un amore senza fine... di I aint bothered (/viewuser.php?uid=54499)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo I ***
Capitolo 2: *** capitolo II ***
Capitolo 3: *** capitolo III ***
Capitolo 4: *** capitolo IV ***
Capitolo 5: *** capitolo V ***
Capitolo 6: *** :( ***
Capitolo 7: *** capitolo VI ***
Capitolo 8: *** i'm back! ***
Capitolo 9: *** capitolo VII ***
Capitolo 1 *** capitolo I ***
Antefatto.
Mi
chiamo Grace Biel. Sono nata nel 1921 e rinata nel 1939. Sono una
vampira. Per molti decenni
ho vissuto nutrendomi solo di sangue umano, ma da circa qualche mese ho
conosciuto una famiglia della mia specie un pò, come dire? Bizzarra : i Cullen. Ora il dottore,
Carlisle, insieme al resto
della sua famiglia mi sta aiutando a diventare come loro, vegetariana…..
Primo
capitolo.
<<
Sbrigati Grace. È tardi. Dobbiamo
andare a scuola. >> mi fece notare Alice svolazzando qua
e là nella stanza
raccogliendo i libri per le lezioni di quella mattina.
In casa
Cullen erano tutti pronti e perfetti per andare chi a scuola, chi a
lavoro.
Mancavo solo io all’appello. Come al solito ero rimasta tutta
la notte al
computer a scrivere le mie storie dell’orrore prese dalla mia
esperienza
personale, e avevo perso totalmente la cognizione del tempo. Agli umani
piaceva
molto leggerle, ma ovviamente non gli davano molta importanza
perché non
credevano alle fantastiche storie sui vampiri.
Sciocchi
ingenui.
Chiuso
il computer, già pronta come ogni volta, andai direttamente
da Renesmee che era
tenuta in braccio da Esme. Le baciai la fronte e mi lanciai dalla
portafinestra
per raggiungere gli altri, che erano già partiti. Era un
rituale che si
ripeteva quasi tutte le mattine. Anche questa mattina mi avevano
lasciata a
piedi. Grazie fratellini.
Strada
facendo incrociai Jacob e Seth che continuavano a rimanere nella zona
di casa
nostra. Non avevano ancora risolto il problema dell’alfa con
Sam. Leah
probabilmente dormiva ancora. Doveva aver fatto la nottata, mentre
scrivevo
quella notte, infatti, ogni tanto la sentivo ululare.
Mi
fermai di scatto e li salutai con una carezza sulla nuca. Entrambi
scodinzolarono come risposta al mio saluto. Dopo avergli sorriso
affettuosamente come una sorella mi rituffai nella mia corsa contro il
tempo.
In meno
di due minuti mi ero già avvicinata alla macchina
così tanto che riuscivo a
vedere la Volvo grigio metallizzata di Edward che correva
sull’asfalto a tutta
velocità.
Si
accorsero di me, ma proseguirono lo stesso senza aspettarmi. Da una
parte mi
piaceva questo ‘gioco’, da vampira modello quale
ero, adoravo letteralmente le
sfide. E questa era un’evidente sfida che mi lanciavano i
miei fratelli. Come
potevo rifiutarla?
Correvamo
di pari passo: io a piedi e loro in macchina. Mi rivolsi ad Emmett come
se
fosse proprio accanto a me. Sapevo che mi avrebbe sentita. Mi piaceva
stuzzicarlo, lui era senza dubbio il più competitivo della
famiglia e non
sopportava essere superato nella forza o nella velocità
– per questo ce l’aveva
spesso con Edward, perché era il più veloce in
assoluto di tutti noi.
<<
Scommettiamo che arrivo prima
io? >> gli strizzai l’occhio e accelerai
improvvisamente, lasciandomi alle
spalle l’espressione divertita ed eccitata di mio fratello,
che uscì dalla
macchina con un movimento così veloce che, se anche ci
fossero stati umani da
quelle parti, sicuramente non avrebbero potuto vederlo. Come immaginavo
aveva
accolto in pieno la mia provocazione ed ora sfrecciava concentrato al
mio
fianco.
Stavamo
quasi arrivando a scuola e io ero ancora leggermente in vantaggio. Poco
prima
del negozio dei Newton, però, avremmo dovuto fermarci per
salire in macchina:
ovviamente non potevano vederci arrivare a piedi, né tanto
meno a quella
velocità.
Così
appena prima del traguardo, gli concessi di vincere. Tanto valeva farlo
felice,
se no chi avrebbe sopportato il suo musone per chissà quanto
tempo?
<<
Campione del mondo! Indovinate chi
ha vinto? >> domandò altezzoso al resto dei
fratelli mentre entravamo in
macchina. Con mio enorme piacere, tutti quanti reggevano il mio gioco:
Alice
aveva previsto tutto ed Edward mi aveva letto nel pensiero ed entrambi
avevano
avvertito gli altri dell’accaduto. Per tutto il resto del
viaggio tutti,
compresa Rosalie, lasciammo Emmett convinto di essere il vero
vincitore. Lui
essendo un vero bambinone se la bevve alla grande. Arrivati a scuola
incontrammo Jessica e Mike che parlavano delle previsioni
metereologiche della
settimana: inutilmente visto che si sapeva che come al solito ci
sarebbe stata
pioggia, pioggia e ancora pioggia. Poco male, almeno io, Alice, Rose ed
Esme
saremmo potute andare tranquillamente a fare shopping. Ma per loro il
problema
era ben diverso dal nostro: loro stavano organizzando una gita vicino a
La Push
e il bel tempo era necessario affinché la loro escursione
potesse essere
confermata.
Oramai
non ci invitavano neanche più, non perché non
gradissero la nostra compagnia,
ma perché sapevano già che la nostra risposta
sarebbe stata comunque ‘no’, come
ogni volta, d’altronde. Per i Cullen il motivo della risposta
negativa era
evidente: il compromesso raggiunto con la tribù dei Quileute
quando il capo era
il nonno di Jake; per Bella la motivazione vera e propria era
l’assenza di
Jacob all’interno di quel branco, che non gli dava
più nessun motivo per andare
da loro. Io. Beh, io non sono neanche da prendere in considerazione
dopo quella
volta che stava finendo male con Jared e Quil. Fortuna che
c’erano Emmett e
Jasper nei paragi, che sono venuti a separarci. Jasper, ovviamente, ci
mise
anche del suo placando i nostri animi.
Edward e
Bella continuavano a parlare della loro piccola creatura. Mentre Alice
mi
continuava a ripetere che aveva forse intravisto una sorpresa per me.
Ma mi
ripeteva anche di non esserne completamente sicura a causa della
vicinanza di
Jake e Nessie che le offuscavano la vista.
Una
volta che poteva esserci una bella sorpresa per me, alla fine si rivela
non
essere neanche sicura.
Fantastico.
Quel
giorno a scuola tirava un’aria diversa, di novità.
Tutti dicevano che in quei
giorni sarebbe arrivato un nuovo studente nella nostra scuola. Non
posso
nascondere che ero veramente curiosa. Sarebbe stata una ragazza? O un
ragazzo?
Saremmo diventati amici, o no? Le mie domande banali furono cancellate
subito
da Edward che mi aveva letto nel pensiero.
<<
Non ti preoccupare Grace. Chi mai
potrebbe trovarti
antipatica? >> mi
disse. Gli sorrisi fraternamente e lo baciai sulla guancia
abbracciandolo
all’altezza della vita. Conoscevo la famiglia Cullen da soli
pochi mesi, ma
erano già tutti molto affettuosi con me.
La
giornata scolastica fu come al solito monotona e stancante, anche se io
non
potevo definirmi propriamente stanca. A casa tornammo tutti insieme con
la macchina
di mio fratello Edward e appena arrivati trovammo Esme e Nessie pronte
ad
aspettarci. Ci avevano sicuramente sentite arrivare già da
prima che la nostra
macchina entrasse nel vialetto. La piccola si dimenava tra le braccia
della
nonna per venirci incontro. Bella corse subito a prenderla, e la bimba
passò
dalle mani di una a quelle dell’altra in un trentesimo di
secondo. In quel
periodo non c’era molto da fare, a parte i compiti per il
giorno dopo. Io e
Bella eravamo comunque le uniche a doverli fare di volta in volta. I
miei
fratelli infatti oramai non ne facevano più: dopo
più di dieci volte che
ripetevano il liceo conoscevano a memoria le cose. Inoltre Edward ed
Alice
erano avvantaggiati, come sempre. Uffa. Però devo ammettere
che ci aiutavano
sempre.
Quando
finimmo di fare i compiti, Bella si dedicò totalmente a suo
marito e a sua
figlia, mentre io mi concentrai sulle mie storie da scrivere per i miei
fan.
Poco
prima di sera arrivarono Jacob e Seth, che si fiondarono subito in
cucina per
svuotare il frigorifero. Arrivavano quasi sempre morti di fame. Almeno
avevamo
una scusa per usare il frigo, anche se i loro pasti ci costavano un
occhio
della testa; non mangiavano come persone normali
: con il pasto di uno dei due in una casa normale avrebbero
mangiato almeno
cinque persone. Ad Esme, ovviamente la cosa faceva molto piacere, e
anzi non
perdeva occasione per offrirgli altro cibo.
Quella
notte non la trascorsi come la precedente. Io e la mia famiglia
guardammo la
televisione tutto il tempo, alternando i canali di Sky con qualche
vecchio film
messo su DVD, come ad esempio Colazione
da Tiffany o Via col vento. Inoltre sembrava che la
piccola Renesmee non
volesse proprio addormentarsi: fummo costretti a fare a turno per tutta
la
nottata per cercare di farla dormire. Rimasero con noi anche Seth e
Leah, ma
loro riuscirono a riposare indisturbati. Certe volte avrei voluto
dormire, come
se ne avessi avuto veramente bisogno, anche se naturalmente non era
così. Io
non potevo essere stanca, non più. Forse era una delle poche
cose che
rimpiangevo della mia vita da umana: mi piaceva molto sognare infatti,
e quando
Renesmee mi mostrava i suoi pensieri a
modo suo ero ben felice di stare a guardarli. Per me era come
un tuffo nel
passato che mi permetteva di tornare a sognare.
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Capitolo 2 *** capitolo II ***
Secondo
capitolo.
Alice
finalmente era riuscita a capire di cosa si trattava la sorpresa a cui
lei si
riferiva da ormai una settimana circa. Ora aveva tutto chiaro davanti
agli
occhi perché avevamo allontanato Jacob e Nessie per un
pò da lei.
Un
ragazzo.
La
mia
sorpresa non era altro che un ragazzo.
Lo
stesso
di cui parlavano alcuni giorni prima a scuola. E così era un
maschio, ormai era
assicurato. Ed inoltre evidentemente avrebbe avuto a che fare proprio
con me.
Ma in che modo, mi chiedevo?
Quella
mattina
mi sentivo elettrizzata al massimo. Avevo paura di affrontare quella
nuova
giornata scolastica ricca di novità.
Fu
la prima
volta dal 1939 che, non so perché, ma ebbi la sensazione
come di arrossire al
solo pensiero e di sentirmi ribollire il sangue nelle vene, cosa
assolutamente
impossibile, naturalmente.
Era
da
quattro giorni che non andavo a caccia, ed era arrivato il momento di
farlo.
Avrei
dovuto sapermi mantenere concentrata per poter controllare la sete.
Dovevo
tenere sempre a mente che non ero ancora abituata a controllarmi
completamente
con gli umani. Proprio per questo dovevo essere sempre ben nutrita per
non
rischiare e cercare di alleviare la sofferenza.
Fu
proprio
per questo che decisi di rinviare l’incontro al giorno dopo
per poter andare a
caccia, e con mio grande sollievo Carlisle condivise la mia proposta:
in fondo
perdere un giorno di scuola era di gran lunga meno grave di una vita
spezzata.
Alice
non
era d’accordo con noi, lei aveva visto tutto, ed era sicura
che avrei saputo
controllarmi. Ma, ahimè, io non mi fidavo così
tanto dei miei sensi ancora
influenzabili.
Alla
fine
cedette anche lei, stranamente.
Dopo
che
tutti furono andati via, feci mangiare la piccola Renesmee e aiutai
Esme ad
innaffiare le piante nel balcone della sua camera non-da-letto.
Quando
fui
libera dagli impegni casalinghi mi inoltrai nella foresta per dedicarmi
alla
mia caccia.
Ero
da
sola, grazie al cielo.
Esme
aveva
insistito per accompagnarmi, ma io la convinsi che era meglio che
andassi per
conto mio; anche perché avevo le mie cose a cui pensare e
non le avrei prestato
attenzione. E poi non si poteva lasciare la bambina sola a casa, no?
Per
fortuna
l’ultima scusa la convinse definitivamente a lasciarmi
andare.
Meglio
per
Jacob se in quel momento non si era fatto vivo.
Nel
bosco
percepivo molti odori. Alcuni gradevoli, altri meno – come ad
esempio quello
dei miei amici licantropi. Sentivo i profumi dei vari animali, la terra
bagnata
e ogni tanto sentivo anche l’odore di Seth e Leah.
La
mia
attenzione fu catturata dalla dolce fragranza di un cervo, maschio,
all’interno
del suo numeroso branco.
Era
molto
stuzzicante.
Io
mi
libravo leggera tra gli alberi, ma l’odore si percepiva forte
in qualsiasi
direzione andassi. Decisi che in quel momento mi potevo accontentare
anche di
un semplice cervo, anche se io continuavo sempre a preferire gli orsi.
Mi
diressi ad est, dove il profumo era più forte.
Doveva
essere da quelle parti, infatti con la mia vista superacuta intravidi
il branco
da lontano.
Mi
appostai
sopra un albero, lì vicino. Vedevo cose che
l’occhio umano non avrebbe mai
potuto vedere: il sangue che scorreva nelle vene pulsanti del collo.
Mirai
con
estrema facilità e precisione, lì dove il sangue
si faceva più invitante e mi
lanciai con uno scatto repentino sulla mia vittima.
Infilzai
i
miei denti affilati e succhiai finché mi fu possibile, poi
non ancora
totalmente soddisfatta, abbandonata la mia preda esanime, mi concentrai
in
un’altra ricerca.
Questa
volta trovai quello che volevo: mi ero allontanata abbastanza per poter
trovare
quello che stavo realmente cercando.
L’orso
era
davanti a me e mi fronteggiava coraggioso. Non poteva sapere, poverino,
quello
gli sarebbe accaduto.
Il
combattimento ebbe inizio quando lo decisi io.
Mi
lanciai
improvvisamente su di lui, ma riuscì a difendersi colpendomi
sul bacino con una
zampa e facendomi cadere per terra.
Questo
non
avrebbe dovuto farlo.
Non
ne
rimasi ferita grazie alla mia pelle di marmo, ma non potevo comunque
sopportare
l’umiliazione. In questo forse ero molto simile ad Emmett,
d’altronde anche lui
preferiva gli orsi.
Il
duello
continuò e lui fino alla fine riuscì a tenermi
testa.
Era
proprio
tosto.
E
questo mi
piaceva.
Faceva
di
lui un ‘’degno avversario’’.
Una
caccia
troppo facile era anche noiosa.
Dopo
quasi
cinque minuti di “lotta” riuscii ad atterrarlo e
afferrarlo dal collo. Come era
stato con il cervo di poco prima, addentai il collo del grosso grizzly
infuriato, il primo ad avermi messa in difficoltà.
Aveva
un
profumo troppo invitante.
Non
riuscivo a sollevare la bocca.
Avevo
voglia di succhiare in eterno, anche perché il sapore e
l’odore del sangue
durante la caccia mi liberavano la mente dai pensieri. Mi distraeva
completamente,
e in quel momento ne sentivo il bisogno.
Purtroppo
per lui, però, ero più forte io.
Poteva
consolarlo il fatto di essere morto con onore, lottando con tutte le
forze fino
alla fine.
Per
me era
stato diverso: io mi ero letteralmente guadagnata
il mio cibo.
Dopo
quasi
un’ora che ero fuori per mangiare,
decisi che potevo tornare indietro veramente
soddisfatta della mia caccia.
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Capitolo 3 *** capitolo III ***
Terzo
capitolo.
Prima
o
poi avrei dovuto affrontarlo, no?
Tanto
valeva togliersi il pensiero, tanto cacciare avevo cacciato, e per il
resto era
tutto okay, o almeno credo.
Il
giorno dopo, come deciso, dovevo affrontare la situazione. La nottata
era stata
un vero incubo: tutto il tempo senza fare nulla. Guardavo il soffitto
seduta a
terra e pensavo.
Pensavo
alla mattina seguente. A quello che sarebbe potuto succedere, a quello
che
avrei potuto fare.
Secondo
Alice e Rose stavo affrontando la cosa in maniera troppo esagerata e mi
stavo
bagnando prima del dovuto.
In
effetti forse era così. Era solo una stupidaggine alla quale
stavo dando troppa
importanza. Il problema di fondo era un altro però: non
riuscivo a
convincermene io.
Era
una
cosa nuova per me, e mi spaventava. Soprattutto stando a quello che mi
aveva
detto Alice di aver visto: io e lui insieme. Insieme.
Si
potrebbe pensare “cosa c’è di
male?” , e lo condividerei anch’io qualora si
trattasse di esseri della stessa specie. Di ogni tipo.
Non
si
trattava, però, del mio caso. Io ero una vampira, tra
l’altro non da molto
vegetariana e quindi ancora molto pericolosa. E lui un fragile e
delicato
umano.
Come
potevo non essere sconvolta? Come
mi
chiedevo?
Quella
mattina non furono loro a lasciarmi a piedi. Lo decisi io stessa.
Avrei
cercato di scaricare tutta l’ansia accumulata in quegli
ultimi giorni con una
bella corsa.
Andavo
più veloce che mai.
Avrei
voluto
rallentare, perché andando troppo veloce sarei arrivata
prima e la corsa
sarebbe durata pochissimo e non avrei avuto il tempo per rilassarmi
abbastanza.
Ma
non
ci riuscivo.
L’unica
cosa che riuscivo a fare era muovere le gambe in maniera velocissima, e
non si
trattava nemmeno di un movimento volontario: era meccanico, automatico.
Come
unica opzione avevo quella di deviare un pò la strada per
cercare di allungare
il tragitto, ma arrivai presto comunque. Purtroppo.
Sentii
subito il nuovo compagno quando arrivò, poco dopo di me.
Aveva un profumo
diverso da quello degli altri, decisamente più gradevole.
La
tensione che ero riuscita a liquidare correndo a perdifiato –
se solo l’avessi
avuto – ritornò improvvisamente quando lo trovai
con lo sguardo.
Non
poteva essere. Era troppo per i miei limiti.
Era
bellissimo.
Come
il
suo profumo che sapeva di the bianco.
Un
corpo
perfetto, alto e snello. Un viso bruno faceva da cornice ad
un’espressione
dolce e delicata. I capelli neri, un po’ mossi, gli cadevano
morbidi sugli
occhi azzurro mare.
La
sua
carnagione abbronzata lo faceva sembrare fratello di Jake, con la
differenza
che lui non era sicuramente
indiano.
Inaspettatamente
mi accorsi che mi stava guardando. E se non avevo visto
male… Mi stava
sorridendo? Per forza, dovevo avere una faccia da stupida. Cercai di
distogliere subito lo sguardo, non mi andava di mantenere
quell’espressione
inebetita.
Mi
si
avvicinarono Alice e Edward, entrambi con un messaggio di conforto.
<<
Tranquilla Grace, starete bene
insieme. >> mi assicurò l’una,
peggiorando ulteriormente la situazione
dentro di me.
<<
Già gli piaci sorellina! Non puoi
immaginare cosa abbia pensato di te. >> mi disse
l’altro.
<< Ah.
>> fu l’unica cosa che
riuscii a pronunciare.
Che
cosa
poteva aver pensato? “Che faccia da idiota che ha
quella!”. Ecco cosa.
Wow.
Niente
male come inizio.
Mio
fratello, avendomi letto nel pensiero – che brutta abitudine
– ricominciò a
tranquillizzarmi: << Non è proprio questo
quello che ha pensato. In
realtà, ehm… già ti trova…
come dire? Bellissima. Anzi stupenda,
per usare il suo stesso termine >>
<<
Ma… Ma davvero? >> domandai
incredula, ma con un tono sarcastico.
<< Adora le
tue lentiggini e i tuoi
boccoli rossi, per non parlare degli occhi dorati, quelli
proprio… >>
<< Okay!
Basta così. Hai già detto abbastanza.
>> risi imbarazzata, ma dentro di me governava una
sensazione
lusinghiera.
Bene,
se
non altro buona parte delle mie preoccupazioni erano infondate; Alice
aveva
avuto ragione – di nuovo – e… 1 a
0 per lei.
Per
ora.
Quasi
mi
ero dimenticata di essere a scuola. Ero completamente immersa nei miei
pensieri.
Adesso
la prima parte della missione era finita e devo dire che tutto sommato
era
andata bene, a parte quel piccolo inconveniente letteralmente da
dimenticare.
Tuttavia era normale per me. Era normale che io facessi brutte figure,
soprattutto in momenti importanti – come questo, appunto.
Se
mai
avessi dovuto fare qualche provino e avessero dovuto chiedermi:
<<
Talento naturale? >> la risposta sarebbe stata:
<< Fare pessime figure. >>
Dovevo
tornare alla realtà: le lezioni erano ufficialmente iniziate
pure quella
mattina.
Jasper,
Rose, Emmett e io avevamo la stessa lezione alla prima ora: inglese.
Mentre
Bella ed Edward andavano alla famosa lezione di biologia. Alice,
invece, a
lezione di ginnastica: prove per il ballo di Natale.
Il
professore parlava, e io ascoltavo due parole sì e dieci no.
Entrati nell’aula
successiva, io e i miei fratelli ci guardammo: il profumo era intenso,
inconfondibile. Come lo era prima quello di Bella. Lui
si
voltò per caso e i
nostri sguardi si incrociarono.
Improvvisamente
lo sconosciuto mi fece segno di avvicinarmi.
Cosa
dovevo fare? Accettare o rifiutare?
La
mia
espressione doveva essere molto eloquente, perché tutti e
tre i miei fratelli
mi guardarono con uno sguardo di incoraggiamento.
Alla
fine intervenne Jasper, che mi mise l’umore a posto.
<< Grazie
Jazz, ci voleva proprio.
>> gli sorrisi riconoscente e anche sollevata, come se
avessi bevuto dopo
ore e ore di astinenza.
Quando
c’era Jasper con me, io affrontavo le cose in maniera diversa
da come le avrei
potute affrontare se non ci fosse stato.
Sotto
questo punto di vista gli sono stata sempre debitrice. E lui lo sapeva.
Decisi
di sedermi accanto a lui, ma più mi avvicinavo
più me ne pentivo. Certo però
non potevo tirarmi indietro. Che figura ci avrei fatto? Sicuramente non bella. E per quel giorno
ne avevo fatte
abbastanza.
Era
inimmaginabile quanto fossero belli i suoi occhi da vicino: sembravano
pezzi di
mare rubati all’oceano nei quali ci si poteva tuffare senza
paura di farsi
male, perché profondissimi. Ma la cosa incredibile era che
non solo erano di
una bellezza inaudita, ma anche di un’infinita
espressività.
Pur
non
essendo Edward, infatti, avrei potuto dire esattamente di che umore
fosse.
In
quel
momento era sicuramente emozionato, imbarazzato e incredulo. Il motivo?
Ero
sicuramente io, stando a quello che mi aveva detto mio fratello.
Avevo
accettato di avvicinarmi a lui, ma non volevo essere io a fare la prima
mossa,
quindi, dopo essermi seduta, rimasi in silenzio ad aspettare.
§*§*§*RINGRAZIAMENTI*§*§*§
Prima
di chiudere volevo ringraziare cullengirl, Laura_Black,
e fracullen per aver recensito i primi
due capitoli della mia storia.
Inoltre
volevo ringraziare anche aras95, bella95 digghi e
Laura_Black per avere messo la fic tra i preferiti.
E
ovviamente un enorme grazie va anche a tutti quelli che hanno
semplicemente perso parte del loro preziosissimo tempo per leggere.
Grazie
mille a tutti!!
Prongsina..
PS:
un
bacio alla mia Ciocianna Munafoica!!
|
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Capitolo 4 *** capitolo IV ***
Allora
signori e signore, siccome per motivi
tecnici ci ho messo semplicemente una vita ad aggiornare, ho deciso che
ne
pubblicherò due in una volta. Spero che vi
piacciano… :)
Buona
lettura…
Prongsina….
Quarto
capitolo:
<<
Ciao, sono Mirko, quello nuovo. Tu chi sei? >> una voce
calda e sensuale
mi accarezzò l’orecchio.
<<
Parli con me? >> chiesi super imbarazzata. Essere una
vampira era
conveniente in casi come questo, perché non avrei potuto
diventare rossa.
Fortunatamente! Altrimenti avrei fatto concorrenza a un peperone.
Quando
mi voltai mi accorsi che lui mi stava
fissando, chissà da quanto tempo. Con la coda
dell’occhio mi resi anche conto
che mi stava porgendo una mano. Feci finta di non accorgermene. Non ero
ancora
“attrezzata” per spingermi così oltre.
<<
Mi chiamo Grace e … non sono nuova. >>
azzardai, cercando di essere
spiritosa.
Probabilmente
ci riuscii, perché alla mia battuta
seguì una sua risata.
Forse
forzata.
Forse
no.
Aveva
uno sguardo così tenerone che mi veniva
voglia di strapazzarlo di coccole.
Ma
ovviamente non potevo farlo.
Nonostante
ciò ero molto tesa e concentrata. Temevo
che lui potesse accorgersi del mio strano atteggiamento. Come avrei
potuto
giustificarlo?
Ricominciò
a parlarmi, ma, onestamente, non ero
molto attenta a quello che mi diceva.
<<
Nell’altra scuola siamo rimasti indietro col programma.
Potresti prestarmi i
tuoi appunti? >>
<<
Certo Mike… >>
<<
Mirko. >>
<<
Come? >>
<<
Mirko, mi chiamo Mirko, non Mike, Grace.
>>
<<
Sì, giusto, Mirko.
>> risi
forzatamente e terribilmente invasa dalla vergogna.
Lui
si era ricordato subito il mio nome e io no.
In
più me lo aveva fatto notare rimarcando il mio
nome, facendomelo pesare un po’.
Uffa.
<<
Potresti anche aiutarmi tu, no? Così recupero prima e te li
restituisco prima.
>> sorrise affettuosamente.
Come
potevo dire di no ad un viso così dolce?
-
Edward so che mi stai ascoltando. Non osare
ricattarmi con questa frase. –
<<
Va – va bene, quando vuoi tu. >> ricambiai il
sorriso cercando di essere
al suo pari, ma nonostante il mio fascino da vampira, mi
sembrò impossibile.
<<
Puoi venire oggi pomeriggio a casa mia, sempre se ti va.
>>
Cosa?
A casa sua?
Assolutamente
no.
Già
era difficile trattenersi solo con lui,
figurarsi con tutta l’allegra famigliola.
<<
Preferirei che ci vedessimo in biblioteca. Molti dei miei appunti
inoltre sono
già lì, e… >> che scusa
banale.
<<
Okay, come preferisci, allora a oggi pomeriggio, in biblioteca
– all’apertura –
mi raccomando! >> si alzò e andò
via, palesemente entusiasta, senza
lasciare spazio a eventuali ripensamenti.
La
lezione era finita. E per fortuna anche l’intera
giornata scolastica.
Mi
avvicinai ai miei fratelli per informarli del
mio impegno pomeridiano.
<<
Sappiamo già tutto. >> dissero tutti e sei
all’unisono.
Mi
voltai verso Alice ed Edward, stavolta con
sguardo riconoscente. Un po’ mi vergognavo a raccontare la
nostra
conversazione.
Soprattutto
quel piccolo particolare che
conoscevamo solo io ed Eddy.
Mi
avvicinai a Jasper per ringraziarlo del suo
intervanto costante. L’avevo sentito avvicinarsi durante la
lezione, e
ovviamente mi fu molto d’aiuto.
Tornammo
a casa e stavolta Carlisle era già lì.
Parlammo
tutto il tempo del mio appuntamento.
Appuntamento.
Appuntamento. Continuavo a ripetermi
la stessa parola nella testa, e ogni volta mi faceva sempre
più impressione.
<<
Potresti cambiare parola, Grace? Sei noiosa e anche un po’
snervante. >>
mi “rimproverò” Edward.
<<
E a te chi ti dice di leggermi la
mente? Ben ti sta. >> gli feci la linguaccia e scappai.
Edward,
come mi aspettavo, mi rincorse per tutta la
foresta.
Correvamo
velocissimi.
Come
due saette.
Nonostante
lui fosse più veloce di me, riuscii a
tenergli testa per un po’ utilizzando la mia
agilità, cambiando spesso e
improvvisamente direzione.
Cercavo
naturalmente di agire d’istinto per non
permettergli di conoscere tramite i miei pensieri la mia nuova meta.
Mi
distrassi per appena un secondo e lui riuscì a
recuperarmi.
Mi
si buttò di sopra e “lottammo” per un
po’. Io mi
divertivo un mondo a giocare al combattimento con Edward, Emmett e
Jasper.
Soprattutto con Em.
Rotolavamo
sull’erba come dei cuccioli di orso.
Ora
ero in vantaggio io.
Ora
lui.
Ora
io.
Ora
lui.
<<
Okay. Mi arrendo! Mi arrendo! >> esclamai con una
fragorosa risata. La
mia eco continuò a risuonare per qualche secondo tra gli
alberi.
Con
le mie orecchie riuscii ad udirla mentre si
allontanava, fino a scomparire.
<<
Chi è il più forte? >> mi ripeteva
Edward mentre tornavamo a casa.
<<
Tu, fratellino. Tu ovviamente.
>>
una
volta arrivati trovammo Jacob che giocava con
Nessie.
<<
Buon pomeriggio ragazzi. >> ci salutò,
<< spero che vi siate
divertiti… >>
<<
Sì, eccome! Ci siamo divertiti da morire! >>
risposi io e automaticamente
gli diedi un pugno sul braccio destro.
<<
Mi fa piacere per voi. Sapete, io stavo dormendo, ma sono stato
svegliato da
dei rumori fortissimi. Come dei tuoni, a ciel sereno però.
>> ci guardò
con fare accusatorio, poi vedendo che non avevamo afferrato il suo
messaggio,
continuò << insomma, fate più piano
la prossima volta. >> e allargò
le braccia stufo.
<<
Oh, scusaci Jake. Non sapevamo che stessi dormendo. >>
disse Edward
mortificato.
<<
Colpa mia. >> confessai alzando una mano e abbassando la
testa.
Jacob
ci scusò, infondo non era veramente
arrabbiato per come voleva dimostrare. Subito dopo i ragazzi si misero
alla TV
per guardare la partita di Baseball.
Esme
e Carlisle stavano cucinando il pranzo a
Jacob, Seth e Leah.
Bella,
Alice e Rose stavano giocando con Nessie.
Io
ero al computer per scrivere le mie storie.
Guardai
l’orologio in basso al monitor.
Erano
le 16:40.
Io e Mirko ci saremmo visti in biblioteca alle 17:00,
perché
prima di quell’ora era ancora chiusa.
Mi
alzai dalla scrivania e andai da Jazz. Dovevo
chiedergli un favore.
<<
Jasper scusa, dovrei parlare con te. >>
Lui
si voltò verso di me e mi interrogò con lo
sguardo. Poi si alzò e mi seguì in garage.
<<
Dimmi Grace. Che succede? >>
<<
Nulla di particolare, Jazz. >> gli mentii,
<< ho solo bisogno del
tuo aiuto. >> stavolta fui più sincera.
<<
Cosa posso fare per te? >> mi chiese preoccupato.
<<
Vorrei che venissi con me all’appuntamento. >>
non persi tempo con giri
di parole.
<<
Cosa? E perché? >>
<<
Molto sinceramente, Jasper, io non mi fido a stare da sola con lui. Non
ancora.
>>
<<
E
io che dovrei fare? >>
<<
Quello che hai sempre fatto per me senza che te lo chiedessi. Stavolta
però
sono costretta a farlo, sono io a chiedertelo. Ti prego. Ti prego. Ti
prego.
>> lo implorai.
<<
Ma come faccio? Lui si chiederà perché sono con
voi, no? Lui vuole stare solo con
te. >>
<<
Lo so, lo so. Infatti tu non starai con noi. Non esattamente, almeno.
Per
favore Jasper non si tratta di una situazione normale. Noi siamo diversi. Io sono
diversa, e lui potrebbe
essere in pericolo con me. Non voglio essere tragica, ma è
una questione di
vita o di morte. >> cominciai ad essere più
specifica, più chiara.
<<
Ti giuro che non riesco a starti dietro. Cosa dovrei fare allora? Dove
starò?
>>
<<
Starai a qualche scrivania di distanza, farai finta di studiare o di
leggere e
controllerai le mie emozioni. Okay? Tutto chiaro? >>
<<
Sì, tutto chiaro. >>
<<
Allora? Affare fatto? >>
<<
Affare fatto. >>
_______________O°°*°°O__________________O°°*°°O___________
Grazie
mille a tutti quelli che stanno seguendo la
storia e che stanno lasciando recensioni!!!
Siete
la mia forza!!
Vi
voglio bene a tutti!! :) :) :)
|
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Capitolo 5 *** capitolo V ***
Et
voilà! Come promesso ecco
a voi il 5 capitolo della mia bellissima (si fa per dire) FF!!
Buona
lettura!
Prongsina…
Quinto
capitolo:
L’ora
“X” era quasi arrivata.
Erano
le 16:55 e io e Jasper partimmo alla volta della nostra
meta. Più mia che
sua, veramente.
Partimmo
insieme, ma poi lo superai per l’eccitazione.
Mio
fratello mi lasciò fare.
Dopo
pochi minuti, quando arrivammo, lui era
già lì che mi aspettava. Jasper mi fece
l’occhiolino come
segnale d’incoraggiamento ed entrò con
disinvoltura in biblioteca.
Io
e Mirko ci salutammo cordialmente, ma badai a non farmi
baciare la guancia. La nostra differenza termica era troppo evidente e
sicuramente l’avrebbe notata.
Da
casa avevo portato dei guanti, cosicché non potesse
sospettare niente a causa della mia pelle superfredda a contatto con la
sua. Un
bacio lo potevo evitare, ma una stretta di mano no.
Entrammo
subito perché lui aveva freddo e io… e io finsi
di
sentirne come lui. In effetti era una brutta giornata e sicuramente se
non
fossi stata quello che ero avrei sentito molto freddo. Non potevo
percepire le
sensazioni come le percepivo da umana, ma sentivo l’aria
frizzante che mi
accarezzava il viso.
Cominciammo
subito a studiare. Senza perder tempo. Vedere Jazz,
sempre, in lontananza mi faceva stare più tranquilla: il
piano stava
funzionando alla grande. Lo sapevo che mi sarebbe stato indispensabile!
Non
voglio pensare a cosa sarebbe potuto accadere se non ci fosse stato lui
con
noi.
Dopo
la mia “lezione” mi invitò a fare una
passeggiata con lui,
per prendere un gelato. Cercai di giustificarmi con la scusa di una
dieta
rigidissima che stavo seguendo, ma lui non volle sentire ragioni.
Mi
disse che ero abbastanza magra da potermelo permettere, e
anzi mi trovava piuttosto pallida e secondo lui un pò di
zucchero mi avrebbe
fatto sicuramente bene.
A
questo punto non sapevo che fare. Le possibilità erano due:
o
gli dicevo la verità riguardo la mia particolarità,
rischiando che lui cominciasse inutilmente a scappare a gambe
levate,
oppure facevo un piccolo sacrificio per una volta e andavo a mangiare
quel
maledetto gelato con lui.
Optai
per la seconda.
Era
di gran lunga la decisione più saggia, anche se la
più
scomoda.
Certo,
dirgli una volta per tutte la verità sarebbe stato
più
semplice, anche perché mi avrebbe evitato un sacco di disagi
successivi, ma non
sarebbe stata la scelta più giusta. Anche perché
non potevo conoscere la sua
reazione. Chi mi assicurava che l’avrebbe presa bene come
Bella, o se, al
contrario, per la paura lo avrebbe sbandierato ai quattro venti? Per
ora era
meglio non rischiare. D’altronde lo conoscevo appena, poi
più in là se ne
sarebbe parlato.
<<
Va bene,
andiamo. >> improvvisai un sorriso timido. Avevo
formulato tutti i miei
pensieri in una frazione di secondo, così lui non
notò la mia pausa, per
fortuna.
<<
Oh, ti sei
decisa. Menomale! >> lui era assolutamente più
sincero di me.
<<
Vado un attimo
al bagno, ti spiace? >> gli domandai, sforzandomi di
essere il più
credibile possibile.
<<
Certo. Va’
pure. Io ti aspetto fuori. >> speravo che lo dicesse. Non
volevo che mi
vedesse parlare con Jasper. Ancora non si era accorto di lui e in quel
modo
avrei solo attirato la sua attenzione su di lui. E ciò
significava che il piano
saltava completamente.
Mirko
si diresse verso la porta d’entrata della biblioteca e non
appena fui del tutto sicura che lui non potesse vedermi andai subito da
mio
fratello.
<<
Jasper, mi
vuole portare al bar a prendere un gelato, io avevo detto di no, ma lui
ha
insistito e non ho potuto più rifiutare. Cosa faccio?
>>
<<
Beh, vai no?
Perché cosa vorresti fare? >>
<<
Non lo so. tu
ci seguirai, vero? Ho paura a stare da sola con lui, lo sai.
>>
<<
Come vengo?
Una cosa è in biblioteca, un’altra è al
bar. Due coincidenze in una volta mi
sembrano difficili nel calcolo delle probabilità. Abbi
fiducia in te stessa e
andrà tutto bene, vedrai. Piuttosto, non ti ha detto niente
di me? >>
<<
No, credo
proprio che non ti abbia visto, quindi potresti pure venire con
noi… >>
lo implorai con lo sguardo.
<<
Vediamo…
>>
<<
Ricordati che
lo saprò… >> e mi toccai prima la
punta del naso e poi le orecchie con un
dito, << Ti racconto meglio dopo, comunque. Ora devo
andare. Gli ho detto
che dovevo andare in bagno. >> gli baciai la guancia e
scappai.
<<
Non riuscivo a
trovare il sapone per lavarmi le mani, scusami se ti ho fatto aspettare
molto.
>> mi giustificai mentre uscivo e mi richiudevo la porta
alle spalle.
Mi
sorrise e mi strinse alla vita con un braccio.
Io
ebbi un fremito di terrore, che lui interpretò come un
brivido di freddo. Mi diede il suo cappotto da mettere sulle spalle. Il
suo
profumo mi invase tutta in un secondo. Dovevo fare come mi aveva detto
Jasper:
dovevo stare calma e dovevo avere fiducia in me stessa, e tutto sarebbe
andato
per il verso giusto.
Cercai
di essere più sciolta possibile così da non
permettere
che si accorgesse della mia super forza. Mi lasciai guidare
delicatamente dal
suo braccio che mi avvolgeva la vita.
Dopo
pochi passi mi voltai verso la biblioteca sicura che Jasper
mi potesse vedere, e gli lanciai uno sguardo pieno di significati:
paura,
ansia, preghiera, ecc…
La
cosa era più pericolosa di quanto mi aspettassi.
|
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Capitolo 6 *** :( ***
Raga
che delusione…
Pensavo
che potesse piacere,
ed invece non è stato così… a questo
punto non so davvero se continuare o no…
tanto per chi? Nessuno la gradisce… sigh...
Non
c’è cosa peggiore per una
che scrive: vedere che i lettori non gradiscono ciò che si
è scritto con tanto
impegno ed entusiasmo. Come nel mio caso.
Probabilmente
pubblicherò gli
altri capitoli che ho già scritto (tanto sono 2) e poi
basta, non scriverò più
nulla. Mi limiterò ad essere una semplice lettrice.
Se
ci fosse anche una sola
persona a cui piace e che vorrebbe che la continuassi, io sarei ben
contenta di
farlo.
Buona
giornata a tutti…
Con
tanta, tanta, tanta,
tanta, tristezza…
Prongsina…
|
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Capitolo 7 *** capitolo VI ***
Sesto
capitolo:
<<
Non sto
scherzando Jazz. Te ne sarò infinitamente grata.
>> ringraziai il mio
salvatore per aver evitato per l’ennesima volta che accadesse
una catastrofe.
<<
Ma non ho
fatto niente stavolta, Grace. >>
<<
Su, andiamo.
Non essere modesto. >> sbuffò e
gettò la spugna.
Competere
nelle discussioni con me era come quando lo si faceva
con Alice: era praticamente inutile.
Quando
arrivammo, la nostra casa mi sembrò stranamente
più
accogliente del solito.
Com’era
quel vecchio detto? Ah, sì. “Casa, dolce
casa.”
Mai
un’affermazione fu più azzeccata.
Mentre
ero con Mirko, per la prima volta, non vedevo l’ora di
tornare a casa. Mi sentivo così in imbarazzo che sentivo il
bisogno di un posto
confortevole, che mi facesse sentire a mio agio. E quale posto era
migliore di
casa mia?
Cercai
di scrollarmi quelle strane sensazioni di dosso come se
cercassi di liberarmi da una morsa d’acciaio. Mi resi conto
che forse l’unico
modo per evadere da quegli stati d’animo era scrivere un
altro episodio della
mia vita, e pubblicarlo per i miei ingenui ammiratori.
In
quel momento pensare che avrei potuto fare fuori tutti i
lettori del mondo in un solo paio di secondi mi fece sentire
invincibile.
Come
se ce ne fosse stato bisogno. Certo che ero invincibile
rispetto a loro. Al solo pensiero potevo sentire il sapore del loro
sangue
sulla lingua e i loro profumi risalirmi, su, per le narici.
Erano
sapori e odori buoni quasi come quelli di Mirko…
Il
pensiero si stava facendo insopportabile, insostenibile.
Alice
mi fece tornare alla realtà.
<<
Tutto bene?
>> mi chiese.
<<
Sì, tutto
okay. Stavo solo riflettendo. >>
<<
Lo so.
>> si intromise Edward. << Non devi pensare
queste cose. Sei
vegetariana da ancora troppo poco tempo per poterlo fare. Cerca di non
pensarci
più su. >>
<<
D’accordo…
>> bisbigliai fra le labbra.
<<
Tuo fratello
ha ragione. Non occorre pensare a queste cose per un motivo
così banale.
>> sentenziò con voce saggia Carlisle.
Io
chinai il capo, mortificata per ciò che avevo pensato. Mi
sentivo
umiliata e in colpa, ma non capivo che cosa avessi mai fatto di
così grave.
Erano solo dei pensieri.
Tutto
qua.
Cosa
c’era di male?
Nel
pronunciare queste parole nella mia mente, mi resi conto che
mi sbagliavo. La mia famiglia aveva ragione.
Quelli
non erano dei semplici pensieri. Per me che ero da così
poco tempo vegetariana, potevano essere una fonte di distrazione o, per
meglio
dire, di tentazione.
I
miei sensi erano ancora troppo influenzabili e le tentazioni
andavano tenute lontane.
Io
che chiedevo a
Jasper di controllarmi, non appena lui abbassava la guardia io ne
approfittavo
per auto-stuzzicarmi? Non era assolutamente un atteggiamento maturo.
Improvvisamente
mi ritrovai a ripensare a Mirko, il che proprio
in quel momento non era
consigliabile.
Dato
che Renesmee dormiva, decisi che mi sarei davvero dedicata
alla scrittura. Stavolta, però, concentrandomi sulle storie
e non sui lettori……
“Mi
ricordo
perfettamente quella nottata.
Erano
le 3:15 am del
giorno 18 Ottobre 1939.
Mia
madre stava in
un istituto a causa di una strana malattia molto comune a quel tempo.
Era nota
come “tubercolosi”.
Stavo
tornando a
casa, a piedi, dopo averle portato da mangiare; era uno di quegli
istituti
economici dove non portavano cibo, e dove ti offrivano solo un letto
per
dormire e le cure necessarie. Le strade non erano molto illuminate,
anzi erano
quasi completamente buie.
Era
da qualche
minuto che sentivo strani rumori intorno a me. Continuavo a camminare
guardandomi inutilmente le spalle, ignara di
quello che mi capitava intorno.
Ogni
tanto sentivo
venire dal buio che mi circondava risate alquanto inquietanti.
Sembravano
appartenere a due persone diverse.
Dopo
aver guardato
bene dietro di me, accelerai il passo: volevo arrivare a casa il prima
possibile.
Improvvisamente
un
urlo squarciò l’atmosfera, contemporaneamente un
fulmine spaccò a metà il cielo
nero come la pece.
Cominciò
a piovere,
ed io, invece di accelerare verso casa, andai in cerca della persona
che in
quel momento stava agonizzando.
Cominciai
a correre.
Il lamento veniva da una traversa che ormai mi era vicina. Quando mi
inoltrai
nella stradina, mi resi conto che si trattava di un vicolo cieco.
Era
lì.
La
persona che stavo
cercando, la persona che aveva bisogno di aiuto era proprio
lì.
Ora
che ero più vicina
mi resi conto di quanto stesse soffrendo. Da quella distanza riuscii
anche a
capire chi fosse: era una ragazza alta, bionda, chiara di carnagione,
di
giovane età, forse mia coetanea.
Indossava
al collo
una catenina con un ciondolo che portava una breve scritta.
Sembrava
un nome. Mi
avvicinai e lessi “Marlene”.
<<
Marlene, che ti è successo? Sta
tranquilla, sono qui per aiutarti… >> tentai
di tranquillizzarla.
Cercai
di vedere se
attorno al suo corpo vi erano armi come un coltello, o vetri o un
bastone: non
trovai niente.
Ritornai
vicino a
lei per calmarla.
Si
contorceva come
se fosse in preda a delle convulsioni, e continuava a gridare a
squarciagola.
<<
Aiuto! >> gridai, <<
Aiuto! >>
<<
Non serve che tu gridi. Non può
fare niente nessuno. Tra poco sarà come me. >>
la risata di poco prima
riecheggiò nella notte.
<<
Cosa vorrebbe dire? Signore
dobbiamo aiutarla! Portiamola via, c’è un ospedale
qui vicino… >>.
<<
Non è necessario. >> mi
rispose dall’oscurità l’altra voce.
A
questo punto fui
sicura che fossero due persone diverse: un uomo e una donna,
più esattamente.
<<
La guardi! Rischia di morire!
>> insistetti, indicandola.
<<
Non morirà. Ho detto che a breve
diventerà come noi. >>
tornò
a dire la
prima voce, quella maschile.
Improvvisamente
capii
cosa volessero dire i due tizi misteriosi. Con
un gesto automatico mi voltai verso
Marlene, che ancora si dimenava per il dolore.
Le
spostai la mano
dalla gamba, cosa che non avevo pensato di fare prima. Rimasi a bocca
aperta,
sbalordita.
Adesso
capivo i
discorsi ambigui di quei due signori.
Non
potevo credere
ai miei occhi: erano davvero morsi quelli che vedevo?
Avevo
letto qualcosa
a riguardo, ma non lo credevo possibile, fino ad allora, almeno.
Volevo
scappare.
I
muscoli non
rispondevano a miei comandi.
Con
mia enorme
sorpresa i due signori se ne erano improvvisamente andati.
Approfittai
della
situazione e cominciai a correre. Piangevo per la ragazza che non avevo
potuto
aiutare, e piangevo per me, per la mia famiglia, per mia madre che
stava
morendo e che aveva solo me ad accudirla. Avevo paura che mi potesse
succedere
qualcosa.
Mentre
correvo più
veloce che potevo, i due soggetti di prima mi piombarono
improvvisamente
addosso facendomi cadere a terra.
Cercai
di rialzarmi
subito.
Non
appena fui in
piedi mi resi conto che loro mi guardavano poco distanti da me. Mi
sembrò di
vederli conversare muovendo le labbra impercettibilmente, ma non ne fui
sicura.
La pioggia non mi permetteva di vedere bene. Ripresi allora la mia
corsa contro
la morte. Fu allora che capii che i miei
“avversari” mi lasciavano correre per
qualche metro solo per il piacere sadico di darmi l’illusione
di una possibile
via di scampo, di una salvezza.
Non
sapevo allora se
correre o fermarmi, tanto per non dargli la soddisfazione di prendersi
gioco di
me.
Comunque
fosse, i
due mi raggiunsero in meno di un secondo. Io ricaddi per terra. Mi
sentivo una
stupida: non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi. Scivolavo sulla
strada
bagnata.
Questa
volta non mi
diedero scampo. Ricordo solo che vidi per la prima volta i loro pallidi
volti
sul mio corpo, poi… il vuoto, buio.
L’unica
cosa che mi
rimase impressa nella mente di ciò che accadde dopo fu il
bruciore che mi
invase tutta.
Gridavo.
Gridavo
e mi
contorcevo per il dolore.
<<
Spegnetele! Spegnete le fiamme!
>> continuavo ad urlare.
E
loro? Ridevano
compiaciuti del loro operato.
Intanto
le fiamme si
facevano più vive, come i loro occhi rosso porpora, e io mi
sentivo mancare il
respiro.
Il
cuore batteva
all’impazzata. TUM TUM.
Mi
guardavo le mani
e le vedevo bruciare. Volevo solo morire, qualsiasi cosa era
più sopportabile
di quel dolore. TUM TUM.
Vedevo
la strada
ricoperta dalle fiamme e nel silenzio della notte sentivo solo le mie
urla e
quelle di Marlene, sempre più in lontananza. TUM TUM.
La
pioggia, che
avrebbe dovuto regalarmi sensazioni di sollievo, invece non fece altro
che
accrescere la mia sofferenza. Le gocce al contatto con la mia pelle mi
sembravano lingue di fuoco ardenti.
Il
mio cuore
continuò ad accelerare, finché non si
fermò definitivamente. TUM.
Mi
ci volle un po’
prima di capire che il fuoco che vedevo intorno a me in
realtà non c’era, ma
che era tutto merito dei miei nuovi occhi.
Mi
ci volle un po’
prima di capire che oramai non esisteva più la Grace di una
volta; e anche se
continuavo a contorcermi e a urlare per il dolore sapevo che oramai era
nata
un’altra me: Grace la vampira.''
***Oo°°oOo°°oOo°°oOo°°oOo°°oO***
Lo
so, avete ragione ragazzi... scusate il ritardo è che non ho
avuto molto tempo per ricopiare il capitolo. Spero comunque che vi
piaccia,
così mi perdonerete...
Passiamo
a una cosa importante… i ringraziamenti.
Mi
spettano di dovere.
Un
infinito “grazie” a S1lv1a, BellaCullen88,
Edward_cullen e
Laura_Black per aver recensito gli ultimi chappy.
Un
altro “grazie” va a tutti coloro che hanno messo la
storia
tra i preferiti, ovvero:
1
- aras95
2
- bella95
3 - debblovers
4
- giulietta93
5 - Laura_Black
6
- lidiacullen
7 - _VampirE_CulleN_
Un
altro “grazie” va a quelli che l’hanno
aggiunta tra le storie
seguite: saskia79
e _VampirE_CulleN_.
Un
ultimo grazie generale a tutti quelli che hanno
semplicemente
letto!
Un bacioooooo! :*
|
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Capitolo 8 *** i'm back! ***
ragazzi... sono resuscitata! :) scusate, ho avuto un inferno, ma non mi sono dimenticata di voi! ora pubblico un altro capitolooooooo! che ovviamente spero vi piaccia! :) fatemi sapere cosa ne pensate! |
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Capitolo 9 *** capitolo VII ***
Continuammo a “frequentarci” per un po’ di tempo, ed io mi sentivo in qualche modo affezionata a lui.
E, anzi, addirittura non sentivo neanche più il bisogno di avere sempre Jasper con me quando ero con lui.
Un giorno, dopo che avevamo finito di studiare per le lezioni del giorno seguente, ci trovammo a parlare del più e del meno.
Non so esattamente cosa mi spinse a pensare che quello potesse essere il momento giusto per approfondire l’argomento “me”.
<< Facciamo un gioco? >> gli chiesi riprendendomi da una risata.
<< Spara pure, sentiamo… >>
<< Se dovessi paragonarmi ad una creatura mitologica, quale sceglieresti a rappresentarmi? >> gli domandai, fingendo interesse innocente.
<< Beh, non saprei. Considerando che sei davvero bellissima… forse a una Sirena. Sì, credo proprio che tu potresti essere una Sirena. E tu? >>
<< Io? A te? Non saprei proprio… >>
<< Dai prova! Concentrati un po’! >> mi esortò entusiasta del mio stupido gioco.
<< Vediamo… Fammi pensare… Alla vittima della Sirena? >> dissi sorridendo, ma seria. Se avesse saputo la verità sul mio conto sicuramente
avrebbe afferrato il doppio senso.
<< Davvero simpatica, Grace. Credo di aver colto la battuta. >>
Ovvio che non era così. Lui non sapeva nulla su di me.
Non ancora.
<< Davvero? Ottimo segno. Vuol dire che mi è riuscita. >> affermai nervosamente.
<< Speravo che non fosse così palese la cotta che mi sono preso per te. Ma evidentemente non è così. >> confidò timidamente,
grattandosi dietro la nuca.
Feci finta di non sentire.
<< Sai Mirko, sento di potermi fidare di te… >> cominciai con un’esplosione di coraggio.
<< Certo che puoi. >> mi assicurò lui, con un improvviso cambio d’espressione.
<< Vorrei confidarti un mio grandissimo, enorme segreto. Ma ho paura. >>
<< Non temere, non sarai criticata. Non da me, promesso! >>
<< Non ho paura di essere criticata, temo una tua possibile reazione negativa. >>
<< Posso credere che sia così grave? >>
<< Sai non è stato un caso che io ti abbia chiesto di fare quel gioco insensato. >>
<< Non dirmi che sei veramente una Sirena! >> mi schernì lui.
<< Non proprio… >> ammisi imbarazzatissima.
<< Che vuol dire “Non proprio”? non sarai mica una creatura mitologica sul serio?! >>
<< Veramente sì… >> tossii tra le labbra.
<< Come? Non ho capito. Potresti essere più chiara? >>
<< Veramente sì. >> affermai, stavolta più decisa.
<< S-sì? Sì che lo sei? O sì che lo ripeti? >> le parole gli uscirono dalla bocca tremando.
<< Sì che lo sono. >> dissi a testa bassa.
<< E cosa saresti esattamente? >> mi domandò ancora più sconvolto di prima.
<< Un Vampiro. >> dissi secca e sicura di me.
Forse.
Pensai che se avessi dimostrato sicurezza lui si sarebbe fidato e si sarebbe sentito a sua volta sicuro al mio fianco.
Ma mi fu abbastanza evidente che mi sbagliavo.
<< Un Vam-vampiro? >>
<< Già. Ma non sono pericolosa! >> cercai di rimediare, la sua espressione me la diceva lunga, << non ti farei del male. Mai.
Per nessun motivo al mondo. >>
improvvisamente Mirko sbiancò in viso, quasi quanto me, e cadde a terra privo di sensi.
<< Oh mio Dio! Carlisle, Esme! Vi prego, venite. È svenuto… >>
in un attimo i miei genitori furono accanto a me nella stanza.
Eravamo a casa mia, infatti.
Era da un paio di giorni che veniva qui. Da quando, dopo la prima volta, si era trovato bene con noi. Soprattutto per gli
squisiti pranzetti di mia madre.
<< Come svenuto? >> domandò apprensiva Esme.
<< Sì… beh! Colpa mia. Gli ho rivelato quello che sono e… “boom”, è caduto a terra. >> raccontai l’accaduto rivolgendomi soprattutto
a Carlisle, grattandomi la nuca, mortificata.
<< Okay, non ti preoccupare. Adesso ascoltami, va’ nella stanza di Alice o di Rose e prendi una delle loro boccette di profumo più
forte e portala qui. >> mi ordinò mio padre.
Corsi al piano di sopra senza perdere tempo, e dopo soltanto un paio di secondi ero nuovamente accanto a mio padre col profumo
stretto nella mano destra.
Gliela porsi un po’ esitante.
Avevo paura della reazione che avrebbe potuto avere Mirko una volta ripresosi dallo svenimento.
Dopo pochi minuti ecco che cominciò a riprendersi.
Cercai di prepararmi mentalmente un discorso per finire di spiegargli le situazione, senza che rischiasse divenire un’altra volta.
Quando tornò completamente in sensi, si ricordava tutto quello che gli avevo detto prima che lui svenisse… fortunatamente. Credo.
Fu proprio in quel momento che mi resi conto che tutto sarebbe cambiato radicalmente.
Mi pentii subito di quello che avevo fatto.
Istintivamente mi morsi la lingua, come a volerla punire per aver parlato troppo, ma ormai era troppo tardi.
Il terrore che provava glielo si leggeva in faccia, ed inoltre io riuscivo a sentire il battito accelerato del suo cuore.
Mi guardava con fare interrogatorio, ma nella sua espressione l’ansia e l’angoscia primeggiavano tra tutte le emozioni.
Avrei voluto fare qualcosa, dire qualcosa per tranquillizzarlo, ma non sapevo cosa fare, come comportarmi.
Avevo paura di spaventarlo più di quanto già non fosse.
Alla fine mi presi di coraggio e azzardai: << Se fossi stata pericolosa ti avrei ucciso da tempo ormai. Ho avuto tante di quelle occasioni,
che nemmeno ti puoi immaginare. Ma come puoi vedere non è successo, sei ancora vivo, perché non ho voluto, non potuto.
Io non sono un mostro e non ho intenzione assolutamente di diventarlo.
So che non mi crederai, ora come ora, ma quando sarai più lucido, prova a riflettere su quello che ti ho detto. >> conclusi il mio monologo
con un tono drammatico e solenne.
Mi parve di essere stata abbastanza convincente, poi chissà.
Ora tutto dipendeva da lui.
Se non altro mi aveva ascoltata, o almeno, così sembrava.
Improvvisamente si alzò di scatto, barcollò un momento e corse in garage.
Presa la sua auto, mise in moto e accelerò di scatto con una sgommata.
Non occorreva il mio udito sopraffino per rendermi conto che la sua era stata una fuga vera e propria.
Grazie mille a tutti quelli che mi hanno aspettata e sono stati pazienti con me!
Spero di non avervi delusi con questo capitolo nuovo!
Ci vediamo presto col capitolo 8!
un bacione....
Prongsina
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