I solemny swear that I am up to no good

di Lady Tsepesh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hogwarts time ***
Capitolo 2: *** Don't touch my girl ***
Capitolo 3: *** Gryffindor and Slytherin ***
Capitolo 4: *** The Unbreakable Vow [part one] ***
Capitolo 5: *** The Unbreakable Vow [part two] ***
Capitolo 6: *** During the Day: Gryffindor's Soul ***
Capitolo 7: *** During the Night: Slytherin's Soul ***
Capitolo 8: *** Tell me a story ***
Capitolo 9: *** Bedtime ***
Capitolo 10: *** It's time to fly... ***
Capitolo 11: *** Shadows ***
Capitolo 12: *** After The Quidditch Match ***
Capitolo 13: *** Run ***
Capitolo 14: *** Sorrow ***
Capitolo 15: *** ° Savannah ° ***
Capitolo 16: *** Illusion ***
Capitolo 17: *** Before Halloween ***
Capitolo 18: *** Before Halloween [2] ***
Capitolo 19: *** Halloween ***
Capitolo 20: *** So Beautiful & So Dark ***
Capitolo 21: *** Asleep ***
Capitolo 22: *** A Star Called Andromeda ***
Capitolo 23: *** My Part In This World ***
Capitolo 24: *** Face To Face ***
Capitolo 25: *** ° Jeremy ° ***
Capitolo 26: *** All The Things He Never Said ***
Capitolo 27: *** White Clouds and Golden Sun ***
Capitolo 28: *** The Great Match ***
Capitolo 29: *** Fall To Pieces [part one] ***
Capitolo 30: *** Fall To Pieces [part two] ***
Capitolo 31: *** I Love Her Green Eyes ***
Capitolo 32: *** When Darkness Comes ***
Capitolo 33: *** Snow White Party ***



Capitolo 1
*** Hogwarts time ***


CAPITOLO 1 "HOGWARTS TIME"

 

 



Quella mattina era veramente una bella giornata, davvero un peccato doverla sprecare nei sotterranei del castello, dove si svolgevano le lezioni di Pozioni. Non c'era neppure la possibilità di volgere lo sguardo alla finestra ed osservare la luce del sole che illuminava i prati sempre ben curati del parco, perchè i fondatori della scuola, da bravi professori sadici che si rispettino, non avevano previsto neppure una finestra in quell'aula, che perciò poteva venire illuminata solo e soltanto con la luce delle torce appese alle pesanti mura di pietra.
Così, quando i poveri studenti si trovavano a seguire le lezioni in detta classe, sembrava loro di stare a Durmstrang, altro che ad Hogwarts.
Il settimo anno di Grifondoro, insieme al non tanto amato settimo anno di Serpeverde, si trovava, proprio a quell'ora del mattino, a seguire le noiose lezioni de professor Lumacorno. Quel giorno pareva veramente ispirato nello spiegare la sua lezione.
Svolazzava da un gruppo ad un altro, esaminando il contenuto dei calderoni e pronunciandosi in lunghi discorsi di apprezzamento, oppure di ben educato ribrezzo, che comunque apparivano come nenie noiose e snervanti.
Uno di quei giorni, uno degli studenti lo avrebbe preso e ficcato a forza in un calderone pieno zeppo di Puzzalinfa, oppure gli avrebbe aizzato contro un Tranello del Diavolo. Non importava tanto il come, l'importante era toglierselo di mezzo.
L'aula era ormai ricca di fumo, che continuava ad innalzarsi verso l'alto, con fare sinuoso, dai calderoni. L'aria era diventata pesante ed irrespirabile e faceva un caldo infernale.
-Ancora dieci minuti, ragazzi.- annunciò il professore.
Quelli, anziché terrorizzati dalla notizia del poco tempo rimasto loro per ultimare la pozione, parvero sollevati e ringraziarono il Creatore per un atto di così pietosa provvidenza divina.
James Potter si ritrovò a recitare mentalmente una preghiera di ringraziamento, mentre si sentiva sempre più accaldato.
Scambiò un'occhiata veloce con il suo migliore amico, Sirius Black, anche lui visibilmente sollevato, e tornò a dedicarsi alla sua pozione. Quella aveva assunto un bel colore viola acceso, proprio come dicevano le istruzioni del libro. Perfetto!
Poteva dire di avere finito.
Mentre riordinava il banco, dove c'era una confusione di libri, fogli di pergamena ed ingredienti per pozioni, lasciò vagare lo sguardo sulla classe.
Grifondoro occupava tutto il lato destro, Serpeverde il sinistro. Non sia mai che si trovassero uniti!
Lucius Malfoy, suo nemico giurato, era ancora chino sul proprio calderone, ancora preso nel mischiare ingredienti. James non potè fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello utilizzare un semplice incantesimo per far esplodere l'intero contenuto sull'odiato Serpeverde. Poi si disse che non ne valeva davvero la pena prendere un rimprovero da Lumacone per fare uno scherzo cattivo a Lucius-Ho i capelli più belli e lucenti del mondo-Malfoy.
Ci sarebbero state altre occasioni.
Severus Mocciosus Piton, invece, sembrava avere terminato, ma scribacchiava in modo quasi febbrile sul suo libro di pozioni. Che faceva, prendeva appunti?
Da quella postazione James non riusciva proprio a vederlo. Beh, non sarebbe morto dal dispiacere.
Tornando a guardare dalla sua parte, notò che anche Sirius e Remus, altro suo grande amico, avevano finalmente terminato. Il secondo stava cercando di comunicare a voce bassissima con altro ragazzo, un piccoletto tarchiato, per potergli dare qualche consiglio sulla pozione che stava diventando pericolosamente nero pece.
-Questa pozione non va affatto bene, Minus.- sentenziò Lumacorno, passando di lì proprio in quel momento.
Fece evanescere il contenuto, per poi tornare al suo giro.
James sapeva che cosa sarebbe successo di lì a poco. Era un pò un rituale sacro.

“Lumacone si ferma davanti al calderone della Evans.”

Il professore, finito il giro della classe, tornò, quasi saltellando, verso la zona Grifondoro, fermandosi proprio di fronte ad una bella ragazza dai capelli rosso fuoco, lunghi e lisci, che andavano a coprirle il volto, ancora piegato sul calderone.
Quella non alzò il capo nonostante avvertisse la presenza del professore vicino a lei. Si limitava ad ultimare il suo lavoro in silenzio.

“Lumacone dà un'occhiatina alla pozione della Evans, alza gli occhi al cielo, e fa....”

Lumacorno posò lo sguardo sul contenuto del calderone. La pozione era di un bel viola brillante, perfettamente completata, ma la ragazza continuava a lavorarci sopra, sfruttando gli ultimi minuti per aggiungere altri ingredienti superflui che, però, avrebbero contribuito a migliorarne il sapore, oppure l'aspetto.
Soddisfatto, alzò gli occhi al cielo, solo per poter esprimere la sua gratitudine per avere avuto una studentessa tanto dotata nella propria materia. Sembrava davvero che considerasse Lily Evans come un angelo sceso dal cielo per poter insegnare ai comuni mortali che il fare pozioni non è un semplice lavoro, è arte.

“-Ragazzi, ragazzi! Interrompete un attimo per osservare questo lavoro ottimo e ricco di ogni dettaglio, prodotto dalle mani fatate della nostra Lily!-“

Schiarendosi la voce, Lumacorno ottenne l'attenzione di tutta la classe.
-Ragazzi forza, lasciate pure perdere i vostri lavori! Guardate che capolavoro hanno prodotto le manine di fata della nostra adorabile Lily!- esclamò, quasi sul punto di saltare dalla gioia.
Severus Piton neppure alzò il capo, mentre Lucius Malfoy, voltandosi verso i suoi amici Serpeverde, sussurrò con cattiveria:
-Chissà se quelle "manine di fata" saprebbero fare anche altri lavori...-
Il lato sinistro dell'aula prese a sghignazzare.
James non aveva sentito le parole di Malfoy, né aveva prestato troppa attenzione alle ovazioni del professore. Ormai conosceva a memoria gli encomi alla Evans, non sprecava certo la sua attenzione ad ascoltarli tutte le volte. Con un gesto spontaneo, la sua mano passò sui suoi capelli corvini, scompigliandoli ancora di più.
Quello che all'inizio era stato un gesto volontario, adesso era arrivato ad essere del tutto indipendente dal suo volere.
Un paio di ragazze Grifondoro, unite ad un nascosto gruppetto di Serpeverde, se lo mangiarono con gli occhi.

Lui si accorse di quegli sguardi ed un sorrisetto compiaciuto sbocciò sulle sue belle labbra, sogno di mezza popolazione femminile di Hogwarts.

Sapeva di essere un bel ragazzo, perchè negarlo?

A soli diciassette anni di vita, si trovava ad essere idolatrato come un Dio e la cosa, ad essere sincero, non gli dispiaceva affatto. Era sempre ben voluto da tutti e, senza volerlo, si trovava sempre circondato da un corteo pronto a fare tutto ciò che lui dicesse. Eppure non aveva mai fatto niente per raggiungere una simile popolarità. Sì, era un genio nel Quidditch ed aveva un bel faccino, ma per il resto non capiva per quale motivo tante persone lo seguissero. Poco male, a lui la cosa andava benissimo!

In realtà, James Potter, non riusciva veramente a comprendere la sua qualità migliore. Lui era forte, gentile, giusto ed altruista, per molti rappresentava semplicemente la figura del capo, del pilastro portante.

Ogni studente di Hogwarts sapeva che su James Potter si sarebbe sempre potuto contare e che lui, magari mascherando tutto con una delle sue battute, sarebbe sempre stato pronto a dare una mano. Questo era James Potter. Lui era, fondamentalmente, la figura positiva della quale ognuno aveva bisogno.

Quando la campana suonò ad indicare il termine della lezione, il ragazzo alzò i suoi occhi neri al cielo, in segno di ringraziamento. Afferrò con poco garbo gli oggetti che aveva sparsi sul banco e li ficcò, letteralmente, nella borsa a tracolla sgualcita e piena di scrittine assurde, una delle quali diceva “Uno shampoo in più ogni giorno, toglie a Mocciosus l'unto dei capelli di torno.”

Lasciò una fialetta con la pozione appena preparata sulla cattedra di Lumacone ed uscì in fretta dalla classe, respirando finalmente aria pulita nel corridoio che, mano a mano, cominciava a riempirsi di studenti diretti in Sala Grande per il pranzo. James fu sicuro di sentire i propri polmoni recitare il “Padre Nostro” per la contentezza di non essere più riempiti di aria zozza.

Poggiò la borsa a terra, che cadde con un lieve tonfo, e si appoggiò alla parete, incrociando le braccia al petto.

Nessuno dei suoi amici era ancora uscito.

Incurvando la bocca in una smorfia infastidita, dette un'occhiata al suo orologio. Cinque minuti...ed erano ancora dentro!!

Sospirò, esasperato.

E, senza volerlo, la sua attenzione si fissò su uno strano braccialetto che aveva stretto proprio al polso sinistro, vicino al cinturino dell'orologio. Erano un nastro blu scuro e due catene d'argento intrecciate insieme.

In molti si domandavano che cosa potesse rappresentare quell'oggetto che si trovava fedelmente al polso di Potter. Ai curiosi, lui si limitava a dire che era un porta fortuna.

Proprio in quel momento, finalmente, uscirono dall'aula di Lumacone i suoi Malandrini.

Sirius Black, bello come il sole ed incazzato come un drago a cui si è appena pestata la coda, sembrava sul punto di sbranare qualcuno. I suoi occhi blu mandavano scintille che non lasciavano intendere nulla di buono.

Aveva i capelli neri, legati nella consueta corta coda, decisamente scarruffati e ciuffi neri gli ricoprivano disordinatamente il viso, coprendogli in parte anche gli occhi.

Forse per le ragazze poteva costituire un bocconcino niente male... lui, dal suo canto, avrebbe dato tutto per poter lanciare un potente incantesimo di esilio ad una certa persona.

Remus Lupin, anima pia, biondo e dai gentili occhi chiari, cercava invano di far cessare le ire dell'amico, dandogli ripetute pacche sulla spalla e mormorando, di tanto in tanto:- Cerca di controllarti, Sir...-

Peter Minus non sembrava avere nulla da dire.

-Beh, che è successo?- chiese James, osservando l'espressione corrucciata dell'amico.

Black gli rispose con un grugnito che ricordava tanto uomo di Neanderthal.

-Sir si è messo a sbraitare contro sua cugina Bellatrix, proprio mentre stavamo per uscire.- disse Remus, traendo un sospiro.- Non so che cosa gli abbia detto, però lui dovrebbe ormai essere abbastanza maturato per sapere perfettamente ignorare le parole di quella stronza di sua cugina.- terminò, lanciando al moro, ancora imbronciato, un severo sguardo di rimprovero.

-Il professore stava per togliere dei punti ad entrambi!- squittì Peter, finalmente partecipe alla conversazione. -E' stato grazie a Rem se non lo ha fatto. È intervenuto al momento giusto, Sirius aveva già tirato fuori la bacchetta.-

A quel punto Black sbuffò. -Volevo solo darle fuoco ai vestiti con un innocuo incantesimo di incendio, mica lanciarle un'Avada Kedavra!-

Ma Remus J. Lupin sembrò non gradire neppure quella possibilità, anzi, trucidò l'amico con lo sguardo ed in quel momento assunse veramente l'aria da Caposcuola oltraggiato.

Si voltò ad incontrare gli occhi di Potter, che fino ad allora se ne era stato Super Partes, cercando sostegno morale ed invitandolo a partecipare insieme a lui nell'operazione “rimprovero Sirius Black”.

Quello, per tutta risposta, fece spallucce.

Poi, incamminandosi verso la Sala Grande, si accese una sigaretta. Subito un intenso odore di arancio si diffuse per il corridoio.

-Dài, Jamie! Digli qualcosa pure tu, no?- lo incalzò Remus, camminando alla sua destra.

Sirius, che stava invece alla sua sinistra, borbottò un qualcosa che suonava tanto come un “Remus fatti i cazzi tuoi”.

Potter dette un altro tiro alla sigaretta, fece uscire il fumo dalle labbra e si voltò, finalmente, a guardare il suo migliore amico. Lupin annuì, felice di avere finalmente un supporto morale.

-Che vuoi che ti dica, Siri? - cominciò James, mentre ancora Remus annuiva compiaciuto. -Hai fatto proprio bene a tentare di bruciare viva quella serpe. Peccato che non ci sei riuscito, sarà per la prossima volta.-

Il sorriso di compiacimento che aleggiava sulle labbra di Lupin si congelò all'istante. Peter ebbe appena il tempo di tapparsi le orecchie prima dell'esplosione.

-JAMES POTTER!!!!!!!!- sbraitò il biondo Grifondoro con tutto il fiato che aveva in gola, mentre molti degli studenti che si trovavano a percorrere quel corridoio si voltavano verso di loro, spaventati. -Ma che ti metti a dire a questo decerebrato, eh???Possibile che a diciassette anni non siate ancora in grado di andare oltre a queste discriminazioni tra case?? Non siamo in guerra, siamo a scuola, dannazione!Sirius poteva veramente fare del male a Bellatrix.-

Sirius e James si lanciarono uno sguardo eloquente. Loro non ci avrebbero trovato assolutamente nulla di male se Bellatrix Black fosse morta bruciata, anzi, avrebbero addirittura santificato il genio che avesse avuto l'idea di dar fuoco all'intero dormitorio Serpeverde.

Loro due, con grande rammarico per la loro persona, non ci avevano mai provato...ma solo perchè, ogni volta che si accennava alla cosa, Remus-Adesso mi ricordo di essere un Caposcuola-Lupin, li massacrava a suon di urla e di minacce, tediandoli poi per ore su quanto fosse importante tenere ben saldi i rapporti tra case.

Rapporti tra case....mah...

Oramai era del tutto impossibile allacciare dei legami d'amicizia e rispetto tra Grifondoro e Serpeverde, era stupido il solo provarci.

Continuarono a camminare in silenzio, con un Remus che pareva ribollire come una pentola a pressione e ogni tanto se ne usciva con un “ragazzini”, oppure “lo sapesse Silente” e ancora “staremo a vedere...”.

Molti, al loro passaggio, si voltavano, desiderosi di incontrare i famosi Malandrini, quelli che potevano essere tranquillamente definiti i divi di Hogwarts.

Il solo parlare col loro, bastava a rendere popolare anche lo studente più patetico della scuola.

Quando, all'improvviso, i passetti di Minus si interruppero ed i tre ragazzi si resero conto che il loro quarto amico non li stava più seguendo.

James si voltò, tenendo la sigaretta ancora non finita tra le labbra, ed osservò l'amico con aria preoccupata. Era stato il primo ad accorgersi dell'allontanamento di Peter.

-C'è qualcosa che non va, Codaliscia?-

Sirius si fermò vicino a James, poggiando un braccio sulla spalla dell'amico e fissando il ragazzo che aveva di fronte con i suoi occhioni blu mare.

-Beh, che ti prende topastro?- chiese scherzosamente.

-Ecco...i-io...i-io do-dovrei....- balbettò Minus, fissandosi le scarpe.

-Pete, c'è qualche problema?- ripeté James.

-N-no....no....-

James e Sirius si lanciarono uno sguardo interrogativo, prima di tornare a concentrarsi su Peter. Remus, dal canto suo, se ne rimase in disparte.

-I-io...d-devo andare....Devo andare al bagno!- concluse Minus, velocemente, prima di sfuggire alle occhiate sospettose dei suoi amici e di spiccare una corsa sgangherata per il corridoio.

I tre Malandrini restarono a guardare la sua fuga fino a quando la sua figura scomparve tra la calca di studenti. Ognuno con un gran punto interrogativo in testa.

Sirius Black, grattandosi la testa, si voltò verso i suoi amici, con aria pensosa.

-Ma che gli piglia a Peter, eh? Da un po' non ci sta più con la testa.-

James annuì.

-Già, già. Gli starà mica capitando qualcosa? Forse dovremmo indagare più a fondo, siamo i suoi migliori amici no? Eppoi questi balbettii e questo timore verso di noi non sono normali....-

Sirius sembrava d'accordo.

Fu allora che Remus decise di intervenire, avvicinandosi ai due ragazzi.

-Come al solito voi due avete la sensibilità di una piovra gigante.- commentò, mentre si sistemava meglio la borsa stracarica di libri sulle spalle. -Ma non lo avete capito? Dovreste dedicare più attenzione agli amici e fare meno gli idioti.-

I due non sembravano affatto essersela presa per le parole del ragazzo, del resto, quando aveva detto che avevano la sensibilità di una piovra, non è che avesse poi sbagliato di tanto.

Piuttosto, lo stavano guardando con tanto d'occhi pieni di curiosità, aspettando che proseguisse.

Il povero Lupin sospirò per quella che era già la terza volta in tutta la mattinata e si preparò a dare loro una spiegazione elementare. Ovvero, dare subito la notizia senza tanti giri di parole.

-Credo, anzi, sono sicuro, che il nostro Codaliscia si sia innamorato.-

La sigaretta che James teneva tra le labbra scivolò a terra, perchè il suo diretto proprietario aveva spalancato la bocca dallo stupore. Gli occhi scuri, dietro le lenti degli occhiali, erano spalancati come scodelle.

Sirius dovette reggersi all'amico per non fare un bel ruzzolone per terra. Adesso i suoi capelli sembravano ancor più spettinati.

-C-come hai detto, scusa?- pigolò James Potter, fissando l'amico come se davanti a lui ci fosse Albus Silente vestito alla hawaiana, con tanto di fiori colorati inseriti nella lunga barba argentata.

Il cipiglio severo di Remus si ampliò.

-Non siete affatto gentili a reagire così! Ma che credevate?! Anche Peter ha dei sentimenti, no? Era normale che prima o poi si interessasse ad una ragazza!-

-Sì, certo.- si affrettò a dire Potter. -Però, in tutta sincerità, io credevo più poi che prima.....-

-James ha ragione, Rem.- fece Sirius, una volta essersi ripreso. -E' solo che...insomma, lo sai, Pete è un pò....-

-Un po' cosa, Black?- lo incalzò Lupin.

-Addormentato, ecco.- concluse il moro, fissando il biondino con sfida. -Addormentato per...certe cose.-

-Un po' come me, insomma.- sibilò Remus, con gli occhi azzurri che scintillavano d'ira.

Sirius e James ebbero il buon gusto di allontanarsi. L'acqua cheta spacca i ponti! Questo avevano compreso in quasi sette anni di amicizia con Lupin. E, mai, mai, svegliare il Lupo-Remus che dorme!! Prima regola dei Malandrini.

-Via Rem, lasciamo perdere, va!- si buttò James Potter, dimostrando di avere grande coraggio e di essere degnissimo di appartenere ai Grifoni. -Non hai fame?-

-Giusto!- esclamò Sirius, prendendo la palla al balzo. -Subito in Sala Grande!-

E, ostentando questo stupefacente gioco di squadra, Potter e Black, ormai esperti deviatori di argomenti, riuscirono a trascinare un ancora reticente Lupin nel gran salone dove tutti gli studenti di Hogwarts solevano riunirsi per consumare i pasti.

E anche per quella volte, le due astute canaglie, se l'erano cavata...

 

***

 

Ci sono molte cose strane al mondo alle quali non sai mai dare una spiegazione. Lei, Lily Evans, diciassette anni, ex prefetto di Grifondoro, attuale Caposcuola, era convintissima che, applicando la sua mente così dotata ed usufruendo dei molti libri sui quali era riuscita a mettere le mani, sarebbe stata sicuramente in grado di trovare una spiegazione logica ad ogni stranezza le si fosse presentata davanti.

Eppure, tra i tanti perchè risolti, ce ne era uno, il più maligno di tutti, che continuava a rimanere senza una soluzione.

“Perché non mi vogliono?”

Seduta su di una panchina nel parco, consumava una mela, senza prendere parte al pranzo sfarzoso in Sala Grande, e, silenziosa, si beava dei caldi raggi del sole.

Osservava con occhi assenti ragazzi e ragazze che le passavano di fronte con il sorriso sulle labbra, ridendo, scherzando, giocando tra di loro.

Mai, mai nessuno che si voltasse verso di lei.

La verità era che, nonostante lei possedesse una mente di gran lunga superiore a quella degli altri, non poteva trovare un senso a qualcosa che, per quanto potesse farle rabbia, un senso non lo aveva.

Capita così, capitava un tempo e sarebbe continuato a capitare.

Un grande giardino, tanti fiori profumati ed uno destinato a stare all'ombra.

Uno, uno soltanto. Emarginato, solo, brutto, pietoso e triste. Così sarebbe nato e così sarebbe morto, perchè, nella sua mente Lily Evans sapeva che, per quanti sforzi si potessero fare, non si raggiunge la luce del sole, se si è costretti dalla maggioranza a vivere tra le ombre.

E non c'è una spiegazione logica, è semplicemente così, punto.

Lei, troppo intelligente.

Lei, troppo chiusa.

Lei, troppo ingenua e rispettosa.

Lei, troppo seria.

Lei, troppo diversa.

Lei, troppo....troppo Mezzosangue.

Lei era stata scelta per interpretare il distruttivo ruolo del fiore senza luce.

E, con il tempo, a quel ruolo lei si era abituata. Sapeva recitarlo con una certa bravura, oramai.

Passano gli anni e la solitudine diventa dolore, poi il dolore si tramuta in rabbia, e la rabbia muta in odio ed allora, ecco, ci sei, sei il fiore senza luce.

L'unica. La diversa. Quella che tutti evitano a prescindere. Quella a cui danno giudizi, quando neppure ti conoscono.

Ed ormai lei, Lily Evans, aveva concluso di non aspettare mai più l'arrivo di un misero raggio di sole. Inutile sperare, faceva solo più male.

Se i suoi compagni non la volevano, se la sua famiglia la detestava, allora forse era in lei che c'era qualcosa di sbagliato. Perciò andava bene così. Non chiedeva nulla. Poteva andare benissimo avanti così, senza problema, veramente....

-Hey, Evans....-

Una voce che conosceva. Una figura a frapporsi fra lei e la luce. Ancora ombra...

La ragazza sollevò gli occhi smeraldini dal terreno, dove erano stati fissati fino a poco prima, per incontrare lo sguardo di chi le stava davanti.

Di fronte a lei c'era Severus Piton, che la osservava quasi con curiosità, il che era tanto per uno che aveva si e no due espressioni facciali diverse da usare a seconda dei casi.

-Si?- fece lei con distaccata cortesia.

In realtà, desiderava solo che anche lui se ne andasse. Voleva stare da sola.

-Ti è caduto questo mentre lasciavi l'aula di Pozioni.- disse lui, porgendole il libro in questione.

Lei non potè fare a meno di riservargli un'occhiata sospettosa. Come mai Severus Piton, Serpeverde e felice di esserlo, stava compiendo un atto di gentilezza nei suoi riguardi? Esitò a prendere il libro, anche se sapeva di apparire scortese, comportandosi in quella maniera.

-Non sto cercando di fregarti, Evans.- furono le parole acide di Piton.

Pareva che il pensiero che lei non si fidasse di lui lo innervosisse.

Decise di dargli retta e afferrò il tomo, mormorando un frettoloso “grazie”.

-Di niente Mezzosangue.- si limitò a dire il Serpeverde. -Sta più attenta alla tua roba la prossima volta.-

Lily lo osservò allontanarsi, mentre i suoi capelli rosso fuoco, lunghi e lisci come seta, ondeggiavano delicatamente sospinti dal vento.
Il libro di Pozioni ancora in mano. Lo guardò. Era veramente il suo. In silenzio, unica compagna di se stessa, lo ripose nella borsa, e da questa estrasse il pesante volume di Storia della Magia. Tanto valeva trascorrere il tempo studiando.

 

***


La Sala Grande a quell'ora di tarda mattinata, o di primo pomeriggio, era affollatissima e piana di confusione. Un vero toccasana per colei che gli studenti più temerari osavano chiamare, anche durante le sue ore di lezione, La Minerva Semprevergine.

E dire che Minerva McGranitt, donna severa e molto ligia all'ordine, non aveva per nulla idea degli affettuosi nomignoli che le venivano affibbiati.

Continuava imperterrita il suo lavoro di educatrice e, per tutta risposta, i soprannomi che la riguardavano peggioravano sempre di più ed ormai gli studenti si divertivano anche a narrare fantasiosi incontri notturni a carattere amoroso tra lei ed il preside Silente. Un nome a caso tra i numerosi diffusori di gossip tanto piccanti: James Potter.

Lo stesso James Potter che, in quel preciso istante, si stava godendo i rimproveri di una McGranitt alquanto furiosa. Inutile spiegarle che non era colpa sua se “casualmente” Severus Mocciosus Piton era scivolato nei lacci delle proprie scarpe e si era ritrovato spalmato a terra, proprio mentre faceva il suo trionfale ed unto ingresso in Sala Grande. Ma si sa, ogni professore ha il suo allievo prediletto e Minerva McGranitt sembrava avere sviluppato per Potter un'attenzione particolare...

Sirius Black cercava come poteva di aiutare l'amico, ma non fece che peggiorare la situazione quando dichiarò che probabilmente Severus Piton sarebbe “ugualmente” scivolato “anche da solo” dal momento che non vedeva un'emerita mazza a causa del suo lungo naso unto.

Remus Lupin, ormai stanco delle bambinate dei suoi amici, continuava imperterrito a mangiare ma, quando udì la professoressa incombere sui due poveri angioletti e minacciarli di una punizione che mai, mai, avrebbero dimenticato, prendendo mentalmente nota di divorarli vivi la prossima notte di luna piena, intervenne a salvarli in extremis, utilizzando una carta alla quale nessun professore poteva resistere: la tecnica segreta dello studente modello.

Così, con un sorrisetto da bravo ragazzo da presentare ai genitori, una parlantina in grado di lasciare disarmato il più grande oratore del foro romano e l'aria da studente attento ed intelligente, riuscì a convincere la povera Semprevergine che, davvero, James e Sirius stavano soltanto mangiando in tutta tranquillità il loro pasto, che la risata sguaiata, che era uscita dalle loro boccucce non appena Piton era caduto, era stato solo il frutto dell'ilarità della situazione e che, comunque stessero le cose, non vi era alcuna prova che loro due fossero colpevoli.

A fare da sfondo a tutto ciò, James e Sirius che annuivano ripetutamente dando piena conferma alle parole del Caposcuola Grifondoro.

Finì che la povera Minerva, sconfitta dalla parlantina di un diciassettenne, si ritirò a trovare conforto tra i suoi colleghi, mentre quei diavoli malefici che rispondevano al nome di Potter e Black tornavano a sghignazzare come iene.

-Non crediate che vi parerò il così detto fondoschiena per sempre.- commentò Remus, osservandoli con un cipiglio severo degno della Semprevergine.

-Graaaaaazie, Remus!!!!- esclamarono in tono decisamente troppo dolce i due, mentre si avvicinavano minacciosamente, uno da destra, l'altro da sinistra, con la chiara intenzione di schioccargli un bacio sulle guance.

-Allontanatevi da me!!!- urlò il povero Caposcuola cercando di allontanarli.

James scoppiò a ridere ed in sincrono partirono anche le risa di Black, mentre il loro compagno, ora salvo, li stava trucidando con lo sguardo.

Con gli occhi scuri che ancora scintillavano per il divertimento, James Potter tornò ad aggredire il suo pranzo. Capelli scarruffati, cravatta rosso oro allentata, camicia sbottonata. Sua madre non sarebbe stata felice di vederlo così, le sue ammiratrici invece sì, decisamente sì. Alcune ragazze di Corvonero, dai posti dove si trovavano, si stavano stirando il collo a forza di tenderlo per riuscire a lanciargli un'occhiata.

-Ti divorano con gli occhi, amico.- fece Sirius, sentendo arrivare occhiate sempre più prolungate. -Finisce che mi freghi tutta la piazza.-

-Prenditele tutte, per me non hanno importanza.- fu l'indifferente risposta.

-Tu sei tutto scemo se dici una cosa simile.- continuò Black, scotendo la testa. -Non mi dire che sei ancora fissato con la Evans!-

Remus, intento nella lettura delle pagine assegnate di Storia della Magia, riemerse dal libro, puntando il suo sguardo azzurro su quello che tutti consideravano il capo dei Malandrini.

Ed eccoci arrivati al punto dolente.

Durante l'estate, James non aveva più menzionato il nome Lily Evans ed era anche uscito con qualche ragazza conosciuta per caso in spiaggia, così sia Sirius che Remus avevano cominciato a credere che quell'argomento da tempo tirato avanti si fosse concluso.

Infondo era chiaro che Lily non avrebbe mai prestato attenzione a James Potter e che James non sarebbe mai stato in grado di portare avanti una storia seria con una ragazza come Lily Evans.

Quei due erano troppo diversi, sembravano vivere agli opposti poli del mondo, per non dire di peggio.

Tutta la scuola sapeva, tutta la scuola vedeva le cose da questo punto di vista.

-Non rispondi, Ramoso?- fece Remus, notando che James continuava tranquillamente a mangiare. -Non ci dici nulla?-

Lo videro sorridere in modo strano, quasi triste, ed entrambi se ne stupirono.

James posò il bicchiere di succo di zucca e riportò lo sguardo sui suoi migliori amici.

-Cosa volete che vi dica?- mormorò con uno strano sentimento negli occhi. -Non mi è ancora passata.-

 

 

 

 

 

Fine primo capitolo!!!!

Note: L’invenzione di sigarette magiche dal sapore di frutta o altro non è mia. Ne lessi per la prima volta in un’altra fanfic sui Malandrini di cui non ricordo il titolo, ma che provvederò a dire, non appena avrò ritrovato la fanfic. E James porta gli occhiali, ma non immaginateveli assolutamente tondi a fondo di bottiglia come quelli di Harry, mi sento male al solo pensarci. Sono occhiali seri, ok?

Non so, io me li figuro rettangolari con la montatura nera! ^^

Adesso vi lascio Perché casco dal sonno. Al prossimo capitolo!


Baci,

Lady Tsepesh

 

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Capitolo 2
*** Don't touch my girl ***


CAPITOLO 2  “DON’T TOUCH MY GIRL”

 

 

 

Tra le tante cose che amava fare, Remus J. Lupin passava molto tempo stando, semplicemente, ad osservare.

Si sedeva in un angolo, in silenzio ed in tranquillità, ed osservava. Non tanto per venire a conoscenza prima di tutti dello scoop mondiale, ma per il semplice fatto che gli piacevano le persone ed i loro differenti comportamenti.

In quei momenti di quasi astrazione, i suoi occhi azzurri seguivano con vivace interesse ciò che gli accadeva intorno e questo perchè, a volte, gesti ed espressioni sapevano valere molto più di milioni di parole.

A quell'ora del mattino se ne stava tranquillamente seduto al tavolo di Grifondoro . La colazione ben disposta davanti a lui ed un'ingente quantità di libri aperti a fargli da compagni.

Lo sguardo rivolto all'ingresso della Sala Grande, dove, già da un po' di tempo, un ragazzo ed una ragazza stavano discutendo. Lui, alto, bello, moro, sembrava sinceramente dispiaciuto, mentre parlava alla ragazza che, da un pò, aveva abbassato il viso, puntando lo sguardo sui suoi piedi.

Remus vide il ragazzo sollevare un braccio ed andare ad accarezzare la testa bionda della ragazza in piedi di fronte a lui. Lei, allora, tornò a guardarlo, probabilmente i suoi occhi si erano fatti lucidi. Doveva essere brutto sentirsi dire un no dal ragazzo che ti piace.

Lui le regalò una carezza e la salutò gentilmente, ritornando verso i tavoli.

-Credo che questo sia il terzo rifiuto della mattinata del nostro James.- commentò Remus, tornando alla sua lettura del libro di Trasfigurazione.

-Io ribadisco. Quello è tutto scemo.- fece Sirius Black, che fino a quel momento si era dedicato anima e corpo a spalmare burro e marmellata sul pane, non curandosi di ciò che stesse facendo il suo migliore amico.

-Non ci trovo nulla di male se James ha deciso di smetterla con le storie stupide e di dedicarsi a ciò che per lui è veramente importante.- replicò il biondo.

-Mah...Secondo me, invece, farebbe meglio a divertirsi ora che può.-

-Questo perchè tu, molto spesso, ragioni con qualcos'altro al posto del cervello.-

Le labbra di Black si stirarono in un sorrisetto sornione, che la diceva lunga sul fatto di quanto fosse orgoglioso di utilizzare un metodo di ragionamento molto diverso da quello del suo amico Caposcuola.

-Pervertito.- lo canzonò Lupin. -Hai gli ormoni a mille.-

-Tu invece decisamente a zero, Lunastorta! Mi vergogno io per te!-

Remus fece per replicare con un'altra frasetta non tanto carina, ma fu interrotto dall'arrivo di James. Quello si sedette alla destra di Sirius, salutandolo con un'affettuosa pacca sulla spalla,e cominciò a servirsi la colazione. Quella mattina, sembrava proprio essersi dimenticato della cravatta e la camicia era sbottonata sul collo ed arrotolata fino agli avambracci.

-Fa così caldo, Jamie?- lo riprese Remus, dopo avergli lanciato un'occhiata.

Quello cadde dalle nuvole.- Eh?-

-Non ti fa freddo?- continuò il biondino, indicandogli il suo abbigliamento.

Sirius sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

-Falla finita o ti annovero al secondo posto come Semprevergine, Rem.- borbottò.

Il lupo ed il cane si riservarono un'occhiataccia per nulla amichevole e James scoppiò a ridere. Pazientemente riportò le maniche della camicia al loro posto e riagganciò qualche bottone, tanto per accontentare le manie dell'amico.

-E' Settembre Remus, - spiegò. - ed io ho caldo, lo sai. Mi sono alleggerito per questo...Quando sarà inverno mi vedrai copertissimo, credimi.-

Lupin, ritenendosi soddisfatto per averla avuta vinta, non replicò, limitandosi ad annuire e a sfidare Sirius con lo sguardo, della serie “Hai visto? Alla fine da retta a me.”

-Approposito..- se ne uscì Potter, dopo pochi minuti di silenzio. -Qualcuno di voi ha visto Peter?-

A rispondergli furono due facce perplesse e preoccupate. Ne dedusse che nessuno lo aveva visto. Ormai ritrovare tutti e quattro i Malandrini seduti a tavola a mangiare era una rarità...uno di loro mancava quasi sempre.

James abbassò lo sguardo, preoccupato più di tutti gli altri. In realtà, era stato lui il primo ad occuparsi di Peter Minus e a tenerlo sotto la sua ala protettiva. Era convinto che sarebbe sempre riuscito a prendersi cura del suo amico, sempre così fragile ed insicuro, e Peter non si era mai fatto problemi a chiedergli una mano, a confidarsi con lui. Ultimamente, però, non era più così.

-Perchè ci evita?- mormorò, più a se stesso che ai suoi due amici.

-Io te l'ho detto come la penso.- fece Remus, tornando a leggere il suo libro. -E' bello che ti preoccupi per lui, Jamie, ma credo che Peter abbia deciso, per una volta, di cavarsela da solo. Non trovi che sia positivo? Non può mica stare sempre attaccato alla tua camicia...-

-Infatti!- concluse Sirius. –E poi, se si tratta di ragazze, Pete saprà sicuramente come cavarsela visto che due dei suoi migliori amici sono dei Latin Lover convinti, no?-

Fu un attimo e sul volto di James apparve il primo sorriso veramente malandrino della mattinata. Remus lo notò subito ed immediatamente ne capì la causa. Sotto sotto, nascosto dal suo libro, cominciò anch'egli a ridersela sotto i baffi.

-Approposito di Latin Lover...- cominciò James, con un ghigno che andava da un orecchio all'altro. -Sta arrivando la tua bella, Signor Orsacchiottino Black!-

Sirius dette una gomitata al suo migliore amico per intimarlo a tacere e si voltò a salutare, con un sorriso totalmente malizioso, la sua ragazza che, bella ed elegante, avanzava verso di lui con l'andamento di una modella.

Kelly Logan, settimo anno, Corvonero. Alta, un corpo da urlo, lunghi e fluenti capelli biondi, occhi verde acqua che pietrificavano e ricca fino al midollo. La Regina della scuola. Sembrava avere dimenticato di comprare la gonna della divisa scolastica, passato il secondo anno, perchè quella che indossava in quel momento lasciava poco all'immaginazione.

Volò, piena di grazia femminile, fino al tavolo dei Grifoni, andandosi a sedere vicino al suo ragazzo e lasciando intorno una marea di profumo stucchevole.

-Ciao,Oracchiottino mio!- salutò, andando poi subito ad appropriarsi delle labbra di Black, sua ASSOLUTA proprietà.

Molte ragazze presenti in Sala Grande le lanciarono mentalmente un'Avada Kedavra.

James Potter, seduto accanto all'amico, dovette ficcarsi l'intero pugno della mano in bocca per soffocare le risa convulse che quel nomignolo aveva provocato. Remus, al riparo dietro al suo libro, potè sghignazzare per lo stesso motivo in tutta tranquillità.

-Hey, bambola...- la salutò Sirius, passandole un braccio intorno alle spalle. Quella, per tutta risposta, sembrava fare le fusa come una gattina.

Remus, dietro al libro, scosse il capo.

-Cosa fai oggi?- si informò la ragazza, mentre prendeva uno dei biscotti integrali posti in una scodella lì vicino. Le sue unghie erano perfette.

-Ho gli allenamenti, piccola.-

Lei sgranò i suoi begli occhioni ed assunse un'aria molto ferita e delusa.

-Ma come, patatino mio! Io credevo che saremo stati insieme!-

Ecco, adesso James Potter soffocava. Questo pensò Remus Lupin, quando vide il suo amico quasi ficcarsi la mano intera in bocca e chinarsi sulla tavola con una faccia rossa da sembrare preoccupante.

Ehh....cosa si è pronti a fare per amicizia! Guardate James, pur di non scoppiare a ridere in faccia alla ragazza del suo migliore amico, rischiando di rovinargli la piazza, era disposto a rischiare la sua stessa vita! Un'azione davvero encomiabile!

-Dai, guarda se riesci a saltarlo, no?- insistette la Logan, con fare malizioso.

Per un attimo James non si curò affatto di quelle lusinghe fatte al suo migliore amico, dicendosi che era del tutto normale, poi, accadde qualcosa.

Quando si rese conto che Sirius stava quasi per cedere, il che equivaleva ad abbandono dell' allenamento di Quidditch, allora dentro di lui si accese la fiamma pericolosissima del capitano, che vedeva minacciati i suoi uomini dalla temibilissima voce della Sirena. E poiché non disponeva né di corde, né di tappi di cera, l'unica cosa che si risolse di fare per salvaguardare la squadra fu quella di pestare a sangue il povero piede di Black, in modo da attirare la sua attenzione, attenzione, per altro, molto incline al risentimento, e di avvalersi di un linguaggio tecnico da ritenersi universale in tutto il mondo.

Dito indice, gola, taglio.

E Sirius Black, amico fedele, con ancora il povero piede che fremeva per il dolore, maledicendo James Potter e tutta la sua futura progenie, dette picche alla sua bella ragazza. Kelly Logan allora si alzò, oltraggiata, e se ne andò come era venuta, salutando Sirius con un freddo “ciao”, senza neppure regalargli uno dei suoi preziosi soprannomi mielosi.

-Mah...io non so come fai a stare con lei, Felpato. Ci provo a capirlo ma, davvero, non ci riesco.- commentò il tutto Remus.

Anche James, adesso un ragazzo felice, si voltò ad aspettare la risposta dell'amico tirato in causa. A dire il vero, anche lui non riusciva a concepire la filosofia di vita che Black aveva scelto per potersi mettere insieme ad una come Kelly Logan.

La risposta tanto attesa non aspettò oltre ad arrivare.

-E' bona.-

Remus quasi si sbrodolò con il caffè, mentre James riattacava a ridere.

-Scusami tanto, Siri.... - fece il biondo, cercando di mantenere la calma. -Tu stai con la Logan solo perchè è..... “bona”?-

-No.- rispose in fretta Sirius con aria grave. Come se la frase appena detta dall'amico lo avesse seriamente offeso. -Anche perchè è brava a letto. E queste, amico mio, sono due qualità basilari che danno a Kelly tutto il diritto per essere la ragazza del sottoscritto.-

Il povero Lupin, a quel punto, decise di lasciare perdere sul serio quel caso disperato e si rintanò nel suo libro per quella che era già la terza volta. Ogni tanto scoteva la testa, borbottando qualcosa.

James Potter, più di larghe vedute, si limitò ad annuire alle parole di Sirius.

-Se sei contento tu, sono felice anche io.- disse, dando prova della sua più sincera amicizia. -Basta che non perdi gli allenamenti.-

E disse quest’ultima frase con un sorrisone freddo come lo zero assoluto, che racchiudeva anche un'implicita minaccia di morte per avvelenamento, se l'amico non fosse stato ligio ai suoi doveri.

Mai, mai, mancare ad un allenamento di Capitano Psicopatico Potter....

Poteva essere l'ultima cosa che facevi in tutta la tua vita.

Fu in quel momento che il portone della Sala Grande si aprì di nuovo, lasciando entrare la figuretta fragile e delicata di Lily Evans. Camminava a capo chino, senza incontrare lo sguardo di nessuno, senza neppure curarsi dei sorriseti crudeli che aleggiavano sulle labbra dei suoi compagni.

Fu un attimo, il tempo per guardarla davvero, e la sala si riempì di risate sguaiate tutte provocate dall’arrivo della sua persona.

Al tavolo di Serpeverde tutti quanti, chi più chi meno, se la ridevano a crepapelle ed ogni tanto additavano la ragazza, che continuava a spostarsi senza alzare lo sguardo. I Corvonero ridevano in maniera più moderata, da signori quali erano, oppure la ignoravano, proseguendo con la loro colazione. I Tassorosso, invece, insieme ai Grifondoro, erano divisi tra quelli che ridevano e quelli che, invece, sembravano veramente dispiaciuti per la ragazza.

Ma lei non sentiva niente. Non sentiva più niente. Neppure quel freddo che le arrivava fino alle ossa.

Lily Evans procedeva in silenzio. I capelli rossi completamente attaccati al viso, talmente bagnati da risultare molto più che rossi, quasi sanguigni. Le labbra che tremavano per il freddo. La divisa completamente fradicia, tanto che la camicia era quasi diventata trasparente.

Aveva la borsa dei libri a tracolla e teneva alcuni testi di Trasfigurazione stretti al seno, come nel tentativo di cercare di proteggere almeno quelli.

James Potter, non appena se la vide passare davanti cessò all’istante di ridere con i suoi amici ed il suo sguardo si fece all’improvviso molto serio.  Remus continuava a leggere imperterrito il suo libro, o almeno così sembrava, in realtà ,da un po’, i suoi occhi avevano smesso di muoversi sulle pagine. Anche Sirius, strano ma vero, sembrò avere cancellato di botto il sorriso dalla sua faccia. Adesso scrutava la rossa e tutti coloro che sembravano divertirsi un mondo nel prenderla in giro con un’espressione neutra che avrebbe potuto dire tutto, oppure niente.

James non distolse un solo istante lo sguardo da lei. La vide prendere posto a tavola, un po’ isolata dagli altri, posare i libri che aveva tenuto in braccio fino a quel momento ed estrarre dalla borsa la bacchetta.

Le sue labbra formularono piano qualche parola, sufficiente per far uscire dall’oggetto magico aria calda, per potersi asciugare.               

Sentì solo di sfuggita le parole di Remus che chiedevano spiegazioni a due ragazzine del secondo anno, giunte insieme alla rossa.

-Abbiamo visto tutto, sono stati davvero cattivissimi.- stava dicendo una delle due.

Tristezza. Tristezza, perché nessuno si era alzato per aiutarla. Perché lei continuava a mostrare quella facciata fredda ed indifferente, senza arrabbiarsi.

-Erano Lastrange e Nott, l’hanno aspettata e le hanno tirato addosso tutta quell’acqua. Sapevano che stava tornando dalla biblioteca…-

Tenerezza. Tenerezza perché, anche così, lei era bella. Bella in modo diverso. Gli sembrava un pulcino bagnato, non più la ragazza dura che credeva di essere.

-No, non li abbiamo più visti. Se ne sono andati via ridendo…-

Dolore. Dolore perché, nonostante vedesse che soffriva, non poteva fare niente. Lei, così dannatamente orgogliosa e priva di fiducia in chi le stava vicino, lo avrebbe cacciato via. Non poteva andare da lei, non poteva cercare di aiutarla a sistemare i libri. Non poteva abbracciarla forte, così forte da placare tutto ciò che, probabilmente, si stava agitando in quel giovane petto. Non poteva, no, non poteva in alcun modo correre da lei e stringerla a se, così tanto da mozzarle il fiato, anche soltanto per scaldarla.

E rabbia. Tanta rabbia. Così forte da fargli provare odio.

Sirius si portò il bicchiere di succo di zucca alla bocca, osservando il suo migliore amico di sottecchi, mentre Remus ringraziava le due ragazze, fin troppo felici di avere parlato con i Malandrini.

James lanciò un ultimo sguardo a Lily, ancora intenta ad asciugarsi i vestiti, poi, senza dire una parola, si alzò da tavola. I suoi occhi scuri sembravano abissi neri senza fine nei quali sprofondare. Non disse una parola, neanche una, neppure quando sentì gli sguardi di Remus e Sirius su di lui.

In perfetto silenzio lasciò la Sala Grande, senza neppure salutare chi, incontrandolo per strada, lo chiamava.

 

***

 

Sirius Black non era mai stato in grado di dire di no ad una ragazza, che dire?, era un tipo dal cuore tenero in fondo, decisamente molto tenero, per cui, come dire, di fronte agli occhioni della sua ragazza, proprio non era riuscito a rifiutare.

E adesso, sentendosi una Spada di Damocle sulla schiena, che altro non era che la maledizione di James che incombeva sui membri della squadra disertori, correva come un pazzo per i corridoi della scuola, con l’uniforme da Quidditch rossa e oro messa per metà e la scopa in spalla.

Il suo migliore amico lo uccideva, non c’erano dubbi in proposito. Ma non poteva certo dire di no alla sua dolce e meravigliosa metà!! Certo, non aveva previsto di fare un ritardo di ben mezzora….

Quando arrivò al campo da Quidditch tutti i membri della squadra si stavano già allenando, spostandosi per il campo con un rosso sfrecciare qua e là. James Potter, giocatore solitario, era interamente preso nell’operazione di recupero del boccino d’oro. Questione di secondi e lo avrebbe preso. Le mirabili azioni di Potter sul campo sarebbero sicuramente passate alla storia!

Sirius corse in campo, accolto dalle ovazioni dei suoi compagni, probabilmente al corrente di dove fosse stato fino a quel momento. Non erano un mistero gli spostamenti di Sirius Black….

Lui, senza essere minimamente in imbarazzo, rispose a quei saluti con uno scherzoso inchino, che provocò una risata generale. Forse, l’unico ad avergli lanciato, appena appena, uno sguardo di rimprovero fu James, ma durò solo un istante perché, alla fine, pure lui scoppiò a ridere. Atterrò sul campo, proprio vicino all’amico, senza più curarsi del boccino.

-In ritardo come al solito, Felpato! La prossima volta ti butto fuori!- lo minacciò scherzosamente, mentre gli rifilava un pugno su quella testa dura.

Sirius rise. –Quando la natura chiama….-

-Sì, sì…ok! Adesso però mi servi in campo, Black! Senza di te non riesco ad eseguire certe nostre tattiche…- si intromise una voce femminile.

Era scesa proprio vicino a loro ed aveva le guance ancora accese dal volo. La scopa in spalla, la divisa rossa della squadra spiegazzata dal vento ed i capelli neri in disordine per lo stesso motivo. In quegli occhi azzurri, che fissavano i due ragazzi con divertimento, c’era la libertà.

Si mise vicino a loro, dando una pacca sulla spalla di James.

-Hai fatto un vero affare a far entrare in squadra questo qua, capitano!- disse, osservando Sirius con un sorriso birichino. Sarebbe stata un Malandrino con i fiocchi.

-Sta’ zitta, Vick! Sei crudele!- le rispose Sirius, cercando di afferrarla.

Lei si scansò in tempo, andando a rifugiarsi dietro James e facendo la linguaccia! Non era facile prenderla, tanto meno fermarla. Questo era ben noto a tutti coloro che si erano ritrovati ad averla come avversaria!

Victoria Olsen, sesto anno, Grifondoro, era la Cacciatrice che, insieme a Sirius Black, formava la coppia d’oro. Era abile, veloce e spericolata, praticamente nessuno riusciva a fermarla se si metteva in testa di fare punto. Non era una grande amante di ciò che, di solito, si addice ad una ragazza, piuttosto si comportava da maschiaccia incallita, sentendosi fiera del suo spirito libero e ribelle. Di fatti, era più facile trovarla in un gruppo di ragazzi a correre dietro ad un pallone rubato dalla classe di Babbanologia, che inserita in un corteo di ragazze sempre ben curate ed attente al loro aspetto, magari intente a spettegolare, oppure a parlare di qualche ragazzo.

-Allora, questi allenamenti?- fece James, mentre i due suoi compagni continuavano a farsi le boccacce a vicenda. –Guardate che se non vinciamo subito alla prima partita….vi costringerò ad allenarvi anche durante i temporali, avvertiti.-

-Sei crudele, Jamie!!!!- piagnucolò la ragazza.

Poi, rimontando in scopa, fece cenno a Sirius di seguirla.

-Vediamo se la tua ragazza ti ha lasciato ancorato a terra, oppure riesci ancora a starmi dietro, ragazzaccio!-

Spiccò il volo, senza lasciargli il tempo di raggiungerla. Il diretto interessato scosse il capo, aveva un sorrisetto furbo sulle labbra.

-E chi la ferma, quella teppista!- fece, salendo sul suo manico di scopa.

James non disse nulla, stranamente. Rimase fermo, a terra, ad osservare il suo amico raggiungere la ragazza e cominciare a rincorrerla per il cielo, quel giorno di un azzurro incredibilmente bello.

E, mentre li vedeva ridere e scherzare insieme, non potè fare a meno di dare dell’idiota al suo amico che, come al solito, non riusciva mai a prendere le scelte giuste.

Ritornò in volo e riprese la ricerca del boccino. Era strano, si disse. Era veramente molto strano che, nonostante ci fossero così tanti giovani in quella scuola, Lei, proprio Lei, non riuscisse a trovare nessuno.

Eppure, a vedere i suoi compagni di squadra, tutti quanti parevano felici ed amichevoli…e lo erano! Allora perché nessuno le si avvicinava?

Non riusciva a darsene una ragione e questo lo lasciava, spesso, con l’amaro in bocca.

Sapeva che in quella scuola c’erano degli idioti che si divertivano a far soffrire le persone e che consideravano Lily Evans come il bersaglio per antonomasia, però…però c’erano anche brave persone, come Vick, ad esempio. Eppure neppure quelle si avvicinavano.

La colpa era loro, perché non avevano mai provato a dare a Lily una possibilità. L’avevano sempre vista da sola e non si erano mai sforzati di cambiare le cose.

La colpa era anche di Lily. Ormai partiva prevenuta nei confronti di tutti e non dava a nessuno la possibilità di conoscerla. Credeva che tutti quanti fossero pronti a farle del male e, per questa ragione, si era racchiusa in un guscio infrangibile.

E James Potter, quel giorno, comprese che, per nessuna ragione al mondo, avrebbe mai più permesso che le cose andassero così. Era il capo dei Malandrini, no? Allora avrebbe inventato qualcosa, di sicuro.

Avrebbe trovato la maniera per interrompere quel circolo vizioso.

L’allenamento proseguì tranquillamente per tutto il pomeriggio. Ci fu qualche intoppo, ma si trattava di normale amministrazione.

Ad esempio, ad un certo punto della giornata, un gruppo di Serpeverde spia fecero furtiva irruzione in campo, ma James, soprannominato Occhio di Lince, si accorse di loro e fece in modo che avessero un buon viaggio di ritorno verso il castello.

Quello era l’ultimo anno sia per James, sia per Lucius ed entrambi volevano portarsi via la coppa di Quidditch.

Il signor James Potter era sempre stato isterico in materia “partite di Quidditch”, anche se i risultati della sua squadra erano schiaccianti sulle altre, ma quell’anno, l’ultimo anno, sembrava che i suoi isterismi fossero peggiorati.

Così, a fine allenamento, i poveri giocatori di Grifondoro dovettero sorbirsi, per una buona mezzora, le lagne di Potter, psicologicamente turbato per avere impiegato un minuto e cinquantasette secondi per recuperare il boccino, quando di solito erano un minuto e cinquantaquattro.

Alla fine fu Sirius a salvare tutti quanti, afferrando Potter per un braccio e ficcandolo di forza sotto la doccia ancora perfettamente vestito.

-Magari una doccia fredda gli farà bene.- spiegò, quando Emma McLoow, portiere, lo guardò con tanto d’occhi.

A James fu concesso di uscire da quella improvvisata camera della morte solo trenta minuti dopo, gocciolante dalla testa ai piedi e quasi congelato. Mandare al diavolo il suo migliore amico non sarebbe servito a nulla, perciò andò a recuperare i suoi vestiti e cominciò a vestirsi in silenzio. Black assunse la tipica espressione di vittoria.

Volete zittire James-RompiBoccini-Potter? Ficcatelo in una doccia a 40 gradi sotto zero. Soddisfatti o rimborsati!

Quando lasciarono lo spogliatoio era già pomeriggio inoltrato ed il sole stava tramontando dietro le colline, illuminando a tratti il grande parco con i suoi raggi di uno stupendo arancio tendente allo scarlatto. Le ombre della natura, lentamente, si spostavano.

Dal camino della capanna del guardiacaccia usciva del fumo. Che Hagrid si stesse cimentando in una delle sue mortifere prove di cucina?

James, avvolto nel mantello nero della scuola, con ancora i capelli umidi, afferrò Sirius, che camminava vicino a lui, per un braccio e deviò il loro cammino, in modo che Hagrid, se si fosse affacciato dalla finestra, avrebbe potuto vederli.

Niente di personale, anzi, lui voleva molto bene ad Hagrid…

Ma dall’andarlo a trovare in un momento della giornata qualsiasi, allo essere prelevati, una volta individuati, e costretti a mangiare con la forza una delle sue schifezze culinarie c’era una bella differenza. E James Potter, quella differenza, con suo abnorme dispiacere, la conosceva bene…

-Se avremo figli….- iniziò James con un sorriso buffo. -…ed il nostro Hagrid sarà ancora custode qua…ricordiamoci di dire a quei poveracci di non mangiare MAI, per nessun motivo, nulla di ciò che lui offrirà loro. Altrimenti si ritroveranno in un batter di ciglio in infermeria… -

Sirius scoppiò a ridere, voltandosi indietro per adocchiare la capanna. No, per fortuna Hagrid non si era accorto di loro e non era uscito.

-Non ti ci vedo a fare il padre premuroso…- fece, con aria convinta. –Secondo me saresti così bastardo da non avvertire tuo figlio, anzi, da consigliare a quel poveraccio di provare i deliziosi e morbidissimi biscotti di Hagrid…-

Per un attimo James restò in silenzio, poi, sfoderando un sorriso che poco sapeva di umano, ma molto di diabolico, annuì con la testa.

-Sì, credo che sarei così stronzo da fare così…-

Si fermarono di fronte al portone principale e si sedettero di fronte ai grandi gradini di marmo. Davanti a loro….l’intero parco di Hogwarts.

Il sole, incandescente, sembrava annegare nel grande lago, dove, in un punto lontano, l’acqua sembrava muoversi leggermente. La piovra gigante.

La Foresta Proibita, a quell’ora della sera, non faceva paura. Frusciava tranquilla, mostrandosi come un nascosto e sopito luogo incantato. Non c’era anfratto che loro, i Malandrini, non avessero scovato, nelle silenziose notti di luna piena.

Regole fatte per essere infrante…

James trafficò un po’ nel suo mantello ed estrasse le sue sigarette, prendendone una dal pacchetto ed infilandosela in bocca. La stessa operazione fu eseguita dall’amico.

Bacchetta, incantesimo mormorato piano, scintillio, fumo.

-Se Gazza esce e ci becca proprio qui a fumare ci ammazza.- fu il commento ironico e per nulla preoccupato di Sirius.

James fece spallucce. –Bisogna pur morire in qualche modo…-

Black rise. –Fatalista…-

Potter fece un buffo inchino con la testa. Poi il suo sguardo parve rannuvolarsi ed il suo migliore amico se ne accorse subito.

-Che c’è?-

James non rispose subito. Per un po’, il suo sguardo parve perdersi nel lago… Fece uscire una nuvoletta di fumo dalla bocca, senza dire una parola, sotto lo sguardo interrogativo dell’amico.

-Tu ci pensi mai….a ciò che sarà di noi tra una ventina di anni?- chiese, ad un tratto.

Se Black fu sorpreso dalla domanda, non lo dette a vedere.

-No. Non lo so e non lo voglio sapere. Mi basta avere la certezza che sarò lontano anni luce dalla mia famiglia.-

-Io invece qualche volta ci penso.- confessò James, lo sguardo puntato a terra. –E sai che ti dico? Mi piacerebbe che il tempo si fermasse adesso, ora che siamo ragazzi. Insomma, cosa mi succederà una volta lasciata questa scuola?-

-Ahhh….adesso capisco…- fece Sirius con un sorriso indulgente. –Stai già cominciando a pensare che questo è l’ultimo anno, non è così? –

Potter annuì. –Sono idiota?-

-Certo che no!- rispose Sirius. –Anche a me mancherà tutto questo! Non credo riuscirò a vivere senza la Semprevergine che ci butta fuori a calci dalla classe….- e qui risero tutti e due. –Prova a pensare questo, però: anche se lasceremo la scuola non cambierà nulla. Noi quattro staremo comunque insieme. A me già questo basta…-

-Hai ragione.- ammise James. –Però…-

-Però?-

Si passò una mano sui capelli bagnati e si grattò la fronte, tipico atteggiamento di quando stava per spararla una grossa. –Beh…diciamo che non mi piace lasciare le cose concluse in un certo modo….-

-Eh?!- fece Sirius, non riuscendo a capire.

-Lascia stare.-

Non poteva certo dirgli che, adesso che sentiva la conclusione di quel lungo viaggio avvicinarsi, aveva anche cominciato a pensare a come sarebbe stato non vederla più. Non poterla incontrare neppure di sfuggita.

Finita. Completamente. Non sapeva neppure dove abitava…

Sirius l’avrebbe sicuramente preso in giro.

Ciccò per terra e si rialzò, con ancora gli occhi sospettosi di Black puntati addosso.

Non poteva dire che quel qualcosa, iniziato così, per gioco, adesso era diventato tanto forte da riuscire a farlo stare male.

Rientrarono nel castello, incuranti di stare camminando sul pavimento appena lucidato da Gazza e si recarono in Sala Grande per la cena.

Remus, già seduto a tavola con Peter, li stava aspettando. Teneva in mano la Gazzetta del Profeta, ma in un modo così tranquillo e privo di nervosismo che stava a significare una cosa sola. Niente stragi, quel giorno.

James prese posto vicino a lui, mentre Sirius si accomodava accanto a Peter, intento ad abbuffarsi.

Mentre cominciavano a servirsi la cena, Remus posò il giornale sul tavolo e, con uno strano sorriso di chi la sa lunga, si rivolse ad i suoi amici.

-Volete sapere l’ultima?- domandò, già sicuro che la risposta che avrebbe ricevuto sarebbe stata positiva.

Di fatti, tutti e tre i suoi amici annuirono.

-Stanno circolando strane voci, qui a scuola…- cominciò, sempre sorridente. –Soprattutto tra noi Prefetti e Caposcuola. Dicesi che…Nott e Lastrange siano stati ritrovati, poco dopo pranzo, ficcati fino alle spalle in due water del gabinetto di Mirtilla, con solo la testa fuori…-

-COSA!?!?- saltò su Sirius, piacevolmente allietato dalla meravigliosa ed esilarante notizia.

James, con il piatto pieno di leccornie, cominciò a mangiare in perfetta tranquillità, senza mostrarsi minimamente interessato.

-Proprio così.- confermò Remus. –Non si erano visti più, dopo la colazione di stamani. Non si sono neppure presentati a lezione. Ed oggi…beh, il Professor Lumacorno li ha trovati lì. Mirtilla era indignata!!! E sapete la cosa più strana? Quando sono stati interrogati, hanno detto di essercisi ficcati da soli lì dentro…. Credo che qualcuno abbia fatto loro un incantesimo, o forse due…-

-Ma davvero?- fece Sirius, guardando James di sottecchi.

Il diretto interessato, sentendosi addosso gli sguardi dei suoi amici, lasciò stare la sua cena ed alzò gli occhi su di loro.

-Beh? Che volete che vi dica? Mi dispiace molto per loro, ma a volte ad Hogwarts c’è davvero gente crudele…- dichiarò, con uno strano scintillio divertito nello sguardo. –Comunque non credo abbiano sofferto molto, infondo…stamani hanno dimostrato questo sviscerale amore per l’acqua, no?-

I Malandrini scoppiarono a ridere, mentre James-Sono Innocente-Potter tornava a mangiarsene tranquillo.

Lily Evans era da poco arrivata in Sala, sedendosi parecchio distante da loro. Dalla sua posizione, però, riusciva a vederla perfettamente. Sembrava calma, quella sera, forse aveva trascorso un buon pomeriggio, rannicchiata nella sua sicura biblioteca.

Lui non era molto amico dei libri e studiava solo quanto era necessario, però gli sarebbe piaciuto fare una capatina dalle parti di Madama Pince, giusto per dare una sbirciatina a quello che Lei stava combinando.

Se non fosse stato per quegli allenamenti di Quidditch!

 

 

 

 

Fine secondo capitolo. Mi era venuto più lungo, perciò ho deciso di tagliare un po’…la parte mancante nel terzo cap!! Bene, spero che la storia, che ancora non è entrata veramente nel vivo, vi piaccia!

Dal prossimo cap cominceranno i guai…state a vedere!!

Un ringraziamento a tutti coloro che hanno letto o che hanno lasciato un commento, siete veramente molto gentili!!!!!^^

Bacioni……

Lady Tsepesh.

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Capitolo 3
*** Gryffindor and Slytherin ***


CAPITOLO 3  “GRYFFINDOR AND SLYTHERIN”

 

 

 

Sirius Black, quella fredda mattina di Settembre, ebbe un bruttissimo risveglio...

 

Era ormai risaputo da tutta Hogwarts che lo svegliare i quattro Malandrini fosse un'impresa pressoché impossibile per qualunque sveglia, o gallo, del pianeta.

Non tanto perchè i quattro flagelli della scuola non avessero un udito abbastanza fine per udire il dolce richiamo del mattino, quanto perchè....tra festini illegali notturni e viaggetti per il parco al chiaro di luna, ciò che restava di loro al mattino corrispondeva poco più a quattro corpi vuoti che hanno provato l'ebbrezza di dare un bel bacio alla francese ad un Dissennatore.

Quella mattina non fu diverso.

Per prima partì la sveglia di Remus, programmata per le sei e mezza....

Lupin era sempre stato un ottimista.

Dopo essersi sgolato per almeno quindici minuti, il povero oggetto ricevette come ricompensa per il suo lavoro un bell'incantesimo di Esilio, che lo mandò chissà dove.

Poi, timidamente, anche la sveglia di Peter, pochi minuti dopo, cominciò a trillare.

E, cosa strana dal momento che era stato sempre l'ultimo a lasciare il caldo abbraccio del suo letto, il suo proprietario si alzò, anche se con un po' di fatica, indossò le ciabatte e partì verso il bagno con una faccia che, anche da sola, indicava quanto ancora il cervello fosse disconnesso dal corpo.

-Tutto bene, Pete?- lo raggiunse la voce assonnata di Remus.

Lupin lo stava fissando con un solo occhio aperto, il corpo imprigionato nella ferrea presa delle coperte ed i capelli chiari tanto scarruffati da fare concorrenza con quelli di Potter.

Il ragazzo sobbalzò, sentendo quella voce e si voltò a guardare l'amico. Adesso era completamente sveglio.

-Tutto bene, Remus. Tutto benissimo.- disse in un soffio, prima di sparire dietro la porta del bagno.

Fu il suo modo di rispondere così affrettato e la sua palese voglia di sfuggire che gettò Lupin nella più totale confusione. Era tutto molto strano. Chiunque conoscesse bene Peter poteva asserirlo.   Lui, Remus Lupin, da attento osservatore, si era accorto delle stranezze di Codaliscia prima di Sirius e James. Lo aveva visto cambiare alla fine del loro sesto anno e continuava a vederlo cambiare anche adesso. Peter si stava, in qualche modo, allontanando da loro.

Era stato un processo così lento e appena percettibile che nessuno se ne era accorto, eppure adesso la realtà dei fatti si sbatteva loro davanti agli occhi.

L'unica cosa che Remus poteva dire con certezza era che, da tempo, Peter stava molto più attento ad il suo modo di porsi di fronte agli altri, curando anche il proprio aspetto. L'aveva visto arrossire molte volte durante le lezioni ed anche in Sala Grande e questo lo aveva portato a convenire che il loro amico, come capita a tutti, si era innamorato.

Gli sembrava strano che non ne avesse ancora fatto parola con loro, i suoi migliori amici, ma aveva deciso di rispettarlo e di rimanere in silenzio. Ora che anche James e Sirius si erano accorti che qualcosa non andava, però, le cose sarebbero cambiate...

Loro, così socievoli ed espansivi, non avrebbero rispettato il silenzio di Peter per molto.

Se il pensiero che un Malandrino si stava allontanando da loro li avesse colti...avrebbero fatto di tutto per riportarlo a casa. Qualunque cosa.

Mentre se ne stava ancora sdraiato sul suo letto, con lo sguardo fisso al soffitto, ancora intento a congetturare, Remus sentì Peter uscire del bagno e dirigersi in religioso silenzio verso il proprio baule, pronto a vestirsi.

James e Sirius ancora dormivano alla grande. Non si sarebbero svegliati fino alle sette e mezza, o peggio, alle otto spaccate.

Restò ad ascoltare l'amico vestirsi senza dire una parola. Indeciso se  parlare oppure restarsene zitto. Ma che avrebbe potuto dire? Lui non era bravo con le parole. Non era Sirius, né James.

Lui era l'anima pensante del gruppo. Aveva accettato volentieri quel ruolo, perchè non si era mai visto bene nei panni dell'oratore.

-Peter, sei sicuro che vada tutto bene? Non hai proprio niente da dirmi?- domandò tutto ad un tratto, vincendo finalmente il suo carattere chiuso e riflessivo.

-S-Sei sveglio?- balbettò Minus, decisamente colpito. -Credevo ti fossi riaddormentato, Rem...-

-Sono sveglio.- confermò Lupin con un sorriso, mentre si metteva a sedere sul letto. -Allora?-

-Cosa?-

-Cosa ti sta succedendo, Peter? Io, James e Sirius siamo preoccupati.-

Remus ebbe la strana impressione che Peter, nel sentire quelle parole, avesse desiderato soltanto sparire sotto il mantello dell'invisibilità di Potter. Lo vide contorcersi le mani e fissare il pavimento nel vano tentativo di mimetizzarsi con esso. Questo lo preoccupò.

-Peter...-

-Sto bene, te l'ho detto Rem. Voi ragazzi non dovete assolutamente preoccuparvi! Sto solo attraversando un periodo così...-

Era vaga quella risposta, troppo vaga. Remus non ne fu affatto soddisfatto, ma il suo temperamento mite e anche troppo permissivo, lo portarono a non insistere oltre.

-Ok, Pete. Però ricordati che....-

Quello non gli dette il tempo di finire la frase. -Voi ci sarete sempre. Sì.-

Lo disse in fretta, senza pesare affatto a ciò che quelle parole potevano significare. A Remus dette l'impressione che il suo amico stesse quasi gettando del fango su quella frase così preziosa che era sempre stata il fondamento dell’ epica amicizia dei Malandrini.

“Ricordati che...qualunque cosa succeda, io ci sarò sempre...”

Quella frase, così speciale nella sua semplicità, era uscita per la prima volta dalle labbra di colui che, da sempre, era stato il pilastro del loro gruppo. Colui che era sempre stato il più forte, che aveva sempre avuto la capacità di rialzarsi subito, anche quando le ferite erano troppo profonde. Colui che sempre riusciva a sorridere, anche quando nel suo cuore si agitava il dolore più devastante di tutti.

L'anima del gruppo....

James.

Era stato lui a pronunciare per primo quella frase. Remus lo ricordava bene...

Ricordava bene quella notte di tanti anni fa.

L'infermeria della scuola. Un lettino. Lui, Remus, seduto su quel lettino e, su di una sedia, James Potter, con uno squarcio sul viso ancora sanguinante che metteva paura.

Era stato lui il primo a sapere.

Però...Anche se ferito, anche se, sicuramente, spaventato, anche se aveva appena scoperto che uno dei suoi amici aveva tenuto nascosto un segreto tanto grande....James Potter sorrideva, allegro e stravagante come sempre. Sorrideva a lui.

E, guardandolo con i suoi sinceri occhi neri, glielo aveva detto.

“Ricordati che...qualunque cosa succeda, io ci sarò sempre Rem. Troverò un modo per risolvere il tuo piccolo problema peloso, te lo giuro.”

E Remus Lupin aveva sentito il suo cuore tornare a battere dopo tanto, tantissimo tempo. Tutto grazie a quel ragazzino buffo ed un po' matto che tuttavia nessuno poteva fare a meno di cercare, anche solo per stargli un po' vicino, solo un pò.

E ora sentiva una sorta di scherno, di beffa, su quelle parole così importanti. Non ebbe il coraggio di guardare Peter in faccia, troppo spaventato da quello che avrebbe potuto trovarvi.

Eppure le parole di James avevano, a suo tempo, salvato anche lui, come avevano salvato Sirius...

Peter Minus uscì dalla stanza con ancora le scarpe slacciate e mezzi libri, arruffati in fretta, nella cartella. Quando se ne fu andato, Remus provò uno strano senso di vuoto. Che stava succedendo ai Malandrini?

-E' successo qualcosa.-

Una constatazione dolorosa, come scaturita da una ferita inferta senza pietà.

Lupin sussultò nell'udire quella voce, gelato. No, non lui. Lui non avrebbe mai dovuto sentire...

-Da quanto sei sveglio?- chiese, quasi con paura.

James si mise seduto, dopo essere stato per un bel po' di tempo raggomitolato sotto le coperte in silenzio, ad ascoltare quelle parole fredde come lame.

-Non ha importanza.- rispose. -Buongiorno, Lunastorta!- fece, il consueto sorriso amichevole che tornava, sostituendo quell'anomala espressione seria che aveva, per poco, usurpato il suo posto.

Sospirando, Remus scese dal letto, sentendo il pavimento freddo sotto i piedi scalzi. James lo stava osservando con l'aria ancora assonnata e gli occhi neri ridotti a fessure. Gli sfuggì un sorriso affettuoso.

-Quanti me vedi stamattina, Jamie?- domandò, divertito.

Ramoso sorrise, grattandosi la testa in modo buffissimo. -Quattro, sto migliorando...-

Inforcò gli occhiali, tornando ad avere un'unica immagine di Remus. Questo era consolante. Non che non volesse bene a Lupin, sia chiaro, ma di bacchettoni ne bastava uno solo...

Si alzò a sua volta, stiracchiandosi come un gatto e si diresse verso il bagno.

James se ne andava a letto con un paio di pantaloni di una tuta ed una canottiera nera che poco lasciava all'immaginazione di tante fanciulle, facendo fare bella mostra di se alle spalle ed ai muscoli delle braccia. Insomma, Potter non era più un moccioso ed aveva il fisico atletico ed allenato di un giocatore di Quidditch.

Remus pregava ogni santissimo giorno, che Dio mandava sulla terra, affinché per la scuola non si diffondesse per nessun motivo la voce dell'abbigliamento che James utilizzava per andare a dormire, altrimenti, prima o poi, la porta della loro stanza sarebbe stata sfondata in piena notte da migliaia di ragazzine adoranti e sovreccitate.... e sarebbe successo un macello!!

Aspettando che Potter gli liberasse il bagno, Remus si decise a vestirsi, indossando con calma l'uniforme scolastica. Gettò un'occhiata verso il “regno” di Sirius, quello che lui aveva definito il suo angolo di stanza. C'erano poster di squadre di Quidditch e di gruppi musicali un po' ovunque. Felpato ancora ronfava della grossa.

Poco dopo, James uscì dal bagno e....successe ciò che doveva accadere.

-Siri dorme ancora?- fece, con uno strano e diabolico scintillio negli occhi.

Remus annuì, ormai arreso a quell'evidenza. Black era fatto così. -Già, che vuoi farci?-

E accadde una cosa assurda agli occhi del povero Remus J. Lupin. Vide James avvicinarsi di fretta al proprio baule, aprirlo, e cominciare a rufolarvi dentro con una strana euforia.

-J-James?- fece, preoccupato.

Quello riemerse tutto trionfante con un bandana molto grande di un bel colore giallo canarino. Sghignazzava. James Potter aveva attivato la modalità “Malandrinite Acuta”.

Quando Remus fece per chiedere spiegazioni, l'amico gli fece solo cenno di tacere e tornò a dedicarsi alla sua bandana, andando a legarsela intorno alla testa, a mò di pezzuola. Si tolse gli occhiali, infilandoseli nella tasca dei pantaloni ed avanzò in punta dei piedi verso il letto dell'ignaro Black, ancora beatamente dormiente.

Remus, non riuscendo a capirci una mazza, ma ben consapevole che James stava per combinare una delle sue trovate demenziali, si risedette sul letto, aspettando.

Arrivato alla meta, Potter si chinò sul suo migliore amico. Quello dormiva tranquillo, sognando chissà che cosa. Aveva la bocca mezza aperta ed i capelli a spasso per il cuscino. Era degno di una foto, ma per quella poteva aspettare la prossima mattina.

Con il dito indice andò a pungolarlo delicatamente ad un braccio.

-Hey, Orsacchiottino mio...- se ne uscì fuori, con la voce volutamente in falsetto. -Patatino mio dolce....-

Remus, capito tutto, si portò entrambe le mani alla bocca, nel tentativo di bloccare sul nascere la risata madornale che minacciava di venire fuori. Presto la sua faccia prese fuoco, diventando rossa.

-Caro, cucciolotto piccolo trottolottino amoroso, dai....- insistette James Potter. -Svegliati...c'è qui la tua ciccina piccina Kelly...-

Accadde tutto in pochi secondi.

Sirius, con ancora gran parte del cervello disattivato, apri gli occhi.

Gli apparve davanti una figura sfocata, con qualcosa di giallo intorno alla testa e sulle spalle.

Poi il nome “Kelly Logan”.

Poveretto, per la sua testolina ancora in viaggio per il mondo dei sogni, fece anche troppo.

Con un sorriso ebete afferrò la sua “Kelly”e la strinse in un abbraccio mozzafiato, un po' stupito di trovarla così robusta di spalle, ma per nulla turbato e  portandola sul letto con lui.

-Mi hai voluto fare una sorpresa, piccola?- borbottò, con la voce ancora impastata dal sonno.

Sentì la testolina bionda di “Kelly” fare di sì sul suo petto.

Così Black, compiaciuto, andò a dare un bel bacio in fronte alla sua dolce metà e accadde una cosa stranissima. La bella chioma bionda della sua ragazza parve staccarsi all'improvviso, lasciando spazio ad una scarmigliata capigliatura corvina.

E allora fu tutto dolorosamente chiaro.

Spalancò gli occhi blu, all'improvviso sveglissimo, e si ritrovò a fissare la faccia simpatica e sorridente di James Potter a pochi centimetri di distanza.

-Anche io ti amo, Felpato. Dai, scappiamo insieme!-

Un attimo e tutta Hogwarts, ancora per metà dormiente, fu scossa da un urlo stratosferico che fece crepare di cuore parecchi gufi anziani, che ancora sonnecchiavano nella Guferia.

James Potter fu scaraventato giù dal letto, mentre Remus Lupin, totalmente sdraiato sul suo si lasciava andare alla risata più idiota di tutta la sua vita.

Inutile, James Potter restava sempre James Potter.

Con le lacrime agli occhi, Remus riuscì a rimettersi seduto. James si era rimesso gli occhiali ed ancora rideva sguaiatamente, seduto per terra a gambe incrociate, con Sirius che gli smadonnava contro.

-MA SEI CRETINO??????!!!!! FOTTUTO IDIOTA DEL CAZZO! E SE TI BACIAVO IN BOCCA, EEEEEEH??? FROCIO DI MERDA!!! CREDEVO CHE TI PIACESSERO LE DONNE!!!! MA CHE SCHERZI CRETINI TI VIENE IN MENTE DI FARE A QUEST'ORA????!!! VATTI A FARE FOTTERE DALLA TUA SCOPA, DEMENTE!!!!-

Il resto deve essere obbligatoriamente censurato.

Uscendo dal letto come una furia, Sirius Black si diresse sparato come un proiettile verso il bagno e si chiuse dentro, sbattendo la porta con violenza e chiudendo pure a chiave! Il tutto continuando a bubbolare come una pentola a pressione.

Lui, per andare a letto, portava solo i pantaloni del pigiama, restandosene bellamente a petto nudo. Altro motivo di preghiera per Remus.

 

***

 

Victoria Olsen, Vick per gli amici, li trovò a fare colazione in Sala Grande ed andò ad unirsi a loro con un bel sorriso da ragazza spensierata. Continuava ad indossare la divisa scolastica a modo suo.

Portava la camicia di una taglia più grande, in modo che le stesse un po' più larga, la cravatta rossa ed oro annodata solo in fondo e la gonna decisamente corta, come la indossava la Logan, con la sola differenza che aveva le gambe fasciate da un paio di attillatissimi pantaloni neri.

I corti capelli corvini, sempre vivacemente scarruffati dal vento quando stava su una scopa, quella mattina erano legati in due piccoli e simpatici codini.

-Buongiorno, ragazzi!- fece allegra, andando a sedersi vicino a James.

-'Giorno Vick!- le risposero Potter e Lupin con un sorriso.

Da Black arrivò soltanto un grugnito. Gli occhioni azzurrissimi della ragazza si puntarono su di lui, che sembrava avere trovato gusto nel girare ripetutamente il cucchiaino nel suo caffè, con gli occhi blu concentratissimi nell'operazione e dallo sguardo minaccioso.

-Sai, credo che lo zucchero si sia sciolto, Siri.- disse lei, con aria  pensierosa.

Altro grugnito.

Allora Vick si volse verso James, che aveva ripreso a ridacchiare.

-Ma che ha fatto?- domandò la ragazza. Le risposero due identici sorrisi perfidi. Remus e James.

Dieci minuti più tardi le risa della Olsen, messa al corrente di tutto, invasero l'intera Sala, tanto che molti, passando davanti al tavolo di Grifondoro, finirono con il voltarsi.

Sirius osservò la ragazza di fronte a lui con astio. Lei continuava a ridere di gusto e le sue guance avevano finito con l'arrossarsi, mentre gli occhi azzurro cielo brillavano di genuino divertimento, vicini a lacrimare.

Finì con il sorridere pure lui. La risata di Vick era sempre contagiosa per lui.

-Dai, Siri!- fece lei, sorridendogli.- James stava solo cercando di trovare il modo più dolce per svegliarti!-

-Se è così la prossima volta preferisco svegliarmi da solo...- protestò Black, ormai entrato nella comicità di ciò che gli era capitato quella mattina.

James mise su un broncio adorabile, mentre gli altri tre ridevano. -Cattivone!- commentò.

-Ragazzi, mi farete morire!- esclamò Vick. -Ma lo sapete che si vocifera che il nuovo custode, Gazza, appena sentito l'urlo sia uscito dalla sua stanza con un sacco di vecchie catene e abbia cominciato a correre per i corridoi della scuola ancora in pigiama urlando a destra e a manca?! Aveva pure un cappellino di lana con tanto di bonbon sulla testa!!!!-

E giù a ridere tutti e quattro.

Se Victoria fosse stata un ragazzo, sarebbe sicuramente entrata a fare parte del gruppo dei Malandrini ufficialmente. Tuttavia la si vedeva quasi sempre gironzolare in loro compagnia e spesso partecipava attivamente alle loro “malandrinate”. Era talmente legata a tutti e quattro i ragazzi, che era stata addirittura messa a conoscenza del segreto di Remus, con la storia degli Animagi inclusa.

Lei era più piccola di loro di un anno, era perciò arrivata ad Hogwarts un anno dopo di loro, ma non appena si erano incontrati, era stato un colpo di fulmine. Victoria doveva essere una di loro.

Del resto lei preferiva la compagnia di quattro ragazzi a quella delle sue compagne, da brava maschiaccia quale era e, se avesse potuto, sarebbe felicemente diventata un maschio.

Fu un attimo ed il sorriso divertito della ragazza scomparve dalle sue labbra, lasciando il posto ad una totale espressione di disgusto e rabbia, con qualcos'altro di indefinito in più.

Sirius, davanti a lei, si accorse del brusco cambiamento e se ne preoccupò.

-Hey, Vick!- fece.

Lei lo guardò, facendogli cenno di voltarsi. -Sta arrivando la tua miss Hogwarts, Black.- disse con freddezza, gli occhi ridotti a due specchi di ghiaccio.

Kelly Logan, quella vera, bella come una Veela, volò piena di grazia dal suo ragazzo e si sedette vicino a lui, imponendo con uno sguardo sprezzante ad un ragazzino del terzo anno di farle posto.

Il suo corteo di damigelle rimase in piedi, intento a lanciare occhiatine a James e a ridacchiare. Potter neppure le calcolò.

-Buon dì, Orsacchiotto!- disse Kelly, la voce dolce come il miele, salutando il suo ragazzo.

Black le sorrise e le dette un bacio. James sentì il corpo di Vick, seduta al suo fianco, irrigidirsi.

Distogliendo l'attenzione dal suo amore, la Logan puntò il suo sguardo da regina proprio su di lei. Eppure Vick, nonostante fosse meno ricca di lei, nonostante non indossasse delle firme, nonostante non vestisse elegante e raffinata come lei, anzi, e nonostante non fosse stata mai nominata reginetta di Hogwarts per due anni consecutivi, non abbassò lo sguardo, come la Logan si aspettava facesse.

-Che ci fa la stracciona maschiaccia qui, Orsacchiotto?- domandò dopo un pò, sconvolta.

Il suo corteo annuì, sentendo le parole della capo gruppo.

Il sorriso che Sirius stava rivolgendo alla sua ragazza si congelò di colpo.

-Come l'hai chiamata, scusa?- intervenne James. No, non sorrideva affatto adesso. Quando gli si offendevano gli amici si divertiva veramente poco.

-Lascia stare, Jamie.- fece Vick. -Se ti do tanto fastidio non calcolarmi, Logan e limitati a sbacciucchiare il tuo ragazzo.-

“Caso mai”, pensò Vick, “ sei tu, Logan, a dare fastidio a me se ti baci Sirius...”

Una delle ragazze del corteo decise di intervenire in favore della sua Regina.

-Sta zitta, Olsen! Certo che infastidisci Kelly se te ne stai così vicina a lei! Ma non ti guardi allo specchio!? Guarda come ti vesti!!!-

-E allora?- replicò la moretta. -A me piace!-

-Anche a me piace come si veste.- fece Sirius, ad un tratto. -Ed il tuo commento non era richiesto.- continuò, rivolto alla ragazza che aveva parlato.

-Oh mio Dio!!!- strillò Kelly, sconvolta. -Non voglio stare con una che si veste da paura, gioca a Quidditch, si mangia le unghie e sta con i maschi!- protestò. -Lei è...lei è....- sembrava veramente schifata adesso e fissava Victoria come se fosse un insetto disgustoso. -Lei è...disgustosa! Il solo guardarla mi fa sentire… Oddio, cielo, un capogiro…-

La corte le corse attorno, per confortarla e fissare con minaccia la Olsen, nel caso le fosse venuto in mente di saltare addosso con la bava alla bocca alla loro Regina in quel momento.

Victoria era semplicemente ammutolita. Troppo sconvolta per parlare. James sembrava in procinto di piombare addosso a quel corteo di oche starnazzanti brandendo la falce della morte in una mano e Remus era pietrificato.

-Se ti da fastidio stare vicino a Vick, allora alzati e vattene a fare un giro lontano da qui, tesoro.- disse Sirius all'improvviso, rivolto alla sua ragazza. -Victoria è una dei miei più cari amici, se vuoi stare con me, devi accettare anche lei. Non solo James, Remus e Peter, i “famosi” Malandrini che ti piacciono tanto...-

Kelly spalancò gli occhi, ma non riuscì a replicare. Si alzò, furiosa, e se la dette in ritirata con un antipatico ticchettio di tacchi sul pavimento, seguita dal corteo.

Per un attimo nell'angolo dove stavano i Malandrini cadde il silenzio. La prima a parlare fu proprio Vick.

-Grazie Sirius...- mormorò, non riuscendo a guardarlo in viso, mortificata. -Mi dispiace.-

-Di cosa dovresti dispiacerti?!- scattò Potter. -Non è colpa tua se la nuova ragazza di Sirius è una stronza senza cervello!-

Ecco, l'aveva detto. Ora il suo migliore amico poteva anche arrabbiarsi, non gli fregava niente.

Sirius, invece, sorrise. -Già.- disse.

-Tu sapevi...- cominciò Remus, guardandolo stupito.

-Beh, non sono mica nato ieri.- fece Black. -So che sta con me solo perchè crede che metterò le mani sul grande patrimonio dei Black, perchè sono bello e sono un Malandrino, quindi un membro del gruppo più gettonato di Hogwarts.-

-Ti sei dimenticato che sei anche un acclamato giocatore di Quidditch, Felpato.- aggiunse James con un sorrisetto amaro.

-Vero.- confermò Sirius.

-Allora perchè ti ci sei messo, Black?- domandò Victoria, senza pensare.

Lui fece spallucce. -Così, e poi è bella.-

La ragazza allora tornò a servirsi la colazione, senza più fiatare. James, unico a sapere, lanciò all'amico uno sguardo omicida, che però Black non capì.

Finirono la colazione in silenzio, poi si incamminarono insieme verso le aule. Era ancora presto per l'inizio delle lezioni, mancava ancora una buona mezzora. Davvero strano per i Malandrini essere così in anticipo, quando di solito piombavano in classe col fiatone ben quindici minuti dopo il suono della campana.

Victoria aveva ad aspettarla due pesanti ore di Storia della Magia con Ruff e se ne stava lamentando con James, che, invece, le riferiva che il Settimo anno di Grifondoro aveva la prima ora libera, visto che il loro professore di Cura delle Creature Magiche era stato ricoverato d'urgenza al San Mungo, visto che l'ultima sua stravagante creatura aveva avuto la dolce idea di attaccarsi al suo braccio nel tentativo di sbranarglielo.

-Ma perchè seguite ancora Cura delle Creature Magiche?- si informò la Olsen. -Che razza di lavoro volete fare usciti da qui?-

-Non lo sappiamo!- fece James sorridendo. -Ecco perchè li seguiamo tutti! L'idea è stata di Remus, che dice di voler prendere una decisione definitiva solo alla fine. Io e Siri non eravamo molto contenti, all'inizio...-

-Ahhh....Beato Rem..- fece Victoria, divertita.

Lei e James stavano passeggiando allegramente per i corridoi, tenendosi simpaticamente a braccetto, con Remus e Sirius alle spalle.

-Vuoi ancora stare con quella?- chiese Remus a bassa voce.

Sirius sospirò, ormai stanco delle ripetute domande dell'amico.

-Ma che ne so, Rem! Che mi frega? Posso anche starci.-

-Hai visto che tipo è, no?!-

-E allora? È una cretina, però per fare quello che deve fare mica c'è bisogno che parli...-

Remus allora lasciò perdere, sconfitto. -Mah, Sirius....Io spero che questo lungo periodo di immaturità ti passi, prima o poi. Forse devi solo incontrare la ragazza giusta.-

La loro chiacchierata terminò, perchè intanto avevano raggiunto l'aula di Storia della Magia, ancora vuota. Vick fece qualche passo in avanti, sbirciando all'interno e non trovando nessuno.

-Vabbè, sto un altro po' con voi.-

-Ma dai, Vick! Fai sega e stai con noi! Andiamocene ad Hogsmeade!- fece Sirius.

-Buona idea, Felpato!- commentò James.

-Assolutamente no!- si intromise Remus. -Siamo all'ultimo anno! Meno punizioni riceviamo, più beneficio ne trarrà il nostro M.A.G.O.-

James fece per ribattere con una delle sue battute Potteriane, ma si zittì di colpo. Qualcuno si stava avvicinando a loro con passo spedito.

Subito la mano di Potter corse ad arruffarsi i capelli, in un gesto abitudinario.

Lily Evans.

La bella Caposcuola di Grifondoro fermò i suoi passi quando fu loro davanti. Portava l'uniforme in modo impeccabile e teneva la consueta borsa blu a tracolla. I capelli rossi, bellissimi e lucenti, legati in un'alta coda, con dei ciuffi scarlatti che le cadevano distrattamente sul bel viso, senza infastidire gli occhi verdissimi, sempre atteggiati in un'espressione fredda ed autoritaria.

Lei era una figura alta e magra, da fare invidia alla bella Kelly Logan, e riusciva ad apparire meravigliosa anche senza trucco. Aveva intorno a se, però, una sorta di barriera indistruttibile, atta a non fare avvicinare mai troppo nessuno. E James, quella barriera immaginaria, la odiava.

Victoria notò che James aveva nascosto la mano con il suo misterioso braccialetto nella tasca dei pantaloni e se ne chiese mentalmente il motivo.

Potter si avvicinò alla rossa con un sorriso che avrebbe fatto svenire la popolazione di Hogwarts, ma non lei, che rimase a fissare quei bei occhi neri con indifferenza.

-Caposcuola Evans.- la salutò lui.

-Potter.- salutò a sua volta lei. -Non stai combinando nulla di illecito, spero.-

Il sorriso furbo di James si ampliò. -E anche se fosse, Evans?-

Stranamente, anche lei sorrise. -Ti farei sbattere fuori dalla tua squadra di Quidditch, che resterà senza capitano, senza sapere neppure cosa hai combinato. Contento così, Potter?-

-In realtà non sei così cattiva, Evans...-

-Potter...- fece lei, continuando a sorridere con freddezza. -Non sottovalutare la mia cattiveria.-

-Non lo farò...- mormorò lui, perdendosi negli occhi verdi della ragazza.

Lei sfuggì da quello sguardo, mantenendo sempre e comunque la sua aria severa. -Devo scambiare una parola con uno di voi.- comunicò, con fare pratico.

-Con me puoi scambiarne anche due.- fece James.

-Non essere così ottimista da pensare che io abbia voglia di parlare con te, Potter.- fu la fredda risposta. -Caposcuola Lupin, hai un momento?- fece, rivolta al biondo. -Ti devo comunicare le ultime annotazioni del preside...-

Remus annuì, gentile e cortese come sempre.

-Certo, Evans.- disse, lasciando il gruppo. -Ci ritroviamo all'inizio del parco, ragazzi?-

James e Sirius annuirono.

-Vi auguro una buona giornata a tutti, ragazzi.- fece Lily, prima di seguire Remus. -E....Potter?Sappi che ti tengo d'occhio.-

James sorrise, facendole un buffo inchino. -Anche io lo sto facendo, Evans. E lo faccio moooolto accuratamente!-

Fulminandolo con lo sguardo, la ragazza si incamminò dietro l'altro Caposcuola di Grifondoro, senza mai voltarsi.

-Ti odia.- constatò Victoria.

-Naaa!!!- fece Potter. -E' solo timida!-

-Sarà.- continuò la mora. -Allora quello sguardo che solitamente si rivolge ad uno Schiopodo Sparacoda me lo sono soltanto immaginato.-

Sorridendo divertito, Sirius si affiancò alla ragazza, passandole un braccio intorno alle spalle.

-Non essere troppo spietata, sorella.-

I due si scambiarono un'occhiata complice, mentre ancora sghignazzavano come iene. James fece la linguaccia a tutti e due, per nulla offeso.

-Vedrete che non sarà sempre così. Lo troverò un modo per cambiare la Evans.-

-E come?- fece Sirius. -Le farai bere una bella dose di Amortentia?-

-Impossibile, lei è troppo brava in pozioni. Come minimo se ne accorge....- rispose l'amico.

Intanto erano usciti nel parco, popolato da quegli studenti che, come loro, o avevano un'ora buca, oppure avevano bigiato.

Erano tutti ragazzi grandi, i piccoletti, ancora abbastanza ligi alle regole, da qualche minuto avevano cominciato a svolgere il proprio dovere, entrando in classe.

Il cielo era cupo ed i raggi del sole facevano fatica a raggiungere il suolo, per potere poi scaldare l'aria. Victoria rivolse, preoccupata, lo sguardo alla coltre di nubi che viaggiava sopra di loro.

-Oggi piove.- disse, così, senza uno scopo preciso.

-Già...- fece Sirius, che ancora le era vicino.

Vick non riusciva a capire come, però stava riuscendo nella difficilissima impresa di non stramazzare al suolo. Avere Sirius così vicino riusciva sempre a mettere in difficoltà i suoi poveri nervi.

Con un mezzo sorriso sulle labbra, pensò alle parole della Logan.

Lei...ammaschiata??

Se solo avesse avuto meno freni inibitori, sarebbe saltata addosso a quel ragazzo, che le stava affettuosamente cingendo le spalle con un braccio, e avrebbe fatto vedere a tutti quanto fosse lontana dall'essere ciò che quell'oca credeva.

Ma, come si suole dire, il buongiorno lo si vede dal mattino. E sia James, che Sirius lo poterono confermare quando si ritrovarono a poca distanza da certi ceffi che proprio non riuscivano a tollerare.

Lucius Malfoy e tutta la sua cricca decisero proprio di dirigersi verso di loro, non appena li ebbero individuati. James e Sirius si scambiarono uno sguardo eloquente.

Malfoy andò proprio a piazzarsi di fronte a James, fissandolo con la sua bastardissima aria canzonatoria. I capelli biondi, quasi bianchi, legati in una lunga coda dai toni un po' antiquati, per i gusti di Potter.

Alla destra della Serpe incarnata stava, ovviamente, Severus-Mocciosus-Piton, alla sua sinistra Bellatrix Black, bella come una rosa dalle spine pericolosamente appuntite e velenose. I suoi occhi blu, gemelli di quelli di Sirius, indugiarono un po' troppo su James, come a volerlo divorare.

Poi, in un angolo, come dimenticata da tutti, c'era l'esile figura di Narcissa Black. Piccola, dall'incarnato chiaro e fredda come un fiocco di neve. I capelli biondi sciolti sulle spalle e lo sguardo vacuo di chi, in tutta quella combriccola, non trova nulla in cui riconoscersi.

Frequentava solo il quinto anno a Serpeverde, eppure la si vedeva sempre in giro con la sorella maggiore ed il fidanzato, Lucius, mai con ragazzi della sua età.

-Ma guarda chi c'è.- esordì Malfoy.- Sua maestà Potter e fido Black.-

-Posso fare qualcosa per te, carissimo?- domandò James, riservandogli un sorrisetto cattivo. -Vuoi che ti consigli, finalmente, un parrucchiere decente?-

Malfoy e Bellatrix scoppiarono a ridere, come se la battuta cattiva di James non avesse sortito nessun effetto.

-Sei spiritoso, Potter. Ma con me ti conviene non fare l'idiota.- sibilò Lucius con rabbia. -So che sei stato tu a fare quello scherzo idiota a Nott e Lastrange.-

Le belle labbra di Potter si stirarono in un sorriso sornione. Chi stava passando da quelle parti, fece presto a cambiare direzione. Trovarsi in mezzo tra il gruppo di Potter e quello di Malfoy non era mai una bella cosa. Meglio fare il tifo da lontano.

-Non dare la colpa a me, se quegli idioti sono ancora in infermeria in stato confusionale. Dovresti stare più attento ai tuoi cagnolini, Malfoy.-

-Vergognati, Potter.- fu l'acida risposta di Lucius. -Mettersi contro gente più in alto di te...per una sporca mezzosangue!-

Gli occhi di James si assottigliarono, al suono di quella parola, diventando freddi e profondi come un abisso in cui nessuno avrebbe mai desiderato sprofondare.

-Mezzosangue o no, se ripesco i tuoi amichetti ad infastidire la Evans, te li rimanderò indietro in una tabacchiera, Malfoy. Garantito.-

-Ma davvero?-

-Oh, sì. - confermò James. -Ricorda bene che non ho bisogno di una stupida bacchetta per farti veramente male, Lucius.-

Del ragazzo amichevole ed allegro che tutti conoscevano non era rimasto assolutamente nulla. Victoria, che Sirius costringeva a stare dietro di se, tremò nel vedere l'espressione fredda e quasi malvagia che aveva James in quel momento. Si chiese come facessero quei Serpeverde a continuare a stargli davanti e provocarlo, invece di scappare a gambe levate.

-Sirius...- chiamò. -Andiamo via...-

Black neppure le rispose. Se ne stava davanti a lei, tenendola, per così dire, esclusa dalla battaglia e continuava a fissare con puro odio la cugina Bellatrix, che lo fissava con il medesimo sentimento.

-Sto tremando dalla paura, Potter.- fece Malfoy, per nulla intimorito dagli occhi gelidi di James.

Quello, per tutta risposta, gli sorrise beffardo.

-Di già? Tremi già dalla paura, Malfoy?- disse, fingendosi preoccupato per lui. -Allora cosa farai quando ti appenderò dalla torre di Astronomia?-

Ecco. Il sorriso canzonatorio di Lucius scomparve in quell'istante. Fu un attimo ed aveva già la mano alla bacchetta. James continuò a fissarlo, come a sfidarlo a fare qualcosa.

Sirius, vicino a lui, era pronto a scattare in qualsiasi momento.

-Cosa sta succedendo qui?!- esclamò una voce ad un tratto, andando a rompere quel silenzio agghiacciante che si era andato a creare.

Per un istante Vick credette fosse arrivato un insegnate, poi si rese conto di stare sbagliando.

Lily Evans avanzava, fiera e sicura, verso di loro. Gli occhi verdi gelidi come lame. Al suo fianco Remus Lupin e, poco dietro di loro, Peter Minus.

La rossa si fermò tra Potter e Malfoy, dimostrando di non avere paura proprio di niente.

-Ragazzi, via le bacchette. Subito.- ordinò.

James, anche se contro voglia, ripose la propria bacchetta nel mantello, continuando a fissare Malfoy con rabbia. Sirius, invece, si limitò ad abbassarla.

-Non prendo ordini da una sudicia Mezzosangue! Và a pulire cessi con le tue belle manine da pozionista, caposcuola Evans!-

Lo sguardo di James, se possibile, divenne ancora più furente.

E, stupendo tutti quanti, fu la stessa Lily a tirare fuori la sua bacchetta e a puntarla contro il Serpeverde.

-Non costringermi a farti un incantesimo che ti farebbe piangere, Malfoy. Fa come ti ho detto o li pulirai tu i cessi con le tue belle manine da Purosangue.-

Lucius le rivolse uno sguardo omicida. Le avrebbe fatto pagare quell'isolenza. Una Mezzosangue che osava rivolgersi a lui in quel modo...non aveva il diritto di continuare a respirare la sua stessa aria.

James si avvicinò a Lily, preoccupato dallo sguardo cattivo di Malfoy.

-Levati di mezzo, Evans. -le disse. -Non sai quello che stai facendo.-

Lei lo guardò con rabbia e lo allontanò da se con uno spintone.

-Levati di mezzo tu, Potter! Io sono Caposcuola! Fino a prova contraria si fa quello che dico io, o finite tutti nei casini!-

Non stava scherzando, non stava scherzando affatto. Nei suoi occhi c'era una rabbiosa decisione che poco lasciava posto al poter ribattere.

James si zittì, ancora preoccupato per lei. Non era bene che si mettesse così palesemente contro la cricca di Malfoy. La prossima volta, magari, le sarebbe anche potuto capitare di peggio del ricevere dell'acqua addosso.

-Ora via la bacchetta, Malfoy. Non lo ripeterò una seconda volta.-

Peter, nascosto dietro Remus, tremava.

-Vatti a fare fottere da Potter e crepa! Non mi faccio comandare da una puttana Mezzosangue!-

James, fuori di se, fece per scaraventarsi su Lucius, ma fu preso in tempo da Remus.

-No, James! NO!- gli urlò Lupin, mentre quello si dibatteva per liberarsi ed andare finalmente a spaccare la lurida faccia di Malfoy.

Bellatrix, d'altro canto, pareva divertirsi e Piton, che sembrava non avere gradito l'ultima apostrofe che il compagno aveva dato alla Evans, non si mosse. Narcissa era immobile.

-Senti Malfoy, hai veramente rotto!- se ne uscì Victoria, liberandosi dalla protezione di Sirius. -Prendi i tuoi compari e vattene allegramente a cagare!-

-Muori anche tu, nanerottola!- fu l'acida risposta.

-Nanerottola?!- ripetè la Olsen, avanzando minacciosamente verso il Serpeverde. -Te la do io la nanerottola, coglione!-

Quello che accadde passò alla storia.

Victoria Olsen non doveva mai, per nessun motivo, essere infastidita, altrimenti erano dolori. E Lucius Malfoy potè confermare da quel giorno. Eh sì, perchè Vick, minuta e piccolina, aveva dentro di se la forza ed il coraggio di un drago e non aveva mai avuto paura di fare a cazzotti con un ragazzo. Tanto che, i poveri sfortunati che avevano provato, si tenevano accuratamente alla larga dalla ragazza.

Quella avanzò verso Malfoy come una furia e, prima ancora che l'avversario potesse fare qualcosa, gli assestò un bel calcio nelle parti basse, facendolo piegare in due per il dolore.

Bellatrix corse subito a soccorrerlo, mentre Sirius, stupefatto dal gesto della Olsen, scoppiava in una fragorosa risata sguaiata, osannando la ragazza, quasi inchinandosi davanti a lei.

-Vai tu a farti fottere, Malfoy!- fece Vick, fissandolo dall'alto con rabbia. -Porta più rispetto a noi ragazze o finirai castrato sul serio.-

Lily Evans, da brava Caposcuola, avrebbe dovuto riprendere la Olsen, anche solo per il fatto che non era a lezione, invece, si limitò ad annuire e a sorridere con aria crudele.

-Ti conviene correre in infermeria con i tuoi simpatici compari.- disse con cattivo divertimento.

-Vaffanculo, stronze!- sibilò Lucius, rialzandosi a fatica.

I Serpeverde, come erano venuti, se ne andarono. E lo fecero anche di corsa, lasciando i sei Grifondoro da soli.

Ormai, tutti i ragazzi che, anche se da lontano, avevano assistito, se ne erano andati già con la notiziona della giornata sulla bocca.

-Bravissima, Vick!- fece Sirius dandole un affettuoso colpetto sulla testolina nera. -Sono orgoglioso di te! Sei fortissima!-

Lei sorrise. -Grazie!-

-Tutto bene, allora?- fece Lily, guardando tutti quanti con sguardo critico. -State tutti bene?-

-Certo.- rispose Sirius. -Ci ha salvato questa meraviglia!- disse rivolto a Vick. -Tu si che ce li hai gli attributi!-

-Dubitavi?- chiese la Olsen, ridendo.

Sirius assunse un'aria serissima, portandosi la mano sul cuore. -Non dubiterò mai più, giuro. Sei un maschio con la M maiuscola!-

E Lily, ritenendosi soddisfatta, ripose la bacchetta, che ormai aveva abbandonato su di un fianco, nel mantello.

-Beh, non farò niente stavolta, anche perchè non è accaduto nulla.- concluse. -Cercate però di non attaccare briga, la prossima volta.-

-Sono stati loro, non noi, Evans!- fece James.

-Non mi importa chi è stato! Non voglio mai più ritrovarti in queste circostanze, okey, Potter?! Stattene calmo, una buona volta!-

-E tu sta attenta a chi ti metti contro, Evans!- le disse lui, con rabbia. -Non sai cosa rischi!-

-Sono un Caposcuola. È mio dovere intervenire per fermare gli idioti come voi! E, per la cronaca, non ho paura dei Serpeverde!- rispose. -Ora vi saluto. Ho di meglio da fare che stare qua a cercare guai.-

Se ne andò anche lei, con il suo incedere severo. Probabilmente diretta in Biblioteca a studiare, vista l'ora libera. James la fissò allontanarsi con una strana espressione in viso. Avrebbe dovuto tenerla molto più d'occhio, da quel giorno. Rischiava grosso e neppure ne era spaventata. Dannata ragazza fiera ed orgogliosa!

Senza dire nulla, si incamminò per la stessa direzione della ragazza.

-James!- lo chiamò Sirius. -Dove cavolo vai?!-

-A studiare in Biblioteca.- rispose.

 

 

 

 

FINE!!!!!!!!!!!!!!!!

Mi scuso con tutti per il ritardo, ma ho molto da studiare, ultimamente!!!^__^””

Beh, spero che il capitolo vi piaccia e mi scuso se, nella lettura, potreste aver incontrato qualche errore di battitura, ma non ho il tempo per rileggere.

Nel prossimo cap succederà finalmente ......     eh eh eh eh!!! Non ve lo dico!!!^_____^

A presto con il prossimo capitolo!

Baci, Lady Tsepesh

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Capitolo 4
*** The Unbreakable Vow [part one] ***


CAPITOLO 4   “THE UNBREAKABLE VOW [ part one ]”

 

 

 

 

 

 

 

Da un bel po’ di tempo, ormai, i suoi occhi non si muovevano più su ciò che era scritto sulla pagina del libro di Trasfigurazione.

Se ne stavano immobili, fissi in un punto, senza il coraggio di sollevarsi e di puntare lo sguardo sulla fonte di quel fastidio che stava provando.

Non riusciva a guardarlo, neppure a dire qualcosa. Desiderava soltanto che se ne andasse, non era mai stata tipo da apprezzare la compagnia. “Quella” compagnia, poi, meno di tutte.

La Biblioteca era molto silenziosa a quell’ora del mattino. Si sentivano soltanto i passi di Madama Pince che riordinava i libri negli scaffali, il mormorio proveniente dalle classi lontane ed il vociare attutito degli studenti in giardino, liberi e felici.

Lily Evans sospirò, ormai stanca di quella situazione assurda.

Chiuse il libro con un tonfo, puntando lo sguardo di un verde intenso su di lui.

James Potter, dall’altra parte del tavolo, continuava a fissarla e le sorrideva sornione, stando seduto al contrario su una sedia.

Le braccia sullo schienale ed il mento su di esse. Bello.

Lei continuò a guardarlo trucemente e lui, per tutta risposta, sollevò un sopracciglio.

-Si può sapere che diavolo stai facendo, Potter?- domandò con stizza.

Lui le sorrise. –Ti guardo.- disse con semplicità.

-E potrei saperne la ragione?- chiese, cercando di mantenersi calma.

Una ciocca di lisci capelli rossi le ricadde sul bel viso, James la osservò come incantato.

-Non mi andava di lasciarti sola, Evans.- le rispose. –Tutto qui. Per questo sto in biblioteca, ti faccio compagnia.-

-E tu…la “compagnia” credi di farmela fissandomi?- sbottò lei.

-Beh, potrei anche leggere un libro…- convenne Potter. –Però mi fa fatica. Preferisco guardare te, Evans.-

Lei sbuffò, decisamente irritata. Ma perché cavolo quello scemo di Potter doveva proprio rompere le scatole a lei? Doveva studiare e lui la stava distraendo, maledizione!

-Potter, mi stai dando fastidio, ok?- ringhiò.

James la guardò con fare innocente. –Io?- fece. –Che noia posso darti, scusa? Sto zitto zitto…-

-Mi stai fissando, Potter! Mi dà fastidio!-

Lui sospirò, sorridendo. –Andiamo Evans, non essere sempre così acida. Se vuoi studiare, studia. Vuol dire che mi guarderò le scarpe.-

-No, Potter! Tornatene dai tuoi compari!- sibilò la ragazza, attenta a non alzare troppo il tono della voce.

James non si curò affatto delle sue parole. Continuava a scrutarla da dietro gli occhiali, con la sua più bella espressione malandrina. Un bel sorriso gli piegava le labbra, mentre nei suoi occhi c’era un qualcosa che Lily non riusciva a comprendere.

Tenerezza?

Forse.

Dolcezza nei suoi confronti?

Sì, anche.

Ma c’era di più. Lily non riusciva a capire, però le piaceva quello sguardo. Non le era mai stato rivolto da nessuno, prima di allora.

Era lo sguardo, bello e sincero, di qualcuno che le voleva bene e che desiderava starle vicino. Solo in quel momento lo capì.

E, anche solo per un istante, sentì il proprio cuore prendere a battere fortissimo e temette davvero che sarebbe arrossita.

Invece, esercitando violenza su se stessa, continuò a fissarlo imperterrita.

Lui era lì, ancora davanti a lei.

I capelli neri in disordine perenne, gli occhi scuri, buoni e sinceri, e quell’espressione da eterno ragazzo che non sarebbe mai cresciuto. Ecco, era quello il fascino di James Potter. Quella cosa che tutti, sia maschi che femmine, adoravano in lui.

Lily abbassò bruscamente lo sguardo. Non poteva lasciarsi distrarre da quell’idiota di un Malandrino.

E poi, probabilmente, conoscendolo, le stava così appiccicosamente intorno, solo per una qualche, stupidissima, sfida personale.

-Cosa c’è, Evans?-

Sussultò, non appena  sentì la sua voce.

-Devo studiare, Potter.- ripeté, come un ritornello.

Quella situazione non le piaceva, la metteva terribilmente in imbarazzo. Ma non sapeva proprio come fare ad uscirne, l’unica arma che riusciva ad usare per difendersi da lui era sempre stata quella. “Devo studiare”.

Lo sentì ridacchiare.

-Devi sempre studiare, Evans.- le disse. –Dai, parliamo un po’, no?-

In realtà, aveva un po’ di cose da chiedere a James Potter, ma mai e poi mai lo avrebbe fatto.

Una domanda che spesso le sorgeva era “Ma tu, ci tieni veramente a me, Potter?”

Lui era sempre a rincorrerla di qua e di là, sempre a chiederle di uscire con lui, sempre a fare di tutto per rivolgerle la parola. Ma…quanto di vero c’era in tutto questo?

-Non ho voglia di parlare con te, Potter.-

“Ecco, mandalo via.” si disse. “Lui è troppo diverso da te.”

Sì, loro due erano troppo differenti. Stavano ai poli opposti del mondo.

Lei era destinata a rimanere nell’ombra, sempre sola ed esclusa. Lui, invece, sarebbe sempre rimasto inondato dalla luce. Sempre circondato dagli altri, sempre protagonista…

Non avrebbero mai potuto incontrarsi, mai.

-Lasciami in pace, per favore.- disse, tornando ad essere fredda. –Tornatene dai tuoi amici, non ho proprio niente da dirti.-

Se quelle parole lo avevano ferito, James non lo dette a vedere.

Abbassò lo sguardo, come concentrato a pensare intensamente, ma non si mosse. Sperava, sperava davvero, che lui se ne andasse, che sparisse dietro quella grande porta di legno massiccio che portava fuori dalla Biblioteca e la lasciasse da sola. Ormai, era troppo abituata alla solitudine, la compagnia le faceva paura.

Lui, prima di tutti, le faceva paura.

Aveva sempre temuto James Potter.

Lui era tutto quello che lei non sarebbe mai stata. Era la sua nemesi perfetta. Era il suo sogno da una vita. La sua…metà.

Per questo, lei, lo temeva.

Perché sapeva che lui, con lo starle accanto, avrebbe sciolto tutto quel ghiaccio con il quale lei aveva avvolto il suo cuore, per proteggerlo.

E poi? Quando quel ghiaccio se ne fosse andato, che cosa ne sarebbe stato di lei? Con che cosa si sarebbe protetta?

Ad un tratto, James risollevò lo sguardo su di lei.

-Sei sicura, Evans?- le domandò, piano. –Sei sicura di volere sempre restare da sola?-

Lei restò un attimo spiazzata da quella domanda.

-Sì. Io sto bene così.-

La bocca di lui si piegò in un sorriso amaro, triste.

-A me dispiace che tu sia così, Evans. A me dà un fastidio enorme vederti da sola…- le disse, senza troppi giri di parole. Un altro pregio/difetto di Potter era sempre stata la sua schiettezza. –Va bene. Ti lascerò studiare, allora…-

Lo vide alzarsi, finalmente. Però, stranamente, il suo animo non fece i salti di gioia che lei si aspettava. Anzi, sentiva una voce nella sua testa che le urlava ferocemente di fermarlo.

James non la guardò più. In silenzio, rimise la sedia al suo posto e si incamminò verso l’uscita.

E lei, piccola ed impaurita, non ebbe il coraggio di richiamarlo. Lily Evans…non era forte, era soltanto brava a sembrarlo. E lei, proprio lei, lo capì in quell’istante.

Non era poi quella forte ragazza che si sforzava di essere, dopotutto.

Ecco, maledizione….

James Potter aveva già cominciato a sciogliere il ghiaccio.

Forse lui non era consapevole di cosa stesse accadendo nell’animo della ragazza, che aveva appena lasciato in compagnia di soltanto qualche libro.

Alla fine, aveva ritenuto che, lo stare lì a pressarla, non portasse decisamente a nulla. Eppure, non credeva di fare poi tanto male a provare a starle vicino.

L’idea di lei da sola in Biblioteca gli provocava un grande fastidio.

Inutile, non ci riusciva.

Ce la metteva veramente tutta ma…non ci riusciva.

Non sarebbe mai riuscito a starle accanto, se lei, per prima, non glielo consentiva e, se le cose restavano così, non sarebbe decisamente accaduto.

Ma non si era arreso.

No, lui la parola arrendersi non l’aveva mai conosciuta.

Fin da piccolo, uno dei suoi credi più ferrei era che, in qualsiasi circostanza, bella o brutta che fosse, l’importante era “volere”. Se si vuole si ottiene, punto.

E lui, un modo per convincere la Evans ad uscire dal guscio, lo avrebbe trovato.

Non l’avrebbe mai lasciata cadere più in basso di così.

In un modo o nell’altro, lui l’avrebbe salvata.

 

 

***

                        

 

Faceva freddo. Così freddo che ormai sentiva le membra del proprio corpo intorpidite e le ossa congelate.

E, tutta la sua piccola figura, non poteva fare altro che tremare.

Paura.

Lui le stava davanti, fiero e crudele, imponendosi, come al solito, su chi sapeva non avrebbe mai avuto né il coraggio né la forza di opporglisi.

La Sala Comune di Serpeverde, in quei momenti, sembrava diventare immensa e ovattata, come una grande bolla di sapone.

I suoi occhi, ormai ricchi di lacrime, vedevano, sfuocati, preziosi tessuti di un verde cupo, tutti intorno a loro e sfavillanti scintillii d’argento, provenienti dai lussuosi pezzi d’arredamento.

Non doveva piangere. Non doveva versare quelle lacrime, per nessun motivo o lui l’avrebbe picchiata ancora, ancora e ancora.

Riuscì, in quell’istante di mera tranquillità, a scorgere la figura di sua sorella, Bellatrix.

Se ne stava bellamente seduta su di una sfarzosa poltrona, verde e argento, intenta a fumarsi una sigaretta. Le belle gambe accavallate, sorridente per gli sguardi infuocati che Lestrange le regalava. Superba, come una regina.

La regina delle Serpi.

I capelli, neri come le ali dei corvi, le ricadevano, lisci e lucenti, sulla schiena, ma lei lasciava sempre qualche ciuffo ribelle sugli occhi blu cobalto. Bella. Pericolosa. Spietata.

Lo sapeva essere così tanto, da non curarsi neppure di lei. La sua sorellina.

Andromeda….

Se ci fosse stata lei…

No, se ci fosse stata lei, lui, dannato bastardo pieno dei suoi soldi, non le avrebbe mai fatto del male.

Un sorriso amaro le piegò le labbra sottili. Idiota. Andromeda non esisteva più per i Black. Andromeda era stata la migliore. Era scappata. Non sarebbe mai più ritornata da loro.

Tenne lo sguardo chino sul pavimento, dove era accucciata, senza avere il coraggio di alzarlo su di lui.

Non sentiva più alcun rumore, come se il tempo si fosse fermato. Tutti i Serpeverde assistevano a quel consueto spettacolino senza aprire bocca.

Nessuno l’avrebbe mai salvata da Lucius Malfoy.

Severus Piton, dal canto suo, continuava tranquillamente a studiare sul suo libro di Arti Oscure, e non aveva mai sollevato lo sguardo per vedere se quella poverina, dopo tutte quelle botte, poteva ancora essere viva.

-Allora, ti è passata la voglia di fissarmi in quel modo, eh, mocciosetta?!- le sibilò Lucius con la sua voce crudele. –RISPONDIMI!-

Ecco, quella era una cosa che proprio non riusciva a capire. A Lucius dava un fastidio enorme incontrare il suo sguardo, ma lei non riusciva veramente a comprenderne la ragione. Eppure, bastava che lui incontrasse i suoi occhi e, così, all’improvviso, si infuriava e la picchiava.

Sentiva ancora le parti del corpo percosse, che facevano male ed il ferroso sapore del sangue in bocca.

-Allora?!-  insistette Lucius. –RISPONDI STUPIDA!-

Sussultò al suono di quelle parole così cattive e violente. Odiava, fin da piccola, chi alzava la voce. Ne era terrorizzata. Anche suo padre, a volte, urlava. E lei, troppo fragile, non poteva fare altro che tremare.

-S-scu…scusami….- balbettò piano, con il respiro accelerato.

-Non ho sentito.-

Dura. Fredda. Malvagia. Quella voce….

-Scusami…- ripeté, cercando di essere un po’ più sicura. –Io….non lo farò più…-

Quando lo vide muovere una mano verso di lei, si ritrasse, spaventata e le sfuggì un singhiozzo che le scosse tutto il suo esile corpo, anche troppo piccolo per una ragazza di quindici anni. Lo vide sorridere soddisfatto.

Ma non voleva picchiarla, non in quel momento, almeno.

Con la mano la afferrò per la divisa e la riportò a forza in piedi. Anche così, però, lui continuava ad essere più alto ed imponente di lei.

Sentiva le gambe tramare per la paura e per il dolore, causato dallo essere stata troppo accucciata sul freddo pavimento della stanza. Temette che, se lui non avesse continuato a tenerla per la divisa, sarebbe caduta.

-E ora che fai?! Piangi?!- sbottò la voce severa del suo futuro marito.

Non se ne era accorta.

Con un piccola mano andò a toccarsi una guancia e la trovò bagnata. Alla fine, anche le lacrime avevano vinto su di lei. Era proprio….debole…

Sei una debole…Narcissa….

Non aveva la forza né per essere fredda e spietata come sua sorella Bellatrix, né per ribellarsi come sua sorella Andromeda.

Un pezzo inutile….

La bambolina di Lucius…

La pedina facile dei Black…

Narcissa…

Chiuse gli occhi azzurri e chinò il capo. Ciocche di capelli biondissimi le ricaddero sul giovane volto.

Non sarebbe sempre stato così, si disse. Un giorno l’avrebbe fatta pagare a tutti quanti. Un giorno, prima o poi, sarebbe diventata anche lei….forte…

Lucius la lasciò andare, gettandola con violenza contro uno dei tavolini.

Non urlò. Quello era poco come dolore…

-VATTENE!- le urlò con rabbia. –Le ragazze stupide che frignano…mi fanno schifo!-

Nott e Lastrange scoppiarono a ridere e, con loro, anche Bellatrix.

Quella, con un sorriso ironico sulle belle labbra rosso fuoco, si alzò dalla poltrona con la maestria di una pantera e si avvicinò a Lucius, fino ad appoggiarsi a lui con fare provocatorio.

-Abbi pazienza, Malfoy. –gli sussurrò con la voce di una sirena. –Cissy è ancora una ragazzina…con il tempo cambierà. Anche se, temo, non sarà mai un granché, come donna…-

Posò il capo sulla sua spalla, dolce come una gatta e fissò con i suoi occhi assolutamente freddi la sorella minore.

-Non lo hai sentito, Cissy? Ubbidisci!-

E Narcissa, senza guardarla più in faccia, si mise nuovamente in piedi, cercando di stare ritta sulle gambe instabili.

Procedette senza degnare nessuno di uno sguardo, diretta alle scale che portavano ai dormitori. Durante il suo tragitto, nessuno osò parlare.

Quando fu arrivata al piano superiore, potè tornare a respirare.

Quando si fu, finalmente, chiusa in camera….potè dare sfogo a tutte le sue lacrime.

Malfoy continuò a fissare con stizza le scale, che davano al piano di sopra, anche quando la sua fidanzata se ne fu andata.

Poi, sibilando un’imprecazione, tornò a sedersi con i suoi compagni.

Bellatrix lo seguì.

-Tua sorella è la peggiore disgrazia che mi sia capitata.- fece con rabbia, rivolto alla ragazza. –E devo pure sposarmela…-

Bellatrix rise di gusto, standogli molto vicina.

-Devi sposarla, non viverci assieme, Malfoy.-

Il ragazzo ghignò, pienamente d’accordo con la Black.

-Detesto il suo modo di guardarmi…-

-Nostro padre dice che Cissy ha lo stesso sguardo sfrontato di Andromeda e Sirius.- disse la mora, andando ad accendersi una nuova sigaretta. –Forse è per questo che non sopporti come ti guarda.-

Il voltò di Lucius si indurì, diventando come la pietra.

-Non parlarmi di quel sudicio traditore di tuo cugino…- sibilò. –Altrimenti ecco che, magicamente, spunta anche quello schifoso pezzente di un filobabbano di Potter…-

Severus, che, fino a quel momento, se ne era stato tranquillo a studiare, alzò lo sguardo sui suoi compagni di casa.

Anche lui aveva un’espressione indecifrabile.

-Potter e mio cugino avranno quello che si meritano.- meditò Bellatrix. –Bisogna che qualcuno insegni loro a comportarsi come si conviene con chi è superiore a loro. E poi…ci sarebbero altre persone da punire, non credi?-

Lucius fece un sorriso sarcastico. –Ci sarebbe la Mezzosangue Evans e…l’amichetta. La piattola Olsen.-

-Te la sei vista brutta, eh Malfoy?- fece Bellatrix, cominciando a ridacchiare.

Lui la trucidò con lo sguardo, facendola smettere di ridere all’istante.

-Vedrai che a quella mocciosa non tornerà più la voglia…- soffiò con ira.

A quel punto, fu il turno di Lestrange.

-Potter la deve pagare.- disse. –E’ ora di finirla, una buona volta. Se vuole sbattersi la Mezzosangue e beccarsi qualche malattia, faccia pure. Ma non può più continuare a mettersi contro noi Serpeverde.-

La donna del gruppo si alzò in piedi, tendendosi con grazia seduttiva e puntò gli occhioni blu sui ragazzi lì presenti.

-So già cosa fare.- comunicò. –Ci stavo già pensando, in effetti.-

-E allora?- la incalzò Nott. –Parla, Black.-

Lei fece un sorrisetto subdolo, che Lestrange adorò.

-Per distruggere un gruppo...bisogna colpire dove c’è l’anello più debole…- sentenziò. –I famosi Malandrini hanno più segreti di quanto potete immaginarvi, ci avete mai pensato? Compaiono all’improvviso e, sempre improvvisamente, spariscono. Conoscono passaggi a noi sconosciuti, sono amici del Preside… Potter sa fare incantesimi molto strani, a volte, che non sembrano poi appartenere così tanto alla cerchia di quelli consentiti dalla scuola, e poi…Lupin. Quel ragazzo…è un vero mistero per me…-

Piton, che fino ad allora aveva ascoltato il discorso di Bellatrix, si affrettò a tornare a leggere. Aveva fatto un giuramento, non avrebbe mai potuto parlare….di quello, anche se avrebbe tanto voluto.

-Cosa proponi di fare, Bella?- domandò Lestrange.

-Conoscere. Poi colpire.- disse con fredda lucidità. –Scoprirò il segreto dei Malandrini e anche quello privato di Lupin, anche se credo di avere già una mezza idea di ciò che nasconde…-

Lucius puntò il suo sguardo grigio su di lei.

-E come farai?-

-Te l’ho già detto, si parte sempre dall’anello più debole della catena…-

Malfoy fece un ghigno crudele. –Quindi partirai con il piccolo povero pisciasotto Minus?-

Bellatrix scoppiò a ridere, insieme agli altri ragazzi.

-Minus è già mio, ce l’ho in pugno.- dichiarò, ridendo di una crudele e fredda allegria. –Io mi riferivo proprio a…Lupin.-

-Non sottovalutarlo, Bella.- fece Severus ad un tratto, tornando partecipe alla discussione. –Potresti rimanerci fregata. Tra tutti i Malandrini, lui mi sembra l’unico ad avere un po’ di cervello.-

Lei fece spallucce, come a dire che quello che Piton diceva non le importava granché.

-Lo vedremo.- disse. –Voi pensate pure alle ragazzine, io mi occuperò dei pesci grossi e poi….vi farò sapere.-

 

 

***

                                

 

A cena, nell’ampia Sala Grande, tutti quanti si ritrovarono.

Da quella sera, tutto sarebbe inesorabilmente cominciato a crollare…..fino alla fine.

Sarebbe cominciata una lunga spirale di tradimenti, cose non dette, sussurri all’ombra e tristi paure.

Fino alla fine di tutto. La Morte Signora…

Il gruppo dei Malandrini sarebbe caduto come un castello di sabbia, fondato su una frase che oramai non aveva più effetto.

Ma, dove tutto si spegneva, qualcosa avrebbe sempre continuato a brillare, anche quando l’oscurità più buia avrebbe sommerso tutto.

Lo sguardo di James, anche se per un attimo, incontrò quello di Lily…

Quando i Malandrini, divi di Hogwarts, varcarono la soglia, rumorosi e simpatici come sempre, tutti si voltarono a guardarli ammirati.

In testa c’era Lupin, che procedeva davanti a Potter, facendosi strada tra gli studenti, che ancora dovevano prendere posto al loro tavolo.

Dietro di lui, gli altri tre amici.

James al centro. Alla sua destra Sirius, che gli cingeva fraternamente le spalle con un braccio e rideva con lui. Alla sua sinistra, silenzioso ed impacciato, stava Peter.

C’era qualcosa di orribilmente simbolico in tutto questo…

Remus, un giorno, si sarebbe ritrovato a procedere da solo, avanti, con il passato dietro di lui, che, pian piano, svaniva, lontano….

E James, il cuore del gruppo, sarebbe dipeso dai due amici  che gli camminavano accanto. Uno destra. L’altro a sinistra.

A volte, ad essere fatalisti non si sbaglia.

A volte, la vita, dispettosa, ci mostra cosa sarà di noi, disponendo i nostri passi in un consueto cammino, facendoci compiere dei gesti, a parer nostro, innocui.

-Ma guarda!- fece Sirius. –La Evans è già qui, Ramoso!-

James rise. –Sì, l’avevo già notata.-

Appena entrato, lui l’aveva cercata con lo sguardo e, pura casualità o meno, i loro occhi si erano incontrati.

Lei sedeva quasi al centro della lunga tavola di Grifondoro e, piacevole sorpresa per lui, vicino a lei, intenta a chiacchierare a raffica, c’era una quanto mai impacciata e dolcissima Victoria.

Quella ragazza era un mito.

Non sapeva bene di cosa parlare con una persona come Lily Evans, perciò andava per tentativi, discutendo un po’ di questo e un po’ di quello.

Sirius Black, accorgendosi in quel momento delle due ragazze  e della missione difficilissima nella quale si era lanciata la Olsen, si lasciò sfuggire un dolce sorriso, raro per uno come lui, rivolto alla moretta.

-Andiamo a sederci vicino a loro?- domandò Lupin, che già conosceva la risposta.

-Decisamente sì!- fece Potter, partendo a passo spedito.

Subito, Black lo trattenne per un braccio e, facendo in modo che soltanto loro due sentissero, domandò:- Ma sei proprio sicuro?-

James non aprì bocca, limitandosi soltanto ad annuire con una decisione che lasciò Sirius disarmato. Non poteva proprio ribattere.

Sospirando rassegnato, Felpato partì per primo in direzione delle due ragazze, sorpassando Lupin, che guardava ora Sirius, ora James, con espressione sospettosa. Quei due ne stavano combinando una delle loro.

-Possiamo?- chiese Sirius alle due ragazze, con una buffissima cavalleria.

Victoria gli sorrise raggiante, bellissima nella sua semplicità. –Accomodati, Black!- rispose, facendogli un altrettanto cortese gesto con la mano.

Sirius andò proprio a sedersi accanto a lei.

-Buonasera Evans!- salutò, sporgendosi.

Lily, seduta dall’altro lato accanto a Vick, fece un cenno della testa in risposta.

I suoi occhi verdi erano già puntati su qualcun altro, che si avvicinava pericolosamente.

James Potter si fermò proprio davanti a lei, con il suo solito sorriso furbo e subdolo, che tutto e niente diceva.

-Heylà, Evans!- la salutò. –Ti sono mancato?-

-Per niente.- fu la secca risposta.

Lui non ci fece caso e, orrore, andò a sedersi proprio accanto a lei, che ora si trovava veramente circondata. A destra la Olsen e Black, a sinistra….il maledetto Potter.

Sospirò, quella sarebbe stata una cena terribile. Fu quasi tentata di alzarsi e tornarsene nella sua camera privata da Caposcuola.

Intanto, erano arrivati anche Minus e Lupin, che presero posto davanti a loro, dall’altro lato del tavolo.

Il primo le rivolse un timido saluto, il secondo le sorrise benevolmente.

-Allora? Di cosa stavate ciacciando, mie belle meraviglie della natura?- fece Sirius, con la sua più perfetta aria da incantatore di fanciulle.

-Non osare provarci con me, Sirius, o ti faccio fare la fine di Malfoy!- rise la Olsen, dandogli un innocuo colpetto sul braccio.

Black assunse una spassosissima aria orripilata. –Oh, no, ti prego!- esalò, fingendosi sconvolto. –Non potrei vivere senza! Pensa a quante ragazze ne soffriranno!-

Scoppiarono tutti a ridere, eccetto Lily e Minus, che continuava a guardarsi intorno con un certo nervosismo.

Lei si voltò alla sua sinistra.

James rideva come un matto, tanto che si era dovuto anche togliere gli occhiali. I suoi occhi neri scintillavano di genuino divertimento, e, così aperto e felice di stare con i suoi amici, era bellissimo.

-Black! Smettila di fare l’idiota o ti sbatto contro il muro!!- urlò Vick, ridendo festosamente e minacciando il ragazzo con un forchetta.

-Ah, si???- fece Sirius, con un sorrisetto allusivo. –E cosa vorresti farmi, eh, ragazzaccia?-

Non appena Victoria comprese il significato di quelle parole diventò carminio e si scagliò brontolando sul ragazzo, ingaggiando una vera a propria lotta  di morsi, solletico e pizzicotti.

-SMETTILA DI FARE IL PERVERTITOOOO!!!- gridò, come urlo di battaglia.

Di nuovo tutti giù a ridere.

-Sta attento, Felpato!- lo avvertì Remus. –Vick è pericolosa!!!-

Il povero Black non ebbe il tempo di rispondere, troppo attento a difendersi dagli attacchi spietati di quella furia indomabile.

E Lily, che si godeva lo spettacolo da così poca distanza, si chiese dove fosse finita. Sembrava di stare tra i matti.

Si allontanò un po’, ma facendo così andò a cozzare con il braccio di James. Lui neppure se ne accorse, troppo intento a ridere e fare battutine con Remus, però lei sentì come una scossa strana percorrerle il corpo.

Sollevò lo sguardo su di lui, ma lo riabbassò subito, in imbarazzo.

Ma cosa le stava succedendo?

Perché si sentiva così?

Era soltanto Potter. Soltanto Potter l’idiota. Quello che, ogni dieci minuti, finiva dal preside e si beccava una punizione.

Quello che, insieme ai suoi compari, faceva perdere punti a Grifondoro!

Doveva avere un’aria strana, perché Remus, sorridendole gentile, le disse:

-Sta tranquilla Evans, non siamo sempre così. A volte, di rado, capita che siamo un po’ più normali…-

Lei si limitò ad annuire, non sapendo bene cosa rispondere.

Non era molto a suo agio tra le persone, troppo abituata a stare da sola. Invece, proprio quella sera, si era seduta a tavola, aspettando di cenare da sola, come al solito, ed era arrivata Victoria Olsen, che aveva provato in tutti modi ad attaccare discorso con lei.

E poi, ciliegina sulla torta, pure i Malandrini al completo.

Ad un tratto, James si voltò verso di lei, con un sorriso stupendo.

-Ti senti come un pesce fuor d’acqua, eh, Evans?- le chiese, apparendo preoccupato. –Scusaci, non ti abbiamo fatto partecipare…-

Lei spalancò gli occhi verdissimi, e, gesticolando con le mani, disse, imbarazzata:

-M-Ma no, Potter!! D-Davvero! Tutto bene! Mi diverto! Non ti preoccupare!-

Lui le sorrise nuovamente, gentile come era, dolce come era, attento a lei…come era. Sempre.

-Allora, dimmi. Hai passato una bella giornata?- le domandò. –Io a lezione da Lumacone stavo quasi per addormentarmi.-

-Chi?- fece lei, non riuscendo a capire a chi si stesse riferendo.

James rise. –Ehm…Lumacorno, scusa. Dicevo lui.-

-Voi lo chiamate così?-

-Sì.- fu la semplicissima risposta.

Lily rimase un attimo senza parole, poi, collegando le immagini, non potè fare a meno di sorridere. Adesso, nella sua testolina, si agitava l’immagine del suo Proff. di Pozioni con una lumaca spalmata sulla faccia e un’altra sulla testa quasi pelata.  Disgustoso.

-Accidenti, Evans!- esclamò James, felice. –Stai sorridendo!!!-

Lei si immobilizzò all’istante e arrossì furiosamente.

-Che scemo.- constatò Remus. –Certo che la Evans sorride. È un essere umano come tutti!-

James scosse la testa dai capelli neri scarruffati.

-Sì, però…è la prima volta che sorride per qualcosa che ho detto io!- fece, esultante.

-Dài, Evans! Sorridimi ancora, su!- le disse, sollecito. –Ti preeeeeego!!-

Aveva la faccia buffa e simpatica. Lily sarebbe anche potuta scoppiare a ridere sul serio, ma, così sotto pressione, non poteva fare altro che arrossire ed arrabbiarsi.

-Falla finita, Potter!- sbottò, tornando quella di sempre. –Non riesco a ridere a comando!- fece, imbarazzata.

Lui però continuò a punzecchiarla per un po’, fino a che, finalmente, Sirius Black, riemergendo dalla battaglia con la belva assetata di sangue, non gli disse di smetterla.

Sembrò tornare la calma, anche perché la McGrannit, scrutandoli da lontano come un falco, aveva imposto loro con il solo sguardo di darsi una regolata.

Silente, il loro preside, approfittò quel momento di calma, quando gli studenti avevano preso tutti quanti il loro posto, per dare la buona sera ed augurare un buon pasto a tutti.

I tavoli, riccamente imbanditi, si riempirono di delizie e tutti gli studenti si lanciarono su di esse, affamati.

Lily si servì di un po’ di tutto, mentre osservava stupita Sirius e Victoria prendersi una bella bistecca e cominciare a dividersela, per mangiarla in due.

-Ma…hanno intenzione di mangiarsela tutta?!- chiese, sconvolta. –E’ alta tre dita!-

-Quei due sono delle fogne, non farci caso.- le rispose Remus. –Sarebbero capaci di mangiarsi tutto quanto.-

James lanciò ai due squali della situazione uno sguardo schifato.

-Carnivori…- borbottò, risentito. –Quella bistecca è pure al sangue!-

La rossa lo vide servirsi soltanto di verdure e tutto ciò che non fosse carne, alché le sorse spontanea la domanda:

-Potter? Ma tu sei vegetariano?-

Lui annuì, orgoglioso. –Certo!- disse. –Ci sono più sostanze nei vegetali che in quell’orribile carne sanguinolenta! Ma non ci pensi mai, Evans?- le disse, presissimo dai suoi discorsi.- Sarebbe come…prendere un povero cervo che passeggia tranquillo tra i boschi, sparargli e cuocerlo alla griglia!! ORRIBILE!-

-Che palle, James…- si lamentò Sirius, con la bocca piena.

-TACI! Schifoso carnivoro!- gli urlò contro Potter, risentito.

Remus sospirò, scotendo la testa.

Lily, sorpresa da quella rivelazione, osservò James curiosa. Non lo faceva vegetariano, proprio lui! E invece…

-Beh…posso almeno servirmi del pollo, Potter?- gli chiese, divertita.

Lui ci mise un po’, prima di darle una risposta.

Alla fine, squadrando la teglia dove giaceva il defunto pollo in questione con sguardo di sufficienza, disse:

-Se proprio ne hai questa necessità, Evans…-

Quella sera, Lily cenò tranquilla e piacevolmente allietata da tutti quei simpatici ragazzi che si divertivano a fare i giullari.

Non credeva che si sarebbe mai divertita, in loro compagnia.

Di solito, quando vedeva Potter avvicinarsi con la sua cricca, se ne andava, senza aspettare che lui si sedesse. Avrebbe dovuto restare quelle volte, si disse.

Allora, come mai quella sera era rimasta? Cosa era successo di diverso?

Beh, forse era stata Victoria a distrarla.

Quando i Malandrini erano arrivati, lei non aveva fatto in tempo a svignarsela.

O, forse, era stato lo sguardo di Potter, in Biblioteca.

Quando la cena fu finita e molti studenti cominciavano già ad avviarsi verso i loro dormitori, Lily si alzò da tavola, serena.

Alla fine, il dannato Potter, era riuscito a fregarle il gommino e a scioglierle i capelli, una cascata di puro oro rosso che le scivolava morbidamente sulla schiena.

-Vado in Sala Comune.- comunicò a tutti. –Buona notte.-

Le rispose un divertente coro di voci.

James la osservò farsi largo tra i loro compagni e uscire dalla Sala Grande, Sirius fece lo stesso.

Potter sorrise bonario ai suoi amici e si mise in piedi, sotto lo sguardo curioso dei presenti.

-Beh, vi lascio.- disse. –Ho da fare.-

Remus, che già da prima di cena sentiva puzza di guai, lo scrutò con fare inquisitorio.

-Fare che cosa, James?- domandò.

Il capo dei Malandrini fece uno strano sorriso, che preoccupò Lupin ancora di più. Non dette una risposta esauriente e se ne andò, prima che gli venissero fatte altre domande.

Uscì dalla sala senza degnare nessuno di uno sguardo, con un solo obbiettivo in testa. Doveva trovare la Evans prima che fosse troppo tardi.

I corridoi della scuola, a quell’ora della sera, erano bui, illuminati soltanto dalla luce delle torce.

Superò un gruppo di ragazzini di Tassorosso del secondo anno e corse spedito verso la Sala Comune dei Grifondoro.

Non aveva molto tempo per attuare il suo piano.

Sperava solo che la Evans ci cascasse.

Quello era l’unico modo che aveva trovato.

Non si sarebbe tirato indietro, per nessun motivo.

Disse in fretta la parola d’ordine, quando si trovò di fronte al ritratto della Signora Grassa e si precipitò nella sala calda ed accogliente dei Grifoni.

Per un attimo, guardandosi intorno, non la vide e fu preso dal panico, poi, tornando ad osservare meglio la stanza, la vide.

Se ne stava accoccolata su di una poltrona vicino al camino, intenta a leggere un libro.

James sorrise. Lei era così teneramente abitudinaria in certe cose…

Lo faceva per lei.

Unicamente per lei.

Non per soddisfare se stesso.

Per lei.

Perché desiderava ardentemente salvarla…

Le si avvicinò in silenzio, senza farsi troppo notare dai Grifondoro che ridevano e scherzavano, appena tornati dalla cena.

Quando le fu abbastanza vicino, si chinò sulle ginocchia, davanti a lei, per poterla guardare in faccia.

Lily lo guardò, per un attimo stupita di esserselo ritrovato davanti.

-P-Potter…- fece, stranita. –Ma cosa…-

Lui le fece cenno con un dito di tacere.

-Ho bisogno di parlarti, Evans.- le disse. –Da soli.-

Lei rimase impalata. Il libro in grembo ormai privo di attenzioni.

Non seppe cosa rispondere.

Che cosa poteva volere lui da lei?

Perché in privato?

Lui e lei da soli…

Non le piaceva tanto l’idea, conoscendo il tipo.

Scosse la testa, convinta.

-Scordatelo, Potter.- fece. –Se è tanto importante dimmela qui, sennò pazienza. Io non ci sto da sola con te.-

Lui le sorrise. –Paura che ti mangi, Evans?-

Era bello e provocante, in quel momento. Le altre ragazze avrebbero subito urlato un sì. Ma lei non era “tutte le ragazze” e, da sola in una stanza con James Potter, non ci stava. Ne potava anche dipendere la sua stessa vita.

-Sei hai voglia di giocare, vattene. Lo sai cosa ne penso io.- gli disse, tornando seria. Ormai del tutto dimentica della bella cena passata con lui e gli altri.

-Tu pensi subito male, Evans!- la riprese lui, con un ghigno. –Io voglio veramente solo parlare con te.-

Sbuffò, arrabbiata di trovarsi in una situazione del genere.

Ma che accidenti voleva??

Era stata tanto bene, fino a quel momento! Ed eccolo che tornava a rompere…

-Se non verrai di tua spontanea volontà, ti prenderò con la forza.- le disse lui, all’improvviso, lasciandola senza parole. –Coraggio Evans, fa la brava e seguimi.-

-COSA?!- sbraitò lei.

Fortunatamente nessuno degli altri se ne curò.

-Mi stai minacciando, Potter?!- fece, furibonda.

-Esatto.- rispose lui con la sua migliore faccia tosta. –Ho bisogno di scambiare quattro chiacchiere con te, che tu lo voglia, oppure no.-

-E si può sapere dove vorresti andare a parlare?- chiese lei, alla fine.

-Dove vuoi.- le disse lui. –Non mi importa il posto.-

Allora Lily si mise a ragionare.

Purtroppo non poteva più uscire dalla Sala Comune, tra poco sarebbe scattato il coprifuoco e non voleva assolutamente, lei che era Caposcuola, essere beccata in giro per i corridoi da un professore o, peggio, da un altro Caposcuola.

Sarebbe stato troppo umiliante.

Ma non voleva neppure portarlo nella sua stanza singola, che si trovava distante dagli altri dormitori dei Grifondoro.

James la osservò ragionare, già a conoscenza della risposta che lei gli avrebbe dato. Era in trappola.

-Ok, Potter. –acconsentì infine. –Andremo a parlare nella tua stanza, va bene?-

Alla fine, pensò Lily, quella era la soluzione migliore. Nella stanza dei Malandrini non sarebbero stati soli a lungo, sarebbero arrivati anche gli altri tre, alla fine e, male che andasse, c’erano altre camere vicine.

James annuì, senza dire nulla e si alzò in piedi, aspettando che lei facesse lo stesso.

Presa! Presa in pieno. Aveva catturato la Evans!

Attraversarono in silenzio la Sala Comune e presero a salire le scale che portavano ai dormitori maschili.

Lily dovette trarre un lungo respiro, prima di salire il primo gradino. Mai, MAI, avrebbe pensato di ritrovarsi in una situazione simile.

Maledetto Potter!!

Salirono, ancora zitti. Lui la precedeva di poco.

Quando giunsero al piano dove si trovavano i dormitori dei ragazzi, le fece cenno di seguirlo, conducendola fino ad una porta di legno scuro, identica a molte altre, dove stava un bel cartello colorato che diceva:

 

 

“Questa è la stanza dei Malandrini! I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso, vi danno il loro più sincero benvenuto. Entrate, o voi, che non avete assolutamente buone intenzioni!!”

 

Poco più sotto stava la caricatura di quello che doveva essere Severus Piton che, salutando con una manina, diceva in un fumetto:-Io qui non posso entrare.-

James aprì la porta e si fermò sulla soglia, invitandola ad entrare con un cenno galante.

Lily si introdusse nella stanza con un certo nervosismo e, quando sentì James arrivare, dopo essersi chiuso la porta alle spalle si girò di scatto.

-Bel disegno.- disse lei, alludendo alla caricatura di Piton.

-Ti piace?- fece lui, sorridendole. –L’ho fatto io.-

-Bravo.- commentò lei acida.

-La scritta invece è di Remus. È l’unico di noi che sa scrivere bene…-

La rossa si guardò intorno, costatando che in quella camera c’era un certo disordine. La sua era sempre linda e pulita, invece.

Beh, del resto si parlava della stanza di quattro ragazzi, due dei quali erano Potter e Black.

-Allora?- fece incrociando le braccia. –Di cosa devi parlarmi, Potter?-

Lui andò a sedersi su di un letto, quello vicino alla finestra. Il suo, probabilmente.

Lei, invece, restò rigorosamente in piedi.

Per un po’ James non parlò, troppo intento a fissare il pavimento. Sembrava stesse pensando intensamente e alla ragazza non piacque.

Si era cacciata nei guai e ora non sapeva proprio come uscirne.

Maledetto Potter!!

-Ho da proporti una cosa Evans.- cominciò James all’improvviso.

Lei gli lanciò un’occhiata sospettosa.

-Diciamo…un accordo.- continuò lui.

Trattenendo a stento una risata cattiva, la ragazza lo invitò ad andare avanti, con un cenno della testa.

-Ti starai chiedendo perché ti tiro fuori una cosa simile…- fece James, guardandola.

-In effetti…- ammise lei con ironia. –Ma, tranquillo Potter, da te sono abituata ad aspettarmi di tutto.-

-Bene!- fece lui. –Molto saggio da parte tua, Evans. Allora ascolta quello che ho da dirti…poi mi risponderai, ok?-

-Ok.-

-Tu non mi sopporti, Evans. Lo sanno tutti, ormai.- cominciò lui. –Non ti sto simpatico, è vero?-

-Diciamo che sei il classico tipo di persona che non sta bene vicino a me.-

-Perfetto.- le concesse lui. –Io però ho voglia di farti capire quanto ti sbagli.-

-Ah, si?-

-Esatto.- fece lui, annuendo. –Tu non mi conosci affatto, Evans. Eppure, a priori, mi detesti e non mi dai alcuna possibilità. Non puoi negarlo.-

La ragazza sospirò, esasperata.

-Potter, si può sapere che razza di discorsi mi vieni a fare?- protestò, stanca. –Ho di meglio da fare che stare qua a parlare di queste sciocchezze.-

-Hai detto che saresti rimasta ad ascoltarmi fino a quando avessi finito. Mantieni la parola, Evans.-

Era vero. Lily si calmò, andando a sedersi sul davanzale della finestra, essendo così più vicina a James.

Lo guardò e capì che lui, in quel momento, era serio.

Quella camera era silenziosa e lei lo capì solo in quell’istante. Erano da soli. Da soli veramente. Era sola con Potter!

Si sentì nuovamente prendere da quella strana sensazione che la affliggeva da tutta la giornata.

-Vai avanti, allora.- gli disse.

Lui annuì. –Facciamo un patto, io e te, Evans.-

-Un patto?- ripeté lei.

-Un accordo. Chiamalo come vuoi.-

-E sarebbe?-

-Tu mi starai vicino per un periodo di tempo.- le disse. –Verrai dove vado io, frequenterai gli amici che frequento io, praticamente, ti comporterai un po’ come la mia ombra.-

Lily rise, ritenendo che fosse decisamente meglio prendere la cosa con ironia, piuttosto che arrabbiarsi e compiere l’omicidio di Potter.

-Tu sei completamente idiota!- disse.

-Forse.- fece James. –Però è l’unico modo che ho per potermi far conoscere da te. Se tu ti comportassi in modo diverso, io non sarei mai arrivato a questo.-

-Ma io…in tutto questo bel patto, che cosa ci guadagnerei?- sbottò lei, infastidita.

Potter sorrise. –Beh, apparte il conoscere me…- lei lo fulminò con lo sguardo e lui si affrettò a continuare. -Farò anche io una cosa che vuoi tu, ovviamente.-

A quel punto, Lily si zittì.

Non le piaceva affatto ciò che stava succedendo. Per nulla.

Stringere un patto con James Potter?

Non le pareva poi tanto raccomandabile.

Insomma, lui era James Potter!!

Però…non poteva negare di essere anche un po’ curiosa. Curiosa di vedere come sarebbe stato il potersi lasciare andare, il potersi togliere finalmente quella maschera di ghiaccio e conoscerlo veramente.

Conoscere lui, conoscere i Malandrini, conoscere Victoria, così simpatica…

Forse dopo tanto vivere reclusa, solitaria, la vita le stava dando una possibilità. Doveva solo fare un passo e saltare.

Era difficile, ma, per un volta, poteva anche rischiare.

Tanto, male che fossero andate le cose, la sua vita non sarebbe mai andata peggio di come stava andando ora.

-Per quanto, Potter?- chiese.

Lui parve pensarci un po’. –Fino a Gennaio.- rispose. –Quando, dopo le vacanze di Natale, ci sarà il ballo d’inverno. Per quell’occasione il nostro patto sarà terminato e tu potrai liberamente decidere se rimanere in camera da sola, come hai sempre fatto, oppure partecipare alla festa con me.-

Lily assentì.

-E io?-

-Te lo ripeto, puoi farmi fare quello che vuoi.-

-Qualunque cosa?-

-Qualunque, Evans.-

Le labbra da bambola della ragazza si piegarono in un sorriso pericoloso.

-Bene, Potter. Allora, fino a Gennaio, tu non alzerai mai più la bacchetta su Severus Piton…-

James aprì la bocca, indignato, come a voler protestare. Ma fu lei, stavolta, a fargli cenno di tacere.

-…e…non farai più scherzi idioti insieme ai tuoi Malandrini.- terminò, soddisfatta.

James, sembrò un attimo combattuto su cosa rispondere. Lily era trionfante, alla fine lo aveva fregato lei!

Però, dopo pochi attimi, durante i quali il povero James Potter disse addio a tutti quei bei mesi di divertimento assicurato, quello annuì.

-Daccordo, Evans. Mi pare uno scambio equo. Anche se, lasciatelo dire, sei crudele.-

-Faccio solo il mio dovere di Caposcuola, Potter.- rispose lei, con un sorriso che tanto sapeva di….Malandrino!

A quel punto, la porta del dormitorio si aprì, lasciando entrare Sirius Black, con un bel sorrisone soddisfatto.

Chiuse subito la porta ed entrò, scrutando bene i due compagni Grifondoro.

-Allora, finite le trattative?- fece, con un riso beffardo.

James annuì, alzandosi dal letto ed andando verso l’amico.

-Sei sicuro, Ramoso?- chiese ancora Sirius. –Guarda che ho sentito cosa ti ha chiesto di fare!-

-Beh, è solo fino a Gennaio, infondo.- fece James. –E poi non rinuncio a questa cosa.-

Black, allora, si arrese definitivamente.

Aveva provato di tutto per dissuaderlo, da quando lui gliene aveva parlato quella mattina, durante una noiosissima ora di Ruff. Dopo essere tornato dalla Biblioteca, James sembrava più deciso che mai a voler cambiare la Evans.

-Vieni, Evans.- fece James, rivolto alla ragazza, ancora seduta.

Lei lo guardò, interrogativamente.

-Beh, dobbiamo suggellare questo patto, in modo che nessuno di noi due faccia il furbo e si ritiri prima dello scadere del tempo. È una cosa seria.-

-Va bene.- acconsentì la rossa, andando dai due ragazzi. –Che dobbiamo fare?-

Sirius estrasse la bacchetta dalla tasca dei panatoli. –Il voto infrangibile.- disse.

Per un momento lei lo guardò come se non avesse capito bene.

Poi, quando si rese conto che i due ragazzi erano serissimi, allora sgranò gli occhi e li guardò entrambi, ritenendoli dei veri e propri pazzi.

-Voi siete fuori!- fece, sconvolta. –Il voto infrangibile?! Ma vi rendete conto?! È da pazzi! Potrebbe essere pericoloso!!-

-E’ da persone serie, Evans.- disse James. –E non sarà pericoloso, se rispettiamo i patti.-

Semplice.

Troppo semplice, secondo lui.

Lily non la vedeva nella stessa maniera.

Stringere il voto infrangibile per una stupida ripicca tra diciassettenni era da matti. Matti da legare!!

E, peggio cosa tra tutti, se i professori lo fossero venuti a sapere, li avrebbero come minimo espulsi. Quella non era magia da fare tra studenti!

-Cosa fai, Evans? Non dirmi che proprio ora ti tiri indietro.- fece James.

-Stai esagerando, Potter!- disse lei. –Non giocare con il fuoco! È pericoloso quello che vuoi far fare a tutti e due!-

-No, non lo è.- dichiarò lui, tranquillo. –Devi soltanto stare ai patti e, se sono i professori che ti preoccupano, mia cara Caposcuola, sappi che faremo in modo che non se ne accorgano. Non lo saprà nessuno, te lo prometto. Piuttosto, perché non ti assumi la responsabilità di ciò che hai appena detto a me?-

Presa in contropiede, Lily non seppe più che ribattere.

Infondo, Potter aveva ragione.

Se avesse mantenuto il suo giuramento, non le sarebbe capitato nulla. E, come sotto controllo c’entrava lei, c’entrava pure lui. Anche lui rischiava. Anche lui avrebbe rispettato la parola data.

-Va bene.- fece, alla fine. Già consapevole di stare facendo l’assurdità più assurda della sua vita. –Facciamolo! Forza Black.-

Si portò di fronte a James e gli porse la mano destra, che lui strinse con la sua, senza esitare. Allo stesso tempo, Sirius li raggiunse, ponendosi tra di loro e posando la punta della sua bacchetta sulle loro mani intrecciate.

James e Lily si fissarono per un lungo istante.

Poi, quando ormai il silenzio si era fatto denso, James parlò.

-Evans, giuri di rimanere vicino a me, fino allo scadere del tempo che abbiamo stabilito, e di non allontanarti mai dalla mia persona, se non nei limiti che il potere del Voto stabilirà?- chiese, con voce ferma.

-Lo giuro.- disse Lily.

Dalla bacchetta di Sirius partì un fascio di luce brillante, che andò ad avvolgersi intorno alle mani dei due ragazzi.

-E tu, Potter, giuri che, fino al limite di tempo stabilito, non alzerai mai la bacchetta contro Severus Piton, con il puro intento di provocare danno alla sua persona?-

Anche se il suo volto faceva ben notare quanto gli costasse, James rispose:

-Lo giuro.-

Una seconda lingua di luce uscì dalla bacchetta di Black, andando a raggiungere la prima, formano una sorta di catena luminosa.

-E giuri anche che, entro il tempo limite, non farai più scherzi agli altri studenti, ai professori e al custode, comportandoti da bravo ragazzo?- aggiunse Lily.

I due Malandrini quasi scoppiarono a piangere, però la risposta di James non tardò ad arrivare.

-Lo giuro.-

E una terza lingua di fuoco, più luminosa delle altre due, andò ad avvolgersi intorno a quelle due mani intrecciate. Per poco, l’intera stanza dei Malandrini fu inondata da una luce accecante, poi, tutto tornò come prima.

Sirius, ancora scosso, ripose la bacchetta, non sapendo che, un giorno ancora lontano, proprio la sua tanto odiata cugina si sarebbe ritrovata nella sua medesima situazione.

James e Lily, lentamente, si lasciarono la mano.

-E….e adesso?- chiese la ragazza, strofinandosi il polso destro.

-Beh…- fece James. –Adesso stiamo ai patti.-

-Grazie, Potter. Fino a questo ci arrivo da sola…-

Lui fece per risponderle con una battuta velenosa, che, sapeva, l’avrebbe fatta arrabbiare ma, proprio nello stesso momento, la porta della stanza fu spalancata con violenza, come se qualcuno l’avesse sfondata.

Tutti e tre i ragazzi sussultarono, spaventati.

Nella stanza entrò Remus Lupin, sparato come un proiettile e con un’orribile espressione in volto. Era furente.

Dietro di lui, a passettini piccoli piccoli, arrivò anche Peter, terrorizzato dall’amico.

-COSA DIAVOLO AVETE FATTO?!?!- urlò Lupin, che, fosse stata Luna Piena, ne avrebbe approfittato per divorarli.

-Dannazione…- fece Sirius. –Avevo pagato quei ragazzini in modo che lo distraessero, ma…-

-Ma io lo sapevo che stavate combinando una delle vostre e mi sono sbarazzato in fretta di quei mocciosi!- terminò Remus, gli occhi ridotti a due fessure. –Credete che sia deficiente?! AVANTI! COSA AVETE COMBINATO!?!?-

Sembrava volesse saltare addosso ai suoi due amici.

-Eppure ve lo avevo detto che siamo all’ultimo anno, ma no, voi fate sempre come volete!! Avete pure tentato di tenermi lontano dal luogo del crimine!-

Remus si guardò attorno, come alla ricerca di indizi sospetti che potessero aiutarlo a capire di cosa, quella volta, erano colpevoli i suoi migliori amici.

E, stranezza delle stranezze, notò che nella loro stanza c’era Lily Evans, che lo fissava impietrita. Prima, intento a rimproverare i due disgraziati, non l’aveva proprio notata.

-E-Evans?- balbettò il biondo Caposcuola, confuso. –Che ci fai qui?-

A quel punto, James decise di intervenire e di dire la verità all’amico anche se, con ogni probabilità, quello avrebbe poi tolto il saluto sia a lui che a Sirius.

-Io ed Evans….abbiamo stretto il Voto Infrangibile, Rem.-

Ecco, aveva lanciato la bomba. E adesso?

Di solito, dopo le notti di Luna Piena, dopo essere stato alla Stamberga Strillante, Remus J.Lupin aveva un aspetto orribile. Era terribilmente pallido e malaticcio. Ma, quella sera, la sua povera pelle raggiunse un tale livello di biancore che Nick-Quasi-Senza-Testa, avrebbe potuto tranquillamente affermare di essere quasi abbronzato, al suo confronto.

Peter, preoccupato, corse ad afferrare l’amico, pericolosamente in procinto di ruzzolare per terra.

Fu così che il povero Remus fu fatto sedere sul suo letto, mentre James gli raccontava tutto, temendo per il povero cuore ligio alle regole dell’amico.

Ogni tanto, durante il racconto, Lupin scoteva il capo, orripilato. Nella mente, una sola parola che si ripeteva senza pietà: espulsione di massa.

Alla fine, disperato, levò lo sguardo su Lily.

-Evans….loro lo capisco, sono idioti dalla nascita.- disse, alludendo ai suoi amici.  –Ma…ma tu…come?-

Lei sospirò. –So quello che ho fatto, Lupin. Non ti preoccupare.-

-Ma non ti rendi conto?! È rischioso, molto!-

-Lo so.- fece lei. –Ma ormai…Non si piange sulla pozione versata.-

Per un po’ non parlò più nessuno, così Lily, ormai stanca dopo tutte quelle emozioni, decise di andarsene finalmente a dormire e di lasciare quel gruppo di svitati.

-Beh, io me ne vado a letto.- comunicò. –Ci si vede domani. E tu vedi di rispettare i patti, Potter. Per il tuo bene!-

Ma Remus non le dette il tempo di muoversi, afferrandola velocemente per un braccio.

-Aspetta, Evans!- fece, turbato.- Non sappiamo “quanto” puoi allontanarti da James, adesso. Forse per il Voto da qui alla tua stanza di Caposcuola siete troppo lontani! Cosa accadrebbe se fosse così?? È troppo rischioso.-

-E con questo?!- scattò Lily, cominciando seriamente a preoccuparsi. –Cosa vorresti dire con questo, Lupin?!-

Anche James, adesso, guardava preoccupato Remus.

-Voglio dire che non avete stabilito una distanza, perciò non sappiamo quanto puoi stargli lontana! – sbottò, infervorandosi. –Ti facevo più prudente!- la rimproverò.             

–Credo che la cosa migliore da fare per te sia quella di stare vicino a lui, almeno fino a quando non troveremo la maniera di capire meglio gli accordi che avete preso con il Voto. Quindi, Evans, devi anche dormire vicino a James.-

Ecco, altra bomba della serata.

Lily, improvvisamente, divenne livida in volto ed assunse un cipiglio che avrebbe reso orgogliosa la McGrannit.

Si voltò, furente, verso James, che cadde letteralmente dalle nuvole.

-Potter!-

-Evans?- fece lui, non riuscendo a capire.

-POTTER!!!!-

-Si, Evans?-

Lei marciò verso di lui, furiosa come un Ungaro Spinato, e gli si piazzò davanti, fissandolo con sguardo omicida.

-DANNATO! Tu…sporco…sporco….viscido, schifoso, maledetto….POTTER! TU! Tu lo sapevi che sarebbe andata così!!! DIMMELO! Lo sapevi??? Lo hai fatto apposta!-

James, terminata la sfuriata di Lily, rimase con gli occhi spalancati, sconvolto e stupefatto. –COSA!? Ma sei fuori, Evans?!- protestò, offeso. –Ma ti pare che io pensavo ad una cosa del genere!!!??? C’ho pensato solo quando lo ha detto Remus!!!-

Doveva essere davvero arrabbiato e risentito, perché Lily tacque e non insistette oltre.

Tornò da Remus, sedendosi vicino a lui e sospirò.

-Ok, siamo degli emeriti idioti. E ora che facciamo?- domandò, più a se stessa che agli altri.

-Vabbè, non ci vedo nulla di grave!- fece Sirius, l’accomodatore per eccellenza. –Dormi con James, il letto è grande!-

Lei lo gelò con un’occhiata assassina.- Te lo scordi, Black! Io non dormo nello stesso letto con lui!-

-E allora ti accomoderai sul pavimento!- ribatté Sirius.

-NEPPURE PER IDEA!- strillò la ragazza, fuori di se. –Io non ci dormirò mai in una camera con quattro ragazzi!!! Levatevelo dalla testa!-

-Tre!- replicò Sirius con un sorriso ironico. –Tre ragazzi! Remus ancora non si è capito cosa sia!-

Il diretto interessato saltò su come una molla, già parecchio arrabbiato di suo.

-FINSCILA DI SFOTTERE SOLTANTO PERCHE’ NON HO ANCORA AVUTO UNA RAGAZZA!!!! E POI NON E’ IL MOMENTO!-

I due Malandrini restarono a fissarsi. Uno con un sorrisetto soddisfatto sul volto, l’altro ancora ansante.

Lily, seduta sul letto, osservò quei due con sguardo atono. Lo sapeva, lo sapeva che di Potter non c’era da fidarsi.

Stupida! Stupida! Stupida!

E adesso?

Lei e Potter….dormire insieme??

No, doveva essere un incubo! Non poteva essere vero!

Dannazione!

Alla fine, si era ritrovata nei casini. D’altronde, c’era da aspettarselo.                                

Fino a Gennaio….  

Tutto quel casino fino a Gennaio…

Maledetto James Potter!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 

Ok, ragazzi! Spero tanto che il capitolone vi sia piaciuto!

E’ stato molto faticoso per me scriverlo, perciò vi avverto, se non recensite vi scordate il seguito!! ( me cn aria minacciosa)^^

Ci sarebbero veramente tantissime persone che dovrei ringraziare…

Innanzi tutto quelli che leggono questa storia.

GRAZIE MILLE!!!!^^

Poi, tutte le ragazze, stra-gentilissime che mi stanno sempre vicino e commentano questa fic, lasciandomi sempre delle belle recensioni.

Un bacione a:

-Ali-del-Sole.

-AkitoandSana.

-Black-Witch.

-Kikio92

-Iside 1985

-Mangaka91

-Kagome92

-Masuko (tesssoro mioooo!)

-Dana-

-Serporo.

-Albicoccacida.

-LadyMimi

-Stellina250

-puccalove90

-Milla92

-aly12Potter

-Vicky Evans

 

GRAZIE MILLE A TUTTEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Spero di non avere dimenticato nessuno! A presto!

Vostra,

Lady Tsepesh

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Capitolo 5
*** The Unbreakable Vow [part two] ***


CAPITOLO 5  “THE UMBREAKABLE VOW [part two]”

 

 

 

 

 

 


Ancora seduta al fianco di Lupin, Lily Evans sospirò, prendendosi il volto stravolto tra le mani.

No, non era proprio possibile. Doveva essere un sogno, anzi, no, un incubo.

Eppure, fin dal suo primo anno, si era sempre detta di non dare mai, per alcun motivo, ascolto a James Potter. Invece, per Merlino, quella volta si era fatta fregare!

Ormai erano rinchiusi in quella stanza da un po’ e non si era trovata alcuna soluzione.

Gli occhi di tutti i presenti, chissà per quale astruso motivo, erano rivolti a Remus, l’anima pensante per antonomasia, ma lui sembrava non volere più aprire bocca.

James Potter, seduto a gambe incrociate sul suo letto, sembrava seriamente dispiaciuto per Lily, di certo non pensava di arrivare ad una cosa del genere…

-Mi spiace, Evans…- disse, mesto.

-Risparmia il fiato, Potter.- ribatté lei, acida. –Prega solo che non mi venga mai in mente di versare del veleno nel tuo bicchiere!-

Sirius Black, da sempre un ragazzo spensierato, se ne stava semi disteso sul proprio letto. Puntò gli occhi blu notte sulla ragazza e sbuffò, contrariato da tutta la sua, a parere proprio, ingiustificata acidità.

Lui, davvero, al posto loro, tanti problemi non se li sarebbe proprio fatti.

Puntellandosi su di un gomito, si alzò di poco, tanto per poter guardare bene in faccia la rossa. Compiendo tale movimento, qualche ciocca di capelli corvini si liberò dal laccio, ormai compromesso da tempo, dopo la zuffa con Vick, e gli ricadde sul viso.

-Vabbè, oh! Vediamo di trovare una soluzione veloce, mi sto stufando.- esordì, guadagnandosi l’attenzione degli altri Grifondoro. –Credo di sapere come fare…-

-Non voglio che sia tu a trovare la soluzione, Black.- sbottò subito Lily. –Non mi fido delle tue idee. Sei un tipo poco affidabile!-

-Fai male.- disse lui, incurvando le labbra in sorrisetto poco rassicurante. –Perché io ho proprio trovato la soluzione che fa per voi.-

-E sarebbe?- fece Remus, incurvando un sopracciglio, per nulla fiducioso nell’amico.

Solitamente, i piani di Black non solo erano quasi sempre destinati al fallimento, ma anche a gravissimi guai e crudeli punizioni.

Felpato non si fece scoraggiare dalla poca fiducia di Lupin e continuò.

-Stavo pensando che Evans è una Caposcuola come te, Rem.-

-Quindi?-

-Tu hai una camera singola, oltre ad un posto in questa stanza, no?-

-Certo.- ringhiò Remus. –E ci dormirei anche in quella bella camera da Caposcuola, se tu non la usassi come luogo di ritrovo con le tue amichette…-

-Sì, beh…questo non ci interessa, al momento.- si barcamenò Black. –Ora, Evans e Jamie potrebbero usare una di quelle stanze, così lei non sarà costretta a dividere una camera con quattro ragazzi….- concluse, con un sorriso compiaciuto.

Passò in rassegna tutti quanti con lo sguardo, come a sfidarli a dire che non era un’idea eccellente.

Remus sembrava ancora scettico, Peter non aprì bocca, James sembrava assorto nel ragionare su quella proposta e Lily era furente.

-Non dormirò mai in una stanza dove tu vai a sbatterti le tue puttanelle, Black!- disse ad alta voce e rossa in viso.

-Benissimo, pure io sono più contento.- dichiarò Sirius con la sua più bella faccia tosta. –Allora tu e James dormirete nella tua camera da Caposcuola, Evans.-

La ragazza aprì bocca, come per protestare, ma sembrava che la facoltà di parlare l’avesse all’improvviso abbandonata.

Restò ammutolita, senza la forza di ribattere.

Non voleva dormire con quattro ragazzi, ma non voleva neppure stare da sola con Potter nella sua bellissima ed ordinatissima stanza.

Che poteva fare? Non c’erano poi molte alternative….

Se qualcuno avesse scoperto tutto quel casino, sarebbe stata la fine. Se lo sentiva, sarebbe stata espulsa da scuola proprio l’ultimo anno.

-Credo che l’idea di Sirius sia la migliore alternativa per te, Evans.- ammise Lupin alla fine. –Dividere questa stanza con tutti e quattro è impensabile, ammettiamolo. Siamo quattro ragazzi e tu sei una ragazza, capiterebbe di tutto….Abbiamo tutti la necessità di vestirci, cambiarci, andare al bagno, farci la doccia e altro….-

Lily, nel valutare tutte quelle possibilità, per poco non si sentì davvero male.

-Invece…- continuò il biondo Grifondoro. -…tu e James sareste solo in due, dopotutto. Non dovrebbe essere poi così difficile poter convivere insieme. Basta che sappiate darvi delle semplici regole, no?-

La povera rossa non seppe che rispondere.

Certo, Remus aveva ragione.

Però neppure dividere la sua stanza con Potter le sembrava una grande idea.

Beh, in fondo ci si era buttata lei in quel guaio…

-Va bene.- accettò con un lungo e doloroso sospiro. –Potter verrà a dormire nella mia camera.- disse, facendo ben attenzione a non guardare in faccia il diretto interessato.

Si alzò da dove era seduta, mettendosi in piedi e sovrastando tutti quanti.

Avrebbe volentieri tolto 1000 punti a Grifondoro, per sfogare la sua rabbia, ma sarebbe servito soltanto ad impedire alla sua casa di vincere la Coppa delle Case.

-Prendi la tua roba e andiamo, Potter. Ho sonno.- imperò con l’autorità di una vera Caposcuola.

Quello le fece un bel sorriso, per nulla turbato dall’astio che aveva sentito dalla sua voce. Doveva averci fatto l’abitudine, dopo tutti quegli anni…

Mentre il Cercatore più in gamba di Hogwarts faceva le valigie e Sirius, suo grande amico, inscenava un esagerato lutto per quell’abbandono, Lily ritornò da Remus, l’unico componente di quel gruppo dotato di un cervello, secondo lei.

-Vedrai che troveremo un modo per uscirne, sta tranquilla, Evans.- le disse, tornando ad essere gentile come sempre. –Devi solo avere pazienza.-

-Lo spero, Lupin.- rispose.

-Remus.- fece lui con un sorriso. –Ci conosciamo da quasi sette anni, no?-

-Ok, allora Remus.- disse la ragazza. –E io sono Lily.-

-Certo.-

In fondo, si disse, in tutta quella situazione disastrosa, magari poteva anche trovare un lato positivo. Forse, per la prima volta in tutta la sua vita, avrebbe potuto entrare in contatto con dei ragazzi della sua età, fare amicizia.

A volte, l’essere sempre così sola, riusciva a logorarla fin dal profondo.

-Vedrai che con James ti divertirai un sacco! Lui è spassosissimo!- squittì Peter all’improvviso, sorridendole amichevolmente.

Remus si limitò a lanciargli una veloce occhiata, ancora scosso dall’ultimo loro dialogo. Lily invece gli regalò un bel sorriso.

-Grazie per l’incoraggiamento, Minus. Non credo mi divertirò, però.-

Il ragazzo si limitò a ridacchiare piano, quasi con timidezza.

Non era un tipo che riusciva bene a capire. Minus le era sempre apparso come un ragazzo troppo strano ed impacciato, non si era mai fatta un’idea chiara di lui.

Spesso si era chiesta cosa ci facesse uno come Peter Minus insieme a Potter, Black e Lupin.

Riportò lo sguardo su James, intento a mettere le sue cose in baule con un Sirius alquanto esagerato che simulava una disperazione atroce, stando attaccato alle sue gambe e lasciandosi trascinare per la stanza. Ridicolo. Però a Lily strappò quasi un sorriso.

-Dai, Siri! Mica non ci vedremo più!- stava dicendo James, cercando si staccarsi l’amico di dosso, dopo che, per la terza volta, aveva rischiato di finire spalmato a terra.

-Ormai ti abbiamo perduto, Ramosoooooo!!!!! – piagnucolò Black. –Niente più scherzi a Mocciosus, niente più scherzi in generale!!! E…DIVISI!!!-

-Beh…- intervenne Remus. –Io credo che questa sia l’unica cosa positiva di questo macello. Almeno non rischierete l’espulsione per un po’ di mesi ed io potrò starmene tranquillo.-

-CRUDELE!!!!- strillò Sirius, riservandogli un’occhiataccia. –Il nostro Jamie ci sta lasciando, te ne rendi conto??? Addio Malandrini!-

-Non preoccuparti, Black. Appena potrò te lo riporterò all’istante.- intervenne Lily.

James le fece un bel sorriso simpatico, come a farle capire che non faceva più caso a quelle sue frecciatine.

Con un rumore secco chiuse il baule e si voltò verso gli altri.

-Andiamo, Evans?- fece, tranquillissimo.

Lei, invece, sembrava avere l’espressione di qualcuno che ha ingerito una Gelatina Tutti I Gusti + Uno al sapore di…..meglio non dirlo.

-Andiamo, Potter.- ringhiò fuori dai denti.

Si alzò dal letto di Remus e si avviò alla porta, mentre i ragazzi restavano indietro.

-Vedi di comportarti bene, James.- fece Remus, dando una pacca affettuosa all’amico.

-Chiamami, hai capito!!!???- piagnucolò Sirius, ancora preso dalla sua scenetta da innamorata abbandonata. –Usa “quello” e chiamami!!!-

Lily non volle neppure pensare a cosa potesse essere “quello”. Un problema alla volta.

-C-Ciao James…- disse Peter, avvicinandosi all’amico.

Il Malandrino gli sorrise e con una mano andò a scompigliare dispettosamente i capelli biondicci di Minus.

-Se hai bisogno, io ci sono. Ok, Pete?- gli disse.

Quello annuì, anche se con una certa rigidità non giustificata.

Lily non dimenticò mai il tono di voce e l’espressione di James Potter, quando pronunciò quelle parole.

Lo notò anche dopo, mentre tornava a dedicarsi agli altri due amici.

James aveva il modo di fare di un papà, oppure di un fratello maggiore. Aveva sempre creduto che, in un gruppo come i Malandrini, un ruolo del genere appartenesse a Remus, invece si era sbagliata.

Lo vide tornare al baule e puntare su di esso la bacchetta, pronunciando l’incantesimo di levitazione.  Quello, ubbidiente, prese a galleggiare dietro di lui.

Le si avvicinò e le fece cenno di fargli strada.

-Dopo di te, Evans.- le disse con un sorriso.

E lei, ancora un po’ scossa, partì, con l’odiato James Potter alle spalle ed il baule galleggiante dietro di loro.

I Malandrini li salutarono al principio delle scale, non seguendoli nella discesa.

Presero a scendere lentamente. Non dovevano fare troppo rumore, e poi tutto intorno a loro era buio, ormai. Doveva essere scattato il coprifuoco da un bel po’.

Lily procedeva cauta, attenta a non mancare un gradino, riuscendo solo a vedere, alla fine della scala, la luce del fuoco che continuava a scoppiettare in Sala Comune.

Il silenzio era quasi tangibile, dovevano essere andati tutti a letto.

Ad un tratto, sentì James, ancora dietro di lei, sussurrare :- Lumos.-

Subito, una tenue luce bianca si diffuse intorno a loro.

Arrivati nella sala dei Grifoni, si ritrovarono soli.

Riponendo la bacchetta e guardandosi intorno, James le tornò vicino.

-Allora?- le disse.

Sbuffando, lei marciò spedita verso un arazzo rosso e oro che prendeva gran parte di una parete della stanza. Sollevò il pesante tessuto, giusto quel tanto che bastava per individuare il muro, completamente bianco e pulito.

Prese la sua bacchetta e picchiettò tre volte sulla parete, pronunciando infine:

-Rosarum Regina.-

E, come spesso capitava ad Hogwarts, tanto che nessuno ne era più molto stupito, nella parete si disegnò un passaggio ovale, che permetteva a chiunque di entrare e di incamminarsi per il lussuoso corridoio che si sviluppava da lì.

-Seguimi, Potter.- fece lei, attraversando l’apertura.

-Con molto piacere!- disse lui, seguendola.

Subito, il passaggio si richiuse dietro di loro e, contemporaneamente, le torce disposte in fila sul muro si accesero, illuminando il piccolo corridoio e creando delle strane sfumature sul tappeto rosso, ricamato in veri fili d’oro, dove loro due poggiavano i piedi.

C’erano due porte. Una sulla destra, l’altra sulla sinistra.

Lily prese quella di sinistra, ben attenta a non lanciare neppure un’occhiata alla destra, ora che sapeva quale era stato il suo utilizzo fino a quel momento.

Aprì, anche se non con tanta allegria e si fece da parte, lasciando entrare James, che si guardava intorno incuriosito.

-Bella stanza!- fece, depositando il baule a terra. –Vi trattate bene, voi Caposcuola.-

-E’ la ricompensa per le nostre fatiche, Potter.- rispose lei.

Chiuse la porta e la consapevolezza di essere nuovamente sola con lui la colse all’improvviso con un strana stretta allo stomaco.

Per un attimo, credette quasi di non essere più in grado di respirare.

-Tutto bene, Evans?- la raggiunse la voce di lui.

Si voltò, tornando  a guardarlo, ed annuì, anche se poco convinta.

James sembrò capire, però, che qualcosa si agitava all’interno della ragazza, perché si affrettò a dire:

-Ok gli scherzi, però….Davvero, Evans. Io non farò nulla.-

Le sfuggì un sorriso, nel sentire quelle parole, che sembravano dette anche con un certo impaccio.

Scosse il capo, facendo ondeggiare i suoi bei capelli rossi.

-Non preoccuparti, Potter. Anche perché, se tu avessi intenzione di fare qualunque cosa, ti farei fare una brutta fine. Adesso devo trovare un modo per sistemarti…-

Prese a camminare per la stanza, pensierosa.

James stette a guardarla in religioso silenzio, silenzioso spettatore, appoggiandosi ad una parete, felice di averla, finalmente, tutta per se.

Chissà se lei si rendeva conto di quanto potesse essere micidiale la sua semplice e pulita bellezza. A volte, James si chiedeva se un giorno, alla fine, sarebbe crollato sotto lo sguardo di quegli occhi da gatta, sempre cosi seri ed autoritari.

Beh, forse, visto come stavano andando le cose…lo avrebbe scoperto presto.

 

 

***

 

 

C’erano tante persone al mondo da temere, una di queste sarebbe sempre stata Bellatrix Black.

Questo pensò Severus Piton, mentre, in silenzio, osservava la ragazza intenta a confabulare con un gruppo di amiche Serpeverde.

Non aveva idea di cosa stessero parlando, ma le femmine della sua casa sapevano essere veramente pericolose, anche solo per il fatto di avere come capo e somma regina la bellissima Bella.

Pochi Serpeverde se ne erano andati a letto, anche se l’orologio d’argento che avevano nella loro Sala Comune segnava ormai la mezzanotte. Se fosse entrato il professore Lumacorno, loro direttore, e li avesse trovati ancora in piedi, sarebbero stati casini.

Ad un tratto, la bella ragazza dai lucidi capelli corvini lasciò il gruppo ed andò a sedersi proprio accanto a lui, accavallando le gambe e mettendo in bocca una sigaretta, che accese con un semplice colpo della bacchetta.

Piton si finse concentratissimo nel leggere il suo libro. Non voleva parlare con lei.

Bellatrix aveva la facoltà di far fare a chiunque tutto ciò che lei voleva.

Incantatrice come una sirena crudele.

Per un po’, lei non gli rivolse la parola, intenta a fissare sua sorella minore, Narcissa, compostamente seduta su di una poltrona di velluto verde, intenta a leggere un libro di poesie. La più piccola delle Black non poteva andarsene a dormire, se Lucius era ancora sveglio.

Il fidanzato, infatti, lungi dall’avere sonno, faceva amabilmente conversazione con i suoi compagni e delle ragazze Serpeverde del quinto anno.

-Senti un po’, Severus…- iniziò Bellatrix, voltandosi verso di lui.

Il ragazzo, poco felice, chiuse il libro e le prestò attenzione, ben consapevole che non sarebbe servito a niente ignorarla.

-Cosa sai di Lupin?-

La domanda arrivò, semplice, schietta e terribile, come solo Bellatrix Black era capace di formularla.

Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto aspettarselo. Lei era troppo vigile, furba e scaltra…

-Perché mi chiedi una cosa del genere?- fece lui, cercando di apparire sorpreso.

La ragazza incurvò le belle labbra rosse e carnose in un ghigno orribile.

-Perché quella notte è successo qualcosa tra te e gli amichetti di mio cugino, non è così?- rispose lei, astuta. –Siete finiti tutti dal preside ed io so che c’entrava Lupin.-

Sospirando, Severus tentò di sfuggire da quegli occhi blu che ora lo guardavano, quasi folli.

Non poteva dire nulla, erano i patti.

Quel dannato Silente lo aveva fatto giurare.

-Non voglio parlare di quegli idioti.- sbottò con freddezza. –Non so nulla di Lupin, solo che è un idiota della cricca di Potter. Fine.-

Lei non sembrò soddisfatta della risposta, ma non lo aggredì, come invece lui si aspettava. Dette un tiro alla sua sigaretta ed una nuova nuvoletta di fumo rosso si sparse per l’aria.

-Non vuoi aiutarmi, vero?- sussurrò.

-Esattamente. Lasciami fuori dai tuoi giochi, Bella.-

-Va bene.- fece lei, seria. –Ho altri modi per studiare Remus Lupin e gli altri…-

-Cosa hai mente?-

La vide sorridere in modo inquietante. –Ho organizzato qualcosa, insieme alle ragazze…-

-Stai attenta, ti ripeto che non hai a che fare con degli idioti…-

-Certo.- fece lei, annuendo. –Ma qui si parla di furbizia e credo di averne molta di più io..- disse, sorridendo. –Fidati di me, Severus.-

Non seppe cosa risponderle.

Fosse stato per lui, avrebbe contribuito eccome alla distruzione dei Malandrini, ma, purtroppo, era fuori.

Avrebbe però assistito volentieri al teatrino di Bella, probabilmente ci sarebbe stato da divertirsi.

 

 

***

 

 

E, mentre nei freddi sotterranei, forti fondamenta sulle quali si sviluppava il grande costello di Hogwarts, si tessevano trame che, con il tempo, avrebbero portato tante giovani vite alla rovina, c’era anche chi, ingenuamente spensierato e per nulla intimorito da ciò che sarebbe accaduto in futuro, non riusciva a dormire, ma solo per il fatto che i suoi diciassette anni imponevano alla sua persona di godersi la propria gioventù.

Sirius Black non era mai stato tipo di molti pensieri. Remus, a volte, era addirittura arrivato a temere che l’amico proprio non  ce li avesse.

Se ne stava seduto sul suo letto, intento a scegliere i nuovi poster da attaccare alla parete.

I “Magic Sound” avevano fatto il loro corso e le loro reliquie, che Sirius aveva tanto venerato per circa due, tre mesi, erano state riposte in uno scatolone, pronte all’eliminazione.

Adesso toccava ai “Wizards” il posto d’onore. Non sarebbe durato molto, comunque.

Black cambiava mode continuamente.

-Devi proprio metterti a fare questi lavoretti proprio ora, Siri?- fece Remus infastidito, già pronto per andare a dormire. –Non vedi che ore sono?-

-Sì, proprio adesso.- dichiarò lui. –James se ne è andato per sempre ed io sono depresso…- aggiunse, mettendo un broncio addolorato e non curandosi neppure delle proteste di Peter, decisamente assonnato.

Lupin sospirò, levando gli occhi al cielo. –Non fare l’idiota. James ha solo cambiato stanza, non se ne è mica andato.- sbottò, stufato da quella lagna. –Non credo che James ci abbandonerebbe mai. – concluse con un sorriso affettuoso.

Già. Forse era veramente così…

Forse anche in futuro, James….non li avrebbe mai abbandonati.

Non del tutto.

-Siete una lagna.- fece Sirius, sbuffando. –Con voi non mi diverto affatto.-

Scese dal letto, facendo l’offeso.

Remus si trattenne dal ridergli in faccia. Ormai aveva imparato a capire le scenette melodrammatiche di Black ed i suoi repentini cambi d’umore.

Sirius era come il cielo d’estate, capace di regalare giornate incredibilmente luminose e di sostituirle poi, repentinamente, con oscure burrasche.

Era il suo animo, ancora ben lontano da crescere e divenire più razionale, a provocare tutto questo.

Il giorno che Sirius Black si sarebbe messo a riflettere e non si sarebbe fatto guidare solo dal turbinio di emozioni che si agitavano nel suo petto, allora sarebbe veramente stata la fine del mondo.

Pensando questo, Remus sorrise.

-E ora dove te ne vai?- fece, vedendolo avviarsi alla porta.

Peter ormai stava definitivamente crollando dal sonno sul pavimento e festa finita.

Black si voltò a guardare i suoi amici.

-A trovare qualcuno che mi aiuti ad attaccare i miei poster!- disse prima di uscire.

Lupin, povera anima, sospirò.

Sirius aveva addosso solo i pantaloni blu scuro del pigiama ed i capelli sciolti…

Se lo avesse visto qualche ragazza…..!!!!

Lanciando uno sguardo addolorato alla porta si disse che, alla fine, tutte le sue preghiere per garantire la pace in quella stanza, non sarebbero state esaudite…

 

 

***

 

 

Quella notte, proprio gli studenti di Hogwarts non vollero saperne di andarsene a nanna come dei bravi bambini.

Quando poi quello che sogni da tempo ti si materializza davanti agli occhi, allora dormire diviene superfluo. Questo pensarono molte ragazze di Grifondoro, almeno.

Eh, sì.

Perché il caro Sirius Black, pecora nera di uno dei casati più nobili del mondo magico, decise che quella persona che avrebbe vegliato con lui, attaccando poster di un gruppo quasi sconosciuto per molti, sarebbe stata Victoria Olsen.

E, siccome lui, fondamentalmente, era un ragazzo ottimista, decise anche che quella notte, proprio quella notte, per il semplicissimo fatto che lo voleva lui, le scale che portavano al dormitorio femminile si sarebbero lasciate salire da Sua Maestà, facendo qualcosa che era stata impossibile fin dalla fondazione della scuola.

Il ragazzo partì a razzo, convintissimo di arrivare alla meta e restò alquanto deluso quando, fatti pochi gradini, le scale scomparvero lasciandolo cadere all’indietro.

Così, Sua Altezza Reale Black, ruzzolò per terra come ogni comune mortale, battendo il suo prezioso fondoschiena.

Tempo un attimo e l’allarme delle scale, difesa per l’eterna castità delle fanciulle del dormitorio, prese a trillare, annunciando il pericolo di un nuovo speranzoso baldo giovane, minaccia per la loro morigeratezza.

A quei trilli assordanti, che svegliarono mezzo dormitorio, si unirono anche le bestemmie indicibili di Black, tutto dolorante, che ululava pieno di rabbia.

Finì che proprio Victoria fu l’unica a dormire, avendo il sonno pesante e quindi non sentendo assolutamente nulla.

In futuro, se ne sarebbe pentita.

A detta di molte ragazze, scese a vedere cosa stesse accadendo in Sala Comune, Black quella notte era adorabilmente indecente.

Detto Black fu dovutamente circondato da una folla di ragazze di varia età che per poco non lo atterrò, segnando la sua fine.

Ma, quando il povero Sirius fu ormai convinto che quelle pazze assatanate lo avrebbero violentato, Remus e Peter accorsero in suo aiuto, sottraendolo a quella trappola mortale.

Incazzato come un Ippogrifo a cui si è tirata la coda e più scarruffato del normale, Felpato si lasciò ricondurre nella sua stanza, con Remus che si tratteneva dal pronunciare la sua frase a effetto. “Io lo sapevo….”

Quella, sarebbe stata una lunga notte.

 

 

 

-Credo che i tuoi amici ne abbiano combinata una delle loro…- mormorò Lily Evans, lanciando un’occhiata alla porta della sua stanza, come se i temuti Malandrini fossero stati dall’altra parte.

Se ne stava seduta sul suo letto di velluto rosso a gambe incrociate e osservava James, ancora intento a mettere in ordine le sue cose.

Alla fine, avevano deciso di trasfigurare un altro letto, posto vicino a quello di lei, che non ne era stata particolarmente contenta.

La stanza però era quella che era ed avevano dovuto posizionarlo in modo che non togliesse eccessivo spazio.

Potter, che stava rimettendo in ordine le sue cose nel baule, levò gli occhi su di lei e le sorrise. –Tranquilla, Caposcuola Evans. C’è Remus con Sirius e Peter, tutto sotto controllo. E poi chi ti dice che siano proprio loro a fare questo casino?-

-Puro intuito, Potter.- rispose subito lei. –Hai finito con le tue cose?-

-Sì.-

-Allora vieni qui, abbiamo delle regole da fissare, io e te.-

Sospirando teatralmente, James si alzò in piedi ed andò a sedersi accanto a lei. Lily restò un po’ spiazzata. Credeva che Potter si sarebbe accomodato sul suo letto, non proprio su quello di lei, andandole vicino.

Cercando di calmarsi e di non dare ascolto a quella strana agitazione che sentiva, puntò i suoi occhi di giada su di lui.

-Si, Evans?-

-Allora…- cominciò lei.- Regola numero uno: Mai, dico MAI, dovrai spogliarti qui, ok? Te ne andrai in bagno.- enunciò.

-E quando ti spogli tu?- fece lui, con malizia.

-Andrai comunque in bagno.-

-Cosa?!- protestò Potter.

-E’ camera mia, quindi decido io!- ribadì la ragazza. –Poi, regola numero due: quando io mi faccio la doccia, VIETATO entrare in bagno, anzi, tu dovrai uscire dalla stanza e startene fuori dalla porta, che verrà chiusa a chiave.-

-Evans!- protestò James, risentito. –Stai parlando con il Malandrino sbagliato! Io non sono un cane!!-

Lei neanche lo ascoltò.

-Regola numero tre. – disse, invece. –Io devo studiare, quindi guai a te se fai casino, oppure ti rifiuti di venire in Biblioteca.-

-In Biblioteca NO!- sbottò il ragazzo, assumendo un’espressione schifata.

-Sì, invece.- fece lei, risoluta.

Il suo sguardo non dava adito a  repliche.

-Numero quattro…-

-Pure la quattro???- piagnucolò il povero James, che già faticava ad accettare le altre.

-Vietati spostamenti notturni durante la notte. Se ti becco fuori dal letto, intento magari ad infilarti nel mio per fare il furbo, ti giuro che non sarai più in grado di generare figli e quella disgraziata che ti sposerà dovrà tenerti castrato, intesi?-

Deglutendo a fatica, spaventato da quell’orribile minaccia, il povero Potter annuì, abbozzando un sorrisetto intimidito.

-Sta tranquilla, Evans.- le disse, una volta che si fu ripreso. –Io sono un bravo ragazzo. E ,comunque, quando non ho gli occhiali non vedo al di là del mio naso, prima di arrivare al tuo letto, sarò già morto.-

-Eccellente.- fece lei, compiaciuta. –Io, in cambio, farò del mio meglio per starti vicino e seguirti, ok?-

-Affare fatto, Evans.-

-Benissimo. –disse lei, pratica. –Allora vai in bagno a cambiarti, che anche io devo mettermi il pigiama.-

Lo disse con un sorriso da sadica ragazza dispettosa che James adorò.

Si alzò, da bravo bambino ubbidiente, prese la sua roba dal baule e se ne andò in bagno. Una volta chiuso dentro, cominciò a pensare intensamente alla scabrosa immagine di Mocciosus e Malfoy, vestiti da donna, intenti a ballare il tip tap.

Questo era l’unico modo che aveva per non pensare che, dall’altra parte della porta, la Evans stava indossando il suo delizioso pigiamino.

Quando uscì, dopo avere cortesemente chiesto il permesso, Lily era già pronta per andare a dormire. A guardarla, aveva davvero l’aria stanca.

James poteva capirla.

Evans era mattiniera in modo terrificante, studiava a tutte le ore del giorno e stava pure attenta alle lezioni di Ruff, invece che farsi un salutare pisolino, come invece faceva lui, infine passava l’intera giornata a scorrazzare qua e là alla ricerca di regole infrante da scovare.

Doveva essere una vita molto faticosa la sua.

Mentre la guardava avvicinarsi al letto ed affaccendarsi con le coperte, spostandole da una parte, la sua figura gli apparve ancora più piccola e delicata.

Indossava un pigiama più grande del dovuto, di un bel bianco candido, dove stavano disegnate, sparse qua e là, delle nuvolette azzurrine.

I piedini scalzi che si muovevano velocemente sul gelido pavimento di pietra nel vano tentativo di non venire troppo a contatto con il freddo, i capelli rossi liberi sulle spalle, come una cascata di brillante oro rosso, il seno che si scorgeva appena, nascosto da quella maglia volutamente ampia…

James sentì qualcosa sciogliersi nel petto con la dolcezza del miele, mentre ammirava quella scena tanto semplice. Tenerezza….

Sorridendo, si avviò verso il suo letto, cominciando a sentire a sua volta la stanchezza.

Lily gli lanciò un’occhiata di nascosto, ancora turbata da quell’evento così strano che le stava sconvolgendo la vita.

Potter se ne andava a dormire con solo una canottiera, quando ormai cominciava a fare freddo, di notte.

Distolse subito lo sguardo, imbarazzata.

Era indecente, ecco. O, almeno, lo era per lei, che di ragazzi ne vedeva solo abbondantemente vestiti.

Quando lo guardò di nuovo, notò due cose strane.

La prima era una strana catenella d’oro che Potter teneva al collo. Questa se ne stava nascosta sotto la canottiera, quindi Lily non potè vedere che ciondolo vi fosse appeso.

La seconda era la più curiosa.

Sulla spalla sinistra, ben in vista grazie all’indecenza dell’indumento che indossava, spiccava uno strano tatuaggio nero, dalla forma bizzarra.

La ragazza non riuscì bene a capire che cosa fosse, sembrava un simbolo.

-Potter?- chiamò.

Il ragazzo si voltò verso di lei, incuriosito. –Che c’è?-

Lei si peritò un attimo, prima di chiedere.

-Che cos’hai tatuato sulla spalla?-

Quello che vide la lasciò senza parole. James parve, anche se solo per un attimo, congelarsi. Abbassò lo sguardo, poi lo portò nuovamente su di lei e, quando lo fece, già sorrideva spensierato e bonario come suo solito.

-Questo?- fece, toccandosi la spalla. –E’ uno scarabocchio che mi sono fatto fare così, per bellezza. Non sono l’unico ad apprezzare i tatuaggi.-

Non ne fu molto convinta, ma lasciò perdere, infondo aveva davanti a lei James Potter, il cerca guai.  Non doveva stupirsi di nulla.

Si misero a letto, senza più dirsi una parola.

Le luci, magicamente, si spensero, lasciandoli sprofondare nel buio.

In quell’oscurità così opprimente, Lily sentì il respiro calmo e regolare del ragazzo ed il proprio cuore battere come un tamburo.

-Evans?-

Una voce nel buio. Una parola pronunciata così piano che, se non fossero stati in quella stanza rispettosamente silenziosa, lei non sarebbe riuscita a sentirla.

-Si?-

James attese un po’ prima di continuare.

Quando lei credette che lui non avrebbe più detto nulla, quella voce tornò ancora.

-Russi?-

Quella domanda volutamente detta per infastidirla, aveva un tono dolce nascosto al suo interno.

Lily non potè fare a meno di sorridere e fu felice che la camera fosse al buio, così lui non avrebbe potuto vederla.

-No, Potter. Perché?-

La risposta non tardò ad arrivare, come lei sperava.

-Perché, se fosse stato così, non sarebbe stato un problema. Sono abituato con Peter e Sirius….-

Questa volta Lily rise e James, poco dopo, si aggiunse alla sua risata e fu strano.

Fu veramente strano e particolare per entrambi ridere insieme, sentire il suono delle proprie voci insieme.

-Buona notte, Potter.- fece la ragazza, infine, lasciandosi sfuggire in quella frase una piccola sfumatura dolce.

Le labbra di James si piegarono in un bellissimo sorriso, che lei non avrebbe mai visto. -Notte Evans, sogni d’oro.-

 

 

***

 

 

La mattina dopo, svegliata da un insistente raggio di sole che, dolcemente, le solleticava il viso, Victoria Olsen aprì i suoi occhi azzurri, fissando, in quel confuso dormiveglia, le tende scarlatte del suo baldacchino.

I respiri lenti e pacati delle sue compagne le fecero intuire che stessero ancora dormendo.

Si portò una mano sul viso, cercando di ripararsi dalla troppa luce, alla quale non era ancora abituata.

Poi, lentamente, lasciò ricadere il braccio sul letto e, con la mano, andò a toccare qualcosa di liscio e rigido sul cuscino.

Incurvando la fronte, confusa, afferrò quello che capì essere un semplice foglietto stropicciato di carta.

Se lo portò davanti agli occhi, ancora un po’ intontita, chiedendosi come avesse fatto a finire nel sul letto.

Con mano incerta lo spiegò e lesse ciò che vi era scritto. Non riconobbe la calligrafia.

 

“ E’ tempo che parliamo di ciò che veramente è importante per noi.

Ti aspetto questa notte alle dieci in Biblioteca.”

 

 

 

 

 

 

 

 

Ok, pampini miei!!!! Fine del quinto capitolo, postato per grazia divina, visto che sono incasinatissima con la scuola. Chiedo scusa se non riuscirò a postare con regolarità, ma vi assicuro che ce la sto mettendo tutta.

Bene, vi saluto tutti quanti.

Un bacione!!!^______________________^

Vi prego…..RECENSITEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Fate i bravi, su!!!!!! Che io ci tengo tanto tanto tanto tantoooooooo!!!!!!

 

CIAUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Un saluto grande grande a….

 

-Ali del Sole

-AkitoandSana

-Black-Witch

-Iside 1985

-Kikio 92

-Kagome 92

-Mangaka 91

-Masuko

-Dana

-Serporo

-Albicoccacida

-LadyMimi

-Stellina 250

-Puccalove 90

-Milla92

-aly12Potter

-Vicky Evans

 

 

 

Lalla23, Fly e Cla 92……BEVENUTE!!!!! Questo capitolo lo dedico a voi!!!!!

Mi fa molto piacere che vi siate aggiunte!!!!!^___________^

 

E…infine…la sorpresa più bella del giorno per me……

 

 

CIAOOOOOO Rosgreenday!!!!!   Ma che bello che ci sei pure tuuuuu!!!!! TESSSSSORO!!!!!! Benvenuta!!!! Spero che la storia ti piaccia!!!!^___________^

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Capitolo 6
*** During the Day: Gryffindor's Soul ***


Nota di Lady Tsepesh:

Allora, questo è un messaggio che ci tengo a dare, prima di lasciarvi alla lettura del capitolo. Un attimo di pazienza.

Volevo solo scusarmi con tutti coloro che stanno leggendo questa fanfic, dal momento che, contro la mia volontà, li ho costretti ad attendere moltissimo per questo aggiornamento. Il motivo è uno solo, la scuola. Ho passato le ultime settimane a preparare compiti ed interrogazioni, quindi pensare di mettermi al pc era impossibile! Anche perché, se sono stanca, si nota poi nella stesura del racconto, perché non ho dato il massimo ed io voglio, invece, mettercela tutta in ogni capitolo. Trovo inutile aggiornare, ripeto, solo per dovere di farlo, solo per portare avanti la storia. Siccome ho rispetto di voi e del mio racconto, esigo dare il meglio e, credetemi, se avessi scritto in quel periodo così duro, avrei preso in giro voi e me stessa. Perciò eccomi qui, a scusarmi per la lunga attesa e a darvi le mie ragioni. Liberissimi di insultarmi, di capirmi o di cessare di leggere la fic, se volete.

Io ho voluto essere corretta.

Ma ora basta con questi miei piagnistei, i miei Lily, James, Sirius, Remus, Peter e Vick sono tornati per voi! Spero che continuino a piacervi!

Un bacione a tutti quanti!

Lady Tsepesh

P.s. Come promesso...dedico il cap a “Lilian Potter”! ^^

 

 

 

 

CAPITOLO 6  “ DURING THE DAY: GRYFFINDOR’S SOUL”.

 

 

 

 

 

 

Quella luminosa mattina di Settembre, chiunque si fosse trovato a passeggiare per i corridoi di Hogwarts, parecchi minuti dopo l’inizio delle lezioni della giornata, avrebbe potuto assistere ad uno spettacolo eccezionale ed unicissimo nel suo genere.

Tanto che, se Xeno Lovegood, futuro grande editore del Cavillo, da sempre un ragazzo un tantino strambo, avesse visto con i suoi occhi una scena del genere, sarebbe con ogni probabilità andato poi in giro dicendo che la fine del mondo era ormai prossima.

Causa: I Bisticilli Scempiacervello. Creature assai pericolose capaci di far compiere alle proprie vittime i gesti più strani ed ingiustificati.

Effettivamente, si parlò molto di quella mattina nello scorrere del tempo, proprio perché fu scenario di una scenetta alquanto bizzarra.

Ora, se ciò che accadde fu causa dei precedentemente citati Bisticilli Scempiacervello, di una pozione dagli effetti confondenti, di una pesante caduta di un calderone sulla testa, oppure di un semplice scherzo del destino, non ci è dato saperlo.

Fatto sta che, quella mattina, chiunque si trovasse per caso ancora in giro per il castello, magari con l’idea di farsi una bella forca, potè giurare con lo sputo ed il contrasputo di aver visto James Potter e Lily Evans correre a perdifiato, affannati e arruffati, per i corridoi. Il primo che non faceva altro che scusarsi, la seconda che pareva avere ben chiara in testa l’idea di compiere in diretta l’omicidio del Dio di Hogwarts, e tante condoglianze al suo FanClub.

Adesso….

Vedere James Potter correre come un pazzo, in ritardo per le lezioni, era normalissimo, quasi un principio matematico.

Vedere Lily Evans berciare assatanata contro Potter era altrettanto una normalità, come il giorno che se segue la notte.

Ma, vedere Potter ed Evans correre insieme in ritardo per una lezione…beh…decisamente non era normale!!!

I più scaramantici, a tale visione, sbiancarono d’orrore, convintissimi che sarebbero certamente stati interrogati a tutte le materie e non sarebbero neppure stati in grado di rispondere.

-DANNATO POTTER!!!! Quanto avevi intenzione di dormire ancora, eh????!!!!- stava urlando la Caposcuola di Grifondoro, rossa in viso più dei suoi capelli.

-Scusa, Evans….Mi spiace, davvero…- pigolò Potter, facendosi piccolo piccolo. –Io di solito mi alzo a quell’ora e…-

-E ARRIVI IN RITARDO A LEZIONE! Ecco spiegato il motivo dei ritardi di voi Malandrini!-

La ragazza sembrava furente.

Era sempre più convinta che tutta quella storia non avrebbe fatto altro che rovinarla. Per buttare Potter fuori dal letto ce ne erano volute tutte, quello era capace di dormire anche in piedi!!!

E adesso…chi la sentiva la McGrannit?!

Lily quasi si sentì male a quel pensiero. Erano ben dieci minuti di ritardo, non era mai capitato nulla del genere nella sua perfetta carriera scolastica!

Maledetto Potter!!!

Quel dannato idiota le stava letteralmente stravolgendo la vita…

Arrivarono all’aula di Trasfigurazione quasi buttando giù la porta e, non appena osarono sollevare lo sguardo, assistettero ad una scena tutta particolare.

L’intera classe e persino la professoressa li stavano fissando con tanto di occhi a scodella.

Potter ed Evans…..IN RITARDO INSIEME?!?!

Il fatto fu così sconvolgente che neppure Minerva McGrannit ebbe la forza di partire con una delle sue tirate sulla morale da tenere a scuola.

Si limitò a fissare i suoi due studenti con espressione attonita e ad esalare uno sconvolto –Signor Potter…..s-signorina Evans….-

Lily, troppo devastata per parlare, tentò di spiccicare una sola parola, ma dalle sue labbra non uscì neppure un fiato.

Si sentiva, ormai, la fine sulle spalle. Fredda e spietata come la mannaia di un boia.

Fu James, asso nel raccontare frottole, a prendere in mano la situazione.

Sfoderando uno dei suoi sorrisi più affabili, si avvicinò alla povera Semprevergine, narrandole l’avventura del mattino…

-Professoressa…- incominciò. –Adesso non si metta subito a brontolare, la prego. Posso spiegare tutto io! Non c’è proprio da preoccuparsi, lo sa?-

L’intera classe, ben consapevole di cosa stesse per fare Potter, drizzò le orecchie, sfoderando un ghigno collettivo.

Lily, invece, si voltò a guardare il suo compagno di stanza ancora più sconvolta di prima. Cosa stava per tirare fuori quel matto?!

-Vede, - continuò James. – io ed Evans stavamo diligentemente recandoci a lezione, quando, mi creda, è successa una cosa assai strana…-

-E sarebbe, Potter?- fece la McGrannit, che intanto aveva riacquistato il suo cipiglio severo, riprendendosi dal colpo di avere assistito al ritardo di una dei suoi migliori studenti.

-Ecco…abbiamo sentito dei rumori sospetti e, a quel punto, mica potevamo fare finta di nulla, no?-

L’attenzione della classe era al culmine, come lo era la disperazione della Evans.

 Sconfortata, la ragazza volse lo sguardo verso Sirius, seduto vicino a Peter, e Remus, che occupava uno dei primi banchi.

Entrambi i ragazzi tentarono di farle capire che con James non c’era veramente niente di cui preoccuparsi. Lui era una mito nell’inventare frottole.

Lily non ne era molto sicura. Già vedeva la sua spilla da Caposcuola prendere il volo…

I Serpeverde, seduti all’angolo opposto occupato da Grifondoro, se la ridevano sotto i baffi, pregustando la fine di Potter ed Evans.

Lucius e Bellatrix si scambiarono un lungo sguardo d’intesa.

-Lascia perdere, Potter.- disse ad un tratto la McGrannit, riaggiustandosi gli occhiali sul naso. –Conosco Evans. Se è in ritardo ci sarò una giustificazione più che valida ed io do fiducia ad i miei migliori studenti.- fece, risoluta. –Ti grazio perché eri con lei. Seduti tutti e due ora.-

Non credendo alle sue orecchie Lily si diresse verso un banco vuoto come un automa.

Da una parte era felice della tanta fiducia che la professoressa dimostrava verso di lei, dall’altra non poteva non pensare che adesso l’invidia e la rabbia di tutti i suoi compagni sarebbe aumentata. Avrebbe dovuto scontare quella nuova lode, lo sapeva. Già vedeva le facce schifate dei Serpeverde ed annoiate di alcuni Grifondoro.

James corse a sedersi vicino a lei e, questo, stupì una bella quantità di studenti.

Non sembrava essersela presa per le parole dell’insegnante, anzi, sorrideva. Chinandosi verso Lily, già a capo chino per prendere appunti, sussurrò piano:

-Grazie, Evans.-

Sentendo quelle parole, dette così da vicino, la ragazza avvertì una stranissima morsa allo stomaco ed il respiro mozzarsi.

Quando si voltò verso di lui, le sue guance si erano già accese di un lieve colore rosso, che James Potter adorò.

-Non ho fatto niente, Potter.- disse lei, scrutandolo con i suoi occhioni di giada. –Piuttosto, che non si ripeta più una cosa simile.- aggiunse, tentando di apparire severa.

-Certo.- fece lui. –E’ una promessa.-

E disse quell’ultima parola con un tono ed un’espressione così solenne che riuscì a strappare un sorriso alla ragazza.

-Adesso zitto, Potter. C’è lezione.- lo ammonì, dandogli un colpetto sul braccio.

James accusò il colpo, sorridendole, anche se dubitava che un colpo della Evans sarebbe mai riuscito a metterlo veramente al tappeto.

Prese i propri libri dalla borsa e li sistemò sul banco, cercando di non contraddire più la Evans, almeno per quella giornata. Tuttavia, malgrado tutti i suoi buoni propositi, la tentazione di guardare cosa stesse facendo Sirius, pochi banchi davanti a lui, fu troppo forte.

Sollevò lo sguardo.

Black se ne stava seduto in bilico sulla sedia, dondolandosi, e sembrava profondamente concentrato a fissare il soffitto. Peter, seduto accanto a lui, stava a capo chino, tentando di stare dietro alla spiegazione della McGrannit.

Prendendo visione di quanto il proprio migliore amico fosse preso dalla lezione di Trasfigurazione, James sghignazzò.

Con un ghigno perfido,tipicamente malandrino, afferrò uno dei suoi quaderni e strappò di netto una pagina pulita.

Lily si voltò a guardarlo, confusa, cessando di prendere appunti.

-Potter, che stai facendo?-

-Shhh!!!-

Prese ad appallottolare il pezzo di carta sotto lo sguardo impotente della Evans, che già aveva cominciato a presagire puzza di guai.

E poi, prima che la povera Caposcuola potesse dire o fare qualcosa, la pallina di carta partì, sparata come un missile grazie ad un solo cenno della bacchetta del ragazzo, finendo la propria corsa sulla testa mora di Black.

Quello per poco non ruzzolò per terra, colto di sorpresa. L’aiuto di Minus fu provvidenziale.

Si voltò indietro, pronto a beccare il colpevole e non fu molto sorpreso di trovare il sorriso furbo di James e lo sguardo esasperato di Lily.

Sorrise a sua volta, facendo loro un cenno della mano, e rilanciò la palla al mittente.

Brutta mossa. Lily lo capì subito vedendo la professoressa torreggiare cupamente dietro Sirius, ancora tranquillamente girato verso James, il quale cambiò repentinamente espressione, vedendo quel demone infernale ergersi alle spalle del suo migliore amico.

-BLACK!!!!- urlò la McGrannit, inferocita come un ippogrifo al quale non è stato fatto un inchino. –POTTER!!!-

Lily raggelò. Ma perché, perché, quei due dovevano essere COSI’ stupidi??? Ma dove potevano trovarsi il giorno della distribuzione dei cervelli?! Probabilmente in punizione anche quella volta.

L’unico che, tuttavia, sembrava aver veramente capito la gravità della cosa era Lupin. Il povero ragazzo pareva friggere sulla sedia e non staccava gli occhi di dosso all’insegnante, terribilmente preoccupato.

-Se non trovate interessanti le mie lezioni….FUORI!- terminò la Semprevergine.

Ecco la bomba.

Remus per poco si sentì male. Il suo viso, in genere sempre pallido, divenne ancor più bianco del solito e la sua espressione assunse i toni di chi è prossimo a vomitare. A fargli compagnia…Lily, finalmente resasi conto dell’abnorme danno.

James e Sirius parevano non averci fatto caso. Ridacchiavano tra di loro, già in piedi, pronti a svignarsela da quella noiosa lezione di Trasfigurazione umana, argomento che, guarda caso, conoscevano bene.

-Perfetto, noi togliamo il disturbo professoressa.- fece Black, compiendo un mezzo inchino e rendendo la donna ancora più furiosa.

Potter fece per seguirlo, ma una mano di Lily, afferrato un lembo della sua camicia, lo fermò. –Dove cavolo credi di andare, idiota?! Non possiamo dividerci, no?!- soffiò la ragazza, ansiosa. –Non ti ricordi più, razza di scemo?!-

James capì all’istante e, dandosi mentalmente del cretino, comprese di trovarsi seriamente in guai seri. E adesso?!

Sirius lo aspettava alla porta, guardandolo impaziente e la McGrannit se ne era tornata a scrivere alla lavagna, continuando la spiegazione.

Cavolo! Non poteva andarsene! Non poteva uscire!! Cosa sarebbe successo poi?!

Notando l’espressione sconvolta di Potter, Lily fece un sorrisetto ironico ed amaro.

-Meglio tardi che mai, eh, imbecille?- disse acida. –Ora risolvi questo casino.-

Fattosi piccolo piccolo, James annuì.

-Ehm… professoressa?- chiamò, titubante.

La classe era totalmente concentrata sul ragazzo.

-Ancora qui, Potter?- fece la donna, senza voltarsi. –Mi pare di essere stata chiara. Esca con il suo amico Black.-

Sospirando, James si avvicinò all’insegnante, che si voltò a guardarlo con severità.

-Mi dispiace, professoressa. Le chiedo scusa. Ci terrei a rimanere.-

Ecco, quello fu davvero il momento della giornata nel quale i più scaramantici e credenti nel fato ebbero il netto presentimento che presto il mondo sarebbe esploso, i Serpeverde sarebbero andati in giro ad aiutare i poveri Babbani senza tetto e Silente si sarebbe trovato, finalmente, una dolce compagna con la quale tubare amorevolmente durante una tranquilla passeggiatina all’interno della Foresta Proibita, divenuta un luogo fiabesco ricco di fiori, farfalle ed elfi ballerini.

Persino la McGrannit strabuzzò gli occhi, incredula.

-E’ che…insomma…- fece James, rendendosi conto dell’assurdità della situazione.  – Insomma, siamo all’ultimo anno.- buttò lì, sperando di finirla in fretta.

Inutile dire che molti ragazzi presenti in classe spalancarono la bocca e sgranarono gli occhi, assumendo un’espressione basita. Alcuni Serpeverde scoppiarono a ridere. Si sarebbero ricordati di questo momento in futuro per avere un altro motivo valido per attaccare Potter.

Per un istante la professoressa stette in silenzio, squadrando James dalla testa ai piedi. Le sue labbra erano rigide ed assottigliate come lame e le narici fremevano pericolosamente. Infine, scoccando un’occhiata gelida, si decise a dare il responso che ormai tutta la classe attendeva.

-Dovevi pensarci prima, Potter. Prima arrivi tardi, dopo ti metti a giocare…             

Sono stufa delle vostre stupide trovate, che vi serva da lezione. Spero crescerete un giorno. Ora fuori.-

Si voltò di nuovo, tornando a scrivere alla lavagna, dando ad intendere che non c’era davvero più niente su cui discutere.

Lily si sentì morire.

Se fosse accaduto qualcosa…sarebbero stati espulsi, OVVIO!!!

Scambiò un lungo sguardo con James, poi, facendo un lungo respiro, gli fece cenno di uscire. Era inutile riprovare con la McGrannit, era furiosa e a buon ragione.

Sperava solo che andasse tutto bene, in fondo non conoscevano ancora la distanza che il patto aveva loro imposto. Poteva andare tutto bene!

Anche Remus, rassegnato, incoraggiò James ad allontanarsi.

Basta indugiare, no?

“O la va, oppure la spacca.”

E poi, prima o dopo, avrebbero dovuto provare. Magari non con un insegnante vicino, ma…

Traendo un lungo sospiro, James Potter, asso nel combinare guai, si diresse verso l’uscita dell’aula, dove lo attendeva Sirius a braccia conserte.

Ovviamente Black ancora non era arrivato a capire in che casino si era cacciato il suo migliore amico…

-Andiamo, Ramoso! Che aspetti?-

Fulminandolo con lo sguardo, James aprì la porta e, sentendo lo stomaco ridursi alla grandezza della punta di uno spillo, attraversò l’immaginaria linea di demarcazione tra aula e corridoio.

Sia lui che Lily, in quel fatidico momento, chiusero gli occhi.

Quando li riaprirono…

….non era successo niente!!

Lily e Remus si guardano. E adesso?!

 

Senza fare tante storie, Sirius chiuse la porta alle loro spalle e prese a marciare, baldanzoso, per il corridoio.

Si stupì, tuttavia, di non sentire la presenza del suo amico vicino a lui. Si voltò, scocciato, trovando James ancora vicino alla classe.

-Che cavolo fai, Jamie?!- sbottò.

-Ma sei scemo oppure no?!- fece l’altro, guardandolo con rabbia. –Hai pure fatto da testimone!! Il voto tra me ed Evans, ricordi?!-

Come da aspettarsi, Sirius Black cadde dalle nuvole.

Sgranando gli occhi blu e mettendosi una mano alla bocca, pigolò un disperato:

- …Porcaccia la miseria….è vero!!! E ora che si fa!?-

James sospirò ancora e si passò una mano tra i capelli, disordinandoli ancora di più.

-Beh, prima o poi dovevamo vedere, no? Solo che…ho un po’ paura a fare un altro passo. Evans è in classe. Se il Voto si infrangesse ed accadesse qualche stramberia…la Semprevergine vedrà lei!! Evans potrebbe essere punita!-

-E allora che fai? Resti qui tutta l’ora?- disse Sirius, avvicinandosi all’amico. –Dai Jamie! La vecchiaccia ci ha dato il via libera! –

Potter non era molto convinto, decisamente no. La soluzione di restarsene buono buono lì fermo, da bravo cagnolino, sembrava essere decisamente la migliore.

Non era il momento di sperimentare quanti metri di distanza potevano esserci tra lui ed Evans. Proprio no!

-Su, James! Non farmi la checca impaurita, eh! Andiamo in Sala Comune e facciamoci una partitella a Scacchi, no? Vedrai che la Evans se la cava! E poi devo copiare da te il compito di Storia della Magia.-

Ancora pensieroso, James finì per annuire.

Se doveva accadere il disastro…che accadesse!

In silenzio, ripresero a camminare per il corridoio, ma ogni passo che James Potter fece fu frutto di un grave turbamento psicologico sempre rinnovato.

Sarebbe diventato pazzo. Mannaggia a lui!!

Poi, improvvisamente, una lucina si accese nella sua testolina un po’ bacata dalla nascita, a detta della Evans.

-Ma…Siri?-

-Mmh?-

-C’era un compito di Storia della Magia da consegnare per oggi?-

Felpato fermò la sua marcia all’istante, puntando lo sguardo blu elettrico su di lui. Non era un bello sguardo.

-Non dirmi che non lo hai fatto pure tu!- esclamò terrorizzato.

-Temo di no, Felpy vecchio mio…- mormorò James, ben consapevole di stare scatenando le ire del suo migliore amico. –Quando ne ha parlato Ruff?-

Fu il turno di Black sospirare e sollevare gli occhi al cielo.

-Probabilmente quando stavi riempiendo la tua pergamena di L.E.- disse, esasperato.

 

 

 

***

 

 

-Hey, che faccia che avete tutti!-

Queste furono le prime parole di Victoria Olsen quando trovò il gruppo Malandrini più Evans seduti sotto uno degli alberi più anziani del parco di Hogwarts.

Era una delle poche giornate di sole prima dell’arrivo dell’autunno e molti studenti avevano deciso di consumare il pranzo fuori all’aria aperta, dopo avere sgraffignato qualche provvista dai ricchi tavoli della Sala Grande.

Il cielo era di un azzurro incantevole e poche nubi passeggiavano tranquille tracciando ombre scure sull’erba verde del prato.

Non sembrava di stare in Inghilterra.

Tutto intorno si sentivano le urla miste alle risa degli studenti decisi a godersi la giornata.

Victoria Olsen era una di loro. Sembrava che lei non riuscisse mai a non essere felice e, molto spesso, era in grado di contagiare anche chi le stava vicino.

Indossava i soliti abiti strani, ma aveva lasciato liberi i corti capelli neri, agitati da un lieve venticello quasi inesistente.

I suoi occhi erano dello stesso colore del cielo che sovrastava su di loro.

Lily Evans puntò i suoi occhi verdissimi sulla giovane Grifondoro e le sorrise.

-Non è stata una mattinata facile, tutto qua. Sono esausta…-

Sedendosi vicino a lei, Vick le fece un gran sorriso, curiosa. –Come mai?-

-Chiedilo a Potter…- ringhiò la Evans.

A dire il vero non era stata proprio una giornata facile per lei.

Alla prima ora Potter era stato buttato fuori dalla classe e, per grazia divina, non era successo nulla, ma non era accaduto solo questo!

Anche nelle ore successive il rischio di venire scoperti era stato grande. E tutto perché Potter, fondamentalmente, era un idiota!

I lunghi capelli rossi della Evans ondeggiavano al vento e James, completamente perso dalla figura della ragazza, sorrise quando si sentì insultare nuovamente da lei.

Ormai era ovvio che l’odiava, inutile pensare di poter anche solo diventare suo amico.

Per un imprecisato periodo di tempo se ne restarono in silenzio, ognuno totalmente assorto nei suoi pensieri.

Remus sfogliava svogliatamente un pesante volume  preso in prestito in biblioteca, Peter non si vedeva, probabilmente era ad abbuffarsi in Sala Grande e Sirius, sdraiato sull’erba, teneva gli occhi blu cobalto fissi al cielo, totalmente rilassato.

Stava per addormentarsi, constatò Victoria, dopo averlo osservato anche troppo a lungo.

In quel momento le venne da pensare ad una cosa assurda….

Poteva essere Sirius l’autore di quel biglietto?

Il pensarlo le provocò un brivido, un battito del cuore più accelerato.

Aveva paura ma, allo stesso tempo, era felice.

Sarebbe stato bello se fosse stato lui.

Il messaggio era in stampatello, non in corsivo, quindi non poteva proprio riconoscere il mittente. Però la calligrafia era decisamente disordinata. Non poteva che essere un ragazzo.

Distolse lo sguardo da Black, turbata.

Perché non glielo chiedeva e basta?

Bastava chiedere.

Che ci voleva?

Bastava andare da lui e domandare:

-Scusa Siri, mi hai forse mandato un biglietto?-

No, non ne avrebbe mai avuto il coraggio, maledetta codarda.

Mai…

Non avrebbe mai avuto il coraggio, che tutti quanti in lei ammiravano, di fronte a Sirius Black. Non ce lo aveva mai avuto….

Senza rendersene conto, Vick incontrò lo sguardo di James. Lui le sorrise.

Sapeva.

James sapeva tutto.

Capirlo fu, prima di tutto, uno shock per lei.

C’era da aspettarselo da uno come lui, sempre così attento agli altri.

Potter le sorrise, per poi tornare a volgere il proprio sguardo altrove. Non voleva metterla in imbarazzo. Se un giorno avesse sentito il bisogno di parlargli, magari per sfogarsi, avrebbe sempre saputo dove trovarlo.

Tutto questo all’insaputa di Sirius Black, ormai catapultato nel mondo dei sogni. Chi, invece, sembrava non voler dare il tempo alle chiacchiere era Remus.

Da un po’ se ne stava in disparte, con la schiena poggiata al tronco di un albero, totalmente perso nella lettura di un tomo molto antico, riguardante incantesimi di alto livello magico. Inutile dire cosa stesse cercando…

-Trovato niente, Remus?- chiese Lily, avvicinandoglisi.

Il ragazzo alzò lo sguardo azzurro su di lei e scosse il capo.

-Non è facile trovare libri che parlando del Voto Infrangibile…- le disse a bassa voce. –Però mi sono fatto una teoria su ciò che è accaduto questa mattina.-

Lily si guardò intorno. Victoria adesso stava parlando con James delle loro ultime tattiche di attacco di Quidditch.  –E quale sarebbe?- domandò in un soffio.

-Quando tu e James avete stretto il Voto, mi hai raccontato che nessuno dei due ha specificato “quanto” poteste allontanarvi e “quanto”, invece, doveste stare vicini. Purtroppo è il Voto che deciderà al posto vostro, quindi niente è sicuro. Tuttavia, oggi James è stato in Sala Comune, al settimo piano, mentre tu eri in aula di Trasfigurazione, che sta molto più giù, perciò…- si interruppe un attimo, come a voler riflettere bene, poi continuò. -…Posso dire tranquillamente che non avete necessità di spostarvi sempre insieme, ma se dovessi dirti che da questo momento in poi potete tornare a come eravate prima sbaglierei.-

-Che vuoi dire?- chiese Lily.

-Non lo so bene, però non mi convince il fatto che il Voto si sia dimostrato così debole. Forse si attiva in certe circostanze ed in altre no, se fosse così, il rischio per voi due sarebbe maggiore. Dovete stare attenti e allontanarvi solo quando serve veramente.-

Sorridendo ironica, la ragazza sospirò. –Quindi ancora appiccicata a Potter?-

-Temo per te di sì.- le rispose Lupin, rispondendo al suo sorriso.

A quel punto, Lily Evans abbassò lo sguardo per un po’.

Aveva davvero creduto che tutto fosse finito, che, finalmente, avesse potuto tornare alla sua vecchia vita, che tutto si fosse rivelato come uno stupidissimo scherzo.

Invece doveva continuare e lei non sapeva se essere arrabbiata per questo, oppure felice.

Felice?!

Perché avrebbe dovuto essere felice?!

Potter era un idiota e non avrebbe fatto altro che ficcarla nei guai! Fin dal primo giorno l’aveva fatta arrivare in ritardo alle lezioni!

Eppure…c’era qualcosa. Un che di indecifrabile. Un sussurro nella mente.

Era felice perché, in fondo al suo cuore, forse sapeva che stare con James Potter sarebbe stato l’unico modo per salvarsi, per uscire dal tunnel d’oscurità nel quale si era perduta da piccola.

Sollevò lo sguardo di giada su di lui.

James rideva tranquillo con Victoria, incurante del fatto che lei lo stesse guardando.

Ma chi era Potter in realtà?

Lily Evans, in quel momento, capì di non averlo mai conosciuto veramente.

In tutti quegli anni, si era limitata a scrutarlo con sguardo severo mentre le passava vicino per i corridoi, scherzando con gli amici e dandosi arie da super maschio.

Lo aveva giudicato a priori e non aveva mai voluto saperne di cambiare idea.

Adesso, mentre lo vedeva sorridere con i suoi amici, lontano dal suo pubblico, sembrava una persona diversa.

Era rilassato, dolce, felice. Era bello.

E, cosa che Lily notò con un tuffo al cuore, lui la stava fissando!

-Cosa vuoi Potter?!- scattò subito, pericolosamente vicina all’arrossire.

Il ragazzo fece spallucce. –Veramente sarai tu che vuoi qualcosa da me, mi stai fissando da un bel po’, Evans.- le rispose con un sorrisetto furbo. –Se vuoi chiedermi di uscire, fallo e basta, no?-

-Io non voglio uscire con te, troglodita!!!- strillò la ragazza, vicina ad una crisi di nervi. –E poi non ti stavo affatto guardando!-

Persino Remus, che era tornato alla lettura del suo libro, sollevò uno sguardo poco convinto sulla ragazza.

Sirius, a sentire quegli strilli isterici, si destò di colpo, con l’orribile sensazione di avere sua madre a pochi passi.

-Fa come ti pare, Evans.- fece James, tranquillo. –Comunque la risposta sarebbe stata un sì, lo sai.-

-Non me ne frega!- sbottò lei. –E smettila di ridere così!-

-Così “come”, Evans?-

-Così! Come se io fossi una bambinetta scema e tu l’intelligente!-

-Ma è inutile che tu neghi l’evidenza, mi stavi guardando.-

-No, non è vero!-

-Sì, invece.-

-Sei fuori, Potter!!-

-E tu, Evans?-

Fumando per la rabbia Lily si alzò di scatto da terra e si mise in piedi. I suoi occhi verdissimi sembravano mandare pericolose scintille.

-Mi hai stufato, sai?!-

Sfoderando un ghigno pericoloso, James le si mise di fronte.

-Vuoi forse fare a botte, Evans?-

Sospirando, Remus chiuse il libro. –Ragazzi….- fece, cercando di riportarli alla ragione, cosa assai ardua.

Victoria sorrideva, gustandosi la scenetta comica che aveva davanti. Pareva che Lily fosse diventata una locomotiva da quanto stava fumando!!

Sirius incitava alle botte.

Poi, ad un certo punto, il sorriso di Vick scomparve insieme ad un intenso e nauseante profumo di viole. Anche Remus, dal luogo dove era seduto, la vide arrivare.

-Credo che sia arrivato il tuo amore, Orsacchiottino.- ringhiò la moretta.

Sirius cadde dalle nuvole.

Non ebbe il tempo di dire niente. L’odore di viole si fece più forte e si ritrovò stretto in un abbraccio esagerato, asfissiante e per niente gradito.

-Cucciolotto!!! Dove eri finito? Ti aspettavo in Sala Grande! Ti ho cercato ovunque!!-

E, prima ancora di essere riuscito a staccarsi di dosso quella furia bionda della sua ragazza, Black si ritrovò impegnato in un bacio mozza fiato.

Remus, da bravo ragazzo discreto, era tornato a leggere. Lily fissava i due, ancora furiosa con James, con apatia. Potter sembrava sul punto di vomitare.

Ma nessuna delle loro facce era comparabile a quella della Olsen.

Gli occhi celesti della ragazza erano diventati pura polvere di ghiaccio. Sembrava essersi pietrificata.

L’unica cosa che voleva era alzarsi e staccare quella piovra truccata da Sirius, magari mollandole anche un bel ceffone. Poi prendere Sirius, dare un ceffone pure a lui, e poi baciarlo così tanto da cancellare l’impronta di quella bocca fintamente rossa e luccicante da quella di lui.

Finalmente, dopo innumerevoli tentativi, Black riuscì ad allontanare la sua ragazza.

-Hai cambiato rossetto, vedo…- disse, cercando di togliersi i residui di trucco che la bionda gli aveva lasciato sulle labbra e contenendo il suo disgusto.

-Già!- trillò lei, felice. –Che amore! Te ne sei accorto subito!-

Ma quella ragazza aveva un cervello? Si chiese Lily.

Lei e James si scambiarono uno sguardo.

-Perché sei qui, Kelly?- domandò Sirius, scostandosi da lei.

-Che domande!- fece la ragazza. –Ti volevo vedere, no? Dobbiamo decidere come vestirci per la festa di Halloween!-

-Ma siamo ancora a Settembre!- protestò Black.

-E’ già tardissimo, no?!- strillò lei, sconvolta. –Sto diventando isterica! Dobbiamo essere eletti Re e Regina del ballo!-

Poi, come se si fosse resa conto solo in quel momento che non erano soli, si guardò intorno. Assunse un’aria nobilmente sdegnata quando il suo sguardo incontrò le figure di Lily Evans e di Victoria Olsen.

-Cosa?- esalò, stupita. –Ancora la Caposcuola Mangialibri e la Maschiaccia? Amore, che fanno loro qui? Ci perdi in immagine!-

-Scusa, ma a me non importa poi molto della mia immagine. E poi dipende dai punti di vista.- rispose Sirius. –A me Vick ed Evans piacciono.-

-Amore!- lo rimproverò lei. –Non va bene così!-

-Finiscila di chiamarlo “Amore”, razza di stupida.- sibilò Victoria, fredda come un iceberg. –Tu non hai quel sentimento in corpo. Sei vuota!-

-Sta zitta, Maschiaccia!- ribatté Kelly Logan. –Tornatene nel fango e vattene dalla mia presenza!!-

Per la prima volta, James ebbe l’impressione che Victoria non si sarebbe limitata a restare in silenzio e lasciare la ragazzetta di turno con Sirius.

Prima o poi si scoppia.

Voleva farlo adesso?

-Sta zitta tu, decerebrata!- gridò Vick, ormai in piedi. –Stai con Sirius solo per i suoi soldi, solo perché è un Black, un Malandrino, un giocatore di Quidditch, ammettilo!-

-Le persone importanti stanno con persone altrettanto importanti!- dichiarò Kelly.

-Tu sei malata!- fece Victoria, sempre più furiosa.

Ormai le due ragazze erano a tanto così dal picchiarsi.

Una alta, con lunghi capelli biondi e setosi, dalle belle gambe messe in risalto dalla gonna cortissima della divisa. Il seno messo in vista dalla camicia stretta, il viso truccato ad arte e dal profumo costoso.

L’altra più bassa, piccolina, anche per il fatto che non portava tacchi. I capelli corti e neri al vento, liberi. Le gambe fasciate da aderenti pantaloni scuri, la gonna come semplice accessorio, dalla quale pendeva una catena.

La camicia larga, sbottonata, sotto la quale si vedeva una maglietta nera. La cravatta rossa e oro slacciata.

Sirius puntò gli occhi blu su di lei, confuso. Non c’era davvero bisogno che Vick si scaldasse fino a quel punto. Ma che le stava prendendo?

-Vick…- la richiamò, avvicinandosi a lei.

La moretta neppure lo degnò di uno sguardo.

-L’unica malata sei tu!- sibilò la Logan. –Guarda come sei vestita, sembri uno spaventapasseri! Chi vuoi che lo calcoli un esserino come te?-

Fu troppo.

Lily fu la prima ad accorgersi che Vick aveva impugnato la bacchetta ma, stranamente, dimentica del suo dovere di Caposcuola, lasciò fare.

Partì un raggio di luce azzurra che andò ad investire in pieno la bella biondina, che strillò, terrorizzata, fino a quando il fascio di luce l’avvolse interamente.

Quando il raggio si esaurì, Kelly Logan era sparita.

I Malandrini e Lily strabuzzarono lo sguardo, terrorizzati.

E ora?!

Poi, trattenendo il fiato, Sirius indicò un punto vicino al lago.

Un animaletto stava zampettando velocemente lontano da loro, o meglio, da Victoria.

-L’hai trasformata in un’oca!- esclamò Black, rivolto alla ragazza al suo fianco.

La Olsen si volse a guardarlo ancora scura in volto. –Beh, non noto molto la differenza!-

Detto questo se ne andò, senza più degnarlo di uno sguardo.

 

 

***

 

 

-Si può sapere cosa c’entro io con tutto questo?- brontolò James Potter.

Ormai le lezioni pomeridiane dovevano essere cominciate, non si vedevano più studenti in giro e la campana era suonata già due volte.

Il parco era divenuto stranamente silenzioso. Si poteva sentire, prestando attenzione, il lieve rumore dell’acqua del grande lago ed il lontano vocio degli studenti che stavano seguendo la lezione di Cura delle Creature Magiche con il professor Kettleburn.

Era da più di un’ora che stavano girando a vuoto alla ricerca dell’oca perduta.

-Sei il migliore amico, no?- fece Sirius Black. –Aiutami e zitto! Non posso mica lasciare Kelly in giro per il parco di Hogwarts!-

Sospirando esasperato ed alzando gli occhi al cielo, Potter si rassegnò al suo destino.

Bel modo di passare il pomeriggio lontano dalle lezioni! Potevano almeno fare un giro ad Hogsmeade da Zonko!

Invece erano lì come due stupidi a rincorrere una papera!

Lily si era defilata, quando avevano chiesto il suo aiuto.

La sua bocca si era curvata in un ghigno perfido, quasi diabolico, e si era limitata a dire loro che non rientrava nei compiti di un Caposcuola l’occuparsi di stupidi animaletti senza cervello e privi di importanza.

Maledicendo il Voto Infrangibile che continuava a permettere alla Evans di allontanarsi da lui, James si era ritrovato da solo con Sirius, visto che Remus non aveva voluto saperne di saltare le lezioni per Kelly Logan.

Alla fine erano riusciti a coinvolgere almeno Hagrid, spiegandogli più o meno come stavano le cose.

Quello aveva dato loro un sacchetto con del becchime, con il quale tentare la gola dell’oca che continuava a starnazzare scappando per il parco, e si era diretto verso la Foresta Proibita per evitare che Kelly si dirigesse proprio da quella parte.

-Senti, dividiamoci! Così non risolviamo niente.- propose James, ormai stufo.

Sirius annuì, dirigendosi verso la parte opposta dove si stava incamminando l’amico.

Ritrovandosi solo, Potter si preparò ad una lunga ricerca.

Non si chiese per quale ragione, alla fine, erano sempre lui e Black a ritrovarsi in certe situazioni idiote. Ormai ci era abituato.

Era il bello di loro due.

Solo che, quella volta, non vedeva davvero dove stesse l’utilità. Perché aiutare quella sciocca della Logan? Vick aveva fatto un lavoro eccellente.

Inoltrandosi di più verso la Foresta Proibita, gli parve di sentire un’inconfondibile odore di lavanda.

I rumori del castello erano quasi del tutto scomparsi, si udiva solo il lieve e tranquillo frusciare degli alberi ultra centenari di quel luogo così tetro e misterioso.

Fece alcuni passi, sentendo dei rametti spezzarsi sotto ai propri piedi, e l’odore di lavanda sembrò intensificarsi.

Si ritrovò inghiottito dalla Foresta senza neppure rendersene conto. Sperò che Kelly non fosse arrivata fino a lì, altrimenti sarebbe stato molto difficile per lei tornare indietro, visto le creature che abitavano in quella zona.

La luce se ne stava andando, presto fu solo una spettrale penombra.

E, più andava avanti, più aumentava quel profumo dolce di lavanda. Lo conosceva, credeva di conoscerlo abbastanza bene, dopo tutto.

Lei era lì?

Che cosa ci faceva in un luogo del genere?

Dopo altri pochi passi, si ritrovò in una radura, circondata da piante altissime che impedivano alla luce del sole di illuminare con i propri raggi.

E, seduta su un tronco d’albero abbattuto, c’era lei.

Le gambe lunge accavallate in una postura elegante, le mani curate dalle unghie rosse poggiate sul legno, i capelli corvini al vento, onde nere pericolosissime.

E quella sigaretta  tra le labbra…

 

 

Quando James si avvicinò ancora, lei puntò gli occhi blu elettrico su di lui e sorrise. Se era sorpresa di esserselo trovato davanti, non lo dette a vedere.

-Potter.- salutò.

-Black.- rispose lui, scrutandola con i suoi occhi scuri, adesso totalmente freddi.

 Rimasero in silenzio a studiarsi per un bel po’.

-Che cosa fai qui, Black?- chiese lui, decidendosi a parlare.

La ragazza sorrise. –Salto la lezione di Incantesimi e mi fumo una sigaretta in pace.- disse con la calma di un serpente. –E tu?-

James non rispose, continuando a fissarla con diffidenza.

-Devo crederci?-

Bellatrix rise di gusto. –Non passo ogni singolo attimo della mia vita ad architettare diabolici piani per far buttare fuori dalla scuola i Mezzosangue e voi Malandrini.-

Facendole un sorriso, che però non si estese fino agli occhi, James le voltò le spalle, deciso ad allontanarsi da quella ragazza pericolosa.

Quando si sentì tirare piano per la camicia, comprese di non averla neppure sentita alzarsi. Si irrigidì. Non la voleva avere vicino. Non voleva sentire quel profumo di lavanda. Era disgustoso.

-Aspetta.- gli disse lei, a voce bassa. –E’ tanto che non parliamo.-

-Non ho niente da dirti, Black.-

La sentì sorridere alle sue spalle.

-Giusto, tu mi detesti perché sono brutta e cattiva, vero?- chiese divertita. –Evviva la santa e vergine Evans!- dichiarò, per poi scoppiare a ridere.

Quando James si voltò verso di lei, i suoi occhi erano un nero abisso senza fine. Ecco il James Potter che pochi conoscevano. Quello che nessuno doveva scatenare.

-Non parlare di lei.- le ordinò con durezza.

-Scusami.- fece lei, per nulla dispiaciuta. –Solo che, lascia che te lo dica, mi sembri un tantino sprecato con una verginella secchiona che neppure ti vuole.-

James fece un sorriso cattivo. –E chi mi vorrebbe? Tu, forse?-

Incurvando le belle labbra piene in un sorriso, Bellatrix non abbassò lo sguardo. Non conosceva l’imbarazzo.

-Non mi pare di avertelo mai nascosto, James.-

-Spiacente.- le disse. –Non mi va di andare a letto con una che si fa sbattere anche da un manico di scopa, all’occorrenza.-

Freddo, diretto, esplicito, crudele.

Ma lei lo voleva esattamente così.

-Ti fa comodo la facciata da bravo ragazzo.- gli sussurrò. –Ma l’anno passato tu sei venuto da me e io ho visto chi sei, James Potter.-

-E’ stato un errore, tutto qui. Ed io non ero in me, quella sera.-

Bellatrix rise di nuovo.

-Certo, certo.- disse. –Convincitene, James. È l’unica cosa che puoi fare. È così che ti giustificherai, quando un giorno Sirius lo verrà a sapere?-

-Lascia fuori Sirius da questa storia.-

-Vuoi davvero tenere nascosto qualcosa al tuo migliore amico?- lo prese in giro lei.

Stranamente, anche James sorrise. –Ti conviene tacere, Bellatrix. Sai cosa sono capace di fare per convincere le persone.-

Lei era estasiata, ma annuì.

-Sei così anche con la Evans?-

-Ti ho detto di non parlare di lei.-

Il silenzio creatosi tra i due fu interrotto dalla lontana voce di Sirius, che si stava letteralmente sgolando per chiamare il proprio migliore amico.

Alzando lo sguardo su di lui, Bellatrix gli sorrise ancora, ma non ebbe il coraggio di toccare quelle labbra, che lei tanto bramava, con le sue.

Sapeva che lui sarebbe anche potuto arrivare ad ucciderla, se l’avesse fatto.

-Sei meraviglioso, James Potter.- mormorò, persa nell’abisso cupo degli occhi del ragazzo.

Lui non si scompose.

-A mai più rivederci, Black.-

Quando Bellatrix Black, regina di Serpeverde, percepì a pieno la durezza insita in quelle poche parole, James se ne era già andato e la sua sigaretta di lavanda era ormai consumata del tutto.

 

 

***

 

 

-Hey, dove ti eri cacciato?- fece Sirius, andando incontro all’amico.

Sotto il braccio teneva un’oca di loro conoscenza, che continuava a starnazzare e a scuotere le ali, furiosa.

James sorrise a quella vista.

-L’hai trovata!- disse.

Sirius scoppiò a ridere. –Ho dovuto rincorrerla per quasi tutto il parco insieme ad Hagrid. Alla fine era così esausta che si è fatta prendere!-

-Beh, che facciamo? La portiamo dalla Chips?-

-Dici?-

-Come facciamo a farla ritornare normale, altrimenti? Non credo che Vick voglia ritornare sui suoi passi. Ci conviene inventarci una buona scusa e portarla in Infermeria.-

Annuendo, Sirius si diresse verso il castello, seguito da James.

I suoi occhi blu indugiarono un po’ troppo nel vuoto, confusi.

-A che pensi?- chiese James.

Black rimase in silenzio.

-Pensi a Vick, vero?-

A quel punto, Sirius guardò l’amico e Potter capì di avere azzeccato, come sempre.

-Oggi sembrava fuori di sé.- disse Black. –Credo ce l’avesse anche con me, sai? Ed è strano! Vick non si è mai comportata così! Ma che le prende?-

Sorridendo con indulgenza, James restò ad osservare il suo migliore amico per un po’, prima di rispondergli. –Non credo di essere io la persona giusta con la quale devi parlare di questo, Felpato.- gli disse. –Se credi che Vick sia arrabbiata con te, vai a parlarle, no?-

Sirius annuì, tornando a guardare avanti a se.

E James si chiese se veramente Sirius Black non riuscisse a capire cosa si stava scatenando nell’animo di Victoria Olsen. Proprio lui che sembrava così maturo e vissuto in materia.

Sorrise.

Forse, Sirius Black era, in realtà, il più inesperto di tutti.

 

 

***

 

 

Quando Lily Evans fece ritorno nella sua bella stanza di Caposcuola, distrutta per la dura giornata di studio, si diresse come un robot verso il proprio letto.

Era esausta.

Lasciò vagare lo sguardo sulla stanza. Adesso c’era meno spazio, rispetto a prima. Si vedeva che non era più una persona sola a vivere lì dentro.

Quella sarebbe stata la seconda notte.

Arrossì di colpo.

In realtà, visto come si era comportato il Voto durante la giornata, magari non era necessario che James stesse lì con lei.

Ne avrebbe parlato con Remus a cena, decise.

Mancavano pochi minuti, prima che dovesse scendere in Sala Grande. Forse aveva il tempo di farsi una doccia.

E se poi arrivava Potter?!

Chissà, probabilmente era ancora nel parco a cercare di catturare l’ochetta giuliva insieme a Sirius. Le venne da ridere. Sorrise. Rise. Fino a riempire la stanza con la sua risata. Era raro che accadesse. Era raro che fosse così serena, tranquilla, divertita.

Stava cambiando e neppure se ne rendeva conto.

I suoi occhi verdi, avevano cominciato a brillare a sua insaputa.

Decide di mettersi in piedi e di darsi una rinfrescata prima di cena e così notò la borsa stracarica di libri che aveva gettato a terra, appena entrata.

Si chinò e la tirò su, anche con un po’ di fatica. Forse non doveva prendere tutti quei libri in Biblioteca.

Inaspettatamente, nel compiere questa azione, sentì uno strano fruscio.

Qualcosa era caduto a terra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE!!!

Ecco, il capitolo 6 è stato finalmente ultimato!^___^

Vi attendo numerosi con le recensioni, non siate cattivi, su!

Che dire?

Mi auguro di aggiornare presto, visto che ora sono libera da impegni.

Il prossimo chap si intitola….

….. “ During the nigth: Slytherin’s Soul”…..

Spero che vi piacerà.

I misteri qui si infittiscono, ma siate pazienti, tutto si svelerà con il tempo.

Un bacione a tutti coloro che seguono questa fic e che hanno atteso questo aggiornamento, magari mandandomi a quel paese, qualche volta! ^___^”””

 

E, ovviamente, ringrazio i miei tesssssssori che recensiscono sempre:

 

 

-Lilian Potter

-amy

-Pralina93

-LadyMimi

-canfly

-MASUKO!!!!!!! ^___________^

-Brucy

-albicoccacida

-puccalove90

-Bea

-Aurora

-Rosgreenday

-lalla23

-Serporo

-DANA!!!! ^______________^

-Cla’92

-Stellina250

-Vicky Evans

-Ali12potter

-Milla 92

-Aly 92

-ALI-DEL-SOLE!!!!  (Sorella miaaaaa!!!!!! )

-Black Witch!!! ( Altra sorellinaaaa!!!! )

-Akito and Sana!!! (Come va, tesoro???)

-Kikio92

-Iside 1985

-mangaka 91

 

 

A presto, ragazze! Un bacione!

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Capitolo 7
*** During the Night: Slytherin's Soul ***


CAPITOLO 7  “DURING THE NIGHT : SLYTHERIN’S SOUL”

 

 

 

 

 

 

 

Remus J. Lupin non era decisamente un tipo di compagnia, se non per rare eccezioni. Una di queste erano i Malandrini.

Tuttavia, per quanto riguardava il resto, lui rimaneva un accanito topo da Biblioteca e, quando poteva, amava restare da solo, lontano da tutti, magari leggendosi un buon libro. Era consapevole che se James lo avesse saputo da solo a studiare si sarebbe preoccupato.

Cercava sempre di non lasciarlo mai troppo da solo, temendo che il motivo di quella ricerca continua di solitudine fosse causato dalla paura che Lupin nutriva verso la sua vera natura.

Forse era così. In verità, però, molto più semplicemente, Remus si era talmente abituato a stare da solo, soprattutto quando tornava a casa per le vacanze estive, che ormai non poteva più farne a meno.

A quell’ora della sera non c’era più nessuno in Biblioteca, eccetto Madama Pince, che stava riordinando dei libri poco più in là.

Il resto degli studenti era salito nel rispettivo dormitorio per prepararsi per la cena.

Il capo chino su di una pergamena quasi del tutto scritta con una calligrafia precisa ed ordinata, le spalle curve sotto la camicia, una mano a sostenere il capo, l’altra ancora intenta a scrivere. I suoi capelli biondo cenere rilucevano la luce intensa delle fiaccole. Aveva gli occhi azzurri assottigliati, lucidi di stanchezza.

Ad un tratto qualcosa attirò la sua attenzione. La pesante porta della Biblioteca fu aperta e questo destò la curiosità del ragazzo. Chi poteva voler venire in un posto simile a quell’ora?

L’unica persona che gli veniva in mente era la Evans, ma lei era già passata poco prima. Un professore, forse?

Restò stupito quando vide entrare una ragazza.

Dolci boccoli castano chiaro che le arrivavano alla vita, occhi verde scuro, viso elegante e sicuro.

Teneva a tracolla la borsa dei libri, per altro di ottima fattura, come una nobildonna.

Camminava con passi leggeri, decisi, tranquilli, provocando un lieve rumore sul pavimento di marmo.

Come sempre, indossava la divisa della sua Casa in maniera impeccabile.

Remus la conosceva di vista.

Eva Ames, settimo anno, Caposcuola di Serpeverde insieme a Severus Piton.

La ragazza si diresse verso uno dei reparti di Storia della Magia, salutando gentilmente la bibliotecaria, e sparì dalla vista di Lupin, che se ne tornò ai suoi compiti.

Nonostante fosse una Serpeverde, Eva Ames era molto tranquilla e riservata. Non amava i Grifondoro ed i Mezzosangue, questo era sicuro, ma non passava mai del tempo ad insultare. Più che altro usava l’arma dell’indifferenza.

Poco dopo eccola di ritorno.

Teneva tra le braccia dei pesanti volumi dall’aria decisamente antica ed ammuffita, si muoveva con difficoltà.

Senza pensarci due volte, Remus si alzò in piedi e corse ad aiutarla.

Quando se lo ritrovò davanti, Eva gli sorrise in maniera educata.

-Grazie.- disse, lasciando che il ragazzo prendesse un po’ dei suoi libri.

Remus le sorrise, come a farle capire che non era affatto un disturbo.

-Dove vuoi che li porti?- le chiese, invece.

-Su un tavolo, devo ancora decidere quali portarmi in dormitorio e quali no.-

Annuendo, il Grifondoro fece per muoversi verso uno dei tanti tavoli liberi, ma la ragazza già si stava dirigendo al tavolo dove, fino a quel momento, Remus si era dedicato al compito di Pozioni.

La raggiunse.

-Vuoi studiare qui?-

-Spero non ti dia fastidio.- fece lei, sorridendo. –Non mi va di occupare un tavolo totalmente vuoto, almeno qui ci sei anche tu. Detesto la solitudine.-

-Certo che no.- le rispose Remus, gentilmente.

Riprese posto e tornò al suo tema, senza più rivolgerle lo sguardo.

In realtà cominciava ad avere decisamente fame e gli occhi gli bruciavano, voleva finire al più presto.

Sentì Eva cominciare a sfogliare uno dei libri che aveva appena preso in prestito. Era una presenza pacata e silenziosa, meglio per lui. Non gli piaceva studiare con attorno gente rumorosa. Un esempio a caso: James e Sirius.

Rileggendo l’ultima frase, notò degli errori.

Cancellò, tracciando nervosamente un frego con la penna, e tornò a consultare il libro di Pozioni che aveva aperto lì accanto.

-Tema di Pozioni?- si sentì chiedere da Eva.

Annuì, mentre sfogliava in fretta le pagine ingiallite del libro.

-Ma Lumacorno ce lo ha assegnato per la prossima settimana.-

-Lo so.- le rispose, sorridendo. –Mi piace mantenermi sempre in anticipo sulla tabella di marcia, per così dire.-

La Ames rise, guardandolo un po’ stupita. –Sei proprio un secchione, Caposcuola Lupin.- lo prese scherzosamente in giro.

Il ragazzo fece spallucce. –Mi limito a fare il mio dovere di studente.-

La ragazza assentì, ancora divertita dall’assurda devozione di Remus ai compiti.

-Di fatti sei sempre qui in Biblioteca.- constatò.

-Tutte le sere, sì.- confermò lui, tornando a scrivere.

 

***

 

-Evans, lo sai che a mangiare troppa carne viene la gotta?-

La Caposcuola di Grifondoro alzò gli occhi al cielo, contando fino a mille ed invocando la forza sacra di Budda, prima di rispondere.

-Lasciami cenare in pace, Potter! Mangiati le tue verdure e stattene zitto!-

I due Grifondoro, seduti rispettivamente uno di fronte all’altro al loro tavolo, si scambiarono un’occhiataccia.

-Tu stai mangiando una povera mucca, lo sai? Un povero animale come noi, ucciso senza una ragione!-

-La ragione è il mio stomaco, Potter!-

-Crudele!-

Anche Sirius trangugiava tranquillamente una coscia di pollo, altro animale, incurante dell’amico ed ascoltava i battibecchi continui dei suoi due compagni senza particolare attenzione.

Victoria non era ancora scesa a cena.

-Senti, e che mi dici delle verdure?! Anche loro sono state strappate della terra per nutrirti, Potter!- continuò Lily, piccata.

-Che c’entra?! Le verdure mica sono animali?! Non hanno un’anima e non soffrono!-

In quel momento, tutto trafelato ed ansante, arrivò Peter.

Aveva l’aria stravolta.

Prese posto vicino a Sirius, sorridendogli nervosamente.

-Dei Serpeverde mi hanno fatto ruzzolare le scale…- disse all’amico, che lo guardava preoccupato. – Se ne stavano lì appostati vicino alla Biblioteca…- piagnucolò.

Contrariato, Sirius abbassò lo sguardo sul suo orologio d’oro, pezzo importante della collezione dei Black. Le nove e venticinque.

Molti studenti avevano già da un po’ abbandonato la Sala Grande, dirigendosi verso la propria Sala Comune.

Diresse la sua attenzione sull’ingresso della sala, aspettando di vedere entrare la Olsen, ma l’unica persona amica che vide arrivare fu Remus.

Il ragazzo aveva con se la borsa dei libri, segno che si era subito diretto in Sala Grande, dopo essere stato in Biblioteca. Aveva l’aria stanca.

Sorrise ai suoi amici, non appena fu da loro.

-Credevo foste già in Sala Comune.- disse, prendendo posto vicino a Peter e dandogli un’affettuosa pacca sulla spalla. –I professori se ne stanno andando…-

-Adesso smettila, Potter! Lasciami mangiare, ti prego!- sbottò la Evans, esasperata.

-Non puoi avere così poca pietà per gli animali, Evans!-

-Ma che succede?- fece Lupin, confuso.

Sirius sospirò. –Fanno così da quando la Evans ha avuto la malaugurata idea di mettere una bistecca nel suo piatto…- spiegò.

I due ragazzi si guardarono e scossero il capo. Peter sorrise, divertito dalla scenetta.

-Ma a te piacerebbe essere ammazzata e poi cotta?!-

-Non mi succederà mai, Potter! C’è una cosa che si chiama “Catena Alimentare” e noi esseri umani, per tua informazione, siamo in cima!-

-Che significa, eh?! Che un povero cervo, ad esempio, è condannato a morire perché non ha avuto la fortuna di essere in cima ad una stupida piramide?!-

Sirius, Peter e Remus sospirano all’unisono. Eccolo che ricominciava con quella stupidissima storia! Black avrebbe dato qualsiasi cosa per trasformarsi in cervo e lasciare che fosse James a diventare un cane, così che la smettesse di lagnarsi ogni volta che erano a tavola. Mannaggia a James Potter e alla sua stupidissima idea di essere voluto diventare vegetariano!

-Si può sapere perché ti piacciono tanto i cervi, Potter?!- sbottò Lily, stanca. –Guarda che mio nonno, in salotto, tiene attaccata alla parete la testa mozza di un cervo, lo sai? Lui è andato a caccia di cervi, da giovane!-

Un istante ed il volto di James sbiancò completamente.

Non ebbe più la forza di parlare.

Sorpresa per l’eccessiva reazione, Lily tornò a mangiare soddisfatta, finalmente tranquilla.

Sollevando lo sguardo su Remus, si ricordò che aveva deciso di chiedergli se fosse proprio necessario, secondo lui, che Potter continuasse a dormire nella sua stanza. Fu tentata di fare la domanda, ma, dando una veloce occhiata all’ora ormai tarda, decise di rimandare al giorno dopo.

Finì l’ultimo boccone e si alzò da tavola, stiracchiandosi soddisfatta.

In fondo, una notte in più con Potter non l’avrebbe uccisa…

-Vai a dormire?- le chiese Remus.

Anche James aveva alzato lo sguardo su di lei.

Lily scosse il capo, mentre faceva per allontanarsi. –Ho qualcosa da fare, prima.- disse, vaga. –Tu vai pure in camera, se vuoi, Potter. Se ve ne andate tutti a dormire prima che torni, buona notte.-

Sorprendendosi  ancora una volta di quel legame che ancora non si manifestava, James la osservò mentre si allontanava.

Aveva i capelli rosso fuoco sciolti sulle spalle, lunghi e liscissimi. Ondeggiavano ad ogni suo movimento.

Mentre passava accanto al tavolo di Corvonero, due ragazze, indicandola malignamente, le dissero qualche parola sgarbata che il ragazzo non sentì.                     

Lily, però, tirò dritto, rigida come sempre.

Non sarebbe stato facile farla integrare con gli altri. Per troppi anni era stata emarginata, non si potevano cambiare i fatti.

Ma James Potter non conosceva la parola “impossibile”.

-Secondo vuoi dove starà andando?- chiese, tornando dai suoi amici.

-Cos’è? Hai intenzione di seguirla?- domandò Sirius.

James si affrettò a scuotere la testa, in segno di diniego.

-Non ne ho idea.- disse invece Remus, cessando un attimo di cenare. –Non c’è nessuna riunione di Caposcuola, però. Quindi sarà qualcosa di personale.-

Il Cercatore di Grifondoro si zittì, tornando serio. Non gli piaceva lasciare la Evans in giro da sola con tutte le Serpi che abitavano nel castello.

-Come sta Kelly?- fece Lupin, ad un tratto.

Peter scoppiò a ridacchiare.

-Continua ancora ad avere le piume.- disse Sirius, lapidario. –E, a volte, ancora starnazza. Non credo che la nostra storia possa andare avanti.-

-L’hai lasciata?- chiese Peter, curioso.

-Ovviamente!- sbottò Black. –Non voglio stare con un volatile!-

Alzando gli occhi al cielo, Remus e James ringraziarono la divina provvidenza. Finalmente il noioso capitolo “Kelly Logan” si chiudeva!

-Quindi si riapre la caccia?- si informò Remus, temendo il peggio.

-Ho bisogno di una pausa.- dichiarò invece Black. –Ora come ora vorrei solo sapere dove si è cacciata quella sclerata della Olsen. Dobbiamo parlare, io e lei!-

-Beh, vai a cercarla in Sala Comune.- fece James. –Oppure chiedi di lei in giro.-

Sirius assentì, lasciando vagare ancora il suo sguardo sulla Sala Grande. Il tavolo di Serpeverde era quasi del tutto svuotato.

Sua cugina Bellatrix si stava alzando in quel momento, senza la compagnia del fidanzato Lastrange.

Per un attimo i loro occhi, gemelli dello stesso colore blu elettrico, si incontrarono.

La ragazza gli fece un cenno beffeggiatorio di saluto, Sirius non la calcolò, continuando a fissarla con rabbia.

-Proprio non puoi vederla, vero?- chiese Remus, con gentilezza.

-Come potrei?!- saltò subito Black, suscettibile. –Lei rappresenta tutto quello da cui cerco di scappare da una vita. Li ucciderei tutti quanti, se servisse a qualcosa. Detesto la mia famiglia, lo sai.-

-Sbagliato.- si intromise James, che, fino a quel momento, se ne era rimasto in silenzio. –Loro non sono la tua famiglia, Felpato. Non più.-

E vedere il suo migliore amico tornare a sorridere sinceramente, grazie a quelle parole, riuscì, anche se solo per un attimo, ad ammorbidire il pesante senso di colpa che James, da tempo, nutriva.

 

***

 

Quella notte accadde ciò che, da lungo tempo, Albus Silente, preside di Hogwarts, temeva.  Sapeva il rischio a cui andava in contro, il giorno in cui decise di accogliere nella sua scuola quel bambino moro, piccolino, dagli occhi blu.

Con il tempo, quelle iridi incantevoli si sarebbero sporcate del colore del sangue, ma questo, Silente non poteva prevederlo.

Poteva avvertire che quel bambino, orfano dei genitori, potesse divenire speciale, un giorno, ma non che scatenasse l’orribile tempesta che, a poco a poco, aveva preso a stroncare ad uno ad uno tutti gli alberi, distruggendo boschi interi.

Prima di lasciare Hogwarts, Tom Riddle aveva lasciato un piccolo germe maligno che, con il passare degli anni, era cresciuto, si era sviluppato, andando ad intaccare l’animo di ogni studente.

L’odio.

La rabbia.

L’invidia.

L’ambizione.

Il ribrezzo.

Aveva esasperato la rivalità tra case, messo a tacere quello che era l’antico spirito di unione, continuando il lavoro dell’illustre Salasar Serpeverde. 

E quella notte, per la prima volta, il Preside ebbe l’evidente risultato che Tom non se ne era andato dalla sua scuola, non del tutto.

Il germe del male, inesorabilmente, continuava a crescere, attendendo il giorno in cui un ragazzo con una bizzarra cicatrice avrebbe lottato da solo per spazzarlo via.

Per Victoria Olsen era ancora troppo presto per venire a sentir parlare di un certo “Bambino Sopravvissuto”.

Lei non avrebbe vissuto il mito.

Non avrebbe vissuto nella speranza insita in quei giovani occhi verdi.

Lei apparteneva a quel gruppo di protagonisti predecessori.

Coloro che, arrivando anche a vomitare sangue dalla bocca, combattendo, avrebbero preparato la strada che poi, in seguito, Harry Potter avrebbe percorso da solo.

Ma chi era lei per prevedere tutto questo?

Camminava solitaria per i corridoi della scuola, ormai semi bui, pregando di non farsi beccare da qualche Caposcuola o, peggio, professore.

Teneva i capelli neri stretti in una coda alta. Una maglietta a righe bianche e nere, leggera, un paio di stretti pantaloni di jeans, strappati, dai quali pendevano piccole catene luminose per la luce bianca della luna.

Nelle mani stringeva un bigliettino di carta.

La sua camminata terminò di fronte al portone della Biblioteca, ovviamente chiuso.

Restò immobile.

Forse non era stata una grande idea. Era ancora in tempo per tornare indietro.

E se fosse stato Sirius?

La sua mente sedicenne vagò per un istante a ciò che sarebbe potuto accadere se fosse stato veramente Sirius Black l’autore di quel biglietto.

Scosse il capo.

Era stupida a pensare una cosa simile.

Sirius non sarebbe mai entrato in Biblioteca per lei.

Non era lui che la stava aspettando.

Per un attimo ebbe paura.

Chi avrebbe trovato ad aspettarla?

Non aveva scelta, se voleva scoprirlo, doveva entrare.

Forse era semplicemente un ragazzo che voleva dichiararsi. Improbabile. Lei non era il tipo che attirava ragazzi. Di solito scappavano tutti di fronte a lei.

Sospirando, posò una mano su di un’anta del portone e si accorse che, stranamente, la Biblioteca era ancora accessibile.

Come poteva essere possibile?

Madama Pince si era dimenticata di chiudere?

Si decise ad aprire ed entrò.

All’interno dell’immensa stanza, ricca di reparti ed anfratti, albergava la più totale oscurità. Un’oscurità tanto densa da poterla toccare. Solo dalle finestre semi chiuse filtrava, lieve, la luce della luna.

Spettrale.

Victoria sentì il proprio respiro accelerare insieme al battito del suo cuore.

Quando, ad un tratto, alcune delle torce poste lungo le pareti, si accesero. La ragazza sussultò, spaventa, e si voltò di scatto verso dall’entrata.

Sulla porta della Biblioteca, con ancora la bacchetta tesa verso le fiaccole, a fissarla stupita e sorpresa, c’era Lily Evans.

Le due ragazze si fissarono per un po’, senza dire nulla. Stupore generale di entrambe.

Poi, alla fine, Lily si fece avanti, facendo frusciare la lunga gonna bianca, che aveva indossato insieme ad una camicetta azzurra, prima di scendere a cena, dove non era più obbligatoria la divisa.

-Olsen?- disse, confusa.

-Evans?- fece l’altra, nello stesso stato d’animo.

Un attimo e la rossa aveva già riacquistato il suo spirito ligio all’ordine. –Che fai qui in Biblioteca?- chiese. –Non sai che è proibito uscire dai dormitori dopo il coprifuoco?-

-E tu, allora?- ribatté la moretta.

-Beh, io sono Caposcuola.- si difese la Evans.

Sorridendo mite, Vick si avvicinò a Lily e le porse il biglietto. –Io sono qui per questo.- le rivelò. -E non credo me lo abbia mandato tu, giusto?-

Lily fissò il bigliettino sconvolta, poi, andando a rovistare nelle piccole tasche della sua gonna, estrasse un foglietto simile.

-E’ uguale al mio.- disse, porgendolo a Vick.

Stessa calligrafia, stessa frase.

 

“ E tempo che parliamo di ciò che è veramente importante per noi.

Ti aspetto questa notte alle dieci in Biblioteca”.

 

Lo sguardo di Lily si incupì, insieme a quello della Olsen. Ormai era troppo tardi. Ci erano cadute, qualunque fosse lo scherzo, oppure la trappola, erano dentro.

Non c’era più il tempo per scappare.

-Merda.- sibilò Vick, irrigidendosi. Aveva un’orribile sensazione.

-Parola giusta, Olsen.- fece una voce, uscendo fuori dal nulla.

Un rumore secco.

Le due ragazze si voltarono nuovamente verso la porta della Biblioteca, Rodolphus Lastrange la stava sigillando in quell’istante.

La voce, tuttavia, proveniva da alcuni scaffali lontani dove stavano i libri di Incantesimi.

Con un sorriso beffardo da gatto che, finalmente, è riuscito a mettere le zampe sul topo, Lucius Malfoy uscì allo scoperto.

 

***

 

Sdraiato di schiena sul suo nuovo letto, James Potter osservava il nulla. Non si era ancora cambiato per andare a dormire.

Non aveva sonno, però.

Nel silenzio di quella stanza, solo, per la prima volta, senza i suoi Malandrini a fare confusione, ebbe il tempo per pensare.

Detestava quel silenzio che sentiva premere su di se.

Non voleva pensare.

Non voleva analizzarsi.

No.

Se lo avesse fatto, forse, il giorno dopo, non sarebbe più stato in grado di uscire e stare in mezzo agli altri.

Ma le parole di Bellatrix non tardarono ad arrivare per tormentarlo.

Non avrebbe mai più trovato pace, ne era consapevole. Lo era sempre stato.

Era il giusto prezzo da pagare.

Il tatuaggio sulla sua spalla sinistra sembrava voler prendere fuoco da un momento all’altro. Niente di grave, ci era abituato.

Per un attimo fu tentato di spostare la manica della maglietta nera che stava indossando, per controllare.

Non lo fece. Non voleva vedere ancora quell’orrendo disegno nero muoversi.

Non voleva vedere la verità.

Sempre dalla stessa parte, la sinistra, stretta al polso, stava la sua consolazione.

Quel bracciale che si era costruito da solo.

Due catenelle d’argento intrecciate tra di loro, insieme ad un nastrino azzurro.

Era stato di Lily, una volta.

Spesso l’aveva vista portarlo, legato tra i suoi capelli rossi.

Glielo aveva fregato un giorno del loro quinto anno, quando ancora la spiava studiare in Biblioteca.

Sorrise.

Lily Evans….

Il suo sogno. Il suo desiderio più grande.

Perché?

Se lo avesse saputo, probabilmente, non si sarebbe tormentato l’anima in quel modo.

Non esiste un perché.

Così gli aveva detto suo zio Andrew, quando gliene aveva parlato.

Quando, per la prima volta, aveva deciso di rivelare a qualcuno quello strano sentimento, prima sconosciuto, che aveva cominciato ad insediarsi dentro di lui.

Non voleva niente da Lily.

Non desiderava follemente che lei diventasse la sua ragazza.

L’unica cosa che voleva era il poterle stare vicino.

Voleva occuparsi di quella ragazza sempre così sola e silenziosa.

Riuscire a vedere, un giorno, il suo volto felice.

Solo questo.

Ma se lei avesse scoperto cosa era in realtà, probabilmente lo avrebbe allontanato ancora di più.

E con lei, James lo sapeva, se ne sarebbero andati anche Sirius, Remus, Peter e Vick.

Il solo pensarlo gli provocò un atroce nodo alla gola.

Non voleva.

Non voleva perderli.

Ma non si poteva nascondere e mentire all’infinito.

Prima o poi…

I suoi pensieri cupi si interruppero, quando una strana luce azzurrognola, proveniente dal suo baule, arrivò dritta ad accarezzargli il viso.

Poi una voce, soffocata.

James saltò subito in piedi e corse al baule, tirando fuori, dopo aver frugato un po’ tra i vestiti, uno specchietto dalla fattura antica.

La voce si fece, a quel punto, chiarissima.

-James!-

-Felpato?-

Potter non sembrava affatto stupito di parlare con l’immagine del proprio migliore amico riflessa in uno specchietto. Anzi, pareva esserci abituato.

-Che succede?- chiese.

Sirius pareva preoccupato.

-Io esco.- disse.

-Fuori? A fare che?-

-Vick non si trova.- fece Black, senza nascondere la sua ansia. –Ho chiesto di lei in giro, ma le sue compagne di stanza hanno detto che l’hanno vista uscire poco prima che arrivassimo e non è ancora tornata.-

Facendosi serio, James assottigliò gli occhi nero pece.

-Neppure Evans è tornata. Eppure dovrebbe essere scattato il coprifuoco.-

Sospirando, Sirius distolse lo sguardo dall’amico.

-Io vado.- disse risoluto.

-No!- lo fermò James. –Stai calmo, Siri. Vengo subito con la Mappa.-

Black lo fulminò con un’occhiataccia. Si vedeva che il consiglio di starsene fermo gi rodeva. –Muoviti.- disse soltanto.

 

***

 

-Se volevate un appuntamento, bastava ce lo chiedeste, timidoni.- fece la Olsen, velenosa, trucidando con il suo sguardo azzurro i Serpeverde presenti nella stanza.

Severus Piton, uscito allo scoperto dopo Malfoy, insieme a Nott, Avery e Zabini, piegò le labbra sottili e pallide in un ghigno e, prima ancora che le ragazze riuscissero a fare qualcosa, pronunciò:

-Accio Bacchette Evans e Olsen.-

Lily guardò impotente la sua bacchetta finire nelle mani del Caposcuola di Serpeverde. Erano nei guai, guai grossi.

-Credete che senza bacchetta io non riesca a farvi comunque piangere come delle femminucce?!- fece Victoria, furente. –Stupidi! Non vi conviene provocarmi! Vero, Malfoy?- sibilò, fredda ed ironica.

Lucius non si scompose.

Rispose a quell’attacco con un ghigno.

-Staremo a vedere chi sentirà male questa volta, piattola!-

-Giusto! Staremo proprio a vedere!- replicò Victoria, bellicosa come sempre. –Evans, stai dietro di me!- aggiunse, portandosi di fronte alla rossa.

Uscendo dalla difesa della moretta, Lily andò ad affiancarlesi.

I suoi occhi verdi si erano fatti freddi e privi d’emozione. Il bel viso delicato atteggiato in un’espressione dura.

-Che cos’hai intenzione di fare, Malfoy?- domandò, rigida.

-Dare una lezione alla piattola, mi pare ovvio.- rispose Lucius, con un sorriso velenoso. –E divertirmi un po’ con la fidanzatina mezzosangue dell’odiato Potter! Voglio proprio vedere la faccia che farà, quando ritornerai da lui dopo che avremo finito con te…-

Lily non si scompose, né indietreggiò di un passo.

-Siete matti da legare!- urlò Victoria, furente. –Siete solo gli schifosi tirapiedi di quel malato di mente che se ne va ad uccidere Babbani e Mezzosangue! Farete presto una fine orribile, ve lo garantisco!-

Lucius ed i suoi compagni fecero finta di nulla, limitandosi a sorridere tra di loro, custodi di segreti che gli altri, inferiori, non conoscevano.

Lastrange scoppiò a ridere.

Lily gelò, ricordandosi in quell’istante delle terribili notizie che di recente aveva letto sui giornali magici e non.

-Adesso basta.- fece Malfoy all’improvviso. –Vediamo di movimentare la serata, ragazze. Nott.- chiamò.

Quello si fece avanti, tenendo in mano un sottile bacchetta di scuro ferro, terminante con un simbolo spigoloso che sembrava una M.

Un attrezzo per le marchiature a fuoco?!

Sia Vick che Lily trattennero il fiato.

-Non temere, Olsen.- fece Lastrange, mentre si avvicinava a Nott, con un sorriso fintamente dolce. –Questo giocattolino è per la Evans. Vogliamo, come dire, indicare bene a tutti cosa è, così che tutti possano scansarsi, non appena scorgono il nostro monito.-

Rise ed insieme a lui tutti gli altri.

In tutte quelle risa, sentendo Vick imprecare contro i loro aguzzini, Lily sentì i propri occhi bruciare di lacrime di rabbia e vergogna.

Lacrime che mai, per alcun motivo, si sarebbe azzardata a versare. Non avrebbe dato loro quella soddisfazione!!

Non doveva avere paura! Non doveva!

Fu un minuto. Un istante. Un misero battito di ciglia.

Quando Avery e Lastrange si mossero verso di lei, pronti a portarla da Nott, Vick saltò su di loro come una furia, aggredendoli.

La Grifondoro fu afferrata proprio da Rodolphus, che la gettò con violenza non contenuta contro uno dei tavoli.

Ci fu un rumore assordante.

Lily tentò di correre in suo aiuto, ma Lucius l’afferrò con forza per un braccio. Strinse così forte che, probabilmente, sarebbe rimasto il segno.

-Lasciami, Malfoy!- strillò, cercando di liberarsi.

-Pensa a te stessa, mezzosangue! Non te la passerai in modo migliore delle tua amica.- le sibilò all’orecchio, sputando veleno.

Privo di delicatezza, la lanciò tra le braccia di Zabini, che la strinse in maniera decisamente equivoca.

-Chissà se le mezzosangue sono brave a letto…- mormorò, accarezzandole alcune ciocche di capelli rossi.

Lily cercò di divincolarsi, ma il ragazzo nero era troppo più forte di lei. In mente un unico pensiero: qualsiasi cosa le avessero fatto, non doveva piangere!

Giocando con la propria bacchetta magica, bella per il suo colore argentato, Lucius si pose di fronte a lei con un ghigno orribile ad aleggiargli sulla bocca.

-Quelli come te sono solo feccia.- scandì, cattivo. –Meritereste la cancellazione ancora prima dei Babbani. Voi Mezzosangue non siete nessuno, siete affari a metà. Non avete ragione di esistere.-

Spalancando gli occhi verdi, Lily Evans sentì quelle parole crudeli affondarle nel cuore, come il pugnale dalla lama più affilata. Non sanguinò, perché la ferita non era reale, ma era pronta a giurare di non avere mai sentito tanto dolore in vita sua.

Una sola lacrima le scese su di una guancia.

Quelle parole…

Quante volte se le era ripetute da sola, nella sua mente.

Adesso, alla fine, qualcuno gliele aveva veramente sbattute davanti.

-Hai sentito, rossa?- le sussurrò Zabini all’orecchio.

-Mi fa schifo il solo toccarti.- continuò Lucius.

In una frazione di secondo Lily lo vide sollevare il braccio libero, poi percepì lo spostamento repentino dell’aria.

Lo schiaffo che la colpì alla guancia dove riposava la sua piccola lacrima solitaria le rovinò il labbro, le fece volare la testa di lato con violenza e risuonò in tutta la Biblioteca.

-Che schifo.- soffiò Malfoy, allontanandosi.

La ragazza si accorse di stare sanguinando ed il Serpeverde si era macchiato la camicia con poche gocce di quel sangue costretto ad uscire dal labbro ferito di una….mezzosangue!

Severus Piton era impassibile.

Da poco distante si sentirono le urla arrabbiate di Victoria, scattata nuovamente in aiuto della compagna.

Lastrange la afferrò di nuovo e la costrinse sdraiata su uno dei tavoli. Inutili i suoi tentavi di liberarsi. Avery, dalla corporatura mastodontica, intervenne a bloccarla.

Con una mano le costrinse entrambe le braccia sopra la testa, con l’altra la fermò definitivamente, bloccandola alla gola.

Rodolphus le bloccò le gambe con le sue, sedendosi sopra di lei con un ghigno soddisfatto.

-Non sei molto eccitante, tesoro.- le disse.

-Vaffanculo!- sbottò Vick, che ancora si dimenava. –Tornatene da quella puttana di Bellatrix, se ne vuoi una che ti ci sta!-

Il Serpeverde rise e si rivolse al suo compagno.

-Che dici, Avery? Lo vediamo si o no se è una femmina, oppure un ragazzo?- propose, afferrando la maglietta della ragazza con il preciso intento di strappargliela.

-Se ti azzardi a farlo ti stacco la testa, bastardo!- ringhiò Victoria, trucidandolo con lo sguardo.

Con gli occhi grigi ridotti a fessure, Lucius Malfoy sputò su Lily Evans, con il chiaro proposito di farle vedere quanto rappresentava lei per lui.

Le sorrise, facendo posto a Nott.

Quello puntò la bacchetta verso il marchio di ferro e mormorò, soddisfatto:

-Incendio.-

Il ghigno di Malfoy era un che di diabolico, quando sussurrò: -Via la camicia.-

Senza più tentare di liberarsi dalla presa di Zabini, Lily chiuse gli occhi.

Forse era davvero quello che meritava, disse cinicamente rivolta a se stessa. In fondo, era davvero una diversa, una nata sbagliata.

Non apparteneva a nessun mondo e nessuno, giustamente, teneva a lei.

Nessuno si sarebbe preso la briga di salvarla da quell’incubo.

Che facessero in fretta.

Era pronta.

 

 

 

 

 

Tutti gli umani odiano gli infelici.

                Quanto odio devo suscitare io che sono il

        più infelice degli esseri viventi?

 

                                           -Mary Shelley, Frankenstein-                    

 

 

 

 

 

 Fine!

Accidenti, in che brutto punto che vi lascio!!! ^^

Mi dispiace un po’…. =____=

Mi farò perdonare!

Che dire?

RECENSITE!

Altrimenti vi scordate il seguito! XD XD XD XD

Un bacione a tutti, carissimi!

A presto,

Lady Tsepesh

 

N.B.

 

Allora, come mi fanno notare in molti, la presenza di Lucius e co. Non dovrebbe esserci, visto che nella vera storia dovrebbero essere più grandi di James e gli altri.

Ripeto, è una licenza che mi sono presa.

Non perché non sono capace di inventarmi personaggi nuovi, anzi, il mio genere è l’originale, perciò non sarebbe stato un problema. Ho fatto questo semplicemente perché mi piacciono Bellatrix, Narcissa e gli altri.

Comunque io non sapevo davvero che il gruppo dei serpeverde fosse più grande dei Grifondoro, se è così, scusate la mia ignoranza. La storia, comunque, è questa.             

Avverto anche che il mio James non sarà come quello al quale siete abituate, nasconde dei segreti ed un passato particolare. Se vedrò il caso, metterò l’avviso OCC, ma non credo.

Detto questo vi risaluto, a presto con il nuovo capitolo 8 “Tell me a story”.

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Capitolo 8
*** Tell me a story ***


CAPITOLO 8  “TELL ME A STORY”.

 

 

 

 

 

Lacrime, lacrime amare.

Lacrime salate.

Lacrime dolorose.

Lacrime che aspettano un perché.

E lacrime ancora…

“ Vattene. Vai nel mondo al quale appartieni”

Piangere.

Qual’ è mai il mondo al quale appartengo?

“ Vai, ti prego.”

Mi stai pregando?

Desideri la mia scomparsa fino a questo punto?

“ Io e tuo padre, ormai, non sappiamo davvero più come fare ad amarti. Perdonaci, Lilian.”

Ho capito. Ho capito, davvero.

Mi dispiace.

Perdonatemi…

 

 

 

 

-Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.- pronunciò James, puntando la sua bacchetta su un vecchio ed alquanto mal ridotto foglio di pergamena ingiallita.

La Mappa del Malandrino, prontamente, si svelò ai suoi padroni, mostrando ogni singolo anfratto del castello e del parco di Hogwarts, insieme a minuscoli puntini, fermi, oppure in movimento, che altri non erano che gli abitanti di quella scuola di magia.

Sistemandosi meglio gli occhiali sul naso, James Potter si chinò ad osservare scrupolosamente ogni singola zona del castello.

Sirius, seduto vicino a lui, compiva la medesima operazione.

Peter se ne stava seduto sul suo letto ed osservava i due ragazzi con curiosità. Remus, vicino ad una delle finestre della camera dei Malandrini, fissava il cielo.

Nei prossimi giorni, purtroppo per lui, la luna sarebbe divenuta piena, ancora una volta. Sospirò, tornando a dedicarsi ai suoi compagni.

-Siete sicuri che sia necessario tutto questo? Non credo si trovino in pericolo…- fece, avvicinandosi ai due.

Né James né Sirius risposero.

-Come non detto...- continuò Lunastorta. –Avete visto qualcosa, almeno?-

Le espressioni dei due ragazzi, quando sollevarono lo sguardo su di lui, ebbero il potere di fargli gelare il sangue ancora prima di sapere.

James lasciò cadere la Mappa a terra e, ancora sconvolto, ghiacciato fino al sangue, mormorò: -Sono con i Serpeverde, Rem.-

Non ci fu tempo per altre parole.

Senza neppure considerare che, da buon Caposcuola, avrebbe semplicemente dovuto andare da un professore e mai, per alcuna ragione, uscirsene dopo il coprifuoco, Remus partì a corsa fuori dalla stanza, seguito a ruota da James e Sirius.

Dopo avere ciondolato un po’, anche Peter li seguì.

In Sala Comune non c’era quasi più nessuno, solo qualche studente ancora intento a studiare, oppure a terminare l’ultima partita di scacchi magici, prima di andare a dormire.

Nessuno fece caso ai Malandrini, quando li vide uscire.

Non era la prima, né sarebbe stata l’ultima volta che disertavano le regole imposte dal coprifuoco.

Se però qualcuno avesse guardato con attenzione le loro facce, si sarebbe accorto che quella notte c’era ben poco da scherzare.

Correvano.

Correvano per il buio corridoio del settimo piano, ignorando i continui richiami indignati della Signora Grassa, che si era svegliata non appena i quattro ragazzi erano usciti dal passaggio coperto dal suo ritratto.

Giù per le pericolose scale, sempre in movimento.

Correre con la consapevolezza che stava accadendo qualcosa di atroce in Biblioteca, quella notte.

Un gruppo di Serpeverde con due ragazze Grifondoro. Bastardi!

Correndo di fronte a tutti, James Potter ebbe come l’impressione che, presto, avrebbe ceduto. Presto sarebbe morto.

Il suo corpo pareva congelato, dandogli l’impressione di avere perso del tutto la sensibilità.

Stupido!

Lo sapeva! Lo sapeva! Lo sapeva!

Non avrebbe mai dovuto lasciarla da sola! Mai!

Non con i Serpeverde così arrabbiati dopo la loro ultima discussione!

Maledizione!

E se non fosse arrivato in tempo?

Cosa le avrebbero fatto?!

Fu in quell’istante di follia pura che James, improvvisamente, avvertì una strana fitta al polso destro. Remus, Peter e Sirius la videro prima di lui, dal momento che gli correvano dietro.

Una scarica abbagliante aveva avvolto quasi interamente il braccio destro del ragazzo, percorrendolo con le sue elettriche ramificazioni biancastre.

-Ma cosa….!- fece James, osservando tutto ciò con stupore.

Non ebbe il tempo di dire altro, perché una strana forza invisibile prese a trascinare il suo corpo, sottraendolo ai suoi amici.

Pareva fosse divenuto una calamita vivente.

Una calamita che, disperatamente, cercava il suo polo opposto.

-Il Voto!- esclamò Remus, correndo dietro a Potter, insieme agli altri due ragazzi.

A fatica i tre Malandrini riuscirono a riavvicinarsi al loro capo, che correva come se avesse avuto le ali ai piedi, tirato da una fune indistruttibile.

E, mentre si dirigeva rapidamente verso il luogo dove sapeva esserci la seconda metà di quel patto, James Potter sentì la sua mente andare lontano, aprirsi.

Non avrebbe mai potuto descrivere ciò che provò in quel momento, sicuro che al mondo non esistesse nulla di simile.

Però, per un solo istante, non fu più James Potter, fu Lily Evans.

Vide con i suoi occhi.

Sentì con le sue orecchie.

Percepì con i suoi sensi.

Provò ciò che lei provava.

Tremò e cadde a terra, non riuscendo più a sorreggersi con le proprie gambe. La sua vera coscienza che, dopo avere lasciato il posto a quella di Lily, ritornava.

I suoi amici gli furono subito accanto.

-James!- fece Sirius, aiutandolo a rimettersi in piedi.

La scarica di luce era tornata a vibrare intorno al suo polso destro, lasciandogli libero il braccio.

-D-Devo andare…- mormorò James debolmente. –Lei ha paura.-

Remus lo fissava sconvolto e Peter, terrorizzato, se ne stava di parecchio dietro di loro. Ma James non li guardava più. Non vedeva più nessuno.

Si liberò con uno strattone dalla presa di Sirius e riprese a correre, senza mai voltarsi verso di loro.

Ripresero a correre, imboccando quei passaggi nascosti che solo loro conoscevano e che li avrebbero condotti prima alla loro meta.

Quando videro il portone della Biblioteca avvicinarsi, fu una liberazione, anche se la paura di ciò che avrebbero visto, una volta entrati, era schiacciante.

La scarica al polso faceva sempre più male, cominciando a rodere la prima pelle. Sangue.

-James.- fece Remus, preoccupato.

Il ragazzo non lo calcolò.

Insieme a Sirius si precipitò di fronte alla grande porta di legno, tentando di aprirla.

Fu tutto inutile e presto se ne resero conto.

-C’è un incantesimo di sigillazione!- sbottò Sirius, furente, cominciando a prendere a pugni il legno antico del portone.

Terrorizzati. Erano fuori di se, tutti e due, osservò Lupin.

-Maledizione!- urlò James, sferrando un calcio ad una delle ante.

Sospirando, Remus si avvicinò ai suoi due amici, tentando di calmarli.

-Adesso calmatevi, intesi? Dobbiamo cercare aiuto! Non siamo in grado di rompere un incantesimo come questo, è magia nera, non sentite?-

Sollevando gli occhi scuri verso l’alto, James fece uno strano sorriso.

Certo che era magia nera.

L’aveva avvertita ancora prima di imboccare il corridoio che li aveva condotti fino a lì. La magia nera, ciò che detestava più di ogni altra cosa, eppure……

Scosse il capo.

-Cazzo, cazzo, cazzo!!!- stava imprecando Black, ormai completamente fuori di testa, mentre prendeva a calci e pugni ciò che gli impediva l’accesso alla Biblioteca.                 

–VICK!- urlò. –VICK RISPONDI!-

Mettendo una mano sulla spalla di James, Remus cercò di guadagnarsi la sua attenzione.

-Non credo che con Alohomora riusciremo ad entrare, ci serve un professore, James!-

-Credi bene, Rem.- fece Potter.

Guardandolo in viso, Remus Lupin, per la prima volta, ebbe paura del suo amico. Quegli occhi neri, da sempre buoni, scherzosi, gentili, erano cupi e bui come la gola interminabile dell’inferno. Come una notte senza luna.

Senza neppure rendersene conto, indietreggiò, trattenendo il fiato.

Quello non poteva essere James.

-Ragazzi…- cominciò la vocetta tremante di Peter. –Ragazzi, io…io credo sia meglio…a-andarsene da qui….- continuò, guardando il corridoio sempre più buio ed opprimente.

-Sta zitto!- urlarono James e Sirius contemporaneamente, innervosendosi ancora di più.

-Vai a cercare aiuto, Peter.- disse Remus, cercando di apparire calmo di fronte all’amico. –Chiama il preside, oppure un professore, intesi?-

Annuendo tutto tremante, Peter scappò via e Remus sperò solo che, nonostante la paura, Minus trovasse la forza per fare come gli aveva chiesto.

Lui aveva altro da fare, tipo far ragionare quelle due furie scatenate dei suoi migliori amici, che oltre a tentare di sfondare il portone con il loro corpo, stavano provando su di esso anche gli incantesimi più impensati.

E James, oltretutto, continuava a sanguinare. Il suo polso destro, dove ancora serpeggiava la scarica di luce, era ormai ricco di tagli e graffi profondi.

Se fosse andata avanti così…

 

***

 

Lestrange finì a terra, tenendosi una mano sullo stomaco, ancora dolorante. Aveva il fiato mozzato, le labbra sporche delle poche gocce di sangue che il suo corpo aveva rigettato. Lo sguardo di un pazzo.

-Tu…- sibilò con odio.

Victoria, trattenuta in piedi dalle forti braccia di Avery, sostenne senza paura lo sguardo del Serpeverde.

E nessuna vergogna.

Nonostante avesse la maglietta irrimediabilmente strappata non mostrava il minimo interesse per un dettaglio tanto umiliante, invece, per una ragazza comune.

Lo sguardo fiero da vera Grifondoro.

Le labbra incurvate in un ghigno.

Glielo aveva detto, no?

Se si fosse provato a toccare i suoi vestiti avrebbe sentito molto male. Forse non era riuscita a staccargli la testa, ma una bella ginocchiata in pieno stomaco le pareva più che sufficiente.

Lastrange boccheggiava ancora.

Ma quello che aveva in mente il Serpeverde per vendicarsi ebbe la capacità di farle tremare ogni singola cellula del corpo.

Vick se ne accorse subito, non appena Rodolphus sollevò la bacchetta verso di lei.

Un brivido freddo.

Aria in movimento.

Un incantesimo oscuro potente.

-Crucio.-

Il ragazzo pronunciò quella parola in un sibilo che si disperse nelle urla spropositate di Victoria. L’incantesimo la colpì ancor prima che lei riuscisse a comprendere cosa avesse intenzione di farle.

Sentiva solo bruciare.

Ogni parte del suo corpo bruciava, ardendola da dentro. Gli occhi presero a lacrimarle.

Sentì le proprie ossa scricchiolare, stridere, come se fossero prossime a spezzarsi.

E non c’era urlo abbastanza forte per potersi liberare da quella tortura.

L’inferno. Victoria vide l’inferno.

E urlava, urlava tanto forte che Lily desiderò morire, piuttosto che udirla ancora.

Vide Lucius sorridere, folle.

I suoi occhi esprimevano da soli la bestiale brama di sentire quelle urla. Ancora. Ancora. Un’altra volta. Ancora di più…

Erano pazzi, lo erano tutti.

-Urla pure quanto vuoi, Olsen.- fece Lestrange. –Nessuno ti sentirà, la Biblioteca è insonorizzata solo per te, stanotte.-

A distanza di anni, Lily Evans non avrebbe mai dimenticato quella notte.

Quella notte che le confermò molti pensieri. Alcuni brutti, altri bellissimi.

Non piangeva, non lo avrebbe fatto mai.

Quando Lucius Malfoy le aprì la camicetta azzurra, strappando malamente via i bottoni, non fece un fiato, né lasciò che il suo viso riflettesse le proprie emozioni.

In quegli occhi d’acciaio non c’era il desiderio di un ragazzo verso il giovane corpo di una ragazza.

Schifo.

Solo questo.

-Ma che peccato, ha il reggiseno…- sbottò Zabini volgarmente.

Ghignando, Lucius si avvicinò alla rossa.

-Ti marchieremo proprio qui.- disse indicandole la zona di pelle chiara sopra il seno destro. –“M” come Mezzosangue. Così quando Potter ti porterà a letto, potrà vederlo sempre benissimo. Tu che dici?-

Gli occhi della ragazza erano vuoti. Totalmente vuoti.

Un amaro sorriso le piegò le labbra, ma non pianse.

Non aveva pianto neppure quella volta di tanti anni fa. Mai una lacrima per Lily Evans. Stringere i denti, raffreddare il proprio cuore, chiudere le porte della sua anima…

Non c’era nessuno per lei.

Semplicemente, non esisteva. Non era contemplato, nella sua insulsa vita, qualcuno che si prendesse cura di lei.

Vide Nott avvicinarsi con il ferro rovente.

Fu come se il tempo e lo spazio avessero deciso di non esistere più per lei.

Non sentiva niente. Fredda, un pezzo di ghiaccio.

Neppure le urla strazianti di Vick riuscivano ad arrivare alle sue orecchie, ormai.

Quella fu una prima conferma.

Non esisteva niente di importante per lei in quella vita.

Non c’era nulla per il quale tirare avanti.

Non vi era pietà tra le persone.

Niente al quale appellarsi.

Inutile.

Lei era… inutile.

E poi, come una magia troppo inafferrabile per essere imparata, troppo forte per non essere considerata, calda come il sole, consolante come l’acqua, fredda come l’inverno, accadde.

Quando Nott fece ancora un passo avanti verso di lei, fu sbalzato brutalmente all’indietro da una barriera creatasi improvvisamente intorno al corpo della ragazza.

-Che diavolo è?!- proruppe Lucius, fissando confuso il polso destro di Lily.

Posando a sua volta lo sguardo sulla parte interessata del suo corpo, la ragazza scorse una strana scarica di luce serpeggiare intorno al polso delicato, con fare sinuoso.

Bruciava, ma di un calore impossibile da spiegare.

E lo sentiva.

Nel suo cuore lo sentiva.

Lui era…

Fece per sfuggire dalla presa di Zabini, ma il ragazzo glielo impedì, stringendola ancora più forte. Terribile sbaglio.

La scarica di energia colpì in pieno anche lui, scaraventandolo all’indietro.

Lucius e Piton indietreggiarono.

E Lily corse, il braccio destro che le imponeva di ubbidire. Quel dolore che le serviva da monito.

Un ricordo.

La sua prova.

La sua sfida.

Lui.

James…

-James…- mormorò, fermandosi di fronte all’enorme porta di legno della Biblioteca.

E fu velocissimo.

Lestrange ed Avery a torturare Victoria.

Nott e Zabini a terra.

Malfoy e Piton che non capivano.

Una mano. La sua piccola mano dalle dita da pianista, sottili.

La sollevò, toccando la scabra superficie di legno.

E la luce intorno a lei si intensificò ancora.

Quando Lucius Malfoy si avventò su di lei, cercando di fermarla e richiamando gli altri compagni, qualunque cosa stesse per fare, fu troppo tardi.

 

Il Voto fece il suo dovere. Uniti, uniti sempre.

Fino alla fine del tempo.

 

Fu una strana voce a muovere James Potter.

Una voce che parlava direttamente al proprio io.

Intima.

Calda.

Imperante.

Mosso come un burattino, ma con la consapevolezza di sapere dentro di se cosa fare.

Alzò la mano destra, posandola lievemente su una delle ante.

Sirius e Remus lo guardavano senza comprendere.

Fu un’immensa esplosione di luce.

Lo fu da entrambe le parti.

Le loro mani erano ferme allo stesso punto. Somma precisione.

Il pesante legno tra di loro.

Erano lontane, eppure ci fu un momento in cui, sia Lily che James ne erano certi, fu come se si fossero delicatamente toccate, sfiorate.

Il portone esplose, lanciando detriti e schegge ovunque, risvegliando probabilmente mezza Hogwarts.

Un boato assordante che riecheggiò di corridoio in corridoio.

E quando i tre Grifondoro fecero il loro ingresso fu la fine.

James entrò di corsa, gettandosi tra il fumo, e poco distante trovò Lily, seduta a terra, stravolta.

Le si inginocchiò accanto, circondandola teneramente con le braccia.

La ragazza tremava.

-Evans?- la chiamò gentilmente, usandole un tono delicato, tipico di quando si parla con una bambina.

Non rispose.

Come avrebbe potuto?

Quella luce accecante se ne era andata, ma il suo animo restava ancora profondamente turbato. Che cos’era accaduto?

Le sue piccole spalle erano scosse da brividi irrefrenabili e James temette che, anche stringendola fortissimo, non sarebbe riuscito a placarli.

Lo sguardo che sollevò sui Serpeverde fu di un tale odio, di una tale rabbia ed atrocità, che parve loro di essere scrutati dal demonio in persona.

Adesso, adesso sì.

Lo avevano fatto arrabbiare veramente…

Sirius oltrepassò Remus, entrando nella Biblioteca come un razzo.

Cercò Vick con lo sguardo e quando la vide, semi svenuta a terra e con la maglietta rigorosamente punk strappata, si sentì gelare dentro.

Corse da lei, non curandosi di Lestrange ed Avery che sghignazzavano tra di loro. Le si inginocchiò vicino.

-Vick…- mormorò, ben consapevole che lei non lo avrebbe sentito.

Remus, unico lucido in quella situazione senza senso, si decise a fare le dovute domande. I suoi occhi azzurri avevano assunto il colore delle acque ghiacciate.

-Cosa avete fatto alle ragazze? Siete impazziti?!-

Le labbra pallide e sottili di Lucius si piegarono in un sorriso crudele.

-Volevamo impartire loro una lezione, tutto qui.- spiegò con tranquillità.

-Una lezione…- ripetè con un sibilo James, che ancora stringeva Lily senza lasciarla andare. La ragazza continuava a mantenere il suo silenzio.

Anche Sirius, accucciato vicino alla Olsen, non faceva parola. Guardava la ragazza con gli occhi sbarrati, terrorizzato dall’idea di perderla.

Perché se ne stava così immobile?

Perché, non appena aveva provato a prenderla in braccio, aveva urlato di dolore?

-Le maledizioni senza perdono sono una cosa meravigliosa.- fece Lestrange, fissando Black con ironia.

Lo sguardo di Sirius si fece cupo ed il suo mutismo divenne inquietante.

-Cosa?!- si intromise Lupin. –Ma siete fuori di testa?!  Severus! Severus tu sei un Caposcuola! Come hai potuto?!-

Piton si limitò a fissare il licantropo, senza scomporsi più di tanto.

Aveva ancora tra le mani le bacchette di Lily e Victoria.

Con il viso contratto e l’espressione rigida, James Potter lasciò Lily a terra, mentre la ragazza tentava di coprirsi come poteva con la camicia priva di bottoni.

Fermò i suoi passi di fronte al Caposcuola dei Serpeverde, la mano tesa in avanti, scuro in volto.

-Restituiscimi le bacchette, Piton.- ordinò.

Non aveva usato nomignoli di sorta.

Non scherzava, adesso.

-Dammele, oppure me le riprendo da solo.-

Certo, non poteva fare incantesimi su di lui, lo aveva giurato. Tuttavia, chissà come, era sicuro che sarebbe comunque riuscito a fargli male, se avesse voluto.

Il Serpeverde non si scompose, continuando a fissare il Grifondoro che gli stava davanti con indifferenza.

-Piton non essere idiota!- si intromise anche Remus, mettendosi di fianco a James. –Hai una vaga idea di ciò che avete fatto?! Quando lo verranno a sapere i professori…-

Purtroppo Remus non terminò la frase, interrotta dalla risata sguaiata di Lestrange, che si era avvicinato a Lucius.

Puntava la bacchetta sui due ragazzi.

-Siete in minoranza, non potete farcela contro di noi. Questa notte vi ridurremo in briciole, è la resa dei conti.- sibilò il fidanzato di Bellatrix.

-Ah, si?- fece James, sfoderando un ghigno crudele che non gli apparteneva.  –Staremo a vedere chi sarà a finire in briciole.-

-Smettetela!- gridò Remus, mettendosi tra i due. –Non dobbiamo combattere tra di noi! Questa lotta tra case è assurda! Assurda!!-

Ah…

Gli incantesimi non verbali sono una gioia per chi li sa usare.

Il sorrisetto compiaciuto di Malfoy.

Uno spostamento d’aria improvviso, quasi un risucchio.

Poi l’urlo di Lily.

-STA’ ATTENTO, POTTER!!!-

Troppo tardi.

Severus Piton aveva già formulato ciò che voleva.

Colpire James Potter alle spalle, una goduria.

Il ragazzo fece a tempo per girarsi e vedere un’enorme lingua di fuoco, quasi un vortice di fiamme, avventarsi su di lui.

-Che le fiamme dell’inferno ti inghiottano, maledetto…- sibilò Severus con rabbia.

In quel frammento di secondo che gli restava prima che le fiamme lo sommergessero, James  ebbe il tempo di pensare a Remus, che gli stava ancora vicino, correndo il suo stesso rischio.

E mentre tutti prendevano a correre per salvarsi da quella diabolica furia rossa, Potter si lanciò sull’amico, facendo cadere a terra tutti e due e cercando di riparare il licantropo, in modo da essere il solo a dover affrontare le fiamme.

Ci fu un rombo assordante.

Le urla spaventate di Lily non si sentivano più.

Il grido di Sirius, quando il fuoco investì i suoi migliori amici, si perse nel fragore.

Ci fu una sorta di esplosione.

Fiamme che schizzavano ovunque, attaccando il legno presente in Biblioteca ed i libri.

L’incendio si propagò a macchia d’olio.

Gattonando in fretta verso Sirius e Vick, ancora priva di sensi, Lily riuscì a raggiungere i due Grifondoro e a preparare una barriera in grado di proteggere tutti e tre. Tremava ancora, constatò Black, ma la mano nella quale teneva la bacchetta, nell’istante in cui pronunciava l’incantesimo, era immobile, ferma.

Lily Evans sarebbe stata una grande strega.

-Che diavolo hai combinato, Severus?!- sbraitò Lucius Malfoy, quando si rese conto che l’unica uscita della Biblioteca era del tutto impraticabile.

Piton non rispose.

I suoi occhi, scuri come la pece, erano puntati in maniera quasi maniacale sulla cupola di fuoco che aveva circondato James e Remus.

Perché non li aveva ancora bruciati?!

Quanto ancora avrebbe dovuto aspettare per vedere la sua vendetta compiersi?

Loro avevano tentato di ucciderlo.

Ora lui li avrebbe uccisi.

Invece di ridursi, la massa di fiamme si intensificò e dei raggi di luce nera, spettrale, presero a trafiggerla.

Per un istante sembrò che l’ampia sala precipitasse su di loro.

I risucchio di energia fu tale che tutto prese a tremare.

E Sirius ringraziò il cielo che Vick non stesse vedendo nulla.

L’inferno.

Ci erano finiti veramente. Il caldo e la mancanza d’aria erano schiaccianti.

Forse, pensò Black, forse sarebbero davvero morti tutti.

Per quanto avrebbe retto la barriera della Evans sotto quelle che erano, in fin dei conti, potenti fiamme magiche?

Improvvisamente, sentì la piccola mano della rossa stringere la sua.

Black comprese subito.

Doveva proteggere Vick, basta con la paura. Se fosse rimasto ancora immobile, l’avrebbe perduta davvero.

Senza pensarci due volte, lasciò che la Grifondoro attingesse potere anche da lui.

La barriera di colpo aumentò le sue dimensioni ed il suo spessore.

Ed infine, come il tuono che squarcia la terra, come l’onda che spazza via tutto, come il vento che stronca gli alberi, accadde.

Il prodigio.

La luce nera prese ad aumentare, sempre più.

Sempre più.

Sempre più.

La cupola di fuoco esplose, lanciando fuoco ovunque.

Ognuno cercò di ripararsi come potè.

La barriera di Lily, aiutata anche dalla magia di Sirius, resistette anche a quell’attacco.

Nel punto dove, per tutto il tempo, l’agglomerato di fiamme aveva insistito, il pavimento era del tutto annerito, ma, con lo stupore di tutti, James e Remus c’erano ancora.

Il Caposcuola di Grifondoro era a terra, del tutto illeso, ma immobile.

James stava seduto a terra.

L’aria sfinita.

Il retro della maglietta prevalentemente inesistente.

La schiena ustionata.

Un rivolo di sangue gli scivolava giù dalla bocca.

Sirius e Lily trattennero il respiro.

Ma gli occhi di James Potter erano rivolti unicamente sui ragazzi verde e argento.

Paura.

Terrore.

Sgomento.

Quando riuscirono chiaramente a leggere gli occhi del ragazzo, nei quali albergava il nulla, allora tremarono davvero.

Allora fu davvero un incubo.

-Come…come…hai fatto?!- balbettò Lucius Malfoy, sbiancando.

Nello scoppiettare basso delle fiamme che continuavano ad ardere qualunque cosa riuscissero ad afferrare, si sentì anche la lieve risata di James.

-Tu non sei umano!- gridò Zabini, indietreggiando. – Che accidenti sei, Potter!?-

-La mia è stata solo fortuna.- mormorò il ragazzo, senza smettere di scrutarli con i suoi occhi scuri. Terribili, in quel momento.

Fortuna?

Neanche il più stupido ci avrebbe creduto.

Severus aveva gli occhi sgranati ed il respiro breve.

Dio…

Ma come aveva fatto?

Come? COME?!

Quelle non erano fiamme normali.

Avrebbero dovuto bruciare il corpo dei due Grifondoro in un battito di ciglia.

Il silenzio inghiottì tutto.

Nessuno parlava, perché niente c’era da dire.

E, tutto intorno, il solo crepitio del fuoco.

Se non fossero usciti in fretta, sarebbe stata la fine per tutti loro, colpevoli e innocenti.

Panico.

Ma, fortunatamente, qualcuno, quella sera, aveva fatto il suo dovere.

Dall’altra parte delle fiamme che ostruivano la porta d’ingresso e di uscita della Biblioteca, si udirono delle voci e, da quello che si poteva sentire, erano in molti.

-State bene ragazzi?- fece l’allarmata voce della McGrannit.

-Stiamo bene!- rispose Lily, tornando ad essere una brava Caposcuola. –Ma ci sono dei feriti!-

-Signorina Evans, è lei?- domandò la professoressa.

-Sì! Sì, sono io.-

La donna parve farsi più tranquilla.

-Allontanatevi dall’ingresso quanto potete, ragazzi.- si aggiunse la voce di Silente. –Potrebbe essere dannoso. Pronto amico mio?-

-Quando vuoi, Albus.- rispose la vocetta di Lumacorno.

Sentire le voci dei professori fu indescrivibile.

Come respirare dopo tanto, tantissimo tempo.

Quel brutto sogno stava per avere un termine.

Pozione refrigerante, capì subito la mente attenta di Lily, non appena vide gli effetti dell’infuso che Lumacorno stava versando sulle fiamme.

Subito il fuoco parve congelarsi, per poi sciogliere il ghiaccio e riprendere vigore.

Una morsa di puro sgomento attanagliò lo stomaco della rossa.

Non funzionava!

Ci vollero tre fiale di pozione, unite all’incantesimo di gelo formulato sia da Silente che dal professor Vitious, per placare l’incendio.

Poi tutto finì.

I professori entrarono nella sala, insieme a Madama Pince, che, non appena vide in che stato si trovavano i suoi preziosi scaffali e libri, ebbe un malore.

Per placare tutte le fiamme ci volle un lungo lavoro. Probabilmente, ci sarebbe voluta tutta la notte.

Silente lasciò il duro compito ai suoi colleghi, per avvicinarsi ai suoi studenti.                     

Se ne stavano tutti in un angolino, con le facce più o meno spaventate.

Non aveva l’aria arrabbiata, piuttosto stanca, triste, forse anche delusa.

Lily si sentì sprofondare.

Osservandoli tutti con i suoi occhi azzurri nascosti dietro agli immancabili occhiali a mezza-luna, il preside si avvicinò a Remus, ancora senza sensi.

-Come sta?- chiese Lily, preoccupata.

Silente sorrise. –Sta bene, è solo svenuto. Va portato in infermeria.- disse, prima di passare a Victoria.

La studiò un istante, poi la toccò delicatamente con le dita.

Il corpo della ragazza fremette.

Sentiva male anche per così poco.

Il preside sollevò lo sguardo sul resto dei suoi studenti e per un attimo sembrò voler dire qualcosa. Poi lasciò perdere.

A James parve che quegli occhi chiari stessero cercando di trattenere una lacrima.

-Qualcuno vorrebbe portare la signorina Olsen in infermeria? Non c’è tempo da perdere.- chiese con voce pacata.

Sirius si fece subito avanti, accucciandosi vicino al preside e la ragazza.

-Mi dica come devo fare.- disse.

-La prenda tra le braccia con la massima delicatezza, signor Black. La signorina Olsen è giovane, ecco perché le sue ossa hanno resistito. Cerchi di non farle sentire troppo dolore, se ci riesce.- rispose l’anziano mago, guardandolo con un sorriso triste.

Sirius obbedì.

Sollevò Vick da terra, tenendola in braccio morbidamente, cercando di non stringerla troppo. Si stupì nel sentire quanto, in quel momento, lei fosse così piccola e delicata.

Gli era sempre parsa una sorta di super maschio, invece, solo in quell’istante, si accorse di quanto fosse leggera e minuta, rispetto a lui.

Vick…

La sentì emettere qualche gemito di dolore, ma cercò con tutto se stesso di non curarsene. Doveva portarla via da lì.

Ma, quando fu arrivato all’uscita di quell’inferno artificiale, si voltò.

Lo fece una volta sola.

Ed il suo sguardo fu tutto per i Serpeverde.

I suoi occhi blu assunsero un’espressione che difficilmente gli apparteneva.

L’avrebbe fatta pagare a tutti loro.

Presto.

Molto presto.

E Sirius Black non minacciava mai a vuoto.

Il tempo necessario perché capissero, poi se ne andò.

 

***

 

Dovevano essere le due del mattino quando Lily Evans mise piede nella sua calda e confortevole stanza di Caposcuola.

Non le sembrava vero.

Sembravano secoli dall’ultima volta che era stata lì.

Dall’ultima volta che era stata……normale.

Niente sarebbe stato più come prima dopo quella notte.

Stringendo i denti, tenendo duro, dando il massimo sempre e comunque, trattenendo le lacrime, era stata vicino agli insegnanti, che ancora si trovano a lavoro.

Alla fine, avevano insistito perché tornasse in dormitorio a riposare.

A nulla erano servite le sue proteste ed il suo sbandierare il distintivo di Caposcuola.

Il preside le aveva fatto una carezza gentile, poi aveva insistito perché lasciasse tutto a loro. Il giorno dopo sarebbe stata esonerata dalle lezioni, se avesse voluto.

E adesso era nella sua stanza.

Le pareva di trovarsi sospesa in una bolla di sapone.

Niente fiamme.

Niente cattiveria.

Niente urla.

Solo silenzio.

Un silenzio morbido e soffice come sembravano essere le nuvole.

Sospirando, si decise ad andare in bagno per prepararsi per dormire, se mai ci fosse riuscita, ovvio.

In infermeria, Remus riposava su un lettino.

Così Victoria, sottoposta alle frettolose cure di Madama Chips, che aveva messo delle tendine, in modo che la ragazza non venisse disturbata.

Lily aveva lasciato Sirius, James e Peter, comparso all’improvviso tutto tremante, con loro. La McGrannit aveva insistito che James si facesse curare le ustioni.

E i Serpeverde?

Lily non sapeva proprio prevedere la loro sorte.

Silente aveva detto che, il giorno dopo, avrebbe parlato separatamente sia con le Serpi che con i Grifoni, volendo sentire le versioni di entrambi.

Sembrava, tuttavia, deluso da tutti e due.

E lei, invece, si sentiva del tutto vuota dentro.

Stanca.

Indossò il pigiama con lentezza, senza mai guardarsi allo specchio.

Non si voleva vedere.

Non voleva vedere il riflesso di una mezzosangue.

No.

Uscì dal bagno con i piedi scalzi, non sentendo neppure il contatto con il freddo pavimento.

Si mise a letto, sentendo la morbidezza ed il profumo delle lenzuola cambiate. Il suo corpo, contratto dalla paura e dal dolore, riuscì un po’ a rilassarsi.

Lily potè quasi avvertire ogni sua singola cellula smettere di contrarsi.

Pace.

Non chiedeva altro.

Spense la luce e l’impressione di trovarsi in una bolla di sapone tornò.

Ma era dolce sentirsi cullare da quel silenzioso torpore.

Non chiedeva altro.

Chiuse gli occhi, tentando di sentire il sonno arrivare.

Però, ogni volta che lasciava libera la mente, le tornavano in mente le immagini di ciò che aveva vissuto quella notte.

Si accoccolò di più tra le coperte, nascondendosi sotto di esse.

Il castello era così silenzioso…

……ed il suo cuore batteva così forte da farle male.

Portò le gambe al petto e le circondò con le braccia, assumendo la posa da gatto appallottolato, come la chiamava sua madre, che utilizzava da piccola quando aveva paura.

Pensare a sua madre, però, fu un errore.

Ecco gli occhi che tornavano a bruciare e la gola a strozzarsi per quelle lacrime che non versava.

E in quel momento la porta della stanza si aprì, molto piano.

Era James, qualcosa dentro di lei glielo diceva. Forse il loro legame.

Il ragazzo si mosse piano, senza accendere la luce.

Mai, per nessun motivo, avrebbe voluto svegliarla. Poteva solo immaginare cosa avesse passato, i professori avevano ragione, doveva riposare.

Lily lo sentì trafficare nel suo baule, poi andare in bagno e chiudere piano la porta.

Sorrise.

Era dolce ad avere tutte queste premure.

In effetti, ora che rifletteva a mente lucida, lui era venuto.

Lui era arrivato a salvarla, rischiando tutto. Spalancò gli occhioni verdi.

Non lo credeva possibile.

Perché si preoccupava per lei in questo modo?

Lei non era altro che una Mezzosangue, non era simpatica, né di compagnia. L’unica cosa che sapeva fare era studiare sodo e portare a compimento i suoi obblighi di Caposcuola. Nient’altro.

Lui era di più, molto di più.

A volte lo aveva invidiato.

Lui aveva tutto ciò che avrebbe sempre e solo potuto sognare…

Era bello, simpatico, intelligente, carismatico. Sembrava che nessuno riuscisse a stargli lontano.

Tutti volevano James Potter.

Nessuno voleva Lily Evans.

Si sentiva così piccola ed inadeguata vicino a lui…

Per questo, per tutti quegli anni, non aveva fatto altro che evitarlo e allontanarlo.

Con lui accanto, si sarebbe sentita ancora di più una nullità, un essere invisibile.

E la sua rabbia, a poco a poco, l’aveva portata ad odiarlo.

Però, nonostante l’avesse sempre trattato con stizza e freddezza, non perdendo mai occasione per giudicarlo a priori, lui era corso da lei.

Quella notte le aveva confermato che, realmente, esistevano persone capaci di fare del male.

Le aveva sbattuto in faccia il suo essere una sporca Mezzosangue, mostrandole cosa le aspettava.

Ma c’era altro e lei lo capì solo in quel momento.

C’era anche un’altra conferma, un altro monito, che quella notte le aveva dato.

James Potter era con lei.

Con il tempo, con gli anni, quella conferma sarebbe diventata una costante della sua vita. Lui e lei, sempre, fino alla fine.

Non era vero che nessuno teneva a lei.

Ora una persona c’era.

Era spuntata fuori così, come un angelo, quando lei aveva ormai smesso di cercarla.

Fu un’emozione così forte che, nonostante i suoi sforzi, non potè più impedire a se stessa di piangere.

Prima le lacrime, calde e salate.

Poi i singhiozzi a scuotere il suo piccolo corpo stanco.

Quando James uscì dal bagno, esausto, la sentì piangere e fu come se una lama lo avesse perforato da parte a parte.

Il suo cuore parve stringersi ed accartocciarsi come carta al fuoco.

Per un lungo momento rimase fermo sulla porta del bagno ad ascoltarla, sentendosi del tutto impotente.

Era buio, però riusciva a vedere il corpo della ragazza, nascosto sotto le coperte, sussultare di tanto in tanto, scosso da pesanti tremiti.

Sospirando, fece l’unica cosa che poteva venirgli in mente.

Si avvicinò al letto della ragazza e si tolse gli occhiali, posandoli sul comodino.

 

Lily sentì il fruscio delle coperte che venivano spostate, ma non fece nulla, continuando a piangere.

Ma sgranò gli occhi, lasciando scivolare altre lacrime, e si irrigidì, quando sentì due braccia avvolgerla con dolcezza.  

Il letto cigolò un attimo nel momento in cui James si sdraiò vicino a lei, stringendola forte e poggiando il capo sulla sua schiena, ancora tremante.

-Non ti faranno più niente, te lo giuro.- mormorò contro la stoffa morbida del pigiama della ragazza. –Te lo giuro.- ripetè.

Una promessa che si disperse nel buio della stanza, ma che lei udì lo stesso.

Adesso il suo cuore batteva forte, ma non per paura, come prima.

Arrossì e ringraziò il cielo che fosse buio.

E pianse, pianse ancora, lasciandosi stringere teneramente.

Non lo avrebbe mai mandato via, aveva troppo bisogno di sentirsi abbracciare così.

Aveva troppo bisogno di lui.

Portò le mani su quelle del ragazzo e lo indusse a sciogliere il suo abbraccio.

James ubbidì, docile.

E lei potè muoversi.

Potè voltarsi verso di lui e rannicchiarsi meglio tra le sue braccia, che subito la avvolsero di nuovo, senza aspettare che fosse lei a chiedere.

Posò il capo sul suo petto, vicino all’incavo di una spalla, sentendo il suo cuore battere tranquillo, forse un po’ più veloce, rispetto alla norma.

Che fosse emozionato anche lui?

James invece appoggiò una guancia su quella testolina rossa, sospirando.

Non ricordava più da quanto tempo avesse sognato di poterla stringere così.

Il corpo di Potter era caldo ed il battere del suo cuore una dolce consolazione.              

Lily chiuse gli occhi, pregando di poter rimanere così per tutta la vita.

Non avrebbe mai immaginato che, un giorno, proprio loro due, si sarebbero trovati in una situazione simile.

Eppure adesso non le dispiaceva affatto.

Era tutto così tenero e dolce che le ferite subite quella sera parvero rimarginarsi, una colata di miele caldo le scorreva in petto, o almeno così le sembrava.

Cessò di piangere.

Ma chi era James?

Che cosa voleva da lei?

Perché le stava così vicino?

Sollevò lo sguardo, incontrando quello di lui.

Le sue parole vennero fuori ancora prima che il suo cervello ricevesse l’ordine di parlare.

Parole sussurrate.

Una timida domanda.

-Sei vero?-

Esisteva veramente?

Poteva esistere davvero una persona che aveva voglia di occuparsi di lei?

Oppure era tutto frutto della sua immaginazione?

Lui ci sarebbe stato ancora domani?

Una domanda che aveva un che di assurdo per chi la ascoltava, ma James non parve stupito, né la guardò come se fosse pazza.

Le sorrise.

E fu il sorriso più bello e dolce del mondo.

Lily non avrebbe mai dimenticato la stretta al cuore che le provocò.

La strinse di più, rendendo minima la distanza tra i loro corpi.

-Raccontami di te, Evans.- le disse improvvisamente. –Voglio sapere chi sei. Voglio sapere in che modo la tua vita ti ha portata ad essere così…-

Sentì le lacrime salire di nuovo e le lasciò scorrere.

Poteva farlo, se c’era lui.

Solo con lui.

E perdendosi in quegli occhi neri, così buoni mentre erano posati su di lei, Lily raccontò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E anche questo capitolo è terminato! ^^ Spero di avere fatto un buon lavoro, ci tengo veramente che voi abbiate il meglio di me!

Mi scuso per il ritardo, visto che avevo sbandierato ai quattro venti che avrei aggiornato domenica, ma la mia ADSL ha dato completamente di matto…. =___=

Fortuna che ora funziona di nuovo.

Mi sono sentita male, però, ve lo assicuro! Dannati aggeggi tecnici!

Saluto tutte voi, che state aumentando ogni giorno! E’ un onore scrivere per voi.

Saluto soprattutto Meylover e lo faccio con tanto di inchino, non mi aspettavo di trovarti tra i miei lettori, quando tu sei stata una specie di idolo per me! ^///^

 

 

Oggi 20/06/07 per me è un giorno bello e triste insieme. Kysa, il mio idolo, ultimerà il suo lavoro per poi ritirarsi. Forse non avrò più la possibilità di sentirla di nuovo…

E’ stata una maestra per me e le sono molto affezionata.

Perciò, trattenendo la solita lacrimuccia, colgo l’occasione per salutarla ancora anche per mezzo di un’altra parte di me, forse quella più importante: la scrittura.

Perché è questo ciò che sono, prima di tutto.

La saluto con questo capitolo, che io considero uno dei più importanti della mia storia.

Quindi Kysa, se mai un giorno ti troverai a leggere questa storia mediocre ed arriverai a leggere questo capitolo, sappi che c’è una tua fan che terrà te e le tue storie sempre in un posticino speciale del suo cuore……

Grazie di cuore per avermi fatta crescere con i tuoi racconti.

Mi mancherai.

Semper fidelis …

 

Valentina

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Capitolo 9
*** Bedtime ***


CAPITOLO 9  “ BEDTIME”

 

Please, please forgive me,

But I won’t be home again.

Maybe someday you’ll have woke up

And, barely conscious, you’ll say to no one:

“Isn’t something missing?”

 

You won’t cry for my absence, I know

You forget me long ago.

Am I that unimportant...?

Am I so insignificant...?

Isn’t something missing?

Isn’t someone missing me?

 

                                                                Missing, Evanescence

 

 

 

 

C’era stato un tempo, quando era ancora bambina, in cui era stata felice.

Si trattava, tuttavia, di un periodo così distante nella sua memoria, che ormai aveva dimenticato.

Per sempre.

Chiuse gli occhi e tentò di ricordare.

Andare indietro…

Ancora, ancora e ancora, cercando di afferrare sfuggenti ricordi dove non risiedeva il dolore.

La felicità.

Una parola estranea. Assente nel suo vocabolario.

Forse non sarebbe stata capace di ritornare con la memoria a quei giorni.

Forse le troppe lacrime versate avevano finito con lo sbiadire quelle immagini.

Forse, semplicemente, non ne aveva il coraggio.

Il coraggio di vedere com’era stata la sua vita all’ora e com’era divenuta adesso.

Non era mai stata una coraggiosa…

Non aveva mai provato a ricordare, temendo di sentire quelle piaghe profonde ingrandirsi e provocarle un dolore maggiore.

Ma la stretta di quella mano era forte.

Così forte che, in quell’istante, pensò davvero di essere capace di poter fare di tutto.

Guardare incantata quegli occhi scuri e gentili, specchiarsi in quella limpidezza e capire di poter raggiungere tutto quanto, qualsiasi cosa.

Sentì la paura allontanarsi e scomparire.

Aprì la mente e trovò finalmente la forza di raccogliere i piccoli frammenti della sua esistenza, ancora così breve, e rimetterli insieme.

Lui avrebbe capito.

Qualunque cosa fosse uscita dalle sue labbra, tremanti per la paura e, allo stesso tempo, per l’euforia di narrare un storia da troppo tempo taciuta, lui l’avrebbe accettata. L’avrebbe capita, senza giudicare.

Muovere le labbra e cominciare a raccontare, mettendo ordine nella sua memoria martoriata da ricordi atroci.

Da bambina era stata felice. Era stata bella quella vita in cui credeva ancora di essere come loro. Come la sua famiglia.

E parlare del forte e profondo amore per sua madre. La sua ammirazione di bambina verso colei che l’aveva messa al mondo, il suo universo.

Sorrise, mentre giungeva il ricordo di se stessa, così piccola, che fissava quella bella donna dai ricchi boccoli rossi, mentre, concentrata sulla propria immagine allo specchio, si truccava in maniera impeccabile.

Vederla voltarsi per sorriderle.

Vederla allungare le braccia verso di lei, incitandola ad avvicinarsi.

Sentirla chiederle, scherzosamente, se stesse bene acconciata in quel modo.

Sentire, infine, la propria risposta. Sincera, affettuosa, limpida….

-Sei bella, mamma.-

Non si curò affatto di quel dispettoso nodo che le aveva stretto la gola, tentando di impedirle di continuare.

Sentì quella mano calda stringere la sua ancora più forte.

Sospirò ed andò avanti.

Riportò alla memoria l’espressione dolce e calda che aveva Rose Evans, quando i suoi occhi nocciola si posavano su di lei.

Il suo modo di sorridere, in grado di farla sentire terribilmente importante.

Quelle mani, sempre ben curate, che si muovevano con veloce precisione, quando la aiutava ad indossare uno di quei vestiti ricchi di fiocchi e merletti che le piacevano tanto.

Ricordò il tocco gentile che sua madre aveva quando le regalava una carezza.

Ricordò le attenzioni che aveva avuto per lei.

I biscotti caldi, appena sfornati, al mattino.

Le coperte rimboccate, la sera.

Il leggero bacio dato sulla fronte, quando, di notte, si recava silenziosamente nella sua cameretta per controllare che stesse dormendo serena.

Il sospiro che scaturì dalle sue labbra fu atroce, ma non cedette.

Non poteva cedere.

Sentiva la libertà della sua anima così vicina……

Ricordare ancora.

Ricordare gli sforzi fatti per rendere quella donna meravigliosa orgogliosa di lei.

Giornate passate a studiare sui libri, mentre gli altri bambini giocavano nel parco vicino.

Felice.

Felice di sapere che, studiando così tanto, avrebbe sicuramente ottenuto ottimi risultati e visto il sorriso raggiante di sua madre.

Rinunce.

Rinunciare alla compagnia dei coetanei.

Rinunciare a passare del tempo alla TV.

Sorrise nel vedere la fronte di James Potter corrucciarsi, confusa, al suono della parola “ Cartoni Animati”.

Non rimpiangeva ciò che aveva fatto. Era stata questa la sua volontà.

Forse, fin da sempre, aveva saputo che avrebbe dovuto lottare per potersi guadagnare l’affetto dei genitori. Per poter essere……accettata.

Heric Evans, suo padre.

Un tempo quell’uomo aveva avuto la capacità di farla sentire una principessa.

La chiamava spesso con quel nome. Principessa……

Poi, un giorno, aveva cessato di farlo.

Suo padre…

Capelli biondi come il grano.

E sottili occhi verdi, identici ai suoi.

Lo aveva adorato, ma tutto il suo amore non era servito a niente.

Ripensandoci dopo tanto tempo, Lily ebbe come l’impressione che, nonostante i suoi sforzi, tutti quanti avessero calpestato il suo cuore, riducendolo in poltiglia.

C’erano stati giorni meravigliosi.

Giorni durante i quali lei aspettava, seduta sul muretto che circondava casa sua, in attesa di veder sbucare la macchina di suo padre.

Vederlo parcheggiare ed infine scendere.

Correre veloce verso di lui con un sorriso colmo di tutto l’affetto che il suo giovane cuore poteva donare.

Attendere con impazienza che lui la sollevasse da terra, tenendola saldamente tra le braccia, facendola volare.

E poi la sua voce.

Dolcissima.

-Eccoti, principessa…-

Aveva trascorso i primi dieci anni della sua vita come se fossero stati un bellissimo sogno.

Cullata dall’abbraccio ricco d’affetto dei suoi genitori.

Tenuta sempre per mano da sua  sorella maggiore, sempre così protettiva con lei.

Petunia…

Anche quella ferita bruciava.

Colei che per prima l’aveva allontanata.

Colei che per prima l’aveva disprezzata.

Invidiosa e cattiva.

E pensare che, in quei giorni luminosi, erano state così vicine……

Il suo mondo dorato finì nel medesimo istante in cui quella lettera arrivò.

Un premio e, al tempo stesso, una maledizione.

Lei, troppo Babbana per poter diventare strega.

Lei, troppo strega per poter tornare ad essere una Babbana.

Due mondi.

Eppure nessun luogo dove andare.

Mezzosangue……

Il ricordo delle parole di Malfoy la scosse.

James tornò ad abbracciarla, lasciando che lei appoggiasse il capo sul suo petto.

Fu strano ripensare ai sentimenti che provò il giorno dell’arrivo di quella lettera…

Incredulità. Stupore. Eccitazione. Consapevolezza.

Tante cose di lei dicevano.

Tante cose le dimostravano la verità.

Lei era speciale.

Non era come gli altri.

Improvvisamente, la sua mente di bambina era riuscita a giustificare tutti quegli eventi strani che le capitavano di continuo.

Era stata gioia.

Pura gioia.

Mentre Petunia, da subito, aveva eretto un muro di invidioso silenzio, i suoi genitori, da principio, erano stati felici per lei.

Orgogliosi.

Curiosi.

Desiderosi di conoscere quel nuovo mondo insieme a lei.

Con un sorriso nostalgico, Lily prese a raccontare di quella meravigliosa giornata a Diagon Alley, per gli acquisti scolastici.

C’era stata confusione nel suo animo.

Si era ritrovata a vagare per quelle viuzze sconosciute dai negozi bizzarri, girandosi in continuazione per poter vedere tutto e subito.

Perfino le persone che le camminavano intorno erano strane.

Ricordò, per un attimo, l’espressione sconcertata di sua madre, quando i suoi occhi attenti si erano posati sulle vesti strampalate e multicolore di chi le passava vicino.

Era stato bello.

Divertente.

Diverso.

Aveva comprato più libri del necessario, desiderosa di leggerli tutti.

Aveva mangiato dolci che, prima di allora, non credeva esistere.

Aveva trovato la sua bacchetta.

Aveva conosciuto il suo potere, per la prima volta……

Le labbra di Potter si piegarono in un sorriso di tenerezza. Per lui non era stato così.

Lui aveva conosciuto Diagon Alley fin da piccolo.

Non c’era stato stupore o meraviglia per lui, il giorno degli acquisti per il primo anno. Non c’era stato timore o confusione.

Si sorrisero, parlando per un po’ di come fosse stata quella giornata per loro, raccontandosi aneddoti buffi e divertenti.

James la fece ridere, narrandole il suo primo ed esilarante incontro con Sirius Black, al negozio di abiti di Madama McClan. Il loro era stato un colpo di fulmine.              

Amici fin da subito, le disse ridendo.

Poi, con rinnovato coraggio, Lily raccontò del suo arrivo ad Hogwarts.

Vedere tutti gli altri molto più informati di lei.

Sentirsi, in qualche modo, inferiore.

Udire quei ragazzini parlare di cose a lei sconosciute.

Sentirsi……un’estranea.

Il suo terrore per lo smistamento imminente.

La sua paura di non essere scelta per nessuna casa ed essere cacciata via.

Ricordò di come avevano tremato le sue gambe, mentre si stava avvicinando allo sgabello dove avrebbe dovuto sedersi per sottoporsi alla prova del Cappello.

Paura.

Paura fino alla fine.

Poi sorpresa.

Sorpresa nel sentire la voce dell’oggetto magico comunicarle di essere addirittura indeciso se mandarla a Corvonero, oppure a Grifondoro.

Sollievo e gioia.

Faceva parte di quel mondo, allora!

Timidamente, Lily confidò a James di averlo osservato, quella sera.

Lui si era avvicinato verso la prova da affrontare fiero e baldanzoso come era e sarebbe sempre stato.

Lo aveva invidiato fin da allora.

Aveva invidiato la sua sicurezza.

Lei non ne aveva mai avuta, destinata ad un’esistenza all’ombra.

In principio, aveva davvero creduto che la vita ad Hogwarts l’avrebbe resa felice.

L’idea di poter stare con altri ragazzi come lei l’aveva elettrizzata e riempita di aspettative che, successivamente, si sarebbero rivelate vane.

Non l’avevano mai accettata. Fin da subito.

La sera stessa del suo arrivo scoprì di essere una Mezzosangue, quindi indegna di studiare magia.

Non tutti la pensavano a quel modo, ovviamente, ma l’opinione di coloro che le rivolgevano tali parole cattive era troppo importante.

Tutti seguivano.

Tutti eseguivano.

Tutti la evitavano.

Non le rimase altro che rinchiudersi in un silenzio doloroso, deluso e amareggiato.

Passare giornate sui libri in un angolo appartato della Biblioteca.

Passeggiare da sola nel parco.

Occupare i banchi vuoti.

Escludersi.

E quella necessità di esclusione, alla fine, divenne desiderio, tanto da non poterne fare più a meno.

Era stato un errore, lo sapeva. Ma non aveva visto atre vie d’uscita…

Lei non era James Potter.

In quei momenti, l’unica consolazione che aveva era il pensiero del suo ritorno a casa, da chi le voleva bene.

Senza rendersene conto, trattenendo lacrime tristi, aveva preso a segnare i giorni che la separavano da quel momento.

Amava la scuola, amava le materie e tutto il resto, ma desiderava solo tornare a casa.

Tramando, Lily non riuscì a trattenere un singhiozzo.

James la strinse senza dire niente.

Il suo ritorno a casa…

Ciò che l’aveva fatta resistere in quell’inferno…

Eppure, una volta tornata, non aveva potuto fare altro che sperare di ripartire.

I nervosi sorrisi di benvenuto dei suoi genitori.

La rabbia palese di Petunia.

La paura.

Avevano davvero paura di lei?

Aveva passato l’estate che precedeva il suo secondo anno sentendosi osservata costantemente.

Perché?

Perché non si fidavano più di lei?

Perché le avevano ordinato di mettere via il baule con le sue cose di scuola?

Cos’era accaduto in quell’anno di lontananza?

Con un sorriso doloroso, Lily raccontò che l’estate successiva fu assai peggiore.

Suo padre, senza tanti problemi, le aveva chiesto di lasciare la scuola e di tornare a frequentare gli istituti babbani.

Doveva lasciarsi quei due anni di magia alle spalle e dimenticare.

Nonostante l’amore e l’affetto, nonostante il desiderio di tornare ad essere la figlia amata, non aveva accettato e li aveva lasciati ancora.

Avrebbe dovuto ubbidire?

Ripensandoci, visto l’andare delle cose, avrebbe dovuto.

La sua famiglia era più importante dell’imparare magia. Ma a quel tempo non aveva minimamente pensato alle conseguenze della sua scelta.

Aveva dato per scontato l’amore e il sostegno incondizionato della sua famiglia.

Ma sua madre aveva cominciato ad essere fredda con lei, anche se aveva provato miseramente a mascherarlo.

Suo padre aveva preso a non tollerare più oggetti magici in giro e sua sorella si era chiusa in un silenzio riservato solo a lei.

Nessuno l’amava più, non era così stupida da non accorgersene.

Quando si ha paura di qualcosa che non si comprende, allora la si finisce per odiare.

Fine terzo anno.

Fine della sua misera vita.

 

“Vattene. Vai nel mondo al quale appartieni”.

 

“Vai ti prego.”

 

“Io e tuo padre, ormai, non sappiamo davvero più come fare ad amarti Lilian”

 

“Cerca di capire…… sei diversa da noi….”

 

“Come possiamo farti da genitori?”

 

“ Comunque ti manterremo, non preoccuparti, e potrai tornare a trovarci, qualche volta… E’ meglio se vai da tua nonna, però. Lei… lei non sa nulla di te, mi raccomando, non fare stranezze anche lì, va bene?”

 

“Perdonaci, tesoro.”

 

Quelle parole suonavano tanto come un addio definitivo e lei non aveva avuto neppure la forza di replicare.

Aveva dovuto dare le spalle anche a chi credeva l’avrebbe sempre sostenuta. Non voluta neppure da loro.

Distruzione.

Inesorabilmente, crudelmente, si avvicinava.

Il suo cuore aveva cominciato a chiudersi, congelandosi.

Non voluta tra i maghi.

Non voluta tra i babbani, la sua famiglia.

Rabbia.

Tristezza.

Odio.

Distruzione totale..

Se nessuno la voleva, allora sarebbe diventata invisibile.

Era una cosa impossibile, ma ci avrebbe provato.

Come un suicida che si appresta a saltare ne vuoto, lei era rimasta a lungo sospesa, ed in fine, chiudendo gli occhi, aveva fatto il passo in più.

Cadere nel vuoto…

Sempre più giù, sempre di più…

Dritta fino all’oscurità, dove nessuno l’avrebbe più potuta vedere.

Eppure, in quel momento, con James lì vicino, ebbe l’impressione che, alla fine, qualcuno fosse riuscito a raggiungerla, per quanto in profondità si trovasse, e fosse riuscito ad afferrarla, arrestando la sua continua caduta.

Il ragazzo la guardava con uno sguardo indecifrabile. Sembrava vibrare.

Non voleva che provasse pietà per lei.

Non desiderava questo da lui.

Puntando gli occhi verdi sui suoi, analizzò quel suo sguardo.

-Ti faccio pena?- chiese d’un tratto.

Lui non rispose subito, poi, sorridendole, chiese : -Tu credi di far pena?-

Spiazzata.

Abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello del ragazzo.

Che rispondere?

-Non fai pena, Evans.- le disse lui, aiutandola a trovare la risposta a quella domanda così difficile. –Sono coloro che ti hanno costretto ad essere così che fanno pena, credimi. Ed io entro nella categoria…-

Lily spalancò gli occhi. –Ma…Potter! Ti sbagli, tu…tu non mi hai mai…-

James fece un lieve sorriso. –No, non ti ho mai trattato come un rifiuto, ma resta il fatto che non ti ho neppure aiutata a non cadere. Non ho mai saputo come fare per avvicinarmi a te, Evans.-

Lei sorrise, tentando di sollevarlo. –Adesso mi sei vicino, no?-

Anche lui sorrise. –Già. Adesso sì.-

Per un po’ restarono in silenzio, ognuno perso in chissà quali pensieri. James osservò l’espressione triste della ragazza. Anche senza occhiali, così vicina, riusciva a vederla.

Non c’era niente di più bello per lui…

-Ti mancano?- le chiese a bruciapelo.

Lily trasalì, ma decise di rispondere. –Certo. Anche se continuo a vederli, mi mancano. È come se fossi un’estranea, adesso.-

-Capisco.- mormorò il ragazzo. –Ma non credi sia arrivato il momento di uscire dal buco, Evans?- le disse piano.

Sorridendo mesta, la ragazza scosse il capo. –E’ troppo tardi, Potter.-

-No. Non è mai tardi per nulla.-

-E come dovrei fare, allora?- lo incalzò lei, piccata.

Sfiorandole uno zigomo con l’indice, fissandola incantato, James le sorrise.

-Tienimi per mano… Lily.- disse. –Se lo farai, io ti tirerò fuori. È una promessa.-

Sentendo il cuore battere a mille, la ragazza comprese di essere arrossita ancora.

Non capiva bene per quale ragione.

La vicinanza di James?

Le sue dolci parole?

La sua promessa?

Oppure tutto quanto?

Comprese di avere voglia di piangere, ma di gioia.

Lui l’aveva chiamata per nome!

E sentire il suo nome pronunciato dalle sue labbra fu meraviglioso. Il suo cuore acquistò calore, dopo tanto gelo.

-Lo farai, Lily?-

-Sì.- rispose, trattenendo le lacrime.

Nessuno mai, prima di allora, le aveva fatto promettere una cosa simile. Nessuno aveva mai voluto tenerla per mano…

-Sì, James…-

 

***

 

Le due e mezza del mattino.

Spettrale, la pallida luce biancastra di una luna quasi piena filtrava dalle spesse finestre dell’infermeria, illuminando di poco l’ampia stanza.

Il silenzio faceva da padrone, opprimendo ogni cosa.

Tutto sembrava placidamente addormentato, privo di vita.

C’era solo una candela accesa, che riusciva a stento a creare una piccola pozza di luce.

Ma a lui bastava.

Non aveva bisogno d’altro.

Poco distante, in un letto nascosto da delle tendine , riposava Remus, ancora incosciente. Madama Chips aveva detto che ci sarebbe voluta una notte intera di riposo, affinché si riprendesse.

Nel lettino di fronte a lui, invece, giaceva Victoria Olsen, di poco illuminata dai raggi della luna e dalla tenue luce della candela.

Indossava una veste giallo chiaro che le aveva messo l’infermiera con la massima delicatezza e dormiva tranquillamente, supina, avvolta da soffici lenzuola.

Quando Madama Chips le aveva fatto ingerire delle potenti pozioni di rinvigorimento, aveva urlato come una pazza.

Quelle urla gli avevano lacerato il cuore. Spaccato in due.

Adesso lei pareva dormire senza problemi.

Era stanco, aveva sonno ed aveva bisogno di rilassarsi un po’, tuttavia non aveva voluto saperne di tornare nel suo dormitorio, né di sdraiarsi su uno dei tanti lettini dell’infermeria.

Quella mano, stretta nella sua era piccola. Così piccola…

Anche lei lo era.

Il suo corpo era esile, di un peso esiguo, delicato..

Gli occhi blu di Sirius Black indugiarono su quella minuta figura addormentata.

Non aveva mai capito.

Adesso aveva aperto gli occhi.

Aveva sempre creduto che Victoria Olsen fosse una specie di ragazzaccio mancato.

Lei era una tigre.

L’aveva sempre vista più come un amico, che come un’amica.

Per lui, lei era sempre stata un secondo James.

Un amico fidato con il quale fare risse.

Con il quale lottare giocosamente.

Un secondo amico al quale aveva mandato lettere chilometriche piene di rabbia e solitudine, quando si era trovato in quella prigione dorata di casa Black.

Lei formava con lui la coppia d’oro dei Cacciatori di Grifondoro.

Lei faceva insieme a lui gli scherzi ai Serpeverde e alle matricole del primo anno.

Con lei prendeva in giro i professori…

Con lei sfuggiva alle lezioni, sgattaiolando ad Hogsmeade, nascosti sotto il mantello dell’invisibilità…

Sirius Black era stato il primo dei Malandrini a conoscere Victoria Olsen.

Era al secondo anno, mentre lei era una piccola matricola del primo.

Ad undici anni Vick aveva i capelli cortissimi, tenuti in un caschetto da maschio.

L’aria fiera ed orgogliosa, da dura.

Ed aveva costantemente qualche livido o cerotto da qualche parte.

Era una capa.

Nessuno del suo anno osava mettersi contro di lei e, presto, neppure gli studenti più grandi.

E un giorno, nel corridoio del Settimo piano, Sirius Black e Victoria Olsen si erano incontrati. Ognuno seguito dal proprio corteo.

Sirius aveva creduto di poter fare il gradasso ed il grande capo con lei, visto che era una matricola. Victoria, per tutta risposta, gliele aveva suonate.

Come dimenticare quel giorno?

Perfino gli abitanti dei quadri si erano affaccendati per spiare ciò che accadeva sotto ai loro occhi.

Una rissa in piena regola e tra componenti della stessa casa, perfino!!

Il duello era terminato quando i due valorosi guerrieri, picchia di qua, colpisci di là, avevano finito con il ruzzolare più di una rampa di scale, facendosi un male atroce.

Il piccolo Black aveva passato i seguenti tre mesi ad evitare quella bambina malefica, sfuggendole con la coda tra le gambe e meditando vendetta.

Vendetta che poi non era avvenuta, perché i due, nonostante gli insulti e le occhiate in tralice, arrivarono a riconoscere il valore dell’avversario, per poi diventare amici.

E Victoria era divenuta membro ufficiale dei Malandrini.

Sirius sorrise a quei ricordi.

L’aveva sempre ritenuta diversa dalle altre. A volte neppure la considerava una ragazza. Era più abituato a crederla un maschio.

Vick giocava a Quidditch in maniera perfetta, non passava tempo a studiare diligentemente in Biblioteca.

Faceva a pugni con chiunque la provocasse, non passava giornate intere a truccarsi e a sistemarsi i vestiti.

Ad Hogsmeade si fiondava di corsa da Zonko, mai a guardare le vetrine dei negozi di abiti…

Vomitava al pensiero di una cioccolata da Madama Piediburro, mentre amava bere una bella Burrobirra ai Tre Manici di Scopa.

Questa era lei.

Aveva sempre ostentato forza e carattere.

Sirius non avrebbe mai creduto di poterla vedere, un giorno, in condizioni del genere.

Eppure anche Vick era fragile.

Anche lei provava dolore e, nonostante fosse forte, non poteva farcela contro dei ragazzi, come invece poteva riuscire lui.

Doveva proteggerla, invece non l’aveva fatto.

L’aveva sopravvalutata troppo?

Eppure, per lui, lei restava comunque il suo eroe.

L’eroe che, quella notte di tanti anni fa, l’aveva salvato, liberandolo per sempre e regalandogli la felicità che tanto aveva bramato……

Posò il suo sguardo blu elettrico su di lei.

C’era tenerezza in quegli occhi.

E c’era adorazione.

La luce lunare gliela mostrava interamente.

Victoria aveva la pelle chiara, i capelli neri come l’ebano, gli occhi di un celeste ghiacciato, nascosti, in quel momento, sotto le palpebre abbassate.

Fu come vederla per la prima volta.

Victoria Olsen era bella.

Così bella da mozzare il fiato, o almeno, questo fu l’effetto su di lui.

Si sentì mancare all’improvviso, chiedendosi come avesse fatto, per tutto quel tempo, a starle vicino senza mai rendersene conto.

Si chinò su di lei, senza neppure rendersene conto.

Incantato.

Soggiogato.

Ai suoi piedi.

Vick aveva le labbra sottili semichiuse in un sospiro.

Lui chiuse gli occhi, vergognandosi di se stesso.

Poi non ascoltò più.

Senza rendersi conto di dove fosse…

Senza considerare più cosa stesse facendo…

La mente annullata del tutto…

Il cuore stretto in una morsa…

Tremante per una paura sconosciuta, posò le proprie labbra su quelle di lei e si sentì morire come mai gli era capitato prima…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco qua, capitolo concluso.

Chiedo scusa a tutti voi per il ritardo, ma settimane fa la mia ADSL è morta definitivamente, lasciandomi in una depressione senza eguali.

Ne sono successe di tutte, ho provato a chiamare mezzo mondo e anche di più per riportare in vita il dannato aggeggio, alla fine, dopo lacrime, berciate e tentativi di distruzione del computer (ero un tantino inc…..) ce l’ho fatta.

Il dannato aggeggio rifunziona e spero lo farò per sempre!!!!!!

Inseguito ho avuto qualche problema con la scrittura di questo capitolo, non è stato facile per me, ho dovuto provarci numerose volte, perché non mi soddisfaceva mai.

Anche adesso, ad essere sincera, non sono soddisfatta di questo capitolo….

Pazienza, vi chiedo umilmente scusa per questo disastro.

Farò meglio la prossima volta, promesso! ^___^””

 

 

Non avendo molto tempo, ringrazio tutti coloro che leggono questa storia, soprattutto coloro che non mancano mai di recensire e che, facendolo, mi danno sempre la forza per scrivere il capitolo successivo.

 X EFP: Ringrazio anche coloro che hanno aggiunto questa fic mediocre tra le loro fic preferite! Grazie davvero!!!

Grazie anche a coloro che invece mi hanno addirittura messo tra gli autori preferiti!!!

Che dire?

Non mi merito tutto questo, perciò vi dico un GRAZIE moltiplicato per 100000000000000000000000000000000000000000000 di volte e mi inchino.

 

Infine altre due cose! ^___^

Nonostante sia una contessa vampira e prediliga spostarmi sotto forma di pipistrello, oppure tramite una bella carrozza nera trainata da cavalli neri, da vero romanzo gotico, la vostra Lady Tsepesh deve dare l’esame di teoria per la patente di guida.

Ebbene sì, pure i vampiri necessitano di macchina! XD XD

Quindi non so quando potrò riaggiornare. Cercherò di fare in fretta…

 

Seconda cosa, dedico il capitolo a Black-Witch, che spero abbia gradito il finale del capitolo.

 

Un bacione a tutti voi…

Lady Tsepesh

 

                            

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** It's time to fly... ***


 Dedico questo capitolo a tutti coloro che, proprio nel momento in cui si sono sentiti più soli, si sono resi conto di avere qualcuno vicino. Lady Tsepesh

 

 

 

CAPITOLO 10  “IT’S TIME TO FLY”

 

 

 

 

Era bella. Terribilmente bella…

E lo era sempre stata.

Andava su e giù per la Sala Comune verde e argento, spostandosi sulle sue belle gambe messe in risalto dalla gonna della divisa decisamente ridotta, e dava ripetuti tiri alla sua sigaretta dal profumo di lavanda.

Non era il caso di contraddirla in quel momento, sarebbe stata capace di uccidere a sangue freddo.

Mai contraddire la regina di Serpeverde.

Guai a provocare le ire di Bellatrix Black.

Narcissa, rincantucciata in una delle soffici poltrone della sala, osservava preoccupata la sorella maggiore.

I suoi capelli biondi ricadevano sulle sue esili spalle, gli occhi chiari privi di luce.

Più che sembrare una ragazzina di quindici anni, pareva essere una bella bambola di porcellana, niente di più. E, forse, era così che tutti i suoi compagni la consideravano.

-Bella…- chiamò, quasi in un sussurro.

La marcia della sorella si interruppe di colpo e la mora si voltò verso di lei.

Mostrava un’aria annoiata che la diceva tutta su quanto potesse essere interessata alle lagne della sorellina.

-Cosa?- fece, non cercando neppure di mascherare il suo essere terribilmente seccata.

Narcissa abbassò lo sguardo, timorosa di incrociare quello blu di Bellatrix.

-Pensi…- cominciò con insicurezza. –…Pensi che li espelleranno?-

Ovviamente non osò sollevare gli occhi.

Per un attimo le parve di essere stata circondata da un atroce e gelido silenzio, probabilmente quelli erano gli occhi di Bella puntati su di lei.

Poi la risata fredda, priva di emozione, della sorella le giunse alle orecchie.

Detestava sentirla ridere in quel modo.

Somigliava troppo a loro padre, quando lo faceva.

A Narcissa vennero i brividi.

-Sono degli idioti, soprattutto il tuo fidanzato.- disse Bellatrix, con un ghigno ironico sul viso. –Ma non li butteranno fuori, sono tutti di famiglia troppo ricca. Il consiglio non può permettersi la perdita dei rampolli delle famiglie di maghi più prestigiose, non credi?- ragionò, logica. – Scommetto che i genitori stanno già marciando verso Hogwarts…-

-Capisco.- mormorò la biondina, stringendosi di più nel suo cantuccio.

Le labbra della mora si piegarono in un orribile sorriso.

-Lucius sarà di umore tremendo quando tornerà.-

Bastarono quelle parole per raggiungere ciò che voleva.

Il corpicino esile di Narcissa fu attraversato da un fremito.

Adorava tormentare quell’inutile di sua sorella. Adorava tormentare tutti quanti, a dire la verità.

In quel momento l’entrata della loro Sala Comune si aprì, lasciando passare qualcuno che, insieme ai professori, aveva lavorato quasi tutta la notte per spegnere le fiamme e riparare la Biblioteca.

Duro lavoro quello dei Caposcuola…

Eva Ames aveva l’aria sfinita.

I ricci castano chiaro sparati in maniera disastrosa, gli occhi verde scuro stanchi e arrossati. Doveva aver passato una notte meravigliosa…

Aveva una vestaglia viola scuro sopra la camicia da notte. L’avevano chiamata, buttandola giù dal letto, senza neppure darle il tempo di vestirsi.

Questo, conoscendo la sua mania per la perfezione, era già stato più che sufficiente per farle saltare i nervi.

Erano le sei del mattino, tutti gli studenti si trovavano ancora a letto.

Tutti tranne quelle tre ragazze.

Scrutando le due sorelle Black con i suoi freddi occhi verdi, Eva fece un mezzo sorriso ironico.

-Buongiorno. Dormito bene?-

Bellatrix fece una smorfia.

-Una meraviglia.- sibilò con rabbia. –Che ne è dei ragazzi? Sono dal preside?-

-Io li ho lasciati lì.- rispose Eva, avvicinandosi alla compagna di casa. –Bella…- fece, incrociando volutamente il suo sguardo.- Quello che è accaduto è opera tua?-

Non sorrideva più.

In quel momento la Ames aveva un’espressione rigida. Severa, quasi.

Non aveva mai amato le grane e non aveva mai preso parte ai piani di Serpeverde contro Grifondoro.

La Black sorrise, dando un tiro alla sua sigaretta. –Certo che no, io ho più classe. È Lucius l’idiota che riesce sempre a farsi sgamare.-

La battuta finale non riuscì a strappare alla Ames neanche un sorriso.

-Siete degli idioti e questa storia deve finire!- esclamò, dura in volto. –Non è un gioco, Bella! Qualcuno poteva morire, stanotte! Ma te ne rendi conto o no?!-

Per tutta risposta Bellatrix Black scoppiò a ridere.

-So benissimo che non è un gioco, di fatti io prendo le cose seriamente. Per quanto riguarda il morire, beh……. Non mi sembra che avremmo avuto grandi perdite, no?-

Fu un attimo.

Un attimo durante il quale Eva sentì la propria mano fremere così forte, che ebbe davvero il timore che avrebbe dato uno schiaffo a colei che governava Serpeverde sopra chiunque.

Anche Narcissa se ne accorse, prendendo a tremare.

Gli occhi di Bellatrix erano freddi e pungenti, divoranti. Il ghigno sempre perenne sulle belle labbra rosse.

-Sai che ti dico?- disse, portandosi ancora più vicino alla Ames. –Come cattiva non sei proprio una gran cosa… E come buona sei addirittura patetica. Fa ciò che ti ho detto di fare e tieni la bocca chiusa, Caposcuola Ames.-

Le soffiò in faccia l’ultima boccata di fumo, ma Eva non si scompose, continuando a scrutarla con stizza.

-Ti sei offesa, principessa?- fece Bella, con un sorrisetto ironico.

Fu il turno di Eva sorridere.

-Mi fai pena, Bellatrix. L’unica cosa che mi obbliga ad obbedirti…è il volere dei miei genitori, niente di più. Tu per me non sei nessuno.-

Disse quelle parole così dure con una tranquillità disarmante e terribilmente inglese.

No, Eva non aveva paura di lei.

Non si curava affatto che lei fosse la grande Bellatrix Black.

Superiore.

Ignorandola, la scansò, diretta ai dormitori.

Non si voltò più indietro.

Fu con orrore che Narcissa Black udì la risata sguaiata ed un po’ folle di sua sorella invadere la Sala Comune.

A volte Bellatrix faceva paura, capacissima di far gelare il sangue nelle vene di chiunque.

Lei, piccola di casa Black, lo sapeva meglio di chiunque altro.

Sua sorella era pazza.

Lo era sempre stata.

Assetata di un potere irraggiungibile, mai bastante per la sua gola avida.                                

Un giorno quella sete atroce avrebbe finito con il logorarla, ma sembrava che lei fosse ben lungi dal curarsene.

L’eterna pazzia di chi vuole tutto e, al tempo stesso, non vuole niente.

Ma Narcissa sapeva…

In fondo al suo cuore, Bellatrix teneva nascosto il suo unico, vero, desiderio.

Lo teneva racchiuso in uno scrigno così piccolo e buio, che a stento lo si poteva vedere. Anche lei, nonostante ne fosse l’unica custode, a volte finiva con l’ignorare la sua esistenza. Eppure c’era…

Era lì…

Un desiderio.

Un desiderio talmente grande che tutto l’oro dei Black non sarebbe mai bastato….

Senza rendersene conto, Bellatrix aveva portato lo sguardo a terra, rimanendo immobile come una fredda statua di marmo.

I passi di Narcissa si sentirono appena, nonostante il silenzio opprimente.

La grazia di una fata.

Timidamente e con lentezza, la ragazzina posò una mano delicata sul braccio della sorella maggiore, richiamando la sua attenzione.

-Bella…- mormorò, guardandola con un’espressione difficile da decifrare.

Gli occhi blu di Bellatrix si puntarono su di lei, privi di qualsiasi emozione.                 

Vuoti, come quelli di una bambola.

-…lo farai veramente?-

Le aveva sempre fatto paura quella domanda, ma sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto formularla.

Quando vide la sorella annuire leggermente con la testa, si sentì mancare.

-Perché?- domandò ancora con un filo di voce.

Le labbra di Bellatrix si piegarono in un sorriso che non arrivò agli occhi.

-Perchè è ciò che sono, Cissy.-

Scrutandola con i suoi occhi azzurri, ancora privi di crudeltà, Narcissa Black non accennò ad alcun segno di comprensione.

No, lei non capiva.

Non ancora…

-Lo fai a causa sua, non è vero?- chiese a brucia pelo.

A quel punto, lo sguardo di Bellatrix si fece sfuggente.

Si sottrasse alla sua debole presa, andando a sedersi su una delle tante poltrone. Gambe accavallate, nuova sigaretta alle labbra…

Ancora odore di lavanda…

Il sorriso impertinente che tornava.

Dopo aver dato un tiro alla sigaretta, la strega dai capelli corvini si decise a muovere le labbra per dare una risposta.

Un ghigno.

-Lo faccio per me, Cissy. Solo per me.-

E nel momento stesso in cui lo diceva, Narcissa ebbe la chiara impressione che fosse soltanto un’altra stupidissima bugia.

 

***

 

Quando Lily Evans si svegliò, quella mattina, lo fece con l’impressione che il mondo avesse preso a girare, finalmente, in maniera diversa.

Il suo cuore non pesava più così tanto e neppure il respirare le risultava così difficile.

Non aveva dimenticato.

Questo non lo avrebbe fatto mai, probabilmente.

Non poteva ignorare ciò che le era accaduto, però c’era qualcosa…

Un qualcosa di caldo e di avvolgente che riusciva a lenire tutto il suo dolore ad una velocità inaudita. Una super medicina che neppure Madama Chips aveva.

I raggi del sole, ormai pienamente sorto in cielo, le accarezzarono il viso in modo delicato e lei si ritrovò a sorridere anche di questo.

Era…felice?

Non ricordava di esserlo più stata da un po’ di tempo a quella parte.

Eppure, in quel momento, aveva solo voglia di sorridere.

Probabilmente, se adesso stava così, tutto il merito andava alla notte scorsa. Non aveva mai parlato a nessuno di ciò che teneva nascosto nel suo animo, aveva vissuto un’esistenza avvelenata, senza lasciare che qualcuno curasse le sue ferite.

Quel qualcuno poteva essere davvero James Potter?

Confusione.

Lo aveva detestato, mentre invece lui le aveva rivelato che, per tutti quegli anni, aveva davvero voluto esserle amico.

Adesso lei si detestava per averlo odiato.

Odiato senza una ragione precisa, in fondo.

Lo aveva disprezzato, perché in realtà lui era migliore di lei. Era un idolo, era qualcuno che tutti cercavano e rispettavano.

Lui era forte, coraggioso, sicuro di se, spavaldo.

Lei, l’esatto contrario, aveva bramato a lungo di essere come lui almeno in piccola parte. Ma non ci era mai riuscita.

Certe macchie di nascita non si potevano cancellare.

Anche questo era stato fonte di rabbia per lei…

Godendosi ancora il tiepido calore del letto, Lily si voltò alla sua destra, dove aveva sentito James riposare per tutta la notte.

Lui non c’era più.

Svanito, come il più bello dei sogni.

Scattò seduta con il cuore che le batteva forte, guardandosi intorno.

James non era neppure tornato nel suo letto, dal momento che non era neppure sfatto e non era in giro per la stanza.

Sospirò, portando le gambe al petto ed abbracciandole.

Chiuse gli occhi, desiderando per la prima volta che quel maledetto legame agisse per tenerli insieme. Invece il Voto funzionava solo come e quando voleva.

Bella fregatura!

Non ne sapeva il motivo, oppure, forse, non voleva saperlo, però aveva voglia di sentire James vicino. Il fatto di saperlo via, in giro da qualche parte, magari a fare il galletto con qualche ragazza, la innervosiva.

Ad ogni modo, non aveva alcun motivo di sentirsi così possessiva verso di lui.   Aveva tutto il diritto di fare ciò che voleva, no?

E poi ci teneva a lei, era stato così gentile…

Per un attimo la sua mente tornò alla notte appena trascorsa.

In uno dei loro silenzi, il suo sguardo era caduto allo strambo braccialetto che lui aveva al polso sinistro. Due catene d’argento ed un nastro blu, uniti, intrecciati.

Aveva sorriso. –Mi dici che cos’è questo?- aveva chiesto.

James aveva sollevato lo sguardo su di lei.

I suoi occhi erano i più belli che Lily avesse visto, anche se erano di un normalissimo colore nero, cupo come la notte più buia. Non erano azzurri, né verdi, né di atro colore particolare. Ma lei era pronta a giurare che non ve ne fossero di più belli.

Le aveva sorriso in modo buffo, con il suo miglior ghigno da Malandrino.

-Davvero non ti ricordi, Lily?-

Aveva ricordato.

Aveva ricordato eccome!

James non aveva neppure dovuto ricordarle l’intera vicenda.

Il loro quinto anno.                                                                                                                               

I G.U.F.O. sempre più vicini.

Lei in Biblioteca, a studiare.

Lui, comparso all’improvviso alle sue spalle.

Il nastrino che teneva legati i suoi capelli era scivolato via, con un fruscio, finendo nelle mani di James, che aveva sorriso.

Gli aveva sbraitato contro per un bel po’, ma alla fine era scappato con il nastro blu.

Lily aveva creduto che lo avrebbe gettato via, oppure usato per una delle sue malefatte.

Il suo cuore aveva mancato un battito quando aveva scoperto che lui lo aveva conservato per così tanto tempo, invece.

Le sue labbra si incurvarono in sorriso e le sue guance assunsero un lieve colore rosso.

Traendo un lungo respiro, decise di alzarsi.

Erano le dieci e mezza del mattino, dovevano essere tutti a lezione…

Non erano molte le volte che lei saltava la scuola, decise perciò di prendersela comoda. Dopo la confusione della notte passata, si sentiva stanchissima ed abbattuta.

Si alzò piano dal letto, muovendosi come a rilento.

Si fece una doccia veloce, cercando di lavare via anche tutte le brutte sensazioni provate. Magari ci fosse riuscita…

Invece i ricordi sarebbero rimasti e lei avrebbe dovuto conviverci.

Una volta pronta, si diresse in Sala Comune, convinta di non trovare nessuno.

Invece, con sua somma sorpresa, trovò Sirius Black seduto su una delle poltrone più vicine al camino.

Fissava le fiamme senza vederle veramente, lo sguardo perso chissà dove.

-Black?- chiamò, avvicinandosi.

Lui parve stupito di trovarsela vicino. Probabilmente non l’aveva neppure sentita arrivare. Comportamento strano per uno come lui.

Si riprese subito, sorridendole affascinante. La sua bella maschera di nuovo in funzione.

-Buongiorno, Evans.-

-Non sei a lezione?- chiese lei.

-Siamo giustificati, no?- fece lui, alzando le spalle. –E comunque non sarei andato lo stesso, non ho chiuso occhio, stanotte.-

A dire il vero Lily avrebbe anche potuto chiedergli il motivo, ma Sirius non era volutamente andato avanti, quindi lei non fece domande, discreta.

Si sedette poco distante da lui.

-Victoria e Remus stanno bene?- domandò a bassa voce.

Per un istante le sembrò che Sirius avesse trattenuto il fiato a quella domanda, poi lui si voltò, sorridendole. –Remus dovrebbe ritornare in giornata. Vick … ha ancora bisogno di riposo.-

Chiudendo gli occhi e non riuscendo a trattenere un brivido, Lily ricordò le urla spropositate di Victoria, mentre Lastrange la torturava.

Guardando Black, si chiese se fosse veramente il caso di dire tutta la verità.

Forse avrebbe dovuto tacere.

Però, rifletté, se Madama Chips avesse saputo cosa era realmente accaduto alla Grifondoro, forse avrebbe agito con più sicurezza nel curarla.

Non c’era motivo di tacere. Per cosa, poi?!

Difendere i Serpeverde?!

Non era ancora così stupida da arrivare a tanto.                                                                                   

Vick aveva tentato di aiutarla, finendo nei guai….

-Hanno usato la maledizione Cruciatus su di lei.- disse a mezza voce, non avendo il coraggio di guardare il ragazzo.

Sirius sgranò gli occhi blu, sentendosi ghiacciare dentro.

Provò molte volte, prima di riuscire ad esalare un semplice: -Cosa?-

Lily sollevò lo sguardo, trovando la forza di guardarlo negli occhi.

-Mi hai sentito. Non ti sto mentendo. Lastrange ha usato la Cruciatus su di lei. Mi dispiace di non essere riuscita a dire nulla al preside, ieri.-

Lui non le rispose, tornando a fissare intensamente le fiamme.

Non aveva voce per rispondere.

Adesso capiva il motivo per il quale Victoria aveva provato dolore anche con il solo essere sfiorata.

In casa Black si usavano spesso le maledizioni senza perdono. Fin da bambino i suoi occhi avevano visto cose mostruose compiute dai propri genitori.

La maledizione Cruciatus era una di queste.

Spesso sua madre l’aveva usata sugli elfi domestici. Non era stato un bello spettacolo, almeno per lui.

Il pensiero di Victoria nelle medesime condizioni di quelle povere creature lo lasciò senza fiato.

Se si fosse trovato al posto di Lily, se fosse stato lui a sentire le grida disperate di Vick, avrebbe desiderato una cosa sola, in quel momento: la morte.

No, lui non ce l’avrebbe fatta.

Non avrebbe sopportato di vedere la sua eroina distrutta pezzo per pezzo.

- L’hanno trattata con lo stesso disprezzo che hanno usato con me.- mormorò Lily, abbassando lo sguardo. –Non ce l’avevano con lei soltanto per vendetta, c’era dell’altro. Forse….mi sembra che anche lei sia figlia di Babbani, non è vero?-

Nello stesso momento in cui diceva quella frase, sentì di nuovo rabbia. Quella rabbia che l’aveva mossa fino a quel momento.

Ma perché?

Cos’avevano poi di tanto sbagliato i Mezzosangue?

Scorse Sirius fare un sorriso triste.

-Non hai completamente torto.- le disse. –Tuttavia, Malfoy e la sua banda non disprezzano Vick perché Mezzosangue. Lei è Purosangue come loro. La disprezzano per la sua famiglia…-

-Ma come?- fece Lily, stupita. –I suoi genitori sono…-

Black scosse il capo.

Non parlò subito, come se fosse stato indeciso se aprir bocca o meno.

- I genitori Babbani di Victoria non sono coloro che l’hanno messa al mondo.- senza curarsi dell’espressione sconvolta della Evans, andò avanti. - Il padre e la madre di Vick erano maghi di famiglia nobile e pura, Auror da generazioni. Vennero uccisi insieme a tutta la loro famiglia quando lei aveva appena tre anni, per questo finì in orfanotrofio. I signori Olsen l’hanno presa con loro senza sapere che lei fosse una strega. Victoria mi ha raccontato che, una volta manifestati i suoi poteri, aveva avuto seriamente paura che l’avrebbero riportata in orfanotrofio. Aveva avuto davvero paura di perdere quelle persone che amava come veri genitori. Invece loro l’hanno accettata per quello che era e hanno continuato ad amarla.-

Le labbra di Lily si piegarono in un sorriso, mentre uno strano nodo di commozione le stringeva la gola.

Lei avrebbe dato tutto, ogni cosa, pur  di ricevere il medesimo regalo dalla propria famiglia.

Ma non per tutti le cose accadono nello stesso modo…

-Sono felice per lei.- disse. –Devono davvero essere dei genitori meravigliosi.-

-Lo sono.- fece Sirius, sorridendo a sua volta. –Quando li vedo tutti e tre insieme, riesco a sentire un calore fortissimo che non ho mai provato stando con i miei…-

La stanza piombò nel silenzio.

Osservandolo in silenzio, Lily si chiese se anche Sirius, esattamente come lei, non riuscisse a trovare amore nella propria famiglia.

In quel momento, silenziosi nei loro pensieri probabilmente molto simili, riuscì a sentirlo molto vicino e a provare davvero amicizia nei suoi confronti.

Aveva giudicato male anche lui.

Era davvero stupida.

Non avrebbe mai più sparato giudizi su nessuno.

Ora che lo guardava non le sembrava più il super figo di Hogwarts, ma le appariva semplicemente come un ragazzo terribilmente solo.

Ripensandoci, era normale che una persona dolce come James Potter avesse deciso di diventargli amico e di stargli accanto.

Pensando questo, Lily sentì il proprio cuore accelerare i battiti.

James…

Tornando a sorridere serenamente, si alzò in piedi, andando a mettersi proprio di fronte a Sirius.

-Su! Basta stare qui a rimuginare! Perché non andiamo a vedere come stanno Remus e Victoria?- fece, imparando, per la prima volta, ad avvolgere i brutti pensieri e a sopportarli per dedicarsi ad altro. –Vieni?- chiese ancora.

Le sembrò che Sirius cercasse di evitare il suo sguardo, scappando e nascondendosi da qualcosa. –Non vengo.- le disse, cercando di sorriderle. –Ci sono già stato poco tempo fa. Adesso ho davvero bisogno di dormire.-

Capì subito che quella era soltanto una scusa, ma non provò ad insistere.

Nello sguardo sfuggente di Sirius riuscì a scorgere l’immenso desiderio di restare da solo, in pace. Probabilmente la sua presenza l’aveva turbato fin dall’inizio.

Non conosceva così bene Sirius Black da poter capire che cosa si agitava nel suo animo, tuttavia comprese che tutto ciò era legato a Victoria.

Lo aveva capito dall’espressione che assumeva il volto del ragazzo ogni volta che lei nominava il nome della Grifondoro.

-Va bene.- disse sorridendogli. –Allora ti farò sapere come stanno.-

Gli voltò le spalle, diretta all’uscita della Sala Comune.

I lunghi e soffici capelli rosso fuoco, fiamme vive, che ondeggiavano sulle sue spalle, seguendo ogni movimento del suo corpo.

Sirius non sollevò il capo per seguirla con lo sguardo.

Rimase con gli occhi blu fissi a terra, il giovane cuore, ancora inesperto, stretto in una morsa che non lo aveva lasciato per tutta la notte.

Semplicemente colmo d’amore.

     

***

 

-Non riesco a crederci!- sbottò Remus Lupin, gli occhi cerulei assottigliati dalla rabbia. Era raro beccarlo in quel particolare stato d’animo, solitamente era la quinta essenza della calma…

Lily sospirò, non riuscendo a dire nulla.

Se ne stava seduta su una sedia vicino al letto dove il Caposcuola di Grifondoro era stato forzato a rimanere per tutta la giornata, sentendo, a volte, gli sguardi di fuoco che Madama Chips le lanciava come monito: guai a fare casino.

Neppure lei riusciva a crederci, eppure era proprio così che stavano le cose.

Su un lettino poco distante da loro, Victoria giaceva ancora addormentata, senza accennare a svegliarsi, questo anche a causa dei pesanti sedativi che le erano stati somministrati.

Lily ricordava ancora le sue urla…

Terribile, era stato atroce, eppure…

-Non possono cavarsela così. Il preside è impazzito!- esclamò ancora Lupin, mentre scartava con stizza una Cioccorana.

Qualcuno doveva essere venuto a fargli visita prima di lei, visto il gran carico di dolci sul comodino.

Non c’era da stupirsi che a scuola già tutti sapessero dell’accaduto. Più segrete erano le cose, più con facilità se ne veniva a conoscenza.

-Non potevano espellerli, Remus. Le loro famiglie sono troppo importanti, no? I rappresentanti dei genitori non avranno voluto.- disse Lily, ragionevole.

-Fa lo stesso, maledizione! Hanno cercato di ammazzarci tutti!-

-Cosa vorresti fare allora? Sentiamo.-

Il ragazzo tacque, aveva un’espressione poco amichevole in volto. Non l’avrebbe fatta passare liscia ai Serpeverde, la ragazza lo capì subito.

Per quanto le riguardava, era adirata come e più di lui per la decisione del consiglio. Non credeva che una semplice punizione sarebbe bastata per farla pagare a quei ragazzi che l’avevano quasi marchiata a fuoco, ma sapeva benissimo di non poter fare altro. Rassegnazione, come sempre.

Fu senza neppure rendersene conto che, all’improvviso, chiese: -Hai visto James?-

Si dette subito della stupida quando comprese ciò che aveva appena chiesto. Cosa c’entrava Potter in quel discorso? Perché stava pensando a lui proprio in quel momento? Era proprio stupida…

Remus le sorrise.

-E’ passato a trovarmi questa mattina, molto presto. Ha detto che doveva scappare, il preside voleva vederlo.-

-Il preside?! Perché?-

-Non lo so.- disse il ragazzo con sincerità.- Spero che non venga accusato di qualcosa. Lui non ha fatto niente questa volta, strano ma vero.-

Ecco, adesso era davvero preoccupata.

Che cosa poteva volere Silente da James?

Che fosse stato incolpato per qualcosa dai Serpeverde?

Che il Voto fosse stato scoperto?

-Vedo che il legame funziona un po’ come vuole…- fece Lupin pensieroso.

-Ormai ho smetto di rifletterci sopra.-

-Io credo che sia James in persona, anche se senza rendersene conto, a dettare le regole della vicinanza, sai? Lui ti ha giurato di non fare stupidaggini, sei stata tu ha giurare di seguirlo, no?-

Lily, presa dal discorso, annuì.

-Credo che tu sia obbligata a stargli accanto solo se lui lo vuole. Guarda l’altra notte. È bastato che James desiderasse arrivare da te, per salvarti, che il legame si è attivato e vi siete venuti incontro come calamite. Avete addirittura fatto saltare in aria il portone!- fece, sorridendo.

Aveva ragione, in effetti.

Lily Evans però aveva la mente altrove.

James era corso da lei, per salvarla…

A stento riuscì a mantenere la sua espressione risoluta.

Poco dopo, salutato Remus con la promessa di fargli avere gli appunti da qualche compagno, si diresse spedita in Sala Grande.

Già molti studenti stavano procedendo per il suo medesimo percorso, l’ora di pranzo si avvicinava.

Alcuni, al vederla passare, si zittirono all’istante, prendendo poi a sussurrare all’orecchio del compagno.

Cercò di ignorarli, concentrandosi su altro.

Non aveva voglia di rovinarsi la giornata per loro, e, comunque, lei non aveva fatto proprio nulla di male, era una vittima, nient’altro.

Che andassero a sparlare di Malfoy e compagnia!

Eppure, quando varcò il portone che dava sull’enorme Sala dall’apparente soffitto scoperto, si sentì gelare.

Tutti gli occhi erano su di lei.

Dal tavolo di Serpeverde partirono insulti e risate guaite. I ragazzi delle altre case si limitarono ad osservarla.

Doveva capirlo.

Era lei la Mezzosangue.

Era lei che, a priori, aveva sbagliato.

Chinò la testa, indecisa se fare altri pochi passi ed entrare, oppure tornare indietro.

Che fine aveva fatto il tanto decantato coraggio dei Grifoni?

Forse lei non ce lo aveva mai avuto. Sarebbe stata decisamente meglio a Corvonero.

Quelle occhiate derisorie, curiose, divertite, ebbero la capacità di farla sentire un verme. Naturalmente nessuno accorse a salutarla, nessuno la chiamò per indicarle un posto libero a tavola.

Era così che funzionava, no?

Lei era il fiore appassito del grandioso giardino, nessuno la voleva.

Sentì gli occhi bruciare.

Perché la fissavano in quel modo?

Perché?

Perché?!

Fu in quell’istante che, ritrovandosi da sola contro tutti, desiderò, per la prima volta, avere degli amici.

Qualcuno che credesse sempre e comunque a lei, che la proteggesse, che le serbasse il posto a tavola e a lezione.

Lo desiderò così intensamente che il peso di quegli anni di solitudine parve schiacciarla.

E poi, quando ormai aveva deciso di scappare, piccola e codarda, sentì una mano calda stringersi intorno alla sua ed una presenza estremamente luminosa venirle accanto.

-Cerchiamo un posto dove metterci a sedere?-

Lily non ebbe il coraggio di voltarsi a guardarlo, sicura che se lo avesse fatto sarebbe caduta a terra, le gambe non l’avrebbero sostenuta.

Lui era lì, accanto a lei, spuntato dal nulla, e la teneva dolcemente per mano.                       

Un angelo, non smetteva di pensarlo.

Quando si voltò, lui le sorrise con il suo modo simpatico e ricco di calore. Si era letteralmente innamorata di quel sorriso.

Ogni volta che lui glielo rivolgeva, aveva la capacità di farla sentire importante per la prima volta ed era meraviglioso per lei.

Sentì una lieve morsa stringerle lo stomaco e tanto calore scorrerle sotto la pelle.

James…

I suoi occhi neri, dietro le lenti degli occhiali, erano dolci, mentre la guardavano.

I suoi capelli d’ebano, scuri come le ali dei corvi, disordinati in maniera buffissima.

Le labbra piene incurvate in quel sorriso fondamentale per la sua misera esistenza…

Il mormorio in Sala Grande si era moltiplicato all’arrivo di lui.

Strani sussurri si levano alla vista del grande Potter che prendeva per mano l’insulsa Evans…

Ma, ad un tratto, tutto fu diverso per lei.

James aveva ancora le dita intrecciate con le sue, quando prese a guidarla tra i tavoli per raggiungere la zona Grifondoro, e non accennava a lasciarla.

Era meraviglioso…

Strano.

Diverso.

Un mondo nuovo, per lei.

Desiderò davvero che lui non la lasciasse più, per alcun motivo.

Quella mano le trasmetteva una sicurezza che non aveva mai avuto, avrebbe voluto stringerla per sempre.

E, mentre si lasciava trascinare da lui, all’improvviso, tutte le voci cattive rivolte a lei svanirono. La mante le lasciava fuori, lontane.

Basta ascoltare.

Basta soffrire.

Basta vivere nascosti ed insicuri.

James era lì, con lei.

Era tempo di volare…

 

 

 

 

 

 

 

FINE!

Eccoci qua ragazzi, questo è il capitolo 10, il capitolo con cui vi lascio augurandovi buone vacanze! ^____^

Starò via due settimane in vacanza con le mie migliori amiche e, se sopravvivrò a questa esperienza, mi vedrete ritornare il primo di agosto.

Spero che questa pausa mi porti nuove idee, ho ancora molto da lavorare con James! Leggere i prossimi capitoli per credere.

So di aver gettato sulla piazza tanti misteri e di non averne ancora risolto uno, ma, che volete che vi dica? Sono un animo sadico!

Abbiate fiducia! ^___-

Detto questo, un bacio a tutti!

Ringrazio tutti coloro che leggono e quelli che, gentilissimi, commentano sempre! Mi farebbe piacere ricevere commenti anche da coloro che leggono e basta. Siete così in tanti, mi piacerebbe conoscervi! ^___^

Vi saluto, sperando di ritornare e trovare tante belle recensioni da parte dei miei tesori!

Ciao, ciao…

Valentina

 

P.s.

Scusate se ho fatto degli errori, sono di furia, devo fare le valigie!!!!

Nel prox capitolo si avvicinerà la festa di Halloween!

Che ne sarà di Lily e James? E di Sirius e Vick?

Cosa sta tramando Bella? E perché Silente ha voluto parlare con James?

^_________________^

Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Shadows ***


“Dedico questo capitolo a Masuko, una mia carissima amica virtuale, che sta muovendo i primi passi come fanwriter, e li sta muovendo anche bene!”

Lady Tsepesh

 

 

AGGIUNTA: Dopo le notizie avute da amici, ho scoperto di avere fatto un casino con i nomi dei genitori Black, quindi ho corretto il capitolo. Lo so, potevo lasciarlo come era, ma sono una maniaca del preciso. ^^ Spero non vi crei disturbo. Mi scuso con tutti voi.

 

CAPITOLO 11  “ SHADOWS”

 

 

 

 

 

Quella fresca mattina del primo Ottobre, Albus Silente, preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, si trovò ad osservare con sguardo perso il vasto parco che circondava il castello, fermo di fronte alla finestra.

Non aspettava buone visite.

Sulla nobile scrivania di legno pregiato intarsiata di puro oro elfico, appartenuta ad ogni preside della scuola, stava già aperta una lettera dall’aria ufficiale.

Sapeva la ragione di quella visita, inutile sprecare i propri pensieri per trovare altre risposte. Il motivo era uno solo, uno soltanto.

Sperava solo di poter riuscire a respingerli, ancora una volta.

Non è facile vincere contro i potenti.

Ad un tratto qualcuno bussò alla porta, due colpi netti e precisi. Quasi scanditi.

L’anziano mago sospirò, prima di pronunciare, deciso: -Avanti.-

La porta si aprì senza esitazioni e Silente potè ammirare la più vasta sfilata di maghi purosangue più potenti dell’Inghilterra.

Da brivido.

Mantelli costosi, abiti leggeri e raffinati, volti lisci e perfetti, corpi aggraziati, luccicanti d’oro, argento e pietre preziose.

La nobiltà…

La tanto ammirata ed odiata nobiltà…

In tutto erano in nove, tutti perfettamente in grado di governare il mondo. Ricchi e spietati oltre l’inverosimile.

Sarebbe bastato un semplice gesto di uno di loro per distruggere, oppure creare.

Le regali figure presero posto nella stanza, posizionandosi di fronte alla scrivania del preside. Unica cosa che separava quest’ultimo da loro.

Parevano statue di marmo, semplicemente perfetti.

Di fronte a Silente stava una donna avvolta in un lungo mantello di velluto nero. Gli occhi verde giada, da gatta, la pelle d’alabastro, le labbra perfette, i ricci capelli neri stretti in un chignon, il quale però non riusciva a trattenere ciocche ribelli, che scivolavano sinuosamente sul viso bellissimo. A tenerle elegantemente la mano, un uomo dall’aspetto di un sovrano. Moro, occhi blu elettrico, nascosti da una zazzera di capelli neri, che riuscivano a conferirgli una seducente aria distratta.

Orion e Walburga Black, i genitori di Sirius.

Il preside si chiese per quale ragione fossero venuti anche loro, certo non era Sirius a rischiare l’ espulsione e ad essere costretto a punizione tutte le sere. Destino che invece era capitato ad un certo gruppo di Serpeverde…

La risposta alla domanda del mago non tardò ad arrivare. Bastò lanciare un’occhiata breve agli altri ospiti.

Vicino al padre e alla madre di Sirius, stavano i genitori di Narcissa e Bellatrix.

Cygnus Black, fratello minore di Walburga. Stessi occhi verdi, identici capelli corvini.                        

A differenziarlo dalla sorella, un’aria decisamente più nobile e rigida. Una bellezza fredda e costruita, non morbida e sensuale come quella di lei.

Una bella donna dai capelli biondo miele stava stretta al suo braccio. Indossava talmente tanti gioielli che la dicevano lunga sul conto della sua famiglia alla Gringott.

Aveva gli occhi azzurri freddissimi, due schegge di ghiaccio liquido.

Un vestito color porpora le fasciava il corpo sottile come una seconda pelle.                 

Druella Black, bambolina perfetta, probabilmente neppure tanto innamorata dell’uomo che le era stato scelto come marito.

Ma la sfilata non era ancora finita…

Poco distante dalle due coppie Black stava il massimo esempio di nobiltà e bellezza eterea, irraggiungibile da chiunque.

Abraxas ed Evangeline Malfoy  rasentavano la perfezione.

Entrambi dall’incarnato chiaro e dalla figura esile, delicata. I lineamenti dolci, grottescamente angelici, per coloro che, al contrario, non conoscevano la pietà.

Lui era alto, longilineo, i capelli biondi, quasi bianchi.

La bocca sottile, rosea.

L’aria elegante e raffinata. Un Re.

E occhi grigi come spietate gocce di pioggia. Lame pericolose per chi osava incrociare il suo sguardo.

Lei era minuta, snella e leggera. Aveva gli occhi sottili, di un verde acqua stupefacente. I capelli biondo chiaro, meravigliosamente composti da boccoli deliziosi. Le labbra piegate in un sorriso sicuro.

Un vestito azzurro come il cielo la copriva, mostrando la morbida curva di un seno appena accennato. Al collo aveva una catenina d’oro con una pietra di acqua marina. Semplicemente bellissima.

I coniugi Malfoy erano stati cugini, prima di essere marito e moglie.

Uniti dai parenti per salvare quella bellezza eterea nelle generazioni a venire.                       

Il marchio dei Malfoy.

E, cosa più interessante, dal punto di vista di Silente, i coniugi Malfoy erano innamorati, a differenza delle altre coppie.

Lo si capiva dal modo in cui si tenevano la mano –dita perfettamente intrecciate- e da come Abraxas si chinava per sussurrare qualcosa all’orecchio tenero della moglie.   Lo sguardo dolce di entrambi.

Un po’ più in dietro c’erano i coniugi Lastrange, belli, ma terribilmente acconciati. Tutto quell’oro e quei profumi costosi davano loro una stucchevole aria barocca.

Non c’erano i genitori degli altri ragazzi, probabilmente avevano ritenuto che un tale sfoggio di potere fosse più che sufficiente. Sciocchi…

Tuttavia, rimasto vicino alla porta, c’era ancora qualcuno e Silente lo temette più di tutti gli altri. Un uomo avvolto in un ricco mantello rosso cupo.

Dimostrava almeno una settantina d’anni, ma aveva ancora un’aria affascinante.               

Da giovane, probabilmente, molte donne gli erano cadute ai piedi.

Capelli bianchi precisamente pettinati, occhi leggermente tagliati a mandorla, azzurro chiaro.

Un corpo ancora forte, nonostante il trascorrere degli anni.

Sorrise al preside in maniera educata, decidendosi ad avvicinarsi, ma il sorriso non si estese agli occhi.

Edward Havisham, probabilmente l’uomo più potente del mondo.

Convintissimo che i Mezzosangue ed i Babbani insozzassero l’aria respirata dai veri maghi. Spietato come pochi.

Non c’erano mai stati buoni rapporti tra lui ed Albus Silente. Eppure, da un po’ di anni, erano costretti a vedersi e molto spesso i loro incontri finivano per terminare con dei litigi.

-Buon giorno cari signori.- salutò Silente, mantenendo la sua aria tranquilla. –A cosa devo il piacere della vostra visita?-

Neppure l’ombra di un sorriso su quei volti perfetti.

Havisham si tenne in disparte, come a voler far intendere che il motivo per il quale si trovava lì era del tutto diverso da quello degli altro ospiti. Oh, Silente lo sapeva bene!

Abraxas Malfoy si fece avanti, sorridendo falsamente.

-Preside, noi genitori siamo venuti fin qui per farle notare alcune cose che, mi perdoni, credo le siano sfuggite nel giudicare i nostri ragazzi.-

-Davvero, signor Malfoy?- domandò il preside, educato.

-Davvero.- ripetè Malfoy Senior con algida sicurezza. –Mio figlio è stato accusato di aver usato violenza su due ragazze Grifondoro e di essere stato uno dei responsabili dell’incendio che ha rovinato temporaneamente la Biblioteca scolastica. Ora, premesso che io credo a queste accuse, nonostante non mi siano state portate delle prove tangibili nel trascorrere dei giorni, ritengo davvero, mi passi il termine, squallido da parte vostra seguitare a punire i ragazzi e continuare a minacciarli con l’espulsione, dal momento che neppure voi professori siete perfettamente a conoscenza dei fatti accaduti quella notte.-

Abraxas Malfoy era nato per parlare. La sua dialettica era assolutamente da gentiluomo, degna di un antico oratore romano, ma il vecchio mago non si lasciò incantare.

-Mi perdoni, Signor Malfoy. Mi pare di avere discusso di questo con lei e gli altri genitori tempo addietro.- continuò Silente, mite. –Ci sono dei ragazzi Grifondoro pronti a raccontarci nuovamente l’accaduto. Se non fosse stato per loro, probabilmente, l’esito di questa vicenda sarebbe stato assai peggiore.-

Orion Black sbuffò, gli occhi assottigliati dalla rabbia. Sirius non sarebbe stato un eroe, per lui. Salvare una Mezzosangue e quella dannata mocciosa adottata da Babbani…

-Quei ragazzi non sono in amicizia con Lucius ed i suoi compagni.- replicò Malfoy, tranquillamente. –Potrebbero aver mentito, potrebbero essere stati loro a combinare il disastro del quale avete accusato i nostri figli. Vi ho già esposto questa possibilità, Preside.-

-E io l’ho tenuta in considerazione, ovviamente. Ma vede, temo di doverla informare che abbiamo sottoposto a controllo le bacchette dei ragazzi, inclusi i Grifondoro, la sera dopo l’incidente. Ci risulta che uno dei ragazzi Serpeverde abbia utilizzato la maledizione Cruciatus.-

La tensione che avvolse la sala fu palpabile.

Le labbra di Edward Havisham si stirarono in un ghigno. Doveva trovarlo divertente.

I genitori rimasero impietriti, perfettamente immobili. Alcuna espressione di mutamento nel viso.

-Non Lucius.- disse Abraxas, serio. –Mio figlio non conosce tali incantesimi, nessuno dovrebbe conoscerli.-

Silente sorrise.

-Uno dei ragazzi però lo conosceva.-

Le iridi grigie di Malfoy Senior si spalancarono impercettibilmente.     

–Non oserà, Preside! Non oserà certo affermare che nella mia casa si insegnano certi tipi di maledizioni, mi auguro!- tuonò.

Si sentì una risata fioca alle spalle dei genitori, che si voltarono appena.

-Coda di paglia, Malfoy?- fece Havisham, sogghignando.

Il diretto interessato fece una smorfia, ma non si curò dell’anziano, tornando a fissare Silente, che gli restituì lo sguardo dietro i suoi occhiali a mezza luna.

-Si calmi, signor Malfoy. Io non intendo accusare nessuno.-

-Vorrei vedere!- esclamò ad un tratto Walburga Black, staccandosi dal marito, sorrideva. –Stiamo parlando di ragazzi. Tutto ciò che non dovrebbero sapere, si sa, è di loro conoscenza. Il ragazzo in questione potrebbe avere scoperto la formula ed averla usata senza rendersi conto della gravità della maledizione.-

-Oh, mi spiace deluderla, cara signora.- riprese Silente. –Ma i miei insegnanti insegnano ai loro studenti la gravità delle maledizioni oscure.-

-Come ho detto, stiamo parlando di ragazzi.- continuò Walburga, per nulla smontata.

Sorridendo affabile e facendo un inchino col capo, Silente si dedicò alle coppie Black. –Potrei sapere, se non sono scortese, il motivo della vostra venuta? I vostri figli non sono stati accusati di niente.-

-Rodolphus Lestrange è il futuro sposo di mia figlia Bellatrix e Lucius Malfoy lo è di Narcissa. Mi sono sentito in dovere di intervenire.- rispose Cygnus Black.

-Non avevo altro da fare…- sorrise Orion, l’ironia negli occhi.

Il vecchio preside sorrise, chinando il capo. Cominciava ad essere stanco di quella compagnia ed Edward Havisham era ancora lì.

-Dunque, signori.- richiamò l’attenzione. –Sono felice che il futuro scolastico dei vostri figli vi stia così a cuore, ma la mia decisione resta invariata, temo. Non ci saranno espulsioni, nonostante la professoressa McGrannit me lo abbia suggerito numerose volte, tuttavia le punizioni resteranno. Non denuncerò la Maledizione Senza Perdono. Sono giovani e la rivalità tra Case può spingere verso tali brutte situazioni, ne sono consapevole.

I ragazzi coinvolti che fanno parte della squadra di Quidditch resteranno fuori dal loro gruppo e continueranno per tutto l’anno ad aiutare i professori come assistenti e, sì, signora Lastrange, ad aiutare giù a pulire le cucine. I voti dei M.A.G.O. saranno automaticamente diminuiti.- dichiarò, ignorando gli sguardi furibondi dei genitori.

-E adesso, se volete scusarmi, ho altro di cui discutere con il mio ospite.- fece, indicando Havisham.

Quello sorrise di nuovo, falso come Giuda.

Malfoy sbuffò, contrariato. –Come volete, preside.- sibilò, facendosi indietro.

La moglie gli si affiancò subito.

Tempo pochi minuti e se ne erano andati tutti, alcuni anche senza salutare.                   

Silente non ci fece troppo caso, probabilmente quei grandi signori ritenevano troppo prezioso un loro saluto per poterlo concedere a tutti.

In effetti…era felice di non entrare a far parte della categoria di tali privilegiati.

Sedendosi alla scrivania, fece un educato cenno di accomodarsi all’ultimo ospite rimasto, il peggiore.

Edward Havisham prese posto di fronte a lui.

-Tè, Edward?- domandò, con poco interesse.

-Grazie, Albus. No.- rispose l’altro.

Silente fece un sorrisetto. –Posso sapere perché sei qui? Non abbiamo già discusso abbastanza, l’ultima volta?-

Havisham rise.

I suoi occhi erano orribilmente gelidi. Il preside li sostenne senza problemi.

Probabilmente era l’unico a non temerlo.

-Sono venuto per il ragazzo, vecchio mio.- fece Edward con un sorriso falso. -Dovresti saperlo, no?-

Silente annuì, fissando per un attimo fuori dalla finestra.

Ogni volta si sentiva sempre più a disagio nel parlare di quell’argomento. Avrebbe voluto chiudere la questione e finirla.

Soprattutto voleva farlo per James…

-Certo, lo so. Ma non credo che continuando a discutere con me cambierai le cose, Edward. Non sono io a decidere per James Potter.-

-No. Però sei colui che aiuta quei dannati filobabbani a fermarmi.- ringhiò, perdendo la sua aria tranquilla ed ironica.

-Lo faccio perché credo sia giusto.- fece Silente, deciso.

Si fissarono un istante, sfidandosi con lo sguardo. Infine, Havisham sospirò e tornò a sorridere, amabile.

-James è mio nipote. Lo voglio nella mia famiglia e né tu né quei poveri Potter riuscirete ad impedirmi di averlo, è inutile che continuiate a mettermi i bastoni fra le ruote. Ho abbastanza amicizie al Ministero per ottenere il passaggio dell’affidamento.-

-Non ci riuscirai.- sentenziò Silente. –Jeremy ha  esposto chiaramente la sua volontà che James fosse affidato a Zack ed Amelia Potter. Inoltre, James è maggiorenne dallo scorso Marzo. Ha diciassette anni e può decidere da solo con chi stare. Non verrà certo da te.- lo sguardo del vecchio mago si fece più minaccioso. –Lui sa benissimo chi sei, Edward Havisham. Sa che genere di persona è suo nonno materno.-

Quello, per tutta risposta, scoppiò a ridere.

-E’ ridicolo. Voi gli avete fatto il lavaggio del cervello! In quel ragazzo c’è così tanto potere da far tremare anche te, Silente! E quel potere è sprecato! Voi lo soffocate, gli tarpate le ali! Non vi permetterò di continuare ad istupidire mio nipote con le vostre chiacchiere sull’amicizia verso i Babbani e la parità di diritti! James Potter è un Havisham!- urlò, alzandosi in piedi. – Fa parte della famiglia di maghi che possiede il più alto potenziale magico del mondo! Maghi che non hanno bisogno di usare una misera bacchetta! Maghi che sono Domatori di spiriti infernali da secoli! Maghi che parlano con i Demoni! Maghi che hanno scritto i più importanti volumi di magia nera! Non potete tenerlo lontano dalla sua vera famiglia!-

Fu il turno di Silente ad alzarsi. La sua figura fu, ad un tratto, imponente.

-Mi rifiuto di vendere James ad una famiglia di Stregoni Neri, veneratori dell’occulto! Ti guardo e vedo soltanto il capostipite di una famiglia dannata che ha insegnato a Tom Riddle tutto ciò che gli serviva per divenire Lord Voldemort! Avete creato un mostro! Non farete lo stesso a James! Lui è una persona meravigliosa!-

-Tom ha tutto il mio rispetto!- fece fiero Edward. –E James starebbe meglio con quelli come lui!-

Tornando seduto, il preside di Hogwarts si prese la testa tra le mani. Disperato.

No, non gli avrebbe lasciato James.

Non lo avrebbe fatto per alcun motivo.

Loro lo avrebbero rovinato, come avevano rovinato sua madre, la figlia di Edward.

Jeremy lo aveva implorato, poco prima di morire.

- Sei un folle, Edward. Ti prego di ritornare sui tuoi piani.- fece Silente, sollevando lo sguardo azzurro. –So che non ti importerebbe nulla di James, se lui non fosse così…speciale. Non hai mai provato affetto per nessuno. Lascialo in pace, te ne prego. Finirai con il distruggerlo…-

Havisham sogghignò, divertito dal sentire il grande Silente in persona pregarlo.

-Lui è mio. È della mia famiglia. Questo non potrete cambiarlo mai. La volontà di quel traditore di Jeremy non vi aiuterà in eterno.-

Scotendo lentamente la testa, Albus Silente trasse un lungo sospiro.

-Con quale coraggio, Edward ?- domandò, puntando gli occhi chiari su di lui. –Con quale coraggio riesci ad andare sempre dritto e deciso sulle terribili strade che decidi di percorrere?-

A rispondergli fu una risata sarcastica.

-Non siamo tutti uguali a questo mondo, Albus.-

-Già...- mormorò Silente in tono stanco. –Suppongo di no.-

-Devo dedurre che neppure questa volta mi permetterai di incontrare mio nipote…-

-No, mi dispiace.-

-Io ne ho tutto il diritto, Albus!-

Altro sospiro, quasi doloroso.

-Capisco, Edward. Lascia che ne parli prima con James, te ne prego. Se lui deciderà di incontrarti, io… lo lascerò fare. Questo è l’unico accordo che posso prendere con te.- disse il  preside, fissando un punto imprecisato della ricca stanza.

-Va bene.- si arrese Havisham. –Credo di dovermi ritenere fortunato…- fece in tono sprezzante. –Aspetterò il messaggio che mi dirà di venire ad incontrare James, allora. Vedi di non farmi aspettare troppo.-

Si mise in piedi e, senza neppure salutare, uscì dalla stanza a passo spedito, chiudendosi la porta alle spalle. Silente sentì i suoi passi, mentre scendeva le scale.

Era andata anche quella volta…

Ma la prossima?

Di nuovo si prese la testa tra le mani.

I futuro di James con gli Havisham sarebbe stato orribile, non poteva permettere che gli accadesse una cosa del genere. Loro l’avrebbero fatto cambiare, l’avrebbero distrutto.

Tuttavia, forse i suoi parenti erano gli unici capaci di aiutarlo veramente. Ormai i sigilli, che lui stesso aveva posto, non tenevano più.                                                                            

Presto sarebbe esploso tutto quanto…

Facendosi coraggio si alzò dalla sedia, dirigendosi verso un armadietto di legno.

La fenice Funny lo osservò attenta, mentre pescava fogli e piume per scrivere una lettera. Doveva avvertire i Potter, non c’era altro da fare.

 

 

Chiunque frequentasse la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, fosse stato del primo o dell’ultimo anno, conosceva bene la fama di “certi” personaggi.

Ad esempio, era risaputo che alla Regina Bellatrix Black era vietato pestare l’orlo del mantello, che non era saggio combinare casini sotto l’occhio di lince del Caposcuola Remus- Io vedo tutto- Lupin, che non era altrettanto intelligente sfidare i ragazzi di  Serpeverde dell’ultimo anno a duello, che portare via una delle ancelle dell’Harem di Sirius Black era peccato capitale, vista la punizione che infliggeva quest’ultimo, e che, fosse morta la persona più cara, interrompere uno dei preziosi allenamenti del Capitano Potter equivaleva a scatenare una mini apocalisse.

Allo stesso modo, tutti sapevano che Stephanie Hamilton era stata catalogata come “ Il Mostro”.

E, poveretta, il soprannome certo non derivava dal suo aspetto.

Steph. pareva una bambolina.

Magra, di statura non tanto alta, boccoli biondo miele che arrivavano fino alle esili spalle, occhioni verde chiaro, qualche lentiggine sul naso delicato ed un sorriso in grado di far sciogliere anche quel ghiacciolo di Lucius Malfoy.

Frequentava lo stesso anno di Victoria, ma quest’ultima, come tutti gli altri, evitava di avercela intorno.

Il fatto che Stephanie fosse una gran pettegola e che adorasse giocare con i sentimenti delle persone, usandoli come piccanti scoop, incoraggiava già a mantenere le distanze da lei, se poi si considerava il fatto che fosse anche Presidentessa del Comitato Studentesco, il tremito alle vene e ai polsi aumentava.

Quella mattina, dopo aver chiuso mezza scuola in Sala Grande, salita sul tavolo di Grifondoro, urlando per farsi sentire in ogni angolo, stava dando disposizioni sull’ormai prossimo ballo in occasione di Halloween.

Per chi partecipava era obbligatorio mascherarsi.

A Remus quasi andò di traverso il caffè. Perfetto!

Gli toccava pure mascherarsi….

Al diavolo!

Sarebbe rimasto in pace in camera sua a leggersi un buon libro. La settimana scorsa aveva pure dovuto subirsi la trasformazione, proprio non aveva voglia di darsi alla pazza gioia.

Aveva certe occhiaie da far paura…

Certo, in quella sala c’era qualcuno che a faccia era ridotto peggio di lui, con somma sorpresa del Caposcuola.

Sirius Black, seduto di fronte a lui, aveva uno sguardo che Remus non ricordava di avergli mai visto in sei anni d’amicizia. Era teso e non era da lui.

Consumava la colazione in silenzio, inquietante, e non rivolgeva la parola a nessuno.

Anche James doveva essersene accorto, perché ogni tanto, mentre parlava con Lily, gli lanciava qualche occhiata.

Victoria, seduta vicino alla Evans, teneva lo sguardo fisso sulla sua tazza di latte, sembrava in procinto di esplodere.

Era stata dimessa da poco dall’infermeria e già allora aveva quella faccia cupa. Veramente strano per una come lei.

Non c’era voluto un grande sforzo per capire che tra Sirius e Vick qualcosa non andava, ormai lo aveva capito tutta Grifondoro.

Quando erano insieme, semplicemente, ammutolivano. Tornavano in se soltanto quando veniva a mancare uno dei due.

Ad un tratto Sirius si alzò, sorridendo in modo freddo ai suoi amici. Sapeva tanto di saluto di cortesia.

-Io mi avvio in classe, ci vediamo là.- informò, prima di andarsene senza più voltarsi.

Victoria lo fulminò con lo sguardo.

Fu James, ovviamente, ad eliminare quella strana tensione che si era creata.

-Allora, chi viene al Ballo di Halloween?- chiese, allegro come sempre.

Remus gli lanciò un’occhiataccia. –Io no.- scandì, minaccioso.

-Cosa? E perché?-

-Perché non ci tengo a camuffarmi, scordatelo!-

James mise il broncio per circa tre secondi, poi, voltandosi verso Peter, riassunse il suo bel sorriso raggiante. –Pete invece viene, vero?-

Minus sorrise nervosamente all’amico ed abbassò lo sguardo.

-S-se v-vuoi, Jamie…- mormorò timidamente.

-Certo che voglio ! Ma che domande ! Ci portiamo dietro pure Sirius! Ho dei costumi…. – ghignò, estasiato. –Tu vieni Lily?- domandò, ad un tratto.

Sentendosi tirare in ballo così all’improvviso, la rossa alzò lo sguardo su di lui, confusa. Era la prima volta che qualcuno le chiedeva se avesse intenzione di partecipare ad una festa.

Solitamente nessuno l’aveva mai neppure invitata, quindi aveva sempre preferito restarsene in dormitorio e portarsi avanti con i compiti.

-Non lo so, James.- disse, insicura. –Non credo di…ecco.. di essere tipo da feste.-

-Sciocchezze!- fece lui, sicuro. –Ok, ho deciso. Tu vieni.-

Suonava tanto come un imperativo e, in effetti, lo era. Lily, ormai, aveva rinunciato a capire quel matto di Potter. Tuttavia le faceva piacere il fatto che lui avesse voluto averla vicino, alla festa. Chissà, magari si sarebbe anche divertita.

-Come vuoi.- si arrese.

-Grande!- esclamò lui. –Altrimenti avrei dovuto costringerti con il nostro piccolo segreto - fece con un sorrisetto sghembo, alludendo al Voto – e mi sarebbe dispiaciuto un po’…-

-Perfido.- disse Remus.

Lily sorrise.

Ancora doveva abituarsi al fatto di avere un gruppo che le ruotava intorno. Era bello, ma strano e nuovo.

-Tu vai, Vick?- fece Remus, fissando la moretta.

Quella parve non aver neppure seguito i loro discorsi. Cadde letteralmente dalle nuvole. Poi, tutto ad un tratto, si alzò, mormorando delle scuse e si precipitò fuori dalla Sala Grande, ignorando i richiami degli amici.

Rimasero tutti a guardarla allontanarsi. Sembrava furiosa.

-Ma che le prende?- chiese Peter.

Lily e James rimasero in silenzio, ognuno dei due perfettamente consapevole.

Remus tornò alla lettura del giornale, discreto come sempre.

 

 

Coloro che si trovarono ad incrociare il suo cammino, quella mattina, ebbero la sensata idea di cambiare strada. Victoria Olsen aveva l’orribile espressione di un Demone uscito dagli Inferi per distruggere il mondo.

Marciava a passo spedito, furibonda, le labbra serrate, i pugni stretti. La gonna che ondeggiava sui pantaloni aderenti ad ogni movimento.

No, non aveva un bell’aspetto.

Basta! Doveva finire! Doveva smetterla!

Lui doveva finirla di trattarla in quel modo strano, senza un motivo valido, poi!

Non era mai venuto a trovarla quando era ricoverata in Infermeria e, quando era stata dimessa, si era chiuso in un freddo silenzio solo nei suoi confronti.

Perché?!

Che accidenti aveva fatto per meritarsi una cosa simile?

Oh, glielo aveva chiesto!

Glielo aveva chiesto ogni giorno che il buon Dio mandava sulla terra, ma lui niente! Sirius Black la snobbava bellamente!

Ma quella storia doveva terminare. Era stufa!

A costo di pestarlo a sangue, gli avrebbe cavato le parole di bocca!

Che cavolo, erano amici, no? Se aveva problemi con lei che glielo dicesse!                         

Se lo meritava!

Mancava poco all’aula di Pozioni dove si sarebbe tenuta la prima ora di lezione per il settimo di Grifondoro e Serpeverde, ma ancora prima di arrivare laggiù, percepì un intenso odore di fumo.

Fumo Babbano. Conosceva il proprietario di quelle sigarette.

Cambiò rotta immediatamente e prese a correre, se avesse fatto tardi alle lezioni, pazienza.

Quando si fermò, dopo aver travolto sicuramente qualcuno, aveva il fiatone.

Sirius se ne stava seduto su uno dei muriccioli che dividevano il corridoio dal giardinetto interno della scuola. Il capo poggiato sulla colonnetta dietro di lui.

La sigaretta in procinto di consumarsi da sola, tra le dita.

Dire che si sentì cadere a quella vista sarebbe stato un eufemismo.

Si dette dell’idiota. Ridursi a sbavare per un ragazzo come una bimbetta qualunque…

Non era facile accettarlo per una come Vick.

Eppure era così.

Lei lo adorava.

Adorava quei capelli neri come l’inchiostro, quegli occhi blu elettrico e quel sorriso menefreghista e sbruffone, propri di Sirius.

Adorava il modo in cui teneva la camicia sfacciatamente sbottonata sul petto, di come si portava la sigaretta alle labbra per poi far uscire il fumo dalla bocca.

Lo venerava.

Non perché era un Black.

Non perché la sua famiglia aveva montagne d’oro ed una villa da urlo, mentre i suoi genitori avevano un lavoro qualunque ed una casetta comune.

Solo perché era Sirius, il suo Sirius. Il ragazzo che la stava facendo morire da anni.

C’erano volte che avrebbe solo voluto prenderlo a calci ed urlargli addosso: -E accorgiti di me!!! IDIOTA!-

Probabilmente un giorno, arrivata all’esasperazione, lo avrebbe fatto davvero.

Quella mattina lei era a tanto così dallo scoppiare per la prima volta.

Si fermò di fronte a lui.

-Sirius?-

Quello aprì gli occhi e rimase pietrificato nel trovarsela davanti e così vicino. Subito le restituì un’occhiata indifferente.

-Che vuoi? Non hai lezione?-

-Non credo me ne freghi poi molto.- rispose, rigida.

-Beh, io voglio rimanere da solo. Puoi andartene?-

Lo sguardo azzurro della ragazza si fece più cupo. –Mi stai cacciando via, dico bene?- chiese, trattenendo la rabbia.

Sirius non rispose, dando un altro tiro alla sua sigaretta.

Improvvisamente Victoria perse la sua aria fiera e battagliera, lasciandosi prendere dallo sconforto. Era come trovarsi di fronte ad un muro, nient’altro.

-Sirius…- mormorò. –Cosa c’è? Che è successo?- un nodo le serrò la gola. –Credevo… credevo che fossimo amici…-

A quelle parole la morsa che soffocava il cuore del ragazzo si strinse ancora di più.

Non doveva voltarsi e guardarla. Assolutamente no!

Altrimenti le sarebbe caduto ai piedi.

Era colpa sua, unicamente sua.

Lei era sua amica, eccome! E lui l’aveva baciata! L’aveva baciata quando lei non era neppure in grado di reagire.

Codardo, traditore.

Eppure Vick era speciale! Si era sempre giurato di non trattarla come le altre ragazze. Voleva davvero considerarla di più, come un’amica di cui occuparsi.

Se lo era detto fin dall’inizio.

“ Certe cose con Vick, no!”

E invece aveva ceduto, dannato bastardo! E adesso?

Con che coraggio poteva guardarla negli occhi? Gli pareva di averle fatto il torto peggiore.

E dire che le voleva bene! Così bene che non avrebbe rinunciato a lei per nessun motivo. Mai.

Ma che gli era preso quella notte? Non riusciva a capirlo.

Perché lo aveva fatto?

Vick ancora lo guardava, distrutta.

Si alzò, scostandosi da lei e cominciando a camminare, ignorandola.

Per un attimo la Grifondoro rimase come paralizzata, poi si voltò e gli corse dietro.

-Almeno dimmi che cosa ho fatto!- gli urlò.

Quando Sirius si voltò, come se avesse avuto davvero l’intenzione di risponderle, i suoi occhi blu si spalancarono.

Victoria gli restituì un’occhiata confusa. Poi avvertì la presenza di qualcuno dietro di se. Si voltò e gelò. No, non loro.

Orion ed Walburga Black erano lì, belli come sempre. Gli occhi puntati su Sirius.

Con loro c’era una ragazzino del terzo anno, il fratello minore di Sirius, Regulus, ovviamente indossava la divisa di Serpeverde.

-Ma guarda. – fece Orion con tono ironico. –Il nostro Sirius…-

Improvvisamente, Victoria sentì la mano del ragazzo afferrare la sua e trascinarla accanto a se con fare protettivo.

Walburga Black sorrise in modo amabile. –Come stai, figlio mio?- si informò.

Sirius non rispose.

I suoi occhi si erano fatti improvvisamente vuoti.

-Devo andare a lezione.- sibilò.

Ritrovarsi di fronte i suoi genitori non era proprio il massimo. Adesso sì che era una bella giornata…

-Ma come?- rise sua madre. –Tuo fratello ha ricevuto un permesso per poter stare un po’ in nostra compagnia. Puoi farlo anche tu, no?-

-Io a differenza di Regulus non ho intenzione di stare con voi, madre.- rispose acidamente. –Felicissimo di avere avuto la sfortuna di rivedervi, tanti saluti.-

Detto questo, girò sui tacchi e tirandosi dietro Victoria fece per andarsene con la chiara idea in testa di mettere mille piani di distanza tra lui ed i suoi genitori.

-Aspetta un po’!- lo richiamò la voce di suo padre.- Quella non è forse la mocciosa adottata da Babbani che ti ha aiutato a scappare da casa nostra?-

A Sirius gelarono le vene.

Orion sorrise. –Ho sempre desiderato complimentarmi con te, ragazzina.- disse scrutando Vick con gli occhi blu, assottigliati. Simili, eppure così diversi da quelli di Sirius. – Hai avuto davvero un bel coraggio per poterti intrufolare a villa Black e aiutare il traditore a scappare dal suo amato amico Potter…-

-Il coraggio non mi manca, signore.- rispose Vick a tono. –Sono una Grifondoro.-

-Oh, lo vedo.- fece Orion ironico, facendo qualche passo verso di lei.

Sirius si sentì morire. Suo padre non doveva avvicinarsi così tanto a lei.

Se avesse osato farle qualcosa….

Invece l’attenzione di Black Senior si rivolse a lui. –Lo sapevi che grazie al suo gesto eroico la tua amichetta ha ricevuto un bell’ammonimento da parte del Ministero? Usare una scopa in pieno cielo Babbano non è stata un bella idea, credo. Neppure intromettersi in proprietà privata, in casa mia, lo è stata. Te lo ha detto? Ti ha riferito che alla prossima violazione delle regole sarà sbattuta fuori dalla scuola e perderà la sua preziosa bacchetta?-

Il ghigno sulle labbra di Orion Black era a dir poco diabolico.

Sirius boccheggiò, gli sembrò di non riuscire più a respirare. Si voltò verso la compagna. –Cosa?- esalò.

-Non mi importa, Sirius.- replicò lei, decisa. –Dovevi andartene da loro.- aggiunse, trucidando i Black con lo sguardo.

-Non sei stata molto intelligente, ragazzina. Continuando per questa strada, farai sicuramente la medesima fine dei tuoi genitori.- soffiò l’uomo con aria minacciosa.

Fu troppo.

Orion si trovò con la bacchetta del suo primogenito sotto la gola. Due occhi blu, identici ai suoi, a scrutarlo con rabbia ed odio.

-Non osare.- sussurrò Sirius, non curandosi degli strilli di sua madre. –Non osare MAI minacciare Victoria, padre. Se oserai puntare la bacchetta su di lei, io.. io vi ucciderò. Vi ho avvertito.-

Nascosta dietro di lui, Vick tremò. Non gli aveva mai sentito usare quel tono.

La signora Black strillò ancora, indignata. Regulus fissava il fratello come se fosse stato un lombrico viscido e schifoso.

Suo padre, invece, scoppiò a ridere. –Perdere te è stata la più grande fortuna del Nobile Casato dei Black, Sirius. Saresti stato la nostra rovina.-

Con violenza, spinse il figlio lontano da lui, fissandolo con disprezzo. Si voltò, dando le spalle ai due ragazzi, e fece cenno alla moglie e al figlio secondogenito di andarsene. Tempo pochi minuti ed erano già lontani.

Solo quando non furono più visibili Sirius tornò a respirare.

Rimasero da soli, in silenzio.

Il trillo della campana che indicava l’inizio delle lezioni scivolò su di loro, senza interessarli veramente.

In lontananza si udiva il rombo di qualche tuono. Si stava avvicinando un temporale ed il vento si era già alzato.

Ad un tratto Sirius si voltò verso di lei, scrutandola. Victoria lo guardò a sua volta.

-Stai bene?- chiese, preoccupata.

No, non stava bene.

Per niente.

Aveva appena rivisto i suoi genitori.

Aveva appena litigato con loro, ancora.

Aveva appena sentito la campana, quindi era in ritardo per le lezioni.

Aveva appena scoperto che lei era nei guai da tempo, per causa sua.

E, nonostante tutto, l’unica cosa a cui riusciva a pensare, in quel momento, era che provava un desiderio quasi soffocante di baciarla ancora e di sentirla rispondere al suo bacio.

No, non stava bene, stava decisamente malissimo.

Non riuscì subito a parlare. –Tu sei pazza.- disse. – Sei finita nei casini per me e non mi hai mai detto nulla.-

Vick sorrise. –Te l’ho detto, non è importante. Volevo aiutarti. Hai passato estati intere a mandarmi lettere in cui dicevi quanto fosse difficile per te stare in quella gabbia di matti. Sapevo che soffrivi. Quando James ti ha proposto di andare a stare da lui, l’ho trovata un’idea splendida. Sapevo che i tuoi non te lo avrebbero permesso, perciò ho agito di conseguenza. Per gli amici si fa questo ed altro, no?-

Lei era meravigliosa.

Stupenda, splendida.

Lei gli aveva aperto le porte che portavano ad un mondo migliore. Lei lo aveva reso libero, felice. Lei era tutto.

Ricordava quella sera…

La grande festa a Villa Black per il fidanzamento di Narcissa.

Lui, Sirius, costretto a fare la parte e a sorridere a tutti quei maghi spocchiosi.

Prigioniero di quella gabbia dorata.

Poi Lei, spuntata all’improvviso, che lo prendeva per mano e lo portava via.

Correre di nascosto nella sua stanza…

Fare in fretta il baule, ficcandoci alla rinfusa il minimo indispensabile…

Salire sulla scopa...

E poi…. …. Fuori!!

Era stata lei ad accompagnarlo in quella fuga difficile. Lei lo aveva portato via, aiutandolo a prendere quella dura decisione. Lui, da solo, non ci sarebbe mai riuscito. Forse non se ne sarebbe mai andato.

Forse non avrebbe mai avuto il coraggio necessario per lasciare coloro che, nonostante li odiasse con tutto se stesso, in una parte recondita del suo animo, erano comunque la sua famiglia.

Erano stati rincorsi in giardino da ospiti e parenti.

Avevano riso come matti sentendo gli strilli della vecchia zia Elladora…

Doveva andarsene. Doveva allontanarsi da lei!

Altrimenti non avrebbe resistito. L’avrebbe baciata fino a toglierle e togliersi il fiato.

-Devo andare, adesso.- mormorò, senza più guardarla.

-Come?- fece lei, restando a guardarlo andare via, impotente. –Sirius!- chiamò.

Lui non si voltò, continuando a procedere a capo basso.

-Ma che ti prende, me lo dici?!- gli gridò dietro. –Parlami, per favore! Se ho fatto qualcosa…-

Inutile, come parlare ad una statua.

Frustrata, Victoria spiccò una corsa e lo raggiunse, afferrandolo per la manica della camicia. –ASPETTA, CAVOLO!- urlò, furiosa. –Stai scappando da me?!-

Ma aveva proprio preso il nervo scoperto.

Sirius le lanciò un’occhiata talmente fredda da gelare lo stesso Inferno.

A quel punto fu semplicemente troppo.

Prima la ignorava, poi la proteggeva, dopo la ignorava ancora…

Le lacrime cominciarono a sgorgare copiosamente dagli occhi della ragazza, come non era mai, veramente mai, accaduto prima.

Sirius credette di morire in quell’istante.

Non ebbe il tempo di dire o fare niente. Lei era scappata via.

 

 

“Guarda, quello è l’amore.

Rincorrilo, raggiungilo, prendilo!

Solo così sarai felice…”

 

 

 

 

 

Ecco, il capitolo 11 è finito.

Un bel capitolone. Sono stremata, ma sono soddisfatta. Ricco di informazioni e sentimenti. Mi spiace solo di non avere dato spazio a Lily e James, beh, mi rifarò nel prossimo.

Che dire?

Se siete ancora vivi vi aspetto con il capitolo 12. Fatemi sapere che ne pensate del capitolo 11, please. ^____^

Un bacione,

Valentina

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Capitolo 12
*** After The Quidditch Match ***


CAPITOLO 12 “ AFTER THE QUIDDITCH MATCH”.

 

 

 

 

 

Notte.

Doveva essere almeno l’una del mattino quando Remus J. Lupin fece il suo ingresso nella saletta dei Caposcuola. Aveva l’aria sfinita, decisamente non vedeva l’ora di buttarsi a peso morto sul suo letto e farsi una bella dormita.

Il lavoro di un Caposcuola era uno schifo. Un autentico schifo.

Odiava le ronde notturne…

Anche quella nottata aveva finito con il passare il tempo al buio, passeggiando per i corridoi vuoti come un’anima in pena. Fortuna che qualche abitante dei quadri aveva avuto la gentilezza di scambiare qualche parola con lui.

Adesso, sospirando e tentando di tenere gli occhi aperti, si apprestava a mettere a verbale i risultati portati dalla ronda di quella notte.

Due coppiette beccate a pomiciare, tre Serpeverde a passeggio per il parco, Pix che si divertiva a far cadere lampadari nel corridoio del quarto piano…

Si sedette alla scrivania di mogano pregiato, intinse la piuma di inchiostro e si preparò a scrivere sulle pagine bianche del diario personale dei Caposcuola che, guarda caso, era sempre lui a dover compilare, fosse il suo turno, oppure no.

Quando, ad un tratto, sentì una presenza dietro di lui.

-Oh! Caposcuola Lupin…!- fece una voce alle sue spalle.

Si voltò di scatto. Eva Ames stava sulla soglia, osservandolo confusa.

Sembrava stupita di averlo trovato lì.

-Ames?- disse lui, altrettanto stranito. –Cosa fai qui?-

La Serpeverde si avvicinò, sorridendogli educata. Una perfetta inglese.

-Credevo toccasse a me mettere a verbale. Sono ritornata qui per questo.- spiegò.

Remus scosse il capo. –Ti sbagli. Stanotte tocca a me.- disse, convinto.

Sospirando, la ragazza andò a sedersi alla sedia vicino alla sua. Poggiò i gomiti sul tavolo e depose la testa tra le mani. Boccoli castano chiaro, curve sinuose, le ricadevano sul viso elegante.

-Stai bene?- domandò Lupin gentilmente, posando la piuma e dedicandosi a lei.

-Non proprio.- ammise Eva.

Remus abbassò lo sguardo, impacciato. Non era mai stato un chiacchierone.                

Quando era con i suoi amici, erano loro a parlare per lui.

Era loro grato per questo. Amava osservare, ma non era bravo con le persone, non lo era mai stato dopo la sua “disgrazia”.

Era difficile comunicare più del necessario, per lui, soprattutto con gente che conosceva a pena.

- Ronda noiosa, vero?- fece lei ad un tratto, togliendolo dall’impaccio.

-Già…- rispose lui, tornando a scrivere.

La ragazza gli si avvicinò, grattando la sedia sul pavimento, e si sporse per vedere ciò che Remus aveva appena messo a verbale.

Non curandosi di quella presenza così vicina, lui continuò il suo dovere.

-Hai una bella calligrafia.- dichiarò lei, gentile.

Remus sollevò lo sguardo e le sorrise. –Grazie.-

Erano incredibilmente vicini, più di quanto il ragazzo concedesse ad estranei.

Lui non era tipo da lasciar invade i propri spazi da chiunque.

Ma Eva gli si era accostata con delicatezza e silenziosamente, tanto che lui non era riuscito ad avvedersene in tempo.

La sua vicinanza, tuttavia, non era fastidiosa. Questo lo mise a suo agio.

Anche lei, come lui, era una persona discreta e tranquilla.

E dire che, fino a poco tempo fa, lui aveva creduto di non avere proprio nulla di comune a quella Caposcuola così algida e bella. Eva Ames metteva un po’ tutti in difficoltà. Si spostava con le movenze di una regina, parlava piano, senza mai alzare la voce, e dava poche confidenze agli altri.

Aveva un cospicuo gruppo di Serpeverde che ambivano per starle accanto, ma lei difficilmente trattava qualcuno come un amico. Era sempre gentile con tutti, Grifondoro compreso, ma non si apriva mai con nessuno.

Sembrava non essere interessata ad avere una compagnia che andasse al di là dei banchi di scuola. Questo metteva chiunque in soggezione di fronte a lei.

Anche Remus.

Si era sempre detto che loro due difficilmente avrebbero avuto motivo di fare amicizia, nonostante entrambi Caposcuola.

Lei, una principessa. Abiti firmati, inclusa la divisa, e aspetto da nobile.

Lui, un ragazzo qualunque. Una divisa come le altre, abiti comuni. L’aspetto di uno che, nonostante possieda grandi capacità, ha paura di stare con gli altri.

Lei, una Serpeverde.

Lui, un Grifondoro.

Non potevano capirsi.

Sorridendo soddisfatto, Remus chiuse il registro e ripose la piuma. Finalmente il suo compito di Caposcuola era terminato, almeno per quella notte.

Eva si alzò prima di lui, utilizzando una grazia pari a pochi.

-Vogliamo andare?- gli chiese con cortesia.

Il ragazzo annuì, mettendosi in piedi. Non capiva per quale ragione lei lo avesse aspettato, ma non vi fece molto caso. Voleva andare a dormire.

Si avviarono in silenzio per i corridoi bui del castello, incontrando solo qualche fantasma per strada.

-Non c’era bisogno che mi aspettassi…- cominciò lui, guardandola camminare al suo fianco.

-Non c’è problema.- rispose lei. –Non ho poi così tanta fretta di tornare nel mio dormitorio…-

Remus si lasciò sfuggire un sorriso.

Lei si voltò a guardarlo, seria.

-Senti…- fece, scrutandolo con i suoi scuri occhi di giada. -… Victoria Olsen come sta?- chiese all’improvviso.

Lui le sorrise. –Sei gentile.- le disse. –Vick sta bene, tranquilla.-

Si erano fermati in un corridoio totalmente buio, se non per la luce della luna.

Eva sospirò, abbassando lo sguardo.

- Mi dispiace.- mormorò sinceramente. –Non avevo idea che loro stessero per… Se lo avessi saputo…-

-Non fa niente.- fece lui, convinto. – Lascia stare. Tu non c’entri con questa brutta faccenda, ok? Non accollarti questa colpa, ti prego.-

-Grazie.- fece lei, sorridendo mesta. –Comunque, la prossima volta terrò gli occhi più aperti.-

Si scambiarono un sorriso, poi ripresero a camminare.

Remus notò che non era fastidioso il silenzio tra loro due, questo lo tranquillizzò. Amava l’assenza di rumore e, probabilmente, anche lei.

Quando Lily Evans varcò la soglia della Sala Grande, quella domenica mattina, capì che di lì a poco sarebbe accaduto qualcosa di terribilmente importante per gli studenti di Hogwarts. Quidditch.

Storse la bocca. Lei odiava a priori ogni tipo di sport, magico o babbano.

Quella mattina si sarebbero scontrati Corvonero e Grifondoro. Gli appartenenti alle rispettive Case sembravano friggere sulle proprie sedie, per non parlare dei giocatori. Agitati all’inverosimile.

Jason McGray, Capitano di Corvonero, aveva fatto sedere tutta la squadra vicino a lui, sottoponendoli ad un ultimo ripasso delle tattiche che avrebbero utilizzato ed impedendo loro di fare colazione, se mai ne avessero sentito il bisogno, si intende. Probabilmente quella tortura psicologica aveva chiuso lo stomaco di quei poveracci.

Erano tutti talmente elettrizzati dalla partita imminente, che nessuno si curò del suo arrivo. Un bene per lei.

Si fece largo verso il tavolo di Grifondoro, convinta di trovare confusione anche lì. Invece, stupita, notò che i giocatori erano tranquillissimi, tutti intenti a fare colazione, oppure a discutere della partita con i compagni di Casa.

Sirius, seduto tra Remus e Peter, taceva. Beveva il suo succo d’arancia in apparente tranquillità. Victoria, seduta con un gruppo di ragazze del suo anno, tra cui vi era anche –Lily rabbrividì – Stephanie Hamilton, non parlava. Non aveva neppure fatto colazione. La rossa la salutò amichevolmente, quando le passò davanti.

Vick le rispose con un sorriso piuttosto spento.

Preoccupata, la Evans tornò a guardare Sirius.

Victoria era la prima amica che aveva in assoluto, non poteva lasciarla in quelle condizioni. Se fosse stato necessario, sarebbe marciata verso Black e gliele avrebbe dette un bel po’.

Quando, ad un tratto, sentì una risata divertita alle sue spalle.

Si voltò, come spinta da una forza invisibile.

James Potter, già con l’uniforme da Quidditch, stava allegramente discutendo con un gruppo di ragazzi del loro anno. Rideva.

Lily sentì il proprio cuore stringersi in una stretta dolcissima. Quella mattina lui si era svegliato presto per potersi preparare adeguatamente alla partita e per controllare il campo. Lei sembrava dormire profondamente e non l’aveva voluta svegliare.

Lily, invece, era sveglissima ed aveva sentito tutto. Anche quando lui si era chinato su di lei, per osservarla, e le aveva sistemato le coperte, temendo che sentisse freddo.

Tenerezza…

Mentre lo guardava, lei si chiese per quale ragione non fosse con i suoi amici. Avrebbe tanto voluto avvicinarsi a lui, almeno per augurargli buona fortuna, ma temeva di farlo.                                                                                                                     

Non conosceva quei ragazzi, o meglio, non aveva confidenza con loro.

Quei compagni del settimo anno non l’avevano mai presa in considerazione, probabilmente neppure esisteva per loro.

Non poteva avvicinarsi.

Ad un tratto, sentì come una barriera invisibile a dividerla dal suo angelo.                         

Si sentì sprofondare.

Era una codarda.

In cuor suo sperava che lui si accorgesse di lei e la chiamasse.

Sì, era una codarda.

Più volte era stato James a tenderle la mano e a rendere tutto terribilmente semplice da affrontare. Doveva farlo lei, adesso. Era giusto.

Non poteva aspettare sempre quella mano tesa…

Con un coraggio che non credeva di avere, cominciò a muovere dei passi verso quel gruppetto di ragazzi, traendo un bel sospiro.

Se l’avessero presa in giro, oppure ignorata, pazienza. Lei non stava certo cercando loro. L’importante era che lui non la cacciasse.                                                                        

Se mai lo avesse fatto, l’avrebbe uccisa.

Quando arrivò vicino a lui, mormorando un timido e forzato “buongiorno”, sentì le proprie vene raggelarsi dalla paura. Di lì a poco avrebbe preso a tremare, lo sapeva.

Il sorriso che le rivolse James, tuttavia, fu un premio bellissimo per quella sua prova di coraggio.

Mentre il gruppo di ragazzi ammutoliva, osservandola come se fosse stata una creatura sconosciuta, lui la prese per mano, invitandola a sedergli vicino.

-Ti ho tenuto un posto libero.- le spiegò, sorridendo.

Il cuore della ragazza perse un battito.

Le aveva tenuto un posto…

Il suo desiderio…

A stento si trattenne dal gettargli le braccia al collo e ringraziarlo per ogni singola cosa terribilmente importante che faceva per lei ogni giorno, senza neppure esserne consapevole. Non pianse, ma ci andò molto vicino.

Si sedette, abbassando il capo. Non voleva incontrare lo sguardo freddo o curioso dei compagni. Le interessava solo essere lì. Non aveva paura.

La mano calda di James era ancora stretta alla sua, dandole sicurezza.                              

Dita dolcemente intrecciate, nascoste sotto alla tavola, in modo che nessun altro potesse essere partecipe di quella tenerezza.

Il ragazzo la scrutò di sottecchi.

Finalmente si era decisa a lasciare sciolti i suoi lunghi capelli rosso fuoco.                    

Erano bellissimi, lisci come seta.

Li aveva sempre adorati.

Indossava una gonna blu scuro, lunga fino al ginocchio, ed una maglietta bianca piacevolmente soffice.

Inutile, adorava anche il modo in cui si vestiva. Probabilmente adorava anche il fatto che non l’avrebbe mai vista indossare un paio di pantaloni attillati.

Sorrise, dicendosi che era proprio andato.

Passò un po’ di tempo, prima che il ragazzo biondo che le sedeva di fronte le facesse un sorriso. –Come va, Evans?-

Sentendosi chiamare, la ragazza cercò di riprendersi in fretta.

-Bene…- balbettò, in imbarazzo.

Odiava essere al centro dell’attenzione e adesso tutto il gruppo la fissava. Perfetto.

-Sei venuta a farmi gli auguri per la partita?- fece James, venendole provvidenzialmente in aiuto.

-Sì.- rispose Lily.- Non ho avuto tempo in… in Sala Comune.-

Non poteva certo dire in camera!

-Non preoccuparti.- fece lui, tornando ad essere sbruffone. –Vinceremo sicuramente, anche se i Corvonero sono forti.-

-Stronzate.- fece il ragazzo biondo di prima. –Sono tutti delle checche.-

-Non essere cattivo, Thomas!- si intromise una ragazza dai lunghi capelli bruni.

Lily la conosceva. Frequentava il loro stesso anno. Alice Rubin.

Di lei, la rossa sapeva soltanto che era un’abile giocatrice di Quidditch, il terzo elemento che completava la squadra vincente composta anche da Sirius e Victoria.

Era una tipa piuttosto popolare.

Mentre i due cominciavano a parlottare di Quidditch, Lily prese inconsapevolmente a guardarsi intorno. Con stupore notò che sulla tavola, proprio di fronte a James, c’era un sacchetto di stoffa scura dal quale fuoriusciva qualche galeone.

Questa poi…

Alzò il capo per incontrare lo sguardo del giovane e gli rivolse una muta domanda. Quello fece spallucce.

-Li stiamo raccogliendo per la festa di Halloween.- le spiegò. –Alice mi aveva detto di venire a contarli per vedere se avevamo raggiunto la cifra giusta…-

-Ma…- fece Lily stupita. -…credevo che fossero gli insegnanti a preparare le festa…-

-Certo!- esclamò Thomas, sorridendo insieme ad un altro ragazzo, Adam Maison.

-Preparano la loro festa! Noi ci prepariamo la nostra! Mi pare ovvio!-

Ok, non ci capiva più nulla.

Adam rivolse uno sguardo di ghiaccio all’amico, imponendogli di non proseguire.                     

–Ricordati che è la Evans!- sibilò.

Lily sentì lo stesso.

-Non lo andrà certo a raccontare!- protestò Thomas. –Giusto?- fece rivolto a lei.

-Certo che non lo farà!- si intromise James, tornando a contare il denaro.

-State organizzando una festa all’oscuro dei professori?- chiese Lily, capendo finalmente il motivo di tanta segretezza.

-Beh, non è la prima volta…- fece Alice, sorridendo furba. –E’ James che se ne occupa, insieme a pochi altri. Fino ad ora non ci hanno mai beccati!-

Era lui ad organizzare? Non ne dubitava!                                                                             

James era proprio tipo da macchinare festini illegali!

-Mi raccomando.- le disse Adam, serio. –Non aprire bocca!-

-Stai tranquillo! E’ la donna di James, no?- fece Thomas, calmo.

Lily sentì il viso andarle in fiamme. Si voltò a guardare James, che continuava tranquillamente la sua conta. Perché non diceva nulla? Perché non smentiva tutto?

Imbarazzata, lasciò vagare lo sguardo per la Sala Grande.

Già molti studenti se ne stavano andando, probabilmente diretti verso lo stadio. James non sembrava preoccupato dalla partita.

Finito di contare, rimise le monete nella sacca e le consegnò ad Alice con un bel sorriso. –Tutto a posto.- le disse. –Sai a chi devi darle, fai in fretta. Tra dieci minuti ti voglio nello spogliatoio.-

La ragazza annuì.

Si alzò in piedi e si diresse velocemente al portone, attraversandolo insieme a quella piccola folla di tifosi.

Molti ragazzi si presero il disturbo di far cadere tanti tovaglioli, durante il passaggio dell’atletica Cacciatrice di Grifondoro. Quella non parve farci troppo caso.

Procedeva a falcate sicure, per nulla turbata da quella eccessiva dedizione alle sue gambe. I capelli assolutamente bruni splendevano alla luce del sole che penetrava dal soffitto incantato e dalle finestre.

Appena fu in corridoio, per poco non travolse un ragazzo  del suo anno, che correva nella sua direzione.

-Stai attento a dove vai, Paciock!- fece lei dura, trucidando il ragazzo con i suoi occhi nocciola. Freddissimi.

-Scusami Rubin.- disse il ragazzo, arrossendo d’imbarazzo. –Stavo scendendo a fare colazione, quando Pix…-

-Si, si…- borbottò lei, annoiata. –Levati di torno…-

Si allontanò da lui senza più degnarlo di uno sguardo, ritenendosi fin troppo superiore per un ragazzetto così impacciato e inutile. Non aveva proprio niente da spartire con un tipo simile. Gli voltò le spalle non consapevole di quanto, in realtà, si sbagliasse…

 

***

 

-Dove credi di andare, Lily?-

La rossa si fermò nel corridoio quasi del tutto deserto, la maggior parte degli studenti si era già avviata allo stadio.

Non si voltò, ma il suo cuore batteva fortissimo.

Quella voce…

Ironica e dolce.

Tenera e buffa.

Adorabile.

James fece qualche passo e le si mise accanto. Sorrideva.

Scioccamente, lei si ritrovò a pensare che era decisamente più alto di lei.

Doveva tenere il viso sollevato, per poterlo guardare in faccia.

-Volevo…- cominciò, impacciata. –Volevo andare in Biblioteca, ho dei compiti da fare. – spiegò.

Lui la scrutò, poco convinto.

Quell’uniforme rossa e oro era meravigliosa, indossata da lui. Non ci aveva mai fatto caso, fino a quel momento. Non lo aveva mai visto giocare a Quidditch, non aveva mai visto giocare nessuno, a dire la verità.

Essendo un’autentica frana in qualunque tipo di sport, se ne era sempre tenuta alla larga. Stava ben attenta a non dire a nessuno di essere stata praticamente l’unica alla quale la scopa non si fosse sollevata dopo il comando “SU!”, al primo anno.

Sapeva che lui era bravo, la sua fama circolava anche tra i professori, ma non aveva mai avuto voglia di vedere con i propri occhi.

Uno dei motivi era proprio la popolarità che lui aveva e che lei, invece, odiava e bramava allo stesso tempo.

E poi, temeva che, se si fosse presentata ad una partita, tutti gli occhi sarebbero stati su di lei, il topo di Biblioteca.

Come leggendole nel pensiero, James sorrise e disse: -Non vuoi venire?-

-Come?-

-Non vieni a tifare per me alla partita?-

Restò di sale.

Non credeva che lui sarebbe addirittura arrivato a chiederglielo. Scrutò i suoi occhi scuri. Non la stava prendendo in giro, voleva davvero che venisse.

Abbassò lo sguardo, incupendosi.

-Mi dispiace.- disse sincera. –Non mi piace il Quidditch.- ammise.

Ebbene sì, a quel punto aveva tirato una sonora bestemmia, o almeno lo era per il grande Capitano-Vivo di solo Quidditch-Potter. Tuttavia lui non si scompose, mantenendo la sua solita aria amichevole.

- Scusa…- ripetè lei, mortificata. –Ma io… non sono tipo da amare il Quidditch e non mi piace la confusione…- fece, non guardandolo in faccia. –Comunque…beh…ti faccio gli auguri, James.-

Ecco, questo era il massimo che poteva fare, ne era sicura. James si era dimostrato un amico meraviglioso e lei avrebbe tanto voluto fare qualcosa di altrettanto bello per lui, ma non aveva il coraggio di stare esposta tra le persone, aveva ancora troppa paura.

Credeva che, a quel punto, lui se ne sarebbe andato. Anzi, lo sperava.

Invece James Potter restò lì, di fronte a lei. Incurante dei soli dieci minuti che mancavano alla partita.

-A quanto pare,- disse con un sorriso triste. – tu non sei mai tipo per nulla, Lily. O meglio, non vuoi esserlo.-

Fu come una pugnalata fredda. Faceva male, ma era pur sempre la verità.

La ragazza alzò lo sguardo su di lui, scossa.

Stranamente, il ragazzo le sorrise.

-Non ti sto chiedendo di venire a vedere il Quidditch, ti sto chiedendo di assistere alla partita per vedere me, tutto qui.- le disse con dolcezza. –Voglio giocare per te, Lily.-

Si sentì morire a quelle parole.

Come poteva essere così buono nei suoi confronti?

Chi era lei a meritarsi una cosa simile?

Si sentì sporca e cattiva, rispetto a lui.

In verità, se James avesse desiderato a tutti i costi portarla con se, sapeva come fare. Bastava un ordine ed il loro legame avrebbe agito.

Ma lui non sembrava neppure pensare ad una cosa del genere.

Osservò per qualche istante il mutismo della ragazza, poi, traendo un sospiro, si sforzò di tornare allegro come prima.

-Devo andare.- le disse. –Devi ancora farmi gli auguri!-

Lily stava per protestare, ricordandogli di averlo fatto poco prima, quando lo vide chinarsi su di lei ed il respiro le morì in gola.

Quelle labbra, che si era ritrovata ad ammirare in quegli ultimi tempi, si posarono con delicatezza su una sua guancia, sfiorando la sua pelle così lievemente, che lei avrebbe anche potuto domandarsi se fosse vero.

Ma i tonfi sordi del suo cuore erano reali, così come lo era il tremore delle sue gambe ed il calore del suo viso.

Tutto questo per un semplice bacio su di una guancia.

Incredibile come lui riuscisse a metterla in agitazione con un niente.

Ritirandosi, James tornò a guardarla con dolcezza ed un misto di sofferenza, dovuta a quel suo desiderio tanto forte ed appena appena soddisfatto.

-Non deludermi, Lily…- mormorò, prima di voltarsi ed andarsene, lasciando lei nella più totale confusione.

 

***

 

Quando il Capitano di Grifondoro, probabilmente il giocatore di Quidditch più promettente di quegli anni, fece il suo ingresso nello spogliatoio, la sua squadra era già perfettamente pronta a giocare. Tutti indossavano la loro uniforme rossa ed oro, la scopa già in spalla.

Qualcuno batté le mani con ironia, quando arrivò. Adam Maison.

-Finalmente ti sei degnato di venire!- fece con un cipiglio severo. –Si può sapere dove ti eri cacciato, eh?-

-Temevamo che qualcuno di Corvonero ti avesse schiantato. Stavamo per avvertire la Semprevergine!- spiegò Lucas Smith, un ragazzo del quinto anno che giocava come battitore.

-Mi spiace. Avevo una cosa importante da fare.- si scusò James.- Comunque, siete pronti?-

-Lo siamo eccome!- esclamò Alice, battendogli sulla spalla.                                                 

Gli era arrivata alle spalle.

Lui non ne dubitava. Aveva la massima fiducia nella sua squadra.

Incrociò lo sguardo di Victoria, seduta su una delle panchine. Lei gli sorrise, ma non con la gioia frizzante di sempre. Nessuno spirito battagliero nello sguardo che, solitamente, aveva prima di una partita.

Sirius, neanche a dirlo, se ne stava vicino ad Adam, ignorando la sua compagna.

Il problema era peggiore del previsto, si disse James.

Sperava tanto che nell’agitazione comune della partita, quei due si sarebbero riuniti.

Fece un bel sospiro e parlò.

-Non c’è alcuna ragione per cui dovremmo perdere.- disse, guardandoli uno ad uno. –Abbiamo i tre Cacciatori migliori della scuola, - e a quelle parole Alice fece finta di gonfiarsi di superbia, mentre Sirius sorrideva e Vick restava praticamente indifferente. – un Portiere che riesce a parare di tutto – e fu il turno di Emma McLoow, una bella ragazza del sesto anno, di sghignazzare – e due Battitori che riescono a beccare chi vogliono.- Adam e Lucas sorrisero compiaciuti.

-Hey!- fece Lucas, sorridendo. –Non dimenticarti del pezzo migliore!-

James sogghignò, decidendo finalmente di rivelarsi per lo sbruffone quale era.                    

–Beh, sì. Hai ragione. Ci sono IO!-

E giù a ridere tutti quanti.

A quel punto non ci fu più tempo di dire nulla. Madama Bumb aveva fischiato, avvisando i giocatori che era il momento di entrare in campo.

Con l’adrenalina a mille, le squadre di Grifondoro e Corvonero fecero il loro ingresso.

Lo stadio era un tappeto rosso e oro e blu ed argento. Tassorosso e Serpeverde si erano schierati dalla parte della Casa che più preferivano.

Amanda Scott, settimo anno di Tassorosso, seduta nella tribuna dei professori, era già pronta a commentare la partita. Vicino a lei, la professoressa McGrannit ed il professor Vitius. Poco distante, Stephanie Hamilton teneva pronta la penna prendi appunti, con accanto il suo fotografo e cagnolino asservito, Evan Gres. Maledetto il giorno in cui quella serpe bionda aveva deciso che, oltre ad essere Presidentessa del Comitato Studentesco, potesse essere divertente anche scrivere sul giornaletto scolastico e seguire le orme della giovane giornalista Rita Skeeter!

Sotto le grida, le esclamazioni, gli incitamenti ed i fischi della tifoseria, James Potter e Jason McGray, si strinsero più o meno amichevolmente la mano.

Poi il lungo fischio della Bumb.

Le scope si alzarono da terra in uno sfrecciare colorato. Un turbinio blu e rosso, oro e argento, difficile da seguire. Alice Rubin si era già impossessata della Pluffa.                     

La partita di inizio stagione era cominciata.

Remus, ovviamente seduto nella zona Grifondoro, leggeva tranquillamente la Gazzetta di Hogwarts, curioso di sentire quali altre malignità la Hamilton avesse tirato fuori. Di tanto in tanto, lanciava uno sguardo alla situazione in campo.

Peter Minus, vicino a lui, squittiva eccitato ad ogni azione dei giocatori della sua Casa, saltellando sul posto.

Stava giusto leggendo con un certo interesse un articolo dove la dolce Steph screditava il povero Tobias Coote, Prefetto di Corvonero, quando qualcuno gli si sedette vicino.

-Non credevo ti piacesse certa roba.- fece Eva, indicando il giornale con un sorriso.

Remus sollevò lo sguardo su di lei, sorpreso di trovarsela lì. Poi sorrise a sua volta.

-Lo trovo divertente.- rispose con un ghigno accennato. –Quella Hamilton riesce sempre a stupirmi.-

-Parla per te.- fece la Ames, diventando cupa. –Non hai letto l’articolo dove diceva che mi spalmo litri di Pus di Bubitilla per togliere quella che, altrimenti, sarebbe un’acne devastante?-

Lupin riuscì a restarsene serio per un attimo, poi scoppiò a ridere. – Sì!- ammise.

Eva sbuffò, irritata. –Ti pareva.- disse. –E comunque, per la cronaca, cosa mai sarebbe una Bubitilla?-

Ridendo ancora più forte, Remus riuscì a rispondere:-Credo ci sia lo zampino di Xeno Lovegood!-

Soffiando sempre più arrabbiata, la ragazza incrociò le braccia al petto e restò a guardare la partita in silenzio.

Remus la osservò con ancora il sorriso sulle labbra. Non l’aveva mai vista imbronciata, uno spettacolo più unico che raro.

Probabilmente la “Principessina” ci teneva alla sua immagine.

Teneva i ricci raccolti sulla nuca con una spilla. Un’attillata camicetta blu con bottoni in onice, una corta gonna nera, a pieghe, leggere calze scure e lucidi stivali neri con il tacco le davano quell’aria nobile ed elegante che solo lei poteva vantarsi di avere.

Già, era proprio una principessa.

- Non credevo ti piacesse il Quidditch.- fece il ragazzo, distogliendo lo sguardo da lei e riportandolo al giornale.

-Infatti non mi piace.- rispose Eva, tranquillamente. –Ma non sapevo come passare il tempo. E tu, invece?- aggiunse, guardandolo. –Com’è che invece di guardare la partita leggi il giornale?-

Lui fece spallucce.

-Che senso avrebbe? Quando tutto sarà finito i miei amici mi ripeteranno il riassunto dettagliato per almeno una cinquantina di volte…-

Si stupì di udire la sua risata, era la prima volta che la sentiva ridere.

Era un peccato, si disse, che lei lo facesse così poco.

In quel momento, Eva non sembrava più una statua di beneducata freddezza, ma una ragazza diciassettenne qualunque ed era meravigliosa.

Sì, davvero un peccato.

-Ma che cavolo stanno facendo?!- strillò Peter, che non aveva tolto gli occhi dalla partita. –Sono impazziti?!-

Remus si riscosse, portando lo sguardo sull’amico. C’era qualcosa che non andava, in campo. Oltre a Peter, anche molti altri Grifondoro stavano urlando arrabbiati.

Confuso, si alzò in piedi e riportò l’attenzione al campo da gioco. I giocatori sembravano essersi fermati. La tifoseria di Corvonero stava fischiando.

- C’è qualcosa che non va nella vostra squadra.- fece Eva, accanto a lui, indicandogli un punto del campo.

Con stupore, Lupin vide Vick, Sirius ed Alice a terra. La Rubin stava sbraitando su di loro, inferocita e rossa di rabbia, gesticolando furiosa.

Madama Bumb stava correndo nella loro direzione, cominciando a fischiare ripetutamente e James, insieme al resto della squadra, stava atterrando vicino ai tre.

Caos generale.

-A quanto stiamo, Pete?- chiese Remus.

-Settanta a dieci per Corvonero.- rispose, disperato. –I nuovi Battitori di McGray hanno preso di mira James, non gli danno tregua! Adam e Lucas non possono fare altro che difendere lui! E Sirius e Vick…- si interruppe, prendendosi il capo tra le mani, sconvolto.

Le ultime parole bastarono a far preoccupare il biondo, che prese a dirigersi a corsa verso l’uscita della tribuna, per poter avvicinarsi di più ai giocatori.

Giù in campo le cose si stavano mettendo male…

- SIETE COMPLETAMENTE FUORI DI TESTA O COSA?!- stava sbraitando Alice. – CHE FINE HA FATTO IL GIOCO DI SQUADRA?! SIETE COMPLETAMENTE FUMATI? SIRIUS, VICK, PERCHE’ NON VI PASSATE LA PLUFFA?! NON POSSO FARE TUTTO IO!!-

I due tenevano lo sguardo basso, evitando accuratamente di guardarsi. Sirius era praticamente privo di emozione,Vick furibonda.

Ma niente in confronto a James Potter, che quando si parlava di Quidditch diventava un invasato.

-CHE CAZZO STATE FACENDO?!- urlò a livelli assai spropositati, tanto che lo udirono fino ai piani più alti delle tribune.

Aveva i capelli più disordinati del solito ed il volto ricoperto di graffi. A quanto pareva, la difesa serrata di Adam e Lucas non era stata sufficiente per salvarlo dagli attacchi dei Bolidi.

- Che sta succedendo, ragazzi?- fece Madama Bumb, raggiungendoli.

-I Corvonero si sono presi i Bolidi e bersagliano solo James!- intervenne Adam, arrabbiato. –Nessuna delle due cose è leale, professoressa!-

-No, non lo è.- rispose lei calma. –Ma niente lo vieta, Maison.-

Quello parve fumare dalle orecchie.

-Non ha importanza, Adam.- fece James, rivolto a lui. –Tu e Lucas cercate di impossessarvi dei Bolidi e di mirare ai Cacciatori nemici, ci penso da solo a difendermi.- poi, tornando ai suoi Cacciatori, il suo sguardo si assottigliò. –In quanto a voi tre, state letteralmente facendo schifo! Ma si può sapere che vi prende?! Siamo sotto di sessanta punti, se andiamo avanti così, non risolverò nulla anche prendendo il Boccino! Non solo non avete segnato uno straccio di punto, ma non aiutate neppure il nostro portiere a difendere gli anelli!-

Emma annuì, infuriata quanto lui. Si teneva il braccio sinistro, che aveva un brutto aspetto.

-Non dirlo a me!- si scaldò Alice. –Io sto giocando per tre! Sono questi due che hanno perso il cervello!- fece, indicando Sirius e Victoria.

Black non replicò, ma Vick perse le staffe.

-Io non ci gioco con questo qua!- strillò, vicina alle lacrime. –Ho provato a chiamarlo per fare un’azione, ma lui gioca solo accanto ad Alice! Non mi passa neppure la pluffa! Se ha qualche problema con me, me lo dica, dannazione!-

Ignorando i compagni, marciò dritta su Sirius, afferrandolo con rabbia per la divisa.

-Che problema hai, dimmelo!- gli urlò addosso. –Sono diventata così insignificante per te, che non riesci più neppure a considerarmi tua compagna di squadra?!- continuò, non curandosi più di trattenere le lacrime.

Evitando di guardarla, Sirius rispose con freddezza: –E’ una tua impressione, a me non è sembrato.-

Il suono dello schiaffo che gli colpì la guancia fu sentito anche ai primi piani delle tribune. Alcuni Corvonero e Serpeverde risero. I Grifondoro parvero indignati.

-Vaffanculo.- gli sibilò Vick, prima di gettare con ira la scopa a terra e di lasciare il campo, ignorando i richiami di Madama Bumb e della sua squadra.

Black rimase immobile. Inutile, non riusciva più a starle accanto.

Dandosi dell’idiota strinse forte i pugni, fino a farsi diventare le nocche bianche. Aspettò che James lo travolgesse con la sua rabbia, quasi desiderando che succedesse.

Non accadde niente del genere.

Potter si limitò a scrutarlo per un attimo, prima di gettare a sua volta la scopa.

-Molto bene.- disse, tentando di apparire calmo. –Ragazzi, a questo punto, credo che possiamo anche ritirarci. Non possiamo continuare, non senza un prezioso elemento come la nostra Vick.-

-Stai scherzando?- fece Adam, sconvolto.- E’ la prima partita, cazzo! Non possiamo abbandonare ora…-

Ignorando i fischi dei Corvonero e le urla inferocite dei Grifondoro, il Capitano scosse il capo.

- Emma non può resistere per molto, è stata violentemente colpita al braccio sinistro da un Bolide. Tu e Lucas non potete difenderci tutti e i Corvonero non vi permettono di colpire i Bolidi. Alice da sola non può fare nulla e anche se io prendessi il Boccino, se i Corvonero facessero altri punti, non servirà a nulla.- spiegò, distrutto.  –Non ci eravamo mai ritrovati in una situazione simile. La squadra non funziona più.-

Per i giocatori di Grifondoro, sentire il proprio Capitano pronunciare una cosa simile fu come venire investiti da una doccia fredda.

Come era possibile?

Loro, proprio loro!

Vincitori della Coppa di Quidditch da ben sei anni di fila!

Adam si portò le mani agli occhi, dando le spalle ai compagni. Alice pareva indemoniata. Lucas ed Emma si lanciarono uno sguardo disperato.

-Io…- cominciò Sirius.

-STA ZITTO, IDIOTA!- lo aggredì Adam, girandosi verso di lui.

Black non ebbe il coraggio di ribattere, ma bastò un’occhiataccia di James per mettere a tacere il Battitore.

-Allora, che avete intenzione di fare?- chiese la Bumb, stanca. –Se non tornate in campo entro dieci minuti, verrete automaticamente buttati fuori dal campionato.-

James fece un lungo sospiro. Non era da lui cedere, ma non vedeva proprio come cavarne fuori le gambe. Il suo portiere era infortunato, i Battitori di Corvonero giocavano slealmente, Alice era troppo nervosa, Vick se ne era andata e Sirius non ci stava con la testa. Per quanto potesse essere bravo, non poteva fare miracoli.

-Mi deludi, Potter.- fece una voce alle sue spalle in tono severo.- E pensare che ti vanti tanto di essere il migliore… il Mago del Quidditch.-

Si voltò, sorpreso, e quasi credette di avere le allucinazioni, quando si ritrovò di fronte a Lily Evans. La rossa lo guardava con il suo famoso cipiglio da Caposcuola, che persino la McGrannit avrebbe temuto.

Teneva le braccia sotto al seno e non accennava ad un sorriso.

-Tutto il tempo che passi a pavoneggiarti… per cosa? E io che credevo fossi bravo! Allora erano solo storie! Non può essere vero se getti la spugna così.-

-Cosa dovrei fare, sentiamo.- disse lui, ancora parecchio scosso dall’aversela trovata lì. Non credeva possibile una cosa del genere. –Non hai notato come siamo ridotti?-

-No. Ho notato soltanto che quello che dovrebbe essere il più bravo e fighissimo Cercatore della scuola non ha ancora preso il Boccino D’Oro, togliendo la squadra dai casini.-

Lui non ebbe il coraggio di ribattere. Sentiva una forte rabbia crescere dentro di se. Ma cosa voleva saperne lei?

Lei che non aveva mai neppure assistito ad una partita?

Lei che l’aveva snobbato fino a quel momento!

Lui non poteva giocare perfettamente in quelle condizioni. Come poteva cercare di prendere il Boccino con Lucas ed Adam che gli volavano così vicino per difenderlo dai Bolidi?

Perché ci stava mettendo bocca?!

Era venuta ad insultarlo ancora?!

Del resto, era sempre stato così. Lei l’aveva sempre schiacciato, appena le si presentava l’opportunità.

Non voleva risponderle male, perciò evitò di parlare.

Quegli occhi verdi continuavano a scrutarlo senza esitazione, senza paura. Lei se ne stava rigida come il marmo davanti a lui, l’espressione severa, quasi schifata.

-Vai a prendere questo Boccino, James Potter. Se non lo farai, non osare mai più vantarti di una bravura che non hai, quando io sono nei paraggi. Se sei tanto bravo, non dovrebbe essere un problema per te prendere quel dannato affare prima che i Corvonero riescano a fare altri punti, no?-

Sirius la guardava come se fosse impazzita e gli altri giocatori sembravano del suo stesso parere. Lily Evans che scendeva tra i comuni mortali e si metteva a dare ordini e a bersagliare il più bravo giocatore della scuola? Assurdo.

Potter non riuscì a non lanciarle un’occhiata arrabbiata. Lei parve non curarsene.

-Hai detto di voler giocare per me.- mormorò, guardandolo con sfida. –Fallo.-

Era vero, l’aveva promesso e James Potter manteneva sempre le promesse.                            

James Potter non accettava neppure di essere umiliato da nessuno.

Fu solo questo che lo spinse a raccattare la sua scopa e a borbottare, furioso, a Madama Bumb: -Giochiamo.-

Si alzò in volo, senza degnare la ragazza di uno sguardo. Glielo avrebbe fatto vedere, dannazione! Lui era bravo. Lo era, accidenti! E se la sua squadra era in difficoltà, pazienza! Lui poteva vincere da solo!

Così, magari, la Evans avrebbe visto quanto valeva! Accidenti a lei, stupida ragazza fredda che lo aveva fatto innamorare fino a perdere il senno!

Volò in alto, non curante del fischio di Madama Bumb che faceva riprendere la partita, né dei  fischi derisori dei Serpeverde e dei Corvonero, né della cronaca di Amanda e neppure dei giocatori che si scontravano sotto di lui.

I Battitori di Corvonero presero subito a braccarlo e subito si udirono le grida arrabbiate e furiose della tifoseria di Grifondoro, unite alle risate dei Corvonero.

Quando Lucas ed Adam gli si avvicinarono con le mazze levate, pronti a proteggerlo, urlò loro con rabbia di fare come aveva detto: difendere gli anelli.

Sfrecciò da solo, seguito dal sibilo del Bolide che gli era stato lanciato contro e tampinato dal Cercatore nemico, che tentava di buttarlo giù dalla scopa.                             

Se questo era essere leali…

I suoi Grifoni, però, continuavano a fare il tifo per lui.                                                                           

Quando vide il Boccino brillare vicino agli anelli dei Corvonero, si lanciò a tutta, ignorando il Bolide che poteva colpirlo da un momento all’altro.

Appena i Grifondoro si resero conto di ciò che stava accadendo, le urla di incoraggiamento si fecero più forti, tanto da sovrastare gli insulti .

Ma non gli importava.

L’unica cosa che desiderava era che Lily lo guardasse e che non si azzardasse più a dirgli delle cose simili. Mai più.

Che capisse, una volta per tutte, cosa era disposto a fare per lei.

E lei lo guardava.

Trovato posto in una tribuna, ignorando tutti gli altri, lei lo guardava, pregando in cuor suo che lui ce la facesse. Che vincesse quella che lei riteneva una stupida partita di Quidditch, ma che lui considerava importante.

-FORZA JAMES!!- gridò il ragazzo accanto a lei, unendosi al coro formato dai Grifondoro. Era Frank Paciock.

Non credeva che lui fosse il tipo di ragazzo da andare alle partite. Beh, in realtà neppure lei credeva di esserlo, eppure era lì, a fare il tifo in silenzio.

Non perché fosse particolarmente interessata alla vittoria della sua Casa, per lui.

Semplicemente perché desiderava vederlo felice e fiero di se. Solo per questo.

Ad un tratto tutti trattennero il fiato e qualcuno si lasciò sfuggire un urlo.

Un Bolide aveva colpito James alla spalla, ma non era riuscito a buttarlo giù dalla scopa. Sotto di lui, i Cacciatori di Corvonero attaccavano gli anelli difesi da Emma senza sosta. La ragazza si spostava di continuo, nonostante il braccio, dimostrando di meritarsi a pieno titolo il posto in squadra.

Adam e Lucas le erano accanto.

L’ultimo tiro fu intercettato da Sirius, deciso a non peggiorare le cose più di quanto lo fossero, e la pluffa fu lanciata ad Alice, che partì a razzo.

Nel momento in cui l’abile Cacciatrice di Grifondoro riusciva a segnare, evitando una resistenza che pochi sarebbero riusciti a vincere, James serrò la mano intorno alla piccola pallina dorata, facendo terminare la partita.

Fu un attimo e lo stadio fu invaso da un boato assordante che altro non era che l’insieme di urla di giubilo della zona rossa e oro.

Le squadre atterrarono.

I Corvonero erano furiosi. La rabbia si sarebbe protratta per settimane. I Grifondoro, scendendo dagli spalti, si lanciarono sui propri giocatori.

Ci fu chi non la smetteva di gridare, chi si mise a piangere, chi non riusciva a cessare di ridere. Remus e Peter corsero dai propri amici. Il primo ancora un po’ preoccupato, il secondo raggiante, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

E c’era Lily, in disparte.

L’unica Grifondoro rimasta vicino alle tribune e a non essersi unita ai festeggiamenti. Sorrideva, vedendolo sorridere.

Era davvero il miglior Cercatore della scuola.

Fece per voltarsi ed andarsene, quando, per uno strano scherzo del destino, incrociò lo sguardo di lui.

E James, senza più la preoccupazione e l’amarezza per la partita quasi persa, con la mente lucida, sbollita la collera e la delusione, capì.

Lei aveva fatto qualcosa che non aveva prezzo. E l’aveva fatto per lui.

Aveva vinto la paura di stare in mezzo agli altri ed era venuta ad assistere alla partita.

Quando aveva visto che si trovava in difficoltà, aveva ragionato lucidamente e trovato la soluzione che lui non riusciva a vedere, confuso dalla rabbia.

Ignorando la sua insicurezza ed il terrore degli altri, aveva trovato il coraggio di scendere in campo, davanti agli occhi di tutti, e di farlo ragionare con l’unico mezzo che, in quel momento, avrebbe funzionato con lui. Gli insulti. L’orgoglio ferito.

Non si era preoccupata del fatto che, udendola, i Grifondoro l’avrebbero vista ancor più con occhio cattivo, né che lui, offeso, avrebbe potuto non rivolgerle più la parola.

In silenzio, lei gli aveva fatto un regalo stupendo. Più bello del vincere Coppe di Quidditch per tutta la vita.

Idiota.

Lui era stato un idiota.

Ed in quel momento, mentre la vedeva abbassare lo sguardo ed andarsene, capì che l’amore che provava per lei era arrivato ad un punto tale da non essere più neppure concepibile.

Avrebbe voluto che tutti se ne andassero, che la smettessero di dargli pacche ed abbracciarlo. Non voleva la loro felicità ed i loro complimenti.

Non gli importava più che lo chiamassero “James il Grande”.

Voleva lei, solo lei.

Lei, l’unica cosa in grado di farlo felice.

L’unica ragazza che l’aveva fatto innamorare senza neppure usare una qualche strategia.

Lei, che si era fatta amare semplicemente essendo se stessa.

Lei, diversa dalle altre.

Lei, così intelligente e semplice.

Umile, onesta, leale e dolce.

Lei, sempre così sola.

Lei, che era bellissima, ma non se ne accorgeva.

Lei, così teneramente bisognosa di essere tenuta per mano.

Lei, così poco sicura di se stessa.

Lei, il suo piccolo amore.

Sì, era stato un idiota a non capirlo subito. Ad avere provato rabbia nei suoi confronti.

L’aveva guardata come facevano tutti gli altri, togliendole la sicurezza della loro amicizia appena nata.

Idiota…

Con il nodo alla gola e la disperazione emersa a tormentarlo, si liberò dai calorosi abbracci dei compagni e, senza curarsi più di nulla, prese a correre.

 

 

 

 

 

 

 

 

Fine! ^___^

Ringrazio tutti coloro che leggono e che recensiscono sempre questa fanfic. Mi scuso davvero molto per il lungo ritardo, ma questo è stato un capitolo maledetto, per me. Ovvero, sembrava che il destino si divertisse a trovare modi per non farmelo scrivere…

Per prima cosa mi sono beccata la febbre dovuta ad una terribile insolazione, accidenti alla mia pellaccia chiara.

Dopo, quando sono stata bene, la zona dove abito è stata presa di mira da una lunga sequenza di temporali, perciò ho staccato la spina al pc, temendo che succedesse qualcosa di terribile, tipo perdere il computer a non ancora un anno di vita.

Quando i temporali se ne sono andati, ho fatto una scoperta agghiacciante. Il capitolo 12 non esisteva più. Perché? Eh, piacerebbe saperlo pure a me.

Infine, quando mi sono decisa a rimboccarmi le mani e a riscrivere, dopo un giorno di disperazione, ho scoperto che mia mamma aveva preso le ferie.

Cosa c’è di male?

Beh, se mia mamma mi becca a stare al pc più del dovuto, è capace di frullarmelo dalla finestra, quindi ho dovuto cercare i momenti adatti da dedicare alla scrittura, per non farmi sgamare…. =___=

Insomma, un capitolo maledetto che io ODIO.

Spero lo odierete anche voi, ne sarei felicissima. ^___^

Detto questo vi saluto, alla prossima. Pregando che vada tutto bene, almeno.

Un bacione,

Lady Tsepesh

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Capitolo 13
*** Run ***


“ Dedico questo capitolo a tutti coloro che mi hanno seguita  fino a qui e che recensendo mi hanno invogliato ancora di più a continuare questa fic. È un onore scrivere per tutti voi.” Lady Tsepesh

 

CAPITOLO 13 “ RUN”

 

 

 

Pioveva.

Tempo di svuotare lo stadio ed una leggera pioggia aveva preso a bagnare i vasti prati di Hogwarts, ora festosa. Una lunga sfilata di ragazzi in rosso ed oro era appena tornata al castello, il sorriso sul volto.

Sarebbe stata una lunga giornata, fatta di risa, scherzi e cibo sgraffignato dalle cucine.

Ma c’era qualcuno che, in quel momento, non aveva alcuna voglia di festeggiare.

Seduto sui gradini che portavano allo spogliatoio di Grifondoro, intento a fumarsi una sigaretta in silenzio, Sirius Black osservava la pioggia cadere giù, esattamente come il suo umore.

Non era da lui comportarsi in quel modo. Aveva fatto veramente schifo in tutti i fronti. Era stato una frana durante la partita, aveva deluso James e aveva… aveva ferito Vick ancora di più.

Non voleva tornare al dormitorio della sua Casa, dove avrebbero festeggiato fino all’alba. Voleva restare da solo.

Aveva perso Vick.

E tutto perché era un viscido idiota. Forse, si disse, non era poi così diverso dalla sua famiglia. Anche lui, dopo tutto, non faceva altro che ferire chi gli stava vicino.

Fece un sorriso triste.

Ormai era completamente fradicio. La sua uniforme era diventata più pesante.

Si chiese dove fosse Victoria.

Conoscendola, avrebbe anche potuto essere ancora nei dintorni, sotto la pioggia che si faceva più fitta, a sbollire la rabbia.

Non ricordava di avere più litigato con lei dopo il loro secondo anno.

E adesso l’aveva persa.

Lei non sarebbe più tornata ad essere la sua migliore amica.

Ed era tutta colpa sua. Lui, che aveva dato di matto.

Perché l’aveva baciata?

Perché aveva voluto rovinare tutto?

Lei era l’amica più cara che aveva. La persona più preziosa. E lui aveva distrutto tutto.

Come poteva tornare tutto come prima?

Non riusciva neanche a guardarla più in faccia!

L’aveva allontanata con freddezza, ma solo perché non voleva combinare altri casini. In realtà, lui voleva essere dolce con lei e quando l’aveva vista piangere, l’unica cosa che avrebbe voluto fare era abbracciarla forte e chiederle umilmente perdono. Lui era uno stronzo, un bastardo. Non si meritava la sua amicizia.

Forse, forse era davvero meglio così.

Forse era meglio se rimanevano lontani.

Scoprire di essere attratto da Victoria Olsen lo aveva turbato all’inverosimile.            

Lo aveva lasciato con il gelo nelle vene.

Cosa doveva fare?

Dirle la verità?

Per poi cosa?

Se le avesse detto tutto, probabilmente lo schiaffo che si era preso a fine partita non sarebbe stato nulla.

Lui era il suo migliore amico, l’avrebbe probabilmente sconvolta dicendole cosa aveva codardamente fatto mentre lei dormiva.

Se le avesse detto tutto, lei non lo avrebbe davvero più guardato.

Se le avesse detto che, da quella notte, il desiderio di baciarla non se ne era andato e che la voglia di tenerla per mano era tanto forte, lei si sarebbe allontanata definitivamente.

L’avrebbe sconvolta, confusa, messa in difficoltà. Non voleva questo, lei non se lo meritava.

Vick gli era sempre stata vicino, dimostrandogli ogni volta quanto speciale fosse la loro amicizia. Aveva rischiato moltissimo per lui.

E adesso lui, dannato bastardo, non poteva mandare tutto a puttane.

Già si vedeva l’espressione orripilata e disgustata della Olsen, se le avesse detto cosa aveva cominciato a provare per lei.

Victoria lo considerava un amico.

Il suo migliore amico.

Bella storia andarle a dire di averla baciata e di non avere più smesso di pensare ad altro. Che schifo…

E comunque non voleva diventare il suo ragazzo, per nessuna ragione. Avrebbe solo peggiorato le cose.

Le storie finiscono, prima o poi. Sirius non aveva mai creduto all’amore a prima vista, né a quello eterno, come invece faceva James.

Lui non era un romantico come il suo migliore amico. Non aveva neppure il suo animo gentile. Non credeva nel “per sempre felici e contenti”.

Come poteva?

La sua vita era stata un autentico schifo fino a quel momento.

Se lui e Vick si fossero messi insieme, un giorno sarebbe comunque finita e il loro rapporto sarebbe stato distrutto. Non avrebbero neppure più potuto tornare ad essere amici come prima. L’avrebbe davvero perduta, a quel punto.

No, non l’avrebbe mai permesso.

La rabbia di Vick si sarebbe placata, prima o poi, e sarebbe tornato tutto come un tempo. Non si sarebbe mai più azzardato a fare altri errori. Mai più.

Ciccò per terra e si decise ad alzarsi.

Era il caso di mettersi dei vestiti asciutti.

 

 

Non sapeva più dove cercare, ormai. Aveva fatto di corsa tutto il parco di Hogwarts, incurante della pioggia. Ora, bagnato fradicio, continuava a correre per i corridoi del castello, pregando di non beccare Gazza, altrimenti sarebbe stata la fine.

Aveva il fiato corto e rischiava una polmonite, ma non se ne curava affatto.              

Doveva trovare lei.

Fregandosene di tutti gli studenti che si voltavano a guardarlo curiosi al suo passaggio e di tutti quei volti amici che continuavano a congratularsi per la vittoria, andava avanti, disperato.

Se solo avesse avuto la Mappa con se…

Non riusciva a pensare ad altro che non fosse lei. Aveva lasciato il suo migliore amico, che probabilmente in quel momento aveva bisogno di lui.                                        

Aveva lasciato la sua squadra ed i suoi compagni, che lo avevano chiamato per festeggiare.

Aveva lasciato tutto, ogni cosa.

Doveva trovare lei…

Ad un tratto sentì gli strilli della McGrannit, dietro di lui. Non se ne preoccupò e continuò a correre come un’anima in pena.

Ne era sicuro, lei adesso stava soffrendo e tutto a causa sua.                                               

Maledetto idiota.

Come aveva potuto non capire subito? Come aveva potuto riservarle quello sguardo cattivo? Come?! Come aveva potuto lasciarla scappare via?

Doveva trovarla. Doveva vederla. Parlarle. Chiederle scusa.

Quando, improvvisamente, accadde ancora.

Un’altra volta.

Lì, a salvarlo.

Una luce biancastra, spettrale, elettrica, gli avvolse il polso, cominciando a tirarlo. Non riuscendo a trattenere un sorriso, James si lasciò guidare, come un bimbo che tiene la mano della madre, fidandosi ciecamente di lei.

Il Voto lo guidò nuovamente fuori dal castello, dritto verso le serre di Erbologia.

Prese a correre più veloce.

Adesso era vicina, lo sentiva.

La pioggia scendeva impetuosa su di lui. I capelli corvini erano ormai del tutto incollati alla sua testa, rivoli del più puro inchiostro nero che scendevano sul suo viso; l’uniforme da Quidditch resa ancora più cupa, al contatto con l’acqua. Di un rosso sangue, non più brillante come prima. L’oro era divenuto ambra.

Non aveva idea di come avrebbe reagito Lily, una volta che le sarebbe stato davanti. Forse lo avrebbe cacciato via. In quel caso, comunque, se lo sarebbe meritato.               

Poteva solo immaginare le emozioni che in quel momento si stavano agitando in quel corpicino sottile. E non erano emozioni belle.

Povero piccolo amore…

Quante cose aveva fatto lei per lui, quel giorno, e quante poche lui, invece.

Ma Lily Evans aveva volentieri affrontato quella prova di coraggio. James, senza capirlo, riusciva a trasmetterle tutta la forza d’animo di cui lei aveva bisogno. Sarebbe riuscita a sollevare il mondo con un dito, grazie a lui.

Non era pentita di ciò che aveva fatto. Non era dispiaciuta, affatto. Poco importava ciò che aveva provato una volta di fronte a tutta la scuola.

In quel momento, aveva sentito il sangue gelarsi e le gambe tremare. Aveva davvero avuto paura che sarebbe caduta, ma lui era ormai a pochi passi da lei. Lo aveva raggiunto ed aveva fatto ciò che era giusto.

Adesso James aveva vinto, era felice per lui ed orgogliosa di se stessa.

Dopo tutto ciò che lui aveva fatto, era felice di essersi un poco sdebitata. Poco importava se lui non avesse capito e fosse rimasto arrabbiato con lei. Forse non l’avrebbe più considerata. Non era importante. Anche il solo saperlo felice le bastava.

James Potter non era una sua proprietà, ovviamente. Non poteva pretendere di poterlo tenere legato a se per sempre, come aveva cominciato ad immaginarsi.

Quel sentimento egoistico, a volte, la spaventava.

Sentiva la pioggia picchiettare incessantemente sul tetto della serra. Tutto intorno, un dolce profumo d’erba bagnata, di fiori delicati e piante stravaganti.

Adorava le serre.

Nessuno veniva mai da quelle parti, se non per studiare. Non erano in molti ad apprezzare la bellezza dei fiori, come invece faceva lei.                                                          

Era felice del suo nome: Lilian. Giglio.

Stava seduta su uno dei tanti tavoli vuoti, ascoltando la pioggia ed il silenzio, lasciando che i suoi sensi si aprissero a quei profumi così delicati.

Ahh…La solitudine.

A volte ferisce ed il desiderio di fuggire da lei è forte.

Altre, invece, non si può fare a meno di desiderarla.

Lei, Lily Evans, aveva fatto della solitudine la sua confidente, il suo tesoro.                  

Aveva imparato ad apprezzare i rumori più sottili, scoprendo i segreti più celati. Si era innamorata della pace che la cullava in quei momenti, quando era lei a rifugiarvisi di sua spontanea volontà.

I suoi piedi penzolavano nel vuoto in modo giocoso, i lunghi capelli rosso fuoco sparsi sulla schiena e sul petto. Liberi. La gonna che si increspava ad ogni movimento delle gambe.

Potava anche sembrare una fata. Uno spirito vagante solo nei giorni di pioggia.

Ad un tratto il suo polso destro si illuminò. Riconobbe quel bagliore, l’aveva salvata, poco tempo fa.

Si portò l’arto di fronte al viso, scrutandolo senza capire.

Che James la stesse cercando?

Perché?

Sospirò, proprio nell’esatto momento in cui un fulmine squarciò il cielo, seguito da un tuono assordante. Per un instante, la penombra nella quale si trovava fu accesa di un bianco luminoso.

Balzò giù dal tavolo, dirigendosi ad una delle finestre della serra. Osservò il cielo. Era in totale rivoluzione. Di un pauroso grigio cupo, di tanto in tanto spruzzato di improvvisi bagliori luminosi.

Gli alberi della Foresta Proibita frusciavano in maniera sinistra, più lugubri che mai. Non riuscì a trattenere un brivido.

Da un po’ di tempo, pensò, il clima non era più quello di una volta, anche se non c’era da stupirsi di avere temporali in Inghilterra.

C’era qualcosa là fuori, lo sapeva, anche se cercava sempre di non prestarvi mai troppa attenzione.

La sua giovane età, mista al suo animo tendente a chiudere tutto fuori per paura di ferirsi, l’avevano resa quasi immune dalla paura del domani, anche se, forse, avrebbe dovuto averne.

Abbassò lo sguardo.

Il suo polso brillava ancora di scariche bianche. Non poteva lasciare il luogo dove si trovava, non in quel momento. Se si fosse allontanata ancora, avrebbe spezzato il legame e allora, beh.. forse non sarebbe stata molto bene, dopo.

Non poteva rischiare.

Lo sentiva avvicinarsi e ne era felice, anche se non sapeva il motivo per il quale lui la stesse cercando. Forse voleva solo urlarle addosso.

Probabile, ma almeno avrebbero parlato e lei avrebbe potuto spiegargli.

Quando sentì la porta aprirsi con un cigolio non si voltò, sapeva già che era lui.

Restò ferma, immobile a fissare fuori dalla finestra, pronta al peggio.

Non poteva aspettarsi ciò che accadde poco dopo.

Sentì due braccia stringerla gentilmente alla vita, un corpo avvicinarsi a lei, lentamente. Il respiro le morì in gola.

Lui era lì, dietro di lei, e la stringeva in modo così dolce che sentì qualcosa stringerle dolorosamente la gola. Le braccia strette intorno a lei con delicatezza, il torace premuto contro la sua schiena, il volto chino sull’incavo della sua spalla.

La guancia della ragazza venne a contatto con i capelli bagnati di lui e rabbrividì un poco. James doveva essere fradicio.

Per un po’ nessuno dei due parlò. I polsi di entrambi avevano cessato di brillare.

Lei rimase quieta in quell’abbraccio, senza fiato né parole. Incapace di formulare un qualsiasi pensiero. Lui era semplicemente troppo dolce.

Poi, ad un tratto, la sua voce.

-Perdonami.-

Lily spalancò gli occhi smeraldini, stupita. Non si aspettava niente del genere. Perdonarlo? E di cosa?

-James… cosa…?- provò a dire.

Lo sentì scuotere la testa.

-Non ho capito nulla.- le disse a bassa voce, come se fosse stato un loro segreto.              

- Sono stato davvero arrabbiato con te, ma non avevo capito niente. Sono un idiota, solo un idiota. Tu hai fatto tutto per me, non è vero?-

-…sì.- dichiarò lei, sentendo il cuore sciogliersi.

-Lily…- mormorò lui, stringendola ancora di più. -… sono tanto orgoglioso di te.-

La ragazza non riuscì a trattenere un singhiozzo. Con gli occhi offuscati dalle prime lacrime, corse a cercare le mani di lui, stringendole con le sue. Si morse le labbra per non far sfogare il suo pianto, rendendole quasi bianche.

-Ti prego, non piangere.- gli sentì sussurrare. –Oggi hai fatto tanto per tutti e due. Hai abbattuto il tuo muro ed aiutato me a vincere. Sono.. sono così fiero di te.-

-Ho solo cercato di rendermi utile.- si schernì lei.

Sentì le braccia di lui ritrarsi, abbandonandola. Poi una mano su una spalla, che la costringeva a voltarsi.

-Hey…- la chiamò lui con dolcezza. – Guardami.- aggiunse, facendole sollevare il volto con una mano. – Quando la smetterai di sminuire sempre quello che sei?- la rimproverò con un sorriso. – Sei stata molto coraggiosa, invece. Ed io non ce l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto, lo sai?-

Lei lasciò che le proprie labbra si piegassero in un piccolo sorriso. Lui sembrò esserne rincuorato.

- Brava.- le disse, dandole un affettuoso buffetto sulla testa. –Sai,- cominciò. – io trovo che tu sia una persona meravigliosa, Lily Evans e compatisco gli altri, che non lo hanno ancora capito.-

Quelle parole la gelarono e la bruciarono allo stesso tempo. Il cuore le batteva troppo forte, non avrebbe retto, ne era sicura. Non riuscì a dire nulla.

-Non dovresti farti trattare in modo così crudele, né escludere. Non devi nasconderti, Lily, ma metterti in gioco. Tutto qui. La gente dà giudizi di continuo, se le stessimo a sentire tutti ne moriremo. Ma nessuno potrà mai metterti in difficoltà, se tu non lo vuoi. Non ci credi? Credi di non essere forte?- fece guardandola teneramente. – Io non lo credo. Non credo che tu sia debole e, anche se all’inizio tu avessi bisogno, potrai sempre contare su di me. Te l’ho detto, no? Potrai sempre tenermi per mano.-

Lily annuì, il nodo alla gola sempre più stretto.

-Quello che voglio dirti è che… vorrei che tu provassi. Vorrei che anche tu cominciassi a correre, senza più restare in panchina. Senza più avere scarsa fiducia in te stessa. Devi correre come tutti gli altri. Anche se tu avessi una gamba in meno, questa non sarebbe una ragione valida per non farlo. Mi capisci? Ci sono persone che desiderano vederti in panchina, persone cattive. Ce ne sono altre, però, che vorrebbero averti con loro, ma a forza di vederti seduta hanno smesso di girarsi per vedere se li stavi seguendo oppure no. Guarda Vick. Le piaci. Avete fatto amicizia.-

Rimase in silenzio, aspettando che lei avesse assorbito tutto. Con un sorriso, le fece una carezza. Era incredibilmente piccola in quel momento.

- Oggi mi hai dato la dimostrazione che le gambe per correre le hai.- le disse con un sorriso furbo. –Quindi non hai più scuse.-

Lily annuì, sorridendo.

-Non sarà facile.- disse in un soffio.

James scosse il capo. –Niente è facile da raggiungere, Lily. Altrimenti adesso sarei già fuori da questa scuola a giocare per qualche famosa squadra di Quidditch.-

Alla ragazza scappò una risata. Lui sorrise.

Voltandogli le spalle, Lily tornò a guardare alla finestra. Quello che stava per dirgli non era così facile da esternare.

-Grazie, James.- gli disse piano. – Quello che fai per me… nessun altro…- non riuscì a finire, quindi andò avanti. –Io… volevo ringraziarti, ecco. E dirti che… sì, ecco…sei l’amico più caro che abbia mai avuto.- disse, tornando a guardarlo. –Non dimenticherò mai tutto questo. E quando anche tu avrai bisogno di me, io ci sarò. Te lo prometto.-

Lui le sorrise e senza darle il tempo di avvedersene, la abbracciò di nuovo, stringendola forte. In quel momento, mentre la teneva stretta a se, gli veniva una sola cosa da dirle. Una soltanto. Ma ingoiò quelle parole, accontentandosi di poterla avere così e niente di più.

-James…?-

-Si?- fece lui, mentre ancora le era abbracciato.

La domanda non arrivò subito.

-Perché fai tutto questo per me?-

Fu sussurrata, quella domanda. Sussurrata e detta talmente piano da sembrare solo il fruscio del vento. Lui avrebbe potuto benissimo non udirla. Invece capì e sorrise.

- Per sdebitarmi.- fu la semplice risposta.

Lily, il capo posato sul suo petto, corrugò la fronte, non riuscendo a capire.

-… sdebitarti?-

Lo sentì ridere in maniera dolce, prima di risponderle.

-Vorrei vederti felice, come lo sono io.- le spiegò. – E se lo sono, beh, è grazie a te.-

-Me…?-

-Quando ti vedo, io mi sento il più felice del mondo, Lily.- disse lui, stringendola di più. –Visto che traggo la mia felicità da te, mi pare il minimo cercare di farne avere un po’ anche a te, no?-

Ma lei non gli rispose. Non poteva rispondere.

Si sentiva come paralizzata. Sospesa in una bolla di sapone. Lui era meraviglioso. Al suo confronto, lei non era nulla.

Come era possibile che un ragazzo del genere avesse deciso di stare accanto a lei? Si meritava davvero tutto questo?

Si staccò di poco da lui, il tanto che bastava per guardarlo negli occhi. Forse fu un errore, perché sentì un fiume caldo scorrerle nel petto ed il respiro mancare.

Il rumore della pioggia, mista a lampi, giungeva lontano, come se il temporale si fosse trovato su un altro pianeta. Non la raggiungeva più nulla.

Quegli occhi scuri erano la sua dannazione.

Non riusciva mai a distogliere lo sguardo, una volta incrociati. Schiava.

E lui era bello.

Aveva dei lineamenti che nessun altro aveva, ne era sicura. Sembrava essere più che umano, ora che lo guardava bene. Era semplicemente troppo bello.

La pelle del suo viso non aveva alcuna imperfezione, neppure una minuscola, e quando lui sorrideva, come in quel momento, gli veniva una fossetta sul mento terribilmente adorabile.

Le si stava sciogliendo il cuore.

-…sei il mio angelo.- disse, senza pensare.

Le mani di lui si posarono ai lati del suo viso, accarezzandole le guance, gli zigomi, le tempie, con le dita. Soggiogato, incantato da lei, allo stesso modo in cui Lily lo era da lui.

Le si fece più vicino, senza neppure rendersene conto. Lasciò una mano ad accarezzarle la guancia, spostò l’altra sulla nuca, avvicinando il viso della ragazza al suo. Più vicina, la voleva ancora più vicina.

Credeva di impazzire. Sentiva il suo respiro sulla bocca, ma aveva paura di avvicinarsi di più.

Paura che lei lo avrebbe respinto.

Paura di come fare, con lei. Lei che non era come le altre ragazze.

Paura di non essere alla sua altezza, lui, James Potter, così in basso rispetto a lei.

Paura di come abbracciarla, di come prenderle la mano, di come… baciarla.

Sentiva la testa girare.

Tutto era nuovo, con lei. Anche un bacio.

Si sentì come un ragazzino inesperto al suo primo bacio, quando era da tempo che aveva dimenticato quell’impaccio.

Era addirittura stato a letto con delle ragazze, ma in quel momento non era più sicuro di niente. Voleva darle tutto, ma era convinto di non avere nulla.

Il primo bacio glielo dette all’angolo della bocca. Delicato, appena percettibile.

La ragazza avrebbe anche potuto credere di essersi immaginata tutto, ma il brivido che avvertì dentro di se ebbe la capacità di bruciarla. Era dolce. Così dolce…

Lily tremò tra le sue braccia.

Teneva gli occhi chiusi, temendo che, se li avesse aperti, lui sarebbe scomparso.

Avvertì le sue labbra posarsi sul suo mento, dolci come il miele, morbide come seta. Sembravano le ali di una farfalla, decisa a farsi prendere.

Poi, di nuovo, si allontanarono, per raggiungerla di nuovo. Quasi tremanti, le sfiorarono il labbro inferiore, catturandolo infine tra di loro.

Se lui non l’avesse sorretta, probabilmente, sarebbe caduta. Si sentì come se tutte le sue forze l’avessero abbandonata. Si lasciò sfuggire un sospiro.

Era consapevole di stare tremando. Aveva paura ed era terribilmente confusa, ma non avrebbe mai trovato il coraggio di allontanarlo, di farlo smettere.                                     

Non voleva che finisse. Non doveva finire.

Gli mise le esili braccia intorno al collo, stringendolo a se. Il maglioncino bianco, morbidissimo, gli sfregò contro le guance ed il collo e lui sorrise.

C’era della tenerezza in tutto questo, capace di spaccare in due entrambi.

Abbandonandosi, James prese a baciarle con insistenza il labbro che aveva catturato, usando una gentilezza tale da farle capire che, in qualunque momento lei avesse voluto, avrebbe potuto ritrarsi da lui.

Stupido. Dolce. Lei non lo avrebbe mai fatto.

Docile, lasciava che lui la stringesse.

Quiete, lasciava che lui le desse quell’accenno di bacio.

Tenera, lasciava che lui continuasse ad accarezzarle il viso.

Ad un tratto, il desiderio di baciarlo a sua volta fu schiacciante. Uno strano calore al petto, un brivido alla schiena. Voleva farlo. Sarebbe morta, se avesse detto di no a quel desiderio.

Ma era terrorizzata dall’idea di provare. Si sentiva troppo piccola, troppo insignificante e troppo inesperta.

E se l’avesse fatto male?

C’erano forse delle regole per baciare? Si? No?

Ecco a cosa portava la sua vita da eterna reclusa, pensò. Si sentiva morire. Avrebbe voluto essere terribilmente vissuta per lui. Invece era terribilmente insicura.

Ma quando James le feci reclinare la testa all’indietro, accompagnandola con la sua mano, non ebbe più il tempo di pensare a niente.

Quella bocca delicata andò a depositare baci sulla pelle tenera del suo collo, del suo mento, della sua gola.                                                                                              

Sembravano bruciare…

Sembravano bruciare le zone di epidermide dove lui posava le sue labbra.

Anche lui stava tremando, si rese conto Lily. Non poteva crederlo possibile.

James la trattava come se lei fosse stata un gioiello dal valore inestimabile, arrendendosi a lei con la devozione di un servo.

I brividi alla schiena aumentavano e il calore al petto cresceva, espandendosi.             

Ormai aveva disimparato a respirare.

Sentiva il proprio volto andare in fiamme.

-Ho sempre voluto solo te…- mormorò piano James, mentre saliva a sfiorarle la mandibola con i baci. -… solo te, Lily…-

Non riuscì a rispondergli. Non era tanto sicura di conservare ancora una voce.                 

Lo strinse più forte a se, tentando di fargli capire quanto significassero quelle parole per lei. Lei che, per tutta la sua vita, non era mai stata voluta.

Sentiva il freddo del vetro della finestra dietro di lei. In trappola. Racchiusa nella prigione più bella che potesse esistere.

Quando lui tornò alla sua bocca da bambola, non desiderando nulla più di quello, un tuono, seguito da un lampo accecante, li fece sobbalzare entrambi.

Per un attimo sembrò che l’intera serra tremasse.                                                                            

Il rombo non riuscì ad esaurirsi subito.

In lontananza si sentiva il furioso abbaiare di Thor, il cane di Hagrid. Quell’animale non era mai stato un cuor di leone.

Sorridendo, James la strinse tra le braccia, posando il mento sulla sua testa.

-Tutto bene?- le chiese dolcemente.

Lily non sapeva se si stesse riferendo al tuono spaventoso, oppure a ciò che aveva appena interrotto. Si sentì arrossire.

-Sì.- rispose debolmente. –Tutto bene.-

-Forse è meglio tornare al Castello, è pericoloso stare qui.- le disse.

-Però un fulmine potrebbe incenerirci durante il viaggio.- protestò lei, non riuscendo tuttavia a guardarlo negli occhi, imbarazzata.

Non immaginava che “il dopo” sarebbe stato più difficile da gestire del “durante”. Eppure non si erano neppure scambiati un bacio vero. Cosa sarebbe accaduto, allora, una volta che sarebbe successo?

Si dette subito della matta.

Non poteva essere certa che una cosa del genere si sarebbe ripetuta. Non era detto che lui l’avrebbe voluta baciare ancora, anche se le aveva detto…

James le sorrise, furbo. –Credo di conoscere un incantesimo che fa al caso nostro.-

Eccolo tornare il Malandrino di sempre.

Lily fu sollevata dal fatto che, nonostante tutto ciò che era appena accaduto tra loro, le cose non fossero poi cambiate così tanto.

Arrossì ancora di più, quando si accorse che lui la stava guardando in modo affettuoso. Decise di dire qualcosa, tanto per non stare in silenzio.

-Sei… sei fradicio.- buttò lì, stupidamente.

Ok, avrebbe anche potuto fare di meglio, ma l’improvvisazione non era il suo forte. James scoppiò a ridere.

Fece per avvicinarsi a lei, quando la porta fu aperta violentemente, spaventando tutti e due. Una figuretta nascosta dal mantello della scuola si accasciò a terra, tremando, scossa da profondi sussulti.

A vedere dalle mani che la figura teneva a terra, per sorreggere il suo corpo, Lily potè capire che si trattava di una ragazza.

-Tutto bene?- chiese lei, avvicinandosi un po’. James le venne dietro.

Sembrò che quella strana apparizione si fosse accorta di loro solo in quel momento. Cominciò ad indietreggiare, cercando di alzarsi in piedi.

Questo non fece altro che farla cadere di nuovo.

-Ma chi sei?- chiese James, chinandovisi di fronte.

Senza aspettare risposte, tirò via il cappuccio e trattenne il fiato. Lily si portò le mani alla bocca, sconvolta.

Davanti a loro, tremante, bagnata ed infreddolita, stava Narcissa Black.

Il suo volto era una maschera di lividi e di sangue.

 

 

 

Fine! ^___^

Che dire? Vi lascio con l’amaro in bocca. Avevo pensato di proseguire un altro po’, ma ho deciso di lasciare il resto al prossimo capitolo. Questo, il 13, voglio lasciarlo a Lily e James, senza spostare troppo l’attenzione su altri personaggi.

Dal prossimo si riparte. ^^

Un saluto ed un abbraccio a tutti coloro che leggono questa fanfic, in particolare ai miei tesori che, con il tempo, sono diventati dei veri amici, per me:

-Masuko

-Betta90

-Rossgreenday

-Lilian Potter

-Aly92

-The Best Lady

-Black Witch

-mimmyna

-Ali del Sole

-Akito and Sana

-puccalove90

-canfly

-Dana

-Parisienne

-serporo

-albicoccacida

-evillinnie

-Milla92

-Aly12Potter

-Lady Mimi

-Vicky Evans

-stellina250

-MeyLover

-Cla’92

-lalla23

-Brucy

-Aurora

-Bea

-Pralina93

-Lily Prongs

-Amy

-Jenny

-anguria25

-Anna Mellory

-Miley Stewrt

-meli-mao

-Sherry

-...Miriel...

-White Shadows

-Ninny

-Ginny W

-Lexie Black

-Kiki 3006

-Viky Lunastorta

-Vane91

-Saraligorio 1993

-Hil

-Potterina_88

-Orlandofigo93

-Sakura210692

-fefe-hinata-chan

-Iside1985

-pinkdreamer

-Kikio92

 

Ecco, credo ci siate tutti. ^___^ Se non fosse così, ditemelo, che mi prendo a bastonate. Il fatto è che cominciate ad essere tanti ed io sono felicissima, anzi, strafelice, ma non è facile avervi tutti presenti. ^^””

Perciò non stupitevi se, uno di questi giorni, vi arriva un messaggio da parte mia che a voi risulta incomprensibile, visto che non c’entrate nulla. Adesso lo sapete, rischio di far confusione.

Un bacione e a presto con il capitolo 14. ^^

Vedo che ci stiamo muovendo. ^__^ Ma, come ho detto a molte, non concluderò la fic tanto in fretta, quindi mettetevi pure comodi. XD

 

Lady Tsepesh

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Capitolo 14
*** Sorrow ***


Vi chiedo di leggere le note dell’autore riportate alla fine del capitolo. Niente di grave, comunque. Tranquilli. Grazie! ^__^

 

CAPITOLO 14 “ SORROW”

 

 

 

 

 

Narcissa Black non era mai stata una ragazza dalla personalità forte, tutt’altro. Ultima di tre figlie, era stata coccolata e viziata all’inverosimile.

Per suo padre, lei era una piccola principessa. Sua madre, neanche a dirlo, la reputava la sua figlia migliore per raffinatezza ed eleganza.

Sempre accompagnata passo dopo passo nella sua vita, Narcissa non aveva mai imparato ad accumulare quella forza d’animo necessaria per lottare.

Così, quando suo padre le aveva comunicato che avrebbe sposato l’unico figlio dei Malfoy appena uscita da Hogwarts, non aveva avuto il coraggio di ribattere.

Era una bambina.

Lo era nel corpo ed anche nell’anima. Forse, con il tempo, il suo fisico sarebbe maturato, ma lo stesso non si poteva dire del suo cuore.

Lei non si riteneva forte come Andromeda e Bellatrix. No, non era affatto come loro. Si era sempre sentita diversa, inferiore.

Loro erano belle, more, con brillanti occhi blu. Lei era bionda ed aveva gli occhi cerulei. Il suo corpicino gracile non aveva niente a che vedere con le forme morbide ed aggraziate delle prime due. Già fisicamente, fin da piccolissima, si era sentita distante dalle sorelle maggiori.

Anche caratterialmente era diversa.

Bellatrix aveva un fidanzato come lei, eppure non si faceva problemi a tradirlo con il primo che passava, né a comandarlo a bacchetta. Andromeda, per amore, aveva voltato le spalle a tutto e a tutti, rinunciando ad essere una Black.

Lei, Narcissa, non avrebbe mai avuto la capacità di imitare l’una o l’altra.                 

Tremava al solo pensiero di disubbidire.

Suo padre sarebbe sempre stato il suo Sire fuori da Hogwarts e, all’interno della scuola, lo sarebbe sempre stato Lucius.

L’unica cosa che la confortava era il fatto che quello fosse l’ultimo anno per lui. Dopo, eccetto per le vacanze, avrebbe potuto trascorrere qualche anno in tranquillità.

Non era mai stato molto gentile con lei, da che ricordava. Aveva accettato male il fatto di doversi sposare con una ragazza imposta dai genitori. Quando aveva scoperto che la ragazza in questione era poco più di una mocciosa, poi, l’aveva presa ancora peggio. La detestava, ne era certa.

Lucius viveva Narcissa come una palla al piede. Una palla al piede quindicenne che non gli ispirava neppure per andare a letto. Un bambina, niente di più.

Aveva subito chiarito di non avere intenzione di fare da babysitter.

Spesso e volentieri la ignorava, passandole vicino senza neppure considerarla. Altre la prendeva in giro, dicendole parole crudeli. Altre ancora, le peggiori, la picchiava, sfogando su di lei il suo nervosismo e la sua rabbia.

In fondo lei era sua, no? Aveva tutto il diritto di usarla come voleva. Questa era la sua filosofia.

Con i compagni di Casa che ridevano di lei e Bellatrix, che non veniva mai a soccorrerla, Narcissa poteva fare ben poco da sola. Una sola volta aveva provato a ribellarsi e le conseguenze erano state disastrose.

Quell’unica volta risaliva a quel pomeriggio, dopo la partita di Quidditch. Lo aveva sentito parlare con la sorella di una setta segreta, la setta di Lui, e non ci aveva visto più. Aveva osservato l’espressione estasiata e bramosa della sorella ed aveva sentito il sangue gelarsi nelle proprie vene.

Non poteva accettare che certe idee venissero inculcate nella testa della sorella, già fanatica di per se. Sapeva che Bellatrix era interessata ad unirsi a quel gruppo che si faceva chiamare “I Mangiamorte”, ma sperava di farle cambiare idea. Avrebbe fatto di tutto per salvarla. Non l’avrebbe fatta andare via. Non avrebbe mai più sopportato di perdere una sorella. Questa era una delle poche cose che riuscivano a trasmetterle abbastanza coraggio per affrontare addirittura il male personificato.

Aveva odiato Lucius ancora di più. Non gli avrebbe mai permesso di fare il lavaggio del cervello a Bellatrix.

Perciò, animata da una forza che poche volte l’aveva accompagnata, si era messa in mezzo ai due, fissando il fidanzato con una freddezza negli occhi che avrebbe potuto anche congelare l’inferno, e lo aveva affrontato.

Ciò che era accaduto dopo, purtroppo, era stato orribile. Di nuovo, nessuno in suo aiuto. Né i compagni di Casa, né l’amata sorella.

E adesso era lì, incredula, semi seduta in un lettino dell’infermeria. Le ferite che aveva sul viso bruciavano ancora un po’, ma Madama Chips, come al solito, aveva fatto i suoi miracoli.

Aveva tirato su i capelli chiari in una coda alta ed indossato il camice chiaro che le aveva dato l’infermiera. Sentiva ancora un po’ male alle spalle, dove Lucius l’aveva stretta per strattonarla con violenza.

Vicino a lei, le due persone che mai si sarebbe aspettata potessero preoccuparsi per la sua salute. La Caposcuola Lily Evans ed il Casinista James Potter.                           

Entrambi Grifondoro, entrambi poco amici dei Serpeverde. Eppure, che ci credesse oppure no, erano stati loro a soccorrerla, non uno della sua Casa.

Potter le sorrideva, Evans la scrutava preoccupata.

-Non posso fare altro per le tue ferite, Black.- fece la Chips, tornando da loro.                                                  

-Comunque tutto si sistemerà in pochi giorni.- terminò con un sorriso.

Narcissa annuì, ringraziando a bassa voce. Si sentiva esausta. Voleva solo dormire.

-Hai bisogno di qualcosa?- chiese Lily con gentilezza. –Vuoi che ti vada a prendere qualcosa in Sala Grande? È ora di pranzo.-

La biondina scosse il capo.

-Comunque credo sia il caso di avvertire la sorella.- fece l’infermiera.

Narcissa spalancò gli occhi. Fece per protestare, ma la donna era già uscita dall’infermeria, ben conscia che sarebbe stato pericoloso mandare due Grifondoro dai Serpeverde al posto suo.

Rimasti soli, i tre ragazzi tacquero.

Lily osservava i tagli ed i lividi sul volto della ragazza con preoccupazione. Avrebbe avuto molte domande da fare al riguardo, ma non era molto sicura che farlo potesse essere una buona idea. Forse Narcissa non voleva parlarne.

James, invece, che non aveva mai avuto peli sulla lingua e non si faceva problemi a mettere in difficoltà la gente con la sua sincerità tagliente, non riuscì a tenersi a freno.

-Ascolta Black,- fece incrociando il suo sguardo. – io proprio non ci credo al fatto che tu sia inciampata da qualche parte. Ti va di dirmi che è successo veramente?-

Più chiaro di così si muore. Lily lo avrebbe strangolato per la sua mancanza assoluta di tatto. Narcissa, poi, sembrava un persona così delicata…

Quando la rossa si accorse del repentino cambiamento d’espressione della quindicenne, che si fece d’un tratto terrorizzata, decise che sì, avrebbe strangolato James Potter nel sonno.

-Non sei costretta a parlare, se non ti va.- si affrettò ad aggiungere in suo aiuto.

-Certo che lo è, cavolo!- protestò James. –Sicuramente qualcuno l’ha pestata!-

Ok, mantieni la calma, Lily Evans, si disse. Si sa, i maschi hanno la sensibilità di uno cucchiaio, perché James dovrebbe essere diverso dai suoi simili?

-James, fammi il piacere di stare zitto.- gli sibilò.

-Cosa?!- sbottò lui. –Dobbiamo farla parlare!-

-Ma non in questo modo!-

-E come, allora?!-

Narcissa li osservava confusa. Ma erano amici quei due, oppure no? Beh, se non altro, erano piacevolmente divertenti.

-Ok.- sbuffò Lily. –Vattene.-

-Mi stai cacciando dall’infermeria?-

-Esattamente. Và a cambiarti che sei fradicio, resto io con lei.-

-Ma…-

-Fuori. O ti scaglio una fattura, Potter.- disse lei, tornando perfettamente nei panni della Caposcuola bacchettona. Notare come fosse ritornata al cognome.

-Va bene, me ne vado. Evans.- fece, dignitosamente oltraggiato, prima di battere in ritirata. Lily aveva già la bacchetta in mano.

A Narcissa sfuggì un mezzo sorriso. Che tipi strani, questi Grifondoro. La rossa si voltò verso di lei, sorridendole. Sperava di esserle almeno un pochino simpatica.    

Non era molto brava a parlare con gli altri.

Riusciva ad essere sicura di se solo nei panni della Caposcuola. Dubitava, tuttavia, che fosse una buona idea porsi alla ragazzina in quelle vesti.

Doveva essere solo Lily. Fece un bel respiro, tentando di dare ascolto alle parole di un certo James- Ho la delicatezza di uno Schiodo Sparacoda- Potter.                              

Doveva credere in se stessa.

-Senti, Black…- cominciò. –Io non voglio farmi gli affari tuoi ma, ecco, le ferite ed i lividi che hai… credo che neppure Madama Chips creda che tu te li sia procurata da sola…-

Narcissa abbassò il capo, spaventata. Sapeva che non le avrebbero creduto.

-Ascolta… io non sono un granché con le persone, anzi, sono un disastro… ma… beh… se ti va di parlarmene… Non lo dirò a nessuno, se vuoi. Posso…ecco…darti una mano. Mi fa piacere, credimi.-

Quelle parole le fecero tenerezza. Narcissa non riuscì a non alzare lo sguardo, per poterla guardare. Apprezzava veramente, ma non poteva parlare. Assurdo, si disse. Doveva esserci sua sorella, lì, accanto a lei. Invece c’era Lily Evans. Quella ragazza le trasmetteva un calore piacevole, come… come sua sorella Andromeda.

Si sentì un forte nodo alla gola, a quel pensiero.

-Ve l’ho detto.- parlò con la sua voce bassa e vellutata. –Sono inciampata e… sono andata a sbattere contro uno degli specchi della mia Sala Comune.-

Beh, era pur sempre una mezza verità. Era davvero andata a sbattere contro uno specchio, tagliandosi il viso. Solo non era inciampata.

-Va bene.- fece Lily. –Ho capito.-

Non se la sentiva di forzarla. Sapeva quanto difficile fosse parlare delle proprie vicende dolorose. Avrebbe aspettato e… l’avrebbe tenuta d’occhio.

-Comunque,- le disse sorridendole. – io mi chiamo Lily.-

La ragazza spalancò un po’ gli occhi azzurri, sorpresa. Stava davvero cercando di fare amicizia con lei? Illogico. Chi avrebbe voluto diventare sua amica? Tutti la trattavano come una bella bambolina di porcellana, niente di più.

Però il sorriso della rossa sembrava sincero, rispetto a quello degli altri. E lei doveva comunque essere educata, glielo impartivano le sue buone maniere.

-Narcissa. Mi chiamo Narcissa.- mormorò.

 

 

C’erano due cose che Bellatrix Black non sopportava, dopo i Babbani. Una di queste era il doversi preoccupare degli altri. Tipo quella piagnona sempliciotta della sua sorellina.

I capelli neri che frusciavano sinistramente sulla sua schiena, gli occhi blu assottigliati dal fastidio, le labbra contratte. Camminava a passo di marcia, facendo ondeggiare le braccia al ritmo dei suoi passi.

La sigaretta semi consumata tra le labbra. Brutto segno. Chi si trovava sul suo tragitto fece presto a togliersi di mezzo.

Bella e maledetta. Una Dea del male.

Bellatrix riusciva ad incutere a tutti paura e, allo stesso tempo, ammirazione.

Gliene avrebbe dette di cattiverie a quell’essere inutile di Narcissa. Quell’idiota di Madama Chips era entrata nel suo dormitorio, interrompendola mentre ultimava il suo prezioso tema di pozioni. Che andasse al Diavolo!

La seconda cosa che non sopportava le si parò di fronte proprio in quel momento, mandandole i nervi a mille. In quel corridoio pieno di studenti, oltre a lei, stava camminando anche James Potter. Strinse i pugni tanto forte da far diventare le nocche bianche. Dannazione a lui!

James sembrava non essersi accorto di lei, nonostante si stesse dirigendo dalla sua parte. Non indossava più l’uniforme da Quidditch, ma un paio di jeans scuri ed una maglietta nera arrotolata sugli avambracci. Aveva i capelli ancora umidi. Una visione.

Bellatrix distolse lo sguardo. Era già irritata di suo, parlare con James Potter le avrebbe fatto saltare le coronarie. Ciccò per terra, incurante di stare sporcando il prezioso pavimento tanto curato da Gazza, e si accese un’altra sigaretta.

Sperò che Il Deficiente non si accorgesse di lei.

-Hey, Black!-

Come non detto.

-Potter.- salutò, fredda.

-Stai andando da tua sorella?-

-E dove, sennò?- rispose lei, seccata.

-Accidenti. Questo sì che è amore fraterno.-

-Cosa vuoi che ti dica?- fece lei, ghignando. –Ho sempre voluto essere figlia unica.-

Rimasero a scrutarsi un istante. Gelo.

-Sai cosa le è successo.-

-Scusa?- rise lei. –E come potrei? Che domanda mi fai?-

-Non era una domanda.- sibilò James, prima di superarla e di andarsene.

Così come era venuto, se ne era andato.

Bellatrix non si voltò neppure per guardarlo. A stento si trattenne da lanciare una Cruciatus verso uno dei primini che le girottolavano lì vicino. Dannato James Potter!

 

 

 

Sirius Black era lo spettro di se stesso, il che era inquietante. Se ne stava sdraiato sul suo letto, nella torre dei giusti Grifoni, sentendosi tutto fuorché giusto. Teneva un braccio a nascondergli il viso. Totalmente distrutto.

Remus Lupin, seduto a gambe incrociate sul tappeto della stanza dei Malandrini, un pesante tomo di incantesimi aperto di fronte a lui, alzò per la centesima volta gli occhi verso l’amico, lasciando perdere lo studio.

Sì, si confermò. Sirius, senza il suo sorriso da idiota, era inquietante.

-Siri?- chiamò.

-Eh?- la risposta.

-Niente.- si affrettò a dire il biondo, tornando al libro.                                                   

Imprecò mentalmente. Ma dove cazzo era James quando serviva?!

-Emm…Sirius?- riprovò.

-Eh?-

-Nulla, nulla.-

Remus sospirò, rimettendosi a leggere. Il dito che tamburellava sul pavimento.

Ad un tratto chiuse gli occhi, al culmine del nervosismo.

-Senti Sirius…- cominciò.

-Senti Remus, mi hai rotto le palle.- lo precedette Black. –Si può sapere che c’è?-

Furioso, Lupin si alzò in piedi.

-Curioso.- ringhiò. –Stavo esattamente per dirti la stessa cosa.-

Togliendosi il braccio da davanti agli occhi, Sirius si alzò il piedi. Una faccia da far paura. –Ah, si?-

-Sì.- confermò l’amico. –Si può sapere perché non stai facendo il cretino come tutti i giorni? Sei inquietante! Non riesco a studiare!-

-Cosa?!- sbottò Black, guardandolo come se fosse stato pazzo. –Quando faccio casino mi urli addosso perché non riesci a studiare e…quando sto fermo tu mi urli ancora addosso perché non riesci a studiare! Guarda che non sei normale! Deficiente!-

-Sì, vabbè! Ma questo ora non è importante!- si riprese in fretta Remus. –Il fatto è che tu hai qualcosa che non va! Mi vuoi dire che c’è?-

-Non c’è niente.- sbuffò l’altro.

Ma non poteva cavarsela così, lo sapeva bene. Remus lo stava ancora fissando con i suoi occhi radar. Pericolosissimi. In grado di captare il minimo accenno di bugia.

Parlò ancor prima di rendersene conto.

-Ho baciato Vick, quando era in infermeria.-

Ecco, aveva tirato la bomba. Probabilmente Remus si sarebbe messo a rimproverarlo, come suo solito. Invece non accadde nulla del genere.

Sentì l’amico sedersi vicino a lui, in silenzio.

-E lei… non l’ha presa bene?- domandò Lupin, con calma.

Sapeva che, prima o poi, il suo amico si sarebbe interessato a Victoria, esattamente come lei, da tempo, provava interesse per lui. Nessuno sapeva osservare i propri amici meglio di Remus J. Lupin.

-Lei non l’ha proprio presa.- fece Sirius, con un sorriso amaro. –Dormiva, quando l’ho fatto.- confessò.

Vigliacco, si disse.

Ecco, adesso era proprio sicuro che Remus avrebbe attaccato con una delle sue ramanzine noiose. Ne era certo.

L’amico lo sorprese anche quella volta. Restò in perfetto silenzio.

-Per questo ti comporti in modo così strano con lei?- chiese. –Lascia che te lo dica, non è la soluzione migliore.-

-Non so che altro fare, Rem.- fece Sirius, disperato. –Sono il suo migliore amico, lo sai!Che devo fare? Andare da lei e dirle la verità? E poi…-

-Quale sarebbe questa verità?- lo interruppe Remus, attento.

-Cosa?-

-Rispondi. Penso che sia importante che tu lo faccia. Qual è la verità, Siri?-

Il moro abbassò lo sguardo, confuso e leggermente in imbarazzo.

Ma che domande andava a fargli, Lunastorta?!

-Io…- mormorò. -… non lo so. Davvero.-

-Sì che lo sai.-

Fredda come una pugnalata in pieno petto. La verità.

Gli morirono le parole in bocca. No, non riusciva a rispondere a quella domanda. Era troppo difficile per lui. Sentiva il proprio cervello andare in tilt.

Guardandolo con affetto, Remus sorrise.

Sirius non cambiava mai. Irrazionale, giocoso, simpatico, buffo e coraggioso.                 

Ma anche insicuro, indeciso, sbadato e distratto. No, non sarebbe mai cambiato.                  

E i suoi tempi sarebbero sempre stati quelli, non poteva forzare le cose.

Infondo, gli voleva bene e lo rispettava anche per questo.

Sirius Black doveva arrivarci da solo a quella risposta. Remus non poteva suggerire, stavolta. Si stava parlando di qualcosa di più importante di un compito in classe.

Si alzò dal letto, allegro.

-Forza!- fece, cercando di darsi un’aria malandrina. –Andiamo a combinarne una delle nostre!- dichiarò.

Sirius lo guardò con gli occhi a scodella. Ok, Remus era impazzito. Ora ne aveva la prova. Oppure qualcun altro aveva preso le sue sembianze con la Polisucco.

-Prego?- chiese, sperando di aver capito male.

-Mi hai sentito!- fece l’altro, allegro.- Su, andiamo a fare casino!-

Il povero Black si sentì vicino ad un infarto. Che stava succedendo?!

-Sei sicuro di stare bene?- si informò, preoccupato.

-Certo! Perché? Non posso forse dire anche io “andiamo a fare casino”?-

-Cavolo!- saltò su Sirius. –Certo che no! Questo può significare una cosa sola… siamo vicini all’Apocalisse, oppure… la tua trasformazione ti sta facendo dare i numeri! Devo portarti da Silente!-

Si alzò in fretta dal letto, raggiungendolo.

-Non essere idiota!- protestò Lupin. –Non vedo che ci sia di male. Sono un Malandrino anche io!-

Inutile, Sirius continuava a scrutarlo con apprensione crescente. –Ok, Remus.- disse, cercando di stare calmo. –Adesso… adesso andiamo a pranzo, va bene?-

-Non parlarmi come se fosse un matto ricoverato al San Mungo!-

-Sì, sì. Va bene. Scendiamo, eh?-

Sentendosi prendere per un braccio e condurre verso la porta, Remus alzò gli occhi al cielo. E che cavolo! Ci mancava anche questa! Ecco cosa ci si guadagna nel cercare di tirar su di morale gli amici!

 

A tavola le cose non migliorarono.

Sirius aveva espresso i suoi timori a James e Peter, ricevendo subito la loro approvazione. Adesso erano in tre a fissarlo come se fosse una povera vittima della maledizione Imperius.

A nulla era servito il provare a spiegare a quei decerebrati che l’unica ragione che lo aveva spinto a dire una tale, a detta loro, assurdità, era la vana ricerca di tirare Sirius su di morale. Adesso stavano discutendo se portarlo da Silente, da Madama Chips, oppure direttamente al San Mungo.

Se non l’avessero fatta finita, lasciandolo mangiare in pace, alla prossima luna piena li avrebbe divorati. Sicuro!

Il povero Remus fu salvato dall’arrivo provvidenziale di Lily, che si era diretta verso di loro senza neppure pensarci.

-Oh, guardate!- fece James, sfoderando un ghigno da iena. –E’ arrivata la Evans!-

Lily lo fulminò con lo sguardo.

-Credevo avessi smesso di chiamarmi Evans, scemo!- protestò.

-Credevo avessi smesso di chiamarmi Potter, scema!- la scimmiottò, mettendo un broncio buffo e adorabile.

Si fissarono in cagnesco per qualche istante, poi scoppiarono a ridere perfettamente in sincrono. Remus, Sirius e Peter si guardarono senza capirci nulla.

Sempre sorridendo, James le fece cenno di sedersi vicino a lui. Lily non se lo fece ripetere due volte anche se, una volta al suo fianco, fu inevitabile pensare a cosa era successo poche ore fa e sentirsi in imbarazzo.

Lui, però, sembrava a sua agio.

In silenzio, la ragazza prese a riempire il piatto di cibo.

-Sai, Lily – cominciò James, sghignazzando. – prima che tu arrivassi, stavamo discutendo se era il caso di far ricoverare il nostro povero Remus.-

Il diretto interessato alzò gli occhi al cielo. Rieccoci!

La Evans puntò gli occhi verdi su di lui, lo sguardo interrogativo. –Perché?- chiese.

-Per caso stai male, Remus?-

-Altrochè!- fece subito Sirius. –Non ti immagini neppure a quali problemi psicologici sia soggetto il nostro caro Lunastorta!-

Lily lo guardò poco convinta. Dallo sguardo esasperato di Lupin aveva capito che lo stavano solo prendendo in giro.

-No, non me lo immagino.- rispose, dolce come una vedova nera. –Posso immaginare i tuoi però, Black.-

-Touchè!- trillò Remus, con un sorriso cattivo rivolto a Sirius, il quale, non aspettandosi certo un tale rovescio della frittata, si fece piccolo piccolo.

-James…- pigolò verso il suo migliore amico. – James, dì alla tua amichetta di non fare la cattiva con me!-

-Lily, non fare la cattiva con Felpato.- fece Potter, intento a condirsi l’insalata.

Facendo una smorfia, Lily prese a bere il suo succo di zucca a piccoli sorsi. Non si stava certo rendendo conto che, in quel momento, si stava comportando come una ragazza come tante. Una ragazza che scherza e si diverte con gli amici.

James però lo aveva notato. Sorrise sotto i baffi, soddisfatto.

-Approposito,- intervenne la rossa, all’improvviso. –Me la spiegate una cosa?-

Tutti e quattro i Malandrini le prestarono attenzione.

-Ecco, che cosa vogliono dire i vostri nomi?- domandò. –Cioè, a Malandrini ci arrivo da sola.- fece, riservando a tutti un’occhiata da Caposcuola. –Ma gli altri? Mi pare che usiate dei nomi in codice per chiamarvi, no? Vi ho sentito più di una volta! Tipo… Lunastorta e Felpato. Che vuol dire?-

Beh, che aveva chiesto di tanto strano?

Perché ora la fissavano come se fosse un Dissennatore in procinto di dare un bel bacio a tutti?

Al povero James era andata l’insalata di traverso ed aveva preso a tossire.

Sirius era rimasto con la forchetta solleva. Un pezzo di frittata che penzolava.

Remus si era bloccato con il bicchiere alle labbra.

Peter la fissava con gli occhi a scodella.

-Cos’è? Un segreto?- chiese lei, sospettosa.

-Ma che segreto e segreto! No no  no no!!!- saltò su Sirius, come se fosse stato seduto su una molla. –Sono… sono soprannomi! Così! Fa più ganzo, no?-

Lily annuì, poco convinta. –E che significherebbero, scusa? Che so, perché Remus si chiama Lunastorta?-

Un’altra scarica elettrica colpì i quattro compari.

-Beh, perché Rem non è mai tanto normale, si sa!- intervenne James, che si era ripreso. -Ha sempre la Luna di traverso. Un attimo ride, un attimo dopo è arrabbiato… Per questo!-

Lupin trucidò Potter con lo sguardo, ma non si azzardò a replicare.

-Ma sì!- si aggiunse Sirius. –Come dirti… Ogni mese ha i suoi cambi d’umore! Come voi ragazze! Vero Remus?-

Il biondino annuì, sorridendo. Ma il sorriso non si estese agli occhi. James e Sirius seppero in quel preciso istante di potersi scordare la copiatura dei compiti fino a data da ristabilirsi.

-Capisco.- annuì Lily, pensierosa. –E gli altri? Tu, James? Come ti chiami?-

-…..Ramoso.- rispose quello in un filo di voce.

-Eh?- fece lei. –Ma che nome è?-

Sirius, però, aveva la risposta pronta.

-Il Quidditch!- esclamò.

Tutti si voltarono a guardarlo. Black annuì, convincendosi appieno dell’idiozia che stava per sparare.

-Beh, James gioca a Quidditch! Cavalca una scopa, che è fatta di legno. Tipo ramo di albero!- spiegò.

Potter lo guardò. Poteva anche inventarsi di meglio quello scemo. Comunque, quando Lily si voltò per chiedergli conferma, annuì, sorridendo.

Poi fu il turno di Sirius spiegare il significato del suo soprannome. Remus ghignò come una vipera in procinto di mordere un povero cucciolo.

-Vedi, Lily..- cominciò, serio. – il povero Sirius, sai, soffre di incontinenza durante la notte. Deve sempre alzarsi e correre in bagno. Però, povero ragazzo, non vuole disturbare, quindi si muove molto piano… con passo felpato.-

Scoppiarono tutti a ridere, tranne Sirius, ovviamente, e Remus, che manteneva la sua aria discreta e che si finse addirittura arrabbiato. –Non prendetelo in giro, poverino!-

Lily aveva ormai le lacrime agli occhi.

Rideva come una matta.

Alla fine anche Black si mise a ridere.

-Ok, ora basta.- fece la ragazza, cercando di calmarsi. -Tanto lo so che mi state raccontando un mucchio di cavolate!-

-No, non è vero!- dissero in coro tutti e quattro. Il che la disse lunga…

Mentre continuava a sorridere, Sirius non potè fare a meno di pensare a Victoria. Chissà come si sarebbe divertita in quell’occasione…

Lasciò vagare lo sguardo lungo la tavola di Grifondoro. Lei non c’era.

Sentì di nuovo una morsa attanagliargli lo stomaco.

-Va bene.- sentì dire a Lily. –Allora io come dovrei chiamarmi?-

Erano assorti nella ricerca di un nome stravagante anche per lei, quando un ragazzino del secondo anno, eccitato di poter parlare con i Malandrini, si avvicinò al gruppo.

-James Potter?- trillò, felice.

Quando James si voltò verso di lui, sorridendogli, per poco il mocciosetto non crollò a terra, supplicandolo di fargli un autografo.

-La Professoressa McGrannit mi ha detto di dirti che il Preside ti aspetta ora nel suo ufficio.- disse velocemente, rosso come un pomodoro.

Tutti e quattro i Malandrini lo stavano guardando!

-Grazie.- fece Potter.

Il ragazzino biascicò un “prego” e scappò via, felicissimo, verso i suoi compagni invidiosi.

-Cosa vuole Silente da te?- disse Remus, fattosi pensieroso. –Non avrai mica combinato niente, vero?-

-No!- sbottò James, fintamente risentito. –Beh, vado a sentire.-

Guardò il tavolo dei professori. Effettivamente, il Preside non era lì.

Si alzò, sospirando. Non aveva proprio idea di cosa potesse volere Silente da lui. Sperava solo che non volesse parlare proprio di “quello”.

-Ci vediamo dopo, ok?-

I suoi Malandrini annuirono.

-Noi stiamo in Sala Comune.- lo informò Remus.

Con un tempo simile, di certo non potevano andarsene in riva al lago.

-Va bene, vado e torno!- fece James. –A dopo.- disse dolcemente, rivolto a Lily, prima di andarsene.

La rossa lo osservò uscire dal portone, preoccupata. Era la seconda volta che andava nell’ufficio di Silente. Decisamente preoccupante.

Poi, tornando a Remus e Sirius, che la fissavano, si sforzò di sorridere.

-Sai una cosa, Black?- fece seria, attirando l’attenzione del moro. –Tua cugina Narcissa è in infermeria. Non se la passa molto bene.-

Lui non sembrò particolarmente interessato, si limitò ad un: -Ah, si?-

-Non sta bene?- chiese invece Remus.

-Già.- confermò la rossa. –Io e James l’abbiamo trovata decisamente ferita. Ha detto di essere caduta, ma io…ecco…credo che l’abbiano picchiata.- disse, abbassando lo sguardo.

-Picchiata?!- fece Sirius, non riuscendo più a fare l’indifferente.

-Beh, non lo so!- rispose Lily in fretta. –A me è sembrato così e anche a James. Mi è sembrata molto fragile, ecco. Magari, che so, potresti andare a trovarla.-

Black fece uno sbuffo divertito. –Quella non è fragile, è solo viziata.-

-Sirius, è tua cugina.- intervenne Lupin.

-Cugina?- sibilò Black, facendosi cupo. –Non mi sembra che lo sia stata quando la nostra famiglia mi trattava come un rifiuto, né la volta che me ne sono andato. Mai una lettera, né un saluto.-

-Fai come vuoi, però a me è sembrata molto sola.- ribadì Lily. –L’ho lasciata con sua sorella Bellatrix, ma non sembrava molto felice di averla vicino.-

A Sirius scappò una risata.

-Neppure un Dissennatore sarebbe felice di avere vicino Bellatrix Black.-

 

 

 

Il suo stomaco brontolò di nuovo, implorante.

Aveva fame, decisamente molta. Ma non voleva andare in Sala Grande. Non voleva vedere nessuno.

Si vergognava.

Aveva giocato male ed abbandonato la partita, mettendo la squadra nei guai. Due cose che non aveva mai fatto, prima di allora.

E aveva dato uno schiaffo a Sirius.

Al solo pensiero le venne da vomitare. Ma come aveva potuto farlo?

Ok, era arrabbiata e lui poteva anche meritarselo, però…

Si rannicchiò di più nel suo rifugio, infreddolita.

Si era nascosta in una delle tribune dello stadio ed aveva osservato tutto il tempo il campo da Quidditch, senza in realtà vederlo.

Aveva una grande confusione in testa.

Per farla breve, non capiva il comportamento di Sirius. Lui non si era mai fatto problemi a dirle quando qualcosa non gli andava bene e, grazie alla loro reciproca sincerità, si erano sempre chiariti, senza mai ricorrere ai litigi.

Cosa era successo quella volta?

L’aveva davvero combinata così grossa che lui non riusciva neppure a parlarle?!

Eppure, a lei non sembrava di aver fatto niente di male che potesse offenderlo.

Si dette della stupida.

Solo lei poteva arrivare a far arrabbiare gli amici in quel modo. Però, accidenti!, poteva almeno dirle cosa c’era che non andava!

Così, almeno, avrebbe potuto scusarsi.

Rimase un attimo a riflettere, cupa.

Poi la colse un’idea atroce.

E se Sirius si fosse accorto che lei era innamorata di lui?!

No, assurdo!

L’aveva tenuto nascosto in modo perfetto per tutti quegli anni. Non poteva aver commesso un errore di quel tipo proprio ora.

Forse, forse senza rendersene conto, lo aveva osservato troppo a lungo e lui si era insospettito. Oppure, orrore, aveva lasciato il quaderno che fungeva da diario in Sala Comune, e lui lo aveva letto per gioco e scoperto, poi, la verità!

Impallidì.

In quel quaderno c’era praticamente l’autobiografia di Sirius Black, con tanto di cuoricini, stelline e frasette melense.

Dio, no!

Si sentì gelare il sangue al ricordo di una paginetta particolarmente compromettente che lei aveva riempito di tanti cuoricini rossi, per poi scrivere al centro “ Victoria & Sirius Black”.

O – MIO – DIO.

Da quanto tempo era che non prendeva il diario in mano?

Qualche settimana, si rispose. Da prima del brutto episodio in Biblioteca.

Beh, c’era davvero la possibilità che lo avesse lasciato da qualche parte, in bella vista. Lei non lo aveva più preso, quindi non aveva controllato che fosse al suo posto, al sicuro nel baule sotto strati di vestiti.

Si sentì mancare.

Ok, se le cose stavano così poteva anche darsi alla macchia e Sirius aveva tutte le ragioni per comportarsi in quel modo.

Cavolo!

Lei era la sua migliore amica!

Sicuramente lui sarebbe rimasto sconvolto nello scoprire che colei che gli faceva da spalla in ogni occasione, aveva una cotta segreta per lui da quando aveva tredici anni!

MERDA!

Si alzò in piedi, sconvolta.

Doveva controllare! Doveva farlo assolutamente! Anche se era terrorizzata dall’idea di non trovare il quaderno segreto al suo poso!

Prese a correre verso il castello, stremata da tutte quelle emozioni.                                 

Troppe, in tutta la mattina!

Evitò gli studenti ed ignorò il suo stomaco che bruciava per la fame. Arrivò alla sua stanza, nella torre di Grifondoro, spalancando la porta come una furia.

Le sue compagne, tra le quali la terribile Stephanie Hamilton, non c’erano. Probabilmente si trovavano a pranzo, per  poi tornare in Sala Comune e proseguire i festeggiamenti per la vittoria appena conseguita.

Si diresse al suo baule e lo aprì, cominciando a gettare via vestiti, biancheria e fogli di pergamena, con la speranza di trovare il suo diario.

Quando, ad un tratto, il suo povero stomaco fece una capriola all’indietro o, almeno, questo le parve. Trattenne il fiato.

Adesso aveva la risposta alla sua domanda.

Crollò a terra, non riuscendo neppure a sentire il proprio cuore. Gli occhi azzurri spalancati dall’orrore.

Tremava.

 Il quaderno non c’era più.

 

 

 

 

 

Ecco qua il capitolo 14! ^^

Che dire? Non riesco a non torturare la povera Vick, sono davvero cattiva! ^___^

E adesso, mentre vi lascio, tanto per cambiare, con il fiato sospeso, ho alcune cose da dire a tutti quanti, se mi fate la gentilezza di prestarmi un altro pochino di tempo.

 

Per prima cosa volevo scusarmi se alcune delle età dei personaggi non combaciano con quelle ufficiali. Questo è dovuto un po’ alla mia ignoranza in materia, un po’ anche alle mie necessità.

Quindi i futuri genitori di Neville hanno la stessa età dei Malandrini, Andromeda è la sorella più grande, non Bellatrix, come ho scoperto, e Lucius Malfoy ha la stessa età di James.

Mi sono inventata di sana pianta gli anni di Regolus e Narcissa.

 

Altra cosa. Finalmente, grazie alla mia cara Masuko, ho i nomi di tutti i Black. Ho quindi modificato il capitolo 11, dove ci sono i nobili, dando loro nomi e parentele giuste. Non vi chiedo di rileggerlo, non è necessario. Ve lo dico e basta. ^^

 

Infine, un’informazione per tutti coloro che si sono affezionati alla mia storia. Questa fic durerà parecchio, ho ancora un bel po’ da scrivere, tuttavia, se voi mi sarete vicino e se la maturità imminente non mi ruberà tempo, una volta terminata la fic, ci sarà un proseguo. Questo perché voglio accompagnare i Malandrini fino alla fine, anche fuori da Hogwarts.

Di fatti terminerò il mio faticoso progetto con la morte di Lily e James e ciò che succede ai loro amici.

Dopo, se sarò ancora viva ed avrò ancora voglia di scrivere, beh, ho intenzione di lanciarmi nella “Missione Kamikaze”. ^___^

Cos’è?

Una nuova fic, però legata alle precedenti. Sarà un vero e proprio sequel dove, non riesco neppure a pensarlo, mi occuperò di Harry Potter.

Vi avviso, l’Harry Potter della Row non mi piace e non mi è mai piaciuto, eccetto nel sesto libro. ( Fan di Harry non mi uccidete, la mia è solo un’idea come le altre!) Quindi, quando il maghetto passerà sotto le mie perfide grinfie, sarà un po’ diverso dall’originale. Non troppo però, tranquilli. ^__^

Altro avviso, e qui vi vedo già con il mitra puntato. Non garantisco che le coppie saranno quelle originali.

Ho già in mente storia e personaggi nuovi, tra cui uno, che non credo vi dispiacerà. ^____-

Detto questo mi zittisco e vi lascio andare. Non prendete le mie parole per oro colato, la mia è solo una possibilità. Ve l’ho voluto comunicare perché voglio sapere il vostro pensiero a riguardo, altrimenti non mi metto neppure a faticare. ^^

 

Beh, allora un bacione a tutti! Un super abbraccio virtuale!

Lady Tsepesh

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** ° Savannah ° ***


Questo è un capitolo diverso dagli altri, ragazzi. Ce ne saranno altri di questo tipo. Preparatevi a tornare ancora più indietro nel tempo, quando ancora i Malandrini non esistevano. Buona lettura.

Lady Tsepesh

 

 

 

“ Savannah ”

 

 

 

A quell’ora del mattino, il sole scintillava alto nel cielo. Tutto sembrava essere tornato a nuova vita.

Durante la notte, c’era stato un violento temporale. Il vento aveva battuto con prepotenza sulla finestra della sua camera. Per un istante, sveglia a cogliere gli affascinanti suoni della natura, le era sembrato che l’aria la stesse chiamando, frusciando tra le foglie degli alberi. Poi, una fiamma nera aveva illuminato la finestra, abbagliando l’intera stanza di una luce magnifica, aliena, mai vista.

Infine, silenzio.

Era stato un sogno?

Non lo credeva possibile. Fin da bambina le era stato insegnato a udire e  capire le voci degli spiriti. Non poteva sbagliarsi.

Qualcosa, là fuori, la stava chiamando.

Decisa a tenere per se quel segreto, non ne aveva fatto parola con la cara balia, quando era venuta a destarla. Sapeva quanto apprensiva potesse diventare la donna.

Stava ferma sul piccolo terrazzo che dava sull’immenso giardino, ben consapevole di essere in ritardo per la prima colazione. Forse sua madre stava già lamentandosi.

Ma quella mattina, lei si era svegliata diversa.

Anche il tocco dei raggi solari sulla pelle candida le pareva differente.

Respirò a pieni polmoni il profumo dell’erba e dei fiori, dell’acqua del fiume che scorreva lì vicino e del legno dei secolari, arrivando quasi a desiderare di far parte di quel meraviglioso quadro bucolico.

Udì una voce lontana chiamarla.

Avevano mandato la balia a cercarla. Le sfuggì un sorriso, che le incurvò le belle labbra piene e rosee.

Lasciò la terrazza, rientrando in casa. Si trovò nella grande biblioteca dove era solita trascorrere interi pomeriggi.

Lei era una figura delicata e fragile, ancora conservava i tratti della fanciullezza.

Indossava un lungo abito bianco, stretto in vita da un nastro di colore azzurro. Semplice.

I piedi scalzi. Sua madre non faceva altro che sgridarla per quella sua pessima abitudine. Quando poteva, lei, incurante delle buone maniere, amava passeggiare senza niente ai piedi.

I capelli arrivavano, ormai, a metà della schiena sottile. Morbidi, corvini, ondulati in maniera deliziosa. Gli occhi, belli e vivaci, di un nero abissale.

Due gemme scure. Bellissimi, dal taglio sottile, orientale.

Quando fece il suo ingresso nella saletta adibita alla colazione, sua madre la guardò spazientita. Non era mai stata una donna avvezza ad usare la pazienza.

Quella mattina aveva i capelli neri legati sulla nuca con una particolare acconciatura ed indossava uno dei suoi vestiti dai colori luminosi, mai usati dalle signore inglesi, e dai tagli tipicamente asiatici.

-Sei in ritardo.- dichiarò con freddezza.

-Vi chiedo scusa, madre.-

-Siediti.-

Fece come le era stato ordinato, senza fiatare. Non voleva che la genitrice fosse di cattivo umore fin dal mattino. Era capace di diventare intrattabile.

Prese posto a tavola, aspettando che le venisse servita la colazione. Quella mattina avrebbero usato le porcellane acquistate in India, si rese conto, esaminando la tazza da latte che aveva di fronte. Erano le sue preferite.

Prese e spiegò il tovagliolo di cotone ricamato, posandolo sulle ginocchia.

Sua madre le sorrise, contenta della sua educazione.

Suo padre stava leggendo il giornale, la Gazzetta del Profeta. Non l’aveva salutata al suo arrivo, intento nella lettura.

La ragazza sospirò, sforzandosi di ricordare alla precisione tutte le regole da usare durante il consumo della prima colazione.

Il latte non doveva riempire più della metà della tazza; il tovagliolo doveva essere sollevato unicamente per pulirsi discretamente la bocca; per tagliare le brioche era obbligatorio usare la forchetta ed il coltello più piccoli, sulla sinistra; per la frutta si poteva unicamente usare il piatto più piccolo, MAI quello grande.

Sollevò lo sguardo ed incontrò quello materno. Di nuovo uno scambio di educati sorrisi. Sua madre era bellissima, come sempre.

-Stasera dobbiamo presentarci dai Black per una cena, Satsuki.- fece il signore del palazzo, ancora nascosto dietro al giornale.

-Ancora?- protestò la donna.

-Arcturus ha bisogno di parlarmi, mia cara.- rispose l’uomo con i suoi pacati modi inglesi. –E non dimenticare che, tra non molto, ci sarà la festa per il fidanzamento di suo figlio Orion con Walburga.-

Satsuki sospirò. –Non capisco questa strana abitudine dei Black di sposarsi tra parenti, lo trovo vagamente…volgare, ecco.-

-Lo fanno per salvaguardare la purezza del loro sangue, mia cara. Non ci trovo niente di strano in questo.-

-Oh, ti prego, non cominciare con questi discorsi, Edward.-

Lei ascoltava distrattamente i discorsi dei genitori, intenta a sbucciare una mela. Detestava i ricevimenti e tutta l’ostentazione di denaro che provocavano. Lei, almeno, ne aveva abbastanza della ricchezza.

C’erano delle volte che, non si vergognava a pensarlo, le sarebbe assai piaciuto provare a vivere come una Babbana con il denaro sufficiente a mantenere una casa modesta.

Invece era nata strega, unica figlia di quello che, con ogni probabilità, era uno dei Casati di maghi più potente, ricco e temuto del mondo.

Forse, a tenere testa alla famiglia alla quale apparteneva, c’era il Casato dal quale proveniva sua madre. Quindi, decisamente, lei era in trappola.

Chiusa per sempre in una gabbia dorata.                                                                           

Confortevole, certo, ma terribilmente stretta.

-Ovviamente parteciperai anche tu.- fece suo padre.

Era talmente persa nei suoi pensieri che, inizialmente, non si rese conto di essere lei la destinataria di quella velata imposizione.

-Mi stai ascoltando, Savannah?-

Sussultò, incontrando gli occhi azzurro chiaro di suo padre.

-Mi dispiace, padre. Ero soprappensiero.-

-L’ho notato.- fece lui, stizzito. –Vedi di tenerti pronta, figlia mia. Parteciperanno molti rampolli alla festa dei Black, magari è la volta buona che trovi marito.-

Non si azzardò a replicare.

-Non avere così tanta fretta, Edward!- lo sgridò Satsuki. –Savannah è ancora troppo giovane per sposarsi. Ha solo diciassette anni.-

-Quando tu hai lasciato il Giappone e la tua famiglia per sposare me ne avevi sedici, mia cara.- le ricordò l’uomo.

Finì di bere il suo caffè e si alzò da tavola. Savannah non voleva neppure sapere dove stesse andando. Probabilmente si sarebbe recato nei sotterranei del maniero, dove accadevano cose oscure alle quali, un giorno, anche lei avrebbe dovuto prendere parte.

Detestava quella maledetta tradizione familiare.

-Ci vediamo a pranzo, mie signore.- le  salutò, prima di lasciare la stanza.

La ragazza tirò un sospiro di sollievo.

Non riusciva mai a stare tranquilla, quando Edward Havisham era vicino a lei. Non sopportava la sua aria severa, né i suoi occhi gelidi.

In diciassette anni di vita, non aveva mai ricevuto alcuna dimostrazione d’affetto da parte sua. Si sentiva costantemente sotto esame, mai libera di essere se stessa. Prigioniera nella sua stessa casa.

Unica discendente delle due famiglie magiche più potenti del pianeta. Gli Havisham, in Inghilterra, e gli Yakono, in Giappone.

Tutti seguivano i suoi passi senza farsi scrupolo, domandandosi come avrebbe speso il grande tesoro che, un giorno, le sarebbe spettato. Tutti pronti a coglierla sul fatto, quando avrebbe fatto il primo errore.

Sempre vigile, sempre perfetta, sempre impeccabile. Un automa. Detestava quella vita. Detestava il palazzo dove viveva. Detestava i soldi e la magia. Detestava il suo futuro di strega nera, di domatrice di demoni e spiriti.

Decisamente non aveva niente a che vedere con suo padre.

Era chiusa in una bolla soffocante dalla quale non sarebbe mai riuscita a sfuggire, vi sarebbe rimasta segregata per tutto il resto della sua vita, lo sapeva. Non aveva alcuna speranza di fuga.

Cessò di fare colazione, lasciando cadere il coltello sul piatto di ceramica. Sua madre se ne accorse appena, intenta a sorseggiare il suo the.

Boccheggiò, portandosi una mano alla gola, toccando piano la pelle di burro.                                        

Aveva nausea. Ancora.

Non era la prima volta che le accadeva.

Un attimo e si sentì quasi soffocare. La testa girava…

Doveva uscire di lì, subito.

Si mise in piedi, non curandosi di poter apparire maleducata agli occhi attenti della madre. Non le importava più, il suo fisico e la sua mente la stavano implorando.

-Mia cara?- domandò Satsuki, osservandola sorpresa.

-Perdonatemi madre.- mormorò lei con un filo di voce. –Io… Io ho bisogno di prendere un po’ d’aria.-

-Ma la colazione…-

-Non ho appetito, mi rincresce.-

Scappò da quella stanza e da quella donna ancor prima che le giungessero altre repliche. Si chiuse la porta alle spalle ed il ritrovarsi sola in corridoio fu quasi una benedizione per lei.

Per un istante rimase perfettamente immobile. La schiena poggiata alle regali ante di legno pregiato. Sola.

I battiti del suo cuore si fecero più regolari, il senso di nausea andava svanendo. La testa aveva smesso di pulsare dolorosamente.

Non era libera, lo sapeva.

Continuava ad essere ancora tra quelle mura, ma il fatto di trovarsi lontana dagli altri abitanti del palazzo le dava un piacevole senso di tranquillità.

Eppure, quel giorno non era destinato ad essere dimenticato.

Quel giorno per lei si sarebbe aperta una nuova, misteriosa e sconosciuta strada che l’avrebbe portata ad uscire da quella che lei aveva sempre chiamato “La Gabbia”.

Una volta ripresasi, cominciò a percorrere piuttosto velocemente il lungo corridoio dai lustri pavimenti di marmo bianco, sperando di raggiungere in fretta il suo rifugio sicuro, la sua stanza.

Invece fu bloccata dall’udire la voce di suo padre avvicinarsi, insieme ad un’altra a lei sconosciuta.

Apparteneva ad un uomo, capì subito, ed era molto elegante e sensuale. Affascinante.

Quando vide le due figure spuntare dall’angolo del corridoio, si immobilizzò. Tanto era ben cosciente di non potersi allontanare senza aver fatto riverenza al nuovo ospite.

Suo padre sorrise appena, quando la vide.

L’uomo che stava al suo fianco, invece, la scrutò con interesse.

Non le piacque quello sguardo.

Non le piacque lui.

Era un tipo alto e magro, dai tratti nobile.

Aveva corti capelli nero pece ed occhi di un magnetico blu notte. Bellissimi, ma terribilmente spaventosi.

Savannah si affrettò ad abbassare lo sguardo, temendo che quelle gemme magnetiche avrebbero potuto ipnotizzarla.

I suoi abiti erano neri, terribilmente raffinati.

La pelle candida, diafana.

Quell’individuo non trasmetteva sicurezza, caso mai inquietudine.

-Mia cara.- la salutò suo padre. –Che piacere! Io ed il mio ospite stavamo giusto parlando di te e della tua futura educazione.-

La ragazza rabbrividì nell’udire le parole “futura educazione”. Sapeva a cosa si stava riferendo il genitore.

Havisham non parve farci caso, rivolgendosi tranquillamente al suo compagno.

-Lei è proprio Savannah, Tom. Mia figlia. Adorabile, vero?-

Quello incurvò le labbra sottili in un sorriso accennato, chinando educatamente il capo in sua direzione.

Osservandolo, la ragazza si accorse che gli occhi cobalto possedevano delle strane sfumature sanguigne. Questo lo rese ancora più temibile ai suoi occhi.

Insieme, ovviamente, al potere oscuro che il suo corpo emanava.

Tuttavia, sentendo lo sguardo severo di suo padre su di sé, si affrettò a sorridere gentilmente e a porgere la mano.

L’uomo la prese tra le sue con delicatezza. Quegli arti dalle dita da violinista erano gelati.

-Tom Riddle.- mormorò. –Incantato.-

Quando quelle labbra quasi esangui si posarono sul dorso della sua mano, Savannah desiderò quasi tagliarsi l’intero braccio di netto.

-Il piacere è mio, signore.- recitò. –Non vi avevo mai visto ospite in questa casa.-

Riddle sorrise.

Fu Edward a rispondere.

-Tom sta studiando da noi, mia cara. Ed è un ottimo allievo.-

-Tutto merito dei tuoi insegnamenti, amico mio.- si schernì il diretto interessato.

-Sciocchezze.- rise Havisham. – Sei tu ad essere terribilmente dotato, credimi. Beh, presto vedremo come se la caverà anche Savannah.-

-Cercherò di non deludervi, padre.- si affrettò a dire lei.

-Ne sono certo.- disse serio. –La nostra arte è antichissima e tu, in quanto unica erede, sei tenuta a conoscere ogni sfumatura della nostra magia. Diverrai un’abilissima strega nera, padrona dell’occulto, come tutti i tuoi antenati.-

-Sarà un onore, padre.-

-Ne sarà capacissima.- intervenne Riddle, cortese. –Il suo potenziale magico cresce a dismisura, lo sento, ed è già molto elevato, nonostante la giovane età.- proseguì, quasi con ammirazione. –Usate la bacchetta, signorina?-

-Non l’ho mai usata. Non ne ho mai avuto bisogno per fare magia, signore.- rispose Savannah, cercando di essere il più educata possibile.

In realtà era disgustata dallo sguardo quasi adorante ed ardente di Tom Riddle. Pareva essersi innamorato del potere e delle capacità proprie della sua famiglia.

-Stiamo scendendo nei sotterranei, dobbiamo ricevere alcuni nuovi amici da sfruttare.- la informò suo padre con un sorriso ironico. –Vieni con noi.-

Non era una domanda.

                                                             

***

 

 

-No.-

Una risposta breve, secca, quasi distaccata.

Una risposta che non lasciava spazio a repliche di alcun genere. Ma lui non aveva alcuna intenzione di ribattere. Anzi.

Albus Silente si lasciò sfuggire un sorriso sereno, sollevato, mentre osservava il ragazzo che gli sedeva davanti attraverso i suoi occhiali a mezza luna.

James Potter era rigido come il granito.

La domanda che gli era stata appena formulata non gli piaceva per nulla. Nella sua mente così tante domande da rendere impossibile l’esposizione di almeno una.

Confusione totale.

-Perdonami, James. Dovevo chiedertelo.-

-La mia risposta è no.- ribadì con freddezza.

-Lo so, lo so. E ne sono lieto, ragazzo.- fece Silente, portandosi alle labbra la sua tazza di the e sorseggiando la calda bevanda ambrata.                                                                                                            

Lo osservava.

James lo stava scrutando in una maniera quasi raccapricciante. Spesso, il vecchio preside si era chiesto se il giovane Potter avesse avuto la capacità di saper leggere i pensieri.

-Perché me lo ha chiesto?- disse il ragazzo, ad un tratto. Non aveva ancora toccato la sua tazza.

-Perché proprio ora?-

Il vecchio si lasciò andare ad un sospiro.

-E’ tuo nonno, James. Non posso continuare a tenervi lontani. Edward è un uomo ricco e potente, temo che, prima o poi, si imporrà per vederti. Ha cercato di avvicinarti a te per tanti anni, fin da quando eri un bambino, ma io sono sempre riuscito ad intervenire. Ora però sei maggiorenne e per lui questo ti rende ancora più speciale. Vedi, è a questa età che i giovani maghi neri cominciano ad essere istruiti….-

Il ragazzo rabbrividì.

-Non voglio imparare quella roba. Non mi interessa.-

-E io sono molto contento di questa tua decisione, mio caro ragazzo.- fece Silente con orgoglio. –Ma temo che, prima o poi, sarai costretto ad affrontare la famiglia di tua madre.-

-Mia madre è Amelia Potter.-

-Ovviamente.- rispose il preside con dolcezza. –Ma resta il fatto che sia Savannah Havisham la tua vera madre biologica e questo, purtroppo, dà tutto il diritto ad Edward di incontrarti. Sei suo nipote.-

-Al diavolo!- sbottò il giovane con rabbia. –Non voglio avere nulla a che fare con quell’uomo! Non voglio diventare un domatore di demoni o altro! Non voglio praticare quella magia, né legarmi a gente malata! A degli assassini!-

Silente sorrise dolcemente, poi il suo sguardo si perse al di là della finestra che dava sul parco del castello. Fuori, con lentezza, il tramonto stava arrivando, facendo brillare di arancio ed oro l’acqua del grande lago.

-Però….- mormorò piano. -….mi chiedo se, in fondo, non sia proprio Edward l’unico a poterti aiutare…-

James sgranò gli occhi, pietrificato.

Quello sguardo azzurro così gentile si posò su di lui, tentando di calmarlo. Inutile. Non poteva sperare una cosa del genere dopo ciò che aveva appena proferito.

-James…-

-Ripeta quello che ha detto.- scandì il giovane con rabbia.

-Ragazzo mio…-

-Mi aveva promesso che sarebbe stato lei ad aiutarmi.- sibilò con ira.

-E lo sto facendo.- fece Silente, calmo. –Ma, dopo l’episodio in Biblioteca e…dopo i nostri ultimi incontri, temo che tutti i fermi che ho apportato su di te non siano sufficienti, ragazzo.-

Il corpo del giovane fu scosso da un brivido.

-I tuoi poteri crescono a dismisura, James.- continuò il preside. –Se non troviamo il modo di contenerli, di controllarli, potrebbero prendere il controllo della tua anima o peggio ancora, non possiamo rischiare, capisci?-

-Lo so.- mormorò il giovane, abbassando lo sguardo.

Non voleva incontrare gli occhi limpidi del vecchio. Si sentiva sporco. Si sentiva sempre sporco.

Non era come gli altri, non lo era mai stato. Fino a quel momento, tuttavia, era sempre riuscito a mascherarsi bene tra i suoi coetanei. Non era sicuro che ci sarebbe ancora riuscito, con il passare del tempo…

-I poteri degli Havisham non sono il vero problema, lo sai. Se dentro di te ci fosse solo l’alto potenziale magico della tua famiglia, non sarebbe un caso difficile da risolvere, saresti semplicemente il primo della classe quando si tratta di magia, come sei, del resto. Il vero guaio è il patrimonio genetico che ti ha lasciato Jeremy…-

-Lo so. È mio padre ad essere il vero problema della mia vita…-

-Non dire così.- lo rimproverò Silente. –Jeremy ti amava tanto. Sei stato la prima cosa bella che la sua vita gli ha dato, insieme a tua madre. Se avesse potuto, non ti avrebbe mai lasciato i suoi poteri, te lo garantisco. Non avrebbe mai voluto che tu fossi come lui.-

James chinò il capo, incapace di dire qualcosa.

Non aveva mai conosciuto i suoi veri genitori. I Potter lo avevano preso con loro quando lui non aveva che pochi mesi di vita. Era naturale, per lui, chiamare Zack ed Amelia papà  e mamma.

Quando a sei anni gli fu detta la verità, era stato come precipitare in un baratro dal quale, in verità, non era mai uscito veramente del tutto.

Dentro di lui continuava ad esserci quel bimbo di sei anni che, battendo i piedi a terra, continuava a ripetere con le lacrime agli occhi “NON E’ VERO!”

E poi, subito dopo aver appreso di essere sempre stato un orfanello e non il piccolo amore di mamma e papà, aveva dovuto sopportare una rivelazione ancora più devastante e distruttiva: il fatto di essere un mostro.

Era stato Silente a dirgli la verità sui suoi poteri, un pomeriggio di tanti anni fa, quando lui ancora ascoltava incanto i racconti su Hogwarts di suo zio Andrew.

Il vecchio preside, con un sorriso, gli aveva spiegato che lui era molto più speciale degli altri piccoli maghi e che avrebbe dovuto fare molta attenzione a come usare i suoi poteri.

Speciale?

Faceva ridere.

Lui non era mai stato speciale.

Era diverso, mostruoso, pericoloso, mai speciale.

Si era fidato di Silente, aveva lasciato che l’anziano mago si occupasse di come gestire il suo potenziale, non facendo mai domande.

E ora lo stesso uomo che gli aveva garantito aiuto, gli stava apertamente dicendo che c’era ben poco che, in realtà, avrebbe potuto fare per aiutarlo.

E, intanto, quell’energia dentro di lui cresceva, bruciante.

Era stato così facile stare vicino a Remus e capire la sua paura di rivelare a tutti di essere un licantropo. Sapeva cosa provava. Remus avrebbe usato la stessa comprensione verso di lui, se gli avesse detto chi era veramente?

E Peter?

Sarebbe scappato, sicuramente. Terrorizzato da lui. Lo sapeva. E lo capiva.

E cosa avrebbe detto Sirius? Sarebbe rimasto suo amico? E com’avrebbe reagito, il giorno in cui gli avrebbe rivelato di essere stato a letto con Bella, cedendo al suo lato oscuro e alla disperazione, credendo, solo per quella notte, che quella ragazza così tetra avrebbe potuto farlo sentire meglio di un milione di amici?

Quando il volto di Lily si delineò nella sua mente si sentì morire. Lily…

La sua piccola ragazza sempre sola e silenziosa.

Sempre maltrattata e derisa.

Aveva desiderato proteggerla dal primo giorno che si erano incontrati.

Cos’avrebbe detto o fatto, se avesse scoperto il suo segreto? Si sarebbe ancora fatta baciare da lui in quel modo così teneramente impacciato?

Probabilmente no.

Probabilmente sarebbe scappata da lui, disgustata.

-James?- lo richiamò il preside, preoccupato.

Alzare lo sguardo per incontrare quello azzurro del mago fu l’impresa più difficile che avesse mai affrontato. Poteva giurarlo. Sentiva una strana morsa attanagliargli lo stomaco, soffocandolo.

Gli occhi bruciavano.

-V-Va bene.- disse, non abbassando gli occhi.

-Sei sicuro?- chiese Silente, scrutandolo attentamente.

-Ho deciso.- rispose James, con voce debole. –Io… incontrerò Edward Havisham.-

 

                                               

***

 

 

 

Non aveva mai amato quel posto, l’energia negativa che emanava era quasi palpabile. Disgustosa. Il fatto di far parte di quel mondo la distruggeva.

Camminava piano, scendendo le scale di pietra che portavano ai sotterranei lentamente, una per volta, come a cercare di ritardare il momento in cui si sarebbe ritrovata in quello che si poteva benissimo definire “Antro del Diavolo”.

Suo padre e Riddle erano davanti a lei, scendevano le scale sicuri, come se si stessero recando in un piacevole salotto privato, non in un luogo di torture dove si eseguivano i peggiori incanti oscuri.

-Non ti nascondo di essere curioso, Edward.- fece Riddle ad un tratto. –Chi sono questi nuovi prigionieri che sfrutterai per i tuoi esperimenti?-

-I miei ospiti, dici?- replicò Havisham, sorridendo ironico.

-Giusto, i tuoi ospiti.- aggiunse Riddle, ghignando.

-Sono Spiriti delle Tenebre.- spiegò Edward. –Difficili da domare, anche per un conoscitore avanzato dell’arte. Alcuni li chiamano Fenici Nere.-

-Non ne avevo mai sentito parlare.-

-Ci sono molte cose che potrai imparare solo da me, Tom.-

-Sono qui per questo.-

A lei non piaceva affatto quella conversazione. Parlavano del potere in maniera troppo semplice, troppo… irresponsabile.

Alla fine della scalinata, l’aspettava un lungo e freddo corridoio di pietra, illuminato solo da poche torce. Sentì la propria pelle accapponarsi.

Si chiese per quale ragione suo padre insistesse tanto per farla scendere con lui ogni qual volta si recasse nei sotterranei.

Chissà, forse stava tentando di abituarla al suo futuro. Il suo destino.

Orribile.

Sapeva di avere più potere magico degli altri maghi, non aveva mai usato una bacchetta in vita sua e al primo anno a Durmstrang era riuscita a trasfigurare se stessa in una pozza d’acqua, facendo quasi venire un infarto al professore di Trasfigurazione, che da quel giorno non smise mai di considerarla come l’allieva più dotata che avesse mai avuto.

Poteva convivere con i suoi poteri. Non era però tanto sicura di poter accettare ciò che, di lì a poco tempo, suo padre le avrebbe fatto apprendere. Più si avvicinava alla cigolante porta di legno che l’avrebbe condotta in una delle prime sale occulte, più avvertiva l’energia maligna crescere.

C’era qualcosa, in quei sotterranei. Qualcosa che emanava male allo stato puro, quasi nauseante. Avvolgeva tutto come una mano putrefatta.

Non voleva entrare.

Suo padre e Riddle procedevano tranquilli, discutendo amabilmente.

Ma chi era quell’uomo misterioso?

Il suo spirito era malvagio, sembrava attirare tutta la malignità racchiusa in quelle segrete.

La sua mente giovane formulò un pensiero.

“Un tipo simile non dovrebbe imparare la nostra magia”.

E invece suo padre pareva assai felice di istruire il suo nuovo allievo.

Portandosi di fronte alla porta incrostata di sporcizia, Edward aprì una delle due ante, facendo cenno a Riddle di passare ed aspettando che anche Savannah facesse lo stesso. La ragazza prese un bel respiro, prima di attraversare quella specie di orribile confine invisibile.

Si trovò in una stanza circolare, dal soffitto molto alto. Le mattonelle del pavimento erano logore e sporche, tutto emanava un orribile fetore di morte.

Sentì la colazione rivoltarsi nel suo stomaco. Serrò le labbra, sentendosi sudare freddo. C’era poca luce. Giusto qualche candela accesa sui tavolini colmi di libri antichi. E c’erano due poltrone eleganti, unica cosa di stile in quella stanza, di velluto nero. Edward invitò la figlia e l’allievo a sedersi.

-Ti piacerà, Tom.-

-Non ne dubito.- rispose quello, accomodandosi.

Aveva un sorriso strano. Grottesco.

Savannah prese posto nell’altra poltrona, evitando di incontrare lo sguardo dell’uomo.

Osservò suo padre dirigersi verso una piccola porticina nascosta tra due scaffali colmi di libri molto vecchi e, con ogni probabilità, molto oscuri.

Bussò tre volte, poi ordinò:

-Josh, portameli qui.-

La ragazza non riuscì a trattenere una smorfia.

Josh Everall era uno degli assistenti di suo padre, innamorato dell’occulto e della magia nera quanto lui. Non era molto più grande di lei, aveva appena vent’anni, ma il suo volto era già stato segnato ed invecchiato dalle atrocità commesse con soddisfazione. La sua anima, se ancora ne aveva una, era troppo logora per risplendere e rendere il suo volto umano.

Eppure, suo padre adorava quel ragazzo e, con sommo fastidio di sua figlia, non cessava mai un momento di assillarla sul quanto sarebbe stata ragionevole a desiderare lui come marito.

La porta si aprì con un cigolio sinistro.

Un ragazzo dai capelli castano scuro e da azzurri occhi spenti, fece il suo ingresso nella stanza. Aveva il viso magro e pallido, le guance incavate e profonde occhiaie. Non era il ritratto della salute, ma Savannah era ben consapevole che lui non fosse affetto da alcuna malattia. Questo era il prezzo che Josh doveva pagare ogni giorno per aver stipulato un patto con un Demone Infernale.

I suoi poteri aumentati a dismisura in cambio di un pezzetto della sua anima.

Il ragazzo sorrise ai tre, indugiando troppo su di lei. La ragazza non lo degnò di uno sguardo.

Quello fece qualche passo avanti, tirandosi dietro una pesante catena incantata. Con orrore Savannah si chiese che cosa vi fosse legato.

L’energia maligna era aumentata a dismisura, quasi schiacciante. Riddle si era sporto in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia, avido di conoscere.

E, uno ad uno, pregnanti di male puro, con capo chino, vergognose della loro schiavitù, le nuove creature di Edward Havisham sfilarono in silenzio davanti a loro. Ognuna di esse legata alla catena come animali.

Josh strattonò più forte, in un implicito ordine di sbrigarsi. Una delle creature cascò a terra, stremata.

Edward ghignava compiaciuto, Riddle era in procinto di alzarsi, desideroso di avvicinarsi di più. Savannah era immobile, il cuore stretto in una morsa.

Lei, al contrario dei tre uomini nella stanza, provava pietà.

Se avesse avuto abbastanza forza per opporsi a suo padre, lo avrebbe fatto.

In tutto, gli Spiriti delle Tenebre erano quattro. Avevano aspetto umano, tre ragazzi ed una ragazza, ancora a terra, sfinita.

Non potevano dimostrare più dell’età di Josh.

Uno dei ragazzi fece per andare a soccorrerla, muovendosi con difficoltà, ma Everall tirò ancora la catena, rischiando di far cadere anche i tre in piedi. Sembrava divertirsi.

Savannah sentì una rabbia acuta crescere dentro di se. Restò seduta, mordendosi le labbra e conficcandosi le unghie nella carne. Doveva concentrarsi sul dolore. Solo così non avrebbe più prestato attenzione alle atrocità di suo padre.

Sentì a malapena la risata dei tre uomini, mentre osservava i quattro prigionieri.                                       

La ragazza si stava mettendo seduta, puntellandosi sulle mani. Aveva lisci e lunghi capelli castani, con lucide sfumature rossastre. I suoi occhi, Savannah li fissò incuriosita, erano di uno stranissimo color ametista. Non ne aveva mai visti così. Ma, come potè presto vedere, quel particolare colore era proprio della sua specie, dal momento che anche i ragazzi avevano gli occhi violacei.

Il giovane che si era chinato per soccorrerla aveva i capelli di un biondo mai visto, parevano essere dorati. Gli stavano in maniera assurda, sparati dappertutto, totalmente spettinati.

Gli altri due erano entrambi mori. Identici come gocce d’acqua. Erano gemelli.

Tutti e quattro indossavano stracci.

Erano loro ad emanare quella forte energia malvagia che aveva avvertito.

Quindi erano loro le cosiddette “Fenici Nere”?

Si chiese cosa avesse intenzione di farne suo padre. Probabilmente li avrebbe fatti diventare cavie da laboratorio.

-Allora, ti piacciono, Tom?- chiese Edward, sorridendo.

-Molto.- rispose il diretto interessato, alzandosi ed avvicinandosi. –Sembrano essere molto potenti.-

-Lo sono, amico mio.- confermò Havisham. –E’ mio interesse analizzarli e domarli. Saranno degli ottimi strumenti da guerra, trovi? Sono le creature più capaci che mi siano mai capitate sotto mano. Lo sai, amo circondarmi di ottimi servitori. E loro saranno sicuramente i miei preferiti, ne sono certo.-

-Di sicuro.- fece Riddle.

-Non li terrò tutti e quattro.- dichiarò Edward. –Avevo intenzione di donartene uno, sai? Che ne dici della femmina?-

Il sorriso di Riddle si ampliò. –Sarebbe un onore, Edward. Potrei studiarci molto su. Mi piacerebbe trovare il modo di appropriarmi dei suoi poteri, dici possa essere possibile?-

-Fattibile di sicuro. Dovresti provare.-

Con orrore e rabbia, Savannah si accorse che la ragazza aveva preso a tremare.

Era talmente presa da quella figuretta così spaventata, che non si accorse, per la seconda volta in quella giornata, che suo padre aveva fatto il suo nome.

-Savannah!- tuonò Edward.

La ragazza sobbalzò, spostando lo sguardo sul genitore. Quello sembrava essere furente. I suoi occhi erano schegge di ghiaccio.

-Finalmente.- sibilò con astio. –E’ così arduo per te prestarmi attenzione, ragazzina?-

-N-No, padre. Perdonatemi.-

-Stavo dicendo che anche tu avrai uno di loro come servitore.-

-C-Come?-

-E’ ora che anche tu cominci a prendere confidenza con certe creature. Che impari a governare su di loro e a studiarle. Scegli pure quello che preferisci.-

Restò di sale.

Scegliere? Come avrebbe potuto?

Con che coraggio avrebbe potuto togliere uno da quell’inferno e lasciare gli altri due?

Si detestò per ciò che disse, ma non poteva fare altrimenti.

-Decidete voi per me, padre.-

Era una codarda, lo sapeva. Ma non aveva la forza di compiere una scelta simile. Si sarebbe odiata e tormentata, pensando a chi aveva lasciato a soffrire.

Sì, era una codarda.

Edward sbuffò, probabilmente contrariato dal comportamento privo di carattere della figlia. Poi, puntò gli occhi gelidi sui suoi prigionieri.

-Tu.- ordinò al ragazzo biondo. –Tu sarai di mia figlia.-

Quello non rispose, ancora chino sulla compagna. Si limitò solo a sollevare lo sguardo violaceo su Savannah, scrutandola senza reale interesse. Lei ricambiò l’occhiata, non riuscendo a trattenere un moto di dolcezza e calore, misto a pietà.

Quella fu la prima volta che i loro occhi si incontrarono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E qui si conclude il capitolo 15, particolare lo so, vi avevo avvertito.

Sono sfinita e voglio andare a nanna, ma ci tenevo a pubblicare, altrimenti finisce davvero che vi scordate di me. ^___^””

Se ci sono errori vi chiedo scusa, prossimamente, rileggerò il capitolo e correggerò, per ora ve lo lascio così, visto che non so quando potrò tornare al pc. Sto già studiando come una matta e la tensione per la maturità già si fa sentire!!!!

Ecco, con questo capitolo ho intenzione di aprire una storia nella storia alla quale penso tanto. Mi sono innamorata dei personaggi.

Spero gradirete, anche perché si va a scavare nel passato del mio James. Vi ho dato molte informazioni su di lui, forse troppe, ma ero stanca di tenervi sulle spine.^^

Beh, dal prossimo capitolo si ritornerà ai Malandrini.

Un  bacio e buona notte,

x sempre vostra…

Lady Tsepesh

 

P.s.

Ci tengo a ringraziare Masuko, mimmyna, Lady_Slytherin, Anna Mellory e Fefe Hinata-Chan che mi hanno gentilmente offerto parole di conforto, placando un po’ i miei isterismi. Ebbene sì, sta maturità mi sta facendo diventare isterica, insieme all’imminentissimo esame di guida pratica!!!!!!!

Come ho detto nell’avviso che cancellerò, aggiornerò nei fine settimana. È il massimo che posso fare per la fic, di più non poterei.

Un bacione a tutti coloro che seguono con pazienza la mia fic. Mi spiace di farvi sempre aspettare. Vi penso sempre, però, tutti quanti e voglio dirvi questo. Nessuno è in grado di rendermi felice quanto voi. Una vostra parola vale così tanto che non sarei mai in grado di esprimerne la quantità.^^

Siete numerosissimi ormai, più di quanto mi aspettavo, e questo mi commuove.

Per me, ogni capitolo è un passo in più per arrivare al raggiungimento del mio sogno di diventare scrittrice ed anche voi ne fate parte. Vi voglio bene…

Valentina

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Capitolo 16
*** Illusion ***


Dedico questo capitolo a Gypsy_Rose90, che si è letta tutti i capitoli in 2 giorni, staccandosi dal pc solo per andare a scuola! Sei una grande! Grazie infinite!

Lady

 

 

CAPITOLO 16  “ILLUSION”.

 

 

 

 

 

 

Quella mattina assolata, Narcissa Black ricevette a farle visita una delle persone che, meno di tutti, si sarebbe aspettata di vedere al proprio capezzale.

Se ne stava seduta sul proprio letto in silenzio, senza prestare attenzione a Madama Chips intenta a riordinare i medicinali appena arrivati dalla farmacia, completamente persa nell’osservazione dei raggi solari che, attraversando le spesse vetrate delle finestre, le accarezzavano il viso, quando udì aprirsi il grande portone di legno dell’infermeria.

Ad entrare fu Sirius Black in persona.

La ragazzina non riuscì a crederci. Era convinta che tra lei e quel ragazzo non vi fosse più rimasto nulla da spartire.

Lui rimase sulla porta a fissarla, non accennando ad alcun movimento. Sembrava che fosse alquanto difficile da compiersi anche un solo altro passo verso di lei.

Narcissa, a suo volta, restò ad osservarlo in silenzio.

Non era cambiato suo cugino.

Stessi capelli nero pece, stessi occhi blu elettrico, magnifici, con il medesimo sentimento: tristezza mista a ribellione. Da che aveva memoria, la ragazzina ricordava quell’espressione negli occhi di Sirius Black in ogni momento della sua vita a Black Mansion.

Ricordava quel bel volto dai lineamenti aristocratici, quelle labbra ben disegnate, quegli occhi tristi e quei capelli scuri così simili a quelli delle sue sorelle Bellatrix ed Andromeda. Ricordava quel modo sfacciato di indossare i preziosi e sfarzosi abiti che gli venivano comprati contro la sua volontà.

Ricordava ogni singola cosa su di lui.

Un tempo si erano voluti bene. Lei, almeno, gliene aveva voluto molto e non poteva dimenticare le lacrime versate il giorno in cui lui era fuggito via, poco dopo l’abbandono di Andromeda.

Aveva perso la sua amata sorella maggiore e dopo il suo adorato cugino.

Era stato atroce.

Lo era stato ancora di più il dover fingere di fronte ai propri genitori che non le importasse assolutamente niente.

Se avesse potuto, non avrebbe esitato un istante a seguire i due esempi e a fuggire da quella orribile prigione dorata, ma le era sempre mancato il coraggio. Non era mai stata forte come Sirius ed Andromeda. Loro erano nati per brillare, per brillare veramente.

I loro nomi non erano semplicemente una tradizione di famiglia, rappresentavano esattamente ciò che erano. Loro due erano davvero stelle luminose, le più splendenti del cielo.

Narcissa non lo aveva mai dubitato.

In quella casa buia e cupa non avrebbero mai potuto vivere.

Dopo la sua fuga, Sirius non aveva voluto avere più niente a che fare con nessuno della famiglia Black, inclusa lei. Anche a scuola la evitava. E lei, ubbidendo ai genitori, aveva fatto altrettanto.

Si erano divisi.

E adesso lui era lì, proprio lì, a guardarla stupito quanto lo era lei.

Cosa dire? Cosa dirsi dopo tanto tempo di rancore?

Lui era venuto per lei? Oppure era semplicemente passato in infermeria per affari propri?

Decise di fare finta di niente e distolse lo sguardo. Non voleva fare la figura della stupida.

Avrebbe tanto voluto correre da lui e stringerlo forte, avrebbe voluto chiedergli di prenderla tra le braccia e sollevarla in aria, come quando erano piccoli, avrebbe voluto sentire la sua voce dirle scherzosa e dolce: “Mangia di più, bambolina!”.

Chissà se lui ricordava tutto questo…

Ad un tratto Sirius fece un passo avanti, lei riuscì a sentirlo e si voltò a guardarlo.               

I loro occhi si incontrarono e lei percepì un’atroce fitta al cuore.

Come?

Come avevano fatto a ridursi così? E perché?

A lei poco importava se lui aveva cessato di essere un Black! Non le era mai interessato! Era Sirius, no? Era lui! Che altro contava?!

Non riusciva a vederlo con gli occhi dei suoi zii e dei suoi genitori, come non aveva smesso di desiderare l’abbraccio di Dromeda.

Rimase a guardarlo, stupita ed un po’ imbarazzata, mentre lui avanzava verso di lei. Ogni suo passo era insicuro, difficile da compiere. Ma a Sirius non era mai mancato il coraggio.

Sentendo il cuore battere forte, Narcissa non riuscì a trattare un timido sorriso. Lui parve notarlo.

-Cissa…- mormorò, sedendosi sulla sedia posta vicino al letto.

Un dolce tuffo al cuore. Era venuto veramente per lei…

Sembrava essere in difficoltà ed in imbarazzo, eppure le stava vicino.

-….ciao…- fece lei, non riuscendo a smettere di guardarlo. -…S-Sirius…-

Parlare era difficile, troppo.

Per un po’ restarono in silenzio.

Lui, del resto, non riusciva a spiegarsi il motivo per il quale si trovasse lì, vicino a sua cugina.            

Forse erano state le parole di Lily.

Forse, per quanto cercasse di rifiutarlo, nel profondo del suo cuore non poteva dimenticare completamente la sua famiglia. Non poteva scappare del tutto.

E Narcissa, in fondo, non avrebbe mai cessato di essere la sua “bambolina” così magra e fragile da poter essere sollevata in aria come se non avesse peso.

-….stai….stai bene?- domandò lui ad un tratto, sollevando lo sguardo su di lei.

La Serpeverde non rispose, sfuggendo a quegli occhi.

No, non stava mai bene. Quelle ferite non erano niente rispetto a ciò che si agitava nel suo piccolo petto. Non erano niente, paragonate al suo inferno personale.

-Sto bene.- disse piano, attenta a non incrociare il suo sguardo.

-Hai detto che sei caduta.- fece Sirius con cautela. –E’ vero, Cissa?-

La ragazzina trasalì.

-Sì.-

-Io non ci credo.-

Sirius era sempre stato terribilmente diretto, ricordò lei.

-E’ la verità.- continuò lei. –Credimi.-

Inspiegabilmente le labbra di Sirius si piegarono in un sorriso amaro.

-Zio Cygnus non ti ha insegnato bene a mentire.- fece calmo. -E’ Malfoy, non è vero?-

Non c’era alcun bisogno di una risposta diretta.

Bastò il tremito che attraversò il corpicino della biondina per confermare i pensieri del ragazzo. Una strana rabbia si impossessò di lui. Strano, si disse, aveva giurato di restare fuori dalle faccende della sua vecchia famiglia.

Perché si preoccupava per Narcissa?

Perché, anche dopo la sua fuga, non aveva mai cessato di tenerla d’occhio, di tenere d’occhio anche Lucius?

Un altro sorriso amaro.

Stupido cuore che non può cessare a comando di provare affetto…

-Cissa…-

La Serpeverde scosse il capo, tenendo gli occhi chiusi. Terrorizzata.

Era piccola, infinitamente piccola.

Le mani delicate a celarsi gli occhi, i capelli chiari sul viso dai tratti ancora infantili. Sirius si sentì morire dal profondo affetto che non riusciva a smettere di provare per lei. Con gentilezza afferrò i polsi sottili della cugina, costringendola a scoprire gli occhi.

-Tesoro…- riprovò, piano.

-Si-Sirius…- balbettò lei, scossa dai tremiti. -…ti prego, non fare niente. Ti prego! Papà…papà vuole che io…non posso…il fidanzamento non deve essere annullato!- farfugliò ancora.

-Sei pazza a chiedermi una cosa del genere! Non posso lasciarti in queste condizioni senza fare niente!-

-Ti prego!- ripetè lei, guardandolo con le prime lacrime agli occhi. –Io…io non voglio deludere i miei genitori.-

-Esatto.- sibilò una voce alle loro spalle.

Narcissa spalancò gli occhi, Sirius si irrigidì, divenendo come marmo.

Doveva voltarsi ed incontrare lo sguardo di chi era appena arrivato?

La parte più saggia di lui gli stava implorando di non farlo.

Ma quando mai l’aveva degnata di attenzione?

Lasciando la mano di Cissa, si alzò, affrontando una delle persone che più detestava al mondo.

-Non ci credo.- fece con ironia velenosa. –Ti importa di lei?-

- E’ mia sorella.- rispose Bellatrix Black, incurvando le labbra piene in un ghigno poco rassicurante.

I lunghi capelli neri lucidi e lisci come seta, la pelle chiara, gli occhi blu scintillanti di crudele divertimento. Quando non indossava l’uniforme scolastica, Bellatrix Black vestiva unicamente di elegante nero.

Una giovane Dea del male.

-Quindi nel tuo cuore di pietra c’è spazio per dell’affetto fraterno? Da non credere, Black!- fece Sirius, con finta aria sorpresa.

-Stupisco sempre, lo so.- rispose la ragazza, compiendo un lieve inchino con il capo.

-Tu, piuttosto. Come mai qui?-

-Affari miei.-

-Fai il misterioso, cugino?-

-Vattene. Non è il caso che ti aggiungi alla lista di massacratori di Narcissa.-

Bellatrix rise. – Cissy ha bisogno di me. Non sarebbe neppure in grado di mangiare, se non ci fosse la sua paziente sorella maggiore ad imboccarla.-

La mano destra di Sirius si strinse a pugno, mentre i suoi occhi si riducevano in due fessure. –Tu. Tu sei…- sibilò.

-Cosa?- lo incitò lei, sorridendogli.

-SMETTELA!- gridò Narcissa, visibilmente stanca.

Vederli affrontarsi era l’ultima cosa che voleva. Occhi gemelli si puntarono su di lei.

La ragazzina sostenne lo sguardo, scrutando il cugino e la sorella.

-Se avete tanta voglia di litigare, beh…non fatelo davanti a me, ok?-

-Cissy, tu non devi più parlare con questo traditore.- se ne uscì Bella con severità.             

–Lui ci ha traditi tutti quanti, anche tu! Non è più degno della nostra famiglia.-

-Punti di vista.- rispose Sirius. –Io sono convinto che sia la vostra famiglia a non essere degna di me.-

Narcissa abbassò lo sguardo, fissandosi le mani.

Non voleva assistere ad una nuova lite tra i due, li amava troppo entrambi.

E lei era troppo debole per fermarli.

Sirius e Bellatrix non erano mai andati d’accordo, l’unica a poterli fermare, era anche l’unica che le aveva spezzato il cuore.

Pensare a quella figura ormai così distante le fece bruciare gli occhi.

Chissà se era cambiata, se l’avrebbe riconosciuta. Chissà se, lontana dal mondo che odiava, era davvero riuscita a trovare la felicità.

-Sirius…- chiamò, attirando l’attenzione del cugino e della sorella. -…tu potresti…potresti farmela incontrare?- chiese, non riuscendo a nascondere una certa difficoltà. –Potresti…farmi incontrare Andromeda?-

Voleva vederla, lo voleva tanto. Lo desiderava dal momento stesso in cui lei se ne era andata via, lasciandola sola. E ora, dopo tanto tempo, il bisogno di riaverla vicino, anche per un solo istante, la distruggeva.

Non si stupì delle reazioni che scatenò.

Bellatrix era come raggelata. I suoi occhi erano colmi di rabbia.

Sirius pareva non credere a ciò che aveva sentito. Però, con sommo stupore e gioia della ragazzina, annuì, accennando anche un sorriso.

-Grazie.- fu l’unica risposta che Narcissa riuscì a formulare.

-Tu sei fuori di testa!- sbottò Bellatrix. –Cissy, non posso permettertelo!-

-E come farai?, sentiamo.- fece Sirius.

Bella lo trucidò con lo sguardo. Poi, improvvisamente, scoppiò a ridere.

La sua risata era terribile. Narcissa non riusciva a sopportarla.

Quelle risa non esprimevano mai gioia o allegria, solo male, puro male.

Si accorse con orrore che sua sorella  stava guardando lei, ignorando Sirius.

-Sai che ti dico?- fece quella divertita. –Falla venire! Falla venire ed incontrala. Anche io ho davvero molta voglia di vederla. Sono proprio curiosa di vedere come si è ridotta quella sudicia filobabbana! E sono ancora più curiosa di vedere la reazione di papà, quando gli dirò che tu hai voluto incontrarla, razza di stupida.-

Narcissa non le rispose, cercando lo sguardo di Sirius.

Bella non cessava di ridacchiare.

-Vattene, serpe.- sibilò il ragazzo.

-E’ quello che sono.- replicò la mora, sorridendo.

-Vattene.-

Bellatrix non parve intimidirsi. –Non mi fai paura, Black.- fece avvicinandosi alla porta per andarsene. –Salutami il tuo amicone.- soffiò.

-Non lo farò affatto. E sta lontana da James.- rispose Sirius con rabbia. –Si può sapere che cavolo vuoi da lui?-

La ragazza rise. –Cosa ti fa credere che sia sempre io la cattiva?-

-Un sacco di cose, se vuoi te le elenco. Ma ci metteremo un po’.-

-Questa volta sbagli.-

-Non so quali perverse intenzioni hai, ma stagli lontana. Lui non ti calcola, ok?-

-Giusto!- fece la mora. –Lui ha la Evans, no? Si è consacrato a lei. Dicono che stiano insieme….-

-Non sono affari tuoi.-

-No, non lo sono.- mormorò Bella con voce appena percettibile, il sibilo di un vero serpente. I suoi occhi, insieme a tutta la sua persona, parevano essersi incupiti.            

Ecco, adesso faceva veramente paura.

Adesso era veramente una Dea maligna.

Sirius si chiese il motivo di un tale cambiamento, ancora ignorante di certi fatti.

Narcissa abbassò nuovamente lo sguardo.

Quando Bellatrix uscì dall’Infermeria, parve che, al posto suo, fosse stato un demonio in persona a farlo.

 

                              

 

Le antiche mura di Hogwarts, con il trascorre del tempo, con il succedersi dei secoli, avevano avuto modo di assistere ad eventi di ogni genere.

Oh, avessero potuto raccontare!

Baci rubati, amicizie interminabili, duelli segreti, sentimenti svariati…

C’era stato un tempo in cui avevano potuto osservare, ammirate, i grandi progressi di un giovane mago dagli occhi azzurro chiaro che, un giorno, avrebbe vegliato sulla scuola come suo preside; c’era stato un tempo in cui, di notte, avevano assistito, impotenti, agli sfrenati studi di un altro giovane mago assetato di potere e di gloria.

Adesso, con la medesima immobilità, stavano per assistere a qualcosa di assai peggiore e che da tempo, in gran segreto, si ripeteva.

Il tradimento.

Il vero male.

Il bacio di un nuovo Giuda.

In quell’angolo di Hogwarts non passava mai nessuno. Un’aula troppo vecchia ed in disordine per attirare l’attenzione degli abitanti del castello.

La polvere ricopriva quasi tutto, vorticando nell’aria, ben visibile tra i fasci di luce solare. Le finestre erano chiuse. Il buio era quasi totale, se non per qualche raggio di sole che riusciva ad evadere la prigionia delle ante di legno consumato.

Ovunque regnava il disordine.

In un lato erano ammucchiati tanti vecchi scatoloni dall’aria trasandata, stracolmi di oggetti rotti o non più utilizzati.

Alcuni banchi logori stavano ammassati vicino ad una parete, una lavagna rotta era stata sistemata in un angolo.

Qualcuno, proprio in quel momento, se ne stava appoggiato di spalle ad una delle pareti, tremante. Continuava a rigirarsi tra le mani un foglietto, ormai abbondantemente spiegazzato.

 

                                          Alle 10, stesso posto.”

 

La figura rilesse nuovamente il biglietto, come a volersi convincere che il messaggio fosse proprio vero.

Ci vuole coraggio per mantenere salda un’amicizia.

Che ce ne voglia lo stesso per tradire?

Che ognuno giudichi come meglio preferisce.

Quando la porta della vecchia aula si aprì, rivelando l’autore del messaggio, Peter Minus trasalì. Il foglio gli cadde dalle mani.

Non era la prima volta che si recava lì per incontrare quella persona, eppure ancora non riusciva a smettere di tremare e, allo stesso tempo, di volerlo.

Bellatrix Black gli andò incontro, muovendosi come una regina.                                    

Bella in ogni cellula del suo corpo.

La bella bocca piegata in un sorriso seducente. Non si era mai divertita tanto come in quei momenti.

 

Il gatto che gioca con il topo prima di cibarsene….

 

-Eccoti, mio bel topolino…- disse, avvicinandosi lenta. –Avevo molta voglia di vederti. Fino ad ora ho avuto una giornata orribile…-

-Be-Bellatrix…- balbettò Peter, arrossendo fino alla punta dei capelli. –I-io…-

-Bella.- disse lei, arrivatagli di fronte.

-Bella.- ubbidì lui, tremando come una foglia e tenendo rigorosamente lo sguardo sui suoi piedi.

La sentì ridere e questo gli provocò una scossa al cuore. Batteva furiosamente.

Lei era più alta di lui e i tacchi degli stivali neri lo rendevano ancora più evidente.

Si chinò per potergli parlare all’orecchio.

-Oggi mi rivelerai cosa nasconde Lupin?- mormorò.

Rosso in viso, Peter scosse il capo.

-Ti fai desiderare.- constatò la ragazza, sorridendo. –Va bene. Non ha importanza. Tu mi interessi più di loro.- continuò, percorrendo il viso del ragazzo con una mano.

Quelle unghie, lunghe, lucide e nere erano fantastiche, pensò lui.

Con la testa vuota, lasciò che la bocca parlasse.

Un’altra volta.

-J-James è stato di nuovo d-da Silente…ieri…- balbettò. -…m-ma…non ci ha detto cosa si sono detti….-

-Capisco.- fece Bellatrix.

Lui, Peter Minus, era migliore di tutti loro, lo aveva sempre saputo. Lei, però, glielo aveva mostrato.

Lei, così bella.

Lei, così stupendamente bella.

Lei aveva scelto lui.

Solo lui.

Nessuno poteva essere al suo pari.

Erano stati James, Remus e Sirius a farlo sentire infimo e debole. Era colpa loro.

Lo meritavano.

Meritavano di essere traditi, pensò il ragazzo.

E lui meritava lei.

-…Remus….Remus ha fatto amicizia con…con una della tua Casa. È la Ames. Li ho visti alla partita….- continuò.

-Davvero?- fece la ragazza, mostrandosi disinteressata.- Non curarti di lei…Non mi importa.-

Peter annuì, imbarazzato dalla sua vicinanza. Lei rideva, sembrava meno tesa di quando era entrata. Una delle due notizie che le aveva dato doveva averla soddisfatta.

Questo lo fece sorridere.

Bella lo notò.

-Sei perfetto, Peter.- sussurrò morbidamente, facendolo avvampare ancora di più.

-Vuoi che cominci io, questa volta?- gli chiese maliziosa.

Per poco non svenne.

Pregando che la troppa tensione non gli giocasse qualche brutto scherzo come, ad esempio, fargli uscire sangue dal naso, il ragazzo annuì.

Adorava quando era lei.

Era arrivato a vivere per ciò che sapeva sarebbe accaduto dopo.

Bellatrix rise, allontanandosi da lui ed andando a sedersi su uno dei vecchi banchi da tempo inutilizzati. La gonna si sollevò un poco.

Sotto lo sguardo ipnotizzato di Minus, portò le sue mani alla camicetta scura, cominciando a far uscire i piccoli bottoni dalla loro asola.

Quando le sue dita si furono fermate e la sue pelle di porcellana era ormai visibile, la ragazza allungò una mano verso di lui, sorridendogli.

-Vieni, non farmi aspettare.-

Paralizzato, Peter deglutì appena, non sentendosi più saliva in bocca. Mosse un passo, temendo che le proprie gambe non sarebbero riuscite a sostenerlo.

Arrivò davanti a lei, rosso di imbarazzo, schiavo fin nell’anima, lontano da chi, realmente, lo amava.

Quello non era amore.

Il lungo bacio che Bellatrix gli dette non era amore.

L’amore stava nell’abbraccio di James, nei saggi consigli di Remus, nelle buffe pacche di Sirius.

L’amore non risiedeva nella seducente stretta di Bella.

Ma lui, oramai, aveva sbagliato strada.

 

                                        

 

-Cosa stai facendo?-

Lily Evans se ne stava sulla soglia della propria stanza di Caposcuola, una grossa quantità di libri in mano. Era appena ritornata dal suo consueto “saccheggio della Biblioteca”.

I capelli rossi sciolti sulle spalle e quell’adorabile vestito azzurro, indossato sopra una morbida maglietta bianca, la rendevano terribilmente tenera.

Distogliendo lo sguardo da lei, James tornò a riempire il proprio baule.

Durante il tempo che aveva trascorso lì i suoi oggetti si erano mischiati a quelli di lei.

Nei mobili, sulla scrivania, in bagno.

Scoprirlo era stato bello e atroce.

-James?- lo richiamò ancora lei, facendo qualche passo avanti.

L’espressione confusa.

Lui si sforzò di sorriderle, sperando di riuscirci. Di solito era bravo a simulare allegria anche nelle situazioni per lui più disperate.

-Sto preparando le mie cose.- le spiegò. –Torno a stare dai ragazzi.-

Fu un attimo e qualcosa parve rompersi dentro Lily.

La luce nei suoi occhi si spense.

-….perchè?- riuscì a chiedere con un filo di voce.

-Abbiamo visto che non è necessario stare così vicini, no?- le rispose, cercando di suonare pratico e convincente. –Non è necessario che dormiamo nella stessa stanza. Non voglio provocarti altri fastidi.-

Sentendo quelle parola la ragazza impallidì, non riuscendo più neppure a sentire il proprio corpo.

-E’….è per questo?- chiese disperata. –Ma…ma J-James tu…tu non mi dai fastidio! Se…se t-ti ho dato una tale impressione, ti chiedo scusa! Mi dispiace. Io…io non voglio che te ne vada! Scusami!-

-Non sei tu, Lily.- le disse James con dolcezza, avvicinandosi a lei. –Non farti neppure venire in mente una cosa del genere.-

-A-Allora …perché?- domandò lei, sentendo la morsa allo stomaco crescere fino a soffocarla.

Lui sorrise.

-Sono io che non voglio disturbare te. Hai diritto ai tuoi spazi. Avrei dovuto andarmene già prima.-

Seguì il silenzio.

Senza più guardarla negli occhi, James tornò a sistemare le sue cose, evitando di pensare. E lei, impotente, lo guardava.

Se ne stava in piedi, con ancora i libri in mano, continuando a porsi mille domande.

Lui era stato strano a cena, la sera scorsa.

Aveva capito subito che doveva essere accaduto qualcosa durante l’incontro con il preside. Non si aspettava, però, che avrebbe deciso di andarsene.

Era a causa sua?

Un attimo fa aveva veramente creduto che lo fosse e si era sentita morire. Non lo aveva accolto bene nella sua stanza, ma dopo era cambiata ne suoi confronti, ne era sicura.

Si sentiva stupida.

Lì, ferma, nella medesima posizione.

Cosa doveva fare?

Infondo, quello che lui aveva appena detto era giustissimo. Doveva essere contenta di riavere la sua cameretta, no?

Nessuna vocina nella sua mente le rispose.

Al posto di una risposta, arrivò un’altra domanda.

Poteva veramente lasciare che lui se ne andasse, lasciandola di nuovo sola?

Sollevò lo sguardo su di lui. No, non poteva.

Era diventata così dipendente dalla sua presenza che il fatto che lui potesse distaccarsi da lei la uccideva.

Quella strana sensazione di paralisi lo dimostrava.

Lui, ormai, era diventato la sua fonte di vita.

-James?- lo chiamò.

Il ragazzo si fermò, tornando a guardarla. –Si?-

-Io non voglio che te vai.- dichiarò, ignorando il rossore che andò ad imporporarle le guance, rendendole quasi incandescenti.

Entrambi i loro cuori persero un battito nell’udire quelle parole.

Abbassando lo sguardo, James implorò la sua mente di non registrare ciò che Lily gli aveva appena detto.

Si impose di ricordarsi l’incontro con Silente, invece.

Si impose di ricordarsi ciò che era.

Si impose di ricordarsi la decisione che aveva preso: stare lontano da lei.

Non era degno di lei. Sciocco anche il solo pensarlo.

Se Lily avesse saputo la verità su di lui, sarebbe giustamente fuggita via ed il suo cuore non avrebbe potuto sopportarlo. Meglio finirla ora.

-Lily, è meglio che me ne vada.- le disse. –Le tue parole mi fanno piacere, davvero, ma pensa a cosa accadrebbe se i professori lo venissero a sapere.-

-Prima non ci pensavi.- ribatté lei.

-Prima sono stato stupido. Io sono abituato a ficcarmi nei casini, ma non voglio che tu rischi a causa mia. Potresti perdere il posto di Caposcuola, non ci pensi?-

-No.- rispose lei, rossa in viso, senza abbassare lo sguardo. –Non ci penso.-

James si sentì mancare il respiro.

Non poteva crederci.

Allora, allora lui contava qualcosa per lei, adesso.

Lei aveva veramente cessato di guardarlo con disprezzo e di evitarlo?

Aveva davvero cominciato a volergli bene?

Aveva sognato quel momento da così tanto tempo che, ora che lo aveva raggiunto, non sapeva cosa dire.

-Lily…- cominciò. -…potremmo comunque vederci. Di che ti preoccupi?-

-Bugiardo.- fece lei con un sorriso triste. –Tu non hai intenzione di continuare a starmi vicino, l’ho capito. Se te ne vai, lo farai in tutti i sensi.-

Il ragazzo parve gelarsi di fronte a quell’evidenza.

Doveva immaginarlo, lei era da sempre stata molto intelligente. Lei lo aveva capito.

Fino ad allora, solo Sirius era riuscito a farlo così bene.

-Lily…-

-No.- lo interruppe lei. –Io non ti lascerò andare. Non so che ti sta succedendo, ma non mi importa! Hai promesso che mi saresti stato vicino, che mi avresti dato la tua amicizia ed ora non puoi ritirare tutto quanto! Io…io credevo in te!- esclamò, sull’orlo delle lacrime. –Se ho fatto qualcosa, ti chiedo scusa! Se…se ti è capitato qualcosa di brutto…io…io sarò felice di aiutarti! Ma, ti supplico…, non mi lasciare proprio ora, ho bisogno di te!-

Non poteva, non poteva restarsene immobile, mentre lei piangeva disperata di fronte a lui. Il suo piccolo tesoro, il suo unico amore.

Senza più pensare a nulla, James si alzò di nuovo, tornando di fronte a lei.

Lily continuava a fissarlo con gli occhi verdi ancora più luminosi per le lacrime.                

I libri ancora stretti al petto.

Rimasero a fissarsi per un po’, in silenzio. Infine, fu lei a parlare.

-…è…è per quello che è successo a….-

Sorridendo dolce, James scosse il capo. –No, non lo è.- le rispose piano.

Con delicatezza le prese le braccia, obbligandola ad aprirle.

I libri rovinarono a terra con diversi tonfi ripetuti.

Lei se ne stava ferma, compiendo ciò che lui le chiedeva, come una bambola nelle sue mani.

A quel punto, lui si avvicinò ancora e, piano, posò le labbra sui suoi capelli profumati, stringendola in un abbraccio carico di tutti i suoi sentimenti.

Lily tremava.

-Perdonami.- mormorò lui, affondando il volto nei suoi capelli. –Mi dispiace. Ci sono delle…cose di me, che non vanno bene e non posso spiegarti. Avrò molto da fare da adesso in poi, perciò ho ritenuto che fosse meglio allentarmi da te.-

-…non mi lasciare…- lo supplicò lei, stringendolo forte. –Non mi importa di nulla, James. Tienimi con te. Non mi lasciare…-

Lo sentì sorridere ed avvertì una mano accarezzarle una guancia con dolcezza.

-No.- lo udì risponderle. –Non ti lascio.-

 

 

 

 

Fine. ^_____^

Uffffffffffff………….Finalmente il cielo ha voluto farmi terminare anche questo capitolo. Era l’ora.

Temevo che non sarei più riuscita a toccare il mio pc per più di pochi minuti.

Vi chiedo scusa per le attese che sarete costretti a subire, ma vi dico con serietà che non ho intenzione di mollare la fic. Vi chiedo solo un po’ di pazienza.

Ringrazio tutti coloro che leggono questa fanfic, siete davvero gentilissimi e spero di non deludere le vostre aspettative.  ^___^

 

X Anna Mellory: Tesoro, ti ringrazio veramente per i complimenti, sono davvero felice del fatto che tu abbia apprezzato Savannah, spero che ti piacerà il proseguo di questa piccola storia nella storia. Io amo moltissimo raccontare le storie passate, di fatti, ho scelto di parlare dei Malandrini.^___^ Un bacio. Per la patente ce la metterò tutta! ^___-

 

X Mimmyna:  Come farei senza di te? ^___^ Grazie mille, il tuo entusiasmo riesce ad entusiasmare pure me!!!!! Cercherò di togliere tutti i tuoi dubbi, anche se mi diverto a tenerti con il fiato sospeso!!! Uh uh uh uh! Sono contenta che la mia piccola Savannah ti piaccia! Ce la metterò tutta per continuare a stupirti ancora! Le sorprese non sono di certo ancora fiite!! ^___- Bacini.^^

 

X Potterina-88- :  Hai detto “ Ne ho lette tante di storie sua Malandrini, ma come questa nessuna” ed io mi sono messa a piangere come una scema davanti al monitor. ^___^””” Che dire, questo è proprio quello che volevo! Grazie infinite, le tue parole mi hanno dato tanta voglia di continuare a raccontare.  Ah, ovviamente ciò che mi hai chiesto è vero. Il bel biondino è veramente ciò che tu pensi che sia! ^___- Kisses.

 

X Lilian Potter : Su, tranquilla. Non ho intenzione di torturare il povero James ancora per molto…… SCHERZO! Ovviamente lo torturerò fino alla fine dei suoi giorni! Ho un animo sadico, sai? Sì, il caro James è stato con Bella, ma ora non ha davvero più intenzione di riavvicinarsi a lei, quindi tranquilla. ^^ Per l’ultima domanda che mi hai fatto, beh, la risposta è “sì, lo è”. Un bacione.^^

 

X Ninny: Grazie mille per il tuo complimento, mi fa davvero molto piacere. ^^ Sono felice di averti incuriosito, spero che la storia non ti deluda, farò del mio meglio! Un bacione ed alla prossima!!! ^___^

 

X Aurora : Sono contenta che tu trovi la fic interessantissima e scritta con maestria. Sono davvero onorata dai tuoi complimenti, grazie infinite! Eh sì, ci hai preso. La risposta alla tua domanda è affermativa! ^^

Un bacione!

 

X Lady Slytherin: Beh, ho creato un bel po’ di scompiglio, eh? Mi rendo molto entusiasta tutto questo, è quello che volevo.^^  Il povero James è candidato alla strapazzatura! E’ talmente dolce e coccoloso  che va ammazzato di abbracci, che dici? Grazie per il conforto! Questo ultimo anno me lo voglio soprattutto godere, come hai detto tu. ^^ Un bacione!^^

 

X HarryEly: Grazie per l’imbocca al lupo! Spero crepi! XD XD Vabbè, volevo dirti che sono molto felice per come stai vivendo la fic! Il fatto che ti piaccia  mi rende davvero colma di felicità! Sono così contenta! Grazie mille, grazie davvero! E sì, gli amici di Jam non lo abbandoneranno! ^___^ Baciotti!

 

X Meli_ Mao: Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Grazie per il commento! Visto, in questo cap siamo tornati al presente, anche se ci sarà modo di tornare a Savannah.^^ Spero tanto che James abbia preso la decisione giusta! Ebbene sì, me lo sto chiedendo pure io! ^^ Ah, pure io trovo James gnocco! XD XD ^___^ Baci baci.

 

X Gypsy_ Rose90: Benvenuta e piacere di conoscerti! ^^ Sono davvero contenta che la storia ti abbia presa così tanto! Un bacione grande grande e grazie mille per gli auguri! ^____^

 

X Kiki 3006: Le tue constatazioni sono molto azzeccate! Penso che tutti quanti, me compresa, stiamo aspettando di vedere cosa è in grado di fare il nostro James! Beh, lo scopriremo, promesso! Ho parecchie idee in proposito, spero vi piaceranno! Un bacione grande, tesssssoro! Grazie per i tuoi commenti!^^

 

X Orlandofigo93: Sono tornata a Lily e James, visto! Ti prego, non mi morire!! XD XD  Sono contenta che la fic ti abbia appassionata così tanto e che la coppia Lily/James raccontata da me ti coinvolga! E grazie anche per i complimenti sul capitolo di Savannah! Baci. ^^

 

X Fefe-Hinata-Chan: E’ vero, è vero! James è proprio un cucciolo!!! Strapazziamo di coccoleeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!! >////////////////////////<  Sono contenta che la fic ti piaccia, tesoro! Evviva!!!! ^____^

Tranquilla per Lily, lei è cotta di James, non lo lascerà da solo.^^

Bacioni!^^

 

X Betta90: Sei e resterai sempre la mia prima amica virtuale!^^ Il primato non te lo toglie nessuno ed io sono sempre pronta per le nostre dotte disquisizioni sulla serie di Anita Blake! Sono felice che la storia ti piaccia, ormai non te lo dico più!^^  Ti farò venire il mal di testa! Visto? Sono riuscita a farti piacere la coppia Lily/James! ^___^ Un bacione grosso grosso!    ………….

         ………….                        Jean-Claude FIGOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!

 

X Ali-del-sole: Sono felice che il ritorno al passato ti sia piaciuto e che tu abbia le idee più chiare su James.^^ E sono contenta che tu lo adori! ^___^ Ti ho risposto alle domande, quindi non mi ripeto.^^ Ti va di fondare un funclub sulla fenice nera figozza dai capelli biondi e gli occhietti viola con me? Io non riesco a scrivere di lui se non tengo un secchio raccogli bava vicino a me! XD XD XD

 

X Black-Witch : Ciao sorella! Come va? Sono contentissima che continui a seguirmi! Visto che casino ti combino con Vick e Sirius! Tranquilla, rimetterò tutto a posto, altrimenti presto ti vedrò arrivare con un fucile sotto casa mia! XD Intanto il capitolo su Savannah ti è piaciuto e ne sono felicissima! Un bacio!

 

 

 

E infine…. Il ringraziamento ai i miei due tesori.^^ Masuko e Rosgreenday.^^

Masuko, che mi sprona sempre a dare il meglio di me e Rosgreenday che, con le sue recensioni, mi fa morire dal ridere.

Vi ho incontrate per caso e ringrazio il destino che lo ha fatto accadere. Siete le migliori del mondo, continuate ad essere come siete!

Un abbraccio stritolante, Vale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Before Halloween ***


Ed eccomi di ritorno dopo tanti mesi di lontananza dal mio adorato pc e dai miei adorati lettori. Come state? Procedono bene le vacanze?

La mia maturità è andata veramente molto bene e quindi ho perennemente un sorrisone che va da un orecchio all’altro. E poi sono finalmente riuscita a farmi prendere dai miei genitori due splendidi gattini!!! KAWAIIIII!!!!

Vabbè, ma tornando a noi…^^

Consiglio a tutti di riguardarsi un po’ la storia, visto che anche io avevo dimenticato un po’ di cose, poi fate voi.

Ok! Un bel respiro e…… si riparte!

 

 

 

CAPITOLO 17  “BEFORE HALLOWEEN”

 

 

 

 

 

 

Se c’era una sola cosa, unica tra tutte le altre, capace di far smuovere l’intera popolazione femminile di Hogwarts, finalmente unita, senza più distinzione tra Case, quella era, senza alcun dubbio, l’allenamento della squadra di Quidditch del Grifondoro.

A volte capitava che ad assistere vi fossero anche delle ragazze realmente interessate al gioco e che, mettendosi la mano destra sul cuore, sarebbero state pronte a proclamarsi virtuose e per nulla interessate ai bei corpi maschili in movimento, come, tanto per fare un esempio, quelli di James Potter e Sirius Black.

La maggior parte della folla che si radunava sugli spalti dello stadio, tuttavia, poteva dirsi di essere l’esatto opposto.

In fondo, quale occasione migliore di avere una scusante per poter ammirare il bel capitano della squadra?

Lily Evans, uscendo dal gran portone della scuola e cominciando a camminare sull’erba fresca del prato, potè già vedere cosa la stava aspettando allo stadio di Quidditch. Una turba di ragazzine velenose pronte a distogliere lo sguardo da James per poter tormentare lei.

Fu tentata di fare dietro front e tornarsene nel castello, magari a studiare.

Poi si ricordò che James l’aveva minacciata di farla correre come una matta verso di lui con una bella lucina bianca e dolorosa al polso destro, se non si fosse presentata al loro appuntamento.

Pensare a quell’ultima parola, appuntamento, non fu proprio una buona idea. Per poco la sua faccia non diventò del colore dei suoi capelli.

Stringendosi nel suo cappotto bianco panna e traendo un lungo sospiro, Lily riprese a scendere, stando attenta a non scivolare sul terreno umido.

Più si avvicinava, più le figure che sfrecciavano in cielo si facevano chiare.

Emma McLoow era in porta, intenta a parare i veloci tiri di Alice.

Adam Maison e Lucas Smith si stavano esercitando con i Bolidi.

Sirius faceva dei passaggi con un’altra figuretta in rosso, impacciata.

Per un attimo, Lily si soffermò ad osservare la ragazza, quasi sperando di vedere ciò che desiderava, ma durò poco. Non poteva prendersi in giro.

Quella nuova Cacciatrice non era Victoria.

Victoria non faceva più parte della squadra.

Era come scomparsa.

Lily non riusciva più ad incrociarla nei corridoi e le poche volte che si incontravano, Vick la ignorava bellamente, come, del resto, evitava James e gli altri.

Stava scappando da Sirius.

E da loro.

Il dispiacere di aver perduto un’amica, o meglio, l’unica amica, la tormentava spesso e volentieri. Non riusciva a capacitarsi di quell’abbandono improvviso, né del terribile distacco che si era creato tra Vick e Sirius.

Aveva cominciato a legare con Alice e, quando capitava, scambiava qualche parola con la piccola Narcissa, ma Vick le mancava.

Victoria Olsen era un piccolo terremoto, era impossibile non avvertire la sua presenza e, proprio per questo motivo, lo era anche non accorgersi della sua mancanza.

Sospirando, riprese il suo cammino.

I suoi lunghi capelli rossi frusciavano al vento con fare sinuoso, incantatore.

E lei guardava dritto davanti a sé.

Fu con immenso stupore che scorse una figuretta appostata all’entrata dello stadio, intenta a spiare gli allenamenti, pronta a filarsela non appena qualcuno avesse guardato dalla sua parte.

Lily la osservò.

Scarpe sportive nere, dai lacci di colori diversi. Pantaloni di jeans strappati sul ginocchio, chiari. Catenelle di varia forma che pendevano dalla cintura, con piccole borchie. Una pesante felpa rossa, con cappuccio. E capelli neri, corti, messi in movimento dal vento.

Il cuore della ragazza si gonfiò di gioia.

Prese a correre.

-VICTORIA!- gridò, per farsi sentire. –VICK!- la chiamò ancora, correndo nella sua direzione.

La Olsen trasalì, sentendosi colta in flagrante.

Si voltò per individuare il proprietario della voce che la stava chiamando, restando sorpresa nel vedere Lily Evans.

Non era proprio una consuetudine che la Caposcuola di Grifondoro si recasse agli allenamenti della squadra.

Si sforzò di sorriderle, impacciata.

-Hey…- le mormorò, quando furono vicine. -….ciao.-

Lily invece le sorrise con calore. –Vick.- ripetè. –Cosa stai facendo qui? Guardi gli allenamenti?-

La moretta parve in imbarazzo. –Io…ecco….sì.- ammise, piano. –Volevo vedere come…insomma….quella Rogers non mi sembra molto brava.- disse infine, riferendosi alla nuova Cacciatrice che giocava con Sirius e Alice.

Lily rise. –Non lo è infatti. Anche James lo dice. Nessuna è come te, Vick. Ti stanno aspettando tutti. Tutti quanti vogliono che tu torni in squadra. Alice mi ha confessato di non sopportare proprio Alessia Rogers. Sta meditando un sacco di modi per farla fuori.- le confessò, divertita.

-Parli con Alice?- fece Vick, curiosa.

-Beh…sì.- rispose Lily, contenta. –James mi trascina un po’ ovunque, perciò… Ecco, credo di aver legato un po’ con i suoi amici. Anche con Alice. È una ragazza veramente divertente!-

-Lo è! È un mito!- confermò Victoria, sorridendo. Era veramente felice per Lily. Grazie alla compagnia di James, senza neppure accorgersene, si stava facendo degli amici, dei buoni amici.

La Evans la osservò per un po’, tornando seria. –Allora?-

-Allora cosa?- fece Vick.

-Quando tornerai in squadra?-

Victoria scosse il capo. –Non torno in squadra, Lily. Non posso. Non voglio stare insieme a Sirius, non mi pare proprio il caso.-

Eccoci arrivate al punto dolente, pensò la Evans, osservando la ragazza che aveva di fronte. Forse era arrivato il momento di farla parlare, dopo tutto.

-Ascolta Vick, io non voglio farmi gli affari tuoi, sia chiaro.- cominciò, traendo un bel respiro. –Però ormai è da un bel po’ che voi due siete in rotta. Mi pareva che foste dei buoni amici, che vi è successo? Non mi pare che Black sia un ragazzo con cui non si può parlare. Che vi è capitato?-

Abbassando lo sguardo a terra, sentendosi il cuore stretto in una morsa, la Olsen sentì i propri occhi bruciare. Cosa era successo? Eh, avrebbe tanto voluto saperlo pure lei. E sperava con tutto il cuore che l’allontanamento di Sirius non fosse stato causato dal suo diario misteriosamente scomparso, altrimenti poteva tranquillamente eclissarsi dalla faccia della Terra.

-Vick…- la chiamò Lily, riportandola alla realtà. -…a te….a te piace Sirius, vero?- chiese, cercando di essere il più delicata possibile, ma consapevole che con i sentimenti non lo si è mai abbastanza.

Si aspettava che la Olsen si arrabbiasse e le dicesse di farsi gli affari suoi, invece non fu affatto così.

-….tre anni, un mese e tre settimane.- mormorò Victoria, tenendo lo sguardo basso e sentendo un grosso nodo stringerle la gola.

Gli occhi le erano diventati lucidi.

-Vick….io..- fece Lily, incapace di trovare qualcosa da dire.

Adesso comprendeva tante cose.

Non era brava a relazionarsi con gli altri, ma non poteva abbandonarla a se stessa. Le si fece vicino e la abbracciò, un po’ impacciata.

Victoria non si mosse. Ma cominciò a piangere.

-Sono innamorata di lui!- gridò nel vento, stringendosi a lei, disperata. -Sono disperatamente innamorata di lui, Lily. Lo sono da quando ero una ragazzina di soli tredici anni! Ma lui…lui non mi vuole! Non si è mai neanche degnato di guardarmi con interesse. Forse…forse neppure mi vede come una ragazza! Sì! Per lui…per lui sono asessuata, sai? Vick è un maschiaccio! È il mio secondo James! Ecco cosa pensa! E io…io invece di odiarlo per questo lo amo ancora di più, maledizione! Voglio…voglio che si innamori di me! Perché…perché non si accorge di me?! –

Vick era come un fiume, un fiume bloccato per tanti, lunghissimi anni da una diga pesantissima, ed ora libero di uscire.

Lily la strinse di più, cercando in ogni modo di confortarla, di farle capire che le era vicina. Ma non era brava con gli affari di cuore.

Si sentiva veramente addolorata per Victoria. Commossa.

-…tutti questi dannati anni…- stava continuando la Olsen, senza riuscire a calmarsi. -…a fare finta di essere sua amica. Ad accettare tutte quelle stronze vanesie che gli mettevano le mani addosso e che lui adorava! Tutti quei baci che si è fatto dare da loro! E…e io ero lì! E non potevo fare niente!- fece, piangendo più forte.

Lily ricordò gli sguardi di puro astio che Victoria aveva lanciato a Kelly Logan. Sì, decisamente adesso capiva.

-Vick….Vick, ti prego, cerca di calmarti…- le mormorò piano Lily. –Vedrai che le cose si aggiusteranno….se…se tu provassi a parlarne con Sirius…-

Fu un attimo.

La Olsen si staccò da lei, passandosi un braccio sul viso, per asciugare le lacrime.

-Tu non capisci.- fece seria, scuotendo il capo. –Lui non capirebbe mai.-

-Chi te lo dice?- replicò Lily. –Cosa ti dà la certezza che lui non capirebbe? Mettilo alla prova!-

-Ma io non posso perderlo, Lily!- esclamò Victoria, distrutta.

La Evans abbassò lo sguardo, cercando di trovare le parole giuste. Per lei non era davvero facile. Per niente.

-Ascolta, Victoria.- fece, tornando a guardarla. –Io non ho mai avuto molti amici fino…fino ad ora, quindi non so bene come funzionano queste cose e potrei darti un consiglio sbagliato.- ammise, piano. –Ma io, come dire, penso che in amicizia, come in tutti gli altri rapporti del resto, bisogna essere sinceri, prima di tutto. Tu dici di non voler rivelare i tuoi sentimenti a Black per paura di perderlo e lo capisco, ma… Vick, non vedi che lo stai già perdendo? Non vi parlate da settimane, ormai. Se non vi chiarite e fate passare altro tempo…lo perderai per sempre! Anche solo come amico. È questo che vuoi?-

A udire quelle parole, Vick si sentì sprofondare. Lily Evans aveva ragione.

E adesso? Che cosa poteva fare?

Sirius non le parlava più. Anche se avesse voluto aprirgli il suo cuore, come avrebbe potuto farlo, se lui neanche si fermava ad ascoltarla?

Si sentì in trappola.

Ed il diario?

E se lo avesse proprio trovato Sirius? Se lo avesse letto? Se si fosse allontanato da lei proprio per questo?

Dio, che confusione!

-Grazie, Lily.- mormorò piano. –Io…io farò quello che posso.-

La Evans le sorrise. –Secondo me dovresti. Non hai più niente da perdere, ormai. Fatti coraggio.-

Tristemente vero, si disse Victoria con amarezza. Sospirò. Anche respirare le era diventato doloroso. Alzò un attimo lo sguardo, osservando i giocatori di Grifondoro che continuavano ad allenarsi, ignari. Riconobbe Sirius. Sfrecciava più velocemente degli altri intorno a lui. Sembrava essere tornato a giocare bene come prima, ora che lei non c’era più. Una pugnalata in pieno stomaco.

-Me ne vado.- disse infine. –Ho un tema di Pozioni da terminare e tutti gli esercizi di Incantesimi da fare.- dichiarò, rimettendosi in marcia.

-Certo.- fece Lily, guardandola con tristezza. –Ciao Vick.-

-Ciao Lily.- le rispose l’altra, mentre riprendeva la salita per tornare a scuola.

Non si voltò mai, nemmeno una volta, per dare un’ultima occhiata al campo di Quidditch.

 

Arrivata nella tribuna di Grifondoro, Lily Evans scoprì con stupore che, oltre ad una spropositata folla di ragazzine urlanti, ad assistere agli allenamenti della squadra dei Grifoni c’era anche Frank Paciock.

Strano, si disse. Non credeva che un ragazzo impacciato come lui amasse lo sport. Beh, mai giudicare dall’apparenza.

Per un attimo fu tentata di cercarsi un posto un po’ isolato, in modo da potersene stare tranquilla, lontano dagli altri.

Poi ricordò le parole di James e l’impegno preso con lui.

Su, coraggio! Si disse.

Assumendo l’aria più tranquilla e serena che aveva, andò a sedersi proprio vicino a Paciock, dicendosi che, se proprio doveva socializzare con qualcuno, meglio lui che le ragazze svitate che stavano strillando fuori di testa.

-Buongiorno, Paciock.- disse, educata, sorridendogli.

Il povero ragazzo, una volta voltatosi per ricambiare il saluto, sbiancò.

Lily Evans?! LILY EVANS?!

-E-Evans!- esclamò, terrorizzato. –Qualsiasi cosa sia successa, io non ho fatto assolutamente nulla! Ho passato gli ultimi giorni a studiare per rimediare un Troll in Pozioni! Sono innocente!-

Lily sospirò, guardando in basso.

Doveva aspettarselo, non poteva prendersela con gli altri per questo. Lily Evans la Caposcuola, era questa l’immagine che aveva voluto dare di se in tutti quegli anni. Ne fu, comunque, mortificata. E pensare che Frank Paciock era un ragazzo del suo anno, di Grifondoro. Eppure conosceva solamente il suo nome e la sua fama di imbranato, diffusa in tutta la scuola.

Ok, non doveva abbattersi.

Tornò a sorridergli, gentile.

-Tranquillo Paciock, non sono venuta a punire nessuno. Sono qui, beh, solo per gli allenamenti.- gli disse, cercando di suonare convincente.

-Ah si?- fece Frank, guardandola ancora più sconvolto di prima. –Io…io non credevo ti interessassero.-

-Beh, se ti può interessare….neppure io credevo interessassero a te.- rispose lei.

Paciock parve per un attimo offeso. Poi dichiarò: -Il Quidditch è tutta la mia vita, Evans! Vuoi scherzare?! Io non mi perdo mai nulla che riguarda la mia squadra! Non fossi così imbranato vorrei giocare anche io!-

Accidenti, lo aveva fatto arrabbiare! Che stupida!

Lily si sentì decisamente nei guai. Forse era davvero meglio mettersi in un angolo, buona e zitta, ed aspettare James.

Adesso era in ballo, però, e Paciock la stava fissando con i suoi occhi scuri.

-Mi dispiace, Paciock. Mi rendo conto di…di non sapere praticamente nulla di te, sebbene viviamo nella stessa Casa da più di sei anni. Scusa.- mormorò, mortificata. Sentiva il cuore battere forte nel petto.

Era davvero così.

In quei giorni, seduta accanto di banco a James, aveva spesso osservato i suoi compagni e…aveva scoperto con una certa malinconia e disagio di sapere poco o nulla su di loro. Ok, non era tutta colpa sua. Ma in parte sì.

Lo sguardo di Frank si addolcì.

-Hai ragione, Evans. Scusami tu. Anche io ammetto di conoscere poco di te.- fece, gentile. –E così…ti piace il Quidditch? Oppure sei interessata ad uno dei giocatori? Ti prego, non dirmi che è la seconda opzione, non ti faccio come tutte le altre!-

Lily rise per l’espressione di Paciock, quando questo aveva lanciato un’occhiata alle numerose ragazze.

-A dire il vero, Paciock, sono qui sotto ricatto…- rispose Lily, misteriosa.

-Tu ti lasci ricattare?-

-Che vuoi che ti dica? A volte la minaccia di 200 punti in meno alla Casa non funziona!- fece lei.

Entrambi risero.

C’era riuscita, si disse Lily. Stava parlando con Paciock. Stavano ridendo!

Che stupida a credere che non ce l’avrebbe mai fatta! Adesso non le appariva più così difficile!

Frank era un ragazzo estremamente gentile e molto affabile, scoprì Lily.

Aveva degli occhi nocciola molto espressivi, dai quali traspariva con semplicità lo stato d’animo del ragazzo. In quel momento, fissi su di lei, brillavano di divertimento e di curiosità.

-Alice è molto brava, vero?- fece Lily, indicando la Rubin che, in quel momento, stava segnando un goal.

-Molto, sì.- rispose Paciock, osservando quella che, un giorno, sarebbe diventata sua moglie. –Peccato per il suo terribile carattere.-

-Ma no, dai!- esclamò Lily, divertita.

-Scherzi? Ti confesso che a me mette anche un po’ di paura!- le confessò Frank.

La Evans scoppiò di nuovo a ridere.

 

“Ok, adesso scendo e butto giù Frank Paciock dalla tribuna.”

Di chi poteva mai essere un tale pensiero omicida?

James Potter osservava i due Grifondoro ridere, combattuto tra l’essere felice che Lily fosse riuscita ad aprirsi con qualcuno e il non essere felice che Lily fosse riuscita ad aprirsi con qualcuno, che, tra l’altro, era un ragazzo.

Che cavolo!

Senza neanche pensare a ciò che faceva, James individuò Remus.

Lupin, costretto da Sirius e James ad assistere ad i loro preziosi allenamenti, se ne stava tranquillamente seduto nelle tribune di Corvonero, dove c’era un po’ di sole. Era sempre stato un tipo freddoloso.

Tanto per cambiare, studiava.

Indossava una giacchetta di jeans un po’ imbottita, per ripararsi dal primo freddo. I capelli biondo miele scompigliati dal vento. Gli occhi cerulei fissi sulle pagine di un pesante tomo di Storia della Magia, l’incubo di ogni studente.

Si accorse che James stava smanaccando nella sua direzione solo dopo un bel po’, quando a Potter già cominciava a dolere il braccio.

Gli lanciò uno sguardo interrogativo, della serie “Che cavolo vuoi, scemo?”

James gli rispose indicando ripetutamente una zona delle tribune di Grifondoro, dove Lily Evans e Frank Paciock stavano parlando tranquillamente.

Altro sguardo interrogativo di Remus. Come a dire “E allora?”

Perdendo la pazienza, James si decise a raggiungere l’amico.

-Remus, hai visto?- fece, non appena fu arrivato a portata d’orecchio.

-Sì! Lily sta finalmente facendo amicizia e sono contento. E allora?- rispose Lupin, innervosendosi. –Che c’è?-

Potter parve un attimo confuso. Ma si riprese in fretta. –Sta ridendo con Paciock!-

-Lo vedo.- fece Remus, tranquillo.

-Ecco! Lo vedi!-

-E allora?-

-Ma come! Lei…lui…li vedi!-

-James…- cominciò Remus, cominciando a capire.

-Remus, quello scemo di Paciock ci sta provando, non vedi!? Cosa cavolo…!!-

-James…-

-Glielo faccio vedere io! Dannazione! Io vado dietro a Lily da molto più tempo di lui! Al diavolo! Io…-

-JAMES POTTER!- fece Remus, ottenendo finalmente la sua attenzione. –Non eri tu quello che volevi che Lily si inserisse come tutti gli altri e si facesse degli amici? Ora sta provando a farlo! Che fai? Ti rimangi i tuoi propositi?-

-No! Cioè….sì! Cioè…. … Dipende!-

Remus Lupin scosse il capo. –Sei proprio un caso strano di essere umano, James Potter.- dichiarò, sospirando. –Torna ai tuoi allenamenti.-

-Ma…!!- protestò quello.

-Ho caldo.- fece Remus. –Vado là all’ombra.- disse, indicando proprio la zona dove si trovavano Lily e Frank. –A dopo.-

E così Remus Lupin, anima pia, ma veramente!, si avviò a patire un po’ di freddo, rinunciando ad il suo amato sole.

Ehhhh….cosa non si fa per gli amici!

 

Quando il povero Lupin arrivò alla meta, Frank stava tentando di spiegare a Lily alcune semplici tattiche di Quidditch.

-…ma non sarà pericoloso?- stava dicendo Lily.

-Ma no!- rispose Frank, prima di sorridere a Remus e salutarlo. –Ciao Rem!-

Il biondino sollevò una mano per salutare entrambi. Andò a sedersi vicino a Lily.

-Sono contento che sei venuta.- le disse, gentile. –Tutto bene?-

-Sì!- replicò la Evans, allegra. –Insomma…non ci capisco molto, ma Paciock mi sta dando ripetizioni.-

Frank rise.

-Non avrei mai pensato che Lily Evans fosse interessata al Quidditch!- esclamò il ragazzo, divertito.

-Beh, adesso lei sta con noi.- le venne in aiuto Remus.

Fu allora che gli occhi di Frank si animarono di meraviglia e di incredulità. –Allora è vero? È vero che stai insieme a Potter?- fece, rivolto a Lily.

La poveretta andò a fuoco. –N-no! N-non è vero!- ribatté, balbettando.

-Allora stai con Lupin?- continuò Paciock.

-Cosa?!- esclamarono i due interessati.

-Lupin sta con Evans?- si intromise una quarta voce, molto tranquilla.

I tre ragazzi alzarono lo sguardo, incontrando quello di Eva Ames, bella e raffinata come sempre. Osservava Remus.

-No, insomma!- fece Lily, abbassando lo sguardo. –Non sto con nessuno del gruppo.-

Paciock annuì, poco convinto.

Lupin invece sorrise alla nuova arrivata. –Ciao. Che fai qui?- le chiese.

Eva sorrise. –Tranquillo, non voglio fare la spia. Non sono venuta per documentarmi sulle mirabili imprese di Potter il Genio. Cercavo te.-

-Me?-

La Serpeverde annuì. –Si è scatenata una sorta di guerra fredda tra i quadri del secondo piano, originata ovviamente dalla Signora Bianca. Gazza mi ha incaricato di occuparmene e di cercare aiuto. Vuoi venire?-

Sorridendo, Remus annuì. –C’era da aspettarselo. Erano giorni che la Signora Bianca e Lady Mary si punzecchiavano.- poi si voltò verso i due compagni di Casa. –Beh, a dopo.- disse loro.

E si alzò di nuovo, seguendo la Ames.

Lily li osservò, mentre si allontanavano. Avvertiva una sorta di inquietudine.

Ma la mise presto a tacere. L’allenamento di Grifondoro si era finalmente concluso. Non vedeva l’ora di parlare con James, di avercelo vicino! Non poteva negarlo a se stessa.

Lo vide scendere dalla scopa, insieme a tutti gli altri. Sorrideva come sempre.

Lily non si accorse neppure che Frank Paciock si era alzato e l’aveva salutata.

Poco dopo si decise ad alzarsi a sua volta, scendendo timidamente in campo. James le si materializzò subito accanto, come sbucato dal nulla.

-Hey, Lily!- trillò, tutto giulivo. –Allora, hai visto come sono bravo?-

Lei sorrise, contenta per il solo fatto di averlo vicino. –Certo, certo! E poi Paciock mi ha spiegato un po’ di cose.- gli disse.

-Già.- fece James, rigido. –Ho visto.-

Lily era raggiante. –Ce l’ho fatta! Non è stato poi così difficile! E poi Paciock è simpatico!-

-Sì, certo. Ma è un grande imbranato, sai?- fece James, velenoso.

Lily fece spallucce, come a far capire quanto poco la cosa le importasse.

-Allora, si può sapere perché mi hai fatta venire qui? Dove dobbiamo andare?- gli chiese, curiosa.

Il ragazzo ritornò ad essere allegro. –E’ una sorpresa, mia cara!- le disse, divertito.

-Vado a cambiarmi e torno. Così sono impresentabile!-

Lily non rispose.

James aveva il viso accaldato, il respiro lieve, i capelli ancora più in disordine e l’uniforme rossa ed oro stupendamente indossata.

Non trovava affatto che fosse impresentabile, non per lei almeno.

Arrossì.

Lui non se ne accorse, si stava già dirigendo verso gli spogliatoi insieme ai suoi compagni. Lily andò a sedersi in un angoletto, in pace con il mondo come non lo era stata da un bel po’ di tempo.

Chissà dove voleva portarla quella canaglia…

Detta canaglia, seduta in una panchina dello spogliatoio, stava aspettando il suo turno per farsi una meritata doccia. Aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

Ok, si era detto mille volte che, visto le condizioni tragiche in cui lui si trovava, era bene non legarsi troppo a Lily, ma, cavolo!, era una vita che voleva uscire con lei!

Sirius, uscito dalla doccia, avvolto in un morbido accappatoio, si accese una sigaretta. Era decisamente provocante! Ci fossero state le ragazze!

James gli lanciò un’ occhiata. –Come se la cava la Rogers? Ti ci trovi bene?- gli chiese. La ragazza in questione era sotto la doccia.

Sirius fece spallucce.

-Va e non va. Ha bisogno di tempo.- gli rispose.

Potter annuì. –Victoria era a vedere gli allenamenti, l’ho vista parlare con Lily.- disse, piano.

Black fu scosso da un brivido freddo, solo per un attimo. Poi tornò ad avere un’espressione fredda e menefreghista. –Vado a cambiarmi.- fece, allontanandosi.

E James lo guardò andare via, sospirando.

Ultimamente avevano tutti dei problemi, che periodaccio!

Si tolse gli occhiali, pulendoli con un lembo della divisa e si avviò verso le docce, stanco. Sentiva tutti i muscoli tesi.

Non appena l’acqua calda cominciò a scorrere sul suo corpo, la sua mente si estraniò da tutto ciò che aveva intorno.

Si fece più leggera, lontana dalla sua vita.

Cominciò a pensare…

Rivide il volto di sua madre, Amelia Potter. La donna che lui adorava sopra ogni cosa…

Poi suo padre, Zack Potter, l’Auror che tutti rispettavano, l’uomo che lui venerava…

Che cosa avrebbero detto, se avessero saputo che il loro bambino aveva acconsentito ad incontrare Edward Havisham?

Ma chi era quell’uomo?

Non si era mai voluto informare troppo su di lui.

Suo nonno.

Signore del casato degli Havisham, la famiglia di maghi più ricca del mondo. Gli Havisham…

Maghi diversi dagli altri.

Più potenti. Più pericolosi.

Talmente ricchi di potere da poter fare magie senza bacchetta.

Maghi Neri.

Conoscitori dell’occulto, servi del Male Primario, custodi dei segreti delle Tenebre. Maghi corrotti. In grado di domare gli Spiriti Maligni.

Mostri.

James fu pervaso da un orribile senso di nausea. Boccheggiò.

Tutto questo era dentro di lui… …e non solo.

No, lui non era solo questo.

Dentro di lui, assai più pericoloso, si annidava il potere del suo vero padre. Un padre che non era umano. Un padre che…non era un mago.

Una creatura maligna.

James si guardò il tatuaggio.

Il simbolo che aveva tatuato sulla spalla, una lettera in antico runico…

Era stato Silente in persona a inciderlo sulla sua pelle, come sigillo, quando lui era ancora un bambino.

Un sigillo ai suoi poteri che, altrimenti, sarebbero cresciuti a dismisura ed avrebbero preso il sopravvento sulla sua anima. Rendendolo schiavo.

E ora…quel sigillo non bastava. Non più. I suoi poteri erano più forti di lui.

Silente non aveva più idea di come contrastarli.

Non aveva scelta…

Doveva incontrare Edward.

Supplicarlo, se ce ne fosse stato il bisogno.

Avvertì i suoi compagni lasciare lo spogliatoio. Poi la voce di Sirius.

-Vado anche io, James. Ci si vede in Sala Grande.-

-Ok, a dopo.- gli rispose.

Ecco, ora era solo.

Finalmente…

Potava respirare.

Fu un attimo, il tempo che la sua mente realizzasse che non vi era davvero più nessuno in giro…

James cominciò a piangere, mischiando le proprie lacrime con l’acqua calda che scendeva su di lui.

Basta! Non ce la faceva più.

Basta. Perché era toccato a lui? Perché?

Perché non lo lasciavano in pace?

Maledizione!

Ma adesso, almeno, poteva piangere. Solo un po’, un altro po’.

James Potter non piange. Non è mai infelice. È sempre allegro e ottimista. Questo è ciò che tutti sapevano di lui.

Tutti contavano su di lui.

Tutti ne avevano bisogno. Doveva essere forte!

Piangeva un altro po’ e…ripartiva. Ritornava ad essere il giullare di Hogwarts.  Ormai ci era abituato.

Uscì dalla doccia, si vestì, si frizionò bene i capelli con l’asciugamano. Non poteva andarsene in giro con i capelli umidi a metà Ottobre.

Quando sentì la porta aprirsi non ci fece troppo caso. Poteva essere tornato chiunque della sua squadra, magari per recuperare qualcosa che aveva lasciato lì.

Invece si sentì abbracciare da dietro, in modo possessivo.

Non ci fu bisogno di altro per capire.

Rabbrividì, gelando.

Conosceva quell’abbraccio, quel profumo.

-…. …Bellatrix…- mormorò, sentendosi gelare dentro.

-…James…- bisbigliò lei, piano, posando la bocca sul suo collo, seducente. -…che fai, ti rivesti? Adesso?-

Lui posò le mani su quelle di lei e la costrinse a sciogliere l’abbraccio. Quando si voltò a guardarla i suoi occhi erano pieni di odio e rabbia.

-Che accidenti fai qui?-

La Black sospirò. –Mi mancavi.- mormorò, guardandolo con desiderio. –Lo sai che voglio te. Sempre e solo te…-

-E’ stato l’anno scorso, Bellatrix.-

-E allora? Io non ho dimenticato.-

-Dovresti farlo. Io non sono interessato a stare con te. È stata una cazzata.-

-Ah si? Io invece penso proprio che tu lo volessi, James. Io sono tutto ciò da cui stai disperatamente scappando. Fatichi, corri, corri e corri. Non ce la fai più. Abbandonarsi per un attimo a ciò che ti sta inseguendo…ti è piaciuto, dimmi la verità.-

-Non è vero.- fece lui, rigido. –E’ stato un errore.-

-Ti è piaciuto, James. Ti è piaciuto smettere di fingere ed essere finalmente te stesso. Ti è piaciuto da morire. L’ho visto dai tuoi occhi.-

-SMETTILA!- gridò James, furente. –Smettila.-

Bella rise. –Smettila tu, James. Questo non sei tu. Tu sei come me.- mormorò lei, facendogli una carezza. –Abbracciami. Ora. Diventa come me. Diventa un Mangiamorte. È questo ciò che sei.-

-Sta zitta! Tu non sai niente di me! NIENTE! Preferirei morire!-

-Tu stai già morendo, James! Ti stanno uccidendo loro!-

Ma lui non la considerava più.

-Vattene.- le disse, freddo. –Finiscila di tormentarmi.-

La Serpeverde abbassò lo sguardo, per la prima volta sconfitta. Lui la sconfiggeva sempre. E per lei, sempre abituata a vincere, era così strano… eppure con lui era sempre così.

Non se ne capacitava.

Lo desiderava come non aveva mai voluto niente al mondo.

Eppure, neppure tutto l’oro di cui disponeva sarebbe bastato. Niente bastava. Niente l’avrebbe mai aiutata ad appagare quel sentimento velenoso che la portava a bramare James Potter con tutta se stessa.

E odiava tutto questo. Lei, Bellatrix Black, poteva avere tutto. Ogni cosa. Tranne lui.

-…sei così bello…- mormorò piano, senza neanche rendersene conto, mentre lui tornava ad asciugarsi i capelli, ignorandola.

James non le rispose.

-…così bello...- continuò lei, osservandolo incantata. -….James…- lo chiamò, con un tono dolce nella voce che nessuno, tranne lui, le aveva mai sentito. Non sembrava neanche lei.

-Cosa?- sbottò lui, tornando a guardarla.

-E’ vero che stai con Lilian Evans?- gli chiese lei, sentendosi morire.

-No.- rispose lui.

-Ma…ma sei innamorato di lei?-

-Sì.- rispose lui, senza timore.

Fu come ricevere una coltellata in pieno petto per lei.

-Perché io no?-chiese, un filo di voce.

James sospirò, riponendo l’asciugamano. –Non lo so, Bellatrix. Non credo ci sia un perché per queste cose. So solo che la amo. E nessuna potrà mai prendere il suo posto.-

Bellatrix volse lo sguardo. I suoi occhi blu assunsero un’espressione indecifrabile.

Delusione. Tristezza. Rabbia.

-Ci vediamo, James.- fece ad un tratto, fredda.

Non voleva più discuterne per quella giornata. Era già fin troppo ferita. Maledetto James Potter!

Se ne andò in silenzio, così come era venuta. E lui rimase da solo.

Finì di vestirsi.

Maglia nera, a maniche lunghe. Jeans scuri. Scarpe sportive, le uniche che amava. Si dette un’ ultima aggiustata ai capelli e prese la giacca, nel caso ne avesse avuto bisogno.

Uscì.

Forse Bellatrix sarebbe riuscita a capirlo molto meglio di tutti gli altri.

Non sarebbe mai scappata se lui le avesse detto chi era veramente, anzi, forse ne sarebbe stata estremamente felice. Lo avrebbe adorato ancora di più.

Probabilmente era questo che l’aveva spinto tra le sue braccia fredde un anno fa.

Lei lo avrebbe accettato.

Lo avrebbe capito.

Con lei non avrebbe mai dovuto nascondersi.

Avrebbe potuto dire “Sì, sono un mostro. Ma tu mi vuoi proprio per questo. Sono libero.”

Sarebbe stato facile. Terribilmente facile. Bellatrix era sua, lo sapeva. Se ne accorgeva da come lo aveva sempre guardato.

L’aveva in pugno.

Sì, sarebbe stato terribilmente facile…

Ma non era questo che voleva.

Aveva ceduto una volta, ma non lo avrebbe mai più fatto.

Lo aveva deciso molto tempo fa.

Fino alla fine, lui avrebbe sempre scelto la luce.

 

 

 

 

 

Ahhhhhhhhhhh…………..FINE!

Ovvia, e anche questo è andato. ^^ Che ve ne pare? Sono peggiorata? È tanto che non scrivo, quindi ditemi voi. Mi fido.

Che dire? Finalmente sono tornata a casa. Non ho parole adatte per dirvi quanto mi siete mancati, tutti voi.

Avevo così bisogno di tornare da voi che credevo di impazzire. Ma l’attesa è finita e la storia continuerà senza interruzioni, spero.

Ringrazio tutti coloro che hanno avuto la pazienza di aspettare e anche quelli che si sono aggiunti quando io ormai me ne ero andata. Non ho avuto occasione di ringraziarvi di persona e di darvi il benvenuto, beh…lo faccio. Ben venuti! e grazie!

Ho notato che siete aumentati a livelli vertiginosi, mi sono quasi spaventata quando sono andata a vedere i Preferiti! XD

Beh, sono molto felice. E’ un onore scrivere per voi, ragazzi. ^^

Al prossimo capitolo. ^^

Fatevi sentire tutti quanti, ho voglia di risentirvi. E fatemi pure domande sulla storia. Risponderò nei limiti del possibile.

Un bacione! ^^

Lady Tsepesh

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Before Halloween [2] ***


Dedico questo capitolo a…a me stessa, ecco! XD A me, che dopo tante fatiche sono riuscita a superare 5 terribili e faticosi anni di Liceo Classico, studiando con impegno ed ottenendo risultati che mi hanno sempre resa fiera di me. A me che, adesso, ho intenzione di intraprendere  una nuova strada all’università.

Vi abbraccio tutti quanti, Valentina.

 

 

 

CAPITOLO 18 “BEFORE HALLOWEEN [2]”

 

 

 

 

Era ormai giorno inoltrato ed il parco di Hogwarts splendeva più che mai per i raggi del sole. Hagrid, il guardiacaccia, stava trafficando nel suo orto di zucche, proprio dietro la sua capanna. Halloween era vicino.

Lily lo osservò, divertita.

Se ne stava seduta sull’erba, vicino allo stadio, avvolta nel suo cappotto bianco panna. Guardò il cielo. Era di una bellezza devastante. Neanche una nuvola.

Portò lo sguardo agli spogliatoi. Ma quanto ci metteva James?

Sentiva dentro di se emozioni contrastanti. Da una parte non vedeva l’ora di vederlo arrivare e di uscire con lui, dall’altra aveva paura.

Un appuntamento.

Mio Dio!

Cosa sarebbe accaduto?

Era terribilmente ansiosa.

Con un tuffo al cuore vide James arrivare.

Era di una bellezza devastante. Adorava quei capelli neri ribelli e quegli occhi scuri così buoni e gentili. Quando si soffermò ad osservare il suo fisico da atleta arrossì furiosamente.

Il cuore cominciò a batterle ancora più forte, quando lui le sorrise.

Era meraviglioso.

Rispose al sorriso e si mise in piedi, aspettandolo. Con altre tre falcate James fu davanti a lei, sempre sorridendole bonario.

-Allora, andiamo?- le fece, allegro.

Lily annuì, sorridendo. –Sì, ma dove? Me lo vuoi dire?-

-Ad Hogsmeade.- rispose lui. –E’ domenica, possiamo passarci tutto il pomeriggio se ti va.- le disse, gentile.

Lily arrossì di nuovo. Annuendo ancora.

-Allora pranziamo là, se facciamo tardi?-continuò James.

-Sì, ve bene.-

Sorridendo strafelice il ragazzo la prese per mano, provocando un ulteriore aumento dei battiti del cuore della ragazza.

Lily era sicura che James si sarebbe diretto verso i cancelli della scuola, invece, con sua somma sorpresa e confusione, lui si diresse verso la scuola.

-Hey, ma dove vai?- fece la ragazza, confusa. –Non volevi andare ad Hogsmeade?-

Potter si voltò a guardarla, con il consueto sorriso malandrino che si dispiegava sulla sua adorabile boccuccia. E non disse niente.

E Lily capì che, di nuovo, si sarebbero cacciati nei guai.

 

Ed intanto, c’era qualcun altro che, dopo essersi fatto una doccia ristoratrice, se ne stava andando a passeggio per il parco, e non con progetti futili.

Sirius Black, angelo ribelle di uno dei Casati di maghi più importanti d’Inghilterra, si dirigeva a passo sicuro verso la Guferia.

In mano teneva una lettera che aveva finito di scrivere solo pochi minuti prima.

Sulla fronte gli ricadevano ciocche di capelli neri, lisci e luminosi, che gli ricoprivano in parte gli occhi di un blu intenso, magnifici.

Pantaloni neri. Maglietta bianca.

Il tutto gli dava un’aria di distratta eleganza che avrebbe conservato per il resto della sua vita.

Mentre procedeva per il suo tragitto, osservò di nuovo la sua lettera. Non riusciva a credere di stare realmente per farlo, eppure ormai era in ballo e, se doveva proprio essere sincero, ne era quasi felice.

Aveva compreso.

Era stato uno stupido a credere che sua cugina Narcissa si fosse trasformata in una Black con la puzza sotto il naso, come Bellatrix. Non aveva capito niente.

Ricordava la sua piccola bambolina. Aveva sempre adorato Narcissa, fin da quando lei era nata e lui l’aveva vista.

Bionda, occhi azzurri, quell’aria indifesa…

Era talmente tenera che aveva da subito desiderato proteggerla. Lui ed Andromeda si erano sempre occupati di lei. Poi Dromeda se ne era andata, creando il caos in casa Black. E lui, poco dopo, aveva seguito la sua strada.

Si era incrinato qualcosa.

E ora?

Che si potesse rimediare ancora?

Dopo i problemi che aveva con Victoria, sarebbe stato veramente bello riallacciare i rapporti con una piccola parte della sua famiglia.

A volte, quando non era occupato a ridere e scherzare con i ragazzi, quando non era impegnato a volare sulla sua scopa durante una partita, una parte di se stesso si sentiva in preda alla solitudine.

Non sarebbe mai riuscito del tutto a staccarsi dalla sua famiglia.

Famiglia.

Che bella parola…

Probabilmente la parola più importante nella vita di qualsiasi persona, tranne lui.

Lui aveva rinnegato la sua famiglia che, a sua volta, lo aveva respinto.

Vivere dai Potter era ciò che di più bello si potesse immaginare. Era un mondo perfetto in quella casa. Regnava l’armonia, l’amore, la fiducia reciproca.

Gli sfuggì un sorriso dolce a quel pensiero.

Amelia era una madre straordinaria. Si prendeva cura di lui esattamente come se fosse stato un suo secondo figlio ed era sempre pronta a riempirlo di coccole e dolci, quando ne sentiva il bisogno.

Ebbene sì, in privato, Sirius Black era un tenerone.

Zack, invece, era probabilmente l’uomo più buffo e simpatico del pianeta. Prendeva molto sul serio il suo lavoro di Auror, ma quando era a casa si trasformava, diventando il padre più giocherellone e disponibile.

Ogni bambino avrebbe voluto avere un genitore come lui.

Quelli erano la madre ed il padre di James.

Probabilmente era proprio il fatto di essere cresciuto in una famiglia del genere ad aver reso il suo migliore amico così spensierato e sereno.

Sirius non poteva desiderare altro che vivere per sempre in quella casa.

Ma loro non erano i Black.

E se da una parte questo lo sollevava, dall’altra…gli creava uno non so che di fastidio, di nostalgia.

E, allora, che cosa voleva dalla vita?

Già…

Che cosa vuoi dalla vita, Sirius?

Alzò gli occhi blu e si rese conto di essere arrivato alla Guferia. I suoi piedi ce lo avevano portato da solo, mentre il suo cervello pensava, ormai avvezzi a quel tragitto.

Salì le scale con lentezza, stanchezza, quasi.

Era lì. Era fatta, oramai.

Stava inviando la sua risposta alla lettera di Andromeda, che tempo fa aveva a sua volta risposto alla prima lettera che le aveva mandato e dove le aveva spiegato il bisogno di Narcissa di poterla rivedere.

La maggiore delle sorelle Black si era dimostrata ben felice di poter riabbracciare la sorellina e priva di alcun rancore.

Meglio così, si disse Sirius. Non gli restava altro che comunicare ad Andromeda il giorno dell’incontro.

Si mise a cercare Deimos, il suo barbagianni, con lo sguardo e lo chiamò, dopo averlo individuato. Quello gli riservò un’occhiata strana e non si azzardò a muoversi dal suo trespolo, al sicuro con gli altri volatili.

-E dai, scemo! Vieni giù, è urgente!- si spazientì Sirius, dopo averlo chiamato per l’ennesima volta.

L’animale emise un verso strano che suonava tanto come un lamento ed arruffò le piume. Sembrava agitato, esattamente come tutti i suoi compagni.

-Ma si può sapere cosa…- cominciò il ragazzo, prima di zittirsi all’istante.

Ecco svelato il mistero.

Accovacciata sul pagliericcio della Guferia, con lo sguardo avido rivolto agli impauriti pennuti, stava immobile la gatta totalmente nera di James.

-Stria?- fece, sorpreso. –E tu da dove spunti? Non ti si vede in giro da settimane!-

La gatta si limitò a lanciargli uno sguardo annoiato con i suoi occhi di un verde stupefacente, per poi tornare a ciò che più le premeva.

-Hey, Jamie era preoccupato! Sei sparita dall’inizio della scuola!- continuò Sirius, andando da lei e prendendola in braccio.

La gatta non sembrò gradire molto, ma rimase buona tra le braccia di Black, emettendo soltanto un lieve miagolio.

-Su, tornatene al castello.- fece, portandola alla porta e lasciandola libera. –Ho bisogno di Deimos, adesso.- le disse.

Per la seconda volta, Stria gli lanciò un’altra occhiata indifferente ed altezzosa, prima di andarsene.

Poco dopo, una volta sicuro che il pericolo se ne fosse veramente andato, il barbagianni scese sul braccio del suo padrone, lasciandosi affidare la lettera.

-Mi raccomando, è importante.- gli disse Sirius, facendogli qualche carezza. –Assicurati che soltanto Dromeda la legga, ok?-

L’animale gli dette qualche affettuosa beccata su un orecchio, prima di spiccare il volo e diventare un puntino poco chiaro nel cielo.

Black se ne stava ancora affacciato ad una delle finestre della Guferia, quando Stephanie Hamilton, il Mostro, fece il suo terrificante ingresso, cogliendolo di sorpresa. Era carina come al solito ed indossava un vestitino di lana bianca che era un amore. Ma sotto quella faccina angelica si nascondeva un serpente.

-Ciao Sirius!- lo salutò lei, gioviale, mentre tendeva un braccio verso l’alto.

Subito il suo piccolo gufetto bianco arrivò da lei.

-Salve, Hamilton.- le rispose il ragazzo, già pronto a svignarsela.

Preferiva non starle troppo vicino. Sapeva essere tremenda.

Tuttavia, quando l’atroce Stephanie metteva le sue spietate grinfie sulla preda, era veramente difficile che quella se la potesse svignare così semplicemente, ed infatti, con un sorriso furbo, la ragazza partì all’attacco.

-Quindi tu e la Logan non state più insieme?-

Black si voltò a guardarla, con un sopracciglio alzato. –Che fai, scherzi? Vuoi forse farmi credere di non essere stata la prima a saperlo?- fece, diffidente.

Lei rise, divertita. –Beh, in effetti…l’ho saputo subito, sì.-

-E allora che cavolo vuoi?-

-Sai, nei bagni delle ragazze circolano strane voci su di te…-

-…sarebbero?-

Stephanie sfoderò un ghigno da iena. –Si dice che tu non abbia ancora voluto sostituire la Logan con un’altra oca graziosa, né sia stato con una qualche altra ragazza in generale.-

-Ed è un reato?- fece Sirius, cominciando ad irritarsi. Ci mancava pure che quelle stupide ragazze si facessero gli affari suoi.

-Beh, visto come ti sei sempre comportato…-

Trattenendo a stento un istinto omicida, Sirius le si avvicinò, squadrandola con i suoi occhi blu, ora parecchio assottigliati dalla rabbia.

-Senti Stephanie, quello che faccio sono e restano affari miei. E dillo anche a quelle stupide galline giulive, ok?-

-E dai, non ti arrabbiare! Chiedevo solo…- fece lei, tranquilla. –Approposito, tu vieni alla festa di Halloween?- chiese all’improvviso.

-Quale delle due?- le rispose Sirius, spiazzato da quel repentino cambiamento.

-Quella privata che facciamo dopo quella con i professori. Quella organizzata da James e Alice, no?-

-Ah, quella. È ovvio che ci vengo.-

-Bene.- fece lei, sorridendo in modo strano. –Lo sai che io farò da animatrice?-

-Figata…- se ne uscì lui, senza celare il sarcasmo.

-Spero davvero che tu ci sia.-

E il povero Black, sentendo puzza di guai, ma non riuscendo proprio ad immaginare di che cosa si trattasse, si convinse ancora di più a filar via dagli artigli della Hamilton. Adducendo una scusa poco credibile detta da lui, ovvero, “vado a finire i compiti”, prese le scale e se la battè in ritirata.

 

 

 

-Ancora non ci credo.- sospirò Lily Evans, tra l’esasperato ed il divertito. –Quanti altri passaggi segreti esistono nel castello?-

James si girò a guardarla e le sorride furbo, si portò il dito indice alle labbra e sussurrò. –Segreto.-

Lily scosse il capo, ormai abituata alle stramberie di quel matto che rispondeva al nome di Potter, e lasciò correre. Riportò lo sguardo al paesaggio.

Si era innamorata della piccola cittadina di Hogsmeade fin dalla prima volta che ci era stata, il suo terzo anno.

Un mondo interamente magico. Dove ogni singola abitazione, ogni bar o pub, ogni negozio, trasudava magia. E lei ne era affascinata anche in quel momento, nonostante ormai fossero passati degli anni.

Sì, la magia continuava ancora a conquistarla.

Il cielo spendeva limpido ed il sole aveva raggiunto abbastanza vigore per poter riscaldare l’aria. In giro gli studenti di Hogwarts erano ancora pochi, molti sarebbero arrivati dopo il pranzo in Sala Grande.

Lily si era accorta quasi subito che quei ragazzi arrivati in anticipo come loro non facevano altro che lanciare occhiate sospettose, quasi sconcertate, a lei e James. Era davvero così strano che loro due andassero in giro ad Hogsmeade insieme?

Che facevano di male?

Guardò il ragazzo che le camminava a fianco.

James era tranquillissimo, sembrava non si fosse neppure reso conto di quelle occhiate. Buon per lui, si disse lei, quasi invidiosa.

Avrebbe davvero voluto essere come James, anche solo un po’.

Quando lui le prese di nuovo la mano, intrecciando le dita con le sue, Lily sussultò, arrossendo. Si sentiva morire, ogni volta. Che cosa le stava succedendo?

Non aveva mai potuto sopportare James, e adesso…

Abbassò lo sguardo.

-Dimmelo se vuoi fermarti in qualche negozio, ok?- le arrivò la voce di James.

Dolce, gentile.

Non seppe con che voce riuscì a rispondergli, era sicura di non averne più. Ad un tratto si sentì così sopraffatta da quella strana forza che le si agitava dentro, che fu costretta a fermarsi.

Era come lava liquida e dolce, le si riversava nelle vene, scorrendole poi dentro il petto, nella gola, nello stomaco. Ovunque. Una sensazione talmente forte da non riuscire neppure a respirare.

Quando James si accorse che lei non lo stava più seguendo, le si fermò davanti, preoccupato. –Lily?- la chiamò, piano.

-James…- mormorò lei, impercettibilmente, tenendo ancora lo sguardo a terra.

-Cosa?-

-…abbracciami.-

Qualcosa di terribilmente dolce riuscì a riempire il cuore del ragazzo in un istante, il tempo di realizzare veramente la parola appena pronunciata dalla Grifondoro.

Non conosceva il motivo di una tale richiesta, ma quegli occhi verdi sembravano implorarlo e non potè dire di no. Non avrebbe mai potuto in nessun caso.

E così, sotto un cielo privo di nuvole, sotto il sole accecante e la luna, così poco visibile, con lo sguardo di tutti pronto a puntarsi su di loro, James Potter abbracciò forte Lily Evans, ignorando qualsiasi cosa che non fosse lei o il suo cuore.

Forse sbagliava. Forse stava commettendo un errore madornale.

Ma non era importante, ci avrebbe pensato poi. Voleva soltanto tenerla stretta, almeno un po’.

E mentre la stringeva a sé, affondò il viso tra quei capelli di un vermiglio stupefacente, irreali per la loro bellezza, preziosi come puro oro rosso. Avevano un profumo che niente e nessuno aveva.

Il profumo di Lily. Unicamente quello.

In quel momento, mentre la cullava, James desiderò davvero poterle dire tutto. Ogni cosa. Solo così allora avrebbe davvero potuto starle vicino.

Odiava doversi nascondere, soprattutto a lei.

Che rapporto avrebbe potuto creare con Lily, se lei neppure lo conosceva veramente? E poi…era veramente giusto che uno come lui desiderasse creare un rapporto con qualcuno?

E mentre lui era pervaso da quei sentimenti contrastanti di amore e dolore, Lily si sentiva felice come non mai.

Lì, tra le braccia di James, si sentiva come se fosse stata la persona più importante e potente del mondo. Non le sarebbe mai capitato nulla tra quelle braccia, era protetta, al sicuro. Non c’era più nessun brutto ricordo legato a quella terribile notte in Biblioteca, nessun orribile “Mezzosangue”, nessun “Non possiamo più amarti, Lilian”.

James…

Il ragazzo che detestava. Il ragazzo che non capiva. Il ragazzo che odiava. Che invidiava. Che ignorava e poi cercava.

Il ragazzo che amava.

Lo aveva ammesso e in quello stesso istante fu come se il suo cuore si fosse aperto, spalancando le porte, pronto a vivere, vivere davvero.

Sentì gli occhi bruciare, appannarsi, ma si sforzò di rimandare indietro le lacrime.

Piangere di felicità, che cosa meravigliosa…

-Lily..- la chiamò lui, preoccupato. –Vuoi dirmi cosa c’è?-

Lei sorrise, stringendolo un po’ più forte. –Niente.- rispose. E la sua voce era adesso così serena e sicura che James non potè non rendersi conto che qualcosa in lei era cambiato. –Pensavo.- continuò la ragazza, con dolcezza.

-A cosa?- la incalzò James, divertito.

-A te.- fu la semplice risposta di lei, prima che sciogliesse il loro abbraccio.

Il Grifondoro la guardò, confuso, ma Lily si limitò a guardarlo a sua volta, calma. Ed in quegli occhi, lui vide qualcosa che lo riempì di gioia: lei non aveva più paura.

Allora sorrise.

-Andiamo a pranzare da qualche parte, ti va? Ci andremo dopo ad occupare delle nostre commissioni.- le propose, riprendendola per mano.

-Vuoi dirmi una buona volta che tipo di commissioni dobbiamo fare?- gli chiese lei, stufa e divertita al tempo stesso.

Lui la guardò, sorridendo. –Ma come? Ancora non lo hai capito? A comprare i costumi per la festa, no?-

La lasciò di stucco. –Credevo che avessi preparato tutto con i ragazzi…- mormorò, confusa.

-Vero.- fece James. –Ma hanno rovinato tutto. Sirius non è neanche sicuro di venire, Peter è irrintracciabile e Remus…beh…l’ultima volta che gliene ho parlato mi ha praticamente ringhiato contro. Ergo, ci andiamo io e te.-

-Ah.- fu la semplice risposta di Lily.

Quel ragazzo era davvero incredibile. Aveva praticamente fatto tutto da solo, senza neppure chiederle come la pensasse.

Ma, del resto, era così che aveva sempre fatto James Potter con lei. Arrivava e la travolgeva, come una marea.

-Ok.- continuò Lily. –Quindi…ci andremo da soli.- mormorò.

-Credo di sì. Perciò tanto vale sceglierci un costume abbinato. Ma ora ho fame, su!- fece Potter e, afferrandola per la mano, cominciò a correre per lei vie di Hogsmeade, trascinandola con sé.

 

I “Tre manici di Scopa” a quell’ora della giornata non era particolarmente affollato. Alcuni tavoli erano occupati da studenti di Hogwarts, altri da semplici viandanti in cerca di un po’ di  riposo.

Ad un tavolo vicino al bancone del locale, stavano seduti una madre insieme al proprio bambino, che non dimostrava più di sei anni.

Il piccolo osservava con avida curiosità i ragazzi più grandi, consapevole che fossero studenti della famosa scuola di magia inglese.

Li indicava alla madre, eccitato, e lei gli sorrideva, benevola, carezzandogli il capo.

Da un po’ di tempo, Lily si era soffermata ad osservarli, lasciando perdere il suo piatto pieno di leccornie.

E James guardava lei, curioso.

-Hey…- la richiamò ad un tratto, dolcemente. -…ti sei incantata a fissarli?-

La ragazza sembrò tornare in quel momento alla realtà, sorridendo al ragazzo.

-Scusami.- fece a bassa voce, stringendosi nella sua morbida maglietta di lana azzurra.

-No, tranquilla.- le disse lui. –Lo capisco. I tuoi genitori ti mancano, vero?-

-Sì.- ammise lei, mentre tornava a mangiare.

James fece un sorriso triste. –Mi dispiace, Lily.-

-Non fa niente. Ormai non si possono cambiare le cose e…e il passato è passato, giusto?-

-Giusto.- ammise lui. –Ma questo non ti impedisce di soffrire.-

-Da quando mi stai vicino…soffro un po’ di meno ogni giorno che passa, James.- ammise finalmente Lily, arrossendo, ma sostenendo il suo sguardo.

Anche lui la guardava, scrutandola con quei suoi occhi neri, così intensi e buoni. Lentamente, sfiorò la mano di lei, posata sul tavolo, con la sua, accarezzandola piano con i polpastrelli.

Le loro dita si intrecciarono.

Perfezione.

-E la tua famiglia com’è?- chiese lei ad un tratto, interrompendo l’incanto che si era creato tra loro e riportandoli al presente.

James rise.

-Strana.- fece, divertito. –Mio padre si chiama Zakary, ma non gli piace e quindi si fa chiamare Zack. È un Auror molto bravo, sai? Mi piacerebbe essere come lui. È una persona eccezionale. E mia madre, Amelia, lavora nella farmacia di Diagon Alley, forse l’avrai incontrata, qualche volta. È una donna meravigliosa.-

Lily lo ascoltava, interessata. E si accorse di una cosa, James era letteralmente innamorato dei suoi genitori. Era veramente felice per lui.

-Casa mia è molto grande.- continuò Potter, ormai lanciato. –Le stanze si spostano di continuo ed io da piccolo mi perdevo sempre. È situata a Londra. Papà ha deciso di vivere lì, invece che in un villaggio di soli maghi. Secondo lui è importante che un Auror protegga i babbani, ancora più che i maghi. Quindi quale posto migliore per sorvegliarli?- fece, divertito.

Lei lo stava a sentire, assetata di altre notizie su di lui. Era piacevolmente colpita dal fatto che una famiglia di purosangue come i Potter avesse deciso di vivere tra i babbani. Questo probabilmente spiegava il fatto che James, fin da quando lo aveva conosciuto al loro primo anno, non avesse mai dimostrato ostilità verso di lei perché mezzosangue, né verso gli altri figli di non maghi.

-Deve essere proprio una gran bella casa! E poi Londra è splendida!- fece la ragazza, allegra.

-Sì sì! È molto grande! Ma non ci viviamo solo noi tre!- la informò James. –Ci vivono anche il fratello minore di papà, zio Andrew, insieme a sua moglie Attis e la loro bambina, Kitty. E poi i nonni da parte di papà.-

-Accidenti!- fece lei, entusiasta. –E dunque hai una cugina? Quanti anni ha?-

-Sei.- le rispose lui, con sguardo dolce. –Dovresti vederla. È adorabile! Io ho praticamente perso la testa per lei!-

-Deve essere bellissimo vivere in una famiglia del genere, James!- esclamò Lily, tenera e sincera.

-Lo è.- replicò lui. –E ora che anche Sirius è dei nostri, è ancora più bello!-

-Sirius?!-

-Ah, già. Non lo sai. Sirius non poteva più sopportare i suoi, quindi con l’aiuto di Vick è scappato di casa e ora vive da me. - le spiegò, pacato.

-Mi ero accorta che non era in buoni rapporti con la sua famiglia, ma non immaginavo fino a questo punto.- mormorò lei.

James le sorrise. –Come vedi, ognuno ha le sue grane, Lily.- le disse piano. –Il segreto sta nello scrollarsele di dosso e andare avanti.-

E lei alzò lo sguardo su di lui, fissandolo con i suoi occhi smeraldini.

-E tu?-

-Io?-

-Anche tu hai dei problemi, James?-

Fu come essere colpito in pieno petto. James abbassò lo sguardo solo un attimo, prima di risollevarlo e sorridere.

-Solo le tare mentali che ha il capitano di una squadra di Quidditch che vuole a tutti costi vincere la coppa anche il suo ultimo anno per chiudere in bellezza, solo questo.- le rispose con un sorriso.

-Buon per te!- fece lei, ridendo.

-Già.- fu la lieve risposta di James, che tornò a mangiare, in silenzio.

Lily continuò ad osservarlo di nascosto. Le sembrava di averlo scosso in qualche modo, ma non capiva come. Del resto, era ben consapevole di non conoscere tutto di lui. Andava bene così, però. Ci sarebbe stato tempo.

Così, tanto per allentare quella tensione che si era misteriosamente creata, si buttò su un altro argomento, che le stava comunque a cuore.

-Senti, James…- cominciò. –Secondo te, che cosa dovrebbe fare una ragazza che si è innamorata di un ragazzo che però non si è accorto di lei?- buttò lì.

Ci mancò poco che il povero James Potter ci restasse secco, togliendo così a Voldemort il grande ed eterno problema della sua vita che rispondeva al nome di Harry Potter.

Sì, perché il Grifondoro, con quel povero cervello bacato che si ritrovava, pensò che Lily si stesse riferendo a se stessa.

Chi era il ragazzo misterioso? Che fosse lui? Oppure un altro?

No, che fosse…il viscido Paciock infame?!

Tutto questo nella povera testolina di James.

Cercando di riprendersi e di non farsi affogare dall’insalata che aveva in bocca, sotto lo sguardo attonito di Lily, il ragazzo mandò giù una sorsata d’acqua, tanto per avere altri secondi di tempo. Poi sollevò lo sguardo su di lei.

-Ehm…di chi stiamo parlando esattamente?- pigolò con un filo di voce.

La ragazza lo guardò, indecisa sul da farsi. Del resto, James era il migliore amico di Sirius. E Vick le aveva detto cose parecchio personali, non poteva certo fare la spia.

Non che non si fidasse di James, ma era meglio non sbandierare ai quattro venti i sentimenti di Victoria, no?

-…mmm…diciamo che è una mia amica.- decise.

Un’amica? Sì, come no!

Pensò Potter, sentendosi sempre più agitato. Lei lo stava guardando, in attesa di una risposta.

-Ma perché lo chiedi a me?- sbottò infine, con il cervello in tilt.

-Per avere l’opinione di un ragazzo, mi pare ovvio no?- rispose lei, lucida.

-Ah, ok.- borbottò lui, punzecchiando la sua insalata con la forchetta. Lo sguardo rigorosamente basso. Che diavolo! Perché doveva uscirsene con delle sparate simili?! Lily malefica!

-Beh…ecco…secondo me dipende dal ragazzo.- fece infine, tornando a guardarla.

-In che senso?-

-Nel senso che se la tua amica fosse innamorata, tipo, non so….di Paciock, ecco, io la sconsiglierei. Non mi sembra affatto un ragazzo pronto per una storia seria. Ancora deve ben capire la differenza tra una ragazza e…e sua mamma.-

Lily lo guardò sbigottita. –Ma che c’entra Frank! No, no. È un altro!-

-U-un altro?!- fece James, sconvolto.

Oddio! Ma di chi cavolo stava parlando?! Oltre a Paciock non l’aveva vista con nessun altro.

-Allora…allora chi è?- chiese, sforzandosi di stare tranquillo ed indifferente.

-Non posso, davvero. È meglio di no. Ci sono in ballo sentimenti troppo forti, credimi.-

-Addirittura…?-

-Sì.-

-Ma…ma Lily, se non mi dici il nome del bast…cioè, del ragazzo, non posso darti un consiglio preciso. Io ne conosco un sacco, sai? Conosco tutta la scuola, in pratica.-

Lei sospirò, indecisa. Beh, chi meglio di James Potter poteva dare informazioni su Sirius? Poteva sapere, per esempio, se Black fosse almeno un pochino interessato a Victoria, oppure se aveva già qualche altra ragazza in mente.

E poi, ora che ci pensava, forse anche James, attento com’era ed amico di entrambi, poteva conoscere i sentimenti di Vick.

-Ok.- sospirò. –Ma tieni la bocca chiusa, intesi?-

Sentendo il sangue gelarsi nelle vene, Potter “Lo Stupido” annuì.

-E’ Sirius.-

Ed il boia, con la sua affilatissima falce, tagliò di netto la testa al misero condannato a morte. James Potter sbiancò. Parve cadere in stato comatoso.

Quando si riprese, fu per esalare solo poche parole senza senso. -…Sirius? …Sirius Black?! …i-il mio Sirius? ..p-perché sono sicuro che ce ne siano molti altri di Sirius in tutto il pianeta….-

E ora che aveva da essere così traumatizzato?, si chiese Lily, guardandolo.

-Ma certo, James. Quanti altri Sirius credi che io conosca?-

Ok, non stava bene. James aveva una faccia strana, da far paura. Sembrava baciato da un Dissennatore. La ragazza continuava a guardarlo, preoccupata che cadesse a terra da un momento all’altro.

Per un po’ lui tentò di dire qualcosa, senza riuscirci. Poi, ad un tratto, se ne uscì con un flebile: -……merda.-

-James?- lo chiamò lei, cominciando a sospettare che qualcosa nel discorso avesse preso una strana piega.

-Lily, ecco…senti, devo andare un attimo fuori…-

-Ma dove vai?! Aspetta! Mi vuoi dire che hai capito, zuccone?- sbottò lei, spazientita.

Lui si girò a guardarla. –Che la tua “amica”..- e qui fece delle virgolette con le dita.-…è innamorata di Sirius.- terminò, lugubre.

-Perché hai fatto quel gesto?- fece lei, alzandosi a sua volta.

-Andiamo, Lily! Non sono scemo! Ho capito! Avresti anche potuto dirmelo prima però, cavolo! Perché non me lo hai detto? Insomma se…se ti piace Sirius…-

-COSA?!- strillò la Evans, scioccata. –Invece sei proprio scemo! E quando mai l’ho detto?! Non parlavo di me! Sei sordo? Dicevo di una mia amica!- era furente.

-Ah, si?- farfugliò il ragazzo, ancora poco convinto.

-Certo!- fece lei, decisa. –Parlavo… parlavo di Vick..- continuò, abbassando la voce, in modo che solo lui potesse sentire.

Fu strabiliante il mutamento d’espressione di James, in un attimo tornò lo stesso di sempre. Si rimise addirittura a sedere, tornando a mangiare.

Ancora un po’ frastornata, Lily si rimise seduta a sua volta. –Però non dirlo a Sirius.-

-Ma certo che no! Non l’ho mai fatto! Deve arrivarci da solo!- trillò James, tutto giulivo. –Dovresti stare tranquilla anche tu ed evitarmi infarti.-

-Ma allora…tu sai di Vick?!- chiese Lily.

-Da una vita.- rispose James, sorridendo. –Credo che l’unico a non saperlo sia proprio Siri, purtroppo. Povera Vick…-

-Non credevo che uno come Black avesse problemi a capire certe cose…-

James rise, divertito. –E’ perché non lo conosci!- esclamò. –In realtà Sirius è…è Sirius, ecco! Va saputo interpretare!-

Entrambi risero.

Restarono ancora un po’ di tempo a parlare di tutto e di niente. Agli occhi di chi passava loro vicino, potevano anche sembrare una felice coppia di innamorati.

E come dare loro torto?

Bastava osservare lo sguardo di James.

Bastava osservare, con più attenzione, quello di Lily.

Quando fu l’ora di andare, pagarono il conto al bancone, dove la giovane Rosmerta per poco non strangolò il povero James in un abbraccio un po’ troppo affettuoso, ed uscirono.

Lily aveva un diavolo per capello. –Che tipo quella Rosmerta.- sbottò, spostandosi una ciocca di capelli rossi e liscissimi dietro un orecchio.

-E’ solo molto espansiva.- giustificò il ragazzo, mentre si ripuliva la guancia destra da una bella traccia di rossetto rosso.

 

 

La Sala Grande era ormai gremita di studenti, intenti a consumare il primo vero pasto della giornata. Ovunque il vociare divertito dei ragazzi, ciò che più faceva gioire il Preside Silente.

L’anziano mago osservava tutta quanta la Sala dall’alto del suo seggio, posto dietro al lungo tavolo degli insegnanti. Gli scintillanti occhi azzurri, dietro agli occhiali a mezzaluna, erano divertiti.

Lo stesso non si poteva dire di Minerva McGrannit, seduta alla sua destra. Le labbra rigidamente strette e pallide denunciavano una certa tensione.

Stretta nel suo abito viola scuro, manteneva lo sguardo fisso sul Preside, sempre più ostinata. Pareva avere un pensiero fisso in testa.

-Albus.- cominciò, per quella che era la terza volta. –Albus, mi ascolti?-

-Ma certo, Minerva cara.- rispose l’anziano mago. –Temo, tuttavia, che sia inutile parlare ancora dell’argomento. Il signor Potter ha preso la sua decisione.-

-E’ solo un ragazzo, Albus! Non può sapere! Se Havisham mettesse le mani su di lui…!!-

-Piano, Minerva. È pericoloso per James parlare così apertamente di tali argomenti.-

La donna sospirò, abbassando lo sguardo. Solo per poi risollevarlo di nuovo, ancora più decisa e furente.

-Non lo condivido! Non posso credere che lo permetterai!-

-L’ho già permesso, mia cara. Con la morte nel cuore, ma l’ho fatto.-

-Savannah non avrebbe mai…!!!- esclamò la donna, sempre più alterata.

Il Preside non ebbe altra scelta. Si alzò da tavola, invitando la collega a fare lo stesso. Se dovevano veramente parlarne, avrebbero dovuto farlo in un posto più appartato, lontano da orecchie indiscrete. Lumacorno stava già tendendo l’orecchio, incuriosito dal loro battibecco.

Lasciarono la grande Sala e proseguirono in silenzio per i corridoi che portavano all’ufficio del Preside. Si stavano entrambi preparando ad una grande battaglia verbale. Silente lo sapeva e non potè fare a meno di sorridere, mestamente.

Sapeva quanto Minerva avesse tenuto e tenesse a Savannah e Jeremy.

Non appena misero piedi nel luogo prestabilito, la strega esplose. Esplose letteralmente, scatenando l’indignazione dei defunti Presidi della scuola.

-Per me sei impazzito, Silente! Permettere che Edward si avvicini a James! A JAMES! Cosa diranno i Potter?! Cosa accadrà al ragazzo?! Mio Dio! Edward…lo rovinerà! Lo cambierà! Non possiamo permetterlo!- gli gridò contro, furiosa.

-Minerva, ti ripeto. La scelta è stata di James, non mia.-

-James è un ragazzo!-

-No, è un uomo, mia cara.- mormorò il mago dolcemente. –Sa cosa è meglio ora.-

-Cosa è meglio? COSA E’ MEGLIO?! Hai perso la testa! Jeremy è morto qui! QUI! Dove siamo noi adesso! E’ morto supplicandoti di tenere lontano suo figlio da quell’uomo! Come puoi?!-continuò a gridare lei, irrefrenabile. Gli occhi, sempre così freddi ed alteri, ora rossi per le lacrime vicine.

-Ricordo la mia promessa a Jeremy, Minerva.- ribattè Silente, calmo.

-E allora a che gioco stai giocando? Che hai in mente? Ti prego, Albus. Stiamo parlando di qualcosa più grande di tutti noi! Che va oltre la nostra concezione.- lo supplicò la strega, disperata. –Non possiamo rischiare. Non questa volta. Non con Riddle che raccoglie fanatici ovunque.-

-Non stiamo parlando di Tom, adesso.-

-Sì, invece. Tom è amico di Edward Havisham, è stato suo allievo. Ha imparato le arti occulte da lui e sono sicura che è anche a conoscenza di James e del suo potere!-

-Probabile, ma non certo.-

-Albus.- continuò Minerva, tentando di calmarsi. –Albus, c’eri anche tu quella notte. Ricordi? Ricordi quando Tom ed Edward cominciarono a parlare del…. …dell’Arma Finale?- a pronunciare l’ultima parola, rabbrividì.

L’anziano mago abbassò lo sguardo, restando in silenzio.

Sì, lo ricordava. E con orrore. Ricordava ancora quel gelo che si era impossessato di lui, avrebbe desiderato morire.

L’Arma Finale.

James.

Arma per cosa? Non era mai riuscito a capirlo. Ne aveva sentito parlare una volta, una soltanto, e per caso. Poi, più niente. Mai un nuovo accenno.

Con un sospiro doloroso, andò alla propria scrivania e cominciò a preparare due tazze di tè, magicamente apparse grazie agli elfi domestici.

Funny lo guardava con uno strano sguardo grave negli occhi.

Per un po’, Silente rimase concentrato nell’operazione, sforzandosi di non farsi afferrare l’anima da quel tetro silenzio che si era esteso nella stanza. Poi, facendosi coraggio, si decise ad ammettere ciò che più di ogni cosa lo vergognava, mortificava e addolorava.

-Non ho scelta, Minerva.- sussurrò, con la voce che tremava. –E James lo sa, gliel’ho detto. Io non sono capace, non più. Non riesco più a tenere sotto controllo i poteri di James. Più cresce, più questi aumentano. I miei sigilli svaniranno molto presto, saranno sconfitti dal potere nero del ragazzo. Non si può evitare.-

Fu come se una colata di acido avesse inghiottito l’intero corpo della donna.

Minerva McGrannit, che tutti conoscevano come donna granitica e rigida, boccheggiò, indietreggiando. Una mano alla bocca. La disperazione nello sguardo.

-Che cosa accadrà?- riuscì a dire, con un filo di voce.

-Se il poteri di James non verranno sigillati o controllati, allora questi prenderanno il comando della sua mente. E non ci sarà più James Potter. Ci sarà un corpo vuoto, privo di coscienza e sentimenti, abitato e mosso unicamente dal potere. Un essere fatto di magia nera, l’arma perfetta. Nient’altro. E se quel giorno dovesse arrivare, Minerva, preghiamo Dio di avere la morte più veloce che esista. –

La strega si sedette, ricevendo con mani tremanti la tazza che il mago le stava offrendo. Ovviamente non toccò la bevanda.

-Allora è finita.- bisbigliò, tremando.

-No, mia cara. Dobbiamo avere fiducia in James.- le disse Silente, facendole sollevare lo sguardo. -Lui conosce ciò che lo aspetta, farà di tutto per evitarlo. E se riusciamo a convincere Edward ad aiutarci forse andrà meglio. Sono sicuro che se c’è qualcuno in grado di aiutare James a controllarsi, quello è proprio lui.-

-Ma perché dovrebbe farlo?-

-Perché ha bisogno della fiducia di James. Ha bisogno di avvicinarsi a suo nipote, di studiarlo. Pur di stargli vicino, accetterà di aiutarlo, ne sono convinto. Almeno per i primi tempi.-

-E poi?-

-E poi lo allontaneremo.- dichiarò il mago, serio. –Non ho mai agito in maniera così opportunista in vita mia, ma temo di non avere alternative.-

La stanza sprofondò nuovamente in un silenzio angosciante, persino la fenice Funny non osava muoversi, immobile.

Sembrava tutto terribilmente falso ed impossibile da credere. James Potter, figlio di Amelia e Zakary, due ottime persone; ragazzo brillante, spigliato, dotato, vivace e talvolta arrogante.

Un giovane come tanti altri. Campione di Quidditch.

Una minaccia, in realtà. Forse peggiore dello stesso Tom Riddle, che in quegli anni, sotto il nome di Voldemort, aveva cominciato ad espandere il suo potere, reclutando giovani menti.

E, quella volta, neppure il grande Albus Silente sapeva cosa fare.

-Spero che Stria sappia cosa fare, lei è l’unica in grado di occuparsi di James, adesso.- mormorò il vecchio Preside, accarezzando distrattamente la sua fenice.

La McGrannit fece una smorfia. –Ti fidi di lei? Non è mai stata dalla nostra parte e mai lo sarà.-

-E’ vero.- convenne l’altro. –Ma dimentichi una cosa, Minerva. Stria non permetterebbe mai che venisse fatto del male a James, gli vuole bene.-

-Scherzi? Quella lì non prova affetto per niente e nessuno. È una divinità infernale! Svolgerà il suo lavoro fino alla fine.-

-Staremo a vedere, Minerva. Lo scopriremo prima della fine.-

 

 

 

Sirius Black fece il suo bell’ingresso in Sala Grande quando ormai la maggior parte degli studenti se ne stava andando via, verso i cancelli della scuola.

Era la giornata ideale per una bella gita ad Hogsmeade.

Lui però aveva di meglio da fare.

Arrivato sulla porta si guardò intorno, cercando di individuare tra i tanti compagni di scuola, la chioma biondissima di Narcissa. Al tavolo di Grifondoro, Alice lo salutò, allegra, con un cenno della mano.

Lui rispose al saluto e, in quel momento, la vide.

Lucius Malfoy si era appena alzato dalla tavola delle Serpi, seguito dal suo codazzo di amici trogloditi e di amichette poco serie, come avrebbe detto quel perbenista di Remus. Narcissa, ovviamente, era con lui, anche se di parecchi passi indietro.

Il capo basso, lo sguardo perso nel vuoto.

Un nuovo livido allo zigomo destro.

Stringendo i pugni per la rabbia, Sirius andò verso di loro a passo spedito, aveva poco tempo e doveva cercare di non mettere nei guai sua cugina.

Assunse la sua espressione più scazzata e arrogante, allungò i passi diretto proprio verso Malfoy che, dopo poco, si accorse del suo arrivo.

Infatti, piegando le pallide labbra in un ghigno, Lucius si fermò, mettendosi ad aspettarlo.

Adesso tutta l’attenzione della Sala Grande era su di loro.

Rissa?

-Hey Black, che fai? Vuoi venirmi a salutare? Ti manco, per caso?- cominciò Lucius, ridendo insieme ai suoi amici.

Loro erano un bel gruppo, Sirius era da solo. Si sentivano sicuri.

-Toglietevi dai piedi, mi state intralciando il cammino.- sbottò Sirius, fissandoli con i suoi occhi blu elettrico, che a stento contenevano la rabbia.

No, non aveva dimenticato cosa avevano fatto a Victoria, neanche lontanamente.

E meditava ancora vendetta. Li avrebbe distrutti, uno a uno.

-Cos’è, vuoi attaccare briga, reietto? Non vedi quanti siamo?- fece Lastrange, sghignazzando. –Le vuoi prendere?-

Il Grifondoro fece una smorfia annoiata. –Siete tremendamente prevedibili, ragazzi.- sospirò. –E ora fuori dai piedi, ho da fare.-

Li superò, senza neanche più voltarsi. Narcissa era di fronte a lui. Il tempo di scoccarle un’occhiata, poi si diresse a passo spedito verso di lei, senza considerarla minimamente.

Le andò addosso, dandole una spallata che per poco non la fece cadere, e poi tirò dritto per la sua strada, senza più considerare il gruppo dei Serpeverde.

Lucius non si curò affatto dell’accaduto, rimettendosi a fare il gran capo con i suoi compari e a tormentare i membri delle altre Case.

Narcissa era rimasta indietro.

Tra le mani, stringeva la sua prima, piccola, speranza. Guardò di nuovo il foglietto che aveva tra le mani, lasciatole da Sirius quando si erano scontrati.

 

 

“Dromeda ha detto che va bene. Fatti trovare nell’aula di Incantesimi. 5 Novembre, alle 18.00. ti passo a prendere io e ti porto da lei. Sirius.”

 

-Cissy, vieni o no? Sei sorda?- la richiamò la voce annoiata di Bellatrix, l’unica che si era voltata indietro per vedere se lei li stava seguendo.

Nascondendo frettolosamente il pezzetto di carta nella borsa che aveva a tracolla, Narcissa annuì, correndo per raggiungere il suo gruppo.

Il suo piccolo cuore era tornato a battere.

 

Quello di Sirius Black, invece, si era fermato all’improvviso, lasciandolo sprofondare nella disperazione.

Si stava dirigendo verso il tavolo della sua Casa, deciso finalmente a mangiare un boccone, quando l’aveva vista.

Victoria Olsen se ne stava in un angolo, in silenzio. Una delle sue compagne di stanza le stava dicendo qualcosa, vivace, ma lei si limitava ad ascoltare. Anzi, forse non faceva neppure quello.

Era così bella…

Sirius si vergognò di se stesso, quando si accorse aver formulato un pensiero del genere. Non voleva proprio capirlo che doveva togliersi dalla testa certe idee su Vick? Se non lo avesse fatto, la loro amicizia sarebbe finita.

Ci fu un attimo in cui i loro sguardi si incrociarono ed entrambi si sentirono morire dentro, pieni di dolore e rabbia. Rabbia verso l’altro e verso se stessi.

Lui fu il primo a distogliere lo sguardo e ad andare a sedersi lontano da lei, vicino ad Alice, che subito cominciò a parlargli degli ultimi preparativi per il festino illecito di Halloween.

Anche se non particolarmente interessato in quel momento, Sirius si mise ad ascoltarla, partecipando al discorso.

-Siamo sicuri che i proff non se ne accorgeranno?- le chiese, versandosi un po’ di succo di zucca nel bicchiere.

-Sicurissimi!- trillò Alice. –James è un genio! Ha pensato lui ad un diversivo che terrà occupato Gazza per tutta la notte, non avrà il tempo di girare per i corridoi! Ed i professori fino a mezzanotte saranno impegnati con i piccoletti che non possono venire alla nostra festa! E comunque abbiamo un gruppo di Corvonero che ha  reso la Stanza delle Necessità sicurissima al mille per mille! Siamo al sicuro!-

Black annuì, soddisfatto. Poi le fece un sorrisetto furbo.

-E quale sarebbe il diversivo che si è escogitato James per tenere a bada Gazza?- fece, fingendosi curioso.

Tutti i Grifondoro che stavano partecipando al discorso risero, perfidi.

-Mirtilla.- confessò Alice, tra le risa.

-Chissà come mai, ma me lo aspettavo.- fece Sirius, perfido. –Dannato di un James, gli basta sbattere un po’ gli occhioni e quella svitata fa tutto quello che lui le chiede, stomachevole.-

Di nuovo tutti risero. Ormai tutta la scuola era a conoscenza della terribile cotta che Mirtilla Malcontenta si era presa per il giovane James Potter, il giorno in cui lui, per sbaglio, era entrato nel suo bagno per la prima volta e, vedendola piangere, si era addirittura disturbato a consolarla.

Era stato amore a prima vista. Ed il povero James non se l’era più scollata di dosso, anche se aveva presto sfruttato la situazione a suo vantaggio.

Faceva sempre comodo avere qualche fantasma dalla propria parte.

Stavano ancora ridendo, meditando su quale ricompensa avrebbe preteso Mirtilla da James, una volta portato a termine il lavoro, quando una ragazza Grifondoro del quarto anno esclamò, raggiante: -Ecco Remus!-

Ed infatti, il bel Caposcuola dei Grifoni stava proprio mettendo piede in Sala Grande e non era solo. Sirius sgranò gli occhi, incredulo.

Non era possibile. In tutti quegli anni non era mai capitato. Non riusciva a credere ai propri occhi.

Remus J. Lupin, alto, biondo, dagli occhi azzurri che stregavano un sacco di fanciulle, stava ridendo, e lo faceva con serenità.

Non lo aveva mai visto così, se non quando era con loro. Con gli altri era sempre molto chiuso e riservato.

Invece adesso camminava a fianco di una ragazza molto bella, chiacchierando di qualcosa di molto divertente, e rideva.

-Quella è la Caposcuola Eva Ames!- esclamò Alice, sorpresa. –Di cosa sta parlando con quella Serpeverde?!-

-Saranno affari di scuola…- fece Sirius, anche se poco convinto.

Quella sera avrebbe messo Remus sotto torchio, assicurato!

Ed il povero Lupin, ignaro di cosa lo stesse aspettando, continuava a parlare tranquillamente con Eva. Era stata dura, ma alla fine erano riusciti a sedare il tragicomico conflitto che si era scatenato tra i quadri.

Una cosa semplicemente assurda, lui ed Eva ancora non riuscivano a smettere di ridere come dei matti.

-E poi ci mancava pure la Signora Grassa che si mette a prendere a ceffoni la sua amica Violet! Semplicemente assurdo!- stava dicendo Eva, con le lacrime agli occhi.

-Beh, è sempre stata poco lucida. Te lo garantisco. – sorrise Remus, pensando alla custode dell’entrata del Grifondoro. –Beh…- fece, tornando a guardarla. –Allora io vado dai miei compagni, comincio ad avere fame.-

-Certo, anche io.- gli rispose Eva, gentile. –Ci si vede in giro, Remus.- e, salutandolo, se ne andò dalle Serpi, lasciandolo da solo.

E confuso.

Lo aveva chiamato per nome.

Per un po’ continuò a guardarla, immobile, poi volse lo sguardo e si affrettò a raggiungere la sua Casa.

 

 

Lily non avrebbe mai immaginato che ad Hogsmeade ci fosse stato un negozio del genere. Seduta su una comoda poltroncina di vimini, osservava tra l’incuriosito ed il divertito James Potter che faceva avanti ed indietro nella bottega, seguito dall’anziana commessa, un po’ spazientita.

Era più di mezzora che erano lì.

-Io continuo a dire che stareste benissimo vestiti da Principe e Cenerentola, fareste un figurone!- disse di nuovo la donna, che conosceva James da anni, ormai.

Il ragazzo si fermò, tenendo una maschera in mano. Aveva l’aria poco convinta.

-No, signora Kalvin, assolutamente. È troppo impegnativo e poi è una cosa vista e rivista. Senza contare che quella sera il titolo di principe e principessa dovrà spettare a qualcun altro. - fece, convinto e sibillino. –Io voglio essere…voglio essere diverso, strano, ecco! Qualcosa che non si vede mai! Qualcosa che James non sarebbe mai nella realtà! È questo lo spirito di Halloween, no? Capovolgere le cose!- si voltò a guardare Lily, in cerca del suo appoggio.

La ragazza ci pensò su. In realtà non le dispiaceva vestirsi da Cenerentola, però il discorso di James non faceva una piega. In fondo, sarebbe stato scontato che una come lei si vestisse con gonnelloni e fiocchetti. Forse, cambiare per una notte sarebbe stato divertente, dopo tutto.

Se la sentiva di farlo?

Perché no! Si era ripromessa di darsi da fare per cambiare e diventare meno chiusa!

-Sono d’accordo, James. Facciamolo!- fece infine, convinta.

Il sorriso raggiante che il ragazzo le rivolse le mandò in tilt il cervello per qualche minuto.

-Ha sentito, signora Kalvin? Non ci importa di essere bellissimi, né di vincere il premio di coppia migliore! Vogliamo essere strani e sconvolgere le persone che ci vedranno!- ripartì James, ora più convinto che mai.

Lily annuì, alzandosi ed andando a mettersi vicino a lui.

La donna parve in difficoltà. –Non so che dirvi, ragazzi. Non so bene che cosa vi aspettate dal vostro costume, qui non c’è niente di strano quanto lo volete voi, temo. Potete dare un’altra occhiata, ma non so se troverete qualcosa.- fece, per poi lasciarli da soli ed andare ad occuparsi di tre ragazze arrivate in quel momento in cerca di un costume.

Potter sospirò, deluso. –Uffa uffa uffa! Non è possibile! E ora?-

Lily, intenta a pensare, si mise vicino ad una finestra. Qualcosa le stava frullando per la testa e pian piano stava prendendo forma.

Idea. Anzi, no. Ideona. E forse era un po’ esagerato, però…

Non dovevano forse sconvolgere ed essere il contrario di ciò che erano?

Il volto le si illuminò. Stava per fare la più grande cavolata della sua vita! Glielo avessero detto giorni fa, si sarebbe arrabbiata.

-James?-

-Sì?-

-Ho un’idea.- comunicò.

Il ragazzo la guardò, curioso. Le andò vicino.-Cosa?- fece, impaziente.

Sorridendo, lei lo prese per mano e lo trascinò fuori dal negozio. Avevano un sacco di cose da fare, non c’era tantissimo tempo.

Per trovare tutto, avrebbero dovuto setacciare tutta Hogsmeade e, forse, fare un giretto illecito per Diagon Alley, utilizzando una passaporta decisamente illegale.

 

Quando fecero ritorno a scuola, era tardissimo. Avevano giusto il tempo di darsi una sistemata e correre a cena. Durante il tragitto verso la camera di Lily non fecero che ridere come matti, trascinando una miriade di sacchetti stracarichi.

-Dopo questa, Lily, ti proclamo ufficialmente un membro dei Malandrini!- fece James, contento. –Lascia che lo sappia Remus! Gli verrà un colpo!-

Lei rise, ancora incredula per ciò che avevano fatto quella giornata. Non si era mai divertita tanto ed ora aveva una fame da lupo.

Come primo appuntamento, se così si poteva chiamare, era andato benissimo. Non riusciva a stare seria neanche per un secondo, tanto che molti dei suoi compagni l’avevano guardata con stupore, quando lei e James erano entrati nell’edificio scolastico.

Nella Sala Comune di Grifondoro, nessuno si preoccupò quando James Potter entrò nell’ala adibita ai Caposcuola, insieme a Lily. Da tempo ormai tutti sapevano che Remus aveva preferito dormire in camera con gli amici, lasciando la sua nuova stanza a James, che invece voleva avere un bagno tutto per se.

Queste erano state le parole di Remus, almeno. E nessuno osava mettere in dubbio ciò che diceva il Caposcuola Lupin.

Lily fu la prima ad entrare nella stanza, sempre sorridendo. Ed appena vi ebbe messo piede si accorse che c’era qualcosa di diverso nella sua camera.

Qualcosa in più.

E quel qualcosa era un bel gatto nero, dagli splendidi occhi verdi, che riposava tranquillo sul letto di James. La osservava, inespressivo.

La Evans rimase per un attimo a fissare l’animale, confusa. Poi arrivò James dietro di lei. –Che fai? Non è entri? Questi sacchi pesano!- le fece, divertito.

Lei si voltò a guardarlo, ancora un po’ scossa. –James, c’è un gatto sul tuo letto.- dichiarò.

-Un gatto?- ripetè lui. Poi il suo volto si illuminò. Sorpassò Lily, affacciandosi nella camera e, non appena ebbe visto l’animale, sorrise felice.

-Stria!- esclamò, entrando e lasciando cadere tutti i sacchi a terra. –Micia! Ma dove ti eri cacciata?- fece affettuoso, prendendola in braccio.

Anche Lily entrò, guardando la scena.

-Allora è tuo.- constatò.

-Sì.- le rispose James, mentre faceva dei grattini dietro l’orecchio alla gatta e riceveva, in cambio, delle fusa. –Sta con me da quando ero molto piccolo. È una lei, si chiama Stria. Non preoccuparti, non ci darà fastidio. Sta sempre in giro per i fatti suoi, non starà molto in questa stanza.-

-Figurati.- fece Lily, avvicinandosi. –A me piacciono i gatti.- dichiarò, accarezzando il pelo della gatta, che si lasciò toccare.

-Le piaci.- la informò James, contento. –Sirius, Remus e Peter non le vanno molto a genio, sai?-

E c’era anche una ragione. Un cane, un lupo ed un topo. I migliori amici dei gatti, insomma!

Lily rise. –Sei veramente molto bella, lo sai?- disse dolce, riferendosi a Stria. Poi tornò a James. –Solo, non capisco… come ha fatto ad entrare?-

E Potter, tanto per cambiare, le rivolse uno dei suoi migliori sorrisi malandrini, quelli che significavano tutto e niente.

-Beh, Stria è un gatto molto, molto speciale.- le disse, prima di mettere a terra la gatta e  richiudersi in bagno.

 

 

 

Era notte inoltrata, ormai. L’alba vicina. La scuola di magia e di stregoneria di Hogwarts riposava tranquilla, sotto i raggi flebili della luna.

Solo due persone, a quell’ora tarda della notte, erano ancora in piedi ed in giro per i bui corridoi del castello. Si sarebbero beccati una bella punizione se solo, beh, se solo fossero stati visibili.

Lily non aveva più tolto gli occhi verdi di dosso a James Potter da quando erano entrambi svaniti sotto un mantello stranissimo.

Lui, dal canto suo, sorrideva soddisfatto.

-Quindi è così che hai sempre fregato tutti! Hai un mantello che rende invisibili!- se ne uscì lei alla fine, ancora incredula.

Stava scoprendo un sacco di cose su James, ultimamente. E la maggior parte di queste avevano a che fare con la violazione delle norme scolastiche.

La rossa scosse il capo, rassegnata. –Sei incorreggibile!-

-Direi più che sono fantastico, Lily.- fece lui, con un bel sorrisone angelico.

La ragazza lo punì con un pizzicotto che lo fece ridere allegramente. Lei lo guardò male, spazientita.

-Insomma, bisogna proprio andare? Se ci beccano siamo finiti!-

-Siamo invisibili, no?- ribatté lui.

-Sì, però…-

-Dai, Lily! Non fare la noiosa! Sono sicuro che ti piacerà.-

Ripresero il loro tragitto. Evitarono per poco Pix, che svolazzava assonnato e tirava distrattamente qualche palloncino pieno di inchiostro blu, irritando le armature.

Poco dopo la povera Lily dovette rivolgere ostinatamente lo sguardo alla finestra, arrossita fino alla radice dei capelli, mentre James ridacchiava. La causa erano dei suoni inequivocabili che provenivano da un’aula chiusa.

-Te l’avevo detto che non eravamo gli unici a girottolare per il castello di notte!- le disse il ragazzo, ghignando perfido.

-Taci!- soffiò lei, imbarazzata.

Ma James Potter, era James Potter. Con orrore, Lily lo vide uscire da sotto il mantello ed avvicinarsi con passo felpato alla porta incriminata.

-James! James, ti prego! Torna qui !- pigolò Lily, disperata.

Niente. Quel testone non ne volle sapere. Sfoderando un ghigno diabolico si puntò la propria bacchetta alla gola, mormorando piano un incantesimo, e la voce di Minerva McGrannit risuonò nel corridoio.

-Sinistra,vieni qui un attimo anche tu! Sento dei rumori strani provenire da questa porta!-

La povera Lily si portò una mano sugli occhi, sconvolta dalla stupidità di Potter. Quello, gettato lo scompiglio nella stanza prescelta, ritornò velocemente da Lily ed insieme si nascosero di nuovo, andandosene via di corsa.

Quel demente di James rideva.

-Visto Lily? Ho sistemato quegli sporcaccioni che ti infastidivano tanto!-

-Grazie, molto generoso da parte tua. Ma potevi evitare! Li avrai fatti crepare di cuore!- sbottò lei, guardandolo severa.

-Così imparano.- le spiegò lui, allegro. –Che cosa squallida farlo in una classe! Bah!-

-Ognuno la pensa come vuole.- fece lei, imbarazzata. –E comunque senti chi parla! Proprio te!- sbottò, nervosa.

-Perché? Che ho fatto?-replicò lui, guardandola.

-Beh…ecco…in bagno…le ragazze dicono…- mormorò lei, a capo basso.

James sbuffò. –Che palle!- se ne uscì. –E’ stato tempo fa! Ora ho chiuso bottega!-

Lily divenne ancora più rossa. –…sono affari tuoi.- borbottò, a disagio.

Lui la guardò, divertito. La Evans poteva sentire chiaramente gli occhi del ragazzo puntati addosso. Si girò a guardarlo, arrabbiata. –Insomma! Dobbiamo proprio parlare di questo? Mi mette a disagio!- fece, agitata.

Non si aspettava di cadere su quell’argomento proprio con lui, accidenti.

James rise, con dolcezza, però. Lei era tenerissima in quel momento. –Ok, non ne parliamo più, tranquilla.- le mormorò, dolce.

Lei annuì. –Quello che fai non mi riguarda.- disse, piano.

Lui sorrise. –No?-

-No, certo.- fece lei, convinta.

-Quindi quello che faccio non ti importa?-

-No.-

-Qualsiasi cosa?-

-Esatto.-

Ci fu un attimo di silenzio. Si udiva soltanto il frusciare degli alberi.

Lily camminava, guardando dritto davanti a sé, quando, ad un tratto, si sentì tirare dolcemente indietro da una mano di James. Ebbe appena il tempo di realizzare di essere di fronte a lui, poi, la mente le si annullò.

James le sfiorò le labbra con le sue, con la stessa delicatezza che le aveva riservato quel giorno di pioggia, dopo la prima partita di Quidditch.

Lei sentì il cuore battere all’impazzata. Per un attimo pensò che il ragazzo non l’avrebbe più lasciata andare, che avrebbe preteso di più da quel lieve bacio.

Invece James si limitò a sfiorarle appena la bocca e ad accarezzarle una guancia.

Lì, protetti dal mantello dell’invisibilità, il loro sarebbe potuto essere anche un segreto. Un dolce segreto.

Quando lui si ritrasse, lei lo guardò, incapace di dire qualsiasi cosa. Ricevette un sorriso, furbo e dolce allo stesso tempo.

-Beh, mi hai autorizzato tu.- le sussurrò James, divertito, dandole un altro piccolo bacio.

Lily si limitò ad arrossire e a restare in silenzio. Era proprio una ragazza noiosa, si disse. Avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa, ma non le venivano le parole.

-Andiamo.- le disse James. –Siamo in ritardo, i ragazzi ci aspettano! Se non ci muoviamo ci perdiamo le ultime stelle prima dell’alba!-

La prese per mano e ripartirono, insieme.

 

Poco dopo, sulla torre di astronomia, cinque ragazzi ammiravano incantati il cielo, che andava tingendosi di sfumature violacee.

Peter Minus se ne stava mezzo addormento su un groviglio di coperte che Remus aveva provvidenzialmente portato. Loro due, insieme a Sirius, erano arrivati illesi alla torre grazie all’aiuto della mitica mappa del malandrino, che ora si trovava tra le mani di Lily Evans, che ormai era arrivata a non stupirsi più di nulla, dopo quella giornata.

Sirius stappò qualche bottiglia di Burrobirra ed andò a distribuirne a tutti.

Brindarono e per un po’ rimasero in silenzio, bevendo di tanto in tanto.

Lily si strinse nella giacca, rabbrividendo per l’aria fredda del mattino. Ma non era pentita di essere lì.

Era tremendamente felice.

Si sentiva a casa, completa. Sentì di provare affetto per quei quattro ragazzi che erano lì, al suo fianco. Ognuno terribilmente speciale.

Il suo sguardo incrociò quello di Sirius e, per la prima volta, i due si sorrisero con simpatia.

Remus invece era vicino a James ed aveva l’aria serena di uno che non desidera altro che essere lì, nel posto in cui si trova. Con le persone che ha accanto.

E poi James.

James che, appoggiato alla pesante balaustra di pietra, osservava la volta celeste, soggiogato, chiedendosi se un giorno sarebbe mai riuscito ad arrivare a toccare quello spettacolo anche solo con un dito.

E l’alba arrivò, splendente e ricca di speranze, accendendo un enorme fuoco nel buio ed inondando di luce nuova gli occhi di quei ragazzi.

Ognuno di loro con problemi, speranze, paure e gioie…

Ed a tutti loro, in quel momento, sembrò che non ci fosse più niente di impossibile da fare. Ogni cosa appariva più semplice, meno spaventosa.

Lily rimase ad osservare quella meraviglia, commossa. Sentì James prenderle la mano e sorrise, stringendogliela a sua volta.

No, non aveva più paura.

Adesso volava. Volava veramente.

Remus, silenzioso spettatore, abbandonò il cielo per posare lo sguardo sui suoi amici.

Sirius, James, Peter, Lily…

Sorrise.

Un giorno, tanti anni dopo, avrebbe pianto al ricordo di quella mattina sulla torre di astronomia. Pianto di gioia e di dolore.

In quel momento, erano ancora così giovani…

Ancora con delle speranze, delle illusioni.

Liberi.

Non avevano provato l’atroce sapore della morte, della prigionia o della vendetta. Non ancora…

Era presto. Troppo presto.

C’era ancora un po’ di tempo per sognare.

Ed intanto, un altro giorno cominciava.

 

 

“Hold up.

Hold on.

Don’t be scared.

You’ll never change what’s been and gone.

 

May your smile

Shine on.

Don’t be scared.

Your destiny may keep you warm.

 

Cos all of the stars

Are fading away.

Just try to not worry

You’ll see them some day

Take what you need

And be on your way

And stop crying your heart out.” 

-Stop Crying Your Heart Out, Oasis.-

 

 

 

E qui si conclude questa Divina Commedia! XD Mi scuso per la lunghezza, ma c’erano molte cose che volevo dire prima del prossimo capitolo. Capitolo bomba.

Vorrei ringraziarvi tutti quanti, che aumentate di giorno in giorno e mi rendete terribilmente felice.

Appena posso risponderò a tutti voi, purtroppo adesso sono veramente incasinata. ^__^”””

Che dire? Visto che finalmente ho accontentato chi mi diceva di scrivere capitoli troppo corti, mi aspetto recensioni da Oscar! XD XD (Sto scherzando, ovviamente!)

E poi una cosa che mi ha fatto ridere. Alcuni mi stanno sottoponendo ad interrogatorio per sapere quale coppia si formerà per prima, visto che siamo vicini al capitolo 20 e non se ne vede ancora una.

Mi spiace, io ho le labbra cucite. Ma potete provare a fare le vostre supposizioni.

E ora vi lascio, così potete cominciare a scervellarvi. ^^

Un bacio,

Lady Tsepesh.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Halloween ***


Eccomi qua, ragazzi! Questo è il primo capitolo bomba! XD

E lo dedico interamente a tutti coloro che da Manga.it mi hanno seguita qui. Soprattutto lo dedico ad Ali-del-Sole e a Black-Witch, che invece di mandarmi a quel paese come mi meritavo, hanno assecondato i miei capricci. Hanno fatto le valigie e mi hanno seguita fin qui. Ragazze, non meritavo tanto. Non lo dimenticherò. Grazie per la fiducia e la fedeltà. Cercherò di essere all’altezza. Vi voglio bene.

Un bacione a tutti voi e…spero vi piacciano i costumi di Lily e James. So che non piaceranno a tutti, io però ho avuto questa idea.

Chiedo inoltre scusa per il ritardo. Causa: vacanze. E un altro problema, più grave. Non riuscivo a scrivere il capitolo. Ho mosso le mani sulla tastiera piena d’ansia. È il capitolo che darà il via a tutto e avevo paura. Anche ora non sono affatto soddisfatta, ma non potevo scappare da voi in eterno. Perciò, eccovi il primo capitolo bomba. (E ora corro a nascondermi.) Baci, Lady Tsepesh.

 

CAPITOLO 19 “HALLOWEEN”

 

Quel giorno, tutto ebbe inizio.

Sette e trenta del mattino. 31 Ottobre. Halloween.

Chiuso nel bagno della stanza singola di Lily Evans, James Potter, il grande capo dei Malandrini, alzò lo sguardo dal lavandino, ancora lucido di gocce d’acqua, per puntarlo sullo specchio di fronte a sé.

Questo gli offrì l’immagine di un ragazzo alto, atletico, dai capelli nero pece perennemente in disordine e dal volto ancora un po’ umido. Gli occhi neri, profondi come abissi, gli restituirono lo sguardo.

Inconsapevolmente, il ragazzo si toccò il viso con le dita, delicatamente, come se avesse avuto il timore che con un tocco un po’ più deciso quell’immagine confortante sarebbe potuta svanire, sgretolarsi.

Sì, era lui. Si riconosceva.

Per adesso.

Ma per quanto ancora? Quanto tempo gli restava per continuare ad essere se stesso?

Non era sicuro di volerlo sapere.

Quella notte non era riuscito a dormire. Brutti sogni lo avevano tormentato fino a nausearlo e lui non aveva potuto fare altro che rigirarsi nel letto, agitato, in cerca di un sonno che non era mai arrivato del tutto.

Un sogno strano, mai fatto prima.

Vagava nelle tenebre. Era impossibile conoscere il tragitto dei suoi passi.

E lui continuava, con foga, a proseguire. Qualcosa nel suo cuore lo esortava ad andare avanti, ne andava della sua vita. Non poteva fermarsi, sarebbe stata la fine.

Doveva vedere.

Doveva sapere.

Poi, ad un tratto, si era fermato. Il respiro lieve di chi ha corso migliaia e migliaia di chilometri senza mai trovare riposo.

Là, nel buio, gli era parso di scorgere due paia di felini occhi verdi, che lo osservavano.

-Stria?- aveva mormorato con insicurezza.

Non aveva ricevuto risposta.

E infine, dolore. Un dolore acuto che lo aveva fatto urlare. Dimenarsi.

Il suo corpo brillava della luce delle stelle. Una luce spettrale, mai vista prima.

Avvolto in quella oscura luminosità, che aveva i colori del buio, della morte, aveva continuato a gridare. Una pena che nessuno avrebbe mai potuto conoscere. Una parte della sua mente glielo suggeriva. E desiderò morire.

Quando quel male che lo opprimeva divenne semplicemente troppo grande per resistere ancora, aveva chiuso gli occhi, di colpo.                                                                     

E miriadi di piume nere come l’inchiostro gli erano vorticate davanti.

Che cosa voleva dire? Cosa?

Si era svegliato di colpo, spaventato.

Il suo corpo era rovente, sudato. E tremava, tremava terribilmente.

E adesso era lì, a rimirarsi allo specchio come un perfetto idiota.

D’istinto si portò la mano alla catenella d’oro che aveva al collo. Il misterioso gioiello di James. L’oggetto su cui tanti si interrogavano, curiosi.

Che cosa si trovava alla fine della catena che Potter portava rigorosamente nascosta sotto gli abiti?

Lo specchio riflettè l’immagine.

Tra le dita del ragazzo si trovava una piccola croce d’oro. L’unica sua consolazione.

Un prezioso regalo donatogli da sua madre Amelia.

Chiuse gli occhi, ricordando il volto di sua madre. Quell’espressione gentile che le apparteneva sempre, in ogni caso. Avrebbe voluto averla vicina, in quel momento. Ora che, più che mai, si sentiva vicino al limite.

-James, finiscila.-

Una voce bellissima, femminile.

Il ragazzo aprì gli occhi e si voltò. Di fronte a lui, seduta tranquillamente sul tappeto bianco del bagno, c’era Stria, la sua meravigliosa gatta, che lo fissava con le sue verdi iridi feline.

Lui le restituì lo sguardo.

-Finirla di fare cosa, Stria? Di sperare?-

-Di scappare.- rispose l’animale, senza aprire bocca, limitandosi a parlare esclusivamente nella sua testa.

James le dette le spalle, posando entrambe le mani sul lavandino. Non voleva parlare ancora di certe cose, non ne poteva più.

-Non lo vedi?- proseguì lei. –Se continuerai a non accettarti, ti logorerai fino a sfinirti, sciocco. È il tuo destino. Il destino di tutti gli Havisham, James.-

-No.- dichiarò secco il ragazzo. –Non imparerò mai quella roba, né permetterò ai poteri che mi ha trasmesso quel mostro di uscire!-

-Ne parli come se fosse una disgrazia…-

-Lo è, Stria! Lo è! Come fai a non capire?- fece lui, disperato.

La gatta lo guardò, scrutandolo attentamente. –Io mi occupo dei giovani Havisham da quando questa famiglia è nata. Ho seguito Edward nella sua giovinezza, preparandolo al suo destino. Poi mi sono preoccupata di Savannah… In tutti questi secoli, mai, dico mai, ho avuto a che fare con un ragazzo come te. Codardo, vigliacco e irrispettoso delle tradizioni come te, James!- sbottò, irritata.

Lui fece un sorriso amaro. –Mi spiace per te.- rispose, lanciandole un’occhiata. –Se essere un Havisham significa vendersi l’anima e uccidere, allora sto bene al di fuori di quella famiglia. Se ti turba tanto, allora vattene.-

Stria continuò a guardarlo con freddezza. –Sai che non posso. Ho prestato giuramento. Devo assistere i giovani Havisham fino a quando non sarà più necessario.- dichiarò.

-Io non sono un Havisham. Di cognome faccio Potter.- replicò lui.

-Come ti pare, James.-

La gatta si alzò, stiracchiandosi, ed uscì dal bagno, muovendosi nella stanza della Caposcuola di Grifondoro.

La giovane Lily Evans ancora dormiva tranquilla, ignara di tutto. James la osservò a lungo, stando affacciato alla porta. Non si rese conto del tempo che passava.

Quando Potter lasciò la stanza, diretto al campo di Quidditch, ormai il sole era alto nel cielo.

 

 

 

La voce asettica e un po’ monotona della professoressa McGrannit aveva oramai inevitabilmente invaso l’intera sala adibita alle riunioni dei Caposcuola.

Gli otto ragazzi scelti per accollarsi le responsabilità degli studenti, seduti su sedie peraltro scomodissime, avevano raggiunto la fusione celebrale. Gli occhi dallo sguardo vacuo.

Persino Lily Evans, ragazza ligia alle regole, aveva l’aria stanca.

Annoiata, lasciò che i suoi occhi verdissimi vagassero per la stanza, in cerca di qualcosa che potesse rimettere al mondo la sua attenzione, ormai precipitata in una sorta di baratro.

Dalle finestre chiuse proveniva la tenue luce del sole. E poi, lontane, le voci degli studenti, attutite. Vicino a lei, Remus Lupin annuiva di tanto in tanto alle parole della Direttrice di Grifondoro, prendendo appunti.

I rappresentanti di Serpeverde, Eva Ames e Severus Piton, erano perfettamente in silenzio. L’una scriveva veloce su un quadernetto, l’altro se ne stava immobile, senza dedicare la minima attenzione all’insegnante.

Lana Smith e Jasper Joyce, Corvonero, e Sasha Rave e Matt Dils, Tassorosso, avevano ufficialmente disconnesso i cervelli.

Osservando i suoi compagni di scuola, Lily non potè fare a meno di puntare il suo sguardo su Severus Piton. L’enigma.

Una volta quel ragazzo si era comportato in modo gentile con lei, andando pure contro all’onnipresente credo di Serpeverde, che impediva di mostrare gentilezza verso i mezzosangue.

Eppure, nonostante ciò, Piton era anche uno dei ragazzi che avevano intrappolato lei e Vick in biblioteca, poco tempo fa.

Anche se ce la metteva tutta, Lily non sarebbe mai riuscita a dimenticare completamente. Né a perdonare.

Ed era sicura che anche Victoria, così forte, non fosse riuscita del tutto a buttarsi la faccenda alle spalle. Una Cruciatus non si scorda.

L’idea che i Serpeverde in questione se la fossero cavata con qualche punizione la riempiva di rabbia.

Sospirò, portando lo sguardo alla finestra.

Era rimasta sveglia una notte intera con James a commentare la decisione del consiglio scolastico di non prendere provvedimenti troppo severi, come l’espulsione, nei riguardi di Lucius e combriccola.

Ricordava gli occhi neri di James, freddi di indignazione. E ricordava le sue parole.

“Il mondo è in mano loro, non c’è storia. Persino Silente non è riuscito a farsi valere nel Consiglio scolastico. E puoi giurarci, lui li avrebbe espulsi.”

Lily non condivideva del tutto il pensiero di James.

Non era pienamente convinta del fatto che il Preside avrebbe voluto l’espulsione. Era un uomo troppo generoso, troppo fiducioso nel prossimo. Non avrebbe mai potuto desiderare una cosa del genere.

Assorta nei suoi pensieri, sentì il grattare di una sedia sul pavimento.

Era la sesta volta che il povero Remus cambiava posizione. Non ce la faceva più a starsene seduto. Questo strappò un sorriso alla ragazza.

Chissà che cosa stava facendo James…

Si riscosse immediatamente.

Va bene, Potter le piaceva, ma non poteva certo mettersi a pensare a lui nel bel mezzo di una riunione di Caposcuola.

Ma ormai c’era caduta. Ci stava pensando.

Arrossì, riportano rigorosamente lo sguardo alla finestra, alle spalle della McGrannit. Quella continuava a parlare, imperterrita. Adesso era arrivata al punto dolente. La sera di Halloween. Quella sera.

E lei alla festa ci sarebbe andata con James.

Sbuffò. Ancora?! Che diavolo, perché non riusciva a non pensare a quello sbruffone?

Si sentiva come spaccata a metà.

Da una parte la Lily Caposcuola, che insisteva a riportare la sua attenzione sulle parole della Professoressa, dall’altra la Lily ragazza, che invece faceva vagare la sua mente verso tutt’altra parte.

Verso i campi di Quidditch, dove sapeva che lui si stava allenando. Dove avrebbe voluto essere lei. E dove, sicuramente, un mucchio di ragazzine decerebrate si trovavano.

I suoi occhi verdi si assottigliarono impercettibilmente.

Fu in quel momento che la McGrannit terminò la sua arringa, per uscirsene con un severo: -E’ tutto chiaro?-

Tutti risposero. Tranne lei.

-Signorina Evans?-

Lily si riscosse e si affrettò a rispondere, per poi abbassare lo sguardo, mortificata.

-Non preoccuparti, ho scritto tutto io.- le sussurrò Remus, gentile come suo solito.

Gli avrebbe eretto una statua.

-Allora ragazzi, per stasera il Preside esige il massimo da voi, ricordatevelo. Agli studenti fino al quarto anno è permesso rimanere alla festa fino e non oltre la mezzanotte. Tutti gli altri avranno una mezzora in più.-

Stranamente, nessuno dei Caposcuola si lamentò per il poco tempo concesso. E fu strano che l’astuta McGrannit non si fosse insospettita di ciò.

-Niente alcolici, mi raccomando. Né alla festa, né nei dormitori. E niente festini illeciti. Ci siamo chiariti?-

Calò un silenzio inquietante.

Persino Lily non ebbe il coraggio di replicare, visto che avrebbe partecipato alla festa organizzata da James. E, di certo, non voleva tradirlo.

Alla fine, la mitica Eva Ames, ostentando un’encomiabile espressione innocente, rispose con un pratico: -Ovviamente, Professoressa.-

Da lì, tutti gli altri seguirono. Remus guardò la ragazza e sorrise.

Fu così che la riunione, che tanto sapeva di tortura psicologica, terminò. Mancava poco all’ora di pranzo.

-Due ore e ventisette minuti.- fece Jasper Joyce, Caposcuola di Corvonero, guardando il suo orologio. –Quella donna vuole la nostra morte. Ma non le si secca la lingua a forza di parlare?-

Avevano lasciato la Sala riunioni e adesso stavano percorrendo tutti insieme lo stesso corridoio, diretti in Sala Grande. O, almeno, così pensava Lily.

Remus le stava vicino, intento a ricontrollare gli appunti. Sembrava essersi estraniato dal gruppo e lei decise di non disturbarlo, stando in silenzio.

Sasha Rave però parve non curarsi della concentrazione del Grifondoro. Gli si affiancò e con la sua parlantina squillante interruppe i suoi pensieri.

-Remus, per la festa, potresti riferire a James che…- ma si interruppe di botto, non appena il suo cervellino di svampita ragazza diciassettenne comprese che vicino a Remus Lupin si trova Lily Evans, la patrona del regolamento scolastico.

Il biondo se ne accorse.

-Sasha, parla pure. Lily è con noi.-

Tutti i Caposcuola, persino Severus Piton, si voltarono a guardare la povera rossa, increduli. Lily si fece piccola piccola, abbassando lo sguardo.

Quel santo di Lupin la salvò. –Allora Sasha? Che vuoi che dica a James?-

La ragazza si riprese, riportando lo sguardo su di lui. –Oh, certo. Allora, digli che con le decorazioni abbiamo finito. Gli ultimi ritocchi li facciamo oggi pomeriggio. Non deve preoccuparsi.-

-Sentite, vi muovete?- arrivò anche Jasper. –Black non starà ad aspettare, ok?-

Black? Si chiese Lily, tornando a seguire quasi correndo quel gruppo di ragazzi che tutto stava facendo, fuorché il proprio compito di Caposcuola.

Vabbè, si disse la ragazza. Sono stata impeccabile per sei anni. Per una volta posso anche divertirmi.

Il piccolo gruppo si fermò di fronte ad un’aula vecchissima mai usata a memoria d’uomo. Remus aprì la porta e ad accoglierli, seduto su un vecchio e logoro banco, con le gambe penzolanti, stava Sirius Black.

Sempre quell’espressione menefreghista sul volto.

La sua maschera, ormai Lily lo aveva capito.

Sirius portava la divisa di Quidditch, segno che gli allenamenti erano finiti da poco e lui era subito corso lì, senza pensare a cambiarsi.

Ovviamente aveva una sigaretta tra le labbra.

Sorrise, quando li vide.

-Finalmente! La vecchia non vi lasciava più andare?- fece, ironico.

Remus lo fulminò con lo sguardo, andando a mettersi vicino a lui.

Black lanciò un’occhiataccia diretta a Severus, che se ne stava andando, rifiutandosi di mettere piede in una stanza dove si trovavano ben due Malandrini. Eva, invece, rimase. Standosene lontano da tutti, poggiata alla parete.

Tutti gli altri si radunarono vicino ai due ragazzi Grifondoro.

-Allora?- fece Sasha.

-Con bibite e cibarie varie siamo apposto. Ci danno tutto alla Testa di porco.- rispose Black, prontissimo. –Ci penso io a portarvi tutto in tarda serata, Sasha.-

Quella annuì, soddisfatta.

-E la festa? Quando?- se ne uscì Matt Dils. –A che ora devo dire?-

-Quando finisce la palla assurda del festino con i prof.- fece Sirius, pratico. –Da mezzanotte in poi, mi pare ovvio. Ma non possiamo spopolare la Sala Grande tutto in un colpo. Bisogna andare a piccoli gruppi.-

-Ovviamente.- convenne Jasper.

-E, altra cosa. La festa è solo per quelli del settimo e del sesto. Niente ragazzini. Poi si ubriacano e succede un macello, come l’ultima volta.- chiarì Black.

-Sarà dura, quelli del quinto saranno furibondi.- fece Sasha, sospirando.

-Cazzi loro.- se ne uscì Sirius. –Alle feste mi diverto, mica faccio il baby sitter. Chiuso. E se provano ad imbucarsi…beh, spargete la voce che sono parecchio su di giri ultimamente e che a riempire di botte qualcuno non mi ci vuole nulla.-

Lily alzò lo sguardo su di lui. Ok, sicuramente stava scherzando.

Eppure, mentre lo guardava, sentì la propria pelle accapponarsi. Diceva sul serio. Quegli occhi blu erano talmente freddi e pieni di frustrazione che la fecero tremare. Sirius Black sembrava sul punto di esplodere. E quella sigaretta che aveva in bocca…

Sembrava divorarla, più che fumarla.

In quel momento, le sembrò di vedere non il Principe di Grifondoro, l’acclamato divo delle ragazze, ma un gatto. Sì, un gatto nero, fradicio di pioggia ed affamato.

Una bestia abbandonata, buttata per la strada, in balia del destino.

Una bestia che non ha mai conosciuto una carezza, un gesto d’amore.

Provò il forte impulso di correre ad abbracciarlo, sussurrargli che aveva tanti amici vicini, che se avesse voluto, anche lei gli sarebbe rimasta accanto.

Chissà cosa vedeva Sirius Black, quando si guardava allo specchio.

Vedeva il bel ragazzo moro dagli occhi blu che faceva impazzire ogni singola ragazza di Hogwarts, oppure una superficie putrida, marcita?

Eppure lui era un purosangue.

Non era come lei, mezzosangue.

E allora? Non riusciva più a capire. Allora qual’era la felicità? Dov’era? Come raggiungerla?

Abbassò lo sguardo. Si sentiva sprofondare, annegare.

-…no, non preoccupatevi. Se i professori si mettono a gironzolare per i corridoi, ci pensa Mirtilla. Sul serio, siamo coperti. Basta non fare cazzate enormi, è chiaro.- stava dicendo Sirius.

Lily lo ascoltò appena, stava cercando di riemergere da quell’abisso che tentava di affogarla. Doveva uscirne, doveva avere più coraggio.

Non avrebbe concluso niente continuando a disperarsi, a piangere, ad essere codarda. Si voltò ed uscì dalla stanza, ignorando gli altri. Non sarebbe comunque stata d’aiuto e non era sicura che i preparativi di un festino illecito potessero interessarla poi così tanto. Partì alla volta della biblioteca, ricordandosi di una ricerca di Storia della Magia da finire.

I lunghi capelli rossi tirati su in una coda alta, gli occhi verdi bellissimi. Se ne stava avvolta nel suo mantello, cercando di ripararsi dagli spifferi che riuscivano a penetrare le impervie mura del castello.

Mentre percorreva in silenzio i corridoi, passando inosservata tra i compagni di scuola, lo vide.

Teneva gli occhi bassi, ma, ad un tratto, qualcosa, una forza misteriosa per lei, l’aveva spinta ad alzare lo sguardo. E lui era apparso. Bello come il sole. Bello come solo lui sapeva essere.

James Potter si era già tolto l’uniforme da Quidditch ed indossava con la sua solita disinvoltura jeans e maglietta. Assolutamente niente mantello.

Lily storse la bocca. Probabilmente l’idiota era accaldato dopo l’allenamento e la doccia e non ci pensava minimamente a coprirsi.

Avrebbe rischiato di prendersi un malanno.

Lo vide in compagnia della fedele Alice Rubin, che quel giorno aveva i lunghi capelli scuri sciolti. Questi frusciavano liberi ad ogni sospiro del vento.

La rossa provò uno strano dolore al petto, costatando quanto bella fosse la Cacciatrice di Grifondoro. Per la prima volta da che aveva memoria, non potè fare a meno di paragonare una ragazza a se stessa e sentirsi terribilmente goffa, inadeguata e brutta.

Alice e James parlavano fitto fitto, stando vicinissimi.

Avrebbero quasi potuto baciarsi.

Lily scosse il capo, dicendosi che quei due erano solo amici e che sicuramente stavano parlando di qualche nuova tattica per la prossima partita. Non poteva che essere così.  

Eppure non potè farne a meno. Si voltò, ben intenzionata ad andarsene in qualsiasi anfratto del castello, pur di non stare lì.

Non fece in tempo a muovere un passo, però, che gli occhi di Potter la trovarono. La vide mentre se ne andava e partì subito ad inseguirla, salutando Alice e dicendole in fretta che le decorazioni con le zucche erano più che appropriate.

La Rubin rise, vedendolo filare, ed annuì.

Lily continuava a camminare, tenendo lo sguardo a terra e sentendosi una stupida a livelli stratosferici, quando si sentì afferrare la mano destra ed avvertì quella presenza calda, avvolgente, che tanto amava.

-Dove scappi?- lo sentì dire alle sue spalle.

Fu scossa da un brivido. Maledetto Potter…

Si voltò a guardarlo con i suoi meravigliosi occhi di giada e lui le restituì lo sguardo, sorridendole. –Ti ho fatto una domanda.- fece, dolcemente.

Lei abbassò lo sguardo. –Non volevo crearti fastidio.- gli rispose. –Parlavi con Alice e io…-

Il ragazzo alzò un sopracciglio, guardandola confuso. –Ma che c’entra, scusa? Parlavo con lei e allora? Non potevi venire anche tu?-

Lily lo guardò, senza sapere cosa dire. Doveva forse dirgli che era gelosa? Che si sentiva inferiore alla bella e atletica Alice Rubin?

Si sentì terribilmente sciocca.

James sospirò, lasciandole la mano. –Basta Lily.- le disse, quasi con severità. –Cosa credevi ti avrei detto, se ci avessi raggiunti? Pensavi che ti avrei snobbata o trattata con astio? Io sto bene con te, ne sarei stato felice! Dammi un po’ di fiducia e soprattutto danne a te stessa.-

Lei non ebbe il coraggio di replicare. Lui aveva terribilmente ragione. Si stava detestando per questo.

-Io ce la sto mettendo tutta, Lily.- continuò lui. –Ma l’aiuto più grande deve venire da te. Devi essere tu a darti fiducia e a darne anche agli altri. So che hai sofferto, ma non sei l’unica. Non sei la sola figlia di babbani, qui dentro. Se si rivolgono a te con rabbia ed ironia, è anche perché tu lo permetti. Cresci, una buona volta.-

Assurdo, si disse Lily. James, James Potter, stava dicendo a lei di crescere. Lui, il Malandrino combina guai, stava dicendo a Lei, Caposcuola, di maturare.

Era davvero il colmo, eppure, era anche la verità. In realtà, James era molto più forte e maturo di lei, che fingeva soltanto di esserlo.

Restarono per un attimo in silenzio, mentre il resto degli studenti che passavano per quel corridoio camminavano vicino a loro, ignorandoli oppure limitandosi a dare loro qualche occhiata. Fu come se il tempo si fosse fermato.

Infine, James le fece alzare il volto, regalandole una carezza.

-Mi farai diventare matto, Lily Evans.- le disse con un sorriso divertito.

Lei sbuffò, freddandolo con lo sguardo, risentita. –Mica te l’ho chiesto io.-

Lui rise. –Hai ragione. Che vuoi farci, se non mi impegno in missioni impossibili non mi diverto.- le disse, tornato allegro.

La prese per mano.

-Per la cronaca, so che per questo corridoio si va dritti in Biblioteca, ti ho scoperta, carissima! E sappi che non se ne parla! È Halloween, abbiamo un sacco di lavoro da fare per i costumi e è quasi ora di pranzo.-

E, trascinandola dietro di sé, si avviò verso la Sala Grande.

Appena fecero il loro ingresso, insieme ad un ben consistente gruppo di studenti affamati, un paio di occhi blu si puntò su di loro.

Bellatrix Black, seduta al tavolo di Serpeverde tra la sua sorellina e Rodolphus Lastrange, che si ostinava a baciarle il collo nel vano tentativo di lasciarle un succhiotto, si sentì invadere dalla rabbia.

La stava tenendo per mano.

Assottigliò le labbra, rendendole pallidissime, e abbassò lo sguardo.

Lui avrebbe pranzato con quella mezzosangue. Ci avrebbe parlato. L’avrebbe tenuta per mano. L’avrebbe baciata e forse…

Non riuscì neppure a concepirlo quel pensiero.

Maledetta puttana mezzosangue.

 

-E’ vero che stai con Lilian Evans?- gli chiese lei, sentendosi morire.

-No.- rispose lui.

-Ma…ma sei innamorato di lei?-

-Sì.- rispose lui, senza timore.

Fu come ricevere una coltellata in pieno petto per lei.

-Perché io no?-chiese, un filo di voce.

James sospirò, riponendo l’asciugamano. –Non lo so, Bellatrix. Non credo ci sia un perché per queste cose. So solo che la amo. E nessuna potrà mai prendere il suo posto.-

 

Nessuna poteva prendere il suo posto, le aveva detto. Lui amava Lily. Lui voleva lei. Era stato chiaro. Come era stato chiaro tutte le volte che le aveva detto che quella notte tra loro era stata l’errore più grande della sua vita.

James Potter…corretto anche con chi la correttezza non la meritava. Era sempre stato sincero con lei. Sempre.

E lei ne era ossessionata. Non riusciva a toglierselo dalla testa, anche se i ricordi di quella loro unica volta stavano cominciando a svanire, lasciandole solo vuoto.

Narcissa, seduta accanto a lei, sentì il corpo della sorella maggiore tremare. Le lanciò solo una breve occhiata, prima di ritornare a mangiare in religioso silenzio.

Quel giorno, naturalmente, Lucius non la stava tormentando. Non poteva comportarsi da fidanzato innamorato, visto che non lo era, ma poteva comunque evitare di torturarla. Dovevano fare buona impressione, si disse Narcissa con amara ironia, altrimenti addio la corona di re e regina del ballo di Halloween.

Se non altro, si disse la biondina, poteva respirare almeno per un giorno.

Guardò il tavolo di Grifondoro. I Malandrini erano tutti riuniti e con loro c’era Lily Evans. L’unica ad essere assente era Victoria Olsen.

Lei si trovava di parecchio lontana da loro, insieme ad un gruppo di ragazze del sesto e quinto anno. Ma non era l’unica ad osservare la Olsen. Anche la Evans stava guardando da quella parte. Ad un tratto, Narcissa la vide alzarsi, dire qualche parola a Potter ed avviarsi verso la compagna di Casa.

Vick alzò lo sguardo, sorridendo a Lily. –Che fai qui?- le chiese. –Non è il posto migliore, te lo assicuro.-

La rossa lanciò un’occhiata alle compagne di Victoria. Priscilla e Kira, due oche totali, stavano commentando una rivista di moda, chiacchierando con le loro vocette stridule. Tutte le altre erano prese nel racconto dei costumi che avrebbero indossato quella sera.

-Hai ragione.- convenne Lily. –Soprattutto non è il posto adatto a te.-

Le si sedette accanto, guardandola. –Vick, andiamo dai ragazzi.- le disse, decidendo di buttarsi.

La mora le lanciò uno sguardo allucinato. –Stai scherzando?-

-Per niente. Peter e Remus sentono sicuramente la tua mancanza. E James sta impazzendo, perché vuole bene sia a te che a Sirius. Vick, dovete chiarirvi. Ci stiamo male tutti quanti.-

-Chiarirci? E perché lo dici a me? È Black quello che ha cominciato con i musi!-

Ahhh…orgogliosa Victoria, pensò Lily, guardandola.

Eppure quella storia doveva terminare. Per quanto avrebbero continuato ad andare avanti? Non sapeva più che cosa fare.

-…hai…hai scelto il costume per Halloween?- le chiese, tentando di cambiare argomento e di calmarla.

-Sì.- mormorò Victoria. –Me lo ha suggerito James e io ho accettato la sua idea, anche se ora me ne sto pentendo amaramente. Non riuscirò mai a presentarmi in pubblico con quel coso.-

Lily sorrise, pensando al maledetto Potter manipolatore che con moine e sorrisi dolci faceva fare a tutti quello che voleva.

-Che costume è? Non può essere così male.-

Vick sbuffò, guardando da un’altra parte ed arrossendo leggermente. –E’ uno di quegli schifosi abiti da principessa, di colore azzurro. James mi ha detto che sarebbe veramente bello se, per una volta, mi mostrassi più femminile.-

-Ha ragione, Vick! Sarai meravigliosa, vedrai! Ti aiuto io con l’acconciatura! Hai i capelli corti, ma qualcosa possiamo comunque inventarcelo!- fece la Evans, entusiasta.

In tutta risposta al suo entusiasmo, la faccia della Olsen pareva quella di una condannata al patibolo.

-Dai, non fare così! Guarda, non sarai l’unica a sentirti terribilmente in imbarazzo stasera! Anche io non so proprio come farò a presentarmi!- le disse Lily, ridendo.

-Ah, si? Da cosa ti vesti?-

-Segreto!-

-Ma io te l’ho detto!- protestò Victoria.

E ridendo e scherzando, parlando di costumi e di acconciature, le due presero a pranzare, sotto lo sguardo allegro e soddisfatto di Potter “Il Manipolatore”.

-Hai lo sguardo soddisfatto di chi ha raggiunto il suo più grande obbiettivo, James.- gli disse Remus, sorridendo.

-Sono soddisfattisimo, Rem.- rispose Potter, tornando a mangiare la sua insalata.

-Sono contento che facciano amicizia. Lily ha bisogno di avere una vera amica e Vick, beh, in questo periodo ha bisogno di un po’ di compagnia, visto che è parecchio giù.-

E disse quelle ultime parole con un tono di voce inequivocabile, guardando unicamente Sirius, che lo trucidò con lo sguardo.

Remus sospirò. –Ok, adesso basta.- fece, divenendo serio. –Ora siamo tutti e quattro qui, parliamo. Un problema di uno di noi, è un problema di tutti e quattro.-

-Remus…- cominciò Sirius, quasi supplicandolo di fermarsi.

Ma Lupin aveva deciso. Basta. –James, Peter, sappiate che Sirius ha baciato Vick, mentre lei dormiva in infermeria. E da allora la evita per qualche assurda ragione non giustificabile.-

Peter per poco non si soffocò con il pollo, mentre guardava attonito il suo amico. James invece rimase in silenzio, fissando Sirius dritto negli occhi blu. Era serio.

-Perchè non mi hai detto nulla?- gli chiese. –Una cosa del genere, e te ne stai zitto?-

Sirius non abbassò lo sguardo. Si era fatto serio anche lui.

-Senti, James, non osare fare l’offeso perché non ti ho detto nulla, ok?-

-Offeso? Io non sono offeso! Sono deluso. Credevo che ci dicessimo tutto, che fossimo come fratelli! È per questo bacio che non parli più a Vick? Ma che diavolo hai in testa?!-

-Fatti gli affari tuoi, James! Ok? E tu? Tu i tuoi segreti te li tieni, no? Allora perché io devo dirti tutto, cazzo! Te ne stai sempre insieme a Lily Evans e poi ti lamenti se non ti racconto ogni singola cosa che mi succede!-

-Cosa c’entra Lily in questa storia, spiegami! È assurdo!- sbottò James, innervosendosi.

-Ragazzi, finitela.- fece Remus, guardando entrambi.

Peter invece osservava Sirius, smanioso. –Che…che segreti ha James?- squittì.

-Li ha, li ha.- disse Black, guardando con astio il suo migliore amico, tanto che James si sentì gelare. –James, ti dirò i miei segreti, quando tu mi dirai cosa vai a fare da Silente! Cosa state combinando? Eh? Siete diventati amici del cuore?-

Potter ammutolì, abbassando lo sguardo.

Si sentì morire, spaccare a metà.

Ah, Sirius…

Il suo adorato Sirius…

Come poteva pensare di poter nascondere qualcosa proprio a lui?

Prima o poi, si sarebbe insospettito.

Cosa avrebbe fatto Sirius, se avesse saputo quel segreto che teneva nascosto a chiunque, anche a lui, per tutta la vita?

Cosa avrebbe fatto Sirius se avesse saputo che lui era stato con Bellatrix, la sua odiata cugina?

-Ci vediamo alla festa.- fece Black, abbassando lo sguardo e andandosene via, ignorando i richiami di Remus.

Poco dopo, lo stesso Peter si defilò, dicendo di avere bisogno del bagno.

Remus sospirò, tornando a guardare James. Aveva l’aria stanca ed era provato dall’ultima nottata passata a studiare.

Sentiva scivolare via tutto quanto. Cercava di trattenere tutto, si sforzava, ma scivolava via, come acqua trattenuta in una coppia di mani.

Il nervosismo sempre più evidente di Sirius…

L’allontanamento di Peter…

I segreti di James…

-Cosa sta accadendo ai Malandrini?- fece con un filo di voce. –Cosa ci sta succedendo, James?-

Ma il suo amico, il suo pilastro, la sua roccia, non rispose, chiuso nel suo silenzio. Si allontanò, senza dirgli una parola e Lupin si sentì veramente cadere la terra sotto i piedi. Si rimise seduto, prendendosi la testa tra le mani, disperato.

Ma cosa stava succedendo?

Erano stati un gruppo indissolubile per sei anni. Erano amici, giusto?

E allora che cos’era quel tremito che sentiva?

Erano divisi.

Che parola orribile. Una bestemmia.

Avvertì qualcuno sedersi al suo fianco e un profumo delicato. Riconobbe quella voce dai tratti nobili. –Ti va un giro per il parco, Remus?-

Eva Ames.

Eva.

Lui si voltò a guardarla. I suoi occhi cerulei, sempre così sicuri, erano smarriti in quel momento. Si aggrappò a lei come se fosse l’unica sua ancora di salvezza.

-Sì.- le disse, disperato. –Sì, ti prego.-

                                

 

Quella sera, quando varcarono il portone che conduceva in una Sala Grande irriconoscibile, ricca di decorazioni in tema alla notte di Halloween, nessuno dei Malandrini poteva dirsi dell’umore adatto per fare baldoria.

Non appena fecero il loro ingresso, tutti si voltarono a guardarli, curiosi.

Ciò che saltò subito agli occhi fu il fatto che James non era con loro.                                         

I Malandrini erano in tre.

Sirius Black, se possibile, era ancora più bello del solito. Ancora più affascinante e desiderabile. Quei capelli d’ebano liscissimi, gli occhi di un blu profondo…

Era vestito come un principe. Il principe che avrebbe dovuto essere, ma che aveva scacciato dal suo destino con tutte le sue forze.

Eppure, per ironia, aveva deciso di vestire quei panni proprio quella sera, per farsi beffe dei Black ancora una volta.

Quell’abito antico, di velluto nero e dai risvolti blu gli calzava a meraviglia. Ma, del resto, qualsiasi cosa sarebbe stata a meraviglia, su di lui.

Tutti gli occhi presenti in Sala Grande non poterono non restare affascinati dalla sua superba figura.

Peter Minus era anonimo come o peggio di sempre. Se ne stava nascosto sotto ad un lungo telo bianco, con solo due fori che gli permettessero di vedere. Una pessima imitazione di un fantasma; imitazione, peraltro, poco gradita dagli spettrali abitanti del castello.

Nick-Quasi-Senza-Testa aveva voltato il viso altrove, oltraggiato, quando lo aveva visto.

E infine Remus, che forse tra i tre era quello che più spiccava per stramberia. Il biondo caposcuola di Grifondoro sfoggiava niente di meno che l’uniforme scolastica, con tanto di stemma di Caposcuola. E alle domande stranite dei due amici aveva risposto: -Da cosa mi sono vestito? Ma da me stesso, ovviamente. E ringraziate che ho scelto questo me stesso, invece dell’altro. Preferivate sbranassi qualcuno? E non guardarmi così, Siri. Te lo scordi che mi metto uno di quei ridicoli costumi.-

E con questo discorso illuminante aveva chiuso la faccenda. C’era da dire poi che tra i vari studenti c’era davvero qualcuno che lo trovava originale!

Di fatti, nessuno aveva avuto l’idea di vestirsi da studente di Hogwarts.

Per l’occasione, la Sala Grande era diventata una vera e propria sala da ballo, addobbata di zucche inquietanti e candele che galleggiavano in aria, veri pipistrelli che volavano tranquilli sul soffitto incantato e armature animate.

Sirius ghignò, burlandosi di quelle decorazioni elementari. Se avessero visto le loro, poveri professori…

E dire che avevano pure chiamato un gruppo musicale che in quel momento stava suonando in un angolo della sala, su un piccolo palco.

No, decisamente niente aveva a che vedere con la loro festa illecita.

Si guardò intorno. Narcissa era meravigliosa nel suo vestito verde chiaro, da ninfa. Se ne stava in un angolo, in silenzio, con Lucius  lì vicino, interamente vestito di nero.

Bellatrix non si vedeva.

E neppure Victoria.

Sospirando, si accese una sigaretta, diventando la perfezione. Un principe che fuma, una tentazione per ogni fanciulla. Nobile e sfrontato.

Guardò Remus, per nulla soddisfatto dal suo costume, ma Lupin si limitò a scoccargli un’occhiata che non ammetteva repliche.

-Dai, ho fame. Abbuffiamoci ora.- fece Sirius, facendosi strada verso i tavoli imbanditi.

C’era talmente tanta gente che per spostarsi era necessaria qualche gomitata.

Remus gli andò dietro con Peter che trotterellava per stare al loro passo.

Ma c’era qualcosa che non andava, si disse il licantropo, mentre con i due amici sedeva ad uno dei tanti tavolini a mangiare. Non si stavano divertendo.

Peter si guardava intorno di continuo, come in cerca di qualcuno.

Sirius sgranocchiava patatine, osservando annoiato i ragazzi che ballavano scatenati in pista.

E lui, Remus Lupin, non faceva che pensare a James, che non era con loro.

Era la prima volta da che ricordava che i Malandrini non erano l’anima della festa. Persino gli studenti più anziani che sapevano che ad aspettarli avrebbero trovato una festa assai migliore si stavano comunque divertendo, godendosi fino in fondo quella notte.

-Sirius…- fece Remus, all’improvviso. –Credo che dovremmo andare a cercare James.-

Black si voltò a guardarlo, rigido. –Perché? Se non c’è lui non possiamo divertirci?- replicò, acido.

-Beh, mi pare ovvio che è così.- ribattè Lupin. –Io non riesco a stare tranquillo, quando qualcosa nel nostro gruppo non va.-

-Lascia perdere, Remus.-

-No, Sirius. Siamo un gruppo.-

Sirius fece per replicare ma, inaspettatamente, qualcuno lo precedette.

-Sempre con questa storia del gruppo, Remus. James di qua, James di là… Sempre James. Perchè non provare ad andare avanti da soli, invece ? Non siamo i servi di nessuno, tanto meno di James Potter.-

Era stato Peter a parlare. E lo aveva fatto con una freddezza ed una lucidità tali da lasciare i due amici senza parole.

Remus si sentì gelare, Sirius trucidò Peter con lo sguardo.

-No, non siamo i servi di nessuno e mai lo siamo stati. Non parlare di Ramoso in questo modo, Peter, perché io non lo accetto.-

-O-oggi mi è sembrato c-che…- provò Minus.

-E’ una cosa diversa, Codaliscia.- mormorò Black, abbassando lo sguardo. –Io…io mi sento così confuso, ultimamente… mi sento come se sbagliassi ogni singola misera cosa che faccio. E…e vorrei che lui mi stesse vicino. James è…è un fratello, per me.-

Lo sguardo di Lupin si addolcì, mentre posava una mano sulla spalla dell’amico.

-Lo sappiano, Siri, e anche James. La discussione di oggi non conta nulla. Devi solo parlargli, tutto qui.-

Sirius annuì, mesto. –Sono un moccioso infantile. James non ha mai fatto storie quando mi sono interessato a delle ragazze, mettendolo da parte. E ogni volta era sempre lì per me.- sospirò. –E ora che finalmente è riuscito ad avvicinarsi alla Evans…beh, credo di essermi ingelosito un po’. Avevo bisogno di parlargli, di dirgli tutto, come sempre… ma lui ha lasciato il nostro dormitorio ed è sempre con lei…-

Remus sorrise. –James non è di nessuno, Siri. È una persona eccezionale e tutti vorremmo una parte di lui e James quella parte che ci aspettava ce l’ha data. Nessuno potrà portarcela via. Io penso che il cuore di Ramoso sia così grande che possiamo tranquillamente entrarci tutti, senza problemi.- concluse con un sorriso.

-Hai ragione.- convenne Black, sorridendo a sua volta. –Tanto per cambiare sono stato un imbecille.-

-Ma no!- fece Remus. –A volte sei stato anche peggio!-

Entrambi risero, mentre Peter li guardava con rabbia. Tornò a scrutare la folla di studenti che riempivano la Sala Grande e, finalmente, la vide.

Eccola.

Bellatrix Black, fasciata in un lungo abito nero senza spalline, stava parlando con Lucius Malfoy. Sorrideva.

Quei magnifici capelli neri, belli come quelli di Sirius, erano sciolti, pettinati in tanti soffici ondulature che invitavano a toccarli. Gli occhi blu evidenziati dal trucco, la bocca rossa. Un invito, una tentazione.

Sembrava veramente una Dea del male.

Accorgendosi di starla osservando troppo, Peter distolse repentinamente lo sguardo, ma non prima di aver visto una scintilla di crudele divertimento in quei diabolici occhi cobalto.

Remus e Sirius parevano non essersi accorti di nulla.

Black si stava letteralmente sbracciando per attirare l’attenzione di Alice Rubin, appena arrivata con un gruppo di amiche.

Quell’abito da fata le stava divinamente. Bellissima, Alice.

Lei corse verso di loro, sorridendo raggiante. Meravigliosa, libera, forte.

Chi non avrebbe potuto innamorarsi di lei?

Non tanto del suo aspetto fisico, quanto di quello interiore.

Lupin ricambiò il suo sorriso, quando la ragazza si trovò davanti a loro.

-Che fantasia, Rem!- scherzò lei, osservando divertita l’uniforme da Grifondoro che Remus esibiva. Quello face spallucce, come a dire che non gli interessava.

-Sirius, sei semplicemente da stupro.- continuò lei, guardando Black.

E lui esibì un ghigno da iena, facendole un buffo inchino. –Se non fossi un pazzo depravato, potrei anche arrossire, Alice.-

Scoppiarono tutti a ridere.

-Hai incontrato Lily e James?- chiese Sirius alla ragazza, mentre insieme si servivano da bere.

Alice annuì. –Lily si rifiuta si uscire dalla sua stanza e James mi ha detto che ormai parteciperanno alla nostra festa. Quindi li troviamo là.- spiegò.

-Capisco.- rispose lui, abbassando lo sguardo.

Lei lo guardò, dolce. E gli mise una mano sulla spalla.

-Qualcosa non va?-

Sirius si limitò a scuotere la testa.

E, intanto, qualcun altro li osservava.

Frank Paciock, intrappolato in un’armatura di ferro che gli impediva i movimenti, se ne stava ad un tavolo, intento ad osservare l’indiscussa protagonista dei suoi sogni ad occhi aperti.

Una fata.

Sì, Alice lo era davvero.

E lui, beh…lui si sentiva un po’ il brutto anatroccolo, in confronto a lei.

Non esisteva essere vivente più goffo, timido ed impacciato di lui. Era praticamente invisibile agli occhi di tutti, soprattutto a quelli della Rubin, che si metteva a fare conversazione nientemeno che con Sirius Black.

Con un sospiro, il ragazzo alzò lo sguardo su di lei e si decise ad alzarsi. Nessuno dei suoi compagni ci fece caso.

Non voleva parlarle, si disse, mentre camminava cigolando verso di lei. Voleva soltanto vederla un po’ più da vicino, solo questo.

Un passo. Un altro passo. Un altro ancora.

Certo, era veramente bellissima.

Un altro passo.

Soltanto vederla, solo questo.

C’era quasi, il tavolo delle bibite era vicinissimo e lei era lì, proprio lì.

E lui non potè evitare di comportarsi come suo solito.

Fu un rumore inspiegabile che fece sussultare Sirius ed Alice, che si voltarono subito, spaventati.

Un rumore di metallo che cozza contro il terreno.

Il grazioso visetto di Alice si contorse in una smorfia che altalenava tra l’esasperato ed il divertito. Sirius invece scoppiò a ridere.

Non cambiava mai, era senza speranze…

Paciock era inciampato nella sua stessa armatura.

                                 

                            

 

La vera festa era iniziata.

E chi, quella notte, ebbe la possibilità di parteciparvi potè senza ombra di dubbio dire che mai, a memoria d’uomo, c’era mai stato un Halloween del genere ad Hogwarts.

Ed era proprio così.

Perché se Silente se l’era sempre cavata ad organizzare feste, nessuno poteva competere con i Malandrini uniti al resto della scuola.

Tutti poterono confermarlo, appena messo piede nella Stanza delle Necessità, tramutata per l’occorrenza in una bolgia infernale o peggio.

La musica, neanche a parlarne, era talmente alta che andava eretta una statua all’onore per i Corvonero, che erano riusciti a realizzare incantesimi tanto potenti da rendere nullo il volume tanto alto all’esterno. Tutta la stanza era al buio.

Fonte di illuminazione erano le forti luci colorate posizionate sul soffitto, sistemate in modo tale da riempire l’ambiente e chi vi si trovava di macchie di colore.              

Azzurro, blu, rosso, giallo ed un altro arcobaleno di sfumature.

Di cibo nessuna traccia, per quanto riguardava le bibite, soprattutto gli alcolici, beh, quella era un’altra storia.

Sì, decisamente quella era una festa da studenti degeneri di Hogwarts.

Appartate, lontano dalla zona da ballo, stavano moltissime poltroncine dove già qualcuno se ne stava seduto. Una coppia si stava già dedicando ai dolci piaceri dello stare insieme.

Infine, inquietante, torreggiava in un angolo un palco enorme, ancora vuoto, dove presto si sarebbe esibita “Il Mostro”, Stephanie Hamilton. Ognuno aspettava il momento tremando, oppure fingendo che questo non sarebbe mai arrivato.

Ma ciò che ancora doveva stupire i partecipanti della festa doveva ancora arrivare.

Era scoccata la mezzanotte da qualche minuto e la Stanza delle Necessità si stava a poco a poco popolando.

Sirius, Remus e Peter, accompagnati da Alice si fecero largo tra i compagni, cercando di raggiungere le poltroncine prima che queste venissero totalmente occupate.

Sorridendo, la Rubin prese Sirius per un braccio e si rivolse verso Remus.

-Tenete i posti, noi portiamo da bere. Che volete?-

Ovviamente, Lupin scosse il capo, come a fare intendere che la sua boccuccia aborriva qualsiasi cosa fosse alcolico. Peter neanche pareva aver sentito.

Sirius e Alice si avviarono insieme verso il tavolo degli alcolici, ridendo tra loro, come coppia erano semplicemente perfetti. E lo erano anche stati, una coppia.                    

Al loro quinto anno.

Ma poi era finita. Perché?

Lui non cercava nulla di serio, ma le voleva comunque bene.

Lei si era resa conto che Sirius Black di principesco aveva soltanto l’aspetto.

Avevano perciò deciso di rimanere amici. Ed era stato meglio così.

Mentre sorseggiavano della Burrobirra corretta, l’uno accanto all’altra, Alice si voltò ad osservarlo. –Sono contenta che tu sia rinsavito, Siri.- gli disse, sorridendo maliziosa.

Lui la guardò, sollevando un sopracciglio.

-Kelly Logan. Una caduta di stile, lasciatelo dire.- fece lei.

Black sospirò, affogando la sua risposta con la Burrobirra.

E lei capì, sorridendo.

Fu dal nulla che parlò, cogliendolo alla sprovvista, come era solito fare con tutti.

-Io glielo direi, a Vick, intendo.-

Se ne andò, lasciandolo con l’espressione più basita che avesse mai avuto.

Sì, Alice Rubin era un mito, non c’era storia. E non le sfuggiva nulla.

Quella ragazza era un demonio.

Fu in quel momento che la coppia più stramba di Hogwarts decise di fare il suo ingresso trionfale alla festa. E non ci fu occhio che non si voltò ad osservare.

Il povero Sirius stava tranquillamente bevendo il suo alcolico, quando i suoi occhi blu scorsero James Potter ed una rossa che probabilmente era Lily Evans. Il liquido gli andò di traverso e cominciò a tossire.

Ma come diavolo si erano conciati?

E probabilmente quella fu un po’ la domanda che passò nella mente di tutti.

Parevano essere ritornati da un concerto Metal.

James era interamente vestito di nero. Anfibi neri, pantaloni di jeans neri, strappati in più punti, cintura con borchie, polsini multicolore e maglia – gli occhi di tutte le fanciulle caddero dalle orbite – completamente trasparente, di fine rete nera, che non lasciava spazio ad immaginazione e la diceva lunga su quanto potesse essere appagante stare con un giocatore di Quidditch.

I capelli neri, se possibile, erano ancora più spettinati.

Gli occhiali con montatura nera, invece che stonare, rendevano il nuovo James Potter ancora più intrigante. Dio, che visione.

Quella pelle leggermente ambrata era un invito, quelle braccia meravigliosamente forti, giovani, un sogno.

E se alcune componenti della fauna femminile si stavano dando all’esplicito sbavo, anche quella maschile poteva dire di essere ricorsa ai secchi a causa della visione della splendida ragazza che stava al fianco di Potter.

Non poteva essere una studentessa di Hogwarts, altrimenti si sarebbero ricordati di un tale splendore.

Alta, magra, curve perfette, non troppo piena sul seno, pelle chiarissima. La giovane che Potter teneva per mano indossava un paio di anfibi, più femminili. Ed un abitino nero, attillato, che pareva essere stato tagliato da un sarto decisamente distratto. I tagli erano totalmente imprecisi. La gonna arrivava circa a metà coscia, lasciando in vista un paio di gambe toniche e lunghe. Anche lei indossava polsini colorati.

I capelli di un rosso meraviglioso erano stati acconciati in un distratto chignon, imperfetto, che lasciava generosamente sfuggire ciocche di puro oro rosso. Occhi verdi, bellissimi, messi in risalto da un trucco scuro.

Le labbra tinte di viola.

E mentre i compagni la osservavano, chiedendosi chi lei fosse, Lily Evans si rivolse al suo accompagnatore. –Scappiamo. Siamo ancora in tempo.-

James sfoderò un ghigno da iena. –Ma come? Non era un’idea tua? È perfetto Lily! Abbiamo sul serio capovolto le cose. Tu, soprattutto. E sono sicuro di essere il ragazzo più invidiato in questo momento.-

Lei arrossì, abbassando lo sguardo. Ma perché? Perché? Perché aveva avuto quella stupida idea?! Si sentiva così inadeguata!

James invece pareva contentissimo. Era quello che voleva: essere qualcosa di diverso, sconvolgere, attirare l’attenzione.

E l’avevano attirata, senza ombra di dubbio.

Ignorando tutti, Potter cominciò a guardarsi intorno, in cerca di Sirius. In realtà non si stava dando pace dopo la loro discussione avuta a pranzo.

Si sentiva terribilmente in colpa.

Lo vide al tavolo degli alcolici e lo indicò a Lily, che strabuzzò gli occhi.

Black era indescrivibile e non c’erano parole precise per descriverlo. E quel vestito da principe lo rendeva più che divino.

Un momento, si disse la rossa, continuando ad osservarlo. Principe?

 

-Io continuo a dire che stareste benissimo vestiti da Principe e Cenerentola, fareste un figurone!- disse di nuovo la donna, che conosceva James da anni, ormai.

Il ragazzo si fermò, tenendo una maschera in mano. Aveva l’aria poco convinta.

-No, signora Kalvin, assolutamente. È troppo impegnativo e poi è una cosa vista e rivista. Senza contare che quella sera il titolo di principe e principessa dovrà spettare a qualcun altro. - fece, convinto e sibillino.

 

Gli occhi verdi della ragazza si spalancarono, mentre la sua mente attentissima lavorava veloce. Un sorriso le si dipinse sulle labbra.

 

-…hai…hai scelto il costume per Halloween?- le chiese, tentando di cambiare argomento e di calmarla.

-Sì.- mormorò Victoria. –Me lo ha suggerito James e io ho accettato la sua idea, anche se ora me ne sto pentendo amaramente. Non riuscirò mai a presentarmi in pubblico con quel coso.-

 

No. No, non poteva crederci. Veloce, Lily si voltò a guardare il ragazzo che, tenendola per mano, si stava dirigendo verso il suo migliore amico.

 

–E’ uno di quegli schifosi abiti da principessa, di colore azzurro. James mi ha detto che sarebbe veramente bello se, per una volta, mi mostrassi più femminile.-

 

Si fermò di scatto, costringendolo a voltarsi verso di lei.

-James…- gli disse, sorridendo.

Lui la guardò, inarcando un sopracciglio con fare interrogativo.

Lily gli strinse la mano, dolcemente. –Sei stato tu, vero? Hai pensato tu ai costumi di Sirius e Vick?-

A risponderle fu quel sorriso malandrino che lei aveva cominciato ad adorare. Non riuscì a trattenersi e gli volò tra le braccia, stringendolo forte. –James Potter, sei un mito!-

Lo sentì ridere, mentre le accarezzava dolcemente la nuca. –Perché? Lo hai scoperto solo ora?-

Anche lei rise, stringendosi a lui e lasciando che le proprie guance si tingessero di rosso. Come aveva potuto stare lontana da quel ragazzo per così tanto tempo?

Adesso il pensiero di poter stare senza di lui la faceva agonizzare.

Alzò lo sguardo, puntando gli occhi nei suoi e fu come se tutta quella musica assordante, tutte quelle risa, quei gridi, quelle parole svanissero. Come se tutto il mondo svanisse.

Improvvisamente, Lily sentì tutto il suo corpo tremare. Doveva dirglielo.

Voleva dirglielo.

Qualunque sarebbe poi stata la risposta di James, non poteva più tacere o sarebbe soffocata.

Ma Sirius Black scelse proprio quel momento per raggiungerli ed entrambi furono costretti a distogliere lo sguardo l’uno dall’altra.

-Ramoso, io…- cominciò Sirius, facendo un breve cenno di saluto rivolto a Lily.

Lei abbassò il viso, imbarazzata.

James invece non dette il tempo al suo amico di parlare. –Sirius, ascolta è colpa mia. Hai ragione. Sono stato un idiota e mi dispiace. Ci sto male da tutto il pomeriggio.-

-Non dire cretinate, James. Io ci sto male e io ho la colpa. Sono io l’idiota!-

-Ma non dire assurdità, Felpato.-

-Non dirle tu!-

Restarono ad osservarsi, tra l’esasperato ed il divertito.

Finì che attaccarono a ridere tutti e due, lasciando la povera Lily senza parole. Ma come? Non avevano litigato? Che strano modo di fare la pace.

-Io proporrei di fare a metà, che ne dite?- si intromise una voce tranquilla.

Remus Lupin li aveva appena raggiunti, sistemandosi vicino alla Evans. Con lui arrivò anche Alice, che guardò Lily con vera e propria ammirazione.

-Quello sì che è un costume, Lily! E io che mi vesto da fata, tsè!-

La rossa rise, ringraziando.

Mentre erano lì a scherzare come un vero gruppo di amici, James non potè fare a meno di provare un certo fastidio dentro di sé.

Si sentiva sporco. Bugiardo.

Stava mentendo a tutti, anche a Sirius. Si era meritato la sfuriata che il suo migliore amico gli aveva fatto. E pensare che Felpato era pure venuto a chiedere scusa, quando era lui, James, a dover implorare perdono.

E un giorno, prima o poi, avrebbe dovuto farlo.

Sentì il proprio corpo scosso da un brivido. Un brivido sinistro. Scosse il capo, cercando di ritornare in sé e fu così che tra tutti i presenti nella sala fu il primo a vedere uno spettacolo straordinario ed unico.

Perché quella sera, la sorpresa della festa era unicamente una persona sola. Per una volta, l’attenzione di tutti fu rivolta solo e soltanto a lei.

Bellissima e irriconoscibile.

James rimase incantato da quella visione e non riuscì a non sorridere, sentendosi riempire d’affetto. Lily incurvò le labbra in un sorriso soddisfatto, mentre sentiva Alice al suo fianco mormorare: -Ma quella…quella è…-

E mentre l’ammirazione di tutti quanti si riversava su quella meravigliosa principessa vestita in azzurro, un sussurro fuoriuscì dalle bramate labbra di Sirius Black.

-Vick.-

Lo disse piano, come temendo di essere udito da qualcuno. Terrorizzato dall’idea che quell’azzurra figura potesse svanire. Eppure eccola, era ancora lì.

O forse era soltanto un sogno.

Sentendo lo sguardo di tutti su di sé, Victoria Olsen abbassò il viso, imprecando mentalmente contro James Potter, che l’aveva convinta a comprare quel maledetto abito tutto fronzoli e merletti e Lily Evans, che l’aveva obbligata ad indossarlo.

In realtà il vestito era superbo, ma lei non si sentiva adatta ad indossare un abito del genere.

Per prima cosa non era abituata a muoversi con una gonna, poi era praticamente incapace di camminare con i tacchi ed aveva confermato ciò inciampando per ben tre volte, mentre cercava di raggiungere la Stanza delle Necessità.

I lividi sulle ginocchia facevano male.

Ed infine, cavolo, quel corpetto metteva in risalto un seno che, fino al giorno prima, lei aveva ostinatamente nascosto sotto maglie e camicie più larghe. Si sentiva terribilmente nuda ed imbarazzata.

L’unica cosa che apprezzava era l’acconciatura che Lily le aveva fatto.

Avendo i capelli corti, non potevano inventarsi molto, perciò la rossa aveva risolto tirando su i capelli di Vick e fissandoli con un fermaglio d’argento, che la moretta, nonostante il suo stile a maschiaccia, aveva gradito.

Concludendo, Victoria stava cercando con tutta se stessa di non pensare al fatto di essere truccata. Avrebbe potuto avere un attacco isterico.

Prendendo un bel respiro e dimostrando di essere una vera Grifondoro, cominciò a spostarsi tra la calca di ragazzi, in cerca dei suoi amici.

Ad un’occhiata troppo insistente di un ragazzo che non riusciva a capacitarsi che lei fosse proprio la Olsen, rispose con un graffiante: -Beh? Cazzo vuoi?-

Ehhh…

Era proprio vero. L’abito non faceva il monaco. Affatto.

Sorridendo raggiante, Lily la raggiunse correndo, lasciando gli altri, ed avvolgendola in un abbraccio stritolante.

-Vick! Vick sei meravigliosa!-

La povera Olsen le rispose con una specie di ringhio. E neppure l’entusiasmo della Evans riuscì a darle un po’ di buon umore. Continuava a ripetersi che sarebbe stata una grandissima idea restarsene nella sua stanza, al Grifondoro, e farsi una bella dormita.

-Scommetti che sono andati tutti a votare per farti eleggere reginetta del ballo?-

Lo sguardo che Victoria rivolse a Lily fu di puro terrore.

-Stai scherzando?- fece, con un filo di voce.

Lily rise, tornando ad abbracciarla. –E invece sarebbe proprio una bella idea!-

-Taci.- sibilò la Olsen, acida, mentre si avvia di filata verso una delle poche poltroncine libere rimaste.

Il piano era sedersi lì e starsene nascosta, soffiando a chiunque avesse osato avvicinarsi. Lily si sedette vicino a lei.

-Credevo non saresti più venuta.-

-Ci ho pensato, in effetti.-

La Evans sospirò, scuotendo il capo. La guardò, sorridendo. –E invece hai fatto bene, vedrai.-

Vick fece spallucce, non replicando. Tanto non si sarebbe tolta il suo muso lungo fino a quando la festa non fosse finita.

Accidenti a James Potter e a Lily Evans. Quei due insieme erano ancora peggio di quando erano divisi.

-Tu comunque sei una rivelazione, Lily. Mi stavo giusto chiedendo se fossi tu o la tua gemella cattiva.- fece Victoria con un sorrisetto ironico.

La povera rossa non potè fare altro che incassare il colpo e tacere. In fondo era anche stata un’idea sua.

-Ma dai!- rise la Olsen. –Sei molto diversa, ma stai bene! Non vedi come ti guardano?-

Lily arrossì, sentendo diversi sguardi su di se. Cercò di ignorarli.

In quel momento, James Potter apparve tra la calca di studenti intenti a ballare e corse da loro, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

-Vick! Sei uno schianto!- fece, euforico.

La diretta interessata lo trucidò con uno sguardo al vetriolo. –Vola lontano da me, Potter. O giuro che ti faccio volare io e non sarà affatto piacevole. Questi tacchi sono decisamente appuntiti…-

James rise. –Cavoli! Sei di ottimo umore!- poi, rivolgendosi a Lily. –In realtà ero venuto per te. Abbiamo un po’ di cosette da fare, tipo una che tu considererai banale che sarebbe ballare, no?-

Ecco, ora moriva, si disse Victoria Olsen, guardando il viso della sua amica perdere di colore.

Potter fece un passo indietro e fece un buffo inchino alla rossa, imitando alla perfezione l’antica galanteria degli uomini medievali, e porgendole poi la mano.

-Orsù, mia adorata nera Cenerentola, il vostro oscuro principe è qui per voi che vi aspetta.-

Lily rimase immobile. La stava invitando a ballare?!

Ancor prima di poter rispondere qualcosa, sentì la voce di Vick sussurrarle piano all’orecchio:-Vai e stupralo! Stasera è più appetitoso del solito!-

La poverina si sentì avvampare da capo a piedi. Poi una spinta della Olsen che la fece andare dritta tra le grinfie di Potter, che la trascinò senza ritegno verso la zona centrale della pista da ballo.

Ok, ora era terrorizzata.

-James! James, ti prego! Ti prego! Aspetta! Hey! Fermati!- protestò, puntando i piedi inutilmente. –James! Io non so ballare!-

Lui si voltò a guardarla, allegro e spensierato come suo solito. –Perché? Ti risulta che qualcuno qui sappia ballare? Basta solo agitarsi un po’! Che vuoi che sia!-

Lo uccideva. Sul serio. Quando si comportava così meritava la fucilazione!

Quante altre pessime figure le avrebbe fatto fare quel pazzo?!

Arrivati a destinazione, Lily scorse nel buio le figure di Sirius e Alice, che ballavano scatenati a ritmo di musica. Lui teneva in mano una bottiglietta dal contenuto non propriamente identificato.

Ridevano.

-Oddio, sono ubriachi.- esalò la Evans, immobilizzandosi.

James non si arrese, continuando a tirarla dietro di sé. Inutile, non aveva speranza.

Non appena Sirius e Alice si accorsero dei due, corsero loro incontro. E Lily si ritrovò sommersa di risa e di allegria. Qualcosa che per tanto tempo le era stato negato. In quel momento, si rese veramente conto che qualcosa nella sua vita era cambiata. Che poteva dare un significato alla parola “amicizia”.

-Siri, passami la bottiglia! Lily ha bisogno di sciogliersi un po’!- celiò James, ridendo.

-Non pensarci neppure, James! Non ci penso minimamente!- si riprese lei, guardandolo con astio.

Lui la guardò per un attimo, poi fece spallucce e buttò giù qualche sorso della bevanda che Black gli aveva offerto.

Lily sospirò.

Ormai la musica si stava facendo sempre più forte, per udirsi era necessario urlare.

Si avvicinò ad Alice.

-Remus e Peter?- chiese, alzando la voce.

Quella alla prima non capì, poi, dopo diversi tentativi, rispose. Ciò che la rossa capì fu “Peter sparito” e “Remus con Vick”.

Seguì la direzione che l’indice della Rubin le indicava e trovò effettivamente Victoria e Remus seduti vicini, intenti a chiacchierare.

-Balli?- si sentì urlare da Alice.

-Non lo so fare.- le rispose.

La vide scuotere il capo, divertita. I capelli castani che splendevano sotto quelle mille luci. –Non è difficile! Fai come me!- la incitò, tornando a ballare e tenendole le mani.

Sospirando, Lily cominciò ad imitarla, poco convinta e decisamente imbarazzata.

Si faceva pena da sola e trovava tutto ciò assolutamente ridicolo. Sperava solo che nessuno la stesse guardando.

Sentì Alice ridere.

-Non così!- le disse. –Sembri vittima di un Imperius lanciato male! Devi sentire la musica e lasciarti portare, altrimenti ti sembrerà tutto ridicolo e ti muoverai male!-

-Ma io…!- provò a protestare.

-Fregatene degli altri!- continuò la Rubin. -Divertiti, Lily! Fai la matta! E se ti sembra ridicolo, beh, pensa che tutti quanti noi lo siamo!-

Di nuovo le indicò una zona da guardare e Lily obbedì. Per poco non scoppiò a ridere.

Sirius e James erano l’esatta dimostrazione di ciò che Alice le aveva detto.

Follia. Fare i matti.

I due Malandrini, tornati l’anima della festa, si stavano esibendo in un Valzer esagerato, decisamente fuori tempo, facendo ridere tutti coloro che erano loro intorno.

Gli stessi ballerini ridevano.

I loro costumi, poi, facevano a pugni. Erano terribilmente stonati.

-Se non fanno gli idioti non sono contenti!- commentò la Rubin, allegra.

Lily scoppiò a ridere e, finalmente, quando Alice la invitò a riprovare, riuscì a ballare come tutti gli altri.

E, incredibilmente, si divertì.

Un’emozione che cresceva sempre di più, ad ogni sussulto della musica nel suo petto.

Era divertente.

Era liberatorio.

-Torniamo da James e Sirius o gli altri ragazzi ci si appiccicheranno addosso e non ce ne libereremo più!- le urlò Alice, divertita.

-Che cosa?!-

-Beh, funziona così! Le feste servono a rimorchiare! Ma se stiamo già con dei ragazzi, ci lasceranno in pace!- le spiegò furba la Rubin.

Correndo, tornarono da Potter e Black, che erano tornati ad una danza meno classica.

Lily non rifiutò la bottiglia che James le offrì, sfoggiando il suo solito sorriso malandrino. E, per la prima volta, lei assaporò il gusto dell’alcol. Forte, ardente, che parve bruciarle la gola. Sapeva di fragola e, malgrado il bruciore, era buonissimo.

Non potè fare a meno di tossire un poco, provocando le risa da parte di James, che l’abbracciò, stringendola a sé con fare protettivo.

Sentendosi stordita, con il cuore che batteva forte, Lily sollevò lo sguardo su di lui, che le sorrideva.

-Almeno per stasera, stammi vicino, ok?- gli chiese, ricordando le parole di Alice, riguardo gli approcci indesiderati.

Lo sentì ridere con dolcezza e lo vide chinarsi, fino a sfiorare il suo orecchio con le sue labbra, piegate in un sorriso. –Solo per stasera?- lo sentì sussurrarle. –Non per un po’ di più?-

                                                  

 

 

Stretta tra le braccia di James, circondata da quella matta di Alice e da Sirius, Lily non potè fare a meno di lasciarsi trascinare dalla festa e diventare, finalmente, parte di quel giardino di fiori illuminati dal sole che lei aveva tanto invidiato.

Non era più il fiore nero, lasciato da solo all’ombra.

Adesso la luce del sole la vedeva chiaramente.

Non aveva idea di quanto tempo avesse passato a ballare e a scatenarsi con i suoi compagni, non avvertiva neppure alcun dolore alle gambe oppure ai piedi, avrebbe continuato anche per tutta la notte.

Ad un tratto, però, la musica si abbassò considerevolmente ed il palco destinato alla terribile Stephanie Hamilton si illuminò, prendendo finalmente vita.

Quasi tutti si fermarono per attendere tra il curioso ed il preoccupato l’arrivo del “Mostro”, che non si fece attendere.

Steph indossava un lungo abito rosa antico. Bracciali d’oro le adornavano i polsi, uniti ad una lunga collana dello stesso metallo.

Ma ciò che sconvolse tutti quanti fu il candido paio di ali, che se ne stava strategicamente posizionato sulla schiena della biondina.

A seguirla sul palco furono altre tre ragazze, vestite più o meno come il loro capo.

Il sorriso angelico della Hamilton era un chiaro invito a filarsela a gambe levate. Puntò la bacchetta verso il suo collo, pronunciando:- Sonorus.-

-Per Merlino, cosa avrà in mente?- sbuffò Alice, inarcando un sopracciglio.

Detto fatto.

Stephanie Hamilton non vedeva l’ora di dare spiegazioni e, quando parlò, la sua voce invase tutta la sala.

-Ragazzi, noi siamo le “Cupide” e questa sera, oltre a dare il titolo di Re e Regina del ballo, faremo in modo che siano recapitati i dovuti messaggi d’amore.-

Un sospiro globale fu la chiara manifestazione di ciò che pensavano tutti i presenti.

Ma la ragazza continuò imperterrita.

-Comunichiamo l’ora, gente. Abbiamo fatto le tre e mezza!-

A questa comunicazione seguì un’ovazione generale.

-A fine festa, avremo i nomi di Re e Regina. Adesso l’angolo posta, ragazzi.-

E qui un brivido percorse tutti quanti.

Scuotendo il capo, annoiato, Sirius si avviò verso il banco bibite e aperitivi.

-Andiamo, tanto vale riposarsi durante questa palla.- disse.

Gli altri tre lo seguirono.

Alice sorrideva.

-Sono le tre passate? Sul serio?- stava dicendo Lily, divertita. Non riusciva a crederci.

Arrivati al tavolo “ristoro”, cominciarono a sgranocchiare stuzzichini, ascoltando distrattamente le ciance della Hamilton.

Sirius e James chiacchieravano, divertiti. Lily li guardò, contenta.

Quel pomeriggio James era stato così di cattivo umore che lei, alla fine, era riuscita a farsi dire tutto quello che era accaduto in Sala Grande, a pranzo. Si era sentita molto dispiaciuta ed ora era felice di vederli un po’ insieme.

Ignorarono bellamente le “Cupide” che recapitavano i messaggi d’amore che gli innamorati avevano lasciato nelle cassettine all’entrata della Stanza delle Necessità.

Lily stava ascoltando il messaggio disperato un certo Evan, letto da Stephanie, che diceva alla sua ex: -Amore mio, ti chiedo scusa. Scusa, scusa, scusa. Sono un imbecille. Ti prego perdonami.-

Addentando una patatina, la rossa storse il naso. Dubitava che la ex di questo Evan lo avrebbe perdonato, dopo una piazzata del genere.

Lei si sentiva molto riservata in ambito sentimentale. Non le sarebbe affatto piaciuta una dichiarazione fatta in modo simile.

Poi, finalmente, la sequela di messaggini parve finire, con il giubilo di tutti, che stavano finendo per addormentarsi.

Steph si schiarì un attimo la voce per poi tornare a parlare di nuovo, stavolta con più fervore. Tutti percepirono uno strano cambiamento d’atmosfera.

-Ragazzi, adesso un vero messaggio d’amore. Un messaggio serio. Una vera lettera d’amore.- disse con voce flautata.

James e Sirius si scambiarono uno sguardo annoiato. Lily si chiese che diavolo stava ancora per architettare quel piccolo mostro.

Schiarendosi nuovamente la voce, aspettato che passasse quel poco di tempo per creare l’atmosfera, il “Mostro” compì la sua opera.

 

“Mio caro diario,

ancora non riesco a crederci che io, proprio io, mi sia messa a scrivere una cosa del genere. Non avrei mai creduto che potessi tenere un diario segreto. Ma non ho tantissimi amici ed i pochi sono tutti maschi, non saprei con chi altro confidarmi.

Perciò eccomi qui, ancora.

Oggi l’ho rivisto e Merlino, se era bello.

Cioè, è sempre bello. Ma ci sono giornate in cui è ancora più bello del solito.

Eppure, se dicessi che è la bellezza ciò che mi attira di Lui, non direi la verità.

Io lo amo. Ne sono sicura.”

 

E qui Stephanie sospirò, facendo la scena.

Lontano, isolata da tutti, Victoria Olsen, seduta sul divanetto, si sentì gelare.

Quello era il suo diario.

 

“Ma questo ormai lo sai. È una vita che te lo dico.

Adoro e amo ogni cosa di lui, anche le sue stupidaggini e, diciamoci la verità, ne fa tantissime. Tipo l’ultima, quella di essersi messo con quell’oca convinta di Kelly Logan. Merlino! Quanto può essere stupido Sirius Black?”

 

Ovviamente, tutti gli occhi si puntarono simultaneamente verso il diretto interessato, che stava innocentemente bevendo un bel bicchiere di burrobirra.

Sirius si immobilizzò, incapace di parlare.

James e Lily, vicino a lui, ascoltavano, attenti.

 

“Insomma, è ovvio che quella sta con lui solo perché è bello, ricco e popolare. Invece, secondo me, l’amore si basa su altro.

Io adoro ascoltarlo mentre parla, vederlo ridere quando è felice e ammirarlo mentre vola sulla sua scopa per fare punto in uno degli anelli. Adoro quando vinciamo e lui, euforico, mi corre incontro e mi solleva tra le braccia, gridando:

-Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!-

E io vorrei dirgli che ho giocato solo per lui. Che sono entrata nella squadra solo per lui, per stargli vicino.

Non mi piace troppo il Quidditch, ma me lo sono fatto piacere. E mi sono impegnata tantissimo per diventare brava. Ed è stupido, tutto questo, ma che mi importa? Penso che sia normale essere un po’ stupidi, quando si è innamorati.

Ma lui, nonostante tutto, continua a non accorgersi di me.

Mi chiedo cosa pensa  ogni volta che mi guarda.

Ed ora sono costretta a vederlo tutti i giorni appiccicato a Kelly. Vabbè, ci sono abituata, ma mi rompe ugualmente.

Dopo tutto quello che ho fatto per lui, pensavo che riuscisse a capire i miei sentimenti. Forse sono io. Forse non gli piacerò mai.

Non ha mai provato interesse verso una ragazza simile a me.

Sirius, quando capirai che ci sono io? Quando capirai che sono io l’unica persona in grado di occuparsi di te?

Vorrei che tu mi dessi una possibilità.

A me non frega nulla del cognome Black. Anzi, sai che io disprezzo quella famiglia che ti fa tanto soffrire. A me interessi solo tu.

Senza denaro, senza popolarità. Solo tu.

Sono anni che ti amo. Sei il primo ed unico per me. Ma tra tanta gente non ti sei mai accorto di me. E allora, diario, che dovrei fare?

Rinunciare? Forse. O forse no.

A presto, allora. Dalla tua proprietaria col cuore a pezzi”

 

Pregustando il caos che si sarebbe creato da lì a pochi secondi, Stephanie sorrise. Aveva tutta l’attenzione della sala su di sé. Tutti pendevano dalle sue labbra.

Scandì bene le parole che seguirono.

 

“Victoria Olsen”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E siccome sono una stronzetta, io vi lascio qui. XD XD XD

Ringrazio per le recensioni, che mi aiutano a crescere, e per il numero crescente di lettori, che non può non lusingarmi e rendermi felice.

Chiedo nuovamente scusa per il ritardo, sono veramente mortificata, ma spero di essermi ripresa.

Chiudo, andando di fretta, lasciando poche note importanti:

La vita universitaria è un caos che non auguro a nessuno. XD 

Il capitolo è lievemente ispirato al film “Cindarella Story” con Hilary Duff. Ci tendo a specificarlo, anche se non credo che si senta così tanto.

 

Faccio è farò certe precisazioni, perché voglio che tutto ciò che riguarda la fanfic vi sia chiaro ed essere sincera con voi.

Meglio mettere le mani avanti per una convivenza pacifica. ^__^

 

Detto questo, vi do un bacione a tutti.

Ci sentiamo per il prossimo cap o la spin-off, non so quale arriverà prima.

Vostra, Lady Tsepesh.

 

P.s.

Ovviamente sono troppo distrutta per rileggere tutto il capitolo. Non dovrebbero esserci tanti errori –spero XD- comunque domani gli darò una rilettura e correggerò. Intanto ve lo lascio, visto che sono anche in ritardo. ^__^””

 

 

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Capitolo 20
*** So Beautiful & So Dark ***


Eh sì… che devo dire? L’erba cattiva non muore mai, quindi eccomi tornare da voi! Tralasciando gli scherzi, ho deciso di riprendere in mano la fanfic e vedere di portarla alla fine una volta per tutte. Mi mancate ragazzi e mi manca raccontare. Mi chiedo se so ancora scrivere oppure no… Lo giudicherete voi! XD

Se controllate i capitoli indietro, vedrete anche che sono stati revisionati e sistemati.

E ora, visto che tutti quanti necessitiamo di un ripasso, visto quanto tempo è passato, vi lascio alcune informazioni importanti da ricordare.

 

I PERSONAGGI PRINCIPALI

 

James Potter: I suoi veri genitori sono Savannah Havisham, potente maga nera, e Jeremy, uno spirito infernale appartenente al gruppo delle Fenici Nere. Dopo la morte dei genitori, James viene adottato dai Potter quando era ancora in fasce. Suo nonno materno Edward desidera incontrarlo. James nasconde dentro di sé terribili poteri che Silente è stato costretto a sigillare per la sicurezza di tutti. Un tempo era attratto da Bellatrix Black. Ama Lily Evans.

Sirius Black: Il miglior amico di James. Grazie all’aiuto di Victoria è riuscito a scappare dalla sua famiglia ed ora vive dai Potter. Il sentimento di amore/odio per la sua famiglia lo ossessiona. E’ molto legato a Victoria, che considera il suo eroe.

Peter Minus: Si sente costantemente inferiore ai suoi amici, soprattutto a James. È caduto consapevolmente nella sensuale trappola di Bella e le passa volutamente piccole informazioni sui Malandrini, anche se per ora non ha svelato il segreto di Remus.

Remus Lupin: Legatissimo al suo gruppo, forse il più legato di tutti. È arrivato quasi a venerare James. Ultimamente sta legando molto con Eva Ames, la Caposcuola di Serpeverde.

Lily Evans: Respinta sia dal mondo magico, sia dalla sua famiglia, ha finito con il chiudere il proprio cuore ed escludersi. Ha cominciato a riaprirsi al mondo grazie a James, del quale si è innamorata.

Eva Ames: La sua famiglia è molto potente ed attenta alle giuste amicizie. Nonostante sia una Serpeverde, non ama esporsi troppo nella guerra tra Case, ma è al servizio di Bella.

Victoria Olsen: Figlia di famosi Auror misteriosamente uccisi, Vick è finita in orfanotrofio ed è stata poi adottata da una coppia di Babbani, gli Olsen, che hanno accettato la sua natura di strega. È una maschiaccia. Ama Sirius da quando aveva tredici anni.

Bellatrix Black: La seconda delle sorelle Black e la più spaventosa. Desidera essere una Mangiamorte. E’ fidanzata con Lestrange, ma è disperatamente ossessionata James Potter.

Narcissa Black: L’ultima delle sorelle Black, promessa sposa di Lucius Malfoy. Subisce praticamente tutto ciò che le accade nella vita, comprese le violenze del fidanzato. Ha riallacciato i rapporti con il cugino Sirius.

 

Ecco, più di questo non dico. Vi lascio al capitolo, buona lettura.







CAPITOLO 20 SO BEAUTIFUL & SO DARK "

 

 

 

 

Victoria Olsen.

 

Quel nome parve galleggiare ed espandersi in tutta la sala come il primo lungo tuono che precede la tempesta. Emozioni di svariato genere sorsero nell’animo di ogni presente alla festa.

Presto, quel silenzio che aveva fatto cadere la Stanza delle Necessità nel vuoto più agghiacciante fu sostituito da una miriade di sussurri concitati, letali come sibili nel buio.

Attonito, James Potter continuava a tenere ostinatamente lo sguardo su Stephanie, incapace di credere a ciò che era appena accaduto.

Non doveva accadere così, continuava a ripetersi nella testa.

Non doveva accadere così.

-Ho sentito dire che è stata lei a tramutare la Logan in un’oca! Dunque è proprio vero!- bisbigliò una ragazza alla sua amica, divertita.

Subito entrambe vennero fulminate da un’occhiata al vetriolo di Alice Rubin, che le fece tacere all’istante.

Ma quello non era il solo sussurro dispettoso che aleggiava nella stanza, ormai si era creato il caos.

Disperata, Lily Evans provò a cercare Victoria con lo sguardo.

Le poltroncine, si ricordò. Remus.

Le sue iridi verdi corsero veloci nella loro ricerca, per trovare vuota la zona dove ricordava di aver visto i suoi amici. Se ne erano andati.

Sicuramente Vick era scappata via. E come darle torto?

Lily non riuscì ad immaginare una cosa più meschina da compiere nei riguardi di una persona. Prendere dei sentimenti, sentimenti autentici, e spiattellarli in piazza, alla mercè di tutti.

Si sentì invadere da una rabbia talmente grande, che si rese a malapena conto di ciò che stava facendo. Ignorando i richiami di James, marciò dritta verso il palco, dove il “Mostro” ancora esibiva il suo sorrisetto soddisfatto.

Vick non lo meritava. Si disse, fredda.

No, non lo meritava. Nessuno avrebbe meritato una cosa del genere.

Salì i pochi scalini e salì sul palco con lo stupore generale. Era evidente che tutti aspettavano di vedere le evoluzioni della faccenda.

Volto rigido, espressione fredda.

Una maschera che aveva indossato per tanti anni, che aveva odiato ed amato allo stesso tempo, che l’aveva protetta, o così aveva creduto, e che ora le pareva di grande aiuto.

Lei era Lilian Evans. Caposcuola.

Fino a prova contraria, comandava lei. Le era stata data l’autorità dagli insegnanti.

Per tanto tempo non se ne era mai servita, lasciandosi schiacciare dai compagni, che la terrorizzavano, la facevano sentire debole ed inadeguata. Inferiore.

Quella notte, osservando tutte quelle facce che la guardavano, Lily non ebbe più paura. Sorrise.

Ma come aveva fatto a sentirsi al di sotto di quella gente?

Come aveva anche solo potuto immaginare che fossero migliori di lei?

Adesso li guardava e li vedeva davvero.

Ragazzini.

Con i loro pregi ed i loro difetti. Purosangue e Mezzosangue.

Ragazzini, non divinità insormontabili.

Ed avrebbero fatto quello che diceva lei, adesso.

Un lieve movimento della bacchetta e la musica si spense del tutto, abbandonando la sala e lasciando tutti quanti esterrefatti.

Poi ancora la sua bacchetta e sentì la propria voce torreggiare sulle altre.

-Ok, ragazzi. La festa è finita, tornatevene nei vostri dormitori, subito.- scandì, ignorando le grida di protesta che sorgevano sotto di lei.

Li ascoltò inveire, insultarla, sbuffare. Attese un attimo prima di continuare, fredda come il ghiaccio.

-Farete come dico io, altrimenti mi vedrò costretta a togliere centocinquanta punti a tutte e quattro le Case. E non prendetevela con me. Ringraziate piuttosto questa persona disgustosa.- e, per la prima volta, si voltò a guardare Stephanie, che, poco lontana da lei, la stava guardando troppo sorpresa e sconvolta per poter dire qualcosa.

Nessuno degli altri Caposcuola obiettò. Forse perché troppo ubriachi per capire o per qualche altra svariata ragione.

-Mi avete sentito.- ricominciò Lily. –Muoversi.-

Alcuni obbedirono subito, memori di quanto potesse diventare terribile la Evans. Altri, invece, rimasero ancora un po’ ad imprecare contro la Caposcuola più odiata di Hogwarts, per poi dirsi che infondo si era fatto tardi ed era ora di andarsene a dormire.

Oltraggiata, la Hamilton avanzò verso la rossa, pronta alla guerra.

Stringendo i pugni fino a farsi venire le nocche bianche, la piccoletta avanzò decisa, convinta di poter rimettere a posto la Evans rompiboccini, ma aveva fatto male i suoi piani. Non fece a tempo ad uscirsene con un: -Ascolta un po’, Mezzosangue idiota…- che la sua bocca non potè fare altro che riaprirsi e richiudersi nel vano tentativo di continuare a parlare. Tentativo inutile, visto l’incantesimo di mutismo che le era stato lanciato.

E non da Lily.

Un’altra ragazza fece il suo ingresso sul palco. Ancora la bacchetta incriminata in mano.

-Credo sia ora di starsene un po’ zitte, cretina numero uno.- sibilò Alice Rubin, dura. Neppure l’ombra di un sorriso ironico. Era semplicemente furente di rabbia.

-Quelle come te mi fanno schifo.-

Poi non le disse altro, avvicinandosi a Lily e guardandola.

-Bel lavoro Lily, anche se credo che tu ti sia appena guadagnato il titolo di “Ragazza più odiata dell’anno”.-

La Evans fece spallucce, come a dire che ormai c’era abituata e che non le importava proprio un bel niente.

Alice sorrise un attimo, per poi tornare seria. –Andiamo a cercare Vick.-

Solo in quell’istante di calma apparente, mentre vedeva le due ragazze correre via insieme, James Potter ebbe il coraggio di voltarsi alla sua destra.

Quella presenza amica non la sentiva più vicino da un paio di minuti.

Da quando il caos era cominciato. Eppure fino a quel momento non aveva avuto la forza di guardare.

Finalmente, trattenendo il respiro, lo fece. E la verità lo colse in pieno.

Sirius Black se ne era andato.

 

                                        

 

Quattro e venti del mattino. Un silenzio inquietante regnava per i corridoi vuoti e bui del castello di magie e stregonerie di Hogwarts, come a voler presagire che, di lì a poco, qualcosa di grande sarebbe accaduto.

Nel bene e nel male.

Una luna ormai prossima all’opposizione risplendeva in un cielo privo di altre luci, buio come inchiostro maligno. L’aria sembrava vibrare, intrisa di magia.

Magia malvagia.

Remus J. Lupin osservava la volta celeste affacciato ad una delle molte finestre del terzo piano, lasciando che soffi di aria fresca gli carezzassero il volto stanco.

Lo sguardo rivolto allo spettrale satellite che scandiva, crudele, i tempi della sua vita.

Sospirò, chiudendo gli occhi cerulei.

Non era il momento di pensare alla sua trasformazione, aveva perso di vista Victoria ed ora non riusciva ad immaginare dove potesse essersi cacciata.

Era così sconvolta …

Aveva provato ad inseguirla, ma lei gli era sfuggita.

Che ne sarebbe stato di lei? In che condizioni poteva trovarsi il suo cuore, adesso?

E Sirius?

Remus si prese il viso tra le mani e si lasciò cadere seduto sul freddo pavimento di marmo, sentendo crescere dentro di lui una grande confusione.

Avrebbe voluto risolvere tutto ciò che stava sconvolgendo il suo gruppo, avrebbe voluto sistemare ogni cosa, ma si rendeva conto che il suo “mondo perfetto” non avrebbe potuto continuare ad esistere confinato in una perenne stasi.

Doveva evolversi, mutare. Andare avanti. In ogni caso.

Mutare.

Una parola che per Remus era come veleno. Il peggiore.

Sopportava a mala pena di udirla. E desiderava rinchiudersi nel suo piccolo mondo perfetto sopra ogni altra cosa. Adesso tutto gli stava fuggendo di mano.

E non aveva idea di quanto le cose avrebbero continuato a cambiare, stravolgersi, con il passare degli anni.

Lui, per primo, avrebbe dovuto abbandonare la consolante parola stasi.

Concentrato com’era a preoccuparsi per Victoria Olsen ed i suoi compagni, udì a malapena il rumore leggero di tacchi che si stava pian piano avvicinando.

Quando una figura femminile gli si parò davanti, torreggiando su di lui, Remus aveva ancora lo sguardo fissato a terra, come caduto in un sonno ad occhi aperti.

Eva Ames, bellissima nel suo abito bianco, si inginocchiò vicino a lui, chiamandolo e scuotendolo con delicatezza.

Lo osservava con i suoi occhi verdi, così scuri rispetto a quelli di Lily, e continuò a chiamarlo fino a quando lui non si accorse di lei e si voltò a guardarla.

La ragazza gli sorride. –Che ti succede?- chiese piano, non togliendogli gli occhi di dosso.

Remus scosse piano la testa, sentendo l’aria mancargli. –E’ tutto finito, Eva. Finirà tutto, lo so. Io credevo… credevo che almeno questa parte della mia vita non sarebbe mai cambiata, sarebbe restata così com’è, come la volevo. E adesso tutto va a rotoli.- mormorò con un filo di voce, tremando.

Lei rimase in silenzio, guardandolo. Per un po’ di minuti nessuno dei due parlò più.

-Ho assistito anche io a ciò che è successo alla Olsen.- cominciò lei, lentamente. –A quanto pare quella povera ragazza non deve stare attenta soltanto a noi Serpeverde.- fece con un sorrisetto ironico. –Mi dispiace, Remus. Vuoi che andiamo a cercarla insieme?-

Lui scosse la testa, tornando a guardare il pavimento.

Eva attese.

-Non è solo Vick il problema. Siamo noi quattro. Io, Peter, Sirius e James. C’è qualcosa che non va.- confessò il ragazzo con la morte nel cuore, continuando a guardare ostinatamente a terra. –C’è stato un tempo in cui dipendevamo veramente l’uno dall’altro e invece ora…-

-Siete cresciuti.- terminò la Serpeverde per lui.

Remus alzò la testa, guardandola per la prima volta. Lei gli sorrise.

-Credo che sia normale.- continuò Eva. –Non siete più bambini, non potete continuare ad appoggiarvi tra di voi, ci sono cose che dovete imparare ad affrontare da soli. Ci sono scelte che dovete fare e che potrebbero rovinare anche qualche rapporto, ma non è importante. Remus, crescere è questo. E’ intraprendere una strada, diritti verso la persona che vogliamo diventare. Durante questo percorso possiamo essere affiancati dai nostri amici, è vero, ma fondamentalmente è un viaggio che dobbiamo affrontare da soli. E ci capiterà di ferire e deludere qualcuno, ma anche di allacciare nuovi legami, più forti dei precedenti.- gli spiegò, parlando con la sua voce sempre pacata e tranquilla.

-Stai dicendo che devo lasciar perdere i miei amici?- fece Remus, irrigidendosi.

-No, non ho detto questo. Sto solo dicendo che dovresti anche imparare a rispettare i loro silenzi ed i loro segreti. Lasciali andare, Remus. Si confideranno con te, quando ne sentiranno il bisogno. Anche loro tengono alla vostra amicizia, cosa credi?-

Dopo queste ultime parole calò il silenzio. Il ragazzo distolse lo sguardo, incapace di dire qualcosa. Le parole di Eva avevano fatto breccia nella sua mente, che continuava a ripetersele.

Forse lei aveva ragione. Forse lui, tra i Malandrini, era quello più ossessionato dall’idea di gruppo, famiglia, stabilità. Forse lui era quello con meno voglia di crescere, di affrontare il mondo. Gli venne da ridere.

Tutti lo consideravano il più maturo del gruppo ed invece era quello che più di tutti non voleva cambiare, crescere.

Bastava che qualcosa intaccasse il suo mondo perfetto ed ecco che lui crollava, come stava facendo quella notte. Si sentì terribilmente debole.

Reagendo in questo modo, non avrebbe mai potuto essere d’aiuto ai suoi amici. Doveva rimettersi in piedi.

La mano di Eva si posò delicatamente sulla sua ed i loro occhi si incontrarono.

-Andiamo a cercare i tuoi amici adesso?- chiese lei, già conoscendo la risposta.

Lui annuì, rimettendosi in piedi, seguito dalla ragazza.

Solo in quel momento Remus si rese conto della bellezza mozzafiato che era stata seduta vicino a lui fino a quel momento. Eva Ames era una visione.

Quel vestito bianco immacolato le fasciava il corpo in maniera perfetta. I boccoli castani erano acconciati a regola d’arte e splendevano come non mai. E quegli occhi verdi, sapientemente truccati, sembravano quasi incantare.

-Sei bellissima.- gli uscì di bocca.

E lei, sorpresa dal complimento, gli sorrise. –Grazie.- rispose. –Lo apprezzo molto, più dei giudizi degli altri.- confessò.

 

 

 

-Non è neppure qui.- dichiarò Alice con un sospiro, chiudendo la porta dell’aula di Babbanologia. Camminava scalza, visto che le scarpette con il tacco avevano cominciato a martoriarle i piedi.

Lily Evans, meravigliosa nel suo abbigliamento da ragazza metal, se ne stava appoggiata ad una parete, in silenzio. Era terribilmente preoccupata.

Mancava poco alle cinque del mattino e cominciava ad accusare la stanchezza, tanto che era arrivata a chiedersi come facesse a stare ancora in piedi. Non aveva mai fatto così tardi, neppure per studiare.

-Non riusciremo mai a trovarla.- mormorò Alice. –Questo castello è enorme, potrebbe essere ovunque.-

Lily annuì, in silenzio.

Una volta lasciata la festa, erano subito corse a Grifondoro, sperando di trovarla nella sua stanza o nella deserta Sala Comune, ma non era stato così.

Avevano cercato in tutti i posti che erano venuti loro in mente, ma, come aveva fatto notare la Rubin, il castello era troppo grande.

-Non posso smettere di cercarla, Alice. Vick è una mia amica e adesso starà sicuramente soffrendo. Ha bisogno di aiuto.- dichiarò la rossa, decisa. –Sono stanchissima, ma non posso tornare al mio dormitorio e lasciar perdere tutto.-

Ascoltando le sue parole, Alice Rubin sorrise.

-Ben detto, Evans! Forza, in marcia! Abbiamo ancora molti posti dove guardare e speriamo di non beccare qualche coppietta in intimità!- fece allegra, incamminandosi su per le scale.

Lily le andò dietro, ignorando gli occhi appesantiti e brucianti per il sonno. Fortuna che almeno le sue scarpe erano comode.

Per un po’ camminarono in religioso silenzio, continuando a cercare.

I corridoi della scuola erano totalmente sprofondati nell’oscurità più assoluta, perfino le torce appese alle mura erano spente. L’unica fonte di luce proveniva dalle bacchette delle due Grifondoro.

I quadri animati erano silenziosi, nessun loro abitante era sveglio. Intorno alle due ragazze il silenzio era quasi tangibile.

Lily non era mai stata in giro per la scuola a quell’ora tarda della notte, era convinta che neppure Gazza e la sua gatta fossero svegli.

Rabbrividì, ascoltando il rumore dei loro passi.

Erano quasi arrivate di fronte al bagno di Mirtilla Malcontenta, quando Alice si voltò verso la rossa con un sorrisetto furbo. –Paura Lily?- chiese, divertita.

-No!- rispose la Evans, punta sul vivo. –E’ solo che… ecco… questo silenzio non mi piace. Non ci sono abituata. I turni di veglia dei Caposcuola non durano fino a così tardi.- spiegò, lasciandosi sfuggire un sospiro. –Mi chiedo dove siano finiti i ragazzi. Siamo subito corse a cercare Victoria…-

-Forse la stanno cercando anche loro.- fece Alice, tranquilla. –James di sicuro sarà andato a cercarla.-

A sentire il nome del Cercatore di Grifondoro, il cuore della Evans sussultò, cominciando a battere più forte.

-Maledetta Stephanie! Ha rovinato la nostra splendida festa! Non siamo neppure riusciti ad eleggere il Re e la Reginetta del ballo! Me la pagherà quell’oca giuliva!- sbottò Alice, entrando nel bagno infestato dal fantasma più odiato del castello.

Lily la seguì, illuminando la stanza con la propria bacchetta.

Mirtilla se ne stava seduta su un lavandino, intenta a rigirarsi una ciocca di capelli tra le dita e a sospirare. Non alzò lo sguardo dal pavimento, quando le sentì entrare. Sembrava ignorarle.

-Ma quella sta in giro a tutte le ore?- sibilò la Rubin, parlando pianissimo.

Lily la ignorò e si avvicinò al fantasma, cauta. Conosceva bene i suoi attacchi di pianto e depressione fulminei.

-Ehm… Mirtilla?- la chiamò con gentilezza.

Quella alzò lo sguardo, disperato come di consueto, e fissò gli occhi sulla Evans.

-Oh, buona sera mia compagna di solitudine.- la salutò, pacata. –Anzi, forse dovrei dire buongiorno.-

Tralasciando l’appellativo che Mirtilla le aveva affibbiato, Lily ricambiò educatamente il saluto, sorridendo.

-Ascolta Mirtilla, ho bisogno del tuo aiuto. Hai per caso visto passare da queste parti Victoria Olsen? È importante, perciò se sai qualcosa dimmela, per favore.-

Il fantasma ci pensò su una manciata di secondi, per poi rispondere con un secco “No”, tornando a attorcigliare una sua ciocca di capelli intorno al dito con fare distratto.

La Evans si lasciò sfuggire un sospiro, esausta.

-Eddai Malcontenta!- sbottò Alice, decisa. –Quella poverina sta sicuramente soffrendo moltissimo, ha bisogno di noi! Non ci credo che non sai niente! Tu sai sempre tutto di tutti!-

Fu un errore. Un grandissimo errore.

Mirtilla, incubo di tutte le studentesse che capitavano in quel bagno maledetto, se ne uscì con un urlo spaventoso, che fece sobbalzare le due povere ragazze.

Dopodichè scoppiò a piangere.

-C-Certo! Brave! Preoccupatevi pure della vostra amichetta! Sta male lei, certo! E di me non se ne cura nessuno!- urlò tra le lacrime. –Nessuno pensa ai miei sentimenti! Il mio povero cuore è straziato, ma voi pensate alla vostra amica! Davvero brave!-

Alice Rubin alzò gli occhi al cielo, non riuscendo a trattenere una bella imprecazione, che riuscì a far piangere il fantasma ancora di più.

Toccò a Lily Evans, anima buona, tentare di placare quella fontana urlante formato ragazza, mentre Alice, scocciata, se ne andava a sedere sul davanzale di una finestra, scrutando il parco immerso nella notte.

-Scusaci, Mirtilla…- cominciò Lily, stanca, ma tentando di mantenere un tono gentile.

-Non immaginavamo che anche tu stessi male, ci dispiace!-

-Parla per te!- sbottò la Rubin, scocciata.

Lily la fulminò con lo sguardo.

-Alice è molto stanca e nervosa, non badare a lei.- spiegò a Mirtilla, che era già pronta a scoppiare nuovamente in lacrime. –Domani tornerò qui a parlare con te tutto il tempo che vuoi, ma adesso, ti prego, se sai qualcosa, parlamene. È importante.-

Il giovane fantasma si librò in aria, galleggiando sul soffitto, con lo sguardo perso e proprio quando la povera Lily stava per perdere la pazienza, decise di aprire bocca.

-… davvero domani vieni a trovarmi?- chiese con voce triste.

-Certo!- rispose la rossa, che già stava sulla porta.

-…sai… è… è difficile per me… lui… lui mi ha rubato il cuore! … m-me lo ha rubato davvero! Farei di tutto per lui, ma non è passato neppure a farmi un salutino stasera…- piagnucolò, strofinandosi gli occhi sotto gli occhiali.

Lily ed Alice si guardarono.

-Stai parlando di James?- se ne uscì fuori quel mostro di sensibilità della Rubin, guardando Mirtilla quasi con divertimento.

Lily spalancò gli occhi, sorpresa, per poi riportarli sul fantasma che volava sopra di loro. Ma il danno era fatto.

Cacciando un grido terribile e scoppiando a piangere nuovamente, il fantasma andò a tuffarsi in un water, facendo schizzare acqua ovunque. 

Se ne era andata, addio informazioni!

Lily, ormai al limite della sua pazienza, stava giusto per rimproverare Alice, quando la porta del bagno delle ragazze si aprì, facendo raggelare entrambe.

Fece il suo ingresso nel bagno la persona più improbabile. La peggiore di tutte.

Bellatrix Black, stupenda nel suo abito nero, alzò gli occhi di uno stupefacente blu elettrico su di loro e piegò la bocca in un ghigno.

Alice e Lily la guardarono, stupite. Non si aspettavano di ritrovarsi davanti proprio lei. Nell’attimo di silenzio che seguì l’ingresso della Serpeverde, la Evans si ritrovò per la prima volta a pensare che quegli occhi erano veramente identici a quelli di Sirius ad un primo sguardo.

In realtà c’era un abisso di differenza…

Negli occhi di Sirius c’era divertimento, affetto, rabbia, malinconia… ma mai la fredda crudeltà e ironia che si trovavano nello sguardo di Bella.

Quest’ultima sorrise divertita mentre le guardava.

-Bene, bene. Ma chi si vede! Non credevo che voi Grifondoro foste tipi da passeggiatine così mattiniere!- celiò, fredda. –Soprattutto tu, Evans.- sibilò.

Inconsapevolmente, Lily fece un passo indietro. Quella ragazza la spaventava.

Quegli occhi blu erano fissi su di lei e vi regnava una cieca rabbia che la Grifondoro non riusciva a spiegarsi.

Lei e Bellatrix non si erano mai scambiate una sola parola in sei anni di scuola, non riusciva proprio a capire il perché di tutto quell’astio. Che fosse la sua natura di mezzosangue ad irritare la Black?

-Indietreggi, Evans? Per caso hai paura di me?- frecciò la mora, ironica.

-Chiudi quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca, Black!- sbottò Alice, prendendo la compagna per un braccio. –Andiamo, Lily. Abbiamo perso anche troppo tempo qui.-

La risata di Bella fece gelare il sangue nelle vene ad entrambe.

-Brava, Rubin. Portala via, prima che le faccia male.- sibilò, guardandole andare via.

Lily fece per voltarsi, furente, ma Alice la trattenne e la portò fuori da quel bagno, lontana da quella mangiamorte alle prime armi.

Rimasta sola, Bellatrix osservò in silenzio il punto dove pochi attimi prima si trovava l’odiosa mezzosangue. Aveva già la bacchetta in mano, sarebbero bastati pochi attimi per farla fuori una volta per tutte.

E James avrebbe sofferto…

Sarebbe stato meraviglioso per lei vederlo soffrire e pagare per il male che le faceva ogni giorno, anche con il solo passarle davanti.

Sarebbe stato sublime vedere la mezzosangue agonizzare ai suoi piedi…

Si lasciò sfuggire una risata, che si spense all’improvviso poco dopo.

Con i suoi sensi di strega, Bellatrix aveva avvertito qualcosa nell’aria, qualcosa di oscuro e di potente che si trovava ad Hogwarts quella notte vicina al mattino.

L’aria si era tutto ad un tratto fatta fredda, più densa, più difficoltosa da respirare. Era male, puro male. il buio intorno a lei si era infittito, come se una diabolica mano nera avesse deciso di avvolgere tutto quanto.

In un attimo la ragazza fu alla finestra per scrutare il cielo. Nero. Completamente nero.

Niente stelle, niente luna. Scomparse.

La luce stessa pareva aver abbandonato quel luogo.

Per la prima volta, Bellatrix tremò.

 

 

 

Il sogno…

Quel sogno…

Eccolo, alla fine si era manifestato. Era in trappola, lo sapeva.

Vedeva il mondo con occhi diversi ora, come se tutto fosse stato ricoperto da un velo nero e vorticasse intorno a lui.

Tentò di respirare piano, il minimo indispensabile, ma la nausea non passava, anzi, sembrava peggiorare di minuto in minuto.

Ma perché era lì?

Come mai?

Non riusciva più a ricordare niente. La testa gli faceva male, così male che sembrava in procinto di scoppiare.

In verità, aveva come l’impressione che tutto il suo corpo stesse per esplodere. Ogni sua singola cellula doleva, come se fosse stato sottoposto ad una Cruciatus continua.

Boccheggiò, sentendo lo stomaco chiudersi e l’aria mancargli all’improvviso.

Fu un attimo e si ritrovò carponi, in preda a forti tremiti.

Vomitò anche l’anima.

“Dio, fa che finisca in fretta…”  si ritrovò a pensare.

Ricordava quel sogno…

Ricordava la paura che aveva provato…

Si muoveva nel buio, consapevole di non avere altra scelta. Ricordava anche due felini occhi verdi a guidarlo…

Eppure adesso era solo. A stento ricordava il suo nome.

Tremava, gli battevano i denti.

Quell’aria era irrespirabile, sarebbe soffocato.

Desiderò morire. Sperò con tutto il cuore che qualcuno lo trovasse e lo uccidesse, mettendo fine a quella tortura.

Qualcosa strisciava sotto la sua pelle e tentava di uscire, ne era consapevole, ma non ricordava più cosa dovesse fare.

Doveva lasciarla uscire, liberarla, oppure no?

Tremando come una foglia, con le ultime forze che gli erano rimaste, James Potter tentò di mettersi seduto, ritrovandosi con la schiena appoggiata ad una parete.

Quella sembrava scottare a contatto con il suo corpo gelato.

Il ragazzo chiuse gli occhi, nauseato dalla visione di quel mondo nero che continuava a vorticare senza sosta intorno a lui.

Strane immagini vorticavano nella sua mente, non riusciva a comprenderle, erano un’esplosione di colori senza forma, prive di senso.

Chi era?

Perché era lì?

Non riusciva più a rispondere a quelle domande.

Il suo corpo pareva essersi rilassato adesso, non faceva più male.

Doveva andarsene da lì, si disse. Doveva cercare aiuto, subito.

A fatica riuscì a mettersi in piedi, tenendo una mano poggiata sul muro, come sostegno. Doveva uscire di lì.

Lentamente, con passi misurati, riuscì a muovere qualche passo.

La porta, doveva cercare la porta.

Ma vedeva tutto nero, non riusciva a distinguere nulla.

Un passo. Un altro passo. Un altro ancora.

E poi fu la fine, perché il sigillo imposto da Silente, alla fine si ruppe.

James potè distintamente avvertire un forte bruciore alla spalla sinistra, proprio dove si trovava tatuato quel misterioso simbolo, che Silente aveva apportato come sigillo ai suoi poteri tanto tempo fa.

In quel punto la pelle bruciò terribilmente, proprio come l’ultima fiammata di una candela che sta per consumarsi, ed infine il bruciore si estinse, come se non fosse mai esistito.

Da quel momento fu l’inferno.

Non esistevano urla sufficientemente forti per potersi liberare da quel dolore così atroce, forse soltanto la morte avrebbe potuto liberarlo.

Urlando con tutto il fiato che aveva in corpo, James finì nuovamente a terra, riuscendo a stento a sostenersi con le braccia.

Urlava, urlava e non poteva fare altro.

Sentì ogni singola cellula del suo corpo rompersi, strapparsi. Qualcosa dentro di lui lo divorava senza pietà, desideroso di uscire.

James non poteva impedirlo.

Avvertì una strana luce oscura circondare il suo corpo, mentre lui gridava, si contorceva e gemeva in preda a quell’insopportabile agonia.

Quanto sarebbe durato?

Quando sarebbe finita?

Non poteva passare l’eternità così…

Che qualcuno lo uccidesse.

Cercando di ingoiare le urla, James artigliò il pavimento con le mani più forte che potè, passando poi a riempirlo di pugni. Forte, sempre più forte, cercando di concentrare la propria mente sul dolore che provava alle mani, che avevano preso a sanguinare.

Doveva esserci una fine, doveva esserci!

Le sue urla riecheggiarono per i corridoi del castello, allarmando i fantasmi e svegliando i quadri.

Furono udite da Bella, ancora nel bagno delle ragazze, ferma alla finestra, incantata ad osservare quel cielo nero, nonostante la prossimità dell’alba.

Le udì Gazza, che si precipitò fuori dalla sua stanza.

Le udirono anche alcuni studenti di Corvonero, che restarono immobili nel loro letto, spaventati dal buio che li circondava, ora minaccioso.

E le udì anche l’ultima persona che avrebbe dovuto vedere.

La porta della Torre di Astronomia dove James Potter stava subendo le pene più atroci dell’Inferno, lentamente, si aprì, cigolando.

Il ragazzo ancora urlava, non riuscendo a trovare pace.

Ed uno spettacolo raccapricciante si parò di fronte al malaugurato spettatore.

Quello che giaceva a terra non poteva essere James. Era un mostro con il suo aspetto. Non poteva essere James Potter.

Pelle chiara, pallida come la luna, attraversata ovunque da nere ramificazioni, che altro non erano che le vene presenti nel corpo del ragazzo messe in risalto dalla nera magia che aveva preso a scorrere sostituendosi al sangue.

Sangue…

Il sangue era ovunque in quella stanza, tanto che l’aria era impregnata di quel nauseante odore ferroso.

James se ne stava a terra, supino, ancora avvolto in quell’alone di luce nera.

I suoi occhi erano completamente neri.

Le guance rigate di lacrime, sgorgate a causa della sofferenza.

Debolmente, senza più forze, riuscì un poco a sollevare la testa. Era entrato qualcuno in quella stanza, riusciva chiaramente a percepire la sua magia.

Doveva chiedere aiuto, subito.

Sforzandosi, riuscì a mettere a fuoco la figura che stava ancora sulla porta, in preda alla paura e all’orrore.

Non si curò di chi fosse, non se ne preoccupò. Chiedere aiuto era più importante.

Ricordava quella persona, sapeva che poteva fidarsi di lui.

-…Peter…- riuscì a pronunciare, dopo numerosi tentavi. -…Peter… ti prego…- fu costretto a tossire, sputando fuori altro sangue. -…t-ti prego…aiutami…-

Una fitta di dolore più forte delle altre lo costrinse ad urlare di nuovo, poi, misericordiosamente, l’oblio. Perse i sensi.

Cadde nell’oscurità e nella pace, non udendo quei passi che si allontanavano di corsa dalla stanza dove si trovava.

Passi che scappavano.

Passi che non andavano in cerca di aiuto per lui.

 

 

 

 

Per tutta la notte il cielo era stato di un’oscurità spaventosa, in grado di far tremare le vene ai polsi a chiunque. Quella notte qualcosa di terribilmente oscuro si era risvegliato, ma, come tutte le entità maligne, all’arrivo del giorno, si era dissolto, lasciando il posto alla natura in procinto di risvegliarsi.

L’aria si era fatta più fresca e pungente, piacevole da sentire sul viso, profumata della prima rugiada.

L’alba era prossima.

Lo stadio di Quidditch era deserto, una leggera brezza si faceva spazio tra le tribune silenziose, in attesa di una nuova partita.

Tutto sembrava sospeso in una bolla di sapone, anche il tempo sembrava non scorrere più. Il silenzio faceva da sovrano, sconfitto solamente dal suono della natura in risveglio. Tutti in attesa del sole.

Unica spettatrice di quello spettacolo unico e prezioso, Victoria Olsen.

Non aveva chiuso occhio quella notte buia, il sonno e la stanchezza erano gli ultimi dei suoi problemi. Il cuore le faceva male, male da morire.

Non aveva il coraggio di pensare ancora a ciò che era accaduto qualche ora prima.

Era finita per lei. Finita.

Aveva perso Sirius, ne era sicura.

Non avrebbe mai voluto che lui sapesse dei suoi sentimenti in quel modo, mai. Se avesse saputo che le cose sarebbero andate per quel verso, allora avrebbe preferito mille volte tirare fuori gli attributi e dirglielo di persona, da soli.

Poteva solo immaginare la furia del suo migliore amico.

Tradito. Tradito due volte.

La prima perché lei, la sua migliore amica, si era innamorata di lui, mandando l’amicizia disinteressata a quel paese.

La seconda perché non era stata in grado di esporgli i suoi sentimenti ed aveva lasciato che fosse una cretinetta incipriata a farlo al posto suo, davanti a mezza scuola.

Sospirando, Victoria si prese la testa tra le mani, disperata.

Con che faccia poteva tornare in quel castello?

Come avrebbe potuto incontrarlo ancora?

Sorridendo tristemente, si disse che in fondo, doveva solo aspettare un anno, doveva solamente nascondersi per un anno intero, poi Sirius si sarebbe diplomato e avrebbe lasciato la scuola.

Meditava, meditava da ore, cercando di inventarsi scuse convincenti o stratagemmi per scomparire in un baleno, se fosse stato necessario.

Se ne stava lì, seduta nella tribuna del Grifondoro, con l’aria esausta. Le scarpette col tacco gettate lontano. Il vestito spiegazzato. Il trucco rovinato dalle lacrime che aveva versato mentre fuggiva dalla Stanza delle Necessità, seguita da Remus.

E pensare che Lily si era così impegnata per truccarla in maniera impeccabile…

Remus. Lily.

I suoi amici.

Le sembrava una vita dall’ultima volta che aveva avuto una conversazione degna di questo nome. Le mancavano.

E le mancava il Quidditch. Stare lì, seduta sulle tribune, le aveva fatto ricordare le partite vinte, le risate negli spogliatoi, James che prendeva il boccino e la parte rossa e oro dello stadio che esultava. E poi Sirius che la chiamava, la pluffa che scattava, e lei che partiva veloce, sfrecciando tra gli avversari e faceva punto.

Sirius che la prendeva tra le braccia, sollevandola come se non avesse peso, esultando: Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!

Una lacrima dispettosa le rigò una guancia. Voleva che tutto tornasse come prima.

Avrebbe messo da parte l’amore, avrebbe chiuso il suo cuore, sarebbe tornata l’amica di sempre, senza sperare nulla, avrebbe fatto qualsiasi cosa per tornare indietro.

Una fitta al cuore.

Non era stata colpa sua.

Lo ricordava.

Se fosse dipeso da lei, quella separazione non sarebbe mai avvenuta. Lei non aveva fatto niente.

Era stato lui. Era stato Sirius.

Lui aveva cominciato a non parlarle, ad evitarla. Era cominciato tutto dopo quella terribile notte in Biblioteca, quando lei e Lily erano state torturate dai Serpeverde.

Ricordava il dolore che le aveva inflitto la maledizione Cruciatus.

Poi aveva perso i sensi. Non ricordava nulla di ciò che era accaduto dopo.

Si era risvegliata in un lettino dell’Infermeria. Aveva notato i regali ai piedi del letto che i suoi amici le avevano portato.

Lily era andata molte volte a farle visita, sempre in compagnia di James.

Remus l’aveva aiutata a recuperare con la scuola e le aveva raccontato della punizione data ai Serpeverde. Si era indignata insieme a lui per la decisione del preside di non espellere quei maledetti.

Persino Peter era andato a trovarla, portandole dei dolcetti presi dalle cucine.

E poi c’era stata la squadra del Grifondoro al completo e le sue compagne di stanza.

Ma mai Sirius Black. Mai.

Non era mai andato a trovarla.

Aveva incominciato ad ignorarla da quel momento, probabilmente.

Perché?

Perché faceva così?

Cosa era accaduto?

Stephanie aveva letto una pagina del suo diario, quindi probabilmente quel dannato quaderno era nelle mani di quella malefica ragazza, Sirius non poteva averlo letto.

O si?

Non sapeva più che cosa pensare.

Presa com’era a pensare e a martoriarsi il suo povero cervello stanco, non si rese conto di un rumore di passi che si stavano avvicinando sempre più a lei.

Fu quella voce a destarla. Fu quella voce ad ucciderla.

-Ti ho trovata.-

Victoria sussultò, sentendo il cuore fermarsi. Non aveva il coraggio di voltarsi e vedere con i propri occhi che lui era veramente lì.

-Come cavolo hai fatto a correre così veloce con quei tacchi?- continuò Sirius Black, con voce scherzosa.

Altri due passi e fu da lei. Le si sedette vicino.

-Ti ho vista scappare via dalla festa.- le disse, parlando piano. –Remus ti è corso dietro e io l’ho seguito, ma non vi siete accorti di me, eravate troppo lontani ed era buio. Quando sei sparita dietro quell’arazzo, mi sono ricordato del sesto piano, ma mi sono sbagliato… Non riuscivo più a trovarti…-

-Che cosa vuoi?- lo interruppe lei ad un tratto, non potendo più sopportare quell’attesa. –Mi eviti da settimane e ora sei qui a parlarmi come se nulla fosse. Non fare il finto tonto con me, Sirius Black, non funziona! Dimmi quello che devi dire e vattene!- gridò, tremando come una foglia.

Finalmente trovò il coraggio di voltarsi a guardarlo.

Quell’abito da principe gli stava da Dio. Ogni cosa stava bene su di lui.

Sirius la scrutava con i suoi occhi blu, ma in essi non c’era traccia di rabbia o disgusto, albergava solamente una grande preoccupazione, unita a sofferenza.

-Stai tremando…- mormorò lui, guardandola.

-Non ho niente.- sbottò lei, abbassando lo sguardo.

Ignorando le sue parole, Sirius si tolse la giacca, posandola sulle spalle della ragazza. Quel vestito era meraviglioso, ma decisamente troppo leggero per quell’ora della mattina.

-Sirius, per favore…- lo implorò lei, sentendo gli occhi bruciare. –Voglio… voglio che tu mi dica cosa hai in testa adesso! Credo che impazzirò così! Se… se non vuoi dire nulla, allora vattene! Vattene ed ignorami, ok? Mi dispiace per il diario! Non volevo che tu lo sapessi così! Ti chiedo scusa, io… io sono stata una vigliacca e…-

-Alt! Stop!- la interruppe lui, prendendole una mano. –Vick, se qui c’è qualcuno che deve chiedere scusa e darsi del codardo sono io. Io e nessun altro.-

La vide alzare lo sguardo e scrutarlo con i suoi occhi azzurri, ora confusi. Erano arrossati quegli occhi, evidente segno che aveva pianto.

Sirius si maledette mille volte.

Quella lacrime erano tutte causate da lui, lo sapeva.

Sospirò, posando lo sguardo sul campo di Quidditch.

-Mi dispiace per la nostra ultima partita. Sono stato un idiota…-

-Eri arrabbiato con me, vero?- mormorò la Olsen, perdendo il coraggio di guardarlo.

-Arrabbiato?- ripetè Sirius. –No, Vick. Assolutamente no!-

-Ti ho dato uno schiaffo…-

-Me lo sono meritato.-

-Io… Io credevo che tu ce l’avessi con me per qualche motivo. Non sei venuto a trovarmi in infermeria, non mi hai più parlato, scappavi da me… Credevo ti fossi accorto di qualcosa e… e che non volessi più saperne di me.-

Sirius la guardò, confuso. –Di cosa parli?-

La Olsen si strinse nella giacca, come in un vano tentativo di proteggersi, o di nascondesi. Aveva paura di affrontare l’argomento.

-Parlo di quello che è successo alla festa, della pagina del mio diario che Stephanie ha letto davanti a tutti.- cominciò, guardandosi i piedi scalzi. –Sto parlando… dei miei sentimenti per te, Sirius.-

Ecco, era arrossita.

Si sentiva le guance andare a fuoco.

Che fine aveva fatto la ragazza dura?

Doveva dirgli tutto, decise. Le cose non sarebbero comunque andate peggio di così.

E Sirius meritava la sua onestà. Aveva il diritto di sentirsi dire certe cose da lei.

-Non ho letto nessun diario.- le rispose Sirius.

Non la stava guardando. In realtà le parole di lei lo avevano lasciato senza aria nei polmoni. Anzi, in verità, stava così dal momento stesso in cui Stephanie aveva terminato di leggere i pensieri di Victoria.

Vick era innamorata di lui.

Era innamorata di lui.

Continuava a ripeterselo da ore.

-Sirius, io…-

Il ragazzo scosse il capo. –Non c’è bisogno che tu mi dica niente. Lo so.-

-No, devi saperlo da me!- fece la ragazza, stringendo i pugni. –Non permetterò a quella stronza di portarmi via una cosa così importante! Sirius, guardami!-

Lui obbedì, sentendo qualcosa tremare dentro di sé.

Gioia. Paura. Era tutto così confuso per lui…

-Sono innamorata di te.- mormorò Victoria, guardandolo negli occhi.

Ecco, ora era libera. Finalmente quel maledetto nodo che le impediva da anni di respirare se ne era andato.

Lo aveva detto.

Glielo aveva detto.

Tutto il resto non contava.

-All’inizio eri un rivale per me, volevo batterti ad ogni costo.- continuò lei, sorridendo. –Poi hai cominciato a starmi simpatico e siamo diventati amici. Voglio bene ad ognuno di voi ragazzi, ma con te è sempre stato diverso. Poi a tredici anni ho capito. E non sono mai riuscita a liberarmi di quei sentimenti. Ci ho provato, Sirius. Te lo giuro. Ho provato in tutti i modi a tenerti nascosto tutto, a proteggere la nostra amicizia, ma poi…-

-E’ stata colpa mia, Victoria.- sussurrò Sirius.

Era come se il suo cuore si fosse fermato di botto e poi avesse cominciato a battere velocissimo. Non si era mai sentito così.

Le parole di quella ragazza lo uccidevano e gli davano la vita allo stesso tempo.

-Ti evitavo, scappavo da te… ma non a causa tua. Era tutta colpa mia.- le disse, guardandola. –Perdonami, Vick. Sono un codardo. Un vigliacco.-

-Ma…-

-In tutti questi anni, sono sempre stato troppo occupato a pensare a me stesso, per accorgermi dei tuoi sentimenti. Ti ho sempre vista come uno dei miei più cari amici, mi faceva comodo vederti così. Sbagliavo.-

-Non dire questo…- mormorò lei. –Avrei potuto parlarti…-

-No, Vick. Ero troppo ottuso, sul serio. Mi sarei convinto di aver capito male.- fece con un sorriso amaro. –Non volevo capire. Non ho mai voluto capire che… che avevo paura.-

-Paura?-

-Paura di te.- le confessò lui. –Victoria, tu rappresenti tutto per me. Sei il mio eroe. Se non fosse stato per te, io adesso vivrei ancora con i miei genitori. Tu mi hai portato via da lì, tu mi hai convinto ad andare da James. Se fossi rimasto là ancora un po’… forse adesso sarei freddo come Bellatrix o perso come Narcissa. Non voglio diventare così, Vick. Ed è grazie a te se mi sono salvato.-

Lei lo ascoltava senza più dire una parola, il cuore che batteva veloce.

-Quella sera, tu mi hai portato via tenendomi per mano, te lo ricordi?- le chiese lui, guardandola. –Non volli ascoltare ciò che già sapevo dentro di me. Poi c’è stata quella notte in Biblioteca con i Serpeverde. Credevo di impazzire. Mi è stata sbattuta la verità davanti agli occhi. Ti ho baciata mentre dormivi e mi sono sentito un verme, non volevo trattarti come ho sempre fatto con le altre, perciò…-

-Mi hai baciata?- fece Vick, con un filo di voce.

La sua mente viaggiava veloce, cercando di imprimersi nella memoria tutte quante le parole che stavano uscendo dalla bocca di Sirius. Non voleva dimenticarsene per niente al mondo.

-Già…- ammise Black, per la prima volta in imbarazzo. –Sei arrabbiata, vero?- fece, in attesa delle urla della compagna.

-Arrabbiata?- ripetè Victoria, guardandolo. –Sirius, io sono incazzata nera!- sbottò, tornando quella di sempre. –Per la barba di Merlino! Sirius Black mi bacia e io neanche posso ricordarmelo!-

Quell’affermazione totalmente sincera, fece sgranare gli occhi ad entrambi. E se da una parte la povera Victoria arrossì furiosamente, dicendo definitivamente addio alla sua dignità, Sirius Black rise divertito, sfoderando la sua aria malandrina.

-Beh, a questo c’è rimedio, Olsen.- le disse, sorridendo furbo.

Lei lo fulminò con lo sguardo. –Non ti mettere a fare il furbetto con me, Black.- lo minacciò, ma sulle sue labbra stava già spuntando un sorriso.

Lui rise e finalmente le porse la mano. –Pace?-

Victoria afferrò quella mano senza la minima esitazione. –Pace.- dichiarò.

-Era poi così difficile dirci tutto?- meditò lui, guardandola. –L’abbiamo allungata così tanto, quando poi non c’è voluto molto…-

Lei scoppiò a ridere, divertita. –Beh, siamo proprio una bella coppia di imbranati, Black.- sentenziò allegramente.

-Mmm… mi piace la parola coppia…- fece lui, ancora con il suo sorriso furbo.

-Anche a me!- dichiarò lei, rispondendo al sorriso.

Per un attimo si guardarono in religioso silenzio. Il sole era sorto e loro non se ne erano neppure accorti.

-Abbiamo finito tutti gli argomenti, finalmente? Non abbiamo più nulla da chiarire, giusto?- domando Black, con fare fintamente disinteressato.

-Sì, tutto chiarito.- rispose lei, guardandolo.

-Mmm… bene.- fece lui, furbo. –Allora posso baciarti adesso?-

C’era da aspettarselo, Sirius Black non sapeva neanche dove stava di casa il romanticismo. Questo fu l’unico pensiero che per un momento balenò in testa della Olsen, mente scoppiava nuovamente a ridere.

Poi non ci fu tempo di pensare altro, perché lui le strinse di più la mano e si chinò su di lei, baciandola come desiderava fare da tempo.

Primo bacio.

Il suo primo bacio.

E lo stava dando proprio a Sirius.

Allora esistevano anche certi sogni in grado di diventare realtà…

Un bacio nato da una risata.

Baci e risate, ecco che cosa si sarebbe ricordata lei di quel giorno.

Quelle braccia intorno a lei erano tutto ciò che aveva sempre desiderato, quei capelli neri che le solleticavano il viso erano seta sulla pelle, quel profumo che era sempre appartenuto a lui era anche suo adesso…

Tutto era suo e non le sembrava ancora possibile.

Teneva gli occhi chiusi e rispondeva a quel bacio, che da tenero, si era subito fatto appassionato, seguendo Sirius.

Era un po’ impacciata, ma non era per nulla in imbarazzo.

Era Sirius Black .

Era Sirius.

Il suo Sirius.

E baciare quel ragazzo meraviglioso era decisamente un’esperienza unica, era come la fine della scuola e l’inizio delle vacanze.

No, molto, molto di più.

Era come la squadra di Quidditch inglese che vinceva i mondiali.

No, neppure.

Vick si dette della stupida. Pensare certe cose in un momento simile…

Aveva quasi paura che le scappasse il cuore fuori dal petto.

Le venne di nuovo da ridere e furono costretti a separarsi.

Sirius la studiò, scocciato dall’interruzione e allo stesso tempo divertito. Le fece un dispettoso buffetto su una guancia.

-Che c’è da ridere? Guarda che stai baciando Sirius Black in persona, sai?- disse, fingendosi offeso.

Per tutta risposta, lei continuò a ridere.

-Allora, come sono andata come primo bacio, grande maestro?- lo schernì lei, ridendo.

Sirius finse di pensarci su, osservandola. –Mmmm… non male, Olsen. Non male. Un altro po’ di esercizio e sarai perfetta!- rispose con la sua faccia tosta.

Lei gli rifilò un colpetto sulla testa. –Non sei per niente romantico, Black.-

-Neanche tu sei per niente romantica, Olsen.- le rispose subito lui, furbo. –Ora zitta, che devo recuperare il tempo perduto…-

-Dobbiamo recuperare tre anni!-

-Ecco, allora basta parlare!-

 

 

 

A quell’ora infame del primo mattino, c’erano ancora due povere anime che si trascinavano per il parco di Hogwarts con due occhiaie da fare spavento, dopo aver passato un’atroce notte in bianco.

Probabilmente sarebbero presto caduti in coma, crollando sull’erba.

Illuminati dai primi raggi del sole, Remus Lupin ed Eva Ames, Caposcuola ligi al loro dovere, mandarono entrambi una brutta maledizione indirizzata a Stephanie Hamilton, da quella sera ribattezzata come “La Bastarda Infame”.

-Non so come scusarmi, Eva, davvero. Ti ho trascinata tutta la notte in giro per il castello in cerca di Victoria e dei miei amici… Non so davvero cosa dire.-

-Tranquillo Remus. Sono stata io a proporti di cercare insieme la tua amica. Se solo fossimo riusciti a trovarla…- rispose la ragazza, sorridendogli. –E poi, quando abiti nel dormitorio di Serpeverde, ti abitui fin dal primo anno a dormire poco.-

Quella battuta fece sorridere il biondo Caposcuola, che sentì i nervi allentarsi almeno un po’. Che nottata! Non ne poteva più.

Avevano cercato Vick, poi, non riuscendo a trovarla, erano tornati nella Stanza delle Necessità, dove non avevano trovato nessuno. Se ne erano andati tutti.

Allora erano corsi a Grifondoro –Eva era rimasta sorpresa dalla loro Sala Comune, non essendoci mai stata- in cerca di James e gli altri.

Avevano trovato il dormitorio dei Malandrini deserto, neppure Peter era nel suo letto. Il povero Remus aveva anche cercato la Mappa del Malandrino, dicendosi che con Eva si sarebbe inventato una scusa, ma della finta pergamena non c’era stata traccia da nessuna parte.

Preso dallo sconforto e maledicendo Sirius, Victoria ed il loro problemi di cuore, il ragazzo era corso alla stanza di Lily ed aveva bussato, sperando che qualcuno aprisse, ma la stanza era rimasta chiusa. Non c’era nessuno.

Non avevano potuto fare altro che rimettersi a cercare.

-Sicuro di voler cercare anche al campo di Quidditch e agli spogliatoi?- chiese Eva, guardandolo. –Abbiamo sempre da vedere la Torre di Astronomia.-

Remus annuì, riprendendo a camminare. –Se non sono neanche lì, allora ce ne andiamo a letto e festa finita!- sbottò.

Si stava innervosendo, notò Eva. In effetti anche lei non ne poteva più.

Si chiese cosa cavolo ci facesse lei, una Serpeverde, alla ricerca di un gruppo di Grifondoro svitati alle cinque del mattino passate.

Sospirando, si affrettò a seguire il ragazzo.

-Ti ringrazio davvero molto per stanotte. Sei stata gentile ad aiutarmi.- le disse lui, guardandola mortificato.

Eva scosse il capo. –Non fa niente, te l’ho detto. Ti sdebiterai.- rispose, divertita.

-Magari puoi comprarmi qualche dolcetto a Mielandia, la prossima volta che andiamo ad Hogsmeade.- buttò lì, vaga. Sorrise.

Lupin la guardò, sorpreso. –E’ il sonno oppure mi stai chiedendo di uscire?- fece, camminandole vicino.

La Serpeverde rise, pacata come sempre. –Beh, direi di sì.-

Stavano quasi arrivando allo stadio di Quidditch, quando si videro venire incontro altre due figure che potevano fare a gara con loro in quanto ad occhiaie.

Lily Evans ed Alice Rubin, che dopo quella nottata in bianco, passata a girare come trottole, potevano dichiararsi amiche del cuore.

Lily sorrideva, anche se aveva l’aria stanca.

Alice invece aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

-Ehi, Lupin!- lo chiamò.

-Ragazze!- esclamò Remus, esausto, correndo da loro.

-Lascia perdere lo stadio, abbiamo già guardato noi.- lo informò la Rubin. –Vick è là e credo stia benissimo.- fece con un ghigno.

-Benissimo?- replicò Lupin, confuso.

-E’ con Sirius.- gli spiegò Lily, sorridendo.

-Già.- sogghignò Alice. –E da come si danno da fare, credo che presto tu, James e Peter sarete zii.-

-Cosa?- pigolò il povero Remus, sbiancando.

Alice rise, divertita.

-Non darle retta, Remus. Si stavano solo baciando.-

-Io non li sottovaluterei i tentacoli di Black…- continuò quella iena della Rubin.

-Comunque sono affari loro!- ribattè Lily. –Forza, andiamocene!-

E così quei poveracci si rifecero anche il viaggio di ritorno, percorrendo il parco del castello come un quartetto di zombie.

Remus Lupin meditava vendetta ad ogni faticoso passo che faceva.

Quei due infami dannati di Black e Olsen non avrebbero avuto vita facile, giurò. Lui passava tutta la notte a cercarli come un’anima in pena e poi veniva a sapere che i due si stavano tranquillamente sbaciucchiando.

Sirius poteva tranquillamente scordarsi le ricerche di storia della magia!

-Gli altri sono a letto?- chiese Lily, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio.

-Beh, se stai parlando degli amici di Remus, beh… nessuno era a letto, quando siamo saliti a vedere.- le rispose Eva, che fino a quel momento se ne era rimasta in silenzio.

-Anche James non c’era.- disse Lupin. –Forse anche lui e Peter stavano cercando i due piccioncini…- ringhiò, per la prima volta davvero di cattivo umore.

Quando arrivarono al portone principale, Alice fece loro segno di fare silenzio.

-Potrebbe già esserci qualche professore in giro!- li avvertì. -Pensate se ci beccasse la McGranitt!-

Tutti e quattro rabbrividirono d’orrore.

Entrarono nella Sala d’ingresso senza fare un fiato, cercando di muoversi senza fare il minimo rumore.

Bel presto però realizzarono che il castello era già sveglio, in tumulto.

Udendo un rumore di passi frettolosi, corsero a nascondersi.

Videro la professoressa Sprite ed il professor Lumacorno affrettarsi insieme in direzione dell’Infermeria.

il loro insegnante di pozioni indossava la vestaglia da camera e pareva piuttosto confuso, probabilmente era ancora mezzo addormentato.

-Pomona, Pomona cara, fermati un attimo! Cosa succede? Perché ci hanno svegliati a quest’ora del mattino?- stava infatti dicendo, mentre correva dietro alla donna.

Quella parve spazientirsi. Si fermò di botto e si voltò a fronteggiarlo.

-Qualcosa di terribile è accaduto in questo castello, proprio questa notte, Horace! Non hai sentito anche tu quell’energia negativa, prima di andare a dormire? Io mi immaginavo che sarebbe successa una qualche catastrofe!-

-Minerva sembrava agitatissima! Mi ha urlato qualcosa come “prendere tutti i miei intrugli da pozionista” e correre in Infermeria!-

-Già. Lo hanno portato lì. Dobbiamo andare, c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Silente è già lì, è stato lui a trovarlo! Presto!- fece frettolosa, rimettendosi a correre.

Lumacorno le andò dietro, ansando.

-Ma cosa è accaduto, Pomona? Non sarà mica un brutto scherzo di… Silente mi aveva assicurato che Lui non avrebbe mai messo piede in questa scuola!-

-No, non è Lui, Horace.- rispose la Sprite, nervosa. –Si tratta di James Potter.-

All’udire quel nome, molti cuori persero un battito.

-Il Preside lo ha trovato alla Torre d’Astronomia, privo di sensi in una pozza di sangue.- aggiunse la donna.

Lumacorno non fece più una parola, seguendo la collega verso l’infermeria.

Il ghiaccio al posto del sangue nelle vene.

Fermi vicino ad una rampa di scale, i quattro ragazzi erano sprofondati nel più totale silenzio. Eva, estranea in quel gruppo, guardò Remus.

Lupin era ammutolito, le sembrava più pallido del solito. Alice sembrava confusa, incapace di formulare un pensiero.

Lily era immobile, di poco lontana da loro. Si stava stringendo nelle braccia, il corpo percorso da tremiti. Si voltò verso Remus. Era sconvolta.

-Stava bene, Remus. Stava bene. Che… che cosa….?- esalò, quasi priva di voce.

Il ragazzo corse da lei, stringendola con un braccio. Erano sotto shock tutti e due, si disse il ragazzo. Doveva riprendersi, alla svelta.

Fece un bel respiro e si voltò verso le due ragazze che stavano dietro di loro.

-Io e Lily seguiamo i professori. Eva, torna al tuo dormitorio e riposa, per stanotte ho approfittato anche troppo di te. Alice, torna a Grifondoro. Avverti Sirius, Vick e Peter appena puoi!-

La Rubin annuì e corse via. Eva guardò per un attimo Remus, poi gli voltò le spalle e svanì nelle ombre dei corridoi.

Lupin prese Lily per mano e cominciò a correre verso l’infermeria.

Una corsa contro il tempo.

In testa tante, troppe domande.

Una doccia fredda.

 

 

Cosa ti è successo, James?

 

 

 

 

 

Ebbene, il capitolo finisce qui. Mi aspetto insulti e lancio di pomodori.

Me lo merito, visto che vi lascio in un punto simile.

Questo è sul serio il capitolo più difficile che ho scritto fino ad ora per due motivi. Il primo è il mio ritorno alla scrittura dopo diversi mesi, sono decisamente arrugginita e si sente. Il secondo è… beh… il capitolo in sé. Davvero difficile. C’erano sul serio troppe cose da scrivere e da intrecciare tra loro. Ho cercato di farlo meglio che potevo.

Perché, se da una parte abbiamo il buffo trionfo della coppia Vick/Sirius, dall’altra c’è James. James ed il suo incubo che si realizza.

Diciamo che il risultato che volevo era un capitolo semplice, da commedia, basato sul divertente romanticismo, ma con una macchia. Una macchia che riesce ad intaccare l’atmosfera.

Questa macchia è James.

Questo perché nella vita non è detto che se per te va tutto bene, questo accada anche agli altri. E così, mentre Sirius ha trovato l’amore, James soffre pene atroci.

È così che va il mondo, ragazzi!

Vi invito a riflettere su Peter.

 

N.B.

 

Gli occhi completamente neri di James non sono una mia idea, anzi. Vengono spesso usati nei telefilm sul soprannaturale. Siccome mi piacevano tanto, ho voluto metterli anche io.

 

Un bacione,

Lady Tsepesh

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Asleep ***


CAPITOLO 21 “ ASLEEP “

 

 

Quella fredda mattina di inizio Novembre il silenzio faceva da sovrano nella scuola di magie e di stregonerie di Hogwarts. Riempiva i corridoi, le aule, i giardini, in una totale assenza di rumore.

Qualcosa era accaduto tra quelle vecchie mura, qualcosa di raccapricciante.

Non si poteva tornare indietro.

L’aria era fredda, pungente. Spifferi di vento gelido riuscivano ad insinuarsi nel castello, facendo accapponare la pelle a quei pochi studenti che avevano avuto il coraggio di lasciare i propri letti ed andare a fare colazione.

Le facce stanche ed ancora assonnate dei ragazzi la dicevano lunga su quanto si fosse festeggiato la scorsa notte di Halloween.

I più consumavano la propria colazione in religioso silenzio, fulminando con lo sguardo i compagni più piccoli non appena questi accennavano a far rumore e peggiorare così già delle ingenti emicranie provocate dall’alcol bevuto la sera prima.

Un fatto però aveva colpito la curiosità di tutti, grandi e piccini, svegli o assonnati, ed era la totale assenza dei professori in Sala Grande.

Era risaputo che il professor Lumacorno non era tipo da alzarsi ad un’ora decente nei giorni festivi, ma lo stesso non si poteva dire della professoressa McGranitt o della Sprite.

Per non parlare del Preside! Quell’uomo non dormiva praticamente mai!

Era rintracciabile a qualunque ora del giorno!

E mentre già qualcuno scherzava sul fatto che persino i professori si fossero dati ai bagordi, magari proprio nell’ufficio del Preside, al tavolo di Corvonero le voci erano molto meno rassicuranti.

Due ragazze Corvonero erano infatti pronte a giurare di aver udito delle urla tremende provenire dalla Torre di Astronomia nel cuore della notte e di aver sentito di mattina presto diversi passi concitati.

La più piccola delle due, appartenente al secondo anno, aveva ancora l’aria spaventata.

-Beh, forse era Pix. Non ci avete pensato?- borbottò un ragazzo del settimo anno, mentre era intento a versarsi una bella tazza di caffè per ammazzare il sonno.

Julian Harris, Corvonero, non era mai stato uno che amava molto le chiacchiere, soprattutto il giorno dopo aver passato la notte ad ubriacarsi per poi ritrovarsi la mattina nudo in un letto non suo e con una semisconosciuta.

I suoi occhi castani, che fin da quando era piccolo esprimevano una certa espressione di indifferenza per il mondo, erano ridotti a fessure.

Due occhiaie da fare spavento facevano loro compagnia.

I suoi capelli di un biondo ramato erano sparati un po’ ovunque, tanto da poter fare concorrenza a quelli di James Potter in persona.

Trattenendo l’ennesimo sbadiglio, il Corvonero trangugiò il caffè senza più spiccicare parola, ignorando le compagne di casa che lo stavano osservando.

-Per me invece è accaduto qualcosa.- fece Jasper Joyce, Caposcuola. –Sono andato in Guferia stamani e indovinate chi ho visto entrare dal portone principale?-

Adesso gli occhi di tutti i Corvonero erano puntati su di lui.

-Auror.- dichiarò il ragazzo, guardando i compagni. –Erano appena le otto del mattino, ecco perché nessuno di voi li ha visti. Eravate tutti ancora a dormire.-

La tensione era palese, al tavolo dei Corvi era appena caduto il silenzio. Nessuno stava più toccando la colazione, tutti con gli stomaci troppo chiusi.

C’era paura, ovvio.

Il mondo magico ed anche quello babbano non erano più sicuri come una volta, bastava leggere la Gazzetta del Profeta.

Babbani uccisi, maghi scomparsi…

Soltanto uno di loro aveva ancora la voglia di mangiarsi un bel cornetto farcito di crema al cioccolato, attirando le occhiate sconvolte dei più.

-Come fai ad essere sempre così tranquillo, mi spieghi?- proruppe una ragazza del sesto anno, gli occhi che mandavano scintille. –Non ti frega proprio di niente?-

Ed il buon Julian, signore dei menefreghisti, alzò appena gli occhi sulla sua interlocutrice per poi uscirsene candidamente con un:-No, mi frega solo del mio mal di testa, che tra le altre cose, voi state peggiorando.-

Si alzò, sotto lo sguardo divertito di Jasper Joyce, il suo miglior amico.

-Gente, vado in infermeria a farmi dare qualcosa di forte.- comunicò, mentre si puliva le dita dai resti del cornetto con un fazzoletto. –Fate i bravi!-

Un sorso di succo di zucca e via, era partito, lasciandosi dietro le facce allibite dei suoi compagni di casa. Bisognava anche dire però che gli studenti più anziani, come i suoi coetanei del settimo anno, avevano imparato a non far più tanto caso alle stramberie di quel ragazzo.

Strano davvero Julian Harris, talmente imprevedibile da poter gareggiare con Xeno Lovegood in quanto a stravaganza. Era sempre stato così fin dal primo anno, a partire dal modo tutto suo di stare seduto in classe.

La povera McGranitt si era sgolata per anni a forza di rimproverarlo e di intimargli di mettersi composto, ma alla fine aveva dovuto rinunciare e tollerare che un suo studente seguisse le lezioni seduto a gambe incrociare sulla sedia.

C’era anche da chiedersi come facesse a starsene in quella posizione per così tante ore e riuscisse poi ad alzarsi con facilità, senza il minimo dolore.

E le bizzarrie non finivano lì.

Di poche parole, Julian era in grado di non parlare per un giorno intero, se si alzava male. Cosa che capitava spesso.

Durante le lezioni disegnava sui banchi, invece di prendere un minimo d’appunti, ma poi durante compiti e interrogazioni era impeccabile. Era anche capitato che il Corvonero non spiccicasse parola ad un’interrogazione, perché… beh… l’argomento richiesto non era abbastanza stimolante. E se Lumacorno e Vitious avevano imparato a capire questo loro particolare studente, la McGranitt aveva sommerso i genitori del ragazzo di lettere chilometriche, incominciando una vera e propria crociata.

Prima di uscire dalla Sala Grande, fermo davanti alla grande porta, Julian fece scorrere distrattamente il suo sguardo sul tavolo semi vuoto di Tassorosso.

Fu un istante.

Si ficcò le mani nelle tasche di un paio di pantaloni neri, abbassò gli occhi ed uscì, non curandosi più di nessuno. Non era tipo da considerare troppo la gente che lo circondava.

Nel corridoio l’aria era più fredda e non potè non rabbrividire almeno un po’, quella semplice camicia blu che indossava era troppo leggera per ripararlo bene dal primo freddo. Imprecò, strofinandosi le braccia con le mani.

Quando arrivò in prossimità dell’Infermeria però, anche una persona indifferente come lui, non potè evitare di restare almeno un po’ sorpreso. E per più di un motivo.

Primo: le porte dell’infermeria erano chiuse.

Secondo: suo padre era lì.

Terzo: il gruppo di Potter al completo si trovava lì, tutti schierati a sedere su una panca di legno e con certe facce da far paura.

A quanto pareva avevano passato una nottata peggiore della sua.

Se non altro lui si era sfondato di sesso ed alcol.

Loro invece parevano aver avuto un incontro ravvicinato con un dissennatore o un branco di licantropi.

Quell’occhio di lince di suo padre lo individuò subito e gli fece sbrigativamente cenno di avvicinarsi. Trattenendo un bel sospiro, Julian si affrettò a raggiungerlo.

Il signor Harris aveva un’espressione seria in viso quella mattina che incoraggiava chiunque a girargli alla larga. La divisa di Auror indossata a puntino poi non aiutava certo a renderlo più amichevole.

-Buongiorno Julian.- lo salutò, rigido.

-Papà.- ricambiò il ragazzo, guardandolo.

-Che hai fatto ai capelli?-

-Una lunga storia.-

Di certo quei due non avrebbero vinto un premio di retorica, non erano mai stati dei gran chiacchieroni. Fortuna che la signora Harris era un tipino tutto pepe e parlava anche per gli uomini della sua famiglia.

-E’ tanto grave?- domandò il ragazzo, osservando il genitore.

Quello, sempre restando immobile vicino alla porta dell’infermeria, si accese un sigaro. Aspirò una lunga boccata, prima di rispondere.

-Non ne so molto, figliolo. Ma credo che James Potter non se la stia passando proprio benone in questo momento.-

Sorpreso, Julian sgranò gli occhi. –James? Allora è per questo che là ci sono i suoi amici.- fece, parlando piano. E, lasciando perdere suo padre, andò a raggiungere i suoi compagni.

Fu Remus ad accorgersi per primo di lui e a fargli un breve cenno di saluto. Gli altri non sembrarono neppure averlo notato.

Alice Rubin sembrava distrutta, teneva a stento gli occhi aperti e, di tanto in tanto, portava lo sguardo alla porta chiusa dell’Infermeria.

Victoria Olsen aveva il viso pallidissimo e sembrava caduta in un pesante sonno, teneva il capo posato su una spalla di Sirius Black.

Quest’ultimo, neanche a dirlo, aveva uno sguardo che faceva paura. Anche lui non aveva dormito, si vedeva. Tra le mani aveva una sigaretta accesa, che si stava consumando da sola.

Infine Lily Evans, una novità per Julian. La rossa se ne stava seduta con tutti loro, ma sembrava in un certo modo distante. Teneva lo sguardo fisso sul pavimento, forse neppure si rendeva conto della presenza di tutti gli altri.

-Beh? Che ha combinato James?- fece Julian, guardando tutti quanti.

Fu Remus a rispondere. –Non lo sappiamo bene neppure noi. Dopo la festa ci siamo tutti divisi e lo abbiamo perso di vista. Stavamo tornando al nostro dormitorio quando abbiamo visto i professori… Parlavano di aver trovato il corpo svenuto di James alla Torre di Astronomia… Io e Lily abbiamo seguito la Sprite e Lumacorno… Ma nessuno ci ha detto nulla… Siamo tornati a Grifondoro per cambiarci e abbiamo trovato gli altri…- raccontò Lupin, con voce debole. -…sono ore che siamo qui, ma nessuno dice niente. Ci tengono all’oscuro di tutto, non vogliono farcelo vedere… Victoria ha urlato fino ad un’ora fa, si è quasi messa a prendere a calci la porta… Alla fine è crollata…-

-Delle mie compagne di casa hanno giurato di aver sentito delle urla tremende provenire dalla Torre di Astronomia la notte scorsa.- disse Julian, ricordandosi di ciò che quelle ochette stavano starnazzando a colazione.

Quelle parole attirarono l’attenzione di Black, che finalmente posò gli occhi blu sul Corvonero. –Urla?- mormorò, sconvolto.

Harris si limitò ad annuire.

Lily rimase totalmente immobile, come se non avesse neppure udito le parole del ragazzo. Non parlava da ore.

Remus e Sirius si scambiarono un’occhiata. Erano entrambi pallidissimi.

-Che fine ha fatto Minus?- se ne uscì Julian, guardandosi intorno.

-Non lo vediamo da ieri sera.- mormorò Lupin. –Spero che stia bene.-

Sirius posò lo sguardo su quella dannata porta chiusa. Stavano lì da ore e nessuno si era preso la briga di dire loro nulla.

C’era il suo migliore amico là dentro! C’era suo fratello! E nessuno gli diceva niente!

Silenzio. Ancora una volta si erano tutti quanti ritrovati senza parole.

Lasciando andare un sospiro, anche Julian andò a sedersi sull’ampia panca di legno, prendendo posto vicino ad Alice Rubin.

Nessuno seppe dire quanto tempo passò, se trascorsero ore oppure pochi minuti. Il castello si era ormai risvegliato e molti studenti, passando di lì, lanciavano loro occhiate curiose o sospette.

Presto cominciò a diffondersi nei corridoi la voce che qualcosa di tremendo fosse entrato nella scuola la notte precedente ed avesse aggredito uno studente.

Stranamente fu Lily la prima a sollevare lo sguardo, quando arrivò alle orecchie dei ragazzi un rumore di passi ben cadenzati.

L’aria sembrava essersi fatta di colpo più densa, irrespirabile. La rossa sentì addirittura la pelle accapponarsi. Il suo corpo stava reagendo come se si fosse trovata di fronte ad una minaccia.

I suoi occhi verdi incontrarono lo sguardo di un signore interamente vestito di nero, che teneva nella mano sinistra un robusto bastone da passeggio di puro platino lavorato. Poteva sembrarle quasi uno scettro.

Quella fu la prima volta che vide Edward Havisham.

Quell’uomo metteva i brividi. Non lo conosceva, non sapeva niente di lui, eppure qualcosa dentro di lei le urlava di stare alla larga da quella figura sinistra.

Quel vecchio, ancora nel pieno delle forze, aveva qualcosa dentro di lui che metteva terrore, un’aura di potere circondava il suo corpo ed era malvagia, Lily ne era sicura.

Quegli occhi color del ghiaccio sembravano vuoti come quelli di una bambola o di un cadavere, non avevano espressione. Erano solo… occhi. Non avevano nulla da raccontare.

La ragazza avvertì chiaramente Sirius, seduto accanto a lei, trattenere il fiato.

Il resto del gruppo si limitò ad osservare il nuovo arrivato con curiosità ed una sorta di nascosta paura. Nessuno si fidava di quell’individuo.

Julian corse con lo sguardo a cercare suo padre.

Il signor Harris sembrava completamente sconvolto, ma non lasciò la sua posizione davanti alla porta dell’infermeria.

-Cosa ci fa lei qui?- domandò alla fine l’Auror, portando subito la mano alla bacchetta, gesto che tutti i ragazzi notarono.

Havisham sorrise ed a tutti sembrò che il sangue si fosse congelato nelle vene.

-Si faccia da parte, signor Harris. Devo parlare con Silente.- rispose, pacato. Sembrava che nulla potesse turbarlo.

-Noi Auror abbiamo ricevuto il preciso ordine dal Preside di non lasciar passare nessuno, sono spiacente Lord Havisham.- dichiarò il padre di Julian, non muovendosi di un centimetro da dove si trovava.

-Oh, povero ragazzo… Mi lascerai passare eccome invece…- mormorò l’anziano mago, piegando le labbra in un ghigno.

Fu un attimo. Un attimo atroce che parve durare un’eternità.

Julian potè quasi sentire il suo cuore cessare di battere per la paura.

L’aria andava facendosi sempre più densa, sempre più ricca di potere, una magia malvagia, intollerabile. Tossica.

Era finita, si disse Remus. Era finita per tutti loro. Non sapeva spiegarsene il motivo, ma era sicuro che quell’uomo li avrebbe uccisi tutti, dal primo all’ultimo.

Sentì anche qualcosa risvegliarsi dentro di sé. La bestia che era dentro di lui, il suo spirito di lupo, stava rispondendo a quel potere maligno. Boccheggiò, senza fiato.

Ma proprio quando temette di trasformarsi lì, in pieno giorno e di fronte a tutti, la porta dell’infermeria si aprì, rivelando la loro salvezza.

Albus Silente uscì in corridoio, richiudendosi la porta alle spalle. Andò subito a fronteggiare Havisham, ignorando tutti gli altri.

-Non usare la tua magia sui miei studenti, Edward.- fece, con il suo solito tono tranquillo di voce. Il suo volto, tuttavia, non era mai stato così serio. –E neppure sugli Auror venuti qui dal ministero per aiutare me.-

Havisham non dette segno di essere rimasto minimamente turbato dall’intervento del Preside, anzi, il suo sorrisetto derisorio si ampliò più di prima.

Figurarsi se aveva paura di Silente!

I ragazzi erano ammutoliti. Se ne stavano in disparte a fissare i due maghi, ancora spaventati da ciò che era quasi accaduto prima.

-Preside, se volete cacciare via quest’uomo dal castello, non avete che da chiedere. Mi basta un attimo per chiamare i miei compagni.- si intromise il signor Harris, rigido come una statua di marmo.

-Ti ringrazio Marcus, ma non è necessario. Edward entrerà con me in infermeria.- dichiarò Silente, osservando il pericoloso mago con i suoi occhi azzurri. –Abbi cura dei ragazzi.- aggiunse.

E mentre Harris annuiva, anche se poco convinto della decisione del Preside, Havisham parve finalmente soddisfatto.

-Era ora.- sibilò, superando tutti i presenti ed entrando nel regno di Madama Chips. Si chiuse la porta alle spalle facendo rumore, senza più considerare nessuno.

Sospirando stanco, Silente si accinse a seguirlo, ma fu bloccato da Sirius Black. L’espressione del ragazzo non prometteva nulla di buono.

-Professor Silente, perché quell’uomo è qui? Che cosa c’entra lui con James? Perché è per James che è venuto, dico bene?- fece, serissimo.

-Preside, come sta il nostro amico?- si aggiunse anche Alice.

L’anziano mago scrutò attentamente i suoi studenti, indeciso su cosa dire loro. Alla fine si decise a sorridere, cercando di rassicurarli in qualche modo.

-Il signor Potter sta riposando adesso, sono sicuro che si riprenderà in fretta. Quanto ad Edward… beh, tutto sommato credo sia un bene la sua presenza qui. State tranquilli ragazzi.-

-Ma cosa è successo?- domandò Lupin, osservando attento l’anziano mago. –Cosa è accaduto a James?-

Silente alzò una mano, come per fermare quel flusso di domande. –Tutto a suo tempo, ragazzi miei. Adesso è bene che raggiunga i miei colleghi.- e dette queste parole, anche lui scomparve dietro il portone dell’infermeria, lasciandoli con ancora milioni di domande.

 

 

Quando Albus Silente fece il suo ingresso in infermeria, si rese subito conto di ciò che la presenza di Edward aveva scatenato.

Lumacorno se me stava vicino all’ufficio di Madama Chips, con gli occhi sbarrati. Sembrava prossimo ad un infarto.

La McGranitt osservava Havisham con gli occhi sbarrati, rigida come una lastra di marmo. Aveva già la mano sulla bacchetta e le labbra sottilissime.

L’infermiera, neanche a dirlo, si era immobilizzata con una boccetta di pozione rivitalizzante in mano.

-La metta via, signora.- la schernì Havisham. –Quell’intruglio non farà alcun effetto su mio nipote, glielo assicuro.-

-Albus, che cosa ci fa quest’uomo qui?- sbottò la McGranitt, senza accennare a lasciare la bacchetta. I suoi occhi dardeggiavano.

-Non sono stato io a chiamarlo, Minerva.- le rispose il preside, prendendo posto vicino a lei. –Tuttavia credo di avere una vaga idea di chi può averlo avvertito.-

Le labbra di Lord Havisham si piegarono in un sogghigno ed un miagolio alle loro spalle fece sobbalzare tutti quanti.

Stria se ne stava comodamente acciambellata su un lettino vuoto. La pelliccia nera più lucida che mai, gli occhi verdi scintillanti.

-Tu! Dannata!- scoppiò la McGranitt, furente.

-Sei stata tu, vero?- domandò Silente, avvicinandosi all’animale.

La gatta alzò lo sguardo sui due professori, assolutamente tranquilla. Fece anche uno sbadiglio. –Ovvio che ho avvertito il mio signore.- rispose, guardandoli. -Soltanto lui può aiutare James, adesso. I vostri stupidi incantesimi da semplici maghi non possono fare assolutamente niente.-

E se la professoressa di Trasfigurazione stava diventando cianotica per la rabbia, l’anziano preside si limitò a sorridere, voltandosi verso Havisham.

-Stria ha ragione, non sappiamo cosa fare. Puoi dargli un’occhiata, Edward. Ma attento a ciò che fai, sia chiaro.-

-Chiaro.- ripetè l’uomo. –Adesso mostrami mio nipote, ho aspettato fin troppo.-

Non fu facile.

Non fu affatto facile per Albus Silente condurre quel mostro da James.

Non avrebbe mai voluto che quel ragazzo si trovasse vicino a suo nonno materno, non dopo tutto quello che era accaduto a Jeremy e a Savannah.

Ma non c’era alternativa.

Le ore passavano e loro non erano riusciti a combinare niente, Potter era ancora nelle condizioni in cui lo aveva trovato alla torre. Immobile, come morto.

Se c’era una persona che poteva aiutarli, allora quella era proprio Edward Havisham.

Si fermarono di fronte all’ultimo letto dell’infermeria, quello più distante dall’entrata. Pesanti tendine di bianco cotone lo circondavano, nascondendolo.

Con un grosso peso sullo stomaco, Silente lasciò che per la prima volta i due familiari si incontrassero. Non volle vedere l’espressione di Havisham, non l’avrebbe sopportata.

Il suo sguardo si posò piuttosto su James, ma ciò che vide non lo fece star meglio.

Quella visione gli straziava il cuore.

Potter stava immobile sul lettino, senza accennare a muovere un muscolo. Neppure il petto si alzava ed abbassava, facendo intuire un minimo di attività il quel corpo.

Non respirava più.

La sua pelle era esangue, pallidissima, bianca, come quella di un cadavere. Era un colore malsano, quasi raccapricciante.

Come le labbra, di una tremenda sfumatura violacea.

Gli occhi erano chiusi, le palpebre abbassate si stavano piano piano tingendo di nero.

Morto.

Sembrava morto.

Su quella pelle bianca, scorreva una rete di vene visibilissima, di colore nero.

Vene, vene colorate in nero. Perché a scorrere in esse non c’era più il sangue, ma magia. La magia più nera di tutte.

Nessuna ferita.

Madama Chips non era riuscita a spiegarsi da dove James avesse perso così tanto sangue. Quel corpo era intatto, senza un graffio.

Chinandosi su suo nipote, Havisham cominciò a scrutarlo con quei suoi occhi di ghiaccio, ora fattisi bramosi, desiderosi.

-Finalmente.- mormorò. –Finalmente ti vedo.-

I presenti si fecero da parte, lasciandolo fare, poco contenti. Era palese che nessuno volesse vedere il giovane Potter nelle mani di quel potente stregone dell’occulto.

Ignorando le occhiate astiose dei professori, Edward si tolse il guanto nero che fasciava la sua mano sinistra, posandolo poi sul letto.

Lentamente cominciò a far scorrere l’arto libero sul corpo del ragazzo, ma senza toccarlo. Stava a pochi centimetri sopra di esso, non lo sfiorava neppure, ma sentì.

Di scatto chiuse gli occhi e… vide.

A stento si trattene dall’uscirsene in una fragorosa risata di soddisfazione.

Oh, quanto potere!

Quanto potere maligno in quel ragazzino diciassettenne! Nessun Havisham aveva mai avuto tanta energia dentro di sé a diciassette anni!

Neppure lui, Lord Havisham, uno dei più dotati della famiglia da secoli, era stato così potente alla sua età, da non credersi.

Savannah e Jeremy avevano creato un capolavoro!

Dentro di se, Edward lo aveva sempre saputo. Se lo sentiva, se lo immaginava.

Ma adesso poteva finalmente vederlo con i propri occhi e non c’era soddisfazione più grande. James sarebbe davvero potuto essere una grande arma…

Dentro di lui c’era di tutto, bastava soltanto saperlo usare.

-Edward.- lo chiamò Silente, interrompendo i suoi pensieri. –So a cosa stai pensando, ma credimi quando ti dico che non avverrà. James non è come te.-

-Staremo a vedere, Albus.- sibilò Havisham. –Fino ad oggi il piccolo James ha fatto il bravo perché è stato cresciuto da voi. Lo avete allevato senza fargli conoscere le sue vere potenzialità. Ma dopo questa volta, beh, credo che il vostro ragazzo capirà di cosa è capace. E verrà da me. Verrà da me, perché sono l’unico che potrà capirlo, accettarlo. Sarò l’unico a potergli insegnare. E tu perderai, Silente.-

Sembrava che la stanza si fosse tutto ad un tratto raggelata. Nessuno faceva più un fiato. Silente ed Havisham, due grandi maghi del mondo magico, si scrutavano, senza accennare ad abbassare lo sguardo.

-Albus…- provò a chiamarlo Lumacorno, che ancora si teneva a distanza dal gruppo.

-Hai ragione, Horace.- sospirò l’anziano mago, riassumendo la sua consueta espressione mite. –Edward, non è questo il momento per i nostri diverbi. Puoi dirci qualcosa di James?-

Sfida e rabbia lasciarono gli occhi di Havisham, che tornarono freddi e distanti come prima. Una maschera perfetta.

-Non è morto, se è questo ciò che temevate.- fece, tornando ad osservare suo nipote.

-Ma il cuore non batte, non respira ed è freddissimo…- cominciò la Chips, accorata.

-Non è morto.- ripetè ancora lo stregone, senza curarsi della donna. –E’ in stato di morte apparente però. Se non lo riportiamo indietro, lo perderemo di sicuro.-

Questa dichiarazione portò i presenti alla disperazione più totale. In tutta la loro vita, nessuno si era mai trovato a dover affrontare una situazione del genere.

Neppure Silente.

-Ne ho sentito parlare, ma non l’ho mai visto di persona.- dichiarò il preside, facendosi serio.

-Allora cosa facciamo, Albus?- chiese la McGranitt, allarmata.

-Lascerete fare al mio signore, ovviamente.- si intromise Stria, lasciando la sua posizione acciambellata e stiracchiandosi pigramente. –La vostra mente di maghi ritardati non ci arriva proprio, eh?- li schernì, mentre scendeva dal letto con un balzo, raggiungendo il suo padrone. –Lord Havisham, sono a vostra disposizione.-

-Ti ringrazio.-

Per un attimo una sinistra luce rosso rubino avvolse il corpo dell’animale, per lasciare poi posto ad una creatura straordinaria. Non era più un gatto. Era una fanciulla. Una splendida fanciulla dalla pelle ambrata, i lunghissimi capelli neri, lucenti, e due occhi verdi ancora felini.

Da tempo non assumeva più quella forma, molti anni. Stiracchiandosi e facendo schioccare ossa da molto non utilizzate, Stria si avvolse meglio nella tunica nera che indossava, sorridendo.

Tutti, tranne Havisham e Silente, erano rimasti sbalorditi.

-Ma come è possibile?- domandò la McGranitt, facendo un passo indietro.

-Stria è uno spirito infernale, mia cara.- le spiegò Silente, pacato. –E come tale può assumere qualsiasi forma ella voglia, in qualunque momento. Anche se la forma di gatta è la sua favorita.-

-Mi conosci bene, Silente.- fece Stria, con un sorriso privo di reali emozioni.

-Basta chiacchiere.- li interruppe Havisham, fattosi serio. –Il tempo è poco ed abbiamo molto da fare.-

 

 

 

Intanto fuori da quella stanza c’era qualcuno che ormai aspettava da ore con il cuore stretto in una morsa, in tumulto.

Erano ore che Lily Evans non spiccicava parola, pallida e sfinita dall’assenza di sonno. Nella sua mente albergava soltanto una grande confusione adesso, non era più in grado di distinguere niente.

Solo una cosa spiccava nitidamente in quel vortice di pensieri: James stava male.

Silente lo aveva trovato senza sensi in una pozza di sangue.

Lui stava male, continuava a ripetersi. E se fosse morto?

Sentì il fiato spezzarsi. Riusciva a malapena a respirare e il cuore faceva male, faceva male veramente. Non si era mai sentita così.

Chiudendo gli occhi lo rivide.

Rideva.

Rideva sempre, James.

Sembrava che ogni problema al mondo non riuscisse a schiacciarlo. Era fatto così.

Sempre allegro, sempre sorridente, sempre in movimento…

Era un uragano, una forza della natura.

Ma, allo stesso tempo, sapeva scaldare meglio del sole che splendeva alto nel cielo.

Se non ci fosse stato lui, probabilmente lei sarebbe ancora stata da sola, all’ombra degli altri, a tremare di paura.

Lui l’aveva presa per mano e l’aveva tirata fuori dall’angolo buio dove lei si era rincantucciata, le aveva salvato la vita, gliene aveva donata una nuova.

Se ne stava andando?

L’avrebbe lasciata sola?

Si sentì morire al pensiero.

James era il suo mondo. Era tutta la sua vita.

Senza di lui, anche lei avrebbe potuto andarsene…

Silente aveva detto che stava riposando, che sarebbe stato bene, ma lei non riusciva a stare tranquilla. E sapere che quell’uomo orribile di poco prima si trovava dentro con Potter non la tranquillizzava affatto.

Chi era quel mago?

Che cosa voleva?

Aveva un brutto presentimento, una terribile sensazione. Il solo pensiero che quel tizio potesse avvicinarsi a James la terrorizzava.

-Lily, non vuoi mangiare niente? È quasi ora di pranzo…-

Quella voce la riportò alla realtà. Sbattendo gli occhi, la Evans vide Alice Rubin davanti a lei, che la scrutava con aria preoccupata. Le stava porgendo un vassoio pieno di panini di svariato genere, probabilmente qualcuno era stato alle cucine.

La rossa scosse il capo, tornando a guardare a terra. –Per adesso non ho fame.-

Alice annuì, finendo di fare il giro.

Remus, Victoria, che si era svegliata da poco, e Julian presero un panino, affamati.

Sirius invece rifiutò, senza neppure prestare attenzione al contenuto del vassoio.

-Siri…- lo chiamò Vick, preoccupata, prendendogli una mano.

-Ho lo stomaco chiuso.- fece lui, guardandola.

La Olsen non disse più nulla, ma gli strinse più forte la mano.

Osservando impensierita i suoi amici, Alice strinse forte tra le mani il suo panino, tornando a sedersi, silenziosa.

Mangiarono in religioso silenzio, mentre i minuti scorrevano lenti.

-Forse dovreste tornare ai vostri dormitori, ragazzi.- fece il signor Harris all’improvviso, guardandoli uno ad uno. –Siete allo stremo. E stare qui non vi servirà a nulla. Quando si saprà qualcosa, vi farò avvisare.-

Remus stava già per alzarsi, insieme a Victoria e Alice, dicendosi che in fondo le parole del padre di Julian erano ragionevoli, quando Sirius alzò improvvisamente lo sguardo sull’Auror. Quegli occhi blu facevano paura.

Adesso erano davvero identici a quelli di Bellatrix.

-Io non mi muovo di qui fino a quando Edward Havisham non sarà uscito da quella stanza.- sibilò, quasi fuori di sé. –Silente può prenderci per il culo quanto vuole, ma non sono stupido, conosco quell’uomo. E vuoi Auror? Perché siete qui?-

-Sirius!- lo richiamò Remus.

-Ti capisco, Black.- fece l’Auror. –Non so perché Havisham è qui. Posso solo dirti che questa mattina, verso le sei e mezza, ci è arrivata una chiamata al Dipartimento Auror, al Ministero. Era Silente che chiedeva che alcuni di noi venissero alla svelta ad Hogwarts, per sorvegliare l’infermeria. Non ha detto altro.-

-Conosci quell’uomo?- fece all’improvviso una voce, cogliendo tutti di sorpresa. Erano le prime parole di Lily Evans dopo ore. –Chi è? Chi è, Sirius?-

Stirando le labbra in un sorriso amaro, Black si accese una nuova sigaretta.

-Beh, quando sei costretto per anni a partecipare a grandi feste e balli di gala, come un bravo rampollo di casa Black, ti ritrovi a conoscere certi individui che starebbero bene unicamente ad Azkaban. Edward Havisham, secondo il mio modesto parere, è il peggiore di tutti. È uno degli uomini più potenti al mondo, ve lo assicuro. Tutto l’oro dei Black non è nulla in confronto alle sue ricchezze. Gli Havisham sono sempre stati incredibilmente facoltosi.- raccontò, fumandosi la sigaretta.

-Non ne ho mai sentito parlare molto.- fece Julian, posando lo sguardo su suo padre. –Tu però lo conoscevi.-

-Già.- mormorò Harris senior. –Brutta famiglia, quella degli Havisham. Nessuno prova simpatia per loro. Vivono per se stessi, senza mai schierarsi. Non sono amati dalle famiglie di maghi per bene e neppure da quelle votate al lato oscuro, come i Malfoy. Nessuno vuole avere nulla a che fare con loro.-

-Infatti.- continuò Sirius. –Mi ricordo bene che ogni volta che Havisham faceva il suo ingresso in una sala tutti quanti ammutolivano e pochi avevano il coraggio di andarlo a salutare. Quell’arpia di mia madre ha detto tante volte a me e alle mie cugine di non avvicinarsi mai, per nessun motivo, a quell’uomo. Aveva paura.-

Rabbrividendo, Lily portò per un istante lo sguardo a quella porta che lei aveva iniziato ad odiare. Quella porta che le stava impedendo di vedere James.

-La sua aura di potere era così…- cominciò la rossa, rabbrividendo.

-Malvagia?- le venne in aiuto Sirius. –Questo è uno dei motivi per cui tutti evitano gli Havisham da sempre, soprattutto quell’uomo. Loro non sono maghi come noi, sono… diversi.- fece, abbassando il tono della voce.

-Diversi?- ripetè Victoria, attenta ad ascoltare come Remus, Alice e Julian.

Sirius annuì. –Vivono in un castello enorme, in una zona ignota dell’Inghilterra. Nessuno è mai riuscito a vedere la loro dimora, si fanno solo supposizioni. Si dice che il castello sia protetto da un gran numero di incantesimi protettivi che impediscono la sua localizzazione. Gli Havisham hanno sempre abitato lì, lontano da tutti. Ed è stato meglio così. Pare che siano esperti di magia occulta, ecco perché tutti ne sono terrorizzati.-

-Magia occulta?- fece Remus in un soffio. –La magia del male?-

Sirius ed il signor Harris annuirono.

-Sono solo voci, ma alcuni dicono che il capostipite del casato degli Havisham, secoli fa, cedette la parte della propria anima e di quella dei suoi futuri discendenti al puro male, ricavandone in questo modo dei poteri spaventosi.- disse Harris, serio in volto.

-E infatti gli Havisham sono famosi per essere i maghi più potenti di almeno tutta Europa. Nessuno può superarli, conoscono magie che ci sono sconosciute e che sconosciute dovrebbero rimanere. Si dice che a loro non serva neppure la bacchetta per effettuare degli incantesimi, basta il loro semplice pensiero.- proseguì Black. –Pare che i poteri oscuri di ogni Havisham si risveglino dopo il compimento del diciassettesimo anno di età. Fino ad allora i ragazzi vengono mandati a studiare a Durmstrang. Mi pare di ricordare da qualche discorso fatto dai miei zii, che Edward Havisham avesse avuto una figlia, avuta dal matrimonio con una strega proveniente da un importante casato di maghi giapponese.-

-Aveva una figlia?- fece Victoria. –E ora che fine ha fatto? Perché usi il tempo al passato?-

-Perché è sparita, tanti anni fa. Nessuno sa che fine abbia fatto. Questa almeno è la versione del Ministero. - rispose il ragazzo, spegnendo la sigaretta e facendola evanescere. –Resta il fatto che gli Havisham sono questo. Male, male assoluto. Stregoni neri. Il Ministero della Magia cerca sempre di non andare mai contro di loro. Pare infatti che oltre ad essere molto potenti e a conoscere magie proibite, siano anche in grado di controllare gli spiriti maligni, di usarli a loro piacimento. Tutto ciò che è malvagio, buio, cattivo…appartiene a loro.-

-E’ raccapricciante…- mormorò Remus, ricordando come la sua bestia aveva reagito al potere di Havisham e sentendosi tremare.

-Non credevo esistesse una simile famiglia di maghi.- aggiunse Victoria, spaventata.

-Andrebbero rinchiusi ad Azkaban e subito!- se ne uscì Alice, terrorizzata esattamente come loro.

-Il Ministero non vuole mettersi contro quella famiglia.- disse nuovamente il padre di Julian. –In più… non ci sono mai state valide ragioni per processare qualcuno di loro. Non hanno mai fatto nulla di male nei confronti di nessuno, non hanno mai attaccato babbani.. niente di niente. O almeno così pare.-

-Sono… sono sostenitori di Lei-Sa-Chi?- domandò Alice a voce bassissima.

-Non ci risulta.- rispose l’adulto.

Lily era rimasta ad ascoltare in silenzio, senza fiatare, cercando di memorizzare al meglio tutte quelle informazioni.

Se lo immaginava. Quell’Havisham non poteva che essere uno stregone nero a pensarci bene. Quell’energia che ricopriva il suo corpo era raccapricciante.

Maghi dell’occulto, del proibito…

Non si parlava più di un semplice avada kedavra o di una cruciatus…

Era peggio, molto peggio.

Non osava neppure immaginare che razza di incantesimi usassero.

Solo a pensarci le veniva da urlare e scappare via da lì.

Guardando i suoi compagni, Lily si rese conto di non essere l’unica a pensarla in quel modo. Non avevano mai affrontato nulla del genere in vita loro.

-Insomma, abbiamo maghi buoni, maghi cattivi e ora anche maghi super cattivi.- riassunse Julian alla svelta. –La domanda che ci sta frullando in testa a tutti però è: perché Havisham è in quella stanza?-

-Beh…è indubbiamente un esperto di magia nera.- fece Remus, guardando i compagni. –E James è sicuramente stato aggredito da qualcosa di malvagio in quella Torre. Tutti noi, bene o male, ci siamo accorti che una magia maligna si aggirava per il castello ieri notte, no? Magari Havisham è qui per aiutare. Se c’è qualcuno in grado di scovare una presenza malvagia, questo è lui, non vi pare?-

Su questa domanda ci rifletterono su un po’ tutti.

-In effetti puoi avere ragione.- fece Sirius. –Infondo è stato proprio Silente a lasciarlo passare e a portarlo da James.-

James.

James…

Lily non riusciva a pensare a nient’altro.

James… cosa gli era accaduto?

Cosa aveva dovuto affrontare nella Torre di Astronomia? E perché era lì?

Improvvisamente l’aria intorno a loro cominciò a vibrare, diventando di colpo più calda, quasi incandescente. Qualcuno stava accumulando energia da ogni dove, risucchiandola all’interno della stanza dove si trovava James.

Tutti quanti lo avvertirono.

Un mago di sicuro molto esperto si stava preparando ad usare un incantesimo, lì, poco distante da loro. Un incantesimo bello potente.

 

 

 

 

L’infermeria era improvvisamente sprofondata nel buio e l’aria al suo interno era satura di potere, sembrava bruciare. Non assomigliava affatto allo stesso luogo che ogni giorno era pronto ad accogliere qualunque studente fosse bisogno si aiuto.

La luce era svanita, cacciata via.

Questo fece capire subito a Silente che l’incantesimo che Edward stava praticando apparteneva al suo repertorio di magie oscure, niente che il preside di Hogwarts conoscesse.

I professori se ne stavano rintanati in un angolo, lontani da Havisham e dal suo spirito infernale. Avevano troppo paura anche solo per avvicinarsi. Si limitavano ad osservare.

Poco prima avevano visto il mago oscuro tracciare per terra con della cera nera un cerchio che aveva interamente circondato il letto dove giaceva James, mentre Stria, usando uno strano olio nero, aveva disegnato sul volto e sulle braccia del ragazzo degli sconosciuti simboli arcaici, che neppure Silente conosceva.

Finiti i primi preparativi, Edward si era seduto su una sponda del letto, vicino allo spirito, che subito aveva cominciato a tracciare i medesimi simboli sul proprio viso e sulle proprie braccia, esattamente come aveva fatto con Potter.

-Quando volte voi, padrone.- disse piano Stria.

-Adesso.- fece Havisham, offrendole il palmo della sua mano sinistra.

Stria tracciò sulla pelle del suo signore un altro simbolo, altrettanto sconosciuto, poi aveva stretto quella mano con presa ferrea.

-Cosa state facendo?- chiese la McGranitt, osservando Edward e lo spirito infernale che si tenevano fermamente per mano.

Non le risposero.

-Stanno andando a riprenderlo.- sussurrò Silente, guardando la collega.

Trattenendo il respiro, la donna tornò ad osservare ciò che stava accadendo davanti a lei e agli altri insegnanti.

Lord Havisham stava ancora accumulando potere, perciò si trattava di un incantesimo molto difficile. E molto pericoloso.

Stringendo forte la mano del suo padrone, Stria posò l’altra mano libera sulla fronte di James, poco sopra agli occhi.

Avevano formato una catena con tre elementi.

-Sono pronta, signore.- dichiarò la fanciulla, non staccando gli occhi da Potter.

-Bene.- fece Havisham. –Trovalo e portalo indietro, Stria. Altrimenti non tornerai indietro neppure tu. Ti abbandonerò in quel limbo, sappilo.-

-Certo, padrone.-

-Allora vai.-

Un ordine. Un semplice ordine ed accadde.

Stria rimase seduta, ma il capo le crollò improvvisamente in avanti. Era come caduta in trance. Come se la sua essenza avesse improvvisamente lasciato il suo corpo.

Subito il cerchio di cera intorno al letto prese fuoco, opponendosi a chiunque lo volesse di entrare, ma impedendo anche che gli spiriti di Stria e James, una volta ritornati, fuggissero invece di rientrare nei loro corpi.

In quel momento nessuno studente, insegnante, elfo e fantasma di Hogwarts non potè non rendersi conto che qualcosa di grande stava accadendo in quella scuola.

Qualcosa di potente.

Persino il cielo si scurì all’improvviso, riempiendosi di fosche nubi.

Osservando quella scena, impotente, ad Albus Silente non rimase altro che pregare.

 

 

 

Stava dormendo…

Sì, doveva trattarsi di un sogno, non poteva essere altrimenti.

Camminava nel nulla, una vasta distesa bianca, e non c’era modo di raggiungere un inizio, oppure una fine.

Sentiva il corpo bruciare, ma si era infine abituato a quel fastidio.

Da quanto tempo era lì?

Un minuto? Un’ora? Una vita?

Si sforzava di ricordare, ma proprio non ci riusciva.

Perché era lì?

Si guardò le mani, erano bianche come tutto il resto che lo circondava.

“Sono morto?” si chiese, riportando lo sguardo in avanti.

Buffo.

Aveva sempre creduto che morire fosse terribile ed invece non era nulla di che, anzi, era tutto fin troppo tranquillo.

Ma perché era morto?

Non se lo ricordava proprio.

Non ricordava proprio nulla a dire il vero.

Mosse qualche altro passo, insicuro. Cominciava a stufarsi di quel posto, non aveva senso. Per quanto ancora doveva camminare?

Stanco, finì per sedersi a terra, osservandosi intorno.

Niente di niente.

Sarebbe dovuto rimanere lì per sempre?

-James?- fece una voce ad un tratto, scuotendolo dal torpore in cui era caduto.

James…

-James?- ripetè la voce, più forte. Si stava avvicinando.

James…

Giusto, James…

Sì, era vero, lui si chiamava James, ora ricordava…

Così lo avevano chiamato i suoi genitori…

-James?-

Quella voce…

No, non gli sembrava di riconoscerla, ma gli trasmetteva una tranquillità ed una sicurezza che niente e nessuno al mondo era riuscito a dargli.

-James?-

-Mamma.-

Mamma…

Sì, mamma.

Qualcosa dentro di lui gli diceva che era quello il nome giusto da dare a quella voce.

-Mamma…-

All’improvviso avvertì qualcosa dietro di lui, alle sue spalle, e due esili braccia lo circondarono con delicatezza.

Nella posizione in cui si trovava riuscì solo a vedere di sfuggita dei lucenti boccoli neri, lunghi e soffici.

Non appena si voltò, tuttavia, la presenza dietro di lui era svanita.

Sgomentò, si guardò intorno e non vedendo nulla, cominciò a correre.

Non aveva idea di quanto tempo passò a cercare in quel deserto bianco, senza accusare nessun segno di fatica, ma quando si fermò, Lei era davanti a lui.

Bella, molto più bella di come se l’era immaginata in tutti quegli anni.

Non aveva mai avuto una sua foto e nessuno mai gliela aveva descritta, perciò per tutta la sua breve vita non aveva potuto fare altro che immaginarla.

Ma ora la vedeva.

Era lei.

Era sua madre.

Era Savannah Havisham e gli sorrideva.

Era giovane, una ragazza poco più grande di lui. Non dimostrava più di ventitrè anni.

Aveva dei capelli lunghissimi, ricci e morbidi, di un intenso color nero, che le coprivano la schiena sottile.

E due occhi neri, luminosi, dal sottile taglio a mandorla, tipico delle popolazioni orientali.

Sì, era proprio sua madre.

Avevano la stessa bocca, gli stessi occhi neri, anche se quelli di James erano più dal taglio occidentale, gli stessi capelli nerissimi, persino lo stesso naso…

Gli venne da sorridere, sentendosi riempire il cuore di calore.

-Perché sei qui, James?- fece lei ad un tratto. –E’ troppo presto. Torna indietro!-

Guardandola confuso, lui scosse il capo.

-No. No, ora che siamo insieme… Non voglio andare, devo chiederti tante cose!-

-Lo so.- sussurrò lei, dolcemente. –Ma più resti qui, più sarà difficile per te tornare.-

-Non importa! Io… io desideravo così tanto vederti!- fece lui, sentendosi gli occhi bruciare. –Mamma, ti prego, dimmi chi sono. Dimmelo, perché io non lo so! Non l’ho mai saputo e questa cosa non mi fa vivere!- cominciò, stringendo i pugni. –Non posso mai godere pienamente della mia vita. Ogni istante porta sempre con sé una macchia. Mi sento costantemente sporco e non riesco a trovare pace! Perché, mamma? Perché mi hai messo al mondo? Perché hai fatto nascere uno come me?-

La vide abbassare lo sguardo, un’ombra di tristezza negli occhi. Solo dopo qualche minuto di silenzio rialzò nuovamente la testa, guardandolo, seria.

-Tu sei un Havisham, James, esattamente come me. E come me, detesti esserlo, lo so. Tuo padre, Jeremy, era una fenice nera, una creatura proveniente da una dimensione infernale molto oscura. Ci amavamo, James. Ci amiamo ancora. È stato normale per noi accettare te ed i tuoi poteri, non ci importava. Eri nostro figlio. Ti amavamo. Non contava altro per noi, perciò non chiedermi perché ti ho messo al mondo. Ho fatto quello che ogni altra madre farebbe.-

-Avete messo al mondo un mostro!- le urlò contro il ragazzo, furente. –Hai idea di cosa sono costretto a passare io?-

Savannah sorrise.

-Mi rendo conto che sei spaventato, questo sì. Ed è un bene, James. Bisogna sempre temere e rispettare i nostri poteri. Ma tu stai esagerando. Tu consideri quello che hai come un pericolo ed in effetti può esserlo, ma se imparerai a conviverci e controllare il tuo potere, allora tutta l’energia che è in te diventerà un dono, mi capisci? Un grande dono!- fece, prendendogli le mani. –Se io e tuo padre fossimo con te, ti avremmo insegnato a controllarti ed ora tu non saresti così spaventato da te stesso. Sei cresciuto tra semplici maghi che non possono capire, non possono aiutarti e sono per primi terrorizzati dal tuo potere, ecco perché sei così. Neppure Silente può fare qualcosa, lo sai anche tu.-

-E allora che cosa posso fare io?-

-Trovare qualcuno in grado di insegnarti e di darti sicurezza.-

-Chi?-

-Lo sai chi.- fu la laconica risposta.

Distrutto, James abbassò lo sguardo. Si sentiva in trappola, senza via d’uscita.

-Parlane con i tuoi amici, basta segreti James. Più menti, più ti procurerai dolore.- fece lei, accarezzandogli le mani.

-Non posso.-

-Perché? Hai paura?-

-Certo che ne ho!-

Savannah sorrise, accarezzandogli una guancia. –Oh, James…- mormorò. –Pensi davvero che i tuoi amici ti abbandonerebbero?-

I suoi amici…

Sì, ricordava i suoi amici.

I litigi, le risate, gli abbracci…

Le corse matte per i corridoi del castello, le notti d’estate passati svegli a parlare…

Sirius, Remus, Peter.

Una stretta di mano, una spalla su cui piangere…

I suoi amici…

Vick, sempre in movimento…

Sentì il cuore tornare a battere pensando a lei… Lily…

-Non li perderai, James. Loro hanno sempre avuto fiducia in te, perciò anche tu devi avere fiducia in loro. Se lo meritano.-

Non sapeva come replicare.

-Ascoltami, non abbiamo molto tempo.- fece lei, guardandolo negli occhi. –Ci sono delle cose che devi sapere, adesso. Ti prego di non scordartene mai.-

Guardandola a sua volta, James annuì.

-Dentro di te c’è il potere di ogni Havisham, ma non solo, ci sono anche i poteri di tuo padre, che come sai, non è umano. Dopo i diciassette anni i poteri sopiti di ogni Havisham si risvegliano completamente, con essi deve essersi risvegliata anche quella metà non umana che hai ricevuto da tuo padre, ecco perché stai soffrendo così tanto, il tuo corpo deve imparare a contenere tutto questo.- gli spiegò, parlando veloce. –Mio padre sta cercando di mettere le mani su di te per studiarti da prima ancora che tu nascessi, è troppo curioso di scoprire quanto potere può esserci in un bimbo nato dall’incrocio di due razze così diverse e così potenti. Ti considera un’arma, capisci? Vuole studiarti! E tu devi lasciarglielo fare, James!-

-Cosa?!- domandò lui, incredulo. –Ma cosa dici?-

-Tuo nonno è l’unico in grado di insegnarti ad usare i tuoi poteri, è la sola persona al mondo che può aiutarti, ora che io e Jeremy non ci siamo più!-

-Ma quell’uomo è malvagio! Tenterà di portarmi dalla sua parte con qualunque mezzo!-

-Non accadrà.- lo rassicurò Savannah. –Ho lasciato con te qualcuno che ti proteggerà da lui meglio di chiunque altro. Non preoccuparti di Edward Havisham. Quando arriverà il momento vai da lui, impara, fingi, e quando saprai tutto, vattene. Hai bisogno di imparare, James.-

Ancora poco convinto, il ragazzo annuì.

-C’è dell’altro. Qualcosa di più importante.-

-Cosa?-

-Riddle.- sussurrò la ragazza, guardandolo con serietà.

-Intendi quel pazzo che va a caccia di babbani?-

-Oh, ti garantisco che non gli interessano solo i babbani. Quel mostro non sarà soddisfatto neppure quando avrà conquistato il mondo. È nato per distruggere, James.-

-Silente lo fermerà! Lui è il miglior mago di tutti i tempi!-

-No, non sarà Silente a fermarlo. E nemmeno tu, James. Ma c’è una cosa che devi impedirgli a tutti i costi di fare.-

-E cosa?- la incalzò il ragazzo, stupito da ciò che sua madre aveva appena detto.

-Prendere i tuoi poteri.-

-I miei poteri?-

Facendosi scura in viso, Savannah annuì.

-Riddle è forte, ma non abbastanza. Ha il terrore di non essere invincibile e, ancor più importante, teme la morte più di qualsiasi altra cosa. Molto tempo fa, venne a studiare le arti degli Havisham da tuo nonno. Poco tempo dopo il suo arrivo, mio padre ed un suo compagno riuscirono a catturare le ultime quattro fenici nere esistenti. Tra queste c’era tuo padre, che venne affidato a me. Una di loro invece venne data in dono proprio a Riddle. Credo che quel mostro tentò di appropriarsi dei suoi poteri, ma all’epoca non ci riuscì e quella ragazza morì. Da quel giorno ha dato la caccia agli ultimi rimasti. Ma due morirono a causa degli esperimenti di mio padre ed anche Jeremy se ne andò.- ci fu un attimo di pausa, in cui madre e figlio si guardano. –Ora che i tuoi poteri si sono risvegliati, sei in pericolo James. Se Tom Riddle verrà a sapere che sei sbocciato, ricco di energia, ti darà la caccia. Perciò ti chiedo di non fare mai, per nessun motivo, delle mosse avventate, come sei solito fare. E di parlarne con Silente. Devi essere protetto. Hai capito?-

Il ragazzo fece per rispondere, ma, inaspettatamente, una mano spuntata dal nulla lo afferrò per un braccio. Un attimo dopo il ragazzo vide il proprio corpo circondato da un’oscura luce rossastra e, con orrore, si rese conto che qualcosa lo stava tirando giù, lontano, lontanissimo da dove si trovava.

Sua madre lo stava guardando.

-Mi dispiace di non averti potuto crescere, James.- la sentì dire, mentre lui veniva portato via. Vide autentico dolore negli occhi di quella giovane.

Scendeva, continuava a scendere, e non c’era modo di liberarsi. Urlava, si dimenava, tentando di tornare di nuovo da quella donna, da sua madre, ma invano.

Prima che tutto diventasse buio e profondo, però, udì nuovamente, per l’ultima volta, quella voce tanto desiderata.

-Ricordati quello che ti ho detto, James. Se Lui ti prenderà, per te sarà finita.-

Poi tutto cadde nell’oscurità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sarai finito, James.

E il mondo finirà con te.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

E il capitolo si conclude qui, gente. Lo so, non è il massimo, ma la storia ha bisogno anche di capitoli come questi, che contengono informazioni importanti.

Vi consiglio di leggervelo per bene.

Che altro?

È stata una faticaccia scriverlo, anche perché non ho potuto scrivere di nessuna coppia in particolare. Mi mancano molto James e Lily. Mi rifarò! XD

Dal prossimo capitolo riparte l’azione. Vi ricordo che si avvicina l’incontro tra Narcissa e Andromeda!

Sperò che questo capitolo/enciclopedia non vi abbia ucciso. Ma, ripeto, era necessario per capire. Devo anche dire che nella scena tra James e Savannah mi aspettavo un James diverso. Ma il ragazzo si è mosso in questo modo…

 

 

Passo a ringraziare coloro che mi hanno messo tra i preferiti. Ormai si sono superati i 100 e la cosa mi fa molto piacere, è chiaro. ^^

E ringrazio chi commenta sempre.

 

Sihu: Ciao! Sono contenta che la storia ti piaccia, spero di continuare a non deluderti! Wow, ti sei davvero letta tutta la storia d’un fiato? Mamma che impresa! Complimenti!

MyKi: Tesoro, ogni volta che leggo i tuoi commenti, resto senza fiato. Sul serio, sembra che tu mi entri in testa ogni volta! Come mi capisci tu, non mi capisce nessuno, è impressionante! Mi riempie di una felicità indescrivibile! Sono contenta che Peter ti piaccia così tanto, è un personaggio che mi dà non pochi problemi, credimi. E sì, tu hai capito perfettamente ciò che voglio far vedere del suo personaggio. Per Remus… beh, sono contenta che ti piaccia! Lo adoro anche io. E’ l’unico sano di mente nel gruppo! XDXDXD

Che dirti? Grazie, grazie davvero! Non immagini neanche quanto per me conta il tuo giudizio!

Giunigiu95: Evvai! Siri e Vick piacciono anche a te, eh? Benissimo! Per me loro due sono un esperimento! Per ora posso dire che è riuscito! E finalmente si sono messi insieme, non ne potevo più! XD Per quanto riguarda James, tranquilla. Ho deciso di smettere di massacrarlo per un po’, adesso. Ma tornerò all’attacco! XD

Novembre: Wow, che bentornata che mi hai dato, grazie mille! ^^ Grazie infinite per tutti i tuoi complimenti, mi hanno davvero fatto piacere! Grazie mille! Io ce la metto tutta, sta a voi giudicare. Solo a voi! Per quanto riguarda James.. e chi non lo ama? Ti giuro che io ci ho perso la testa da quando ho letto il 5 libro! Il mio James è un po’ più complessato e a volte bisognerebbe prenderlo a ceffoni, ma ci sono affezionata! XD

Che ne dice se ci organizziamo tutte e ci mettiamo a caccia di ragazzi teneri e dolci come lui? Mmm… mi sa che di esemplari da catturare ce ne saranno pochi, ma magari qualcuno c’è! XD

Bianchimarsi: Anche tu fan di Kysa? Brava ragazza! Grazie infinite dei complimenti, faccio del mio meglio, davvero! Voglio dare il meglio che posso per tutti voi! Non sempre mi riesce, ma ci provo! Spero che anche le altre miei storie ti siano piaciute!

Robert90: Grazie mille per il bentornata! Promesso, non mi darò più alla macchia, giuro! E se lo faccio, siete tutti autorizzati a sguinzagliare i cani! XD Grazie per i complimenti!

Rosy823: Ebbene sì, sono tornata da voi! Soffrivo di astinenza, giuro! Mi mancavate tutti! Grazie per i complimenti, sono felice che la storia ti piaccia così tanto! ^_-

Cassandra: Grazie mille! Anche io sono stata soddisfatta del capitolo! Spero che anche questo ti piaccia, anche se è un po’ noiosetto…

Brando: Ciao! Io e te non ci siamo mai sentiti, giusto? Sono felice che trovi fantastica la mia fanfic, questo mi invoglia a scrivere! Per Vick e Siri credimi… anche io non vedevo l’ora di mettere insieme quei due tonti! XD Per James, tranquillo, è in buone mani, sarò buona con lui!

Finleyna 4 ever: Già! Sono tornata con un bel capitolone traumatico! XD Sono contenta che ti sia piaciuto! Grazie mille per i complimenti, fanno davvero piacere! Per quanto riguarda Jamie, tranquilla! Se la caverà! È di roccia quel ragazzo!

Anna Mellory: Eccoti! ^^ Davvero, insultami pure, me lo merito dopo essere sparita per così tanto tempo! XD Grazie mille per le tue parole! Anche io sono contenta di essermi rimessa a scrivere, mi mancava troppo. Solo che adesso sono arrugginita ed è dura rimettersi in riga! Vabbè, ce la farò, non temere!

LilyProngs: Ciaooo! No, l’e-mail non è arrivata purtroppo. Mi avrebbe fatto piacere leggerla… Guarda, sono contenta che tu abbia trovato buono l’equilibrio tra le diverse scene, perché io ce l’ho messa tutta, ci stavo quasi impazzendo! XD Sono felice che la coppia Siri/Vick ti piaccia tanto, anche io mi ci sto affezionando, chissà che combineranno quelle due pesti insieme… Definire la mia fic capolavoro, wow, grazie davvero! Non so cosa dire! Quando parli della scena della Biblioteca intendi quella tra Lily e James oppure la notte dell’attacco delle Serpi? XD

Mimmyna: Visto? Eccomi tornata a tormentarvi! XDXD Già, finalmente Vick e Siri insieme, mi sa che non ne poteva più nessuno di vederli divisi, vero? Davvero non sono arrugginita? Forse voi non lo sentite, ma ti assicuro che purtroppo a scrivere ho più difficoltà. Ma con il tempo ritornerò in forma, basta scrivere! Beh, su James c’è ancora molto da dire, e anche su tutti gli altri… tieniti forte! XD

Chiara88: Ciao! Grazie mille per il benvenuto! Siete stati tutti molto gentili, davvero! Bene, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, ce la metto tutta! Mi hai fatto una marea di complimenti ed ora sto gongolando! XD Comunque tranquilla, questa volta ho deciso di star dietro alla fanfic e, cascasse il mondo, lo farò. XD

 

 

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Capitolo 22
*** A Star Called Andromeda ***


CAPITOLO 22 “ A STAR CALLED ANDROMEDA”

 

 

 

 

 

-E’ feccia, una traditrice del suo sangue! Meriterebbe la morte!-

-Scappata con un nato Babbano, inammissibile!-

-Che disonore per la famiglia Black!-

-Cancellatela dall’albero genealogico, subito!-

Andromeda…

Andromeda…

Sorella.

 

 

 

 

 

Quando Narcissa Black aprì gli occhi quella mattina trovò la stanza delle studentesse Serpeverde del quinto anno completamente vuota, tutte le sue compagne dovevano già essere scese a fare colazione. Lanciò subito un’occhiata al raffinato orologio d’oro che teneva sul proprio comodino e vide che aveva ancora un po’ di tempo.

Non voleva avere fretta quella mattina.

Si mise seduta, allungando le braccia sottili e sentendo la seta della pregiata camicia da notte che indossava accarezzarle piacevolmente la pelle delicata.

Sarebbe stata una bella giornata, proprio come lei desiderava. Avrebbe potuto anche piovere o nevicare, in realtà lei sarebbe stata felice comunque. Attendeva quel momento da anni.

Sorridendo, volse lo sguardo al calendario magico appeso ad una delle pareti della stanza, ancora timorosa che potesse davvero accadere quel miracolo.

Ma un calendario magico non sbaglia mai in ciò che dice.

Quella giornata sarebbe stata piena di sole, anche se fredda. E, cosa assai più importante per la giovane Serpeverde, era il 5 Novembre.

Deliziata, sgusciò fuori dalle coperte di morbido velluto verde, indossò un paio di ciabattine adorabili e corse in bagno.

Quegli ultimi giorni erano stati un vero toccasana per lei, dopo la brutta esperienza che aveva passato e che l’aveva spedita dritta in infermeria, con Potter ed Evans come accompagnatori.

Lucius ed i suoi compagni erano ancora sotto punizione per l’episodio della biblioteca, non avevano più il permesso di partecipare alle partite di Quidditch, e Serpeverde aveva dovuto trovare dei sostituti. In più avevano dovuto dire addio ad un M.A.G.O. eccellente. Ciò che rendeva Narcissa più serena era il fatto che il suo fidanzato, tra lezioni, prove al campo di Quidditch per la ricerca di validi sostituti nella squadra, e ore di punizione al servizio di Gazza e di Hagrid, passava pochissimo tempo vicino a lei, facendola finalmente respirare.

E poi c’era quel cinque cerchiato sul calendario. Quel cinque che ogni giorno si avvicinava sempre più.

Il giorno precedente Sirius le si era avvicinato in biblioteca e le aveva assicurato che Silente avrebbe fatto passare Andromeda senza problemi e che poteva stare tranquilla.

Era bello tornare a scambiare qualche parola con Sirius. Le era mancato molto, come sua sorella.

Andromeda Black era scappata di casa quattro anni fa, gettando la propria famiglia nel caos più totale. Aveva diciassette anni a quel tempo.

Era stata una studentessa impeccabile. Sempre attenta, sempre pacata, sempre studiosa e rispettosa. La sua unica pecca era stata innamorarsi della persona sbagliata.

Ricordava quell’ultimo periodo…

Nessuno si era accorto che qualcosa stava cambiando in sua sorella.

Andromeda stava studiando duramente per il suo M.A.G.O. ed i professori, entusiasti, sapevano di potersi aspettare grandi cose da lei.

Ma Dromeda non si presentò mai a quell’esame…

Scappata, fuggita via, inseguendo i suoi sogni.

Aveva ripudiato una famiglia che non l’aveva mai capita, che non l’aveva mai fatta respirare, neppure una volta.

E non c’erano state visite. Non c’erano state lettere.

Aveva rinunciato a loro per sempre…

Ripensando a quel periodo, lo sguardo di Narcissa si intristì, mentre con pazienza si pettinava la delicata chioma bionda.

Aveva molto da dirle. Tantissimo da chiederle.

Uscita dal bagno si accinse ad indossare l’uniforme di Serpeverde, sempre perfettamente stirata e profumata.

I giorni che avevano seguito la festa di Halloween erano stati molto strani, tutti a scuola se ne erano resi conto. Ormai era la notizia più succulenta dei corridoi.

Pochi giorni fa Silente aveva detto a tutti gli studenti riuniti per la cena che la notte del 31 Ottobre una pericolosa creatura proveniente dalla Foresta Proibita era riuscita ad entrare nel castello ed aveva aggredito James Potter, che attualmente si trovava gravemente ferito in infermeria. Il Preside aveva poi rassicurato gli studenti, dicendo che il loro guardiacaccia Hagrid era già partito alla ricerca dell’essere per eliminarlo.

E se dal tavolo di Serpeverde si era levata una poco rispettosa risata, seguita da mormorii eccitati e da sorrisetti compiaciuti per la disavventura dell’odiato Potter, lei aveva tremato di paura, chiedendosi se non fosse il caso di avvertire la sua famiglia e tornarsene per un po’ di tempo a casa.

Ma Bella le aveva riso in faccia, quando lei le aveva palesato quel pensiero.

-Non essere ridicola, Cissy.- le aveva detto. -Non ti sei resa conto che quel vecchio stava sparando un sacco di palle? Non dirmi che gli hai creduto!-

Beh, sì. Lei gli aveva creduto. Ed era anche andata a far visita a Potter.

Le sembrava il minimo, dopo l’aiuto che aveva ricevuto da lui e dalla Evans, che non mancava mai di salutarla, quando si incrociavano per i corridoi.

Era andata due volte in infermeria ed aveva sempre trovato il Grifondoro profondamente addormentato e pallidissimo.

La Evans e Sirius non si allontanavano mai da lui, restando a vegliarlo.

-Non si sveglia.- le aveva detto Sirius l’ultima volta che era stata lì. –Sta bene, ma non vuole saperne di svegliarsi. Madama Chips però ha detto che è normale che sia così e che dobbiamo solo aspettare.-

Ricordava l’espressione terribilmente preoccupata di Lily, quegli occhi verdissimi colmi di dolore e paura. I capelli rossi sul viso chino…

Distrutta, così le era apparsa.

Era questo essere innamorati?, si chiese Narcissa.

Pensare unicamente a quella persona, condividere gioie e dolori, stare male se lui soffriva, stare bene se lui sorrideva…

L’amore…

Lei non lo avrebbe mai provato, ne era certa.

Aveva creduto che ci sarebbe stato anche per lei, ma si era dovuta ricredere.

Ricordava la prima volta che lo aveva visto. Sembrava un principe. Il principe che la balia le aveva sempre descritto, quando le raccontava storie per farla addormentare.

Capelli biondi, così chiari da apparire quasi bianchi…

Occhi grigi, come il cielo in attesa di una tempesta di neve.

Lucius Malfoy.

Il ragazzo che un tempo aveva voluto con tutta se stessa.

Il ragazzo che aveva avuto.

Il ragazzo che non la voleva ed aveva tramutato la sua giovane vita in un Inferno.

Aveva appena undici anni quando lo aveva visto e fin da quel momento ne era rimasta attratta, non aveva potuto non infatuarsi di quel ragazzo dai lineamenti così delicati e dal portamento assolutamente impeccabile che sedeva vicino a sua sorella Bellatrix al tavolo di Serpeverde.

A quel tempo, Lucius Malfoy aveva circa tredici anni, e quando Bella li aveva presentati, lui le aveva sorriso, augurandole una buona carriera scolastica.

E la piccola Narcissa aveva sentito il suo giovane cuore sussultare per quel sorriso, sentendo cambiare qualcosa dentro di lei.

Ma era stato tanto tempo fa…

Con il passare degli anni, aveva capito. Ogni donna capisce.

Se lei poteva essere accomunata ad un tranquillo specchio d’acqua, immobile e limpido, nel quale magari potersi specchiare, Bellatrix era simile ad una tempesta, a quelle enormi onde in grado di inghiottire qualunque cosa e trascinarla in un abisso senza fine.

Bella era energia, sconvolgimento, imprevedibilità…

Ed era questo che Lucius voleva.

Sua sorella.

Voleva, bramava, desiderava disperatamente sua sorella.

Ma Bellatrix era stata promessa ad un Lastrange e a lui era stata data la più piccola delle Black, quella che per lui era sempre stata “la sorellina di Bella”.

Dopo la festa del loro fidanzamento, Lucius aveva cambiato completamente atteggiamento nei suoi confronti, trattandola come un peso che era costretto a tenersi sulle spalle; non c’erano più stati sorrisi né parole.

-Abbiamo lo stesso sangue, ma non sono lei. E’ per questo che adesso mi disprezzi così tanto?- gli aveva detto una sera, dopo essersi fatta coraggio.

Quella fu la prima volta che lui alzò le mani su di lei, afferrandola per la gola ed intimandole di tacere.

E lei era rimasta zitta, non ne aveva più fatto parola ed aveva sopportato in silenzio. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per non sentirlo più urlare, per non essere più colpita.

Ma aveva pianto, quello non era riuscita ad impedirlo.

Aveva pianto intere notti rimpiangendo l’immagine sfuocata di quel principe che pian piano si era trasformato in un orco crudele.

Narcissa si riscosse dai suoi pensieri quando avvertì la prima lacrima scendere per attraversarle una guancia delicata. Si affrettò a cancellare quel segno di debolezza e finì in fretta di prepararsi, uscendo poi dal suo dormitorio.

La Sala Comune era semideserta, segno che i più erano già scesi a fare colazione.

Prendendo un bel respiro, si preparò ad affrontare quella che sarebbe sicuramente stata una lunga giornata.

 

 

 

 

I raggi di un sole incredibilmente luminoso per quella giornata di Novembre attraversavano gli spessi vetri delle finestre chiuse per illuminare completamente l’aula di Trasfigurazione, dove in quel momento si stava svolgendo una delle lezioni più interessanti che gli studenti si fossero trovati a seguire.

La classe stava stranamente in silenzio, pendendo dalle labbra della McGranitt che, come era sua abitudine, passeggiava avanti ed indietro, parlando con la sua voce alta e chiara, pronta però a captare ogni minima forma di disattenzione.

Lily Evans, impeccabile nella sua divisa di Grifondoro, stava seduta vicino ad Alice Rubin e prendeva diligentemente appunti, stando a capo chino.

Non sembrava particolarmente interessata alla lezione, piuttosto si limitava ad adempire al suo dovere di studentessa coscienziosa.

Eppure tutti erano attentissimi quella mattina.

Tutti tranne lei.

Ma Remus Lupin sapeva che nulla sarebbe riuscito a stuzzicare l’attenzione di quella ragazza, non fino a quando James Potter si sarebbe trovato in infermeria.

James era il suo unico pensiero, tutto il resto non significava più niente.

Una gomitata di Sirius costrinse Remus a riportare l’attenzione sulla McGranitt, che pochi attimi prima aveva lanciato un’occhiata nella sua direzione.

-La Semprevergine ti ha scoccato un’occhiataccia tre secondi fa! Che hai?- sussurrò Black, scrutandolo con i suoi occhi blu elettrico.

-Sono preoccupato per Lily. Da quando James è in infermeria, lei è…-

-Preoccupata. Come tutti noi.- lo precedette Sirius, pratico. –Ci hanno assicurato che il nostro amico sta bene, perciò basta musi lunghi!-

-Parli proprio tu che hai saltato i pasti per un giorno intero per stare in infermeria!-

-Vero, vero…- ammise l’altro, sbuffando. –Quando ho saputo di James… beh, mi è caduto il mondo addosso. Ho pensato tante cose, davvero…- mormorò, abbassando lo sguardo, rabbuiandosi. –Ho pensato che se fossi stato con lui, magari non gli sarebbe accaduto nulla. Se non avessi lasciato la festa, James non sarebbe uscito per il castello da solo a cercare Victoria e me… Però…-

-Tu dovevi andare da lei, Sirius.- lo interruppe Remus. –Non devi affatto pentirtene!-

-Non me ne pento, infatti.- fece subito il ragazzo. –Ma quando mi hanno detto di Jamie… ho davvero pensato di tutto, avevo una tale confusione in testa…-

-Eravamo tutti un po’ confusi.- disse Remus, abbassando un poco di più la voce, visto che la McGranitt aveva nuovamente lanciato un’occhiata nella loro direzione.

Nessuno dei due prendeva appunti quel giorno, la lezione sembrava interessare poco anche loro.

Il motivo?

Che altro avevano da imparare sugli Animagi?

Tutta la classe era presissima, alcuni facevano pure domande, ma loro di certo non avevano nient’altro da imparare sull’argomento.

-Spero che James si ricordi qualcosa quando si sveglierà. Potrebbe aiutare gli insegnanti a trovare quella strana creatura…- fece Remus, mentre appuntava distrattamente qualche data importante sulla propria pergamena.

Sirius non rispose subito, intento a riflettere. –Certo che è stano…- dichiarò alla fine. -Insomma, una creatura della foresta che entra nella scuola… molto strano, no?-

-Beh, Hagrid non può sempre tenere tutto sotto controllo, e poi era la notte di Halloween. Nessun professore era di guardia.- rispose subito Lupin, guardando l’amico.

Sirius si zittì, ma non apparve affatto convinto.

Remus lo osservò in silenzio per un po’, poi portò lo sguardo su un’altra persona che, da un po’ di tempo ormai, aveva cominciato a dargli parecchie preoccupazioni.

Peter Minus sedeva vicino a Paciock e appariva tranquillissimo.

Era venuto a trovare James una sola volta e per poco tempo, solo una manciata di minuti. Non aveva aperto bocca con nessuno di loro.

Si era avvicinato a quel lettino quasi con timore, si era chinato su James ed era rimasto così, a fissare quel volto amico come se non lo riconoscesse più con la chiarezza di prima. Poi se ne era andato. Non una parola.

E adesso era lì, pochi banchi davanti a loro.

Era vicino, eppure a Remus appariva sempre più lontano.

Prendeva appunti a capo chino, senza guardare nessuno, senza fare una parola con Frank. I capelli chiari più scarmigliati rispetto ad una volta, la cravatta rossa e oro della divisa allentata…

Era cambiato.

Era… diverso.

Improvvisamente, Remus sentì uno strano nodo serrargli la gola, un peso crollargli nello stomaco. Un brutto presentimento.

Ricordava le parole di Eva…

 

“Non siete più bambini, non potete continuare ad appoggiarvi tra di voi, ci sono cose che dovete imparare ad affrontare da soli. Ci sono scelte che dovete fare e che potrebbero rovinare anche qualche rapporto, ma non è importante. Remus, crescere è questo. E’ intraprendere una strada, diritti verso la persona che vogliamo diventare. Durante questo percorso possiamo essere affiancati dai nostri amici, è vero, ma fondamentalmente è un viaggio che dobbiamo affrontare da soli. E ci capiterà di ferire e deludere qualcuno, ma anche di allacciare nuovi legami, più forti dei precedenti.”

 

Una strada. Delle scelte. La persona che si vuole diventare…

Guardando le spalle chine del suo amico, Lupin sentì quel brutto presentimento diventare una certezza.

Forse era solo paranoico…

Che persona voleva diventare Peter?

E perché senza di loro?

 

“Sto solo dicendo che dovresti anche imparare a rispettare i loro silenzi ed i loro segreti. Lasciali andare, Remus. Si confideranno con te, quando ne sentiranno il bisogno. Anche loro tengono alla vostra amicizia, cosa credi?”

 

Lasciarlo andare…

Doveva fare davvero così?

E dopo? Che sarebbe successo dopo?

Lasciò andare la piuma, che cadde silenziosa sul banco, e cominciò a massaggiarsi lentamente le tempie con le dita.

Quel mal di testa lo uccideva da giorni. Troppi pensieri, ne era certo.

Sirius gli scoccò uno sguardo neutro, prima di tornare a scarabocchiare sul suo foglio, svogliato. Aveva visto lo sguardo quasi sofferente che Lupin aveva rivolto a Peter, ma aveva preferito non intervenire e lasciarlo fare.

Lui si fidava del loro Codaliscia.

Aveva notato il suo allontanamento, ma aveva deciso di non preoccuparsene troppo. Erano dei ragazzi di diciassette anni, no?

Poteva capitare un periodo di incomprensione, di sballottamento. A Peter stava capitando questo, era chiaro, ma presto sarebbe tornato tutto come una volta, ne era sicuro. Non c’era niente di cui preoccuparsi.

Forse Peter si era davvero trovato una ragazza, ma era troppo timido per andare a dirlo a loro. Aveva bisogno dei suoi tempi.

Aveva sempre avuto bisogno di tempo, Peter.

Sospirando, Sirius scoccò un’occhiata ai Serpeverde, ovviamente lontanissimi da lui.

Li odiava, detestava tutto di loro.

Sua cugina Bellatrix stava diligentemente prendendo appunti. Di lei si potevano trovare mille difetti, ma per quanto riguardava la scuola era impeccabile. I suoi voti erano ottimi. Malfoy parlava fitto fitto con Severus Piton.

Sì, li odiava.

Avrebbe dato volentieri fuoco a tutto il loro dormitorio, se avesse potuto.

Dopo quello che avevano fatto a Victoria non meritavano altro.

Per un attimo Bella sollevò lo sguardo blu dai suoi appunti ed i loro occhi gemelli si incontrarono accidentalmente.

E fu fuoco. Fu guerra.

Una rabbia ed un disprezzo così grande tra cugini che… desideravano solamente che l’altro scomparisse dalla faccia della terra.

Non si erano mai potuti sopportare, neppure da bambini, quando il tradimento di Sirius non era neppure una semplice idea.

Fu lei la prima ad interrompere il loro contatto, tornando a seguire la lezione e a prendere appunti, in religioso silenzio. Vicino a lei sedeva Eva Ames, anch’ella presa dalla lezione e da niente altro.

Era sempre stata una ragazza molto tranquilla e pacata la Caposcuola di Serpeverde.

-…. Come ho detto un minuto fa, un Animagus non è un mutaforma, ragazzi. Si tratta invece di un mago oppure di una strega in grado di assumere la forma di un animale e poi ritornare normale.- stava continuando a spiegare la McGranitt, abbracciando tutta la sua classe con lo sguardo. Tutti gli occhi erano puntati su di lei. –Ora, qualcuno di voi saprebbe dirmi qualcosa in più sulla trasformazione in animale?- domandò, tornando a sedersi alla cattedra.

Molti si guardarono tra loro, indecisi se parlare o rimanere in silenzio. Alcuni non sapevano proprio che dire.

Notando il mutismo generale che era sceso tra i compagni, Sirius si accinse a rispondere traendo idee dalla sua esperienza personale, ma qualcuno lo precedette. Una mano scattò in aria.

-Parli pure, signorina Evans.- fece la McGranitt, osservando la ragazza.

-Per diventare Animagus ci vuole molto allenamento ed un grande controllo della propria energia magica interiore. La scelta dell’animale non è lasciata al mago, ma dipende soprattutto dal vissuto di questo, dalle sue esperienze. Bisogna dire che si tratta di magia molto pericolosa, ecco perché è sotto l’attenzione costante del Ministero.- rispose Lily, impeccabile come suo solito.

Una risposta chiara, precisa. Perfetta.

Ma pronunciata con voce piatta, lontana, quasi distratta.

-Ottimo, Evans. Dieci punti a Grifondoro.- dichiarò l’insegnante compiaciuta, tornando poi alle spiegazione, imperterrita.

Alcuni Serpeverde lanciarono alla rossa occhiate di disprezzo miste ad invidia, ma la diretta interessata parve non farci caso. Non si curò neppure dei complimenti ricevuti da Alice, che le aveva sorriso, orgogliosa.

Semplicemente, Lily riabbassò lo sguardo, tornando a scrivere. Bella, silenziosa ed irraggiungibile come era sempre stata.

Quando finalmente la lezione terminò, la ragazza ripose in assoluto silenzio libri, appunti, penna ed inchiostro nella propria borsa, senza curarsi di nessuno. Sembrava avere la mente altrove, come accadeva da diversi giorni oramai.

Tempo un attimo e se ne era già andata, senza aspettare Alice o gli altri ragazzi.

Sola. Di nuovo sola.

Ma non poteva occuparsi di nessuno in quel momento. Voleva James. Soltanto James.

La mancanza di lui le faceva talmente male da sentirsi bruciare dentro. Era come non respirare, come essere costretti ad un’apnea interminabile.

E dopo un po’ i polmoni bruciavano, davano dolore, e l’aria mancava, sempre più, sempre più, finendo per far annebbiare la mente. Così si sentiva.

Lo vedeva lì, su quel letto, talmente immobile e pallido da apparire veramente come un cadavere. Aveva passato ore interminabili a tenergli la mano, a parlargli, ma lui non si svegliava, non apriva gli occhi.

Aveva un disperato bisogno di sentire la sua voce, sempre allegra, sempre briosa, sempre incredibilmente dolce con lei, ed invece adesso viveva di ricordi. Di “Lily” pronunciati da quella bocca appartenenti a giorni che man mano lei sentiva scivolare via. Ed era atroce. Era ingiusto e crudele che il destino le avesse riservato questo.

Lo prendeva per mano, ma non per dargli coraggio. James non aveva mai necessitato del coraggio degli altri.

Era lei ad averne bisogno. Era lei che doveva toccarlo, stringere forte quella mano, altrimenti sarebbe semplicemente impazzita nel suo dolore e nella sua ritrovata solitudine.

Pazza, si disse. Sto diventando pazza.

E quell’amore stava sfociando in ossessione, in dipendenza.

Stava diventando un amore malato.

Un forte attacco di nausea la costrinse a fermare i suoi passi ed a cambiare la propria direzione, diretti ora verso il bagno delle ragazze.

Si sciacquò accuratamente la faccia, godendosi il silenzio e la solitudine di quella stanza, ignorando le voci lontane ed attutite degli altri studenti.

Lì, in quella penombra, potè tornare a respirare.

Non aveva vomitato, ma era certa che anche quel giorno non avrebbe pranzato.

Era assurdo, semplicemente assurdo. Ed era ingiusto.

Aveva vissuto diciassette anni senza James Potter e, nel bene e nel male, era riuscita ad andare avanti con le sue sole forze.

Lui l’aveva sempre seguita, ma lei lo aveva allontanato, con cattiveria e disgusto.

Eppure alla fine James l’aveva presa e si era ritagliato un angolino nella sua vita che, in poco tempo, era riuscito a divorare tutto il resto, diventando il centro di ogni suo pensiero.

L’aveva presa per mano e le aveva dato coraggio. Le aveva mostrato un mondo nuovo, pieno di colori, dove non c’era spazio per l’opprimente nero e l’insignificante grigio.

E adesso era la sua ossessione, la sua aria. Tutto ciò che contava.

Era sbagliato, lo riconosceva anche lei.

Non doveva amarlo così.

Non lo meritava lui e neppure lei.

L’amore era un completarsi a vicenda, non una dipendenza dall’altro.

Era una linea sottile, quasi invisibile, ma c’era e non andava oltrepassata.

No, non era giusto amarlo in quel modo. James Potter non aveva bisogno di una ragazzina debole e soffocante, soprattutto non ne aveva necessità in quel momento, quando era lui il più bisognoso di aiuto.

Doveva aiutarlo il più possibile.

Con questo pensiero in mente, Lily Evans sollevò i brillanti occhi verdi e fissò la propria immagine allo specchio. Aveva il volto pallido e stanco, non riposava bene da giorni. E di mangiare decentemente neanche a parlarne.

Raddrizzando le spalle e dandosi un’aria più decisa, la ragazza si sistemò meglio i capelli rossi, acconciandoli in una coda alta, pratica e comoda per studiare. Raccattò da terra la sua borsa carica di libri e di pergamene, e si diresse a passo sicuro verso la biblioteca.

Non aveva fame, punto. Tanto valeva dedicare il proprio tempo in qualcosa di costruttivo e di utile.

Prima o poi James si sarebbe ripreso ed avrebbe avuto bisogno degli appunti necessari per rimettersi al passo con le lezioni e a lei mancavano ancora da ricopiare  le annotazioni prese durante le ore di Pozioni.

Camminava decisa per i corridoi, sfoggiando la sua aria di Caposcuola in maniera impeccabile, decisa a tenere nascosta la sua debolezza a tutti i costi.

Gli studenti stavano andando a pranzo, senza fare troppo caso a lei, intenti a raccontarsi l’ultimo pettegolezzo oppure a piagnucolare per l’interrogazione andata male. Semplici pezzi di vita scolastica.

Ma lei non ne aveva mai fatto parte e neppure le interessava più di tanto. Salutò il fantasma di Grifondoro, Nick-Quasi-Senza-Testa, e rimproverò due Tassorosso del secondo anno che progettavano di tirare delle Caccabombe in pieno corridoio.

Poi tirò dritto per la sua strada.

Quando arrivò in biblioteca ovviamente questa era deserta.

Madama Pince stava mettendo in ordine il reparto di Incantesimi e le sorrise, vedendola arrivare. Probabilmente era di buon umore.

Facendo attenzione a non fare rumore, Lily si sedette ad uno dei tavoli, posando la borsa al suo fianco. Lasciò vagare lo sguardo intorno a sé per un attimo e fu assalita da ricordi. Forse non avrebbe mai dimenticato.

Restano sempre le tracce.

Il suo sguardo si incupì, notando che uno degli scaffali presentava ancora le bruciature causate dal fuoco magico di Piton.

I professori avevano fatto il possibile per rimediare ai danni. Qualche libro era andato perduto, qualche sedia era stata gettata via, ma alla fine la biblioteca era ritornata ad essere la stessa.

Ma non per un occhio attento come il suo. Lei che aveva visto. Era stata presente.

Victoria non aveva più messo piede in quel luogo.

Lei invece era tornata, chiudendo a chiave i ricordi di quella notte.

Le urla di Victoria, le lacrime, la paura, l’umiliazione…

E poi James, corso a salvarla. Quel legame che li univa. Piton ed il suo incantesimo oscuro. Quelle fiamme mostruose che avvolgevano Remus e James.

Ricordava di aver avuto paura. Di aver temuto che i due ragazzi morissero.

Quando le fiamme erano svanite ed aveva visto i due Grifondoro illesi, la gioia era stata tanta che non aveva poi lasciato molto spazio alle domande.

Adesso invece si chiedeva spesso come avesse fatto James a rimanere incolume. Lui e Remus sarebbero dovuti bruciare vivi ed invece a Lupin non era accaduto assolutamente nulla, mentre Potter, che aveva protetto il suo amico con il proprio corpo, se l’era cavata con qualche ustione sulla schiena.

Quello rimaneva un mistero.

Uno dei tanti segreti di James.

Sospirando, Lily dispose davanti a sé penna ed inchiostro, poi prese gli appunti di Pozioni e dei fogli bianchi sui quali ricopiare le note.

In silenzio cominciò il suo lavoro, senza più badare a nulla. Studiare le dava sicurezza, era quasi rilassante per lei. Era la sua quotidianità.

 

 

 

La quotidianità di Sirius Black invece era decisamente quella di rispondere sempre e comunque al suo orologio biologico e di correre in Sala Grande dopo il termine delle lezioni. Quelle due ore a Trasfigurazione poi, neanche a dirlo, lo avevano annoiato a morte. Animagus, bah, che novità!

Adesso aveva una fame terribile e si augurava che gli elfi domestici avessero preparato anche del pollo arrosto, con tante patatine come contorno.

Si era tolto il mantello nero della divisa scolastica, standosene tranquillamente con il maglioncino grigio fumo e la camicia bianca. La cravatta slacciata.

I capelli neri come inchiostro sciolti gli ricadevano sul viso in un modo che apparteneva unicamente a lui, decisamente delizioso.

Sirius aveva la rara capacità di apparire allo stesso tempo elegante e trasandato. Era una qualità che apparteneva solo a lui, semplice dono che la natura aveva voluto offrirgli e che lui sfoggiava alla grande, ben consapevole dell’effetto che aveva sugli altri. Non gli dispiaceva affatto essere ammirato.

E quegli occhioni blu che si ritrovava, furbi e vispi come non mai, erano in grado di incantare chiunque e di fargli ottenere di tutto. In questo erano bravi tutti i Black.

Remus Lupin camminava al suo fianco ed era la sobrietà personificata.

Perfettamente inglese.

Alto, magro e dall’incarnato chiaro, gli occhi cerulei di Remus erano assolutamente buoni ed ingenui, ma decisamente intelligenti, spia di una mente sempre pronta al ragionamento.

Eva Ames entrò in Sala Grande esattamente nello stesso momento in cui lo fecero loro. Si stringeva il mantello addosso, infreddolita, e teneva un pesante tomo di pozioni nel braccio libero.

I loro occhi si incontrarono subito.

-Ciao Remus.- fece lei con la sua voce sempre pacata. –Lezione molto interessante quella sugli Animagus, non è vero?-

Sorridendole, il ragazzo annuì.

Quegli occhi verdi erano stupendi, si ritrovò a pensare. Erano molto più scuri di quelli di Lily Evans e lui non poteva fare a meno di osservarli, ammirato.

-Sì. Decisamente interessante.- mentì benevolmente, osservandola.

In verità quella lezione lo aveva annoiato come non mai, ma non le avrebbe mai detto una cosa simile. Eva pareva veramente soddisfatta delle due ore di Trasfigurazione.

Si sorrisero e poi ognuno andò per la sua strada, anche se Remus la seguì inconsapevolmente con lo sguardo.

-Da quando fai amicizia con quelli di Serpeverde?- disse Sirius, che non si era perso un istante di quella breve conversazione.

-Da quando mi dici con chi devo fare amicizia?- ribattè Lupin, posando tranquillamente lo sguardo sul suo amico.

A rispondergli fu l’espressione totalmente sconvolta di Black. –Stai scherzando? Davvero hai fatto amicizia con quella?-

-Beh, e allora? Non essere ridicolo, Sirius. E’ una ragazza come le altre, solo che è stata smistata a Serpeverde. Dov’è il problema?-

-Dov’è il problema?- ripetè Sirius. –Dov’è il problema mi chiedi? Quelli sono serpenti, Rem! Sarà anche carina, ma fossi in te non mi fiderei! Mai fidarsi di una ragazza di Serpeverde!-

-Dici così solo perché odi tua cugina.-

-Beh, anche. Bellatrix è la regina del covo! Tutte le ragazze rispondono a ciò che lei comanda. Non fidarti troppo della Caposcuola Ames, dammi retta.-

-Quando si parla di Bellatrix diventi subito paranoico, Siri. Ignorala e basta, no?-

-E come si fa ad ignorare quella stronza puttana, eh? Chi ha a che fare con quella è un povero pazzo, te lo dico io!-

E se Remus si limitò a scuotere il capo, esasperato, per poi tornare a parlare di altre questioni con l’amico, Peter, che camminava vicino a Black, si sentì gelare a quelle parole. Si affrettò ad abbassare lo sguardo, colpevole.

Sirius aveva forse voluto alludere a qualcosa? Lo aveva scoperto?

No, si disse in fretta. Assolutamente non era possibile. Era sempre stato attento a non farsi beccare da nessuno. Stava solamente diventando paranoico.

Stavano raggiungendo il loro tavolo e molti si voltavano al loro passaggio per salutarli. Era sempre stato così.

Loro erano i Malandrini.

Gli era sempre piaciuto sentirsi rispettato, ricevere attenzioni ed avere la completa dedizione di tutti. Essere amici di James Potter significa essere sempre al centro dell’attenzione.

Ma adesso era diverso. Tutti quei sorrisi, quelle smancerie, lo disgustavano.

Tutti lo vedevano come “l’amico di Potter”, non come Peter Minus. Ed era frustrante. Non riusciva più a sopportarlo.

Accelerò il passo, senza fermarsi a parlare con nessuno, scuro in volto.

Remus smise di parlare con il Caposcuola di Tassorosso e seguì l’amico con lo sguardo, per poi voltarsi verso Sirius.

-Peter è andato subito al tavolo. Raggiungiamolo, dai.-

Annuendo, Black salutò un gruppo di amici e seguì Lupin, ficcando le mani in tasca. Scambiò una breve occhiata con sua cugina Narcissa, che gli sorrise timidamente, e poi, finalmente, si concesse ciò che aspettava da tutta la mattina.

Non aveva pensato ad altro per tutte quelle snervanti ore di lezione.

Victoria Olsen stava seduta davanti a Peter e parlava, briosa e piena di energie come era proprio del suo carattere. Era tornata quella di sempre.

Anzi, c’era qualcosa in più.

Quegli occhi azzurri brillavano di una luce nuova, più bella, e parevano contagiare tutti coloro che le stavano vicino, intenti ad ascoltarla.

Alice Rubin rideva, insieme a tutta quanta la squadra di Quidditch del Grifondoro. Persino il timido Frank Paciock si era unito alle chiacchiere.

E a completare il gruppo, novità assoluta, Stephanie Hamilton, che se ne stava un po’ in disparte, impacciata, ancora intenta a chiedersi come fosse finita in quel branco di pazzi. Era stato davvero strano per lei. E per tutta la scuola, ad essere sinceri.

Dopo la sua bravata di Halloween, tutti credevano che la cara Hamilton, Il Mostro della scuola, avrebbe fatto bene a lasciare Hogwarts, piuttosto che avere Sirius Black e Victoria Olsen pronti a farle la pelle e vendicarsi.

Ma non era accaduto nulla del genere, anzi. E se il buon Sirius si era limitato soltanto a qualche occhiataccia, Victoria Olsen, stupendo tutti, le era piombata davanti, sorridente, e l’aveva ringraziata, dicendole che, in fin dei conti, se era uscita da tutti i suoi casini sentimentali era proprio grazie alla sua carognata.

Tuttavia tutti gli errori si pagano, in un modo o nell’altro. E chi fa volutamente del male alla fine viene punito.

Così Stephanie, che fin da piccola aveva goduto nel mettere zizzania, si era sì salvata dalle ire di Black e di Victoria, ma si era ritrovata contro la maggior parte della popolazione femminile di Hogwarts, che aveva accusato lei della perdita del loro beniamino, ora non più disponibile.

Ebbene sì, Sirius Black era ufficialmente uscito dalla piazza.

Sorridendo, il ragazzo si fermò alle spalle di Victoria, ancora intenta a tenere banco, e la circondò con le sue braccia, sentendo che ogni cosa stava pian piano svanendo dalla sua mente.

Vick si voltò per incontrare il suo sguardo, sorridendo furba. Aveva fatto finta di non averlo notato fino a quel momento per fargli dispetto e perché voleva esattamente che lui richiamasse la sua attenzione in quel modo. Era certa che Sirius ne fosse consapevole.

-Ciao Black.- lo salutò, sfidandolo.

-Peste.- la rimproverò lui, divertito.

E poi non ci fu tempo per dire altro, perché Sirius si chinò su di lei, reclamando un bacio che Victoria non voleva assolutamente negargli.

Era strano e meraviglioso allo stesso tempo.

Era assurdo per loro due, abituati a ridere e scherzare come amici fin da quando erano bambini, baciarsi e coccolarsi come una qualsiasi coppia. Eppure era anche necessario. Non potevano farne a meno.

Si staccarono, anche se entrambi avrebbero volentieri continuato a baciarsi per tutto il resto dell’ora di pranzo. Ma non volevano dare spettacolo.

Con la coda dell’occhio, Victoria vide quell’oca totale di Kelly Logan alzarsi dal suo tavolo e correre via in lacrime, seguita da altre ragazzine ugualmente disperate.

La Olsen non riuscì a non lasciarsi sfuggire un ghigno soddisfatto.

E tanti saluti a quelle ochette starnazzanti!

Un tempo era stata lei a piangere, mentre loro le davano dell’insulsa maschiaccia e le portavano via Sirius.

Adesso Black era seduto al suo fianco, intento a riempirsi il piatto di cibo e a ridere di una battuta di Adam Maison, uno dei Battitori del Grifondoro.

Il suo ragazzo. Sirius Black era il suo ragazzo e lei ancora faticava a convincersene.

Ci aveva fantasticato su talmente tante di quelle volte che aveva il terrore di accorgersi che anche quello fosse soltanto uno dei suoi tanti sogni.

Lui si voltò a guardarla e le sorrise. –Che hai?-

Scuotendo il capo, Vick sentì tutti i suoi dubbi scomparire. Tutto grazie a quel sorriso.

-Niente, niente.- rispose, tornando spensierata come poco prima. –Roba da ragazze.-

E quello stronzetto impertinente di Sirius assunse un’aria confusa che era tutto un programma per poi uscirsene con un candido:- Perché sei una ragazza?-

Ovviamente fu guerra, perché lei, invece di rispondergli con un’altra frasetta tagliente, preferì lanciarsi all’attacco. Una scusa in più per stargli appiccicata, tutto sommato.

-Quei due non sono cambiati affatto.- fece Alice, divertita. –Non sono fatti per le smancerie.-

-Meglio così.- dichiarò Remus, scoccando un’occhiata ai due. –Altrimenti chi li sopporterebbe?-

-E tu, Remus? Quando te la trovi una ragazza?- lo punzecchiò la Rubin.

-Mi conosci. Ho troppe cose per la testa per poter anche pensare a qualcuna.- rispose il diretto interessato, mentre si versava un altro bicchiere di succo di zucca.

-Eppure ne avresti tante di ammiratrici!- continuò la ragazza. –Sai, si dice che Amanda Parker sia perdutamente innamorata di te e che voglia rifilarti dell’Amortentia!-

Sbuffando, Remus si limitò a scuotere la testa. –Prima dovrebbe migliorare le sue capacità in Pozioni, visto che dal primo anno il suo voto è sempre stato Troll.- borbottò, pensando alla Tassorosso in questione.

Era una vera frana in Pozioni, aveva dovuto darle ripetizioni più di una volta, sotto richiesta di Lumacorno, e quella per tutto il tempo aveva sempre fissato lui, invece che del libro di testo.

-Lily non è venuta a pranzo?- chiese ad un tratto, cambiando argomento.

Alice abbassò lo sguardo, diventando ad un tratto seria. –No. Appena è finita la lezione della McGranitt ha raccolto in fretta le sue cose ed è andata via. Dice sempre di avere poco appetito.-

-Ha detto la stessa cosa anche a me.- fece Remus. –Sta studiando tantissimo. E credo si stia occupando anche degli appunti di James. Mi ero proposto di aiutarla, ma mi ha detto di voler fare tutto da sola. Credo che tenersi impegnata sia l’unico modo che abbia trovato per…-

Entrambi rimasero in silenzio, mentre intorno a loro il pranzo continuava.

Sirius e Victoria ridevano, ignari della loro conversazione.

Peter consumava il suo pasto in religioso silenzio, apparentemente indifferente ai discorsi di Alice e Remus.

Frank Paciock, che fino a quel momento era rimasto ad ascoltare i compagni di casa, fu il primo ad accorgersi dell’arrivo di Lucius Malfoy e combriccola. C’era da aspettarselo, si disse Frank con amarezza. I Serpeverde avevano aspettato anche troppo per dire la loro.

Malfoy si fermò proprio davanti a Sirius, la testa calda del gruppo, che istantaneamente perse il sorriso. Victoria si irrigidì, diventando come di marmo.

L’atmosfera era cambiata repentinamente.

-Salve signori.- esordì Malfoy, sfoderando il suo ghigno sprezzante. –Vi state godendo il pranzo?-

Alle sue spalle Lestrange e Nott scoppiarono a ridere, mentre Zabini restava in silenzio.

Peter non disse una parola. Ma Alice Rubin, sfrontata come solo lei sapeva essere, si voltò per fronteggiare le Serpi.

-Sì, ci stavamo davvero godendo il pranzo, prima del tuo arrivo.- fece, tranquilla. –Perciò ci faresti il favore di andartene?-

-Rubin, tu saresti veramente una ragazza perfetta. Bella, intelligente, atletica, purosangue… Hai soltanto questo tuo orribile difetto di parlare sempre troppo a sproposito. Ti chiuderei volentieri la bocca a modo mio, sai?- sussurrò Lucius, divertito.

-Provaci e ti schianto, Malfoy!-

Era stato Frank Paciock a parlare, rosso di rabbia.

Alice si voltò a guardarlo, stupita. Non se lo sarebbe mai aspettato da quel ragazzetto pasticcione e terribilmente timido.

Quell’intervento però era servito soltanto a suscitare l’ilarità nel gruppo di Serpeverde, che se la stava spassando alla grande, fingendo paura per la minaccia che Lucius aveva appena ricevuto. Nessuno aveva mai avuto troppo rispetto nei confronti di Paciock. Molti lo reputavano un bamboccio inutile.

-Attento stupidone, non ti mettere contro di me, dammi retta.- fece il capo delle Serpi. Quegli occhi grigi erano completamente freddi.

-E tu dai retta a me, Malfoy. Sparisci.- si intromise Sirius, che a suo parere aveva sopportato anche troppo la presenza di quegli stronzi.

-Non mi fai paura, Black.-

-Neanche tu a me, te lo assicuro, biondino.- sibilò il Grifondoro. –Ricordati che ho un conto aperto con te. Non me ne sono certo dimenticato.-

-Ah, giusto!- rise Malfoy. –Di fatti, ora che mi ci hai fatto pensare, sono stupito che la tua amichetta piattola sia ancora in grado di camminare e parlare. Credevo che avrebbe riportato un danno permanente. Voi che dite ragazzi?-

Lestrange scoppiò a ridere. Nott e Zabini si scambiarono un’occhiata divertita.

-Bastardo!- ringhiò Sirius, perdendo la calma. Sbattendo una mano sul tavolo, si mese di scatto in piedi, furioso. –Giuro che ti faccio a pezzi, stronzo!- urlò.

Ignorò i richiami di Victoria e probabilmente avrebbe anche potuto saltare sul tavolo oppure farlo a pezzi per raggiungere i Serpeverde, se non fosse intervenuto Remus Lupin, provvidenziale come sempre. Il licantropo lo afferrò forte per un braccio, bloccandolo ed impedendogli di usare la bacchetta.

-Basta, Sirius. Basta.- fece, deciso. Il suo sguardo non ammetteva repliche.

-Vaffanculo, Remus! Hanno cominciato loro!- ruggì Black, strattonando il braccio.

-Non me ne frega un accidente di chi ha cominciato! Falla finita e mettiti seduto! Non vedi che ti stanno provocando?- ribattè Lupin, serio.

-Remus ha ragione, lasciali stare, Sirius.- fece anche Vick, guardandolo. –Vuoi finire nei guai?-

Il ghigno di Malfoy si ampliò di più, godendosi la scena.

-Fortuna che hai i tuoi inutili amici, Black. Con questa tua arroganza ti ritroverai male, un giorno. Potresti fare una brutta fine…-

-La farai prima tu, stanne certo!- sbottò Sirius.

-Dici? Fossi in te starei attento e non mi provocherei, oppure vuoi fare un giro in infermeria a trovare tua moglie, eh?-

Ecco centrato il punto dolente, pensò Remus, stanco. Era lì che volevano arrivare fin dall’inizio, c’era da aspettarselo. Poteva anche scordarsi di far ragionare quel testone di Sirius adesso.

Black era semplicemente livido di rabbia. E tremava.

-Non parlare di James.- scandì con odio.

Malfoy rise di gusto. –Siamo davvero dispiaciuti per Potter, sai? Davvero, dico sul serio, quasi mi manca!- e qui attaccarono le risate dei suoi compagni. –Insomma, questa notizia ci ha lasciati tutti senza parole. Potter “Il Grande” finito stecchito in infermeria! Assurdo!- fece, fingendosi sconvolto.

-Chiuditi quella fogna!- urlò Sirius, scattando di nuovo e cercando di liberare il braccio dalla presa di Remus. –Non osare parlare di lui!-

Adesso tutto il tavolo di Grifondoro e quello di Corvonero, che era il più vicino, stavano assistendo alla discussione, in silenzio. Nessuno osava fiatare.

-Basta Sirius, Silente ci sta guardando!- lo riprese Alice, preoccupata.

-Non me ne frega un cazzo, Alice! Gli spacco la faccia!-

-Che paura! Avanti, vieni Black! Fammi vedere se sei in grado di combinare qualcosa senza il tuo amicone! Ora che Potteruccio è mezzo morto non ti conviene fare tanto lo spavaldo!-

-Non ho bisogno di James per farti male, Malfoy!- gridò Sirius. –Remus, porca puttana, lasciami il braccio!- sbottò, cercando di liberarsi dalla presa dell’amico e di Adam Maison, che aveva deciso di intervenire per fermarlo.

-Ho detto la verità, Black!- continuò Lucius imperterrito. Rise. –Com’è che Potter non esce dall’infermeria? Questo fantomatico mostro lo ha fatto crepare di paura, eh? A quanto pare è proprio un buono a nulla! Cosa volete che ci sia di così terribile nella foresta? Solo quel pisciasotto del tuo compare poteva farsi ridurre nello stato pietoso in cui si trova!- esclamò, esultante.

Ecco fatto, James Potter era appena stato sfottuto a dovere.

E se Sirius Black continuava a sbraitare in quel modo, presto la McGranitt sarebbe intervenuta a punirlo.

Poteva ritenersi soddisfatto. Aveva l’attenzione di tutti. E tutti avevano sentito ciò che aveva detto sull’odiato Grande Capo di Grifondoro.

I Grifoni erano a dir poco furibondi, lo vedeva. Quello sì che era godere!

Ma aveva fatto male i suoi calcoli.

-Certo, adesso tu devi sapere davvero tutto delle creature della Foresta Proibita. Sei un esperto ormai, Malfoy, quindi ti credo sulla parola.- fece una voce strascicata alle sue spalle, lasciando tutti senza parole. –Del resto sono settimane che la frequenti come galoppino di Hagrid insieme ai tuoi compari, non è forse vero?-

E ad essere sfottuto quel giorno non fu affatto James Potter.

I Serpeverde impallidirono, incapaci di replicare.

Livido di rabbia, Lucius Malfoy si voltò per vedere chi si fosse permesso di intromettersi e di prendersi gioco di lui.

Julian Harris, doveva immaginarselo.

Quell’odioso Corvonero aveva la maledetta capacità di spuntare alle spalle e freddare con una delle sue battutine pungenti. Maledetto!

Nessuno rise, ma era palese che quella sera erano i Serpeverde ad uscirsene sconfitti.

-Niente di personale, Malfoy.- seguitò Julian, tranquillo, fissandolo con i suoi occhi nocciola. –La mia era una semplice osservazione, tutto qui.-

Quella sua indifferenza irritava Lucius ancora di più.

Ma era chiaro che quei furenti occhi grigi non avessero alcun effetto sul biondo Corvonero, che non sembrava affatto spaventato. Anzi, pareva annoiato da tutte quelle chiacchiere.

Al suo fianco stavano l’immancabile Jasper Joyce, suo amico da una vita, e Xenophilius Lovegood, il pazzo per antonomasia.

-Non arrabbiarti così Sirius Black, cerca di calmarti.- fece Xeno, pacifico. –Rischi di attirare uno sciame di Turbolotti! È’ praticamente impossibile liberarsene, una volta arrivati.-

Quel giorno “Lo Strambo” di Corvonero sfoggiava un paio di occhiali dalle lenti di uno scintillante color rosa. Impossibile non notarlo.

-L’ultima volta uno della mia Casa si è davvero arrabbiato e sono arrivati, sai? Cacciarli via dalla torre di Corvonero è stato un lavoraccio, vero Julian?- continuò Lovegood.

-Certo, certo…- lo accontentò Harris, prima di uscirsene con uno sbadiglio annoiato.

Jasper se la rideva sotto i baffi.

-Harris sei in cerca di guai?- fece Lestrange, minaccioso.

Julian non si scompose. –Guai? Io? Per quel che mi riguarda potete anche scannarvi a vicenda. Solo che le vostre chiacchiere mi stavano annoiando terribilmente.-

Intanto al gruppo dei tre Corvonero si era aggiunta anche Nina Green, una deliziosa ragazza del quinto anno, anche lei della casa dei Corvi. Nina corse subito al fianco di Jasper, preoccupata. Conosceva bene il suo ragazzo e sapeva che non era tipo da tirarsi indietro, se provocato.

Ormai al tavolo dei Grifoni si era creato una sorta di capannello su cui era concentrata l’attenzione di tutta la Sala, professori inclusi.

-Direi che è il caso di tornarsene ognuno ai propri posti. La McGranitt si è già alzata.- fece ad un tratto Remus.

Zabini e Nott se ne andarono subito, sentendo aria di guai. Malfoy lanciò un’ultima occhiataccia a Sirius e poi seguì i compagni insieme a Lestrange.

E anche quella volta era andata.

Lupin sospirò, lasciando il braccio di Sirius, che tornò a sedersi.

Presto ognuno in Sala Grande tornò a farsi i fatti propri.

Julian osservò Black, in silenzio, ed andò poi a rivolgersi a Remus. –Notizie di James?- domandò.

Sorridendo, il biondo Caposcuola di Grifondoro scosse il capo. –Sempre uguale.- rispose. –Non sei andato a trovarlo?-

-Ci ho pensato. Ma non avevo voglia di fare tutta la strada fino all’infermeria.-

Julian Harris era sempre il solito, c’era poco da fare.

-E tu Black, leva quel broncio, ti vengono le rughe.-

-Vai al diavolo, Harris.- fu la risposta di Sirius, ancora inviperito.

Dopo aver salutato il gruppo di Grifondoro, i quattro Corvonero se ne andarono. Finalmente era tornata la calma.

-Devi sempre essere così acido con Julian?- fece Alice divertita.

Sirius Black sbuffò.

Il motivo della sua rivalità con Julian Harris era quanto di più stupido si potesse immaginare. Terribilmente sciocco ed infantile. Questo “Pomo della Discordia” tra i due aveva un nome, respirava, camminava e parlava. Ed era James Potter.

Sirius e Julian si contendevano le attenzioni del povero James neanche fosse stato una ragazza. E se da una parte Ramoso lo trovava anche divertente, beh, a volte la cosa lo esasperava sul serio.

La disputa era cominciata presto. Al primo anno.

Sirius si vantava, dicendo che l’amicizia tra lui e Potter era stata come un colpo di fulmine e non sarebbe mai finita. E Julian, tronfio, rispondeva per le rime, dichiarando contento che lui e James si conoscevano praticamente fin da quando portavano il pannolino, quindi aveva la priorità.

Da lì era partito tutto.

Chi aveva la precedenza?

L’amichetto del cuore oppure l’amichetto d’infanzia?

La cosa aveva del demenziale.

Fortuna volle che Harris fu smistato a Corvonero, togliendosi dalle scatole e facendo del piccolo Sirius un bimbo felice. Soltanto che, nonostante si fosse fatto degli amici nella propria Casa, spesso e volentieri Julian tornava a rompere i boccini. Ed era tutto un “James come va?”, “James ti devo raccontare una cosa!” e “James, ti ricordi che ridere la scorsa estate?”.

E Sirius metteva il muso lungo.

Gli ultimi anni poi Black era stato costretto a sorbirsi Harris per tutte le vacanze estive e le ringhiate erano state tante. Non in senso letterale, ovvio.

In realtà il Corvonero non gli stava poi così antipatico, era più che altro una questione di principio. Un sentirsi invadere il territorio.

E non c’era persona più territoriale di Sirius Black!

Remus Lupin scuoteva il capo, povera anima, commentando sempre il tutto con un:

-Ragazzini.-

 

 

 

 

Mancava ancora un po’ alle 18.00 del pomeriggio, ma Narcissa Black era già lì, ferma di fronte all’aula di Incantesimi con il cuore che batteva a mille.

Non aveva il coraggio di entrare e allo stesso non stava più nella pelle.

Indossava ancora l’uniforme di Serpeverde, non si era cambiata. Appena le lezioni pomeridiane erano finite era subito corsa lì, senza minimamente curare il proprio aspetto. Sapeva che ad Andromeda non sarebbe importato.

Prendendo un bel respiro, Narcissa aprì la porta ed entrò nell’aula di Vitious.

Non c’era traccia di Sirius Black, non era ancora arrivato.

Raggiunse uno dei primi banchi e si sedette, posando la borsa sul pavimento. Nell’attesa si sarebbe riposata, era stata una giornata faticosa ed aveva proprio bisogno di tenere gli occhi un po’ chiusi e rilassarsi.

Durante il pranzo in Sala Grande stava per succedere il finimondo.

Già immaginava di che umore sarebbe stato Lucius a cena. Meglio non pensarci.

Quando la porta si spalancò di nuovo, si stava quasi addormentando lì, in quella stanza assolutamente silenziosa e in semioscurità.

-Stanca Cissa?- fece Sirius Black, arrivandole davanti ed osservandola con affetto.

La ragazza si scosse, sbattendo più volte le palpebre. –Oh, Sirius!- esclamò, risvegliandosi dal suo torpore. –Scusami, mi sono…-

-Non fa nulla, sciocchina!- rise lui, divertito. –Vogliamo andare? Sei pronta? Dromeda ci sta aspettando nell’ufficio di Silente.-

Bastò questo a svegliarla del tutto.

Spalancando gli occhioni chiari, Narcissa saltò in piedi, completamente desta. –Certo che sono pronta! Ti prego Sirius, portami da lei!-

-Sicuro!- fece Sirius.

Con stupore, la Serpeverde vide il proprio cugino porgerle la mano. –Andiamo?- le chiese. E lei non ebbe alcuna esitazione, nessuna paura.

I corridoi della scuola erano terribilmente silenziosi e già bui, illuminati solamente dalla luce delle torce e dai deboli raggi di un sole già vicino a svanire.

Scioccamente, Narcissa si chiese dove fossero finiti tutti gli altri studenti. Forse molti si trovavano in biblioteca a studiare.

-Sicuro che non è un disturbo per te? Magari avevi altro da fare…- mormorò guardando il cugino, insicura.

-Figurati! Incontrare Dromeda è sempre un piacere per me!-

-E’ sempre stata la tua cugina preferita.- fece la ragazza con un sorriso delicato.

-Ho sempre voluto un gran bene anche a te, bambolina.- disse lui, fermandosi a guardarla e dandole un buffetto sulla guancia, che la fece arrossire.

Le dimostrazioni d’affetto erano molto rare in casa Black e quando improvvisamente arrivavano, la spiazzavano.

Sirius rise. –Muoviamoci, dai.- fece, prendendola nuovamente per mano. –Ho promesso ai ragazzi che anche loro avrebbero potuto scambiare qualche parola con Andromeda, prima che se ne vada.-

Percorsero il resto della strada in silenzio, con Narcissa che stringeva forte la mano di Sirius e sentiva il proprio cuore battere forte.

Stava andando contro tutto e tutti. Se i suoi genitori lo avessero saputo l’avrebbero punita severamente, avrebbero anche potuto gettarla fuori dalla famiglia Black.

Aveva paura. Una paura tremenda.

Ricordava ancora le urla di sua madre e la furia di suo padre nell’apprendere che la loro primogenita aveva intenzione di sposare un nato babbano.

Era piccola, ma quei ricordi non avevano mai lasciato la sua mente.

Aveva visto Andromeda piangere, derisa da Bellatrix.

Ed aveva assistito allo sfiorire di quella ragazza stupenda che era sua sorella. Lei, Andromeda, la stella più brillante della famiglia Black.

Probabilmente l’unica cosa buona che quei due esseri meschini dei suoi genitori erano riusciti a fare nelle loro insulse vite. L’unica cosa per cui valeva davvero la pena di essere orgogliosi.

Ma il signore e la signora Black non avevano mai capito la fortuna che avevano avuto, anzi, avevano sputato sopra quella creatura meravigliosa, piena di passione e di ingegno. Intelligente, deliziosa, gentile ed onesta, sempre.

Non avevano mai più provato a cercarla e a mettersi in contatto con lei, piuttosto avevano vietato all’intero Casato dei Black di rivolgerle la parola, ordinando a tutti di considerarla morta, anzi, mai esistita. Cancellata.

E adesso Narcissa stava andando ad incontrarla, non poteva crederci. Ma non le importava di rischiare, non più.

Di fronte alla porta dell’ufficio del preside, la Serpeverde si sentì tremare dentro. Eccitazione e paura mescolate insieme.

Voleva vederla, voleva assolutamente vederla.

-C’è davvero, giusto?- chiese la ragazza con un filo di voce.

Sorridendo dolcemente, Sirius annuì ed aprì la porta, deciso, sentendo sua cugina trattenere il fiato piena d’attesa.

Ed il momento tanto desiderato giunse.

Silente, famoso preside della scuola di magie e stregonerie di Hogwarts, stava seduto alla sua ricca scrivania e sorrise vedendo il visetto emozionato della piccola Black.

Narcissa non era mai stata nell’ufficio del mago, non ne aveva mai avuto bisogno. Adesso aveva l’occasione di ammirare le ricche pareti addobbate dai quadri raffiguranti i precedenti presidi della scuola, le poltroncine sontuose, le librerie ricche di testi sconosciuti e gli strani apparecchi dall’utilizzo oscuro. Tuttavia dedicò pochissimo tempo all’osservazione di questi particolari.

La sua attenzione si concentrò subito su un’avvenente ragazza che sedeva comodamente su una poltroncina posta di fronte al preside.

Era lei.

Era proprio lei.

Né Silente né Sirius parlarono, quel momento era tutto per le due sorelle e per nessun altro. Sembravano quasi essersi messi d’accordo.

Anche la fenice Funny stava in silenzio, tranquillamente appollaiata sulla spalla del potente padrone.

E Narcissa era senza parole. Si sentiva stupida e non sapeva assolutamente cosa dire, era a mala pena cosciente di ciò che stava accadendo intorno a lei. Sapeva solo che le gambe le stavano tremando.

Andromeda Black in Tonks la stava osservando senza accennare ad una sola parola, sembrava ammutolita esattamente come lei.

È’ tua sorella, disse una vocina dentro la giovane Serpeverde. Tua sorella. Gettati tra le sue braccia e stringila forte!

Sì, era sua sorella. La riconosceva, anche se erano passati tanti anni.

Bella, bellissima.

Così simile a Bellatrix e così diversa allo stesso tempo. Le due si erano sempre assomigliate molto, fin da piccole, e questo molto spesso l’aveva ferita, facendola sentire molto più lontana da loro.

Ma dietro quella somiglianza presunta, c’era tanto di disuguale.

Andromeda aveva dei meravigliosi capelli neri, luminosi e lucenti come una notte senza luna. Li teneva lunghi e lisci, privi di costrizioni. Non aveva mai amato le pettinature sofisticate. I suoi occhi erano blu, esattamente come quelli di ogni Black degno di questo nome, ma dentro di essi regnava una dolcezza ed una vitalità che nessun componente di quella tetra famiglia aveva mai avuto.

L’incarnato chiaro, i lineamenti delicati, una bocca rossa perfetta.

Osservarla era come vedere una Bellatrix diversa, addolcita e più matura, priva di rabbia e di pazzia. Ed era decisamente strano.

Andromeda si alzò in quel momento, rivelando che sotto il mantello da viaggio verde scuro indossava un corto abito di lana bianca dall’aspetto morbidissimo, sopra ad un paio di calze scure. Narcissa ammirava anche il suo modo di vestire.

Si osservarono, ancora in religioso silenzio. E poi accadde.

La maggiore sorrise e non ci fu bisogno d’altro. Non seppero mai chi delle due si fosse fatta avanti per prima, la cosa più importante per loro era essere finalmente l’una nelle braccia dell’altra.

Unite, come erano state un tempo.

Sorelle, come sarebbero sempre state.

Avvolta da quelle braccia gentili e piene d’affetto per lei, Narcissa non potè fare a meno di scoppiare in un pianto liberatorio. A casa. Era a casa.

Il suo cuore parve risvegliarsi in quel momento, gioiva, ricevendo vero affetto dopo tanti anni di freddo e di indifferenza. Troppi anni.

-Mi dispiace, Andromeda! Mi dispiace tanto!- singhiozzò tra le lacrime, stringendo la sorella più che poteva. –Ti prego perdonami!-

-Shhhh, piccola…- le mormorava dolcemente Andromeda, accarezzandole i capelli con fare materno. –Non piangere, tranquilla. Va tutto bene.-

Quella voce….

Quanto le era mancata quella voce, così dolce e rassicurante.

Improvvisamente tutti quegli anni di distanza erano svaniti, lasciando il posto a tutti i bei ricordi che aveva condiviso con quella ragazza così importante per lei.

Le storie. I racconti. Dromeda era bravissima a raccontare le fiabe, lo faceva sempre, ogni volta che lei lo chiedeva.

Le risate, gli abbracci, l’affetto…

I biscotti. Odore di biscotti al cioccolato appena sfornati.

Sua sorella li preparava tutte le domeniche, di mattina presto, e poi correva sempre a portarglieli ancora caldi, sistemati in un fazzolettino profumato.

Bellatrix si era sempre rifiutata di mangiarli, lei invece ne era golosissima.

Andromeda le era sempre stata vicino, le aveva dato tutto l’affetto ed il calore che tutto il resto della famiglia le aveva sempre negato. Le aveva permesso di dormire nel suo letto durante le notti di temporale, quando lei era piccola ed aveva paura dei tuoni; le aveva curato le ferite che a volte si procurava cadendo; le aveva corretto i compiti che la tutrice severissima le assegnava; l’aveva consolata asciugando le sue lacrime quando piangeva; aveva giocato con lei, prendendo il tè con le sue bambole.

Poi se ne era andata.

E lei, forse perché troppo piccola, non aveva fatto nulla per ritrovarla.

Ad un tratto Andromeda si allontanò da lei, sorridendole, e le asciugò delicatamente le lacrime con le dita, guardandola con affetto. –Basta lacrime, su.- fece, scherzosa. –Sei cresciuta così tanto, piccola. Sei quasi donna e sei bellissima! Sono veramente orgogliosa, sai?-

-Davvero?- mormorò Narcissa, insicura.

-Certo!- rispose subito la maggiore. –Quando Sirius mi ha scritto dicendomi che volevi vedermi non riuscivo a crederci, sai? Ho pianto di gioia! Non mi sembrava vero! Mi sei mancata così tanto, Cissa!- aggiunse con gli occhi lucidi di commozione.

-Vero!- si intromise Sirius, divertito. –Se vuoi ti mostro la lettera di risposta di Dromeda, Cissa! E’ piena di macchie!-

Andromeda rise facendo una smorfia buffissima al cugino che provocò il riso anche in Narcissa, che si sentiva terribilmente frastornata da tutte quelle emozioni. Non le sembrava ancora vero.

-Signor Black, credo che sia l’ora di lasciare le due sorelle da sole.- fece Silente, mettendosi in piedi e raggiungendo la porta del suo ufficio. Sorrideva bonario.

-Certamente.- assentì Sirius. –Ci vediamo al Grifondoro, Dromeda!-

Prima di andarsene, l’anziano preside sorrise nuovamente a Narcissa. Gli occhi azzurri parevano brillare dietro quelle lenti a mezza luna.

Poi la stanza fu tutta loro ed Andromeda invitò la più piccola a sedersi con lei in uno dei comodi divanetti rivestiti di velluto. Ordinarono del tè che subito apparve davanti a loro, fumante e profumato. Lo sorbirono in silenzio, godendosi quella pace che le univa. Fu la maggiore delle due a parlare per prima.

-Sirius mi ha detto del tuo incidente.- disse ad un tratto, facendo tremare Narcissa, che abbassò subito lo sguardo. –E mi ha detto di Lucius Malfoy.-

Freddo. Adesso la giovane Serpeverde sentiva un freddo tremendo. Dovevano davvero parlare del suo fidanzato? Già sentiva l’ombra di lui cominciare ad inghiottire l’armonia e la pace che era appena riuscita a trovare. Dovevano veramente parlare di lui? Non potevano semplicemente far finta di nulla?

-Tesoro, non chiuderti adesso. So che è stato Malfoy a farti del male. Sirius ne è convinto e lo sono anche io. Credevo che tu mi avessi cercata anche per questo, per aiutarti. Non è così?-

Era veramente per quello? L’aveva chiamata per cercare aiuto? No, non solo per quello. In realtà… voleva soltanto rivederla, sentire un po’ d’affetto sincero. Non sperava certo che sua sorella riuscisse a salvarla dal suo destino. Voleva soltanto respirare.

-Sì, è vero. Lucius mi ha colpita.- ammise a bassa voce. –Ma non ti ho chiamata per lui. Io volevo soltanto rivederti Andromeda, mi sei mancata molto.-

-Lo so, Cissa. Ma non posso certo restarmene indifferente dopo aver saputo che quel dannato Malfoy ha spedito mia sorella in infermeria dopo averla picchiata.-

-Lo avevo fatto arrabbiare.-

-Non è assolutamente una giustificazione, Narcissa!-

-Che cosa potrei fare secondo te?!- saltò su la più piccola delle Black, accorata. –E’ il mio fidanzato e dovrò sposarlo! Non c’è nulla che si possa fare, Dromeda! Perciò è inutile parlarne!-

-Ma tu non puoi subire ed accettare tutto, te ne rendi conto? E Bellatrix? Bellatrix non vede? Non fa nulla?!-

Un sorriso amaro comparve sulla bocca della minore, mentre nuove lacrime minacciavano di uscire. –Vede. E non fa niente.- ammise, sconfitta. –Dice che me lo merito, che sono troppo simile a te.-

-Che cosa?!- esalò Andromeda, incredula. Il suo sguardo si era incupito. –Non riesco a crederlo. Non riesco ad accettare che Bellatrix…- ma interruppe la frase, disperata, senza forze. –Ed immagino che quei due esseri senza cuore che abbiamo come genitori non si preoccupino affatto di te.- fece con amarezza.

-Vogliono soltanto che sposi Lucius e che sia una buona moglie.-

Una lacrima sfuggì al suo controllo, rigandole una guancia. Si vergognava terribilmente, non riusciva a far altro che piangere.

Sua sorella la strinse nuovamente a sé, lasciando che si sfogasse, confortandola come aveva sempre fatto. Non parlò fino a quando non si fu calmata.

-Narcissa, ascolta. La tua situazione è orribile e mi si strazia il cuore sapendoti in queste condizioni. Ma un modo c’è per salvarti e tu sai di cosa sto parlando.- mormorò, non cessando di accarezzarle i capelli biondissimi.

-Lasciare la famiglia Black.- sussurrò la Serpeverde, spaventata.

-Devi avere coraggio, Narcissa. E’ l’unico modo. Potresti venire a vivere da me.-

-Ma io…-

-E’ una scelta tua, tesoro.- le disse Andromeda, dolcemente. –Devi salvarti da sola, nessun altro può. Devi volerlo tu. Guarda il tuo futuro e decidi. Sappi solo che se lascerai la famiglia, non sarai sola. Io e Sirius ti staremo vicino, la mia casa diventerà anche la tua, se lo vorrai.-

In silenzio, Narcissa annuì. Già immaginava le urla di suo padre, già poteva vedere sua zia che cancellava anche il suo nome dal prestigioso arazzo dei Black.

Le importava davvero?

La sua libertà in fondo non aveva prezzo. Ed Andromeda sembrava così felice, così libera da quelle opprimenti catene… Forse anche lei sarebbe riuscita a trovare la sua libertà, la sua felicità. Doveva solo avere coraggio e fare il salto.

Come aveva fatto sua sorella. Come aveva fatto Sirius.

Dromeda sarebbe stata la sua stella, l’avrebbe guidata.

-Ascolta, faremo in questo modo.- cominciò la maggiore, sorridendo rassicurante.

-Quest’anno Malfoy e Bellatrix si diplomeranno e tu sarai libera. Non avrai più la loro presenza ad opprimerti. Finirai gli studi e ti diplomerai, come non ho fatto io. Non voglio che tu faccia i miei stessi errori. E dopo questi ultimi due anni, se ancora lo vorrai, lascerai la famiglia e verrai a vivere da me. Casa mia è molto grande, avresti una stanza tutta tua! E ti rifarai una vita, tesoro!-

Suonava stupendo, quasi irreale.

Vivere con Andromeda sarebbe stato meraviglioso, avrebbe potuto vivere una vita vera, come una ragazza normale. Doveva solo trovare la forza di dire addio.

-Ted sarebbe felicissimo di conoscerti!- fece sua sorella ad un tratto.

-Ted?-

-Mio marito. Immagino che nessuno ti abbia parlato di lui.-

-No, mi dispiace.- ammise Narcissa, dispiaciuta. –Com’è? Ti rende felice?- chiese, curiosa di conoscere tutto della vita dell’altra.

-E’ l’amore della mia vita, Cissa. Non mi sono mai pentita delle scelte che ho fatto, mai, credimi. Lui mi fa sentire amata e protetta, la donna più felice del mondo. Sento di vivere unicamente per lui ed è bellissimo!- le rispose con gli occhi che brillavano per l’emozione. –Ted è una persona estremamente altruista e generosa, non conosce assolutamente il male ed il dolore che mi ha accompagnata nei primi anni della mia vita. Ti accoglierebbe a braccia aperte!-

-Vorrei tanto conoscerlo, sembra davvero un uomo fantastico.- fece Narcissa, sinceramente felice per la sorella.

-Lo conoscerai! E ti presenterò anche un’altra persona!- disse Andromeda, sorridendo contenta. –Io e Ted abbiamo una bambina! Sirius non te lo ha detto?-

-Cosa?- balbettò la bionda, incredula. –Una… una bambina? S-Sono zia?-

Non riusciva a crederci! Una bambina! La figlia di sua sorella, sua nipote. Sentì il cuore cominciare a battere fortissimo per l’emozione ed il desiderio di incontrare quella piccola creatura il più presto possibile.

-Oh, Andromeda, io… io…- ma non riuscì a dire nulla, correndo ad abbracciarla. –Già so che è bellissima!- mormorò, felice.

Andromeda ricambiò l’abbraccio, commossa. –Sono felice di sapere che la nascita di mia figlia sia una gioia per te, anche se non è purosangue.-

-Non dire sciocchezze!- fece subito Narcissa, felicissima. –E’ tua figlia, non importa altro per me! Vorrei averla subito tra le mie braccia! Quanti anni ha? Come si chiama?-

-Ne avrà tre tra non molto ed è in piena salute! Ha gli occhioni blu dei Black ed è una Metamorfomagus, sai?- rispose prontamente la maggiore, orgogliosa. –Deve avere ereditato questo potere da qualche nostro prozio, credo. Io e Ted abbiamo deciso di chiamarla Ninfadora!-

-Ninfadora?- ripetè Narcissa, dubbiosa. –Non sarà un po’ troppo originale?-

-Cissa, non ti ci metterai anche tu a prenderla in giro!- scherzò Dromeda. –Già ci pensano Sirius e quel matto di James! Ninfadora andrà benissimo! Sono sicura che le piacerà un sacco!- aggiunse, convinta.

Passarono più di un’ora a parlare della piccola Ninfadora e delle sue avventure. Narcissa voleva sapere tutto di sua nipote e rideva di gusto, quando Andromeda la informava di qualche pasticcio combinato dalla bambina.

La giovane Serpeverde venne a sapere che tutti i membri della famiglia Black erano a conoscenza della nascita della piccola, ma che era stato vietato a tutti di parlarne, ecco perché lei non ne sapeva nulla.

La bambina non sarebbe mai stata una Black, di conseguenza era inutile parlarne. Questo non faceva altro che darle un’ulteriore conferma su che razza di persone fossero i suoi genitori.

Si era ormai fatto tardi, quando entrambe decisero di alzarsi e lasciare l’ufficio del preside. Era ora di cena ed Andromeda aveva appuntamento con uno strampalato gruppo di Grifondoro combina guai.

-Mi raccomando, Cissa. Pensa bene a ciò che ti ho detto e decidi con calma. Sarà il nostro segreto.-

Annuendo, la giovane Serpeverde si disse che nel suo cuore aveva già la risposta, non aveva bisogno di pensare oltre. Avrebbe terminato gli studi e sarebbe corsa da sua sorella maggiore senza esitazioni.

Sorridevano entrambe mentre uscivano dalla stanza del preside, chiudendosi la porta alle spalle, e si avviavano giù per la scala a chiocciola. Ma non appena furono in corridoio ad attenderle trovarono una doccia gelata ed una morsa al cuore.

Bellatrix Black se ne stava appoggiata ad una parete, bella e velenosa, con l’aria apparentemente indifferente. Fumava tranquilla, non sembrava affatto furente come invece Narcissa si sarebbe aspettata.

Vestiva di nero. L’unico colore che amava. La Dea del male di Serpeverde.

-Bellatrix…- mormorò Andromeda, senza parole.

-Andromeda.- la salutò Bella, con un ironico cenno della testa. –Che persona orribile che sei, mia cara. Vieni a trovare Narcissa, ma ignori me? Non sapevo facessi preferenze.- la schernì.

Semi nascosta dietro Dromeda, Narcissa si sentì morire. Non avrebbe mai voluto che le sue due sorelle si incontrassero, era stanca di urla ed incomprensioni. Non avrebbe più tollerato tutto quell’odio.

-Come facevi a sapere che sarei venuta oggi, Bella? Gli unici a saperlo eravamo io, Cissa, Silente, Sirius ed i suoi amici.- fece la più grande delle sorelle, dura.

Un pauroso ghigno piegò la bocca rossa e perfetta di Bellatrix. –Ho un bravissimo informatore, tutto qua.- rispose, per poi portare la propria attenzione su Narcissa.

-Complimenti sorellina, immagino che i nostri genitori saranno assai lieti di sapere con chi hai deciso di riallacciare legami. Davvero brava.-

-Se provi a mettere nei guai Cissa, io…- cominciò Andromeda, furente.

-Tu cosa?- la provocò Bellatrix. –Cosa farai, sentiamo? Sei sempre stata un’incapace! Potrei ucciderti lì dove sei, razza di feccia umana!-

-Bella!- strillò Narcissa, sconvolta da quelle parole.

Ma non c’era posto per lei in quella disputa, se ne rese subito conto.

Bellatrix ed Andromeda si stavano fissando con astio, senza minimamente curarsi di lei, la loro era una faccenda privata. Non poteva fermarle.

-Non pensavo che ti avrei mai rivisto, Dromeda. La favolosa stella dei Black!- esclamò Bella, prendendosi gioco della sorella. –Sai che ti dico, signora Tonks? Più che una stella luminosa, mi sei sempre sembrata una stella cadente. Cadere nel fango è l’unica cosa che hai sempre saputo fare bene.-

Un sorriso amaro e triste comparve sul volto dell’altra. –Beh, se ti interessa saperlo, Bella, per me tu invece non sei mai stata una stella. Piuttosto un buco nero.-

La risata sguaiata di Bellatrix Black riempì tutto il corridoio deserto, facendo tremare Narcissa, che si avvicinò di più ad Andromeda, timorosa.

Pazza, Bellatrix era semplicemente pazza. Non c’erano altre spiegazioni.

Ed era strano osservare quelle due sorelle così uguali e così diverse, era quasi raccapricciante. Sembravano l’una il riflesso allo specchio dell’altra.

Le doppie facce di una medaglia.

Un angelo ed un demone con lo stesso volto.

-Hai ragione, sono proprio un buco nero.- fece Bella, divertita. –E sai che ti dico, sorella? Prima di collassare, ti assicuro che avrò inghiottito tutto ciò che mi circonda. Te lo assicuro! Non mi darò pace fino a che non avrò ingoiato anche il più misero essere vivente.-

Agghiacciante. Né Andromeda, né Narcissa riuscirono a dire qualcosa. Erano semplicemente allibite, sconvolte da quella furia tetra e raccapricciante.

Bellatrix non si curò di loro, rideva.

Rideva, gioiosa come una bambina terribilmente divertita dal proprio gioco infantile. Lanciò a mala pena un’occhiata alle due sorelle e poi voltò loro le spalle, scendendo le scale e sparendo nelle ombre che la avvolsero come una madre premurosa.

Le ombre erano la sua casa. La notte la sua dimora.

Pazza. Bellatrix Black era pazza.

 

 

 

 

Quella sera alla Torre di Grifondoro si consumò una cena un po’ arrangiata all’ultimo minuto tra amici di vecchia data, seduti in cerchio sul pavimento della Sala Comune, vicino al camino con il fuoco acceso.

Sirius aveva fatto un giro nelle cucine ed era riuscito a sgraffignare quanto più possibile dai preparativi per la cena della Sala Grande, facendo felici i poveri elfi domestici, contentissimi di essere stati utili.

Inutile dire che Andromeda Black era l’indiscusso ospite d’onore e che l’attenzione di tutti era concentrata su di lei, che in quel momento stava parlando della figlia, facendo ridere i ragazzi.

-Dovreste vedere che capelli rosa che si è fatta venire! Quella bambina è prodigiosa!- esclamò, ovviamente piena di orgoglio materno.

-Dora è davvero una bambina deliziosa.- disse Remus, posando una bottiglia semi vuota di Burrobirra vicino a sé. –Tra un mese è il suo compleanno, vero?-

-Giusto!- fece anche Sirius, con la bocca piena.

-Andromeda, ma davvero non hai portato nessuna foto? Avrei tanto voluto vederla!- si intromise Victoria, seduta vicino a Sirius. Era sempre stata innamorata della piccola Ninfadora, l’aveva adorata dal primo momento che l’aveva vista.

C’era da dire poi che quella piccola peste sapeva bene come conquistare le persone.

-Purtroppo no.- rispose Andromeda. –Sono venuta di corsa e non ci ho proprio pensato, scusa Vick.-

-Beh, possiamo sempre venire a farvi una visita per le vacanze di Natale.- fece Sirius, contento. –Siete a casa, no?-

-Sì, sì. Resteremo a casa, non è decisamente il momento adatto per fare viaggi.- fu la risposta di sua cugina. –Venite pure! Ninfadora sarà felicissima!-

Vedendo Sirius ridere e scherzare rilassato tra i suoi amici, Andromeda decise di tenere per sé il suo scontro con Bellatrix, non era il caso di far preoccupare il ragazzo più del necessario. Non voleva turbarlo, conosceva il suo carattere.

Sfoderò perciò il suo sorriso più luminoso e decise di allontanare i brutti pensieri su sua sorella da quella serata.

-Dunque è proprio vero?- chiese ad un tratto, osservando furba Victoria. –E’ vero ciò che mio cugino mi ha detto su di voi, Vick?-

Ovviamente la Grifondoro arrossì, ma si riprese subito, uscendosene con un grintoso:

-E’ verissimo, per Merlino!- che fece scoppiare tutti a ridere.

Dromeda era assolutamente felice ed abbracciò subito la Olsen, che ricambiò l’abbraccio un po’ imbarazzata.

-Tesoro, sono davvero felice per te! L’ho sperato tanto!- disse con sincerità, per poi scoccare un’occhiataccia al cugino. –Siri, se osi far star male questa ragazza meravigliosa la fattura che ti lancerò non te la toglierà nessuno, garantito!- minacciò, fingendosi severa.

Sirius rise, non riuscendo a rimanere serio. –Sì, signora!- fece, allegro.

Remus rideva, osservando divertito la scenetta. In quel momento di allegria gli venne da pensare a James, ancora addormentato in infermeria, e a Lily, che non vedeva da dopo le lezioni.

Lui e Sirius le avevano chiesto di unirsi alla loro cena, dove avrebbe potuto anche conoscere Andromeda, ma la rossa, mortificata, aveva declinato l’invito, dicendo di portare i suoi saluti alla cugina di Black da parte sua.

Era stata sincera quando aveva detto che avrebbe partecipato davvero volentieri alla loro rimpatriata, ma a detta sua aveva ancora molto lavoro da sbrigare in biblioteca, dove sarebbe andata subito dopo aver mangiato qualcosa in Sala Grande.

Lupin era sempre più convinto che la Evans non si stesse solamente dedicando ai compiti di scuola, doveva esserci dell’altro sotto.

Quella ragazza stava cercando qualcosa in quella biblioteca.

-Peccato che Lily non sia venuta, ti sarebbe piaciuta!- stava dicendo Victoria proprio in quel momento, destando Remus dai suoi pensieri.

-Certo!- fece Andromeda, allegra. –In pratica è la ragazza di James, giusto?-

Sirius e Victoria risero, perfidi.

Peter, che non aveva spiccicato parola per tutta la cena, fece un sorrisino che poteva dire tutto e niente.

-Allora?- li incalzò la Black.

-Beh, ancora non stanno insieme ufficialmente, ma, cavolo!, è come se fossero davvero una coppia, credimi!- le rispose Vick, ottenendo subito il consenso di Sirius.

-Magnifico!- ghignò Andromeda. –Sirius Black accoppiato e James Potter in procinto di diventarlo a sua volta. Immagino ci sia la fila per lanciarsi dalla Torre di Astronomia! Povere ragazze!-

E giù a ridere tutti quanti. Victoria aveva le lacrime agli occhi. –Grande sorella!- strepitò, compiaciuta.

Le due ragazze si dettero il cinque.

Quando cominciarono ad arrivare i primi studenti sazi dell’abbondante cena in Sala Grande, il gruppetto decise di spostarsi nella stanza dei Malandrini, dove avrebbero potuto parlare per qualche altro minuto senza essere disturbati.

Victoria ed Andromeda si sistemarono sul letto vuoto di James, sul quale, tra l’altro, si era spostata la conversazione.

-E quindi non si sveglia ancora?- chiese Andromeda, preoccupata. –Povero James, mi piacerebbe andare a vederlo.-

-Oggi non si può.- la informò Remus. –Sono venuti i Potter per stare tutto il giorno con lui ed il preside ci ha chiesto di rimandare le nostre visite a domani.-

-Capisco.- mormorò la ragazza. –Vedrete che andrà tutto bene, James è uno tosto!-

Black e Lupin annuirono, ma dalle loro face era palese che non si sarebbero tranquillizzati fino a quando non avessero riavuto Potter tra loro.

-Siamo stati da Hagrid per sapere di questa creatura…- cominciò Vick all’improvviso, seria. –Ma non ha voluto dirci niente. Nessuno ci dice niente a dire il vero.-

Sospirando, Andromeda abbassò lo sguardo, scura in volto.

-Ragazzi, vi prego di non fare niente di insensato. James si riprenderà, perciò state tranquilli ed aspettate, non è affatto il caso che vi mettiate in cerca del mostro da soli nella Foresta Proibita. Sì, esatto.- sorrise, vedendo le espressioni colpevoli dei ragazzi. –So che ci avete pensato, ma non fatelo, ok? Non vi rendete conto, non avete la minima idea di cosa c’è fuori da questo castello.-

Il silenzio parve addensarsi intorno a loro, l’aria farsi più cupa. Dell’atmosfera allegra e scherzosa di poco prima non c’era più traccia.

Victoria Olsen trattenne il fiato.

-La Gazzetta del Profeta non riporta tutte quante le notizie, ragazzi. C’è tanta censura da parte del Ministero della Magia, datemi retta.-

-Che cosa?- fece Remus, sconvolto.

-Proprio così, ragazzi. E intanto fuori la gente continua a sparire. Due giorni fa è scomparsa nel nulla un’intera famiglia di babbani, in Galles. E voci dicono che il capo del dipartimento Catastrofi ed Incidenti Magici sia stato sotto Imperius fino a pochi giorni fa. Non capite? Si sta muovendo!-

-Qui a scuola non ne parliamo mai.- mormorò Sirius, cupo. –Sembra quasi impossibile che esista qualcuno del genere là fuori.-

-Lo so.- fece Andromeda. –Qui ad Hogwarts siete protetti ed al sicuro. Pare che Voi-Sapete-Chi non abbia intenzione di sfidare Silente. Resta il fatto che fuori sta continuando ad arruolare maghi e streghe e ne sta trovando veramente tanti! Ed è questo che mi sconvolge più di qualsiasi altra cosa! Non avrei mai immaginato che ci fossero così tanti maghi fissati con la purezza del sangue!-

Peter Minus aveva abbassato lo sguardo, finendo con l’osservarsi le scarpe in religioso silenzio, quasi estraniato dalla conversazione.

-La purezza del sangue è una scusa! Quel pazzo vuole solo potere!- sbottò Victoria, stringendosi nelle spalle. Era spaventata.

-Questo è chiaro.- fece anche Remus. –Ma è vergognoso sapere che tanti maghi sono disposti a seguirlo!-

-Sicuramente nella sua cerchia c’è anche qualche Black.- rognò Sirius. –Bellatrix per esempio.- aggiunse subito, freddo.

-Non ne abbiamo la prova!- lo riprese Remus.

-No, ma potrebbe esserlo.- dichiarò Andromeda. –I Black sono sempre stati fissati con la purezza del sangue, non sarebbe tanto strano vederli marciare con Lui. E sicuramente anche i Malfoy ci sono dentro fino al collo.-

-E i Lestrange.- aggiunse Victoria. –Rodolphus ha usato la maledizione Cruciatus su di me e sapeva usarla bene.- fece, stringendo i denti.

Ci fu un attimo di silenzio in cui Sirius sentì crescere nuovamente dentro di sé una rabbia disumana ed il desiderio di ammazzare tutti i Serpeverde con le sue stesse mani. Lestrange per primo.

-Potrebbe essere chiunque.- mormorò Andromeda. –Si nascondono. E quando si ritrovano per le loro missioni sono sempre incappucciati. Si fanno chiamare Mangiamorte e comunicano tra di loro tramite uno strano tatuaggio che hanno sul polso.- li informò, abbassando la voce. –E mentre il Ministero ha troppa paura per dire le cose come stanno ed informare i cittadini, loro non perdono tempo ed agiscono. Cercano di portare più maghi possibili dalla loro parte. Pare che ogni mago purosangue di Inghilterra abbia ricevuto uno strano libricino contente il credo dei Mangiamorte. Appare dal nulla, sapete? Non ti arriva via Gufo. Semplicemente un giorno te lo ritrovi in casa e non puoi gettarlo via. Riappare sempre.-

-Come lo sai?- domandò Sirius, sentendosi rabbrividire.

-Perché l’ho ricevuto anche io.- fu la sconvolgente risposta di sua cugina. –E non c’è verso di liberarsene. E’ pieno di magia oscura, molto potente. E le parole che racchiude in sé sono ancor più pericolose.-

Nel buio di quella stanza, un tempo luminosa e piena di risate, i quattro ragazzi si ritrovarono sbattuta in faccia una realtà che avevano ignorato per fin troppo tempo. Quella scuola li aveva protetti per tanti anni, era stato come vivere completamente isolati dal mondo. Ad Hogwarts tutto andava bene. Nessuno moriva, nessuno spariva. Udendo il terribile racconto di Andromeda, tutti loro rabbrividirono.

-Ma di cosa parla questo libro?- ebbe il coraggio di chiedere Victoria.

Andromeda Black Tonks sorrise mestamente.

-L’importanza del sangue.- cominciò. –Come riconoscere i mezzosangue, come trovare i babbani. Come ucciderli. Descrive il viaggio verso una nuova era, verso un mondo di pace, dove soltanto coloro dal sangue puro saranno vivi. Incoraggia ad uccidere per un bene superiore. Cerca di convincere chi lo legge a credere nella folle utopia di quel mostro.- mormorò cupamente. –Il manuale del perfetto Mangiamorte.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!! Dio grazie ho finito questo capitolo, sono distrutta! Non scherzo! È’ stato un parto molto lungo, sapete?

E’ stata una bella macedonia, non c’è che dire. Ma mi sono voluta occupare un po’ di tutti, senza tralasciare nessuno. Però è stato uno sforzo enorme.

Direi che ho appena messo le carte in tavola, ragazzi!

Che dire? Due cose.

La prima è che sono in crisi d’astinenza e se il mio James non torna nella storia rischio di impazzire di brutto.

La seconda riguarda il rapporto Julian-James-Sirius. Quando aveva 11 anni Sirius era seriamente geloso dell’amicizia che c’era tra James e Julian. Ma era un bambino. Adesso è cresciuto e tra lui ed Harris c’è una buona amicizia, soltanto che per abitudine amano punzecchiarsi. Perciò non prendete troppo sul serio la descrizione che ho fatto del loro rapporto nel capitolo, voleva essere scherzosa.

Black non è così infantile da avercela con qualcuno solo perché è molto legato a James.

Chiarito questo, passo ai ringraziamenti.

 

Aimer: Salve! Grazie infinite per la marea di complimenti che mi hai fatto, non so davvero cosa rispondere, anche perché mi imbarazzo facilmente! Che dire? Faccio del mio meglio e se i risultati si vedono questo non può che farmi piacere. Spero che continuerai a seguire la mia storia! A presto! ^^

Finleyna 4 Ever: Davvero trovi Savannah simpatica? Beh, ne sono contenta! Grazie mille per la recensione! A presto!

Robert90: Ti è sul serio piaciuto il capitolo enciclopedia? Ahahaah Bene, sono contenta! Mi fa piacere! Temevo davvero che non sarebbe piaciuto molto ed invece mi hai stupito! Grazie per i complimenti! Al prossimo capitolo! ^^

LilyProngs: Intanto una cosa che non ti ho mai detto, adoro il tuo nick. <3 La tua recensione mi ha commossa, sul serio. Mi ha fatto venire i brividi e non  ho parole sufficienti per poterti esprimere la mia gratitudine. Ti dirò “grazie”, ma sappi che dietro questa parola c’è veramente tantissimo. Sono davvero felice. Le tue parole mi hanno dato ancora più voglia di scrivere! Quando ti dedichi tanto in un progetto, ricevere certi complimenti riesce a dare una forza inaudita. Perciò, davvero, ancora grazie di cuore!

Giunigiu95: Hey! Grazie mille! Addirittura trovi il capitolo stupendo? *me gongola* Eh, sì. Peter è proprio andato a fare ciò che dici tu. E no, Bella non conosce il segreto di James. Per quanto riguarda Sirius… poveretto, trovarsi a tavola gente come Edward Havisham era all’ordine del giorno! Un motivo in più per cui scappare, non trovi? Eheheheheheheh

Chiara88: Grazie mille per i complimenti! Anche a me è piaciuto l’incontro madre/figlio, anche se ogni volta che lo leggo, penso che avrei potuto scriverlo molto meglio… ma vabbè! Adesso la storia sarà tutta in discesa. Ho messo le carte in tavola e non resta che giocare. Lo vedrai non appena James si sveglierà.

Sihu: Grazie per le belle parole! Eheheheh quando James si sveglierà sarà tutta una serie di eventi, lo vedrai! Spero che continuerai a seguire! A presto!

PrincessMarauders: Grazie per la recensione! Credo che tutti quanti abbiamo tirato un sospiro di sollievo ora che i due testoni si sono messi insieme! :D Per James non ti preoccupare, ha scelto la luce. E una volta presa una strada non la lascia più. ^_-

Brando: Ciao! Credo che tu abbia davvero colto tutto nello scorso capitolo, quindi non posso fare altro che sorridere soddisfatta e quotarti in pieno! A presto! ^^

Black_Witch: Sorellaaaaaaaaaaaaaa!!!!! Mio Dio se mi sei mancata! Come va? Come potrai aver notato in questo capitolo, alla fine tutti abbiamo ringraziato la cara Hamilton ed aggiungerei “meno male c’era lei!” Per James tranquilla, sai che lo amo, non gli farei mai del male. ^^ Vedrai da sola come andrà la storia. Per Peter, beh, hai già capito tutto tesoro! Un bacione! <3

Sara_the_slayer: Oddio, ti ringrazio per la maratona che ti sei fatta per leggere tutta la storia! Mi immagino quanto hanno protestato i tuoi poveri occhi! Anche io amo James, proprio come te, e sono contenta che ti piaccia il mio modo di descriverlo. Per Lily lo so, ne sono consapevole. Ho creato una Lily diversa da quella che ci immaginiamo tutti, ma ho voluto rischiare e ti ringrazio di aver continuato a leggere la fic nonostante i tuoi dubbi. Ti dico solo che Lily diventerà la splendida donna che tutti ci immaginiamo, ma dopo il suo personale viaggio. Crescerà nella storia. Davvero, grazie per tutti i tuoi complimenti, mi hanno fatto piacere. E non preoccuparti delle recensioni lunghe. Più scrivete, più io sono felice! A presto!

Anna Mellory: Beh, spero che il capitolo nuovo ti sia piaciuto! A presto e grazie!

Novembre: Ciaooo! Grazie tante per i tuoi soliti complimenti che non mancano mai! Grazie davvero! Purtroppo per James e Lily bisogna aspettare un altro pochettino. Credimi, mancano tantissimo pure a me! Non ce la faccio piùùùù! XD

Mimmyna: Ciao! Scusa il ritardo con l’aggiornamento, ma è stata una faticaccia! XD Grazie tante per i complimenti, fa sempre piacere riceverli! A quanto pare la scena madre/figlio ha avuto successo! Non posso che esserne felice! X3

Myki: Ed ecco anche te! Vuoi farmi morire di cuore? XD Grazie, grazie, grazie, grazie! Quante volte devo dirlo? Beh, ormai ti ho spiegato quanto il tuo parere sia prezioso per me! E sono strafelice che tu abbia notato Julian. È un esperimento, sai? Spero tanto che riesca bene! Incrocio le dita! Ovviamente leggerò il libro che mi hai consigliato appena sarò libera dagli esami. Sì, la scena di Julian indifferente e poi preoccupato non è stata un caso e credo che tu lo abbia capito leggendo questo ultimo capitolo. Scoprirai presto che per il caro Harris l’indifferenza è tutto, ma ci sono alcune persone che riescono a smuoverlo. Una è proprio James. Gli vuole veramente bene. Le altre persone, beh… lo vedrai! XD Gli accenni li adoro, mi diverto troppo a farli. E prendermela con Peter è una goduria, anche se mi sto affezionando a questo personaggio e, in modo contorto, sto pure cominciando a capirlo! Sono felice che ti sia piaciuta la presentazione di Havisham, in realtà non è stata molto studiata, ma sono felice che abbia fatto il suo effetto. Poi Sirius. Sì, ho deliberatamente reso il suo umore a scatti. Perché lui lo vedo così, caotico e passionale. Come l’estate. Ti alzi ed i cielo è sereno, poi tempo poco ed arriva il temporale. Era confuso, sconvolto. E Lily, beh, la sto massacrando alla grande, non trovi? XD Veniamo alla parte finale. Sì, c’è uno strano triangolo. Tom-James-Edward. Ma la cosa è complicata e forse l’unico modo per capirla davvero è andare avanti con la storia. Ti dico solo che James non si lascerà confondere tanto facilmente da nessuno. Ha scelto la luce, sempre e comunque. E nel discorso di Savannah, beh, c’è tanto. E credo tu lo abbia capito.

Grazie di cuore, cara! ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** My Part In This World ***


CAPITOLO 23  “MY PART IN THIS WORLD”

 

 

 

 

When the dark wood fell before me
And all the paths were overgrown
When the priests of pride say there is no other way
I tilled the sorrows of stone

I did not believe because I could not see
Though you came to me in the night
When the dawn seemed forever lost
You showed me your love in the light of the stars

 

 

 

 

Pioveva quella fredda mattina del sei Novembre ed il sole faticava a sorgere, intrappolato da pensanti coltri di nubi cariche di pioggia.

Raffiche di vento gelido colpivano, sferzanti, l’erba verde dell’immenso parco di Hogwarts, increspavano l’acqua sempre calma del lago nero ed attaccavano, bellicose, le imponenti vetrate del castello, il quale si ergeva, silenzioso, in quella indomabile tempesta. Le nubi erano arrivate di notte, quando ormai ogni studente aveva raggiunto il proprio letto, e si erano ammassate tra di loro, pronte a dare inizio al loro tetro concerto.

Gli alberi della Foresta Proibita frusciavano cupamente, quasi costretti a piegarsi sotto l’implacabile potenza del vento, quando un fulmine biancastro squarciò il cielo nero, seguito da un tuono.

Lo scrosciare dell’acqua era incessante. E la capanna di Hagrid, il guardiacaccia, appariva come una povera vittima massacrata senza pietà e priva di un qualsiasi attimo di tregua. La pioggia tentava in ogni modo di schiacciarla.

Se qualcuno si fosse trovato in giro per il parco quella mattina, avrebbe distinto chiaramente i latrati terrorizzati del povero Thor, il cagnone del custode di Hogwarts, che si confondevano con il persistente rumore delle gocce d’acqua che colpivano ripetutamente terra.

E non solo, avrebbe anche potuto notare dei movimenti affaccendati in direzione delle serre di Erbologia. Niente di preoccupante. Era solamente la povera professoressa Sprite, che, scarruffata e zuppa fino al midollo, era uscita a quell’ora improponibile del mattino e con quel tempo infame per correre in aiuto delle sue tanto amate piante.

Non erano ancora le sette del mattino e tutti gli abitanti del castello si trovavano ancora nei loro letti, placidamente abbandonati tra le braccia di Morfeo per almeno un’altra ora buona.

Tutti. Tutti tranne delle eccezioni.

Bellatrix Black osservava con un misto di ammirazione e piacere quello spettacolo della natura completamente in balia di una rivoluzione che appariva senza fine. Aveva sempre amato i temporali, fin da quando era molto piccola.

Il cielo improvvisamente si oscurava, allontanando la patetica luce, e tutto cominciava. L’aria sembrava tremare, ricca di una nuova ed oscura energia, si alzava il vento, l’acqua scendeva con violenza travolgendo tutto senza pietà ed i fulmini tagliavano la volta celeste come enormi graffi.

E lei stava lì, poggiata contro una vetrata, ad ammirare quel temporale come innamorata. Oh, come avrebbe voluto volentieri farne parte!

Peter Minus, seduto al contrario su una sedia vecchia e logora, non le toglieva gli occhi di dosso, pensando a quanto Bellatrix e quella tempesta, in fin dei conti, si assomigliassero. La violenza, l’impetuosità, il caos… erano tutte cose che appartenevano alla sua meravigliosa venere nera.

Si trovavano in un’aula deserta, vecchissima e piena di polvere, che era situata in una delle tante sconosciute torrette del castello. Soltanto un malandrino come lui avrebbe potuto conoscere quel luogo. Beh, ora lo conosceva anche Bella.

Entrambi indossavano già l’uniforme della propria Casa, pronti per scendere a colazione e confondersi con gli altri studenti.

Come se non fosse accaduto niente.

Come se non si fossero mai incontrati.

-E’ strano che tu sia finito tra i Grifondoro, non trovi Peter?- fece Bellatrix all’improvviso, lo sguardo ancora rivolto all’esterno.

Quella domanda lo colse completamente alla sprovvista, non se l’era mai aspettata.

-Cosa vuoi dire?- mormorò lui, abbassando lo sguardo.

La ragazza rise con freddezza. –Beh, il tradimento non è la qualità preferita di Godric Grifondoro, no?- spiegò. –Saresti stato meglio tra i serpenti, non trovi?-

-Non ci ho mai pensato.- ammise Minus, lo sguardo quasi assente. –E non credo mi importi più di tanto. E comunque non sono un traditore, Bella. Ci sono cose sui ragazzi che non saprai neppure da me!- tentò di provocarla, ma era del tutto inutile.

La Serpeverde rise di lui, divertita. –Tu dici?- fece, voltandosi a guardarlo. –Davvero pensi di non essere un traditore? E chi mi ha detto delle convocazioni sospette di Potter dal preside? Chi mi ha detto della mappa e del mantello dell’invisibilità? Chi mi ha detto di aver trovato un certo James Potter in una pozza di sangue, alla Torre di Astronomia?-

-S-Sono semplici informazioni. Non ho tradito nessuno.-

-Forse hai ragione, ma, lasciatelo dire, sei sulla strada buona per faro.-

Incapace di ribattere, Peter Minus si zittì. Certo, si era allontanato dai suoi amici, ma da qui a dire che li tradiva era troppo, no?

Infondo aveva solo svelato a Bellatrix delle stupidaggini, niente di importante. Non le aveva certo detto di Remus e del fatto che tre dei Malandrini fossero degli Animagi non registrati. Questo non glielo avrebbe mai detto.

C’erano volte che si sentiva in colpa verso i ragazzi, ma durava solo un istante. Non poteva dire loro di Bella, non avrebbero capito. Sirius per primo. Lo avrebbe praticamente ammazzato a mani nude.

Doveva ritornare sui suoi passi? E per cosa?

Per starsene all’ombra di James?

Per essere una nullità in confronto a Remus o a Sirius?

Nessuno aveva mai voluto lui. Nessuno aveva mai cercato lui.

Ma Bellatrix lo aveva scelto, lo aveva chiamato a sé e gli aveva detto che era tutto ciò che voleva e di cui avesse bisogno. E lui non aveva minimamente pensato che quella della Black fosse una trappola. Non si era mai fermato a riflettere e a capire che quelle lusinghe erano una menzogna e che, in realtà, per Bella lui era solo una pedina.

No, non aveva pensato a niente e si era lasciato prendere.

Quelle bugie lo avevano soggiogato. E quel corpo bellissimo lo aveva reso schiavo.

-Che vi ha detto Silente riguardo all’incidente di Potter?- chiese ad un tratto la ragazza, trapassandolo con lo sguardo.

-Quello che ha detto a tutta la scuola. Che James è stato aggredito da un mostro.-

-E tu ci credi?-

-Perché non dovrei? Che altro gli sarebbe accaduto altrimenti?-

Bellatrix non rispose a quella domanda e riportò lo sguardo sul vetro rigato di pioggia.

-Raccontami di nuovo di quando lo hai trovato.-

Peter sbuffò, ma rispose subito. –Te l’ho detto. Ho sentito qualcuno urlare e sono corso a vedere cosa era successo. E James era per terra, nel sangue. C’era sangue ovunque, anche sulle pareti. L’odore era nauseante. E lui era…- mormorò, deglutendo. –Si?- lo incalzò lei.

-Diverso. Era pallido e… era come se tutte le sue vene fossero diventate nere… Aveva degli occhi…! Per Merlino, parevano indemoniati!- esclamò il ragazzo. –E poi sono corso via. Ero terrorizzato!-

Bella si lasciò sfuggire un sorrisetto, soddisfatta. –E questo ti sembra l’aspetto di qualcuno che è stato aggredito da una qualche creatura? Non scherzare, Peter. C’è dell’altro sotto. Credo che il tuo amico Potter ci stia nascondendo qualcosa. La sento spesso dentro di lui… una strana energia…-

-J-James non farebbe male ad una mosca.-

Lei rise. –Il Diavolo ha molte facce.- fece, entusiasta. –Ed io intendo capire.-

Abbassando lo sguardo, Peter scoccò un’occhiata all’orologio magico che teneva al polso sinistro. Era ancora presto per scendere in Sala Grande, Bella sarebbe stata sua ancora per un altro po’. Poi sarebbe svanita, per cercarlo solo quando avrebbe voluto lei. Era sempre stato così tra loro.

-Hai incontrato Andromeda ieri?- chiese, timoroso.

-Oh, sì.- rispose lei, divertita. –E’ stato un bell’incontro, sai? Sono contenta che tu mi abbia informata. Narcissa era a dir poco terrorizzata.- rise. –Scommetto che quella sciocca ha chiesto a Dromeda di salvarla da Lucius! Ridicolo!-

-E tu? Sei contenta di Lestrange?-

Lei lo guardò, lo sguardo che brillava di ironia e divertimento.

-Rodolphus? Beh, è uno come un altro. Perché questa domanda? Sei geloso, Minus?-

-C-Certo che no, s-solo che…-

-Io non sarò mai sua. E neanche tua.- fece lei, dura. –Non sarò mai di nessuno, tutto qui. Perciò non è importante con chi i miei genitori hanno scelto di farmi sposare. Il mio cuore, sempre ammesso che ne abbia uno, resterà vuoto.-

Bugiarda, Bella. Si disse la ragazza dentro di sé.

Quel maledetto pezzo di carne pulsante non era affatto vuoto. E la avvelenava come non mai. Dannato!

Stringendo i pugni, Bella concentrò la sua attenzione sui lampi che attraversavano il cielo colmo di nubi nere. Non voleva pensare.

-Fai sempre domande su James. Si può sapere perché ti interessa tanto?- fece Peter all’improvviso, quasi con rabbia.

Anche se quella domanda l’aveva fatta raggelare, Bella non lo dette a vedere. Era sempre stata brava a fingere. Ed infatti sembrò davvero che quella richiesta non l’avesse affatto colpita.

Chissà che si era messo a pensare Minus. Forse era davvero geloso, dopo tutto.

Povero stupido!

-Mi interessi tu. Ho cercato te, no?- fece, sorridendo al Grifondoro.

-Sì, ma…-

Non si curò più di lui, dandogli definitivamente le spalle. Non tollerava di parlare di James Potter con altri. Era il suo male privato. Era da lì che riusciva a trovare la sua rabbia necessaria.

James Potter.

La sua dannazione.

Il ricordo di quella volta la uccideva. Era veleno. Ne voleva ancora.

Era stato un caos di colori e di pensieri.

Inizialmente un gioco per lei, che aveva preso ad osservarlo.

Lo aveva guardato una mattina di quasi un anno fa. E poi il vortice.

L’aula di pozioni.

I vapori che salivano.

Lui rideva.

Lui seduto accanto a suo cugino.

L’odio per Sirius.

Pensare che la bocca di Potter invitava ai baci più ardenti…

Occhi neri in cui perdersi.

Lo splendido corpo di un atleta.

Capelli neri, ribelli, dove passare le dita.

Era stato un vortice.

Si era detta che sarebbe stato decisamente eccitante scoparsi il miglior amico del suo odiato cugino. Avrebbe fatto a Sirius la bastardata più grande che potesse immaginare.

E sporcare quell’angelo l’avrebbe fatta godere da morire.

Ma James Potter non era un angelo. Non lo era mai stato veramente.

In quella confusione di vapori, colori e voci, i loro occhi si erano incontrati e lei aveva capito tutto, gioendo.

Lui non aveva abbassato lo sguardo, né lo aveva distolto. Aveva continuato a guardarla e in quegli occhi scuri c’era qualcosa che forse nessuno aveva mai notato. Nessuno tranne lei.

James Potter nascondeva qualcosa dentro di sé che aveva paura di mostrare agli altri, ma non a lei. Con lei non aveva motivo di avere paura. E lui aveva un disperato bisogno di lasciarsi andare, per una volta.

Un’occhiata. Un tacito accordo.

Tu usi me. Io uso te.

Un tuono più forte riportò Bella alla realtà, facendola rabbrividire. Pioveva anche quella volta. Anche quella volta il cielo si scioglieva su Hogwarts.

Ed era notte, resa più tetra dal temporale. Forse anche la natura aveva voluto essere testimone di quella colpa. Il peccato di James. E la dannazione di lei.

Lui era spuntato all’improvviso in quel corridoio deserto, illuminato solamente dalla tiepida luce delle torce. Non era mai stato uno che rispettava il coprifuoco, James Potter. Per lui non c’era nulla di strano nel camminare in quel castello buio.

E in quel corridoio c’era lei, seduta per terra, le gambe lunghe stese con tranquillità. Lo aspettava? Forse.

In fondo erano vicini al dormitorio di Serpeverde. Lei non si era poi mossa così tanto. Era stata lei ad attenderlo. Era stato lui a venire, a cercarla.

Per quale altro motivo, altrimenti, si sarebbe dovuto spingere fin ai sotterranei?

Era venuto per lei.

Si erano guardati senza dire una parola.

E poi di nuovo quel vortice. Di nuovo quell’annebbiamento della mente.

L’unica cosa che le era importato in quel momento erano le labbra di lui sulle sue.

E quel bacio famelico che la faceva bruciare dentro. Non le dava tregua.

James non era stato gentile, probabilmente sapeva che con una ragazza come lei poteva semplicemente prendere e basta.

Era quello che voleva anche lei.

Si erano ritrovati al buio di un’aula vuota, forse proprio l’aula di Pozioni, e Bella aveva avuto ciò che voleva. Era stato tutto così dannatamente eccitante che lei avrebbe urlato se la sua bocca non fosse stata impegnata a divorare di baci le labbra morbide e terribilmente sensuali del suo amante.

Il pavimento era freddo sotto di lei, ma la cosa non l’aveva preoccupata.

Spogliarlo le aveva dato una soddisfazione unica. Stringerlo a sé come se fosse stato una sua proprietà l’aveva riempita di un furioso divertimento.

Non aveva più pensato al dispetto che desiderava fare a Sirius. Ogni cosa aveva perso significato. Era stato totale oblio. Lì, in balia di quel ragazzo stupendo.

E quando avevano finito, James non le aveva chiesto scusa. Non era mai stato un tipo ipocrita, lo sapeva bene. E a lei era piaciuto ancora di più.

Piagnistei e scuse l’avrebbero fatta vomitare.

Si erano lasciati senza dirsi niente. Ed il giorno dopo l’angelo era tornato.

Non c’era più traccia del terribile demone che l’aveva dannata la notte prima.

Lui non l’aveva più guardata come quella volta durante l’ora di Pozioni e lei avrebbe anche potuto immaginare che si fosse trattato tutto di un sogno, se solo non avesse avuto come ricordo le impronte delle dita di lui su un fianco.

Piccoli lividi che l’avevano tenuta ancorata a quella loro unica volta.

Ma con il tempo anche questi erano svaniti e lei era rimasta ancorata ad un ricordo, ritrovandosi schiava per la prima volta.

Sì, perché James Potter l’aveva dannata. La voglia di lui riusciva a metterla in ginocchio. Il desiderio di quel corpo la massacrava.

-Bella?- la chiamò Peter all’improvviso.

Lei si riscosse dai suoi pensieri, spostando lo sguardo su Minus.

Il ragazzo si era alzato dalla sedia e si era messo vicino a lei. La guardava.

-Dov’eri finita?-

-Lontano.- rispose lei, pacata. I ricordi che svanivano.

Poi si sentì invadere da una strana euforia e, senza riflettere, aprì la vetrata a cui era stata appoggiata fino a quel momento. Un attimo, ed il vento impetuoso, misto a gocce di pioggia, entrò violento nella torretta, investendo i due ragazzi.

Lei rideva. I capelli che volavano nella corrente, come neri serpenti.

-Ascolta, Peter.- fece lei, euforica. –Ascolta il rumore della tempesta, dello sconvolgimento. Un giorno ne farò parte anche io!- esclamò.

Minus la guardava, confuso. –Non ti capisco, Bella.-

E lei rise di più, gettando indietro la testa.

-Nessuno mi capisce. Nessuno può.- gli rispose. –Ma questa che vedi è la mia natura! Infondo, lo ha detto proprio mia sorella, no? Sono un buco nero. Non mi sentirò soddisfatta fino a quando non avrò ingoiato tutto!-

 

 

 

 

Cast your eyes on the ocean
Cast your soul to the sea
When the dark night seems endless
Please remember me

Then the mountain rose before me
By the deep well of desire
From the fountain of forgiveness
Beyond the ice and fire

 

 

 

Quando Bellatrix Black fece il suo ingresso nella Sala Comune di Serpeverde, cupa e tetra come era sempre stata, non erano ancora le otto e non c’era traccia dei suoi compagni di Casa. Le Serpi erano sempre state molto pigre.

Ad illuminare quella grande sala così fredda e nobile c’era la luce provocata dal fuoco acceso del camino unita a dei sinistri bagliori verdastri provenienti da antiche lampade d’argento. L’illuminazione era scarsa, come sempre, ma lei vi era abituata.

E con sua sorpresa notò che su uno dei divani foderati in pregiato tessuto verde c’era qualcuno ad aspettarla.

La sua bocca rossa si piegò in un ghigno, prima di salutare. –Regulus.-

-Buongiorno, cugina.-

-Da quanto sei sveglio?-

-Da un po’.-

Stiracchiandosi, Bella andò ad accomodarsi su una comoda poltrona situata proprio di fronte al fuoco. Ed osservò attentamente il più giovane dei suoi cugini.

Era un ragazzino, aveva solo tredici anni, eppure se qualcuno riusciva a metterla in soggezione, quel qualcuno era lui.

Era strano e bizzarro, eppure molte volte si era ritrovata a pensare che Regulus Black avesse avuto la mente di un adulto fin dal momento della sua nascita.

Sempre estremamente pacato, intelligente, garbato nei modi. L’erede perfetto.

E a differenza di Sirius, Regulus non aveva mai praticamente avuto un’infanzia. E non perché non gli fosse stato permesso averne una, semplicemente perché era sempre stato lui a non volerla.

Bellatrix non ricordava di averlo mai visto giocare.

Fin da piccolo, Reg aveva amato la lettura. Si era dedicato allo studio delle buone maniere, all’equitazione, al ballo, a tutto ciò che avrebbe fatto di lui un perfetto gentiluomo un giorno.

Stava leggendo anche in quel momento, senza più curarsi di lei. Era un libro di poesie.

Assolutamente composto, Regulus Black sedeva come un giovane principe.

Teneva il capo chino, intento nella lettura. I capelli neri, molto più corti di quelli di Sirius, non lo infastidivano, lasciandolo libero di leggere.

Aveva gli occhi verdi, di un verde così scuro da poter apparire quasi nero. E se non avevano ereditato il colore blu dei Black, conservavano comunque in loro l’astuzia e la superiorità degna dell’antico Casato.

Orion Black non era contento che il figlio fosse così appassionato di poesia, avrebbe voluto che il suo secondogenito avesse in sé la forza e l’energia di Sirius, che possedesse dentro di sé un animo guerriero. Ma non era stato così.

E a Bella la cosa piaceva.

Ammirava suo cugino per quello che era. Una mente brillante capace di tener testa a chiunque anche se giovanissimo. Del resto Regulus non era portato al combattimento. Era troppo esile, o almeno lo era stato fino a quel momento. Forse con la crescita si sarebbe irrobustito, ma lei non ne era troppo certa.

-Ti sei alzata presto.- fece lui ad un tratto, sollevando gli occhi scuri su di lei.

Bellatrix sorrise. –Allora mi hai vista.-

-Sì.- ammise il ragazzino, riponendo il libro su un tavolo. –Ti ho tenuta d’occhio di recente e credo di essermi fatto un’idea di cosa tu stia combinando.-

-Addirittura?- domandò, divertita.

Regulus era serio. –Mettere Eva Ames alle calcagna di Remus Lupin per scoprire il suo segreto.- sentenziò, osservandola. –Non ti sembra eccessivo, Bella? E dire che la risposta che cerchi è così facile. A volte mi deludi.-

-Che stai dicendo?- lo incalzò lei, adesso attentissima. –Tu sai di Lupin?-

Suo cugino sorrise. –Certo che lo so. Non ci vuole un diploma di M.A.G.O. per scoprire il segreto di quel bamboccio. Io l’ho capito senza neppure ragionarci troppo e credevo che sarebbe stato lo stesso per te.-

-Beh, io mi sono fatta un’idea. E voglio la conferma. Perché non parli, invece di fare tanto il misterioso?-

-E dirti tutto? Non ci penso proprio. Arrivaci da sola. Fai i compiti a casa, cugina.- la prese il giro il ragazzino, con una sfrontatezza che la stava portando ad infuriarsi.

-E allora farò a modo mio.- sibilò Bella, furiosa.

-Come vuoi. Ma sappi che sprechi fatica per nulla. Sapere di Remus Lupin non ti porterà a niente, credimi.- fece lui, neutro.

Sbuffando innervosita, la ragazza si accese una sigaretta, ignorando la smorfia infastidita di suo cugino. Dette qualche tiro, in silenzio.

Non voleva aiuto da nessuno, tanto meno dal moccioso sapientone, perciò avrebbe agito secondo i suoi piani ed avrebbe trovato il modo di vendicarsi su James e fare del male all’odiato Sirius Black.

-Perdi tempo.- la richiamò ancora Regulus.

A volte le dava come l’impressione che sapesse leggere nel pensiero e la cosa la innervosiva. Quel ragazzino era sempre stato bravo a capire le persone.

-Non dovresti impegnarti così per queste stupidaggini. Quest’anno ti diplomi e poi diventerai una Mangiamorte, giusto? Invece di dedicarti a questi giochi da bambini, pensa ad accrescere i tuoi poteri e a diventare forte in modo da compiacere il Signore Oscuro. Non devi far sfigurare il nobile Casato dei Black, cugina!-

-Sfigurare?- ripetè lei, rigida. –Cosa ti fa mai credere che io possa far sfigurare la nostra famiglia?-

-Hai l’animo troppo instabile.- fu la tranquilla constatazione.

-Ah sì?- fece lei, ironica. –Vedremo cosa farai tu.-

E a quel punto suo cugino posò gli occhi su di lei e sorrise. Un sorriso misterioso.                

Il sorriso di qualcuno che, in fondo al cuore, già sa.

Perché a volte, nella vita, capita di avere delle sensazioni. Un presentimento.

-Diventerai davvero Mangiamorte dopo aver sostenuto il G.U.F.O.?- chiese lei, con un filo di voce. Qualcosa in quel sorriso, in quello sguardo, l’aveva spaventata.

-Sì.- fu la semplice risposta.

-Non terminerai gli studi, in questo modo.-

-So già più di quanto i professori di questa scuola possano insegnarmi.-

Oh, Bellatrix non ne dubitava. Sapeva che suo cugino era praticamente un piccolo genio del mondo magico. Sarebbe stato un grande mago.

Ma cos’era quello sorriso?

C’era la morte in quegli occhi verdi così cupi. Sembrava lo sguardo di un condannato a morte, di una vittima sacrificale. E la intimoriva.

-Cos’è questo sguardo? Paura di morire?- sdrammatizzò lei, prendendolo in giro. Voleva uscire da quella situazione, si stava innervosendo.

A risponderle, ancora quel sorriso. –Per niente.- fu la placida risposta. –Non hai mai sentito dire che muore giovane chi tanto piace agli dei?-

Quel ragazzino era sempre riuscito a farla sentire una nullità. Una formica di fronte a lui. Era sempre stato così e anche quella mattina non fu diverso.

Ma che cosa c’era dentro di lui? Regulus possedeva qualcosa che lei non aveva mai visto in nessun altro.

Lo vide alzarsi dalla poltrona sulla quale era seduto, il libro di poesie in mano. Indossava ancora il completo che metteva per andare a dormire, probabilmente aveva intenzione di andare a mettersi l’uniforme e prepararsi.

Ma prima, doveva ancora sapere.

-Perché lo fai, Reg?- gli chiese, vedendolo fermarsi per ascoltarla. –Lucius Malfoy è ossessionato dall’idea della purezza del sangue. Rodolphus e suo fratello sono dei visionari. Ed io… io ho solo bisogno di una scusa per distruggere, perché è l’unica cosa che ho sempre voluto. Ma tu, dimmi, perché lo fai?-

Non capiva. Non avrebbe mai capito.

Lo vide voltarsi a guardarla, nobile e pacato come sempre, e darle la risposta che tanto attendeva. La risposta più semplice di tutte, ma che racchiudeva tanto di più.

-Perché ognuno di noi ha una parte in questo mondo, Bella.- le disse, calmo. –E questa è la mia. Niente di più.-

Se ne andò, lasciandola lì. Turbata come non era mai stata.

Come avrebbe mai potuto capire i discorsi di qualcuno di più grande e complesso di lei? Lo aveva detto poco fa. Lei era nata per distruggere, punto.

Regulus era destinato a qualcosa di più e in cuor suo, quel ragazzino tredicenne, da mente colta e superiore quale era, lo aveva sempre saputo.

Non gli restava altro che aspettare.

Perché solo lui sarebbe andato oltre.

Solo lui avrebbe scoperto il più grande segreto dell’Oscuro Signore.

Lui e la sua mente.

Sarebbe caduto, poi si sarebbe rialzato ed infine avrebbe affrontato l’abisso.

Un cuore forte in corpo gracile.

Sbagliare. Redimersi. Ed infine morire.

Spingendosi fino a dove nessuno mai prima di lui aveva osato.

Regulus Arcturus Black non avrebbe avuto neppure vent’anni, quel giorno.

 

 

 

Cast your eyes on the ocean
Cast your soul to the sea
When the dark night seems endless
Please remember me

 

 

 

James Potter aprì finalmente gli occhi quel giorno di vento e pioggia, dopo aver dormito su quel lettino di infermeria per quasi una settimana. Giorni orribili per coloro che erano rimasti al suo fianco, in attesa di un suo minimo segno di ripresa.

Riusciva a stento a capire dove si trovasse, avvertiva solo un mal di testa lancinante che gli impediva di pensare ad altro.

Era buio intorno a lui, non sentiva il calore dalla luce sul viso.

Sforzandosi, riuscì a cogliere il leggero ticchettio della pioggia sui vetri. Poi, un tuono.

Ovviamente vedeva tutto sfuocato intorno a lui, non avendo gli occhiali, ma oramai stava riacquistando lucidità ed aveva compreso che il luogo dove si trovava altro non era che l’infermeria di Hogwarts.

In quasi sette anni di scuola aveva visitato quella zona del castello numerose volte. Forse troppe.

Cadute dalla scopa, scazzottate, incidenti di percorso, ritorsioni dei suoi scherzi, beh… la lista era veramente lunga.

Sospirando, chiuse gli occhi.

Era piacevole rimanere al buio, in quel silenzio, con il solo rumore della pioggia a tenergli compagnia. Era come fluttuare.

La sua povera mente era in totale confusione, gli rimandava un’accozzaglia di immagini senza ordine che non facevano altro che aumentargli il già acuto dolore alla testa. Aveva bisogno di tempo. Per tutto.

Ma poi sentì distintamente qualcosa balzargli con grazia sul letto e capì che la tranquillità doveva aspettare.

-Ti sei svegliato, vedo.- fece una voce che conosceva bene.

-Stria.- mormorò lui, andando alla ricerca dei suoi occhiali sul comodino.

Sentì la gatta ridere. –Mi sembra di rivedere Savannah. Ad Edward bastò un semplice incantesimo per risolvere il suo problema agli occhi. Dovresti farlo anche tu.-

-Mi piace portare gli occhiali.- rispose subito lui, riuscendo finalmente a trovarli e ad indossarli. Ecco, adesso ci vedeva perfettamente.

Stria, la bella gatta nera, era seduta ai suoi piedi e lo fissava con i suoi magnetici occhi di giada. Pareva tranquilla.

-Stai bene?- domandò lei, scrutandolo attentamente.

-Ho mal di testa.- fece James, cercando di mettersi seduto. –Ma considerando cosa ho dovuto passare, direi che posso sopportare una cosa di poco come questa.-

-Appena Madama Chips sarà qui, ci penserà lei.-

-Giusto, dov’è Poppy?-

-Un ragazzino del primo anno ha messo male le cuffie durante la lezione di Erbologia.-

-Mandragole?-

-Esatto.-

-Succede sempre a qualcuno.- sentenziò Potter, passandosi una mano tra i capelli. Non osava chiedere in che stato fossero.

Improvvisamente, si rese conto di avere freddo e ne capì subito il motivo. Sotto le pesanti coperte di lana, lui indossava soltanto un paio di pantaloncini leggeri ed una canottiera. Subito si rimise sdraiato, coprendosi bene.

Stria zampettò leggera sul letto e si acciambellò vicino a lui. Gli occhi nei suoi.

-Hai avuto molte visite.- gli comunicò, indicandogli un letto vicino dove erano stati sistemati, regali, dolci e bigliettini.

James riconobbe anche una bandiera di Grifondoro che spesso veniva usata durante le partite di quidditch. Si lasciò sfuggire un sorriso.

-Devono volerti molto bene questi umani.- constatò la gatta.

-Lo so.- mormorò lui, sentendosi riscaldare dentro.

Tutto sommato, non era stato un brutto ritorno alla realtà il suo. Aveva creduto di peggio. Molto peggio.

Ed invece sembrava che niente fosse cambiato. Anche lui era lo stesso.

Era il regalo più bello che potesse ricevere dal destino.

Ma non poteva continuare a temporeggiare ancora, doveva sapere. Perciò si fece coraggio e puntò gli occhi su Stria, che ricambiò il suo sguardo.

-Avanti, parla.- fece, divenendo serio. –Cosa è successo?-

-Non ti ricordi cosa è accaduto nella Torre di Astronomia?-

-Sì, quello lo ricordo.- sussurrò lui, abbassando lo sguardo. Non avrebbe mai potuto dimenticare quel dolore infernale ed incessante che aveva provato. Era arrivato al punto di chiedere la morte, pur di porre fine a quella tortura. –Volevo solo sapere che cosa è avvenuto dopo.-

-Capisco.- disse lei, guardandolo. –Beh, Silente ha sentito crescere la tua aura nera mentre era nel suo ufficio. Deve aver intuito che il sigillo ai tuoi poteri si era distrutto e che stavi cambiando. Si è precipitato a raggiungerti e ti ha trovato immerso nel tuo stesso sangue, incosciente. Stavi rischiando di morire.-

-Perché ho perso tutto quel sangue?-

-Perché il tuo potere si è completamente risvegliato ed ha cominciato a scorrere dentro di te, anche nelle tue vene. Voleva uscire. In pratica, beh… ha spinto da dentro ed ecco perché hai perso tutto quel sangue. Il tuo corpo ha cominciato a logorarsi.-

Disgustato, il ragazzo chiuse gli occhi.

-Ed immagino che negli altri Havisham il totale risveglio dei poteri non sia avvenuto così.- fece, amaramente.

-No, infatti.- rispose Stria. –Ma tu sei più di loro, James.-

-E come ha fatto il mio corpo a sopportare tutto questo?-

-Stavi morendo, infatti.- disse nuovamente la gatta. –Io ed Edward ti abbiamo riportato indietro.-

-Edward?!- esalò il giovane, gelando dentro. –Lui è stato qui?-

-Sì, James. E ti ha salvato la vita.- replicò lei. –E stai pur certo che se non ci fosse stato lui, il tuo caro amico Silente non avrebbe potuto fare nulla per te.-

Edward Havisham era stato lì, lo aveva avuto vicino. Suo nonno.

Erano stati vicino per la prima volta, ma lui non aveva potuto vederlo.

Sentiva ancora le parole di sua madre in testa. Non aveva dimenticato niente del loro incontro, non avrebbe mai potuto.

Lei gli aveva detto di chiedere aiuto a suo nonno, quando sarebbe arrivato il momento.

Adesso stava a lui decidere se dare ascolto a sua madre oppure fare di testa sua.

-Hai incontrato Savannah, mentre eri in quel limbo, non è vero?- domando Stria, calma. Lo osservava placidamente, senza forzarlo a rispondere.

James si limitò ad annuire.

-Bene.- fece la gatta. –Non voglio sapere nulla. Tieni per te quello che ti ha detto e non lo dimenticare mai, James.-

-Tranquilla!- la rassicurò lui. –Ho una buona memoria.- celiò, picchiettandosi una tempia con il dito, divertito.

Sorrideva, constatò Stria, guardandolo rincuorata. Quel ragazzo era eccezionale. Se l’era passata veramente brutta, eppure aveva già la forza di riderci su.

-Che giorno è?- domandò il ragazzo ad un tratto.

-Il sei Novembre.- rispose prontamente lei.

Potter pareva sorpreso. –Per Merlino! Ho dormito più di cinque giorni!-

-Non esserne così stupito, poteva andarti peggio.- lo freddò la gatta. –Ah, approposito… - cominciò, scrutandolo. –Credo che quell’incantesimuccio da quattro soldi che ti legava a quella ragazza con i capelli rossi sia svanito.- lo informò.

-Che cosa?!- saltò su James, mettendosi subito seduto e guardandosi scioccamente il polso destro. –Il Voto Infrangibile?!-

Stria rise, divertita del suo stupore. –Beh, chiamarlo Voto Infrangibile mi sembra un po’ troppo, sai? Se fosse veramente stato un Voto come si deve, a quest’ora tu e la tua amichetta sareste già morti da un pezzo.-

-Che vorresti dire?- la interrogò lui, non capendo.

-Voglio dire, James, che per creare un perfetto Voto Infrangibile ci vogliono essenzialmente due cose: potere e volontà. Ora, non voglio certo insultare Sirius Black…- fece la gatta, non riuscendo a trattenere una smorfia. -…ma è decisamente troppo giovane per avere la potenza magica necessaria per praticare un incantesimo così potente. E, a dirla tutta, non credo che fosse neppure molto convinto di voler fare quello che gli hai chiesto.- spiegò.

-Ma io ho visto il legame! Si è manifestato più di una volta!- ribattè James, che ancora si esaminava il polso, stupidamente.

-Beh, non ho detto che non si è creato nulla. Ho solo precisato che quello strano legame che si è creato tra te e la ragazza non era certo il Voto Infrangibile, non al suo massimo, almeno. Comunque non dovresti preoccupartene. Credo che nel momento

stesso in cui i tuoi poteri sono usciti lo abbiano cancellato insieme al Sigillo che Silente aveva posto su di te.-

Adesso era ammutolito. Troppe notizie tutte insieme.

Pensare che il Voto che aveva stretto con Lily fosse stato cancellato lo rendeva inquieto. Non sapeva cosa pensare. Se esserne felice, oppure no.

Infondo, per qualche misteriosa ragione, lui e la Evans avevano cominciato a stare vicini a prescindere da quel patto che avevano fatto. E lui non aveva mai dovuto fare ricorso al Voto Infrangibile.

Non ne aveva bisogno, no?

Eppure da una parte non poteva fare a meno di dispiacersene.

Sapere che qualcosa lo teneva legato a lei… beh, gli piaceva.

Lily…

Adesso che aveva formulato il suo nome nella sua testa, non poteva fare a meno di pensare a lei, ai suoi capelli di fiamma, ai suoi occhi verdissimi, al suo sorriso timido che rivolgeva solamente a lui.

Capì che gli mancava, che aveva un disperato bisogno di rivederla.

Lei, la ragazza di cui era innamorato.

Lei, la ragazza per la quale aveva deciso di mettere la testa a posto, almeno un po’.

Aveva fatto veramente tutto per averla, per raggiungerla e, soprattutto, per salvarla da quel baratro di oscurità e di solitudine in cui stava precipitando.

A volte gli tornava in mente quella ragazzina di appena undici anni che tremava, mentre avanzava per raggiungere il Cappello Parlante e sapere a che Casa sarebbe stata assegnata.

Lily Evans da piccola.

Lui non le aveva staccato gli occhi di dosso.

Lei era piccolissima, navigava dentro la sua uniforme. Aveva i capelli corti, di un rosso fiammante, che le sfioravano le spalle, –James aveva ricordato che tra i maghi spesso si diceva che le streghe dai capelli rossi portassero sventura- ed i suoi occhi, di un bel verde brillante, erano pieni di paura.

Era stata così incredula, quando il Cappello l’aveva smistata a Grifondoro!

Insicura, fin dall’inizio. Ed i “Mezzosangue” sibilati a bassa voce non aiutavano.

Era naturale che si costruisse un guscio con il quale proteggersi. E quella corazza consisteva in studio costante, espressione severa, auto isolamento, distintivo di Prefetto e, poi, di Caposcuola.

Ripensando al se stesso di qualche anno fa, James Potter sorrise.

Era stato un ragazzino terribile ed aveva sempre cercato di attirare le attenzioni di quella ragazza in maniera sbagliata. Lei era sempre stata diversa da tutti gli altri.

A lei non era mai importato nulla di James Potter “Il Magnifico”.

Con lei era stato inutile fare lo spavaldo, il sicuro di sé. Anzi.

Ripensandoci in quel momento, James si disse che chiederle di uscire urlandolo per i corridoi oppure in Sala Grande era davvero stata una pessima idea.

Poi era arrivato Remus e le sue parole dure.

-Comportarti da super fico non ti aiuterà con la Evans, anzi, avrai l’effetto contrario. Perché, invece, non provi a darti una calmata, a mettere da parte i giochi, e a cominciare a comportarti da persona seria? Cerca di mettere la testa a posto.-

E lui aveva deciso di dargli ragione. Oddio, non era proprio diventato un santo, però si era fatto furbo e non si era più messo a fare baldoria in presenza di Lily Evans.

Non aveva più alzato la bacchetta su Mocciosus quando lei era nei paraggi.

Cosa più importante, aveva avuto finalmente il coraggio di affrontarla e di fare con lei un discorso serio. Di stipulare un accordo. Un compromesso.

Ed era arrivato il Voto Infrangibile.

Doveva proprio essere cotto a puntino, si disse, ridendo di se stesso.

I suoi poteri erano al culmine, non aveva idea di come controllarli, rischiava di mettere tutti quanti in pericolo e cosa faceva lui? Pensava a Lily Evans.

Chissà che cosa stava facendo in quel momento.

Chissà come se la passavano i suoi Malandrini…

In quel momento la porta dell’infermeria si aprì, lasciando entrare una Poppy Chips decisamente furibonda, seguita dalla professoressa Pomona Sprite, anch’essa assolutamente nervosa, ed un bambino privo di sensi che galleggiava in aria a chiudere la fila. Doveva essere il primino che non aveva messo bene le cuffie.

James ricordò con un sorriso che al suo primo anno quella sorte era toccata a Peter.

-Non si può più andare avanti così, Pomona! Ogni volta è sempre la stessa storia! Bambini che finiscono in infermeria!- stava sbraitando Madama Chips, irosa, mentre faceva distendere il ragazzino – un Corvonero – su di un letto.

-E cosa dovrei fare, Poppy? Non fare più lezione sulle Mandragole?! Sai benissimo che è una parte essenziale del programma!- rispose a tono la Sprite, combattiva.

-Ne parlerò a Silente, stanne certa!-

-Oh, lo vedremo!-

-Ehm ehm…- richiamò l’attenzione James, stanco di quelle voci stridule che gli stavano decisamente peggiorando il mal di testa.

Le due donne si voltarono a guardarlo in contemporanea. Dall’espressione che avevano in viso pareva avessero visto un Dissennatore.

-Potter!- strillò la Sprite, con gli occhi a scodella.

-Per la barba di Merlino, Potter!- fece anche la Chips, piena di stupore.

-Sì, in carne e ossa. Felici di vedermi?- celiò il diretto interessato, sorridendo.

Tempo un secondo e quell’infermiera isterica gli fu addosso, armata di stetoscopio e altre diavolerie, mentre Stria veniva bellamente buttata giù dal letto.

James non ebbe il tempo di protestare, che si ritrovò un termometro infilato in bocca. Ok, era meglio se si metteva buono.

-Pomona!- strillò la Chips, mentre si affaccendava a misurare la pressione di James, completamente inerme. –Corri a chiamare Silente! Cosa aspetti?-

E quella povera donna della Sprite, invece di mandare a quel paese la cara Poppy, ubbidì immediatamente, uscendo dall’infermeria.

Stria, che si era rifugiata su un altro letto, osservava l’infermiera, oltraggiata. Sicuramente stava morendo dalla voglia di mandarle qualche maledizione.

Finalmente la visita terminò e James riuscì a sfuggire dalle grinfie di Madama Chips, che andò a riporre tutti i suoi strumenti.

-Sembrerebbe tutto sotto controllo, Potter.- lo informò lei, tornando con una piccola pozione per il mal di testa, come il ragazzo le aveva chiesto. –Sei in perfetta salute. Comunque credo sia meglio che ti riguardi ancora un po’, non possiamo essere sicuri di niente.- aggiunse, guardandolo in maniera critica.

Il ragazzo trangugiò velocemente la pozione, sperando in un rapido effetto, e si limitò ad annuire, sconfitto. –Deduco che non mi dimetterà oggi, non è vero?-

-E’ fuori discussione, Potter.- fece subito la donna. –Sai benissimo che sono stufa di vederti sempre a prendere posto nella mia infermeria e che ti caccerei subito fuori, ma questa volta non è proprio possibile.-

James rise, non prendendosela affatto. –Oh, andiamo, Poppy. Sono sicuro che lei mi adora e gradisce molto la mia presenza, solo che è troppo orgogliosa per ammetterlo!-

-Io spero solo che se un giorno ci sarà nuovamente un piccolo Potter in giro per questa scuola non sia come suo padre e stia lontano anni luce da qui!- sbottò, sospirando, storcendo poi la bocca nell’udire le risa del suo paziente.

In quel momento la porta si aprì, lasciando entrare l’alta figura di Albus Silente. Quella mattina l’anziano mago sorrideva ed i suoi occhi azzurri si riempirono di affetto e di sollievo, mentre si posavano su James.

-Salve James.- lo salutò, sorridendo gentilmente.

-Preside.- fece Potter, chinando un poco la testa.

-Vi lascio soli.- comunicò Madama Chips, prima di sparire nel suo ufficio, borbottando.

James non ci fece caso, intento com’era ad osservare l’anziano mago di fronte a lui.

Silente stava guardando con divertimento i numerosi doni che il Grifondoro aveva ricevuto, se lo aspettava in realtà.

-Quanti dolci, ragazzo. Non vorrai mangiarli tutti!-

-Può prendere tutte le confezioni di Gelatine Tutti i Gusti che vuole, preside.- fece subito Potter, divertito, conoscendo bene chi aveva davanti.

Silente sorrise, divertito. Poi prese una sedia e si accomodò.

Per un po’ si osservarono senza dirsi niente. James non sapeva assolutamente da che parte cominciare, ma ricordava benissimo le parole di Savannah. C’erano delle cose che doveva assolutamente dire al preside, ne andava della vita di tutti.

 

“Sarai finito, James.

E il mondo finirà con te.”

 

Quel monito lo faceva rabbrividire. Non doveva assolutamente permettere una cosa simile. Aveva paura, certo, ma non poteva nascondersi.

-Come va, ragazzo?- chiese ad un tratto Silente, scrutandolo con i suoi occhi che a volte apparivano quasi onniveggenti.

-Tutto bene, credo.- rispose James, sincero. –Non sento dolore. È tutto normale, anche se non me lo aspettavo di certo.-

-Edward ha fatto un buon lavoro, devo riconoscerlo.-

-Lo ha chiamato lei?-

-No, è stata Stria a farlo. E devo ammettere che è stata provvidenziale. In tutta franchezza, James, non avevo assolutamente idea di cosa fare per aiutarti.- ammise l’anziano mago, non distogliendo gli occhi dai suoi.

Allora era vero, si disse il ragazzo, sentendosi uno strano peso dentro. Silente, il grande Albus Silente, non aveva veramente alcuna possibilità di aiutarlo.

Savannah aveva ragione. Nessuno avrebbe potuto capire il suo potere ed aiutarlo, solo un Havisham sarebbe stato in grado di insegnargli.

E purtroppo in vita ce ne era solo uno. Edward.

-Il sigillo che ti avevo messo è rotto, James.- mormorò il preside, indicandogli il simbolo che aveva sulla spalla.

Quella sorta di tatuaggio era ancora lì, sulla sua pelle, ma non c’era più potere, era diventato completamente inutile. Solo una runa senza valore ad imbrattarli un tratto di epidermide, niente di più.

-Credo sia del tutto inutile importi un nuovo sigillo. I tuoi poteri adesso sono più potenti dei miei, ragazzo.-

Lo sapeva, perciò si limitò ad annuire, sconfitto. Non vedeva molte altre soluzioni.

Sua madre glielo aveva detto.

-Ho visto… ho visto lei, mentre stavo morendo, credo.- si decise a dire alla fine.

-Lei?- ripetè Silente, lo sguardo intenso. –Savannah?- sussurrò.

James annuì. –Mi ha detto delle cose…- cominciò, parlando a bassa voce. –Cose sui miei poteri, sugli Havisham e… Jeremy.- mormorò, sentendo un nodo serrargli la gola. –E… e su questo tizio che si fa chiamare Voldemort.- ultimò, dimostrando di non avere paura di pronunciare quel nome che tanto atterriva la popolazione magica.

-Ti ha detto di Tom? E cosa?-

-Vuole i miei poteri.- buttò fuori di getto. –Vuole prenderli per sé.-

Silente sembrava assolutamente senza parole. Beh, in realtà neppure lui aveva più molta voglia di parlare adesso. Aveva decisamente troppi problemi.

C’era Voldemort, il potente mago oscuro che in quegli ultimi anni aveva cominciato a colpire il mondo magico e babbano, e c’erano i suoi poteri a piede libero.

Non aveva idea di come fare.

Era solo un ragazzo di diciassette anni, avrebbe soltanto dovuto pensare al campionato di Quidditch e ai M.A.G.O.

E invece era invischiato in qualcosa di più grande di lui.

Imprecò, rendendosi conto di starsi innervosendo.

-Dobbiamo stare calmi, James. E riflettere.- fece Silente, interrompendo finalmente quel silenzio. –Tom non oserà entrare in questa scuola per catturarti. Su questo ti do la mia parola, ragazzo mio.-

-Mi fido di lei.-

-Inoltre, nessuno oltre a noi sa che i tuoi poteri si sono risvegliati completamente. Tom non ha mai mostrato interesse verso di te, fino ad ora. Presumo perciò che non abbia intenzione di cercarti fino a quando non avrà la certezza che la tua energia sia perfettamente matura e pronta per essere presa.-

-Ma adesso io…-

-Sì, James. Ma lui non lo sa, non ancora.-

-Ma Edward Havisham potrebbe dirglielo.-

-Non ne sarei tanto certo, ragazzo. Non ho mai veramente capito cosa lega Tom Riddle ed Edward Havisham.-

-Non riesco più a seguirla, signore.- ammise James, affranto.

In quel momento desiderò tanto di star solo facendo un brutto incubo. Che si sarebbe svegliato ed avrebbe udito le urla di Remus Lupin, intento a ricordare ai Malandrini che era tardi e che rischiavano di arrivare in ritardo a lezione.

-Devi restare calmo, James.- fece il preside con dolcezza.

Riuscendo a mala pena a trattenere i tremiti, il ragazzo scosse la testa. –Ho paura.- mormorò con un filo di voce e la gola serrata. –Ho paura, signore.-

Con affettò, l’anziano mago allungò una mano per posarla su quei neri capelli ribelli in un gesto di tenerezza. Ammirava quel ragazzo.

James Potter non conosceva la menzogna. Diceva sempre ciò che gli passava per la testa. E ora lì, con gli occhi che bruciavano per le lacrime trattenute, ad ammettere di aver paura. Di non sapere cosa fare.

Era terribilmente umano e Silente si sentì straziare il cuore.

-E’ normale avere paura, James.- dichiarò, cercando di dargli conforto. –Ne hai tutto il diritto, ma devi superarlo. Devi trovare la forza dentro di te, io so che ne hai. Ne hai moltissima. Tutti noi lo crediamo!-

In silenzio, James annuì.

La forza…

Il coraggio…

Davvero erano dentro di lui?

Osservando quegli occhi azzurri che lo scrutavano con decisione, James Potter capì.

Forse avrebbe passato tutta la sua vita a chiedersi dentro di sé perché un simile destino fosse toccato a lui, ma una cosa era certa, qualsiasi risposta non lo avrebbe salvato. Non avrebbe cambiato le cose.

E se doveva scegliere tra stare in un angolo a piangersi addosso oppure rimboccarsi le maniche e impegnarsi, beh… sceglieva la seconda alternativa.

Era James Potter, no?

I suoi genitori lo avevano messo al mondo, nonostante tutto.

I Potter lo avevano accolto ed amato, facendolo sentire a casa più di chiunque altro.

I Malandrini contavano su di lui, si erano affidati a lui.

E Lily…

Anche lei aveva bisogno di lui. Aveva promesso che l’avrebbe tenuta per mano, non poteva rimangiarsi la parola.

Non. Doveva. Cedere.

La forza ed il coraggio li avrebbe trovati. Di certo non si sarebbe tirato indietro.

Aveva piagnucolato anche troppo.

Quella parte da recitare nella commedia era toccata a lui. E non c’erano controfigure. Perciò tanto valeva cercare di fare del proprio meglio.

-Ok.- disse ad un tratto, sollevando lo sguardo. –Ho una paura fottuta, signor preside.- dichiarò, senza curarsi della parola colorita che aveva usato. –Ma non voglio certo starmene buono a subire gli eventi. Me la caverò, me la sono sempre cavata.-

Sorridendo soddisfatto, Albus Silente annuì. –Adesso riconosco il vecchio James Potter.- fece orgoglioso. –Avrai tutto il mio aiuto, ragazzo. E visto che Tom Riddle non è il problema più imminente, credo che dovremmo occuparci per prima cosa dei tuoi poteri. È la cosa più importante.-

James annuì, traendo un bel respiro. –Savannah mi ha detto che l’unico in grado di aiutarmi è Havisham.- disse, guardando il mago.

-Capisco.- convenne Silente. –Allora lo incontrerai?-

Il ragazzo riflettè un po’, prima di rispondere, scuotendo il capo.

-Non ancora.-

-Sei sicuro, James?-

-Sì.- rispose, abbassando lo sguardo. –Ho bisogno di rimanere qui un altro po’, preside. So di essere irresponsabile ed infantile, ma non voglio ancora andarmene. Ho ancora bisogno di…-

Ma Silente lo interruppe, sorridendo con gentilezza. –Non devi giustificarti, James. Resterai qui fino a quando non capirai che è il momento di andare.- fece, comprensivo. –E ora basta con questi discorsi, credo che molti abbiano il desiderio di rivederti. I tuoi genitori sono qua fuori, sai?-

-Veramente?- domandò James, sentendosi già meglio nell’udire quella meravigliosa notizia. Non li vedeva da più di due mesi.

-Sono qui da ieri.- lo informò il preside. –Vado a chiamarteli. E tu cerca di non affaticarti troppo.- fece, divertito, mentre si alzava dalla sedia e si avviava alla porta.

In quel momento, James si ricordò della presenza di Stria, poco distante da lui.

La gatta era ancora lì, acciambellata su un letto, e lo guardava. Non aveva fatto una parola durante la conversazione tra lui e Silente.

Spesso il ragazzo non riusciva a capirla. Ma qualcosa dentro gli diceva di fidarsi di lei.

Stria ricambiò il suo sguardo, fissandolo con i suoi felini occhi verdi.

Poi scomparve nel nulla.

E James non ebbe tempo per pensare a nient’altro, perché si ritrovò stretto all’improvviso in un abbraccio stritolante dal quale non avrebbe mai, per nessun motivo, voluto sottrarsi.

 

 

 

Though we share this humble path, alone
How fragile is the heart
Oh give these clay feet wings to fly
To touch the face of the stars

 

Breathe life into this feeble heart
Lift this mortal veil of fear
Take these crumbled hopes, etched with tears
We'll rise above these earthly cares

 

 

 

 

L’aula di Storia della Magia era estremamente silenziosa, quel tardo mattino, tanto che l’unico rumore che si udiva era il costante quanto monotono ronzio della voce del professor Ruff, unito all’incessante cadere della pioggia, che ancora non aveva deciso di dare una tregua.

L’argomento della lezione era pressoché ignoto, dal momento che nessuno stava seguendo, ad eccezion fatta per pochi coraggiosi. Due nomi: Evans e Lupin.

Il settimo anno di Grifondoro, insieme a quello di Corvonero, era completamente impegnato in un’attività quanto mai apprezzata che prendeva il nome di “riposo”.

O “cazzeggio”, per dirla in maniera più volgare.

Julian Harris, famoso per annoiarsi per un nonnulla, era letteralmente collassato sul proprio banco, cadendo in un coma profondo. Dormiva alla grande, suscitando il sorriso di Jasper Joyce, suo compagno di posto.

Sirius Black, altro grande ammiratore di Ruff, si fa per dire, si era completamente incantato a fissare un punto imprecisato dell’aula, precisamente la lavagna, dove il professore aveva scritto poche righe all’inizio della lezione. La concentrazione di Black era tutta rivolta alla lettera O di Troll. Chissà poi per quale motivo.

Peter Minus, seduto al suo fianco, se ne uscì fuori con il suo ventiquattresimo sbadiglio.

Alice Rubin si era tranquillamente limata le unghie ed in quel momento, con tutta la serenità del mondo, stava scegliendo quale smalto magico applicare.

Blu stellato oppure Rosa delle fate?

Seduto con lei stava, incredibile!, il buon Xeno Lovegood, che osservava l’intera aula da dietro una grande lente di ingrandimento di un bizzarro color verde tendente al giallo, immerso nella ricerca di chissà quale creatura.

Insomma, l’attenzione della classe non era proprio al massimo, ma la cosa non sembrava importare poi molto all’insegnante fantasma di Storia della Magia.

Lily Evans, ragazza coraggiosa ed instancabile, prendeva appunti, immagazzinando nel suo reattivo cervellino ogni singola informazione.

Annotò con accuratezza tutte le cause che avevano portato i goblin ad utilizzare i troll nella loro guerra fredda contro gli orchi, chiedendosi distrattamente che vantaggio potesse avere l’uso di quelle creature così ottuse in una guerra.

Beh, l’importante era saperlo ripetere all’esaminatore del M.A.G.O.

A quel punto, l’ennesimo tuono della mattina fece sussultare metà della classe, risvegliandola da piacevoli sogni ad occhi aperti.

Lily non ci fece affatto caso, piuttosto lanciò una rapida occhiata alle finestre sbarrate dell’aula, osservando la rivoluzione ancora in atto fuori dal castello.

Pioveva da tutta la mattina, senza dare tregua. Ormai l’inverno con il suo brutto tempo era alle porte. Le giornate primaverili le mancavano.

Dopo il tuono, la classe era ritornata immediate nel suo profondo stato di sonnolenza, ecco perché tutti quanti gli studenti scattarono immediatamente sull’attenti quando si udì un forte bussare alla porta.

Ruff non ebbe il tempo di parlare, che subito la professoressa McGranitt entrò nell’aula, rigida e composta come sempre, puntando gli occhi sul suo collega.

-Professore, vorrei prendere con me alcuni dei ragazzi, le dispiace?- domandò, frettolosa. –Mi servono Black, Lupin, Minus e… beh, sì, anche la signorina Evans.- comunicò, guardandosi intorno. -Oh, e il signor Harris, se ne ha voglia.-

Sentendosi chiamato in causa, Julian aprì un occhio, assonnato.

Gli altri quattro erano semplicemente incuriositi dalla richiesta della loro insegnante di trasfigurazione. Che stava succedendo?

Ruff puntò lo sguardo confuso sulla strega, sembrava essersi risvegliato in quel momento anche lui, come i suoi studenti.

-Oh, sì certo, Minerva. Prendi pure Belby e… -

-Grazie, grazie.- fece sbrigativa la McGranitt. –Forza, ragazzi. In piedi.-

Pochi minuti dopo si erano chiusi la porta dell’aula alle spalle ed il pesante torpore stava pian piano svanendo. Appoggiata ad una parete ad aspettarli c’era Victoria Olsen, anche lei un po’ confusa.

-Andiamo, tenete il passo.- ordinò l’insegnante, tirando dritto.

Remus, Lily e Peter le andarono dietro. Julian, sbadigliando, seguì svogliatamente la combriccola. Victoria e Sirius si guardarono.

-Hey.- fece lui, camminandole al fianco. –Ma che succede?-

-Non lo so.- gli rispose lei, guardandolo. –Ma se ha chiamato noi, credo si tratti di James, non credi?-

-Potrebbe essere.- disse lui, che già stava cominciando a sperare in buone notizie. Mise un braccio intorno alle spalle della sua ragazza e le stampò un bacio del tutto innocente su una tempia, con la Semprevergine nei paraggi non avrebbero potuto permettersi di più.

Poi seguirono gli altri in silenzio.

Minerva McGranitt li condusse proprio di fronte all’infermeria e lì si fermò, torva. Non sembrava poi molto contenta di averli portati lì. Sicuramente non era un’idea sua.

-Allora, come credo abbiate già capito, il signor Potter si è svegliato.- comunicò.

E se Sirius e Victoria furono i più rumorosi, cominciando ad urlare di gioia e a saltellare come degli scemi, Peter rimase in silenzio, Remus tirò un lungo sospiro di sollievo, sorridendo felice e Julian, tanto per essere sempre se stesso, se ne uscì con uno strascicato: -Ed era anche l’ora.-

Lily Evans, in disparte rispetto agli altri, sentì il suo cuore tornare a battere in maniera decente dopo giorni passati in completa apatia. Non le sembrava vero.

Guardava fisso la McGranitt come a convincersi che la sua insegnante non li stesse prendendo in giro. Ma era la verità. James si era svegliato.

Quell’agonia era finita ed ora l’unica cosa che voleva era vederlo.

-Possiamo entrare?- chiese, avvicinandosi alla donna.

Era chiaro che non avrebbe comunque accettato un no. Se necessario avrebbe anche potuto far saltare la porta, non le importava minimamente di venire espulsa.

L’insegnante storse la bocca. Non sembrava proprio favorevole.

-Ascoltatemi bene.- cominciò, squadrandoli uno per uno. –Il signor Potter si è appena ripreso, è ancora molto debole e non deve affaticarsi. Il preside mi ha detto di mandarvi a chiamare, perché secondo lui voi siete ciò di cui Potter ha più bisogno adesso, ma badate bene…- e qui puntò il suo sguardo di falco su Sirius e Victoria, che cessarono subito di esultare -… se farete confusione vi spedirò fuori dall’infermeria, mi sono spiegata?-

Ci furono mormorii di assenso generale e alla McGranitt non restò altro che lasciar entrare quel gruppo di ragazzi e farsi da parte.

Lily fu l’ultima ad entrare. Ma i suoi occhi lo trovarono subito.

Eccolo.

Era là.

Esattamente dove lo aveva visto giacere immobile per giorni.

James Potter stava seduto, poggiato su comodi cuscini, e parlava con due signori che lei non conosceva. Aveva l’aria pallida, un po’ sciupata, ma sorrideva nello stesso modo di sempre, che lei amava.

Si sarebbe ripreso, andava tutto bene, si disse la ragazza sentendo tornare il calore nel proprio corpo. Dio, quanto le era mancato! Quanto aveva desiderato rivedere il suo sorriso, risentire la sua voce.

Stava tornando a respirare. Quel tormento era finito.

Tempo di chiudere nuovamente la porta e James si era già voltato verso di loro.

Subito i loro occhi si incontrarono.

E Lily era sicura che lui sarebbe riuscito a vedere le lacrime di gioia che stavano per scendere a rigarle le guance.

Fu così, infatti. E lui le sorrise.

Il primo sorriso dopo giorni d’attesa.

In quel momento lei avrebbe solo voluto che tutti quanti se ne andassero, lasciandoli da soli. Voleva andare da lui e stringerlo fortissimo. Voleva urlargli che l’aveva fatta morire di paura e che, maledizione, lo amava da impazzire.

Ma non fece in tempo a fare un passo, che due proiettili che rispondevano al nome di Olsen e Black partirono sparati in direzione Potter e gli saltarono praticamente addosso, completamente dimentichi delle minacce della McGranitt.

-OLSEN! BLACK! Un po’ di contegno!- ringhiò la povera donna, correndo a riacciuffarli.

Tuttavia non ci fu modo di staccarli da James, che rideva come un pazzo lasciandosi strapazzare da quei tornadi dei suoi amici.

Il signore e la signora Potter ridevano a loro volta, divertiti. Si erano messi in disparte con Madama Chips, che ringhiava per tutto quel trambusto.

Peter e Remus si unirono al gruppo di amici, andando ad abbracciare James e a chiedere della sua salute in maniera molto più pacata dei due, anche se era palese che Lupin stesse sprizzando felicità da tutti i pori. Erano palesi anche i suoi occhi lucidi.

James gli sorrise e lo avvolse in un abbraccio stritolante.

A rimanere più in disparte erano rimasti Lily e Julian, il quale, facendo un bel sospiro, raggiunse la comitiva, lasciandola da sola.

Anche lui sorrideva, mentre si avvicinava a James.

-RAMOSOOOOOOOO! Mi sei mancato così tanto! Credevo di impazzireeeeee!!!-

Questo era ovviamente Sirius, che ancora reclamava attenzioni. Fulminò Harris con lo sguardo, quando lo vide arrivare.

-Hey, James! Ancora vivo?- fece Julian, divertito.

-Julian!- lo salutò Potter, felice. –Cavolo, è da un casino che non parliamo!-

-Già, ho passato praticamente un mese in punizione. Brutta esperienza.-

-Ecco perché non ti si vedeva mai in giro!-

-Gira a largo, Harris! Lui è mio!- ringhiò Sirius, stringendo James a sé ed interrompendo la discussione.

-Ma levati tu dalle pluffe, Black! Ho diritto di salutarlo quanto te! Anzi, più di te!- sbottò Julian, sfidandolo.

Eccoli che ricominciavano.

Sorridendo, James decise di intervenire subito.

-Miei cari, vi ho già detto che appartengo ad entrambi, no? Non litigate!- fece, divertito.

-Ma Jamie…- protestò Sirius, che fu provvidenzialmente zittito da Remus.

E così anche Harris potè finalmente prendersi un abbraccio di Potter.

Ma lei stava ancora in disparte, osservando i compagni ammassati intorno a James, a riempirlo di abbracci, di domande e di notizie.

Qualcosa dentro di lei le diceva di aspettare, che loro due avrebbero avuto il loro momento e che non doveva avere fretta.

Moriva dalla voglia di stringerlo, ma più di tutto, voleva avere del tempo da sola con lui, senza nessuno a disturbarli. Avrebbe aspettato.

Di nuovo i suoi occhi incontrarono quelli di James e nello sguardo del ragazzo lesse proprio ciò che voleva. La invitava ad aspettare. Anche lui desideroso di salutarla una volta soli.

E lei gli sorrise, avvicinandosi al gruppo, ma senza toccarlo. Non ancora.

Quell’attesa era dolorosa e dolce allo stesso tempo.

Si guardavano, si inseguivano con lo sguardo, ma senza dirsi niente.

Lui parlava, rideva, scambiava qualche battuta, e poi tornava a guardare lei. Sempre.

-Vedete di non uccidermelo, intesi?- fece ad un tratto una voce divertita dietro di loro.

Lily si voltò all’istante e, per la prima volta, concentrò la sua attenzione su quelli che dovevano sicuramente essere i genitori di James.

-Tranquillo, Zack! Stiamo usando le massime premure!- fece subito Sirius, sorridendo al padre di James.

Erano anziani per avere un figlio di diciassette anni, notò Lily.

La donna dava sui cinquant’anni e suo marito ne dimostrava anche qualcuno di più. Dovevano aver avuto James in tarda età.

A guardarli, però, qualcosa la lasciava perplessa.

-E questa bella signorina chi è? Non credo di averla mai vista.- stava dicendo il signor Potter, allegro.

Lily arrossì fino alla punta dei capelli non appena si rese conto che stava parlando proprio di lei. E di chi altri, altrimenti? Sembravano tutti amici di vecchia data!

-Lei è Lily Evans, papà.- fece James, sorridendo a lei.

-Lily? Lily Evans?- ripetè Zack, pensieroso. –Ma certo! Quella Lily!- fece, illuminandosi. Adesso la guardava con più attenzione, studiandola. E la diretta interessata non poteva fare a meno di sentirsi terribilmente imbarazzata.

-Non male, figliolo! Non male! E’ proprio una gran bella ragazza! Lo sapevo che avevi bei gusti!- dichiarò l’uomo, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

Tutti risero, eccetto ovviamente Lily, diventata carminio, James, che aveva incassato la testa tra le spalle, e la signora Potter, che subito rimproverò il marito.

-Oh, andiamo, Amelia! Desideravo tanto conoscerla!- protestò Potter senior, che ancora sorrideva bonario a Lily. –Piacere di conoscerti, dolcezza. Io sono Zakary Potter, ma puoi chiamarmi Zack. E sono il papà di questo scapestrato!- si presentò, porgendo la mano alla ragazza.

Lily, ancora rossa di imbarazzo, gliela strinse, timidamente. –P-Piacere signor Potter.- mormorò, tenendo lo sguardo basso.

-Oh, su! Non essere così formale! Ovviamente verrai a casa nostra per Natale, vero? Gli amici di James vengono sempre!- partì, senza lasciarla parlare. –Lo so che Jamie a volte è un po’ matto e scatenato, ma in fondo è proprio un bravo ragazzo, sai?-

-PAPA’!- saltò su James come un molla. In quel momento avrebbe tanto voluto lanciarsi un’avada kedavra. -Smettila di infastidire Lily! E comunque se c’è un matto in famiglia, quello sei tu!- sbottò, rosso come un pomodoro.

Non c’era nessuno bravo come suo padre a metterlo in difficoltà.

-Beh, sei mio figlio, è ovvio che la pazzia te l’abbia trasmessa io!- rise il signor Potter, scarruffando dispettoso i capelli già disastrati del figlio.

Quell’uomo aveva davvero più di cinquant’anni? si domandò Lily, divertita. A vedere come si comportava sembrava un ragazzo della loro età.

Doveva essere meraviglioso avere un padre come lui! E infatti ricordava che James gliene aveva sempre parlato con affetto.

La rossa dovette presto lasciare le sue riflessioni, perché quel tornado umano del padre di Potter era di nuovo tornato a rivolgersi a lei.

-Non ti ho ancora presentato la mia signora, che sbadato! Puoi perdonarmi?- le stava dicendo, mentre già prendeva sua moglie per mano, portandosela vicino. –Questa splendida donna è Amelia Potter, mia moglie.-

La madre di James le sorrise con dolcezza. Sembrava abituata all’esuberanza del marito e la bilanciava con la sua pacatezza. Lily pensò subito che si trattasse di una donna dall’animo estremamente delicato e gentile.

-Piacere di conoscerti, Lily.- le disse con voce morbida.

Ecco, adesso li aveva davanti entrambi.

Non negava che, da un po’ di tempo, avesse provato il desiderio di conoscere i genitori di James. Lui le aveva sempre parlato bene della sua famiglia ed ora lei capiva il perché. Era impossibile non adorare due persone simili.

L’uno era l’opposto dell’altra e si completavano a vicenda.

E adoravano il figlio, era più che evidente.

Ma c’era ancora qualcosa che stonava e alla fine lei riuscì a scovarla.

Loro erano, beh… erano diversi.

Si vergognava a pensarlo, eppure era così. James non assomigliava ai signori Potter.

Amelia era bionda, con due bellissimi occhi azzurri. Era una figuretta delicata, vestita in rosa, molto elegante e raffinata. Zakary aveva i capelli brizzolati, quasi bianchi, e ricciuti. Occhi neri. Ma non aveva i lineamenti del figlio.

Dandosi della sciocca, Lily si disse che non era il caso di mettersi a pensare certe cose.

Si accorse che James la stava osservando ed il suo cuore ebbe un sussulto.

Voleva andare da lui. Ne aveva un disperato bisogno.

Alla fine i Potter abbracciarono a turno il figlio, facendogli promettere di scrivere subito il giorno dopo, salutarono i ragazzi e lasciarono l’infermeria insieme alla McGranitt, diretti a casa.

La Chips tornò nel suo ufficio, borbottando di non fare troppo trambusto, ed i ragazzi rimasero da soli. Parlarono di tutto.

Delle carognate dei Serpeverde, della partita di Quidditch che si avvicinava, dei compiti, delle ultime trovate di Pix, lo spiritello della scuola…

Infine si arrivò anche al notizione più succulento, ovvero la coppia Sirius/Victoria, entrambi imbarazzati mentre raccontavano tutta la storia.

James era al settimo cielo e alla fine acchiappò tutti e due, stritolandoli in un mega abbraccio. Non mancò neppure di minacciare Black e di intimargli di comportarsi bene con la Olsen.

Fu Julian il primo a tornare serio e a domandare a James cosa ricordasse della notte di Halloween, facendo zittire tutti.

Peter puntò subito gli occhi su Potter, in attesa della risposta. Aveva forse ragione Bella? E, cosa più importante, James ricordava di averlo visto?

Ma il bel cercatore di Grifondoro deluse tutti quanti, dicendo di non ricordare assolutamente niente di quella notte. Totale black out, forse dovuto allo shock.

Era stato Silente a dirgli di raccontare questa versione, almeno per il momento.

-Davvero? Niente di niente?- fece Victoria, stupita.

-Beh, ricordo di essere venuto a cercarvi. Eravate spariti tutti! Sono andato alla Torre di Astronomia ed è diventato tutto buio. E poi non ricordo nulla.- mentì il ragazzo. –Mi dispiace, vorrei tanto avere qualche informazione in più, ma niente.-

-Beh, comunque Silente ha detto che è tutto sotto controllo.- sorrise Sirius. –E poi sicuramente quell’Havisham avrà risolto tutto.- meditò.

James diventò di marmo. –C-Cosa? Voi… voi avete visto…-

-Sì.- fece Remus, annuendo. –E’ venuto ad aiutarti, no?-

-Quello è un esperto in roba occulta.- continuò Sirius. –Magari ci ha pensato lui.-

Deglutendo, James abbassò lo sguardo. Doveva aspettarsi che Sirius conoscesse gli Havisham, era un Black dopo tutto.

-Su, su! L’importante è che Jamie stia bene!- fece Victoria, contenta. –Quando ti dimetteranno?-

-Ancora non lo so.- le rispose lui, contento che si fosse cambiato argomento.

-Beh, non so voi, ma io ho fame.- se ne uscì Julian, alzandosi dall’angolo di letto dove si era seduto. –Ci si vede, James!- e se ne andò come era venuto.

Un gatto, ecco cos’era.

-In effetti è ora di pranzo.- fece Remus. –Vuoi che mangiamo un panino con te?- chiese a James, gentile.

-No, non è necessario, grazie!- gli rispose Ramoso, sorridendo. –Davvero ragazzi, andate pure in Sala Grande! Io sto bene.-

Ci fu di nuovo un lungo giro di abbracci, di pacche affettuose e di battute divertenti, ed alla fine anche i Malandrini lasciarono l’infermeria, con la promessa che sarebbero tornati la sera, dopo le lezioni.

Victoria esitò sulla porta, vedendo Lily restare indietro. Le sorrise, strizzandole l’occhio, ed anche lei se ne andò, contenta.

Ecco, erano soli.

Comprenderlo e sentire il cuore battere all’impazzata fu un tutt’uno per Lily.

Stava dando le spalle a James, ancora intenta a fissare il punto da dove era scomparsa Vick.

E lui restava in silenzio, non parlava.

Il tempo si era come fermato, cristallizzato. Ed il silenzio non era fastidioso, anzi, sembrava cullarli, unito al suono della pioggia.

Finalmente Lily si decise a voltarsi ed i loro sguardi si incrociarono, facendo tremare entrambi fin dentro l’anima.

Pioggia e cuore.

Il ticchettio dell’acqua ed il battito veloce dentro al petto.

Tutto ricordava loro un’altra giornata di temporale, dopo una partita di Quidditch, in una serra, i fiori e le piante come unici testimoni…

E lei abbassò lo sguardo, sentendo distintamente le proprie guance prendere fuoco, ma durò poco. Non riusciva a respirare senza quegli occhi.

Lui la guardava e sembrava come soggiogato, stregato dalla sua immagine. Non staccava gli occhi dai suoi.

Se possibile, lei gli sembrava ancora più bella di come se la ricordava.

O forse era solo l’amore che gliela rendeva più bella di chiunque altro, elevandola ad un livello superiore, quasi divino ai suoi occhi?

La vedeva, lì, ferma. Imbarazzata, indecisa su cosa fare. Ed era una meraviglia.

Portava l’uniforme di Grifondoro in maniera impeccabile.

Quei capelli rosso fuoco erano stupendi, lunghi e lisci, liberi, come lui li voleva. Solo un cerchietto bianco le tirava indietro la frangia, mostrandogli tutta la bellezza e l’innocenza del suo volto. E quegli occhi verdi brillavano di un’emozione che gli faceva dolere il cuore.

-Vieni qui.- le disse ad un tratto.

Era la prima parola che le aveva rivolto dopo tanto, troppo tempo che erano stati divisi, strappati via l’uno dall’altra.

E Lily non se lo fece ripetere una volta di più, volandogli tra le braccia, stringendolo a sé come se fosse stato la cosa più preziosa che avesse mai avuto.

James ricambiò l’abbraccio, aggrappandosi a quella ragazza stupenda con tutte le sue forze e chiedendosi se lei avvertisse il battito frenetico del suo cuore.

Voleva che lei lo sentisse.

Voleva che lei capisse che cosa riusciva a provocare in lui.

Il profumo di Lily era incredibile, sapeva di lei, e James era sicuro che niente altro al mondo sarebbe stato in grado di attrarlo in quel modo.

Avesse potuto, l’avrebbe divorata.

Chiuse gli occhi, le mani fresche e delicate di lei tra i suoi capelli e sulla sua nuca erano meravigliose, gli procuravano dei brividi lungo la schiena che alla fine lo fecero sospirare di piacere. Non voleva che smettesse.

Ma lei si allontanò un poco, puntando quegli occhi verdi, da gatta, nei suoi, imprigionandolo per sempre in quella sorta di incantesimo che, inconsapevole, riusciva a creare su di lui. Suo umile servitore più che mai.

E Lily lo voleva. Lo desiderava con tutta se stessa. Con il suo corpo e con il suo cuore. Ogni singola parte di lei lo reclamava a gran voce.

Quella bocca tanto bramata era così vicina…

Morbida e dai tratti dolci, come era anche lui.

E quello di lei era un bisogno talmente forte che non riusciva a pensare ad altro. Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma una parte di sé le diceva che avrebbero avuto tempo anche per parlare.

Non in quel momento, però.

Niente parole. Niente domande.

James era lì, tra le sue braccia, completamente abbandonato a lei, indifeso contro i suoi occhi, prigioniero consapevole e consenziente.

Con la mano ancora imprigionata tra i suoi capelli, Lily sospinse delicatamente il volto di lui più vicino al suo, sentendo il proprio cuore accelerare i battiti.

Forse sarebbe morta, ma non le importava. Sentiva il respiro caldo di James sul suo viso, nient’altro aveva senso per lei.

In quella penombra, adesso esistevano solo loro due. Il resto era chiuso fuori.

Fuori pioveva, era buio, era freddo…

Ma a lei non importava. Il sole, il suo sole, era abbracciato a lei. In totale abbandono.

Non potè aspettare ancora.

E fu l’istinto a guidarla.

Un battito del cuore e le sue labbra furono sulle sue, incerte ed insicure, ma vogliose. E James chiuse gli occhi, stringendola di più a se e lasciandosi accarezzare la bocca da quella lieve pressione, debole ma curiosa, smaniosa di imparare.

Era come morire. Il cervello non ragionava più. Il cuore batteva all’impazzata per l’ultima corsa. Sarebbe stato un bel modo per andarsene.

Il bacio del suo amore.

Infondo, lui sarebbe volentieri morto per lei.

Era possibile amare così tanto una persona?

La bocca di Lily premette di più sulla sua e lui si sentì tremare dentro, ogni cellula del suo corpo bruciava, moriva per lei. Quelle labbra che si muovevano sulle sue lo stavano facendo impazzire.

Ma era quello che voleva. Sarebbe stato suo per sempre, se lei lo avesse voluto.

Poi accadde tutto troppo in fretta.

James, completamente preso da lei, schiuse le labbra, reclamando qualcosa di più e Lily si avventò sulla sua bocca, totalmente sopraffatta da quel pungente desiderio, strappandogli un gemito.

Udì un rumore di passi lontano, lontano, lontano migliaia di anni luce…

Ma lui si ritrasse, fermando sul nascere il bacio che da troppo tempo stavano aspettando. E quando lei fece per riavvicinarlo ancora, lui la fermò, con dolcezza, sorridendole.  -Non ancora.- le sussurrò sulla bocca, facendola tremare.

Si guardarono, completamente perduti l’uno per l’altra, e poi si divisero.

Madama Chips entrò nella stanza borbottando come suo solito e scoccò loro uno sguardo sospettoso, mentre metteva in ordine dei nuovi medicinali nel suo armadietto.

Lily Evans si mise in piedi, lasciando la sponda del letto di James.

Un ultimo sguardo, un saluto.

Poi via.

Le tremavano le gambe.

Nel cuore una promessa.

Il loro segreto.

 

 

 

Cast your eyes on the ocean
Cast your soul to the sea
When the dark night seems endless
Please remember me

 

“Dante’s Prayer – Loreena McKennitt”

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

Cavolo, ci ho messo veramente poco a buttare giù questo capitolo. Non so ancora se è stato un bene oppure un male. Comunque è venuto così, di getto, senza rifletterci troppo e mi è piaciuto. Per il resto, beh, e anche questa volta il bacio vero non è arrivato, ma ci stiamo avvicinando. Chi vuole troncare una gamba a Poppy Chips insieme a me? XD Ma no, via, povera donna, stava solo facendo il suo lavoro.

E comunque sono già felice per il fatto che James sia di nuovo in pista.

Altro?

Mmm, sì. Non sprecatevi troppo a capire Bella. A volte non la capisco neppure io. XD

E per quanto riguarda Regulus… Gente, io amo quel personaggio. E credo sarò sempre fin troppo buona con lui. Passatemela! ^^

La canzone è “Dante’s prayer”  di Loreena McKennitt. E a me piace pensare che in quelle parole ci sia un po’ di Regulus, un po’ di Bella, un po’ di Lily ed un po’ di James.

Per il prossimo aggiornamento è un po’ un mistero…

A Settembre ho un esame e dovrei passare queste ultime due settimane a studiare, perciò vedrò un po’. Se riesco anche a scrivere, aggiornerò. Altrimenti avrete il prossimo aggiornamento a Settembre. In ogni caso vi manderò una mail come sempre.

Un bacione a tutti, vado di fretta questa mattina.

Un ringraziamento speciale a Myki, Cassandra, Chiara88, LilyProngs, Brando e robert90. A presto, Lady Tsepesh!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Face To Face ***


CAPITOLO 24  “FACE TO FACE”

 

 

 

 

Il tavolo di Grifondoro era un porto di mare, la cosa era evidente ed innegabile agli occhi di tutti ormai da anni. Da quando i fantomatici Malandrini avevano messo piede nella scuola, questo era sicuro.

Con Sirius Black che attirava ragazze come se fosse stato dotato di una specialissima calamita, Remus Lupin, gran cervellone ed unica anima pia disposto a spiegare fino alla nausea gli argomenti non capiti a lezione e James Potter, l’organizzatore di festini ed eventi vari indiscusso, la vasta tavola dei Grifoni era sempre frequentata, anche da Tassorosso, Corvonero e qualche Serpeverde.

C’era da dire poi che i cari cocchi di Godric Grifondoro erano particolarmente ospitali ed amichevoli con tutti, sempre se non provocati, ovviamente.

Quella mattina il tavolo dei Grifoni si trovava ad ospitare un gruppo di strampalati Corvonero, tranquillamente accomodati sulla panca di legno ed intenti a fare colazione come se nulla fosse.

Julian Harris, bello e biondo come sempre, stava sorseggiando il suo caffè con tutta la tranquillità del mondo, incurante delle occhiatacce di Sirius Black. Indossava la sua divisa di Corvonero alla perfezione e teneva al suo fianco una borsa quasi del tutto vuota. Tanto i libri li avrebbe portati Jasper.

Detto Jasper Joyce, Caposcuola dei Corvi e suo migliore amico, sedeva al suo fianco e parlava completamente a suo agio con Alice Rubin riguardo la prossima partita di Quidditch in programma. Ogni tanto beveva un sorso di tè profumato.

A completare il terzetto più strambo di tutta Hogwarts, Xeno Lovegood, totalmente immerso nella lettura di un libro dall’aria piuttosto inquietante.

Remus Lupin, già con un pesante tomo di pozioni aperto sul tavolo, aveva accettato di buon grado la presenza di ospiti, a patto che non lo distraessero troppo dal suo ripasso mattutino. Di tanto in tanto riemergeva dalle pagine per scambiare qualche parola, per poi ritornare al suo sacrosanto dovere di studente modello.

Peter Minus, troppo preso a spalmare le sue fette di pane con burro e marmellata, non aveva ancora rivolto la parola a nessuno, rimanendosene in perfetto silenzio.

E Sirius Black, beh… oltre a ringhiare addosso ad Harris aveva anche altro da fare, ovvero tenere al più possibile impegnata la meravigliosa bocca della sua altrettanto meravigliosa ragazza. E tanti saluti alla morale da tenere a scuola!

Stavano già attirando le occhiatine di molti…

Qualcuno in particolare li stava osservando, sorridendo soddisfatto.

E quel qualcuno era James Potter.

Ebbene sì, il Sommo Capo dei Grifoni era tornato ad onorare la Sala Grande della sua divina presenza, o così almeno malignavano al tavolo di Serpeverde.

Erano ormai tre giorni che Madama Chips gli aveva dato il via libera e le dannate Serpi ancora non si decidevano a lasciarlo respirare e dargli un po’ di tregua.

E dire che lui non aveva proprio voglia di mettersi a far casino!

Aveva troppe cose a cui pensare, primo su tutti il rimettersi in pari con lo studio. Fin dal primo giorno di rientro era stato chiaro come il sole che i cari professori non lo avrebbero affatto graziato. Quasi poteva percepire sulla schiena l’abnorme peso degli appunti che Lily aveva preso per lui e si sentiva morire all’idea di doversi mettere a studiare tutta quella roba.

E, tanto per parlare di Lily Evans, in quei giorni avevano trascorso pochissimo tempo insieme e lui non era mai riuscito a parlarle anche solo una volta. Non c’era modo per loro di incontrarsi da soli e la cosa, a lungo andare, cominciava a sfinirlo.

Tutta colpa di Silente, si disse Potter, quasi mettendo il broncio.

Appena uscito dall’infermeria, il preside lo aveva preso da parte e gli aveva proposto di andare a dormire nella stanza libera di Caposcuola di Remus, in modo tale da poter dormire tranquillo, senza avere il timore di poter essere un pericolo per i ragazzi.

Eh già, perché Silente non sapeva certo che lui già da un po’ aveva lasciato la camera dei Malandrini!

La scusa da usare sarebbe stata banale. Ovvero, dopo ciò che aveva dovuto passare dopo l’attacco del “mostro”, un po’ di calma gli avrebbe fatto bene. Punto e stop.

L’avrebbero bevuta? Chi lo sa.

Insomma, morale della favola, si era ritrovato sbattuto nella bella camera singola di Remus, da sempre usata da Sirius.

Il preside l’aveva incantata a dovere in modo che riuscisse a contenere il suo potere, in caso di incidenti come quello di Halloween, e l’aveva dotata di uno specchio magico che lo metteva niente meno che in contatto con il suo ufficio.

Evadere da quella stanza nel cuore della notte era perciò impossibile.

E se Silente lo avesse beccato? Che gli avrebbe detto poi?

C’era anche da dire che Lily Evans in quei giorni si era data alla macchia. E se per misericordia divina si ritrovavano da soli, lei trovava sempre il modo di filarsela.

Ah, le ragazze…

Ma che avevano in testa?

Prima lo baciava e poi, improvvisamente, lo evitava.

La sera che lui era andato nella stanza di lei per riprendere le sue cose e portarle nella nuova camera, Lily non gli aveva detto poi molto. Si era informata della sua salute, gli aveva raccomandato di non combinare guai, lo aveva salutato. Stop.

E per tutto il tempo non aveva alzato lo sguardo su di lui.

Wow. Davvero wow.

Addentando il suo muffin al cioccolato, James Potter si sentì ribollire per l’irritazione. Se c’era una cosa di Lily che non sopportava era il suo chiudersi a riccio non appena c’era qualcosa che la turbava. Lui non era mai stato un tipo del genere. Lui parlava, sempre. Non aveva mai avuto difficoltà a dire ciò che gli passava per la testa.

Ma Lily Evans era un’altra storia. Lily Evans andava interpretata e spronata a parlare.

E lui non poteva accettare quel silenzio dopo ciò che era accaduto tra loro in infermeria.

Lo aveva baciato. Lei lo aveva baciato.

Ed era stato fantastico!

Perché adesso faceva così? Se ne vergognava?

James non poteva e non voleva pensare che lei si fosse pentita.

Finì di divorare il muffin e poi si attaccò al suo bicchiere di succo di zucca, sentendo accrescersi l’immaginaria nube nera sopra di lui. No, non era giornata.

Dormire da solo non gli piaceva.

I Serpeverde avevano cominciato a fare battutine fin da quando era uscito dal suo dormitorio.

Il resto della scolaresca di Hogwarts non faceva altro che guardarlo di nascosto oppure tempestarlo di domande.

E Lily non si vedeva.

No, decisamente era sul punto di saltare in aria come una pozione esplosiva.

L’unico che sembrava spassarsela era Sirius. Lì, con Victoria Olsen tra le braccia, pareva essere finalmente in pace con il mondo.

James non lo aveva mai visto così rilassato e felice da quando si erano conosciuti, non poteva che essere più che contento per il suo migliore amico.

Se lo meritava, dopo tutte le brutture che aveva dovuto sopportare in quella famiglia di pazzi che erano i Black.

Ma lui, invece, si sentiva sprofondare.

Certo, con gli amici rideva e faceva lo sbruffone come sempre, ma dentro invece urlava. Non aveva certo dimenticato le parole di Savannah, ma non riusciva davvero a trovare il coraggio di dire la verità ai ragazzi.

Si lasciò sfuggire un sospiro, mentre vagava con lo sguardo per la Sala Grande.

Lily Evans non arrivava. Forse aveva fatto colazione presto, chissà.

-Che hai da sospirare?- fece ad un tratto Julian, guardandolo attento.

Subito James sorrise, scuotendo il capo. –Nulla. Solo non ho voglia di affrontare questa ennesima giornata di studio, tutto qui.- si giustificò.

-Ah, beh… se è per questo anche io.- disse il Corvonero, sbadigliando assonnato.

-Nessuno ne ha voglia.- si intromise Sirius, furbo. –Infatti stavo giusto pensando ad una mattinata alternativa…- aggiunse, sfoderando il migliore dei suoi sorrisi malandrini.

-E sarebbe?- chiese Victoria Olsen, curiosa.

E Sirius Black, ragazzo molto ottimista e, soprattutto, molto illuso, se ne uscì candidamente con la sua proposta. –Che ne dici se io e te passiamo la mattinata chiusi nella Stanza delle Necessità, soli soletti?-

Pessima mossa, si disse subito James, dando del deficiente al suo migliore amico.

Di fatti la reazione della Olsen alla richiesta del suo ragazzo non passò di certo inosservata al tavolo di Grifondoro. Anche qualcuno dal tavolo di Corvonero riuscì a non perdersi la prima fiammata della coppia attualmente più parlata della scuola.

Alzandosi in piedi con aria indemoniata e gli occhi ridotti a fessure, Victoria Olsen afferrò una copia della Gazzetta del Profeta, strappandola dalle mani di un povero Grifone del terzo anno, e la sbatté con violenza sulla testa bacata di Black.

-Te lo scordi!- sibilò, inferocita. –Te lo scordi proprio che io mi vengo a rinchiudere in una stanza con te, Sirius! Non stiamo insieme neppure da un mese e tu subito te ne esci con certe idee? Mi fai schifo!- ringhiò.

Intanto il resto dei ragazzi presenti aveva incassato la testa tra le spalle, terrorizzati. Victoria Olsen era decisamente pericolosa se arrabbiata.

James si augurò che quell’idiota del suo amico non peggiorasse ulteriormente la situazione, altrimenti gli sarebbe sicuramente toccato di raccattare i suoi pezzi sparsi per tutta la Sala Grande.

-Oh, andiamo, ma perché fai così?- fece Sirius, guardando la sua ragazza con aria spavalda. –Mica dico che dobbiamo proprio fare quello. Si sa, una cosa tira l’altra e magari…-

Altra giornalata. E questa volta Black si massaggiò la parte lesa, borbottando.

-No.- scandì rigida Victoria. –Conosco la tua reputazione, Black. E te lo scordi di mettermi addosso i tuoi tentacoli.- e qui la ragazza sfoderò un ghigno pauroso.

-Rassegnati, non cederò tanto presto.-

E dopo aver regalo al suo ragazzo un’altra sonora batosta con la Gazzetta, prese la sua borsa, salutò il gruppetto di amici e si avviò a lezione.

Il tavolo di Grifondoro era ammutolito. Sirius Black, neanche a dirlo, aveva in viso un’aria agghiacciata che per poco non fece scoppiare a ridere James.

Ehhh, tempi duri per il povero Felpato.

In vita sua non gli era davvero mai capitata una cosa simile, mai. Ogni volta che si era interessato ad una ragazza, l’aveva avuta, subito. Non c’erano mai stati troppi problemi. Gli bastava fare qualche sorrisetto furbo, sbattere un po’ i suoi occhioni blu ed era fatta. Ma con Victoria Olsen…

Doveva aspettarselo.

Quel demonio della sua ragazza lo avrebbe sicuramente fatto penare.

Con un moto d’orrore, Sirius Black si rese conto che era appena cominciato il suo personale periodo di magra. Sarebbe andato in bianco per molto, molto tempo.

Intuendo i pensieri dell’amico, James Potter sorrise. –Benvenuto nel gruppo.- dichiarò, ironico, pensando che lui, con Lily Evans, andava in bianco da secoli.

-Già, benvenuto.- si aggiunse Julian, che anche lui in quanto a vita sentimentale non era messo meglio di James, anzi. –Immagino che sarà dura per te, dopo anni, tornare al deprimente fai da te!-

-‘Fanculo, Harris! Fatti i cavoli tuoi!- saltò subito su Sirius, inferocito. –E comunque sappi che se nel gruppo dei Malandrini c’è qualcuno che si ammazza di seghe, quello è e sarà sempre James!- aggiunse, tirando in ballo quella povera anima del suo migliore amico, tanto per cambiare.

-Cosa?!- berciò Potter, arrabbiandosi. –Non è affatto vero, Felpato! Ma che cavolo spari?! Sei impazzito?-

Sbuffando, Remus Lupin alzò gli occhi al cielo. –Per Merlino, ragazzi, non possiamo parlare d’altro?- implorò.

Ma oramai la demenza la faceva da padrona.

-Non negare la verità, Ramoso! Non scopi da una vita e Lily non te la darà mai, è ovvio che non ci sono altri modi di sfogo per te!- fece Sirius, piccato.

-Ma cosa cavolo ne sai?! E comunque fatti gli affaracci tuoi, Siri! O giuro che ti lancio la fattura più cattiva del mio repertorio!- sbraitò James, sempre più furente e offeso.

Ok, i cervelli se ne erano definitivamente andati.

Jasper assisteva alla discussione, divertito; Julian ghignava come una iena; Remus aveva assunto un’aria schifata; Peter osservava i compagni, allibito.

-Ad ogni modo, non credo mi interessi sapere delle attività di James.- se ne uscì Alice Rubin, per nulla scandalizzata dalla piega che aveva preso la conversazione.

-Ma non è vero, Alice!- sbottò James, stufo. –Black, mi hai fatto ufficialmente incazzare! Se Vick ti manda in bianco, non è colpa mia! Non scaricare la tua frustrazione su di me!-

-Io non sono affatto frustrato!- fece subito Sirius, negando l’evidenza.

-E invece sì!-

-Assolutamente no!-

-Te lo si legge in faccia!-

-Fatti più seghe e lasciami in pace, Potter!-

-Fattele tu! Sei tu che ne avrai bisogno da ora in poi, mi sa!-

-Ragazzi…- e questo era Remus, esasperato.

-Io non andrò in bianco, per Morgana!-

-Ah no? A me sembra di sì!-

-Parli tu che vai in bianco dal primo anno!-

-RAGAZZI!-

Ecco, adesso Remus Lupin era decisamente alterato.

Rimettendosi seduti, Potter e Black abbassarono lo sguardo, tenendosi il muso, inferociti. Quello era il bello dell’amicizia tra maschi, senza dubbio.

Un po’ di pace finalmente, pensò Remus, tornando al suo ripasso.

Poi, la catastrofe.

-Su Potter, ammetti la verità, non c’è da vergognarsi. E poi abbiamo le prove.- fece ad un tratto Xeno Lovegood, prendendo improvvisamente la parola. –E’ risaputo che chi si fa tante seghe perde la vista. E tu porti gli occhiali e sei cieco come una talpa, no?-

Troppo. Era veramente troppo.

E mandando tutti i suoi amici a quel paese, James Potter, incazzato come un Ungaro Spinato sputa fiamme, lasciò il tavolo di Grifondoro e partì spedito verso il portone di quercia, abbandonando la Sala Grande con uno sguardo talmente assassino da spaventare chiunque.

Severus Piton ebbe la sfortunata idea di passare davanti a lui proprio in quel momento. Fu un attimo e il Serpeverde si ritrovò sospeso in aria a faccia in giù, vittima di un potente Levicorpus non verbale.

No, decisamente quella non era una buona giornata per James Potter.

Molto meglio stargli alla larga.

 

 

 

 

L’aria era molto fresca quella mattina ed il cielo di un intento color grigio piombo prometteva una bella nevicata, la prima dell’anno.

Lievi folate di vento le accarezzavano il viso pulito, facendo frusciare i suoi capelli di puro oro rosso, sinuosi e pericolosi come autentiche lingue di fuoco.

Quegli occhi verdissimi scrutavano attenti ciò che si prestava loro davanti, studiando, analizzando, come era nella natura di lei.

Stringendosi nel mantello e cercando di sopportare il freddo, Lily Evans se ne stava ferma sul limitare della Foresta Proibita, osservando il mezzo gigante che le stava davanti, intento a preparare del mangime per snasi.

Lily ne stava accarezzando uno proprio in quel momento, beandosi del contatto con quella pelliccia così soffice e delicata, bella da toccare. Fortuna che quella mattina non aveva praticamente nessun oggetto d’oro con sé, o sarebbero stati guai.

Ancora ricordava la lezione di Cura delle Creature Magiche, durante la quale il professor Kettleburn aveva liberato degli snasi ed aveva permesso ai suoi studenti di utilizzarli per una sorta di caccia al tesoro.

Certo, era oro dei Lepricani, ma si erano comunque divertiti un sacco.

-Ti piacciono, eh?- fece ad un tratto la vociona burbera ma allo stesso tempo gentile di Rubeus Hagrid. Le sorrideva.

-Sì, li trovo adorabili.- rispose lei, divertita.

Gli occhi di Hagrid si illuminarono di gioia e di orgoglio alle parole della ragazza, mentre ancora si occupava del proprio lavoro. –Sono creaturine così graziose, vero? E l’ultima cucciolata è stata strepitosa! Anche se io preferisco assai di più gli ippogrifi. O un bel drago!- le disse, con aria quasi sognante.

-Un drago?- ripetè la Evans, stupita. –Ah no, non ci tengo molto a vederlo.-

-E perché no? Sono incompresi, poverini. Solo perché hanno enormi fauci, grossi artigli e sputano fuoco non significa che non ci piaccia anche a loro avere una famiglia, no?-  fece il guardiacaccia, intristito. –Ho sempre voluto un drago.-

Osservandolo con tanto d’occhi, Lily decise che era molto meglio annuire e starsene zitta. Lei riteneva che artigli, fuoco e fauci fossero delle motivazioni più che sufficienti per starsene alla larga da quegli esseri.

-Hai già fatto colazione, Lil?- le domandò Hagrid, mentre andava a lavarsi le grandi mani sporche di mangime.

Andandogli dietro, la ragazza sorrise. Lui era l’unico che la chiamava “Lil” e a lei quel soprannome trasmetteva tanto calore, anche perché il mezzo gigante pronunciava quelle tre lettere con vero affetto.

-Sì, ho già mangiato qualcosa in Sala Grande, ma era molto presto.-

-Allora ci facciamo un bel tè?-

-Andata.- fece lei, contenta. –Grazie, Hagrid.-

Poco dopo erano entrambi seduti ad un vecchio tavolo di legno, chiusi al sicuro e al caldo nella capanna del custode di Hogwarts. A Lily era sempre piaciuta quella casetta, anche se era tutto molto disordinato e messo alla rinfusa.

Finalmente aveva messo il pesante mantello da parte, restando in uniforme.

Ancora un po’ là fuori nel parco e sarebbe congelata.

Hagrid sorbiva il suo tè in silenzio, seduto di fronte a lei, apparentemente pensieroso. La ragazza invece aveva bevuto solo piccoli sorsi, per poi dedicarsi ad accarezzare il testone di Thor, il cagnone del mezzo gigante.

Quella bestia pareva non avere età e Lily sospettava che ci fosse sotto qualcosa.

Guardò un attimo il proprio orologio, constatando che aveva ancora tempo, e sorrise. La lezione di Aritmanzia si sarebbe tenuta tra un’ora e più.

Andare a far visita ad Hagrid era sempre stata una costante per lei, fin dal primo anno, e non intendeva affatto rinunciarvi, per nessun motivo.

Sì, perché quell’omone burbero e a primo occhio spaventoso, le voleva bene.

L’aveva sempre accettata per quello che era e le aveva dato tanto affetto in quegli anni grigi. Era stato ore e ore ad ascoltare le sue parole, ad asciugarle le lacrime oppure a gioire con lei per le buone notizie o i suoi successi a scuola.

Ma quella mattina la sua non era propriamente una semplice visita di cortesia e, alla fine, la ragazza si decise ad affrontare l’argomento.

-Hai più visto James, Hagrid? Si è perfettamente ristabilito, sai?- buttò lì, casualmente, mentre si avvicinava la tazza colma di tè alle labbra.

-Oh, sì! Ho visto!- fece il mezzo gigante, sorridendo. –E’ venuto giusto ieri a farmi una visitina. Gli ho anche offerto dei dolci fatti da me, ma non li ha voluti.-

I dolcetti di Hagrid erano perfetti.

Perfetti per chi volesse spezzarsi i denti e finire in infermeria di corsa.

-Già.- riprese la ragazza, guardandolo. –Sai, mi chiedevo…- cominciò. –Insomma, mi piacerebbe sapere qualcosa in più riguardo alla creatura che lo ha attaccato. Voglio dire, sono Caposcuola, è mio dovere occuparmi dell’incolumità degli studenti e se questo mostro è ancora libero, dovrei quanto meno sapere di cosa si tratta.- disse tutto d’un fiato, cercando di avere un’aria pratica e convincente.

Hagrid era sbiancato. Di certo non si aspettava un attacco così diretto.

-Oh, beh… Lil, non ti preoccupare. È tutto risolto. Lo ha detto pure Silente, no?-

-Ma io non prendo le parole del preside come verità assolute, dovresti saperlo.- ribattè subito lei, scrutandolo con i suoi occhi verdi. Era sincera.

Nella scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, tutti erano fan di Silente. Tutti tranne i Serpeverde e qualche altra eccezione. E nel secondo gruppo c’era anche lei.

Rispettava l’anziano mago, certo. Ma non lo riteneva così infallibile ed onnipotente.

-Lil, ti assicuro che non rischiate più nulla. Davvero.- ritentò Hagrid, abbassando lo sguardo sulla sua tazza di tè.

Era in difficoltà, notò Lily. I professori stavano decisamente nascondendo qualcosa.

Sospirando, la ragazza bevette un po’ di tè, prima di ritornare a parlare, decisa.

-Ho passato ore e ore in biblioteca a studiare i bestiari di Hogwarts e l’unica creatura più pericolosa che si trova attualmente nella Foresta Proibita è l’Acramantula.- dichiarò, sondandolo con lo sguardo. –Quindi James è stato attaccato da un ragno gigante? No, Hagrid. Lui non mi sembra il tipo che non sa difendersi contro uno di quegli esseri. E poi c’è anche dell’altro.-

-C-Cosa?- balbettò il mezzo gigante, sempre più in ansia.

-Edward Havisham.- fece la Grifondoro, seria. –Sirius ha detto che è un potente mago esperto in magia occulta, che conosce le forze del male. Perché una persona del genere dovrebbe scomodarsi per il semplice attacco di un’Acramantula? Hagrid, io non credo ad una singola parola che tu e gli insegnanti ci avete detto.- concluse, sempre osservandolo attenta.

Al nome “Havisham” il mezzo gigante era saltato su come una molla, rischiando di versarsi addosso il tè.

-Lil, per tutti i folletti, lascia perdere!- la implorò Hagrid, quasi sudando freddo. –E’ una brutta, bruttissima storia. Non devi entrarci!-

-Perché ci state mentendo? Perché non volete dirci cosa è accaduto a James? Sono stati i Serpeverde? Gli hanno lanciato qualche strana maledizione?- lo incalzò Lily, sentendo crescere la rabbia dentro di sé.

Ma il Custode di Hogwarts sfuggì alle sue domande, alzandosi dalla sedia ed andando a sciacquare la propria tazza. Non parlava.

-Hagrid.- lo chiamò la rossa, alzandosi a sua volta. –Hagrid, per favore.-

-No, Lil.- le rispose lui, voltandosi a guardarla per un attimo. –E’ la mia ultima parola. E non pensarci neanche ad indagare su Havisham. Brutto tipo. Chiaro?-

Si era tradito. Si era tradito come al solito.

Rubeus Hagrid non era capace di tenere un segreto.

Non indagare su Edward Havisham. Perfetto, lei avrebbe fatto l’esatto contrario.

E avrebbe indagato eccome.

Sorrise, fingendosi dispiaciuta per la propria insistenza, mostrandosi arresa.

-E va bene Hagrid, hai la mia parola. Se mi garantisci che è tutto sistemato…-

-Tutto sistematissimo.- si affrettò a confermare il mezzo gigante, felice di quella resa.

-Non devi andare in classe, adesso?- aggiunse.

-Certamente!- confermò Lily con un sorriso convincente.

Corse a schioccare un bel bacio sulla guancia al maldestro Custode delle chiavi e scappò via, salutandolo e promettendo di tornare presto.

E mentre percorreva la strada a ritroso, il suo cervello lavorava senza sosta.

Ok, non era un mostro abituale della Foresta Proibita. E questo era appurato.

Allora cosa?

Un essere maligno era entrato nel castello? Lei non era per nulla preparata sull’argomento, ad Hogwarts non si parlava di certe entità.

Oppure poteva essere un nuovo tiro delle Serpi. Dopo quello che avevano fatto a lei e Victoria, non si sarebbe stupita di trovarli coinvolti.

Ad ogni modo doveva documentarsi su questo Havisham. Hagrid ne era terrorizzato.

In verità lei aveva già cominciato a cercare informazioni su quel mago in biblioteca, ma non aveva trovato niente. Restava da cercare nel reparto proibito.

E per Lily Evans ottenere un’autorizzazione per consultare quell’area vietata agli studenti era facile come fregare caramelle ad un bimbo. Sapeva già a chi rivolgersi.

Con passo sicuro si diresse verso l’aula di Pozioni.

Era l’ora di fare un po’ la cocca del professor Lumacorno.

 

 

 

 

Non. Era. Giornata.

Formulando questo cupo pensiero per quella che era la trentesima volta nella mattinata, James Potter portò lo sguardo ad una delle finestre della classe di Rune Antiche, perdendosi nell’osservazione del paesaggio.

Il cielo era sempre più grigio. La neve era vicina.

Quella mattina faceva veramente freddo, c’era poco da dire; persino lui, che di solito vestiva leggero, aveva deciso di mettere il maglione della divisa e tenere il mantello. Se Novembre si presentava già cosi gelido, non osava pensare a che temperature avrebbero avuto a Dicembre, oppure a Gennaio.

Sconsolato, riportò la sua attenzione alla lavagna, dove il Professor Richardson, un ometto di bassa statura e dall’aspetto benevolo, stava rappresentando delle rune recentemente scoperte, dando agli studenti una traduzione approssimativa.

Era strano, si disse il Grifondoro.

Aveva sempre amato Rune Antiche, tanto che era stato l’unico del suo gruppo a decidere di seguire la materia al posto di Aritmanzia. Le Rune lo avevano sempre affascinato, era in grado di passare ore e ore su quei libri, azzardando nuove traduzioni e cercando di scoprire nuove combinazioni.

Il caro Richardson era praticamente innamorato di lui, lo studente più portato del suo corso.

Eppure, quella mattina, neppure quella lezione così interessante riusciva ad attirare James più di tanto.

L’aula era semi vuota, gli studenti che seguivano il corso di Richardson non erano moltissimi, tutti avevano preferito atre materie.

Gli unici ad occupare quei pochi banchi erano Potter, seduto stranamente in prima fila, Julian Harris, che durante quell’ora poteva finalmente sedersi vicino al suo amico senza sfidare il territorio di Black, Xeno Lovegood, sempre attentissimo, Bellatrix Black, unica Serpeverde del corso, e tre ragazze di Tassorosso che sedevano sempre in disparte. E James sapeva che, se Julian aveva deciso di seguire Rune Antiche era unicamente per una di loro.

Eccola lì, Annabel Cox, Anna per gli amici.

Un visino da bambolina semplicemente adorabile, in grado di far capitolare ogni ragazzo degno di questo nome. Biondissima e con due occhi celesti capaci di incantare, la Tassorosso non era soltanto un bel faccino.

Non era unicamente un bel corpo su cui fantasticare su.

Mai sgarbata, mai oca o vanitosa. Sicura della sua bellezza e del suo ascendente sugli altri, certo, ma mai arrogante o superba.

Una bella persona.

E James non negava che, anni fa, quando non era ancora completamente perso per Lily, quella Tassorosso lo avesse attratto abbastanza da poterle chiedere di uscire.

Ma poi Julian si era confidato con lui e Potter aveva deciso di farsi da parte.

Non avrebbe mai perso un’amicizia per quella ragazza, per quanto graziosa fosse. Julian Harris contava molto di più per lui.

Certo, con Lily Evans era diverso. Per Lily sarebbe stato in grado di spaccare la faccia a Sirius Black oppure ad un altro dei suoi amici. Lei, lei era l’unica a contare per lui.

Ad ogni modo Julian e Annabel non erano mai usciti insieme.

C’erano state le vacanze estive e poi, all’inizio del loro quarto anno, lei era già impegnata con quello che attualmente era ancora il suo ragazzo, Mike Miller, un Tassorosso del suo stesso anno, ottima persona anche lui.

Mike ed Anna erano La coppia perfetta.

Sicuramente si sarebbero sposati, o così credevano tutti.

E Julian Harris soffriva come un cane.

Desiderare la donna di un altro, brutto affare. James non invidiava affatto il suo amico.

Se Mike fosse stato uno stronzo o se nella coppia ci fossero stati dei problemi, beh, magari cercare di dividere i due non sarebbe stato poi così difficile.

Ma quei due erano l’emblema della coppia affiatata e Miller era davvero un bravo ragazzo, quindi anche il solo pensare di intromettersi era in grado di far sentire un bastardo infame chiunque. Incluso il povero Julian, il menefreghista per eccellenza.

Ed era per questa ragione che il Corvonero non combatteva, non faceva assolutamente niente per avere la ragazza dei suoi sogni. Ok, sapeva essere una carogna quando voleva, ma non fino a certi livelli.

L’unica cosa che si concedeva era osservarla da lontano, come in quel momento, oppure scambiare qualche parola con lei quando poteva, magari parlando di una lezione seguita insieme. Nulla di più.

James aveva fatto di tutto per aiutarlo, era stato ad ascoltarlo ore e ore, di notte, quando passavano le vacanze insieme. Ma purtroppo quella era una gabbia dalla quale Harris sarebbe dovuto uscire da solo, nessuno poteva fare niente per lui.

Probabilmente non aveva ancora trovato la ragazza giusta in grado di fargli dimenticare Anna, questo era quello che sia James che Sirius pensavano.

Proprio in quel momento, Annabel Cox si accorse dello sguardo dei due ragazzi su di sé e sollevò il viso dagli appunti. Sorrise gentile ad entrambi, salutandoli leggermente con una mano, per poi tornare a scrivere.

-Ridicolo.- borbottò Julian, scotendo la testa e mettendosi a scarabocchiare sui propri appunti, svogliato.

-Cosa?- chiese James, guardandolo.

-Io.- fece Harris, cupo. –Io sono ridicolo.-

-Più che ridicolo, direi sfortunato.- lo corresse James.

-Ahah, grazie. Grazie davvero.- mugugnò il Corvonero, ironico.

-Davvero Julian,- continuò Potter. –nessuno ti capisce meglio di me. Ma la mia situazione è diversa dalla tua. Non posso dirti di combattere come faccio io con Lily. L’unico consiglio che posso darti è togliertela dalla testa.-

-La fai facile!- sibilò Harris, rabbuiandosi.

-Beh, intanto potresti smettere di osservarla di continuo. Ti fai solo male.-

Uno sbuffo e Julian riassunse la sua stramba posizione di gambe incrociate sulla sedia, per tornare poi a prendere appunti.

Questo stava a significare che la discussione era chiusa.

Sospirando ed alzando gli occhi al cielo, anche James tornò alla lezione, sforzandosi di prestare attenzione e non pensare ai problemi del testone seduto accanto a lui.

In fondo Julian Harris era grande e vaccinato.

La lezione terminò con il Professor Richardson che, sorridendo giulivo, assegnava loro una montagna di compiti, per nulla turbato dagli sguardi omicidi dei suoi studenti.

Il segreto per apprendere bene i vari significati celati dietro alle rune era tradurre, tradurre ed ancora tradurre, senza badare alla fatica. Peccato che loro non avessero soltanto Rune Antiche da studiare.

Riuscendo a stento a trattenere una bella imprecazione rivolta all’insegnante, Julian prese la propria borsa, salutò brevemente James e scappò fuori dall’aula come un proiettile, sicuramente per evitare di essere fermato da Annabel Cox, che aveva preso la terribile abitudine di scambiare qualche parola con lui a lezione finita.

Sospirando, James finì di riporre tutte le sue cose nella propria borsa, salutò Anna e le sue amiche, scambiò qualche battuta con Xeno Lovegood, che quel giorno era più normale del solito, e, dopo aver salutato il professore, lasciò l’aula in silenzio.

Erano le undici del mattino e ancora non aveva visto Lily, stava impazzendo, non c’erano altre spiegazioni. Doveva vederla, ne aveva troppo bisogno.

Voleva sentire la sua voce, anche solo questo.

Non era da James Potter aggirarsi per i corridoi con quell’aria così cupa, ma era più forte di lui, non poteva più essere come prima. Lily Evans lo aveva legato a sé e lui non poteva fare altro che cercarla continuamente, come un’anima in pena.

Desiderava la sua voce, i suoi passi. Cercava i suoi occhi e la sua bocca. Voleva i suoi rimproveri e le sue frecciatine, sarebbero andati bene anche quelli.

Era strano essere innamorati.

Non c’era un perché, accadeva e non c’era più nulla da fare.

Non si poteva combattere una cosa del genere, era molto più saggio arrendersi.

E lui era sempre stato un tipo schietto e sincero. Era innamorato e non si vergognava ad ammetterlo, di fare il duro non gli importava affatto.

Amava tutto di lei, ogni cosa.

I suoi capelli rossi come il fuoco, i suoi occhi verdissimi che spesso aveva visto tristi e pieni di dolore, la sua bocca rosea e sottile, il suo corpo magro e slanciato.

Ma non era solo questo.

James Potter adorava anche il modo in cui lei alzava la mano, quando un professore rivolgeva una domanda alla classe. Adorava il fatto che lei mettesse sempre tre cucchiaini di zucchero nel suo tè, ebbene sì, lui aveva fatto attenzione anche a questo.

Adorava quando lei metteva su quella sua aria da Caposcuola oltraggiata e puniva lui ed i suoi amici, mostrando quel suo cipiglio severo.

Adorava ogni singola cosa di Lily Evans.

Il fatto che il preside lo avesse mandato a dormire in quella dannata camera singola lo mandava in bestia, a volte. Avrebbe davvero voluto restare per sempre nella stanza di Lily, anche se da tempo non ce n’era più motivo.

Il Voto aveva sempre funzionato a modo suo.

Ma a lui mancavano quei momenti che loro due potevano trascorrere insieme, da soli.

Vederla zampettare verso il suo letto, con quel pigiama più grande di lei.

Scambiare qualche parola al buio, prima che arrivasse il sonno.

Sentirla dormire, poco lontano da lui.

Vederla alzarsi con quell’aria assonnata ed i capelli rossi in disordine.

Gli mancava. Gli mancava da morire.

James arrestò i propri passi ad un tratto, fermandosi all’improvviso in quel corridoio deserto che solo lui poteva conoscere, era molto lontano dalla zona abitata del castello. Non arrivava nessuna voce, nessun rumore.

Solo passi, sicuri, fieri.

E lui li conosceva fin troppo bene.

In quella penombra, dovuta anche alla scarsa luce che veniva dalle finestre, il Grifondoro chiuse gli occhi, stanco.

Poi, quella voce.

-Non mi hai minimamente guardata a lezione.-

Lui non riuscì a trattenere un sorriso, un sorriso rassegnato, quasi auto ironico. Infondo, doveva ammetterlo, in quella brutta ragnatela ci si era gettato da solo.

-Non mi piace essere seguito, Black.- disse, voltandosi a guardarla.

Bellatrix Black era davanti a lui, forte e algida come sempre. Ed era bellissima.

Lo era sempre stata, dire il contrario sarebbe stata una bestemmia.

Quei lunghi capelli neri erano lisci e morbidi come un prezioso tessuto e quegli occhi blu, così simili ed allo stesso tempo così diversi da quelli di Sirius, erano una maledizione, riuscivano ad incantare.

La bocca rossa della Serpeverde era piegata in un ghigno pericoloso, James ricordò di quante volte avesse baciato e morso quelle labbra scarlatte quell’unica notte.

Pazzo, era stato un pazzo.

-Ero preoccupata per te.- gli disse la ragazza, facendo un passo verso di lui. –Ho saputo che eri in infermeria, ma naturalmente non ho potuto avere informazioni su di te, non sono Lilian Evans io.- mormorò, trafiggendolo con il suo sguardo.

James rise, scuotendo la testa. –Tu che ti preoccupi per me?-

-Tu sei l’unica cosa che mi interessa all’interno di questa scuola, e lo sai.- sbottò lei, stringendo forte le mani a pugno, offesa dall’ironia di lui.

Subito il sorriso di Potter si spense ed il ragazzo tornò a guardarla, grave.

Lei era seria, diceva sul serio. E questo in qualche modo lo spaventava, lo spiazzava.

-Torna dal tuo fidanzato, Bellatrix.- le disse infine. –Vai da lui e lasciami in pace.-

-Lestrange può anche morire, per quel che mi riguarda.- fu la risposta di lei.

Fredda, tagliente, algida.

Bellatrix Black.

Lei era sempre stata così e così lui l’aveva voluta quella volta.

Quella notte lui aveva voluto lei, soltanto lei.

Aveva voluto quel demonio annidato in quel corpo mozzafiato.

-Se a te non importa del tuo futuro marito, figurati quanto può importare a me.- fece James ironico, aggiustandosi la tracolla della borsa sulla spalla. –Grazie del tuo interessamento, ma come puoi vedere anche tu sto alla grande, quindi puoi stare tranquilla, Black. E gira a largo da me.-

-Non è stato un mostro ad attaccarti, vero?-

Adesso in quelle iridi blu danzava una luce folle, quasi bramosa. E Potter avvertì un brivido attraversargli la schiena.

-Se non è stato un mostro, che altro può essere stato?- fece lui, in tono derisorio. –Mi sono quasi ammazzato da solo?-

Era bravo a fingere, si disse lui, amaramente. Aveva davvero imparato bene.

-Non prendermi in giro, James.-

-Non so di cosa parli, Bellatrix.-

-A me potresti dirlo, sai?- mormorò lei, guardandolo con desiderio.

-Dirti cosa?- continuò lui, fingendo di non capire. –Che diavolo hai in testa?-

-Credo che tu sia speciale e che abbia paura di dirlo.- lo freddò lei.

-Non sono affatto speciale, sono normalissimo.- replicò lui, calmo. –E tu sei impazzita, Bellatrix. Sei matta da legare.-

E lei rise, divertita, guardandolo con un’espressione strana negli occhi.

-Ultimamente me lo dicono tutti.- fece, allegra. –Alla fine comincerò a crederci.-

-Già, dovresti farlo.- replicò pungente James, guardandola con rabbia.

-E tu dovresti smetterla di andartene in giro con quei perdenti dei tuoi amici. Meriti di più, molto di più, James Potter.-

-Davvero? E chi merito? Te?-

-Esatto.- rispose lei, tranquilla, arrivandogli vicino.

Adesso erano occhi negli occhi e lui non riusciva a ritrarsi da quello sguardo così profondo. Pericolosa, lei lo era sempre stata.

Avrebbe dovuto saperlo, Sirius glielo aveva sempre detto, ma quella volta non aveva voluto sentire ragioni.

Quando lei lo aveva guardato in quel modo, durante quella dannata ora di Pozioni, lui si era sentito trascinare.

Aveva guardato in quegli occhi blu ed aveva scorto la libertà.

Era stato un errore madornale, ma in quel momento il suo cervello non aveva più ragionato ed aveva sentito qualcosa dentro di lui che premeva per gettarlo tra le braccia di quella ragazza.

Forse era la paura. Il terrore che qualcuno scoprisse la sua vera natura e lo allontanasse, considerandolo un mostro.

In quel momento aveva pensato che Bellatrix Black lo avrebbe accettato, avrebbe adorato anche la parte malvagia che era in lui, l’avrebbe amata, a differenza di tutti gli altri. Era stato un codardo.

Aveva scelto la strada più semplice ed aveva commesso quell’errore.

Quella notte con lei era stata strana. Torbida, passionale, confusa.

Bellatrix non era Lily, anzi, era completamente diversa da lei.

E James aveva ringraziato per questo.

L’unica cosa che aveva avuto in testa era stato liberarsi, togliersi quel dannato peso dalle spalle per qualche ora, annegare nel corpo di qualcuno che non lo avrebbe mai giudicato, che non avrebbe mai avuto paura di lui, se avesse scoperto la verità.

Non avrebbe sopportato capelli rossi e occhi verdi quella notte, assolutamente no.

Con Lily Evans non doveva essere sesso liberatorio, doveva essere amore.

Ecco perché Bellatrix era stata perfetta.

Era stato crudele da parte sua pensare una cosa del genere, usare una ragazza in quel modo. Non era da lui. Ma si era convinto che Bellatrix Black non si sarebbe fatta problemi, che a lei non sarebbe importato niente dei sentimenti.

Adesso però si sentiva in colpa.

Sì, perché anche se egoista e priva di sentimenti, anche se spietata e crudele, Bellatrix era una persona. E lui l’aveva usata come una puttana.

Forse lei se lo meritava, forse a lei non importava niente, ma lui si sentiva in colpa.

Senza contare che era terrorizzato dall’idea che Sirius venisse a saperlo.

-Non mi parli più?- fece lei ad un tratto.

Gli stava ancora vicinissima e lo guardava, attenta.

-Bellatrix, questa cosa deve finire.- le disse, puntando gli occhi nei suoi. –Mi dispiace per quella notte, ero fuori di testa e ti ho usata, ma non accadrà mai più.-

Lei rise, guardandolo. –Non scusarti. Le scuse mi danno il volta stomaco e poi non mi pare che tu mi abbia violentata. Io lo volevo eccome. Anzi, vorrei che tu andassi fuori di testa più spesso.- fece, senza smettere di fissarlo. –Sai, non sei molto eccitante quando ti atteggi a bravo ragazzo. Ti preferivo di più quella volta.-

Sbuffando, James abbassò lo sguardo. –Io non sono così. Non sono come mi ricordi.-

-Io invece credo di sì.- lo stupì lei, sorridendo divertita. –Tu sei anche quel ragazzo che è stato mio quella notte. Dovresti solo accettarlo.-

Faceva male quell’affermazione e bruciò ancora di più quando James si rese conto che forse Bella aveva anche ragione.

Sì, lui era anche quel ragazzo silenzioso, appassionato e al contempo freddo di quella notte. Un ragazzo che aveva scelto di fare sesso con la creatura più crudele e tremenda che avesse mai conosciuto pur sapendo che in questo modo avrebbe tradito il proprio migliore amico, il proprio fratello. Un ragazzo che aveva liberamente scelto di darsi al male per una notte, convinto che il male lo avrebbe accolto.

Perché il Male non giudica, il Male ama i peccatori, i reietti, gli sporchi.

Il Bene era più difficile da raggiungere, dal Bene era più difficile farsi amare, era più difficile dimostrarsi alla sua altezza. O così lui aveva pensato.

Un futuro giudizio di Bellatrix non lo avrebbe mai toccato.

Anzi, probabilmente Bella non lo avrebbe mai giudicato.

Ma l’idea dei suoi amici e di Lily che scoprivano la verità su di lui… questo lo uccideva, gli toglieva le forze.

Sì, era anche questo. Un codardo, un debole che aveva cercato la via più semplice. Aveva sbagliato quella volta.

Forse James Potter era una maschera. Non era tutta la verità.

Aveva recitato sempre il ruolo del ragazzo sicuro di sé, del protettore degli amici, del divo indiscusso della scuola. Sempre spavaldo, sempre sicuro, sempre sotto l’attenzione di tutti.

La gente gravitava intorno a lui, tutti cercavano James Potter, tutti chiedevano a James Potter, tutti volevano parlare con James Potter.

Improvvisamente quel ruolo cominciò a dargli la nausea. Gli girava la testa.

Le persone non lo conoscevano veramente, non sapevano tutto di lui e questa nuova consapevolezza non lo faceva respirare.

Bellatrix era riuscita a sconvolgerlo e adesso lui era senza forze.

-Tu non stai scappando da me, stai scappando dal te stesso di quella notte. Stai scappando da una parte di te che ti spaventa e che tenti di nascondere.-

Un altro colpo al cuore, faceva male. Troppo male.

Chiudendo gli occhi, James boccheggiò, come in cerca d’aria.

-Bella.-

Era una richiesta d’aiuto?

Impossibile, Bellatrix non era praticamente in grado di aiutare nessuno e lui lo sapeva.

No, era un invito a tacere.

Piano, la ragazza sollevò una mano, fermandola sulla guancia di lui. Lo scrutava, lo guardava con avidità, con curiosità.

Rivoleva il ragazzo che l’aveva fatta impazzire, sapeva che era lì, da qualche parte.

Il James Potter che aveva davanti la disgustava, non era quello che voleva.

Eppure non poteva allontanarsi da lui.

-Ti voglio.- disse lei ad un tratto, sentendosi tremare dentro.

James aprì gli occhi ed i loro sguardi si incrociarono.

-Vuoi solo una parte di me.- la gelò lui, freddo.

-Cosa importa? Dammi quello che voglio, James.-

-No.- mormorò lui, fermo. –Forse dentro di me ci sarà anche un lato più oscuro, ma io resto comunque della mia idea. Voglio la luce, Bellatrix. L’oscurità non fa per me, anche se forse è presente nel mio animo.- dichiarò, facendo un passo indietro, allontanandosi da lei. –Resta aggrappata al tuo ricordo, se ci tieni, perché non accadrà mai più, questo posso giurartelo.-

Fu una rabbia cieca ad animarla, a farla bruciare. Bellatrix Black non sopportava di perdere, di rinunciare. Veloce gli andò incontro e, prendendogli il volto tra le mani, lo baciò, costringendolo a non allontanarsi. 

Quella bocca non l’avrebbe mai scordata, l’aveva maledetta. L’aveva condannata a desiderarla per sempre, non le dava pace.

E Bellatrix voleva quelle labbra e quel corpo come non aveva mai voluto nient’altro al mondo. Ossessionata, perduta, tormentata.

Ma James non rispondeva al bacio, immobile. Ed aveva le labbra serrate.

Non c’era posto per lei, non c’era desiderio per lei, non c’era mai stato.

Afferrandole i polsi, lui la allontanò, guardandola con una freddezza che le fece tremare le gambe, che la uccise.

-Non farlo mai più.- le disse, senza staccare gli occhi dai suoi.

-Se mi procuri dolore, io ti farò ancora più male, James Potter.- sibilò lei, furente.

-Bellatrix Black minaccia, perché non è in grado di fare altro.- la canzonò il Grifondoro, quasi ridendo di lei.

E fu troppo, perché il ragazzo aveva attaccato un nervo scoperto e che faceva male.

Il solo pensiero di non poter averlo l’aveva ferita enormemente e lei non conosceva altro modo per rimediare al dolore se non con altro dolore.

Bellatrix Black sapeva solo minacciare e fare del male, era nella sua natura.

Ma non sopportava che glielo dicesse lui, lì, davanti a lei, con quell’aria strafottente.

Il suono dello schiaffo risuonò per il corridoio deserto a parte loro due.

Poi un rumore di passi, lei che se ne andava.

Ed anche se era stata Bella a colpire, a lasciare una traccia su quella guancia, qualcosa dentro le diceva che era stata lei a perdere. Ancora una volta.

 

 

 

 

 

Per i corridoi già si avvertiva il vocio degli studenti che si recavano in Sala Grande, affamati, ma lei molto probabilmente non avrebbe pranzato affatto, quel giorno. Chiusa nel Reparto Proibito della biblioteca del castello, Lily Evans vagava di scaffale in scaffale, talvolta quasi terrorizzata da certi titoli dei libri in cui si imbatteva.

Madama Pince l’aveva scrutata con quella sua odiosa aria sospetta, pochi minuti fa, quando lei si era presentata nel suo ufficio e le aveva mostrato il permesso firmato da Lumacorno, ma alla fine, non trovando nulla da ribattere, l’aveva lasciata andare.

E adesso quei libri proibiti, vietati, pericolosi, erano tutti a sua disposizione.

Lily Evans non amava il potere, la gloria, l’immortalità.

Era una ragazza semplice, buona, che viveva giorno per giorno, accontentandosi dei risultati che riusciva ad ottenere con le sue sole forze.

Quei testi oscuri non erano perciò di nessuna attrattiva per lei.

Disgustata, superò uno scaffale contente voluminosi tomi riguardanti pozioni in grado di far spuntare organi e arti in più in un corpo umano, e si diresse spedita verso le imponenti librerie contenenti le biografie di maghi e streghe reputati pericolosi dal mondo magico.

Lily non fu sorpresa di trovare articoli recenti su Tom Riddle. Quasi due interi ripiani erano dedicati a sue biografie, ritagli di articoli di giornale, avvistamenti.

C’erano poi numerosi tomi su Gellert Grindelwald, un potente mago oscuro sconfitto da Albus Silente in persona. Gli studenti del settimo anno erano soliti studiare molto quel personaggio durante le Storia della Magia.

Sentendo il cuore accelerare, la Grifondoro cominciò a scorrere la fila di libri che racchiudevano i segreti delle più grandi famiglie di maghi purosangue esistenti in Inghilterra. Nomi noti.

Malfoy, Black, Lestrange, Rosier, Nott, Zabini…

In silenzio continuò a seguire la scia di quei libri. Altri cognomi famosi.

Crouch, cognome assai noto. Bartemius Crouch era il capo del Dipartimento di “Applicazione delle Leggi Magiche” al Ministero della Magia.

Greengrass, doveva esserci un Greengrass quando lei era al terzo anno, ricordò.

Prewett, non conosceva quella casata.

Vandom. Anche di questa famiglia non aveva mai sentito parlare.

Lily Evans lanciò a mala pena un’occhiata a quest’ultimo libro, non sapendo che presto la famiglia Vandom sarebbe diventata motivo di discussione tra i suoi compagni.

Andò avanti nella sua ricerca, imperterrita, ed ebbe un dolce tuffo al cuore quando si abbatté su una biografia completa della famiglia Potter.

Subito un nome le balenò in testa. James Potter.

James.

Pioggia, cuore, abbraccio, bacio.

Un turbinio di emozioni che quasi riuscì a metterla in ginocchio.

In quei giorni non aveva parlato poi molto con James e non poteva dare unicamente la colpa alle circostanze, era stata anche lei ad evitarlo.

Stava scappando?

No, non era questo. Non si era pentita di averlo baciato, non avrebbe mai potuto.

Ormai aveva ben chiari i suoi sentimenti.

Certo, si sentiva terribilmente in imbarazzo, ma se avesse avuto l’occasione avrebbe catturato ancora quelle labbra e si sarebbe lasciata andare, come voleva da tanto tempo, forse da ancor prima di stringere il Voto Infrangibile.

Vedere James che lasciava la sua stanza l’aveva lasciata con un enorme senso di vuoto, avrebbe voluto mettersi a battere i piedi e fare i capricci come una bambina.

Ma lui le aveva detto della decisione di Silente e le aveva anche riferito che il loro legame si era sciolto, che non c’era più nessun accordo da rispettare.

Non aveva voluto dirle come avesse fatto a sapere una cosa del genere, ma l’aveva pregata di fidarsi di lui. E lei aveva chinato la testa.

Sapere che non erano più legati l’aveva in qualche modo ferita, disarmata.

Avrebbe voluto colmare in ogni modo quell’improvvisa distanza che aveva sentito arrivare tra loro due. Il Voto era come una garanzia.

Una catena che la teneva attaccata a lui. Adesso non c’era più e lei si sentiva spesso nuda e sola, senza più un appiglio dove aggrapparsi.

Ora più che mai sentiva il desiderio di colmare subito quel vuoto. Di correre tra le braccia di James per restarvi sempre, più vicina di prima.

Ma in quei giorni aveva preferito stargli lontano, era stato necessario per le sue ricerche, iniziate per un’unica ragione. Proteggerlo.

James era ancora in infermeria, quando lei aveva cominciato ad aggirarsi per la biblioteca a qualsiasi ora del giorno, in cerca di notizie.

I professori avevano parlato di una creatura uscita dalla Foresta Proibita e lei aveva passato giornate a studiare i vasti bestiari di Hogwarts, ad elaborare teorie. Si era persino messa alla ricerca di dati su quell’Edward Havisham, senza mai trovare nulla.

Poi Potter era stato dimesso e lei aveva dovuto fare attenzione.

Qualcosa dentro di lei le suggeriva di fare tutto in gran segreto, all’insaputa del ragazzo. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma non voleva che James sapesse.

Non era curiosità la sua, era stata sopravvivenza prima e protezione dopo.

Sopravvivenza perché cercare notizie mentre lui era incosciente e ferito in infermeria si era rivelato l’unico mezzo che aveva trovato per combattere la paura di perderlo e la disperazione. Protezione perché, dopo tutto ciò che lui aveva fatto per lei, non poteva non occuparsi di lui.

Desiderava aiutarlo esattamente come lui aveva fatto con lei. Avrebbe voluto allontanare ogni male da James, era pronta a tutto per lui.

Adesso quel ragazzo meraviglioso era tutto nella sua vita, vedeva lui, solo lui e niente altro contava ormai. Non più.

Forse lei non era forte, non era nulla di speciale, ma aveva giurato a se stessa che avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse in suo potere per stare al fianco di James Potter, per sostenerlo e difenderlo. Voleva essere come Sirius Black, voleva conoscere tutto di James, voleva che lui si fidasse di lei, che potesse contare sul suo supporto. Sempre.

Voleva meritarsi quel legame che aveva creato con lui a tutti gli effetti.

Ancora persa nei suoi pensieri, Lily arrivò infine a toccare con l’indice un pesante tomo di pelle nera, vecchia e consumata. Quel cognome placcato in oro le mozzò il respiro.

Havisham.

Eccolo.

Non sapeva cosa vi avrebbe trovato all’interno, ma non poteva tirarsi indietro.

Una parte di lei aveva paura di aprire quel libro, di leggere quelle pagine, di conoscere qualcosa da cui Hagrid l’aveva pregata di stare alla larga.

Anche a Sirius gli Havisham non piacevano. Nessuno voleva avere a che fare con loro.

E lei poteva immaginarsi il motivo.

Magia occulta. Incantesimi in grado di spaventare i più famosi maghi oscuri.

Neppure gli stregoni più malvagi usavano quella magia.

Prendendo un bel respiro, sentendo qualcosa dentro di lei tremare, Lily afferrò il pesante libro e tentò di tirarlo via. Invano.

Quello era rimasto esattamente al suo posto.

Provò ancora una volta, ma alla fine fu palese che la semplice forza fisica non sarebbe bastata ad estrarlo, doveva aspettarselo. Quelli non erano libri come gli altri.

Fu allora che si ricordò della più importante “moneta” di scambio in magia oscura.

Si diresse verso una delle panche presenti nel reparto e vi poggiò la borsa, rovistò un po’ ed alla fine trovò una piccola spilla che portava con sé. Un regalo di sua nonna.

Decisa tornò al libro, punse forte il proprio dito indice con l’ago appuntito e lasciò colare le gocce di sangue sulla copertina consunta.

Fu immediato, perché quell’orribile tomo parve bersi quelle stille scarlatte con desiderio, per poi animarsi, accendendosi di una cupa luce nerastra.

E Lily seppe che adesso avrebbe potuto estrarlo.

Lo prese, sentendo le proprie mani tremare di emozione e paura, e lo depose sulla panca, vicino alla borsa. Si sedette, sentendosi traballare le ginocchia.

Perché aveva così paura?

Era solo un libro. Soltanto un libro.

Hagrid le aveva detto di non indagare su Havisham, perché? Cosa avrebbe trovato tra quelle pagine? Sarebbe impazzita di paura?

Per un attimo qualcosa dentro di lei le urlò di rimettere tutto a posto e correre a pranzo in Sala Grande, era ancora in tempo.

Ma lei era una Grifondoro degna di questo nome. Decisa, scosse la testa, e si convinse ad aprire il libro e svelare il mistero. Non accadde nulla e Lily già ringraziò per questo.

Le pagine erano ingiallite, sciupate dal tempo. Avevano quel pungente odore di vecchio, chiuso, unito a quello della carta consunta che pungeva la gola.

E non avvertendo più la paura, ma solo pura curiosità, Lily Evans si decise a leggere.

Havisham, un nome vecchio di secoli.

Una famiglia di maghi risalente addirittura al Medioevo, l’epoca d’oro della magia, come la chiamava il professor Ruff.

Gli Havisham abitavano in Inghilterra, ma il loro enorme castello non era mai stato localizzabile, già a quel tempo erano conosciuti come maghi molto dotati e molto pericolosi. Non avevano molte amicizie, non partecipavano alla vita mondana.

Il capostipite della famiglia, un certo Edward I, era ossessionato dalle arti oscure e dalla sete di sapere. Affamato di ricchezza, di immortalità e di conoscenza assoluta arrivò a sacrificare i suoi stessi occhi per mettersi in contatto con uno spirito infernale.

Un essere sputato fuori dall’Inferno per accogliere la sua richiesta.

Stando a ciò che si diceva nel libro, lo spirito aveva le sembianze classiche delle creature del male medievali, un gatto nero.

Il gatto, che faceva le veci del male primario, ed Havisham strinsero un accordo.

Metà dell’anima in cambio di poteri immensi e illimitati.

Spezzare l’anima a metà per ottenere qualcosa di grandioso, come la capacità di formulare incantesimi senza bacchetta, di controllare gli spiriti maligni, di conoscere incantesimi oscuri sconosciuti al resto del mondo magico.

L’accordo sarebbe continuato di generazione in generazione e i discendenti di Havisham non avrebbero potuto sottrarsi. Sarebbero tutti nati dotati di poteri superiori, dopo aver compiuto diciassette anni avrebbero avuto il culmine del loro potenziale oscuro e poi, giunti a metà della loro vita, avrebbero dovuto cedere metà della loro anima.

Ed un essere umano non può vivere con un’anima spezzata.

Cinquant’anni di potere assoluto e poi la morte. Un destino che accomunava tutti gli Havisham di secolo in secolo. Non c’era modo di scappare.

Lo spirito che aveva sancito l’accordo, sarebbe rimasto con la famiglia, per insegnare a controllare i poteri e per assicurarsi che i patti venissero rispettati allo scoccare dell’ora stabilita.

Spaventata, Lily smise di leggere. Sentiva il cuore battere all’impazzata nel proprio petto. Adesso il silenzio della biblioteca la terrorizzava, avrebbe voluto che ci fossero voci intorno a lei. Invece era lì, sola e in penombra.

Facendosi coraggio, riportò la propria attenzione su quelle pagine.

Gli Havisham avevano continuato la loro vita di reclusi anche negli anni a seguire.

Alcuni, terrorizzati dai propri poteri oppure spaventati all’idea di dover cedere la propria anima, si erano uccisi. I suicidi erano stati molti.

Altri, invece, avevano sfruttato fino all’ultimo le loro capacità. Circa nel 1700 un altro Edward Havisham aveva cominciato a fare esperimenti, cercando di portare i propri poteri ad un livello ancora più elevato.

La famiglia aveva cominciato a studiare gli spiriti maligni, loro schiavi, per potersi appropriare anche della loro conoscenza e della loro magia.

I ragazzi studiavano al Durmstrang, per poi tornare al castello degli Havisham ed imparare l’arte dell’occulto, come i loro predecessori.

Si arrivava infine ad anni più recenti.

L’ultimo Edward della famiglia, quello che aveva conosciuto lei, aveva sposato una certa Satsuki Yakono, discendente di una delle famiglie di maghi più importanti del Giappone. I due avevano avuto una sola figlia, Savannah Havisham.

Savannah non si era mai sposata, o almeno non risultava tra quelle pagine.

Secondo ciò che il libro diceva, circa diciassette anni fa Savannah era sparita, non si era più saputo nulla di lei e Satsuki, la madre, era stata ritrovata morta nella propria camera. Una coincidenza?

La discendenza degli Havisham finiva lì, anche perché molte pagine erano state eliminate, come strappate via.

Dopo la storia della famiglia, seguivano poi i numerosi incantesimi e le molte pozioni inventate dalla famiglia. Alcuni di questi venivano utilizzati nel mondo magico.

Pareva che il semplice incantesimo “Wingardium Leviosa” fosse stato inventato da loro, moltissimi secoli fa. Chi lo avrebbe mai detto!

C’erano poi moltissimi incantesimi oscuri che Lily si rifiutò di leggere, non le interessavano affatto quelle magie assassine. Sorvolò anche i capitoli riguardanti le pozioni inventate dagli Havisham, intrugli terribili che lei, pozionista incallita, si rifiutava di imparare e di conoscere.

E fu il caso.

Fu il caso che la fece imbattere in quel simbolo. Un simbolo familiare.

Era una runa. E lei l’aveva già vista da qualche parte.

Serviva a bloccare i poteri, a tenerli sotto controllo.

Se applicata ad un mago qualunque, la runa aveva la capacità di rendere quest’ultimo un semplice babbano. Se invece il sigillo veniva riportato su un mago particolarmente potente, allora i grandi poteri di questo sarebbero notevolmente diminuiti, diventando più semplici da controllare e da usare.

Se la runa veniva rimossa, tutto tornava come prima. Ma rimuoverla era praticamente impossibile, così come lo era applicarla. Solo i maghi più potenti potevano farlo.

Era uno strano simbolo, stilizzato, confuso, nero.

Si chiamava “Sigillo di Tanatos”. O più comunemente “Blocco di Tanas”.

Tanatos, morte. La morte dei poteri magici infatti.

Lo aveva già visto, lo aveva già visto da qualche parte, continuava a dirsi.

E poi tutto fu chiaro.

Lo aveva visto quando lui indossava quella canottiera leggera per andare a dormire.

Lo aveva visto mentre lui era su quel letto di infermeria, addormentato, e lei gli teneva la mano, spaventata.

Quello strano tatuaggio sulla spalla sinistra.

Una volta glielo aveva anche chiesto.

Questo? E’ uno scarabocchio che mi sono fatto fare così, per bellezza.

Così le aveva risposto lui.

Bugiardo.

James era sempre stato sincero con lei, con tutti. Non aveva mai avuto paura di dire ciò che pensava, anche quando andava contro le idee di tutti.

Bugiardo.

James sorrideva sempre, le aveva detto di non aver mai avuto problemi, che l’unica sua preoccupazione era vincere la coppa del Quidditch.

Bugiardo.

James veniva spesso convocato da Silente. Probabilmente perché ne aveva combinata una delle sue, dicevano tutti.

Bugiardo.

James era sopravvissuto alle fiamme magiche di Severus Piton, aveva salvato Remus.

Era stata fortuna, un caso.

Bugiardo.

Perché James Potter aveva il Blocco di Tanatos sul braccio sinistro?

Che poteri nascondeva dentro di sé?

Perché non aveva mai detto niente a nessuno?

Black, Lupin e Minus sapevano?

La rabbia arrivò impetuosa, invadendole il petto.

Lei gli aveva detto tutto ciò che la riguardava. Gli aveva confidato il suo passato, lo aveva fatto soltanto con lui. Gli aveva affidato il suo cuore, si era fidata di lui.

Gli aveva raccontato tutto. Tutto.

BUGIARDO.

Gli occhi verdi si incendiarono d’ira e poi si inumidirono di lacrime.

Ma non avrebbe pianto.

Veloce, estrasse un quaderno dalla propria borsa, strappò un foglio con rabbia e ricopiò la runa, facendo attenzione ai minimi particolari.

Rimise poi il libro al suo posto e riordinò le sue cose.

Quando lasciò la biblioteca, sotto lo sguardo indagatore di Madama Pince, lo fece con qualcosa di nuovo nel cuore.

 

 

 

 

Fu un uragano rosso a travolgere Sirius Black, quando quella sera, dopo le lezioni pomeridiane, si affrettava a raggiungere il campo di Quidditch per l’allenamento, l’uniforme rossa ed oro già addosso.

La partita contro Serpeverde era ormai vicina e dalle voci che circolavano in giro si diceva che Malfoy avesse trovato degli ottimi sostituti per coloro che non potevano più prendere parte alla competizione. James, anche se dimesso da pochi giorni dall’infermeria, aveva insistito perché si allenassero fino allo stremo.

Era tutto esattamente tornato come prima e Sirius non poteva che sentirsi sollevato.

Era quasi morto di paura, quando aveva visto il suo migliore amico pallido ed immobile su quel lettino. Adesso voleva solo buttarsi quel brutto episodio alle spalle, stare con quella pazza adorabile della sua ragazza e riavere i suoi amici intorno a lui.

Stava giusto per uscire dal castello, attraversando l’immensa Sala d’ingresso deserta, quando udì un veloce rumore di passi alle spalle e si sentì poi afferrare per l’uniforme.

-Ma che diavolo…!- sbottò, voltandosi con stizza.

Ma si interruppe di botto, rendendosi conto di chi aveva davanti.

Lily Evans era strana quella sera.

Aveva il volto contratto e pallido, gli occhi verdissimi lucidi. In essi poteva scorgere di tutto. Preoccupazione, delusione, paura e… rabbia.

Che cosa le era accaduto?

-Evans.- mormorò, osservandola preoccupato. –Hey, che hai combinato? Tutto ok?-

Lei lo scrutava con quegli occhi incredibili, ma non gli diceva nulla. Restava in silenzio, immobile, senza accennare a spiccicare una singola parola.

Perché era venuta da lui?

Non avevano mai avuto un gran rapporto. Certo, ultimamente si erano avvicinati, ma non potevano certo dirsi amichetti del cuore. Spesso si chiamavano ancora per cognome, quando invece lei e Remus avevano già da molto smesso di farlo.

-Ti è successo qualcosa?- le chiese ancora. –I Serpeverde ne hanno combinata una delle loro? Vick sta bene?- chiese infine, in ansia.

Sirius Black aveva due categorie di donne. Quelle che appartenevano al suo circolo affettivo e che proteggeva come se fossero dei tesori. E quelle a cui, beh, si limitava ad alzare la gonna dopo essersi calato i pantaloni.

Quando si trovava di fronte ad un soggetto femminile che non rientrava in queste due suddivisioni, non sapeva mai bene come comportarsi.

A parte con Bellatrix, lei sapeva benissimo come trattarla.

Lily Evans non era ancora una delle donne importanti per lui e non era neppure una puttanella da portarsi a letto. Dunque, era in difficoltà.

Fortuna volle che lei si decidesse a parlare, stupendolo per la domanda.

-Tu conosci bene James, vero?- chiese con voce flebile.

-Per Merlino, certo!- rispose subito lui, sicuro. –Perché?-

Voleva davvero parlare di James Potter con lui?

Oddio, quella sarebbe stata la classica e tanto temuta chiacchierata tra migliore amico di James e futura ragazza di James, giusto?

Che aveva intenzione di chiedergli?

Comunque, lui sarebbe stato dalla parte di James, non avrebbe mai svelato i suoi segreti più imbarazzanti, tipo quando era caduto in quella pozza di…

-Senti Evans, non vorrei apparirti scortese, ma ho gli allenamenti…- la informò, guardandola trafficare nella sua borsa.

-Non ci vorrà molto.- fece lei, dura. In quel momento estrasse un foglio dalla tracolla e glielo mostrò. –Dimmi di questo.- gli ordinò, fredda. –Sai cos’è?-

Stupito, Sirius Black dette un’occhiata a quel simbolo scarabocchiato a lapis, per poi riportare lo sguardo sulla ragazza che aveva davanti.

-Ehm… è uno scarabocchio?- tentò.

-Non prendermi in giro, Black. Non sono dell’umore.-

-Lo vedo.- fece lui, calmo. –Ma io non so un accidente di quello sgorbio che hai disegnato, sul serio. Perché, dovrei saperne qualcosa?-

-E’ il tatuaggio di James.-

Non era stata Lily Evans a parlare, ma una voce in più, arrivata all’improvviso.

Remus J. Lupin era sempre stato silenzioso nel muoversi. Era arrivato alle loro spalle senza che se ne rendessero conto.

-Che fai qui, Lunastorta?- lo interrogò Sirius, sorpreso.

Il biondo Caposcuola fece spallucce, mostrandogli il libro di Pozioni che aveva in mano.

-Lo sai che James vuole che assista agli allenamenti, no? Stavo venendo allo stadio per mettermi a studiare in tribuna, quando ho visto tu e Lily qui.- rispose. –Che succede?- domandò, guardando entrambi i compagni di Casa.

E se Sirius scosse il capo, come a dire che di quella situazione ancora non aveva capito nulla, Lily si parò di fronte a Lupin, scura in volto.

-Il tatuaggio di James.- ripetè, rigida. –Voi ne sapete qualcosa?-

La Evans tremava, si rese conto il biondino. Pareva in qualche modo sconvolta.

-Beh, se l’è fatto qualche anno fa, non mi ricordo quando di preciso. Sembra una runa, no? A James piacciono da sempre le rune antiche.- fece Remus, tranquillo. –Perché questa domanda scusa?- domandò, sereno.

In silenzio, Lily li scrutò entrambi. Parevano sinceri, nessuno dei due sapeva.

Black sbuffava per correre all’allenamento e Lupin la guardava con curiosità.

No, non sapevano.

Stringendo forte il foglio nel pugno, la ragazza abbassò il capo, piena di delusione e tristezza. E la preoccupazione la logorava.

-Lily, si può sapere che cos’hai? Che cosa c’entra il tatuaggio di James adesso?- le chiese Remus con dolcezza, prendendole una mano.

Lei si passò velocemente una mano sugli occhi e poi scosse la testa, come a dire che non era importante. Si scostò da Lupin e lasciò da soli i due ragazzi, andandosene via.

Arrivata al corridoio del settimo piano prese a correre, desiderosa di chiudersi nella propria stanza il più presto possibile.

Non voleva più vedere nessuno. Non voleva vedere James, non se la sentiva.

Quel pomeriggio, durante l’ora di Pozioni, lui l’aveva guardata spesso, ma lei non aveva potuto fare altro che ignorarlo e scappare via non appena Lumacorno li aveva congedati. Non aveva avuto il coraggio di parlargli.

Si sentiva ferita, delusa. Ed anche enormemente preoccupata per lui.

In testa aveva una grande confusione.

Di una sola cosa era certa, quella notte di Halloween James non era stato attaccato da un mostro, la faccenda era molto, molto più grave.

Ed i professori li stavano tenendo all’oscuro.

 

 

 

 

Stava ormai facendo buio, quando la squadra di Quidditch del Grifondoro entrò in campo, pronta per l’allenamento serale e capitanata da James Potter.

Sette ragazzi in rosso ed oro si muovevano sulla fredda erba bagnata, ridendo e scherzando tra di loro. Tutti quanti erano avvolti in pesanti mantelli scarlatti indispensabili per proteggersi dal fresco della sera.

Remus Lupin e Frank Paciock, entrambi bardati con pesanti giacche, erano già sugli spalti, nella zona dei Grifoni. Il primo con un libro in mano, il secondo già pronto per pregustarsi l’allenamento dei suoi bignamini.

Lo stadio era quasi illuminato a giorno, questo grazie a potenti incantesimi di illuminazione, probabilmente messi dal preside in persona.

Alice Rubin, fiera e sferzante come al solito, stava trascinando con sé la cassa con gli strumenti per il Quidditch e blaterava con Lucas Smith dei nuovi giocatori di Serpeverde. Emma McLoow, Adam Maison e James Potter parlavano fitto fitto tra loro su tattiche di gioco e metodi di difesa.

Sirius Black chiudeva la fila, accompagnato da Alessia Rogers, la sostituta di Victoria, che non faceva altro che fargli gli occhioni dolci e chiedergli se la reputasse all’altezza della squadra. Black le rispondeva a monosillabi.

Il giorno prima aveva chiesto a Vick se avesse intenzione di ritornare a giocare e partecipare agli allenamenti, ma lei gli aveva soltanto sorriso, senza rispondergli nulla.

Ma una sorpresa lo aspettava.

Sì, perché al centro del campo di Quidditch, ferma ad aspettarli con indosso l’uniforme rossa e oro del Grifondoro, c’era Victoria Olsen in persona. Scopa in spalla.

Ed aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro, divertita dall’espressione di stupore che si era dipinta sul volto di tutti.

Teneva i corti capelli neri stretti in un codino e gli occhi azzurri brillavano di entusiasmo. Rise dell’espressione basita e offesa del suo ragazzo.

Li guardò uno ad uno, allegra.

-Beh, che sono queste facce?- domandò candidamente. –Li vogliamo battere i Serpeverde si o no?-

James fu il primo ad andarle incontro e ad abbracciarla, sollevandola da terra, mentre Alice le urlava contro, fingendosi arrabbiata. E Sirius la guardava, guardava la sua ragazza e sorrideva, in silenzio.

Non si curò del piagnucolio deluso della Rogers, ancora ferma al suo fianco.

Aveva occhi solo per Vick, soltanto per quel piccolo uragano che gli stava sconvolgendo la vita.

E quando i loro occhi si incontrarono, blu e azzurro, non ebbero bisogno di parole.

Loro due, lui e lei, sarebbero sempre stati una squadra.

Sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

Ecco qua, ed anche questo capitolo è andato. È stata dura, ma alla fine ce l’ho fatta.

Un capitolo scritto a pezzi, perché non trovavo mai il tempo di dedicarmici più di qualche minuto striminzito alla giornata.

Ma alla fine sono riuscita a scriverlo ed è questo quello che conta di più.

Lo trovo piuttosto succulento, ci sono tante cose in queste righe.

Il dolore di Lily primo tra tutti. Vi prego di capire la sua reazione, almeno provateci.

Poi ci sono James e Bella, su di loro non so più che dire. Lascerò che la storia faccia il suo corso, non posso fare altro. Però le parole di Bellatrix hanno turbato Jamie.

La perla di questo capitolo per me, resta, strano a dirsi, l’ultimo sguardo tra Victoria e Sirius. Mi ha dato i brividi. Ultimamente non ho dato loro molto spazio, non potevo. Ma adesso cercherò di rimediare, anche perché se lo meritano, non trovate?

Passando ai ringraziamenti, un GRAZIE enorme a chi legge sempre, a chi mi ha messo tra i preferiti, a chi recensisce sempre, incoraggiandomi ad andare avanti con questa storia senza fine che mi toglie tempo ed energie, ma che scrivo con impegno e con soddisfazione per tutti voi.

 

Rosy823: Grazie di tutto, tesoro. Tutti quanti aspettavamo che i due si baciassero di nuovo, anche io, che in fondo seguo la storia come tutti voi. A breve avremo il bacio vero, quello con la B maiuscola. Sii fiduciosa! XD

Brando: Grazie delle parole, sei sempre molto gentile. La penso come te, Bella sarà anche un mostro, ma almeno non ha paura ad ammetterlo. Peter non cambierà, sarà sempre dubbioso, sempre in bilico tra luce ed ombra. Sempre pieno di dubbi. Sì, tutti sanno che i Potter non sono i genitori di James. Tutti tranne Lily, che ha cominciato a frequentare James da poco. Negli anni precedenti non si era mai interessata a lui a tal punto da informarsi sulla sua famiglia.

LilyProngs: Carissima, non ti becco mai su msn! L La tua recensione mi ha fatto davvero piacere ed io non posso fare altro che ringraziarti mille volte per le belle parole che tu hai sempre per me. Julian lo amo, c’è poco da fare, ma lo massacrerò ben bene in questa storia, povero caro. Leggere per credere. E Lily e James… sono contenta di ciò che ti trasmettano, perché significa che sto riuscendo nel mio scopo, è questo che voglio da loro. Un amore delicato, paziente, ma forte come un diamante, resistente a tutto. Lo vedrai.

Novembre: Ciao tesoro, ma lo sai che a volte la penso come te? Anche a me il James di Bella piace, lo trovo molto sexy. Niente male. Ma da questo ultimo capitolo credo si sia visto che “quel” James, anche se c’è, c’è solo in piccola parte. Non nego però che James e Bella mi piacciono insieme, magari un giorno tradirò la Lily/James e scriverò una shot su di loro, chissà! XD Grazie per il commento, vedo che il mio Julian piace, questo mi fa gongolare, sai? Forse ti sembra strano che Bella parli così tanto con Peter. Ma non farti ingannare. Lei non ha problemi a dire ciò che prova, ma le cose importanti non le dice a nessuno, men che meno a Peter. ^^

Chiara88: Un monumento? Addirittura? XD Grazie mille tesoro, ma non lo merito. Ho ancora così tanta strada da fare! ^^ Comunque grazie davvero per le tue belle parole, i complimenti sono sempre graditi, si sa. Sì, il bacio con la B maiuscola è vicino. Lo aspetto anche io insieme a voi, ma, lo ammetto, io aspetto anche qualche cosa in più. Altro che limonare, qui c’è anche bisogno di sesso! Non vedi che discorsi fanno i maschietti in Sala Grande? Mi sa che se non mi sbrigo, quei matti escono fuori di testa! Sirius in primis! XD Per i tuoi dubbi su Stria, spiacente, non posso risponderti. Ci chiediamo tutti da che parte sta. Alla fine scoprirete anche questo, ma ora è presto.

Robert90: E io dico grazie a te per il bel commento che mi hai lasciato. Grazie, grazie davvero. Sono contenta che il personaggio di James ti piaccia, è anche il mio idolo e ci tengo che venga bene. Mi ha fatto piacere sapere che la mia storia ti piace, davvero. Per me è davvero importante il giudizio di tutti voi. ^^

La Nika: Ciao! Grazie molte per la recensione, come vedi il capitolo è arrivato. Tardi, ma è arrivato sano e salvo da voi! XD Ti ringrazio per il sostegno, cercherò di dare sempre il massimo per voi. ^_-

Miky: Eccoti, mia diletta. Colei che si sorbisce i miei scleri anche su fb! Ecco il nuovo capitolo, spero che non ti deluda, anche se io non ne sono molto soddisfatta. Prometto di impegnarmi di più nel prossimo. Allora, vediamo di risponderti a tutto.

Peter: perché a Grifondoro? Me lo sono spesso chiesta ed ho voluto mettere questo quesito nel capitolo precedente perché tutti ci rifletteste. Io posso darti la mia risposta, il mio parere personale. Io credo che il cappello parlante non sia poi così onniveggente. Fruga nell’animo di bambini undicenni, dà un giudizio, ma non potrà mai sapere come la vita porterà il ragazzo ad agire. Il vissuto di ognuno è sempre diverso. E le scelte rendono una persona diversa dall’altra. Forse ad undici anni Minus era un ragazzino buono, pieno di buoni propositi, volenteroso etc. Ma gli anni lo hanno cambiato. Ed il suo spirito Grifondoro è andato perduto. Così la vedo io. ^^ Certo, non è cattivo. Ma è debole, terribilmente debole, indeciso e contraddittorio. Dicono di lui che ha sempre amato i più forti. E di fatti Peter lascia i Malandrini per Voldemort.

Innamorato dici? No, non credo. O per lo meno, non ancora. Per me non è ancora innamorato di Bella. Più che altro direi che ne è infatuato, perché lei è bella, rispettata, potente. Perché lei gli sta dando importanza e lui non si rende conto di essere preso in giro. Bella: Innamorata di James? Così dice lei. Io ho un’idea diversa dell’amore. Ma ognuno ha il proprio modo di amare. Comunque sia, per ora anche per lei io preferisco parlare di infatuazione esagerata. XD E desiderio. Questo sì. Attrazione sessuale, ad essere precisi. Direi che con le tue riflessioni su di lei ci hai preso in pieno tesoro. ^_-

Regolus: Già, io lo adoro troppo. E non so neanche perché. Sarà forse perché ho un debole per i cattivi che si redimono. Ma ti correggo. Regolus non è il buono, non ancora. Lui ancora crede nei valori sul sangue dei Black, ed ha davvero intenzione di combattere per Voldemort. Solo in seguito si renderà conto dell’errore e si redimerà, morendo nella sua impresa. Qui è ancora un ragazzino fanatico di 13 anni, un ragazzino molto intelligente e dotato, che ha questa strana sensazione. La sensazione di morire presto. Come di fatti accadrà. James e Lily: e anche qui ci hai preso, sei un genio! ^^ Anche io credo che James si sarebbe comunque fermato. Semplicemente non era il momento giusto, anche se la voglia era tanta. Brava tesoro, ci azzecchi sempre e mi capisci anche troppo bene! XD Grazie per esserci sempre. Ti voglio bene.

Black_Witch: Sorella!!! Bella piace anche a te? Wow, quella pazza sta facendo colpo! XD Spero tu abbia trascorso delle buone vacanze! Grazie mille per le tue parole, sai quanto sono importanti per me. Sono felice che Regolus ti piaccia, grande sorella! W tutti i Black, cattivi e non! Io li amo praticamente tutti. Arriverà anche Tonks, anche se sarà versione pupattola di pochi anni. E pensare che il povero Remus non si rende conto di giocare con la sua futura moglie! Che buffo che è il destino a volte! Un bacio!

Cicci92: Ciao! Grazie per aver cominciato a leggere la mia storia, mi fa molto piacere e spero che continui a piacerti. Sono felice che apprezzi Lily, non tutti sono riusciti a capirla subito. Io ho davvero cercato di uscire dagli schemi e creare un personaggio mio, più originale, e spero di esserci riuscita. Come ti ho già detto nella mail, la storia sarà molto lunga, ancora non riesco a scorgere la fine. Perciò armiamoci e di pazienza e teniamo duro! XD

Mimmyna: Ciao e ben tornata! ^^ Tranquilla, arriverà il bacio che tanto aspettiamo, abbi fiducia in me, che sono una dura! XD Vedrai, vedrai… Grazie mille per la recensione, tesoro! E un bacio!

James_Lily_Love: Wow che nick, ti potrei ergere una statua! Ti sei letta tutta la fic di getto? Come stanno i tuoi occhi? XD Comunque davvero grazie, a me fa piacere che ti sei ricordata di me! Sei stata gentile e spero che la storia ti piaccia! Sono felice che adori James e Lily, io la vedo come te. Impazzisco per loro! ^^

Deviata: Heeey! Ma guarda chi si rivede? Come stai carissima? Tutto ok? Non ci sentiamo da un pezzo e sono felicissima che sei tornata! Spero che la fanfic continui a piacerti ancora, sai, io sono un bel po’ arrugginita! Grazie mille per essere tornata a seguire la storia, a me fa molto piacere! Spero di risentirti presto! Un bacione!

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Capitolo 25
*** ° Jeremy ° ***


Eccolo qua, che lo vogliate o no, un altro capitolo incentrato sul passato.

Utile, irrinunciabile, ragazzi. Anche se magari preferireste sapere di Lily e James.

Dedicato a tutti coloro che amano Jeremy e Savannah, che sono curiosi di conoscere la loro storia d’amore dalla quale è nato James Potter.

Magari per riprendere il filo consiglio la rilettura del capitolo 15.

Buona lettura,

Lady Tsepesh.

 

 

 

“ Jeremy”

 

 

 

 

Non aveva mai amato gli esseri umani, non era nella sua natura.

Nato e cresciuto in una delle dimensioni più oscure dello spazio, un luogo così crudo ed arido da far impallidire lo stesso Inferno, non aveva mai neppure provato a capire, a conoscere quelle creature così deboli e fragili. Gli uomini.

Nessuno gli aveva mai insegnato a rispettarli, a rapportarsi con loro.

Gli umani erano deboli, erano delle pedine e come tali andavano trattati, senza pietà e con ben pochi scrupoli, era questa la regola da seguire.

Lui era uno spirito infernale, una delle poche Fenici Nere rimaste.

La sua razza si era dimostrata troppo potente e troppo autonoma fin dall’inizio di tutto ed alla fine le forze del male superiori si erano adoperate per fare in modo che non potessero più nuocere in alcun modo. Persino le più grandi entità demoniache li temevano, non si fidavano. E così erano rimasti in quattro. Soli, sperduti, senza più un capo o un credo da seguire. Tutti gli altri erano stati sterminati.

Ma a lui non importava poi più di tanto.

Non gli era stato certo insegnato ad amare gli altri, neppure i suoi compagni.

Doveva uccidere. Solo uccidere. Era questo il suo dovere.

Perché se gli Arcangeli erano i guerrieri del Paradiso, le Fenici Nere, da sempre, lo erano dell’Inferno. Da secoli.

Purtroppo non erano mai stati dei soldatini docili, ecco perché alla fine erano andati incontro all’estinzione. Ma a lui non importava. Esisteva ancora e tanto gli bastava.

Phoenix, così lo avevano sempre chiamato, perché lui non aveva un nome, nessuno dei suoi compagni lo aveva.

All’Inferno, lì dove loro servivano, erano sempre e solo stati numeri.

Erano soldati. Nessuno si curava di loro, anzi.

Molti all’Inferno avevano desiderato che se ne andassero, che sparissero, ed era per questa ragione, lui lo sapeva, che nessuno aveva mosso un dito per loro quando quell’uomo era riuscito ad imprigionarli e a portarli nel mondo degli umani, schiavi.

Edward Havisham. Il più potente dei maghi.

Lui lo conosceva, ne aveva sentito parlare. All’Inferno si parlava spesso di coloro destinati a cadervi, perché era lì che quel mago oscuro sarebbe finito, prima o poi.

Sapeva del patto che legava la famiglia Havisham al Male.

Metà anima a metà vita.  

Stolti umani!

Vendere se stessi per del potere, che sciocchezza. Cos’era il potere dopo tutto?

Lui era nato potente, era nella sua natura. Ma avrebbe anche potuto vivere senza.

Alcuni dei suoi compagni ne erano ossessionati, vivevano per il potere, per l’energia che scaturiva dai loro corpi. Ne erano innamorati. Ossessionati.

Non lui.

Lui poteva farne anche a di meno, era sempre stato un gran menefreghista.

Faceva ciò che gli ordinavano e poi se ne tornava a riposare.

Uccideva e poi cadeva in un sonno che poteva durare secoli, in attesa di un nuovo ordine. In fin dei conti, poteva dirsi un spirito tranquillo.

Ma quell’Edward Havisham rischiava grosso.

Sì, lui lo avrebbe ammazzato volentieri. Con o senza ordini.

Era sceso nella loro dimensione, nel loro regno, e li aveva catturati. Aveva imprigionato lui ed i suoi ultimi tre compagni rimasti.

Era stata una vergogna.

Nessuno, nessuno mai era riuscito a tener testa ad una Fenice Nera.

Ma quell’uomo non era normale. Faceva paura.

E adesso lui, proprio lui, una creatura così potente era ridotto in catene, mentre due dei suoi fratelli marcivano nel laboratorio di quel pazzo e sua sorella, l’ultima femmina rimasta, portata via da quello strano amico di Havisham, poteva già essere morta.

Sentendo la calda luce del sole sul viso, lo spirito infernale aprì gli occhi di uno straordinario color azzurro, ricco di sfumature violette e pervinca.

Occhi bellissimi, dalla colorazione disumana.

I suoi capelli, sotto quella luce abbondante, apparivano come un secondo sole.

Ribelli, indomabili, e di uno stupefacente colore dorato. Puro oro.

Un biondo naturale sarebbe impallidito di fronte al suo cospetto.

Emettendo un sospiro, lo spirito si mise seduto, restando comunque comodo su quel morbido divano di seta azzurra. Si era addormentato lì. Aveva sempre amato dormire.

Scocciato, si ricordò di non poter muovere molto le braccia.

Aveva delle manette magiche ai polsi, collegate tra di loro mediante una catena abbastanza lunga da lasciargli muovere gli arti, ma non più di tanto.

Era un prigioniero ed Havisham non se ne scordava mai.

Fortuna che c’era quella stupida ragazzina umana che si affaccendava giorno e notte per prendersi cura di lui, neanche fosse stato il suo cucciolo. Una vera imbecille.

Ma utile.

Era stata lei a lavargli via le ferite, lei a portargli vestiti nuovi, puliti, e ad aiutarlo a cambiarsi, anche se molto in imbarazzo. Era lei che provvedeva affinché non gli mancasse mai niente. Gli aveva pure permesso di utilizzare quel bel divano.

E pensare che Edward Havisham lo aveva donato a lei come servo.

Beh, fino a quel momento la schiava pareva essere lei e lui, da bravo essere maligno, non se ne dispiaceva affatto. Figurarsi!

Gli umani erano davvero stupidi. E quella ragazzetta in stupidità batteva tutti!

Eccola che arrivava, pensò, avvertendo l’energia magica di lei avvicinarsi.

Avesse potuto l’avrebbe uccisa, anche solo per fare un dispetto a quel bastardo del suo paparino. Purtroppo però quelle manette avevano l’odiosa capacità di togliergli i poteri, funzionavano come un perfetto incantesimo di sigillazione.

Era veramente in trappola. Ed innocuo.

La cosa lo mandava in bestia.

Pochi minuti dopo la porta di quell’ampio e ricco salotto privato si aprì, lasciando entrare lei. Proprio quella Lei.

Savannah Havisham, così si era presentata.

La ragazza avanzò nella stanza e sorrise non appena incrociò il suo sguardo, quegli occhi neri, sottili, così pieni di gentilezza lo disgustavano.

E lui fu il primo ad abbassare la testa.

-Sei sveglio.- lo salutò lei, parlandogli con calore.

Era odiosa. Non la sopportava.

E la sua anima, così pura ed immacolata, lo disgustava. Lo nauseava.

Non le rispose.

Le parlava solo quando era strettamente necessario e quella volta non lo era.

Savannah aveva con sé un vassoio ricco di cibo e bevande che andò a deporre su un piccolo tavolo lì vicino, pareva serena. Lei lo era sempre.

E quegli occhi neri non conoscevano la crudeltà.

I suoi capelli lunghissimi frusciavano ad ogni più piccolo movimento di lei, parevano lunghe e soffici onde nere, ebano. Invitavano ad affondarvi le mani per sentire la loro autentica morbidezza.

Bellissima. Quella ragazza era un capolavoro della natura.

Ma lui le avrebbe volentieri spezzato il collo.

Un bel corpo non lo attraeva tanto quanto il desiderio di uccidere.

E di dormire.

In questo era molto simile ad un gatto.

La guardava affaccendarsi alle finestre, muovendosi in quel suo vestito celeste chiaro, quasi di colore ghiacciato, dall’aspetto soffice e lungo fin sotto il ginocchio.

Era scalza.

E, per tutti i diavoli, stava dando da mangiare agli uccellini!

Non riuscendo a resistere, lo spirito infernale storse la bocca in una palese smorfia schifata. Ok, quello era decisamente troppo.

A quel punto avrebbe davvero preferito che Havisham lo avesse dato a quel suo amico, Riddle. Meglio le torture che quello!

-Sei disgustosa.- disse ad un tratto, non riuscendo a trattenersi.

E lei, udendo la sua voce, si voltò subito. Sorpresa.

-Come hai detto?-

-Sei disgustosa! Cos’è? Ti è presa la mania di San Francesco, per caso?-

-Chi?-

-Ah, lascia perdere. Era un umano un po’ strambo a mio parere. E tu stai prendendo la sua strada. Fai attenzione.-

-Io? La sua strada? Ma di che parli?- chiese lei, divertita.

-Quell’aria dolce e serena. Il tuo disprezzo per il male e per la tua ricchezza. Ed il tuo disgustoso amore per tutte le creature, incluso me ed uccellini. Stomachevole.-

-Beh, se quest’uomo era veramente come dici, allora lo ammiro molto.- fece lei, sorridendo, mentre camminava verso di lui.

-Come non detto.- sbuffò lo spirito.

Lei rise ed andò a sedersi su una poltroncina dello stesso colore del divano dove lui sedeva. Era tutto terribilmente in ordine in quella stanza. Tutto così… perfetto.

Si trovavano in uno dei salottini privati di lei. Era il suo piccolo regno.

-Non ne so molto sui santi.- cominciò lei, abbassando lo sguardo. –In questa casa non ci è permesso avere un credo, una qualsiasi religione. Attingiamo il nostro potere dal Male, tutto qui. È l’unica cosa che ci serve, o almeno questo dice mio padre.-

-Hai davvero intenzione di parlare di santi con me?- le domandò lui, orripilato.

-E perché no?-

-Bambina, io sono uno spirito infernale. Inferno. Riesci a cogliere?- sibilò, velenoso.

Sospirando, lei sorrise, osservandolo con tranquillità.

-E allora di cosa possiamo parlare?-

-Possiamo non parlare affatto.-

-Oh, non sei così cattivo come vorresti apparire.-

-Cattivo? Piccoletta, potrei ucciderti.-

-Non adesso. Sei imprigionato.-

Si stava divertendo. Quella piccola impiastra si stava divertendo, lo vedeva da come le scintillavano gli occhi di furbizia e di genuino divertimento.

Maledetta!

Poi, ad un tratto, quegli occhi da allegri si riempirono nuovamente di calore e dolcezza.

-Quando tua sorella è caduta, mentre Josh vi strattonava, tu ti sei chinato a soccorrerla. Non puoi essere così crudele come dici.- mormorò ad un tratto.

-Era una mia compagna. E non volevo che si mettesse a piagnucolare. È’ sempre stata una debole incapace.- ribattè lui, sicuro.

Savannah sorrise di nuovo, quel sorriso che aveva cominciato a detestare.

-Come vuoi tu.- si arrese lei, guardandolo. –Ti ho portato da mangiare.-

Alzando gli occhi al cielo, lui non le rispose.

-Ti ho portato un po’ di tutto.- continuò lei. –Devi avere fame, no? Non tocchi cibo da giorni. Ogni volta rifiuti tutto, ma finirai per sfinirti!-

Basta. Basta la uccideva. Non la sopportava proprio.

-Dico, sei stupida?!- le ringhiò contro, irritato. –Io non mangio quella roba!-

Lei non si scompose, ma rimase ferma, seduta davanti a lui.

-E allora cosa vorresti mangiare? Posso procurartela.- disse.

Le belle labbra di lui si stirarono in un ghigno derisorio, mentre la guardava.

-E se mangiassi bambini? Me li porteresti?-

-Non mangi bambini.- fece lei, sicura.

-Ah no?-

-Niente artigli, niente zanne affilate, niente incarnato pallido. Non mangi carne umana.- dichiarò Savannah, scrutandolo con attenzione. –Allora? Cosa mangi?-

Arreso, lui sbuffò nuovamente, stufo di quella ragazzina.

-Niente. Io non ho mai avuto bisogno di nutrirmi.- le disse.

-Capisco.- fece lei, osservandolo con interesse. –Però dormi molto.-

-E’ il mio modo di ricaricarmi.- le rispose lui, sbrigativo.

Di nuovo cadde il silenzio tra di loro. Lei abbassò nuovamente lo sguardo e lui, sentendola finalmente zitta, chiuse gli occhi, ritornando ad accomodarsi meglio sul suo adorato divano. Ormai era una sua proprietà.

Era piacevole il silenzio, pensò. All’Inferno nessuno stava mai zitto, c’erano urla, risate, lamenti. Una vera seccatura per un pigrone come lui.

Invece nel castello di Havisham non c’era quasi mai alcun rumore. Tutto era quasi sempre silenzioso, immobile, senza tempo.

E si potevano udire altri rumori.

Come quello del vento che soffiava lieve tra le foglie, sull’erba, sull’acqua.

Il ticchettio di un orologio.

I suoni emessi dagli animali.

Il battito del cuore ed il respiro di quella ragazza che ancora sedeva vicino a lui.

Non se ne era ancora andata?

Scocciato, aprì nuovamente gli occhi, fulminandola con lo sguardo.

-Che vuoi? Si può sapere cosa stai ancora facendo qui?- sbottò.

Savannah scosse il capo, sorridendo.

-Mi ero incantata a guardarti.- ammise sincera ed un poco in imbarazzo. –Sai, quando dormi e non parli, beh… assomigli ad un angelo. O almeno sei vicino a rappresentare l’idea di angelo che mi sono fatta.- fece, stringendosi nelle spalle.

-Di insulti ne ho ricevuti tanti nella mia lunga esistenza, ma il tuo li batte tutti, ragazzina.- borbottò lui, richiudendo gli occhi.

E lei rise.

-Mi chiamo Savannah. Non “ragazzina”.- precisò, osservandolo divertita.

Lui non le rispose, come al solito.

-E tu?- fece lei, continuando a parlargli. –Come ti chiami?- insistette.

-Mi chiamo “Scocciato a morte”.- la freddò lui, tornando a guardarla. –Credevo che mi fosse andata meglio rispetto ai miei fratelli, ma mi sbagliavo. Tu sei una tortura ben peggiore degli esperimenti di quel pazzo di tuo padre!-

-Sto solo provando ad essere gentile.- mormorò lei, guardandosi le mani. –Mi hanno insegnato che è buona educazione fare conversazione con gli ospiti. E visto che dobbiamo stare insieme per tanto tempo, mi sembrava giusto sapere almeno come ti chiami. Cosa c’è di sbagliato in questo?- fece, tornando a guardarlo.

-Non ricordarmi che dovrò stare con te per tanto tempo, ti prego.- si lamentò lui, sospirando teatralmente. –Riuscirò a liberarmi prima o poi. E tu e la tua famiglia farete una brutta fine, te lo garantisco. Il tuo paparino ha fatto un grande errore a mettersi contro di me.- sibilò.

E lei abbassò il capo, addolorata. –Mi dispiace. Mi dispiace davvero moltissimo per te ed i tuoi compagni. Non condivido affatto le idee di mio padre, ma non posso fare niente per rimediare ai suoi terribili errori. Ho visto cosa fa in quel laboratorio. E lo disprezzo con tutto il mio cuore. Non voglio diventare come lui.-

Tremava, si accorse lui.

Savannah Havisham tremava. Forse per rabbia o per paura.

-Non vuoi diventare come lui? Ragazzina, tu sei un’Havisham, ricordi? Tutti voi Havisham siete così. Matti da legare e ossessionati dal potere. Avete praticamente stretto un patto con il Male per essere quello che siete. Hai diciassette anni, giusto? I tuoi poteri dovrebbero essere maturati del tutto, sei al culmine della tua potenza. E quando avrai cinquant’anni dovrai spaccare la tua anima a metà e morirai, come è successo ai tuoi predecessori. Quella gattaccia è qui per questo, no? Assicurarsi di riscuotere le vostre anime al momento del pagamento.- le disse, freddo, incurante dei tremiti di paura di lei.

-Stria mi vuole bene.- fece Savannah ad un tratto, tornando a guardarlo.

-Stria è uno spirito infernale come me ed è stata mandata per sancire il vostro patto. Non vuole bene a nessuno. I sentimenti non sono parte di noi.- ribattè lui, divertito dell’ingenuità di quella ragazza. –Se sei davvero così illusa da credere che quella stronza provi affetto per te, allora faresti meglio a fare come il tuo bisnonno. Si suicidò, vero? Era un umano debole, come te. Odiava i suoi poteri, come te. E si è ucciso.- disse con un sorriso crudele.

-Già, probabilmente sarà lo stesso che farò anche io.- mormorò lei. –Meglio la morte di questa vita, non faccio che pensarlo.-

-Potresti essere grande, con i poteri che hai.-

-Il potere non mi interessa. Vorrei solo essere libera e non lo sarò mai.-

E lui non disse nulla.

Già, dopo tutto, in questo loro due erano simili.

Volevano la stessa cosa.

Bramavano entrambi di uscire dalla loro prigione. Il potere… il potere non era niente in confronto alla libertà.

Cos’era il potere?

Cos’era?

Perché gli altri si adoperavano tanto a cercarlo?

Cos’aveva il potere di più allettante della libertà?

Nessuno di loro due riusciva a capirlo.

Si guardarono.

Lei, una ragazzina umana diciassettenne, figlia di una famiglia maledetta, vittima di un patto che un giorno avrebbe colpito anche lei, un’innocente.

Lui, uno spirito infernale millenario, ma con l’aspetto di un ragazzo. Creato per combattere. Una pedina. Uno schiavo fin dalla nascita che poi era stato buttato via.

No, infondo, non erano poi così diversi.

-Io non ce l’ho un nome.- le disse lui ad un tratto, decidendosi a rispondere a quella domanda che lei gli aveva posto poco prima. –A quelli come me non danno un nome, non ce n’è bisogno.- spiegò.

Ed il sorriso luminoso che lei gli regalò, lo lasciò senza parole.

Come poteva esserci così tanto calore e amore nel corpo di una ragazza maledetta, destinata a morire per la pazzia di un suo antenato?

Come poteva esserci così tanta gioia in quell’anima logorata dalla prigionia?

-Ho deciso.- fece lei, mentre ancora gli sorrideva. –Se non hai un nome, allora io ti chiamerò Jeremy.-

-Non mi piace il nome Jeremy.-

-Beh, a me non piace Savannah.- rise lei, divertita. –Ma non siamo mai noi a decidere come chiamarci. Scelgono sempre gli altri e dobbiamo accontentarci.-

Si dice che è nel momento in cui si dà un nome ad una cosa, che questa comincia ad esistere veramente. Da quel giorno lui avrebbe avuto un nome.

Jeremy.

 

 

 

 

 

Quella notte aveva cominciato a nevicare.

Albus Silente, anziano mago e preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, era ancora desto, immune al sonno che da molto aveva avvolto tutto il castello.

Come un guardiano instancabile, egli vegliava su tutti, senza mai emettere un lamento. Poche cose gli erano rimaste nella vita, quella scuola con i suoi abitanti era una di quelle. E poi, in tutta sincerità, lui non aveva mai amato molto dormire.

Il sonno portava i sogni. I sogni riportavano indietro i brutti ricordi.

Una spirale di dolore che il vecchio mago preferiva evitare.

Se ne stava affacciato ad una delle finestre del suo ufficio, una tazza di caldo tè nella mano, assorto ad osservare quei fiocchi di acqua ghiacciata cadere.

Ariana, la sua amata sorella, aveva sempre amato la neve.

Ma lei era morta. Era un ricordo. E questo doveva rimanere, per sempre.

Fu un lieve bussare alla porta che lo salvò da quel doloroso tuffo nel passato, ridestandolo. Posando la tazzina di tè sul davanzale della finestra, Silente lanciò un’occhiata a Funny, la sua fenice, placidamente addormentata.

-Avanti.- pronunciò poi, tornando alla propria scrivania.

Il fuoco nel camino era acceso ed era anche l’unica fonte di luce all’interno della stanza, che aveva un che di spettrale quella notte, una notte ricca di misteri e rivelazioni, lui lo sapeva bene. E fu con sorpresa che vide quella porta aprirsi ed una figura sottile, femminile, entrare nel suo ufficio con disinvoltura.

Una splendida donna si fece avanti, camminando sicura su quel marmo con un ticchettio causato dalle sue splendide scarpe. E vestiva di nero.

Un lungo abito nero.

-Volevi vedermi, Silente?-

-E’ raro parlare con te nella tua forma umana, Stria.-

-Credevo ti facesse piacere vedere qualcuno seduto di fronte alla tua scrivania, su questa bella sedia.- fu la risposta di lei, mentre andava ad accomodarsi, prendendo posto proprio davanti a lui ed accavallando le gambe. –Buonasera, Albus.-

-Buonasera, Stria.- la salutò anche lui, osservandola con i suoi attenti occhi azzurri, dietro gli occhiali a mezza luna.

Da umana, Stria aveva la pelle ambrata e lunghissimi capelli neri come la notte. L’unica cosa che aveva in comune con l’altra sua forma, quella di gatto, erano gli occhi. Ancora felini. Ancora verdissimi.

Lei gli sorrideva, fintamente innocua. Ma tutto era tranne quello ed il mago lo sapeva benissimo. Non avrebbe mai sottovalutato quella creatura.

-Allora? Per cosa mi hai chiamato, posso saperlo?- domandò lei, neutra.

-Posso offrirti del tè?-

-No, non mi ha mai attratta molto quella brodaglia.- fece subito lei. –Arriva al punto.-

E Silente sorrise, divertito dalla schiettezza della sua ospite.

-Molto bene.- disse. –Allora spiegami una cosa, Stria. Per quale motivo ti comporti come se tu fossi la serva di Havisham? Ti ho sentito chiamarlo “padrone”.-

Se lei rimase stupita da quella domanda, non lo dette a vedere.

Appariva tranquilla, controllata. E sorrise.

-In effetti lo sono. Io sono al servizio degli Havisham, Silente.-

-Ma non sei forse stata tu a stipulare il patto con il primo Havisham? Non sei forse tu che strappi a tutti i suoi discendenti metà anima, quando giunge il momento?-

-Esatto, è uno dei miei tanti compiti.-

-Eppure li servi.-

-Era nei patti, Albus. Havisham promise metà anima in cambio di potere e conoscenza magica, condannò se stesso e tutti i suoi discendenti a questo destino. Io ricevetti l’ordine dei miei superiori di rimanere per sempre legata a questa famiglia, fino a quando il patto non sarebbe stato annullato. Da allora ho sempre seguito ogni Havisham, fino alla sua morte. La mia presenza con loro è necessaria, Silente. Loro possiedono un potere enorme, è indispensabile che io li segua, che io insegni loro ad usare questa grande magia, lo capisci?- spiegò Stria, studiandolo.

-Lo capisco.- annuì il mago, portando distrattamente lo sguardo alla finestra. La neve cadeva, continuava a cadere, ricoprendo ogni cosa di un manto bianco. –Allora chiariscimi anche un’altra cosa, ti prego.- cominciò, riportando gli occhi su di lei, che ancora lo analizzava. –Gli Havisham hanno cinquant’anni di vita, cinquant’anni di enormi poteri e di grande conoscenza. Poi la loro esistenza finisce. Non è vero?-

-Cinquant’anni. Non uno di più, non uno di meno.- confermò lei, già sorrideva.

-E allora spiegami, Stria. Spiegami come sia possibile che Edward abbia addirittura superato i settant’anni.- fece il mago, inchiodandola con lo sguardo. –Non è forse un tuo dovere strappare un pezzo d’anima ad ogni Havisham?-

E lei rise di gusto, gioiosa e cristallina.

-Allora è questo che volevi sapere!- esclamò, divertita.

-Esatto. Te ne sarei grato se tu me lo spiegassi.- le disse lui, prima di prendere un sorso del suo tè profumato. –Spiegami, dimmi come ha fatto.- insistette ancora, gli occhi azzurri animati da qualcosa di indescrivibile. –Cosa avete fatto tu ed Edward? Come è morta Savannah, Stria?- la aggredì, senza prendere fiato.

Ma lei rimase immobile, ferma nella sua posizione.

Scosse il capo.

-Jeremy era sconvolto quella notte!- continuò Silente, accusandola. –Era impazzito, era fuori di sé! Cosa è accaduto? Parla, Stria!-

E fuori continuava a nevicare.

Nevicava, nevicava, nevicava…

Sorridendo, lei rimase a guardarlo, paziente.

-Stai sbagliando tutte le domande, Albus.- lo informò.

-Cosa vuoi dire?-

-Che non dovresti chiedermi cosa abbiamo fatto io ed Edward. Ma cosa abbiamo fatto io e Savannah.- rispose lei, compiaciuta dallo sguardo stupito del mago.

-No. No, non può essere vero…- esalò l’anziano mago, prendendosi il volto fra le mani.

-E invece sì, Silente. Io e lei stringemmo un nuovo patto.-

Un gemito di dolore uscì dalle labbra del preside, mentre disperato scuoteva la testa, pensando a quella ragazza meravigliosa, buona, dolce.

-Quando nacque James, Savannah capì.- cominciò Stria, fissando il proprio sguardo sulle fiamme del camino. –Non voleva che suo figlio dovesse un giorno perdere metà della sua anima e morire, come tutti gli Havisham. Perciò decise di sacrificarsi.-

-E tu glielo hai permesso.- mormorò Silente, sconvolto.

-Io sono nata per trattare, stringere accordi. È’ nella mia natura e lei mi fece un’offerta che non potevo affatto rifiutare. Mi offrì la sua anima, la sua anima intera, in cambio di metà delle anime di tutti gli Havisham in vita. Così James non sarebbe dovuto morire e andare all’Inferno. E con lui, si salvò anche Edward.-

-Oh, Savannah…- esalò l’anziano mago, sentendosi morire dentro.

Quella ragazza. Quella povera ragazza.

-Mi conosci, non potevo rifiutare. L’anima di Savannah era così luminosa, così calda e pura. Un vero invito. Ed era intera! Un’anima intera vale più di mille mezze anime!- continuò Stria, estasiata. –Oh, non fare quella faccia, ti prego. Io le ho dato tanto in cambio. James potrà vivere a lungo ed i suoi discendenti saranno liberi. Dopo di lui non nascerà più nessun Havisham super potente, te lo garantisco.-

-Dunque il patto è stato annullato?-

-In parte.-

-Cosa significa?-

-Che c’è ancora una cosa che devo fare.-

-Ma non me la dirai.-

-Esatto.-

-Ma è per questa cosa che devi ancora fare che continui a rimanere vicino ad Edward, dico bene?-

-Dici benissimo.-

-Ed Edward?-

-Non ha ancora capito.-

Rimasero a fissarsi nella penombra della stanza per un tempo indefinito. La neve cadeva fitta, imperterrita. Funny, sul suo trespolo, ancora riposava.

-Perché mi hai detto tutto questo solo ora? Ti ho sempre chiesto spiegazioni.-

-Perché questo è il momento giusto. E dentro di te lo sai anche tu.-

-E Jeremy? È’ per questa ragione che impazzì? Che perse il senno?-

Lei non gli rispose, lo sguardo tornato a perdersi sulle fiamme.

-Lui voleva ucciderti, Stria! E ora capisco il perché! Tu gli avevi portato via Savannah!-

-Beh, non ci riuscì.- fece lei, tornando a guardare il mago con i suoi felini occhi verdi, agghiaccianti. –Fui io ad uccidere lui, ricordi, Silente?-

-Lui era così potente. Come riuscisti tu…-

-Jeremy era folle di rabbia. Era instabile e debole. Non fu affatto difficile.-

-Era innamorato. Senza Savannah non aveva più alcuna ragione di vivere.-

-Già. C’era anche questa.-

La ricordava bene quella notte di circa diciassette anni fa, la ricordava benissimo.

Perdendo il proprio sguardo nel buio della notte oltre la finestra, Silente poteva rivivere ogni istante.

Rivide Jeremy davanti all’enorme portone di quercia del castello, immobile in quell’ingresso. Un’espressione indecifrabile sul viso.

Gli occhi violacei spalancati, stanchi, dai capillari rotti. Il volto sfinito, graffiato.

La bocca esangue.

Non aveva spiccicato parola, caduto in un inquietante mutismo.

Rivide se stesso, il Silente di diciassette anni fa, chiamarlo, scuoterlo. Urlare il suo nome, ancora ed ancora. Tentare di risvegliarlo da quella trance spaventosa.

E Jeremy gli aveva messo James in braccio, il piccolo non aveva neppure un anno ed era profondamente addormentato.

-Lo tenga lei. Io non posso più.-

Queste erano state le uniche parole che la Fenice Nera gli aveva detto. Non aveva risposto a nessuna delle sue domande. Non gli aveva detto che fine avesse fatto Savannah, né che cosa fosse accaduto.

Se ne era andato, senza neppure rivolgere un ultimo sguardo a suo figlio.

E nella notte era svanito.

Lo aveva rivisto per l’ultima volta proprio lì, nel suo ufficio.

Il bel volto che era una maschera di sangue. Il mantello avvolto intorno al corpo che copriva ferite fin troppo profonde per essere curate.

Gli occhi di quel viola azzurro brillante che si erano fatti opachi.

Stava morendo.

Ai sui piedi si stava formando un lago di sangue, il suo stesso sangue.

L’anziano preside non aveva potuto fare niente per lui. Niente.

Jeremy era crollato a terra, senza forze.

Silente ricordò l’urlo spaventato ed addolorato di Minerva McGranitt, prima di correre a soccorrerlo. Ma era la fine, non avevano potuto fare nulla per quel giovane.

E le sue ultime parole erano state per James.

Lacrime miste a sangue.

Dovevano pensare a suo figlio, aveva detto. Non dovevano permettere che Edward Havisham lo usasse come un’arma, un oggetto.

Jeremy li aveva pregati, scongiurati. E loro avevano raccolto la sua supplica.

Silente aveva giurato.

Aveva promesso che James sarebbe cresciuto amato e protetto, che non sarebbe mai diventato schiavo dei propri poteri e che Edward non avrebbe mai messo le mani su di lui. A distanza di anni, Albus Silente serbava ancora il ricordo di quella promessa.

Ma non era più sicuro di riuscire a mantenerla, non dopo tutto ciò che accaduto di recente. Era più dura di quanto avesse immaginato.

Stria sedeva ancora di fronte a lui ed aveva lo sguardo assorto.

Era una creatura strana, non era mai riuscito a comprenderla.

-Sei l’essere più contorto, misterioso ed incomprensibile che io abbia mai conosciuto.- le disse, tornando a guardarla.

La vide sorridere, ridere. E pareva divertita. Il suo commento non l’aveva infastidita, tutt’altro, pareva soddisfatta.

-Invece di perdere tempo a cercare di capire me, Silente, dovresti occuparti di Tom Riddle. Lui agisce nell’ombra, in segreto. Non dorme mai e non smette di avanzare. Dovresti saperlo.-

-Lo so.-

-E non farai niente? Non è da te.-

Stavolta fu il turno del mago di sorridere. –Perdonami Stria, ma non ho nessuna intenzione di parlarti delle mie prossime mosse in proposito.-

-Capisco.-

La vide alzarsi, stirarsi le lunghe braccia, aggiustarsi i capelli.

Una fanciulla splendida.

Poco dopo, un bellissimo gatto dalla pelliccia nera e lucente abbandonò il suo ufficio.

 

 

 

 

 

 

Da quando quel sorriso aveva cessato di infastidirlo?

Da quando si era ritrovato a non poter fare a meno di ammirarlo, di cercarlo?

Era schiavo di quella famiglia ormai da un anno, eppure non sentiva quasi più il peso di quelle catene, di quelle manette che gli toglievano i poteri.

Tutto svaniva, perdeva importanza al cospetto di lei.

Dei suoi occhi buoni, luminosi, vasti come il cielo.

Da essere niente per lui, adesso lei era tutto. E non poteva fare a meno di seguirla, cercarla, desiderarla.

Ed era strano, stranissimo, inspiegabile.

In tutta la sua lunga esistenza mai gli era capitata una cosa del genere, mai aveva provato certe emozioni. A volte ne era spaventato.

Aveva sempre dato per scontato che quelli come lui non potessero affatto provare qualcosa di simile, che non fosse stato dato loro un cuore capace di legarsi a qualcosa o qualcuno. Ma si era sbagliato.

Perché lui era legato a Savannah Havisham.

A quella ragazza così ingenua eppure così forte.

Ogni momento passato con lei era diventato importante, dannatamente fondamentale e lui avrebbe dato tutto, qualsiasi cosa per non staccarsi mai da quella creatura meravigliosa.

Quella bontà che inizialmente lo aveva disgustato, con il tempo, con pazienza, era riuscita a creare una breccia in quel muro che lui aveva eretto intorno a sé.

Quel varco si stava pian piano allargando ogni giorno. E lui ne era terrorizzato a morte.

Ma non scappava, non poteva scappare, non ci sarebbe mai riuscito.

Non stava scappando neppure in quel momento mentre, con passo sicuro, si dirigeva verso di lei, seduta sotto l’ombra di un albero, lì, nel vasto parco della dimora degli Havisham. Savannah amava starsene ore fuori in quei giardini, lontana da quelle mura che le apparivano ogni giorno più simili alle sbarre fredde di una prigione.

-Sei qui.- le disse, quando ormai era sicuro che lei lo avrebbe sentito.

La ragazza non si voltò, intenta ad osservare il cielo e le nuvole che, veloci, libere, scorrevano senza tempo in quell’azzurro infinito.

La luce del sole era accecante, ma lei non distoglieva lo sguardo.

-Ragazzina.- la chiamò ancora.

-Mi chiamo Savannah.- rispose allora lei, voltandosi nella sua direzione e mostrandogli quel sorriso per il quale lui viveva.

Ragazzina.

L’avrebbe sempre chiamata così e lei lo sapeva, continuando tuttavia a ricordargli di usare il suo vero nome. Il loro gioco.

-Il cielo è così interessante?- le domandò, andando a sedersi al suo fianco.

-Neppure ti immagini quanto.- rispose lei, tornando a sollevare lo sguardo.

Savannah Havisham poteva rimanere ore ad osservare il cielo, ore ad ascoltare il vento, ore a camminare sotto la pioggia. Ore… a sognare la libertà che non aveva.

I lunghi boccoli neri ondeggiavano, sospinti da una leggera brezza e quella veste bianca era quasi trasparente, a tratti, secondo magici giochi di luce.

Jeremy distolse lo sguardo da lei, sentendo il respiro mozzarglisi nel petto.

Assurdo.

Mai prima di allora si era sentito così.

Abbassò il viso ed i suoi occhi si puntarono sulla catena che ancora teneva collegati i suoi polsi, stretti da potenti manette magiche. Non sarebbe mai stato in grado di toglierle, non sarebbe mai riuscito a riottenere i suoi poteri.

-Mi dispiace.- mormorò Savannah, resasi conto dei pensieri di lui.

-Non è colpa tua.-

-Se fossi abbastanza forte, potrei toglierle e farti scappare.-

Jeremy esitò un istante, prima di rispondere.

-Non me ne andrei.-

E lei non parve sorpresa dalle sue parole. Si limitò a sorridere, bella e radiosa come era, e a portare la propria attenzione sul vasto parco che li circondava.

Gli immensi giardini degli Havisham erano meravigliosi, forse l’unica cosa bella di quel luogo così cupo e silenzioso.

Il merito di quell’Eden terreno spettava a Satsuki Havisham.

Figlia del Giappone, la madre di Savannah era cresciuta con la tipica cultura orientale che vezzeggiava la bellezza ed adorava la perfezione. La cura dei giardini stava al primo posto.

Oltre a piante e fiori comuni, in quel vasto parco si trovavano soprattutto specie di vegetali appartenenti al mondo magico, alcuni addirittura sconosciuti in Inghilterra.

Tutto intorno a loro era un’armonia di colori e profumi, un vortice di delicate percezioni e lievi fruscii di una brezza che recava con sé dolci fragranze.

Poco distante da loro si snodava un lungo viale che conduceva dritto all’entrata principale del castello degli Havisham, ed era uno spettacolo rosa.

Innumerevoli alberi di ciliegio in fiore lo costeggiavano, lasciando cadere petali delicati e burrosi come neve. Vicino a dove erano seduti si trovava invece uno dei tanti piccoli specchi d’acqua artificiali, sormontato da un elaborato ponticciolo di legno scuro.

Sì, Savannah amava quel posto.

L’unica zona della sua prigione che adorasse, che non avrebbe mai rimpianto.

E poi l’angelo che stava al suo fianco.

Non avrebbe rimpianto neppure lui.

Un angelo…

Beh, forse non lo era. Anzi, era l’esatto opposto.

Ma per lei lo sarebbe sempre stato.

Era arrivato così, come un fulmine a ciel sereno. E le aveva stravolto la vita, l’aveva scossa, l’aveva destata da quel torpore in cui era vissuta per tutta la sua breve esistenza. Jeremy era pungente, sarcastico all’inverosimile e pareva trovare piacere nel criticare e provocare in continuazione. Gli unici momenti in cui era tollerabile erano quando dormiva per ore sul suo divano.

Eppure lei si era abituata a quella presenza cupa e perennemente acida al suo fianco ed era sicura che, se un giorno lui se ne fosse andato, le sarebbe mancato molto.

Avevano passato un intero anno insieme, tra battutine caustiche di lui e sospiri spassionati di lei, e alla fine erano riusciti a trovare un loro equilibrio.

-Ho di nuovo visto quel Tom Riddle questa mattina.- disse ad un tratto Jeremy, senza guardarla, apparentemente indifferente.

-Papà è entusiasta di lui.-

-Già. Impara in fretta. Troppo in fretta.-

Savannah annuì, abbassando lo sguardo ed avvertendo il proprio corpo scosso da brividi di raccapriccio e paura. Appariva ancora più piccola e delicata di ciò che già era.

-Mi fa paura.- disse ad un tratto. –E’ innamorato del male più di mio padre. Non dovrebbe imparare le arti nere degli Havisham.-

-Lo so.- fece lo spirito seduto vicino a lei. –Potrebbe veramente essere un grosso pericolo un giorno.-

Savannah sorrise, regalandogli uno sguardo pieno di dolcezza. –Adesso ti preoccupi?- lo sfidò, prendendolo in contropiede.

Dannata, furba e dolcissima ragazza!

Trattenendo un’imprecazione, Jeremy distolse lo sguardo, sicuro che incontrare quello di lei sarebbe stato un errore abnorme. Non ce la faceva più. Si stava rammollendo e tutto a causa di una piccola umana rompiscatole!

-Jeremy.- lo chiamò lei.

Lui non si voltò, né le rispose.

Savannah Havisham sospirò, ma non cessò di sfiorare con lo sguardo il suo profilo.

Lei lo guardava sempre. Sempre.

Anche quando lui dormiva e non poteva sapere.

La sentì prendere un bel respiro, il cuore che le batteva velocissimo, e poi quelle parole. E forse se lo aspettava, ma lo colpirono comunque.

-Tra quattro mesi mi sposo.-

Che cos’era quel dolore nel petto?

In tutti i secoli della sua vita aveva combattuto molte battaglie come soldato dell’Inferno. Aveva ucciso, aveva colpito ed era stato ferito.

 

Quelle ferite avevano fatto male, alcune quasi lo avevano portato vicino a morire, ma nessuna gli apparve atroce come il male che avvertiva dentro al torace in quel momento. Stai perdendo il senno, Jeremy. Stai perdendo la ragione.

E lei, maledetta lei, taceva.

Che accidenti voleva da lui?

Perché glielo aveva detto?

Perché continuava a fissarlo con quegli occhi neri così limpidi e sinceri?

Che cosa diavolo voleva sentirgli dire?

Finalmente si decise a guardarla, ma lo sguardo che le rivolse fu quanto di più freddo e disinteressato potesse mostrarle. Dentro, però, lui bruciava.

Bruciava ogni volta che la vedeva, si era ritrovato ad adorarla come uno sciocco, non faceva che ripeterselo, ma non poteva impedirlo.

E voleva quel corpo così tanto da impazzire, anche se sapeva benissimo che lei non era come lui e che un’unione del genere rasentava l’abominio.

Possederla significava andare contro a tutte le regole dell’universo, significava rischiare una punizione che avrebbe potuto ucciderli. Perdere la vita, perdere tutto.

Eppure la voglia di lei era così forte da metterlo in ginocchio. Lui. Proprio lui.

Sposandosi se ne sarebbe andata, non l’avrebbe più vista. E quella tortura sarebbe finita. Avrebbe continuato ad immaginarla, ma non avrebbe più rischiato di cedere a lei, non sarebbe più stato il suo prigioniero.

Forse Edward lo avrebbe riportato nel suo laboratorio e lì lui sarebbe morto, come i suoi due compagni. E tutto sarebbe finito.

Sì, che se ne andasse. Non era una brutta notizia, dopo tutto.

-Ti faccio gli auguri.- si decise a dirle.

Lei lo guardava come se non riuscisse a capire ciò che lui aveva detto, questo lo fece sorridere e scuotere la testa. –Te ne andrai da questo posto. Non sei felice?-

Savannah irrigidì i lineamenti, mentre i suoi occhi, profondamente addolorati e delusi, si inumidivano di lacrime. –Io non lo amo.-

Jeremy rise, prendendosi gioco di quell’ingenuità che avrebbe sempre fatto parte di lei.

-Non c’è bisogno dell’amore per sposarsi.-

La vide chinare la testa. Schiacciata dal peso del suo destino e dalla crudeltà delle sue parole. Era un cinico, un bastardo, un insensibile. Lui sapeva di esserlo e sapeva anche che non sarebbe mai cambiato, neppure per lei.

-Non volevo che andasse così.- la sentì mormorare.

Le credette.

No, una come Savannah Havisham, piena di gioia ed amore per ogni cosa che la circondava, non avrebbe mai voluto sposare un uomo che per lei non avrebbe mai significato nulla. La conosceva, sapeva quanto le facesse male una prospettiva simile.

-Con il tempo gli vorrai bene.- le disse, tanto per far cessare il piagnucolio di lei. –Con il tempo ci si affeziona anche ad una bestia, no?-

Non doveva dirle quelle parole, lo sapeva. Ma era stato più forte di lui.

La ragazza lo guardò, ferita e piena di dolore, mentre una lacrima la scendeva su una guancia rosea e morbida.

-Già.- le sentì dire, mentre induriva il volto. –Mi sono affezionata a te, no?-

Era un tentativo di ferirlo, Jeremy lo aveva capito.

Ma non c’era abbastanza cattiveria in quelle parole, non c’era abbastanza spietatezza e crudeltà. E, soprattutto, non c’era abbastanza convinzione.

Rise, osservandola con i suoi occhi di un azzurro che sconfinava nell’ametista.

-Non sei brava a far del male con le parole.- la prese in giro. –Non hai imparato molto bene dal sottoscritto, dovresti impegnarti di più, ragazzina.-

-Savannah.- replicò lei.

-Resti una ragazzina, per me.-

Per un attimo si guardarono entrambi con sfida, poi distolsero lo sguardo nello stesso istante, pieni di risentimento verso l’altro.

Le nuvole sopra di loro vagavano leggere ed incuranti, libere, prive di costrizioni. Una di esse oscurò il sole e, ad un tratto, Jeremy e Savannah si trovarono in un’ombra fredda e scura. Ma fu solo un attimo.

-Non mi piace il buio.- sussurrò lei, mentre stirava distrattamente le pieghe della gonna del suo vestito immacolato.

-Io ci sono nato.- le disse lui, portando lo sguardo al cielo.

Savannah non gli disse niente, rinchiusa in un silenzio che non le apparteneva. Gli parve di udire il suo cuore battere più forte, come se lei fosse in attesa di qualcosa.

-Siamo troppo diversi, ragazzina.- le disse.

La sentì trattenere il fiato. –Non mi importa.- gli rispose.

Quel tono di voce era deciso, privo di esitazione. Gli piacque.

-Apparteniamo a due mondi diversi, lo capisci?- la riprese ancora, puntando gli occhi nei suoi, desideroso della sua risposta.

-Non mi importa.-

Ancora, dimmelo ancora, pensò.

Le si avvicinò senza neppure rendersene conto e lei, timidamente, gli prese una mano, intrecciando le dita con le sue, imprigionandolo in una presa delicata.

-Nessuno ci capirà. Saremo da soli contro tutti.-

–Non mi importa.-

-Sono una creatura dell’Inferno. E tu un’umana.-

-Non mi importa.-

Non le importava, non le importava di niente.

E non sarebbe importato neppure a lui.

Lei era bella, bellissima.

Lei lo aveva trattato come un suo pari, era stata gentile.

Lei lo aveva fatto sentire vivo.

Lei gli aveva dato un nome.

Lei avrebbe dovuto schiacciarlo ed invece si era subito arresa.

La vide che lo guardava, come mai aveva smesso di fare. Ed in quegli occhi c’era tutto, tutto ciò di cui lui avesse avuto bisogno. La tenerezza di una madre, l’affetto di una sorella, la fiducia di un’amica, l’amore ed il desiderio di una donna innamorata.

Stringendo più forte la sua mano, la costrinse ad avvicinarsi, perso in quel nero senza fine che erano le sue iridi dal taglio orientale.

Era sulla sua bocca, quando lei glielo disse, sincera e limpida come sarebbe sempre stata, come l’avrebbe sempre voluta.

–Io ti amo.-

Lo sapeva, l’aveva sempre saputo, ma non aveva potuto fare altro che scappare di fronte alla paura che lei pronunciasse quelle parole.

Parole che lui non aveva mai sentito. Mai.

In quel momento però, sussurrate sulla sua bocca, pronunciate con il sentimento sincero di lei, non erano così terribili da udire.

E lui sorrise, lì, a un passo dalle labbra rosse di Savannah.

-Io non te lo dirò mai.-

La vide sorridere, rossa in viso e con gli occhi luminosi.

-Non ho bisogno che tu me lo dica.- gli rispose.

Sì, anche lei sapeva.

Anche lei aveva capito.

Non le avrebbe mai detto ti amo.

Non con le parole.

Quando la tirò a sé, intrappolandola in un abbraccio fatto di braccia e di catene, la sentì tremare, ma non di paura.

Catturò quelle labbra delicate e immacolate con le sue e non ci fu spazio per altro.

Sentì le dita di lei accarezzargli la nuca, sfiorargli i capelli dorati che tante volte l’aveva sorpresa ad ammirare, e capì che l’Inferno non era il luogo cupo e rumoroso in cui era vissuto. L’Inferno, da quel giorno, sarebbe stato il vivere senza di lei.

Lei, che senza saperlo, aveva aspettato così a lungo.

Lei, che non avrebbe mai voluto perdere.

Insaziabile, le fece chinare la testa in modo tale da avere completo accesso alla sua bocca, giocoso le morse le labbra rosse e piene, e quando la sentì sospirare contro di se, capì che per quella creatura sarebbe stato disposto a tutto. Anche a morire.

Quando si decise a lasciarla andare, Savannah aveva il respiro affannoso e la bocca gonfia per i baci. I suoi occhi erano lucidi e languidi, non si staccavano dal suo volto.

Senza sapere ciò che faceva, per la prima volta, Jeremy le regalò una carezza.

-Ti amo.- gli ripetè lei, inclinando un poco la testa per godersi a pieno il contatto con la sua mano, per la prima volta impegnata in un gesto d’affetto.

E lui non staccò lo sguardo dal suo, nutrendosi di quelle parole un tempo nemiche.

Un raggio di sole andò ad illuminargli il viso e lui socchiuse gli occhi, infastidito, facendola sorridere.

-Non mi piace la luce.- borbottò.

-Lo so.- mormorò lei, dolcemente.

Appartenevano davvero a mondi diversi.

-Non mi piace per niente.-

-Allora ci rinuncerò. La spegnerò, per te.-

E lui capì il significato di quelle parole, dette con tenero divertimento.

Lei avrebbe rinunciato a qualunque cosa per loro due.

-Sei proprio una stupida, ragazzina.- le disse, continuando la sua carezza.

-Me lo hai sempre detto.- replicò lei, sorridendo.

-Credo che non smetterò mai di dirtelo.-

E lei rise, avvicinandosi di nuovo e sfiorandogli timidamente la bocca con la propria.

-Tra quattro mesi mi sposo.- gli disse di nuovo, abbozzando un sorriso amaro.

-Certo.- assentì lui, compiaciuto dello sguardo smarrito di lei. –Sempre che lo sposo riesca a trovarti.- aggiunse, divertito.

La vide spalancare gli occhi, dopo un attimo di confusione. E poi sorridergli, radiosa.

-Ce ne andiamo, Savannah.- le disse.

-Sì.- mormorò lei. –Ce ne andiamo.-

Sì, se ne sarebbero andati.

Avrebbero trovato un modo, lasciando per sempre quella prigione.

Poi ci sarebbe stato il mondo. Vasto, sconosciuto per entrambi.

E sarebbero stati loro due, loro due soltanto.

Cos’altro poteva importare?

 

 

 

We'll do it all
Everything
On our own

We don't need
Anything
Or anyone

If I lay here
If I just lay here
Would you lie with me and just forget the world?

( ... )

 

I need your grace
To remind me
To find my own

 

( ... )

 

All that I am
All that I ever was
Is here in your perfect eyes, they're all I can see

 

Chasing Cars, Snow Patrol

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo:

 

Eccoci qui, con un atro capitolo concluso. Un capitolo che spero vi sia piaciuto, nonostante non ci siano stati i Malandrini.

Prima di ogni altra cosa, vi lascio la traduzione di quelle poche frasi che ho messo a fine capitolo. Una canzone degli Snow Patrol, bellissima.

[ Faremo tutto ciò, tutto, per conto nostro. Non abbiamo bisogno di niente, né di nessuno. Se me ne stessi qui sdraiato, se proprio stessi qui, staresti con me e ti dimenticheresti del mondo? (…) Ho bisogno della tua grazia per ricordarmi di trovare la mia. (…) Tutto quello che sono, tutto quello che sono mai stato, è qui nei tuoi occhi perfetti, sono tutto quello che io riesco a vedere. ]

E questa è la traduzione.

Che altro?

Gente, credo di essermi perdutamente innamorata di Jeremy.

Mi è venuto fuori così, sferzante, un tantino acido, cinico e freddino. E l’ho adorato.

E poi, in fondo, sappiamo già che è un tenerone.

Ma dubito che nel luogo da cui proviene gli avessero insegnato la gentilezza.

Adesso poi sapete più o meno cosa è accaduto ai genitori di Jemie.

Ditemi la verità… non ve lo aspettavate, eh? *me ghigna*

Stria. Nemica o alleata?

Si accettano scommesse! XD

Adesso passo ai ringraziamenti.

Grazie a tutti coloro che leggono, che mi seguono. Un grazie speciale a chi trova il tempo di recensire e di regalarmi ancora più voglia di scrivere.

 

Pikkolina88: Grazie mille per il commento, mi ha fatto molto piacere. Purtroppo per Lily dovrai aspettare il prossimo capitolo, ma spero che anche questo ti sia piaciuto.

In effetti i Malandrini che disquisiscono su “due di picche” e “mani amiche” hanno divertito un po’ tutti, compresa me che ghignavo come una iena mentre scrivevo. E, ovviamente, quello che fa figuracce è sempre Potter. ù_ù

Lovegio92: Tesoro, finalmente eccoti anche qui. Ti ho già risposto per e-mail, ma ci tengo a ringraziarti ancora per tutto. Recensione, complimenti. Davvero, grazie. E non preoccuparti dei lunghi commenti. Io li adoro. ^^ Sono felice che la storia ti piaccia, davvero. Mi fa piacere sapere che capisci Lily. Temevo che la sua rabbia non sarebbe stata capita ed invece tutti avete compreso. Nel prossimo capitolo ci sarà finalmente la resa dei conti. Incrocia le dita.

Prima o poi James dovrà seguire suo nonno Edward, ma c’è ancora tempo. Ho tormentato Jamie fin troppo, adesso voglio dargli un po’ di relax. XD

E sì, la nostra Olsen è tornata in squadra. W il Grifondoroooo!!!!

Un bacione tesoro, al prossimo capitolo! ^_-

Kicici: Grazie mille per il commento e per i complimenti. Sono felice che la storia ti abbia preso! Farò del mio meglio perché continui a piacervi!

Deviata: Vero, Bella allunga un po’ troppo le mani. Ma dovrà smetterla presto e poi vedrai perché. ^_^ Già, Lily non sta benone ultimamente e neppure James. Sono in un periodaccio e lo vedrai anche nel prossimo capitolo. E Vick e Sirius sono… beh, sono Vick e Sirius. Due tornadi. Una squadra. E io li adoro! Non credevo mi ci sarei affezionata così tanto. Poi c’è Julian, il mio piccolo. Il suo non sarà un grande amore, preparatevici. Un bacione cara!

LilyProngs: Tesoro mio, eccoti! Grazie del commento, anche se poi mi hai detto tutte le tue impressioni a caldo su msn. Ebbene sì, il caro Julian è innamorato. Si è preso una bella cotta ed è decisamente andato. Purtroppo non sempre si viene corrisposti.

Visto che Lily ha tirato fuori le unghie? Mica scherza la ragazza! XD Tra poco avrai la resa dei conti che tanto vuoi, spero che ti soddisferà.

Vedremo! ^^

Un abbraccio tesoro, ci sentiamo!

Black_Witch: Sorella mia, capo indiscusso delle adoratrici di Sirius Black, sono felice che Vick e Siri ti piacciano, davvero. Vedrai, vedrai. Adesso sono stati messi necessariamente da parte, ma torneranno a bomba. Tra poco ci sarà la resa dei conti tra James e Lily e vedremo se c’hai azzeccato o no.

Un bacione!

Mimmyna: Sono contenta che si sia avvertita l’intensità dello sguardo che c’è stato tra Sirius e Victoria. Io l’ho proprio sentita tutta. Sì, la prima scena ha suscitato l’ilarità di tutti, anche la mia, lo ammetto. Adesso vedrai come andrà a finire tra Lily e Jamie.

Kiss kiss

James_Lily_Love: Ciao! Sono contenta che i tuoi occhi stanno bene e sono in forma, preparati allora al prossimo capitolo, che prevedo molto lungo. Tutti contro Bella, poveraccia! A me un pochino piace, ma non troppo. Alla fine farete un bel gruppo, mi entrerete nella storia e me la ucciderete. Povera Bella!XD A presto!

La Nika: E invece James e Lily non hanno parlato, mi dispiace. Ma nel prossimo capitolo, dopo mille peripezie, parleranno. Parleranno eccome. E vedremo se vi piacerà! Bollono in pentola un sacco di cose. E le scene romantiche, beh, in tutta la storia ce ne saranno un sacco e spero che continueranno a piacerti! ^_-

Brando: Grazie mille per i complimenti, sei sempre gentile. Eh sì, la prima parte è proprio piaciuta a tutti. Tranne a Sirius e James. XD Vedrai, Victoria calmerà i bollenti spiriti di Sirius, quella ragazza è una dura, non dimentichiamocene mai. E riuscirà a domarlo. Sono felice che tu abbia capito Lily, lei è veramente come tu hai detto. Per Julian, lo vedrai. Ma non sperare in un lieto fine. E Bella… arrendersi? Impossibile.

Un abbraccio!

Cicci92: Wow, sono felice che il mio precedente aggiornamento ti abbia migliorato la giornata! Ti capisco, spesso capita anche a me, quando leggo le fanfic che mi piacciono molto! Evviva il discorso demente tra James e Sirius, i santi patroni della Demenza senza Ritorno! È’ piaciuto proprio a tutti! XD Tra poco vedrai cosa accadrà tra Lily e James, incrocia le dita! Fortuna che ci sei tu, che un po’ cerca di capire Bella. Ma non definirla innamorata, sbaglieresti. Diciamo che lei è più… ossessionata. ^^

Figurati per l’e-mail, l’ho mandata volentieri.

Un abbraccio!

Chiara88: Mitica Chiara! Avevi già capito che Lily avrebbe indagato, vero? Presto vedrai cosa accadrà tra lei e James! James ha chiarito la sua posizione con Bella, adesso non ha davvero più nulla da dirle. Per il lato hot… eheheeheheh… un po’ di pazienza ed arriva anche quello! XD Grazie davvero per i complimenti, sei gentilissima! Un bacione!

Quidditch: Frà, tesoro! <3 Adesso ti rispondo a tutto. Grazie molte per i complimenti, davvero! Grazie mille! Allora, sono contenta che Narcissa ti piaccia. Secondo me è un personaggio che si ama o si odia. Lo so, molti vedono diverso il suo rapporto con Lucius. Io, non so perché, me li sono visti così. Si innamoreranno? Non lo so. Lei era innamorata di lui, adesso è solo molto spaventata e si può ben capire il perché. Con James sì, sono cattiva! XD Quando amo un personaggio io lo massacro, è più forte di me! Grazie per Regulus! Sono contenta che ti piaccia! Che dire? Io lo amo. Lo venero. Perché ha sbagliato, ha capito l’errore ed è morto, sacrificandosi per il bene. Poi mi hai chiesto di Remus ed Eva. Qui ho le labbra cucite! XD E sono felice che ti piacciano Siri e Vick! Un bacione tesoro! Ci sentiamo sul forum! ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** All The Things He Never Said ***


ATTENZIONE: Capitolo bello lungo in arrivo. Consiglio un bel respiro prima di buttarsi nella lettura. Avrei anche potuto dividerlo in due parti, ma se lo avessi fatto mi avreste uccisa, lo so. Perciò… in bocca al lupo e buona lettura! Godetevelo!

 

 

 

“Dedico questo capitolo alla mia cara Myki.

Perché per ritornare a versioni di greco e di latino ci vuole fegato e io lo so bene.

Perché è una ritardataria traditrice e per questo le tolgo il saluto!

Scherzo! :P

Lo dedico a lei perché capisce i miei personaggi meglio di me a volte!

Perché è la mia amica virtuale preferita!

Tesoro, spero davvero che il capitolo ti piaccia.

È’ tutto tuo!”

 

 

 

 

CAPITOLO 26    “ALL THE THINGS HE NEVER SAID”

 

 

 

 

 

 

 

     All my life, I worshipped her.
Her golden voice, her beauty's beat.
How she made us feel, how she made me real.
And the ground beneath her feet.
And the ground beneath her feet.

 

[ Tutta la mia vita io ho adorato lei.
La sua voce d'oro,
Il battito della sua bellezza.
Il modo in cui ci faceva sentire,
Il modo con cui mi rese reale.
E la terra sotto i suoi piedi.
E la terra sotto i suoi piedi. ]

 

 

 

 

 

Nevicava su Hogwarts, nevicava da giorni oramai.

Scendeva la neve bianca sul superbo castello, fornace di maghi e streghe che avrebbero fatto la storia del mondo magico; scendeva, bianca ed immacolata sul parco che circondava quella maestosa costruzione, tingendo di candido bianco gli alberi della Foresta Proibita, la capanna di Hagrid, il recinto adibito alle lezioni di Cura delle Creature Magiche, le numerose serre di Erbologia.

L’immenso Lago Nero era una vasta distesa di ghiaccio, da giorni gli studenti più temerari vi si erano recati per sfidarsi in spericolate gare di pattinaggio.

Dicembre era alle porte, soffi di aria gelida preannunciavano il suo arrivo, facendo tremare gli studenti durante il tragitto nei corridoi e costringendo i professori ad applicare incantesimi riscaldanti alle aule, dove altrimenti non sarebbe stato possibile fare lezione. La classe di Pozioni, tanto per fare un esempio, era diventata una ghiacciaia e Lumacorno non faceva altro che piagnucolarne con i colleghi.

E intanto la neve continuava a cadere.

Lo stava facendo anche quella mattina, precipitava piano, senza fretta. Lenta.

Remus J. Lupin distolse lo sguardo da quello spettacolo naturale e riprese contatto con la realtà, rendendosi conto solo in quel momento di essersi incantato.

Si trovava seduto sul suo letto, il pigiama ancora addosso, i piedi furbescamente nascosti sotto le pesanti coperte, al caldo.

La stanza era calda, questo grazie alla stufa accesa che si trovava al centro della camera, ma lui era comunque un tipo particolarmente freddoloso.

In più non era perfettamente in forma.

Si avvicinava ancora la luna piena, pronta a tormentarlo come ogni mese.

Le ultime volte erano stati Sirius e Peter ad accompagnarlo, James non era riuscito a raggiungerli, visto che fino a poco tempo prima dormiva con la Evans e sarebbe stato difficile trovare delle valide giustificazioni per uscirsene di notte.

Quella volta però Potter gli aveva promesso che sarebbe venuto e questo lo rincuorava un po’, gli faceva pensare che, finalmente, dopo tempo, sarebbero di nuovo stati insieme, tutti e quattro i Malandrini.

Distrattamente, portò la propria attenzione sul letto sfatto di Sirius.

Dal giorno di Halloween, Sirius Black era il ritratto della felicità, stare insieme a Victoria Olsen gli faceva davvero bene e Remus, da vero amico, non poteva che essere decisamente felice per lui.

Attualmente il caro Felpato si trovava sotto la doccia, probabilmente a godersi un bel getto bollente sulla pelle, mentre Peter si stava lavando i denti.

Era stato Lupin a dire loro di approfittare del bagno per primi, stranamente, non aveva molta voglia di abbandonare il suo letto quella mattina.

Sentiva la testa pesante e, ad un tratto, se ne uscì con uno starnuto.

Merda!

Ammalarsi proprio quando era prossimo alla trasformazione non era mai stata una bellezza, in genere la cosa lo riduceva ad un cadavere.

Avrebbe dovuto passare da Madama Chips subito dopo la colazione. E già si immaginava il commento di Sirius. “Stai troppo sui libri e non ti fai gli anticorpi.”

Già. Quindi, seguendo quella logica, Felpato doveva avere una salute d’acciaio.

Il diretto interessato uscì dal bagno proprio in quel momento con indosso un accappatoio bianco e ancora fradicio.

Si stava frizionando i capelli neri con un asciugamano.

Remus lo vide dirigersi verso il proprio baule, in cerca della biancheria pulita, e poi fermarsi tutto ad un tratto, pensieroso. Subito il povero Lunastorta ebbe un brutto presentimento. Quando Black pensava, non era mai nulla di intelligente.

E infatti…

Dal baule Sirius estrasse una macchina fotografica e la lanciò all’amico. Aveva un ghigno che andava da un orecchio all’altro e pareva compiaciuto della sua idea.

Lupin gli restituì lo sguardo, incuriosito, l’oggetto magico tra le mani.

-Ebbene?- si azzardò a chiedere.

-Fammi una foto!- trillò Sirius, entusiasta.

-Come?-

-Dai, Rem! Fammi una foto, spicciati!-

-Ti devo fare una foto in accappatoio?-

-Esatto! Sono sicuro che Vick cambierà idea, non appena la vedrà!- esultò.

Rieccoci.

Ormai far cedere Victoria Olsen era diventato un chiodo fisso nella testa bacata di Black, c’era poco da fare. Alzando gli occhi al cielo, esasperato, Remus gli tirò indietro la macchina fotografica, mancandolo per poco.

-Finiscila, stupido! E vestiti! O rischi di prenderti un malanno anche tu!-

-Anche?- ripetè Sirius, mentre contrariato andava a riporre la macchina e a prendere dei vestiti puliti da mettersi.

-Ho il raffreddore. E forse un po’ di febbre.-

E Sirius sospirò, scuotendo il capo. –Ci credo. Rem, stai sempre con il naso sui libri, non esci mai. Non ti fai gli anticorpi, è logico che ti ammali.- commentò.

Come non detto, pensò Lupin quasi con un sorriso. Sirius Black era fin troppo prevedibile a volte, si disse, sentendo un moto d’affetto per l’amico.

Poi il suo sguardo si posò sul letto vuoto e freddo di James ed il suo sorriso si affievolì.

Ramoso gli mancava, mancava a tutti.

Neppure le battaglie con i cuscini prima di dormire erano le stesse, senza di lui.

Quella stanza non era più la stessa.

Certo, potevano andare a trovarlo quando volevano, infondo James era ancora lì, in quella scuola, ma ormai c’era qualcosa di invisibile che si era frapposto tra di loro e il loro migliore amico. Niente era più come prima.

In quel momento anche Peter uscì dal bagno, aveva già il nodo della cravatta in ordine.

Era già pronto per scendere.

-Beh, allora io vado.- disse infatti, mentre raccoglieva da terra la sua borsa con i libri e lanciava loro una rapida occhiata. –C-Ci si vede giù.-

E nessuno dei due ebbe il tempo di dire nulla, perché Minus uscì in fretta dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e sparendo dalla loro vista.

-E dire che credevo non fosse capace di smaterializzarsi.- fu il commento di Black.

-C’è qualcosa che non va.- insistette Remus per l’ennesima volta.

Sirius si chiuse la lampo dei pantaloni della divisa e puntò gli occhi blu sull’amico, per una volta tanto era serio. –In effetti, Rem, questo suo atteggiamento sta cominciando a scocciarmi.- dichiarò, afferrando la camicia. –Ho provato a parlargli l’altra sera, ma mi ha giurato che va tutto bene e, sai una cosa?, adesso ho cose più importanti a cui pensare che ai cambiamenti di personalità di Pete.- borbottò con stizza.

Lupin rimase in silenzio, decidendo di scendere dal letto e cominciare a prepararsi.

-James è un cadavere, ultimamente.- mormorò il moro, abbassando lo sguardo. –La Evans finirà con il farlo morire, te lo dico io! Maledetta rossa acida!- sibilò, arrabbiato.

-Non dare la colpa a Lily.- lo riprese subito Remus. –Non sappiamo cosa è accaduto tra di loro. Si evitano da una settimana, o meglio, Lily evita Jamie da una settimana. Ma non conosciamo la ragione, quindi non possiamo giudicare.-

-Io so solo che quella stronzetta sta facendo del male a Ramoso. E so anche che Evans è matta da legare, te lo dico io.- fece Sirius, convinto.

-Credevo cominciasse a starti simpatica.-

-Beh, ha perso punti. Fa stare male James e io la odio.-

-La stai facendo troppo facile, Siri.-

-Oh, andiamo Remus! Quella ha qualche rotella fuori posto! Te lo ricordi come mi ha aggredito per sapere del tatuaggio di James? Neanche avesse addosso il Marchio dei Mangiamorte! Merlino, è solo un tatuaggio!- imprecò, ficcandosi il maglione grigio.

A quelle parole, Remus Lupin non rispose. Anzi, abbassò lo sguardo, per poi portarlo ad un cumulo di libri che aveva preso in biblioteca giorni fa e che ora stavano in bilico su una sedia vicino alla sua scrivania. E Sirius seguì il suo sguardo.

Fu un attimo, il tempo di leggere qualche titolo.

-Tu non studi Rune Antiche. Che diavolo fai con quei libri?-

Eccola, la domanda.

Se lo aspettava, adesso però cosa avrebbe dovuto rispondere?

-Sirius, io…- provò, incerto.

-No. Non ci credo. Non dirmelo.- lo interruppe l’amico, scuotendo il capo con un sorriso indecifrabile sulle labbra. –Remus, porca puttana.-

-Sirius, davvero, l’ho fatto perché…-

Ma non si potevano toccare gli amici di Sirius Black, diventava una furia.

E per James… oh, per James, il suo adorato fratello, Sirius avrebbe massacrato di botte chiunque. E questo Lupin lo sapeva bene. Sapeva che avrebbe dovuto affrontare una belva.

-Cosa accidenti stai facendo, Remus?!- esplose subito, trucidandolo con lo sguardo.

-Adesso ti metti ad indagare su James? A complottare alle sue spalle, solo perché una stupida ragazzina ha dato di matto?!- lo aggredì, andandogli davanti.

-Non sto complottando alle sue spalle!- si difese subito il biondo Caposcuola, scuotendo il capo. –Sto solo… sto solo cercando di capire…-

-Capire cosa? Cosa? È un tatuaggio, Rem! È solo un tatuaggio!-

-E’ una runa!-

-E allora?! James ha sempre amato le rune antiche, avrà trovato un’immagine che gli piaceva su un libro e se l’è fatta tatuare! Cosa c’è di così ostico da capire?!-

Avevano entrambi alzato la voce, se fossero andati avanti in quel modo, avrebbero potuto dire addio al dialogo. Remus invece voleva parlare. Aveva bisogno di parlarne con Sirius, perciò, prendendo un bel respiro, si decise a calmarsi.

-Lily era sconvolta quella sera, Sirius.- cominciò, guardando il compagno. –E io ho cercato in tutti i libri di Rune Antiche della biblioteca, ma il tatuaggio di James non appare da nessuna parte. Non gli ho dato mai troppo peso, ma poi è arrivata Lily e io ho cominciato a cercare quel simbolo, ma non si trova. Quindi suppongo sia qualcosa che non dovremmo studiare.- spiegò, non abbassando lo sguardo.

-Non te n’è mai fregato nulla di quel tatuaggio. Perché adesso sei così curioso di sapere che cosa rappresenta?- fece Black, sferzante.

-Lo sai.- fu la laconica risposta.

-No, non lo so.-

-Oh, Sirius! Sai che c’è? Credo che tu abbia paura! Una paura matta!- lo provocò Remus, ignorando la sua occhiata furente. –La verità è che sta succedendo qualcosa a James! Lo sai tu e lo so io! Sta cambiando! È dall’inizio dell’anno che ha qualcosa che non va! Non ti ricordi di cosa è accaduto in biblioteca con i Serpeverde?-

-Dovresti essergli grato visto che ti ha salvato la vita, invece di malignare alle sue spalle!- lo accusò Sirius, tornando ad urlare.

-Non sto malignando, cazzo!- urlò Lupin, spazientito. –Io sono solo preoccupato per James! Ultimamente gliene stanno capitando di tutte, e ogni volta è sempre un mistero irrisolto! E io ho paura per lui! Non ci dice più niente! Non lo pensavi forse anche tu ad Halloween?! E visto che siamo in argomento, cosa pensi gli sia accaduto quella notte, eh?- lo sfidò, fissando gli occhi cerulei in quelli blu dell’amico.

-Un mostro! Lo hanno detto i prof, no?-

-Stronzate! E tu lo sai!-

-Basta, Remus! Finiscila! Mi disgusta il fatto che tu stia facendo tutto questo alle sue spalle! James non ha niente che non va! Sta di merda per quell’arpia della Evans! Tutto qui! E comunque, se davvero dubiti di lui, almeno abbi gli attributi di dirgli in faccia quello che pensi!- ruggì Black, minaccioso più che mai.

Rischiava di prendersi un pugno, Lupin lo sapeva bene.

-La verità è che hai paura, Siri. Anche tu ti sei accorto che c’è qualcosa che non va in Ramoso, ma hai troppa paura di scoprire cosa. E ti capisco. Ma se siamo veramente suoi amici, dobbiamo affrontare il problema. Gliene parleremo. Non voglio agirgli alle spalle. Solo che prima, beh, mi sembrava giusto parlarne con te. Dobbiamo farlo insieme, Sirius. Dobbiamo farlo noi, perché James non parlerà. Questo è chiaro.-

E vide qualcosa passare in quegli occhi blu elettrico. Paura. Ansia. Angoscia.

Colpito. Ci aveva preso in pieno.

Felpato fece un passo indietro, andando a sedersi sul letto vuoto di James. E chiuse gli occhi, passandosi poi le mani aperte sul volto ora rigido.

Non parlò, non disse assolutamente nulla.

Ma Remus sapeva che ora lo avrebbe ascoltato.

-Sirius…-

-Lui ci ha sempre detto tutto.-

Era un lamento, quello. Un dolore che sembrava scaturire da una ferita reale.

-Lo so, Siri. Ma a quanto pare, questa volta è diverso. Ne ho parlato anche con Julian, l’altro giorno. È del mio stesso parere.-

-Ne hai parlato con Harris?-

-Certo! Lui è stato l’unico a darmi retta! Peter era irreperibile e tu sei un testone!-

Black fece per protestare, ma alla fine, saggiamente, decise di tenere la bocca chiusa.

E Lupin sospirò, tornando a sedersi sul proprio letto e gettando un’occhiata veloce all’orologio che teneva sul comodino. Era ancora presto.

-Dobbiamo affrontare la realtà, Sirius. Stiamo perdendo James e Peter. E li perderemo, se non ci decidiamo a fare qualcosa. Non te ne accorgi? Non siamo più il gruppo di prima! Non esistono più i Malandrini!- insistette, gli occhi puntati sull’amico.

E Sirius annuì, tenendo ancora lo sguardo a terra. Solo dopo qualche minuto di silenzio si decise ad alzare il capo, affrontando Remus.

-Beh, non è comunque detto che stia succedendo qualcosa di grave a James, forse stiamo esagerando. Forse è solo…-

-So che vuoi proteggerlo, Sirius. Ma quello che hai usato fino ad ora non è il metodo giusto, credimi.- lo interruppe l’altro.

-Non si tratta di proteggerlo o no.- mormorò Sirius, parlando a voce bassa. –E’ solo che lui è James. È mio fratello. E questa è l’unica cosa che conta per me. Non mi interessano i tatuaggi, i tuoi presentimenti… Per me lui è James.- provò a spiegarsi.

-Anche per me lo è.- disse subito Remus, sorridendo. –E proprio perché è James che io lo voglio aiutare, che voglio sapere se ha qualche problema. Lui ha fatto lo stesso per me e io non potrò mai dimenticarlo.- aggiunse con calore.

-E allora cosa faremo?-

-Dobbiamo trovare il modo di farlo parlare. E dobbiamo pensare anche a Peter.-

-Avevi detto che si comportava in modo strano perché era innamorato.-

-Non ci credo più.-

E rimasero a guardarsi, fermi, immobili, mentre fuori la neve continuava a cadere, cominciando a nascondere ogni cosa, dispettosa.

Un tempo erano stati quattro ragazzini vivaci, uniti, legati da un’amicizia indissolubile. Quelle mura li avevano visti crescere, maturare, cambiare.

Constatare che forse le cose non sarebbero più state come prima era doloroso, ma era anche la verità. E in quel momento, senza capirne la ragione, Remus si ricordò le parole di Eva Ames.

Lasciarli andare… lasciarli crescere… vederli dirigersi verso una nuova strada senza fare niente… lasciare la mano dei suoi amici…

Dentro di sé, capì finalmente che non lo avrebbe mai fatto.

Mai.

 

***

 

Quando James Potter varcò l’ingresso della Sala Grande, i suoi amici erano a tavola già da un po’. Sirius aveva terminato di fare colazione ed agitò vistosamente il braccio per attirare la sua attenzione.

Vicino a lui sedeva Victoria Olsen, gioviale ed allegra come sempre. I corti capelli neri sciolti, i vispi occhi azzurri luminosi. Rideva di una battuta di Alice Rubin, che quella mattina si era svegliata particolarmente velenosa.

Del resto era comprensibile.

La mattina dopo ci sarebbe stata la partita del secolo, Grifondoro contro Serpeverde.

Gli animi erano già caldi da un pezzo e per tutta la settimana c’erano state battutine a più non posso e risse feroci tra i membri delle due Case rivali.

La McGranitt era a dir poco furibonda.

James rispose distrattamente al saluto di un Tassorosso di cui non ricordava neppure il nome, ignorò gli sguardi languidi di un gruppo di ragazzine di Corvonero e si diresse a passo spedito verso il tavolo di Grifondoro, con tutta l’intenzione di bersi un caffè.

Non si curò affatto degli insulti e delle provocazioni che gli venivano berciati dalle odiate Serpi, non era nelle condizioni di mettersi ad attaccare briga.

A dire il vero, non era nelle condizioni di fare un bel niente.

Il pensiero della partita già bastava a togliergli le forze.

Un cadavere. Era un cadavere.

E probabilmente la cosa non era sfuggita a nessuno.

Erano in molti a guardarlo, per poi parlare alle sue spalle. Ma lui lasciò stare, andando a prendere posto davanti a Sirius e vicino a Remus.

Subito si procurò il caffè, senza neppure notare l’assenza di Peter ed il mutismo degli amici, che lo fissavano di sottecchi. Trangugiò il nero liquido in silenzio, per poi osservare con poco interesse i dolci posizionati su vassoi dorati.

-Giorno Jamie.- fece ad un tratto Remus, sperando di risvegliarlo dalla sua trance.

Finalmente Potter li degnò della sua attenzione, sollevando lo sguardo su di loro.

Sorrise, anche se quel sorriso non si estese agli occhi.

-Buongiorno, ragazzi.- disse subito. –Scusate, ho dormito poco.-

-Fa nulla!- fece Lupin, gentile. –Non fai colazione?-

-Non ho fame.- rispose James, stringendosi nelle spalle.

In realtà anche il solo profumo di un cornetto lo nauseava quella mattina.

Sirius, seduto proprio davanti a lui, gli scoccò un’occhiata, ma non commentò.

-Oh, dai, capitano!- fece Victoria, brillante e luminosa. –Su con il morale, domani si gioca la partita più importante del campionato! Dobbiamo fargli la pelle a quelle Serpacce! Ve la immaginate la faccia sconfitta di Lumacone?-

Alice e Sirius risero, divertiti. Poi Black acchiappò la sua ragazza, stringendola in un abbraccio stritolante, ignorando le sue buffe proteste.

Già, la partita. La dannata partita.

Non si sentiva assolutamente in forma per giocare.

Era stata una settimana d’inferno e adesso poteva dire di essere pronto per rendere l’anima al creatore. Non camminava, si trascinava. E questo non era da lui.

Che ti succede, Ramoso? si chiese.

Troppe, troppe cose.

Sto cadendo.

Dopo la sua chiacchierata con Silente in infermeria, credeva di aver superato ogni paura. Adesso invece quella era ritornata.

Non era di Riddle che aveva terrore, lo avrebbe affrontato se fosse stato necessario.

Era per Havisham che tremava. Era il pensiero che, prima o poi, sarebbe dovuto andare da lui, che lo logorava.

Ed eccola, la voce di Bellatrix…

 

“Tu non stai scappando da me, stai scappando dal te stesso di quella notte. Stai scappando da una parte di te che ti spaventa e che tenti di nascondere.”

 

Aveva ragione. Merlino, se aveva ragione.

Bellatrix Black lo aveva capito meglio di chiunque. E il ricordo delle sue parole faceva male, doleva terribilmente. E lui non faceva che pensarci.

Sì, scappava da se stesso. Aveva paura di se stesso.

E da tutti si può sfuggire, tranne dalla proprio persona. In quel corpo lui ci sarebbe rimasto tutta la vita, non poteva cambiare.

Ma non era solo questo pensiero a togliergli le forze.

C’era altro.

Qualcosa che, definitivamente, lo uccideva.

Lei non lo voleva più.

C’era stato un tempo in cui Lily Evans lo aveva trattato come il peggior rifiuto della scuola. Gli aveva urlato contro, lo aveva schiaffeggiato davanti a tutti, lo aveva ferito.

Ma mai, mai, quell’indifferenza.

Perché è l’indifferenza la migliore arma per fare del male.

E quella ferita sanguinava copiosamente, non si richiudeva, anzi, si allargava.

Lo dissanguava, non lo faceva respirare.

Per tutta la sua vita, fin da quando era un bambino di undici anni, aveva sempre e solo desiderato lei, stare vicino a lei, parlare con lei.

Aveva fatto di tutto, ogni cosa fosse in suo potere per riuscirci. E alla fine aveva ottenuto la sua amicizia e forse anche qualcosa di più.

Eppure adesso tutto sembrava essere tornato come un tempo, anzi, era molto peggio.

Era accaduto così, senza preavviso.

L’ultima volta che lei non era stata ostile con lui, si erano baciati.

Poi lei aveva cominciato ad allontanarsi, ad essere sfuggente.

E infine, quella rabbia negli occhi.

Non riusciva a spiegarsi il risentimento che pareva aver preso dimora in quelle iridi verdi, quando queste si posavano su di lui. Non si dava pace, riviveva tutte le sue azioni all’indietro, ma non riusciva davvero a trovare niente.

Niente che potesse giustificare quella collera.

Aveva provato a parlarle, certo, ma lei non lo aveva degnato della minima attenzione.

Lo aveva liquidato in fretta, per poi andarsene via e lasciarlo con un milione di domande ed il cuore che, a poco a poco, perdeva battiti.

L’ultima volta che le aveva chiesto spiegazioni, quasi arrabbiato, lei era diventata una furia. Lo aveva inchiodato con lo sguardo e con un sorriso amaro e crudele, aveva pronunciato come veleno: -Dammele tu delle spiegazioni!-

Lo aveva spinto via e se ne era andata. Ancora.

Lui a quel punto non l’aveva più cercata, gli pareva inutile.

Ma vivere senza Lily Evans vicino era come morire un pezzo ogni giorno.

Quell’ira e quell’indifferenza, poi, lo massacravano. Lo facevano a brandelli.

L’oggetto dei suoi pensieri fece il suo ingresso in quel momento, altera e fredda come era stata pochi mesi prima. Era tornata la vecchia Evans.

Il mantello nero sull’uniforme indossata perfettamente, i lunghi capelli rossi, lisci come seta, tirati su in un severo chignon, da cui sfuggivano poche e ribelli ciocche scarlatte.

Gli occhi verde chiaro, stupendi, gelidi come il ghiaccio.

Nessuno fece un commento, mentre passava tra i tavoli. Dopo la sua sfuriata ad Halloween, quando aveva rispedito tutti nei loro dormitori, in molti avevano capito che c’era poco da sfidarla. In più adesso c’era l’amicizia con i Malandrini.

E quel pizzico di sicurezza e coraggio che la ragazza aveva acquisito.

Come da copione, Severus Piton puntò lo sguardo su di lei.

E, come da copione, lei lo ignorò.

Erano stati amici, una volta. Ma oramai sembravano secoli, erano addirittura tornati a salutarsi con i propri cognomi.

Lily procedeva con passo sicuro e prese posto ad una delle estremità del tavolo di Grifondoro, decisamente lontana dal gruppo dei Malandrini, sedendosi vicino a Frank Paciock, che le rivolse un sorriso amichevole.

Lo uccideva.

Se faceva così lo uccideva.

Lei sorrideva, parlava. Ascoltava con interesse ciò che Frank le diceva.

-Stronza.- sibilò Sirius, osservando la rossa con rabbia.

-Sirius!- lo riprese Vick, trucidandolo con lo sguardo.

-Cosa? Quando gli serviamo è tutta sorrisi e moine, e ora guardala!-

-Ti sbagli! Lei non è così!-

-Dici questo perché è tua amica!-

State zitti.

La vide portarsi un ciuffo rosso come il fuoco dietro l’orecchio. E sorrideva.

-Ragazzi, basta. Non spetta a noi dare giudizi.- li ammonì Remus, pacato.

Sirius sbuffò, Victoria continuava a sgridarlo.

State zitti.

Ad un tratto lei rise, per poi voltarsi e rispondere al saluto di Emma McLoow, il portiere di Grifondoro. Pareva essere tutto normale.

Lily stava bene. Non si curava di lui.

O almeno fu questo che gli occhi e la mente di James videro.

Rideva, rideva Lily.

Parlava, ascoltava, interveniva. Lo sguardo sereno.

Un tempo la sua totale attenzione era rivolta verso di lui. Un tempo parlava e rideva con lui, ascoltava lui, camminava con lui, si sedeva con lui. Lo prendeva per mano.

Lo aveva baciato.

Mi uccidi.

Quella bocca morbida e sottile, da bambola.

Così mi uccidi.

E intanto intorno a lui continuavano a blaterare senza sosta. Remus parlava con il suo solito modo pacato, molto inglese. Sirius borbottava. Vick strillava, indignata.

Distinse anche la voce di Alice Rubin.

State zitti!

In quel momento lei voltò il viso ed i loro occhi si incrociarono. E attraverso quello sguardo passò di tutto. Gli occhi di lei parevano addolorati, lucidi.

Poi, improvvisamente, si accesero di collera. E quel sentimento era tutto per lui.

Distolse lo sguardo, spietata, lasciandolo lì a boccheggiare, mozzandogli il fiato.

E fu troppo.

Il rumore della panca che veniva spostata, lo sbattere delle stoviglie preziose che venivano repentinamente allontanate.

James si alzò in piedi, il respiro che non tornava.

E vide che, da lontano, Bella lo guardava. Non si era persa nulla di ciò che era accaduto. Il ghigno divertito di quelle labbra rosse lo nauseò.

La terra girava, le luci si confondevano, le voci non avevano più un senso.

Senza ascoltare i richiami e le domande dei suoi amici, James scappò via da quel tavolo in cerca d’aria, dirigendosi spedito fuori dalla Sala Grande.

Non voleva sentire niente. Non voleva vedere niente.

-James!- un urlo preoccupato.

Riconobbe quella voce, era Julian. Ma non se ne curò affatto.

Un attimo dopo era svanito dalla vista di tutti.

 

 

 

 

And now I can’t be sure of anything.
Black is white and cold is heat.
For what I worshipped stole my love away.
It was the ground beneath her feet.
It was the ground beneath her feet.

 

 

[ Ed ora non posso essere sicuro di niente.
Il nero è bianco ed il freddo è calore.
Perché ciò che adoravo mi ha portato via l’amore.
Era la terra sotto i suoi piedi.
Era la terra sotto i suoi piedi. ]

 

 

 

 

I corridoi del castello non gli erano mai apparsi così infiniti e pieni di persone, così terribilmente ricolmi di voci, urla, risate. Così dannatamente vivi.

Si fece largo come un disperato tra gli altri studenti, ignorando chiunque gli si avvicinasse, gli parlasse.

Due ragazzini del secondo anno, due Grifondoro, lo afferrarono allegramente per il mantello, attirando festosi la sua attenzione ed impedendogli di scappare.

-Potter, Potter!- trillò uno dei due, guardandolo con gli occhi straboccanti di ammirazione per lui. –Domani vinciamo! Vinciamo! Vero?-

La risposta non fu quella che avrebbe voluto.

Che chiunque si sarebbe aspettato da Potter Il Mito.

-Fuori dai piedi.-

No, quello non poteva essere il loro Capitano Potter, pensarono i due piccoli, mentre vedevano il loro grande eroe allontanarsi, senza più degnarli di un’occhiata.

James entrò nel bagno dei ragazzi come una furia.

Era completamente deserto, ma lui non se ne curò.

Corse subito in uno dei cubicoli e vi si rinchiuse, vomitando nel water anche l’anima.

Era solo caffè.

Caffé e saliva, dal momento che non aveva mangiato niente.

Ma lo soffocavano. E non riusciva a liberarsene.

La porta del bagno si aprì di nuovo, poi si richiuse.

Sirius Black andò a fermarsi proprio vicino al cubicolo chiuso dove sentiva esserci il suo amico e rimase immobile, in silenzio.

Chiuse gli occhi, sentendosi invadere dal dolore.

Perché loro erano fratelli. Perché loro vivevano in simbiosi.

Si capivano, erano indivisibili, come due gemelli.

E se James soffriva, Cristo, soffriva anche lui. Terribilmente.

Non poteva farci nulla, era sempre stato così.

Dopo ancora qualche minuto di quell’Inferno, Potter uscì e, ignorando anche Sirius, andò a sciacquarsi la bocca ed il viso, trovando un po’ di sollievo nell’acqua fresca sul volto in fiamme. La gola bruciava, lo stomaco bruciava, gli occhi bruciavano.

Quando ebbe finito di rinfrescarsi, sollevò lo sguardo ed incontrò quello del suo migliore amico, fermo dietro di lui.

Sentendo un nodo alla gola serrarsi, James si chiese per quanto ancora sarebbe riuscito a sfuggire a quegli occhi blu. Occhi blu che ora, riflessi sulla superficie dello specchio, lo fissavano, attenti. Pieni di dolore e preoccupazione.

-Che ti succede, James?-

Diretto. Preciso. Sirius era sempre stato così.

Non si era mai fatto problemi a fargli domande, non c’erano mai stati segreti tra di loro, quindi non doveva esserci timore nel chiedere.

Eppure, guardando in quegli occhi conosciuti ed amici, James, per la prima volta, scorse un’ombra di esitazione, di paura.

-Niente.- rispose, come un discorso mandato a memoria. –Non mi sento bene, tutto qui. Può capitare, no? Magari è un po’ di tensione per domani.-

E finalmente Sirius Black si rese conto, comprese.

Una constatazione che faceva malissimo.

Il suo migliore amico mentiva. Suo fratello mentiva. A lui.

Fu tutto molto veloce.

Nello specchio, James vide gli occhi di Sirius spalancarsi e riempirsi di sofferenza, poi chiudersi, solo per un istante. Quando si riaprirono, in quel blu elettrico albergava la stessa furia, la stessa rabbia, che aveva visto in quelli di Lily.

E non potè scappare, perché il suo amico lo afferrò con forza per un braccio, costringendolo a votarsi. Era troppo debole per lottare.

Così, quando Sirius lo sbatté contro il muro alle sue spalle, l’impatto fece più male del solito e James si lasciò sfuggire un gemito di dolore. E poi le urla.

Le urla che aspettava da tanto tempo.

-GUARDAMI! JAMES, GUARDAMI!-

Sirius era sempre stato più alto di lui di qualche centimetro, ma quella mattina sembrava imponente. Enorme, rispetto a lui, che era una nullità.

-VAFFANCULO, JAMES! DA QUANTO, EH? DA QUANTO TEMPO NON MI GUARDI PiU’ DRITTO NEGLI OCCHI?! DIMMILO! DIMMELO, BASTARDO!-

Già. Da quanto tempo?

Da quanto tempo non riusciva ad incrociare lo sguardo di Sirius? Da quanto tempo non riusciva più a specchiarsi negli occhi blu di suo fratello?

La verità era che assomigliavano troppo a quelli di Bellatrix.

E vedersi riflesso nel blu affettuoso e sincero del suo migliore amico non faceva che ricordargli dell’enorme torto che gli aveva fatto. Gli faceva ricordare cosa era.

Non riusciva a dirgli nulla.

E più lui non parlava, più le urla di Sirius aumentavano.

Quello non era il suo migliore amico, si disse Black al culmine della disperazione. Quel ragazzo inerme e silenzioso non poteva essere James Potter.

Un incubo. Era un incubo.

Remus glielo aveva ripetuto così tante volte e lui era stato sordo.

Era stato cieco.

Aveva voluto vedere ciò che gli aveva fatto comodo vedere. E si era tappato le orecchie, dicendosi che tutto stava andando bene. Che non stava accadendo niente.

Ma nel silenzio di quel bagno, vedendo il volto del suo migliore amico riflesso nello specchio, si era scontrato nella realtà. E aveva capito.

James gli mentiva.

Gli mentiva da chissà quanto.

Quella scoperta era stata una pugnalata in pieno petto.

E adesso lo guardava e non lo riconosceva.

Il viso pallido, stanco. Gli occhi spenti, arrossati.

Chi era? Chi era quel ragazzo?

Chi sei?

Improvvisamente intorno a lui fu silenzio e si rese conto di avere smesso di urlare.

Neppure ricordava ciò che aveva detto in preda alla furia.

Aveva il fiatone e James era ancora lì, immobile.

-Cosa mi stai nascondo?- domandò, disperato.

Vide chiaramente l’amico trasalire.

-Niente.-

La stessa risposta. Ultimamente era l’unica risposta che aveva per tutto.

Il pugno che James si prese in pieno viso gli fece sanguinare il labbro, ma non faceva male come lo sguardo furente e accusatore di Sirius.

-Ti ammazzerò di botte, se non parli!- ringhiò Black, fuori di sé. –Non provarci, James Potter! Non provarci neppure a mentire a me! A me, dannazione!-

Nell’attimo di silenzio che seguì, entrambi poterono sentire il vocio degli studenti che si avviavano verso la loro prima ora di lezione. Ma nessuno dei due si mosse.

-Lily Evans deve esserci arrivata prima di me. Deve essere stata la prima a capire che ci stai prendendo tutti per il culo.- continuò Sirius, freddamente. –Ora capisco perché era fuori di sé, quella volta. Ed io che l’ho anche reputata una pazza!-

Rise con asprezza.

Ecco, adesso era veramente un Black.

Ma James non vi fece caso. Al nome di Lily aveva subito alzato il capo.

-Lily?- mormorò, debolmente. –Cosa c’entra Lily?-

-Una sera la tua bella è venuta da me e mi ha mostrato un foglio di carta. Non avevo capito subito che era il tuo stupido tatuaggio, ma lei sembrava pazza. Era fuori di sé! Non faceva che chiedermi se io sapessi cosa significava!-

E Potter si sentì morire.

I suoi occhi, dietro le lenti degli occhiali, si riempirono di puro orrore.

-No.- esalò, senza più aria. –No. Dio, no.-

Sarebbe morto, se lo sentiva. Le gambe non lo tenevano più, la terra cedeva sotto i suoi piedi. Finito, era finito.

Ora capiva tutto quel risentimento negli occhi di Lily.

Cosa aveva scoperto? Quanto era arrivata a sapere?

E come? Come aveva fatto a capire?

Non sarebbe mai stata sua. Lo avrebbe allontanato per sempre.

Il suo amore era stato ucciso.

E lui, invece, aveva un così disperato bisogno di lei…

Senza forze, si lasciò scivolare, cadendo carponi ai piedi della fredda parete che aveva alle spalle. Sirius fu subito da lui.

-James.- lo chiamò, preoccupato. –James, ti prego.-

Ma lui non gli rispondeva. Era come una bambola, una bambola rotta.

-James!- riprovò, in preda alla disperazione. –James, guardami!- lo supplicò, prendendogli il volto tra le mani e costringendolo ad incontrare il suo sguardo.

-James, io sono qui! Starò sempre qui! Io ci sarò sempre per te!- gli disse, sperando che suo fratello udisse quelle parole. Ma quegli occhi erano vuoti. –James! James, io ti voglio bene! Sei la mia famiglia! Tu, Remus, Peter e Victoria siete tutto il mio mondo!-

Qualcosa parve riprendere vita in quegli occhi neri. Una debole luce.

-Sei mio fratello, Sirius?-

Quella voce pareva giungere da molto lontano, da un luogo irraggiungibile.

-Sì! Sì lo sono!-

Gli occhi neri di James si riempirono di sofferenza, diventando lucidi come Black non aveva mai visto da che si erano conosciuti. James rideva sempre.

Quell’accenno di lacrime gli mozzarono il fiato, lo spaventarono.

-Perdonami.- mormorò Potter, disperato. –Perdonami, ti prego.-

-Qualsiasi cosa! Ti perdono qualsiasi cosa!- fece subito Sirius. –Ti prego, parlami! Cosa ti succede, Jamie? Che hai fatto? Non posso fare nulla se tu non mi aiuti!-

Ma James abbassò nuovamente lo sguardo, sfuggendo ai suoi occhi.

-No, no ti prego! Ti prego, non chiuderti di nuovo!- lo supplicò Black, in preda alla disperazione. –Non lo dirò a nessuno, se vuoi! Sarà il nostro segreto! Non dirò neppure a Remus, se lo vorrai! Te lo giuro!-

Vide un sorriso triste piegare le labbra del suo migliore amico e capì di aver perso.

-Non voglio.-

-Perché?-

-Ho paura.-

Sì, anche James Potter aveva paura. Una paura tremenda.

-Non devi averne! Ci sono io con te!- replicò Sirius, accorato. –Ci sarò sempre io con te, James! Dovunque andrai, ci sarò anche io! Ti sosterrò io, quando non sarai in grado di reggerti sulle tue gambe. Combatterò io, quando tu sarai troppo stanco per farlo! Ci sarò sempre anche io, James!- gli disse, e c’era la verità in quegli occhi blu.

-Sei mio fratello! Questa è l’unica cosa che mi interessa, l’unica cosa che devo sapere. Perciò puoi dirmi tutto ciò che vuoi, puoi confessarmi tutto, perché per me non cambierà niente. Niente! Non voglio che tu menta a me!-

Potter alzò il capo e scrutò il suo amico come se lo stesse rivedendo davvero dopo un’infinità di tempo. Che strana cosa.

Solo in quel momento capì. Si stava allontanando da Sirius, dagli atri ragazzi, e neppure se ne stava rendendo conto.

E quando aprì bocca, ancora terrorizzato dall’idea di parlare, la porta del bagno si aprì di botto, facendo sussultare entrambi e lasciando entrare Minerva McGranitt in persona. L’insegnante mandava lampi con i suoi occhi.

-Potter! Black!- tuonò. –Lo sapevo che eravate a bighellonare, invece che essere a lezione! Come è possibile che i M.A.G.O. siano di così poca importanza per voi?!-

I suoi due studenti erano ammutoliti. E solo dopo la sua sfuriata si rese conto della brutta cera di James, ancora a terra.

-Potter, ma cosa ti prende?- domandò, cominciando a preoccuparsi.

-James non sta bene, professoressa.- intervenne subito Sirius, mentre aiutava l’amico a rimettersi in piedi.

-Capisco.- fece la McGranitt, seria in volto. –Lo porterò io in infermeria. Tu Black corri in classe e non azzardarti a ribattere!- ordinò.

Trattenendo a stento un’imprecazione bella pesante indirizzata alla donna, Sirius annuì e, dopo aver rivolto un ultimo sguardo a James, uscì dal bagno.

L’insegnante rimase per un poco in silenzio, poi puntò lo sguardo su Potter, perfettamente immobile.

-Vuoi che chiami il preside?- gli chiese, preoccupata.

-No.- rispose il ragazzo. –No. Non è per i miei poteri che sto male.-

 

***

 

Sirius Black non spiccicò parola durante le due ore di Trasfigurazione, né lo fece nelle successive due ore di Incantesimi. Pareva aver disimparato a parlare.

L’unica cosa che Remus Lupin sapeva era che James si trovava in infermeria.

Ed era a conoscenza di questo perché era stata la McGranitt a dirlo.

Mentre l’insegnate stava informando la classe di ciò, Remus aveva visto chiaramente Lily Evans impallidire ed abbassare lo sguardo.

Soffriva anche lei.

Quell’atteggiamento freddo e distaccato era soltanto una maschera.

Un modo per punire James, forse.

Punirlo perché stava nascondendo qualcosa a tutti?

Remus non si sentiva di giudicarlo invece. Nessuno meglio di lui poteva conoscere il dolore di dover tenere un segreto.

Sirius rimase in silenzio anche durante il pranzo in Sala Grande.

Intorno a lui, tutto viveva, gioiva, faceva rumore. E lui restava zitto. Pareva essersi assentato, rifugiato in un luogo dove loro, i suoi amici, non potevano accedere.

Perché lui, solo lui, aveva provato il dolore accecante di vedere James Potter in quello stato terribile. Solo lui, unico, aveva visto quegli occhi neri, sempre così vivaci e spensierati, velati dalla disperazione, dalle lacrime.

Aveva assistito ad una cosa così grande e così terribile da non poterla condividere con nessuno. Aveva deciso di tenere le labbra cucite nel momento in cui era uscito da quel bagno e non avrebbe cambiato idea.

Forse avevano tutti preteso troppo da James.

Lui era il loro pilastro, la loro forza.

Era da James che andavano quando c’era qualcosa che non andava. E lui era sempre lì, pronto per loro, sempre disponibile a scherzare, a regalare uno dei suoi sorrisi malandrini, contagiosi.

Doveva essere per questo motivo. James era sempre così impegnato ad esserci sempre per loro, che non aveva mai trovato tempo per se stesso.

Non aveva mai avuto modo di poter dire di avere anche lui un problema. Ed aveva tenuto dentro tutto quanto, fino a scoppiare.

Remus, il piatto pieno di cibo ancora intatto, non staccava gli occhi da Black, in ansia. Alla fine aprì bocca, deciso a chiedere, ma Victoria gli fece cenno di tacere.

Non era il momento, dovevano rispettare il silenzio di Sirius, anche se entrambi erano in preda all’ansia ed al timore per James.

Julian Harris apparve all’improvviso, anche lui aveva il mantello sopra l’uniforme di Corvonero. Ed era da solo.

Xeno e Jasper erano rimasti al tavolo dei Corvi, lasciandolo andare.

Il biondino lanciò un’occhiata indecifrabile a Sirius, ma non gli disse una parola, non gli rivolse alcuna domanda. Andò invece a sedersi vicino a Remus, afferrò un piatto pulito e lo riempì di pasticcio di carne.

Era proprio strano, Harris. Arrivava dal nulla, si sedeva vicino a loro e si metteva a mangiare, senza prestare particolare attenzione a nessuno.

-Dovrebbero dare uno stipendio a questi elfi domestici. Magari migliorerebbero la loro cucina.- bofonchiò ad un tratto, interrompendo quel silenzio ed attirando l’attenzione di tutti, che presero a guardarlo con stupore.

-La cucina degli elfi domestici è sempre ottima!- fece Victoria, stupita.

-Se lo dici tu…-

-E comunque non è il momento di parlare di elfi e pasticcio di carne!-

-Ah no? Ma non siamo a pranzo?-

-Julian, per Merlino! Siamo preoccupati per James!-

-Oh.- fece lui, stringendosi nelle spalle. –L’ultima volta che l’ho visto era stamattina e stava scappando dalla Sala Grande. Che ha fatto? Sta di nuovo per morire?-

Ok, la Olsen stava per esplodere.

Con gli occhi azzurri che mandavano fiamme, Victoria sbatté rumorosamente le mani sulla tavola, attirando l’attenzione dei Grifondoro più vicini.

-Ma come accidenti fai a essere così insensibile?! Eh? James è anche amico tuo!-

-James è grande e vaccinato. E io devo riempirmi lo stomaco.-

Vick stava facendo scintille, sbraitando di tutto contro Harris, ma Remus, stranamente, sorrise. Era difficile capire quel Corvonero, eppure, una volta che ci si era riusciti, non era poi così fatico comprenderlo. Julian andava… beh, andava interpretato.

-James sta bene.- disse ad un tratto il Corvo, stupendo non poco Victoria. –Insomma, mi trovavo per caso dalle parti dell’infermeria, prima di venire a pranzo. E l’ho visto uscire. Era un po’ abbattuto, ma tutto intero. Perciò rilassati.-

Si trovava là per caso, sì, come no.

Remus Lupin continuava a sorridere.

Ahhh, Julian, Julian…

Che tipo!

-James ti ha detto niente?- chiese la Olsen, tornata a sedersi composta.

-Sì, che non sarebbe venuto a pranzo. Né a lezione.-

-E tu?-

-Gli ho detto che assomigliava ad uno zombie e l’ho salutato.-

-Wow, sei proprio un grande amico tu…- lo rimproverò la ragazza.

-Gli amici sono sinceri.- si giustificò Julian. –E ti garantisco che uno Schiopodo Sparacoda è più affascinante di lui in questo momento.-

Victoria Olsen si astenne dal replicare.

In quel momento arrivarono in Sala Grande anche Lily Evans e Alice Rubin, che parlavano sommessamente tra di loro, ignorando tutti gli altri.

Frank Paciock andò incontro alle due ragazze e Lily gli sorrise, anche se qualcosa nel suo volto tradiva il suo vero stato d’animo. Non era serena.

Qualcosa la stava consumando da dentro.

E Remus Lupin, attento osservatore quale era, lo aveva notato.

Frank accompagnò le compagne al tavolo, dove tutti e tre presero posto con il resto del settimo anno di Grifondoro. Agnes Taylor, Amber Wood e Judi Bell, che dividevano il dormitorio con Alice e, un tempo, anche con Lily; Bruce Barners e Chuck Knight, gli ultimi due ragazzi del settimo di quella Casa, due tipi con cui i Malandrini non avevano mai legato.

Erano talmente pieni dì se, che neppure il povero Frank in più di sei anni di convivenza era riuscito ad integrarsi con loro.

Bruce e Chuck si lanciarono un’occhiata strana, quando Lily si unì al gruppo. Parevano stupiti e non facevano nulla per nasconderlo.

Le ragazze reagirono in modo diverso. Agnes, sempre seria e silenziosa, le sorrise appena, per poi tornare al suo pranzo. Amber non la degnò di uno sguardo.

Judi le scoccò un’occhiata, per poi dedicarsi alla sua insalata.

Quest’ultima era stata la ragazza di James per circa tre mesi, sul finire del quinto anno. Potter si era messo con lei soprattutto su incitamento di Sirius, che si era stancato di sentire tutte le sere i suoi piagnistei sulla Evans.

E la sera dopo i G.U.F.O. era accaduto l’evento, James Potter non era più un verginello.

Ma l’ex verginello in questione non aveva poi molto gradito la sua prima volta, forse perché, come diceva Remus, non era avvenuta con la ragazza giusta.

La storia con Judi era finita perciò molto presto.

Il sesto anno era stato un Inferno.

Judi Bell aspettava James appostata ovunque per poi spuntargli davanti e prorompere in piagnistei senza fine, accusandolo di averla sedotta e abbandonata.

Il povero Ramoso era spaventato a morte da quella ragazza e la evitava come la peste.

Ad ogni modo, nonostante la compagnia ostile, Lily Evans consumò il proprio pranzo in silenzio, rispondendo unicamente a qualche domanda di Alice.

Pareva distratta, persa a pensare ad altro.

Terminato di mangiare, fu la prima a rimettersi in piedi a ad andarsene.

Passò davanti ai Malandrini lanciando loro un’occhiata distratta, troppo presa com’era nei suoi pensieri, e tirò dritto verso l’uscita.

-Che situazione assurda…- commentò Victoria, in pena. –Se solo ci capissi qualcosa…-

-Non ci capisce niente nessuno, tranquilla.- fece Julian, neutro.

Sirius si alzò, stupendo tutti.

-Vado in classe.- annunciò, scuro in volto. –Ci si vede stasera.- mormorò a Vick, prima di chinarsi su di lei e prendersi un suo bacio.

Pareva essere nelle stesse condizioni della Evans e questo mise in allarme i suoi compagni, eccetto Harris, che era capacissimo di bersi una bella tazza di tè con biscotti anche durante la fine del mondo.

Finì che ognuno prese una strada diversa, salutando gli altri.

Victoria, che aveva l’ora libera dopo il pranzo, si unì ad un gruppo di ragazzi del suo anno figli di babbani ed andò con loro per una partita di calcetto; Julian ritornò dai suoi amici strambi giusto in tempo per beccare Xeno che tentava di setacciare l’aria in Sala di Ingresso con uno strano strumento; Remus si preparò alle consuete due ore di Pozioni con Serpeverde e durante il tragitto incontrò Eva Ames, con la quale scambiò qualche parola.

Peter e Sirius erano già in classe, seduti vicino.

Lily arrivò qualche minuto dopo, affaticata. Doveva essere sicuramente stata in biblioteca, Lupin erano pronto a scommetterci.

La rossa gli rivolse un saluto veloce, andando poi a sistemarsi in prima fila, dove avrebbe potuto ascoltare perfettamente le indicazioni di Lumacorno.

Arrivarono anche i Serpeverde, cupi come loro solito.

Piton gettò un’occhiata su Lily Evans, prima di prendere posto al fianco di Lucius Malfoy e tirare fuori dalla propria borsa il libro di pozioni, indifferente.

Horace Lumacorno fu l’ultimo ad arrivare in classe, avvolto in un pesante mantello di pelliccia e con l’aria scontenta. In quell’aula si gelava.

E continuò a fare freddo anche dopo che tutti i calderoni furono accesi.

Remus starnutiva ogni tre secondi, senza riuscire a trattenersi. Si sentiva sempre più accaldato e comprese con rabbia che la febbre stava salendo.

Eva Ames lo guardava dall’altro lato della stanza e, quando i loro occhi si incrociarono, gli sorrise, dolce e preoccupata. Lui scosse il capo, come a dirle di stare tranquilla.

Sirius persisteva nel suo silenzio innaturale, preparando gli ingredienti sul banco, senza curarsi di nessuno in particolare. Non si accorse neppure dell’occhiata che si scambiarono Peter e Bellatrix.

Lily, stranamente, non riusciva a tenere l’attenzione sulle parole del professore e la cosa la turbava moltissimo. Non era il momento di distrarsi, non quando Lumacorno aveva deciso di spiegare loro la preparazione del Distillato della Morte Vivente.

-Mi raccomando ragazzi, - stava dicendo il professore in quel momento –vedete di triturare bene le radici di valeriana, altrimenti l’effetto che produrranno una volta aggiunte nel calderone non vi piacerà.- fece, sorridendo.

Passando vicino alla ragazza, Lumacorno le fece un sorriso incoraggiante, sicurissimo che lei avrebbe ottenuto il migliore dei risultati, come sempre.

Sospirando, Lily si mise a lavoro, cercando di dare il massimo come suo solito.

Ma più si sforzava, più il pensiero di quell’idiota la tormentava.

Era diventato irriconoscibile, non sembrava più lui e se ne era resa conto.

Però lei non aveva potuto fare altrimenti, la rabbia e la delusione l’avevano accecata ed il suo unico desiderio era stato quello di stare alla larga da quel bugiardo.

James era stato strano per tutta la settimana, aveva provato a parlarle, ma lei non aveva fatto altro che sfuggirgli e resistere alla tentazione di picchiarlo, di urlargli contro di tutto. Ferirlo.

No, quello lo aveva fatto. Lo aveva ferito eccome.

Ricordava come era fuggito dalla Sala Grande quella mattina.

E adesso lui non c’era. Non si era presentato a lezione, né a pranzo. Non c’era neppure quel pomeriggio.

Si chiese come si sentisse, se fosse ancora in infermeria ed avvertì una morsa stringerle fortissimo lo stomaco.

Oh, James…

Perché le aveva mentito? Perché le stava nascondendo qualcosa?

Perché a lei, lei che si era fidata, che gli aveva detto ogni singola cosa della sua vita?

Che terribili poteri potevano esserci dentro di lui a tal punto da indurlo a raccontare menzogne? E lei era proprio sicura di voler conoscere la verità?

Doveva trovarlo, doveva parlargli. Quel mutismo tra loro era durato fin troppo, lo aveva punito a sufficienza. Adesso voleva solo rivederlo e sapere.

Ed intenta a pensare a lui, al suo meraviglioso e maledetto lui, non si rese conto del pasticcio che, per la prima volta stava combinando.

Quando se ne avvide, le due ore di pozioni erano quasi terminate ed il suo Distillato della Morte Vivente, invece che essere trasparente come l’acqua era di un bizzarro rosso fuoco. E fumava.

Tutti gli occhi della classe erano puntati su di lei, increduli. E, tra di essi, vi erano anche quelli spalancati dallo sconcerto di Horace Lumacorno.

Il professore si avvicinò a lei e al suo calderone con fare circospetto, aveva l’aria sconvolta di qualcuno che non riesce a credere a ciò che ha davanti agli occhi.

-Lily… Lily cara…- mormorò, guardando prima lei, poi la sua pozione. –Mia cara… che è successo? Come è stato possibile?-

Abbassando lo sguardo, mortificata, la rossa non seppe assolutamente cosa dire. Pozioni era sempre stata la sua materia preferita. Aveva ottenuto i migliori risultati della classe fin dal primo anno. Mai una pozione impazzita, mai esplosioni.

Sempre perfetta.

Cosa avrebbe potuto dire all’insegnate?

“Mi scusi prof, ma ero troppo intenta a pensare al ragazzo di cui sono innamorata e che attualmente mi sta facendo impazzire di rabbia e preoccupazione?”

No, non era una buona idea.

-Mi dispiace.- si decise a dire. –Io… io non sono stata sufficientemente attenta.-

-Ma questo non è possibile, mia cara!- ribattè Lumacorno, sconvolto. –Probabilmente devo aver spiegato male qualche passaggio. O forse non ti senti bene. È tutto a posto, Lily?- le domandò, scrutandola con attenzione.

Con la coda dell’occhio, la ragazza notò Zabini parlottare con Nott. Distinse chiaramente le parole “cocca del prof”. Si irrigidì ed affrontò l’insegnante, dura in volto.

-Ho fatto un errore, recupererò la prossima volta.- e con un colpo di bacchetta fece evanescere il contenuto.

Ecco, avrebbe preso la sua prima T.

Troll.

E tutto per James Potter, il maledetto.

Gli avrebbe fatto pagare anche questa, ma per il momento desiderava soltanto che i minuti scivolassero via veloce per permetterle di andare a cercarlo.

-Ovvio che recupererai.- fece Lumacorno, incoraggiante. –Non valuterò questa tua prova, mia cara. Verrai un pomeriggio in aula e proverai ancora, tranquilla. Non lascerò certo che un incidente del genere rovini la tua media.-

-La ringrazio.- mormorò lei, prestandogli poca attenzione.

Dopodichè il professore, ancora un po’ stordito, si mosse anche tra gli altri tavoli, dando giudizi più o meno positivi. Ovviamente Severus Piton ottenne la votazione più alta della classe. Gli unici ad avvicinarsi al risultato del Serpeverde furono Remus, Eva Ames e Bellatrix Black.

Quando l’ora terminò, Lily si attardò intorno al suo calderone, cercando di prendere tempo. Non voleva che Alice la aspettasse, né desiderava incontrare Remus oppure Sirius fuori dall’aula. Si era accorta degli sguardi astiosi che le aveva rivolto Black quella mattina a colazione e non voleva perdere tempo in litigi o spiegazioni.

Si accorse però che il professore se ne era andato e che in aula era rimasta solo lei e… Severus Piton, che la guardava dalla zona di Serpeverde.

Allora ficcò tutto in borsa in fretta e furia ed uscì alla svelta dalla class di pozioni.

Non voleva parlare con Piton.

Era più di un estraneo per lei. Lui era semplicemente indesiderato.

Il ragazzo più strano e contraddittorio che avesse mai conosciuto. Un vecchio amico che però non aveva battuto ciglio quando quella notte, in biblioteca, Lucius Malfoy aveva provato a marchiarle sulla pelle la M di mezzosangue.

Uscì talmente di fretta che, quando si sentì afferrare per un polso, si voltò in preda alla rabbia, convinta che fosse stato il Serpeverde da cui era fuggita a fermarla.

Ma non fu così e sul suo volto si dipinse lo stupore.

Lei e Julian Harris non erano mai stati amici. Non si erano mai rivolti la parola.

Aveva intuito che lui fosse amico di James, ma loro due non si erano mai neppure presentati come si doveva.

Eppure adesso il Corvonero era davanti a lei, un’espressione neutra sul viso.

Le aveva lasciato il polso e la scrutava.

-Posso fare qualcosa per te?- fece lei, non sapendo come comportarsi.

Harris restò in silenzio.

Osservò Piton uscire dall’aula, non battè ciglio quando il Serpeverde lanciò un’occhiata verso di loro e poi riportò lo sguardo su di lei, sempre una maschera di indifferenza.

-Per quanto hai intenzione di tirarla per le lunghe?-  si decise a dirle, incrociando le braccia sul petto.

-Come scusa?- fece lei.

-Questa tua ostilità verso Potter durerà ancora parecchio?- ripetè lui.

Lily si irrigidì subito, facendo un passo indietro. –Questi non sono fatti tuoi.-

-Certo che lo sono.- ribattè Julian. –James è di una noia mortale da quando tu gli hai tolto il saluto, lo sai? È un cadavere che cammina ed ha un aspetto orribile. Tutta colpa tua.- la informò, calmo.

-Oh, scusami tanto, Harris. Ma quello che pensi tu non mi riguarda affatto.- sibilò lei, fredda, scrutandolo con i severi occhi verdi.

-Così lo perderai.- le disse lui, facendola tremare. –Già una volta James ha commesso un errore madornale cercando conforto in un posto sbagliato, non farglielo fare di nuovo. Lui a te ci tiene davvero.-

Subito Lily sentì il cuore battere più forte del normale.

Osservò quel ragazzo alto e biondo che aveva davanti, Julian Harris. Era stata scortese con lui, doveva ammetterlo. Ma parlare di James la metteva in agitazione.

Con sorpresa vide il Corvonero porgerle la mano.

-Julian Harris, non credo che ci siamo mai presentati. Anche se, grazie ai pallosi racconti di James, tra un po’ so anche quante volte vai al bagno.- le disse.

E lei, sorpresa, si trovò a stringere quella mano.

-Lily Evans.- pronunciò. –Scusami, sono stata brusca.-

Lui fece spallucce. –Muoviti ad andare a cercarlo. L’ho visto uscire dal castello e con questo freddo gli si starà gelando il di dietro a quest’ora. Vedi di farlo rientrare.-

Con quelle parole se ne andò, senza più curarsi di lei.

E con il tempo Lily avrebbe scoperto che l’essere strambo, per Julian Harris, era la quotidianità. Una prerogativa.

 

 

 

 

Go lightly down your darkened way.
Go lightly underground. I'll be down there in another day.
I won't rest until you're found.

 

[ Và giù leggermente per il tuo sentiero buio.
Và leggermente sottoterra. Io sarò laggiù in un altro giorno.
Non riposerò finché non ti avrò trovata. ]

 

 

 

 

Si era ormai fatto buio e l’aria era divenuta molto fredda, molto più gelida di come era stata durante il giorno, quando il sole si era impegnato a riscaldare la terra.

Nevicava. Non aveva mai smesso di nevicare. E adesso il parco di Hogwarts sembrava quasi essere irreale, candito, magico. Tutto quel bianco pareva brillare nel nero della notte e tutto intorno era silenzio. Un paesaggio da sogno.

Ma nessuno si stava godendo quello spettacolo, ogni studente del castello in quel momento si stava dirigendo in Sala Grande per la cena, in cerca di calore e di risate con gli amici. In attesa del sonno che poi sarebbe venuto. Preda dell’eccitazione per la partita di Quidditch ormai imminente.

No, nessuno si trovava fuori nella neve. Nessuno. Tranne lei.

Infreddolita, Lily Evans cercò di infagottarsi più che poteva nel pesante mantello che portava sulla divisa e ringraziò Merlino di aver indossato le calze di lana nera quella mattina, oppure sarebbe morta congelata. Ringraziò anche che non ci fosse vento.

Sentiva le dita, prive di guanti, farsi sempre più fredde e doloranti, ma non vi fece troppo caso, continuando a guardarsi intorno, ansiosa.

James prenderà freddo. E non sta bene.

Questo era l’unico pensiero che aveva in testa.

Stupido, stupidissimo James Potter. Lui e le sue trovate idiote.

Che diavolo ci faceva fuori con quel freddo e per di più dopo il calar del sole?

Lei era uscita da uno degli ingressi secondari del castello, uno di quelli che in genere gli studenti usavano per recarsi alle lezioni di Cura di Creature Magiche.

Il passaggio portava ad una vasta radura, in quel momento immersa nella neve, da lì si scendeva fino ad incontrare una modesta macchia di abeti, anche quelli resi bianchi dal nevischio, per incontrare infine il famoso ponte sospeso.

Uno dei più belli spettacoli che Hogwarts aveva da offrire, Lily ne era sempre rimasta affascinata, anche se da piccola aveva il terrore di quell’enorme altezza.

Il ponte conduceva al vero e proprio parco del castello ed era realizzato in legno solidissimo, dotato di massicci corrimani che impedivano agli studenti che lo attraversavano di cadere e di un tetto, atto a riparare da pioggia e da altre intemperie. E ad intervalli regolari erano state posizionate delle lanterne magiche che pendevano dal soffitto e si accendevano sul far della sera.

Sotto la grande costruzione, il vuoto. Ma la struttura era fin troppo solida per avvertirlo. Se si soffriva di vertigini, bastava non sporgersi.

Decidendosi a proseguire, Lily si avventurò nella radura che aveva davanti, incespicando nella neve e rabbrividendo fin nelle ossa per il freddo pungente. Le stavano lacrimando gli occhi e si sentiva il viso gelato.

Nonostante tutto proseguì, superò gli alberi di abete e fu lì che lo trovò.

Fermo, immobile, lo sguardo perso nel vuoto sotto di lui.

James. Era James.

Avrebbe riconosciuto quella capigliatura in disordine tra milioni.

Anche lui indossava il mantello e se ne stava poggiato ad uno dei corrimani, intento ad osservare il vuoto che si distendeva senza fine sotto di lui.

Era talmente assorto da non accorgersi neppure di lei.

La neve scendeva, fitta come pioggia. La notte era sempre più oscura.

Le lanterne accese che si trovavano sul ponte erano l’unica fonte di luce e calore.

Prendendo coraggio, Lily fece un altro paio di passi e, quando raggiunse il massiccio legno della passerella, provocando rumore, lui allora si voltò nella sua direzione.

I loro occhi si incontrarono, perdendosi gli uni negli altri. Non una parola.

James non pareva troppo stupito di vederla lì, davanti a lui, infreddolita e piena di neve nei capelli e sugli abiti. Pareva essersi aspettato il suo arrivo.

E, rendendosi conto di dove si trovavano, a Lily venne da sorridere con amarezza.

Su un ponte. Sospesi.

Sì, come erano loro. Come era il loro rapporto.

Sospesi.

Sospesi nel nulla. Un passo falso e sarebbero caduti.

Un passo falso e sarebbero andati giù, senza avere più una possibilità.

Lo guardò, senza distogliere lo sguardo. E fu lui il primo a farlo, a sfuggirle, riportando l’attenzione sul nero orizzonte, sul turbinio di neve. Che cadeva, cadeva, cadeva.

Sarebbero caduti anche loro?

Emettendo un sospiro, Lily Evans chiuse gli occhi, sentendosi tremare. Questa volta però non fu per il freddo, ma per la paura. Il terrore accecante di perderlo.

E quando li riaprì, lui era ancora là, poco distante da lei, immobile come una statua.

Di ghiaccio.

La neve cadeva.

Non dobbiamo cadere anche noi.

Facendosi forza, la ragazza si fece avanti, maledicendo il fatto di essersi tirata su i capelli in quello stretto chignon, quella mattina. Non aveva la sciarpa ed aveva il collo scoperto. I fiocchi di neve a contatto con la sua pelle delicata non erano affatto piacevoli. Rabbrividì.

Quando fu ormai a pochi passi da lui, James si voltò di nuovo a guardarla. Un’espressione indecifrabile sul volto un tempo così allegro.

-James.- lo chiamò, sentendosi morire dentro. –James, io…-

-Quanto sai?- le domandò lui a bruciapelo, fermando la sua avanzata.

Deglutendo, Lily abbassò lo sguardo. –Meno di quanto pensi.- rispose.

-Perché adesso hai deciso di parlarmi?-

Un’altra domanda. Ed era ricca di risentimento. Adesso era lui ad essere arrabbiato con lei. Era la prima volta che capitava, notò la ragazza.

-Ero furiosa con te. Ed avevo bisogno di fare chiarezza.- gli rispose, sollevando lo sguardo verde chiaro su di lui.

-Ah davvero?- mormorò James, tornando ad osservare la neve. –E ora hai tutto chiaro?- le domandò con un’ironia amara, non da lui.

Stentava a riconoscerlo.

-No, per nulla.- fece lei, parlando piano e stringendo forte le mani tra loro, nel tentativo vano di scaldarle.

-Oh, povera Lily.- la schernì lui, senza guardarla.

E fu troppo. Troppo per lei, che corse da lui e lo afferrò con rinnovata rabbia per il mantello, costringendolo a guardarla in viso.

Adesso in quegli occhi verdi brillava la collera che vi albergava quella mattina, James la riconobbe subito e gli sfuggì un sorriso triste.

-Ascoltami bene, James Potter, non osare! Non osare, mi hai capito?- soffiò lei, mentre stringeva forte le dita nel tessuto del mantello. –Non osare comportarti in questo modo con me, chiaro? Non provarci neppure ad essere arrabbiato! Sei tu quello con mille segreti! Sei tu che mi hai mentito! Bugiardo!- gli urlò e la sua voce si disperse nel paesaggio, immerso nel silenzio.

La reazione di lui fu quanto di più strano lei si aspettasse.

James si liberò senza difficoltà dalla sua presa e la guardò. –Sei gelata. Torna al castello.- le disse, tornando poi con lo sguardo altrove.

Ma Lily non se ne sarebbe andata, non lo avrebbe fatto per nessuna ragione. Adesso era lì, in sospeso, e voleva sapere. Non sarebbe scappata.

-Dunque non neghi di avermi mentito. Non neghi di essere un bugiardo.-

-No, non lo nego.-

-Io ti ho detto tutto di me, ogni cosa! Mi sono fidata di te!- esplose lei, sentendo la propria voce incrinarsi. –E tu invece non hai avuto fiducia in me! Non mi ha detto niente! Non hai detto nulla a nessuno! Dicevi di stare bene!-

-Lo so.-

-Io mi fidavo di te, James!- urlò allora lei, sentendosi pericolosamente vicina alle lacrime. –Io mi ero affidata a te! Credevo che non ci sarebbero stati segreti tra di noi! Credevo di essere importante per te! Tutte le cose strane che ti sono accadute… io… io impazzivo dalla paura per te e tu… t-tu non dicevi nulla!- continuò, incurante del proprio alto tono di voce. Urlare la liberava.

-So anche questo, Lily.- mormorò lui, tornando a guardarla.

Se possibile, lei si arrabbiò ancora di più.

-Perché sei così, James? Perché mi parli come se non ti importasse? Come se… come se avessi già rinunciato a tutto?- gridò, strattonandolo con rabbia.

Come se avessi già rinunciato a me. A noi.

-Perché è l’unico modo per resistere.- le disse, non abbassando lo sguardo.

-A cosa?- lo incalzò lei.

-A quando te ne andrai.-

E lei gelò e bruciò allo stesso tempo. Quelle parole l’avevano colpita senza pietà.

Avvertì il proprio cuore perdere un battito, per poi iniziare a battere più veloce.

-Io… io non voglio andarmene.- mormorò senza pensare, perdendosi nel nero degli occhi di lui. –Non… non ho mai…-

-Eppure è questo che mi hai fatto capire in questi giorni. E neppure ti do torto.-

La guardava adesso, cercava qualcosa nei suoi occhi.

Lily desiderò ardentemente che lui capisse, che lui comprendesse ciò che stava provando in quel momento. Non c’era solo rabbia. C’era anche paura, paura di perderlo per sempre e preoccupazione.

-Tu vuoi che me ne vada?- gli chiese, esitante.

-No!- fece subito lui, prendendole una mano. –Lo sai che non voglio.- sussurrò.

-Io volevo… volevo solo farti del male. Ferirti come tu avevi fatto con a me, James. E… e mi dispiace.- fece lei, avvicinandosi a lui. –Però ora, ti prego, devi dirmi tutto. Me lo devi!- lo supplicò. –Tu… tu non hai idea di cosa ha significato per me vederti su quel letto, pallido ed immobile come se fossi stato ad un passo dalla morte. Non sai cosa ho provato quando ho scoperto del tuo tatuaggio. Perciò… ti prego, ti prego, James…-

Lo vide scuotere il capo ed avvertì il cuore stringersi in una morsa dolorosa.

-Non posso farlo, Lily.- le disse.

L’oscurità si era fatta più fitta intorno a loro, solo le lanterne permettevano ai due Grifondoro di vedersi in viso. All’interno delle lucerne, le fiamme tremarono.

Lei chinò il capo e a James parve di vederla sconfitta. Fragile davanti a lui.

Era davvero la sua Lily quella che lo stava fronteggiando?

Era davvero lei, sempre così insicura e spaventata?

Era fiorita, sbocciata, cresciuta e probabilmente lei non se ne era neppure resa conto. Era cambiata così tanto in quei mesi…

Sorridendo con tristezza, James si disse che, anche se l’avesse persa quella sera, avrebbe comunque potuto essere felice di ciò che aveva fatto per lei.

Lily sarebbe diventata il sole e lui avrebbe preso il suo posto, diventando ombra, perché questo sarebbe stato di lui, senza averla al suo fianco. Non ci sarebbe stato più nessun James Potter senza la sua Lily Evans.

Si trovava al limite ormai, senza forze per combattere, per reagire.

Troppo spaventato dall’idea di vederla allontanarsi.

Aveva amato quella ragazza da quando era un ragazzino, l’aveva vista sprofondare giorno dopo giorno sotto la terra, in un buco nero da dove non sarebbe mai uscita. Ed aveva sempre tentato con tutte le sue forze di impedirglielo.

Si era giurato che non l’avrebbe mai lasciata andare, che non si sarebbe mai arreso, che ovunque lei fosse andata, lui avrebbe sempre trovato il modo di arrivare da lei.

L’avrebbe sempre trovata. Non si sarebbe mai dato pace.

Che fare adesso? Cosa dire?

Tutto cadeva giù, tutto gli scivolava via tra le dita.

Come neve. Come acqua ghiacciata.

Lei tremava per il freddo e fu spontaneo per lui avvicinarsi, stringerla a se per tentare di riscaldarla. Fu con orrore che la vide ritrarsi, sfuggire dalle sue braccia.

Mi uccidi.

Disperato, James abbassò il capo.

Così mi uccidi.

Vederla indietreggiare ancora fu come una pugnalata in pieno petto. Un tempo lei aveva dormito tra le sue braccia e sembrava essere accaduto un milione di anni fa.

-Lily.- la chiamò.

-No.- fece lei, scuotendo il capo con gli occhi umidi. –Non voglio che mi tocchi, James. Qualsiasi cosa sia nata tra di noi… è… è finita. Finita, se intendi continuare ad avere segreti con me!- dichiarò, continuando ad indietreggiare, il volto addolorato.

E lui serrò gli occhi di scatto, sentendo sgretolarsi la terra sotto i piedi. Non riuscendo a percepire altro intorno a sé, non sentendo il freddo, non avvertendo la notte.

Finita. Era finita davvero.

Si sentì tremare dentro, avvertì un dolore lancinante percorrerlo tutto.

Adesso poteva anche morire. Senza di lei. Senza Lily.

Perché dirle la verità? L’avrebbe solo spaventata. L’avrebbe doppiamente persa.

Quando tornò a guardarla, si rese conto che anche lei lo stava osservando, non aveva mai smesso di farlo. Aveva gli occhi lucidi. Li avevano entrambi.

-Lily…- balbettò lui, ormai al culmine del dolore.  –Lily, ti prego… Io… io ho bisogno di te. Ho un disperato bisogno di te.- mormorò, restando fermo al suo posto, avvertendo gli occhi bruciare senza pietà né ritegno.

La vide sussultare a quelle parole, ma restare comunque lontana da lui.

In quegli occhi verdi c’era autentica sofferenza.

E quando lei scosse ripetutamente la testa lo uccise, lo uccise davvero.

-Mi dispiace, James.- la sentì dire con un filo di voce. –M-Mi dispiace, ma….-

Separandosi, si uccidevano entrambi.

Sarebbero morti. Sarebbero morti… insieme.

Poi accadde tutto molto in fretta, di getto, senza pensare.

Lui la vide dargli le spalle, la vide andare via, la vide abbandonarlo, diretta al castello. Diretta lontano da lui.

E fu terrore. Terrore puro.

Sì, perché senza di lei… senza di lei era un uomo morto.

Con lei, se ne sarebbe andato anche il suo cuore e senza di esso lui non avrebbe potuto vivere.

Le lacrime, per la prima volta da che si ricordava, cominciarono a cadere, liberatorie. E prima che lei avesse lasciato il ponte, senza più pensare, senza più riflettere, James le urlò dietro la verità. Parole che non aveva mai, mai detto.

-IO SONO UN MOSTRO, LILY! SONO UN MOSTRO, CAPISCI?-

Lily Evans si voltò subito nella sua direzione. Puro stupore nel volto.

Quando si rese conto che lui stava piangendo, si sentì mozzare il fiato. Non aveva mai visto James Potter piangere.

Ed invece lui era lì, davanti a lei, le guance rigate di lacrime che continuavano a cadere, senza vergogna.

Era strano vederlo così, davvero strano.

E le aveva detto di essere un mostro. Un mostro? Com’era possibile?

-M-Ma cosa dici?- esalò lei, tornando da lui. –Cosa significa?-

Lo vide fare un sorriso amaro e continuare a guardarla. –Quello che ho detto.-

-Ma tu non sei un mostro, James!-

-E invece sì.-

C’era smarrimento nel bel viso di Lily. Non capiva, non riusciva a capire. Era logico.

Ma non scappò da lui, restò lì a guardarlo. La vide annuire, decisa. –Spiegami.-

Spiegarle? Sarebbe stato veramente in grado di farlo?

Cercando di asciugarsi con un braccio il volto bagnato di lacrime, James si lasciò andare giù, sedendosi sul freddo corridoio di legno, proprio sotto la luce di una lanterna. Le gambe strette al petto.

Lei fu subito da lui, la preoccupazione stampata il volto. Si accomodò al suo fianco, restando in silenzio, dandogli il tempo che gli serviva.

Nella mente di James c’era confusione in quel momento, solo un caos impossibile da ordinare. Ma parlò. Avrebbe fatto qualunque cosa per lei.

-Io…- cominciò, guardandosi le mani. –Ecco, avrai letto il testo sugli Havisham, immagino. Per sapere della runa.-

-Sì.- rispose lei.

-Beh, io sono un Havisham, Lily.- le disse, studiando la sua reazione.

Lei non pareva essere poi così sorpresa, aveva l’aria di esserselo immaginato.

–Quando li ho visti… beh, ho immaginato che i Potter non fossero i tuoi veri genitori.- gli spiegò, imbarazzata per la sua ammissione.

-Già.- ammise lui, pieno di tristezza. –Mamma e papà mi hanno preso con loro quando io non avevo neppure un anno.- le disse.

-Perciò… Edward Havisham, lui è…-

-Mio nonno, sì.- la precedette. –La mia vera madre si chiamava Savannah.-

Lily annuì, la mente che lavorava veloce, che assimilava.

-Dunque è questo il tuo segreto, James?- gli chiese, guardandolo. –Sei un Havisham. Sei vittima del patto che perseguita tutta la tua famiglia, possiedi grandi poteri… in biblioteca con Remus… o-ora capisco!- ragionò, senza sosta. –E’ per questo che sei sopravvissuto alle fiamme!-

-Già.-

-E il Blocco di Tanas…-

-Tiene a bada i miei poteri, già.-

-Ma allora… quando avrai cinquant’anni tu…-

-No.- le disse. –Mio nonno ha superato i cinquanta ed è ancora vivo. Il patto, non so come, si è modificato nel tempo. Non ho idea di ciò che è accaduto.-

-Perciò… perciò va tutto bene, no?- fece lei, sorridendo. –Oh, James… perché hai paura di dire questa verità? Che male c’è? Sei più potente di noi, e allora? Per nessuno cambieranno le cose! Tutti noi ti vogliamo bene! Che bisogno c’era di nascondere tutto? Questi segreti ti uccideranno!- aggiunse, prendendogli una mano.

Lo vide sorridere di nuovo, un altro sorriso triste, amaro.

-Non era questo il problema.- sussurrò lui.

-E allora cosa? Cosa, James?- lo incalzò lei, sentendosi nuovamente investire dall’angoscia. –Cos’altro c’è? Dimmelo!-

Passò del tempo prima che lui parlasse, tanto che lei si era quasi rassegnata a doversi arrendere. Ma poi lui si voltò verso di lei, guardandola come mai aveva fatto prima.

Intenso, lo sguardo più intenso che le avesse rivolto.

La studiava. Non voleva perdersi la sua reazione.

E quegli occhi neri erano ancora pieni di lacrime.

-Mio padre, il mio vero padre, non era umano.- le disse a bruciapelo, continuando a scrutarla. –Era una creatura dell’Inferno, un figlio del Male. E io per metà sono come lui. Per metà appartengo all’Inferno anche io.- le spiegò. –Come vedi, non avevo torto quando ti ho detto che sono un mostro. Io lo sono. Lo sono davvero.-

Buffo.

La prima cosa che Lily pensò in quel momento di sconvolgimento fu che lei, invece, lo aveva sempre ritenuto un angelo. Il suo angelo.

Forse era rimasta così incantata da lui, che non aveva fatto caso alle sue ali.

Non erano bianche immacolate, ma nere.

Ma poi, in fin dei conti, faceva davvero la differenza?

Era davvero così importante?

Lo guardò ed in lui vide James Potter, il ragazzo di cui era innamorata.

Il ragazzo che conosceva da quando era bambina. Il ragazzo che non aveva mai fatto del male a nessuno e che, anzi, si prodigava per esserci sempre per tutti.

Era davvero per metà un essere infernale?

Sì, lo era. Lui glielo aveva detto e non aveva motivo per mentirle su una cosa simile.

Immobile, Lily Evans aspettò che arrivasse la paura.

Ma quella non venne. Non venne mai.

Forse lo amava troppo, si disse. Lo amava troppo per avere paura di lui.

E dentro di se, si detestò, si maledisse.

Sì, perché lei, per tutti quegli anni, non aveva fatto altro che piangersi addosso a causa della sua natura di Mezzosangue. Si era isolata, non si era fidata di nessuno.

James invece aveva sopportato in silenzio una condizione che era ben peggiore della sua. Non si era mai lamentato. Aveva provato con tutto se stesso ad andare avanti ed era diventato la persona meravigliosa che era.

Come al solito, si trovò a pensare la rossa con un sorriso, James Potter era sempre il migliore di tutti. Anche di lei.

Si avvicinò a lui e, senza più badare a timidezze e ad incertezze, lo abbracciò, stringendolo forte a se e sentendolo trattenere il fiato.

-Lily…- lo udì mormorare, insicuro.

-Va tutto bene.- lo rassicurò, accarezzandogli gentilmente la nuca.

-Non… non hai paura di me?-

E lei sorrise, continuando a stringerlo con fare quasi materno. –Se ne avessi, non ti starei abbracciando.- gli disse, dolce.

Quando lo sentì rilassarsi tra le sue braccia, chiuse gli occhi, godendosi appieno quel momento. Adesso, adesso era veramente suo.

Avrebbe preso ogni cosa di lui, avrebbe adorato ogni sua singola parte. Anche quella più pericolosa. Era James. Era solo James.

 

 

 

Let me love you, let me rescue you.
Let me bring you where two roads meet. Oh come back above.
Where there is only love. Only love...

 

 

[ Lascia che ti ami, lascia che ti salvi.
Lascia che ti porti dove due strade s'incontrano.
Oh ritorna su.
Dove c'è solo amore, solo amore...]

 

 

Let me love you true, let me rescue you.
Let me bring you to where two roads meet.

 

 

[ Lascia che ti ami davvero, lascia che ti salvi.
Lascia che ti porti dove due strade s'incontrano. ]

 

 

 

 

Non era in grado di stabilire da quanto tempo si trovassero lì, per terra, abbracciati su quel ponte sospeso nel vuoto. Il buio era totale intorno a loro, ma le fiamme dentro alle lanterne resistevano. E poi la neve. La neve che cadeva più lenta, ma inesorabile.

Non aveva freddo, non aveva caldo. Non percepiva nulla.

Non le importava più di niente.

Tutto ciò che voleva, tutto ciò che desiderava, lo stava stringendo a sé.

James le aveva detto tutto. Le aveva spiegato ciò che era veramente accaduto la notte di Halloween, le aveva detto cosa aveva fatto Edward Havisham in infermeria.

Poi era caduto il silenzio tra loro e lei era rimasta ferma lì a bearsi del calore del corpo di lui, l’unica cosa che volesse avvertire. E poi il battito del suo cuore.

Sembrava chiamarla. Sembrava… adorarla.

E lei sperò davvero che lui capisse che quel sentimento era ricambiato.

Se ne stavano lì, nel luogo dove un giorno loro figlio li avrebbe ricordati con Remus Lupin, uno dei loro più cari amici. Ma non potevano saperlo.

-Forse è il caso di rientrare, sarà scattato il coprifuoco.- mormorò James, anche se poco convinto.

-E’ strano che tu te ne preoccupi.- lo punzecchiò lei, divertita.

-E’ strano che tu non te ne preoccupi.- le rispose lui.

Scoppiarono a ridere nello stesso momento, spensierati, allegri. Quella brutta atmosfera che c’era stata fino a poco prima si era dissolta, lasciando spazio al calore. E a qualcosa in più. Una consapevolezza in più.

Delicatamente, lui le prese le mani, stringendole tra le sue. –Hai le dita così fredde…- constatò, preoccupato.

-Non fa niente.- sussurrò lei, beandosi di quella dolcezza.

James era sempre stato terribilmente dolce con lei.

-Non dovevi venire qua fuori per me.-

-Dovevo invece.-

Rimasero a guardarsi, il verde chiaro nel nero più profondo. In quel momento parve ad entrambi che il tempo si fosse fermato, che anche la neve avesse cessato di cadere.

Ed il silenzio li circondava, tenendoli isolati, protetti, come in una bolla di sapone.

Un mondo dove c’era spazio solo per loro due e nessun altro.

Lo capì in quell’istante, forse.

In quell’attimo in cui James lasciò le sue mani per andare ad accarezzarle il volto.

Sì, forse Lily lo capì a quel punto.

Qualcosa era cambiato.

E lei era perduta. Persa per le dita di lui che con tenerezza indescrivibile le percorrevano il viso, toccandole le guance, la bocca, il mento…

Le fiamme delle lanterne tremarono ancora, sopra di loro.

Tremarono, come sembravano tremare gli occhi scuri di James mentre la guardava.

-Lily…-

Una domanda. Una richiesta.

-Baciami.-

Un permesso. E una preghiera.

E quella bocca tanto amata e desiderata fu sulla sua ancora prima che lei potesse realizzarlo. Il cuore parve scoppiarle nel petto e lei chiuse gli occhi, posando delicatamente una mano sulla nuca di lui, salendo poi fino a sfiorargli i capelli ribelli.

James la stringeva forte a sé, così forte da mozzarle il fiato, ma lei non se ne curò.

Lui aveva le labbra fredde, esattamente come le sue, ed un poco screpolate, ma per Lily rasentavano la perfezione. Mai, per tutta la sua vita, avrebbe bramato un’altra bocca, un altro bacio.

Quei baci freddi e al contempo roventi la stavano facendo impazzire, la accecavano per il desiderio di qualcosa di più. Ma lui pareva giocare con lei, assaggiarla con calma.

-James…- protestò debolmente.

Lo sentì sorridere sulla sua bocca e questo le procurò un calore indefinibile nello stomaco, nel petto. Desiderio. Voglia di lui.

Dispettoso, lui scese a mordicchiarle il labbro inferiore, tenendolo dolcemente tra le labbra socchiuse, facendola sospirare teneramente. Poi lasciò la sua bocca.

Fu un attimo, un attimo in cui lei si sentì abbandonata.

Dopo ci fu soltanto il brivido intenso che provò quando James scese a baciarle la pelle delicata e sensibile dietro l’orecchio, lentamente, senza alcuna fretta.

In totale abbandono.

Lui continuò il suo percorso, sfiorandole una guancia, poi il profilo del mento, e infine più giù, sul collo, dove si perse per un tempo che a lei parve indefinito.

Non ti fermare.

Quei baci affamati e delicati le tolsero il respiro, il modo in cui lui le succhiava dolcemente la pelle la costrinse ad emettere un soffice gemito di piacere. Non aveva mai provato niente di simile in tutta la sua vita. Non aveva mai permesso a nessuno di baciarla in quel modo, era la prima volta che si abbandonava nelle braccia di un ragazzo ed era felice che fosse James.

Adesso non sentiva veramente più il freddo. Tutto era calore. Poteva chiaramente avvertire le proprie guance in fiamme.

Avvampando, Lily avvertì una mano del ragazzo salire ad accarezzarle una guancia, mentre ancora era impegnato a tempestarle il collo e la gola di baci appassionati. Adoranti. Innamorati.

Poi successe.

Quella bocca lasciò la sua pelle ed andò a posarsi teneramente sul suo naso, facendo sfuggire alla rossa un sorriso. Un sorriso che subito venne catturato da James.

Lui le accarezzò le labbra con le sue, lievemente, la baciò con insistenza mista a premura ed infine le fece schiudere la bocca, andando per la prima volta ad incontrare la sua lingua con la propria.

Sentì Lily tremare e la strinse di più a sé, continuando a baciarla con frenesia, riuscendo a trattenersi a stento, obbligandosi a ricordare che doveva andare piano con lei. Ma la voleva troppo e da un’infinità di tempo, e il baciò che le dette si fece subito appassionato come lui desiderava.

Lei non si allontanò e James la ringraziò interiormente per questo.

E quando Lily, teneramente insicura, decise di rispondere al suo bacio, provocò in lui un roco gemito in risposta che le fece tremare il cuore. Poi tornò a passare delicatamente le dita tra i suoi capelli perennemente in disordine e lo sentì sospirare.

Le piaceva. Le piaceva sapere di essere in grado, nonostante la sua inesperienza, di farlo stare bene esattamente come lui era in grado di fare con lei.

Era talmente presa dal loro bacio che finì con il far scontrarsi contro di lui. Non sapeva baciare, era il suo primo vero bacio ed invece lei avrebbe voluto essere incredibilmente vissuta per lui, avrebbe voluto essere perfetta.

Si ritrasse, mortificata. Ma lui sorrideva, affettuosamente divertito.

-Dove scappi?- le domandò sommessamente, avvicinando nuovamente la bocca alla sua e prendendole una mano.

Un attimo dopo si stavano baciando di nuovo. Ed il mondo intero pareva vorticare intorno a loro. Una giostra di colori. L’aria intorno ai due Grifondoro era silenziosa, densa unicamente dei loro bassi gemiti e dei loro sospiri.

E per un po’ fu così.

Senza più badare al tempo o al freddo.

Fu dopo tempo indefinito che quelle bocche gonfie ed arrossate per i baci decisero di darsi tregua. Ad un tratto lui si ritrasse, continuando tuttavia ad accarezzarle una guancia e posando teneramente la fronte su quella di lei.

E lo disse. Il cuore in mano.

-Ti amo.-

Lily potè chiaramente distinguere una miriade di sensazioni inondarle il petto, schiacciarla, mozzarle il respiro e miele caldo che scorreva nelle vene. Spalancò gli occhi verdissimi, incontrando lo sguardo di lui che la guardava con amore.

Quel sentimento era suo, lui glielo aveva donato, glielo affidava. Come le stava affidando il suo cuore, la sua anima, la sua vita.

Era suo. Completamente suo.

-Ti amo da morire.-

Ancora calore, ancora un vortice di emozioni a scuoterla.

Le girava la testa. Voleva baciarlo, voleva abbracciarlo, voleva stringergli la mano e voleva piangere, piangere di gioia. Desiderava rispondere a quelle parole, fargli capire come era in grado di farla sentire, quanto fosse importante per lei.

-James…-

-Non importa che tu mi risponda. Volevo semplicemente dirtelo.-

-Ma voglio dirtelo anche io.-

-Me lo dirai.-

Il tono di voce di lui era dolce, la accarezzava come le sue mani. E dai suoi occhi scuri Lily capì che James non voleva che lei avesse fretta. Preferiva aspettare, piuttosto che sentirle dire un “ti amo” non ancora pienamente consapevole e maturo.

E allora lei sorrise, guardandolo con affetto. –Te lo dirò.-

-Promesso?- chiese lui con un sorriso furbo.

-Promesso.-

Lui fu il primo ad alzarsi, porgendole subito una mano per aiutarla. Lei la afferrò forte e continuò a stringerla anche quando fu in piedi ed insieme si avviarono per tornare al castello. Si erano salvati a vicenda.

James l’aveva cambiata, le aveva dato una vita vera, e lei lo aveva accettato, aveva deciso di stare al suo fianco nonostante tutto.

Nella radura il freddo era pungente, la colpì come una frustata. Lui insistette per darle anche il suo mantello, ma lei rifiutò categoricamente, non volendo che il ragazzo rimasse unicamente con l’uniforme. Ci fu un bisticcio acceso e alla fine Lily si trovò avvolta anche nel mantello di James, che sorrideva trionfante per la vittoria.

-Sei pazzo! Ti prenderai un malanno!- lo brontolò lei.

-Non mi ammalo tanto facilmente.- le rispose lui, tornando a prenderle la mano.

E continuarono insieme, talvolta incespicando nella neve alta, ridendo tra di loro, incontrandosi di tanto in tanto per un breve bacio.

Nessuno dei due lo notò.

Dal cielo, i fiocchi di neve avevano cessato di cadere.

 

 

 

 

 

Let me love you true, let me rescue you.
Let me bring you to where two roads meet.

 

[ Lascia che ti ami davvero, lascia che ti salvi.

Lascia che ti porti dove due strade si incontrano. ]

 

U2, The Ground Beneath Her Feet.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

Comunicazione di servizio, l’autrice della fanfic, Lady Tsepesh, è deceduta durante la scrittura di questo capitolo infinito. Si prega di osservare un minuto di silenzio per lei.

ù_ù

Ok, smetto di fare la scema! XD

Che dire? Sono stanca, stremata, sfinita. Ed immagino che lo siate anche voi, se siete arrivati fino a qui. Mi scuso per la lunghezza del capitolo ma, ripeto, se lo avessi diviso forse avrei fatto peggio. Doveva accadere tutto questo e non ho potuto fare altro che scriverlo. Detto questo, beh, spero vivamente che il cap vi sia piaciuto. Ce l’ho davvero messa tutta per accontentarvi, per darvi il meglio.

Vi prego di rileggere il capitolo più di una volta, prima di fare domande o altro. È molto lungo, stancante talvolta, perciò c’è il rischio che con una sola lettura non notiate tutto quello che c’è da notare. Questo è un consiglio che vi do. Scandagliatelo bene, perché in queste righe c’è veramente tanto, tantissimo.

Studiatevi personaggio per personaggio.

Ovviamente sono saltata di gioia per il trionfo di Lily e James, ma mi ha colpito molto anche il dialogo che c’è stato tra Ramoso e Felpato in bagno. E Julian.

Detto questo passo ai ringraziamenti e dopo mi ritiro in pausa di riflessione per il prossimo capitolo. Sono talmente sfinita che non riesco neanche a pensarci di scriverlo. Ho decisamente bisogno di qualche giorno di pausa. =_=

Ah, il ponte del bacio di Lily e James è quello che si vede nel film Harry Potter ed il Prigioniero di Azkaban, dove ci sono Harry e Lupin che parlano dei defunti Potter. ^-^

Poi ho accennato all’amicizia tra Severus e Lily, cosa che prima non avevo mai fatto. vi chiedo scusa, è un errore mio. Quando ho cominciato la fic ancora non era uscito il 7° libro e poi sono rimasta confusa sul da farsi. Se lo riterrò opportuno, modificherò qualche frase dei primi capitoli. Ancora, mi scuso.

 

 

Black_Witch: Sorella mia adorataaaaaaaaaaa!!!!! Allora? Ti piace il capitolo nuovo? Credo lo chiederò a tutti, sono super in ansia.

Del precedente ti dico solo… evvai, hai beccato il punto cruciale! Hai focalizzato l’attenzione su un particolare che rode parecchio. Ebbene sì, Stria ha ammazzato Jeremy. Perché? La risposta alla domanda arriverà tra un po’. Ce ne saranno altri di capitoli sul passato. Comunque vedo con piacere che il capitolo su Jeremy e Savannah è piaciuto, questo mi rallegra grandemente. E Sirius, beh, è Sirius. Grande sorella, capo del Sirius fun club! :D Un bacio!

Lovegio92: Giò, tranquilla, ti preoccupi sempre troppo per la recensione. Io sono già enormemente felice sapendo che il capitolo ti piace, quindi tutto ok. Purtroppo dovrai aspettare un po’ per leggere il capitolo 26, ovvero questo. Spero che ti piacerà, perché io ce l’ho davvero messa tutta e ancora mi sento esausta. Studiati bene Stria e cerca di arrivare alla soluzione. So che è un personaggio molto contorto, ma alla fine tutto si scoprirà. ^_-  Ci mancherai anche tu sul forum, spero che il 25 arrivi presto! Baci!

Rosy823: Ciao! Certo, ci saranno altri capitoli sul passato. Ce ne sarà un altro tra un po’ e spero di chiarire tutti i vostri dubbi. Grazie mille per i complimenti! Intanto beh, spero che il nuovo capitolo ti piaccia!

Cassandra: Grazie mille, cara! Esatto, James per metà è un Havisham ( con i poteri degli Havisham) e per metà è una Fenice Nera ( con i poteri della Fenice Nera), ecco perché è così potente e Silente ha cercato di tenere a bada il suo potere. ^^

Sono contenta che Savannah e Jeremy ti piacciano!

Doppiafaccia: Ciao Laura! Eh sì, anche io vorrei tanto un ragazzo come Jeremy. Tutte noi lo vorremmo. Ma dobbiamo essere fiduciose, dai! :D Grazie mille per i complimenti, davvero. Sono felice che il capitolo del passato ti sia piaciuto, ce ne saranno altri.

Spero tanto che anche il nuovo capitolo ti piaccia!

LilyProngs: Tesoro, grazie! Grazie davvero! E spero tantissimo che questo capitolo 26 ti piaccia, perché al tuo parere ci tengo davvero! Sono felice che Jeremy ti piaccia, me ne sono innamorata sai? Non credevo che sarebbe stato così, invece è venuto fuori con questo carattere e lo adoro! Amo le anime dannate quanto te! Savannah la vedo invece molto più simile a James, dolce, positiva, ma forte come una roccia.

Spero davvero di non deluderti mai, cara! Sono felice che la storia dei genitori di James ti piaccia! È stato un esperimento e non ha deluso, quindi sono soddisfatta!

Un bacione!

Quidditch: Ciao Fra! Grazie mille per i complimenti tesoro! Già, ho un po’ stravolto la mia idea dei genitori di Jamie, ma l’ho fatto in buona fede, perché mi piace inventare e perché serviva per rendere James quello che è. E sono felice che Savannah e Jeremy ti piacciano, davvero! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Poi c’è Stria. Vorrei tanto aiutarvi a capire, ma non posso svelare così le mie carte… Dovete aspettare, fare supposizioni. E poi anche questo mistero sarà svelato! Adesso avrai letto il nuovo capitolo che tanto aspettavate. Beh, mi auguro davvero che vi piaccia, perché io ho faticato molto per scriverlo. Un bacione, tesoro. Ci si becca sul forum.

Chiara88: Tesoro, grazie! Grazie davvero! Ma credimi, siete voi a viziarmi con tutti i vostri complimenti. E io spero sempre di continuare a riceverne, di essere sempre all’altezza delle vostre aspettative. Ci riuscirò? Sono contenta di sapere che Savannah e Jeremy ti piacciono. Tranquilla, in realtà non ho messo con chi dovesse sposarsi Savannah perché non era poi così fondamentale saperlo. Non era Tom. Doveva sposarsi con un nobile, forse un Black, chi lo sa. Niente di importante, davvero. E comunque poi non si è sposata! Ora passiamo al tuo dubbio: Savannah e il nuovo patto. In realtà è semplice da capire una volta afferrato il meccanismo.

Savannah voleva che il patto degli Havisham si annullasse per tutti gli Havisham per salvare James e tutti quelli che sarebbero venuti dopo James. Il suo sacrificio si è esteso a tutti. Anche a suo padre. Sapeva che avrebbe salvato anche quel pazzo di Edward? Sì, lo sapeva. E lo ha fatto. La verità è che lei non è mai stata capace di odiare. Scegliendo di non salvare anche Edward, si sarebbe sentita un’assassina. E lei non è così. Lo chiamerei un semplice atto della famosa “Stupidità dei Buoni”.

Mimmyna: Ciao carissima! Che bello! Il capitolo ti è piaciuto ed io sono felicissima! Ti ho pure emozionata, quindi sono soddisfatta del mio lavoro. Sono contenta che le descrizioni siano venute bene, le reputo molto importanti all’interno di una storia! Tranquilla, James non morirà a 50 anni, non dovrà cedere metà anima. La verità però la conosciamo, James morirà comunque, e molto prima. Però non andrà all’Inferno. E questo, dai, vale molto. Un bacio! ^^

Cicci92: Hey, ciao! Andata! Pure io mi darò alla poligamia maschile! Jeremy, James, Sirius e Julian. ù_ù  Guarda, non dovrei dirlo, ma Jeremy piace tanto pure a me. Sono entusiasta di come è venuto. Adoro i caratteri frizzanti e velenosi! Stria sta preoccupando tutti, pure me, spero che con il tempo tutto diventi più chiaro. E intanto, beh, avrai letto il nuovo capitolo mia cara, spero che ti piaccia!

Myki: Mia ritardataria adorata ( :D ) ti rispondo qui alla recensione del capitolo 24, ok? Ancora grazie mille per i complimenti, me ne fate troppi e poi finisce che mi monto la testa, cosa che non voglio assolutamente! Sono felice che la parte di James ti abbia fatto sorridere. In effetti hai ragione! Noi donne siamo esseri da interpretare! E io ne sono la prova vivente! XD Poi c’è il povero Sirius che deve adattarsi al bianco, perché Vick ci tiene alla sua virtù. Mi divertirò un mondo con il povero Felpato ed i suoi ormoni non più sfogati! Ihihihihih! Poi c’è il famoso dialogo tra maschi e tu hai scoperto un nuovo lato di me! Ebbene sì, so anche essere maliziosa. E certi discorsi che i ragazzi fanno tra loro spesso e volentieri mi fanno veramente ridere di gusto, perciò ho voluto provare a riprodurne uno! E Lovegood, beh, si è appena guadagnato odio a vita da parte di Jamie! XD Poi ci sono Lily e Hagrid. No, non ne avevo accennato prima. La verità è che vorrei davvero dire tante cose, ma lo vedi da sola, i capitoli sono sempre più lunghi e io mi vedo costretta a dover tagliare a volte. Però sì, Lily è molto legata ad Hagrid. Poi c’è Julian, che ti piace. E io ne sono lieta. Guarda, me ne sto innamorando pure io perché lui è così… così… strano! Dice una cosa e poi ne fa un’altra, a volte è un vero amico, altre se ne esce con frasi ghiaccianti. Mi sta facendo andare fuori di testa, spesso non riesco a prevedere le sue mosse neppure io, e lo adoro. Oh, lo adoro davvero tanto! Visto? Con Bella ci avevi azzeccato e io non ne dubitavo affatto! ^^ E ora Lily ha scoperto tutto. Avrai letto il capitolo, quindi adesso sai. Tesoro, ti considero un’amica anche io. Ed il capitolo, con tutta la sua importanza per la storia, te l’ho dedicato volentieri. Spero davvero che ti piaccia, perché temo il tuo giudizio più degli altri e lo sai! Un abbraccio forte!

Risposta alla recensione del capitolo 25 || Beh, per vendicarmi dei tuoi ritardi, ti saluterò con un allegro “Nunc est bibendum!” , non so se hai fatto l’Ode 1, 37 di Orazio! :P

Ok, prima che tu mi scagli addosso mannaie ed accette, mi sbrigo a rispondere a quest’altra tua recensione, così quando leggerai questo capitolo avrai tutto qui. ^^

Prima di tutto sono contenta che il mio modo di raccontare il passato ti piaccia, davvero. Mi rende soddisfatta. Già, Jeremy ha un che di simile a Julian, però rispetto ad Harris io lo trovo molto più acido e velenoso. Julian è più sul menefreghismo e l’ironico. Questo però è un parere mio. Poi c’è Savannah, guarda, a dire il vero non è che sono molto attaccata a lei. Sarà che a me i personaggi troppo candidi e buonisti non piacciono… Però una come lei era necessaria. Volevo che in casa Havisham, luogo dove domina il male, apparisse un creatura pura, così pura da essere l’unica a trovare la forza di sacrificarsi e mettere fine al Patto. E poi ero incuriosita dall’idea di far innamorare Male (Jeremy) e Bene (Savannah). Resta il fatto che la madre di James non è uno dei miei personaggi preferiti, anche se le sono comunque affezionata.

Poi arriva il tuo discorso filosofico su libertà e potere e, credimi, se avessimo del tempo, sarei capacissima di stare delle ore a parlare con te sull’argomento. Sappi che io e la filosofia andiamo a braccetto, mi inviteresti a nozze! XD Ti dico solo che il ragionamento nel capitolo è fatto dal punto di vista di due, se vogliamo chiamarli così, schiavi. Entrambi hanno potere, ma l’oppressione e la mancanza di libertà è così forte su di loro, che il potere passa in secondo piano. Ed ecco che la libertà, la fuga dalla prigione, diventa l’ambizione più grande. Ma questi sarebbero discorsi da fare a parole. Non so se così mi sono spiegata bene. ^^”

La seconda parte, Stria e Silente, era da trauma, non mi sorprende la tua reazione. Sì, ho messo in parallelo l’infanzia di James ed Harry. L’ho fatto quasi casualmente, credimi. Mi sono accorta solo dopo della somiglianza. E non mi è dispiaciuto. Mi hai chiesto dei poteri di James ed io ho paura di rispondere perché sicuramente mi ingarbuglierò. XD Come tutti gli Havisham, James è nato con i poteri del Patto, sommati però a una parte dei poteri di Jeremy, che sono quelli di cui dobbiamo preoccuparci di più. Bene. Jamie avrebbe dovuto cedere metà anima a metà della sua vita. Cosa è accaduto? Savannah ha ceduto tutta la sua anima, intera, in cambio di quella di James e di tutti gli Havisham in vita. Quindi si è salvato pure Edward. E anche i discendenti di James. Con una differenza. Harry nascerà con i poteri di un comune mago, privo di patti. James ormai è nato con quei poteri, come Edward, e se li tiene. Il prezzo di metà anima che avrebbe dovuto pagare lo ha ceduto Savannah. Oddio, non so se mi sono spiegata bene. Per qualsiasi cosa, e-mail tesoro. ^^

Finalmente poi qualcuno che si è soffermato sul fatto che Stria abbia ucciso Jeremy. Adesso ho un ghigno enorme! Vedrai, mia cara! Vedrai!

Silente. Sai, credo che mi abbia influenzato un po’ il Silente dei Doni della Morte, o meglio, l’idea che mi sono fatta di lui leggendo quel libro. Lo stavo appunto rileggendo quando ho scritto il capitolo, forse la malinconia ed il dolore per Ariana è venuto da lì. La verità è che io provo per Silente una sorta di amore/odio. A volte pendo da una parte, a volte da un’atra. In questo capitolo l’ho voluto stanco, fragile e, soprattutto, ignorante dei fatti. Sì, perché questa volta il caro preside ha bisogno di Stria per capire. Tutto questo per dire che quell’uomo, per quanto potente e saggio, non è onnipotente. Ma è anche chiaro che non si lascerà abbattere!

Ha una promessa da mantenere. E Tom Riddle pronto alla carica, oserei dire! XD

Felice che il finale sia stato di tuo gradimento. Anche io sono una grande romantica. La verità è che adoro fare la dura, un po’ alla Julian Harris, ma poi mi sciolgo con un nulla. E se mi lascio andare, riempio di zucchero i capitoli. Ma cosa posso farci? Adoro l’amore. E più è vero, consapevole e sincero, più mi piace. È stato un piacere descrivere i sentimenti sicuri di Savannah e quelli confusi e inespressi di Jeremy.

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Capitolo 27
*** White Clouds and Golden Sun ***


Vi invito a leggere sempre le note a fondo capitolo, contengono informazioni che avrei piacere voi sapeste. Può essere una buona idea anche leggere le mie risposte alle vostre recensioni, lì chiarisco dubbi, o almeno ci provo, e, a volte, mi scappa pure qualche spoiler. Fate come volete. ^^ Buona lettura, Lady Tsepesh.

 

 

 

CAPITOLO 27   “WHITE CLOUDS AND GOLDEN SUN”

 

 

I was born
I was born to be with you
In this space and time
After that and ever after I haven’t had a clue
Only to break rhyme
This foolishness can leave a heart black and blue

 

[ Sono nato
Sono nato per stare con te
In questo luogo e tempo
Dopo quello e per sempre da allora
Non ho mai avuto dubbi
Solo per spezzare rime
Questa sciocchezza può lasciare un cuore
Pieno di lividi ]

 

 

 

La prima volta che aveva visto James Potter lei era poco più di una bambina, una ragazzina di appena undici anni vissuta in un mondo dove la magia veniva negata con ogni forza e approdata in un universo sconosciuto dove invece tutto ciò che fino a quel momento le avevano detto non essere vero era reale.

Già a quel tempo loro due erano diversi, parevano abitare ai poli opposti del mondo.

Lei era una misera bambina con i capelli rossi ed il viso cosparso di lentiggini, silenziosa, curiosa, timida… insignificante.

A undici anni Lily Evans non era bella, assomigliava di più al Brutto Anatroccolo. Alcune sue compagne erano già graziosissime, lei al contrario stava nell’ombra. Goffa, imbranata e terribilmente insicura.

James Potter invece… beh, era già James Potter.

Mingherlino, ancora da formarsi, James era riuscito tuttavia a conquistarsi fin da subito l’ammirazione generale. Era un moccioso maledetto. Un terremoto giunto per scuotere la scuola di Hogwarts fin dalle fondamenta. Il terrore degli insegnanti.

Ma tutti lo cercavano, tutti lo volevano.

E lui amava stare al centro dell’attenzione, sembrava essere nato per quel ruolo.

I vestiti curati, mille lettere dalla famiglia, dolci e regali. Pareva esistere per farsi adorare, soprattutto dai suoi genitori.

Viziato all’inverosimile, se ne andava in giro per i corridoi petto in fuori e pancia in dentro, tronfio, arrogante e pieno di sé. Convinto che il mondo intero fosse stato creato con il solo scopo di venerare lui, un ragazzino undicenne.

Spesso la piccola Lily si era soffermata a guardarlo, indispettita, chiedendosi se, con tutto quel gonfiarsi, alla fine quell’antipatico sarebbe esploso, liberando la scuola dalla sua fastidiosa presenza.

A quel tempo lei aveva un amico, un grande amico, che la pensava nel suo stesso modo. Neppure a Severus Piton piaceva James Potter. Per niente.

C’era anche lui la prima volta che Lily aveva incontrato l’odiato Potter, là, in una cabina del treno che li conduceva ad Hogwarts per il primo anno.

Un incontro che lei non avrebbe mai dimenticato.

Ricordava lo sguardo eccitato di Severus, riusciva a sentire di nuovo l’euforia provata per quella nuova avventura. A Hogwarts, lontana da casa…

 

-Speriamo che tu sia una Serpeverde.- le aveva detto l’amico, guardandola speranzoso.

-Serpeverde?- aveva ripetuto un ragazzino smilzo, dall’aspetto curato, che sedeva nel loro stesso scompartimento. –Chi vuole diventare un Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola, e tu?- aveva chiesto ad un coetaneo mollemente abbandonato sul sedile di fronte al suo, che gli aveva sorriso. Sirius Black.

-Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde.- aveva risposto il bambino dagli occhi blu.

-Oh, cavolo.- aveva commentato James. –E dire che mi sembravi a posto!-

Sirius aveva ghignato.

-Forse io andrò contro la tradizione. Dove vorresti finire, se potessi scegliere?-

 

Lily, senza rendersene conto aveva puntato i suoi occhi verdi su quel ragazzino così borioso ed impertinente, prestando attenzione. Dove avrebbe voluto finire quel tronfio pallone gonfiato coi capelli così in disordine?

 

James aveva alzato una spada invisibile.

-“Grifondoro… culla dei coraggiosi di cuore!” Come mio padre.-

E Severus aveva fatto un verso sprezzante. James si era girato verso di lui.

-Qualcosa non va?-

-No.- aveva risposto Severus, ma il suo lieve ghigno aveva detto il contrario. –Se preferisci i muscoli al cervello…-

-E tu dove speri di finire, visto che non hai nessuno dei due?- era intervenuto Sirius.

James era scoppiato in una fragorosa risata.

E lei, Lily, si era raddrizzata nel suo sedile, nervosa, e aveva guardato prima James poi Sirius, disgustata.

-Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento.-

-Oooooooooh….-

James e Sirius avevano preso ad imitare la sua voce altezzosa; James aveva addirittura tentato di fare lo sgambetto a Severus.

-Ci si vede, Mocciosus!- aveva gridato uno dei due, quando la porta dello scompartimento si era chiusa.

 

 

Lei e Severus avevano attraversato l’intero treno, decidendo di andare a sedersi in uno scompartimento che si trovasse il più lontano possibile da quello dove stavano quei due idioti. Avevano borbottato per il resto del viaggio.

Piton aveva mantenuto un muso lungo in grado di scoraggiare chiunque ad avvicinarsi e lei era stata semplicemente inviperita fino all’arrivo. Che razza di tipi!

Assottigliando gli occhi verdi, la piccola Lily Evans aveva giurato a se stessa che mai, per nessuna ragione al mondo, avrebbe avuto a che fare con quel borioso ragazzino arrogante. E neppure con il suo compare dagli occhi blu.

 

***

 

Li aveva rivisti poco prima dello Smistamento, quando tutti quanti erano in attesa della professoressa McGranitt. Ricordava chiaramente la paura e l’ansia che aveva provato in quel momento, mentre stringeva forte la mano di Severus, silenzioso al suo fianco. Il terrore terribile di scoprire di non appartenere a nessuna Casa, di essere rimandata indietro. Di non essere abbastanza strega.

E poi aveva sentito delle fragorose risate. Allegre, divertite, spensierate.

La maggior parte dei maghetti undicenni si era disposta in cerchio e, al centro di questo, quei due dannati bambocci a dare spettacolo.

Fin da subito, James Potter aveva decisamente trovato il modo di attirare l’attenzione.

Lo aveva visto fare un buffo inchino, fingendo di agitare un immaginario cappello, e sorridere affascinante. –Io sono James Potter, qui per servirvi, gentili signori e gentili signorine.- aveva detto, suscitando l’ilarità generale.

Sirius, vicino a lui, aveva cercato di riprodurre un fedele saluto militare.

-E io sono Sirius Black, onorato di fare la vostra conoscenza.-

E ancora risate.

Lily aveva sbuffato, irritata. Severus invece, sempre tenendola per mano, aveva marciato verso di loro, trascinandola con sé. Si era fermato proprio davanti ai due, scrutandoli con aria severa. –Adesso basta, voi due!- aveva detto. –L’insegnante ci ha detto di stare qui buoni e zitti ad aspettare!-

James e Sirius, neanche a dirlo, erano scoppiati a ridere e a fargli il verso, provocando le risa di tutti. E lei, udendoli prendersi gioco del suo migliore amico, era esplosa.

Ma più aveva urlato, più loro avevano riso.

-Guarda James, Mocciosus ha pure la ragazza! Che fortunato!- aveva esclamato Sirius, con le lacrime agli occhi dal ridere, indicandola con il dito.

-Fortunato?- aveva ripetuto James, fingendo di sistemarsi meglio gli occhiali sul naso.

–Fortunato? Mio caro, forse ci vedo male io, ma tutto mi sembra fuorché fortunato! Quella lì è un’autentica racchia!- aveva esclamato.

E le risate avevano inondato l’intera Sala d’Ingresso.

Ferita e mortificata, Lily aveva abbassato lo sguardo, sentendo i propri occhi inumidirsi velocemente. Non avrebbe mai pianto davanti a James Potter, quell’odioso ragazzino sbruffone e cattivo. Non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione!

 

***

 

In Sala Grande la morsa allo stomaco si era ampliata. Aveva avuto paura, una paura tremenda. Mai in tutta la sua breve vita aveva assistito ad uno spettacolo simile.

Il soffitto dell’ampio salone era trasparente, mostrava il cielo notturno. Migliaia di candele galleggiavano in aria come per magia. Sinistre figure traslucide fluttuavano fra i quattro tavoli occupati dagli studenti. Fantasmi.

Come avrebbe potuto vivere in un posto simile?

Come si sarebbe abituata a quel mondo?

Queste erano le principali domande che si era fatta quella sera, il cuore in tumulto e gli occhi che saettavano di angolo in angolo, avidi di quel nuovo universo.

Severus, vicino a lei, aveva mostrato più contegno, anche se emozionato.

E poi Potter.

Quel Potter!

Poco distante da loro, l’Idiota non aveva fatto altro che blaterare ai quattro venti di essere già stato ad Hogwarts e di conoscere di persona il preside Silente.

-Non è che il soffitto non c’è, è incantato in modo da mostrare il cielo. È un incantesimo molto potente, sapete?- aveva detto James con fare saccente.

E Lily non aveva potuto fare a meno di invidiarlo. Invidiare la sua sicurezza e la sua conoscenza, cose che lei non aveva.

Lo avrebbe superato, aveva deciso. Sarebbe arrivata ben più in alto di James Potter. Studiare molto non era mai stato un problema per lei.

 

***

 

 

Poi il Cappello Parlante era stato posato sul suo capo e tutte le sue paure si erano dissolte. Pochi istanti prima che l’oggetto di logora pezza le oscurasse la vista, Lily aveva incrociato per caso lo sguardo di James.

Gli occhi scuri di quel bimbo antipatico erano fissi su di lei, attentissimi.

Lei si era sentita arrossire, ma poco dopo si era fatto tutto buio e finalmente aveva avuto le sue risposte.

-Però, non male! Veramente niente male!- aveva sentito dire ad una vocina. –Qui dentro c’è intelligenza, veramente tanta, e grande desiderio di imparare! Saresti una Corvonero eccezionale, mia cara.- e lei si era sentita travolgere dalla contentezza. Qualsiasi Casa le sarebbe andata bene, le bastava rimanere lì, in quel mondo.

-Sei timida, molto. E hai paura.- aveva continuato il cappello. –Eppure, dentro questo corpo fragile, batte il cuore di un leone. Devi soltanto trovare la forza di esternarlo ed io ho piena fiducia nel tuo successo. Dunque…. GRIFONDORO!-

C’erano stati gli applausi dei suoi compagni di Casa e dei professori. Lei si era alzata dallo sgabello, riconsegnando il Cappello Parlante alla McGranitt ed era corsa al tavolo dei Rosso-Oro. Sirius Black, che pochi attimi prima aveva stupito l’intera Sala Grande, era già seduto tra i Grifoni, fiero di aver spezzato una vecchia tradizione di famiglia, e quando lei si era avvicinata l’aveva scrutata con sguardo indecifrabile. E Lily si era limitata a riservagli un’occhiataccia, per poi correre a stringere la mano a tutti.

In quel momento aveva incrociato lo sguardo deluso di Severus e si era improvvisamente sentita colpevole. Lui aveva sempre sperato che lei andasse a Serpeverde ed invece non era stato così. Era un’avventura la loro. Un’avventura che si erano promessi di vivere insieme. Invece erano stati divisi fin dalla partenza.

Scusami, Sev.

Severus, come le aveva sempre detto, era finto a Serpeverde. L’occhiata triste che le aveva rivolto l’aveva fatta sentire ancora peggio.

Poco dopo era stato il turno di Potter.

Grifondoro.

La piccola Lily non era riuscita a trattenere un gemito disperato, scuotendo la testa rossa e portandosi le mani al viso.

Si sarebbe portata dietro quel rompiscatole per ben sette lunghi anni.

Un incubo!

 

***

 

-Dici che si può cambiare Casa, una volta che il cappello ha scelto?-

Quella domanda di Severus l’aveva colta alla sprovvista. Lei aveva sollevato lo sguardo dal suo libro di Trasfigurazione per principianti e lo aveva guardato.

-Non credo.- aveva risposto. –Come mai me lo chiedi?-

-Non ti piacerebbe passare a Serpeverde?-

Se lo era aspettato, naturalmente. E, quel giorno, non aveva avuto idea di cosa rispondere. Si era perciò stretta nelle spalle. –Grifondoro mi piace.- aveva detto.

Piton si era subito irrigidito. –Ma c’è Potter! E io non potrò proteggerti da lui!-

Lily lo aveva guardato con affetto ed aveva sorriso. –Non preoccuparti, so cavarmela.-

-Ti riempirà di dispetti!-

Lo aveva fatto. Oh, sì. James Potter lo aveva fatto.

Fin dal primo giorno non le aveva dato tregua.

Sedersi vicino a lei durante la lezione, giusto per scarabocchiarle sulla pergamena o fregarle le piume nuove; posizionarsi alle sue spalle, a Pozioni, solo per il gusto di lanciarle contro uova di rana oppure occhi di coleottero che richiedevano ore per essere rimossi, se si incastravano nei capelli. E poi cibo che spariva dal suo piatto, succo di zucca che diventava amarissimo, borse che misteriosamente si rompevano… e quella risata. C’era sempre stata quella risata.

La risata allegra, briosa e strafottente di James.

 

***

 

Il secondo anno era andato anche peggio. Oltre a dover sopportare gli sguardi disgustati di coloro che la reputavano una Mezzosangue e la freddezza della propria famiglia, Lily Evans aveva anche dovuto far fronte ai continui attacchi di quel demone di James Potter, più tronfio che mai.

L’essere stato scelto come Cercatore di Grifondoro alla sola età di dodici anni gli aveva chiaramente dato alla testa. Potter aveva preso ad aggirarsi per i corridoi della scuola ostentando un portamento da vero padrone, sempre seguito a ruota dalla sua corte di bimbette starnazzanti e dai suoi migliori amici o servi, così li aveva reputati Lily, che rispondevano al nome di Black, Lupin e Minus.

-Evans, dimmi la verità, vorresti un mio autografo, vero?-

-Un tuo cosa? Senti Potter, sparisci ok?-

-Oh, poco male. Tanto non ti avrei mai concesso una mia firma così per pura generosità, senza ricevere nulla in cambio.-

-Perfetto. Allora levati di torno.-

-Mmm… direi che cinque galeoni potrebbero andare…-

-Cosa? Cinque galeoni? Tu sei suonato! E comunque non lo voglio il tuo autografo!-

-Ok, ok. Che ne diresti di ripagarmi con una passeggiata intorno al lago?-

-Scordatelo.-

-E perché?-

-Perché ti odio.-

-Ma io sono James Potter! Tu non puoi odiarmi! Dovresti adorarmi !-

Non aveva fatto in tempo a rispondergli con qualche frasetta tagliente, che la risata fredda e sarcastica di Severus l’aveva interrotta.

-Adorarti?! Beviti una doppia dose di Pozione Aguzza Ingegno, Potter!-

James si era subito irrigidito e l’occhiataccia che aveva rivolto a Piton era stata tutt’altro che amichevole. –Fuori dai boccini, Mocciosus! Stavamo parlando io ed Evans, chiaro? Sparite dalla mia vista, tu ed il tuo lungo naso unto!-

-Sei solo un bamboccio stupido, Potter!-

Ed era stata guerra. Vinta da James, come ogni volta.

Lily aveva visto un lampo di luce viola e Severus Piton si era ritrovato appeso per uno dei bei candelabri della Sala d’Ingresso. Ovviamente, lei era andata su tutte le furie.

-Potter…- aveva ringhiato.

E da quel momento erano volati incantesimi, lo ricordava bene.

Avevano duellato in quella grande sala con i pochi incanti che conoscevano.

Lei si era ritrovata con i capelli tinti di rosa, lui era finito a gambe all’aria grazie ad un’ottima fattura Gambemolli della rossa.

-POTTER! EVANS! Cosa state facendo, per Merlino? I duelli sono vietati!-

La professoressa McGranitt li aveva colti sul fatto.

-Per tutti i folletti… COSA CI FA PITON APPESO AL LAMPADARIO?!-

Ed erano stati puntiti.

 

***

 

Ma se aveva pensato che il primo ed il secondo anno fossero stati infernali dal punto di vista Potter, Lily Evans si era sbagliata di grosso. Eh sì, perché il vero tormento era cominciato al suo terzo anno di scuola, quando James, chissà come e chissà perché, aveva deciso che lei, proprio lei, dovesse diventare la sua ragazza.

Aveva cominciato a starle addosso come un segugio, urlandole di uscire con lui a destra a manca, a lezione, per i corridoi, in Sala Grande, in Sala Comune.

La tentazione di schiantarlo era stata talmente forte che a volte lei si era costretta a stringere a pugno le mani per evitare di prendere la bacchetta.

E poi c’era Severus, che ogni volta andava su tutte le furie, che ogni volta attaccava Potter e che, ogni volta, finiva in infermeria.

-Dai, Evans! Ma perché non esci con me?-

-Ti odio. Punto e basta. E lasciami in pace che devo studiare.-

-Ma come fai a resistermi, Merlino Santo! Cioè, guardami! Sono il migliore sulla piazza, non lo vedi?-

-Wow, sei pure modesto…-

-La verità è che ormai ti sei impuntata! Insomma, nessuna ragazza si rifiuterebbe di uscire con un giovane bello, intelligente, brillante e superbo giocatore di Quidditch come me!-

-Dimentichi una cosa, Potter.-

-Cosa?-

-Sbruffone. Irritante. Pallone gonfiato. Narcisista. Prepotente.-

-Avevi detto una cosa.-

-Me ne sono venute in mente altre.-

-Daaaaiiii Evans! Non tirartela!-

-Sparisci! E lasciami studiare! Anzi, chiudi quella boccaccia, non vedi che siamo in Biblioteca? Finirai in punizione.-

-Naaa, madama Pince mi adora!-

-Se lo dici tu…-

-Ti preoccupi per me?-

-No.-

-Mi vuoi bene?-

-No.-

-Neppure un pochino?-

-No.-

-Neanche un pochino ino ino ino?-

-Potter…-

-Evans?-

-Sparisci.-

E si era alzata, con l’intento di seminarlo. Impresa inutile.

-Uffa, Evans. Te lo sto chiedendo con tutti i riguardi, esci con me.-

Aveva sospirato, esasperata. –No. Non mi piaci. Quindi non vedo perché dovrei venire ad Hogsmeade con te. Preferisco di gran lunga restarmene in camera mia a leggere un buon libro.-

-Che pluffeeeee….-

-Io, al contrario di te, impiego bene il mio tempo.-

Lui aveva sbuffato.

-Evans, davvero. Sei un’ossessione per me! Non faccio che pensarti!-

Era stato il turno di lei di sbuffare. –Se io fossi davvero così importante per te, non ti avrei visto l’altra sera sbaciucchiarti Penelope Wood in Sala Comune. Eravate talmente appiccicati che non si riusciva a distinguere la tua bocca dalla sua, disgustoso.- aveva detto, rabbrividendo dallo schifo. Lei ai baci ancora non ci pensava a quel tempo.

James aveva accusato il colpo ed aveva sorriso, con la sua solita faccia tosta.

O da schiaffi.

-Beh, che male c’è? Cerco di imparare il più possibile per quando dovrò baciare te, no? Sono sicuro che ti piacerà la mia esperienza!- aveva trillato, giulivo.

-Tu… brutto….-

Quello era stato il primo schiaffo che gli aveva regalato. Il primo di una lunga serie.

 

***

Il loro quarto anno Lily aveva sul serio preso in considerazione l’idea di finire ad Azkaban per l’uso di un incantesimo proibito su un compagno di scuola che meritava soltanto di crepare brutalmente con un’Avada Kedavra.

Si sarebbe tolta il pensiero e festa finita. Non vedeva altre soluzioni.

Ricordava bene la rabbia che aveva provato quando James, improvvisamente, le appariva davanti con il suo bel sorriso e la sua faccia di bronzo.

Lo avrebbe voluto strozzare.

Quella cosa tra di loro era diventata una snervante routine e lei non ne poteva più.

Lui le chiedeva di uscire, lei rifiutava.

Lui le chiedeva di fare una passeggiata intorno al lago, lei rifiutava.

Lui le chiedeva di cenare insieme giù alle cucine, lei rifiutava.

Lui le chiedeva di diventare la sua ragazza, lei, ovviamente, rifiutava.

-E’ insopportabile, dico sul serio! Non lo reggo più.-

Aveva cominciato a sfogarsi con Severus, l’unico amico che aveva. Del resto, entrambi erano soli. Lui non aveva legato con nessun Serpeverde e lei aveva contro quasi tutta la scuola per il suo essere così Mezzosangue, cupa e chiusa.

-Schiantalo.- le aveva risposto Piton. –Oppure avvelenalo e chiudi la storia.-

-Avvelenarlo? Severus, adesso sei troppo drastico!-

-E perché? Nessuno penserà che sei stata tu. In teoria gli studenti del quarto anno non dovrebbero saper preparare veleni. Io e te siamo un’eccezione.-

Io e te.

Lei e Severus.

Aveva voluto bene a quel ragazzo, un tempo si era davvero sentita legata a lui.

Lui che c’era sempre per lei, lui che era una spalla su cui piangere, lui che non la abbandonava mai, lui che strappava per lei le lettere vuote e fredde dei suoi genitori, quando Lily, ferita ed in lacrime, non era in grado di farlo.

Lui l’aveva protetta dai dispetti di Potter, lui si era spesso messo contro i Serpeverde per difenderla, lui le aveva permesso di prenderlo per mano…

Severus Piton, il suo punto di riferimento.

L’unica cosa stabile nella sua vita confusa.

Severus, così diverso da James.

L’esuberanza e la vivacità spropositate di Potter un tempo l’avevano spaventata.

La pacatezza e la tranquillità ferme di Piton l’avevano fatta sentire al sicuro.

Quei due erano sempre stati diversi come il giorno e la notte.

E lei per tanto tempo era vissuta con schemi precisi ed immutabili.

Severus, il ragazzo buono; James, il ragazzo cattivo.

Severus, che si sedeva vicino a lei in biblioteca, che la sorvegliava da lontano, che si congratulava con lei dei suoi successi; James, che le urlava “Acidaaaaa!” per i corridoi, che la infastidiva di continuo, che le diceva di pensarla sempre ma ogni giorno era con una ragazza diversa. James, l’odiato Potter, che parlava di ragazze come se queste fossero state figurine da scambiare con il suo amico Sirius Black.

 

***

 

Poi, al suo quinto anno, tutti i suoi precisi schemi erano crollati miseramente, lasciandola sola e disperata. Illusa Lily, illusa.

Un pomeriggio, un pomeriggio dopo i G.U.F.O.

Aveva visto Potter e compari infastidire Severus, come al solito. Intervenire era stato naturale per lei, era stato scontato, ovvio.

 

-Come è andato l’esame, Mocciosus?- stava chiedendo James.

-Lo tenevo d’occhio, aveva il naso incollato alla pergamena.- aveva ghignato Sirius.

-Con tutto l’unto che ci avrà lasciato, non riusciranno a leggere una parola.-

La gente intorno a loro aveva riso. Nessuno si era mosso per fermare quella prepotenza. Lei e Piton erano sempre stati i più detestati.

Aveva visto Severus tentare di alzarsi, ma l’incantesimo su di lui era ancora attivo, non poteva mettersi in piedi, era impossibile.

-Aspetta…tu.- aveva ansimato il Serpeverde, alzando su James uno sguardo carico d’odio –aspetta… e vedrai!-

-Aspettare cosa?- aveva chiesto gelido Sirius. –Che cosa farai, Mocciosus, ci userai per soffiarti il naso?-

Piton aveva mormorato qualcosa che Lily, ancora lontana, non era riuscita a sentire.

-Faresti meglio a lavarti la bocca.- aveva commentato freddo James. –Gratta e netta!-

Era stato orribile e lei aveva preso a correre.

Schiuma rosa usciva dalla bocca di Severus, che non poteva fare altro che sputare, rischiando di soffocare.

-Lasciatelo STARE!- aveva gridato, arrivando da loro.

Era stata semplicemente furiosa.

James e Sirius si erano voltati di scatto. La mano libera di James era subito salita ad arruffargli i capelli. Lily aveva trattenuto una smorfia stizzita per quel gesto idiota come chi lo aveva compiuto.

-Tutto bene, Evans?- aveva detto Potter con una voce che di colpo si era fatta più seria e composta.

Idiota. Stupido ragazzino borioso ed arrogante.

-Lascialo stare.- aveva ripetuto Lily, fissandolo disgustata. –Che cosa ti ha fatto?-

-Beh…- aveva risposto James, fingendo di ponderare la questione, -è più per il fatto che esiste, non so se mi spiego…-

Maledetto.

Maledetto stronzo, insensibile, crudele…

Lei aveva stretto i denti, provando una rabbia accecante.

La gente intorno a loro aveva riso delle parole di Potter, lei invece aveva soltanto desiderato di trovare un modo per fargli più male possibile.

-Ti credi divertente, Potter.- aveva detto gelida. –Ma sei solo un bullo arrogante e prepotente. Lascialo stare.-

-Solo se esci con me, Evans.- aveva replicato rapido James. –Esci con me, e non alzerò mai più la bacchetta su Mocciosus.-

Rieccoci, aveva pensato lei.

Povero stupido, non avrebbe mai accettato di uscire con lui normalmente, figurarsi per ricatto. Poteva decisamente scordarselo.

E poi… uscire con lui? Ma non aveva la ragazza quello stupido?

Intenta a discutere con Potter, Lily non si era accorta che l’incantesimo di Ostacolo che aveva colpito Severus stava svanendo e che il suo amico, continuando a sputare sapone, aveva preso a strisciare verso la sua bacchetta.

-Non accetterei nemmeno se dovessi scegliere fra te e una piovra gigante.- aveva replicato lei, guardando James con disgusto.

-Ti è andata male, Ramoso.- aveva detto Sirius spiccio, per poi voltarsi verso Piton. -EHI!-

Era stato troppo tardi.

Piton aveva già puntato la bacchetta verso James e Lily, senza capirne il motivo, aveva provato un moto di paura e preoccupazione per il Grifondoro.

C’era stato un lampo di luce e su una guancia di James era comparso un taglio che gli aveva schizzato la veste di sangue. James aveva ruotato su stesso, era partito un secondo lampo di luce e un attimo dopo Piton si era ritrovato a penzolare per aria all’ingiù. E Lily si era trovata a contemplare la scena in preda alla confusione.

Rabbia verso Severus, che aveva usato un incantesimo crudele. I dispetti di Potter potevano decisamente essere di cattivo gusto, ma non avevano mai ferito, mai fatto del male veramente. Severus, invece…

Aveva poi sentito l’ilarità della situazione, Piton che penzolava in aria.

E poi di nuovo rabbia. Rabbia per James e le sue trovate idiote.

Dalla folla intorno a loro si era levato un applauso, tutto per Potter il Magnifico;

Sirius, lo stesso James e Peter Minus si erano rotolati dalle risate.

Anche lei aveva quasi sorriso. Ma era stata poi subito rabbia.

-Mettilo giù!- aveva gridato.

-Ai tuoi ordini.-

James aveva fatto scattare la bacchetta all’insù, e Piton si era afflosciato a terra. Districandosi nella veste, si era alzato rapido, la bacchetta pronta, ma Sirius aveva gridato. –Pietrificus Totalus!- e Severus era caduto a terra di nuovo, rigido come un palo.

-LASCIATELO STARE!- aveva urlato Lily, ed aveva estratto a sua volta la bacchetta.

James e Sirius l’avevano fissata preoccupati.

-Dai, Evans, non costringermi a farti un incantesimo.- le aveva detto ansioso James.

Brutto vanesio pallone gonfiato!

Che ci provasse! Che ci provasse a farle un incantesimo, avrebbe trovato pane per i suoi denti!, questo aveva pensato lei, furente.

-Allora liberalo!-

E James aveva sospirato, si era voltato verso Piton ed aveva mormorato un controincantesimo.

-Ecco fatto.- le aveva detto, mentre Severus si rialzava a fatica. –Ti è andata bene che ci fosse Evans, Mocciosus…-

E poi, la catastrofe. Quelle parole le avevano spezzato il cuore. Avevano distrutto quel piccolo mondo che si era creata.

-Non mi serve l’aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!-

Lily era trasalita. Solo trasalita.

Ma dentro di lei si era scatenato l’Inferno.

Non aveva potuto crederci. No, non Severus. Non Severus. Non il suo migliore amico.

Quelle parole dette con freddezza l’avevano colpita in pieno petto.

Doveva aspettarselo, si era detta. Lui aveva cominciato a cambiare negli ultimi tempi. Lui aveva preso a frequentare di più i Serpeverde, Lucius Malfoy, e ad ignorare lei.

Avrebbe dovuto aspettarselo, ma aveva fatto comunque male.

Aveva cercato di darsi un contegno. In quel momento ferirlo a sua volta era stato tutto ciò che aveva desiderato. Finita, per lei la loro amicizia era finita.

-Molto bene.- aveva replicato freddamente. –Vuol dire che in futuro non mi prenderò più la briga di aiutarti, Mocciosus.-

Lo aveva chiamato come erano soliti fare Potter e compagnia, e non era stato un caso.

Aveva davvero voluto umiliarlo, come lui aveva fatto con lei.

Aveva veramente desiderato fargli capire che la loro amicizia era finita lì.

-Chiedi scusa ad Evans!- aveva ruggito James, puntando la bacchetta contro Piton.

Lily si era quasi dimenticata della presenza di Potter, tanto era accecata dalla rabbia e dal dolore. All’improvviso si era trovata spaesata.

In genere era sempre stato Severus a proteggerla da James.

In quel momento era James a difenderla da Severus. Non era mai accaduto.

-Non voglio che mi chieda scusa perché l’hai costretto tu!- aveva urlato. –Siete uguali, voi due.-

No, non lo erano invece. Non lo erano mai stati, ma lei era stata troppo presa dalla rabbia per pensare a ciò che diceva.

-Che cosa?- aveva protestato James. –Io non ti avrei MAI chiamato una… tu-sai-come!-

Aveva ragione. James non lo aveva mai fatto. Mai.

Ma lei non aveva potuto fare a meno di colpire anche lui, di fargli del male.

-Sempre a spettinarti i capelli perché ti sembra affascinante avere l’aria di uno che è appena sceso dalla scopa, sempre a esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo perché sei capace… sei così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra! Mi dai la NAUSEA!-

Si era voltata ed era corsa via.

Da James. Da Severus.

Aveva sentito Potter chiamarla, ma non si era voltata.

 

Da quel giorno, per lei, era cominciata la sua totale oscurità.

Si era ritrovata completamente sola, esclusa. Il suo stato di Mezzosangue allontanava coloro che la reputavano troppo sporca per studiare con loro. La sua freddezza, il suo essere cupa e tetra, allontanavano tutto il resto dei suoi compagni.

Persino Potter, dopo quell’episodio, aveva preso ad evitarla. Probabilmente sentirle dire di essere uguale a Severus, che non aveva avuto rispetto per lei, lo aveva davvero offeso.

Lily ricordava quegli ultimi giorni prima della fine del quinto anno.

James Potter si era sempre più incollato a Judi Bell, la sua ragazza a quel tempo, ignorando lei come non aveva mai fatto prima.

E Lily si era sentita come abbandonata. Potter non l’aveva mai lasciata perdere. Le era sempre stato addosso, intorno, senza darle pace. Quel distacco l’aveva colpita in un modo che non avrebbe mai creduto possibile.

Lo vedeva incollato alla Bell, la teneva per mano, la baciava, le parlava all’orecchio e lei… lei si era trovata a desiderare di schiantare quell’oca della sua compagna di stanza e prendere a schiaffi Potter.

Poi c’era stata quella notte.

La notte che aveva preceduto il loro ritorno a casa.

Severus era andato da lei.

 

-Mi dispiace.-

-Non mi interessa.-

-Mi dispiace!-

-Risparmia il fiato.-

Aveva provato freddo, ma non era sicura che fosse perché aveva addosso solo una leggera vestaglia sulla camicia da notte estiva. Era stato il suo cuore ad avere freddo.

A braccia incrociate aveva affrontato Severus, il suo amico da una vita, con una freddezza che non aveva mai immaginato di avere, lì, immobile, di fronte alla torre di Grifondoro, la Casa che Piton odiava più di tutte, lei lo sapeva.

-Sono uscita solo perché Mary mi ha detto che minacciavi di dormire qui.-

Già, Mary White, un anno più grande di lei. Una delle poche conoscenze che aveva.

-L’avrei fatto. Non volevo chiamarti schifosa Mezzosangue, mi è…-

-… scappato?- lo aveva aiutato lei, senza pietà. –Troppo tardi. Ti ho giustificato per anni. Nessuno dei miei amici riesce a capire come mai ti rivolgo la parola. Tu e i tuoi cari Mangiamorte…vedi, non lo neghi nemmeno! Non neghi nemmeno quello che volete diventare! Non vedi l’ora di unirti a Tu-Sai-Chi, vero?-

Lo aveva stupito e questo l’aveva soddisfatta, le aveva dato un piacere cattivo.

Davvero lui aveva creduto che lei non sapesse?

Lei che era la prima ad immergersi nella lettura della Gazzetta del Profeta.

Davvero lui aveva pensato di nasconderle i suoi veri ideali? Chi, meglio di lei, la sua migliore amica, colei che lo conosceva meglio di tutti, poteva capirlo?

Se ne era accorta. Lo aveva visto cambiare negli anni, ma per tanto tempo aveva chiuso gli occhi e scosso il capo. Lui era l’unico vero amico che aveva e perderlo era sempre stato inconcepibile per lei.

Aveva deciso di buttare le carte in tavola. E spiazzarlo.

Fargli capire che sapeva. Aveva sempre saputo.

Gli aveva addirittura parlato di amici.

Amici. Quali amici?

Compagni di Casa, magari.

Ma quella notte aveva desiderato ferirlo, fargli pensare che lui non era poi così indispensabile, che lei aveva altri amici ad attenderla.

Lui aveva aperto la bocca, ma l’aveva richiusa subito senza aver parlato.

-Non posso più fingere. Tu hai scelto la tua strada, io la mia.-

E quella constatazione aveva fatto male. Molto male.

Un addio. Netto e crudo.

-No… senti, io non volevo…-

-… chiamarmi schifosa Mezzosangue? Ma chiami così tutti quelli come me, Severus. Perché io dovrei essere diversa?-

Lo aveva visto sul punto di ribattere ed allora aveva deciso in fretta. Basta.

Con uno sguardo sprezzante si era voltata ed aveva varcato il buco del ritratto.

Addio.

Addio Severus.

 

La sala Comune di Grifondoro era deserta e Lily era scoppiata a piangere.

L’amicizia più importante della sua vita era finita e lei, inizialmente, non aveva avuto la forza di capacitarsene. Faceva troppo male.

Aveva sempre saputo che sarebbe successo. Lo aveva saputo dal giorno in cui aveva visto Severus parlare con i suoi compagni di Serpeverde.

Che razza di amica era stata?

Non era riuscita neppure a tenersi stretta l’unico vero amico che aveva.

Lo aveva perso. Lui sarebbe diventato un mostro come quei pazzi di cui lei leggeva nel giornale. E non aveva potuto impedirlo.

E poi, ad un tratto, era arrivato Lui.

Lui, che non le aveva mai dato tregua. Lui, che non l’aveva mai abbandonata. James.

James, che le aveva preso dolcemente il volto tra le mani e l’aveva spinta a guardarlo, asciugandole le lacrime con le dita. Lily non aveva mai dimenticato l’aria preoccupata e dolce di lui, mentre la guardava.

-Evans.- l’aveva chiamata. –Evans, perché piangi?-

-S-Severus…- era riuscita a balbettare, preda delle lacrime.

-Piton?- aveva ripetuto lui, scurendosi in volto. –Che cosa ti ha fatto Mocciosus?!-

Lo aveva visto estrarre la bacchetta da una tasca del pigiama e avviarsi spedito verso il ritratto. Aveva dovuto afferrarlo per un braccio e pregarlo di fermarsi, per farlo desistere dall’idea di uscire per i corridoi del castello e punire Severus.

Non aveva saputo come, ma si era ritrovata seduta su una delle comode poltrone della sala del Grifondoro. James era rimasto con lei, l’aveva ascoltata piangere senza fiatare, accarezzandole i capelli con fare protettivo ed incredibilmente dolce. Poi aveva lasciato che lei gli raccontasse tutto, senza intervenire con qualche battutina acida su Piton. Aveva rispettato il suo dolore.

Alla fine era stata lei ad allontanarlo, dicendogli di starle lontano e pensare a Judi, la sua affascinante ragazza. E lo aveva visto sorridere.

-La mia ragazza?- le aveva detto con delicatezza. –Quando tu mi sei davanti, dimentico anche il suo nome, Evans.-

Lily aveva avvertito una dolce morsa al petto, diversa da quella che aveva provato quando Severus le aveva dato della Mezzosangue. Era una morsa piacevole, calda.

Ma non aveva voluto darle l’attenzione che meritava e l’aveva scacciata in fretta.

-Sei proprio uno stupido, Potter.- aveva replicato freddamente, prima di alzarsi e andarsene. –Judi mi fa pena.-

Non lo aveva ringraziato. Non gli aveva detto nulla di gentile.

Lo aveva allontanato, ancora. Ed in modo crudele.

Forse, a quel tempo, era stata troppo spaventata da lui, da ciò che James riusciva a farle provare, per permettergli di avvicinarsi. Scappare le era apparso più semplice.

 

***

 

Il sesto anno era stato identico agli altri. Anzi, se doveva essere sincera, era stato il più cupo ed il più solitario di tutti. L’aveva definitivamente privata delle sue forze.

Severus non c’era più. Potter era lontano e così doveva restare.

E lei non era propriamente piena di amici. Si era così abituata alla sua solitudine che era diventato normale per lei restare da sola e non cercare la compagnia.

Pian piano, aveva cominciato a cadere, sempre più giù. Nessuno l’avrebbe salvata.

Nessuno si sarebbe curato di lei.

Quanto si era sbagliata…

Al settimo anno, tutto il suo mondo era cambiato.

Sole, finalmente Sole!

E luce. Luce ovunque.

 

 

Only love,

only love can leave

 such a mark

But only love,

only love can heal

 such a scar

[ Solo l’amore
Solo l’amore può lasciare
Un segno così forte
Ma solo l’amore
Solo l’amore può guarire
Una cicatrice così grande ]

 

 

In quel momento, proprio in quel momento, quel ragazzino viziato e arrogante, quel terremoto irrispettoso, quell’irritante bambino pieno di sé, si trovava vicino a lei, tenendola per mano, le dita perfettamente intrecciate alle sue.

Quel moccioso antipatico e prepotente era diventato il ragazzo meraviglioso che l’aveva fatta riemergere dal mondo cupo in cui lei si era lasciata cadere senza lottare. Adesso era divenuto il giovane uomo che la proteggeva, che la guardava con amore, che si era aperto con lei, raccontandole cose di sé che nessuno sapeva.

E le aveva detto che l’amava. Sì, James Potter amava lei.

Era stato uno strano e velocissimo viaggio nel passato, era cominciato senza che lei se ne rendesse conto, ma il ritorno alla realtà non era stato affatto brusco. La mano calda di James era stretta alla sua, il profumo di lui era intorno a lei.

Magnifico. Non c’erano altre parole per descriverlo.

Erano stati anni tremendi. Soprattutto la fine dell’amicizia con Severus, che lei era tornata a chiamare freddamente Piton, l’aveva sconvolta. Ma sentiva che avrebbe volentieri sopportato nuovamente tutto quel dolore se la fine di quel viaggio terribile e solitario era James. Il suo James.

Subito il pensiero di tutto ciò che era accaduto tra di loro sul ponte sospeso la colse, una stretta terribile e stupenda allo stomaco e al petto. La natura di Potter non la spaventava anzi, sentiva un moto di protezione verso di lui.

Lo avrebbe protetto e lo avrebbe aiutato a costo della vita. Di questo ne era fortemente sicura.

Poi il ricordo di quei baci. E questa volta quella morsa le strinse la gola e il ventre.

Desiderio. E voglia.

Sentì le proprie guance imporporarsi violentemente e si dette della stupida. Cosa stava andando a pensare? Doveva essere semplicemente impazzita. Fare pensieri del genere non era da lei. Ma i punti sul collo dove lui l’aveva baciata sembravano bruciare esattamente come le sue labbra.

-Gazza è andato via, possiamo andare.-

La voce calma e sussurrata di James la portò definitivamente alla realtà. Finalmente si riebbe e realizzò dove si trovassero e perché.

Erano in un corridoio deserto del primo piano, poco distante dalla Sala d’Ingresso. Tutto era buio intorno a loro, fatta eccezione per qualche torcia accesa. Il silenzio la faceva da padrone. Lei era schiacciata contro una parete e James le teneva una mano.

Quando avevano rimesso piede nel castello, coperti di neve ed infreddoliti, si erano subito resi conto che il coprifuoco era scattato da un pezzo. Non era tardissimo, ma i corridoi erano ormai completamente deserti. Ovviamente lei si era fatta prendere dal panico ma Potter, re dei senza regole, aveva ghignato e, assolutamente tranquillo, le aveva proposto di fare un salto nelle cucine per mettere qualcosa nello stomaco, visto che entrambi avevano saltato la cena.

Lei aveva subito accettato. Era troppo stanca, stravolta, infreddolita e affamata per protestare. Peccato che, fatti pochi passi, avevano beccato Gazza.

Fortuna che il custode non li aveva visti!

E adesso lei guardava James. Lui pareva essere tornato quello di sempre. Certo, aveva l’aria sfinita, ma sul volto faceva nuovamente bella mostra di sé il suo famoso sorriso malandrino. Quello che un tempo l’aveva mandata su tutte le furie.

Lo vide sorridere all’improvviso, ma in modo dolce.

-Se mi guardi in questo modo, temo che finiremo davvero in punizione.- le disse malizioso e divertito.

E lei avvampò di nuovo. Contemplando il suo sorriso si era ritrovata di nuovo stregata dalle sue labbra, era stato inevitabile. Subito abbassò il capo, imbarazzata, sentendo lui ridere sommessamente. Non aveva davvero il coraggio di guardarlo.

Lo sentì chiaramente chinarsi su di lei. Poi ancora le sue labbra, che subito la coinvolsero in un bacio che le tolse l’aria dai polmoni.

Ma non era importante. Niente importava più, neppure l’ossigeno. Tutto era sciocco, futile e marginale in confronto alla bocca di James.

Occhi chiusi, braccia strette intorno al suo collo, in totale abbandono, Lily capì che lui avrebbe potuto fare di lei tutto ciò che voleva. Era assolutamente in suo potere.

Quelle labbra morbide che si muovevano sulle sue le provocavano dei brividi che lei non aveva mai provato prima e si avventò su di esse, affamata, incontentabile, sentendo che lui provvedeva a risponderle con la medesima urgenza. Si ritrovò con le spalle al muro, schiacciata dal corpo del giovane e gioì, fu pura gioia, puro piacere. Non avrebbe mai più voluto smettere.

In quella confusione, in quel black out dove il cervello non ragionava più, Lily si ritrovò a pensare che avrebbe dovuto cedere prima. Avrebbe dovuto lasciarlo avvicinarsi a lei molto prima. Come aveva potuto stare tutti quegli anni senza baciarlo, senza stringerlo a se, senza sentire le sue carezze?

Folle. Era stata una folle.

-James…- mormorò contro la bocca di lui, in un breve momento di pausa.

Per tutta risposta il ragazzo si spinse di più contro di lei, schiacciandola contro il muro e tornando a baciarla con foga. Lily avvertì distintamente la parete dietro di lei fregarle contro il mantello.

Dovevano essere impazziti, tutti e due. Rischiavano grosso. Se li avesse beccati Gazza, o un professore, o un Caposcuola…

Eppure, stranamente, lei non se ne curò.

Adorava James. Ed era innamorata dei rochi gemiti e dei sospiri di lui, cose che prima di quella sera lei non si era mai neanche lontanamente immaginata.

Le piacevano. Ed era in un certo modo orgogliosa di essere lei a provocarli.

Fuori controllo. Era decisamente fuori controllo.

Poco convinto, James si staccò da lei e sorrise. –Ok, calma.- mormorò. –Diamoci una calmata oppure rischiamo di…-

Ma lei non gli dette il tempo di continuare, reclamando di nuovo la sua bocca, che per parecchi minuti tornò ad essere molto impegnata. Meravigliosamente impegnata.

Il tempo scorreva, ma pareva essere troppo lontano perché loro se ne preoccupassero. Tutto era diverso quella notte, tutto aveva preso una nuova forma.

Il loro mondo.

Quello era il loro mondo e non avrebbero permesso a nessuno di entrarvi.

Ancora baci, ancora sospiri. E poi lui rise, allegro come un tempo.

-Che fine ha fatto la severa Caposcuola Evans?- le chiese, gli occhi che brillavano di malizioso divertimento.

-Ho lasciato il distintivo di Caposcuola in camera.- rispose subito lei, sorridendo.

James rise di più, mentre le teneva con delicatezza le mani sui fianchi.

-Allora devo provvedere a tenerlo separato da te più spesso.- ghignò.

-E’ molto difficile che me lo dimentichi.- lo sfidò lei.

-Io te lo farò dimenticare.- ribattè lui, sicuro.

Restarono a fissarsi per qualche minuto, in silenzio. Stupiti di trovarsi in una simile situazione, ma, al tempo stesso, felici, desiderosi di proseguire su quella nuova e bellissima strada che si era aperta davanti ai loro occhi.

Lily, che non avrebbe mai immaginato di potersi innamorare di James Potter.

James, che non avrebbe mai immaginato di vedere i propri sentimenti ricambiati da Lily Evans.

Aveva sempre sperato, pregato, che lei capisse davvero. Che lo guardasse con occhi diversi, che si accorgesse di lui e di ciò che provava.

L’aveva desiderata con tutto il suo cuore, l’aveva amata in silenzio per anni, mascherando i propri sentimenti con false risate.

Aveva ingoiato le occhiate cattive di lei, aveva sopportato le sue risposte fredde ed acide, aveva resistito ai suoi “no” detti quasi con cattiveria e aveva chinato il capo, impotente, quando l’aveva vista vicino a Severus Piton, tremando di paura.

Sì, James Potter aveva avuto paura. Ed era stato geloso.

Geloso della confidenza che Lily dava al Serpeverde e non a lui, geloso della loro amicizia, dei sorrisi che la rossa regalava sempre e solo a Piton.

E aveva avuto paura, tanta. Paura di perderla. Paura che il maledetto Mocciosus gliela portasse via. Ma questo non lo aveva mai detto a nessuno, perché, si sa, James Potter doveva essere James Potter. Il mito, il numero uno.

Forse solo Remus si era reso conto di questo suo segreto.

Stupido, stupido James. Avrebbe dovuto dare retta a Lunastorta molto prima. Avrebbe dovuto smetterla fin da subito di fare il pallone gonfiato e mostrare i suoi autentici sentimenti a Lily. Si sarebbero risparmiati tanti anni di sofferenze.

Ma adesso lei era lì, con lui. Era lì, completamente sua. Lo vedeva dai suoi occhi verdi, che parevano brillare solo per lui e che lo guardavano con una dolcezza ed un affetto disarmanti. Lo vedeva da quel sorriso luminoso che, finalmente, era rivolto a lui. Era suo, suo e di nessun altro.

Lily non aveva mai baciato nessuno prima di lui, solo lui aveva avuto la possibilità di toccare quella bocca e questo lo riempiva di un orgoglio tutto maschile.

Lo faceva sentire speciale, fortunato.

Nella vita di Lily c’era solo lui, nessun’altra ombra, nessun altro vecchio amore.

Lui, soltanto lui. E James aveva tutta l’intenzione di restare il primo e l’unico per lei.

Le sorrise, accarezzandole una guancia. La sua pelle morbida era ancora un po’ fresca.

-Cibo. Ho bisogno di cibo.- le disse e, quando il suo stomaco si fece sentire, scoppiò a ridere allegramente.

Lily rise con lui. –Andiamo.- decise, prendendolo di nuovo per mano.

***

Non era mai stata nelle cucine del castello, non ne aveva mai visto l’utilità nei quasi più di sei anni trascorsi ad Hogwarts. Da brava studentessa, Lily si era sempre attenuta alle regole. Frequentare le lezioni, studiare in biblioteca oppure in Sala Comune e consumare i pasti in Sala Grande.

Tutto molto ordinario, molto corretto.

Era logico che per James Potter, indiscusso combina guai, le cose non stessero allo stesso modo. Fughe nel cuore della notte, festini illegali, tutto questo richiedeva una buona conoscenza delle cucine e, soprattutto, una particolare confidenza con i suoi abitanti.

Per questo motivo Lily non si stupì troppo dell’accoglienza festosa ed affettuosa che James ricevette dai buoni elfi domestici, che subito gli si radunarono intorno, squittendo felici e prodigandosi in profondi inchini.

Erano tutti un “Signor Potter” di qua e un “Padron Potter” di là.

Ovviamente furono amichevoli e cordiali anche con lei, ma non si dimostrarono adoranti come lo erano con James. Sorridendo, la rossa scosse il capo.

C’era da aspettarselo, quel simpaticone di Potter era riuscito a fare colpo anche sugli elfi domestici. Incredibile. Non aveva parole.

-Cosa desidera, signor Potter?- chiese ad un tratto un elfo più piccolo degli altri e assai più grazioso, chinandosi nuovamente in un profondo inchino.

Doveva essere una femmina, si disse Lily. E quegli occhioni brillavano puntati sulla figura di James. Indispettita da un elfo? Chi? Lei?

-Tutti i dolci che vi sono rimasti dalla cena, Milla. E del tè.- chiese il ragazzo, sorridendo, per poi voltarsi verso di la ragazza al suo fianco. –Ti va bene, Lily? Vuoi altro?-

La rossa sorrise ed annuì, mentre vedeva gli elfi correre via, intenti a trovare tutto il necessario. –Va bene.- assentì. –Anche se non ho mai cenato a base di soli dolci.-

James inscenò un cipiglio severo. –Questa è una grave mancanza, Evans.- la rimproverò divertito, andando a sedersi ad uno dei lunghi tavoli presenti nell’ampia stanza.

Lei lo seguì subito, sedendosi davanti a lui. Intorno a loro gli elfi, al settimo cielo, si affaccendavano con piattini, tovaglie, tazzine e biscotti.

-Sembrano veramente felici.- constatò Lily, osservandoli.

-E’ il loro lavoro.- osservò tranquillo James, facendo spallucce. –Sono nati per questo. E poi ad Hogwarts vengono trattati bene.- aggiunse.

-Tu ne hai a casa tua?- chiese improvvisamente lei, curiosa. Non sapeva perché aveva formulato quella domanda, ma ormai la voglia di scoprire il più possibile di James era più forte della sua ragione. Avrebbe potuto restare ad osservarlo per ore, solo per annotarsi ogni suo gesto.

Lui non parve sorpreso dalla sua domanda. –Sì, ne ho tre. Abbiamo un buon rapporto con loro. Mamma ha sempre voluto che li trattassimo con gentilezza, vorrebbe addirittura pagarli, ma loro non glielo permettono.- le disse, divertito.

-Hai davvero dei genitori fantastici, James.- mormorò lei, guardandolo con affetto.

-Lo so.- fece lui con un sorriso. –Sai, loro… beh, per loro sono davvero un figlio. E per me è lo stesso. Non potevano avere bambini ed erano già avanti con l’età, perciò quando Silente mi portò da loro, mi accolsero con gioia. Esattamente come se avessi passato nove mesi nel grembo di mia madre.- le disse.

-Silente?-

-Sì. Silente conosceva gli Havisham da anni, compresi i miei genitori biologici. Ma non ne so molto, davvero. Non ho mai fatto troppe domande, non mi è mai interessato. I Potter sono la mia famiglia. Chiedere notizie sugli Havisham era come tradirli, era come… ammettere di non essere un Potter.- le spiegò, abbassando lo sguardo. –Non so se riesci a capire…- aggiunse con un sorriso triste.

-No, ti capisco.- si affrettò a dire Lily. –Cioè...non mi sono mai trovata nella tua situazione, però…-

-Non preoccuparti.- le sorrise lui, tornando a guardarla. –E’ ovvio che tu sia incuriosita. Soltanto che, sul serio, non ne so molto. So che Savannah e Jeremy, il mio vero padre, sono morti, ma non ho idea di come sia accaduto. Sono morti, io ero un neonato, Silente mi ha preso e mi ha portato dai Potter prima che Edward Havisham mi prendesse con sé. Tutto qui.-

-Cosa vuole Havisham da te?-

James parve riflettere un attimo, prima di rispondere. –Beh, credo sia per la mia natura. Voglio dire, sono un misto fra una strega nera e uno spirito infernale. Credo che i miei poteri gli interessino. So che è una specie di ricercatore, studia il potere. Ne è ossessionato.- le disse, mentre gli elfi cominciavano a portare ogni sorta di torta o dolciume sulla tavola.

Poco dopo, Milla arrivò con il tè e loro si servirono abbondantemente di tutto ciò che avevano davanti. Erano davvero affamati.

James si buttò subito su una bella fetta di torta al cioccolato, lei scelse invece un dolce alla melassa, il suo preferito. Per un po’ nessuno dei due parlò più, intento a magiare.

Con il cibo sullo stomaco ed il tè caldo che sembrava scaldarla fin nelle ossa, Lily sentì la stanchezza abbandonarla, sostituita da un nuovo vigore. Era stata una giornata dura, soprattutto per James, adesso lo sapeva. Lui però sembrava aver già dimenticato tutto e sorrideva.

-I tuoi sanno tutto?- fece improvvisamente, tornando a prendere la parola.

Lui terminò di bere il suo tè, prima di risponderle. –Sì. Sì, certo. Sanno tutto di me e degli Havisham. Anzi, credo che sappiano anche più di quello che so io. A differenza di me, loro hanno riempito Silente di domande.-

-Non chiederai mai niente?-

-Ora come ora, non ne vedo il motivo. Temo però che presto il mio modo di pensare cambierà.- le disse, cercando di apparire sereno.

-Che vuoi dire?-

-Ti ho parlato della notte di Halloween.- le disse. –I miei poteri hanno raggiunto il massimo ed io non so usarli. Non ho la minima idea di come si faccia ed è pericoloso, Lily. Credo che, prima o poi, sarà necessario per me andare da mio nonno e farmi insegnare, è l’unico modo. Devo saper controllare ciò che è dentro di me, c’è il rischio che faccia del male a qualcuno!-

-Ma tu hai detto che Havisham…- protestò lei, accorata.

-Lo so, ma non ho scelta. È l’unico che mi può aiutare. Non pensare che io ne sia entusiasta. – fece lui con aria affranta.

Lily rimase in silenzio, la tazza di tè caldo tra le mani e lo sguardo verde perso nel liquido di colore ambrato che pareva vorticare. Non sapeva cosa dire, né cosa pensare. Capiva James, ma il pensiero che un giorno lui se ne sarebbe andato, gettandosi tra le braccia spalancate di quell’uomo orribile che non aspettava altro che usarlo come una cavia, la terrorizzava. Non le piaceva quell’idea, non voleva che lui corresse un simile  rischio. Non voleva… perderlo.

-Lily.- la chiamò James, con dolcezza. –Lily, non ti devi preoccupare per me.-

Lei alzò subito gli occhi verdi, puntandoli su di lui con una sorta di risentimento. Sentiva il proprio corpo tremare. –Come fai a dirmi che non devo preoccuparmi per te?- disse tutto d’un fiato, sincera.

E lo vide arrossire. Sì, il grande James Potter era arrossito.

Lei avvampò a sua volta e distolse lo sguardo. Quella non era stata una dichiarazione d’amore, ma, visto il suo carattere così timido, ci andava molto vicina.

-Beh…- cominciò Potter, cercando di riprendere in mano la discussione. –Per ora io sto bene, non ho ancora avuto problemi, dopo Halloween. Ci preoccuperemo di Havisham quando sarà il momento. Non voglio pensarci ora.- le disse, prendendole una mano e stringendola con calore. –Lily, adesso io voglio solo pensare a te. A me e a te.- aggiunse, sorridendole dolcemente. –Tutto il resto…dimentichiamolo.-

Lei potè chiaramente avvertire il proprio cuore prendere a battere più velocemente a quelle parole, il calore che provò fu indescrivibile e si trovò ad odiare quella tavola che li divideva. Chiuse gli occhi, li chiuse per un istante. Quei sentimenti la schiacciavano e allo stesso tempo la sollevavano da terra. Era possibile?

-Credi sia giusto?- chiese, perdendosi negli occhi scuri di lui. –Insomma, lasciarti tutto alle spalle e non pensare… pensi di fare bene?- continuò, preoccupata.

Lo vide scuotere il capo. –Non mi interessa se faccio bene o faccio male, Lily. Non permetterò ai miei problemi di rovinare tutto. Questa… questa è la notte più bella della mia vita e tu lo sai. So che lo sai. Te l’ho dimostrato.- le disse, serio in volto.

Le bruciavano gli occhi, aveva voglia di piangere. Piangere di gioia e di commozione. Le parole di lui la scioglievano come neve al sole e si ritrovò a ricambiare la stretta di quella mano, dolcemente.

-James…- mormorò senza voce, dandosi dell’idiota. Quando arrivavano a dover esprimere i loro sentimenti, ecco che lei non riusciva a mai ad aprire bocca e si detestava per questo. L’unica cosa che riusciva a fare era pronunciare il suo nome, mentre lui riusciva a dirle quelle cose meravigliose.

Stupida, stupida Lily.

Lui però le sorrideva, pareva non essere offeso. Ma, del resto, James Potter non si era mai offeso con lei. In tutti quegli anni lo aveva trattato in maniera orribile, ma lui aveva sempre continuato a starle vicino, a parlarle, ad attirare la sua attenzione.

-Sono sempre stato innamorato di te, Lily.- le disse James, non staccando gli occhi dai suoi. –Ho fatto di tutto perché tu ti accorgessi di me, ma ora mi rendo conto che ho sempre fatto una marea di errori. Invece di avvicinarti, ti allontanavo. Ero disperato.-

-Quest’anno è stato diverso.- mormorò lei, timidamente.

-Sì.- fece lui, calmo. –Stavo malissimo, Lily. Ti vedevo star male e non potevo fare niente per aiutarti. In più pensavo che questo è l’ultimo anno qui ad Hogwarts e che dopo ti avrei persa sul serio. Non sapevo come fare.-

-Il Voto Infrangibile.- disse lei, annuendo.

-Già. Drastica soluzione, ma poteva funzionare.-

-Non ha mai funzionato a dovere.-

-E’ vero, però ci siamo avvicinati lo stesso. È questo che conta per me.-

Lei scosse il capo, leggermente. –Il Voto non è mai stato molto importante, James. Siamo stati noi. Noi siamo cambiati.- gli disse, sorridendogli.

-Hai ragione.- convenne lui, rispondendo al suo sorriso. –Dovevamo solo trovare un punto d’incontro, tutto qui. Remus ha sempre avuto ragione.- sussurrò.

-Faresti meglio ad ascoltarlo sempre.- fece lei, decisa. –E’ il più saggio del tuo gruppo. Decisamente migliore di Sirius Black.- aggiunse, severa.

E Potter sospirò, scuotendo il capo. –Proprio non ti piace, eh?-

-Non è che non mi piace, solo che… che lui è così… così…-

-Non è proprio il massimo sapere che il mio migliore amico e la ragazza dei miei sogni si detestano cordialmente.- fece lui, divertito. –Dai Lily, cerca di trovare un punto d’incontro pure con lui, no?- la pregò, speranzoso. –E poi è il ragazzo di Vick!-

E Lily sbuffò, divertita. Lei e Sirius non avevano decisamente iniziato con il piede giusto, doveva riconoscerlo. Negli ultimi tempi, visto che aveva cominciato a frequentare James, si era ritrovata a contatto anche con lui. Ma da qui a dire che fossero già diventati amici… beh… la strada era lunga.

Però riusciva a capire quanto fosse importante per James. E ci avrebbe provato. Avrebbe provato a legare con Black esattamente come aveva fatto con Lupin.

-Ci proverò, promesso.- decise, sorridendo a Potter. –Ma se finisce che lo schianto, la colpa è tua, intesi?- lo provocò, ridendo.

Rise anche lui, stringendosi nelle spalle. –Oh, beh… uno schiantesimo o due non lo uccideranno, suppongo.- celiò, allegro, mentre tornava a riempirsi la tazza di tè.

Anche Lily tornò alla sua pseudo cena fatta di dolciumi e, per un po’, nessuno dei due parlò più, intento a sgranocchiare biscotti o bere tè profumato.

Era piacevole stare così, senza dire nulla, in silenzio. Un silenzio che non era affatto imbarazzante, ma che, invece, pareva parlare per loro. Di tanto in tanto i loro occhi si incontravano e sembravano dialogare tra di loro, sostituendosi alle loro bocche.

Erano entrambi felici lì, insieme, da soli. Non avevano bisogno di altro.

Fuori, lontano da Hogwarts, una guerra stava cominciando, mietendo le prime vittime. Ma loro erano lì, protetti, apparentemente al sicuro, chiusi al calore di una bolla di sapone, dove niente poteva toccarli.

Ed erano giovani. Troppo giovani. Non c’era tempo per i brutti pensieri.

Quando si furono rifocillati abbastanza, entrambi si alzarono da tavola ed osservarono gli elfi domestici che, veloci, si impegnavano per pulire tutto alla svelta. Lily rimase quasi incantata ad osservarli, non li aveva mai visti a lavoro.

Sorridendole, James le porse una mano e lei la afferrò subito.

Salutarono le piccole creature magiche che ricambiarono con grossi inchini, e lasciarono le cucine, guardandosi intorno con circospezione, temendo di vedersi spuntare Gazza da un momento all’altro.

Ma era tardi, molto tardi. Difficilmente avrebbero trovato qualcuno.

Il castello era immerso in uno spettrale silenzio e quasi del tutto avvolto dall’oscurità, tanto che James fu costretto ad estrarre la bacchetta e a mormorare un frettoloso “Lumos”, in modo da poter vedere bene il corridoio che si estendeva davanti a loro.

Lily lo teneva stretto per mano, aguzzando gli occhi verde chiaro per scorgere nell’oscurità. Non era affatto piacevole per lei ritrovarsi a passeggiare per i corridoi di Hogwarts a quell’ora della notte. Potter invece pareva esserci abituato.

-Tranquilla.- le mormorò con dolcezza. –Queste sono le ore migliori, credimi. Non c’è praticamente nessuno in giro.- la informò.

Lei annuì, deglutendo. Non sapeva se rallegrarsi per quella solitudine oppure averne paura. Subito si dette della sciocca. Di cosa avrebbe dovuto preoccuparsi?

Non c’era niente nascosto in quei corridoi, pronto per farle del male.

E poi c’era James.

Fermando un attimo i propri passi, Lily si decise a guardare il proprio orologio. Segnava le due del mattino. La notte di Halloween aveva fatto più tardi.

Subito portò lo sguardo sul ragazzo fermo vicino a lei, che la osservava interrogativo.

-E’ tardissimo.- gli disse, preoccupata. –E tu domani hai il Quidditch! Sai James, forse non dovresti giocare. Sei ancora pallido e hai già perso delle ore di sonno…-

Lui, per tutta risposta, rise allegramente. Poi si passò una mano tra i capelli in disordine, arruffandoli ancora di più. Le sorrideva furbo, tornato quello di sempre.

-Ma figurati!- le disse, gesticolando con una mano. –Ho giocato in condizioni peggiori, anche senza aver mai dormito! E tutto ok, Lily! Mi serve solo una bella pozione rinvigorente!- dichiarò, sicuro.

Lei lo guardò, basita. –Hai delle scorte di pozione rinvigorente?- esalò, sentendo il vecchio spirito di Caposcuola tornare a galla, pronto per una ramanzina.

Potter rise di nuovo. –Io no, ovvio. Ma scommetto che Lumacone sì!- e, senza aspettare che lei dicesse altro, partì spedito verso i sotterranei, imboccando un passaggio segreto che ormai tutti conoscevano.

Lily gli corse dietro, sconvolta. Quella notte pareva non finire mai e quel maledettissimo Potter sembrava davvero avere voglia di beccarsi una punizione.

-James! James fermati, santo Dio!- gli sussurrò lei, mentre tentava di raggiungerlo, disperata. –James, maledizione! Siamo stati fortunati fino ad ora a non essere stati scoperti, non abusiamo troppo della nostra fortuna!-

Lui però non pareva ascoltarla, troppo divertito dalla situazione. Dannato malandrino della malora! Non sarebbe mai cambiato!

Mentre lei stava crepando di cuore dalla paura di veder spuntare un insegnante, l’idiota se la rideva, procedendo a passo sicuro e veloce verso l’aula di Pozioni.

Una tragedia!

Lily le pensò di tutte. Schiantarlo? Pietrificarlo? Confonderlo?

I sotterranei erano terribili di notte e la Grifondoro si decise a chiudere la bocca e correre al fianco del compagno, senza fiatare.

L’oscurità intorno a loro si era fatta più fitta ed anche lei sfoderò la bacchetta, mormorando l’incantesimo di illuminazione, cercando di combattere quel buio opprimente. Fu un attimo, e si ritrovò a ringraziare di non essere stata smistata a Serpeverde, era davvero un posto terribile di notte.

Ovunque, il silenzio. Un silenzio insopportabile, ma che divenne ben peggiore quando portò con sé il lieve rumore provocato da quello che appariva come un tintinnio di catene. Sembrava arrivare da lontano, ma Lily riusciva a percepirlo chiaramente.

Provando a deglutire, la ragazza si rese conto di non avere più saliva. E doveva essere impallidita, perché quando James si voltò a guardarla sembrava preoccupato.

-Lily, ehi, che ti prende?-

-Non… non hai sentito?- bisbigliò lei, andandogli più vicina.

Inizialmente lui parve non capire, poi sorrise, alzando teatralmente gli occhi al cielo.

-Sarai anche una brillante Caposcuola, ma ci sono un sacco di cose che devi ancora imparare dal sottoscritto.- la prese in giro, facendole una carezza. –Dai, Lily, davvero non hai capito cos’è questo suono? È il Barone Sanguinario, chi altri? Lui adora le passeggiate notturne.- la informò, tornando a prenderla per mano. –Tranquilla, non c’è niente di pericoloso qui. A parte me.- terminò, in tono amaramente ironico.

Lei avrebbe voluto ribattere, ma proprio in quel momento arrivarono a destinazione. La porta logora ed incrostata dell’aula di pozioni era davanti a loro, tenuta chiusa da catenaccio e lucchetto.

James storse la bocca.

-E’ chiusa, visto?- dichiarò subito Lily, tornata in sé dopo quell’attimo di paura. –E’ chiusa, dovevi aspettartelo, no? Meglio così, almeno non diventerai un ladro.-

Ovviamente Potter non la stette a sentire e puntò la bacchetta contro il lucchetto, mormorando chiaramente: -Alohomora.-

Non accadde nulla e la rossa incrociò le braccia sotto il seno, sorridendo soddisfatta.

-Il professor Lumacorno è troppo accorto e scaltro per farsi fregare in questo modo. Ti conviene rassegnarti James. Su, torniamo al Grifondoro e andiamo a dormire. E domani niente Quidditch.- sciorinò, decisa e compiaciuta.

Lui le riservò un’occhiataccia, per poi tornare a concentrarsi sul lucchetto di ferro. Sospirò, riponendo la bacchetta in una tasca dei pantaloni, poi appoggiò delicatamente una mano sull’oggetto metallico e chiuse gli occhi.

Fu un attimo, un istante in cui Lily avvertì distintamente il corso dell’aria mutare intorno a loro e poi il risucchio della magia. Magia che non confluiva in una bacchetta, come accadeva per ogni mago, ma che si accumulava direttamente nell’arto di James, arrivando fino alla punta delle sue dita.

Incredibile, inspiegabile. La ragazza non aveva mai visto nulla del genere.

Anche l’energia che gravitava intorno a James era diversa. Era fredda e… oscura.

Sì, adesso non aveva più dubbi. Quel potere era identico a quello che aveva avvertito intorno ad Edward Havisham, se non addirittura più tetro e sinistro.

Ad un tratto Lily avvertì uno scatto, un piccolo rumore metallico, ed il lucchetto cedette, il tutto con una semplicità disarmante.

In quel momento Potter si voltò a guardarla, sorrideva soddisfatto e, regalandole una buffa smorfia, sparì dentro l’aula di Lumacorno, lasciandola lì ancora stupita ed incredula a fissare le piccole catene che giacevano per terra.

Quando si decise ad entrare, lo trovò già intento a cercare tra gli scaffali pieni di ampolle e boccette dai contenuti più disparati. C’era da dire che l’aula di pozioni non era un vero e proprio splendore di notte. Metteva i brividi.

-James,- lo chiamò lei, severa. – possibile che non tu non riesca a capire che quello che stai facendo è effettivamente rubare? Se Lumacorno se ne accorge, passeremo dei guai! Guai seri!- lo rimproverò. –Lasciamo perdere!-

-Ma di cosa hai paura?- fece lui, sereno. –E poi tu non sei la sua alunna adorata? Ti basterà sbattere un po’ gli occhioni per ammorbidirlo. E comunque non accadrà niente. Di cosa vuoi che si accorga il vecchio LumaLuma? Questi intrugli sono tutti uguali!- le disse, mentre ancora era immerso nella ricerca.

Assottigliando gli occhi verdi ed assumendo la classica espressione da Evans oltraggiata, Lily inalberò un cipiglio severo e rigido di cui la McGranitt sarebbe stata fierissima. –Ascoltami bene, Potter.- ringhiò, facendolo voltare. –Uno, quelli non sono intrugli, sono pozioni. E non sono tutti uguali, sei tu che non sai distinguerli. Due, quello che tu chiami LumaLuma dovrebbe essere rispettosamente appellato come Professor Lumacorno e, per la cronaca, non è rimbambito come pensi tu!- sibilò.

-E, per la cronaca, quando fai l’acida Caposcuola ti divorerei di baci.- rispose subito lui con un sorrisetto malizioso, che la fece subito arrossire e dire addio al suo atteggiamento severo. Dannato Potter!

Imbarazzata, Lily distolse subito lo sguardo. Quel malandrino aveva pure trovato il modo di contrastare le sue scenate da Caposcuola. L’aveva fregata!

Lo sentì rimettersi a cercare, mentre ridacchiava divertito, e sbuffò, oltraggiata.

Quando però avvertì il pericoloso rumore del vetro che cozza con altro vetro, allarmata, decise di intervenire. Fortuna che James non aveva rotto niente, anche se c’era andato vicino. Si posizionò al suo fianco e gli fece cenno di farsi da parte.

-Dai, spostasti, o facciamo mattina! Anzi, peggio, tu e le tue manacce finirete per rompere qualcosa!- sbottò, drastica, puntando le iridi verdi sul contenuto degli scaffali ed analizzando boccetta per boccetta con lo sguardo.

-Ecco brava, pensaci tu, pozionista numero uno.- la prese in giro lui, divertito. –Se credi di poter capire quale è la pozione che mi serve…- la sfidò.

Lei si voltò per incenerirlo con un’occhiata al veleno. –Certo che posso! Non sono un Troll in pozioni, mica faccio Potter di cognome!- frecciò, acida.

James ghignò, divertito. –Non ancora.- mormorò.

Lily ringraziò che intorno a loro fosse buio, non era certa dello stato in cui si trovavano le proprie guance. Stava andando a fuoco! Ed il cuore le martellava nel petto.

Ma lui si rendeva conto di ciò che diceva?

Veloce, tornò a voltarsi verso gli scaffali ed in pochi secondi individuò la pozione rinvigorente. James ce l’aveva avuta praticamente sotto gli occhi fin da subito. Quello scemo non aveva davvero occhio per le pozioni, si ritrovò a pensare lei con un sorriso soddisfatto ed affettuoso al tempo stesso.

James si era sfacciatamente seduto sulla cattedra di Lumacorno, le gambe che penzolavano nell’aria ed un sorriso allegro e spensierato sulle labbra. La guardava.

E lei, come attratta da quello sguardo, lo raggiunse senza neppure rendersene conto, finendo intrappolata tra le gambe di lui, che le posò delicatamente le mani sui fianchi snelli e coperti dalla divisa scolastica.

Si guardarono. Per qualche secondo non fecero altro.

Poi Lily sollevò la piccola fiala con la pozione, mostrandogliela. Il liquido doveva essere rossastro, ma in tutto quel buio appariva nero come inchiostro.

-Bevila prima di scendere a colazione, va bene?- lo istruì lei, parlandogli con dolcezza, con un tono di voce che non avrebbe mai pensato di avere.

James le sorrise, lo fece in modo tale da farle scoppiare il cuore nel petto. -Grazie.- sussurrò, divertito, prima di sporgersi verso di lei e catturarle le labbra con le proprie.

Era schiava di quella bocca, non potè fare a meno di assecondarla, di assaggiarla, di morderla, di accarezzarla. Ancora, ancora e ancora. L’incertezza del primo bacio era svanita, sbiadita, lasciando spazio al desiderio e alla fame.

Fame di lui.

La lingua del ragazzo incontrò la sua e Lily si ritrovò a sospirare, a sentire il proprio corpo fragile come foglie secche, mentre si stringeva a lui più forte che poteva, ancorandosi a quella schiena e a quelle forti spalle. Più vicino, lo avrebbe voluto ancora più vicino.

E James lo capì, comprese che in quel momento lei, la ragazza che più desiderava al mondo, era sua, totalmente. Completamente abbandonata a lui.

Era notte, erano soli, lì, in un’aula vuota. Non sarebbe mai arrivato nessuno.

Lei voleva di più, lo sentiva. E lui… Merlino, lui impazziva per Lily Evans. Lui bramava Lily Evans con tutto se stesso. Era un ragazzo di quasi diciotto anni ed aveva tra le braccia la giovane che si era ritrovato ad amare e desiderare più di ogni altra cosa.

Fu tentato, sì. Tentato di passare le mani sotto quella divisa femminile ora così detestata, tentato di sfiorare quella pelle che era in grado di farlo diventar pazzo, tentato di sentire lei sospirare di piacere per la prima volta, come fino a quel momento lui non aveva potuto fare altro che immaginare.

Ma non sarebbe stato giusto.

Sarebbe stato un errore e se ne sarebbero pentiti tutti e due, ne era certo.

Si scostò con riluttanza, sorridendo per l’espressione teneramente confusa di lei.

-Lily.- la chiamò con dolcezza.

Lei aveva lo sguardo appannato da quello che James riconobbe come desiderio ed il pensiero che Lily Evans, proprio Lily Evans, il suo amore irraggiungibile, provasse un simile trasporto verso di lui gli mozzò il fiato.

-Torniamo ai dormitori, si è fatto veramente tardi.- si costrinse a dirle, accarezzandole con riverenza una guancia rosea e morbidissima.

Lily annuì, ancora un po’ confusa. Poi si allontanò da lui, arrossendo di colpo. Probabilmente stava realizzando solo in quel momento cosa avevano rischiato di fare, cosa avevano avuto inconsapevolmente intenzione di fare.

-Tu mi rovinerai.- mormorò lei, guardandolo tra l’indignato, l’imbarazzato ed il divertito. –Mi sono proprio messa in un bel guaio.-

James Potter rise, scendendo dalla cattedra. –Invece dovresti ringraziarmi, mi sono proprio comportato bene questa notte.- le disse, furbo.

Lei, se possibile, arrossì ancora di più. –Erano solo baci.- protestò.

-Già. Solo baci.- sorrise lui, andandole vicino. –Su, è ora di andare.-

 

 

I was born
I was born to sing for you
I didn’t have a choice but to lift you up
And sing whatever song you wanted me to
I give you back my voice
From the womb my first cry, it was a joyful noise…

 

[ Sono nato
Sono nato per cantare per te
Non avevo scelta a parte sollevarti
E cantare qualunque canzone
Volevi che io cantassi
Ti do indietro la mia voce
Dal grembo il mio primo grido
Fu un rumore pieno di gioia...]

 

Il viaggio verso la torre di Grifondoro fu abbastanza silenzioso, nessuno dei due parlò più del necessario. Si tenevano per mano, uniti, come se ormai il solo pensiero di non toccarsi, di non sentirsi vicini, fosse insopportabile.

Il cuore di Lily batteva come un tamburo e pareva non trovare tregua. Quel bacio, quel bacio che si erano scambiati nell’aula di pozioni era stato diverso dai pochi precedenti. Era stato intenso, elettrizzante, appassionato. Oppure era stata una sua impressione. Si disse che dopo tutto si trattava di una cosa normale e che non doveva subito cominciare a razionalizzare su ogni cosa come era abituata a fare.

Non poteva razionalizzare un bacio.

James camminava tranquillo vicino a lei, più silenzioso rispetto a prima. La guidava per quei corridoi con una sicurezza che la diceva lunga sulla sua fama di malandrino. Lily era pronta a giurare che sarebbe riuscito a portarla di fronte al ritratto della Signora Grassa anche ad occhi chiusi.

Lui pareva conoscere il castello di Hogwarts come se ne fosse stato il costruttore.

Riuscirono ad evitare Pix per puro miracolo e poi, finalmente, arrivarono alla scalinata che conduceva dritta fino all’entrata di Grifondoro.

La Signora Grassa dormiva profondamente, russando in maniera indecente.

-E adesso?- sussurrò Lily, inquieta.

-Non c’è problema.- la rassicurò James. –Ci penso io.- disse calmo, mentre già si avviava verso il quadro.

La rossa, piena d’ansia, se ne restò in disparte.

Vide Potter picchiettare delicatamente sul naso del dipinto, con pazienza, fino a quando la donna si svegliò di colpo, sussultando.

-Per la barba di Merlino, Potter! Ma che ore sono?- borbottò, rischiando quasi di svegliare gli altri ritratti.

James sorrise, bonario ed accattivante come sapeva essere. E quella già addolcì lo sguardo, rabbonita da quegli occhioni scuri fintamente innocenti.

-Sono quasi le tre del mattino, Signora.- fece il ragazzo, educato. –Mi spiace svegliarla, ma sono stato fuori fino ad ora a passeggiare. Sa, sono un po’ nervoso per la partita di domani.- spiegò, suonando addirittura convincente.

Quel maledetto era un attore nato!, si ritrovò a pensare Lily.

La Signora Grassa si fece subito comprensiva. –Oh caro, ma dovresti riposare invece! Corri subito a letto e fatti una bella dormita! Vedrai che domani tornerete vincitori come sempre!- trillò, piena di brio, mentre già si spostava per aprire il passaggio.

Fu mentre già  stavano per oltrepassare il buco del ritratto, che la donna si accorse della presenza di Lily. –E tu che ci fai qui, signorina Evans?- tuonò.

-Oh, io… io ho seguito Potter in qualità di Caposcuola.- se ne uscì subito la ragazza. –Lo conosce, Signora. Non mi fido a farlo andare in giro da solo di notte.- aggiunse, prendendo sicurezza nella sua bugia.

-Giusto, giusto.- convenne il dipinto. –Ben fatto, cara.-

Il ritratto si chiuse alle loro spalle e si ritrovarono da soli nella Sala Comune rossa e oro deserta e in pieno caos. Lily trattenne a stento un gemito di risentimento.

Il fuoco nel camino si stava spengendo, lanciando ombre aranciate sui divani e sulle poltrone più vicine. A tratti, illuminava anche il disordine che albergava in quell’immensa stanza circolare.

-Ma che è successo qui?- sospirò la Evans, sconvolta.

In silenzio, James afferrò quello che decisamente era uno striscione con i colori della casa del Grifondoro. –Credo siano i preparativi per la partita.- le disse. –Su, rilassati, entro domani sera sarà tutto svanito.- sorrise.

-Lo spero.- sibilò la ragazza, avviandosi verso il passaggio che conduceva alle stanze dei Caposcuola.

Borbottava infastidita e questo lo fece sorridere.

Lui lanciò un ultimo sguardo a quel tafferuglio, che altro non era che un agglomerato di striscioni, colori, pennelli per dipingere, cartelloni e cappelli.

Già, domani c’era una bella partita da giocare. Tutti quei baci con Lily Evans glielo avevano quasi fatto passare di mente.

Prendendo un bel respiro e stiracchiandosi, James Potter dette le spalle al camino e si affrettò a seguire la sua compagna di Casa, che scoprì aspettarlo di fronte alla sua stanza. Le camere dei due Caposcuola erano una di fronte all’altra.

Lily guardava a terra, mordicchiandosi il labbro inferiore con fare terribilmente infantile. Pareva d’un tratto indecisa sul da farsi.

James posò una mano sulla maniglia della porta che conduceva alla propria stanza, o meglio, alla stanza che sarebbe dovuta essere di Remus.

Le sorrise. –Beh, allora buonanotte. O buongiorno, come preferisci.- scherzò.

Vide le labbra di lei incurvarsi in un sorriso e finalmente potè specchiarsi in quelle iridi verdissime, puntate su di lui. –Buonanotte, James.- mormorò lei, timida. –Cerca di riposare, va bene? Non voglio che domani…-

-Andrà tutto bene.- la interruppe lui, sicuro. –Sono Potter il Mito, ricordi?-

-Già, chi se lo scorda!- lo riprese lei, allegramente.

La vide rovistare nella tasca del proprio mantello ed estrarre la pozione, il liquido rosso pareva brillare alla luce delle torce poste nel corridoio dei Caposcuola.

-Non dimenticarti di questa.- fece, porgendogli la boccetta che Potter prese subito, rigirandola tra le dita. –Fortuna che c’ero io con te, altrimenti a quest’ora saresti ancora là a cercarla.- sorrise, prendendosi dolcemente gioco di lui.

-Già.- le dette ragione James, perdendosi nei suoi occhi, un bel sorriso sulle labbra.

-Fortuna che la mia ragazza è un’abile pozionista.-

 

 

 

Justified till we die, you and I will magnify
The Magnificent
Magnificent

 

[ Giustificati finché non moriremo
Tu ed io esagereremo
Il magnifico, magnifico ]

U2, Magnificent

 

 

 

Note di fine capitolo

Ed anche questo capitolo, grazie al cielo, è terminato. Un capitolo che mi ha fatto dannare e Giò e Fra lo sanno meglio di chiunque, giusto ragazze?

No, questo capitolo non mi piace più di tanto. Ho provato a riscriverlo numerose volte, ma non sono riuscita ad ottenere un risultato soddisfacente ed alla fine mi sono dovuta arrendere.

Resta il fatto che finalmente mi sono goduta un intero capitolo con solo Lily e James come protagonisti. Questo mi ha entusiasmata. E i baci non si sono risparmiati, in pratica li ho fatti sbaciucchiare quasi sempre! XD Ma entrambi ne avevano una gran voglia e chi sono io per fermare l’amore?

Mi piacciono, mi piacciono sul serio Lily e James. Li ho adorati nella classe di Pozioni, mentre si lanciavano frecciatine che altro non erano che dimostrazioni di affetto.

Per me questa coppia non la batterà mai nessun’altra! E mi è piaciuto mettere in gioco Lily, che, per la prima volta si trova ad andare contro le regole come infrangere il coprifuoco, cenare nelle cucine, fregare una pozione e mentire alla Signora Grassa!

Lily ha ragione, James Potter finirà con il rovinarla! XD

Passando a cose più importanti, le parti scritte in corsivo non appartengono a me, ma sono della nostra sacra J.K.Rowling. Io le ho solo adattate un poco alla mia storia, ma fondamentalmente sono parti prese dai libri.

La prima e la terza sono state riprese da “Harry Potter e I Doni della Morte”, cap. 33, La storia del Principe, pag. 617-618 e pag. 620-621. La seconda parte, quella ci ha fatte tutte innamorare, come ben sapete proviene da “Harry Potter e L’Ordine della Fenice”, cap. 28, Il Peggior ricordo di Piton, pag. 604-606.

La canzone usata come sfondo al capitolo è “Magnificent”, degli U2.

Ehm, non si è ancora capito che mi piacciono gli U2? XD

Passando ai ringraziamenti, sempre un grande “GRAZIE” a tutti coloro che leggono e seguono strenuamente questa long-fiction senza fine. Grazie a chi mi ha messo nei preferiti, grazie a chi legge anche senza recensire, perché questa, prima di tutto, è una storia ed il suo compito primario è essere letta, non portarmi complimenti.

Infine, grazie a coloro che leggono e decidono di farsi conoscere e di starmi vicino con le loro recensioni ed i loro pareri. Ragazze/i, non potrò mai ringraziarvi abbastanza!

Princesseelisil: Ciao Federica, a dire grazie sono io! Grazie, grazie mille! I tuoi complimenti mi hanno stesa davvero. Sì, ho capito cosa stavi cercando di dire e, sul serio, te ne sono grata. Sei stata gentilissima a recensire almeno una volta per dirmi tutto questo. Non sentirti obbligata a lasciare sempre un commento, a me basta sapere che segui la storia e che questa ti piace. Tutto qui. Non sono state “due cavolate” come hai detto tu, sono stati dei complimenti sinceri ed io li ho apprezzati moltissimo. Per James, ti capisco. Tutte ci innamoriamo di lui. Io spero sempre di trovarmene uno così anche nella vita reale! XP Un bacio!

Deviata: Grazie per la recensione ed i tuoi complimenti cara! Sono contenta che i genitori di Jamie ti piacciano, loro il mio super esperimento ed ancora non so come andrà a finire! XD Poi c’è stato il capitolo dei chiarimenti e ti è piaciuto e questo mi rende molto soddisfatta! Ti dirò la verità, la scena in bagno tra Sirius e James mi ha commosso come te, giuro! Dovevi vedermi, davanti al computer a scrivere con gli occhi lucidi! Povera me! E noto con piacere che Julian ha fatto colpo anche su di te, evvai! Io quel ragazzo lo amo, punto. Non posso farci nulla e sapere che piace anche a voi sazia ampliamente il mio ego! XD Un bacione cara!

Quidditch: Fra, hai pianto davvero? Allora siamo in due! Dovevi vedermi mentre scrivevo la scena tra Sirius e James, mi si sono aperti i rubinetti! Remus è un mito, la nostra anima pensante, giusto? Si accorge di tutto, c’è poco da fare. Io me lo sono sempre immaginato come un attento osservatore! Poi Sirius, che ha sempre cercato di far quadrare le cose anche quando non quadravano… e che finalmente realizza! Io adoro davvero Sirius, lo adoro anche in queste sue gaffe. Julian è Julian, con le sue uscite inopportune ed il suo modo tutto particolare di dare una mano. Poi hai avuto Lily e James e sono davvero contenta che ti siano piaciuti, anche a me è piaciuto scrivere il pezzo che hai citato. È pieno di significati! Un abbraccio fortissimo! Ci si becca sul forum della Thorn&Buck! ^_-

Pikkolina88: Anche tu hai pianto? Oddio ragazze, così mi fate sentire in colpa! Però anche io ho pianto durante la stesura del capitolo, quindi vi ho fatto compagnia! XD Ti ringrazio davvero tanto per i complimenti. La lunghezza dei capitoli mi preoccupa sempre, ma sapere che per voi non è un problema mi allevia un po’ di ansia. Tranquilla, James parlerà anche con i suoi Malandrini, sa che è il momento di vuotare il sacco! Vedrai, vedrai! ^^ Un bacio!

Cicci92: Mmm… allora, guarda, a me la statua piacerebbe in oro bianco, è possibile? XD No, sul serio, ti adoro! Sono scoppiata a ridere quando ho letto la recensione! La statua dovrei essere io a farla a voi, voi che mi state sempre così vicino! Sono davvero felice che il capitolo ti sia piaciuto! La scena tra Sirius e James resta una delle mie preferite, mi ha fatta piangere. Lo so, James non è stato il massimo in questo capitolo, ma, come avrai visto alla fine, si è decisamente ripreso. Aveva davvero bisogno di sfogarsi e di sentirsi accettato. Avere poi l’amore di Lily è meglio di qualsiasi pozione o incantesimo per lui. Adesso non lo ferma più nessuno! Grazie per i complimenti! Kiss

Brando: Ecco, da oggi io ti chiamerò occhio di lince! Eh sì, perché non ti sfugge nulla! La frase di Julian a Lily. Ebbene sì, Harris sa di James e Bella ed è l’unico a saperlo. È stato James a dirglielo. Lo spiegherò più avanti, ma posso tranquillamente accennartelo qui! ^_- Passiamo al resto. Non preoccuparti per le recensioni, non è necessario che tu commenti sempre, mi basta sapere che la storia ti piaccia! Jeremy e Savannah sono un esperimento, ma vedo che stanno andando bene e ne sono lieta. Stria è Stria, rassegnatevi. Capirete da che parte pende il suo ago della bilancia solo molto più avanti. Per adesso puoi solo fare supposizioni ed io devo tenere la bocca chiusa. ^^ Anche sul Patto devi portare pazienza, prima o poi scioglierò tutti i nodi, promesso! Per quanto riguarda il capitolo successivo, hai colto nel segno. Tutti gli amici di James, a modo loro, hanno partecipato. Ed il tutto si è concluso con James che finalmente parla con Lily. Per Peter, ehh, temo che ti deluderò. Grazie davvero per la tua splendida recensione, ci sentiamo al prossimo capitolo! Baci!

Rosy823: Ciaooo! Grazie mille per i complimenti, troppo gentile, davvero! Mi fa piacere che la riappacificazione tra James e Lily ti sia piaciuta! Ci ho sudato sopra le famose sette camicie! XD Tranquilla, James vuoterà presto il sacco con i suoi Malandrini, sa che è il momento di giocare a carte scoperte. I segreti lo stanno rovinando troppo! Se può farti stare più serena, non accadrà nulla di terribile! ^_- James dire a Lily di Bella? Non so, non so. Credo che prima o poi uscirà fuori, ma ancora non ci ho pensato! Un bacio! ^^

LilyProngs: Tesoro, se tu fossi a portata di mano ti stritolerei in un super abbraccio, davvero! Grazie, grazie mille, sei sempre troppo gentile! Non vedo l’ora di beccarti su Msn per farmi un bella chiacchierata con te sul capitolo! Peccato che sono incasinata con lo studio matto e disperatissimo, un po’ sullo stile di Leopardi! XD Remus-Sirius-James, il gruppo, L’Amicizia. Ognuno agisce a modo suo, ma è palese che ciò che li lega è fortissimo ed in indissolubile. È un piacere per me descrivere questi momenti tra di loro, sul serio. Julian è un mito! Il mio mito! Julian ruleZ! XD Sono strafelice che il finale ti sia piaciuto, effettivamente ti ho pensato mentre lo scrivevo, chiedendomi come avresti reagito nel leggerlo, se ti avrei soddisfatta o meno. Sono troppo contenta che tu sia rimasta soddisfatta! ^^ Tranquilla, i Malandrini sono in buone mani! P.s. Ebbene sì, io con le anime dannate ci vado a nozze. Non si vede? XD Non per nulla amo alla follia Paradise Lost di Milton. Grazie per tutti i tuoi complimenti, alla fine finirò con il montarmi la testa e sarà tutta colpa tua! :P Un bacione tesoro!

Black_Witch: Sorella caraaaaa! >///< Su, su, calma il tuo cuoricino, che presto ti rimetto in gioco il tuo Sirius e allora che farai? Dovremo procurarci bombolette di ossigeno! XD Già, James l’ho strapazzato un po’ a inizio capitolo, ma poi nel finale si è rifatto, no? E adesso, finalmente, abbiamo Lily e James! Mi ci sono voluti due anni per arrivare a scrivere questo pezzo! Julian è il mio cucciolo e sono fiera di lui! Prevedo che nascerà una bella amicizia tra lui e Lily! E me ne compiaccio! Oddio, eri veramente euforica mentre scrivevi la recensione! E ora sono euforica io a risponderti! Vedrai che adesso tra James e i Malandrini le cose andranno meglio, anche perché dirà loro tutto e la sincerità è sempre la cosa migliore. Hai pensato bene, il problema è Peter. Un bacione carissima!

Mimmyna: Tesoro, grazie mille! Sono davvero felice che la parte finale del capitolo ti abbia commossa, davvero! Vuol dire che sono riuscita nel mio intento. ^^ Davvero mi sono superata? Questo mi soddisfa davvero! Spero di superarmi sempre! Dai, alla fine mi sono ripresa, solo che questo nuovo capitolo è stato un osso duro! Spero comunque che lo apprezzerai! Un bacio!

Silverine85: Ciao! Sì, in effetti ho cercato di rendere la mia storia il più originale possibile, cambiando anche alcune cose che hanno suscitato perplessità in molti. Come il carattere cupo di Lily. Mi ricordo ancora quanto mi è stato detto su di lei! XD Il triangolo Bella-James-Lily è stato uno sfizio che mi sono sempre voluta togliere, lo ammetto. Vedere insieme Bellatrix e James mi ha sempre affascinata. Non sono una fan delle Bella-Sirius, anche se ne ho lette di fanfic su di loro. Sono felice che la storia ti abbia presa, ti abbia fatta ridere, arrabbiare, sorridere, commuovere. Significa che ho fatto bene il mio lavoro! ^^ James prenderà sempre la strada giusta, non temere. Se c’è una cosa di cui sono assolutamente sicura è questa. Vedrai, molto presto James si confiderà con i ragazzi, manca poco. Sirius e Vick sono piaciuti quasi a tutti e ne sono più che felice, anche io mi sto affezionando a questa coppia. Per Remus… ehhh, non sarà affatto semplice con Eva, ti dico solo questo. Sono felice che Savannah e Jeremy ti piacciono, vedrai, continuerò a scrivere anche su di loro, li amo troppo. Mi dispiace di avervi fatto aspettare per questo aggiornamento, ma ero seriamente in difficoltà con il capitolo nuovo, spero che ti sia piaciuto. P.S. Sono felice che la scena tra Lily e James ti sia piaciuta molto! Adesso passo a rispondere alle tue domande. Capitolo 10, la domanda di Cissa a Bella. “Lo fai a causa sua?”, si riferiva a James. James che ha spezzato il cuore di Bella, che decide di votarsi al male anche a causa del rifiuto di lui. Anche tu ti sei subito accorta di Julian, questo mi fa piacere! Come ho detto prima a Brando, Julian sa di James e Bella perché è stato James a dirglielo, a confidarsi solo e soltanto con lui. No, Julian non ha assistito alla conversazione tra Jamie e Bella nel cap. 24, lo sapeva già. ^_^

Killina: Ciao Killina, è un piacere! Grazie mille per i complimenti, te ne sono davvero grata e sapere che consideri la mia storia un’opera d’arte, cavolo, mi fa montare un po’ la testa e non dovrei! Ma quando mi sento dire certe cose è impossibile restare con i piedi per terra! Mi hai addirittura detto che la Row mi dovrebbe pagare i diritti? O_O Oddio, non so proprio che dire! Grazie, grazie davvero! Eh, la parte del bagno tra Sirius e James è piaciuta a tutti, da quello che ho potuto constatare, e questo mi rende felicissima perché è anche la parte che è piaciuta di più a me! Felice di averti reso dipendente della mia fic, mia cara! Un bacione! ^^

La Nika: Ciao! Grazie mille per i complimenti, davvero! Sei stata gentilissima come sempre! Spero che la storia continuerà a piacerti, io ce la metterò davvero tutta! La fine è lontana ed io continuo ad arrancare in questa storia lunghissima! Incrociamo le dita! XD

Cassandra: Tranquilla, ormai i capitoli lunghi vengono da soli ed io non ho modo di impedirlo! Sono schiava dei capitoli chilometrici! XD Hai fatto una giusta osservazione, le cose nel gruppo dei Malandrini stanno prendendo una brutta piega e naturalmente Remus è il primo ad avvedersene. Sì, in effetti avrebbe potuto cercare nel reparto proibito e ci ho anche pensato. Poi, non so come, ho capito che Rem non lo avrebbe fatto, che non avrebbe avuto abbastanza coraggio. Mi è apparso chiaro che, certe informazioni, Remus volesse sentirle proprio da James. Non so se mi sono spiegata, sono un disastro nelle spiegazioni. ^^” Anche tu vittima della scena del bagno? Cavolo, sono davvero soddisfatta! Sono contenta che Julian stia cominciando a piacerti, io sono di parte e lo adoro a priori, ma mi fa piacere sapere che comincia a stare simpatico anche a voi. Anche tu sei stata un’altra abile occhio di lince ed hai soffermato la tua attenzione su Harris che pare sapere di Bella e James. Sì, ebbene sì, lo sa. È stato James a dirglielo, a confidarsi con lui. Solo con lui. Sì, Lily è stata crudele, ma era davvero molto scossa, credimi. Fortuna che ha riguadagnato punti alla fine. Non ho però capito il tuo dubbio. Lily ha saputo da James che lui è per metà uno spirito infernale, però non le è stato detto nulla sulle fenici nere. Non dovrei averlo scritto. Appena ho tempo rileggerò il capitolo allora. Kiss!

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Capitolo 28
*** The Great Match ***


Avviso: chiedo scusa a tutti per il ritardo, ma, ebbene sì, l’università è ricominciata anche per me e con degli orari impossibili, purtroppo. Chiedo perciò a tutti voi un po’ di pazienza, cercherò di dare alla fanfic tutti i momenti liberi che avrò a disposizione, ma ci vorrà comunque più tempo di prima per gli aggiornamenti.

 

 

 

 

 

CAPITOLO 28  “THE GREAT MATCH”

 

 

 

 

 

"I figli cominciano con l'amare i propri genitori. Dopo un po' li giudicano. Raramente, se non mai, li perdonano."

Oscar Wilde

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tu non sei più nostro figlio

 

 

 

Parole, parole forti. E crude.

Quando Sirius Black aprì gli occhi quella mattina, lo fece con uno strano senso di nausea che non aveva niente a che fare con l’imminente partita di Quidditch contro Serpeverde. E si sentiva accaldato, il corpo quasi febbricitante.

Sospirando, si mise a sedere con fatica, gettando le pesanti coperte da un lato, e lasciò distrattamente scorrere lo sguardo per la stanza.

Remus e Peter non c’erano, dovevano già essersi svegliati, i loro letti erano in disordine. Chissà dove erano andati a cacciarsi, vista l’ora.

Erano appena le otto del mattino.

Passandosi una mano tra i nerissimi capelli arruffati dal sonno, Sirius chiuse di nuovo gli occhi, restando immobile per una manciata di minuti. Il corpo rigido.

Era da tempo, tantissimo tempo, che non sognava i suoi genitori. Orion e Walburga Black erano scomparsi dalla sua vita da mesi e mesi, non si era più curato di loro, né quei due si erano più preoccupati di lui.

Stranieri, sconosciuti.

Aveva chiuso il suo cuore a quelle due persone, aveva strinto i denti ed era andato avanti, cercando in ogni modo di non pensare più al passato e al dolore.

E adesso quel sogno. Quelle parole.

Terribili da sentirsi dire per ogni figlio.

Li aveva rivisti nel suo dormiveglia. Lei, sua madre, bella e perfetta come era sempre stata. E poi lui, suo padre, l’uomo che gli aveva rovinato la vita.

Aveva risentito le urla di sua madre, le sue prediche, i suoi pianti. Aveva rivisto i suoi occhi macchiati dalla rabbia e dalla vergogna.

Aveva di nuovo incontrato lo sguardo disgustato e freddo di suo padre. Un uomo che, con tutta la tranquillità del mondo, era arrivato a dirgli che per il Nobile Casato dei Black, lui, Sirius, rappresentava la pecora nera. Che era un fallito, un miserabile.

Una nullità che… non sarebbe mai dovuta nascere.

E poi quelle parole, maledette, cattive. Forti nella loro crudeltà.

Tu non sei più nostro figlio.

Quanto dolore, quanta rabbia, quanta disperazione aveva portato quella dichiarazione. Aveva pianto. Di nascosto, certo, ma aveva pianto.

Fuori urlava la sua rabbia, viveva da ragazzo indipendente e forte, ma dentro, oh, dentro si disperava. E accadeva spesso.

Provava nostalgia di casa?

Impossibile, lui non sarebbe tornato a vivere con quei bastardi neppure se lo avessero pregato loro. No, non era la mancanza ciò che lo feriva.

Era… il pensiero di ciò che non avrebbe mai avuto. Era l’astio, il rancore che provava verso il destino che gli aveva negato una famiglia normale, basata sull’affetto, come quella di James o di Victoria, sebbene entrambi fossero figli adottivi.

Era l’odio verso suo padre e sua madre, che non avevano mai saputo fare i genitori, che avevano preferito il cognome Black a lui.

Nascere nel Casato dei Black era come venire al mondo con una maledizione.

O sei con loro, oppure muori. Diventi una bruciatura, un piccolo segno nero nel grande arazzo della nostra famiglia. Nulla di più, Sirius. Nulla di più.

Questo gli aveva detto Andromeda.

E lui, fermo nel suo letto, sorridendo amaramente, poteva immaginarselo. Poteva immaginare il proprio nome cancellato. Lui era una bruciatura. Solo questo.

Perché li aveva sognati? Perché aveva voluto ripensare ad Orion e Walburga Black proprio in quel momento? Non stava già abbastanza male?

Quella notte non aveva quasi chiuso occhio a causa dello scontro che aveva avuto con James in bagno. Il pensiero del suo migliore amico in quello stato terribile lo massacrava, lo logorava da dentro.

All’improvviso spalancò nuovamente gli occhi blu e, prendendo un bel respiro, decise di scendere dal letto. Non c’era tempo per i piagnistei.

Avrebbe affrontato James, ci avrebbe parlato di nuovo. Non gli avrebbe permesso di mentirgli ancora, non lo avrebbe più accettato. E per quanto riguardava i suoi genitori, li avrebbe nuovamente spediti negli anfratti più bui e nascosti della sua memoria, là, dove era giusto che restassero.

Doveva tenere duro, doveva tenersi in piedi.

Doveva farcela.

Veloce, si diresse in bagno, per una volta tanto deserto. Poteva prendersi tutto il tempo che voleva quella mattina.

Sotto il getto caldo della doccia, i suoi muscoli contratti parvero trovare un po’ di pace ed il suo umore migliorò notevolmente.

Doveva soltanto rimettersi in piedi e ripartire, poteva farcela.

Non guardarli. Non considerarli. Adesso sono io la tua famiglia.

Era stato James a dirglielo. Gli occhi scuri sinceri e pieni d’affetto. Il sorriso intramontabile sulla bocca. James Potter sorrideva sempre. Sempre.

Sì, Ramoso era tutta la sua famiglia. E lui non si era neppure reso conto di quanto dolore covava suo fratello dentro di sé. Era stato uno stupido, un idiota.

Non avrebbe mai potuto perdonarsi un simile errore.

Eppure non poteva fare a meno di chiederselo. Quando?

Quando era accaduto? Quando suo fratello aveva cominciato a fingere?

Quando era cominciata quell’agonia?

Istintivamente chiuse gli occhi, respirando a fatica sotto il getto bollente di acqua calda che arrivava a scorrergli sulla pelle. Una miriade di ricordi gli sfrecciò nella mente, belli, brutti, felici, tristi.

James c’era sempre stato. Non c’era un singolo attimo della sua vita dopo gli undici anni dove non ci fosse stato suo fratello.

Un fratello che lo aveva sempre sorretto, che lo aveva fatto ridere, che gli aveva offerto innumerevoli volte la mano. James era la sua sicurezza, era il suo conforto.

Non ricordava episodi in cui lo aveva visto abbattuto o preoccupato.

Ed era terribile. Solo in quel momento se ne rese davvero conto.

Lo stava perdendo, a poco a poco. E la cosa lo terrorizzava.

Mentre si trovava lì, sotto la doccia, un improvviso quanto sciocco ricordo lo colse.

Quante volte, intento a lavarsi, si era accorto dello shampoo finito o del bagnoschiuma terminato? Remus lo aveva sempre rimproverato, consigliandogli di controllare che tutto il necessario fosse in ordine, prima di fare il bagno.

Ma lui, Sirius Black, non era mai stato un ragazzo così devoto alla precisione e, ogni volta, finiva con il dimenticarsi qualcosa. Ed allora si sgolava per attirare l’attenzione dei suoi amici, chiedendo questo o quello.

Era sempre James ad arrivare. James, che lo guardava con una finta aria esasperata, gli porgeva l’oggetto mancante di turno e, con un sorriso, se ne usciva con: -Sei proprio un gran rompi pluffe di prima categoria, Felpato!-

Loro due non avevano mai avuto un gran senso del pudore, andava detto. Remus e Peter erano sempre stati molto più discreti.

Ma James Potter, come lui del resto, non aveva mai saputo cosa fosse la vergogna.

Spesso si erano ritrovati in bagno nello stesso momento, Sirius a lavarsi i denti e James a fare la doccia con pure le tendine aperte, in modo che potessero parlare.

Remus e Peter non l’avrebbero mai fatto.

Ma tra loro c’era quella confidenza, quella fiducia… che poteva essere riassunta con quell’unica e sola parola: fratelli.

Sorridendo, Sirius Black aprì nuovamente gli occhi. Bruciavano un poco per lo shampoo e lui si passo veloce una mano sul viso per rimuovere la schiuma.

Dopo ancora qualche minuto, il getto d’acqua venne spento ed il ragazzo uscì dalla doccia, indossando subito il proprio accappatoio bianco. L’intero abitacolo era invaso da sottile vapore e dal leggero profumo del bagnoschiuma.

Passandosi un asciugamano sul volto umido, Sirius andò fuori dal bagno e tornò nella cosìdetta “Tana dei Malandrini”. Si diresse subito al baule in fondo al suo letto da dove si affrettò a prendere la biancheria e l’uniforme da quidditch.

Stava giusto terminando di vestirsi, quando, improvvisamente, qualcuno bussò alla porta chiusa e questo lasciò Sirius interdetto.

Non poteva certo essere uno dei suoi compagni, altrimenti non avrebbe avuto motivo di bussare. Veloce finì di indossare la maglia rosso e oro della divisa, per poi correre ad aprire la porta.

Davanti a lui stava una figuretta piccola e sottile, che indossava i suoi medesimi abiti, l’uniforme di Grifondoro. La ragazza lo scrutava con i suoi luminosi e perennemente allegri occhioni azzurri, sorrideva.

-Victoria…- mormorò lui, sentendo qualcosa di caldo riempirgli il petto ed un sorriso spuntare prepotente sulle labbra.

-Giorno, Black!- lo salutò lei, pimpante fin dal primo mattino. –Pronto per fare il culo alle Serpacce?- celiò allegra, mentre senza esitazione entrava nella stanza ed andava a posizionarsi vicino ad una delle finestre, lo sguardo al parco del castello.

-E’ tutto ricoperto di neve, dovremo stare attenti.- osservò lei. -C’è il rischio di scivolare sul ghiaccio, se voliamo troppo vicini al suolo. Soprattutto James…-

Parlava, parlava…

Victoria Olsen parlava e lui non ascoltava neppure una parola.

Quella mattina aveva avuto un terribile risveglio, però… rivederla, trovarsela davanti così all’improvviso era stato come venire risucchiato via, a forza, da quei brutti pensieri. Lei lo aveva allontanato all’istante da quell’oscurità.

Guardarla, osservarla parlare, e sapere che quella creatura, quell’uragano di luce e di vivacità, aveva deciso di stargli vicino. Gli aveva detto di essere innamorata di lui.

Meritava davvero una ragazza del genere?

Vick era l’esatto opposto di tutte le ragazze che aveva avuto. Era un maschiaccio, adorava fare a pugni, parlava spesso e volentieri come un ragazzo, si rosicchiava le unghie ed impallidiva di fronte ad un abito tutto pizzi o merletti.

Ma, Merlino, lui sentiva di volerla con tutta l’anima!

Era accaduto pian piano, senza fretta. E lei, a poco a poco, si era fatta spazio dentro di lui. Sirius non sapeva se ciò che provava fosse amore oppure no, non era mai stato troppo bravo con i sentimenti. Però, in quel momento, sentiva che l’unica ragazza che aveva in testa era lei.

Lei, che gli era stata vicino fin da quando erano bambini.

Quella mattina aveva legato stretti i corti capelli corvini; Sirius sapeva bene quanto lei detestasse che anche un solo ciuffo le si posizionasse davanti agli occhi durante la partita. L’attenzione doveva totalmente essere concentrata sulla pluffa.

E lui, senza riflettere troppo, si ritrovò ad abbracciarla, stringendola forte tra le braccia e sentendola trattenere il fiato.

Non erano ancora abituati a tali gesti affettuosi.

Si erano abbracciati numerose volte in tutti quegli anni, certo, ma entrambi avvertivano che qualcosa era cambiato. Il loro legame era cambiato.

Ed era strano stare stretti in quel modo, adesso. Loro, abituati ad essere buoni amici e non lo erano più. Erano… di più.

Victoria, rossa in viso e con il cuore che pareva voler uscire con violenza dalla propria cassa toracica, restava ferma, più che decisa a godersi quell’abbraccio.

Aveva atteso quel sogno per anni. Adesso tutto sembrava realizzarsi e lei non riusciva ancora a crederci.

Chiuse gli occhi, sospirando. Era stata così in ansia per lui, l’altro giorno. Era preoccupata per James, certo, ma Sirius era stato così strano a pranzo…

-Tutto bene?- chiese ad un tratto, continuando a tenere gli occhi chiusi.

Lui non accennava a lasciarla e lei non voleva che lo facesse.

-Ho sognato i miei.-

Era strabiliante il modo in cui non potesse mai, mai, nasconderle niente. Con Victoria non era mai riuscito a tenersi qualcosa dentro. Era sempre stato così.

La sentì irrigidirsi appena tra le sue braccia.

-Sirius…-

-Va tutto bene.- si affrettò a rassicurarla. –E’ passato. Tutto ok.-

Lei sollevò lo sguardo e, finalmente, i suoi occhi azzurri incontrarono quelli blu di Sirius, che ricambiò lo sguardo.

-Se potessi tornare indietro, scapperesti ancora da casa tua con me?- gli chiese a bruciapelo, senza esitare.

Già. Quella domanda…

Se l’era posta numerose volte dopo la sua fuga. Ma la risposta non era mai cambiata.

-Sì. Sì, scapperei di nuovo.-

Vick sorrise, andando a stringergli una mano con la sua.

-Però è complicato, Vick. Io mi sento… mi sento come…-

-Lo so.- mormorò lei, gli occhi ancora nei suoi. –Siri, io credo di capire. Vuoi una famiglia anche tu, è comprensibile. E l’avrai! Un giorno ne avrai una tutta tua e tu non farai gli stessi errori dei tuoi genitori.-

-Come fai ad essere così ottimista?- fece lui, con un sorriso amaro.

-Devo esserlo! Sirius, dobbiamo esserlo tutti!-

A volte Victoria assomigliava così tanto a James…

Black non potè fare a meno di sorridere con calore, mentre nuovamente la stringeva  a sé, posando un bacio su quei capelli nerissimi e luminosi.

-Dai, è ora di scendere in Sala Grande.- lo esortò lei poco tempo dopo. –Preparati, c’è un casino allucinante in Sala Comune. E anche nei corridoi! Gazza è fuori di sé.-

-Se non vinciamo questa partita siamo fottuti.- dichiarò Sirius, divertito.

-Più che fottuti, Black!- sospirò Victoria. –I nostri compagni di Casa ci metteranno alla pubblica gogna!-

Risero entrambi, restando ancora abbracciati. Era piacevole stare così. Strano, nuovo. Ma terribilmente gradevole.

Sorridendo, Sirius pensò che nella sua vita gli unici abbracci sinceri che aveva ricevuto appartenevano ai suoi amici. In casa Black nessuno mai gli aveva regalato un gesto affettuoso, fatta eccezione per Andromeda.

I suoi amici erano anche la sua famiglia. Victoria era la sua famiglia.

Per loro, per lei, avrebbe dato tutto. Anche la vita.

-A che pensi?-

La voce della sua ragazza, appena mormorata, lo risvegliò dai sui pensieri.

-A voi.- le rispose, incrociando il suo sguardo.

Lei parve farsi più seria. –Sei preoccupato per James?-

-Certo che lo sono.- ammise con un sospiro doloroso.

-Cosa è successo ieri?-

Già. Cosa era accaduto?

Sirius si aspettava quella domanda, naturalmente. Vick aveva già fatto molto dandogli del tempo per pensare da solo, ma adesso doveva parlare, dirle tutto. Anche lei aveva il diritto di sapere, visto il grande affetto che la legava a James.

Ma che dirle? Come dirle ciò a cui aveva assistito in quel bagno?

Un amico che non aveva più riconosciuto. Orribile.

Il solo pensarci ancora bastava a chiudergli lo stomaco.

Non riusciva a guardare la Olsen in viso e questo lo obbligò a sciogliere l’abbraccio per andare ad afferrare la scopa da corsa posata vicino al letto. Misera scusa.

Ma parlare dandole le spalle era più semplice.

-Sta male.- mormorò, immobile. –James sta veramente male. Ci nasconde qualcosa, Vick, e non ha voluto dirmi niente. Ma non è per Lily che sta così… E’ qualcosa di più grosso. Non… non lo avevo mai visto in quello stato.-

La ragazza abbassò lo sguardo, affranta. Non sapeva proprio che cosa dire.

-Non so che cosa fare.-

Quell’ammissione fu come una pugnalata in pieno petto e Victoria alzò il viso immediatamente, puntando gli occhi sulla schiena rigida del suo ragazzo. Sirius pareva un pezzo di ghiaccio.

-Forse James ha solo bisogno di tempo.- provò lei.

-Lui mi ha sempre detto tutto.-

-Ma stavolta è diverso, devi accettarlo.- lo riprese la Grifondoro, dura. –E girati, quando mi parli.- aggiunse, addolcendo la voce.

Lo vide voltarsi e puntare gli occhi blu elettrico su di lei, una tristezza irremovibile nello sguardo. Victoria provò il forte impulso di correre da lui e di abbracciarlo ancora, stringerlo forte e rassicurarlo, ma non era questo ciò di cui Sirius aveva bisogno.

-Se sei così preoccupato, allora parlagli ancora. Non chiuderti, non è da te.- gli disse, puntando le iridi azzurre su di lui. –Adesso scendiamo, abbiamo una partita da vincere e non sono ammesse sconfitte, lo sai. Vedrai che una bella vittoria risolleverà l’umore a tutti noi!- fece, correndo a prenderlo per mano.

Era sempre stata così Victoria Olsen. Inguaribile ottimista, forte, granitica, un piccolo tornado. Ed emanava calore. Irradiava tepore da ogni sua singola cellula.

Sorridendo tra sé, Sirius pensò che, veramente, lei e James erano molto simili. Erano la sua forza più grande.

Forse non avrebbe mai avuto una famiglia, dei genitori, a cui tornare. Ma i suoi amici… quelli, no, non glieli avrebbe mai portati via nessuno. Come nessuno avrebbe mai potuto portargli via Vick. La bella Vick.

Lei lo teneva per mano, lo guidava nella Sala Comune, dove innumerevoli compagni di Casa correvano incontro a loro per gli in bocca al lupo di rito per la partita, e lui, ancora, guardava soltanto la giovane donna che lo conduceva.

Sì, sarebbe volentieri andato ovunque lei lo avesse portato, senza fare domande.

 

 

 

“Non si vede  bene che con il cuore. L’ essenziale è invisibile agli occhi.”

Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry

 

 

 

 

La Sala Grande a quell’ora del mattino era gremita, splendente e piena di un vociare allegro e più brioso del solito, arricchita dai fulgenti colori rosso e verde, oro e argento. Quel giorno si sarebbe disputata quella che, da sempre, veniva reputata come la partita più importante del campionato di Quidditch, molto più della stessa finale. Serpeverde contro Grifondoro. Adrenalina e cattiveria erano alle stelle.

C’era solo da augurarsi che nessuno si facesse del male.

Nick-Quasi-Senza-Testa, spinto da un attimo di puro e folle coraggio, osò fare una pernacchia al Barone Sanguinario, che fluttuava agguerrito vicino al tavolo degli insegnanti. Un attimo dopo, il fantasma del Grifondoro uscì sparato dalla Sala, travolgendo nel suo tragitto un gruppo di studentelli del primo anno che rabbrividirono per il contatto freddo avuto con lo spettro.

Più o meno allo stesso modo andò tra Brendon Wolf, un piccolo Grifondoro del terzo anno, ed Adrien Durand, Serpeverde del quarto. Il povero Wolf si ritrovò a correre per la Sala Grande ancor prima di aver insultato l’avversario e fu provvidenzialmente salvato dal tempestivo arrivo della Caposcuola verde argento che, irritata, afferrò il compagno più giovane per il colletto della camicia, riportandolo al tavolo delle Serpi.

C’era da dirlo, Eva Ames amava il Quidditch come un prigioniero di Azkaban adorava un dissennatore. Quando poi c’era da disputare La partita, ovvero Serpeverde contro Grifondoro, allora il suo amore per lo sport magico aumentava a dismisura.

Ironicamente, ovvio.

Quella mattina la Ames teneva i ricci capelli castani acconciati in una treccia severa ed i suoi occhi verde scuro erano assottigliati dal nervosismo. Non erano ancora le dieci e lei già aveva un’emicrania pazzesca. Piton non si vedeva ed ovviamente toccava a lei correre a raccattare i compagni di Casa intenzionati a fare rissa con i Grifoni. Compito infame quello del Caposcuola!

Sospirando, la ragazza tornò a sedersi alla propria tavola e scoccò una veloce occhiata verso il tavolo della Casa avversaria. Remus Lupin non era tra i suoi compagni e lei non sapeva cosa pensare. Che fosse ancora a letto?

L’ultima volta che si erano visti lui le era apparso strano, più pallido e stanco del solito. Lei non aveva potuto fare a meno di preoccuparsi.

La Sala Grande era gremita, i Corvonero  ed i Tassorosso correvano a fare gli auguri ai Grifondoro, tutti avversi a Serpeverde. Tutti odiavano cordialmente i figli di Salasar e lei, purtroppo, faceva parte di quel gruppo tanto detestato.

Era una macchia che si portava dietro da quando aveva undici anni.

Ma Remus la trattava così gentilmente, le si apriva in modo così candido, che lei si era ritrovata a cercarlo con lo sguardo sempre di più.

In quel momento però l’unica faccia nota del settimo anno di Grifondoro che riusciva a vedere apparteneva alla Caposcuola Evans.

La rossa era arrivata in Sala Grande in tutta fretta, trucidando con lo sguardo un gruppo di Grifoni del quinto anno intenti ad intonare cori poco educati tutti indirizzati al tavolo dei verde-argento. Pix dava loro manforte.

Evans aveva impiegato ben quindici minuti del suo tempo a rimproverare i compagni di Casa, per poi lasciarli al loro destino, alleggerendoli di dieci punti in meno a testa.

E adesso era là, in disparte, che rispondeva cortesemente ai saluti dei componenti della squadra di Grifondoro che le passavano vicino, accompagnati dal plauso e dalle urla di incoraggiamento dei compagni.

Alice Rubin corse a sedersi accanto a lei. Aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro e subito prese a riempirsi il piatto di leccornie, mandando per una volta a quel paese la sua preoccupazione per la linea.

-Devo essere stracarica!- disse, facendo scoppiare a ridere i compagni.

Lily rise con lei, ma poco dopo era già persa con lo sguardo rivolto all’immenso portone della Sala, in cerca.

In cerca di lui.

Non aveva mai amato il Quidditch ed odiava cordialmente La partita, ovvero Grifondoro contro Serpeverde. Era ovvia la ragione.

Nel castello si scatenava l’Apocalisse e toccava a lei, in quanto Prefetto prima e Caposcuola adesso, sedare risse e attentati. Non era propriamente un bel lavoro.

Ma James teneva tantissimo a quella competizione e lei non avrebbe voluto deluderlo per nessun motivo al mondo. Voleva anche accertarsi che la pozione rinvigorente avesse fatto il suo dovere e che lui fosse in forma.

Ecco perché si era alzata presto quella mattina, si era vestita, aveva rinunciato agli amati libri ed era scesa con gli altri.

Aveva addirittura indossato una calda felpa rossa che faceva a pugni con i suoi capelli di fuoco, tirati su in un’alta coda. Il nastrino che legava la sua chioma era dorato.

-Speriamo che James stia meglio, ieri non sembrava molto in forma.-

A parlare era stato Adam Maison, uno dei componenti della squadra. Sorrise ad un gruppo di ragazze che gli passò davanti, tornando serio subito dopo.

-E’ vero, stava decisamente giù.- convenne Emma.

Alice si limitò a sospirare, versandosi altro succo di zucca.

-Andrà bene. Andrà tutto benone.-

Aveva parlato senza neppure rendersene conto ed adesso tutti gli occhi dei giocatori del Grifondoro erano puntati su di lei. Lily Evans si sentì arrossire, ma decise di farsi coraggio e proseguire.

-Ho parlato con lui ieri sera. Mi ha detto un po’ di cose… insomma, adesso sta bene. Credo.- farfugliò, portando la sua massima attenzione sul proprio piatto.

Era decisamente imbarazzante, stavano continuando a guardarla senza dire una parola, ma lei non avrebbe più aperto bocca neppure sotto tortura.

Sentiva caldo.

Un fuoco che si concentrava soprattutto sulle guance.

Maledetto Potter!

Non aveva praticamente dormito quelle poche ore che la dividevano dal mattino. Non aveva fatto altro che rigirarsi nel letto, inquieta, agitata e insoddisfatta. La voglia di vederlo era ancora troppa ed il desiderio di correre alla porta della stanza di lui e chiamarlo l’aveva tentata troppe volte.

Ma si era detta che James aveva una partita da giocare e che già non era in ottima forma. Era necessario che lui riposasse quelle poche ore.

Tuttavia, non appena si era fatto giorno, Lily non aveva più resistito. Era balzata giù dal letto ed era corsa a prepararsi.

Stupita, meravigliata, si era guardata allo specchio chiedendosi se tutto ciò che i ricordi le regalavano fosse vero o puro frutto di un sogno. Di immaginazione.

James le aveva davvero detto quelle cose? L’aveva baciata veramente?

La risposta era arrivata prima del previsto. Lei si era guardata allo specchio e, intenta a sistemarsi la coda, lo aveva visto. Un piccolo segno rosso che stava già svanendo.

Un ricordo.

Il ricordo di un bacio particolarmente voglioso che lui le aveva dato.

Era stato troppo per lei.

Era dovuta uscire di corsa dalla stanza, dopo essersi vestita in fretta, sperando di incrociarlo al più presto possibile. Ma lui non era già più nella sua stanza.

E neppure in Sala Grande.

Dove poteva essersi cacciato?

Aveva voglia di vederlo. Aveva disperatamente voglia di vederlo.

Il suo cuore non le stava chiedendo altro da ore e ore.

A varcare il portone della Sala, provocando un allegro vociare, furono Sirius e Victoria, anche loro con l’uniforme rossa e oro. La coppia più parlata di Hogwarts fu subito presa d’assalto da una folla di compagni eccitati e smaniosi di fare gli auguri per la partita imminente.

Vick sorrideva a tutti, raggiante, felice di essere tornata in squadra; Sirius, stranamente, era più sulle sue. Sorrideva, certo, ma la sua appariva di più come una goffa circostanza. Si guardava intorno, come in cerca di qualcuno.

E Lily poteva immaginare di chi si trattasse.

Tempo pochi minuti ed i due ragazzi furono da lei. Le sue iridi verdissime si scontrarono con quelle blu elettrico di Sirius e per un po’ nessuno dei due abbassò lo sguardo. Fu il ragazzo ad interrompere per primo quell’occhiata, sorridendole brevemente. Tregua?

Lily lo osservò prendere posto vicino a Victoria e servirsi la colazione in silenzio, mentre i suoi compagni continuavano a vociare tra di loro con fare concitato.

Vick sorrideva a più non posso, contagiando il resto della squadra. Pareva sprizzare energie da tutti i pori, probabilmente il fatto di essere tornata a giocare la rendeva più felice di quanto la rossa potesse immaginare.

Arrivò anche Peter, trafelato, che immediatamente fece i suoi più sentiti incoraggiamenti a Sirius, che gli arruffò i capelli con fare affettuoso. Minus non si lamentò, lasciando fare l’amico con un sorrisetto divertito.

-Hai visto James?- gli domandò Black, mentre si versava del caffè.

-No.- rispose Peter, abbassando lo sguardo. –Ma credo sia andato da Remus, in infermeria. Sai, no?-

A quella domanda Sirius si limitò ad annuire, mentre anche Victoria abbassava lo sguardo, in silenzio. Entrambi, ovviamente, sapevano. La luna piena, la trasformazione.

Lily guardò i tre con espressione confusa. –Remus sta poco bene?-

-Già.- le disse subito Minus. –Stamani è andato subito in infermeria.-

-Si riprenderà a breve, ha solo bisogno di riposo. Gli capita spesso, te ne sarai accorta. Rem è di salute cagionevole.- fece Vick, alzando lo sguardo e sorridendole.

-Certo.- convenne la rossa, annuendo.

La poca salute di Remus Lupin non era certo un mistero per nessuno, meno che mai per lei, che era sempre stata una rappresentante dei suoi compagni. Aveva spesso accompagnato il ragazzo in infermeria.

-Peccato che non sarà a fare il tifo per noi!- fece Alice, allegra. –Si perderà un partitone con i fiocchi!- aggiunse, carica.

-Come mai così ottimisti?- se ne uscì ad un tratto Stephanie Hamilton, alias il Mostro, che stava passando vicino a loro proprio in quel momento, fasciata in un mini abitino di lana nera. –Guardate che Serpeverde ha dei nuovi giocatori.-

-Il fatto che Malfoy non giocherà mi fa già sentire più sicuro.- borbottò Adam Maison.

-Malfoy è solo uno dei tanti problemi.- mormorò Victoria. –Quelli giocano tutti sporco. Rischiamo di farci del male come sempre, dobbiamo stare attenti.-

-Seghe mentali inutili, li distruggeremo comunque.- sbottò Sirius all’improvviso, con un tono che non ammetteva repliche.

Peter Minus gli riservò uno sguardo adorante, di pura venerazione. Lily lo aveva visto spesso guardare così anche James e non era sicura che la cosa le piacesse.

Anche lei stimava Potter, ma non in modo così materiale. Non sapeva trovare altra definizione, ma le sembrava che per Peter, James fosse prima di tutto “Potter il Grande” e solo dopo un amico.

Victoria Olsen fece per prendere di nuovo parola, ma delle risate conosciute la fecero tacere all’istante. L’amato gruppo di Serpeverde era in arrivo.

Malfoy, Zabini e Nott.

I primi due non indossavano la divisa della squadra, dato che, dopo ciò che avevano architettato in biblioteca ai danni di Lily e Vick, una delle loro punizioni era proprio il non poter più giocare a Quidditch.

Avrebbero dovuto essere furibondi quella mattina, invece parevano soddisfatti.

-Sei proprio sicuro di scendere in campo Black?- fece Lucius con un sogghigno.

-Perché non dovrei?- rispose il Grifondoro, già pronto al diverbio.

-Potresti restarci male, molto male.- spiegò Malfoy, divertito. –Non piangere, promesso? Non sarà niente che non conosci già.-

-Che stai blaterando, Malfoy?- ringhiò Sirius, già con il dente avvelenato, ottenendo come risposta soltanto una vaga alzata di spalle.

Sarebbe potuta finire in rissa, Serpeverde e Grifondoro non aspettavano altro, ma Lucius Malfoy, il ghigno strafottente ben stampato sulla bocca, voltò le spalle al tavolo dei Grifoni per tornarsene nel suo regno di verde e argento. Più nessuna parola. Nott e Zabini che ridevano tra di loro.

-Lasciali perdere, Siri.- fece Emma McLoow, portiere del Grifondoro.

-Sono degli idioti.- convenne Lucas Smith, battitore.

Lily restò in silenzio, osservando preoccupata la mascella contratta di Black. Era nervoso, pareva in procinto di esplodere da un momento all’altro. Non conosceva nessuno di così emotivo come Sirius Black.

E sicuramente la preoccupazione per James non lo faceva stare meglio. Lo aveva visto il giorno precedente, aveva notato il suo sguardo perso ed angosciato.

Forse doveva dirgli qualcosa. Rassicurarlo.

-Black.- lo chiamò, timidamente.

Il ragazzo si voltò verso di lei, quasi sorpreso dal fatto che gli avesse rivolto la parola. Quegli occhi blu riuscivano a metterla in soggezione, quasi dovette deglutire.

-Devi stare tranquillo.- cominciò. –James è…-

-Arrivato.- si intromise Adam Maison, con un sorrisone divertito.

Ed era impossibile non notarlo, perché quando James Potter fece il suo ingresso in Sala Grande, il boato fu assordante. Gli unici a rimanere in silenzio furono i Serpeverde. E Peter, lo sguardo del quale si oscurò all’istante, senza però che nessuno lo notasse. Gli occhi di Minus avevano preso a vedere tutto sotto una luce distorta, ormai. E non c’era più solo ammirazione. Ma anche rabbia. E invidia.

Lui.

Lui.

Lui.

Sempre lui.

Tutti correvano da James, tutti si complimentavano con James, tutti facevano gli auguri a James, tutti gli stringevano la mano.

James, James e ancora James.

Quel nome aveva preso quasi a nausearlo. Era come un veleno, qualcosa di malvagio e ingiusto che aveva cominciato a scorrergli nel sangue e che, talvolta, lo spaventava.

Non avrebbe mai voluto provare simili sentimenti per James Potter, il ragazzo che più di tutti gli era stato vicino, ma… non riusciva più  fermarlo.

Quel mostro che pareva essersi annidato dentro di lui stava sempre più correndo fuori controllo, deformando la sua visione delle cose, deturpando i suoi ricordi.

Fu così che vide quel sorriso come l’ennesima dimostrazione di quanto James fosse superbo e vanitoso. Quella camminata gli apparve tronfia, strafottente.

Non lo vedeva più con gli occhi di prima.

D’altro canto, Sirius Black puntò lo sguardo sul suo migliore amico e restò a guardarlo, meravigliato e disorientato.

James pareva essere tornato quello di sempre, non c’era traccia dello sconosciuto con cui aveva discusso in bagno. Niente lacrime, niente volto contratto dal dolore.

Eccolo, quello era James Potter.

Quello era l’amico che ricordava.

Era tornato, ma lui non poteva più dimenticare.

Cosa gli era successo? Non riusciva più a capire.

C’era stato un tempo in cui guardare James era come osservare la propria immagine allo specchio, identica. Adesso Sirius aveva di più l’impressione di contemplare un riflesso vuoto, spento. Ed era doloroso da morire.

Peter Minus e Sirius Black distolsero lo sguardo da Potter nello stesso momento, senza accorgersene, ognuno per un motivo proprio e diverso dall’altro.

Chi invece rimase con gli occhi puntati sul cercatore di Grifondoro fu Lily Evans. Il cuore che le martellava nel petto con violenza e senza pietà. Una morsa dolce e al contempo forte come l’acciaio che le stringeva lo stomaco.

Farfalle.

Lui era bello da morire, o almeno così appariva a lei. Lily era più che certa che i suoi occhi avessero cessato di funzionare, quando si parlava di James Potter.

Era con il cuore che lo vedeva.

E quei capelli neri perennemente in disordine erano diventati adorabili per lei, come era accaduto per gli occhi scuri, vivacissimi, svegli, furbi. Il volto sottile, il naso di poco più lungo rispetto alla media. E altri piccoli difetti che lei aveva imparato a memoria e che avrebbe amato per sempre.

Un ideale di perfezione maschile ad Hogwarts avrebbe potuto essere Sirius Black, eppure lui e James riscuotevano successo in ugual misura.

Lily Evans lo notò, e con un certo fastidio, anche quel giorno.

Potter non aveva fatto a tempo a mettere un piede in Sala Grande che subito, oltre agli amici ed ai conoscenti, si era subito ritrovato sommerso da ragazze, tutte in cerca della sua attenzione.

Erano pazze di lui e Lily dovette ammettere che, adesso, le capiva.

Lui non era solo un bel faccino. E non era neppure soltanto un bravo Cercatore. James aveva qualcosa dentro che attirava come una calamita.

James incantava. Avrebbe potuto ottenere qualsiasi cosa.

L’immensità del suo cuore. La sua fedeltà. Il suo ottimismo. La sua forza. La sua correttezza. La sua risata contagiosa. I suoi occhi così vivi. Il suo modo di parlare da oratore nato. Era tutto questo che soggiogava.

Era tutto questo che riusciva a battere, ad esempio, la bellezza perfetta di Sirius.

Guardando Potter, Lily provò l’inarrestabile impulso di correre da lui e raggiungerlo, ma era sicura che non sarebbe mai riuscita a muovere un muscolo.

Si sentiva come inchiodata alla panca dove era seduta.

Rimase ad osservarlo, incantata, per nulla preoccupata che qualcuno potesse rendersi conto del suo abbandono.

Rivederlo dopo la notte che avevano trascorso insieme era euforia e gioia. Era battito di cuore che non diminuiva.

Fu naturale per lei soffermarsi ad ammirare quella bocca sorridente, labbra che avevano sfinito le sue di baci poche ore prima. Avvertì un calore familiare diffondersi nel proprio petto, nello stomaco. Lo aveva avvertito anche la sera prima.

Era la voglia di baciarlo che la schiacciava. Il desiderio di non staccarsi da lui.

Poteva considerare normale ciò che provava?

Era normale bramare una persona, un’anima e anche un corpo, fino a quel punto?

Poi un tuffo al cuore. Una presa di coscienza.

James sorrideva a tutti, stringeva mani e rispondeva ai saluti. Parlava, rideva.

E, intanto, guardava lei.

Presa com’era ad osservarlo e a pensare a lui, Lily non se ne era minimamente accorta. Poteva sembrare un controsenso, eppure era così.

Da quanto tempo lui la stava fissando? Quegli occhi neri non si staccavano da lei.

Fu come se il sangue le si fosse incendiato nelle vene.

Dal calore che avvertì alle guance comprese di essere arrossita.

Vieni.

Vederlo parlare con tutte quelle ragazze era una tortura, non avrebbe mai immaginato di poter essere così gelosa. Era un’agonia vederlo là, distante da lei, anche se per pochi metri.

Basta. Ti prego, vieni.

Lo vide sorridere ad un Tassorosso del loro stesso anno, scambiarsi con lui una divertita pacca sulla spalla. Poi, finalmente, dirigersi verso il tavolo rosso e oro.

Una ragazza gli passò vicino e, rossa in viso, gli fece gli auguri. E lui sorrise di nuovo, annuendo. Poi gli occhi neri cercarono ancora lei.

-Fortuna che la mia ragazza è un’abile pozionista.-

Ricordare. E poi tremare.

Lui le aveva detto quelle parole non molte ore fa.

Non doveva provare gelosia, James le aveva dimostrato quanto importante fosse per lui, quanto tenesse a lei più che ad ogni altra persona.

Ti amo.

Il cuore le batteva veloce. Lui camminava troppo piano, sembrava non arrivare mai. Oppure era una sua impressione?

Ti amo, Lily.

Rumore. Non c’era più rumore. Perché non parlava più nessuno? Perché non c’era più nessuno? Che fine avevano fatto tutti? Che fine aveva fatto il resto del mondo?

Ti amo da morire.

In quel silenzio bianco esisteva soltanto quella voce, l’unica capace di farla vivere.

Ed ora lei lo sapeva.

Parvero anni ed invece furono solo una manciata di secondi.

Finalmente lui le fu davanti, vicino, suo.

Le sorrise, lo fece con quel sorriso che le era sempre appartenuto, che si estese fino agli occhi, addolcitisi per lei.

-Buongiorno.-

Fu la prima parola che le disse. Semplice, ordinaria. Ma era il tono di voce che raccontava, che parlava per lui. Indescrivibilmente caldo. Innamorato.

Lily aprì bocca per rispondergli, ma le parole parvero non uscire, dispettose. Dannato, dannatissimo cuore, che non le dava tregua, che era senza pietà.

James non disse più nulla, ma le sorrise nuovamente.

Poi la voce briosa di Adam Maison fece ricordare ad entrambi di non essere da soli nella Sala Grande e che quell’improvvisa e bellissima solitudine che li circondava non era altro che un’illusione che i loro occhi incatenati avevano loro regalato.

-Capitano, dove diavolo eri finito, si può sapere?-

Potter si passò velocemente una mano tra i capelli, arruffandoli distrattamente, e sorrise, furbo. –Controllo del campo, ovvio. C’è del ghiaccio, dobbiamo stare attenti a non fare scivoloni ragazzi. Ci pensate che figura?-

Victoria rise. –Ci avevo pensato anche io!- dichiarò, fiera. Poi addolcì lo sguardo.

–Come stai, James?-

Sirius rimase immobile. Lily, invece, puntò gli occhi verdi sul giovane cercatore.

-Mai stato meglio!- rispose Potter.

E quel sorriso, quegli occhi, dicevano chiaramente che era la verità.

Black sollevò lo sguardo sull’amico, serio in volto. –James…-

-Siri.- lo fermò subito l’altro. –Dopo la partita e tutto il resto devo parlare con te, Peter, Remus, Vick e Julian. Ti dirò tutto, te lo prometto.-

Victoria ammutolì, come il resto della squadra. Lily concentrò la propria attenzione su Sirius, che in quel momento aveva contratto la mascella, rigido.

-Non voglio menzogne.-

James non abbassò lo sguardo di fronte a quegli occhi blu.

-Non te ne darò.- ribattè, sincero. –Adesso però mi servi concentrato sul campo.-

Il suo migliore amico si limitò ad annuire. –Remus è in infermeria.-

-Lo so, sono passato da lui prima di venire qui.- lo informò Potter. –Mi ha detto di dirvi che manda a tutti un in bocca al lupo.- e quella bocca tremava per un sorriso trattenuto a stento.

Sirius Black, invece, scoppiò letteralmente a ridere.

Vick, scuotendo il capo divertita, commentò il tutto con un: -Quello stupido!-

Lily non capiva, ma non stette troppo a pensarci. James la stava guardando di nuovo e le sorrideva, furbo. –Bella la felpa rossa, Lily. Devo forse dedurre che verrai alla partita per vedermi?- le chiese, divertito.

Lei rispose a quel sorriso. –Possibile, James. Se non avrò altro da fare.-

Non era poi così difficile parlargli, dopo tutto. Bastava solo ricordarsi come respirare, incontrare il suo sguardo, prendere un bel respiro e ripartire.

Bastava andargli dietro. Lasciarsi guidare.

Il sorriso di James si ampliò. –Oh, così mi ferisci.-

-Sopravvivrai.- rispose subito lei. Sì, adesso si stava sinceramente divertendo.

Lui non fece allusioni, neppure le si avvicinò più del necessario. La guardava, la guardava solamente e le parlava in un muto silenzio fatto di occhiate.

Lily lo ringraziò mentalmente per questo.

Era tutto accaduto così velocemente che ancora non riusciva a capacitarsi di tutto.

In più non era mai stata il tipo di ragazza che amava esibirsi in pubblico. E, se James Potter l’avesse baciata lì, in Sala Grande, poteva giurare che di pubblico intento a spiarli e poi a sparlare ce ne sarebbe stato da vendere.

Aveva solo bisogno di tempo, anche soltanto qualche ora in più, poi anche gli altri avrebbero potuto sapere. Ma non in quel momento, quando poteva incrociare lo sguardo di James e condividere con lui quel loro segreto.

Potter pareva aver capito tutto. A quanto pareva, lui la conosceva davvero meglio di quanto lei potesse pensare.

Victoria però li guardava con uno strano sorrisetto stampato in faccia, forse aveva già compreso senza che nessuno di loro due le avesse detto niente.

-Beh, credo sia ora di andare.- disse ad un tratto Alice, dopo aver dato una rapida occhiata al suo piccolo orologio da polso.

Lily lasciò vagare lo sguardo per la Sala e si rese conto che questa si stava ormai svuotando velocemente. L’intera scolaresca di Hogwarts era diretta al campo di Quidditch. Si accorse in quel momento che James indossava alla perfezione la divisa del Grifondoro. Intenta come era a guardare il suo viso, non si era minimamente resa conto di dettagli così irrilevanti come gli abiti.

-Hai ragione, Alice.- convenne Potter. –Andiamo squadra!-

Si alzarono tutti, più carichi che mai. Sfilarono per la Sala e ricevettero nuovi auguri e ancora saluti. I compagni più piccoli si sgolavano con urla di incoraggiamento.

Lily accompagnò la squadra senza neppure rendersene conto. Camminava al fianco di James, completamente presa da lui e nessun altro.

Era incredibile come una persona potesse tutto ad un tratto dal nulla diventare il centro del suo universo, il fulcro di ogni suo pensiero.

Era strano. E, al contempo, era bellissimo.

In prossimità del campo di Quidditch, già si potevano udire le grida di incoraggiamento. La tifoseria era un’onda rossa e oro oppure verde e argento. L’aria era fredda sul viso, il sole splendeva ed il ghiaccio del primo freddo brillava alla luce del mattino. Una leggera brezza portava gli incoraggiamenti fino alle orecchie della squadra di Grifondoro, che si diresse spedita verso gli spogliatoi.

Lily fece gli auguri a Sirius ed abbracciò affettuosamente Victoria e Alice, poi rimase ad osservarle mentre seguivano i compagni.

Un sorriso le incurvò le labbra rosee. Sapeva che lui era ancora lì.

James l’abbracciò da dietro, nascondendo il viso nell’incavo tra la spalla ed il collo di lei, che accentuò il sorriso, sentendosi arrossire. Le lenti degli occhiali di lui erano fredde contro la pelle, i suoi neri capelli ribelli le provocavano solletico, ma erano morbidi e piacevoli al contatto.

-Hey.- le mormorò lui all’orecchio, divertito, stringendola un poco di più.

-Hey.- rispose lei, imbarazzata, mentre avvertiva il cuore cominciare a battere più forte, come accadeva ogni volta quando si trattava di Potter.

Non era abituata a quel genere di attenzioni. Le facevano piacere, certo, ma al contempo ancora la mettevano in difficoltà e terribilmente in imbarazzo.

James parve accorgersene, perché allentò un po’ la presa, lasciandola libera di allontanarsi. –Ti da fastidio?- le domandò.

-No.- disse subito lei, scuotendo il capo. –Va bene.-

-Sicura?-

-Sì. Sì, certo.-

Di nuovo quelle braccia tornarono a stringerla con la stretta di poco prima e, questa volta, lei si rilassò tra di loro, chiudendo gli occhi. Beandosi di quel cuore che sentiva battere sulla propria schiena e di quell’odore, il Suo odore.

Aveva una disperata voglia di baciarlo, ma anche stare così era bellissimo. E non voleva rovinare niente. Voleva godersi appieno ogni singola emozione che quel ragazzo meraviglioso era in grado di farle provare.

-Hai la partita.- sussurrò piano.

Quello era l’ultimo rimasuglio di coscienza che le era rimasto.

-Non credo che mi importi.- lo sentì rispondere.

-James…-

-Lo so.- e lo udì ridere sommessamente. –Vado, vado.-

-Vai.-

L’abbraccio si sciolse e lui le andò davanti, scrutandola con i suoi occhi scuri e buoni.

-Dammi il tempo di prendere quel dannato Boccino e torno subito da te.- le disse, allegro, regalandole una carezza.

-Mi troverai sugli spalti a fare il tifo.- fece lei, sorridendo.

-Viva James Potter.- la istruì lui, mentre già sorrideva furbo.

Con un finto sospiro esasperato, Lily lo accontentò. –Viva James Potter.-

 

 

 

“ La vittoria per me è non mollare, non importa cosa mi piove addosso, posso farcela, posso continuare. “ 

Patrick Swayze  

 

 

Sirius Black comprese il significato delle parole di Lucius Malfoy solo nel momento in cui mise piede in campo, salutato dalla folla di studenti sistemati sugli spalti.

Malfoy gli aveva detto di non partecipare alla partita, lo aveva avvertito che ci sarebbe stato qualcosa di poco piacevole ad aspettarlo. Ed aveva ragione, aveva maledettamente ragione. Deglutendo, Sirius si disse che il destino aveva davvero deciso di giocargli un brutto tiro.

E che certi brutti sogni, a volte, arrivano per un buon motivo. Non giungevano a caso, ma per avvisare, mettere in guardia.

Maledizione!

Lo stadio era in tumulto, una girandola di voci e colori, di applausi e di urla, ma lui non riusciva a staccare gli occhi da due figure poco lontane.

Era atroce.

A pochi metri da lui, suo padre e suo fratello.

Una pugnalata in pieno petto. Una spina nel cuore che andava ad aggiungersi a molte altre collezionate.

È soltanto un’altra piccola ferita, Sirius.

Non se lo aspettava, no di certo. Malfoy, Zabini e Lestrange erano stati espulsi dalla squadra di Serpeverde, mancavano perciò due posti come cacciatori ed uno come cercatore. Sirius poteva aspettarsi chiunque, chiunque, ma non che a prendere il posto di Rodolphus Lestrange come Cercatore fosse suo fratello.

Regulus. Regulus. Regulus.

Suo fratello che, per la prima volta, indossava l’uniforme da Quidditch verde e argento dei Serpeverde, che teneva in spalla una scopa nuova di zecca.

E suo padre, Orion Black, austero e severo nel suo mantello nero di magnifica fattura.

Orion era lì, parlava con Regulus, addirittura sorrideva. Poi, una mano sulla spalla del figlio minore ed una sorta di orgoglio negli occhi.

Uno sguardo che per Sirius non aveva mai avuto. Mai.

Ma, del resto, Orion non era mai stato ad una sua partita. Non si era mai scomodato ad andarlo a veder giocare per il Grifondoro, non aveva mai apprezzato le sue qualità come Cacciatore.

Giocava dal secondo anno. I suoi genitori non erano stati ad una sua singola partita.

Eppure, per Regulus, l’eccelso figlio, il signor Black era lì.

Cuore. Maledetto cuore che ancora faceva male. Doleva atrocemente.

Quella non era più la sua famiglia. Allora perché li stava guardando così disperatamente? Cos’era quell’astio? E… quell’invidia?

Fu con rabbia che vide arrivare Bellatrix, bella nel suo pesante mantello blu notte con colletto di pelliccia. I suoi capelli nerissimi e lunghi frusciavano nel lieve vento come fili di pura seta.

La osservò mentre buttava le braccia al collo dello zio e si lasciava abbracciare, poi baciare su entrambe le guance.

Gesti falsi, privi di significato. Ma a questo erano abituati i membri della famiglia Black.

E, mentre si lasciava salutare dal parente, Bella guardava lui. Guardava Sirius, sorridendo maligna e divertita. Canzonatoria.

Poi zio e nipote abbandonarono il campo, mentre il giovane Regulus tornava in mezzo alla sua squadra per ricevere le ultime informazioni prima della partita.

Sirius lo seguì con lo sguardo e sussultò, quando avvertì una mano posarsi sulla sua spalla con fermezza. Si voltò ed incontrò gli occhi di James che lo scrutavano, preoccupati ed attenti.

-Sirius.- lo chiamò suo fratello, parlando piano.

No, James non doveva ancora preoccuparsi. E, soprattutto, lui non poteva permettersi di stare male per quei fantocci con un blocco di ghiaccio al posto del cuore.

Non erano più la sua famiglia. Non aveva bisogno di loro.

Reagì con rabbia, l’unico sentimento che potesse aiutarlo in quel momento.

-Va tutto bene.- sbottò, rigido. –Quelli là non sono più niente per me, lo sai. E non azzardarti a farti problemi per quel bamboccio di Regulus, chiaro? Anzi. Buttalo giù dalla scopa, se ci riesci. Non me ne frega niente.-

James Potter non abbassò lo sguardo, restò a fronteggiarlo, come non faceva più da tempo. Madama Bumb stava chiamando i capitani, ma lui non si mosse. Non prima di aver scoccato una lunga e significativa occhiata al suo migliore amico.

-Adesso chi è il bugiardo?-

Poche parole e andate a segno. Subito dopo James se ne era andato, raggiungendo la Bumb ed il sostituto di Lucius Malfoy, Avery, che faceva le vesti del capitano di Serpeverde. Arrivati di fronte, Potter porse la mano al rivale, ma quello preferì sputarci sopra.

il grido di rimprovero di Madama Bumb non si udì neppure, superato dalle urla inferocite dei Grifondoro, dei Corvonero e dei Tassorosso, unite alle risate sguaiate delle Serpi.

Si cominciava bene.

Lily Evans chiuse gli occhi un istante, una ceca rabbia si era immediatamente impossessata di lei, esattamente nel preciso istante in cui aveva ben compreso la scena. Poi li riaprì di nuovo.

I suoi compagni stavano ancora sbraitando arrabbiati, mentre da Serpeverde arrivavano cori offensivi diretti verso di loro. La tifoseria era carica.

Stretta in una calda giacca di lana, la bella felpa rossa sotto di essa, Lily aveva preso posto su uno degli spalti più alti, dove avrebbe potuto meglio seguire i giocatori in volo. Vicino a lei, Frank Paciock era a dir poco fuori di sé.

Con i colori rosso e oro anche sulla pelle, Frank stava letteralmente dando in escandescenze, tanto che lei decise di dimenticare l’ultima sua imprecazione.

Troppo sporca.

Peter Minus, seduto vicino a lei, se ne stava stranamente in silenzio.

Sotto urla, accuse ed offese velenose, i Bolidi furono liberati, seguiti a ruota dal Boccino, che subito scomparve alla vista di tutti. Infine fu la volta della Pluffa e le due squadre presero il volo, dando inizio a quella che forse era la peggiore partita di ogni campionato.

A commentare, come al solito, Amanda Scott, settimo anno di Tassorosso. La ragazza amava il Quidditch più di quanto potesse amare un ragazzo. Vicino a lei la professoressa McGranitt, già col dente avvelenato per il saluto tra capitani, e Lumacorno, intento a rosicchiare dei biscotti alla menta. Poi Stephanie Hamilton, con la penna prendi appunti ed il suo fotografo asservito, Evan Gres.

* Ed è così che inizia la famosa e tanto attesa partita tra Grifondoro e Serpeverde, con un bello sputo da parte delle Serpi e Grifondoro oltraggiata! Mi auguro che la saliva dei Serpeverde non sia avvelenata come il sangue che scorre nelle loro vene, altrimenti i Grifoni si sono giocati Potter per il campionato! * stava dicendo Amanda, provocando risate oppure insulti negli spettatori.

La McGranitt, stranamente, non commentò, mentre Lumacorno arrossiva impacciato.

Lily rimase in silenzio, lo sguardo puntato su James che prendeva sempre più quota, diventando a poco a poco più piccolo e meno visibile.

-Grande Scott!- esclamò Frank, soddisfatto, mentre lanciava un’occhiataccia agli spalti dove erano rintanate le Serpi in questione.

* La Pluffa è stata subito intercettata da Black, che all’istante parte sparato verso l’aera avversaria, sarà punto? Ecco che Avery gli và addosso, poco correttamente aggiungerei, ma che sto a parlare, è Serpeverde che sta giocando, nevvero? * commentò Amanda, mentre dalla zona verde ed argento si levavano fischi di protesta. * Ma Black riesce a liberarsi e passa a…. a Rubin! Ragazzi, Rubin è partita come un fulmine e chi la ferma? Ecco che evita un Bolide, supera Rabastan Lestrange eee… ok, c’è solo Cordelia Hale da superare! Forza Alice! *

Tutta l’ala rosso ed oro, unita ai Tassorosso ed i Corvonero era impazzita. Le urla erano assordanti. Il nome di Alice pareva risuonare in tutto lo stadio. Un coro unito.

Non riuscendo a stare seduta, Lily scattò in piedi, vicino a Frank che pareva saltellare sulla sua postazione. –Dai! Dai, Rubin! Dai!- stava dicendo, non staccando gli occhi dalla ragazza.

Afferrando forte la balaustra di legno davanti a sé, anche la rossa puntò gli occhi verdi sull’amica. –Alice, forza!- esclamò, presissima.

* Alice lancia la Pluffa! Hale si lancia e…. MANCATA! Spiacente, Serpeverde! Dieci punti al Grifondoro! *

Il boato che invase lo stadio fu assordante. Lily si ritrovò costretta a tapparsi le orecchie per attutire almeno un minimo il rumore. Ma anche lei gridava, anche lei era in preda all’euforia, esattamente come tutti gli atri.

* La Pluffa viene rilanciata e, Merlino, veloce come uno schiantesimo! Eccola! Olsen la afferra al volo eee… incredibile!... rilancia subito! Troppo improvviso! SEGNA! Altri dieci punti per Grifondoro! GRANDE VICK! *

Frank era letteralmente impazzito, così come gran parte dei tifosi del Grifondoro. Lily era pronta a giurare di aver sentito qualcuno dagli spalti più bassi urlare: -AMO QUELLA RAGAZZA! AMO QUELLA RAGAZZA!-

Peter saltellava, euforico, squittendo:- Bravissima Vick!-

La Olsen passò davanti a loro poco dopo, una freccia rossa, e li salutò con un veloce gesto della mano, per poi andarsi a disporre nello schema della squadra.

Emma McLoow, portiere del Grifondoro, che ancora non si era vista invadere la propria area dagli avversari, finse di sbadigliare, provocando l’ilarità dei compagni venuti a fare il tifo.

* Ed ecco che la Pluffa viene nuovamente rimessa in campo! Stavolta però sono i Serpeverde ad intercettarla! Avery ha la Pluffa! Passa veloce a Lestrange! Bolide da parte di Adam Maison! Lastrange evita! Lastrange lancia! Black afferra la Pluffa e rilancia in avanti! A quanto pare Emma non avrà molto da fare oggi! *

Lily rise insieme al resto dei compagni. Non avrebbe mai creduto di rimanere così coinvolta da una partita di Quidditch, ma, infondo, doveva aspettarselo. Adesso aveva più di un motivo per essere lì a fare il tifo e sperare nella vittoria.

Non avrebbe mai amato troppo quello sport, ma voleva bene a molti giocatori del Grifondoro. A Victoria. Ad Alice. E poi Sirius, con il quale ancora non era riuscita a legare molto. Adam, Lucas ed Emma, che l’avevano accettata tra di loro ed erano sempre gentili con lei.

Ed infine James. Il suo adorato James. Voleva che lui fosse felice più di ogni altra cosa.

In quel momento non riusciva più a vederlo, doveva trovarsi troppo in alto in cerca del Boccino. Avrebbe dovuto affrontarsi con Regulus Black, il fratello di Sirius.

Lei non sapeva quasi nulla del fratello minore di Black, soltanto che era molto stimato dagli insegnanti, che era uno borioso purosangue e che lui ed il fratello maggiore si detestavano cordialmente.

Aguzzando lo sguardo, Lily provò ad individuare il nuovo Cercatore di Serpeverde, ma non ci riuscì. Anche lui era scomparso.

-Noto con piacere che alla fine il di dietro di Potter non si è congelato.-

Una voce strascicata, annoiata, che proveniva da dietro le sue spalle. E lei si ricordava il proprietario di quel tono così particolare e stravagante.

Si voltò, indecisa su cosa ribattere.

-Sono riuscita a farlo rientrare in tempo al castello.- rispose infine, incontrando lo sguardo sornione di Julian Harris.

Il Corvonero indossava un pesante cappotto nero in sostituzione del classico mantello da mago, cosa che lasciò Lily piacevolmente perplessa. Era raro vedere un mago purosangue con abiti ripresi dai babbani.

Al collo, il ragazzo portava la sciarpa blu ed argento dei Corvonero. Probabilmente era uno dei pochi che non si era schierato in occasione della partita.

Julian si accorse dello sguardo della rossa e fece spallucce. –Non capisco perché una volta o due all’anno devo magicamente diventare Grifondoro o Serpeverde a causa di una stupida competizione.- biascicò, indicando un gruppo di suoi compagni abbigliati con colori rossi ed oro. –Sono un Corvonero punto e basta. E faccio il Corvonero. E poi, perché dovrei tifare per una squadra che ha sconfitto la mia?-

In effetti il suo discorso non faceva una piega. Ma, memore dello scontro con i Corvonero, Lily assottigliò lo sguardo. –Non siete stati molto leali durante la partita, vi siete meritati di perdere.- dichiarò, sicura.

Ricordava bene come i giocatori di Corvonero non avessero dato pace a James e di come Grifondoro avesse rischiato di perdere dopo l’abbandono improvviso di Vick.

Ma, ancora, Julian Harris fece spallucce. –Solo vuoi cocchi di Godric Grifondoro siete così ottusi da non barare. Mica è colpa degli altri se siete gli unici a non essere furbi.-

Era senza parole, non aveva davvero idea di cosa dire. Ma mollare un bello schiaffo in faccia a quel tipo strambo le sembrava quasi la soluzione migliore.

Mentre erano lì ad osservarsi, in silenzio, Sirius segnò il terzo punto, ma entrambi erano troppo presi nello scrutarsi per unirsi ai festeggiamenti.

-Sei strano, Harris.- decretò Lily, scura in volto.

Lui fece una smorfia che poteva essere divertita. –Oh, non sei l’unica ad avermelo detto, sai? E non sarai neppure l’ultima, mi auguro.-

-Ti auguri?!-

-Cielo, sì! La normalità è così seccante, non trovi?-

Ok, adesso seriamente non sapeva più che cosa rispondere.

-Comunque, non so cosa sia accaduto tra te e James, ma hai fatto un bel lavoro. Se possibile, mi sembra più fuori del solito. Volevo solo dirti questo.-

-Non so se prenderla come un complimento oppure no.-

-Prendila come ti pare.-

Un minuto dopo Harris se ne era andato, ingoiato dalla folla di tifosi, lasciandosi una confusissima Lily alle spalle, indecisa sul cosa pensare. No, quel ragazzo decisamente non era normale, non aveva tutte le rotelle al loro posto.

Ed era amico di James.

Beh, questo doveva aspettarselo da uno come Potter.

* Siamo a cinquanta punti per Grifondoro e ancora nessuno per Serpeverde, sembra che l’assenza di Malfoy si faccia sentire più di quanto noi immaginassimo. Resta solo da trovare il Boccino D’Oro. Potter, qualcuno vede Potter? * stava dicendo Amanda, guardando in alto con fare preoccupato.

Anche Lily, sentendo nominare il ragazzo, sollevò nuovamente il volto alla ricerca del Cercatore, ma di lui non vi era traccia. Di tanto in tanto vedeva uno sfrecciare rosso nel cielo, poi più nulla. Doveva trovarsi davvero molto in alto.

Il Boccino non si vedeva, nessun bagliore dorato da nessuna parte.

-Che strana partita.- disse ad un tratto Frank, corrugando la fronte. –I Serpeverde stanno subendo troppo. Non ci sono Malfoy, Lestrange e Zabini, è vero, ma non mi aspettavo che i sostituti fossero così mansueti.-

Ma avevano parlato tutti troppo presto e quella fu una delle partite più scorrette della storia. Malfoy era stato buttato fuori dalla squadra, vero. Ma nessuno gli avrebbe impedito di continuare a giocare.

I Grifondoro, fin troppo tronfi per i loro successi, non si accorsero minimamente della trappola che, pian piano, si stava chiudendo intorno a loro.

A lanciare una potente maledizione di confusione ad Emma McLoow fu Severus Piton in persona. Proprio lui, che tutto avrebbe fatto pur di non far nuovamente vincere l’odiato Potter.

Avery lanciò la Pluffa con violenza verso l’anello avversario più a destra ed Emma, provocando un urlo stupito nei tifosi rosso e oro, si gettò veloce e sicura a sinistra, facendo ottenere a Serpeverde i primi dieci punti.

Da quel momento, gli anelli di Grifondoro divennero pressappoco indifesi.

La tifoseria di Grifondoro sconvolta. Tutti con il fiato sospeso. Nessun rumore.

Lo stadio era come diventato deserto.

* Ragazzi, Emma sembra in difficoltà! Lestrange prende la Pluffa, evita Rubin. Tira! Ma Black salva la situazione! Cavolo, Potter deve trovare il Boccino! Non mi piace la piega che sta prendendo la partita! Stiamo a settanta a cinquanta per Grifondoro! Serpeverde sta risalendo! *

L’attenzione di tutti era massima, gli occhi di ogni spettatore puntati sul campo ed i giocatori, soprattutto su Emma, che, dopo un altro paio di disastrose parete, era divenuta paonazza dalla rabbia e l’imbarazzo.

I Grifondoro erano ammutoliti. I Serpeverde ridevano, prendendo in giro il portiere dei rosso e oro. Gli studenti delle altre Case parevano ammutoliti.

-Perché Emma fa così? Perché non ne para più una?- stava balbettando Peter a dir poco incredulo, mentre non staccava gli occhi dalla ragazza in questione.

Probabilmente quella era la domanda che tutti si stavano ponendo.

-Prima andava alla grande. Non capisco. Sembra come sotto Imperius o altro.- meditò Lily, confusa.

-Impossibile.- fece subito Frank, disperato. –Intorno al campo di Quidditch si attiva una barriera anti incantesimo, quando si gioca una partita. Si fa per proteggere la competizione da varie influenze scorrette provenienti dall’esterno.- spiegò, sospirando. –Deve essere accaduto qualcos’altro ad Emma. Non so cosa.-

Neppure la stessa Emma McLoow sapeva spiegarsi. Un attimo prima si sentiva in forma, pronta al gioco. Adesso sentiva soltanto una gran voglia di ritirarsi e scappare via. Non riusciva più ad intuire i movimenti degli avversari, stava sbagliando tutto. Ed i Serpeverde stavano per salire in vantaggio.

Sirius le volò vicino, chiedendole spiegazioni, ma lei scosse il capo, non riuscendo a dire nulla. Stava per mettersi a piangere, ne era certa.

-Perché James non chiede una pausa?! Dobbiamo parlare con Emma! C’è qualcosa che non va!- gridò Victoria a Sirius, mentre gli passava vicino.

Il ragazzo però scosse la testa. –James deve trovare il Boccino. Prima lo trova, prima tutto questo finisce. Intanto dobbiamo proteggere gli anelli. Emma non sta bene.-

-Così però favoreggiamo Serpeverde! Dobbiamo attaccare!-

In campo scoppiò il caos. Autenticamente.

I Battitori di entrambe le squadre cominciarono a dirottare Bolidi a più non posso, mirando violentemente ai giocatori. E, tra i Cacciatori, si ingaggiò un’autentica lotta. Le più prese di mira, ovviamente, furono Victoria ed Alice. Ragazze e, quindi, più deboli fisicamente.

* Bolide da parte di Serpeverde diretto verso Alice! Alice evita, grande! Alice sfreccia, tira e… SEGNA! Dieci punti per Grifondoro che recupera un po’! Ed ecco che… HEY! FALLO! FALLO! *

Tutta la curva dei Grifoni gridò, oltraggiata ed arrabbiata. Lestrange aveva colpito la Rubin con una forte gomitata e la ragazza, priva di sensi, era scivolata giù dalla scopa. Adam Maison era riuscito ad afferrarla prima che raggiungesse il suolo.

Frank Paciock era a dir poco fuori di sé.

Gli animi si stavano ormai riscaldando, pronti alla rissa sia sugli spalti che in pieno campo, quando, improvvisamente, un rosso sfrecciare velocissimo bloccò tutto sul nascere.

La McGranitt, che aveva appena strappato di mano ad Amanda Scott il megafono per intimare a tutti di darsi una calmata, spalancò gli occhi come scodelle, per poi urlare un assordante: -POTTER!-

James stava scendendo in picchiata da moltissimi metri di altezza e lo stava facendo ad una velocità suicida. Dietro di lui, come un’ombra, Regulus Black. Il ragazzino non aveva fatto altro che tampinarlo dall’inizio della partita e lui non aveva potuto fare altro che cercare di sviarlo e di allontanarlo da sé e dal Boccino.

Ma non c’era più tempo.

Tra le urla spaventate e meravigliate degli spettatori, Potter aumentò la velocità, arrivando tanto dallo schiantasi, poi, disegnando una spigolosa u in aria, riprese quota. Regulus gli era ancora alle calcagna. Impossibile!

Continuando la sua corsa spericolata, James puntò dritto verso uno degli anelli, quasi travolgendo il portiere di Serpeverde, e oltrepassò il cerchio per un pelo, a velocità disumana. Ma il Cercatore avversario gli era sempre dietro. Non era mai accaduto prima che qualcuno riuscisse a seguirlo in quel modo. Fino a quel momento, James Potter era sempre riuscito a seminare gli altri Cercatori.

Sugli spalti, tutti seguivano a bocca aperta. La partita in campo si era fermata. Tutti gli occhi erano puntati sui due ragazzi. James che compiva manovre pericolose e correva alla velocità della luce; Regulus che gli andava dietro come se fosse stato un continuo della scopa del Grifondoro.

* Black sta marcando Potter! Black! Non Sirius! L’altro! Regulus! * stava strillando Amanda, riappropriatasi del proprio megafono. * Ma che stanno facendo i Battitori?! Ragazzi, Merlino Santo, sparate quei Bolidi! *

-A forza di girare a quei due ci viene il vomito!- esclamò il vocione di Hagrid, spuntato all’improvviso alle spalle di un gruppetto di Grifondoro del primo anno, che subito si fecero da parte, spaventati dal mezzo gigante.

La folle corsa però stava per terminare.

Fulmineo, James effettuò nuovamente un’altra picchiata verso il basso, ancor più vicino l suolo interamente ricoperto di pericoloso ghiaccio. Ancora, Regulus si tuffò insieme a lui.

In quegli ultimi momenti di partita, chiunque trattenne il fiato.

-Si ammazzeranno.- esalò Frank, impallidito.

Per Lily fu troppo. Chiuse gli occhi di scatto, spaventata. Non voleva vedere più di così. Se James si fosse fatto male, lei…

Ma durò poco.

Silenzio, silenzio totale. E poi fu rumore. Grida, urla. Urla di… vittoria!

Titubante, Lily riaprì gli occhi.

Regulus giaceva in una zona del campo, la scopa di molto lontana da lui. Madama Bumb gli era già corsa vicino.

E James…

James era ancora in volo, tra la folla esultante ed i compagni di squadra che accorrevano per abbracciarlo. Tra le dita della mano destra stringeva un furioso Boccino che ancora tentava di liberarsi.

Era proprio vero, James Potter era un grande nel Quidditch e lo sarebbe sempre stato. Nessuno si sarebbe mai scordato delle sue prodezze come Cercatore.

Non era da tutti riuscire a volare a pochi centimetri di distanza da un suolo ghiacciato senza scivolare. Persino Regulus Black, il primo avversario che era riuscito a tenergli veramente testa, c’era riuscito.

Il titolo di campione era più che meritato.

E la gioia da parte dei tifosi fu tanta che subito abbandonarono gli spalti per correre ad acclamare i giocatori di Grifondoro ed il loro Cercatore, mentre i Serpeverde se ne andavano via, imbronciati.

Non appena furono atterrati, James ed i suoi compagni di squadra furono subito assaliti da abbracci e da complimenti.

Veloce, Lily Evans scese dalla propria tribuna, andando dietro a Frank e Peter, e corse verso James, raggiante. E fu così che lui la vide.

Bella, la più bella di tutte. I capelli rosso fuoco che ondeggiavano nella corsa. Gli occhi verdi splendenti. Quella felpa rossa e quel nastrino dorato indossati solo per lui. E poi quel sorriso. Il sorriso felice e sincero di qualcuno che era rimasto ad assistere a quella partita non per il Quidditch, ma per lui. Unicamente per lui.

Lily non era felice perché aveva vinto Grifondoro. Era felice perché lui era felice. E non c’era gioia più bella, constatazione più dolce.

E non resistette.

Lasciò abbracci, pacche sulle spalle, complimenti ed esaltazioni dietro di sé, alle spalle, come cosa di poca importanza e le corse incontro.

Quando la raggiunse, non le lasciò il tempo di dire niente. Le prese dolcemente il volto infreddolito tra le mani e la baciò, avventandosi sulla sua bocca.

La vittoria più grande per James, fu sentire Lily rispondere al suo bacio senza esitazione né paura.

Intorno a loro la folla continuava a festeggiare, ignara. Qualcuno, invece, assistette al bacio e rimase senza parole. Victoria Olsen aveva un sorriso pauroso, pareva non essere mai stata così felice e li guardava come se già sapesse da tempo. Sirius Black, che si era voltato un attimo in cerca dell’amico, strabuzzò gli occhi e rimase impalato, come vittima di un Pietrificus Totalus. E questo accadde a molti altri.

Ma a James e Lily non importava poi molto del pubblico. L’insicurezza di quella mattina si era come volatilizzata, spazzata via. Restarono a baciarsi sotto il sole del mattino, nell’aria fresca del primo inverno, accerchiati da oro e rosso, da grida e risate, da rumore di vittoria.

 

“ Il rumore di un bacio non è forte come quello di un cannone, ma la sua eco dura molto più a lungo. “

Olivier W. Holmes

 

James Potter chiuse il proprio armadietto e tornò frizionarsi i disastrati capelli neri con un asciugamano immacolato. Lo spogliatoio di Grifondoro era invaso da vapore, provocato dalle docce usate a rotazione dai giocatori, e nell’aria si potevano percepire diverse essenze di bagnoschiuma.

Lui era stato il primo a lavarsi, una specie di ricompensa per le sue prodezze sul campo da Quidditch. Tutti non avevano fatto altro che complimentarsi con lui, ma, se doveva essere sincero, James pensava che fosse stata solo fortuna. Aveva davvero avuto una fortuna incredibile per non essere scivolato come Regulus, tutto qui.

E, parlando di Regulus Black, poteva dire di essersela davvero vista brutta, perché quel ragazzino gli aveva veramente dato del filo da torcere.

Quell’anno lui si sarebbe diplomato, lasciando perciò anche il suo ruolo di Cercatore, e non era più tanto sicuro che Grifondoro avrebbe continuato a vincere con uno come il fratello di Sirius a giocare tra i Serpeverde. Sarebbero cambiate le carte in tavola.

Egoisticamente però, a James Potter la cosa non importava più di tanto.

Non poteva pensare a nulla in quel momento. Non con il pensiero in testa di Lily Evans che lo aspettava al portone principale della castello. Voleva solo raggiungere lei e scappare, fuggire lontano dai compagni di Casa e dai festeggiamenti che si sarebbero protratti per tutta la giornata. Stare con lei, soltanto questo.

Appena erano entrati nello spogliatoio, Vick gli era saltata al collo, felicissima, dicendogli di essere contentissima per lui e Lily. Sirius, invece, lo aveva guardato con una faccia ancora incredula, sembrava non capacitarsene.

Il povero Felpato non era stato più aggiornato su molte cose, si disse James con un moto di tristezza. Doveva rimettere tutto a posto il prima possibile.

Ma quel giorno tutti sarebbero stati troppo presi dai festeggiamenti per poter dare ascolto a lui e James voleva avere la massima attenzione. La sua amicizia con i ragazzi era ormai sul filo di un rasoio, rischiava di perdere tutto. Doveva aspettare il momento giusto per parlare.

C’era qualcuno, poi, che non aveva affatto voglia di fare festa, nonostante la vittoria dei Grifondoro. Emma McLoow.

Il povero portiere dei Grifoni aveva sorriso a James, si era complimentata con lui e poi si era chiusa in un doloroso silenzio di umiliazione e sconfitta. Non aveva più parlato con nessuno, nonostante i richiami dei compagni.

Gettando l’asciugamano su una panca, il ragazzo andò a sedersi vicino a lei. Lui era già pronto per uscire, Emma non era ancora andata a lavarsi, dando la precedenza agli altri.

-Emma…- la chiamò Potter con dolcezza, cingendole le spalle con un braccio e stringendola un poco a sé. –Emma, va tutto bene. Abbiamo vinto.-

Lei tirò su con naso e scosse il capo. –Non grazie a me.- mormorò con voce spezzata, cominciando a tremare. –M-Mi dispiace… mi dispiace, James…- balbettò, scoppiando a piangere.

-Non essere sciocca! Non devi dispiacerti di nulla! Può capitare a tutti, lo sai benissimo!- le disse subito lui.

Adam Maison, finito di vestirsi, li raggiunse, accovacciandosi ai piedi della ragazza ed osservandola preoccupato. –Emma, dai. Non è successo niente!-

-Nessuno ti sta puntando il dito contro.- aggiunse anche James. –Sei il mio portiere numero uno, sei bravissima, hai sempre difeso gli anelli in maniera impeccabile!-

-Giusto, il capitano ha ragione!- fece sicuro Adam, prendendole una mano.

-I-Io non capisco!- balbettò Emma tra le lacrime. –S-Stavo giocando bene e poi, ad un tratto, non riuscivo più a capirci n-niente!-

Era terribile vederla in quello stato e non poter dire niente, non poter raccontare la verità, ma James decise di tacere e tenere per sé quel segreto. Parlare non avrebbe risolto le cose, avrebbe portato altro rancore, altra rabbia. Sentimenti già abbondantemente presenti ad Hogwarts.

Emma McLoow era una ragazza forte, si sarebbe ripresa da quell’insuccesso.

Preferì stare zitto e, lasciando la compagna nelle mani di Maison, dopo un ultimo abbraccio ed un’altra rassicurazione, James Potter lasciò lo spogliatoio. Una ceca rabbia in corpo.

E forse fu il caso, oppure l’ironia del destino. Non appena si chiuse la porta alle spalle, cominciando a marciare verso il castello, arrancando nella neve e stringendosi nel mantello pesante, la prima persona che si ritrovò davanti fu proprio Severus Piton.          Il Serpeverde non lo aveva notato. Era uscito dallo stadio, da solo, e si stava dirigendo in fretta verso la sua stessa direzione, camminando pochi passi davanti a lui, ignaro.

-Piton!- ringhiò James, affrettando il passo per raggiungere il ragazzo.

Quello si voltò all’istante, riconoscendo quella voce tanto odiata, e puntò su Potter due occhi nero pece che parevano abissi. –Non scocciarmi, Potter!- sibilò. E pareva fuori di sé, furioso all’inverosimile.

-Non credo proprio.- replicò James, avvicinandosi di un passo, con aria minacciosa.

Piton, allora, fece un sorrisetto velenoso. Un sorriso che avrebbe allontanato chiunque, ma non chi gli stava davanti in quel momento. -E così, alla fine, hai plagiato la Mezzosangue.- parlò a denti stretti, rigido come il marmo.

A quelle parole gli occhi di James si accesero d’ira, di pura rabbia. Sarebbe bastato un nulla per farlo scattare. –Come… come osi. Tu, lurido, viscido…- cominciò, tremando per la collera. –Non devi mai più neanche parlare di Lily o ti chiuderò quella fogna che ti ritrovi una volta per tutte!- urlò, fuori di sé.

-E allora per quale motivo mi avresti chiamato, razza di sbruffone, se non per fare il gradasso con me per la tua nuova conquista, eh? Non vedevi l’ora di sbattermelo in faccia, lo sappiamo entrambi!- sbraitò Piton, arrossendo un poco sulle guance per la rabbia. –IO ho visto! Tutti pensavano a festeggiare, ma io ho visto! Sei contento?-

-Sapere che hai visto il bacio mio e di Lily mi arreca un enorme piacere, Mocciosus, ma non è per questo che ti ho chiamato.- rispose James, duro.

-E allora che cosa vorresti da me?-

-Dirti che so. Che ho visto. Sai com’è, sono bravo a vedere cose che sfuggono agli altri, non sarei un buon Cercatore altrimenti. Tu eri in disparte, hai aspettato che l’attenzione di tutti fosse sulla partita ed hai lanciato un Confundus probabilmente modificato da te in persona su Emma! Un incantesimo che è riuscito a superare la barriera anti magia del campo.- sbottò Potter, vedendo con soddisfazione che Piton impallidiva alle sue parole. –Non dirò nulla, anche perché sono certo che tu abbia distrutto ogni prova. Sei bravo a farlo, sei un Serpeverde. E sei un genio a mentire, a nascondere. Un vero fenomeno.- sibilò con disgusto.

-Non so di cosa parli.- rispose Severus, rigido come una statua di marmo.

E James Potter rise. Rise di lui. Aveva sempre riso di lui, dall’alto del suo trono dorato e sempre lo avrebbe fatto. Piton lo odiò ancora di più.

-Ok, fingiamo che tu sia innocente e che Emma abbia perso tutto ad un tratto le sue doti di Portiere. Ma lascia che ti dia un avvertimento, Mocciosus: un altro dei tuoi trucchetti e ti rovino, stanne certo.- disse James, abbassando la voce in modo sinistro.

-Non ho paura di te, Potter. Sei solo un arrogante, un pallone gonfiato!-

-Giusto! Tra i due sono io il cattivo ragazzo, vero?- lo schernì Potter. –Sai che c’è? Non ti sopporto. Sei falso, ipocrita, doppiogiochista. Non avrai mai amici e mi dispiace per te! Sei riuscito perfino ad allontanare una persona candida come Lily! Ma sto perdendo la pazienza con te, attento a quello che fai! Ti diverte fare il cane di Malfoy, eh? Vuoi ricevere anche tu un bel tatuaggino, vero? Sai una cosa, Mocciosus? Tu non sai un accidente di magia nera! Di vera magia nera! Quella non è affatto divertente! Non è furbo giocarci come fai tu! Continua a scaricare su di me la tua rabbia, è tutta invidia, non vedi? Invidia perché sai che io non sono chi descrivi tu! E Lily lo ha capito! Ho dovuto lottare, ho creduto di impazzire per il dolore, ma ora lei si fida di me! Perciò marcisci da solo nella tua solitudine, è l’unica cosa che ti meriti!-

Parole crude, fredde e nette. Dette senza pietà né riguardo.

Severus rimase fermo, immobile, incapace di dire nulla. Trafitto, ucciso, da quella freccia fatta di amara verità e rabbia.

E James lo superò, abbandonandolo nel gelo in cui lui stesso si era voluto gettare.

Spesso, tra i suoi compagni, Piton era solito farsi chiamare il Principe. Ma quel giorno, lì, di fronte a colui che più di tutti odiava, non aveva nulla di superbo o di nobile.

Era solo un serpente, un serpente guardato con disprezzo da un leone e schiacciato dalla sua zampa giusta e possente.

Potter era il leone. Grifondoro fin dentro l’anima.

Potter, che si allontanava da lui con l’incedere di un Re, il passo dei giusti.

Potter, che aveva vinto. Che vinceva sempre.

Ancora, ancora e ancora.

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

Ed un altro capitolo è andato, un capitolo che trovo un po’ strano, ma che mi sono divertita a scrivere. Avrei voluto aggiornare secoli fa. Le idee da mettere scritte c’erano, ma il tempo no. Da oggi in poi prevedo un aggiornamento mensile, sono spiacente. Quindi vi avviso, aspettatevi il capitolo nuovo verso Dicembre. Scusate, davvero, ma più di così non posso.

Tornando al capitolo, di tante righe scritte, quelle che ho amato di più sono le ultime. Aspettavo un faccia a faccia tra James e Severus, i grandi nemici del mondo di Harry Potter, da tanto tempo. Ora mi sento appagata! ^_^

Come avete visto, niente canzoni stavolta. Ma aforismi. Li adoro moltissimo.

Beh, non so che altro dire, soltanto che il 26 Novembre ho un esamone perciò… pensatemi! XD

Adesso le risposte ai commenti.

Silverine85: Ciao! Grazie molte per i complimenti e per la recensione, mi fa molto piacere che il capitolo 27 ti sia piaciuto, era molto particolare. Anche io, esattamente come te, resterò sempre fedele alla coppia Lily/James. Purtroppo non posso rispondere alla tua domanda su Victoria, sarebbe un’anticipazione troppo grande, quindi tengo la bocca chiusa. Cissa sa che Bella è attratta da James e non certo perché è stata Bella a dirglielo. Vedi, a mio parere, Narcissa è un personaggio molto chiuso, ma grande osservatore. E Bellatrix è sua sorella. Semplicemente, Cissa ha capito da sola. Xeno Lovegood non è seguace di Grindelwald, indossava il suo marchio al matrimonio di Bill e Fleur per un altro motivo, come si vede nei Doni della Morte.

James_Lily_Love: Salve! Sono felice che Jeremy e Savannah ti piacciano, davvero. Ci saranno altri capitoli su di loro. Guarda, io sono contenta di averti commossa nel capitolo 26, significa che sono stata brava a trasmettere emozioni, no? Questo mi fa piacere! Il capitolo 27 è piaciuto tanto anche a me, alla fine. Ho adorato scriverlo.

Myki: Tesoro mio non più sconosciuto, sono ancora tutta euforica per il pomeriggio passato con te e la Giulia. Devo assolutamente ritornare! Mi fa piacere che questo capitolo ti sia piaciuto, anche senza Julian a fare le sue comparse. Hai azzeccato in pieno con la tua riflessione su Lily e James. Crescere ed allo stesso tempo restare bambini. Perché la guerra li farà crescere in fretta, ma resteranno comunque dei ragazzi di diciassette anni. Ci sentiamo, cara! Baci!

Malandrino4ever: Ciao! Daniele, giusto? Grazie, davvero grazie per le tue parole! Sapere che ti sei fatto praticamente una maratona per leggerti tutta la mia storia mi fa veramente piacere, credimi. E grazie per i complimenti, sei stato troppo gentile!

Chiara88: Chiara, non scusarti, perché anche io a causa dell’università ho poco tempo da dedicare alla fanfic e questo credo lo abbiano visto tutti. Wow, mi fa piacere di averti resa così felice e sono contenta che i capitoli ti siano piaciuti! No, non è necessario che tu rilegga la storia per Lily e Severus, non ho modificato quasi nulla, perciò tranquilla! Spero che anche questo capitolo ti piaccia!

Mimmyna: Ciao! Wow, tu becchi sempre i punti della fanfic che piacciono anche a me! Anche io ho adorato il “non ancora” di James, sai? Voleva dire tante cose e noi lo sappiamo! Sono davvero contenta che la storia ti piaccia così tanto, davvero, mi ci impegno tantissimo e fa piacere sentirsi dire certe cose. Grazie, grazie davvero! ^^

Lovegiò92: Ed ecco la mia Giò! Tesoro, io davvero non so più cosa dirti. I complimenti che mi fai sono meravigliosi e mi fanno veramente felice, però attenta a non sopravvalutarmi troppo. ^^” Davvero, ti ringrazio tantissimo! Le tue parole riuscirebbero a dare la carica a chiunque. E sono state di aiuto in questo periodo, quando non riuscivo a trovare il tempo da dedicare al capitolo 28. Non smetterò mai di scrivere, promesso. È una promessa che mi sono fatta da quando ero piccola. Non lo farò mai, semplicemente perché è parte di me. Un bacione!

Pikkolina88: Eh sì, Lily sta proprio subendo un processo di malandrinaggio pesante! Deve recuperare molti anni! XD Mi fa piacere che i miei capitoli lunghi non siano un problema per te! Grazie mille per la recensione!

Deviata: Mi ami? Addirittura? XD Sapevo che il capitolo 27 vi sarebbe piaciuto, proprio perché su Lily e James. Eh sì, Lily ormai è presissima ed era anche l’ora no? Povero James! XD

LilyProngs: Tesoro, scusa davvero per il ritardo. Ti ho emozionata? Mi fa davvero tanto piacere, sono riuscita nel mio intento. Grazie tante per i complimenti, non ti risparmi mai e poi io mi monto la testa, lo sai! E non devo! XD Hai capito perfettamente i miei Lily e James, quindi bravissima! Mi stai entrando in testa! Un bacione e scusa se vado di fretta, voglio pubblicare al più presto! ^^

Quidditch: Hey, Fra! Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo! Beh, che dire, pure io avrei voluto essere al posto di Lily, mentre James la baciava! Alzi la mano chi non voleva! XD Grazie per esserci sempre, un bacione!

La Nika: Ciao! Anche io sono una romantica, quindi siamo in due! XD Anche a me piacciono molto i flash back e ne metterò altri se potrò, tranquilla. Sono io che ringrazio te per i complimenti, davvero!

Cicci92: Andata! Oro bianco! XD Noto con piacere che finalmente i mutamenti di Lily cominciano a vedersi. Sai, per lei ho deciso un percorso. E si sta muovendo, questo mi compiace. No, Lily ancora non sa nulla di ciò che è accaduto tra James e Bella. Solo Julian sa. Grazie mille per i complimenti e per essere sempre presente! ^^

Black_Witch: Sorellaaa! Lo so, Lily e James avrebbero potuto stare insieme molto prima, se solo avessero riflettuto un poco. Ma, sai, nella vita ognuno ha bisogno dei suoi tempi, c’è poco da fare. ^^ Grazie molte per il commento mia cara! Un bacio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 29
*** Fall To Pieces [part one] ***


CAPITOLO 29

 

 FALL TO PIECES

 

# Part one #

 

 

 

 

I looked away

Then I looked back at you

 

[ Distolsi lo sguardo

Poi guardai di nuovo te ]

 

Today is the day

I pray that we make it through

Make it through the fall

Make it through it all

 

[ Oggi è il giorno

In cui pregherò che possiamo andare oltre

Andare oltre la caduta

Andare oltre tutto quanto ]

 

 

 

 

A quell’ora del mattino il cielo era ancora buio e ricco di pesanti coltri di nubi grigio fumo, che si erano addensate durante la notte, portatrici di nuova neve.

Il castello di Magia e Stregoneria di Hogwarts era ancora completamente addormentato, reduce dalla appena vissuta vittoria dei Grifondoro che, uniti ai Tassorosso ed ai Corvonero, si erano dati a festeggiamenti ben oltre il limite consentito. Le cucine erano state derubate dei dolci e delle pietanze più appetitose, da Hogsmeade erano stati importati Whisky Incendiario e Burrobirra corretta trasfigurati in bottigliette d’inchiostro. Musica magica e babbana aveva invaso l’intera torre di Grifondoro fino ad ore indicibili, tenendo sveglia quell’aggruppata di ragazzi dagli undici ai diciotto anni, tutti in rosso ed oro, felici per la vittoria appena conseguita.

A quel punto, però, gli animi si erano ormai placati, ognuno aveva trovato riposo nel proprio letto, o in quello di un altro, dipendeva dai casi.

Nel silenzio irreale che gentilmente avvolgeva il parco di Hogwarts, solo quattro figure rompevano quel quadro di quiete ed immobilità. Si muovevano lente, sicure, con la praticità di un percorso già fatto numerose volte. Niente di nuovo.

L’aria era incredibilmente fredda ed il più piccolo di loro, ad un tratto, fermò i suoi passi in prossimità della capanna di Hagrid, il guardiacaccia.

Peter Minus tremava da capo a piedi, i pantaloni umidi di neve, il naso rosso e le mani congelate. Si voltò a guardare i compagni dietro di lui con sguardo supplichevole.

James Potter e Sirius Black tenevano tra di loro Remus Lupin, semi cosciente e dall’aspetto debole, disastrato.

-No, Codaliscia! Rem deve subito essere portato in infermeria, questo raffreddore lo ha debilitato ancora di più.- obiettò subito Sirius, puntando gli occhi blu su Minus.

-Abbiamo freddo anche noi, ma non è il caso di andare da Hagrid. Remus viene prima, lo sai anche tu, no?- aggiunse James, ma con un tono più gentile.

-Ma fa freddissimo!- piagnucolò Peter, passandosi ripetutamente le mani sulle braccia.

Black e Potter si scambiarono un’occhiata e, prima che il primo potesse di nuovo uscirsene con una nuova negazione, James decise il da farsi. –Pete, vai tu da Hagrid. A Remus penseremo io e Sirius, ok?- propose.

E se Black alzò gli occhi al cielo, visibilmente scocciato, Minus se uscì con un sorrisone a trentadue denti e, dopo aver ringraziato Potter ed aver salutato gli amici, corse alla porta del guardiacaccia, cominciando a bussare energicamente.

-Spero tanto che Hagrid stia dormendo pesante.- borbottò Sirius, mentre lui e James riprendevano il loro tragitto, Remus che pareva essersi completamente addormentato.

Potter guardò l’amico e sorrise.

–Non essere così duro con lui, siamo tutti stanchi. Lo capisco.-

Sirius attese un po’ prima di rispondere. –Io invece non lo capisco più.- sbottò, guardando fisso davanti a sé. Poi un sorriso amaro. –Ma non capisco più neppure te, perciò forse sono io che non funziono più bene come una volta.-

E sentire quella sconfitta, quell’amarezza nella voce del suo migliore amico, fu atrocemente doloroso per James, che chinò il capo, colpevole.

Avanzavano nella neve fredda, nella scarsa e quasi inesistente luce di quel primo mattino, sorreggendo Remus, perso in un sonno senza sogni, dove il suo martoriato cuore di uomo avrebbe potuto trovare sollievo e riposo, dopo l’ennesima vittoria della bestia.

-Non sei tu, Sirius.- si decise a dire Potter, traendo un lungo sospiro. –Per quello che riguarda me, la colpa è unicamente mia.- mormorò.

-Oh, questo puoi giurarlo su Merlino in persona.- ringhiò Black, irrigidendosi. –Muoviti, Remus dovrebbe già essere da Madama Chips.-

James annuì ed entrambi allungarono il passo, senza più rivolgersi la parola.

Quando raggiunsero il portone principale, il sole non era ancora sorto e Sirius intimò al compagno di sedere sugli scalini con Remus, mentre lui controllava che Gazza e la sua malefica gatta non fossero in giro.

Certo, non stavano facendo niente di male, anzi, stavano portando in infermeria un loro amico. C’era però da aggiungere che, in quanto studenti, non avrebbero dovuto trovarsi a quell’ora del mattino a zonzo per il castello.

Ed il terribile custode di Hogwarts avrebbe dato importanza unicamente a quell’ultima constatazione, senza stare ad ascoltare tante motivazioni.

Rimasto da solo, James si tolse il mantello, mettendolo sulle spalle di Lupin che in quel momento riposava con il capo poggiato sulla sua spalla. Niente pareva disturbare Remus, sembrava come perso in un altro mondo. E sarebbe rimasto in quelle condizioni per altre ore, James lo sapeva bene.

Reprimendo a stento uno sbadiglio, Potter pensò con gratitudine che le prime due ore di quella mattina il settimo anno di Grifondoro avrebbe avuto Storia della Magia e lui avrebbe potuto farsi una bella dormita ristoratrice. Era da troppo tempo che non riposava a sufficienza, si sentiva esausto.

Quella notte si era divertito con i suoi Malandrini, gli era sembrato di ritornare indietro nel tempo, non molti anni fa, quando loro erano un allegro gruppetto di maghi quindicenni, entusiasti dei propri poteri e desiderosi di portare scompiglio.

Sempre e comunque.

La nottata precedente erano infine riusciti a fare la loro rimpatriata. Avevano abbandonato presto la Stamberga Strillante ed erano corsi fuori nella neve, inseguendosi e rotolandosi in quel fresco candore.

Un enorme lupo. Un cane dall’ispido pelo nero. Un maestoso cervo. Un piccolo topo.

Loro.

Quelli che erano.

Anzi, quelli che erano stati.

Ma pensare al passato faceva male. Usare il tempo passato era troppo doloroso.

L’improvviso allontanamento di Peter. La rabbia di Sirius.

E Remus.

Remus che sopportava tutto, Remus che rifletteva, Remus che soffriva più di tutti loro.

James posò lo sguardo su Lupin e notò che l’amico, anche durante il sonno, aveva un’ espressione preoccupata, la fronte increspata da pieghe sottili.

Ne toccò una con l’indice, percorrendola tutta, e si odiò pensando che una di esse, o addirittura tutte quante, potessero trovarsi lì a causa sua.

Remus era stato abbastanza Grifondoro da ammettere davanti a loro, i suoi amici, di possedere qualcosa di orribile dentro di sé, un mostro pronto ad impadronirsi di lui ogni notte di luna piena. Qualcosa che lui, James, non era mai stato in grado di fare. Vigliacco, codardo. E bugiardo.

In quel momento Sirius Black spuntò dal pesante portone principale, distraendo Potter dai suoi pensieri dolorosi.

-Tutto tranquillo. Andiamo.-

In un attimo fu da Remus ed insieme lo tirarono nuovamente in piedi, tenendolo ai lati e procedendo con attenzione sui gradini di pietra. C’era il rischio di scivolare sul ghiaccio e nessuno dei due aveva l’intenzione di provare l’esperienza.

Quando giunsero in infermeria, Poppy Chips li stava già aspettando ed aveva un cipiglio severo che non prometteva nulla di buono.

-Potter! Black! Posso sapere dove vi eravate cacciati?-

Poi, senza neppure attendere una loro risposta, puntò la bacchetta su Remus, il corpo del quale finì levitando su uno dei numerosi lettini dell’astanteria.

Borbottando, la donna cominciò ad affaccendarsi intorno al loro amico, mormorando incantesimi sottovoce ed agitando brevemente la bacchetta. Ora che aveva il suo paziente, pareva non curarsi più di loro due.

-Nel vostro dormitorio, svelti. Vedete di riposare almeno un po’ prima delle lezioni.- si limitò a dire loro, senza neppure voltarsi.

Poppy Chips era così. Fredda, austera, scorbutica. Isterica, molto spesso.

Una virago di tutto rispetto, in grado di tenere testa a Sua Magnificenza la Minerva Semprevergine in persona. Ma quelle canaglie di Potter e Black erano immuni all’umore sempre nero e all’acidità dell’infermiera.

Sirius aveva avuto un personale addestramento con sua madre e dopo aver trascorso ben sedici anni di vita con Walburga Black poteva dirsi invulnerabile a certi atteggiamenti.

E James… beh, era James. Avrebbe fatto amicizia anche con un Dissennatore.

Ovviamente Madama Chips non era a conoscenza della loro capacità di tramutarsi in animali, nessuno a scuola conosceva questo loro segreto, eccetto Remus, Victoria e Julian. L’infermiera e gli insegnanti sapevano soltanto che Potter, Black e Minus, da bravi amici, di tanto in tanto, desideravano accompagnare il loro amico al Platano, per poi andarlo a riprendere al mattino ed accompagnarlo in infermeria.

Ad ogni modo, congedati in fretta dalla Chips, i due ragazzi abbandonarono volentieri il locale, decisi a godersi qualche ora sdraiati in una bella poltrona nella Sala Comune del Grifondoro, di fronte al camino acceso.

Non incontrarono nessuno durante il tragitto, solo l’avvenente fantasma della Dama Grigia, che li salutò appena, sparendo poi dietro ad una parete.

Il castello era ancora terribilmente silenzioso, ma entrambi non vi badavano. Loro due che, più di chiunque altro, erano venuti a conoscenza di tutti gli anfratti segreti di Hogwarts. Loro due che si erano talmente abituati a passeggiare tra quei corridoi quando questi si trovavano nella quiete più totale e devastante, che poi risultava quasi estraneo vederli gremiti di studenti durante le ore del giorno.

Ma una volta, nel pieno silenzio, tra quelle mura era risuonato l’eco della loro risata. In quel momento, invece, l’assenza di rumore era quasi opprimente.

Non si rivolgevano la parola. Non riuscivano a parlarsi.

E forse era questo che faceva più soffrire. Il fatto che loro, James e Sirius, dopo tante cose dette, dopo tante promesse, non riuscissero più a comunicare.

I loro passi risuonavano per i corridoi deserti, le fiamme delle torce accese vibravano al loro passaggio, sollecitate dai minimi spostamenti d’aria.

E il primo a parlare fu Sirius.

-Così… tu ed Evans, eh?- chiese di getto, senza neppure guardare l’amico.

James si morse il labbro inferiore, tipica spia di nervosismo. –Sì.- rispose, semplicemente. E gli sembrò strano, grottesco, perché mai avrebbe pensato che sarebbe stato così il dare quella notizia al proprio migliore amico.

In tutti quegli anni passati a sognare Lily, aveva immaginato tutto in modo differente. Lui che correva nella stanza dei Malandrini, individuava Sirius, si gettava urlando come un matto su di lui, abbracciandolo, per poi inondarlo di chiacchiere, dettagli, alcuni magari anche un po’ inventati. Sirius sarebbe stato ad ascoltarlo, ridendo e prendendolo in giro, scotendo la testa per una sua gaffe.

Così sarebbe dovuto essere.

E invece quel “sì”. Solo quel “sì”.

-Bene.- fu l’ironica risposta di Sirius. –Il mio migliore amico conquista la ragazza dei suoi sogni ed io non ne so nulla, grande! Vedo che facciamo progressi, James. O dovrei dire Potter?- aggiunse, una rabbia appena velata nella voce.

Troppo veloce.

Stava andando troppo veloce, così forte da fargli girare la testa in un caotico vortice di dolore e di colpa.

Scuotendo il capo, James afferrò Sirius per un braccio, costringendolo a fermarsi.

-Non è come pensi, Sirius.-

-Già, ultimamente non è mai come penso.- sbottò Black, risentito.

-Volevo dirtelo, davvero!- aggiunse James, deciso. –Ma è stato tutto così veloce… C’è stata la partita contro i Serpeverde… Te l’avrei detto dopo!- continuò, incontrando lo sguardo del proprio migliore amico. –E poi con Lily è diverso. Ho sempre paura di fare qualcosa di sbagliato, lo sai! Volevo andarci piano…-

E quegli occhi blu si assottigliarono, mentre un sorriso ironico increspava quella bocca tanto ambita dalla popolazione femminile della scuola.

-Non ti avrei chiesto i dettagli, sai? Avrei solo voluto essere partecipe della felicità di mio fratello, tutto qui.- scosse la testa, quasi dandosi dello stupido. –Ma in realtà neppure questo è il problema, James! La verità è che l’altro giorno, in quel fottuto bagno, ho incontrato l’ombra del mio migliore amico, una persona che non conoscevo e che mi ha scombussolato, capisci? Mi hai fatto paura! Mi hai spiazzato! Non eri più tu! Ed io mi sono sentito uno schifo per non aver capito quanto potevi essere stato male! Poi il giorno dopo ti rivedo ed eccoti tornato quello di sempre. E stai con Evans. Cosa devo pensare?-

Fu naturale per James abbassare la testa sotto quella cascata di parole, sotto quel tono di voce arrabbiato ma, soprattutto, deluso.

Era la delusione di Sirius a fare più male.

Sto deludendo Sirius.

-Stavo male, io… mi dispiace! Non volevo che mi vedessi in quello stato…- mormorò, senza sollevare lo sguardo. Ed era strano sentirsi così codardo, dopo un’intera vita passata da Grifone. –Poi… poi è arrivata Lily ed è cambiato tutto. Ho parlato con lei ed è stato come tornare a respirare…-

Ma Sirius non lo lasciò continuare.

Rideva. Rideva di lui.

Ridere per non urlare.

-Non capisci un accidente, James Potter. E forse mi sorge il dubbio che tu non abbia mai capito nulla di me, a questo punto.- disse con freddezza, gli occhi blu puntati sul ragazzo in piedi davanti a lui. –Ti sei messo con Evans? Bene, mi fa piacere per te, ne sono felice! Merlino, James! Io, io più di tutti gli altri ho sempre saputo quanto tenessi a lei! Non approvo, avrei preferito un’altra ragazza per te, ma se lei ti rende felice allora, diavolo, io sono contento! Va bene così!- sbottò, serio in volto. –E mi va anche bene che tu mi abbia mostrato il tuo stato d’animo, che ti sia disperato, che tu sia arrivato a tanto così dal piangere! Mi hai sconvolto, ma se era così che ti sentivi, sono felice di aver visto! Perciò non scusarti, non ne hai motivo! Anzi, il tuo scusarti per una cosa del genere mi offende, mi fa schifo!-

-Ma…-

-La cosa che più mi fa male, e che forse tu non hai ancora capito, è che tu abbia detto tutto alla Evans, abbia chiarito con lei… mentre continuavi a tacere con me! Non mi dici più niente ed io devo andare avanti a supposizioni per capirti! Io, Remus, Vick, Pete, Julian… ci logoriamo per te e tu tiri dritto senza badare a noi! Questo, questo mi fa male James!-

No, non era vero. Non era così.

Sentire Sirius Black pronunciare certe affermazioni poteva essere considerata la peggior punizione al mondo. Ed era una tortura stare ad ascoltare.

L’unico motivo per cui aveva taciuto e mentito per tutti quegli anni era stata la paura, il terrore di perdere i suoi amici e non sentirsi accettato. Lui, che divorato da quell’ angoscia, fin da bambino, aveva avuto come unico scopo nella vita quello di essere al centro dell’attenzione. L’unico modo che aveva trovato per combattere quel demone.

Per reagire.

Fare di tutto per piacere. Fare di tutto per avere sempre gli occhi di tutti.

E non essere allontanato, emarginato.

Ed era stato facile condurre quel gioco da ragazzino, ma il tempo era scaduto.

Adesso tutto stava prepotentemente tornando a galla e non lui poteva più nascondere niente. Spalle al muro.

-Non è vero. Io non vado da nessuna parte senza tutti voi.- sussurrò, stringendo forte i pugni delle mani e sentendosi tremare dentro. –Non è vero, non è vero.-

-Però è questo che ci stai dimostrando!-

-Allora anche tu non capisci un accidente di me, Sirius Black!- lo scimmiottò James, sollevando lo sguardo e irrigidendosi. –Io tengo a tutti voi, ve l’ho dimostrato! Ho un problema, sto uno schifo e ok, vi ho nascosto delle cose, ma ha fatto male anche a me! Capisco la tua rabbia e la tua delusione, ma non posso lasciarti pronunciare certe parole, non lo accetto.-

-Allora finiamola qui e svuota il sacco.- fece improvvisamente Black, fermo. –Se Evans sa, allora dobbiamo sapere anche noi, ce lo devi.-

-Lo dirò anche a voi, te l’ho promesso. Al momento giusto io…-

-Per quanto mi riguarda, il tempo sta scadendo, James.-

Aveva rimandato quel momento per una vita, per tutti quegli anni passati insieme. Da sempre, James aveva immaginato il momento della verità come il lancio da un burrone di cui non avrebbe mai potuto vedere il fondo. Una caduta ignota.

In quel momento, con quegli occhi blu puntati addosso, poteva intravederlo quel precipizio. E faceva paura, come aveva sempre immaginato che sarebbe stato.

Un sospiro. Un lungo sospiro.

-Va bene, Sirius.- decise, la paura nel cuore. –Appena Remus è sveglio. Ci troviamo tutti quanti in infermeria e vi dirò tutto, ogni cosa.-

Ecco.

Un piede era già sospeso nel vuoto.

Presto sarebbe stato ora di saltare, poi l’ignoto.

La fine, oppure un inizio.

 

***

 

 

Quella fredda mattina di Dicembre, mentre la maggior parte della popolazione di Hogwarts si trovava ancora nei propri letti, i Malandrini non potevano vantarsi di essere gli unici già svegli, nonostante l’ora improponibile.

Qualcuno, quella notte, era stato svegliato da un gufo del Ministero della Magia, che portava notizie piuttosto drammatiche e che presto avrebbero sconvolto l’intero mondo magico. Ancora una volta.

Albus Silente non aveva più dormito, preferendo aspettare i suoi ospiti fermo di fronte ad una delle ampie finestre del proprio ufficio, in compagnia della fedele Funny.

Pochi minuti prima era riuscito ad intravedere qualcuno nel parco innevato del castello ed i suoi occhi azzurri si erano illuminati di calore, mentre un sorriso sereno aveva incurvato le sue labbra.

Amicizia.

Una magia potente, la più potente di tutte e così spesso sottovalutata.

Remus Lupin poteva veramente dire di essere fortunato.

E lui, come preside, poteva dire di essere orgoglioso dei suoi studenti.

Stretto in una bizzarra vestaglia da camera color melanzana, Funny sulla propria spalla destra, protettiva, Silente osservava con una certa malinconia il paesaggio dietro la spessa lamina di vetro. Faceva freddo fuori ma, molto probabilmente, presto avrebbe fatto freddo ovunque. E non ci sarebbe stato modo di salvarsi.

Chiudendo gli occhi azzurri, l’anziano mago riuscì a stento a trattenere una lacrima.

Poteva ritenersi colpevole?

Tom sarebbe comunque diventato il mostro che era?

Qualcuno bussò timidamente alla porta, distogliendolo dal ricordo di quel volto di bambino divenuto ormai uno dei suoi incubi più ricorrenti.

Dette il permesso di entrare, mentre, stanco, andava a prendere posto alla propria scrivania e faceva apparire qualche sedia in più per gli ospiti.

Sarebbe stata una lunga chiacchierata, se lo sentiva.

La prima ad entrare fu, neanche a dirlo, Minerva McGranitt, sveglissima e già vestita di tutto punto. Rigida, le labbra sottilissime e quell’aria fredda, che tentava di nascondere lo sgomento che in realtà stava agitando il suo animo.

Dietro di lei Horace Lumacorno, ancora in abiti da notte ed un ricco mantello di pelliccia a scaldarlo, e Vitious, che trotterellava dietro i due colleghi e fremeva da capo a piedi, sconvolto.

A seguire, le autorità.

Auberon Foster, il Ministro della Magia in persona.

Alto, slanciato e giovane, forse troppo giovane. Ma il precedente Ministro era stato assassinato e Foster, che era stato il suo vice, si era ritrovato in fretta a ricoprire una carica che sarebbe dovuta essere sua molto più tardi, quando l’esperienza e l’età l’avrebbero reso pronto.

Ed eccolo lì. Un uomo di neppure quarant’anni, biondo, occhi azzurri, elegante nei modi e assolutamente pacato e moderato, perfettamente inglese.

Il volto stanco, pesanti occhiaie a segnalare un’insonnia che lo tormentava da molte notti e un sorriso tirato, che si sforzava di essere educato e formale anche in quelle circostanze. Mostrare rispetto verso un anziano mago che un tempo era stato il proprio insegnate.

Era stato un bravo studente, Auberon. Ed era diventato un brav’uomo.

-E’ un piacere vederla, Professor Silente. Mi scuso per il disturbo e per l’ora.-

-E’ un piacere vedere lei, Ministro, anche se in circostanze del genere.-

Mentre Foster prendeva posto in una delle sedie di fronte alla scrivania del preside, entrarono altri uomini.

Due giovani Auror, che rimasero sulla porta, immobili.

Marcus Harris che, dopo un breve cenno di saluto a Silente, andò a posizionarsi alla finestra più vicina al Ministro, tenendo d’occhio l’esterno.

Ed infine il capo del Dipartimento Auror, che subito sorrise con calore al preside.

Zacharias Harrenius Potter.

Zakary. O meglio, come lui era solito chiedere a tutti, Zack.

Era stata una lunga notte per il Dipartimento Auror e molto probabilmente il signor Potter non aveva chiuso occhio, eppure sorrideva come sempre.

Quell’uomo era una roccia. E allo stesso tempo il sole che squarciava le nubi.

Probabilmente era stato nominato capo degli Auror proprio per questo, oltre che per le sue innegabili capacità. Ed andava detto che Zakary non era stato contento di aver raggiunto un tale titolo ed aveva protestato fino all’ultimo perché venisse scelto qualcun altro.

Per lui quella carica non rappresentava prestigio, ma un modo come un altro per mandarlo in pensione. I cinquant’anni erano passati e gli Auror, invece di mandarlo a casa, lo sbattevano in un ufficio a dirigere l’orchestra. Bella differenza!

Ovviamente non era così, ma ormai Potter si era fissato e, come poteva, sfuggiva dalla sua posizione di comando per tornare in campo con gli altri.

Silente apprezzava molto la sua compagnia, sempre così schietta, frizzante e mai noiosa. Da Zakary c’era da aspettarsi di tutto ed in qualsiasi momento.

Potter prese posto vicino al Ministro, traendo un lungo sospiro.

-Si potrebbe avere del tè, Albus?- chiese, slacciandosi il mantello da viaggio e restando con l’uniforme verde di Auror. –E’ stata una nottataccia.-

-Lo è stata eccome!- piagnucolò Lumacorno, immobile vicino al camino. –E’ tutto vero quello che si dice? Tutto vero?-

-Purtroppo sì.- rispose il Ministro, grave. –C’è stata una fuga di massa da Azkaban. Tra poche ore lo sapranno tutti, avrà la prima pagina sulla Gazzetta del Profeta.-

Il professor Vitious squittì, terrorizzato, mentre la McGranitt ispirava forte dal naso.

-Ma come è potuto accadere?- esalò Lumacorno, sempre più pallido in volto.

-Imperius.- spiegò Potter senior. -Cinque delle guardie erano sotto maledizione Imperius, qualcuno deve averli stregati e può essere stato chiunque! Sapete bene come funziona adesso. E ora ci troviamo i migliori amici di Riddle a spasso, cinque Auror stregati con il cervello in pappa, altri dieci Auror al San Mungo in fin di vita ed il resto dello squadrone di controllo delle prigioni pronto per essere seppellito!-

-Stiamo informando le famiglie in questo momento.- sospirò il Ministro della Magia.

Minerva McGranitt non riuscì a trattenere un gemito, mentre i suoi vigili occhi severi stavano pericolosamente inumidendosi. La donna si affrettò a tamponarli con un fazzolettino ricamato e tirò su con il naso.

-Deve essere stato un autentico massacro.- mormorò Silente, la tristezza negli occhi chiari.

-Lo è stato eccome.- borbottò Zack, cupo.

-E non è finita qui.- disse Foster, scambiando un’occhiata con il capo degli Auror. –Barty Crouch, il capo del Dipartimento “Applicazione delle leggi magiche”, è fuori di sé, ha intenzione di prendere dei provvedimenti seri! Ci sono voluti due uomini per sedare la discussione poche ore fa…- sospirò, guardando nuovamente Potter senior.

-Discussione?- riecheggiò Vitious, confuso. –Con chi ha discusso?-

-Con me.- confessò Potter, scuro in volto. –Quel Crouch non mi è mai piaciuto.-

-Non per questo era tenuto a tentare di schiantarlo, signor Potter.- borbottò il Ministro.

Zack si strinse nelle spalle, andando ad accendersi la propria pipa con un colpo di bacchetta. Subito, numerose nuvolette di fumo colorato cominciarono a librarsi in aria.

-Schiantarlo?- riecheggiò Silente, sorpreso. –Santo Cielo, Zack! Cosa ti è preso?-

-Per Merlino, sei il capo degli Auror!- aggiunse anche la McGranitt, scandalizzata.

-Non per mia scelta.- ringhiò Zakary, scocciato.

-Ad ogni modo, Barty Crouch ha intenzione di emanare una nuova legge, sarà tutto riportato nella Gazzetta.- dichiarò Foster, serio in viso. –Visto ciò che è accaduto ad Azkaban, Crouch vorrebbe modificare la sorveglianza dei prigionieri. Non più Auror, ma Dissennatori. Come sapete, fino ad oggi ai Dissennatori venivano affidate solo le celle di massima sicurezza… Beh, Crouch vorrebbe lasciare l’intera Azkaban in loro custodia e potete capire da soli cosa significa.-

Nella stanza calò il silenzio, interrotto solamente dal singulto di Vitious, totalmente terrorizzato all’idea.

Silente aveva un’aria grave in volto, pareva perduto in uno dei suoi complessi pensieri e non pronunciò parola, mentre Minerva McGranitt teneva ostinatamente lo sguardo su di lui, in attesa che parlasse.

Azkaban ed i suoi prigionieri in totale balia dei Dissennatori, senza più alcun mediatore umano, nessun Auror a far rispettare quelli che erano i minimi diritti dei carcerati.

Questi ultimi, omicidi oppure semplici ladri, senza più distinzione per gravità di colpa, sarebbero stati divorati da quelle creature mostruose, finalmente senza controllo, libere di distruggere l’anima delle loro vittime.

Tutto ciò era mostruoso da immaginare ed Albus Silente, da uomo pacifista quale era, non poteva in alcun modo accettare una crudeltà simile.

-Inaccettabile.- mormorò finalmente, interrompendo il silenzio.

-Dipende dai punti di vista, Silente.- ribattè Horace Lumacorno con durezza.

-Beh, per me questa legge fa schifo.- se ne uscì Potter senior, schietto come sempre. –Non siamo come loro, maledizione! Siamo i buoni oppure no? Beh, se lo siamo, allora dimostriamolo! Non è da buoni trattare così dei prigionieri, per quanto grave possa essere la loro colpa! Crouch è impazzito!- continuò, accalorandosi.

-Resta il fatto che la scelta non spetta solo a noi.- fece il Ministro della Magia, incontrando lo sguardo di Silente. –A tutto il popolo magico inglese verrà chiesto di votare per approvare oppure no questa legge. Ed io starò a ciò che il mio popolo deciderà, è il mio dovere come Ministro.-

Albus Silente annuì, grave.

Zakary Potter, invece, dette un tiro nervoso alla sua pipa. –Roba che potrei dare anche le mie dimissioni, se passasse veramente una legge del genere!- sbottò.

Le labbra della McGranitt divennero sottilissime, mentre rivolgeva a Potter un’occhiata di rimprovero in grado di far crepare di paura qualsiasi studente.

-Non dire assurdità, Zacharias! Non cominciare con i tuoi colpi di testa, per Morgana!-

-Chiudi quella boccaccia, Mimì! Non sei più la mia Caposcuola!- ribattè l’altro, risentito.

E l’occhiata che si riservarono avrebbe potuto raggelare anche l’intero Inferno.

La McGranitt era semplicemente oltraggiata per essersi sentita appellare dopo anni ed anni con il nomignolo che le avevano affibbiato da ragazza.

Vitious sospirò, osservando i due ex Grifondoro, che si scrutavano in cagnesco.

-Minerva, Zack, non mi pare il momento di rievocare i vostri bei tempi della scuola.- li riprese Silente, severo. –Ministro, sapete già il nome dei prigionieri che sono riusciti a fuggire?- domandò, preoccupato.

-Purtroppo non abbiamo ancora una lista dettagliata, gli Auror stanno ancora controllando, ma…- cominciò Foster, traendo un lungo respiro. –Silente, siamo più che sicuri che tra i fuggitivi ci siano Rosier ed Avery.- comunicò, nervoso. –Se riuscissero a riunirsi a Voldemort…-

Una cosa che Silente apprezzava molto del giovane Ministro della Magia era la sua non paura di pronunciare quel nome, il nome del mostro. Quasi tutti i presenti nella stanza, tuttavia, rabbrividirono. Vitious squittì, terrorizzato.

L’unico a non battere ciglio fu Potter, che fumava tranquillo la sua pipa.

-Moody è andato loro dietro.- comunicò all’improvviso.

-Moody?! Malocchio Moody?- fece Lumacorno, stupito. –Quello è fuori di testa!-

-Ho piena fiducia in Alastor.- ribattè Zack, fermo.

-Anche io.- dichiarò Silente, annuendo.

Lumacorno scosse il capo, deciso. –Non riuscirà mai a riportarli indietro da solo.-

-Probabilmente no.- concesse Potter. –Ma a me basterebbe sapere dove diavolo si trova il quartiere generale di Riddle e se Alastor riuscisse a seguirli fin lì, sarebbe già una vittoria per noi.- spiegò, convinto.

-E’ da pazzi! Moody potrebbe morire!- obiettò la McGranitt.

Silente ed il Ministro rimasero in silenzio.

-Ne è consapevole, Minerva.- fece Potter, scrutandola in viso, un’espressione dura che non era da lui. –Lo siamo tutti. Non capisci? Siamo in guerra, lo siamo da anni e presto, molto presto arriveremo al suo culmine. Per tutto questo tempo Riddle si è mostrato poco, ha fatto sapere poco o nulla di sé, si è preparato. Adesso attaccherà, lo farà, ci siamo ormai! Potremmo morire tutti quanti domani, dobbiamo essere pronti. Pronti a rischiare. Io lo sono.- proferì, sincero, senza paura. –Sono pronto a morire. Per il mondo magico, per i Babbani, per la mia famiglia, per Amelia e, soprattutto, per mio figlio, James. Perciò apri gli occhi, apriteli tutti quanti, perché ci siamo!-

Minerva McGranitt abbassò lo sguardo, colpita da quelle parole così dure, sincere, dirette. Zack Potter non conosceva mezze misure.

Albus Silente, invece, sorrise. –E poi ti lamenti di essere stato scelto come capo degli Auror. Se ti sentissi parlare, capiresti che nessuno vorrebbe vedere un altro al tuo posto, amico mio.- disse con orgoglio e ammirazione.

-Anche io lo penso.- ammise il Ministro della Magia, sincero.

Potter, incredibilmente, arrossì, portando lo sguardo ad una delle finestre e borbottando qualcosa contro i complimenti e le lusinghe.

-Hogwarts è sempre stato un luogo sicuro, si parla poco di ciò che accade fuori, siamo un covo di accademici e forse questa è una nostra colpa, pensare più a studiare la magia che a ciò che succede fuori da queste mura.- disse Silente, accarezzando con lentezza la morbida testa pennuta di Funny. –Ma sono disposto a darle tutto l’aiuto possibile, Ministro, non avete che da chiedere.-

Auberon Foster annuì, incrociando le mani in grembo. –Ovviamente è mio desiderio che l’istruzione magica dei ragazzi vada avanti senza intoppi, ogni studente deve avere una permanenza serena qui ad Hogwarts e con lei come preside non ho alcun dubbio, sono certo che sarà così. Tutti ci fidiamo di lei, Silente.- rivelò, sicuro. –Ma visto i recenti avvenimenti, vorrei chiederle di accettare una squadra scelta di Auror, che verrà ad unirsi alle difese della scuola su mio ordine.-

-Ministro, il dipartimento di Auror ha bisogno di uomini pronti ad intervenire all’istante, credete sia una buona idea mandare alcuni di loro qui ad Hogwarts?- chiese Silente, mentre i tre insegnanti trattenevano il respiro.

-Lo è. I giovani maghi sono il futuro del mondo magico, è nostro dovere proteggerli prima di ogni altra cosa. Gli Auror circonderanno il perimetro della scuola senza farsi vedere. Nessuno li noterà, così non ci sarà panico e scompiglio tra gli studenti. La prego di accettare, Silente.-

-Se è così, allora la ringrazio molto, Ministro.-

-Sono io a ringraziare lei, professore.- disse Foster, composto. –Purtroppo il mio tempo qui è scaduto, devo essere al Ministero tra breve. La ringrazio per aver accettato di ricevermi con così poco preavviso.-

Entrambi i due uomini si alzarono, dandosi la mano.

-Non ci pensi neppure Ministro, le ripeto, è stato un piacere parlare con lei, anche se in così terribili circostanze.-

-Allora auguriamoci che, al nostro prossimo incontro, la situazione sia migliorata, Silente.- rispose il Ministro, sorridendo.

Marcus Harris, che era stato immobile a sorvegliare la finestra più vicina al Ministro della Magia, abbandonò la sua postazione, raggiungendo gli altri suoi colleghi Auror alla porta dell’ufficio del preside.

Anche Zakary Potter era in piedi, vicino ai compagni. Fu l’ultimo ad abbandonare la stanza, lasciando che il Ministro, seguito dagli Auror, si avviasse giù per la scalinata a chiocciola. Era serio in volto.

-Zack…- lo chiamò Silente, avvicinandosi.

-Appena avrò notizie da Alastor, ti farò subito sapere.- promise, grave. –Per adesso non ci resta che sperare e tenersi pronti al peggio.-

-Dunque ci siamo. Lo credi veramente?-

-Se lo credo? Silente, avresti dovuto vedere come erano ridotti i cadaveri degli Auror uccisi. Quella gente non scherza e, soprattutto, non ha pietà.- borbottò Potter, abbassando lo sguardo. –Stai con gli occhi aperti, anche qui nella tua scuola. Non sono poi così certo che continuerà a restare un luogo sicuro ancora a lungo.-

-Gli studenti di Hogwarts possono contare sulla difesa dei loro insegnanti.- sbottò la McGranitt, rigida come un manico di scopa.

Zack assentì, spostando lo sguardo su di lei. –Non ho dubbi su questo, Minerva.-

Albus Silente restò in silenzio, mentre i due ex Grifondoro, un tempo compagni di Casa, disquisivano sull’efficacia degli incantesimi a protezione del castello.

Osservava il parco di Hogwarts, fermo alla finestra come poco tempo prima, udendo distrattamente i discorsi di Potter e dei tre insegnanti. Lumacorno stava balbettando qualcosa, pareva spaventato, le ultime notizie dovevano averlo sconvolto.

Con sorpresa, Silente si rese conto che era appena ricominciato a nevicare leggermente. Sarebbe stato un inverno molto freddo.

E, improvvisamente, quel ricordo.

 

-L’inverno è particolarmente freddo quest’anno, Tom. Eppure ho notato che tu non porti i guanti, neppure una sciarpa. Hai tutto il mio stupore.-

Un sorriso affabile, amabile.

-Ad essere sincero, professor Silente, sopporto bene il freddo. Posso dire di apprezzarlo. Quando l’aria è particolarmente gelida, il nostro corpo resta più sveglio, non si assopisce mai del tutto. La mente è più reattiva. Mi aiuta a pensare.-

 

Era stato un flash.

Un vecchio ricordo che lo fece rabbrividire. Avrebbe dovuto accorgersene già allora, avrebbe dovuto capire ciò che si scatenava in quel ragazzo intelligente e perfetto.

Ma anche lui, come tutti gli altri suoi colleghi, era stato ammaliato da quella mente, aveva ammirato quel giovane mago.

E i dubbi che a volte sopraggiungevano, spesso venivano gettati via, lontano.

Non si era mai completamente fidato di lui, ma cadere nella trappola era stato più facile. Era stato più semplice pensare a quel genio come ad un semplice ragazzo, solo un ragazzo. Un mago destinato ad avere successo, nulla di più.

Un rumore di passi lo distolse dai suoi pensieri.

Zakary stava lasciando la stanza, seguito da Lumacorno, Vitious e McGranitt, ora tutti e tre in religioso silenzio.

-Aspetta Zack.-

L’Auror si fermò sulla soglia, uno sguardo interrogativo sul volto.

-Dobbiamo parlare di James.-

 

***

 

La Sala Grande era ancora deserta a quell’ora del mattino, la maggior parte della scolaresca di Hogwarts ancora ronfava nei propri letti, godendosi i pochi minuti restanti prima dell’inevitabile risveglio. Prima di aprire gli occhi e decidersi ad affrontare un’altra pesante giornata di scuola.

Nell’enorme sala il freddo era quasi insopportabile, tale da far uscire piccole nuvolette di vapore dalle bocche dei coraggiosi studenti che già si trovavano ai tavoli a fare colazione, tremanti come foglie.

Il soffitto del salone si apriva mostrando un cielo che era una svariata mistura di varie tonalità di grigio, mentre cadeva, lenta, una sporadica neve bianca, luminosa, che quasi riusciva a raggiungere i tavoli ed i loro pochi occupanti.

Il tavolo di Corvonero era completamente vuoto, non si vedevano neppure gli studenti del primo anno, da sempre i più ligi al dovere.

I Corvi, era risaputo, erano i più freddolosi.

Cosa che non si poteva dire dei Serpeverde che, povere anime, erano condannati a patire i geli più terribili fin dal loro primo anno, visto che la loro Sala Comune si trovava nei sotterranei del Castello, dove non giungeva mai un raggio di sole e stufe e camini non erano mai abbastanza. Le Serpi, ormai, erano in grado di resistere a qualsiasi temperatura e, per tale ragione, si trovavano già quasi tutti al proprio tavolo, imbacuccati nei propri mantelli.

A Tassorosso, invece, un gruppetto di studenti stava facendo colazione in compagnia del loro fantasma, il Frate Grasso, che si divertiva a narrare qualche leggenda ai ragazzi più piccoli, che lo ascoltavano a bocca aperta.

Nel gruppetto degli alunni più anziani, stava Annabel Cox in compagnia delle amiche e del suo fidanzato modello, Mike Miller.

La bionda Tassorosso era avvolta nel proprio mantello, il volto nascosto per metà dalla sciarpa con le tinte della propria Casa, e tremava visibilmente, infreddolita.

Mike passò un braccio intorno a lei, protettivo, uno sguardo dolce ed innamorato in grado di sciogliere il cuore anche alla ragazza più fredda.

-Freddo, amore?-

Anna sorrise, arrossendo un poco sulle guance. –Un po’.- mormorò, cercando di controllare i brividi con scarso successo.

Lui se ne accorse e rise, abbracciandola e stringendola più a sé, nel tentativo di scaldarla un poco. –Te l’avevo detto, era molto meglio darci malati oggi e restare tutta la mattina nella Stanza delle Necessità.- le sussurrò malizioso all’orecchio, facendola avvampare all’istante.

-Mike!- esclamò lei, imbarazzata, mostrando un’aria di rimprovero che però non resistette molto di fronte al sorrisino furbo di lui.

Scoppiarono a ridere insieme. E poi un bacio. Lungo, dolce, da innamorati.

E Julian Harris ebbe il malaugurato tempismo di entrare in Sala Grande proprio in quel momento ed assistere alla scena, tanto per cominciare bene la giornata.

Assumendo un’encomiabile espressione schifata, nemmeno avesse buttato giù un intero vasetto di Vermicoli, il Corvonero tirò dritto per la sua strada e, notando il tavolo dei Corvi completamente deserto, partì a passo spedito verso il suo Grifondoro preferito, trascinandosi dietro i due compari, Joyce e Lovegood.

James Potter e la sua famosa chioma ribelle si trovavano ad un’estremità del tavolo dei Grifoni, lontano dai pochi compagni di Casa presenti.

Potter, come gli altri, indossava il mantello sopra la divisa scolastica, ma pareva sopportare meglio il freddo. Aveva l’aria assorta ed un poco stanca, ma sorrise ai tre Corvonero, quando questi presero posto vicino a lui.

-Giorno!- fece, salutandoli.

-Fanculo.- fu la risposta di Julian.

E se Jasper sospirò, alzando gli occhi al cielo, James non potette dare torto ad Harris, dal momento che anche lui, accidentalmente, aveva assistito allo scambio di effusioni al tavolo di Tassorosso.

-Oh, c’è la gelatina al lampone!- fece tutto ad un tratto Xeno Lovegood, attirando l’attenzione dei ragazzi. –Sapete che è un ottimo amuleto contro i vampiri?-

James Potter storse la bocca, Julian Harris si versò una tazza di caffè, ancora scuro in volto, Jasper Joyce lanciò un’occhiataccia al folle compagno di Casa.

-Xeno, per Morgana, i vampiri non hanno paura della gelatina!-

-Non di qualunque tipo di gelatina, ma di quella al lampone sì!-

E mentre tra i due Corvonero incominciava un’interessante disquisizione di Difesa Contro le Arti Oscure oppure di cucina, a seconda dell’interpretazione, James tornò alla propria colazione, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata a Julian, che proprio non voleva saperne di parlare.

-Come mai sveglio così presto?- domandò Potter, in un vano tentativo di cavargli qualche parola di bocca.

-Mi andava di farmi una sega. E poi non avevo voglia di tornare a letto.-

Ecco, come non detto.

Julian Harris di cattivo umore non era proprio una compagnia brillante.

James Potter sospirò, bevendo un po’ del suo tè. –Non ti si può proprio parlare stamani, eh?- fece con un sorriso indulgente.

-Guarda che la sega me la sono fatta davvero.- bofonchiò Harris, fosco.

-Appunto.- convenne James con se stesso. Il biondino non era in vena di parlare.

-Ma tu dovresti capirmi, visto che te ne fai più di me. Anche se non ho ancora capito se sono di più quelle fisiche o quelle mentali.- continuò il Corvonero, mentre osservava con scarso interesse il vassoio con i muffin.

Incassando il colpo, Potter scosse il capo. –Ok, fermati un attimo! È un buco nero quello che vedo sotto i tuoi piedi?- domandò, fingendo di sporgersi verso di lui per guardare meglio. –C’è qualcosa che ti sta trascinando sotto terra, Julian.-

-Beh, spero faccia presto.- fu la laconica risposta.

-Wow, che faccia ragazzi! Sapete, un sorriso non vi farebbe male di tanto in tanto!- scherzò una voce alle loro spalle.

A salvare James Potter da gelatine ai gusti di frutta con i loro effetti benefici e dal cattivo umore di Harris fu Victoria Olsen, briosa e pimpante fin dal primo mattino.

Quegli occhi azzurri non ne volevano proprio saperne di incupirsi e James ne fu oltremodo felice, un po’ di allegria in quella valle di lacrime non poteva fare che bene.

-Ci mancava anche lei.- sibilò Julian, incupendosi.

-A cuccia!- lo richiamò Vick, andando a prendere posto davanti a loro, stravagante come suo solito con il suo bizzarro modo di portare l’uniforme. Poi la sua attenzione si concentrò su Potter. –Come sta Remus?- domandò.

-Bene.- rispose James, mentre tornava alla sua tazza di tè. –Il raffreddore lo ha un po’ debilitato, ma si riprenderà.- la informò. –A proposito…- cominciò, prendendo coraggio e decidendosi a parlare. –Vorrei che ci trovassimo tutti da Rem stasera, dopo la fine delle lezioni, se non è un problema per voi.-

Julian si limitò ad annuire, Vick sorrise. –Certo!- disse, osservandolo. –E adesso puoi spiegarmi perché il mio ragazzo mi ha letteralmente ringhiato contro, quando stamattina l’ho incontrato in Sala Comune e l’ho salutato?-

Il povero James incassò la testa nelle spalle, incapace di rispondere. Ultimamente con Sirius poteva dirsi ai ferri corti, c’era ben poco da dire, non facevano altro che discutere. Avrebbe detto la verità su di sé, niente più segreti, ma non era poi così sicuro che dopo sarebbe tutto tornato come prima.

Poteva darsi dell’illuso per il solo pensarlo.

Anche con Julian e Victoria sarebbe potuto cambiare tutto.

Non poteva più dirsi certo di nulla.

-Avete litigato?- domandò Jasper Joyce, intromettendosi, forse per sfuggire alle gelatine al lampone e alle malsane idee di Xeno.

Potter si limitò ad annuire. –Più o meno.-

-Vi tenete spesso il broncio, ultimamente.- fece Lovegood, prossimo a spararne una delle sue. –Secondo me il problema è evidente e altrettanto lo è la soluzione. Basterebbe un po’ di sincerità in più, ragazzi. Insomma, è ovvio che Black sia geloso delle attenzioni che dai alla Evans, James! E sono sicuro che tu capisci! Voglio dire, che problema c’è ad amarsi tra uomini?-

Sparata la bomba.

E se a James Potter andò di traverso il tè, rischiando di soffocarlo, Victoria Olsen, che stava bevendo del succo d’arancia sputò il tutto proprio in pieno viso a Julian, che potè definitivamente mandare al diavolo la giornata.

Jasper Joyce fu il primo a riprendersi. –Xeno, amico mio, non avevi accennato a quella ricerca delle onde psichiche emesse dagli unicorni, questa mattina?-

Lovegood parve svegliarsi in quel momento da un lungo sonno e, spalancando gli occhi, balzò in piedi di scatto. –Merlino, hai ragione!- esclamò, sconvolto, prima di uscire di gran corsa dalla Sala Grande, travolgendo alcuni studenti che stavano arrivando in quel momento per fare colazione.

-Poteva risparmiarsela.- fece Vick, esasperata.

Harris le lanciò un’occhiata torva, mentre si ripuliva dal succo.

-Ultimamente si è fissato con l’amore libero e disinibito, non fateci caso.- li informò Jasper, disperato. –Ieri mi ha suggerito di lasciare Nina e ammettere i miei sentimenti per Julian.- disse, lugubre. –Da quando ha saputo di Burt Bruden e della sua combriccola si è infervorato.- 

-Bruden? Ma non è quello del sesto anno della vostra Casa che si fa costantemente di allucinogeni?- chiese Victoria, stupita. –Perché? Che fa?-

-E’ un edonista. È convinto che l’unica via per sfuggire al male che ci circonda sia il piacere, senza regole né morale.- le rispose James, ripresosi dalla bomba. –Remus non lo sopporta, non approva il suo modo di fare. Non so molto altro, anche perché non conosco Burt. Ma puoi chiedere a Julian.- fece, sorridendo ironico.

-E tu che c’entri?!- chiese subito Vick al biondo seduto davanti a lei.

-Sono stato ad una delle sue feste, l’anno scorso.- rispose Harris, tranquillo.

-Ha baciato un ragazzo!- le disse James, divertito. –Sirius lo ha evitato per quasi un mese, è stato troppo divertente! Era terrorizzato!-

-Come se Black fosse il mio tipo!- sbottò Julian, disgustato. –E comunque non ci vedo nulla di male, un’esperienza in più da portare con me.- disse, facendo spallucce.

Victoria lo stava guardando con un paio d’occhi spalancati come scodelle, Potter sorrideva allegro, scotendo il capo. Lui non era il tipo da farsi tanti problemi morali.

E poi, in quel momento, tutte le chiacchiere che lo circondavano avevano improvvisamente perso di significato.

Un nuovo gruppo di studenti stava entrando in Sala Grande e, tra di loro, spiccava la chioma rosso fuoco di Lily Evans. L’uniforme scolastica, il mantello pesante, la borsa stracarica di libri, i capelli sciolti, lisci, morbidissimi, che erano un invito a passarci le mani ripetutamente.

Ed era incredibile. Incredibile come bastasse l’apparizione di lei per far perdere di importanza a qualunque discorso o situazione lo circondasse.

Lui era lì, seduto con i suoi amici ancora intenti a parlare, e quasi non ricordava più di cosa stessero discutendo. L’unica cosa che sentiva era il proprio cuore, che subito aveva preso a battere più veloce, e l’euforia, che pareva invadergli tutto il corpo.

Lily stava guardando verso il tavolo di Grifondoro e, quando lo vide, non potè trattenersi dal sorridere con un’emozione che si estese fino agli occhi verdissimi.

Ed era uno spettacolo.

Tutto il mondo spariva e restava solo e soltanto lei.

Spariva Sirius e la discussione avuta con lui, sparivano Julian e Victoria, spariva Silente con le sue preoccupazioni, spariva Havisham, spariva Tom Riddle…

E restava lei, Lily.

Lei, che era il pianeta attorno a cui lui, misero satellite, gravitava.

Lei, che subito andò a sedergli vicino, ora più sicura, più forte.

Augurò il buon giorno a Victoria, regalandole un sorriso affettuoso che rivolgeva a pochi, e salutò Julian e Jasper, che erano tornati a fare colazione.

Poi fu tutta sua.

-Ciao!- gli disse, ancora un poco in imbarazzo. –Tutto bene? Mi sembri stanco…- 

James le sorrise con dolcezza, mentre andava ad intrecciare le dita della mano con quella di lei, sotto il tavolo. Un gesto intimo ed unicamente loro.

-Adesso sto bene.- le disse, senza abbassare lo sguardo.

Lei arrossì all’instante e lui pensò che adorava quelle guance rosse.

Era completamente andato, si disse, divertito. Quella piccola strega dai capelli scarlatti lo aveva catturato a puntino, non c’era che dire.

-Alice sta scendendo, si è fermata a parlare con Emma in Sala Comune.- disse Lily, mentre si versava del tè aromatizzato. –Tu da quanto sei qui?-

-Da un po’.- rispose James, allegro. –Tu invece hai fatto tardi rispetto ai tuoi canoni!-

Lei sospirò, mentre metteva dello zucchero nella sua bevanda. –Ieri sera i nostri amati compagni hanno fatto confusione fino a tardissimo, non riuscivo ad addormentarmi.- spiegò, inalberando per un attimo un cipiglio stizzito prima di scuotere la testa e sorridere. –Ma che te lo dico a fare? Sicuramente tu facevi parte della combriccola, Capitano! Quando ti ho dato la buona notte ti ho lasciato in compagnia di quei pazzi!-

Potter sorrideva, furbo. –Mi è piaciuta un sacco la tua buona notte!-

Lily pregò di non essere ancora arrossita, ma a giudicare dal calore che avvertiva in zona guance poteva dirsi pacificamente sconfitta. –Ti ho dato solo un bacio.- biascicò, in imbarazzo.

Il sorriso di lui si ampliò. –Beh, mi auguro che tu mi dia sempre la buona notte in questo modo.- continuò, tranquillo.

Pareva che gli altri intorno a loro si stessero facendo gli affari propri, parlando di questo e di quello, ma il sorrisetto soddisfatto di Victoria Olsen non dava spazio a fraintendimenti, come le occhiate che Jasper Joyce lanciava ogni tanto su di loro, quasi incredulo. L’unico ad ignorarli era Julian, chiuso nel suo umore cupo.

Il resto degli sguardi della Sala Grande, ovviamente, inevitabilmente, era tutto loro.

Adesso l’enorme locale si era quasi del tutto riempito ed un allegro vociare riecheggiava tra quelle mura, unito a risate e ad espressioni di meraviglia rivolte al soffitto incantato, attraverso il quale si poteva veder cadere la neve, imperterrita.

Gli insegnanti, arrivati da poco al loro tavolo, facevano colazione e parlottavano tra di loro, apparendo vagamente preoccupati per qualcosa. Il preside non si vedeva.

Lily si strinse maggiormente nel proprio mantello, mentre con una mano si faceva notare da Alice Rubin, appena arrivata in sala, come al solito in ritardo.

Alice corse a raggiungerli, con un sorriso raggiante. –E’ deciso, è fatta!- trillò, assordando tutti quanti e non riuscendo a starsene buona sulla panca.

-Cosa è fatta?- domandò la Evans, confusa.

L’altra fece per rispondere, ma fu preceduta da James. –La festa di Biancaneve, giusto? Allora la facciamo? Ce la lasciano fare davvero?-

-Biancaneve?- fece Lily, sorpresa. –Ma di cosa state parlando?-

-E’ una favola babbana, non la conosci?- si stupì Vick, anche lei interessata alla discussione.

-Certo che la conosco!-

-Beh, chiamiamo così la festa che in genere organizziamo per festeggiare la prima nevicata! Sono giorni che aspettiamo che ci diano il permesso di farla, ormai la neve si è ben attaccata al terreno, è perfetta per un po’ di sano divertimento!- le spiegò James, il sorriso Malandrino tornato al suo posto. –Non ne sapevi nulla?-

Lily Evans sospirò. –Sai benissimo che mi sono sempre tenuta fuori dalle vostre trovate…- rispose, scuotendo il capo con un sorriso.

-Non quest’anno però, dal momento che verrai alla festa insieme a me.- disse subito Potter, allegro. –Alice, sei stata grande! Come hai fatto a far cedere la Semprevergine?- domandò, ammirato.

Rubin parve pensarci un po’ su, prima di rispondere. –In effetti anche io credevo che ce lo avrebbe vietato, sai? Ma stamani, prima di venire a colazione sono riuscita a parlarle e non sembrava tanto in sé. Mi ha detto che festeggiare un po’ non ci avrebbe fatto male.- raccontò, mentre imburrava una fetta di pane. –Beh, che importa? Basta che ci lascino fare la festa, no?-

-Ci puoi giurare!- fece Victoria, al settimo cielo.

Immediatamente, per tutto il tavolo di Grifondoro cominciò a spargersi voce riguardo alla festa ed in pochissimi secondi tutte le Case di Hogwarts erano a conoscenza di tutto. Un parlottare concitato si diffuse lungo i tavoli, coinvolgendo tutti gli studenti.

Proposte, inviti, decisioni, liste da compilare…

Ma la felicità provocata dal pensiero di una serata intera di divertimenti da passare insieme fu spazzata via in un attimo, dopo l’arrivo dei gufi, che quel giorno erano carichi di neve ed infreddoliti.

Un grosso gufo bruno dall’aspetto severo planò fino a raggiungere Lily Evans, un rotolo di giornale nel becco rigido e la zampa tesa, in attesa di un compenso.

-La Gazzetta del Profeta! Me ne ero dimenticata…- fece la rossa, sorridendo ed affrettandosi a donare subito qualche zellino al volatile, che subito depositò il quotidiano e volò via, desideroso di tornare al caldo.

-Leggi quella roba?- borbottò Julian, storcendo la bocca.

-Mi piace tenermi informata.- si giustificò lei, facendo posto davanti a sé ed aprendo il giornale, tranquilla.

E fu il caos.

Perché molti altri, come lei, compirono gli stessi gesti quella mattina.

Tutti videro i primi titoli, impossibile non notarli.

Il pensiero della festa svanì in un attimo.

-O mio Dio…- esalò Lily, sentendo il proprio stomaco chiudersi in una morsa d’acciaio ed un brivido freddo, di paura, percorrerle la schiena.

James, che stava parlando con Jasper Joyce, si voltò preoccupato verso di lei, stringendole di più la mano, ora abbandonata nella sua. –Lily, cosa c’è?-

La ragazza pose il giornale tra loro, in modo che entrambi potessero leggere e vide gli occhi scuri di lui spalancarsi per la sorpresa dietro le lenti degli occhiali.

-Si può sapere che vi prende?- chiese Victoria, notando le loro espressioni.

James sollevò lo sguardo sui propri compagni, ora tutti curiosi di sapere, e, avvicinandosi di più la Gazzetta, cominciò a leggere.

-E’ stata dunque confermata da Auberon Foster, il nostro Ministro della Magia, la fuga di massa da Azkaban avvenuta questa mattina intorno alle due. Le modalità di tale evasione sono ancora da definirsi, ma voci attendibili parlano già dell’utilizzo della maledizione Imperius, una delle Maledizioni Senza Perdono, applicata su alcune delle guardie della prigione, che avrebbero attaccato ed ucciso molti dei propri colleghi e liberato i prigionieri. Gli Auror stanno ancora adesso indagando sull’accaduto, in attesa di poter interrogare i compagni ancora sotto Imperius ed i feriti, ora ricoverati in un’area privata del San Mungo. Per maggiori informazioni andare a pagina sei…-

Il silenzio intorno a lui era opprimente e, con una certa inquietudine, James Potter si rese conto che non erano soltanto i compagni intorno a lui ad essere ammutoliti, ma l’intera Sala Grande. La Gazzetta del Profeta si era diffusa in ognuno dei tavoli delle quattro Case, tutti gli studenti stavano apprendendo la medesima, terrificante notizia.

Lily era pallidissima ed aveva gli occhi lucidi, fissava la pagina del giornale come ipnotizzata; Victoria teneva lo sguardo basso, silenziosa; Alice e gli altri compagni parevano sotto shock. Julian fu l’unico a parlare. –Vai a pagina sei, James.-

Con un sospiro, Potter annuì.

-Non ci sono dichiarazioni, però hanno messo una lista provvisoria dei fuggitivi.- spiegò James, mentre scorreva i nomi con gli occhi. Ad un tratto la sua espressione mutò, facendosi più rigida. –Rosier.- mormorò.

Sollevò lo sguardo, Julian lo stava guardando. –Ne ho sentito parlare anche io, se non mi sbaglio deve essere quel pazzo che ha massacrato un’intera città di babbani, vicino a Liverpool. Me ne parlò mio padre.- disse il Corvonero.

-E’ successo quando eravamo al terzo anno.- fece James, tornando al giornale. –Riuscirono a catturarlo e a portarlo ad Azkaban.-

-Già.- disse solamente Julian.

I volti di molti studenti erano rivolti al tavolo degli insegnanti, ma Silente non era presente in Sala Grande, non avrebbero ricevuto parole di conforto, non ancora.

I ragazzini del primo anno erano terrorizzati e già qualcuno, anche di qualche anno più grande, parlava di tornare a casa. Era scoppiato il caos.

-Vado a lezione, è già tardi.- fece Lily ad un tratto, stupendo tutti.

Si alzò in piedi, quasi stupendosi di esserci riuscita, e si diresse a passo spedito verso il portone, senza voltarsi a guardare nessuno.

E James non si curò affatto della confusione sui volti dei suoi amici, seguì la rossa fuori dalla Sala Grande, come se fosse stato trascinato da una catena.

Semplicemente, non poteva separarsi da lei. Non poteva lasciarla sola, non quando era così palese la sua paura.

La trovò in corridoio, in piedi, una mano posata su una delle pareti, come alla ricerca di un sostegno. La borsa abbandonata ai suoi piedi.

In pochi passi la raggiunse e fu con estrema delicatezza che le prese la mano, fredda e piccola rispetto alla propria. Lily stava tremando.

-Lily…- la chiamò con dolcezza. –Lily… parla, dimmi qualcosa…-

Lei restava in silenzio, chiusa in dolore tutto suo che non aveva la forza di condividere, la morsa della paura che le impediva quasi di respirare e gli occhi che bruciavano.

Non dandosi per vinto, James le prese il volto fra le mani, obbligandola a guardarlo e gli occhi disperati di lei furono come una pugnalata al cuore.

-No, ti prego!- fece lui, mesto. –Ti prego non fare così! Lily, andrà tutto bene! Siamo al sicuro qui ad Hogwarts, devi stare tranquilla!-

Ma lei scosse il capo, continuando a non parlare. Poi puntò i suoi occhi verdi, ora più brillanti e luminosi, su di lui. –I miei genitori sono babbani, James.- riuscì solo a dirgli, con poca voce, scossa dai tremiti.

E Potter si sentì un completo idiota per non aver pensato ad una cosa del genere, si era preoccupato a tal punto per lei da dimenticare tutto il resto.

-Hai ragione, sono uno stupido…- disse lui, prendendola subito tra le braccia e cercando di darle più calore possibile. –Scusa, Lily.- mormorò piano, cullandola.

La sentì scuotere il capo contro il proprio petto e la strinse di più.

-Però ti posso assicurare una cosa, gli Auror non abbandoneranno i babbani.- aggiunse, convinto.

-Merlino, è ovvio!- disse una voce alle loro spalle che li fece sussultare.

I due ragazzi si voltarono, Lily ancora abbracciata a James, e si ritrovarono davanti a Zacharias Potter, che li osservava sorridendo. Pipa in bocca, mantello pesante sulle spalle e uniforme degli Auror. Braccia incrociate.

-Adesso fai pure piangere le ragazze, screanzato?- fece al figlio, con finta aria severa. E James non ebbe il tempo di ribattere, che l’altro puntò lo sguardo sulla figuretta di Lily, ancora scossa. Subito gli occhi di Zack si fecero più dolci. -E’ un piacere rivederti, Lily Evans.- disse con gentilezza. –Cosa posso fare per te, mia bella? Il Capo degli Auror è a tua completa disposizione.-

-Capo degli Auror?- replicò Lily, disorientata, guardando i due Potter.

-Oh, James non va a dirlo in giro. Sono io che non voglio che lo faccia.- le spiegò.

-Papà, i genitori di Lily sono babbani.- fece James, inquieto.

-E io comprendo bene la sua preoccupazione.- disse Potter senior, guardando la ragazza. –Ma, Lily, posso assicurarti su tutto ciò che c’è di magico in questo mondo che gli Auror non abbandoneranno mai i babbani, anzi, abbiamo già organizzato delle squadre di protezione per loro. Non hai nulla da temere, faremo il possibile.-

Lei si limitò ad annuire.

Certo, non dubitava che gli Auror avrebbero fatto il loro lavoro, ma le circostanze erano troppo gravi per potersene stare tranquilli. Forse avrebbe dovuto scrivere una lettera ai suoi genitori, avvertirli. Ma loro le avrebbero creduto?

-E’ stato un brutto colpo papà.- fece James, che ancora teneva la mano a Lily. –E’ successo tutto all’improvviso, non eravamo preparati a…-

-E che ti aspettavi? Che avvertissero?- lo interruppe Julian Harris, che si era silenziosamente avvicinato a loro insieme agli altri.

-Julian.- disse Zack, guardandolo. –Volevo giusto parlare con te.-

Il Corvonero assentì, invitandolo ad andare avanti.

-Vorrei che tu scrivessi molto a tua madre, nei mesi che seguiranno. Vedi, proprio ieri, abbiamo deciso di affiancare al Ministro della Magia una guardia del corpo e tuo padre si è offerto volontario. Credo che tu capisca cosa significa, cosa rischia Marcus. Tua madre avrà davvero bisogno di te, ragazzo.-

Se la notizia avesse o meno sconvolto Harris era difficile dirlo, dal momento che Julian non mutò quell’ espressione apatica ed un tantino annoiata che portava sempre sul viso. James però lo conosceva bene e riuscì a scorgere qualcosa di diverso negli occhi del suo amico.

-Grazie per avermelo detto, Zack. Scriverò più spesso a mia madre, so quanto si preoccupa.- rispose Julian, neutro, prima di andarsene a lezione senza salutare nessuno. Jasper Joyce gli andò dietro, in silenzio.

E gli altri rimasero indietro, perplessi. Tutti tranne James, che però si trattenne dal seguire l’amico o dal dire qualcosa.

-Mi dispiace.- fece Potter senior, sospirando.

-Julian sa che Marcus sta facendo il suo dovere.- rispose James, guardando il padre.

-Già.- borbottò l’uomo, rimettendosi la pipa in bocca e posando lo sguardo sui ragazzi intorno a lui. –Beh, che fate ancora qui? Non avete lezione?-

-Abbiamo letto i giornali, signor Potter…- rispose Alice, ancora pallida in viso.

-Ma il mondo non finisce oggi, giusto? Su, filate in classe!- scherzò Potter, in una perfetta imitazione della McGranitt. –Tranne tu!- aggiunse, afferrando per il mantello il figlio, che si stava avviando insieme agli altri, dopo averlo salutato.

James si voltò a guardarlo, sorpreso. –Ma non ci stavi brontolando perché non eravamo in classe?- domandò.

-Devo scambiare due parole con te.-

 

 

***

 

 

Quando aprì gli occhi, si rese conto che quella che gentilmente gli accarezzava il volto era una luce malata, opaca. La luminosità di un cielo coperto di nubi cariche di neve.

Gli vennero alla mente diversi ricordi, fu inevitabile.

James e Sirius, dodicenni, che si facevano la guerra a colpi di palle di neve; Peter che correva per il parco, tentando invano di sfuggire alle due pesti.

Tante, tantissime risate.

Si erano divertiti anche la notte precedente, tramutati nelle loro forme animali, decisi a darsi la caccia nella campagna che circondava la Stamberga Strillante.

Era strano che si fossero ritrovati tutti insieme, come una volta.

Ultimamente si era trovato molte volte a vivere la sua trasformazione da solo, oppure con soltanto uno dei suoi amici. Non dava loro nessuna colpa, anzi, era stato lui a pregarli di non accompagnarlo sempre.

Non potevano rischiare ogni volta per lui.

Ma era stato bello vedere che non era cambiato niente tra di loro, che ancora riuscivano a divertirsi e a scherzare insieme.

Remus Lupin non si considerava un’ottimista, ma nutriva una forte speranza nei Malandrini anche se, con il tempo, parevano raffigurare un’immagine sfuocata.

Provò a muoversi un poco ed un gemito gli uscì dalla bocca.

Come al solito, avvertiva ogni singola cellula del proprio corpo a pezzi. Il dolore dopo la trasformazione era ovunque ed era insopportabile. Ma lui c’era abituato.

-Ti sei svegliato.-

Una voce, una voce che gli pareva di conoscere bene.

Ma l’idea che proprio quella persona fosse lì gli pareva impossibile.

Voltò il capo nella direzione da cui erano arrivate quelle parole e rimase stupito vedendo con i propri occhi Eva Ames, in piedi vicino ad una delle grandi finestre, che lo guardava.

La Serpeverde aveva indosso l’uniforme della sua Casa, più un mantello nero foderato in pelliccia candida. Nella scarsa luce presente in infermeria, i suoi occhi verdi apparivano neri, ma era comunque bellissima.

Stupidamente, Remus pensò che quei boccoli castani fossero sicuramente morbidissimi al tatto, ma si riprese subito da tali pensieri, dandosi dello sciocco e restando a guardarla senza avere nulla da dire.

Non era mai stato un tipo di tante parole, per quelle c’erano sempre stati Potter e Black, però andava detto che nessuno riusciva a farlo ammutolire come la Caposcuola Ames. Non gli era veramente mai capitato prima.

Sentirsi il cervello in tilt non era proprio il massimo per uno come lui, poteva quasi definirsi imbarazzante.

Eva abbandonò la sua postazione vicino alla finestra per andare a sedersi in una sedia abbandonata vicino al letto di lui, lo scrutava. –Madama Chips è uscita un attimo a prendere dei medicinali, tu devi stare fermo.- lo ammonì, parlando come al solito con i suoi toni sofisticati.

-Non ho intenzione di muovermi.- scherzò lui, sentendosi un poco in imbarazzo.

-Devi esserti preso una bella influenza.- osservò la Ames, fissandolo. –Hai febbre?-

-Non credo.- rispose Remus, abbassando lo sguardo. –E tu? Come ti senti? Perché sei qui in infermeria? Tutto apposto?- domandò, con un tono quasi preoccupato.

Eva Ames restò senza parole.

Lui era sincero? Lui davvero non capiva il perché lei fosse lì?

Remus Lupin era davvero così ingenuo?

Le venne da sorridere, loro due non avevano davvero nulla in comune e non solo perché erano un Grifondoro ed una Serpeverde. Anche come persone erano diverse.

Lei era stata abituata ad essere scaltra, adulta, fredda. Era questo che le era stato sempre chiesto. Lui invece era terribilmente naturale, maturo certo, ma anche bambino. Come si poteva altrimenti spiegare la sua domanda?

Era palese che lei fosse lì per lui, eppure Remus sembrava non averlo capito. Forse non riusciva neppure a pensare una cosa del genere.

-Sto benissimo, sono venuta a trovarti. Non ci arrivi?- lo prese in giro lei, divertita.

E lui spalancò gli occhi chiari, arrossendo addirittura sulle guance.

Una reazione che nessun ragazzo attento alla propria fantomatica virilità avrebbe mai avuto, neppure di fronte alla ragazza dei propri sogni.

Ma Remus Lupin non era come tutti gli altri. O, almeno, non era come i ragazzi che lei aveva incontrato fino a quel momento.

Le fece tenerezza, un’indescrivibile tenerezza.

Quella spontaneità, quei gesti per nulla studiati, la affascinavano molto più di tutti quei trucchi usati dai suoi coetanei per far cadere ai propri piedi una ragazza.

-Beh, ecco… ecco, ti ringrazio…- balbettò lui, decisamente in difficoltà. –Non dovevi Eva, io sto bene, veramente… mi ammalo spesso, ma non è mai nulla di grave…-

-Sei molto pallido, però.-

-Mi succede, ma non è nulla, davvero…-

Lei sorrise e, presa la propria borsa dei libri, ne estrasse una piccola fiala piena di liquido nero, molto simile ad inchiostro. –Una pozione di nostra inventiva, noi Serpi la buttiamo giù quando non ci sentiamo perfettamente in forma. Funziona meglio di qualunque intruglio di Madama Chips, credimi.- gli disse, sicura.

-L’hai preparata tu?- fece Remus, sorpreso.

-Beh, la Evans e Severus Piton non sono gli unici geni in Pozioni. Anche a me piace fare qualche intruglio ogni tanto.- rispose lei, facendo spallucce. –Ma forse, non ti fidi a prendere qualcosa che ti è offerto da una Serpeverde.-

Un attimo dopo fu lei a spalancare gli occhi verdi, lui stava tendendo una mano in sua direzione e sorrideva. –Sei stata gentile a prepararla per me, la prenderò subito.-

Non poteva crederci.

Non poteva veramente crederci.

Lui si fidava di lei.

Quando gli passò la fialetta, si rese conto che la propria mano tremava.

Non era paura, non era niente di tutto ciò che lei conosceva.

Le dita di Remus erano calde, provò il forte desiderio di stringerle e passarci sopra la bocca, delicata, riverente. La fitta che provò dentro di sé riuscì quasi a lasciarla senza respiro e tutto per quel lieve sfiorarsi di mani.

È solo un ragazzo, Eva.

Soltanto uno sciocco ragazzo, nulla di più.

Ripeteva quelle parole nella sua testa come un verso imparato a memoria, in cerca di sicurezze che in quel momento non apparivano più così stabili.

Bellatrix avrebbe riso di lei, l’avrebbe umiliata, sbeffeggiata per il resto della loro vita.

Lo osservò mentre beveva la pozione che lei stessa aveva preparato, lo vide storcere appena la bocca per il sapore amarognolo del preparato e lo udì ringraziarla ancora, mentre appoggiava la boccetta vuota sul comodino vicino al letto.

Non seppe come, ma si ritrovò in piedi, già pronta ad andarsene.

Lui la osservava, una tranquillità in quegli occhi celesti come il cielo che avrebbe potuto farla boccheggiare, se non fosse stata così brava a fingere.

Sorrise, pacata, moderata come le si confaceva.

-Vedi di rimetterti. Hai promesso di passare con me la prossima uscita ad Hogsmeade.- gli disse, mentre si sistemava la borsa su una spalla.

E di nuovo vide quel sorriso timido, quel lieve rossore. -Te lo prometto.-

Quando si chiuse le porte dell’infermeria alle spalle, quasi non ricordava la strada da percorrere per arrivare all’aula di Incantesimi. Ci pensò Severus Piton ad illuminarla, apparendole al fianco tetro come sempre.

Percorsero un po’ di strada in silenzio, poi, stranamente, fu lui a parlare.

-Eri ancora a giocare con Remus Lupin?-

Scoccandogli un’occhiata dura, Eva non rispose a quella domanda, continuando a camminare spedita. Ignorandolo.

-Bella sarà contenta, ti stai comportando da bravo cagnolino, Caposcuola Ames.- continuò il Serpeverde, studiandola. –Ma come ho detto una volta a quella pazza, avete preso la preda sbagliata. Tra tutti i Malandrini, Remus Lupin è il meno debole. Può sembrare un agnellino, in apparenza, ma attenta, perché potrebbe essere lui a fregare te alla fine.- la avvertì, sorridendo ironico.

E lei si voltò ad affrontarlo, innervosita. –Credi davvero che qualcuno possa farcela contro di me? Me? Che ho imparato a bluffare da quando ero una bambina? Non mi interessano le vostre guerre tra Case, ma la mia famiglia ama i Black più dei propri figli! Io sto facendo ciò che mi dice Bellatrix, punto. Quando avrò finito, tornerò a farmi gli affari miei e lascerò voi a divertirvi.-

Severus rise, prendendola in giro e mandandola su tutte le furie.

-Ti dirò una cosa importante, Ames. Non stare troppo vicina ad un Grifondoro, rischi di finire male, sanno essere più pericolosi di noi a modo loro. Due persone a Serpeverde possono garantirtelo. E una delle due sono io.-

Lei non seppe cosa rispondere, lui non aprì più bocca.

Non appena mise piede in classe, scusandosi con Vitious per il ritardo, prese posto al banco in prima fila, scambiando una lunga occhiata con Bellatrix Black, che sorrideva soddisfatta. Tirò fuori piuma e pergamena, cominciando a prendere appunti, cercando di prendere il filo della spiegazione.

Non è niente, si disse. Non è niente.

Lei era Eva Ames.

Andava tutto bene.

 

 

 

Wanna know who you are

Wanna know where to start

I wanna know what this means

Wanna know how you feel

Wanna know what is real

I wanna know everything

Everything

 

[ Vorrei sapere chi sei

Vorrei sapere dove cominciare

Vorrei sapere cosa significa

Vorrei sapere cosa provi

Vorrei sapere che cosa è reale

Vorrei sapere tutto

Tutto ]

 

 

Avril Lavigne – Fall To Pieces

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

Ok, lo ammetto, la fine è un po’ strana. Ma mi piace così, libera interpretazione ragazzi. Cosa dire? Il prossimo capitolo sarà il seguito, e spero che venga fuori bene, perché ci saranno tante cose importanti da dire.

Per adesso vi affido questo, che è una specie di macedonia. C’è veramente tutto e credo sia necessario che tutti voi fissiate bene ogni cosa in testa, per non confondervi dopo.

Come credo abbiate notato, si sta aprendo un nuovo capitolo, che è quello della guerra. Ritengo di aver tenuto Voldemort a cuccia già abbastanza, è il momento di lasciare in guinzaglio! XD

Forse può sembrare un impatto troppo brusco ma, del resto, le catastrofi quando arrivano, arrivano, non bussano alla porta, no?

Detto questo, saluto tutti e passo alle risposte!

 

La Nika: Ciao! Ti prego di scusarmi per essermi dimenticata di rispondere alla tua recensione, non è stata una cosa voluta, ma il tuo commento è finito a pagina due e ieri sera ero talmente stanca che non me ne sono resa conto. Lo so, ultimamente parlo meno di Lily e James, ma la storia deve andare avanti e talvolta devo metterli da parte! =)

Grazie molte per il commento e per i complimenti, un bacione!

 

Kokylinda2: Ciao, ti ringrazio molto per il tuo “wooooooow”! J Sono contenta che la storia ti piaccia così tanto, mi ripaga della fatica e dell’impegno che ci metto nello scriverla. Non importa recensire sempre, non sentirti in obbligo, a me basta che la fanfic piaccia, tutto qui. Grazie davvero per la fiducia che dimostri versi di me e la mia storia, ricambio i baci! Ciaoooo!

 

Quidditch: Fra, Fra, Fra… chissà se sono riuscita ad accontentarti anche con questo capitolo…. Posso sperare di sì? Ormai è importante sapere di averti dalla mia parte! Purtroppo per la confessione di James dovremo aspettare il prossimo capitolo. È stato un imprevisto, credevo sarebbe stato un capitolo intero, ma poi ho capito che andava diviso, perciò ti chiedo un altro po’ di pazienza.

Peter per me è un personaggio incognita. Ho cercato di dare un mio personale punto di vista e sono contenta che la mia idea piaccia.

Come te, anche io mi sono infervorata nella parte James-Severus. Mi è piaciuto molto scriverla e credo non sarà né la prima né l’ultima discussione che ci sarà tra i due!

Un bacione!

 

Cicci92: Grazie per le belle parole, davvero! Che dire di Sirius? In realtà su di lui ci sto ancora lavorando e non mi definisco ancora soddisfatta. Credo di dovere ancora capire cosa voglio da lui. Ma sono felice che a te piaccia! Julian è l’amore della mia vita, se mi fai complimenti su di lui mi mandi in brodo di giuggiole, sai? :D

Lily, sì, sta esattamente facendo un percorso. Vi renderete davvero conto della lunga strada che sta percorrendo solo al termine della fanfic! Sono molto soddisfatta di lei.

Il bacio tra lei e James è giunto inaspettato, ma è piaciuto anche a me!

È stato spontaneo, perciò l’ho adorato.

E non preoccuparti di fare filippiche, io le adoro! ^_-

 

Lovegiò92: Salve collega! Come vedi, alla fine, dopo mille peripezie ho aggiornato, spero di evitare la gogna! Dai, sii buona con me, torno massacrata da due maledetti esami! XD Sono felice che tu apprezzi i miei Lily e James, visto che anche i tuoi sono davvero adorabili mia cara! Per quanto riguarda Sirius e Victoria, beh, quello che doveva essere solo un esperimento ha davvero preso il volo e la storia di loro due è ben delineata davanti ai miei occhi. Ce ne saranno delle belle, credimi!

Il cazziatone a Piton è piaciuto a tutti, credo! Infondo, siamo un covo di Thorn&buckers, no? XD Grazie mille per l’Einstein! Ogni volta mi gonfio d’orgoglio, finisce che esplodo! :D Un bacione!

 

LilyProngs: Tesoro, grazie come sempre per i tuoi complimenti e le tue parole gentili, spero veramente di non deluderti mai, di non deludere mai nessuno di voi, perché, credimi, la paura di fallire è tanta. Ad ogni modo vado avanti, facendo del mio meglio.

L’esame è andato, ma naturalmente avrò i risultati solo dopo le vacanze ed a me non resta altro che consolarmi studiando anatomia! A te poi com’è andata?

Un bacio!

 

Malandrino4ever: Dimmi la verità, mi sono fatta parecchio attendere questa volta, vero? XD Purtroppo il segreto di James è stato rimandando al prossimo capitolo, merito la decapitazione per questo, ma sono stata costretta a farlo! Spero che il capitolo nuovo ti piaccia comunque! ^_^

 

Chiara88: Tesoro, sono io che rischio di rimanere senza parole, sei sempre troppo buona con me e spero di non fallire mai, di renderti sempre soddisfatta dei capitoli, anche se so che non può essere sempre possibile! Grazie per i complimenti, sarebbe stupido dire che non fanno piacere! E grazie per essere sempre qui a commentare! Hai capito bene Sirius, è proprio come dici tu, sai? Concludo con un doveroso “W James!”, il personaggio che tutte noi amiamo! Un bacione!

 

Silverline85: Ciao, grazie mille per la recensione! Non posso sbilanciarmi molto su ciò che prova Eva per Remus, è una cosa che scoprirete da soli, pian piano. Nel bene e nel male. Purtroppo Peter sta cominciando a provare invidia per James e l’invidia è una brutta cosa, soprattutto perché rende cechi e provoca dolore. Credimi, Peter, dentro di sé soffre. Ma la rabbia vince.

Sono felice che il capitolo in generale ti sia piaciuto! ^_^

In realtà non sono una grande fan della coppia Remus/Dora, ma capisco che per te sia stato tremendo scoprire certi spoiler sul settimo libro. Ti consiglio comunque di leggerlo, a me è piaciuto!

 

Killina: Grazie mille per il complimento, mi ha fatto davvero piacere! Il capitolo su Lily e James è stato una faticaccia, ma è piaciuto anche a me, è stato bello scriverlo, insomma io AMO questa coppia e scrivere un capitolo tutto loro è stato bellissimo! Mi fa piacere che anche il capitolo della partita ti sia piaciuto! Ricambio l’abbraccio, anche io sono una Lily-James dipendente!

 

Black_Witch: Sorella! Julian è Julian, o si ama o si odia! Ed io sono proprio contenta di sapere che ti piace! Lo so, è un tipo strambo, ma vuole davvero un gran bene a James e Ramoso lo sa, questo è ciò che conta. Sirius, il tuo amato, sta passando proprio un periodaccio, sono un po’ troppo cattiva con lui…

Ti mando un abbraccio sorellina cara!

 

Brando: Ciao! Hai fatto bene a rimettere in ordine le idee prima di recensire, lo faccio sempre anche io! Quindi capisco! ^^ Mi fa piacere che gli ultimi due capitoli ti siano piaciuti, non credevo che quello sulla partita ti sarebbe piaciuto più del precedente! Mi hai stupito piacevolmente! Hai sollevato un giusto problema. In realtà io credo che quell’occhio di Lince di Silente abbia visto Piton lanciare il Confundus, ne sono certa. Ed avrei potuto inserirlo, è vero, ma la storia è già lunga di suo, avevo molte cose da dire ed ho lasciato correre. Resta il fatto che sono convinta che Silente farà finta di nulla. La verità è che c’è già talmente tanta confusione ad Hogwarts, che mettersi a tirare fuori questa cosa è fuori discussione, alimenterebbe ancora di più le fiamme. Silente ha ragionato come James. Forse sbagliano a tacere questa ingiustizia, ma credono di fare bene così.

A presto! ^^

 

Myki: Oh mia giudice imparziale ed impietosa, eccomi a te, colei che temo di più! XD Come va a Firenze innevata?

Mi spiace molto che la precedente recensione sia andata perduta, mi sarebbe davvero piaciuto leggerla, sai? Anzi, ti ringrazio per aver trovato il tempo e la pazienza di riscriverne un’altra. Properzio non è mai stato un mio grande amore, ma spero che ti sia andato tutto bene tesoro!

Per quanto riguarda Sirius, dopo aver letto la tua recensione, mi sono fatta piccola piccola e mi sono messa subito a rileggere i capitoli e a riflettere. È vero, credo di doverci ancora lavorare e spero pian piano di inquadrare ogni aspetto di lui. Tu, mi raccomando, continua a bacchettarmi quando sbaglio! =)

Vick ti piace e questo mi fa piacere. Non credevo che sarei mai riuscita a trovare una sorta di metà per Sirius, Victoria Olsen era una prova sulla quale non credevo neppure troppo. Adesso posso dire che mi soddisfa, ma che ho ancora molto da dire su loro due, molto da raccontare e devo trovare il tempo di farlo.

Alla fine, come penso capirai, il problema è sempre il dannato TEMPO! XD

Eva, credo, non finirà mai di stupire, perché sarà un voltafaccia continuo e mi chiedo se apparirà mai chiara almeno a me! Per ora mi piace così, non la vorrei diversa!

Julian… il caro Julian, sta per entrare in una fase strana. Ora come ora mi chiedo cosa pensi di lui, dopo la lettura di questo capitolo intendo. ^^

Sì, il dialogo tra Severus e James è arrivato dopo. Ma il capitolo è tutto un ricamo di pezzi, sempre a causa del tempo. E forse l’ultimo pezzo è un po’ un azzardo, ma è stato un mio capriccio, volevo troppo metterlo e mi è piaciuto lì. Adoro descrivere Severus e James insieme, li vedo esattamente come li vedi tu. Inoltre, sul serio, io apprezzo il personaggio di Piton e parlare di lui, descrivere ciò che prova, è solo un piacere per me, mi piace molto!

Ho notato che apprezzi le scene che creo tra Lily e James, questo mi rende davvero fiera di me! Un bacione tesoro, grazie per esserci sempre!

 

LiebenLily: Ciao! Nuova? ^^

Grazie mille per la recensione e per i complimenti! Fa sempre piacere trovare un’altra persona che apprezza la mia storia! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

Rispondo subito alla tua domanda.

Sì, descriverò la vita dei Malandrini fino alla fine, fino alla morte di Lily e James. Quindi tranquilla, avrai anche il dopo Hogwarts, ma ci vorrà tempo, perché sarà un’altra fanfic ed ora devo concludere questa! ^^

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Capitolo 30
*** Fall To Pieces [part two] ***



Wow, eccomi arrivata al trentesimo capitolo! Beh, fa una certa impressione! E la strada da percorrere è ancora lunga, mi chiedo se riuscirò mai a mettere la parola fine a questa fanfic e se voi avrete la pazienza di seguirmi fino alla sua conclusione!

Ad ogni modo, dedico questo capitolo a tutti voi, a voi lettori, nessuno escluso.

Perché credete in me, in questa storia; perché ci siete sempre; perché mi regalate la voglia di scrivere.

Vi abbraccio tutti quanti,

tanti auguri di buon Natale e di felice anno nuovo!

 

Valentina

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 30

 

FALL TO PIECES

 

# Part two #

 

 

 

 

 

[ And I don't want to fall to pieces

I just want to sit and stare at you

I don't want to talk about it

And I don't want a conversation

I just want to cry in front of you ]

 

 

Fall to Pieces – Avril Lavigne

 

 

 

 

 

 

 

Quell’aula del secondo piano era da sempre stata deserta, frequentata solo da coppiette desiderose di trovare intimità o da ragazzi in cerca di solitudine per potersi dare ad atti poco leciti, come fumare delle erbe illegali, bere qualche alcolico un po’ troppo forte, pestare a sangue qualcuno. Così andavano le cose lì ad Hogwarts.

James Potter ricordava di aver fatto sesso con una ragazza di Corvonero proprio lì, l’anno scorso, ed ora, trovarsi in quella stessa aula con suo padre, beh, era un tantino imbarazzante.

Ma era bravo ad ostentare la sua faccia di bronzo, quando voleva.

Zacharias Potter si guardò intorno per un attimo, poi puntò gli occhi su di lui.

-Non mi interessa minimante sapere cosa hai combinato qua dentro.-

Come non detto.

A quell’uomo non sfuggiva mai niente, c’era poco da fare. Del resto era un Auror, leggere nel volto della gente faceva parte del suo lavoro.

-Non è stato nulla di sgradevole.- rispose allora James, sfoderando un sorrisetto furbo.

-Oh, me lo immagino.- fece suo padre, sorridendo ironico. –E poi anche io sono stato qui qualche volta.- ammise, facendo sgranare gli occhi al figlio. –Beh, basta che tua madre non sappia niente. Credo che lei sia ancora convinta che collezioni le figurine delle Cioccorane, povera cara.-

La discussione stava prendendo decisamente una brutta piega, non era abituato a parlare di certe cose con suo padre, in genere il suo confessore su tali argomenti era Sirius Black o, al limite, Remus Lupin. Ma non suo padre.

Urgeva cambiare in fretta argomento.

-Di che volevi parlarmi, papà?-

Zacharias Potter prese una delle vecchie sedie inutilizzate accatastate in una parte dell’aula e, dopo essersi assicurato che tenesse, ci si sedette sopra.

Puntò lo sguardo su James e sospirò.

-Non ti sei chiesto come mai mi trovo qui?- domandò, calmo.

Suo figlio, che se ne stava tranquillamente appoggiato ad una parete, fece spallucce e sorrise, ironico.  -Ti mancavo?-

Zakary rise. –Oh, puoi giurarci!- lo prese in giro, divertito. –Beh, mi dispiace deluderti, peste, ma ho accompagnato il Ministro della Magia a parlare con Silente.- rivelò, mentre andava ad accendersi la pipa.

James sgranò gli occhi, totalmente preso alla provvista ed incredulo.

–Il Ministro Foster era qui?!-

Potter Senior annuì, tornato serio. –Già.- rispose, dando un tiro alla pipa. –Tu ed i tuoi amici avete letto la Gazzetta di questa mattina, giusto? Dopo questi ultimi avvenimenti, il Ministro ha deciso di aumentare le misure protettive di questa scuola. A partire dal vostro ritorno qui, dopo le vacanze di Natale, ci sarà un intero squadrone di Auror a sorvegliare i confini di Hogwarts.-

-Non mi sembra una cattiva idea.- commentò James, dopo aver riflettuto un attimo sulla notizia. –Insomma, un po’ di precauzione in più non fa male, no?-

-Infatti.-

Tra i due calò il silenzio e il ragazzo rimase un attimo incantato ad osservare le piccole nuvolette di fumo che si innalzavano in aria dalla pipa del padre.

Era divertente stare a guardarle, ogni volta erano di un colore diverso.

Stranamente, gli venne in mente che, quando era molto piccolo, si era completamente innamorato di quell’oggetto e dei fumi colorati e profumati che produceva.

Si sedeva ai piedi del genitore, che fumava tranquillo e comodo sopra la sua poltrona preferita, e restava a guardare, affascinato.

E spesso Zakary si chinava su di lui, divertito, gli occhi pieni d’amore, e lo prendeva in braccio, mostrandogli l’oggetto misterioso che tanto lo rapiva.

A distanza di anni, la pipa usata da suo padre era sempre la stessa.

James la riconobbe e provò un calore enorme dentro di sé.

-Papà?-

-Si?-

-Era solo di questo che volevi parlarmi?-

Colpito in pieno.

Senza stupirsi troppo, si rese conto di aver messo suo padre in difficoltà.

C’era qualcosa che Zack voleva dirli, ma che non aveva la forza di affrontare subito, ecco il perché delle tante chiacchiere precedenti.

Conosceva quell’uomo meglio di chiunque.

Zacharias Potter non rispose alla sua domanda, concentrato nell’azione di fumare, un trucchetto che usava spesso quando non voleva prendere la parola.

-Papà.- lo chiamò ancora, fermo.

Lo vide sospirare. –Ho parlato con Silente, James.-

-Me lo immaginavo.- mormorò James, abbassando lo sguardo. –Papà, io…-

-No, ascolta.- lo fermò Zack, alzandosi in piedi. –Quando sei stato male, Silente ha spiegato a me e a tua madre cosa ti stava succedendo. Ci ha detto del risveglio dei tuoi poteri, della rottura del sigillo…- cominciò, parlando piano. –Insomma, io e la mamma sapevamo che prima o poi sarebbe successo, James. Speravamo che sarebbe capitato il più tardi possibile, ma dentro di noi siamo sempre stati pronti, non è questo il problema. Ma stamani, dopo la riunione informale con il Ministro, Silente mi ha detto altro. Mi ha parlato di Voldemort e di certi piani che potrebbe avere su di te…-

Silente aveva detto tutto a suo padre.

Continuando a tenere lo sguardo a terra, James Potter si sentì morire dentro.

Non avrebbe mai voluto che i suoi sapessero, mai, anche se capiva che era una cosa inevitabile. Suo padre e sua madre dovevano essere messi al corrente.

Ma sapeva bene che una notizia del genere li avrebbe sconvolti, loro che parevano vivere unicamente per lui.

Zack ed Amelia Potter sarebbero stati capaci di sfidare Voldemort e rischiare la vita pur di proteggerlo, James lo sapeva bene.

Ed il solo pensare una cosa simile lo faceva morire dentro.

-Papà…- mormorò, sollevando lo sguardo sul genitore. –Non è detto che le cose stiano veramente così, davvero! Forse non è veramente interessato a me! Non mi è mai accaduto nulla fino ad oggi, no? Nessun Mangiamorte mi ha attaccato o altro, giusto?-

Zacharias lo inchiodò al muro con una delle sue occhiate che intimavano di tacere.

-Tom Riddle è un autentico demonio, James. Nessuno può sapere cosa gli passa per la testa e se Savannah Havisham ti ha veramente detto di stare attento a lui, allora significa che il pericolo c’è, c’è eccome! Non posso stare tranquillo!- sbottò, innervosendosi. –Probabilmente vuole essere assolutamente sicuro che tu abbia dentro di te i poteri che gli interessano, prima di rischiare. Se verrà a sapere che il tuo potenziale magico si è completamente risvegliato, diventerai il suo nuovo bersaglio, James, c’è poco da scherzare!-

Non sapeva più cosa dire, cosa inventarsi per placare quella furia di suo padre.

Zacharias Potter sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa, di tutto, non conosceva nessuno con la testa più calda della sua.

-E c’è dell’atro!- proruppe Potter Senior, interrompendo i pensieri del figlio. –Silente mi ha detto che potresti avere dei problemi con il controllo dei tuoi poteri e che se una cosa simile dovesse accadere… tu dovresti chiedere aiuto ad Edward Havisham!- esplose, percorrendo un percorso immaginario nella stanza.

-Papà…-

-E tu ti sei dimostrato d’accordo, James!-

-E’ necessario, papà!-

-Ma tu hai una vaga idea di chi sia Havisham?! James, quell’uomo è un pazzo! Usa la gente come delle cavie da laboratorio! È questa la fine che vuoi fare?!-

-Preferisco essere una cavia da laboratorio, come dici tu, che una bomba in procinto di esplodere! Tu non puoi capire!-

-James, Merlino, tu non sei un pericolo!-

-Non lo sono ora, ma potrei diventarlo! E tu lo sai, papà! Se i miei poteri prendessero il controllo su di me, diventerei qualcosa di molto peggio di Tom Riddle!-

-Resta il fatto che non andrai da Havisham! Puoi scordartelo!-

-E chi mi insegnerà a tenere sotto controllo tutta questa roba che ho dentro, eh?- scoppiò James, arrabbiandosi. –Ci penserà Silente? Lui mi ha chiaramente detto che non può fare più nulla per me!-

-A me ha detto che vuole continuare ad aiutarti! Che intende darti qualche lezione di controllo!- ribattè suo padre, piccato.

Il Grifondoro scosse la testa, sorridendo con ironia. –Non basterà.-

-Ne stai facendo troppo un dramma, James! Devi avere più fiducia in te stesso, sono solo… sono solo poteri! Li controllerai!-

-No, sei tu che non vuoi capire, papà. E mi dispiace, perché dovrò disubbidirti.-

Di nuovo fu silenzio e nessuno dei due pareva intenzionato ad essere il primo a parlare. Non dopo quella sfuriata.

James osservò suo padre sospirare e passarsi una mano sul volto stanco, doveva essere esausto. Probabilmente non aveva toccato il letto la scorsa notte, dopo essere stato convocato al Ministero e poi ad Azkaban stessa.

Eppure era lì, con lui, a parlargli.

Sarebbe potuto andare a casa ed invece era lì, a discutere con suo figlio, dopo aver appreso l’ennesima brutta notizia della giornata.

Non bastavano Rosier ed Avery a spasso per l’Inghilterra, no, c’era anche suo figlio, che aveva dei poteri latenti inimmaginabili, che rischiava di essere il nuovo grande obiettivo di Tom Riddle e che aveva intenzione di diventare l’esperimento del secolo di Edward Havisham.

Pensando queste cose, James non potette fare a meno di sentirsi in colpa.

Per un attimo fu colto da un pensiero orribile, pensò che sarebbe stato decisamente meglio per i Potter se non fosse diventato loro figlio, se non lo avessero adottato.

Ma subito si odiò per averlo pensato.

Zack ed Amelia.

Papà e mamma.

Non avrebbe mai potuto vivere senza di loro e pensare una cosa del genere era orribile. Suo padre l’avrebbe decisamente ucciso, se lo avesse sentito esternare un pensiero simile.

-Lo dirai alla mamma?- disse ad un tratto, senza pensare.

Vide Zacharias Potter sorridere mestamente. –Preferirei di no, impazzirebbe nell’apprendere una notizia del genere. Ma la conosci, lo capirebbe da sola. È sempre stata più scaltra di me, mi caverebbe tutto di bocca.-

-E’ vero.- ammise James, mesto. –Senti papà, forse per quest’anno sarebbe meglio che non tornassi per Natale. Qui sarei al sicuro e anche voi a casa.-

L’occhiata che Zakary gli lanciò lo fece pentire di aver aperto bocca.

-Cos’è? Ti ha dato di volta il cervello, ragazzo? Sei o non sei un Potter?- gli chiese, brusco.

-Certo che lo sono.-

-Fai parte della famiglia oppure no?-

-Sì, ma…-

-E allora tornerai a casa per le feste e festeggerai il Natale con me, tua madre, i nonni e gli zii, come sempre! Merlino, vuoi beccarti uno schiantesimo anche tu?-

-Uno schiantesimo?-

-E’ una lunga storia.- fece Zack, ripensando al diverbio con Crouch.

James sospirò, arrendendosi. –Ok, va bene. Io… io volevo solo che foste tutti al sicuro, solo questo, papà.-

Suo padre scosse la testa, ma la sua espressione dura pareva essersi rabbonita almeno un po’. –Andrà tutto bene, zuccone. Aumenterò le protezioni intorno casa e se necessario, prenderò anche qualche precauzione in più. Sono o non sono il capo degli Auror, per Morgana? Non mi mancano certo i mezzi per proteggere mio figlio!- esclamò, dandogli un colpetto sul capo. –Faremo come ogni anno! Perciò invita pure i ragazzi e anche la graziosa Lily, ovviamente!-

Eccolo, era tornato a sorridere con il suo solito modo di fare bonario.

Zacharias Potter non era il tipo che stava troppo arrabbiato.

-In effetti, avevo davvero l’intenzione di farlo.- ammise James, divertito.

-Allora fallo!- fece suo padre, arruffandogli i capelli già disastrati di suo. –E stai tranquillo, andrà tutto bene! Ci sono io, no?- aggiunse, dandosi arie di importanza.

-Non dovresti prenderla così alla leggera, però!- lo riprese subito James, serio. –Papà, è pericoloso, lo sai meglio di me, no? Mettersi contro quel pazzo significa pericolo di vita!-

Potter senior lo guardò con tanto d’occhi e sorrise. –E’ il mio lavoro.- disse con semplicità.

-Lo so.- fece il ragazzo, guardandolo negli occhi. –Ma io non voglio che tu rischi di morire a causa mia! Questo non posso accettarlo!-

Suo padre sbuffò. –Che sciocchezze che dici, figliolo…-

-Sciocchezze?!- tuonò James, sentendo montare nuovamente la rabbia dentro di sé. –Papà, sei pazzo? Potresti morire per colpa mia!-

Zack continuava a sorridergli, una calma invidiabile negli occhi.

-E allora?- domandò, facendo una carezza al figlio. –James, sono tuo padre.-

-Ma cosa…?!-

-Sono tuo padre, è mio dovere proteggerti.- disse con dolcezza, continuando a sorridergli. E quel sorriso, quel sorriso aveva qualcosa di diverso, di misterioso, qualcosa che solo un altro genitore, probabilmente, avrebbe potuto comprendere.

-Ricorda quello che sto per dirti, ragazzo mio. Un vero genitore deve essere in grado di sacrificare tutto, anche la propria vita, per suo figlio. Capisci? Per me e tua madre tu sei il tesoro più grande, un giorno comprenderai cosa significa, James. Non penso di essere il miglior genitore del mondo, ma quando sei entrato nelle nostre vite ho fatto un patto con me stesso. Ho giurato che tu saresti cresciuto felice, al sicuro, che saresti diventato un uomo del quale andare orgogliosi. Ho giurato di proteggerti con tutte le forze che ho. Perciò James, non mi interessa un accidente di Havisham o di Riddle! Non permetterò a nessuno dei due di avvicinarsi a te e di farti del male! Non ti torceranno neppure un capello finché ci sarò io! Ed io ci sarò sempre.-

E non c’erano parole per rispondergli.

O almeno, James Potter non ne trovò.

Sentiva però una forte e prepotente voglia di piangere, ma non lo fece, sapeva che suo padre non apprezzava certe cose da femminucce.

Fu difficile. Difficilissimo.

Era impossibile restare indifferenti dopo aver udito certe parole.

E se mai avesse avuto qualche dubbio, in quel momento, lo seppe con precisione. Zacharias Harrenius Potter era suo padre.

Non lo aveva messo al mondo, ma non gli importava.

Quello era l’amore di un padre.

Quello davanti a lui era il padre che un giorno avrebbe voluto diventare.

Vide Zack armeggiare in una tasca del mantello ed estrarre il suo l’orologio da taschino. -Merlino, si è fatto veramente tardi! Dovrei essere al Dipartimento degli Auror da un pezzo e tu, screanzato, dovresti essere a lezione!-

-Mi hai trattenuto tu!- lo rimbeccò, compiaciuto.

Zacharias gli dette un altro colpetto sulla testa, indispettito, e si diresse alla porta dell’aula con passo deciso, trafficando già con la pipa.

-Papà!-

L’Auror si voltò, un sopracciglio inarcato e l’aria interrogativa.

-Ti voglio bene.-

Al diavolo i discorsi da femmine! Quelle tre parole doveva proprio dirgliele.

Suo padre alzò gli occhi al cielo e quando tornò a guardarlo aveva una falsa aria severa, tradita da un ghigno divertito che gli increspava appena le labbra.

-E’ inutile che fai il ruffiano, non avrai quel nuovo modello di scopa prima del tuo compleanno, canaglia!-

Il giovane Potter rise, scuotendo la testa. In realtà aveva capito da tempo i modi di fare del genitore. Certe sue frasi andavano interpretate. Ad esempio, quell’ultima sua uscita, doveva essere letta come un “ti voglio bene anche io”.

Uscirono dall’aula vuota insieme, immergendosi nei corridoi quasi del tutto deserti, dal momento che alunni ed insegnanti si trovavano occupati nelle lezioni.

James accompagnò suo padre fino al grande portone d’ingresso, fregandosene del mega ritardo ad incantesimi. Del resto, aveva bigiato per molto peggio.

-Beh, allora ci vediamo a Natale.- gli disse Zacharias, mentre si sistemava meglio il mantello da viaggio. -E vedi di non combinare casini fino ad allora!-

-Questo non posso garantirtelo!- rispose James, il sorriso da Malandrino che tornava al suo posto, strafottente.

L’Auror sospirò. –Vedi almeno di non farci arrivare una lettera in cui viene detto che hai tentato di nuovo di far esplodere il dormitorio di Serpeverde!-

E Ramoso fece spallucce, senza rispondere un bel niente.

-Come non detto!- borbottò suo padre, prima di voltarsi ed andarsene, diretto ai cancelli di Hogwarts dove, oltrepassati i quali, avrebbe potuto smaterializzarsi.

James rimase ad osservarlo fino a quando non diventò un puntino nero nel bianco ovattato della neve. E lì, da solo sulla gradinata principale del castello, non potè fare a meno di ripensare a quelle parole.

Morire per il proprio figlio.

Proteggere.

Un vero genitore deve essere in grado di sacrificare tutto, anche la propria vita, per suo figlio.

James Potter non avrebbe mai dimenticato quella frase, mai.

L’avrebbe sempre portata con sé.

Fino alla fine.

Fino al suo sacrificio più estremo.

 

***

 

 

 

-Insomma, è come ti dicevo, no? Siamo usciti e “andiamo a farci un giro al campo di Quidditch” mi fa lui! Te lo puoi immaginare…-

-No! Davvero? E tu?!-

-Beh, io ho detto che sì, potevamo andare! Volevo proprio vedere che aveva intenzione di fare lui!-

-Campo di Quidditch! C’è la neve altissima fuori e lui vuole andare al campo di Quidditch! Io lo avrei piantato lì! Lui e la sua lunga bacchetta!-

-Infatti alla fine mi ha portata negli spogliatoi, sai, fuori faceva freddo!-

-Almeno glielo hai tirato un bel calcione nelle pluffe?-

-Pluffe? Caso mai erano boccini!-

Era da poco cominciata la seconda ora di Storia della Magia e già in giro c’erano discorsi del genere, la decenza se ne era decisamente andata via con quel poco di materia grigia posseduta dagli studenti.

Forse era il professor Ruff a fare un simile effetto alla sua classe.

Le Corvonero Laura Hall e Kelly Logan, sedute al banco davanti a lei, proprio non volevano finirla con il loro cicaleccio, risparmiandola da quell’atroce tortura. E se la Hall, di tanto in tanto, se ne usciva con almeno qualche intervento sensato, Kelly Logan, beh, pareva ben decisa a volersi consolare dopo l’abbandono di Sirius Black.

Come avesse fatto Black a stare con una gallina simile, Lily proprio non riusciva a capirlo e, tutto sommato, neppure le interessava.

Sospirando, Lily Evans tornò ai suoi appunti, tentando in ogni modo di focalizzare tutta la sua attenzione sulla voce pastosa e soporifera del professore, salvandosi in questo modo dalla dettagliata descrizione di un rapporto orale.

Incredibile come certe persone riuscissero a parlare di simili frivolezze, dopo che neppure un’ora prima era uscito un articolo del genere sulla Gazzetta del Profeta.

Lei non aveva altro in mente.

Non riusciva a non pensare alla sua famiglia. A suo padre, a sua madre e sì, anche a Petunia, che probabilmente era stata la causa scatenante della sua emarginazione.

Pensava anche a sua nonna, Babette. L’unica nonna che avesse ed anche l’unico membro della famiglia che l’avesse accettata davvero.

Era da lei che i suoi genitori l’avevano spedita, quando il fatto di avere una strega in famiglia era diventato inaccettabile. Le avevano imposto di non fare stramberie con la nonna, per nessuna ragione.

Ma Babette aveva capito tutto da sola. E l’aveva amata come e più di prima.

Doveva mandarle una lettera al più presto, si disse Lily. Doveva avvertirla, dirle di non aprire la porta a nessuno, di non accettare oggetti strambi o bevande particolari. Dirle di non fidarsi più, neppure dei vicini, e di fare domande per scoprire con chi stesse realmente parlando. E raccomandarle di avvisare anche i suoi genitori, visto che non avrebbero probabilmente accettato un gufo da lei.

Passandosi una mano tra i capelli di fuoco, Lily prese un bel respiro e chiuse gli occhi.

Calma, doveva stare calma.

Non poteva mandare una lettera del genere ad una donna anziana e, per di più, babbana. Sua nonna non avrebbe capito niente e sarebbe andata nel panico.

Allora forse era meglio non dire nulla ed avere fiducia nell’operato degli Auror?

Qual’era la cosa giusta da fare?

Improvvisamente la colpì una strana voglia di tornare a casa, subito, immediatamente. Era strano perché, tra Hogwarts e casa, aveva sempre preferito Hogwarts.

Ma era diverso.

Se fosse stata con la sua famiglia, accettata o meno, avrebbe comunque potuto proteggere sua madre, suo padre, sua sorella e sua nonna.

Non era una strega esperta, ma avrebbe potuto occuparsi di loro.

Avrebbe potuto sentire il pericolo avvicinarsi e fare qualcosa.

E invece era lì, chiusa tra le mura di quella scuola, al sicuro, mentre fuori i babbani erano sempre più in pericolo.

Era una sensazione orribile, non si era mai sentita così impotente in vita sua.

Ruff seguitava a con la sua spiegazione sulla rivolta delle streghe di Salem e lei seguitava a non prendere appunti. Ma non era l’unica, almeno di questo poteva stare tranquilla. Nessuno seguiva mai Storia della Magia, soprattutto se la giornata precedente si era festeggiato fino a notte fonda dopo una partita di Quidditch.

Alice Rubin dormiva serenamente con il pesante volume di storia a farle da cuscino, Frank Paciock, seduto vicino a Xeno Lovegood, teneva a stento gli occhi aperti.

Sirius Black aveva il mento poggiato su una mano e fissava intensamente fuori dalle finestre con uno sguardo cupo che non prometteva nulla di buono, pareva essere arrabbiato, e Peter Minus, seduto vicino a lui, osservava il professore con un occhio chiuso ed uno semi aperto.

Harris, neanche a dirlo, se ne stava seduto sulla sedia con la sua solita posizione assurda, a gambe incrociate, e scribacchiava qualcosa sul banco con fare svogliato. Lui sì che aveva avuto un brutto inizio giornata.

Lily provò pena per lui, non doveva essere piacevole sapere che il proprio padre si trovava nel bel mezzo dell’occhio del ciclone.

Ad un tratto la porta dell’aula si aprì, ma nessuno si voltò per guardare chi fosse arrivato, tranne lei.

James Potter aveva appena fatto il suo ingresso in classe, borsa dei libri in spalla e capelli arruffati, secondo la norma. Il ragazzo lanciò un’occhiata a Ruff, intento a spiegare, e, dal momento che il fantasma pareva non averlo considerato, fece spallucce ed andò a sedersi vicino a lei.

-Che mi sono perso?- le domandò, parlando sottovoce.

-Dipende.- rispose lei, picchiettandosi il mento con la piuma. –Ti interessa di più sapere della rivolta di Salem o delle pluffe di un certo Wilson?-

James si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere. –Spiacente Evans, non mi sono mai interessato alle pluffe, neppure quando gioco a Quidditch! Non fanno parte del mio ambito.-

Lily sorrise con lui di quel buffo scambio di battute, realizzando quanto fosse piacevole anche solo scherzare insieme su una cosa idiota come quella.

La vicinanza di James la faceva stare bene, la faceva sentire diversa, più libera.

Non riusciva ad essere la stessa fredda e cupa Caposcuola quando lui le era vicino, aveva come scoperto un nuovo lato di sé.

Si voltò a guardarlo e lo vide intento ad osservare Sirius.

-Si è seduto vicino a Peter.- mormorò lei, non sapendo che altro dire.

In effetti non si aspettava che ci fosse così tanto attrito tra i due amici storici, ma a quanto pare quei due erano ancora lontani dal chiarirsi.

James portò lo sguardo su di lei e le sorrise. –Va tutto bene.- le disse. –Cercherò di sistemare le cose come posso. Ho intenzione di dire tutto ai ragazzi.-

Lily spalancò gli occhi verdi, stupida da una confessione simile. –Lo farai davvero?-

-Sì.- mormorò il ragazzo, arruffandosi con una mano i capelli già disastrati. –Dirò loro la verità e mi prenderò le conseguenze. Voglio dire, ho messo in conto anche di poter perdere la loro amicizia, ovvio.-

Era in difficoltà, Lily riuscì a capirlo.

E gli fece tenerezza vederlo così. Lui che era sempre apparso come un ragazzo forte, strafottente e sicuro di sé, deciso a vincere in ogni cosa che faceva.

-Il tuo modo di fare non è molto da James Potter, sai?- fece lei ad un tratto, sorridendo ed attirando la sua attenzione. –Insomma, James Potter non ha paura di perdere degli amici. James Potter sa che gli amici non lo lascerebbero mai, semplicemente perché lui è un mito. No?-

James le sorrise, poggiando il mento sulle braccia incrociate sopra il banco. –Sai, credo che quel James Potter se ne sia andato in vacanza. O in pensione. Chi lo sa.-

Lei rise e, senza neppure pensarci, si ritrovò a passare le mani tra quelle morbide ed indomabili ciocche corvine. –Beh, allora richiamalo indietro. Comincia a mancare a tutti, compreso a me! Ed io lo odiavo, bada bene!- scherzò, divertita.

James non le rispose, continuando a scrutarla con i suoi occhi scuri come abissi, un lago nero in cui annegare, ma dalle acque tenere e gentili.

Nella posizione in cui stava, aveva gli occhiali un po’ in traverso ed era buffissimo.

E, maledizione, terribilmente tenero.

Lily pensò che avrebbe potuto continuare ad accarezzargli i capelli per ore.

-Andrà tutto bene, James.- gli sussurrò, dolce. –I tuoi amici ti vogliono bene, ti hanno seguito in ogni tuo colpo di testa. Non ti volterebbero mai le spalle! Dirai loro la verità e le cose si sistemeranno, te lo prometto.-

-Verrai anche tu?- le domandò lui, osservandola.

-Certo, se vuoi.-

-Voglio.- le disse lui. –Credo che saresti l’unica in grado di salvarmi, se a Sirius venisse in mente l’idea di staccarmi la testa.-

Entrambi risero, ma Ruff non vi fece caso.

-Come sei drastico.- lo prese in giro Lily.

-Non conosci ancora Sirius Black.- si giustificò James, lugubre.

Lei scosse il capo, facendo scorrere lo sguardo per la stanza.

Il resto dei loro compagni di Grifondoro era stipato in fondo all’aula, tutti nel mondo dei sogni. I Corvonero, per lo meno, tentavano di tenersi svegli.

Sentì James sospirare e riportò lo sguardo su di lui, vedendolo chiudere gli occhi. Doveva essere veramente stanco.

-Tutto bene con tuo padre?- chiese, tornando ad accarezzargli i capelli.

Avrebbe dovuto lasciarlo riposare e, invece, continuava a parlargli, a tenerlo sveglio. Era egoista, lo sapeva, ma non riusciva a lasciarlo andare, voleva continuare a sentire la sua voce. Ancora e ancora.

Credeva che lui non le avrebbe risposto, invece si sbagliava.

-Tutto bene, abbiamo discusso e poi abbiamo fatto gli sdolcinati, tipica situazione tra padre e figlio. E tu sei ufficialmente invitata a passare il Natale da me.- le disse, cogliendola di sorpresa.

Lily si sentì arrossire e ringraziò il cielo che lui fosse con gli occhi chiusi.

-Passare il Natale insieme? Da te?- riuscì a balbettare, in confusione.

-Sì.- mormorò James, più assonnato. –Verrai?-

-C-Certo!- buttò fuori lei, di getto.

L’idea di dirgli di no non le passava neppure per l’anticamera del cervello.

Il solo pensare di passare le vacanze di Natale da sua nonna, da sola, senza di lui la faceva impazzire. Non avrebbe mai potuto rifiutare.

Aveva già il cuore che batteva a mille al solo pensiero di stare con James.

Era talmente felice che si rassegnò a farlo dormire e tornare a seguire Ruff, anche se non aveva più la minima idea del punto in cui si trovasse la spiegazione.

Non sentendola più parlare, Potter aprì un occhio. –Lily?- la chiamò.

-Che c’è?- domandò lei, sorpresa che fosse ancora sveglio.

-Ti sei zittita.- le disse lui, osservandola con gli occhi stanchi. –A che pensi?-

Lei rise. –Penso che la lezione di Ruff è iniziata da un’ora e venti minuti e che io non ho scritto neppure mezza riga di appunti.- gli rispose, allegra. –E tu?-

James sorrise, tornando a chiudere gli occhi. –Penso che ho voglia di baciarti, ma ho troppo sonno. Perciò sognerò che ci stiamo baciando.-

 

 

 

[ You're the only one

I'd be with 'til the end

When I come undone

You bring me back again

Back under the stars

Back into your arms ]

 

Fall To Pieces – Avril Lavigne

 

 

***

 

 

La giornata scolastica passò anche troppo velocemente, oppure era lui che, riscopertosi codardo, desiderava che il momento di andare in infermeria da Remus non arrivasse mai.

L’ora di Storia della Magia era volata e si era dovuto svegliare troppo presto, senza essere riuscito a riposare abbastanza. Poi c’era stata la lezione di Trasfigurazione, una delle materie in cui riusciva di più. Aveva seguito la Semprevergine prendendo appunti insieme a Lily e senza fiatare, tanto che spesso l’insegnante lo aveva guardato con sorpresa, visto che era abituata a sentirlo fare confusione.

Poi c’era stato il pranzo in Sala Grande e lì si era reso conto che la popolazione studentesca di Hogwarts si era decisamente schierata in due fazioni.

Quelli che non facevano altro che parlare della fuga di massa da Azkaban e quelli che non facevano altro che parlare della festa di Biancaneve e della sua organizzazione.

Poi c’erano i Serpeverde, esclusi da tutto, che non avevano fatto altro che sghignazzare per tutta la mattina. Probabilmente erano felici che qualche loro parente fosse appena uscito di prigione.

Silente si era alzato da tavola, attirando l’attenzione degli studenti, ed aveva pronunciato uno dei suoi bei discorsi rassicuranti ed incoraggianti, ma lui non ne aveva seguito neppure mezza parola. Aveva visto Lily ascoltare con attenzione, ma lui non ci era proprio riuscito.

Era davvero un codardo?

Aveva veramente paura dei suoi amici?

Più l’ora si avvicinava, più sentiva il peso sullo stomaco farsi opprimente.

E allora pensava a Sirius Black, il suo migliore amico, suo fratello. Pensava al loro primo incontro, al loro trovarsi subito simpatici a vicenda, alle loro malefatte, al forte legame che li aveva uniti ogni giorno di più.

Pensava a Remus Lupin, il suo angelo custode, la sua coscienza. Remus era un lupo mannaro, la sua condizione gli avrebbe sempre procurato delle difficoltà nella società, eppure aveva strinto i denti, si era fatto coraggio ed aveva detto a lui, prima che a tutti gli altri, la verità.

E Peter Minus, che pareva non essere più lo stesso. Quel ragazzino piccolo e un po’ tarchiato che aveva sentito subito il bisogno di proteggere, di aiutare. Aveva sempre trattato Peter come un fratellino minore, c’era sempre stato per lui.

Victoria Olsen, la meravigliosa Vick. Orfana come lui, adottata come lui. Adorava quella ragazza con tutto se stesso, era la sorella che non aveva mai avuto. Tra di loro c’era sempre stata una profonda amicizia, si erano sempre fidati l’uno dell’altra.

E poi Julian Harris, il suo amico d’infanzia, il suo amico storico. Con lui aveva veramente condiviso tutto, perfino i giocattoli. Julian, che c’era sempre, che osservava tutto, ma non giudicava mai, accettando ogni cosa. Julian, che pareva fregarsene del mondo intero e probabilmente era così, ma che c’era sempre per lui.

I suoi amici.

Gli amici più cari che aveva.

Avrebbe dato la vita per ognuno di loro, eppure non era mai riuscito a dire loro la verità, a fidarsi completamente dell’amicizia che li univa. Perché questa era la sua più grave colpa. Non fidarsi abbastanza del loro affetto e del loro giudizio.

In un certo senso, li aveva traditi tutti.

Lo avrebbero mai perdonato?

Lo avrebbero odiato per aver taciuto loro per tanti anni un segreto tanto grande?

Oppure, semplicemente, avrebbero avuto talmente paura della sua natura che non avrebbero più voluto saperne di lui?

Ad ogni modo, il tempo era scaduto.

La lezione pomeridiana di Incantesimi era appena terminata, i Tassorosso stavano uscendo dall’aula insieme ai Grifondoro. E lui continuava a stare seduto al suo banco.

Vide Sirius prendere la borsa ed avviarsi verso l’uscita.

Black gli lanciò un’occhiata inequivocabile prima di andarsene, se non fosse andato in infermeria da solo, sarebbe venuto lui a portarcelo di peso.

James sospirò, sentendo l’aria bruciare nei polmoni.

L’aula era deserta, ormai. Persino Vitious se ne era andato.

Era rimasto solo lui. Lui e… la persona che occupava il suo stesso banco.

Lily Evans era rimasta in silenzio, non aveva più detto una parola, limitandosi ad osservarlo di tanto in tanto con quell’espressione dolce e preoccupata che, nonostante la situazione, lui non poteva fare a meno di adorare.

Ma anche lei pareva aver capito che il tempo dell’attesa era scaduto.

Fu con delicatezza che lo prese per mano, sorridendogli.

-Andiamo, James?-

Disse solo quelle due parole con quella voce che lui amava.

E lui si convinse ad abbandonare quella sedia. La guardò e tentò di sorriderle.

-Forse ti sembrerò meno maschio se te lo dico, ma lo faccio ugualmente. Ho paura.-

Lily rise, scotendo il capo e facendo ondeggiare i capelli rossi.

I suoi occhi verdissimi brillavano di un sentimento che era solo per lui.

-E’ normale, avrei paura anche io. Ma siamo o non siamo Grifondoro? Coraggio!-

James annuì con un sospiro. –Andiamo.-

 

 

Quando arrivarono in infermeria, James vide che i suoi amici erano già tutti lì.

Remus stava seduto sul letto, con qualche cuscino dietro la schiena. Aveva un aspetto decisamente migliore di quello che aveva quando lo avevano portato dalla Chips.

Victoria e Peter stavano seduti ai bordi del letto.

La prima stava parlando allegramente con Lupin, ma si interruppe subito, quando vide entrare lui e Lily.

Julian si era appropriato dell’unica sedia disponibile, ci si era accomodato al contrario, tenendo le braccia sulla spalliera. Sembrava meno nervoso rispetto a come lo aveva visto a colazione, adesso appariva solo stanco.

E infine c’era Sirius, in piedi, spalle al muro, vicino alla finestra.

Lo puntò subito con i suoi occhi blu, freddissimi, e non distolse lo sguardo.

Nessuno disse una parola ed il silenzio era imbarazzante.

Julian si guardò intorno, poi sbuffò. –Cos’è? Stiamo per partecipare ad un’orgia? Non ci vorrebbe qualche ragazza in più?- se ne uscì, annoiato come suo solito.

-Maledizione, Harris! Chiudi quella boccaccia!- lo rimproverò Vick, inviperita. –James deve dirci una cosa importante! Vero, James?- aggiunse, rivolgendo lo sguardo al Grifondoro in questione e sorridendo.

-Esatto!- le rispose Sirius, non distogliendo lo sguardo dal migliore amico.

Peter rimase in silenzio, fermo, a fissarsi le scarpe.

Remus invece guardava James, ma con un’espressione molto diversa da quella di Black, non c’era rabbia o sfida, solo preoccupazione ed un po’ di timore. –James…- mormorò, scrutandolo con i suoi attenti occhi chiari.

-Potter, che hai combinato stavolta?- se ne uscì Julian, osservandolo.

Ok, il plotone d’esecuzione era pronto, si disse James, stanco.

E forse, dopo, niente sarebbe più stato come prima, ma era il momento di fare il salto da quel burrone. Si sarebbe preso le conseguenze, qualunque fossero.

Non avrebbe mai voluto perderli, ma se non avesse parlato li avrebbe persi comunque. Aveva rimandato quel momento per troppo tempo. Forse, sa avesse detto tutto subito, fin dall’inizio, le cose sarebbero certamente andate in modo diverso.

Ma ora era lì e non poteva tornare indietro.

Lily lo teneva ancora per mano e, quando si voltò a guardarla, lei gli sorrise.

Era tranquilla.

Era sicura.

Pareva più che convinta di ciò che gli aveva detto durante Storia della Magia.

Prendendo un bel respiro, James si decise a parlare. –Madama Chips?- chiese.

Sirius Black ghignò. –E’ andata ad Hogsmeade a ritirare certi nuovi medicinali. Medicine che, ahimé, non arriveranno mai.- disse, soddisfatto.

-Cosa hai fatto, Black?- fece subito Lily, accendendosi.

-Silenzio, Evans.- la zittì Sirius. –Ho fatto tutto questo per dare modo al tuo fidanzatino di vuotare il sacco, perciò non intrometterti.-

-Sirius.- lo riprese Remus, severo.

-Sta zitto anche tu, Rem!-

-E tu datti una calmata, Black!- si intromise Julian, prima di tornare a James. –Allora, ci dici questa cosa importante o possiamo tornare a farci i fatti nostri?-

Potter annuì ed andò a sedersi su uno dei tanti lettini liberi dell’infermeria, scegliendo quello più vicino a dove si trovavano i ragazzi.

Il sole era già tramontato e solo la luce delle torce permetteva loro di vedersi in viso.

E poi ombre e buio, solo ombre e buio.

-Ragazzi,- cominciò, guardandoli uno ad uno. –quello che sto per dirvi, beh, è molto importante, meno persone lo sanno meglio è per tutti, davvero. Perciò, ve lo chiedo per favore, questa cosa non deve saperla nessun altro oltre voi, è chiaro?-

-Ma certo!- fece Vick, immediatamente. –James, siamo i tuoi migliori amici!-

Sirius rise con scherno. –Non ti fidi di noi?-

James portò subito lo sguardo su di lui, grave. –Questo non è vero e tu lo sai, Sirius. Se non mi fidassi di voi, adesso non starei qui a parlare.- gli disse, zittendolo.

-Riguarda la runa che hai tatuata sul braccio?- domandò Remus, attento.

-Anche.- rispose Potter, annuendo. –Arriverò anche a parlarvi di questo.-

-Merlino, si può sapere di che si tratta?- fece Julian, confuso. –Sembra di stare in un racconto dell’orrore, James! Vuota il sacco! Che sarà mai!-

-In effetti un po’ lo è.- disse il Grifondoro con un sorriso mesto. –E non so da dove cominciare per…per spiegarvi. È terribilmente difficile.-

Remus gli sorrise, gentilmente. –Parti da un punto. Verrà tutto da sé, James.-

-Esatto!- fece anche Vick. –Noi ti ascoltiamo.-

Bene, era arrivato il momento.

Un bel respiro, poi un passo, un altro passo, il salto e poi…

-Va bene.- disse James, abbassando lo sguardo. –Allora inizierò dicendovi che tutti voi sapete che i Potter non sono i miei genitori, ma non siete a conoscenza di chi siano il mio vero padre e la mia vera madre.-

-Credevo che i tuoi genitori biologici fossero morti.- fece Julian, guardandolo.

-Lo sono. Ma è importante per voi sapere chi fossero. Mia madre si chiamava Savannah.- mormorò Potter, alzando lo sguardo sui suoi amici. –Savannah Havisham. Faccio parte di questa famiglia. Mio nonno è Edward Havisham.-

Calò un silenzio spettrale, talmente denso ed insopportabile che la voglia di alzarsi da quel letto e scappare via fu davvero tanta.

Ma doveva restare lì, lo doveva a tutti loro.

Come si aspettava, dopo quell’attimo di smarrimento, che però per lui durò ore, cominciò la confusione più totale. L’incredulità.

Sapeva che sarebbe andata così, se lo aspettava.

-C-Come hai detto? Edward? Edward Havisham?- balbettò Remus, sconvolto.

-Stai parlando di quel tipo da brividi che è venuto a scuola quando stavi male?- fece Victoria, gli occhi azzurri spalancati.

Peter non disse una parola e così Julian, che continuò a fissarlo senza dire nulla.

Ma James sapeva bene chi guardare: Sirius.

Suo fratello era immobile ed era letteralmente impallidito.

Rigido come una statua di marmo.

I loro occhi si incontrarono e nessuno dei due distolse lo sguardo.

-Stai scherzando?- si decise a dire Black, la voce che quasi tremava. –T-Tu non puoi essere un Havisham! Se è uno scherzo non è divertente!-

-Non è uno scherzo, Sirius. E non è neppure divertente, nessuno lo sa meglio di me.-

-Se quello che dici è vero…- cominciò Remus, allibito. –Allora, le cose che ci ha detto Sirius sugli Havisham, quando stavi male… insomma, i poteri illimitati, la magia nera e gli spiriti maligni…il patto col Male… voglio dire…-

-E’ tutto vero.- confermò James, non riuscendo a guardare i propri amici negli occhi.

-A-Anche sugli spiriti infernali?- balbettò Victoria.

Potter annuì. –Stria lo è. È il famiglio della famiglia Havisham, segue ogni discendente di questo casato da secoli.- spiegò, sentendo crescere la morsa allo stomaco.

-Il tuo gatto è uno spirito maligno!?- se ne uscì Julian, prendendo parola per la prima volta. Aveva un’espressione incredula sul viso.

Li vedeva, lì, davanti a lui. I suoi amici.

Lo guardavano con delle facce pallide, lo sconcerto sul viso. Parevano sconvolti e… il peggio non era ancora arrivato. C’era ancora una bella parte di verità da rivelare, la più tremenda in assoluto.

La tentazione di fermarsi lì era tanta. Rivelare di essere un Havisham e stop, niente altro. Ma non sarebbe stato giusto, non sarebbe stato corretto.

Doveva dire loro tutto. Tutto.

Chiuse un attimo gli occhi, prese ancora un bel respiro e quando li riaprì, i ragazzi erano ancora lì, a fissarlo increduli, sbigottiti.

-C’è dell’atro.- mormorò, sentendo mancare la voce. –La parte peggiore.-

-E sarebbe?- lo incitò Remus, scosso.

James si sentì tremare dentro, fin nelle ossa, ma, in quel momento, avvertì la presenza della mano di Lily sulla sua.

Lei era lì, vicino a lui, non lo aveva abbandonato un istante ed era rimasta in silenzio, come a volersi escludere dalla discussione. Però era rimasta al suo fianco.

-La mia vera madre è Savannah Havisham, la figlia scomparsa di Edward… e mio padre, il mio padre biologico… n-non era umano. Non era un essere umano, capite? Era uno dei servi degli Havisham, uno spirito maligno.-

Ecco, aveva detto tutto adesso.

Per metà era un mostro, un essere dell’Inferno, e non poteva cambiare questa sua natura. Dentro di sé sarebbe sempre rimasta quella parte marcia, abominevole.

Non voleva guardare i suoi compagni in faccia.

Non voleva vedere la paura, lo schifo o qualsiasi altra espressione sui loro volti.

Forse sarebbero semplicemente usciti dall’infermeria, senza più rivolgergli la paura ed avrebbero cominciato ad evitarlo.

La prima voce che udì fu quella esitante ed un poco timorosa di Victoria.

-Ma… ma James, sei davvero sicuro? M-magari ti sbagli, no? Insomma, tu non mi sembri affatto un…-

Stava per risponderle, ma Sirius lo precedette.

-Cosa è successo ad Halloween?-

James non si azzardò ad incontrare gli occhi blu dell’amico, rispose a voce bassa, tenendo lo sguardo piantato a terra come il codardo che si sentiva di essere.

-Poco dopo passati i diciassette anni, ogni membro della famiglia Havisham ha il risveglio totale dei poteri ottenuti tramite il patto che il capostipite fece con il Male. Quella notte, i miei poteri si sono risvegliati. Sono diventato un Havisham a tutti gli effetti ed in più… dentro di me ci sono anche i poteri che ho ereditato dalla razza di mio padre… Si sono risvegliate dentro di me tutte queste cose e il mio corpo… beh, credo non abbia resistito, per questo sono come caduto in coma.- spiegò, sentendosi tremare dentro. –I-io… io sono pericoloso. Questa forza dentro di me continua a crescere, riesco a sentirla… Un tempo il sigillo di Silente, il mio tatuaggio, mi aiutava a controllarla… ma dopo la notte di Halloween è andato distrutto… non ho più freni… e se i poteri dovessero avere la meglio sulla mia mente… io… io diventerei solo un contenitore, un corpo di carne usato da questa energia… sarei come un’arma da guerra…non sarei più una persona, non resterebbe più nulla di me.-

-No.- fece Vick, scuotendo il capo, gli occhi lucidi. –Queste sono solo stronzate, non esistono cose simili! Io non ti credo!-

 James si azzardò ad alzare lo sguardo e vide che tremava. Peter Minus, seduto vicino a lei, lo fissava con gli occhi sgranati, le labbra serrate.

-Vick…- sussurrò Potter, sorridendo mestamente. –E’ tutto vero. Credi che scherzerei su una cosa simile? Io… io sono questo. Lo sono e non posso farci nulla.-

-Ma quello che dici è…- cominciò la ragazza, accorata.

-Victoria, se esistono quelli come me…- fece Remus, lo sguardo indecifrabile. –Può esistere anche quello che dice James. Siamo maghi, non babbani. Il soprannaturale non dovrebbe stupirci poi più di tanto, no?-

-Victoria, se hai paura, io ti capisco, credimi. E non ti biasimo.- disse James, che ad ogni parola dei suoi amici sentiva la propria anima frantumarsi.

Era atroce, insopportabile.

Vederli così… agitati, confusi, spaventati. E sapere che li avrebbe persi.

La Olsen lo guardò, aveva gli occhi lucidi ed una lacrima le solcò una guancia.

-Certo che ho paura! Ho paura per te, James!- esclamò, disperata.

E fu lui a spalancare gli occhi, incredulo.

Non poteva aver sentito bene.

-Cosa?- esalò, senza voce.

La stretta della mano di Lily sulla sua si fece più salda.

-Come cosa?- fece Vick, sconvolta. –Questa cosa che è dentro di te rischia di cambiarti! Di farti del male! James, c-come possiamo aiutarti?-

-Aiutarmi?- ripetè il ragazzo, shockato. Si sarebbe aspettato tutto tranne quello.

-Sì!- seguitò la Olsen, agitata. –Potremmo cercare un nuovo modo per tenere questi poteri a bada! Forse c’è qualcosa nel Reparto Proibito in biblioteca! O magari possiamo andare a Nocturne Alley, no? Ci deve pur essere qualcosa!-

-Vick, calmati.- le disse Remus con dolcezza, prendendola per mano.

La ragazza si zittì, abbassando lo sguardo.

Il silenzio tornò e li avvolse tutti quanti.

James guardò i suoi amici e li trovò terribilmente distanti. Si chiese come si sarebbe comportato se si fosse trovato nella loro situazione, cosa avrebbe detto, cosa avrebbe fatto. Una cosa stupida ed inutile da pensare.

M avrebbe davvero dato qualsiasi cosa per essere nelle loro teste in quel momento.

Victoria era ammutolita, Peter non aveva praticamente spiccicato parola e sembrava il più sconvolto di tutti. Poi c’era Remus, la sua aria pacata ed il suo sguardo indecifrabile. Julian, ancora tranquillamente seduto sulla sua sedia con la sua classica espressione illeggibile. E Sirius, chiuso in silenzio cupo che spaventava James più delle reazioni di tutti gli altri.

Perché non dicevano più nulla?

Perché non dicevano chiaramente che non volevano più avere nulla a che fare con lui e che la loro amicizia era finita?

Quel silenzio, quell’attesa lo uccideva.

Forse doveva semplicemente alzarsi ed andarsene.

Forse era questo che loro volevano.

Sorprendentemente, fu proprio Sirius a riprendere parola, stupendo tutti quanti.

Black lo guardava e quegli occhi blu non erano più pieni di rabbia come prima.

-Da quanto sai tutto questo, James?-

Eccola, La domanda.

La più terribile, quella che temeva più di tutte.

Doveva aspettarselo che sarebbe stato proprio suo fratello a porgliela di fronte.

Nessuno osava fiatare adesso, parevano tutti desiderosi di sapere la risposta.

E lui non poteva mentire, non poteva svegliarsi e realizzare che tutto era solo un incubo. Non c’era via di scampo, doveva dire la verità.

Due parole.

Non sarebbe stato capace di dire qualcosa di più.

-Da sempre.-

Da sempre….

James vide chiaramente quella rivelazione colpire Sirius dritto al cuore.

Una pugnalata in pieno petto, poteva sentire il dolore anche su di sé. Il male che provocava a suo fratello lo sentiva anche su se stesso, era sempre stato così.

Ne fu quasi felice. Era giusto che soffrisse come Sirius, che patisse le stesse pene atroci che aveva appena inferto al suo migliore amico.

In quegli occhi blu vide la confusione, la delusione, la negazione, la disperazione…

E, più di tutto, acuto, vide il dolore.

Un dolore accecante.

Non ebbe il tempo di dire nulla, neppure pronunciare il suo nome.

Sirius Black se ne andò, senza guardare nessuno, senza emettere un suono.

E James non lo seguì, lasciandolo andare.

Doveva dargli del tempo, ne era consapevole. Era il minimo che poteva fare.

-Perché non ci ha mai detto niente?- fece Victoria, riprendendo la parola.

Era sconvolta. Fuori di sé.

Gli occhi lucidi, le guance arrossate ed il corpo che tremava.

-Vick…- mormorò James, dispiaciuto.

-Perché diavolo non ci hai mai detto niente?- strillò lei, mettendosi in piedi. –Siamo i tuoi migliori amici, James! Ti vogliamo bene! Perché ci hai tenuta nascosta una cosa simile? Cosa devo ricavarne, eh?! Allora noi non siamo nulla per te?!-

Victoria tremava, era un fascio di nervi.

James non seppe mai come riuscì a risponderle. Le parole vennero da sole.

-Capisco la tua rabbia, la rabbia di tutti voi, e accetterò qualsiasi vostra decisione, non ho il diritto di avanzare richieste.- le disse, guardandola negli occhi. –Ma, Victoria, credimi! Se fino ad oggi non vi ho detto niente non è stato perché voi non siete nulla per me, è l’esatto opposto. È perché voi siete tutto per me! Siete la mia famiglia, il mio mondo! Mi sono sempre atteggiato a grande capo, ma in realtà sono solo un idiota!- dichiarò, scuotendo il capo. -Ho vissuto tutta la mia vita attirando l’attenzione di tutti, cercando di diventate quello che chiunque ragazzo vorrebbe essere. Popolare, intelligente, bravo a scuola e nello sport, divertente, combina guai, ma allo stesso tempo ammirato dagli insegnanti. E tutto perché sapevo di avere questo marcio dentro! È stato l’unico modo che ho trovato per reagire, perché dovevo reagire. Non potevo chiudermi in me stesso a rimuginare sul destino che mi era stato riserbato, o sarei impazzito! Avevo… avevo il terrore che i miei genitori cominciassero a pensare di aver fatto uno sbaglio ad accettare come figlio una creature simile e che mi abbandonassero! Avevo paura di non avere amici ed invece sono venuto ad Hogwarts ed ho conosciuto voi! Ho visto che se tacevo sulla verità e mi impegnavo ad essere la persona che volevo diventare, beh, potevo davvero ottenere la vita che volevo!-

Parlare, adesso era il momento di parlare.

E le parole venivano da sole, finalmente libere dopo tanti anni di prigione.

Poteva essere sincero adesso. Non aveva più niente da perdere.

E voleva che anche Lily ascoltasse, perché non avrebbe più sicuramente avuto il coraggio di ripetere tutto quanto.

-Era facile essere bravo a scuola, soprattutto nelle discipline dove si richiedeva l’uso della magia.- confessò, sorridendo con ironia. –I miei poteri mi rendevano tutto una sciocchezza, tutto terribilmente semplice. Ed ero bravo a quidditch, entrare nella squadra è stato un gioco da ragazzi, ma questo lo sapete anche voi. In poco tempo ho raggiunto ciò che volevo, essere il migliore, e mi sono talmente adagiato in questa mia condizione che, pian piano, le mie paure sono svanite. Non mi ossessionavano più. Scappare e vivere nel mio mondo perfetto era più semplice! E non mi sarei mai sognato di dirvi nulla per paura di perdervi! Non volevo che scopriste tutto questo di me, non volevo che vi allontanaste! Ma adesso mi sono reso conto che non posso più andare avanti così! Perciò, ecco, ora sapete tutto. Potete detestarmi, odiarmi, ritenermi la persona peggiore del mondo, accetterò qualsiasi cosa.-

Fuori!

Tutto fuori, finalmente!

Tutto il suo mondo era caduto a pezzi.

Lui lo aveva distrutto in mille pezzi e ne era, in qualche modo, felice.

Quello che sarebbe accaduto da quel momento, bello o brutto, sarebbe stato reale. Non avrebbe più avuto nulla da nascondere alle persone più importanti della sua vita.

I suoi amici lo stavano guardando, scossi da quel suo fiume di parole.

E Remus Lupin, con lo stupore di tutti, scostò le coperte e scese dal letto, camminando a piedi scalzi fino ad arrivare da lui.

James sollevò lo sguardo ed i loro occhi si incontrarono. Quelli azzurri di Remus contenevano una miriade di sensazioni diverse, impossibili da decifrare.

-Ti sei portato dentro tutto questo per così tanto tempo?- chiese Lunastorta, la voce che tremava un poco.

Sorpreso da una simile domanda, James annuì.

-James, ascoltami bene.- cominciò Lupin, non staccando gli occhi dai suoi. –Quello che hai fatto è molto grave, ma non contro di noi, contro di te! E quello che sei, non è una tua creazione, sei tu! Semplicemente tu! Non sei diventato l’idolo della scuola perché ti sei impegnato o cosa, non hai ingannato nessuno. La gente ti ammira perché sei tu! Perché hai sempre una parola buona per tutti, perché sei giusto, sei carismatico, sei intelligente e simpatico! Questo non lo hai forzato tu! James, tu sei veramente così! Mi capisci?-

-Ma io…-

-Avresti dovuto dirci la verità. Vivere con un segreto simile ti logora dentro e tu sai che nessuno può capire certe cose meglio di me. Vuoi sentirti dire che sono deluso e arrabbiato? Sì, sono deluso e anche un po’ arrabbiato, ma tu sei più importante! Io sono felice che tu ti sia finalmente aperto con noi e voglio che tu sappia che, contrariamente alle tue previsioni, non ho nessuna intenzione di voltarti le spalle.-

Era la seconda volta in quel giorno. Aveva di nuovo il nodo alla gola.

Non si meritava il perdono di Remus Lupin, non se lo meritava affatto. E non aveva la minima idea di cosa dire.

-Rem, io non so…- balbettò, incapace di articolare qualche parola.

Remus, inaspettatamente, sorrise. –Sei proprio un coglione, James Potter!- gli disse, prima di chinarsi su di lui ed abbracciarlo forte. –Potevi dirmelo che almeno una cosa in comune ce l’avevamo.- scherzò, riferendosi ai loro rispettivi segreti.

Risero insieme e fu davvero come se non fosse mai accaduto niente.

Niente si era frantumato, niente era caduto in pezzi.

E James pensò che il cuore di Remus Lupin doveva essere veramente grande, lo sentiva battere sotto l’orecchio ed era rassicurante.

Avere Lupin come amico era una fortuna, un onore. Lo aveva sempre pensato, ma mai come quel giorno ne era stato sicuro.

-Grazie, Remus.- mormorò, sincero.

Il biondino si scostò da lui e scosse la testa, per poi voltarsi a guardare gli altri, che erano rimasti in silenzio.

Il primo a parlare fu Julian Harris. –Se sei una specie di spirito maligno, allora ti spunteranno anche corna e coda?- domandò, rompendo il silenzio e stupendo tutti quanti, come al solito.

James restò di stucco. –No, certo che no!-

Harris fece spallucce, sospirando. –Peccato, sarebbe stato divertente.-

-E’ un tuo modo per dirmi che anche a te tutto questo sta bene?- chiese James, confuso.

-Certo che mi sta bene.- rispose Julian, tranquillo. –Voglio dire, dimmi chi è veramente normale tra di noi! Nessuno! Perciò, per quanto mi riguarda, va bene.-

-Ti va bene? Sul serio?-

-Mi va bene quello che sei. Non mi vanno bene i segreti, James. Ma se mi fossi trovato al tuo posto, non so cosa avrei fatto perciò… chi sono io per giudicare?-

-Va bene anche a me.- mormorò Victoria, intromettendosi. –Voglio starti vicino, James. Siamo amici, no? Però, sul serio, basta misteri. Fa male a noi e, soprattutto, fa male a te! Hai bisogno di noi, non puoi reggere tutto da solo!-

Toccava a Peter parlare, gli sguardi di tutti erano puntati su di lui.

James lo vide in difficoltà e, immediatamente, andò in suo aiuto.

-Peter, davvero… se adesso hai, beh sì, insomma, se ora mi vedi in un altro modo, se hai paura o rabbia, io lo capisco.- gli disse, cercando di non pressarlo.

Ma, stranamente, ad un tratto Minus alzò il viso e lo guardò. Gli sorrise, anche se con un po’ di incertezza. –Sta bene anche a me, James. Sei mio amico.-

Era strano quel sorriso, c’era qualcosa di diverso, ma Potter si disse che non poteva essere altrimenti, dopo le sue rivelazioni. Peter doveva essere sconvolto.

Non se ne erano andati, pensò James, mentre il mondo intorno a lui tornava ad avere una forma, un colore. I suoi amici non se ne erano andati, erano ancora lì, per lui, nonostante i suoi errori.

Non sarebbe mai riuscito a ripagarli abbastanza. Mai.

-Ragazzi io non so davvero cosa dire.- proferì, guardandoli uno ad uno. –Io sono stato terribile con voi, vi ho tenuto nascosta una cosa simile, avreste avuto tutto il diritto di mandarmi al diavolo e proseguire con le vostre vite e invece…-

-E invece no.- lo interruppe Remus, sorridendo. –Perché, che tu ci creda o no James, tu sei una persona splendida. Hai dato tutto per ognuno di noi, ci sei rimasto sempre vicino. Adesso sei tu che hai bisogno di noi e non ti abbandoneremo.-

-Remus ha ragione, James.- fece Lily, prendendo finalmente la parola.

-Esatto.- confermò Lupin, annuendo. –E adesso credo proprio che dovresti andare da Sirius, penso che sia quello che ha più bisogno di te, adesso.-

Già, Sirius.

Doveva parlargli, fargli capire.

Tentare, in ogni modo. Non poteva lasciarlo andare.

Dotato di una nuova forza, James si alzò dal letto dove era seduto, lasciando la mano di Lily che aveva stretto la sua fino a quel momento.

Guardò la ragazza e le sorrise. –Grazie.- le disse, perdendosi nei suoi meravigliosi occhi verdi e pieni d’affetto.

Lei sorrise a sua volta ed annuì. –Adesso vai da Black, James. Ci vediamo a cena.-

-Ok, allora a stasera.- le rispose, prima di voltarsi a guardare gli altri. –Ragazzi, io non so davvero come…-

-Basta con i ringraziamenti!- lo blocco Julian, sbuffando. –Stai diventando monotono!-

E Potter rise, annuendo. –Ok.-

Rivolse ai suoi amici un ultimo lungo sguardo, poi uscì dall’infermeria con un’euforia ed un’energia che sentiva di non avere più da tempo.

Tutto era caduto in pezzi.

Tutto si era ricostruito di nuovo.

 

***

 

 

Con il far della sera l’aria si era fatta molto più fredda e pungente; il sole era tramontato, facendo piombare l’intero parco di Hogwarts nel buio più completo, nel quale rumori e suoni venivano amplificati in maniera raccapricciante, spaventosa per coloro che non erano assidui frequentatori del posto nelle ore notturne.

La Foresta Proibita appariva ancora più minacciosa, contenitore e culla di segreti che non sarebbero mai dovuti essere svelati.

La neve depositata sulle piante riluceva in maniera spettrale nell’oscurità avvolgente in un intreccio di chiari e scuri che era tutto da ammirare, mentre una lieve brezza andava portando quel vago ed impalpabile odore di acqua ghiacciata.

Inverno appena nato.

James Potter trovò Sirius Black seduto sulla gradinata dell’entrata principale del castello, luogo dove erano spesso soliti sedersi.

Sirius fumava, incurante del freddo e di qualsiasi altra cosa intorno a lui.

Forse avrebbe dovuto dargli più tempo, lasciare che fosse lui ad andare a cercarlo. Loro due non si erano mai ritrovati in una situazione del genere, non aveva proprio idea di come comportarsi perciò, suo malgrado, non poteva fare altro che tentare.

L’unica cosa che sapeva di sicuro era di non voler perdere suo fratello.

Lo avrebbe pregato, lo avrebbe supplicato, si sarebbe lasciato picchiare a sangue.

Tutto. Avrebbe fatto tutto.

Fermo al portone d’ingresso, James esitò, non riuscendo a decidersi a chiamarlo.

Era buffo.

Era sicuro di essere pronto a tutto pur di riavere Sirius, ma non aveva neppure il coraggio di chiamarlo per nome, di attirare la sua attenzione.

Lo sapeva.

Con Sirius Black sarebbe stata più dura.

Prendendo un bel respiro, si decise a chiamarlo, ma fu anticipato.

-Non avrei mai immaginato che tu avessi il sangue più blu del mio.-

Sirius si era accorto di lui.

E il tono di quella voce era debole, ironico. Sfuggente.

-Sirius…- cominciò James, esitante.

Black continuò a restare seduto, dandogli le spalle e continuando a fumare la sigaretta.

Non voleva voltarsi.

Non voleva vederlo.

-Ti hanno giustificato e perdonato tutti, non è vero?-

James abbassò lo sguardo e non rispose. In quella voce c’era veleno.

Sirius capì ugualmente.

-Me lo immaginavo.- disse, pacato. –Allora, a quanto pare, io devo essere proprio una carogna, sai? Già, lo sono, perché non ho affatto intenzione di giustificarti, James.-

-Lo so.- rispose Potter, serio. –Ed hai tutte le ragioni del mondo.-

Black rise leggermente, terminando la sigaretta e ciccando a terra.

-Adesso, sai, l’unica cosa che avrei voglia di fare è spaccarti la faccia.-

-Puoi farlo, se vuoi.- fece l’altro, restando immobile.

Sirius si mise in piedi, improvvisamente, voltandosi per guardarlo in faccia.

Aveva gli occhi arrossati e James rimase senza parole.

-Sirius, io…-

-Sta zitto!- gridò l’altro, con rabbia. –Sta zitto, James! Non mi interessa un cazzo di quello che vuoi dirmi! Chiudi quella bocca e vattene!-

-No.- mormorò Potter, scotendo il capo. –No, resto qui. Urla, picchiami, fai ciò che vuoi. Non me ne andrò via di qui, Sirius.-

-Dovrei spezzarti la schiena razza di bastardo!-

-Benissimo, fallo.-

Un attimo e Sirius Black fu vicino a lui, afferrandolo per il mantello e sbattendolo con rabbia contro la parete di pietra. James non fece parola, lasciandolo fare.

Quegli occhi blu erano ciò che lo facevano soffrire di più, che facevano più male.

Per tutti quegli anni, gli occhi di Sirius erano sempre stati lo specchio in cui specchiarsi. Lì, in quello sguardo sincero, aveva sempre trovato se stesso.

Adesso, invece, vi albergava il vuoto.

Sirius tremava, gli tremavano le braccia, non sarebbe mai riuscito a dargli un vero pugno in quello stato. Eppure, anche solo vedere il proprio migliore amico in quello stato faceva male, molto più di un colpo ben assestato.

Black gli dette un violento strattone e lo lasciò andare con rabbia, imprecando.

-Perché mi hai lasciato andare?- chiese James, restando fermo con la schiena al muro.

-Perché non riesco a farti del male, brutto figlio di puttana che non sei altro!- sbraitò l’altro, fuori di sé. –Vorrei tanto, ma qualcosa mi trattiene! Sei contento?-

Potter lo guardò, senza dire niente.

Sirius si allontanò da lui, chiudendo gli occhi e passandosi una mano sul viso tirato. Era come tornare a pochi giorni fa. La rabbia, la delusione.

E quel ragazzo che non poteva essere il suo migliore amico.

Come poteva non essere un incubo? Come potevano trovarsi davvero in quella situazione proprio loro due?

Credeva di impazzire, forse era già pazzo.

Aprì gli occhi e James era ancora lì che lo guardava. Che aspettava.

Aspettare cosa?

Cosa avrebbe mai potuto fare o dire?

Avrebbe voluto picchiarlo, fargli male, provocargli il dolore che lui stesso sentiva, ma non ci era riuscito. Non ce l’aveva fatta.

La verità era che non sarebbe mai riuscito a fare del male a suo fratello, avrebbe sempre preferito subire sofferenze al posto suo.

-Dimmi solo perché.- mormorò ad un tratto, senza neppure guardarlo.

James face un sorriso mesto. –Perché sono un codardo ed avevo troppa paura di perdervi per rischiare; Remus è stato molto più forte di me. E perché volevo una vita normale, dove quello che ero veramente non avrebbe potuto perseguitarmi.-

-Avevi paura? Paura?- ripetè Sirius, arrabbiandosi. –Paura di cosa, James? Noi siamo i tuoi migliori amici! Io, io sono tuo fratello! Cosa avresti dovuto temere, me lo vuoi spiegare?! Avevi paura che ti abbandonassimo? Non lo abbiamo fatto con Remus, perché avremmo dovuto farlo con te, idiota?-

-N-Non lo so.- rispose Potter, abbassando lo sguardo. –Io.. io pensavo che la mia fosse una situazione peggiore. Non riuscivo a parlarne, non… non volevo parlarne!-

-Avresti dovuto dirmelo!-

-Lo so. Lo so, Sirius e mi dispiace! Sono stato un idiota completo e…-

-Sì, sei proprio stato un idiota!- sbottò Sirius, furente. –Come hai potuto avere paura di noi?! Di me! Cristo, James! Non capisci? Potresti essere il Demonio in persona e per me non cambierebbe nulla! Sei mio fratello! Quando mai ti ho giudicato, eh? Quando mai ho avuto da dire qualcosa contro di te? Ti sono sempre stato vicino in ogni cosa, senza chiedere, senza dare giudizi! Quando avevi bisogno di me, io ci sono stato! Pensavi veramente che, dopo la tua rivelazione, io ti avrei abbandonato? Consideri la mia amicizia così debole e flebile?-

Aveva ragione.

Sirius Black aveva maledettamente ragione.

Quella era stata la sua più grave colpa, non fidarsi dei suoi amici.

Non aprirsi con lui, il suo migliore amico.

Non aveva giustificazione.

Vide Sirius passarsi frettoloso il dorso di una mano sugli occhi e tirare bruscamente su con il naso. Qualcosa di molto simile al mettersi a piangere.

-Mi dispiace.- mormorò James, senza più forze. Il cuore che faceva male per il dispiacere, il senso di colpa che lo attanagliava. –Mi dispiace davvero, Siri. Se non vuoi più avere nulla a che fare con me, ne hai tutte le ragioni. Però… però io non intendo rinunciare a te, ricostruirò la nostra amicizia, se necessario.-

Lo vide sorridere e scuotere la testa.

-Sta’ zitto.- fece Sirius, stanco. –Non ho detto di non voler più avere a che fare con te e non c’è nulla da ricostruire. Sono incazzato nero e… triste, deluso anche. Ma neppure io posso rinunciare a te e poi, tra fratelli, capitano certe incomprensioni.- ammise, abbassando lo sguardo. Fu un attimo, perché subito riportò gli occhi su di lui.

-Sappi però che non deve accadere una seconda volta. Mai più, James.-

E Potter sentì come se la terra fosse svanita sotto i suoi piedi. Era come galleggiare.

Sapere di non avere perso Sirius era come… era come guarire da una malattia incurabile e mortale, che non dava scampo.

Non aveva perso suo fratello. Non se ne era andato.

Meritava davvero tutto questo?

-Ora capisco perché stavi così male, quel giorno.- sussurrò Sirius, guardandolo con preoccupazione. –Tenersi dentro una cosa del genere…-

-Già.- fece James, abbassando lo sguardo. –Credo… credo di aver raggiunto il limite di sopportazione, Sirius. Non ce la faccio più. Vorrei solo… vorrei solo che non fossi io, che non fosse capitato a me.-

Fu allora che Sirius Black gli sorrise, il sorriso affettuoso e fraterno che tanto amava.

-Andrà tutto bene, Ramoso. Adesso ci sono io.-

E non potè trattenersi dal farlo.

Al diavolo le femminucce, al diavolo il codice dell’uomo virile.

James afferrò Sirius per le braccia e poi lo abbracciò forte, sorridendo quando sentì suo fratello ricambiare l’abbraccio con la stessa forza, con lo stesso affetto.

Finita.

Era finita, finalmente.

-Ricordati che ti devo un pugno, Ramoso.- gli disse Sirius, mentre lo abbracciava.

Potter rise ed annuì. –Tutti i pugni che vuoi, Felpato.-

E, si sa, il destino, la casualità, hanno sempre avuto un brutto senso dell’umorismo, unito ad un tempismo quasi sempre perfetto.

Perché, quella sera, un certo Corvonero stava tornando da un’allegra –ma mica tanto- scampagnata nella Foresta Proibita, munito di uno strano apparecchio magico che ogni tanto emetteva sbuffi di fumo colorato.

A chi faceva domande sull’utilità di tale oggetto, il ragazzo in questione rispondeva con orgoglio che si trattava di uno strumento capta onde psichiche emesse dagli unicorni.

Xeno Lovegood attraversò con passo sicuro il parco di Hogwarts, senza mostrare la minima preoccupazione per l’ora tarda e si diresse verso l’ingresso principale del castello. Lì, ebbene sì, li vide.

James Potter e Sirius Black, sulla scalinata di marmo, da soli, che si abbracciavano.

Subito sul volto del Corvonero si aprì un sorrisone gongolante che andava da un orecchio all’altro, mentre gli occhi prendevano a scintillare di genuino entusiasmo.

-Potter! Black!- trillò giulivo, allungando il passo per raggiungere i due Grifondoro.

I due si voltarono a guardarlo, sorpresi di ritrovarselo davanti.

-Lovegood?- fece Sirius, stupito.

-Ah, meraviglioso!- esclamò Xeno, infervorato. –Lo sapevo, lo sapevo! Ragazzi, sono fiero di voi, davvero! Dovete andare oltre i pregiudizi!E poi Olsen ed Evans sono delle ragazze così carine, sono sicuro che capiranno!-

-Ma che cazzo dici?- sbottò Black, che non ci stava capendo nulla.

-Xeno…- fece James, che invece stava paurosamente cominciando a capire.

-Lasciate che ve lo dica, siete veramente una bella coppia! L’amore omosessuale è troppo spesso non capito, purtroppo! Ma avete il mio totale sostegno, ragazzi! Mi batterò per voi, se necessario! L’importante è che non nascondiate il vostro amore, è un sentimento troppo bello per essere occultato!-

Quello che accadde dopo il sermone di Lovegood passò alla storia.

Sì, perché se James, povera anima, si limitò ad alzare gli occhi al cielo e sospirare, arresosi alla pazzia del Corvonero, la reazione di Sirius Black fu molto diversa.

Negli annali di Hogwarts non furono mai riportate le parolacce e le bestemmie dette, tirando in ballo Merlini, Morgane, Circi, i padri fondatori della scuola e varie madri e sorelle innocenti. Pare però che le urla fossero così alte da arrivare perfino alla capanna del povero Hagrid e che quest’ultimo, da sempre frequentatore di pub e quindi di gente non molto perbene, rimase così sconvolto da quelle imprecazioni da tapparsi le orecchie e correre a letto con il proprio cane, Thor.

Anche centauri e sirene sentirono tutto, confermando la loro teoria su quanto insulsi e cafoni fossero gli esseri umani.

Perché, in fondo, lo si sapeva. Non esisteva nessuno al mondo più fine di Sirius Black.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

Ed anche questo capitolo è andato, gente! Ho fatto una super corsa per aggiornare in tempo per farvi gli auguri e ci sono riuscita!

Che dire? Con questo si chiude un capitolo della mia storia. Si chiude una porta e… lo vedrete, si aprirà un portone. Si comincia ad entrare nella guerra, perciò tenetevi pronti! XD Detto questo, un grandissimo GRAZIE a tutti voi, ragazzi e ragazze! Grazie perché seguite la mia storia, leggete, recensite, commentate! Non so cosa farei senza di voi! Amo raccontare storie molto lunghe. Questo perciò sarà un lungo viaggio, la fine è ancora lontanissima! Spero avrete la pazienza di seguirmi. Ed io spero di avere la forza e la costanza di completare la fanfic!

Vi auguro dunque tantissimi auguri di Buon Natale e di felice anno nuovo, ci risentiremo a Gennaio con il prossimo capitolo!

Dunque divertitevi, ingozzatevi di dolci, fate festa! Che poi il ritorno è sempre brusco! XD Un bacione ed un abbraccio immenso, a tutti!

 

 

Brando: Ciaooo! XD Come puoi vedere, la verità è stata svelata! Mi dispiace di aver dovuto rimandare, ma non avevo scelta. Hai ragione, la guerra doveva arrivare e sta arrivando! Spero solo di essere all’altezza di raccontarla. :D Tra Sirius e James pare ci sia di nuovo la pace, ma una pace non molto solida e forse capirai anche perché! ^^

Su Remus e Eva non mi sbilancio, mi spiace! Sarà tutto da scoprire! Grazie per esserci sempre! Buon Natale!

 

Kokylinda2: Ciao ciao! Anche a me piace inserire nella storia avvenimenti e personaggi autentici della saga, quando lo faccio è sempre un piacere. Xeno è adorabile, mi sto veramente divertendo un casino a farlo uscire con le sue battute idiote! Lo stesso vale per Julian! Purtroppo non posso dirti nulla su Eva, mi spiace! È una cosa che scoprirete piano, piano da soli! Un abbraccio! Buon natale!

 

Deviata: Tesoro, ciao! Non preoccuparti, anche io sono incasinata con l’università, quindi ti capisco benissimo! Lo so, il mondo tranquillo della scuola ci aveva messo tutti quanti comodi, ma lo zio Voldy scalpita per entrare in scena e, purtroppo, credo proprio che dovrò accontentarlo! Grazie mille per i complimenti, davvero!

Un bacione e buon natale!

 

Malandrino4ever: Ciaoooo! Grazie mille per i complimenti, sei sempre gentilissimo, non li merito tutti quanti! Come vedi, il chiarimento c’è stato, ma non cantare troppo in fretta vittoria! Sono felice che i personaggi ti piacciano, sto sempre concentrata per renderli al meglio che posso! Su Rem ed Eva non mi sbilancio! :P Buon natale!

 

LilyProngs: Tesoro mio, mi auguro davvero di trovarti su msn una di queste sere, mi piacerebbe davvero tanto sentirti! Ti ringrazio moltissimo per tutti i complimenti, sei sempre gentile e carina con me, quando io invece non ho mai troppa fiducia in me stessa! Sono felice che il tuo esame per la patente sia andato bene, anche il mio esame è andato bene, per fortuna! Ti mando un abbraccio fortissimo! buon natale!

 

La Nika: Ciao cara! Ti chiedo ancora scusa per l’altra volta, sono stata veramente sbadata, non accadrà più! Sono felice che questa sia la tua storia preferita, mi fa veramente molto piacere, quindi ti ringrazio! Ora Lily e James sono un po’ da parte, ma ci saranno scene anche per loro, assicurato! Un bacione e buon natale!

 

Princesseelisil: Ciao! Guarda, la tua recensione mi ha veramente fatto molto piacere, sei stata un tesoro, davvero! Le parole che mi hai detto mi hanno commossa, davvero, non mi merito certi complimenti, sono solo una scrittrice di fanfic. Però grazie, di cuore! ^^ Sono contenta che la storia ti piaccia così tanto ed anche i personaggi, io ce la metto veramente tutta e sono felice che le mie fatiche siano servite. Ti mando un grosso abbraccio! Buon natale!

 

Black_Witch: Sorella mia, ciaooo! Sì, tra Lily e James va benone, per ora sono in completa salita, vanno alla grande! James con gli altri ha chiarito e sembra aver sistemato anche con Sirius, ma non ti adagiare, che tra i due non è ancora finita! Julian con Annabel deve sperare. Sperare e basta, perché non è una situazione facile. E poi la guerra. Sì, ci siamo. Tieniti pronta! Un bacio e buon natale!

 

Cicci92: Ciao! Colgo l’occasione per ringraziarti, davvero! Ci sei sempre, non manchi mai di recensire, sei un autentico tesoro! Grazie! Sono contenta che Eva e Remus ti piacciano, purtroppo non posso e non voglio anticipare nulla, loro sono il mio più grande enigma! XD Julian, beh… lo adoro anche io! Ne trovassi uno come lui, me lo acchiapperei e me lo sposerei! XD Sono felice che i miei Lily e James ti piacciano, questa è la cosa più importante! Un bacione e buon natale!

 

LiebenLily: Ciaooo! Sìììì, ti prego! Facciamo il fun club di Julian! lo voglio, lo voglio, lo vogliooooo!!! Ok, mi calmo! Ma quando mi parlate di Harris, io svalvolo! Credo di essermi presa una bella cotta per un mio personaggio, povera me! Grazie mille per le belle parole che mi hai detto! Spero davvero che la mia storia continui a piacerti! Un bacione e buon natale!

 

Lovegio92: Collega – ebbene sì, per me sei una collega e stop – non preoccuparti del ritardo, anzi, grazie per il commento! Spero di aver alleviato la tua malattia con questo capitolo, per il resto dovrai aspettare a Gennaio, temo! XP Come hai visto, sembra che la situazione tra i ragazzi si sia risolta. Beh, io dico solo, è quasi risolta, non del tutto. Soprattutto non lo è con Sirius. Ma per ora la cosa è stabile! XD Sono felice che Zack ti piaccia! Ho sempre avuto paura di creare questo fantomatico padre di James, credevo di sbagliare, di fare un buco nell’acqua. Invece è andata e sono abbastanza soddisfatta! Grazie mille per i complimenti, sei sempre troppo buona con me, tesoro mio! Un abbraccio fortissimo! buon natale!

 

Mimmyna: Ciao, come va? Sono felice che gli ultimi capitoli ti siano piaciuti, davvero! In effetti mi piace mettere scene divertenti, ecco perché la scena della spremuta sputata da Vick in faccia a Julian! anche a me piace molto il papà di James, perciò sono contenta che i suoi interventi ti piacciano! Grazie per la recensione!

Un bacio e buon natale!

 

Daicchan: Wow, una nuova arrivata! ^^ Ciao e piacere di conoscerti! Ti sei letta tutta la fanfic in due pomeriggi? Mio Dio, complimenti! E grazie! Sei davvero gentile! Il prossimo aggiornamento è previsto per Gennaio, ti manderò una mail di avviso come a tutti gli altri! Buon natale!

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Capitolo 31
*** I Love Her Green Eyes ***


Chiedo scusa per avervi fatto attendere così tanto per l’aggiornamento, ma è stata tutta colpa dell’università, io sono innocente! :D Ringrazio tutti per la pazienza che avete sempre, davvero. Per il prossimo capitolo dovrete aspettare Marzo. Cercherò di fare più in fretta che posso, ma sono costretta a passare Febbraio sui libri, visto che ad attendermi ci sarà l’esame peggiore del semestre: anatomia umana!

Un abbraccio a tutti,

Valentina

 

 

 

 

CAPITOLO 31

 

I LOVE HER GREEN EYES

 

[ Even when she hurts me ]

 

 

 

 

 

 

 

Dense nubi grigie si addensavano nel cielo e solo pochi e coraggiosi raggi di un sole pallido riuscivano a scalfire quella barriera naturale e raggiungere la terra per donarle luce e calore. La temperatura ambientale stava scendendo vertiginosamente, presto non ci sarebbe stato modo di ripararsi dal freddo. Ad Hogwarts si tentava di allontanare il gelo in ogni modo; camini perennemente accesi, incantesimi di isolamento alle mura del castello, magici venti di aria calda che circolavano per i corridoi. Tuttavia gli studenti, infreddoliti, avevano preso l’abitudine di non spostarsi più del necessario, recandosi solamente a lezione per poi correre via nella propria Sala Comune, dove avrebbero potuto sedersi davanti al camino e scaldarsi.

Fuori, intanto, la neve era diventata così bianca e massiccia da impedire quasi di camminare. Solo Hagrid, il guardiacaccia, pareva riuscirci ancora.

Quella mattina il mezzo gigante avanzava in quel biancore con fatica, trascinando con sé un enorme abete, uno dei molti che sarebbe stato usato per addobbare la Sala Grande in occasione del Natale.

Sulla torre dell’orologio, affacciati alla balaustra di ferro ed incuranti del freddo, due ragazzi, un Grifondoro ed un Corvonero, se ne stavano tranquilli ad osservare la scena. Entrambi fumavano.

Julian Harris osservò ancora per qualche minuto l’operato di Hagrid, poi spostò lo sguardo sul compagno vicino a lui. Sorrise, ma con scarso trasporto.

-Perciò non glielo hai detto.- constatò, secco.

James Potter sospirò, quasi afflosciandosi sul parapetto ed abbassando la testa.

-No, non gli ho detto di me e Bellatrix.-

Harris alzò gli occhi al cielo. –Idiota.-

-Senti Julian, non è che non volessi dirglielo, ok? Ma è complicato! Era già fuori di sé per quello che vi ho detto in Infermeria, non potevo aggiungere altro filtro al calderone, no? Mi avrebbe ammazzato!-

-Giusto, allora ti ammazzerà tra un po’.-

-Julian…-

-Fai come vuoi, Potter. La vita è tua.-

-Glielo dirò.- mormorò James, affranto. –Ma non so davvero come fare. È stato un errore enorme il mio, ma non posso tornare indietro. Sirius non mi perdonerà mai una cosa del genere, lo so. Per questo ho paura.-

-Beh, magari ti capirà.- fece Julian, dando un tiro alla sigaretta. –Infondo Bellatrix Black è proprio una gran bella ragazza, anche io me la farei.-

Potter lanciò un’occhiataccia all’amico e preferì non rispondergli.

Portò la propria attenzione sul cielo grigio che li sovrastava, dei gufi volavano veloci verso la Guferia, infreddoliti e carichi di neve.

Quella mattina faceva freddissimo, avrebbe nevicato ancora, eppure era piacevole stare lì all’aperto, con una visuale perfetta del parco di Hogwarts. E Julian vicino.

Il giorno prima aveva rivelato a tutti la verità, era finalmente libero da quella prigione che si era auto imposto per tanti anni. Aveva creduto che i suoi amici lo avrebbero lasciato ed invece nessuno lo aveva abbandonato, rimanendogli accanto.

Primo fra tutti, Harris, che pareva il meno sconvolto per quanto aveva appreso.

-Grazie.- disse James ad un tratto, serio.

Julian si voltò a guardarlo, un sopracciglio inarcato e l’aria interrogativa. –Di cosa?-

-Perché sei tu.- rispose il Grifondoro, divertito. –Perché in tutti questi anni ne ho fatte di cazzate e tu sei ancora qui.-

Il Corvonero sorrise e scosse il capo. –Di stronzate ne ho fatte tante anche io e anche tu sei ancora qui, no?-

-Già.-

Rimasero in silenzio, ognuno in compagnia della propria sigaretta, ognuno perso nei propri pensieri. Lo sguardo rivolto al paesaggio innevato che si estendeva davanti a loro, incantevole.

In molti detestavano Julian Harris. A tanti non piacevano i suoi mutismi, il suo costante menefreghismo e le sue battutine acide e volgari che, di tanto in tanto, uscivano dalla sua bocca. James, invece, si riteneva fortunato ad averlo come amico. E si sentiva un privilegiato. Sì, perché Julian cambiava quando erano insieme, si scioglieva un po’, diventava più umano.

Questo non capitava con tutti.

-Hai scritto ai tuoi?- chiese ad un tratto, riportando l’attenzione sul Corvonero.

Julian dette un altro tiro alla sua sigaretta, un vago odore di liquirizia intorno a lui, e non rispose alla domanda, lo sguardo concentrato su un vecchio abete della Foresta Proibita, molto più alto dei compagni ed interamente coperto di neve.

-Julian.- lo chiamò Potter, non arrendendosi.

-No, non l’ho fatto.-

-Ma…-

-Non avevo la minima idea di cosa scrivere, ecco tutto.-

James abbassò lo sguardo e sospirò.

-Sarebbe andato bene qualunque cosa, anche l’elenco di ciò che hai mangiato a cena, purché tu ti fossi fatto sentire. Lo sai.-

A quel punto Harris si voltò a guardarlo, il volto inespressivo, gli occhi castani vuoti.

-Mio padre rischia di morire, James. Ma è il suo lavoro, ok? Quando ha deciso di diventare Auror io ancora non ero neppure nato, è stata una sua scelta. L’unica cosa che posso augurarmi è che mia madre continui a preparare la cena e che mio padre continui a tornare a casa per consumarla, tutto qua.-

-Mi chiedo come ci riesci.- mormorò James, colpito dalla praticità di quelle parole.

-Che dovrei fare altrimenti?- fece Julian, con un’alzata di spalle. –Battere i piedi e piangere? Non funziona così, James.-

-E come funziona?- domandò Potter, osservandolo. –Come funziona il mondo, Julian?-

Harris sorrise. –Credi che io abbia la risposta a questa domanda?-

-No, ma sono sempre stato curioso di conoscere la tua opinione.-

Se Julian fu sorpreso da tale rivelazione, non lo dette a vedere.

Tornò a guardare davanti a sé, sfilando un’altra sigaretta dal pacchetto ed accendendosela con calma, senza alcuna fretta.

-Beh, è semplice.- disse ad un tratto, attirando l’attenzione di James. –La prima cosa che si fa, una volta venuti al mondo, è piangere e questo la dice lunga su ciò che devi aspettarti dalla vita. È difficile per tutti, credimi. Babbani, Purosangue, Magonò, Mezzosangue. Poveri o ricchi. Ognuno ha i suoi problemi e chi non li ha, se li crea. Per questo non è facile stare in questo mondo.- spiegò, tranquillo. –E hai due possibilità. Passare il resto della vita a piangerti addosso e, suggerirei, ammazzarti, oppure tirare fuori gli attributi ed andare avanti. Sì, andare avanti, senza preoccuparsi troppo di ciò che ti circonda, visto che tanto prima o poi muori e tutto ciò che possiedi diventerà effimero, inutile. Così la vedo io.-

James, che aveva ascoltato l’amico in silenzio, sorrise, scuotendo la testa. –Lo sapevo che avresti detto così.- fece, divertito. –Sei contraddittorio, sai?-

-No, non lo sono.-

-Sì, invece.- ribattè Potter, non smettendo di sorridere. –Continui a dire di fregarsene del mondo, ma non lo fai, non del tutto.-

-Cosa ti dà questa certezza?- fece Julian, confuso.

-Il fatto che, se mi trovassi in difficoltà, tu faresti di tutto per aiutarmi.-

E Julian non rispose, non c’era nulla da dire in realtà. Niente da ribattere.

Con James Potter era difficile spuntarla su certe tematiche, era impossibile farcela con quel sentimentalista, c’era poco da fare.

Questa constatazione fece sorridere il Corvonero.

-Io non credo che non ti importi di tuo padre, Julian. Dovresti veramente scrivergli, accertarti che i tuoi stiano bene. Non c’è nulla di male.- fece James, convinto.

Harris scosse il capo, divertito. –Sei un maledetto Grifondoro, esattamente come lui.- dichiarò, sorridendo.

-Già, tuo padre era uno dei nostri. Un Grifone!- scherzò James, ridendo.

-Esatto.- borbottò Julian, alzando lo sguardo al cielo. –E mia madre una Tassorosso, da non credere.-

-E tu sei finito a Corvonero.- osservò Potter, allegro.

-In realtà, c’è una cosa che non ho mai detto a nessuno. Il Cappello Parlante voleva mettermi a Serpeverde, inizialmente.-

-Cosa?!- fece James, con gli occhi sgranati. –Addirittura?-

-Sì, ma alla fine ha deciso Corvonero. Forse, nonostante sia uno stronzo, non lo sono abbastanza per stare tra quelle serpi.-

James Potter scoppiò a ridere e la sua risata risuonò in quel muto bianco ovattato, regalando un po’ di vita a quell’immobilità.

Era bella la risata di James. Spontanea, viva, calda, consistente, quasi tangibile.

E terribilmente contagiosa, tanto che persino Julian si trovò a ridere, senza neppure saperne il motivo. Forse era proprio quello il bello, ridere, semplicemente ridere.

E non pensare alla guerra in arrivo.

Non pensare a Voldemort, ai Mangiamorte, alla morte.

-Va bene, scriverò ai miei.- fece Harris ad un tratto, arrendendosi. –Dirò a mio padre di non farsi ammazzare. O almeno non prima di aver fatto testamento.- scherzò.

-Idiota!- lo rimproverò James, divertito.

-Grazie del complimento.- disse Julian, prendendolo in giro. –Giusto, oggi hai da fare? Ti vedi con Lily Evans?- domandò ad un tratto, prestando attenzione.

-No, niente Lily. Ho gli allenamenti del Quidditch.- rispose James, mentre terminava la propria sigaretta e la gettava nel vuoto, guardandola cadere. –E anche se fossi stato libero, non avrei potuto stare con lei. Lily deve recuperare una pozione.-

-Che cosa?- fece Julian, quasi sorpreso. –Lily Evans deve rimediare una pozione venuta male? Ma non era la cocca di Luma?-

-Infatti.- rispose James, mentre si arruffava i capelli con una mano. –Lei mi ha spiegato che quel giorno non era molto attenta, è stato quando non ci parlavamo. Insomma, ha fatto un disastro e Lumacone, invece di darle un Troll, ha deciso di farle ripetere l’esercizio per non rovinarle la media.-

-E’ proprio la cocca di Luma.- decretò Julian, con un sorrisetto ironico.

Potter si limitò ad un’alzata si spalle, preferendo non dire nulla.

In realtà era contento che Lily avesse ottenuto un’altra possibilità, lei non meritava affatto di rovinarsi la media in Pozioni per uno stupido errore.

Era stato quel giorno in cui non si erano parlati, erano stati entrambi con la testa altrove. Se fosse stata lucida, Lily non avrebbe mai sbagliato quella prova.

-Comunque, perché mi hai domandato se sono con Lily oggi?-

Julian fece spallucce. –Ci sarebbe da andare ad Hogsmeade. Jasper mi ha letteralmente stressato a colazione con la sua lista di alcolici da ritirare alla Testa di Porco e da trasfigurare. Una seccatura.-

-Giusto, la festa di Biancaneve.- si ricordò James, colpendosi la fronte con la mano.

-Roba da femmine.- mugugnò Harris, scocciato.

-Non lamentarti, dai! Ci siamo sempre divertiti!- lo riprese Potter, divertito. –Però oggi non posso proprio andare ad Hogsmeade, mi spiace.-

-Capisco. Beh, toccherà andarci a me dunque.- sbuffò Julian, annoiato.

Rabbrividendo per uno spiffero di vento più freddo degli altri, James si rese conto di avere le mani molto fredde ed il povero naso congelato.

Probabilmente erano rimasti a parlare lì alla torre dell’orologio più tempo di quanto immaginassero. Sorrise, sfregando le mani doloranti per quell’aria gelida.

-Dovresti usare il passaggio della statua della vecchia strega orba. Gazza ancora non lo conosce, è il più sicuro.- fece James, scoccando un’occhiata veloce al proprio orologio da polso, molto diverso da quello dei Babbani.

Harris annuì, ancora affacciato alla balaustra della torre. –Ok, capo.- lo prese in giro.

James Potter sorrise, arruffandosi i capelli alla solita maniera.

-Beh, credo sia ora di tornare in classe. La nostra pausa sigaretta è durata anche troppo a lungo, non credi? Alla fine verranno a cercarci e a prenderci per le orecchie.-

Julian fece spallucce, totalmente indifferente alla cosa.

-Vitious non è uno che la fa tanto lunga. Neanche si sarà accorto che non sono ancora tornato in classe.- dichiarò, tranquillo.

James fece una smorfia contrariata. –Buon per te! Ma io ho Trasfigurazione, la McGranitt sarà già infuriata.- sospirò, mentre già si allontanava dalla balaustra e si avviava verso le scale. –Il nostro appuntamento finisce qui, tesoro!- scherzò, allegro.

-Sto per mettermi a piangere.- fu la caustica risposta del Corvonero.

Potter scoppiò a ridere, scuotendo il capo.

-Ciao Julian!-

-Ciao scemo.-

Potter stava già sul primo gradino delle scale, intenzionato a lasciare la torre, quando Julian, che era tornato a puntare lo sguardo sul paesaggio, lo richiamò indietro.

Appena James gli fu accanto, interrogandolo con uno sguardo confuso, Harris si limitò ad indicargli la zona che si estendeva sotto di loro, su cui si affacciava la torre. –A quanto pare non siamo gli unici a non essere a lezione.- commentò.

Il Grifondoro, incuriosito, si affacciò subito al parapetto.

Due figure si dirigevano a passo spedito verso la guferia, eliminando la neve di intralcio con un incantesimo. Entrambe erano avvolte in pesanti mantelli.

-Bellatrix Black e Lucius Malfoy.- fece James, assottigliando lo sguardo. –Perché andare adesso alla guferia e non aspettare la fine delle lezioni? Che fretta hanno?-

-Che sia un amore clandestino?- propose Julian con ironia, mentre osservava i due Serpeverde entrare nel rifugio dei gufi.

-Sarebbe il minimo.- sospirò James, mentre si allontanava nuovamente dal parapetto. –Basta che non se ne escano con una delle loro, sono stufo di dovermi costantemente guardare le spalle.-

-Era più divertente quando tu e gli altri prendevate di mira i Serpeverde con le vostre idee sadiche e di cattivo gusto.- dichiarò Julian, malinconico.

Potter rise e scrollò le spalle. -Ci divertivamo, sì. Ma a Lily non sta bene.-

-Quella ragazza ti ha proprio fritto il cervello, James.- fu il commento di Harris.

Già, probabilmente il Corvonero aveva ragione.

Glielo dicevano in molti, ormai.

Lily Evans, pian piano, lo aveva cambiato. Si erano cambiati a vicenda.

Lui aveva dovuto maturare per lei, mettere da parte il suo essere bambino, dimostrarle che poteva anche essere una persona della quale potersi fidare.

Non gli pesava affatto questa scelta.

Tutto, avrebbe fatto di tutto per farsi notare da lei, per dimostrarle quanto poteva valere, per fare in modo che si accorgesse di lui.

Si limitò ad alzare le spalle, sorridendo dell’osservazione schietta dell’amico. Un sorriso che non era affatto colpevole. Era felice della sua condizione.

Julian Harris sentì i suoi passi veloci sugli scalini a chiocciola che collegavano il corridoio del settimo piano alla torre, rimase in ascolto fino a quando intorno a lui tornò il più assoluto silenzio.

L’aria era gelida, insopportabile, ma non aveva voglia di tornare a lezione.

Non aveva voglia di niente, a dire il vero.

Sarebbe rimasto lì a farsi congelare ancora un po’.

Solo un altro po’.

 

 

 

 

 

[ Circling the pain inside my soul
I reached inside your silence to steal what you won’t show
I tried to find the answers in my fears
But what was found is lost again as soon as it appeared ]

 

Red, Take It All Away

 

 

 

 

Victoria Olsen sbadigliò per quella che era la quindicesima volta da quando il professor Lumacorno aveva fatto il suo ingresso in classe per fare lezione agli studenti Grifondoro e Serpeverde del sesto anno.

La compagnia non era delle migliori, andava detto. Per tutta l’ora c’erano state occhiatacce e velate minacce tra le due Case, cosa che il professore aveva del tutto ignorato, continuando imperterrito a spiegare.

Victoria, ad esempio, era riuscita a stento a trattenersi dall’andare a spaccare il naso a quell’odioso purosangue di Rabastan Lestrange, il fratello minore di Rodolphus.

Se possibile, Rabastan era assai più insopportabile del maggiore.

Sempre con quell’aria di ostentata superiorità, sempre con quel suo disgustoso sorrisino di uno che si trova sempre a un passo davanti agli altri, sempre a sottolineare come il suo sangue fosse diverso da quello degli altri.

Semplicemente odioso.

A Vick bastava scorgere la sua testa rosso scuro tra i compagni, per accendersi di rabbia e sentirsi prudere le mani.

In più, oltre alla compagnia delle Serpi, c’era anche altro ad infastidire la Olsen.

Nonostante i suoi sforzi, neppure tanto convinti a dirla tutta, Victoria, studentessa del sesto anno di Grifondoro, continuava a non capire un accidente in Pozioni.

Tanto che la sua opera era già stata fatta evanescere da Lumacorno pochi minuti prima. L’espressione schifata di Lumacone l’avrebbe anche fatta scoppiare a ridere, se non avesse saputo che, anche quella volta, si sarebbe beccata come minimo un Troll.

E mentre il professore dichiarava oltraggiato che l’intruglio – si rifiutava di chiamarla pozione – della signorina Olsen era un esempio per tutti, un esempio da non seguire, Stephanie Hamilton aveva impreziosito il tutto con un velenoso:

-Che ci vuol fare, professore? È innamorata!-

Metà classe era scoppiata a ridere, ma Vick non aveva replicato.

Infondo, beh, innamorata lo era davvero.

Ed era altrettanto ovvio che lei preferisse passare il proprio tempo a pensare al suo ragazzo che ad una stupida prova di pozioni. Infondo, Sirius Black era molto più interessante delle code di salamandra e degli occhi di pipistrello.

Si stava giusto perdendo nel ricordo di una seratina decisamente piacevole passata con Sirius in giro per il castello, con il coprifuoco decisamente superato, quando, finalmente, suonò la campana di fine lezioni.

Emettendo un vero e proprio sospiro di liberazione, Vick cominciò a riordinare con calma le proprie cose, mentre intorno a lei i suoi compagni già si affaccendavano ad uscire dalla classe e l’aria si riempiva del consueto cicaleccio svagato che avrebbe presto invaso corridoi e Sala Grande.

Improvvisamente si udirono anche strilletti eccitati e risatine idiote.

La Olsen alzò gli occhi al cielo e si impose di restare calma. Probabilmente le ragazze erano appena uscite in corridoio, trovandovi l’oggetto dei loro desideri.

Peccato che suddetto oggetto di ammirazione fosse impegnato.

Con lei.

Doveva decisamente sbrigarsi a riempire la propria borsa.

-Guardate, c’è Black! SIRIUS BLACK!- strillò una voce, eccitata.

Chissà perché ogni volta che quelle oche lo vedevano si ritrovavano a strillare come se stessero assistendo all’apparizione terrena della Santa Vergine.

Che poi, Sirius, di vergine non aveva nulla.

-Oh, Merlino Santo! Com’è… com’è…. BELLO!-

Sì, grazie tante. Lo sapeva anche lei, la sua ragazza. Che fosse tanto difficile capire che quel bel bocconcino fosse impegnato?

-Oh, ci sarà anche Potter nei paraggi?- chiese una ragazza, speranzosa.

Beh, a quanto pare anche Lily doveva trovarsi nella sua medesima situazione.

Aveva tutta la sua solidarietà.

Caricandosi la borsa sulla spalla, Victoria marciò dritta verso l’uscita della classe, già pronta a sbranare la prima che avesse osato fare un passo falso.

Facendosi largo, infastidita, tra le ragazze cinguettanti appostate alla porta, Vick riuscì a raggiungere il corridoio dove, suo malgrado, un po’ di fastidio scomparve.

A dire il vero, non riuscì ad impedirsi di sorridere.

Ultimamente Sirius aveva preso la consuetudine di andare a prenderla a fine lezione, per recarsi insieme in Sala Grande, e la cosa la mandava in orbita quasi più di un bacio. Sarebbe stato perfetto, se ogni volta non ci fossero state quelle oche giulive ad innervosirla. Prima o poi, volente o nolente, avrebbe dovuto farci l’abitudine.

Sirius Black sarebbe sempre rimasto Sirius Black.

In quel momento, il sopraccitato Black se ne stava con le spalle appoggiate alla ruvida parete di pietra, intento a fumare, non particolarmente interessato ai richiami adoranti delle proprie ammiratrici.

La borsa per terra, ai propri piedi. Il mantello nero aperto, nonostante il freddo, lasciando visibili il maglione della divisa e la camicia. La cravatta allentata a regola.

Aveva i capelli sciolti e forse era per questa ragione che le ragazze parevano più eccitate del solito. Quei capelli erano qualcosa di indescrivibile.

Di un nero stupefacente, brillante, e lisci all’inverosimile.

Ogni ragazza avrebbe voluto avere una chioma del genere, ecco perché Bellatrix era così invidiata. Semplicemente, pareva che i Black fossero nati per non avere nulla fuori posto, per essere belli ed ammirati.

Quella mattina Sirius aveva l’aria serena, molto più tranquilla e rilassata rispetto ai giorni precedenti. Probabilmente la chiacchierata con James aveva riportato tutto come prima, ridando ordine nel gruppo dei malandrini.

Anche lei si sentiva meglio. Nonostante la preoccupazione per il destino di Potter, poteva dirsi contenta di conoscere finalmente la verità.

Niente più segreti.

In quel momento Sirius si accorse di lei e le sorrise, provocando in Vick una leggera stretta allo stomaco che non era per nulla sgradevole.

-Hey Olsen!- la chiamò, raccogliendo da terra la propria borsa.

-Hey Black!- salutò lei, andandogli incontro.

Probabilmente in quel momento aveva un sorrisone abbagliante, un po’ ebete, ne era certa; succedeva sempre quando Sirius era nei paraggi.

Preferì non farci caso. La cosa, in verità, non le interessava più di tanto.

Trovava stupido vergognarsi dei propri sentimenti, cercare di nascondere la felicità e la gioia che provava. Voleva con tutta se stessa che tutto il mondo sapesse, vedesse.

Desiderava che Sirius si rendesse conto di ciò che era in grado di provocare in lei.

Si avviarono insieme verso la Sala Grande, l’uno di fianco all’altra, gli occhi di molti posati sulle loro schiene. Non vi fecero caso.

Durante il tragitto lei parlava, allegra e vitale come al solito, senza neppure lasciargli il tempo di replicare. Ma Victoria era così.

Parlava, parlava…

Aveva l’eccezionale capacità di passare da un argomento all’altro con una rapidità disarmante, tanto che lui aveva imparato solo dopo diversi anni a stare dietro alle discussioni di quella ragazza.

La adorava. L’aveva sempre adorata.

Gli piaceva la sua forza, il suo temperamento ribelle, i suoi occhi azzurri dove si poteva scorgere quel brillio tipico di chi è libero, felice, positivo nonostante tutto.

Era bello anche starla ad ascoltare.

Vick aveva un modo tutto suo di raccontare.

Erano vicini, chiacchieravano, ma non si tenevano per mano.

Non erano tipi da farlo molto spesso, a dire il vero.

Non si definivano una coppia romantica e neppure ci tenevano ad esserlo, non sarebbero stati più loro, altrimenti.

Preferivano scherzare, stuzzicarsi, scambiarsi qualche bacio di tanto in tanto, casualmente, senza paroline dolci o gesti teneri di rito.

-Odio Pozioni con tutta me stessa!- si stava lamentando lei, agitando una mano, stizzita. –Se mi becco un altro Troll sono nella merda, cavolo!- sbuffò.

Sirius rise, scompigliandole i capelli con una mano, dispettoso.

-Va così male?- le chiese.

-Sì, va malissimo! Non ci capisco un accidente e non ci capirò mai, ecco!-

-Non fare la tragica, dai!-

-Dai un calderone, Sirius! Se almeno tu non avessi il cervello svampito che ti ritrovi, potresti darmi ripetizioni, sai?- lo bacchettò lei, incrociando le braccia al petto.

-Ripetizioni? Io?- riecheggiò il ragazzo, divertito. –Ti sembro il tipo?-

-Perché no?- fece lei, mentre un bel sorriso faceva capolino sulle sue labbra. –Dai!-

Lui scosse il capo. –Non mi pare il caso. Magari se lo chiedi alla Evans…-

-Ma io voglio te!- ribattè lei, non smettendo di sorridere. –Ti prego! Per me!-

Era il colmo, si disse il povero Black.

Non aveva mai aiutato una ragazza con i compiti. Anzi, non aveva mai aiutato nessuno con la scuola, caso mai era Remus ad occuparsi di una cosa simile.

Erano arrivati all’ingresso della Sala Grande, immersi nel caotico fiume di studenti che si stavano recando a pranzo, e Victoria continuava ad insistere.

Sirius non seppe spiegarsi il motivo, ma finì con l’accettare di aiutarla con la pozione, decretando la fine di un’era.

L’era del vecchio Sirius Black.

Mentre la sua ragazza esultava, vittoriosa, sentì una voce chiamarlo.

James e gli altri erano già seduti a tavola, i piatti ancora vuoti. Li stavano aspettando.

Black si lasciò trascinare da Victoria, raggiungendo il tavolo di Grifondoro.

Era finita, si disse Sirius.

Quella brutta atmosfera di bugie, malumori e cose non dette era svanita. Tutto era tornato come prima ed era un po’ come tornare a respirare, come svegliarsi da un brutto sogno.

Non c’era nulla di più importante per lui del legame con suo fratello.

Sapeva che ci sarebbero state delle difficoltà da superare, era ovvio aspettarselo dopo le ultime rivelazioni di James, ma era sicuro che sarebbero riusciti ad affrontare tutto, insieme.

Era un gruppo.

Erano una famiglia.

Eccoli lì, davanti a lui.

Remus Lupin, seduto in maniera composta, il libro di Aritmanzia ben aperto alla sua sinistra. L’aria stanca, ancora un po’ provata per l’ultima trasformazione, ma lo sguardo tranquillo come non lo era da un po’.

Vicino a lui sedeva Lily Evans, i capelli rossi sciolti sulle spalle e gli occhi verdissimi concentrati sul testo che Remus aveva messo in comune con lei.

I due Grifondoro parlavano animatamente di un esercizio, non curandosi di chi li circondava. Di tanto in tanto, però, Lily si voltava alla sua sinistra, per sorridere al ragazzo accomodato vicino a lei.

James Potter sorrideva a sua volta, giocando distrattamente con le dita della mano della sua ragazza, tornando poi a parlare con Alice Rubin e Peter Minus sull’ultima partita di Quidditch ed altri argomenti frivoli.

Sirius decise di prendere posto vicino a Potter, decidendo di chiudere definitivamente quel capitolo che li aveva visti divisi anche per troppo tempo.

Il suo migliore amico si voltò a guardarlo, sorridendo con la spensieratezza di una volta, e subito lo coinvolse nella discussione riguardante l’organizzazione della festa ormai vicina, che stava un po’ ossessionando tutti i tavoli della Sala Grande.

Era bello tornare a discutere di certe frivolezze, ritornare a guardarsi negli occhi riconoscendo in essi la persona conosciuta da anni, il legame che li univa, l’unicità del loro rapporto. Era come… come tornare a casa.

James era casa.

Lo guardava parlare, ridere, e dentro di se non poteva fare a meno di chiedersi come fosse possibile che quel ragazzo fosse realmente un Havisham, una creatura infernale per metà, un mago oscuro alla pari di Voldemort.

Provò a ripeterselo più volte, ma non riusciva a provare paura o timore.

Forse, semplicemente, la sua mente non ci avrebbe mai creduto fino in fondo, avrebbe continuato a vedere James, solo James. Il fratello che lo aveva accolto, il fratello con il quale aveva scherzato, si era confidato, aveva pianto.

Fu con liberazione che si buttò nella conversazione cominciata dai suoi amici, discutendo sul dove organizzare la festa ed incaricandosi di trovare la musica adatta.

Lily Evans non si curò molto di quella conversazione, non amava molto la vita mondana e preferiva di gran lunga preoccuparsi della scuola.

Ringraziò cortesemente Remus, che era stato così gentile da spiegarle un passaggio di Aritmanzia che lei non aveva capito, e si servì di pollo e patate, decidendosi a riempire lo stomaco. Gli altri compagni avevano già cominciato a mangiare.

James, fedele alle proprie verdure ed al suo essere vegetariano, scoccò un’occhiata di sbieco al piatto della ragazza, per poi scuotere la testa contrariato.

Lily lo ignorò bellamente.

Ad aspettarla aveva un intero pomeriggio nell’aula di Pozioni, insieme al professor Lumacorno, per rimediare ad una pozione andata male durante un’esercitazione.

Era un vero e proprio colpo basso per il suo orgoglio, fin dal primo anno era sempre stata impeccabile nel preparare pozioni di ogni tipo.

Ma non poteva incolparsi di nulla.

Quella volta aveva avuto la mente altrove, persa su James, sulle cose che lui le nascondeva e sulla rabbia e delusione che provava per lui.

Adesso le cose si erano risolte, tutto andava per il meglio, e Lumacorno era stato gentile a darle la possibilità di rimediare, non poteva lamentarsi.

-Avete letto la Gazzetta, questa mattina?- chiese ad un tratto Alice, sbocconcellando dei crackers salati. –Pare non ci siano alcune notizie riguardo agli evasi da Azkaban.-

-E’ troppo presto per avere notizie.- fece James, guardando la compagna. –E’ passato troppo poco tempo dall’evasione. E poi, se anche ci fossero delle novità, il Dipartimento Auror non divulgherebbe niente di niente, è la prassi. Rischierebbero di compromettere l’inseguimento.- spiegò, pratico. –Come dice sempre mio padre, anche quei dannati Mangiamorte leggono i giornali.-

Remus sorrise mestamente, abbassando lo sguardo. –In effetti, sembriamo proprio i bambini che siamo, in questo momento. Sta per accadere di tutto, ma la nostra massima preoccupazione sono i compiti scolastici e questa cavolo di festa di Biancaneve.- mormorò, posando il mento su una mano.

-E’ vero.- gli concesse Victoria, non perdendo il sorriso. –Ma se il mondo si ferma per paura di loro, i Mangiamorte hanno già vinto. Io dico che è giusto continuare a pensare al nostro futuro, al nostro rendimento scolastico, a divertirci! Non dobbiamo smettere di vivere, Remus! Solo così possiamo vincere!-

Sirius sorrise, trovandosi ad ammirare ancora di più quel piccolo terremoto. –Ben detto! Ed è per questo che ho intenzione di prendermi la sbronza peggiore della mia vita, alla festa!- dichiarò, beccandosi subito un’occhiataccia da parte di Lunastorta.

Peter Minus, che si era limitato a mangiare in silenzio, fece una risatina di circostanza, più per abitudine che per vero trasporto.

-Io ho fiducia negli Auror.- disse ad un tratto Lily, incontrando lo sguardo di James. –Però, ora come ora, vorrei essere a casa, sapete? Vorrei poter proteggere di persona la mia famiglia. Vorrei avvertirli.- ammise, preoccupata.

Potter non replicò a quella sua affermazione, limitandosi ad osservarla in silenzio.

Victoria Olsen invece sorrise. –Ti capisco, Lily. È lo stesso per me.-

Rimasero in silenzio, mentre la Sala Grande cominciava a svuotarsi.

Julian Harris fu uno dei primi a lasciare il tavolo di Corvonero e ad uscire dalla sala, da solo, senza avere al fianco i suoi due inseparabili amici.

James lo seguì un poco con lo sguardo, poi tornò a guardare Lily.

-Ci avviamo?-

La rossa annuì, bevendo un ultimo sorso di succo di zucca e raccogliendo la propria borsa, sistemata sotto la panca.

-Dove andate?- chiese subito Alice, curiosa.

-La accompagno da Lumacorno.- disse James, mentre si alzava. –Ci vediamo al campo di Quidditch per l’allenamento, ragazzi. Alle tre, mi raccomando.-

Potter ed Evans lasciarono la Sala Grande camminando vicini, sotto lo sguardo ancora curioso e sorpreso della maggior parte degli studenti.

Non molti riuscivano a vederli come coppia.

I corridoi erano abbastanza bui, nonostante l’ora del giorno. Quando arrivarono ai sotterranei, tutto faceva pensare che fosse già sera e le torce appese ai muri erano già accese.

Lily rabbrividì per il freddo e tirò su con il naso, stringendosi di più nel mantello.

James camminava al suo fianco, ma era stranamente silenzioso e lei non riusciva a capirne il motivo. Non le piaceva quel silenzio.

-Fa più freddo qui, vero?- domandò con una certa timidezza, sentendosi in difficoltà.

Per tutta risposta, il ragazzo interruppe i propri passi, costringendola a fermarsi.

-E’ strano.- disse lui ad un tratto, cogliendola alla sprovvista.

-Cosa è strano?- domandò Lily, non riuscendo a capire.

-Sei cambiata, sai?- fece James, sorridendole.

Lei scosse il capo, meccanicamente. –No, non lo sono.-

Lo vide avvicinarsi, poi avvertì il calore della sua mano sul viso. Una carezza.

-Sì, lo sei.- dichiarò lui, con dolcezza. –Stavo pensando a quella nottata passata svegli, dopo ciò che ti era accaduto in biblioteca con i Serpeverde. Tu eri nel tuo letto e piangevi, abbiamo passato tutta la notte a parlare. Mi hai raccontato della tua famiglia, dei tuoi genitori, di come ti hanno trattata. Eri così disperata, Lily. Impotente.- le disse, non distogliendo gli occhi dai suoi. –Ti hanno fatto del male, ma adesso che sono in pericolo tu… tu vuoi andare da loro, rischiare di beccarti una porta chiusa in faccia, sopportare un ulteriore rifiuto, pur di proteggerli.- mormorò, con un sorriso che gli increspava le labbra. Una luce strana in quegli occhi scuri.

Lily deglutì a vuoto, sentendosi improvvisamente stringere alla gola.

Sentirlo dire da James, le fece veramente realizzare il pensiero che aveva avuto il giorno precedente, dopo aver appreso della fuga da Azkaban.

Sarebbe davvero voluta tornare a casa per proteggere quella famiglia che non la voleva più? Lo desiderava davvero, nonostante tutto il dolore che aveva sofferto?

Voleva ancora così bene a Petunia, la sua invidiosa sorella, al punto di volerla difendere dai Mangiamorte?

In fondo al suo cuore conosceva la risposta.

Annuì, non riuscendo a dar voce a quel pensiero.

Subito le braccia di James la strinsero e lei si ritrovò premuta contro il suo petto, tremante come una foglia. Gli occhi che bruciavano.

-E’ strano.- ripetè il ragazzo, teneramente. –Non mi sembrava possibile, eppure è così. Più vengo a conoscenza della persona che sei, più ti conosco… e più mi innamoro di te, Lily Evans.- le disse, sorridendo contro i suoi morbidi capelli di fuoco.

-James…- esalò lei, sentendosi arrossire.

Lui si allontanò un poco per guardarla negli occhi, continuando a stringerla a sé.

-Sei davvero una persona meravigliosa, Lily. Ed il fatto che tu stia pensando di tornare in quella casa, significa che stai finalmente andando oltre. Oltre alla sofferenza, alle ferite, alle lacrime. È come se tu fossi sbocciata e sei migliore dei tuoi genitori e di tua sorella.- sussurrò, guardandola con quello che era autentico orgoglio. –Se davvero vorrai tornare a casa, allora io voglio venire con te. Proteggeremo la tua famiglia insieme.-

E Lily avvertì chiaramente il proprio cuore accelerare i battiti, impazzito.

Lacrime di commozione le pungevano gli occhi, ma lei decise di trattenerle, sfregandosi una mano sul viso.

Finalmente, comprese di aver come attraversato un grosso traguardo.

Qualcosa dentro di lei era svanito, facendola sentire più libera.

Quando era accaduto? Non riusciva a ricordare.

Li aveva perdonati. O forse aveva perdonato se stessa.

Sì, si era perdonata. Perdonata di essere nata strega, perdonata per non essere stata una figlia ed una sorella normale, perdonata per non essere riuscita a guadagnarsi l’affetto della propria famiglia.

Quel potere che le aveva negato l’amore di suo padre e di sua madre, adesso poteva essere il potere in grado di salvarli, difenderli.

Lei era una strega.

Lei era magica.

Lei era potente, una degli allievi migliori della scuola.

Non doveva sentirsi in colpa di nulla.

Inspiegabilmente, si ritrovò a sorridere.

E James catturò il sorriso di Lily con il suo, baciandola con trasporto, con amore.

-Grazie, James.- mormorò lei, sollevando lo sguardo per incontrare quello del ragazzo. –Grazie.-

Lui le sorrise, regalandole un altro bacio, e pensò che amava quegli occhi verde chiaro.

Limpidi, sinceri, spesso tristi, timorosi, ma adesso pieni di una nuova consapevolezza, più maturi. Sì, amava i suoi meravigliosi occhi verdi.

 

 

 

[ Take me home to my heart
Let me go and I will run,

I will not be silent, all this time
spent in vain; wasted years wasted gain
All is lost but hope remains and this war's not over
There's a light, there's a sun
taking all these shattered ones
To the place we belong ]

 

Shattered, Trading Yesterday

 

 

 

 

Lily non dimenticò mai quel pomeriggio di Dicembre, il pomeriggio in cui prese consapevolezza che parte dell’oscurità portata dentro per tanti anni se ne era andata, lasciandola libera, in un certo senso più pulita.

Se ciò era accaduto, doveva ringraziare anche il ragazzo straordinario che aveva al suo fianco. Il suo sole.

In quei mesi passati insieme, James Potter le aveva insegnato più cose di quanto lei avesse mai potuto immaginare.

Quel giorno, tuttavia, ci fu dell’altro. Una nuova prova per lei.

Un nuovo ostacolo da superare.

E Lily lo capì subito, non appena mise piede nell’aula di pozioni insieme a James, che subito sentì irrigidirsi al proprio fianco.

Per riflesso, la ragazza strinse di più la sua mano.

Horace Lumacorno era in piedi vicino alla propria cattedra, intento a sfaccendare con delle boccette di vetro, ma si voltò non appena li sentì arrivare, sorridendo bonario.

-Oh, Lily! Eccoti mia cara!- salutò, accendendosi subito di adorazione per la sua pupilla. –Ti senti pronta oggi? Non devi deludermi!- disse, divertito. Poi il suo sguardo si puntò su James. –E tu che fai qui, Potter?- domandò, confuso.

-Sono venuto ad accompagnarla.- rispose il ragazzo, senza degnare di molta attenzione l’insegnante. Gli occhi puntati altrove.

Come Lily.

Non erano gli unici due studenti in quell’aula. Poco distante da loro, seduto ad un banco vuoto, stava Severus Piton, in religioso silenzio.

Si era appena voltato a guardare una sola volta i suoi compagni, per poi tornare a fissare ostinatamente davanti a sé, cupo.

Lumacorno parve accorgersi in quel momento di quello scambio di occhiate e sorrise, affabile. –Spero non ti dispiaccia, mia cara.- disse, guardando Lily. –I professori Richardson e Kettleburn mi hanno invitato per un bicchierino giù ad Hogsmeade, non ho proprio potuto rifiutare. Ma non volevo lasciarti preparare questa brutta pozione da sola, perciò ho chiesto a Severus di seguirti.- spiegò, soddisfatto della propria idea.

Lily non fiatò, restando in silenzio.

-Qualcosa non va, mia cara?- domandò il professore con preoccupazione. –Forse preferivi che restassi io? Ma Severus è più che all’altezza.-

La rossa scosse il capo. –Non si preoccupi.- mormorò, scura in volto.

James non potè fare a meno di guardarla. –Lily…- cominciò, non sapendo neppure cosa dire. Lasciarla lì da sola con Mocciosus… La cosa gli dava più fastidio di quanto pensasse e il disagio di lei gli rendeva la situazione ancora più insopportabile.

-Sarà il caso che noi due ci togliamo di qui, Potter.- scherzò Lumacorno, mentre si avviava verso la porta, sistemandosi il mantello. –Lasciamoli lavorare.-

-Giusto.- fece James, nervoso, per poi rivolgersi alla sua ragazza. –Sarò qui appena finito l’allenamento, torniamo a Grifondoro insieme.- dichiarò, inflessibile.

E Lily ebbe come l’impressione che quelle sarebbero state le prove di Quidditch più brevi della storia. Arrivò quasi a sperarci.

Annuì. –Finirò la pozione prima possibile.-

-Bene.- fece Potter, prima di scoccare un’altra occhiata a Piton. –A dopo.-

Uscì, seguito da Lumacorno.

La porta si chiuse dopo il passaggio dei due e Lily sentì subito mancarle l’aria, mentre una malsana inquietudine si faceva strada dentro di lei.

Non si era più trovata da sola in una stanza con quella persona da tanto tempo, troppo, ed in quel momento niente era più come prima.

Non c’era familiarità, non c’era affetto.

L’unica cosa che sentiva di provare era l’atroce bisogno di spalancare quella porta ed uscire, correre da James, tra le sue braccia sicure, che l’avevano stretta fino a poco prima di entrare nell’aula.

Severus Piton era ancora seduto al suo banco, immobile, in silenzio.

Era insopportabile. Lily quasi desiderò picchiarlo, colpirlo con tutta la forza che aveva.

Strinse forte i pugni, fino a farsi venire le nocche bianche, e si morse le labbra, preda del nervosismo. Si decise a scegliere un banco e posò la borsa sul ripiano di legno, prendendo il libro di pozioni e cercando la pagina che le serviva.

Lesse le istruzioni e gli ingredienti che le erano necessari per preparare il Distillato della Morte Vivente.

Radice di Asfodelo in polvere.

Estratto di Artemisia.

Succo di Fagiolo Sopoforoso.

Radici di Valeriana.

Lesse di nuovo. E poi ancora una volta.

Ma proprio non riusciva a fare un passo ed andare all’armadietto del professore, dove avrebbe dovuto cercare quelle sostanze. Non era capace di muoversi.

Non con lui lì.

E ancora…

Radice di Asfodelo in polvere.

Estratto di Artemisia.

Succo di Fagiolo Sopoforoso.

Radici di Valeriana.

Era la quarta volta che rileggeva le istruzioni, stava facendo la figura della sciocca.

Il gelo all’interno della stanza si era come centuplicato, arrivandole dentro fin nelle ossa, mozzandogli il fiato. Doveva andarsene da lì.

Finire quella dannata pozione ed andare via.

-Forse dovresti raccogliere gli ingredienti.-

La voce pacata, sempre sussurrante di Severus la raggiunse. Non c’era ironia in quelle poche parole, non c’era niente.

Lily si voltò nella sua direzione e si accorse che lui la stava guardando, ma in quella fredda maschera di indifferenza non si scorgeva nulla, neppure la più piccola emozione. Non riuscì ad impedirsi di chiedere a se stessa dove fosse finito il ragazzo che aveva conosciuto.

Severus Piton non era mai stato tipo da emozioni forti, ma non lo ricordava neppure come la persona vuota che adesso aveva di fronte. Era inquietante.

Gli rivolse l’occhiata più fredda che potè, poi andò a cercare gli ingredienti, senza più degnarlo di uno misero sguardo. –Sono capacissima di preparare questa pozione da sola, Piton. Vattene.- disse quasi con rabbia, mentre tornava al proprio banco e riponeva in ordine le varie sostanze.

Non lo sentì muoversi.

-Sei diventato sordo, per caso?- sibilò, mentre accendeva il calderone, innervosita.

Severus osservò la sua piccola mano stretta intorno alla bacchetta, l’arto era molto teso, segno che Lily stava stringendo l’oggetto magico con più forza del dovuto.

-Lumacorno mi ha detto di assisterti mentre prepari la pozione.- rispose, incolore.

-Non ho bisogno del tuo aiuto.- ribattè lei, piccata.

-Lo so.- riconobbe Severus, abbassando lo sguardo. –Ma non posso disubbidire ad un incarico affidatomi da un insegnante, Evans.-

La vide sorridere, un sorriso freddo, cattivo.

-Oh, giusto. Tu sei così bravo a rispettare gli ordini, vero? Soprattutto quelli impartiti da Lucius Malfoy, il tuo grande amico e mentore.- lo canzonò, con un’ironia gelida, spietata e velenosa.

Si guardarono.

Si guardarono in silenzio, l’uno perso negli occhi dell’altra.

Il nero abissale contro il verde chiaro della speranza.

Severus fece per replicare, ma lei lo bloccò con un freddo gesto della mano.

-Sta zitto.- gli intimò, spietata. –Se proprio devi restare, almeno rimani nel tuo angolo e fai silenzio, mentre io faccio il mio dovere. Non ho mai avuto bisogno del tuo aiuto in Pozioni un tempo e non ne ho necessità neppure ora.-

Lui non disse più nulla, restando seduto nel suo angolo, sprofondando in un silenzio tombale che lei apprezzò con una certa soddisfazione, scoprendo dentro di sé una cattiveria che non avrebbe mai creduto di avere.

Buffo.

Neanche un’ora prima si era sentita invadere dal calore al pensiero di aver superato l’amarezza ed il dolore che le era stato causato dalla sua famiglia e adesso, lì, in quell’aula buia, silenziosa, spettrale, percepiva chiaramente un nuovo gelo impossessarsi del proprio cuore.

Era Severus che la faceva sentire così.

Che la avvelenava, la intossicava con la sua presenza.

Senza più dire niente, cominciò a preparare la sua pozione con minuzia e precisione, attenta e dedita come l’esperta pozionista che sapeva di essere.

Avrebbe superato se stessa e poi avrebbe sbattuto quella pozione in faccia a quell’essere ignobile che occupava la stanza insieme a lei.

Gli avrebbe fatto vedere di cosa era capace, lei, una mezzosangue.

Dopo la fine della loro amicizia, Lily si era così tanto forzata su se stessa, si era così tanto impegnata, da arrivare all’indifferenza.

A non provare più nulla per quel ragazzo. Né affetto, né delusione, né rabbia.

Non aveva idea di come vi era riuscita, ma improvvisamente Severus Piton era diventato uno studente come tutti gli altri. Solo uno studente.

Eppure, in quel momento, lì da sola con lui…

Tutto era tornato a galla. Tutti i sentimenti, che lei aveva chiuso in una scatola sprofondata negli abissi della sua psiche, si erano liberati ed erano tornati in superficie, sotto forma di rabbia accecante.

Forse era la situazione. I ricordi.

Lily strinse i denti, rigida, mentre mescolava il preparato nel calderone in maniera impeccabile. Perfetta.

Non doveva pensare, si impose. Aveva faticato tanto per sopravvivere a quel dolore, a quell’agonia atroce che aveva inferto il colpo di grazia alla sua vita già cupa e vuota.

Il voltafaccia di Severus l’aveva massacrata. Severus, che era stato il suo unico appiglio, dopo l’abbandono dei genitori e della sorella.

Eppure, malvagi, i ricordi arrivarono.

Più si sforzava di tenerli lontani, più le invadevano la mente, spietati.

Un altro giorno.

Un'altra pozione.

Un altro anno.

Lei e Severus da soli in quell’aula cupa, ma per loro familiare, accogliente.

L’uno di fianco all’altra, vicini, entrambi chini sullo stesso calderone dove bolliva un liquido dal colore rosato e profumato.

Ridevano.

-Sei proprio cocciuto, Sev!- aveva detto lei, fingendosi severa, mentre invece non riusciva a smettere di ridere. –Nel libro c’è scritto tre gocce di succo di Flora Reale, non cinque! Non capisco perché ti ostini tanto, testone!-

Lui l’aveva guardata spazientito ed aveva scosso la testa. –E tu sei una testa vuota, Lily! Lasciami fare e chiudi il becco!- le aveva detto, saccente.

-Non ci penso neppure!-

-Guarda che un vero pozionista deve saper improvvisare! È sbagliato attenersi troppo al testo! Se ti limiti a seguire le istruzioni, non ti farai mai una personalità e rimarrai un modesto preparatore di intrugli per il resto della tua vita.-

Lei aveva sorriso. –Ma se si improvvisa troppo in una pozione, che so, a scopo curativo, beh, si rischia di uccidere qualcuno, Sev!- aveva obiettato.

Lui si era voltato a guardarla con un sorrisetto furbo. –Talvolta bisogna rischiare.-

Lily lo aveva colpito sul braccio, rimproverandolo, e lui aveva ostentato comunque la sua faccia tosta. Erano scoppiati a ridere tutti e due.

A distanza di tempo, Lily Evans aveva capito che c’era realmente differenza tra l’essere una brava pozionista ed un’ottima pozionista.

Aveva appreso l’arte dell’improvvisare, come le aveva detto Severus.

Aveva imparato ad essere creativa, mai uguale, nel preparare pozioni.

E adesso sapeva fin quanto osare, fin dove poteva spingersi ad aggiungere una goccia in più, un ingrediente in più, creando un filtro che nessun altro avrebbe saputo riprodurre. Era stato Severus Piton ad insegnarglielo.

Mentre la osservava lavorare sulla pozione, il Serpeverde capì che Lily non solo era al suo livello, come lui già sapeva, ma lo aveva addirittura superato.

La disinvoltura e la velocità con cui lei preparava un infuso complicato come il Distillato della Morte vivente erano impressionanti.

Passarono i minuti, uno dopo l’altro, mentre l’aula continuava a rimanere sprofondata in un silenzio immobile, infrangibile.

La pozione diventò del caratteristico color ribes nero, poi passò ad essere lilla chiaro, raggiungendo infine il tipico colore dell’acqua. Dal calderone arriva un piacevole odore di fiori e di frutta, che avrebbe invogliato chiunque a bere il pericoloso distillato.

Quella era un’aggiunta personale di Lily.

Sapeva essere una pozionista terribile, avrebbe avvelenato chiunque, anche il mago più esperto, se avesse voluto.

Soddisfatta, la Grifondoro preparò due fialette di pozione, prima di far evanescere il tutto. Aveva sempre fatto così. Una fiala per il professore ed un fiala per se stessa.

Non era permesso agli studenti farlo, ma Lumacorno glielo lasciava fare.

Solo a lei.

Severus la vide sistemare le sue cose e portare poi la boccetta con il suo nome sulla cattedra del professore.

Lily stava per andarsene, di nuovo.

Stava per voltargli le spalle, di nuovo.

-Hai preparato una buona pozione.- le disse, improvvisamente. –Molto migliore della mia.-

Lily si irrigidì, ma non si voltò a guardarlo, mentre riponeva le sue cose nella borsa.

-Sanguesporco, ma brava. A quanto pare.- fece lei, freddamente.

Lui abbassò il suo sguardo, provando un dolore insopportabile dentro di sé.

Se lo era meritato, si disse. Ed era troppo tardi.

-Lily.- la chiamò, tornando a pronunciare il suo nome dopo tanto tempo. –Quella volta, io…- cominciò, non sapendo bene come cominciare.

Lei allora lo guardò, gli occhi verdi che parevano essere di ghiaccio. –Non farlo mai più. Non chiamarmi Lily. Non sono più Lily per te!- scoppiò con rabbia.

-Ma quel giorno… io ti ho spiegato che…-

-Smettila!- lo zittì, furiosa. –Ti ho già spiegato che non mi interessa più niente di te! Non voglio giustificazioni. Abbiamo preso strade diverse, chiuso.-

-Non era necessario.- disse lui, debolmente. –Se solo tu avessi capito…-

Ma fu troppo e Severus se ne accorse subito.

-Capito?! Capito cosa, Severus?!- esplose lei, cominciando ad urlare. –Cos’è, ti aspettavi forse che ti appoggiassi?! Che diventassi una fanatica della magia oscura come te? Maledizione, chiudi la bocca e sta lontano da me!- esclamò, afferrando nervosamente la propria borsa ed avviandosi verso la porta.

Il Serpeverde fu più veloce e la afferrò per un braccio, impedendole di andarsene.

Doveva essere impazzito, Lucius e gli altri avrebbero riso di lui.

Si era detto di dimenticare, di trattare quella ragazzina sanguesporco per quello che era, ma nonostante il tempo trascorso, lui rimaneva un debole.

E ricordò le parole che aveva detto ad Eva Ames.

 

“ Non stare troppo vicina ad un Grifondoro, rischi di finire male, sanno essere più pericolosi di noi a modo loro. “

 

Lily era pericolosa. Lily continuava ad essere il suo più grande punto debole.

Era bastato stare chiuso con lei in quella stanza, osservarla preparare una pozione, per tornare a volerla vicino, per tornare a pregarla, supplicarla.

La Grifondoro si liberò immediatamente dalla sua presa, voltandosi a guardarlo con una collera terribile. Tremava come una foglia.

-Cosa diavolo vuoi da me?!- urlò, fuori di sé. –Non farmi ridere! Stai ancora cercando di fare pace?- fece, ironica. –Tu! Tu che te ne sei stato immobile mentre i tuoi amici torturavano Victoria con il Cruciatus e Lucius Malfoy tentava di marchiarmi come un animale!- gridò, mentre il volto arrossato dalla rabbia veniva solcato da lacrime.

-Per un attimo… ho sperato con tutto il cuore che tu li fermassi! Invece sei rimasto buono a guardare! E intanto loro mi strappavano la camicetta, mi picchiavano, mi insultavano! Volevano marchiarmi a fuoco! E allora ho veramente capito che razza di demonio sei!- lo attaccò, scossa dai singhiozzi che le laceravano il petto.

Severus abbassò nuovamente lo sguardo, colpevole, non riuscendo a sopportare la vista di lei in quello stato. Non aveva il coraggio di affrontare le sue urla e neppure le sue lacrime.

Quella notte, in biblioteca, si era limitato a seguire gli ordini.

Aveva chiesto a Lucius di non farle del male, ma lui aveva riso. Non se ne era curato.

Era debole. E vigliacco.

Lo sapeva.

Aveva preso una strada sbagliata, ma perché tornare indietro?

Lily non sarebbe comunque stata sua.

-Mi dispiace.- mormorò, ascoltando il respiro ansante di lei. –Non volevo… Non avrei mai voluto che ti facessero del male…-

Sentì il sapore del sangue in bocca, la guancia bruciare.

Uno schiaffo.

Lei gli aveva dato uno schiaffo con tutta la forza che aveva.

-Vattene al diavolo, Piton!- urlò, con ira. –Sei solo una nullità, un rifiuto! Maledetto il giorno in cui ti ho incontrato! Io ti odio! Ti odio, hai capito?!- continuò ad urlare, mentre lo spingeva con violenza lontano da sé. –Sei sempre stato veleno! Ed è anche colpa tua se la mia vita è orribile!-

-I-io…- balbettò lui, sconvolto dalla sua furia, dalla sua rabbia.

-Sì, tu! Sei sempre stato tu! Sei tu che mi hai messo contro Petunia, dicendomi che lei era invidiosa, che non capiva e che io ero superiore! Sei tu che mi hai allontanato da mia sorella, maledetto! Petunia era piena di rancore e mi ha diviso dai miei genitori! E io sono rimasta sola come un cane! Era questo che volevi, eh? Volevi che io fossi sola e abbandonata come te, vero? Beh, ci sei riuscito! Sei contento?!-

-Lily io volevo solo…- mormorò lui, non avendo il coraggio di guardarla. –Io volevo solo… c-che tu scegliessi me…- si decise a dire, sentendosi soffocare.

Ed era la verità.

Lui l’aveva voluta, desiderata, bramata fin da quando erano solo dei bambini.

Lily Evans era sempre stata un’ossessione.

Aveva sempre voluto che lei fosse sua, tutta sua, chiusa nella sua gabbia fatta di un amore egoista, soffocante, possessivo.

Un amore che faceva male anche lui, perché, Severus lo sapeva, amandola in quel modo avrebbe sempre continuato a perderla.

Lily continuava a piangere e scosse il capo alle sue parole. Un sorriso amaro sulla bocca, la tristezza e la rabbia negli occhi.

-Io ti avevo scelto.- gli disse, mentre le lacrime le rigavano le guance. –Tu eri tutto per me, eri il centro del mio mondo, Severus. Avevo perso tutto e tu eri l’unica persona a cui potevo affidarmi. Ma tu… tu mi hai tradita! Sei diventato uno di loro! Tu… tu mi hai spezzato il cuore più di chiunque altro!-

Quelle parole lo fecero morire dentro, non riuscì a trovare niente da dire.

E, scioccamente, si ritrovò a guardare il volto di lei.

Quegli occhi chiari, arrossati per le lacrime, pieni di risentimento.

Nonostante tutto, amava i suoi occhi verdi. Anche quando lei diceva quelle cose, anche quando lo feriva. Avrebbe sempre seguitato ad amarli.

Lily rimase a guardarlo ancora per un attimo.

Sentiva il proprio corpo tremare, il fiato rapido e la gola in fiamme per le urla.

La furia si era come impadronita di lei.

Mai, mai, avrebbe potuto pensare di poter reagire così.

Forse si era tenuta troppo tutto dentro. Forse era inevitabile.

Strinse i pugni e si voltò, decidendo di abbandonarlo finalmente a se stesso, ma quando aprì la porta per uscire da quell’aula maledetta, allora, allora sì che si sentì morire, sprofondare. La terra che cadeva sotto i piedi.

James Potter era davanti a lei, immobile, l’uniforme del Grifondoro ancora addosso, spiegazzata dopo l’allenamento.

La guardava, ma quegli occhi erano pieni di un sentimento che lei non riusciva a decifrare. Erano tante, troppe cose.

Ma il dolore, quello, lo vide bene.

Da quanto tempo James era lì? Quanto era stato ad ascoltare dietro a quella porta?

Quanto aveva sentito?

Cosa aveva capito?

-J-James…- esalò, senza voce, terrorizzata.

Il cuore aveva come cessato di battere. Il sangue si era congelato nelle vene.

Lo vide aprir bocca più di una volta, prima di risponderle.

Era come se il tempo si fosse fermato, congelando ogni cosa.

Congelando anche le sue corde vocali, o almeno questo sembrò a James.

Non sentiva più niente, non avvertiva più niente.

Vedeva solo la sua ragazza, lì, davanti a lui, sconvolta e con le lacrime a bagnarle le guance. Lily aveva pianto.

L’aveva sentita piangere, l’aveva sentita urlare.

Il desiderio di entrare in quell’aula ed intervenire era stato forte, ma era stata ancora più forte la voglia di restare fuori ad ascoltare. E morire.

 

Io ti avevo scelto.

Tu eri tutto per me, eri il centro del mio mondo, Severus.

Tu… tu mi hai spezzato il cuore più di chiunque altro!

 

-Io… io ho finito prima. Sono venuto subito, senza fare la doccia.- le disse, dopo vari tentativi, sentendosi un completo idiota. Uno stupido.

La vide sgranare gli occhi ed ebbe la chiara impressione che l’ossigeno avesse lasciato i suoi polmoni. Non respirava, non riusciva a respirare.

Doveva andarsene da lì, subito, immediatamente, o sarebbe impazzito.

In quel silenzio che lo circondava, riuscì solo ad avvertire i battiti furiosi del proprio cuore. Il desiderio di scappare fu semplicemente troppo forte.

Se ne andò.

Piano, perché non sarebbe mai riuscito a correre.

Ogni forza lo aveva abbandonato.

Un passo.

Un altro passo.

Un altro ancora.

E non sentì la voce di lei chiamarlo.

Non sentì neppure i passi di lei che lo seguivano.

Lily era rimasta là, pietrificata, e lo stava lasciando andare.

E lui avvertì gli occhi bruciare ed il panico, unito alla disperazione, lacerargli lo stomaco. Aveva caldo, aveva freddo. La nausea lo stava soffocando.

Aveva visto gli occhi di lei spalancarsi, umidi, rossi per le lacrime.

Ma comunque bellissimi.

Gli venne da ridere.

Nonostante tutto, lui continuava ad amare i suoi splendidi occhi verdi.

Anche quando lei lo feriva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

Ok, preparatevi perché ho molte cose da dire. Quindi, prima di essere linciata da una folla di lettori inferociti, lasciatemi spiegare! ^^”

Questo capitolo è pesante ed inaspettato, lo so. Ma era una cosa che dovevo affrontare ed ho deciso di farlo ora, perché forse, andando avanti con la storia non avrò più il tempo di farlo, visto le tante cose che devono succedere.

Intanto, il titolo.

Non sono una cima in inglese, ma in teoria dovrebbe significare: “Amo i suoi occhi verdi; anche quando lei mi ferisce”.

Questo titolo appartiene a James, ma anche a Severus. In un certo senso, ho voluto unirli, perché entrambi si sentono più o meno allo stesso modo.

Per farvi comprendere meglio, forse è bene che capiate il mio modo personale di vedere questo triangolo creato dalla Rowling. È un mio punto di vista e so bene che non tutti possono vederla così.

James ama Lily. Severus ama Lily. Lily ama James, ma, a detta della Row, se le cose fossero andate differentemente forse avrebbe anche potuto innamorarsi di Severus.

Ora, io credo fermamente nella coppia Lily/James. Ci credo fino in fondo, è l’unica coppia canon che amo in tutta la saga di Harry Potter.

Non penso che Lily amasse Severus e non penso neppure che avrebbe potuto amarlo se le cose fossero cambiare. Credo invece che lei avesse con lui un rapporto unico, particolare, che però vi spiegherò nel prossimo capitolo.

Passando a Severus, io credo che amasse Lily. Molto. Moltissimo. Ma in modo diverso da come l’amava James.

L’amore di James è sincero, pulito, giusto. È Amore.

L’amore di Severus è più torbido, malato, possessivo.

Però, ripeto, questo è il mio personale punto di vista e se avete voglia di discuterne, sapete dove trovarmi, adoro farmi una bella chiacchierata su Harry Potter.

Vorrei spiegarvi bene, ma ci vorrebbe troppo tempo. Spero che lo capiterete, pian piano, leggendo. Altrimenti, sono sempre disposta a chiarire dubbi attraverso mail e msn. Non abbiate paura di farvi sentire! ^^

Finale a parte, spero che il capitolo vi sia comunque piaciuto. È stata una vera fatica scriverlo e sono a dir poco esausta.

Mi scuso ancora per il ritardo ma, in periodo di esami, è stato il massimo che sono riuscita a fare. Da Marzo, spero, tutto tornerà alla normalità.

Detto questo vi abbraccio tutti e passo a rispondere ai commenti.

 

 

_Antonella_Black: Ciao! Sono felice che hai deciso di farti sentire con la recensione, almeno ho avuto modo di conoscerti. Grazie davvero per i complimenti, mi fa piacere che la storia ti piaccia così tanto e che tu sia arrivata ad innamorarti di James! Adesso però Sirius è geloso! XD

 

LiebenLily: Hey! ^^ Grazie mille per la recensione! Sono contenta che tu abbia apprezzato il pezzo della rivelazione, è inutile dirlo, ma è stata la parte più difficile da scrivere per me, perciò sapere che a te è piaciuta mi solleva un po’. Hai ragione, Julian è un fenomeno, lo adoro e, proprio per questo, sarà uno dei personaggi più strapazzati da me. Aspetta e vedrai! :D

 

Myki: Tesoro, ottima recensione, come sempre. E molto illuminante. Non aver mai paura di poter sembrare troppo diretta o altro, a me va benissimo così. Vorrei tanto parlare con te dei miei capitoli a voce ed invece devo mettere tutto scritto e so che non dirò mai tutto quello che vorrei dire. Parto dalla prima cosa che ho in mente: temo davvero il tuo giudizio su questo ultimo capitolo. Ma tu non preoccupartene!

Passando ad altro, sappi che mi sono letta il tuo commento infinite volte, fino a memorizzare tutto. Ne farò tesoro.

Sirius mi preoccupa, tanto. Troppo. Mi sembra di brancolare nel buio e non ho ancora trovato il modo di uscirne. In attesa dell’illuminazione divina ( XD ) continuo a scrivere al meglio che posso. Su Zacharias Potter hai centrato in pieno. E questo la dice lunga davvero, mi fa capire quanto tu sia entrata nel mio stile, nel mio modo di raccontare e nel mio cervello, azzarderei. La cosa mi piace, mi fa enormemente piacere. Mi fa pensare che tieni davvero a questa storia, ma forse sono io che mi sto montando troppo! XP Il parallelismo Lily/Hermione era voluto. Forse è banale, ma a volte vedo questi personaggi molto vicini. Su Remus ed Eva posso dirti che li sto amando anche io. So già cosa accadrà tra i due e, giuro, non vedo l’ora di dare inizio alle danze perché sto investendo molto su questi due personaggi e spero di tirar fuori qualcosa di buono e di diverso, rispetto alle altre fanfic. Spero di averti vicino in quel momento, perché il tuo giudizio sarà davvero indispensabile.

Passando a Julian, mi spiace che tu lo abbia trovato forse un po’ fuori personaggio, ma, credimi o no, era voluto. La verità è che Julian è più strano di quanto tu possa immaginare. Ed è anche la contraddizione in persona. Lo vedrai presto! ^^

 

Silverine85: Eccomi con l’aggiornamento! Scusa per averti fatto aspettare, tu comunque mandami pure mail quando vuoi, non è un disturbo per me. ^^

Lo so, ci sono state molte brutte notizie ultimamente e ce ne saranno ancora altre. Dichiaro la guerra ufficialmente iniziata! XD per quanto riguarda Eva e Remus… sarà una sorpresa! Grazie per la recensione!

 

Lovegiò92: Collega, qui ormai siamo tutti dispersi. Io, te, Fra, Dani e Clod! Maledetta scuola! Spero però che il capitolo ti sia piaciuto. Sono contenta che Zacharias ti piaccia, piace tanto anche a me, lo ammetto! E mi fa piacere che sono riuscita a farti commuovere con la grande rivelazione di James, è stata una bella fatica scriverla! Sono sempre felice di sapere che il capitolo ti è piaciuto! Un abbraccio!

 

Malandrino4ever: Grazie mille per la recensione e mi fa piacere di saperti così entusiasta per il capitolo, davvero! Ti ho sentito soddisfatto e la cosa mi ha resa contenta. Wow! Ti stai sul serio innamorando di Vick? Attento a Sirius! XD

So che non ti piace Peter, sappi che più andremo avanti più lo odierai, garantito!  Perdona Xeno, è un tipo parecchio strano, degno amico di Julian! XD

 

Black_Witch: Sorellaaaa! Anche tu ami Zakary! Sono troppo felice di questo! Fai bene a preoccuparti di Edward, non sai cosa ho in mente! *me con ghigno diabolico*

Hai notato un bel particolare. Lily ed il segreto di Remus.

Sì, Lily ha ascoltato tutto. Ma non vi ha dato troppo peso, visto che era più preoccupata per James. Ti dico solo che… la ragazza è sveglia!

Sono felice che i capitoli ti piacciano!

 

Lilly94: Grazie! Grazie davvero! Poche parole, ma ho visto che erano sentite! Grazie davvero, sono felice che la storia ti piaccia! Spero che continuerai a seguirmi.

Cicci92: Eccoti, presente come sempre. E come sempre, necessaria. Grazie per lasciare sempre un commento, mi fa davvero piacere! Zakary ha conquistato anche te ed io gongolo, perché era quello che volevo e credo di esserci riuscita. Non ci libereremo più di Zack Potter, promesso! Julian è Julian, ormai lo sai! XD Sirius-James-Xeno… ti dico solo che pure io mi sono messa a ridere mentre scrivevo!

 

La Nika: Ciao! Bene, sono contenta che la storia ti piaccia e che tu non abbia paura di affrontare capitoli interminabili! XD Grazie per il sostegno, davvero! Sì, sono aperte nuove porte sulla storia. Direi portoni. Leggere per credere! XD

 

Mimmyna: Ciao! Grazie per il commento, mi fa piacere sentirti! Mi fa piacere che il capitolo ti abbia presa, vuol dire che sono stata brava! J Già, Sirius era davvero arrabbiato con James, ma tutto si è risolto. Si vogliono troppo bene!

 

Princesseelisil: Non preoccuparti per le recensioni, l’importante è che ti piaccia la storia e, se vuoi commentare, fallo scrivendo quello che ti passa per la testa. Lo apprezzo molto, quindi vai tranquilla! ^^ Non avere dubbi tra James e Siri. Scegli entrambi e fai prima! XD Sono felice che il capitolo ti abbia soddisfatto. Adesso mi chiedo cosa penserai di questo nuovo. Incrocio le dita! ^-^

 

LilyProngs: Ciao tesoro! Sono contenta che Xeno ti abbia fatto ridere. Ho tante altre battute idiote pronte per lui, piano piano le metterò tutte. Adoro scrivere di lui!

Ecco, sono davvero felice che ti sia piaciuto il momento della rivelazione di James. Ho faticato tanto per scriverlo e vagavo nell’incertezza. Sapere che ha il tuo apprezzamento mi rincuora un po’. ^^ Sono anche contenta che apprezzi tutti gli altri personaggi, davvero. Mi hai detto che se io scrivessi un libro, mi seguiresti. E mi è venuto da sorridere perché, ebbene sì, un libro c’è. Nella mia testa. È una storia che non metterò mai qui su Efp, perché la parte sognatrice che è in me vorrebbe pubblicarla, un giorno. Chissà! ^///^

 

Chiara88: Ciao carissima! ^^ Un pugno sul naso? Povero Jamie! In realtà pure io credevo che Sirius lo avrebbe un po’ stropicciato, ma che vuoi farci? Black è un tenerone! XD L’ultima parte del tuo commento, quella con i complimenti, mi ha fatta arrossire come un peperone e mi ha fatto sfavillare gli occhi! Grazie, grazie, grazie! Vorrei ringraziarti davvero! Non mi merito certe belle parole!

Sei un tesoro. Grazie infinite!

 

Cassandra: Ahahahahahah! Spero che le urla di Sirius non ti abbiano tormentata troppo durante le vacanze! XD

 

Kokylinda2: Ciao! Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto, è sempre bello sapere di aver accontentato voi lettori! Farò sempre del mio meglio! ^^

Grazie per i commenti, grazie infinite! Sono contenta che la parte della confessione di James ti sia piaciuta! Rispondo subito alla tua domanda su Peter. No, non ha intenzione di dire a Bella di James, per ora.

 

Deviata: Wow! Sono felice di averti fatto un bel regalo di Natale! Però non volevo farti piangere! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Remus è un grande personaggio, lo ammiro tanto, davvero! Non ti considero una bambina perché hai pianto, anzi, vuol dire che sei una persona sensibile, come me! ^^ Grazie per avermelo detto! È bello sapere di averti emozionata! Fortuna che Xeno ti ha fatta ridere!

 

Brando: Bene! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Mi è piaciuto il tuo “più o meno”. Forse hai capito già che tra Siri e Jamie non è finita, non completamente. No, Peter non andrà a dire tutto a Bella, non ancora almeno. Aspetta e vedrai! ^^

Grazie per i complimenti, sempre troppo gentile!

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Capitolo 32
*** When Darkness Comes ***



Lo so, lo so, avevo detto a Marzo. Ma quando un capitolo ti tormenta giorno e notte per essere scritto, c’è ben poco da fare… u_u

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 32

 

WHEN DARKNESS COMES

 

 

 

 

 

 

Quel pomeriggio di Dicembre, la luce del sole pareva aver cessato di illuminare la terra molto prima del previsto e dense nubi nere andavano ad ammassarsi nel cielo, formando una coltre fitta e cupa. Il freddo era pungente e le raffiche di vento colpivano come gelide lamine assassine.

Regulus Arcturus Black sembrava immune alla bassa temperatura e continuava a camminare in quel corridoio, che conduceva ai sotterranei, con la sua abitudinaria tranquillità, mista ad apatia. Principe di buone maniere.

I suoi occhi parevano neri in quella semi oscurità, ma quando il ragazzo passò sotto ad una torcia accesa, divennero di un verde incredibile, fascinoso. Il colore delle selve più selvagge, che raccontavano di abeti antichi e muschi profumati.

Procedeva lento, senza fretta, un passo avanti all’altro.

Un incedere da principe.

Il principe che era e che sapeva di essere.

Regulus non aveva ancora compiuto quattordici anni, era ancora un ragazzino, eppure ostentava da sempre quel particolare atteggiamento da uomo, da persona matura e coscienziosa, risultando, a volte, pedante, saccente.

Forse era proprio per questo che non aveva amici della sua età.

Raramente, lo si vedeva con compagni di Casa più grandi.

Spesso, lo si vedeva da solo.

Il giovane Serpeverde non sembrava farci troppo caso, anzi, pareva adorare la solitudine ed evitare con tutto l’impegno possibile i luoghi affollati. Non sopportava la confusione, le storielle raccontate tra gli studenti lo tediavano terribilmente e gli schiamazzi riuscivano a provocargli una tremenda emicrania.

Ecco perché andava continuamente cercando posti nuovi dove poter studiare da solo, visto che riteneva la biblioteca fin troppo affollata.

Dopo pranzo si era recato in una delle torrette deserte e quasi del tutto sconosciute del castello, dove aveva potuto sfogliare in tutta tranquillità il nuovo libro di poesie che aveva acquistato via gufo.

Regulus amava la letteratura e venerava la poesia, non gli sarebbe dispiaciuto vivere scrivendo, ma sapeva che suo padre non sarebbe mai stato d’accordo. E poi, con Sirius che aveva voltato le spalle alla famiglia e tre cugine femmine, era più che palese che sarebbe toccato a lui portare avanti il buon nome dei Black.

Aveva accettato il suo destino di buon grado, senza lamentarsene, dopotutto sapeva di essere più che in grado di poter adempire al proprio dovere.

Era l’erede perfetto e ne era consapevole.

Non aveva neppure faticato poi molto per esserlo.

Da lontano, proveniente dalla torre dell’orologio, si udì il suono di una campana ed il giovane Black intuì che dovevano essere appena scoccate le sei della sera.

Mancava ancora un’ora buona alla cena in Sala Grande.

I suoi passi si fermarono di fronte ad una fredda parete di pietra apparentemente comune, insignificante, ma quando dalla bocca del ragazzo uscirono le parole –Salasar regna! – i mattoni parvero ritrarsi, facendo posto ad una spigolosa apertura che dava l’accesso alla Sala Comune dei Serpeverde.

Regulus entrò, guardandosi intorno.

Non c’era nessuno dei suoi compagni di Casa in giro, non poteva che ritenersi soddisfatto.

La parete di pietra ritornò solida alle sue spalle e lui si ritrovò in quella sala circolare, dalle tinte fosche, oscure, verde e nero, e dal silenzio incombente. Faceva più freddo lì, tanto che se non fosse stato per il colossale camino di marmo con il fuoco perennemente acceso, sarebbero morti tutti quanti assiderati.

Si trovavano parecchi metri sotto terra, sotto lo stesso Lago Nero, ad essere precisi.

E forse, si disse Regulus con un sorriso ironico, era quello che si meritavano.

Andò a sistemarsi nella sua poltrona preferita, di morbido velluto verde scuro, e riprese in mano il proprio libro di poesie.

L’autore era babbano, William Blake.

Il Serpeverde non se ne curava poi molto, in realtà, anche se sapeva che avrebbe provocato le ire di suo padre se fosse stato trovato con un libro non appartenente al mondo magico. Del resto non era colpa sua se i maghi non avevano ancora prodotto niente di abbastanza buono da poter superare i babbani in letteratura.

Fu in quel momento che qualcun altro fece il suo ingresso nella Sala Comune di Serpeverde, attraverso il passaggio creatosi di nuovo nella parete di pietra.

Regulus non ebbe neppure il bisogno di girarsi, conosceva a memoria quel ticchettio sul pavimento di marmo, suono di tacchi portati con la massima grazia e sicurezza.

La nuova arrivata andò a sedersi di fronte a lui, con un lieve fruscio dell’uniforme scolastica, poi l’inconfondibile profumo di una sigaretta magica appena accesa, che fece storcere il naso al giovane Black.

-Ti sto forse dando fastidio, cugino?-

-Tu dai sempre fastidio, Bella.-

Sentì la ragazza ridere ed allora si decise ad alzare lo sguardo dal suo libro e puntarlo sulla regina di Serpeverde, comodamente seduta sulla poltroncina di fronte a lui.

Bellatrix pareva soddisfatta quella sera, una luce strana albergava in quegli occhi blu sempre così freddi e sinistri. La bocca rossa e piena era piegata in un ghigno che avrebbe fatto impallidire anche il più temerario degli uomini.

-Che cosa vuoi da me?- le chiese con voce annoiata. –Sai che non partecipo ai tuoi giochetti idioti, cugina.-

Di nuovo, lei rise. –Non avevo intenzione di invitarti, Reg.- gli rispose lei, divertita. –Volevo solo informarti che ho scoperto la verità su Remus Lupin.-

Regulus sollevò un sopracciglio ed osservò la cugina con aria tediata. –Wow.- ironizzò. –Il fatto che ti ci sia voluto così tanto tempo per arrivare a svelare questo arcano segreto mi rattrista alquanto, Bellatrix. Devo dirlo.- la schernì.

Bella non battè ciglio, si limitò a fare spallucce. –Non tutti siamo geni come te, cugino.- replicò, gelida.

-Già.- convenne Regulus, per nulla preoccupato di apparire superbo. –Comincio a crederlo anche io, Bella. E me ne rammarico. È triste essere l’unico cervello che funziona in un mesto gregge di stolti.-

-Mi dispiace per te.- sibilò Bellatrix, infastidita.

-Sopravvivrò.- rispose lui, tranquillamente. –Posso sapere che cosa hai intenzione di fare adesso che sai?- domandò, con scarso interesse.

Il sorriso di Bellatrix si ampliò. –Non ti viene in mente nulla?-

-Mi vengono in mente tante cose, a dire il vero. Hai l’imbarazzo della scelta.- fece lui.

Bella sorrise, andando a giocare con una ciocca di capelli neri, lisci e morbidi al tatto.

-E’ troppo presto, devo pazientare un altro po’.- lo informò, divertita. –Spero che assisterai allo spettacolo, quando sarà il momento.-

Regulus sorrise. –Mi vedrai in prima fila, ma solo se il tuo giochetto ne varrà veramente la pena.- le rispose, riportando lo sguardo sul proprio libro.

-Non mi dai nessuna soddisfazione, Reg.- lo rimproverò Bellatrix, sospirando.

Lui scosse il capo, puntando gli occhi verdi su di lei. –A dire il vero, cugina, trovo ridicolo questo tuo accanarti contro gli amici di Sirius. Non ne vedo l’utilità.-

Lei assottigliò gli occhi, irrigidendosi. –Cos’è? Non vuoi che mi diverta con la cricca del tuo fratellone? Per caso gli vuoi ancora bene?- domandò, con fredda ironia.

Regulus scoppiò a ridere, facendole spalancare gli occhi per la sorpresa.

Era veramente difficile udire la risata di Regulus Arcturus Black, in genere il ragazzino sorrideva, ghignava, ma non si concedeva mai più di così.

-Credimi, su questo sono sincero. Non mi è mai fregato un accidente di Sirius Black. Né prima, né tanto meno adesso.- disse il giovane Serpeverde, dopo aver cessato di ridere. –Però, lascia che ti avverta di nuovo, Bellatrix. Dovresti impiegare il tuo tempo in altre cose, invece di dare il tormento alla combriccola di Potter. Non dimenticare che loro sono i cocchi di Silente e tu non puoi permetterti di finire in cattiva luce agli occhi del preside. Lucius e quegli altri imbecilli, dopo l’episodio della biblioteca, hanno già messo Serpeverde in difficoltà. Non vedi come ci guardano tutti adesso?-

Bellatrix sorrise, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio ed accavallando le gambe lunghe e tornite. Uno sguardo di sfida rivolto al cugino.

-Che vuoi che mi importi, Reg? Non intendo rinunciare al mio divertimento. Me ne sbatto del giudizio di quel vecchio bacucco di Albus Silente.- fece con irriverenza, mentre dava un tiro alla sua sigaretta profumata.

Stranamente, il sorriso di Regulus si ampliò. –Molto bene, allora fa come preferisci. Sappi solo che, se mi accorgerò che stai passando il limite, mi occuperò io stesso di rimetterti al guinzaglio e di tenerti buona, mia cara.- la informò, puntando gli occhi nei suoi senza paura. Pareva divertito.

La vide infuriarsi, perdere il controllo. Il divertimento aumentò.

Bellatrix Black si alzò in piedi, furente. La sigaretta le sfuggì di mano, finendo sul freddo pavimento di marmo, ma nessuno parve avvedersene.

La Serpeverde era livida di rabbia. Le mani strette a pugno, i denti che affondavano nelle labbra senza pietà.

Regulus la osservava senza battere ciglio, l’incarnazione vivente della tranquillità.

-Tu… Tu, razza di…! Tu, chi diavolo ti credi di essere?! Come osi?!- esplose Bella, oltraggiata dal comportamento del cugino. –Nessuno può permettersi di controllarmi, né di minacciarmi! Ti conviene darti una regolata, moccioso!-

-Moccioso?- riecheggiò Regulus, divertito. –Perché? Tu credi forse di essere più matura, Bellatrix Black?- le domandò, genuinamente perplesso.

Bella strinse le labbra, diventate ormai pallide, non riuscendo a replicare di fronte a quell’aria calma e controllata, sconfitta da quegli occhi che sapevano essere più gelidi e terribili dei suoi.

-Tu, Lucius e tutti gli altri non siete altro che penosi bambocci in cerca di uno svago, di un nuovo giocattolo. Per come la vedo io, siete davvero ancora dei bambini.- continuò il giovane Black, non distogliendo lo sguardo dalla cugina. -Eppure volete giocare a fare gli adulti ed allora ecco che fremete d’eccitazione all’idea di diventare Mangiamorte. Ma non fate altro che compiere sbagli. Se continuerete così, Lui non sarà affatto soddisfatto di voi, te lo posso assicurare.-

-Lui?- esalò Bella, impallidendo all’improvviso. –Che ne sai tu del Signore Oscuro?-

Gli occhi della Serpeverde si erano come rianimati, accesi da follia e venerazione allo stesso tempo, mentre l’espressione del suo viso si accendeva di curiosità.

-Ne so abbastanza per avvisarti di non attirare troppo l’attenzione su Serpeverde.- le rispose Regulus, pacato, senza svelare troppo. –Se vuoi giocare, fallo. Ma vedi di non coinvolgere la tua Casa, perché non è il momento più adatto. Tu e gli altri non dovete essere espulsi, mi sono spiegato? Lui vi vuole qui.-

Ma Bellatrix pareva non ascoltare una parola. Lo fissava, sbigottita, avida, piena di stupore, gli occhi blu elettrico sgranati. Il respiro veloce.

-Tu… tu hai parlato con Lui.- mormorò, sentendosi la gola bruciare.

Suo cugino non le rispose, riportando lo sguardo sul libro di poesie. Un sorriso enigmatico ad increspargli le labbra sottili.

-Come?- domandò Bella, senza voce. –Come?!- chiese di nuovo, aumentando improvvisamente il tono. –Come hai fatto, Regulus?! Come hai fatto a trovarlo? E perché un gigante come lui avrebbe acconsentito a parlare con un ragazzino come te?- esplose, non curandosi che qualcuno, magari dai dormitori, potesse sentire.

Regulus Black fece spallucce. –Chi lo sa.- rispose, enigmatico.

Bellatrix parve irrigidirsi ancora di più, la pazzia che si faceva strada nei suoi occhi, mista a fastidio ed invidia. E rabbia.

Lei che, povera, misera, non era mai stata ascolta dal Signore Oscuro, mai presa in considerazione. Come non erano stati considerati gli altri suoi compagni, perché troppo inesperti, troppo giovani. Lei che avrebbe dato tutto per essere Mangiamorte, per portare dolore e distruzione, ma non veniva ancora considerata all’altezza di marciare nelle schiere di Lord Voldemort.

Eppure Regulus…

Perché Regulus?

-Cosa ti ha detto?- domandò, il corpo che tremava. –Come ti tieni in contatto con lui? Parla, dannazione!- gridò, estraendo la bacchetta e puntandola su di lui. –Parla, Regulus, o ti convincerò a farlo a suon di Cruciatus!-

Il giovane Black rimase a fissarla, senza timore. –Il tuo braccio sta tremando, non saresti in grado di lanciare neppure uno schiantesimo, mia povera Bella.-

Vide gli occhi di lei accendersi d’ira e poi le sue labbra aprirsi per pronunciare l’incantesimo, senza ripensamenti.

Doveva aspettarselo, sua cugina era instabile, si lasciava trascinare dall’odio e dalla bramosia troppo facilmente. Ed il Signore Oscuro era un’ossessione per lei.

La maledizione senza perdono, tuttavia, non toccò mai il ragazzo.

Bella lanciò un grido di dolore, poi la sua bacchetta cadde a terra, mentre gli occhi blu tornavano a puntarsi su suo cugino, pieni di furia.

La mano con cui impugnava la bacchetta bruciava ancora, la pelle scottava dove la carne aveva toccato l’oggetto magico, diventato improvvisamente incandescente.

Regulus Arcturus Black sorrise e Bellatrix capì.

Suo cugino aveva la bacchetta in mano, ma il braccio era nascosto sotto la divisa scolastica, ecco perché lei non se ne era resa conto.

Lui doveva aver scagliato un incantesimo di incendio sulla sua bacchetta, questa non poteva bruciare, le bacchette non prendevano fuoco, ma si era comunque surriscaldata, costringendo lei a gettarla a terra.

Non aveva udito Regulus pronunciare il sortilegio, quindi…

Quel ragazzino aveva appena usato un incantesimo non verbale? Riusciva già a fare una cosa del genere? Bellatrix era a dir poco sbigottita.

-Stai facendo troppe domande, Bella. Ed io non ho intenzione di rispondere a nessuna di esse.- le disse ad un tratto il Serpeverde, quasi annoiato. –Perché non prendi la tua bacchetta e raggiungi le tue amichette nella vostra stanza? Sono quasi le sette, tra poco sarà ora di andare a cena.-

Stringendo i denti, Bella si chinò a raccogliere l’oggetto magico, tornato ad essere fresco al tatto. Quando tornò a guardare il cugino, i suoi occhi erano pieni di rabbia.

-Sei solo un ragazzino, Regulus. Ricordalo.- sibilò, gelida.

-Anche tu lo sei, Bella.- le rispose lui, prontamente.

E lei non ebbe voglia di replicare.

Si diresse a spasso spedito verso il dormitorio delle ragazze, non voltandosi più.

Regulus rimase a guardarla, in silenzio, e quando Bellatrix sparì dalla sua vista, sorrise, tornando alla sua lettura, spiacevolmente interrotta.

In quel momento, si udì un “crack” poco distante da lui.

Poi dei passettini incerti sul pavimento.

-P-Padroncino Regulus…- squittì una voce ai suoi piedi, mentre due grandi occhi grigi si puntavano su di lui, adoranti, pieni di ammirazione e timore.

-Oh, Kreacher.- fece il Serpeverde, non degnandolo di un’occhiata. –Parla, cosa dice il Signore Oscuro?-

 

 

***

 

 

Bellatrix Black entrò nella stanza delle studentesse serpeverde del settimo anno come una furia, spalancando la porta senza riguardo e chiudendosela alle spalle con rabbia, facendo sussultare le sue compagne.

La camera era in penombra, illuminata da raffinate lampade ad olio che davano vita a sinistre ombre verdi ed argento, che andavano a toccare con le loro lunghe dita i raffinati pezzi d’arredamento. I mobili di legno laccato, i letti coperti di velluto e broccato verde scuro, i tappeti ricamati in argento.

Aida Shaw, settimo anno Serpeverde, se ne stava mollemente distesa sul proprio letto, le testa riversata nei cuscini, gli occhi socchiusi, le gambe accavallate.

Non indossava più la divisa scolastica, ma una gonna corta a balze, nera, ed un dolcevita rosso scuro, che le fasciava il corpo snello, esaltando tutte le curve.

Sorrise dell’entrata furiosa di Bella, scuotendo il capo.

I suoi occhi grigio azzurri brillavano di divertimento, mentre si metteva seduta ad osservare la compagna appena arrivata. I capelli castano scuro, tagliati cortissimi, si erano un poco disordinati durante il suo riposo.

-Bellatrix Black arrabbiata, che novità!- celiò, ironica.

L’occhiata che ricevette da Bella la fece zittire immediatamente.

La regina di Serpeverde si recò al proprio baule, cominciando a tirar fuori gli indumenti che aveva intenzione di indossare una volta tolta la fastidiosa divisa.

Spazientita, lanciò un’occhiata alle altre due ragazze presenti nella stanza, loro non avevano ancora detto una parola.

Bailee Hurt, dai mossi e lunghissimi capelli neri, se ne stava seduta su una poltroncina, in un angolo della stanza, intenta a darsi lo smalto.

Non parlava praticamente mai, tanto che in molti si era insinuato il dubbio che lei fosse veramente muta. Bella, dopo quasi sette anni di convivenza, aveva capito che Bailee, semplicemente, non amava parlare.

Gli occhi di quella ragazza erano vuoti, senza vita. Uno di essi era nero come l’inchiostro, l’altro di un pallido celeste.

Veniva chiamata senza riguardo “Puttana di Serpeverde” perché, a detta di tutti, non usava la bocca per parlare, ma ne usufruiva in un altro modo.

Da anni Lucius Malfoy si serviva di lei come e più gli piaceva e Bailee lo lasciava fare, restando in silenzio. Zitta, sempre zitta. Mai una parola.

Non reagiva quando i ragazzi si approfittavano di lei e neppure quando, a volte, per puro divertimento, erano alcune ragazze a farlo.

Una bambola senza vita.

Bellatrix non si soffermò più di tanto su quel corpo vuoto, puntando gli occhi blu sulla ragazza seduta alla scrivania, intenta a scribacchiare qualcosa su di una pergamena in religioso silenzio.

Eva Ames non si era neppure voltata a guardarla, al suo arrivo.

Era una Caposcuola, ma non le era permesso alloggiare nella propria stanza privata; Bella glielo aveva impedito, prendendosi la camera per sé ed usandola secondo il suo capriccio.

Eva seguitava con il suo silenzio, presa dai suoi compiti scolastici. I ricci capelli castano chiaro tirati su in una coda, per impedire che alcune ciocche le ricadessero sul viso, provocandole fastidio. Un abito di calda lana grigia che le arrivava fino a metà coscia, da dove poi cominciavano a vedersi le calze nere.

-La tua dedizione allo studio è encomiabile, Eva.- la prese in giro Bellatrix, mentre cominciava a cambiarsi. –Sei proprio un perfetto soldatino.-

La Ames non rispose, ancora china sul proprio lavoro.

Bella ghignò, senza aggiungere altro.

-Ho visto tuo cugino all’allenamento del Grifondoro.- fece Aida ad un tratto, stiracchiandosi. –E’ bello da mozzare il fiato, davvero non posso proprio farci nulla?-

Bellatrix si voltò a guardarla, impassibile. –Fallo, se vuoi. Ma il dolore che ti farò provare dopo non lo scorderai facilmente. Sai bene che vi ho vietato di mescolarvi con quei mezzosangue e traditori del proprio sangue dei Grifondoro.- le rispose, seccamente. –Ti ho avvisato, Aida.-

La ragazza sbuffò, scocciata. –Eva però ha il permesso di giocare con Lupin.- protestò.

A quelle parole, Bellatrix rise, andando a posare una mano sulla spalla della Ames, ancora voltata, che sussultò impercettibilmente.

-E’ diverso, Aida. La piccola, dolce, principessina Eva obbedisce agli ordini, lo sai bene anche tu.- disse, divertita. –E se arriverà ad un certo tipo di divertimento con Remus Lupin, beh, sarà divertente sapere come reagiranno i suoi eccelsi genitori nell’apprendere la notizia che la loro unica preziosa figlia si è fatta scopare da un lupo mannaro. La scorticheranno viva, letteralmente, non è vero, Eva?- fece, malignamente, mentre Aida sgranava gli occhi per la notizia appena appresa su Lupin. –Una perfetta purosangue ed un licantropo pulcioso, neppure Bailee è mai caduta così in basso. Sarebbe un disonore, vero mia piccola Eva? I signori Ames ti ammazzerebbero con le loro stesse mani.- continuò, scoppiando a ridere.

Eva Ames strinse i denti, voltandosi finalmente a fronteggiare la compagna di Casa. I suoi occhi verde scuro erano pieni di rabbia.

-Tra me e quel Grifondoro non c’è niente di niente, Bella. Né ho intenzione di continuare a frequentarlo! Ho fatto quello che volevi, mi sono avvicinata a lui per scoprire il suo segreto e l’ho fatto.- le disse, nervosamente. -Ti ho dato l’informazione che volevi. Posso chiuderla con lui, adesso?-

Bellatrix rimase un attimo a guardarla, prima di scoppiare a ridere. –Certo che no, principessina. Tu resterai vicino a Lupin, ora che lui si fida di te.- le disse, perentoria.

-Entrerai a far parte di quella branca di stupidi Grifondoro e mi riferirai ogni cosa che loro diranno, sono stata chiara?-

Eva strinse i pugni, mentre le sue guance cominciavano ad imporporarsi per la rabbia.

-Tu avevi detto che dovevo scoprire il segreto di Lupin, solo questo.- ribattè, piena di collera. –Io non sono una tua marionetta, Bellatrix.-

-Ah no?- fece Bella, impassibile. –Vuoi davvero farmi arrabbiare, Eva? Sai bene che non ti conviene, no? Farai quello che ti ho appena detto, da brava.-

Ed Eva, sconfitta, abbassò nuovamente la testa di fronte alla compagna di Casa, che in quel momento rideva di lei. Era sempre stato così.

Ma gli Ames non potevano permettersi di avere contro i Black.

Non poteva replicare, non poteva ribellarsi.

Sentì gli occhi bruciare per le lacrime di rabbia, ma si sforzò di non piangere. Non avrebbe dato a Bellatrix anche quella soddisfazione.

Fu Aida a spezzare il silenzio che si era creato in quella stanza.

-E così Remus Lupin è veramente un lupo mannaro? Non posso credere che la nostra scuola sia arrivata ad accettare anche certa feccia tra le sue mura.- disse, scandalizzata. –Mi chiedo fin dove arriveremo. Silente dovrebbe essere eliminato.-

-Hai pienamente ragione.- le disse Bellatrix, andando a sedersi in uno dei letti liberi.

-Mi raccomando, ragazze, questa cosa non deve uscire da qui. Non è ancora il momento di rivelare la verità sul nostro ragazzo lupo, avete capito?-

-Come preferisci.- si limitò a dire Aida, mentre Bailee annuiva in silenzio. –Posso sapere però come sei riuscita a scoprire questo segreto, Eva?- chiese, rivolgendosi alla Serpeverde.

La ragazza non rispose, ma ci pensò Bellatrix a farlo per lei.

-Eva è una mente geniale, Aida, ecco perché ho voluto che fosse lei ad occuparsene.- disse, soddisfatta. –Stando vicino a Remus, si è accorta di dettagli, particolari, ed il suo acuto cervellino ha instillato il dubbio in lei. Così, una sera, è venuta da me e mi ha detto che, secondo lei, Remus Lupin era un licantropo.- spiegò, accendendosi una sigaretta. –Era la stessa cosa che sospettavo anche io, ma avevamo bisogno di prove valide, non di parole campate in aria. Dovevo esserne certa. Così le ho chiesto di indagare più a fondo e questo piccolo genio del male ha smascherato il tutto con una semplice pozione.- disse, scoppiando a ridere. –Una pozione praticamente inventata da lei, con ingredienti simili alla pozione anti-lupo, studiata ad arte. Se un licantropo l’avesse bevuta, allora avrebbe recuperato le proprie energie dopo la trasformazione molto più rapidamente. Infatti Lupin si è sentito subito meglio, dopo averla assunta.-

Aida ascoltava tutto, attenta. –E se Remus Lupin non fosse stato un licantropo?-

Bella scoppiò a ridere, divertita. –Beh, gli effetti collaterali sarebbero stati immediati e devastanti. Si sarebbe scatenata subito una febbre improvvisa, talmente forte da poter anche stroncare una persona. Certi ingredienti della pozione possono essere letali per chi non è un lupo mannaro. Diciamo che la nostra principessina ha davvero rischiato tanto.- dichiarò, posando lo sguardo su Eva, pallida ed immobile alla scrivania.

Aida rise, divertita, guardando la Ames. –Hai dato al povero Lupin una pozione che sarebbe stata letale per una persona normale, senza neppure sapere se lui era davvero un licantropo oppure no?- domandò, ridendo. –Wow! Sei davvero una Serpeverde!-

-E’ vero.- aggiunse Bella, osservando Eva. –Se Lupin non fosse stato un licantropo, avresti potuto ucciderlo. Non sei poi tanto migliore di me, visto?-

-Non avevo scelta.- mormorò la Ames, continuando a tenere lo sguardo puntato a terra. Non voleva incontrare quegli occhi blu, non voleva leggere la follia e la cattiveria dipinte in essi. Non voleva incontrare la derisione.

Improvvisamente, si sentì soffocare, mentre gli occhi continuavano a bruciarle e la vista le si appannava, offuscata dalle prime lacrime.

Lacrime che cominciarono a rigarle le guance, inarrestabili.

E Bellatrix ed Aida risero di lei.

Non riusciva a sentire altro, oltre alla risata delle due compagne.

E dentro, nel suo cuore, si sentiva morire un poco ogni giorno.

Non c’era speranza per lei, non ne sarebbe mai uscita, per sempre prigioniera di quella Dea del male, di quella creatura plasmata nella cattiveria.

Mai libera, neppure a casa, dai suoi genitori, che la trattavano come un oggetto.

Se solo avesse avuto almeno il coraggio di togliersi la vita…

Ed invece era talmente debole da non riuscire neppure a tagliarsi le vene con la lama di un coltello. Debole, codarda, misera, patetica.

Adesso, a sommarsi con le sue sofferenze, si era unito il senso di colpa.

 

Ma forse, non ti fidi a prendere qualcosa che ti è offerto da una Serpeverde

 

Gli aveva detto quelle parole, davvero convinta che lui non si sarebbe mai fidato di lei. Quasi sperando che lui non accettasse di bere quella pozione, quasi pregando dentro se stessa che Remus Lupin rifiutasse. E invece lo aveva visto sorriderle e tenerle la mano, in attesa che lei gli passasse quel maledetto filtro.

 

Sei stata gentile a prepararla per me, la prenderò subito

 

Le aveva detto queste parole, continuando a sorriderle.

Remus le sorrideva sempre, in quel modo timido, un poco impacciato, che apparteneva sempre a lui e che lei non avrebbe mai dimenticato.

Aveva rischiato di ucciderlo, ma lui, invece, era ancora in vita, perché era un licantropo, proprio come lei aveva sospettato studiando il suo volto dopo le notti di luna piena, osservandolo costantemente, contando i giorni, studiando scrupolosamente il calendario.

E adesso?

Remus era vivo, ma lei non osava immaginare cosa Bellatrix avesse in mente.

Lui non lo meritava, non lo meritava assolutamente.

Lui, così gentile, così delicato, così spontaneo in tutto ciò che faceva.

Lui, che arrossiva sempre quando lei gli era vicino, senza tentare di nasconderlo.

Lui, che era come un telo bianco, immacolato, che lei non avrebbe mai voluto sporcare, per nessun motivo.

In quella stanza, fattosi improvvisamente troppo piccola, soffocante, Eva si trovò quasi ad agonizzare, mentre due delle sue compagne continuavano a deriderla, spietate, divertite.

Solo una era rimasta in silenzio.

Bailee Hurt non stava ridendo, i suoi occhi dai due colori si puntarono sulla pietosa figura di Eva, china su se stessa, le lacrime che scendevano copiose.

Non disse nulla, ma abbassò il capo, tornando a fissare le sue unghie appena smaltate.

Ad un tratto il dolore al petto fu troppo lacerante e la Ames si ritrovò inginocchiata a terra, senza forze, mentre le risate intorno a lei aumentavano.

Il corpo tremava, vittima di singhiozzi violenti.

Finita, era finita.

Si sentiva come già distesa in una tomba.

Ed il coperchio si abbassava impietosamente su di lei.

Presto non ci sarebbe più stata aria.

Non ci sarebbe più stata luce.

 

 

 

 

Pretty girl is suffering while he confesses everything.
Pretty soon she'll figure out: you can never get him out of your head.

It's the way that he makes you cry.
It's the way that he's in your mind.
It's the way that he makes you fall in love.

 

[ La graziosa ragazza sta soffrendo, mentre lui le confessa tutto.

Molto presto lei capirà: non riuscirai mai più a levarti lui dalla testa.

 

E’ il modo in cui lui ti fa piangere.

È il modo in cui lui rimane nella tua mente.

È il modo in cui lui ti fa innamorare. ]

 

Pretty Girl, Sugarcult

 

 

 

Erano da poco scoccate le sette di sera e molti degli studenti di Hogwarts, battendo i denti per il freddo, si stavano dirigendo in piccoli gruppi verso la Sala Grande.

C’era chi parlava della prossima interrogazione, chi progettava come organizzarsi per l’ormai vicina uscita ad Hogsmeade, chi, ancora, non riusciva a smettere di fantasticare sulla festa di Biancaneve, sperando, magari, di parteciparvi con una persona speciale.

Tutti parevano esausti ma soddisfatti della giornata e desiderosi di godersi una bella cena insieme ai compagni.

Tutti, tranne lui.

James Potter, rinchiuso nella sua stanza privata, non aveva voglia di scendere con gli altri a cena, il suo stomaco era talmente chiuso che lui era più che sicuro del fatto che l’odore del cibo lo avrebbe solo nauseato, facendolo stare anche peggio di come si sentiva. Si era tolto in fretta e furia l’uniforme di Quidditch, quasi strappandosela di dosso con rabbia, e si era messo i primi indumenti che aveva trovato nel suo baule, un paio di jeans consumati ed una felpa verde scuro.

E adesso se ne stava lì, seduto sul suo letto, come un totale idiota.

Era uno stupido.

Non sapeva pensare altro che questo di se stesso.

Non sarebbe dovuto scappare in quel modo, non era da lui, ma in quel momento non era riuscito a fare altro. Il desiderio di andarsene era stato troppo grande.

Perché era rimasto fermo davanti a quella porta ad ascoltare?

Perché era così dannatamente insicuro?

Che fine aveva fatto il Grifondoro che si vantava di essere?

A dire il vero, il suo cuore aveva già cominciato a tremare nel momento stesso in cui Lumacorno aveva annunciato che Mocciosus avrebbe aiutato Lily nel preparare la pozione. Già da allora lui aveva sentito una morsa d’acciaio stringergli lo stomaco.

Aveva combinato un casino all’allenamento, non si era minimamente preoccupato di fare il capitano e di supervisionare gli allenamenti della squadra. Era a malapena riuscito a concentrarsi sul boccino d’oro, mentre intanto non faceva altro che pensare che la sua ragazza si trovava da sola con quel viscido essere che più di tutti bramava di portargliela via.

Aveva terminato il suo allenamento prima degli altri ed era schizzato via, senza curarsi dei richiami di Sirius e Victoria.

Stupido. Stupido. Stupido. Stupido.

Ma la paura era stata più forte, come l’insicurezza.

Si era ricordato di quei giorni terribili, passati ad osservarla da lontano, ad amarla senza poterle parlare, ad avvicinarla solo per rimediare un’occhiataccia oppure una frase cattiva, spietata. Mentre Piton…

Piton non doveva fare nulla per attirare l’attenzione di Lily.

Perché Lily lo adorava, gli voleva bene, era sempre al suo fianco.

Lily rideva quando era con Piton, faceva i compiti con lui, sedeva vicino a lui durante le lezioni e, a volte, lo prendeva addirittura per mano, mostrava gentilezza.

James non aveva mai potuto sopportarlo e la gelosia lo aveva divorato da dentro, senza dargli pace. E così, più Lily si legava a Severus Piton, più James faceva il bullo con i Serpeverde, divertendosi a sottoporlo agli scherzi più cattivi.

Era stato un autentico idiota, da ragazzino.

Ma a distanza di pochi anni, non era cambiato poi molto, si disse.

Il ragazzo di quindici anni che si era divertito ad umiliare Piton sulle rive del Lago Nero, quel pomeriggio dopo i G.U.F.O., era ancora lì, da qualche parte. Ancora invidioso del legame che Severus aveva con Lily, spaventato dall’idea che l’odiato Mocciosus trovasse il modo di portargliela via.

Ancora una volta, si dette dello stupido.

Era importante per Lily, lei glielo aveva dimostrato più di una volta.

Non glielo aveva mai detto a parole, ma era sicuro che lei provasse qualcosa nei suoi confronti. Forse non lo amava tanto quanto lui amava lei, ma gli era comunque legata.

Lo leggeva nei suoi occhi, lo sentiva nelle sue parole.

Il fatto era che, una volta terminata la grande amicizia tra Lily e Severus, i due non si erano più chiariti. Avevano preso ad evitarsi e, quando non potevano farlo, trovandosi vicini, allora si comportavano con distaccata freddezza, chiamandosi per cognome e facendo come se non fossero mai stati legati.

James temeva un loro possibile chiarimento più di ogni altra cosa.

Ed era stupido, irrazionale, ma era più forte di lui.

Aveva sentito le parole di lei e la sua paura era tornata a galla, a tradimento.

 

Io ti avevo scelto.

Tu eri tutto per me, eri il centro del mio mondo, Severus.

Tu… tu mi hai spezzato il cuore più di chiunque altro!

 

Non riusciva a dimenticare quelle frasi, non riusciva a non farsi domande.

Mocciosus era importante fino a quel punto?

In che senso lo aveva scelto? In che senso era il centro del suo mondo?

Come amico?

Oppure…

Lily poteva essere stata innamorata di Piton?

Si sarebbe potuta innamorare di quel Serpeverde, se le cose fossero andate diversamente?

E, ciò che James più temeva, Lily sarebbe comunque diventata la sua ragazza, anche se Severus fosse rimasto al suo fianco? Lo avrebbe notato lo stesso?

Quei pensieri ingarbugliati gli stavano facendo dolere la testa, ma un lieve bussare alla sua porta lo fece sobbalzare, facendolo riprendere contatto con la realtà.

Inspiegabilmente, il suo cuore prese a battere più forte.

Dentro di sé già sapeva chi si trovava dall’altra parte della porta.

Si alzò dal letto dove era seduto ed andò ad aprire, come spinto da una qualche forza più grande, che guidava la sua volontà.

Davanti a lui, Lily Evans.

Aveva l’aria stanca ed ancora la divisa scolastica addosso, probabilmente aveva provato a cercarlo per tutto il castello, senza pensare a cambiarsi.

I suoi occhi verdi erano più luminosi che mai, ancora un poco arrossati; lei li teneva puntati su di lui, sul suo viso, senza abbassare lo sguardo.

Senza rendersene conto, James sorrise. –Sapevo che eri tu.- mormorò, tenero.

La vide deglutire, stringere i piccoli pugni, ma mai distogliere gli occhi dai suoi.

-Fammi entrare, James.- gli disse, piano.

Forse era un ordine, forse era una preghiera, lui non stette a chiederselo, semplicemente obbedì, ormai schiavo di lei.

 

I know you, who are you now?
Look into my eyes if you can’t remember
Do you remember?

I can see, I can still find
you’re the only voice my heart can recognize

 

[ Io ti conosco, chi sei tu adesso?

Guardami negli occhi, se non riesci a ricordare

Ti ricordi?

 

Io posso vedere, posso ancora realizzare

Tu sei l’unica voce che il mio cuore può riconoscere ]

 

 

Lily entrò, timidamente, dando solo una sfuggente occhiata alla stanza, notando appena il disordine incipiente e la divisa da quidditch malamente gettata su una sedia.

James chiuse la porta e vi appoggiò la schiena, restando in silenzio.

Sentiva di doverle chiedere scusa, probabilmente l’aveva fatta preoccupare, ma non sapeva davvero da dove cominciare. Forse dal fatto che lui era un idiota, ecco, poteva iniziare da lì, dopotutto.

-Ascolta Lily, io…- cominciò, prendendo coraggio, ma lei lo zittì subito, chiedendogli di tacere con un lieve gesto della mano.

-Per favore, James, io… io ho bisogno di parlarti, spiegarti. Ti prego.- fece lei, ancora guardandolo in viso. –Ho tante cose in testa e non ho idea di come fare a tirar tutto fuori, ma sento che devo farlo, perciò… potresti solo ascoltarmi?-

Lui annuì, restando in silenzio, fermo al suo posto.

Lily rimase per un attimo a guardarlo, quasi preoccupata che lui potesse sparire, oppure voltarsi ed uscire dalla stanza, senza darle il tempo di parlare.

Si sentiva tremare dentro, aveva paura ed era in totale confusione, ma, ad un tratto, mentre se ne stava inginocchiata da sola sul freddo pavimento del corridoio, con l’aula di Pozioni alle spalle, aveva improvvisamente realizzato tutto.

Era arrivato tutto insieme, affollandole la mente.

Allora lei si era alzata ed aveva cominciato a correre, cercando lui.

Vergognandosi e disperandosi per averlo lasciato andare via, senza seguirlo.

-Io… io non so cosa hai sentito di ciò che ho detto a Severus,- cominciò, stringendosi le mani, timorosa. –non so neppure che idea tu possa esserti fatto, però… io devo spiegarti, non avrei mai dovuto lasciarti andare via, ma in quel momento mi sono sentita andare giù, ho avuto paura…- gli disse, abbassando lo sguardo.

-Paura?- riecheggiò James, confuso.

Lily sorrise, scuotendo la testa. –E’ complicato, davvero, e forse non riuscirò mai a farti capire…-

-Provaci.- fece lui, facendo un passo verso di lei. –Ti prego.-

E allora la ragazza sollevò di nuovo il viso, tornando a guardarlo negli occhi. –Tu… tu non potrai mai capire cosa significa venire abbandonati dalla propria famiglia, James, e ne sono felice, perché non vorrei mai che tu provassi un dolore come il mio.- cominciò, con un sorriso triste a piegarle la bocca. –Prima che mi arrivasse quella dannata lettera a casa, la mia vita era perfetta! I miei genitori mi amavano, mia sorella mi adorava… ero la bambina più felice del mondo, ma poi… Ho scoperto di essere una strega e niente è più stato come prima. In quel periodo ho conosciuto Severus. Lui era un bambino terribilmente solo, lo evitavano tutti, ma era l’unico a capirmi davvero. Petunia era invidiosa di me, mi evitava, mi faceva piangere. Severus, invece, quando riusciva a rubare la bacchetta a sua madre, passava pomeriggi interi a fare qualche piccolo incantesimo, a mostrarmi la magia, a farmi divertire. Lui era come me e quando ero in sua compagnia io mi sentivo libera, accettata. Sì, lui era tutto il mio mondo, a quel tempo.- mormorò, con lo sguardo perso nel passato, nei ricordi. –Severus mi parlava di Hogwarts, delle poche cose del mondo magico che conosceva e… e mi diceva di non badare alla rabbia di Petunia, perché era solo gelosa ed io dovevo ignorarla. Ero solo una bambina ed ero troppo presa dalla svolta che stava prendendo la mia vita. Quello, quello è stato l’errore più grande della mia vita. Non avrei mai dovuto escludere mia sorella, mai.- dichiarò, portando lo sguardo fuori dalla finestra della stanza di James. Il cielo era ormai di un vellutato blu scuro.

-Con questo non sto giustificando Petunia per ciò che ha fatto, ma ammetto che in tutta questa storia un poco è stata anche colpa mia. Gli anni passavano, Petunia avvelenava l’animo dei miei genitori, l’ho sempre saputo e loro… erano troppo spaventati dal fatto di avere una figlia “anormale” per non ascoltarla. Non so cosa accadde di preciso a casa mia, come arrivarono a quella conclusione ma, un giorno, decisero di mandarmi a vivere da mia nonna, Babette. Questo però lo sai già.- disse lei, mentre James, in silenzio, non si perdeva nessuna delle sue parole. –Il mio universo crollò, crollò letteralmente. La mia famiglia non mi accettava e qui a scuola… beh, neppure qui ho mai ricevuto molta stima per il mio essere figlia di babbani. Ero disperata, James. E l’unica cosa certa della mia vita, l’unica persona alla quale potevo aggrapparmi, era Severus Piton. Lui c’era sempre per me.-

-Lo so.- disse ad un tratto Potter, abbassando lo sguardo. –Ho sempre visto, Lily. Ho sempre saputo che lui era importante per te e se sono scappato via, dopo avervi sentiti parlare, è perché io… io sono così terribilmente geloso di te… ed è orribile, lo so, ma io…io ho solo paura che…-

Lei sorrise, guardandolo. –James, non devi esserlo. Io non lo amo, non l’ho mai amato. Severus è sempre stato un amico per me, il mio amico più caro. Un fratello. Ho sempre considerato il nostro legame come qualcosa di fortissimo, su cui avrei sempre potuto contare.- spiegò, tranquilla. –E c’è stato un tempo in cui io dipendevo così tanto da lui, che avrei fatto qualsiasi cosa per tenerlo stretto a me. Severus era l’unico legame che mi era rimasto e pur di non perderlo, forse, sarei anche potuta arrivare a convincermi di amarlo. Ma, capisci, non sarebbe mai stato amore vero. Il tempo passava e lui aveva cominciato a cambiare. Lo vedevo sempre con Malfoy, Avery e gli altri, sentivo delle loro malefatte, ma mi tappavo le orecchie e chiudevo gli occhi. Non volevo accettare la realtà.- disse, quasi ridendo di se stessa, di quella che era un tempo. –Poi quel pomeriggio, al lago, lui mi chiamò “mezzosangue” ed allora io non fui più in grado di fingere. Mi spezzò il cuore, distrusse il mio piccolo mondo, mi abbandonò ed io sprofondai nella mia solitudine. Non ci siamo mai più parlati, anzi, io ero quasi riuscita a distaccarmi a tal punto da tornare a considerarlo un compagno di scuola come tutti gli altri, ma oggi… oggi è stato impossibile non ricadere nel passato, James. Ho provato a non pensarci, ma non ci sono riuscita. Senza neppure rendermene conto, mi sono ritrovata ad urlargli addosso di tutto e non ne sono pentita.- dichiarò, con un sospiro profondo. –Le cose sono andate così, te lo giuro.-

Potter sorrise, andandole vicino e prendendole una mano. –Non hai bisogno di giurare, io ti credo, Lily.- le sussurrò, dolce. –Va bene, davvero.-

-No, non va bene.- fece lei, scuotendo la testa. –Io.. io devo ancora dirti delle cose.-

Lui puntò gli occhi scuri sul suo viso. –Allora dimmele, dimmele tutte quante, Lily.-

La vide deglutire ancora, in difficoltà, e capì che il difficile del discorso che lei voleva fargli stava cominciando in quel momento.

Lily sollevò gli occhi, incontrando i suoi, e si decise a parlare, già cominciando ad arrossire sulle guance.

-Io… io sono stata terribile con te, James.- gli disse, mortificata. –Tu mi sei sempre stato vicino, mi hai sempre detto parole gentili e non hai mai avuto problemi a dirmi ciò che provavi, senza timore. Io invece non ho mai…- mormorò, abbassando il capo.

James sorrise, facendole una carezza. –Non importa, Lily. Non ho bisogno che tu mi dica certe cose, lo so. Lo so, anche se non me lo hai mai confessato.-

Lei scosse di nuovo il capo, decisa a non tirarsi più indietro. –No.- sussurrò, tornando a fissarlo. –Io voglio che tu sappia che non ti ho mai considerato alla pari di Severus, James. Tu non devi pensare di essere una sorta di ripiego, o altro, tu sei tu! Severus è stato il mio più grande amico, come Sirius lo è per te. Ma tu… tu non sarai mai un amico per me, tu sei molto di più! Sei sempre stato di più!- disse, tirando fuori il coraggio, decidendosi a dirgli tutte quelle parole che gli aveva tenuto nascoste.

Lui lo meritava, meritava di sapere.

Doveva aprirgli il suo cuore, una volta per tutte. James non doveva avere più dubbi, mai più. Non doveva mai dubitare di lei e dei suoi sentimenti.

-Mi dispiace di non averti mai parlato di quello che tu sei per me, James. Ma avevo paura, ho avuto paura anche oggi, quando sono uscita dall’aula di Pozioni e ti ho visto.- gli rivelò, mentre lo guardava. –La verità è che io… io sono stata abbandonata troppe volte e… e non voglio che accada ancora. Non lo sopporterei! Non voglio più essere sola, James. E… e ho sopportato tutto. Ho sopportato di perdere la mia famiglia, ho sopportato di perdere Severus, ma… ma se perdessi te… i-io non potrei più vivere, James! Ed è per questo che fino ad ora non mi sono mai messa in gioco fino in fondo, è per questo che non ti ho mai detto quello che provo! Perché ho una paura tremenda!- esclamò, tremando come una foglia, tanto che lui fu tentato di stringerla forte a sé e farla smettere di parlare, dicendole che andava bene così, che non doveva dire di più. Ma Lily era inarrestabile.

-Sono sempre scappata da te, fin da bambina. Ti ho sempre evitato, aggredito, respinto… Ma la verità, adesso lo capisco, era che io ti ho sempre voluto, James. Ti ho sempre… desiderato! Ma non volevo lasciarti avvicinare, perché avevo il terrore che tu poi mi avresti voltato le spalle, come tutte le persone a cui ero legata. Ma adesso non ho più paura, perché so che tu sei l’unica persona a cui posso affidare me stessa. Tu sei tutto quello che ho sempre voluto, tutto quello di cui ho sempre avuto bisogno. Sei il mio sole, James, non capirai mai l’oscurità in cui mi trovavo io e, proprio perché non la capisci, sei riuscito a salvarmi.-

-Lily… io…-

-Tu dai un senso alle mie giornate, tu mi dai una forza incredibile, tanto che quando sono con te, sento che potrei fare qualunque cosa. Tu credi in me! Tu hai preso il mio cuore, ridotto in mille pezzi, e ne hai creato uno nuovo. Tu illumini la mia vita! E io… e io ti amo, ti amo con tutta me stessa! E mi dispiace di non avertelo mai detto prima, sono stata stupida e…-

Ma non potè dire di più, James non glielo permise.

Lily sentì le labbra di lui sulle sue e quel fiume di parole che ancora premeva per uscire si acquietò in un istante, come se non ci fosse mai stato. Chiuse gli occhi e si ritrovò a rispondere a quel bacio con un bisogno disperato.

Voleva quella bocca, la desiderava più di qualsiasi altra cosa.

Si aggrappò a lui, alle sue spalle, mentre James la stringeva a sé con un braccio, tenendo l’atra mano tra i suoi morbidi capelli di fuoco.

Sentiva il proprio cuore battere a mille ed il viso in fiamme, ma non se ne curò.

Il suo viaggio, per quanto crudele e spietato, era terminato.

E adesso era a casa.

James era la sua casa.

Per sempre.

 

 

I’ll never be the same I’m caught inside
the memories of promises of yesterdays
and I belong to you
I just can’t walk away ‘cuz after loving you
I can never be the same

And how can I pretend to never
know you like it was all a dream? No
I know I’ll never forget the way I always felt
with you beside me, and how you loved me then, yeah

 

[ Io non sarò mai più la stessa, sto catturando dentro di me

i ricordi delle promesse di ieri,

e ti appartengo

Non posso semplicemente andarmene,

perché dopo averti amato

io non posso essere più la stessa

 

E come potrei mai pretendere

di non averti mai conosciuto, come se tutto fosse stato un sogno? No.

Lo so, non potrò mai dimenticare il modo in cui mi sono sempre sentita

con te al mio fianco, e come tu mi hai amato allora ]

 

 

 

 

Non avrebbe mai saputo dire come o quando, ma si erano ritrovati sul letto di James, mentre i baci si facevano più intensi, più lunghi, e le pause tra uno e l’altro più brevi.

Ricordava solo lui che le sorrideva, che teneva le dita intrecciate alle sue e poi la sua voce, dolce e gentile:- Lily, vieni qui.-

Non aveva potuto dire di no, non le era passata neppure in mente l’idea.

E adesso l’unica cosa che sentiva era il proprio corpo, e lui, e loro due, insieme, come non erano mai stati fino a quel momento.

Quelli che si stavano scambiando non erano solo baci, erano molto di più, erano un preludio, un passaggio per arrivare a qualcosa di più importante, più forte.

Non poteva non rendersene conto, ma non voleva neppure pensarci.

La gioia di essere tra le braccia di lui, del suo lui, era molto più grande di qualsiasi altro pensiero.

Non c’era nessun rumore attorno a loro, non c’erano colori, non c’era più niente. Erano solo loro due.

E il suono dei loro sospiri.

Di gemiti, di parole tenere, di sbuffi divertiti, perfino.

James amava giocare con lei.

La baciava, appassionato, facendola arrivare a tanto da perdere il controllo di se stessa, e poi, improvvisamente, scendeva a farle il solletico su un fianco, facendola scoppiare a ridere e mugugnare, infastidita.

Allora lui si chinava sul suo collo, immergendo il viso tra i suoi capelli rossi e profumati, e cominciava a baciarla anche lì. Un po’ baciava, un po’ mordicchiava piano, incendiandole l’aria nei polmoni. Costringendola a chiudere gli occhi e a mordersi le labbra, quando i suoi baci arrivavano fin dietro l’orecchio. E sul più bello, quando lei non riusciva più a trattenere i sospiri di piacere, lui smetteva, dispettoso, lasciandola disorientata e contrariata.

Rideva, James. Ed era bello sentirlo ridere.

-Basta dai…- mormorò lei, all’ennesimo suo dispetto. –Vieni qui, ti prego.-

Lui sorrise, guardandola con i suoi occhi scuri, innamorati, e tornò a stringerla tra le braccia, forte, più forte che potè.

La coinvolse in un bacio che fece dimenticare ad entrambi di una cosa di poco conto come respirare, le fece spostare un poco la testa di lato ed ebbe pieno accesso la sua bocca e quando Lily incontrò la sua lingua, la accolse con un gemito, infilando una mano tra i capelli perennemente in disordine di lui.

Qualcosa stava prendendo fuoco dentro di lei, ne era sicura.

Si ritrovò ad accarezzare il suo volto e, in un brevissimo momento di lucidità, si rese conto che lui non indossava più gli occhiali. Chissà dove erano finiti.

James tornò a baciarla sulla gola e lei decise che, tutto sommato, non le importava poi molto, li avrebbero cercati dopo.

Lui era sopra di lei adesso e non era affatto spiacevole. Si sorreggeva sulle braccia, perché il suo peso non le gravasse troppo addosso. Era bellissimo.

Lily poteva chiaramente sentire le proprie guance in fiamme, la testa che girava ed il cuore che batteva come un tamburo impazzito. Probabilmente sarebbe esploso.

Il suo corpo pareva in procinto di prendere fuoco, si chiese se anche per James fosse lo stesso. La bocca di lui la stava facendo impazzire, letteralmente.

-Dimmelo ancora.- le disse il ragazzo ad un tratto, teneramente, quasi implorandola.

Lei aprì gli occhi ed incontrò il suo sguardo, gli sorrise, un poco in imbarazzo.

-Ti amo.- mormorò, con dolcezza. –Ti amo da morire, James.-

Lui le regalò un sorriso stupendo, tanto da provocarle un meraviglioso calore al petto, prima di tornare a baciarla sulla bocca, già rossa e gonfia per i baci precedenti.

Ad un certo punto, il bisogno di toccarlo fu troppo forte, accecante, e Lily si ritrovò ad infilare le mani inesperte sotto la felpa del ragazzo, sentendo per la prima volta il calore della sua pelle ed avvertendo una dolce, ma allo stesso tempo dolorosa fitta al basso ventre, che la fece boccheggiare.

Lo senti respirare più velocemente e lo vide chiudere gli occhi di scatto, mentre posava la fronte sulla sua, apparendole improvvisamente senza forze.

-James…- lo chiamò, insicura, mentre interrompeva le sue timide carezze, preoccupata di aver fatto qualcosa di sbagliato.

Lui sorrise, ancora ad occhi chiusi. –Non smettere, Lily.- la implorò, quasi senza voce. –Non smettere di toccarmi, ti prego.-

E lei esaudì la sua richiesta, tornando a passare le mani su quella pelle calda e liscia, abbandonando i fianchi e salendo fino alla schiena, dove avvertì sotto i polpastrelli la durezza delle vertebre, dove si divertì a passare il dito indice, improvvisando. Arrivò fino a toccargli la nuca, mentre sentiva il suo respiro e quello di lui accelerare, insieme, poi scese di nuovo, andando questa volta a conoscere il suo petto e ascoltandolo gemere come non lo aveva mai sentito.

Continuò ad accarezzarlo, scendendo fino all’addome, e James si chinò di più su di lei, il corpo scosso da lievi tremiti, andando ad affondare i denti nella base del suo collo, dolcemente. 

Presto il tempo perse di significato. I minuti erano ore, le ore erano secondi, gli anni diventarono istanti e tutto, tutto divenne infinito. Lì, dove erano loro, nulla aveva più un ordine. Ogni cosa si piegava alla loro volontà.

James Potter non dimenticò mai quella sera, la sera in cui lui si sentì di nuovo un ragazzino inesperto, timoroso di sbagliare.

Ed era bello così.

Voleva rivivere tutto daccapo, riassaporare tutto di nuovo, con Lily.

Quel batticuore non lo aveva mai provato con nessun’ altra.

Solo con lei.

Solo e soltanto con lei.

La guardò e si chiese fino a quanto potesse spingersi, fino a quanto fosse giusto andare avanti. La sua mano tremava, mentre cominciava a sbottonarle la camicetta immacolata. Il mantello ed il maglione già giacevano da tempo in un angolo dimenticato della stanza.

Lei aprì gli occhi e lo guardò, non riuscendo a nascondere l’imbarazzo.

-Lily…- fece James, fermandosi.

-Non… io non ho mai…- mormorò lei, imbarazzata.

Lui osservò il suo volto pulito, innocente, le sue guance, che erano andate imporporandosi, gli occhi verde chiaro, leggermente a mandorla, i lunghi capelli rossi sparsi disordinatamente sul cuscino.

Era bellissima e, probabilmente, lei neppure se ne rendeva conto.

-Lo so.- disse lui, accarezzandole una guancia, delicato. –Vuoi che ci fermiamo?-

La vide arrossire vistosamente e questo provocò in lui una tenerezza infinita, si chinò a baciarla sulla fronte, respirando il profumo dei suoi capelli, sapevano di fiori, dello shampoo che lei usava.

La sua risposta gli arrivò sussurrata, timida.

-Non ancora.-

James sorrise, dicendosi che se avessero continuato in quel modo, prima o poi lui avrebbe dovuto forzarsi a fermarsi, altrimenti avrebbe perso letteralmente il lume della ragione. Anche in quel momento, con lei abbandonata tra le sue braccia, mantenersi lucidi non era poi così semplice.

Ma non poteva rifiutarsi, dirle di no. Non poteva non accontentarla.

Tornò a sbottonarle la camicia, beandosi del respiro rapido di lei.

Aveva desiderato di sentirla così da sempre, dalla sua prima volta con una ragazza che non era lei e che l’aveva lasciato vuoto, insoddisfatto.

Con Lily era diverso.

Con lei bastava un bacio, una carezza, per fargli dimenticare il suo stesso nome.

Lentamente, scostò i due lembi della camicia, scoprendo una sottile canottiera di cotone, azzurro chiaro. Sorrise, non la faceva così freddolosa.

Bastava così, non avrebbe osato di più.

Divertito, prese a giocare con la cravatta rosso e oro di lei, prima di toglierla, senza fretta, gettandola in un angolo del letto.

Tornò a baciarla, nutrendosi delle sue labbra, mentre le sua mani si facevano strada sotto il sottile indumento, curiose, bramose.

La pelle di Lily era tiepida, liscissima ed incredibilmente morbida.

Avrebbe potuto toccarla per sempre.

Si soffermò con le dita sul suo ombelico e la sentì sospirare, non contento, sollevò la canottiera fin sotto il seno e scese ad esplorare quella pelle con la bocca, famelico, lasciando inequivocabili tracce rosse, dove le sue labbra si soffermavano più a lungo.

Più continuava, più i soffici gemiti di lei gli riempivano le orecchie, portandolo a tanto così dall’impazzire, dal perdere quell’autocontrollo che si imponeva di mantenere.

Cominciò a salire, sentendola sospirare, fino ad arrivare con la bocca all’attaccatura di uno dei suoi seni e lì vi rimase, affamato, baciando e succhiando quella pelle tenera con adorazione, portando lei a singhiozzare e a stringere forte le coperte nelle piccole mani strette a pugno.

La sentiva boccheggiare, in cerca d’aria, e non potè non sentirsi appagato, felice di farla sentire così, di essere il primo a cui lei concedesse tanto.

Non avrebbe mai voluto smettere e fu con un sospiro che le depositò un ultimo bacio rovente nell’incavo dei seni, staccandosi poi da lei.

Sentì il respiro di Lily ancora accelerato, poi, la sua voce. –James…-

Lui le sorrise, dolcemente, mentre le rimetteva i vestiti al suo posto, un poco dispiaciuto. –Ho dovuto fermarmi, Lily.- le disse, quasi scusandosi. –Se avessimo continuato, poi sarebbe stato più difficile per me smettere. Avrei avuto dei seri problemi.- le spiegò, senza provare imbarazzo.

Lei avvampò all’istante, non sapendo dove guardare, lui, invece, scoppiò a ridere.

-Non dovresti vergognarti così.- le disse, divertito. –Parlare di certe cose dovrebbe diventare normale, tra di noi.- aggiunse, andando a sfiorarle la bocca con un dito.

Lily si limitò ad annuire, ancora rossa in viso, ancora decisamente scombussolata dopo le ultime sensazioni provate. Non aveva mai percepito il proprio corpo così intensamente come quella sera, con James.

Non avrebbe mai creduto di poter avvertire delle scariche di piacere così forti, prepotenti, tanto da lasciarla senza fiato. La morsa che le tormentava il ventre non era ancora totalmente scomparsa.

Potter tornò ad abbracciarla, stringendola tra le braccia e posando una guancia sulla sua fronte, respirando piano.

-Che ore sono?-

La domanda di lui la colse decisamente di sorpresa.

Curiosa, sollevò il braccio, fino a poter vedere il piccolo orologio da polso. Spalancò appena gli occhi, sorpresa.

-Quasi le nove.- rispose, meravigliata. –Abbiamo saltato la cena.-

-Mmh.- lo sentì mormorare, per nulla stupito. –Hai fame?-

-No.- fece lei, constatando che, in effetti, il suo stomaco se ne stava zitto.

-Ok.- sussurrò James, tornando a catturarle le labbra con le sue.

Quel bacio fu più calmo, più dolce, rispetto ai precedenti. Più tenero e meno passionale, Lily si ritrovò a sospirare, appagata. Lo sentì soffermarsi teneramente sugli angoli della sua bocca e lo lasciò fare, chiudendo gli occhi.

Era bello abbandonarsi a lui, alla dolcezza con cui la accarezzava, ai baci adoranti che le dava. La faceva sentire protetta, amata.

Niente poteva essere più come prima, adesso che c’era James con lei.

Era fortunata, era dannatamente fortuna ad essere amata da un ragazzo come lui.

Lo sentì accoccolarsi al suo fianco, giocare con una delle sue mani.

Si voltò a guardarlo, arrossendo.

-Scusa se… sì, insomma, se non abbiamo…- mormorò, in imbarazzo.

Lui sorrise, guardandola con gli occhi leggermente socchiusi, per via della mancanza degli occhiali. –Non importa, Lily. Anche io preferisco aspettare un altro po’.- le confessò, sincero. –Non voglio avere fretta, non con te. Ci arriveremo con calma, con i nostri tempi, che sia tra un giorno oppure tra un anno, per me va bene.-

Lily lo guardò, sorpresa. –Davvero?-

James rise. –Hey! Non mi chiamo Sirius Black, io!- le disse, divertito.

La rossa fece una smorfia nell’udire il nome del migliore amico del suo ragazzo.

-Già, altrimenti ti saresti già beccato uno schiantesimo in mezzo agli occhi.- fece, sorridendo velenosa.

Lui abbozzò un sorriso. –Devi essere sempre così acida col povero Felpato?- le chiese, tra il rassegnato e il divertito. –Guarda che lui ha un sacco di belle qualità nascoste.-

-Oh, ne sono certa.- lo accontentò lei, dispettosa. –E sono nascoste così in profondità che neppure lui, povero ragazzo incompreso, riesce più a trovarle.-

Potter scoppiò a ridere senza ritegno, poi tornò ad abbracciarla. –Adoro quando fai l’acida Prefetto Perfetto, Evans.- sussurrò, prima di baciarla di nuovo.

-Errore, Potter.- lo riprese lei, sorridendo. –Sono Caposcuola, adesso.-

-Oh, le chiedo scusa, Vostra Eccellenza, per questo mio imperdonabile errore.- la prese in giro lui, fingendosi seriamente dispiaciuto. –Cosa posso fare per farmi perdonare?-

Il sorriso di Lily si ampliò. –Mmh… ci sono una cosetta o due che potresti fare, in effetti…- fece, dandosi arie di importanza. –Ma non ti prometto niente, Potter.-

James rise piano, per poi andare a soffermarsi sul collo di lei. –Vediamo…- sussurrò sulla sua pelle. –Se faccio così?- domandò a bassa voce, poco prima di cominciare a tracciare una scia di baci fino a dietro all’orecchio, dove si soffermò di più.

La sentì ridere sommessamente, poi sospirare.

Rimasero lì, in quel letto, in quella bolla di sapone dove esistevano solo loro.

E, senza rendersene conto, tra i giochi e tra i baci, finirono per addormentarsi, insieme, vicini.

 

 

Nothing compares to you
I can’t let you go

 

I can never be the same,
not after loving you,
not after loving you.

 

I can never be the same
I will never be the same

 

[ Niente è comparabile a te

Non posso lasciarti andare

 

Io non posso essere più la stessa,

non dopo averti amato

non dopo averti amato

 

Io non posso essere più la stessa

Io non sarò mai più la stessa ]

 

Never be the same, RED

 

 

 

 

 

 

Stria apparve dal nulla, come partorita dall’oscurità opprimente che albergava in quella stanza vecchia e spoglia, priva di vita. L’antica mobilia era nascosta sotto pesanti teli ingialliti dal tempo, sporchi, logori, come del resto lo erano anche le pareti, dove l’intonaco si era ormai deteriorato.

L’aria era irrespirabile per l’eccessiva quantità di polvere.

Lo spirito maligno sorrise, avanzando sul pavimento coperto di sporco, sollevando leggermente l’abito nero che indossava, per non imbrattare troppo la stoffa.

I lunghi capelli neri frusciavano, sinistri, ad ogni suo movimento.

Gli occhi verdi, ancora felini, si guardavano intorno, curiosi.

L’unica fonte di luminosità - peraltro debole - della stanza era una candela, lasciata accesa su di un piccolo tavolo. La fiamma tentava, impotente, di allontanare l’oscurità, ma in quel luogo non c’era spazio per la luce.

-Residenza piuttosto misera, per colui che dice di essere il più grande mago oscuro di tutti i tempi, Riddle.- constatò Stria, con una certa ironia, puntando lo sguardo su di una figura immersa nelle ombre, praticamente invisibile.

Ma non a lei, non ai suoi occhi.

Sentì qualcosa strisciare dietro di lei, poi un sibilare sinistro, ma non vi fece caso. Avrebbe potuto abbattere quel serpente con un dito.

-Perché mi hai evocata, Tom? Sai bene che non ti dirò nulla di ciò che vuoi sapere, Edward è il mio padrone, obbedisco solo e soltanto a lui.-

-Allora perché sei venuta, Stria?- sussurrò una voce pacata, controllata, sibilante, che pareva provenire più dalle ombre, che da quella figura appena visibile.

-Semplice curiosità.- rispose lo spirito infernale. –Il più grande difetto di noi donne.- aggiunse, con un certo divertimento. –Ma dimmi, dove ci troviamo, Tom? Dove ti nascondi, mh?-

Udì un suono che poteva sembrare una risata, ma che la costrinse a fare un passo indietro, inconsapevolmente.

-E tu credi che io sia tanto sciocco da rivelartelo?-

Fu attimo, un misero secondo. E per Stria fu troppo tardi.

Qualcosa intorno a lei, forse la stessa aria, comincio a tremolare, il fuoco della candela esplose, letteralmente, abbagliando per un istante l’intera stanza, mostrandole un paio di spettrali occhi rossi, poi ci fu il dolore.

Si ritrovò inginocchiata a terra, in preda alla sofferenza più grande che uno spirito maligno potesse provare.

-Presa.- sussurrò Riddle, mentre le si avvicinava, lento. –Riconosci il Cerchio Maledetto, Stria? So che è terribilmente doloroso per voi spiriti maligni.-

-Tu… tu, maledetto… c-come…- ringhiò lo spirito, riuscendo a stento a parlare.

Il mago davanti a lei piegò le sottili labbra esangui in un sorriso.

-Non ti sei accorta della mia Nagini che strisciava intorno a te? Stava tracciando il cerchio al mio posto, mia cara.- le spiegò, compiaciuto. –Non ti facevo così incauta, Stria. E adesso parlerai, oppure sentiranno le tue urla anche all’Inferno.-

-Dannato Tom Riddle…- esalò Stria, respirando a fatica, mentre avvertiva ogni parte del proprio corpo in preda al dolore. –Che diavolo di legame hai con il tuo serpente? Come hai fatto a trasferirgli la tua magia?- domandò, tentando di resistere a quella atroce sofferenza che non le dava pace. Spalancò gli occhi. –Tu… tu hai forse…?!-

Voldemort non le rispose, ignorandola. –Faccio io le domande, adesso.- le disse, mentre torreggiava sopra di lei. –Dimmi, Stria… come riesco a trovare il castello degli Havisham? Desidero parlare con il mio vecchio amico Edward più di ogni altra cosa.-

Lo spirito infernale rise. –Sei già stato nelle terre degli Havisham, Riddle. Non dirmi che adesso non riesci più a rintracciarle?- fece, puntando gli occhi su di lui. –A quanto pare i trucchetti del mio padrone sono molto più potenti dei tuoi, mi spiace per te. Non puoi trovare la dimora degli Havisham, se un Havisham non vuole essere trovato. È così, da sempre, non puoi farci nulla, povero mezzo mago che non sei altro!-

Lo vide spalancare leggermente gli occhi rossi, riempitisi d’odio, ed il dolore lancinante che provò la costrinse ad urlare e a sputare sangue nero dalla bocca.

Tossì più volte, per liberarsi la gola.

-Bada a come parli, spiritello.- le disse con una dolcezza che aveva l’amaro sapore del veleno. –Sono stato un buon allievo di Edward, so bene come giocare con quelli come te, non ti conviene farmi arrabbiare. So che il figlio di Jeremy e Savannah è a Hogwarts, chi è? A quale famiglia è stato affidato? Quanto ha ereditato dal padre?- domandò, mentre faceva crescere il dolore. –Dovrebbe avere diciassette anni, ora.-

Strizzando gli occhi per le acute fitte che le percorrevano il corpo, Stria scosse il capo.

-Non… non posso dirti nulla, Tom. Sono sotto giuramento.- rispose.

-Stai mentendo.- sibilò Voldemort, con un sorriso.

-Credi un po’ quello che ti pare.- ringhiò lei, allo stremo, mentre altro sangue le usciva dalla bocca.

-Allora dimmi, perché Edward è venuto alla scuola di Silente, poco tempo fa?-

Lei spalancò gli occhi, non riuscendo a mascherare la sorpresa.

-Come… come fai a sapere…?- esalò, senza voce.

-Rispondimi.- ordinò il mago, assottigliando gli occhi rossi.

-Hai una spia ad Hogwarts.- disse invece Stria, scossa da tremiti incontrollabili.

Voldemort sorrise, guardandola negli occhi. –Credi un po’ quello che ti pare.- la scimmiottò, citando la risposta che lei gli aveva dato poco prima.

E lei, stranamente, scoppiò a ridere. –Già, credo proprio che lo farò.- disse, prima di andare letteralmente in frantumi e diventare polvere, sotto lo sguardo furioso di Tom Riddle, che subito fu di nuovo in piedi, in preda alla collera.

-Maledetta!- urlò, estraendo la bacchetta.

Sentì la risata di lei nell’aria, poi, un miagolio.

Si voltò di scatto e la vide nella sua forma animale, comodamente accovacciata su una vecchia poltrona ingrigita.

-A quanto pare, Tom, non hai appreso abbastanza da Edward.- gli disse, canzonatoria. –Non ti sei neppure reso conto che quella era una mia proiezione e che io ti ho preso in giro per tutto questo tempo.- rise, soddisfatta. –Grazie per la bella chiacchierata, io ed il mio padrone eravamo così curiosi di sapere cosa ti passava per la testa…! Adesso è tutto più chiaro e, te lo assicuro, la tua spia ad Hogwarts non vivrà a lungo, una volta che l’avrò scovata.- sussurrò, melodiosa.

Riddle fremeva di rabbia, ma rimase immobile, la mano pallida serrata intorno alla bacchetta. Nagini ai suoi piedi che sibilava, minacciosa.

-Non cambierà nulla, il ragazzo sarà mio.-

-Forse.- fece Stria, scrutandolo. –O forse no.-

Prima ancora che l’enorme serpente arrivasse a colpirla, le enormi fauci spalancate, lei era già svanita nel nulla, con una risata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di fine capitolo

 

Lo ammetto, in questo momento sono decisamente sconvolta dal capitolo che ho appena scritto. Sono qui a fissare lo schermo del pc con uno sguardo allucinato che dovreste vedere, vi fareste delle risate assurde.

Per la prima volta non sono sicura di ciò che ho prodotto ed è una sensazione strana, ma nonostante questo ho deciso di pubblicare questo capitolo, senza apportare modifiche, perché mi è venuto fuori con incredibile facilità, spontaneamente, scrivendosi quasi da solo. Perciò beh, come va, va.

La parte finale mi ha meravigliata alquanto. Progettavo da tempo di tirare in ballo Voldemort nella storia, ma non immaginavo che l’avrei fatto così.

Allo stesso tempo, l’evoluzione del rapporto tra Lily e James mi ha piacevolmente sorpresa. Direi che dopo trenta capitoli fosse anche l’ora di surriscaldare le cose almeno un pochino, anzi, James è stato anche troppo gentiluomo. XD

Non so che dirvi, perciò lasciò tutto in mano a voi, senza sapere, per la prima volta, cosa aspettarmi dalle vostre recensioni.

Detto questo, ci risentiamo veramente a Marzo, perché l’esame si avvicina ed io già mi immagino lì seduta davanti al professore di anatomia, magicamente trasformato in Voldemort – con tanto di occhi rossi e lineamenti serpentini – che mi tortura a suon di cruciatus. Sì, lo so, sto divagando.

Non fateci caso, sono i patemi d’animo di una povera universitaria esaurita.

Altra cosa, veramente importante, tra due capitoli circa i cari fanciulli andranno a casa per le vacanze di Natale e allora, miei cari lettori, allacciatevi le cinture di sicurezza, perché, vi avviso, ne combinerò di tutti i colori. Garantito. U_U

Un saluto a tutti!

Lady Tsepesh

 

 

 

Silverline85: Ciao carissima! Beh, prima o poi saprai come reagirà Sirius alla notizia di James con Bella. Per ora non posso dirti molto, rovinerei la sorpresa. ^^

Sono contenta che Sirius e Vick ti piacciano, ho grandi progetti per quei due pazzi! Per quanto riguarda Lucius e Bella… hai decisamente ragione. Con loro, la gatta cova, sempre.

 

Black_witch: Sorella mia, eccomi! Visto? Non ti ho tenuta troppo con il fiato sospeso. Sono contenta che l’amicizia tra James e Julian ti piaccia, io sono innamorata del Corvonero, non ne faccio un mistero, ed adoro vedere quei due insieme. Si vogliono davvero bene, e, se fosse stato un Grifondoro, Harris sarebbe stato un Malandrino molto migliore di Peter. U_U Su Severus sono contenta che la pensiamo allo stesso modo! Visto? Alla fine è andato tutto bene tra Lily e James, decisamente bene! ^_-

Sei interessata alla mia disastrata vita universitaria? XD Ti dico solo che la laurea è talmente lontana che non la vedo neppure con il cannocchiale! Sono ancora al primo anno, visto che ho cambiato facoltà! Di strada ce n’è tanta ancora! =_=

 

Mimmyna: Ciao cara! Io sto benissimo, parecchio impegnata, ma sto bene! Tu? Sono conta che il capitolo ti sia piaciuto, nonostante il finale turbolento. Alla fine, però, tutto si è risolto molto facilmente! La verità è che ormai James e Lily sono talmente innamorati, che Severus Piton non può fare un bel nulla per dividerli.

 

Cicci92: Gongola, gongola! Ho detto solo la verità! ^^ Genio della scrittura? Magari! Di strada ne ho ancora tanta da fare, ma ti ringrazio! Bene, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, nonostante il finale. Lily sta crescendo sempre di più, diciamo che sta sbocciando ed anche io la preferisco di più rispetto a come all’inizio! Julian p un genio e quando dice una cosa, difficilmente si sbaglia. U_U Sirius e Vick sono in pieno periodo LoveLove, ma sono sotto il mio mirino, non li lascerò tranquilli per troppo tempo, altrimenti che gusto c’è? XD

 

_Antonella_Black: Anche a me è piaciuto scrivere dello scontro tra Lily e Severus, soprattutto ho goduto per lo schiaffo. Il mio rapporto con Piton è molto strano. Non so se mi piace, non so neppure se lo odio. Forse non lo saprò mai. So solo che lo trovo interessante. C’è tempo prima che Siri sappia di James e Bella, quindi tranquilla. ^^ Lo so, Edward e James si dovrebbero incontrare, ma il signor Havisham ha altri problemi adesso, il nipote a dopo! ^_^

 

LiebenLily: Ciao! Spero che la mia mail con i dovuti chiarimenti ti sia arrivata. Comunque spero che tutti i dubbi su James e Lily si siano risolti in questo capitolo, mi sono davvero impegnata per spiegare tutto. Genio del male mi piace! *///* Vai, ti autorizzo a chiamarmi così, se vuoi! XD

Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! ^_^

 

Kokylinda2: Visto? Non hai dovuto aspettare un mese, ma molto meno! A volte mi piace sorprendervi! XD Wow! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto così tanto, sto gongolando! Spero che adesso sia tutto più chiaro sui sentimenti di Lily e di James! E, come vedi, i due sono insieme e molto felici! *me ride maliziosa* Fai bene a non fidarti di Bella e Lucius, loro sono tremendi insieme! Vick e Siri sono molto carini, è vero! E ora vedremo Black alle prese con le ripetizioni. Non ci credo neppure io! XD

 

La Nika: Wow! Sei troppo carina! Mi dispiace di non essere stata troppo presente con la fanfic ultimamente! Purtroppo ho altri impegni che non mi danno tregua, altrimenti, credimi, passerei tutto il mio tempo a scrivere.

Spero che tu adesso abbia capito tutti i dubbi di James, è solo innamorato ed è normale essere un po’ irrazionali, almeno così la vedo io. ^^

Alla fine non hai dovuto aspettare fino a Marzo, visto?

 

Malandrino4ever: Ciao!!! Quel povero forum è decisamente troppo spoglio, non so più come fare! Visto? Hai fatto bene ad avere fiducia in me, Lily e James non hanno avuto poi tanti problemi, anzi! Non trovi? Lucius e Bella stanno tramando, come sempre. È nella loro natura. Severus morire al rogo? Sei troppo drastico! XD Ma anche secondo me Luma è un gran mongolo, non mi piace molto come personaggio, lo ammetto.

 

Brando: Lo so, lo capisco. James non può tenersi dentro questo ultimo segreto ancora a lungo, ma, credimi, ne è davvero terrorizzato. Per quanto riguarda la scena finale Lily-Severus-James ho dovuto, per un sacco di motivi. Dovevo far svegliare Lily! Per il resto penso che tutto sia chiarito nel capitolo nuovo, se hai dei dubbi, chiedi pure. ^^

 

Princesseelisil: Wow! Lieta che tu ti sia sentita sollevata! Visto, ho aggiornato presto! Tu per le recensioni non ti preoccupare, vai libera! ^_^  Ti ringrazio davvero tanto per le belle parole, mi fa sempre piacere ricevere complimenti come i tuoi, inutile dire di no, mi risollevano un po’. Sono contenta che tu la vedi come me riguardo ai diversi tipi di amore di James e Severus. Grazie, davvero! Sono contenta che la storia ti coinvolga, vuol dire che sto facendo bene il mio lavoro. ^_-

Grazie per la tua buona volontà ed il tuo affetto. Lo apprezzo molto!

 

Deviata: Bene, sono contenta che ti trovi d’accordo con me! *me annuisce compiaciuta* Dunque hai avuto un esame? Tutto bene? Tu mi ringrazi per averti fatto emozionare ed io ti ringrazio per il sostegno che mi dai sempre, è davvero molto apprezzato! Spero che questo capitolo nuovo ti piaccia! E spero che sia tutto chiarito sui sentimenti di James e Lily!

 

Malandrina4ever: Ciao e… piacere di conoscerti! Hai notato che tra i recensori c’è un ragazzo con il tuo stesso nick? ^^ wow! Sono felice che la mia storia ti piaccia così tanto, io ce la sto mettendo tutta, davvero! Non preoccuparti per i commenti, non è necessario che commentiate sempre, per me è importante che la storia vi piaccia, solo questo. Se poi hai piacere di lasciarmi qualche tuo pensiero, sarò ben felice di leggerlo e risponderti, ma non sentirti mai in obbligo. Ho letto che ti piace Regulus, bene, abbiamo subito trovato una cosa in comune, perché anche io l’ho amato dopo il settimo libro. E spero che il capitolo nuovo ti sia piaciuto, visto che inizia proprio con lui. Sono davvero contenta di sapere che ti piace il mio stile di scrittura, i miei personaggi ( soprattutto Julian ) ed il mio modo di raccontare! Sì, in questo momento sto sorridendo decisamente soddisfatta! Grazie per le tue parole!

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Capitolo 33
*** Snow White Party ***


A Myki, che ha mille cose da fare per la scuola,

ma trova sempre il tempo di starmi vicino.

 

A Quidditch, che ha da poco compiuto diciotto anni.

Auguri tesoro, benvenuta nell’età delle decisioni. O così dicono! XD

 

A Black_Witch, che il 22 Marzo ha compiuto gli anni!!

 

A me, perché il 20 Marzo erano tre anni passati su questa fanfic! È stata dura, ci sono stati alti e bassi, capitoli che si scrivevano da soli ed altri che invece mi hanno fatto dannare, ma sono comunque soddisfatta!

A volte vorrei mollare e passare a scrivere altro, altre invece sento che scrivere questa fanfic è tutto ciò che voglio.

Ho ben in mente il finale di questa storia, ma sento che c’è ancora molto da raccontare.

Allo stesso modo, ho già qualche idea per un possibile seguito, che penso ci sarà, visto che ho sempre desiderato accompagnare Lily e James fino alla fine.

Perciò, beh, un bel respiro e si continua.

Grazie per tutto quello che fate per me!


Per ora vi lascio, un mega abbraccio a tutti e Buona Pasqua!

Se vi piace la coppia Draco/Hermione, ho scritto una one-shot su di loro, la trovate nella mia pagina! 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 33

 

SNOW WHITE PARTY

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La festa di Biancaneve era, da tradizione, una delle feste più attese dalla scolaresca di Hogwarts, molto più, ad esempio, di Halloween o del Ballo d’Inverno, che veniva sempre organizzato dopo le vacanze di Natale.

In realtà non c’era nessuna motivazione valida perché giovani maghi e streghe dovessero ritrovarsi un giorno stabilito a zonzo di notte e per di più al freddo per il parco del castello, accendendo enormi fuochi e aspettando l’alba dandosi ai bagordi, ma era una tradizione che andava avanti da molti anni.

Da un po’ di tempo, inoltre, le ragazze avevano voluto dare ancora più valore alla di per se già stramba celebrazione, stabilendo una nuova, terrificante regola: la notte di Biancaneve, secondo nuovo ordine, sarebbe stata anche un’occasione per provare il proprio amore alla persona speciale di turno.

Come?

Regalando qualcosa di bianco. Bianco come la neve, appunto.

E, se la maggior parte della popolazione maschile della scuola aveva fatto la fila per gettarsi dalla torre di Astronomia, in preda alla disperazione, le ragazze si erano dimostrate decisamente entusiaste.

Era stata Stephanie Hamilton, quando era ancora una bimbetta del secondo anno, ad aggiungere questo rituale infernale, guadagnandosi l’odio della maggior parte dei ragazzi e la venerazione delle proprie compagne.

Julian Harris, neanche a dirlo, aveva il sacro terrore della festa di Biancaneve, proprio non la poteva sopportare. Aveva solo tredici anni quando scoprì il sapore dell’odio, maledicendo in ogni modo possibile il Mostro. Per lui era già troppo il dover sopportare San Valentino una volta all’anno, decisamente non poteva appoggiare un’altra festività che era praticamente la sua copia.

Scuro in volto, aveva commentato il tutto con una delle sue massime.

-Ragazze dannate, infilerebbero cuori, cioccolatini ed orsetti di peluche anche in un funerale, se trovassero una valida scusa.-

Sirius Black, invece, aveva accettato la cosa di buon grado, anche perché un nugolo di ragazze infatuate piene di doni e di attenzioni per lui non gli dispiaceva affatto. Anzi.

Poi c’era James Potter.

E a James bastava udire la parola “festa” per illuminarsi tutto, pieno di entusiasmo. Poco gli importava del pericolo di beccarsi un’imbarazzante dichiarazione d’amore con tanto di regalo allegato, gli bastava sapere che si sarebbe festeggiato qualcosa, mettendo della musica, bevendo un po’ e scorrazzando nella neve fresca.

I Malandrini avevano sempre partecipato a quella messa in scena infernale, trascinandosi dietro, spesso e volentieri, anche un alquanto recalcitrante Harris.

Anche quell’anno, Julian lo sapeva, non sarebbe stato diverso.

Ma non sarebbe stato colto impreparato questa volta. Nossignore!

Ed ecco perché si trovava lì, in infermeria, alle otto precise del mattino, dopo aver praticamente tirato giù dal letto la povera Madama Chips, che sperava di potersi riposare almeno il sabato.

La donna lo guardava incollerita, la faccia trasfigurata in un’autentica maschera d’odio che avrebbe spaventato a morte qualsiasi studente, tranne lui, che ricambiava lo sguardo con tutta la tranquillità e la sfacciataggine che possedeva.

Xenofilius Lovegood, venuto ad accompagnare l’amico, osservava quel reciproco scambio d’occhiate con curiosità, seduto in un angolo.

Dopo ben quindici minuti esatti, passati a guardarsi negli occhi senza neppure battere le ciglia, l’infermiera sbuffò, collerica. –Ho detto di no, Harris. Tu stai benissimo ed io non intendo ricoverarti! Per cosa dovrei farlo, sentiamo? Sei sano come un pesce!-

Gli occhi castani di Julian si assottigliarono per il fastidio.

-Ma io non mi sento bene, Poppy! Sto male, malissimo! Lei deve ricoverarmi o avrà sulla coscienza uno studente! Dov’è andato a finire l’amore per il suo lavoro?-

Madama Chips ringhiò, oppure emise un suono molto simile. –E’ rimasto nel mio letto, dove dovrei trovarmi pure io, Harris!- sbottò, inferocita. –Per la centesima volta, dimmi cosa ti fa male. Ti darò una medicina e tu ritornerai spedito al tuo dormitorio.-

-Io non ci torno a Corvonero!- protestò Julian, restando seduto su uno dei lettini dell’infermeria miracolosamente vuota. –Ho mal di testa e mi brucia la gola. Lo stomaco mi fa un male terribile e un dente mi dà delle fitte lancinanti.- elencò, fermamente convinto di ciò che diceva.

Poppy Chips lo guardò poco convinta e sospirò.

–In pratica, lei sta per morire, signor Harris.-

-Più o meno.- fece il biondo Corvonero, annuendo.

-E immagino che Lovegood abbia dovuto trascinarla fino a qui.- continuò la donna.

-Esatto.- rispose il ragazzo, facendosi grave.

-Bene.- decise l’infermiera, scura in volto. –Io non so per quale motivo lei abbia tutto questo desiderio di restare in infermeria fino a domani, ma io non intendo occupare nessuno dei miei letti inutilmente. Perciò, ecco la mia risposta. Si rifaccia trascinare alla torre di Corvonero da Lovegood, Harris. E ora fuori!-

-Cosa?!- saltò su Julian, furioso. –Allora lei non ha capito un accidente!-

-Ho capito tutto benissimo, invece! E ora via di qui, tutti e due!- berciò Poppy, fulminando con lo sguardo i due ragazzi.

A quanto pareva, il piano era miseramente fallito.

Per un Corvonero, maestro di astuzie, non c’era nulla di più umiliante.

Infastidito, Julian Harris fu costretto a lasciare l’infermeria, maledicendo i padri fondatori di Hogwarts, gli stupidi giorni di festa e, ultima ma non per importanza, Stephanie Hamilton, il Mostro per antonomasia.

Xeno, mani in tasca e aria svagata, gli andò dietro.

I corridoi del castello erano ancora deserti, nessuno poteva essere sveglio a quell’ora del mattino, non il sabato, quando non c’erano lezioni da seguire.

-Maledetta Chips! Uno adesso non può essere più libero di starsene in infermeria, se vuole.- borbottò Julian, mentre vagava per il castello, senza decidersi a tornare al proprio dormitorio.

Era fottuto, doveva ammetterlo.

L’unica possibilità di salvezza stava nel farsi ricoverare da Madama Chips, non c’erano altre vie di scampo, altre motivazioni valide che avrebbero potuto evitargli di partecipare a quella celebrazione di demenza cosmica, conosciuta anche come festa di Biancaneve.

Già anche il nome era tutto un programma.

Chi lo aveva coniato doveva essersi fumato qualcosa di forte, oppure doveva avere dei problemi mentali non indifferenti.

Ad ogni modo, urgeva trovare una via di fuga.

Il dannato James Potter non sarebbe riuscito a portarlo alla festa anche quella volta, Julian aveva fatto quella promessa a se stesso l’anno precedente, quando una ragazza di Tassorosso – che purtroppo non era Annabel Cox – lo aveva trascinato lontano dagli altri, gli aveva regalato un paio di mutandine da femmina, ovviamente bianche come dettava la celebrazione, e aveva tentato di stuprarlo. A quel punto il Corvonero aveva finalmente realizzato che quel capo di biancheria apparteneva alla violentatrice stessa.

Harris non era mai stato un moralista, tutt’altro.

Non aveva nulla contro il sesso occasionale e, da bravo ragazzo diciassettenne in piena botta ormonale, benediceva quelle fanciulle che, invece di tirarsela all’inverosimile, avevano deciso di darsi alla svendita, facendo un bene per la comunità maschile.

La trovata di quella Tassorosso, però, non gli era piaciuta.

Per niente.

E quella sera la storia avrebbe potuto ripetersi, se non fosse riuscito a liberarsi.

Il problema era Potter.

Quel demonio incarnato – e James era davvero per metà una creatura infernale, tutto tornava, in effetti! – non lo avrebbe mai lasciato in pace, non gli avrebbe mai concesso di fare l’asociale che lui tanto voleva essere.

Avrebbe potuto anche barricarsi nella sua stanza, ma Potter avrebbe tirato giù l’intera torre di Corvonero per andarlo a prendere; nessuno poteva fermare quell’uragano, il povero Julian lo sapeva bene.

L’unica sua ancora di salvezza, appunto, era darsi malato. Meglio se a rendere ufficiale il tutto ci fosse stato anche il ricovero in infermeria.

Ma Madama Chips non voleva saperne di collaborare.

Tutto questo, dunque, portava ad una decisione estrema.

A Julian non andava di fare quella cosa neppure un po’, ma l’alternativa erano tentavi di violenza sessuale, ragazze svenevoli e pupattole dei primi anni desiderose di rincorrerlo cinguettando da una parte all’atra.

Come facesse ad essere così popolare con le donne, Julian non riusciva proprio a saperlo. Lui non era Sirius Black, che sbatteva gli occhioni blu e regalava sorrisetti ambigui ad ogni soggetto di sesso femminile, e non era neppure James Potter, nota personalità carismatica, sempre allegro e di buon umore.

No. Lui, Julian Harris, era silenzioso, spesso e volentieri scontroso ed intrattabile. Adorava starsene da solo e il troppo vociare gli dava il mal di testa.

La sola cosa che lo portava ad interessarsi alle ragazze era unicamente la sua libidine che, una volta soddisfatta, svaniva, facendolo tornare ad essere palesemente misogino. Sì, perché lui non riusciva proprio a tollerarle, le femmine.

In special modo quando parlavano.

Infine, beh, lui aveva la sensibilità di un Dissennatore e non si preoccupava di nasconderlo.

Eppure, nonostante tutto, le fanciulle lo adoravano.

Si sarebbero svenate per un suo sorriso. Peccato che invece di un sorriso, fino a quel momento, erano riuscite a beccarsi, nella migliore delle ipotesi, una smorfia schifata.

Ma perseverare, si sa, è diabolico. Ed il male è difficile da estirpare.

Julian era sicuro che anche quella sera sarebbe stato vittima di veri e propri agguati, anche perché James e Sirius erano ormai fuori portata, visto che entrambi avevano la ragazza. Una buona parte della fauna femminile sarebbe stata tutta per lui, dunque.

Il solo pensiero lo fece impallidire.

Doveva farlo. Doveva farlo, assolutamente.

E adesso era lì, al portone principale del castello, pronto ad uscire nella neve.

Xeno Lovegood, che si era limitato a seguirlo in silenzio, si permise di aprire bocca.

-Secondo me, non è una buona idea, Julian.-

-Taci.- fu la laconica risposta.

Senza indugiare oltre e sfoderando quel poco di coraggio misto a demenza tipicamente Grifondoro, Julian si tolse il mantello, gettandolo tra le braccia dell’amico, che assisteva impotente. Poi, prendendo un bel respiro, si decise ad eliminare anche il maglione nero che indossava sopra la camicia.

-Ti prenderai un malanno.- gli ricordò Xeno, pacato.

-E’ quello che voglio.- dichiarò Harris, ghignando di soddisfazione per la sua idea folle e disperata. –Se mi presento con la febbre alta, la Chips non potrà mandarmi via.-

-Giusto!- si illuminò Lovegood, che finalmente era arrivato a capire. –Sei davvero geniale, amico mio!-

Ok, farsi dare del geniale da Xenofilius Lovegood non era esattamente un buon segno, ma Julian decise di non pensarci.

-Visto che esci, potresti cercarmi delle uova di Fata dei Ghiacci? Le depongono sotto i la neve, sai?- chiese Xeno, tranquillo e per nulla preoccupato dal fatto che un suo amico stava probabilmente andando incontro al suicidio.

Harris neppure gli rispose, mentre apriva il portone e si decideva ad uscire con solo pantaloni e camicia nel freddo pungente del parco.

Ma il suo piano, di nuovo, non andò a buon fine.

Si udì un rumore di passi veloci sul pavimento, una quantità di imprecazioni irripetibili e Julian si sentì afferrare con rabbia per il colletto della camicia e ritirare indietro.

Quando si voltò, inferocito, si ritrovò davanti qualcuno molto, molto più arrabbiato.

Jasper Joyce, Caposcuola di Corvonero e, disgraziatamente, suo migliore amico, pareva sul punto di commettere un omicidio. Anzi, un doppio omicidio.

Quell’aria indemoniata non si addiceva per nulla a Jasper che, con i suoi occhi celeste chiaro ed i ricci capelli biondi, assomigliava di più ad una creatura angelica.

-Tu sei un emerito imbecille, Julian Harris.- scandì, lapidario. –E tu – aggiunse, puntando lo sguardo di fuoco su Xeno – tu sei più imbecille di lui!-

-Non rompere, Jasper! Lo farò, che tu lo voglia o no!- sbottò Julian, convinto.

-Hai completamente perso il cervello o cosa?!- urlò Jasper, puntandogli contro la bacchetta. –Adesso rinsavisci e torniamo in Sala Comune, oppure giuro che uso l’incantesimo della pastoia su di te, coglione!-

Harris sbuffò, mentre si rimetteva la maglia, immusonito.

Va bene, forse aveva un tantino esagerato. Solo un tantino.

-Mi sono rotto le palle, pezzo di idiota! Ogni volta che senti nominare la parola festa la tua intelligenza finisce chissà dove e raggiungi il quoziente intellettivo di Xeno! E non è un complimento!- sbottò il Caposcuola, inferocito. –Lo sapevo che avresti commesso qualche stronzata anche questa volta! Ma ora basta! Smettila di fare il Grinch!-

-Il cosa?- fece Xeno, curioso.

Nessuno dei due compagni lo calcolò, continuando a squadrarsi in cagnesco.

Decisamente preoccuparsi dei propri amici idioti non era affatto una passeggiata, ecco perché Jasper e Remus andavano così d’accordo. Si capivano.

-In Sala Comune, adesso. O azzero il punteggio nella clessidra di Corvonero.- minacciò Joyce, lapidario. –Muovere il culo, ora!-

Chiuso il portone principale, i tre Corvonero si avviarono in religioso silenzio verso il loro dormitorio. Xeno perplesso, Jasper, che pareva pronto a sbranare qualcuno, e Julian, che continuava a borbottare sottovoce.

Non era il caso di ribellarsi, Joyce non aveva ancora riposto la bacchetta.

Maledetti gli amici, si ritrovò a pensare Harris, imbronciato. Chi li aveva voluti, poi? Lui no di certo.

Jasper si era auto proclamato suo migliore amico fin dal primo anno, decidendo di stargli appiccicato giorno e notte, obbligandolo a fare i compiti insieme e a sedersi vicini in classe ed in Sala Grande. Una seccatura.

Poi, un giorno, si era aggiunto pure Xeno. Altra seccatura.

E si erano ritrovati in tre.

Una vera scocciatura per Julian, che amava vivere fregandosene del prossimo.

Eppure, avere intorno quei due era ormai diventata una consuetudine. La quotidianità.

Una piacevole quotidianità, aveva ammesso con se stesso.

Ma non lo avrebbe rivelato a nessuno, soprattutto ai due diretti interessati.

Che stesse diventando sentimentale come Potter?

Merlino, era davvero fottuto.

 

 

 

***

 

 

 

 

Quella sera il parco di Hogwarts era irriconoscibile, pareva proprio che il comitato addetto alle feste, capeggiato da Stephanie Hamilton, avesse dato il meglio di se. 

La neve aveva ormai ricoperto ogni cosa con il suo candido manto e sembrava brillare di luce propria nel buio già avanzato delle ore successive al crepuscolo.

Era un autentico spettacolo.

Grossi fuochi erano stati accesi nei pressi della Foresta Proibita, lunghi tavoli erano stati sistemati in fila, ricchi di abbondanti vivande gentilmente preparate dalle cucine e di bibite di qualsivoglia genere, dal più semplice ed inoffensivo succo di zucca ad un profumato Whisky Incendiario, in grado di far ubriacare qualcuno anche solo con i suoi fumi, che piano si innalzavano dal suo contenitore.

Le luci erano ovunque.

Piccole sfere magiche luminose che galleggiavano nell’aria, come lucciole, dando all’ambiente un che di suggestivo, irreale.

Era una serata calma, placida, non vi era un filo di vento, anche se il freddo continuava ad essere pungente. Forse, avrebbe nevicato ancora.

Molti degli studenti di Hogwarts erano già lì, formando capannelli vicino al fuoco, oppure passeggiando lungo le rive del Lago Nero, dove la presenza di quelle piccole luci si intensificava, creando un autentico spettacolo.

Voci divertite già invadevano l’aria, rendendola vivace, carica, trasportatrice di risate serene, lontane, per una sera, dalle atrocità che stavano accadendo in Inghilterra.

Ragazze tirate a lucido, con bellissime acconciature e dai volti truccati ad arte, ben vestite sotto le giacche indossate per ripararsi dal freddo; ragazzi che, invece, vociavano divertiti, già servendosi da bere o condividendo una sigaretta.

Lily Evans si guardò intorno, meravigliata e affascinata da quello spettacolo; non aveva mai partecipato alla Festa di Biancaneve e adesso se ne pentiva seriamente, quella sera il parco era di una meraviglia da non perdersi.

Avanzava lenta nella neve alta, osservando le luci fluttuanti con sincera ammirazione, stringendosi nel lungo cappotto bianco panna che la proteggeva fino alle ginocchia, da lì si vedevano poi le calze massicce ed un paio di stivaletti scuri.

I suoi lunghi capelli rossi, lasciati sciolti sulla schiena, sembravano incendiarsi ogni qual volta che incontravano uno dei numerosi fuochi accesi.

James le camminava poco davanti, tenendola per mano e portandola con sé, mentre lei lo seguiva docilmente. Lui pareva conoscere tutti i presenti, non solo i ragazzi del settimo anno. Era impressionante!

Lily lo trovava bellissimo nella sua semplicità caratteristica, solo un pratico paio di jeans strappati in vari punti ed un montgomery grigio scuro di ottima fattura.

I capelli neri in disordine, come sempre.

Tutti lo salutavano, richiamando la sua attenzione, e lui rispondeva, allegro; talvolta, si fermava un po’ a parlare, includendo anche lei nella discussione.

Lily, che era stata da sempre una ragazza timida ed un poco chiusa, potè giurare di non aver mai parlato con così tanta gente in vita sua. James, invece, era perfettamente a proprio agio, nel suo centro.

Con la mano stretta alla sua, lei non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, riscoprendosi sempre più innamorata ad ogni respiro.

Lo vedeva ridere, scherzare, rispondere alle battute e non poteva fare altro che dire a se stessa che lo amava, lo amava totalmente, disperatamente.

E allora il ricordo del giorno precedente la assaliva, provocandole un dolce calore nel petto, riportandole alla mente le parole che si erano scambiati e poi i baci, le carezze, quella morsa allo stomaco che sembrava volesse soffocarla, ma poi erano state le labbra di James a darle l’aria, l’ossigeno, la vita.

Si erano addormentati senza neppure andare a cena e quella mattina, quando si era svegliata, lui dormiva ancora accanto a lei, tenendola stretta a se con un braccio.

E non c’era cosa più bella, più dolce, più devastante di quella.

Vederlo dormire accanto a lei e pensare che avrebbe voluto che accadesse per sempre.

Aprire gli occhi e trovare James.

Svegliarsi, sorridersi, scambiarsi un bacio e poi separarsi per qualche minuto, ognuno nella propria stanza a lavarsi e cambiarsi alla svelta, per poi ritrovarsi e scendere insieme in Sala Grande per colazione, dove avevano dovuto subire un autentico interrogatorio sul dove fossero finiti la sera precedente.

Potter aveva raggirato le domande e cambiato argomento con una maestria invidiabile, anche se Sirius Black aveva continuato a fissare il proprio migliore amico con un’espressione che diceva a chiare lettere che non si era fatto fregare.

Lily non aveva più visto James per tutto il resto del pomeriggio, lasciandolo andare dai suoi amici, mentre lei trascorreva qualche ora finalmente in compagnia di libri sempre più polverosi, che reclamavano imploranti la sua attenzione.

I M.A.G.O. erano alle porte e lei, invece di concentrarsi al massimo sullo studio, passava il tempo a trastullarsi tra le braccia del suo ragazzo.

Il suo ragazzo.

James Potter.

Il solo pensarlo le provocava incredulità e, allo stesso tempo, una dolce morsa allo stomaco mista ad euforia.

Dovevano parlare di ciò che era accaduto la sera precedente nella stanza di James?

Forse era meglio lasciar perdere. O forse no.

Cosa avrebbe potuto dirgli?

Lui non le aveva detto nessuna parola a riguardo. Non era affatto in imbarazzo, si comportava con lei come sempre, naturale come al solito.

Lily invece non faceva che arrossire ogni volta che il ragazzo si voltava a guardarla.

In quel momento James, che ancora la teneva per mano, rispose al saluto di due Tassorosso del terzo anno, fermandosi a parlare con loro.

I due ragazzini lo fissavano con un’ammirazione che la Evans giudicò preoccupante, in fondo Potter era pur sempre un normale ragazzo del settimo anno, non un giocatore di Quidditch di fama mondiale.

Ma quella era la magia di James.

Incantare.

Pareva essere nato per condurre gli altri, a tutti piaceva James, lui era la classica persona in grado di suscitare simpatia e approvazione.

Un tempo, lei aveva invidiato e disprezzato questa sua capacità; adesso la ammirava.

Era talmente intenta a guardarlo, che neppure si rese conto che i Tassorosso se ne erano andati, lasciandoli nuovamente soli.

Fu un attimo.

Un breve istante in cui registrò James farsi più vicino, poi la sua mente fu del tutto presa a registrare un paio di braccia che la stringevano e poi quella bocca sulla sua.

Ed anche il pungente freddo di Dicembre sembrò sparire.

Quando si separarono, lui sorrideva.

-Ti vedo un po’ assente, stasera. Tutto bene?- le domandò, mentre le accarezzava teneramente una guancia con i polpastrelli.

Lily si affrettò ad annuire. –Sto bene, sono solo un po’ stanca.- si giustificò, sbrigativa.

Il sorriso di James si accentuò, mentre andava a depositare un piccolo bacio sulla sua fronte fresca. –Povera testolina.- le disse, dolce. –Quanto sei rimasta china su quel maledetto libro di Storia della Magia, eh?-

-Sono rimasta indietro con lo studio.- si giustificò lei, alzando le spalle.

James assunse un’aria falsamente meravigliata. –Ah, si? E come mai?-

Lily rise, scuotendo la testa. –Per colpa di un idiota che pretende le mie attenzioni ad ogni ora del giorno.- rispose, tentando, con scarso successo, di apparire severa.

Lui, per tutta risposta, le rubò un altro bacio.

-Io però ti porto a feste come queste.- le disse, sicuro di sé.

E lei non potè fare a meno di soffermarsi ad ammirare la bellezza del parco di Hogwarts interamente coperto di neve, le luci, le voci, i colori, quell’aria di festa.

Non aveva mai visto nulla del genere.

-Ti piace?- le domandò lui, mentre tornava a stringerla al petto.

Sentendo il proprio cuore perdere un battito, la ragazza annuì. –E’ bellissimo!- mormorò, estasiata, mentre i suoi occhi verdi osservavano tutto, curiosi, avidi di apprezzare quella meraviglia.

–Non ci sono Serpeverde.- aggiunse ad un tratto, colpita.

James scosse il capo. –Non sono stati invitati quest’anno.- le disse, piano.

Questa notizia non la turbò come avrebbe potuto fare anni fa, la lasciò quasi indifferente. –Lo capisco.- si limitò a dire.

Infondo non era un mistero che praticamente tutti i Serpeverde fossero figli o parenti di Mangiamorte, coloro che andavano mietendo sempre più vittime innocenti.

Potter sospirò. –Io invece penso sia uno sbaglio. Non è emarginando Serpeverde che risolveremo le cose.- mormorò, abbassando lo sguardo.

Lily lo guardò, in silenzio. Poi scosse il capo.

-Sei davvero troppo simile a Silente, James.- fece, seria in viso.

-Ed è tanto terribile?- le domandò lui, sorridendo.

-Non lo so.- rispose lei con sincerità. –A volte sentirti dire certe cose mi rende orgogliosa di te, dico sul serio. Altre ho solo paura, mi preoccupo. Sei troppo buono, ti fidi eccessivamente degli altri ed io… io ho il terrore che possano approfittarsi di questo e farti del male.- mormorò, apprensiva.

James rise, stringendola di più a sé. –Nessuno mi farà del male, devi stare tranquilla! E non c’è nulla di terribile nel dare fiducia al prossimo, mi fa sentire bene.-

Era bello sapere che al mondo esistevano persone candide come James Potter o Albus Silente, questa consapevolezza le riempiva il cuore e le dava forza.

Eppure non riusciva proprio a vedere le cose con la loro stessa prospettiva, forse era troppo disillusa e fredda per riuscirci; la vita l’aveva portata ad essere sempre abbastanza scettica e chiusa, almeno all’inizio.

Lily Evans era una riflessiva nata.

Lei e James erano davvero l’uno l’opposto dell’altro.

Questo pensiero la fece sorridere.

Lui la prese di nuovo per mano ed insieme si avviarono verso il tavolo delle bibite, zigzagando tra i compagni intenti a parlare, ballare, rincorrersi, tutto in un vortice colorato.

Lily riconobbe la voce furiosa di Victoria Olsen ancora prima di vederla.

L’esuberante Grifondoro si trovava proprio vicino ai lunghi tavoli disposti per il rinfresco e da come gesticolava con le braccia pareva fuori di sé.

Sirius Black, un bicchiere di idromele alla mano, ascoltava la sua ragazza berciare senza sembrare molto turbato. Piuttosto, era divertito.

Con il cappotto nero e lungo fino al ginocchio, Black sembrava veramente un principe.

-Che problema avete?- chiese James, una volta che li ebbero raggiunti.

Sirius alzò gli occhi blu al cielo e scosse il capo, facendo cenno all’amico di chiudersi la bocca, ma fu troppo tardi, perché Vick aveva già puntato Potter e Lily.

Aveva un diavolo per capello.

-Sono ovunque, ovunque! Non riesco a sopportarlo! Ma a lui, ovviamente, sta bene! Black della malora!- strepitò, agitando le braccia. –Non so se odiare di più loro o lui!-

-Olsen, stai esagerando…- fece Sirius, esasperato. –Mi stavano solo salutando!-

-Volevano rifilarti il regalo di Biancaneve, non sono stupida!- berciò Victoria, incenerendo il proprio ragazzo con lo sguardo. –E tu eri tutto un sorridere! Ti sembra normale, stupido Black? Volevi addirittura accettare i regali!-

Lily osservava la discussione in silenzio, trattenendosi dallo scoppiare a ridere; James, vicino a lei, spostava lo sguardo ora su Sirius, ora su Victoria e scuoteva la testa.

-Vick, non devi essere così gelosa…- cominciò Potter, comprensivo, ma fu subito azzittito dall’occhiata di fuoco che ricevette.

-Io non sono gelosa! Per niente!- sbottò Victoria, incrociando le braccia sotto il seno, gli occhi assottigliati dalla rabbia. –Solo che è una questione di principio! Sirius ha già ricevuto il suo dono, da me! Le altre devono stare al loro posto!- spiegò, perentoria.

Lily notò in quel momento la sciarpa bianca che Sirius aveva al collo, doveva essere il regalo di Victoria.

Le venne da sorridere; Vick era chiaramente gelosa e le faceva tenerezza, ma era ingiusto che soffrisse a tal punto per dei regali e per delle ragazze, che Sirius non avrebbe affatto considerato.

-Razza di galline! Che si impicchino, sono stufa!- borbottò la Olsen, sempre più rigida.

Sirius sbuffò ed in cambio ricevette un colpo in testa dalla sua dolce metà, non propriamente dolce in quel momento.

A salvare la situazione fu l’arrivo di Jasper Joyce in compagnia della sua ragazza, Nina Green, una graziosa Corvonero del quinto anno. La ragazza sfoggiava un paio di guantini bianchi adorabili, da poco ricevuti in regalo dal compagno.

-Dov’è Julian?- domandò subito James, sospettoso. –Quando oggi sono passato a dirgli che lo aspettavo alla festa, non aveva l’aria troppo felice.-

-Deve essere in giro.- gli rispose Jasper, l’aria stanca di uno che non ne può più delle stramberie del proprio migliore amico. –L’ultima volta che l’ho visto stava per affogarsi nel Whisky Incendiario, ma sono intervenuto in tempo.-

-Povero Julian, proprio non ama le feste.- fece Nina, preoccupata. –Avremmo dovuto lasciarlo al dormitorio, Jasper.-

-Tranquilla, Green! Harris ha la pellaccia dura!- disse Sirius con un ghigno.

-Peter e Remus?- chiese Joyce, guardandosi intorno.

-Da qualche parte chissà dove.- rispose James, divertito. –Remus tenta di sfuggire agli agguati di quella ragazza di Tassorosso a cui ha dato ripetizioni di pozioni!-

-Ancora lei?- fece Victoria, stupita.

-La tipa non molla.- disse Sirius, sghignazzando. –L’ho vista, è carina! Non capisco perché Lunastorta fa tanto il prezioso! Sarebbe la volta buona che…-

Lo schiarirsi di voce di James lo fece azzittire in tempo, prima di spararne una delle sue in presenza di tre signorine.

Sirius sbuffò e fece spallucce, Victoria lo fulminò con un’occhiataccia.

-Beh, noi continuiamo la nostra passeggiata. Ci vediamo in giro, ok?- fece Jasper, divertito, prima di andarsene con Nina, che salutò gentile con un gesto della mano.

-Lei sì che è carina, non come un certo rospo che mi sta appresso…- dichiarò Black, lugubre, scoccando un’occhiata alla propria ragazza.

Vick, neanche a dirlo, gli rifilò uno scapaccione di tutto rispetto.

-Impiccati, Black!- sbottò, furiosa, mentre incrociava le braccia al petto.

-Volete finirla?- fece James, con un sorriso bonario. –Vedete di non scannarvi almeno fino a fine serata, ok? Non ho affatto voglia di tenervi d’occhio.-

-Ah, non preoccuparti.- sibilò Victoria, inviperita. –Io tolgo il disturbo, visto che Sirius Black ha tanto da lamentarsi. Che si goda pure le sue ochette stucchevoli!- borbottò, prima di dare le spalle a tutti ed andarsene.

Sirius rimase a fissarla allontanarsi con un’espressione basita sul viso.

-Non la segui?- fece subito Lily, severa.

-Certo che no.- rispose Sirius, scuro in volto. –Non sopporto quando si comporta da mocciosa. Io non le ho mai dato motivo di preoccuparsi, la gelosia è un problema suo. Che se lo risolva da sola.- aggiunse, accendendosi una sigaretta con indifferenza.

-Dannato di un Black!- esplose Lily, piccata. –Non capisci niente di Victoria, allora!-

-La capisco meglio di te.- fece lui, tranquillo. –Vado a cercare Remus e Peter, ci si vede dopo ragazzi.- dichiarò, prima di andarsene a sua volta e sparire tra la folla di studenti.

La Evans era a dir poco allibita, si voltò verso James, in silenzio al suo fianco, e restò sorpresa dell’espressione placida di lui.

-Non dirmi che non te ne frega niente.- fece, stupita.

Potter sorrise e scosse il capo. –Va bene così, stai tranquilla.-

-No! Non va affatto bene!- fece lei, preoccupata. –Il tuo amicone è un idiota!-

-E tu sei prevenuta, Lily.- le disse, sospirando. –Perché non puoi rivalutare Sirius?-

-Perché non mi sta dando molte alternative.- rispose, acida.

James rise, alzando gli occhi al cielo. –Andrà tutto bene tra loro, devono solo trovare il giusto punto d’incontro. Come abbiamo fatto anche noi.- le disse, mentre andava ad accarezzarle una guancia fresca.

Era vero, ammise Lily dentro di se.

A lei e James c’erano voluti anni per trovare un compromesso, una strada da percorrere in comune, senza più litigi ed incomprensioni.

Sperava solo che non servisse il medesimo tempo anche a Victoria e Sirius.

Le venne da sorridere.

-Cosa c’è?- le domandò Potter, accortosi del suo cambiamento d’umore.

-Niente.- fece lei, divertita. –Stavo solo constatando quanto tu sappia essere saggio!- lo prese in giro, mentre tornava ad abbracciarlo.

Lo udì ridere, poi avvertì chiaramente le braccia di lui circondarla.

-Ho un pensierino per te.- le disse James, sottovoce.

Lily sollevò subito lo sguardo. –Cosa?-

Lui rovistò un attimo in una delle tasche del montgomery e ne estrasse un piccolo sacchetto di plastica, chiuso da un fiocco azzurro. Al suo interno c’erano dei cioccolatini di fine cioccolato bianco.

-Per te.- le disse, sorridendo. –Buona festa di Biancaneve o quello che è!-

Non c’erano parole per descrivere ciò che provò in quel momento, fu tutto troppo forte, troppo dolce, troppo tutto.

Erano solo cioccolatini. Solo cioccolatini.

Ma era stato James a regalarglieli e non c’era davvero modo per poter descrivere la sua felicità. Avrebbe solo voluto abbracciarlo e non lasciarlo più andare.

Adorava quei suoi piccoli gesti, quel suo dimostrarle quanto fosse importante per lui anche con le piccole cose.

-Grazie.- riuscì soltanto a dire, con la voce un poco incerta.

Era consapevolissima di essere arrossita, ma non poteva davvero farci niente.

James rise, spensierato come sempre. –Hey, è solo cioccolato!- fece, divertito.

Tentando di riprendersi, Lily fece appello a tutto il suo spirito di Caposcuola. -Come te li sei procurati?- domandò, sospettosa, prendendolo in contropiede.

L’espressione pacifica di Potter non mutò di una virgola. –Li ho comprati oggi a Hogsmeade, mentre eri a studiare.- le rispose con la sua clamorosa faccia tosta.

-Non si può andare al villaggio nei giorni in cui non è permesso.- lo riprese subito lei.

Il sorriso di James si ampliò. –Io sono James Potter, posso fare tutto.-

Lei si impose di rimanere seria e di non scoppiare a ridere.

-Fingerò di non aver sentito una parola e mi convincerò che i cioccolatini si siano materializzati nella tua stanza. Grifondoro ha già perso abbastanza punti a causa tua.- dichiarò, facendosi credere severa.

Potter, fermo davanti a lei, ghignò. –Ed io fingerò di non vedere la tua adorabile quanto falsa espressione da Caposcuola oltraggiata, così da evitare di saltarti addosso davanti a tutti.- le disse con aria furba.

A quell’ultima affermazione di lui, Lily diventò carminio.

James rise e tornò ad abbracciarla, stringendola a se con delicatezza. –Sto scherzando.- le disse, divertito.

-No, io non credo.- fece lei, ancora rossa in volto.

Lui rise di nuovo e Lily si aggrappò a quel riso con tutta se stessa, imponendosi di impararla a memoria, di chiuderla da qualche parte dentro di sé, perché sentir ridere James era così bello, che non avrebbe mai voluto dimenticarlo.

Avrebbe voluto vivere per sempre cullata da quella risata allegra, travolgente, spensierata nonostante tutto.

-Mi spiace.- disse ad un tratto. –Io non sapevo nulla di questa festa e non ti ho regalato niente.- mormorò, dispiaciuta.

Lui la strinse maggiormente a sé. –Il cappotto che indossi è bianco, no?-

-Sì.- rispose lei, confusa da quella domanda.

-Allora mi hai fatto il regalo più bello che potessi mai ricevere.-

Lily ci mise un po’ a capire, ma quando comprese il significato delle parole di James, allora avvertì il proprio cuore battere fortissimo, prepotente.

Era davvero possibile amare così tanto una persona?

Era possibile innamorarsi ogni giorno di più?

-Vieni via con me, Lily?- le domandò lui ad un tratto, parlandole piano all’orecchio.

Lei non gli rispose neppure, limitandosi a prenderlo per mano e a lasciarsi guidare.

James la condusse lontano dagli altri, lasciando la festa alle loro spalle, portandola in una zona buia dell’immenso parco di Hogwarts.

Non arrivavano luci, né rumori, eppure lei non ebbe affatto paura.

Si ritrovò con la schiena premuta contro le mura del castello, la bocca di James sulla sua, famelica e dolce allo stesso tempo.

Le gambe che tremavano, il cuore impazzito.

Il buio si riempì del suono di baci e sospiri.

 

 

***

 

 

Ok, poteva dire di averla scampata quella volta.

Era salvo, salvo per miracolo, anche se non poteva certo definirsi un tipo credente.

Aveva seminato le pupattole impazzite dei primi anni, che lo avevano placcato senza pietà fin dal suo arrivo alla festa/martirio, ed era riuscito a rispedire alla mittente un mazzo di rose bianche, che avevano avuto su di lui lo stesso effetto di due dita in gola.

Per non parlare poi del resto.

A neppure metà serata, Julian Harris poteva dirsi distrutto.

Non aveva trovato James Potter, la causa di tutti i suoi mali, da nessuna parte e la cosa lo indispettiva alquanto, visto che prendersela con lui, che lo costringeva a partecipare ad ogni stronzata studentesca, lo avrebbe fatto sentire meglio.

Fortunatamente, si era imbattuto sulla sua strada niente di meno che Burt Bruden, l’edonista bisessuale di Corvonero.

La manna dal cielo!

Burt, che modestamente si intendeva bene sia dell’animo femminile che di quello maschile, aveva compreso tutto, senza che Harris parlasse.

-Vai a farti una canna, amico.- aveva detto, porgendo l’oggetto in questione con un sorriso serafico. –Fatta da me, niente ti sballa come questa. Ti ritroverai ad amare la vita senza neppure accorgertene.-

Bruden era uno strano ragazzo e non tutti ad Hogwarts gradivano la sua compagnia, molti lo trovavano un po’ troppo stravagante e fuori dagli schemi.

Julian, invece, lo vedeva come un’anima affine alla sua e non disdegnava mai di farci due chiacchiere, quando aveva tempo ed era incline alla parola.

Quanto allo sballarsi, Harris non era un abitudinario, preferiva di gran lunga avere il controllo della situazione.

Ma quella sera ci voleva, decisamente.

E adesso si trovava al sicuro tra i primi alberi della Foresta Proibita, finalmente da solo, nascosto agli occhi degli altri, seduto sul vecchio tronco di una quercia, dando le spalle alla festa ancora al culmine.

Aveva da poco acceso la sigaretta regalata da Bruden e già dopo due boccate sentiva la testa più leggera, un’autentica meraviglia.

Si chiese cosa diavolo Burt avesse usato, le serre di Erbologia non avevano mai avuto segreti per quel ragazzo.

Non si accorse neppure del rumore di passi dietro di lui e, quando si sentì chiamare, sussultò, girandosi di scatto.

Ciò che si ritrovò di fronte non poteva essere reale.

Annabel Cox in persona.

I lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, i limpidi occhi chiari ed un meraviglioso cappotto rosso scuro a proteggerla dal freddo.

Aveva il naso e le guance un poco arrossate per la bassa temperatura, ma sorrideva gentile come sempre, tenendo un vassoio tra le mani.

Il primo pensiero di Julian Harris fu che, a quanto pareva, l’effetto delle canne di Bruden era più veloce e devastante di quanto potesse immaginare.

Cazzo, provocavano pure le visioni!

E che visioni!

-Julian?- chiamò di nuovo Annabel, osservandolo preoccupata. –Hey, ti ho cercato ovunque!- esclamò, sorridendo contenta.

Cavolo, appariva più reale del previsto! Come visione era più che perfetta!

Ovviamente, lui non rispose, limitandosi ad osservarla come un idiota completo.

-Ti senti bene?- domandò la Tassorosso, avvicinandosi. –Hai gli occhi lucidi.-

Harris sbuffò, contrariato. –Per essere un miraggio, parli anche troppo.- borbottò.

Anna inarcò un sopracciglio, confusa. –Un miraggio? Io sono reale!- disse, scrutando bene in viso il Corvonero.

I suoi occhi chiari si puntarono quasi subito sulla sigaretta ancora accesa che il ragazzo teneva tra le dita e si assottigliarono, severi.

-Julian.- mormorò, decisa. –Dammi quello schifo.- ordinò, allungando la mano.

Se avesse avuto davanti chiunque altro, probabilmente Harris lo avrebbe mandato al diavolo, tenendosi la propria canna e tanti saluti.

Ma con lei…

Con quella maledetta Tassorosso era diverso, era sempre stato diverso.

Annabel avrebbe potuto chiedergli qualunque cosa e lui, da bravo stupido, avrebbe ubbidito senza fiatare, chinando la testa da bravo servitore.

La sigaretta di Bruden finì a terra, schiacciata sotto la scarpa della ragazza, e Julian restò ad osservare il poco fumo che ancora si innalzava, debole.

Quella era davvero una serata terribile.

Chissà cosa avrebbe pensato Annabel di lui, adesso.

Roba da mettersi a ridere.

La testa gli girava, gli occhi bruciavano, eppure riusciva a vederla, lì, davanti a lui.

-C’è qualcosa che non va?- domandò Anna, preoccupata.

Sì, ti amo.

 -No, sto bene.- le rispose, abbassando lo sguardo. –Volevo solo divertirmi.-

Annabel aveva l’espressione di una che non se l’era affatto bevuta. –Senti, lo so che non abbiamo molta confidenza, ma se vuoi parlarne…-

Non voglio parlare.

Ti amo.

Ti amo e non te ne accorgi.

Ti amo e non te ne frega niente.

-E’ solo uno spinello, Cox! Non sono dipendente da questa roba, ok? Non ho nessun tragico problema alle spalle o stupidaggini del genere.- le disse, facendo spallucce.

-Va bene.- fece lei, continuando a guardarlo in viso. –Scusa, sono stata invadente.-

Julian scosse il capo, poi si perse un attimo ad osservarla; era davvero raro ritrovarsela così vicino, senza amiche o fidanzato nei paraggi.

I Tassorosso avevano la cattiva abitudine di aggirarsi sempre “in branco”.

Anna era di una bellezza indescrivibile, per Harris non esisteva ragazza più bella al mondo, ne era letteralmente attratto.

Era stata la prima creatura vivente a suscitare interesse in un tipo apatico e indifferente come lui.

Era capitato per caso, cogliendolo alla sprovvista, come sempre accade.

Un giorno come tanti, l’aveva vista sulla riva del Lago Nero, con le sue amiche, intenta a correre per sfuggire agli schizzi d’acqua, mentre teneva in mano una mela appena morsa. E lui non era più riuscito a toglierle gli occhi di dosso.

Erano passati anni, ma niente era cambiato.

Anzi, a voler pensarci bene, qualcosa di diverso c’era.

La piccola fedina che lei portava all’anulare sinistro.

Annabel Cox e Mike Miller erano fidanzati.

Molti li vedevano come la coppia perfetta, altri, invece, erano convinti che si sarebbero lasciati, convinti che un amore nato in età così giovane non potesse durare.

A Julian queste stronzate non importavano.

Anna era felice, innamorata, spensierata. Ed il ragazzo che aveva accanto non era lui.

Questo faceva male, ma aveva imparato a conviverci.

Si era costretto, perché non poteva fare altro.

Quando si accorse del silenzio che li circondava, quasi si maledisse, non voleva metterla a disagio con i suoi mutismi prolungati.

Annabel però sorrideva.

-Sai, mancavi solo tu!- gli disse, andandogli vicino. –Ho preparato dei biscotti alla vaniglia per tutti come dono di Biancaneve, spero siano venuti buoni!- fece, divertita. –Ti ho cercato ovunque per darne qualcuno anche a te! Avanti, prendine quanti vuoi!- lo sollecitò, porgendo il vassoio pieno di biscotti.

Julian pensò a un sacco di cose da dirle, anche un semplice “grazie”, eppure ciò che pronunciò senza riflettere fu: -Non mi piacciono i dolci.-

Un momento dopo avrebbe voluto prendere un tronco d’albero a testate, anche perché ciò che aveva detto non era affatto vero.

Non riusciva a capacitarsi della sua risposta, forse, semplicemente, non voleva ricevere nulla da lei. Non voleva avere niente di suo.

Annabel, tuttavia, non si lasciò scoraggiare.

-Sempre con quest’aria seria, Julian!- lo riprese, divertita, mentre con un dito andava a sollevargli un angolo della bocca verso l’alto. –Sorridi, brontolone!- rise, allegra.

Fu come ricevere una scossa e il Corvonero si ritrasse dal suo tocco, fingendo di passarsi una mano sugli occhi stanchi.

Non toccarmi.

Fa troppo male.

-Fai uno sforzo per me, ci ho messo tanto per prepararli!- aggiunse la ragazza, mentre prendeva un biscotto e glielo porgeva. –Non fare il difficile, su!-

Julian lo accettò, mormorando un ringraziamento.

Parlare era ancora più difficile del solito.

-Beh, allora torno da Mike ora!- fece Anna, mentre cominciava ad allontanarsi. –Gli ho promesso che gli ultimi biscotti sarebbero stati tutti suoi!- aggiunse, gli occhi che scintillavano di affetto e divertimento. –Se non ci vediamo domani, ti auguro Buon Natale, Julian!-

-Buon Natale anche a te, Annabel.- si limitò a dirle, restando poi in silenzio ad osservarla voltargli le spalle ed andarsene via, sparendo nella neve.

Accorgiti di me.

Accorgiti di me…

Il biscotto alla vaniglia cadde a terra, senza essere neppure stato assaggiato.

Sollevando lo sguardo al cielo, a Julian venne da sorridere.

Avrebbe davvero dovuto tenersi più stretta la sigaretta miracolosa di Bruden.

 

 

***

 

 

Era ormai notte inoltrata, quando la neve cominciò a scendere dal cielo, sorprendendo alquanto i partecipanti alla festa, che videro quell’evento meteorologico come un segno di serata conclusa. Era ora di tornare al castello.

Sirius Black, mani in tasca, camminava lentamente, scendendo per la ripida collina, e sorrise, quando davanti ai suoi occhi apparve la casa di Hagrid.

La piccola abitazione, completamente al buio, pareva ricoperta di panna.

Victoria Olsen se ne stava seduta sui gradini della piccola dimora del guardiacaccia, in rigoroso silenzio. Osservava la neve cadere senza battere ciglio.

Non si voltò, nonostante lo avesse sentito arrivare.

Sirius prese posto vicino a lei, senza fiatare, e per un po’ restarono così, in silenzio, l’uno vicino all’altra, ad osservare il paesaggio mozzafiato che offriva loro il magico parco di Hogwarts.

-Tregua?- le disse lui ad un tratto.

Victoria si limitò ad annuire, senza dire una parola.

A lui venne da sorridere e, senza neppure rendersene conto, andò ad accarezzarle i capelli, umidi per la neve.

-Vick, qual è il problema?- le domandò, pacato. –Non ci credo che quelle ragazze siano riuscite a farti arrabbiare così tanto. Sei davvero così gelosa? Io sto con te.-

Era vero, Sirius aveva perfettamente ragione, però…

C’era un però, una vocina che non le dava tregua e che non faceva altro che logorarla.

Victoria sospirò, osservando le nuvolette di vapore che si erano formate davanti alla propria bocca.

Ricordò di una discussione avuta con Lily giorni prima.

Lily era l’unica con cui ne aveva parlato.

-Diglielo, Vick.- le aveva detto, sorridendo. –Se è questo ciò che ti tormenta, allora ne dovresti davvero parlare con lui.-

Doveva dirglielo, chiarirsi quel suo dubbio, ma non era affatto facile.

Non era facile per lei, orgogliosa Grifondoro, ammettere quella sua debolezza.

-Allora?- fece Black, mentre continuava ad accarezzarla. –Guarda che ti conosco bene, Olsen. Non credere di potermi fregare così facilmente.-

Qualcosa, in quel momento, le avvolse il cuore in un caldo abbraccio, riempiendo poi ogni cellula del corpo di calore.

Era la voce di Sirius.

Lui aveva sempre avuto quell’effetto su di lei.

-Non è per le ragazze.- si decise ad ammettere, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. –E’ per… è colpa mia, credo.- mormorò.

-Non ti seguo.- le disse lui, ora immobile al suo fianco. –Cosa c’è che non va?-

Victoria scosse il capo e si prese il volto tra le mani. –Sono io, Sirius. Sono terribilmente insicura e non vorrei esserlo, ma non ce la faccio!- confessò, decidendosi a far uscire la voce. –Io… io ho paura che un giorno tu possa cambiare idea e decidere di voler tornare ad essere come prima. E allora mi dico che forse abbiamo sbagliato, forse… forse dovevamo restare amici…-

Lui non la lasciò continuare. –Queste erano le mie paure, non le tue. Ero io quello che all’inizio si era fatto questi problemi, non tu. Ma che ti prende, Vick?- fece, costringendola a guardarlo. –Hey, quando mai ti ho dato l’impressione di avere cambiato idea su di noi?-

La ragazza scosse il capo, sentendo gli occhi bruciare. –No, no non è per te, davvero.- disse, guardandolo. –Sono io che, quando si tratta di te, sento cose che prima non avevo mai provato, come la paura di poterti perdere o di non essere abbastanza. Tu… tu mi metti soggezione e prima non succedeva mai!-

-Non voglio che tu mi veda così.- le disse lui, serio in volto. –Vick, sono sempre io.-

-Sì, certo.- fece lei, sorridendo mesta. –Ma per me, a volte, è ancora impossibile credere che, tra tante, tu abbia deciso di stare con me. Ho aspettato tanto tempo, non ci avevo mai sperato e mi ero rassegnata a starti vicino come amica. Ora… ora ho il terrore di poter ritornare a quella condizione e non potrei accettarla come una volta, non più. Mi distruggerebbe.- mormorò, stringendo le gambe al petto.

E Sirius, inaspettatamente, rise, mentre la stringeva a se.

-Stai diventando molto brava a crearti seghe mentali, Olsen.- le disse, divertito.                

–Continuando su questa strada, potresti riuscire a battere Lunastorta, sai?-

-Non ridere!- borbottò Vick, con il volto premuto sul petto di lui. –Non è divertente!-

-Sì che lo è!- fece lui, sorridendo. –Stai diventando una mocciosetta piagnucolona, proprio tu che eri una specie di ragazzo intrappolato nel corpo di una femmina! È decisamente spassoso!- la prese in giro, beccandosi un pugno sul braccio che lo fece scoppiare a ridere più forte. –Non pensavo di avere un effetto simile su di te!-

Victoria rimase in silenzio, la bocca piegata in un sorriso felice.

Stranamente, tutto era già passato.

Bastava un sorriso, un abbraccio, una risata di Sirius e tutte le sue paure svanivano.

Era vero, della granitica e maschiaccia Victoria Olsen non c’era più traccia ed era tutta colpa di quel dannato Malandrino!

L’amore riusciva a mutare così tanto l’animo delle persone?

Faceva un po’ paura in effetti, ma poteva sopportarlo.

Poteva farci l’abitudine.

Quel perenne sconvolgimento che sentiva dentro, non era poi così terribile.

Forse Sirius non si sarebbe mai completamente reso conto dell’effetto devastante che aveva e che avrebbe sempre avuto su di lei.

-Togliti questi brutti pensieri dalla testa.- le disse all’improvviso. –Mi sono buttato su questa strada e non cambierò idea, Vick. Non mi pentirò mai, te lo giuro. Certo, non posso prometterti che vivremo per sempre felici e contenti, cavolo, ho solo diciassette anni!, ma sappi che non ho dubbi su me e te, devi credermi.-

-Ti credo.- fece lei, ancora stretta a lui.

-E poi penso sia sbagliato pensare troppo ai “se” ed ai “ma”, in questo modo rischiamo di non goderci affatto il presente.-

Questa volta fu Victoria a ridere. –Da quando sputi fuori perle di saggezza, Black?- lo punzecchiò, allegra.

-Beh, a forza di stare con Remus qualcosa imparo pure io!- fece lui, indispettito.

-Stento a crederlo!- continuò lei, sorridendo maligna.

-Zitta, rospo!-

-Sta zitto tu, cagnaccio! E baciami.-

-Cosa? Io non ti bacio a comando! Baciami tu, piuttosto!-

-Non ci penso neppure! Te l’ho chiesto prima io!-

-Chiesto? Vorrai dire ordinato.-

Rimasero a sfidarsi con lo sguardo solo una manciata di minuti, dopodichè non seppero mai chi tra i due fosse stato il primo a cedere.

Si trovarono a metà strada e, quando le loro bocche si incontrarono, quel futile bisticcio perse di importanza, come ogni altra cosa.

Non erano mai stati tipi da scambiarsi troppe effusioni, ma quella notte era diverso, ne sentivano un bisogno disperato. Anche solo per rassicurarsi a vicenda.

 

Sono qui, penso solo a te e non ti lascio.

 

Poi, come da regola, Sirius Black riuscì a distruggere l’atmosfera, confermando ancora una volta che coppia antiromantica fossero.

-Chissà se il caro vecchio Hagrid è a Hogsmeade, stanotte…- mormorò, meditando, nella pausa tra un bacio e l’atro.

-Cosa?- fece Vick, confusa.

-Beh, stanotte mi sembri un poco più arrendevole, sai? Sarebbe un peccato non approfittarne, non trovi? E se la casetta fosse libera, beh… io so dove Hagrid nasconde le chiavi!- le disse con un sorriso furbo, che voleva essere accattivante.

Il ruggito della Olsen si udì per tutto il parco, tanto che molti degli studenti ancora rimasti alla festa si decisero a tornare al castello, preoccupati dal fatto che qualche mostro stesse per uscire dalla Foresta Proibita.

Il povero Sirius ruzzolò i tre gradini di scale della casa del guardiacaccia, ritrovandosi inzuppato nella neve.

-Sei un maniaco, Black! Crepa!- sbraitò Vick con gli occhi che mandavano scintille.

-E tu non sei per niente femminile!- sbottò lui, offeso. –Frigida! Guarda che per noi ragazzi il sesso è una necessità!-

-Black!- tuonò lei, stringendo i pugni. –Vuoi morire adesso, oppure preferisci aspettare ancora qualche anno?-

-Fallo vivere ancora un pò, per favore.- si intromise una terza voce con tono pacato.

Quando i due innamorati si voltarono per vedere chi si fosse messo in mezzo, si trovarono davanti il fuggitivo numero uno della serata: Remus J. Lupin.

Lunastorta aveva l’aria stanca, probabilmente non ne poteva più di scappare da quell’invasata della sua ammiratrice.

Una cosa era certa, non avrebbe più dato ripetizioni a nessuno.

-E’ arrivato l’uomo invisibile.- fece Sirius, osservando l’amico con un ghigno divertito.

-Non c’è nulla da ridere, Felpato!- borbottò Remus, scuro in volto.

-Per te forse no, Rem. Per me sì!-

Lunastorta alzò gli occhi cerulei al cielo e si impose di non badare troppo alla mente bacata del proprio amico. Sospirò.

-Vi cercavo.- disse, spostando lo sguardo su Victoria. –Sono andati via praticamente tutti, ma i peggiori, tra cui James, sono rimasti e stanno architettando una delle loro. Vi unite?- chiese, già aspettandosi la risposta.

-E ce lo chiedi?- rispose Sirius, che già si era alzato in piedi, insieme a Victoria.

-Come non detto…- esalò Remus, tornando ad incamminarsi nella neve.

Gli altri due Grifondoro gli andarono dietro, la discussione precedente già dimenticata, tanto erano presi a pensare a ciò che poteva aver architettato James Potter.

Ad un tratto, Sirius aumentò il passo, superando Vick e raggiungendo Lupin; nel fare ciò  toccò quasi casualmente la giacca della ragazza e quando la Olsen, per caso, andò ad infilare le mani infreddolite nelle tasche, avvertì con sorpresa qualcosa nella tasca sinistra.

Era una piuma bianca di zucchero di Mielandia, constatò.

Immediatamente, un enorme sorriso comparve sul suo viso.

Sirius Black, proprio quel Sirius che non aveva mai regalato nulla a nessuna ragazza, le aveva comprato qualcosa per la festa di Biancaneve.

Era talmente assurdo che non riusciva a crederci!

Alzò lo sguardo su di lui e lo vide camminare scanzonato accanto a Remus, un braccio intorno alle spalle dell’amico, che borbottava, protestando per qualcosa.

Forse non era l’unica a stare perdendo la testa, si disse.

Forse anche per Sirius era lo stesso.

Le venne voglia di ridere e correre da lui, ma si trattenne, non volendo dare a quel maniaco una soddisfazione del genere.

Quando arrivarono al luogo d’incontro, trovarono ad aspettarli un piccolo gruppo di studenti del settimo anno, gli unici a non aver veramente più rispetto per gli orari, e poche eccezioni.

Mike Miller, il fidanzato di Annabel Cox, se ne stava con altri suoi due amici.

Poco distanti da loro, stavano Nina Green e Jasper Joyce, con Xeno, Julian, Burt Bruden e quell’oca di Kelly Logan, affiancata da due sue compagne.

C’era poi tutto il settimo anno di Grifondoro.

James e Lily se ne stavano un poco in disparte, lui la abbracciava da dietro, tenendo il mento poggiato sulla testa rossa della Caposcuola.

Vick intercettò lo sguardo di Potter e gli mostrò la piuma di zucchero, trionfante, ed il ragazzo le sorrise, strizzandole l’occhio.

-Avete fatto pace?- domandò Lily, quando la Olsen li raggiunse.

-Sì!- rispose Victoria, allegra. –E dopo abbiamo litigato di nuovo! Ma va bene così.- aggiunse, facendo spallucce. –E voi?-

-Noi? Noi due andiamo alla grande!- fece James, euforico, prima di depositare un piccolo bacio sulla guancia della Evans, che arrossì, restando in silenzio.

In effetti tra di loro stava andando a meraviglia, si disse Lily, ripensando a una mezz’oretta prima. Non riuscivano più a stare separati e, quando si ritrovavano da soli, finivano con le bocche incollate l’una sull’altra.

Doveva decisamente ricomporsi, adesso.

Con un sospiro, sciolse l’abbraccio di James, già immaginandosi le sue proteste, che non tardarono ad arrivare.

Sorrise.

-Dove vai?- le chiese il suo ragazzo, con l’aria di un cucciolo ferito.

-A parlare un po’ con Remus.- rispose lei, divertita. –Dammi un po’ di tregua, Potter!-

James scoppiò a ridere, capendo a cosa alludeva la rossa.

–Ok, ti do tregua fino a domani! Poi ricomincio!-

-Andata!-

Ramoso osservò Lily raggiungere Lupin, poi posò il proprio sguardo su Victoria.

-Allora mi abbracci tu, sorellina?- fece, sorridendo.

-Non c’è neanche bisogno di chiederlo!- rispose Vick allegramente.

Il ragazzo le passò un braccio intorno alle spalle, lei gli cinse la vita, e presero a passeggiare chiacchierando, andando dietro agli altri, che avevano cominciato ad avviarsi.

Era piacevole essere abbracciati da James, pensò la Olsen, felice, era come farsi coccolare da un fratello maggiore. Quello che poi lui rappresentava per lei.

Potter, Lupin e Minus erano sempre stati dei fratelli per Victoria.

-Tutto bene?- domandò ad un tratto al ragazzo, puntando gli occhi azzurri su di lui.

-Non abbiamo più parlato molto di quello, dopo quella volta in infermeria.- mormorò.

Il sorriso di James si ampliò. –Sto bene.- la rassicurò, dolce. –Faccio regolarmente degli esercizi di controllo con Silente e per adesso sembra tutto in regola. Stai tranquilla!-

-Menomale!- sospirò lei, rasserenata.

Potter la strinse un po’ di più, con affetto. –Grazie di tutto, Vick!-

La Grifondoro scosse il capo, come a dire che non erano necessari ringraziamenti.

-Dove stiamo andando, piuttosto?- chiese, curiosa.

-Sulle rive del Lago Nero ad aspettare l’alba.- le rispose lui, guidandola, mentre il gruppo si addentrava tra gli alberi della Foresta Proibita. –E passiamo da qui! Abbiamo pure convinto Lily! All’inizio lei non voleva.-

Vick rise. –Domani niente Hogsmeade, saremo stanchi morti!-

-Beh, dormiamo tutta la mattina e ci andiamo di pomeriggio, no?- fece subito lui, pratico. –Nessun problema!-

-Per te non c’è mai nessun problema, James!- lo prese in giro la ragazza, giocosa.

Risero insieme e Sirius Black, che li precedeva di poco, si voltò a guardarli, camminando all’indietro. –Ramoso, sei un vermicolo! Che fai, ci provi con la ragazza di un altro? Anzi, ci provi con la ragazza del tuo migliore amico?- accusò, fingendosi scandalizzato.

-E tu sei forse geloso?- fece Potter, divertito. –Beccato, Felpato!-

Sirius fece una buffa smorfia, poi corse da Minus, che se ne stava un poco in disparte, e lo abbracciò in quello che sembrava più un assalto che un gesto d’affetto.

Ridevano entrambi, sia lui che Peter.

James restò ad osservarli con un sorriso disteso, il loro Codaliscia stava diventando sempre più chiuso e distante, perciò era bello vederlo interagire di nuovo con loro.

La camminata procedeva, il Lago Nero era sempre più vicino ed il parco immerso nella notte apparteneva completamente a tutti quanti loro.

Lily rabbrividì per il freddo e sollevò lo sguardo verso la volta celeste, dalla quale scendevano, leggeri, piccoli fiocchi di neve. Bellissimo.

Remus, che camminava vicino a lei, imitò il suo gesto e sorrise.

Ogni cosa era meravigliosa quella notte, si disse la Evans, la sua felicità stava per toccare le stelle e tutto pareva perfetto, lontano da tutto.

Si voltò, pronta a cercare lo sguardo di James, ma non lo trovò vicino a Victoria anzi, la Olsen era sola ed aveva un sorriso furbo sul viso che non prometteva nulla di buono.

Lily si guardò intorno, preoccupata.

-Dov’è James?- domandò, piano.

Potter spuntò all’improvviso dagli alberi della foresta, cogliendo il povero Julian Harris, che già era stufo della serata, alle spalle.

Oltre all’imprecazione da record di Julian e alla risata sguaiata di James, si aggiunse lo strillo terrorizzato di Kelly, che non si aspettava quell’improvvisata idiota da parte del Grifondoro.

-Hai veramente rotto le palle, James! Ammazzati!- ringhiò Harris, stanco e con un diavolo per capello, mentre l’amico se la rideva alla grande in compagnia di Black.

-Povero JuJu!- fece Sirius, in tono falsamente dolce. –Cosa c’è? Hai avuto tanta paura?- domandò, per poi voltarsi verso Potter. –Ramoso, che cattivo, non si fa!-

Potter rise più forte. –Julian, hai fatto un salto assurdo! Cosa credevi che fossi, eh? Un mostro brutto e terrificante?- disse, piegato in due dalle risa.

Il Corvonero assottigliò lo sguardo, assumendo un’espressione pericolosa.

-Voi due…- sibilò, stringendo i pugni.

-Non scherzare, Ramoso!- fece Sirius, cercando di restare serio. –Potevi essere un’Acramantula! Che creature terribili!-

-Oppure un Berretto Rosso!- suggerì James, dopo averci pensato.

-O anche un Avvicino!- aggiunse Black.

-O un Ippogrifo!-

-Un Lupo Mannaro!!!- strillarono insieme, per poi scoppiare a ridere.

A quel punto quella povera anima in pena di Julian Harris mandò i due allegramente al diavolo, per poi voltarsi ed andare a rifugiarsi tra i suoi compagni Corvonero.

-Chissà se ce ne sono stanotte in giro…- meditò Sirius, con fare preoccupato.

–Dovrebbe esserci la luna piena per farli uscire, giusto Ramoso?-

-Mmm… non saprei Felpato, vecchio mio.- rispose James, con aria saputa. –Ho sentito dire che si trasformano con la luna piena, ma non posso esserne certo…-

-Però mi pare di aver sentito dire che rispondono al richiamo della loro specie…-

-Oh, davvero?-

Presero ad ululare insieme di punto in bianco, mentre i compagni intorno a loro non riuscivano più a smettere di ridere.

Victoria li guardava con un sorriso e scuoteva la testa. –Ecco, sono impazziti.- dichiarò, divertita, mentre raggiungeva Lily e Remus.

La Evans guardava i due ragazzi, sforzandosi di non mettersi a ridere. –Qualcuno dovrebbe spiegare loro che non siamo più al primo anno…- sospirò.

Lupin se ne stava in silenzio e scuoteva la testa, senza parole, mentre quei due idioti dei suoi migliori amici continuavano in quella scenetta che altro non era che uno stratagemma per prendere in giro lui.

-Felpato, questo Lupo Mannaro non si fa vedere!- protestò ad un tratto James, fingendosi deluso. –Come mai?-

-Non so, Ramoso.- fece Sirius, meditabondo. –Forse è un tipo timido.-

-Timido? Dici sul serio?-

-Già! Talmente timido da non essere neppure in grado di relazionarsi con una ragazza, azzarderei!-

-Un lupo un po’ sfigato, quindi!-

-Decisamente sfigato, mio caro!-

Il povero Remus si morse la lingua, prima di esplodere e fregarsi da solo, ma prese mentalmente nota di strozzare quei due imbecilli non appena ne avesse avuto l’occasione.

Lily Evans, che camminava vicino a lui, non disse una parola e si limitò a lanciargli solo un’occhiata, senza dire nulla.

Quando raggiunsero il Lago Nero, Potter e Black si erano buttati nelle imitazioni della professoressa McGranitt ed intorno a loro non si trattenevano le risate.

Si disposero tutti in cerchio, chi seduto per terra, chi sistemato sopra un vecchio tronco o una roccia, con Julian che protestava per l’ora tarda ed insisteva per andarsene a letto.

Mike Miller trovò qualche rametto e con un incantesimo di incendio fornì un po’ più di luce e calore al gruppo, prima di sedersi vicino ai suoi amici.

James prese posto su un tronco consunto e, sorridendo, fece segno a Lily di raggiungerlo; non appena la ragazza gli fu vicino, le passò un braccio intorno alle spalle, cercando di scaldarla un poco.

Vista l’ora e l’ambientazione un poco lugubre, l’argomento di discussione si era inevitabilmente spostato su racconti di paura e fatti misteriosi.

Kelly Logan, neanche a dirlo, aveva già cominciato a piagnucolare.

Dopo la bizzarra storia di Jasper Joyce, che giurava sull’esistenza di un’armatura maledetta al quarto piano che sembrava pedinarlo fin da quando aveva messo piede ad Hogwarts, il testimone passò a Sirius, che si lanciò nella descrizione di una vecchia strega pazza, che abitava in una lugubre casa fuori Londra e che, per diletto, si divertiva ad avvelenare animali e a mozzare le teste dei propri elfi domestici, per poi ricavare dai loro corpicini piccoli oggetti come spille o guanti.

Tutte quante le ragazze presenti erano impallidite, insieme a Frank Paciock.

James scoppiò a ridere e scosse il capo.

-Felpato, questa non è altri che tua zia Elladora! Non è un vero racconto di paura!-

Black, scoperto in fragrante, mise il broncio.

-Raccontane uno tu, allora!-

Il sorriso di Potter si ampliò, facendosi preoccupante. –Ne sei sicuro?-

-R-Ragazzi, basta…- piagnucolò Peter, che conosceva bene cosa fosse capace di inventarsi la mente di James.

Ormai però era tardi, tutti pendevano dalla bocca del Grifondoro, in un misto di curiosità e timore.

-Me l’ha raccontato mio zio Andrew.- disse James, mentre intorno a lui si diffondeva il silenzio. –E’ una storia vera, pare. E risale ai tempi della fondazione della scuola.-

Lily si voltò a guardare il suo ragazzo, inquieta.

Era proprio nato per fare l’oratore, si disse. In pochi minuti si era già guadagnato la totale attenzione dei compagni.

-Conoscerete la storia di Godric Grifondoro e di Salasar Serpeverde, immagino.- fece James, facendosi serio. –Erano rivali, in eterno conflitto su chi dovesse imparare la magia e poi, un giorno, Serpeverde se ne andò, giurando vendetta.-

-Questa storia la conosciamo tutti.- fece Lily, più tranquilla.

Il ragazzo sorrise, furbo. –Oh, sì. Ma non sapete tutto.- fece, tetro. –Si narra che, prima di andarsene per sempre, Salasar decise di lasciare qualcosa qui, nel castello, che continuasse il suo lavoro di epurazione magica. Un mostro spaventoso ed immortale, che avrebbe dormito da qualche parte per l’eternità, pronto a risvegliarsi in qualsiasi momento e a uccidere i nemici del suo signore.-

Remus scosse il capo. –Non ci sono mostri ad Hogwarts!-

-Non puoi saperlo, Remus.- obiettò James, sicuro. –Esistono molti esseri millenari e malvagi che un mago potente come Salasar sarebbe stato in grado di controllare. Penso di conoscere Hogwarts meglio di Silente e non sono mai riuscito a trovare stanze con un mostro nascosto all’interno, ma suppongo che Serpeverde avesse trovato il modo di nascondere bene la sua creatura.-

-Fammi capire, tu hai provato a cercarlo?- fece Victoria, sconvolta.

-Ovviamente!- rispose Potter, quasi ritenendo sciocca la domanda. –Se ne parla in qualche libro e in alcuni vecchi annali degli studenti, sapete? Ci sono varie supposizioni su che cosa possa essere, ma non si sa nulla di certo.- disse, parlando piano. –Tutti però dicono che ami spostarsi nel buio e che colpisca le proprie vittime quando sono da sole, cogliendole sempre di spalle. Ci pensate? Uno di noi se ne va a fare un giro per i nostri amati corridoi e…-

-Basta, Potter! Non è divertente!- strillò un’amica della Logan.

-Sono avvenute molte strane morti ad Hogwarts nella storia, alcune inspiegabili, e ci sono state altrettante sparizioni…- continuò James, imperterrito. –Forse dietro ad esse c’è proprio il mostro di Serpeverde! Chi può dire di no?-

Nessuno rispose ed intorno a loro rimase soltanto un cupo silenzio, spezzato soltanto dal rumore del piccolo fuoco che scoppiettava e dei piccoli fruscii provenienti dalla Foresta.

Sirius Black sbuffò. –L’unica cosa che mi viene da pensare è che, guarda caso, c’è sempre di mezzo Serpeverde! Quel dormitorio andrebbe bruciato con tutti gli occupanti all’interno!- disse con risentimento.

-Non hai tutti i torti, Black.- fece Mike Miller, cupo. –Sappiamo tutti che diventeranno Mangiamorte, una volta fuori di qui! Come siamo a conoscenza di ciò che è accaduto a Olsen ed Evans in biblioteca, mesi fa.-

Lily e Vick si scambiarono un’occhiata, condividendo per un attimo quel terribile ricordo, ma restarono in religioso silenzio.

-Non possiamo generalizzare in questo modo!- protestò Remus, decidendosi a parlare. –Non tutti i Serpeverde sono così, ragazzi!-

Subito si levarono borbottii di dissenso.

-Lupin, hai perso il cervello?-

-Sono tutti uguali, quelli là!-

-Avete visto che faccia ha Avery?-

-Bellatrix e Malfoy non aspettano altro che farci fuori tutti!-

James, che non si aspettava di certo di suscitare una discussione simile con il suo racconto, sospirò, arruffandosi i capelli.

Sirius Black si alzò in piedi, furente. –La Caposcuola Ames è una serpe come tutti gli altri, Remus! Non credere che sia diversa!- esplose, sapendo dove colpire l’amico. –Ti vedo parlare un po’ troppo con lei, ultimamente! Cos’è?! Non sei più capace di farti delle buone amicizie?-

-Che cosa?- fece Remus, incredulo. –Che cosa?! Io scelgo di essere amico di chi voglio, Sirius Black! E tu non hai voce in capitolo!-

-Remus ha ragione, Siri.- intervenne James, serio.

-Ha dato di volta il cervello anche a te, James?!- scoppiò Sirius, fulminando l’amico con lo sguardo. –Quei figli di puttana volevano marchiare a fuoco la tua ragazza!-

Molti dei presenti sussultarono a quelle parole, Lily compresa.

Potter si irrigidì. –Questo lo so da solo. E so anche che la Ames non era con loro.-

-Bravo!- ruggì Black, furente. –Allora diventa amico loro, James! Anzi, perché non te ne vai in giro a braccetto con Mocciosus, eh?- aggiunse, con la maggioranza dei compagni a dargli ragione.

Potter non rispose, limitandosi a scuotere la testa.

Anche Lily non disse una parola. Quella discussione non le piaceva affatto ma, se doveva essere sincera, ultimamente aveva cominciato a pensarla come Sirius e ad avercela a morte con i Serpeverde.

Anche con Severus.

-Adesso basta, Sirius! Sei ridicolo!- lo riprese Remus, mentre si alzava a sua volta.

-Ridicolo?! Tu sei ridicolo!- fece Black, ignorando i richiami di Victoria. –Mi sto solo preoccupando per te, idiota!-

Nessuno parlava più, adesso.

Gli occhi di tutti erano puntati su di loro.

-Davvero?- domandò Remus con ironia. –E’ davvero solo questo, Sirius? La verità è che ti sei fissato, ma sai che c’è? Non puoi rifartela con tutta Serpeverde se hai problemi con la tua famiglia!-

In molti trattennero il fiato e Julian, che in tutto quel trambusto si era appisolato, se ne uscì con un sentito:- Oh, cazzo…-

Gli occhi di Sirius si spalancarono impercettibilmente, mentre il suo corpo si irrigidiva, diventando come di marmo. –Vattene.- sibilò a Lupin, con rabbia. –Vattene sul serio, o ti spacco la faccia, Remus! Non scherzo!-

-La verità fa male, eh?- disse invece il Caposcuola di Grifondoro, ignorando la minaccia.

Alzando gli occhi al cielo e maledicendo i suoi due migliori amici, James si decise ad intervenire, mettendosi in mezzo.

-Finitela, tutti e due.- disse, cercando di restare calmo. –Dovrebbe essere una festa questa, vi pare? State dando uno spettacolo non richiesto! Datevi una regolata.-

Black non cambiò minimamente atteggiamento, anzi, strinse i pugni.

Lupin invece abbassò lo sguardo. –Stà tranquillo, James. Io me ne vado.- dichiarò, scuro in volto. –Ne ho abbastanza.- terminò, prima di voltarsi e dirigersi verso il castello, sparendo nel fitto della notte.

Non ci fu nessuno che osò dire una singola parola.

Miller scosse la testa, le ragazze di Corvonero parevano attonite, i restanti Grifondoro si limitarono a sospirare, già avvezzi alle liti tra Black e Lupin.

-Complimenti.- commentò poi James con stizza, rivolto al suo migliore amico.

-Ha cominciato lui, non io.- borbottò Sirius, tornando a sedersi sotto lo sguardo furioso di Victoria, che non aveva approvato affatto i suoi modi di fare.

Di nuovo, ritornò il silenzio.

Ognuno rimase infreddolito al proprio posto, magari fissandosi le scarpe o scambiando qualche occhiata con un compagno, ma nessuno aprì più bocca.

La serata si era decisamente conclusa e all’alba mancava ancora qualche ora.

Julian Harris, stranamente, sollevò lo sguardo e lo diresse verso quella sagoma scura in lontananza che altro non era che il castello.

La sua espressione, da indifferente, si fece pensosa.

-Povero Remus, sta tornando al proprio dormitorio tutto da solo.- disse ad un tratto, senza un particolare tono di voce. –Mica se lo mangerà il mostro di Serpeverde?-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore

 

E con questo intervento assolutamente fuori luogo di Julian, chiudo il capitolo.

State tranquilli, Remus non incontrerà nessun Basilisco e se ne andrà a letto sano e salvo! XD

Che dire? Sono mortificata per il ritardo, avrei voluto terminare il capitolo 33 molto tempo prima, ma a causa dell’università non ne ho avuto modo.

Resta il fatto che ne è valsa la pena, perché adesso sul mio libretto si è aggiunto uno strameritato 28, che avrebbe potuto essere stato un 30, se non avessi commesso quel maledetto sbaglio, ma vabbè!

Tornando al capitolo, beh, finalmente una discussione che non riguarda il povero James, che in genere torturo sempre! Comunque state tranquilli, non prevedo aria di tempesta. E cercate di capire sia Remus che Sirius. Hanno entrambi le loro ragioni per comportarsi così ed hanno due caratteri opposti.

In realtà si vogliono un bene dell’anima e lo sappiamo tutti!

Direi che in questo capitolo c’è veramente di tutto. Lily e James ( che fatico sempre di più a trattenere, prima o poi si salteranno addosso, me lo sento… XD), Vick e Sirius ( che stanno raggiungendo il loro equilibrio di coppia a piccoli passi e prima o poi ci arriveranno, ma con i loro tempi; ho molte aspettative su di loro, abbiate fede!) e, non ci credo neppure io, ma ho scritto una scena con Julian ed Annabel, da soli!

Quei due mi danno parecchio da pensare, ora come ora non intendo sbilanciarmi, mah.

Solo non mi aspettavo certe reazioni da parte di Julian, mi ha fatto tenerezza questo suo lato. Alla fine ha ragione James, Harris non è poi così indifferente.

O, almeno, non lo è sempre! Non con tutti! XD

Ed ho terminato il tutto con un tema che accompagna un po’ l’intero capitolo, ovvero, la sfiducia verso Serpeverde. Una Serpeverde ghettizzata agli estremi, giustamente o ingiustamente, ognuno può pensarla come vuole.

Nemmeno nell’epoca di Harry Serpeverde è stata così odiata, credo, ma cercate di capire, siamo ai tempi di estremo potere di Voldemort.

Le parti sono molto estremizzate, sia i buoni che i cattivi.

Credo di aver detto veramente tutto adesso, vi ringrazio davvero per il vostro affetto e per la vostra pazienza! Grazie!

 

Lady Tsepesh

 

 

 

 

Myki: Mia cara, eccomi! Grazie davvero per la dedica, io adoro Blake! E, in tutta umiltà, non conoscevo quella poesia, quindi… wow! Grazie! *_*

Direi che il tuo ragionamento su Bella e Reg è perfetto, sul serio. Come è azzeccato il tuo pensiero sulle gerarchie all’interno della storia.

La verità è che ogni personaggio è in continua evoluzione, perciò non posso stabilire IL forte, IL debole ecc… Mi è piaciuto così e spero di aver fatto bene.

Il mondo è in movimento, giusto? Magari un giorno sarà lo stesso Peter a tenere tutto in mano, chi lo sa? Resta il fatto che i più pericolosi restano Voldemort ed Edward, su questo non avere dubbi! 

Fai bene a temere Regulus, che è una specie di bomba in procinto di esplodere.

Tutto sta nel vedere chi deciderà di distruggere, alla fine.

Kreacher lo odio pure io, quindi siamo in due. U_U

Le compagne di stanza di Bella, dunque. Venute fuori assolutamente per caso, inizialmente solo per fare da contorno. Su Aida ho poco da dire, ma l’altra… beh, mi piace. Vedrò che farne.

Paragone tra Eva e Sirius. Ma lo sai che mi hai letteralmente colto di sorpresa?

Giuro, non avevo davvero mai fatto un aggancio simile, sei un genio!

Direi che condivido il tuo pensiero!

Sulla Ames posso dirti poco, perché è il mio personaggio più fumoso. Anche con me è sfuggente e si fa capire poco, ormai mi sono rassegnata e la adoro così! XD

Innamorata? Sì, forse. Direi che, piuttosto, è sulla buona strada.

Spero invece di aver chiarito tutto su James e Lily. ^^ E direi che ormai gli ormoni sono entrati in circolo, povera me! Devo stare attenta a questi due o Harry mi nasce prima del previsto! XD

Su Severus e Lily, sì, il discorso è ampio! Bisognerebbe parlarne a voce!

Della lotta tra Stria e Voldy ne vado fiera, non credevo avrei tirato fuori un intrigo del genere. A volte mi stupisco da sola! XD

Ti ringrazio tanto per esserci sempre, tesoro!

Un bacione!

 

LilyProngs: Tesoro, grazie tante per le recensioni! Mi vizi troppo! <3

Risponderò ad entrambe! Prima parte: Sono contenta che l’amicizia tra James e Julian ti piaccia, in affetti hai ragione, è diversa da quella dei Malandrini. A me piace, la trovo originale, anche perché credo che Jamie sia l’unico che riesca a capire quella mente contorta che è Harris! XD Vick e Sirius devono ancora prendere il volo, a mio parere. Provano sincero affetto l’uno per l’altra, ma ancora devono imparare il vero significato di amore e lo faranno insieme! Diventeranno più maturi piano piano.

Lily e Piton, pezzo che ha suscitato sommosse! XD Apprezzo Severus, ma non lo amo. Resta il fatto che mi piace attenermi ai fatti, quindi non posso e non potrò mai negare o occultare il legame tra i due. Sono felice che approvi! J

Seconda parte: quoto! Siri e Reg sono due Black fenomenali, li adoro entrambi! Ma se il primo è un tornado scatenato, il secondo, beh, agisce nell’ombra, senza fare rumore, per questo lo ammiro! Eva Ames può piacere e non piacere, è un personaggio poco chiaro anche a me, giuro! Non ho mai idea di cosa farà!

Vederla con Remus… mah, non lo so! Il tempo chiarirà i nostri dubbi! XD

Il tuo commento alla scena Lily/James mi ha fatta gongolare! Sono contenta che ti sia piaciuta, ho fatto di tutto per farla arrivare a voi, pulita, meno volgare possibile ( perché non trovo che una lemon sia adatta a loro), ma comunque intensa. Bah, spero di aver fatto un bel lavoro! E comunque il bello deve ancora venire! ^_-

Grazie davvero per tutti i tuoi complimenti, riesci sempre a farmi restare senza parole! Posso solo dire grazie, grazie e ancora grazie! Spero di non deluderti!

Un bacione!

 

Silverine85: Ciao! Grazie per recensire sempre!

Regulus non è ancora un Mangiamorte ufficiale, ma diciamo che lavora già per la causa e Voldemort lo apprezza molto più di altri. Eva… Eva non può scappare, purtroppo. Per un sacco di ragioni, ma, prima di tutto, per la sua famiglia.

Sono felice che la parte tra James e Lily ti sia piaciuta! Sono soddisfatta! XD

Le trame di Edward e Voldemort? Segreto! ^^ Ti dico solo che non lavorano insieme.

No, tra Lucius e Bella non c’è nulla.

A Lucius piace Bellatrix, ma lei non ricambia, ha in testa solo James.

Grazie davvero! Un bacio!

 

Cassandra: Ciao, grazie mille per la recensione! Sì, è vero, Reg è inquietante e misterioso e mi fa piacere vedere come tutti voi stiate cercando di inquadrarlo. Purtroppo non posso rispondere alla tua domanda, ma credo che riuscirai a trovare la risposta da sola. Grazie davvero per i complimenti, mi hanno fatto davvero piacere!

Sono contenta che Bailee ti piaccia, ho intenzione di studiarci su. Vedremo che verrà fuori! Ancora grazie e a presto!

 

Cicci92: Salve mia carissima! Mi spiace che ci sia voluto tanto per questo capitolo, spero non ricapiti più o finisce che vi ritrovo tutti sotto casa! XD Allora io aspetto fiduciosa la statua, ho un bel giardino dove starebbe benissimo! XD

Davvero ho superato me stessa? Wow! Adesso gongolooooooo! >.<

Ecco, sono felice che ti piacciono i miei Lily e James e mi fa piacere che approvi il mio andarci piano. Lo faccio per tanti motivi. Il primo è che i tempi sono diversi, non siamo nel 2010 per intenderci. Ok, c’è Sirius che fa il dongiovanni, ma credo che a quel tempo per una ragazza come Lily il sesso fosse una cosa su cui andare piano. E poi, beh, lo faccio anche perché penso che essere troppo precoci sia sbagliato, io credo nell’intensità dei sentimenti e non nel bruciare le tappe. È un mio punto di vista, ma credo che James e Lily siano perfetti per esprimere tutto questo.

Regulus sta attirando l’attenzione di tutti, vedo, e ne sono soddisfatta! Sta succedendo tutto quello che mi aspettavo! Sì, Bella lo teme e fa bene, aggiungo!

Hai ragione su tutto ciò che hai detto su Eva, mi fa piacere che provi a capirla.

Con il tempo spero di rendervela un po’ più chiara! ^^

Grazie mille per la tua presenza costante, non so cosa farei senza di voi!

Baci

 

LiebenLily: Genio del male a rapporto, mia cara! XD

Figurati, mandarti la mail è stato un piacere, anzi, se hai dubbi, non esitare a contattarmi! ^^ Sono felice che la scena tra Lily e James ti sia piaciuta e… direi che hai già capito molto più di quanto io immaginassi! *me ride furba*

Accontenta, in questo ultimo capitolo ho parlato un po’ di tutti!

Evvai, Stria ha fatto colpo! Mi fa piacere, ovviamente! In effetti è stata una tosta, devo ammetterlo! XD Il Voldemort tarocco non ha prezzo, ci ho riso per una settimana, anzi, ora che ci penso, quasi ho riso in faccia al proff! Povera me! :D

Ti adoro! E grazie di tutto!

Baci

 

_Antonella_Black: Ebbene sì, gli ormoni sono entrati in circolo! Povero Jamie, è da una vita che non aspetta altro! XD Ormai non manca molto, dico solo questo!

Sì, è Reg la spia e si tiene in contatto con Voldemort tramite Kreacher!

Grazie per la recensione!

Baci

 

Mimmyna: Ciao!! Sono contenta che Stria ti intrighi, è nata per questo, devo ammetterlo! E lo scontro con Voldy è piaciuto anche a me!

I due piccioncini hanno preso il volo, te lo assicuro! Da ora in poi saranno sempre più audaci, infondo sono nel pieno della gioventù e James, beh, è tanto che aspetta! XD

Sì, Lily andrà a stare da James per Natale, quindi … *me con ghigno*

Grazie mille per tutto, carissima! Mi spiace di avere aggiornato tardi! :(

Baci

 

La Nika: Ciaooo! Wow wow, che entusiasmo! Sono proprio felice! Eh sì, era ora che tra i due accadesse qualcosa in più! E vedrai che da ora ce ne saranno di scene del genere! XD Comunque grazie per i complimenti, mi fanno davvero piacere! Sono contenta che il mio modo di raccontare ti piaccia, è vero, sono una romanticona, non posso farci nulla! XD Mi fa piacere che hai apprezzato anche la parte su Voldemort e Stria, ci ho messo un po’ a scriverla, anche se erano poche righe.

Grazie davvero! Baci

 

Kokilinda2: Ma ciaoooo! Eh? Davvero ti sogni la mia storia di notte? Wow! Questo è ciò che ogni scrittore vorrebbe sentirsi dire, perciò… GRAZIE! Mi fa piacere, cavolo! *_* Cioè, tutti questi complimenti mi mandano in brodo di giuggiole, e poi mi monto la testa! Meglio se sto con i piedi per terra! Siete troppo gentili! <3

Sono contenta che Regulus ti piaccia, così come Bella. Io la vedo come te. So che è pazza e cattiva, ma mi affascina! Grazie per l’appunto sulla pozione, avevo dimenticato ed hai fatto benissimo a dirmelo! Appena ho un minuto correggo subito!

Eva. Su Eva è un po’ un discorso complicato, sappi solo che non può proprio scappare. Sì, potrebbe parlarne con qualcuno, confidarsi, ma ha un carattere talmente chiuso che non riesce a farlo, purtroppo.

Per Lily e Jamie, sì, va tutto bene! Anzi, benissimo! XD Sì, prima o poi tutti sapranno di James e Bella. E ci sarà anche un testa a testa tra Lily e Bellatrix.

Tutto a suo tempo! ^_^

All’ultimo ci sono state un sacco di cose! Sì, Bella ha in mente qualcosa per Remus, non tanto perché ce l’ha con lui, ma per colpire James e Sirius ferendo il loro amico.

Voldy vuole James a tutti i costi, appena saprà chi è, partirà deciso. Stria è una grande e sono contenta che ti piaccia! Sì, Reg è la spia e sta in contatto con Voldemort tramite Kreacher! E se lo becca Stria, povero lui! XD

Grazie mille per tutto, carissima!

Baci

 

Brando: Ciao! Grazie mille per i complimenti! :) Sono contenta che i miei Lily e James ti piacciano, anche io la penso come te. Trovo che siano la coppia più bella della Saga, senza dubbio. Mi fa piacere che la scena ti sia piaciuta. Sì, ora James è decisamente più tranquillo! Stria ha fregato Voldemort, la ammiro pure io! XD E tu hai notato una cosa che non so se anche gli altri hanno visto. Gli horcrux! Hai gli occhi di falco, vedi proprio tutto, complimenti! Verissimo, Stria ha capito che c’è qualche cosa sotto!

Sì, Reg è la spia. Ed il tramite è Kreacher. È vero, Regulus piace e non piace. L’ho creato perché fosse così!

Bella non piace a molti, in effetti! È una tipa che andrebbe arsa viva! XD

Su Eva hai colto nel segno!

Davvero, hai fatto un’analisi perfetta! Complimenti! E grazie!

Baci

 

Malandrina4ever: Ciaooo! Visto? Ho scritto ancora su Reg, sei contenta? ^^

Anche io lo adoro, soprattutto quando frega quella stronza di sua cugina! Quel ragazzino è un mito, ha la mia totale venerazione! *_*

Su Eva e Remus… vedrai! :P

Sono felice che Lily e James ti piacciono! L’ultima parte, dove andavi a rimpiangere di non essere la Evans, mi ha fatto troppo ridere! Direi che mi unisco, andiamo a rimpiangere tutte insieme! Anch’io voglio un James Potter tutto per me, uffa! XD

Grazie per il commento! Baci

 

Princesseelisil: Ciao ciao, cara! Bene, sono contenta di essere utile anche in ambito musicale! XD Regulus… mm, aspetta a vederlo come cattivo. C’è ancora tanto da scrivere su di lui, ti consiglio di dargli ancora il beneficio del dubbio! ^^

Comunque, avrei voluto vederti infuriata contro Bella, sarebbe stato uno spettacolo! XD Vi adoro troppo, tutte quante voi ragazze, oltre ad incoraggiarmi, riuscite sempre a strapparmi un sorriso o una risata! Vi lovvo! <3

Che dire di Eva? La stai vedendo dal giusto punto di vista! Abbi fiducia, so quello che faccio! J E sappi che adoro i tuoi sproloqui! XD

Termino dicendo che la tua ultima considerazione su Lily e James è, beh, da quotare! Sì, ti quoto in pieno. E penso che sia un po’ il pensiero di tutte!

Perciò, scatta la caccia ad un moderno James Potter del 2010? XD

Scherzi a parte, sono felice che i due piccioncini ti piacciano!

Le tue ultime parole, poi, mi hanno fatto venire gli occhi lucidi. Posso solo ringraziarti, anche se so che non è abbastanza! Sono davvero felice di riuscire ad emozionarti tanto e spero di esserne sempre in grado.

Grazie, grazie davvero! Bacioni

 

Deviata: Mia cara, l’affetto è ricambiato! ^^

Grazie per i complimenti, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto!

Mi fa piacere che Reg ti piaccia, missione compiuta! Yatta! XD

Bella sì, andrebbe scuoiata viva, ma purtroppo mi serve in vita! XD In effetti ha intenzione di giocare un brutto tiro al povero Remus, aspetta e vedrai!

Su Eva abbi fede, non è cattiva!

E poi James e Lily! *_* Sono contenta che ti piacciano! <3

Su Stria, sì, so che hai fatto il tifo per lei! già ti vedo con gli striscioni! XD

Grazie mille per esserci sempre, carissima!

Un bacione

 

Black_witch: Sorella cara, eccomi! *_*

Visto, tutto sistemato tra i piccioncini! OTTIMO e lo sottolineo! XD

Abbi fiducia, Sirius e Lily diventeranno buoni amici, hanno solo bisogno di tempo, per adesso, si studiano, tipo due gatti! XD

Beh, Eva non ha molte alternative per ora. Ma non è una cattiva ragazza, credimi. È solo molto sfortunata! Dovresti leggere la recensione di Myki, ha capito Eva molto meglio di me, credimi! XD

Ultimamente ci sono molte cose a cui fare attenzione nei capitoli. Peter, tienilo d’occhio! XD Poi Voldemort, Stria, Edward…

Sto preparando la fase centrale della mia fanfic, allacciati le cinture!

Sono contenta che il capitolo ti piaccia, grazie mille per la recensione!

Un bacione, sister!

 

Beky: Salve! Wow, grazie mille dei complimenti! *me felice*

Sono contenta che la storia ti stia prendendo, significa che sto facendo bene il mio lavoro di fanwriter! Ebbene sì, è arrivato pure Voldemort! Ma per ora Stria l’ha fregato!

Sono felice che la scena tra Lily e James ti sia piaciuta, davvero! E tu sei gentilissima!

Per Eva, beh, mi impegnerò affinché riesca a farla piacere anche a te! *_*

Su Reg… tranquilla, dagli tempo e vedrai cosa ho in mente per lui.

Grazie davvero per i complimenti, grazie mille!

Baci

 

 

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