Salvami di ribrib20 (/viewuser.php?uid=66821)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo unico ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
PROLOGO
Ti
guardi intorno, scrutando con occhi vigili il paesaggio che si
estende di
fronte a te: gli alberi costeggiano il sentiero che stai percorrendo,
li
osservi per un attimo e i loro fiori rosa ti ricordano i ciliegi.
Chiudi gli
occhi e sorridi. I suoi preferiti.
Il sole splende alto nel cielo facendo bella mostra del suo azzurro,
così
intenso, proprio come lo è il suo
sguardo, quando ti parla.
Scuoti il capo. Non è il momento di pensare a queste cose!
Ti fermi di fronte ad un grande cancello di bronzo, finemente decorato
con
immagini di angeli, santi, divinità.. storci il naso. Non
è roba che fa per te.
“Ciò che stai facendo è sbagliato, e tu
lo sai bene” decidi di non prestare
ascolto a quella voce che fino a pochi anni fa attribuivi a quella
parte di te
che ancora può essere considerata umana, ma che ora, da
quando l’hai
conosciuta, attribuisci a lei. Lei, che con il suo tono di voce sempre
così dolce ma tuttavia con quel pizzico di malinconia celata
che la
contraddistingue dalla folla, riesce a farti star bene.
Solo con il suono della sua voce.
Solo con la sua presenza.
Scrolli la testa, questa volta con più vigore, non vuoi
perderti nei ricordi di
lontani momenti passati con lei.
Hai cose
più importanti di cui occuparti ora… a lei
penserai dopo.
Avanzi per un altro paio di metri, pronto a varcare la soglia, separato
solo da
quel portone.
Sul tuo viso si dipinge un sorriso di scherno, quando vedi due guardie
tentare
di bloccarti il passaggio, urlandoti parole che non capisci, ma delle
quali,
pensi, non te ne frega assolutamente niente. Non fanno in tempo a
tirare fuori
le loro armi, che hai già messo fine alla loro lurida e
patetica esistenza.
Soddisfatto, entri nel “giardino”, quello dove
vengono raccolte le anime dei
defunti.
Ti aggiri per quella distesa infinita di fiori cercando qualcosa
… o qualcuno.
E alla fine la trovi. Quell’anima.
Le porgi una mano, lei ti osserva per un attimo, sussurra
qualcosa, ma il suo
tono è troppo basso perché tu possa capire,
perciò ti limiti a sorridere e
quando ti sembra abbia deciso di seguirti la conduci fuori da quel
posto dove
il tempo sembra essersi fermato.
E insieme sparite.
Dietro di voi solo i cadaveri degli angeli che hai ucciso con la tua
spada a
stonare in quel luogo incantato.
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Capitolo 2 *** Capitolo unico ***
Bussi
alla porta e mentre aspetti che lei
apra osservi la bambina che è al tuo fianco: minuta, la
pelle candida come
neve, in netto contrasto coi
lunghi capelli neri, legati semplicemente in una treccia dalla quale
sfuggono
alcune ciocche ribelli e due splendidi occhi dalla diversa
tonalità, viola il
destro e azzurro il sinistro … esattamente come i suoi.
Ma c’è una cosa che rende particolare quella
fanciulla: lo sguardo perso nel
vuoto, e privo di una qualsivoglia emozione, proprio il contrario di
quelli sempre
così espressivi della madre … ma per il resto hai
fatto un buon lavoro: il suo
corpo è identico a quello di una volta, con
l’unica differenza che questo non è
marcito in una tomba.
Ti stai congratulando mentalmente con te stesso quando un rumore ti
desta dalle
tue constatazioni su quel piccolo corpo, attirando la tua attenzione
verso l’ esile
figura di nero vestita che si trova in piedi davanti alla porta, negli
occhi e
sul suo bel viso leggi un certo stupore; e come può essere
altrimenti?
Sei sparito per giorni dopo quello che hai combinato.
Eh, sì, quella volta l’hai fatta davvero grossa.
E ne hai pagato le conseguenze.
Sei stato cacciato. Obbligato a non tornare.
Pena: la morte.
Tutto questo per lei.
Perché loro
hanno ucciso ciò che aveva di più prezioso, loro
le hanno rubato quel sorriso
tanto dolce.
E tu li hai puniti. Uccidendoli. Perché era a causa loro se lei piangeva sempre.
“O forse sei stato tu, con le tue azioni, a renderla triste,
a farla diventare
l’ombra di se stessa. Forse sei tu, che con la tua gelosia
ossessiva hai
condotto alla rovina quella piccola creatura ai tuoi occhi
così simile ad una
candida fata, uccidendo la cosa più bella che
aveva.”
Fai tacere la vocina dentro la tua testa e la osservi.
<< Ciao,
ti ho portato un piccolo regalino …
per
farmi perdonare per le azioni che ho fatto … >>
senza darle tempo di dire
nulla, fai cenno alla piccola bambina che era al tuo fianco, e
quest’ultima si
avvicina, leggera e silenziosa, a quella che un tempo era sua madre. E
senza
dire una parola le prende la mano, stringendola nella sua,
più piccola.
<< Madre. >>
La voce è candida e soave. O almeno così ti
sembra, forse perché l’associ alla sua
voce, così armoniosa, come le onde
di un mare che ti cullano in un dolce riposo. Ma ti accorgi ben presto
del
fatto che non è uguale, che quella voce non è
simile a quella della donna che
ti sta di fronte e che sta facendo passare velocemente il suo sguardo
da te,
alla bambina e poi di nuovo a te.
Capisci che hai fatto un errore, l’ennesimo,
perché lei non ti sembra
felice, ma al contrario, ti sembra sia
arrabbiata. I suoi occhi, di solito così limpidi, si sono
ridotti a due fessure
e lo sguardo, sempre così pieno d’amore,
è diventato duro in un colpo solo.
Guardi la bambina, sollevarsi in aria, come fosse una piccola nuvola e
baciare
la sua guancia, quella che tu
vorresti solo per te, per poi dissolversi nell’aria,
così come l’involucro
usato per il suo corpo, che diventa polvere al vento.
La osservi, e ora il suo bel viso
è
rigato dalle lacrime, sul viso un’espressione piena di
sentimenti che tu
interpreti come rabbia, sofferenza e infine delusione. Scappa in
camera, non ti
vuole vedere.
E’ troppo satura di dolore per riuscire a dirti che hai
sbagliato, ancora, con
quella calma che di solito la contraddistingue.
Tuo malgrado abbassi lo sguardo, non l’hai mai fatto, e in te
si fa largo un
sentimento ormai sopito da tempo, come tutte le sensazioni che lei, con la sua
semplice presenza, con le sue
parole e col suo sorriso,
è stata in
grado di farti riscoprire.
Decidi
che non puoi lasciare tutto così com’è,
perciò anziché scappare come fai di
solito, preferisci entrare nella sua stanza, perché lei, così piccola e
così adorabilmente sciocca, nella foga del
momento ha dimenticato di chiudere la porta a chiave.
Tuo malgrado sorridi, di tutta quell’innocenza.
Varchi la soglia e la trovi, sdraiata sul suo letto a pancia in
giù, il viso
nascosto sul cuscino.
“Ora non si torna più indietro” scacci
nuovamente la vocina che senti solo tu e
valuti attentamente le possibili opzioni: dirle che la ami, come hai
sempre
fatto, oppure far uscire l’unico spruzzo di
umanità che sembra ti sia rimasto.
Decidi per la seconda ipotesi e ti siedi sul letto, accanto a lei. La tentazione di carezzarle il capo
è grande, ma tu resisti. Solitamente quando vedi una donna
impazzisci ( e a
questo punto ti verrebbe da ridere) e ti vengono alla mente pensieri
non
propriamente leciti.
Ma con lei è diverso.
L’unico istinto
che provi non è dettato da ciò che si trova in
mezzo alle tue gambe, né da un
bisogno momentaneo … ciò che lei
ti
provoca, è un miscuglio di sentimenti, sensazioni
più profonde.
Allunghi la mano verso la sua testa, ma
lei è più veloce e si tira su, il viso
arrossato rigato dalle lacrime. La
osservi pulirsi il viso, mentre cerca di riprendere un certo contegno.
“Non
voglio dargli questa soddisfazione” sei sicuro che stia
pensando a questo,
adesso. E avresti voglia di rispondere ai suoi pensieri, di dirle che
no, non è
questo ciò che volevi e no, non erano le sue lacrime, quello
cui ambivi.
<< Perché? >> ti rivolge una semplice domanda,
alla quale ti accorgi di non
saper dare risposta. O per lo meno, non ti viene in mente nulla di
“normale” da
dire. Ma piuttosto che fare scena muta, preferisci dar sfogo ai tuoi
pensieri,
tutt’altro che comuni.
<< Perché ti amo. E pensavo che riportare in
vita tua figlia, o meglio,
mettendo la sua anima in un nuovo involucro, saresti stata
felice. >> e
ora ti guarda. Il suo sguardo comincia a tornare quello che tanto ti
piace:
attento e pieno di dolcezza.
Decidi di andare avanti nel racconto, pregando la tua stella (ammesso
che tu ne
abbia ancora qualcuna, lassù) che lei
ti stia ad ascoltare fino alla fine, ma non hai bisogno di fortuna,
né di
pregare nessun Dio, perché sai che ti ascolterà.
Come ha sempre fatto.
<< Ti amo. O almeno credo. Voglio venire a trovarti
sempre, accarezzare il
tuo viso, abbracciarti, sentirti mia e solo mia. Non ti voglio
condividere con
nessun altro. Tu sei solo mia, sei la mia luce, la mia aria, il mio
… >>
la sua mano alzata ti ferma.
<< Aspetta
… >> E ora ti guarda negli occhi, sul suo viso
non scorgi più alcuna
traccia del dolore che prima sembrava la stesse divorando
dall’interno.
La guardi di rimando e attendi che continui.
<< … procediamo con calma e
analizziamo attentamente i fatti: tu hai tentato di uccidere delle
persone la
cui unica colpa era quella di proteggermi, hai distrutto un edificio,
sei
andato nell’aldilà, hai ucciso degli angeli solo
perché ti volevano impedire
l’accesso al giardino delle anime per recuperare lo spirito
di mia figlia e
riportarla qui … giusto? >> mentre la ascolti (
o almeno ci provi, visto
che sei più interessato al suo viso candido, a quella pelle
fresca come una
pesca, a quelle labbra che, immagini, siano morbide come un petalo di
rosa) non
puoi fare a meno di pensare a quanto sia bella, anche da arrabbiata.
Alla fine,
quando noti che la sua bocca, quella che guardavi con insistenza
malcelata, si
chiude, capisci che sta aspettando che tu dica qualcosa
<< E’ vero, ho
fatto tutto quello che hai detto. Ma se l’ho fatto, era per
un motivo. Per
quanto folle possa essere … >> la guardi e ti
avvicini un po’ a lei. La
voglia di stringerla, di
abbracciarla, si sta facendo troppo forte. Ma la vedi scostarsi un
poco, quindi
decidi di lasciare stare, momentaneamente. <<
… vuoi la verità? >>
ora la tua voce ha assunto
un’ inaspettato tono rassegnato “Che anche lei
stia iniziando a considerarmi pazzo? Non avrebbe tutti i torti, visto
che le
mie azioni parlano per me”
ti ritrovi a
pensare che, forse, anche lei sia
come
tutte quelle persone, quei vermi che ti giudicano un pazzo, un folle.
Devi
avere uno sguardo strano perché ora vedi lei
allungare la sua mano e sollevarti il viso, delicatamente.
<< Se non mi
dici nulla … come posso capire le intenzioni che si
nascondono dietro i tuoi
gesti? Io … >> e la senti, la sua voce si fa
titubante << Io … vorrei
sapere perché. Perché hai riportato qui
l’anima di mia figlia? >>
Risposte.
Lei
cerca
solo risposte.
Ti
dai mentalmente dell’idiota, perché per un istante
hai dubitato di lei.
Hai pensato che anche lei fosse
uguale agli altri.
Ma come
può una candida fata essere
paragonata ad un orco?
<< Io
pensavo che se avessi rivisto tua figlia, saresti stata felice. E
avresti
ritrovato il tuo sorriso. Sei così bella quando sorridi.
Voglio vederti sempre
raggiante. >> Va sempre a finire così. Quando
parli con lei, fai fuoriuscire
tutti i tuoi
pensieri, come un fiume in piena. Nessun altro ti fa questo effetto e
la cosa,
lo devi ammettere, ti fa quasi paura.
<< I morti devono essere lasciati nell’aldilà. Non
puoi fare quello che vuoi. C’è
una netta distanza tra i due mondi. >>
<< Volevo
solo vederti felice >>
<< Felice?
Non hai fatto la mia felicità. Vuoi sapere cosa provo in
questo
momento? >> si è alzata. E ti guarda.
Brutto segno.
<< Sono
delusa. E triste. Mi sento come se avessi un enorme masso sulle mie
spalle …
prima i miei cavalieri, poi mia figlia … ti prego
… dimmi
cosa ti frulla in testa … perché da
sola non lo capisco >> Sollevi lo sguardi e la scruti,
è in piedi, bella
come solo lei sa esserlo, la
avverti
tremare, la sua voce ridotta ad un sussurro.
Capisci che sta per cedere, e allora ti alzi e la abbracci. “
E chi se ne frega
se poi mi odierà.”
Aspetti
che ti tiri uno schiaffo per aver osato tanto, ma inaspettatamente si
lascia
circondare dalle tue braccia e affonda il viso, nuovamente rigato dalle
lacrime, sul tuo petto. E allora non resisti e tiri fuori tutto
ciò che provi:
<< Sono geloso. >> Lei
solleva il viso, ti guarda e attende di sentire il resto, ma non ti
mette
fretta. Ti dà tutto il tempo che vuoi. Come ha sempre fatto.
Le accarezzi la guancia.
<< Ti ho sempre guardata, da quel lontano giorno, quando tu venisti a
parlarmi.
Eri tranquilla, calma come solo un lago sa essere. Non hai avuto paura
di me,
non ti sei curata degli altri che ti mettevano in guardia, da quel
pazzo quale
sono io … >> prendi un bel respiro,
perché sai che ora le stai aprendo il
tuo cuore, come non hai mai fatto in vita tua.
E speri che lei capisca, per quanto
possa essere difficile …
<> e ora urli quasi,
strattonandola non molto
delicatamente.
La gelosia ti sta uccidendo. Ormai te ne rendi conto ad ogni minuto che
passa.
Lei è sempre stata al
tuo fianco, è
stata con te quando nessun altro ne voleva sapere, ma in
realtà, non è mai
stata più lontana.
Ti
viene voglia di paragonarla ad un’onda, che ti sfiora e
fugge. E tu, miserabile
pazzo, continui a correrle dietro. Come un idiota. “Sei
proprio sicuro di non
far parte di quel gruppo da te prima menzionato?”.
Vuoi
quella piccola creatura solo per te, ma lei,
LEI! Così pura e candida, non si
è mai fermata davvero
sul tuo fiore, ti ha sempre e solo sfiorato, illudendoti. Preferendo
gli altri
a te.
Desideri avere solo per te quella piccola farfalla stretta dalle tue
braccia,che ora ti guarda, non sta tremando, sussurra solo poche
parole:
<< Mi fai male … >> e allora
allenti la presa.
Ti sta facendo diventare pazzo.
Perché sai che non la potrai mai avere. Sai che tutti i tuoi
sforzi sono
inutili. Lei non sarà
mai tua.
La tua parte razionale, quella che cerca di farsi strada nella tua
follia, ti
dice che è meglio così, perché tu le
fai sempre e solo del male, e lei merita
molto di meglio. Ma
nonostante questo non puoi fare a meno di essere geloso di quelle
persone che
stanno attorno a lei, la tua unica
fonte di luce in quel profondo abisso dal quale, lo sai benissimo, non
riuscirai mai ad uscire da solo.
Ti sei calmato, per il momento, e ti siedi sul letto, portandoti una
mano alla
fronte, i capelli a coprire il tuo viso.
Stai
un attimo in silenzio.
E
poi inizi a ridere. Ma la tua non è una risata di gioia.
E’
disperazione. Follia.
Ridi.
Ridi.
Ormai
non hai più scampo. Sei impazzito completamente.
E
tutto a causa della tua gelosia verso quella piccola donna che, forse
inconsapevolmente, ti sta salvando dall’ autodistruzione.
“Come può una normalissima femmina, avere questo
effetto su di te, grande
guerriero da tutti temuto?”
Ti rendi conto che non puoi continuare così. Le stai
impedendo di condurre
un’esistenza felice per un tuo misero desiderio egoistico.
Come un bambino con
il suo giocattolo.
Ma lei non è un
giocattolo da usare e
buttare via.
Lei
è
molto di più.
Lei è tutto quello che
hai, e non
vuoi condividerla con nessuno.
“Ma lo sai meglio di chiunque altro, che così le
farai solo del male” Smetti
di ridere e la guardi.
Sul suo bel viso ci sono ancora i segni delle calde lacrime appena
versate, ma
ora ti sta guardando. In attesa, come sempre, di una tua parola, di un
tuo
gesto.
Ti
alzi e ti avvii alla porta. Lei ti
segue con lo sguardo, ma sei sicuro che abbia già capito
ciò che hai intenzione
di fare. << Addio >>.
Una semplice parola.
Una lacrima solitaria, l’ennesima versata in quella giornata.
E poi sparisci, senza lasciare nulla dietro di te.
Alla
fine hai scelto la
soluzione più facile.
--- Note di Ribrib ---
Vorrei ringraziare Bellina3000 per la recensione.
Inoltre avviso che la storia sarà pubblicata esattamente così come l'ho consegnata per il contest, ma è prevista una revisione.
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Capitolo 3 *** Epilogo ***
Cammini
a passo lento verso la piccola lapide bianca, seguendo
il piccolo sentiero e stando attento a non pestare per sbaglio i fiori,
quelli
che a lei piacevano tanto.
Posi quel piccolo mazzo di margherite vicino all’incenso e ti
siedi,
contemplando il paesaggio che si mostra, in tutta la sua bellezza,
davanti ai
tuoi occhi: le calme onde del mare si infrangono contro la scogliera,
interrompendo, di tanto in tanto, il silenzio quasi innaturale di quel
luogo.
Anche il cielo è sereno.
Sorridi.
“Almeno,
sei venuta a riposare in un piccolo paradiso. Lontano
dal chiasso cittadino.”
Torni con lo
sguardo sulla lapide. Confronti le rose bianche che qualcun altro ha
posato lì
vicino con le tue misere margherite, e ti senti ancora una volta un
demente …
“potevi portarle qualcosa di più adatto”
La lieve brezza marina ti accarezza il viso, scompigliandoti lievemente
i
capelli.
Chiudi gli occhi beandoti di quel momento di pace.
E ti lasci andare ai ricordi del vostro ultimo incontro.
<< Vermi!
Vermi schifosi!!!
Morite! Morite tutti!!! >> continui
a dire le stesse
cose, mentre affondi la lama nei corpi di quelli che consideri tuoi
nemici.
Incurante delle loro grida, sei sordo alle loro richieste di
pietà << Voi,
sudici animali,
avete levato i vostri
occhi, le vostre mani verso di lei! Verso il mio sole! MIO! MIOMIOMIO!
L’avete
sporcata coi vostri immondi pensieri e i vostri peccaminosi desideri, e
per
questo dovete morire! >>
Ormai anche quel pizzico di sanità che ti era rimasta
è sparita.
Lasciando il posto a follia pura.
All’improvviso la senti, la sua aura, la tua piccola farfalla
si sta
avvicinando a te, incurante dei richiami dei pochi sopravvissuti, le
urlano di
star lontana, che è pericoloso, che sei un pazzo
incontrollabile, ma a lei non
interessa.
Vuole provare a
fermarti. Ancora una
volta.
La guardi, ma ciò che vedi è solo la sua figura
macchiata di sangue. Il suo o
quello dei tuoi nemici …
La vedi sollevare una mano per spostarti una ciocca di capelli dagli
occhi e
poi ti parla, ma la sua voce non ti sembra più quella dolce
e calma di un
tempo. La tua follia ti porta a pensare che ormai anche lei sia come
gli altri,
Ma stai in silenzio. E la ascolti: << Per favore ora
basta. Non ha senso
continuare così … >> Ti parla, prova
a spiegarti che stai sbagliando ma
quello che senti sono solo frasi sconnesse tra di loro, e ti accorgi
che chi ti
sta parlando non è il tuo adorato sole, quello che volevi
solo per te e che
invece sei stato costretto a condividere con altri esseri ignobili.
La chiami.
Urli il suo nome, vuoi che venga lei da te, e non quel demone che ti
sta
davanti.
Ma
non la riconosci. Non capisci che la persona che stai cercando
è già di fronte
a te.
<< Sono
qui … sono qui davanti a te … ti prego basta
… basta con tutta questa violenza
… >> per un attimo riesci a tornare in te e la guardi.
Non c’è niente da
fare, è bella come sempre, anche se ricoperta di sangue.
Aggrotti la fronte e
le sfiori la guancia: ricoperta di sangue?
<< Sono stato io … a farti
questo? >>
<< … si. Sei stato tu. >> Ti
viene un tuffo al cuore “ammesso che tu
ne abbia ancora uno” ti dice la vocina che senti nella tua
testa. La preghi di
continuare con il suo discorso << Voglio porti una
domanda … sai dirmi
quanti anni bisogna avere per capire la differenza tra giusto e
sbagliato? >> ti accorgi che il suo tono è un
mix micidiale di dolore e
durezza. Non sai quanto ancora resisterai. Perché ora, in
lei non rivedi più
quello sguardo dolce, quasi materno, che riservava solo a te.
<< Si suppone che un adulto sappia cosa è
giusto, e quali siano invece le
azioni sbagliate. Quelle da non fare. Ma tu … nonostante sia
un adulto … ancora
sembri non capire questa sostanziale differenza
… >> Continua a parlare.
Ma ormai non le presti ascolto. Sei perso nei tuoi pensieri.
<< Perché
non si devono uccidere altri esseri umani … te lo sei mai
chiesto? È così
semplice … ma sembra che tu l’abbia perso di vista
… il motivo … >> le
sue parole, la sua voce che un tempo sentivi così dolce, ora
ti sembrano solo
frasi senza nesso.
Vocaboli detti per
ingannarti.
Perché lei non ti ama. Lei non tiene a te. Vuole ingannarti.
Trascinarti nell’oblio con dolci frasi.
“E’ diventata un demone, come tutti gli altri, come
i vermi che la toccavano e
le parlavano … te l’hanno portata via!”
provi ad ignorare quella parte di te
che si fa sempre più forte dentro il tuo animo e la osservi,
sbattendo più
volte le palpebre.
<< Non capisco il senso della tua
domanda. >>Le rispondi,
sinceramente, scuotendo piano la testa.
<< Hai molti anni dietro di te … eppure ti
comporti ancora come un bambino
che non sa nulla del mondo, come qualcuno che non è in grado
di distinguere tra
bene e male … è così semplice
… eppure hai perso di vista questa
distinzione >> Rimani in silenzio, a testa bassa.
<< Ero geloso >> sussurri piano, come un
bambino che si sta scusando
per una marachella.
Ma l’omicidio non è solo una piccola bravata. E
voi lo sapete bene.
<< No. Un conto è la gelosia.
L’ossessione è un’altra cosa. Hai ucciso
ancora, fatto del male … “perché loro
ti parlavano e tu
sei mia, solo mia” … così mi dicevi. Ma
anche con te parlavo. Anche con te passavo il mio tempo …
eppure … per te non
era abbastanza? >> non vi è più
comprensione nel suo tono di voce.
Sei
sicuro di averla persa, “Ormai non c’è
più nulla che io possa fare per
riconquistarla … lei
è come tutti gli
altri, ti ha illuso, ti ha fatto affezionare a lei,
piccolo demone tentatore, ti ha legato alla sua esistenza,
rendendoti suo schiavo ... è ora di liberarsi dalle morse di
questa serpe
camuffata da fata!” la
voce sta
ricominciando a farsi sentire, e questa volta non cerchi di fermarla,
ma la
lasci libera di prendere possesso di te, la tua coscienza, quella che
ti era
rimasta, inizia a svanire, ogni traccia di umanità abbandona
i tuoi occhi, ora
così privi di sentimenti.
Alzi la tua spada e la usi contro di lei,
un brivido di gioia perversa attraversa i tuoi occhi di folle, mentre
la lama
affonda in quel fragile corpo.
Non vedi stupore nel suo viso, non è rabbia quella che leggi
nei suoi occhi
ormai stanchi di tutto questo dolore, e prima che cada per terra,
avverti
qualcosa di morbido e stranamente fresco posarsi sulle tue labbra
rovinate da
tagli.
Ti sta baciando.
Un bacio dolce, candido e fresco, come l’ hai sempre
immaginato nelle tue
fantasie.
<< Mi dispiace … mi dispiace tanto …
>> il suo sussurro,
le sue
ultime parole ti giungono lontane, ovattate, poiché ormai
è la follia che governa
i tuoi pensieri: estrai la lunga katana e ne lecchi la lama ricoperta
di
sangue, mentre il suo corpo ormai
esanime si accascia al suolo, andando a sporcare il viso, il vestito di
terra.
E sparisci, lasciandoti
alle spalle
morte e distruzione.
Apri gli occhi di scatto
e punti lo sguardo verso la lapide, la sua
lapide. Nulla è cambiato sul tuo viso, lo sguardo duro e
sprezzante, impregnato
di quel pizzico di follia che ti ha portato a quell’azione.
La stessa pazzia che ti ha portato a ucciderla.
Senti le guance bagnate e ti porti una mano all’altezza del
viso: stai
piangendo.
E’
rimorso, quello che provi?
E’ rabbia, quella che senti di provare verso te stesso?
Ora, finalmente, mille interrogativi si fanno strada nella tua mente, e
per un
attimo eccola uscire, timida la tua parte umana.
Cos’ho fatto?
Cos’ho fatto?! Te lo chiedi più volte, alzando man
mano la voce, fino ad
urlare.
La
amavi. Volevi renderla felice.
Ma la tua gelosia, la tua convinzione di non poterla avere tutta per
te, ti ha
condotto alla follia.
Distruggendo la tua vita.
Ponendo fine alla sua.
<< Perché non bisogna
uccidere un
altro essere umano? >> Perché se lo
faccio, qualcun altro avvertirà lo
stesso lancinante dolore al petto che sento io in questo momento. Si
soffre,
perdendo la persona amata.
Stai
soffrendo, perché ti rendi conto di aver ucciso lei, la donna che amavi più di
ogni
altra cosa al mondo.
<< Quanti anni bisogna avere per
capire la differenza tra giusto e sbagliato? >>
Ora
capisci il senso di
questa domanda: quando non hai una guida … quando ti
insegnano che l’unica via
è la violenza … puoi avere tutti gli anni che
vuoi, ma non lo saprai mai. Non
da solo. Ma con la presenza costante di persone che ti mostrano
affetto, amici
che ti indicano la strada giusta da percorrere …
è tutto più facile …
<< Sei
solo un
bambino. Egoista e crudele. Che tratta le persone come fossero
giocattoli >>
Forse
aveva ragione. Sei un essere meschino. Fai del male a tutti
indistintamente; perché alla ragione, hai scelto la strada
della follia.
Escludendo chiunque dal tuo mondo. E ritrovandoti solo.
Non volendo hai finito con l’ estraniare anche lei,
che era l’unica che mostrava interesse verso di te.
Lei
che ti aiutava.
Lei
che
ti parlava, cercando in ogni modo di farti ragionare.
Lei,
che ormai non potrà più ridere, a causa tua.
Sì,
sei un grandissimo egoista. Tuo malgrado sorridi.
Sei
giunto a questa conclusione. E ora finalmente hai capito. Il
significato delle sue domande. Il
valore delle sue parole, per te un
tempo così prive di logica.
Lei non ti ha mai detto chiaramente
che stava soffrendo. Voleva che lo capissi da solo, Si … ora
l’hai finalmente
capito.
Ma è troppo tardi.
E in quel momento, mentre per la prima volta sfoghi le tue emozioni
piangendo e
urlando, la brezza si alza, e in essa ti sembra di avvertire le sue
braccia
cingerti le spalle da dietro.
Chiudi
gli occhi, beandoti di quel contatto e ti lasci cullare
dal suono della sua voce: << Hai capito
finalmente >> un lieve
sussurro al tuo orecchio e hai un fremito << si.
Perdonami se ci ho
impiegato così tanto … >>. La senti
sorridere piano e avverti
l’irrefrenabile desiderio di girarti verso di lei
per guardarla, toccarla. Ma un pensiero ti blocca “Se ora mi
girassi e scoprissi che in realtà lei
non è qui?” << cosa farai
ora? >> ci pensi un attimo, ma sia tu che lei
conoscete già la risposta.
<< Immagino
che se morissi, non saresti contenta … al
contrario di molti altri, che invece non aspettano altro che vedere il
mio
cadavere >> avverti i suoi bellissimi occhi puntati su di
te, e come
sempre ti senti come se ti stesse scavando, alla ricerca della tua
anima. La
senti socchiudere le labbra, ma da esse non esce alcun respiro
“Perché lei è
morta” , zittisci la tua testa e
aspetti che lei parli ancora
<< Se hai capito i tuoi errori, ora farai di tutto per
rimediare,
vero? >> e a questa domanda la risposta ti esce, senza
lasciarti il tempo
di riflettere <<… sì …
è quello che farò>> E ora la senti
sorridere
dolcemente e posarti una mano sulla testa << Allora non ci
sono problemi.
Sarà difficile, ma ce la farai. Io credo in te. Non ho mai
smesso di
farlo. >> << Non posso farcela da
solo. >> Senti le sue
piccole mani sulle tue spalle,
richiesta muta di girarti e guardarla.
Ed è allora che la rivedi. Bella come sempre, fasciata nel
suo lungo abito
nero, la tua piccola fata. La vedi sorriderti di nuovo, mentre la sua mano va a posarsi sulla tua guancia
<< Non sei solo. Io sarò sempre con te. Nei
tuoi ricordi. Non devi
mollare. Sarà dura redimerti, ma ce la farai. Troverai di
sicuro qualcuno che
ti ami … >> e qui fa una piccola pausa, per poi
riprendere: << …
come ti ho amato io>>.
Stupore.
Imbarazzo.
E
infine malinconia.
Perché
hai fatto male all’unica persona che ti amava.
E
a questo punto non resisti, e per l’ennesima volta da quando
la conosci, esprimi i tuoi sentimenti, incurante di ogni sua possibile
reazione: << Volevo che tu fossi solo mia. Ma sapevo di
non poterti avere.
La gelosia mi ha ucciso. Pensavo che solo a me riservassi i tuoi
sorrisi, le
tue carezze, ma ho scoperto che trattavi così tutti. Credevo
di essere speciale
per te … e invece no! Facevi così anche con gli
altri! Non potevo sopportarlo!
Eri la mia luce, la mia linfa vitale! Non potevo sopportare di vederti
con
qualcuno che non fossi io! >> E come un fiume in piena la
travolgi, con le
tue parole. Ma non ne fai un problema.
Sai di averla già persa quel lontano giorno in cui
affondasti la lama nel suo
ventre.
Non hai nulla da perdere. Perché lo sai, sei convinto che lei sia come tutti gli altri, esattamente
come ti diceva la vocina
nella tua testa.
Ma ben presto ti accorgi che non è così.
Perché la vedi avvicinarsi piano a te.
Le chiedi se hai sbagliato
e lei con un sorriso, quello che
ti
scalda il cuore e ti fa sentire meno solo, ti dice che sì,
hai sbagliato tutto
quanto.
Hai dato retta alle tue paure, invece di provare a fidarti.
Hai ceduto al timore, scegliendo la strada più facile. Non
ti sei accorto di
quanto amore provasse per te.
Quindi
sì, hai proprio sbagliato in pieno.
Ma
non scorgi rabbia nei suoi
occhi e nelle sue parole.
<< Volevo solo stare con te >> le confessi.
Piega la testa e sorride.
E tu preghi tutti gli dei che conosci per far si che ora, dopo tanto
dolore,
riprenda finalmente ad essere serena, perché lo merita
davvero. E speri di
esserle accanto, quando ciò accadrà. Ovviamente
se ti vorrà ancora.
Non ricevendo risposta ti preoccupi: forse non ne vuole sapere
più di te sul
serio. “Dovrei fare l’indovino” ti
ritrovi a pensare, con uno sbuffo.
Stai
per dirle qualcosa, ma
lei ti precede. Senti il tocco delicato delle sue
mani sul tuo viso e chiudi gli occhi, beandoti di quel contatto
così inaspettato. Avverti uno spostamento di vento e ti
rendi conto che si è
sollevata sulle punte dei piedi per raggiungerti, apri gli occhi ma non
fai in
tempo ad aprire bocca che senti le sue
labbra sulle tue. Chiuse in un bacio al quale, ne sei cosciente, hai
sempre
agognato.
Provi
a stringerla a te, ma un triste pensiero ti ricorda che
lei ormai è aria, e che quello che stai
baciando è il suo
spirito.
Riapri
gli occhi e la guardi, triste. << E’ un
addio? >> Lei ti
guarda, negli
occhi quel dolore che ormai conosci bene. << Io sono morta
… e tu sei
vivo. Non possiamo stare assieme … >> un lieve
sussurro. Fai per
ribattere, ma lei alza la mano come
a
chiederti di stare in silenzio e farla parlare <<
… ma io vivrò sempre.
Nei tuoi ricordi. >> Sospiri, rassegnato. <<
Per sempre? >> Ti
sorride, scioglie l’abbraccio e si avvia piano, fino a
raggiungere i limiti
della scogliera, poi si gira.
Un’ultima
volta.
<< Per
sempre >> Poi il suo
spirito diventa aria. Lasciandoti solo.
Nel
cuore solo una promessa.
E
una speranza di rivederla, un giorno.
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