silente si accinse a seguirlo, ma fu bloccato da Sirius Black.
L’espressione del ragazzo non prometteva nulla di buono.
-Professor
Silente, perché quell’uomo è qui? Che
cosa c’entra lui con James? Perché è
per
James che è venuto, dico bene?- fece, serissimo.
-Preside,
come sta il nostro amico?- si aggiunse anche Alice.
L’anziano
mago scrutò attentamente i suoi studenti, indeciso su cosa
dire loro. Alla fine
si decise a sorridere, cercando di rassicurarli in qualche modo.
-Il
signor Potter sta riposando adesso, sono sicuro che si
riprenderà in fretta.
Quanto ad Edward… beh, tutto sommato credo sia un bene la
sua presenza qui.
State tranquilli ragazzi.-
-Ma
cosa è successo?- domandò Lupin, osservando
attento l’anziano mago. –Cosa è
accaduto a James?-
Silente
alzò una mano, come per fermare quel flusso di domande.
–Tutto a suo tempo,
ragazzi miei. Adesso è bene che raggiunga i miei colleghi.-
e dette queste
parole, anche lui scomparve dietro il portone
dell’infermeria, lasciandoli con
ancora milioni di domande.
Quando
Albus Silente fece il suo ingresso in infermeria, si rese subito conto
di ciò
che la presenza di Edward aveva scatenato.
Lumacorno
se me stava vicino all’ufficio di Madama Chips, con gli occhi
sbarrati.
Sembrava prossimo ad un infarto.
La
McGranitt osservava Havisham con gli occhi sbarrati, rigida come una
lastra di
marmo. Aveva già la mano sulla bacchetta e le labbra
sottilissime.
L’infermiera,
neanche a dirlo, si era immobilizzata con una boccetta di pozione
rivitalizzante in mano.
-La
metta via, signora.- la schernì Havisham.
–Quell’intruglio non farà alcun
effetto su mio nipote, glielo assicuro.-
-Albus,
che cosa ci fa quest’uomo qui?- sbottò la
McGranitt, senza accennare a lasciare
la bacchetta. I suoi occhi dardeggiavano.
-Non
sono stato io a chiamarlo, Minerva.- le rispose il preside, prendendo
posto
vicino a lei. –Tuttavia credo di avere una vaga idea di chi
può averlo
avvertito.-
Le
labbra di Lord Havisham si piegarono in un sogghigno ed un miagolio
alle loro
spalle fece sobbalzare tutti quanti.
Stria
se ne stava comodamente acciambellata su un lettino vuoto. La pelliccia
nera
più lucida che mai, gli occhi verdi scintillanti.
-Tu!
Dannata!- scoppiò la McGranitt, furente.
-Sei
stata tu, vero?- domandò Silente, avvicinandosi
all’animale.
La
gatta alzò lo sguardo sui due professori, assolutamente
tranquilla. Fece anche
uno sbadiglio. –Ovvio che ho avvertito il mio signore.-
rispose, guardandoli.
-Soltanto lui può aiutare James, adesso. I vostri stupidi
incantesimi da
semplici maghi non possono fare assolutamente niente.-
E
se la professoressa di Trasfigurazione stava diventando cianotica per
la
rabbia, l’anziano preside si limitò a sorridere,
voltandosi verso Havisham.
-Stria
ha ragione, non sappiamo cosa fare. Puoi dargli un’occhiata,
Edward. Ma attento
a ciò che fai, sia chiaro.-
-Chiaro.-
ripetè l’uomo. –Adesso mostrami mio
nipote, ho aspettato fin troppo.-
Non
fu facile.
Non
fu affatto facile per Albus Silente condurre quel mostro da James.
Non
avrebbe mai voluto che quel ragazzo si trovasse vicino a suo nonno
materno, non
dopo tutto quello che era accaduto a Jeremy e a Savannah.
Ma
non c’era alternativa.
Le
ore passavano e loro non erano riusciti a combinare niente, Potter era
ancora
nelle condizioni in cui lo aveva trovato alla torre. Immobile, come
morto.
Se
c’era una persona che poteva aiutarli, allora quella era
proprio Edward
Havisham.
Si
fermarono di fronte all’ultimo letto
dell’infermeria, quello più distante
dall’entrata. Pesanti tendine di bianco cotone lo
circondavano, nascondendolo.
Con
un grosso peso sullo stomaco, Silente lasciò che per la
prima volta i due
familiari si incontrassero. Non volle vedere l’espressione di
Havisham, non
l’avrebbe sopportata.
Il
suo sguardo si posò piuttosto su James, ma ciò
che vide non lo fece star
meglio.
Quella
visione gli straziava il cuore.
Potter
stava immobile sul lettino, senza accennare a muovere un muscolo.
Neppure il
petto si alzava ed abbassava, facendo intuire un minimo di
attività il quel
corpo.
Non
respirava più.
La
sua pelle era esangue, pallidissima, bianca, come quella di un
cadavere. Era un
colore malsano, quasi raccapricciante.
Come
le labbra, di una tremenda sfumatura violacea.
Gli
occhi erano chiusi, le palpebre abbassate si stavano piano piano
tingendo di
nero.
Morto.
Sembrava
morto.
Su
quella pelle bianca, scorreva una rete di vene visibilissima, di colore
nero.
Vene,
vene colorate in nero. Perché a scorrere in esse non
c’era più il sangue, ma
magia. La magia più nera di tutte.
Nessuna
ferita.
Madama
Chips non era riuscita a spiegarsi da dove James avesse perso
così tanto sangue.
Quel corpo era intatto, senza un graffio.
Chinandosi
su suo nipote, Havisham cominciò a scrutarlo con quei suoi
occhi di ghiaccio,
ora fattisi bramosi, desiderosi.
-Finalmente.-
mormorò. –Finalmente ti vedo.-
I
presenti si fecero da parte, lasciandolo fare, poco contenti. Era
palese che
nessuno volesse vedere il giovane Potter nelle mani di quel potente
stregone
dell’occulto.
Ignorando
le occhiate astiose dei professori, Edward si tolse il guanto nero che
fasciava
la sua mano sinistra, posandolo poi sul letto.
Lentamente
cominciò a far scorrere l’arto libero sul corpo
del ragazzo, ma senza toccarlo.
Stava a pochi centimetri sopra di esso, non lo sfiorava neppure, ma
sentì.
Di
scatto chiuse gli occhi e… vide.
A
stento si trattene dall’uscirsene in una fragorosa risata di
soddisfazione.
Oh,
quanto potere!
Quanto
potere maligno in quel ragazzino diciassettenne! Nessun Havisham aveva
mai
avuto tanta energia dentro di sé a diciassette anni!
Neppure
lui, Lord Havisham, uno dei più dotati della famiglia da
secoli, era stato così
potente alla sua età, da non credersi.
Savannah
e Jeremy avevano creato un capolavoro!
Dentro
di se, Edward lo aveva sempre saputo. Se lo sentiva, se lo immaginava.
Ma
adesso poteva finalmente vederlo con i propri occhi e non
c’era soddisfazione
più grande. James sarebbe davvero potuto essere una grande
arma…
Dentro
di lui c’era di tutto, bastava soltanto saperlo usare.
-Edward.-
lo chiamò Silente, interrompendo i suoi pensieri.
–So a cosa stai pensando, ma
credimi quando ti dico che non avverrà. James non
è come te.-
-Staremo
a vedere, Albus.- sibilò Havisham. –Fino ad oggi
il piccolo James ha fatto il
bravo perché è stato cresciuto da voi. Lo avete
allevato senza fargli conoscere
le sue vere potenzialità. Ma dopo questa volta, beh, credo
che il vostro
ragazzo capirà di cosa è capace. E
verrà da me. Verrà da me, perché sono
l’unico che potrà capirlo, accettarlo.
Sarò l’unico a potergli insegnare. E tu
perderai, Silente.-
Sembrava
che la stanza si fosse tutto ad un tratto raggelata. Nessuno faceva
più un
fiato. Silente ed Havisham, due grandi maghi del mondo magico, si
scrutavano,
senza accennare ad abbassare lo sguardo.
-Albus…-
provò a chiamarlo Lumacorno, che ancora si teneva a distanza
dal gruppo.
-Hai
ragione, Horace.- sospirò l’anziano mago,
riassumendo la sua consueta
espressione mite. –Edward, non è questo il momento
per i nostri diverbi. Puoi
dirci qualcosa di James?-
Sfida
e rabbia lasciarono gli occhi di Havisham, che tornarono freddi e
distanti come
prima. Una maschera perfetta.
-Non
è morto, se è questo ciò che
temevate.- fece, tornando ad osservare suo nipote.
-Ma
il cuore non batte, non respira ed è
freddissimo…- cominciò la Chips, accorata.
-Non
è morto.- ripetè ancora lo stregone, senza
curarsi della donna. –E’ in stato di
morte apparente però. Se non lo riportiamo indietro, lo
perderemo di sicuro.-
Questa
dichiarazione portò i presenti alla disperazione
più totale. In tutta la loro
vita, nessuno si era mai trovato a dover affrontare una situazione del
genere.
Neppure
Silente.
-Ne
ho sentito parlare, ma non l’ho mai visto di persona.-
dichiarò il preside,
facendosi serio.
-Allora
cosa facciamo, Albus?- chiese la McGranitt, allarmata.
-Lascerete
fare al mio signore, ovviamente.- si intromise Stria, lasciando la sua
posizione acciambellata e stiracchiandosi pigramente. –La
vostra mente di maghi
ritardati non ci arriva proprio, eh?- li schernì, mentre
scendeva dal letto con
un balzo, raggiungendo il suo padrone. –Lord Havisham, sono a
vostra
disposizione.-
-Ti
ringrazio.-
Per
un attimo una sinistra luce rosso rubino avvolse il corpo
dell’animale, per
lasciare poi posto ad una creatura straordinaria. Non era
più un gatto. Era una
fanciulla. Una splendida fanciulla dalla pelle ambrata, i lunghissimi
capelli
neri, lucenti, e due occhi verdi ancora felini.
Da
tempo non assumeva più quella forma, molti anni.
Stiracchiandosi e facendo schioccare
ossa da molto non utilizzate, Stria si avvolse meglio nella tunica nera
che
indossava, sorridendo.
Tutti,
tranne Havisham e Silente, erano rimasti sbalorditi.
-Ma
come è possibile?- domandò la McGranitt, facendo
un passo indietro.
-Stria
è uno spirito infernale, mia cara.- le spiegò
Silente, pacato. –E come tale può
assumere qualsiasi forma ella voglia, in qualunque momento. Anche se la
forma
di gatta è la sua favorita.-
-Mi
conosci bene, Silente.- fece Stria, con un sorriso privo di reali
emozioni.
-Basta
chiacchiere.- li interruppe Havisham, fattosi serio. –Il
tempo è poco ed
abbiamo molto da fare.-
Intanto
fuori da quella stanza c’era qualcuno che ormai aspettava da
ore con il cuore
stretto in una morsa, in tumulto.
Erano
ore che Lily Evans non spiccicava parola, pallida e sfinita
dall’assenza di
sonno. Nella sua mente albergava soltanto una grande confusione adesso,
non era
più in grado di distinguere niente.
Solo
una cosa spiccava nitidamente in quel vortice di pensieri: James stava
male.
Silente
lo aveva trovato senza sensi in una pozza di sangue.
Lui
stava male, continuava a ripetersi. E se fosse morto?
Sentì
il fiato spezzarsi. Riusciva a malapena a respirare e il cuore faceva
male,
faceva male veramente. Non si era mai sentita così.
Chiudendo
gli occhi lo rivide.
Rideva.
Rideva
sempre, James.
Sembrava
che ogni problema al mondo non riuscisse a schiacciarlo. Era fatto
così.
Sempre
allegro, sempre sorridente, sempre in movimento…
Era
un uragano, una forza della natura.
Ma,
allo stesso tempo, sapeva scaldare meglio del sole che splendeva alto
nel
cielo.
Se
non ci fosse stato lui, probabilmente lei sarebbe ancora stata da sola,
all’ombra degli altri, a tremare di paura.
Lui
l’aveva presa per mano e l’aveva tirata fuori
dall’angolo buio dove lei si era
rincantucciata, le aveva salvato la vita, gliene aveva donata una nuova.
Se
ne stava andando?
L’avrebbe
lasciata sola?
Si
sentì morire al pensiero.
James
era il suo mondo. Era tutta la sua vita.
Senza
di lui, anche lei avrebbe potuto andarsene…
Silente
aveva detto che stava riposando, che sarebbe stato bene, ma lei non
riusciva a
stare tranquilla. E sapere che quell’uomo orribile di poco
prima si trovava
dentro con Potter non la tranquillizzava affatto.
Chi
era quel mago?
Che
cosa voleva?
Aveva
un brutto presentimento, una terribile sensazione. Il solo pensiero che
quel
tizio potesse avvicinarsi a James la terrorizzava.
-Lily,
non vuoi mangiare niente? È quasi ora di pranzo…-
Quella
voce la riportò alla realtà. Sbattendo gli occhi,
la Evans vide Alice Rubin
davanti a lei, che la scrutava con aria preoccupata. Le stava porgendo
un
vassoio pieno di panini di svariato genere, probabilmente qualcuno era
stato
alle cucine.
La
rossa scosse il capo, tornando a guardare a terra. –Per
adesso non ho fame.-
Alice
annuì, finendo di fare il giro.
Remus,
Victoria, che si era svegliata da poco, e Julian presero un panino,
affamati.
Sirius
invece rifiutò, senza neppure prestare attenzione al
contenuto del vassoio.
-Siri…-
lo chiamò Vick, preoccupata, prendendogli una mano.
-Ho
lo stomaco chiuso.- fece lui, guardandola.
La
Olsen non disse più nulla, ma gli strinse più
forte la mano.
Osservando
impensierita i suoi amici, Alice strinse forte tra le mani il suo
panino,
tornando a sedersi, silenziosa.
Mangiarono
in religioso silenzio, mentre i minuti scorrevano lenti.
-Forse
dovreste tornare ai vostri dormitori, ragazzi.- fece il signor Harris
all’improvviso, guardandoli uno ad uno. –Siete allo
stremo. E stare qui non vi
servirà a nulla. Quando si saprà qualcosa, vi
farò avvisare.-
Remus
stava già per alzarsi, insieme a Victoria e Alice, dicendosi
che in fondo le
parole del padre di Julian erano ragionevoli, quando Sirius
alzò
improvvisamente lo sguardo sull’Auror. Quegli occhi blu
facevano paura.
Adesso
erano davvero identici a quelli di Bellatrix.
-Io
non mi muovo di qui fino a quando Edward Havisham non sarà
uscito da quella
stanza.- sibilò, quasi fuori di sé.
–Silente può prenderci per il culo quanto
vuole, ma non sono stupido, conosco quell’uomo. E vuoi Auror?
Perché siete
qui?-
-Sirius!-
lo richiamò Remus.
-Ti
capisco, Black.- fece l’Auror. –Non so
perché Havisham è qui. Posso solo dirti
che questa mattina, verso le sei e mezza, ci è arrivata una
chiamata al
Dipartimento Auror, al Ministero. Era Silente che chiedeva che alcuni
di noi
venissero alla svelta ad Hogwarts, per sorvegliare
l’infermeria. Non ha detto
altro.-
-Conosci
quell’uomo?- fece all’improvviso una voce,
cogliendo tutti di sorpresa. Erano
le prime parole di Lily Evans dopo ore. –Chi è?
Chi è, Sirius?-
Stirando
le labbra in un sorriso amaro, Black si accese una nuova sigaretta.
-Beh,
quando sei costretto per anni a partecipare a grandi feste e balli di
gala,
come un bravo rampollo di casa Black, ti ritrovi a conoscere certi
individui
che starebbero bene unicamente ad Azkaban. Edward Havisham, secondo il
mio
modesto parere, è il peggiore di tutti. È uno
degli uomini più potenti al
mondo, ve lo assicuro. Tutto l’oro dei Black non è
nulla in confronto alle sue
ricchezze. Gli Havisham sono sempre stati incredibilmente facoltosi.-
raccontò,
fumandosi la sigaretta.
-Non
ne ho mai sentito parlare molto.- fece Julian, posando lo sguardo su
suo padre.
–Tu però lo conoscevi.-
-Già.-
mormorò Harris senior. –Brutta famiglia, quella
degli Havisham. Nessuno prova
simpatia per loro. Vivono per se stessi, senza mai schierarsi. Non sono
amati
dalle famiglie di maghi per bene e neppure da quelle votate al lato
oscuro,
come i Malfoy. Nessuno vuole avere nulla a che fare con loro.-
-Infatti.-
continuò Sirius. –Mi ricordo bene che ogni volta
che Havisham faceva il suo
ingresso in una sala tutti quanti ammutolivano e pochi avevano il
coraggio di
andarlo a salutare. Quell’arpia di mia madre ha detto tante
volte a me e alle
mie cugine di non avvicinarsi mai, per nessun motivo, a
quell’uomo. Aveva
paura.-
Rabbrividendo,
Lily portò per un istante lo sguardo a quella porta che lei
aveva iniziato ad
odiare. Quella porta che le stava impedendo di vedere James.
-La
sua aura di potere era così…- cominciò
la rossa, rabbrividendo.
-Malvagia?-
le venne in aiuto Sirius. –Questo è uno dei motivi
per cui tutti evitano gli
Havisham da sempre, soprattutto quell’uomo. Loro non sono
maghi come noi, sono…
diversi.- fece, abbassando il tono
della voce.
-Diversi?-
ripetè Victoria, attenta ad ascoltare come Remus, Alice e
Julian.
Sirius
annuì. –Vivono in un castello enorme, in una zona
ignota dell’Inghilterra.
Nessuno è mai riuscito a vedere la loro dimora, si fanno
solo supposizioni. Si
dice che il castello sia protetto da un gran numero di incantesimi
protettivi
che impediscono la sua localizzazione. Gli Havisham hanno sempre
abitato lì,
lontano da tutti. Ed è stato meglio così. Pare
che siano esperti di magia
occulta, ecco perché tutti ne sono terrorizzati.-
-Magia
occulta?- fece Remus in un soffio. –La magia del male?-
Sirius
ed il signor Harris annuirono.
-Sono
solo voci, ma alcuni dicono che il capostipite del casato degli
Havisham,
secoli fa, cedette la parte della propria anima e di quella dei suoi
futuri
discendenti al puro male, ricavandone in questo modo dei poteri
spaventosi.-
disse Harris, serio in volto.
-E
infatti gli Havisham sono famosi per essere i maghi più
potenti di almeno tutta
Europa. Nessuno può superarli, conoscono magie che ci sono
sconosciute e che
sconosciute dovrebbero rimanere. Si dice che a loro non serva neppure
la
bacchetta per effettuare degli incantesimi, basta il loro semplice
pensiero.-
proseguì Black. –Pare che i poteri oscuri di ogni
Havisham si risveglino dopo
il compimento del diciassettesimo anno di età. Fino ad
allora i ragazzi vengono
mandati a studiare a Durmstrang. Mi pare di ricordare da qualche
discorso fatto
dai miei zii, che Edward Havisham avesse avuto una figlia, avuta dal
matrimonio
con una strega proveniente da un importante casato di maghi giapponese.-
-Aveva
una figlia?- fece Victoria. –E ora che fine ha fatto?
Perché usi il tempo al
passato?-
-Perché
è sparita, tanti anni fa. Nessuno sa che fine abbia fatto.
Questa almeno è la
versione del Ministero. - rispose il ragazzo, spegnendo la sigaretta e
facendola evanescere. –Resta il fatto che gli Havisham sono
questo. Male, male
assoluto. Stregoni neri. Il Ministero della Magia cerca sempre di non
andare
mai contro di loro. Pare infatti che oltre ad essere molto potenti e a
conoscere magie proibite, siano anche in grado di controllare gli
spiriti
maligni, di usarli a loro piacimento. Tutto ciò che
è malvagio, buio,
cattivo…appartiene a loro.-
-E’
raccapricciante…- mormorò Remus, ricordando come
la sua bestia aveva reagito al
potere di Havisham e sentendosi tremare.
-Non
credevo esistesse una simile famiglia di maghi.- aggiunse Victoria,
spaventata.
-Andrebbero
rinchiusi ad Azkaban e subito!- se ne uscì Alice,
terrorizzata esattamente come
loro.
-Il
Ministero non vuole mettersi contro quella famiglia.- disse nuovamente
il padre
di Julian. –In più… non ci sono mai
state valide ragioni per processare
qualcuno di loro. Non hanno mai fatto nulla di male nei confronti di
nessuno,
non hanno mai attaccato babbani.. niente di niente. O almeno
così pare.-
-Sono…
sono sostenitori di Lei-Sa-Chi?- domandò Alice a voce
bassissima.
-Non
ci risulta.- rispose l’adulto.
Lily
era rimasta ad ascoltare in silenzio, senza fiatare, cercando di
memorizzare al
meglio tutte quelle informazioni.
Se
lo immaginava. Quell’Havisham non poteva che essere uno
stregone nero a
pensarci bene. Quell’energia che ricopriva il suo corpo era
raccapricciante.
Maghi
dell’occulto, del proibito…
Non
si parlava più di un semplice avada kedavra o di una
cruciatus…
Era
peggio, molto peggio.
Non
osava neppure immaginare che razza di incantesimi usassero.
Solo
a pensarci le veniva da urlare e scappare via da lì.
Guardando
i suoi compagni, Lily si rese conto di non essere l’unica a
pensarla in quel
modo. Non avevano mai affrontato nulla del genere in vita loro.
-Insomma,
abbiamo maghi buoni, maghi cattivi e ora anche maghi super cattivi.-
riassunse
Julian alla svelta. –La domanda che ci sta frullando in testa
a tutti però è:
perché Havisham è in quella stanza?-
-Beh…è
indubbiamente un esperto di magia nera.- fece Remus, guardando i
compagni. –E
James è sicuramente stato aggredito da qualcosa di malvagio
in quella Torre.
Tutti noi, bene o male, ci siamo accorti che una magia maligna si
aggirava per
il castello ieri notte, no? Magari Havisham è qui per
aiutare. Se c’è qualcuno
in grado di scovare una presenza malvagia, questo è lui, non
vi pare?-
Su
questa domanda ci rifletterono su un po’ tutti.
-In
effetti puoi avere ragione.- fece Sirius. –Infondo
è stato proprio Silente a
lasciarlo passare e a portarlo da James.-
James.
James…
Lily
non riusciva a pensare a nient’altro.
James…
cosa gli era accaduto?
Cosa
aveva dovuto affrontare nella Torre di Astronomia? E perché
era lì?
Improvvisamente
l’aria intorno a loro cominciò a vibrare,
diventando di colpo più calda, quasi
incandescente. Qualcuno stava accumulando energia da ogni dove,
risucchiandola
all’interno della stanza dove si trovava James.
Tutti
quanti lo avvertirono.
Un
mago di sicuro molto esperto si stava preparando ad usare un
incantesimo, lì,
poco distante da loro. Un incantesimo bello potente.
L’infermeria
era improvvisamente sprofondata nel buio e l’aria al suo
interno era satura di
potere, sembrava bruciare. Non assomigliava affatto allo stesso luogo
che ogni
giorno era pronto ad accogliere qualunque studente fosse bisogno si
aiuto.
La
luce era svanita, cacciata via.
Questo
fece capire subito a Silente che l’incantesimo che Edward
stava praticando
apparteneva al suo repertorio di magie oscure, niente che il preside di
Hogwarts conoscesse.
I
professori se ne stavano rintanati in un angolo, lontani da Havisham e
dal suo
spirito infernale. Avevano troppo paura anche solo per avvicinarsi. Si
limitavano ad osservare.
Poco
prima avevano visto il mago oscuro tracciare per terra con della cera
nera un
cerchio che aveva interamente circondato il letto dove giaceva James,
mentre
Stria, usando uno strano olio nero, aveva disegnato sul volto e sulle
braccia del
ragazzo degli sconosciuti simboli arcaici, che neppure Silente
conosceva.
Finiti
i primi preparativi, Edward si era seduto su una sponda del letto,
vicino allo
spirito, che subito aveva cominciato a tracciare i medesimi simboli sul
proprio
viso e sulle proprie braccia, esattamente come aveva fatto con Potter.
-Quando
volte voi, padrone.- disse piano Stria.
-Adesso.-
fece Havisham, offrendole il palmo della sua mano sinistra.
Stria
tracciò sulla pelle del suo signore un altro simbolo,
altrettanto sconosciuto,
poi aveva stretto quella mano con presa ferrea.
-Cosa
state facendo?- chiese la McGranitt, osservando Edward e lo spirito
infernale
che si tenevano fermamente per mano.
Non
le risposero.
-Stanno
andando a riprenderlo.- sussurrò Silente, guardando la
collega.
Trattenendo
il respiro, la donna tornò ad osservare ciò che
stava accadendo davanti a lei e
agli altri insegnanti.
Lord
Havisham stava ancora accumulando potere, perciò si trattava
di un incantesimo
molto difficile. E molto pericoloso.
Stringendo
forte la mano del suo padrone, Stria posò l’altra
mano libera sulla fronte di
James, poco sopra agli occhi.
Avevano
formato una catena con tre elementi.
-Sono
pronta, signore.- dichiarò la fanciulla, non staccando gli
occhi da Potter.
-Bene.-
fece Havisham. –Trovalo e portalo indietro, Stria. Altrimenti
non tornerai
indietro neppure tu. Ti abbandonerò in quel limbo, sappilo.-
-Certo,
padrone.-
-Allora
vai.-
Un
ordine. Un semplice ordine ed accadde.
Stria
rimase seduta, ma il capo le crollò improvvisamente in
avanti. Era come caduta
in trance. Come se la sua essenza avesse improvvisamente lasciato il
suo corpo.
Subito
il cerchio di cera intorno al letto prese fuoco, opponendosi a chiunque
lo
volesse di entrare, ma impedendo anche che gli spiriti di Stria e
James, una
volta ritornati, fuggissero invece di rientrare nei loro corpi.
In
quel momento nessuno studente, insegnante, elfo e fantasma di Hogwarts
non potè
non rendersi conto che qualcosa di grande stava accadendo in quella
scuola.
Qualcosa
di potente.
Persino
il cielo si scurì all’improvviso, riempiendosi di
fosche nubi.
Osservando
quella scena, impotente, ad Albus Silente non rimase altro che pregare.
Stava
dormendo…
Sì,
doveva trattarsi di un
sogno, non poteva essere altrimenti.
Camminava
nel nulla, una
vasta distesa bianca, e non c’era modo di raggiungere un
inizio, oppure una
fine.
Sentiva
il corpo bruciare,
ma si era infine abituato a quel fastidio.
Da
quanto tempo era lì?
Un
minuto? Un’ora? Una vita?
Si
sforzava di ricordare, ma
proprio non ci riusciva.
Perché
era lì?
Si
guardò le mani, erano
bianche come tutto il resto che lo circondava.
“Sono
morto?” si chiese,
riportando lo sguardo in avanti.
Buffo.
Aveva
sempre creduto che
morire fosse terribile ed invece non era nulla di che, anzi, era tutto
fin
troppo tranquillo.
Ma
perché era morto?
Non se
lo ricordava proprio.
Non
ricordava proprio nulla
a dire il vero.
Mosse
qualche altro passo,
insicuro. Cominciava a stufarsi di quel posto, non aveva senso. Per
quanto
ancora doveva camminare?
Stanco,
finì per sedersi a terra,
osservandosi intorno.
Niente
di niente.
Sarebbe
dovuto rimanere lì
per sempre?
-James?-
fece una voce ad un
tratto, scuotendolo dal torpore in cui era caduto.
James…
-James?-
ripetè la voce, più
forte. Si stava avvicinando.
James…
Giusto,
James…
Sì,
era vero, lui si
chiamava James, ora ricordava…
Così
lo avevano chiamato i
suoi genitori…
-James?-
Quella
voce…
No, non
gli sembrava di
riconoscerla, ma gli trasmetteva una tranquillità ed una
sicurezza che niente e
nessuno al mondo era riuscito a dargli.
-James?-
-Mamma.-
Mamma…
Sì,
mamma.
Qualcosa
dentro di lui gli
diceva che era quello il nome giusto da dare a quella voce.
-Mamma…-
All’improvviso
avvertì
qualcosa dietro di lui, alle sue spalle, e due esili braccia lo
circondarono
con delicatezza.
Nella
posizione in cui si
trovava riuscì solo a vedere di sfuggita dei lucenti boccoli
neri, lunghi e
soffici.
Non
appena si voltò,
tuttavia, la presenza dietro di lui era svanita.
Sgomentò,
si guardò intorno
e non vedendo nulla, cominciò a correre.
Non
aveva idea di quanto
tempo passò a cercare in quel deserto bianco, senza accusare
nessun segno di
fatica, ma quando si fermò, Lei era davanti a lui.
Bella,
molto più bella di
come se l’era immaginata in tutti quegli anni.
Non
aveva mai avuto una sua
foto e nessuno mai gliela aveva descritta, perciò per tutta
la sua breve vita
non aveva potuto fare altro che immaginarla.
Ma ora
la vedeva.
Era lei.
Era sua
madre.
Era
Savannah Havisham e gli
sorrideva.
Era
giovane, una ragazza
poco più grande di lui. Non dimostrava più di
ventitrè anni.
Aveva
dei capelli
lunghissimi, ricci e morbidi, di un intenso color nero, che le
coprivano la
schiena sottile.
E due
occhi neri, luminosi,
dal sottile taglio a mandorla, tipico delle popolazioni orientali.
Sì,
era proprio sua madre.
Avevano
la stessa bocca, gli
stessi occhi neri, anche se quelli di James erano più dal
taglio occidentale,
gli stessi capelli nerissimi, persino lo stesso naso…
Gli
venne da sorridere,
sentendosi riempire il cuore di calore.
-Perché
sei qui, James?-
fece lei ad un tratto. –E’ troppo presto. Torna
indietro!-
Guardandola
confuso, lui
scosse il capo.
-No.
No, ora che siamo
insieme… Non voglio andare, devo chiederti tante cose!-
-Lo
so.- sussurrò lei,
dolcemente. –Ma più resti qui, più
sarà difficile per te tornare.-
-Non
importa! Io… io
desideravo così tanto vederti!- fece lui, sentendosi gli
occhi bruciare.
–Mamma, ti prego, dimmi chi sono. Dimmelo, perché
io non lo so! Non l’ho mai
saputo e questa cosa non mi fa vivere!- cominciò, stringendo
i pugni. –Non
posso mai godere pienamente della mia vita. Ogni istante porta sempre
con sé
una macchia. Mi sento costantemente sporco e non riesco a trovare pace!
Perché,
mamma? Perché mi hai messo al mondo? Perché hai
fatto nascere uno come me?-
La vide
abbassare lo sguardo,
un’ombra di tristezza negli occhi. Solo dopo qualche minuto
di silenzio rialzò
nuovamente la testa, guardandolo, seria.
-Tu sei
un Havisham, James,
esattamente come me. E come me, detesti esserlo, lo so. Tuo padre,
Jeremy, era
una fenice nera, una creatura proveniente da una dimensione infernale
molto
oscura. Ci amavamo, James. Ci amiamo ancora. È stato normale
per noi accettare
te ed i tuoi poteri, non ci importava. Eri nostro figlio. Ti amavamo.
Non
contava altro per noi, perciò non chiedermi
perché ti ho messo al mondo. Ho
fatto quello che ogni altra madre farebbe.-
-Avete
messo al mondo un
mostro!- le urlò contro il ragazzo, furente. –Hai
idea di cosa sono costretto a
passare io?-
Savannah
sorrise.
-Mi
rendo conto che sei
spaventato, questo sì. Ed è un bene, James.
Bisogna sempre temere e rispettare
i nostri poteri. Ma tu stai esagerando. Tu consideri quello che hai
come un
pericolo ed in effetti può esserlo, ma se imparerai a
conviverci e controllare
il tuo potere, allora tutta l’energia che è in te
diventerà un dono, mi
capisci? Un grande dono!- fece, prendendogli le mani. –Se io
e tuo padre
fossimo con te, ti avremmo insegnato a controllarti ed ora tu non
saresti così
spaventato da te stesso. Sei cresciuto tra semplici maghi che non
possono
capire, non possono aiutarti e sono per primi terrorizzati dal tuo
potere, ecco
perché sei così. Neppure Silente può
fare qualcosa, lo sai anche tu.-
-E
allora che cosa posso
fare io?-
-Trovare
qualcuno in grado
di insegnarti e di darti sicurezza.-
-Chi?-
-Lo sai
chi.- fu la laconica
risposta.
Distrutto,
James abbassò lo
sguardo. Si sentiva in trappola, senza via d’uscita.
-Parlane
con i tuoi amici,
basta segreti James. Più menti, più ti procurerai
dolore.- fece lei,
accarezzandogli le mani.
-Non
posso.-
-Perché?
Hai paura?-
-Certo
che ne ho!-
Savannah
sorrise,
accarezzandogli una guancia. –Oh, James…-
mormorò. –Pensi davvero che i tuoi
amici ti abbandonerebbero?-
I suoi
amici…
Sì,
ricordava i suoi amici.
I
litigi, le risate, gli
abbracci…
Le
corse matte per i corridoi
del castello, le notti d’estate passati svegli a
parlare…
Sirius,
Remus, Peter.
Una
stretta di mano, una
spalla su cui piangere…
I suoi
amici…
Vick,
sempre in movimento…
Sentì
il cuore tornare a
battere pensando a lei… Lily…
-Non li
perderai, James. Loro
hanno sempre avuto fiducia in te, perciò anche tu devi avere
fiducia in loro.
Se lo meritano.-
Non
sapeva come replicare.
-Ascoltami,
non abbiamo
molto tempo.- fece lei, guardandolo negli occhi. –Ci sono
delle cose che devi
sapere, adesso. Ti prego di non scordartene mai.-
Guardandola
a sua volta,
James annuì.
-Dentro
di te c’è il potere
di ogni Havisham, ma non solo, ci sono anche i poteri di tuo padre, che
come
sai, non è umano. Dopo i diciassette anni i poteri sopiti di
ogni Havisham si
risvegliano completamente, con essi deve essersi risvegliata anche
quella metà
non umana che hai ricevuto da tuo padre, ecco perché stai
soffrendo così tanto,
il tuo corpo deve imparare a contenere tutto questo.- gli
spiegò, parlando
veloce. –Mio padre sta cercando di mettere le mani su di te
per studiarti da
prima ancora che tu nascessi, è troppo curioso di scoprire
quanto potere può
esserci in un bimbo nato dall’incrocio di due razze
così diverse e così
potenti. Ti considera un’arma, capisci? Vuole studiarti! E tu
devi
lasciarglielo fare, James!-
-Cosa?!-
domandò lui,
incredulo. –Ma cosa dici?-
-Tuo
nonno è l’unico in
grado di insegnarti ad usare i tuoi poteri, è la sola
persona al mondo che può
aiutarti, ora che io e Jeremy non ci siamo più!-
-Ma
quell’uomo è malvagio!
Tenterà di portarmi dalla sua parte con qualunque mezzo!-
-Non
accadrà.- lo rassicurò
Savannah. –Ho lasciato con te qualcuno che ti
proteggerà da lui meglio di
chiunque altro. Non preoccuparti di Edward Havisham. Quando
arriverà il momento
vai da lui, impara, fingi, e quando saprai tutto, vattene. Hai bisogno
di
imparare, James.-
Ancora
poco convinto, il
ragazzo annuì.
-C’è
dell’altro. Qualcosa di
più importante.-
-Cosa?-
-Riddle.-
sussurrò la
ragazza, guardandolo con serietà.
-Intendi
quel pazzo che va a
caccia di babbani?-
-Oh, ti
garantisco che non
gli interessano solo i babbani. Quel mostro non sarà
soddisfatto neppure quando
avrà conquistato il mondo. È nato per
distruggere, James.-
-Silente
lo fermerà! Lui è
il miglior mago di tutti i tempi!-
-No,
non sarà Silente a
fermarlo. E nemmeno tu, James. Ma c’è una cosa che
devi impedirgli a tutti i
costi di fare.-
-E
cosa?- la incalzò il
ragazzo, stupito da ciò che sua madre aveva appena detto.
-Prendere
i tuoi poteri.-
-I miei
poteri?-
Facendosi
scura in viso,
Savannah annuì.
-Riddle
è forte, ma non
abbastanza. Ha il terrore di non essere invincibile e, ancor
più importante,
teme la morte più di qualsiasi altra cosa. Molto tempo fa,
venne a studiare le
arti degli Havisham da tuo nonno. Poco tempo dopo il suo arrivo, mio
padre ed
un suo compagno riuscirono a catturare le ultime quattro fenici nere
esistenti.
Tra queste c’era tuo padre, che venne affidato a me. Una di
loro invece venne
data in dono proprio a Riddle. Credo che quel mostro tentò
di appropriarsi dei
suoi poteri, ma all’epoca non ci riuscì e quella
ragazza morì. Da quel giorno
ha dato la caccia agli ultimi rimasti. Ma due morirono a causa degli
esperimenti di mio padre ed anche Jeremy se ne andò.- ci fu
un attimo di pausa,
in cui madre e figlio si guardano. –Ora che i tuoi poteri si
sono risvegliati,
sei in pericolo James. Se Tom Riddle verrà a sapere che sei
sbocciato, ricco di
energia, ti darà la caccia. Perciò ti chiedo di
non fare mai, per nessun
motivo, delle mosse avventate, come sei solito fare. E di parlarne con
Silente.
Devi essere protetto. Hai capito?-
Il
ragazzo fece per
rispondere, ma, inaspettatamente, una mano spuntata dal nulla lo
afferrò per un
braccio. Un attimo dopo il ragazzo vide il proprio corpo circondato da
un’oscura luce rossastra e, con orrore, si rese conto che
qualcosa lo stava
tirando giù, lontano, lontanissimo da dove si trovava.
Sua
madre lo stava
guardando.
-Mi
dispiace di non averti
potuto crescere, James.- la sentì dire, mentre lui veniva
portato via. Vide
autentico dolore negli occhi di quella giovane.
Scendeva,
continuava a
scendere, e non c’era modo di liberarsi. Urlava, si dimenava,
tentando di
tornare di nuovo da quella donna, da sua madre, ma invano.
Prima
che tutto diventasse
buio e profondo, però, udì nuovamente, per
l’ultima volta, quella voce tanto
desiderata.
-Ricordati
quello che ti ho
detto, James. Se Lui ti prenderà, per te sarà
finita.-
Poi
tutto cadde
nell’oscurità.
Sarai
finito,
James.
E il
mondo
finirà con te.
Note di
fine capitolo
E il
capitolo si conclude qui, gente. Lo so, non è il massimo, ma
la storia ha
bisogno anche di capitoli come questi, che contengono informazioni
importanti.
Vi
consiglio di leggervelo per bene.
Che
altro?
È
stata una faticaccia scriverlo, anche perché non ho potuto
scrivere di nessuna
coppia in particolare. Mi mancano molto James e Lily. Mi
rifarò! XD
Dal
prossimo capitolo riparte l’azione. Vi ricordo che si
avvicina l’incontro tra
Narcissa e Andromeda!
Sperò
che questo capitolo/enciclopedia non vi abbia ucciso. Ma, ripeto, era
necessario per capire. Devo anche dire che nella scena tra James e
Savannah mi
aspettavo un James diverso. Ma il ragazzo si è mosso in
questo modo…
Passo
a ringraziare coloro che mi hanno messo tra i preferiti. Ormai si sono
superati
i 100 e la cosa mi fa molto piacere, è chiaro. ^^
E
ringrazio chi commenta sempre.
Sihu: Ciao!
Sono contenta che la
storia ti piaccia, spero di continuare a non deluderti! Wow, ti sei
davvero
letta tutta la storia d’un fiato? Mamma che impresa!
Complimenti!
MyKi: Tesoro,
ogni volta che leggo
i tuoi commenti, resto senza fiato. Sul serio, sembra che tu mi entri
in testa
ogni volta! Come mi capisci tu, non mi capisce nessuno, è
impressionante! Mi
riempie di una felicità indescrivibile! Sono contenta che
Peter ti piaccia così
tanto, è un personaggio che mi dà non pochi
problemi, credimi. E sì, tu hai
capito perfettamente ciò che voglio far vedere del suo
personaggio. Per Remus…
beh, sono contenta che ti piaccia! Lo adoro anche io. E’
l’unico sano di mente
nel gruppo! XDXDXD
Che
dirti? Grazie, grazie davvero! Non immagini neanche quanto per me conta
il tuo
giudizio!
Giunigiu95:
Evvai!
Siri e Vick piacciono
anche a te, eh? Benissimo! Per me loro due sono un esperimento! Per ora
posso
dire che è riuscito! E finalmente si sono messi insieme, non
ne potevo più! XD
Per quanto riguarda James, tranquilla. Ho deciso di smettere di
massacrarlo per
un po’, adesso. Ma tornerò all’attacco!
XD
Novembre:
Wow,
che bentornata che mi
hai dato, grazie mille! ^^ Grazie infinite per tutti i tuoi
complimenti, mi
hanno davvero fatto piacere! Grazie mille! Io ce la metto tutta, sta a
voi
giudicare. Solo a voi! Per quanto riguarda James.. e chi non lo ama? Ti
giuro
che io ci ho perso la testa da quando ho letto il 5 libro! Il mio James
è un
po’ più complessato e a volte bisognerebbe
prenderlo a ceffoni, ma ci sono
affezionata! XD
Che
ne dice se ci organizziamo tutte e ci mettiamo a caccia di ragazzi
teneri e
dolci come lui? Mmm… mi sa che di esemplari da catturare ce
ne saranno pochi,
ma magari qualcuno c’è! XD
Bianchimarsi:
Anche
tu fan di Kysa? Brava
ragazza! Grazie infinite dei complimenti, faccio del mio meglio,
davvero!
Voglio dare il meglio che posso per tutti voi! Non sempre mi riesce, ma
ci
provo! Spero che anche le altre miei storie ti siano piaciute!
Robert90:
Grazie
mille per il
bentornata! Promesso, non mi darò più alla
macchia, giuro! E se lo faccio,
siete tutti autorizzati a sguinzagliare i cani! XD Grazie per i
complimenti!
Rosy823:
Ebbene
sì, sono tornata da
voi! Soffrivo di astinenza, giuro! Mi mancavate tutti! Grazie per i
complimenti, sono felice che la storia ti piaccia così
tanto! ^_-
Cassandra:
Grazie
mille! Anche io sono
stata soddisfatta del capitolo! Spero che anche questo ti piaccia,
anche se è
un po’ noiosetto…
Brando:
Ciao!
Io e te non ci siamo
mai sentiti, giusto? Sono felice che trovi fantastica la mia fanfic,
questo mi
invoglia a scrivere! Per Vick e Siri credimi… anche io non
vedevo l’ora di
mettere insieme quei due tonti! XD Per James, tranquillo, è
in buone mani, sarò
buona con lui!
Finleyna
4 ever: Già!
Sono tornata con un bel
capitolone traumatico! XD Sono contenta che ti sia piaciuto! Grazie
mille per i
complimenti, fanno davvero piacere! Per quanto riguarda Jamie,
tranquilla! Se
la caverà! È di roccia quel ragazzo!
Anna
Mellory: Eccoti!
^^ Davvero,
insultami pure, me lo merito dopo essere sparita per così
tanto tempo! XD
Grazie mille per le tue parole! Anche io sono contenta di essermi
rimessa a
scrivere, mi mancava troppo. Solo che adesso sono arrugginita ed
è dura
rimettersi in riga! Vabbè, ce la farò, non
temere!
LilyProngs:
Ciaooo!
No, l’e-mail non è
arrivata purtroppo. Mi avrebbe fatto piacere leggerla…
Guarda, sono contenta
che tu abbia trovato buono l’equilibrio tra le diverse scene,
perché io ce l’ho
messa tutta, ci stavo quasi impazzendo! XD Sono felice che la coppia
Siri/Vick
ti piaccia tanto, anche io mi ci sto affezionando, chissà
che combineranno
quelle due pesti insieme… Definire la mia fic capolavoro,
wow, grazie davvero!
Non so cosa dire! Quando parli della scena della Biblioteca intendi
quella tra
Lily e James oppure la notte dell’attacco delle Serpi? XD
Mimmyna:
Visto?
Eccomi tornata a
tormentarvi! XDXD Già, finalmente Vick e Siri insieme, mi sa
che non ne poteva
più nessuno di vederli divisi, vero? Davvero non sono
arrugginita? Forse voi
non lo sentite, ma ti assicuro che purtroppo a scrivere ho
più difficoltà. Ma
con il tempo ritornerò in forma, basta scrivere! Beh, su
James c’è ancora molto
da dire, e anche su tutti gli altri… tieniti forte! XD
Chiara88:
Ciao!
Grazie mille per il
benvenuto! Siete stati tutti molto gentili, davvero! Bene, sono
contenta che il
capitolo ti sia piaciuto, ce la metto tutta! Mi hai fatto una marea di
complimenti ed ora sto gongolando! XD Comunque tranquilla, questa volta
ho
deciso di star dietro alla fanfic e, cascasse il mondo, lo
farò. XD
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Capitolo 22 *** A Star Called Andromeda ***
CAPITOLO
22 “ A STAR CALLED ANDROMEDA”
-E’
feccia, una
traditrice del suo sangue! Meriterebbe la morte!-
-Scappata
con
un nato Babbano, inammissibile!-
-Che
disonore
per la famiglia Black!-
-Cancellatela
dall’albero genealogico, subito!-
Andromeda…
Andromeda…
Sorella.
Quando
Narcissa Black aprì gli occhi quella mattina
trovò la stanza delle studentesse Serpeverde
del quinto anno completamente vuota, tutte le sue compagne dovevano
già essere
scese a fare colazione. Lanciò subito un’occhiata
al raffinato orologio d’oro
che teneva sul proprio comodino e vide che aveva ancora un
po’ di tempo.
Non
voleva avere fretta quella mattina.
Si
mise seduta, allungando le braccia sottili e sentendo la seta della
pregiata
camicia da notte che indossava accarezzarle piacevolmente la pelle
delicata.
Sarebbe
stata una bella giornata, proprio come lei desiderava. Avrebbe potuto
anche
piovere o nevicare, in realtà lei sarebbe stata felice
comunque. Attendeva quel
momento da anni.
Sorridendo,
volse lo sguardo al calendario magico appeso ad una delle pareti della
stanza,
ancora timorosa che potesse davvero accadere quel miracolo.
Ma
un calendario magico non sbaglia mai in ciò che dice.
Quella
giornata sarebbe stata piena di sole, anche se fredda. E, cosa assai
più importante
per la giovane Serpeverde, era il 5 Novembre.
Deliziata,
sgusciò fuori dalle coperte di morbido velluto verde,
indossò un paio di
ciabattine adorabili e corse in bagno.
Quegli
ultimi giorni erano stati un vero toccasana per lei, dopo la brutta
esperienza
che aveva passato e che l’aveva spedita dritta in infermeria,
con Potter ed
Evans come accompagnatori.
Lucius
ed i suoi compagni erano ancora sotto punizione per
l’episodio della
biblioteca, non avevano più il permesso di partecipare alle
partite di Quidditch,
e Serpeverde aveva dovuto trovare dei sostituti. In più
avevano dovuto dire
addio ad un M.A.G.O. eccellente. Ciò che rendeva Narcissa
più serena era il
fatto che il suo fidanzato, tra lezioni, prove al campo di Quidditch
per la
ricerca di validi sostituti nella squadra, e ore di punizione al
servizio di
Gazza e di Hagrid, passava pochissimo tempo vicino a lei, facendola
finalmente
respirare.
E
poi c’era quel cinque cerchiato sul calendario. Quel cinque
che ogni giorno si
avvicinava sempre più.
Il
giorno
precedente Sirius le si era avvicinato in biblioteca e le aveva
assicurato che
Silente avrebbe fatto passare Andromeda senza problemi e che poteva
stare
tranquilla.
Era
bello tornare a scambiare qualche parola con Sirius. Le era mancato
molto, come
sua sorella.
Andromeda
Black era scappata di casa quattro anni fa, gettando la propria
famiglia nel
caos più totale. Aveva diciassette anni a quel tempo.
Era
stata una studentessa impeccabile. Sempre attenta, sempre pacata,
sempre
studiosa e rispettosa. La sua unica pecca era stata innamorarsi della
persona
sbagliata.
Ricordava
quell’ultimo periodo…
Nessuno
si era accorto che qualcosa stava cambiando in sua sorella.
Andromeda
stava studiando duramente per il suo M.A.G.O. ed i professori,
entusiasti,
sapevano di potersi aspettare grandi cose da lei.
Ma
Dromeda non si presentò mai a
quell’esame…
Scappata,
fuggita via, inseguendo i suoi sogni.
Aveva
ripudiato una famiglia che non l’aveva mai capita, che non
l’aveva mai fatta
respirare, neppure una volta.
E
non c’erano state visite. Non c’erano state lettere.
Aveva
rinunciato a loro per sempre…
Ripensando
a quel periodo, lo sguardo di Narcissa si intristì, mentre
con pazienza si
pettinava la delicata chioma bionda.
Aveva
molto da dirle. Tantissimo da chiederle.
Uscita
dal bagno si accinse ad indossare l’uniforme di Serpeverde,
sempre
perfettamente stirata e profumata.
I
giorni che avevano seguito la festa di Halloween erano stati molto
strani,
tutti a scuola se ne erano resi conto. Ormai era la notizia
più succulenta dei
corridoi.
Pochi
giorni fa Silente aveva detto a tutti gli studenti riuniti per la cena
che la
notte del 31 Ottobre una pericolosa creatura proveniente dalla Foresta
Proibita
era riuscita ad entrare nel castello ed aveva aggredito James Potter,
che
attualmente si trovava gravemente ferito in infermeria. Il Preside
aveva poi
rassicurato gli studenti, dicendo che il loro guardiacaccia Hagrid era
già
partito alla ricerca dell’essere per eliminarlo.
E se
dal tavolo di Serpeverde si era levata una poco rispettosa risata,
seguita da
mormorii eccitati e da sorrisetti compiaciuti per la disavventura
dell’odiato
Potter, lei aveva tremato di paura, chiedendosi se non fosse il caso di
avvertire la sua famiglia e tornarsene per un po’ di tempo a
casa.
Ma
Bella le aveva riso in faccia, quando lei le aveva palesato quel
pensiero.
-Non
essere ridicola, Cissy.- le aveva detto. -Non ti sei resa conto che
quel
vecchio stava sparando un sacco di palle? Non dirmi che gli hai
creduto!-
Beh,
sì. Lei gli aveva creduto. Ed era anche andata a far visita
a Potter.
Le
sembrava il minimo, dopo l’aiuto che aveva ricevuto da lui e
dalla Evans, che
non mancava mai di salutarla, quando si incrociavano per i corridoi.
Era
andata due volte in infermeria ed aveva sempre trovato il Grifondoro
profondamente addormentato e pallidissimo.
La
Evans e Sirius non si allontanavano mai da lui, restando a vegliarlo.
-Non
si sveglia.- le aveva detto Sirius l’ultima volta che era
stata lì. –Sta bene,
ma non vuole saperne di svegliarsi. Madama Chips però ha
detto che è normale
che sia così e che dobbiamo solo aspettare.-
Ricordava
l’espressione terribilmente preoccupata di Lily, quegli occhi
verdissimi colmi
di dolore e paura. I capelli rossi sul viso chino…
Distrutta,
così le era apparsa.
Era
questo essere innamorati?, si chiese Narcissa.
Pensare
unicamente a quella persona, condividere gioie e dolori, stare male se
lui
soffriva, stare bene se lui sorrideva…
L’amore…
Lei
non lo avrebbe mai provato, ne era certa.
Aveva
creduto che ci sarebbe stato anche per lei, ma si era dovuta ricredere.
Ricordava
la prima volta che lo aveva visto. Sembrava un principe. Il principe
che la
balia le aveva sempre descritto, quando le raccontava storie per farla
addormentare.
Capelli
biondi, così chiari da apparire quasi bianchi…
Occhi
grigi, come il cielo in attesa di una tempesta di neve.
Lucius
Malfoy.
Il
ragazzo che un tempo aveva voluto con tutta se stessa.
Il
ragazzo che aveva avuto.
Il
ragazzo che non la voleva ed aveva tramutato la sua giovane vita in un
Inferno.
Aveva
appena undici anni quando lo aveva visto e fin da quel momento ne era
rimasta
attratta, non aveva potuto non infatuarsi di quel ragazzo dai
lineamenti così
delicati e dal portamento assolutamente impeccabile che sedeva vicino a
sua
sorella Bellatrix al tavolo di Serpeverde.
A
quel tempo, Lucius Malfoy aveva circa tredici anni, e quando Bella li
aveva
presentati, lui le aveva sorriso, augurandole una buona carriera
scolastica.
E la
piccola Narcissa aveva sentito il suo giovane cuore sussultare per quel
sorriso,
sentendo cambiare qualcosa dentro di lei.
Ma
era stato tanto tempo fa…
Con
il passare degli anni, aveva capito. Ogni donna capisce.
Se
lei poteva essere accomunata ad un tranquillo specchio
d’acqua, immobile e
limpido, nel quale magari potersi specchiare, Bellatrix era simile ad
una
tempesta, a quelle enormi onde in grado di inghiottire qualunque cosa e
trascinarla in un abisso senza fine.
Bella
era energia, sconvolgimento, imprevedibilità…
Ed
era questo che Lucius voleva.
Sua
sorella.
Voleva,
bramava, desiderava disperatamente sua sorella.
Ma
Bellatrix era stata promessa ad un Lastrange e a lui era stata data la
più
piccola delle Black, quella che per lui era sempre stata “la
sorellina di
Bella”.
Dopo
la festa del loro fidanzamento, Lucius aveva cambiato completamente
atteggiamento nei suoi confronti, trattandola come un peso che era
costretto a
tenersi sulle spalle; non c’erano più stati
sorrisi né parole.
-Abbiamo
lo stesso sangue, ma non sono lei. E’ per questo che adesso
mi disprezzi così
tanto?- gli aveva detto una sera, dopo essersi fatta coraggio.
Quella
fu la prima volta che lui alzò le mani su di lei,
afferrandola per la gola ed
intimandole di tacere.
E
lei era rimasta zitta, non ne aveva più fatto parola ed
aveva sopportato in
silenzio. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per non sentirlo più
urlare, per non
essere più colpita.
Ma
aveva pianto, quello non era riuscita ad impedirlo.
Aveva
pianto intere notti rimpiangendo l’immagine sfuocata di quel
principe che pian
piano si era trasformato in un orco crudele.
Narcissa
si riscosse dai suoi pensieri quando avvertì la prima
lacrima scendere per
attraversarle una guancia delicata. Si affrettò a cancellare
quel segno di
debolezza e finì in fretta di prepararsi, uscendo poi dal
suo dormitorio.
La
Sala Comune era semideserta, segno che i più erano
già scesi a fare colazione.
Prendendo
un bel respiro, si preparò ad affrontare quella che sarebbe
sicuramente stata
una lunga giornata.
I
raggi di un sole incredibilmente luminoso per quella giornata di
Novembre
attraversavano gli spessi vetri delle finestre chiuse per illuminare
completamente l’aula di Trasfigurazione, dove in quel momento
si stava
svolgendo una delle lezioni più interessanti che gli
studenti si fossero
trovati a seguire.
La
classe stava stranamente in silenzio, pendendo dalle labbra della
McGranitt
che, come era sua abitudine, passeggiava avanti ed indietro, parlando
con la
sua voce alta e chiara, pronta però a captare ogni minima
forma di
disattenzione.
Lily
Evans, impeccabile nella sua divisa di Grifondoro, stava seduta vicino
ad Alice
Rubin e prendeva diligentemente appunti, stando a capo chino.
Non
sembrava particolarmente interessata alla lezione, piuttosto si
limitava ad
adempire al suo dovere di studentessa coscienziosa.
Eppure
tutti erano attentissimi quella mattina.
Tutti
tranne lei.
Ma
Remus Lupin sapeva che nulla sarebbe riuscito a stuzzicare
l’attenzione di
quella ragazza, non fino a quando James Potter si sarebbe trovato in
infermeria.
James
era il suo unico pensiero, tutto il resto non significava
più niente.
Una
gomitata di Sirius costrinse Remus a riportare l’attenzione
sulla McGranitt,
che pochi attimi prima aveva lanciato un’occhiata nella sua
direzione.
-La
Semprevergine ti ha scoccato un’occhiataccia tre secondi fa!
Che hai?- sussurrò
Black, scrutandolo con i suoi occhi blu elettrico.
-Sono
preoccupato per Lily. Da quando James è in infermeria, lei
è…-
-Preoccupata.
Come tutti noi.- lo precedette Sirius, pratico. –Ci hanno
assicurato che il
nostro amico sta bene, perciò basta musi lunghi!-
-Parli
proprio tu che hai saltato i pasti per un giorno intero per stare in
infermeria!-
-Vero,
vero…- ammise l’altro, sbuffando.
–Quando ho saputo di James… beh, mi è
caduto
il mondo addosso. Ho pensato tante cose, davvero…-
mormorò, abbassando lo
sguardo, rabbuiandosi. –Ho pensato che se fossi stato con
lui, magari non gli
sarebbe accaduto nulla. Se non avessi lasciato la festa, James non
sarebbe
uscito per il castello da solo a cercare Victoria e me…
Però…-
-Tu
dovevi andare da lei, Sirius.- lo interruppe Remus. –Non devi
affatto
pentirtene!-
-Non
me ne pento, infatti.- fece subito il ragazzo. –Ma quando mi
hanno detto di
Jamie… ho davvero pensato di tutto, avevo una tale
confusione in testa…-
-Eravamo
tutti un po’ confusi.- disse Remus, abbassando un poco di
più la voce, visto
che la McGranitt aveva nuovamente lanciato un’occhiata nella
loro direzione.
Nessuno
dei due prendeva appunti quel giorno, la lezione sembrava interessare
poco
anche loro.
Il
motivo?
Che
altro avevano da imparare sugli Animagi?
Tutta
la classe era presissima, alcuni facevano pure domande, ma loro di
certo non
avevano nient’altro da imparare sull’argomento.
-Spero
che James si ricordi qualcosa quando si sveglierà. Potrebbe
aiutare gli
insegnanti a trovare quella strana creatura…- fece Remus,
mentre appuntava
distrattamente qualche data importante sulla propria pergamena.
Sirius
non rispose subito, intento a riflettere. –Certo che
è stano…- dichiarò alla
fine. -Insomma, una creatura della foresta che entra nella
scuola… molto
strano, no?-
-Beh,
Hagrid non può sempre tenere tutto sotto controllo, e poi
era la notte di
Halloween. Nessun professore era di guardia.- rispose subito Lupin,
guardando
l’amico.
Sirius
si zittì, ma non apparve affatto convinto.
Remus
lo osservò in silenzio per un po’, poi
portò lo sguardo su un’altra persona
che, da un po’ di tempo ormai, aveva cominciato a dargli
parecchie
preoccupazioni.
Peter
Minus sedeva vicino a Paciock e appariva tranquillissimo.
Era
venuto a trovare James una sola volta e per poco tempo, solo una
manciata di
minuti. Non aveva aperto bocca con nessuno di loro.
Si
era avvicinato a quel lettino quasi con timore, si era chinato su James
ed era
rimasto così, a fissare quel volto amico come se non lo
riconoscesse più con la
chiarezza di prima. Poi se ne era andato. Non una parola.
E
adesso era lì, pochi banchi davanti a loro.
Era
vicino, eppure a Remus appariva sempre più lontano.
Prendeva
appunti a capo chino, senza guardare nessuno, senza fare una parola con
Frank.
I capelli chiari più scarmigliati rispetto ad una volta, la
cravatta rossa e
oro della divisa allentata…
Era
cambiato.
Era…
diverso.
Improvvisamente,
Remus sentì uno strano nodo serrargli la gola, un peso
crollargli nello
stomaco. Un brutto presentimento.
Ricordava
le parole di Eva…
“Non
siete più bambini, non
potete continuare ad appoggiarvi tra di voi, ci sono cose che dovete
imparare
ad affrontare da soli. Ci sono scelte che dovete fare e che potrebbero
rovinare
anche qualche rapporto, ma non è importante. Remus, crescere
è questo. E’
intraprendere una strada, diritti verso la persona che vogliamo
diventare.
Durante questo percorso possiamo essere affiancati dai nostri amici,
è vero, ma
fondamentalmente è un viaggio che dobbiamo affrontare da
soli. E ci capiterà di
ferire e deludere qualcuno, ma anche di allacciare nuovi legami,
più forti dei
precedenti.”
Una
strada. Delle scelte. La persona che si vuole diventare…
Guardando
le spalle chine del suo amico, Lupin sentì quel brutto
presentimento diventare
una certezza.
Forse
era solo paranoico…
Che
persona voleva diventare Peter?
E
perché senza di loro?
“Sto
solo dicendo che
dovresti anche imparare a rispettare i loro silenzi ed i loro segreti.
Lasciali
andare, Remus. Si confideranno con te, quando ne sentiranno il bisogno.
Anche
loro tengono alla vostra amicizia, cosa credi?”
Lasciarlo
andare…
Doveva
fare davvero così?
E
dopo? Che sarebbe successo dopo?
Lasciò
andare la piuma, che cadde silenziosa sul banco, e cominciò
a massaggiarsi
lentamente le tempie con le dita.
Quel
mal di testa lo uccideva da giorni. Troppi pensieri, ne era certo.
Sirius
gli scoccò uno sguardo neutro, prima di tornare a
scarabocchiare sul suo
foglio, svogliato. Aveva visto lo sguardo quasi sofferente che Lupin
aveva
rivolto a Peter, ma aveva preferito non intervenire e lasciarlo fare.
Lui
si fidava del loro Codaliscia.
Aveva
notato il suo allontanamento, ma aveva deciso di non preoccuparsene
troppo.
Erano dei ragazzi di diciassette anni, no?
Poteva
capitare un periodo di incomprensione, di sballottamento. A Peter stava
capitando questo, era chiaro, ma presto sarebbe tornato tutto come una
volta,
ne era sicuro. Non c’era niente di cui preoccuparsi.
Forse
Peter si era davvero trovato una ragazza, ma era troppo timido per
andare a
dirlo a loro. Aveva bisogno dei suoi tempi.
Aveva
sempre avuto bisogno di tempo, Peter.
Sospirando,
Sirius scoccò un’occhiata ai Serpeverde,
ovviamente lontanissimi da lui.
Li
odiava, detestava tutto di loro.
Sua
cugina Bellatrix stava diligentemente prendendo appunti. Di lei si
potevano
trovare mille difetti, ma per quanto riguardava la scuola era
impeccabile. I
suoi voti erano ottimi. Malfoy parlava fitto fitto con Severus Piton.
Sì,
li odiava.
Avrebbe
dato volentieri fuoco a tutto il loro dormitorio, se avesse potuto.
Dopo
quello che avevano fatto a Victoria non meritavano altro.
Per
un attimo Bella sollevò lo sguardo blu dai suoi appunti ed i
loro occhi gemelli
si incontrarono accidentalmente.
E fu
fuoco. Fu guerra.
Una
rabbia ed un disprezzo così grande tra cugini
che… desideravano solamente che
l’altro scomparisse dalla faccia della terra.
Non
si erano mai potuti sopportare, neppure da bambini, quando il
tradimento di
Sirius non era neppure una semplice idea.
Fu
lei la prima ad interrompere il loro contatto, tornando a seguire la
lezione e
a prendere appunti, in religioso silenzio. Vicino a lei sedeva Eva
Ames,
anch’ella presa dalla lezione e da niente altro.
Era
sempre stata una ragazza molto tranquilla e pacata la Caposcuola di
Serpeverde.
-….
Come ho detto un minuto fa, un Animagus non è un mutaforma,
ragazzi. Si tratta
invece di un mago oppure di una strega in grado di assumere la forma di
un
animale e poi ritornare normale.- stava continuando a spiegare la
McGranitt,
abbracciando tutta la sua classe con lo sguardo. Tutti gli occhi erano
puntati
su di lei. –Ora, qualcuno di voi saprebbe dirmi qualcosa in
più sulla
trasformazione in animale?- domandò, tornando a sedersi alla
cattedra.
Molti
si guardarono tra loro, indecisi se parlare o rimanere in silenzio.
Alcuni non
sapevano proprio che dire.
Notando
il mutismo generale che era sceso tra i compagni, Sirius si accinse a
rispondere traendo idee dalla sua esperienza personale, ma qualcuno lo
precedette. Una mano scattò in aria.
-Parli
pure, signorina Evans.- fece la McGranitt, osservando la ragazza.
-Per
diventare Animagus ci vuole molto allenamento ed un grande controllo
della
propria energia magica interiore. La scelta dell’animale non
è lasciata al
mago, ma dipende soprattutto dal vissuto di questo, dalle sue
esperienze. Bisogna
dire che si tratta di magia molto pericolosa, ecco perché
è sotto l’attenzione
costante del Ministero.- rispose Lily, impeccabile come suo solito.
Una
risposta chiara, precisa. Perfetta.
Ma
pronunciata con voce piatta, lontana, quasi distratta.
-Ottimo,
Evans. Dieci punti a Grifondoro.- dichiarò
l’insegnante compiaciuta, tornando
poi alle spiegazione, imperterrita.
Alcuni
Serpeverde lanciarono alla rossa occhiate di disprezzo miste ad
invidia, ma la
diretta interessata parve non farci caso. Non si curò
neppure dei complimenti
ricevuti da Alice, che le aveva sorriso, orgogliosa.
Semplicemente,
Lily riabbassò lo sguardo, tornando a scrivere. Bella,
silenziosa ed
irraggiungibile come era sempre stata.
Quando
finalmente la lezione terminò, la ragazza ripose in assoluto
silenzio libri,
appunti, penna ed inchiostro nella propria borsa, senza curarsi di
nessuno.
Sembrava avere la mente altrove, come accadeva da diversi giorni oramai.
Tempo
un attimo e se ne era già andata, senza aspettare Alice o
gli altri ragazzi.
Sola.
Di nuovo sola.
Ma
non poteva occuparsi di nessuno in quel momento. Voleva James. Soltanto
James.
La
mancanza di lui le faceva talmente male da sentirsi bruciare dentro.
Era come
non respirare, come essere costretti ad un’apnea
interminabile.
E
dopo un po’ i polmoni bruciavano, davano dolore, e
l’aria mancava, sempre più,
sempre più, finendo per far annebbiare la mente.
Così si sentiva.
Lo
vedeva lì, su quel letto, talmente immobile e pallido da
apparire veramente
come un cadavere. Aveva passato ore interminabili a tenergli la mano, a
parlargli, ma lui non si svegliava, non apriva gli occhi.
Aveva
un disperato bisogno di sentire la sua voce, sempre allegra, sempre
briosa,
sempre incredibilmente dolce con lei, ed invece adesso viveva di
ricordi. Di
“Lily” pronunciati da quella bocca appartenenti a
giorni che man mano lei
sentiva scivolare via. Ed era atroce. Era ingiusto e crudele che il
destino le
avesse riservato questo.
Lo
prendeva per mano, ma non per dargli coraggio. James non aveva mai
necessitato del
coraggio degli altri.
Era lei
ad averne bisogno. Era lei che doveva toccarlo, stringere forte quella
mano,
altrimenti sarebbe semplicemente impazzita nel suo dolore e nella sua
ritrovata
solitudine.
Pazza,
si disse. Sto diventando pazza.
E
quell’amore stava sfociando in ossessione, in dipendenza.
Stava
diventando un amore malato.
Un
forte attacco di nausea la costrinse a fermare i suoi passi ed a
cambiare la
propria direzione, diretti ora verso il bagno delle ragazze.
Si
sciacquò accuratamente la faccia, godendosi il silenzio e la
solitudine di
quella stanza, ignorando le voci lontane ed attutite degli altri
studenti.
Lì,
in quella penombra, potè tornare a respirare.
Non
aveva vomitato, ma era certa che anche quel giorno non avrebbe pranzato.
Era
assurdo, semplicemente assurdo. Ed era ingiusto.
Aveva
vissuto diciassette anni senza James Potter e, nel bene e nel male, era
riuscita ad andare avanti con le sue sole forze.
Lui
l’aveva sempre seguita, ma lei lo aveva allontanato, con
cattiveria e disgusto.
Eppure
alla fine James l’aveva presa e si era ritagliato un angolino
nella sua vita
che, in poco tempo, era riuscito a divorare tutto il resto, diventando
il
centro di ogni suo pensiero.
L’aveva
presa per mano e le aveva dato coraggio. Le aveva mostrato un mondo
nuovo,
pieno di colori, dove non c’era spazio per
l’opprimente nero e l’insignificante
grigio.
E
adesso era la sua ossessione, la sua aria. Tutto ciò che
contava.
Era
sbagliato, lo riconosceva anche lei.
Non
doveva amarlo così.
Non
lo meritava lui e neppure lei.
L’amore
era un completarsi a vicenda, non una dipendenza dall’altro.
Era
una linea sottile, quasi invisibile, ma c’era e non andava
oltrepassata.
No,
non era giusto amarlo in quel modo. James Potter non aveva bisogno di
una
ragazzina debole e soffocante, soprattutto non ne aveva
necessità in quel
momento, quando era lui il più bisognoso di aiuto.
Doveva
aiutarlo il più possibile.
Con
questo pensiero in mente, Lily Evans sollevò i brillanti
occhi verdi e fissò la
propria immagine allo specchio. Aveva il volto pallido e stanco, non
riposava
bene da giorni. E di mangiare decentemente neanche a parlarne.
Raddrizzando
le spalle e dandosi un’aria più decisa, la ragazza
si sistemò meglio i capelli
rossi, acconciandoli in una coda alta, pratica e comoda per studiare.
Raccattò
da terra la sua borsa carica di libri e di pergamene, e si diresse a
passo
sicuro verso la biblioteca.
Non
aveva fame, punto. Tanto valeva dedicare il proprio tempo in qualcosa
di
costruttivo e di utile.
Prima
o poi James si sarebbe ripreso ed avrebbe avuto bisogno degli appunti
necessari
per rimettersi al passo con le lezioni e a lei mancavano ancora da
ricopiare le
annotazioni prese durante
le ore di Pozioni.
Camminava
decisa per i corridoi, sfoggiando la sua aria di Caposcuola in maniera
impeccabile, decisa a tenere nascosta la sua debolezza a tutti i costi.
Gli
studenti stavano andando a pranzo, senza fare troppo caso a lei,
intenti a
raccontarsi l’ultimo pettegolezzo oppure a piagnucolare per
l’interrogazione
andata male. Semplici pezzi di vita scolastica.
Ma
lei non ne aveva mai fatto parte e neppure le interessava
più di tanto. Salutò
il fantasma di Grifondoro, Nick-Quasi-Senza-Testa, e
rimproverò due Tassorosso
del secondo anno che progettavano di tirare delle Caccabombe in pieno
corridoio.
Poi
tirò dritto per la sua strada.
Quando
arrivò in biblioteca ovviamente questa era deserta.
Madama
Pince stava mettendo in ordine il reparto di Incantesimi e le sorrise,
vedendola arrivare. Probabilmente era di buon umore.
Facendo
attenzione a non fare rumore, Lily si sedette ad uno dei tavoli,
posando la
borsa al suo fianco. Lasciò vagare lo sguardo intorno a
sé per un attimo e fu
assalita da ricordi. Forse non avrebbe mai dimenticato.
Restano
sempre le tracce.
Il
suo sguardo si incupì, notando che uno degli scaffali
presentava ancora le
bruciature causate dal fuoco magico di Piton.
I
professori avevano fatto il possibile per rimediare ai danni. Qualche
libro era
andato perduto, qualche sedia era stata gettata via, ma alla fine la
biblioteca
era ritornata ad essere la stessa.
Ma
non per un occhio attento come il suo. Lei che aveva visto. Era stata
presente.
Victoria
non aveva più messo piede in quel luogo.
Lei
invece era tornata, chiudendo a chiave i ricordi di quella notte.
Le
urla di Victoria, le lacrime, la paura,
l’umiliazione…
E
poi James, corso a salvarla. Quel legame che li univa. Piton ed il suo
incantesimo oscuro. Quelle fiamme mostruose che avvolgevano Remus e
James.
Ricordava
di aver avuto paura. Di aver temuto che i due ragazzi morissero.
Quando
le fiamme erano svanite ed aveva visto i due Grifondoro illesi, la
gioia era
stata tanta che non aveva poi lasciato molto spazio alle domande.
Adesso
invece si chiedeva spesso come avesse fatto James a rimanere incolume.
Lui e
Remus sarebbero dovuti bruciare vivi ed invece a Lupin non era accaduto
assolutamente nulla, mentre Potter, che aveva protetto il suo amico con
il
proprio corpo, se l’era cavata con qualche ustione sulla
schiena.
Quello
rimaneva un mistero.
Uno
dei tanti segreti di James.
Sospirando,
Lily dispose davanti a sé penna ed inchiostro, poi prese gli
appunti di Pozioni
e dei fogli bianchi sui quali ricopiare le note.
In
silenzio cominciò il suo lavoro, senza più badare
a nulla. Studiare le dava
sicurezza, era quasi rilassante per lei. Era la sua
quotidianità.
La
quotidianità di Sirius Black invece era decisamente quella
di rispondere sempre
e comunque al suo orologio biologico e di correre in Sala Grande dopo
il
termine delle lezioni. Quelle due ore a Trasfigurazione poi, neanche a
dirlo,
lo avevano annoiato a morte. Animagus, bah, che novità!
Adesso
aveva una fame terribile e si augurava che gli elfi domestici avessero
preparato anche del pollo arrosto, con tante patatine come contorno.
Si
era tolto il mantello nero della divisa scolastica, standosene
tranquillamente
con il maglioncino grigio fumo e la camicia bianca. La cravatta
slacciata.
I
capelli neri come inchiostro sciolti gli ricadevano sul viso in un modo
che
apparteneva unicamente a lui, decisamente delizioso.
Sirius
aveva la rara capacità di apparire allo stesso tempo
elegante e trasandato. Era
una qualità che apparteneva solo a lui, semplice dono che la
natura aveva
voluto offrirgli e che lui sfoggiava alla grande, ben consapevole
dell’effetto
che aveva sugli altri. Non gli dispiaceva affatto essere ammirato.
E
quegli occhioni blu che si ritrovava, furbi e vispi come non mai, erano
in
grado di incantare chiunque e di fargli ottenere di tutto. In questo
erano
bravi tutti i Black.
Remus
Lupin camminava al suo fianco ed era la sobrietà
personificata.
Perfettamente
inglese.
Alto,
magro e dall’incarnato chiaro, gli occhi cerulei di Remus
erano assolutamente
buoni ed ingenui, ma decisamente intelligenti, spia di una mente sempre
pronta
al ragionamento.
Eva
Ames entrò in Sala Grande esattamente nello stesso momento
in cui lo fecero
loro. Si stringeva il mantello addosso, infreddolita, e teneva un
pesante tomo
di pozioni nel braccio libero.
I
loro occhi si incontrarono subito.
-Ciao
Remus.- fece lei con la sua voce sempre pacata. –Lezione
molto interessante
quella sugli Animagus, non è vero?-
Sorridendole,
il ragazzo annuì.
Quegli
occhi verdi erano stupendi, si ritrovò a pensare. Erano
molto più scuri di
quelli di Lily Evans e lui non poteva fare a meno di osservarli,
ammirato.
-Sì.
Decisamente interessante.- mentì benevolmente, osservandola.
In
verità quella lezione lo aveva annoiato come non mai, ma non
le avrebbe mai
detto una cosa simile. Eva pareva veramente soddisfatta delle due ore
di
Trasfigurazione.
Si
sorrisero e poi ognuno andò per la sua strada, anche se
Remus la seguì
inconsapevolmente con lo sguardo.
-Da
quando fai amicizia con quelli di Serpeverde?- disse Sirius, che non si
era
perso un istante di quella breve conversazione.
-Da
quando mi dici con chi devo fare amicizia?- ribattè Lupin,
posando
tranquillamente lo sguardo sul suo amico.
A
rispondergli fu l’espressione totalmente sconvolta di Black.
–Stai scherzando?
Davvero hai fatto amicizia con quella?-
-Beh,
e allora? Non essere ridicolo, Sirius. E’ una ragazza come le
altre, solo che è
stata smistata a Serpeverde. Dov’è il problema?-
-Dov’è
il problema?- ripetè Sirius.
–Dov’è il problema mi chiedi? Quelli
sono
serpenti, Rem! Sarà anche carina, ma fossi in te non mi
fiderei! Mai fidarsi di
una ragazza di Serpeverde!-
-Dici
così solo perché odi tua cugina.-
-Beh,
anche. Bellatrix è la regina del covo! Tutte le ragazze
rispondono a ciò che
lei comanda. Non fidarti troppo della Caposcuola Ames, dammi retta.-
-Quando
si parla di Bellatrix diventi subito paranoico, Siri. Ignorala e basta,
no?-
-E
come si fa ad ignorare quella stronza puttana, eh? Chi ha a che fare
con quella
è un povero pazzo, te lo dico io!-
E se
Remus si limitò a scuotere il capo, esasperato, per poi
tornare a parlare di
altre questioni con l’amico, Peter, che camminava vicino a
Black, si sentì
gelare a quelle parole. Si affrettò ad abbassare lo sguardo,
colpevole.
Sirius
aveva forse voluto alludere a qualcosa? Lo aveva scoperto?
No,
si disse in fretta. Assolutamente non era possibile. Era sempre stato
attento a
non farsi beccare da nessuno. Stava solamente diventando paranoico.
Stavano
raggiungendo il loro tavolo e molti si voltavano al loro passaggio per
salutarli. Era sempre stato così.
Loro
erano i Malandrini.
Gli
era sempre piaciuto sentirsi rispettato, ricevere attenzioni ed avere
la
completa dedizione di tutti. Essere amici di James Potter significa
essere
sempre al centro dell’attenzione.
Ma
adesso era diverso. Tutti quei sorrisi, quelle smancerie, lo
disgustavano.
Tutti
lo vedevano come “l’amico di Potter”, non
come Peter Minus. Ed era frustrante.
Non riusciva più a sopportarlo.
Accelerò
il passo, senza fermarsi a parlare con nessuno, scuro in volto.
Remus
smise di parlare con il Caposcuola di Tassorosso e seguì
l’amico con lo
sguardo, per poi voltarsi verso Sirius.
-Peter
è andato subito al tavolo. Raggiungiamolo, dai.-
Annuendo,
Black salutò un gruppo di amici e seguì Lupin,
ficcando le mani in tasca.
Scambiò una breve occhiata con sua cugina Narcissa, che gli
sorrise timidamente,
e poi, finalmente, si concesse ciò che aspettava da tutta la
mattina.
Non
aveva pensato ad altro per tutte quelle snervanti ore di lezione.
Victoria
Olsen stava seduta davanti a Peter e parlava, briosa e piena di energie
come
era proprio del suo carattere. Era tornata quella di sempre.
Anzi,
c’era qualcosa in più.
Quegli
occhi azzurri brillavano di una luce nuova, più bella, e
parevano contagiare
tutti coloro che le stavano vicino, intenti ad ascoltarla.
Alice
Rubin rideva, insieme a tutta quanta la squadra di Quidditch del
Grifondoro.
Persino il timido Frank Paciock si era unito alle chiacchiere.
E a
completare il gruppo, novità assoluta, Stephanie Hamilton,
che se ne stava un
po’ in disparte, impacciata, ancora intenta a chiedersi come
fosse finita in
quel branco di pazzi. Era stato davvero strano per lei. E per tutta la
scuola,
ad essere sinceri.
Dopo
la sua bravata di Halloween, tutti credevano che la cara Hamilton, Il
Mostro
della scuola, avrebbe fatto bene a lasciare Hogwarts, piuttosto che
avere Sirius
Black e Victoria Olsen pronti a farle la pelle e vendicarsi.
Ma
non era accaduto nulla del genere, anzi. E se il buon Sirius si era
limitato
soltanto a qualche occhiataccia, Victoria Olsen, stupendo tutti, le era
piombata davanti, sorridente, e l’aveva ringraziata,
dicendole che, in fin dei
conti, se era uscita da tutti i suoi casini sentimentali era proprio
grazie
alla sua carognata.
Tuttavia
tutti gli errori si pagano, in un modo o nell’altro. E chi fa
volutamente del
male alla fine viene punito.
Così
Stephanie, che fin da piccola aveva goduto nel mettere zizzania, si era
sì
salvata dalle ire di Black e di Victoria, ma si era ritrovata contro la
maggior
parte della popolazione femminile di Hogwarts, che aveva accusato lei
della
perdita del loro beniamino, ora non più disponibile.
Ebbene
sì, Sirius Black era ufficialmente uscito dalla piazza.
Sorridendo,
il ragazzo si fermò alle spalle di Victoria, ancora intenta
a tenere banco, e
la circondò con le sue braccia, sentendo che ogni cosa stava
pian piano
svanendo dalla sua mente.
Vick
si voltò per incontrare il suo sguardo, sorridendo furba.
Aveva fatto finta di
non averlo notato fino a quel momento per fargli dispetto e
perché voleva
esattamente che lui richiamasse la sua attenzione in quel modo. Era
certa che Sirius
ne fosse consapevole.
-Ciao
Black.- lo salutò, sfidandolo.
-Peste.-
la rimproverò lui, divertito.
E
poi non ci fu tempo per dire altro, perché Sirius si
chinò su di lei,
reclamando un bacio che Victoria non voleva assolutamente negargli.
Era
strano e meraviglioso allo stesso tempo.
Era
assurdo per loro due, abituati a ridere e scherzare come amici fin da
quando
erano bambini, baciarsi e coccolarsi come una qualsiasi coppia. Eppure
era
anche necessario. Non potevano farne a meno.
Si
staccarono, anche se entrambi avrebbero volentieri continuato a
baciarsi per
tutto il resto dell’ora di pranzo. Ma non volevano dare
spettacolo.
Con
la coda dell’occhio, Victoria vide quell’oca totale
di Kelly Logan alzarsi dal
suo tavolo e correre via in lacrime, seguita da altre ragazzine
ugualmente
disperate.
La
Olsen non riuscì a non lasciarsi sfuggire un ghigno
soddisfatto.
E
tanti saluti a quelle ochette starnazzanti!
Un
tempo era stata lei a piangere, mentre loro le davano
dell’insulsa maschiaccia
e le portavano via Sirius.
Adesso
Black era seduto al suo fianco, intento a riempirsi il piatto di cibo e
a
ridere di una battuta di Adam Maison, uno dei Battitori del Grifondoro.
Il
suo ragazzo. Sirius Black era il suo ragazzo e lei ancora faticava a
convincersene.
Ci
aveva fantasticato su talmente tante di quelle volte che aveva il
terrore di
accorgersi che anche quello fosse soltanto uno dei suoi tanti sogni.
Lui
si voltò a guardarla e le sorrise. –Che hai?-
Scuotendo
il capo, Vick sentì tutti i suoi dubbi scomparire. Tutto
grazie a quel sorriso.
-Niente,
niente.- rispose, tornando spensierata come poco prima. –Roba
da ragazze.-
E
quello stronzetto impertinente di Sirius assunse un’aria
confusa che era tutto
un programma per poi uscirsene con un candido:- Perché sei
una ragazza?-
Ovviamente
fu guerra, perché lei, invece di rispondergli con
un’altra frasetta tagliente,
preferì lanciarsi all’attacco. Una scusa in
più per stargli appiccicata, tutto
sommato.
-Quei
due non sono cambiati affatto.- fece Alice, divertita. –Non
sono fatti per le
smancerie.-
-Meglio
così.- dichiarò Remus, scoccando
un’occhiata ai due. –Altrimenti chi li
sopporterebbe?-
-E
tu, Remus? Quando te la trovi una ragazza?- lo punzecchiò la
Rubin.
-Mi
conosci. Ho troppe cose per la testa per poter anche pensare a
qualcuna.-
rispose il diretto interessato, mentre si versava un altro bicchiere di
succo
di zucca.
-Eppure
ne avresti tante di ammiratrici!- continuò la ragazza.
–Sai, si dice che Amanda
Parker sia perdutamente innamorata di te e che voglia rifilarti
dell’Amortentia!-
Sbuffando,
Remus si limitò a scuotere la testa. –Prima
dovrebbe migliorare le sue capacità
in Pozioni, visto che dal primo anno il suo voto è sempre
stato Troll.-
borbottò, pensando alla Tassorosso in questione.
Era
una vera frana in Pozioni, aveva dovuto darle ripetizioni
più di una volta,
sotto richiesta di Lumacorno, e quella per tutto il tempo aveva sempre
fissato
lui, invece che del libro di testo.
-Lily
non è venuta a pranzo?- chiese ad un tratto, cambiando
argomento.
Alice
abbassò lo sguardo, diventando ad un tratto seria.
–No. Appena è finita la
lezione della McGranitt ha raccolto in fretta le sue cose ed
è andata via. Dice
sempre di avere poco appetito.-
-Ha
detto la stessa cosa anche a me.- fece Remus. –Sta studiando
tantissimo. E
credo si stia occupando anche degli appunti di James. Mi ero proposto
di
aiutarla, ma mi ha detto di voler fare tutto da sola. Credo che tenersi
impegnata sia l’unico modo che abbia trovato per…-
Entrambi
rimasero in silenzio, mentre intorno a loro il pranzo continuava.
Sirius
e Victoria ridevano, ignari della loro conversazione.
Peter
consumava il suo pasto in religioso silenzio, apparentemente
indifferente ai
discorsi di Alice e Remus.
Frank
Paciock, che fino a quel momento era rimasto ad ascoltare i compagni di
casa,
fu il primo ad accorgersi dell’arrivo di Lucius Malfoy e
combriccola. C’era da
aspettarselo, si disse Frank con amarezza. I Serpeverde avevano
aspettato anche
troppo per dire la loro.
Malfoy
si fermò proprio davanti a Sirius, la testa calda del
gruppo, che
istantaneamente perse il sorriso. Victoria si irrigidì,
diventando come di
marmo.
L’atmosfera
era cambiata repentinamente.
-Salve
signori.- esordì Malfoy, sfoderando il suo ghigno
sprezzante. –Vi state godendo
il pranzo?-
Alle
sue spalle Lestrange e Nott scoppiarono a ridere, mentre Zabini restava
in
silenzio.
Peter
non disse una parola. Ma Alice Rubin, sfrontata come solo lei sapeva
essere, si
voltò per fronteggiare le Serpi.
-Sì,
ci stavamo davvero godendo il pranzo, prima del tuo arrivo.- fece,
tranquilla.
–Perciò ci faresti il favore di andartene?-
-Rubin,
tu saresti veramente una ragazza perfetta. Bella, intelligente,
atletica,
purosangue… Hai soltanto questo tuo orribile difetto di
parlare sempre troppo a
sproposito. Ti chiuderei volentieri la bocca a modo mio, sai?-
sussurrò Lucius,
divertito.
-Provaci
e ti schianto, Malfoy!-
Era
stato Frank Paciock a parlare, rosso di rabbia.
Alice
si voltò a guardarlo, stupita. Non se lo sarebbe mai
aspettato da quel
ragazzetto pasticcione e terribilmente timido.
Quell’intervento
però era servito soltanto a suscitare
l’ilarità nel gruppo di Serpeverde, che
se la stava spassando alla grande, fingendo paura per la minaccia che
Lucius
aveva appena ricevuto. Nessuno aveva mai avuto troppo rispetto nei
confronti di
Paciock. Molti lo reputavano un bamboccio inutile.
-Attento
stupidone, non ti mettere contro di me, dammi retta.- fece il capo
delle Serpi.
Quegli occhi grigi erano completamente freddi.
-E
tu dai retta a me, Malfoy. Sparisci.- si intromise Sirius, che a suo
parere
aveva sopportato anche troppo la presenza di quegli stronzi.
-Non
mi fai paura, Black.-
-Neanche
tu a me, te lo assicuro, biondino.- sibilò il Grifondoro.
–Ricordati che ho un
conto aperto con te. Non me ne sono certo dimenticato.-
-Ah,
giusto!- rise Malfoy. –Di fatti, ora che mi ci hai fatto
pensare, sono stupito
che la tua amichetta piattola sia ancora in grado di camminare e
parlare.
Credevo che avrebbe riportato un danno permanente. Voi che dite
ragazzi?-
Lestrange
scoppiò a ridere. Nott e Zabini si scambiarono
un’occhiata divertita.
-Bastardo!-
ringhiò Sirius, perdendo la calma. Sbattendo una mano sul
tavolo, si mese di
scatto in piedi, furioso. –Giuro che ti faccio a pezzi,
stronzo!- urlò.
Ignorò
i richiami di Victoria e probabilmente avrebbe anche potuto saltare sul
tavolo
oppure farlo a pezzi per raggiungere i Serpeverde, se non fosse
intervenuto
Remus Lupin, provvidenziale come sempre. Il licantropo lo
afferrò forte per un
braccio, bloccandolo ed impedendogli di usare la bacchetta.
-Basta,
Sirius. Basta.- fece, deciso. Il suo sguardo non ammetteva repliche.
-Vaffanculo,
Remus! Hanno cominciato loro!- ruggì Black, strattonando il
braccio.
-Non
me ne frega un accidente di chi ha cominciato! Falla finita e mettiti
seduto!
Non vedi che ti stanno provocando?- ribattè Lupin, serio.
-Remus
ha ragione, lasciali stare, Sirius.- fece anche Vick, guardandolo.
–Vuoi finire
nei guai?-
Il
ghigno di Malfoy si ampliò di più, godendosi la
scena.
-Fortuna
che hai i tuoi inutili amici, Black. Con questa tua arroganza ti
ritroverai
male, un giorno. Potresti fare una brutta fine…-
-La
farai prima tu, stanne certo!- sbottò Sirius.
-Dici?
Fossi in te starei attento e non mi provocherei, oppure vuoi fare un
giro in
infermeria a trovare tua moglie, eh?-
Ecco
centrato il punto dolente, pensò Remus, stanco. Era
lì che volevano arrivare
fin dall’inizio, c’era da aspettarselo. Poteva
anche scordarsi di far ragionare
quel testone di Sirius adesso.
Black
era semplicemente livido di rabbia. E tremava.
-Non
parlare di James.- scandì con odio.
Malfoy
rise di gusto. –Siamo davvero dispiaciuti per Potter, sai?
Davvero, dico sul
serio, quasi mi manca!- e qui attaccarono le risate dei suoi compagni.
–Insomma, questa notizia ci ha lasciati tutti senza parole.
Potter “Il Grande”
finito stecchito in infermeria! Assurdo!- fece, fingendosi sconvolto.
-Chiuditi
quella fogna!- urlò Sirius, scattando di nuovo e cercando di
liberare il
braccio dalla presa di Remus. –Non osare parlare di lui!-
Adesso
tutto il tavolo di Grifondoro e quello di Corvonero, che era il
più vicino,
stavano assistendo alla discussione, in silenzio. Nessuno osava fiatare.
-Basta
Sirius, Silente ci sta guardando!- lo riprese Alice, preoccupata.
-Non
me ne frega un cazzo, Alice! Gli spacco la faccia!-
-Che
paura! Avanti, vieni Black! Fammi vedere se sei in grado di combinare
qualcosa
senza il tuo amicone! Ora che Potteruccio è mezzo morto non
ti conviene fare
tanto lo spavaldo!-
-Non
ho bisogno di James per farti male, Malfoy!- gridò Sirius.
–Remus, porca
puttana, lasciami il braccio!- sbottò, cercando di liberarsi
dalla presa
dell’amico e di Adam Maison, che aveva deciso di intervenire
per fermarlo.
-Ho
detto la verità, Black!- continuò Lucius
imperterrito. Rise. –Com’è che Potter
non esce dall’infermeria? Questo fantomatico mostro lo ha
fatto crepare di
paura, eh? A quanto pare è proprio un buono a nulla! Cosa
volete che ci sia di
così terribile nella foresta? Solo quel pisciasotto del tuo
compare poteva
farsi ridurre nello stato pietoso in cui si trova!- esclamò,
esultante.
Ecco
fatto, James Potter era appena stato sfottuto a dovere.
E se
Sirius Black continuava a sbraitare in quel modo, presto la McGranitt
sarebbe
intervenuta a punirlo.
Poteva
ritenersi soddisfatto. Aveva l’attenzione di tutti. E tutti
avevano sentito ciò
che aveva detto sull’odiato Grande Capo di Grifondoro.
I
Grifoni erano a dir poco furibondi, lo vedeva. Quello sì che
era godere!
Ma
aveva fatto male i suoi calcoli.
-Certo,
adesso tu devi sapere davvero tutto delle creature della Foresta
Proibita. Sei
un esperto ormai, Malfoy, quindi ti credo sulla parola.- fece una voce
strascicata alle sue spalle, lasciando tutti senza parole.
–Del resto sono
settimane che la frequenti come galoppino
di Hagrid insieme ai tuoi compari, non è forse vero?-
E ad
essere sfottuto quel giorno non fu affatto James Potter.
I
Serpeverde impallidirono, incapaci di replicare.
Livido
di rabbia, Lucius Malfoy si voltò per vedere chi si fosse
permesso di
intromettersi e di prendersi gioco di lui.
Julian
Harris, doveva immaginarselo.
Quell’odioso
Corvonero aveva la maledetta capacità di spuntare alle
spalle e freddare con
una delle sue battutine pungenti. Maledetto!
Nessuno
rise, ma era palese che quella sera erano i Serpeverde ad uscirsene
sconfitti.
-Niente
di personale, Malfoy.- seguitò Julian, tranquillo,
fissandolo con i suoi occhi
nocciola. –La mia era una semplice osservazione, tutto qui.-
Quella
sua indifferenza irritava Lucius ancora di più.
Ma
era chiaro che quei furenti occhi grigi non avessero alcun effetto sul
biondo
Corvonero, che non sembrava affatto spaventato. Anzi, pareva annoiato
da tutte
quelle chiacchiere.
Al
suo fianco stavano l’immancabile Jasper Joyce, suo amico da
una vita, e Xenophilius
Lovegood, il pazzo per antonomasia.
-Non
arrabbiarti così Sirius Black, cerca di calmarti.- fece
Xeno, pacifico. –Rischi
di attirare uno sciame di Turbolotti! È’
praticamente impossibile liberarsene,
una volta arrivati.-
Quel
giorno “Lo Strambo” di Corvonero sfoggiava un paio
di occhiali dalle lenti di
uno scintillante color rosa. Impossibile non notarlo.
-L’ultima
volta uno della mia Casa si è davvero arrabbiato e sono
arrivati, sai?
Cacciarli via dalla torre di Corvonero è stato un
lavoraccio, vero Julian?-
continuò Lovegood.
-Certo,
certo…- lo accontentò Harris, prima di uscirsene
con uno sbadiglio annoiato.
Jasper
se la rideva sotto i baffi.
-Harris
sei in cerca di guai?- fece Lestrange, minaccioso.
Julian
non si scompose. –Guai? Io? Per quel che mi riguarda potete
anche scannarvi a
vicenda. Solo che le vostre chiacchiere mi stavano annoiando
terribilmente.-
Intanto
al gruppo dei tre Corvonero si era aggiunta anche Nina Green, una
deliziosa
ragazza del quinto anno, anche lei della casa dei Corvi. Nina corse
subito al
fianco di Jasper, preoccupata. Conosceva bene il suo ragazzo e sapeva
che non
era tipo da tirarsi indietro, se provocato.
Ormai
al tavolo dei Grifoni si era creato una sorta di capannello su cui era
concentrata l’attenzione di tutta la Sala, professori inclusi.
-Direi
che è il caso di tornarsene ognuno ai propri posti. La
McGranitt si è già
alzata.- fece ad un tratto Remus.
Zabini
e Nott se ne andarono subito, sentendo aria di guai. Malfoy
lanciò un’ultima
occhiataccia a Sirius e poi seguì i compagni insieme a
Lestrange.
E
anche quella volta era andata.
Lupin
sospirò, lasciando il braccio di Sirius, che
tornò a sedersi.
Presto
ognuno in Sala Grande tornò a farsi i fatti propri.
Julian
osservò Black, in silenzio, ed andò poi a
rivolgersi a Remus. –Notizie di
James?- domandò.
Sorridendo,
il biondo Caposcuola di Grifondoro scosse il capo. –Sempre
uguale.- rispose.
–Non sei andato a trovarlo?-
-Ci
ho pensato. Ma non avevo voglia di fare tutta la strada fino
all’infermeria.-
Julian
Harris era sempre il solito, c’era poco da fare.
-E
tu Black, leva quel broncio, ti vengono le rughe.-
-Vai
al diavolo, Harris.- fu la risposta di Sirius, ancora inviperito.
Dopo
aver salutato il gruppo di Grifondoro, i quattro Corvonero se ne
andarono.
Finalmente era tornata la calma.
-Devi
sempre essere così acido con Julian?- fece Alice divertita.
Sirius
Black sbuffò.
Il
motivo della sua rivalità con Julian Harris era quanto di
più stupido si
potesse immaginare. Terribilmente sciocco ed infantile. Questo
“Pomo della
Discordia” tra i due aveva un nome, respirava, camminava e
parlava. Ed era
James Potter.
Sirius
e Julian si contendevano le attenzioni del povero James neanche fosse
stato una
ragazza. E se da una parte Ramoso lo trovava anche divertente, beh, a
volte la
cosa lo esasperava sul serio.
La
disputa era cominciata presto. Al primo anno.
Sirius
si vantava, dicendo che l’amicizia tra lui e Potter era stata
come un colpo di
fulmine e non sarebbe mai finita. E Julian, tronfio, rispondeva per le
rime,
dichiarando contento che lui e James si conoscevano praticamente fin da
quando
portavano il pannolino, quindi aveva la priorità.
Da
lì era partito tutto.
Chi
aveva la precedenza?
L’amichetto
del cuore oppure l’amichetto d’infanzia?
La
cosa aveva del demenziale.
Fortuna
volle che Harris fu smistato a Corvonero, togliendosi dalle scatole e
facendo
del piccolo Sirius un bimbo felice. Soltanto che, nonostante si fosse
fatto
degli amici nella propria Casa, spesso e volentieri Julian tornava a
rompere i
boccini. Ed era tutto un “James come va?”,
“James ti devo raccontare una cosa!”
e “James, ti ricordi che ridere la scorsa estate?”.
E
Sirius metteva il muso lungo.
Gli
ultimi anni poi Black era stato costretto a sorbirsi Harris per tutte
le
vacanze estive e le ringhiate erano state tante. Non in senso
letterale, ovvio.
In
realtà il Corvonero non gli stava poi così
antipatico, era più che altro una
questione di principio. Un sentirsi invadere il territorio.
E
non c’era persona più territoriale di Sirius Black!
Remus
Lupin scuoteva il capo, povera anima, commentando sempre il tutto con
un:
-Ragazzini.-
Mancava
ancora un po’ alle 18.00 del pomeriggio, ma Narcissa Black
era già lì, ferma di
fronte all’aula di Incantesimi con il cuore che batteva a
mille.
Non
aveva il coraggio di entrare e allo stesso non stava più
nella pelle.
Indossava
ancora l’uniforme di Serpeverde, non si era cambiata. Appena
le lezioni
pomeridiane erano finite era subito corsa lì, senza
minimamente curare il
proprio aspetto. Sapeva che ad Andromeda non sarebbe importato.
Prendendo
un bel respiro, Narcissa aprì la porta ed entrò
nell’aula di Vitious.
Non
c’era traccia di Sirius Black, non era ancora arrivato.
Raggiunse
uno dei primi banchi e si sedette, posando la borsa sul pavimento.
Nell’attesa
si sarebbe riposata, era stata una giornata faticosa ed aveva proprio
bisogno
di tenere gli occhi un po’ chiusi e rilassarsi.
Durante
il pranzo in Sala Grande stava per succedere il finimondo.
Già
immaginava di che umore sarebbe stato Lucius a cena. Meglio non
pensarci.
Quando
la porta si spalancò di nuovo, si stava quasi addormentando
lì, in quella
stanza assolutamente silenziosa e in semioscurità.
-Stanca
Cissa?- fece Sirius Black, arrivandole davanti ed osservandola con
affetto.
La
ragazza si scosse, sbattendo più volte le palpebre.
–Oh, Sirius!- esclamò,
risvegliandosi dal suo torpore. –Scusami, mi sono…-
-Non
fa nulla, sciocchina!- rise lui, divertito. –Vogliamo andare?
Sei pronta?
Dromeda ci sta aspettando nell’ufficio di Silente.-
Bastò
questo a svegliarla del tutto.
Spalancando
gli occhioni chiari, Narcissa saltò in piedi, completamente
desta. –Certo che
sono pronta! Ti prego Sirius, portami da lei!-
-Sicuro!-
fece Sirius.
Con
stupore, la Serpeverde vide il proprio cugino porgerle la mano.
–Andiamo?- le
chiese. E lei non ebbe alcuna esitazione, nessuna paura.
I
corridoi
della scuola erano terribilmente silenziosi e già bui,
illuminati solamente
dalla luce delle torce e dai deboli raggi di un sole già
vicino a svanire.
Scioccamente,
Narcissa si chiese dove fossero finiti tutti gli altri studenti. Forse
molti si
trovavano in biblioteca a studiare.
-Sicuro
che non è un disturbo per te? Magari avevi altro da
fare…- mormorò guardando il
cugino, insicura.
-Figurati!
Incontrare Dromeda è sempre un piacere per me!-
-E’
sempre stata la tua cugina preferita.- fece la ragazza con un sorriso
delicato.
-Ho
sempre voluto un gran bene anche a te, bambolina.- disse lui,
fermandosi a
guardarla e dandole un buffetto sulla guancia, che la fece arrossire.
Le
dimostrazioni d’affetto erano molto rare in casa Black e
quando improvvisamente
arrivavano, la spiazzavano.
Sirius
rise. –Muoviamoci, dai.- fece, prendendola nuovamente per
mano. –Ho promesso ai
ragazzi che anche loro avrebbero potuto scambiare qualche parola con
Andromeda,
prima che se ne vada.-
Percorsero
il resto della strada in silenzio, con Narcissa che stringeva forte la
mano di
Sirius e sentiva il proprio cuore battere forte.
Stava
andando contro tutto e tutti. Se i suoi genitori lo avessero saputo
l’avrebbero
punita severamente, avrebbero anche potuto gettarla fuori dalla
famiglia Black.
Aveva
paura. Una paura tremenda.
Ricordava
ancora le urla di sua madre e la furia di suo padre
nell’apprendere che la loro
primogenita aveva intenzione di sposare un nato babbano.
Era
piccola, ma quei ricordi non avevano mai lasciato la sua mente.
Aveva
visto Andromeda piangere, derisa da Bellatrix.
Ed
aveva assistito allo sfiorire di quella ragazza stupenda che era sua
sorella.
Lei, Andromeda, la stella più brillante della famiglia Black.
Probabilmente
l’unica cosa buona che quei due esseri meschini dei suoi
genitori erano
riusciti a fare nelle loro insulse vite. L’unica cosa per cui
valeva davvero la
pena di essere orgogliosi.
Ma
il signore e la signora Black non avevano mai capito la fortuna che
avevano
avuto, anzi, avevano sputato sopra quella creatura meravigliosa, piena
di
passione e di ingegno. Intelligente, deliziosa, gentile ed onesta,
sempre.
Non
avevano mai più provato a cercarla e a mettersi in contatto
con lei, piuttosto
avevano vietato all’intero Casato dei Black di rivolgerle la
parola, ordinando
a tutti di considerarla morta, anzi, mai esistita. Cancellata.
E
adesso Narcissa stava andando ad incontrarla, non poteva crederci. Ma
non le
importava di rischiare, non più.
Di
fronte alla porta dell’ufficio del preside, la Serpeverde si
sentì tremare
dentro. Eccitazione e paura mescolate insieme.
Voleva
vederla, voleva assolutamente vederla.
-C’è
davvero, giusto?- chiese la ragazza con un filo di voce.
Sorridendo
dolcemente, Sirius annuì ed aprì la porta,
deciso, sentendo sua cugina trattenere
il fiato piena d’attesa.
Ed
il momento tanto desiderato giunse.
Silente,
famoso preside della scuola di magie e stregonerie di Hogwarts, stava
seduto
alla sua ricca scrivania e sorrise vedendo il visetto emozionato della
piccola
Black.
Narcissa
non era mai stata nell’ufficio del mago, non ne aveva mai
avuto bisogno. Adesso
aveva l’occasione di ammirare le ricche pareti addobbate dai
quadri
raffiguranti i precedenti presidi della scuola, le poltroncine
sontuose, le
librerie ricche di testi sconosciuti e gli strani apparecchi
dall’utilizzo oscuro.
Tuttavia dedicò pochissimo tempo all’osservazione
di questi particolari.
La
sua attenzione si concentrò subito su un’avvenente
ragazza che sedeva
comodamente su una poltroncina posta di fronte al preside.
Era lei.
Era
proprio lei.
Né
Silente né Sirius parlarono, quel momento era tutto per le
due sorelle e per
nessun altro. Sembravano quasi essersi messi d’accordo.
Anche
la fenice Funny stava in silenzio, tranquillamente appollaiata sulla
spalla del
potente padrone.
E
Narcissa era senza parole. Si sentiva stupida e non sapeva
assolutamente cosa
dire, era a mala pena cosciente di ciò che stava accadendo
intorno a lei.
Sapeva solo che le gambe le stavano tremando.
Andromeda
Black in Tonks la stava osservando senza accennare ad una sola parola,
sembrava
ammutolita esattamente come lei.
È’
tua sorella, disse
una vocina dentro la
giovane Serpeverde. Tua sorella. Gettati tra le sue braccia e stringila
forte!
Sì,
era sua sorella. La riconosceva, anche se erano passati tanti anni.
Bella,
bellissima.
Così
simile a Bellatrix e così diversa allo stesso tempo. Le due
si erano sempre
assomigliate molto, fin da piccole, e questo molto spesso
l’aveva ferita,
facendola sentire molto più lontana da loro.
Ma
dietro quella somiglianza presunta, c’era tanto di disuguale.
Andromeda
aveva dei meravigliosi capelli neri, luminosi e lucenti come una notte
senza
luna. Li teneva lunghi e lisci, privi di costrizioni. Non aveva mai
amato le
pettinature sofisticate. I suoi occhi erano blu, esattamente come
quelli di
ogni Black degno di questo nome, ma dentro di essi regnava una dolcezza
ed una
vitalità che nessun componente di quella tetra famiglia
aveva mai avuto.
L’incarnato
chiaro, i lineamenti delicati, una bocca rossa perfetta.
Osservarla
era come vedere una Bellatrix diversa, addolcita e più
matura, priva di rabbia
e di pazzia. Ed era decisamente strano.
Andromeda
si alzò in quel momento, rivelando che sotto il mantello da
viaggio verde scuro
indossava un corto abito di lana bianca dall’aspetto
morbidissimo, sopra ad un
paio di calze scure. Narcissa ammirava anche il suo modo di vestire.
Si
osservarono, ancora in religioso silenzio. E poi accadde.
La
maggiore sorrise e non ci fu bisogno d’altro. Non seppero mai
chi delle due si
fosse fatta avanti per prima, la cosa più importante per
loro era essere
finalmente l’una nelle braccia dell’altra.
Unite,
come erano state un tempo.
Sorelle,
come sarebbero sempre state.
Avvolta
da quelle braccia gentili e piene d’affetto per lei, Narcissa
non potè fare a
meno di scoppiare in un pianto liberatorio. A casa. Era a casa.
Il
suo cuore parve risvegliarsi in quel momento, gioiva, ricevendo vero
affetto
dopo tanti anni di freddo e di indifferenza. Troppi anni.
-Mi
dispiace, Andromeda! Mi dispiace tanto!- singhiozzò tra le
lacrime, stringendo
la sorella più che poteva. –Ti prego perdonami!-
-Shhhh,
piccola…- le mormorava dolcemente Andromeda, accarezzandole
i capelli con fare
materno. –Non piangere, tranquilla. Va tutto bene.-
Quella
voce….
Quanto
le era mancata quella voce, così dolce e rassicurante.
Improvvisamente
tutti quegli anni di distanza erano svaniti, lasciando il posto a tutti
i bei
ricordi che aveva condiviso con quella ragazza così
importante per lei.
Le
storie. I racconti. Dromeda era bravissima a raccontare le fiabe, lo
faceva
sempre, ogni volta che lei lo chiedeva.
Le
risate, gli abbracci, l’affetto…
I
biscotti. Odore di biscotti al cioccolato appena sfornati.
Sua
sorella li preparava tutte le domeniche, di mattina presto, e poi
correva
sempre a portarglieli ancora caldi, sistemati in un fazzolettino
profumato.
Bellatrix
si era sempre rifiutata di mangiarli, lei invece ne era golosissima.
Andromeda
le era sempre stata vicino, le aveva dato tutto l’affetto ed
il calore che
tutto il resto della famiglia le aveva sempre negato. Le aveva permesso
di
dormire nel suo letto durante le notti di temporale, quando lei era
piccola ed
aveva paura dei tuoni; le aveva curato le ferite che a volte si
procurava
cadendo; le aveva corretto i compiti che la tutrice severissima le
assegnava;
l’aveva consolata asciugando le sue lacrime quando piangeva;
aveva giocato con
lei, prendendo il tè con le sue bambole.
Poi
se ne era andata.
E
lei, forse perché troppo piccola, non aveva fatto nulla per
ritrovarla.
Ad
un tratto Andromeda si allontanò da lei, sorridendole, e le
asciugò
delicatamente le lacrime con le dita, guardandola con affetto.
–Basta lacrime,
su.- fece, scherzosa. –Sei cresciuta così tanto,
piccola. Sei quasi donna e sei
bellissima! Sono veramente orgogliosa, sai?-
-Davvero?-
mormorò Narcissa, insicura.
-Certo!-
rispose subito la maggiore. –Quando Sirius mi ha scritto
dicendomi che volevi
vedermi non riuscivo a crederci, sai? Ho pianto di gioia! Non mi
sembrava vero!
Mi sei mancata così tanto, Cissa!- aggiunse con gli occhi
lucidi di commozione.
-Vero!-
si intromise Sirius, divertito. –Se vuoi ti mostro la lettera
di risposta di
Dromeda, Cissa! E’ piena di macchie!-
Andromeda
rise facendo una smorfia buffissima al cugino che provocò il
riso anche in
Narcissa, che si sentiva terribilmente frastornata da tutte quelle
emozioni.
Non le sembrava ancora vero.
-Signor
Black, credo che sia l’ora di lasciare le due sorelle da
sole.- fece Silente,
mettendosi in piedi e raggiungendo la porta del suo ufficio. Sorrideva
bonario.
-Certamente.-
assentì Sirius. –Ci vediamo al Grifondoro,
Dromeda!-
Prima
di andarsene, l’anziano preside sorrise nuovamente a
Narcissa. Gli occhi
azzurri parevano brillare dietro quelle lenti a mezza luna.
Poi
la stanza fu tutta loro ed Andromeda invitò la
più piccola a sedersi con lei in
uno dei comodi divanetti rivestiti di velluto. Ordinarono del
tè che subito
apparve davanti a loro, fumante e profumato. Lo sorbirono in silenzio,
godendosi quella pace che le univa. Fu la maggiore delle due a parlare
per
prima.
-Sirius
mi ha detto del tuo incidente.- disse ad un tratto, facendo tremare
Narcissa,
che abbassò subito lo sguardo. –E mi ha detto di
Lucius Malfoy.-
Freddo.
Adesso la giovane Serpeverde sentiva un freddo tremendo. Dovevano
davvero
parlare del suo fidanzato? Già sentiva l’ombra di
lui cominciare ad inghiottire
l’armonia e la pace che era appena riuscita a trovare.
Dovevano veramente
parlare di lui? Non potevano semplicemente far finta di nulla?
-Tesoro,
non chiuderti adesso. So che è stato Malfoy a farti del
male. Sirius ne è
convinto e lo sono anche io. Credevo che tu mi avessi cercata anche per
questo,
per aiutarti. Non è così?-
Era
veramente per quello? L’aveva chiamata per cercare aiuto? No,
non solo per
quello. In realtà… voleva soltanto rivederla,
sentire un po’ d’affetto sincero.
Non sperava certo che sua sorella riuscisse a salvarla dal suo destino.
Voleva
soltanto respirare.
-Sì,
è vero. Lucius mi ha colpita.- ammise a bassa voce.
–Ma non ti ho chiamata per
lui. Io volevo soltanto rivederti Andromeda, mi sei mancata molto.-
-Lo
so, Cissa. Ma non posso certo restarmene indifferente dopo aver saputo
che quel
dannato Malfoy ha spedito mia sorella in infermeria dopo averla
picchiata.-
-Lo
avevo fatto arrabbiare.-
-Non
è assolutamente una giustificazione, Narcissa!-
-Che
cosa potrei fare secondo te?!- saltò su la più
piccola delle Black, accorata.
–E’ il mio fidanzato e dovrò sposarlo!
Non c’è nulla che si possa fare,
Dromeda! Perciò è inutile parlarne!-
-Ma
tu non puoi subire ed accettare tutto, te ne rendi conto? E Bellatrix?
Bellatrix non vede? Non fa nulla?!-
Un
sorriso amaro comparve sulla bocca della minore, mentre nuove lacrime
minacciavano di uscire. –Vede. E non fa niente.- ammise,
sconfitta. –Dice che
me lo merito, che sono troppo simile a te.-
-Che
cosa?!- esalò Andromeda, incredula. Il suo sguardo si era
incupito. –Non riesco
a crederlo. Non riesco ad accettare che Bellatrix…- ma
interruppe la frase,
disperata, senza forze. –Ed immagino che quei due esseri
senza cuore che
abbiamo come genitori non si preoccupino affatto di te.- fece con
amarezza.
-Vogliono
soltanto che sposi Lucius e che sia una buona moglie.-
Una
lacrima sfuggì al suo controllo, rigandole una guancia. Si
vergognava
terribilmente, non riusciva a far altro che piangere.
Sua
sorella la strinse nuovamente a sé, lasciando che si
sfogasse, confortandola
come aveva sempre fatto. Non parlò fino a quando non si fu
calmata.
-Narcissa,
ascolta. La tua situazione è orribile e mi si strazia il
cuore sapendoti in
queste condizioni. Ma un modo c’è per salvarti e
tu sai di cosa sto parlando.-
mormorò, non cessando di accarezzarle i capelli biondissimi.
-Lasciare
la famiglia Black.- sussurrò la Serpeverde, spaventata.
-Devi
avere coraggio, Narcissa. E’ l’unico modo. Potresti
venire a vivere da me.-
-Ma
io…-
-E’
una scelta tua, tesoro.- le disse Andromeda, dolcemente.
–Devi salvarti da
sola, nessun altro può. Devi volerlo tu. Guarda il tuo
futuro e decidi. Sappi
solo che se lascerai la famiglia, non sarai sola. Io e Sirius ti
staremo vicino,
la mia casa diventerà anche la tua, se lo vorrai.-
In
silenzio, Narcissa annuì. Già immaginava le urla
di suo padre, già poteva
vedere sua zia che cancellava anche il suo nome dal prestigioso arazzo
dei
Black.
Le
importava davvero?
La
sua libertà in fondo non aveva prezzo. Ed Andromeda sembrava
così felice, così
libera da quelle opprimenti catene… Forse anche lei sarebbe
riuscita a trovare
la sua libertà, la sua felicità. Doveva solo
avere coraggio e fare il salto.
Come
aveva fatto sua sorella. Come aveva fatto Sirius.
Dromeda
sarebbe stata la sua stella, l’avrebbe guidata.
-Ascolta,
faremo in questo modo.- cominciò la maggiore, sorridendo
rassicurante.
-Quest’anno
Malfoy e Bellatrix si diplomeranno e tu sarai libera. Non avrai
più la loro
presenza ad opprimerti. Finirai gli studi e ti diplomerai, come non ho
fatto
io. Non voglio che tu faccia i miei stessi errori. E dopo questi ultimi
due
anni, se ancora lo vorrai, lascerai la famiglia e verrai a vivere da
me. Casa
mia è molto grande, avresti una stanza tutta tua! E ti
rifarai una vita,
tesoro!-
Suonava
stupendo, quasi irreale.
Vivere
con Andromeda sarebbe stato meraviglioso, avrebbe potuto vivere una
vita vera,
come una ragazza normale. Doveva solo trovare la forza di dire addio.
-Ted
sarebbe felicissimo di conoscerti!- fece sua sorella ad un tratto.
-Ted?-
-Mio
marito. Immagino che nessuno ti abbia parlato di lui.-
-No,
mi dispiace.- ammise Narcissa, dispiaciuta.
–Com’è? Ti rende felice?- chiese,
curiosa di conoscere tutto della vita dell’altra.
-E’
l’amore della mia vita, Cissa. Non mi sono mai pentita delle
scelte che ho
fatto, mai, credimi. Lui mi fa sentire amata e protetta, la donna
più felice
del mondo. Sento di vivere unicamente per lui ed è
bellissimo!- le rispose con
gli occhi che brillavano per l’emozione. –Ted
è una persona estremamente
altruista e generosa, non conosce assolutamente il male ed il dolore
che mi ha accompagnata
nei primi anni della mia vita. Ti accoglierebbe a braccia aperte!-
-Vorrei
tanto conoscerlo, sembra davvero un uomo fantastico.- fece Narcissa,
sinceramente felice per la sorella.
-Lo
conoscerai! E ti presenterò anche un’altra
persona!- disse Andromeda,
sorridendo contenta. –Io e Ted abbiamo una bambina! Sirius
non te lo ha detto?-
-Cosa?-
balbettò la bionda, incredula. –Una…
una bambina? S-Sono zia?-
Non
riusciva a crederci! Una bambina! La figlia di sua sorella, sua nipote.
Sentì
il cuore cominciare a battere fortissimo per l’emozione ed il
desiderio di
incontrare quella piccola creatura il più presto possibile.
-Oh,
Andromeda, io… io…- ma non riuscì a
dire nulla, correndo ad abbracciarla. –Già
so che è bellissima!- mormorò, felice.
Andromeda
ricambiò l’abbraccio, commossa. –Sono
felice di sapere che la nascita di mia
figlia sia una gioia per te, anche se non è purosangue.-
-Non
dire sciocchezze!- fece subito Narcissa, felicissima.
–E’ tua figlia, non
importa altro per me! Vorrei averla subito tra le mie braccia! Quanti
anni ha?
Come si chiama?-
-Ne
avrà tre tra non molto ed è in piena salute! Ha
gli occhioni blu dei Black ed è
una Metamorfomagus, sai?- rispose prontamente la maggiore, orgogliosa.
–Deve
avere ereditato questo potere da qualche nostro prozio, credo. Io e Ted
abbiamo
deciso di chiamarla Ninfadora!-
-Ninfadora?-
ripetè Narcissa, dubbiosa. –Non sarà un
po’ troppo originale?-
-Cissa,
non ti ci metterai anche tu a prenderla in giro!- scherzò
Dromeda. –Già ci
pensano Sirius e quel matto di James! Ninfadora andrà
benissimo! Sono sicura
che le piacerà un sacco!- aggiunse, convinta.
Passarono
più di un’ora a parlare della piccola Ninfadora e
delle sue avventure. Narcissa
voleva sapere tutto di sua nipote e rideva di gusto, quando Andromeda
la
informava di qualche pasticcio combinato dalla bambina.
La
giovane Serpeverde venne a sapere che tutti i membri della famiglia
Black erano
a conoscenza della nascita della piccola, ma che era stato vietato a
tutti di
parlarne, ecco perché lei non ne sapeva nulla.
La
bambina non sarebbe mai stata una Black, di conseguenza era inutile
parlarne.
Questo non faceva altro che darle un’ulteriore conferma su
che razza di persone
fossero i suoi genitori.
Si
era ormai fatto tardi, quando entrambe decisero di alzarsi e lasciare
l’ufficio
del preside. Era ora di cena ed Andromeda aveva appuntamento con uno
strampalato gruppo di Grifondoro combina guai.
-Mi
raccomando, Cissa. Pensa bene a ciò che ti ho detto e decidi
con calma. Sarà il
nostro segreto.-
Annuendo,
la giovane Serpeverde si disse che nel suo cuore aveva già
la risposta, non
aveva bisogno di pensare oltre. Avrebbe terminato gli studi e sarebbe
corsa da
sua sorella maggiore senza esitazioni.
Sorridevano
entrambe mentre uscivano dalla stanza del preside, chiudendosi la porta
alle
spalle, e si avviavano giù per la scala a chiocciola. Ma non
appena furono in
corridoio ad attenderle trovarono una doccia gelata ed una morsa al
cuore.
Bellatrix
Black se ne stava appoggiata ad una parete, bella e velenosa, con
l’aria
apparentemente indifferente. Fumava tranquilla, non sembrava affatto
furente
come invece Narcissa si sarebbe aspettata.
Vestiva
di nero. L’unico colore che amava. La Dea del male di
Serpeverde.
-Bellatrix…-
mormorò Andromeda, senza parole.
-Andromeda.-
la salutò Bella, con un ironico cenno della testa.
–Che persona orribile che
sei, mia cara. Vieni a trovare Narcissa, ma ignori me? Non sapevo
facessi
preferenze.- la schernì.
Semi
nascosta dietro Dromeda, Narcissa si sentì morire. Non
avrebbe mai voluto che
le sue due sorelle si incontrassero, era stanca di urla ed
incomprensioni. Non
avrebbe più tollerato tutto quell’odio.
-Come
facevi a sapere che sarei venuta oggi, Bella? Gli unici a saperlo
eravamo io,
Cissa, Silente, Sirius ed i suoi amici.- fece la più grande
delle sorelle,
dura.
Un
pauroso ghigno piegò la bocca rossa e perfetta di Bellatrix.
–Ho un bravissimo
informatore, tutto qua.- rispose, per poi portare la propria attenzione
su
Narcissa.
-Complimenti
sorellina, immagino che i nostri genitori saranno assai lieti di sapere
con chi
hai deciso di riallacciare legami. Davvero brava.-
-Se
provi a mettere nei guai Cissa, io…- cominciò
Andromeda, furente.
-Tu
cosa?- la provocò Bellatrix. –Cosa farai,
sentiamo? Sei sempre stata
un’incapace! Potrei ucciderti lì dove sei, razza
di feccia umana!-
-Bella!-
strillò Narcissa, sconvolta da quelle parole.
Ma
non c’era posto per lei in quella disputa, se ne rese subito
conto.
Bellatrix
ed Andromeda si stavano fissando con astio, senza minimamente curarsi
di lei,
la loro era una faccenda privata. Non poteva fermarle.
-Non
pensavo che ti avrei mai rivisto, Dromeda. La favolosa stella dei
Black!-
esclamò Bella, prendendosi gioco della sorella.
–Sai che ti dico, signora
Tonks? Più che una stella luminosa, mi sei sempre sembrata
una stella cadente.
Cadere nel fango è l’unica cosa che hai sempre
saputo fare bene.-
Un
sorriso amaro e triste comparve sul volto dell’altra.
–Beh, se ti interessa
saperlo, Bella, per me tu invece non sei mai stata una stella.
Piuttosto un
buco nero.-
La
risata sguaiata di Bellatrix Black riempì tutto il corridoio
deserto, facendo
tremare Narcissa, che si avvicinò di più ad
Andromeda, timorosa.
Pazza,
Bellatrix era semplicemente pazza. Non c’erano altre
spiegazioni.
Ed
era strano osservare quelle due sorelle così uguali e
così diverse, era quasi
raccapricciante. Sembravano l’una il riflesso allo specchio
dell’altra.
Le
doppie facce di una medaglia.
Un
angelo ed un demone con lo stesso volto.
-Hai
ragione, sono proprio un buco nero.- fece Bella, divertita.
–E sai che ti dico,
sorella? Prima di collassare, ti
assicuro che avrò inghiottito tutto ciò che mi
circonda. Te lo assicuro! Non mi
darò pace fino a che non avrò ingoiato anche il
più misero essere vivente.-
Agghiacciante.
Né Andromeda, né Narcissa riuscirono a dire
qualcosa. Erano semplicemente
allibite, sconvolte da quella furia tetra e raccapricciante.
Bellatrix
non si curò di loro, rideva.
Rideva,
gioiosa come una bambina terribilmente divertita dal proprio gioco
infantile.
Lanciò a mala pena un’occhiata alle due sorelle e
poi voltò loro le spalle,
scendendo le scale e sparendo nelle ombre che la avvolsero come una
madre
premurosa.
Le
ombre erano la sua casa. La notte la sua dimora.
Pazza.
Bellatrix Black era pazza.
Quella
sera alla Torre di Grifondoro si consumò una cena un
po’ arrangiata all’ultimo
minuto tra amici di vecchia data, seduti in cerchio sul pavimento della
Sala
Comune, vicino al camino con il fuoco acceso.
Sirius
aveva fatto un giro nelle cucine ed era riuscito a sgraffignare quanto
più
possibile dai preparativi per la cena della Sala Grande, facendo felici
i
poveri elfi domestici, contentissimi di essere stati utili.
Inutile
dire che Andromeda Black era l’indiscusso ospite
d’onore e che l’attenzione di
tutti era concentrata su di lei, che in quel momento stava parlando
della
figlia, facendo ridere i ragazzi.
-Dovreste
vedere che capelli rosa che si è fatta venire! Quella
bambina è prodigiosa!-
esclamò, ovviamente piena di orgoglio materno.
-Dora
è davvero una bambina deliziosa.- disse Remus, posando una
bottiglia semi vuota
di Burrobirra vicino a sé. –Tra un mese
è il suo compleanno, vero?-
-Giusto!-
fece anche Sirius, con la bocca piena.
-Andromeda,
ma davvero non hai portato nessuna foto? Avrei tanto voluto vederla!-
si
intromise Victoria, seduta vicino a Sirius. Era sempre stata innamorata
della
piccola Ninfadora, l’aveva adorata dal primo momento che
l’aveva vista.
C’era
da dire poi che quella piccola peste sapeva bene come conquistare le
persone.
-Purtroppo
no.- rispose Andromeda. –Sono venuta di corsa e non ci ho
proprio pensato,
scusa Vick.-
-Beh,
possiamo sempre venire a farvi una visita per le vacanze di Natale.-
fece
Sirius, contento. –Siete a casa, no?-
-Sì,
sì. Resteremo a casa, non è decisamente il
momento adatto per fare viaggi.- fu
la risposta di sua cugina. –Venite pure! Ninfadora
sarà felicissima!-
Vedendo
Sirius ridere e scherzare rilassato tra i suoi amici, Andromeda decise
di
tenere per sé il suo scontro con Bellatrix, non era il caso
di far preoccupare
il ragazzo più del necessario. Non voleva turbarlo,
conosceva il suo carattere.
Sfoderò
perciò il suo sorriso più luminoso e decise di
allontanare i brutti pensieri su
sua sorella da quella serata.
-Dunque
è proprio vero?- chiese ad un tratto, osservando furba
Victoria. –E’ vero ciò
che mio cugino mi ha detto su di voi, Vick?-
Ovviamente
la Grifondoro arrossì, ma si riprese subito, uscendosene con
un grintoso:
-E’
verissimo, per Merlino!- che fece scoppiare tutti a ridere.
Dromeda
era assolutamente felice ed abbracciò subito la Olsen, che
ricambiò l’abbraccio
un po’ imbarazzata.
-Tesoro,
sono davvero felice per te! L’ho sperato tanto!- disse con
sincerità, per poi
scoccare un’occhiataccia al cugino. –Siri, se osi
far star male questa ragazza
meravigliosa la fattura che ti lancerò non te la
toglierà nessuno, garantito!-
minacciò, fingendosi severa.
Sirius
rise, non riuscendo a rimanere serio. –Sì,
signora!- fece, allegro.
Remus
rideva, osservando divertito la scenetta. In quel momento di allegria
gli venne
da pensare a James, ancora addormentato in infermeria, e a Lily, che
non vedeva
da dopo le lezioni.
Lui e
Sirius le avevano chiesto di unirsi alla loro cena, dove avrebbe potuto
anche
conoscere Andromeda, ma la rossa, mortificata, aveva declinato
l’invito,
dicendo di portare i suoi saluti alla cugina di Black da parte sua.
Era
stata sincera quando aveva detto che avrebbe partecipato davvero
volentieri
alla loro rimpatriata, ma a detta sua aveva ancora molto lavoro da
sbrigare in
biblioteca, dove sarebbe andata subito dopo aver mangiato qualcosa in
Sala
Grande.
Lupin
era sempre più convinto che la Evans non si stesse solamente
dedicando ai
compiti di scuola, doveva esserci dell’altro sotto.
Quella
ragazza stava cercando qualcosa in quella biblioteca.
-Peccato
che Lily non sia venuta, ti sarebbe piaciuta!- stava dicendo Victoria
proprio
in quel momento, destando Remus dai suoi pensieri.
-Certo!-
fece Andromeda, allegra. –In pratica è la ragazza
di James, giusto?-
Sirius
e Victoria risero, perfidi.
Peter,
che non aveva spiccicato parola per tutta la cena, fece un sorrisino
che poteva
dire tutto e niente.
-Allora?-
li incalzò la Black.
-Beh,
ancora non stanno insieme ufficialmente, ma, cavolo!, è come
se fossero davvero
una coppia, credimi!- le rispose Vick, ottenendo subito il consenso di
Sirius.
-Magnifico!-
ghignò Andromeda. –Sirius Black accoppiato e James
Potter in procinto di
diventarlo a sua volta. Immagino ci sia la fila per lanciarsi dalla
Torre di
Astronomia! Povere ragazze!-
E
giù a ridere tutti quanti. Victoria aveva le lacrime agli
occhi. –Grande
sorella!- strepitò, compiaciuta.
Le
due ragazze si dettero il cinque.
Quando
cominciarono ad arrivare i primi studenti sazi
dell’abbondante cena in Sala
Grande, il gruppetto decise di spostarsi nella stanza dei Malandrini,
dove
avrebbero potuto parlare per qualche altro minuto senza essere
disturbati.
Victoria
ed Andromeda si sistemarono sul letto vuoto di James, sul quale, tra
l’altro,
si era spostata la conversazione.
-E
quindi non si sveglia ancora?- chiese Andromeda, preoccupata.
–Povero James, mi
piacerebbe andare a vederlo.-
-Oggi
non si può.- la informò Remus. –Sono
venuti i Potter per stare tutto il giorno
con lui ed il preside ci ha chiesto di rimandare le nostre visite a
domani.-
-Capisco.-
mormorò la ragazza. –Vedrete che andrà
tutto bene, James è uno tosto!-
Black
e Lupin annuirono, ma dalle loro face era palese che non si sarebbero
tranquillizzati fino a quando non avessero riavuto Potter tra loro.
-Siamo
stati da Hagrid per sapere di questa creatura…-
cominciò Vick all’improvviso,
seria. –Ma non ha voluto dirci niente. Nessuno ci dice niente
a dire il vero.-
Sospirando,
Andromeda abbassò lo sguardo, scura in volto.
-Ragazzi,
vi prego di non fare niente di insensato. James si
riprenderà, perciò state
tranquilli ed aspettate, non è affatto il caso che vi
mettiate in cerca del
mostro da soli nella Foresta Proibita. Sì, esatto.- sorrise,
vedendo le
espressioni colpevoli dei ragazzi. –So che ci avete pensato,
ma non fatelo, ok?
Non vi rendete conto, non avete la minima idea di cosa
c’è fuori da questo
castello.-
Il
silenzio parve addensarsi intorno a loro, l’aria farsi
più cupa. Dell’atmosfera
allegra e scherzosa di poco prima non c’era più
traccia.
Victoria
Olsen trattenne il fiato.
-La
Gazzetta del Profeta non riporta tutte quante le notizie, ragazzi.
C’è tanta
censura da parte del Ministero della Magia, datemi retta.-
-Che
cosa?- fece Remus, sconvolto.
-Proprio
così, ragazzi. E intanto fuori la gente continua a sparire.
Due giorni fa è
scomparsa nel nulla un’intera famiglia di babbani, in Galles.
E voci dicono che
il capo del dipartimento Catastrofi ed Incidenti Magici sia stato sotto
Imperius fino a pochi giorni fa. Non capite? Si sta muovendo!-
-Qui
a scuola non ne parliamo mai.- mormorò Sirius, cupo.
–Sembra quasi impossibile
che esista qualcuno del genere là fuori.-
-Lo
so.- fece Andromeda. –Qui ad Hogwarts siete protetti ed al
sicuro. Pare che
Voi-Sapete-Chi non abbia intenzione di sfidare Silente. Resta il fatto
che
fuori sta continuando ad arruolare maghi e streghe e ne sta trovando
veramente
tanti! Ed è questo che mi sconvolge più di
qualsiasi altra cosa! Non avrei mai
immaginato che ci fossero così tanti maghi fissati con la
purezza del sangue!-
Peter
Minus aveva abbassato lo sguardo, finendo con l’osservarsi le
scarpe in
religioso silenzio, quasi estraniato dalla conversazione.
-La
purezza del sangue è una scusa! Quel pazzo vuole solo
potere!- sbottò Victoria,
stringendosi nelle spalle. Era spaventata.
-Questo
è chiaro.- fece anche Remus. –Ma è
vergognoso sapere che tanti maghi sono
disposti a seguirlo!-
-Sicuramente
nella sua cerchia c’è anche qualche Black.-
rognò Sirius. –Bellatrix per
esempio.- aggiunse subito, freddo.
-Non
ne abbiamo la prova!- lo riprese Remus.
-No,
ma potrebbe esserlo.- dichiarò Andromeda. –I Black
sono sempre stati fissati
con la purezza del sangue, non sarebbe tanto strano vederli marciare
con Lui. E
sicuramente anche i Malfoy ci sono dentro fino al collo.-
-E i
Lestrange.- aggiunse Victoria. –Rodolphus ha usato la
maledizione Cruciatus su
di me e sapeva usarla bene.- fece, stringendo i denti.
Ci
fu un attimo di silenzio in cui Sirius sentì crescere
nuovamente dentro di sé
una rabbia disumana ed il desiderio di ammazzare tutti i Serpeverde con
le sue
stesse mani. Lestrange per primo.
-Potrebbe
essere chiunque.- mormorò Andromeda. –Si
nascondono. E quando si ritrovano per
le loro missioni sono sempre incappucciati. Si fanno chiamare
Mangiamorte e
comunicano tra di loro tramite uno strano tatuaggio che hanno sul
polso.- li
informò, abbassando la voce. –E mentre il
Ministero ha troppa paura per dire le
cose come stanno ed informare i cittadini, loro non perdono tempo ed
agiscono.
Cercano di portare più maghi possibili dalla loro parte.
Pare che ogni mago
purosangue di Inghilterra abbia ricevuto uno strano libricino contente
il credo
dei Mangiamorte. Appare dal nulla, sapete? Non ti arriva via Gufo.
Semplicemente un giorno te lo ritrovi in casa e non puoi gettarlo via.
Riappare
sempre.-
-Come
lo sai?- domandò Sirius, sentendosi rabbrividire.
-Perché
l’ho ricevuto anche io.- fu la sconvolgente risposta di sua
cugina. –E non c’è
verso di liberarsene. E’ pieno di magia oscura, molto
potente. E le parole che
racchiude in sé sono ancor più pericolose.-
Nel
buio di quella stanza, un tempo luminosa e piena di risate, i quattro
ragazzi
si ritrovarono sbattuta in faccia una realtà che avevano
ignorato per fin
troppo tempo. Quella scuola li aveva protetti per tanti anni, era stato
come
vivere completamente isolati dal mondo. Ad Hogwarts tutto andava bene.
Nessuno
moriva, nessuno spariva. Udendo il terribile racconto di Andromeda,
tutti loro
rabbrividirono.
-Ma
di cosa parla questo libro?- ebbe il coraggio di chiedere Victoria.
Andromeda
Black Tonks sorrise mestamente.
-L’importanza
del sangue.- cominciò. –Come riconoscere i
mezzosangue, come trovare i babbani.
Come ucciderli. Descrive il viaggio verso una nuova era, verso un mondo
di
pace, dove soltanto coloro dal sangue puro saranno vivi. Incoraggia ad
uccidere
per un bene superiore. Cerca di convincere chi lo legge a credere nella
folle
utopia di quel mostro.- mormorò cupamente. –Il
manuale del perfetto Mangiamorte.-
Note di
fine capitolo
Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!
Dio grazie ho finito questo capitolo, sono distrutta! Non scherzo!
È’ stato un
parto molto lungo, sapete?
E’
stata una bella macedonia, non c’è che dire. Ma mi
sono voluta occupare un po’
di tutti, senza tralasciare nessuno. Però è stato
uno sforzo enorme.
Direi
che ho appena messo le carte in tavola, ragazzi!
Che
dire? Due cose.
La
prima è che sono in crisi d’astinenza e se il mio
James non torna nella storia
rischio di impazzire di brutto.
La
seconda riguarda il rapporto Julian-James-Sirius. Quando aveva 11 anni
Sirius
era seriamente geloso dell’amicizia che c’era tra
James e Julian. Ma era un
bambino. Adesso è cresciuto e tra lui ed Harris
c’è una buona amicizia, soltanto
che per abitudine amano punzecchiarsi. Perciò non prendete
troppo sul serio la
descrizione che ho fatto del loro rapporto nel capitolo, voleva essere
scherzosa.
Black
non è così infantile da avercela con qualcuno
solo perché è molto legato a
James.
Chiarito
questo, passo ai ringraziamenti.
Aimer: Salve!
Grazie infinite per
la marea di complimenti che mi hai fatto, non so davvero cosa
rispondere, anche
perché mi imbarazzo facilmente! Che dire? Faccio del mio
meglio e se i
risultati si vedono questo non può che farmi piacere. Spero
che continuerai a
seguire la mia storia! A presto! ^^
Finleyna
4 Ever: Davvero trovi
Savannah simpatica? Beh, ne sono
contenta! Grazie mille per la recensione! A presto!
Robert90:
Ti
è sul serio piaciuto il capitolo enciclopedia? Ahahaah Bene,
sono
contenta! Mi fa piacere! Temevo davvero che non sarebbe piaciuto molto
ed
invece mi hai stupito! Grazie per i complimenti! Al prossimo capitolo!
^^
LilyProngs:
Intanto una
cosa che non ti ho mai detto, adoro il tuo nick. <3 La tua
recensione mi ha commossa, sul serio. Mi ha fatto venire i brividi e non ho parole sufficienti per
poterti esprimere
la mia gratitudine. Ti dirò “grazie”, ma
sappi che dietro questa parola c’è
veramente tantissimo. Sono davvero felice. Le tue parole mi hanno dato
ancora
più voglia di scrivere! Quando ti dedichi tanto in un
progetto, ricevere certi
complimenti riesce a dare una forza inaudita. Perciò,
davvero, ancora grazie di
cuore!
Giunigiu95:
Hey! Grazie
mille! Addirittura trovi il capitolo stupendo? *me gongola*
Eh, sì. Peter è proprio andato a fare
ciò che dici tu. E no, Bella non conosce
il segreto di James. Per quanto riguarda Sirius… poveretto,
trovarsi a tavola
gente come Edward Havisham era all’ordine del giorno! Un
motivo in più per cui
scappare, non trovi? Eheheheheheheh
Chiara88:
Grazie mille
per i complimenti! Anche a me è piaciuto
l’incontro
madre/figlio, anche se ogni volta che lo leggo, penso che avrei potuto
scriverlo molto meglio… ma vabbè! Adesso la
storia sarà tutta in discesa. Ho
messo le carte in tavola e non resta che giocare. Lo vedrai non appena
James si
sveglierà.
Sihu: Grazie
per le belle parole! Eheheheh quando James si sveglierà
sarà tutta una serie di
eventi, lo vedrai! Spero che continuerai a seguire! A presto!
PrincessMarauders:
Grazie per la
recensione! Credo che tutti quanti abbiamo tirato un
sospiro di sollievo ora che i due testoni si sono messi insieme! :D Per
James
non ti preoccupare, ha scelto la luce. E una volta presa una strada non
la
lascia più. ^_-
Brando:
Ciao! Credo
che tu abbia davvero colto tutto nello scorso capitolo,
quindi non posso fare altro che sorridere soddisfatta e quotarti in
pieno! A
presto! ^^
Black_Witch:
Sorellaaaaaaaaaaaaaa!!!!!
Mio Dio se mi sei mancata! Come va? Come potrai
aver notato in questo capitolo, alla fine tutti abbiamo ringraziato la
cara
Hamilton ed aggiungerei “meno male c’era
lei!” Per James tranquilla, sai che lo
amo, non gli farei mai del male. ^^ Vedrai da sola come
andrà la storia. Per
Peter, beh, hai già capito tutto tesoro! Un bacione!
<3
Sara_the_slayer:
Oddio, ti
ringrazio per la maratona che ti sei fatta per leggere tutta la
storia! Mi immagino quanto hanno protestato i tuoi poveri occhi! Anche
io amo
James, proprio come te, e sono contenta che ti piaccia il mio modo di
descriverlo. Per Lily lo so, ne sono consapevole. Ho creato una Lily
diversa da
quella che ci immaginiamo tutti, ma ho voluto rischiare e ti ringrazio
di aver
continuato a leggere la fic nonostante i tuoi dubbi. Ti dico solo che
Lily
diventerà la splendida donna che tutti ci immaginiamo, ma
dopo il suo personale
viaggio. Crescerà nella storia. Davvero, grazie per tutti i
tuoi complimenti,
mi hanno fatto piacere. E non preoccuparti delle recensioni lunghe.
Più
scrivete, più io sono felice! A presto!
Anna
Mellory: Beh, spero che
il capitolo nuovo ti sia piaciuto! A
presto e grazie!
Novembre:
Ciaooo! Grazie
tante per i tuoi soliti complimenti che non mancano mai!
Grazie davvero! Purtroppo per James e Lily bisogna aspettare un altro
pochettino. Credimi, mancano tantissimo pure a me! Non ce la faccio
piùùùù! XD
Mimmyna:
Ciao! Scusa il
ritardo con l’aggiornamento, ma è stata una
faticaccia! XD
Grazie tante per i complimenti, fa sempre piacere riceverli! A quanto
pare la
scena madre/figlio ha avuto successo! Non posso che esserne felice! X3
Myki: Ed ecco
anche te! Vuoi farmi morire di cuore? XD Grazie, grazie, grazie,
grazie! Quante
volte devo dirlo? Beh, ormai ti ho spiegato quanto il tuo parere sia
prezioso per
me! E sono strafelice che tu abbia notato Julian. È un
esperimento, sai? Spero
tanto che riesca bene! Incrocio le dita! Ovviamente leggerò
il libro che mi hai
consigliato appena sarò libera dagli esami. Sì,
la scena di Julian indifferente
e poi preoccupato non è stata un caso e credo che tu lo
abbia capito leggendo
questo ultimo capitolo. Scoprirai presto che per il caro Harris
l’indifferenza
è tutto, ma ci sono alcune persone che riescono a smuoverlo.
Una è proprio
James. Gli vuole veramente bene. Le altre persone, beh… lo
vedrai! XD Gli
accenni li adoro, mi diverto troppo a farli. E prendermela con Peter
è una
goduria, anche se mi sto affezionando a questo personaggio e, in modo
contorto,
sto pure cominciando a capirlo! Sono felice che ti sia piaciuta la
presentazione di Havisham, in realtà non è stata
molto studiata, ma sono felice
che abbia fatto il suo effetto. Poi Sirius. Sì, ho
deliberatamente reso il suo
umore a scatti. Perché lui lo vedo così, caotico
e passionale. Come l’estate.
Ti alzi ed i cielo è sereno, poi tempo poco ed arriva il
temporale. Era
confuso, sconvolto. E Lily, beh, la sto massacrando alla grande, non
trovi? XD
Veniamo alla parte finale. Sì, c’è uno
strano triangolo. Tom-James-Edward. Ma
la cosa è complicata e forse l’unico modo per
capirla davvero è andare avanti
con la storia. Ti dico solo che James non si lascerà
confondere tanto
facilmente da nessuno. Ha scelto la luce, sempre e comunque. E nel
discorso di
Savannah, beh, c’è tanto. E credo tu lo abbia
capito.
Grazie di
cuore, cara! ^^
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Capitolo 23 *** My Part In This World ***
CAPITOLO
23 “MY
PART IN THIS WORLD”
When
the dark wood fell before me
And all the paths were overgrown
When the priests of pride say there is no other way
I tilled the sorrows of stone
I did not believe because I could not see
Though you came to me in the night
When the dawn seemed forever lost
You showed me your love in the light of the stars
Pioveva
quella fredda mattina del sei Novembre ed il sole faticava a sorgere,
intrappolato da pensanti coltri di nubi cariche di pioggia.
Raffiche
di vento gelido colpivano, sferzanti, l’erba verde
dell’immenso parco di
Hogwarts, increspavano l’acqua sempre calma del lago nero ed
attaccavano,
bellicose, le imponenti vetrate del castello, il quale si ergeva,
silenzioso,
in quella indomabile tempesta. Le nubi erano arrivate di notte, quando
ormai
ogni studente aveva raggiunto il proprio letto, e si erano ammassate
tra di
loro, pronte a dare inizio al loro tetro concerto.
Gli
alberi della Foresta Proibita frusciavano cupamente, quasi costretti a
piegarsi
sotto l’implacabile potenza del vento, quando un fulmine
biancastro squarciò il
cielo nero, seguito da un tuono.
Lo
scrosciare dell’acqua era incessante. E la capanna di Hagrid,
il guardiacaccia,
appariva come una povera vittima massacrata senza pietà e
priva di un qualsiasi
attimo di tregua. La pioggia tentava in ogni modo di schiacciarla.
Se
qualcuno si fosse trovato in giro per il parco quella mattina, avrebbe
distinto
chiaramente i latrati terrorizzati del povero Thor, il cagnone del
custode di
Hogwarts, che si confondevano con il persistente rumore delle gocce
d’acqua che
colpivano ripetutamente terra.
E
non solo, avrebbe anche potuto notare dei movimenti affaccendati in
direzione
delle serre di Erbologia. Niente di preoccupante. Era solamente la
povera
professoressa Sprite, che, scarruffata e zuppa fino al midollo, era
uscita a
quell’ora improponibile del mattino e con quel tempo infame
per correre in
aiuto delle sue tanto amate piante.
Non
erano ancora le sette del mattino e tutti gli abitanti del castello si
trovavano ancora nei loro letti, placidamente abbandonati tra le
braccia di
Morfeo per almeno un’altra ora buona.
Tutti.
Tutti tranne delle eccezioni.
Bellatrix
Black osservava con un misto di ammirazione e piacere quello spettacolo
della
natura completamente in balia di una rivoluzione che appariva senza
fine. Aveva
sempre amato i temporali, fin da quando era molto piccola.
Il
cielo improvvisamente si oscurava, allontanando la patetica luce, e
tutto
cominciava. L’aria sembrava tremare, ricca di una nuova ed
oscura energia, si
alzava il vento, l’acqua scendeva con violenza travolgendo
tutto senza pietà ed
i fulmini tagliavano la volta celeste come enormi graffi.
E
lei stava lì, poggiata contro una vetrata, ad ammirare quel
temporale come
innamorata. Oh, come avrebbe voluto volentieri farne parte!
Peter
Minus, seduto al contrario su una sedia vecchia e logora, non le
toglieva gli
occhi di dosso, pensando a quanto Bellatrix e quella tempesta, in fin
dei
conti, si assomigliassero. La violenza,
l’impetuosità, il caos… erano tutte
cose che appartenevano alla sua meravigliosa venere nera.
Si
trovavano in un’aula deserta, vecchissima e piena di polvere,
che era situata
in una delle tante sconosciute torrette del castello. Soltanto un
malandrino
come lui avrebbe potuto conoscere quel luogo. Beh, ora lo conosceva
anche
Bella.
Entrambi
indossavano già l’uniforme della propria Casa,
pronti per scendere a colazione
e confondersi con gli altri studenti.
Come
se non fosse accaduto niente.
Come
se non si fossero mai incontrati.
-E’
strano che tu sia finito tra i Grifondoro, non trovi Peter?- fece
Bellatrix
all’improvviso, lo sguardo ancora rivolto
all’esterno.
Quella
domanda lo colse completamente alla sprovvista, non se l’era
mai aspettata.
-Cosa
vuoi dire?- mormorò lui, abbassando lo sguardo.
La
ragazza rise con freddezza. –Beh, il tradimento non
è la qualità preferita di
Godric Grifondoro, no?- spiegò. –Saresti stato
meglio tra i serpenti, non
trovi?-
-Non
ci ho mai pensato.- ammise Minus, lo sguardo quasi assente.
–E non credo mi
importi più di tanto. E comunque non sono un traditore,
Bella. Ci sono cose sui
ragazzi che non saprai neppure da me!- tentò di provocarla,
ma era del tutto
inutile.
La
Serpeverde rise di lui, divertita. –Tu dici?- fece,
voltandosi a guardarlo.
–Davvero pensi di non essere un traditore? E chi mi ha detto
delle convocazioni
sospette di Potter dal preside? Chi mi ha detto della mappa e del
mantello
dell’invisibilità? Chi mi ha detto di aver trovato
un certo James Potter in una
pozza di sangue, alla Torre di Astronomia?-
-S-Sono
semplici informazioni. Non ho tradito nessuno.-
-Forse
hai ragione, ma, lasciatelo dire, sei sulla strada buona per faro.-
Incapace
di ribattere, Peter Minus si zittì. Certo, si era
allontanato dai suoi amici,
ma da qui a dire che li tradiva era troppo, no?
Infondo
aveva solo svelato a Bellatrix delle stupidaggini, niente di
importante. Non le
aveva certo detto di Remus e del fatto che tre dei Malandrini fossero
degli
Animagi non registrati. Questo non glielo avrebbe mai detto.
C’erano
volte che si sentiva in colpa verso i ragazzi, ma durava solo un
istante. Non
poteva dire loro di Bella, non avrebbero capito. Sirius per primo. Lo
avrebbe
praticamente ammazzato a mani nude.
Doveva
ritornare sui suoi passi? E per cosa?
Per
starsene all’ombra di James?
Per
essere una nullità in confronto a Remus o a Sirius?
Nessuno
aveva mai voluto lui. Nessuno aveva mai cercato lui.
Ma
Bellatrix lo aveva scelto, lo aveva chiamato a sé e gli
aveva detto che era
tutto ciò che voleva e di cui avesse bisogno. E lui non
aveva minimamente
pensato che quella della Black fosse una trappola. Non si era mai
fermato a
riflettere e a capire che quelle lusinghe erano una menzogna e che, in
realtà,
per Bella lui era solo una pedina.
No,
non aveva pensato a niente e si era lasciato prendere.
Quelle
bugie lo avevano soggiogato. E quel corpo bellissimo lo aveva reso
schiavo.
-Che
vi ha detto Silente riguardo all’incidente di Potter?- chiese
ad un tratto la
ragazza, trapassandolo con lo sguardo.
-Quello
che ha detto a tutta la scuola. Che James è stato aggredito
da un mostro.-
-E
tu ci credi?-
-Perché
non dovrei? Che altro gli sarebbe accaduto altrimenti?-
Bellatrix
non rispose a quella domanda e riportò lo sguardo sul vetro
rigato di pioggia.
-Raccontami
di nuovo di quando lo hai trovato.-
Peter
sbuffò, ma rispose subito. –Te l’ho
detto. Ho sentito qualcuno urlare e sono
corso a vedere cosa era successo. E James era per terra, nel sangue.
C’era
sangue ovunque, anche sulle pareti. L’odore era nauseante. E
lui era…- mormorò,
deglutendo. –Si?- lo incalzò lei.
-Diverso.
Era pallido e… era come se tutte le sue vene fossero
diventate nere… Aveva
degli occhi…! Per Merlino, parevano indemoniati!-
esclamò il ragazzo. –E poi
sono corso via. Ero terrorizzato!-
Bella
si lasciò sfuggire un sorrisetto, soddisfatta. –E
questo ti sembra l’aspetto di
qualcuno che è stato aggredito da una qualche creatura? Non
scherzare, Peter.
C’è dell’altro sotto. Credo che il tuo
amico Potter ci stia nascondendo
qualcosa. La sento spesso dentro di lui… una strana
energia…-
-J-James
non farebbe male ad una mosca.-
Lei
rise. –Il Diavolo ha molte facce.- fece, entusiasta.
–Ed io intendo capire.-
Abbassando
lo sguardo, Peter scoccò un’occhiata
all’orologio magico che teneva al polso
sinistro. Era ancora presto per scendere in Sala Grande, Bella sarebbe
stata
sua ancora per un altro po’. Poi sarebbe svanita, per
cercarlo solo quando
avrebbe voluto lei. Era sempre stato così tra loro.
-Hai
incontrato Andromeda ieri?- chiese, timoroso.
-Oh,
sì.- rispose lei, divertita. –E’ stato
un bell’incontro, sai? Sono contenta che
tu mi abbia informata. Narcissa era a dir poco terrorizzata.- rise.
–Scommetto
che quella sciocca ha chiesto a Dromeda di salvarla da Lucius!
Ridicolo!-
-E
tu? Sei contenta di Lestrange?-
Lei
lo guardò, lo sguardo che brillava di ironia e divertimento.
-Rodolphus?
Beh, è uno come un altro. Perché questa domanda?
Sei geloso, Minus?-
-C-Certo
che no, s-solo che…-
-Io
non sarò mai sua. E neanche tua.- fece lei, dura.
–Non sarò mai di nessuno,
tutto qui. Perciò non è importante con chi i miei
genitori hanno scelto di
farmi sposare. Il mio cuore, sempre ammesso che ne abbia uno,
resterà vuoto.-
Bugiarda,
Bella. Si
disse la ragazza dentro
di sé.
Quel
maledetto pezzo di carne pulsante non era affatto vuoto. E la
avvelenava come
non mai. Dannato!
Stringendo
i pugni, Bella concentrò la sua attenzione sui lampi che
attraversavano il
cielo colmo di nubi nere. Non voleva pensare.
-Fai
sempre domande su James. Si può sapere perché ti
interessa tanto?- fece Peter
all’improvviso, quasi con rabbia.
Anche
se quella domanda l’aveva fatta raggelare, Bella non lo dette
a vedere. Era
sempre stata brava a fingere. Ed infatti sembrò davvero che
quella richiesta
non l’avesse affatto colpita.
Chissà
che si era messo a pensare Minus. Forse era davvero geloso, dopo tutto.
Povero
stupido!
-Mi
interessi tu. Ho cercato te, no?- fece, sorridendo al Grifondoro.
-Sì,
ma…-
Non
si curò più di lui, dandogli definitivamente le
spalle. Non tollerava di
parlare di James Potter con altri. Era il suo male privato. Era da
lì che
riusciva a trovare la sua rabbia necessaria.
James
Potter.
La
sua dannazione.
Il
ricordo di quella volta la uccideva. Era veleno. Ne voleva ancora.
Era
stato un caos di colori e di pensieri.
Inizialmente
un gioco per lei, che aveva preso ad osservarlo.
Lo
aveva guardato una mattina di quasi un anno fa. E poi il vortice.
L’aula
di pozioni.
I
vapori che salivano.
Lui
rideva.
Lui
seduto accanto a suo cugino.
L’odio
per Sirius.
Pensare
che la bocca di Potter invitava ai baci più
ardenti…
Occhi
neri in cui perdersi.
Lo
splendido corpo di un atleta.
Capelli
neri, ribelli, dove passare le dita.
Era
stato un vortice.
Si
era detta che sarebbe stato decisamente eccitante scoparsi il miglior
amico del
suo odiato cugino. Avrebbe fatto a Sirius la bastardata più
grande che potesse
immaginare.
E
sporcare quell’angelo l’avrebbe fatta godere da
morire.
Ma
James Potter non era un angelo. Non lo era mai stato veramente.
In
quella confusione di vapori, colori e voci, i loro occhi si erano
incontrati e
lei aveva capito tutto, gioendo.
Lui
non aveva abbassato lo sguardo, né lo aveva distolto. Aveva
continuato a
guardarla e in quegli occhi scuri c’era qualcosa che forse
nessuno aveva mai
notato. Nessuno tranne lei.
James
Potter nascondeva qualcosa dentro di sé che aveva paura di
mostrare agli altri,
ma non a lei. Con lei non aveva motivo di avere paura. E lui aveva un
disperato
bisogno di lasciarsi andare, per una volta.
Un’occhiata.
Un tacito accordo.
Tu
usi me. Io uso te.
Un tuono
più forte riportò Bella alla realtà,
facendola rabbrividire. Pioveva anche
quella volta. Anche quella volta il cielo si scioglieva su Hogwarts.
Ed
era notte, resa più tetra dal temporale. Forse anche la
natura aveva voluto
essere testimone di quella colpa. Il peccato di James. E la dannazione
di lei.
Lui
era spuntato all’improvviso in quel corridoio deserto,
illuminato solamente
dalla tiepida luce delle torce. Non era mai stato uno che rispettava il
coprifuoco, James Potter. Per lui non c’era nulla di strano
nel camminare in
quel castello buio.
E in
quel corridoio c’era lei, seduta per terra, le gambe lunghe
stese con
tranquillità. Lo aspettava? Forse.
In
fondo erano vicini al dormitorio di Serpeverde. Lei non si era poi
mossa così
tanto. Era stata lei ad attenderlo. Era stato lui a venire, a cercarla.
Per
quale altro motivo, altrimenti, si sarebbe dovuto spingere fin ai
sotterranei?
Era
venuto per lei.
Si
erano guardati senza dire una parola.
E
poi di nuovo quel vortice. Di nuovo quell’annebbiamento della
mente.
L’unica
cosa che le era importato in quel momento erano le labbra di lui sulle
sue.
E
quel bacio famelico che la faceva bruciare dentro. Non le dava tregua.
James
non era stato gentile, probabilmente sapeva che con una ragazza come
lei poteva
semplicemente prendere e basta.
Era
quello che voleva anche lei.
Si
erano ritrovati al buio di un’aula vuota, forse proprio
l’aula di Pozioni, e
Bella aveva avuto ciò che voleva. Era stato tutto
così dannatamente eccitante
che lei avrebbe urlato se la sua bocca non fosse stata impegnata a
divorare di
baci le labbra morbide e terribilmente sensuali del suo amante.
Il
pavimento era freddo sotto di lei, ma la cosa non l’aveva
preoccupata.
Spogliarlo
le aveva dato una soddisfazione unica. Stringerlo a sé come
se fosse stato una
sua proprietà l’aveva riempita di un furioso
divertimento.
Non
aveva più pensato al dispetto che desiderava fare a Sirius.
Ogni cosa aveva
perso significato. Era stato totale oblio. Lì, in balia di
quel ragazzo
stupendo.
E
quando avevano finito, James non le aveva chiesto scusa. Non era mai
stato un
tipo ipocrita, lo sapeva bene. E a lei era piaciuto ancora di
più.
Piagnistei
e scuse l’avrebbero fatta vomitare.
Si
erano lasciati senza dirsi niente. Ed il giorno dopo l’angelo
era tornato.
Non
c’era più traccia del terribile demone che
l’aveva dannata la notte prima.
Lui
non l’aveva più guardata come quella volta durante
l’ora di Pozioni e lei
avrebbe anche potuto immaginare che si fosse trattato tutto di un
sogno, se
solo non avesse avuto come ricordo le impronte delle dita di lui su un
fianco.
Piccoli
lividi che l’avevano tenuta ancorata a quella loro unica
volta.
Ma
con il tempo anche questi erano svaniti e lei era rimasta ancorata ad
un
ricordo, ritrovandosi schiava per la prima volta.
Sì,
perché James Potter l’aveva dannata. La voglia di
lui riusciva a metterla in
ginocchio. Il desiderio di quel corpo la massacrava.
-Bella?-
la chiamò Peter all’improvviso.
Lei
si riscosse dai suoi pensieri, spostando lo sguardo su Minus.
Il
ragazzo si era alzato dalla sedia e si era messo vicino a lei. La
guardava.
-Dov’eri
finita?-
-Lontano.-
rispose lei, pacata. I ricordi che svanivano.
Poi
si sentì invadere da una strana euforia e, senza riflettere,
aprì la vetrata a
cui era stata appoggiata fino a quel momento. Un attimo, ed il vento
impetuoso,
misto a gocce di pioggia, entrò violento nella torretta,
investendo i due
ragazzi.
Lei
rideva. I capelli che volavano nella corrente, come neri serpenti.
-Ascolta,
Peter.- fece lei, euforica. –Ascolta il rumore della
tempesta, dello
sconvolgimento. Un giorno ne farò parte anche io!-
esclamò.
Minus
la guardava, confuso. –Non ti capisco, Bella.-
E
lei rise di più, gettando indietro la testa.
-Nessuno
mi capisce. Nessuno può.- gli rispose. –Ma questa
che vedi è la mia natura!
Infondo, lo ha detto proprio mia sorella, no? Sono un buco nero. Non mi
sentirò
soddisfatta fino a quando non avrò ingoiato tutto!-
Cast
your eyes on the ocean
Cast your soul to the sea
When the dark night seems endless
Please remember me
Then the mountain rose before me
By the deep well of desire
From the fountain of forgiveness
Beyond the ice and fire
Quando
Bellatrix Black fece il suo ingresso nella Sala Comune di Serpeverde,
cupa e
tetra come era sempre stata, non erano ancora le otto e non
c’era traccia dei
suoi compagni di Casa. Le Serpi erano sempre state molto pigre.
Ad
illuminare quella grande sala così fredda e nobile
c’era la luce provocata dal
fuoco acceso del camino unita a dei sinistri bagliori verdastri
provenienti da
antiche lampade d’argento. L’illuminazione era
scarsa, come sempre, ma lei vi
era abituata.
E
con sua sorpresa notò che su uno dei divani foderati in
pregiato tessuto verde
c’era qualcuno ad aspettarla.
La
sua bocca rossa si piegò in un ghigno, prima di salutare.
–Regulus.-
-Buongiorno,
cugina.-
-Da
quanto sei sveglio?-
-Da
un po’.-
Stiracchiandosi,
Bella andò ad accomodarsi su una comoda poltrona situata
proprio di fronte al
fuoco. Ed osservò attentamente il più giovane dei
suoi cugini.
Era
un ragazzino, aveva solo tredici anni, eppure se qualcuno riusciva a
metterla
in soggezione, quel qualcuno era lui.
Era
strano e bizzarro, eppure molte volte si era ritrovata a pensare che
Regulus
Black avesse avuto la mente di un adulto fin dal momento della sua
nascita.
Sempre
estremamente pacato, intelligente, garbato nei modi. L’erede
perfetto.
E a
differenza di Sirius, Regulus non aveva mai praticamente avuto
un’infanzia. E
non perché non gli fosse stato permesso averne una,
semplicemente perché era
sempre stato lui a non volerla.
Bellatrix
non ricordava di averlo mai visto giocare.
Fin
da piccolo, Reg aveva amato la lettura. Si era dedicato allo studio
delle buone
maniere, all’equitazione, al ballo, a tutto ciò
che avrebbe fatto di lui un
perfetto gentiluomo un giorno.
Stava
leggendo anche in quel momento, senza più curarsi di lei.
Era un libro di
poesie.
Assolutamente
composto, Regulus Black sedeva come un giovane principe.
Teneva
il capo chino, intento nella lettura. I capelli neri, molto
più corti di quelli
di Sirius, non lo infastidivano, lasciandolo libero di leggere.
Aveva
gli occhi verdi, di un verde così scuro da poter apparire
quasi nero. E se non
avevano ereditato il colore blu dei Black, conservavano comunque in
loro
l’astuzia e la superiorità degna
dell’antico Casato.
Orion
Black non era contento che il figlio fosse così appassionato
di poesia, avrebbe
voluto che il suo secondogenito avesse in sé la forza e
l’energia di Sirius,
che possedesse dentro di sé un animo guerriero. Ma non era
stato così.
E a
Bella la cosa piaceva.
Ammirava
suo cugino per quello che era. Una mente brillante capace di tener
testa a
chiunque anche se giovanissimo. Del resto Regulus non era portato al
combattimento. Era troppo esile, o almeno lo era stato fino a quel
momento.
Forse con la crescita si sarebbe irrobustito, ma lei non ne era troppo
certa.
-Ti
sei alzata presto.- fece lui ad un tratto, sollevando gli occhi scuri
su di
lei.
Bellatrix
sorrise. –Allora mi hai vista.-
-Sì.-
ammise il ragazzino, riponendo il libro su un tavolo. –Ti ho
tenuta d’occhio di
recente e credo di essermi fatto un’idea di cosa tu stia
combinando.-
-Addirittura?-
domandò, divertita.
Regulus
era serio. –Mettere Eva Ames alle calcagna di Remus Lupin per
scoprire il suo
segreto.- sentenziò, osservandola. –Non ti sembra
eccessivo, Bella? E dire che
la risposta che cerchi è così facile. A volte mi
deludi.-
-Che
stai dicendo?- lo incalzò lei, adesso attentissima.
–Tu sai di Lupin?-
Suo
cugino sorrise. –Certo che lo so. Non ci vuole un diploma di
M.A.G.O. per scoprire
il segreto di quel bamboccio. Io l’ho capito senza neppure
ragionarci troppo e
credevo che sarebbe stato lo stesso per te.-
-Beh,
io mi sono fatta un’idea. E voglio la conferma.
Perché non parli, invece di
fare tanto il misterioso?-
-E
dirti tutto? Non ci penso proprio. Arrivaci da sola. Fai i compiti a
casa,
cugina.- la prese il giro il ragazzino, con una sfrontatezza che la
stava
portando ad infuriarsi.
-E
allora farò a modo mio.- sibilò Bella, furiosa.
-Come
vuoi. Ma sappi che sprechi fatica per nulla. Sapere di Remus Lupin non
ti
porterà a niente, credimi.- fece lui, neutro.
Sbuffando
innervosita, la ragazza si accese una sigaretta, ignorando la smorfia
infastidita di suo cugino. Dette qualche tiro, in silenzio.
Non
voleva aiuto da nessuno, tanto meno dal moccioso sapientone,
perciò avrebbe
agito secondo i suoi piani ed avrebbe trovato il modo di vendicarsi su
James e
fare del male all’odiato Sirius Black.
-Perdi
tempo.- la richiamò ancora Regulus.
A
volte le dava come l’impressione che sapesse leggere nel
pensiero e la cosa la
innervosiva. Quel ragazzino era sempre stato bravo a capire le persone.
-Non
dovresti impegnarti così per queste stupidaggini.
Quest’anno ti diplomi e poi
diventerai una Mangiamorte, giusto? Invece di dedicarti a questi giochi
da
bambini, pensa ad accrescere i tuoi poteri e a diventare forte in modo
da
compiacere il Signore Oscuro. Non devi far sfigurare il nobile Casato
dei
Black, cugina!-
-Sfigurare?-
ripetè lei, rigida. –Cosa ti fa mai credere che io
possa far sfigurare la nostra
famiglia?-
-Hai
l’animo troppo instabile.- fu la tranquilla constatazione.
-Ah
sì?- fece lei, ironica. –Vedremo cosa farai tu.-
E a
quel punto suo cugino posò gli occhi su di lei e sorrise. Un
sorriso
misterioso.
Il sorriso di
qualcuno che, in fondo al cuore, già sa.
Perché
a volte, nella vita, capita di avere delle sensazioni. Un presentimento.
-Diventerai
davvero Mangiamorte dopo aver sostenuto il G.U.F.O.?- chiese lei, con
un filo
di voce. Qualcosa in quel sorriso, in quello sguardo, l’aveva
spaventata.
-Sì.-
fu la semplice risposta.
-Non
terminerai gli studi, in questo modo.-
-So
già più di quanto i professori di questa scuola
possano insegnarmi.-
Oh,
Bellatrix non ne dubitava. Sapeva che suo cugino era praticamente un
piccolo
genio del mondo magico. Sarebbe stato un grande mago.
Ma
cos’era quello sorriso?
C’era
la morte in quegli occhi verdi così cupi. Sembrava lo
sguardo di un condannato
a morte, di una vittima sacrificale. E la intimoriva.
-Cos’è
questo sguardo? Paura di morire?- sdrammatizzò lei,
prendendolo in giro. Voleva
uscire da quella situazione, si stava innervosendo.
A
risponderle, ancora quel sorriso. –Per niente.- fu la placida
risposta. –Non
hai mai sentito dire che muore giovane chi tanto piace agli dei?-
Quel
ragazzino era sempre riuscito a farla sentire una nullità.
Una formica di
fronte a lui. Era sempre stato così e anche quella mattina
non fu diverso.
Ma
che cosa c’era dentro di lui? Regulus possedeva qualcosa che
lei non aveva mai
visto in nessun altro.
Lo
vide alzarsi dalla poltrona sulla quale era seduto, il libro di poesie
in mano.
Indossava ancora il completo che metteva per andare a dormire,
probabilmente
aveva intenzione di andare a mettersi l’uniforme e
prepararsi.
Ma
prima, doveva ancora sapere.
-Perché
lo fai, Reg?- gli chiese, vedendolo fermarsi per ascoltarla.
–Lucius Malfoy è
ossessionato dall’idea della purezza del sangue. Rodolphus e
suo fratello sono
dei visionari. Ed io… io ho solo bisogno di una scusa per
distruggere, perché è
l’unica cosa che ho sempre voluto. Ma tu, dimmi,
perché lo fai?-
Non
capiva. Non avrebbe mai capito.
Lo
vide voltarsi a guardarla, nobile e pacato come sempre, e darle la
risposta che
tanto attendeva. La risposta più semplice di tutte, ma che
racchiudeva tanto di
più.
-Perché
ognuno di noi ha una parte in questo mondo, Bella.- le disse, calmo.
–E questa
è la mia. Niente di più.-
Se
ne andò, lasciandola lì. Turbata come non era mai
stata.
Come
avrebbe mai potuto capire i discorsi di qualcuno di più
grande e complesso di
lei? Lo aveva detto poco fa. Lei era nata per distruggere, punto.
Regulus
era destinato a qualcosa di più e in cuor suo, quel
ragazzino tredicenne, da
mente colta e superiore quale era, lo aveva sempre saputo.
Non
gli restava altro che aspettare.
Perché
solo lui sarebbe andato oltre.
Solo
lui avrebbe scoperto il più grande segreto
dell’Oscuro Signore.
Lui
e la sua mente.
Sarebbe
caduto, poi si sarebbe rialzato ed infine avrebbe affrontato
l’abisso.
Un
cuore forte in corpo gracile.
Sbagliare.
Redimersi. Ed infine morire.
Spingendosi
fino a dove nessuno mai prima di lui aveva osato.
Regulus
Arcturus Black non avrebbe avuto neppure vent’anni, quel
giorno.
Cast
your eyes on the ocean
Cast your soul to the sea
When the dark night seems endless
Please remember me
James
Potter aprì finalmente gli occhi quel giorno di vento e
pioggia, dopo aver
dormito su quel lettino di infermeria per quasi una settimana. Giorni
orribili
per coloro che erano rimasti al suo fianco, in attesa di un suo minimo
segno di
ripresa.
Riusciva
a stento a capire dove si trovasse, avvertiva solo un mal di testa
lancinante
che gli impediva di pensare ad altro.
Era
buio intorno a lui, non sentiva il calore dalla luce sul viso.
Sforzandosi,
riuscì a cogliere il leggero ticchettio della pioggia sui
vetri. Poi, un tuono.
Ovviamente
vedeva tutto sfuocato intorno a lui, non avendo gli occhiali, ma oramai
stava
riacquistando lucidità ed aveva compreso che il luogo dove
si trovava altro non
era che l’infermeria di Hogwarts.
In
quasi sette anni di scuola aveva visitato quella zona del castello
numerose
volte. Forse troppe.
Cadute
dalla scopa, scazzottate, incidenti di percorso, ritorsioni dei suoi
scherzi,
beh… la lista era veramente lunga.
Sospirando,
chiuse gli occhi.
Era
piacevole rimanere al buio, in quel silenzio, con il solo rumore della
pioggia
a tenergli compagnia. Era come fluttuare.
La
sua povera mente era in totale confusione, gli rimandava
un’accozzaglia di
immagini senza ordine che non facevano altro che aumentargli il
già acuto
dolore alla testa. Aveva bisogno di tempo. Per tutto.
Ma
poi sentì distintamente qualcosa balzargli con grazia sul
letto e capì che la
tranquillità doveva aspettare.
-Ti
sei svegliato, vedo.- fece una voce che conosceva bene.
-Stria.-
mormorò lui, andando alla ricerca dei suoi occhiali sul
comodino.
Sentì
la gatta ridere. –Mi sembra di rivedere Savannah. Ad Edward
bastò un semplice
incantesimo per risolvere il suo problema agli occhi. Dovresti farlo
anche tu.-
-Mi
piace portare gli occhiali.- rispose subito lui, riuscendo finalmente a
trovarli e ad indossarli. Ecco, adesso ci vedeva perfettamente.
Stria,
la bella gatta nera, era seduta ai suoi piedi e lo fissava con i suoi
magnetici
occhi di giada. Pareva tranquilla.
-Stai
bene?- domandò lei, scrutandolo attentamente.
-Ho
mal di testa.- fece James, cercando di mettersi seduto. –Ma
considerando cosa
ho dovuto passare, direi che posso sopportare una cosa di poco come
questa.-
-Appena
Madama Chips sarà qui, ci penserà lei.-
-Giusto,
dov’è Poppy?-
-Un
ragazzino del primo anno ha messo male le cuffie durante la lezione di
Erbologia.-
-Mandragole?-
-Esatto.-
-Succede
sempre a qualcuno.- sentenziò Potter, passandosi una mano
tra i capelli. Non
osava chiedere in che stato fossero.
Improvvisamente,
si rese conto di avere freddo e ne capì subito il motivo.
Sotto le pesanti
coperte di lana, lui indossava soltanto un paio di pantaloncini leggeri
ed una
canottiera. Subito si rimise sdraiato, coprendosi bene.
Stria
zampettò leggera sul letto e si acciambellò
vicino a lui. Gli occhi nei suoi.
-Hai
avuto molte visite.- gli comunicò, indicandogli un letto
vicino dove erano
stati sistemati, regali, dolci e bigliettini.
James
riconobbe anche una bandiera di Grifondoro che spesso veniva usata
durante le
partite di quidditch. Si lasciò sfuggire un sorriso.
-Devono
volerti molto bene questi umani.- constatò la gatta.
-Lo
so.- mormorò lui, sentendosi riscaldare dentro.
Tutto
sommato, non era stato un brutto ritorno alla realtà il suo.
Aveva creduto di
peggio. Molto peggio.
Ed
invece sembrava che niente fosse cambiato. Anche lui era lo stesso.
Era
il regalo più bello che potesse ricevere dal destino.
Ma
non poteva continuare a temporeggiare ancora, doveva sapere.
Perciò si fece
coraggio e puntò gli occhi su Stria, che ricambiò
il suo sguardo.
-Avanti,
parla.- fece, divenendo serio. –Cosa è successo?-
-Non
ti ricordi cosa è accaduto nella Torre di Astronomia?-
-Sì,
quello lo ricordo.- sussurrò lui, abbassando lo sguardo. Non
avrebbe mai potuto
dimenticare quel dolore infernale ed incessante che aveva provato. Era
arrivato
al punto di chiedere la morte, pur di porre fine a quella tortura.
–Volevo solo
sapere che cosa è avvenuto dopo.-
-Capisco.-
disse lei, guardandolo. –Beh, Silente ha sentito crescere la
tua aura nera
mentre era nel suo ufficio. Deve aver intuito che il sigillo ai tuoi
poteri si
era distrutto e che stavi cambiando. Si è precipitato a
raggiungerti e ti ha
trovato immerso nel tuo stesso sangue, incosciente. Stavi rischiando di
morire.-
-Perché
ho perso tutto quel sangue?-
-Perché
il tuo potere si è completamente risvegliato ed ha
cominciato a scorrere dentro
di te, anche nelle tue vene. Voleva uscire. In pratica, beh…
ha spinto da
dentro ed ecco perché hai perso tutto quel sangue. Il tuo
corpo ha cominciato a
logorarsi.-
Disgustato,
il ragazzo chiuse gli occhi.
-Ed
immagino che negli altri Havisham il totale risveglio dei poteri non
sia
avvenuto così.- fece, amaramente.
-No,
infatti.- rispose Stria. –Ma tu sei più di loro,
James.-
-E
come ha fatto il mio corpo a sopportare tutto questo?-
-Stavi
morendo, infatti.- disse nuovamente la gatta. –Io ed Edward
ti abbiamo
riportato indietro.-
-Edward?!-
esalò il giovane, gelando dentro. –Lui
è stato qui?-
-Sì,
James. E ti ha salvato la vita.- replicò lei. –E
stai pur certo che se non ci
fosse stato lui, il tuo caro amico Silente non avrebbe potuto fare
nulla per
te.-
Edward
Havisham era stato lì, lo aveva avuto vicino. Suo nonno.
Erano
stati vicino per la prima volta, ma lui non aveva potuto vederlo.
Sentiva
ancora le parole di sua madre in testa. Non aveva dimenticato niente
del loro
incontro, non avrebbe mai potuto.
Lei
gli aveva detto di chiedere aiuto a suo nonno, quando sarebbe arrivato
il
momento.
Adesso
stava a lui decidere se dare ascolto a sua madre oppure fare di testa
sua.
-Hai
incontrato Savannah, mentre eri in quel limbo, non è vero?-
domando Stria,
calma. Lo osservava placidamente, senza forzarlo a rispondere.
James
si limitò ad annuire.
-Bene.-
fece la gatta. –Non voglio sapere nulla. Tieni per te quello
che ti ha detto e
non lo dimenticare mai, James.-
-Tranquilla!-
la rassicurò lui. –Ho una buona memoria.-
celiò, picchiettandosi una tempia con
il dito, divertito.
Sorrideva,
constatò Stria, guardandolo rincuorata. Quel ragazzo era
eccezionale. Se l’era
passata veramente brutta, eppure aveva già la forza di
riderci su.
-Che
giorno è?- domandò il ragazzo ad un tratto.
-Il
sei Novembre.- rispose prontamente lei.
Potter
pareva sorpreso. –Per Merlino! Ho dormito più di
cinque giorni!-
-Non
esserne così stupito, poteva andarti peggio.- lo
freddò la gatta. –Ah,
approposito… - cominciò, scrutandolo.
–Credo che quell’incantesimuccio da
quattro soldi che ti legava a quella ragazza con i capelli rossi sia
svanito.-
lo informò.
-Che
cosa?!- saltò su James, mettendosi subito seduto e
guardandosi scioccamente il
polso destro. –Il Voto Infrangibile?!-
Stria
rise, divertita del suo stupore. –Beh, chiamarlo Voto
Infrangibile mi sembra un
po’ troppo, sai? Se fosse veramente stato un Voto come si
deve, a quest’ora tu
e la tua amichetta sareste già morti da un pezzo.-
-Che
vorresti dire?- la interrogò lui, non capendo.
-Voglio
dire, James, che per creare un perfetto Voto Infrangibile ci vogliono
essenzialmente due cose: potere e volontà. Ora, non voglio
certo insultare
Sirius Black…- fece la gatta, non riuscendo a trattenere una
smorfia. -…ma è
decisamente troppo giovane per avere la potenza magica necessaria per
praticare
un incantesimo così potente. E, a dirla tutta, non credo che
fosse neppure
molto convinto di voler fare quello che gli hai chiesto.-
spiegò.
-Ma
io ho visto il legame! Si è manifestato più di
una volta!- ribattè James, che
ancora si esaminava il polso, stupidamente.
-Beh,
non ho detto che non si è creato nulla. Ho solo precisato
che quello strano
legame che si è creato tra te e la ragazza non era certo il
Voto Infrangibile,
non al suo massimo, almeno. Comunque non dovresti preoccupartene. Credo
che nel
momento
stesso
in cui i tuoi poteri sono usciti lo abbiano cancellato insieme al
Sigillo che
Silente aveva posto su di te.-
Adesso
era ammutolito. Troppe notizie tutte insieme.
Pensare
che il Voto che aveva stretto con Lily fosse stato cancellato lo
rendeva
inquieto. Non sapeva cosa pensare. Se esserne felice, oppure no.
Infondo,
per qualche misteriosa ragione, lui e la Evans avevano cominciato a
stare
vicini a prescindere da quel patto che avevano fatto. E lui non aveva
mai
dovuto fare ricorso al Voto Infrangibile.
Non
ne aveva bisogno, no?
Eppure
da una parte non poteva fare a meno di dispiacersene.
Sapere
che qualcosa lo teneva legato a lei… beh, gli piaceva.
Lily…
Adesso
che aveva formulato il suo nome nella sua testa, non poteva fare a meno
di
pensare a lei, ai suoi capelli di fiamma, ai suoi occhi verdissimi, al
suo
sorriso timido che rivolgeva solamente a lui.
Capì
che gli mancava, che aveva un disperato bisogno di rivederla.
Lei,
la ragazza di cui era innamorato.
Lei,
la ragazza per la quale aveva deciso di mettere la testa a posto,
almeno un
po’.
Aveva
fatto veramente tutto per averla, per raggiungerla e, soprattutto, per
salvarla
da quel baratro di oscurità e di solitudine in cui stava
precipitando.
A
volte gli tornava in mente quella ragazzina di appena undici anni che
tremava,
mentre avanzava per raggiungere il Cappello Parlante e sapere a che
Casa
sarebbe stata assegnata.
Lily
Evans da piccola.
Lui
non le aveva staccato gli occhi di dosso.
Lei
era piccolissima, navigava dentro la sua uniforme. Aveva i capelli
corti, di un
rosso fiammante, che le sfioravano le spalle, –James aveva
ricordato che tra i
maghi spesso si diceva che le streghe dai capelli rossi portassero
sventura- ed
i suoi occhi, di un bel verde brillante, erano pieni di paura.
Era
stata così incredula, quando il Cappello l’aveva
smistata a Grifondoro!
Insicura,
fin dall’inizio. Ed i “Mezzosangue”
sibilati a bassa voce non aiutavano.
Era
naturale che si costruisse un guscio con il quale proteggersi. E quella
corazza
consisteva in studio costante, espressione severa, auto isolamento,
distintivo
di Prefetto e, poi, di Caposcuola.
Ripensando
al se stesso di qualche anno fa, James Potter sorrise.
Era
stato un ragazzino terribile ed aveva sempre cercato di attirare le
attenzioni
di quella ragazza in maniera sbagliata. Lei era sempre stata diversa da
tutti
gli altri.
A
lei non era mai importato nulla di James Potter “Il
Magnifico”.
Con
lei era stato inutile fare lo spavaldo, il sicuro di sé.
Anzi.
Ripensandoci
in quel momento, James si disse che chiederle di uscire urlandolo per i
corridoi oppure in Sala Grande era davvero stata una pessima idea.
Poi
era arrivato Remus e le sue parole dure.
-Comportarti
da super fico non ti aiuterà con la Evans, anzi, avrai
l’effetto contrario.
Perché, invece, non provi a darti una calmata, a mettere da
parte i giochi, e a
cominciare a comportarti da persona seria? Cerca di mettere la testa a
posto.-
E
lui aveva deciso di dargli ragione. Oddio, non era proprio diventato un
santo,
però si era fatto furbo e non si era più messo a
fare baldoria in presenza di
Lily Evans.
Non
aveva più alzato la bacchetta su Mocciosus quando lei era
nei paraggi.
Cosa
più importante, aveva avuto finalmente il coraggio di
affrontarla e di fare con
lei un discorso serio. Di stipulare un accordo. Un compromesso.
Ed
era arrivato il Voto Infrangibile.
Doveva
proprio essere cotto a puntino, si disse, ridendo di se stesso.
I
suoi poteri erano al culmine, non aveva idea di come controllarli,
rischiava di
mettere tutti quanti in pericolo e cosa faceva lui? Pensava a Lily
Evans.
Chissà
che cosa stava facendo in quel momento.
Chissà
come se la passavano i suoi Malandrini…
In
quel momento la porta dell’infermeria si aprì,
lasciando entrare una Poppy
Chips decisamente furibonda, seguita dalla professoressa Pomona Sprite,
anch’essa assolutamente nervosa, ed un bambino privo di sensi
che galleggiava
in aria a chiudere la fila. Doveva essere il primino che non aveva
messo bene
le cuffie.
James
ricordò con un sorriso che al suo primo anno quella sorte
era toccata a Peter.
-Non
si può più andare avanti così, Pomona!
Ogni volta è sempre la stessa storia!
Bambini che finiscono in infermeria!- stava sbraitando Madama Chips,
irosa,
mentre faceva distendere il ragazzino – un Corvonero
– su di un letto.
-E
cosa dovrei fare, Poppy? Non fare più lezione sulle
Mandragole?! Sai benissimo
che è una parte essenziale del programma!- rispose a tono la
Sprite,
combattiva.
-Ne
parlerò a Silente, stanne certa!-
-Oh,
lo vedremo!-
-Ehm
ehm…- richiamò l’attenzione James,
stanco di quelle voci stridule che gli
stavano decisamente peggiorando il mal di testa.
Le
due donne si voltarono a guardarlo in contemporanea.
Dall’espressione che
avevano in viso pareva avessero visto un Dissennatore.
-Potter!-
strillò la Sprite, con gli occhi a scodella.
-Per
la barba di Merlino, Potter!- fece anche la Chips, piena di stupore.
-Sì,
in carne e ossa. Felici di vedermi?- celiò il diretto
interessato, sorridendo.
Tempo
un secondo e quell’infermiera isterica gli fu addosso, armata
di stetoscopio e
altre diavolerie, mentre Stria veniva bellamente buttata giù
dal letto.
James
non ebbe il tempo di protestare, che si ritrovò un
termometro infilato in
bocca. Ok, era meglio se si metteva buono.
-Pomona!-
strillò la Chips, mentre si affaccendava a misurare la
pressione di James,
completamente inerme. –Corri a chiamare Silente! Cosa
aspetti?-
E
quella povera donna della Sprite, invece di mandare a quel paese la
cara Poppy,
ubbidì immediatamente, uscendo dall’infermeria.
Stria,
che si era rifugiata su un altro letto, osservava
l’infermiera, oltraggiata.
Sicuramente stava morendo dalla voglia di mandarle qualche maledizione.
Finalmente
la visita terminò e James riuscì a sfuggire dalle
grinfie di Madama Chips, che
andò a riporre tutti i suoi strumenti.
-Sembrerebbe
tutto sotto controllo, Potter.- lo informò lei, tornando con
una piccola
pozione per il mal di testa, come il ragazzo le aveva chiesto.
–Sei in perfetta
salute. Comunque credo sia meglio che ti riguardi ancora un
po’, non possiamo
essere sicuri di niente.- aggiunse, guardandolo in maniera critica.
Il
ragazzo trangugiò velocemente la pozione, sperando in un
rapido effetto, e si
limitò ad annuire, sconfitto. –Deduco che non mi
dimetterà oggi, non è vero?-
-E’
fuori discussione, Potter.- fece subito la donna. –Sai
benissimo che sono stufa
di vederti sempre a prendere posto nella mia infermeria e che ti
caccerei
subito fuori, ma questa volta non è proprio possibile.-
James
rise, non prendendosela affatto. –Oh, andiamo, Poppy. Sono
sicuro che lei mi
adora e gradisce molto la mia presenza, solo che è troppo
orgogliosa per
ammetterlo!-
-Io
spero solo che se un giorno ci sarà nuovamente un piccolo
Potter in giro per
questa scuola non sia come suo padre e stia lontano anni luce da qui!-
sbottò,
sospirando, storcendo poi la bocca nell’udire le risa del suo
paziente.
In
quel momento la porta si aprì, lasciando entrare
l’alta figura di Albus
Silente. Quella mattina l’anziano mago sorrideva ed i suoi
occhi azzurri si
riempirono di affetto e di sollievo, mentre si posavano su James.
-Salve
James.- lo salutò, sorridendo gentilmente.
-Preside.-
fece Potter, chinando un poco la testa.
-Vi
lascio soli.- comunicò Madama Chips, prima di sparire nel
suo ufficio,
borbottando.
James
non ci fece caso, intento com’era ad osservare
l’anziano mago di fronte a lui.
Silente
stava guardando con divertimento i numerosi doni che il Grifondoro
aveva
ricevuto, se lo aspettava in realtà.
-Quanti
dolci, ragazzo. Non vorrai mangiarli tutti!-
-Può
prendere tutte le confezioni di Gelatine Tutti i Gusti che vuole,
preside.-
fece subito Potter, divertito, conoscendo bene chi aveva davanti.
Silente
sorrise, divertito. Poi prese una sedia e si accomodò.
Per
un po’ si osservarono senza dirsi niente. James non sapeva
assolutamente da che
parte cominciare, ma ricordava benissimo le parole di Savannah.
C’erano delle
cose che doveva assolutamente dire al preside, ne andava della vita di
tutti.
“Sarai
finito,
James.
E il
mondo
finirà con te.”
Quel
monito lo faceva rabbrividire. Non doveva assolutamente permettere una
cosa
simile. Aveva paura, certo, ma non poteva nascondersi.
-Come
va, ragazzo?- chiese ad un tratto Silente, scrutandolo con i suoi occhi
che a
volte apparivano quasi onniveggenti.
-Tutto
bene, credo.- rispose James, sincero. –Non sento dolore.
È tutto normale, anche
se non me lo aspettavo di certo.-
-Edward
ha fatto un buon lavoro, devo riconoscerlo.-
-Lo
ha chiamato lei?-
-No,
è stata Stria a farlo. E devo ammettere che è
stata provvidenziale. In tutta
franchezza, James, non avevo assolutamente idea di cosa fare per
aiutarti.-
ammise l’anziano mago, non distogliendo gli occhi dai suoi.
Allora
era vero, si disse il ragazzo, sentendosi uno strano peso dentro.
Silente, il
grande Albus Silente, non aveva veramente alcuna possibilità
di aiutarlo.
Savannah
aveva ragione. Nessuno avrebbe potuto capire il suo potere ed aiutarlo,
solo un
Havisham sarebbe stato in grado di insegnargli.
E
purtroppo in vita ce ne era solo uno. Edward.
-Il
sigillo che ti avevo messo è rotto, James.-
mormorò il preside, indicandogli il
simbolo che aveva sulla spalla.
Quella
sorta di tatuaggio era ancora lì, sulla sua pelle, ma non
c’era più potere, era
diventato completamente inutile. Solo una runa senza valore ad
imbrattarli un
tratto di epidermide, niente di più.
-Credo
sia del tutto inutile importi un nuovo sigillo. I tuoi poteri adesso
sono più
potenti dei miei, ragazzo.-
Lo
sapeva, perciò si limitò ad annuire, sconfitto.
Non vedeva molte altre
soluzioni.
Sua
madre glielo aveva detto.
-Ho
visto… ho visto lei, mentre stavo morendo, credo.- si decise
a dire alla fine.
-Lei?-
ripetè Silente, lo sguardo intenso. –Savannah?-
sussurrò.
James
annuì. –Mi ha detto delle cose…-
cominciò, parlando a bassa voce. –Cose sui
miei poteri, sugli Havisham e… Jeremy.- mormorò,
sentendo un nodo serrargli la
gola. –E… e su questo tizio che si fa chiamare
Voldemort.- ultimò, dimostrando
di non avere paura di pronunciare quel nome che tanto atterriva la
popolazione
magica.
-Ti
ha detto di Tom? E cosa?-
-Vuole
i miei poteri.- buttò fuori di getto. –Vuole
prenderli per sé.-
Silente
sembrava assolutamente senza parole. Beh, in realtà neppure
lui aveva più molta
voglia di parlare adesso. Aveva decisamente troppi problemi.
C’era
Voldemort, il potente mago oscuro che in quegli ultimi anni aveva
cominciato a
colpire il mondo magico e babbano, e c’erano i suoi poteri a
piede libero.
Non
aveva idea di come fare.
Era
solo un ragazzo di diciassette anni, avrebbe soltanto dovuto pensare al
campionato di Quidditch e ai M.A.G.O.
E
invece era invischiato in qualcosa di più grande di lui.
Imprecò,
rendendosi conto di starsi innervosendo.
-Dobbiamo
stare calmi, James. E riflettere.- fece Silente, interrompendo
finalmente quel
silenzio. –Tom non oserà entrare in questa scuola
per catturarti. Su questo ti
do la mia parola, ragazzo mio.-
-Mi
fido di lei.-
-Inoltre,
nessuno oltre a noi sa che i tuoi poteri si sono risvegliati
completamente. Tom
non ha mai mostrato interesse verso di te, fino ad ora. Presumo
perciò che non
abbia intenzione di cercarti fino a quando non avrà la
certezza che la tua
energia sia perfettamente matura e pronta per essere presa.-
-Ma
adesso io…-
-Sì,
James. Ma lui non lo sa, non ancora.-
-Ma
Edward Havisham potrebbe dirglielo.-
-Non
ne sarei tanto certo, ragazzo. Non ho mai veramente capito cosa lega
Tom Riddle
ed Edward Havisham.-
-Non
riesco più a seguirla, signore.- ammise James, affranto.
In
quel momento desiderò tanto di star solo facendo un brutto
incubo. Che si
sarebbe svegliato ed avrebbe udito le urla di Remus Lupin, intento a
ricordare
ai Malandrini che era tardi e che rischiavano di arrivare in ritardo a
lezione.
-Devi
restare calmo, James.- fece il preside con dolcezza.
Riuscendo
a mala pena a trattenere i tremiti, il ragazzo scosse la testa.
–Ho paura.-
mormorò con un filo di voce e la gola serrata. –Ho
paura, signore.-
Con
affettò, l’anziano mago allungò una
mano per posarla su quei neri capelli
ribelli in un gesto di tenerezza. Ammirava quel ragazzo.
James
Potter non conosceva la menzogna. Diceva sempre ciò che gli
passava per la
testa. E ora lì, con gli occhi che bruciavano per le lacrime
trattenute, ad
ammettere di aver paura. Di non sapere cosa fare.
Era
terribilmente umano e Silente si sentì straziare il cuore.
-E’
normale avere paura, James.- dichiarò, cercando di dargli
conforto. –Ne hai
tutto il diritto, ma devi superarlo. Devi trovare la forza dentro di
te, io so
che ne hai. Ne hai moltissima. Tutti noi lo crediamo!-
In
silenzio, James annuì.
La
forza…
Il
coraggio…
Davvero
erano dentro di lui?
Osservando
quegli occhi azzurri che lo scrutavano con decisione, James Potter
capì.
Forse
avrebbe passato tutta la sua vita a chiedersi dentro di sé
perché un simile destino
fosse toccato a lui, ma una cosa era certa, qualsiasi risposta non lo
avrebbe
salvato. Non avrebbe cambiato le cose.
E se
doveva scegliere tra stare in un angolo a piangersi addosso oppure
rimboccarsi
le maniche e impegnarsi, beh… sceglieva la seconda
alternativa.
Era
James Potter, no?
I
suoi genitori lo avevano messo al mondo, nonostante tutto.
I
Potter lo avevano accolto ed amato, facendolo sentire a casa
più di chiunque
altro.
I
Malandrini contavano su di lui, si erano affidati a lui.
E
Lily…
Anche
lei aveva bisogno di lui. Aveva promesso che l’avrebbe tenuta
per mano, non
poteva rimangiarsi la parola.
Non.
Doveva. Cedere.
La
forza ed il coraggio li avrebbe trovati. Di certo non si sarebbe tirato
indietro.
Aveva
piagnucolato anche troppo.
Quella
parte da recitare nella commedia era toccata a lui. E non
c’erano controfigure.
Perciò tanto valeva cercare di fare del proprio meglio.
-Ok.-
disse ad un tratto, sollevando lo sguardo. –Ho una paura
fottuta, signor
preside.- dichiarò, senza curarsi della parola colorita che
aveva usato. –Ma
non voglio certo starmene buono a subire gli eventi. Me la
caverò, me la sono
sempre cavata.-
Sorridendo
soddisfatto, Albus Silente annuì. –Adesso
riconosco il vecchio James Potter.-
fece orgoglioso. –Avrai tutto il mio aiuto, ragazzo. E visto
che Tom Riddle non
è il problema più imminente, credo che dovremmo
occuparci per prima cosa dei
tuoi poteri. È la cosa più importante.-
James
annuì, traendo un bel respiro. –Savannah mi ha
detto che l’unico in grado di
aiutarmi è Havisham.- disse, guardando il mago.
-Capisco.-
convenne Silente. –Allora lo incontrerai?-
Il
ragazzo riflettè un po’, prima di rispondere,
scuotendo il capo.
-Non
ancora.-
-Sei
sicuro, James?-
-Sì.-
rispose, abbassando lo sguardo. –Ho bisogno di rimanere qui
un altro po’,
preside. So di essere irresponsabile ed infantile, ma non voglio ancora
andarmene. Ho ancora bisogno di…-
Ma
Silente lo interruppe, sorridendo con gentilezza. –Non devi
giustificarti,
James. Resterai qui fino a quando non capirai che è il
momento di andare.-
fece, comprensivo. –E ora basta con questi discorsi, credo
che molti abbiano il
desiderio di rivederti. I tuoi genitori sono qua fuori, sai?-
-Veramente?-
domandò James, sentendosi già meglio
nell’udire quella meravigliosa notizia.
Non li vedeva da più di due mesi.
-Sono
qui da ieri.- lo informò il preside. –Vado a
chiamarteli. E tu cerca di non
affaticarti troppo.- fece, divertito, mentre si alzava dalla sedia e si
avviava
alla porta.
In
quel momento, James si ricordò della presenza di Stria, poco
distante da lui.
La
gatta era ancora lì, acciambellata su un letto, e lo
guardava. Non aveva fatto
una parola durante la conversazione tra lui e Silente.
Spesso
il ragazzo non riusciva a capirla. Ma qualcosa dentro gli diceva di
fidarsi di
lei.
Stria
ricambiò il suo sguardo, fissandolo con i suoi felini occhi
verdi.
Poi
scomparve nel nulla.
E
James non ebbe tempo per pensare a nient’altro,
perché si ritrovò stretto
all’improvviso in un abbraccio stritolante dal quale non
avrebbe mai, per
nessun motivo, voluto sottrarsi.
Though
we share this humble path, alone
How fragile is the heart
Oh give these clay feet wings to fly
To touch the face of the stars
Breathe
life into this feeble heart
Lift this mortal veil of fear
Take these crumbled hopes, etched with tears
We'll rise above these earthly cares
L’aula
di Storia della Magia era estremamente silenziosa, quel tardo mattino,
tanto
che l’unico rumore che si udiva era il costante quanto
monotono ronzio della
voce del professor Ruff, unito all’incessante cadere della
pioggia, che ancora
non aveva deciso di dare una tregua.
L’argomento
della lezione era pressoché ignoto, dal momento che nessuno
stava seguendo, ad
eccezion fatta per pochi coraggiosi. Due nomi: Evans e Lupin.
Il
settimo anno di Grifondoro, insieme a quello di Corvonero, era
completamente
impegnato in un’attività quanto mai apprezzata che
prendeva il nome di
“riposo”.
O
“cazzeggio”, per dirla in maniera più
volgare.
Julian
Harris, famoso per annoiarsi per un nonnulla, era letteralmente
collassato sul
proprio banco, cadendo in un coma profondo. Dormiva alla grande,
suscitando il
sorriso di Jasper Joyce, suo compagno di posto.
Sirius
Black, altro grande ammiratore di Ruff, si fa per dire, si era
completamente
incantato a fissare un punto imprecisato dell’aula,
precisamente la lavagna,
dove il professore aveva scritto poche righe all’inizio della
lezione. La
concentrazione di Black era tutta rivolta alla lettera O di Troll.
Chissà poi
per quale motivo.
Peter
Minus, seduto al suo fianco, se ne uscì fuori con il suo
ventiquattresimo
sbadiglio.
Alice
Rubin si era tranquillamente limata le unghie ed in quel momento, con
tutta la
serenità del mondo, stava scegliendo quale smalto magico
applicare.
Blu
stellato oppure Rosa delle fate?
Seduto
con lei stava, incredibile!, il buon Xeno Lovegood, che osservava
l’intera aula
da dietro una grande lente di ingrandimento di un bizzarro color verde
tendente
al giallo, immerso nella ricerca di chissà quale creatura.
Insomma,
l’attenzione della classe non era proprio al massimo, ma la
cosa non sembrava
importare poi molto all’insegnante fantasma di Storia della
Magia.
Lily
Evans, ragazza coraggiosa ed instancabile, prendeva appunti,
immagazzinando nel
suo reattivo cervellino ogni singola informazione.
Annotò
con accuratezza tutte le cause che avevano portato i goblin ad
utilizzare i
troll nella loro guerra fredda contro gli orchi, chiedendosi
distrattamente che
vantaggio potesse avere l’uso di quelle creature
così ottuse in una guerra.
Beh,
l’importante era saperlo ripetere all’esaminatore
del M.A.G.O.
A
quel punto, l’ennesimo tuono della mattina fece sussultare
metà della classe,
risvegliandola da piacevoli sogni ad occhi aperti.
Lily
non ci fece affatto caso, piuttosto lanciò una rapida
occhiata alle finestre
sbarrate dell’aula, osservando la rivoluzione ancora in atto
fuori dal
castello.
Pioveva
da tutta la mattina, senza dare tregua. Ormai l’inverno con
il suo brutto tempo
era alle porte. Le giornate primaverili le mancavano.
Dopo
il tuono, la classe era ritornata immediate nel suo profondo stato di
sonnolenza, ecco perché tutti quanti gli studenti scattarono
immediatamente
sull’attenti quando si udì un forte bussare alla
porta.
Ruff
non ebbe il tempo di parlare, che subito la professoressa McGranitt
entrò
nell’aula, rigida e composta come sempre, puntando gli occhi
sul suo collega.
-Professore,
vorrei prendere con me alcuni dei ragazzi, le dispiace?-
domandò, frettolosa.
–Mi servono Black, Lupin, Minus e… beh,
sì, anche la signorina Evans.-
comunicò, guardandosi intorno. -Oh, e il signor Harris, se
ne ha voglia.-
Sentendosi
chiamato in causa, Julian aprì un occhio, assonnato.
Gli
altri quattro erano semplicemente incuriositi dalla richiesta della
loro
insegnante di trasfigurazione. Che stava succedendo?
Ruff
puntò lo sguardo confuso sulla strega, sembrava essersi
risvegliato in quel
momento anche lui, come i suoi studenti.
-Oh,
sì certo, Minerva. Prendi pure Belby e… -
-Grazie,
grazie.- fece sbrigativa la McGranitt. –Forza, ragazzi. In
piedi.-
Pochi
minuti dopo si erano chiusi la porta dell’aula alle spalle ed
il pesante
torpore stava pian piano svanendo. Appoggiata ad una parete ad
aspettarli c’era
Victoria Olsen, anche lei un po’ confusa.
-Andiamo,
tenete il passo.- ordinò l’insegnante, tirando
dritto.
Remus,
Lily e Peter le andarono dietro. Julian, sbadigliando, seguì
svogliatamente la
combriccola. Victoria e Sirius si guardarono.
-Hey.-
fece lui, camminandole al fianco. –Ma che succede?-
-Non
lo so.- gli rispose lei, guardandolo. –Ma se ha chiamato noi,
credo si tratti
di James, non credi?-
-Potrebbe
essere.- disse lui, che già stava cominciando a sperare in
buone notizie. Mise
un braccio intorno alle spalle della sua ragazza e le stampò
un bacio del tutto
innocente su una tempia, con la Semprevergine nei paraggi non avrebbero
potuto
permettersi di più.
Poi
seguirono gli altri in silenzio.
Minerva
McGranitt li condusse proprio di fronte all’infermeria e
lì si fermò, torva.
Non sembrava poi molto contenta di averli portati lì.
Sicuramente non era
un’idea sua.
-Allora,
come credo abbiate già capito, il signor Potter si
è svegliato.- comunicò.
E se
Sirius e Victoria furono i più rumorosi, cominciando ad
urlare di gioia e a
saltellare come degli scemi, Peter rimase in silenzio, Remus
tirò un lungo
sospiro di sollievo, sorridendo felice e Julian, tanto per essere
sempre se
stesso, se ne uscì con uno strascicato: -Ed era anche
l’ora.-
Lily
Evans, in disparte rispetto agli altri, sentì il suo cuore
tornare a battere in
maniera decente dopo giorni passati in completa apatia. Non le sembrava
vero.
Guardava
fisso la McGranitt come a convincersi che la sua insegnante non li
stesse
prendendo in giro. Ma era la verità. James si era svegliato.
Quell’agonia
era finita ed ora l’unica cosa che voleva era vederlo.
-Possiamo
entrare?- chiese, avvicinandosi alla donna.
Era
chiaro che non avrebbe comunque accettato un no. Se necessario avrebbe
anche
potuto far saltare la porta, non le importava minimamente di venire
espulsa.
L’insegnante
storse la bocca. Non sembrava proprio favorevole.
-Ascoltatemi
bene.- cominciò, squadrandoli uno per uno. –Il
signor Potter si è appena
ripreso, è ancora molto debole e non deve affaticarsi. Il
preside mi ha detto
di mandarvi a chiamare, perché secondo lui voi siete
ciò di cui Potter ha più
bisogno adesso, ma badate bene…- e qui puntò il
suo sguardo di falco su Sirius
e Victoria, che cessarono subito di esultare -… se farete
confusione vi spedirò
fuori dall’infermeria, mi sono spiegata?-
Ci
furono mormorii di assenso generale e alla McGranitt non
restò altro che
lasciar entrare quel gruppo di ragazzi e farsi da parte.
Lily
fu l’ultima ad entrare. Ma i suoi occhi lo trovarono subito.
Eccolo.
Era
là.
Esattamente
dove lo aveva visto giacere immobile per giorni.
James
Potter stava seduto, poggiato su comodi cuscini, e parlava con due
signori che
lei non conosceva. Aveva l’aria pallida, un po’
sciupata, ma sorrideva nello
stesso modo di sempre, che lei amava.
Si
sarebbe ripreso, andava tutto bene, si disse la ragazza sentendo
tornare il
calore nel proprio corpo. Dio, quanto le era mancato! Quanto aveva
desiderato
rivedere il suo sorriso, risentire la sua voce.
Stava
tornando a respirare. Quel tormento era finito.
Tempo
di chiudere nuovamente la porta e James si era già voltato
verso di loro.
Subito
i loro occhi si incontrarono.
E
Lily era sicura che lui sarebbe riuscito a vedere le lacrime di gioia
che
stavano per scendere a rigarle le guance.
Fu
così, infatti. E lui le sorrise.
Il
primo sorriso dopo giorni d’attesa.
In
quel momento lei avrebbe solo voluto che tutti quanti se ne andassero,
lasciandoli da soli. Voleva andare da lui e stringerlo fortissimo.
Voleva
urlargli che l’aveva fatta morire di paura e che,
maledizione, lo amava da
impazzire.
Ma
non fece in tempo a fare un passo, che due proiettili che rispondevano
al nome
di Olsen e Black partirono sparati in direzione Potter e gli saltarono
praticamente addosso, completamente dimentichi delle minacce della
McGranitt.
-OLSEN!
BLACK! Un po’ di contegno!- ringhiò la povera
donna, correndo a riacciuffarli.
Tuttavia
non ci fu modo di staccarli da James, che rideva come un pazzo
lasciandosi
strapazzare da quei tornadi dei suoi amici.
Il
signore e la signora Potter ridevano a loro volta, divertiti. Si erano
messi in
disparte con Madama Chips, che ringhiava per tutto quel trambusto.
Peter
e Remus si unirono al gruppo di amici, andando ad abbracciare James e a
chiedere della sua salute in maniera molto più pacata dei
due, anche se era
palese che Lupin stesse sprizzando felicità da tutti i pori.
Erano palesi anche
i suoi occhi lucidi.
James
gli sorrise e lo avvolse in un abbraccio stritolante.
A
rimanere più in disparte erano rimasti Lily e Julian, il
quale, facendo un bel
sospiro, raggiunse la comitiva, lasciandola da sola.
Anche
lui sorrideva, mentre si avvicinava a James.
-RAMOSOOOOOOOO!
Mi sei mancato così tanto! Credevo di impazzireeeeee!!!-
Questo
era ovviamente Sirius, che ancora reclamava attenzioni.
Fulminò Harris con lo
sguardo, quando lo vide arrivare.
-Hey,
James! Ancora vivo?- fece Julian, divertito.
-Julian!-
lo salutò Potter, felice. –Cavolo, è da
un casino che non parliamo!-
-Già,
ho passato praticamente un mese in punizione. Brutta esperienza.-
-Ecco
perché non ti si vedeva mai in giro!-
-Gira
a largo, Harris! Lui è mio!- ringhiò Sirius,
stringendo James a sé ed
interrompendo la discussione.
-Ma
levati tu dalle pluffe, Black! Ho diritto di salutarlo quanto te! Anzi,
più di
te!- sbottò Julian, sfidandolo.
Eccoli
che ricominciavano.
Sorridendo,
James decise di intervenire subito.
-Miei
cari, vi ho già detto che appartengo ad entrambi, no? Non
litigate!- fece,
divertito.
-Ma
Jamie…- protestò Sirius, che fu
provvidenzialmente zittito da Remus.
E
così anche Harris potè finalmente prendersi un
abbraccio di Potter.
Ma
lei stava ancora in disparte, osservando i compagni ammassati intorno a
James,
a riempirlo di abbracci, di domande e di notizie.
Qualcosa
dentro di lei le diceva di aspettare, che loro due avrebbero avuto il
loro
momento e che non doveva avere fretta.
Moriva
dalla voglia di stringerlo, ma più di tutto, voleva avere
del tempo da sola con
lui, senza nessuno a disturbarli. Avrebbe aspettato.
Di
nuovo i suoi occhi incontrarono quelli di James e nello sguardo del
ragazzo
lesse proprio ciò che voleva. La invitava ad aspettare.
Anche lui desideroso di
salutarla una volta soli.
E
lei gli sorrise, avvicinandosi al gruppo, ma senza toccarlo. Non ancora.
Quell’attesa
era dolorosa e dolce allo stesso tempo.
Si
guardavano, si inseguivano con lo sguardo, ma senza dirsi niente.
Lui
parlava, rideva, scambiava qualche battuta, e poi tornava a guardare
lei.
Sempre.
-Vedete
di non uccidermelo, intesi?- fece ad un tratto una voce divertita
dietro di
loro.
Lily
si voltò all’istante e, per la prima volta,
concentrò la sua attenzione su
quelli che dovevano sicuramente essere i genitori di James.
-Tranquillo,
Zack! Stiamo usando le massime premure!- fece subito Sirius, sorridendo
al
padre di James.
Erano
anziani per avere un figlio di diciassette anni, notò Lily.
La
donna dava sui cinquant’anni e suo marito ne dimostrava anche
qualcuno di più.
Dovevano aver avuto James in tarda età.
A
guardarli, però, qualcosa la lasciava perplessa.
-E
questa bella signorina chi è? Non credo di averla mai
vista.- stava dicendo il
signor Potter, allegro.
Lily
arrossì fino alla punta dei capelli non appena si rese conto
che stava parlando
proprio di lei. E di chi altri, altrimenti? Sembravano tutti amici di
vecchia
data!
-Lei
è Lily Evans, papà.- fece James, sorridendo a lei.
-Lily?
Lily
Evans?- ripetè Zack, pensieroso. –Ma certo! Quella Lily!- fece, illuminandosi.
Adesso la guardava con più attenzione, studiandola. E la
diretta interessata
non poteva fare a meno di sentirsi terribilmente imbarazzata.
-Non
male, figliolo! Non male! E’ proprio una gran bella ragazza!
Lo sapevo che
avevi bei gusti!- dichiarò l’uomo, con un sorriso
che andava da un orecchio
all’altro.
Tutti
risero, eccetto ovviamente Lily, diventata carminio, James, che aveva
incassato
la testa tra le spalle, e la signora Potter, che subito
rimproverò il marito.
-Oh,
andiamo, Amelia! Desideravo tanto conoscerla!- protestò
Potter senior, che
ancora sorrideva bonario a Lily. –Piacere di conoscerti,
dolcezza. Io sono
Zakary Potter, ma puoi chiamarmi Zack. E sono il papà di
questo scapestrato!-
si presentò, porgendo la mano alla ragazza.
Lily,
ancora rossa di imbarazzo, gliela strinse, timidamente.
–P-Piacere signor
Potter.- mormorò, tenendo lo sguardo basso.
-Oh,
su! Non essere così formale! Ovviamente verrai a casa nostra
per Natale, vero?
Gli amici di James vengono sempre!- partì, senza lasciarla
parlare. –Lo so che
Jamie a volte è un po’ matto e scatenato, ma in
fondo è proprio un bravo
ragazzo, sai?-
-PAPA’!-
saltò su James come un molla. In quel momento avrebbe tanto
voluto lanciarsi
un’avada kedavra. -Smettila di infastidire Lily! E comunque
se c’è un matto in
famiglia, quello sei tu!- sbottò, rosso come un pomodoro.
Non
c’era nessuno bravo come suo padre a metterlo in
difficoltà.
-Beh,
sei mio figlio, è ovvio che la pazzia te l’abbia
trasmessa io!- rise il signor
Potter, scarruffando dispettoso i capelli già disastrati del
figlio.
Quell’uomo
aveva davvero più di cinquant’anni? si
domandò Lily, divertita. A vedere come
si comportava sembrava un ragazzo della loro età.
Doveva
essere meraviglioso avere un padre come lui! E infatti ricordava che
James
gliene aveva sempre parlato con affetto.
La
rossa dovette presto lasciare le sue riflessioni, perché
quel tornado umano del
padre di Potter era di nuovo tornato a rivolgersi a lei.
-Non
ti ho ancora presentato la mia signora, che sbadato! Puoi perdonarmi?-
le stava
dicendo, mentre già prendeva sua moglie per mano,
portandosela vicino. –Questa
splendida donna è Amelia Potter, mia moglie.-
La
madre di James le sorrise con dolcezza. Sembrava abituata
all’esuberanza del
marito e la bilanciava con la sua pacatezza. Lily pensò
subito che si trattasse
di una donna dall’animo estremamente delicato e gentile.
-Piacere
di conoscerti, Lily.- le disse con voce morbida.
Ecco,
adesso li aveva davanti entrambi.
Non
negava che, da un po’ di tempo, avesse provato il desiderio
di conoscere i
genitori di James. Lui le aveva sempre parlato bene della sua famiglia
ed ora
lei capiva il perché. Era impossibile non adorare due
persone simili.
L’uno
era l’opposto dell’altra e si completavano a
vicenda.
E
adoravano
il figlio, era più che evidente.
Ma
c’era ancora qualcosa che stonava e alla fine lei
riuscì a scovarla.
Loro
erano, beh… erano diversi.
Si
vergognava a pensarlo, eppure era così. James non
assomigliava ai signori
Potter.
Amelia
era bionda, con due bellissimi occhi azzurri. Era una figuretta
delicata,
vestita in rosa, molto elegante e raffinata. Zakary aveva i capelli
brizzolati,
quasi bianchi, e ricciuti. Occhi neri. Ma non aveva i lineamenti del
figlio.
Dandosi
della sciocca, Lily si disse che non era il caso di mettersi a pensare
certe
cose.
Si
accorse che James la stava osservando ed il suo cuore ebbe un sussulto.
Voleva
andare da lui. Ne aveva un disperato bisogno.
Alla
fine i Potter abbracciarono a turno il figlio, facendogli promettere di
scrivere
subito il giorno dopo, salutarono i ragazzi e lasciarono
l’infermeria insieme
alla McGranitt, diretti a casa.
La
Chips tornò nel suo ufficio, borbottando di non fare troppo
trambusto, ed i
ragazzi rimasero da soli. Parlarono di tutto.
Delle
carognate dei Serpeverde, della partita di Quidditch che si avvicinava,
dei
compiti, delle ultime trovate di Pix, lo spiritello della
scuola…
Infine
si arrivò anche al notizione più succulento,
ovvero la coppia Sirius/Victoria,
entrambi imbarazzati mentre raccontavano tutta la storia.
James
era al settimo cielo e alla fine acchiappò tutti e due,
stritolandoli in un
mega abbraccio. Non mancò neppure di minacciare Black e di
intimargli di
comportarsi bene con la Olsen.
Fu
Julian il primo a tornare serio e a domandare a James cosa ricordasse
della
notte di Halloween, facendo zittire tutti.
Peter
puntò subito gli occhi su Potter, in attesa della risposta.
Aveva forse ragione
Bella? E, cosa più importante, James ricordava di averlo
visto?
Ma
il bel cercatore di Grifondoro deluse tutti quanti, dicendo di non
ricordare
assolutamente niente di quella notte. Totale black out, forse dovuto
allo
shock.
Era
stato Silente a dirgli di raccontare questa versione, almeno per il
momento.
-Davvero?
Niente di niente?- fece Victoria, stupita.
-Beh,
ricordo di essere venuto a cercarvi. Eravate spariti tutti! Sono andato
alla
Torre di Astronomia ed è diventato tutto buio. E poi non
ricordo nulla.- mentì
il ragazzo. –Mi dispiace, vorrei tanto avere qualche
informazione in più, ma
niente.-
-Beh,
comunque Silente ha detto che è tutto sotto controllo.-
sorrise Sirius. –E poi
sicuramente quell’Havisham avrà risolto tutto.-
meditò.
James
diventò di marmo. –C-Cosa? Voi… voi
avete visto…-
-Sì.-
fece Remus, annuendo. –E’ venuto ad aiutarti, no?-
-Quello
è un esperto in roba occulta.- continuò Sirius.
–Magari ci ha pensato lui.-
Deglutendo,
James abbassò lo sguardo. Doveva aspettarsi che Sirius
conoscesse gli Havisham,
era un Black dopo tutto.
-Su,
su! L’importante è che Jamie stia bene!- fece
Victoria, contenta. –Quando ti
dimetteranno?-
-Ancora
non lo so.- le rispose lui, contento che si fosse cambiato argomento.
-Beh,
non so voi, ma io ho fame.- se ne uscì Julian, alzandosi
dall’angolo di letto
dove si era seduto. –Ci si vede, James!- e se ne
andò come era venuto.
Un
gatto, ecco cos’era.
-In
effetti è ora di pranzo.- fece Remus. –Vuoi che
mangiamo un panino con te?-
chiese a James, gentile.
-No,
non è necessario, grazie!- gli rispose Ramoso, sorridendo.
–Davvero ragazzi,
andate pure in Sala Grande! Io sto bene.-
Ci
fu di nuovo un lungo giro di abbracci, di pacche affettuose e di
battute
divertenti, ed alla fine anche i Malandrini lasciarono
l’infermeria, con la
promessa che sarebbero tornati la sera, dopo le lezioni.
Victoria
esitò sulla porta, vedendo Lily restare indietro. Le
sorrise, strizzandole
l’occhio, ed anche lei se ne andò, contenta.
Ecco,
erano soli.
Comprenderlo
e sentire il cuore battere all’impazzata fu un
tutt’uno per Lily.
Stava
dando le spalle a James, ancora intenta a fissare il punto da dove era
scomparsa Vick.
E
lui restava in silenzio, non parlava.
Il
tempo si era come fermato, cristallizzato. Ed il silenzio non era
fastidioso,
anzi, sembrava cullarli, unito al suono della pioggia.
Finalmente
Lily si decise a voltarsi ed i loro sguardi si incrociarono, facendo
tremare
entrambi fin dentro l’anima.
Pioggia
e cuore.
Il
ticchettio dell’acqua ed il battito veloce dentro al petto.
Tutto
ricordava loro un’altra giornata di temporale, dopo una
partita di Quidditch,
in una serra, i fiori e le piante come unici testimoni…
E
lei abbassò lo sguardo, sentendo distintamente le proprie
guance prendere
fuoco, ma durò poco. Non riusciva a respirare senza quegli
occhi.
Lui
la guardava e sembrava come soggiogato, stregato dalla sua immagine.
Non
staccava gli occhi dai suoi.
Se
possibile, lei gli sembrava ancora più bella di come se la
ricordava.
O
forse era solo l’amore che gliela rendeva più
bella di chiunque altro,
elevandola ad un livello superiore, quasi divino ai suoi occhi?
La
vedeva, lì, ferma. Imbarazzata, indecisa su cosa fare. Ed
era una meraviglia.
Portava
l’uniforme di Grifondoro in maniera impeccabile.
Quei
capelli rosso fuoco erano stupendi, lunghi e lisci, liberi, come lui li
voleva.
Solo un cerchietto bianco le tirava indietro la frangia, mostrandogli
tutta la
bellezza e l’innocenza del suo volto. E quegli occhi verdi
brillavano di
un’emozione che gli faceva dolere il cuore.
-Vieni
qui.- le disse ad un tratto.
Era
la prima parola che le aveva rivolto dopo tanto, troppo tempo che erano
stati
divisi, strappati via l’uno dall’altra.
E
Lily non se lo fece ripetere una volta di più, volandogli
tra le braccia,
stringendolo a sé come se fosse stato la cosa più
preziosa che avesse mai
avuto.
James
ricambiò l’abbraccio, aggrappandosi a quella
ragazza stupenda con tutte le sue
forze e chiedendosi se lei avvertisse il battito frenetico del suo
cuore.
Voleva
che lei lo sentisse.
Voleva
che lei capisse che cosa riusciva a provocare in lui.
Il
profumo di Lily era incredibile, sapeva di lei, e James era sicuro che
niente
altro al mondo sarebbe stato in grado di attrarlo in quel modo.
Avesse
potuto, l’avrebbe divorata.
Chiuse
gli occhi, le mani fresche e delicate di lei tra i suoi capelli e sulla
sua
nuca erano meravigliose, gli procuravano dei brividi lungo la schiena
che alla
fine lo fecero sospirare di piacere. Non voleva che smettesse.
Ma
lei si allontanò un poco, puntando quegli occhi verdi, da
gatta, nei suoi,
imprigionandolo per sempre in quella sorta di incantesimo che,
inconsapevole,
riusciva a creare su di lui. Suo umile servitore più che mai.
E
Lily lo voleva. Lo desiderava con tutta se stessa. Con il suo corpo e
con il
suo cuore. Ogni singola parte di lei lo reclamava a gran voce.
Quella
bocca tanto bramata era così vicina…
Morbida
e dai tratti dolci, come era anche lui.
E
quello di lei era un bisogno talmente forte che non riusciva a pensare
ad
altro. Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma una parte di sé
le diceva che
avrebbero avuto tempo anche per parlare.
Non
in quel momento, però.
Niente
parole. Niente domande.
James
era lì, tra le sue braccia, completamente abbandonato a lei,
indifeso contro i
suoi occhi, prigioniero consapevole e consenziente.
Con
la mano ancora imprigionata tra i suoi capelli, Lily sospinse
delicatamente il
volto di lui più vicino al suo, sentendo il proprio cuore
accelerare i battiti.
Forse
sarebbe morta, ma non le importava. Sentiva il respiro caldo di James
sul suo
viso, nient’altro aveva senso per lei.
In
quella penombra, adesso esistevano solo loro due. Il resto era chiuso
fuori.
Fuori
pioveva, era buio, era freddo…
Ma a
lei non importava. Il sole, il suo sole, era abbracciato a lei. In
totale
abbandono.
Non
potè aspettare ancora.
E fu
l’istinto a guidarla.
Un
battito del cuore e le sue labbra furono sulle sue, incerte ed
insicure, ma
vogliose. E James chiuse gli occhi, stringendola di più a se
e lasciandosi
accarezzare la bocca da quella lieve pressione, debole ma curiosa,
smaniosa di
imparare.
Era
come morire. Il cervello non ragionava più. Il cuore batteva
all’impazzata per
l’ultima corsa. Sarebbe stato un bel modo per andarsene.
Il
bacio del suo amore.
Infondo,
lui sarebbe volentieri morto per lei.
Era
possibile amare così tanto una persona?
La
bocca di Lily premette di più sulla sua e lui si
sentì tremare dentro, ogni
cellula del suo corpo bruciava, moriva per lei. Quelle labbra che si
muovevano
sulle sue lo stavano facendo impazzire.
Ma
era quello che voleva. Sarebbe stato suo per sempre, se lei lo avesse
voluto.
Poi
accadde tutto troppo in fretta.
James,
completamente preso da lei, schiuse le labbra, reclamando qualcosa di
più e
Lily si avventò sulla sua bocca, totalmente sopraffatta da
quel pungente
desiderio, strappandogli un gemito.
Udì
un rumore di passi lontano, lontano, lontano migliaia di anni
luce…
Ma
lui si ritrasse, fermando sul nascere il bacio che da troppo tempo
stavano
aspettando. E quando lei fece per riavvicinarlo ancora, lui la
fermò, con
dolcezza, sorridendole. -Non
ancora.- le
sussurrò sulla bocca, facendola tremare.
Si
guardarono, completamente perduti l’uno per
l’altra, e poi si divisero.
Madama
Chips entrò nella stanza borbottando come suo solito e
scoccò loro uno sguardo
sospettoso, mentre metteva in ordine dei nuovi medicinali nel suo
armadietto.
Lily
Evans si mise in piedi, lasciando la sponda del letto di James.
Un
ultimo sguardo, un saluto.
Poi
via.
Le
tremavano le gambe.
Nel
cuore una promessa.
Il
loro segreto.
Cast
your eyes on the ocean
Cast your soul to the sea
When the dark night seems endless
Please remember me
“Dante’s
Prayer – Loreena McKennitt”
Note di
fine capitolo
Cavolo,
ci ho messo veramente poco a buttare giù questo capitolo.
Non so ancora se è
stato un bene oppure un male. Comunque è venuto
così, di getto, senza
rifletterci troppo e mi è piaciuto. Per il resto, beh, e
anche questa volta il
bacio vero non è arrivato, ma ci stiamo avvicinando. Chi
vuole troncare una
gamba a Poppy Chips insieme a me? XD Ma no, via, povera donna, stava
solo
facendo il suo lavoro.
E
comunque sono già felice per il fatto che James sia di nuovo
in pista.
Altro?
Mmm,
sì. Non sprecatevi troppo a capire Bella. A volte non la
capisco neppure io. XD
E
per quanto riguarda Regulus… Gente, io amo quel personaggio.
E credo sarò
sempre fin troppo buona con lui. Passatemela! ^^
La
canzone è “Dante’s prayer” di Loreena
McKennitt. E a me piace pensare che in quelle parole ci sia un
po’ di Regulus,
un po’ di Bella, un po’ di Lily ed un po’
di James.
Per
il prossimo aggiornamento è un po’ un
mistero…
A
Settembre ho un esame e dovrei passare queste ultime due settimane a
studiare,
perciò vedrò un po’. Se riesco anche a
scrivere, aggiornerò. Altrimenti avrete
il prossimo aggiornamento a Settembre. In ogni caso vi
manderò una mail come
sempre.
Un
bacione a tutti, vado di fretta questa mattina.
Un
ringraziamento
speciale a Myki, Cassandra, Chiara88, LilyProngs, Brando e robert90. A
presto,
Lady Tsepesh!
|
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Capitolo 24 *** Face To Face ***
CAPITOLO 24
“FACE TO FACE”
Il
tavolo di Grifondoro era un porto di mare, la cosa era evidente ed
innegabile
agli occhi di tutti ormai da anni. Da quando i fantomatici Malandrini
avevano
messo piede nella scuola, questo era sicuro.
Con
Sirius Black che attirava ragazze come se fosse stato dotato di una
specialissima calamita, Remus Lupin, gran cervellone ed unica anima pia
disposto a spiegare fino alla nausea gli argomenti non capiti a lezione
e James
Potter, l’organizzatore di festini ed eventi vari indiscusso,
la vasta tavola
dei Grifoni era sempre frequentata, anche da Tassorosso, Corvonero e
qualche
Serpeverde.
C’era
da dire poi che i cari cocchi di Godric Grifondoro erano
particolarmente
ospitali ed amichevoli con tutti, sempre se non provocati, ovviamente.
Quella
mattina il tavolo dei Grifoni si trovava ad ospitare un gruppo di
strampalati
Corvonero, tranquillamente accomodati sulla panca di legno ed intenti a
fare
colazione come se nulla fosse.
Julian
Harris, bello e biondo come sempre, stava sorseggiando il suo
caffè con tutta
la tranquillità del mondo, incurante delle occhiatacce di
Sirius Black. Indossava
la sua divisa di Corvonero alla perfezione e teneva al suo fianco una
borsa
quasi del tutto vuota. Tanto i libri li avrebbe portati Jasper.
Detto
Jasper Joyce, Caposcuola dei Corvi e suo migliore amico, sedeva al suo
fianco e
parlava completamente a suo agio con Alice Rubin riguardo la prossima
partita
di Quidditch in programma. Ogni tanto beveva un sorso di tè
profumato.
A
completare il terzetto più strambo di tutta Hogwarts, Xeno
Lovegood, totalmente
immerso nella lettura di un libro dall’aria piuttosto
inquietante.
Remus
Lupin, già con un pesante tomo di pozioni aperto sul tavolo,
aveva accettato di
buon grado la presenza di ospiti, a patto che non lo distraessero
troppo dal
suo ripasso mattutino. Di tanto in tanto riemergeva dalle pagine per
scambiare
qualche parola, per poi ritornare al suo sacrosanto dovere di studente
modello.
Peter
Minus, troppo preso a spalmare le sue fette di pane con burro e
marmellata, non
aveva ancora rivolto la parola a nessuno, rimanendosene in perfetto
silenzio.
E
Sirius Black, beh… oltre a ringhiare addosso ad Harris aveva
anche altro da
fare, ovvero tenere al più possibile impegnata la
meravigliosa bocca della sua
altrettanto meravigliosa ragazza. E tanti saluti alla morale da tenere
a
scuola!
Stavano
già attirando le occhiatine di molti…
Qualcuno
in particolare li stava osservando, sorridendo soddisfatto.
E
quel qualcuno era James Potter.
Ebbene
sì, il Sommo Capo dei Grifoni era tornato ad onorare la Sala
Grande della sua
divina presenza, o così almeno malignavano al tavolo di
Serpeverde.
Erano
ormai tre giorni che Madama Chips gli aveva dato il via libera e le
dannate
Serpi ancora non si decidevano a lasciarlo respirare e dargli un
po’ di tregua.
E
dire che lui non aveva proprio voglia di mettersi a far casino!
Aveva
troppe cose a cui pensare, primo su tutti il rimettersi in pari con lo
studio.
Fin dal primo giorno di rientro era stato chiaro come il sole che i
cari
professori non lo avrebbero affatto graziato. Quasi poteva percepire
sulla
schiena l’abnorme peso degli appunti che Lily aveva preso per
lui e si sentiva
morire all’idea di doversi mettere a studiare tutta quella
roba.
E,
tanto per parlare di Lily Evans, in quei giorni avevano trascorso
pochissimo
tempo insieme e lui non era mai riuscito a parlarle anche solo una
volta. Non
c’era modo per loro di incontrarsi da soli e la cosa, a lungo
andare,
cominciava a sfinirlo.
Tutta
colpa di Silente, si disse Potter, quasi mettendo il broncio.
Appena
uscito dall’infermeria, il preside lo aveva preso da parte e
gli aveva proposto
di andare a dormire nella stanza libera di Caposcuola di Remus, in modo
tale da
poter dormire tranquillo, senza avere il timore di poter essere un
pericolo per
i ragazzi.
Eh
già, perché Silente non sapeva certo che lui
già da un po’ aveva lasciato la
camera dei Malandrini!
La
scusa da usare sarebbe stata banale. Ovvero, dopo ciò che
aveva dovuto passare
dopo l’attacco del “mostro”, un
po’ di calma gli avrebbe fatto bene. Punto e
stop.
L’avrebbero
bevuta? Chi lo sa.
Insomma,
morale della favola, si era ritrovato sbattuto nella bella camera
singola di
Remus, da sempre usata da Sirius.
Il
preside l’aveva incantata a dovere in modo che riuscisse a
contenere il suo
potere, in caso di incidenti come quello di Halloween, e
l’aveva dotata di uno
specchio magico che lo metteva niente meno che in contatto con il suo
ufficio.
Evadere
da quella stanza nel cuore della notte era perciò
impossibile.
E
se Silente lo avesse beccato? Che gli avrebbe detto poi?
C’era
anche da dire che Lily Evans in quei giorni si era data alla macchia. E
se per
misericordia divina si ritrovavano da soli, lei trovava sempre il modo
di
filarsela.
Ah,
le ragazze…
Ma
che avevano in testa?
Prima
lo baciava e poi, improvvisamente, lo evitava.
La
sera che lui era andato nella stanza di lei per riprendere le sue cose
e
portarle nella nuova camera, Lily non gli aveva detto poi molto. Si era
informata della sua salute, gli aveva raccomandato di non combinare
guai, lo
aveva salutato. Stop.
E
per tutto il tempo non aveva alzato lo sguardo su di lui.
Wow.
Davvero wow.
Addentando
il suo muffin al cioccolato, James Potter si sentì ribollire
per l’irritazione.
Se c’era una cosa di Lily che non sopportava era il suo
chiudersi a riccio non
appena c’era qualcosa che la turbava. Lui non era mai stato
un tipo del genere.
Lui parlava, sempre. Non aveva mai avuto difficoltà a dire
ciò che gli passava
per la testa.
Ma
Lily Evans era un’altra storia. Lily Evans andava
interpretata e spronata a
parlare.
E
lui non poteva accettare quel silenzio dopo ciò che era
accaduto tra loro in
infermeria.
Lo
aveva baciato. Lei lo aveva baciato.
Ed
era stato fantastico!
Perché
adesso faceva così? Se ne vergognava?
James
non poteva e non voleva pensare che lei si fosse pentita.
Finì
di divorare il muffin e poi si attaccò al suo bicchiere di
succo di zucca,
sentendo accrescersi l’immaginaria nube nera sopra di lui.
No, non era
giornata.
Dormire
da solo non gli piaceva.
I
Serpeverde avevano cominciato a fare battutine fin da quando era uscito
dal suo
dormitorio.
Il
resto della scolaresca di Hogwarts non faceva altro che guardarlo di
nascosto
oppure tempestarlo di domande.
E
Lily non si vedeva.
No,
decisamente era sul punto di saltare in aria come una pozione esplosiva.
L’unico
che sembrava spassarsela era Sirius. Lì, con Victoria Olsen
tra le braccia,
pareva essere finalmente in pace con il mondo.
James
non lo aveva mai visto così rilassato e felice da quando si
erano conosciuti,
non poteva che essere più che contento per il suo migliore
amico.
Se
lo meritava, dopo tutte le brutture che aveva dovuto sopportare in
quella
famiglia di pazzi che erano i Black.
Ma
lui, invece, si sentiva sprofondare.
Certo,
con gli amici rideva e faceva lo sbruffone come sempre, ma dentro
invece
urlava. Non aveva certo dimenticato le parole di Savannah, ma non
riusciva
davvero a trovare il coraggio di dire la verità ai ragazzi.
Si
lasciò sfuggire un sospiro, mentre vagava con lo sguardo per
la Sala Grande.
Lily
Evans non arrivava. Forse aveva fatto colazione presto,
chissà.
-Che
hai da sospirare?- fece ad un tratto Julian, guardandolo attento.
Subito
James sorrise, scuotendo il capo. –Nulla. Solo non ho voglia
di affrontare
questa ennesima giornata di studio, tutto qui.- si
giustificò.
-Ah,
beh… se è per questo anche io.- disse il
Corvonero, sbadigliando assonnato.
-Nessuno
ne ha voglia.- si intromise Sirius, furbo. –Infatti stavo
giusto pensando ad
una mattinata alternativa…- aggiunse, sfoderando il migliore
dei suoi sorrisi
malandrini.
-E
sarebbe?- chiese Victoria Olsen, curiosa.
E
Sirius Black, ragazzo molto ottimista e, soprattutto, molto illuso, se
ne uscì
candidamente con la sua proposta. –Che ne dici se io e te
passiamo la mattinata
chiusi nella Stanza delle Necessità, soli soletti?-
Pessima
mossa, si disse subito James, dando del deficiente al suo migliore
amico.
Di
fatti la reazione della Olsen alla richiesta del suo ragazzo non
passò di certo
inosservata al tavolo di Grifondoro. Anche qualcuno dal tavolo di
Corvonero
riuscì a non perdersi la prima fiammata della coppia
attualmente più parlata della
scuola.
Alzandosi
in piedi con aria indemoniata e gli occhi ridotti a fessure, Victoria
Olsen
afferrò una copia della Gazzetta del Profeta, strappandola
dalle mani di un
povero Grifone del terzo anno, e la sbatté con violenza
sulla testa bacata di
Black.
-Te
lo scordi!- sibilò, inferocita. –Te lo scordi
proprio che io mi vengo a
rinchiudere in una stanza con te, Sirius! Non stiamo insieme neppure da
un mese
e tu subito te ne esci con certe idee? Mi fai schifo!-
ringhiò.
Intanto
il resto dei ragazzi presenti aveva incassato la testa tra le spalle,
terrorizzati. Victoria Olsen era decisamente pericolosa se arrabbiata.
James
si augurò che quell’idiota del suo amico non
peggiorasse ulteriormente la
situazione, altrimenti gli sarebbe sicuramente toccato di raccattare i
suoi
pezzi sparsi per tutta la Sala Grande.
-Oh,
andiamo, ma perché fai così?- fece Sirius,
guardando la sua ragazza con aria
spavalda. –Mica dico che dobbiamo proprio fare quello.
Si sa, una cosa tira l’altra e magari…-
Altra
giornalata. E questa volta Black si massaggiò la parte lesa,
borbottando.
-No.-
scandì rigida Victoria. –Conosco la tua
reputazione, Black. E te lo scordi di mettermi
addosso i tuoi tentacoli.- e qui la ragazza sfoderò un
ghigno pauroso.
-Rassegnati,
non cederò tanto presto.-
E
dopo aver regalo al suo ragazzo un’altra sonora batosta con
la Gazzetta, prese
la sua borsa, salutò il gruppetto di amici e si
avviò a lezione.
Il
tavolo di Grifondoro era ammutolito. Sirius Black, neanche a dirlo,
aveva in
viso un’aria agghiacciata che per poco non fece scoppiare a
ridere James.
Ehhh,
tempi duri per il povero Felpato.
In
vita sua non gli era davvero mai capitata una cosa simile, mai. Ogni
volta che
si era interessato ad una ragazza, l’aveva avuta, subito. Non
c’erano mai stati
troppi problemi. Gli bastava fare qualche sorrisetto furbo, sbattere un
po’ i
suoi occhioni blu ed era fatta. Ma con Victoria Olsen…
Doveva
aspettarselo.
Quel
demonio della sua ragazza lo avrebbe sicuramente fatto penare.
Con
un moto d’orrore, Sirius Black si rese conto che era appena
cominciato il suo
personale periodo di magra. Sarebbe andato in bianco per molto, molto
tempo.
Intuendo
i pensieri dell’amico, James Potter sorrise.
–Benvenuto nel gruppo.- dichiarò,
ironico, pensando che lui, con Lily Evans, andava in bianco da secoli.
-Già,
benvenuto.- si aggiunse Julian, che anche lui in quanto a vita
sentimentale non
era messo meglio di James, anzi. –Immagino che
sarà dura per te, dopo anni,
tornare al deprimente fai da te!-
-‘Fanculo,
Harris! Fatti i cavoli tuoi!- saltò subito su Sirius,
inferocito. –E comunque
sappi che se nel gruppo dei Malandrini c’è
qualcuno che si ammazza di seghe,
quello è e sarà sempre James!- aggiunse, tirando
in ballo quella povera anima
del suo migliore amico, tanto per cambiare.
-Cosa?!-
berciò Potter, arrabbiandosi. –Non è
affatto vero, Felpato! Ma che cavolo
spari?! Sei impazzito?-
Sbuffando,
Remus Lupin alzò gli occhi al cielo. –Per Merlino,
ragazzi, non possiamo
parlare d’altro?- implorò.
Ma
oramai la demenza la faceva da padrona.
-Non
negare la verità, Ramoso! Non scopi da una vita e Lily non
te la darà mai, è
ovvio che non ci sono altri modi di sfogo per te!- fece Sirius, piccato.
-Ma
cosa cavolo ne sai?! E comunque fatti gli affaracci tuoi, Siri! O giuro
che ti
lancio la fattura più cattiva del mio repertorio!-
sbraitò James, sempre più
furente e offeso.
Ok,
i cervelli se ne erano definitivamente andati.
Jasper
assisteva alla discussione, divertito; Julian ghignava come una iena;
Remus
aveva assunto un’aria schifata; Peter osservava i compagni,
allibito.
-Ad
ogni modo, non credo mi interessi sapere delle attività di
James.- se ne uscì
Alice Rubin, per nulla scandalizzata dalla piega che aveva preso la
conversazione.
-Ma
non è vero, Alice!- sbottò James, stufo.
–Black, mi hai fatto ufficialmente
incazzare! Se Vick ti manda in bianco, non è colpa mia! Non
scaricare la tua
frustrazione su di me!-
-Io
non sono affatto frustrato!- fece subito Sirius, negando
l’evidenza.
-E
invece sì!-
-Assolutamente
no!-
-Te
lo si legge in faccia!-
-Fatti
più seghe e lasciami in pace, Potter!-
-Fattele
tu! Sei tu che ne avrai bisogno da ora in poi, mi sa!-
-Ragazzi…-
e questo era Remus, esasperato.
-Io
non andrò in bianco, per Morgana!-
-Ah
no? A me sembra di sì!-
-Parli
tu che vai in bianco dal primo anno!-
-RAGAZZI!-
Ecco,
adesso Remus Lupin era decisamente alterato.
Rimettendosi
seduti, Potter e Black abbassarono lo sguardo, tenendosi il muso,
inferociti.
Quello era il bello dell’amicizia tra maschi, senza dubbio.
Un
po’ di pace finalmente, pensò Remus, tornando al
suo ripasso.
Poi,
la catastrofe.
-Su
Potter, ammetti la verità, non c’è da
vergognarsi. E poi abbiamo le prove.-
fece ad un tratto Xeno Lovegood, prendendo improvvisamente la parola.
–E’
risaputo che chi si fa tante seghe perde la vista. E tu porti gli
occhiali e
sei cieco come una talpa, no?-
Troppo.
Era veramente troppo.
E
mandando tutti i suoi amici a quel paese, James Potter, incazzato come
un
Ungaro Spinato sputa fiamme, lasciò il tavolo di Grifondoro
e partì spedito
verso il portone di quercia, abbandonando la Sala Grande con uno
sguardo
talmente assassino da spaventare chiunque.
Severus
Piton ebbe la sfortunata idea di passare davanti a lui proprio in quel
momento.
Fu un attimo e il Serpeverde si ritrovò sospeso in aria a
faccia in giù,
vittima di un potente Levicorpus non verbale.
No,
decisamente quella non era una buona giornata per James Potter.
Molto
meglio stargli alla larga.
L’aria
era molto fresca quella mattina ed il cielo di un intento color grigio
piombo prometteva
una bella nevicata, la prima dell’anno.
Lievi
folate di vento le accarezzavano il viso pulito, facendo frusciare i
suoi
capelli di puro oro rosso, sinuosi e pericolosi come autentiche lingue
di
fuoco.
Quegli
occhi verdissimi scrutavano attenti ciò che si prestava loro
davanti,
studiando, analizzando, come era nella natura di lei.
Stringendosi
nel mantello e cercando di sopportare il freddo, Lily Evans se ne stava
ferma
sul limitare della Foresta Proibita, osservando il mezzo gigante che le
stava
davanti, intento a preparare del mangime per snasi.
Lily
ne stava accarezzando uno proprio in quel momento, beandosi del
contatto con
quella pelliccia così soffice e delicata, bella da toccare.
Fortuna che quella
mattina non aveva praticamente nessun oggetto d’oro con
sé, o sarebbero stati
guai.
Ancora
ricordava la lezione di Cura delle Creature Magiche, durante la quale
il
professor Kettleburn aveva liberato degli snasi ed aveva permesso ai
suoi
studenti di utilizzarli per una sorta di caccia al tesoro.
Certo,
era oro dei Lepricani, ma si erano comunque divertiti un sacco.
-Ti
piacciono, eh?- fece ad un tratto la vociona burbera ma allo stesso
tempo gentile
di Rubeus Hagrid. Le sorrideva.
-Sì,
li trovo adorabili.- rispose lei, divertita.
Gli
occhi di Hagrid si illuminarono di gioia e di orgoglio alle parole
della
ragazza, mentre ancora si occupava del proprio lavoro. –Sono
creaturine così
graziose, vero? E l’ultima cucciolata è stata
strepitosa! Anche se io
preferisco assai di più gli ippogrifi. O un bel drago!- le
disse, con aria
quasi sognante.
-Un
drago?- ripetè la Evans, stupita. –Ah no, non ci
tengo molto a vederlo.-
-E
perché no? Sono incompresi, poverini. Solo perché
hanno enormi fauci, grossi
artigli e sputano fuoco non significa che non ci piaccia anche a loro
avere una
famiglia, no?- fece
il guardiacaccia,
intristito. –Ho sempre voluto un drago.-
Osservandolo
con tanto d’occhi, Lily decise che era molto meglio annuire e
starsene zitta.
Lei riteneva che artigli, fuoco e fauci fossero delle motivazioni
più che
sufficienti per starsene alla larga da quegli esseri.
-Hai
già fatto colazione, Lil?- le domandò Hagrid,
mentre andava a lavarsi le grandi
mani sporche di mangime.
Andandogli
dietro, la ragazza sorrise. Lui era l’unico che la chiamava
“Lil” e a lei quel
soprannome trasmetteva tanto calore, anche perché il mezzo
gigante pronunciava
quelle tre lettere con vero affetto.
-Sì,
ho già mangiato qualcosa in Sala Grande, ma era molto
presto.-
-Allora
ci facciamo un bel tè?-
-Andata.-
fece lei, contenta. –Grazie, Hagrid.-
Poco
dopo erano entrambi seduti ad un vecchio tavolo di legno, chiusi al
sicuro e al
caldo nella capanna del custode di Hogwarts. A Lily era sempre piaciuta
quella
casetta, anche se era tutto molto disordinato e messo alla rinfusa.
Finalmente
aveva messo il pesante mantello da parte, restando in uniforme.
Ancora
un po’ là fuori nel parco e sarebbe congelata.
Hagrid
sorbiva il suo tè in silenzio, seduto di fronte a lei,
apparentemente
pensieroso. La ragazza invece aveva bevuto solo piccoli sorsi, per poi
dedicarsi ad accarezzare il testone di Thor, il cagnone del mezzo
gigante.
Quella
bestia pareva non avere età e Lily sospettava che ci fosse
sotto qualcosa.
Guardò
un attimo il proprio orologio, constatando che aveva ancora tempo, e
sorrise.
La lezione di Aritmanzia si sarebbe tenuta tra un’ora e
più.
Andare
a far visita ad Hagrid era sempre stata una costante per lei, fin dal
primo anno,
e non intendeva affatto rinunciarvi, per nessun motivo.
Sì,
perché quell’omone burbero e a primo occhio
spaventoso, le voleva bene.
L’aveva
sempre accettata per quello che era e le aveva dato tanto affetto in
quegli
anni grigi. Era stato ore e ore ad ascoltare le sue parole, ad
asciugarle le
lacrime oppure a gioire con lei per le buone notizie o i suoi successi
a
scuola.
Ma
quella mattina la sua non era propriamente una semplice visita di
cortesia e,
alla fine, la ragazza si decise ad affrontare l’argomento.
-Hai
più visto James, Hagrid? Si è perfettamente
ristabilito, sai?- buttò lì,
casualmente, mentre si avvicinava la tazza colma di tè alle
labbra.
-Oh,
sì! Ho visto!- fece il mezzo gigante, sorridendo.
–E’ venuto giusto ieri a
farmi una visitina. Gli ho anche offerto dei dolci fatti da me, ma non
li ha
voluti.-
I
dolcetti di Hagrid erano perfetti.
Perfetti
per chi volesse spezzarsi i denti e finire in infermeria di corsa.
-Già.-
riprese la ragazza, guardandolo. –Sai, mi
chiedevo…- cominciò. –Insomma, mi
piacerebbe sapere qualcosa in più riguardo alla creatura che
lo ha attaccato.
Voglio dire, sono Caposcuola, è mio dovere occuparmi
dell’incolumità degli
studenti e se questo mostro è ancora libero, dovrei quanto
meno sapere di cosa
si tratta.- disse tutto d’un fiato, cercando di avere
un’aria pratica e
convincente.
Hagrid
era sbiancato. Di certo non si aspettava un attacco così
diretto.
-Oh,
beh… Lil, non ti preoccupare. È tutto risolto. Lo
ha detto pure Silente, no?-
-Ma
io non prendo le parole del preside come verità assolute,
dovresti saperlo.-
ribattè subito lei, scrutandolo con i suoi occhi verdi. Era
sincera.
Nella
scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, tutti erano fan di Silente.
Tutti
tranne i Serpeverde e qualche altra eccezione. E nel secondo gruppo
c’era anche
lei.
Rispettava
l’anziano mago, certo. Ma non lo riteneva così
infallibile ed onnipotente.
-Lil,
ti assicuro che non rischiate più nulla. Davvero.-
ritentò Hagrid, abbassando
lo sguardo sulla sua tazza di tè.
Era
in difficoltà, notò Lily. I professori stavano
decisamente nascondendo
qualcosa.
Sospirando,
la ragazza bevette un po’ di tè, prima di
ritornare a parlare, decisa.
-Ho
passato ore e ore in biblioteca a studiare i bestiari di Hogwarts e
l’unica
creatura più pericolosa che si trova attualmente nella
Foresta Proibita è
l’Acramantula.- dichiarò, sondandolo con lo
sguardo. –Quindi James è stato
attaccato da un ragno gigante? No, Hagrid. Lui non mi sembra il tipo
che non sa
difendersi contro uno di quegli esseri. E poi c’è
anche dell’altro.-
-C-Cosa?-
balbettò il mezzo gigante, sempre più in ansia.
-Edward
Havisham.- fece la Grifondoro, seria. –Sirius ha detto che
è un potente mago
esperto in magia occulta, che conosce le forze del male.
Perché una persona del
genere dovrebbe scomodarsi per il semplice attacco di
un’Acramantula? Hagrid,
io non credo ad una singola parola che tu e gli insegnanti ci avete
detto.-
concluse, sempre osservandolo attenta.
Al
nome “Havisham” il mezzo gigante era saltato su
come una molla, rischiando di
versarsi addosso il tè.
-Lil,
per tutti i folletti, lascia perdere!- la implorò Hagrid,
quasi sudando freddo.
–E’ una brutta, bruttissima storia. Non devi
entrarci!-
-Perché
ci state mentendo? Perché non volete dirci cosa è
accaduto a James? Sono stati
i Serpeverde? Gli hanno lanciato qualche strana maledizione?- lo
incalzò Lily,
sentendo crescere la rabbia dentro di sé.
Ma il
Custode di Hogwarts sfuggì alle sue domande, alzandosi dalla
sedia ed andando a
sciacquare la propria tazza. Non parlava.
-Hagrid.-
lo chiamò la rossa, alzandosi a sua volta.
–Hagrid, per favore.-
-No,
Lil.- le rispose lui, voltandosi a guardarla per un attimo.
–E’ la mia ultima
parola. E non pensarci neanche ad indagare su Havisham. Brutto tipo.
Chiaro?-
Si era
tradito. Si
era tradito come al
solito.
Rubeus
Hagrid non era capace di tenere un segreto.
Non
indagare su Edward Havisham. Perfetto, lei avrebbe fatto
l’esatto contrario.
E
avrebbe indagato eccome.
Sorrise,
fingendosi dispiaciuta per la propria insistenza, mostrandosi arresa.
-E
va bene Hagrid, hai la mia parola. Se mi garantisci che è
tutto sistemato…-
-Tutto
sistematissimo.- si affrettò a confermare il mezzo gigante,
felice di quella
resa.
-Non
devi andare in classe, adesso?- aggiunse.
-Certamente!-
confermò Lily con un sorriso convincente.
Corse
a schioccare un bel bacio sulla guancia al maldestro Custode delle
chiavi e
scappò via, salutandolo e promettendo di tornare presto.
E
mentre percorreva la strada a ritroso, il suo cervello lavorava senza
sosta.
Ok,
non era un mostro abituale della Foresta Proibita. E questo era
appurato.
Allora
cosa?
Un
essere maligno era entrato nel castello? Lei non era per nulla
preparata
sull’argomento, ad Hogwarts non si parlava di certe
entità.
Oppure
poteva essere un nuovo tiro delle Serpi. Dopo quello che avevano fatto
a lei e
Victoria, non si sarebbe stupita di trovarli coinvolti.
Ad
ogni modo doveva documentarsi su questo Havisham. Hagrid ne era
terrorizzato.
In
verità lei aveva già cominciato a cercare
informazioni su quel mago in
biblioteca, ma non aveva trovato niente. Restava da cercare nel reparto
proibito.
E
per Lily Evans ottenere un’autorizzazione per consultare
quell’area vietata
agli studenti era facile come fregare caramelle ad un bimbo. Sapeva
già a chi
rivolgersi.
Con
passo sicuro si diresse verso l’aula di Pozioni.
Era
l’ora di fare un po’ la cocca del professor
Lumacorno.
Non.
Era. Giornata.
Formulando
questo cupo pensiero per quella che era la trentesima volta nella
mattinata,
James Potter portò lo sguardo ad una delle finestre della
classe di Rune
Antiche, perdendosi nell’osservazione del paesaggio.
Il
cielo era sempre più grigio. La neve era vicina.
Quella
mattina faceva veramente freddo, c’era poco da dire; persino
lui, che di solito
vestiva leggero, aveva deciso di mettere il maglione della divisa e
tenere il
mantello. Se Novembre si presentava già cosi gelido, non
osava pensare a che
temperature avrebbero avuto a Dicembre, oppure a Gennaio.
Sconsolato,
riportò la sua attenzione alla lavagna, dove il Professor
Richardson, un ometto di
bassa statura e dall’aspetto benevolo, stava rappresentando
delle rune
recentemente scoperte, dando agli studenti una traduzione
approssimativa.
Era
strano, si disse il Grifondoro.
Aveva
sempre amato Rune Antiche, tanto che era stato l’unico del
suo gruppo a
decidere di seguire la materia al posto di Aritmanzia. Le Rune lo
avevano
sempre affascinato, era in grado di passare ore e ore su quei libri,
azzardando
nuove traduzioni e cercando di scoprire nuove combinazioni.
Il
caro Richardson era praticamente innamorato di lui, lo studente
più portato del suo
corso.
Eppure,
quella mattina, neppure quella lezione così interessante
riusciva ad attirare
James più di tanto.
L’aula
era semi vuota, gli studenti che seguivano il corso di Richardson non erano
moltissimi, tutti avevano preferito atre materie.
Gli
unici ad occupare quei pochi banchi erano Potter, seduto stranamente in
prima
fila, Julian Harris, che durante quell’ora poteva finalmente
sedersi vicino al
suo amico senza sfidare il territorio di Black, Xeno Lovegood, sempre
attentissimo, Bellatrix Black, unica Serpeverde del corso, e tre
ragazze di
Tassorosso che sedevano sempre in disparte. E James sapeva che, se
Julian aveva
deciso di seguire Rune Antiche era unicamente per una di loro.
Eccola
lì, Annabel Cox, Anna per gli amici.
Un
visino da bambolina semplicemente adorabile, in grado di far capitolare
ogni
ragazzo degno di questo nome. Biondissima e con due occhi celesti
capaci di
incantare, la Tassorosso non era soltanto un bel faccino.
Non
era unicamente un bel corpo su cui fantasticare su.
Mai
sgarbata, mai oca o vanitosa. Sicura della sua bellezza e del suo
ascendente
sugli altri, certo, ma mai arrogante o superba.
Una
bella persona.
E
James non negava che, anni fa, quando non era ancora completamente
perso per
Lily, quella Tassorosso lo avesse attratto abbastanza da poterle
chiedere di
uscire.
Ma
poi Julian si era confidato con lui e Potter aveva deciso di farsi da
parte.
Non
avrebbe mai perso un’amicizia per quella ragazza, per quanto
graziosa fosse. Julian
Harris contava molto di più per lui.
Certo,
con Lily Evans era diverso. Per Lily sarebbe stato in grado di spaccare
la
faccia a Sirius Black oppure ad un altro dei suoi amici. Lei, lei era
l’unica a
contare per lui.
Ad
ogni modo Julian e Annabel non erano mai usciti insieme.
C’erano
state le vacanze estive e poi, all’inizio del loro quarto
anno, lei era già
impegnata con quello che attualmente era ancora il suo ragazzo, Mike
Miller, un
Tassorosso del suo stesso anno, ottima persona anche lui.
Mike
ed Anna erano La coppia perfetta.
Sicuramente
si sarebbero sposati, o così credevano tutti.
E
Julian Harris soffriva come un cane.
Desiderare
la donna di un altro, brutto affare. James non invidiava affatto il suo
amico.
Se
Mike fosse stato uno stronzo o se nella coppia ci fossero stati dei
problemi,
beh, magari cercare di dividere i due non sarebbe stato poi
così difficile.
Ma
quei due erano l’emblema della coppia affiatata e Miller era
davvero un bravo
ragazzo, quindi anche il solo pensare di intromettersi era in grado di
far
sentire un bastardo infame chiunque. Incluso il povero Julian, il
menefreghista
per eccellenza.
Ed
era per questa ragione che il Corvonero non combatteva, non faceva
assolutamente niente per avere la ragazza dei suoi sogni. Ok, sapeva
essere una
carogna quando voleva, ma non fino a certi livelli.
L’unica
cosa che si concedeva era osservarla da lontano, come in quel momento,
oppure scambiare
qualche parola con lei quando poteva, magari parlando di una lezione
seguita
insieme. Nulla di più.
James
aveva fatto di tutto per aiutarlo, era stato ad ascoltarlo ore e ore,
di notte,
quando passavano le vacanze insieme. Ma purtroppo quella era una gabbia
dalla
quale Harris sarebbe dovuto uscire da solo, nessuno poteva fare niente
per lui.
Probabilmente
non aveva ancora trovato la ragazza giusta in grado di fargli
dimenticare Anna,
questo era quello che sia James che Sirius pensavano.
Proprio
in quel momento, Annabel Cox si accorse dello sguardo dei due ragazzi
su di sé
e sollevò il viso dagli appunti. Sorrise gentile ad
entrambi, salutandoli
leggermente con una mano, per poi tornare a scrivere.
-Ridicolo.-
borbottò Julian, scotendo la testa e mettendosi a
scarabocchiare sui propri
appunti, svogliato.
-Cosa?-
chiese James, guardandolo.
-Io.-
fece Harris, cupo. –Io sono ridicolo.-
-Più
che ridicolo, direi sfortunato.- lo corresse James.
-Ahah,
grazie. Grazie davvero.- mugugnò il Corvonero, ironico.
-Davvero
Julian,- continuò Potter. –nessuno ti capisce
meglio di me. Ma la mia
situazione è diversa dalla tua. Non posso dirti di
combattere come faccio io
con Lily. L’unico consiglio che posso darti è
togliertela dalla testa.-
-La
fai facile!- sibilò Harris, rabbuiandosi.
-Beh,
intanto potresti smettere di osservarla di continuo. Ti fai solo male.-
Uno
sbuffo e Julian riassunse la sua stramba posizione di gambe incrociate
sulla
sedia, per tornare poi a prendere appunti.
Questo
stava a significare che la discussione era chiusa.
Sospirando
ed alzando gli occhi al cielo, anche James tornò alla
lezione, sforzandosi di
prestare attenzione e non pensare ai problemi del testone seduto
accanto a lui.
In
fondo Julian Harris era grande e vaccinato.
La
lezione terminò con il Professor Richardson che, sorridendo
giulivo, assegnava loro
una montagna di compiti, per nulla turbato dagli sguardi omicidi dei
suoi
studenti.
Il
segreto per apprendere bene i vari significati celati dietro alle rune
era
tradurre, tradurre ed ancora tradurre, senza badare alla fatica.
Peccato che
loro non avessero soltanto Rune Antiche da studiare.
Riuscendo
a stento a trattenere una bella imprecazione rivolta
all’insegnante, Julian
prese la propria borsa, salutò brevemente James e
scappò fuori dall’aula come
un proiettile, sicuramente per evitare di essere fermato da Annabel
Cox, che
aveva preso la terribile abitudine di scambiare qualche parola con lui
a
lezione finita.
Sospirando,
James finì di riporre tutte le sue cose nella propria borsa,
salutò Anna e le
sue amiche, scambiò qualche battuta con Xeno Lovegood, che
quel giorno era più
normale del solito, e, dopo aver salutato il professore,
lasciò l’aula in
silenzio.
Erano
le undici del mattino e ancora non aveva visto Lily, stava impazzendo,
non
c’erano altre spiegazioni. Doveva vederla, ne aveva troppo
bisogno.
Voleva
sentire la sua voce, anche solo questo.
Non
era da James Potter aggirarsi per i corridoi con quell’aria
così cupa, ma era
più forte di lui, non poteva più essere come
prima. Lily Evans lo aveva legato
a sé e lui non poteva fare altro che cercarla continuamente,
come un’anima in
pena.
Desiderava
la sua voce, i suoi passi. Cercava i suoi occhi e la sua bocca. Voleva
i suoi
rimproveri e le sue frecciatine, sarebbero andati bene anche quelli.
Era
strano essere innamorati.
Non
c’era un perché, accadeva e non c’era
più nulla da fare.
Non
si poteva combattere una cosa del genere, era molto più
saggio arrendersi.
E
lui era sempre stato un tipo schietto e sincero. Era innamorato e non
si
vergognava ad ammetterlo, di fare il duro non gli importava affatto.
Amava
tutto di lei, ogni cosa.
I
suoi capelli rossi come il fuoco, i suoi occhi verdissimi che spesso
aveva
visto tristi e pieni di dolore, la sua bocca rosea e sottile, il suo
corpo
magro e slanciato.
Ma
non era solo questo.
James
Potter adorava anche il modo in cui lei alzava la mano, quando un
professore
rivolgeva una domanda alla classe. Adorava il fatto che lei mettesse
sempre tre
cucchiaini di zucchero nel suo tè, ebbene sì, lui
aveva fatto attenzione anche a
questo.
Adorava
quando lei metteva su quella sua aria da Caposcuola oltraggiata e
puniva lui ed
i suoi amici, mostrando quel suo cipiglio severo.
Adorava
ogni singola cosa di Lily Evans.
Il
fatto che il preside lo avesse mandato a dormire in quella dannata
camera
singola lo mandava in bestia, a volte. Avrebbe davvero voluto restare
per
sempre nella stanza di Lily, anche se da tempo non ce n’era
più motivo.
Il
Voto aveva sempre funzionato a modo suo.
Ma
a lui mancavano quei momenti che loro due potevano trascorrere insieme,
da
soli.
Vederla
zampettare verso il suo letto, con quel pigiama più grande
di lei.
Scambiare
qualche parola al buio, prima che arrivasse il sonno.
Sentirla
dormire, poco lontano da lui.
Vederla
alzarsi con quell’aria assonnata ed i capelli rossi in
disordine.
Gli
mancava. Gli mancava da morire.
James
arrestò i propri passi ad un tratto, fermandosi
all’improvviso in quel
corridoio deserto che solo lui poteva conoscere, era molto lontano
dalla zona
abitata del castello. Non arrivava nessuna voce, nessun rumore.
Solo
passi, sicuri, fieri.
E
lui li conosceva fin troppo bene.
In
quella penombra, dovuta anche alla scarsa luce che veniva dalle
finestre, il
Grifondoro chiuse gli occhi, stanco.
Poi,
quella voce.
-Non
mi hai minimamente guardata a lezione.-
Lui
non riuscì a trattenere un sorriso, un sorriso rassegnato,
quasi auto ironico.
Infondo, doveva ammetterlo, in quella brutta ragnatela ci si era
gettato da
solo.
-Non
mi piace essere seguito, Black.- disse, voltandosi a guardarla.
Bellatrix
Black era davanti a lui, forte e algida come sempre. Ed era bellissima.
Lo
era sempre stata, dire il contrario sarebbe stata una bestemmia.
Quei
lunghi capelli neri erano lisci e morbidi come un prezioso tessuto e
quegli
occhi blu, così simili ed allo stesso tempo così
diversi da quelli di Sirius,
erano una maledizione, riuscivano ad incantare.
La
bocca rossa della Serpeverde era piegata in un ghigno pericoloso, James
ricordò
di quante volte avesse baciato e morso quelle labbra scarlatte
quell’unica
notte.
Pazzo,
era stato un pazzo.
-Ero
preoccupata per te.- gli disse la ragazza, facendo un passo verso di
lui. –Ho
saputo che eri in infermeria, ma naturalmente non ho potuto avere
informazioni
su di te, non sono Lilian Evans io.- mormorò, trafiggendolo
con il suo sguardo.
James
rise, scuotendo la testa. –Tu che ti preoccupi per me?-
-Tu
sei l’unica cosa che mi interessa all’interno di
questa scuola, e lo sai.-
sbottò lei, stringendo forte le mani a pugno, offesa
dall’ironia di lui.
Subito
il sorriso di Potter si spense ed il ragazzo tornò a
guardarla, grave.
Lei
era seria, diceva sul serio. E questo in qualche modo lo spaventava, lo
spiazzava.
-Torna
dal tuo fidanzato, Bellatrix.- le disse infine. –Vai da lui e
lasciami in
pace.-
-Lestrange
può anche morire, per quel che mi riguarda.- fu la risposta
di lei.
Fredda,
tagliente, algida.
Bellatrix
Black.
Lei
era sempre stata così e così lui
l’aveva voluta quella volta.
Quella
notte lui aveva voluto lei, soltanto lei.
Aveva
voluto quel demonio annidato in quel corpo mozzafiato.
-Se
a te non importa del tuo futuro marito, figurati quanto può
importare a me.-
fece James ironico, aggiustandosi la tracolla della borsa sulla spalla.
–Grazie
del tuo interessamento, ma come puoi vedere anche tu sto alla grande,
quindi
puoi stare tranquilla, Black. E gira a largo da me.-
-Non
è stato un mostro ad attaccarti, vero?-
Adesso
in quelle iridi blu danzava una luce folle, quasi bramosa. E Potter
avvertì un
brivido attraversargli la schiena.
-Se
non è stato un mostro, che altro può essere
stato?- fece lui, in tono
derisorio. –Mi sono quasi ammazzato da solo?-
Era
bravo a fingere, si disse lui, amaramente. Aveva davvero imparato bene.
-Non
prendermi in giro, James.-
-Non
so di cosa parli, Bellatrix.-
-A
me potresti dirlo, sai?- mormorò lei, guardandolo con
desiderio.
-Dirti
cosa?- continuò lui, fingendo di non capire. –Che
diavolo hai in testa?-
-Credo
che tu sia speciale e che abbia paura di dirlo.- lo freddò
lei.
-Non
sono affatto speciale, sono normalissimo.- replicò lui,
calmo. –E tu sei
impazzita, Bellatrix. Sei matta da legare.-
E
lei rise, divertita, guardandolo con un’espressione strana
negli occhi.
-Ultimamente
me lo dicono tutti.- fece, allegra. –Alla fine
comincerò a crederci.-
-Già,
dovresti farlo.- replicò pungente James, guardandola con
rabbia.
-E
tu dovresti smetterla di andartene in giro con quei perdenti dei tuoi
amici.
Meriti di più, molto di più, James Potter.-
-Davvero?
E chi merito? Te?-
-Esatto.-
rispose lei, tranquilla, arrivandogli vicino.
Adesso
erano occhi negli occhi e lui non riusciva a ritrarsi da quello sguardo
così
profondo. Pericolosa, lei lo era sempre stata.
Avrebbe
dovuto saperlo, Sirius glielo aveva sempre detto, ma quella volta non
aveva
voluto sentire ragioni.
Quando
lei lo aveva guardato in quel modo, durante quella dannata ora di
Pozioni, lui
si era sentito trascinare.
Aveva
guardato in quegli occhi blu ed aveva scorto la libertà.
Era
stato un errore madornale, ma in quel momento il suo cervello non aveva
più
ragionato ed aveva sentito qualcosa dentro di lui che premeva per
gettarlo tra
le braccia di quella ragazza.
Forse
era la paura. Il terrore che qualcuno scoprisse la sua vera natura e lo
allontanasse, considerandolo un mostro.
In
quel momento aveva pensato che Bellatrix Black lo avrebbe accettato,
avrebbe
adorato anche la parte malvagia che era in lui, l’avrebbe
amata, a differenza
di tutti gli altri. Era stato un codardo.
Aveva
scelto la strada più semplice ed aveva commesso
quell’errore.
Quella
notte con lei era stata strana. Torbida, passionale, confusa.
Bellatrix
non era Lily, anzi, era completamente diversa da lei.
E
James aveva ringraziato per questo.
L’unica
cosa che aveva avuto in testa era stato liberarsi, togliersi quel
dannato peso
dalle spalle per qualche ora, annegare nel corpo di qualcuno che non lo
avrebbe
mai giudicato, che non avrebbe mai avuto paura di lui, se avesse
scoperto la
verità.
Non
avrebbe sopportato capelli rossi e occhi verdi quella notte,
assolutamente no.
Con
Lily Evans non doveva essere sesso liberatorio, doveva essere amore.
Ecco
perché Bellatrix era stata perfetta.
Era
stato crudele da parte sua pensare una cosa del genere, usare una
ragazza in
quel modo. Non era da lui. Ma si era convinto che Bellatrix Black non
si
sarebbe fatta problemi, che a lei non sarebbe importato niente dei
sentimenti.
Adesso
però si sentiva in colpa.
Sì,
perché anche se egoista e priva di sentimenti, anche se
spietata e crudele,
Bellatrix era una persona. E lui l’aveva usata come una
puttana.
Forse
lei se lo meritava, forse a lei non importava niente, ma lui si sentiva
in
colpa.
Senza
contare che era terrorizzato dall’idea che Sirius venisse a
saperlo.
-Non
mi parli più?- fece lei ad un tratto.
Gli
stava ancora vicinissima e lo guardava, attenta.
-Bellatrix,
questa cosa deve finire.- le disse, puntando gli occhi nei suoi.
–Mi dispiace
per quella notte, ero fuori di testa e ti ho usata, ma non
accadrà mai più.-
Lei
rise, guardandolo. –Non scusarti. Le scuse mi danno il volta
stomaco e poi non
mi pare che tu mi abbia violentata. Io lo volevo eccome. Anzi, vorrei
che tu
andassi fuori di testa più spesso.- fece, senza smettere di
fissarlo. –Sai, non
sei molto eccitante quando ti atteggi a bravo ragazzo. Ti preferivo di
più
quella volta.-
Sbuffando,
James abbassò lo sguardo. –Io non sono
così. Non sono come mi ricordi.-
-Io
invece credo di sì.- lo stupì lei, sorridendo
divertita. –Tu sei anche quel
ragazzo che è stato mio
quella notte. Dovresti solo accettarlo.-
Faceva
male quell’affermazione e bruciò ancora di
più quando James si rese conto che
forse Bella aveva anche ragione.
Sì,
lui era anche quel ragazzo silenzioso, appassionato e al contempo
freddo di
quella notte. Un ragazzo che aveva scelto di fare sesso con la creatura
più
crudele e tremenda che avesse mai conosciuto pur sapendo che in questo
modo
avrebbe tradito il proprio migliore amico, il proprio fratello. Un
ragazzo che
aveva liberamente scelto di darsi al male per una notte, convinto che
il male
lo avrebbe accolto.
Perché
il Male non giudica, il Male ama i peccatori, i reietti, gli sporchi.
Il
Bene era più difficile da raggiungere, dal Bene era
più difficile farsi amare,
era più difficile dimostrarsi alla sua altezza. O
così lui aveva pensato.
Un
futuro giudizio di Bellatrix non lo avrebbe mai toccato.
Anzi,
probabilmente Bella non lo avrebbe mai giudicato.
Ma
l’idea dei suoi amici e di Lily che scoprivano la
verità su di lui… questo lo
uccideva, gli toglieva le forze.
Sì,
era anche questo. Un codardo, un debole che aveva cercato la via
più semplice.
Aveva sbagliato quella volta.
Forse
James Potter era una maschera. Non
era tutta la verità.
Aveva
recitato sempre il ruolo del ragazzo sicuro di sé, del
protettore degli amici,
del divo indiscusso della scuola. Sempre spavaldo, sempre sicuro,
sempre sotto
l’attenzione di tutti.
La
gente gravitava intorno a lui, tutti cercavano James Potter, tutti
chiedevano a
James Potter, tutti volevano parlare con James Potter.
Improvvisamente
quel ruolo cominciò a dargli la nausea. Gli girava la testa.
Le
persone non lo conoscevano veramente, non sapevano tutto di lui e
questa nuova
consapevolezza non lo faceva respirare.
Bellatrix
era riuscita a sconvolgerlo e adesso lui era senza forze.
-Tu
non stai scappando da me, stai scappando dal te stesso di quella notte.
Stai
scappando da una parte di te che ti spaventa e che tenti di
nascondere.-
Un
altro colpo al cuore, faceva male. Troppo male.
Chiudendo
gli occhi, James boccheggiò, come in cerca d’aria.
-Bella.-
Era
una richiesta d’aiuto?
Impossibile,
Bellatrix non era praticamente in grado di aiutare nessuno e lui lo
sapeva.
No,
era un invito a tacere.
Piano,
la ragazza sollevò una mano, fermandola sulla guancia di
lui. Lo scrutava, lo
guardava con avidità, con curiosità.
Rivoleva
il ragazzo che l’aveva fatta impazzire, sapeva che era
lì, da qualche parte.
Il
James Potter che aveva davanti la disgustava, non era quello che
voleva.
Eppure
non poteva allontanarsi da lui.
-Ti
voglio.- disse lei ad un tratto, sentendosi tremare dentro.
James
aprì gli occhi ed i loro sguardi si incrociarono.
-Vuoi
solo una parte di me.- la gelò lui, freddo.
-Cosa
importa? Dammi quello che voglio, James.-
-No.-
mormorò lui, fermo. –Forse dentro di me ci
sarà anche un lato più oscuro, ma io
resto comunque della mia idea. Voglio la luce, Bellatrix.
L’oscurità non fa per
me, anche se forse è presente nel mio animo.-
dichiarò, facendo un passo indietro,
allontanandosi da lei. –Resta aggrappata al tuo ricordo, se
ci tieni, perché non
accadrà mai più, questo posso giurartelo.-
Fu
una rabbia cieca ad animarla, a farla bruciare. Bellatrix Black non
sopportava
di perdere, di rinunciare. Veloce gli andò incontro e,
prendendogli il volto
tra le mani, lo baciò, costringendolo a non allontanarsi.
Quella
bocca non l’avrebbe mai scordata, l’aveva
maledetta. L’aveva condannata a
desiderarla per sempre, non le dava pace.
E
Bellatrix voleva quelle labbra e quel corpo come non aveva mai voluto
nient’altro al mondo. Ossessionata, perduta, tormentata.
Ma
James non rispondeva al bacio, immobile. Ed aveva le labbra serrate.
Non
c’era posto per lei, non c’era desiderio per lei,
non c’era mai stato.
Afferrandole
i polsi, lui la allontanò, guardandola con una freddezza che
le fece tremare le
gambe, che la uccise.
-Non
farlo mai più.- le disse, senza staccare gli occhi dai suoi.
-Se
mi procuri dolore, io ti farò ancora più male,
James Potter.- sibilò lei,
furente.
-Bellatrix
Black minaccia, perché non è in grado di fare
altro.- la canzonò il Grifondoro,
quasi ridendo di lei.
E
fu troppo, perché il ragazzo aveva attaccato un nervo
scoperto e che faceva
male.
Il
solo pensiero di non poter averlo l’aveva ferita enormemente
e lei non
conosceva altro modo per rimediare al dolore se non con altro dolore.
Bellatrix
Black sapeva solo minacciare e fare del male, era nella sua natura.
Ma
non sopportava che glielo dicesse lui, lì, davanti a lei,
con quell’aria
strafottente.
Il
suono dello schiaffo risuonò per il corridoio deserto a
parte loro due.
Poi
un rumore di passi, lei che se ne andava.
Ed
anche se era stata Bella a colpire, a lasciare una traccia su quella
guancia,
qualcosa dentro le diceva che era stata lei a perdere. Ancora una volta.
Per
i corridoi già si avvertiva il vocio degli studenti che si
recavano in Sala
Grande, affamati, ma lei molto probabilmente non avrebbe pranzato
affatto, quel
giorno. Chiusa nel Reparto Proibito della biblioteca del castello, Lily
Evans
vagava di scaffale in scaffale, talvolta quasi terrorizzata da certi
titoli dei
libri in cui si imbatteva.
Madama
Pince l’aveva scrutata con quella sua odiosa aria sospetta,
pochi minuti fa,
quando lei si era presentata nel suo ufficio e le aveva mostrato il
permesso
firmato da Lumacorno, ma alla fine, non trovando nulla da ribattere,
l’aveva
lasciata andare.
E
adesso quei libri proibiti, vietati, pericolosi, erano tutti a sua
disposizione.
Lily
Evans non amava il potere, la gloria,
l’immortalità.
Era
una ragazza semplice, buona, che viveva giorno per giorno,
accontentandosi dei
risultati che riusciva ad ottenere con le sue sole forze.
Quei
testi oscuri non erano perciò di nessuna attrattiva per lei.
Disgustata,
superò uno scaffale contente voluminosi tomi riguardanti
pozioni in grado di
far spuntare organi e arti in più in un corpo umano, e si
diresse spedita verso
le imponenti librerie contenenti le biografie di maghi e streghe
reputati
pericolosi dal mondo magico.
Lily
non fu sorpresa di trovare articoli recenti su Tom Riddle. Quasi due
interi
ripiani erano dedicati a sue biografie, ritagli di articoli di
giornale,
avvistamenti.
C’erano
poi numerosi tomi su Gellert Grindelwald, un potente mago oscuro
sconfitto da
Albus Silente in persona. Gli studenti del settimo anno erano soliti
studiare
molto quel personaggio durante le Storia della Magia.
Sentendo
il cuore accelerare, la Grifondoro cominciò a scorrere la
fila di libri che
racchiudevano i segreti delle più grandi famiglie di maghi
purosangue esistenti
in Inghilterra. Nomi noti.
Malfoy,
Black, Lestrange, Rosier, Nott, Zabini…
In
silenzio continuò a seguire la scia di quei libri. Altri
cognomi famosi.
Crouch,
cognome assai noto. Bartemius Crouch era il capo del Dipartimento di
“Applicazione delle Leggi Magiche” al Ministero
della Magia.
Greengrass,
doveva esserci un Greengrass quando lei era al terzo anno,
ricordò.
Prewett,
non conosceva quella casata.
Vandom.
Anche di questa famiglia non aveva mai sentito parlare.
Lily
Evans lanciò a mala pena un’occhiata a
quest’ultimo libro, non sapendo che
presto la famiglia Vandom sarebbe diventata motivo di discussione tra i
suoi
compagni.
Andò
avanti nella sua ricerca, imperterrita, ed ebbe un dolce tuffo al cuore
quando
si abbatté su una biografia completa della famiglia Potter.
Subito
un nome le balenò in testa. James Potter.
James.
Pioggia,
cuore, abbraccio, bacio.
Un
turbinio di emozioni che quasi riuscì a metterla in
ginocchio.
In
quei giorni non aveva parlato poi molto con James e non poteva dare
unicamente
la colpa alle circostanze, era stata anche lei ad evitarlo.
Stava
scappando?
No,
non era questo. Non si era pentita di averlo baciato, non avrebbe mai
potuto.
Ormai
aveva ben chiari i suoi sentimenti.
Certo,
si sentiva terribilmente in imbarazzo, ma se avesse avuto
l’occasione avrebbe
catturato ancora quelle labbra e si sarebbe lasciata andare, come
voleva da
tanto tempo, forse da ancor prima di stringere il Voto Infrangibile.
Vedere
James che lasciava la sua stanza l’aveva lasciata con un
enorme senso di vuoto,
avrebbe voluto mettersi a battere i piedi e fare i capricci come una
bambina.
Ma
lui le aveva detto della decisione di Silente e le aveva anche riferito
che il
loro legame si era sciolto, che non c’era più
nessun accordo da rispettare.
Non
aveva voluto dirle come avesse fatto a sapere una cosa del genere, ma
l’aveva
pregata di fidarsi di lui. E lei aveva chinato la testa.
Sapere
che non erano più legati l’aveva in qualche modo
ferita, disarmata.
Avrebbe
voluto colmare in ogni modo quell’improvvisa distanza che
aveva sentito
arrivare tra loro due. Il Voto era come una garanzia.
Una
catena che la teneva attaccata a lui. Adesso non c’era
più e lei si sentiva
spesso nuda e sola, senza più un appiglio dove aggrapparsi.
Ora
più che mai sentiva il desiderio di colmare subito quel
vuoto. Di correre tra
le braccia di James per restarvi sempre, più vicina di
prima.
Ma
in quei giorni aveva preferito stargli lontano, era stato necessario
per le sue
ricerche, iniziate per un’unica ragione. Proteggerlo.
James
era ancora in infermeria, quando lei aveva cominciato ad aggirarsi per
la
biblioteca a qualsiasi ora del giorno, in cerca di notizie.
I
professori avevano parlato di una creatura uscita dalla Foresta
Proibita e lei
aveva passato giornate a studiare i vasti bestiari di Hogwarts, ad
elaborare
teorie. Si era persino messa alla ricerca di dati su
quell’Edward Havisham,
senza mai trovare nulla.
Poi
Potter era stato dimesso e lei aveva dovuto fare attenzione.
Qualcosa
dentro di lei le suggeriva di fare tutto in gran segreto,
all’insaputa del
ragazzo. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma non voleva che James
sapesse.
Non
era curiosità la sua, era stata sopravvivenza prima e
protezione dopo.
Sopravvivenza
perché cercare notizie mentre lui era incosciente e ferito
in infermeria si era
rivelato l’unico mezzo che aveva trovato per combattere la
paura di perderlo e
la disperazione. Protezione perché, dopo tutto
ciò che lui aveva fatto per lei,
non poteva non occuparsi di lui.
Desiderava
aiutarlo esattamente come lui aveva fatto con lei. Avrebbe voluto
allontanare
ogni male da James, era pronta a tutto per lui.
Adesso
quel ragazzo meraviglioso era tutto nella sua vita, vedeva lui, solo
lui e
niente altro contava ormai. Non più.
Forse
lei non era forte, non era nulla di speciale, ma aveva giurato a se
stessa che
avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse in suo potere per stare al fianco di
James
Potter, per sostenerlo e difenderlo. Voleva essere come Sirius Black,
voleva
conoscere tutto di James, voleva che lui si fidasse di lei, che potesse
contare
sul suo supporto. Sempre.
Voleva
meritarsi quel legame che aveva creato con lui a tutti gli effetti.
Ancora
persa nei suoi pensieri, Lily arrivò infine a toccare con
l’indice un pesante
tomo di pelle nera, vecchia e consumata. Quel cognome placcato in oro
le mozzò
il respiro.
Havisham.
Eccolo.
Non
sapeva cosa vi avrebbe trovato all’interno, ma non poteva
tirarsi indietro.
Una
parte di lei aveva paura di aprire quel libro, di leggere quelle
pagine, di
conoscere qualcosa da cui Hagrid l’aveva pregata di stare
alla larga.
Anche
a Sirius gli Havisham non piacevano. Nessuno voleva avere a che fare
con loro.
E
lei poteva immaginarsi il motivo.
Magia
occulta. Incantesimi in grado di spaventare i più famosi
maghi oscuri.
Neppure
gli stregoni più malvagi usavano quella magia.
Prendendo
un bel respiro, sentendo qualcosa dentro di lei tremare, Lily
afferrò il
pesante libro e tentò di tirarlo via. Invano.
Quello
era rimasto esattamente al suo posto.
Provò
ancora una volta, ma alla fine fu palese che la semplice forza fisica
non
sarebbe bastata ad estrarlo, doveva aspettarselo. Quelli non erano
libri come
gli altri.
Fu
allora che si ricordò della più importante
“moneta” di scambio in magia oscura.
Si
diresse verso una delle panche presenti nel reparto e vi
poggiò la borsa,
rovistò un po’ ed alla fine trovò una
piccola spilla che portava con sé. Un
regalo di sua nonna.
Decisa
tornò al libro, punse forte il proprio dito indice con
l’ago appuntito e lasciò
colare le gocce di sangue sulla copertina consunta.
Fu
immediato,
perché quell’orribile tomo parve bersi quelle
stille scarlatte con desiderio,
per poi animarsi, accendendosi di una cupa luce nerastra.
E
Lily seppe che adesso avrebbe potuto estrarlo.
Lo
prese, sentendo le proprie mani tremare di emozione e paura, e lo
depose sulla
panca, vicino alla borsa. Si sedette, sentendosi traballare le
ginocchia.
Perché
aveva così paura?
Era
solo un libro. Soltanto un libro.
Hagrid
le aveva detto di non indagare su Havisham, perché? Cosa
avrebbe trovato tra
quelle pagine? Sarebbe impazzita di paura?
Per
un attimo qualcosa dentro di lei le urlò di rimettere tutto
a posto e correre a
pranzo in Sala Grande, era ancora in tempo.
Ma
lei era una Grifondoro degna di questo nome. Decisa, scosse la testa, e
si
convinse ad aprire il libro e svelare il mistero. Non accadde nulla e
Lily già
ringraziò per questo.
Le
pagine erano ingiallite, sciupate dal tempo. Avevano quel pungente
odore di
vecchio, chiuso, unito a quello della carta consunta che pungeva la
gola.
E
non avvertendo più la paura, ma solo pura
curiosità, Lily Evans si decise a
leggere.
Havisham,
un nome vecchio di secoli.
Una
famiglia di maghi risalente addirittura al Medioevo, l’epoca
d’oro della magia,
come la chiamava il professor Ruff.
Gli
Havisham abitavano in Inghilterra, ma il loro enorme castello non era
mai stato
localizzabile, già a quel tempo erano conosciuti come maghi
molto dotati e
molto pericolosi. Non avevano molte amicizie, non partecipavano alla
vita
mondana.
Il
capostipite della famiglia, un certo Edward I, era ossessionato dalle
arti
oscure e dalla sete di sapere. Affamato di ricchezza, di
immortalità e di
conoscenza assoluta arrivò a sacrificare i suoi stessi occhi
per mettersi in
contatto con uno spirito infernale.
Un
essere sputato fuori dall’Inferno per accogliere la sua
richiesta.
Stando
a ciò che si diceva nel libro, lo spirito aveva le sembianze
classiche delle
creature del male medievali, un gatto nero.
Il
gatto, che faceva le veci del male primario, ed Havisham strinsero un
accordo.
Metà
dell’anima in cambio di poteri immensi e illimitati.
Spezzare
l’anima a metà per ottenere qualcosa di grandioso,
come la capacità di
formulare incantesimi senza bacchetta, di controllare gli spiriti
maligni, di
conoscere incantesimi oscuri sconosciuti al resto del mondo magico.
L’accordo
sarebbe continuato di generazione in generazione e i discendenti di
Havisham
non avrebbero potuto sottrarsi. Sarebbero tutti nati dotati di poteri
superiori, dopo aver compiuto diciassette anni avrebbero avuto il
culmine del
loro potenziale oscuro e poi, giunti a metà della loro vita,
avrebbero dovuto
cedere metà della loro anima.
Ed
un essere umano non può vivere con un’anima
spezzata.
Cinquant’anni
di potere assoluto e poi la morte. Un destino che accomunava tutti gli
Havisham
di secolo in secolo. Non c’era modo di scappare.
Lo
spirito che aveva sancito l’accordo, sarebbe rimasto con la
famiglia, per
insegnare a controllare i poteri e per assicurarsi che i patti
venissero
rispettati allo scoccare dell’ora stabilita.
Spaventata,
Lily smise di leggere. Sentiva il cuore battere all’impazzata
nel proprio
petto. Adesso il silenzio della biblioteca la terrorizzava, avrebbe
voluto che
ci fossero voci intorno a lei. Invece era lì, sola e in
penombra.
Facendosi
coraggio, riportò la propria attenzione su quelle pagine.
Gli
Havisham avevano continuato la loro vita di reclusi anche negli anni a
seguire.
Alcuni,
terrorizzati dai propri poteri oppure spaventati all’idea di
dover cedere la
propria anima, si erano uccisi. I suicidi erano stati molti.
Altri,
invece, avevano sfruttato fino all’ultimo le loro
capacità. Circa nel 1700 un
altro Edward Havisham aveva cominciato a fare esperimenti, cercando di
portare
i propri poteri ad un livello ancora più elevato.
La
famiglia aveva cominciato a studiare gli spiriti maligni, loro schiavi,
per
potersi appropriare anche della loro conoscenza e della loro magia.
I
ragazzi studiavano al Durmstrang, per poi tornare al castello degli
Havisham ed
imparare l’arte dell’occulto, come i loro
predecessori.
Si
arrivava infine ad anni più recenti.
L’ultimo
Edward della famiglia, quello che aveva conosciuto lei, aveva sposato
una certa
Satsuki Yakono, discendente di una delle famiglie di maghi
più importanti del
Giappone. I due avevano avuto una sola figlia, Savannah Havisham.
Savannah
non si era mai sposata, o almeno non risultava tra quelle pagine.
Secondo
ciò che il libro diceva, circa diciassette anni fa Savannah
era sparita, non si
era più saputo nulla di lei e Satsuki, la madre, era stata
ritrovata morta
nella propria camera. Una coincidenza?
La
discendenza degli Havisham finiva lì, anche
perché molte pagine erano state
eliminate, come strappate via.
Dopo
la storia della famiglia, seguivano poi i numerosi incantesimi e le
molte
pozioni inventate dalla famiglia. Alcuni di questi venivano utilizzati
nel
mondo magico.
Pareva
che il semplice incantesimo “Wingardium Leviosa”
fosse stato inventato da loro,
moltissimi secoli fa. Chi lo avrebbe mai detto!
C’erano
poi moltissimi incantesimi oscuri che Lily si rifiutò di
leggere, non le
interessavano affatto quelle magie assassine. Sorvolò anche
i capitoli
riguardanti le pozioni inventate dagli Havisham, intrugli terribili che
lei,
pozionista incallita, si rifiutava di imparare e di conoscere.
E
fu il caso.
Fu
il caso che la fece imbattere in quel simbolo. Un simbolo familiare.
Era
una runa. E lei l’aveva già vista da qualche parte.
Serviva
a bloccare i poteri, a tenerli sotto controllo.
Se
applicata ad un mago qualunque, la runa aveva la capacità di
rendere
quest’ultimo un semplice babbano. Se invece il sigillo veniva
riportato su un
mago particolarmente potente, allora i grandi poteri di questo
sarebbero
notevolmente diminuiti, diventando più semplici da
controllare e da usare.
Se
la runa veniva rimossa, tutto tornava come prima. Ma rimuoverla era
praticamente impossibile, così come lo era applicarla. Solo
i maghi più potenti
potevano farlo.
Era
uno strano simbolo, stilizzato, confuso, nero.
Si
chiamava “Sigillo di Tanatos”. O più
comunemente “Blocco di Tanas”.
Tanatos,
morte. La morte dei poteri magici infatti.
Lo
aveva già visto, lo aveva già visto da qualche
parte, continuava a dirsi.
E
poi tutto fu chiaro.
Lo
aveva visto quando lui indossava quella canottiera leggera per andare a
dormire.
Lo
aveva visto mentre lui era su quel letto di infermeria, addormentato, e
lei gli
teneva la mano, spaventata.
Quello
strano tatuaggio sulla spalla sinistra.
Una
volta glielo aveva anche chiesto.
Questo?
E’ uno scarabocchio
che mi sono fatto fare così, per bellezza.
Così
le aveva risposto lui.
Bugiardo.
James
era sempre stato sincero con lei, con tutti. Non aveva mai avuto paura
di dire
ciò che pensava, anche quando andava contro le idee di tutti.
Bugiardo.
James
sorrideva sempre, le aveva detto di non aver mai avuto problemi, che
l’unica
sua preoccupazione era vincere la coppa del Quidditch.
Bugiardo.
James
veniva spesso convocato da Silente. Probabilmente perché ne
aveva combinata una
delle sue, dicevano tutti.
Bugiardo.
James
era sopravvissuto alle fiamme magiche di Severus Piton, aveva salvato
Remus.
Era
stata fortuna, un caso.
Bugiardo.
Perché
James Potter aveva il Blocco di Tanatos sul braccio sinistro?
Che
poteri nascondeva dentro di sé?
Perché
non aveva mai detto niente a nessuno?
Black,
Lupin e Minus sapevano?
La
rabbia arrivò impetuosa, invadendole il petto.
Lei
gli aveva detto tutto ciò che la riguardava. Gli aveva
confidato il suo
passato, lo aveva fatto soltanto con lui. Gli aveva affidato il suo
cuore, si
era fidata di lui.
Gli
aveva raccontato tutto. Tutto.
BUGIARDO.
Gli
occhi verdi si incendiarono d’ira e poi si inumidirono di
lacrime.
Ma
non avrebbe pianto.
Veloce,
estrasse un quaderno dalla propria borsa, strappò un foglio
con rabbia e
ricopiò la runa, facendo attenzione ai minimi particolari.
Rimise
poi il libro al suo posto e riordinò le sue cose.
Quando
lasciò la biblioteca, sotto lo sguardo indagatore di Madama
Pince, lo fece con
qualcosa di nuovo nel cuore.
Fu
un uragano rosso a travolgere Sirius Black, quando quella sera, dopo le
lezioni
pomeridiane, si affrettava a raggiungere il campo di Quidditch per
l’allenamento, l’uniforme rossa ed oro
già addosso.
La
partita contro Serpeverde era ormai vicina e dalle voci che circolavano
in giro
si diceva che Malfoy avesse trovato degli ottimi sostituti per coloro
che non
potevano più prendere parte alla competizione. James, anche
se dimesso da pochi
giorni dall’infermeria, aveva insistito perché si
allenassero fino allo stremo.
Era
tutto esattamente tornato come prima e Sirius non poteva che sentirsi
sollevato.
Era
quasi morto di paura, quando aveva visto il suo migliore amico pallido
ed
immobile su quel lettino. Adesso voleva solo buttarsi quel brutto
episodio alle
spalle, stare con quella pazza adorabile della sua ragazza e riavere i
suoi
amici intorno a lui.
Stava
giusto per uscire dal castello, attraversando l’immensa Sala
d’ingresso
deserta, quando udì un veloce rumore di passi alle spalle e
si sentì poi
afferrare per l’uniforme.
-Ma
che diavolo…!- sbottò, voltandosi con stizza.
Ma
si interruppe di botto, rendendosi conto di chi aveva davanti.
Lily
Evans era strana quella sera.
Aveva
il volto contratto e pallido, gli occhi verdissimi lucidi. In essi
poteva
scorgere di tutto. Preoccupazione, delusione, paura e…
rabbia.
Che
cosa le era accaduto?
-Evans.-
mormorò, osservandola preoccupato. –Hey, che hai
combinato? Tutto ok?-
Lei
lo scrutava con quegli occhi incredibili, ma non gli diceva nulla.
Restava in
silenzio, immobile, senza accennare a spiccicare una singola parola.
Perché
era venuta da lui?
Non
avevano mai avuto un gran rapporto. Certo, ultimamente si erano
avvicinati, ma
non potevano certo dirsi amichetti del cuore. Spesso si chiamavano
ancora per
cognome, quando invece lei e Remus avevano già da molto
smesso di farlo.
-Ti
è successo qualcosa?- le chiese ancora. –I
Serpeverde ne hanno combinata una
delle loro? Vick sta bene?- chiese infine, in ansia.
Sirius
Black aveva due categorie di donne. Quelle che appartenevano al suo
circolo
affettivo e che proteggeva come se fossero dei tesori. E quelle a cui,
beh, si
limitava ad alzare la gonna dopo essersi calato i pantaloni.
Quando
si trovava di fronte ad un soggetto femminile che non rientrava in
queste due
suddivisioni, non sapeva mai bene come comportarsi.
A
parte con Bellatrix, lei sapeva benissimo come trattarla.
Lily
Evans non era ancora una delle donne importanti per lui e non era
neppure una puttanella
da portarsi a letto. Dunque, era in difficoltà.
Fortuna
volle che lei si decidesse a parlare, stupendolo per la domanda.
-Tu
conosci bene James, vero?- chiese con voce flebile.
-Per
Merlino, certo!- rispose subito lui, sicuro.
–Perché?-
Voleva
davvero parlare di James Potter con lui?
Oddio,
quella sarebbe stata la classica e tanto temuta chiacchierata tra
migliore
amico di James e futura ragazza di James, giusto?
Che
aveva intenzione di chiedergli?
Comunque,
lui sarebbe stato dalla parte di James, non avrebbe mai svelato i suoi
segreti
più imbarazzanti, tipo quando era caduto in quella pozza
di…
-Senti
Evans, non vorrei apparirti scortese, ma ho gli
allenamenti…- la informò, guardandola
trafficare nella sua borsa.
-Non
ci vorrà molto.- fece lei, dura. In quel momento estrasse un
foglio dalla
tracolla e glielo mostrò. –Dimmi di questo.- gli
ordinò, fredda. –Sai cos’è?-
Stupito,
Sirius Black dette un’occhiata a quel simbolo scarabocchiato
a lapis, per poi
riportare lo sguardo sulla ragazza che aveva davanti.
-Ehm…
è uno scarabocchio?- tentò.
-Non
prendermi in giro, Black. Non sono dell’umore.-
-Lo
vedo.- fece lui, calmo. –Ma io non so un accidente di quello
sgorbio che hai
disegnato, sul serio. Perché, dovrei saperne qualcosa?-
-E’
il tatuaggio di James.-
Non
era stata Lily Evans a parlare, ma una voce in più, arrivata
all’improvviso.
Remus
J. Lupin era sempre stato silenzioso nel muoversi. Era arrivato alle
loro
spalle senza che se ne rendessero conto.
-Che
fai qui, Lunastorta?- lo interrogò Sirius, sorpreso.
Il
biondo Caposcuola fece spallucce, mostrandogli il libro di Pozioni che
aveva in
mano.
-Lo
sai che James vuole che assista agli allenamenti, no? Stavo venendo
allo stadio
per mettermi a studiare in tribuna, quando ho visto tu e Lily qui.-
rispose.
–Che succede?- domandò, guardando entrambi i
compagni di Casa.
E
se Sirius scosse il capo, come a dire che di quella situazione ancora
non aveva
capito nulla, Lily si parò di fronte a Lupin, scura in volto.
-Il
tatuaggio di James.- ripetè, rigida. –Voi ne
sapete qualcosa?-
La
Evans tremava, si rese conto il biondino. Pareva in qualche modo
sconvolta.
-Beh,
se l’è fatto qualche anno fa, non mi ricordo
quando di preciso. Sembra una runa,
no? A James piacciono da sempre le rune antiche.- fece Remus,
tranquillo.
–Perché questa domanda scusa?- domandò,
sereno.
In
silenzio, Lily li scrutò entrambi. Parevano sinceri, nessuno
dei due sapeva.
Black
sbuffava per correre all’allenamento e Lupin la guardava con
curiosità.
No,
non sapevano.
Stringendo
forte il foglio nel pugno, la ragazza abbassò il capo, piena
di delusione e
tristezza. E la preoccupazione la logorava.
-Lily,
si può sapere che cos’hai? Che cosa
c’entra il tatuaggio di James adesso?- le
chiese Remus con dolcezza, prendendole una mano.
Lei
si passò velocemente una mano sugli occhi e poi scosse la
testa, come a dire
che non era importante. Si scostò da Lupin e
lasciò da soli i due ragazzi,
andandosene via.
Arrivata
al corridoio del settimo piano prese a correre, desiderosa di chiudersi
nella
propria stanza il più presto possibile.
Non
voleva più vedere nessuno. Non voleva vedere James, non se
la sentiva.
Quel
pomeriggio, durante l’ora di Pozioni, lui l’aveva
guardata spesso, ma lei non aveva
potuto fare altro che ignorarlo e scappare via non appena Lumacorno li
aveva
congedati. Non aveva avuto il coraggio di parlargli.
Si
sentiva ferita, delusa. Ed anche enormemente preoccupata per lui.
In
testa aveva una grande confusione.
Di
una sola cosa era certa, quella notte di Halloween James non era stato
attaccato da un mostro, la faccenda era molto, molto più
grave.
Ed
i professori li stavano tenendo all’oscuro.
Stava
ormai facendo buio, quando la squadra di Quidditch del Grifondoro
entrò in
campo, pronta per l’allenamento serale e capitanata da James
Potter.
Sette
ragazzi in rosso ed oro si muovevano sulla fredda erba bagnata, ridendo
e
scherzando tra di loro. Tutti quanti erano avvolti in pesanti mantelli
scarlatti indispensabili per proteggersi dal fresco della sera.
Remus
Lupin e Frank Paciock, entrambi bardati con pesanti giacche, erano
già sugli
spalti, nella zona dei Grifoni. Il primo con un libro in mano, il
secondo già
pronto per pregustarsi l’allenamento dei suoi bignamini.
Lo
stadio era quasi illuminato a giorno, questo grazie a potenti
incantesimi di
illuminazione, probabilmente messi dal preside in persona.
Alice
Rubin, fiera e sferzante come al solito, stava trascinando con
sé la cassa con
gli strumenti per il Quidditch e blaterava con Lucas Smith dei nuovi
giocatori
di Serpeverde. Emma McLoow, Adam Maison e James Potter parlavano fitto
fitto
tra loro su tattiche di gioco e metodi di difesa.
Sirius
Black chiudeva la fila, accompagnato da Alessia Rogers, la sostituta di
Victoria, che non faceva altro che fargli gli occhioni dolci e
chiedergli se la
reputasse all’altezza della squadra. Black le rispondeva a
monosillabi.
Il
giorno prima aveva chiesto a Vick se avesse intenzione di ritornare a
giocare e
partecipare agli allenamenti, ma lei gli aveva soltanto sorriso, senza
rispondergli nulla.
Ma
una sorpresa lo aspettava.
Sì,
perché al centro del campo di Quidditch, ferma ad aspettarli
con indosso
l’uniforme rossa e oro del Grifondoro, c’era
Victoria Olsen in persona. Scopa
in spalla.
Ed
aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro,
divertita
dall’espressione di stupore che si era dipinta sul volto di
tutti.
Teneva
i corti capelli neri stretti in un codino e gli occhi azzurri
brillavano di
entusiasmo. Rise dell’espressione basita e offesa del suo
ragazzo.
Li
guardò uno ad uno, allegra.
-Beh,
che sono queste facce?- domandò candidamente. –Li
vogliamo battere i Serpeverde
si o no?-
James
fu il primo ad andarle incontro e ad abbracciarla, sollevandola da
terra,
mentre Alice le urlava contro, fingendosi arrabbiata. E Sirius la
guardava,
guardava la sua ragazza e sorrideva, in silenzio.
Non
si curò del piagnucolio deluso della Rogers, ancora ferma al
suo fianco.
Aveva
occhi solo per Vick, soltanto per quel piccolo uragano che gli stava
sconvolgendo la vita.
E
quando i loro occhi si incontrarono, blu e azzurro, non ebbero bisogno
di
parole.
Loro
due, lui e lei, sarebbero sempre stati una squadra.
Sempre.
Note di
fine capitolo
Ecco
qua, ed anche questo capitolo è andato. È stata
dura, ma alla fine ce l’ho
fatta.
Un
capitolo scritto a pezzi, perché non trovavo mai il tempo di
dedicarmici più di
qualche minuto striminzito alla giornata.
Ma
alla fine sono riuscita a scriverlo ed è questo quello che
conta di più.
Lo
trovo piuttosto succulento, ci sono tante cose in queste righe.
Il
dolore di Lily primo tra tutti. Vi prego di capire la sua reazione,
almeno
provateci.
Poi
ci sono James e Bella, su di loro non so più che dire.
Lascerò che la storia
faccia il suo corso, non posso fare altro. Però le parole di
Bellatrix hanno
turbato Jamie.
La
perla di questo capitolo per me, resta, strano a dirsi,
l’ultimo sguardo tra
Victoria e Sirius. Mi ha dato i brividi. Ultimamente non ho dato loro
molto
spazio, non potevo. Ma adesso cercherò di rimediare, anche
perché se lo
meritano, non trovate?
Passando
ai ringraziamenti, un GRAZIE enorme a chi legge sempre, a chi mi ha
messo tra i
preferiti, a chi recensisce sempre, incoraggiandomi ad andare avanti
con questa
storia senza fine che mi toglie tempo ed energie, ma che scrivo con
impegno e
con soddisfazione per tutti voi.
Rosy823: Grazie
di tutto, tesoro.
Tutti quanti aspettavamo che i due si baciassero di nuovo, anche io,
che in fondo
seguo la storia come tutti voi. A breve avremo il bacio vero, quello
con la B
maiuscola. Sii fiduciosa! XD
Brando: Grazie
delle parole, sei
sempre molto gentile. La penso come te, Bella sarà anche un
mostro, ma almeno
non ha paura ad ammetterlo. Peter non cambierà,
sarà sempre dubbioso, sempre in
bilico tra luce ed ombra. Sempre pieno di dubbi. Sì, tutti
sanno che i Potter
non sono i genitori di James. Tutti tranne Lily, che ha cominciato a
frequentare James da poco. Negli anni precedenti non si era mai
interessata a
lui a tal punto da informarsi sulla sua famiglia.
LilyProngs:
Carissima, non ti becco mai
su msn! L
La tua recensione mi ha fatto davvero piacere ed io non posso fare
altro che
ringraziarti mille volte per le belle parole che tu hai sempre per me.
Julian
lo amo, c’è poco da fare, ma lo
massacrerò ben bene in questa storia, povero
caro. Leggere per credere. E Lily e James… sono contenta di
ciò che ti
trasmettano, perché significa che sto riuscendo nel mio
scopo, è questo che
voglio da loro. Un amore delicato, paziente, ma forte come un diamante,
resistente a tutto. Lo vedrai.
Novembre: Ciao
tesoro, ma lo sai che
a volte la penso come te? Anche a me il James di Bella piace, lo trovo
molto
sexy. Niente male. Ma da questo ultimo capitolo credo si sia visto che
“quel”
James, anche se c’è, c’è solo
in piccola parte. Non nego però che James e Bella
mi piacciono insieme, magari un giorno tradirò la Lily/James
e scriverò una
shot su di loro, chissà! XD Grazie per il commento, vedo che
il mio Julian
piace, questo mi fa gongolare, sai? Forse ti sembra strano che Bella
parli così
tanto con Peter. Ma non farti ingannare. Lei non ha problemi a dire
ciò che
prova, ma le cose importanti non le dice a nessuno, men che meno a
Peter. ^^
Chiara88: Un
monumento? Addirittura?
XD Grazie mille tesoro, ma non lo merito. Ho ancora così
tanta strada da fare!
^^ Comunque grazie davvero per le tue belle parole, i complimenti sono
sempre
graditi, si sa. Sì, il bacio con la B maiuscola è
vicino. Lo aspetto anche io
insieme a voi, ma, lo ammetto, io aspetto anche qualche cosa in
più. Altro che
limonare, qui c’è anche bisogno di sesso! Non vedi
che discorsi fanno i
maschietti in Sala Grande? Mi sa che se non mi sbrigo, quei matti
escono fuori
di testa! Sirius in primis! XD Per i tuoi dubbi su Stria, spiacente,
non posso
risponderti. Ci chiediamo tutti da che parte sta. Alla fine scoprirete
anche
questo, ma ora è presto.
Robert90: E io
dico grazie a te per
il bel commento che mi hai lasciato. Grazie, grazie davvero. Sono
contenta che
il personaggio di James ti piaccia, è anche il mio idolo e
ci tengo che venga
bene. Mi ha fatto piacere sapere che la mia storia ti piace, davvero.
Per me è
davvero importante il giudizio di tutti voi. ^^
La Nika: Ciao!
Grazie molte per la
recensione, come vedi il capitolo è arrivato. Tardi, ma
è arrivato sano e salvo
da voi! XD Ti ringrazio per il sostegno, cercherò di dare
sempre il massimo per
voi. ^_-
Miky:
Eccoti, mia diletta. Colei
che si sorbisce i miei scleri anche su fb! Ecco il nuovo capitolo,
spero che
non ti deluda, anche se io non ne sono molto soddisfatta. Prometto di
impegnarmi di più nel prossimo. Allora, vediamo di
risponderti a tutto.
Peter:
perché a Grifondoro? Me lo sono spesso chiesta ed ho voluto
mettere questo
quesito nel capitolo precedente perché tutti ci rifletteste.
Io posso darti la
mia risposta, il mio parere personale. Io credo che il cappello
parlante non
sia poi così onniveggente. Fruga nell’animo di
bambini undicenni, dà un giudizio,
ma non potrà mai sapere come la vita porterà il
ragazzo ad agire. Il vissuto di
ognuno è sempre diverso. E le scelte rendono una persona
diversa dall’altra.
Forse ad undici anni Minus era un ragazzino buono, pieno di buoni
propositi,
volenteroso etc. Ma gli anni lo hanno cambiato. Ed il suo spirito
Grifondoro è
andato perduto. Così la vedo io. ^^ Certo, non è
cattivo. Ma è debole,
terribilmente debole, indeciso e contraddittorio. Dicono di lui che ha
sempre
amato i più forti. E di fatti Peter lascia i Malandrini per
Voldemort.
Innamorato
dici? No, non credo. O per lo meno, non ancora. Per me non è
ancora innamorato
di Bella. Più che altro direi che ne è infatuato,
perché lei è bella,
rispettata, potente. Perché lei gli sta dando importanza e
lui non si rende
conto di essere preso in giro. Bella: Innamorata di James?
Così dice lei. Io ho
un’idea diversa dell’amore. Ma ognuno ha il proprio
modo di amare. Comunque
sia, per ora anche per lei io preferisco parlare di infatuazione
esagerata. XD
E desiderio. Questo sì. Attrazione sessuale, ad essere
precisi. Direi che con
le tue riflessioni su di lei ci hai preso in pieno tesoro. ^_-
Regolus:
Già, io lo adoro troppo. E non so neanche perché.
Sarà forse perché ho un
debole per i cattivi che si redimono. Ma ti correggo. Regolus non
è il buono,
non ancora. Lui ancora crede nei valori sul sangue dei Black, ed ha
davvero
intenzione di combattere per Voldemort. Solo in seguito si
renderà conto
dell’errore e si redimerà, morendo nella sua
impresa. Qui è ancora un ragazzino
fanatico di 13 anni, un ragazzino molto intelligente e dotato, che ha
questa
strana sensazione. La sensazione di morire presto. Come di fatti
accadrà. James
e Lily: e anche qui ci hai preso, sei un genio! ^^ Anche io credo che
James si
sarebbe comunque fermato. Semplicemente non era il momento giusto,
anche se la
voglia era tanta. Brava tesoro, ci azzecchi sempre e mi capisci anche
troppo
bene! XD Grazie per esserci sempre. Ti voglio bene.
Black_Witch:
Sorella!!! Bella piace
anche a te? Wow, quella pazza sta facendo colpo! XD Spero tu abbia
trascorso
delle buone vacanze! Grazie mille per le tue parole, sai quanto sono
importanti
per me. Sono felice che Regolus ti piaccia, grande sorella! W tutti i
Black,
cattivi e non! Io li amo praticamente tutti. Arriverà anche
Tonks, anche se
sarà versione pupattola di pochi anni. E pensare che il
povero Remus non si
rende conto di giocare con la sua futura moglie! Che buffo che
è il destino a
volte! Un bacio!
Cicci92: Ciao!
Grazie per aver
cominciato a leggere la mia storia, mi fa molto piacere e spero che
continui a
piacerti. Sono felice che apprezzi Lily, non tutti sono riusciti a
capirla
subito. Io ho davvero cercato di uscire dagli schemi e creare un
personaggio
mio, più originale, e spero di esserci riuscita. Come ti ho
già detto nella
mail, la storia sarà molto lunga, ancora non riesco a
scorgere la fine. Perciò
armiamoci e di pazienza e teniamo duro! XD
Mimmyna: Ciao e
ben tornata! ^^
Tranquilla, arriverà il bacio che tanto aspettiamo, abbi
fiducia in me, che
sono una dura! XD Vedrai, vedrai… Grazie mille per la
recensione, tesoro! E un
bacio!
James_Lily_Love: Wow
che nick, ti potrei
ergere una statua! Ti sei letta tutta la fic di getto? Come stanno i
tuoi
occhi? XD Comunque davvero grazie, a me fa piacere che ti sei ricordata
di me!
Sei stata gentile e spero che la storia ti piaccia! Sono felice che
adori James
e Lily, io la vedo come te. Impazzisco per loro! ^^
Deviata: Heeey!
Ma guarda chi si
rivede? Come stai carissima? Tutto ok? Non ci sentiamo da un pezzo e
sono
felicissima che sei tornata! Spero che la fanfic continui a piacerti
ancora,
sai, io sono un bel po’ arrugginita! Grazie mille per essere
tornata a seguire
la storia, a me fa molto piacere! Spero di risentirti presto! Un
bacione!
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Capitolo 25 *** ° Jeremy ° ***
Eccolo
qua, che lo vogliate o no, un altro capitolo incentrato sul passato.
Utile,
irrinunciabile, ragazzi. Anche se magari preferireste sapere di Lily e
James.
Dedicato
a tutti coloro che amano Jeremy e Savannah, che sono curiosi di
conoscere la
loro storia d’amore dalla quale è nato James
Potter.
Magari
per riprendere il filo consiglio la rilettura del capitolo 15.
Buona
lettura,
Lady
Tsepesh.
“
Jeremy”
Non
aveva mai amato gli
esseri umani, non era nella sua natura.
Nato e
cresciuto in una
delle dimensioni più oscure dello spazio, un luogo
così crudo ed arido da far
impallidire lo stesso Inferno, non aveva mai neppure provato a capire,
a
conoscere quelle creature così deboli e fragili. Gli uomini.
Nessuno
gli aveva mai
insegnato a rispettarli, a rapportarsi con loro.
Gli
umani erano deboli,
erano delle pedine e come tali andavano trattati, senza
pietà e con ben pochi
scrupoli, era questa la regola da seguire.
Lui era
uno spirito
infernale, una delle poche Fenici Nere rimaste.
La sua
razza si era dimostrata
troppo potente e troppo autonoma fin dall’inizio di tutto ed
alla fine le forze
del male superiori si erano adoperate per fare in modo che non
potessero più
nuocere in alcun modo. Persino le più grandi
entità demoniache li temevano, non
si fidavano. E così erano rimasti in quattro. Soli,
sperduti, senza più un capo
o un credo da seguire. Tutti gli altri erano stati sterminati.
Ma a
lui non importava poi
più di tanto.
Non gli
era stato certo
insegnato ad amare gli altri, neppure i suoi compagni.
Doveva
uccidere. Solo
uccidere. Era questo il suo dovere.
Perché
se gli Arcangeli
erano i guerrieri del Paradiso, le Fenici Nere, da sempre, lo erano
dell’Inferno. Da secoli.
Purtroppo
non erano mai
stati dei soldatini docili, ecco perché alla fine erano
andati incontro
all’estinzione. Ma a lui non importava. Esisteva ancora e
tanto gli bastava.
Phoenix,
così lo avevano
sempre chiamato, perché lui non aveva un nome, nessuno dei
suoi compagni lo
aveva.
All’Inferno,
lì dove loro
servivano, erano sempre e solo stati numeri.
Erano
soldati. Nessuno si
curava di loro, anzi.
Molti
all’Inferno avevano
desiderato che se ne andassero, che sparissero, ed era per questa
ragione, lui
lo sapeva, che nessuno aveva mosso un dito per loro quando
quell’uomo era
riuscito ad imprigionarli e a portarli nel mondo degli umani, schiavi.
Edward
Havisham. Il più
potente dei maghi.
Lui lo
conosceva, ne aveva
sentito parlare. All’Inferno si parlava spesso di coloro
destinati a cadervi,
perché era lì che quel mago oscuro sarebbe
finito, prima o poi.
Sapeva
del patto che legava
la famiglia Havisham al Male.
Metà
anima a metà vita.
Stolti
umani!
Vendere
se stessi per del
potere, che sciocchezza. Cos’era il potere dopo tutto?
Lui era
nato potente, era
nella sua natura. Ma avrebbe anche potuto vivere senza.
Alcuni
dei suoi compagni ne
erano ossessionati, vivevano per il potere, per l’energia che
scaturiva dai
loro corpi. Ne erano innamorati. Ossessionati.
Non lui.
Lui
poteva farne anche a di
meno, era sempre stato un gran menefreghista.
Faceva
ciò che gli
ordinavano e poi se ne tornava a riposare.
Uccideva
e poi cadeva in un
sonno che poteva durare secoli, in attesa di un nuovo ordine. In fin
dei conti,
poteva dirsi un spirito tranquillo.
Ma
quell’Edward Havisham
rischiava grosso.
Sì,
lui lo avrebbe ammazzato
volentieri. Con o senza ordini.
Era
sceso nella loro
dimensione, nel loro regno, e li aveva catturati. Aveva imprigionato
lui ed i
suoi ultimi tre compagni rimasti.
Era
stata una vergogna.
Nessuno,
nessuno mai era
riuscito a tener testa ad una Fenice Nera.
Ma
quell’uomo non era
normale. Faceva paura.
E
adesso lui, proprio lui,
una creatura così potente era ridotto in catene, mentre due
dei suoi fratelli
marcivano nel laboratorio di quel pazzo e sua sorella,
l’ultima femmina
rimasta, portata via da quello strano amico di Havisham, poteva
già essere
morta.
Sentendo
la calda luce del
sole sul viso, lo spirito infernale aprì gli occhi di uno
straordinario color
azzurro, ricco di sfumature violette e pervinca.
Occhi
bellissimi, dalla
colorazione disumana.
I suoi
capelli, sotto quella
luce abbondante, apparivano come un secondo sole.
Ribelli,
indomabili, e di
uno stupefacente colore dorato. Puro oro.
Un
biondo naturale sarebbe
impallidito di fronte al suo cospetto.
Emettendo
un sospiro, lo
spirito si mise seduto, restando comunque comodo su quel morbido divano
di seta
azzurra. Si era addormentato lì. Aveva sempre amato dormire.
Scocciato,
si ricordò di non
poter muovere molto le braccia.
Aveva
delle manette magiche
ai polsi, collegate tra di loro mediante una catena abbastanza lunga da
lasciargli muovere gli arti, ma non più di tanto.
Era un
prigioniero ed
Havisham non se ne scordava mai.
Fortuna
che c’era quella
stupida ragazzina umana che si affaccendava giorno e notte per
prendersi cura
di lui, neanche fosse stato il suo cucciolo. Una vera imbecille.
Ma
utile.
Era
stata lei a lavargli via
le ferite, lei a portargli vestiti nuovi, puliti, e ad aiutarlo a
cambiarsi,
anche se molto in imbarazzo. Era lei che provvedeva affinché
non gli mancasse mai
niente. Gli aveva pure permesso di utilizzare quel bel divano.
E
pensare che Edward
Havisham lo aveva donato a lei come servo.
Beh,
fino a quel momento la
schiava pareva essere lei e lui, da bravo essere maligno, non se ne
dispiaceva
affatto. Figurarsi!
Gli
umani erano davvero
stupidi. E quella ragazzetta in stupidità batteva tutti!
Eccola
che arrivava, pensò,
avvertendo l’energia magica di lei avvicinarsi.
Avesse
potuto l’avrebbe
uccisa, anche solo per fare un dispetto a quel bastardo del suo
paparino. Purtroppo
però quelle manette avevano l’odiosa
capacità di togliergli i poteri,
funzionavano come un perfetto incantesimo di sigillazione.
Era
veramente in trappola.
Ed innocuo.
La cosa
lo mandava in
bestia.
Pochi
minuti dopo la porta
di quell’ampio e ricco salotto privato si aprì,
lasciando entrare lei. Proprio
quella Lei.
Savannah
Havisham, così si
era presentata.
La
ragazza avanzò nella
stanza e sorrise non appena incrociò il suo sguardo, quegli
occhi neri,
sottili, così pieni di gentilezza lo disgustavano.
E lui
fu il primo ad
abbassare la testa.
-Sei
sveglio.- lo salutò
lei, parlandogli con calore.
Era
odiosa. Non la
sopportava.
E la
sua anima, così pura ed
immacolata, lo disgustava. Lo nauseava.
Non le
rispose.
Le
parlava solo quando era
strettamente necessario e quella volta non lo era.
Savannah
aveva con sé un
vassoio ricco di cibo e bevande che andò a deporre su un
piccolo tavolo lì
vicino, pareva serena. Lei lo era sempre.
E
quegli occhi neri non
conoscevano la crudeltà.
I suoi
capelli lunghissimi
frusciavano ad ogni più piccolo movimento di lei, parevano
lunghe e soffici
onde nere, ebano. Invitavano ad affondarvi le mani per sentire la loro
autentica morbidezza.
Bellissima.
Quella ragazza
era un capolavoro della natura.
Ma lui
le avrebbe volentieri
spezzato il collo.
Un bel
corpo non lo attraeva
tanto quanto il desiderio di uccidere.
E di
dormire.
In
questo era molto simile
ad un gatto.
La
guardava affaccendarsi
alle finestre, muovendosi in quel suo vestito celeste chiaro, quasi di
colore
ghiacciato, dall’aspetto soffice e lungo fin sotto il
ginocchio.
Era
scalza.
E, per
tutti i diavoli,
stava dando da mangiare agli uccellini!
Non
riuscendo a resistere,
lo spirito infernale storse la bocca in una palese smorfia schifata.
Ok, quello
era decisamente troppo.
A quel
punto avrebbe davvero
preferito che Havisham lo avesse dato a quel suo amico, Riddle. Meglio
le
torture che quello!
-Sei
disgustosa.- disse ad
un tratto, non riuscendo a trattenersi.
E lei,
udendo la sua voce,
si voltò subito. Sorpresa.
-Come
hai detto?-
-Sei
disgustosa! Cos’è? Ti è
presa la mania di San Francesco, per caso?-
-Chi?-
-Ah,
lascia perdere. Era un
umano un po’ strambo a mio parere. E tu stai prendendo la sua
strada. Fai
attenzione.-
-Io? La
sua strada? Ma di
che parli?- chiese lei, divertita.
-Quell’aria
dolce e serena.
Il tuo disprezzo per il male e per la tua ricchezza. Ed il tuo
disgustoso amore
per tutte le creature, incluso me ed uccellini. Stomachevole.-
-Beh,
se quest’uomo era
veramente come dici, allora lo ammiro molto.- fece lei, sorridendo,
mentre
camminava verso di lui.
-Come
non detto.- sbuffò lo
spirito.
Lei
rise ed andò a sedersi
su una poltroncina dello stesso colore del divano dove lui sedeva. Era
tutto
terribilmente in ordine in quella stanza. Tutto
così… perfetto.
Si
trovavano in uno dei
salottini privati di lei. Era il suo piccolo regno.
-Non ne
so molto sui santi.-
cominciò lei, abbassando lo sguardo. –In questa
casa non ci è permesso avere un
credo, una qualsiasi religione. Attingiamo il nostro potere dal Male,
tutto
qui. È l’unica cosa che ci serve, o almeno questo
dice mio padre.-
-Hai
davvero intenzione di
parlare di santi con me?- le domandò lui, orripilato.
-E
perché no?-
-Bambina,
io sono uno
spirito infernale. Inferno. Riesci a cogliere?- sibilò,
velenoso.
Sospirando,
lei sorrise,
osservandolo con tranquillità.
-E
allora di cosa possiamo
parlare?-
-Possiamo
non parlare
affatto.-
-Oh,
non sei così cattivo
come vorresti apparire.-
-Cattivo?
Piccoletta, potrei
ucciderti.-
-Non
adesso. Sei
imprigionato.-
Si
stava divertendo. Quella
piccola impiastra si stava divertendo, lo vedeva da come le
scintillavano gli
occhi di furbizia e di genuino divertimento.
Maledetta!
Poi, ad
un tratto, quegli
occhi da allegri si riempirono nuovamente di calore e dolcezza.
-Quando
tua sorella è
caduta, mentre Josh vi strattonava, tu ti sei chinato a soccorrerla.
Non puoi
essere così crudele come dici.- mormorò ad un
tratto.
-Era
una mia compagna. E non
volevo che si mettesse a piagnucolare. È’ sempre
stata una debole incapace.- ribattè
lui, sicuro.
Savannah
sorrise di nuovo,
quel sorriso che aveva cominciato a detestare.
-Come
vuoi tu.- si arrese
lei, guardandolo. –Ti ho portato da mangiare.-
Alzando
gli occhi al cielo,
lui non le rispose.
-Ti ho
portato un po’ di
tutto.- continuò lei. –Devi avere fame, no? Non
tocchi cibo da giorni. Ogni
volta rifiuti tutto, ma finirai per sfinirti!-
Basta.
Basta la uccideva.
Non la sopportava proprio.
-Dico,
sei stupida?!- le
ringhiò contro, irritato. –Io non mangio quella
roba!-
Lei non
si scompose, ma
rimase ferma, seduta davanti a lui.
-E
allora cosa vorresti
mangiare? Posso procurartela.- disse.
Le
belle labbra di lui si
stirarono in un ghigno derisorio, mentre la guardava.
-E se
mangiassi bambini? Me
li porteresti?-
-Non
mangi bambini.- fece
lei, sicura.
-Ah no?-
-Niente
artigli, niente
zanne affilate, niente incarnato pallido. Non mangi carne umana.-
dichiarò
Savannah, scrutandolo con attenzione. –Allora? Cosa mangi?-
Arreso,
lui sbuffò
nuovamente, stufo di quella ragazzina.
-Niente.
Io non ho mai avuto
bisogno di nutrirmi.- le disse.
-Capisco.-
fece lei,
osservandolo con interesse. –Però dormi molto.-
-E’
il mio modo di
ricaricarmi.- le rispose lui, sbrigativo.
Di
nuovo cadde il silenzio
tra di loro. Lei abbassò nuovamente lo sguardo e lui,
sentendola finalmente
zitta, chiuse gli occhi, ritornando ad accomodarsi meglio sul suo
adorato
divano. Ormai era una sua proprietà.
Era
piacevole il silenzio,
pensò. All’Inferno nessuno stava mai zitto,
c’erano urla, risate, lamenti. Una
vera seccatura per un pigrone come lui.
Invece
nel castello di
Havisham non c’era quasi mai alcun rumore. Tutto era quasi
sempre silenzioso,
immobile, senza tempo.
E si
potevano udire altri
rumori.
Come
quello del vento che
soffiava lieve tra le foglie, sull’erba, sull’acqua.
Il
ticchettio di un
orologio.
I suoni
emessi dagli
animali.
Il
battito del cuore ed il
respiro di quella ragazza che ancora sedeva vicino a lui.
Non se
ne era ancora andata?
Scocciato,
aprì nuovamente
gli occhi, fulminandola con lo sguardo.
-Che
vuoi? Si può sapere
cosa stai ancora facendo qui?- sbottò.
Savannah
scosse il capo,
sorridendo.
-Mi ero
incantata a
guardarti.- ammise sincera ed un poco in imbarazzo. –Sai,
quando dormi e non
parli, beh… assomigli ad un angelo. O almeno sei vicino a
rappresentare l’idea
di angelo che mi sono fatta.- fece, stringendosi nelle spalle.
-Di
insulti ne ho ricevuti
tanti nella mia lunga esistenza, ma il tuo li batte tutti, ragazzina.-
borbottò
lui, richiudendo gli occhi.
E lei
rise.
-Mi
chiamo Savannah. Non
“ragazzina”.- precisò, osservandolo
divertita.
Lui non
le rispose, come al
solito.
-E tu?-
fece lei,
continuando a parlargli. –Come ti chiami?- insistette.
-Mi
chiamo “Scocciato a
morte”.- la freddò lui, tornando a guardarla.
–Credevo che mi fosse andata
meglio rispetto ai miei fratelli, ma mi sbagliavo. Tu sei una tortura
ben
peggiore degli esperimenti di quel pazzo di tuo padre!-
-Sto
solo provando ad essere
gentile.- mormorò lei, guardandosi le mani. –Mi
hanno insegnato che è buona
educazione fare conversazione con gli ospiti. E visto che dobbiamo
stare
insieme per tanto tempo, mi sembrava giusto sapere almeno come ti
chiami. Cosa
c’è di sbagliato in questo?- fece, tornando a
guardarlo.
-Non
ricordarmi che dovrò
stare con te per tanto tempo, ti prego.- si lamentò lui,
sospirando
teatralmente. –Riuscirò a liberarmi prima o poi. E
tu e la tua famiglia farete
una brutta fine, te lo garantisco. Il tuo paparino ha fatto un grande
errore a
mettersi contro di me.- sibilò.
E lei
abbassò il capo,
addolorata. –Mi dispiace. Mi dispiace davvero moltissimo per
te ed i tuoi
compagni. Non condivido affatto le idee di mio padre, ma non posso fare
niente
per rimediare ai suoi terribili errori. Ho visto cosa fa in quel
laboratorio. E
lo disprezzo con tutto il mio cuore. Non voglio diventare come lui.-
Tremava,
si accorse lui.
Savannah
Havisham tremava.
Forse per rabbia o per paura.
-Non
vuoi diventare come
lui? Ragazzina, tu sei un’Havisham, ricordi? Tutti voi
Havisham siete così.
Matti da legare e ossessionati dal potere. Avete praticamente stretto
un patto
con il Male per essere quello che siete. Hai diciassette anni, giusto?
I tuoi
poteri dovrebbero essere maturati del tutto, sei al culmine della tua
potenza.
E quando avrai cinquant’anni dovrai spaccare la tua anima a
metà e morirai,
come è successo ai tuoi predecessori. Quella gattaccia
è qui per questo, no?
Assicurarsi di riscuotere le vostre anime al momento del pagamento.- le
disse,
freddo, incurante dei tremiti di paura di lei.
-Stria
mi vuole bene.- fece
Savannah ad un tratto, tornando a guardarlo.
-Stria
è uno spirito
infernale come me ed è stata mandata per sancire il vostro
patto. Non vuole
bene a nessuno. I sentimenti non sono parte di noi.- ribattè
lui, divertito
dell’ingenuità di quella ragazza. –Se
sei davvero così illusa da credere che
quella stronza provi affetto per te, allora faresti meglio a fare come
il tuo
bisnonno. Si suicidò, vero? Era un umano debole, come te.
Odiava i suoi poteri,
come te. E si è ucciso.- disse con un sorriso crudele.
-Già,
probabilmente sarà lo
stesso che farò anche io.- mormorò lei.
–Meglio la morte di questa vita, non
faccio che pensarlo.-
-Potresti
essere grande, con
i poteri che hai.-
-Il
potere non mi interessa.
Vorrei solo essere libera e non lo sarò mai.-
E lui
non disse nulla.
Già,
dopo tutto, in questo
loro due erano simili.
Volevano
la stessa cosa.
Bramavano
entrambi di uscire
dalla loro prigione. Il potere… il potere non era niente in
confronto alla
libertà.
Cos’era
il potere?
Cos’era?
Perché
gli altri si
adoperavano tanto a cercarlo?
Cos’aveva
il potere di più
allettante della libertà?
Nessuno
di loro due riusciva
a capirlo.
Si
guardarono.
Lei,
una ragazzina umana
diciassettenne, figlia di una famiglia maledetta, vittima di un patto
che un
giorno avrebbe colpito anche lei, un’innocente.
Lui,
uno spirito infernale
millenario, ma con l’aspetto di un ragazzo. Creato per
combattere. Una pedina. Uno
schiavo fin dalla nascita che poi era stato buttato via.
No,
infondo, non erano poi
così diversi.
-Io non
ce l’ho un nome.- le
disse lui ad un tratto, decidendosi a rispondere a quella domanda che
lei gli
aveva posto poco prima. –A quelli come me non danno un nome,
non ce n’è
bisogno.- spiegò.
Ed il
sorriso luminoso che
lei gli regalò, lo lasciò senza parole.
Come
poteva esserci così
tanto calore e amore nel corpo di una ragazza maledetta, destinata a
morire per
la pazzia di un suo antenato?
Come
poteva esserci così
tanta gioia in quell’anima logorata dalla prigionia?
-Ho
deciso.- fece lei,
mentre ancora gli sorrideva. –Se non hai un nome, allora io
ti chiamerò
Jeremy.-
-Non mi
piace il nome
Jeremy.-
-Beh, a
me non piace
Savannah.- rise lei, divertita. –Ma non siamo mai noi a
decidere come
chiamarci. Scelgono sempre gli altri e dobbiamo accontentarci.-
Si dice
che è nel momento in
cui si dà un nome ad una cosa, che questa comincia ad
esistere veramente. Da quel
giorno lui avrebbe avuto un nome.
Jeremy.
Quella
notte aveva cominciato a nevicare.
Albus
Silente, anziano mago e preside della scuola di magia e stregoneria di
Hogwarts, era ancora desto, immune al sonno che da molto aveva avvolto
tutto il
castello.
Come
un guardiano instancabile, egli vegliava su tutti, senza mai emettere
un
lamento. Poche cose gli erano rimaste nella vita, quella scuola con i
suoi
abitanti era una di quelle. E poi, in tutta sincerità, lui
non aveva mai amato
molto dormire.
Il
sonno portava i sogni. I sogni riportavano indietro i brutti ricordi.
Una
spirale di dolore che il vecchio mago preferiva evitare.
Se
ne stava affacciato ad una delle finestre del suo ufficio, una tazza di
caldo
tè nella mano, assorto ad osservare quei fiocchi di acqua
ghiacciata cadere.
Ariana,
la sua amata sorella, aveva sempre amato la neve.
Ma
lei era morta. Era un ricordo. E questo doveva rimanere, per sempre.
Fu
un lieve bussare alla porta che lo salvò da quel doloroso
tuffo nel passato,
ridestandolo. Posando la tazzina di tè sul davanzale della
finestra, Silente
lanciò un’occhiata a Funny, la sua fenice,
placidamente addormentata.
-Avanti.-
pronunciò poi, tornando alla propria scrivania.
Il
fuoco nel camino era acceso ed era anche l’unica fonte di
luce all’interno
della stanza, che aveva un che di spettrale quella notte, una notte
ricca di
misteri e rivelazioni, lui lo sapeva bene. E fu con sorpresa che vide
quella
porta aprirsi ed una figura sottile, femminile, entrare nel suo ufficio
con
disinvoltura.
Una
splendida donna si fece avanti, camminando sicura su quel marmo con un
ticchettio causato dalle sue splendide scarpe. E vestiva di nero.
Un
lungo abito nero.
-Volevi
vedermi, Silente?-
-E’
raro parlare con te nella tua forma umana, Stria.-
-Credevo
ti facesse piacere vedere qualcuno seduto di fronte alla tua scrivania,
su
questa bella sedia.- fu la risposta di lei, mentre andava ad
accomodarsi,
prendendo posto proprio davanti a lui ed accavallando le gambe.
–Buonasera,
Albus.-
-Buonasera,
Stria.- la salutò anche lui, osservandola con i suoi attenti
occhi azzurri,
dietro gli occhiali a mezza luna.
Da
umana, Stria aveva la pelle ambrata e lunghissimi capelli neri come la
notte.
L’unica cosa che aveva in comune con l’altra sua
forma, quella di gatto, erano
gli occhi. Ancora felini. Ancora verdissimi.
Lei
gli sorrideva, fintamente innocua. Ma tutto era tranne quello ed il
mago lo
sapeva benissimo. Non avrebbe mai sottovalutato quella creatura.
-Allora?
Per cosa mi hai chiamato, posso saperlo?- domandò lei,
neutra.
-Posso
offrirti del tè?-
-No,
non mi ha mai attratta molto quella brodaglia.- fece subito lei.
–Arriva al
punto.-
E
Silente sorrise, divertito dalla schiettezza della sua ospite.
-Molto
bene.- disse. –Allora spiegami una cosa, Stria. Per quale
motivo ti comporti
come se tu fossi la serva di Havisham? Ti ho sentito chiamarlo
“padrone”.-
Se
lei rimase stupita da quella domanda, non lo dette a vedere.
Appariva
tranquilla, controllata. E sorrise.
-In
effetti lo sono. Io sono al servizio degli Havisham, Silente.-
-Ma
non sei forse stata tu a stipulare il patto con il primo Havisham? Non
sei
forse tu che strappi a tutti i suoi discendenti metà anima,
quando giunge il
momento?-
-Esatto,
è uno dei miei tanti compiti.-
-Eppure
li servi.-
-Era
nei patti, Albus. Havisham promise metà anima in cambio di
potere e conoscenza
magica, condannò se stesso e tutti i suoi discendenti a
questo destino. Io ricevetti
l’ordine dei miei superiori di rimanere per sempre legata a
questa famiglia,
fino a quando il patto non sarebbe stato annullato. Da allora ho sempre
seguito
ogni Havisham, fino alla sua morte. La mia presenza con loro
è necessaria,
Silente. Loro possiedono un potere enorme, è indispensabile
che io li segua,
che io insegni loro ad usare questa grande magia, lo capisci?-
spiegò Stria,
studiandolo.
-Lo
capisco.- annuì il mago, portando distrattamente lo sguardo
alla finestra. La
neve cadeva, continuava a cadere, ricoprendo ogni cosa di un manto
bianco.
–Allora chiariscimi anche un’altra cosa, ti prego.-
cominciò, riportando gli
occhi su di lei, che ancora lo analizzava. –Gli Havisham
hanno cinquant’anni di
vita, cinquant’anni di enormi poteri e di grande conoscenza.
Poi la loro
esistenza finisce. Non è vero?-
-Cinquant’anni.
Non uno di più, non uno di meno.- confermò lei,
già sorrideva.
-E
allora spiegami, Stria. Spiegami come sia possibile che Edward abbia
addirittura superato i settant’anni.- fece il mago,
inchiodandola con lo
sguardo. –Non è forse un tuo dovere strappare un
pezzo d’anima ad ogni
Havisham?-
E
lei rise di gusto, gioiosa e cristallina.
-Allora
è questo che volevi sapere!- esclamò, divertita.
-Esatto.
Te ne sarei grato se tu me lo spiegassi.- le disse lui, prima di
prendere un
sorso del suo tè profumato. –Spiegami, dimmi come
ha fatto.- insistette ancora,
gli occhi azzurri animati da qualcosa di indescrivibile.
–Cosa avete fatto tu
ed Edward? Come è morta Savannah, Stria?- la
aggredì, senza prendere fiato.
Ma
lei rimase immobile, ferma nella sua posizione.
Scosse
il capo.
-Jeremy
era sconvolto quella notte!- continuò Silente, accusandola.
–Era impazzito, era
fuori di sé! Cosa è accaduto? Parla, Stria!-
E
fuori continuava a nevicare.
Nevicava,
nevicava, nevicava…
Sorridendo,
lei rimase a guardarlo, paziente.
-Stai
sbagliando tutte le domande, Albus.- lo informò.
-Cosa
vuoi dire?-
-Che
non dovresti chiedermi cosa abbiamo fatto io ed Edward. Ma cosa abbiamo
fatto
io e Savannah.- rispose lei, compiaciuta dallo sguardo stupito del mago.
-No.
No, non può essere vero…- esalò
l’anziano mago, prendendosi il volto fra le
mani.
-E
invece sì, Silente. Io e lei stringemmo un nuovo patto.-
Un
gemito di dolore uscì dalle labbra del preside, mentre
disperato scuoteva la
testa, pensando a quella ragazza meravigliosa, buona, dolce.
-Quando
nacque James, Savannah capì.- cominciò Stria,
fissando il proprio sguardo sulle
fiamme del camino. –Non voleva che suo figlio dovesse un
giorno perdere metà
della sua anima e morire, come tutti gli Havisham. Perciò
decise di
sacrificarsi.-
-E
tu glielo hai permesso.- mormorò Silente, sconvolto.
-Io
sono nata per trattare, stringere accordi. È’
nella mia natura e lei mi fece
un’offerta che non potevo affatto rifiutare. Mi
offrì la sua anima, la sua
anima intera, in cambio di metà delle anime di tutti gli
Havisham in vita. Così
James non sarebbe dovuto morire e andare all’Inferno. E con
lui, si salvò anche
Edward.-
-Oh,
Savannah…- esalò l’anziano mago,
sentendosi morire dentro.
Quella
ragazza. Quella povera ragazza.
-Mi
conosci, non potevo rifiutare. L’anima di Savannah era
così luminosa, così
calda e pura. Un vero invito. Ed era intera! Un’anima intera
vale più di mille
mezze anime!- continuò Stria, estasiata. –Oh, non
fare quella faccia, ti prego.
Io le ho dato tanto in cambio. James potrà vivere a lungo ed
i suoi discendenti
saranno liberi. Dopo di lui non nascerà più
nessun Havisham super potente, te
lo garantisco.-
-Dunque
il patto è stato annullato?-
-In
parte.-
-Cosa
significa?-
-Che
c’è ancora una cosa che devo fare.-
-Ma
non me la dirai.-
-Esatto.-
-Ma
è per questa cosa che devi ancora fare che continui a
rimanere vicino ad
Edward, dico bene?-
-Dici
benissimo.-
-Ed
Edward?-
-Non
ha ancora capito.-
Rimasero
a fissarsi nella penombra della stanza per un tempo indefinito. La neve
cadeva
fitta, imperterrita. Funny, sul suo trespolo, ancora riposava.
-Perché
mi hai detto tutto questo solo ora? Ti ho sempre chiesto spiegazioni.-
-Perché
questo è il momento giusto. E dentro di te lo sai anche tu.-
-E
Jeremy? È’ per questa ragione che
impazzì? Che perse il senno?-
Lei
non gli rispose, lo sguardo tornato a perdersi sulle fiamme.
-Lui
voleva ucciderti, Stria! E ora capisco il perché! Tu gli
avevi portato via
Savannah!-
-Beh,
non ci riuscì.- fece lei, tornando a guardare il mago con i
suoi felini occhi
verdi, agghiaccianti. –Fui io ad uccidere lui, ricordi,
Silente?-
-Lui
era così potente. Come riuscisti tu…-
-Jeremy
era folle di rabbia. Era instabile e debole. Non fu affatto difficile.-
-Era
innamorato. Senza Savannah non aveva più alcuna ragione di
vivere.-
-Già.
C’era anche questa.-
La
ricordava bene quella notte di circa diciassette anni fa, la ricordava
benissimo.
Perdendo
il proprio sguardo nel buio della notte oltre la finestra, Silente
poteva
rivivere ogni istante.
Rivide
Jeremy davanti all’enorme portone di quercia del castello,
immobile in
quell’ingresso. Un’espressione indecifrabile sul
viso.
Gli
occhi violacei spalancati, stanchi, dai capillari rotti. Il volto
sfinito,
graffiato.
La
bocca esangue.
Non
aveva spiccicato parola, caduto in un inquietante mutismo.
Rivide
se stesso, il Silente di diciassette anni fa, chiamarlo, scuoterlo.
Urlare il
suo nome, ancora ed ancora. Tentare di risvegliarlo da quella trance
spaventosa.
E
Jeremy gli aveva messo James in braccio, il piccolo non aveva neppure
un anno
ed era profondamente addormentato.
-Lo
tenga lei. Io non posso più.-
Queste
erano state le uniche parole che la Fenice Nera gli aveva detto. Non
aveva
risposto a nessuna delle sue domande. Non gli aveva detto che fine
avesse fatto
Savannah, né che cosa fosse accaduto.
Se
ne era andato, senza neppure rivolgere un ultimo sguardo a suo figlio.
E
nella notte era svanito.
Lo
aveva rivisto per l’ultima volta proprio lì, nel
suo ufficio.
Il
bel volto che era una maschera di sangue. Il mantello avvolto intorno
al corpo
che copriva ferite fin troppo profonde per essere curate.
Gli
occhi di quel viola azzurro brillante che si erano fatti opachi.
Stava
morendo.
Ai
sui piedi si stava formando un lago di sangue, il suo stesso sangue.
L’anziano
preside non aveva potuto fare niente per lui. Niente.
Jeremy
era crollato a terra, senza forze.
Silente
ricordò l’urlo spaventato ed addolorato di Minerva
McGranitt, prima di correre
a soccorrerlo. Ma era la fine, non avevano potuto fare nulla per quel
giovane.
E
le sue ultime parole erano state per James.
Lacrime
miste a sangue.
Dovevano
pensare a suo figlio, aveva detto. Non dovevano permettere che Edward
Havisham
lo usasse come un’arma, un oggetto.
Jeremy
li aveva pregati, scongiurati. E loro avevano raccolto la sua supplica.
Silente
aveva giurato.
Aveva
promesso che James sarebbe cresciuto amato e protetto, che non sarebbe
mai
diventato schiavo dei propri poteri e che Edward non avrebbe mai messo
le mani
su di lui. A distanza di anni, Albus Silente serbava ancora il ricordo
di
quella promessa.
Ma
non era più sicuro di riuscire a mantenerla, non dopo tutto
ciò che accaduto di
recente. Era più dura di quanto avesse immaginato.
Stria
sedeva ancora di fronte a lui ed aveva lo sguardo assorto.
Era
una creatura strana, non era mai riuscito a comprenderla.
-Sei
l’essere più contorto, misterioso ed
incomprensibile che io abbia mai
conosciuto.- le disse, tornando a guardarla.
La
vide sorridere, ridere. E pareva divertita. Il suo commento non
l’aveva infastidita,
tutt’altro, pareva soddisfatta.
-Invece
di perdere tempo a cercare di capire me, Silente, dovresti occuparti di
Tom
Riddle. Lui agisce nell’ombra, in segreto. Non dorme mai e
non smette di
avanzare. Dovresti saperlo.-
-Lo
so.-
-E
non farai niente? Non è da te.-
Stavolta
fu il turno del mago di sorridere. –Perdonami Stria, ma non
ho nessuna
intenzione di parlarti delle mie prossime mosse in proposito.-
-Capisco.-
La
vide alzarsi, stirarsi le lunghe braccia, aggiustarsi i capelli.
Una
fanciulla splendida.
Poco
dopo, un bellissimo gatto dalla pelliccia nera e lucente
abbandonò il suo
ufficio.
Da
quando quel sorriso aveva
cessato di infastidirlo?
Da
quando si era ritrovato a
non poter fare a meno di ammirarlo, di cercarlo?
Era
schiavo di quella famiglia
ormai da un anno, eppure non sentiva quasi più il peso di
quelle catene, di
quelle manette che gli toglievano i poteri.
Tutto
svaniva, perdeva
importanza al cospetto di lei.
Dei
suoi occhi buoni,
luminosi, vasti come il cielo.
Da
essere niente per lui,
adesso lei era tutto. E non poteva fare a meno di seguirla, cercarla,
desiderarla.
Ed era
strano, stranissimo,
inspiegabile.
In
tutta la sua lunga
esistenza mai gli era capitata una cosa del genere, mai aveva provato
certe
emozioni. A volte ne era spaventato.
Aveva
sempre dato per
scontato che quelli come lui non potessero affatto provare qualcosa di
simile,
che non fosse stato dato loro un cuore capace di legarsi a qualcosa o
qualcuno.
Ma si era sbagliato.
Perché
lui era legato a
Savannah Havisham.
A
quella ragazza così
ingenua eppure così forte.
Ogni
momento passato con lei
era diventato importante, dannatamente fondamentale e lui avrebbe dato
tutto,
qualsiasi cosa per non staccarsi mai da quella creatura meravigliosa.
Quella
bontà che
inizialmente lo aveva disgustato, con il tempo, con pazienza, era
riuscita a
creare una breccia in quel muro che lui aveva eretto intorno a
sé.
Quel
varco si stava pian
piano allargando ogni giorno. E lui ne era terrorizzato a morte.
Ma non
scappava, non poteva
scappare, non ci sarebbe mai riuscito.
Non
stava scappando neppure
in quel momento mentre, con passo sicuro, si dirigeva verso di lei,
seduta
sotto l’ombra di un albero, lì, nel vasto parco
della dimora degli Havisham.
Savannah amava starsene ore fuori in quei giardini, lontana da quelle
mura che
le apparivano ogni giorno più simili alle sbarre fredde di
una prigione.
-Sei
qui.- le disse, quando
ormai era sicuro che lei lo avrebbe sentito.
La
ragazza non si voltò,
intenta ad osservare il cielo e le nuvole che, veloci, libere,
scorrevano senza
tempo in quell’azzurro infinito.
La luce
del sole era
accecante, ma lei non distoglieva lo sguardo.
-Ragazzina.-
la chiamò
ancora.
-Mi
chiamo Savannah.-
rispose allora lei, voltandosi nella sua direzione e mostrandogli quel
sorriso
per il quale lui viveva.
Ragazzina.
L’avrebbe
sempre chiamata
così e lei lo sapeva, continuando tuttavia a ricordargli di
usare il suo vero
nome. Il loro gioco.
-Il
cielo è così
interessante?- le domandò, andando a sedersi al suo fianco.
-Neppure
ti immagini
quanto.- rispose lei, tornando a sollevare lo sguardo.
Savannah
Havisham poteva
rimanere ore ad osservare il cielo, ore ad ascoltare il vento, ore a
camminare
sotto la pioggia. Ore… a sognare la libertà che
non aveva.
I
lunghi boccoli neri ondeggiavano,
sospinti da una leggera brezza e quella veste bianca era quasi
trasparente, a
tratti, secondo magici giochi di luce.
Jeremy
distolse lo sguardo
da lei, sentendo il respiro mozzarglisi nel petto.
Assurdo.
Mai
prima di allora si era
sentito così.
Abbassò
il viso ed i suoi
occhi si puntarono sulla catena che ancora teneva collegati i suoi
polsi,
stretti da potenti manette magiche. Non sarebbe mai stato in grado di
toglierle, non sarebbe mai riuscito a riottenere i suoi poteri.
-Mi
dispiace.- mormorò Savannah,
resasi conto dei pensieri di lui.
-Non
è colpa tua.-
-Se
fossi abbastanza forte,
potrei toglierle e farti scappare.-
Jeremy
esitò un istante,
prima di rispondere.
-Non me
ne andrei.-
E lei
non parve sorpresa
dalle sue parole. Si limitò a sorridere, bella e radiosa
come era, e a portare
la propria attenzione sul vasto parco che li circondava.
Gli
immensi giardini degli
Havisham erano meravigliosi, forse l’unica cosa bella di quel
luogo così cupo e
silenzioso.
Il
merito di quell’Eden
terreno spettava a Satsuki Havisham.
Figlia
del Giappone, la
madre di Savannah era cresciuta con la tipica cultura orientale che
vezzeggiava
la bellezza ed adorava la perfezione. La cura dei giardini stava al
primo
posto.
Oltre a
piante e fiori
comuni, in quel vasto parco si trovavano soprattutto specie di vegetali
appartenenti al mondo magico, alcuni addirittura sconosciuti in
Inghilterra.
Tutto
intorno a loro era
un’armonia di colori e profumi, un vortice di delicate
percezioni e lievi
fruscii di una brezza che recava con sé dolci fragranze.
Poco
distante da loro si
snodava un lungo viale che conduceva dritto all’entrata
principale del castello
degli Havisham, ed era uno spettacolo rosa.
Innumerevoli
alberi di
ciliegio in fiore lo costeggiavano, lasciando cadere petali delicati e
burrosi
come neve. Vicino a dove erano seduti si trovava invece uno dei tanti
piccoli
specchi d’acqua artificiali, sormontato da un elaborato
ponticciolo di legno
scuro.
Sì,
Savannah amava quel
posto.
L’unica
zona della sua
prigione che adorasse, che non avrebbe mai rimpianto.
E poi
l’angelo che stava al
suo fianco.
Non
avrebbe rimpianto
neppure lui.
Un
angelo…
Beh,
forse non lo era. Anzi,
era l’esatto opposto.
Ma per
lei lo sarebbe sempre
stato.
Era
arrivato così, come un
fulmine a ciel sereno. E le aveva stravolto la vita, l’aveva
scossa, l’aveva
destata da quel torpore in cui era vissuta per tutta la sua breve
esistenza.
Jeremy era pungente, sarcastico all’inverosimile e pareva
trovare piacere nel
criticare e provocare in continuazione. Gli unici momenti in cui era
tollerabile erano quando dormiva per ore sul suo divano.
Eppure
lei si era abituata a
quella presenza cupa e perennemente acida al suo fianco ed era sicura
che, se
un giorno lui se ne fosse andato, le sarebbe mancato molto.
Avevano
passato un intero
anno insieme, tra battutine caustiche di lui e sospiri spassionati di
lei, e
alla fine erano riusciti a trovare un loro equilibrio.
-Ho di
nuovo visto quel Tom
Riddle questa mattina.- disse ad un tratto Jeremy, senza guardarla,
apparentemente
indifferente.
-Papà
è entusiasta di lui.-
-Già.
Impara in fretta.
Troppo in fretta.-
Savannah
annuì, abbassando
lo sguardo ed avvertendo il proprio corpo scosso da brividi di
raccapriccio e
paura. Appariva ancora più piccola e delicata di
ciò che già era.
-Mi fa
paura.- disse ad un
tratto. –E’ innamorato del male più di
mio padre. Non dovrebbe imparare le arti
nere degli Havisham.-
-Lo
so.- fece lo spirito
seduto vicino a lei. –Potrebbe veramente essere un grosso
pericolo un giorno.-
Savannah
sorrise, regalandogli
uno sguardo pieno di dolcezza. –Adesso ti preoccupi?- lo
sfidò, prendendolo in
contropiede.
Dannata,
furba e dolcissima
ragazza!
Trattenendo
un’imprecazione,
Jeremy distolse lo sguardo, sicuro che incontrare quello di lei sarebbe
stato
un errore abnorme. Non ce la faceva più. Si stava
rammollendo e tutto a causa
di una piccola umana rompiscatole!
-Jeremy.-
lo chiamò lei.
Lui non
si voltò, né le
rispose.
Savannah
Havisham sospirò,
ma non cessò di sfiorare con lo sguardo il suo profilo.
Lei lo
guardava sempre.
Sempre.
Anche
quando lui dormiva e
non poteva sapere.
La
sentì prendere un bel
respiro, il cuore che le batteva velocissimo, e poi quelle parole. E
forse se
lo aspettava, ma lo colpirono comunque.
-Tra
quattro mesi mi sposo.-
Che
cos’era quel dolore nel
petto?
In
tutti i secoli della sua
vita aveva combattuto molte battaglie come soldato
dell’Inferno. Aveva ucciso,
aveva colpito ed era stato ferito.
Quelle
ferite avevano fatto
male, alcune quasi lo avevano portato vicino a morire, ma nessuna gli
apparve
atroce come il male che avvertiva dentro al torace in quel momento.
Stai
perdendo il senno, Jeremy. Stai perdendo la ragione.
E lei,
maledetta lei,
taceva.
Che
accidenti voleva da lui?
Perché
glielo aveva detto?
Perché
continuava a fissarlo
con quegli occhi neri così limpidi e sinceri?
Che
cosa diavolo voleva
sentirgli dire?
Finalmente
si decise a
guardarla, ma lo sguardo che le rivolse fu quanto di più
freddo e
disinteressato potesse mostrarle. Dentro, però, lui bruciava.
Bruciava
ogni volta che la
vedeva, si era ritrovato ad adorarla come uno sciocco, non faceva che
ripeterselo, ma non poteva impedirlo.
E
voleva quel corpo così
tanto da impazzire, anche se sapeva benissimo che lei non era come lui
e che
un’unione del genere rasentava l’abominio.
Possederla
significava
andare contro a tutte le regole dell’universo, significava
rischiare una
punizione che avrebbe potuto ucciderli. Perdere la vita, perdere tutto.
Eppure
la voglia di lei era
così forte da metterlo in ginocchio. Lui. Proprio lui.
Sposandosi
se ne sarebbe
andata, non l’avrebbe più vista. E quella tortura
sarebbe finita. Avrebbe
continuato ad immaginarla, ma non avrebbe più rischiato di
cedere a lei, non
sarebbe più stato il suo prigioniero.
Forse
Edward lo avrebbe
riportato nel suo laboratorio e lì lui sarebbe morto, come i
suoi due compagni.
E tutto sarebbe finito.
Sì,
che se ne andasse. Non
era una brutta notizia, dopo tutto.
-Ti
faccio gli auguri.- si
decise a dirle.
Lei lo
guardava come se non
riuscisse a capire ciò che lui aveva detto, questo lo fece
sorridere e scuotere
la testa. –Te ne andrai da questo posto. Non sei felice?-
Savannah
irrigidì i
lineamenti, mentre i suoi occhi, profondamente addolorati e delusi, si
inumidivano di lacrime. –Io non lo amo.-
Jeremy
rise, prendendosi
gioco di quell’ingenuità che avrebbe sempre fatto
parte di lei.
-Non
c’è bisogno dell’amore
per sposarsi.-
La vide
chinare la testa.
Schiacciata dal peso del suo destino e dalla crudeltà delle
sue parole. Era un
cinico, un bastardo, un insensibile. Lui sapeva di esserlo e sapeva
anche che
non sarebbe mai cambiato, neppure per lei.
-Non
volevo che andasse
così.- la sentì mormorare.
Le
credette.
No, una
come Savannah
Havisham, piena di gioia ed amore per ogni cosa che la circondava, non
avrebbe
mai voluto sposare un uomo che per lei non avrebbe mai significato
nulla. La
conosceva, sapeva quanto le facesse male una prospettiva simile.
-Con il
tempo gli vorrai
bene.- le disse, tanto per far cessare il piagnucolio di lei.
–Con il tempo ci
si affeziona anche ad una bestia, no?-
Non
doveva dirle quelle
parole, lo sapeva. Ma era stato più forte di lui.
La
ragazza lo guardò, ferita
e piena di dolore, mentre una lacrima la scendeva su una guancia rosea
e
morbida.
-Già.-
le sentì dire, mentre
induriva il volto. –Mi sono affezionata a te, no?-
Era un
tentativo di ferirlo,
Jeremy lo aveva capito.
Ma non
c’era abbastanza
cattiveria in quelle parole, non c’era abbastanza spietatezza
e crudeltà. E,
soprattutto, non c’era abbastanza convinzione.
Rise,
osservandola con i suoi
occhi di un azzurro che sconfinava nell’ametista.
-Non
sei brava a far del
male con le parole.- la prese in giro. –Non hai imparato
molto bene dal
sottoscritto, dovresti impegnarti di più, ragazzina.-
-Savannah.-
replicò lei.
-Resti
una ragazzina, per
me.-
Per un
attimo si guardarono
entrambi con sfida, poi distolsero lo sguardo nello stesso istante,
pieni di
risentimento verso l’altro.
Le
nuvole sopra di loro
vagavano leggere ed incuranti, libere, prive di costrizioni. Una di
esse oscurò
il sole e, ad un tratto, Jeremy e Savannah si trovarono in
un’ombra fredda e
scura. Ma fu solo un attimo.
-Non mi
piace il buio.-
sussurrò lei, mentre stirava distrattamente le pieghe della
gonna del suo
vestito immacolato.
-Io ci
sono nato.- le disse
lui, portando lo sguardo al cielo.
Savannah
non gli disse
niente, rinchiusa in un silenzio che non le apparteneva. Gli parve di
udire il
suo cuore battere più forte, come se lei fosse in attesa di
qualcosa.
-Siamo
troppo diversi,
ragazzina.- le disse.
La
sentì trattenere il
fiato. –Non mi importa.- gli rispose.
Quel
tono di voce era
deciso, privo di esitazione. Gli piacque.
-Apparteniamo
a due mondi
diversi, lo capisci?- la riprese ancora, puntando gli occhi nei suoi,
desideroso della sua risposta.
-Non mi
importa.-
Ancora,
dimmelo ancora,
pensò.
Le si
avvicinò senza neppure
rendersene conto e lei, timidamente, gli prese una mano, intrecciando
le dita
con le sue, imprigionandolo in una presa delicata.
-Nessuno
ci capirà. Saremo
da soli contro tutti.-
–Non
mi importa.-
-Sono
una creatura
dell’Inferno. E tu un’umana.-
-Non mi
importa.-
Non le
importava, non le
importava di niente.
E non
sarebbe importato
neppure a lui.
Lei era
bella, bellissima.
Lei lo
aveva trattato come
un suo pari, era stata gentile.
Lei lo
aveva fatto sentire
vivo.
Lei gli
aveva dato un nome.
Lei
avrebbe dovuto
schiacciarlo ed invece si era subito arresa.
La vide
che lo guardava,
come mai aveva smesso di fare. Ed in quegli occhi c’era
tutto, tutto ciò di cui
lui avesse avuto bisogno. La tenerezza di una madre,
l’affetto di una sorella,
la fiducia di un’amica, l’amore ed il desiderio di
una donna innamorata.
Stringendo
più forte la sua
mano, la costrinse ad avvicinarsi, perso in quel nero senza fine che
erano le
sue iridi dal taglio orientale.
Era
sulla sua bocca, quando
lei glielo disse, sincera e limpida come sarebbe sempre stata, come
l’avrebbe
sempre voluta.
–Io
ti amo.-
Lo
sapeva, l’aveva sempre
saputo, ma non aveva potuto fare altro che scappare di fronte alla
paura che
lei pronunciasse quelle parole.
Parole
che lui non aveva mai
sentito. Mai.
In quel
momento però,
sussurrate sulla sua bocca, pronunciate con il sentimento sincero di
lei, non
erano così terribili da udire.
E lui
sorrise, lì, a un
passo dalle labbra rosse di Savannah.
-Io non
te lo dirò mai.-
La vide
sorridere, rossa in
viso e con gli occhi luminosi.
-Non ho
bisogno che tu me lo
dica.- gli rispose.
Sì,
anche lei sapeva.
Anche
lei aveva capito.
Non le
avrebbe mai detto ti
amo.
Non con
le parole.
Quando
la tirò a sé,
intrappolandola in un abbraccio fatto di braccia e di catene, la
sentì tremare,
ma non di paura.
Catturò
quelle labbra
delicate e immacolate con le sue e non ci fu spazio per altro.
Sentì
le dita di lei
accarezzargli la nuca, sfiorargli i capelli dorati che tante volte
l’aveva
sorpresa ad ammirare, e capì che l’Inferno non era
il luogo cupo e rumoroso in
cui era vissuto. L’Inferno, da quel giorno, sarebbe stato il
vivere senza di
lei.
Lei,
che senza saperlo,
aveva aspettato così a lungo.
Lei,
che non avrebbe mai
voluto perdere.
Insaziabile,
le fece chinare
la testa in modo tale da avere completo accesso alla sua bocca, giocoso
le
morse le labbra rosse e piene, e quando la sentì sospirare
contro di se, capì
che per quella creatura sarebbe stato disposto a tutto. Anche a morire.
Quando
si decise a lasciarla
andare, Savannah aveva il respiro affannoso e la bocca gonfia per i
baci. I
suoi occhi erano lucidi e languidi, non si staccavano dal suo volto.
Senza
sapere ciò che faceva,
per la prima volta, Jeremy le regalò una carezza.
-Ti
amo.- gli ripetè lei,
inclinando un poco la testa per godersi a pieno il contatto con la sua
mano,
per la prima volta impegnata in un gesto d’affetto.
E lui
non staccò lo sguardo
dal suo, nutrendosi di quelle parole un tempo nemiche.
Un
raggio di sole andò ad
illuminargli il viso e lui socchiuse gli occhi, infastidito, facendola
sorridere.
-Non mi
piace la luce.-
borbottò.
-Lo
so.- mormorò lei,
dolcemente.
Appartenevano
davvero a
mondi diversi.
-Non mi
piace per niente.-
-Allora
ci rinuncerò. La
spegnerò, per te.-
E lui
capì il significato di
quelle parole, dette con tenero divertimento.
Lei
avrebbe rinunciato a
qualunque cosa per loro due.
-Sei
proprio una stupida,
ragazzina.- le disse, continuando la sua carezza.
-Me lo
hai sempre detto.-
replicò lei, sorridendo.
-Credo
che non smetterò mai
di dirtelo.-
E lei
rise, avvicinandosi di
nuovo e sfiorandogli timidamente la bocca con la propria.
-Tra
quattro mesi mi sposo.-
gli disse di nuovo, abbozzando un sorriso amaro.
-Certo.-
assentì lui,
compiaciuto dello sguardo smarrito di lei. –Sempre che lo
sposo riesca a
trovarti.- aggiunse, divertito.
La vide
spalancare gli
occhi, dopo un attimo di confusione. E poi sorridergli, radiosa.
-Ce ne
andiamo, Savannah.-
le disse.
-Sì.-
mormorò lei. –Ce ne
andiamo.-
Sì,
se ne sarebbero andati.
Avrebbero
trovato un modo,
lasciando per sempre quella prigione.
Poi ci
sarebbe stato il
mondo. Vasto, sconosciuto per entrambi.
E
sarebbero stati loro due,
loro due soltanto.
Cos’altro
poteva importare?
We'll do it all
Everything
On our own
We don't need
Anything
Or anyone
If I lay here
If I just lay here
Would you lie with me and just forget the world?
( ... )
I need your grace
To remind me
To find my own
( ... )
All that I am
All that I ever was
Is here in your perfect eyes, they're all I can see
Chasing Cars, Snow Patrol
Note
di fine capitolo:
Eccoci
qui, con un atro capitolo concluso. Un capitolo che spero vi sia
piaciuto,
nonostante non ci siano stati i Malandrini.
Prima
di ogni altra cosa, vi lascio la traduzione di quelle poche frasi che
ho messo
a fine capitolo. Una canzone degli Snow Patrol, bellissima.
[
Faremo tutto ciò, tutto, per conto nostro. Non abbiamo
bisogno di niente, né di
nessuno. Se me ne stessi qui sdraiato, se proprio stessi qui, staresti
con me e
ti dimenticheresti del mondo? (…) Ho bisogno della tua
grazia per ricordarmi di
trovare la mia. (…) Tutto quello che sono, tutto quello che
sono mai stato, è
qui nei tuoi occhi perfetti, sono tutto quello che io riesco a vedere. ]
E
questa è la traduzione.
Che
altro?
Gente,
credo di essermi perdutamente innamorata di Jeremy.
Mi
è venuto fuori così, sferzante, un tantino acido,
cinico e freddino. E l’ho
adorato.
E
poi, in fondo, sappiamo già che è un tenerone.
Ma
dubito che nel luogo da cui proviene gli avessero insegnato la
gentilezza.
Adesso
poi sapete più o meno cosa è accaduto ai genitori
di Jemie.
Ditemi
la verità… non ve lo aspettavate, eh? *me ghigna*
Stria.
Nemica o alleata?
Si
accettano scommesse! XD
Adesso
passo ai ringraziamenti.
Grazie
a tutti coloro che leggono, che mi seguono. Un grazie speciale a chi
trova il
tempo di recensire e di regalarmi ancora più voglia di
scrivere.
Pikkolina88: Grazie
mille per il
commento, mi ha fatto molto piacere. Purtroppo per Lily dovrai
aspettare il
prossimo capitolo, ma spero che anche questo ti sia piaciuto.
In
effetti i Malandrini che disquisiscono su “due di
picche” e “mani amiche” hanno
divertito un po’ tutti, compresa me che ghignavo come una
iena mentre scrivevo.
E, ovviamente, quello che fa figuracce è sempre Potter.
ù_ù
Lovegio92:
Tesoro, finalmente eccoti
anche qui. Ti ho già risposto per e-mail, ma ci tengo a
ringraziarti ancora per
tutto. Recensione, complimenti. Davvero, grazie. E non preoccuparti dei
lunghi
commenti. Io li adoro. ^^ Sono felice che la storia ti piaccia,
davvero. Mi fa
piacere sapere che capisci Lily. Temevo che la sua rabbia non sarebbe
stata
capita ed invece tutti avete compreso. Nel prossimo capitolo ci
sarà finalmente
la resa dei conti. Incrocia le dita.
Prima
o poi James dovrà seguire suo nonno Edward, ma
c’è ancora tempo. Ho tormentato
Jamie fin troppo, adesso voglio dargli un po’ di relax. XD
E
sì, la nostra Olsen è tornata in squadra. W il
Grifondoroooo!!!!
Un
bacione tesoro, al prossimo capitolo! ^_-
Kicici: Grazie
mille per il
commento e per i complimenti. Sono felice che la storia ti abbia preso!
Farò
del mio meglio perché continui a piacervi!
Deviata: Vero,
Bella allunga un po’
troppo le mani. Ma dovrà smetterla presto e poi vedrai
perché. ^_^ Già, Lily non
sta benone ultimamente e neppure James. Sono in un periodaccio e lo
vedrai
anche nel prossimo capitolo. E Vick e Sirius sono… beh, sono
Vick e Sirius. Due
tornadi. Una squadra. E io li adoro! Non credevo mi ci sarei
affezionata così
tanto. Poi c’è Julian, il mio piccolo. Il suo non
sarà un grande amore,
preparatevici. Un bacione cara!
LilyProngs: Tesoro
mio, eccoti! Grazie
del commento, anche se poi mi hai detto tutte le tue impressioni a
caldo su
msn. Ebbene sì, il caro Julian è innamorato. Si
è preso una bella cotta ed è
decisamente andato. Purtroppo non sempre si viene corrisposti.
Visto
che Lily ha tirato fuori le unghie? Mica scherza la ragazza! XD Tra
poco avrai
la resa dei conti che tanto vuoi, spero che ti soddisferà.
Vedremo!
^^
Un
abbraccio tesoro, ci sentiamo!
Black_Witch:
Sorella mia, capo
indiscusso delle adoratrici di Sirius Black, sono felice che Vick e
Siri ti
piacciano, davvero. Vedrai, vedrai. Adesso sono stati messi
necessariamente da
parte, ma torneranno a bomba. Tra poco ci sarà la resa dei
conti tra James e
Lily e vedremo se c’hai azzeccato o no.
Un
bacione!
Mimmyna: Sono
contenta che si sia
avvertita l’intensità dello sguardo che
c’è stato tra Sirius e Victoria. Io
l’ho proprio sentita tutta. Sì, la prima scena ha
suscitato l’ilarità di tutti,
anche la mia, lo ammetto. Adesso vedrai come andrà a finire
tra Lily e Jamie.
Kiss kiss
James_Lily_Love: Ciao!
Sono contenta che i
tuoi occhi stanno bene e sono in forma, preparati allora al prossimo
capitolo,
che prevedo molto lungo. Tutti contro Bella, poveraccia! A me un
pochino piace,
ma non troppo. Alla fine farete un bel gruppo, mi entrerete nella
storia e me
la ucciderete. Povera Bella!XD A presto!
La Nika: E
invece James e Lily non
hanno parlato, mi dispiace. Ma nel prossimo capitolo, dopo mille
peripezie,
parleranno. Parleranno eccome. E vedremo se vi piacerà!
Bollono in pentola un
sacco di cose. E le scene romantiche, beh, in tutta la storia ce ne
saranno un
sacco e spero che continueranno a piacerti! ^_-
Brando: Grazie
mille per i complimenti,
sei sempre gentile. Eh sì, la prima parte è
proprio piaciuta a tutti. Tranne a
Sirius e James. XD Vedrai, Victoria calmerà i bollenti
spiriti di Sirius,
quella ragazza è una dura, non dimentichiamocene mai. E
riuscirà a domarlo.
Sono felice che tu abbia capito Lily, lei è veramente come
tu hai detto. Per
Julian, lo vedrai. Ma non sperare in un lieto fine. E Bella…
arrendersi?
Impossibile.
Un
abbraccio!
Cicci92: Wow,
sono felice che il mio
precedente aggiornamento ti abbia migliorato la giornata! Ti capisco,
spesso
capita anche a me, quando leggo le fanfic che mi piacciono molto!
Evviva il
discorso demente tra James e Sirius, i santi patroni della Demenza
senza
Ritorno! È’ piaciuto proprio a tutti! XD Tra poco
vedrai cosa accadrà tra Lily
e James, incrocia le dita! Fortuna che ci sei tu, che un po’
cerca di capire
Bella. Ma non definirla innamorata, sbaglieresti. Diciamo che lei
è più…
ossessionata. ^^
Figurati
per l’e-mail, l’ho mandata volentieri.
Un
abbraccio!
Chiara88: Mitica
Chiara! Avevi già
capito che Lily avrebbe indagato, vero? Presto vedrai cosa
accadrà tra lei e
James! James ha chiarito la sua posizione con Bella, adesso non ha
davvero più
nulla da dirle. Per il lato hot… eheheeheheh… un
po’ di pazienza ed arriva
anche quello! XD Grazie davvero per i complimenti, sei gentilissima! Un
bacione!
Quidditch:
Frà, tesoro! <3 Adesso
ti rispondo a tutto. Grazie molte per i complimenti, davvero! Grazie
mille!
Allora, sono contenta che Narcissa ti piaccia. Secondo me è
un personaggio che
si ama o si odia. Lo so, molti vedono diverso il suo rapporto con
Lucius. Io,
non so perché, me li sono visti così. Si
innamoreranno? Non lo so. Lei era
innamorata di lui, adesso è solo molto spaventata e si
può ben capire il
perché. Con James sì, sono cattiva! XD Quando amo
un personaggio io lo
massacro, è più forte di me! Grazie per Regulus!
Sono contenta che ti piaccia!
Che dire? Io lo amo. Lo venero. Perché ha sbagliato, ha
capito l’errore ed è
morto, sacrificandosi per il bene. Poi mi hai chiesto di Remus ed Eva.
Qui ho
le labbra cucite! XD E sono felice che ti piacciano Siri e Vick! Un
bacione
tesoro! Ci sentiamo sul forum! ^^
|
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Capitolo 26 *** All The Things He Never Said ***
ATTENZIONE:
Capitolo bello lungo in arrivo. Consiglio un bel respiro prima di
buttarsi
nella lettura. Avrei anche potuto dividerlo in due parti, ma se lo
avessi fatto
mi avreste uccisa, lo so. Perciò… in bocca al lupo
e
buona lettura! Godetevelo!
“Dedico
questo
capitolo alla mia cara Myki.
Perché
per
ritornare a versioni di greco e di latino ci vuole fegato e io lo so
bene.
Perché
è una
ritardataria traditrice e per questo le tolgo il saluto!
Scherzo!
:P
Lo
dedico a
lei perché capisce i miei personaggi meglio di me a volte!
Perché
è la
mia amica virtuale preferita!
Tesoro,
spero
davvero che il capitolo ti piaccia.
È’
tutto tuo!”
CAPITOLO 26
“ALL THE THINGS HE NEVER SAID”
All my life, I worshipped her.
Her golden voice, her beauty's beat.
How she made us feel, how she made me real.
And the ground beneath her feet.
And the ground beneath her feet.
[ Tutta
la mia vita io ho adorato lei.
La sua voce d'oro,
Il battito della sua bellezza.
Il modo in cui ci faceva sentire,
Il modo con cui mi rese reale.
E la terra sotto i suoi piedi.
E la terra sotto i suoi piedi. ]
Nevicava
su Hogwarts, nevicava da giorni oramai.
Scendeva
la neve bianca sul superbo castello,
fornace di maghi e streghe che avrebbero fatto la storia del mondo
magico;
scendeva, bianca ed immacolata sul parco che circondava quella maestosa
costruzione, tingendo di candido bianco gli alberi della Foresta
Proibita, la
capanna di Hagrid, il recinto adibito alle lezioni di Cura delle
Creature
Magiche, le numerose serre di Erbologia.
L’immenso
Lago Nero era una vasta distesa di
ghiaccio, da giorni gli studenti più temerari vi si erano
recati per sfidarsi
in spericolate gare di pattinaggio.
Dicembre
era alle porte, soffi di aria gelida preannunciavano il suo arrivo,
facendo
tremare gli studenti durante il tragitto nei corridoi e costringendo i
professori ad applicare incantesimi riscaldanti alle aule, dove
altrimenti non
sarebbe stato possibile fare lezione. La classe di Pozioni, tanto per
fare un
esempio, era diventata una ghiacciaia e Lumacorno non faceva altro che
piagnucolarne con i colleghi.
E
intanto la neve continuava a cadere.
Lo
stava facendo anche quella mattina, precipitava piano, senza fretta.
Lenta.
Remus
J. Lupin distolse lo sguardo da quello spettacolo naturale e riprese
contatto
con la realtà, rendendosi conto solo in quel momento di
essersi incantato.
Si
trovava seduto sul suo letto, il pigiama ancora addosso, i piedi
furbescamente
nascosti sotto le pesanti coperte, al caldo.
La
stanza era calda, questo grazie alla stufa accesa che si trovava al
centro
della camera, ma lui era comunque un tipo particolarmente freddoloso.
In
più non era perfettamente in forma.
Si
avvicinava ancora la luna piena, pronta a tormentarlo come ogni mese.
Le
ultime volte erano stati Sirius e Peter ad accompagnarlo, James non era
riuscito a raggiungerli, visto che fino a poco tempo prima dormiva con
la Evans
e sarebbe stato difficile trovare delle valide giustificazioni per
uscirsene di
notte.
Quella
volta però Potter gli aveva promesso che sarebbe venuto e
questo lo rincuorava
un po’, gli faceva pensare che, finalmente, dopo tempo,
sarebbero di nuovo
stati insieme, tutti e quattro i Malandrini.
Distrattamente,
portò la propria attenzione sul letto sfatto di Sirius.
Dal
giorno di Halloween, Sirius Black era il ritratto della
felicità, stare insieme
a Victoria Olsen gli faceva davvero bene e Remus, da vero amico, non
poteva che
essere decisamente felice per lui.
Attualmente
il caro Felpato si trovava sotto la doccia, probabilmente a godersi un
bel
getto bollente sulla pelle, mentre Peter si stava lavando i denti.
Era
stato Lupin a dire loro di approfittare del bagno per primi,
stranamente, non
aveva molta voglia di abbandonare il suo letto quella mattina.
Sentiva
la testa pesante e, ad un tratto, se ne uscì con uno
starnuto.
Merda!
Ammalarsi
proprio quando era prossimo alla trasformazione non era mai stata una
bellezza,
in genere la cosa lo riduceva ad un cadavere.
Avrebbe
dovuto passare da Madama Chips subito dopo la colazione. E
già si immaginava il
commento di Sirius. “Stai troppo sui libri e non ti fai gli
anticorpi.”
Già.
Quindi, seguendo quella logica, Felpato doveva avere una salute
d’acciaio.
Il
diretto interessato uscì dal bagno proprio in quel momento
con indosso un
accappatoio bianco e ancora fradicio.
Si
stava frizionando i capelli neri con un asciugamano.
Remus
lo vide dirigersi verso il proprio baule, in cerca della biancheria
pulita, e
poi fermarsi tutto ad un tratto, pensieroso. Subito il povero
Lunastorta ebbe
un brutto presentimento. Quando Black pensava, non era mai nulla di
intelligente.
E
infatti…
Dal
baule Sirius estrasse una macchina fotografica e la lanciò
all’amico. Aveva un
ghigno che andava da un orecchio all’altro e pareva
compiaciuto della sua idea.
Lupin
gli restituì lo sguardo, incuriosito, l’oggetto
magico tra le mani.
-Ebbene?-
si azzardò a chiedere.
-Fammi
una foto!- trillò Sirius, entusiasta.
-Come?-
-Dai,
Rem! Fammi una foto, spicciati!-
-Ti
devo fare una foto in accappatoio?-
-Esatto!
Sono sicuro che Vick cambierà idea, non appena la
vedrà!- esultò.
Rieccoci.
Ormai
far cedere Victoria Olsen era diventato un chiodo fisso nella testa
bacata di
Black, c’era poco da fare. Alzando gli occhi al cielo,
esasperato, Remus gli
tirò indietro la macchina fotografica, mancandolo per poco.
-Finiscila,
stupido! E vestiti! O rischi di prenderti un malanno anche tu!-
-Anche?-
ripetè Sirius, mentre contrariato andava a riporre la
macchina e a prendere dei
vestiti puliti da mettersi.
-Ho
il raffreddore. E forse un po’ di febbre.-
E
Sirius sospirò, scuotendo il capo. –Ci credo. Rem,
stai sempre con il naso sui
libri, non esci mai. Non ti fai gli anticorpi, è logico che
ti ammali.-
commentò.
Come
non detto, pensò Lupin quasi con un sorriso. Sirius Black
era fin troppo prevedibile
a volte, si disse, sentendo un moto d’affetto per
l’amico.
Poi
il suo sguardo si posò sul letto vuoto e freddo di James ed
il suo sorriso si
affievolì.
Ramoso
gli mancava, mancava a tutti.
Neppure
le battaglie con i cuscini prima di dormire erano le stesse, senza di
lui.
Quella
stanza non era più la stessa.
Certo,
potevano andare a trovarlo quando volevano, infondo James era ancora
lì, in
quella scuola, ma ormai c’era qualcosa di invisibile che si
era frapposto tra
di loro e il loro migliore amico. Niente era più come prima.
In
quel momento anche Peter uscì dal bagno, aveva
già il nodo della cravatta in
ordine.
Era
già pronto per scendere.
-Beh,
allora io vado.- disse infatti, mentre raccoglieva da terra la sua
borsa con i
libri e lanciava loro una rapida occhiata. –C-Ci si vede
giù.-
E
nessuno dei due ebbe il tempo di dire nulla, perché Minus
uscì in fretta dalla
stanza, chiudendosi la porta alle spalle e sparendo dalla loro vista.
-E
dire che credevo non fosse capace di smaterializzarsi.- fu il commento
di
Black.
-C’è
qualcosa che non va.- insistette Remus per l’ennesima volta.
Sirius
si chiuse la lampo dei pantaloni della divisa e puntò gli
occhi blu sull’amico,
per una volta tanto era serio. –In effetti, Rem, questo suo
atteggiamento sta
cominciando a scocciarmi.- dichiarò, afferrando la camicia.
–Ho provato a
parlargli l’altra sera, ma mi ha giurato che va tutto bene e,
sai una cosa?,
adesso ho cose più importanti a cui pensare che ai
cambiamenti di personalità
di Pete.- borbottò con stizza.
Lupin
rimase in silenzio, decidendo di scendere dal letto e cominciare a
prepararsi.
-James
è un cadavere, ultimamente.- mormorò il moro,
abbassando lo sguardo. –La Evans
finirà con il farlo morire, te lo dico io! Maledetta rossa
acida!- sibilò,
arrabbiato.
-Non
dare la colpa a Lily.- lo riprese subito Remus. –Non sappiamo
cosa è accaduto
tra di loro. Si evitano da una settimana, o meglio, Lily evita Jamie da
una
settimana. Ma non conosciamo la ragione, quindi non possiamo giudicare.-
-Io
so solo che quella stronzetta sta facendo del male a Ramoso. E so anche
che
Evans è matta da legare, te lo dico io.- fece Sirius,
convinto.
-Credevo
cominciasse a starti simpatica.-
-Beh,
ha perso punti. Fa stare male James e io la odio.-
-La
stai facendo troppo facile, Siri.-
-Oh,
andiamo Remus! Quella ha qualche rotella fuori posto! Te lo ricordi
come mi ha
aggredito per sapere del tatuaggio di James? Neanche avesse addosso il
Marchio
dei Mangiamorte! Merlino, è solo un tatuaggio!-
imprecò, ficcandosi il maglione
grigio.
A
quelle parole, Remus Lupin non rispose. Anzi, abbassò lo
sguardo, per poi
portarlo ad un cumulo di libri che aveva preso in biblioteca giorni fa
e che
ora stavano in bilico su una sedia vicino alla sua scrivania. E Sirius
seguì il
suo sguardo.
Fu
un attimo, il tempo di leggere qualche titolo.
-Tu
non studi Rune Antiche. Che diavolo fai con quei libri?-
Eccola,
la domanda.
Se
lo aspettava, adesso però cosa avrebbe dovuto rispondere?
-Sirius,
io…- provò, incerto.
-No.
Non ci credo. Non dirmelo.- lo interruppe l’amico, scuotendo
il capo con un
sorriso indecifrabile sulle labbra. –Remus, porca puttana.-
-Sirius,
davvero, l’ho fatto perché…-
Ma
non si potevano toccare gli amici di Sirius Black, diventava una furia.
E
per James… oh, per James, il suo adorato fratello, Sirius
avrebbe massacrato di
botte chiunque. E questo Lupin lo sapeva bene. Sapeva che avrebbe
dovuto
affrontare una belva.
-Cosa
accidenti stai facendo, Remus?!- esplose subito, trucidandolo con lo
sguardo.
-Adesso
ti metti ad indagare su James? A complottare alle sue spalle, solo
perché una
stupida ragazzina ha dato di matto?!- lo aggredì, andandogli
davanti.
-Non
sto complottando alle sue spalle!- si difese subito il biondo
Caposcuola,
scuotendo il capo. –Sto solo… sto solo cercando di
capire…-
-Capire
cosa? Cosa? È un
tatuaggio, Rem! È
solo un tatuaggio!-
-E’
una runa!-
-E
allora?! James ha sempre amato le rune antiche, avrà trovato
un’immagine che
gli piaceva su un libro e se l’è fatta tatuare!
Cosa c’è di così ostico da
capire?!-
Avevano
entrambi alzato la voce, se fossero andati avanti in quel modo,
avrebbero
potuto dire addio al dialogo. Remus invece voleva parlare. Aveva
bisogno di
parlarne con Sirius, perciò, prendendo un bel respiro, si
decise a calmarsi.
-Lily
era sconvolta quella sera, Sirius.- cominciò, guardando il
compagno. –E io ho
cercato in tutti i libri di Rune Antiche della biblioteca, ma il
tatuaggio di
James non appare da nessuna parte. Non gli ho dato mai troppo peso, ma
poi è
arrivata Lily e io ho cominciato a cercare quel simbolo, ma non si
trova.
Quindi suppongo sia qualcosa che non dovremmo studiare.-
spiegò, non abbassando
lo sguardo.
-Non
te n’è mai fregato nulla di quel tatuaggio.
Perché adesso sei così curioso di
sapere che cosa rappresenta?- fece Black, sferzante.
-Lo
sai.- fu la laconica risposta.
-No,
non lo so.-
-Oh,
Sirius! Sai che c’è? Credo che tu abbia paura! Una
paura matta!- lo provocò
Remus, ignorando la sua occhiata furente. –La
verità è che sta succedendo
qualcosa a James! Lo sai tu e lo so io! Sta cambiando! È
dall’inizio dell’anno
che ha qualcosa che non va! Non ti ricordi di cosa è
accaduto in biblioteca con
i Serpeverde?-
-Dovresti
essergli grato visto che ti ha salvato la vita, invece di malignare
alle sue
spalle!- lo accusò Sirius, tornando ad urlare.
-Non
sto malignando, cazzo!- urlò Lupin, spazientito.
–Io sono solo preoccupato per
James! Ultimamente gliene stanno capitando di tutte, e ogni volta
è sempre un
mistero irrisolto! E io ho paura per lui! Non ci dice più
niente! Non lo
pensavi forse anche tu ad Halloween?! E visto che siamo in argomento,
cosa
pensi gli sia accaduto quella notte, eh?- lo sfidò, fissando
gli occhi cerulei
in quelli blu dell’amico.
-Un
mostro! Lo hanno detto i prof, no?-
-Stronzate!
E tu lo sai!-
-Basta,
Remus! Finiscila! Mi disgusta il fatto che tu stia facendo tutto questo
alle
sue spalle! James non ha niente che non va! Sta di merda per
quell’arpia della
Evans! Tutto qui! E comunque, se davvero dubiti di lui, almeno abbi gli
attributi di dirgli in faccia quello che pensi!- ruggì
Black, minaccioso più
che mai.
Rischiava
di prendersi un pugno, Lupin lo sapeva bene.
-La
verità è che hai paura, Siri. Anche tu ti sei
accorto che c’è qualcosa che non
va in Ramoso, ma hai troppa paura di scoprire cosa. E ti capisco. Ma se
siamo
veramente suoi amici, dobbiamo affrontare il problema. Gliene
parleremo. Non
voglio agirgli alle spalle. Solo che prima, beh, mi sembrava giusto
parlarne
con te. Dobbiamo farlo insieme, Sirius. Dobbiamo farlo noi,
perché James non
parlerà. Questo è chiaro.-
E
vide qualcosa passare in quegli occhi blu elettrico. Paura. Ansia.
Angoscia.
Colpito.
Ci aveva preso in pieno.
Felpato
fece un passo indietro, andando a sedersi sul letto vuoto di James. E
chiuse
gli occhi, passandosi poi le mani aperte sul volto ora rigido.
Non
parlò, non disse assolutamente nulla.
Ma
Remus sapeva che ora lo avrebbe ascoltato.
-Sirius…-
-Lui
ci ha sempre detto tutto.-
Era
un lamento, quello. Un dolore che sembrava scaturire da una ferita
reale.
-Lo
so, Siri. Ma a quanto pare, questa volta è diverso. Ne ho
parlato anche con
Julian, l’altro giorno. È del mio stesso parere.-
-Ne
hai parlato con Harris?-
-Certo!
Lui è stato l’unico a darmi retta! Peter era
irreperibile e tu sei un testone!-
Black
fece per protestare, ma alla fine, saggiamente, decise di tenere la
bocca
chiusa.
E
Lupin sospirò, tornando a sedersi sul proprio letto e
gettando un’occhiata
veloce all’orologio che teneva sul comodino. Era ancora
presto.
-Dobbiamo
affrontare la realtà, Sirius. Stiamo perdendo James e Peter.
E li perderemo, se
non ci decidiamo a fare qualcosa. Non te ne accorgi? Non siamo
più il gruppo di
prima! Non esistono più i Malandrini!- insistette, gli occhi
puntati
sull’amico.
E
Sirius annuì, tenendo ancora lo sguardo a terra. Solo dopo
qualche minuto di silenzio
si decise ad alzare il capo, affrontando Remus.
-Beh,
non è comunque detto che stia succedendo qualcosa di grave a
James, forse
stiamo esagerando. Forse è solo…-
-So
che vuoi proteggerlo, Sirius. Ma quello che hai usato fino ad ora non
è il
metodo giusto, credimi.- lo interruppe l’altro.
-Non
si tratta di proteggerlo o no.- mormorò Sirius, parlando a
voce bassa. –E’ solo
che lui è James. È mio fratello. E questa
è l’unica cosa che conta per me. Non
mi interessano i tatuaggi, i tuoi presentimenti… Per me lui
è James.- provò a
spiegarsi.
-Anche
per me lo è.- disse subito Remus, sorridendo. –E
proprio perché è James che io
lo voglio aiutare, che voglio sapere se ha qualche problema. Lui ha
fatto lo
stesso per me e io non potrò mai dimenticarlo.- aggiunse con
calore.
-E
allora cosa faremo?-
-Dobbiamo
trovare il modo di farlo parlare. E dobbiamo pensare anche a Peter.-
-Avevi
detto che si comportava in modo strano perché era
innamorato.-
-Non
ci credo più.-
E
rimasero a guardarsi, fermi, immobili, mentre fuori la neve continuava
a
cadere, cominciando a nascondere ogni cosa, dispettosa.
Un
tempo erano stati quattro ragazzini vivaci, uniti, legati da
un’amicizia
indissolubile. Quelle mura li avevano visti crescere, maturare,
cambiare.
Constatare
che forse le cose non sarebbero più state come prima era
doloroso, ma era anche
la verità. E in quel momento, senza capirne la ragione,
Remus si ricordò le
parole di Eva Ames.
Lasciarli
andare… lasciarli crescere… vederli dirigersi
verso una nuova strada senza fare
niente… lasciare la mano dei suoi amici…
Dentro
di sé, capì finalmente che non lo avrebbe mai
fatto.
Mai.
***
Quando
James Potter varcò l’ingresso della Sala Grande, i
suoi amici erano a tavola
già da un po’. Sirius aveva terminato di fare
colazione ed agitò vistosamente
il braccio per attirare la sua attenzione.
Vicino
a lui sedeva Victoria Olsen, gioviale ed allegra come sempre. I corti
capelli
neri sciolti, i vispi occhi azzurri luminosi. Rideva di una battuta di
Alice
Rubin, che quella mattina si era svegliata particolarmente velenosa.
Del
resto era comprensibile.
La
mattina dopo ci sarebbe stata la partita del secolo, Grifondoro contro
Serpeverde.
Gli
animi erano già caldi da un pezzo e per tutta la settimana
c’erano state
battutine a più non posso e risse feroci tra i membri delle
due Case rivali.
La
McGranitt era a dir poco furibonda.
James
rispose distrattamente al saluto di un Tassorosso di cui non ricordava
neppure
il nome, ignorò gli sguardi languidi di un gruppo di
ragazzine di Corvonero e
si diresse a passo spedito verso il tavolo di Grifondoro, con tutta
l’intenzione di bersi un caffè.
Non
si curò affatto degli insulti e delle provocazioni che gli
venivano berciati
dalle odiate Serpi, non era nelle condizioni di mettersi ad attaccare
briga.
A dire
il vero, non era nelle condizioni di fare un bel niente.
Il
pensiero della partita già bastava a togliergli le forze.
Un
cadavere. Era un cadavere.
E
probabilmente la cosa non era sfuggita a nessuno.
Erano
in molti a guardarlo, per poi parlare alle sue spalle. Ma lui
lasciò stare,
andando a prendere posto davanti a Sirius e vicino a Remus.
Subito
si procurò il caffè, senza neppure notare
l’assenza di Peter ed il mutismo
degli amici, che lo fissavano di sottecchi. Trangugiò il
nero liquido in
silenzio, per poi osservare con poco interesse i dolci posizionati su
vassoi
dorati.
-Giorno
Jamie.- fece ad un tratto Remus, sperando di risvegliarlo dalla sua
trance.
Finalmente
Potter li degnò della sua attenzione, sollevando lo sguardo
su di loro.
Sorrise,
anche se quel sorriso non si estese agli occhi.
-Buongiorno,
ragazzi.- disse subito. –Scusate, ho dormito poco.-
-Fa
nulla!- fece Lupin, gentile. –Non fai colazione?-
-Non
ho fame.- rispose James, stringendosi nelle spalle.
In
realtà anche il solo profumo di un cornetto lo nauseava
quella mattina.
Sirius,
seduto proprio davanti a lui, gli scoccò
un’occhiata, ma non commentò.
-Oh,
dai, capitano!- fece Victoria, brillante e luminosa. –Su con
il morale, domani
si gioca la partita più importante del campionato! Dobbiamo
fargli la pelle a
quelle Serpacce! Ve la immaginate la faccia sconfitta di Lumacone?-
Alice
e Sirius risero, divertiti. Poi Black acchiappò la sua
ragazza, stringendola in
un abbraccio stritolante, ignorando le sue buffe proteste.
Già,
la partita. La dannata partita.
Non
si sentiva assolutamente in forma per giocare.
Era
stata una settimana d’inferno e adesso poteva dire di essere
pronto per rendere
l’anima al creatore. Non camminava, si trascinava. E questo
non era da lui.
Che
ti succede, Ramoso? si chiese.
Troppe,
troppe cose.
Sto
cadendo.
Dopo
la sua chiacchierata con Silente in infermeria, credeva di aver
superato ogni
paura. Adesso invece quella era ritornata.
Non
era di Riddle che aveva terrore, lo avrebbe affrontato se fosse stato
necessario.
Era
per Havisham che tremava. Era il pensiero che, prima o poi, sarebbe
dovuto
andare da lui, che lo logorava.
Ed
eccola, la voce di Bellatrix…
“Tu
non stai scappando da
me, stai scappando dal te stesso di quella notte. Stai scappando da una
parte
di te che ti spaventa e che tenti di nascondere.”
Aveva
ragione. Merlino, se aveva ragione.
Bellatrix
Black lo aveva capito meglio di chiunque. E il ricordo delle sue parole
faceva
male, doleva terribilmente. E lui non faceva che pensarci.
Sì,
scappava da se stesso. Aveva paura di se stesso.
E
da tutti si può sfuggire, tranne dalla proprio persona. In
quel corpo lui ci
sarebbe rimasto tutta la vita, non poteva cambiare.
Ma
non era solo questo pensiero a togliergli le forze.
C’era
altro.
Qualcosa
che, definitivamente, lo uccideva.
Lei
non lo voleva più.
C’era
stato un tempo in cui Lily Evans lo aveva trattato come il peggior
rifiuto
della scuola. Gli aveva urlato contro, lo aveva schiaffeggiato davanti
a tutti,
lo aveva ferito.
Ma
mai, mai, quell’indifferenza.
Perché
è l’indifferenza la migliore arma per fare del
male.
E
quella ferita sanguinava copiosamente, non si richiudeva, anzi, si
allargava.
Lo
dissanguava, non lo faceva respirare.
Per
tutta la sua vita, fin da quando era un bambino di undici anni, aveva
sempre e
solo desiderato lei, stare vicino a lei, parlare con lei.
Aveva
fatto di tutto, ogni cosa fosse in suo potere per riuscirci. E alla
fine aveva
ottenuto la sua amicizia e forse anche qualcosa di più.
Eppure
adesso tutto sembrava essere tornato come un tempo, anzi, era molto
peggio.
Era
accaduto così, senza preavviso.
L’ultima
volta che lei non era stata ostile con lui, si erano baciati.
Poi
lei aveva cominciato ad allontanarsi, ad essere sfuggente.
E
infine, quella rabbia negli occhi.
Non
riusciva a spiegarsi il risentimento che pareva aver preso dimora in
quelle
iridi verdi, quando queste si posavano su di lui. Non si dava pace,
riviveva
tutte le sue azioni all’indietro, ma non riusciva davvero a
trovare niente.
Niente
che potesse giustificare quella collera.
Aveva
provato a parlarle, certo, ma lei non lo aveva degnato della minima
attenzione.
Lo
aveva liquidato in fretta, per poi andarsene via e lasciarlo con un
milione di
domande ed il cuore che, a poco a poco, perdeva battiti.
L’ultima
volta che le aveva chiesto spiegazioni, quasi arrabbiato, lei era
diventata una
furia. Lo aveva inchiodato con lo sguardo e con un sorriso amaro e
crudele,
aveva pronunciato come veleno: -Dammele tu delle spiegazioni!-
Lo
aveva spinto via e se ne era andata. Ancora.
Lui
a quel punto non l’aveva più cercata, gli pareva
inutile.
Ma
vivere senza Lily Evans vicino era come morire un pezzo ogni giorno.
Quell’ira
e quell’indifferenza, poi, lo massacravano. Lo facevano a
brandelli.
L’oggetto
dei suoi pensieri fece il suo ingresso in quel momento, altera e fredda
come
era stata pochi mesi prima. Era tornata la vecchia Evans.
Il
mantello nero sull’uniforme indossata perfettamente, i lunghi
capelli rossi,
lisci come seta, tirati su in un severo chignon, da cui sfuggivano
poche e ribelli
ciocche scarlatte.
Gli
occhi verde chiaro, stupendi, gelidi come il ghiaccio.
Nessuno
fece un commento, mentre passava tra i tavoli. Dopo la sua sfuriata ad
Halloween, quando aveva rispedito tutti nei loro dormitori, in molti
avevano
capito che c’era poco da sfidarla. In più adesso
c’era l’amicizia con i
Malandrini.
E
quel pizzico di sicurezza e coraggio che la ragazza aveva acquisito.
Come
da copione, Severus Piton puntò lo sguardo su di lei.
E,
come da copione, lei lo ignorò.
Erano
stati amici, una volta. Ma oramai sembravano secoli, erano addirittura
tornati
a salutarsi con i propri cognomi.
Lily
procedeva con passo sicuro e prese posto ad una delle
estremità del tavolo di
Grifondoro, decisamente lontana dal gruppo dei Malandrini, sedendosi
vicino a
Frank Paciock, che le rivolse un sorriso amichevole.
Lo
uccideva.
Se
faceva così lo uccideva.
Lei
sorrideva, parlava. Ascoltava con interesse ciò che Frank le
diceva.
-Stronza.-
sibilò Sirius, osservando la rossa con rabbia.
-Sirius!-
lo riprese Vick, trucidandolo con lo sguardo.
-Cosa?
Quando gli serviamo è tutta sorrisi e moine, e ora guardala!-
-Ti
sbagli! Lei non è così!-
-Dici
questo perché è tua amica!-
State
zitti.
La
vide portarsi un ciuffo rosso come il fuoco dietro
l’orecchio. E sorrideva.
-Ragazzi,
basta. Non spetta a noi dare giudizi.- li ammonì Remus,
pacato.
Sirius
sbuffò, Victoria continuava a sgridarlo.
State
zitti.
Ad
un tratto lei rise, per poi voltarsi e rispondere al saluto di Emma
McLoow, il
portiere di Grifondoro. Pareva essere tutto normale.
Lily
stava bene. Non si curava di lui.
O
almeno fu questo che gli
occhi e la mente di James videro.
Rideva,
rideva Lily.
Parlava,
ascoltava, interveniva. Lo sguardo sereno.
Un
tempo la sua totale attenzione era rivolta verso di lui. Un tempo
parlava e
rideva con lui, ascoltava lui, camminava con lui, si sedeva con lui. Lo
prendeva per mano.
Lo
aveva baciato.
Mi
uccidi.
Quella
bocca morbida e sottile, da bambola.
Così
mi uccidi.
E
intanto intorno a lui continuavano a blaterare senza sosta. Remus
parlava con
il suo solito modo pacato, molto inglese. Sirius borbottava. Vick
strillava,
indignata.
Distinse
anche la voce di Alice Rubin.
State
zitti!
In
quel momento lei voltò il viso ed i loro occhi si
incrociarono. E attraverso
quello sguardo passò di tutto. Gli occhi di lei parevano
addolorati, lucidi.
Poi,
improvvisamente, si accesero di collera. E quel sentimento era tutto
per lui.
Distolse
lo sguardo, spietata, lasciandolo lì a boccheggiare,
mozzandogli il fiato.
E
fu troppo.
Il
rumore della panca che veniva spostata, lo sbattere delle stoviglie
preziose
che venivano repentinamente allontanate.
James
si alzò in piedi, il respiro che non tornava.
E
vide che, da lontano, Bella lo guardava. Non si era persa nulla di
ciò che era
accaduto. Il ghigno divertito di quelle labbra rosse lo
nauseò.
La
terra girava, le luci si confondevano, le voci non avevano
più un senso.
Senza
ascoltare i richiami e le domande dei suoi amici, James
scappò via da quel
tavolo in cerca d’aria, dirigendosi spedito fuori dalla Sala
Grande.
Non
voleva sentire niente. Non voleva vedere niente.
-James!-
un urlo preoccupato.
Riconobbe
quella voce, era Julian. Ma non se ne curò affatto.
Un
attimo dopo era svanito dalla vista di tutti.
And now I can’t be sure of
anything.
Black is white and cold is heat.
For what I worshipped stole my love away.
It was the ground beneath her feet.
It was
the ground beneath
her feet.
[ Ed
ora non posso essere sicuro di niente.
Il nero è bianco ed il freddo è calore.
Perché ciò che adoravo mi ha portato via
l’amore.
Era la terra sotto i suoi piedi.
Era la terra sotto i suoi piedi. ]
I
corridoi del castello non gli erano mai apparsi così
infiniti e pieni di
persone, così terribilmente ricolmi di voci, urla, risate.
Così dannatamente
vivi.
Si
fece largo come un disperato tra gli altri studenti, ignorando chiunque
gli si
avvicinasse, gli parlasse.
Due
ragazzini del secondo anno, due Grifondoro, lo afferrarono allegramente
per il
mantello, attirando festosi la sua attenzione ed impedendogli di
scappare.
-Potter,
Potter!- trillò uno dei due, guardandolo con gli occhi
straboccanti di
ammirazione per lui. –Domani vinciamo! Vinciamo! Vero?-
La
risposta non fu quella che avrebbe voluto.
Che
chiunque si sarebbe aspettato da Potter Il Mito.
-Fuori
dai piedi.-
No,
quello non poteva essere il loro Capitano Potter, pensarono i due
piccoli,
mentre vedevano il loro grande eroe allontanarsi, senza più
degnarli di
un’occhiata.
James
entrò nel bagno dei ragazzi come una furia.
Era
completamente deserto, ma lui non se ne curò.
Corse
subito in uno dei cubicoli e vi si rinchiuse, vomitando nel water anche
l’anima.
Era
solo caffè.
Caffé
e saliva, dal momento che non aveva mangiato niente.
Ma
lo soffocavano. E non riusciva a liberarsene.
La
porta del bagno si aprì di nuovo, poi si richiuse.
Sirius
Black andò a fermarsi proprio vicino al cubicolo chiuso dove
sentiva esserci il
suo amico e rimase immobile, in silenzio.
Chiuse
gli occhi, sentendosi invadere dal dolore.
Perché
loro erano fratelli. Perché loro vivevano in simbiosi.
Si
capivano, erano indivisibili, come due gemelli.
E
se James soffriva, Cristo, soffriva anche lui. Terribilmente.
Non
poteva farci nulla, era sempre stato così.
Dopo
ancora qualche minuto di quell’Inferno, Potter
uscì e, ignorando anche Sirius,
andò a sciacquarsi la bocca ed il viso, trovando un
po’ di sollievo nell’acqua
fresca sul volto in fiamme. La gola bruciava, lo stomaco bruciava, gli
occhi
bruciavano.
Quando
ebbe finito di rinfrescarsi, sollevò lo sguardo ed
incontrò quello del suo
migliore amico, fermo dietro di lui.
Sentendo
un nodo alla gola serrarsi, James si chiese per quanto ancora sarebbe
riuscito
a sfuggire a quegli occhi blu. Occhi blu che ora, riflessi sulla
superficie
dello specchio, lo fissavano, attenti. Pieni di dolore e preoccupazione.
-Che
ti succede, James?-
Diretto.
Preciso. Sirius era sempre stato così.
Non
si era mai fatto problemi a fargli domande, non c’erano mai
stati segreti tra
di loro, quindi non doveva esserci timore nel chiedere.
Eppure,
guardando in quegli occhi conosciuti ed amici, James, per la prima
volta,
scorse un’ombra di esitazione, di paura.
-Niente.-
rispose, come un discorso mandato a memoria. –Non mi sento
bene, tutto qui. Può
capitare, no? Magari è un po’ di tensione per
domani.-
E
finalmente Sirius Black si rese conto, comprese.
Una
constatazione che faceva malissimo.
Il
suo migliore amico mentiva. Suo fratello mentiva. A
lui.
Fu
tutto molto veloce.
Nello
specchio, James vide gli occhi di Sirius spalancarsi e riempirsi di
sofferenza,
poi chiudersi, solo per un istante. Quando si riaprirono, in quel blu
elettrico
albergava la stessa furia, la stessa rabbia, che aveva visto in quelli
di Lily.
E
non potè scappare, perché il suo amico lo
afferrò con forza per un braccio,
costringendolo a votarsi. Era troppo debole per lottare.
Così,
quando Sirius lo sbatté contro il muro alle sue spalle,
l’impatto fece più male
del solito e James si lasciò sfuggire un gemito di dolore. E
poi le urla.
Le
urla che aspettava da tanto tempo.
-GUARDAMI!
JAMES, GUARDAMI!-
Sirius
era sempre stato più alto di lui di qualche centimetro, ma
quella mattina
sembrava imponente. Enorme, rispetto a lui, che era una
nullità.
-VAFFANCULO,
JAMES! DA QUANTO, EH? DA QUANTO TEMPO NON MI GUARDI PiU’
DRITTO NEGLI OCCHI?!
DIMMILO! DIMMELO, BASTARDO!-
Già.
Da quanto tempo?
Da
quanto tempo non riusciva ad incrociare lo sguardo di Sirius? Da quanto
tempo
non riusciva più a specchiarsi negli occhi blu di suo
fratello?
La
verità era che assomigliavano troppo a quelli di Bellatrix.
E
vedersi riflesso nel blu affettuoso e sincero del suo migliore amico
non faceva
che ricordargli dell’enorme torto che gli aveva fatto. Gli
faceva ricordare
cosa era.
Non
riusciva a dirgli nulla.
E
più lui non parlava, più le urla di Sirius
aumentavano.
Quello
non era il suo migliore amico, si disse Black al culmine della
disperazione.
Quel ragazzo inerme e silenzioso non poteva essere James Potter.
Un
incubo. Era un incubo.
Remus
glielo aveva ripetuto così tante volte e lui era stato sordo.
Era
stato cieco.
Aveva
voluto vedere ciò che gli aveva fatto comodo vedere. E si
era tappato le
orecchie, dicendosi che tutto stava andando bene. Che non stava
accadendo
niente.
Ma
nel silenzio di quel bagno, vedendo il volto del suo migliore amico
riflesso
nello specchio, si era scontrato nella realtà. E aveva
capito.
James
gli mentiva.
Gli
mentiva da chissà quanto.
Quella
scoperta era stata una pugnalata in pieno petto.
E
adesso lo guardava e non lo riconosceva.
Il
viso pallido, stanco. Gli occhi spenti, arrossati.
Chi
era? Chi era quel ragazzo?
Chi sei?
Improvvisamente
intorno a lui fu silenzio e si rese conto di avere smesso di urlare.
Neppure
ricordava ciò che aveva detto in preda alla furia.
Aveva
il fiatone e James era ancora lì, immobile.
-Cosa
mi stai nascondo?- domandò, disperato.
Vide
chiaramente l’amico trasalire.
-Niente.-
La
stessa risposta. Ultimamente era l’unica risposta che aveva
per tutto.
Il
pugno che James si prese in pieno viso gli fece sanguinare il labbro,
ma non
faceva male come lo sguardo furente e accusatore di Sirius.
-Ti
ammazzerò di botte, se non parli!- ringhiò Black,
fuori di sé. –Non provarci,
James Potter! Non provarci neppure a mentire a me! A me, dannazione!-
Nell’attimo
di silenzio che seguì, entrambi poterono sentire il vocio
degli studenti che si
avviavano verso la loro prima ora di lezione. Ma nessuno dei due si
mosse.
-Lily
Evans deve esserci arrivata prima di me. Deve essere stata la prima a
capire
che ci stai prendendo tutti per il culo.- continuò Sirius,
freddamente. –Ora
capisco perché era fuori di sé, quella volta. Ed
io che l’ho anche reputata una
pazza!-
Rise
con asprezza.
Ecco,
adesso era veramente un Black.
Ma
James non vi fece caso. Al nome di Lily aveva subito alzato il capo.
-Lily?-
mormorò, debolmente. –Cosa c’entra Lily?-
-Una
sera la tua bella è venuta da me e mi ha mostrato un foglio
di carta. Non avevo
capito subito che era il tuo stupido tatuaggio, ma lei sembrava pazza.
Era
fuori di sé! Non faceva che chiedermi se io sapessi cosa
significava!-
E
Potter si sentì morire.
I
suoi occhi, dietro le lenti degli occhiali, si riempirono di puro
orrore.
-No.-
esalò, senza più aria. –No. Dio, no.-
Sarebbe
morto, se lo sentiva. Le gambe non lo tenevano più, la terra
cedeva sotto i
suoi piedi. Finito, era finito.
Ora
capiva tutto quel risentimento negli occhi di Lily.
Cosa
aveva scoperto? Quanto era arrivata a sapere?
E
come? Come aveva fatto a capire?
Non
sarebbe mai stata sua. Lo avrebbe allontanato per sempre.
Il
suo amore era stato ucciso.
E
lui, invece, aveva un così disperato bisogno di
lei…
Senza
forze, si lasciò scivolare, cadendo carponi ai piedi della
fredda parete che
aveva alle spalle. Sirius fu subito da lui.
-James.-
lo chiamò, preoccupato. –James, ti prego.-
Ma
lui non gli rispondeva. Era come una bambola, una bambola rotta.
-James!-
riprovò, in preda alla disperazione. –James,
guardami!- lo supplicò,
prendendogli il volto tra le mani e costringendolo ad incontrare il suo
sguardo.
-James,
io sono qui! Starò sempre qui! Io ci sarò sempre
per te!- gli disse, sperando
che suo fratello udisse quelle parole. Ma quegli occhi erano vuoti.
–James!
James, io ti voglio bene! Sei la mia famiglia! Tu, Remus, Peter e
Victoria
siete tutto il mio mondo!-
Qualcosa
parve riprendere vita in quegli occhi neri. Una debole luce.
-Sei
mio fratello, Sirius?-
Quella
voce pareva giungere da molto lontano, da un luogo irraggiungibile.
-Sì!
Sì lo sono!-
Gli
occhi neri di James si riempirono di sofferenza, diventando lucidi come
Black
non aveva mai visto da che si erano conosciuti. James rideva sempre.
Quell’accenno
di lacrime gli mozzarono il fiato, lo spaventarono.
-Perdonami.-
mormorò Potter, disperato. –Perdonami, ti prego.-
-Qualsiasi
cosa! Ti perdono qualsiasi cosa!- fece subito Sirius. –Ti
prego, parlami! Cosa
ti succede, Jamie? Che hai fatto? Non posso fare nulla se tu non mi
aiuti!-
Ma
James abbassò nuovamente lo sguardo, sfuggendo ai suoi occhi.
-No,
no ti prego! Ti prego, non chiuderti di nuovo!- lo supplicò
Black, in preda
alla disperazione. –Non lo dirò a nessuno, se
vuoi! Sarà il nostro segreto! Non
dirò neppure a Remus, se lo vorrai! Te lo giuro!-
Vide
un sorriso triste piegare le labbra del suo migliore amico e
capì di aver
perso.
-Non
voglio.-
-Perché?-
-Ho
paura.-
Sì,
anche James Potter aveva paura. Una paura tremenda.
-Non
devi averne! Ci sono io con te!- replicò Sirius, accorato.
–Ci sarò sempre io
con te, James! Dovunque andrai, ci sarò anche io! Ti
sosterrò io, quando non
sarai in grado di reggerti sulle tue gambe. Combatterò io,
quando tu sarai
troppo stanco per farlo! Ci sarò sempre anche io, James!-
gli disse, e c’era la
verità in quegli occhi blu.
-Sei
mio fratello! Questa è l’unica cosa che mi
interessa, l’unica cosa che devo
sapere. Perciò puoi dirmi tutto ciò che vuoi,
puoi confessarmi tutto, perché
per me non cambierà niente. Niente! Non voglio che tu menta
a me!-
Potter
alzò il capo e scrutò il suo amico come se lo
stesse rivedendo davvero dopo
un’infinità di tempo. Che strana cosa.
Solo
in quel momento capì. Si stava allontanando da Sirius, dagli
atri ragazzi, e
neppure se ne stava rendendo conto.
E
quando aprì bocca, ancora terrorizzato dall’idea
di parlare, la porta del bagno
si aprì di botto, facendo sussultare entrambi e lasciando
entrare Minerva
McGranitt in persona. L’insegnante mandava lampi con i suoi
occhi.
-Potter!
Black!- tuonò. –Lo sapevo che eravate a
bighellonare, invece che essere a
lezione! Come è possibile che i M.A.G.O. siano di
così poca importanza per
voi?!-
I
suoi due studenti erano ammutoliti. E solo dopo la sua sfuriata si rese
conto
della brutta cera di James, ancora a terra.
-Potter,
ma cosa ti prende?- domandò, cominciando a preoccuparsi.
-James
non sta bene, professoressa.- intervenne subito Sirius, mentre aiutava
l’amico
a rimettersi in piedi.
-Capisco.-
fece la McGranitt, seria in volto. –Lo porterò io
in infermeria. Tu Black corri
in classe e non azzardarti a ribattere!- ordinò.
Trattenendo
a stento un’imprecazione bella pesante indirizzata alla
donna, Sirius annuì e,
dopo aver rivolto un ultimo sguardo a James, uscì dal bagno.
L’insegnante
rimase per un poco in silenzio, poi puntò lo sguardo su
Potter, perfettamente
immobile.
-Vuoi
che chiami il preside?- gli chiese, preoccupata.
-No.-
rispose il ragazzo. –No. Non è per i miei poteri
che sto male.-
***
Sirius
Black non spiccicò parola durante le due ore di
Trasfigurazione, né lo fece
nelle successive due ore di Incantesimi. Pareva aver disimparato a
parlare.
L’unica
cosa che Remus Lupin sapeva era che James si trovava in infermeria.
Ed
era a conoscenza di questo perché era stata la McGranitt a
dirlo.
Mentre
l’insegnate stava informando la classe di ciò,
Remus aveva visto chiaramente
Lily Evans impallidire ed abbassare lo sguardo.
Soffriva
anche lei.
Quell’atteggiamento
freddo e distaccato era soltanto una maschera.
Un
modo per punire James, forse.
Punirlo
perché stava nascondendo qualcosa a tutti?
Remus
non si sentiva di giudicarlo invece. Nessuno meglio di lui poteva
conoscere il
dolore di dover tenere un segreto.
Sirius
rimase in silenzio anche durante il pranzo in Sala Grande.
Intorno
a lui, tutto viveva, gioiva, faceva rumore. E lui restava zitto. Pareva
essersi
assentato, rifugiato in un luogo dove loro, i suoi amici, non potevano
accedere.
Perché
lui, solo lui, aveva provato il dolore accecante di vedere James Potter
in
quello stato terribile. Solo lui, unico, aveva visto quegli occhi neri,
sempre
così vivaci e spensierati, velati dalla disperazione, dalle
lacrime.
Aveva
assistito ad una cosa così grande e così
terribile da non poterla condividere
con nessuno. Aveva deciso di tenere le labbra cucite nel momento in cui
era
uscito da quel bagno e non avrebbe cambiato idea.
Forse
avevano tutti preteso troppo da James.
Lui
era il loro pilastro, la loro forza.
Era
da James che andavano quando c’era qualcosa che non andava. E
lui era sempre
lì, pronto per loro, sempre disponibile a scherzare, a
regalare uno dei suoi
sorrisi malandrini, contagiosi.
Doveva
essere per questo motivo. James era sempre così impegnato ad
esserci sempre per
loro, che non aveva mai trovato tempo per se stesso.
Non
aveva mai avuto modo di poter dire di avere anche lui un problema. Ed
aveva
tenuto dentro tutto quanto, fino a scoppiare.
Remus,
il piatto pieno di cibo ancora intatto, non staccava gli occhi da
Black, in
ansia. Alla fine aprì bocca, deciso a chiedere, ma Victoria
gli fece cenno di
tacere.
Non
era il momento, dovevano rispettare il silenzio di Sirius, anche se
entrambi
erano in preda all’ansia ed al timore per James.
Julian
Harris apparve all’improvviso, anche lui aveva il mantello
sopra l’uniforme di
Corvonero. Ed era da solo.
Xeno
e Jasper erano rimasti al tavolo dei Corvi, lasciandolo andare.
Il
biondino lanciò un’occhiata indecifrabile a
Sirius, ma non gli disse una
parola, non gli rivolse alcuna domanda. Andò invece a
sedersi vicino a Remus,
afferrò un piatto pulito e lo riempì di pasticcio
di carne.
Era
proprio strano, Harris. Arrivava dal nulla, si sedeva vicino a loro e
si
metteva a mangiare, senza prestare particolare attenzione a nessuno.
-Dovrebbero
dare uno stipendio a questi elfi domestici. Magari migliorerebbero la
loro
cucina.- bofonchiò ad un tratto, interrompendo quel silenzio
ed attirando
l’attenzione di tutti, che presero a guardarlo con stupore.
-La
cucina degli elfi domestici è sempre ottima!- fece Victoria,
stupita.
-Se
lo dici tu…-
-E
comunque non è il momento di parlare di elfi e pasticcio di
carne!-
-Ah
no? Ma non siamo a pranzo?-
-Julian,
per Merlino! Siamo preoccupati per James!-
-Oh.-
fece lui, stringendosi nelle spalle. –L’ultima
volta che l’ho visto era
stamattina e stava scappando dalla Sala Grande. Che ha fatto? Sta di
nuovo per
morire?-
Ok,
la Olsen stava per esplodere.
Con
gli occhi azzurri che mandavano fiamme, Victoria sbatté
rumorosamente le mani
sulla tavola, attirando l’attenzione dei Grifondoro
più vicini.
-Ma
come accidenti fai a essere così insensibile?! Eh? James
è anche amico tuo!-
-James
è grande e vaccinato. E io devo riempirmi lo stomaco.-
Vick
stava facendo scintille, sbraitando di tutto contro Harris, ma Remus,
stranamente, sorrise. Era difficile capire quel Corvonero, eppure, una
volta
che ci si era riusciti, non era poi così fatico
comprenderlo. Julian andava…
beh, andava interpretato.
-James
sta bene.- disse ad un tratto il Corvo, stupendo non poco Victoria.
–Insomma,
mi trovavo per caso dalle parti dell’infermeria, prima di
venire a pranzo. E
l’ho visto uscire. Era un po’ abbattuto, ma tutto
intero. Perciò rilassati.-
Si
trovava là per caso, sì, come no.
Remus
Lupin continuava a sorridere.
Ahhh,
Julian, Julian…
Che
tipo!
-James
ti ha detto niente?- chiese la Olsen, tornata a sedersi composta.
-Sì,
che non sarebbe venuto a pranzo. Né a lezione.-
-E
tu?-
-Gli
ho detto che assomigliava ad uno zombie e l’ho salutato.-
-Wow,
sei proprio un grande amico tu…- lo rimproverò la
ragazza.
-Gli
amici sono sinceri.- si giustificò Julian. –E ti
garantisco che uno Schiopodo
Sparacoda è più affascinante di lui in questo
momento.-
Victoria
Olsen si astenne dal replicare.
In
quel momento arrivarono in Sala Grande anche Lily Evans e Alice Rubin,
che
parlavano sommessamente tra di loro, ignorando tutti gli altri.
Frank
Paciock andò incontro alle due ragazze e Lily gli sorrise,
anche se qualcosa
nel suo volto tradiva il suo vero stato d’animo. Non era
serena.
Qualcosa
la stava consumando da dentro.
E
Remus Lupin, attento osservatore quale era, lo aveva notato.
Frank
accompagnò le compagne al tavolo, dove tutti e tre presero
posto con il resto
del settimo anno di Grifondoro. Agnes Taylor, Amber Wood e Judi Bell,
che
dividevano il dormitorio con Alice e, un tempo, anche con Lily; Bruce
Barners e
Chuck Knight, gli ultimi due ragazzi del settimo di quella Casa, due
tipi con
cui i Malandrini non avevano mai legato.
Erano
talmente pieni dì se, che neppure il povero Frank in
più di sei anni di
convivenza era riuscito ad integrarsi con loro.
Bruce
e Chuck si lanciarono un’occhiata strana, quando Lily si
unì al gruppo.
Parevano stupiti e non facevano nulla per nasconderlo.
Le
ragazze reagirono in modo diverso. Agnes, sempre seria e silenziosa, le
sorrise
appena, per poi tornare al suo pranzo. Amber non la degnò di
uno sguardo.
Judi
le scoccò un’occhiata, per poi dedicarsi alla sua
insalata.
Quest’ultima
era stata la ragazza di James per circa tre mesi, sul finire del quinto
anno.
Potter si era messo con lei soprattutto su incitamento di Sirius, che
si era stancato
di sentire tutte le sere i suoi piagnistei sulla Evans.
E
la sera dopo i G.U.F.O. era accaduto l’evento, James Potter
non era più un
verginello.
Ma
l’ex verginello in questione non aveva poi molto gradito la
sua prima volta,
forse perché, come diceva Remus, non era avvenuta con la
ragazza giusta.
La
storia con Judi era finita perciò molto presto.
Il
sesto anno era stato un Inferno.
Judi
Bell aspettava James appostata ovunque per poi spuntargli davanti e
prorompere
in piagnistei senza fine, accusandolo di averla sedotta e abbandonata.
Il
povero Ramoso era spaventato a morte da quella ragazza e la evitava
come la
peste.
Ad
ogni modo, nonostante la compagnia ostile, Lily Evans
consumò il proprio pranzo
in silenzio, rispondendo unicamente a qualche domanda di Alice.
Pareva
distratta, persa a pensare ad altro.
Terminato
di mangiare, fu la prima a rimettersi in piedi a ad andarsene.
Passò
davanti ai Malandrini lanciando loro un’occhiata distratta,
troppo presa
com’era nei suoi pensieri, e tirò dritto verso
l’uscita.
-Che
situazione assurda…- commentò Victoria, in pena.
–Se solo ci capissi qualcosa…-
-Non
ci capisce niente nessuno, tranquilla.- fece Julian, neutro.
Sirius
si alzò, stupendo tutti.
-Vado
in classe.- annunciò, scuro in volto. –Ci si vede
stasera.- mormorò a Vick,
prima di chinarsi su di lei e prendersi un suo bacio.
Pareva
essere nelle stesse condizioni della Evans e questo mise in allarme i
suoi
compagni, eccetto Harris, che era capacissimo di bersi una bella tazza
di tè
con biscotti anche durante la fine del mondo.
Finì
che ognuno prese una strada diversa, salutando gli altri.
Victoria,
che aveva l’ora libera dopo il pranzo, si unì ad
un gruppo di ragazzi del suo
anno figli di babbani ed andò con loro per una partita di
calcetto; Julian ritornò
dai suoi amici strambi giusto in tempo per beccare Xeno che tentava di
setacciare l’aria in Sala di Ingresso con uno strano
strumento; Remus si
preparò alle consuete due ore di Pozioni con Serpeverde e
durante il tragitto
incontrò Eva Ames, con la quale scambiò qualche
parola.
Peter
e Sirius erano già in classe, seduti vicino.
Lily
arrivò qualche minuto dopo, affaticata. Doveva essere
sicuramente stata in biblioteca,
Lupin erano pronto a scommetterci.
La
rossa gli rivolse un saluto veloce, andando poi a sistemarsi in prima
fila,
dove avrebbe potuto ascoltare perfettamente le indicazioni di Lumacorno.
Arrivarono
anche i Serpeverde, cupi come loro solito.
Piton
gettò un’occhiata su Lily Evans, prima di prendere
posto al fianco di Lucius
Malfoy e tirare fuori dalla propria borsa il libro di pozioni,
indifferente.
Horace
Lumacorno fu l’ultimo ad arrivare in classe, avvolto in un
pesante mantello di
pelliccia e con l’aria scontenta. In quell’aula si
gelava.
E
continuò a fare freddo anche dopo che tutti i calderoni
furono accesi.
Remus
starnutiva ogni tre secondi, senza riuscire a trattenersi. Si sentiva
sempre
più accaldato e comprese con rabbia che la febbre stava
salendo.
Eva
Ames lo guardava dall’altro lato della stanza e, quando i
loro occhi si
incrociarono, gli sorrise, dolce e preoccupata. Lui scosse il capo,
come a
dirle di stare tranquilla.
Sirius
persisteva nel suo silenzio innaturale, preparando gli ingredienti sul
banco,
senza curarsi di nessuno in particolare. Non si accorse neppure
dell’occhiata che
si scambiarono Peter e Bellatrix.
Lily,
stranamente, non riusciva a tenere l’attenzione sulle parole
del professore e
la cosa la turbava moltissimo. Non era il momento di distrarsi, non
quando
Lumacorno aveva deciso di spiegare loro la preparazione del Distillato
della
Morte Vivente.
-Mi
raccomando ragazzi, - stava dicendo il professore in quel momento
–vedete di
triturare bene le radici di valeriana, altrimenti l’effetto
che produrranno una
volta aggiunte nel calderone non vi piacerà.- fece,
sorridendo.
Passando
vicino alla ragazza, Lumacorno le fece un sorriso incoraggiante,
sicurissimo
che lei avrebbe ottenuto il migliore dei risultati, come sempre.
Sospirando,
Lily si mise a lavoro, cercando di dare il massimo come suo solito.
Ma
più si sforzava, più il pensiero di
quell’idiota la tormentava.
Era
diventato irriconoscibile, non sembrava più lui e se ne era
resa conto.
Però
lei non aveva potuto fare altrimenti, la rabbia e la delusione
l’avevano
accecata ed il suo unico desiderio era stato quello di stare alla larga
da quel
bugiardo.
James
era stato strano per tutta la settimana, aveva provato a parlarle, ma
lei non
aveva fatto altro che sfuggirgli e resistere alla tentazione di
picchiarlo, di
urlargli contro di tutto. Ferirlo.
No,
quello lo aveva fatto. Lo aveva ferito eccome.
Ricordava
come era fuggito dalla Sala Grande quella mattina.
E
adesso lui non c’era. Non si era presentato a lezione,
né a pranzo. Non c’era
neppure quel pomeriggio.
Si
chiese come si sentisse, se fosse ancora in infermeria ed
avvertì una morsa
stringerle fortissimo lo stomaco.
Oh,
James…
Perché
le aveva mentito? Perché le stava nascondendo qualcosa?
Perché
a lei, lei che si era fidata, che gli aveva detto ogni singola cosa
della sua
vita?
Che
terribili poteri potevano esserci dentro di lui a tal punto da indurlo
a
raccontare menzogne? E lei era proprio sicura di voler conoscere la
verità?
Doveva
trovarlo, doveva parlargli. Quel mutismo tra loro era durato fin
troppo, lo
aveva punito a sufficienza. Adesso voleva solo rivederlo e sapere.
Ed
intenta a pensare a lui, al suo meraviglioso e maledetto lui, non si
rese conto
del pasticcio che, per la prima volta stava combinando.
Quando
se ne avvide, le due ore di pozioni erano quasi terminate ed il suo
Distillato
della Morte Vivente, invece che essere trasparente come
l’acqua era di un
bizzarro rosso fuoco. E fumava.
Tutti
gli occhi della classe erano puntati su di lei, increduli. E, tra di
essi, vi
erano anche quelli spalancati dallo sconcerto di Horace Lumacorno.
Il
professore si avvicinò a lei e al suo calderone con fare
circospetto, aveva
l’aria sconvolta di qualcuno che non riesce a credere a
ciò che ha davanti agli
occhi.
-Lily…
Lily cara…- mormorò, guardando prima lei, poi la
sua pozione. –Mia cara… che è
successo? Come è stato possibile?-
Abbassando
lo sguardo, mortificata, la rossa non seppe assolutamente cosa dire.
Pozioni
era sempre stata la sua materia preferita. Aveva ottenuto i migliori
risultati
della classe fin dal primo anno. Mai una pozione impazzita, mai
esplosioni.
Sempre
perfetta.
Cosa
avrebbe potuto dire all’insegnate?
“Mi
scusi prof, ma ero troppo intenta a pensare al ragazzo di cui sono
innamorata e
che attualmente mi sta facendo impazzire di rabbia e
preoccupazione?”
No,
non era una buona idea.
-Mi
dispiace.- si decise a dire. –Io… io non sono
stata sufficientemente attenta.-
-Ma
questo non è possibile, mia cara!- ribattè
Lumacorno, sconvolto. –Probabilmente
devo aver spiegato male qualche passaggio. O forse non ti senti bene.
È tutto a
posto, Lily?- le domandò, scrutandola con attenzione.
Con
la coda dell’occhio, la ragazza notò Zabini
parlottare con Nott. Distinse
chiaramente le parole “cocca del prof”. Si
irrigidì ed affrontò l’insegnante,
dura in volto.
-Ho
fatto un errore, recupererò la prossima volta.- e con un
colpo di bacchetta
fece evanescere il contenuto.
Ecco,
avrebbe preso la sua prima T.
Troll.
E
tutto per James Potter, il maledetto.
Gli
avrebbe fatto pagare anche questa, ma per il momento desiderava
soltanto che i
minuti scivolassero via veloce per permetterle di andare a cercarlo.
-Ovvio
che recupererai.- fece Lumacorno, incoraggiante. –Non
valuterò questa tua
prova, mia cara. Verrai un pomeriggio in aula e proverai ancora,
tranquilla.
Non lascerò certo che un incidente del genere rovini la tua
media.-
-La
ringrazio.- mormorò lei, prestandogli poca attenzione.
Dopodichè
il professore, ancora un po’ stordito, si mosse anche tra gli
altri tavoli,
dando giudizi più o meno positivi. Ovviamente Severus Piton
ottenne la
votazione più alta della classe. Gli unici ad avvicinarsi al
risultato del
Serpeverde furono Remus, Eva Ames e Bellatrix Black.
Quando
l’ora terminò, Lily si attardò intorno
al suo calderone, cercando di prendere
tempo. Non voleva che Alice la aspettasse, né desiderava
incontrare Remus
oppure Sirius fuori dall’aula. Si era accorta degli sguardi
astiosi che le
aveva rivolto Black quella mattina a colazione e non voleva perdere
tempo in
litigi o spiegazioni.
Si
accorse però che il professore se ne era andato e che in
aula era rimasta solo
lei e… Severus Piton, che la guardava dalla zona di
Serpeverde.
Allora
ficcò tutto in borsa in fretta e furia ed uscì
alla svelta dalla class di
pozioni.
Non
voleva parlare con Piton.
Era
più di un estraneo per lei. Lui era semplicemente
indesiderato.
Il
ragazzo più strano e contraddittorio che avesse mai
conosciuto. Un vecchio
amico che però non aveva battuto ciglio quando quella notte,
in biblioteca,
Lucius Malfoy aveva provato a marchiarle sulla pelle la M di
mezzosangue.
Uscì
talmente di fretta che, quando si sentì afferrare per un
polso, si voltò in
preda alla rabbia, convinta che fosse stato il Serpeverde da cui era
fuggita a
fermarla.
Ma
non fu così e sul suo volto si dipinse lo stupore.
Lei
e Julian Harris non erano mai stati amici. Non si erano mai rivolti la
parola.
Aveva
intuito che lui fosse amico di James, ma loro due non si erano mai
neppure
presentati come si doveva.
Eppure
adesso il Corvonero era davanti a lei, un’espressione neutra
sul viso.
Le
aveva lasciato il polso e la scrutava.
-Posso
fare qualcosa per te?- fece lei, non sapendo come comportarsi.
Harris
restò in silenzio.
Osservò
Piton uscire dall’aula, non battè ciglio quando il
Serpeverde lanciò
un’occhiata verso di loro e poi riportò lo sguardo
su di lei, sempre una
maschera di indifferenza.
-Per
quanto hai intenzione di tirarla per le lunghe?-
si decise a dirle, incrociando le braccia sul
petto.
-Come
scusa?- fece lei.
-Questa
tua ostilità verso Potter durerà ancora
parecchio?- ripetè lui.
Lily
si irrigidì subito, facendo un passo indietro.
–Questi non sono fatti tuoi.-
-Certo
che lo sono.- ribattè Julian. –James è
di una noia mortale da quando tu gli hai
tolto il saluto, lo sai? È un cadavere che cammina ed ha un
aspetto orribile.
Tutta colpa tua.- la informò, calmo.
-Oh,
scusami tanto, Harris. Ma quello che pensi tu non mi riguarda affatto.-
sibilò
lei, fredda, scrutandolo con i severi occhi verdi.
-Così
lo perderai.- le disse lui, facendola tremare.
–Già una volta James ha commesso
un errore madornale cercando conforto in un posto sbagliato, non
farglielo fare
di nuovo. Lui a te ci tiene davvero.-
Subito
Lily sentì il cuore battere più forte del normale.
Osservò
quel ragazzo alto e biondo che aveva davanti, Julian Harris. Era stata
scortese
con lui, doveva ammetterlo. Ma parlare di James la metteva in
agitazione.
Con
sorpresa vide il Corvonero porgerle la mano.
-Julian
Harris, non credo che ci siamo mai presentati. Anche se, grazie ai
pallosi
racconti di James, tra un po’ so anche quante volte vai al
bagno.- le disse.
E
lei, sorpresa, si trovò a stringere quella mano.
-Lily
Evans.- pronunciò. –Scusami, sono stata brusca.-
Lui
fece spallucce. –Muoviti ad andare a cercarlo. L’ho
visto uscire dal castello e
con questo freddo gli si starà gelando il di dietro a
quest’ora. Vedi di farlo
rientrare.-
Con
quelle parole se ne andò, senza più curarsi di
lei.
E
con il tempo Lily avrebbe scoperto che l’essere strambo, per
Julian Harris, era
la quotidianità. Una prerogativa.
Go lightly down your
darkened way.
Go lightly underground. I'll be down there in another day.
I won't
rest until you're
found.
[
Và giù leggermente per il tuo sentiero buio.
Và leggermente sottoterra. Io sarò
laggiù in un altro giorno.
Non riposerò finché non ti avrò
trovata. ]
Si era
ormai fatto buio e l’aria era divenuta molto
fredda, molto più gelida di come era stata durante il
giorno, quando il sole si
era impegnato a riscaldare la terra.
Nevicava.
Non aveva mai smesso di nevicare. E
adesso il parco di Hogwarts sembrava quasi essere irreale, candito,
magico.
Tutto quel bianco pareva brillare nel nero della notte e tutto intorno
era
silenzio. Un paesaggio da sogno.
Ma
nessuno si stava godendo quello spettacolo, ogni
studente del castello in quel momento si stava dirigendo in Sala Grande
per la
cena, in cerca di calore e di risate con gli amici. In attesa del sonno
che poi
sarebbe venuto. Preda dell’eccitazione per la partita di
Quidditch ormai
imminente.
No,
nessuno si trovava fuori nella neve. Nessuno.
Tranne lei.
Infreddolita,
Lily Evans cercò di infagottarsi più
che poteva nel pesante mantello che portava sulla divisa e
ringraziò Merlino di
aver indossato le calze di lana nera quella mattina, oppure sarebbe
morta
congelata. Ringraziò anche che non ci fosse vento.
Sentiva
le dita, prive di guanti, farsi sempre più
fredde e doloranti, ma non vi fece troppo caso, continuando a guardarsi
intorno, ansiosa.
James
prenderà freddo. E non sta bene.
Questo
era l’unico pensiero che aveva in testa.
Stupido,
stupidissimo James Potter. Lui e le sue
trovate idiote.
Che
diavolo ci faceva fuori con quel freddo e per
di più dopo il calar del sole?
Lei era
uscita da uno degli ingressi secondari del
castello, uno di quelli che in genere gli studenti usavano per recarsi
alle
lezioni di Cura di Creature Magiche.
Il
passaggio portava ad una vasta radura, in quel
momento immersa nella neve, da lì si scendeva fino ad
incontrare una modesta
macchia di abeti, anche quelli resi bianchi dal nevischio, per
incontrare
infine il famoso ponte sospeso.
Uno dei
più belli spettacoli che Hogwarts aveva da
offrire, Lily ne era sempre rimasta affascinata, anche se da piccola
aveva il
terrore di quell’enorme altezza.
Il
ponte conduceva al vero e proprio parco del
castello ed era realizzato in legno solidissimo, dotato di massicci
corrimani
che impedivano agli studenti che lo attraversavano di cadere e di un
tetto,
atto a riparare da pioggia e da altre intemperie. E ad intervalli
regolari
erano state posizionate delle lanterne magiche che pendevano dal
soffitto e si
accendevano sul far della sera.
Sotto
la grande costruzione, il vuoto. Ma la
struttura era fin troppo solida per avvertirlo. Se si soffriva di
vertigini,
bastava non sporgersi.
Decidendosi
a proseguire, Lily si avventurò nella
radura che aveva davanti, incespicando nella neve e rabbrividendo fin
nelle
ossa per il freddo pungente. Le stavano lacrimando gli occhi e si
sentiva il
viso gelato.
Nonostante
tutto proseguì, superò gli alberi di
abete e fu lì che lo trovò.
Fermo,
immobile, lo sguardo perso nel vuoto sotto
di lui.
James.
Era James.
Avrebbe
riconosciuto quella capigliatura in
disordine tra milioni.
Anche
lui indossava il mantello e se ne stava
poggiato ad uno dei corrimani, intento ad osservare il vuoto che si
distendeva
senza fine sotto di lui.
Era
talmente assorto da non accorgersi neppure di
lei.
La neve
scendeva, fitta come pioggia. La notte era
sempre più oscura.
Le
lanterne accese che si trovavano sul ponte erano
l’unica fonte di luce e calore.
Prendendo
coraggio, Lily fece un altro paio di
passi e, quando raggiunse il massiccio legno della passerella,
provocando
rumore, lui allora si voltò nella sua direzione.
I loro
occhi si incontrarono, perdendosi gli uni
negli altri. Non una parola.
James
non pareva troppo stupito di vederla lì,
davanti a lui, infreddolita e piena di neve nei capelli e sugli abiti.
Pareva
essersi aspettato il suo arrivo.
E,
rendendosi conto di dove si trovavano, a Lily
venne da sorridere con amarezza.
Su un
ponte. Sospesi.
Sì,
come erano loro. Come era il loro rapporto.
Sospesi.
Sospesi
nel nulla. Un passo falso e sarebbero caduti.
Un
passo falso e sarebbero andati giù, senza avere
più una possibilità.
Lo
guardò, senza distogliere lo sguardo. E fu lui
il primo a farlo, a sfuggirle, riportando l’attenzione sul
nero orizzonte, sul
turbinio di neve. Che cadeva, cadeva, cadeva.
Sarebbero
caduti anche loro?
Emettendo
un sospiro, Lily Evans chiuse gli occhi,
sentendosi tremare. Questa volta però non fu per il freddo,
ma per la paura. Il
terrore accecante di perderlo.
E
quando li riaprì, lui era ancora là, poco
distante da lei, immobile come una statua.
Di
ghiaccio.
La neve
cadeva.
Non
dobbiamo cadere anche noi.
Facendosi
forza, la ragazza si fece avanti,
maledicendo il fatto di essersi tirata su i capelli in quello stretto
chignon,
quella mattina. Non aveva la sciarpa ed aveva il collo scoperto. I
fiocchi di
neve a contatto con la sua pelle delicata non erano affatto piacevoli.
Rabbrividì.
Quando
fu ormai a pochi passi da lui, James si
voltò di nuovo a guardarla. Un’espressione
indecifrabile sul volto un tempo
così allegro.
-James.-
lo chiamò, sentendosi morire dentro.
–James, io…-
-Quanto
sai?- le domandò lui a bruciapelo, fermando
la sua avanzata.
Deglutendo,
Lily abbassò lo sguardo. –Meno di
quanto pensi.- rispose.
-Perché
adesso hai deciso di parlarmi?-
Un’altra
domanda. Ed era ricca di risentimento.
Adesso era lui ad essere arrabbiato con lei. Era la prima volta che
capitava,
notò la ragazza.
-Ero
furiosa con te. Ed avevo bisogno di fare
chiarezza.- gli rispose, sollevando lo sguardo verde chiaro su di lui.
-Ah
davvero?- mormorò James, tornando ad osservare
la neve. –E ora hai tutto chiaro?- le domandò con
un’ironia amara, non da lui.
Stentava
a riconoscerlo.
-No,
per nulla.- fece lei, parlando piano e
stringendo forte le mani tra loro, nel tentativo vano di scaldarle.
-Oh,
povera Lily.- la schernì lui, senza guardarla.
E fu
troppo. Troppo per lei, che corse da lui e lo
afferrò con rinnovata rabbia per il mantello, costringendolo
a guardarla in
viso.
Adesso
in quegli occhi verdi brillava la collera
che vi albergava quella mattina, James la riconobbe subito e gli
sfuggì un
sorriso triste.
-Ascoltami
bene, James Potter, non osare! Non
osare, mi hai capito?- soffiò lei, mentre stringeva forte le
dita nel tessuto
del mantello. –Non osare comportarti in questo modo con me,
chiaro? Non provarci
neppure ad essere arrabbiato! Sei tu quello con mille segreti! Sei tu
che mi
hai mentito! Bugiardo!- gli urlò e la sua voce si disperse
nel paesaggio,
immerso nel silenzio.
La
reazione di lui fu quanto di più strano lei si
aspettasse.
James
si liberò senza difficoltà dalla sua presa e
la guardò. –Sei gelata. Torna al castello.- le
disse, tornando poi con lo
sguardo altrove.
Ma Lily
non se ne sarebbe andata, non lo avrebbe
fatto per nessuna ragione. Adesso era lì, in sospeso, e
voleva sapere. Non
sarebbe scappata.
-Dunque
non neghi di avermi mentito. Non neghi di
essere un bugiardo.-
-No,
non lo nego.-
-Io ti
ho detto tutto di me, ogni cosa! Mi sono
fidata di te!- esplose lei, sentendo la propria voce incrinarsi.
–E tu invece
non hai avuto fiducia in me! Non mi ha detto niente! Non hai detto
nulla a
nessuno! Dicevi di stare bene!-
-Lo so.-
-Io mi
fidavo di te, James!- urlò allora lei,
sentendosi pericolosamente vicina alle lacrime. –Io mi ero
affidata a te!
Credevo che non ci sarebbero stati segreti tra di noi! Credevo di
essere
importante per te! Tutte le cose strane che ti sono
accadute… io… io impazzivo
dalla paura per te e tu… t-tu non dicevi nulla!-
continuò, incurante del
proprio alto tono di voce. Urlare la liberava.
-So
anche questo, Lily.- mormorò lui, tornando a
guardarla.
Se
possibile, lei si arrabbiò ancora di più.
-Perché
sei così, James? Perché mi parli come se
non ti importasse? Come se… come se avessi già
rinunciato a tutto?- gridò,
strattonandolo con rabbia.
Come
se avessi già rinunciato a me. A noi.
-Perché
è l’unico modo per resistere.- le disse,
non abbassando lo sguardo.
-A
cosa?- lo incalzò lei.
-A
quando te ne andrai.-
E lei
gelò e bruciò allo stesso tempo. Quelle
parole l’avevano colpita senza pietà.
Avvertì
il proprio cuore perdere un battito, per
poi iniziare a battere più veloce.
-Io…
io non voglio andarmene.- mormorò senza
pensare, perdendosi nel nero degli occhi di lui.
–Non… non ho mai…-
-Eppure
è questo che mi hai fatto capire in questi
giorni. E neppure ti do torto.-
La
guardava adesso, cercava qualcosa nei suoi
occhi.
Lily
desiderò ardentemente che lui capisse, che lui
comprendesse ciò che stava provando in quel momento. Non
c’era solo rabbia.
C’era anche paura, paura di perderlo per sempre e
preoccupazione.
-Tu
vuoi che me ne vada?- gli chiese, esitante.
-No!-
fece subito lui, prendendole una mano. –Lo
sai che non voglio.- sussurrò.
-Io
volevo… volevo solo farti del male. Ferirti
come tu avevi fatto con a me, James. E… e mi dispiace.- fece
lei, avvicinandosi
a lui. –Però ora, ti prego, devi dirmi tutto. Me
lo devi!- lo supplicò. –Tu… tu
non hai idea di cosa ha significato per me vederti su quel letto,
pallido ed
immobile come se fossi stato ad un passo dalla morte. Non sai cosa ho
provato
quando ho scoperto del tuo tatuaggio. Perciò… ti
prego, ti prego, James…-
Lo vide
scuotere il capo ed avvertì il cuore
stringersi in una morsa dolorosa.
-Non
posso farlo, Lily.- le disse.
L’oscurità
si era fatta più fitta intorno a loro,
solo le lanterne permettevano ai due Grifondoro di vedersi in viso.
All’interno
delle lucerne, le fiamme tremarono.
Lei
chinò il capo e a James parve di vederla
sconfitta. Fragile davanti a lui.
Era
davvero la sua Lily quella che lo stava
fronteggiando?
Era
davvero lei, sempre così insicura e spaventata?
Era
fiorita, sbocciata, cresciuta e probabilmente
lei non se ne era neppure resa conto. Era cambiata così
tanto in quei mesi…
Sorridendo
con tristezza, James si disse che, anche
se l’avesse persa quella sera, avrebbe comunque potuto essere
felice di ciò che
aveva fatto per lei.
Lily
sarebbe diventata il sole e lui avrebbe preso
il suo posto, diventando ombra, perché questo sarebbe stato
di lui, senza
averla al suo fianco. Non ci sarebbe stato più nessun James
Potter senza la sua
Lily Evans.
Si
trovava al limite ormai, senza forze per
combattere, per reagire.
Troppo
spaventato dall’idea di vederla allontanarsi.
Aveva
amato quella ragazza da quando era un ragazzino, l’aveva
vista sprofondare
giorno dopo giorno sotto la terra, in un buco nero da dove non sarebbe
mai
uscita. Ed aveva sempre tentato con tutte le sue forze di
impedirglielo.
Si
era giurato che non l’avrebbe mai lasciata andare, che non si
sarebbe mai
arreso, che ovunque lei fosse andata, lui avrebbe sempre trovato il
modo di
arrivare da lei.
L’avrebbe
sempre trovata. Non si sarebbe mai dato pace.
Che
fare adesso? Cosa dire?
Tutto
cadeva giù, tutto gli scivolava via tra le dita.
Come
neve. Come acqua
ghiacciata.
Lei
tremava per il freddo e fu spontaneo per lui avvicinarsi, stringerla a
se per
tentare di riscaldarla. Fu con orrore che la vide ritrarsi, sfuggire
dalle sue
braccia.
Mi
uccidi.
Disperato,
James abbassò il capo.
Così
mi uccidi.
Vederla
indietreggiare ancora fu come una pugnalata in pieno petto. Un tempo
lei aveva
dormito tra le sue braccia e sembrava essere accaduto un milione di
anni fa.
-Lily.-
la chiamò.
-No.-
fece lei, scuotendo il capo con gli occhi umidi. –Non voglio
che mi tocchi,
James. Qualsiasi cosa sia nata tra di noi…
è… è finita. Finita, se intendi
continuare ad avere segreti con me!- dichiarò, continuando
ad indietreggiare,
il volto addolorato.
E
lui serrò gli occhi di scatto, sentendo sgretolarsi la terra
sotto i piedi. Non
riuscendo a percepire altro intorno a sé, non sentendo il
freddo, non
avvertendo la notte.
Finita.
Era finita davvero.
Si
sentì tremare dentro, avvertì un dolore
lancinante percorrerlo tutto.
Adesso
poteva anche morire. Senza di lei. Senza Lily.
Perché
dirle la verità? L’avrebbe solo spaventata.
L’avrebbe doppiamente persa.
Quando
tornò a guardarla, si rese conto che anche lei lo stava
osservando, non aveva
mai smesso di farlo. Aveva gli occhi lucidi. Li avevano entrambi.
-Lily…-
balbettò lui, ormai al culmine del dolore.
–Lily, ti prego… Io… io ho
bisogno di te. Ho un disperato bisogno di
te.- mormorò, restando fermo al suo posto, avvertendo gli
occhi bruciare senza
pietà né ritegno.
La
vide sussultare a quelle parole, ma restare comunque lontana da lui.
In
quegli occhi verdi c’era autentica sofferenza.
E
quando lei scosse ripetutamente la testa lo uccise, lo uccise davvero.
-Mi
dispiace, James.- la sentì dire con un filo di voce.
–M-Mi dispiace, ma….-
Separandosi,
si uccidevano entrambi.
Sarebbero
morti. Sarebbero morti… insieme.
Poi
accadde tutto molto in fretta, di getto, senza pensare.
Lui
la vide dargli le spalle, la vide andare via, la vide abbandonarlo,
diretta al
castello. Diretta lontano da lui.
E
fu terrore. Terrore puro.
Sì,
perché senza di lei… senza di lei era un uomo
morto.
Con
lei, se ne sarebbe andato anche il suo cuore e senza di esso lui non
avrebbe
potuto vivere.
Le
lacrime, per la prima volta da che si ricordava, cominciarono a cadere,
liberatorie. E prima che lei avesse lasciato il ponte, senza
più pensare, senza
più riflettere, James le urlò dietro la
verità. Parole che non aveva mai, mai detto.
-IO
SONO UN MOSTRO, LILY! SONO UN MOSTRO, CAPISCI?-
Lily
Evans si voltò subito nella sua direzione. Puro stupore nel
volto.
Quando
si rese conto che lui stava piangendo, si sentì mozzare il
fiato. Non aveva mai
visto James Potter piangere.
Ed
invece lui era lì, davanti a lei, le guance rigate di
lacrime che continuavano
a cadere, senza vergogna.
Era
strano vederlo così, davvero strano.
E
le aveva detto di essere un mostro. Un mostro? Com’era
possibile?
-M-Ma
cosa dici?- esalò lei, tornando da lui. –Cosa
significa?-
Lo
vide fare un sorriso amaro e continuare a guardarla. –Quello
che ho detto.-
-Ma
tu non sei un mostro, James!-
-E
invece sì.-
C’era
smarrimento nel bel viso di Lily. Non capiva, non riusciva a capire.
Era
logico.
Ma
non scappò da lui, restò lì a
guardarlo. La vide annuire, decisa. –Spiegami.-
Spiegarle?
Sarebbe stato veramente in grado di farlo?
Cercando
di asciugarsi con un braccio il volto bagnato di lacrime, James si
lasciò
andare giù, sedendosi sul freddo corridoio di legno, proprio
sotto la luce di
una lanterna. Le gambe strette al petto.
Lei
fu subito da lui, la preoccupazione stampata il volto. Si
accomodò al suo
fianco, restando in silenzio, dandogli il tempo che gli serviva.
Nella
mente di James c’era confusione in quel momento, solo un caos
impossibile da
ordinare. Ma parlò. Avrebbe fatto qualunque cosa per lei.
-Io…-
cominciò, guardandosi le mani. –Ecco, avrai letto
il testo sugli Havisham,
immagino. Per sapere della runa.-
-Sì.-
rispose lei.
-Beh,
io sono un Havisham, Lily.- le disse, studiando la sua reazione.
Lei
non pareva essere poi così sorpresa, aveva l’aria
di esserselo immaginato.
–Quando
li ho visti… beh, ho immaginato che i Potter non fossero i
tuoi veri genitori.-
gli spiegò, imbarazzata per la sua ammissione.
-Già.-
ammise lui, pieno di tristezza. –Mamma e papà mi
hanno preso con loro quando io
non avevo neppure un anno.- le disse.
-Perciò…
Edward Havisham, lui è…-
-Mio
nonno, sì.- la precedette. –La mia vera madre si
chiamava Savannah.-
Lily
annuì, la mente che lavorava veloce, che assimilava.
-Dunque
è questo il tuo segreto, James?- gli chiese, guardandolo.
–Sei un Havisham. Sei
vittima del patto che perseguita tutta la tua famiglia, possiedi grandi
poteri…
in biblioteca con Remus… o-ora capisco!- ragionò,
senza sosta. –E’ per questo
che sei sopravvissuto alle fiamme!-
-Già.-
-E
il Blocco di Tanas…-
-Tiene
a bada i miei poteri, già.-
-Ma
allora… quando avrai cinquant’anni tu…-
-No.-
le disse. –Mio nonno ha superato i cinquanta ed è
ancora vivo. Il patto, non so
come, si è modificato nel tempo. Non ho idea di
ciò che è accaduto.-
-Perciò…
perciò va tutto bene, no?- fece lei, sorridendo.
–Oh, James… perché hai paura
di dire questa verità? Che male c’è?
Sei più potente di noi, e allora? Per
nessuno cambieranno le cose! Tutti noi ti vogliamo bene! Che bisogno
c’era di
nascondere tutto? Questi segreti ti uccideranno!- aggiunse,
prendendogli una
mano.
Lo
vide sorridere di nuovo, un altro sorriso triste, amaro.
-Non
era questo il problema.- sussurrò lui.
-E
allora cosa? Cosa, James?- lo incalzò lei, sentendosi
nuovamente investire
dall’angoscia. –Cos’altro
c’è? Dimmelo!-
Passò
del tempo prima che lui parlasse, tanto che lei si era quasi rassegnata
a
doversi arrendere. Ma poi lui si voltò verso di lei,
guardandola come mai aveva
fatto prima.
Intenso,
lo sguardo più intenso che le avesse rivolto.
La
studiava. Non voleva perdersi la sua reazione.
E
quegli occhi neri erano ancora pieni di lacrime.
-Mio
padre, il mio vero padre, non era umano.- le disse a bruciapelo,
continuando a
scrutarla. –Era una creatura dell’Inferno, un
figlio del Male. E io per metà
sono come lui. Per metà appartengo all’Inferno
anche io.- le spiegò. –Come
vedi, non avevo torto quando ti ho detto che sono un mostro. Io lo
sono. Lo
sono davvero.-
Buffo.
La
prima cosa che Lily pensò in quel momento di sconvolgimento
fu che lei, invece,
lo aveva sempre ritenuto un angelo. Il suo angelo.
Forse
era rimasta così incantata da lui, che non aveva fatto caso
alle sue ali.
Non
erano bianche immacolate, ma nere.
Ma poi,
in fin dei conti, faceva davvero la differenza?
Era
davvero così importante?
Lo
guardò ed in lui vide James Potter, il ragazzo di cui era
innamorata.
Il
ragazzo che conosceva da quando era bambina. Il ragazzo che non aveva
mai fatto
del male a nessuno e che, anzi, si prodigava per esserci sempre per
tutti.
Era
davvero per metà un essere infernale?
Sì,
lo era. Lui glielo aveva detto e non aveva motivo per mentirle su una
cosa
simile.
Immobile,
Lily Evans aspettò che arrivasse la paura.
Ma
quella non venne. Non venne mai.
Forse
lo amava troppo, si disse. Lo amava troppo per avere paura di lui.
E
dentro di se, si detestò, si maledisse.
Sì,
perché lei, per tutti quegli anni, non aveva fatto altro che
piangersi addosso
a causa della sua natura di Mezzosangue. Si era isolata, non si era
fidata di
nessuno.
James
invece aveva sopportato in silenzio una condizione che era ben peggiore
della
sua. Non si era mai lamentato. Aveva provato con tutto se stesso ad
andare
avanti ed era diventato la persona meravigliosa che era.
Come
al solito, si trovò a pensare la rossa con un sorriso, James
Potter era sempre
il migliore di tutti. Anche di lei.
Si
avvicinò a lui e, senza più badare a timidezze e
ad incertezze, lo abbracciò,
stringendolo forte a se e sentendolo trattenere il fiato.
-Lily…-
lo udì mormorare, insicuro.
-Va
tutto bene.- lo rassicurò, accarezzandogli gentilmente la
nuca.
-Non…
non hai paura di me?-
E
lei sorrise, continuando a stringerlo con fare quasi materno.
–Se ne avessi,
non ti starei abbracciando.- gli disse, dolce.
Quando
lo sentì rilassarsi tra le sue braccia, chiuse gli occhi,
godendosi appieno
quel momento. Adesso, adesso era veramente suo.
Avrebbe
preso ogni cosa di lui, avrebbe adorato ogni sua singola parte. Anche
quella
più pericolosa. Era James. Era solo James.
Let me love you, let me
rescue you.
Let me bring you where two roads meet. Oh come back above.
Where there is only love. Only love...
[
Lascia che ti ami, lascia che ti salvi.
Lascia che ti porti dove due strade s'incontrano.
Oh ritorna su.
Dove c'è solo amore, solo amore...]
Let me love you true, let
me rescue you.
Let me bring you to where two roads meet.
[
Lascia che ti ami davvero, lascia che ti salvi.
Lascia che ti porti dove due strade s'incontrano. ]
Non
era in grado di stabilire da quanto tempo si trovassero lì,
per terra,
abbracciati su quel ponte sospeso nel vuoto. Il buio era totale intorno
a loro,
ma le fiamme dentro alle lanterne resistevano. E poi la neve. La neve
che
cadeva più lenta, ma inesorabile.
Non
aveva freddo, non aveva caldo. Non percepiva nulla.
Non
le importava più di niente.
Tutto
ciò che voleva, tutto ciò che desiderava, lo
stava stringendo a sé.
James
le aveva detto tutto. Le aveva spiegato ciò che era
veramente accaduto la notte
di Halloween, le aveva detto cosa aveva fatto Edward Havisham in
infermeria.
Poi
era caduto il silenzio tra loro e lei era rimasta ferma lì a
bearsi del calore
del corpo di lui, l’unica cosa che volesse avvertire. E poi
il battito del suo cuore.
Sembrava
chiamarla. Sembrava… adorarla.
E
lei sperò davvero che lui capisse che quel sentimento era
ricambiato.
Se
ne stavano lì, nel luogo dove un giorno loro figlio li
avrebbe ricordati con
Remus Lupin, uno dei loro più cari amici. Ma non potevano
saperlo.
-Forse
è il caso di rientrare, sarà scattato il
coprifuoco.- mormorò James, anche se
poco convinto.
-E’
strano che tu te ne preoccupi.- lo punzecchiò lei, divertita.
-E’
strano che tu non te ne preoccupi.-
le rispose lui.
Scoppiarono
a ridere nello stesso momento, spensierati, allegri. Quella brutta
atmosfera
che c’era stata fino a poco prima si era dissolta, lasciando
spazio al calore.
E a qualcosa in più. Una consapevolezza in più.
Delicatamente,
lui le prese le mani, stringendole tra le sue. –Hai le dita
così fredde…- constatò,
preoccupato.
-Non
fa niente.- sussurrò lei, beandosi di quella dolcezza.
James
era sempre stato terribilmente dolce con lei.
-Non
dovevi venire qua fuori per me.-
-Dovevo
invece.-
Rimasero
a guardarsi, il verde chiaro nel nero più profondo. In quel
momento parve ad
entrambi che il tempo si fosse fermato, che anche la neve avesse
cessato di
cadere.
Ed
il silenzio li circondava, tenendoli isolati, protetti, come in una
bolla di
sapone.
Un
mondo dove c’era spazio solo per loro due e nessun altro.
Lo
capì in quell’istante, forse.
In
quell’attimo in cui James lasciò le sue mani per
andare ad accarezzarle il
volto.
Sì,
forse Lily lo capì a quel punto.
Qualcosa
era cambiato.
E
lei era perduta. Persa per le dita di lui che con tenerezza
indescrivibile le percorrevano
il viso, toccandole le guance, la bocca, il mento…
Le
fiamme delle lanterne tremarono ancora, sopra di loro.
Tremarono,
come sembravano tremare gli occhi scuri di James mentre la guardava.
-Lily…-
Una
domanda. Una richiesta.
-Baciami.-
Un
permesso. E una preghiera.
E
quella bocca tanto amata e desiderata fu sulla sua ancora prima che lei
potesse
realizzarlo. Il cuore parve scoppiarle nel petto e lei chiuse gli
occhi,
posando delicatamente una mano sulla nuca di lui, salendo poi fino a
sfiorargli
i capelli ribelli.
James
la stringeva forte a sé, così forte da mozzarle
il fiato, ma lei non se ne
curò.
Lui
aveva le labbra fredde, esattamente come le sue, ed un poco screpolate,
ma per
Lily rasentavano la perfezione. Mai, per tutta la sua vita, avrebbe
bramato
un’altra bocca, un altro bacio.
Quei
baci freddi e al contempo roventi la stavano facendo impazzire, la
accecavano
per il desiderio di qualcosa di più. Ma lui pareva giocare
con lei, assaggiarla
con calma.
-James…-
protestò debolmente.
Lo
sentì sorridere sulla sua bocca e questo le
procurò un calore indefinibile
nello stomaco, nel petto. Desiderio. Voglia di lui.
Dispettoso,
lui scese a mordicchiarle il labbro inferiore, tenendolo dolcemente tra
le
labbra socchiuse, facendola sospirare teneramente. Poi
lasciò la sua bocca.
Fu
un attimo, un attimo in cui lei si sentì abbandonata.
Dopo
ci fu soltanto il brivido intenso che provò quando James
scese a baciarle la
pelle delicata e sensibile dietro l’orecchio, lentamente,
senza alcuna fretta.
In
totale abbandono.
Lui
continuò il suo percorso, sfiorandole una guancia, poi il
profilo del mento, e
infine più giù, sul collo, dove si perse per un
tempo che a lei parve
indefinito.
Non ti
fermare.
Quei
baci affamati e delicati le tolsero il respiro, il modo in cui lui le
succhiava
dolcemente la pelle la costrinse ad emettere un soffice gemito di
piacere. Non
aveva mai provato niente di simile in tutta la sua vita. Non aveva mai
permesso
a nessuno di baciarla in quel modo, era la prima volta che si
abbandonava nelle
braccia di un ragazzo ed era felice che fosse James.
Adesso
non sentiva veramente più il freddo. Tutto era calore.
Poteva chiaramente
avvertire le proprie guance in fiamme.
Avvampando,
Lily avvertì una mano del ragazzo salire ad accarezzarle una
guancia, mentre
ancora era impegnato a tempestarle il collo e la gola di baci
appassionati.
Adoranti. Innamorati.
Poi
successe.
Quella
bocca lasciò la sua pelle ed andò a posarsi
teneramente sul suo naso, facendo
sfuggire alla rossa un sorriso. Un sorriso che subito venne catturato
da James.
Lui
le accarezzò le labbra con le sue, lievemente, la
baciò con insistenza mista a
premura ed infine le fece schiudere la bocca, andando per la prima
volta ad
incontrare la sua lingua con la propria.
Sentì
Lily tremare e la strinse di più a sé,
continuando a baciarla con frenesia,
riuscendo a trattenersi a stento, obbligandosi a ricordare che doveva
andare
piano con lei. Ma la voleva troppo e da
un’infinità di tempo, e il baciò che le
dette si fece subito appassionato come lui desiderava.
Lei
non si allontanò e James la ringraziò
interiormente per questo.
E
quando Lily, teneramente insicura, decise di rispondere al suo bacio,
provocò
in lui un roco gemito in risposta che le fece tremare il cuore. Poi
tornò a
passare delicatamente le dita tra i suoi capelli perennemente in
disordine e lo
sentì sospirare.
Le
piaceva. Le piaceva sapere di essere in grado, nonostante la sua
inesperienza,
di farlo stare bene esattamente come lui era in grado di fare con lei.
Era
talmente presa dal loro bacio che finì con il far scontrarsi contro di lui. Non sapeva baciare, era il suo primo vero bacio
ed invece
lei avrebbe voluto essere incredibilmente vissuta per lui, avrebbe
voluto
essere perfetta.
Si
ritrasse, mortificata. Ma lui sorrideva, affettuosamente divertito.
-Dove
scappi?- le domandò sommessamente, avvicinando nuovamente la
bocca alla sua e
prendendole una mano.
Un
attimo dopo si stavano baciando di nuovo. Ed il mondo intero pareva
vorticare
intorno a loro. Una giostra di colori. L’aria intorno ai due
Grifondoro era
silenziosa, densa unicamente dei loro bassi gemiti e dei loro sospiri.
E
per un po’ fu così.
Senza
più badare al tempo o al freddo.
Fu
dopo tempo indefinito che quelle bocche gonfie ed arrossate per i baci
decisero
di darsi tregua. Ad un tratto lui si ritrasse, continuando tuttavia ad
accarezzarle una guancia e posando teneramente la fronte su quella di
lei.
E
lo disse. Il cuore in mano.
-Ti
amo.-
Lily
potè chiaramente distinguere una miriade di sensazioni
inondarle il petto,
schiacciarla, mozzarle il respiro e miele caldo che scorreva nelle
vene. Spalancò
gli occhi verdissimi, incontrando lo sguardo di lui che la guardava con
amore.
Quel
sentimento era suo, lui glielo aveva donato, glielo affidava. Come le
stava
affidando il suo cuore, la sua anima, la sua vita.
Era
suo. Completamente suo.
-Ti
amo da morire.-
Ancora
calore, ancora un vortice di emozioni a scuoterla.
Le
girava la testa. Voleva baciarlo, voleva abbracciarlo, voleva
stringergli la
mano e voleva piangere, piangere di gioia. Desiderava rispondere a
quelle
parole, fargli capire come era in grado di farla sentire, quanto fosse
importante per lei.
-James…-
-Non
importa che tu mi risponda. Volevo semplicemente dirtelo.-
-Ma
voglio dirtelo anche io.-
-Me
lo dirai.-
Il
tono di voce di lui era dolce, la accarezzava come le sue mani. E dai
suoi
occhi scuri Lily capì che James non voleva che lei avesse
fretta. Preferiva
aspettare, piuttosto che sentirle dire un “ti amo”
non ancora pienamente
consapevole e maturo.
E
allora lei sorrise, guardandolo con affetto. –Te lo
dirò.-
-Promesso?-
chiese lui con un sorriso furbo.
-Promesso.-
Lui
fu il primo ad alzarsi, porgendole subito una mano per aiutarla. Lei la
afferrò
forte e continuò a stringerla anche quando fu in piedi ed
insieme si avviarono
per tornare al castello. Si erano salvati a vicenda.
James
l’aveva cambiata, le aveva dato una vita vera, e lei lo aveva
accettato, aveva
deciso di stare al suo fianco nonostante tutto.
Nella
radura il freddo era pungente, la colpì come una frustata.
Lui insistette per
darle anche il suo mantello, ma lei rifiutò categoricamente,
non volendo che il
ragazzo rimasse unicamente con l’uniforme. Ci fu un bisticcio
acceso e alla
fine Lily si trovò avvolta anche nel mantello di James, che
sorrideva
trionfante per la vittoria.
-Sei
pazzo! Ti prenderai un malanno!- lo brontolò lei.
-Non
mi ammalo tanto facilmente.- le rispose lui, tornando a prenderle la
mano.
E
continuarono insieme, talvolta incespicando nella neve alta, ridendo
tra di
loro, incontrandosi di tanto in tanto per un breve bacio.
Nessuno
dei due lo notò.
Dal
cielo, i fiocchi di neve avevano cessato di cadere.
Let me love you true, let
me rescue you.
Let me bring you to where two roads meet.
[
Lascia che ti ami davvero, lascia che ti salvi.
Lascia
che ti porti dove due strade si incontrano. ]
U2, The Ground Beneath Her
Feet.
Note
di fine capitolo
Comunicazione
di servizio, l’autrice della fanfic,
Lady Tsepesh, è deceduta durante la scrittura di questo
capitolo infinito. Si
prega di osservare un minuto di silenzio per lei.
ù_ù
Ok,
smetto di fare la scema! XD
Che
dire? Sono stanca, stremata, sfinita. Ed
immagino che lo siate anche voi, se siete arrivati fino a qui. Mi scuso
per la
lunghezza del capitolo ma, ripeto, se lo avessi diviso forse avrei
fatto
peggio. Doveva accadere tutto questo e non ho potuto fare altro che
scriverlo.
Detto questo, beh, spero vivamente che il cap vi sia piaciuto. Ce
l’ho davvero
messa tutta per accontentarvi, per darvi il meglio.
Vi
prego di rileggere il capitolo più di una volta,
prima di fare domande o altro. È molto lungo, stancante
talvolta, perciò c’è il
rischio che con una sola lettura non notiate tutto quello che
c’è da notare.
Questo è un consiglio che vi do. Scandagliatelo bene,
perché in queste righe
c’è veramente tanto, tantissimo.
Studiatevi
personaggio per personaggio.
Ovviamente
sono saltata di gioia per il trionfo di
Lily e James, ma mi ha colpito molto anche il dialogo che
c’è stato tra Ramoso
e Felpato in bagno. E Julian.
Detto
questo passo ai ringraziamenti e dopo mi
ritiro in pausa di riflessione per il prossimo capitolo. Sono talmente
sfinita
che non riesco neanche a pensarci di scriverlo. Ho decisamente bisogno
di
qualche giorno di pausa. =_=
Ah, il
ponte del bacio di Lily e James è quello che
si vede nel film Harry Potter ed il Prigioniero di Azkaban, dove ci
sono Harry
e Lupin che parlano dei defunti Potter. ^-^
Poi ho
accennato all’amicizia tra Severus e Lily,
cosa che prima non avevo mai fatto. vi chiedo scusa, è un
errore mio. Quando ho
cominciato la fic ancora non era uscito il 7° libro e poi sono
rimasta confusa
sul da farsi. Se lo riterrò opportuno,
modificherò qualche frase dei primi
capitoli. Ancora, mi scuso.
Black_Witch:
Sorella mia adorataaaaaaaaaaa!!!!! Allora? Ti piace il capitolo nuovo?
Credo lo
chiederò a tutti, sono super in ansia.
Del
precedente ti dico solo… evvai, hai beccato il
punto cruciale! Hai focalizzato l’attenzione su un
particolare che rode
parecchio. Ebbene sì, Stria ha ammazzato Jeremy.
Perché? La risposta alla
domanda arriverà tra un po’. Ce ne saranno altri
di capitoli sul passato.
Comunque vedo con piacere che il capitolo su Jeremy e Savannah
è piaciuto,
questo mi rallegra grandemente. E Sirius, beh, è Sirius.
Grande sorella, capo
del Sirius fun club! :D Un bacio!
Lovegio92:
Giò, tranquilla, ti preoccupi sempre troppo per la
recensione. Io sono già
enormemente felice sapendo che il capitolo ti piace, quindi tutto ok.
Purtroppo
dovrai aspettare un po’ per leggere il capitolo 26, ovvero
questo. Spero che ti
piacerà, perché io ce l’ho davvero
messa tutta e ancora mi sento esausta.
Studiati bene Stria e cerca di arrivare alla soluzione. So che
è un personaggio
molto contorto, ma alla fine tutto si scoprirà. ^_- Ci mancherai anche tu sul
forum, spero che il
25 arrivi presto! Baci!
Rosy823:
Ciao! Certo, ci saranno altri capitoli sul passato. Ce ne
sarà un altro tra un
po’ e spero di chiarire tutti i vostri dubbi. Grazie mille
per i complimenti!
Intanto beh, spero che il nuovo capitolo ti piaccia!
Cassandra:
Grazie mille, cara! Esatto, James per metà è un
Havisham ( con i poteri degli
Havisham) e per metà è una Fenice Nera ( con i
poteri della Fenice Nera), ecco
perché è così potente e Silente ha
cercato di tenere a bada il suo potere. ^^
Sono
contenta che Savannah e Jeremy ti piacciano!
Doppiafaccia:
Ciao Laura! Eh sì, anche io vorrei tanto un ragazzo come
Jeremy. Tutte noi lo
vorremmo. Ma dobbiamo essere fiduciose, dai! :D Grazie mille per i
complimenti,
davvero. Sono felice che il capitolo del passato ti sia piaciuto, ce ne
saranno
altri.
Spero
tanto che anche il nuovo capitolo ti piaccia!
LilyProngs:
Tesoro, grazie! Grazie davvero! E spero tantissimo che questo capitolo
26 ti
piaccia, perché al tuo parere ci tengo davvero! Sono felice
che Jeremy ti
piaccia, me ne sono innamorata sai? Non credevo che sarebbe stato
così, invece
è venuto fuori con questo carattere e lo adoro! Amo le anime
dannate quanto te!
Savannah la vedo invece molto più simile a James, dolce,
positiva, ma forte come
una roccia.
Spero
davvero di non deluderti mai, cara! Sono
felice che la storia dei genitori di James ti piaccia! È
stato un esperimento e
non ha deluso, quindi sono soddisfatta!
Un
bacione!
Quidditch:
Ciao
Fra! Grazie mille per i complimenti tesoro! Già, ho un
po’
stravolto la mia idea dei genitori di Jamie, ma l’ho fatto in
buona fede,
perché mi piace inventare e perché serviva per
rendere James quello che è. E
sono felice che Savannah e Jeremy ti piacciano, davvero! Sono contenta
che il
capitolo ti sia piaciuto! Poi c’è Stria. Vorrei
tanto aiutarvi a capire, ma non
posso svelare così le mie carte… Dovete
aspettare, fare supposizioni. E poi
anche questo mistero sarà svelato! Adesso avrai letto il
nuovo capitolo che
tanto aspettavate. Beh, mi auguro davvero che vi piaccia,
perché io ho faticato
molto per scriverlo. Un bacione, tesoro. Ci si becca sul forum.
Chiara88:
Tesoro,
grazie! Grazie davvero! Ma credimi, siete voi a viziarmi con
tutti i vostri complimenti. E io spero sempre di continuare a
riceverne, di
essere sempre all’altezza delle vostre aspettative. Ci
riuscirò? Sono contenta
di sapere che Savannah e Jeremy ti piacciono. Tranquilla, in
realtà non ho
messo con chi dovesse sposarsi Savannah perché non era poi
così fondamentale
saperlo. Non era Tom. Doveva sposarsi con un nobile, forse un Black,
chi lo sa.
Niente di importante, davvero. E comunque poi non si è
sposata! Ora passiamo al
tuo dubbio: Savannah e il nuovo patto. In realtà
è semplice da capire una volta
afferrato il meccanismo.
Savannah
voleva che il patto degli Havisham si
annullasse per tutti gli Havisham per salvare James e tutti quelli che
sarebbero venuti dopo James. Il suo sacrificio si è esteso a
tutti. Anche a suo
padre. Sapeva che avrebbe salvato anche quel pazzo di Edward?
Sì, lo sapeva. E
lo ha fatto. La verità è che lei non è
mai stata capace di odiare. Scegliendo
di non salvare anche Edward, si sarebbe sentita un’assassina.
E lei non è così.
Lo chiamerei un semplice atto della famosa
“Stupidità dei Buoni”.
Mimmyna:
Ciao
carissima! Che bello! Il capitolo ti è piaciuto ed io sono
felicissima! Ti ho pure emozionata, quindi sono soddisfatta del mio
lavoro.
Sono contenta che le descrizioni siano venute bene, le reputo molto
importanti
all’interno di una storia! Tranquilla, James non
morirà a 50 anni, non dovrà
cedere metà anima. La verità però la
conosciamo, James morirà comunque, e molto
prima. Però non andrà all’Inferno. E
questo, dai, vale molto. Un bacio! ^^
Cicci92:
Hey,
ciao! Andata! Pure io mi darò alla poligamia maschile!
Jeremy,
James, Sirius e Julian. ù_ù
Guarda, non
dovrei dirlo, ma Jeremy piace tanto pure a me. Sono entusiasta di come
è
venuto. Adoro i caratteri frizzanti e velenosi! Stria sta preoccupando
tutti,
pure me, spero che con il tempo tutto diventi più chiaro. E
intanto, beh, avrai
letto il nuovo capitolo mia cara, spero che ti piaccia!
Myki:
Mia
ritardataria adorata ( :D ) ti rispondo qui alla recensione del
capitolo 24, ok? Ancora grazie mille per i complimenti, me ne fate
troppi e poi
finisce che mi monto la testa, cosa che non voglio assolutamente! Sono
felice
che la parte di James ti abbia fatto sorridere. In effetti hai ragione!
Noi
donne siamo esseri da interpretare! E io ne sono la prova vivente! XD
Poi c’è
il povero Sirius che deve adattarsi al bianco, perché Vick
ci tiene alla sua
virtù. Mi divertirò un mondo con il povero
Felpato ed i suoi ormoni non più
sfogati! Ihihihihih! Poi c’è il famoso dialogo tra
maschi e tu hai scoperto un
nuovo lato di me! Ebbene sì, so anche essere maliziosa. E
certi discorsi che i
ragazzi fanno tra loro spesso e volentieri mi fanno veramente ridere di
gusto,
perciò ho voluto provare a riprodurne uno! E Lovegood, beh,
si è appena
guadagnato odio a vita da parte di Jamie! XD Poi ci sono Lily e Hagrid.
No, non
ne avevo accennato prima. La verità è che vorrei
davvero dire tante cose, ma lo
vedi da sola, i capitoli sono sempre più lunghi e io mi vedo
costretta a dover
tagliare a volte. Però sì, Lily è
molto legata ad Hagrid. Poi c’è Julian, che
ti piace. E io ne sono lieta. Guarda, me ne sto innamorando pure io
perché lui
è così… così… strano! Dice una cosa e
poi ne fa un’altra, a volte è un vero amico, altre
se ne esce con frasi
ghiaccianti. Mi sta facendo andare fuori di testa, spesso non riesco a
prevedere le sue mosse neppure io, e lo adoro. Oh, lo adoro davvero
tanto!
Visto? Con Bella ci avevi azzeccato e io non ne dubitavo affatto! ^^ E
ora Lily
ha scoperto tutto. Avrai letto il capitolo, quindi adesso sai. Tesoro,
ti
considero un’amica anche io. Ed il capitolo, con tutta la sua
importanza per la
storia, te l’ho dedicato volentieri. Spero davvero che ti
piaccia, perché temo
il tuo giudizio più degli altri e lo sai! Un abbraccio
forte!
Risposta
alla recensione del capitolo 25 || Beh,
per vendicarmi dei tuoi ritardi, ti saluterò con un allegro
“Nunc est bibendum!”
, non so se hai fatto l’Ode 1, 37 di Orazio! :P
Ok,
prima che tu mi scagli addosso mannaie ed
accette, mi sbrigo a rispondere a quest’altra tua recensione,
così quando
leggerai questo capitolo avrai tutto qui. ^^
Prima
di tutto sono contenta che il mio modo di
raccontare il passato ti piaccia, davvero. Mi rende soddisfatta.
Già, Jeremy ha
un che di simile a Julian, però rispetto ad Harris io lo
trovo molto più acido
e velenoso. Julian è più sul menefreghismo e
l’ironico. Questo però è un parere
mio. Poi c’è Savannah, guarda, a dire il vero non
è che sono molto attaccata a
lei. Sarà che a me i personaggi troppo candidi e buonisti
non piacciono… Però
una come lei era necessaria. Volevo che in casa Havisham, luogo dove
domina il
male, apparisse un creatura pura, così pura da essere
l’unica a trovare la
forza di sacrificarsi e mettere fine al Patto. E poi ero incuriosita
dall’idea
di far innamorare Male (Jeremy) e Bene (Savannah). Resta il fatto che
la madre
di James non è uno dei miei personaggi preferiti, anche se
le sono comunque
affezionata.
Poi
arriva il tuo discorso filosofico su libertà e
potere e, credimi, se avessimo del tempo, sarei capacissima di stare
delle ore
a parlare con te sull’argomento. Sappi che io e la filosofia
andiamo a braccetto,
mi inviteresti a nozze! XD Ti dico solo che il ragionamento nel
capitolo è
fatto dal punto di vista di due, se vogliamo chiamarli così,
schiavi. Entrambi hanno
potere, ma l’oppressione e la mancanza di libertà
è così forte su di loro, che il
potere passa in secondo piano. Ed ecco che la libertà, la
fuga dalla prigione,
diventa l’ambizione più grande. Ma questi
sarebbero discorsi da fare a parole. Non
so se così mi sono spiegata bene. ^^”
La
seconda parte, Stria e Silente, era da trauma,
non mi sorprende la tua reazione. Sì, ho messo in parallelo
l’infanzia di James
ed Harry. L’ho fatto quasi casualmente, credimi. Mi sono
accorta solo dopo
della somiglianza. E non mi è dispiaciuto. Mi hai chiesto
dei poteri di James
ed io ho paura di rispondere perché sicuramente mi
ingarbuglierò. XD Come tutti
gli Havisham, James è nato con i poteri del Patto, sommati
però a una parte dei
poteri di Jeremy, che sono quelli di cui dobbiamo preoccuparci di
più. Bene. Jamie
avrebbe dovuto cedere metà anima a metà della sua
vita. Cosa è accaduto? Savannah
ha ceduto tutta la sua anima, intera, in cambio di quella di James e di
tutti
gli Havisham in vita. Quindi si è salvato pure Edward. E
anche i discendenti di
James. Con una differenza. Harry nascerà con i poteri di un
comune mago, privo
di patti. James ormai è nato con quei poteri, come Edward, e
se li tiene. Il prezzo
di metà anima che avrebbe dovuto pagare lo ha ceduto
Savannah. Oddio, non so se
mi sono spiegata bene. Per qualsiasi cosa, e-mail tesoro. ^^
Finalmente
poi qualcuno che si è soffermato sul
fatto che Stria abbia ucciso Jeremy. Adesso ho un ghigno enorme!
Vedrai, mia
cara! Vedrai!
Silente.
Sai, credo che mi abbia influenzato un po’
il Silente dei Doni della Morte, o meglio, l’idea che mi sono
fatta di lui
leggendo quel libro. Lo stavo appunto rileggendo quando ho scritto il
capitolo,
forse la malinconia ed il dolore per Ariana è venuto da
lì. La verità è che io
provo per Silente una sorta di amore/odio. A volte pendo da una parte,
a volte
da un’atra. In questo capitolo l’ho voluto stanco,
fragile e, soprattutto, ignorante
dei fatti. Sì, perché questa volta il caro
preside ha bisogno di Stria per
capire. Tutto questo per dire che quell’uomo, per quanto
potente e saggio, non
è onnipotente. Ma è anche chiaro che non si
lascerà abbattere!
Ha una
promessa da mantenere. E Tom Riddle pronto
alla carica, oserei dire! XD
Felice
che il finale sia stato di tuo gradimento.
Anche io sono una grande romantica. La verità è
che adoro fare la dura, un po’ alla
Julian Harris, ma poi mi sciolgo con un nulla. E se mi lascio andare,
riempio
di zucchero i capitoli. Ma cosa posso farci? Adoro l’amore. E
più è vero,
consapevole e sincero, più mi piace. È stato un
piacere descrivere i sentimenti
sicuri di Savannah e quelli confusi e inespressi di Jeremy.
|
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Capitolo 27 *** White Clouds and Golden Sun ***
Vi
invito a leggere sempre
le note a fondo capitolo, contengono informazioni che avrei piacere voi
sapeste. Può essere una buona idea anche leggere le mie
risposte alle vostre
recensioni, lì chiarisco dubbi, o almeno ci provo, e, a
volte, mi scappa pure
qualche spoiler. Fate come volete. ^^ Buona lettura, Lady Tsepesh.
CAPITOLO 27
“WHITE CLOUDS AND GOLDEN SUN”
I was born
I was born to be with you
In this space and time
After that and ever after I haven’t had a clue
Only to break rhyme
This foolishness can leave a heart black and blue
[
Sono nato
Sono nato per stare con te
In questo luogo e tempo
Dopo quello e per sempre da allora
Non ho mai avuto dubbi
Solo per spezzare rime
Questa sciocchezza può lasciare un cuore
Pieno di lividi ]
La
prima volta che aveva visto James Potter lei era poco più di
una bambina, una
ragazzina di appena undici anni vissuta in un mondo dove la magia
veniva negata
con ogni forza e approdata in un universo sconosciuto dove invece tutto
ciò che
fino a quel momento le avevano detto non essere vero era reale.
Già
a quel tempo loro due erano diversi, parevano abitare ai poli opposti
del
mondo.
Lei
era una misera bambina con i capelli rossi ed il viso cosparso di
lentiggini,
silenziosa, curiosa, timida… insignificante.
A
undici anni Lily Evans non era bella, assomigliava di più al
Brutto
Anatroccolo. Alcune sue compagne erano già graziosissime,
lei al contrario
stava nell’ombra. Goffa, imbranata e terribilmente insicura.
James
Potter invece… beh, era già James Potter.
Mingherlino,
ancora da formarsi, James era riuscito tuttavia a conquistarsi fin da
subito
l’ammirazione generale. Era un moccioso maledetto. Un
terremoto giunto per
scuotere la scuola di Hogwarts fin dalle fondamenta. Il terrore degli
insegnanti.
Ma
tutti lo cercavano, tutti lo volevano.
E
lui amava stare al centro dell’attenzione, sembrava essere
nato per quel ruolo.
I
vestiti curati, mille lettere dalla famiglia, dolci e regali. Pareva
esistere
per farsi adorare, soprattutto dai suoi genitori.
Viziato
all’inverosimile, se ne andava in giro per i corridoi petto
in fuori e pancia
in dentro, tronfio, arrogante e pieno di sé. Convinto che il
mondo intero fosse
stato creato con il solo scopo di venerare lui, un ragazzino undicenne.
Spesso
la piccola Lily si era soffermata a guardarlo, indispettita,
chiedendosi se,
con tutto quel gonfiarsi, alla fine quell’antipatico sarebbe
esploso, liberando
la scuola dalla sua fastidiosa presenza.
A
quel tempo lei aveva un amico, un grande amico, che la pensava nel suo
stesso
modo. Neppure a Severus Piton piaceva James Potter. Per niente.
C’era
anche lui la prima volta che Lily aveva incontrato l’odiato
Potter, là, in una
cabina del treno che li conduceva ad Hogwarts per il primo anno.
Un
incontro che lei non avrebbe mai dimenticato.
Ricordava
lo sguardo eccitato di Severus, riusciva a sentire di nuovo
l’euforia provata per
quella nuova avventura. A Hogwarts, lontana da casa…
-Speriamo
che tu sia una
Serpeverde.- le aveva detto l’amico, guardandola speranzoso.
-Serpeverde?-
aveva ripetuto
un ragazzino smilzo, dall’aspetto curato, che sedeva nel loro
stesso
scompartimento. –Chi vuole diventare un Serpeverde? Io credo
che lascerei la
scuola, e tu?- aveva chiesto ad un coetaneo mollemente abbandonato sul
sedile
di fronte al suo, che gli aveva sorriso. Sirius Black.
-Tutta
la mia famiglia è
stata in Serpeverde.- aveva risposto il bambino dagli occhi blu.
-Oh,
cavolo.- aveva
commentato James. –E dire che mi sembravi a posto!-
Sirius
aveva ghignato.
-Forse
io andrò contro la
tradizione. Dove vorresti finire, se potessi scegliere?-
Lily,
senza rendersene conto aveva puntato i suoi occhi verdi su quel
ragazzino così
borioso ed impertinente, prestando attenzione. Dove avrebbe voluto
finire quel
tronfio pallone gonfiato coi capelli così in disordine?
James
aveva alzato una spada
invisibile.
-“Grifondoro…
culla dei
coraggiosi di cuore!” Come mio padre.-
E
Severus aveva fatto un
verso sprezzante. James si era girato verso di lui.
-Qualcosa
non va?-
-No.-
aveva risposto Severus,
ma il suo lieve ghigno aveva detto il contrario. –Se
preferisci i muscoli al
cervello…-
-E tu
dove speri di finire,
visto che non hai nessuno dei due?- era intervenuto Sirius.
James
era scoppiato in una
fragorosa risata.
E lei,
Lily, si era
raddrizzata nel suo sedile, nervosa, e aveva guardato prima James poi
Sirius,
disgustata.
-Andiamo,
Severus, cerchiamo
un altro scompartimento.-
-Oooooooooh….-
James e
Sirius avevano preso
ad imitare la sua voce altezzosa; James aveva addirittura tentato di
fare lo
sgambetto a Severus.
-Ci si
vede, Mocciosus!-
aveva gridato uno dei due, quando la porta dello scompartimento si era
chiusa.
Lei
e Severus avevano attraversato l’intero treno, decidendo di
andare a sedersi in
uno scompartimento che si trovasse il più lontano possibile
da quello dove
stavano quei due idioti. Avevano borbottato per il resto del viaggio.
Piton
aveva mantenuto un muso lungo in grado di scoraggiare chiunque ad
avvicinarsi e
lei era stata semplicemente inviperita fino all’arrivo. Che
razza di tipi!
Assottigliando
gli occhi verdi, la piccola Lily Evans aveva giurato a se stessa che
mai, per
nessuna ragione al mondo, avrebbe avuto a che fare con quel borioso
ragazzino
arrogante. E neppure con il suo compare dagli occhi blu.
***
Li
aveva rivisti poco prima dello Smistamento, quando tutti quanti erano
in attesa
della professoressa McGranitt. Ricordava chiaramente la paura e
l’ansia che
aveva provato in quel momento, mentre stringeva forte la mano di
Severus,
silenzioso al suo fianco. Il terrore terribile di scoprire di non
appartenere a
nessuna Casa, di essere rimandata indietro. Di non essere abbastanza
strega.
E
poi aveva sentito delle fragorose risate. Allegre, divertite,
spensierate.
La
maggior parte dei maghetti undicenni si era disposta in cerchio e, al
centro di
questo, quei due dannati bambocci a dare spettacolo.
Fin
da subito, James Potter aveva decisamente trovato il modo di attirare
l’attenzione.
Lo
aveva visto fare un buffo inchino, fingendo di agitare un immaginario
cappello,
e sorridere affascinante. –Io sono James Potter, qui per
servirvi, gentili
signori e gentili signorine.- aveva detto, suscitando
l’ilarità generale.
Sirius,
vicino a lui, aveva cercato di riprodurre un fedele saluto militare.
-E
io sono Sirius Black, onorato di fare la vostra conoscenza.-
E
ancora risate.
Lily
aveva sbuffato, irritata. Severus invece, sempre tenendola per mano,
aveva
marciato verso di loro, trascinandola con sé. Si era fermato
proprio davanti ai
due, scrutandoli con aria severa. –Adesso basta, voi due!-
aveva detto.
–L’insegnante ci ha detto di stare qui buoni e
zitti ad aspettare!-
James
e Sirius, neanche a dirlo, erano scoppiati a ridere e a fargli il
verso,
provocando le risa di tutti. E lei, udendoli prendersi gioco del suo
migliore
amico, era esplosa.
Ma
più aveva urlato, più loro avevano riso.
-Guarda
James, Mocciosus ha pure la ragazza! Che fortunato!- aveva esclamato
Sirius,
con le lacrime agli occhi dal ridere, indicandola con il dito.
-Fortunato?-
aveva ripetuto James, fingendo di sistemarsi meglio gli occhiali sul
naso.
–Fortunato?
Mio caro, forse ci vedo male io, ma tutto mi sembra fuorché
fortunato! Quella
lì è un’autentica racchia!- aveva
esclamato.
E
le risate avevano inondato l’intera Sala d’Ingresso.
Ferita
e mortificata, Lily aveva abbassato lo sguardo, sentendo i propri occhi
inumidirsi velocemente. Non avrebbe mai pianto davanti a James Potter,
quell’odioso ragazzino sbruffone e cattivo. Non gli avrebbe
mai dato quella
soddisfazione!
***
In
Sala Grande la morsa allo stomaco si era ampliata. Aveva avuto paura,
una paura
tremenda. Mai in tutta la sua breve vita aveva assistito ad uno
spettacolo
simile.
Il
soffitto dell’ampio salone era trasparente, mostrava il cielo
notturno.
Migliaia di candele galleggiavano in aria come
per magia. Sinistre figure traslucide fluttuavano fra i
quattro tavoli
occupati dagli studenti. Fantasmi.
Come
avrebbe potuto vivere in un posto simile?
Come
si sarebbe abituata a quel mondo?
Queste
erano le principali domande che si era fatta quella sera, il cuore in
tumulto e
gli occhi che saettavano di angolo in angolo, avidi di quel nuovo
universo.
Severus,
vicino a lei, aveva mostrato più contegno, anche se
emozionato.
E
poi Potter.
Quel Potter!
Poco
distante da loro, l’Idiota non aveva fatto altro che
blaterare ai quattro venti
di essere già stato ad Hogwarts e di conoscere di persona il
preside Silente.
-Non
è che il soffitto non c’è, è
incantato in modo da mostrare il cielo. È un
incantesimo molto potente, sapete?- aveva detto James con fare saccente.
E
Lily non aveva potuto fare a meno di invidiarlo. Invidiare la sua
sicurezza e
la sua conoscenza, cose che lei non aveva.
Lo
avrebbe superato, aveva deciso. Sarebbe arrivata ben più in
alto di James
Potter. Studiare molto non era mai stato un problema per lei.
***
Poi
il Cappello Parlante era stato posato sul suo capo e tutte le sue paure
si
erano dissolte. Pochi istanti prima che l’oggetto di logora
pezza le oscurasse
la vista, Lily aveva incrociato per caso lo sguardo di James.
Gli
occhi scuri di quel bimbo antipatico erano fissi su di lei,
attentissimi.
Lei
si era sentita arrossire, ma poco dopo si era fatto tutto buio e
finalmente
aveva avuto le sue risposte.
-Però,
non male! Veramente niente male!- aveva sentito dire ad una vocina.
–Qui dentro
c’è intelligenza, veramente tanta, e grande
desiderio di imparare! Saresti una
Corvonero eccezionale, mia cara.- e lei si era sentita travolgere dalla
contentezza. Qualsiasi Casa le sarebbe andata bene, le bastava rimanere
lì, in
quel mondo.
-Sei
timida, molto. E hai paura.- aveva continuato il cappello.
–Eppure, dentro
questo corpo fragile, batte il cuore di un leone. Devi soltanto trovare
la
forza di esternarlo ed io ho piena fiducia nel tuo successo.
Dunque….
GRIFONDORO!-
C’erano
stati gli applausi dei suoi compagni di Casa e dei professori. Lei si
era
alzata dallo sgabello, riconsegnando il Cappello Parlante alla
McGranitt ed era
corsa al tavolo dei Rosso-Oro. Sirius Black, che pochi attimi prima
aveva
stupito l’intera Sala Grande, era già seduto tra i
Grifoni, fiero di aver
spezzato una vecchia tradizione di famiglia, e quando lei si era
avvicinata
l’aveva scrutata con sguardo indecifrabile. E Lily si era
limitata a riservagli
un’occhiataccia, per poi correre a stringere la mano a tutti.
In
quel momento aveva incrociato lo sguardo deluso di Severus e si era
improvvisamente sentita colpevole. Lui aveva sempre sperato che lei
andasse a
Serpeverde ed invece non era stato così. Era
un’avventura la loro. Un’avventura
che si erano promessi di vivere insieme. Invece erano stati divisi fin
dalla partenza.
Scusami,
Sev.
Severus,
come le aveva sempre detto, era finto a Serpeverde.
L’occhiata triste che le
aveva rivolto l’aveva fatta sentire ancora peggio.
Poco
dopo era stato il turno di Potter.
Grifondoro.
La
piccola Lily non era riuscita a trattenere un gemito disperato,
scuotendo la
testa rossa e portandosi le mani al viso.
Si
sarebbe portata dietro quel rompiscatole per ben sette lunghi anni.
Un
incubo!
***
-Dici
che si può cambiare Casa, una volta che il cappello ha
scelto?-
Quella
domanda di Severus l’aveva colta alla sprovvista. Lei aveva
sollevato lo
sguardo dal suo libro di Trasfigurazione per principianti e lo aveva
guardato.
-Non
credo.- aveva risposto. –Come mai me lo chiedi?-
-Non
ti piacerebbe passare a Serpeverde?-
Se
lo era aspettato, naturalmente. E, quel giorno, non aveva avuto idea di
cosa
rispondere. Si era perciò stretta nelle spalle.
–Grifondoro mi piace.- aveva
detto.
Piton
si era subito irrigidito. –Ma c’è
Potter! E io non potrò proteggerti da lui!-
Lily
lo aveva guardato con affetto ed aveva sorriso. –Non
preoccuparti, so
cavarmela.-
-Ti
riempirà di dispetti!-
Lo
aveva fatto. Oh, sì. James Potter lo aveva fatto.
Fin
dal primo giorno non le aveva dato tregua.
Sedersi
vicino a lei durante la lezione, giusto per scarabocchiarle sulla
pergamena o
fregarle le piume nuove; posizionarsi alle sue spalle, a Pozioni, solo
per il
gusto di lanciarle contro uova di rana oppure occhi di coleottero che
richiedevano ore per essere rimossi, se si incastravano nei capelli. E
poi cibo
che spariva dal suo piatto, succo di zucca che diventava amarissimo,
borse che
misteriosamente si rompevano… e quella risata.
C’era sempre stata quella
risata.
La
risata allegra, briosa e strafottente di James.
***
Il
secondo anno era andato anche peggio. Oltre a dover sopportare gli
sguardi
disgustati di coloro che la reputavano una Mezzosangue e la freddezza
della
propria famiglia, Lily Evans aveva anche dovuto far fronte ai continui
attacchi
di quel demone di James Potter, più tronfio che mai.
L’essere
stato scelto come Cercatore di Grifondoro alla sola età di
dodici anni gli
aveva chiaramente dato alla testa. Potter aveva preso ad aggirarsi per
i
corridoi della scuola ostentando un portamento da vero padrone, sempre
seguito
a ruota dalla sua corte di bimbette starnazzanti e dai suoi migliori
amici o
servi, così li aveva reputati Lily, che rispondevano al nome
di Black, Lupin e
Minus.
-Evans,
dimmi la verità, vorresti un mio autografo, vero?-
-Un
tuo cosa? Senti Potter, sparisci ok?-
-Oh,
poco male. Tanto non ti avrei mai concesso una mia firma
così per pura
generosità, senza ricevere nulla in cambio.-
-Perfetto.
Allora levati di torno.-
-Mmm…
direi che cinque galeoni potrebbero andare…-
-Cosa?
Cinque galeoni? Tu sei suonato! E comunque non lo voglio il tuo
autografo!-
-Ok,
ok. Che ne diresti di ripagarmi con una passeggiata intorno al lago?-
-Scordatelo.-
-E
perché?-
-Perché
ti odio.-
-Ma
io sono James Potter! Tu non puoi odiarmi! Dovresti adorarmi
!-
Non
aveva fatto in tempo a rispondergli con qualche frasetta tagliente, che
la
risata fredda e sarcastica di Severus l’aveva interrotta.
-Adorarti?!
Beviti una doppia dose di Pozione Aguzza Ingegno, Potter!-
James
si era subito irrigidito e l’occhiataccia che aveva rivolto a
Piton era stata
tutt’altro che amichevole. –Fuori dai boccini,
Mocciosus! Stavamo parlando io
ed Evans, chiaro? Sparite dalla mia vista, tu ed il tuo lungo naso
unto!-
-Sei
solo un bamboccio stupido, Potter!-
Ed
era stata guerra. Vinta da James, come ogni volta.
Lily
aveva visto un lampo di luce viola e Severus Piton si era ritrovato
appeso per
uno dei bei candelabri della Sala d’Ingresso. Ovviamente, lei
era andata su
tutte le furie.
-Potter…-
aveva ringhiato.
E
da quel momento erano volati incantesimi, lo ricordava bene.
Avevano
duellato in quella grande sala con i pochi incanti che conoscevano.
Lei
si era ritrovata con i capelli tinti di rosa, lui era finito a gambe
all’aria
grazie ad un’ottima fattura Gambemolli della rossa.
-POTTER!
EVANS! Cosa state facendo, per Merlino? I duelli sono vietati!-
La
professoressa McGranitt li aveva colti sul fatto.
-Per
tutti i folletti… COSA CI FA PITON APPESO AL LAMPADARIO?!-
Ed
erano stati puntiti.
***
Ma
se aveva pensato che il primo ed il secondo anno fossero stati
infernali dal
punto di vista Potter, Lily Evans si era sbagliata di grosso. Eh
sì, perché il
vero tormento era cominciato al suo terzo anno di scuola, quando James,
chissà
come e chissà perché, aveva deciso che lei,
proprio lei, dovesse diventare la
sua ragazza.
Aveva
cominciato a starle addosso come un segugio, urlandole di uscire con
lui a
destra a manca, a lezione, per i corridoi, in Sala Grande, in Sala
Comune.
La
tentazione di schiantarlo era stata talmente forte che a volte lei si
era
costretta a stringere a pugno le mani per evitare di prendere la
bacchetta.
E
poi c’era Severus, che ogni volta andava su tutte le furie,
che ogni volta
attaccava Potter e che, ogni volta, finiva in infermeria.
-Dai,
Evans! Ma perché non esci con me?-
-Ti
odio. Punto e basta. E lasciami in pace che devo studiare.-
-Ma
come fai a resistermi, Merlino Santo! Cioè, guardami! Sono
il migliore sulla
piazza, non lo vedi?-
-Wow,
sei pure modesto…-
-La
verità è che ormai ti sei impuntata! Insomma,
nessuna ragazza si rifiuterebbe
di uscire con un giovane bello, intelligente, brillante e superbo
giocatore di
Quidditch come me!-
-Dimentichi
una cosa, Potter.-
-Cosa?-
-Sbruffone.
Irritante. Pallone gonfiato. Narcisista. Prepotente.-
-Avevi
detto una cosa.-
-Me
ne sono venute in mente altre.-
-Daaaaiiii
Evans! Non tirartela!-
-Sparisci!
E lasciami studiare! Anzi, chiudi quella boccaccia, non vedi che siamo
in
Biblioteca? Finirai in punizione.-
-Naaa,
madama Pince mi adora!-
-Se
lo dici tu…-
-Ti
preoccupi per me?-
-No.-
-Mi
vuoi bene?-
-No.-
-Neppure
un pochino?-
-No.-
-Neanche
un pochino ino ino ino?-
-Potter…-
-Evans?-
-Sparisci.-
E
si era alzata, con l’intento di seminarlo. Impresa inutile.
-Uffa,
Evans. Te lo sto chiedendo con tutti i riguardi, esci con me.-
Aveva
sospirato, esasperata. –No. Non mi piaci. Quindi non vedo
perché dovrei venire
ad Hogsmeade con te. Preferisco di gran lunga restarmene in camera mia
a
leggere un buon libro.-
-Che
pluffeeeee….-
-Io,
al contrario di te, impiego bene il mio tempo.-
Lui
aveva sbuffato.
-Evans,
davvero. Sei un’ossessione per me! Non faccio che pensarti!-
Era
stato il turno di lei di sbuffare. –Se io fossi davvero
così importante per te,
non ti avrei visto l’altra sera sbaciucchiarti Penelope Wood
in Sala Comune.
Eravate talmente appiccicati che non si riusciva a distinguere la tua
bocca
dalla sua, disgustoso.- aveva detto, rabbrividendo dallo schifo. Lei ai
baci
ancora non ci pensava a quel tempo.
James
aveva accusato il colpo ed aveva sorriso, con la sua solita faccia
tosta.
O
da schiaffi.
-Beh,
che male c’è? Cerco di imparare il più
possibile per quando dovrò baciare te,
no? Sono sicuro che ti piacerà la mia esperienza!- aveva
trillato, giulivo.
-Tu…
brutto….-
Quello
era stato il primo schiaffo che gli aveva regalato. Il primo di una
lunga
serie.
***
Il
loro quarto anno Lily aveva sul serio preso in considerazione
l’idea di finire
ad Azkaban per l’uso di un incantesimo proibito su un
compagno di scuola che
meritava soltanto di crepare brutalmente con un’Avada
Kedavra.
Si
sarebbe tolta il pensiero e festa finita. Non vedeva altre soluzioni.
Ricordava
bene la rabbia che aveva provato quando James, improvvisamente, le
appariva
davanti con il suo bel sorriso e la sua faccia di bronzo.
Lo
avrebbe voluto strozzare.
Quella
cosa tra di loro era diventata una snervante routine e lei non ne
poteva più.
Lui
le chiedeva di uscire, lei rifiutava.
Lui
le chiedeva di fare una passeggiata intorno al lago, lei rifiutava.
Lui
le chiedeva di cenare insieme giù alle cucine, lei rifiutava.
Lui
le chiedeva di diventare la sua ragazza, lei, ovviamente, rifiutava.
-E’
insopportabile, dico sul serio! Non lo reggo più.-
Aveva
cominciato a sfogarsi con Severus, l’unico amico che aveva.
Del resto, entrambi
erano soli. Lui non aveva legato con nessun Serpeverde e lei aveva
contro quasi
tutta la scuola per il suo essere così Mezzosangue, cupa e
chiusa.
-Schiantalo.-
le aveva risposto Piton. –Oppure avvelenalo e chiudi la
storia.-
-Avvelenarlo?
Severus, adesso sei troppo drastico!-
-E
perché? Nessuno penserà che sei stata tu. In
teoria gli studenti del quarto
anno non dovrebbero saper preparare veleni. Io e te siamo
un’eccezione.-
Io e te.
Lei e
Severus.
Aveva
voluto bene a quel ragazzo, un tempo si era davvero sentita legata a
lui.
Lui
che c’era sempre per lei, lui che era una spalla su cui
piangere, lui che non
la abbandonava mai, lui che strappava per lei le lettere vuote e fredde
dei
suoi genitori, quando Lily, ferita ed in lacrime, non era in grado di
farlo.
Lui
l’aveva protetta dai dispetti di Potter, lui si era spesso
messo contro i
Serpeverde per difenderla, lui le aveva permesso di prenderlo per
mano…
Severus
Piton, il suo punto di riferimento.
L’unica
cosa stabile nella sua vita confusa.
Severus,
così diverso da James.
L’esuberanza
e la vivacità spropositate di Potter un tempo
l’avevano spaventata.
La
pacatezza e la tranquillità ferme di Piton
l’avevano fatta sentire al sicuro.
Quei
due erano sempre stati diversi come il giorno e la notte.
E
lei per tanto tempo era vissuta con schemi precisi ed immutabili.
Severus,
il ragazzo buono; James, il ragazzo cattivo.
Severus,
che si sedeva vicino a lei in biblioteca, che la sorvegliava da
lontano, che si
congratulava con lei dei suoi successi; James, che le urlava
“Acidaaaaa!” per i
corridoi, che la infastidiva di continuo, che le diceva di pensarla
sempre ma
ogni giorno era con una ragazza diversa. James, l’odiato
Potter, che parlava di
ragazze come se queste fossero state figurine da scambiare con il suo
amico
Sirius Black.
***
Poi,
al suo quinto anno, tutti i suoi precisi schemi erano crollati
miseramente,
lasciandola sola e disperata. Illusa Lily, illusa.
Un
pomeriggio, un pomeriggio dopo i G.U.F.O.
Aveva
visto Potter e compari infastidire Severus, come al solito. Intervenire
era
stato naturale per lei, era stato scontato, ovvio.
-Come
è andato l’esame,
Mocciosus?- stava chiedendo James.
-Lo
tenevo d’occhio, aveva
il naso incollato alla pergamena.- aveva ghignato Sirius.
-Con
tutto l’unto che ci
avrà lasciato, non riusciranno a leggere una parola.-
La
gente intorno a loro
aveva riso. Nessuno si era mosso per fermare quella prepotenza. Lei e
Piton
erano sempre stati i più detestati.
Aveva
visto Severus tentare
di alzarsi, ma l’incantesimo su di lui era ancora attivo, non
poteva mettersi
in piedi, era impossibile.
-Aspetta…tu.-
aveva ansimato
il Serpeverde, alzando su James uno sguardo carico d’odio
–aspetta… e vedrai!-
-Aspettare
cosa?- aveva
chiesto gelido Sirius. –Che cosa farai, Mocciosus, ci userai
per soffiarti il
naso?-
Piton
aveva mormorato
qualcosa che Lily, ancora lontana, non era riuscita a sentire.
-Faresti
meglio a lavarti la
bocca.- aveva commentato freddo James. –Gratta e netta!-
Era
stato orribile e lei
aveva preso a correre.
Schiuma
rosa usciva dalla
bocca di Severus, che non poteva fare altro che sputare, rischiando di
soffocare.
-Lasciatelo
STARE!- aveva
gridato, arrivando da loro.
Era
stata semplicemente
furiosa.
James e
Sirius si erano
voltati di scatto. La mano libera di James era subito salita ad
arruffargli i
capelli. Lily aveva trattenuto una smorfia stizzita per quel gesto
idiota come
chi lo aveva compiuto.
-Tutto
bene, Evans?- aveva
detto Potter con una voce che di colpo si era fatta più
seria e composta.
Idiota.
Stupido ragazzino
borioso ed arrogante.
-Lascialo
stare.- aveva
ripetuto Lily, fissandolo disgustata. –Che cosa ti ha fatto?-
-Beh…-
aveva risposto James,
fingendo di ponderare la questione, -è più per il
fatto che esiste, non so se
mi spiego…-
Maledetto.
Maledetto
stronzo,
insensibile, crudele…
Lei
aveva stretto i denti,
provando una rabbia accecante.
La
gente intorno a loro
aveva riso delle parole di Potter, lei invece aveva soltanto desiderato
di
trovare un modo per fargli più male possibile.
-Ti
credi divertente,
Potter.- aveva detto gelida. –Ma sei solo un bullo arrogante
e prepotente.
Lascialo stare.-
-Solo
se esci con me,
Evans.- aveva replicato rapido James. –Esci con me, e non
alzerò mai più la
bacchetta su Mocciosus.-
Rieccoci,
aveva pensato lei.
Povero
stupido, non avrebbe
mai accettato di uscire con lui normalmente, figurarsi per ricatto.
Poteva
decisamente scordarselo.
E
poi… uscire con lui? Ma
non aveva la ragazza quello stupido?
Intenta
a discutere con
Potter, Lily non si era accorta che l’incantesimo di Ostacolo
che aveva colpito
Severus stava svanendo e che il suo amico, continuando a sputare
sapone, aveva
preso a strisciare verso la sua bacchetta.
-Non
accetterei nemmeno se
dovessi scegliere fra te e una piovra gigante.- aveva replicato lei,
guardando
James con disgusto.
-Ti
è andata male, Ramoso.-
aveva detto Sirius spiccio, per poi voltarsi verso Piton.
-EHI!-
Era
stato troppo tardi.
Piton
aveva già puntato la
bacchetta verso James e Lily, senza capirne il motivo, aveva provato un
moto di
paura e preoccupazione per il Grifondoro.
C’era
stato un lampo di luce
e su una guancia di James era comparso un taglio che gli aveva
schizzato la
veste di sangue. James aveva ruotato su stesso, era partito un secondo
lampo di
luce e un attimo dopo Piton si era ritrovato a penzolare per aria
all’ingiù. E
Lily si era trovata a contemplare la scena in preda alla confusione.
Rabbia
verso Severus, che
aveva usato un incantesimo crudele. I dispetti di Potter potevano
decisamente
essere di cattivo gusto, ma non avevano mai ferito, mai fatto del male
veramente. Severus, invece…
Aveva
poi sentito l’ilarità
della situazione, Piton che penzolava in aria.
E poi
di nuovo rabbia.
Rabbia per James e le sue trovate idiote.
Dalla
folla intorno a loro
si era levato un applauso, tutto per Potter il Magnifico;
Sirius,
lo stesso James e
Peter Minus si erano rotolati dalle risate.
Anche
lei aveva quasi
sorriso. Ma era stata poi subito rabbia.
-Mettilo
giù!- aveva
gridato.
-Ai
tuoi ordini.-
James
aveva fatto scattare
la bacchetta all’insù, e Piton si era afflosciato
a terra. Districandosi nella
veste, si era alzato rapido, la bacchetta pronta, ma Sirius aveva
gridato. –Pietrificus
Totalus!- e Severus era caduto a terra di nuovo, rigido come un palo.
-LASCIATELO
STARE!- aveva
urlato Lily, ed aveva estratto a sua volta la bacchetta.
James e
Sirius l’avevano
fissata preoccupati.
-Dai,
Evans, non
costringermi a farti un incantesimo.- le aveva detto ansioso James.
Brutto
vanesio pallone
gonfiato!
Che ci
provasse! Che ci
provasse a farle un incantesimo, avrebbe trovato pane per i suoi
denti!, questo
aveva pensato lei, furente.
-Allora
liberalo!-
E James
aveva sospirato, si
era voltato verso Piton ed aveva mormorato un controincantesimo.
-Ecco
fatto.- le aveva
detto, mentre Severus si rialzava a fatica. –Ti è
andata bene che ci fosse
Evans, Mocciosus…-
E poi,
la catastrofe. Quelle
parole le avevano spezzato il cuore. Avevano distrutto quel piccolo
mondo che
si era creata.
-Non mi
serve l’aiuto di una
piccola schifosa Mezzosangue!-
Lily
era trasalita. Solo
trasalita.
Ma
dentro di lei si era
scatenato l’Inferno.
Non
aveva potuto crederci.
No, non Severus. Non Severus. Non il suo migliore amico.
Quelle
parole dette con
freddezza l’avevano colpita in pieno petto.
Doveva
aspettarselo, si era
detta. Lui aveva cominciato a cambiare negli ultimi tempi. Lui aveva
preso a
frequentare di più i Serpeverde, Lucius Malfoy, e ad
ignorare lei.
Avrebbe
dovuto aspettarselo,
ma aveva fatto comunque male.
Aveva
cercato di darsi un
contegno. In quel momento ferirlo a sua volta era stato tutto
ciò che aveva
desiderato. Finita, per lei la loro amicizia era finita.
-Molto
bene.- aveva
replicato freddamente. –Vuol dire che in futuro non mi
prenderò più la briga di
aiutarti, Mocciosus.-
Lo
aveva chiamato come erano
soliti fare Potter e compagnia, e non era stato un caso.
Aveva
davvero voluto
umiliarlo, come lui aveva fatto con lei.
Aveva
veramente desiderato
fargli capire che la loro amicizia era finita lì.
-Chiedi
scusa ad Evans!-
aveva ruggito James, puntando la bacchetta contro Piton.
Lily si
era quasi
dimenticata della presenza di Potter, tanto era accecata dalla rabbia e
dal
dolore. All’improvviso si era trovata spaesata.
In
genere era sempre stato
Severus a proteggerla da James.
In quel
momento era James a
difenderla da Severus. Non era mai accaduto.
-Non
voglio che mi chieda
scusa perché l’hai costretto tu!-
aveva urlato. –Siete uguali, voi due.-
No, non
lo erano invece. Non
lo erano mai stati, ma lei era stata troppo presa dalla rabbia per
pensare a
ciò che diceva.
-Che
cosa?- aveva protestato
James. –Io non ti avrei MAI chiamato una…
tu-sai-come!-
Aveva
ragione. James non lo
aveva mai fatto. Mai.
Ma lei
non aveva potuto fare
a meno di colpire anche lui, di fargli del male.
-Sempre
a spettinarti i
capelli perché ti sembra affascinante avere l’aria
di uno che è appena sceso
dalla scopa, sempre a esibirti con quello stupido Boccino e a camminare
tronfio
nei corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo
perché sei
capace… sei così pieno di te che non so come fa
la tua scopa a staccarsi da
terra! Mi dai la NAUSEA!-
Si era
voltata ed era corsa
via.
Da
James. Da Severus.
Aveva
sentito Potter
chiamarla, ma non si era voltata.
Da
quel giorno, per lei, era cominciata la sua totale oscurità.
Si
era ritrovata completamente sola, esclusa. Il suo stato di Mezzosangue
allontanava coloro che la reputavano troppo sporca per studiare con
loro. La sua
freddezza, il suo essere cupa e tetra, allontanavano tutto il resto dei
suoi
compagni.
Persino
Potter, dopo quell’episodio, aveva preso ad evitarla.
Probabilmente sentirle
dire di essere uguale a Severus, che non aveva avuto rispetto per lei,
lo aveva
davvero offeso.
Lily
ricordava quegli ultimi giorni prima della fine del quinto anno.
James
Potter si era sempre più incollato a Judi Bell, la sua
ragazza a quel tempo,
ignorando lei come non aveva mai fatto prima.
E
Lily si era sentita come abbandonata. Potter non l’aveva mai
lasciata perdere.
Le era sempre stato addosso, intorno, senza darle pace. Quel distacco
l’aveva
colpita in un modo che non avrebbe mai creduto possibile.
Lo
vedeva incollato alla Bell, la teneva per mano, la baciava, le parlava
all’orecchio
e lei… lei si era trovata a desiderare di schiantare
quell’oca della sua
compagna di stanza e prendere a schiaffi Potter.
Poi
c’era stata quella notte.
La
notte che aveva preceduto il loro ritorno a casa.
Severus
era andato da lei.
-Mi
dispiace.-
-Non mi
interessa.-
-Mi
dispiace!-
-Risparmia
il fiato.-
Aveva
provato freddo, ma non
era sicura che fosse perché aveva addosso solo una leggera
vestaglia sulla
camicia da notte estiva. Era stato il suo cuore ad avere freddo.
A
braccia incrociate aveva
affrontato Severus, il suo amico da una vita, con una freddezza che non
aveva
mai immaginato di avere, lì, immobile, di fronte alla torre
di Grifondoro, la
Casa che Piton odiava più di tutte, lei lo sapeva.
-Sono
uscita solo perché
Mary mi ha detto che minacciavi di dormire qui.-
Già,
Mary White, un anno più
grande di lei. Una delle poche conoscenze che aveva.
-L’avrei
fatto. Non volevo
chiamarti schifosa Mezzosangue, mi è…-
-…
scappato?- lo aveva
aiutato lei, senza pietà. –Troppo tardi. Ti ho
giustificato per anni. Nessuno
dei miei amici riesce a capire come mai ti rivolgo la parola. Tu e i
tuoi cari
Mangiamorte…vedi, non lo neghi nemmeno! Non neghi nemmeno
quello che volete
diventare! Non vedi l’ora di unirti a Tu-Sai-Chi, vero?-
Lo
aveva stupito e questo
l’aveva soddisfatta, le aveva dato un piacere cattivo.
Davvero
lui aveva creduto
che lei non sapesse?
Lei che
era la prima ad
immergersi nella lettura della Gazzetta del Profeta.
Davvero
lui aveva pensato di
nasconderle i suoi veri ideali? Chi, meglio di lei, la sua migliore
amica,
colei che lo conosceva meglio di tutti, poteva capirlo?
Se ne
era accorta. Lo aveva
visto cambiare negli anni, ma per tanto tempo aveva chiuso gli occhi e
scosso
il capo. Lui era l’unico vero amico che aveva e perderlo era
sempre stato
inconcepibile per lei.
Aveva
deciso di buttare le
carte in tavola. E spiazzarlo.
Fargli
capire che sapeva.
Aveva sempre saputo.
Gli
aveva addirittura
parlato di amici.
Amici.
Quali amici?
Compagni
di Casa, magari.
Ma
quella notte aveva
desiderato ferirlo, fargli pensare che lui non era poi così
indispensabile, che
lei aveva altri amici ad attenderla.
Lui
aveva aperto la bocca,
ma l’aveva richiusa subito senza aver parlato.
-Non
posso più fingere. Tu
hai scelto la tua strada, io la mia.-
E
quella constatazione aveva
fatto male. Molto male.
Un
addio. Netto e crudo.
-No…
senti, io non volevo…-
-…
chiamarmi schifosa
Mezzosangue? Ma chiami così tutti quelli come me, Severus.
Perché io dovrei
essere diversa?-
Lo
aveva visto sul punto di
ribattere ed allora aveva deciso in fretta. Basta.
Con uno
sguardo sprezzante
si era voltata ed aveva varcato il buco del ritratto.
Addio.
Addio
Severus.
La
sala Comune di Grifondoro era deserta e Lily era scoppiata a piangere.
L’amicizia
più importante della sua vita era finita e lei,
inizialmente, non aveva avuto
la forza di capacitarsene. Faceva troppo male.
Aveva
sempre saputo che sarebbe successo. Lo aveva saputo dal giorno in cui
aveva
visto Severus parlare con i suoi compagni di Serpeverde.
Che
razza di amica era stata?
Non
era riuscita neppure a tenersi stretta l’unico vero amico che
aveva.
Lo
aveva perso. Lui sarebbe diventato un mostro come quei pazzi di cui lei
leggeva
nel giornale. E non aveva potuto impedirlo.
E
poi, ad un tratto, era arrivato Lui.
Lui,
che non le aveva mai dato tregua. Lui, che non l’aveva mai
abbandonata. James.
James,
che le aveva preso dolcemente il volto tra le mani e l’aveva
spinta a
guardarlo, asciugandole le lacrime con le dita. Lily non aveva mai
dimenticato
l’aria preoccupata e dolce di lui, mentre la guardava.
-Evans.-
l’aveva chiamata. –Evans, perché piangi?-
-S-Severus…-
era riuscita a balbettare, preda delle lacrime.
-Piton?- aveva ripetuto lui, scurendosi
in volto. –Che cosa ti ha fatto Mocciosus?!-
Lo
aveva visto estrarre la bacchetta da una tasca del pigiama e avviarsi
spedito
verso il ritratto. Aveva dovuto afferrarlo per un braccio e pregarlo di
fermarsi, per farlo desistere dall’idea di uscire per i
corridoi del castello e
punire Severus.
Non
aveva saputo come, ma si era ritrovata seduta su una delle comode
poltrone
della sala del Grifondoro. James era rimasto con lei, l’aveva
ascoltata
piangere senza fiatare, accarezzandole i capelli con fare protettivo ed
incredibilmente dolce. Poi aveva lasciato che lei gli raccontasse
tutto, senza
intervenire con qualche battutina acida su Piton. Aveva rispettato il
suo
dolore.
Alla
fine era stata lei ad allontanarlo, dicendogli di starle lontano e
pensare a
Judi, la sua affascinante ragazza. E lo aveva visto sorridere.
-La
mia ragazza?- le aveva detto con delicatezza. –Quando tu mi
sei davanti,
dimentico anche il suo nome, Evans.-
Lily
aveva avvertito una dolce morsa al petto, diversa da quella che aveva
provato
quando Severus le aveva dato della Mezzosangue. Era una morsa
piacevole, calda.
Ma non
aveva voluto darle l’attenzione che meritava e
l’aveva scacciata in fretta.
-Sei
proprio uno stupido, Potter.- aveva replicato freddamente, prima di
alzarsi e
andarsene. –Judi mi fa pena.-
Non
lo aveva ringraziato. Non gli aveva detto nulla di gentile.
Lo
aveva allontanato, ancora. Ed in modo crudele.
Forse,
a quel tempo, era stata troppo spaventata da lui, da ciò che
James riusciva a
farle provare, per permettergli di avvicinarsi. Scappare le era apparso
più
semplice.
***
Il
sesto anno era stato identico agli altri. Anzi, se doveva essere
sincera, era
stato il più cupo ed il più solitario di tutti.
L’aveva definitivamente privata
delle sue forze.
Severus
non c’era più. Potter era lontano e
così doveva restare.
E
lei non era propriamente piena di amici. Si era così
abituata alla sua
solitudine che era diventato normale per lei restare da sola e non
cercare la
compagnia.
Pian
piano, aveva cominciato a cadere, sempre più giù.
Nessuno l’avrebbe salvata.
Nessuno
si sarebbe curato di lei.
Quanto
si era sbagliata…
Al
settimo anno, tutto il suo mondo era cambiato.
Sole,
finalmente Sole!
E
luce. Luce ovunque.
Only love,
only love can leave
such
a mark
But only love,
only love can heal
such a scar
[
Solo l’amore
Solo l’amore può lasciare
Un segno così forte
Ma solo l’amore
Solo l’amore può guarire
Una cicatrice così grande ]
In
quel momento, proprio in quel momento,
quel ragazzino viziato e arrogante, quel terremoto irrispettoso,
quell’irritante bambino pieno di sé, si trovava
vicino a lei, tenendola per
mano, le dita perfettamente intrecciate alle sue.
Quel
moccioso antipatico e prepotente era
diventato il ragazzo meraviglioso che l’aveva fatta
riemergere dal mondo cupo
in cui lei si era lasciata cadere senza lottare. Adesso era divenuto il
giovane
uomo che la proteggeva, che la guardava con amore, che si era aperto
con lei,
raccontandole cose di sé che nessuno sapeva.
E
le aveva detto che l’amava. Sì, James
Potter amava lei.
Era
stato uno strano e velocissimo viaggio
nel passato, era cominciato senza che lei se ne rendesse conto, ma il
ritorno
alla realtà non era stato affatto brusco. La mano calda di
James era stretta
alla sua, il profumo di lui era intorno a lei.
Magnifico.
Non c’erano altre parole per
descriverlo.
Erano
stati anni tremendi. Soprattutto la
fine dell’amicizia con Severus, che lei era tornata a
chiamare freddamente
Piton, l’aveva sconvolta. Ma sentiva che avrebbe volentieri
sopportato
nuovamente tutto quel dolore se la fine di quel viaggio terribile e
solitario
era James. Il suo James.
Subito
il pensiero di tutto ciò che era
accaduto tra di loro sul ponte sospeso la colse, una stretta terribile
e
stupenda allo stomaco e al petto. La natura di Potter non la spaventava
anzi,
sentiva un moto di protezione verso di lui.
Lo
avrebbe protetto e lo avrebbe aiutato a
costo della vita. Di questo ne era fortemente sicura.
Poi
il ricordo di quei baci. E questa volta
quella morsa le strinse la gola e il ventre.
Desiderio.
E voglia.
Sentì
le proprie guance imporporarsi
violentemente e si dette della stupida. Cosa stava andando a pensare?
Doveva
essere semplicemente impazzita. Fare pensieri del genere non era da
lei. Ma i
punti sul collo dove lui l’aveva baciata sembravano bruciare
esattamente come
le sue labbra.
-Gazza
è andato via, possiamo andare.-
La
voce calma e sussurrata di James la portò
definitivamente alla realtà. Finalmente si riebbe e
realizzò dove si trovassero
e perché.
Erano
in un corridoio deserto del primo
piano, poco distante dalla Sala d’Ingresso. Tutto era buio
intorno a loro,
fatta eccezione per qualche torcia accesa. Il silenzio la faceva da
padrone.
Lei era schiacciata contro una parete e James le teneva una mano.
Quando
avevano rimesso piede nel castello,
coperti di neve ed infreddoliti, si erano subito resi conto che il
coprifuoco era
scattato da un pezzo. Non era tardissimo, ma i corridoi erano ormai
completamente deserti. Ovviamente lei si era fatta prendere dal panico
ma
Potter, re dei senza regole, aveva ghignato e, assolutamente
tranquillo, le
aveva proposto di fare un salto nelle cucine per mettere qualcosa nello
stomaco, visto che entrambi avevano saltato la cena.
Lei
aveva subito accettato. Era troppo
stanca, stravolta, infreddolita e affamata per protestare. Peccato che,
fatti
pochi passi, avevano beccato Gazza.
Fortuna
che il custode non li aveva visti!
E
adesso lei guardava James. Lui pareva
essere tornato quello di sempre. Certo, aveva l’aria sfinita,
ma sul volto faceva
nuovamente bella mostra di sé il suo famoso sorriso
malandrino. Quello che un
tempo l’aveva mandata su tutte le furie.
Lo
vide sorridere all’improvviso, ma in modo
dolce.
-Se
mi guardi in questo modo, temo che
finiremo davvero in punizione.- le disse malizioso e divertito.
E
lei avvampò di nuovo. Contemplando il suo
sorriso si era ritrovata di nuovo stregata dalle sue labbra, era stato
inevitabile. Subito abbassò il capo, imbarazzata, sentendo
lui ridere
sommessamente. Non aveva davvero il coraggio di guardarlo.
Lo
sentì chiaramente chinarsi su di lei. Poi
ancora le sue labbra, che subito la coinvolsero in un bacio che le
tolse l’aria
dai polmoni.
Ma
non era importante. Niente importava più,
neppure l’ossigeno. Tutto era sciocco, futile e marginale in
confronto alla
bocca di James.
Occhi
chiusi, braccia strette intorno al suo
collo, in totale abbandono, Lily capì che lui avrebbe potuto
fare di lei tutto ciò
che voleva. Era assolutamente in suo potere.
Quelle
labbra morbide che si muovevano sulle
sue le provocavano dei brividi che lei non aveva mai provato prima e si
avventò
su di esse, affamata, incontentabile, sentendo che lui provvedeva a
risponderle
con la medesima urgenza. Si ritrovò con le spalle al muro,
schiacciata dal
corpo del giovane e gioì, fu pura gioia, puro piacere. Non
avrebbe mai più
voluto smettere.
In
quella confusione, in quel black out dove
il cervello non ragionava più, Lily si ritrovò a
pensare che avrebbe dovuto
cedere prima. Avrebbe dovuto lasciarlo avvicinarsi a lei molto prima.
Come
aveva potuto stare tutti quegli anni senza baciarlo, senza stringerlo a
se,
senza sentire le sue carezze?
Folle.
Era stata una folle.
-James…-
mormorò contro la bocca di lui, in
un breve momento di pausa.
Per
tutta risposta il ragazzo si spinse di
più contro di lei, schiacciandola contro il muro e tornando
a baciarla con
foga. Lily avvertì distintamente la parete dietro di lei
fregarle contro il
mantello.
Dovevano
essere impazziti, tutti e due.
Rischiavano grosso. Se li avesse beccati Gazza, o un professore, o un
Caposcuola…
Eppure,
stranamente, lei non se ne curò.
Adorava
James. Ed era innamorata dei rochi gemiti
e dei sospiri di lui, cose che prima di quella sera lei non si era mai
neanche
lontanamente immaginata.
Le
piacevano. Ed era in un certo modo
orgogliosa di essere lei a provocarli.
Fuori
controllo. Era decisamente fuori
controllo.
Poco
convinto, James si staccò da lei e
sorrise. –Ok, calma.- mormorò. –Diamoci
una calmata oppure rischiamo di…-
Ma
lei non gli dette il tempo di continuare,
reclamando di nuovo la sua bocca, che per parecchi minuti
tornò ad essere molto
impegnata. Meravigliosamente impegnata.
Il
tempo scorreva, ma pareva essere troppo
lontano perché loro se ne preoccupassero. Tutto era diverso
quella notte, tutto
aveva preso una nuova forma.
Il
loro mondo.
Quello
era il loro mondo e non avrebbero
permesso a nessuno di entrarvi.
Ancora
baci, ancora sospiri. E poi lui rise,
allegro come un tempo.
-Che
fine ha fatto la severa Caposcuola
Evans?- le chiese, gli occhi che brillavano di malizioso divertimento.
-Ho
lasciato il distintivo di Caposcuola in
camera.- rispose subito lei, sorridendo.
James
rise di più, mentre le teneva con
delicatezza le mani sui fianchi.
-Allora
devo provvedere a tenerlo separato
da te più spesso.- ghignò.
-E’
molto difficile che me lo dimentichi.-
lo sfidò lei.
-Io
te lo farò dimenticare.- ribattè lui,
sicuro.
Restarono
a fissarsi per qualche minuto, in
silenzio. Stupiti di trovarsi in una simile situazione, ma, al tempo
stesso,
felici, desiderosi di proseguire su quella nuova e bellissima strada
che si era
aperta davanti ai loro occhi.
Lily,
che non avrebbe mai immaginato di
potersi innamorare di James Potter.
James,
che non avrebbe mai immaginato di
vedere i propri sentimenti ricambiati da Lily Evans.
Aveva
sempre sperato, pregato, che lei
capisse davvero. Che lo guardasse con occhi diversi, che si accorgesse
di lui e
di ciò che provava.
L’aveva
desiderata con tutto il suo cuore,
l’aveva amata in silenzio per anni, mascherando i propri
sentimenti con false
risate.
Aveva
ingoiato le occhiate cattive di lei,
aveva sopportato le sue risposte fredde ed acide, aveva resistito ai
suoi “no”
detti quasi con cattiveria e aveva chinato il capo, impotente, quando
l’aveva
vista vicino a Severus Piton, tremando di paura.
Sì,
James Potter aveva avuto paura. Ed era
stato geloso.
Geloso
della confidenza che Lily dava al
Serpeverde e non a lui, geloso della loro amicizia, dei sorrisi che la
rossa
regalava sempre e solo a Piton.
E
aveva avuto paura, tanta. Paura di
perderla. Paura che il maledetto Mocciosus gliela portasse via. Ma
questo non
lo aveva mai detto a nessuno, perché, si sa, James Potter
doveva essere James
Potter. Il mito, il numero uno.
Forse
solo Remus si era reso conto di questo
suo segreto.
Stupido,
stupido James. Avrebbe dovuto dare
retta a Lunastorta molto prima. Avrebbe dovuto smetterla fin da subito
di fare
il pallone gonfiato e mostrare i suoi autentici sentimenti a Lily. Si
sarebbero
risparmiati tanti anni di sofferenze.
Ma
adesso lei era lì, con lui. Era lì,
completamente sua. Lo vedeva dai suoi occhi verdi, che parevano
brillare solo
per lui e che lo guardavano con una dolcezza ed un affetto disarmanti.
Lo
vedeva da quel sorriso luminoso che, finalmente, era rivolto a lui. Era
suo,
suo e di nessun altro.
Lily
non aveva mai baciato nessuno prima di
lui, solo lui aveva avuto la possibilità di toccare quella
bocca e questo lo
riempiva di un orgoglio tutto maschile.
Lo
faceva sentire speciale, fortunato.
Nella
vita di Lily c’era solo lui,
nessun’altra ombra, nessun altro vecchio amore.
Lui,
soltanto lui. E James aveva tutta
l’intenzione di restare il primo e l’unico per lei.
Le
sorrise, accarezzandole una guancia. La
sua pelle morbida era ancora un po’ fresca.
-Cibo.
Ho bisogno di cibo.- le disse e,
quando il suo stomaco si fece sentire, scoppiò a ridere
allegramente.
Lily
rise con lui. –Andiamo.- decise,
prendendolo di nuovo per mano.
***
Non
era mai stata nelle cucine del castello,
non ne aveva mai visto l’utilità nei quasi
più di sei anni trascorsi ad
Hogwarts. Da brava studentessa, Lily si era sempre attenuta alle
regole.
Frequentare le lezioni, studiare in biblioteca oppure in Sala Comune e
consumare i pasti in Sala Grande.
Tutto
molto ordinario, molto corretto.
Era
logico che per James Potter, indiscusso
combina guai, le cose non stessero allo stesso modo. Fughe nel cuore
della
notte, festini illegali, tutto questo richiedeva una buona conoscenza
delle
cucine e, soprattutto, una particolare confidenza con i suoi abitanti.
Per
questo motivo Lily non si stupì troppo
dell’accoglienza festosa ed affettuosa che James ricevette
dai buoni elfi
domestici, che subito gli si radunarono intorno, squittendo felici e
prodigandosi in profondi inchini.
Erano
tutti un “Signor Potter” di qua e un
“Padron Potter” di là.
Ovviamente
furono amichevoli e cordiali
anche con lei, ma non si dimostrarono adoranti come lo erano con James.
Sorridendo,
la rossa scosse il capo.
C’era
da aspettarselo, quel simpaticone di
Potter era riuscito a fare colpo anche sugli elfi domestici.
Incredibile. Non
aveva parole.
-Cosa
desidera, signor Potter?- chiese ad un
tratto un elfo più piccolo degli altri e assai
più grazioso, chinandosi
nuovamente in un profondo inchino.
Doveva
essere una femmina, si disse Lily. E
quegli occhioni brillavano puntati sulla figura di James. Indispettita
da un
elfo? Chi? Lei?
-Tutti
i dolci che vi sono rimasti dalla
cena, Milla. E del tè.- chiese il ragazzo, sorridendo, per
poi voltarsi verso
di la ragazza al suo fianco. –Ti va bene, Lily? Vuoi altro?-
La
rossa sorrise ed annuì, mentre vedeva gli
elfi correre via, intenti a trovare tutto il necessario. –Va
bene.- assentì.
–Anche se non ho mai cenato a base di soli dolci.-
James
inscenò un cipiglio severo. –Questa è
una grave mancanza, Evans.- la rimproverò divertito, andando
a sedersi ad uno
dei lunghi tavoli presenti nell’ampia stanza.
Lei
lo seguì subito, sedendosi davanti a lui.
Intorno a loro gli elfi, al settimo cielo, si affaccendavano con
piattini,
tovaglie, tazzine e biscotti.
-Sembrano
veramente felici.- constatò Lily,
osservandoli.
-E’
il loro lavoro.- osservò tranquillo
James, facendo spallucce. –Sono nati per questo. E poi ad
Hogwarts vengono
trattati bene.- aggiunse.
-Tu
ne hai a casa tua?- chiese
improvvisamente lei, curiosa. Non sapeva perché aveva
formulato quella domanda,
ma ormai la voglia di scoprire il più possibile di James era
più forte della
sua ragione. Avrebbe potuto restare ad osservarlo per ore, solo per
annotarsi
ogni suo gesto.
Lui
non parve sorpreso dalla sua domanda.
–Sì, ne ho tre. Abbiamo un buon rapporto con loro.
Mamma ha sempre voluto che
li trattassimo con gentilezza, vorrebbe addirittura pagarli, ma loro
non glielo
permettono.- le disse, divertito.
-Hai
davvero dei genitori fantastici,
James.- mormorò lei, guardandolo con affetto.
-Lo
so.- fece lui con un sorriso. –Sai,
loro… beh, per loro sono davvero un figlio. E per me
è lo stesso. Non potevano
avere bambini ed erano già avanti con
l’età, perciò quando Silente mi
portò da
loro, mi accolsero con gioia. Esattamente come se avessi passato nove
mesi nel
grembo di mia madre.- le disse.
-Silente?-
-Sì.
Silente conosceva gli Havisham da anni,
compresi i miei genitori biologici. Ma non ne so molto, davvero. Non ho
mai
fatto troppe domande, non mi è mai interessato. I Potter
sono la mia famiglia.
Chiedere notizie sugli Havisham era come tradirli, era come…
ammettere di non
essere un Potter.- le spiegò, abbassando lo sguardo.
–Non so se riesci a
capire…- aggiunse con un sorriso triste.
-No,
ti capisco.- si affrettò a dire Lily.
–Cioè...non mi sono mai trovata nella tua
situazione, però…-
-Non
preoccuparti.- le sorrise lui, tornando
a guardarla. –E’ ovvio che tu sia incuriosita.
Soltanto che, sul serio, non ne
so molto. So che Savannah e Jeremy, il mio vero padre, sono morti, ma
non ho
idea di come sia accaduto. Sono morti, io ero un neonato, Silente mi ha
preso e
mi ha portato dai Potter prima che Edward Havisham mi prendesse con
sé. Tutto
qui.-
-Cosa
vuole Havisham da te?-
James
parve riflettere un attimo, prima di
rispondere. –Beh, credo sia per la mia natura. Voglio dire,
sono un misto fra
una strega nera e uno spirito infernale. Credo che i miei poteri gli
interessino. So che è una specie di ricercatore, studia il
potere. Ne è
ossessionato.- le disse, mentre gli elfi cominciavano a portare ogni
sorta di
torta o dolciume sulla tavola.
Poco
dopo, Milla arrivò con il tè e loro si
servirono abbondantemente di tutto ciò che avevano davanti.
Erano davvero
affamati.
James
si buttò subito su una bella fetta di
torta al cioccolato, lei scelse invece un dolce alla melassa, il suo
preferito.
Per un po’ nessuno dei due parlò più,
intento a magiare.
Con
il cibo sullo stomaco ed il tè caldo che
sembrava scaldarla fin nelle ossa, Lily sentì la stanchezza
abbandonarla,
sostituita da un nuovo vigore. Era stata una giornata dura, soprattutto
per
James, adesso lo sapeva. Lui però sembrava aver
già dimenticato tutto e sorrideva.
-I
tuoi sanno tutto?- fece improvvisamente,
tornando a prendere la parola.
Lui
terminò di bere il suo tè, prima di
risponderle. –Sì. Sì, certo. Sanno
tutto di me e degli Havisham. Anzi, credo
che sappiano anche più di quello che so io. A differenza di
me, loro hanno
riempito Silente di domande.-
-Non
chiederai mai niente?-
-Ora
come ora, non ne vedo il motivo. Temo
però che presto il mio modo di pensare cambierà.-
le disse, cercando di
apparire sereno.
-Che
vuoi dire?-
-Ti
ho parlato della notte di Halloween.- le
disse. –I miei poteri hanno raggiunto il massimo ed io non so
usarli. Non ho la
minima idea di come si faccia ed è pericoloso, Lily. Credo
che, prima o poi,
sarà necessario per me andare da mio nonno e farmi
insegnare, è l’unico modo.
Devo saper controllare ciò che è dentro di me,
c’è il rischio che faccia del
male a qualcuno!-
-Ma
tu hai detto che Havisham…- protestò
lei, accorata.
-Lo
so, ma non ho scelta. È l’unico che mi
può aiutare. Non pensare che io ne sia entusiasta.
– fece lui con aria
affranta.
Lily
rimase in silenzio, la tazza di tè
caldo tra le mani e lo sguardo verde perso nel liquido di colore
ambrato che
pareva vorticare. Non sapeva cosa dire, né cosa pensare.
Capiva James, ma il
pensiero che un giorno lui se ne sarebbe andato, gettandosi tra le
braccia
spalancate di quell’uomo orribile che non aspettava altro che
usarlo come una
cavia, la terrorizzava. Non le piaceva quell’idea, non voleva
che lui corresse
un simile rischio.
Non voleva… perderlo.
-Lily.-
la chiamò James, con dolcezza.
–Lily, non ti devi preoccupare per me.-
Lei
alzò subito gli occhi verdi, puntandoli
su di lui con una sorta di risentimento. Sentiva il proprio corpo
tremare.
–Come fai a dirmi che non devo preoccuparmi per te?- disse
tutto d’un fiato,
sincera.
E
lo vide arrossire. Sì, il grande James
Potter era arrossito.
Lei
avvampò a sua volta e distolse lo
sguardo. Quella non era stata una dichiarazione d’amore, ma,
visto il suo
carattere così timido, ci andava molto vicina.
-Beh…-
cominciò Potter, cercando di riprendere
in mano la discussione. –Per ora io sto bene, non ho ancora
avuto problemi,
dopo Halloween. Ci preoccuperemo di Havisham quando sarà il
momento. Non voglio
pensarci ora.- le disse, prendendole una mano e stringendola con
calore. –Lily,
adesso io voglio solo pensare a te. A me e a te.- aggiunse,
sorridendole
dolcemente. –Tutto il resto…dimentichiamolo.-
Lei
potè chiaramente avvertire il proprio
cuore prendere a battere più velocemente a quelle parole, il
calore che provò
fu indescrivibile e si trovò ad odiare quella tavola che li
divideva. Chiuse
gli occhi, li chiuse per un istante. Quei sentimenti la schiacciavano e
allo
stesso tempo la sollevavano da terra. Era possibile?
-Credi
sia giusto?- chiese, perdendosi negli
occhi scuri di lui. –Insomma, lasciarti tutto alle spalle e
non pensare… pensi
di fare bene?- continuò, preoccupata.
Lo
vide scuotere il capo. –Non mi interessa
se faccio bene o faccio male, Lily. Non permetterò ai miei
problemi di rovinare
tutto. Questa… questa è la notte più
bella della mia vita e tu lo sai. So che
lo sai. Te l’ho dimostrato.- le disse, serio in volto.
Le
bruciavano gli occhi, aveva voglia di
piangere. Piangere di gioia e di commozione. Le parole di lui la
scioglievano
come neve al sole e si ritrovò a ricambiare la stretta di
quella mano,
dolcemente.
-James…-
mormorò senza voce, dandosi
dell’idiota. Quando arrivavano a dover esprimere i loro
sentimenti, ecco che
lei non riusciva a mai ad aprire bocca e si detestava per questo.
L’unica cosa
che riusciva a fare era pronunciare il suo nome, mentre lui riusciva a
dirle
quelle cose meravigliose.
Stupida,
stupida Lily.
Lui
però le sorrideva, pareva non essere
offeso. Ma, del resto, James Potter non si era mai offeso con lei. In
tutti
quegli anni lo aveva trattato in maniera orribile, ma lui aveva sempre
continuato a starle vicino, a parlarle, ad attirare la sua attenzione.
-Sono
sempre stato innamorato di te, Lily.-
le disse James, non staccando gli occhi dai suoi. –Ho fatto
di tutto perché tu
ti accorgessi di me, ma ora mi rendo conto che ho sempre fatto una
marea di
errori. Invece di avvicinarti, ti allontanavo. Ero disperato.-
-Quest’anno
è stato diverso.- mormorò lei,
timidamente.
-Sì.-
fece lui, calmo. –Stavo malissimo,
Lily. Ti vedevo star male e non potevo fare niente per aiutarti. In
più pensavo
che questo è l’ultimo anno qui ad Hogwarts e che
dopo ti avrei persa sul serio.
Non sapevo come fare.-
-Il
Voto Infrangibile.- disse lei, annuendo.
-Già.
Drastica soluzione, ma poteva
funzionare.-
-Non
ha mai funzionato a dovere.-
-E’
vero, però ci siamo avvicinati lo
stesso. È questo che conta per me.-
Lei
scosse il capo, leggermente. –Il Voto
non è mai stato molto importante, James. Siamo stati noi.
Noi siamo cambiati.-
gli disse, sorridendogli.
-Hai
ragione.- convenne lui, rispondendo al
suo sorriso. –Dovevamo solo trovare un punto
d’incontro, tutto qui. Remus ha
sempre avuto ragione.- sussurrò.
-Faresti
meglio ad ascoltarlo sempre.- fece
lei, decisa. –E’ il più saggio del tuo
gruppo. Decisamente migliore di Sirius
Black.- aggiunse, severa.
E
Potter sospirò, scuotendo il capo.
–Proprio non ti piace, eh?-
-Non
è che non mi piace, solo che… che lui
è
così… così…-
-Non
è proprio il massimo sapere che il mio
migliore amico e la ragazza dei miei sogni si detestano cordialmente.-
fece
lui, divertito. –Dai Lily, cerca di trovare un punto
d’incontro pure con lui,
no?- la pregò, speranzoso. –E poi è il
ragazzo di Vick!-
E
Lily sbuffò, divertita. Lei e Sirius non
avevano decisamente iniziato con il piede giusto, doveva riconoscerlo.
Negli
ultimi tempi, visto che aveva cominciato a frequentare James, si era
ritrovata
a contatto anche con lui. Ma da qui a dire che fossero già
diventati amici…
beh… la strada era lunga.
Però
riusciva a capire quanto fosse
importante per James. E ci avrebbe provato. Avrebbe provato a legare
con Black
esattamente come aveva fatto con Lupin.
-Ci
proverò, promesso.- decise, sorridendo a
Potter. –Ma se finisce che lo schianto, la colpa è
tua, intesi?- lo provocò,
ridendo.
Rise
anche lui, stringendosi nelle spalle. –Oh,
beh… uno schiantesimo o due non lo uccideranno, suppongo.-
celiò, allegro,
mentre tornava a riempirsi la tazza di tè.
Anche
Lily tornò alla sua pseudo cena fatta
di dolciumi e, per un po’, nessuno dei due parlò
più, intento a sgranocchiare
biscotti o bere tè profumato.
Era
piacevole stare così, senza dire nulla,
in silenzio. Un silenzio che non era affatto imbarazzante, ma che,
invece,
pareva parlare per loro. Di tanto in tanto i loro occhi si incontravano
e
sembravano dialogare tra di loro, sostituendosi alle loro bocche.
Erano
entrambi felici lì, insieme, da soli.
Non avevano bisogno di altro.
Fuori,
lontano da Hogwarts, una guerra stava
cominciando, mietendo le prime vittime. Ma loro erano lì,
protetti,
apparentemente al sicuro, chiusi al calore di una bolla di sapone, dove
niente
poteva toccarli.
Ed
erano giovani. Troppo giovani. Non c’era
tempo per i brutti pensieri.
Quando
si furono rifocillati abbastanza,
entrambi si alzarono da tavola ed osservarono gli elfi domestici che,
veloci,
si impegnavano per pulire tutto alla svelta. Lily rimase quasi
incantata ad
osservarli, non li aveva mai visti a lavoro.
Sorridendole,
James le porse una mano e lei
la afferrò subito.
Salutarono
le piccole creature magiche che
ricambiarono con grossi inchini, e lasciarono le cucine, guardandosi
intorno
con circospezione, temendo di vedersi spuntare Gazza da un momento
all’altro.
Ma
era tardi, molto tardi. Difficilmente
avrebbero trovato qualcuno.
Il
castello era immerso in uno spettrale
silenzio e quasi del tutto avvolto dall’oscurità,
tanto che James fu costretto
ad estrarre la bacchetta e a mormorare un frettoloso
“Lumos”, in modo da poter
vedere bene il corridoio che si estendeva davanti a loro.
Lily
lo teneva stretto per mano, aguzzando
gli occhi verde chiaro per scorgere nell’oscurità.
Non era affatto piacevole
per lei ritrovarsi a passeggiare per i corridoi di Hogwarts a
quell’ora della
notte. Potter invece pareva esserci abituato.
-Tranquilla.-
le mormorò con dolcezza.
–Queste sono le ore migliori, credimi. Non
c’è praticamente nessuno in giro.-
la informò.
Lei
annuì, deglutendo. Non sapeva se
rallegrarsi per quella solitudine oppure averne paura. Subito si dette
della
sciocca. Di cosa avrebbe dovuto preoccuparsi?
Non
c’era niente nascosto in quei corridoi,
pronto per farle del male.
E
poi c’era James.
Fermando
un attimo i propri passi, Lily si
decise a guardare il proprio orologio. Segnava le due del mattino. La
notte di
Halloween aveva fatto più tardi.
Subito
portò lo sguardo sul ragazzo fermo
vicino a lei, che la osservava interrogativo.
-E’
tardissimo.- gli disse, preoccupata. –E
tu domani hai il Quidditch! Sai James, forse non dovresti giocare. Sei
ancora
pallido e hai già perso delle ore di sonno…-
Lui,
per tutta risposta, rise allegramente. Poi
si passò una mano tra i capelli in disordine, arruffandoli
ancora di più. Le
sorrideva furbo, tornato quello di sempre.
-Ma
figurati!- le disse, gesticolando con
una mano. –Ho giocato in condizioni peggiori, anche senza
aver mai dormito! E
tutto ok, Lily! Mi serve solo una bella pozione rinvigorente!-
dichiarò,
sicuro.
Lei
lo guardò, basita. –Hai delle scorte di
pozione rinvigorente?- esalò, sentendo il vecchio spirito di
Caposcuola tornare
a galla, pronto per una ramanzina.
Potter
rise di nuovo. –Io no, ovvio. Ma
scommetto che Lumacone sì!- e, senza aspettare che lei
dicesse altro, partì
spedito verso i sotterranei, imboccando un passaggio segreto che ormai
tutti
conoscevano.
Lily
gli corse dietro, sconvolta. Quella
notte pareva non finire mai e quel maledettissimo Potter sembrava
davvero avere
voglia di beccarsi una punizione.
-James! James
fermati, santo Dio!- gli sussurrò lei, mentre tentava di
raggiungerlo, disperata. –James, maledizione! Siamo stati
fortunati fino ad ora
a non essere stati scoperti, non abusiamo troppo della nostra fortuna!-
Lui
però non pareva ascoltarla, troppo
divertito dalla situazione. Dannato malandrino della malora! Non
sarebbe mai
cambiato!
Mentre
lei stava crepando di cuore dalla
paura di veder spuntare un insegnante, l’idiota se la rideva,
procedendo a
passo sicuro e veloce verso l’aula di Pozioni.
Una
tragedia!
Lily
le pensò di tutte. Schiantarlo?
Pietrificarlo? Confonderlo?
I
sotterranei erano terribili di notte e la
Grifondoro si decise a chiudere la bocca e correre al fianco del
compagno,
senza fiatare.
L’oscurità
intorno a loro si era fatta più
fitta ed anche lei sfoderò la bacchetta, mormorando
l’incantesimo di
illuminazione, cercando di combattere quel buio opprimente. Fu un
attimo, e si
ritrovò a ringraziare di non essere stata smistata a
Serpeverde, era davvero un
posto terribile di notte.
Ovunque,
il silenzio. Un silenzio
insopportabile, ma che divenne ben peggiore quando portò con
sé il lieve rumore
provocato da quello che appariva come un tintinnio di catene. Sembrava
arrivare
da lontano, ma Lily riusciva a percepirlo chiaramente.
Provando
a deglutire, la ragazza si rese
conto di non avere più saliva. E doveva essere impallidita,
perché quando James
si voltò a guardarla sembrava preoccupato.
-Lily,
ehi, che ti prende?-
-Non…
non hai sentito?- bisbigliò lei,
andandogli più vicina.
Inizialmente
lui parve non capire, poi
sorrise, alzando teatralmente gli occhi al cielo.
-Sarai
anche una brillante Caposcuola, ma ci
sono un sacco di cose che devi ancora imparare dal sottoscritto.- la
prese in
giro, facendole una carezza. –Dai, Lily, davvero non hai
capito cos’è questo
suono? È il Barone Sanguinario, chi altri? Lui adora le
passeggiate notturne.-
la informò, tornando a prenderla per mano.
–Tranquilla, non c’è niente di
pericoloso qui. A parte me.- terminò, in tono amaramente
ironico.
Lei
avrebbe voluto ribattere, ma proprio in
quel momento arrivarono a destinazione. La porta logora ed incrostata
dell’aula
di pozioni era davanti a loro, tenuta chiusa da catenaccio e lucchetto.
James
storse la bocca.
-E’
chiusa, visto?- dichiarò subito Lily,
tornata in sé dopo quell’attimo di paura.
–E’ chiusa, dovevi aspettartelo, no?
Meglio così, almeno non diventerai un ladro.-
Ovviamente
Potter non la stette a sentire e
puntò la bacchetta contro il lucchetto, mormorando
chiaramente: -Alohomora.-
Non
accadde nulla e la rossa incrociò le
braccia sotto il seno, sorridendo soddisfatta.
-Il
professor Lumacorno è troppo accorto e
scaltro per farsi fregare in questo modo. Ti conviene rassegnarti
James. Su, torniamo
al Grifondoro e andiamo a dormire. E domani niente Quidditch.-
sciorinò, decisa
e compiaciuta.
Lui
le riservò un’occhiataccia, per poi
tornare a concentrarsi sul lucchetto di ferro. Sospirò,
riponendo la bacchetta
in una tasca dei pantaloni, poi appoggiò delicatamente una
mano sull’oggetto
metallico e chiuse gli occhi.
Fu
un attimo, un istante in cui Lily avvertì
distintamente il corso dell’aria mutare intorno a loro e poi
il risucchio della
magia. Magia che non confluiva in una bacchetta, come accadeva per ogni
mago,
ma che si accumulava direttamente nell’arto di James,
arrivando fino alla punta
delle sue dita.
Incredibile,
inspiegabile. La ragazza non
aveva mai visto nulla del genere.
Anche
l’energia che gravitava intorno a
James era diversa. Era fredda e… oscura.
Sì,
adesso non aveva più dubbi. Quel potere
era identico a quello che aveva avvertito intorno ad Edward Havisham,
se non
addirittura più tetro e sinistro.
Ad
un tratto Lily avvertì uno scatto, un
piccolo rumore metallico, ed il lucchetto cedette, il tutto con una
semplicità
disarmante.
In
quel momento Potter si voltò a guardarla,
sorrideva soddisfatto e, regalandole una buffa smorfia,
sparì dentro l’aula di
Lumacorno, lasciandola lì ancora stupita ed incredula a
fissare le piccole
catene che giacevano per terra.
Quando
si decise ad entrare, lo trovò già
intento a cercare tra gli scaffali pieni di ampolle e boccette dai
contenuti
più disparati. C’era da dire che l’aula
di pozioni non era un vero e proprio
splendore di notte. Metteva i brividi.
-James,-
lo chiamò lei, severa. – possibile
che non tu non riesca a capire che quello che stai facendo è
effettivamente
rubare? Se Lumacorno se ne accorge, passeremo dei guai! Guai seri!- lo
rimproverò. –Lasciamo perdere!-
-Ma
di cosa hai paura?- fece lui, sereno. –E
poi tu non sei la sua alunna adorata? Ti basterà sbattere un
po’ gli occhioni
per ammorbidirlo. E comunque non accadrà niente. Di cosa
vuoi che si accorga il
vecchio LumaLuma? Questi intrugli sono tutti uguali!- le disse, mentre
ancora era
immerso nella ricerca.
Assottigliando
gli occhi verdi ed assumendo
la classica espressione da Evans oltraggiata, Lily inalberò
un cipiglio severo
e rigido di cui la McGranitt sarebbe stata fierissima.
–Ascoltami bene,
Potter.- ringhiò, facendolo voltare. –Uno, quelli
non sono intrugli, sono
pozioni. E non sono tutti uguali, sei tu che non sai distinguerli. Due,
quello
che tu chiami LumaLuma dovrebbe essere rispettosamente appellato come
Professor
Lumacorno e, per la cronaca, non è rimbambito come pensi
tu!- sibilò.
-E,
per la cronaca, quando fai l’acida
Caposcuola ti divorerei di baci.- rispose subito lui con un sorrisetto
malizioso, che la fece subito arrossire e dire addio al suo
atteggiamento
severo. Dannato Potter!
Imbarazzata,
Lily distolse subito lo sguardo.
Quel malandrino aveva pure trovato il modo di contrastare le sue
scenate da
Caposcuola. L’aveva fregata!
Lo
sentì rimettersi a cercare, mentre
ridacchiava divertito, e sbuffò, oltraggiata.
Quando
però avvertì il pericoloso rumore del
vetro che cozza con altro vetro, allarmata, decise di intervenire.
Fortuna che
James non aveva rotto niente, anche se c’era andato vicino.
Si posizionò al suo
fianco e gli fece cenno di farsi da parte.
-Dai,
spostasti, o facciamo mattina! Anzi,
peggio, tu e le tue manacce finirete per rompere qualcosa!-
sbottò, drastica,
puntando le iridi verdi sul contenuto degli scaffali ed analizzando
boccetta
per boccetta con lo sguardo.
-Ecco
brava, pensaci tu, pozionista numero
uno.- la prese in giro lui, divertito. –Se credi di poter
capire quale è la
pozione che mi serve…- la sfidò.
Lei
si voltò per incenerirlo con un’occhiata
al veleno. –Certo che posso! Non sono un Troll in pozioni,
mica faccio Potter
di cognome!- frecciò, acida.
James
ghignò, divertito. –Non ancora.-
mormorò.
Lily
ringraziò che intorno a loro fosse
buio, non era certa dello stato in cui si trovavano le proprie guance.
Stava
andando a fuoco! Ed il cuore le martellava nel petto.
Ma
lui si rendeva conto di ciò che diceva?
Veloce,
tornò a voltarsi verso gli scaffali
ed in pochi secondi individuò la pozione rinvigorente. James
ce l’aveva avuta
praticamente sotto gli occhi fin da subito. Quello scemo non aveva
davvero
occhio per le pozioni, si ritrovò a pensare lei con un
sorriso soddisfatto ed
affettuoso al tempo stesso.
James
si era sfacciatamente seduto sulla
cattedra di Lumacorno, le gambe che penzolavano nell’aria ed
un sorriso allegro
e spensierato sulle labbra. La guardava.
E
lei, come attratta da quello sguardo, lo
raggiunse senza neppure rendersene conto, finendo intrappolata tra le
gambe di
lui, che le posò delicatamente le mani sui fianchi snelli e
coperti dalla
divisa scolastica.
Si
guardarono. Per qualche secondo non
fecero altro.
Poi
Lily sollevò la piccola fiala con la
pozione, mostrandogliela. Il liquido doveva essere rossastro, ma in
tutto quel
buio appariva nero come inchiostro.
-Bevila
prima di scendere a colazione, va
bene?- lo istruì lei, parlandogli con dolcezza, con un tono
di voce che non
avrebbe mai pensato di avere.
James
le sorrise, lo fece in modo tale da
farle scoppiare il cuore nel petto. -Grazie.- sussurrò,
divertito, prima di
sporgersi verso di lei e catturarle le labbra con le proprie.
Era
schiava di quella bocca, non potè fare a
meno di assecondarla, di assaggiarla, di morderla, di accarezzarla.
Ancora,
ancora e ancora. L’incertezza del primo bacio era svanita,
sbiadita, lasciando
spazio al desiderio e alla fame.
Fame
di lui.
La
lingua del ragazzo incontrò la sua e Lily
si ritrovò a sospirare, a sentire il proprio corpo fragile
come foglie secche,
mentre si stringeva a lui più forte che poteva, ancorandosi
a quella schiena e
a quelle forti spalle. Più vicino, lo avrebbe voluto ancora
più vicino.
E
James lo capì, comprese che in quel
momento lei, la ragazza che più desiderava al mondo, era
sua, totalmente.
Completamente abbandonata a lui.
Era
notte, erano soli, lì, in un’aula vuota.
Non sarebbe mai arrivato nessuno.
Lei
voleva di più, lo sentiva. E lui…
Merlino, lui impazziva per Lily Evans. Lui bramava
Lily Evans con tutto se stesso. Era un ragazzo di quasi diciotto anni
ed aveva
tra le braccia la giovane che si era ritrovato ad amare e desiderare
più di
ogni altra cosa.
Fu
tentato, sì. Tentato di passare le mani
sotto quella divisa femminile ora così detestata, tentato di
sfiorare quella pelle
che era in grado di farlo diventar pazzo, tentato di sentire lei
sospirare di
piacere per la prima volta, come fino a quel momento lui non aveva
potuto fare
altro che immaginare.
Ma
non sarebbe stato giusto.
Sarebbe
stato un errore e se ne sarebbero pentiti
tutti e due, ne era certo.
Si
scostò con riluttanza, sorridendo per
l’espressione teneramente confusa di lei.
-Lily.-
la chiamò con dolcezza.
Lei
aveva lo sguardo appannato da quello che
James riconobbe come desiderio ed il pensiero che Lily Evans, proprio
Lily
Evans, il suo amore irraggiungibile, provasse un simile trasporto verso
di lui
gli mozzò il fiato.
-Torniamo
ai dormitori, si è fatto veramente
tardi.- si costrinse a dirle, accarezzandole con riverenza una guancia
rosea e
morbidissima.
Lily
annuì, ancora un po’ confusa. Poi si
allontanò da lui, arrossendo di colpo. Probabilmente stava
realizzando solo in
quel momento cosa avevano rischiato di fare, cosa avevano avuto inconsapevolmente intenzione di fare.
-Tu
mi rovinerai.- mormorò lei, guardandolo
tra l’indignato, l’imbarazzato ed il divertito.
–Mi sono proprio messa in un
bel guaio.-
James
Potter rise, scendendo dalla cattedra.
–Invece dovresti ringraziarmi, mi sono proprio comportato
bene questa notte.-
le disse, furbo.
Lei,
se possibile, arrossì ancora di più.
–Erano solo baci.- protestò.
-Già.
Solo baci.- sorrise lui, andandole
vicino. –Su, è ora di andare.-
I was born
I was born to sing for you
I didn’t have a choice but to lift you up
And sing whatever song you wanted me to
I give you back my voice
From the womb my first cry, it was a joyful noise…
[
Sono nato
Sono nato per cantare per te
Non avevo scelta a parte sollevarti
E cantare qualunque canzone
Volevi che io cantassi
Ti do indietro la mia voce
Dal grembo il mio primo grido
Fu un rumore pieno di gioia...]
Il
viaggio verso la torre di Grifondoro fu
abbastanza silenzioso, nessuno dei due parlò più
del necessario. Si tenevano
per mano, uniti, come se ormai il solo pensiero di non toccarsi, di non
sentirsi vicini, fosse insopportabile.
Il
cuore di Lily batteva come un tamburo e
pareva non trovare tregua. Quel bacio, quel bacio che si erano
scambiati
nell’aula di pozioni era stato diverso dai pochi precedenti.
Era stato intenso,
elettrizzante, appassionato. Oppure era stata una sua impressione. Si
disse che
dopo tutto si trattava di una cosa normale e che non doveva subito
cominciare a
razionalizzare su ogni cosa come era abituata a fare.
Non
poteva razionalizzare un bacio.
James
camminava tranquillo vicino a lei, più
silenzioso rispetto a prima. La guidava per quei corridoi con una
sicurezza che
la diceva lunga sulla sua fama di malandrino. Lily era pronta a giurare
che
sarebbe riuscito a portarla di fronte al ritratto della Signora Grassa
anche ad
occhi chiusi.
Lui
pareva conoscere il castello di Hogwarts
come se ne fosse stato il costruttore.
Riuscirono
ad evitare Pix per puro miracolo
e poi, finalmente, arrivarono alla scalinata che conduceva dritta fino
all’entrata di Grifondoro.
La
Signora Grassa dormiva profondamente,
russando in maniera indecente.
-E
adesso?- sussurrò Lily, inquieta.
-Non
c’è problema.- la rassicurò James.
–Ci
penso io.- disse calmo, mentre già si avviava verso il
quadro.
La
rossa, piena d’ansia, se ne restò in
disparte.
Vide
Potter picchiettare delicatamente sul
naso del dipinto, con pazienza, fino a quando la donna si
svegliò di colpo,
sussultando.
-Per
la barba di Merlino, Potter! Ma che ore
sono?- borbottò, rischiando quasi di svegliare gli altri
ritratti.
James
sorrise, bonario ed accattivante come
sapeva essere. E quella già addolcì lo sguardo,
rabbonita da quegli occhioni
scuri fintamente innocenti.
-Sono
quasi le tre del mattino, Signora.-
fece il ragazzo, educato. –Mi spiace svegliarla, ma sono
stato fuori fino ad
ora a passeggiare. Sa, sono un po’ nervoso per la partita di
domani.- spiegò,
suonando addirittura convincente.
Quel
maledetto era un attore nato!, si
ritrovò a pensare Lily.
La
Signora Grassa si fece subito
comprensiva. –Oh caro, ma dovresti riposare invece! Corri
subito a letto e
fatti una bella dormita! Vedrai che domani tornerete vincitori come
sempre!-
trillò, piena di brio, mentre già si spostava per
aprire il passaggio.
Fu
mentre già stavano
per oltrepassare il buco del
ritratto, che la donna si accorse della presenza di Lily. –E
tu che ci fai qui,
signorina Evans?- tuonò.
-Oh,
io… io ho seguito Potter in qualità di
Caposcuola.- se ne uscì subito la ragazza. –Lo
conosce, Signora. Non mi fido a
farlo andare in giro da solo di notte.- aggiunse, prendendo sicurezza
nella sua
bugia.
-Giusto,
giusto.- convenne il dipinto. –Ben
fatto, cara.-
Il
ritratto si chiuse alle loro spalle e si
ritrovarono da soli nella Sala Comune rossa e oro deserta e in pieno
caos. Lily
trattenne a stento un gemito di risentimento.
Il
fuoco nel camino si stava spengendo,
lanciando ombre aranciate sui divani e sulle poltrone più
vicine. A tratti,
illuminava anche il disordine che albergava in quell’immensa
stanza circolare.
-Ma
che è successo qui?- sospirò la Evans,
sconvolta.
In
silenzio, James afferrò quello che decisamente
era uno striscione con i colori della casa del Grifondoro.
–Credo siano i
preparativi per la partita.- le disse. –Su, rilassati, entro
domani sera sarà
tutto svanito.- sorrise.
-Lo
spero.- sibilò la ragazza, avviandosi
verso il passaggio che conduceva alle stanze dei Caposcuola.
Borbottava
infastidita e questo lo fece
sorridere.
Lui
lanciò un ultimo sguardo a quel
tafferuglio, che altro non era che un agglomerato di striscioni,
colori,
pennelli per dipingere, cartelloni e cappelli.
Già,
domani c’era una bella partita da
giocare. Tutti quei baci con Lily Evans glielo avevano quasi fatto
passare di
mente.
Prendendo
un bel respiro e stiracchiandosi,
James Potter dette le spalle al camino e si affrettò a
seguire la sua compagna
di Casa, che scoprì aspettarlo di fronte alla sua stanza. Le
camere dei due
Caposcuola erano una di fronte all’altra.
Lily
guardava a terra, mordicchiandosi il
labbro inferiore con fare terribilmente infantile. Pareva
d’un tratto indecisa
sul da farsi.
James
posò una mano sulla maniglia della
porta che conduceva alla propria stanza, o meglio, alla stanza che
sarebbe
dovuta essere di Remus.
Le
sorrise. –Beh, allora buonanotte. O
buongiorno, come preferisci.- scherzò.
Vide
le labbra di lei incurvarsi in un
sorriso e finalmente potè specchiarsi in quelle iridi
verdissime, puntate su di
lui. –Buonanotte, James.- mormorò lei, timida.
–Cerca di riposare, va bene? Non
voglio che domani…-
-Andrà
tutto bene.- la interruppe lui,
sicuro. –Sono Potter il Mito, ricordi?-
-Già,
chi se lo scorda!- lo riprese lei,
allegramente.
La
vide rovistare nella tasca del proprio
mantello ed estrarre la pozione, il liquido rosso pareva brillare alla
luce
delle torce poste nel corridoio dei Caposcuola.
-Non
dimenticarti di questa.- fece,
porgendogli la boccetta che Potter prese subito, rigirandola tra le
dita.
–Fortuna che c’ero io con te, altrimenti a
quest’ora saresti ancora là a
cercarla.- sorrise, prendendosi dolcemente gioco di lui.
-Già.-
le dette ragione James, perdendosi
nei suoi occhi, un bel sorriso sulle labbra.
-Fortuna
che la mia ragazza è un’abile
pozionista.-
Justified till we
die, you and I will magnify
The Magnificent
Magnificent
[
Giustificati finché non moriremo
Tu ed io esagereremo
Il magnifico, magnifico ]
U2,
Magnificent
Note
di fine capitolo
Ed
anche questo capitolo, grazie al cielo, è
terminato. Un capitolo che mi ha fatto dannare e Giò e Fra
lo sanno meglio di
chiunque, giusto ragazze?
No,
questo capitolo non mi piace più di
tanto. Ho provato a riscriverlo numerose volte, ma non sono riuscita ad
ottenere un risultato soddisfacente ed alla fine mi sono dovuta
arrendere.
Resta
il fatto che finalmente mi sono goduta
un intero capitolo con solo Lily e James come protagonisti. Questo mi
ha
entusiasmata. E i baci non si sono risparmiati, in pratica li ho fatti
sbaciucchiare quasi sempre! XD Ma entrambi ne avevano una gran voglia e
chi
sono io per fermare l’amore?
Mi
piacciono, mi piacciono sul serio Lily e
James. Li ho adorati nella classe di Pozioni, mentre si lanciavano
frecciatine
che altro non erano che dimostrazioni di affetto.
Per
me questa coppia non la batterà mai
nessun’altra! E mi è piaciuto mettere in gioco
Lily, che, per la prima volta si
trova ad andare contro le regole come infrangere il coprifuoco, cenare
nelle
cucine, fregare una pozione e mentire alla Signora Grassa!
Lily
ha ragione, James Potter finirà con il
rovinarla! XD
Passando
a cose più importanti, le parti
scritte in corsivo non appartengono a me, ma sono della nostra sacra
J.K.Rowling. Io le ho solo adattate un poco alla mia storia, ma
fondamentalmente sono parti prese dai libri.
La
prima e la terza sono state riprese da
“Harry Potter e I Doni della Morte”, cap. 33, La
storia del Principe, pag. 617-618
e pag. 620-621. La seconda parte, quella ci ha fatte tutte innamorare,
come ben
sapete proviene da “Harry Potter e L’Ordine della
Fenice”, cap. 28, Il Peggior
ricordo di Piton, pag. 604-606.
La
canzone usata come sfondo al capitolo è
“Magnificent”, degli U2.
Ehm,
non si è ancora capito che mi piacciono
gli U2? XD
Passando
ai ringraziamenti, sempre un grande
“GRAZIE” a tutti coloro che leggono e seguono
strenuamente questa long-fiction
senza fine. Grazie a chi mi ha messo nei preferiti, grazie a chi legge
anche
senza recensire, perché questa, prima di tutto, è
una storia ed il suo compito
primario è essere letta, non portarmi complimenti.
Infine,
grazie a coloro che leggono e
decidono di farsi conoscere e di starmi vicino con le loro recensioni
ed i loro
pareri. Ragazze/i, non potrò mai ringraziarvi abbastanza!
Princesseelisil:
Ciao Federica, a dire grazie sono io! Grazie, grazie mille! I tuoi
complimenti
mi hanno stesa davvero. Sì, ho capito cosa stavi cercando di
dire e, sul serio,
te ne sono grata. Sei stata gentilissima a recensire almeno una volta
per dirmi
tutto questo. Non sentirti obbligata a lasciare sempre un commento, a
me basta
sapere che segui la storia e che questa ti piace. Tutto qui. Non sono
state
“due cavolate” come hai detto tu, sono stati dei
complimenti sinceri ed io li
ho apprezzati moltissimo. Per James, ti capisco. Tutte ci innamoriamo
di lui.
Io spero sempre di trovarmene uno così anche nella vita
reale! XP Un bacio!
Deviata:
Grazie per la recensione ed i tuoi complimenti cara! Sono contenta che
i
genitori di Jamie ti piacciano, loro il mio super esperimento ed ancora
non so
come andrà a finire! XD Poi c’è stato
il capitolo dei chiarimenti e ti è
piaciuto e questo mi rende molto soddisfatta! Ti dirò la
verità, la scena in
bagno tra Sirius e James mi ha commosso come te, giuro! Dovevi vedermi,
davanti
al computer a scrivere con gli occhi lucidi! Povera me! E noto con
piacere che
Julian ha fatto colpo anche su di te, evvai! Io quel ragazzo lo amo,
punto. Non
posso farci nulla e sapere che piace anche a voi sazia ampliamente il
mio ego!
XD Un bacione cara!
Quidditch:
Fra, hai pianto davvero? Allora siamo in due! Dovevi vedermi mentre
scrivevo la
scena tra Sirius e James, mi si sono aperti i rubinetti! Remus
è un mito, la
nostra anima pensante, giusto? Si accorge di tutto,
c’è poco da fare. Io me lo
sono sempre immaginato come un attento osservatore! Poi Sirius, che ha
sempre
cercato di far quadrare le cose anche quando non quadravano…
e che finalmente
realizza! Io adoro davvero Sirius, lo adoro anche in queste sue gaffe.
Julian è
Julian, con le sue uscite inopportune ed il suo modo tutto particolare
di dare
una mano. Poi hai avuto Lily e James e sono davvero contenta che ti
siano
piaciuti, anche a me è piaciuto scrivere il pezzo che hai
citato. È pieno di
significati! Un abbraccio fortissimo! Ci si becca sul forum della
Thorn&Buck! ^_-
Pikkolina88:
Anche
tu hai pianto? Oddio ragazze, così mi fate sentire
in colpa! Però anche io ho pianto durante la stesura del
capitolo, quindi vi ho
fatto compagnia! XD Ti ringrazio davvero tanto per i complimenti. La
lunghezza
dei capitoli mi preoccupa sempre, ma sapere che per voi non
è un problema mi
allevia un po’ di ansia. Tranquilla, James parlerà
anche con i suoi Malandrini,
sa che è il momento di vuotare il sacco! Vedrai, vedrai! ^^
Un bacio!
Cicci92:
Mmm…
allora, guarda, a me la statua piacerebbe in oro bianco, è
possibile? XD No,
sul serio, ti adoro! Sono scoppiata a ridere quando ho letto la
recensione! La
statua dovrei essere io a farla a voi, voi che mi state sempre
così vicino!
Sono davvero felice che il capitolo ti sia piaciuto! La scena tra
Sirius e
James resta una delle mie preferite, mi ha fatta piangere. Lo so, James
non è
stato il massimo in questo capitolo, ma, come avrai visto alla fine, si
è
decisamente ripreso. Aveva davvero bisogno di sfogarsi e di sentirsi
accettato.
Avere poi l’amore di Lily è meglio di qualsiasi
pozione o incantesimo per lui.
Adesso non lo ferma più nessuno! Grazie per i complimenti!
Kiss
Brando:
Ecco,
da oggi io ti chiamerò occhio di lince! Eh sì,
perché non ti sfugge nulla! La frase
di Julian a Lily. Ebbene sì, Harris sa di James e Bella ed
è l’unico a saperlo.
È stato James a dirglielo. Lo spiegherò
più avanti, ma posso tranquillamente
accennartelo qui! ^_- Passiamo al resto. Non preoccuparti per le
recensioni,
non è necessario che tu commenti sempre, mi basta sapere che
la storia ti
piaccia! Jeremy e Savannah sono un esperimento, ma vedo che stanno
andando bene
e ne sono lieta. Stria è Stria, rassegnatevi. Capirete da
che parte pende il
suo ago della bilancia solo molto più avanti. Per adesso
puoi solo fare
supposizioni ed io devo tenere la bocca chiusa. ^^ Anche sul Patto devi
portare
pazienza, prima o poi scioglierò tutti i nodi, promesso! Per
quanto riguarda il
capitolo successivo, hai colto nel segno. Tutti gli amici di James, a
modo
loro, hanno partecipato. Ed il tutto si è concluso con James
che finalmente
parla con Lily. Per Peter, ehh, temo che ti deluderò. Grazie
davvero per la tua
splendida recensione, ci sentiamo al prossimo capitolo! Baci!
Rosy823:
Ciaooo!
Grazie mille per i complimenti, troppo gentile, davvero! Mi fa piacere
che la
riappacificazione tra James e Lily ti sia piaciuta! Ci ho sudato sopra
le
famose sette camicie! XD Tranquilla, James vuoterà presto il
sacco con i suoi
Malandrini, sa che è il momento di giocare a carte scoperte.
I segreti lo
stanno rovinando troppo! Se può farti stare più
serena, non accadrà nulla di
terribile! ^_- James dire a Lily di Bella? Non so, non so. Credo che
prima o
poi uscirà fuori, ma ancora non ci ho pensato! Un bacio! ^^
LilyProngs:
Tesoro,
se tu fossi a portata di mano ti stritolerei in
un super abbraccio, davvero! Grazie, grazie mille, sei sempre troppo
gentile!
Non vedo l’ora di beccarti su Msn per farmi un bella
chiacchierata con te sul
capitolo! Peccato che sono incasinata con lo studio matto e
disperatissimo, un
po’ sullo stile di Leopardi! XD Remus-Sirius-James, il
gruppo, L’Amicizia.
Ognuno agisce a modo suo, ma è palese che ciò che
li lega è fortissimo ed in
indissolubile. È un piacere per me descrivere questi momenti
tra di loro, sul
serio. Julian è un mito! Il mio mito! Julian ruleZ! XD Sono
strafelice che il
finale ti sia piaciuto, effettivamente ti ho pensato mentre lo
scrivevo,
chiedendomi come avresti reagito nel leggerlo, se ti avrei soddisfatta
o meno.
Sono troppo contenta che tu sia rimasta soddisfatta! ^^ Tranquilla, i
Malandrini sono in buone mani! P.s. Ebbene sì, io con le
anime dannate ci vado
a nozze. Non si vede? XD Non per nulla amo alla follia Paradise Lost di
Milton.
Grazie per tutti i tuoi complimenti, alla fine finirò con il
montarmi la testa
e sarà tutta colpa tua! :P Un bacione tesoro!
Black_Witch:
Sorella
caraaaaa! >///< Su, su, calma il tuo
cuoricino, che presto ti rimetto in gioco il tuo Sirius e allora che
farai?
Dovremo procurarci bombolette di ossigeno! XD Già, James
l’ho strapazzato un
po’ a inizio capitolo, ma poi nel finale si è
rifatto, no? E adesso,
finalmente, abbiamo Lily e James! Mi ci sono voluti due anni per
arrivare a
scrivere questo pezzo! Julian è il mio cucciolo e sono fiera
di lui! Prevedo
che nascerà una bella amicizia tra lui e Lily! E me ne
compiaccio! Oddio, eri
veramente euforica mentre scrivevi la recensione! E ora sono euforica
io a
risponderti! Vedrai che adesso tra James e i Malandrini le cose
andranno
meglio, anche perché dirà loro tutto e la
sincerità è sempre la cosa migliore.
Hai pensato bene, il problema è Peter. Un bacione carissima!
Mimmyna:
Tesoro,
grazie mille! Sono davvero felice che la parte finale del capitolo ti
abbia
commossa, davvero! Vuol dire che sono riuscita nel mio intento. ^^
Davvero mi
sono superata? Questo mi soddisfa davvero! Spero di superarmi sempre!
Dai, alla
fine mi sono ripresa, solo che questo nuovo capitolo è stato
un osso duro!
Spero comunque che lo apprezzerai! Un bacio!
Silverine85:
Ciao!
Sì, in effetti ho cercato di rendere la mia storia
il più originale possibile, cambiando anche alcune cose che
hanno suscitato
perplessità in molti. Come il carattere cupo di Lily. Mi
ricordo ancora quanto
mi è stato detto su di lei! XD Il triangolo Bella-James-Lily
è stato uno sfizio
che mi sono sempre voluta togliere, lo ammetto. Vedere insieme
Bellatrix e
James mi ha sempre affascinata. Non sono una fan delle Bella-Sirius,
anche se
ne ho lette di fanfic su di loro. Sono felice che la storia ti abbia
presa, ti
abbia fatta ridere, arrabbiare, sorridere, commuovere. Significa che ho
fatto
bene il mio lavoro! ^^ James prenderà sempre la strada
giusta, non temere. Se
c’è una cosa di cui sono assolutamente sicura
è questa. Vedrai, molto presto
James si confiderà con i ragazzi, manca poco. Sirius e Vick
sono piaciuti quasi
a tutti e ne sono più che felice, anche io mi sto
affezionando a questa coppia.
Per Remus… ehhh, non sarà affatto semplice con
Eva, ti dico solo questo. Sono
felice che Savannah e Jeremy ti piacciono, vedrai,
continuerò a scrivere anche
su di loro, li amo troppo. Mi dispiace di avervi fatto aspettare per
questo
aggiornamento, ma ero seriamente in difficoltà con il
capitolo nuovo, spero che
ti sia piaciuto. P.S. Sono felice che la scena tra Lily e James ti sia
piaciuta
molto! Adesso passo a rispondere alle tue domande. Capitolo 10, la
domanda di
Cissa a Bella. “Lo fai a causa sua?”, si riferiva a
James. James che ha
spezzato il cuore di Bella, che decide di votarsi al male anche a causa
del
rifiuto di lui. Anche tu ti sei subito accorta di Julian, questo mi fa
piacere!
Come ho detto prima a Brando, Julian sa di James e Bella
perché è stato James a
dirglielo, a confidarsi solo e soltanto con lui. No, Julian non ha
assistito
alla conversazione tra Jamie e Bella nel cap. 24, lo sapeva
già. ^_^
Killina:
Ciao
Killina, è un piacere! Grazie mille per i complimenti, te ne
sono davvero grata
e sapere che consideri la mia storia un’opera
d’arte, cavolo, mi fa montare un
po’ la testa e non dovrei! Ma quando mi sento dire certe cose
è impossibile
restare con i piedi per terra! Mi hai addirittura detto che la Row mi
dovrebbe
pagare i diritti? O_O Oddio, non so proprio che dire! Grazie, grazie
davvero!
Eh, la parte del bagno tra Sirius e James è piaciuta a
tutti, da quello che ho
potuto constatare, e questo mi rende felicissima perché
è anche la parte che è
piaciuta di più a me! Felice di averti reso dipendente della
mia fic, mia cara!
Un bacione! ^^
La
Nika: Ciao!
Grazie mille per i complimenti, davvero! Sei stata gentilissima come
sempre!
Spero che la storia continuerà a piacerti, io ce la
metterò davvero tutta! La
fine è lontana ed io continuo ad arrancare in questa storia
lunghissima!
Incrociamo le dita! XD
Cassandra:
Tranquilla,
ormai i capitoli lunghi vengono da soli ed
io non ho modo di impedirlo! Sono schiava dei capitoli chilometrici! XD
Hai
fatto una giusta osservazione, le cose nel gruppo dei Malandrini stanno
prendendo una brutta piega e naturalmente Remus è il primo
ad avvedersene. Sì,
in effetti avrebbe potuto cercare nel reparto proibito e ci ho anche
pensato.
Poi, non so come, ho capito che Rem non lo avrebbe fatto, che non
avrebbe avuto
abbastanza coraggio. Mi è apparso chiaro che, certe
informazioni, Remus volesse
sentirle proprio da James. Non so se mi sono spiegata, sono un disastro
nelle
spiegazioni. ^^” Anche tu vittima della scena del bagno?
Cavolo, sono davvero
soddisfatta! Sono contenta che Julian stia cominciando a piacerti, io
sono di
parte e lo adoro a priori, ma mi fa piacere sapere che comincia a stare
simpatico anche a voi. Anche tu sei stata un’altra abile
occhio di lince ed hai
soffermato la tua attenzione su Harris che pare sapere di Bella e
James. Sì,
ebbene sì, lo sa. È stato James a dirglielo, a
confidarsi con lui. Solo con
lui. Sì, Lily è stata crudele, ma era davvero
molto scossa, credimi. Fortuna
che ha riguadagnato punti alla fine. Non ho però capito il
tuo dubbio. Lily ha
saputo da James che lui è per metà uno spirito
infernale, però non le è stato
detto nulla sulle fenici nere. Non dovrei averlo scritto. Appena ho
tempo
rileggerò il capitolo allora. Kiss!
|
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Capitolo 28 *** The Great Match ***
Avviso:
chiedo scusa a tutti per il ritardo, ma, ebbene sì,
l’università è ricominciata anche per
me e con degli orari impossibili,
purtroppo. Chiedo perciò a tutti voi un po’ di
pazienza, cercherò di dare alla
fanfic tutti i momenti liberi che avrò a disposizione, ma ci
vorrà comunque più
tempo di prima per gli aggiornamenti.
CAPITOLO
28 “THE
GREAT MATCH”
"I figli
cominciano con l'amare i propri genitori. Dopo un po' li giudicano.
Raramente,
se non mai, li perdonano."
Oscar
Wilde
Tu non sei
più nostro figlio
Parole,
parole forti. E crude.
Quando Sirius
Black aprì gli
occhi quella mattina, lo fece con uno strano senso di nausea che non
aveva
niente a che fare con l’imminente partita di Quidditch contro
Serpeverde. E si
sentiva accaldato, il corpo quasi febbricitante.
Sospirando,
si mise a sedere con
fatica, gettando le pesanti coperte da un lato, e lasciò
distrattamente
scorrere lo sguardo per la stanza.
Remus e Peter
non c’erano,
dovevano già essersi svegliati, i loro letti erano in
disordine. Chissà dove
erano andati a cacciarsi, vista l’ora.
Erano appena
le otto del
mattino.
Passandosi
una mano tra i
nerissimi capelli arruffati dal sonno, Sirius chiuse di nuovo gli
occhi,
restando immobile per una manciata di minuti. Il corpo rigido.
Era da tempo,
tantissimo tempo,
che non sognava i suoi genitori. Orion e Walburga Black erano scomparsi
dalla
sua vita da mesi e mesi, non si era più curato di loro,
né quei due si erano
più preoccupati di lui.
Stranieri,
sconosciuti.
Aveva chiuso
il suo cuore a
quelle due persone, aveva strinto i denti ed era andato avanti,
cercando in
ogni modo di non pensare più al passato e al dolore.
E adesso quel
sogno. Quelle
parole.
Terribili da
sentirsi dire per
ogni figlio.
Li aveva
rivisti nel suo
dormiveglia. Lei, sua madre, bella e perfetta come era sempre stata. E
poi lui,
suo padre, l’uomo che gli aveva rovinato la vita.
Aveva
risentito le urla di sua
madre, le sue prediche, i suoi pianti. Aveva rivisto i suoi occhi
macchiati
dalla rabbia e dalla vergogna.
Aveva di
nuovo incontrato lo
sguardo disgustato e freddo di suo padre. Un uomo che, con tutta la
tranquillità del mondo, era arrivato a dirgli che per il
Nobile Casato dei
Black, lui, Sirius, rappresentava la pecora nera. Che era un fallito,
un
miserabile.
Una
nullità che… non sarebbe mai
dovuta nascere.
E poi quelle
parole, maledette,
cattive. Forti nella loro crudeltà.
Tu non sei
più nostro figlio.
Quanto
dolore, quanta rabbia,
quanta disperazione aveva portato quella dichiarazione. Aveva pianto.
Di
nascosto, certo, ma aveva pianto.
Fuori urlava
la sua rabbia,
viveva da ragazzo indipendente e forte, ma dentro, oh, dentro si
disperava. E
accadeva spesso.
Provava
nostalgia di casa?
Impossibile,
lui non sarebbe
tornato a vivere con quei bastardi neppure se lo avessero pregato loro.
No, non
era la mancanza ciò che lo feriva.
Era…
il pensiero di ciò che non
avrebbe mai avuto. Era l’astio, il rancore che provava verso
il destino che gli
aveva negato una famiglia normale, basata sull’affetto, come
quella di James o
di Victoria, sebbene entrambi fossero figli adottivi.
Era
l’odio verso suo padre e sua
madre, che non avevano mai saputo fare i genitori, che avevano
preferito il
cognome Black a lui.
Nascere nel
Casato dei Black era
come venire al mondo con una maledizione.
O sei con
loro, oppure muori. Diventi una bruciatura, un piccolo segno
nero nel grande arazzo della nostra famiglia. Nulla di più,
Sirius. Nulla di
più.
Questo gli
aveva detto
Andromeda.
E lui, fermo
nel suo letto,
sorridendo amaramente, poteva immaginarselo. Poteva immaginare il
proprio nome
cancellato. Lui era una bruciatura. Solo questo.
Perché
li aveva sognati? Perché
aveva voluto ripensare ad Orion e Walburga Black proprio in quel
momento? Non
stava già abbastanza male?
Quella notte
non aveva quasi
chiuso occhio a causa dello scontro che aveva avuto con James in bagno.
Il
pensiero del suo migliore amico in quello stato terribile lo
massacrava, lo
logorava da dentro.
All’improvviso
spalancò
nuovamente gli occhi blu e, prendendo un bel respiro, decise di
scendere dal
letto. Non c’era tempo per i piagnistei.
Avrebbe
affrontato James, ci
avrebbe parlato di nuovo. Non gli avrebbe permesso di mentirgli ancora,
non lo
avrebbe più accettato. E per quanto riguardava i suoi
genitori, li avrebbe
nuovamente spediti negli anfratti più bui e nascosti della
sua memoria, là,
dove era giusto che restassero.
Doveva tenere
duro, doveva
tenersi in piedi.
Doveva
farcela.
Veloce, si
diresse in bagno, per
una volta tanto deserto. Poteva prendersi tutto il tempo che voleva
quella
mattina.
Sotto il
getto caldo della
doccia, i suoi muscoli contratti parvero trovare un po’ di
pace ed il suo umore
migliorò notevolmente.
Doveva
soltanto rimettersi in
piedi e ripartire, poteva farcela.
Non
guardarli. Non considerarli. Adesso sono io la tua famiglia.
Era stato
James a dirglielo. Gli
occhi scuri sinceri e pieni d’affetto. Il sorriso
intramontabile sulla bocca.
James Potter sorrideva sempre. Sempre.
Sì,
Ramoso era tutta la sua
famiglia. E lui non si era neppure reso conto di quanto dolore covava
suo
fratello dentro di sé. Era stato uno stupido, un idiota.
Non avrebbe
mai potuto
perdonarsi un simile errore.
Eppure non
poteva fare a meno di
chiederselo. Quando?
Quando era
accaduto? Quando suo
fratello aveva cominciato a fingere?
Quando era
cominciata
quell’agonia?
Istintivamente
chiuse gli occhi,
respirando a fatica sotto il getto bollente di acqua calda che arrivava
a
scorrergli sulla pelle. Una miriade di ricordi gli sfrecciò
nella mente, belli,
brutti, felici, tristi.
James
c’era sempre stato. Non
c’era un singolo attimo della sua vita dopo gli undici anni
dove non ci fosse
stato suo fratello.
Un fratello
che lo aveva sempre
sorretto, che lo aveva fatto ridere, che gli aveva offerto innumerevoli
volte
la mano. James era la sua sicurezza, era il suo conforto.
Non ricordava
episodi in cui lo
aveva visto abbattuto o preoccupato.
Ed era
terribile. Solo in quel
momento se ne rese davvero conto.
Lo stava
perdendo, a poco a
poco. E la cosa lo terrorizzava.
Mentre si
trovava lì, sotto la
doccia, un improvviso quanto sciocco ricordo lo colse.
Quante volte,
intento a lavarsi,
si era accorto dello shampoo finito o del bagnoschiuma terminato? Remus
lo
aveva sempre rimproverato, consigliandogli di controllare che tutto il
necessario fosse in ordine, prima di fare il bagno.
Ma lui,
Sirius Black, non era
mai stato un ragazzo così devoto alla precisione e, ogni
volta, finiva con il
dimenticarsi qualcosa. Ed allora si sgolava per attirare
l’attenzione dei suoi
amici, chiedendo questo o quello.
Era sempre
James ad arrivare.
James, che lo guardava con una finta aria esasperata, gli porgeva
l’oggetto
mancante di turno e, con un sorriso, se ne usciva con: -Sei proprio un
gran
rompi pluffe di prima categoria, Felpato!-
Loro due non
avevano mai avuto
un gran senso del pudore, andava detto. Remus e Peter erano sempre
stati molto
più discreti.
Ma James
Potter, come lui del
resto, non aveva mai saputo cosa fosse la vergogna.
Spesso si
erano ritrovati in
bagno nello stesso momento, Sirius a lavarsi i denti e James a fare la
doccia
con pure le tendine aperte, in modo che potessero parlare.
Remus e Peter
non l’avrebbero
mai fatto.
Ma tra loro
c’era quella
confidenza, quella fiducia… che poteva essere riassunta con
quell’unica e sola
parola: fratelli.
Sorridendo,
Sirius Black aprì
nuovamente gli occhi. Bruciavano un poco per lo shampoo e lui si passo
veloce
una mano sul viso per rimuovere la schiuma.
Dopo ancora
qualche minuto, il
getto d’acqua venne spento ed il ragazzo uscì
dalla doccia, indossando subito il
proprio accappatoio bianco. L’intero abitacolo era invaso da
sottile vapore e
dal leggero profumo del bagnoschiuma.
Passandosi un
asciugamano sul
volto umido, Sirius andò fuori dal bagno e tornò
nella cosìdetta “Tana dei
Malandrini”. Si diresse subito al baule in fondo al suo letto
da dove si
affrettò a prendere la biancheria e l’uniforme da
quidditch.
Stava giusto
terminando di
vestirsi, quando, improvvisamente, qualcuno bussò alla porta
chiusa e questo
lasciò Sirius interdetto.
Non poteva
certo essere uno dei
suoi compagni, altrimenti non avrebbe avuto motivo di bussare. Veloce
finì di
indossare la maglia rosso e oro della divisa, per poi correre ad aprire
la
porta.
Davanti a lui
stava una
figuretta piccola e sottile, che indossava i suoi medesimi abiti,
l’uniforme di
Grifondoro. La ragazza lo scrutava con i suoi luminosi e perennemente
allegri
occhioni azzurri, sorrideva.
-Victoria…-
mormorò lui,
sentendo qualcosa di caldo riempirgli il petto ed un sorriso spuntare
prepotente sulle labbra.
-Giorno,
Black!- lo salutò lei,
pimpante fin dal primo mattino. –Pronto per fare il culo alle
Serpacce?- celiò
allegra, mentre senza esitazione entrava nella stanza ed andava a
posizionarsi
vicino ad una delle finestre, lo sguardo al parco del castello.
-E’
tutto ricoperto di neve,
dovremo stare attenti.- osservò lei.
-C’è il rischio di scivolare sul ghiaccio,
se voliamo troppo vicini al suolo. Soprattutto James…-
Parlava,
parlava…
Victoria
Olsen parlava e lui non
ascoltava neppure una parola.
Quella
mattina aveva avuto un
terribile risveglio, però… rivederla, trovarsela
davanti così all’improvviso
era stato come venire risucchiato via, a forza, da quei brutti
pensieri. Lei lo
aveva allontanato all’istante da
quell’oscurità.
Guardarla,
osservarla parlare, e
sapere che quella creatura, quell’uragano di luce e di
vivacità, aveva deciso
di stargli vicino. Gli aveva detto di essere innamorata di lui.
Meritava
davvero una ragazza del
genere?
Vick era
l’esatto opposto di
tutte le ragazze che aveva avuto. Era un maschiaccio, adorava fare a
pugni,
parlava spesso e volentieri come un ragazzo, si rosicchiava le unghie
ed
impallidiva di fronte ad un abito tutto pizzi o merletti.
Ma, Merlino,
lui sentiva di
volerla con tutta l’anima!
Era accaduto
pian piano, senza
fretta. E lei, a poco a poco, si era fatta spazio dentro di lui. Sirius
non
sapeva se ciò che provava fosse amore oppure no, non era mai
stato troppo bravo
con i sentimenti. Però, in quel momento, sentiva che
l’unica ragazza che aveva
in testa era lei.
Lei, che gli
era stata vicino
fin da quando erano bambini.
Quella
mattina aveva legato
stretti i corti capelli corvini; Sirius sapeva bene quanto lei
detestasse che
anche un solo ciuffo le si posizionasse davanti agli occhi durante la
partita.
L’attenzione doveva totalmente essere concentrata sulla
pluffa.
E lui, senza
riflettere troppo,
si ritrovò ad abbracciarla, stringendola forte tra le
braccia e sentendola
trattenere il fiato.
Non erano
ancora abituati a tali
gesti affettuosi.
Si erano
abbracciati numerose
volte in tutti quegli anni, certo, ma entrambi avvertivano che qualcosa
era
cambiato. Il loro legame era cambiato.
Ed era strano
stare stretti in
quel modo, adesso. Loro, abituati ad essere buoni amici e non lo erano
più.
Erano… di più.
Victoria,
rossa in viso e con il
cuore che pareva voler uscire con violenza dalla propria cassa
toracica,
restava ferma, più che decisa a godersi
quell’abbraccio.
Aveva atteso
quel sogno per
anni. Adesso tutto sembrava realizzarsi e lei non riusciva ancora a
crederci.
Chiuse gli
occhi, sospirando.
Era stata così in ansia per lui, l’altro giorno.
Era preoccupata per James,
certo, ma Sirius era stato così strano a pranzo…
-Tutto bene?-
chiese ad un
tratto, continuando a tenere gli occhi chiusi.
Lui non
accennava a lasciarla e
lei non voleva che lo facesse.
-Ho sognato i
miei.-
Era
strabiliante il modo in cui
non potesse mai, mai, nasconderle niente. Con Victoria non era mai
riuscito a
tenersi qualcosa dentro. Era sempre stato così.
La
sentì irrigidirsi appena tra
le sue braccia.
-Sirius…-
-Va tutto
bene.- si affrettò a
rassicurarla. –E’ passato. Tutto ok.-
Lei
sollevò lo sguardo e,
finalmente, i suoi occhi azzurri incontrarono quelli blu di Sirius, che
ricambiò lo sguardo.
-Se potessi
tornare indietro,
scapperesti ancora da casa tua con me?- gli chiese a bruciapelo, senza
esitare.
Già.
Quella domanda…
Se
l’era posta numerose volte
dopo la sua fuga. Ma la risposta non era mai cambiata.
-Sì.
Sì, scapperei di nuovo.-
Vick sorrise,
andando a
stringergli una mano con la sua.
-Però
è complicato, Vick. Io mi
sento… mi sento come…-
-Lo so.-
mormorò lei, gli occhi
ancora nei suoi. –Siri, io credo di capire. Vuoi una famiglia
anche tu, è
comprensibile. E l’avrai! Un giorno ne avrai una tutta tua e
tu non farai gli
stessi errori dei tuoi genitori.-
-Come fai ad
essere così
ottimista?- fece lui, con un sorriso amaro.
-Devo
esserlo! Sirius, dobbiamo
esserlo tutti!-
A volte
Victoria assomigliava
così tanto a James…
Black non
potè fare a meno di
sorridere con calore, mentre nuovamente la stringeva
a sé, posando un bacio su quei capelli
nerissimi e luminosi.
-Dai,
è ora di scendere in Sala
Grande.- lo esortò lei poco tempo dopo.
–Preparati, c’è un casino allucinante
in Sala Comune. E anche nei corridoi! Gazza è fuori di
sé.-
-Se non
vinciamo questa partita siamo
fottuti.- dichiarò Sirius, divertito.
-Più
che fottuti, Black!-
sospirò Victoria. –I nostri compagni di Casa ci
metteranno alla pubblica
gogna!-
Risero
entrambi, restando ancora
abbracciati. Era piacevole stare così. Strano, nuovo. Ma
terribilmente gradevole.
Sorridendo,
Sirius pensò che
nella sua vita gli unici abbracci sinceri che aveva ricevuto
appartenevano ai
suoi amici. In casa Black nessuno mai gli aveva regalato un gesto
affettuoso,
fatta eccezione per Andromeda.
I suoi amici
erano anche la sua
famiglia. Victoria era la sua famiglia.
Per loro, per
lei, avrebbe dato
tutto. Anche la vita.
-A che pensi?-
La voce della
sua ragazza,
appena mormorata, lo risvegliò dai sui pensieri.
-A voi.- le
rispose, incrociando
il suo sguardo.
Lei parve
farsi più seria. –Sei
preoccupato per James?-
-Certo che lo
sono.- ammise con
un sospiro doloroso.
-Cosa
è successo ieri?-
Già.
Cosa era accaduto?
Sirius si
aspettava quella
domanda, naturalmente. Vick aveva già fatto molto dandogli
del tempo per
pensare da solo, ma adesso doveva parlare, dirle tutto. Anche lei aveva
il
diritto di sapere, visto il grande affetto che la legava a James.
Ma che dirle?
Come dirle ciò a
cui aveva assistito in quel bagno?
Un amico che
non aveva più
riconosciuto. Orribile.
Il solo
pensarci ancora bastava
a chiudergli lo stomaco.
Non riusciva
a guardare la Olsen
in viso e questo lo obbligò a sciogliere
l’abbraccio per andare ad afferrare la
scopa da corsa posata vicino al letto. Misera scusa.
Ma parlare
dandole le spalle era
più semplice.
-Sta male.-
mormorò, immobile.
–James sta veramente male. Ci nasconde qualcosa, Vick, e non
ha voluto dirmi
niente. Ma non è per Lily che sta
così… E’ qualcosa di più
grosso. Non… non lo
avevo mai visto in quello stato.-
La ragazza
abbassò lo sguardo,
affranta. Non sapeva proprio che cosa dire.
-Non so che
cosa fare.-
Quell’ammissione
fu come una
pugnalata in pieno petto e Victoria alzò il viso
immediatamente, puntando gli
occhi sulla schiena rigida del suo ragazzo. Sirius pareva un pezzo di
ghiaccio.
-Forse James
ha solo bisogno di
tempo.- provò lei.
-Lui mi ha
sempre detto tutto.-
-Ma stavolta
è diverso, devi
accettarlo.- lo riprese la Grifondoro, dura. –E girati,
quando mi parli.-
aggiunse, addolcendo la voce.
Lo vide
voltarsi e puntare gli
occhi blu elettrico su di lei, una tristezza irremovibile nello
sguardo.
Victoria provò il forte impulso di correre da lui e di
abbracciarlo ancora,
stringerlo forte e rassicurarlo, ma non era questo ciò di
cui Sirius aveva
bisogno.
-Se sei
così preoccupato, allora
parlagli ancora. Non chiuderti, non è da te.- gli disse,
puntando le iridi
azzurre su di lui. –Adesso scendiamo, abbiamo una partita da
vincere e non sono
ammesse sconfitte, lo sai. Vedrai che una bella vittoria
risolleverà l’umore a
tutti noi!- fece, correndo a prenderlo per mano.
Era sempre
stata così Victoria
Olsen. Inguaribile ottimista, forte, granitica, un piccolo tornado. Ed
emanava
calore. Irradiava tepore da ogni sua singola cellula.
Sorridendo
tra sé, Sirius pensò
che, veramente, lei e James erano molto simili. Erano la sua forza
più grande.
Forse non
avrebbe mai avuto una
famiglia, dei genitori, a cui tornare. Ma i suoi amici…
quelli, no, non glieli
avrebbe mai portati via nessuno. Come nessuno avrebbe mai potuto
portargli via
Vick. La bella Vick.
Lei lo teneva
per mano, lo
guidava nella Sala Comune, dove innumerevoli compagni di Casa correvano
incontro a loro per gli in bocca al lupo di rito per la partita, e lui,
ancora,
guardava soltanto la giovane donna che lo conduceva.
Sì,
sarebbe volentieri andato
ovunque lei lo avesse portato, senza fare domande.
“Non
si vede bene che con il
cuore. L’ essenziale è invisibile agli
occhi.”
Il
Piccolo Principe, Antoine de
Saint-Exupéry
La Sala
Grande a quell’ora del
mattino era gremita, splendente e piena di un vociare allegro e
più brioso del
solito, arricchita dai fulgenti colori rosso e verde, oro e argento.
Quel
giorno si sarebbe disputata quella che, da sempre, veniva reputata come
la
partita più importante del campionato di Quidditch, molto
più della stessa
finale. Serpeverde contro Grifondoro. Adrenalina e cattiveria erano
alle
stelle.
C’era
solo da augurarsi che
nessuno si facesse del male.
Nick-Quasi-Senza-Testa,
spinto
da un attimo di puro e folle coraggio, osò fare una
pernacchia al Barone Sanguinario,
che fluttuava agguerrito vicino al tavolo degli insegnanti. Un attimo
dopo, il
fantasma del Grifondoro uscì sparato dalla Sala, travolgendo
nel suo tragitto
un gruppo di studentelli del primo anno che rabbrividirono per il
contatto
freddo avuto con lo spettro.
Più
o meno allo stesso modo andò
tra Brendon Wolf, un piccolo Grifondoro del terzo anno, ed Adrien
Durand,
Serpeverde del quarto. Il povero Wolf si ritrovò a correre
per la Sala Grande
ancor prima di aver insultato l’avversario e fu
provvidenzialmente salvato dal
tempestivo arrivo della Caposcuola verde argento che, irritata,
afferrò il
compagno più giovane per il colletto della camicia,
riportandolo al tavolo
delle Serpi.
C’era
da dirlo, Eva Ames amava
il Quidditch come un prigioniero di Azkaban adorava un dissennatore.
Quando poi
c’era da disputare La partita, ovvero Serpeverde contro
Grifondoro, allora il
suo amore per lo sport magico aumentava a dismisura.
Ironicamente,
ovvio.
Quella
mattina la Ames teneva i
ricci capelli castani acconciati in una treccia severa ed i suoi occhi
verde
scuro erano assottigliati dal nervosismo. Non erano ancora le dieci e
lei già
aveva un’emicrania pazzesca. Piton non si vedeva ed
ovviamente toccava a lei
correre a raccattare i compagni di Casa intenzionati a fare rissa con i
Grifoni. Compito infame quello del Caposcuola!
Sospirando,
la ragazza tornò a
sedersi alla propria tavola e scoccò una veloce occhiata
verso il tavolo della
Casa avversaria. Remus Lupin non era tra i suoi compagni e lei non
sapeva cosa
pensare. Che fosse ancora a letto?
L’ultima
volta che si erano
visti lui le era apparso strano, più pallido e stanco del
solito. Lei non aveva
potuto fare a meno di preoccuparsi.
La Sala
Grande era gremita, i
Corvonero ed i
Tassorosso correvano a
fare gli auguri ai Grifondoro, tutti avversi a Serpeverde. Tutti
odiavano
cordialmente i figli di Salasar e lei, purtroppo, faceva parte di quel
gruppo
tanto detestato.
Era una
macchia che si portava
dietro da quando aveva undici anni.
Ma Remus la
trattava così gentilmente,
le si apriva in modo così candido, che lei si era ritrovata
a cercarlo con lo
sguardo sempre di più.
In quel
momento però l’unica
faccia nota del settimo anno di Grifondoro che riusciva a vedere
apparteneva
alla Caposcuola Evans.
La rossa era
arrivata in Sala
Grande in tutta fretta, trucidando con lo sguardo un gruppo di Grifoni
del
quinto anno intenti ad intonare cori poco educati tutti indirizzati al
tavolo
dei verde-argento. Pix dava loro manforte.
Evans aveva
impiegato ben
quindici minuti del suo tempo a rimproverare i compagni di Casa, per
poi
lasciarli al loro destino, alleggerendoli di dieci punti in meno a
testa.
E adesso era
là, in disparte,
che rispondeva cortesemente ai saluti dei componenti della squadra di
Grifondoro che le passavano vicino, accompagnati dal plauso e dalle
urla di
incoraggiamento dei compagni.
Alice Rubin
corse a sedersi
accanto a lei. Aveva un sorriso che andava da un orecchio
all’altro e subito
prese a riempirsi il piatto di leccornie, mandando per una volta a quel
paese
la sua preoccupazione per la linea.
-Devo essere
stracarica!- disse,
facendo scoppiare a ridere i compagni.
Lily rise con
lei, ma poco dopo
era già persa con lo sguardo rivolto all’immenso
portone della Sala, in cerca.
In cerca di
lui.
Non aveva mai
amato il Quidditch
ed odiava cordialmente La partita, ovvero Grifondoro contro Serpeverde.
Era
ovvia la ragione.
Nel castello
si scatenava
l’Apocalisse e toccava a lei, in quanto Prefetto prima e
Caposcuola adesso,
sedare risse e attentati. Non era propriamente un bel lavoro.
Ma James
teneva tantissimo a
quella competizione e lei non avrebbe voluto deluderlo per nessun
motivo al
mondo. Voleva anche accertarsi che la pozione rinvigorente avesse fatto
il suo
dovere e che lui fosse in forma.
Ecco
perché si era alzata presto
quella mattina, si era vestita, aveva rinunciato agli amati libri ed
era scesa
con gli altri.
Aveva
addirittura indossato una
calda felpa rossa che faceva a pugni con i suoi capelli di fuoco,
tirati su in
un’alta coda. Il nastrino che legava la sua chioma era dorato.
-Speriamo che
James stia meglio,
ieri non sembrava molto in forma.-
A parlare era
stato Adam Maison,
uno dei componenti della squadra. Sorrise ad un gruppo di ragazze che
gli passò
davanti, tornando serio subito dopo.
-E’
vero, stava decisamente
giù.- convenne Emma.
Alice si
limitò a sospirare,
versandosi altro succo di zucca.
-Andrà
bene. Andrà tutto
benone.-
Aveva parlato
senza neppure
rendersene conto ed adesso tutti gli occhi dei giocatori del Grifondoro
erano
puntati su di lei. Lily Evans si sentì arrossire, ma decise
di farsi coraggio e
proseguire.
-Ho parlato
con lui ieri sera.
Mi ha detto un po’ di cose… insomma, adesso sta
bene. Credo.- farfugliò,
portando la sua massima attenzione sul proprio piatto.
Era
decisamente imbarazzante,
stavano continuando a guardarla senza dire una parola, ma lei non
avrebbe più
aperto bocca neppure sotto tortura.
Sentiva
caldo.
Un fuoco che
si concentrava
soprattutto sulle guance.
Maledetto
Potter!
Non aveva
praticamente dormito
quelle poche ore che la dividevano dal mattino. Non aveva fatto altro
che
rigirarsi nel letto, inquieta, agitata e insoddisfatta. La voglia di
vederlo
era ancora troppa ed il desiderio di correre alla porta della stanza di
lui e
chiamarlo l’aveva tentata troppe volte.
Ma si era
detta che James aveva
una partita da giocare e che già non era in ottima forma.
Era necessario che
lui riposasse quelle poche ore.
Tuttavia, non
appena si era
fatto giorno, Lily non aveva più resistito. Era balzata
giù dal letto ed era
corsa a prepararsi.
Stupita,
meravigliata, si era
guardata allo specchio chiedendosi se tutto ciò che i
ricordi le regalavano
fosse vero o puro frutto di un sogno. Di immaginazione.
James le
aveva davvero detto
quelle cose? L’aveva baciata veramente?
La risposta
era arrivata prima
del previsto. Lei si era guardata allo specchio e, intenta a sistemarsi
la
coda, lo aveva visto. Un piccolo segno rosso che stava già
svanendo.
Un ricordo.
Il ricordo di
un bacio
particolarmente voglioso che lui le aveva dato.
Era stato
troppo per lei.
Era dovuta
uscire di corsa dalla
stanza, dopo essersi vestita in fretta, sperando di incrociarlo al
più presto
possibile. Ma lui non era già più nella sua
stanza.
E neppure in
Sala Grande.
Dove poteva
essersi cacciato?
Aveva voglia
di vederlo. Aveva
disperatamente voglia di vederlo.
Il suo cuore
non le stava
chiedendo altro da ore e ore.
A varcare il
portone della Sala,
provocando un allegro vociare, furono Sirius e Victoria, anche loro con
l’uniforme rossa e oro. La coppia più parlata di
Hogwarts fu subito presa
d’assalto da una folla di compagni eccitati e smaniosi di
fare gli auguri per
la partita imminente.
Vick
sorrideva a tutti,
raggiante, felice di essere tornata in squadra; Sirius, stranamente,
era più
sulle sue. Sorrideva, certo, ma la sua appariva di più come
una goffa
circostanza. Si guardava intorno, come in cerca di qualcuno.
E Lily poteva
immaginare di chi
si trattasse.
Tempo pochi
minuti ed i due
ragazzi furono da lei. Le sue iridi verdissime si scontrarono con
quelle blu
elettrico di Sirius e per un po’ nessuno dei due
abbassò lo sguardo. Fu il
ragazzo ad interrompere per primo quell’occhiata,
sorridendole brevemente.
Tregua?
Lily lo
osservò prendere posto
vicino a Victoria e servirsi la colazione in silenzio, mentre i suoi
compagni
continuavano a vociare tra di loro con fare concitato.
Vick
sorrideva a più non posso,
contagiando il resto della squadra. Pareva sprizzare energie da tutti i
pori,
probabilmente il fatto di essere tornata a giocare la rendeva
più felice di
quanto la rossa potesse immaginare.
Arrivò
anche Peter, trafelato,
che immediatamente fece i suoi più sentiti incoraggiamenti a
Sirius, che gli
arruffò i capelli con fare affettuoso. Minus non si
lamentò, lasciando fare
l’amico con un sorrisetto divertito.
-Hai visto
James?- gli domandò
Black, mentre si versava del caffè.
-No.- rispose
Peter, abbassando
lo sguardo. –Ma credo sia andato da Remus, in infermeria.
Sai, no?-
A quella
domanda Sirius si
limitò ad annuire, mentre anche Victoria abbassava lo
sguardo, in silenzio.
Entrambi, ovviamente, sapevano. La luna piena, la trasformazione.
Lily
guardò i tre con
espressione confusa. –Remus sta poco bene?-
-Già.-
le disse subito Minus.
–Stamani è andato subito in infermeria.-
-Si
riprenderà a breve, ha solo
bisogno di riposo. Gli capita spesso, te ne sarai accorta. Rem
è di salute
cagionevole.- fece Vick, alzando lo sguardo e sorridendole.
-Certo.-
convenne la rossa,
annuendo.
La poca
salute di Remus Lupin
non era certo un mistero per nessuno, meno che mai per lei, che era
sempre
stata una rappresentante dei suoi compagni. Aveva spesso accompagnato
il
ragazzo in infermeria.
-Peccato che
non sarà a fare il
tifo per noi!- fece Alice, allegra. –Si perderà un
partitone con i fiocchi!-
aggiunse, carica.
-Come mai
così ottimisti?- se ne
uscì ad un tratto Stephanie Hamilton, alias il Mostro, che
stava passando
vicino a loro proprio in quel momento, fasciata in un mini abitino di
lana
nera. –Guardate che Serpeverde ha dei nuovi giocatori.-
-Il fatto che
Malfoy non
giocherà mi fa già sentire più
sicuro.- borbottò Adam Maison.
-Malfoy
è solo uno dei tanti
problemi.- mormorò Victoria. –Quelli giocano tutti
sporco. Rischiamo di farci
del male come sempre, dobbiamo stare attenti.-
-Seghe
mentali inutili, li
distruggeremo comunque.- sbottò Sirius
all’improvviso, con un tono che non
ammetteva repliche.
Peter Minus
gli riservò uno
sguardo adorante, di pura venerazione. Lily lo aveva visto spesso
guardare così
anche James e non era sicura che la cosa le piacesse.
Anche lei
stimava Potter, ma non
in modo così materiale. Non sapeva trovare altra
definizione, ma le sembrava
che per Peter, James fosse prima di tutto “Potter il
Grande” e solo dopo un
amico.
Victoria
Olsen fece per prendere
di nuovo parola, ma delle risate conosciute la fecero tacere
all’istante.
L’amato gruppo di Serpeverde era in arrivo.
Malfoy,
Zabini e Nott.
I primi due
non indossavano la
divisa della squadra, dato che, dopo ciò che avevano
architettato in biblioteca
ai danni di Lily e Vick, una delle loro punizioni era proprio il non
poter più
giocare a Quidditch.
Avrebbero
dovuto essere
furibondi quella mattina, invece parevano soddisfatti.
-Sei proprio
sicuro di scendere
in campo Black?- fece Lucius con un sogghigno.
-Perché
non dovrei?- rispose il
Grifondoro, già pronto al diverbio.
-Potresti
restarci male, molto
male.- spiegò Malfoy, divertito. –Non piangere,
promesso? Non sarà niente che
non conosci già.-
-Che stai
blaterando, Malfoy?-
ringhiò Sirius, già con il dente avvelenato,
ottenendo come risposta soltanto
una vaga alzata di spalle.
Sarebbe
potuta finire in rissa,
Serpeverde e Grifondoro non aspettavano altro, ma Lucius Malfoy, il
ghigno
strafottente ben stampato sulla bocca, voltò le spalle al
tavolo dei Grifoni
per tornarsene nel suo regno di verde e argento. Più nessuna
parola. Nott e
Zabini che ridevano tra di loro.
-Lasciali
perdere, Siri.- fece
Emma McLoow, portiere del Grifondoro.
-Sono degli
idioti.- convenne
Lucas Smith, battitore.
Lily
restò in silenzio,
osservando preoccupata la mascella contratta di Black. Era nervoso,
pareva in
procinto di esplodere da un momento all’altro. Non conosceva
nessuno di così
emotivo come Sirius Black.
E sicuramente
la preoccupazione
per James non lo faceva stare meglio. Lo aveva visto il giorno
precedente,
aveva notato il suo sguardo perso ed angosciato.
Forse doveva
dirgli qualcosa.
Rassicurarlo.
-Black.- lo
chiamò, timidamente.
Il ragazzo si
voltò verso di
lei, quasi sorpreso dal fatto che gli avesse rivolto la parola. Quegli
occhi
blu riuscivano a metterla in soggezione, quasi dovette deglutire.
-Devi stare
tranquillo.-
cominciò. –James è…-
-Arrivato.-
si intromise Adam
Maison, con un sorrisone divertito.
Ed era
impossibile non notarlo,
perché quando James Potter fece il suo ingresso in Sala
Grande, il boato fu
assordante. Gli unici a rimanere in silenzio furono i Serpeverde. E
Peter, lo
sguardo del quale si oscurò all’istante, senza
però che nessuno lo notasse. Gli
occhi di Minus avevano preso a vedere tutto sotto una luce distorta,
ormai. E
non c’era più solo ammirazione. Ma anche rabbia. E
invidia.
Lui.
Lui.
Lui.
Sempre lui.
Tutti
correvano da James, tutti
si complimentavano con James, tutti facevano gli auguri a James, tutti
gli
stringevano la mano.
James,
James e ancora James.
Quel nome
aveva preso quasi a
nausearlo. Era come un veleno, qualcosa di malvagio e ingiusto che
aveva
cominciato a scorrergli nel sangue e che, talvolta, lo spaventava.
Non avrebbe
mai voluto provare
simili sentimenti per James Potter, il ragazzo che più di
tutti gli era stato
vicino, ma… non riusciva più
fermarlo.
Quel mostro
che pareva essersi
annidato dentro di lui stava sempre più correndo fuori
controllo, deformando la
sua visione delle cose, deturpando i suoi ricordi.
Fu
così che vide quel sorriso
come l’ennesima dimostrazione di quanto James fosse superbo e
vanitoso. Quella
camminata gli apparve tronfia, strafottente.
Non lo vedeva
più con gli occhi
di prima.
D’altro
canto, Sirius Black
puntò lo sguardo sul suo migliore amico e restò a
guardarlo, meravigliato e
disorientato.
James pareva
essere tornato
quello di sempre, non c’era traccia dello sconosciuto con cui
aveva discusso in
bagno. Niente lacrime, niente volto contratto dal dolore.
Eccolo,
quello era James Potter.
Quello era
l’amico che
ricordava.
Era tornato,
ma lui non poteva
più dimenticare.
Cosa gli era
successo? Non
riusciva più a capire.
C’era
stato un tempo in cui
guardare James era come osservare la propria immagine allo specchio,
identica.
Adesso Sirius aveva di più l’impressione di
contemplare un riflesso vuoto,
spento. Ed era doloroso da morire.
Peter Minus e
Sirius Black
distolsero lo sguardo da Potter nello stesso momento, senza
accorgersene,
ognuno per un motivo proprio e diverso dall’altro.
Chi invece
rimase con gli occhi
puntati sul cercatore di Grifondoro fu Lily Evans. Il cuore che le
martellava
nel petto con violenza e senza pietà. Una morsa dolce e al
contempo forte come
l’acciaio che le stringeva lo stomaco.
Farfalle.
Lui era bello
da morire, o
almeno così appariva a lei. Lily era più che
certa che i suoi occhi avessero
cessato di funzionare, quando si parlava di James Potter.
Era con il
cuore che lo vedeva.
E quei
capelli neri perennemente
in disordine erano diventati adorabili per lei, come era accaduto per
gli occhi
scuri, vivacissimi, svegli, furbi. Il volto sottile, il naso di poco
più lungo
rispetto alla media. E altri piccoli difetti che lei aveva imparato a
memoria e
che avrebbe amato per sempre.
Un ideale di
perfezione maschile
ad Hogwarts avrebbe potuto essere Sirius Black, eppure lui e James
riscuotevano
successo in ugual misura.
Lily Evans lo
notò, e con un
certo fastidio, anche quel giorno.
Potter non
aveva fatto a tempo a
mettere un piede in Sala Grande che subito, oltre agli amici ed ai
conoscenti,
si era subito ritrovato sommerso da ragazze, tutte in cerca della sua
attenzione.
Erano pazze
di lui e Lily
dovette ammettere che, adesso, le capiva.
Lui non era
solo un bel faccino.
E non era neppure soltanto un bravo Cercatore. James aveva qualcosa
dentro che
attirava come una calamita.
James
incantava. Avrebbe potuto
ottenere qualsiasi cosa.
L’immensità
del suo cuore. La
sua fedeltà. Il suo ottimismo. La sua forza. La sua
correttezza. La sua risata
contagiosa. I suoi occhi così vivi. Il suo modo di parlare
da oratore nato. Era
tutto questo che soggiogava.
Era tutto
questo che riusciva a
battere, ad esempio, la bellezza perfetta di Sirius.
Guardando
Potter, Lily provò
l’inarrestabile impulso di correre da lui e raggiungerlo, ma
era sicura che non
sarebbe mai riuscita a muovere un muscolo.
Si sentiva
come inchiodata alla
panca dove era seduta.
Rimase ad
osservarlo, incantata,
per nulla preoccupata che qualcuno potesse rendersi conto del suo
abbandono.
Rivederlo
dopo la notte che
avevano trascorso insieme era euforia e gioia. Era battito di cuore che
non diminuiva.
Fu naturale
per lei soffermarsi
ad ammirare quella bocca sorridente, labbra che avevano sfinito le sue
di baci
poche ore prima. Avvertì un calore familiare diffondersi nel
proprio petto,
nello stomaco. Lo aveva avvertito anche la sera prima.
Era la voglia
di baciarlo che la
schiacciava. Il desiderio di non staccarsi da lui.
Poteva
considerare normale ciò
che provava?
Era normale
bramare una persona,
un’anima e anche un corpo, fino a quel punto?
Poi un tuffo
al cuore. Una presa
di coscienza.
James
sorrideva a tutti,
stringeva mani e rispondeva ai saluti. Parlava, rideva.
E, intanto,
guardava lei.
Presa
com’era ad osservarlo e a
pensare a lui, Lily non se ne era minimamente accorta. Poteva sembrare
un
controsenso, eppure era così.
Da quanto
tempo lui la stava
fissando? Quegli occhi neri non si staccavano da lei.
Fu come se il
sangue le si fosse
incendiato nelle vene.
Dal calore
che avvertì alle
guance comprese di essere arrossita.
Vieni.
Vederlo
parlare con tutte quelle
ragazze era una tortura, non avrebbe mai immaginato di poter essere
così
gelosa. Era un’agonia vederlo là, distante da lei,
anche se per pochi metri.
Basta. Ti
prego, vieni.
Lo vide
sorridere ad un
Tassorosso del loro stesso anno, scambiarsi con lui una divertita pacca
sulla
spalla. Poi, finalmente, dirigersi verso il tavolo rosso e oro.
Una ragazza
gli passò vicino e,
rossa in viso, gli fece gli auguri. E lui sorrise di nuovo, annuendo.
Poi gli
occhi neri cercarono ancora lei.
-Fortuna che
la mia ragazza è un’abile pozionista.-
Ricordare. E
poi tremare.
Lui le aveva
detto quelle parole
non molte ore fa.
Non doveva
provare gelosia,
James le aveva dimostrato quanto importante fosse per lui, quanto
tenesse a lei
più che ad ogni altra persona.
Ti amo.
Il cuore le
batteva veloce. Lui
camminava troppo piano, sembrava non arrivare mai. Oppure era una sua
impressione?
Ti amo, Lily.
Rumore. Non
c’era più rumore.
Perché non parlava più nessuno? Perché
non c’era più nessuno? Che fine avevano
fatto tutti? Che fine aveva fatto il resto del mondo?
Ti amo da
morire.
In quel
silenzio bianco esisteva
soltanto quella voce, l’unica capace di farla vivere.
Ed ora lei lo
sapeva.
Parvero anni
ed invece furono
solo una manciata di secondi.
Finalmente
lui le fu davanti,
vicino, suo.
Le sorrise,
lo fece con quel
sorriso che le era sempre appartenuto, che si estese fino agli occhi,
addolcitisi
per lei.
-Buongiorno.-
Fu la prima
parola che le disse.
Semplice, ordinaria. Ma era il tono di voce che raccontava, che parlava
per
lui. Indescrivibilmente caldo. Innamorato.
Lily
aprì bocca per
rispondergli, ma le parole parvero non uscire, dispettose. Dannato,
dannatissimo cuore, che non le dava tregua, che era senza
pietà.
James non
disse più nulla, ma le
sorrise nuovamente.
Poi la voce
briosa di Adam
Maison fece ricordare ad entrambi di non essere da soli nella Sala
Grande e che
quell’improvvisa e bellissima solitudine che li circondava
non era altro che
un’illusione che i loro occhi incatenati avevano loro
regalato.
-Capitano,
dove diavolo eri
finito, si può sapere?-
Potter si
passò velocemente una
mano tra i capelli, arruffandoli distrattamente, e sorrise, furbo.
–Controllo
del campo, ovvio. C’è del ghiaccio, dobbiamo stare
attenti a non fare scivoloni
ragazzi. Ci pensate che figura?-
Victoria
rise. –Ci avevo pensato
anche io!- dichiarò, fiera. Poi addolcì lo
sguardo.
–Come
stai, James?-
Sirius rimase
immobile. Lily,
invece, puntò gli occhi verdi sul giovane cercatore.
-Mai stato
meglio!- rispose
Potter.
E quel
sorriso, quegli occhi,
dicevano chiaramente che era la verità.
Black
sollevò lo sguardo
sull’amico, serio in volto. –James…-
-Siri.- lo
fermò subito l’altro.
–Dopo la partita e tutto il resto devo parlare con te, Peter,
Remus, Vick e
Julian. Ti dirò tutto, te lo prometto.-
Victoria
ammutolì, come il resto
della squadra. Lily concentrò la propria attenzione su
Sirius, che in quel
momento aveva contratto la mascella, rigido.
-Non voglio
menzogne.-
James non
abbassò lo sguardo di
fronte a quegli occhi blu.
-Non te ne
darò.- ribattè,
sincero. –Adesso però mi servi concentrato sul
campo.-
Il suo
migliore amico si limitò
ad annuire. –Remus è in infermeria.-
-Lo so, sono
passato da lui
prima di venire qui.- lo informò Potter. –Mi ha
detto di dirvi che manda a
tutti un in bocca al lupo.- e quella bocca tremava per un sorriso
trattenuto a
stento.
Sirius Black,
invece, scoppiò
letteralmente a ridere.
Vick,
scuotendo il capo
divertita, commentò il tutto con un: -Quello stupido!-
Lily non
capiva, ma non stette
troppo a pensarci. James la stava guardando di nuovo e le sorrideva,
furbo.
–Bella la felpa rossa, Lily. Devo forse dedurre che verrai
alla partita per
vedermi?- le chiese, divertito.
Lei rispose a
quel sorriso.
–Possibile, James. Se non avrò altro da fare.-
Non era poi
così difficile
parlargli, dopo tutto. Bastava solo ricordarsi come respirare,
incontrare il
suo sguardo, prendere un bel respiro e ripartire.
Bastava
andargli dietro.
Lasciarsi guidare.
Il sorriso di
James si ampliò.
–Oh, così mi ferisci.-
-Sopravvivrai.-
rispose subito
lei. Sì, adesso si stava sinceramente divertendo.
Lui non fece
allusioni, neppure
le si avvicinò più del necessario. La guardava,
la guardava solamente e le
parlava in un muto silenzio fatto di occhiate.
Lily lo
ringraziò mentalmente
per questo.
Era tutto
accaduto così
velocemente che ancora non riusciva a capacitarsi di tutto.
In
più non era mai stata il tipo
di ragazza che amava esibirsi in pubblico. E, se James Potter
l’avesse baciata
lì, in Sala Grande, poteva giurare che di pubblico intento a
spiarli e poi a
sparlare ce ne sarebbe stato da vendere.
Aveva solo
bisogno di tempo,
anche soltanto qualche ora in più, poi anche gli altri
avrebbero potuto sapere.
Ma non in quel momento, quando poteva incrociare lo sguardo di James e
condividere con lui quel loro segreto.
Potter pareva
aver capito tutto.
A quanto pareva, lui la conosceva davvero meglio di quanto lei potesse
pensare.
Victoria
però li guardava con
uno strano sorrisetto stampato in faccia, forse aveva già
compreso senza che
nessuno di loro due le avesse detto niente.
-Beh, credo
sia ora di andare.-
disse ad un tratto Alice, dopo aver dato una rapida occhiata al suo
piccolo
orologio da polso.
Lily
lasciò vagare lo sguardo
per la Sala e si rese conto che questa si stava ormai svuotando
velocemente.
L’intera scolaresca di Hogwarts era diretta al campo di
Quidditch. Si accorse
in quel momento che James indossava alla perfezione la divisa del
Grifondoro.
Intenta come era a guardare il suo viso, non si era minimamente resa
conto di
dettagli così irrilevanti come gli abiti.
-Hai ragione,
Alice.- convenne
Potter. –Andiamo squadra!-
Si alzarono
tutti, più carichi
che mai. Sfilarono per la Sala e ricevettero nuovi auguri e ancora
saluti. I
compagni più piccoli si sgolavano con urla di
incoraggiamento.
Lily
accompagnò la squadra senza
neppure rendersene conto. Camminava al fianco di James, completamente
presa da
lui e nessun altro.
Era
incredibile come una persona
potesse tutto ad un tratto dal nulla diventare il centro del suo
universo, il
fulcro di ogni suo pensiero.
Era strano.
E, al contempo, era
bellissimo.
In
prossimità del campo di
Quidditch, già si potevano udire le grida di
incoraggiamento. La tifoseria era
un’onda rossa e oro oppure verde e argento. L’aria
era fredda sul viso, il sole
splendeva ed il ghiaccio del primo freddo brillava alla luce del
mattino. Una
leggera brezza portava gli incoraggiamenti fino alle orecchie della
squadra di
Grifondoro, che si diresse spedita verso gli spogliatoi.
Lily fece gli
auguri a Sirius ed
abbracciò affettuosamente Victoria e Alice, poi rimase ad
osservarle mentre
seguivano i compagni.
Un sorriso le
incurvò le labbra
rosee. Sapeva che lui era ancora lì.
James
l’abbracciò da dietro,
nascondendo il viso nell’incavo tra la spalla ed il collo di
lei, che accentuò
il sorriso, sentendosi arrossire. Le lenti degli occhiali di lui erano
fredde
contro la pelle, i suoi neri capelli ribelli le provocavano solletico,
ma erano
morbidi e piacevoli al contatto.
-Hey.- le
mormorò lui
all’orecchio, divertito, stringendola un poco di
più.
-Hey.-
rispose lei, imbarazzata,
mentre avvertiva il cuore cominciare a battere più forte,
come accadeva ogni
volta quando si trattava di Potter.
Non era
abituata a quel genere
di attenzioni. Le facevano piacere, certo, ma al contempo ancora la
mettevano
in difficoltà e terribilmente in imbarazzo.
James parve
accorgersene, perché
allentò un po’ la presa, lasciandola libera di
allontanarsi. –Ti da fastidio?-
le domandò.
-No.- disse
subito lei,
scuotendo il capo. –Va bene.-
-Sicura?-
-Sì.
Sì, certo.-
Di nuovo
quelle braccia
tornarono a stringerla con la stretta di poco prima e, questa volta,
lei si
rilassò tra di loro, chiudendo gli occhi. Beandosi di quel
cuore che sentiva
battere sulla propria schiena e di quell’odore, il Suo odore.
Aveva una
disperata voglia di
baciarlo, ma anche stare così era bellissimo. E non voleva
rovinare niente.
Voleva godersi appieno ogni singola emozione che quel ragazzo
meraviglioso era
in grado di farle provare.
-Hai la
partita.- sussurrò
piano.
Quello era
l’ultimo rimasuglio
di coscienza che le era rimasto.
-Non credo
che mi importi.- lo
sentì rispondere.
-James…-
-Lo so.- e lo
udì ridere
sommessamente. –Vado, vado.-
-Vai.-
L’abbraccio
si sciolse e lui le
andò davanti, scrutandola con i suoi occhi scuri e buoni.
-Dammi il
tempo di prendere quel
dannato Boccino e torno subito da te.- le disse, allegro, regalandole
una
carezza.
-Mi troverai
sugli spalti a fare
il tifo.- fece lei, sorridendo.
-Viva James
Potter.- la istruì
lui, mentre già sorrideva furbo.
Con un finto
sospiro esasperato,
Lily lo accontentò. –Viva James Potter.-
“
La vittoria per me è non mollare,
non importa cosa mi piove addosso, posso farcela, posso continuare.
“
Patrick Swayze
Sirius
Black comprese il significato delle parole di Lucius Malfoy solo nel
momento in
cui mise piede in campo, salutato dalla folla di studenti sistemati
sugli
spalti.
Malfoy
gli aveva detto di non partecipare alla partita, lo aveva avvertito che
ci
sarebbe stato qualcosa di poco piacevole ad aspettarlo. Ed aveva
ragione, aveva
maledettamente ragione. Deglutendo, Sirius si disse che il destino
aveva
davvero deciso di giocargli un brutto tiro.
E
che certi brutti sogni, a volte, arrivano per un buon motivo. Non
giungevano a
caso, ma per avvisare, mettere in guardia.
Maledizione!
Lo
stadio era in tumulto, una girandola di voci e colori, di applausi e di
urla,
ma lui non riusciva a staccare gli occhi da due figure poco lontane.
Era
atroce.
A
pochi metri da lui, suo padre e suo fratello.
Una
pugnalata in pieno petto. Una spina nel cuore che andava ad aggiungersi
a molte
altre collezionate.
È
soltanto un’altra piccola ferita, Sirius.
Non
se lo aspettava, no di certo. Malfoy, Zabini e Lestrange erano stati
espulsi
dalla squadra di Serpeverde, mancavano perciò due posti come
cacciatori ed uno
come cercatore. Sirius poteva aspettarsi chiunque, chiunque, ma non che
a
prendere il posto di Rodolphus Lestrange come Cercatore fosse suo
fratello.
Regulus.
Regulus. Regulus.
Suo
fratello che, per la prima volta, indossava l’uniforme da
Quidditch verde e
argento dei Serpeverde, che teneva in spalla una scopa nuova di zecca.
E
suo padre, Orion Black, austero e severo nel suo mantello nero di
magnifica
fattura.
Orion
era lì, parlava con Regulus, addirittura sorrideva. Poi, una
mano sulla spalla
del figlio minore ed una sorta di orgoglio negli occhi.
Uno
sguardo che per Sirius non aveva mai avuto. Mai.
Ma,
del resto, Orion non era mai stato ad una sua partita. Non si era mai
scomodato
ad andarlo a veder giocare per il Grifondoro, non aveva mai apprezzato
le sue
qualità come Cacciatore.
Giocava
dal secondo anno. I suoi genitori non erano stati ad una sua singola
partita.
Eppure,
per Regulus, l’eccelso figlio, il signor Black era
lì.
Cuore.
Maledetto cuore che ancora faceva male. Doleva atrocemente.
Quella
non era più la sua famiglia. Allora perché li
stava guardando così
disperatamente? Cos’era quell’astio? E…
quell’invidia?
Fu
con rabbia che vide arrivare Bellatrix, bella nel suo pesante mantello
blu
notte con colletto di pelliccia. I suoi capelli nerissimi e lunghi
frusciavano
nel lieve vento come fili di pura seta.
La
osservò mentre buttava le braccia al collo dello zio e si
lasciava abbracciare,
poi baciare su entrambe le guance.
Gesti
falsi, privi di significato. Ma a questo erano abituati i membri della
famiglia
Black.
E,
mentre si lasciava salutare dal parente, Bella guardava lui. Guardava
Sirius,
sorridendo maligna e divertita. Canzonatoria.
Poi
zio e nipote abbandonarono il campo, mentre il giovane Regulus tornava
in mezzo
alla sua squadra per ricevere le ultime informazioni prima della
partita.
Sirius
lo seguì con lo sguardo e sussultò, quando
avvertì una mano posarsi sulla sua
spalla con fermezza. Si voltò ed incontrò gli
occhi di James che lo scrutavano,
preoccupati ed attenti.
-Sirius.-
lo chiamò suo fratello, parlando piano.
No,
James non doveva ancora preoccuparsi. E, soprattutto, lui non poteva
permettersi di stare male per quei fantocci con un blocco di ghiaccio
al posto
del cuore.
Non
erano più la sua famiglia. Non aveva bisogno di loro.
Reagì
con rabbia, l’unico sentimento che potesse aiutarlo in quel
momento.
-Va
tutto bene.- sbottò, rigido. –Quelli là
non sono più niente per me, lo sai. E
non azzardarti a farti problemi per quel bamboccio di Regulus, chiaro?
Anzi.
Buttalo giù dalla scopa, se ci riesci. Non me ne frega
niente.-
James
Potter non abbassò lo sguardo, restò a
fronteggiarlo, come non faceva più da
tempo. Madama Bumb stava chiamando i capitani, ma lui non si mosse. Non
prima
di aver scoccato una lunga e significativa occhiata al suo migliore
amico.
-Adesso
chi è il bugiardo?-
Poche
parole e andate a segno. Subito dopo James se ne era andato,
raggiungendo la
Bumb ed il sostituto di Lucius Malfoy, Avery, che faceva le vesti del
capitano
di Serpeverde. Arrivati di fronte, Potter porse la mano al rivale, ma
quello
preferì sputarci sopra.
il
grido di rimprovero di Madama Bumb non si udì neppure,
superato dalle urla
inferocite dei Grifondoro, dei Corvonero e dei Tassorosso, unite alle
risate
sguaiate delle Serpi.
Si
cominciava bene.
Lily
Evans chiuse gli occhi un istante, una ceca rabbia si era
immediatamente
impossessata di lei, esattamente nel preciso istante in cui aveva ben
compreso
la scena. Poi li riaprì di nuovo.
I
suoi compagni stavano ancora sbraitando arrabbiati, mentre da
Serpeverde
arrivavano cori offensivi diretti verso di loro. La tifoseria era
carica.
Stretta
in una calda giacca di lana, la bella felpa rossa sotto di essa, Lily
aveva
preso posto su uno degli spalti più alti, dove avrebbe
potuto meglio seguire i
giocatori in volo. Vicino a lei, Frank Paciock era a dir poco fuori di
sé.
Con
i colori rosso e oro anche sulla pelle, Frank stava letteralmente dando
in
escandescenze, tanto che lei decise di dimenticare l’ultima
sua imprecazione.
Troppo
sporca.
Peter
Minus, seduto vicino a lei, se ne stava stranamente in silenzio.
Sotto
urla, accuse ed offese velenose, i Bolidi furono liberati, seguiti a
ruota dal
Boccino, che subito scomparve alla vista di tutti. Infine fu la volta
della
Pluffa e le due squadre presero il volo, dando inizio a quella che
forse era la
peggiore partita di ogni campionato.
A
commentare, come al solito, Amanda Scott, settimo anno di Tassorosso.
La
ragazza amava il Quidditch più di quanto potesse amare un
ragazzo. Vicino a lei
la professoressa McGranitt, già col dente avvelenato per il
saluto tra
capitani, e Lumacorno, intento a rosicchiare dei biscotti alla menta.
Poi
Stephanie Hamilton, con la penna prendi appunti ed il suo fotografo
asservito,
Evan Gres.
*
Ed è così che inizia la famosa e tanto attesa
partita tra Grifondoro e
Serpeverde, con un bello sputo da parte delle Serpi e Grifondoro
oltraggiata!
Mi auguro che la saliva dei Serpeverde non sia avvelenata come il
sangue che
scorre nelle loro vene, altrimenti i Grifoni si sono giocati Potter per
il
campionato! * stava dicendo Amanda, provocando risate oppure insulti
negli
spettatori.
La
McGranitt, stranamente, non commentò, mentre Lumacorno
arrossiva impacciato.
Lily
rimase in silenzio, lo sguardo puntato su James che prendeva sempre
più quota,
diventando a poco a poco più piccolo e meno visibile.
-Grande
Scott!- esclamò Frank, soddisfatto, mentre lanciava
un’occhiataccia agli spalti
dove erano rintanate le Serpi in questione.
*
La Pluffa è stata subito intercettata da Black, che
all’istante parte sparato
verso l’aera avversaria, sarà punto? Ecco che
Avery gli và addosso, poco
correttamente aggiungerei, ma che sto a parlare, è
Serpeverde che sta giocando,
nevvero? * commentò Amanda, mentre dalla zona verde ed
argento si levavano
fischi di protesta. * Ma Black riesce a liberarsi e passa
a…. a Rubin! Ragazzi,
Rubin è partita come un fulmine e chi la ferma? Ecco che
evita un Bolide,
supera Rabastan Lestrange eee… ok, c’è
solo Cordelia Hale da superare! Forza
Alice! *
Tutta
l’ala rosso ed oro, unita ai Tassorosso ed i Corvonero era
impazzita. Le urla
erano assordanti. Il nome di Alice pareva risuonare in tutto lo stadio.
Un coro
unito.
Non
riuscendo a stare seduta, Lily scattò in piedi, vicino a
Frank che pareva
saltellare sulla sua postazione. –Dai! Dai, Rubin! Dai!-
stava dicendo, non
staccando gli occhi dalla ragazza.
Afferrando
forte la balaustra di legno davanti a sé, anche la rossa
puntò gli occhi verdi
sull’amica. –Alice, forza!- esclamò,
presissima.
*
Alice lancia la Pluffa! Hale si lancia e…. MANCATA!
Spiacente, Serpeverde!
Dieci punti al Grifondoro! *
Il
boato che invase lo stadio fu assordante. Lily si ritrovò
costretta a tapparsi
le orecchie per attutire almeno un minimo il rumore. Ma anche lei
gridava,
anche lei era in preda all’euforia, esattamente come tutti
gli atri.
*
La Pluffa viene rilanciata e, Merlino, veloce come uno schiantesimo!
Eccola!
Olsen la afferra al volo eee… incredibile!... rilancia
subito! Troppo
improvviso! SEGNA! Altri dieci punti per Grifondoro! GRANDE VICK! *
Frank
era letteralmente impazzito, così come gran parte dei tifosi
del Grifondoro.
Lily era pronta a giurare di aver sentito qualcuno dagli spalti
più bassi
urlare: -AMO QUELLA RAGAZZA! AMO QUELLA RAGAZZA!-
Peter
saltellava, euforico, squittendo:- Bravissima Vick!-
La
Olsen passò davanti a loro poco dopo, una freccia rossa, e
li salutò con un
veloce gesto della mano, per poi andarsi a disporre nello schema della
squadra.
Emma
McLoow, portiere del Grifondoro, che ancora non si era vista invadere
la
propria area dagli avversari, finse di sbadigliare, provocando
l’ilarità dei
compagni venuti a fare il tifo.
*
Ed ecco che la Pluffa viene nuovamente rimessa in campo! Stavolta
però sono i
Serpeverde ad intercettarla! Avery ha la Pluffa! Passa veloce a
Lestrange!
Bolide da parte di Adam Maison! Lastrange evita! Lastrange lancia!
Black afferra
la Pluffa e rilancia in avanti! A quanto pare Emma non avrà
molto da fare oggi!
*
Lily
rise insieme al resto dei compagni. Non avrebbe mai creduto di rimanere
così
coinvolta da una partita di Quidditch, ma, infondo, doveva
aspettarselo. Adesso
aveva più di un motivo per essere lì a fare il
tifo e sperare nella vittoria.
Non
avrebbe mai amato troppo quello sport, ma voleva bene a molti giocatori
del
Grifondoro. A Victoria. Ad Alice. E poi Sirius, con il quale ancora non
era
riuscita a legare molto. Adam, Lucas ed Emma, che l’avevano
accettata tra di
loro ed erano sempre gentili con lei.
Ed
infine James. Il suo adorato James. Voleva che lui fosse felice
più di ogni
altra cosa.
In
quel momento non riusciva più a vederlo, doveva trovarsi
troppo in alto in
cerca del Boccino. Avrebbe dovuto affrontarsi con Regulus Black, il
fratello di
Sirius.
Lei
non sapeva quasi nulla del fratello minore di Black, soltanto che era
molto
stimato dagli insegnanti, che era uno borioso purosangue e che lui ed
il
fratello maggiore si detestavano cordialmente.
Aguzzando
lo sguardo, Lily provò ad individuare il nuovo Cercatore di
Serpeverde, ma non
ci riuscì. Anche lui era scomparso.
-Noto
con piacere che alla fine il di dietro di Potter non si è
congelato.-
Una
voce strascicata, annoiata, che proveniva da dietro le sue spalle. E
lei si
ricordava il proprietario di quel tono così particolare e
stravagante.
Si
voltò, indecisa su cosa ribattere.
-Sono
riuscita a farlo rientrare in tempo al castello.- rispose infine,
incontrando
lo sguardo sornione di Julian Harris.
Il
Corvonero indossava un pesante cappotto nero in sostituzione del
classico
mantello da mago, cosa che lasciò Lily piacevolmente
perplessa. Era raro vedere
un mago purosangue con abiti ripresi dai babbani.
Al
collo, il ragazzo portava la sciarpa blu ed argento dei Corvonero.
Probabilmente era uno dei pochi che non si era schierato in occasione
della
partita.
Julian
si accorse dello sguardo della rossa e fece spallucce. –Non
capisco perché una
volta o due all’anno devo magicamente diventare Grifondoro o
Serpeverde a causa
di una stupida competizione.- biascicò, indicando un gruppo
di suoi compagni
abbigliati con colori rossi ed oro. –Sono un Corvonero punto
e basta. E faccio
il Corvonero. E poi, perché dovrei tifare per una squadra
che ha sconfitto la
mia?-
In
effetti il suo discorso non faceva una piega. Ma, memore dello scontro
con i
Corvonero, Lily assottigliò lo sguardo. –Non siete
stati molto leali durante la
partita, vi siete meritati di perdere.- dichiarò, sicura.
Ricordava
bene come i giocatori di Corvonero non avessero dato pace a James e di
come
Grifondoro avesse rischiato di perdere dopo l’abbandono
improvviso di Vick.
Ma,
ancora, Julian Harris fece spallucce. –Solo vuoi cocchi di
Godric Grifondoro
siete così ottusi da non barare. Mica è colpa
degli altri se siete gli unici a
non essere furbi.-
Era
senza parole, non aveva davvero idea di cosa dire. Ma mollare un bello
schiaffo
in faccia a quel tipo strambo le sembrava quasi la soluzione migliore.
Mentre
erano lì ad osservarsi, in silenzio, Sirius segnò
il terzo punto, ma entrambi
erano troppo presi nello scrutarsi per unirsi ai festeggiamenti.
-Sei
strano, Harris.- decretò Lily, scura in volto.
Lui
fece una smorfia che poteva essere divertita. –Oh, non sei
l’unica ad avermelo
detto, sai? E non sarai neppure l’ultima, mi auguro.-
-Ti
auguri?!-
-Cielo,
sì! La normalità è così
seccante, non trovi?-
Ok,
adesso seriamente non sapeva più che cosa rispondere.
-Comunque,
non so cosa sia accaduto
tra te e James, ma hai fatto un bel lavoro. Se possibile, mi sembra
più fuori
del solito. Volevo solo dirti questo.-
-Non so
se prenderla come un
complimento oppure no.-
-Prendila
come ti pare.-
Un
minuto dopo Harris se ne era
andato, ingoiato dalla folla di tifosi, lasciandosi una confusissima
Lily alle
spalle, indecisa sul cosa pensare. No, quel ragazzo decisamente non era
normale, non aveva tutte le rotelle al loro posto.
Ed era
amico di James.
Beh,
questo doveva aspettarselo da
uno come Potter.
* Siamo
a cinquanta punti per
Grifondoro e ancora nessuno per Serpeverde, sembra che
l’assenza di Malfoy si
faccia sentire più di quanto noi immaginassimo. Resta solo
da trovare il
Boccino D’Oro. Potter, qualcuno vede Potter? * stava dicendo
Amanda, guardando
in alto con fare preoccupato.
Anche
Lily, sentendo nominare il
ragazzo, sollevò nuovamente il volto alla ricerca del
Cercatore, ma di lui non
vi era traccia. Di tanto in tanto vedeva uno sfrecciare rosso nel
cielo, poi
più nulla. Doveva trovarsi davvero molto in alto.
Il
Boccino non si vedeva, nessun
bagliore dorato da nessuna parte.
-Che
strana partita.- disse ad un
tratto Frank, corrugando la fronte. –I Serpeverde stanno
subendo troppo. Non ci
sono Malfoy, Lestrange e Zabini, è vero, ma non mi aspettavo
che i sostituti
fossero così mansueti.-
Ma
avevano parlato tutti troppo
presto e quella fu una delle partite più scorrette della
storia. Malfoy era
stato buttato fuori dalla squadra, vero. Ma nessuno gli avrebbe
impedito di
continuare a giocare.
I
Grifondoro, fin troppo tronfi per
i loro successi, non si accorsero minimamente della trappola che, pian
piano,
si stava chiudendo intorno a loro.
A
lanciare una potente maledizione
di confusione ad Emma McLoow fu Severus Piton in persona. Proprio lui,
che
tutto avrebbe fatto pur di non far nuovamente vincere
l’odiato Potter.
Avery
lanciò la Pluffa con violenza
verso l’anello avversario più a destra ed Emma,
provocando un urlo stupito nei
tifosi rosso e oro, si gettò veloce e sicura a sinistra,
facendo ottenere a
Serpeverde i primi dieci punti.
Da quel
momento, gli anelli di
Grifondoro divennero pressappoco indifesi.
La
tifoseria di Grifondoro
sconvolta. Tutti con il fiato sospeso. Nessun rumore.
Lo
stadio era come diventato
deserto.
*
Ragazzi, Emma sembra in
difficoltà! Lestrange prende la Pluffa, evita Rubin. Tira!
Ma Black salva la
situazione! Cavolo, Potter deve trovare il Boccino! Non mi piace la
piega che
sta prendendo la partita! Stiamo a settanta a cinquanta per Grifondoro!
Serpeverde sta risalendo! *
L’attenzione
di tutti era massima,
gli occhi di ogni spettatore puntati sul campo ed i giocatori,
soprattutto su
Emma, che, dopo un altro paio di disastrose parete, era divenuta
paonazza dalla
rabbia e l’imbarazzo.
I
Grifondoro erano ammutoliti. I
Serpeverde ridevano, prendendo in giro il portiere dei rosso e oro. Gli
studenti delle altre Case parevano ammutoliti.
-Perché
Emma fa così? Perché non ne
para più una?- stava balbettando Peter a dir poco incredulo,
mentre non
staccava gli occhi dalla ragazza in questione.
Probabilmente
quella era la domanda
che tutti si stavano ponendo.
-Prima
andava alla grande. Non
capisco. Sembra come sotto Imperius o altro.- meditò Lily,
confusa.
-Impossibile.-
fece subito Frank,
disperato. –Intorno al campo di Quidditch si attiva una
barriera anti
incantesimo, quando si gioca una partita. Si fa per proteggere la
competizione
da varie influenze scorrette provenienti dall’esterno.-
spiegò, sospirando.
–Deve essere accaduto qualcos’altro ad Emma. Non so
cosa.-
Neppure
la stessa Emma McLoow sapeva
spiegarsi. Un attimo prima si sentiva in forma, pronta al gioco. Adesso
sentiva
soltanto una gran voglia di ritirarsi e scappare via. Non riusciva
più ad
intuire i movimenti degli avversari, stava sbagliando tutto. Ed i
Serpeverde
stavano per salire in vantaggio.
Sirius
le volò vicino, chiedendole
spiegazioni, ma lei scosse il capo, non riuscendo a dire nulla. Stava
per
mettersi a piangere, ne era certa.
-Perché
James non chiede una pausa?!
Dobbiamo parlare con Emma! C’è qualcosa che non
va!- gridò Victoria a Sirius,
mentre gli passava vicino.
Il
ragazzo però scosse la testa.
–James deve trovare il Boccino. Prima lo trova, prima tutto
questo finisce.
Intanto dobbiamo proteggere gli anelli. Emma non sta bene.-
-Così
però favoreggiamo Serpeverde!
Dobbiamo attaccare!-
In
campo scoppiò il caos.
Autenticamente.
I
Battitori di entrambe le squadre
cominciarono a dirottare Bolidi a più non posso, mirando
violentemente ai
giocatori. E, tra i Cacciatori, si ingaggiò
un’autentica lotta. Le più prese di
mira, ovviamente, furono Victoria ed Alice. Ragazze e, quindi,
più deboli
fisicamente.
*
Bolide da parte di Serpeverde
diretto verso Alice! Alice evita, grande! Alice sfreccia, tira
e… SEGNA! Dieci
punti per Grifondoro che recupera un po’! Ed ecco
che… HEY! FALLO! FALLO! *
Tutta
la curva dei Grifoni gridò,
oltraggiata ed arrabbiata. Lestrange aveva colpito la Rubin con una
forte
gomitata e la ragazza, priva di sensi, era scivolata giù
dalla scopa. Adam
Maison era riuscito ad afferrarla prima che raggiungesse il suolo.
Frank
Paciock era a dir poco fuori
di sé.
Gli
animi si stavano ormai
riscaldando, pronti alla rissa sia sugli spalti che in pieno campo,
quando,
improvvisamente, un rosso sfrecciare velocissimo bloccò
tutto sul nascere.
La
McGranitt, che aveva appena
strappato di mano ad Amanda Scott il megafono per intimare a tutti di
darsi una
calmata, spalancò gli occhi come scodelle, per poi urlare un
assordante:
-POTTER!-
James
stava scendendo in picchiata
da moltissimi metri di altezza e lo stava facendo ad una
velocità suicida.
Dietro di lui, come un’ombra, Regulus Black. Il ragazzino non
aveva fatto altro
che tampinarlo dall’inizio della partita e lui non aveva
potuto fare altro che
cercare di sviarlo e di allontanarlo da sé e dal Boccino.
Ma non
c’era più tempo.
Tra le
urla spaventate e
meravigliate degli spettatori, Potter aumentò la
velocità, arrivando tanto
dallo schiantasi, poi, disegnando una spigolosa u in aria, riprese
quota.
Regulus gli era ancora alle calcagna. Impossibile!
Continuando
la sua corsa
spericolata, James puntò dritto verso uno degli anelli,
quasi travolgendo il
portiere di Serpeverde, e oltrepassò il cerchio per un pelo,
a velocità
disumana. Ma il Cercatore avversario gli era sempre dietro. Non era mai
accaduto prima che qualcuno riuscisse a seguirlo in quel modo. Fino a
quel
momento, James Potter era sempre riuscito a seminare gli altri
Cercatori.
Sugli
spalti, tutti seguivano a
bocca aperta. La partita in campo si era fermata. Tutti gli occhi erano
puntati
sui due ragazzi. James che compiva manovre pericolose e correva alla
velocità
della luce; Regulus che gli andava dietro come se fosse stato un
continuo della
scopa del Grifondoro.
* Black
sta marcando Potter! Black!
Non Sirius! L’altro! Regulus! * stava strillando Amanda,
riappropriatasi del
proprio megafono. * Ma che stanno facendo i Battitori?! Ragazzi,
Merlino Santo,
sparate quei Bolidi! *
-A
forza di girare a quei due ci
viene il vomito!- esclamò il vocione di Hagrid, spuntato
all’improvviso alle
spalle di un gruppetto di Grifondoro del primo anno, che subito si
fecero da
parte, spaventati dal mezzo gigante.
La
folle corsa però stava per
terminare.
Fulmineo,
James effettuò nuovamente
un’altra picchiata verso il basso, ancor più
vicino l suolo interamente
ricoperto di pericoloso ghiaccio. Ancora, Regulus si tuffò
insieme a lui.
In
quegli ultimi momenti di partita,
chiunque trattenne il fiato.
-Si
ammazzeranno.- esalò Frank, impallidito.
Per
Lily fu troppo. Chiuse gli occhi
di scatto, spaventata. Non voleva vedere più di
così. Se James si fosse fatto
male, lei…
Ma
durò poco.
Silenzio,
silenzio totale. E poi fu
rumore. Grida, urla. Urla di… vittoria!
Titubante,
Lily riaprì gli occhi.
Regulus
giaceva in una zona del
campo, la scopa di molto lontana da lui. Madama Bumb gli era
già corsa vicino.
E
James…
James
era ancora in volo, tra la
folla esultante ed i compagni di squadra che accorrevano per
abbracciarlo. Tra
le dita della mano destra stringeva un furioso Boccino che ancora
tentava di
liberarsi.
Era
proprio vero, James Potter era
un grande nel Quidditch e lo sarebbe sempre stato. Nessuno si sarebbe
mai
scordato delle sue prodezze come Cercatore.
Non era
da tutti riuscire a volare a
pochi centimetri di distanza da un suolo ghiacciato senza scivolare.
Persino
Regulus Black, il primo avversario che era riuscito a tenergli
veramente testa,
c’era riuscito.
Il
titolo di campione era più che
meritato.
E la
gioia da parte dei tifosi fu
tanta che subito abbandonarono gli spalti per correre ad acclamare i
giocatori
di Grifondoro ed il loro Cercatore, mentre i Serpeverde se ne andavano
via,
imbronciati.
Non
appena furono atterrati, James
ed i suoi compagni di squadra furono subito assaliti da abbracci e da
complimenti.
Veloce,
Lily Evans scese dalla
propria tribuna, andando dietro a Frank e Peter, e corse verso James,
raggiante. E fu così che lui la vide.
Bella,
la più bella di tutte. I
capelli rosso fuoco che ondeggiavano nella corsa. Gli occhi verdi
splendenti.
Quella felpa rossa e quel nastrino dorato indossati solo per lui. E poi
quel
sorriso. Il sorriso felice e sincero di qualcuno che era rimasto ad
assistere a
quella partita non per il Quidditch, ma per lui. Unicamente per lui.
Lily
non era felice perché aveva
vinto Grifondoro. Era felice perché lui era felice. E non
c’era gioia più
bella, constatazione più dolce.
E non
resistette.
Lasciò
abbracci, pacche sulle
spalle, complimenti ed esaltazioni dietro di sé, alle
spalle, come cosa di poca
importanza e le corse incontro.
Quando
la raggiunse, non le lasciò
il tempo di dire niente. Le prese dolcemente il volto infreddolito tra
le mani
e la baciò, avventandosi sulla sua bocca.
La
vittoria più grande per James, fu
sentire Lily rispondere al suo bacio senza esitazione né
paura.
Intorno
a loro la folla continuava a
festeggiare, ignara. Qualcuno, invece, assistette al bacio e rimase
senza
parole. Victoria Olsen aveva un sorriso pauroso, pareva non essere mai
stata
così felice e li guardava come se già sapesse da
tempo. Sirius Black, che si
era voltato un attimo in cerca dell’amico,
strabuzzò gli occhi e rimase
impalato, come vittima di un Pietrificus Totalus. E questo accadde a
molti
altri.
Ma a
James e Lily non importava poi
molto del pubblico. L’insicurezza di quella mattina si era
come volatilizzata,
spazzata via. Restarono a baciarsi sotto il sole del mattino,
nell’aria fresca
del primo inverno, accerchiati da oro e rosso, da grida e risate, da
rumore di
vittoria.
“
Il rumore di un bacio non è forte come quello di un cannone,
ma la sua eco dura molto più a lungo. “
Olivier
W. Holmes
James
Potter chiuse il proprio armadietto e tornò frizionarsi i
disastrati capelli neri con un asciugamano immacolato. Lo spogliatoio
di
Grifondoro era invaso da vapore, provocato dalle docce usate a
rotazione dai
giocatori, e nell’aria si potevano percepire diverse essenze
di bagnoschiuma.
Lui era
stato il primo a lavarsi, una specie di ricompensa per
le sue prodezze sul campo da Quidditch. Tutti non avevano fatto altro
che
complimentarsi con lui, ma, se doveva essere sincero, James pensava che
fosse
stata solo fortuna. Aveva davvero avuto una fortuna incredibile per non
essere
scivolato come Regulus, tutto qui.
E,
parlando di Regulus Black, poteva dire di essersela davvero
vista brutta, perché quel ragazzino gli aveva veramente dato
del filo da
torcere.
Quell’anno
lui si sarebbe diplomato, lasciando perciò anche il
suo ruolo di Cercatore, e non era più tanto sicuro che
Grifondoro avrebbe
continuato a vincere con uno come il fratello di Sirius a giocare tra i
Serpeverde. Sarebbero cambiate le carte in tavola.
Egoisticamente
però, a James Potter la cosa non importava più di
tanto.
Non
poteva pensare a nulla in quel momento. Non con il pensiero
in testa di Lily Evans che lo aspettava al portone principale della
castello.
Voleva solo raggiungere lei e scappare, fuggire lontano dai compagni di
Casa e
dai festeggiamenti che si sarebbero protratti per tutta la giornata.
Stare con
lei, soltanto questo.
Appena
erano entrati nello spogliatoio, Vick gli era saltata al
collo, felicissima, dicendogli di essere contentissima per lui e Lily.
Sirius,
invece, lo aveva guardato con una faccia ancora incredula, sembrava non
capacitarsene.
Il
povero Felpato non era stato più aggiornato su molte cose,
si
disse James con un moto di tristezza. Doveva rimettere tutto a posto il
prima
possibile.
Ma quel
giorno tutti sarebbero stati troppo presi dai
festeggiamenti per poter dare ascolto a lui e James voleva avere la
massima
attenzione. La sua amicizia con i ragazzi era ormai sul filo di un
rasoio,
rischiava di perdere tutto. Doveva aspettare il momento giusto per
parlare.
C’era
qualcuno, poi, che non aveva affatto voglia di fare festa,
nonostante la vittoria dei Grifondoro. Emma McLoow.
Il
povero portiere dei Grifoni aveva sorriso a James, si era
complimentata con lui e poi si era chiusa in un doloroso silenzio di
umiliazione e sconfitta. Non aveva più parlato con nessuno,
nonostante i
richiami dei compagni.
Gettando
l’asciugamano su una panca, il ragazzo andò a
sedersi
vicino a lei. Lui era già pronto per uscire, Emma non era
ancora andata a
lavarsi, dando la precedenza agli altri.
-Emma…-
la chiamò Potter con dolcezza, cingendole le spalle con
un braccio e stringendola un poco a sé. –Emma, va
tutto bene. Abbiamo vinto.-
Lei
tirò su con naso e scosse il capo. –Non grazie a
me.-
mormorò con voce spezzata, cominciando a tremare.
–M-Mi dispiace… mi dispiace,
James…- balbettò, scoppiando a piangere.
-Non
essere sciocca! Non devi dispiacerti di nulla! Può capitare
a tutti, lo sai benissimo!- le disse subito lui.
Adam
Maison, finito di vestirsi, li raggiunse, accovacciandosi
ai piedi della ragazza ed osservandola preoccupato. –Emma,
dai. Non è successo
niente!-
-Nessuno
ti sta puntando il dito contro.- aggiunse anche James.
–Sei il mio portiere numero uno, sei bravissima, hai sempre
difeso gli anelli
in maniera impeccabile!-
-Giusto,
il capitano ha ragione!- fece sicuro Adam, prendendole
una mano.
-I-Io
non capisco!- balbettò Emma tra le lacrime.
–S-Stavo
giocando bene e poi, ad un tratto, non riuscivo più a
capirci n-niente!-
Era
terribile vederla in quello stato e non poter dire niente,
non poter raccontare la verità, ma James decise di tacere e
tenere per sé quel
segreto. Parlare non avrebbe risolto le cose, avrebbe portato altro
rancore,
altra rabbia. Sentimenti già abbondantemente presenti ad
Hogwarts.
Emma
McLoow era una ragazza forte, si sarebbe ripresa da
quell’insuccesso.
Preferì
stare zitto e, lasciando la compagna nelle mani di
Maison, dopo un ultimo abbraccio ed un’altra rassicurazione,
James Potter
lasciò lo spogliatoio. Una ceca rabbia in corpo.
E forse
fu il caso, oppure l’ironia del destino. Non appena si
chiuse la porta alle spalle, cominciando a marciare verso il castello,
arrancando nella neve e stringendosi nel mantello pesante, la prima
persona che
si ritrovò davanti fu proprio Severus Piton.
Il Serpeverde non lo aveva notato.
Era uscito dallo stadio, da solo, e si stava dirigendo in fretta verso
la sua
stessa direzione, camminando pochi passi davanti a lui, ignaro.
-Piton!-
ringhiò James, affrettando il passo per raggiungere il
ragazzo.
Quello
si voltò all’istante, riconoscendo quella voce
tanto
odiata, e puntò su Potter due occhi nero pece che parevano
abissi. –Non
scocciarmi, Potter!- sibilò. E pareva fuori di
sé, furioso all’inverosimile.
-Non
credo proprio.- replicò James, avvicinandosi di un passo,
con aria minacciosa.
Piton,
allora, fece un sorrisetto velenoso. Un sorriso che
avrebbe allontanato chiunque, ma non chi gli stava davanti in quel
momento. -E
così, alla fine, hai plagiato la Mezzosangue.-
parlò a denti stretti, rigido
come il marmo.
A
quelle parole gli occhi di James si accesero d’ira, di pura
rabbia. Sarebbe bastato un nulla per farlo scattare.
–Come… come osi. Tu,
lurido, viscido…- cominciò, tremando per la
collera. –Non devi mai più neanche
parlare di Lily o ti chiuderò quella fogna che ti ritrovi
una volta per tutte!-
urlò, fuori di sé.
-E
allora per quale motivo mi avresti chiamato, razza di
sbruffone, se non per fare il gradasso con me per la tua nuova
conquista, eh?
Non vedevi l’ora di sbattermelo in faccia, lo sappiamo
entrambi!- sbraitò
Piton, arrossendo un poco sulle guance per la rabbia. –IO ho
visto! Tutti
pensavano a festeggiare, ma io ho visto! Sei contento?-
-Sapere
che hai visto il bacio mio e di Lily mi arreca un enorme
piacere, Mocciosus, ma non è per questo che ti ho chiamato.-
rispose James,
duro.
-E
allora che cosa vorresti da me?-
-Dirti
che so. Che ho visto. Sai com’è, sono bravo a
vedere cose
che sfuggono agli altri, non sarei un buon Cercatore altrimenti. Tu eri
in
disparte, hai aspettato che l’attenzione di tutti fosse sulla
partita ed hai
lanciato un Confundus probabilmente modificato da te in persona su
Emma! Un
incantesimo che è riuscito a superare la barriera anti magia
del campo.- sbottò
Potter, vedendo con soddisfazione che Piton impallidiva alle sue
parole. –Non
dirò nulla, anche perché sono certo che tu abbia
distrutto ogni prova. Sei
bravo a farlo, sei un Serpeverde. E sei un genio a mentire, a
nascondere. Un
vero fenomeno.- sibilò con disgusto.
-Non so
di cosa parli.- rispose Severus, rigido come una statua
di marmo.
E James
Potter rise. Rise di lui. Aveva sempre riso di lui,
dall’alto del suo trono dorato e sempre lo avrebbe fatto.
Piton lo odiò ancora
di più.
-Ok,
fingiamo che tu sia innocente e che Emma abbia perso tutto
ad un tratto le sue doti di Portiere. Ma lascia che ti dia un
avvertimento,
Mocciosus: un altro dei tuoi trucchetti e ti rovino, stanne certo.-
disse
James, abbassando la voce in modo sinistro.
-Non ho
paura di te, Potter. Sei solo un arrogante, un pallone
gonfiato!-
-Giusto!
Tra i due sono io il cattivo ragazzo, vero?- lo schernì
Potter. –Sai che c’è? Non ti sopporto.
Sei falso, ipocrita, doppiogiochista. Non
avrai mai amici e mi dispiace per te! Sei riuscito perfino ad
allontanare una
persona candida come Lily! Ma sto perdendo la pazienza con te, attento
a quello
che fai! Ti diverte fare il cane di Malfoy, eh? Vuoi ricevere anche tu
un bel
tatuaggino, vero? Sai una cosa, Mocciosus? Tu non sai un accidente di
magia
nera! Di vera magia nera! Quella non è affatto divertente!
Non è furbo giocarci
come fai tu! Continua a scaricare su di me la tua rabbia, è
tutta invidia, non
vedi? Invidia perché sai che io non sono chi descrivi tu! E
Lily lo ha capito!
Ho dovuto lottare, ho creduto di impazzire per il dolore, ma ora lei si
fida di
me! Perciò marcisci da solo nella tua solitudine,
è l’unica cosa che ti
meriti!-
Parole
crude, fredde e nette. Dette senza pietà né
riguardo.
Severus
rimase fermo, immobile, incapace di dire nulla.
Trafitto, ucciso, da quella freccia fatta di amara verità e
rabbia.
E James
lo superò, abbandonandolo nel gelo in cui lui stesso si
era voluto gettare.
Spesso,
tra i suoi compagni, Piton era solito farsi chiamare il
Principe. Ma quel giorno, lì, di fronte a colui che
più di tutti odiava, non
aveva nulla di superbo o di nobile.
Era
solo un serpente, un serpente guardato con disprezzo da un
leone e schiacciato dalla sua zampa giusta e possente.
Potter
era il leone. Grifondoro fin dentro l’anima.
Potter,
che si allontanava da lui con l’incedere di un Re, il
passo dei giusti.
Potter,
che aveva vinto. Che vinceva sempre.
Ancora,
ancora e ancora.
Note di
fine capitolo
Ed un
altro capitolo è andato, un capitolo che trovo un
po’
strano, ma che mi sono divertita a scrivere. Avrei voluto aggiornare
secoli fa.
Le idee da mettere scritte c’erano, ma il tempo no. Da oggi
in poi prevedo un
aggiornamento mensile, sono spiacente. Quindi vi avviso, aspettatevi il
capitolo nuovo verso Dicembre. Scusate, davvero, ma più di
così non posso.
Tornando
al capitolo, di tante righe scritte, quelle che ho
amato di più sono le ultime. Aspettavo un faccia a faccia
tra James e Severus,
i grandi nemici del mondo di Harry Potter, da tanto tempo. Ora mi sento
appagata! ^_^
Come
avete visto, niente canzoni stavolta. Ma aforismi. Li adoro
moltissimo.
Beh,
non so che altro dire, soltanto che il 26 Novembre ho un
esamone perciò… pensatemi! XD
Adesso
le risposte ai commenti.
Silverine85:
Ciao!
Grazie molte per i
complimenti e per la recensione, mi fa molto piacere che il capitolo 27
ti sia
piaciuto, era molto particolare. Anche io, esattamente come te,
resterò sempre
fedele alla coppia Lily/James. Purtroppo non posso rispondere alla tua
domanda
su Victoria, sarebbe un’anticipazione troppo grande, quindi
tengo la bocca
chiusa. Cissa sa che Bella è attratta da James e non certo
perché è stata Bella
a dirglielo. Vedi, a mio parere, Narcissa è un personaggio
molto chiuso, ma
grande osservatore. E Bellatrix è sua sorella.
Semplicemente, Cissa ha capito
da sola. Xeno Lovegood non è seguace di Grindelwald,
indossava il suo marchio
al matrimonio di Bill e Fleur per un altro motivo, come si vede nei
Doni della
Morte.
James_Lily_Love:
Salve!
Sono felice che
Jeremy e Savannah ti piacciano, davvero. Ci saranno altri capitoli su
di loro.
Guarda, io sono contenta di averti commossa nel capitolo 26, significa
che sono
stata brava a trasmettere emozioni, no? Questo mi fa piacere! Il
capitolo 27 è
piaciuto tanto anche a me, alla fine. Ho adorato scriverlo.
Myki: Tesoro
mio non più
sconosciuto, sono ancora tutta euforica per il pomeriggio passato con
te e la
Giulia. Devo assolutamente ritornare! Mi fa piacere che questo capitolo
ti sia
piaciuto, anche senza Julian a fare le sue comparse. Hai azzeccato in
pieno con
la tua riflessione su Lily e James. Crescere ed allo stesso tempo
restare
bambini. Perché la guerra li farà crescere in
fretta, ma resteranno comunque
dei ragazzi di diciassette anni. Ci sentiamo, cara! Baci!
Malandrino4ever:
Ciao!
Daniele, giusto?
Grazie, davvero grazie per le tue parole! Sapere che ti sei fatto
praticamente
una maratona per leggerti tutta la mia storia mi fa veramente piacere,
credimi.
E grazie per i complimenti, sei stato troppo gentile!
Chiara88:
Chiara,
non scusarti, perché
anche io a causa dell’università ho poco tempo da
dedicare alla fanfic e questo
credo lo abbiano visto tutti. Wow, mi fa piacere di averti resa
così felice e
sono contenta che i capitoli ti siano piaciuti! No, non è
necessario che tu
rilegga la storia per Lily e Severus, non ho modificato quasi nulla,
perciò
tranquilla! Spero che anche questo capitolo ti piaccia!
Mimmyna:
Ciao!
Wow, tu becchi sempre
i punti della fanfic che piacciono anche a me! Anche io ho adorato il
“non
ancora” di James, sai? Voleva dire tante cose e noi lo
sappiamo! Sono davvero
contenta che la storia ti piaccia così tanto, davvero, mi ci
impegno tantissimo
e fa piacere sentirsi dire certe cose. Grazie, grazie davvero! ^^
Lovegiò92:
Ed ecco
la mia Giò! Tesoro,
io davvero non so più cosa dirti. I complimenti che mi fai
sono meravigliosi e
mi fanno veramente felice, però attenta a non
sopravvalutarmi troppo. ^^”
Davvero, ti ringrazio tantissimo! Le tue parole riuscirebbero a dare la
carica
a chiunque. E sono state di aiuto in questo periodo, quando non
riuscivo a
trovare il tempo da dedicare al capitolo 28. Non smetterò
mai di scrivere,
promesso. È una promessa che mi sono fatta da quando ero
piccola. Non lo farò
mai, semplicemente perché è parte di me. Un
bacione!
Pikkolina88:
Eh
sì, Lily sta proprio
subendo un processo di malandrinaggio pesante! Deve recuperare molti
anni! XD
Mi fa piacere che i miei capitoli lunghi non siano un problema per te!
Grazie
mille per la recensione!
Deviata:
Mi ami?
Addirittura? XD Sapevo
che il capitolo 27 vi sarebbe piaciuto, proprio perché su
Lily e James. Eh sì,
Lily ormai è presissima ed era anche l’ora no?
Povero James! XD
LilyProngs:
Tesoro,
scusa davvero per il
ritardo. Ti ho emozionata? Mi fa davvero tanto piacere, sono riuscita
nel mio
intento. Grazie tante per i complimenti, non ti risparmi mai e poi io
mi monto
la testa, lo sai! E non devo! XD Hai capito perfettamente i miei Lily e
James,
quindi bravissima! Mi stai entrando in testa! Un bacione e scusa se
vado di
fretta, voglio pubblicare al più presto! ^^
Quidditch:
Hey,
Fra! Sono felice che ti
sia piaciuto il capitolo! Beh, che dire, pure io avrei voluto essere al
posto
di Lily, mentre James la baciava! Alzi la mano chi non voleva! XD
Grazie per
esserci sempre, un bacione!
La
Nika: Ciao!
Anche io sono una
romantica, quindi siamo in due! XD Anche a me piacciono molto i flash
back e ne
metterò altri se potrò, tranquilla. Sono io che
ringrazio te per i complimenti,
davvero!
Cicci92:
Andata!
Oro bianco! XD Noto
con piacere che finalmente i mutamenti di Lily cominciano a vedersi.
Sai, per
lei ho deciso un percorso. E si sta muovendo, questo mi compiace. No,
Lily
ancora non sa nulla di ciò che è accaduto tra
James e Bella. Solo Julian sa.
Grazie mille per i complimenti e per essere sempre presente! ^^
Black_Witch:
Sorellaaa!
Lo so, Lily e
James avrebbero potuto stare insieme molto prima, se solo avessero
riflettuto
un poco. Ma, sai, nella vita ognuno ha bisogno dei suoi tempi,
c’è poco da
fare. ^^ Grazie molte per il commento mia cara! Un bacio!
|
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Capitolo 29 *** Fall To Pieces [part one] ***
CAPITOLO
29
FALL
TO PIECES
#
Part one #
I
looked away
Then I looked back at you
[
Distolsi lo
sguardo
Poi guardai di nuovo te ]
Today
is the day
I pray that we make it through
Make it through the fall
Make it through it all
[ Oggi
è il giorno
In cui pregherò che possiamo andare oltre
Andare oltre la caduta
Andare oltre tutto quanto ]
A
quell’ora del mattino il cielo era ancora buio e ricco di
pesanti coltri di
nubi grigio fumo, che si erano addensate durante la notte, portatrici
di nuova
neve.
Il
castello di Magia e Stregoneria di Hogwarts era ancora completamente
addormentato, reduce dalla appena vissuta vittoria dei Grifondoro che,
uniti ai
Tassorosso ed ai Corvonero, si erano dati a festeggiamenti ben oltre il
limite
consentito. Le cucine erano state derubate dei dolci e delle pietanze
più
appetitose, da Hogsmeade erano stati importati Whisky Incendiario e
Burrobirra
corretta trasfigurati in bottigliette d’inchiostro. Musica
magica e babbana
aveva invaso l’intera torre di Grifondoro fino ad ore
indicibili, tenendo
sveglia quell’aggruppata di ragazzi dagli undici ai diciotto
anni, tutti in
rosso ed oro, felici per la vittoria appena conseguita.
A
quel punto, però, gli animi si erano ormai placati, ognuno
aveva trovato riposo
nel proprio letto, o in quello di un altro, dipendeva dai casi.
Nel
silenzio irreale che gentilmente avvolgeva il parco di Hogwarts, solo
quattro
figure rompevano quel quadro di quiete ed immobilità. Si
muovevano lente,
sicure, con la praticità di un percorso già fatto
numerose volte. Niente di
nuovo.
L’aria
era incredibilmente fredda ed il più piccolo di loro, ad un
tratto, fermò i
suoi passi in prossimità della capanna di Hagrid, il
guardiacaccia.
Peter
Minus tremava da capo a piedi, i pantaloni umidi di neve, il naso rosso
e le
mani congelate. Si voltò a guardare i compagni dietro di lui
con sguardo
supplichevole.
James
Potter e Sirius Black tenevano tra di loro Remus Lupin, semi cosciente
e
dall’aspetto debole, disastrato.
-No,
Codaliscia! Rem deve subito essere portato in infermeria, questo
raffreddore lo
ha debilitato ancora di più.- obiettò subito
Sirius, puntando gli occhi blu su
Minus.
-Abbiamo
freddo anche noi, ma non è il caso di andare da Hagrid.
Remus viene prima, lo
sai anche tu, no?- aggiunse James, ma con un tono più
gentile.
-Ma
fa freddissimo!- piagnucolò Peter, passandosi ripetutamente
le mani sulle
braccia.
Black
e Potter si scambiarono un’occhiata e, prima che il primo
potesse di nuovo
uscirsene con una nuova negazione, James decise il da farsi.
–Pete, vai tu da
Hagrid. A Remus penseremo io e Sirius, ok?- propose.
E
se Black alzò gli occhi al cielo, visibilmente scocciato,
Minus se uscì con un
sorrisone a trentadue denti e, dopo aver ringraziato Potter ed aver
salutato
gli amici, corse alla porta del guardiacaccia, cominciando a bussare
energicamente.
-Spero
tanto che Hagrid stia dormendo pesante.- borbottò Sirius,
mentre lui e James
riprendevano il loro tragitto, Remus che pareva essersi completamente
addormentato.
Potter
guardò l’amico e sorrise.
–Non
essere così duro con lui, siamo tutti stanchi. Lo capisco.-
Sirius
attese un po’ prima di rispondere. –Io invece non
lo capisco più.- sbottò, guardando
fisso davanti a sé. Poi un sorriso amaro. –Ma non
capisco più neppure te,
perciò forse sono io che non funziono più bene
come una volta.-
E
sentire quella sconfitta, quell’amarezza nella voce del suo
migliore amico, fu
atrocemente doloroso per James, che chinò il capo,
colpevole.
Avanzavano
nella neve fredda, nella scarsa e quasi inesistente luce di quel primo
mattino,
sorreggendo Remus, perso in un sonno senza sogni, dove il suo
martoriato cuore
di uomo avrebbe potuto trovare sollievo e riposo, dopo
l’ennesima vittoria
della bestia.
-Non
sei tu, Sirius.- si decise a dire Potter, traendo un lungo sospiro.
–Per quello
che riguarda me, la colpa è unicamente mia.-
mormorò.
-Oh,
questo puoi giurarlo su Merlino in persona.- ringhiò Black,
irrigidendosi.
–Muoviti, Remus dovrebbe già essere da Madama
Chips.-
James
annuì ed entrambi allungarono il passo, senza più
rivolgersi la parola.
Quando
raggiunsero il portone principale, il sole non era ancora sorto e
Sirius intimò
al compagno di sedere sugli scalini con Remus, mentre lui controllava
che Gazza
e la sua malefica gatta non fossero in giro.
Certo,
non stavano facendo niente di male, anzi, stavano portando in
infermeria un
loro amico. C’era però da aggiungere che, in
quanto studenti, non avrebbero
dovuto trovarsi a quell’ora del mattino a zonzo per il
castello.
Ed
il terribile custode di Hogwarts avrebbe dato importanza unicamente a
quell’ultima constatazione, senza stare ad ascoltare tante
motivazioni.
Rimasto
da solo, James si tolse il mantello, mettendolo sulle spalle di Lupin
che in
quel momento riposava con il capo poggiato sulla sua spalla. Niente
pareva
disturbare Remus, sembrava come perso in un altro mondo. E sarebbe
rimasto in
quelle condizioni per altre ore, James lo sapeva bene.
Reprimendo
a stento uno sbadiglio, Potter pensò con gratitudine che le
prime due ore di
quella mattina il settimo anno di Grifondoro avrebbe avuto Storia della
Magia e
lui avrebbe potuto farsi una bella dormita ristoratrice. Era da troppo
tempo
che non riposava a sufficienza, si sentiva esausto.
Quella
notte si era divertito con i suoi Malandrini, gli era sembrato di
ritornare
indietro nel tempo, non molti anni fa, quando loro erano un allegro
gruppetto
di maghi quindicenni, entusiasti dei propri poteri e desiderosi di
portare
scompiglio.
Sempre
e comunque.
La
nottata precedente erano infine riusciti a fare la loro rimpatriata.
Avevano
abbandonato presto la Stamberga Strillante ed erano corsi fuori nella
neve,
inseguendosi e rotolandosi in quel fresco candore.
Un
enorme lupo. Un cane dall’ispido pelo nero. Un maestoso
cervo. Un piccolo topo.
Loro.
Quelli
che erano.
Anzi,
quelli che erano stati.
Ma
pensare al passato faceva male. Usare il tempo passato era troppo
doloroso.
L’improvviso
allontanamento di Peter. La rabbia di Sirius.
E
Remus.
Remus
che sopportava tutto, Remus che rifletteva, Remus che soffriva
più di tutti
loro.
James
posò lo sguardo su Lupin e notò che
l’amico, anche durante il sonno, aveva un’
espressione
preoccupata, la fronte increspata da pieghe sottili.
Ne
toccò una con l’indice, percorrendola tutta, e si
odiò pensando che una di
esse, o addirittura tutte quante, potessero trovarsi lì a
causa sua.
Remus
era stato abbastanza Grifondoro da ammettere davanti a loro, i suoi
amici, di
possedere qualcosa di orribile dentro di sé, un mostro
pronto ad impadronirsi
di lui ogni notte di luna piena. Qualcosa che lui, James, non era mai
stato in
grado di fare. Vigliacco, codardo. E bugiardo.
In
quel momento Sirius Black spuntò dal pesante portone
principale, distraendo
Potter dai suoi pensieri dolorosi.
-Tutto
tranquillo. Andiamo.-
In
un attimo fu da Remus ed insieme lo tirarono nuovamente in piedi,
tenendolo ai
lati e procedendo con attenzione sui gradini di pietra. C’era
il rischio di
scivolare sul ghiaccio e nessuno dei due aveva l’intenzione
di provare
l’esperienza.
Quando
giunsero in infermeria, Poppy Chips li stava già aspettando
ed aveva un
cipiglio severo che non prometteva nulla di buono.
-Potter!
Black! Posso sapere dove vi eravate cacciati?-
Poi,
senza neppure attendere una loro risposta, puntò la
bacchetta su Remus, il
corpo del quale finì levitando su uno dei numerosi lettini
dell’astanteria.
Borbottando,
la donna cominciò ad affaccendarsi intorno al loro amico,
mormorando
incantesimi sottovoce ed agitando brevemente la bacchetta. Ora che
aveva il suo
paziente, pareva non curarsi più di loro due.
-Nel
vostro dormitorio, svelti. Vedete di riposare almeno un po’
prima delle
lezioni.- si limitò a dire loro, senza neppure voltarsi.
Poppy
Chips era così. Fredda, austera, scorbutica. Isterica, molto
spesso.
Una
virago di tutto rispetto, in grado di tenere testa a Sua Magnificenza
la
Minerva Semprevergine in persona. Ma quelle canaglie di Potter e Black
erano
immuni all’umore sempre nero e
all’acidità dell’infermiera.
Sirius
aveva avuto un personale addestramento con sua madre e dopo aver
trascorso ben
sedici anni di vita con Walburga Black poteva dirsi invulnerabile a
certi
atteggiamenti.
E
James… beh, era James. Avrebbe
fatto amicizia anche con un
Dissennatore.
Ovviamente
Madama Chips non era a conoscenza della loro capacità di
tramutarsi in animali,
nessuno a scuola conosceva questo loro segreto, eccetto Remus, Victoria
e
Julian. L’infermiera e gli insegnanti sapevano soltanto che
Potter, Black e
Minus, da bravi amici, di tanto in tanto, desideravano accompagnare il
loro
amico al Platano, per poi andarlo a riprendere al mattino ed
accompagnarlo in
infermeria.
Ad
ogni modo, congedati in fretta dalla Chips, i due ragazzi abbandonarono
volentieri il locale, decisi a godersi qualche ora sdraiati in una
bella
poltrona nella Sala Comune del Grifondoro, di fronte al camino acceso.
Non
incontrarono nessuno durante il tragitto, solo l’avvenente
fantasma della Dama
Grigia, che li salutò appena, sparendo poi dietro ad una
parete.
Il
castello era ancora terribilmente silenzioso, ma entrambi non vi
badavano. Loro
due che, più di chiunque altro, erano venuti a conoscenza di
tutti gli anfratti
segreti di Hogwarts. Loro due che si erano talmente abituati a
passeggiare tra
quei corridoi quando questi si trovavano nella quiete più
totale e devastante,
che poi risultava quasi estraneo vederli gremiti di studenti durante le
ore del
giorno.
Ma
una volta, nel pieno silenzio, tra quelle mura era risuonato
l’eco della loro
risata. In quel momento, invece, l’assenza di rumore era
quasi opprimente.
Non
si rivolgevano la parola. Non riuscivano a parlarsi.
E
forse era questo che faceva più soffrire. Il fatto che loro,
James e Sirius,
dopo tante cose dette, dopo tante promesse, non riuscissero
più a comunicare.
I
loro passi risuonavano per i corridoi deserti, le fiamme delle torce
accese
vibravano al loro passaggio, sollecitate dai minimi spostamenti
d’aria.
E
il primo a parlare fu Sirius.
-Così…
tu ed Evans, eh?- chiese di getto, senza neppure guardare
l’amico.
James
si morse il labbro inferiore, tipica spia di nervosismo.
–Sì.- rispose,
semplicemente. E gli sembrò strano, grottesco,
perché mai avrebbe pensato che
sarebbe stato così il dare quella
notizia al proprio migliore amico.
In
tutti quegli anni passati a sognare Lily, aveva immaginato tutto in
modo
differente. Lui che correva nella stanza dei Malandrini, individuava
Sirius, si
gettava urlando come un matto su di lui, abbracciandolo, per poi
inondarlo di
chiacchiere, dettagli, alcuni magari anche un po’ inventati.
Sirius sarebbe
stato ad ascoltarlo, ridendo e prendendolo in giro, scotendo la testa
per una
sua gaffe.
Così
sarebbe dovuto essere.
E
invece quel “sì”. Solo quel
“sì”.
-Bene.-
fu l’ironica risposta di Sirius. –Il mio migliore
amico conquista la ragazza
dei suoi sogni ed io non ne so nulla, grande! Vedo che facciamo
progressi,
James. O dovrei dire Potter?- aggiunse, una rabbia appena velata nella
voce.
Troppo
veloce.
Stava
andando troppo veloce, così forte da fargli girare la testa
in un caotico
vortice di dolore e di colpa.
Scuotendo
il capo, James afferrò Sirius per un braccio, costringendolo
a fermarsi.
-Non
è come pensi, Sirius.-
-Già,
ultimamente non è mai come penso.- sbottò Black,
risentito.
-Volevo
dirtelo, davvero!- aggiunse James, deciso. –Ma è
stato tutto così veloce… C’è
stata la partita contro i Serpeverde… Te l’avrei
detto dopo!- continuò,
incontrando lo sguardo del proprio migliore amico. –E poi con
Lily è diverso.
Ho sempre paura di fare qualcosa di sbagliato, lo sai! Volevo andarci
piano…-
E
quegli occhi blu si assottigliarono, mentre un sorriso ironico
increspava
quella bocca tanto ambita dalla popolazione femminile della scuola.
-Non
ti avrei chiesto i dettagli, sai? Avrei solo voluto essere partecipe
della
felicità di mio fratello, tutto qui.- scosse la testa, quasi
dandosi dello
stupido. –Ma in realtà neppure questo è
il problema, James! La verità è che
l’altro giorno, in quel fottuto bagno, ho incontrato
l’ombra del mio migliore
amico, una persona che non conoscevo e che mi ha scombussolato,
capisci? Mi hai
fatto paura! Mi hai spiazzato! Non eri più tu! Ed io mi sono
sentito uno schifo
per non aver capito quanto potevi essere stato male! Poi il giorno dopo
ti
rivedo ed eccoti tornato quello di sempre. E stai con Evans. Cosa devo
pensare?-
Fu
naturale per James abbassare la testa sotto quella cascata di parole,
sotto
quel tono di voce arrabbiato ma, soprattutto, deluso.
Era
la delusione di Sirius a fare più male.
Sto
deludendo Sirius.
-Stavo
male, io… mi dispiace! Non volevo che mi vedessi in quello
stato…- mormorò,
senza sollevare lo sguardo. Ed era strano sentirsi così
codardo, dopo un’intera
vita passata da Grifone. –Poi… poi è
arrivata Lily ed è cambiato tutto. Ho
parlato con lei ed è stato come tornare a
respirare…-
Ma
Sirius non lo lasciò continuare.
Rideva.
Rideva di lui.
Ridere
per non urlare.
-Non
capisci un accidente, James Potter. E forse mi sorge il dubbio che tu
non abbia
mai capito nulla di me, a questo punto.- disse con freddezza, gli occhi
blu
puntati sul ragazzo in piedi davanti a lui. –Ti sei messo con
Evans? Bene, mi
fa piacere per te, ne sono felice! Merlino, James! Io, io
più di tutti gli
altri ho sempre saputo quanto tenessi a lei! Non approvo, avrei
preferito
un’altra ragazza per te, ma se lei ti rende felice allora,
diavolo, io sono
contento! Va bene così!- sbottò, serio in volto.
–E mi va anche bene che tu mi
abbia mostrato il tuo stato d’animo, che ti sia disperato,
che tu sia arrivato
a tanto così dal piangere! Mi hai sconvolto, ma se era
così che ti sentivi,
sono felice di aver visto! Perciò non scusarti, non ne hai
motivo! Anzi, il tuo
scusarti per una cosa del genere mi offende, mi fa schifo!-
-Ma…-
-La
cosa che più mi fa male, e che forse tu non hai ancora
capito, è che tu abbia
detto tutto alla Evans, abbia chiarito con lei… mentre
continuavi a tacere con
me! Non mi dici più niente ed io devo andare avanti a
supposizioni per capirti!
Io, Remus, Vick, Pete, Julian… ci logoriamo per te e tu tiri
dritto senza
badare a noi! Questo, questo mi fa male James!-
No,
non era vero. Non era così.
Sentire
Sirius Black pronunciare certe affermazioni poteva essere considerata
la
peggior punizione al mondo. Ed era una tortura stare ad ascoltare.
L’unico
motivo per cui aveva taciuto e mentito per tutti quegli anni era stata
la
paura, il terrore di perdere i suoi amici e non sentirsi accettato.
Lui, che
divorato da quell’ angoscia,
fin da bambino, aveva avuto come unico scopo nella vita quello di
essere al
centro dell’attenzione. L’unico modo che aveva
trovato per combattere quel
demone.
Per
reagire.
Fare
di tutto per piacere. Fare di tutto per avere sempre gli occhi di tutti.
E
non essere allontanato, emarginato.
Ed
era stato facile condurre quel gioco da ragazzino, ma il tempo era
scaduto.
Adesso
tutto stava prepotentemente tornando a galla e non lui poteva
più nascondere
niente. Spalle al muro.
-Non
è vero. Io non vado da nessuna parte senza tutti voi.-
sussurrò, stringendo
forte i pugni delle mani e sentendosi tremare dentro. –Non
è vero, non è vero.-
-Però
è questo che ci stai dimostrando!-
-Allora
anche tu non capisci un accidente di me, Sirius Black!- lo
scimmiottò James,
sollevando lo sguardo e irrigidendosi. –Io tengo a tutti voi,
ve l’ho
dimostrato! Ho un problema, sto uno schifo e ok, vi ho nascosto delle
cose, ma
ha fatto male anche a me! Capisco la tua rabbia e la tua delusione, ma
non
posso lasciarti pronunciare certe parole, non lo accetto.-
-Allora
finiamola qui e svuota il sacco.- fece improvvisamente Black, fermo.
–Se Evans
sa, allora dobbiamo sapere anche noi, ce lo devi.-
-Lo
dirò anche a voi, te l’ho promesso. Al momento
giusto io…-
-Per
quanto mi riguarda, il tempo sta scadendo, James.-
Aveva
rimandato quel momento per una vita, per tutti quegli anni passati
insieme. Da
sempre, James aveva immaginato il momento della verità come
il lancio da un
burrone di cui non avrebbe mai potuto vedere il fondo. Una caduta
ignota.
In
quel momento, con quegli occhi blu puntati addosso, poteva intravederlo
quel precipizio.
E faceva paura, come aveva sempre immaginato che sarebbe stato.
Un
sospiro. Un lungo sospiro.
-Va
bene, Sirius.- decise, la paura nel cuore. –Appena Remus
è sveglio. Ci troviamo
tutti quanti in infermeria e vi dirò tutto, ogni cosa.-
Ecco.
Un
piede era già sospeso nel vuoto.
Presto
sarebbe stato ora di saltare, poi l’ignoto.
La
fine, oppure un inizio.
***
Quella
fredda mattina di Dicembre, mentre la maggior parte della popolazione
di
Hogwarts si trovava ancora nei propri letti, i Malandrini non potevano
vantarsi
di essere gli unici già svegli, nonostante l’ora
improponibile.
Qualcuno,
quella notte, era stato svegliato da un gufo del Ministero della Magia,
che
portava notizie piuttosto drammatiche e che presto avrebbero sconvolto
l’intero
mondo magico. Ancora una volta.
Albus
Silente non aveva più dormito, preferendo aspettare i suoi
ospiti fermo di
fronte ad una delle ampie finestre del proprio ufficio, in compagnia
della
fedele Funny.
Pochi
minuti prima era riuscito ad intravedere qualcuno nel parco innevato
del
castello ed i suoi occhi azzurri si erano illuminati di calore, mentre
un
sorriso sereno aveva incurvato le sue labbra.
Amicizia.
Una
magia potente, la più potente di tutte e così
spesso sottovalutata.
Remus
Lupin poteva veramente dire di essere fortunato.
E
lui, come preside, poteva dire di essere orgoglioso dei suoi studenti.
Stretto
in una bizzarra vestaglia da camera color melanzana, Funny sulla
propria spalla
destra, protettiva, Silente osservava con una certa malinconia il
paesaggio
dietro la spessa lamina di vetro. Faceva freddo fuori ma, molto
probabilmente,
presto avrebbe fatto freddo ovunque. E non ci sarebbe stato modo di
salvarsi.
Chiudendo
gli occhi azzurri, l’anziano mago riuscì a stento
a trattenere una lacrima.
Poteva
ritenersi colpevole?
Tom
sarebbe comunque diventato il mostro che era?
Qualcuno
bussò timidamente alla porta, distogliendolo dal ricordo di
quel volto di
bambino divenuto ormai uno dei suoi incubi più ricorrenti.
Dette
il permesso di entrare, mentre, stanco, andava a prendere posto alla
propria
scrivania e faceva apparire qualche sedia in più per gli
ospiti.
Sarebbe
stata una lunga chiacchierata, se lo sentiva.
La
prima ad entrare fu, neanche a dirlo, Minerva McGranitt, sveglissima e
già
vestita di tutto punto. Rigida, le labbra sottilissime e
quell’aria fredda, che
tentava di nascondere lo sgomento che in realtà stava
agitando il suo animo.
Dietro
di lei Horace Lumacorno, ancora in abiti da notte ed un ricco mantello
di
pelliccia a scaldarlo, e Vitious, che trotterellava dietro i due
colleghi e
fremeva da capo a piedi, sconvolto.
A
seguire, le autorità.
Auberon
Foster, il Ministro della Magia in persona.
Alto,
slanciato e giovane, forse troppo giovane. Ma il precedente Ministro
era stato
assassinato e Foster, che era stato il suo vice, si era ritrovato in
fretta a
ricoprire una carica che sarebbe dovuta essere sua molto più
tardi, quando
l’esperienza e l’età
l’avrebbero reso pronto.
Ed
eccolo lì. Un uomo di neppure quarant’anni,
biondo, occhi azzurri, elegante nei
modi e assolutamente pacato e moderato, perfettamente inglese.
Il
volto stanco, pesanti occhiaie a segnalare un’insonnia che lo
tormentava da
molte notti e un sorriso tirato, che si sforzava di essere educato e
formale
anche in quelle circostanze. Mostrare rispetto verso un anziano mago
che un
tempo era stato il proprio insegnate.
Era
stato un bravo studente, Auberon. Ed era diventato un
brav’uomo.
-E’
un piacere vederla, Professor Silente. Mi scuso per il disturbo e per
l’ora.-
-E’
un piacere vedere lei, Ministro, anche se in circostanze del genere.-
Mentre
Foster prendeva posto in una delle sedie di fronte alla scrivania del
preside, entrarono
altri uomini.
Due
giovani Auror, che rimasero sulla porta, immobili.
Marcus
Harris che, dopo un breve cenno di saluto a Silente, andò a
posizionarsi alla
finestra più vicina al Ministro, tenendo d’occhio
l’esterno.
Ed
infine il capo del Dipartimento Auror, che subito sorrise con calore al
preside.
Zacharias
Harrenius Potter.
Zakary.
O meglio, come lui era solito chiedere a tutti, Zack.
Era
stata una lunga notte per il Dipartimento Auror e molto probabilmente
il signor
Potter non aveva chiuso occhio, eppure sorrideva come sempre.
Quell’uomo
era una roccia. E allo stesso tempo il sole che squarciava le nubi.
Probabilmente
era stato nominato capo degli Auror proprio per questo, oltre che per
le sue
innegabili capacità. Ed andava detto che Zakary non era
stato contento di aver
raggiunto un tale titolo ed aveva protestato fino all’ultimo
perché venisse
scelto qualcun altro.
Per
lui quella carica non rappresentava prestigio, ma un modo come un altro
per
mandarlo in pensione. I cinquant’anni erano passati e gli
Auror, invece di
mandarlo a casa, lo sbattevano in un ufficio a dirigere
l’orchestra. Bella
differenza!
Ovviamente
non era così, ma ormai Potter si era fissato e, come poteva,
sfuggiva dalla sua
posizione di comando per tornare in campo con gli altri.
Silente
apprezzava molto la sua compagnia, sempre così schietta,
frizzante e mai
noiosa. Da Zakary c’era da aspettarsi di tutto ed in
qualsiasi momento.
Potter
prese posto vicino al Ministro, traendo un lungo sospiro.
-Si
potrebbe avere del tè, Albus?- chiese, slacciandosi il
mantello da viaggio e
restando con l’uniforme verde di Auror.
–E’ stata una nottataccia.-
-Lo
è stata eccome!- piagnucolò Lumacorno, immobile
vicino al camino. –E’ tutto
vero quello che si dice? Tutto vero?-
-Purtroppo
sì.- rispose il Ministro, grave.
–C’è stata una fuga di massa da Azkaban.
Tra
poche ore lo sapranno tutti, avrà la prima pagina sulla
Gazzetta del Profeta.-
Il
professor Vitious squittì, terrorizzato, mentre la McGranitt
ispirava forte dal
naso.
-Ma
come è potuto accadere?- esalò Lumacorno, sempre
più pallido in volto.
-Imperius.-
spiegò Potter senior. -Cinque delle guardie erano sotto
maledizione Imperius,
qualcuno deve averli stregati e può essere stato chiunque!
Sapete bene come
funziona adesso. E ora ci troviamo i migliori amici di Riddle a spasso,
cinque
Auror stregati con il cervello in pappa, altri dieci Auror al San Mungo
in fin
di vita ed il resto dello squadrone di controllo delle prigioni pronto
per
essere seppellito!-
-Stiamo
informando le famiglie in questo momento.- sospirò il
Ministro della Magia.
Minerva
McGranitt non riuscì a trattenere un gemito, mentre i suoi
vigili occhi severi
stavano pericolosamente inumidendosi. La donna si affrettò a
tamponarli con un
fazzolettino ricamato e tirò su con il naso.
-Deve
essere stato un autentico massacro.- mormorò Silente, la
tristezza negli occhi
chiari.
-Lo
è stato eccome.- borbottò Zack, cupo.
-E
non è finita qui.- disse Foster, scambiando
un’occhiata con il capo degli
Auror. –Barty
Crouch, il
capo del Dipartimento “Applicazione delle leggi
magiche”, è fuori di sé, ha
intenzione di prendere dei provvedimenti seri! Ci sono voluti due
uomini per
sedare la discussione poche ore fa…- sospirò,
guardando nuovamente Potter
senior.
-Discussione?-
riecheggiò Vitious, confuso. –Con chi ha discusso?-
-Con
me.- confessò Potter, scuro in volto. –Quel Crouch
non mi è mai piaciuto.-
-Non
per questo era tenuto a tentare di schiantarlo, signor Potter.-
borbottò il
Ministro.
Zack
si strinse nelle spalle, andando ad accendersi la propria pipa con un
colpo di
bacchetta. Subito, numerose nuvolette di fumo colorato cominciarono a
librarsi
in aria.
-Schiantarlo?-
riecheggiò Silente, sorpreso. –Santo Cielo, Zack!
Cosa ti è preso?-
-Per
Merlino, sei il capo degli Auror!- aggiunse anche la McGranitt,
scandalizzata.
-Non
per mia scelta.- ringhiò Zakary, scocciato.
-Ad
ogni modo, Barty Crouch ha intenzione di emanare una nuova legge,
sarà tutto
riportato nella Gazzetta.- dichiarò Foster, serio in viso.
–Visto ciò che è
accaduto ad Azkaban, Crouch vorrebbe modificare la sorveglianza dei
prigionieri. Non più Auror, ma Dissennatori. Come sapete,
fino ad oggi ai
Dissennatori venivano affidate solo le celle di massima
sicurezza… Beh, Crouch
vorrebbe lasciare l’intera Azkaban in loro custodia e potete
capire da soli
cosa significa.-
Nella
stanza calò il silenzio, interrotto solamente dal singulto
di Vitious,
totalmente terrorizzato all’idea.
Silente
aveva un’aria grave in volto, pareva perduto in uno dei suoi
complessi pensieri
e non pronunciò parola, mentre Minerva McGranitt teneva
ostinatamente lo
sguardo su di lui, in attesa che parlasse.
Azkaban
ed i suoi prigionieri in totale balia dei Dissennatori, senza
più alcun
mediatore umano, nessun Auror a far rispettare quelli che erano i
minimi
diritti dei carcerati.
Questi
ultimi, omicidi oppure semplici ladri, senza più distinzione
per gravità di
colpa, sarebbero stati divorati da quelle creature mostruose,
finalmente senza
controllo, libere di distruggere l’anima delle loro vittime.
Tutto
ciò era mostruoso da immaginare ed Albus Silente, da uomo
pacifista quale era,
non poteva in alcun modo accettare una crudeltà simile.
-Inaccettabile.-
mormorò finalmente, interrompendo il silenzio.
-Dipende
dai punti di vista, Silente.- ribattè Horace Lumacorno con
durezza.
-Beh,
per me questa legge fa schifo.- se ne uscì Potter senior,
schietto come sempre.
–Non siamo come loro, maledizione! Siamo i buoni oppure no?
Beh, se lo siamo,
allora dimostriamolo! Non è da buoni trattare
così dei prigionieri, per quanto
grave possa essere la loro colpa! Crouch è impazzito!-
continuò, accalorandosi.
-Resta
il fatto che la scelta non spetta solo a noi.- fece il Ministro della
Magia,
incontrando lo sguardo di Silente. –A tutto il popolo magico
inglese verrà
chiesto di votare per approvare oppure no questa legge. Ed io
starò a ciò che
il mio popolo deciderà, è il mio dovere come
Ministro.-
Albus
Silente annuì, grave.
Zakary
Potter, invece, dette un tiro nervoso alla sua pipa. –Roba
che potrei dare
anche le mie dimissioni, se passasse veramente una legge del genere!-
sbottò.
Le
labbra della McGranitt divennero sottilissime, mentre rivolgeva a
Potter
un’occhiata di rimprovero in grado di far crepare di paura
qualsiasi studente.
-Non
dire assurdità, Zacharias! Non
cominciare con i tuoi
colpi di testa, per Morgana!-
-Chiudi
quella boccaccia, Mimì! Non sei più la mia
Caposcuola!- ribattè l’altro,
risentito.
E
l’occhiata che si riservarono avrebbe potuto raggelare anche
l’intero Inferno.
La
McGranitt era semplicemente oltraggiata per essersi sentita appellare
dopo anni
ed anni con il nomignolo che le avevano affibbiato da ragazza.
Vitious
sospirò, osservando i due ex Grifondoro, che si scrutavano
in cagnesco.
-Minerva,
Zack, non mi pare il momento di rievocare i vostri bei tempi della
scuola.- li
riprese Silente, severo. –Ministro, sapete già il
nome dei prigionieri che sono
riusciti a fuggire?- domandò, preoccupato.
-Purtroppo
non abbiamo ancora una lista dettagliata, gli Auror stanno ancora
controllando,
ma…- cominciò Foster, traendo un lungo respiro.
–Silente, siamo più che sicuri
che tra i fuggitivi ci siano Rosier ed Avery.- comunicò,
nervoso. –Se
riuscissero a riunirsi a Voldemort…-
Una
cosa che Silente apprezzava molto del giovane Ministro della Magia era
la sua
non paura di pronunciare quel nome, il nome del mostro. Quasi tutti i
presenti
nella stanza, tuttavia, rabbrividirono. Vitious squittì,
terrorizzato.
L’unico
a non battere ciglio fu Potter, che fumava tranquillo la sua pipa.
-Moody
è andato loro dietro.- comunicò
all’improvviso.
-Moody?!
Malocchio Moody?- fece Lumacorno, stupito. –Quello
è fuori di testa!-
-Ho
piena fiducia in Alastor.- ribattè Zack, fermo.
-Anche
io.- dichiarò Silente, annuendo.
Lumacorno
scosse il capo, deciso. –Non riuscirà mai a
riportarli indietro da solo.-
-Probabilmente
no.- concesse Potter. –Ma a me basterebbe sapere dove diavolo
si trova il
quartiere generale di Riddle e se Alastor riuscisse a seguirli fin
lì, sarebbe
già una vittoria per noi.- spiegò, convinto.
-E’
da pazzi! Moody potrebbe morire!- obiettò la McGranitt.
Silente
ed il Ministro rimasero in silenzio.
-Ne
è consapevole, Minerva.- fece Potter, scrutandola in viso,
un’espressione dura
che non era da lui. –Lo siamo tutti. Non capisci? Siamo in
guerra, lo siamo da
anni e presto, molto presto arriveremo al suo culmine. Per tutto questo
tempo
Riddle si è mostrato poco, ha fatto sapere poco o nulla di
sé, si è preparato.
Adesso attaccherà, lo farà, ci siamo ormai!
Potremmo morire tutti quanti
domani, dobbiamo essere pronti. Pronti a rischiare. Io lo sono.-
proferì,
sincero, senza paura. –Sono pronto a morire. Per il mondo
magico, per i
Babbani, per la mia famiglia, per Amelia e, soprattutto, per mio
figlio, James.
Perciò apri gli occhi, apriteli tutti quanti,
perché ci siamo!-
Minerva
McGranitt abbassò lo sguardo, colpita da quelle parole
così dure, sincere,
dirette. Zack Potter non conosceva mezze misure.
Albus
Silente, invece, sorrise. –E poi ti lamenti di essere stato
scelto come capo
degli Auror. Se ti sentissi parlare, capiresti che nessuno vorrebbe
vedere un
altro al tuo posto, amico mio.- disse con orgoglio e ammirazione.
-Anche
io lo penso.- ammise il Ministro della Magia, sincero.
Potter,
incredibilmente, arrossì, portando lo sguardo ad una delle
finestre e
borbottando qualcosa contro i complimenti e le lusinghe.
-Hogwarts
è sempre stato un luogo sicuro, si parla poco di
ciò che accade fuori, siamo un
covo di accademici e forse questa è una nostra colpa,
pensare più a studiare la
magia che a ciò che succede fuori da queste mura.- disse
Silente, accarezzando
con lentezza la morbida testa pennuta di Funny. –Ma sono
disposto a darle tutto
l’aiuto possibile, Ministro, non avete che da chiedere.-
Auberon
Foster annuì, incrociando le mani in grembo.
–Ovviamente è mio desiderio che
l’istruzione magica dei ragazzi vada avanti senza intoppi,
ogni studente deve
avere una permanenza serena qui ad Hogwarts e con lei come preside non
ho alcun
dubbio, sono certo che sarà così. Tutti ci
fidiamo di lei, Silente.- rivelò, sicuro.
–Ma visto i recenti avvenimenti, vorrei chiederle di
accettare una squadra
scelta di Auror, che verrà ad unirsi alle difese della
scuola su mio ordine.-
-Ministro,
il dipartimento di Auror ha bisogno di uomini pronti ad intervenire
all’istante, credete sia una buona idea mandare alcuni di
loro qui ad
Hogwarts?- chiese Silente, mentre i tre insegnanti trattenevano il
respiro.
-Lo
è. I giovani maghi sono il futuro del mondo magico,
è nostro dovere proteggerli
prima di ogni altra cosa. Gli Auror circonderanno il perimetro della
scuola
senza farsi vedere. Nessuno li noterà, così non
ci sarà panico e scompiglio tra
gli studenti. La prego di accettare, Silente.-
-Se
è così, allora la ringrazio molto, Ministro.-
-Sono
io a ringraziare lei, professore.- disse Foster, composto.
–Purtroppo il mio
tempo qui è scaduto, devo essere al Ministero tra breve. La
ringrazio per aver
accettato di ricevermi con così poco preavviso.-
Entrambi
i due uomini si alzarono, dandosi la mano.
-Non
ci pensi neppure Ministro, le ripeto, è stato un piacere
parlare con lei, anche
se in così terribili circostanze.-
-Allora
auguriamoci che, al nostro prossimo incontro, la situazione sia
migliorata,
Silente.- rispose il Ministro, sorridendo.
Marcus
Harris, che era stato immobile a sorvegliare la finestra più
vicina al Ministro
della Magia, abbandonò la sua postazione, raggiungendo gli
altri suoi colleghi
Auror alla porta dell’ufficio del preside.
Anche
Zakary Potter era in piedi, vicino ai compagni. Fu l’ultimo
ad abbandonare la
stanza, lasciando che il Ministro, seguito dagli Auror, si avviasse
giù per la
scalinata a chiocciola. Era serio in volto.
-Zack…-
lo chiamò Silente, avvicinandosi.
-Appena
avrò notizie da Alastor, ti farò subito sapere.-
promise, grave. –Per adesso
non ci resta che sperare e tenersi pronti al peggio.-
-Dunque
ci siamo. Lo credi veramente?-
-Se
lo credo? Silente, avresti dovuto vedere come erano ridotti i cadaveri
degli
Auror uccisi. Quella gente non scherza e, soprattutto, non ha
pietà.- borbottò
Potter, abbassando lo sguardo. –Stai con gli occhi aperti,
anche qui nella tua
scuola. Non sono poi così certo che continuerà a
restare un luogo sicuro ancora
a lungo.-
-Gli
studenti di Hogwarts possono contare sulla difesa dei loro insegnanti.-
sbottò
la McGranitt, rigida come un manico di scopa.
Zack
assentì, spostando lo sguardo su di lei. –Non ho
dubbi su questo, Minerva.-
Albus
Silente restò in silenzio, mentre i due ex Grifondoro, un
tempo compagni di Casa,
disquisivano sull’efficacia degli incantesimi a protezione
del castello.
Osservava
il parco di Hogwarts, fermo alla finestra come poco tempo prima, udendo
distrattamente i discorsi di Potter e dei tre insegnanti. Lumacorno
stava
balbettando qualcosa, pareva spaventato, le ultime notizie dovevano
averlo
sconvolto.
Con
sorpresa, Silente si rese conto che era appena ricominciato a nevicare
leggermente. Sarebbe stato un inverno molto freddo.
E,
improvvisamente, quel ricordo.
-L’inverno
è particolarmente
freddo quest’anno, Tom. Eppure ho notato che tu non porti i
guanti, neppure una
sciarpa. Hai tutto il mio stupore.-
Un
sorriso affabile,
amabile.
-Ad
essere sincero,
professor Silente, sopporto bene il freddo. Posso dire di apprezzarlo.
Quando
l’aria è particolarmente gelida, il nostro corpo
resta più sveglio, non si assopisce
mai del tutto. La mente è più reattiva. Mi aiuta
a pensare.-
Era
stato un flash.
Un
vecchio ricordo che lo fece rabbrividire. Avrebbe dovuto accorgersene
già
allora, avrebbe dovuto capire ciò che si scatenava in quel
ragazzo intelligente
e perfetto.
Ma
anche lui, come tutti gli altri suoi colleghi, era stato ammaliato da
quella
mente, aveva ammirato quel giovane mago.
E i
dubbi che a volte sopraggiungevano, spesso venivano gettati via,
lontano.
Non
si era mai completamente fidato di lui, ma cadere nella trappola era
stato più
facile. Era stato più semplice pensare a quel genio come ad
un semplice
ragazzo, solo un ragazzo. Un mago destinato ad avere successo, nulla di
più.
Un
rumore di passi lo distolse dai suoi pensieri.
Zakary
stava lasciando la stanza, seguito da Lumacorno, Vitious e McGranitt,
ora tutti
e tre in religioso silenzio.
-Aspetta
Zack.-
L’Auror
si fermò sulla soglia, uno sguardo interrogativo sul volto.
-Dobbiamo
parlare di James.-
***
La
Sala Grande era ancora deserta a quell’ora del mattino, la
maggior parte della
scolaresca di Hogwarts ancora ronfava nei propri letti, godendosi i
pochi
minuti restanti prima dell’inevitabile risveglio. Prima di
aprire gli occhi e
decidersi ad affrontare un’altra pesante giornata di scuola.
Nell’enorme
sala il freddo era quasi insopportabile, tale da far uscire piccole
nuvolette
di vapore dalle bocche dei coraggiosi studenti che già si
trovavano ai tavoli a
fare colazione, tremanti come foglie.
Il
soffitto del salone si apriva mostrando un cielo che era una svariata
mistura
di varie tonalità di grigio, mentre cadeva, lenta, una
sporadica neve bianca,
luminosa, che quasi riusciva a raggiungere i tavoli ed i loro pochi
occupanti.
Il
tavolo di Corvonero era completamente vuoto, non si vedevano neppure
gli studenti
del primo anno, da sempre i più ligi al dovere.
I
Corvi, era risaputo, erano i più freddolosi.
Cosa
che non si poteva dire dei Serpeverde che, povere anime, erano
condannati a
patire i geli più terribili fin dal loro primo anno, visto
che la loro Sala
Comune si trovava nei sotterranei del Castello, dove non giungeva mai
un raggio
di sole e stufe e camini non erano mai abbastanza. Le Serpi, ormai,
erano in
grado di resistere a qualsiasi temperatura e, per tale ragione, si
trovavano
già quasi tutti al proprio tavolo, imbacuccati nei propri
mantelli.
A
Tassorosso, invece, un gruppetto di studenti stava facendo colazione in
compagnia del loro fantasma, il Frate Grasso, che si divertiva a
narrare
qualche leggenda ai ragazzi più piccoli, che lo ascoltavano
a bocca aperta.
Nel
gruppetto degli alunni più anziani, stava Annabel Cox in
compagnia delle amiche
e del suo fidanzato modello, Mike Miller.
La
bionda Tassorosso era avvolta nel proprio mantello, il volto nascosto
per metà
dalla sciarpa con le tinte della propria Casa, e tremava visibilmente,
infreddolita.
Mike
passò un braccio intorno a lei, protettivo, uno sguardo
dolce ed innamorato in
grado di sciogliere il cuore anche alla ragazza più fredda.
-Freddo,
amore?-
Anna
sorrise, arrossendo un poco sulle guance. –Un po’.-
mormorò, cercando di
controllare i brividi con scarso successo.
Lui
se ne accorse e rise, abbracciandola e stringendola più a
sé, nel tentativo di
scaldarla un poco. –Te l’avevo detto, era molto
meglio darci malati oggi e
restare tutta la mattina nella Stanza delle Necessità.- le
sussurrò malizioso
all’orecchio, facendola avvampare all’istante.
-Mike!-
esclamò lei, imbarazzata, mostrando un’aria di
rimprovero che però non
resistette molto di fronte al sorrisino furbo di lui.
Scoppiarono
a ridere insieme. E poi un bacio. Lungo, dolce, da innamorati.
E
Julian Harris ebbe il malaugurato tempismo di entrare in Sala Grande
proprio in
quel momento ed assistere alla scena, tanto per cominciare bene la
giornata.
Assumendo
un’encomiabile espressione schifata, nemmeno avesse buttato
giù un intero
vasetto di Vermicoli, il Corvonero tirò dritto per la sua
strada e, notando il
tavolo dei Corvi completamente deserto, partì a passo
spedito verso il suo
Grifondoro preferito, trascinandosi dietro i due compari, Joyce e
Lovegood.
James
Potter e la sua famosa chioma ribelle si trovavano ad
un’estremità del tavolo
dei Grifoni, lontano dai pochi compagni di Casa presenti.
Potter,
come gli altri, indossava il mantello sopra la divisa scolastica, ma
pareva
sopportare meglio il freddo. Aveva l’aria assorta ed un poco
stanca, ma sorrise
ai tre Corvonero, quando questi presero posto vicino a lui.
-Giorno!-
fece, salutandoli.
-Fanculo.-
fu la risposta di Julian.
E
se Jasper sospirò, alzando gli occhi al cielo, James non
potette dare torto ad
Harris, dal momento che anche lui, accidentalmente, aveva assistito
allo
scambio di effusioni al tavolo di Tassorosso.
-Oh,
c’è la gelatina al lampone!- fece tutto ad un
tratto Xeno Lovegood, attirando
l’attenzione dei ragazzi. –Sapete che è
un ottimo amuleto contro i vampiri?-
James
Potter storse la bocca, Julian Harris si versò una tazza di
caffè, ancora scuro
in volto, Jasper Joyce lanciò un’occhiataccia al
folle compagno di Casa.
-Xeno,
per Morgana, i vampiri non hanno paura della gelatina!-
-Non
di qualunque tipo di gelatina, ma di quella al lampone sì!-
E
mentre tra i due Corvonero incominciava un’interessante
disquisizione di Difesa
Contro le Arti Oscure oppure di cucina, a seconda
dell’interpretazione, James
tornò alla propria colazione, lanciando di tanto in tanto
qualche occhiata a
Julian, che proprio non voleva saperne di parlare.
-Come
mai sveglio così presto?- domandò Potter, in un
vano tentativo di cavargli
qualche parola di bocca.
-Mi
andava di farmi una sega. E poi non avevo voglia di tornare a letto.-
Ecco,
come non detto.
Julian
Harris di cattivo umore non era proprio una compagnia brillante.
James
Potter sospirò, bevendo un po’ del suo
tè. –Non ti si può proprio parlare
stamani, eh?- fece con un sorriso indulgente.
-Guarda
che la sega me la sono fatta davvero.- bofonchiò Harris,
fosco.
-Appunto.-
convenne James con se stesso. Il biondino non era in vena di parlare.
-Ma
tu dovresti capirmi, visto che te ne fai più di me. Anche se
non ho ancora
capito se sono di più quelle fisiche o quelle mentali.-
continuò il Corvonero, mentre osservava con scarso
interesse il vassoio con i muffin.
Incassando
il colpo, Potter scosse il capo. –Ok, fermati un attimo!
È un buco nero quello
che vedo sotto i tuoi piedi?- domandò, fingendo di sporgersi
verso di lui per
guardare meglio. –C’è qualcosa che ti
sta trascinando sotto terra, Julian.-
-Beh,
spero faccia presto.- fu la laconica risposta.
-Wow,
che faccia ragazzi! Sapete, un sorriso non vi farebbe male di tanto in
tanto!-
scherzò una voce alle loro spalle.
A
salvare James Potter da gelatine ai gusti di frutta con i loro effetti
benefici
e dal cattivo umore di Harris fu Victoria Olsen, briosa e pimpante fin
dal
primo mattino.
Quegli
occhi azzurri non ne volevano proprio saperne di incupirsi e James ne
fu
oltremodo felice, un po’ di allegria in quella valle di
lacrime non poteva fare
che bene.
-Ci
mancava anche lei.- sibilò Julian, incupendosi.
-A
cuccia!- lo richiamò Vick, andando a prendere posto davanti
a loro, stravagante
come suo solito con il suo bizzarro modo di portare
l’uniforme. Poi la sua
attenzione si concentrò su Potter. –Come sta
Remus?- domandò.
-Bene.-
rispose James, mentre tornava alla sua tazza di tè.
–Il raffreddore lo ha un
po’ debilitato, ma si riprenderà.- la
informò. –A proposito…-
cominciò,
prendendo coraggio e decidendosi a parlare. –Vorrei che ci
trovassimo tutti da
Rem stasera, dopo la fine delle lezioni, se non è un
problema per voi.-
Julian
si limitò ad annuire, Vick sorrise. –Certo!-
disse, osservandolo. –E adesso
puoi spiegarmi perché il mio ragazzo mi ha letteralmente
ringhiato contro, quando
stamattina l’ho incontrato in Sala Comune e l’ho
salutato?-
Il
povero James incassò la testa nelle spalle, incapace di
rispondere. Ultimamente
con Sirius poteva dirsi ai ferri corti, c’era ben poco da
dire, non facevano
altro che discutere. Avrebbe detto la verità su di
sé, niente più segreti, ma
non era poi così sicuro che dopo sarebbe tutto tornato come
prima.
Poteva
darsi dell’illuso per il solo pensarlo.
Anche
con Julian e Victoria sarebbe potuto cambiare tutto.
Non
poteva più dirsi certo di nulla.
-Avete
litigato?- domandò Jasper Joyce, intromettendosi, forse per
sfuggire alle
gelatine al lampone e alle malsane idee di Xeno.
Potter
si limitò ad annuire. –Più o meno.-
-Vi
tenete spesso il broncio, ultimamente.- fece Lovegood, prossimo a
spararne una
delle sue. –Secondo me il problema è evidente e
altrettanto lo è la soluzione.
Basterebbe un po’ di sincerità in più,
ragazzi. Insomma, è ovvio che
Black sia geloso delle attenzioni che dai alla Evans,
James! E sono sicuro che tu capisci! Voglio dire, che problema
c’è ad amarsi
tra uomini?-
Sparata
la bomba.
E
se a James Potter andò di traverso il tè,
rischiando di soffocarlo, Victoria
Olsen, che stava bevendo del succo d’arancia sputò
il tutto proprio in pieno
viso a Julian, che potè definitivamente mandare al diavolo
la giornata.
Jasper
Joyce fu il primo a riprendersi. –Xeno, amico mio, non avevi
accennato a quella
ricerca delle onde psichiche emesse dagli unicorni, questa mattina?-
Lovegood
parve svegliarsi in quel momento da un lungo sonno e, spalancando gli
occhi,
balzò in piedi di scatto. –Merlino, hai ragione!-
esclamò, sconvolto, prima di
uscire di gran corsa dalla Sala Grande, travolgendo alcuni studenti che
stavano
arrivando in quel momento per fare colazione.
-Poteva
risparmiarsela.- fece Vick, esasperata.
Harris
le lanciò un’occhiata torva, mentre si ripuliva
dal succo.
-Ultimamente
si è fissato con l’amore libero e disinibito, non
fateci caso.- li informò
Jasper, disperato. –Ieri mi ha suggerito di lasciare Nina e
ammettere i miei
sentimenti per Julian.- disse, lugubre. –Da quando ha saputo
di Burt Bruden e
della sua combriccola si è infervorato.-
-Bruden?
Ma non è quello del sesto anno della vostra Casa che si fa
costantemente di
allucinogeni?- chiese Victoria, stupita. –Perché?
Che fa?-
-E’
un edonista. È convinto che l’unica via per
sfuggire al male che ci circonda
sia il piacere, senza regole né morale.- le rispose James,
ripresosi dalla
bomba. –Remus non lo sopporta, non approva il suo modo di
fare. Non so molto
altro, anche perché non conosco Burt. Ma puoi chiedere a
Julian.- fece,
sorridendo ironico.
-E
tu che c’entri?!- chiese subito Vick al biondo seduto davanti
a lei.
-Sono
stato ad una delle sue feste, l’anno scorso.- rispose Harris,
tranquillo.
-Ha
baciato un ragazzo!- le disse James, divertito. –Sirius lo ha
evitato per quasi
un mese, è stato troppo divertente! Era terrorizzato!-
-Come
se Black fosse il mio tipo!- sbottò Julian, disgustato.
–E comunque non ci vedo
nulla di male, un’esperienza in più da portare con
me.- disse, facendo
spallucce.
Victoria
lo stava guardando con un paio d’occhi spalancati come
scodelle, Potter
sorrideva allegro, scotendo il capo. Lui non era il tipo da farsi tanti
problemi
morali.
E
poi, in quel momento, tutte le chiacchiere che lo circondavano avevano
improvvisamente perso di significato.
Un
nuovo gruppo di studenti stava entrando in Sala Grande e, tra di loro,
spiccava
la chioma rosso fuoco di Lily Evans. L’uniforme scolastica,
il mantello
pesante, la borsa stracarica di libri, i capelli sciolti, lisci,
morbidissimi,
che erano un invito a passarci le mani ripetutamente.
Ed
era incredibile. Incredibile come bastasse l’apparizione di
lei per far perdere
di importanza a qualunque discorso o situazione lo circondasse.
Lui
era lì, seduto con i suoi amici ancora intenti a parlare, e
quasi non ricordava
più di cosa stessero discutendo. L’unica cosa che
sentiva era il proprio cuore,
che subito aveva preso a battere più veloce, e
l’euforia, che pareva invadergli
tutto il corpo.
Lily
stava guardando verso il tavolo di Grifondoro e, quando lo vide, non
potè
trattenersi dal sorridere con un’emozione che si estese fino
agli occhi
verdissimi.
Ed
era uno spettacolo.
Tutto
il mondo spariva e restava solo e soltanto lei.
Spariva
Sirius e la discussione avuta con lui, sparivano Julian e Victoria,
spariva
Silente con le sue preoccupazioni, spariva Havisham, spariva Tom
Riddle…
E
restava lei, Lily.
Lei,
che era il pianeta attorno a cui lui, misero satellite, gravitava.
Lei,
che subito andò a sedergli vicino, ora più
sicura, più forte.
Augurò
il buon giorno a Victoria, regalandole un sorriso affettuoso che
rivolgeva a
pochi, e salutò Julian e Jasper, che erano tornati a fare
colazione.
Poi
fu tutta sua.
-Ciao!-
gli disse, ancora un poco in imbarazzo. –Tutto bene? Mi
sembri stanco…-
James
le sorrise con dolcezza, mentre andava ad intrecciare le dita della
mano con
quella di lei, sotto il tavolo. Un gesto intimo ed unicamente loro.
-Adesso
sto bene.- le disse, senza abbassare lo sguardo.
Lei
arrossì all’instante e lui pensò che
adorava quelle guance rosse.
Era
completamente andato, si disse, divertito. Quella piccola strega dai
capelli
scarlatti lo aveva catturato a puntino, non c’era che dire.
-Alice
sta scendendo, si è fermata a parlare con Emma in Sala
Comune.- disse Lily,
mentre si versava del tè aromatizzato. –Tu da
quanto sei qui?-
-Da
un po’.- rispose James, allegro. –Tu invece hai
fatto tardi rispetto ai tuoi
canoni!-
Lei
sospirò, mentre metteva dello zucchero nella sua bevanda.
–Ieri sera i nostri
amati compagni hanno fatto confusione fino a tardissimo, non riuscivo
ad
addormentarmi.- spiegò, inalberando per un attimo un
cipiglio stizzito prima di
scuotere la testa e sorridere. –Ma che te lo dico a fare?
Sicuramente tu facevi
parte della combriccola, Capitano! Quando ti ho dato la buona notte ti
ho
lasciato in compagnia di quei pazzi!-
Potter
sorrideva, furbo. –Mi è piaciuta un sacco la tua
buona notte!-
Lily
pregò di non essere ancora arrossita, ma a giudicare dal
calore che avvertiva
in zona guance poteva dirsi pacificamente sconfitta. –Ti ho
dato solo un
bacio.- biascicò, in imbarazzo.
Il
sorriso di lui si ampliò. –Beh, mi auguro che tu
mi dia sempre la buona notte
in questo modo.- continuò, tranquillo.
Pareva
che gli altri intorno a loro si stessero facendo gli affari propri,
parlando di
questo e di quello, ma il sorrisetto soddisfatto di Victoria Olsen non
dava
spazio a fraintendimenti, come le occhiate che Jasper Joyce lanciava
ogni tanto
su di loro, quasi incredulo. L’unico ad ignorarli era Julian,
chiuso nel suo
umore cupo.
Il
resto degli sguardi della Sala Grande, ovviamente, inevitabilmente, era
tutto
loro.
Adesso
l’enorme locale si era quasi del tutto riempito ed un allegro
vociare
riecheggiava tra quelle mura, unito a risate e ad espressioni di
meraviglia
rivolte al soffitto incantato, attraverso il quale si poteva veder
cadere la
neve, imperterrita.
Gli
insegnanti, arrivati da poco al loro tavolo, facevano colazione e
parlottavano
tra di loro, apparendo vagamente preoccupati per qualcosa. Il preside
non si
vedeva.
Lily
si strinse maggiormente nel proprio mantello, mentre con una mano si
faceva
notare da Alice Rubin, appena arrivata in sala, come al solito in
ritardo.
Alice
corse a raggiungerli, con un sorriso raggiante. –E’
deciso, è fatta!- trillò,
assordando tutti quanti e non riuscendo a starsene buona sulla panca.
-Cosa
è fatta?- domandò la Evans, confusa.
L’altra
fece per rispondere, ma fu preceduta da James. –La festa di
Biancaneve, giusto?
Allora la facciamo? Ce la lasciano fare davvero?-
-Biancaneve?-
fece Lily, sorpresa. –Ma di cosa state parlando?-
-E’
una favola babbana, non la conosci?- si stupì Vick, anche
lei interessata alla
discussione.
-Certo
che la conosco!-
-Beh,
chiamiamo così la festa che in genere organizziamo per
festeggiare la prima
nevicata! Sono giorni che aspettiamo che ci diano il permesso di farla,
ormai
la neve si è ben attaccata al terreno, è perfetta
per un po’ di sano
divertimento!- le spiegò James, il sorriso Malandrino
tornato al suo posto.
–Non ne sapevi nulla?-
Lily
Evans sospirò. –Sai benissimo che mi sono sempre
tenuta fuori dalle vostre
trovate…- rispose, scuotendo il capo con un sorriso.
-Non
quest’anno però, dal momento che verrai alla festa
insieme a me.- disse subito
Potter, allegro. –Alice, sei stata grande! Come hai fatto a
far cedere la
Semprevergine?- domandò, ammirato.
Rubin
parve pensarci un po’ su, prima di rispondere. –In
effetti anche io credevo che
ce lo avrebbe vietato, sai? Ma stamani, prima di venire a colazione
sono
riuscita a parlarle e non sembrava tanto in sé. Mi ha detto
che festeggiare un
po’ non ci avrebbe fatto male.- raccontò, mentre
imburrava una fetta di pane.
–Beh, che importa? Basta che ci lascino fare la festa, no?-
-Ci
puoi giurare!- fece Victoria, al settimo cielo.
Immediatamente,
per tutto il tavolo di Grifondoro cominciò a spargersi voce
riguardo alla festa
ed in pochissimi secondi tutte le Case di Hogwarts erano a conoscenza
di tutto.
Un parlottare concitato si diffuse lungo i tavoli, coinvolgendo tutti
gli
studenti.
Proposte,
inviti, decisioni, liste da compilare…
Ma
la felicità provocata dal pensiero di una serata intera di
divertimenti da
passare insieme fu spazzata via in un attimo, dopo l’arrivo
dei gufi, che quel
giorno erano carichi di neve ed infreddoliti.
Un
grosso gufo bruno dall’aspetto severo planò fino a
raggiungere Lily Evans, un
rotolo di giornale nel becco rigido e la zampa tesa, in attesa di un
compenso.
-La
Gazzetta del Profeta! Me ne ero dimenticata…- fece la rossa,
sorridendo ed
affrettandosi a donare subito qualche zellino al volatile, che subito
depositò
il quotidiano e volò via, desideroso di tornare al caldo.
-Leggi
quella roba?- borbottò Julian, storcendo la bocca.
-Mi
piace tenermi informata.- si giustificò lei, facendo posto
davanti a sé ed
aprendo il giornale, tranquilla.
E
fu il caos.
Perché
molti altri, come lei, compirono gli stessi gesti quella mattina.
Tutti
videro i primi titoli, impossibile non notarli.
Il
pensiero della festa svanì in un attimo.
-O
mio Dio…- esalò Lily, sentendo il proprio stomaco
chiudersi in una morsa
d’acciaio ed un brivido freddo, di paura, percorrerle la
schiena.
James,
che stava parlando con Jasper Joyce, si voltò preoccupato
verso di lei, stringendole
di più la mano, ora abbandonata nella sua. –Lily,
cosa c’è?-
La
ragazza pose il giornale tra loro, in modo che entrambi potessero
leggere e
vide gli occhi scuri di lui spalancarsi per la sorpresa dietro le lenti
degli
occhiali.
-Si
può sapere che vi prende?- chiese Victoria, notando le loro
espressioni.
James
sollevò lo sguardo sui propri compagni, ora tutti curiosi di
sapere, e,
avvicinandosi di più la Gazzetta, cominciò a
leggere.
-E’
stata dunque confermata da Auberon
Foster, il nostro Ministro della Magia, la fuga di massa da Azkaban
avvenuta
questa mattina intorno alle due. Le modalità di tale
evasione sono ancora da
definirsi, ma voci attendibili parlano già
dell’utilizzo della maledizione
Imperius, una delle Maledizioni Senza Perdono, applicata su alcune
delle
guardie della prigione, che avrebbero attaccato ed ucciso molti dei
propri
colleghi e liberato i prigionieri. Gli Auror stanno ancora adesso
indagando
sull’accaduto, in attesa di poter interrogare i compagni
ancora sotto Imperius ed
i feriti, ora ricoverati in un’area privata del San Mungo.
Per maggiori
informazioni andare a pagina sei…-
Il
silenzio intorno a lui era opprimente e, con una certa inquietudine,
James
Potter si rese conto che non erano soltanto i compagni intorno a lui ad
essere
ammutoliti, ma l’intera Sala Grande. La Gazzetta del Profeta
si era diffusa in
ognuno dei tavoli delle quattro Case, tutti gli studenti stavano
apprendendo la
medesima, terrificante notizia.
Lily
era pallidissima ed aveva gli occhi lucidi, fissava la pagina del
giornale come
ipnotizzata; Victoria teneva lo sguardo basso, silenziosa; Alice e gli
altri
compagni parevano sotto shock. Julian fu l’unico a parlare.
–Vai a pagina sei,
James.-
Con
un sospiro, Potter annuì.
-Non
ci sono dichiarazioni, però hanno messo una lista
provvisoria dei fuggitivi.-
spiegò James, mentre scorreva i nomi con gli occhi. Ad un
tratto la sua
espressione mutò, facendosi più rigida.
–Rosier.- mormorò.
Sollevò
lo sguardo, Julian lo stava guardando. –Ne ho sentito parlare
anche io, se non
mi sbaglio deve essere quel pazzo che ha massacrato un’intera
città di babbani,
vicino a Liverpool. Me ne parlò mio padre.- disse il
Corvonero.
-E’
successo quando eravamo al terzo anno.- fece James, tornando al
giornale.
–Riuscirono a catturarlo e a portarlo ad Azkaban.-
-Già.-
disse solamente Julian.
I
volti di molti studenti erano rivolti al tavolo degli insegnanti, ma
Silente
non era presente in Sala Grande, non avrebbero ricevuto parole di
conforto, non
ancora.
I
ragazzini del primo anno erano terrorizzati e già qualcuno,
anche di qualche
anno più grande, parlava di tornare a casa. Era scoppiato il
caos.
-Vado
a lezione, è già tardi.- fece Lily ad un tratto,
stupendo tutti.
Si
alzò in piedi, quasi stupendosi di esserci riuscita, e si
diresse a passo
spedito verso il portone, senza voltarsi a guardare nessuno.
E
James non si curò affatto della confusione sui volti dei
suoi amici, seguì la
rossa fuori dalla Sala Grande, come se fosse stato trascinato da una
catena.
Semplicemente,
non poteva separarsi da lei. Non poteva lasciarla sola, non quando era
così
palese la sua paura.
La
trovò in corridoio, in piedi, una mano posata su una delle
pareti, come alla
ricerca di un sostegno. La borsa abbandonata ai suoi piedi.
In
pochi passi la raggiunse e fu con estrema delicatezza che le prese la
mano,
fredda e piccola rispetto alla propria. Lily stava tremando.
-Lily…-
la chiamò con dolcezza. –Lily… parla,
dimmi qualcosa…-
Lei
restava in silenzio, chiusa in dolore tutto suo che non aveva la forza
di condividere,
la morsa della paura che le impediva quasi di respirare e gli occhi che
bruciavano.
Non
dandosi per vinto, James le prese il volto fra le mani, obbligandola a
guardarlo
e gli occhi disperati di lei furono come una pugnalata al cuore.
-No,
ti prego!- fece lui, mesto. –Ti prego non fare
così! Lily, andrà tutto bene!
Siamo al sicuro qui ad Hogwarts, devi stare tranquilla!-
Ma
lei scosse il capo, continuando a non parlare. Poi puntò i
suoi occhi verdi,
ora più brillanti e luminosi, su di lui. –I miei
genitori sono babbani, James.-
riuscì solo a dirgli, con poca voce, scossa dai tremiti.
E
Potter si sentì un completo idiota per non aver pensato ad
una cosa del genere,
si era preoccupato a tal punto per lei da dimenticare tutto il resto.
-Hai
ragione, sono uno stupido…- disse lui, prendendola subito
tra le braccia e
cercando di darle più calore possibile. –Scusa,
Lily.- mormorò piano,
cullandola.
La
sentì scuotere il capo contro il proprio petto e la strinse
di più.
-Però
ti posso assicurare una cosa, gli Auror non abbandoneranno i babbani.-
aggiunse, convinto.
-Merlino,
è ovvio!- disse una voce alle loro spalle che li fece
sussultare.
I
due ragazzi si voltarono, Lily ancora abbracciata a James, e si
ritrovarono
davanti a Zacharias Potter, che li osservava sorridendo. Pipa in bocca,
mantello pesante sulle spalle e uniforme degli Auror. Braccia
incrociate.
-Adesso
fai pure piangere le ragazze, screanzato?- fece al figlio, con finta
aria
severa. E James non ebbe il tempo di ribattere, che l’altro
puntò lo sguardo
sulla figuretta di Lily, ancora scossa. Subito gli occhi di Zack si
fecero più
dolci. -E’ un piacere rivederti, Lily Evans.- disse con
gentilezza. –Cosa posso
fare per te, mia bella? Il Capo degli Auror è a tua completa
disposizione.-
-Capo
degli Auror?- replicò Lily, disorientata, guardando i due
Potter.
-Oh,
James non va a dirlo in giro. Sono io che non voglio che lo faccia.- le
spiegò.
-Papà,
i genitori di Lily sono babbani.- fece James, inquieto.
-E
io comprendo bene la sua preoccupazione.- disse Potter senior,
guardando la
ragazza. –Ma, Lily, posso assicurarti su tutto ciò
che c’è di magico in questo
mondo che gli Auror non abbandoneranno mai i babbani, anzi, abbiamo
già
organizzato delle squadre di protezione per loro. Non hai nulla da
temere, faremo
il possibile.-
Lei
si limitò ad annuire.
Certo,
non dubitava che gli Auror avrebbero fatto il loro lavoro, ma le
circostanze
erano troppo gravi per potersene stare tranquilli. Forse avrebbe dovuto
scrivere una lettera ai suoi genitori, avvertirli. Ma loro le avrebbero
creduto?
-E’
stato un brutto colpo papà.- fece James, che ancora teneva
la mano a Lily. –E’
successo tutto all’improvviso, non eravamo preparati
a…-
-E
che ti aspettavi? Che avvertissero?- lo interruppe Julian Harris, che
si era
silenziosamente avvicinato a loro insieme agli altri.
-Julian.-
disse Zack, guardandolo. –Volevo giusto parlare con te.-
Il
Corvonero assentì, invitandolo ad andare avanti.
-Vorrei
che tu scrivessi molto a tua madre, nei mesi che seguiranno. Vedi,
proprio
ieri, abbiamo deciso di affiancare al Ministro della Magia una guardia
del
corpo e tuo padre si è offerto volontario. Credo che tu
capisca cosa significa,
cosa rischia Marcus. Tua madre avrà davvero bisogno di te,
ragazzo.-
Se
la notizia avesse o meno sconvolto Harris era difficile dirlo, dal
momento che
Julian non mutò quell’ espressione apatica ed un
tantino annoiata che portava
sempre sul viso. James però lo conosceva bene e
riuscì a scorgere qualcosa di
diverso negli occhi del suo amico.
-Grazie
per avermelo detto, Zack. Scriverò più spesso a
mia madre, so quanto si preoccupa.-
rispose Julian, neutro, prima di andarsene a lezione senza salutare
nessuno.
Jasper Joyce gli andò dietro, in silenzio.
E
gli altri rimasero indietro, perplessi. Tutti tranne James, che
però si
trattenne dal seguire l’amico o dal dire qualcosa.
-Mi
dispiace.- fece Potter senior, sospirando.
-Julian
sa che Marcus sta facendo il suo dovere.- rispose James, guardando il
padre.
-Già.-
borbottò l’uomo, rimettendosi la pipa in bocca e
posando lo sguardo sui ragazzi
intorno a lui. –Beh, che fate ancora qui? Non avete lezione?-
-Abbiamo
letto i giornali, signor Potter…- rispose Alice, ancora
pallida in viso.
-Ma
il mondo non finisce oggi, giusto? Su, filate in classe!-
scherzò Potter, in
una perfetta imitazione della McGranitt. –Tranne tu!-
aggiunse, afferrando per
il mantello il figlio, che si stava avviando insieme agli altri, dopo
averlo
salutato.
James
si voltò a guardarlo, sorpreso. –Ma non ci stavi
brontolando perché non eravamo
in classe?- domandò.
-Devo
scambiare due parole con te.-
***
Quando
aprì gli occhi, si rese conto che quella che gentilmente gli
accarezzava il
volto era una luce malata, opaca. La luminosità di un cielo
coperto di nubi
cariche di neve.
Gli
vennero alla mente diversi ricordi, fu inevitabile.
James
e Sirius, dodicenni, che si facevano la guerra a colpi di palle di
neve; Peter
che correva per il parco, tentando invano di sfuggire alle due pesti.
Tante,
tantissime risate.
Si
erano divertiti anche la notte precedente, tramutati nelle loro forme
animali,
decisi a darsi la caccia nella campagna che circondava la Stamberga
Strillante.
Era
strano che si fossero ritrovati tutti insieme, come una volta.
Ultimamente
si era trovato molte volte a vivere la sua trasformazione da solo,
oppure con
soltanto uno dei suoi amici. Non dava loro nessuna colpa, anzi, era
stato lui a
pregarli di non accompagnarlo sempre.
Non
potevano rischiare ogni volta per lui.
Ma
era stato bello vedere che non era cambiato niente tra di loro, che
ancora
riuscivano a divertirsi e a scherzare insieme.
Remus
Lupin non si considerava un’ottimista, ma nutriva una forte
speranza nei
Malandrini anche se, con il tempo, parevano raffigurare
un’immagine sfuocata.
Provò
a muoversi un poco ed un gemito gli uscì dalla bocca.
Come
al solito, avvertiva ogni singola cellula del proprio corpo a pezzi. Il
dolore
dopo la trasformazione era ovunque ed era insopportabile. Ma lui
c’era
abituato.
-Ti
sei svegliato.-
Una
voce, una voce che gli pareva di conoscere bene.
Ma
l’idea
che proprio quella persona fosse lì gli pareva impossibile.
Voltò
il capo nella direzione da cui erano arrivate quelle parole e rimase
stupito
vedendo con i propri occhi Eva Ames, in piedi vicino ad una delle
grandi
finestre, che lo guardava.
La
Serpeverde aveva indosso l’uniforme della sua Casa,
più un mantello nero
foderato in pelliccia candida. Nella scarsa luce presente in
infermeria, i suoi
occhi verdi apparivano neri, ma era comunque bellissima.
Stupidamente,
Remus pensò che quei boccoli castani fossero sicuramente
morbidissimi al tatto,
ma si riprese subito da tali pensieri, dandosi dello sciocco e restando
a
guardarla senza avere nulla da dire.
Non
era mai stato un tipo di tante parole, per quelle c’erano
sempre stati Potter e
Black, però andava detto che nessuno riusciva a farlo
ammutolire come la
Caposcuola Ames. Non gli era veramente mai capitato prima.
Sentirsi
il cervello in tilt non era proprio il massimo per uno come lui, poteva
quasi
definirsi imbarazzante.
Eva
abbandonò la sua postazione vicino alla finestra per andare
a sedersi in una
sedia abbandonata vicino al letto di lui, lo scrutava.
–Madama Chips è uscita
un attimo a prendere dei medicinali, tu devi stare fermo.- lo
ammonì, parlando
come al solito con i suoi toni sofisticati.
-Non
ho intenzione di muovermi.- scherzò lui, sentendosi un poco
in imbarazzo.
-Devi
esserti preso una bella influenza.- osservò la Ames,
fissandolo. –Hai febbre?-
-Non
credo.- rispose Remus, abbassando lo sguardo. –E tu? Come ti
senti? Perché sei
qui in infermeria? Tutto apposto?- domandò, con un tono
quasi preoccupato.
Eva
Ames restò senza parole.
Lui
era sincero? Lui davvero non capiva il perché lei fosse
lì?
Remus
Lupin era davvero così ingenuo?
Le
venne da sorridere, loro due non avevano davvero nulla in comune e non
solo
perché erano un Grifondoro ed una Serpeverde. Anche come
persone erano diverse.
Lei
era stata abituata ad essere scaltra, adulta, fredda. Era questo che le
era
stato sempre chiesto. Lui invece era terribilmente naturale, maturo
certo, ma
anche bambino. Come si poteva altrimenti spiegare la sua domanda?
Era
palese che lei fosse lì per lui, eppure Remus sembrava non
averlo capito. Forse
non riusciva neppure a pensare una cosa del genere.
-Sto
benissimo, sono venuta a trovarti. Non ci arrivi?- lo prese in giro
lei,
divertita.
E
lui spalancò gli occhi chiari, arrossendo addirittura sulle
guance.
Una
reazione che nessun ragazzo attento alla propria fantomatica
virilità avrebbe
mai avuto, neppure di fronte alla ragazza dei propri sogni.
Ma
Remus Lupin non era come tutti gli altri. O, almeno, non era come i
ragazzi che
lei aveva incontrato fino a quel momento.
Le
fece tenerezza, un’indescrivibile tenerezza.
Quella
spontaneità, quei gesti per nulla studiati, la affascinavano
molto più di tutti
quei trucchi usati dai suoi coetanei per far cadere ai propri piedi una
ragazza.
-Beh,
ecco… ecco, ti ringrazio…- balbettò
lui, decisamente in difficoltà. –Non dovevi
Eva, io sto bene, veramente… mi ammalo spesso, ma non
è mai nulla di grave…-
-Sei
molto pallido, però.-
-Mi
succede, ma non è nulla, davvero…-
Lei
sorrise e, presa la propria borsa dei libri, ne estrasse una piccola
fiala
piena di liquido nero, molto simile ad inchiostro. –Una
pozione di nostra
inventiva, noi Serpi la buttiamo giù quando non ci sentiamo
perfettamente in
forma. Funziona meglio di qualunque intruglio di Madama Chips,
credimi.- gli
disse, sicura.
-L’hai
preparata tu?- fece Remus, sorpreso.
-Beh,
la Evans e Severus Piton non sono gli unici geni in Pozioni. Anche a me
piace
fare qualche intruglio ogni tanto.- rispose lei, facendo spallucce.
–Ma forse,
non ti fidi a prendere qualcosa che ti è offerto da una
Serpeverde.-
Un
attimo dopo fu lei a spalancare gli occhi verdi, lui stava tendendo una
mano in
sua direzione e sorrideva. –Sei stata gentile a prepararla
per me, la prenderò
subito.-
Non
poteva crederci.
Non
poteva veramente crederci.
Lui
si
fidava di lei.
Quando
gli passò la fialetta, si rese conto che la propria mano
tremava.
Non
era paura, non era niente di tutto ciò che lei conosceva.
Le
dita di Remus erano calde, provò il forte desiderio di
stringerle e passarci
sopra la bocca, delicata, riverente. La fitta che provò
dentro di sé riuscì
quasi a lasciarla senza respiro e tutto per quel lieve sfiorarsi di
mani.
È
solo un ragazzo, Eva.
Soltanto
uno sciocco
ragazzo, nulla di più.
Ripeteva
quelle parole nella sua testa come un verso imparato a memoria, in
cerca di
sicurezze che in quel momento non apparivano più
così stabili.
Bellatrix
avrebbe riso di lei, l’avrebbe umiliata, sbeffeggiata per il
resto della loro
vita.
Lo
osservò mentre beveva la pozione che lei stessa aveva
preparato, lo vide
storcere appena la bocca per il sapore amarognolo del preparato e lo
udì
ringraziarla ancora, mentre appoggiava la boccetta vuota sul comodino
vicino al
letto.
Non
seppe come, ma si ritrovò in piedi, già pronta ad
andarsene.
Lui
la osservava, una tranquillità in quegli occhi celesti come
il cielo che
avrebbe potuto farla boccheggiare, se non fosse stata così
brava a fingere.
Sorrise,
pacata, moderata come le si confaceva.
-Vedi
di rimetterti. Hai promesso di passare con me la prossima uscita ad
Hogsmeade.-
gli disse, mentre si sistemava la borsa su una spalla.
E
di nuovo vide quel sorriso timido, quel lieve rossore. -Te lo
prometto.-
Quando
si chiuse le porte dell’infermeria alle spalle, quasi non
ricordava la strada
da percorrere per arrivare all’aula di Incantesimi. Ci
pensò Severus Piton ad
illuminarla, apparendole al fianco tetro come sempre.
Percorsero
un po’ di strada in silenzio, poi, stranamente, fu lui a
parlare.
-Eri
ancora a giocare con Remus Lupin?-
Scoccandogli
un’occhiata dura, Eva non rispose a quella domanda,
continuando a camminare
spedita. Ignorandolo.
-Bella
sarà contenta, ti stai comportando da bravo cagnolino,
Caposcuola Ames.-
continuò il Serpeverde, studiandola. –Ma come ho
detto una volta a quella
pazza, avete preso la preda sbagliata. Tra tutti i Malandrini, Remus
Lupin è il
meno debole. Può sembrare un agnellino, in apparenza, ma
attenta, perché
potrebbe essere lui a fregare te alla fine.- la avvertì,
sorridendo ironico.
E
lei si voltò ad affrontarlo, innervosita. –Credi
davvero che qualcuno possa
farcela contro di me? Me? Che ho imparato a bluffare da quando ero una
bambina?
Non mi interessano le vostre guerre tra Case, ma la mia famiglia ama i
Black
più dei propri figli! Io sto facendo ciò che mi
dice Bellatrix, punto. Quando
avrò finito, tornerò a farmi gli affari miei e
lascerò voi a divertirvi.-
Severus
rise, prendendola in giro e mandandola su tutte le furie.
-Ti
dirò una cosa importante, Ames. Non stare troppo vicina ad
un Grifondoro,
rischi di finire male, sanno essere più pericolosi di noi a
modo loro. Due
persone a Serpeverde possono garantirtelo. E una delle due sono io.-
Lei
non seppe cosa rispondere, lui non aprì più bocca.
Non
appena mise piede in classe, scusandosi con Vitious per il ritardo,
prese posto
al banco in prima fila, scambiando una lunga occhiata con Bellatrix
Black, che
sorrideva soddisfatta. Tirò fuori piuma e pergamena,
cominciando a prendere appunti,
cercando di prendere il filo della spiegazione.
Non
è niente,
si
disse. Non è niente.
Lei
era Eva Ames.
Andava
tutto bene.
Wanna
know who you are
Wanna know where to start
I wanna know what this means
Wanna know how you feel
Wanna know what is real
I wanna know everything
Everything
[
Vorrei sapere
chi sei
Vorrei sapere dove cominciare
Vorrei sapere cosa significa
Vorrei sapere cosa provi
Vorrei sapere che cosa è reale
Vorrei sapere tutto
Tutto ]
Avril
Lavigne –
Fall To Pieces
Note
di
fine capitolo
Ok,
lo ammetto, la fine è un po’ strana. Ma mi piace
così, libera interpretazione
ragazzi. Cosa dire? Il prossimo capitolo sarà il seguito, e
spero che venga
fuori bene, perché ci saranno tante cose importanti da dire.
Per
adesso vi affido questo, che è una specie di macedonia.
C’è veramente tutto e
credo sia necessario che tutti voi fissiate bene ogni cosa in testa,
per non
confondervi dopo.
Come
credo abbiate notato, si sta aprendo un nuovo capitolo, che
è quello della
guerra. Ritengo di aver tenuto Voldemort a cuccia già
abbastanza, è il momento
di lasciare in guinzaglio! XD
Forse
può sembrare un impatto troppo brusco ma, del resto, le
catastrofi quando
arrivano, arrivano, non bussano alla porta, no?
Detto
questo, saluto tutti e passo alle risposte!
La
Nika: Ciao!
Ti prego di scusarmi
per essermi dimenticata di rispondere alla tua recensione, non
è stata una cosa
voluta, ma il tuo commento è finito a pagina due e ieri sera
ero talmente
stanca che non me ne sono resa conto. Lo so, ultimamente parlo meno di
Lily e
James, ma la storia deve andare avanti e talvolta devo metterli da
parte! =)
Grazie
molte per il commento e per i complimenti, un bacione!
Kokylinda2:
Ciao,
ti ringrazio molto per
il tuo “wooooooow”! J
Sono
contenta che la storia ti piaccia così
tanto, mi ripaga della fatica e dell’impegno che ci metto
nello scriverla. Non
importa recensire sempre, non sentirti in obbligo, a me basta che la
fanfic
piaccia, tutto qui. Grazie davvero per la fiducia che dimostri versi di
me e la
mia storia, ricambio i baci! Ciaoooo!
Quidditch:
Fra,
Fra, Fra… chissà se
sono riuscita ad accontentarti anche con questo capitolo….
Posso sperare di sì?
Ormai è importante sapere di averti dalla mia parte!
Purtroppo per la
confessione di James dovremo aspettare il prossimo capitolo.
È stato un
imprevisto, credevo sarebbe stato un capitolo intero, ma poi ho capito
che
andava diviso, perciò ti chiedo un altro po’ di
pazienza.
Peter
per me è un personaggio incognita. Ho cercato di dare un mio
personale punto di
vista e sono contenta che la mia idea piaccia.
Come
te, anche io mi sono infervorata nella parte James-Severus. Mi
è piaciuto molto
scriverla e credo non sarà né la prima
né l’ultima discussione che ci sarà tra
i due!
Un
bacione!
Cicci92:
Grazie
per le belle parole,
davvero! Che dire di Sirius? In realtà su di lui ci sto
ancora lavorando e non
mi definisco ancora soddisfatta. Credo di dovere ancora capire cosa
voglio da
lui. Ma sono felice che a te piaccia! Julian è
l’amore della mia vita, se mi
fai complimenti su di lui mi mandi in brodo di giuggiole, sai? :D
Lily,
sì, sta esattamente facendo un percorso. Vi renderete
davvero conto della lunga
strada che sta percorrendo solo al termine della fanfic! Sono molto
soddisfatta
di lei.
Il
bacio tra lei e James è giunto inaspettato, ma è
piaciuto anche a me!
È
stato spontaneo, perciò l’ho adorato.
E
non preoccuparti di fare filippiche, io le adoro! ^_-
Lovegiò92:
Salve
collega! Come vedi,
alla fine, dopo mille peripezie ho aggiornato, spero di evitare la
gogna! Dai,
sii buona con me, torno massacrata da due maledetti esami! XD Sono
felice che
tu apprezzi i miei Lily e James, visto che anche i tuoi sono davvero
adorabili
mia cara! Per quanto riguarda Sirius e Victoria, beh, quello che doveva
essere
solo un esperimento ha davvero preso il volo e la storia di loro due
è ben
delineata davanti ai miei occhi. Ce ne saranno delle belle, credimi!
Il
cazziatone a Piton è piaciuto a tutti, credo! Infondo, siamo
un covo di
Thorn&buckers, no? XD Grazie mille per l’Einstein!
Ogni volta mi gonfio
d’orgoglio, finisce che esplodo! :D Un bacione!
LilyProngs:
Tesoro,
grazie come sempre
per i tuoi complimenti e le tue parole gentili, spero veramente di non
deluderti mai, di non deludere mai nessuno di voi, perché,
credimi, la paura di
fallire è tanta. Ad ogni modo vado avanti, facendo del mio
meglio.
L’esame
è andato, ma naturalmente avrò i risultati solo
dopo le vacanze ed a me non
resta altro che consolarmi studiando anatomia! A te poi
com’è andata?
Un
bacio!
Malandrino4ever:
Dimmi la
verità, mi
sono fatta parecchio attendere questa volta, vero? XD Purtroppo il
segreto di
James è stato rimandando al prossimo capitolo, merito la
decapitazione per
questo, ma sono stata costretta a farlo! Spero che il capitolo nuovo ti
piaccia
comunque! ^_^
Chiara88:
Tesoro,
sono io che rischio
di rimanere senza parole, sei sempre troppo buona con me e spero di non
fallire
mai, di renderti sempre soddisfatta dei capitoli, anche se so che non
può
essere sempre possibile! Grazie per i complimenti, sarebbe stupido dire
che non
fanno piacere! E grazie per essere sempre qui a commentare! Hai capito
bene
Sirius, è proprio come dici tu, sai? Concludo con un
doveroso “W James!”, il
personaggio che tutte noi amiamo! Un bacione!
Silverline85:
Ciao,
grazie mille per la
recensione! Non posso sbilanciarmi molto su ciò che prova
Eva per Remus, è una
cosa che scoprirete da soli, pian piano. Nel bene e nel male. Purtroppo
Peter
sta cominciando a provare invidia per James e l’invidia
è una brutta cosa,
soprattutto perché rende cechi e provoca dolore. Credimi,
Peter, dentro di sé
soffre. Ma la rabbia vince.
Sono
felice che il capitolo in generale ti sia piaciuto! ^_^
In
realtà non sono una grande fan della coppia Remus/Dora, ma
capisco che per te
sia stato tremendo scoprire certi spoiler sul settimo libro. Ti
consiglio
comunque di leggerlo, a me è piaciuto!
Killina:
Grazie
mille per il
complimento, mi ha fatto davvero piacere! Il capitolo su Lily e James
è stato
una faticaccia, ma è piaciuto anche a me, è stato
bello scriverlo, insomma io
AMO questa coppia e scrivere un capitolo tutto loro è stato
bellissimo! Mi fa
piacere che anche il capitolo della partita ti sia piaciuto! Ricambio
l’abbraccio, anche io sono una Lily-James dipendente!
Black_Witch:
Sorella!
Julian è Julian, o
si ama o si odia! Ed io sono proprio contenta di sapere che ti piace!
Lo so, è
un tipo strambo, ma vuole davvero un gran bene a James e Ramoso lo sa,
questo è
ciò che conta. Sirius, il tuo amato, sta passando proprio un
periodaccio, sono
un po’ troppo cattiva con lui…
Ti
mando un abbraccio sorellina cara!
Brando:
Ciao!
Hai fatto bene a
rimettere in ordine le idee prima di recensire, lo faccio sempre anche
io!
Quindi capisco! ^^ Mi fa piacere che gli ultimi due capitoli ti siano
piaciuti,
non credevo che quello sulla partita ti sarebbe piaciuto più
del precedente! Mi
hai stupito piacevolmente! Hai sollevato un giusto problema. In
realtà io credo
che quell’occhio di Lince di Silente abbia visto Piton
lanciare il Confundus,
ne sono certa. Ed avrei potuto inserirlo, è vero, ma la
storia è già lunga di
suo, avevo molte cose da dire ed ho lasciato correre. Resta il fatto
che sono convinta
che Silente farà finta di nulla. La verità
è che c’è già talmente tanta
confusione ad Hogwarts, che mettersi a tirare fuori questa cosa
è fuori
discussione, alimenterebbe ancora di più le fiamme. Silente
ha ragionato come
James. Forse sbagliano a tacere questa ingiustizia, ma credono di fare
bene
così.
A
presto! ^^
Myki:
Oh mia
giudice imparziale ed
impietosa, eccomi a te, colei che temo di più! XD Come va a
Firenze innevata?
Mi
spiace molto che la precedente recensione sia andata perduta, mi
sarebbe
davvero piaciuto leggerla, sai? Anzi, ti ringrazio per aver trovato il
tempo e
la pazienza di riscriverne un’altra. Properzio non
è mai stato un mio grande
amore, ma spero che ti sia andato tutto bene tesoro!
Per
quanto riguarda Sirius, dopo aver letto la tua recensione, mi sono
fatta
piccola piccola e mi sono messa subito a rileggere i capitoli e a
riflettere. È
vero, credo di doverci ancora lavorare e spero pian piano di inquadrare
ogni
aspetto di lui. Tu, mi raccomando, continua a bacchettarmi quando
sbaglio! =)
Vick
ti piace e questo mi fa piacere. Non credevo che sarei mai riuscita a
trovare
una sorta di metà per Sirius, Victoria Olsen era una prova
sulla quale non
credevo neppure troppo. Adesso posso dire che mi soddisfa, ma che ho
ancora
molto da dire su loro due, molto da raccontare e devo trovare il tempo
di
farlo.
Alla
fine, come penso capirai, il problema è sempre il dannato
TEMPO! XD
Eva,
credo, non finirà mai di stupire, perché
sarà un voltafaccia continuo e mi
chiedo se apparirà mai chiara almeno a me! Per ora mi piace
così, non la vorrei
diversa!
Julian…
il caro Julian, sta per entrare in una fase strana. Ora come ora mi
chiedo cosa
pensi di lui, dopo la lettura di questo capitolo intendo. ^^
Sì,
il dialogo tra Severus e James è arrivato dopo. Ma il
capitolo è tutto un
ricamo di pezzi, sempre a causa del tempo. E forse l’ultimo
pezzo è un po’ un
azzardo, ma è stato un mio capriccio, volevo troppo metterlo
e mi è piaciuto
lì. Adoro descrivere Severus e James insieme, li vedo
esattamente come li vedi
tu. Inoltre, sul serio, io apprezzo il personaggio di Piton e parlare
di lui,
descrivere ciò che prova, è solo un piacere per
me, mi piace molto!
Ho
notato che apprezzi le scene che creo tra Lily e James, questo mi rende
davvero
fiera di me! Un bacione tesoro, grazie per esserci sempre!
LiebenLily:
Ciao!
Nuova? ^^
Grazie
mille per la recensione e per i complimenti! Fa sempre piacere trovare
un’altra
persona che apprezza la mia storia! Spero che anche questo capitolo ti
sia
piaciuto!
Rispondo
subito alla tua domanda.
Sì,
descriverò la vita dei Malandrini fino alla
fine, fino alla morte di Lily e James. Quindi tranquilla, avrai anche
il dopo
Hogwarts, ma ci vorrà tempo, perché
sarà un’altra fanfic ed ora devo concludere
questa! ^^
|
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Capitolo 30 *** Fall To Pieces [part two] ***
Wow,
eccomi arrivata al
trentesimo capitolo! Beh, fa una certa impressione! E la strada da
percorrere è
ancora lunga, mi chiedo se riuscirò mai a mettere la parola
fine a questa
fanfic e se voi avrete la pazienza di seguirmi fino alla sua
conclusione!
Ad
ogni
modo, dedico questo
capitolo a tutti voi, a voi lettori, nessuno escluso.
Perché
credete in me, in
questa storia; perché ci siete sempre; perché mi
regalate la voglia di
scrivere.
Vi
abbraccio tutti quanti,
tanti
auguri di buon Natale
e di felice anno nuovo!
Valentina
CAPITOLO
30
FALL
TO PIECES
#
Part two #
[
And I don't want to fall to pieces
I just want to sit and stare at you
I don't want to talk about it
And I don't want a conversation
I just want to cry in front of you ]
Fall
to Pieces – Avril Lavigne
Quell’aula
del secondo piano era da sempre stata deserta, frequentata solo da
coppiette
desiderose di trovare intimità o da ragazzi in cerca di
solitudine per potersi
dare ad atti poco leciti, come fumare delle erbe illegali, bere qualche
alcolico un po’ troppo forte, pestare a sangue qualcuno.
Così andavano le cose
lì ad Hogwarts.
James
Potter ricordava di aver fatto sesso con una ragazza di Corvonero
proprio lì,
l’anno scorso, ed ora, trovarsi in quella stessa aula con suo
padre, beh, era
un tantino imbarazzante.
Ma
era bravo ad ostentare la sua faccia di bronzo, quando voleva.
Zacharias
Potter si guardò intorno per un attimo, poi puntò
gli occhi su di lui.
-Non
mi interessa minimante sapere cosa hai combinato qua dentro.-
Come
non detto.
A
quell’uomo non sfuggiva mai niente, c’era poco da
fare. Del resto era un Auror,
leggere nel volto della gente faceva parte del suo lavoro.
-Non
è stato nulla di sgradevole.- rispose allora James,
sfoderando un sorrisetto
furbo.
-Oh,
me lo immagino.- fece suo padre, sorridendo ironico. –E poi
anche io sono stato
qui qualche volta.- ammise, facendo sgranare gli occhi al figlio.
–Beh, basta
che tua madre non sappia niente. Credo che lei sia ancora convinta che
collezioni le figurine delle Cioccorane, povera cara.-
La
discussione stava prendendo decisamente una brutta piega, non era
abituato a
parlare di certe cose con suo padre, in genere il suo confessore su
tali
argomenti era Sirius Black o, al limite, Remus Lupin. Ma non suo padre.
Urgeva
cambiare in fretta argomento.
-Di
che volevi parlarmi, papà?-
Zacharias
Potter prese una delle vecchie sedie inutilizzate accatastate in una
parte
dell’aula e, dopo essersi assicurato che tenesse, ci si
sedette sopra.
Puntò
lo sguardo su James e sospirò.
-Non
ti sei chiesto come mai mi trovo qui?- domandò, calmo.
Suo
figlio, che se ne stava tranquillamente appoggiato ad una parete, fece
spallucce e sorrise, ironico. -Ti
mancavo?-
Zakary
rise. –Oh, puoi giurarci!- lo prese in giro, divertito.
–Beh, mi dispiace
deluderti, peste, ma ho accompagnato il Ministro della Magia a parlare
con
Silente.- rivelò, mentre andava ad accendersi la pipa.
James
sgranò gli occhi, totalmente preso alla provvista ed
incredulo.
–Il
Ministro Foster era qui?!-
Potter
Senior annuì, tornato serio. –Già.-
rispose, dando un tiro alla pipa. –Tu ed i
tuoi amici avete letto la Gazzetta di questa mattina, giusto? Dopo
questi
ultimi avvenimenti, il Ministro ha deciso di aumentare le misure
protettive di
questa scuola. A partire dal vostro ritorno qui, dopo le vacanze di
Natale, ci
sarà un intero squadrone di Auror a sorvegliare i confini di
Hogwarts.-
-Non
mi sembra una cattiva idea.- commentò James, dopo aver
riflettuto un attimo
sulla notizia. –Insomma, un po’ di precauzione in
più non fa male, no?-
-Infatti.-
Tra
i due calò il silenzio e il ragazzo rimase un attimo
incantato ad osservare le
piccole nuvolette di fumo che si innalzavano in aria dalla pipa del
padre.
Era
divertente stare a guardarle, ogni volta erano di un colore diverso.
Stranamente,
gli venne in mente che, quando era molto piccolo, si era completamente
innamorato di quell’oggetto e dei fumi colorati e profumati
che produceva.
Si
sedeva ai piedi del genitore, che fumava tranquillo e comodo sopra la
sua poltrona
preferita, e restava a guardare, affascinato.
E
spesso Zakary si chinava su di lui, divertito, gli occhi pieni
d’amore, e lo
prendeva in braccio, mostrandogli l’oggetto misterioso che
tanto lo rapiva.
A
distanza di anni, la pipa usata da suo padre era sempre la stessa.
James
la riconobbe e provò un calore enorme dentro di
sé.
-Papà?-
-Si?-
-Era
solo di questo che volevi parlarmi?-
Colpito
in pieno.
Senza
stupirsi troppo, si rese conto di aver messo suo padre in
difficoltà.
C’era
qualcosa che Zack voleva dirli, ma che non aveva la forza di affrontare
subito,
ecco il perché delle tante chiacchiere precedenti.
Conosceva
quell’uomo meglio di chiunque.
Zacharias
Potter non rispose alla sua domanda, concentrato nell’azione
di fumare, un
trucchetto che usava spesso quando non voleva prendere la parola.
-Papà.-
lo chiamò ancora, fermo.
Lo
vide sospirare. –Ho parlato con Silente, James.-
-Me
lo immaginavo.- mormorò James, abbassando lo sguardo.
–Papà, io…-
-No,
ascolta.- lo fermò Zack, alzandosi in piedi.
–Quando sei stato male, Silente ha
spiegato a me e a tua madre cosa ti stava succedendo. Ci ha detto del
risveglio
dei tuoi poteri, della rottura del sigillo…-
cominciò, parlando piano.
–Insomma, io e la mamma sapevamo che prima o poi sarebbe
successo, James.
Speravamo che sarebbe capitato il più tardi possibile, ma
dentro di noi siamo
sempre stati pronti, non è questo il problema. Ma stamani,
dopo la riunione
informale con il Ministro, Silente mi ha detto altro. Mi ha parlato di
Voldemort e di certi piani che potrebbe avere su di te…-
Silente
aveva detto tutto a suo padre.
Continuando
a tenere lo sguardo a terra, James Potter si sentì morire
dentro.
Non
avrebbe mai voluto che i suoi sapessero, mai, anche se capiva che era
una cosa
inevitabile. Suo padre e sua madre dovevano essere messi al corrente.
Ma
sapeva bene che una notizia del genere li avrebbe sconvolti, loro che
parevano
vivere unicamente per lui.
Zack
ed Amelia Potter sarebbero stati capaci di sfidare Voldemort e
rischiare la
vita pur di proteggerlo, James lo sapeva bene.
Ed
il solo pensare una cosa simile lo faceva morire dentro.
-Papà…-
mormorò, sollevando lo sguardo sul genitore. –Non
è detto che le cose stiano
veramente così, davvero! Forse non è veramente
interessato a me! Non mi è mai
accaduto nulla fino ad oggi, no? Nessun Mangiamorte mi ha attaccato o
altro,
giusto?-
Zacharias
lo inchiodò al muro con una delle sue occhiate che
intimavano di tacere.
-Tom
Riddle è un autentico demonio, James. Nessuno può
sapere cosa gli passa per la
testa e se Savannah Havisham ti ha veramente detto di stare attento a
lui,
allora significa che il pericolo c’è,
c’è eccome! Non posso stare tranquillo!-
sbottò, innervosendosi. –Probabilmente vuole
essere assolutamente sicuro che tu
abbia dentro di te i poteri che gli interessano, prima di rischiare. Se
verrà a
sapere che il tuo potenziale magico si è completamente
risvegliato, diventerai
il suo nuovo bersaglio, James, c’è poco da
scherzare!-
Non
sapeva più cosa dire, cosa inventarsi per placare quella
furia di suo padre.
Zacharias
Potter sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa, di tutto, non
conosceva
nessuno con la testa più calda della sua.
-E
c’è dell’atro!- proruppe Potter Senior,
interrompendo i pensieri del figlio.
–Silente mi ha detto che potresti avere dei problemi con il
controllo dei tuoi
poteri e che se una cosa simile dovesse accadere… tu
dovresti chiedere aiuto ad
Edward Havisham!- esplose, percorrendo un percorso immaginario nella
stanza.
-Papà…-
-E
tu ti sei dimostrato d’accordo, James!-
-E’
necessario, papà!-
-Ma
tu hai una vaga idea di chi sia Havisham?! James, quell’uomo
è un pazzo! Usa la
gente come delle cavie da laboratorio! È questa la fine che
vuoi fare?!-
-Preferisco
essere una cavia da laboratorio, come dici tu, che una bomba in
procinto di
esplodere! Tu non puoi capire!-
-James,
Merlino, tu non sei un pericolo!-
-Non
lo sono ora, ma potrei diventarlo! E tu lo sai, papà! Se i
miei poteri
prendessero il controllo su di me, diventerei qualcosa di molto peggio
di Tom
Riddle!-
-Resta
il fatto che non andrai da Havisham! Puoi scordartelo!-
-E
chi mi insegnerà a tenere sotto controllo tutta questa roba
che ho dentro, eh?-
scoppiò James, arrabbiandosi. –Ci
penserà Silente? Lui mi ha chiaramente detto
che non può fare più nulla per me!-
-A
me ha detto che vuole continuare ad aiutarti! Che intende darti qualche
lezione
di controllo!- ribattè suo padre, piccato.
Il
Grifondoro scosse la testa, sorridendo con ironia. –Non
basterà.-
-Ne
stai facendo troppo un dramma, James! Devi avere più fiducia
in te stesso, sono
solo… sono solo poteri! Li controllerai!-
-No,
sei tu che non vuoi capire, papà. E mi dispiace,
perché dovrò disubbidirti.-
Di
nuovo fu silenzio e nessuno dei due pareva intenzionato ad essere il
primo a
parlare. Non dopo quella sfuriata.
James
osservò suo padre sospirare e passarsi una mano sul volto
stanco, doveva essere
esausto. Probabilmente non aveva toccato il letto la scorsa notte, dopo
essere
stato convocato al Ministero e poi ad Azkaban stessa.
Eppure
era lì, con lui, a parlargli.
Sarebbe
potuto andare a casa ed invece era lì, a discutere con suo
figlio, dopo aver
appreso l’ennesima brutta notizia della giornata.
Non
bastavano Rosier ed Avery a spasso per l’Inghilterra, no,
c’era anche suo
figlio, che aveva dei poteri latenti inimmaginabili, che rischiava di
essere il
nuovo grande obiettivo di Tom Riddle e che aveva intenzione di
diventare
l’esperimento del secolo di Edward Havisham.
Pensando
queste cose, James non potette fare a meno di sentirsi in colpa.
Per
un attimo fu colto da un pensiero orribile, pensò che
sarebbe stato decisamente
meglio per i Potter se non fosse diventato loro figlio, se non lo
avessero
adottato.
Ma
subito si odiò per averlo pensato.
Zack
ed Amelia.
Papà
e mamma.
Non
avrebbe mai potuto vivere senza di loro e pensare una cosa del genere
era
orribile. Suo padre l’avrebbe decisamente ucciso, se lo
avesse sentito
esternare un pensiero simile.
-Lo
dirai alla mamma?- disse ad un tratto, senza pensare.
Vide
Zacharias Potter sorridere mestamente. –Preferirei di no,
impazzirebbe nell’apprendere
una notizia del genere. Ma la conosci, lo capirebbe da sola.
È sempre stata più
scaltra di me, mi caverebbe tutto di bocca.-
-E’
vero.- ammise James, mesto. –Senti papà, forse per
quest’anno sarebbe meglio
che non tornassi per Natale. Qui sarei al sicuro e anche voi a casa.-
L’occhiata
che Zakary gli lanciò lo fece pentire di aver aperto bocca.
-Cos’è?
Ti ha dato di volta il cervello, ragazzo? Sei o non sei un Potter?- gli
chiese,
brusco.
-Certo
che lo sono.-
-Fai
parte della famiglia oppure no?-
-Sì,
ma…-
-E
allora tornerai a casa per le feste e festeggerai il Natale con me, tua
madre,
i nonni e gli zii, come sempre! Merlino, vuoi beccarti uno schiantesimo
anche
tu?-
-Uno
schiantesimo?-
-E’
una lunga storia.- fece Zack, ripensando al diverbio con Crouch.
James
sospirò, arrendendosi. –Ok, va bene.
Io… io volevo solo che foste tutti al
sicuro, solo questo, papà.-
Suo
padre scosse la testa, ma la sua espressione dura pareva essersi
rabbonita
almeno un po’. –Andrà tutto bene,
zuccone. Aumenterò le protezioni intorno casa
e se necessario, prenderò anche qualche precauzione in
più. Sono o non sono il
capo degli Auror, per Morgana? Non mi mancano certo i mezzi per
proteggere mio
figlio!- esclamò, dandogli un colpetto sul capo.
–Faremo come ogni anno! Perciò
invita pure i ragazzi e anche la graziosa Lily, ovviamente!-
Eccolo,
era tornato a sorridere con il suo solito modo di fare bonario.
Zacharias
Potter non era il tipo che stava troppo arrabbiato.
-In
effetti, avevo davvero l’intenzione di farlo.- ammise James,
divertito.
-Allora
fallo!- fece suo padre, arruffandogli i capelli già
disastrati di suo. –E stai
tranquillo, andrà tutto bene! Ci sono io, no?- aggiunse,
dandosi arie di
importanza.
-Non
dovresti prenderla così alla leggera, però!- lo
riprese subito James, serio.
–Papà, è pericoloso, lo sai meglio di
me, no? Mettersi contro quel pazzo
significa pericolo di vita!-
Potter
senior lo guardò con tanto d’occhi e sorrise.
–E’ il mio lavoro.- disse con
semplicità.
-Lo
so.- fece il ragazzo, guardandolo negli occhi. –Ma io non
voglio che tu rischi
di morire a causa mia! Questo non posso accettarlo!-
Suo
padre sbuffò. –Che sciocchezze che dici,
figliolo…-
-Sciocchezze?!-
tuonò James, sentendo montare nuovamente la rabbia dentro di
sé. –Papà, sei
pazzo? Potresti morire per colpa mia!-
Zack
continuava a sorridergli, una calma invidiabile negli occhi.
-E
allora?- domandò, facendo una carezza al figlio.
–James, sono tuo padre.-
-Ma
cosa…?!-
-Sono
tuo padre, è mio dovere proteggerti.- disse con dolcezza,
continuando a
sorridergli. E quel sorriso, quel sorriso aveva qualcosa di diverso, di
misterioso, qualcosa che solo un altro genitore, probabilmente, avrebbe
potuto
comprendere.
-Ricorda
quello che sto per dirti, ragazzo mio. Un vero genitore deve essere in
grado di
sacrificare tutto, anche la propria vita, per suo figlio. Capisci? Per
me e tua
madre tu sei il tesoro più grande, un giorno comprenderai
cosa significa,
James. Non penso di essere il miglior genitore del mondo, ma quando sei
entrato
nelle nostre vite ho fatto un patto con me stesso. Ho giurato che tu
saresti
cresciuto felice, al sicuro, che saresti diventato un uomo del quale
andare
orgogliosi. Ho giurato di proteggerti con tutte le forze che ho.
Perciò James,
non mi interessa un accidente di Havisham o di Riddle! Non
permetterò a nessuno
dei due di avvicinarsi a te e di farti del male! Non ti torceranno
neppure un
capello finché ci sarò io! Ed io ci
sarò sempre.-
E
non c’erano parole per rispondergli.
O
almeno, James Potter non ne trovò.
Sentiva
però una forte e prepotente voglia di piangere, ma non lo
fece, sapeva che suo
padre non apprezzava certe cose da femminucce.
Fu
difficile. Difficilissimo.
Era
impossibile restare indifferenti dopo aver udito certe parole.
E
se mai avesse avuto qualche dubbio, in quel momento, lo seppe con
precisione.
Zacharias Harrenius Potter era suo padre.
Non
lo aveva messo al mondo, ma non gli importava.
Quello
era l’amore di un padre.
Quello
davanti a lui era il padre che un giorno avrebbe voluto diventare.
Vide
Zack armeggiare in una tasca del mantello ed estrarre il suo
l’orologio da
taschino. -Merlino, si è fatto veramente tardi! Dovrei
essere al Dipartimento
degli Auror da un pezzo e tu, screanzato, dovresti essere a lezione!-
-Mi
hai trattenuto tu!- lo rimbeccò, compiaciuto.
Zacharias
gli dette un altro colpetto sulla testa, indispettito, e si diresse
alla porta
dell’aula con passo deciso, trafficando già con la
pipa.
-Papà!-
L’Auror
si voltò, un sopracciglio inarcato e l’aria
interrogativa.
-Ti
voglio bene.-
Al
diavolo i discorsi da femmine! Quelle tre parole doveva proprio
dirgliele.
Suo
padre alzò gli occhi al cielo e quando tornò a
guardarlo aveva una falsa aria
severa, tradita da un ghigno divertito che gli increspava appena le
labbra.
-E’
inutile che fai il ruffiano, non avrai quel nuovo modello di scopa
prima del
tuo compleanno, canaglia!-
Il
giovane Potter rise, scuotendo la testa. In realtà aveva
capito da tempo i modi
di fare del genitore. Certe sue frasi andavano interpretate. Ad
esempio,
quell’ultima sua uscita, doveva essere letta come un
“ti voglio bene anche io”.
Uscirono
dall’aula vuota insieme, immergendosi nei corridoi quasi del
tutto deserti, dal
momento che alunni ed insegnanti si trovavano occupati nelle lezioni.
James
accompagnò suo padre fino al grande portone
d’ingresso, fregandosene del mega
ritardo ad incantesimi. Del resto, aveva bigiato per molto peggio.
-Beh,
allora ci vediamo a Natale.- gli disse Zacharias, mentre si sistemava
meglio il
mantello da viaggio. -E vedi di non combinare casini fino ad allora!-
-Questo
non posso garantirtelo!- rispose James, il sorriso da Malandrino che
tornava al
suo posto, strafottente.
L’Auror
sospirò. –Vedi almeno di non farci arrivare una
lettera in cui viene detto che
hai tentato di nuovo di far esplodere il dormitorio di Serpeverde!-
E
Ramoso fece spallucce, senza rispondere un bel niente.
-Come
non detto!- borbottò suo padre, prima di voltarsi ed
andarsene, diretto ai
cancelli di Hogwarts dove, oltrepassati i quali, avrebbe potuto
smaterializzarsi.
James
rimase ad osservarlo fino a quando non diventò un puntino
nero nel bianco
ovattato della neve. E lì, da solo sulla gradinata
principale del castello, non
potè fare a meno di ripensare a quelle parole.
Morire
per il proprio figlio.
Proteggere.
Un
vero
genitore deve essere
in grado di sacrificare tutto, anche la propria vita, per suo figlio.
James
Potter non avrebbe mai dimenticato quella frase, mai.
L’avrebbe
sempre portata con sé.
Fino
alla fine.
Fino
al suo sacrificio più estremo.
***
-Insomma,
è come ti dicevo, no? Siamo usciti e “andiamo a
farci un giro al campo di
Quidditch” mi fa lui! Te lo puoi immaginare…-
-No!
Davvero? E tu?!-
-Beh,
io ho detto che sì, potevamo andare! Volevo proprio vedere
che aveva intenzione
di fare lui!-
-Campo
di Quidditch! C’è la neve altissima fuori e lui
vuole andare al campo di
Quidditch! Io lo avrei piantato lì! Lui e la sua lunga bacchetta!-
-Infatti
alla fine mi ha portata negli spogliatoi, sai, fuori faceva freddo!-
-Almeno
glielo hai tirato un bel calcione nelle pluffe?-
-Pluffe?
Caso mai erano boccini!-
Era
da poco cominciata la seconda ora di Storia della Magia e
già in giro c’erano
discorsi del genere, la decenza se ne era decisamente andata via con
quel poco
di materia grigia posseduta dagli studenti.
Forse
era il professor Ruff a fare un simile effetto alla sua classe.
Le
Corvonero Laura Hall e Kelly Logan, sedute al banco davanti a lei,
proprio non
volevano finirla con il loro cicaleccio, risparmiandola da
quell’atroce
tortura. E se la Hall, di tanto in tanto, se ne usciva con almeno
qualche
intervento sensato, Kelly Logan, beh, pareva ben decisa a volersi
consolare
dopo l’abbandono di Sirius Black.
Come
avesse fatto Black a stare con una gallina simile, Lily proprio non
riusciva a
capirlo e, tutto sommato, neppure le interessava.
Sospirando,
Lily Evans tornò ai suoi appunti, tentando in ogni modo di
focalizzare tutta la
sua attenzione sulla voce pastosa e soporifera del professore,
salvandosi in
questo modo dalla dettagliata descrizione di un rapporto orale.
Incredibile
come certe persone riuscissero a parlare di simili frivolezze, dopo che
neppure
un’ora prima era uscito un articolo del genere sulla Gazzetta
del Profeta.
Lei
non aveva altro in mente.
Non
riusciva a non pensare alla sua famiglia. A suo padre, a sua madre e
sì, anche
a Petunia, che probabilmente era stata la causa scatenante della sua
emarginazione.
Pensava
anche a sua nonna, Babette. L’unica nonna che avesse ed anche
l’unico membro
della famiglia che l’avesse accettata davvero.
Era
da lei che i suoi genitori l’avevano spedita, quando il fatto
di avere una
strega in famiglia era diventato inaccettabile. Le avevano imposto di
non fare
stramberie con la nonna, per nessuna ragione.
Ma
Babette aveva capito tutto da sola. E l’aveva amata come e
più di prima.
Doveva
mandarle una lettera al più presto, si disse Lily. Doveva
avvertirla, dirle di
non aprire la porta a nessuno, di non accettare oggetti strambi o
bevande
particolari. Dirle di non fidarsi più, neppure dei vicini, e
di fare domande
per scoprire con chi stesse realmente parlando. E raccomandarle di
avvisare
anche i suoi genitori, visto che non avrebbero probabilmente accettato
un gufo
da lei.
Passandosi
una mano tra i capelli di fuoco, Lily prese un bel respiro e chiuse gli
occhi.
Calma,
doveva stare calma.
Non
poteva mandare una lettera del genere ad una donna anziana e, per di
più,
babbana. Sua nonna non avrebbe capito niente e sarebbe andata nel
panico.
Allora
forse era meglio non dire nulla ed avere fiducia nell’operato
degli Auror?
Qual’era
la cosa giusta da fare?
Improvvisamente
la colpì una strana voglia di tornare a casa, subito,
immediatamente. Era
strano perché, tra Hogwarts e casa, aveva sempre preferito
Hogwarts.
Ma
era diverso.
Se
fosse stata con la sua famiglia, accettata o meno, avrebbe comunque
potuto
proteggere sua madre, suo padre, sua sorella e sua nonna.
Non
era una strega esperta, ma avrebbe potuto occuparsi di loro.
Avrebbe
potuto sentire il pericolo avvicinarsi e fare qualcosa.
E
invece era lì, chiusa tra le mura di quella scuola, al
sicuro, mentre fuori i
babbani erano sempre più in pericolo.
Era
una sensazione orribile, non si era mai sentita così
impotente in vita sua.
Ruff
seguitava a con la sua spiegazione sulla rivolta delle streghe di Salem
e lei
seguitava a non prendere appunti. Ma non era l’unica, almeno
di questo poteva
stare tranquilla. Nessuno seguiva mai Storia della Magia, soprattutto
se la
giornata precedente si era festeggiato fino a notte fonda dopo una
partita di
Quidditch.
Alice
Rubin dormiva serenamente con il pesante volume di storia a farle da
cuscino,
Frank Paciock, seduto vicino a Xeno Lovegood, teneva a stento gli occhi
aperti.
Sirius
Black aveva il mento poggiato su una mano e fissava intensamente fuori
dalle
finestre con uno sguardo cupo che non prometteva nulla di buono, pareva
essere
arrabbiato, e Peter Minus, seduto vicino a lui, osservava il professore
con un
occhio chiuso ed uno semi aperto.
Harris,
neanche a dirlo, se ne stava seduto sulla sedia con la sua solita
posizione
assurda, a gambe incrociate, e scribacchiava qualcosa sul banco con
fare
svogliato. Lui sì che aveva avuto un brutto inizio giornata.
Lily
provò pena per lui, non doveva essere piacevole sapere che
il proprio padre si
trovava nel bel mezzo dell’occhio del ciclone.
Ad
un tratto la porta dell’aula si aprì, ma nessuno
si voltò per guardare chi
fosse arrivato, tranne lei.
James
Potter aveva appena fatto il suo ingresso in classe, borsa dei libri in
spalla
e capelli arruffati, secondo la norma. Il ragazzo lanciò
un’occhiata a Ruff, intento
a spiegare, e, dal momento che il fantasma pareva non averlo
considerato, fece
spallucce ed andò a sedersi vicino a lei.
-Che
mi sono perso?- le domandò, parlando sottovoce.
-Dipende.-
rispose lei, picchiettandosi il mento con la piuma. –Ti
interessa di più sapere
della rivolta di Salem o delle pluffe
di un certo Wilson?-
James
si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere. –Spiacente
Evans, non mi sono
mai interessato alle pluffe, neppure quando gioco a Quidditch! Non
fanno parte
del mio ambito.-
Lily
sorrise con lui di quel buffo scambio di battute, realizzando quanto
fosse
piacevole anche solo scherzare insieme su una cosa idiota come quella.
La
vicinanza di James la faceva stare bene, la faceva sentire diversa,
più libera.
Non
riusciva ad essere la stessa fredda e cupa Caposcuola quando lui le era
vicino,
aveva come scoperto un nuovo lato di sé.
Si
voltò a guardarlo e lo vide intento ad osservare Sirius.
-Si
è seduto vicino a Peter.- mormorò lei, non
sapendo che altro dire.
In
effetti non si aspettava che ci fosse così tanto attrito tra
i due amici
storici, ma a quanto pare quei due erano ancora lontani dal chiarirsi.
James
portò lo sguardo su di lei e le sorrise. –Va tutto
bene.- le disse. –Cercherò
di sistemare le cose come posso. Ho intenzione di dire tutto ai
ragazzi.-
Lily
spalancò gli occhi verdi, stupida da una confessione simile.
–Lo farai
davvero?-
-Sì.-
mormorò il ragazzo, arruffandosi con una mano i capelli
già disastrati. –Dirò
loro la verità e mi prenderò le conseguenze.
Voglio dire, ho messo in conto
anche di poter perdere la loro amicizia, ovvio.-
Era
in difficoltà, Lily riuscì a capirlo.
E
gli fece tenerezza vederlo così. Lui che era sempre apparso
come un ragazzo
forte, strafottente e sicuro di sé, deciso a vincere in ogni
cosa che faceva.
-Il
tuo modo di fare non è molto da James Potter, sai?- fece lei
ad un tratto,
sorridendo ed attirando la sua attenzione. –Insomma, James
Potter non ha paura
di perdere degli amici. James Potter sa
che gli amici non lo lascerebbero mai, semplicemente perché
lui è un mito. No?-
James
le sorrise, poggiando il mento sulle braccia incrociate sopra il banco.
–Sai,
credo che quel James Potter se ne sia andato in vacanza. O in pensione.
Chi lo
sa.-
Lei
rise e, senza neppure pensarci, si ritrovò a passare le mani
tra quelle morbide
ed indomabili ciocche corvine. –Beh, allora richiamalo
indietro. Comincia a
mancare a tutti, compreso a me! Ed io lo odiavo, bada bene!-
scherzò,
divertita.
James
non le rispose, continuando a scrutarla con i suoi occhi scuri come
abissi, un
lago nero in cui annegare, ma dalle acque tenere e gentili.
Nella
posizione in cui stava, aveva gli occhiali un po’ in traverso
ed era
buffissimo.
E,
maledizione, terribilmente tenero.
Lily
pensò che avrebbe potuto continuare ad accarezzargli i
capelli per ore.
-Andrà
tutto bene, James.- gli sussurrò, dolce. –I tuoi
amici ti vogliono bene, ti
hanno seguito in ogni tuo colpo di testa. Non ti volterebbero mai le
spalle!
Dirai loro la verità e le cose si sistemeranno, te lo
prometto.-
-Verrai
anche tu?- le domandò lui, osservandola.
-Certo,
se vuoi.-
-Voglio.-
le disse lui. –Credo che saresti l’unica in grado
di salvarmi, se a Sirius
venisse in mente l’idea di staccarmi la testa.-
Entrambi
risero, ma Ruff non vi fece caso.
-Come
sei drastico.- lo prese in giro Lily.
-Non
conosci ancora Sirius Black.- si giustificò James, lugubre.
Lei
scosse il capo, facendo scorrere lo sguardo per la stanza.
Il
resto dei loro compagni di Grifondoro era stipato in fondo
all’aula, tutti nel
mondo dei sogni. I Corvonero, per lo meno, tentavano di tenersi svegli.
Sentì
James sospirare e riportò lo sguardo su di lui, vedendolo
chiudere gli occhi.
Doveva essere veramente stanco.
-Tutto
bene con tuo padre?- chiese, tornando ad accarezzargli i capelli.
Avrebbe
dovuto lasciarlo riposare e, invece, continuava a parlargli, a tenerlo
sveglio.
Era egoista, lo sapeva, ma non riusciva a lasciarlo andare, voleva
continuare a
sentire la sua voce. Ancora e ancora.
Credeva
che lui non le avrebbe risposto, invece si sbagliava.
-Tutto
bene, abbiamo discusso e poi abbiamo fatto gli sdolcinati, tipica
situazione
tra padre e figlio. E tu sei ufficialmente invitata a passare il Natale
da me.-
le disse, cogliendola di sorpresa.
Lily
si sentì arrossire e ringraziò il cielo che lui
fosse con gli occhi chiusi.
-Passare
il Natale insieme? Da te?- riuscì a balbettare, in
confusione.
-Sì.-
mormorò James, più assonnato. –Verrai?-
-C-Certo!-
buttò fuori lei, di getto.
L’idea
di dirgli di no non le passava neppure per l’anticamera del
cervello.
Il
solo pensare di passare le vacanze di Natale da sua nonna, da sola,
senza di
lui la faceva impazzire. Non avrebbe mai potuto rifiutare.
Aveva
già il cuore che batteva a mille al solo pensiero di stare
con James.
Era
talmente felice che si rassegnò a farlo dormire e tornare a
seguire Ruff, anche
se non aveva più la minima idea del punto in cui si trovasse
la spiegazione.
Non
sentendola più parlare, Potter aprì un occhio.
–Lily?- la chiamò.
-Che
c’è?- domandò lei, sorpresa che fosse
ancora sveglio.
-Ti
sei zittita.- le disse lui, osservandola con gli occhi stanchi.
–A che pensi?-
Lei
rise. –Penso che la lezione di Ruff è iniziata da
un’ora e venti minuti e che
io non ho scritto neppure mezza riga di appunti.- gli rispose, allegra.
–E tu?-
James
sorrise, tornando a chiudere gli occhi. –Penso che ho voglia
di baciarti, ma ho
troppo sonno. Perciò sognerò che ci stiamo
baciando.-
[
You're the only one
I'd be with 'til the end
When I come undone
You bring me back again
Back under the stars
Back into your arms ]
Fall
To Pieces – Avril Lavigne
***
La
giornata scolastica passò anche troppo velocemente, oppure
era lui che,
riscopertosi codardo, desiderava che il momento di andare in infermeria
da
Remus non arrivasse mai.
L’ora
di Storia della Magia era volata e si era dovuto svegliare troppo
presto, senza
essere riuscito a riposare abbastanza. Poi c’era stata la
lezione di
Trasfigurazione, una delle materie in cui riusciva di più.
Aveva seguito la
Semprevergine prendendo appunti insieme a Lily e senza fiatare, tanto
che spesso
l’insegnante lo aveva guardato con sorpresa, visto che era
abituata a sentirlo
fare confusione.
Poi
c’era stato il pranzo in Sala Grande e lì si era
reso conto che la popolazione
studentesca di Hogwarts si era decisamente schierata in due fazioni.
Quelli
che non facevano altro che parlare della fuga di massa da Azkaban e
quelli che
non facevano altro che parlare della festa di Biancaneve e della sua
organizzazione.
Poi
c’erano i Serpeverde, esclusi da tutto, che non avevano fatto
altro che
sghignazzare per tutta la mattina. Probabilmente erano felici che
qualche loro
parente fosse appena uscito di prigione.
Silente
si era alzato da tavola, attirando l’attenzione degli
studenti, ed aveva
pronunciato uno dei suoi bei discorsi rassicuranti ed incoraggianti, ma
lui non
ne aveva seguito neppure mezza parola. Aveva visto Lily ascoltare con
attenzione, ma lui non ci era proprio riuscito.
Era
davvero un codardo?
Aveva
veramente paura dei suoi amici?
Più
l’ora si avvicinava, più sentiva il peso sullo
stomaco farsi opprimente.
E
allora pensava a Sirius Black, il suo migliore amico, suo fratello.
Pensava al
loro primo incontro, al loro trovarsi subito simpatici a vicenda, alle
loro
malefatte, al forte legame che li aveva uniti ogni giorno di
più.
Pensava
a Remus Lupin, il suo angelo custode, la sua coscienza. Remus era un
lupo
mannaro, la sua condizione gli avrebbe sempre procurato delle
difficoltà nella
società, eppure aveva strinto i denti, si era fatto coraggio
ed aveva detto a
lui, prima che a tutti gli altri, la verità.
E
Peter Minus, che pareva non essere più lo stesso. Quel
ragazzino piccolo e un
po’ tarchiato che aveva sentito subito il bisogno di
proteggere, di aiutare.
Aveva sempre trattato Peter come un fratellino minore, c’era
sempre stato per
lui.
Victoria
Olsen, la meravigliosa Vick. Orfana come lui, adottata come lui.
Adorava quella
ragazza con tutto se stesso, era la sorella che non aveva mai avuto.
Tra di
loro c’era sempre stata una profonda amicizia, si erano
sempre fidati l’uno dell’altra.
E
poi Julian Harris, il suo amico d’infanzia, il suo amico
storico. Con lui aveva
veramente condiviso tutto, perfino i giocattoli. Julian, che
c’era sempre, che
osservava tutto, ma non giudicava mai, accettando ogni cosa. Julian,
che pareva
fregarsene del mondo intero e probabilmente era così, ma che
c’era sempre per
lui.
I
suoi amici.
Gli
amici più cari che aveva.
Avrebbe
dato la vita per ognuno di loro, eppure non era mai riuscito a dire
loro la
verità, a fidarsi completamente dell’amicizia che
li univa. Perché questa era
la sua più grave colpa. Non fidarsi abbastanza del loro
affetto e del loro
giudizio.
In
un certo senso, li aveva traditi tutti.
Lo
avrebbero mai perdonato?
Lo
avrebbero odiato per aver taciuto loro per tanti anni un segreto tanto
grande?
Oppure,
semplicemente, avrebbero avuto talmente paura della sua natura che non
avrebbero più voluto saperne di lui?
Ad
ogni modo, il tempo era scaduto.
La
lezione pomeridiana di Incantesimi era appena terminata, i Tassorosso
stavano
uscendo dall’aula insieme ai Grifondoro. E lui continuava a
stare seduto al suo
banco.
Vide
Sirius prendere la borsa ed avviarsi verso l’uscita.
Black
gli lanciò un’occhiata inequivocabile prima di
andarsene, se non fosse andato
in infermeria da solo, sarebbe venuto lui a portarcelo di peso.
James
sospirò, sentendo l’aria bruciare nei polmoni.
L’aula
era deserta, ormai. Persino Vitious se ne era andato.
Era
rimasto solo lui. Lui e… la persona che occupava il suo
stesso banco.
Lily
Evans era rimasta in silenzio, non aveva più detto una
parola, limitandosi ad
osservarlo di tanto in tanto con quell’espressione dolce e
preoccupata che,
nonostante la situazione, lui non poteva fare a meno di adorare.
Ma
anche lei pareva aver capito che il tempo dell’attesa era
scaduto.
Fu
con delicatezza che lo prese per mano, sorridendogli.
-Andiamo,
James?-
Disse
solo quelle due parole con quella voce che lui amava.
E
lui si convinse ad abbandonare quella sedia. La guardò e
tentò di sorriderle.
-Forse
ti sembrerò meno maschio se te lo dico, ma lo faccio
ugualmente. Ho paura.-
Lily
rise, scotendo il capo e facendo ondeggiare i capelli rossi.
I
suoi occhi verdissimi brillavano di un sentimento che era solo per lui.
-E’
normale, avrei paura anche io. Ma siamo o non siamo Grifondoro?
Coraggio!-
James
annuì con un sospiro. –Andiamo.-
Quando
arrivarono in infermeria, James vide che i suoi amici erano
già tutti lì.
Remus
stava seduto sul letto, con qualche cuscino dietro la schiena. Aveva un
aspetto
decisamente migliore di quello che aveva quando lo avevano portato
dalla Chips.
Victoria
e Peter stavano seduti ai bordi del letto.
La
prima stava parlando allegramente con Lupin, ma si interruppe subito,
quando
vide entrare lui e Lily.
Julian
si era appropriato dell’unica sedia disponibile, ci si era
accomodato al
contrario, tenendo le braccia sulla spalliera. Sembrava meno nervoso
rispetto a
come lo aveva visto a colazione, adesso appariva solo stanco.
E
infine c’era Sirius, in piedi, spalle al muro, vicino alla
finestra.
Lo
puntò subito con i suoi occhi blu, freddissimi, e non
distolse lo sguardo.
Nessuno
disse una parola ed il silenzio era imbarazzante.
Julian
si guardò intorno, poi sbuffò.
–Cos’è? Stiamo per partecipare ad
un’orgia? Non
ci vorrebbe qualche ragazza in più?- se ne uscì,
annoiato come suo solito.
-Maledizione,
Harris! Chiudi quella boccaccia!- lo rimproverò Vick,
inviperita. –James deve
dirci una cosa importante! Vero, James?- aggiunse, rivolgendo lo
sguardo al
Grifondoro in questione e sorridendo.
-Esatto!-
le rispose Sirius, non distogliendo lo sguardo dal migliore amico.
Peter
rimase in silenzio, fermo, a fissarsi le scarpe.
Remus
invece guardava James, ma con un’espressione molto diversa da
quella di Black,
non c’era rabbia o sfida, solo preoccupazione ed un
po’ di timore. –James…-
mormorò, scrutandolo con i suoi attenti occhi chiari.
-Potter,
che hai combinato stavolta?- se ne uscì Julian, osservandolo.
Ok,
il plotone d’esecuzione era pronto, si disse James, stanco.
E
forse, dopo, niente sarebbe più stato come prima, ma era il
momento di fare il
salto da quel burrone. Si sarebbe preso le conseguenze, qualunque
fossero.
Non
avrebbe mai voluto perderli, ma se non avesse parlato li avrebbe persi
comunque. Aveva rimandato quel momento per troppo tempo. Forse, sa
avesse detto
tutto subito, fin dall’inizio, le cose sarebbero certamente
andate in modo
diverso.
Ma
ora era lì e non poteva tornare indietro.
Lily
lo teneva ancora per mano e, quando si voltò a guardarla,
lei gli sorrise.
Era
tranquilla.
Era
sicura.
Pareva
più che convinta di ciò che gli aveva detto
durante Storia della Magia.
Prendendo
un bel respiro, James si decise a parlare. –Madama Chips?-
chiese.
Sirius
Black ghignò. –E’ andata ad Hogsmeade a
ritirare certi nuovi medicinali.
Medicine che, ahimé, non arriveranno mai.- disse,
soddisfatto.
-Cosa
hai fatto, Black?- fece subito Lily, accendendosi.
-Silenzio,
Evans.- la zittì Sirius. –Ho fatto tutto questo
per dare modo al tuo
fidanzatino di vuotare il sacco, perciò non intrometterti.-
-Sirius.-
lo riprese Remus, severo.
-Sta
zitto anche tu, Rem!-
-E
tu datti una calmata, Black!- si intromise Julian, prima di tornare a
James.
–Allora, ci dici questa cosa importante o possiamo tornare a
farci i fatti
nostri?-
Potter
annuì ed andò a sedersi su uno dei tanti lettini
liberi dell’infermeria,
scegliendo quello più vicino a dove si trovavano i ragazzi.
Il
sole era già tramontato e solo la luce delle torce
permetteva loro di vedersi
in viso.
E
poi ombre e buio, solo ombre e buio.
-Ragazzi,-
cominciò, guardandoli uno ad uno. –quello che sto
per dirvi, beh, è molto
importante, meno persone lo sanno meglio è per tutti,
davvero. Perciò, ve lo
chiedo per favore, questa cosa non deve saperla nessun altro oltre voi,
è
chiaro?-
-Ma
certo!- fece Vick, immediatamente. –James, siamo i tuoi
migliori amici!-
Sirius
rise con scherno. –Non ti fidi di noi?-
James
portò subito lo sguardo su di lui, grave. –Questo
non è vero e tu lo sai,
Sirius. Se non mi fidassi di voi, adesso non starei qui a parlare.- gli
disse,
zittendolo.
-Riguarda
la runa che hai tatuata sul braccio?- domandò Remus, attento.
-Anche.-
rispose Potter, annuendo. –Arriverò anche a
parlarvi di questo.-
-Merlino,
si può sapere di che si tratta?- fece Julian, confuso.
–Sembra di stare in un
racconto dell’orrore, James! Vuota il sacco! Che
sarà mai!-
-In
effetti un po’ lo è.- disse il Grifondoro con un
sorriso mesto. –E non so da
dove cominciare per…per spiegarvi. È
terribilmente difficile.-
Remus
gli sorrise, gentilmente. –Parti da un punto.
Verrà tutto da sé, James.-
-Esatto!-
fece anche Vick. –Noi ti ascoltiamo.-
Bene,
era arrivato il momento.
Un
bel respiro, poi un passo, un altro passo, il salto e poi…
-Va
bene.- disse James, abbassando lo sguardo. –Allora
inizierò dicendovi che tutti
voi sapete che i Potter non sono i miei genitori, ma non siete a
conoscenza di
chi siano il mio vero padre e la mia vera madre.-
-Credevo
che i tuoi genitori biologici fossero morti.- fece Julian, guardandolo.
-Lo
sono. Ma è importante per voi sapere chi fossero. Mia madre
si chiamava
Savannah.- mormorò Potter, alzando lo sguardo sui suoi
amici. –Savannah
Havisham. Faccio parte di questa famiglia. Mio nonno è
Edward Havisham.-
Calò
un silenzio spettrale, talmente denso ed insopportabile che la voglia
di
alzarsi da quel letto e scappare via fu davvero tanta.
Ma
doveva restare lì, lo doveva a tutti loro.
Come
si aspettava, dopo quell’attimo di smarrimento, che
però per lui durò ore,
cominciò la confusione più totale.
L’incredulità.
Sapeva
che sarebbe andata così, se lo aspettava.
-C-Come
hai detto? Edward?
Edward Havisham?- balbettò
Remus, sconvolto.
-Stai
parlando di quel tipo da brividi che è venuto a scuola
quando stavi male?- fece
Victoria, gli occhi azzurri spalancati.
Peter
non disse una parola e così Julian, che continuò
a fissarlo senza dire nulla.
Ma
James sapeva bene chi guardare: Sirius.
Suo
fratello era immobile ed era letteralmente impallidito.
Rigido
come una statua di marmo.
I
loro occhi si incontrarono e nessuno dei due distolse lo sguardo.
-Stai
scherzando?- si decise a dire Black, la voce che quasi tremava.
–T-Tu non puoi
essere un Havisham! Se è uno scherzo non è
divertente!-
-Non
è uno scherzo, Sirius. E non è neppure
divertente, nessuno lo sa meglio di me.-
-Se
quello che dici è vero…- cominciò
Remus, allibito. –Allora, le cose che ci ha
detto Sirius sugli Havisham, quando stavi male… insomma, i
poteri illimitati,
la magia nera e gli spiriti maligni…il patto col
Male… voglio dire…-
-E’
tutto vero.- confermò James, non riuscendo a guardare i
propri amici negli
occhi.
-A-Anche
sugli spiriti infernali?- balbettò Victoria.
Potter
annuì. –Stria lo è. È il
famiglio della famiglia Havisham, segue ogni
discendente di questo casato da secoli.- spiegò, sentendo
crescere la morsa
allo stomaco.
-Il
tuo gatto è uno spirito maligno!?- se ne uscì
Julian, prendendo parola per la
prima volta. Aveva un’espressione incredula sul viso.
Li
vedeva, lì, davanti a lui. I suoi amici.
Lo
guardavano con delle facce pallide, lo sconcerto sul viso. Parevano
sconvolti
e… il peggio non era ancora arrivato. C’era ancora
una bella parte di verità da
rivelare, la più tremenda in assoluto.
La
tentazione di fermarsi lì era tanta. Rivelare di essere un
Havisham e stop,
niente altro. Ma non sarebbe stato giusto, non sarebbe stato corretto.
Doveva
dire loro tutto. Tutto.
Chiuse
un attimo gli occhi, prese ancora un bel respiro e quando li
riaprì, i ragazzi
erano ancora lì, a fissarlo increduli, sbigottiti.
-C’è
dell’atro.- mormorò, sentendo mancare la voce.
–La parte peggiore.-
-E
sarebbe?- lo incitò Remus, scosso.
James
si sentì tremare dentro, fin nelle ossa, ma, in quel
momento, avvertì la
presenza della mano di Lily sulla sua.
Lei
era lì, vicino a lui, non lo aveva abbandonato un istante ed
era rimasta in
silenzio, come a volersi escludere dalla discussione. Però
era rimasta al suo
fianco.
-La
mia vera madre è Savannah Havisham, la figlia scomparsa di
Edward… e mio padre,
il mio padre biologico… n-non era umano. Non era un essere
umano, capite? Era
uno dei servi degli Havisham, uno spirito maligno.-
Ecco,
aveva detto tutto adesso.
Per
metà era un mostro, un essere dell’Inferno, e non
poteva cambiare questa sua
natura. Dentro di sé sarebbe sempre rimasta quella parte
marcia, abominevole.
Non
voleva guardare i suoi compagni in faccia.
Non
voleva vedere la paura, lo schifo o qualsiasi altra espressione sui
loro volti.
Forse
sarebbero semplicemente usciti dall’infermeria, senza
più rivolgergli la paura
ed avrebbero cominciato ad evitarlo.
La
prima voce che udì fu quella esitante ed un poco timorosa di
Victoria.
-Ma…
ma James, sei davvero sicuro? M-magari ti sbagli, no? Insomma, tu non
mi sembri
affatto un…-
Stava
per risponderle, ma Sirius lo precedette.
-Cosa
è successo ad Halloween?-
James
non si azzardò ad incontrare gli occhi blu
dell’amico, rispose a voce bassa,
tenendo lo sguardo piantato a terra come il codardo che si sentiva di
essere.
-Poco
dopo passati i diciassette anni, ogni membro della famiglia Havisham ha
il
risveglio totale dei poteri ottenuti tramite il patto che il
capostipite fece
con il Male. Quella notte, i miei poteri si sono risvegliati. Sono
diventato un
Havisham a tutti gli effetti ed in più… dentro di
me ci sono anche i poteri che
ho ereditato dalla razza di mio padre… Si sono risvegliate
dentro di me tutte
queste cose e il mio corpo… beh, credo non abbia resistito,
per questo sono
come caduto in coma.- spiegò, sentendosi tremare dentro.
–I-io… io sono
pericoloso. Questa forza dentro di me continua a crescere, riesco a
sentirla…
Un tempo il sigillo di Silente, il mio tatuaggio, mi aiutava a
controllarla… ma
dopo la notte di Halloween è andato distrutto…
non ho più freni… e se i poteri
dovessero avere la meglio sulla mia mente… io… io
diventerei solo un
contenitore, un corpo di carne usato da questa energia…
sarei come un’arma da
guerra…non sarei più una persona, non resterebbe
più nulla di me.-
-No.-
fece Vick, scuotendo il capo, gli occhi lucidi. –Queste sono
solo stronzate,
non esistono cose simili! Io non ti credo!-
James
si azzardò
ad alzare lo sguardo e vide
che tremava. Peter Minus, seduto vicino a lei, lo fissava con gli occhi
sgranati, le labbra serrate.
-Vick…-
sussurrò Potter, sorridendo mestamente.
–E’ tutto vero. Credi che scherzerei su
una cosa simile? Io… io sono questo. Lo sono e non posso
farci nulla.-
-Ma
quello che dici è…- cominciò la
ragazza, accorata.
-Victoria,
se esistono quelli come me…- fece Remus, lo sguardo
indecifrabile. –Può
esistere anche quello che dice James. Siamo maghi, non babbani. Il
soprannaturale non dovrebbe stupirci poi più di tanto, no?-
-Victoria,
se hai paura, io ti capisco, credimi. E non ti biasimo.- disse James,
che ad
ogni parola dei suoi amici sentiva la propria anima frantumarsi.
Era
atroce, insopportabile.
Vederli
così… agitati, confusi, spaventati. E sapere che
li avrebbe persi.
La
Olsen lo guardò, aveva gli occhi lucidi ed una lacrima le
solcò una guancia.
-Certo
che ho paura! Ho paura per te,
James!- esclamò, disperata.
E
fu lui a spalancare gli occhi, incredulo.
Non
poteva aver sentito bene.
-Cosa?-
esalò, senza voce.
La
stretta della mano di Lily sulla sua si fece più salda.
-Come
cosa?- fece Vick, sconvolta. –Questa cosa che è
dentro di te rischia di
cambiarti! Di farti del male! James, c-come possiamo aiutarti?-
-Aiutarmi?-
ripetè il ragazzo, shockato. Si sarebbe aspettato tutto
tranne quello.
-Sì!-
seguitò la Olsen, agitata. –Potremmo cercare un
nuovo modo per tenere questi
poteri a bada! Forse c’è qualcosa nel Reparto
Proibito in biblioteca! O magari
possiamo andare a Nocturne Alley, no? Ci deve pur essere qualcosa!-
-Vick,
calmati.- le disse Remus con dolcezza, prendendola per mano.
La
ragazza si zittì, abbassando lo sguardo.
Il
silenzio tornò e li avvolse tutti quanti.
James
guardò i suoi amici e li trovò terribilmente
distanti. Si chiese come si
sarebbe comportato se si fosse trovato nella loro situazione, cosa
avrebbe
detto, cosa avrebbe fatto. Una cosa stupida ed inutile da pensare.
M
avrebbe davvero dato qualsiasi cosa per essere nelle loro teste in quel
momento.
Victoria
era ammutolita, Peter non aveva praticamente spiccicato parola e
sembrava il
più sconvolto di tutti. Poi c’era Remus, la sua
aria pacata ed il suo sguardo
indecifrabile. Julian, ancora tranquillamente seduto sulla sua sedia
con la sua
classica espressione illeggibile. E Sirius, chiuso in silenzio cupo che
spaventava James più delle reazioni di tutti gli altri.
Perché
non dicevano più nulla?
Perché
non dicevano chiaramente che non volevano più avere nulla a
che fare con lui e
che la loro amicizia era finita?
Quel
silenzio, quell’attesa lo uccideva.
Forse
doveva semplicemente alzarsi ed andarsene.
Forse
era questo che loro volevano.
Sorprendentemente,
fu proprio Sirius a riprendere parola, stupendo tutti quanti.
Black
lo guardava e quegli occhi blu non erano più pieni di rabbia
come prima.
-Da
quanto sai tutto questo, James?-
Eccola,
La domanda.
La
più terribile, quella che temeva più di tutte.
Doveva
aspettarselo che sarebbe stato proprio suo fratello a porgliela di
fronte.
Nessuno
osava fiatare adesso, parevano tutti desiderosi di sapere la risposta.
E
lui non poteva mentire, non poteva svegliarsi e realizzare che tutto
era solo
un incubo. Non c’era via di scampo, doveva dire la
verità.
Due
parole.
Non
sarebbe stato capace di dire qualcosa di più.
-Da
sempre.-
Da
sempre….
James
vide chiaramente quella rivelazione colpire Sirius dritto al cuore.
Una
pugnalata in pieno petto, poteva sentire il dolore anche su di
sé. Il male che
provocava a suo fratello lo sentiva anche su se stesso, era sempre
stato così.
Ne
fu quasi felice. Era giusto che soffrisse come Sirius, che patisse le
stesse
pene atroci che aveva appena inferto al suo migliore amico.
In
quegli occhi blu vide la confusione, la delusione, la negazione, la
disperazione…
E,
più di tutto, acuto, vide il dolore.
Un
dolore accecante.
Non
ebbe il tempo di dire nulla, neppure pronunciare il suo nome.
Sirius
Black se ne andò, senza guardare nessuno, senza emettere un
suono.
E
James non lo seguì, lasciandolo andare.
Doveva
dargli del tempo, ne era consapevole. Era il minimo che poteva fare.
-Perché
non ci ha mai detto niente?- fece Victoria, riprendendo la parola.
Era
sconvolta. Fuori di sé.
Gli
occhi lucidi, le guance arrossate ed il corpo che tremava.
-Vick…-
mormorò James, dispiaciuto.
-Perché
diavolo non ci hai mai detto
niente?-
strillò lei, mettendosi in piedi. –Siamo i tuoi
migliori amici, James! Ti
vogliamo bene! Perché ci hai tenuta nascosta una cosa
simile? Cosa devo
ricavarne, eh?! Allora noi non siamo nulla per te?!-
Victoria
tremava, era un fascio di nervi.
James
non seppe mai come riuscì a risponderle. Le parole vennero
da sole.
-Capisco
la tua rabbia, la rabbia di tutti voi, e accetterò qualsiasi
vostra decisione,
non ho il diritto di avanzare richieste.- le disse, guardandola negli
occhi.
–Ma, Victoria, credimi! Se fino ad oggi non vi ho detto
niente non è stato
perché voi non siete nulla per me, è
l’esatto opposto. È perché voi siete tutto per me! Siete la mia famiglia, il
mio mondo! Mi sono sempre atteggiato a grande capo, ma in
realtà sono solo un
idiota!- dichiarò, scuotendo il capo. -Ho vissuto tutta la
mia vita attirando
l’attenzione di tutti, cercando di diventate quello che
chiunque ragazzo
vorrebbe essere. Popolare, intelligente, bravo a scuola e nello sport,
divertente, combina guai, ma allo stesso tempo ammirato dagli
insegnanti. E
tutto perché sapevo di avere questo marcio dentro!
È stato l’unico modo che ho
trovato per reagire, perché dovevo reagire. Non potevo
chiudermi in me stesso a
rimuginare sul destino che mi era stato riserbato, o sarei impazzito!
Avevo…
avevo il terrore che i miei genitori cominciassero a pensare di aver
fatto uno
sbaglio ad accettare come figlio una creature simile e che mi
abbandonassero!
Avevo paura di non avere amici ed invece sono venuto ad Hogwarts ed ho
conosciuto voi! Ho visto che se tacevo sulla verità e mi
impegnavo ad essere la
persona che volevo diventare, beh, potevo davvero ottenere la vita che
volevo!-
Parlare,
adesso era il momento di parlare.
E
le parole venivano da sole, finalmente libere dopo tanti anni di
prigione.
Poteva
essere sincero adesso. Non aveva più niente da perdere.
E
voleva che anche Lily ascoltasse, perché non avrebbe
più sicuramente avuto il
coraggio di ripetere tutto quanto.
-Era
facile essere bravo a scuola, soprattutto nelle discipline dove si
richiedeva
l’uso della magia.- confessò, sorridendo con
ironia. –I miei poteri mi
rendevano tutto una sciocchezza, tutto terribilmente semplice. Ed ero
bravo a
quidditch, entrare nella squadra è stato un gioco da
ragazzi, ma questo lo
sapete anche voi. In poco tempo ho raggiunto ciò che volevo,
essere il
migliore, e mi sono talmente adagiato in questa mia condizione che,
pian piano,
le mie paure sono svanite. Non mi ossessionavano più.
Scappare e vivere nel mio
mondo perfetto era più semplice! E non mi sarei mai sognato
di dirvi nulla per
paura di perdervi! Non volevo che scopriste tutto questo di me, non
volevo che
vi allontanaste! Ma adesso mi sono reso conto che non posso
più andare avanti
così! Perciò, ecco, ora sapete tutto. Potete
detestarmi, odiarmi, ritenermi la
persona peggiore del mondo, accetterò qualsiasi cosa.-
Fuori!
Tutto
fuori, finalmente!
Tutto
il suo mondo era caduto a pezzi.
Lui
lo aveva distrutto in mille pezzi e ne era, in qualche modo, felice.
Quello
che sarebbe accaduto da quel momento, bello o brutto, sarebbe stato
reale. Non
avrebbe più avuto nulla da nascondere alle persone
più importanti della sua
vita.
I
suoi amici lo stavano guardando, scossi da quel suo fiume di parole.
E
Remus Lupin, con lo stupore di tutti, scostò le coperte e
scese dal letto,
camminando a piedi scalzi fino ad arrivare da lui.
James
sollevò lo sguardo ed i loro occhi si incontrarono. Quelli
azzurri di Remus
contenevano una miriade di sensazioni diverse, impossibili da
decifrare.
-Ti
sei portato dentro tutto questo per così tanto tempo?-
chiese Lunastorta, la
voce che tremava un poco.
Sorpreso
da una simile domanda, James annuì.
-James,
ascoltami bene.- cominciò Lupin, non staccando gli occhi dai
suoi. –Quello che
hai fatto è molto grave, ma non contro di noi, contro di te!
E quello che sei,
non è una tua creazione, sei tu! Semplicemente tu! Non sei
diventato l’idolo
della scuola perché ti sei impegnato o cosa, non hai
ingannato nessuno. La
gente ti ammira perché sei tu! Perché hai sempre
una parola buona per tutti,
perché sei giusto, sei carismatico, sei intelligente e
simpatico! Questo non lo
hai forzato tu! James, tu sei veramente così! Mi capisci?-
-Ma
io…-
-Avresti
dovuto dirci la verità. Vivere con un segreto simile ti
logora dentro e tu sai
che nessuno può capire certe cose meglio di me. Vuoi
sentirti dire che sono
deluso e arrabbiato? Sì, sono deluso e anche un
po’ arrabbiato, ma tu sei più
importante! Io sono felice che tu ti sia finalmente aperto con noi e
voglio che
tu sappia che, contrariamente alle tue previsioni, non ho nessuna
intenzione di
voltarti le spalle.-
Era
la seconda volta in quel giorno. Aveva di nuovo il nodo alla gola.
Non
si meritava il perdono di Remus Lupin, non se lo meritava affatto. E
non aveva
la minima idea di cosa dire.
-Rem,
io non so…- balbettò, incapace di articolare
qualche parola.
Remus,
inaspettatamente, sorrise. –Sei proprio un coglione, James
Potter!- gli disse,
prima di chinarsi su di lui ed abbracciarlo forte. –Potevi
dirmelo che almeno
una cosa in comune ce l’avevamo.- scherzò,
riferendosi ai loro rispettivi
segreti.
Risero
insieme e fu davvero come se non fosse mai accaduto niente.
Niente
si era frantumato, niente era caduto in pezzi.
E
James pensò che il cuore di Remus Lupin doveva essere
veramente grande, lo
sentiva battere sotto l’orecchio ed era rassicurante.
Avere
Lupin come amico era una fortuna, un onore. Lo aveva sempre pensato, ma
mai
come quel giorno ne era stato sicuro.
-Grazie,
Remus.- mormorò, sincero.
Il
biondino si scostò da lui e scosse la testa, per poi
voltarsi a guardare gli
altri, che erano rimasti in silenzio.
Il
primo a parlare fu Julian Harris. –Se sei una specie di
spirito maligno, allora
ti spunteranno anche corna e coda?- domandò, rompendo il
silenzio e stupendo
tutti quanti, come al solito.
James
restò di stucco. –No, certo che no!-
Harris
fece spallucce, sospirando. –Peccato, sarebbe stato
divertente.-
-E’
un tuo modo per dirmi che anche a te tutto questo sta bene?- chiese
James,
confuso.
-Certo
che mi sta bene.- rispose Julian, tranquillo. –Voglio dire,
dimmi chi è
veramente normale tra di noi! Nessuno! Perciò, per quanto mi
riguarda, va
bene.-
-Ti
va bene? Sul serio?-
-Mi
va bene quello che sei. Non mi vanno bene i segreti, James. Ma se mi
fossi
trovato al tuo posto, non so cosa avrei fatto
perciò… chi sono io per
giudicare?-
-Va
bene anche a me.- mormorò Victoria, intromettendosi.
–Voglio starti vicino,
James. Siamo amici, no? Però, sul serio, basta misteri. Fa
male a noi e,
soprattutto, fa male a te! Hai bisogno di noi, non puoi reggere tutto
da solo!-
Toccava
a Peter parlare, gli sguardi di tutti erano puntati su di lui.
James
lo vide in difficoltà e, immediatamente, andò in
suo aiuto.
-Peter,
davvero… se adesso hai, beh sì, insomma, se ora
mi vedi in un altro modo, se
hai paura o rabbia, io lo capisco.- gli disse, cercando di non
pressarlo.
Ma,
stranamente, ad un tratto Minus alzò il viso e lo
guardò. Gli sorrise, anche se
con un po’ di incertezza. –Sta bene anche a me,
James. Sei mio amico.-
Era
strano quel sorriso, c’era qualcosa di diverso, ma Potter si
disse che non
poteva essere altrimenti, dopo le sue rivelazioni. Peter doveva essere
sconvolto.
Non
se ne erano andati, pensò James, mentre il mondo intorno a
lui tornava ad avere
una forma, un colore. I suoi amici non se ne erano andati, erano ancora
lì, per
lui, nonostante i suoi errori.
Non
sarebbe mai riuscito a ripagarli abbastanza. Mai.
-Ragazzi
io non so davvero cosa dire.- proferì, guardandoli uno ad
uno. –Io sono stato
terribile con voi, vi ho tenuto nascosta una cosa simile, avreste avuto
tutto
il diritto di mandarmi al diavolo e proseguire con le vostre vite e
invece…-
-E
invece no.- lo interruppe Remus, sorridendo.
–Perché, che tu ci creda o no
James, tu sei una persona splendida. Hai dato tutto per ognuno di noi,
ci sei
rimasto sempre vicino. Adesso sei tu che hai bisogno di noi e non ti
abbandoneremo.-
-Remus
ha ragione, James.- fece Lily, prendendo finalmente la parola.
-Esatto.-
confermò Lupin, annuendo. –E adesso credo proprio
che dovresti andare da
Sirius, penso che sia quello che ha più bisogno di te,
adesso.-
Già,
Sirius.
Doveva
parlargli, fargli capire.
Tentare,
in ogni modo. Non poteva lasciarlo andare.
Dotato
di una nuova forza, James si alzò dal letto dove era seduto,
lasciando la mano
di Lily che aveva stretto la sua fino a quel momento.
Guardò
la ragazza e le sorrise. –Grazie.- le disse, perdendosi nei
suoi meravigliosi
occhi verdi e pieni d’affetto.
Lei
sorrise a sua volta ed annuì. –Adesso vai da
Black, James. Ci vediamo a cena.-
-Ok,
allora a stasera.- le rispose, prima di voltarsi a guardare gli altri.
–Ragazzi, io non so davvero come…-
-Basta
con i ringraziamenti!- lo blocco Julian, sbuffando. –Stai
diventando monotono!-
E
Potter rise, annuendo. –Ok.-
Rivolse
ai suoi amici un ultimo lungo sguardo, poi uscì
dall’infermeria con un’euforia
ed un’energia che sentiva di non avere più da
tempo.
Tutto
era caduto in pezzi.
Tutto
si era ricostruito di nuovo.
***
Con
il far della sera l’aria si era fatta molto più
fredda e pungente; il sole era
tramontato, facendo piombare l’intero parco di Hogwarts nel
buio più completo,
nel quale rumori e suoni venivano amplificati in maniera
raccapricciante,
spaventosa per coloro che non erano assidui frequentatori del posto
nelle ore
notturne.
La
Foresta Proibita appariva ancora più minacciosa, contenitore
e culla di segreti
che non sarebbero mai dovuti essere svelati.
La
neve depositata sulle piante riluceva in maniera spettrale
nell’oscurità
avvolgente in un intreccio di chiari e scuri che era tutto da ammirare,
mentre
una lieve brezza andava portando quel vago ed impalpabile odore di
acqua
ghiacciata.
Inverno
appena nato.
James
Potter trovò Sirius Black seduto sulla gradinata
dell’entrata principale del
castello, luogo dove erano spesso soliti sedersi.
Sirius
fumava, incurante del freddo e di qualsiasi altra cosa intorno a lui.
Forse
avrebbe dovuto dargli più tempo, lasciare che fosse lui ad
andare a cercarlo.
Loro due non si erano mai ritrovati in una situazione del genere, non
aveva
proprio idea di come comportarsi perciò, suo malgrado, non
poteva fare altro
che tentare.
L’unica
cosa che sapeva di sicuro era di non voler perdere suo fratello.
Lo
avrebbe pregato, lo avrebbe supplicato, si sarebbe lasciato picchiare a
sangue.
Tutto.
Avrebbe fatto tutto.
Fermo
al portone d’ingresso, James esitò, non riuscendo
a decidersi a chiamarlo.
Era
buffo.
Era
sicuro di essere pronto a tutto pur di riavere Sirius, ma non aveva
neppure il
coraggio di chiamarlo per nome, di attirare la sua attenzione.
Lo
sapeva.
Con
Sirius Black sarebbe stata più dura.
Prendendo
un bel respiro, si decise a chiamarlo, ma fu anticipato.
-Non
avrei mai immaginato che tu avessi il sangue più blu del
mio.-
Sirius
si era accorto di lui.
E
il tono di quella voce era debole, ironico. Sfuggente.
-Sirius…-
cominciò James, esitante.
Black
continuò a restare seduto, dandogli le spalle e continuando
a fumare la
sigaretta.
Non
voleva voltarsi.
Non
voleva vederlo.
-Ti
hanno giustificato e perdonato tutti, non è vero?-
James
abbassò lo sguardo e non rispose. In quella voce
c’era veleno.
Sirius
capì ugualmente.
-Me
lo immaginavo.- disse, pacato. –Allora, a quanto pare, io
devo essere proprio
una carogna, sai? Già, lo sono, perché non ho
affatto intenzione di
giustificarti, James.-
-Lo
so.- rispose Potter, serio. –Ed hai tutte le ragioni del
mondo.-
Black
rise leggermente, terminando la sigaretta e ciccando a terra.
-Adesso,
sai, l’unica cosa che avrei voglia di fare è
spaccarti la faccia.-
-Puoi
farlo, se vuoi.- fece l’altro, restando immobile.
Sirius
si mise in piedi, improvvisamente, voltandosi per guardarlo in faccia.
Aveva
gli occhi arrossati e James rimase senza parole.
-Sirius,
io…-
-Sta
zitto!- gridò l’altro, con rabbia. –Sta
zitto, James! Non mi interessa un cazzo
di quello che vuoi dirmi! Chiudi quella bocca e vattene!-
-No.-
mormorò Potter, scotendo il capo. –No, resto qui.
Urla, picchiami, fai ciò che
vuoi. Non me ne andrò via di qui, Sirius.-
-Dovrei
spezzarti la schiena razza di bastardo!-
-Benissimo,
fallo.-
Un
attimo e Sirius Black fu vicino a lui, afferrandolo per il mantello e
sbattendolo con rabbia contro la parete di pietra. James non fece
parola,
lasciandolo fare.
Quegli
occhi blu erano ciò che lo facevano soffrire di
più, che facevano più male.
Per
tutti quegli anni, gli occhi di Sirius erano sempre stati lo specchio
in cui
specchiarsi. Lì, in quello sguardo sincero, aveva sempre
trovato se stesso.
Adesso,
invece, vi albergava il vuoto.
Sirius
tremava, gli tremavano le braccia, non sarebbe mai riuscito a dargli un
vero
pugno in quello stato. Eppure, anche solo vedere il proprio migliore
amico in
quello stato faceva male, molto più di un colpo ben
assestato.
Black
gli dette un violento strattone e lo lasciò andare con
rabbia, imprecando.
-Perché
mi hai lasciato andare?- chiese James, restando fermo con la schiena al
muro.
-Perché
non riesco a farti del male, brutto figlio di puttana che non sei
altro!-
sbraitò l’altro, fuori di sé.
–Vorrei tanto, ma qualcosa mi trattiene! Sei
contento?-
Potter
lo guardò, senza dire niente.
Sirius
si allontanò da lui, chiudendo gli occhi e passandosi una
mano sul viso tirato.
Era come tornare a pochi giorni fa. La rabbia, la delusione.
E
quel ragazzo che non poteva essere il suo migliore amico.
Come
poteva non essere un incubo? Come potevano trovarsi davvero in quella
situazione proprio loro due?
Credeva
di impazzire, forse era già pazzo.
Aprì
gli occhi e James era ancora lì che lo guardava. Che
aspettava.
Aspettare
cosa?
Cosa
avrebbe mai potuto fare o dire?
Avrebbe
voluto picchiarlo, fargli male, provocargli il dolore che lui stesso
sentiva,
ma non ci era riuscito. Non ce l’aveva fatta.
La
verità era che non sarebbe mai riuscito a fare del male a
suo fratello, avrebbe
sempre preferito subire sofferenze al posto suo.
-Dimmi
solo perché.- mormorò ad un tratto, senza neppure
guardarlo.
James
face un sorriso mesto. –Perché sono un codardo ed
avevo troppa paura di
perdervi per rischiare; Remus è stato molto più
forte di me. E perché volevo
una vita normale, dove quello che ero veramente non avrebbe potuto
perseguitarmi.-
-Avevi
paura? Paura?- ripetè
Sirius,
arrabbiandosi. –Paura di cosa, James? Noi siamo i tuoi
migliori amici! Io, io
sono tuo fratello! Cosa avresti dovuto temere, me lo vuoi spiegare?!
Avevi
paura che ti abbandonassimo? Non lo abbiamo fatto con Remus,
perché avremmo
dovuto farlo con te, idiota?-
-N-Non
lo so.- rispose Potter, abbassando lo sguardo. –Io.. io
pensavo che la mia
fosse una situazione peggiore. Non riuscivo a parlarne, non…
non volevo
parlarne!-
-Avresti
dovuto dirmelo!-
-Lo
so. Lo so, Sirius e mi dispiace! Sono stato un idiota completo
e…-
-Sì,
sei proprio stato un idiota!- sbottò Sirius, furente.
–Come hai potuto avere paura
di noi?! Di me! Cristo, James! Non capisci? Potresti essere il Demonio
in
persona e per me non cambierebbe nulla! Sei mio fratello! Quando mai ti
ho
giudicato, eh? Quando mai ho avuto da dire qualcosa contro di te? Ti
sono
sempre stato vicino in ogni cosa, senza chiedere, senza dare giudizi!
Quando
avevi bisogno di me, io ci sono stato! Pensavi veramente che, dopo la
tua
rivelazione, io ti avrei abbandonato? Consideri la mia amicizia
così debole e
flebile?-
Aveva
ragione.
Sirius
Black aveva maledettamente ragione.
Quella
era stata la sua più grave colpa, non fidarsi dei suoi
amici.
Non
aprirsi con lui, il suo migliore amico.
Non
aveva giustificazione.
Vide
Sirius passarsi frettoloso il dorso di una mano sugli occhi e tirare
bruscamente su con il naso. Qualcosa di molto simile al mettersi a
piangere.
-Mi
dispiace.- mormorò James, senza più forze. Il
cuore che faceva male per il
dispiacere, il senso di colpa che lo attanagliava. –Mi
dispiace davvero, Siri.
Se non vuoi più avere nulla a che fare con me, ne hai tutte
le ragioni. Però…
però io non intendo rinunciare a te, ricostruirò
la nostra amicizia, se
necessario.-
Lo
vide sorridere e scuotere la testa.
-Sta’
zitto.- fece Sirius, stanco. –Non ho detto di non voler
più avere a che fare
con te e non c’è nulla da ricostruire. Sono
incazzato nero e… triste, deluso
anche. Ma neppure io posso rinunciare a te e poi, tra fratelli,
capitano certe
incomprensioni.- ammise, abbassando lo sguardo. Fu un attimo,
perché subito riportò
gli occhi su di lui.
-Sappi
però che non deve accadere una seconda volta. Mai
più, James.-
E
Potter sentì come se la terra fosse svanita sotto i suoi
piedi. Era come
galleggiare.
Sapere
di non avere perso Sirius era come… era come guarire da una
malattia incurabile
e mortale, che non dava scampo.
Non
aveva perso suo fratello. Non se ne era andato.
Meritava
davvero tutto questo?
-Ora
capisco perché stavi così male, quel giorno.-
sussurrò Sirius, guardandolo con
preoccupazione. –Tenersi dentro una cosa del
genere…-
-Già.-
fece James, abbassando lo sguardo. –Credo… credo
di aver raggiunto il limite di
sopportazione, Sirius. Non ce la faccio più. Vorrei
solo… vorrei solo che non
fossi io, che non fosse capitato a me.-
Fu
allora che Sirius Black gli sorrise, il sorriso affettuoso e fraterno
che tanto
amava.
-Andrà
tutto bene, Ramoso. Adesso ci sono io.-
E
non potè trattenersi dal farlo.
Al
diavolo le femminucce, al diavolo il codice dell’uomo virile.
James
afferrò Sirius per le braccia e poi lo abbracciò
forte, sorridendo quando sentì
suo fratello ricambiare l’abbraccio con la stessa forza, con
lo stesso affetto.
Finita.
Era
finita, finalmente.
-Ricordati
che ti devo un pugno, Ramoso.- gli disse Sirius, mentre lo abbracciava.
Potter
rise ed annuì. –Tutti i pugni che vuoi, Felpato.-
E,
si sa, il destino, la casualità, hanno sempre avuto un
brutto senso
dell’umorismo, unito ad un tempismo quasi sempre perfetto.
Perché,
quella sera, un certo Corvonero stava tornando da un’allegra
–ma mica tanto-
scampagnata nella Foresta Proibita, munito di uno strano apparecchio
magico che
ogni tanto emetteva sbuffi di fumo colorato.
A
chi faceva domande sull’utilità di tale oggetto,
il ragazzo in questione
rispondeva con orgoglio che si trattava di uno strumento capta onde
psichiche
emesse dagli unicorni.
Xeno
Lovegood attraversò con passo sicuro il parco di Hogwarts,
senza mostrare la
minima preoccupazione per l’ora tarda e si diresse verso
l’ingresso principale
del castello. Lì, ebbene sì, li vide.
James
Potter e Sirius Black, sulla scalinata di marmo, da soli, che si
abbracciavano.
Subito
sul volto del Corvonero si aprì un sorrisone gongolante che
andava da un
orecchio all’altro, mentre gli occhi prendevano a scintillare
di genuino
entusiasmo.
-Potter!
Black!- trillò giulivo, allungando il passo per raggiungere
i due Grifondoro.
I
due si voltarono a guardarlo, sorpresi di ritrovarselo davanti.
-Lovegood?-
fece Sirius, stupito.
-Ah,
meraviglioso!- esclamò Xeno, infervorato. –Lo
sapevo, lo sapevo! Ragazzi, sono
fiero di voi, davvero! Dovete andare oltre i pregiudizi!E poi Olsen ed
Evans
sono delle ragazze così carine, sono sicuro che capiranno!-
-Ma
che cazzo dici?- sbottò Black, che non ci stava capendo
nulla.
-Xeno…-
fece James, che invece stava paurosamente cominciando a capire.
-Lasciate
che ve lo dica, siete veramente una bella coppia! L’amore
omosessuale è troppo
spesso non capito, purtroppo! Ma avete il mio totale sostegno, ragazzi!
Mi
batterò per voi, se necessario! L’importante
è che non nascondiate il vostro
amore, è un sentimento troppo bello per essere occultato!-
Quello
che accadde dopo il sermone di Lovegood passò alla storia.
Sì,
perché se James, povera anima, si limitò ad
alzare gli occhi al cielo e
sospirare, arresosi alla pazzia del Corvonero, la reazione di Sirius
Black fu
molto diversa.
Negli
annali di Hogwarts non furono mai riportate le parolacce e le bestemmie
dette,
tirando in ballo Merlini, Morgane, Circi, i padri fondatori della
scuola e
varie madri e sorelle innocenti. Pare però che le urla
fossero così alte da
arrivare perfino alla capanna del povero Hagrid e che
quest’ultimo, da sempre
frequentatore di pub e quindi di gente non molto perbene, rimase
così sconvolto
da quelle imprecazioni da tapparsi le orecchie e correre a letto con il
proprio
cane, Thor.
Anche
centauri e sirene sentirono tutto, confermando la loro teoria su quanto
insulsi
e cafoni fossero gli esseri umani.
Perché,
in fondo, lo si sapeva. Non esisteva nessuno al mondo più fine di Sirius Black.
Note
di
fine capitolo
Ed
anche questo capitolo è andato, gente! Ho fatto una super
corsa per aggiornare
in tempo per farvi gli auguri e ci sono riuscita!
Che
dire? Con questo si chiude un capitolo della mia storia. Si chiude una
porta e…
lo vedrete, si aprirà un portone. Si comincia ad entrare
nella guerra, perciò
tenetevi pronti! XD Detto questo, un grandissimo GRAZIE a tutti voi,
ragazzi e
ragazze! Grazie perché seguite la mia storia, leggete,
recensite, commentate!
Non so cosa farei senza di voi! Amo raccontare storie molto lunghe.
Questo
perciò sarà un lungo viaggio, la fine
è ancora lontanissima! Spero avrete la
pazienza di seguirmi. Ed io spero di avere la forza e la costanza di
completare
la fanfic!
Vi
auguro dunque tantissimi auguri di Buon Natale e di felice anno nuovo,
ci
risentiremo a Gennaio con il prossimo capitolo!
Dunque
divertitevi, ingozzatevi di dolci, fate festa! Che poi il ritorno
è sempre
brusco! XD Un bacione ed un abbraccio immenso, a tutti!
Brando:
Ciaooo!
XD Come puoi vedere,
la verità è stata svelata! Mi dispiace di aver
dovuto rimandare, ma non avevo
scelta. Hai ragione, la guerra doveva arrivare e sta arrivando! Spero
solo di
essere all’altezza di raccontarla. :D Tra Sirius e James pare
ci sia di nuovo
la pace, ma una pace non molto solida e forse capirai anche
perché! ^^
Su
Remus e Eva non mi sbilancio, mi spiace! Sarà tutto da
scoprire! Grazie per
esserci sempre! Buon Natale!
Kokylinda2:
Ciao
ciao! Anche a me piace
inserire nella storia avvenimenti e personaggi autentici della saga,
quando lo
faccio è sempre un piacere. Xeno è adorabile, mi
sto veramente divertendo un
casino a farlo uscire con le sue battute idiote! Lo stesso vale per
Julian!
Purtroppo non posso dirti nulla su Eva, mi spiace! È una
cosa che scoprirete
piano, piano da soli! Un abbraccio! Buon natale!
Deviata:
Tesoro,
ciao! Non
preoccuparti, anche io sono incasinata con
l’università, quindi ti capisco
benissimo! Lo so, il mondo tranquillo della scuola ci aveva messo tutti
quanti
comodi, ma lo zio Voldy scalpita per entrare in scena e, purtroppo,
credo
proprio che dovrò accontentarlo! Grazie mille per i
complimenti, davvero!
Un
bacione e buon natale!
Malandrino4ever:
Ciaoooo! Grazie mille
per
i complimenti, sei sempre gentilissimo, non li merito tutti quanti!
Come vedi,
il chiarimento c’è stato, ma non cantare troppo in
fretta vittoria! Sono felice
che i personaggi ti piacciano, sto sempre concentrata per renderli al
meglio
che posso! Su Rem ed Eva non mi sbilancio! :P Buon natale!
LilyProngs:
Tesoro
mio, mi auguro
davvero di trovarti su msn una di queste sere, mi piacerebbe davvero
tanto
sentirti! Ti ringrazio moltissimo per tutti i complimenti, sei sempre
gentile e
carina con me, quando io invece non ho mai troppa fiducia in me stessa!
Sono
felice che il tuo esame per la patente sia andato bene, anche il mio
esame è
andato bene, per fortuna! Ti mando un abbraccio fortissimo! buon natale!
La
Nika: Ciao
cara! Ti chiedo ancora
scusa per l’altra volta, sono stata veramente sbadata, non
accadrà più! Sono
felice che questa sia la tua storia preferita, mi fa veramente molto
piacere,
quindi ti ringrazio! Ora Lily e James sono un po’ da parte,
ma ci saranno scene
anche per loro, assicurato! Un bacione e buon natale!
Princesseelisil:
Ciao!
Guarda, la tua
recensione mi ha veramente fatto molto piacere, sei stata un tesoro,
davvero!
Le parole che mi hai detto mi hanno commossa, davvero, non mi merito
certi
complimenti, sono solo una scrittrice di fanfic. Però
grazie, di cuore! ^^ Sono
contenta che la storia ti piaccia così tanto ed anche i
personaggi, io ce la
metto veramente tutta e sono felice che le mie fatiche siano servite.
Ti mando
un grosso abbraccio! Buon natale!
Black_Witch:
Sorella
mia, ciaooo! Sì, tra
Lily e James va benone, per ora sono in completa salita, vanno alla
grande!
James con gli altri ha chiarito e sembra aver sistemato anche con
Sirius, ma non
ti adagiare, che tra i due non è ancora finita! Julian con
Annabel deve
sperare. Sperare e basta, perché non è una
situazione facile. E poi la guerra.
Sì, ci siamo. Tieniti pronta! Un bacio e buon natale!
Cicci92:
Ciao!
Colgo l’occasione per
ringraziarti, davvero! Ci sei sempre, non manchi mai di recensire, sei
un
autentico tesoro! Grazie! Sono contenta che Eva e Remus ti piacciano,
purtroppo
non posso e non voglio anticipare nulla, loro sono il mio
più grande enigma! XD
Julian, beh… lo adoro anche io! Ne trovassi uno come lui, me
lo acchiapperei e
me lo sposerei! XD Sono felice che i miei Lily e James ti piacciano,
questa è
la cosa più importante! Un bacione e buon natale!
LiebenLily:
Ciaooo!
Sìììì, ti prego!
Facciamo il fun club di Julian! lo voglio, lo voglio, lo vogliooooo!!!
Ok, mi
calmo! Ma quando mi parlate di Harris, io svalvolo! Credo di essermi
presa una
bella cotta per un mio personaggio, povera me! Grazie mille per le
belle parole
che mi hai detto! Spero davvero che la mia storia continui a piacerti!
Un
bacione e buon natale!
Lovegio92:
Collega
– ebbene sì, per me
sei una collega e stop – non preoccuparti del ritardo, anzi,
grazie per il
commento! Spero di aver alleviato la tua malattia con questo capitolo,
per il
resto dovrai aspettare a Gennaio, temo! XP Come hai visto, sembra che
la
situazione tra i ragazzi si sia risolta. Beh, io dico solo,
è quasi risolta,
non del tutto. Soprattutto non lo è con Sirius. Ma per ora
la cosa è stabile!
XD Sono felice che Zack ti piaccia! Ho sempre avuto paura di creare
questo
fantomatico padre di James, credevo di sbagliare, di fare un buco
nell’acqua.
Invece è andata e sono abbastanza soddisfatta! Grazie mille
per i complimenti,
sei sempre troppo buona con me, tesoro mio! Un abbraccio fortissimo!
buon
natale!
Mimmyna:
Ciao,
come va? Sono felice
che gli ultimi capitoli ti siano piaciuti, davvero! In effetti mi piace
mettere
scene divertenti, ecco perché la scena della spremuta
sputata da Vick in faccia
a Julian! anche a me piace molto il papà di James,
perciò sono contenta che i
suoi interventi ti piacciano! Grazie per la recensione!
Un
bacio e buon natale!
Daicchan:
Wow,
una nuova arrivata! ^^
Ciao e piacere di conoscerti! Ti sei letta tutta la fanfic in due
pomeriggi?
Mio Dio, complimenti! E grazie! Sei davvero gentile! Il prossimo
aggiornamento
è previsto per Gennaio, ti manderò una mail di
avviso come a tutti gli altri!
Buon natale!
|
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Capitolo 31 *** I Love Her Green Eyes ***
Chiedo
scusa per avervi
fatto attendere così tanto per l’aggiornamento, ma
è stata tutta colpa
dell’università, io sono innocente! :D Ringrazio
tutti per la pazienza che
avete sempre, davvero. Per il prossimo capitolo dovrete aspettare
Marzo.
Cercherò di fare più in fretta che posso, ma sono
costretta a passare Febbraio
sui libri, visto che ad attendermi ci sarà l’esame
peggiore del semestre:
anatomia umana!
Un
abbraccio a tutti,
Valentina
CAPITOLO
31
I
LOVE HER GREEN EYES
[
Even when she hurts me ]
Dense
nubi grigie si addensavano nel cielo e solo pochi e coraggiosi raggi di
un sole
pallido riuscivano a scalfire quella barriera naturale e raggiungere la
terra
per donarle luce e calore. La temperatura ambientale stava scendendo
vertiginosamente, presto non ci sarebbe stato modo di ripararsi dal
freddo. Ad
Hogwarts si tentava di allontanare il gelo in ogni modo; camini
perennemente
accesi, incantesimi di isolamento alle mura del castello, magici venti
di aria
calda che circolavano per i corridoi. Tuttavia gli studenti,
infreddoliti,
avevano preso l’abitudine di non spostarsi più del
necessario, recandosi
solamente a lezione per poi correre via nella propria Sala Comune, dove
avrebbero potuto sedersi davanti al camino e scaldarsi.
Fuori,
intanto, la neve era diventata così bianca e massiccia da
impedire quasi di
camminare. Solo Hagrid, il guardiacaccia, pareva riuscirci ancora.
Quella
mattina il mezzo gigante avanzava in quel biancore con fatica,
trascinando con
sé un enorme abete, uno dei molti che sarebbe stato usato
per addobbare la Sala
Grande in occasione del Natale.
Sulla
torre dell’orologio, affacciati alla balaustra di ferro ed
incuranti del
freddo, due ragazzi, un Grifondoro ed un Corvonero, se ne stavano
tranquilli ad
osservare la scena. Entrambi fumavano.
Julian
Harris osservò ancora per qualche minuto l’operato
di Hagrid, poi spostò lo
sguardo sul compagno vicino a lui. Sorrise, ma con scarso trasporto.
-Perciò
non glielo hai detto.- constatò, secco.
James
Potter sospirò, quasi afflosciandosi sul parapetto ed
abbassando la testa.
-No,
non gli ho detto di me e Bellatrix.-
Harris
alzò gli occhi al cielo. –Idiota.-
-Senti
Julian, non è che non volessi dirglielo, ok? Ma è
complicato! Era già fuori di
sé per quello che vi ho detto in Infermeria, non potevo
aggiungere altro filtro
al calderone, no? Mi avrebbe ammazzato!-
-Giusto,
allora ti ammazzerà tra un po’.-
-Julian…-
-Fai
come vuoi, Potter. La vita è tua.-
-Glielo
dirò.- mormorò James, affranto. –Ma non
so davvero come fare. È stato un errore
enorme il mio, ma non posso tornare indietro. Sirius non mi
perdonerà mai una
cosa del genere, lo so. Per questo ho paura.-
-Beh,
magari ti capirà.- fece Julian, dando un tiro alla
sigaretta. –Infondo
Bellatrix Black è proprio una gran bella ragazza, anche io
me la farei.-
Potter
lanciò un’occhiataccia all’amico e
preferì non rispondergli.
Portò
la propria attenzione sul cielo grigio che li sovrastava, dei gufi
volavano
veloci verso la Guferia, infreddoliti e carichi di neve.
Quella
mattina faceva freddissimo, avrebbe nevicato ancora, eppure era
piacevole stare
lì all’aperto, con una visuale perfetta del parco
di Hogwarts. E Julian vicino.
Il
giorno prima aveva rivelato a tutti la verità, era
finalmente libero da quella
prigione che si era auto imposto per tanti anni. Aveva creduto che i
suoi amici
lo avrebbero lasciato ed invece nessuno lo aveva abbandonato,
rimanendogli
accanto.
Primo
fra tutti, Harris, che pareva il meno sconvolto per quanto aveva
appreso.
-Grazie.-
disse James ad un tratto, serio.
Julian
si voltò a guardarlo, un sopracciglio inarcato e
l’aria interrogativa. –Di
cosa?-
-Perché
sei tu.- rispose il Grifondoro, divertito. –Perché
in tutti questi anni ne ho
fatte di cazzate e tu sei ancora qui.-
Il
Corvonero sorrise e scosse il capo. –Di stronzate ne ho fatte
tante anche io e
anche tu sei ancora qui, no?-
-Già.-
Rimasero
in silenzio, ognuno in compagnia della propria sigaretta, ognuno perso
nei
propri pensieri. Lo sguardo rivolto al paesaggio innevato che si
estendeva
davanti a loro, incantevole.
In
molti detestavano Julian Harris. A tanti non piacevano i suoi mutismi,
il suo
costante menefreghismo e le sue battutine acide e volgari che, di tanto
in
tanto, uscivano dalla sua bocca. James, invece, si riteneva fortunato
ad averlo
come amico. E si sentiva un privilegiato. Sì,
perché Julian cambiava quando
erano insieme, si scioglieva un po’, diventava più
umano.
Questo
non capitava con tutti.
-Hai
scritto ai tuoi?- chiese ad un tratto, riportando
l’attenzione sul Corvonero.
Julian
dette un altro tiro alla sua sigaretta, un vago odore di liquirizia
intorno a
lui, e non rispose alla domanda, lo sguardo concentrato su un vecchio
abete
della Foresta Proibita, molto più alto dei compagni ed
interamente coperto di
neve.
-Julian.-
lo chiamò Potter, non arrendendosi.
-No,
non l’ho fatto.-
-Ma…-
-Non
avevo la minima idea di cosa scrivere, ecco tutto.-
James
abbassò lo sguardo e sospirò.
-Sarebbe
andato bene qualunque cosa, anche l’elenco di ciò
che hai mangiato a cena,
purché tu ti fossi fatto sentire. Lo sai.-
A
quel punto Harris si voltò a guardarlo, il volto
inespressivo, gli occhi
castani vuoti.
-Mio
padre rischia di morire, James. Ma è il suo lavoro, ok?
Quando ha deciso di
diventare Auror io ancora non ero neppure nato, è stata una
sua scelta. L’unica
cosa che posso augurarmi è che mia madre continui a
preparare la cena e che mio
padre continui a tornare a casa per consumarla, tutto qua.-
-Mi
chiedo come ci riesci.- mormorò James, colpito dalla
praticità di quelle
parole.
-Che
dovrei fare altrimenti?- fece Julian, con un’alzata di
spalle. –Battere i piedi
e piangere? Non funziona così, James.-
-E
come funziona?- domandò Potter, osservandolo.
–Come funziona il mondo, Julian?-
Harris
sorrise. –Credi che io abbia la risposta a questa domanda?-
-No,
ma sono sempre stato curioso di conoscere la tua opinione.-
Se
Julian fu sorpreso da tale rivelazione, non lo dette a vedere.
Tornò
a guardare davanti a sé, sfilando un’altra
sigaretta dal pacchetto ed
accendendosela con calma, senza alcuna fretta.
-Beh,
è semplice.- disse ad un tratto, attirando
l’attenzione di James. –La prima
cosa che si fa, una volta venuti al mondo, è piangere e
questo la dice lunga su
ciò che devi aspettarti dalla vita. È difficile
per tutti, credimi. Babbani,
Purosangue, Magonò, Mezzosangue. Poveri o ricchi. Ognuno ha
i suoi problemi e
chi non li ha, se li crea. Per questo non è facile stare in
questo mondo.-
spiegò, tranquillo. –E hai due
possibilità. Passare il resto della vita a
piangerti addosso e, suggerirei, ammazzarti, oppure tirare fuori gli
attributi
ed andare avanti. Sì, andare avanti, senza preoccuparsi
troppo di ciò che ti
circonda, visto che tanto prima o poi muori e tutto ciò che
possiedi diventerà
effimero, inutile. Così la vedo io.-
James,
che aveva ascoltato l’amico in silenzio, sorrise, scuotendo
la testa. –Lo
sapevo che avresti detto così.- fece, divertito.
–Sei contraddittorio, sai?-
-No,
non lo sono.-
-Sì,
invece.- ribattè Potter, non smettendo di sorridere.
–Continui a dire di
fregarsene del mondo, ma non lo fai, non del tutto.-
-Cosa
ti dà questa certezza?- fece Julian, confuso.
-Il
fatto che, se mi trovassi in difficoltà, tu faresti di tutto
per aiutarmi.-
E
Julian non rispose, non c’era nulla da dire in
realtà. Niente da ribattere.
Con
James Potter era difficile spuntarla su certe tematiche, era
impossibile
farcela con quel sentimentalista, c’era poco da fare.
Questa
constatazione fece sorridere il Corvonero.
-Io
non credo che non ti importi di tuo padre, Julian. Dovresti veramente
scrivergli, accertarti che i tuoi stiano bene. Non
c’è nulla di male.- fece
James, convinto.
Harris
scosse il capo, divertito. –Sei un maledetto Grifondoro,
esattamente come lui.-
dichiarò, sorridendo.
-Già,
tuo padre era uno dei nostri. Un Grifone!- scherzò James,
ridendo.
-Esatto.-
borbottò Julian, alzando lo sguardo al cielo. –E
mia madre una Tassorosso, da
non credere.-
-E
tu sei finito a Corvonero.- osservò Potter, allegro.
-In
realtà, c’è una cosa che non ho mai
detto a nessuno. Il Cappello Parlante
voleva mettermi a Serpeverde, inizialmente.-
-Cosa?!-
fece James, con gli occhi sgranati. –Addirittura?-
-Sì,
ma alla fine ha deciso Corvonero. Forse, nonostante sia uno stronzo,
non lo
sono abbastanza per stare tra quelle serpi.-
James
Potter scoppiò a ridere e la sua risata risuonò
in quel muto bianco ovattato,
regalando un po’ di vita a
quell’immobilità.
Era
bella la risata di James. Spontanea, viva, calda, consistente, quasi
tangibile.
E
terribilmente contagiosa, tanto che persino Julian si trovò
a ridere, senza
neppure saperne il motivo. Forse era proprio quello il bello, ridere,
semplicemente ridere.
E
non pensare alla guerra in arrivo.
Non
pensare a Voldemort, ai Mangiamorte, alla morte.
-Va
bene, scriverò ai miei.- fece Harris ad un tratto,
arrendendosi. –Dirò a mio
padre di non farsi ammazzare. O almeno non prima di aver fatto
testamento.-
scherzò.
-Idiota!-
lo rimproverò James, divertito.
-Grazie
del complimento.- disse Julian, prendendolo in giro. –Giusto,
oggi hai da fare?
Ti vedi con Lily Evans?- domandò ad un tratto, prestando
attenzione.
-No,
niente Lily. Ho gli allenamenti del Quidditch.- rispose James, mentre
terminava
la propria sigaretta e la gettava nel vuoto, guardandola cadere.
–E anche se
fossi stato libero, non avrei potuto stare con lei. Lily deve
recuperare una
pozione.-
-Che
cosa?- fece Julian, quasi sorpreso. –Lily Evans deve
rimediare una pozione
venuta male? Ma non era la cocca di Luma?-
-Infatti.-
rispose James, mentre si arruffava i capelli con una mano.
–Lei mi ha spiegato
che quel giorno non era molto attenta, è stato quando non ci
parlavamo.
Insomma, ha fatto un disastro e Lumacone, invece di darle un Troll, ha
deciso
di farle ripetere l’esercizio per non rovinarle la media.-
-E’
proprio la cocca di Luma.- decretò Julian, con un sorrisetto
ironico.
Potter
si limitò ad un’alzata si spalle, preferendo non
dire nulla.
In
realtà era contento che Lily avesse ottenuto
un’altra possibilità, lei non
meritava affatto di rovinarsi la media in Pozioni per uno stupido
errore.
Era
stato quel giorno in cui non si erano parlati, erano stati entrambi con
la
testa altrove. Se fosse stata lucida, Lily non avrebbe mai sbagliato
quella
prova.
-Comunque,
perché mi hai domandato se sono con Lily oggi?-
Julian
fece spallucce. –Ci sarebbe da andare ad Hogsmeade. Jasper mi
ha letteralmente
stressato a colazione con la sua lista di alcolici da ritirare alla
Testa di
Porco e da trasfigurare. Una seccatura.-
-Giusto,
la festa di Biancaneve.- si ricordò James, colpendosi la
fronte con la mano.
-Roba
da femmine.- mugugnò Harris, scocciato.
-Non
lamentarti, dai! Ci siamo sempre divertiti!- lo riprese Potter,
divertito.
–Però oggi non posso proprio andare ad Hogsmeade,
mi spiace.-
-Capisco.
Beh, toccherà andarci a me dunque.- sbuffò
Julian, annoiato.
Rabbrividendo
per uno spiffero di vento più freddo degli altri, James si
rese conto di avere
le mani molto fredde ed il povero naso congelato.
Probabilmente
erano rimasti a parlare lì alla torre
dell’orologio più tempo di quanto
immaginassero. Sorrise, sfregando le mani doloranti per
quell’aria gelida.
-Dovresti
usare il passaggio della statua della vecchia strega orba. Gazza ancora
non lo
conosce, è il più sicuro.- fece James, scoccando
un’occhiata veloce al proprio
orologio da polso, molto diverso da quello dei Babbani.
Harris
annuì, ancora affacciato alla balaustra della torre.
–Ok, capo.- lo prese in
giro.
James
Potter sorrise, arruffandosi i capelli alla solita maniera.
-Beh,
credo sia ora di tornare in classe. La nostra pausa sigaretta
è durata anche
troppo a lungo, non credi? Alla fine verranno a cercarci e a prenderci
per le
orecchie.-
Julian
fece spallucce, totalmente indifferente alla cosa.
-Vitious
non è uno che la fa tanto lunga. Neanche si sarà
accorto che non sono ancora
tornato in classe.- dichiarò, tranquillo.
James
fece una smorfia contrariata. –Buon per te! Ma io ho
Trasfigurazione, la
McGranitt sarà già infuriata.-
sospirò, mentre già si allontanava dalla
balaustra e si avviava verso le scale. –Il nostro
appuntamento finisce qui,
tesoro!- scherzò, allegro.
-Sto
per mettermi a piangere.- fu la caustica risposta del Corvonero.
Potter
scoppiò a ridere, scuotendo il capo.
-Ciao
Julian!-
-Ciao
scemo.-
Potter
stava già sul primo gradino delle scale, intenzionato a
lasciare la torre,
quando Julian, che era tornato a puntare lo sguardo sul paesaggio, lo
richiamò
indietro.
Appena
James gli fu accanto, interrogandolo con uno sguardo confuso, Harris si
limitò
ad indicargli la zona che si estendeva sotto di loro, su cui si
affacciava la
torre. –A quanto pare non siamo gli unici a non essere a
lezione.- commentò.
Il
Grifondoro, incuriosito, si affacciò subito al parapetto.
Due
figure si dirigevano a passo spedito verso la guferia, eliminando la
neve di
intralcio con un incantesimo. Entrambe erano avvolte in pesanti
mantelli.
-Bellatrix
Black e Lucius Malfoy.- fece James, assottigliando lo sguardo.
–Perché andare
adesso alla guferia e non aspettare la fine delle lezioni? Che fretta
hanno?-
-Che
sia un amore clandestino?- propose Julian con ironia, mentre osservava
i due
Serpeverde entrare nel rifugio dei gufi.
-Sarebbe
il minimo.- sospirò James, mentre si allontanava nuovamente
dal parapetto.
–Basta che non se ne escano con una delle loro, sono stufo di
dovermi costantemente
guardare le spalle.-
-Era
più divertente quando tu e gli altri prendevate di mira i
Serpeverde con le
vostre idee sadiche e di cattivo gusto.- dichiarò Julian,
malinconico.
Potter
rise e scrollò le spalle. -Ci divertivamo, sì. Ma
a Lily non sta bene.-
-Quella
ragazza ti ha proprio fritto il cervello, James.- fu il commento di
Harris.
Già,
probabilmente il Corvonero aveva ragione.
Glielo
dicevano in molti, ormai.
Lily
Evans, pian piano, lo aveva cambiato. Si erano cambiati a vicenda.
Lui
aveva dovuto maturare per lei, mettere da parte il suo essere bambino,
dimostrarle che poteva anche essere una persona della quale potersi
fidare.
Non
gli pesava affatto questa scelta.
Tutto,
avrebbe fatto di tutto per farsi notare da lei, per dimostrarle quanto
poteva
valere, per fare in modo che si accorgesse di lui.
Si
limitò ad alzare le spalle, sorridendo
dell’osservazione schietta dell’amico.
Un sorriso che non era affatto colpevole. Era felice della sua
condizione.
Julian
Harris sentì i suoi passi veloci sugli scalini a chiocciola
che collegavano il
corridoio del settimo piano alla torre, rimase in ascolto fino a quando
intorno
a lui tornò il più assoluto silenzio.
L’aria
era gelida, insopportabile, ma non aveva voglia di tornare a lezione.
Non
aveva voglia di niente, a dire il vero.
Sarebbe
rimasto lì a farsi congelare ancora un po’.
Solo
un altro po’.
[ Circling the pain inside
my soul
I reached inside your silence to steal what you won’t show
I tried to find the answers in my fears
But what was found is lost again as soon as it appeared ]
Red, Take It All Away
Victoria
Olsen sbadigliò per quella che era la
quindicesima volta da quando il professor Lumacorno aveva fatto il suo
ingresso
in classe per fare lezione agli studenti Grifondoro e Serpeverde del
sesto
anno.
La
compagnia non era delle migliori, andava detto.
Per tutta l’ora c’erano state occhiatacce e velate
minacce tra le due Case,
cosa che il professore aveva del tutto ignorato, continuando
imperterrito a
spiegare.
Victoria,
ad esempio, era riuscita a stento a
trattenersi dall’andare a spaccare il naso a
quell’odioso purosangue di
Rabastan Lestrange, il fratello minore di Rodolphus.
Se
possibile, Rabastan era assai più insopportabile
del maggiore.
Sempre
con quell’aria di ostentata superiorità,
sempre con quel suo disgustoso sorrisino di uno che si trova sempre a
un passo
davanti agli altri, sempre a sottolineare come il suo sangue fosse
diverso da
quello degli altri.
Semplicemente
odioso.
A Vick
bastava scorgere la sua testa rosso scuro
tra i compagni, per accendersi di rabbia e sentirsi prudere le mani.
In
più, oltre alla compagnia delle Serpi, c’era
anche altro ad infastidire la Olsen.
Nonostante
i suoi sforzi, neppure tanto convinti a
dirla tutta, Victoria, studentessa del sesto anno di Grifondoro,
continuava a
non capire un accidente in Pozioni.
Tanto
che la sua opera era già stata fatta
evanescere da Lumacorno pochi minuti prima. L’espressione
schifata di Lumacone
l’avrebbe anche fatta scoppiare a ridere, se non avesse
saputo che, anche
quella volta, si sarebbe beccata come minimo un Troll.
E
mentre il professore dichiarava oltraggiato che
l’intruglio – si rifiutava di chiamarla pozione
– della signorina Olsen era un
esempio per tutti, un esempio da non seguire,
Stephanie Hamilton aveva
impreziosito il tutto con un velenoso:
-Che ci
vuol fare, professore? È innamorata!-
Metà
classe era scoppiata a ridere, ma Vick non
aveva replicato.
Infondo,
beh, innamorata lo era davvero.
Ed era
altrettanto ovvio che lei preferisse passare
il proprio tempo a pensare al suo ragazzo che ad una stupida prova di
pozioni.
Infondo, Sirius Black era molto più interessante delle code
di salamandra e
degli occhi di pipistrello.
Si
stava giusto perdendo nel ricordo di una
seratina decisamente piacevole passata con Sirius in giro per il
castello, con
il coprifuoco decisamente superato, quando, finalmente,
suonò la campana di
fine lezioni.
Emettendo
un vero e proprio sospiro di liberazione,
Vick cominciò a riordinare con calma le proprie cose, mentre
intorno a lei i
suoi compagni già si affaccendavano ad uscire dalla classe e
l’aria si riempiva
del consueto cicaleccio svagato che avrebbe presto invaso corridoi e
Sala
Grande.
Improvvisamente
si udirono anche strilletti
eccitati e risatine idiote.
La
Olsen alzò gli occhi al cielo e si impose di
restare calma. Probabilmente le ragazze erano appena uscite in
corridoio,
trovandovi l’oggetto dei loro desideri.
Peccato
che suddetto oggetto di ammirazione fosse
impegnato.
Con
lei.
Doveva
decisamente sbrigarsi a riempire la propria
borsa.
-Guardate,
c’è Black! SIRIUS BLACK!- strillò una
voce, eccitata.
Chissà
perché ogni volta che quelle oche lo
vedevano si ritrovavano a strillare come se stessero assistendo
all’apparizione
terrena della Santa Vergine.
Che
poi, Sirius, di vergine non aveva nulla.
-Oh,
Merlino Santo! Com’è…
com’è…. BELLO!-
Sì,
grazie tante. Lo sapeva anche lei, la sua
ragazza. Che fosse tanto difficile capire che quel bel
bocconcino fosse
impegnato?
-Oh, ci
sarà anche Potter nei paraggi?- chiese una
ragazza, speranzosa.
Beh, a
quanto pare anche Lily doveva trovarsi nella
sua medesima situazione.
Aveva
tutta la sua solidarietà.
Caricandosi
la borsa sulla spalla, Victoria marciò
dritta verso l’uscita della classe, già pronta a
sbranare la prima che avesse
osato fare un passo falso.
Facendosi
largo, infastidita, tra le ragazze
cinguettanti appostate alla porta, Vick riuscì a raggiungere
il corridoio dove,
suo malgrado, un po’ di fastidio scomparve.
A dire
il vero, non riuscì ad impedirsi di
sorridere.
Ultimamente
Sirius aveva preso la consuetudine di
andare a prenderla a fine lezione, per recarsi insieme in Sala Grande,
e la
cosa la mandava in orbita quasi più di un bacio. Sarebbe
stato perfetto, se
ogni volta non ci fossero state quelle oche giulive ad innervosirla.
Prima o
poi, volente o nolente, avrebbe dovuto farci l’abitudine.
Sirius
Black sarebbe sempre rimasto Sirius Black.
In quel
momento, il sopraccitato Black se ne stava
con le spalle appoggiate alla ruvida parete di pietra, intento a
fumare, non
particolarmente interessato ai richiami adoranti delle proprie
ammiratrici.
La
borsa per terra, ai propri piedi. Il mantello
nero aperto, nonostante il freddo, lasciando visibili il maglione della
divisa
e la camicia. La cravatta allentata a regola.
Aveva i
capelli sciolti e forse era per questa
ragione che le ragazze parevano più eccitate del solito.
Quei capelli erano
qualcosa di indescrivibile.
Di un
nero stupefacente, brillante, e lisci
all’inverosimile.
Ogni
ragazza avrebbe voluto avere una chioma del
genere, ecco perché Bellatrix era così invidiata.
Semplicemente, pareva che i
Black fossero nati per non avere nulla fuori posto, per essere belli ed
ammirati.
Quella
mattina Sirius aveva l’aria serena, molto
più tranquilla e rilassata rispetto ai giorni precedenti.
Probabilmente la
chiacchierata con James aveva riportato tutto come prima, ridando
ordine nel
gruppo dei malandrini.
Anche
lei si sentiva meglio. Nonostante la
preoccupazione per il destino di Potter, poteva dirsi contenta di
conoscere
finalmente la verità.
Niente
più segreti.
In quel
momento Sirius si accorse di lei e le
sorrise, provocando in Vick una leggera stretta allo stomaco che non
era per
nulla sgradevole.
-Hey
Olsen!- la chiamò, raccogliendo da terra la
propria borsa.
-Hey
Black!- salutò lei, andandogli incontro.
Probabilmente
in quel momento aveva un sorrisone
abbagliante, un po’ ebete, ne era certa; succedeva sempre
quando Sirius era nei
paraggi.
Preferì
non farci caso. La cosa, in verità, non le
interessava più di tanto.
Trovava
stupido vergognarsi dei propri sentimenti,
cercare di nascondere la felicità e la gioia che provava.
Voleva con tutta se
stessa che tutto il mondo sapesse, vedesse.
Desiderava
che Sirius si rendesse conto di ciò che
era in grado di provocare in lei.
Si
avviarono insieme verso la Sala Grande, l’uno di
fianco all’altra, gli occhi di molti posati sulle loro
schiene. Non vi fecero
caso.
Durante
il tragitto lei parlava, allegra e vitale
come al solito, senza neppure lasciargli il tempo di replicare. Ma
Victoria era
così.
Parlava,
parlava…
Aveva
l’eccezionale capacità di passare da un
argomento all’altro con una rapidità disarmante,
tanto che lui aveva imparato
solo dopo diversi anni a stare dietro alle discussioni di quella
ragazza.
La
adorava. L’aveva sempre adorata.
Gli
piaceva la sua forza, il suo temperamento
ribelle, i suoi occhi azzurri dove si poteva scorgere quel brillio
tipico di
chi è libero, felice, positivo nonostante tutto.
Era
bello anche starla ad ascoltare.
Vick
aveva un modo tutto suo di raccontare.
Erano
vicini, chiacchieravano, ma non si tenevano
per mano.
Non
erano tipi da farlo molto spesso, a dire il
vero.
Non si
definivano una coppia romantica e neppure ci
tenevano ad esserlo, non sarebbero stati più loro,
altrimenti.
Preferivano
scherzare, stuzzicarsi, scambiarsi
qualche bacio di tanto in tanto, casualmente, senza paroline dolci o
gesti
teneri di rito.
-Odio
Pozioni con tutta me stessa!- si stava
lamentando lei, agitando una mano, stizzita. –Se mi becco un
altro Troll sono
nella merda, cavolo!- sbuffò.
Sirius
rise, scompigliandole i capelli con una
mano, dispettoso.
-Va
così male?- le chiese.
-Sì,
va malissimo! Non ci capisco un accidente e
non ci capirò mai, ecco!-
-Non
fare la tragica, dai!-
-Dai un
calderone, Sirius! Se almeno tu non avessi
il cervello svampito che ti ritrovi, potresti darmi ripetizioni, sai?-
lo
bacchettò lei, incrociando le braccia al petto.
-Ripetizioni?
Io?- riecheggiò il ragazzo,
divertito. –Ti sembro il tipo?-
-Perché
no?- fece lei, mentre un bel sorriso faceva
capolino sulle sue labbra. –Dai!-
Lui
scosse il capo. –Non mi pare il caso. Magari se
lo chiedi alla Evans…-
-Ma io
voglio te!- ribattè lei, non smettendo di
sorridere. –Ti prego! Per me!-
Era il
colmo, si disse il povero Black.
Non
aveva mai aiutato una ragazza con i compiti.
Anzi, non aveva mai aiutato nessuno con la scuola, caso mai era Remus
ad
occuparsi di una cosa simile.
Erano
arrivati all’ingresso della Sala Grande,
immersi nel caotico fiume di studenti che si stavano recando a pranzo,
e
Victoria continuava ad insistere.
Sirius
non seppe spiegarsi il motivo, ma finì con
l’accettare di aiutarla con la pozione, decretando la fine di
un’era.
L’era
del vecchio Sirius Black.
Mentre
la sua ragazza esultava, vittoriosa, sentì
una voce chiamarlo.
James e
gli altri erano già seduti a tavola, i
piatti ancora vuoti. Li stavano aspettando.
Black
si lasciò trascinare da Victoria,
raggiungendo il tavolo di Grifondoro.
Era
finita, si disse Sirius.
Quella
brutta atmosfera di bugie, malumori e cose
non dette era svanita. Tutto era tornato come prima ed era un
po’ come tornare
a respirare, come svegliarsi da un brutto sogno.
Non
c’era nulla di più importante per lui del
legame con suo fratello.
Sapeva
che ci sarebbero state delle difficoltà da
superare, era ovvio aspettarselo dopo le ultime rivelazioni di James,
ma era
sicuro che sarebbero riusciti ad affrontare tutto, insieme.
Era un
gruppo.
Erano
una famiglia.
Eccoli
lì, davanti a lui.
Remus
Lupin, seduto in maniera composta, il libro
di Aritmanzia ben aperto alla sua sinistra. L’aria stanca,
ancora un po’
provata per l’ultima trasformazione, ma lo sguardo tranquillo
come non lo era
da un po’.
Vicino
a lui sedeva Lily Evans, i capelli rossi
sciolti sulle spalle e gli occhi verdissimi concentrati sul testo che
Remus
aveva messo in comune con lei.
I due
Grifondoro parlavano animatamente di un
esercizio, non curandosi di chi li circondava. Di tanto in tanto,
però, Lily si
voltava alla sua sinistra, per sorridere al ragazzo accomodato vicino a
lei.
James
Potter sorrideva a sua volta, giocando
distrattamente con le dita della mano della sua ragazza, tornando poi a
parlare
con Alice Rubin e Peter Minus sull’ultima partita di
Quidditch ed altri
argomenti frivoli.
Sirius
decise di prendere posto vicino a Potter,
decidendo di chiudere definitivamente quel capitolo che li aveva visti
divisi
anche per troppo tempo.
Il suo
migliore amico si voltò a guardarlo,
sorridendo con la spensieratezza di una volta, e subito lo coinvolse
nella
discussione riguardante l’organizzazione della festa ormai
vicina, che stava un
po’ ossessionando tutti i tavoli della Sala Grande.
Era
bello tornare a discutere di certe frivolezze, ritornare
a guardarsi negli occhi riconoscendo in essi la persona conosciuta da
anni, il
legame che li univa, l’unicità del loro rapporto.
Era come… come tornare a
casa.
James
era casa.
Lo
guardava parlare, ridere, e dentro di se non
poteva fare a meno di chiedersi come fosse possibile che quel ragazzo
fosse
realmente un Havisham, una creatura infernale per metà, un
mago oscuro alla
pari di Voldemort.
Provò
a ripeterselo più volte, ma non riusciva a
provare paura o timore.
Forse,
semplicemente, la sua mente non ci avrebbe
mai creduto fino in fondo, avrebbe continuato a vedere James, solo
James. Il
fratello che lo aveva accolto, il fratello con il quale aveva
scherzato, si era
confidato, aveva pianto.
Fu con
liberazione che si buttò nella conversazione
cominciata dai suoi amici, discutendo sul dove organizzare la festa ed
incaricandosi di trovare la musica adatta.
Lily
Evans non si curò molto di quella
conversazione, non amava molto la vita mondana e preferiva di gran
lunga
preoccuparsi della scuola.
Ringraziò
cortesemente Remus, che era stato così
gentile da spiegarle un passaggio di Aritmanzia che lei non aveva
capito, e si
servì di pollo e patate, decidendosi a riempire lo stomaco.
Gli altri compagni
avevano già cominciato a mangiare.
James,
fedele alle proprie verdure ed al suo essere
vegetariano, scoccò un’occhiata di sbieco al
piatto della ragazza, per poi
scuotere la testa contrariato.
Lily lo
ignorò bellamente.
Ad
aspettarla aveva un intero pomeriggio nell’aula di
Pozioni, insieme al professor Lumacorno, per rimediare ad una pozione
andata
male durante un’esercitazione.
Era un
vero e proprio colpo basso per il suo
orgoglio, fin dal primo anno era sempre stata impeccabile nel preparare
pozioni
di ogni tipo.
Ma non
poteva incolparsi di nulla.
Quella
volta aveva avuto la mente altrove, persa su
James, sulle cose che lui le nascondeva e sulla rabbia e delusione che
provava
per lui.
Adesso
le cose si erano risolte, tutto andava per
il meglio, e Lumacorno era stato gentile a darle la
possibilità di rimediare,
non poteva lamentarsi.
-Avete
letto la Gazzetta, questa mattina?- chiese
ad un tratto Alice, sbocconcellando dei crackers salati.
–Pare non ci siano
alcune notizie riguardo agli evasi da Azkaban.-
-E’
troppo presto per avere notizie.- fece James,
guardando la compagna. –E’ passato troppo poco
tempo dall’evasione. E poi, se
anche ci fossero delle novità, il Dipartimento Auror non
divulgherebbe niente
di niente, è la prassi. Rischierebbero di compromettere
l’inseguimento.-
spiegò, pratico. –Come dice sempre mio padre,
anche quei dannati Mangiamorte
leggono i giornali.-
Remus
sorrise mestamente, abbassando lo sguardo.
–In effetti, sembriamo proprio i bambini che siamo, in questo
momento. Sta per
accadere di tutto, ma la nostra massima preoccupazione sono i compiti
scolastici e questa cavolo di festa di Biancaneve.- mormorò,
posando il mento
su una mano.
-E’
vero.- gli concesse Victoria, non perdendo il
sorriso. –Ma se il mondo si ferma per paura di loro, i
Mangiamorte hanno già
vinto. Io dico che è giusto continuare a pensare al nostro
futuro, al nostro
rendimento scolastico, a divertirci! Non dobbiamo smettere di vivere,
Remus!
Solo così possiamo vincere!-
Sirius
sorrise, trovandosi ad ammirare ancora di
più quel piccolo terremoto. –Ben detto! Ed
è per questo che ho intenzione di
prendermi la sbronza peggiore della mia vita, alla festa!-
dichiarò, beccandosi
subito un’occhiataccia da parte di Lunastorta.
Peter
Minus, che si era limitato a mangiare in
silenzio, fece una risatina di circostanza, più per
abitudine che per vero
trasporto.
-Io ho
fiducia negli Auror.- disse ad un tratto
Lily, incontrando lo sguardo di James. –Però, ora
come ora, vorrei essere a
casa, sapete? Vorrei poter proteggere di persona la mia famiglia.
Vorrei
avvertirli.- ammise, preoccupata.
Potter
non replicò a quella sua affermazione,
limitandosi ad osservarla in silenzio.
Victoria
Olsen invece sorrise. –Ti capisco, Lily. È
lo stesso per me.-
Rimasero
in silenzio, mentre la Sala Grande
cominciava a svuotarsi.
Julian
Harris fu uno dei primi a lasciare il tavolo
di Corvonero e ad uscire dalla sala, da solo, senza avere al fianco i
suoi due
inseparabili amici.
James
lo seguì un poco con lo sguardo, poi tornò a
guardare Lily.
-Ci
avviamo?-
La
rossa annuì, bevendo un ultimo sorso di succo di
zucca e raccogliendo la propria borsa, sistemata sotto la panca.
-Dove
andate?- chiese subito Alice, curiosa.
-La
accompagno da Lumacorno.- disse James, mentre
si alzava. –Ci vediamo al campo di Quidditch per
l’allenamento, ragazzi. Alle
tre, mi raccomando.-
Potter
ed Evans lasciarono la Sala Grande
camminando vicini, sotto lo sguardo ancora curioso e sorpreso della
maggior
parte degli studenti.
Non
molti riuscivano a vederli come coppia.
I
corridoi erano abbastanza bui, nonostante l’ora
del giorno. Quando arrivarono ai sotterranei, tutto faceva pensare che
fosse
già sera e le torce appese ai muri erano già
accese.
Lily
rabbrividì per il freddo e tirò su con il
naso, stringendosi di più nel mantello.
James
camminava al suo fianco, ma era stranamente
silenzioso e lei non riusciva a capirne il motivo. Non le piaceva quel
silenzio.
-Fa
più freddo qui, vero?- domandò con una certa
timidezza, sentendosi in difficoltà.
Per
tutta risposta, il ragazzo interruppe i propri
passi, costringendola a fermarsi.
-E’
strano.- disse lui ad un tratto, cogliendola
alla sprovvista.
-Cosa
è strano?- domandò Lily, non riuscendo a
capire.
-Sei
cambiata, sai?- fece James, sorridendole.
Lei
scosse il capo, meccanicamente. –No, non lo
sono.-
Lo vide
avvicinarsi, poi avvertì il calore della
sua mano sul viso. Una carezza.
-Sì,
lo sei.- dichiarò lui, con dolcezza. –Stavo
pensando a quella nottata passata svegli, dopo ciò che ti
era accaduto in
biblioteca con i Serpeverde. Tu eri nel tuo letto e piangevi, abbiamo
passato
tutta la notte a parlare. Mi hai raccontato della tua famiglia, dei
tuoi
genitori, di come ti hanno trattata. Eri così disperata,
Lily. Impotente.- le
disse, non distogliendo gli occhi dai suoi. –Ti hanno fatto
del male, ma adesso
che sono in pericolo tu… tu vuoi andare da loro, rischiare
di beccarti una
porta chiusa in faccia, sopportare un ulteriore rifiuto, pur di
proteggerli.-
mormorò, con un sorriso che gli increspava le labbra. Una
luce strana in quegli
occhi scuri.
Lily
deglutì a vuoto, sentendosi improvvisamente
stringere alla gola.
Sentirlo
dire da James, le fece veramente
realizzare il pensiero che aveva avuto il giorno precedente, dopo aver
appreso
della fuga da Azkaban.
Sarebbe
davvero voluta tornare a casa per
proteggere quella famiglia che non la voleva più? Lo
desiderava davvero,
nonostante tutto il dolore che aveva sofferto?
Voleva
ancora così bene a Petunia, la sua invidiosa
sorella, al punto di volerla difendere dai Mangiamorte?
In
fondo al suo cuore conosceva la risposta.
Annuì,
non riuscendo a dar voce a quel pensiero.
Subito
le braccia di James la strinsero e lei si
ritrovò premuta contro il suo petto, tremante come una
foglia. Gli occhi che
bruciavano.
-E’
strano.- ripetè il ragazzo, teneramente. –Non
mi sembrava possibile, eppure è così.
Più vengo a conoscenza della persona che
sei, più ti conosco… e più mi innamoro
di te, Lily Evans.- le disse, sorridendo
contro i suoi morbidi capelli di fuoco.
-James…-
esalò lei, sentendosi arrossire.
Lui si
allontanò un poco per guardarla negli occhi,
continuando a stringerla a sé.
-Sei
davvero una persona meravigliosa, Lily. Ed il
fatto che tu stia pensando di tornare in quella casa, significa che
stai
finalmente andando oltre. Oltre alla sofferenza, alle ferite, alle
lacrime. È
come se tu fossi sbocciata e sei migliore dei tuoi genitori e di tua
sorella.-
sussurrò, guardandola con quello che era autentico orgoglio.
–Se davvero vorrai
tornare a casa, allora io voglio venire con te. Proteggeremo la tua
famiglia insieme.-
E Lily
avvertì chiaramente il proprio cuore
accelerare i battiti, impazzito.
Lacrime
di commozione le pungevano gli occhi, ma
lei decise di trattenerle, sfregandosi una mano sul viso.
Finalmente,
comprese di aver come attraversato un
grosso traguardo.
Qualcosa
dentro di lei era svanito, facendola
sentire più libera.
Quando
era accaduto? Non riusciva a ricordare.
Li
aveva perdonati. O forse aveva perdonato se
stessa.
Sì,
si era perdonata. Perdonata di essere nata
strega, perdonata per non essere stata una figlia ed una sorella
normale,
perdonata per non essere riuscita a guadagnarsi l’affetto
della propria
famiglia.
Quel
potere che le aveva negato l’amore di suo
padre e di sua madre, adesso poteva essere il potere in grado di
salvarli,
difenderli.
Lei era
una strega.
Lei era
magica.
Lei era
potente, una degli allievi migliori della
scuola.
Non
doveva sentirsi in colpa di nulla.
Inspiegabilmente,
si ritrovò a sorridere.
E James
catturò il sorriso di Lily con il suo,
baciandola con trasporto, con amore.
-Grazie,
James.- mormorò lei, sollevando lo sguardo
per incontrare quello del ragazzo. –Grazie.-
Lui le
sorrise, regalandole un altro bacio, e pensò
che amava quegli occhi verde chiaro.
Limpidi,
sinceri, spesso tristi, timorosi, ma
adesso pieni di una nuova consapevolezza, più maturi.
Sì, amava i suoi
meravigliosi occhi verdi.
[ Take me home to my heart
Let me go and I will run,
I will not be silent, all this time
spent in vain; wasted years wasted gain
All is lost but hope remains and this war's not over
There's a light, there's a sun
taking all these shattered ones
To the place we belong ]
Shattered, Trading
Yesterday
Lily
non dimenticò mai quel pomeriggio di Dicembre, il pomeriggio
in cui prese
consapevolezza che parte dell’oscurità portata
dentro per tanti anni se ne era
andata, lasciandola libera, in un certo senso più pulita.
Se
ciò era accaduto, doveva ringraziare anche il ragazzo
straordinario che aveva
al suo fianco. Il suo sole.
In
quei mesi passati insieme, James Potter le aveva insegnato
più cose di quanto
lei avesse mai potuto immaginare.
Quel
giorno, tuttavia, ci fu dell’altro. Una nuova prova per lei.
Un
nuovo ostacolo da superare.
E
Lily lo capì subito, non appena mise piede
nell’aula di pozioni insieme a
James, che subito sentì irrigidirsi al proprio fianco.
Per
riflesso, la ragazza strinse di più la sua mano.
Horace
Lumacorno era in piedi vicino alla propria cattedra, intento a
sfaccendare con
delle boccette di vetro, ma si voltò non appena li
sentì arrivare, sorridendo
bonario.
-Oh,
Lily! Eccoti mia cara!- salutò, accendendosi subito di
adorazione per la sua
pupilla. –Ti senti pronta oggi? Non devi deludermi!- disse,
divertito. Poi il
suo sguardo si puntò su James. –E tu che fai qui,
Potter?- domandò, confuso.
-Sono
venuto ad accompagnarla.- rispose il ragazzo, senza degnare di molta
attenzione
l’insegnante. Gli occhi puntati altrove.
Come
Lily.
Non
erano gli unici due studenti in quell’aula. Poco distante da
loro, seduto ad un
banco vuoto, stava Severus Piton, in religioso silenzio.
Si
era appena voltato a guardare una sola volta i suoi compagni, per poi
tornare a
fissare ostinatamente davanti a sé, cupo.
Lumacorno
parve accorgersi in quel momento di quello scambio di occhiate e
sorrise, affabile.
–Spero non ti dispiaccia, mia cara.- disse, guardando Lily.
–I professori
Richardson e Kettleburn mi hanno invitato per un bicchierino
giù ad Hogsmeade,
non ho proprio potuto rifiutare. Ma non volevo lasciarti preparare
questa
brutta pozione da sola, perciò ho chiesto a Severus di
seguirti.- spiegò,
soddisfatto della propria idea.
Lily
non fiatò, restando in silenzio.
-Qualcosa
non va, mia cara?- domandò il professore con preoccupazione.
–Forse preferivi
che restassi io? Ma Severus è più che
all’altezza.-
La
rossa scosse il capo. –Non si preoccupi.- mormorò,
scura in volto.
James
non potè fare a meno di guardarla.
–Lily…- cominciò, non sapendo neppure
cosa
dire. Lasciarla lì da sola con Mocciosus… La cosa
gli dava più fastidio di
quanto pensasse e il disagio di lei gli rendeva la situazione ancora
più
insopportabile.
-Sarà
il caso che noi due ci togliamo di qui, Potter.- scherzò
Lumacorno, mentre si
avviava verso la porta, sistemandosi il mantello. –Lasciamoli
lavorare.-
-Giusto.-
fece James, nervoso, per poi rivolgersi alla sua ragazza.
–Sarò qui appena
finito l’allenamento, torniamo a Grifondoro insieme.-
dichiarò, inflessibile.
E
Lily ebbe come l’impressione che quelle sarebbero state le
prove di Quidditch
più brevi della storia. Arrivò quasi a sperarci.
Annuì.
–Finirò la pozione prima possibile.-
-Bene.-
fece Potter, prima di scoccare un’altra occhiata a Piton.
–A dopo.-
Uscì,
seguito da Lumacorno.
La
porta si chiuse dopo il passaggio dei due e Lily sentì
subito mancarle l’aria,
mentre una malsana inquietudine si faceva strada dentro di lei.
Non
si era più trovata da sola in una stanza con quella
persona da tanto tempo, troppo, ed in quel momento niente
era più come prima.
Non
c’era familiarità, non c’era affetto.
L’unica
cosa che sentiva di provare era l’atroce bisogno di
spalancare quella porta ed
uscire, correre da James, tra le sue braccia sicure, che
l’avevano stretta fino
a poco prima di entrare nell’aula.
Severus
Piton era ancora seduto al suo banco, immobile, in silenzio.
Era
insopportabile. Lily quasi desiderò picchiarlo, colpirlo con
tutta la forza che
aveva.
Strinse
forte i pugni, fino a farsi venire le nocche bianche, e si morse le
labbra,
preda del nervosismo. Si decise a scegliere un banco e posò
la borsa sul
ripiano di legno, prendendo il libro di pozioni e cercando la pagina
che le
serviva.
Lesse
le istruzioni e gli ingredienti che le erano necessari per preparare il
Distillato della Morte Vivente.
Radice
di Asfodelo in polvere.
Estratto
di Artemisia.
Succo
di Fagiolo Sopoforoso.
Radici
di Valeriana.
Lesse
di nuovo. E poi ancora una volta.
Ma
proprio non riusciva a fare un passo ed andare all’armadietto
del professore,
dove avrebbe dovuto cercare quelle sostanze. Non era capace di muoversi.
Non
con lui lì.
E
ancora…
Radice
di Asfodelo in polvere.
Estratto
di Artemisia.
Succo
di Fagiolo Sopoforoso.
Radici
di Valeriana.
Era
la quarta volta che rileggeva le istruzioni, stava facendo la figura
della
sciocca.
Il
gelo all’interno della stanza si era come centuplicato,
arrivandole dentro fin
nelle ossa, mozzandogli il fiato. Doveva andarsene da lì.
Finire
quella dannata pozione ed andare via.
-Forse
dovresti raccogliere gli ingredienti.-
La
voce pacata, sempre sussurrante di Severus la raggiunse. Non
c’era ironia in
quelle poche parole, non c’era niente.
Lily
si voltò nella sua direzione e si accorse che lui la stava
guardando, ma in
quella fredda maschera di indifferenza non si scorgeva nulla, neppure
la più
piccola emozione. Non riuscì ad impedirsi di chiedere a se
stessa dove fosse
finito il ragazzo che aveva conosciuto.
Severus
Piton non era mai stato tipo da emozioni forti, ma non lo ricordava
neppure
come la persona vuota che adesso aveva di fronte. Era inquietante.
Gli
rivolse l’occhiata più fredda che potè,
poi andò a cercare gli ingredienti,
senza più degnarlo di uno misero sguardo. –Sono
capacissima di preparare questa
pozione da sola, Piton. Vattene.- disse quasi con rabbia, mentre
tornava al
proprio banco e riponeva in ordine le varie sostanze.
Non
lo sentì muoversi.
-Sei
diventato sordo, per caso?- sibilò, mentre accendeva il
calderone, innervosita.
Severus
osservò la sua piccola mano stretta intorno alla bacchetta,
l’arto era molto
teso, segno che Lily stava stringendo l’oggetto magico con
più forza del
dovuto.
-Lumacorno
mi ha detto di assisterti mentre prepari la pozione.- rispose, incolore.
-Non
ho bisogno del tuo aiuto.- ribattè lei, piccata.
-Lo
so.- riconobbe Severus, abbassando lo sguardo. –Ma non posso
disubbidire ad un
incarico affidatomi da un insegnante, Evans.-
La
vide sorridere, un sorriso freddo, cattivo.
-Oh,
giusto. Tu sei così bravo a rispettare gli ordini, vero?
Soprattutto quelli
impartiti da Lucius Malfoy, il tuo grande amico e mentore.- lo
canzonò, con
un’ironia gelida, spietata e velenosa.
Si
guardarono.
Si
guardarono in silenzio, l’uno perso negli occhi
dell’altra.
Il
nero abissale contro il verde chiaro della speranza.
Severus
fece per replicare, ma lei lo bloccò con un freddo gesto
della mano.
-Sta
zitto.- gli intimò, spietata. –Se proprio devi
restare, almeno rimani nel tuo
angolo e fai silenzio, mentre io faccio il mio dovere. Non ho mai avuto
bisogno
del tuo aiuto in Pozioni un tempo e non ne ho necessità
neppure ora.-
Lui
non disse più nulla, restando seduto nel suo angolo,
sprofondando in un
silenzio tombale che lei apprezzò con una certa
soddisfazione, scoprendo dentro
di sé una cattiveria che non avrebbe mai creduto di avere.
Buffo.
Neanche
un’ora prima si era sentita invadere dal calore al pensiero
di aver superato
l’amarezza ed il dolore che le era stato causato dalla sua
famiglia e adesso,
lì, in quell’aula buia, silenziosa, spettrale,
percepiva chiaramente un nuovo
gelo impossessarsi del proprio cuore.
Era
Severus che la faceva sentire così.
Che
la avvelenava, la intossicava con la sua presenza.
Senza
più dire niente, cominciò a preparare la sua
pozione con minuzia e precisione,
attenta e dedita come l’esperta pozionista che sapeva di
essere.
Avrebbe
superato se stessa e poi avrebbe sbattuto quella pozione in faccia a
quell’essere ignobile che occupava la stanza insieme a lei.
Gli
avrebbe fatto vedere di cosa era capace, lei, una mezzosangue.
Dopo
la fine della loro amicizia, Lily si era così tanto forzata
su se stessa, si
era così tanto impegnata, da arrivare
all’indifferenza.
A
non provare più nulla per quel ragazzo. Né
affetto, né delusione, né rabbia.
Non
aveva idea di come vi era riuscita, ma improvvisamente Severus Piton
era
diventato uno studente come tutti gli altri. Solo uno studente.
Eppure,
in quel momento, lì da sola con lui…
Tutto
era tornato a galla. Tutti i sentimenti, che lei aveva chiuso in una
scatola
sprofondata negli abissi della sua psiche, si erano liberati ed erano
tornati
in superficie, sotto forma di rabbia accecante.
Forse
era la situazione. I ricordi.
Lily
strinse i denti, rigida, mentre mescolava il preparato nel calderone in
maniera
impeccabile. Perfetta.
Non
doveva pensare, si impose. Aveva faticato tanto per sopravvivere a quel
dolore,
a quell’agonia atroce che aveva inferto il colpo di grazia
alla sua vita già
cupa e vuota.
Il
voltafaccia di Severus l’aveva massacrata. Severus, che era
stato il suo unico
appiglio, dopo l’abbandono dei genitori e della sorella.
Eppure,
malvagi, i ricordi arrivarono.
Più
si sforzava di tenerli lontani, più le invadevano la mente,
spietati.
Un
altro giorno.
Un'altra
pozione.
Un
altro anno.
Lei
e Severus da soli in quell’aula cupa, ma per loro familiare,
accogliente.
L’uno
di fianco all’altra, vicini, entrambi chini sullo stesso
calderone dove bolliva
un liquido dal colore rosato e profumato.
Ridevano.
-Sei
proprio cocciuto, Sev!- aveva detto lei, fingendosi severa, mentre
invece non
riusciva a smettere di ridere. –Nel libro
c’è scritto tre gocce di succo di
Flora Reale, non cinque! Non capisco perché ti ostini tanto,
testone!-
Lui
l’aveva guardata spazientito ed aveva scosso la testa.
–E tu sei una testa
vuota, Lily! Lasciami fare e chiudi il becco!- le aveva detto, saccente.
-Non
ci penso neppure!-
-Guarda
che un vero pozionista deve saper improvvisare! È sbagliato
attenersi troppo al
testo! Se ti limiti a seguire le istruzioni, non ti farai mai una
personalità e
rimarrai un modesto preparatore di intrugli per il resto della tua
vita.-
Lei
aveva sorriso. –Ma se si improvvisa troppo in una pozione,
che so, a scopo
curativo, beh, si rischia di uccidere qualcuno, Sev!- aveva obiettato.
Lui
si era voltato a guardarla con un sorrisetto furbo. –Talvolta
bisogna
rischiare.-
Lily
lo aveva colpito sul braccio, rimproverandolo, e lui aveva ostentato
comunque
la sua faccia tosta. Erano scoppiati a ridere tutti e due.
A
distanza di tempo, Lily Evans aveva capito che c’era
realmente differenza tra
l’essere una brava pozionista ed un’ottima
pozionista.
Aveva
appreso l’arte dell’improvvisare, come le aveva
detto Severus.
Aveva
imparato ad essere creativa, mai uguale, nel preparare pozioni.
E
adesso sapeva fin quanto osare, fin dove poteva spingersi ad aggiungere
una
goccia in più, un ingrediente in più, creando un
filtro che nessun altro
avrebbe saputo riprodurre. Era stato Severus Piton ad insegnarglielo.
Mentre
la osservava lavorare sulla pozione, il Serpeverde capì che
Lily non solo era
al suo livello, come lui già sapeva, ma lo aveva addirittura
superato.
La
disinvoltura e la velocità con cui lei preparava un infuso
complicato come il
Distillato della Morte vivente erano impressionanti.
Passarono
i minuti, uno dopo l’altro, mentre l’aula
continuava a rimanere sprofondata in
un silenzio immobile, infrangibile.
La
pozione diventò del caratteristico color ribes nero, poi
passò ad essere lilla
chiaro, raggiungendo infine il tipico colore dell’acqua. Dal
calderone arriva
un piacevole odore di fiori e di frutta, che avrebbe invogliato
chiunque a bere
il pericoloso distillato.
Quella
era un’aggiunta personale di Lily.
Sapeva
essere una pozionista terribile, avrebbe avvelenato chiunque, anche il
mago più
esperto, se avesse voluto.
Soddisfatta,
la Grifondoro preparò due fialette di pozione, prima di far
evanescere il
tutto. Aveva sempre fatto così. Una fiala per il professore
ed un fiala per se
stessa.
Non
era permesso agli studenti farlo, ma Lumacorno glielo lasciava fare.
Solo
a lei.
Severus
la vide sistemare le sue cose e portare poi la boccetta con il suo nome
sulla
cattedra del professore.
Lily
stava per andarsene, di nuovo.
Stava
per voltargli le spalle, di nuovo.
-Hai
preparato una buona pozione.- le disse, improvvisamente.
–Molto migliore della
mia.-
Lily
si irrigidì, ma non si voltò a guardarlo, mentre
riponeva le sue cose nella
borsa.
-Sanguesporco,
ma brava. A quanto pare.- fece lei, freddamente.
Lui
abbassò il suo sguardo, provando un dolore insopportabile
dentro di sé.
Se
lo era meritato, si disse. Ed era troppo tardi.
-Lily.-
la chiamò, tornando a pronunciare il suo nome dopo tanto
tempo. –Quella volta,
io…- cominciò, non sapendo bene come cominciare.
Lei
allora lo guardò, gli occhi verdi che parevano essere di
ghiaccio. –Non farlo
mai più. Non chiamarmi Lily. Non sono più Lily
per te!- scoppiò con rabbia.
-Ma
quel giorno… io ti ho spiegato che…-
-Smettila!-
lo zittì, furiosa. –Ti ho già spiegato
che non mi interessa più niente di te!
Non voglio giustificazioni. Abbiamo preso strade diverse, chiuso.-
-Non
era necessario.- disse lui, debolmente. –Se solo tu avessi
capito…-
Ma
fu troppo e Severus se ne accorse subito.
-Capito?!
Capito cosa, Severus?!- esplose
lei,
cominciando ad urlare. –Cos’è, ti
aspettavi forse che ti appoggiassi?! Che
diventassi una fanatica della magia oscura come te? Maledizione, chiudi
la
bocca e sta lontano da me!- esclamò, afferrando nervosamente
la propria borsa
ed avviandosi verso la porta.
Il
Serpeverde fu più veloce e la afferrò per un
braccio, impedendole di andarsene.
Doveva
essere impazzito, Lucius e gli altri avrebbero riso di lui.
Si
era detto di dimenticare, di trattare quella ragazzina sanguesporco per
quello
che era, ma nonostante il tempo trascorso, lui rimaneva un debole.
E
ricordò
le parole che aveva detto ad Eva Ames.
“
Non stare
troppo vicina ad un Grifondoro, rischi di finire male, sanno essere
più
pericolosi di noi a modo loro. “
Lily
era pericolosa. Lily continuava ad essere il suo più grande
punto debole.
Era
bastato stare chiuso con lei in quella stanza, osservarla preparare una
pozione, per tornare a volerla vicino, per tornare a pregarla,
supplicarla.
La
Grifondoro si liberò immediatamente dalla sua presa,
voltandosi a guardarlo con
una collera terribile. Tremava come una foglia.
-Cosa
diavolo vuoi da me?!- urlò, fuori di sé.
–Non farmi ridere! Stai ancora
cercando di fare pace?- fece, ironica. –Tu! Tu che te ne sei
stato immobile
mentre i tuoi amici torturavano Victoria con il Cruciatus e Lucius
Malfoy
tentava di marchiarmi come un animale!- gridò, mentre il
volto arrossato dalla
rabbia veniva solcato da lacrime.
-Per
un attimo… ho sperato con tutto il cuore che tu li fermassi!
Invece sei rimasto
buono a guardare! E intanto loro mi strappavano la camicetta, mi
picchiavano,
mi insultavano! Volevano marchiarmi a fuoco! E allora ho veramente
capito che
razza di demonio sei!- lo attaccò, scossa dai singhiozzi che
le laceravano il
petto.
Severus
abbassò nuovamente lo sguardo, colpevole, non riuscendo a
sopportare la vista
di lei in quello stato. Non aveva il coraggio di affrontare le sue urla
e
neppure le sue lacrime.
Quella
notte, in biblioteca, si era limitato a seguire gli ordini.
Aveva
chiesto a Lucius di non farle del male, ma lui aveva riso. Non se ne
era
curato.
Era
debole. E vigliacco.
Lo
sapeva.
Aveva
preso una strada sbagliata, ma perché tornare indietro?
Lily
non sarebbe comunque stata sua.
-Mi
dispiace.- mormorò, ascoltando il respiro ansante di lei.
–Non volevo… Non
avrei mai voluto che ti facessero del male…-
Sentì
il sapore del sangue in bocca, la guancia bruciare.
Uno
schiaffo.
Lei
gli aveva dato uno schiaffo con tutta la forza che aveva.
-Vattene
al diavolo, Piton!- urlò, con ira. –Sei solo una
nullità, un rifiuto! Maledetto
il giorno in cui ti ho incontrato! Io ti odio! Ti odio, hai capito?!-
continuò
ad urlare, mentre lo spingeva con violenza lontano da sé.
–Sei sempre stato
veleno! Ed è anche colpa tua se la mia vita è
orribile!-
-I-io…-
balbettò lui, sconvolto dalla sua furia, dalla sua rabbia.
-Sì,
tu! Sei sempre stato tu! Sei tu che mi hai messo contro Petunia,
dicendomi che
lei era invidiosa, che non capiva e che io ero superiore! Sei tu che mi
hai
allontanato da mia sorella, maledetto! Petunia era piena di rancore e
mi ha
diviso dai miei genitori! E io sono rimasta sola come un cane! Era
questo che
volevi, eh? Volevi che io fossi sola e abbandonata come te, vero? Beh,
ci sei
riuscito! Sei contento?!-
-Lily
io volevo solo…- mormorò lui, non avendo il
coraggio di guardarla. –Io volevo
solo… c-che tu scegliessi me…- si decise a dire,
sentendosi soffocare.
Ed
era la verità.
Lui
l’aveva voluta, desiderata, bramata fin da quando erano solo
dei bambini.
Lily
Evans era sempre stata un’ossessione.
Aveva
sempre voluto che lei fosse sua, tutta sua, chiusa nella sua gabbia
fatta di un
amore egoista, soffocante, possessivo.
Un
amore che faceva male anche lui, perché, Severus lo sapeva,
amandola in quel
modo avrebbe sempre continuato a perderla.
Lily
continuava a piangere e scosse il capo alle sue parole. Un sorriso
amaro sulla
bocca, la tristezza e la rabbia negli occhi.
-Io
ti avevo scelto.- gli disse, mentre le lacrime le rigavano le guance.
–Tu eri
tutto per me, eri il centro del mio mondo, Severus. Avevo perso tutto e
tu eri
l’unica persona a cui potevo affidarmi. Ma tu… tu
mi hai tradita! Sei diventato
uno di loro! Tu… tu mi hai spezzato il cuore più
di chiunque altro!-
Quelle
parole lo fecero morire dentro, non riuscì a trovare niente
da dire.
E,
scioccamente, si ritrovò a guardare il volto di lei.
Quegli
occhi chiari, arrossati per le lacrime, pieni di risentimento.
Nonostante
tutto, amava i suoi occhi verdi. Anche quando lei diceva quelle cose,
anche
quando lo feriva. Avrebbe sempre seguitato ad amarli.
Lily
rimase a guardarlo ancora per un attimo.
Sentiva
il proprio corpo tremare, il fiato rapido e la gola in fiamme per le
urla.
La
furia si era come impadronita di lei.
Mai,
mai, avrebbe potuto pensare di poter reagire così.
Forse
si era tenuta troppo tutto dentro. Forse era inevitabile.
Strinse
i pugni e si voltò, decidendo di abbandonarlo finalmente a
se stesso, ma quando
aprì la porta per uscire da quell’aula maledetta,
allora, allora sì che si
sentì morire, sprofondare. La terra che cadeva sotto i piedi.
James
Potter era davanti a lei, immobile, l’uniforme del Grifondoro
ancora addosso,
spiegazzata dopo l’allenamento.
La
guardava, ma quegli occhi erano pieni di un sentimento che lei non
riusciva a
decifrare. Erano tante, troppe cose.
Ma
il dolore, quello, lo vide bene.
Da
quanto tempo James era lì? Quanto era stato ad ascoltare
dietro a quella porta?
Quanto
aveva sentito?
Cosa
aveva capito?
-J-James…-
esalò, senza voce, terrorizzata.
Il
cuore aveva come cessato di battere. Il sangue si era congelato nelle
vene.
Lo
vide aprir bocca più di una volta, prima di risponderle.
Era
come se il tempo si fosse fermato, congelando ogni cosa.
Congelando
anche le sue corde vocali, o almeno questo sembrò a James.
Non
sentiva più niente, non avvertiva più niente.
Vedeva
solo la sua ragazza, lì, davanti a lui, sconvolta e con le
lacrime a bagnarle
le guance. Lily aveva pianto.
L’aveva
sentita piangere, l’aveva sentita urlare.
Il
desiderio di entrare in quell’aula ed intervenire era stato
forte, ma era stata
ancora più forte la voglia di restare fuori ad ascoltare. E
morire.
Io ti
avevo
scelto.
Tu eri
tutto
per me, eri il centro del mio mondo, Severus.
Tu…
tu mi hai
spezzato il cuore più di chiunque altro!
-Io…
io ho finito prima. Sono venuto subito, senza fare la doccia.- le
disse, dopo
vari tentativi, sentendosi un completo idiota. Uno stupido.
La
vide sgranare gli occhi ed ebbe la chiara impressione che
l’ossigeno avesse
lasciato i suoi polmoni. Non respirava, non riusciva a respirare.
Doveva
andarsene da lì, subito, immediatamente, o sarebbe impazzito.
In
quel silenzio che lo circondava, riuscì solo ad avvertire i
battiti furiosi del
proprio cuore. Il desiderio di scappare fu semplicemente troppo forte.
Se
ne andò.
Piano,
perché non sarebbe mai riuscito a correre.
Ogni
forza lo aveva abbandonato.
Un
passo.
Un
altro passo.
Un
altro ancora.
E
non sentì la voce di lei chiamarlo.
Non
sentì neppure i passi di lei che lo seguivano.
Lily
era rimasta là, pietrificata, e lo stava lasciando andare.
E lui
avvertì gli occhi bruciare ed il panico, unito alla
disperazione, lacerargli lo
stomaco. Aveva caldo, aveva freddo. La nausea lo stava soffocando.
Aveva
visto gli occhi di lei spalancarsi, umidi, rossi per le lacrime.
Ma
comunque bellissimi.
Gli
venne da ridere.
Nonostante
tutto, lui continuava ad amare i suoi splendidi occhi verdi.
Anche
quando lei lo feriva.
Note
di
fine capitolo
Ok,
preparatevi perché ho molte cose da dire. Quindi, prima di
essere linciata da
una folla di lettori inferociti, lasciatemi spiegare! ^^”
Questo
capitolo è pesante ed inaspettato, lo so. Ma era una cosa
che dovevo affrontare
ed ho deciso di farlo ora, perché forse, andando avanti con
la storia non avrò
più il tempo di farlo, visto le tante cose che devono
succedere.
Intanto,
il titolo.
Non
sono una cima in inglese, ma in teoria dovrebbe significare:
“Amo i suoi occhi
verdi; anche quando lei mi ferisce”.
Questo
titolo appartiene a James, ma anche a Severus. In un certo senso, ho
voluto
unirli, perché entrambi si sentono più o meno
allo stesso modo.
Per
farvi comprendere meglio, forse è bene che capiate il mio
modo personale di
vedere questo triangolo creato dalla Rowling. È un mio punto
di vista e so bene
che non tutti possono vederla così.
James
ama Lily. Severus ama Lily. Lily
ama James, ma, a detta
della Row, se le cose fossero andate differentemente forse avrebbe
anche potuto
innamorarsi di Severus.
Ora,
io credo fermamente nella coppia Lily/James. Ci credo fino in fondo,
è l’unica
coppia canon che amo in tutta la saga di Harry Potter.
Non
penso che Lily amasse Severus e non penso neppure che avrebbe potuto
amarlo se
le cose fossero cambiare. Credo invece che lei avesse con lui un
rapporto
unico, particolare, che però vi spiegherò nel
prossimo capitolo.
Passando
a Severus, io credo che amasse Lily. Molto. Moltissimo. Ma in modo
diverso da come
l’amava James.
L’amore
di James è sincero, pulito, giusto. È Amore.
L’amore
di Severus è più torbido, malato, possessivo.
Però,
ripeto, questo è il mio personale punto di vista e se avete
voglia di
discuterne, sapete dove trovarmi, adoro farmi una bella chiacchierata
su Harry
Potter.
Vorrei
spiegarvi bene, ma ci vorrebbe troppo tempo. Spero che lo capiterete,
pian
piano, leggendo. Altrimenti, sono sempre disposta a chiarire dubbi
attraverso
mail e msn. Non abbiate paura di farvi sentire! ^^
Finale
a parte, spero che il capitolo vi sia comunque piaciuto. È
stata una vera
fatica scriverlo e sono a dir poco esausta.
Mi
scuso ancora per il ritardo ma, in periodo di esami, è stato
il massimo che
sono riuscita a fare. Da Marzo, spero, tutto tornerà alla
normalità.
Detto
questo vi abbraccio tutti e passo a rispondere ai commenti.
_Antonella_Black:
Ciao!
Sono felice che hai
deciso di farti sentire con la recensione, almeno ho avuto modo di
conoscerti.
Grazie davvero per i complimenti, mi fa piacere che la storia ti
piaccia così
tanto e che tu sia arrivata ad innamorarti di James! Adesso
però Sirius è
geloso! XD
LiebenLily:
Hey!
^^ Grazie mille per la
recensione! Sono contenta che tu abbia apprezzato il pezzo della
rivelazione, è
inutile dirlo, ma è stata la parte più difficile
da scrivere per me, perciò
sapere che a te è piaciuta mi solleva un po’. Hai
ragione, Julian è un
fenomeno, lo adoro e, proprio per questo, sarà uno dei
personaggi più
strapazzati da me. Aspetta e vedrai! :D
Myki:
Tesoro, ottima recensione,
come sempre. E molto illuminante. Non aver mai paura di poter sembrare
troppo
diretta o altro, a me va benissimo così. Vorrei tanto
parlare con te dei miei
capitoli a voce ed invece devo mettere tutto scritto e so che non
dirò mai
tutto quello che vorrei dire. Parto dalla prima cosa che ho in mente:
temo
davvero il tuo giudizio su questo ultimo capitolo. Ma tu non
preoccupartene!
Passando
ad altro, sappi che mi sono letta il tuo commento infinite volte, fino
a
memorizzare tutto. Ne farò tesoro.
Sirius
mi preoccupa, tanto. Troppo. Mi sembra di brancolare nel buio e non ho
ancora
trovato il modo di uscirne. In attesa dell’illuminazione
divina ( XD ) continuo
a scrivere al meglio che posso. Su Zacharias Potter hai centrato in
pieno. E
questo la dice lunga davvero, mi fa capire quanto tu sia entrata nel
mio stile,
nel mio modo di raccontare e nel mio cervello, azzarderei. La cosa mi
piace, mi
fa enormemente piacere. Mi fa pensare che tieni davvero a questa
storia, ma
forse sono io che mi sto montando troppo! XP Il parallelismo
Lily/Hermione era
voluto. Forse è banale, ma a volte vedo questi personaggi
molto vicini. Su
Remus ed Eva posso dirti che li sto amando anche io. So già
cosa accadrà tra i
due e, giuro, non vedo l’ora di dare inizio alle danze
perché sto investendo
molto su questi due personaggi e spero di tirar fuori qualcosa di buono
e di
diverso, rispetto alle altre fanfic. Spero di averti vicino in quel
momento,
perché il tuo giudizio sarà davvero
indispensabile.
Passando
a Julian, mi spiace che tu lo abbia trovato forse un po’
fuori personaggio, ma,
credimi o no, era voluto. La verità è che Julian
è più strano di quanto tu possa
immaginare. Ed è anche la contraddizione in persona. Lo
vedrai presto! ^^
Silverine85:
Eccomi
con l’aggiornamento!
Scusa per averti fatto aspettare, tu comunque mandami pure mail quando
vuoi,
non è un disturbo per me. ^^
Lo
so, ci sono state molte brutte notizie ultimamente e ce ne saranno
ancora
altre. Dichiaro la guerra ufficialmente iniziata! XD per quanto
riguarda Eva e
Remus… sarà una sorpresa! Grazie per la
recensione!
Lovegiò92:
Collega, qui ormai siamo
tutti dispersi. Io, te, Fra, Dani e Clod! Maledetta scuola! Spero
però che il
capitolo ti sia piaciuto. Sono contenta che Zacharias ti piaccia, piace
tanto
anche a me, lo ammetto! E mi fa piacere che sono riuscita a farti
commuovere
con la grande rivelazione di James, è stata una bella fatica
scriverla! Sono
sempre felice di sapere che il capitolo ti è piaciuto! Un
abbraccio!
Malandrino4ever: Grazie
mille per la recensione e mi fa piacere di saperti così
entusiasta per il
capitolo, davvero! Ti ho sentito soddisfatto e la cosa mi ha resa
contenta.
Wow! Ti stai sul serio innamorando di Vick? Attento a Sirius! XD
So
che non ti piace Peter, sappi che più andremo avanti
più lo odierai,
garantito! Perdona
Xeno, è un tipo
parecchio strano, degno amico di Julian! XD
Black_Witch: Sorellaaaa! Anche tu ami Zakary! Sono
troppo felice di questo! Fai bene a
preoccuparti di Edward, non sai cosa ho in mente! *me con ghigno
diabolico*
Hai
notato un bel particolare. Lily ed il segreto di Remus.
Sì,
Lily ha ascoltato tutto. Ma non vi ha dato troppo peso, visto che era
più
preoccupata per James. Ti dico solo che… la ragazza
è sveglia!
Sono
felice che i capitoli ti piacciano!
Lilly94:
Grazie! Grazie davvero!
Poche parole, ma ho visto che erano sentite! Grazie davvero, sono
felice che la
storia ti piaccia! Spero che continuerai a seguirmi.
Cicci92:
Eccoti, presente come
sempre. E come sempre, necessaria. Grazie per lasciare sempre un
commento, mi
fa davvero piacere! Zakary ha conquistato anche te ed io gongolo,
perché era
quello che volevo e credo di esserci riuscita. Non ci libereremo
più di Zack
Potter, promesso! Julian è Julian, ormai lo sai! XD
Sirius-James-Xeno… ti dico
solo che pure io mi sono messa a ridere mentre scrivevo!
La
Nika: Ciao!
Bene, sono contenta
che la storia ti piaccia e che tu non abbia paura di affrontare
capitoli
interminabili! XD Grazie per il sostegno, davvero! Sì, sono
aperte nuove porte
sulla storia. Direi portoni. Leggere per credere! XD
Mimmyna:
Ciao!
Grazie per il
commento, mi fa piacere sentirti! Mi fa piacere che il capitolo ti
abbia presa,
vuol dire che sono stata brava! J
Già, Sirius era davvero
arrabbiato con James, ma tutto si è risolto. Si vogliono
troppo bene!
Princesseelisil:
Non
preoccuparti per le
recensioni, l’importante è che ti piaccia la
storia e, se vuoi commentare,
fallo scrivendo quello che ti passa per la testa. Lo apprezzo molto,
quindi vai
tranquilla! ^^ Non avere dubbi tra James e Siri. Scegli entrambi e fai
prima!
XD Sono felice che il capitolo ti abbia soddisfatto. Adesso mi chiedo
cosa
penserai di questo nuovo. Incrocio le dita! ^-^
LilyProngs:
Ciao
tesoro! Sono contenta
che Xeno ti abbia fatto ridere. Ho tante altre battute idiote pronte
per lui,
piano piano le metterò tutte. Adoro scrivere di lui!
Ecco,
sono davvero felice che ti sia piaciuto il momento della rivelazione di
James.
Ho faticato tanto per scriverlo e vagavo nell’incertezza.
Sapere che ha il tuo
apprezzamento mi rincuora un po’. ^^ Sono anche contenta che
apprezzi tutti gli
altri personaggi, davvero. Mi hai detto che se io scrivessi un libro,
mi
seguiresti. E mi è venuto da sorridere perché,
ebbene sì, un libro c’è. Nella
mia testa. È una storia che non metterò mai qui
su Efp, perché la parte
sognatrice che è in me vorrebbe pubblicarla, un giorno.
Chissà! ^///^
Chiara88:
Ciao
carissima! ^^ Un pugno
sul naso? Povero Jamie! In realtà pure io credevo che Sirius
lo avrebbe un po’
stropicciato, ma che vuoi farci? Black è un tenerone! XD
L’ultima parte del tuo
commento, quella con i complimenti, mi ha fatta arrossire come un
peperone e mi
ha fatto sfavillare gli occhi! Grazie, grazie, grazie! Vorrei
ringraziarti
davvero! Non mi merito certe belle parole!
Sei
un tesoro. Grazie infinite!
Cassandra:
Ahahahahahah! Spero che le
urla di Sirius non ti abbiano tormentata troppo durante le vacanze! XD
Kokylinda2:
Ciao!
Sono felice che il
capitolo ti sia piaciuto, è sempre bello sapere di aver
accontentato voi lettori!
Farò sempre del mio meglio! ^^
Grazie
per i commenti, grazie infinite! Sono contenta che la parte della
confessione
di James ti sia piaciuta! Rispondo subito alla tua domanda su Peter.
No, non ha
intenzione di dire a Bella di James, per ora.
Deviata:
Wow!
Sono felice di averti
fatto un bel regalo di Natale! Però non volevo farti
piangere! Sono contenta
che il capitolo ti sia piaciuto! Remus è un grande
personaggio, lo ammiro
tanto, davvero! Non ti considero una bambina perché hai
pianto, anzi, vuol dire
che sei una persona sensibile, come me! ^^ Grazie per avermelo detto!
È bello
sapere di averti emozionata! Fortuna che Xeno ti ha fatta ridere!
Brando:
Bene!
Sono contenta che il
capitolo ti sia piaciuto! Mi è piaciuto il tuo
“più o meno”. Forse hai capito
già che tra Siri e Jamie non è finita, non
completamente. No, Peter non andrà a
dire tutto a Bella, non ancora almeno. Aspetta e vedrai! ^^
Grazie
per i complimenti, sempre troppo gentile!
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Capitolo 32 *** When Darkness Comes ***
Lo
so,
lo so, avevo detto a
Marzo. Ma quando un capitolo ti tormenta giorno e notte per essere
scritto, c’è
ben poco da fare… u_u
CAPITOLO
32
WHEN
DARKNESS COMES
Quel
pomeriggio di Dicembre, la luce del sole pareva aver cessato di
illuminare la
terra molto prima del previsto e dense nubi nere andavano ad ammassarsi
nel
cielo, formando una coltre fitta e cupa. Il freddo era pungente e le
raffiche
di vento colpivano come gelide lamine assassine.
Regulus
Arcturus Black sembrava immune alla bassa temperatura e continuava a
camminare in
quel corridoio, che conduceva ai sotterranei, con la sua abitudinaria
tranquillità, mista ad apatia. Principe di buone maniere.
I
suoi occhi parevano neri in quella semi oscurità, ma quando
il ragazzo passò
sotto ad una torcia accesa, divennero di un verde incredibile,
fascinoso. Il
colore delle selve più selvagge, che raccontavano di abeti
antichi e muschi
profumati.
Procedeva
lento, senza fretta, un passo avanti all’altro.
Un
incedere da principe.
Il
principe che era e che sapeva di essere.
Regulus
non aveva ancora compiuto quattordici anni, era ancora un ragazzino,
eppure
ostentava da sempre quel particolare atteggiamento da uomo, da persona
matura e
coscienziosa, risultando, a volte, pedante, saccente.
Forse
era proprio per questo che non aveva amici della sua età.
Raramente,
lo si vedeva con compagni di Casa più grandi.
Spesso,
lo si vedeva da solo.
Il
giovane Serpeverde non sembrava farci troppo caso, anzi, pareva adorare
la
solitudine ed evitare con tutto l’impegno possibile i luoghi
affollati. Non
sopportava la confusione, le storielle raccontate tra gli studenti lo
tediavano
terribilmente e gli schiamazzi riuscivano a provocargli una tremenda
emicrania.
Ecco
perché andava continuamente cercando posti nuovi dove poter
studiare da solo,
visto che riteneva la biblioteca fin troppo affollata.
Dopo
pranzo si era recato in una delle torrette deserte e quasi del tutto
sconosciute del castello, dove aveva potuto sfogliare in tutta
tranquillità il
nuovo libro di poesie che aveva acquistato via gufo.
Regulus
amava la letteratura e venerava la poesia, non gli sarebbe dispiaciuto
vivere
scrivendo, ma sapeva che suo padre non sarebbe mai stato
d’accordo. E poi, con
Sirius che aveva voltato le spalle alla famiglia e tre cugine femmine,
era più
che palese che sarebbe toccato a lui portare avanti il buon nome dei
Black.
Aveva
accettato il suo destino di buon grado, senza lamentarsene, dopotutto
sapeva di
essere più che in grado di poter adempire al proprio dovere.
Era
l’erede perfetto e ne era consapevole.
Non
aveva neppure faticato poi molto per esserlo.
Da
lontano, proveniente dalla torre dell’orologio, si
udì il suono di una campana
ed il giovane Black intuì che dovevano essere appena
scoccate le sei della
sera.
Mancava
ancora un’ora buona alla cena in Sala Grande.
I
suoi passi si fermarono di fronte ad una fredda parete di pietra
apparentemente
comune, insignificante, ma quando dalla bocca del ragazzo uscirono le
parole –Salasar regna! –
i mattoni parvero
ritrarsi, facendo posto ad una spigolosa apertura che dava
l’accesso alla Sala
Comune dei Serpeverde.
Regulus
entrò, guardandosi intorno.
Non
c’era nessuno dei suoi compagni di Casa in giro, non poteva
che ritenersi
soddisfatto.
La
parete di pietra ritornò solida alle sue spalle e lui si
ritrovò in quella sala
circolare, dalle tinte fosche, oscure, verde e nero, e dal silenzio
incombente.
Faceva più freddo lì, tanto che se non fosse
stato per il colossale camino di
marmo con il fuoco perennemente acceso, sarebbero morti tutti quanti
assiderati.
Si
trovavano parecchi metri sotto terra, sotto lo stesso Lago Nero, ad
essere
precisi.
E
forse, si disse Regulus con un sorriso ironico, era quello che si
meritavano.
Andò
a sistemarsi nella sua poltrona preferita, di morbido velluto verde
scuro, e
riprese in mano il proprio libro di poesie.
L’autore
era babbano, William Blake.
Il
Serpeverde non se ne curava poi molto, in realtà, anche se
sapeva che avrebbe
provocato le ire di suo padre se fosse stato trovato con un libro non
appartenente
al mondo magico. Del resto non era colpa sua se i maghi non avevano
ancora
prodotto niente di abbastanza buono da poter superare i babbani in
letteratura.
Fu
in quel momento che qualcun altro fece il suo ingresso nella Sala
Comune di
Serpeverde, attraverso il passaggio creatosi di nuovo nella parete di
pietra.
Regulus
non ebbe neppure il bisogno di girarsi, conosceva a memoria quel
ticchettio sul
pavimento di marmo, suono di tacchi portati con la massima grazia e
sicurezza.
La
nuova arrivata andò a sedersi di fronte a lui, con un lieve
fruscio
dell’uniforme scolastica, poi l’inconfondibile
profumo di una sigaretta magica appena
accesa, che fece storcere il naso al giovane Black.
-Ti
sto forse dando fastidio, cugino?-
-Tu
dai sempre fastidio, Bella.-
Sentì
la ragazza ridere ed allora si decise ad alzare lo sguardo dal suo
libro e
puntarlo sulla regina di Serpeverde, comodamente seduta sulla
poltroncina di
fronte a lui.
Bellatrix
pareva soddisfatta quella sera, una luce strana albergava in quegli
occhi blu
sempre così freddi e sinistri. La bocca rossa e piena era
piegata in un ghigno
che avrebbe fatto impallidire anche il più temerario degli
uomini.
-Che
cosa vuoi da me?- le chiese con voce annoiata. –Sai che non
partecipo ai tuoi
giochetti idioti, cugina.-
Di
nuovo, lei rise. –Non avevo intenzione di invitarti, Reg.-
gli rispose lei,
divertita. –Volevo solo informarti che ho scoperto la
verità su Remus Lupin.-
Regulus
sollevò un sopracciglio ed osservò la cugina con
aria tediata. –Wow.- ironizzò.
–Il fatto che ti ci sia voluto così tanto tempo
per arrivare a svelare questo
arcano segreto mi rattrista alquanto, Bellatrix. Devo dirlo.- la
schernì.
Bella
non battè ciglio, si limitò a fare spallucce.
–Non tutti siamo geni come te,
cugino.- replicò, gelida.
-Già.-
convenne Regulus, per nulla preoccupato di apparire superbo.
–Comincio a
crederlo anche io, Bella. E me ne rammarico. È triste essere
l’unico cervello
che funziona in un mesto gregge di stolti.-
-Mi
dispiace per te.- sibilò Bellatrix, infastidita.
-Sopravvivrò.-
rispose lui, tranquillamente. –Posso sapere che cosa hai
intenzione di fare
adesso che sai?- domandò, con scarso interesse.
Il
sorriso di Bellatrix si ampliò. –Non ti viene in
mente nulla?-
-Mi
vengono in mente tante cose, a dire il vero. Hai l’imbarazzo
della scelta.-
fece lui.
Bella
sorrise, andando a giocare con una ciocca di capelli neri, lisci e
morbidi al
tatto.
-E’
troppo presto, devo pazientare un altro po’.- lo
informò, divertita. –Spero che
assisterai allo spettacolo, quando sarà il momento.-
Regulus
sorrise. –Mi vedrai in prima fila, ma solo se il tuo
giochetto ne varrà
veramente la pena.- le rispose, riportando lo sguardo sul proprio
libro.
-Non
mi dai nessuna soddisfazione, Reg.- lo rimproverò Bellatrix,
sospirando.
Lui
scosse il capo, puntando gli occhi verdi su di lei. –A dire
il vero, cugina,
trovo ridicolo questo tuo accanarti contro gli amici di Sirius. Non ne
vedo
l’utilità.-
Lei
assottigliò gli occhi, irrigidendosi.
–Cos’è? Non vuoi che mi diverta con la
cricca del tuo fratellone? Per caso gli vuoi ancora bene?-
domandò, con fredda
ironia.
Regulus
scoppiò a ridere, facendole spalancare gli occhi per la
sorpresa.
Era
veramente difficile udire la risata di Regulus Arcturus Black, in
genere il
ragazzino sorrideva, ghignava, ma non si concedeva mai più
di così.
-Credimi,
su questo sono sincero. Non mi è mai fregato un accidente di
Sirius Black. Né
prima, né tanto meno adesso.- disse il giovane Serpeverde,
dopo aver cessato di
ridere. –Però, lascia che ti avverta di nuovo,
Bellatrix. Dovresti impiegare il
tuo tempo in altre cose, invece di dare il tormento alla combriccola di
Potter.
Non dimenticare che loro sono i cocchi di Silente e tu non puoi
permetterti di
finire in cattiva luce agli occhi del preside. Lucius e quegli altri
imbecilli,
dopo l’episodio della biblioteca, hanno già messo
Serpeverde in difficoltà. Non
vedi come ci guardano tutti adesso?-
Bellatrix
sorrise, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio
ed accavallando le
gambe lunghe e tornite. Uno sguardo di sfida rivolto al cugino.
-Che
vuoi che mi importi, Reg? Non intendo rinunciare al mio divertimento.
Me ne
sbatto del giudizio di quel vecchio bacucco di Albus Silente.- fece con
irriverenza, mentre dava un tiro alla sua sigaretta profumata.
Stranamente,
il sorriso di Regulus si ampliò. –Molto bene,
allora fa come preferisci. Sappi
solo che, se mi accorgerò che stai passando il limite, mi
occuperò io stesso di
rimetterti al guinzaglio e di tenerti buona, mia cara.- la
informò, puntando
gli occhi nei suoi senza paura. Pareva divertito.
La
vide infuriarsi, perdere il controllo. Il divertimento
aumentò.
Bellatrix
Black si alzò in piedi, furente. La sigaretta le
sfuggì di mano, finendo sul
freddo pavimento di marmo, ma nessuno parve avvedersene.
La
Serpeverde era livida di rabbia. Le mani strette a pugno, i denti che
affondavano nelle labbra senza pietà.
Regulus
la osservava senza battere ciglio, l’incarnazione vivente
della tranquillità.
-Tu…
Tu, razza di…! Tu, chi diavolo ti credi di essere?! Come
osi?!- esplose Bella,
oltraggiata dal comportamento del cugino. –Nessuno
può permettersi di
controllarmi, né di minacciarmi! Ti conviene darti una
regolata, moccioso!-
-Moccioso?-
riecheggiò Regulus, divertito. –Perché?
Tu credi forse di essere più matura,
Bellatrix Black?- le domandò, genuinamente perplesso.
Bella
strinse le labbra, diventate ormai pallide, non riuscendo a replicare
di fronte
a quell’aria calma e controllata, sconfitta da quegli occhi
che sapevano essere
più gelidi e terribili dei suoi.
-Tu,
Lucius e tutti gli altri non siete altro che penosi bambocci in cerca
di uno
svago, di un nuovo giocattolo. Per come la vedo io, siete davvero
ancora dei
bambini.- continuò il giovane Black, non distogliendo lo
sguardo dalla cugina.
-Eppure volete giocare a fare gli adulti ed allora ecco che fremete
d’eccitazione all’idea di diventare Mangiamorte. Ma
non fate altro che compiere
sbagli. Se continuerete così, Lui non sarà
affatto soddisfatto di voi, te lo
posso assicurare.-
-Lui?-
esalò Bella, impallidendo all’improvviso.
–Che ne sai tu del Signore Oscuro?-
Gli
occhi della Serpeverde si erano come rianimati, accesi da follia e
venerazione
allo stesso tempo, mentre l’espressione del suo viso si
accendeva di curiosità.
-Ne
so abbastanza per avvisarti di non attirare troppo
l’attenzione su Serpeverde.-
le rispose Regulus, pacato, senza svelare troppo. –Se vuoi
giocare, fallo. Ma
vedi di non coinvolgere la tua Casa, perché non è
il momento più adatto. Tu e
gli altri non dovete essere espulsi, mi sono spiegato? Lui vi vuole
qui.-
Ma
Bellatrix pareva non ascoltare una parola. Lo fissava, sbigottita,
avida, piena
di stupore, gli occhi blu elettrico sgranati. Il respiro veloce.
-Tu…
tu hai parlato con Lui.- mormorò, sentendosi la gola
bruciare.
Suo
cugino non le rispose, riportando lo sguardo sul libro di poesie. Un
sorriso
enigmatico ad increspargli le labbra sottili.
-Come?-
domandò Bella, senza voce. –Come?!- chiese di
nuovo, aumentando improvvisamente
il tono. –Come hai fatto, Regulus?! Come hai fatto a
trovarlo? E perché un
gigante come lui avrebbe acconsentito a parlare con un ragazzino come
te?-
esplose, non curandosi che qualcuno, magari dai dormitori, potesse
sentire.
Regulus
Black fece spallucce. –Chi lo sa.- rispose, enigmatico.
Bellatrix
parve irrigidirsi ancora di più, la pazzia che si faceva
strada nei suoi occhi,
mista a fastidio ed invidia. E rabbia.
Lei
che, povera, misera, non era mai stata ascolta dal Signore Oscuro, mai
presa in
considerazione. Come non erano stati considerati gli altri suoi
compagni,
perché troppo inesperti, troppo giovani. Lei che avrebbe
dato tutto per essere
Mangiamorte, per portare dolore e distruzione, ma non veniva ancora
considerata
all’altezza di marciare nelle schiere di Lord Voldemort.
Eppure
Regulus…
Perché
Regulus?
-Cosa
ti ha detto?- domandò, il corpo che tremava. –Come
ti tieni in contatto con
lui? Parla, dannazione!- gridò, estraendo la bacchetta e
puntandola su di lui.
–Parla, Regulus, o ti convincerò a farlo a suon di
Cruciatus!-
Il
giovane Black rimase a fissarla, senza timore. –Il tuo
braccio sta tremando,
non saresti in grado di lanciare neppure uno schiantesimo, mia povera
Bella.-
Vide
gli occhi di lei accendersi d’ira e poi le sue labbra aprirsi
per pronunciare
l’incantesimo, senza ripensamenti.
Doveva
aspettarselo, sua cugina era instabile, si lasciava trascinare
dall’odio e
dalla bramosia troppo facilmente. Ed il Signore Oscuro era
un’ossessione per
lei.
La
maledizione senza perdono, tuttavia, non toccò mai il
ragazzo.
Bella
lanciò un grido di dolore, poi la sua bacchetta cadde a
terra, mentre gli occhi
blu tornavano a puntarsi su suo cugino, pieni di furia.
La
mano con cui impugnava la bacchetta bruciava ancora, la pelle scottava
dove la carne
aveva toccato l’oggetto magico, diventato improvvisamente
incandescente.
Regulus
Arcturus Black sorrise e Bellatrix capì.
Suo
cugino aveva la bacchetta in mano, ma il braccio era nascosto sotto la
divisa
scolastica, ecco perché lei non se ne era resa conto.
Lui
doveva aver scagliato un incantesimo di incendio sulla sua bacchetta,
questa
non poteva bruciare, le bacchette non prendevano fuoco, ma si era
comunque
surriscaldata, costringendo lei a gettarla a terra.
Non
aveva udito Regulus pronunciare il sortilegio, quindi…
Quel
ragazzino aveva appena usato un incantesimo non verbale? Riusciva
già a fare
una cosa del genere? Bellatrix era a dir poco sbigottita.
-Stai
facendo troppe domande, Bella. Ed io non ho intenzione di rispondere a
nessuna
di esse.- le disse ad un tratto il Serpeverde, quasi annoiato.
–Perché non
prendi la tua bacchetta e raggiungi le tue amichette nella vostra
stanza? Sono
quasi le sette, tra poco sarà ora di andare a cena.-
Stringendo
i denti, Bella si chinò a raccogliere l’oggetto
magico, tornato ad essere
fresco al tatto. Quando tornò a guardare il cugino, i suoi
occhi erano pieni di
rabbia.
-Sei
solo un ragazzino, Regulus. Ricordalo.- sibilò, gelida.
-Anche
tu lo sei, Bella.- le rispose lui, prontamente.
E
lei non ebbe voglia di replicare.
Si
diresse a spasso spedito verso il dormitorio delle ragazze, non
voltandosi più.
Regulus
rimase a guardarla, in silenzio, e quando Bellatrix sparì
dalla sua vista,
sorrise, tornando alla sua lettura, spiacevolmente interrotta.
In
quel momento, si udì un “crack” poco
distante da lui.
Poi
dei passettini incerti sul pavimento.
-P-Padroncino
Regulus…- squittì una voce ai suoi piedi, mentre
due grandi occhi grigi si
puntavano su di lui, adoranti, pieni di ammirazione e timore.
-Oh,
Kreacher.- fece il Serpeverde, non degnandolo di un’occhiata.
–Parla, cosa dice
il Signore Oscuro?-
***
Bellatrix
Black entrò nella stanza delle studentesse serpeverde del
settimo anno come una
furia, spalancando la porta senza riguardo e chiudendosela alle spalle
con
rabbia, facendo sussultare le sue compagne.
La
camera era in penombra, illuminata da raffinate lampade ad olio che
davano vita
a sinistre ombre verdi ed argento, che andavano a toccare con le loro
lunghe
dita i raffinati pezzi d’arredamento. I mobili di legno
laccato, i letti
coperti di velluto e broccato verde scuro, i tappeti ricamati in
argento.
Aida
Shaw, settimo anno Serpeverde, se ne stava mollemente distesa sul
proprio
letto, le testa riversata nei cuscini, gli occhi socchiusi, le gambe
accavallate.
Non
indossava più la divisa scolastica, ma una gonna corta a
balze, nera, ed un
dolcevita rosso scuro, che le fasciava il corpo snello, esaltando tutte
le
curve.
Sorrise
dell’entrata furiosa di Bella, scuotendo il capo.
I
suoi occhi grigio azzurri brillavano di divertimento, mentre si metteva
seduta
ad osservare la compagna appena arrivata. I capelli castano scuro,
tagliati
cortissimi, si erano un poco disordinati durante il suo riposo.
-Bellatrix
Black arrabbiata, che novità!- celiò, ironica.
L’occhiata
che ricevette da Bella la fece zittire immediatamente.
La
regina di Serpeverde si recò al proprio baule, cominciando a
tirar fuori gli
indumenti che aveva intenzione di indossare una volta tolta la
fastidiosa
divisa.
Spazientita,
lanciò un’occhiata alle altre due ragazze presenti
nella stanza, loro non
avevano ancora detto una parola.
Bailee
Hurt, dai mossi e lunghissimi capelli neri, se ne stava seduta su una
poltroncina, in un angolo della stanza, intenta a darsi lo smalto.
Non
parlava praticamente mai, tanto che in molti si era insinuato il dubbio
che lei
fosse veramente muta. Bella, dopo quasi sette anni di convivenza, aveva
capito
che Bailee, semplicemente, non amava parlare.
Gli
occhi di quella ragazza erano vuoti, senza vita. Uno di essi era nero
come
l’inchiostro, l’altro di un pallido celeste.
Veniva
chiamata senza riguardo “Puttana di Serpeverde”
perché, a detta di tutti, non
usava la bocca per parlare, ma ne usufruiva in un altro modo.
Da
anni Lucius Malfoy si serviva di lei come e più gli piaceva
e Bailee lo
lasciava fare, restando in silenzio. Zitta, sempre zitta. Mai una
parola.
Non
reagiva quando i ragazzi si approfittavano di lei e neppure quando, a
volte,
per puro divertimento, erano alcune ragazze a farlo.
Una
bambola senza vita.
Bellatrix
non si soffermò più di tanto su quel corpo vuoto,
puntando gli occhi blu sulla
ragazza seduta alla scrivania, intenta a scribacchiare qualcosa su di
una
pergamena in religioso silenzio.
Eva
Ames non si era neppure voltata a guardarla, al suo arrivo.
Era
una Caposcuola, ma non le era permesso alloggiare nella propria stanza
privata;
Bella glielo aveva impedito, prendendosi la camera per sé ed
usandola secondo
il suo capriccio.
Eva
seguitava con il suo silenzio, presa dai suoi compiti scolastici. I
ricci
capelli castano chiaro tirati su in una coda, per impedire che alcune
ciocche
le ricadessero sul viso, provocandole fastidio. Un abito di calda lana
grigia
che le arrivava fino a metà coscia, da dove poi cominciavano
a vedersi le calze
nere.
-La
tua dedizione allo studio è encomiabile, Eva.- la prese in
giro Bellatrix,
mentre cominciava a cambiarsi. –Sei proprio un perfetto
soldatino.-
La
Ames non rispose, ancora china sul proprio lavoro.
Bella
ghignò, senza aggiungere altro.
-Ho
visto tuo cugino all’allenamento del Grifondoro.- fece Aida
ad un tratto,
stiracchiandosi. –E’ bello da mozzare il fiato,
davvero non posso proprio farci
nulla?-
Bellatrix
si voltò a guardarla, impassibile. –Fallo, se
vuoi. Ma il dolore che ti farò
provare dopo non lo scorderai facilmente. Sai bene che vi ho vietato di
mescolarvi con quei mezzosangue e traditori del proprio sangue dei
Grifondoro.-
le rispose, seccamente. –Ti ho avvisato, Aida.-
La
ragazza sbuffò, scocciata. –Eva però ha
il permesso di giocare con Lupin.-
protestò.
A
quelle parole, Bellatrix rise, andando a posare una mano sulla spalla
della
Ames, ancora voltata, che sussultò impercettibilmente.
-E’
diverso, Aida. La piccola, dolce, principessina Eva obbedisce agli
ordini, lo
sai bene anche tu.- disse, divertita. –E se
arriverà ad un certo tipo di
divertimento con Remus Lupin, beh, sarà divertente sapere
come reagiranno i
suoi eccelsi genitori nell’apprendere la notizia che la loro
unica preziosa
figlia si è fatta scopare da un lupo mannaro. La
scorticheranno viva,
letteralmente, non è vero, Eva?- fece, malignamente, mentre
Aida sgranava gli occhi
per la notizia appena appresa su Lupin. –Una perfetta
purosangue ed un
licantropo pulcioso, neppure Bailee è mai caduta
così in basso. Sarebbe un
disonore, vero mia piccola Eva? I signori Ames ti ammazzerebbero con le
loro
stesse mani.- continuò, scoppiando a ridere.
Eva
Ames strinse i denti, voltandosi finalmente a fronteggiare la compagna
di Casa.
I suoi occhi verde scuro erano pieni di rabbia.
-Tra
me e quel Grifondoro non c’è niente di niente,
Bella. Né ho intenzione di
continuare a frequentarlo! Ho fatto quello che volevi, mi sono
avvicinata a lui
per scoprire il suo segreto e l’ho fatto.- le disse,
nervosamente. -Ti ho dato
l’informazione che volevi. Posso chiuderla con lui, adesso?-
Bellatrix
rimase un attimo a guardarla, prima di scoppiare a ridere.
–Certo che no,
principessina. Tu resterai vicino a Lupin, ora che lui si fida di te.-
le
disse, perentoria.
-Entrerai
a far parte di quella branca di stupidi Grifondoro e mi riferirai ogni
cosa che
loro diranno, sono stata chiara?-
Eva
strinse i pugni, mentre le sue guance cominciavano ad imporporarsi per
la
rabbia.
-Tu
avevi detto che dovevo scoprire il segreto di Lupin, solo questo.-
ribattè,
piena di collera. –Io non sono una tua marionetta, Bellatrix.-
-Ah
no?- fece Bella, impassibile. –Vuoi davvero farmi arrabbiare,
Eva? Sai bene che
non ti conviene, no? Farai quello che ti ho appena detto, da brava.-
Ed
Eva, sconfitta, abbassò nuovamente la testa di fronte alla
compagna di Casa,
che in quel momento rideva di lei. Era sempre stato così.
Ma
gli Ames non potevano permettersi di avere contro i Black.
Non
poteva replicare, non poteva ribellarsi.
Sentì
gli occhi bruciare per le lacrime di rabbia, ma si sforzò di
non piangere. Non
avrebbe dato a Bellatrix anche quella soddisfazione.
Fu
Aida a spezzare il silenzio che si era creato in quella stanza.
-E
così Remus Lupin è veramente un lupo mannaro? Non
posso credere che la nostra
scuola sia arrivata ad accettare anche certa feccia tra le sue mura.-
disse,
scandalizzata. –Mi chiedo fin dove arriveremo. Silente
dovrebbe essere
eliminato.-
-Hai
pienamente ragione.- le disse Bellatrix, andando a sedersi in uno dei
letti
liberi.
-Mi
raccomando, ragazze, questa cosa non deve uscire da qui. Non
è ancora il
momento di rivelare la verità sul nostro ragazzo lupo, avete
capito?-
-Come
preferisci.- si limitò a dire Aida, mentre Bailee annuiva in
silenzio. –Posso
sapere però come sei riuscita a scoprire questo segreto,
Eva?- chiese,
rivolgendosi alla Serpeverde.
La
ragazza non rispose, ma ci pensò Bellatrix a farlo per lei.
-Eva
è una mente geniale, Aida, ecco perché ho voluto
che fosse lei ad occuparsene.-
disse, soddisfatta. –Stando vicino a Remus, si è
accorta di dettagli,
particolari, ed il suo acuto cervellino ha instillato il dubbio in lei.
Così,
una sera, è venuta da me e mi ha detto che, secondo lei,
Remus Lupin era un
licantropo.- spiegò, accendendosi una sigaretta.
–Era la stessa cosa che
sospettavo anche io, ma avevamo bisogno di prove valide, non di parole
campate
in aria. Dovevo esserne certa. Così le ho chiesto di
indagare più a fondo e
questo piccolo genio del male ha smascherato il tutto con una semplice
pozione.- disse, scoppiando a ridere. –Una pozione
praticamente inventata da
lei, con ingredienti simili alla pozione anti-lupo, studiata ad arte.
Se un
licantropo l’avesse bevuta, allora avrebbe recuperato le
proprie energie dopo
la trasformazione molto più rapidamente. Infatti Lupin si
è sentito subito
meglio, dopo averla assunta.-
Aida
ascoltava tutto, attenta. –E se Remus Lupin non fosse stato
un licantropo?-
Bella
scoppiò a ridere, divertita. –Beh, gli effetti
collaterali sarebbero stati
immediati e devastanti. Si sarebbe scatenata subito una febbre
improvvisa,
talmente forte da poter anche stroncare una persona. Certi ingredienti
della
pozione possono essere letali per chi non è un lupo mannaro.
Diciamo che la
nostra principessina ha davvero rischiato tanto.- dichiarò,
posando lo sguardo
su Eva, pallida ed immobile alla scrivania.
Aida
rise, divertita, guardando la Ames. –Hai dato al povero Lupin
una pozione che
sarebbe stata letale per una persona normale, senza neppure sapere se
lui era davvero
un licantropo oppure no?- domandò, ridendo. –Wow!
Sei davvero una Serpeverde!-
-E’
vero.- aggiunse Bella, osservando Eva. –Se Lupin non fosse
stato un licantropo,
avresti potuto ucciderlo. Non sei poi tanto migliore di me, visto?-
-Non
avevo scelta.- mormorò la Ames, continuando a tenere lo
sguardo puntato a
terra. Non voleva incontrare quegli occhi blu, non voleva leggere la
follia e
la cattiveria dipinte in essi. Non voleva incontrare la derisione.
Improvvisamente,
si sentì soffocare, mentre gli occhi continuavano a
bruciarle e la vista le si
appannava, offuscata dalle prime lacrime.
Lacrime
che cominciarono a rigarle le guance, inarrestabili.
E
Bellatrix ed Aida risero di lei.
Non
riusciva a sentire altro, oltre alla risata delle due compagne.
E
dentro, nel suo cuore, si sentiva morire un poco ogni giorno.
Non
c’era speranza per lei, non ne sarebbe mai uscita, per sempre
prigioniera di
quella Dea del male, di quella creatura plasmata nella cattiveria.
Mai
libera, neppure a casa, dai suoi genitori, che la trattavano come un
oggetto.
Se
solo avesse avuto almeno il coraggio di togliersi la vita…
Ed
invece era talmente debole da non riuscire neppure a tagliarsi le vene
con la
lama di un coltello. Debole, codarda, misera, patetica.
Adesso,
a sommarsi con le sue sofferenze, si era unito il senso di colpa.
Ma
forse, non ti
fidi a prendere qualcosa che ti è offerto da una Serpeverde
Gli
aveva detto quelle parole, davvero convinta che lui non si sarebbe mai
fidato
di lei. Quasi sperando che lui non accettasse di bere quella pozione,
quasi
pregando dentro se stessa che Remus Lupin rifiutasse. E invece lo aveva
visto
sorriderle e tenerle la mano, in attesa che lei gli passasse quel
maledetto
filtro.
Sei
stata
gentile a prepararla per me, la prenderò subito
Le
aveva detto queste parole, continuando a sorriderle.
Remus
le sorrideva sempre, in quel modo timido, un poco
impacciato, che apparteneva sempre a lui e che lei non avrebbe mai
dimenticato.
Aveva
rischiato di ucciderlo, ma lui, invece, era ancora in vita,
perché era un licantropo, proprio come lei aveva sospettato
studiando il suo
volto dopo le notti di luna piena, osservandolo costantemente, contando
i
giorni, studiando scrupolosamente il calendario.
E
adesso?
Remus
era vivo, ma lei non osava immaginare cosa Bellatrix avesse
in mente.
Lui
non lo meritava, non lo meritava assolutamente.
Lui,
così gentile, così delicato, così
spontaneo in tutto ciò che
faceva.
Lui,
che arrossiva sempre quando lei gli era vicino, senza tentare
di nasconderlo.
Lui,
che era come un telo bianco, immacolato, che lei non avrebbe
mai voluto sporcare, per nessun motivo.
In
quella stanza, fattosi improvvisamente troppo piccola,
soffocante, Eva si trovò quasi ad agonizzare, mentre due
delle sue compagne
continuavano a deriderla, spietate, divertite.
Solo
una era rimasta in silenzio.
Bailee
Hurt non stava ridendo, i suoi occhi dai due colori si
puntarono sulla pietosa figura di Eva, china su se stessa, le lacrime
che
scendevano copiose.
Non
disse nulla, ma abbassò il capo, tornando a fissare le sue
unghie appena smaltate.
Ad
un tratto il dolore al petto fu troppo lacerante e la Ames si
ritrovò inginocchiata a terra, senza forze, mentre le risate
intorno a lei
aumentavano.
Il
corpo tremava, vittima di singhiozzi violenti.
Finita,
era finita.
Si
sentiva come già distesa in una tomba.
Ed
il coperchio si abbassava impietosamente su di lei.
Presto
non ci sarebbe più stata aria.
Non
ci sarebbe più stata luce.
Pretty girl is
suffering while he
confesses everything.
Pretty soon she'll figure out: you can never get him out of your head.
It's the way that he makes you cry.
It's the way that he's in your mind.
It's the way that he makes you fall in love.
[
La graziosa ragazza sta soffrendo, mentre lui le confessa tutto.
Molto
presto lei capirà: non riuscirai mai più a
levarti lui dalla testa.
E’
il modo in cui lui ti fa piangere.
È
il modo in cui lui rimane nella tua mente.
È
il modo in cui lui ti fa innamorare. ]
Pretty
Girl, Sugarcult
Erano
da poco scoccate le sette di sera e molti degli studenti di
Hogwarts, battendo i denti per il freddo, si stavano dirigendo in
piccoli
gruppi verso la Sala Grande.
C’era
chi parlava della prossima interrogazione, chi progettava
come organizzarsi per l’ormai vicina uscita ad Hogsmeade,
chi, ancora, non
riusciva a smettere di fantasticare sulla festa di Biancaneve,
sperando,
magari, di parteciparvi con una persona speciale.
Tutti
parevano esausti ma soddisfatti della giornata e desiderosi
di godersi una bella cena insieme ai compagni.
Tutti,
tranne lui.
James
Potter, rinchiuso nella sua stanza privata, non aveva voglia
di scendere con gli altri a cena, il suo stomaco era talmente chiuso
che lui
era più che sicuro del fatto che l’odore del cibo
lo avrebbe solo nauseato,
facendolo stare anche peggio di come si sentiva. Si era tolto in fretta
e furia
l’uniforme di Quidditch, quasi strappandosela di dosso con
rabbia, e si era
messo i primi indumenti che aveva trovato nel suo baule, un paio di
jeans
consumati ed una felpa verde scuro.
E
adesso se ne stava lì, seduto sul suo letto, come un totale
idiota.
Era
uno stupido.
Non
sapeva pensare altro che questo di se stesso.
Non
sarebbe dovuto scappare in quel modo, non era da lui, ma in
quel momento non era riuscito a fare altro. Il desiderio di andarsene
era stato
troppo grande.
Perché
era rimasto fermo davanti a quella porta ad ascoltare?
Perché
era così dannatamente insicuro?
Che
fine aveva fatto il Grifondoro che si vantava di essere?
A
dire il vero, il suo cuore aveva già cominciato a tremare
nel
momento stesso in cui Lumacorno aveva annunciato che Mocciosus avrebbe
aiutato
Lily nel preparare la pozione. Già da allora lui aveva
sentito una morsa
d’acciaio stringergli lo stomaco.
Aveva
combinato un casino all’allenamento, non si era minimamente
preoccupato di fare il capitano e di supervisionare gli allenamenti
della
squadra. Era a malapena riuscito a concentrarsi sul boccino
d’oro, mentre
intanto non faceva altro che pensare che la sua ragazza si trovava da
sola con
quel viscido essere che più di tutti bramava di portargliela
via.
Aveva
terminato il suo allenamento prima degli altri ed era
schizzato via, senza curarsi dei richiami di Sirius e Victoria.
Stupido.
Stupido. Stupido. Stupido.
Ma
la paura era stata più forte, come l’insicurezza.
Si
era ricordato di quei giorni terribili, passati ad osservarla
da lontano, ad amarla senza poterle parlare, ad avvicinarla solo per
rimediare
un’occhiataccia oppure una frase cattiva, spietata. Mentre
Piton…
Piton
non doveva fare nulla per attirare l’attenzione di Lily.
Perché
Lily lo adorava, gli voleva bene, era sempre al suo fianco.
Lily
rideva quando era con Piton, faceva i compiti con lui, sedeva
vicino a lui durante le lezioni e, a volte, lo prendeva addirittura per
mano,
mostrava gentilezza.
James
non aveva mai potuto sopportarlo e la gelosia lo aveva
divorato da dentro, senza dargli pace. E così,
più Lily si legava a Severus
Piton, più James faceva il bullo con i Serpeverde,
divertendosi a sottoporlo
agli scherzi più cattivi.
Era
stato un autentico idiota, da ragazzino.
Ma
a distanza di pochi anni, non era cambiato poi molto, si disse.
Il
ragazzo di quindici anni che si era divertito ad umiliare Piton
sulle rive del Lago Nero, quel pomeriggio dopo i G.U.F.O., era ancora
lì, da
qualche parte. Ancora invidioso del legame che Severus aveva con Lily,
spaventato dall’idea che l’odiato Mocciosus
trovasse il modo di portargliela
via.
Ancora
una volta, si dette dello stupido.
Era
importante per Lily, lei glielo aveva dimostrato più di una
volta.
Non
glielo aveva mai detto a parole, ma era sicuro che lei
provasse qualcosa nei suoi confronti. Forse non lo amava tanto quanto
lui amava
lei, ma gli era comunque legata.
Lo
leggeva nei suoi occhi, lo sentiva nelle sue parole.
Il
fatto era che, una volta terminata la grande amicizia tra Lily
e Severus, i due non si erano più chiariti. Avevano preso ad
evitarsi e, quando
non potevano farlo, trovandosi vicini, allora si comportavano con
distaccata freddezza,
chiamandosi per cognome e facendo come se non fossero mai stati legati.
James
temeva un loro possibile chiarimento più di ogni altra cosa.
Ed
era stupido, irrazionale, ma era più forte di lui.
Aveva
sentito le parole di lei e la sua paura era tornata a galla,
a tradimento.
Io
ti avevo
scelto.
Tu
eri tutto per
me, eri il centro del mio mondo, Severus.
Tu…
tu mi hai
spezzato il cuore più di chiunque altro!
Non
riusciva a dimenticare quelle frasi, non riusciva a non farsi
domande.
Mocciosus
era importante fino a quel punto?
In
che senso lo aveva scelto? In che senso era il centro del suo
mondo?
Come
amico?
Oppure…
Lily
poteva essere stata innamorata di Piton?
Si
sarebbe potuta innamorare di quel Serpeverde, se le cose
fossero andate diversamente?
E,
ciò che James più temeva, Lily sarebbe comunque
diventata la
sua ragazza, anche se Severus fosse rimasto al suo fianco? Lo avrebbe
notato lo
stesso?
Quei
pensieri ingarbugliati gli stavano facendo dolere la testa,
ma un lieve bussare alla sua porta lo fece sobbalzare, facendolo
riprendere
contatto con la realtà.
Inspiegabilmente,
il suo cuore prese a battere più forte.
Dentro
di sé già sapeva chi si trovava
dall’altra parte della
porta.
Si
alzò dal letto dove era seduto ed andò ad aprire,
come spinto
da una qualche forza più grande, che guidava la sua
volontà.
Davanti
a lui, Lily Evans.
Aveva
l’aria stanca ed ancora la divisa scolastica addosso,
probabilmente aveva provato a cercarlo per tutto il castello, senza
pensare a
cambiarsi.
I
suoi occhi verdi erano più luminosi che mai, ancora un poco
arrossati; lei li teneva puntati su di lui, sul suo viso, senza
abbassare lo
sguardo.
Senza
rendersene conto, James sorrise. –Sapevo che eri tu.-
mormorò, tenero.
La
vide deglutire, stringere i piccoli pugni, ma mai distogliere
gli occhi dai suoi.
-Fammi
entrare, James.- gli disse, piano.
Forse
era un ordine, forse era una preghiera, lui non stette a
chiederselo, semplicemente obbedì, ormai schiavo di lei.
I know you, who are you now?
Look into my eyes if you can’t remember
Do you remember?
I can see, I can still find
you’re the only voice my heart can recognize
[
Io ti
conosco, chi sei tu adesso?
Guardami
negli
occhi, se non riesci a ricordare
Ti
ricordi?
Io
posso
vedere, posso ancora realizzare
Tu
sei
l’unica
voce che il mio cuore può riconoscere ]
Lily
entrò, timidamente, dando solo una sfuggente occhiata alla
stanza, notando appena il disordine incipiente e la divisa da quidditch
malamente gettata su una sedia.
James
chiuse la porta e vi appoggiò la schiena, restando in
silenzio.
Sentiva
di doverle chiedere scusa, probabilmente l’aveva fatta
preoccupare, ma non sapeva davvero da dove cominciare. Forse dal fatto
che lui
era un idiota, ecco, poteva iniziare da lì, dopotutto.
-Ascolta
Lily, io…- cominciò, prendendo coraggio, ma lei
lo zittì
subito, chiedendogli di tacere con un lieve gesto della mano.
-Per
favore, James, io… io ho bisogno di parlarti, spiegarti. Ti
prego.- fece lei, ancora guardandolo in viso. –Ho tante cose
in testa e non ho
idea di come fare a tirar tutto fuori, ma sento che devo farlo,
perciò…
potresti solo ascoltarmi?-
Lui
annuì, restando in silenzio, fermo al suo posto.
Lily
rimase per un attimo a guardarlo, quasi preoccupata che lui
potesse sparire, oppure voltarsi ed uscire dalla stanza, senza darle il
tempo
di parlare.
Si
sentiva tremare dentro, aveva paura ed era in totale
confusione, ma, ad un tratto, mentre se ne stava inginocchiata da sola
sul
freddo pavimento del corridoio, con l’aula di Pozioni alle
spalle, aveva
improvvisamente realizzato tutto.
Era
arrivato tutto insieme, affollandole la mente.
Allora
lei si era alzata ed aveva cominciato a correre, cercando
lui.
Vergognandosi
e disperandosi per averlo lasciato andare via, senza
seguirlo.
-Io…
io non so cosa hai sentito di ciò che ho detto a Severus,-
cominciò, stringendosi le mani, timorosa. –non so
neppure che idea tu possa
esserti fatto, però… io devo spiegarti, non avrei
mai dovuto lasciarti andare
via, ma in quel momento mi sono sentita andare giù, ho avuto
paura…- gli disse,
abbassando lo sguardo.
-Paura?-
riecheggiò James, confuso.
Lily
sorrise, scuotendo la testa. –E’ complicato,
davvero, e forse
non riuscirò mai a farti capire…-
-Provaci.-
fece lui, facendo un passo verso di lei. –Ti prego.-
E
allora la ragazza sollevò di nuovo il viso, tornando a
guardarlo
negli occhi. –Tu… tu non potrai mai capire cosa
significa venire abbandonati
dalla propria famiglia, James, e ne sono felice, perché non
vorrei mai che tu
provassi un dolore come il mio.- cominciò, con un sorriso
triste a piegarle la
bocca. –Prima che mi arrivasse quella dannata lettera a casa,
la mia vita era
perfetta! I miei genitori mi amavano, mia sorella mi
adorava… ero la bambina
più felice del mondo, ma poi… Ho scoperto di
essere una strega e niente è più
stato come prima. In quel periodo ho conosciuto Severus. Lui era un
bambino
terribilmente solo, lo evitavano tutti, ma era l’unico a
capirmi davvero.
Petunia era invidiosa di me, mi evitava, mi faceva piangere. Severus,
invece,
quando riusciva a rubare la bacchetta a sua madre, passava pomeriggi
interi a
fare qualche piccolo incantesimo, a mostrarmi la magia, a farmi
divertire. Lui
era come me e quando ero in sua compagnia io mi sentivo libera,
accettata. Sì,
lui era tutto il mio mondo, a quel tempo.- mormorò, con lo
sguardo perso nel
passato, nei ricordi. –Severus mi parlava di Hogwarts, delle
poche cose del
mondo magico che conosceva e… e mi diceva di non badare alla
rabbia di Petunia,
perché era solo gelosa ed io dovevo ignorarla. Ero solo una
bambina ed ero troppo
presa dalla svolta che stava prendendo la mia vita. Quello, quello
è stato
l’errore più grande della mia vita. Non avrei mai
dovuto escludere mia sorella,
mai.- dichiarò, portando lo sguardo fuori dalla finestra
della stanza di James.
Il cielo era ormai di un vellutato blu scuro.
-Con
questo non sto giustificando Petunia per ciò che ha fatto,
ma
ammetto che in tutta questa storia un poco è stata anche
colpa mia. Gli anni
passavano, Petunia avvelenava l’animo dei miei genitori,
l’ho sempre saputo e
loro… erano troppo spaventati dal fatto di avere una figlia
“anormale” per non
ascoltarla. Non so cosa accadde di preciso a casa mia, come arrivarono
a quella
conclusione ma, un giorno, decisero di mandarmi a vivere da mia nonna,
Babette.
Questo però lo sai già.- disse lei, mentre James,
in silenzio, non si perdeva
nessuna delle sue parole. –Il mio universo crollò,
crollò letteralmente. La mia
famiglia non mi accettava e qui a scuola… beh, neppure qui
ho mai ricevuto
molta stima per il mio essere figlia di babbani. Ero disperata, James.
E
l’unica cosa certa della mia vita, l’unica persona
alla quale potevo
aggrapparmi, era Severus Piton. Lui c’era sempre per me.-
-Lo
so.- disse ad un tratto Potter, abbassando lo sguardo. –Ho
sempre visto, Lily. Ho sempre saputo che lui era importante per te e se
sono
scappato via, dopo avervi sentiti parlare, è
perché io… io sono così
terribilmente geloso di te… ed è orribile, lo so,
ma io…io ho solo paura che…-
Lei
sorrise, guardandolo. –James, non devi esserlo. Io non lo
amo,
non l’ho mai amato. Severus è sempre stato un
amico per me, il mio amico più
caro. Un fratello. Ho sempre considerato il nostro legame come qualcosa
di
fortissimo, su cui avrei sempre potuto contare.- spiegò,
tranquilla. –E c’è
stato un tempo in cui io dipendevo così tanto da lui, che
avrei fatto qualsiasi
cosa per tenerlo stretto a me. Severus era l’unico legame che
mi era rimasto e
pur di non perderlo, forse, sarei anche potuta arrivare a convincermi
di
amarlo. Ma, capisci, non sarebbe mai stato amore vero. Il tempo passava
e lui
aveva cominciato a cambiare. Lo vedevo sempre con Malfoy, Avery e gli
altri,
sentivo delle loro malefatte, ma mi tappavo le orecchie e chiudevo gli
occhi.
Non volevo accettare la realtà.- disse, quasi ridendo di se
stessa, di quella
che era un tempo. –Poi quel pomeriggio, al lago, lui mi
chiamò “mezzosangue” ed
allora io non fui più in grado di fingere. Mi
spezzò il cuore, distrusse il mio
piccolo mondo, mi abbandonò ed io sprofondai nella mia
solitudine. Non ci siamo
mai più parlati, anzi, io ero quasi riuscita a distaccarmi a
tal punto da
tornare a considerarlo un compagno di scuola come tutti gli altri, ma
oggi…
oggi è stato impossibile non ricadere nel passato, James. Ho
provato a non
pensarci, ma non ci sono riuscita. Senza neppure rendermene conto, mi
sono
ritrovata ad urlargli addosso di tutto e non ne sono pentita.-
dichiarò, con un
sospiro profondo. –Le cose sono andate così, te lo
giuro.-
Potter
sorrise, andandole vicino e prendendole una mano. –Non hai
bisogno di giurare, io ti credo, Lily.- le sussurrò, dolce.
–Va bene, davvero.-
-No,
non va bene.- fece lei, scuotendo la testa. –Io.. io devo
ancora dirti delle cose.-
Lui
puntò gli occhi scuri sul suo viso. –Allora
dimmele, dimmele
tutte quante, Lily.-
La
vide deglutire ancora, in difficoltà, e capì che
il difficile
del discorso che lei voleva fargli stava cominciando in quel momento.
Lily
sollevò gli occhi, incontrando i suoi, e si decise a
parlare,
già cominciando ad arrossire sulle guance.
-Io…
io sono stata terribile con te, James.- gli disse,
mortificata. –Tu mi sei sempre stato vicino, mi hai sempre
detto parole gentili
e non hai mai avuto problemi a dirmi ciò che provavi, senza
timore. Io invece
non ho mai…- mormorò, abbassando il capo.
James
sorrise, facendole una carezza. –Non importa, Lily. Non ho
bisogno che tu mi dica certe cose, lo so. Lo so, anche se non me lo hai
mai
confessato.-
Lei
scosse di nuovo il capo, decisa a non tirarsi più indietro.
–No.- sussurrò, tornando a fissarlo. –Io
voglio che tu sappia che non ti ho mai
considerato alla pari di Severus, James. Tu non devi pensare di essere
una
sorta di ripiego, o altro, tu sei tu! Severus è stato il mio
più grande amico,
come Sirius lo è per te. Ma tu… tu non sarai mai
un amico per me, tu sei molto
di più! Sei sempre stato di più!- disse, tirando
fuori il coraggio, decidendosi
a dirgli tutte quelle parole che gli aveva tenuto nascoste.
Lui
lo meritava, meritava di sapere.
Doveva
aprirgli il suo cuore, una volta per tutte. James non
doveva avere più dubbi, mai più. Non doveva mai
dubitare di lei e dei suoi
sentimenti.
-Mi
dispiace di non averti mai parlato di quello che tu sei per
me, James. Ma avevo paura, ho avuto paura anche oggi, quando sono
uscita
dall’aula di Pozioni e ti ho visto.- gli rivelò,
mentre lo guardava. –La verità
è che io… io sono stata abbandonata troppe volte
e… e non voglio che accada
ancora. Non lo sopporterei! Non voglio più essere sola,
James. E… e ho
sopportato tutto. Ho sopportato di perdere la mia famiglia, ho
sopportato di
perdere Severus, ma… ma se perdessi te… i-io non
potrei più vivere, James! Ed è
per questo che fino ad ora non mi sono mai messa in gioco fino in
fondo, è per
questo che non ti ho mai detto quello che provo! Perché ho
una paura tremenda!-
esclamò, tremando come una foglia, tanto che lui fu tentato
di stringerla forte
a sé e farla smettere di parlare, dicendole che andava bene
così, che non
doveva dire di più. Ma Lily era inarrestabile.
-Sono
sempre scappata da te, fin da bambina. Ti ho sempre evitato,
aggredito, respinto… Ma la verità, adesso lo
capisco, era che io ti ho sempre
voluto, James. Ti ho sempre… desiderato! Ma non volevo
lasciarti avvicinare,
perché avevo il terrore che tu poi mi avresti voltato le
spalle, come tutte le
persone a cui ero legata. Ma adesso non ho più paura,
perché so che tu sei
l’unica persona a cui posso affidare me stessa. Tu sei tutto
quello che ho
sempre voluto, tutto quello di cui ho sempre avuto bisogno. Sei il mio
sole,
James, non capirai mai l’oscurità in cui mi
trovavo io e, proprio perché non la
capisci, sei riuscito a salvarmi.-
-Lily…
io…-
-Tu
dai un senso alle mie giornate, tu mi dai una forza
incredibile, tanto che quando sono con te, sento che potrei fare
qualunque
cosa. Tu credi in me! Tu hai preso il mio cuore, ridotto in mille
pezzi, e ne
hai creato uno nuovo. Tu illumini la mia vita! E io… e io ti
amo, ti amo con
tutta me stessa! E mi dispiace di non avertelo mai detto prima, sono
stata
stupida e…-
Ma
non potè dire di più, James non glielo permise.
Lily
sentì le labbra di lui sulle sue e quel fiume di parole che
ancora premeva per uscire si acquietò in un istante, come se
non ci fosse mai
stato. Chiuse gli occhi e si ritrovò a rispondere a quel
bacio con un bisogno
disperato.
Voleva
quella bocca, la desiderava più di qualsiasi altra cosa.
Si
aggrappò a lui, alle sue spalle, mentre James la stringeva a
sé
con un braccio, tenendo l’atra mano tra i suoi morbidi
capelli di fuoco.
Sentiva
il proprio cuore battere a mille ed il viso in fiamme, ma
non se ne curò.
Il
suo viaggio, per quanto crudele e spietato, era terminato.
E
adesso era a casa.
James
era la sua casa.
Per
sempre.
I’ll never be the same I’m
caught inside
the memories of promises of yesterdays
and I belong to you
I just can’t walk away ‘cuz after loving you
I can never be the same
And how can I pretend to never
know you like it was all a dream? No
I know I’ll never forget the way I always felt
with you beside me, and how you loved me then, yeah
[
Io
non sarò
mai più la stessa, sto catturando dentro di me
i
ricordi
delle promesse di ieri,
e
ti
appartengo
Non
posso
semplicemente andarmene,
perché
dopo
averti amato
io
non
posso
essere più la stessa
E
come
potrei
mai pretendere
di
non
averti
mai conosciuto, come se tutto fosse stato un sogno? No.
Lo
so,
non
potrò mai dimenticare il modo in cui mi sono sempre sentita
con
te
al mio
fianco, e come tu mi hai amato allora ]
Non
avrebbe mai saputo dire come o quando, ma si erano ritrovati
sul letto di James, mentre i baci si facevano più intensi,
più lunghi, e le
pause tra uno e l’altro più brevi.
Ricordava
solo lui che le sorrideva, che teneva le dita
intrecciate alle sue e poi la sua voce, dolce e gentile:- Lily, vieni
qui.-
Non
aveva potuto dire di no, non le era passata neppure in mente
l’idea.
E
adesso l’unica cosa che sentiva era il proprio corpo, e lui,
e
loro due, insieme, come non erano mai stati fino a quel momento.
Quelli
che si stavano scambiando non erano solo baci, erano molto
di più, erano un preludio, un passaggio per arrivare a
qualcosa di più
importante, più forte.
Non
poteva non rendersene conto, ma non voleva neppure pensarci.
La
gioia di essere tra le braccia di lui, del suo lui, era molto
più grande di qualsiasi altro pensiero.
Non
c’era nessun rumore attorno a loro, non c’erano
colori, non
c’era più niente. Erano solo loro due.
E
il suono dei loro sospiri.
Di
gemiti, di parole tenere, di sbuffi divertiti, perfino.
James
amava giocare con lei.
La
baciava, appassionato, facendola arrivare a tanto da perdere il
controllo di se stessa, e poi, improvvisamente, scendeva a farle il
solletico
su un fianco, facendola scoppiare a ridere e mugugnare, infastidita.
Allora
lui si chinava sul suo collo, immergendo il viso tra i suoi
capelli rossi e profumati, e cominciava a baciarla anche lì.
Un po’ baciava, un
po’ mordicchiava piano, incendiandole l’aria nei
polmoni. Costringendola a
chiudere gli occhi e a mordersi le labbra, quando i suoi baci
arrivavano fin
dietro l’orecchio. E sul più bello, quando lei non
riusciva più a trattenere i
sospiri di piacere, lui smetteva, dispettoso, lasciandola disorientata
e
contrariata.
Rideva,
James. Ed era bello sentirlo ridere.
-Basta
dai…- mormorò lei, all’ennesimo suo
dispetto. –Vieni qui,
ti prego.-
Lui
sorrise, guardandola con i suoi occhi scuri, innamorati, e
tornò a stringerla tra le braccia, forte, più
forte che potè.
La
coinvolse in un bacio che fece dimenticare ad entrambi di una
cosa di poco conto come respirare, le fece spostare un poco la testa di
lato ed
ebbe pieno accesso la sua bocca e quando Lily incontrò la
sua lingua, la
accolse con un gemito, infilando una mano tra i capelli perennemente in
disordine di lui.
Qualcosa
stava prendendo fuoco dentro di lei, ne era sicura.
Si
ritrovò ad accarezzare il suo volto e, in un brevissimo
momento
di lucidità, si rese conto che lui non indossava
più gli occhiali. Chissà dove
erano finiti.
James
tornò a baciarla sulla gola e lei decise che, tutto sommato,
non le importava poi molto, li avrebbero cercati dopo.
Lui
era sopra di lei adesso e non era affatto spiacevole. Si sorreggeva
sulle braccia, perché il suo peso non le gravasse troppo
addosso. Era
bellissimo.
Lily
poteva chiaramente sentire le proprie guance in fiamme, la
testa che girava ed il cuore che batteva come un tamburo impazzito.
Probabilmente sarebbe esploso.
Il
suo corpo pareva in procinto di prendere fuoco, si chiese se
anche per James fosse lo stesso. La bocca di lui la stava facendo
impazzire,
letteralmente.
-Dimmelo
ancora.- le disse il ragazzo ad un tratto, teneramente,
quasi implorandola.
Lei
aprì gli occhi ed incontrò il suo sguardo, gli
sorrise, un
poco in imbarazzo.
-Ti
amo.- mormorò, con dolcezza. –Ti amo da morire,
James.-
Lui
le regalò un sorriso stupendo, tanto da provocarle un
meraviglioso calore al petto, prima di tornare a baciarla sulla bocca,
già rossa
e gonfia per i baci precedenti.
Ad
un certo punto, il bisogno di toccarlo fu troppo forte,
accecante, e Lily si ritrovò ad infilare le mani inesperte
sotto la felpa del
ragazzo, sentendo per la prima volta il calore della sua pelle ed
avvertendo
una dolce, ma allo stesso tempo dolorosa fitta al basso ventre, che la
fece
boccheggiare.
Lo
senti respirare più velocemente e lo vide chiudere gli occhi
di
scatto, mentre posava la fronte sulla sua, apparendole improvvisamente
senza
forze.
-James…-
lo chiamò, insicura, mentre interrompeva le sue timide
carezze, preoccupata di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Lui
sorrise, ancora ad occhi chiusi. –Non smettere, Lily.- la
implorò, quasi senza voce. –Non smettere di
toccarmi, ti prego.-
E
lei esaudì la sua richiesta, tornando a passare le mani su
quella pelle calda e liscia, abbandonando i fianchi e salendo fino alla
schiena, dove avvertì sotto i polpastrelli la durezza delle
vertebre, dove si
divertì a passare il dito indice, improvvisando.
Arrivò fino a toccargli la
nuca, mentre sentiva il suo respiro e quello di lui accelerare,
insieme, poi
scese di nuovo, andando questa volta a conoscere il suo petto e
ascoltandolo
gemere come non lo aveva mai sentito.
Continuò
ad accarezzarlo, scendendo fino all’addome, e James si
chinò di più su di lei, il corpo scosso da lievi
tremiti, andando ad affondare
i denti nella base del suo collo, dolcemente.
Presto
il tempo perse di significato. I minuti erano ore, le ore
erano secondi, gli anni diventarono istanti e tutto, tutto divenne
infinito.
Lì, dove erano loro, nulla aveva più
un ordine. Ogni cosa si piegava alla loro
volontà.
James
Potter non dimenticò mai quella sera, la sera in cui lui si
sentì di nuovo un ragazzino inesperto, timoroso di
sbagliare.
Ed
era bello così.
Voleva
rivivere tutto daccapo, riassaporare tutto di nuovo, con
Lily.
Quel
batticuore non lo aveva mai provato con nessun’ altra.
Solo
con lei.
Solo
e soltanto con lei.
La
guardò e si chiese fino a quanto potesse spingersi, fino a
quanto fosse giusto andare avanti. La sua mano tremava, mentre
cominciava a
sbottonarle la camicetta immacolata. Il mantello ed il maglione
già giacevano da
tempo in un angolo dimenticato della stanza.
Lei
aprì gli occhi e lo guardò, non riuscendo a
nascondere
l’imbarazzo.
-Lily…-
fece James, fermandosi.
-Non…
io non ho mai…- mormorò lei, imbarazzata.
Lui
osservò il suo volto pulito, innocente, le sue guance, che
erano andate imporporandosi, gli occhi verde chiaro, leggermente a
mandorla, i lunghi
capelli rossi sparsi disordinatamente sul cuscino.
Era
bellissima e, probabilmente, lei neppure se ne rendeva conto.
-Lo
so.- disse lui, accarezzandole una guancia, delicato. –Vuoi
che ci fermiamo?-
La
vide arrossire vistosamente e questo provocò in lui una
tenerezza infinita, si chinò a baciarla sulla fronte,
respirando il profumo dei
suoi capelli, sapevano di fiori, dello shampoo che lei usava.
La
sua risposta gli arrivò sussurrata, timida.
-Non
ancora.-
James
sorrise, dicendosi che se avessero continuato in quel modo,
prima o poi lui avrebbe dovuto forzarsi a fermarsi, altrimenti avrebbe
perso
letteralmente il lume della ragione. Anche in quel momento, con lei
abbandonata
tra le sue braccia, mantenersi lucidi non era poi così
semplice.
Ma
non poteva rifiutarsi, dirle di no. Non poteva non
accontentarla.
Tornò
a sbottonarle la camicia, beandosi del respiro rapido di
lei.
Aveva
desiderato di sentirla così da sempre, dalla sua prima volta
con una ragazza che non era lei e che l’aveva lasciato vuoto,
insoddisfatto.
Con
Lily era diverso.
Con
lei bastava un bacio, una carezza, per fargli dimenticare il
suo stesso nome.
Lentamente,
scostò i due lembi della camicia, scoprendo una
sottile canottiera di cotone, azzurro chiaro. Sorrise, non la faceva
così
freddolosa.
Bastava
così, non avrebbe osato di più.
Divertito,
prese a giocare con la cravatta rosso e oro di lei,
prima di toglierla, senza fretta, gettandola in un angolo del letto.
Tornò
a baciarla, nutrendosi delle sue labbra, mentre le sua mani
si facevano strada sotto il sottile indumento, curiose, bramose.
La
pelle di Lily era tiepida, liscissima ed incredibilmente
morbida.
Avrebbe
potuto toccarla per sempre.
Si
soffermò con le dita sul suo ombelico e la sentì
sospirare, non
contento, sollevò la canottiera fin sotto il seno e scese ad
esplorare quella
pelle con la bocca, famelico, lasciando inequivocabili tracce rosse,
dove le
sue labbra si soffermavano più a lungo.
Più
continuava, più i soffici gemiti di lei gli riempivano le
orecchie, portandolo a tanto così dall’impazzire,
dal perdere quell’autocontrollo
che si imponeva di mantenere.
Cominciò
a salire, sentendola sospirare, fino ad arrivare con la
bocca all’attaccatura di uno dei suoi seni e lì vi
rimase, affamato, baciando e
succhiando quella pelle tenera con adorazione, portando lei a
singhiozzare e a
stringere forte le coperte nelle piccole mani strette a pugno.
La
sentiva boccheggiare, in cerca d’aria, e non potè
non sentirsi
appagato, felice di farla sentire così, di essere il primo a
cui lei concedesse
tanto.
Non
avrebbe mai voluto smettere e fu con un sospiro che le
depositò un ultimo bacio rovente nell’incavo dei
seni, staccandosi poi da lei.
Sentì
il respiro di Lily ancora accelerato, poi, la sua voce.
–James…-
Lui
le sorrise, dolcemente, mentre le rimetteva i vestiti al suo
posto, un poco dispiaciuto. –Ho dovuto fermarmi, Lily.- le
disse, quasi
scusandosi. –Se avessimo continuato, poi sarebbe stato
più difficile per me
smettere. Avrei avuto dei seri problemi.- le spiegò, senza
provare imbarazzo.
Lei
avvampò all’istante, non sapendo dove guardare,
lui, invece,
scoppiò a ridere.
-Non
dovresti vergognarti così.- le disse, divertito.
–Parlare di
certe cose dovrebbe diventare normale, tra di noi.- aggiunse, andando a
sfiorarle la bocca con un dito.
Lily
si limitò ad annuire, ancora rossa in viso, ancora
decisamente scombussolata dopo le ultime sensazioni provate. Non aveva
mai
percepito il proprio corpo così intensamente come quella
sera, con James.
Non
avrebbe mai creduto di poter avvertire delle scariche di
piacere così forti, prepotenti, tanto da lasciarla senza
fiato. La morsa che le
tormentava il ventre non era ancora totalmente scomparsa.
Potter
tornò ad abbracciarla, stringendola tra le braccia e
posando una guancia sulla sua fronte, respirando piano.
-Che
ore sono?-
La
domanda di lui la colse decisamente di sorpresa.
Curiosa,
sollevò il braccio, fino a poter vedere il piccolo
orologio da polso. Spalancò appena gli occhi, sorpresa.
-Quasi
le nove.- rispose, meravigliata. –Abbiamo saltato la cena.-
-Mmh.-
lo sentì mormorare, per nulla stupito. –Hai fame?-
-No.-
fece lei, constatando che, in effetti, il suo stomaco se ne
stava zitto.
-Ok.-
sussurrò James, tornando a catturarle le labbra con le sue.
Quel
bacio fu più calmo, più dolce, rispetto ai
precedenti. Più
tenero e meno passionale, Lily si ritrovò a sospirare,
appagata. Lo sentì
soffermarsi teneramente sugli angoli della sua bocca e lo
lasciò fare,
chiudendo gli occhi.
Era
bello abbandonarsi a lui, alla dolcezza con cui la
accarezzava, ai baci adoranti che le dava. La faceva sentire protetta,
amata.
Niente
poteva essere più come prima, adesso che c’era
James con
lei.
Era
fortunata, era dannatamente fortuna ad essere amata da un
ragazzo come lui.
Lo
sentì accoccolarsi al suo fianco, giocare con una delle sue
mani.
Si
voltò a guardarlo, arrossendo.
-Scusa
se… sì, insomma, se non abbiamo…-
mormorò, in imbarazzo.
Lui
sorrise, guardandola con gli occhi leggermente socchiusi, per
via della mancanza degli occhiali. –Non importa, Lily. Anche
io preferisco
aspettare un altro po’.- le confessò, sincero.
–Non voglio avere fretta, non
con te. Ci arriveremo con calma, con i nostri tempi, che sia tra un
giorno
oppure tra un anno, per me va bene.-
Lily
lo guardò, sorpresa. –Davvero?-
James
rise. –Hey! Non mi chiamo Sirius Black, io!- le disse,
divertito.
La
rossa fece una smorfia nell’udire il nome del migliore amico
del suo ragazzo.
-Già,
altrimenti ti saresti già beccato uno schiantesimo in mezzo
agli occhi.- fece, sorridendo velenosa.
Lui
abbozzò un sorriso. –Devi essere sempre
così acida col povero
Felpato?- le chiese, tra il rassegnato e il divertito.
–Guarda che lui ha un
sacco di belle qualità nascoste.-
-Oh,
ne sono certa.- lo accontentò lei, dispettosa. –E
sono
nascoste così in profondità che neppure lui,
povero ragazzo incompreso, riesce
più a trovarle.-
Potter
scoppiò a ridere senza ritegno, poi tornò ad
abbracciarla.
–Adoro quando fai l’acida Prefetto Perfetto,
Evans.- sussurrò, prima di
baciarla di nuovo.
-Errore,
Potter.- lo riprese lei, sorridendo. –Sono Caposcuola,
adesso.-
-Oh,
le chiedo scusa, Vostra Eccellenza, per questo mio
imperdonabile errore.- la prese in giro lui, fingendosi seriamente
dispiaciuto.
–Cosa posso fare per farmi perdonare?-
Il
sorriso di Lily si ampliò. –Mmh… ci
sono una cosetta o due che
potresti fare, in effetti…- fece, dandosi arie di
importanza. –Ma non ti
prometto niente, Potter.-
James
rise piano, per poi andare a soffermarsi sul collo di lei.
–Vediamo…- sussurrò sulla sua pelle.
–Se faccio così?- domandò a bassa voce,
poco prima di cominciare a tracciare una scia di baci fino a dietro
all’orecchio, dove si soffermò di più.
La
sentì ridere sommessamente, poi sospirare.
Rimasero
lì, in quel letto, in quella bolla di sapone dove
esistevano solo loro.
E,
senza rendersene conto, tra i giochi e tra i baci, finirono per
addormentarsi, insieme, vicini.
Nothing compares to you
I can’t let you go
I can never be the same,
not after loving you,
not after loving you.
I can never be the same
I will never be the same
[
Niente è
comparabile a te
Non
posso lasciarti
andare
Io
non
posso
essere più la stessa,
non
dopo
averti amato
non
dopo
averti amato
Io
non
posso
essere più la stessa
Io
non
sarò
mai più la stessa ]
Never
be the
same, RED
Stria
apparve dal nulla, come partorita dall’oscurità
opprimente che albergava in
quella stanza vecchia e spoglia, priva di vita. L’antica
mobilia era nascosta
sotto pesanti teli ingialliti dal tempo, sporchi, logori, come del
resto lo
erano anche le pareti, dove l’intonaco si era ormai
deteriorato.
L’aria
era irrespirabile per l’eccessiva quantità di
polvere.
Lo
spirito maligno sorrise, avanzando sul pavimento coperto di sporco,
sollevando
leggermente l’abito nero che indossava, per non imbrattare
troppo la stoffa.
I
lunghi capelli neri frusciavano, sinistri, ad ogni suo movimento.
Gli
occhi verdi, ancora felini, si guardavano intorno, curiosi.
L’unica
fonte di luminosità - peraltro debole - della stanza era una
candela, lasciata
accesa su di un piccolo tavolo. La fiamma tentava, impotente, di
allontanare
l’oscurità, ma in quel luogo non c’era
spazio per la luce.
-Residenza
piuttosto misera, per colui che dice di essere il più grande
mago oscuro di
tutti i tempi, Riddle.- constatò Stria, con una certa
ironia, puntando lo
sguardo su di una figura immersa nelle ombre, praticamente invisibile.
Ma
non a lei, non ai suoi occhi.
Sentì
qualcosa strisciare dietro di lei, poi un sibilare sinistro, ma non vi
fece
caso. Avrebbe potuto abbattere quel serpente con un dito.
-Perché
mi hai evocata, Tom? Sai bene che non ti dirò nulla di
ciò che vuoi sapere,
Edward è il mio padrone, obbedisco solo e soltanto a lui.-
-Allora
perché sei venuta, Stria?- sussurrò una voce
pacata, controllata, sibilante,
che pareva provenire più dalle ombre, che da quella figura
appena visibile.
-Semplice
curiosità.- rispose lo spirito infernale. –Il
più grande difetto di noi donne.-
aggiunse, con un certo divertimento. –Ma dimmi, dove ci
troviamo, Tom? Dove ti
nascondi, mh?-
Udì
un suono che poteva sembrare una risata, ma che la costrinse a fare un
passo
indietro, inconsapevolmente.
-E
tu credi che io sia tanto sciocco da rivelartelo?-
Fu
attimo, un misero secondo. E per Stria fu troppo tardi.
Qualcosa
intorno a lei, forse la stessa aria, comincio a tremolare, il fuoco
della
candela esplose, letteralmente, abbagliando per un istante
l’intera stanza,
mostrandole un paio di spettrali occhi rossi, poi ci fu il dolore.
Si
ritrovò inginocchiata a terra, in preda alla sofferenza
più grande che uno
spirito maligno potesse provare.
-Presa.-
sussurrò Riddle, mentre le si avvicinava, lento.
–Riconosci il Cerchio
Maledetto, Stria? So che è terribilmente doloroso per voi
spiriti maligni.-
-Tu…
tu, maledetto… c-come…- ringhiò lo
spirito, riuscendo a stento a parlare.
Il
mago davanti a lei piegò le sottili labbra esangui in un
sorriso.
-Non
ti sei accorta della mia Nagini che strisciava intorno a te? Stava
tracciando
il cerchio al mio posto, mia cara.- le spiegò, compiaciuto.
–Non ti facevo così
incauta, Stria. E adesso parlerai, oppure sentiranno le tue urla anche
all’Inferno.-
-Dannato
Tom Riddle…- esalò Stria, respirando a fatica,
mentre avvertiva ogni parte del
proprio corpo in preda al dolore. –Che diavolo di legame hai
con il tuo
serpente? Come hai fatto a trasferirgli la tua magia?-
domandò, tentando di
resistere a quella atroce sofferenza che non le dava pace.
Spalancò gli occhi.
–Tu… tu hai forse…?!-
Voldemort
non le rispose, ignorandola. –Faccio io le domande, adesso.-
le disse, mentre
torreggiava sopra di lei. –Dimmi, Stria… come
riesco a trovare il castello
degli Havisham? Desidero parlare con il mio vecchio amico Edward
più di ogni
altra cosa.-
Lo
spirito infernale rise. –Sei già stato nelle terre
degli Havisham, Riddle. Non
dirmi che adesso non riesci più a rintracciarle?- fece,
puntando gli occhi su
di lui. –A quanto pare i trucchetti del mio padrone sono
molto più potenti dei
tuoi, mi spiace per te. Non puoi trovare la dimora degli Havisham, se
un
Havisham non vuole essere trovato. È così, da
sempre, non puoi farci nulla,
povero mezzo mago che non sei altro!-
Lo vide
spalancare leggermente gli occhi rossi, riempitisi d’odio, ed
il dolore
lancinante che provò la costrinse ad urlare e a sputare
sangue nero dalla
bocca.
Tossì
più volte, per liberarsi la gola.
-Bada
a come parli, spiritello.- le disse con una dolcezza che aveva
l’amaro sapore
del veleno. –Sono stato un buon allievo di Edward, so bene
come giocare con
quelli come te, non ti conviene farmi arrabbiare. So che il figlio di
Jeremy e
Savannah è a Hogwarts, chi è? A quale famiglia
è stato affidato? Quanto ha
ereditato dal padre?- domandò, mentre faceva crescere il
dolore. –Dovrebbe
avere diciassette anni, ora.-
Strizzando
gli occhi per le acute fitte che le percorrevano il corpo, Stria scosse
il
capo.
-Non…
non posso dirti nulla, Tom. Sono sotto giuramento.- rispose.
-Stai
mentendo.- sibilò Voldemort, con un sorriso.
-Credi
un po’ quello che ti pare.- ringhiò lei, allo
stremo, mentre altro sangue le
usciva dalla bocca.
-Allora
dimmi, perché Edward è venuto alla scuola di
Silente, poco tempo fa?-
Lei
spalancò gli occhi, non riuscendo a mascherare la sorpresa.
-Come…
come fai a sapere…?- esalò, senza voce.
-Rispondimi.-
ordinò il mago, assottigliando gli occhi rossi.
-Hai
una spia ad Hogwarts.- disse invece Stria, scossa da tremiti
incontrollabili.
Voldemort
sorrise, guardandola negli occhi. –Credi un po’
quello che ti pare.- la
scimmiottò, citando la risposta che lei gli aveva dato poco
prima.
E
lei, stranamente, scoppiò a ridere.
–Già, credo proprio che lo farò.-
disse,
prima di andare letteralmente in frantumi e diventare polvere, sotto lo
sguardo
furioso di Tom Riddle, che subito fu di nuovo in piedi, in preda alla
collera.
-Maledetta!-
urlò, estraendo la bacchetta.
Sentì
la risata di lei nell’aria, poi, un miagolio.
Si
voltò di scatto e la vide nella sua forma animale,
comodamente accovacciata su
una vecchia poltrona ingrigita.
-A
quanto pare, Tom, non hai appreso abbastanza da Edward.- gli disse,
canzonatoria. –Non ti sei neppure reso conto che quella era
una mia proiezione
e che io ti ho preso in giro per tutto questo tempo.- rise,
soddisfatta.
–Grazie per la bella chiacchierata, io ed il mio padrone
eravamo così curiosi
di sapere cosa ti passava per la testa…! Adesso è
tutto più chiaro e, te lo
assicuro, la tua spia ad Hogwarts non vivrà a lungo, una
volta che l’avrò
scovata.- sussurrò, melodiosa.
Riddle
fremeva di rabbia, ma rimase immobile, la mano pallida serrata intorno
alla
bacchetta. Nagini ai suoi piedi che sibilava, minacciosa.
-Non
cambierà nulla, il ragazzo sarà mio.-
-Forse.-
fece Stria, scrutandolo. –O forse no.-
Prima
ancora che l’enorme serpente arrivasse a colpirla, le enormi
fauci spalancate,
lei era già svanita nel nulla, con una risata.
Note
di
fine capitolo
Lo
ammetto, in questo momento sono decisamente sconvolta dal capitolo che
ho
appena scritto. Sono qui a fissare lo schermo del pc con uno sguardo
allucinato
che dovreste vedere, vi fareste delle risate assurde.
Per
la prima volta non sono sicura di ciò che ho prodotto ed
è una sensazione
strana, ma nonostante questo ho deciso di pubblicare questo capitolo,
senza
apportare modifiche, perché mi è venuto fuori con
incredibile facilità,
spontaneamente, scrivendosi quasi da solo. Perciò beh, come
va, va.
La
parte finale mi ha meravigliata alquanto. Progettavo da tempo di tirare
in
ballo Voldemort nella storia, ma non immaginavo che l’avrei
fatto così.
Allo
stesso tempo, l’evoluzione del rapporto tra Lily e James mi
ha piacevolmente
sorpresa. Direi che dopo trenta capitoli fosse anche l’ora di
surriscaldare le
cose almeno un pochino, anzi, James è stato anche troppo
gentiluomo. XD
Non
so che dirvi, perciò lasciò tutto in mano a voi,
senza sapere, per la prima
volta, cosa aspettarmi dalle vostre recensioni.
Detto
questo, ci risentiamo veramente a Marzo, perché
l’esame si avvicina ed io già
mi immagino lì seduta davanti al professore di anatomia,
magicamente
trasformato in Voldemort – con tanto di occhi rossi e
lineamenti serpentini –
che mi tortura a suon di cruciatus. Sì, lo so, sto
divagando.
Non
fateci caso, sono i patemi d’animo di una povera
universitaria esaurita.
Altra
cosa, veramente
importante, tra due capitoli circa i cari fanciulli andranno a casa per
le
vacanze di Natale e allora, miei cari lettori, allacciatevi le cinture
di
sicurezza, perché, vi avviso, ne combinerò di
tutti i colori. Garantito. U_U
Un
saluto a tutti!
Lady
Tsepesh
Silverline85:
Ciao
carissima! Beh, prima
o poi saprai come reagirà Sirius alla notizia di James con
Bella. Per ora non
posso dirti molto, rovinerei la sorpresa. ^^
Sono
contenta che Sirius e Vick ti piacciano, ho grandi progetti per quei
due pazzi!
Per quanto riguarda Lucius e Bella… hai decisamente ragione.
Con loro, la gatta
cova, sempre.
Black_witch:
Sorella
mia, eccomi! Visto? Non ti ho tenuta troppo con il fiato sospeso. Sono
contenta
che l’amicizia tra James e Julian ti piaccia, io sono
innamorata del Corvonero,
non ne faccio un mistero, ed adoro vedere quei due insieme. Si vogliono
davvero
bene, e, se fosse stato un Grifondoro, Harris sarebbe stato un
Malandrino molto
migliore di Peter. U_U Su Severus sono contenta che la pensiamo allo
stesso
modo! Visto? Alla fine è andato tutto bene tra Lily e James,
decisamente bene!
^_-
Sei
interessata alla mia disastrata vita universitaria?
XD Ti dico solo che la laurea è talmente lontana che non la
vedo neppure con il
cannocchiale! Sono ancora al primo anno, visto che ho cambiato
facoltà! Di
strada ce n’è tanta ancora! =_=
Mimmyna: Ciao
cara! Io sto benissimo, parecchio impegnata, ma sto bene! Tu? Sono
conta che il
capitolo ti sia piaciuto, nonostante il finale turbolento. Alla fine,
però,
tutto si è risolto molto facilmente! La verità
è che ormai James e Lily sono
talmente innamorati, che Severus Piton non può fare un bel
nulla per dividerli.
Cicci92:
Gongola, gongola! Ho detto solo la verità! ^^ Genio della
scrittura? Magari! Di
strada ne ho ancora tanta da fare, ma ti ringrazio! Bene, sono contenta
che il
capitolo ti sia piaciuto, nonostante il finale. Lily sta crescendo
sempre di
più, diciamo che sta sbocciando ed anche io la preferisco di
più rispetto a
come all’inizio! Julian p un genio e quando dice una cosa,
difficilmente si
sbaglia. U_U Sirius e Vick sono in pieno periodo LoveLove, ma sono
sotto il mio
mirino, non li lascerò tranquilli per troppo tempo,
altrimenti che gusto c’è?
XD
_Antonella_Black: Anche a
me è piaciuto scrivere dello scontro tra Lily e Severus,
soprattutto ho goduto
per lo schiaffo. Il mio rapporto con Piton è molto strano.
Non so se mi piace,
non so neppure se lo odio. Forse non lo saprò mai. So solo
che lo trovo
interessante. C’è tempo prima che Siri sappia di
James e Bella, quindi
tranquilla. ^^ Lo so, Edward e James si dovrebbero incontrare, ma il
signor
Havisham ha altri problemi adesso, il nipote a dopo! ^_^
LiebenLily: Ciao!
Spero che la mia mail con i dovuti chiarimenti ti sia arrivata.
Comunque spero
che tutti i dubbi su James e Lily si siano risolti in questo capitolo,
mi sono
davvero impegnata per spiegare tutto. Genio del male mi piace! *///*
Vai, ti
autorizzo a chiamarmi così, se vuoi! XD
Sono contenta
che il capitolo ti sia piaciuto! ^_^
Kokylinda2: Visto?
Non hai dovuto aspettare un mese, ma molto meno! A volte mi piace
sorprendervi!
XD Wow! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto così
tanto, sto
gongolando! Spero che adesso sia tutto più chiaro sui
sentimenti di Lily e di
James! E, come vedi, i due sono insieme e molto
felici! *me ride
maliziosa* Fai bene a non fidarti di Bella e Lucius, loro sono tremendi
insieme! Vick e Siri sono molto carini, è vero! E ora
vedremo Black alle prese
con le ripetizioni. Non ci credo neppure io! XD
La
Nika: Wow! Sei
troppo carina! Mi dispiace di non essere
stata troppo presente con la fanfic ultimamente! Purtroppo ho altri
impegni che
non mi danno tregua, altrimenti, credimi, passerei tutto il mio tempo a
scrivere.
Spero che tu
adesso abbia capito tutti i dubbi di
James, è solo innamorato ed è normale essere un
po’ irrazionali, almeno così la
vedo io. ^^
Alla fine non
hai dovuto aspettare fino a Marzo,
visto?
Malandrino4ever: Ciao!!! Quel
povero forum è decisamente troppo spoglio,
non so più come
fare! Visto?
Hai fatto bene ad avere fiducia in me, Lily e James non hanno avuto poi
tanti
problemi, anzi! Non trovi? Lucius e Bella stanno tramando, come sempre.
È nella
loro natura. Severus morire al rogo? Sei troppo drastico! XD Ma anche
secondo
me Luma è un gran mongolo, non mi piace molto come
personaggio, lo ammetto.
Brando: Lo so,
lo capisco. James non può tenersi dentro questo ultimo
segreto ancora a lungo,
ma, credimi, ne è davvero terrorizzato. Per quanto riguarda
la scena finale
Lily-Severus-James ho dovuto, per un sacco di motivi. Dovevo far
svegliare
Lily! Per il resto penso che tutto sia chiarito nel capitolo nuovo, se
hai dei
dubbi, chiedi pure. ^^
Princesseelisil: Wow!
Lieta che tu ti sia sentita sollevata! Visto, ho aggiornato presto! Tu
per le
recensioni non ti preoccupare, vai libera! ^_^ Ti
ringrazio davvero tanto per le belle
parole, mi fa sempre piacere ricevere complimenti come i tuoi, inutile
dire di
no, mi risollevano un po’. Sono contenta che tu la vedi come
me riguardo ai
diversi tipi di amore di James e Severus. Grazie, davvero! Sono
contenta che la
storia ti coinvolga, vuol dire che sto facendo bene il mio lavoro. ^_-
Grazie per la
tua buona volontà ed il tuo affetto.
Lo apprezzo molto!
Deviata: Bene,
sono contenta che ti trovi d’accordo con me! *me annuisce
compiaciuta* Dunque
hai avuto un esame? Tutto bene? Tu mi ringrazi per averti fatto
emozionare ed
io ti ringrazio per il sostegno che mi dai sempre, è davvero
molto apprezzato!
Spero che questo capitolo nuovo ti piaccia! E spero che sia tutto
chiarito sui
sentimenti di James e Lily!
Malandrina4ever: Ciao
e…
piacere di conoscerti! Hai notato che tra i recensori
c’è un ragazzo con il tuo
stesso nick? ^^ wow! Sono felice che la mia storia ti piaccia
così tanto, io ce
la sto mettendo tutta, davvero! Non preoccuparti per i commenti, non
è
necessario che commentiate sempre, per me è importante che
la storia vi
piaccia, solo questo. Se poi hai piacere di lasciarmi qualche tuo
pensiero,
sarò ben felice di leggerlo e risponderti, ma non sentirti
mai in obbligo. Ho
letto che ti piace Regulus, bene, abbiamo subito trovato una cosa in
comune,
perché anche io l’ho amato dopo il settimo libro.
E spero che il capitolo nuovo
ti sia piaciuto, visto che inizia proprio con lui. Sono davvero
contenta di
sapere che ti piace il mio stile di scrittura, i miei personaggi (
soprattutto
Julian ) ed il mio modo di raccontare! Sì, in questo momento
sto sorridendo
decisamente soddisfatta! Grazie per le tue parole!
|
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Capitolo 33 *** Snow White Party ***
A
Myki, che ha mille cose da fare per
la
scuola,
ma
trova
sempre il tempo di starmi vicino.
A
Quidditch, che ha da poco compiuto
diciotto anni.
Auguri
tesoro,
benvenuta nell’età delle decisioni. O
così dicono! XD
A
Black_Witch, che il 22 Marzo ha
compiuto
gli anni!!
A
me,
perché
il 20 Marzo erano tre anni passati su questa fanfic! È stata
dura, ci sono
stati alti e bassi, capitoli che si scrivevano da soli ed altri che
invece mi
hanno fatto dannare, ma sono comunque soddisfatta!
A
volte
vorrei
mollare e passare a scrivere altro, altre invece sento che scrivere
questa
fanfic è tutto ciò che voglio.
Ho
ben
in mente
il finale di questa storia, ma sento che c’è
ancora molto da raccontare.
Allo
stesso
modo, ho già qualche idea per un possibile seguito, che
penso ci sarà, visto
che ho sempre desiderato accompagnare Lily e James fino alla fine.
Perciò,
beh,
un bel respiro e si continua.
Grazie
per
tutto quello che fate per me!
Per
ora
vi
lascio, un mega abbraccio a tutti e Buona Pasqua!
Se
vi
piace la
coppia Draco/Hermione, ho scritto una one-shot su di loro, la trovate
nella mia
pagina!
CAPITOLO
33
SNOW
WHITE PARTY
La
festa di Biancaneve era, da tradizione, una delle feste più
attese dalla
scolaresca di Hogwarts, molto più, ad esempio, di Halloween
o del Ballo
d’Inverno, che veniva sempre organizzato dopo le vacanze di
Natale.
In
realtà non c’era nessuna motivazione valida
perché giovani maghi e streghe
dovessero ritrovarsi un giorno stabilito a zonzo di notte e per di
più al
freddo per il parco del castello, accendendo enormi fuochi e aspettando
l’alba
dandosi ai bagordi, ma era una tradizione che andava avanti da molti
anni.
Da
un po’ di tempo, inoltre, le ragazze avevano voluto dare
ancora più valore alla
di per se già stramba celebrazione, stabilendo una nuova,
terrificante regola:
la notte di Biancaneve, secondo nuovo ordine, sarebbe stata anche
un’occasione
per provare il proprio amore alla persona speciale di turno.
Come?
Regalando
qualcosa di bianco. Bianco come la neve, appunto.
E,
se la maggior parte della popolazione maschile della scuola aveva fatto
la fila
per gettarsi dalla torre di Astronomia, in preda alla disperazione, le
ragazze
si erano dimostrate decisamente entusiaste.
Era
stata Stephanie Hamilton, quando era ancora una bimbetta del secondo
anno, ad
aggiungere questo rituale infernale, guadagnandosi l’odio
della maggior parte
dei ragazzi e la venerazione delle proprie compagne.
Julian
Harris, neanche a dirlo, aveva il sacro terrore della festa di
Biancaneve,
proprio non la poteva sopportare. Aveva solo tredici anni quando
scoprì il
sapore dell’odio, maledicendo in ogni modo possibile il
Mostro. Per lui era già
troppo il dover sopportare San Valentino una volta all’anno,
decisamente non
poteva appoggiare un’altra festività che era
praticamente la sua copia.
Scuro
in volto, aveva commentato il tutto con una delle sue massime.
-Ragazze
dannate, infilerebbero cuori, cioccolatini ed orsetti di peluche anche
in un
funerale, se trovassero una valida scusa.-
Sirius
Black, invece, aveva accettato la cosa di buon grado, anche
perché un nugolo di
ragazze infatuate piene di doni e di attenzioni per lui non gli
dispiaceva
affatto. Anzi.
Poi
c’era James Potter.
E a
James bastava udire la parola “festa” per
illuminarsi tutto, pieno di
entusiasmo. Poco gli importava del pericolo di beccarsi
un’imbarazzante
dichiarazione d’amore con tanto di regalo allegato, gli
bastava sapere che si
sarebbe festeggiato qualcosa, mettendo della musica, bevendo un
po’ e
scorrazzando nella neve fresca.
I
Malandrini
avevano sempre partecipato a quella messa in scena infernale,
trascinandosi
dietro, spesso e volentieri, anche un alquanto recalcitrante Harris.
Anche
quell’anno, Julian lo sapeva, non sarebbe stato diverso.
Ma
non sarebbe stato colto impreparato questa volta. Nossignore!
Ed
ecco perché si trovava lì, in infermeria, alle
otto precise del mattino, dopo
aver praticamente tirato giù dal letto la povera Madama
Chips, che sperava di
potersi riposare almeno il sabato.
La
donna lo guardava incollerita, la faccia trasfigurata in
un’autentica maschera
d’odio che avrebbe spaventato a morte qualsiasi studente,
tranne lui, che
ricambiava lo sguardo con tutta la tranquillità e la
sfacciataggine che
possedeva.
Xenofilius
Lovegood, venuto ad accompagnare l’amico, osservava quel
reciproco scambio
d’occhiate con curiosità, seduto in un angolo.
Dopo
ben quindici minuti esatti, passati a guardarsi negli occhi senza
neppure
battere le ciglia, l’infermiera sbuffò, collerica.
–Ho detto di no, Harris. Tu
stai benissimo ed io non intendo ricoverarti! Per cosa dovrei farlo,
sentiamo?
Sei sano come un pesce!-
Gli
occhi castani di Julian si assottigliarono per il fastidio.
-Ma
io non mi sento bene, Poppy! Sto male, malissimo! Lei deve ricoverarmi
o avrà
sulla coscienza uno studente! Dov’è andato a
finire l’amore per il suo lavoro?-
Madama
Chips ringhiò, oppure emise un suono molto simile.
–E’ rimasto nel mio letto,
dove dovrei trovarmi pure io, Harris!- sbottò, inferocita.
–Per la centesima
volta, dimmi cosa ti fa male. Ti darò una medicina e tu
ritornerai spedito al
tuo dormitorio.-
-Io
non ci torno a Corvonero!- protestò Julian, restando seduto
su uno dei lettini
dell’infermeria miracolosamente vuota. –Ho mal di
testa e mi brucia la gola. Lo
stomaco mi fa un male terribile e un dente mi dà delle fitte
lancinanti.-
elencò, fermamente convinto di ciò che diceva.
Poppy
Chips lo guardò poco convinta e sospirò.
–In
pratica, lei sta per morire, signor Harris.-
-Più
o meno.- fece il biondo Corvonero, annuendo.
-E
immagino che Lovegood abbia dovuto trascinarla fino a qui.-
continuò la donna.
-Esatto.-
rispose il ragazzo, facendosi grave.
-Bene.-
decise l’infermiera, scura in volto. –Io non so per
quale motivo lei abbia
tutto questo desiderio di restare in infermeria fino a domani, ma io
non
intendo occupare nessuno dei miei letti inutilmente. Perciò,
ecco la mia
risposta. Si rifaccia trascinare alla torre di Corvonero da Lovegood,
Harris. E
ora fuori!-
-Cosa?!-
saltò su Julian, furioso. –Allora lei non ha
capito un accidente!-
-Ho
capito tutto benissimo, invece! E ora via di qui, tutti e due!-
berciò Poppy,
fulminando con lo sguardo i due ragazzi.
A
quanto pareva, il piano era miseramente fallito.
Per
un Corvonero, maestro di astuzie, non c’era nulla di
più umiliante.
Infastidito,
Julian Harris fu costretto a lasciare l’infermeria,
maledicendo i padri
fondatori di Hogwarts, gli stupidi giorni di festa e, ultima ma non per
importanza, Stephanie Hamilton, il Mostro per antonomasia.
Xeno,
mani in tasca e aria svagata, gli andò dietro.
I
corridoi del castello erano ancora deserti, nessuno poteva essere
sveglio a
quell’ora del mattino, non il sabato, quando non
c’erano lezioni da seguire.
-Maledetta
Chips! Uno adesso non può essere più libero di
starsene in infermeria, se
vuole.- borbottò Julian, mentre vagava per il castello,
senza decidersi a tornare
al proprio dormitorio.
Era
fottuto, doveva ammetterlo.
L’unica
possibilità di salvezza stava nel farsi ricoverare da Madama
Chips, non c’erano
altre vie di scampo, altre motivazioni valide che avrebbero potuto
evitargli di
partecipare a quella celebrazione di demenza cosmica, conosciuta anche
come
festa di Biancaneve.
Già
anche il nome era tutto un programma.
Chi
lo aveva coniato doveva essersi fumato qualcosa di forte, oppure doveva
avere
dei problemi mentali non indifferenti.
Ad
ogni modo, urgeva trovare una via di fuga.
Il
dannato James Potter non sarebbe riuscito a portarlo alla festa anche
quella
volta, Julian aveva fatto quella promessa a se stesso l’anno
precedente, quando
una ragazza di Tassorosso – che purtroppo non era Annabel Cox
– lo aveva
trascinato lontano dagli altri, gli aveva regalato un paio di mutandine
da
femmina, ovviamente bianche come dettava la celebrazione, e aveva
tentato di
stuprarlo. A quel punto il Corvonero aveva finalmente realizzato che
quel capo
di biancheria apparteneva alla violentatrice stessa.
Harris
non era mai stato un moralista, tutt’altro.
Non
aveva nulla contro il sesso occasionale e, da bravo ragazzo
diciassettenne in
piena botta ormonale, benediceva quelle fanciulle che, invece di
tirarsela
all’inverosimile, avevano deciso di darsi alla svendita,
facendo un bene per la
comunità maschile.
La
trovata di quella Tassorosso, però, non gli era piaciuta.
Per
niente.
E
quella sera la storia avrebbe potuto ripetersi, se non fosse riuscito a
liberarsi.
Il
problema era Potter.
Quel
demonio incarnato – e James era davvero per metà
una creatura infernale, tutto
tornava, in effetti! – non lo avrebbe mai lasciato in pace,
non gli avrebbe mai
concesso di fare l’asociale che lui tanto voleva essere.
Avrebbe
potuto anche barricarsi nella sua stanza, ma Potter avrebbe tirato
giù l’intera
torre di Corvonero per andarlo a prendere; nessuno poteva fermare
quell’uragano, il povero Julian lo sapeva bene.
L’unica
sua ancora di salvezza, appunto, era darsi malato. Meglio se a rendere
ufficiale
il tutto ci fosse stato anche il ricovero in infermeria.
Ma
Madama Chips non voleva saperne di collaborare.
Tutto
questo, dunque, portava ad una decisione estrema.
A
Julian non andava di fare quella cosa
neppure un po’, ma l’alternativa erano tentavi di
violenza sessuale, ragazze
svenevoli e pupattole dei primi anni desiderose di rincorrerlo
cinguettando da
una parte all’atra.
Come
facesse ad essere così popolare con le donne, Julian non
riusciva proprio a
saperlo. Lui non era Sirius Black, che sbatteva gli occhioni blu e
regalava
sorrisetti ambigui ad ogni soggetto di sesso femminile, e non era
neppure James
Potter, nota personalità carismatica, sempre allegro e di
buon umore.
No.
Lui, Julian Harris, era silenzioso, spesso e volentieri scontroso ed
intrattabile. Adorava starsene da solo e il troppo vociare gli dava il
mal di
testa.
La
sola cosa che lo portava ad interessarsi alle ragazze era unicamente la
sua
libidine che, una volta soddisfatta, svaniva, facendolo tornare ad
essere
palesemente misogino. Sì, perché lui non riusciva
proprio a tollerarle, le
femmine.
In
special modo quando parlavano.
Infine,
beh, lui aveva la sensibilità di un Dissennatore e non si
preoccupava di
nasconderlo.
Eppure,
nonostante tutto, le fanciulle lo adoravano.
Si
sarebbero svenate per un suo sorriso. Peccato che invece di un sorriso,
fino a
quel momento, erano riuscite a beccarsi, nella migliore delle ipotesi,
una
smorfia schifata.
Ma
perseverare, si sa, è diabolico. Ed il male è
difficile da estirpare.
Julian
era sicuro che anche quella sera sarebbe stato vittima di veri e propri
agguati,
anche perché James e Sirius erano ormai fuori portata, visto
che entrambi
avevano la ragazza. Una buona parte della fauna femminile sarebbe stata
tutta
per lui, dunque.
Il
solo pensiero lo fece impallidire.
Doveva
farlo. Doveva farlo, assolutamente.
E
adesso era lì, al portone principale del castello, pronto ad
uscire nella neve.
Xeno
Lovegood, che si era limitato a seguirlo in silenzio, si permise di
aprire
bocca.
-Secondo
me, non è una buona idea, Julian.-
-Taci.-
fu la laconica risposta.
Senza
indugiare oltre e sfoderando quel poco di coraggio misto a demenza
tipicamente
Grifondoro, Julian si tolse il mantello, gettandolo tra le braccia
dell’amico,
che assisteva impotente. Poi, prendendo un bel respiro, si decise ad
eliminare anche
il maglione nero che indossava sopra la camicia.
-Ti
prenderai un malanno.- gli ricordò Xeno, pacato.
-E’
quello che voglio.- dichiarò Harris, ghignando di
soddisfazione per la sua idea
folle e disperata. –Se mi presento con la febbre alta, la
Chips non potrà
mandarmi via.-
-Giusto!-
si illuminò Lovegood, che finalmente era arrivato a capire.
–Sei davvero
geniale, amico mio!-
Ok,
farsi dare del geniale da Xenofilius Lovegood non era esattamente un
buon segno,
ma Julian decise di non pensarci.
-Visto
che esci, potresti cercarmi delle uova di Fata dei Ghiacci? Le
depongono sotto
i la neve, sai?- chiese Xeno, tranquillo e per nulla preoccupato dal
fatto che
un suo amico stava probabilmente andando incontro al suicidio.
Harris
neppure gli rispose, mentre apriva il portone e si decideva ad uscire
con solo
pantaloni e camicia nel freddo pungente del parco.
Ma
il suo piano, di nuovo, non andò a buon fine.
Si
udì un rumore di passi veloci sul pavimento, una
quantità di imprecazioni
irripetibili e Julian si sentì afferrare con rabbia per il
colletto della
camicia e ritirare indietro.
Quando
si voltò, inferocito, si ritrovò davanti qualcuno
molto, molto più arrabbiato.
Jasper
Joyce, Caposcuola di Corvonero e, disgraziatamente, suo migliore amico,
pareva
sul punto di commettere un omicidio. Anzi, un doppio omicidio.
Quell’aria
indemoniata non si addiceva per nulla a Jasper che, con i suoi occhi
celeste
chiaro ed i ricci capelli biondi, assomigliava di più ad una
creatura angelica.
-Tu
sei un emerito imbecille, Julian Harris.- scandì, lapidario.
–E tu – aggiunse,
puntando lo sguardo di fuoco su Xeno – tu sei più
imbecille di lui!-
-Non
rompere, Jasper! Lo farò, che tu lo voglia o no!-
sbottò Julian, convinto.
-Hai
completamente perso il cervello o cosa?!- urlò Jasper,
puntandogli contro la
bacchetta. –Adesso rinsavisci e torniamo in Sala Comune,
oppure giuro che uso l’incantesimo
della pastoia su di te, coglione!-
Harris
sbuffò, mentre si rimetteva la maglia, immusonito.
Va
bene, forse aveva un tantino esagerato. Solo un tantino.
-Mi
sono rotto le palle, pezzo di idiota! Ogni volta che senti nominare la
parola
festa la tua intelligenza finisce chissà dove e raggiungi il
quoziente
intellettivo di Xeno! E non è un complimento!-
sbottò il Caposcuola,
inferocito. –Lo sapevo che avresti commesso qualche stronzata
anche questa
volta! Ma ora basta! Smettila di fare il Grinch!-
-Il
cosa?- fece Xeno, curioso.
Nessuno
dei due compagni lo calcolò, continuando a squadrarsi in
cagnesco.
Decisamente
preoccuparsi dei propri amici idioti non era affatto una passeggiata,
ecco
perché Jasper e Remus andavano così
d’accordo. Si capivano.
-In
Sala Comune, adesso. O azzero il punteggio nella clessidra di
Corvonero.-
minacciò Joyce, lapidario. –Muovere il culo, ora!-
Chiuso
il portone principale, i tre Corvonero si avviarono in religioso
silenzio verso
il loro dormitorio. Xeno perplesso, Jasper, che pareva pronto a
sbranare
qualcuno, e Julian, che continuava a borbottare sottovoce.
Non
era il caso di ribellarsi, Joyce non aveva ancora riposto la bacchetta.
Maledetti
gli amici, si ritrovò a pensare Harris, imbronciato. Chi li
aveva voluti, poi?
Lui no di certo.
Jasper
si era auto proclamato suo migliore amico fin dal primo anno, decidendo
di
stargli appiccicato giorno e notte, obbligandolo a fare i compiti
insieme e a
sedersi vicini in classe ed in Sala Grande. Una seccatura.
Poi,
un giorno, si era aggiunto pure Xeno. Altra seccatura.
E
si erano ritrovati in tre.
Una
vera scocciatura per Julian, che amava vivere fregandosene del prossimo.
Eppure,
avere intorno quei due era ormai diventata una consuetudine. La
quotidianità.
Una
piacevole quotidianità, aveva ammesso con se stesso.
Ma
non lo avrebbe rivelato a nessuno, soprattutto ai due diretti
interessati.
Che
stesse diventando sentimentale come Potter?
Merlino,
era davvero fottuto.
***
Quella
sera il parco di Hogwarts era irriconoscibile, pareva proprio che il
comitato
addetto alle feste, capeggiato da Stephanie Hamilton, avesse dato il
meglio di
se.
La
neve aveva ormai ricoperto ogni cosa con il suo candido manto e
sembrava
brillare di luce propria nel buio già avanzato delle ore
successive al
crepuscolo.
Era
un autentico spettacolo.
Grossi
fuochi erano stati accesi nei pressi della Foresta Proibita, lunghi
tavoli
erano stati sistemati in fila, ricchi di abbondanti vivande gentilmente
preparate dalle cucine e di bibite di qualsivoglia genere, dal
più semplice ed
inoffensivo succo di zucca ad un profumato Whisky Incendiario, in grado
di far
ubriacare qualcuno anche solo con i suoi fumi, che piano si innalzavano
dal suo
contenitore.
Le
luci erano ovunque.
Piccole
sfere magiche luminose che galleggiavano nell’aria, come
lucciole, dando
all’ambiente un che di suggestivo, irreale.
Era
una serata calma, placida, non vi era un filo di vento, anche se il
freddo
continuava ad essere pungente. Forse, avrebbe nevicato ancora.
Molti
degli studenti di Hogwarts erano già lì, formando
capannelli vicino al fuoco,
oppure passeggiando lungo le rive del Lago Nero, dove la presenza di
quelle
piccole luci si intensificava, creando un autentico spettacolo.
Voci
divertite già invadevano l’aria, rendendola
vivace, carica, trasportatrice di
risate serene, lontane, per una sera, dalle atrocità che
stavano accadendo in
Inghilterra.
Ragazze
tirate a lucido, con bellissime acconciature e dai volti truccati ad
arte, ben
vestite sotto le giacche indossate per ripararsi dal freddo; ragazzi
che,
invece, vociavano divertiti, già servendosi da bere o
condividendo una
sigaretta.
Lily
Evans si guardò intorno, meravigliata e affascinata da
quello spettacolo; non
aveva mai partecipato alla Festa di Biancaneve e adesso se ne pentiva
seriamente, quella sera il parco era di una meraviglia da non perdersi.
Avanzava
lenta nella neve alta, osservando le luci fluttuanti con sincera
ammirazione,
stringendosi nel lungo cappotto bianco panna che la proteggeva fino
alle
ginocchia, da lì si vedevano poi le calze massicce ed un
paio di stivaletti
scuri.
I
suoi lunghi capelli rossi, lasciati sciolti sulla schiena, sembravano
incendiarsi ogni qual volta che incontravano uno dei numerosi fuochi
accesi.
James
le camminava poco davanti, tenendola per mano e portandola con
sé, mentre lei
lo seguiva docilmente. Lui pareva conoscere tutti i presenti, non solo
i
ragazzi del settimo anno. Era impressionante!
Lily
lo trovava bellissimo nella sua semplicità caratteristica,
solo un pratico paio
di jeans strappati in vari punti ed un montgomery grigio scuro di
ottima
fattura.
I
capelli neri in disordine, come sempre.
Tutti
lo salutavano, richiamando la sua attenzione, e lui rispondeva,
allegro;
talvolta, si fermava un po’ a parlare, includendo anche lei
nella discussione.
Lily,
che era stata da sempre una ragazza timida ed un poco chiusa,
potè giurare di
non aver mai parlato con così tanta gente in vita sua.
James, invece, era
perfettamente a proprio agio, nel suo centro.
Con
la mano stretta alla sua, lei non riusciva a togliergli gli occhi di
dosso,
riscoprendosi sempre più innamorata ad ogni respiro.
Lo
vedeva ridere, scherzare, rispondere alle battute e non poteva fare
altro che
dire a se stessa che lo amava, lo amava totalmente, disperatamente.
E
allora il ricordo del giorno precedente la assaliva, provocandole un
dolce
calore nel petto, riportandole alla mente le parole che si erano
scambiati e
poi i baci, le carezze, quella morsa allo stomaco che sembrava volesse
soffocarla, ma poi erano state le labbra di James a darle
l’aria, l’ossigeno,
la vita.
Si
erano addormentati senza neppure andare a cena e quella mattina, quando
si era
svegliata, lui dormiva ancora accanto a lei, tenendola stretta a se con
un
braccio.
E
non c’era cosa più bella, più dolce,
più devastante di quella.
Vederlo
dormire accanto a lei e pensare che avrebbe voluto che accadesse per
sempre.
Aprire
gli occhi e trovare James.
Svegliarsi,
sorridersi, scambiarsi un bacio e poi separarsi per qualche minuto,
ognuno
nella propria stanza a lavarsi e cambiarsi alla svelta, per poi
ritrovarsi e
scendere insieme in Sala Grande per colazione, dove avevano dovuto
subire un
autentico interrogatorio sul dove fossero finiti la sera precedente.
Potter
aveva raggirato le domande e cambiato argomento con una maestria
invidiabile,
anche se Sirius Black aveva continuato a fissare il proprio migliore
amico con
un’espressione che diceva a chiare lettere che non si era
fatto fregare.
Lily
non aveva più visto James per tutto il resto del pomeriggio,
lasciandolo andare
dai suoi amici, mentre lei trascorreva qualche ora finalmente in
compagnia di
libri sempre più polverosi, che reclamavano imploranti la
sua attenzione.
I
M.A.G.O. erano alle porte e lei, invece di concentrarsi al massimo
sullo
studio, passava il tempo a trastullarsi tra le braccia del suo ragazzo.
Il
suo ragazzo.
James
Potter.
Il
solo pensarlo le provocava incredulità e, allo stesso tempo,
una dolce morsa
allo stomaco mista ad euforia.
Dovevano
parlare di ciò che era accaduto la sera precedente nella
stanza di James?
Forse
era meglio lasciar perdere. O forse no.
Cosa
avrebbe potuto dirgli?
Lui
non le aveva detto nessuna parola a riguardo. Non era affatto in
imbarazzo, si
comportava con lei come sempre, naturale come al solito.
Lily
invece non faceva che arrossire ogni volta che il ragazzo si voltava a
guardarla.
In
quel momento James, che ancora la teneva per mano, rispose al saluto di
due
Tassorosso del terzo anno, fermandosi a parlare con loro.
I
due ragazzini lo fissavano con un’ammirazione che la Evans
giudicò preoccupante,
in fondo Potter era pur sempre un normale ragazzo del settimo anno, non
un
giocatore di Quidditch di fama mondiale.
Ma
quella era la magia di James.
Incantare.
Pareva
essere nato per condurre gli altri, a tutti piaceva James, lui era la
classica
persona in grado di suscitare simpatia e approvazione.
Un
tempo, lei aveva invidiato e disprezzato questa sua
capacità; adesso la
ammirava.
Era
talmente intenta a guardarlo, che neppure si rese conto che i
Tassorosso se ne
erano andati, lasciandoli nuovamente soli.
Fu
un attimo.
Un
breve istante in cui registrò James farsi più
vicino, poi la sua mente fu del
tutto presa a registrare un paio di braccia che la stringevano e poi
quella
bocca sulla sua.
Ed
anche il pungente freddo di Dicembre sembrò sparire.
Quando
si separarono, lui sorrideva.
-Ti
vedo un po’ assente, stasera. Tutto bene?- le
domandò, mentre le accarezzava
teneramente una guancia con i polpastrelli.
Lily
si affrettò ad annuire. –Sto bene, sono solo un
po’ stanca.- si giustificò,
sbrigativa.
Il
sorriso di James si accentuò, mentre andava a depositare un
piccolo bacio sulla
sua fronte fresca. –Povera testolina.- le disse, dolce.
–Quanto sei rimasta
china su quel maledetto libro di Storia della Magia, eh?-
-Sono
rimasta indietro con lo studio.- si giustificò lei, alzando
le spalle.
James
assunse un’aria falsamente meravigliata. –Ah, si? E
come mai?-
Lily
rise, scuotendo la testa. –Per colpa di un idiota che
pretende le mie
attenzioni ad ogni ora del giorno.- rispose, tentando, con scarso
successo, di
apparire severa.
Lui,
per tutta risposta, le rubò un altro bacio.
-Io
però ti porto a feste come queste.- le disse, sicuro di
sé.
E
lei non potè fare a meno di soffermarsi ad ammirare la
bellezza del parco di
Hogwarts interamente coperto di neve, le luci, le voci, i colori,
quell’aria di
festa.
Non
aveva mai visto nulla del genere.
-Ti
piace?- le domandò lui, mentre tornava a stringerla al petto.
Sentendo
il proprio cuore perdere un battito, la ragazza annuì.
–E’ bellissimo!-
mormorò, estasiata, mentre i suoi occhi verdi osservavano
tutto, curiosi, avidi
di apprezzare quella meraviglia.
–Non
ci sono Serpeverde.- aggiunse ad un tratto, colpita.
James
scosse il capo. –Non sono stati invitati
quest’anno.- le disse, piano.
Questa
notizia non la turbò come avrebbe potuto fare anni fa, la
lasciò quasi
indifferente. –Lo capisco.- si limitò a dire.
Infondo
non era un mistero che praticamente tutti i Serpeverde fossero figli o
parenti
di Mangiamorte, coloro che andavano mietendo sempre più
vittime innocenti.
Potter
sospirò. –Io invece penso sia uno sbaglio. Non
è emarginando Serpeverde che
risolveremo le cose.- mormorò, abbassando lo sguardo.
Lily
lo guardò, in silenzio. Poi scosse il capo.
-Sei
davvero troppo simile a Silente, James.- fece, seria in viso.
-Ed
è tanto terribile?- le domandò lui, sorridendo.
-Non
lo so.- rispose lei con sincerità. –A volte
sentirti dire certe cose mi rende
orgogliosa di te, dico sul serio. Altre ho solo paura, mi preoccupo.
Sei troppo
buono, ti fidi eccessivamente degli altri ed io… io ho il
terrore che possano
approfittarsi di questo e farti del male.- mormorò,
apprensiva.
James
rise, stringendola di più a sé.
–Nessuno mi farà del male, devi stare tranquilla!
E non c’è nulla di terribile nel dare fiducia al
prossimo, mi fa sentire bene.-
Era
bello sapere che al mondo esistevano persone candide come James Potter
o Albus
Silente, questa consapevolezza le riempiva il cuore e le dava forza.
Eppure
non riusciva proprio a vedere le cose con la loro stessa prospettiva,
forse era
troppo disillusa e fredda per riuscirci; la vita l’aveva
portata ad essere
sempre abbastanza scettica e chiusa, almeno all’inizio.
Lily
Evans era una riflessiva nata.
Lei
e James erano davvero l’uno l’opposto
dell’altro.
Questo
pensiero la fece sorridere.
Lui
la prese di nuovo per mano ed insieme si avviarono verso il tavolo
delle
bibite, zigzagando tra i compagni intenti a parlare, ballare,
rincorrersi,
tutto in un vortice colorato.
Lily
riconobbe la voce furiosa di Victoria Olsen ancora prima di vederla.
L’esuberante
Grifondoro si trovava proprio vicino ai lunghi tavoli disposti per il
rinfresco
e da come gesticolava con le braccia pareva fuori di sé.
Sirius
Black, un bicchiere di idromele alla mano, ascoltava la sua ragazza
berciare
senza sembrare molto turbato. Piuttosto, era divertito.
Con
il cappotto nero e lungo fino al ginocchio, Black sembrava veramente un
principe.
-Che
problema avete?- chiese James, una volta che li ebbero raggiunti.
Sirius
alzò gli occhi blu al cielo e scosse il capo, facendo cenno
all’amico di
chiudersi la bocca, ma fu troppo tardi, perché Vick aveva
già puntato Potter e
Lily.
Aveva
un diavolo per capello.
-Sono
ovunque, ovunque! Non riesco a sopportarlo! Ma a lui, ovviamente,
sta bene! Black della malora!- strepitò, agitando le
braccia. –Non so se odiare di più loro o lui!-
-Olsen,
stai esagerando…- fece Sirius, esasperato. –Mi
stavano solo salutando!-
-Volevano
rifilarti il regalo di Biancaneve, non sono stupida!- berciò
Victoria,
incenerendo il proprio ragazzo con lo sguardo. –E tu eri
tutto un sorridere! Ti
sembra normale, stupido Black? Volevi addirittura accettare i regali!-
Lily
osservava la discussione in silenzio, trattenendosi dallo scoppiare a
ridere;
James, vicino a lei, spostava lo sguardo ora su Sirius, ora su Victoria
e
scuoteva la testa.
-Vick,
non devi essere così gelosa…- cominciò
Potter, comprensivo, ma fu subito azzittito
dall’occhiata di fuoco che ricevette.
-Io
non sono gelosa! Per niente!- sbottò Victoria, incrociando
le braccia sotto il
seno, gli occhi assottigliati dalla rabbia. –Solo che
è una questione di
principio! Sirius ha già ricevuto il suo dono, da me! Le
altre devono stare al
loro posto!- spiegò, perentoria.
Lily
notò in quel momento la sciarpa bianca che Sirius aveva al
collo, doveva essere
il regalo di Victoria.
Le
venne da sorridere; Vick era chiaramente gelosa e le faceva tenerezza,
ma era
ingiusto che soffrisse a tal punto per dei regali e per delle ragazze,
che
Sirius non avrebbe affatto considerato.
-Razza
di galline! Che si impicchino, sono stufa!- borbottò la
Olsen, sempre più
rigida.
Sirius
sbuffò ed in cambio ricevette un colpo in testa dalla sua
dolce metà, non
propriamente dolce in quel momento.
A
salvare la situazione fu l’arrivo di Jasper Joyce in
compagnia della sua
ragazza, Nina Green, una graziosa Corvonero del quinto anno. La ragazza
sfoggiava un paio di guantini bianchi adorabili, da poco ricevuti in
regalo dal
compagno.
-Dov’è
Julian?- domandò subito James, sospettoso. –Quando
oggi sono passato a dirgli
che lo aspettavo alla festa, non aveva l’aria troppo felice.-
-Deve
essere in giro.- gli rispose Jasper, l’aria stanca di uno che
non ne può più
delle stramberie del proprio migliore amico.
–L’ultima volta che l’ho visto
stava per affogarsi nel Whisky Incendiario, ma sono intervenuto in
tempo.-
-Povero
Julian, proprio non ama le feste.- fece Nina, preoccupata.
–Avremmo dovuto
lasciarlo al dormitorio, Jasper.-
-Tranquilla,
Green! Harris ha la pellaccia dura!- disse Sirius con un ghigno.
-Peter
e Remus?- chiese Joyce, guardandosi intorno.
-Da
qualche parte chissà dove.- rispose James, divertito.
–Remus tenta di sfuggire
agli agguati di quella ragazza di Tassorosso a cui ha dato ripetizioni
di
pozioni!-
-Ancora
lei?- fece Victoria, stupita.
-La
tipa non molla.- disse Sirius, sghignazzando. –L’ho
vista, è carina! Non
capisco perché Lunastorta fa tanto il prezioso! Sarebbe la
volta buona che…-
Lo
schiarirsi di voce di James lo fece azzittire in tempo, prima di
spararne una
delle sue in presenza di tre signorine.
Sirius
sbuffò e fece spallucce, Victoria lo fulminò con
un’occhiataccia.
-Beh,
noi continuiamo la nostra passeggiata. Ci vediamo in giro, ok?- fece
Jasper,
divertito, prima di andarsene con Nina, che salutò gentile
con un gesto della
mano.
-Lei
sì che è carina, non come un certo rospo che mi
sta appresso…- dichiarò Black,
lugubre, scoccando un’occhiata alla propria ragazza.
Vick,
neanche a dirlo, gli rifilò uno scapaccione di tutto
rispetto.
-Impiccati,
Black!- sbottò, furiosa, mentre incrociava le braccia al
petto.
-Volete
finirla?- fece James, con un sorriso bonario. –Vedete di non
scannarvi almeno
fino a fine serata, ok? Non ho affatto voglia di tenervi
d’occhio.-
-Ah,
non preoccuparti.- sibilò Victoria, inviperita.
–Io tolgo il disturbo, visto
che Sirius Black ha tanto da lamentarsi. Che si goda pure le sue
ochette
stucchevoli!- borbottò, prima di dare le spalle a tutti ed
andarsene.
Sirius
rimase a fissarla allontanarsi con un’espressione basita sul
viso.
-Non
la segui?- fece subito Lily, severa.
-Certo
che no.- rispose Sirius, scuro in volto. –Non sopporto quando
si comporta da
mocciosa. Io non le ho mai dato motivo di preoccuparsi, la gelosia
è un
problema suo. Che se lo risolva da sola.- aggiunse, accendendosi una
sigaretta
con indifferenza.
-Dannato
di un Black!- esplose Lily, piccata. –Non capisci niente di
Victoria, allora!-
-La
capisco meglio di te.- fece lui, tranquillo. –Vado a cercare
Remus e Peter, ci
si vede dopo ragazzi.- dichiarò, prima di andarsene a sua
volta e sparire tra
la folla di studenti.
La
Evans era a dir poco allibita, si voltò verso James, in
silenzio al suo fianco,
e restò sorpresa dell’espressione placida di lui.
-Non
dirmi che non te ne frega niente.- fece, stupita.
Potter
sorrise e scosse il capo. –Va bene così, stai
tranquilla.-
-No!
Non va affatto bene!- fece lei, preoccupata. –Il tuo amicone
è un idiota!-
-E
tu sei prevenuta, Lily.- le disse, sospirando.
–Perché non puoi rivalutare
Sirius?-
-Perché
non mi sta dando molte alternative.- rispose, acida.
James
rise, alzando gli occhi al cielo. –Andrà tutto
bene tra loro, devono solo
trovare il giusto punto d’incontro. Come abbiamo fatto anche
noi.- le disse, mentre
andava ad accarezzarle una guancia fresca.
Era
vero, ammise Lily dentro di se.
A
lei e James c’erano voluti anni per trovare un compromesso,
una strada da
percorrere in comune, senza più litigi ed incomprensioni.
Sperava
solo che non servisse il medesimo tempo anche a Victoria e Sirius.
Le
venne
da sorridere.
-Cosa
c’è?- le domandò Potter, accortosi del
suo cambiamento d’umore.
-Niente.-
fece lei, divertita. –Stavo solo constatando quanto tu sappia
essere saggio!-
lo prese in giro, mentre tornava ad abbracciarlo.
Lo
udì ridere, poi avvertì chiaramente le braccia di
lui circondarla.
-Ho
un pensierino per te.- le disse James, sottovoce.
Lily
sollevò subito lo sguardo. –Cosa?-
Lui
rovistò un attimo in una delle tasche del montgomery e ne
estrasse un piccolo
sacchetto di plastica, chiuso da un fiocco azzurro. Al suo interno
c’erano dei
cioccolatini di fine cioccolato bianco.
-Per
te.- le disse, sorridendo. –Buona festa di Biancaneve o
quello che è!-
Non
c’erano parole per descrivere ciò che
provò in quel momento, fu tutto troppo
forte, troppo dolce, troppo tutto.
Erano
solo cioccolatini. Solo cioccolatini.
Ma
era stato James a regalarglieli e non c’era davvero modo per
poter descrivere
la sua felicità. Avrebbe solo voluto abbracciarlo e non
lasciarlo più andare.
Adorava
quei suoi piccoli gesti, quel suo dimostrarle quanto fosse importante
per lui
anche con le piccole cose.
-Grazie.-
riuscì soltanto a dire, con la voce un poco incerta.
Era
consapevolissima di essere arrossita, ma non poteva davvero farci
niente.
James
rise, spensierato come sempre. –Hey, è solo
cioccolato!- fece, divertito.
Tentando
di riprendersi, Lily fece appello a tutto il suo spirito di Caposcuola.
-Come
te li sei procurati?- domandò, sospettosa, prendendolo in
contropiede.
L’espressione
pacifica di Potter non mutò di una virgola. –Li ho
comprati oggi a Hogsmeade,
mentre eri a studiare.- le rispose con la sua clamorosa faccia tosta.
-Non
si può andare al villaggio nei giorni in cui non
è permesso.- lo riprese subito
lei.
Il
sorriso di James si ampliò. –Io sono James Potter,
posso fare tutto.-
Lei
si impose di rimanere seria e di non scoppiare a ridere.
-Fingerò
di non aver sentito una parola e mi convincerò che i
cioccolatini si siano
materializzati nella tua stanza. Grifondoro ha già perso
abbastanza punti a
causa tua.- dichiarò, facendosi credere severa.
Potter,
fermo davanti a lei, ghignò. –Ed io
fingerò di non vedere la tua adorabile
quanto falsa espressione da Caposcuola oltraggiata, così da
evitare di saltarti
addosso davanti a tutti.- le disse con aria furba.
A
quell’ultima affermazione di lui, Lily diventò
carminio.
James
rise e tornò ad abbracciarla, stringendola a se con
delicatezza. –Sto
scherzando.- le disse, divertito.
-No,
io non credo.- fece lei, ancora rossa in volto.
Lui
rise di nuovo e Lily si aggrappò a quel riso con tutta se
stessa, imponendosi
di impararla a memoria, di chiuderla da qualche parte dentro di
sé, perché
sentir ridere James era così bello, che non avrebbe mai
voluto dimenticarlo.
Avrebbe
voluto vivere per sempre cullata da quella risata allegra, travolgente,
spensierata nonostante tutto.
-Mi
spiace.- disse ad un tratto. –Io non sapevo nulla di questa
festa e non ti ho
regalato niente.- mormorò, dispiaciuta.
Lui
la strinse maggiormente a sé. –Il cappotto che
indossi è bianco, no?-
-Sì.-
rispose lei, confusa da quella domanda.
-Allora
mi hai fatto il regalo più bello che potessi mai ricevere.-
Lily
ci mise un po’ a capire, ma quando comprese il significato
delle parole di
James, allora avvertì il proprio cuore battere fortissimo,
prepotente.
Era
davvero possibile amare così tanto una persona?
Era
possibile innamorarsi ogni giorno di più?
-Vieni
via con me, Lily?- le domandò lui ad un tratto, parlandole
piano all’orecchio.
Lei
non gli rispose neppure, limitandosi a prenderlo per mano e a lasciarsi
guidare.
James
la condusse lontano dagli altri, lasciando la festa alle loro spalle,
portandola in una zona buia dell’immenso parco di Hogwarts.
Non
arrivavano luci, né rumori, eppure lei non ebbe affatto
paura.
Si
ritrovò con la schiena premuta contro le mura del castello,
la bocca di James
sulla sua, famelica e dolce allo stesso tempo.
Le
gambe che tremavano, il cuore impazzito.
Il
buio si riempì del suono di baci e sospiri.
***
Ok,
poteva dire di averla scampata quella volta.
Era
salvo, salvo per miracolo, anche se non poteva certo definirsi un tipo
credente.
Aveva
seminato le pupattole impazzite dei primi anni, che lo avevano placcato
senza
pietà fin dal suo arrivo alla festa/martirio, ed era
riuscito a rispedire alla
mittente un mazzo di rose bianche, che avevano avuto su di lui lo
stesso
effetto di due dita in gola.
Per
non parlare poi del resto.
A
neppure metà serata, Julian Harris poteva dirsi distrutto.
Non
aveva trovato James Potter, la causa di tutti i suoi mali, da nessuna
parte e
la cosa lo indispettiva alquanto, visto che prendersela con lui, che lo
costringeva a partecipare ad ogni stronzata studentesca, lo avrebbe
fatto
sentire meglio.
Fortunatamente,
si era imbattuto sulla sua strada niente di meno che Burt Bruden,
l’edonista
bisessuale di Corvonero.
La
manna dal cielo!
Burt,
che modestamente si intendeva bene sia dell’animo femminile
che di quello
maschile, aveva compreso tutto, senza che Harris parlasse.
-Vai
a farti una canna, amico.- aveva detto, porgendo l’oggetto in
questione con un
sorriso serafico. –Fatta da me, niente ti sballa come questa.
Ti ritroverai ad
amare la vita senza neppure accorgertene.-
Bruden
era uno strano ragazzo e non tutti ad Hogwarts gradivano la sua
compagnia, molti
lo trovavano un po’ troppo stravagante e fuori dagli schemi.
Julian,
invece, lo vedeva come un’anima affine alla sua e non
disdegnava mai di farci
due chiacchiere, quando aveva tempo ed era incline alla parola.
Quanto
allo sballarsi, Harris non era un abitudinario, preferiva di gran lunga
avere
il controllo della situazione.
Ma
quella sera ci voleva, decisamente.
E
adesso si trovava al sicuro tra i primi alberi della Foresta Proibita,
finalmente da solo, nascosto agli occhi degli altri, seduto sul vecchio
tronco
di una quercia, dando le spalle alla festa ancora al culmine.
Aveva
da poco acceso la sigaretta regalata da Bruden e già dopo
due boccate sentiva
la testa più leggera, un’autentica meraviglia.
Si
chiese cosa diavolo Burt avesse usato, le serre di Erbologia non
avevano mai
avuto segreti per quel ragazzo.
Non
si accorse neppure del rumore di passi dietro di lui e, quando si
sentì
chiamare, sussultò, girandosi di scatto.
Ciò
che si ritrovò di fronte non poteva essere reale.
Annabel
Cox in persona.
I
lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, i limpidi occhi chiari ed
un
meraviglioso cappotto rosso scuro a proteggerla dal freddo.
Aveva
il naso e le guance un poco arrossate per la bassa temperatura, ma
sorrideva
gentile come sempre, tenendo un vassoio tra le mani.
Il
primo pensiero di Julian Harris fu che, a quanto pareva,
l’effetto delle canne
di Bruden era più veloce e devastante di quanto potesse
immaginare.
Cazzo,
provocavano pure le visioni!
E
che visioni!
-Julian?-
chiamò di nuovo Annabel, osservandolo preoccupata.
–Hey, ti ho cercato
ovunque!- esclamò, sorridendo contenta.
Cavolo,
appariva più reale del previsto! Come visione era
più che perfetta!
Ovviamente,
lui non rispose, limitandosi ad osservarla come un idiota completo.
-Ti
senti bene?- domandò la Tassorosso, avvicinandosi.
–Hai gli occhi lucidi.-
Harris
sbuffò, contrariato. –Per essere un miraggio,
parli anche troppo.- borbottò.
Anna
inarcò un sopracciglio, confusa. –Un miraggio? Io
sono reale!- disse, scrutando
bene in viso il Corvonero.
I suoi
occhi chiari si puntarono quasi subito sulla sigaretta ancora accesa
che il
ragazzo teneva tra le dita e si assottigliarono, severi.
-Julian.-
mormorò, decisa. –Dammi quello schifo.-
ordinò, allungando la mano.
Se
avesse avuto davanti chiunque altro, probabilmente Harris lo avrebbe
mandato al
diavolo, tenendosi la propria canna e tanti saluti.
Ma
con lei…
Con
quella maledetta Tassorosso era diverso, era sempre stato diverso.
Annabel
avrebbe potuto chiedergli qualunque cosa e lui, da bravo stupido,
avrebbe
ubbidito senza fiatare, chinando la testa da bravo servitore.
La
sigaretta di Bruden finì a terra, schiacciata sotto la
scarpa della ragazza, e
Julian restò ad osservare il poco fumo che ancora si
innalzava, debole.
Quella
era davvero una serata terribile.
Chissà
cosa avrebbe pensato Annabel di lui, adesso.
Roba
da mettersi a ridere.
La
testa gli girava, gli occhi bruciavano, eppure riusciva a vederla,
lì, davanti
a lui.
-C’è
qualcosa che non va?- domandò Anna, preoccupata.
Sì,
ti amo.
-No,
sto bene.- le rispose,
abbassando lo
sguardo. –Volevo solo divertirmi.-
Annabel
aveva l’espressione di una che non se l’era affatto
bevuta. –Senti, lo so che
non abbiamo molta confidenza, ma se vuoi parlarne…-
Non
voglio parlare.
Ti
amo.
Ti
amo
e non te ne accorgi.
Ti
amo
e non te ne frega
niente.
-E’
solo uno spinello, Cox! Non sono dipendente da questa roba, ok? Non ho
nessun
tragico problema alle spalle o stupidaggini del genere.- le disse,
facendo
spallucce.
-Va
bene.- fece lei, continuando a guardarlo in viso. –Scusa,
sono stata
invadente.-
Julian
scosse il capo, poi si perse un attimo ad osservarla; era davvero raro
ritrovarsela così vicino, senza amiche o fidanzato nei
paraggi.
I
Tassorosso avevano la cattiva abitudine di aggirarsi sempre
“in branco”.
Anna
era di una bellezza indescrivibile, per Harris non esisteva ragazza
più bella
al mondo, ne era letteralmente attratto.
Era
stata la prima creatura vivente a suscitare interesse in un tipo
apatico e
indifferente come lui.
Era
capitato per caso, cogliendolo alla sprovvista, come sempre accade.
Un
giorno come tanti, l’aveva vista sulla riva del Lago Nero,
con le sue amiche,
intenta a correre per sfuggire agli schizzi d’acqua, mentre
teneva in mano una
mela appena morsa. E lui non era più riuscito a toglierle
gli occhi di dosso.
Erano
passati anni, ma niente era cambiato.
Anzi,
a voler pensarci bene, qualcosa di diverso c’era.
La
piccola fedina che lei portava all’anulare sinistro.
Annabel
Cox e Mike Miller erano fidanzati.
Molti
li vedevano come la coppia perfetta, altri, invece, erano convinti che
si
sarebbero lasciati, convinti che un amore nato in età
così giovane non potesse
durare.
A
Julian queste stronzate non importavano.
Anna
era felice, innamorata, spensierata. Ed il ragazzo che aveva accanto
non era
lui.
Questo
faceva male, ma aveva imparato a conviverci.
Si
era costretto, perché non poteva fare altro.
Quando
si accorse del silenzio che li circondava, quasi si maledisse, non
voleva
metterla a disagio con i suoi mutismi prolungati.
Annabel
però sorrideva.
-Sai,
mancavi solo tu!- gli disse, andandogli vicino. –Ho preparato
dei biscotti alla
vaniglia per tutti come dono di Biancaneve, spero siano venuti buoni!-
fece,
divertita. –Ti ho cercato ovunque per darne qualcuno anche a
te! Avanti,
prendine quanti vuoi!- lo sollecitò, porgendo il vassoio
pieno di biscotti.
Julian
pensò a un sacco di cose da dirle, anche un semplice
“grazie”, eppure ciò che
pronunciò senza riflettere fu: -Non mi piacciono i dolci.-
Un
momento dopo avrebbe voluto prendere un tronco d’albero a
testate, anche perché
ciò che aveva detto non era affatto vero.
Non
riusciva a capacitarsi della sua risposta, forse, semplicemente, non
voleva
ricevere nulla da lei. Non voleva avere niente di suo.
Annabel,
tuttavia, non si lasciò scoraggiare.
-Sempre
con quest’aria seria, Julian!- lo riprese, divertita, mentre
con un dito andava
a sollevargli un angolo della bocca verso l’alto.
–Sorridi, brontolone!- rise,
allegra.
Fu
come ricevere una scossa e il Corvonero si ritrasse dal suo tocco,
fingendo di
passarsi una mano sugli occhi stanchi.
Non
toccarmi.
Fa
troppo male.
-Fai
uno sforzo per me, ci ho messo tanto per prepararli!- aggiunse la
ragazza,
mentre prendeva un biscotto e glielo porgeva. –Non fare il
difficile, su!-
Julian
lo accettò, mormorando un ringraziamento.
Parlare
era ancora più difficile del solito.
-Beh,
allora torno da Mike ora!- fece Anna, mentre cominciava ad
allontanarsi. –Gli
ho promesso che gli ultimi biscotti sarebbero stati tutti suoi!-
aggiunse, gli
occhi che scintillavano di affetto e divertimento. –Se non ci
vediamo domani,
ti auguro Buon Natale, Julian!-
-Buon
Natale anche a te, Annabel.- si limitò a dirle, restando poi
in silenzio ad
osservarla voltargli le spalle ed andarsene via, sparendo nella neve.
Accorgiti
di me.
Accorgiti
di me…
Il
biscotto
alla vaniglia cadde a terra, senza essere neppure stato assaggiato.
Sollevando
lo sguardo al cielo, a Julian venne da sorridere.
Avrebbe
davvero dovuto tenersi più stretta la sigaretta miracolosa
di Bruden.
***
Era
ormai notte inoltrata, quando la neve cominciò a scendere
dal cielo,
sorprendendo alquanto i partecipanti alla festa, che videro
quell’evento
meteorologico come un segno di serata conclusa. Era ora di tornare al
castello.
Sirius
Black, mani in tasca, camminava lentamente, scendendo per la ripida
collina, e
sorrise, quando davanti ai suoi occhi apparve la casa di Hagrid.
La
piccola abitazione, completamente al buio, pareva ricoperta di panna.
Victoria
Olsen se ne stava seduta sui gradini della piccola dimora del
guardiacaccia, in
rigoroso silenzio. Osservava la neve cadere senza battere ciglio.
Non
si voltò, nonostante lo avesse sentito arrivare.
Sirius
prese posto vicino a lei, senza fiatare, e per un po’
restarono così, in
silenzio, l’uno vicino all’altra, ad osservare il
paesaggio mozzafiato che
offriva loro il magico parco di Hogwarts.
-Tregua?-
le disse lui ad un tratto.
Victoria
si limitò ad annuire, senza dire una parola.
A
lui venne da sorridere e, senza neppure rendersene conto,
andò ad accarezzarle
i capelli, umidi per la neve.
-Vick,
qual è il problema?- le domandò, pacato.
–Non ci credo che quelle ragazze siano
riuscite a farti arrabbiare così tanto. Sei davvero
così gelosa? Io sto con
te.-
Era
vero, Sirius aveva perfettamente ragione, però…
C’era
un però, una vocina che non le dava tregua e che non faceva
altro che
logorarla.
Victoria
sospirò, osservando le nuvolette di vapore che si erano
formate davanti alla
propria bocca.
Ricordò
di una discussione avuta con Lily giorni prima.
Lily
era l’unica con cui ne aveva parlato.
-Diglielo,
Vick.- le aveva detto, sorridendo. –Se è questo
ciò che ti tormenta, allora ne
dovresti davvero parlare con lui.-
Doveva
dirglielo, chiarirsi quel suo dubbio, ma non era affatto facile.
Non
era facile per lei, orgogliosa Grifondoro, ammettere quella sua
debolezza.
-Allora?-
fece Black, mentre continuava ad accarezzarla. –Guarda che ti
conosco bene,
Olsen. Non credere di potermi fregare così facilmente.-
Qualcosa,
in quel momento, le avvolse il cuore in un caldo abbraccio, riempiendo
poi ogni
cellula del corpo di calore.
Era
la voce di Sirius.
Lui
aveva sempre avuto quell’effetto su di lei.
-Non
è per le ragazze.- si decise ad ammettere, senza avere il
coraggio di guardarlo
negli occhi. –E’ per… è colpa
mia, credo.- mormorò.
-Non
ti seguo.- le disse lui, ora immobile al suo fianco. –Cosa
c’è che non va?-
Victoria
scosse il capo e si prese il volto tra le mani. –Sono io,
Sirius. Sono
terribilmente insicura e non vorrei esserlo, ma non ce la faccio!-
confessò,
decidendosi a far uscire la voce. –Io… io ho paura
che un giorno tu possa
cambiare idea e decidere di voler tornare ad essere come prima. E
allora mi
dico che forse abbiamo sbagliato, forse… forse dovevamo
restare amici…-
Lui
non la lasciò continuare. –Queste erano le mie
paure, non le tue. Ero io quello
che all’inizio si era fatto questi problemi, non tu. Ma che
ti prende, Vick?-
fece, costringendola a guardarlo. –Hey, quando mai ti ho dato
l’impressione di
avere cambiato idea su di noi?-
La
ragazza scosse il capo, sentendo gli occhi bruciare. –No, no
non è per te,
davvero.- disse, guardandolo. –Sono io che, quando si tratta
di te, sento cose
che prima non avevo mai provato, come la paura di poterti perdere o di
non
essere abbastanza. Tu… tu mi metti soggezione e prima non
succedeva mai!-
-Non
voglio che tu mi veda così.- le disse lui, serio in volto.
–Vick, sono sempre
io.-
-Sì,
certo.- fece lei, sorridendo mesta. –Ma per me, a volte,
è ancora impossibile
credere che, tra tante, tu abbia deciso di stare con me. Ho aspettato
tanto
tempo, non ci avevo mai sperato e mi ero rassegnata a starti vicino
come amica.
Ora… ora ho il terrore di poter ritornare a quella
condizione e non potrei
accettarla come una volta, non più. Mi distruggerebbe.-
mormorò, stringendo le
gambe al petto.
E
Sirius, inaspettatamente, rise, mentre la stringeva a se.
-Stai
diventando molto brava a crearti seghe mentali, Olsen.- le disse,
divertito.
–Continuando
su questa strada,
potresti riuscire a battere Lunastorta, sai?-
-Non
ridere!- borbottò Vick, con il volto premuto sul petto di
lui. –Non è
divertente!-
-Sì
che lo è!- fece lui, sorridendo. –Stai diventando
una mocciosetta piagnucolona,
proprio tu che eri una specie di ragazzo intrappolato nel corpo di una
femmina!
È decisamente spassoso!- la prese in giro, beccandosi un
pugno sul braccio che
lo fece scoppiare a ridere più forte. –Non pensavo
di avere un effetto simile
su di te!-
Victoria
rimase in silenzio, la bocca piegata in un sorriso felice.
Stranamente,
tutto era già passato.
Bastava
un sorriso, un abbraccio, una risata di Sirius e tutte le sue paure
svanivano.
Era
vero, della granitica e maschiaccia Victoria Olsen non c’era
più traccia ed era
tutta colpa di quel dannato Malandrino!
L’amore
riusciva a mutare così tanto l’animo delle persone?
Faceva
un po’ paura in effetti, ma poteva sopportarlo.
Poteva
farci l’abitudine.
Quel
perenne sconvolgimento che sentiva dentro, non era poi così
terribile.
Forse
Sirius non si sarebbe mai completamente reso conto
dell’effetto devastante che
aveva e che avrebbe sempre avuto su di lei.
-Togliti
questi brutti pensieri dalla testa.- le disse all’improvviso.
–Mi sono buttato
su questa strada e non cambierò idea, Vick. Non mi
pentirò mai, te lo giuro.
Certo, non posso prometterti che vivremo per sempre felici e contenti,
cavolo,
ho solo diciassette anni!, ma sappi che non ho dubbi su me e te, devi
credermi.-
-Ti
credo.- fece lei, ancora stretta a lui.
-E
poi penso sia sbagliato pensare troppo ai “se” ed
ai “ma”, in questo modo
rischiamo di non goderci affatto il presente.-
Questa
volta fu Victoria a ridere. –Da quando sputi fuori perle di
saggezza, Black?-
lo punzecchiò, allegra.
-Beh,
a forza di stare con Remus qualcosa imparo pure io!- fece lui,
indispettito.
-Stento
a crederlo!- continuò lei, sorridendo maligna.
-Zitta,
rospo!-
-Sta
zitto tu, cagnaccio! E baciami.-
-Cosa?
Io non ti bacio a comando! Baciami tu, piuttosto!-
-Non
ci penso neppure! Te l’ho chiesto prima io!-
-Chiesto?
Vorrai dire ordinato.-
Rimasero
a sfidarsi con lo sguardo solo una manciata di minuti,
dopodichè non seppero
mai chi tra i due fosse stato il primo a cedere.
Si
trovarono a metà strada e, quando le loro bocche si
incontrarono, quel futile
bisticcio perse di importanza, come ogni altra cosa.
Non
erano mai stati tipi da scambiarsi troppe effusioni, ma quella notte
era
diverso, ne sentivano un bisogno disperato. Anche solo per rassicurarsi
a
vicenda.
Sono
qui,
penso solo a te e non ti lascio.
Poi,
come da regola, Sirius Black riuscì a distruggere
l’atmosfera, confermando
ancora una volta che coppia antiromantica fossero.
-Chissà
se il caro vecchio Hagrid è a Hogsmeade,
stanotte…- mormorò, meditando, nella
pausa tra un bacio e l’atro.
-Cosa?-
fece Vick, confusa.
-Beh,
stanotte mi sembri un poco più arrendevole, sai? Sarebbe un
peccato non
approfittarne, non trovi? E se la casetta fosse libera, beh…
io so dove Hagrid
nasconde le chiavi!- le disse con un sorriso furbo, che voleva essere
accattivante.
Il
ruggito della Olsen si udì per tutto il parco, tanto che
molti degli studenti
ancora rimasti alla festa si decisero a tornare al castello,
preoccupati dal
fatto che qualche mostro stesse per uscire dalla Foresta Proibita.
Il
povero Sirius ruzzolò i tre gradini di scale della casa del
guardiacaccia,
ritrovandosi inzuppato nella neve.
-Sei
un maniaco, Black! Crepa!- sbraitò Vick con gli occhi che
mandavano scintille.
-E
tu non sei per niente femminile!- sbottò lui, offeso.
–Frigida! Guarda che per
noi ragazzi il sesso è una necessità!-
-Black!-
tuonò lei, stringendo i pugni. –Vuoi morire
adesso, oppure preferisci aspettare
ancora qualche anno?-
-Fallo
vivere ancora un pò, per favore.- si intromise una terza
voce con tono pacato.
Quando
i due innamorati si voltarono per vedere chi si fosse messo in mezzo,
si
trovarono davanti il fuggitivo numero uno della serata: Remus J. Lupin.
Lunastorta
aveva l’aria stanca, probabilmente non ne poteva
più di scappare da
quell’invasata della sua ammiratrice.
Una
cosa era certa, non avrebbe più dato ripetizioni a nessuno.
-E’
arrivato l’uomo invisibile.- fece Sirius, osservando
l’amico con un ghigno
divertito.
-Non
c’è nulla da ridere, Felpato!- borbottò
Remus, scuro in volto.
-Per
te forse no, Rem. Per me sì!-
Lunastorta
alzò gli occhi cerulei al cielo e si impose di non badare
troppo alla mente
bacata del proprio amico. Sospirò.
-Vi
cercavo.- disse, spostando lo sguardo su Victoria. –Sono
andati via
praticamente tutti, ma i peggiori, tra cui James, sono rimasti e stanno
architettando una delle loro. Vi unite?- chiese, già
aspettandosi la risposta.
-E
ce lo chiedi?- rispose Sirius, che già si era alzato in
piedi, insieme a
Victoria.
-Come
non detto…- esalò Remus, tornando ad incamminarsi
nella neve.
Gli
altri due Grifondoro gli andarono dietro, la discussione precedente
già
dimenticata, tanto erano presi a pensare a ciò che poteva
aver architettato
James Potter.
Ad
un tratto, Sirius aumentò il passo, superando Vick e
raggiungendo Lupin; nel
fare ciò toccò
quasi casualmente la
giacca della ragazza e quando la Olsen, per caso, andò ad
infilare le mani
infreddolite nelle tasche, avvertì con sorpresa qualcosa
nella tasca sinistra.
Era
una piuma bianca di zucchero di Mielandia, constatò.
Immediatamente,
un enorme sorriso comparve sul suo viso.
Sirius
Black, proprio quel Sirius che non aveva mai regalato nulla a nessuna
ragazza,
le aveva comprato qualcosa per la festa di Biancaneve.
Era
talmente assurdo che non riusciva a crederci!
Alzò
lo sguardo su di lui e lo vide camminare scanzonato accanto a Remus, un
braccio
intorno alle spalle dell’amico, che borbottava, protestando
per qualcosa.
Forse
non era l’unica a stare perdendo la testa, si disse.
Forse
anche per Sirius era lo stesso.
Le
venne voglia di ridere e correre da lui, ma si trattenne, non volendo
dare a
quel maniaco una soddisfazione del genere.
Quando
arrivarono al luogo d’incontro, trovarono ad aspettarli un
piccolo gruppo di
studenti del settimo anno, gli unici a non aver veramente
più rispetto per gli
orari, e poche eccezioni.
Mike
Miller, il fidanzato di Annabel Cox, se ne stava con altri suoi due
amici.
Poco
distanti da loro, stavano Nina Green e Jasper Joyce, con Xeno, Julian,
Burt
Bruden e quell’oca di Kelly Logan, affiancata da due sue
compagne.
C’era
poi tutto il settimo anno di Grifondoro.
James
e Lily se ne stavano un poco in disparte, lui la abbracciava da dietro,
tenendo
il mento poggiato sulla testa rossa della Caposcuola.
Vick
intercettò lo sguardo di Potter e gli mostrò la
piuma di zucchero, trionfante,
ed il ragazzo le sorrise, strizzandole l’occhio.
-Avete
fatto pace?- domandò Lily, quando la Olsen li raggiunse.
-Sì!-
rispose Victoria, allegra. –E dopo abbiamo litigato di nuovo!
Ma va bene così.-
aggiunse, facendo spallucce. –E voi?-
-Noi?
Noi due andiamo alla grande!- fece James, euforico, prima di depositare
un
piccolo bacio sulla guancia della Evans, che arrossì,
restando in silenzio.
In
effetti tra di loro stava andando a meraviglia, si disse Lily,
ripensando a una
mezz’oretta prima. Non riuscivano più a stare
separati e, quando si ritrovavano
da soli, finivano con le bocche incollate l’una
sull’altra.
Doveva
decisamente ricomporsi, adesso.
Con
un sospiro, sciolse l’abbraccio di James, già
immaginandosi le sue proteste,
che non tardarono ad arrivare.
Sorrise.
-Dove
vai?- le chiese il suo ragazzo, con l’aria di un cucciolo
ferito.
-A
parlare un po’ con Remus.- rispose lei, divertita.
–Dammi un po’ di tregua,
Potter!-
James
scoppiò a ridere, capendo a cosa alludeva la rossa.
–Ok,
ti do tregua fino a domani! Poi ricomincio!-
-Andata!-
Ramoso
osservò Lily raggiungere Lupin, poi posò il
proprio sguardo su Victoria.
-Allora
mi abbracci tu, sorellina?- fece, sorridendo.
-Non
c’è neanche bisogno di chiederlo!- rispose Vick
allegramente.
Il
ragazzo le passò un braccio intorno alle spalle, lei gli
cinse la vita, e
presero a passeggiare chiacchierando, andando dietro agli altri, che
avevano
cominciato ad avviarsi.
Era
piacevole essere abbracciati da James, pensò la Olsen,
felice, era come farsi
coccolare da un fratello maggiore. Quello che poi lui rappresentava per
lei.
Potter,
Lupin e Minus erano sempre stati dei fratelli per Victoria.
-Tutto
bene?- domandò ad un tratto al ragazzo, puntando gli occhi
azzurri su di lui.
-Non
abbiamo più parlato molto di quello, dopo quella volta in
infermeria.- mormorò.
Il
sorriso di James si ampliò. –Sto bene.- la
rassicurò, dolce. –Faccio regolarmente
degli esercizi di controllo con Silente e per adesso sembra tutto in
regola.
Stai tranquilla!-
-Menomale!-
sospirò lei, rasserenata.
Potter
la strinse un po’ di più, con affetto.
–Grazie di tutto, Vick!-
La
Grifondoro scosse il capo, come a dire che non erano necessari
ringraziamenti.
-Dove
stiamo andando, piuttosto?- chiese, curiosa.
-Sulle
rive del Lago Nero ad aspettare l’alba.- le rispose lui,
guidandola, mentre il
gruppo si addentrava tra gli alberi della Foresta Proibita.
–E passiamo da qui!
Abbiamo pure convinto Lily! All’inizio lei non voleva.-
Vick
rise. –Domani niente Hogsmeade, saremo stanchi morti!-
-Beh,
dormiamo tutta la mattina e ci andiamo di pomeriggio, no?- fece subito
lui,
pratico. –Nessun problema!-
-Per
te non c’è mai nessun problema, James!- lo prese
in giro la ragazza, giocosa.
Risero
insieme e Sirius Black, che li precedeva di poco, si voltò a
guardarli,
camminando all’indietro. –Ramoso, sei un vermicolo!
Che fai, ci provi con la
ragazza di un altro? Anzi, ci provi con la ragazza del tuo migliore
amico?-
accusò, fingendosi scandalizzato.
-E
tu sei forse geloso?- fece Potter, divertito. –Beccato,
Felpato!-
Sirius
fece una buffa smorfia, poi corse da Minus, che se ne stava un poco in
disparte, e lo abbracciò in quello che sembrava
più un assalto che un gesto
d’affetto.
Ridevano
entrambi, sia lui che Peter.
James
restò ad osservarli con un sorriso disteso, il loro
Codaliscia stava diventando
sempre più chiuso e distante, perciò era bello
vederlo interagire di nuovo con
loro.
La
camminata procedeva, il Lago Nero era sempre più vicino ed
il parco immerso
nella notte apparteneva completamente a tutti quanti loro.
Lily
rabbrividì per il freddo e sollevò lo sguardo
verso la volta celeste, dalla
quale scendevano, leggeri, piccoli fiocchi di neve. Bellissimo.
Remus,
che camminava vicino a lei, imitò il suo gesto e sorrise.
Ogni
cosa era meravigliosa quella notte, si disse la Evans, la sua
felicità stava
per toccare le stelle e tutto pareva perfetto, lontano da tutto.
Si
voltò, pronta a cercare lo sguardo di James, ma non lo
trovò vicino a Victoria
anzi, la Olsen era sola ed aveva un sorriso furbo sul viso che non
prometteva
nulla di buono.
Lily
si guardò intorno, preoccupata.
-Dov’è
James?- domandò, piano.
Potter
spuntò all’improvviso dagli alberi della foresta,
cogliendo il povero Julian
Harris, che già era stufo della serata, alle spalle.
Oltre
all’imprecazione da record di Julian e alla risata sguaiata
di James, si
aggiunse lo strillo terrorizzato di Kelly, che non si aspettava
quell’improvvisata
idiota da parte del Grifondoro.
-Hai
veramente rotto le palle, James! Ammazzati!- ringhiò Harris,
stanco e con un
diavolo per capello, mentre l’amico se la rideva alla grande
in compagnia di
Black.
-Povero
JuJu!- fece Sirius, in tono falsamente dolce. –Cosa
c’è? Hai avuto tanta
paura?- domandò, per poi voltarsi verso Potter.
–Ramoso, che cattivo, non si
fa!-
Potter
rise più forte. –Julian, hai fatto un salto
assurdo! Cosa credevi che fossi,
eh? Un mostro brutto e terrificante?- disse, piegato in due dalle risa.
Il
Corvonero assottigliò lo sguardo, assumendo
un’espressione pericolosa.
-Voi
due…- sibilò, stringendo i pugni.
-Non
scherzare, Ramoso!- fece Sirius, cercando di restare serio.
–Potevi essere
un’Acramantula! Che creature terribili!-
-Oppure
un Berretto Rosso!- suggerì James, dopo averci pensato.
-O
anche un Avvicino!- aggiunse Black.
-O
un Ippogrifo!-
-Un
Lupo Mannaro!!!- strillarono insieme, per poi scoppiare a ridere.
A
quel punto quella povera anima in pena di Julian Harris
mandò i due allegramente
al diavolo, per poi voltarsi ed andare a rifugiarsi tra i suoi compagni
Corvonero.
-Chissà
se ce ne sono stanotte in giro…- meditò Sirius,
con fare preoccupato.
–Dovrebbe
esserci la luna piena per farli uscire, giusto Ramoso?-
-Mmm…
non saprei Felpato, vecchio mio.- rispose James, con aria saputa.
–Ho sentito
dire che si trasformano con la luna piena, ma non posso esserne
certo…-
-Però
mi pare di aver sentito dire che rispondono al richiamo della loro
specie…-
-Oh,
davvero?-
Presero
ad ululare insieme di punto in bianco, mentre i compagni intorno a loro
non
riuscivano più a smettere di ridere.
Victoria
li guardava con un sorriso e scuoteva la testa. –Ecco, sono
impazziti.-
dichiarò, divertita, mentre raggiungeva Lily e Remus.
La
Evans guardava i due ragazzi, sforzandosi di non mettersi a ridere.
–Qualcuno
dovrebbe spiegare loro che non siamo più al primo
anno…- sospirò.
Lupin
se ne stava in silenzio e scuoteva la testa, senza parole, mentre quei
due
idioti dei suoi migliori amici continuavano in quella scenetta che
altro non
era che uno stratagemma per prendere in giro lui.
-Felpato,
questo Lupo Mannaro non si fa vedere!- protestò ad un tratto
James, fingendosi
deluso. –Come mai?-
-Non
so, Ramoso.- fece Sirius, meditabondo. –Forse è un
tipo timido.-
-Timido?
Dici sul serio?-
-Già!
Talmente timido da non essere neppure in grado di relazionarsi con una
ragazza,
azzarderei!-
-Un
lupo un po’ sfigato, quindi!-
-Decisamente
sfigato, mio caro!-
Il
povero Remus si morse la lingua, prima di esplodere e fregarsi da solo,
ma
prese mentalmente nota di strozzare quei due imbecilli non appena ne
avesse
avuto l’occasione.
Lily
Evans, che camminava vicino a lui, non disse una parola e si
limitò a
lanciargli solo un’occhiata, senza dire nulla.
Quando
raggiunsero il Lago Nero, Potter e Black si erano buttati nelle
imitazioni
della professoressa McGranitt ed intorno a loro non si trattenevano le
risate.
Si
disposero tutti in cerchio, chi seduto per terra, chi sistemato sopra
un
vecchio tronco o una roccia, con Julian che protestava per
l’ora tarda ed
insisteva per andarsene a letto.
Mike
Miller trovò qualche rametto e con un incantesimo di
incendio fornì un po’ più
di luce e calore al gruppo, prima di sedersi vicino ai suoi amici.
James
prese posto su un tronco consunto e, sorridendo, fece segno a Lily di
raggiungerlo; non appena la ragazza gli fu vicino, le passò
un braccio intorno
alle spalle, cercando di scaldarla un poco.
Vista
l’ora e l’ambientazione un poco lugubre,
l’argomento di discussione si era
inevitabilmente spostato su racconti di paura e fatti misteriosi.
Kelly
Logan, neanche a dirlo, aveva già cominciato a piagnucolare.
Dopo
la bizzarra storia di Jasper Joyce, che giurava
sull’esistenza di un’armatura
maledetta al quarto piano che sembrava pedinarlo fin da quando aveva
messo
piede ad Hogwarts, il testimone passò a Sirius, che si
lanciò nella descrizione
di una vecchia strega pazza, che abitava in una lugubre casa fuori
Londra e
che, per diletto, si divertiva ad avvelenare animali e a mozzare le
teste dei
propri elfi domestici, per poi ricavare dai loro corpicini piccoli
oggetti come
spille o guanti.
Tutte
quante le ragazze presenti erano impallidite, insieme a Frank Paciock.
James
scoppiò a ridere e scosse il capo.
-Felpato,
questa non è altri che tua zia Elladora! Non è un
vero racconto di paura!-
Black,
scoperto in fragrante, mise il broncio.
-Raccontane
uno tu, allora!-
Il
sorriso di Potter si ampliò, facendosi preoccupante.
–Ne sei sicuro?-
-R-Ragazzi,
basta…- piagnucolò Peter, che conosceva bene cosa
fosse capace di inventarsi la
mente di James.
Ormai
però era tardi, tutti pendevano dalla bocca del Grifondoro,
in un misto di
curiosità e timore.
-Me
l’ha raccontato mio zio Andrew.- disse James, mentre intorno
a lui si
diffondeva il silenzio. –E’ una storia vera, pare.
E risale ai tempi della
fondazione della scuola.-
Lily
si voltò a guardare il suo ragazzo, inquieta.
Era
proprio nato per fare l’oratore, si disse. In pochi minuti si
era già
guadagnato la totale attenzione dei compagni.
-Conoscerete
la storia di Godric Grifondoro e di Salasar Serpeverde, immagino.- fece
James,
facendosi serio. –Erano rivali, in eterno conflitto su chi
dovesse imparare la
magia e poi, un giorno, Serpeverde se ne andò, giurando
vendetta.-
-Questa
storia la conosciamo tutti.- fece Lily, più tranquilla.
Il
ragazzo sorrise, furbo. –Oh, sì. Ma non sapete
tutto.- fece, tetro. –Si narra
che, prima di andarsene per sempre, Salasar decise di lasciare qualcosa
qui,
nel castello, che continuasse il suo lavoro di epurazione magica. Un
mostro
spaventoso ed immortale, che avrebbe dormito da qualche parte per
l’eternità,
pronto a risvegliarsi in qualsiasi momento e a uccidere i nemici del
suo
signore.-
Remus
scosse il capo. –Non ci sono mostri ad Hogwarts!-
-Non
puoi saperlo, Remus.- obiettò James, sicuro.
–Esistono molti esseri millenari e
malvagi che un mago potente come Salasar sarebbe stato in grado di
controllare.
Penso di conoscere Hogwarts meglio di Silente e non sono mai riuscito a
trovare
stanze con un mostro nascosto all’interno, ma suppongo che
Serpeverde avesse
trovato il modo di nascondere bene la sua creatura.-
-Fammi
capire, tu hai provato a cercarlo?- fece Victoria, sconvolta.
-Ovviamente!-
rispose Potter, quasi ritenendo sciocca la domanda. –Se ne
parla in qualche
libro e in alcuni vecchi annali degli studenti, sapete? Ci sono varie
supposizioni su che cosa possa essere, ma non si sa nulla di certo.-
disse,
parlando piano. –Tutti però dicono che ami
spostarsi nel buio e che colpisca le
proprie vittime quando sono da sole, cogliendole sempre di spalle. Ci
pensate?
Uno di noi se ne va a fare un giro per i nostri amati corridoi
e…-
-Basta,
Potter! Non è divertente!- strillò
un’amica della Logan.
-Sono
avvenute molte strane morti ad Hogwarts nella storia, alcune
inspiegabili, e ci
sono state altrettante sparizioni…- continuò
James, imperterrito. –Forse dietro
ad esse c’è proprio il mostro di Serpeverde! Chi
può dire di no?-
Nessuno
rispose ed intorno a loro rimase soltanto un cupo silenzio, spezzato
soltanto
dal rumore del piccolo fuoco che scoppiettava e dei piccoli fruscii
provenienti
dalla Foresta.
Sirius
Black sbuffò. –L’unica cosa che mi viene
da pensare è che, guarda caso, c’è
sempre di mezzo Serpeverde! Quel dormitorio andrebbe bruciato con tutti
gli
occupanti all’interno!- disse con risentimento.
-Non
hai tutti i torti, Black.- fece Mike Miller, cupo. –Sappiamo
tutti che
diventeranno Mangiamorte, una volta fuori di qui! Come siamo a
conoscenza di
ciò che è accaduto a Olsen ed Evans in
biblioteca, mesi fa.-
Lily
e Vick si scambiarono un’occhiata, condividendo per un attimo
quel terribile
ricordo, ma restarono in religioso silenzio.
-Non
possiamo generalizzare in questo modo!- protestò Remus,
decidendosi a parlare.
–Non tutti i Serpeverde sono così, ragazzi!-
Subito
si levarono borbottii di dissenso.
-Lupin,
hai perso il cervello?-
-Sono
tutti uguali, quelli là!-
-Avete
visto che faccia ha Avery?-
-Bellatrix
e Malfoy non aspettano altro che farci fuori tutti!-
James,
che non si aspettava di certo di suscitare una discussione simile con
il suo
racconto, sospirò, arruffandosi i capelli.
Sirius
Black si alzò in piedi, furente. –La Caposcuola
Ames è una serpe come tutti gli
altri, Remus! Non credere che sia diversa!- esplose, sapendo dove
colpire
l’amico. –Ti vedo parlare un po’ troppo
con lei, ultimamente! Cos’è?! Non sei
più capace di farti delle buone amicizie?-
-Che
cosa?- fece Remus, incredulo. –Che
cosa?!
Io scelgo di essere amico di chi voglio, Sirius Black! E tu non hai
voce in
capitolo!-
-Remus
ha ragione, Siri.- intervenne James, serio.
-Ha
dato di volta il cervello anche a te, James?!- scoppiò
Sirius, fulminando
l’amico con lo sguardo. –Quei figli di puttana
volevano marchiare a fuoco la
tua ragazza!-
Molti
dei presenti sussultarono a quelle parole, Lily compresa.
Potter
si irrigidì. –Questo lo so da solo. E so anche che
la Ames non era con loro.-
-Bravo!-
ruggì Black, furente. –Allora diventa amico loro,
James! Anzi, perché non te ne
vai in giro a braccetto con Mocciosus, eh?- aggiunse, con la
maggioranza dei
compagni a dargli ragione.
Potter
non rispose, limitandosi a scuotere la testa.
Anche
Lily non disse una parola. Quella discussione non le piaceva affatto
ma, se
doveva essere sincera, ultimamente aveva cominciato a pensarla come
Sirius e ad
avercela a morte con i Serpeverde.
Anche
con Severus.
-Adesso
basta, Sirius! Sei ridicolo!- lo riprese Remus, mentre si alzava a sua
volta.
-Ridicolo?!
Tu sei ridicolo!- fece Black, ignorando i richiami di Victoria.
–Mi sto solo
preoccupando per te, idiota!-
Nessuno
parlava più, adesso.
Gli
occhi di tutti erano puntati su di loro.
-Davvero?-
domandò Remus con ironia. –E’ davvero
solo questo, Sirius? La verità è che ti
sei fissato, ma sai che c’è? Non puoi rifartela
con tutta Serpeverde se hai
problemi con la tua famiglia!-
In
molti trattennero il fiato e Julian, che in tutto quel trambusto si era
appisolato, se ne uscì con un sentito:- Oh,
cazzo…-
Gli
occhi di Sirius si spalancarono impercettibilmente, mentre il suo corpo
si
irrigidiva, diventando come di marmo. –Vattene.-
sibilò a Lupin, con rabbia.
–Vattene sul serio, o ti spacco la faccia, Remus! Non
scherzo!-
-La
verità fa male, eh?- disse invece il Caposcuola di
Grifondoro, ignorando la
minaccia.
Alzando
gli occhi al cielo e maledicendo i suoi due migliori amici, James si
decise ad
intervenire, mettendosi in mezzo.
-Finitela,
tutti e due.- disse, cercando di restare calmo. –Dovrebbe
essere una festa
questa, vi pare? State dando uno spettacolo non richiesto! Datevi una
regolata.-
Black
non cambiò minimamente atteggiamento, anzi, strinse i pugni.
Lupin
invece abbassò lo sguardo. –Stà
tranquillo, James. Io me ne vado.- dichiarò,
scuro in volto. –Ne ho abbastanza.- terminò, prima
di voltarsi e dirigersi verso
il castello, sparendo nel fitto della notte.
Non
ci fu nessuno che osò dire una singola parola.
Miller
scosse la testa, le ragazze di Corvonero parevano attonite, i restanti
Grifondoro si limitarono a sospirare, già avvezzi alle liti
tra Black e Lupin.
-Complimenti.-
commentò poi James con stizza, rivolto al suo migliore
amico.
-Ha
cominciato lui, non io.- borbottò Sirius, tornando a sedersi
sotto lo sguardo
furioso di Victoria, che non aveva approvato affatto i suoi modi di
fare.
Di
nuovo, ritornò il silenzio.
Ognuno
rimase infreddolito al proprio posto, magari fissandosi le scarpe o
scambiando
qualche occhiata con un compagno, ma nessuno aprì
più bocca.
La
serata si era decisamente conclusa e all’alba mancava ancora
qualche ora.
Julian
Harris, stranamente, sollevò lo sguardo e lo diresse verso
quella sagoma scura
in lontananza che altro non era che il castello.
La
sua espressione, da indifferente, si fece pensosa.
-Povero
Remus, sta tornando al proprio dormitorio tutto da solo.- disse ad un
tratto,
senza un particolare tono di voce. –Mica se lo
mangerà il mostro di
Serpeverde?-
Note
dell’autore
E
con questo intervento assolutamente fuori luogo di Julian, chiudo il
capitolo.
State
tranquilli, Remus non incontrerà nessun Basilisco e se ne
andrà a letto sano e
salvo! XD
Che
dire? Sono mortificata per il ritardo, avrei voluto terminare il
capitolo 33
molto tempo prima, ma a causa dell’università non
ne ho avuto modo.
Resta
il fatto che ne è valsa la pena, perché adesso
sul mio libretto si è aggiunto
uno strameritato 28, che avrebbe potuto essere stato un 30, se non
avessi
commesso quel maledetto sbaglio, ma vabbè!
Tornando
al capitolo, beh, finalmente una discussione che non riguarda il povero
James,
che in genere torturo sempre! Comunque state tranquilli, non prevedo
aria di
tempesta. E cercate di capire sia Remus che Sirius. Hanno entrambi le
loro
ragioni per comportarsi così ed hanno due caratteri opposti.
In
realtà si vogliono un bene dell’anima e lo
sappiamo tutti!
Direi
che in questo capitolo c’è veramente di tutto.
Lily e James ( che fatico sempre
di più a trattenere, prima o poi si salteranno addosso, me
lo sento… XD), Vick
e Sirius ( che stanno raggiungendo il loro equilibrio di coppia a
piccoli passi
e prima o poi ci arriveranno, ma con i loro tempi; ho molte aspettative
su di
loro, abbiate fede!) e, non ci credo neppure io, ma ho scritto una
scena con
Julian ed Annabel, da soli!
Quei
due mi danno parecchio da pensare, ora come ora non intendo
sbilanciarmi, mah.
Solo
non mi aspettavo certe reazioni da parte di Julian, mi ha fatto
tenerezza
questo suo lato. Alla fine ha ragione James, Harris non è
poi così
indifferente.
O,
almeno, non lo è sempre! Non con tutti! XD
Ed
ho terminato il tutto con un tema che accompagna un po’
l’intero capitolo,
ovvero, la sfiducia verso Serpeverde. Una Serpeverde ghettizzata agli
estremi,
giustamente o ingiustamente, ognuno può pensarla come vuole.
Nemmeno
nell’epoca di Harry Serpeverde è stata
così odiata, credo, ma cercate di
capire, siamo ai tempi di estremo potere di Voldemort.
Le
parti sono molto estremizzate, sia i buoni che i cattivi.
Credo
di aver detto veramente tutto adesso, vi ringrazio davvero per il
vostro
affetto e per la vostra pazienza! Grazie!
Lady
Tsepesh
Myki:
Mia
cara, eccomi! Grazie
davvero per la dedica, io adoro Blake! E, in tutta umiltà,
non conoscevo quella
poesia, quindi… wow! Grazie! *_*
Direi
che il tuo ragionamento su Bella e Reg è perfetto, sul
serio. Come è azzeccato
il tuo pensiero sulle gerarchie all’interno della storia.
La
verità è che ogni personaggio è in
continua evoluzione, perciò non posso
stabilire IL forte, IL debole ecc… Mi è piaciuto
così e spero di aver fatto
bene.
Il
mondo è in movimento, giusto? Magari un giorno
sarà lo stesso Peter a tenere
tutto in mano, chi lo sa? Resta il fatto che i più
pericolosi restano Voldemort
ed Edward, su questo non avere dubbi!
Fai
bene a temere Regulus, che è una specie di bomba in procinto
di esplodere.
Tutto
sta nel vedere chi deciderà di distruggere, alla fine.
Kreacher
lo odio pure io, quindi siamo in due. U_U
Le
compagne di stanza di Bella, dunque. Venute fuori assolutamente per
caso,
inizialmente solo per fare da contorno. Su Aida ho poco da dire, ma
l’altra…
beh, mi piace. Vedrò che farne.
Paragone
tra Eva e Sirius. Ma lo sai che mi hai letteralmente colto di sorpresa?
Giuro,
non avevo davvero mai fatto un aggancio simile, sei un genio!
Direi
che condivido il tuo pensiero!
Sulla
Ames posso dirti poco, perché è il mio
personaggio più fumoso. Anche con me è
sfuggente e si fa capire poco, ormai mi sono rassegnata e la adoro
così! XD
Innamorata?
Sì, forse. Direi che, piuttosto, è sulla buona
strada.
Spero
invece di aver chiarito tutto su James e Lily. ^^ E direi che ormai gli
ormoni
sono entrati in circolo, povera me! Devo stare attenta a questi due o
Harry mi
nasce prima del previsto! XD
Su
Severus e Lily, sì, il discorso è ampio!
Bisognerebbe parlarne a voce!
Della
lotta tra Stria e Voldy ne vado fiera, non credevo avrei tirato fuori
un
intrigo del genere. A volte mi stupisco da sola! XD
Ti
ringrazio tanto per esserci sempre, tesoro!
Un
bacione!
LilyProngs:
Tesoro, grazie tante per le
recensioni! Mi vizi troppo! <3
Risponderò
ad entrambe! Prima parte: Sono contenta che l’amicizia tra
James e Julian ti
piaccia, in affetti hai ragione, è diversa da quella dei
Malandrini. A me
piace, la trovo originale, anche perché credo che Jamie sia
l’unico che riesca
a capire quella mente contorta che è Harris! XD Vick e
Sirius devono ancora
prendere il volo, a mio parere. Provano sincero affetto l’uno
per l’altra, ma
ancora devono imparare il vero significato di amore e lo faranno
insieme!
Diventeranno più maturi piano piano.
Lily
e Piton, pezzo che ha suscitato sommosse! XD Apprezzo Severus, ma non
lo amo.
Resta il fatto che mi piace attenermi ai fatti, quindi non posso e non
potrò
mai negare o occultare il legame tra i due. Sono felice che approvi! J
Seconda
parte: quoto! Siri e Reg sono due Black fenomenali, li adoro entrambi!
Ma se il
primo è un tornado scatenato, il secondo, beh, agisce
nell’ombra, senza fare
rumore, per questo lo ammiro! Eva Ames può piacere e non
piacere, è un
personaggio poco chiaro anche a me, giuro! Non ho mai idea di cosa
farà!
Vederla
con Remus… mah, non lo so! Il tempo chiarirà i
nostri dubbi! XD
Il
tuo commento alla scena Lily/James mi ha fatta gongolare! Sono contenta
che ti
sia piaciuta, ho fatto di tutto per farla arrivare a voi, pulita, meno
volgare
possibile ( perché non trovo che una lemon sia adatta a
loro), ma comunque
intensa. Bah, spero di aver fatto un bel lavoro! E comunque il bello
deve
ancora venire! ^_-
Grazie
davvero per tutti i tuoi complimenti, riesci sempre a farmi restare
senza
parole! Posso solo dire grazie, grazie e ancora grazie! Spero di non
deluderti!
Un
bacione!
Silverine85:
Ciao!
Grazie per recensire
sempre!
Regulus
non è ancora un Mangiamorte ufficiale, ma diciamo che lavora
già per la causa e
Voldemort lo apprezza molto più di altri. Eva…
Eva non può scappare, purtroppo.
Per un sacco di ragioni, ma, prima di tutto, per la sua famiglia.
Sono
felice che la parte tra James e Lily ti sia piaciuta! Sono soddisfatta!
XD
Le
trame di Edward e Voldemort? Segreto! ^^ Ti dico solo che non lavorano
insieme.
No,
tra Lucius e Bella non c’è nulla.
A
Lucius piace Bellatrix, ma lei non ricambia, ha in testa solo James.
Grazie
davvero! Un bacio!
Cassandra:
Ciao,
grazie mille per la
recensione! Sì, è vero, Reg è
inquietante e misterioso e mi fa piacere vedere
come tutti voi stiate cercando di inquadrarlo. Purtroppo non posso
rispondere
alla tua domanda, ma credo che riuscirai a trovare la risposta da sola.
Grazie
davvero per i complimenti, mi hanno fatto davvero piacere!
Sono
contenta che Bailee ti piaccia, ho intenzione di studiarci su. Vedremo
che
verrà fuori! Ancora grazie e a presto!
Cicci92:
Salve
mia carissima! Mi
spiace che ci sia voluto tanto per questo capitolo, spero non ricapiti
più o
finisce che vi ritrovo tutti sotto casa! XD Allora io aspetto fiduciosa
la
statua, ho un bel giardino dove starebbe benissimo! XD
Davvero
ho superato me stessa? Wow! Adesso gongolooooooo! >.<
Ecco,
sono felice che ti piacciono i miei Lily e James e mi fa piacere che
approvi il
mio andarci piano. Lo faccio per tanti motivi. Il primo è
che i tempi sono
diversi, non siamo nel 2010 per intenderci. Ok,
c’è Sirius che fa il
dongiovanni, ma credo che a quel tempo per una ragazza come Lily il
sesso fosse
una cosa su cui andare piano. E poi, beh, lo faccio anche
perché penso che
essere troppo precoci sia sbagliato, io credo
nell’intensità dei sentimenti e
non nel bruciare le tappe. È un mio punto di vista, ma credo
che James e Lily
siano perfetti per esprimere tutto questo.
Regulus
sta attirando l’attenzione di tutti, vedo, e ne sono
soddisfatta! Sta
succedendo tutto quello che mi aspettavo! Sì, Bella lo teme
e fa bene,
aggiungo!
Hai
ragione su tutto ciò che hai detto su Eva, mi fa piacere che
provi a capirla.
Con
il tempo spero di rendervela un po’ più chiara! ^^
Grazie
mille per la tua presenza costante, non so cosa farei senza di voi!
Baci
LiebenLily:
Genio
del male a rapporto,
mia cara! XD
Figurati,
mandarti la mail è stato un piacere, anzi, se hai dubbi, non
esitare a
contattarmi! ^^ Sono felice che la scena tra Lily e James ti sia
piaciuta e…
direi che hai già capito molto più di quanto io
immaginassi! *me ride furba*
Accontenta,
in questo ultimo capitolo ho parlato un po’ di tutti!
Evvai,
Stria ha fatto colpo! Mi fa piacere, ovviamente! In effetti
è stata una tosta,
devo ammetterlo! XD Il Voldemort tarocco non ha prezzo, ci ho riso per
una
settimana, anzi, ora che ci penso, quasi ho riso in faccia al proff!
Povera me!
:D
Ti
adoro! E grazie di tutto!
Baci
_Antonella_Black:
Ebbene
sì, gli ormoni sono
entrati in circolo! Povero Jamie, è da una vita che non
aspetta altro! XD Ormai
non manca molto, dico solo questo!
Sì,
è Reg la spia e si tiene in contatto con Voldemort tramite
Kreacher!
Grazie
per la recensione!
Baci
Mimmyna:
Ciao!!
Sono contenta che
Stria ti intrighi, è nata per questo, devo ammetterlo! E lo
scontro con Voldy è
piaciuto anche a me!
I
due piccioncini hanno preso il volo, te lo assicuro! Da ora in poi
saranno
sempre più audaci, infondo sono nel pieno della
gioventù e James, beh, è tanto
che aspetta! XD
Sì,
Lily andrà a stare da James per Natale, quindi …
*me con ghigno*
Grazie
mille per tutto, carissima! Mi spiace di avere aggiornato tardi! :(
Baci
La
Nika:
Ciaooo! Wow wow, che
entusiasmo! Sono proprio felice! Eh sì, era ora che tra i
due accadesse
qualcosa in più! E vedrai che da ora ce ne saranno di scene
del genere! XD
Comunque grazie per i complimenti, mi fanno davvero piacere! Sono
contenta che
il mio modo di raccontare ti piaccia, è vero, sono una
romanticona, non posso
farci nulla! XD Mi fa piacere che hai apprezzato anche la parte su
Voldemort e
Stria, ci ho messo un po’ a scriverla, anche se erano poche
righe.
Grazie
davvero! Baci
Kokilinda2:
Ma
ciaoooo! Eh? Davvero ti
sogni la mia storia di notte? Wow! Questo è ciò
che ogni scrittore vorrebbe
sentirsi dire, perciò… GRAZIE! Mi fa piacere,
cavolo! *_* Cioè, tutti questi
complimenti mi mandano in brodo di giuggiole, e poi mi monto la testa!
Meglio
se sto con i piedi per terra! Siete troppo gentili! <3
Sono
contenta che Regulus ti piaccia, così come Bella. Io la vedo
come te. So che è
pazza e cattiva, ma mi affascina! Grazie per l’appunto sulla
pozione, avevo
dimenticato ed hai fatto benissimo a dirmelo! Appena ho un minuto
correggo
subito!
Eva.
Su Eva è un po’ un discorso complicato, sappi solo
che non può proprio
scappare. Sì, potrebbe parlarne con qualcuno, confidarsi, ma
ha un carattere
talmente chiuso che non riesce a farlo, purtroppo.
Per
Lily e Jamie, sì, va tutto bene! Anzi, benissimo! XD
Sì, prima o poi tutti
sapranno di James e Bella. E ci sarà anche un testa a testa
tra Lily e
Bellatrix.
Tutto
a suo tempo! ^_^
All’ultimo
ci sono state un sacco di cose! Sì, Bella ha in mente
qualcosa per Remus, non
tanto perché ce l’ha con lui, ma per colpire James
e Sirius ferendo il loro
amico.
Voldy
vuole James a tutti i costi, appena saprà chi è,
partirà deciso. Stria è una
grande e sono contenta che ti piaccia! Sì, Reg è
la spia e sta in contatto con
Voldemort tramite Kreacher! E se lo becca Stria, povero lui! XD
Grazie
mille per tutto, carissima!
Baci
Brando:
Ciao!
Grazie mille per i
complimenti! :) Sono contenta che i miei Lily e James ti piacciano,
anche io la
penso come te. Trovo che siano la coppia più bella della
Saga, senza dubbio. Mi
fa piacere che la scena ti sia piaciuta. Sì, ora James
è decisamente più
tranquillo! Stria ha fregato Voldemort, la ammiro pure io! XD E tu hai
notato
una cosa che non so se anche gli altri hanno visto. Gli horcrux! Hai
gli occhi
di falco, vedi proprio tutto, complimenti! Verissimo, Stria ha capito
che c’è
qualche cosa sotto!
Sì,
Reg è la spia. Ed il tramite è Kreacher.
È vero, Regulus piace e non piace.
L’ho creato perché fosse così!
Bella
non piace a molti, in effetti! È una tipa che andrebbe arsa
viva! XD
Su
Eva hai colto nel segno!
Davvero,
hai fatto un’analisi perfetta! Complimenti! E grazie!
Baci
Malandrina4ever:
Ciaooo! Visto? Ho scritto
ancora su Reg, sei contenta? ^^
Anche
io lo adoro, soprattutto quando frega quella stronza di sua cugina!
Quel
ragazzino è un mito, ha la mia totale venerazione! *_*
Su
Eva e Remus… vedrai! :P
Sono
felice che Lily e James ti piacciono! L’ultima parte, dove
andavi a rimpiangere
di non essere la Evans, mi ha fatto troppo ridere! Direi che mi unisco,
andiamo
a rimpiangere tutte insieme! Anch’io voglio un James Potter
tutto per me, uffa!
XD
Grazie
per il commento! Baci
Princesseelisil:
Ciao
ciao, cara! Bene, sono
contenta di essere utile anche in ambito musicale! XD
Regulus… mm, aspetta a
vederlo come cattivo. C’è ancora tanto da scrivere
su di lui, ti consiglio di
dargli ancora il beneficio del dubbio! ^^
Comunque,
avrei voluto vederti infuriata contro Bella, sarebbe stato uno
spettacolo! XD
Vi adoro troppo, tutte quante voi ragazze, oltre ad incoraggiarmi,
riuscite
sempre a strapparmi un sorriso o una risata! Vi lovvo! <3
Che
dire di Eva? La stai vedendo dal giusto punto di vista! Abbi fiducia,
so quello
che faccio! J
E
sappi che adoro i tuoi sproloqui! XD
Termino
dicendo che la tua ultima considerazione su Lily e James è,
beh, da quotare!
Sì, ti quoto in pieno. E penso che sia un po’ il
pensiero di tutte!
Perciò,
scatta la caccia ad un moderno James Potter del 2010? XD
Scherzi
a parte, sono felice che i due piccioncini ti piacciano!
Le
tue ultime parole, poi, mi hanno fatto venire gli occhi lucidi. Posso
solo
ringraziarti, anche se so che non è abbastanza! Sono davvero
felice di riuscire
ad emozionarti tanto e spero di esserne sempre in grado.
Grazie,
grazie davvero! Bacioni
Deviata:
Mia
cara, l’affetto è
ricambiato! ^^
Grazie
per i complimenti, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto!
Mi
fa piacere che Reg ti piaccia, missione compiuta! Yatta! XD
Bella
sì, andrebbe scuoiata viva, ma purtroppo mi serve in vita!
XD In effetti ha
intenzione di giocare un brutto tiro al povero Remus, aspetta e vedrai!
Su
Eva abbi fede, non è cattiva!
E
poi James e Lily! *_* Sono contenta che ti piacciano! <3
Su
Stria, sì, so che hai fatto il tifo per lei! già
ti vedo con gli striscioni! XD
Grazie
mille per esserci sempre, carissima!
Un
bacione
Black_witch:
Sorella cara, eccomi! *_*
Visto,
tutto sistemato tra i piccioncini! OTTIMO e lo sottolineo! XD
Abbi
fiducia, Sirius e Lily diventeranno buoni amici, hanno solo bisogno di
tempo,
per adesso, si studiano, tipo due gatti! XD
Beh,
Eva non ha molte alternative per ora. Ma non è una cattiva
ragazza, credimi. È
solo molto sfortunata! Dovresti leggere la recensione di Myki, ha
capito Eva
molto meglio di me, credimi! XD
Ultimamente
ci sono molte cose a cui fare attenzione nei capitoli. Peter, tienilo
d’occhio!
XD Poi Voldemort, Stria, Edward…
Sto
preparando la fase centrale della mia fanfic, allacciati le cinture!
Sono
contenta che il capitolo ti piaccia, grazie mille per la recensione!
Un
bacione, sister!
Beky:
Salve!
Wow, grazie mille
dei complimenti! *me felice*
Sono
contenta che la storia ti stia prendendo, significa che sto facendo
bene il mio
lavoro di fanwriter! Ebbene sì, è arrivato pure
Voldemort! Ma per ora Stria
l’ha fregato!
Sono
felice che la scena tra Lily e James ti sia piaciuta, davvero! E tu sei
gentilissima!
Per
Eva, beh, mi impegnerò affinché riesca a farla
piacere anche a te! *_*
Su
Reg… tranquilla, dagli tempo e vedrai cosa ho in mente per
lui.
Grazie
davvero per i complimenti, grazie mille!
Baci
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