In All but Blood ; (In Tutto fuorchè nel Sangue) (/viewuser.php?uid=102012) Lista capitoli: Capitolo 1: *** La fuga a Ftia *** Capitolo 2: *** Dee *** Capitolo 3: *** Purificazione e Addii *** Capitolo 4: *** Chirone e Medeo *** Capitolo 5: *** La lancia della cenere del Pelio *** Capitolo 6: *** Scontri *** Capitolo 7: *** Una decisione improvvisa *** Capitolo 8: *** Deviazioni *** Capitolo 9: *** La strega barbara *** Capitolo 10: *** Preparativi *** Capitolo 11: *** Las *** Capitolo 12: *** Lasciando il Monte Pelio *** Capitolo 13: *** Il Primo Uomo *** Capitolo 14: *** Pretendenti *** Capitolo 15: *** Penelope *** Capitolo 16: *** Nel frutteto *** Capitolo 17: *** Le proposte *** Capitolo 18: *** Decisioni finali *** Capitolo 19: *** Un addio finale *** Capitolo 20: *** Sciro e Teseo *** Capitolo 21: *** Il crimine di Licomede *** Capitolo 22: *** Desiderio *** Capitolo 23: *** Guerra *** Capitolo 24: *** Una svolta *** Capitolo 25: *** Verità e problemi *** Capitolo 26: *** Libertà *** Capitolo 27: *** Casa *** Capitolo 28: *** Euforia *** Capitolo 29: *** Frustrazione *** Capitolo 30: *** Gelosia *** Capitolo 31: *** Una svolta *** Capitolo 32: *** Una passeggiata sulla spiaggia *** Capitolo 33: *** Verità *** Capitolo 34: *** Scontri *** Capitolo 1
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Capitolo 2
*** Dee ***
«In All but Blood» Dee Polimele si fece viva qualche giorno dopo Patroclo e Menezio. C'erano dei segni viola che stavano per scomparire sul suo braccio, ma oltre a quello sembrava davvero felice. Era entusiasta del suo nuovo fratellino, lo prendeva in braccio e sorrideva. "Ha la stretta di un titano," disse, cercando di liberare una ciocca di capelli dalla sua presa. Dopo la prima curiosità verso Achille, Patroclo aveva perso interesse. Non riusciva a capire il fascino che esercitavano i bimbi sulle donne. Anche a due anni, non faceva molto se non mangiare, dormire, prendere in mano qualsiasi cosa e ficcarsela in bocca. Anche se a volte poteva essere divertente giocare con lui, la maggior parte delle volte Patroclo lo trovava abbastanza noioso. Passava un mucchio di tempo passeggiando sulla spiaggia o camminando attraverso le rocce e gli alberi della montagna. Non era così differente da Opunte, e nei giorni nitidi da in cima alle rocce poteva anche vedere Eubonea oltre il canale. Qualche giorno Polimele e suo padre venivano a cercarlo per vedere cosa stesse facendo, e qualche volta anche Peleo e Teti venivano a parlare con lui. "Hai trovato degli amici?" chiese Polimele una volta. "Non proprio," rispose, prendendo una pietra e buttandola nell'acqua. "Papà dice che non posso parlare con nessuno. Dice che li corromperei." "Oh, capisco." disse Polimele. "Credo che lui avverta il perdono che gli dei offriranno alla nostra famiglia." "Ehi," disse, improvvisamente. "Teti è davvero una dea? Ho sentito degli schiavi parlare di lei." Polimele tacque per un momento e sistemò Achille, che stava tenendo sul fianco. Poi si sedette su una roccia e portò il fratellino in grembo. "Sapevi che noi abbiamo lo stesso sangue?" Chiese. "Cosa?" "Quante cose sai riguardo tua nonna?" "Egina?" disse Patroclo, aggrottando le ciglia. "Ho sentito dire che era una ninfa del mare, ma non sono sicuro di crederci o meno. Aveva due figli, Eaco, che era immortale, e mio padre." "Menezio," disse Polimele, annuendo. "Anche Eaco ebbe un figlio. Il suo nome era Peleo. Sì," sorrise all'espressione sorpresa di Patroclo. "proprio mio padre. Per circostanza simili alle tue, è fuggito per venire qui." Patroclo guardò verso l'acqua. "Ti hanno mai detto cosa le è successo?" chiese Polimele. "No." "Un giorno era uscita per fare una passeggiata, e non è mai tornata indietro. Stava invecchiando, ma era ancora bellissima, e nessuno seppe cosa le accadde. Alcuni dissero che 'era andata a casa'. Le persone inventano storie per spiegare cose che non possono spiegare in nessun altro modo. Teti è una dea? È una donna bellissima, che è sbucata fuori dal mare insieme a mio padre, già sposato. Nessuno sa chi è o da dove viene. Mi chiedo se a volte agli dei vengono assegnati premi che non meritano." Patroclo ci pensò tutto il giorno. Guardava Teti, e il modo in cui i suoi capelli brillavano alla luce. A volte sembrava una donna normale, che cercava di vivere una vita normale. Ma ad altri sembrava quasi una dea. Riusciva a capire perchè le persone si confondevano. Quella notte, Menezio entrò nella stanza del figlio che andasse a letto. Si sedette sul letto di fianco a Patroclo, che si stava stiracchiando le gambe. "Come va?" chiese. Patroclo sapeva il vero significato di quelle parole. "Bene, credo," rispose. "Fa ancora male." Menezio sorrise, e all'improvviso Patroclo sentì una strana paura coglierlo. Lì al buio, non aveva mai visto suo padre sembrare così vecchio. La sua espressione era molto triste, e tutte le rughe del viso sembravano esagerate. Il lume della lampada evidenziò il grigio tra i suoi capelli castani. Per la prima volta, Patroclo vide quando era più vecchio di Peleo. "Assomigli così tanto a tua madre," disse Menezio, spostando una ciocca di capelli dal volto del figlio. "Anche lei era bruna. I suoi capelli neri e la sua pelle d'oro sono ciò di cui mi sono innamorato per primi." "Padre..." la voce di Patroclo tremava. "Ma era la tua nonna che aveva quegli occhi verdi." "Polimele mi ha detto cosa le è successo," disse Patroclo. "Riguardo al fatto che fosse andata a fare una passeggiata e non sia più ritornata. Perchè l'ha fatto?" Menezio guardò il figlio, poi tutt'intorno alla stanza, pensieroso. "Anche io mi sono domandato questo per molto tempo," disse finalmente. "Non conosco ancora la risposta. Posso solo immaginare. A volte le persone fanno delle cose per cui non c'è solo una risposta. Succede sempre con le grandi decisioni. Ma io penso che lo abbia fatto, soprattutto, per la fiducia che riponeva negli altri. Vedi, Patroclo, noi viviamo in un'epoca di eroi – Eracle, Giasone, Teseo – ma quando moriamo, cosa c'è oltre alle storie? Racconti di dei e di magia sono ciò che i genitori dovranno spiegare ai loro figli. E se quell'incantesimo si rompe, cosa rimarrà da credere alle persone? Io credo che lei se ne sia andata per proteggere quella magia, cosicchè le persone avrebbero avuto una grande storia da raccontare ai loro bambini. In questo modo i ragazzi avranno ancora i loro eroi, qualcuno a cui ispirarsi, e le ragazze continueranno ad essere affascinate dal coraggio delle donne che non si sono date per vinte nelle loro storie d'amore. E chi lo sa? Magari, se tu diventassi un eroe, verrai ricordato dalla storia. E qualche ragazzino crescerà conoscendo le tue grandi gesta, e il racconto della tua storia. Un giorno sarà lì, che porge una corona sulla tua tomba in tuo onore." "Davvero?" Patroclo alzò lo sguardo meravigliato. "Mmhm." Menezio gli sorrise di nuovo, lo stesso sorriso triste. "Patroclo--" fece una pausa. "Io non posso restare qui. Sono un re, e non posso abbandonare la mia gente." Patroclo guardò disperatamente suo padre. "Ma--" Menezio portò un dito alle labbra di Patroclo. "Starò qui finchè non sarai purificato," disse. "ma poi dovrò partire. Tu starai qui per un paio di anni ancora, e poi tu e Achille andrete via. È già stato deciso – voi andrete a vivere e ad allenarvi con Chirone." Patroclo si tirò su improvvisamente. "Intendi dire...?" "Sì, quel Chirone, che ha allenato lo stesso Giasone." Gli occhi di Patroclo brillavano, e Menezio scoppiò a ridere, arrufandogli i capelli. "E' tardi. Dovresti andare a dormire." Si abbassò e baciò i capelli del figlio, poi si alzò e uscì dalla stanza. Passò molto tempo però, prima che Patroclo riuscisse ad addormentarsi. --------------------------------------------- Nota
della traduttrice:
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Capitolo 3
*** Purificazione e Addii ***
«In All but Blood» Purificazione e Addii La mattina della cerimonia di purificazione era soleggiata, calda e afosa. Alcuni schiavi stavano in piedi vicino a Teti e Polimele, facendo loro aria con dei ventagli, mentre Peleo e Menezio grondavano di sudore sulla nuca. Patroclo ringraziò gli dei che il giorno in cui lasciò Opunte fosse caldo – in quel momento era vestito come quel giorno. Un altare era stato sistemato sulla spiaggia, un semplice cerchio di pietre e fuoco. Il sacerdote teneva tra le mani un porcellino che si dimenava tentando di liberarsi. Peleo tirò fuori un coltello, e Patroclo lo prese per il manico. Insieme, tagliarono la gola della creatura, e il ragazzo guardò in una sorta di disgusto il sangue versato in un recipiente piatto. Il sangue poi fu versato sulla testa di Patroclo, che sentì un senso di nausea quando raggiunse il volto e le mani. Un tizzone ardente fu tirato fuori dal fuoco e scosso davanti a lui, mentre tossiva per il fumo. I suoi indumenti insanguinati gli furono tolti e messi sul fuoco. Il sacerdote lo sollevò e lo buttò in acqua. A Patroclo sembrava di non respirare mentre veniva immerso nell'acqua gelida. Quando tornò sulla riva il sangue era andato via, e si stava dissolvendo nel mare. Una tunica bianca fu poi posta sulle sue spalle. La carne del porcellino fu divisa, posta nel grasso, e poi coperta dall'orzo. La misero sul fuoco per cuocerla. L'offerta della carne fu per gli dei, e a Patroclo diedero una tazza con un goccio di vino. Non lo aveva mai bevuto non diluito prima, e rimase quasi soffocato. Gli adulti risero. "Non ti ci abituare," disse Peleo, sorridendo. "Solo i barbari lo bevono in qualsiasi occasione, oltre che nelle cerimonie". Patroclo era più che felice quando gli fu permesso di andarsene. Si mise dei vestiti più confortevoli, e corse fuori. Dietro di lui, poteva sentire gli adulti ridere. ~*~ Menezio se ne andò il giorno dopo. Mentre preparavano il suo cavallo, si sedette sulla terrazza con il figlio, guardando il mare. Patroclo stava facendo di tutto per non piangere, ma era troppo per il ragazzino. Fece del suo meglio per nascondere il proprio volto mentre calde lacrime scendevano giù dalle sue guance. "Ehy," disse Menezio, guardando il figlio. "Non ti preoccupare. Non è un vero e proprio addio. Nessuno ti impedirà di rivedermi. Anche questo è un modo per crescere." Patroclo annuì furiosamente, e desiderò con tutto il suo cuore di smettere di piangere. Si vergognava per comportarsi come un bambino. "Lo so," disse solo. Menezio asciugò il volto del figlio. "Vedrai. Sarai troppo occupato anche per sentire la mia mancanza. E alla fine smetterai di interessarti su cosa un vecchio come me pensa di te." Patroclo sperava che suo padre scherzasse riguardò ciò. Era troppo difficile credergli. Polimele gli diede un ultimo abbraccio prima di montare a cavallo. "Si' buono," disse. "Lavora sodo. Rendi tuo padre orgoglioso." Patroclo annuì. "Ci rivedremo. Te lo prometto." Patroclo guardò i due cavalcare finchè non li perse di vista. E anche a quel punto, continuò a rimanere seduto sul fianco della montagna, come se potesse cogliere un loro ultimo scorcio. Alla fine, Teti venne a cercarlo, e i due tornarono a casa. --------------------------------------------- Nota della traduttrice: Pur avendo tradotto già 20 capitoli, ho aspettato abbastanza per aggiungere questo, che non è neanche dei più emozionanti XD Ma dal prossimo arriva la mia parte preferita, non anticipo nulla ;) Prometto di aggiungere il prossimo un po' più velocemente, tanto prima di raggiungere i 41 capitoli dell'autrice ce ne vuole u_ù |
Capitolo 4
*** Chirone e Medeo ***
«In All but Blood» Chirone e Medeo Tre anni dopo l'arrivo di Patroclo a Ftia, lui e Achille se ne andarono a vivere con Chirone. Achille giorno dopo giorno era sempre più legato al ragazzino più grande dopo la partenza di sua madre. Patroclo non disse mai a nessuno che il bambino corse dietro alla madre quando la vide spingere una nave nel mare una mattina. Gli venne in mente ciò che suo padre gli aveva detto riguardo il perchè della scomparsa di Egina. Achille continuò a credere che lei vivesse con suo padre nelle profondità marine. In realtà, Patroclo non aveva idea di cosa le fosse successo. Nessuno dei due ricevette delle lezioni di combattimento. A dieci anni, Patroclo era molto indietro rispetto agli altri ragazzini della sua età. Così, guardava gelosamente le loro lezioni da lontano, e imitava quel che poteva. Ma senza un maestro, i suoi movimenti erano impacciati, e qualche volta anche ridicoli. Peleo accompagnò i ragazzi quando se ne andarono, insieme ad una guardia. Achille cavalcò quasi tutto il tempo davanti a Patroclo. La strada li diresse a nord, lontano dal mare e attraverso la Tessaglia. Passarono una notte ai piedi del Monte Olimpo, sulla cima del quale si scatenò una tempesta che sembrava destinata a durare per sempre. "Va tutto bene," disse Patroclo al terrorizzato Achille. "Zeus è un dio buono. Non ci farà del male. Ci sta solo avvisando di non salire lassù." "Perchè?" "Perchè è la casa degli dei. Gli uomini non possono salire lassù." Il giorno dopo proseguirono, sempre più lontano, in terre che dicevano essere abitate da tribù di semi-barbari. Dopo un paio di giorni, finalmente si fermarono. "Non vi porterò oltre." disse Peleo. Poi vedendo l'espressione terrorizzata di Patroclo disse, "Non ti preoccupare. Dovete solo andare dritti su per questa montagna. Chirone vi troverà – è molto intelligente." E così Patroclo e Achille continuarono da soli. Si ritrovarono ben presto in mezzo alla foresta, e Patroclo doveva cercare di farsi strada. Istintivamente prese Achille con sè, e Achille afferrò sia la criniera del cavallo che il braccio attorno a sè. Patroclo fermò di botto il cavallo appena sentì il rumore di zoccoli che si avvicinavano. Al posto del grande centauro che si era immaginato, però, apparì un vecchio uomo su un mulo. "Voi siete Patroclo e Achille?" chiese in modo brusco. Senza aspettare una risposta disse, "Bene. Probabilmente siete chi immagino io. Avanti." Patroclo rimase sbalordito quando capì che si trattava di Chirone, il grande maestro e saggio re. Achille diede voce ai suoi pensieri. "Tu non sei un centauro." Chirone si guardò intorno. "Dammi un po' di tempo, e poi vedremo cosa dirà di te la gente, ragazzo. Intanto, ti rifiuti di avermi come maestro?" Achille scosse la testa, spaventato. Cavalcarono per la foresta in silenzio. Quando raggiunsero una radura, un altro ragazzo sbucò fuori e corse verso Chirone. "Non ti preoccupare," gli disse Chirone. "Solo perchè sono vecchio non significa che ho bisogno di aiuto. Porta qui il mio bastone, ragazzo." Il ragazzo tornò indietro nella caverna e tornò portando un bastone di legno di quercia. Chirone scese dal mulo e prese dalle mani del ragazzo il bastone. Patroclo scese dal suo cavallo e aiutò Achille a fare lo stesso. "Lui è Medeo," disse Chirone, dando delle pacche sulle spalle del ragazzo. "Medeo, questo è Patroclo, figlio di Menezio, e Achille, figlio di Peleo." Medeo si irrigidì al sentire i loro nomi, e i suoi occhi li fissarono con sospetto. Chirone guardò i ragazzi per qualche momento, poi tirò un'occhiata a Medeo. Finalmente, l'altro ragazzo annuì in loro direzione. "Come vi va?" disse, la stessa espressione fredda sul suo viso. Sembrava avere la stessa età, ma Patroclo non aveva mai visto uno come lui. La sua pelle era scura, i suoi capelli neri come la notte, come lo erano i suoi occhi. Il suo accento sembrava uno strano misto tra Corinzio, Ateniese, e qualcos'altro che non sapeva distinguere. Con uno sguardo di ghiaccio, Medeo si voltò e se ne andò. "Ooh," disse Patroclo sogghignando. "Guardatemi, non sono fantastico, nessuno può neanche immaginarsi da dove vengo. Non ho bisogno di nessuno se non di me stesso". Achille scoppiò a ridere per l'imitazione di Patroclo, ma smise immediatamente dopo aver visto la faccia di Chirone. "Non pensare di essere l'unico con i problemi," disse il vecchio. "Di sicuro, quel ragazzo è stato più sfortunato di te." Medeo non rivolse la parola nè a Patroclo, nè ad Achille per molto tempo. Non importava poi molto – entrambi erano troppo stanchi per preoccuparsi del comportamento dell'altro ragazzino. Pensandoci bene, era quasi un vantaggio, dato che spesso Medeo finiva in coppia con Patroclo quando Chirone insegnava loro come combattere. Quando sbagliavano, Chirone li colpiva con il suo bastone, poi urlava loro di rifare tutto daccapo, e Patroclo iniziò a capire perchè le gente diffondeva certe voci riguardo il loro maestro. Dall'altro lato, sembrava meno severo con Achille, e vedendo la tensione tra lui e Medeo, Chirone decise di farlo allenare con Patroclo, che sembrava andarci un po' più leggerlo con lui, a causa dell'età molto più giovane di Achille. A volte Achille se ne rendeva conto, e così urlava di tutto a Patroclo perchè lo lasciava vincere. Quando non combattevano, imparavano a muoversi nella foresta. Medeo generalmente era migliore di Achille e di Patroclo, anche se Patroclo era più veloce ad apprendere come curare le ferite e le malattie. La maggior parte delle volte dovevano cavarsela da soli per il cibo, anche se di nuovo, Chirone era più indulgente con Achille. Una notte, quando Chirone non c'era e Achille si era addormentato. Medeo finalmente parlò a Patroclo. "I vostri padri erano Argonauti, vero?" chiese. "Sì, perchè?" "Cosa pensavano di Giasone?" chiese Medeo. Patroclo riflettè per un momento. Non era molto sicuro di cosa dire. "Non so," rispose alla fine. "Pensavano fosse un buon capo." "Non dicevano niente riguardo il suo atteggiamento verso le altre persone?" "No," disse Patroclo. "Perchè?" "Mia madre è Medea," sospirò alla fine. "Ho preso il nome da lei, la donna che aiutò Giasone a recuperare il vello d'oro." "Cosa? Davvero?" Patroclo si illuminò, ma il sorriso scomparve quando vide l'espressione cupa di Medeo. "Non ti piace o qualcosa del genere?" "No," disse Medeo, come se fosse ovvio. Poi sospirò di nuovo. "Mio padre si innamorò di un'altra donna quando ritornò a Corinto, e sposò lei invece di mia madre – l'abbandonò insieme ai suoi bambini. Ma.. ho capito che sono davvero ingiusto. Sento ancora di avere il diritto di odiare Giasone per quello che ha fatto a mia madre. Non l'ho mai incontrato sul serio, e comunque non posso continuare ad odiare le persone che c'entrano qualcosa con lui. Sono stato stupido, scusa." Patroclo ci pensò su. Sembrava stupido anche da parte sua continuare ad essere arrabbiato con qualcuno che ha riconosciuto i suoi stessi errori. Guardò Achille, che era rannicchiato sotto un mantello. Poi quando si voltò per guardare Medeo, sorrideva. "Va tutto bene," disse. "Ognuno ha i suoi problemi, no?" Medeo annuì. "Già, immagino di sì." --------------------------------------------- Nota della traduttrice: Ho pensato che il capitolo di ieri fosse davvero corto, e così ho aggiornato prestissimo ;) anche perchè in questi giorni sarò nuovamente occupata .__. Aww~ è arrivato Medeo finalmente *O* Io all'inizio ho storto il naso quando ho saputo della comparsa di un personaggio inventato dall'autrice, perchè preferisco le storie che seguano la storia originale in tutto e per tutto XD Però Medeo è un bel personaggio *-* Spero piaccia anche a voi ^^ Non cambierà la storia in modo radicale, anche perchè tra poco dovrà uscire di scena D: (Quindi non vi ci affezionate troppo XD) @sakura2480: Ma figurati, anzi mille grazie per commentare ^.^ L'importante è sapere che qualcuno segue la storia, poi anche senza commenti va bene :D Uhm, se io fossi una semidea senza dubbio vorrei essere la figlia di Atena *_* Mi piacciono sia il suo carattere, sia i valori che rappresenta ^^ Ma dall'altro lato non vorrei pensare ad Atena che fa dei figli o__ò Che brutto, non ce la vedo proprio XD Tu invece chi vorresti? *-* |
Capitolo 5
*** La lancia della cenere del Pelio ***
«In All but Blood» La lancia della cenere del Pelio Patroclo emise un lamento quando Medeo lo colpì allo stomaco con la sua spada di legno, ma non cadde a terra. Non che Chirone si aspettasse da lui qualcosa del genere – i tre ragazzi erano già stati sballottati abbastanza da non cadere neanche per un colpo al ventre. Anche dopo due anni, vedeva i tre ragazzi crescere e sviluppare da soli le loro personalità. Ed era fiero di tutti e tre. Patroclo era il più tranquillo dei tre, e tendeva a ragionare prima di passare all'azione. A volte Chirone si preoccupava un po' quando Patroclo aveva uno strano sguardo, qualcosa che non aveva mai visto negli occhi di un ragazzino della sua età. Come se un uomo di quarant'anni guardasse attraverso gli occhi di un bambino. Poi, improvvisamente come quando era apparso, se ne andava, e aveva di nuovo dodici anni. Forse era per questo che sembrava il detentore della legge tra di loro—bastava solo uno sguardo severo, e gli altri due eseguivano, comportandosi come se la decisione fosse stata presa da loro. Medeo, al contrario, sapeva comportarsi in un modo così infantile da far impazzire Chirone. Era uno sfaticato, sempre pronto a fare scherzi. E tuttavia, Chirone lo sapeva, Medeo non si perdeva mai niente, e addirittura a volte vedeva cose che gli altri non vedevano, anche se il ragazzino non le comprendeva come faceva Patroclo. Era il più scaltro, e poteva facilmente gestire le situazioni, a volte persino a suo favore. Achille era di certo il più agile del gruppo. Era in grado di competere con loro nelle gare di corsa, e stava diventando il miglior cacciatore. Non passò molto tempo perchè Patroclo e Medeo perdessero contro di lui nei combattimenti. Tuttavia rifletteva molto meno degli altri due. Questo non era dovuto alla stupidità—ogni volta che Chirone iniziava a pensarci si ricordava di Eracle, che, nonostante fosse forte, e un ragazzo col cuore d'oro, era stupido come un palo— ma semplicemente perchè non vi badava. Al contrario, poteva diventare molto intelligente quando qualcosa gli interessava. Non che importasse poi molto alla fine; Achille faceva funzionare le cose a modo suo, e al contrario di Medeo, piegava le cose alla sua volontà invece di girare intorno ai problemi. Chirone fu riportato al presente quando Patroclo urlò di dolore. Il ragazzo era seduto per terra, tendendosi il collo per il dolore. Medeo si avvicinò a lui, sembrava sia colpevole sia preoccupato. Un po' più lontano Achille stava guardando con preoccupazione i due più grandi. Non ci volle molto a capire cosa fosse successo – non importava chi fossi, faceva sempre male essere colpito al collo. Chirone si fece avanti e si portò vicino a Patroclo. Spostando la mano di Patroclo, scoprì una chiazza rossa, che sapeva avrebbe almeno lasciato un segno. "Va bene," disse. "per oggi basta così. Quello sarebbe stato un colpo mortale, comunque. La prossima volta rimani in guardia." Questa non era una situazione che giustificasse un colpo sugli stinchi. Il suo sbaglio gli era già costato abbastanza da non commetterlo un'altra volta. Medeo gli porse la mano, che Patroclo afferrò, e lo tirò su in piedi. Poi mise un braccio intorno alle spalle di Patroclo, e sorrise con un'espressione dispiaciuta. "Stai bene?" chiese. "Sì," disse Patroclo. "Sai, se continui così sarai la mia rovina." Medeo rise. "Amico mio, sarei onorato di condannarti al tuo destino." "E a me dove mi lasci?" chiese Achille, avvicinandosi ai suoi amici. "Tu sarai colui che lo innalzerà alla vera gloria, ovviamente," rise Medeo. "Se sarò fortunato, potrei aiutarvi a morire entrambi!" "Quindi a me tocca innalzare Achille alla gloria?" disse Patroclo, ridendo. "Dov'è l'equilibrio in tutto questo?" "Invece è un perfetto equilibrio," disse Medeo, portando l'altro braccio intorno alle spalle di Achille. "Vedi, tu non puoi condannarlo al suo destino, ma comunque lui ti porterà la gloria senza sembrare un idiota completo – non funziona così. E nemmeno io posso portarlo alla gloria, senza portarti una maledizione. Inoltre, io riceverei una gloria immensa se riuscissi a uccidere due grandi guerrieri." "Già, o saresti maledetto dal genere umano per sempre," disse Achille. "No se andrò dalla parte giusta," disse Medeo. "Ci penserò su, comunque.." "Bene, voi tre," disse Chirone. "Andate. Fate quello che fanno i ragazzi di questi tempi." Medeo prese il polso di Patroclo e corse via nella foresta. Achille si fermò un attimo, preso alla sprovvista, prima di correre dietro ai suoi amici. Chirone scosse la testa, e si avviò verso la sua caverna. Stava giungendo una tempesta e la sua gamba iniziava a funzionare male di nuovo. "Riguardo a portare la morte a uno o all'altro..." brontolò. "Sto diventando troppo vecchio per queste cose. Mi chiedo se loro tre saranno il mio ultimo gruppo." ~*~ Più tardi quella notte, mentre i ragazzi erano seduti fuori intorno al fuoco, Chirone chiamò Achille nella caverna con lui. Il ragazzino lo guardò con due curiosi occhi blu, e Chirone non si trattenne dal sorridere. "Ho qualcosa per te," disse. "Inizialmente avevo intenzione di aspettare, per vedere come andavi, ma..." fece una pausa per prendere fiato, e si sedette. "Vedi quella lancia, appoggiata al muro? È tua." La faccia di Achille si illuminò guando vide la lancia. Era di un bel colore dorato, e la lama brillava riflessa dal fuoco di fuori. Achille la impugnò – era ancora un po' troppo grande, ma Chirone voleva che la usasse quando sarebbe cresciuto. "E' fatta con la cenere del legno di questa montagna," disse Chirone. "Non sei ancora in grado di usarla. Ho pensato che avresti voluto qualcosa con cui lavorare un po' su. Ma se non lo fai, non riuscirai mai ad usarla. È molto più pesante di qualsiasi altra che userai nella tua vita. Volevo fare qualcosa per te, che solo tu potrai usare. Tutti gli eroi hanno bisogno di qualcosa di speciale, no?" Achille guardò il suo maestro, sorridendo orgogliosamente. Poi il suo viso divenne cupo. "Patroclo e Medeo saranno gelosi," disse, guardando il terreno. "Non ti preoccupare di loro," disse Chirone, tirandosi su in piedi, con un mugugno. "Potrebbero anche esserlo, all'inizio. Ma se li conosco bene, se ne dimenticheranno presto." Come Chirone aveva predetto, Medeo e Patroclo sembravano un po' gelosi all'inizio. Ma alla fine del giorno, Medeo stava prendendo in giro Achille per quanto avrebbe dovuto impegnarsi, dato che non era una bella cosa avere un'arma che non puoi usare. Patroclo alzò gli occhi e non disse nulla, ma Chirone poteva vedere quello sguardo adulto nei suoi occhi, e sapeva che Patroclo se n'era uscito con un ragionamento probabilmente superiore a quello delle teste di Achille e Medeo. Nel frattempo, stava iniziando a pensare che forse era ora di insegnare ai ragazzi un po' delle arti. Non sarebbe passato molto tempo prima che Patroclo e Medeo lo avrebbero lasciato, anche se per intervalli di tempo. Si rifiutava di immaginare uno dei due sposato – gli aveva sempre dato fastidio il matrimonio, che sembrava il primo pensiero dei genitori. Entrambi avevano appena raggiunto la pubertà, e per il momento voleva solo che i tre fossero i suoi studenti. --------------------------------------------- Nota della traduttrice: Ammetto che il discorso di Medeo sulla gloria e la condanna mi ha dato qualche problema XD Ho passato un sacco di tempo a cercare di dare un senso alla questione, ma è davvero difficile.. Non ha un'importanza rilevante comunque, dato che non si avvererà nulla di tutto ciò XD@sakura2480: Porterò sicuramente i tuoi complimenti all'autrice ^.^ adesso è da un po' che non entra sul suo LJ, ma quando la becco di sicuro la informerò ;) Povero Elio .__. Non è molto famoso, anche perchè spesso si dice che il dio del Sole sia Apollo.. Ma poi perchè dicono così? °__°' Mah xD |
Capitolo 6
*** Scontri ***
«In All but Blood» Scontri
Medeo sussurrò qualcosa all'orecchio di Patroclo, che gli procurò un'occhiataccia da parte dell'altro ragazzo. "Taci," sibilò Patroclo. "Lo avrei fatto," disse Medeo, sollevando un sopracciglio e sorridendo. "Avresti fatto cosa?" chiese Achille. I tre si stavano lavando. Medeo e Patroclo parlavano tra di loro quasi tutto il tempo, e Achille era stufo. Era già un po' che quei due lo escludevano dalle conversazioni, e a volte gli sembrava che lo facessero apposta. "Avrei parlato con quella ragazza che abbiamo visto qua in giro," disse. "Quella che viene dal villaggio, coi capelli rossi. Neanche le sue amiche sono male." Achille scrollò le spalle. "Tutto ciò a cui sai pensare ormai sono solo le ragazze?" "Ovviamente no," disse Medeo, con una finta espressione da innocente. Fu presto sostituita da un sorriso malefico, e i suoi occhi si spostarono su Patroclo. "Mi piacciono anche i bei--" tirò un ulro, poi scoppiò a ridere quando Patroclo gli bagnò la faccia spruzzandogli un po' d'acqua addosso. Achille guardò i due gareggiare a suon di sguardi. Sembrava quasi che stessero litigando senza dire una parola. Alla fine, Medeo scrollò le spalle e si girò. "Sei molto fortunato," disse. "Tu hai Patroclo che protegge le tue orecchie vergini." Il volto di Achille si fece buio. Doveva ammetterlo, non era proprio sicuro di cosa fosse una vergine. Comunque, sapeva che era qualcosa da femmine, e non voleva che Patroclo lo rendesse tale. "Dimmelo," disse, arrabbiato. "Di cosa stavate parlando?" Medeo sorrise. "È una sua scelta," disse a Patroclo. "Non hai il diritto di fermarmi. Vedi," disse voltandosi verso Achille. "Ho beccato Patroclo che guardava delle ragazze fare il bagno l'altro giorno." Patroclo arrossì e buttò ancora dell'acqua addosso a Medeo. Achille guardò il suo amico incredulo. "Che schifo," disse. "Perchè hai voluto farlo?" Medeo rise, e Patroclo diventò ancora più rosso mentre scivolava sempre più nell'acqua. "Oh, piccolo Achille," lo canzonò Medeo. "Capirai quando sarai più grande." Achille distolse lo sguardo, improvvisamente arrabbiato e ferito. "Taci," brontolò. Il sorriso di Medeo scomparve, e disse, "Ehy, scusa. Non volevo dire sul serio." "Sì, invece." Patroclo guardava i due, rassegnato. Forse era per le loro caratteri impulsivi, o forse perchè Patroclo odiava litigare, ma Achille litigava con Medeo spesso. D'altro canto, era Medeo quello che iniziava sempre a prenderlo in giro e non sapeva darsi un limite, e Achille non riusciva a restare calmo. Questi problemi sembravano sbucare fuori sempre più spesso, e Achille iniziava a notare di più la differenza d'età. Non era per niente stupido, neanche cieco. I suoi amici erano cambiati fisicamente, ed erano molto diversi da lui – all'improvviso erano diventati più alti e si erano irrobustiti; non avevano più il viso rotondo come prima, dei capelli avevano cominciato a crescergli sulle gambe e sulle braccia, e anche in altre parti; c'era dell'altro, ma non ci capiva niente. Cambi nel loro modo di comportarsi, un improvviso interesse verso altri della loro età, e a volte andavano vicino ad un villaggio ai piedi della montagna. E Achille capiva che in qualche modo, questo era un passo verso l'età adulta, e fu chiaro che lui era ancora un bambino. Patroclo improvvisamente si tirò su dall'acqua e prese il suo chitone. "Andiamo," disse. "Sta diventando buio, e mi sta venendo freddo." "Smettila di fare la donnetta," disse Medeo, ridendo. Ad ogni modo, uscì anche lui dall'acqua e subito dopo li seguì anche Achille. Quella notte fu svegliato dal bisbigliare di Patroclo e Medeo. Erano uno di fronte all'altro, Medeo gli dava la schiena. Achille sperò di vedere il suo volto, ma si accontentò di vedere almeno l'espressione di Patroclo. "Dovremo dirglielo," diceva Medeo. "Ma ha solo nove anni," disse Patroclo. "E allora? Lo verrebbe comunque a sapere, Chirone ha detto chiaramente che lo avrebbe spiegato una volta sola, e per quello che ne so, questo significa che noi dobbiamo dirlo ad Achille. Anche io preferirei non farlo." "Bene, fallo. Ma io mi rifiuto." "Questo non è giusto." "Credi davvero che capirebbe? E se anche lo facesse, ci crederebbe?" Medeo sospirò. "Perchè no? Quando mai gli abbiamo mentito?" Patroclo distolse lo sguardo, come se stesse combattendo contro se stesso. "Vorresti davvero farlo? È ancora presto per lui – ancora tre anni, almeno. Perchè non possiamo farlo restare un bambino finchè può?" Ad Achille venne un groppo in gola, e per la prima volta si ritrovò ad odiare Patroclo per le sue decisioni. Non riusciva a capire perchè lui volesse che restasse così, che lo volesse trattenerlo dal crescere. "Fanno anche peggio a Sparta." disse Medeo. "Lì--" "Non siamo a Sparta," disse Patroclo, esasperato. "Perchè non possiamo lasciarlo all'oscuro di certe cose almeno per un altro po'? Non è che dobbiamo spiegargli che questo lo farà crescere prima." Medeo taceva. Dopo un po', chiese, "Perchè sei così protettivo con lui? E non cercare di ingannarmi con la scusa del 'fratellino' di nuovo." Patroclo sembrava confuso. "Non saprei cos'altro dirti." "Mi sono accorto di una cosa oggi," disse Medeo. "Quando i capelli di Achille sono bagnati, assomigliano a quelli della ragazza che ti piace tanto." Patroclo scosse la testa, sorridendo. "Io non me ne sono accorto. Potrebbe essere un caso." Medeo allungò una mano e toccò la faccia di Patroclo, poi prese una ciocca di capelli. Patroclo era concentrato solo sul viso di Medeo, con una strana espressione sulla faccia, che Achille riconobbe ma non riusciva a definire, ma poi i suoi occhi si spostarono su Achille, e i loro sguardi si incontrarono. "Sai," disse Medeo. "Sei davvero--" "Achille," disse Patroclo, tirandosi su. "Perchè non dormi?" "Voi due mi avete svegliato." Anche Medeo ora guardava Achille, con un'espressione indecifrabile. Lui e Patroclo si guardarono, stavano combattendo un'altra delle loro battaglie mute. Questa volta fu Patroclo a distogliere lo sguardo. "Torna a dormire," disse ad Achille, e poi guardò Medeo severamente. "Bene," sibilò Medeo, e si girò su un fianco così da non vedere Patroclo. "Come lei comanda." Achille tornò a sdraiarsi. Voleva urlare di tutto a Patroclo, voleva dirgli di non avere segreti con lui. E per la prima volta voleva davvero far male al suo più vecchio amico. Tuttavia, allo stesso tempo, voleva corrergli incontro e abbracciarlo, e poter sdraiarsi insieme a lui e dormire fianco a fianco, come facevano prima. Ma non lo fece. Rimase immibule finchè non si addormentò. --------------------------------------------- Note dell'autrice: Ah, la pubertà. Non è meravigliosa?Credo che questi saranno gli anni peggiori per Achille. Ci vorranno ancora un po' di capitoli, dato che Patroclo andrà a Sparta per Elena, e ci saranno altre cose divertenti, ma crescerà. Nel frattempo, avremo qualche altra attrazione sessuale che si sviluppa... E riguardo il colore dei suoi capelli: vedete, trovo abbastanza strano il fatto che, quando è a Skyro, viene chiamato "Pirra", cioè "ragazza dai capelli rossi" quando è biondo, come specificatamente dice Omero. Quindi credo che a quell'età fosse su un biondo che tende al rosso, e alla fine perderà il rosso piano piano. La cosa divertente dei bambini è questa, che cambiano il colore di capelli. Nota della traduttrice: Come avrete notato, ho deciso d'ora in avanti di tradurre anche le note dell'autrice ^^ Come le ho lette io, penso sia giusto le leggano tutti. @sakura2480: La descrizione dello sguardo di Patroclo è tutto dell'autrice, io non ho fatto che tradurre, quindi il 'brava' va tutto a lei ;) Sei stata esaurientissima su Elio *__* Ora ho capito tutto, grazie davvero :D |
Capitolo 7
*** Una decisione improvvisa ***
«In All but Blood» Una decisione improvvisa "Sei fuori di testa." Patroclo sorrise appena al commento di Medeo. "Cosa succede?" chiese Achille, di nuovo arrabbiato per essere stato lasciato fuori. Tuttavia, Medeo era riuscito a farglielo confessare la notte prima, quando pensavano che l'altro ragazzino stesse già dormendo, quindi non si sentiva troppo colpevole. Aveva un qualcosa che sembrava preannunciare una decisione. Non succedeva spesso che lui sembrasse sul punto di prendere una decisione vitale. "Voglio sposarmi," disse Patroclo. "Eh?" Medeo rise per l'espressione di Achille. Ovviamente era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato il bambino, e dal suo volto si vedeva che si stava chiedendo se questo fosse uno scherzo, o se Patroclo fosse uscito di testa. Fu la stessa reazione che ebbe Medeo. Il fatto era che Patroclo aveva solo 15 anni, e mentre per le ragazze era relativamente normale sposarsi a quell'età, per i ragazzi era molto presto. Achille guardò i due severamente. "Tu non conosci nessuna ragazza. O almeno, non tanto da poterti sposare." "Non è una ragazza qualsiasi," disse Patroclo. "L'ho sentito da poco – ha più o meno la mia età, e devo necessariamente sposarla. Può anche essere promessa a me, e il fidanzamento può durare anche anni." "A parte il fatto che ci saranno centinaia di uomini a contendersela.." disse Medeo. "Un buon numero dei quali sicuramente sarà migliore di te." "Devo cogliere questa occasione, e non potete persuadermi in alcun modo. Avete idea di quanto spesso capiti un'occasione del genere?" "Chi è?" "Elena di Sparta. La donna più bella del mondo. Chiunque la sposi sarà in prima linea per il trono, dopo Castore e Polluce." disse Medeo, voltandosi. I due erano d'accordo sul fatto che il loro amico fosse fuori di testa. "E cosa succederebbe se non ce la facessi?" chiese Patroclo. "Tornerei indietro un po' deluso. Se invece ce la facessi--" "Ti ritroveresti con un sacco di problemi," disse Medeo. "Credimi, le donne belle e potenti sono sempre un problema. Guarda, un giorno arriverà un giovane, la sedurrà, e tu sembrerai un idiota. E non solo, se decidesse di farla finita con te, non importerebbe a nessuno, perchè lei è di sangue spartano." Patroclo non disse niente. "Hai intenzione di andarci così?" chiese Achille, dubbioso. "Se fossi il re non ti farei entrare in casa mia, figuriamoci sposare mia figlia." "Cosa c'è?" "Bè, sei tutto sporco, per prima cosa. I tuoi vestiti sono disgustosi – non guardarmi in quel modo – non hai possedimenti, e il tuo cavallo sembra stia per morire." disse Medeo. Patroclo guardò l'animale per un momento. "Non lo farà." "Non è questo il punto. Finchè sembrerà sul punto di farlo, a loro non interesserà. Sembri un mendicante." "Bè, è lunga arrivare a Sparta. Sono sicuro che riuscirò a trovare una soluzione prima di arrivare lì." disse Patroclo. "Bene," disse Medeo. "Fa lo stesso. La decisione è tua." Patroclo sorrise, e scosse la testa. "Tu dici sempre così quando non trovi una soluzione." Achille improvvisamente andò verso Patroclo e si mise in punta di piedi. Gli prese il viso fra le mani e posò delicatamente le sue labbra su quelle dell'altro ragazzo. Una volta tornato alla solita altezza, Patroclo lo guardò scioccato, e Medeo cercava di non ridere per la sorpresa. "... che cosa...?" Patroclo era senza parole. "Medeo lo fa," disse Achille, con uno sguardo serio. "Perchè io non posso?" Gli occhi verdi incontrarono quelli neri, e Patroclo aggrottò la fronte vedendoli divertiti. I due non sapevano di essere stati così indiscreti. Per quel che Achille aveva potuto vedere, apparentemente, era un semplice segno di affetto. Alla fine Medeo non riuscì a trattenere le risate. "Giusto," disse, guardando le facce di entrambi. "Però, non sembra che tu lo faccia molto bene." All'espressione confusa di Achille, e quella esasperata dell'altro, voltò il viso di Patroclo e gli diede un profondo bacio sulla bocca. Quando si staccò, vide Achille guardarlo incredulo. Patroclo sembrava sul punto di tirargli un pugno. Con un'altra risata e un colpetto sulla guancia, si voltò e si incamminò verso la caverna. "Fa' buon viaggio," disse alle sue spalle. Medeo passò il giorno intero a pensare a quella vicenda, tuttavia. Chirone non gli parlava, se non per dargli ordini, e non sapeva se era per colpa del suo "scherzo", o semplicemente perchè non gli prestava attenzione. Dopo una frazione di secondo decise di prendere l'altro loro cavallo—Chirone aveva insegnato loro a cavalcare, ma c'erano solo due cavalli—e iniziò a seguire Patroclo. "Non preoccupatevi," disse quando gli altri due protestarono. "Vado solo a cavalcare un po' con lui. Sarò qui per domani sera." Non c'erano motivi per Patroclo di affrettarsi, quindi credette che non ci volesse molto a raggiungere il suo amico se si fosse sbrigato. C'era una buona probabilità che si sarebbe trovato ovunque da qui a tre mesi, o tre anni. Non avrebbe visto Patroclo per molto tempo, e le possibilità che sua madre lo chiamasse per unirsi a lei stavano crescendo. E se si fosse trovato ancora sulla montagna dopo tre anni, ci sarebbe stato un improvviso e grande cavallo nero, e il suo nome era Achille. Patroclo poteva essere ignaro di ciò che stava per accadere, ma Medeo non lo era. Anche se tra tre anni Achille avrà appena raggiunto l'età adolescenziale, era innegabile che lui sarebbe stato il vincitore alla fine. Il ragazzo cresceva sempre più bello, e superava Medeo e Patroclo in quasi ogni cosa, quando aveva la pazienza di portare a termine i suoi doveri. Inoltre, Achille sembrava non avere occhi per nessuno, tranne che per Patroclo, e questo succedeva da sempre. Mentre il più grande non se ne rendeva conto all'inizio, quei due erano attratti l'uno dall'altro in tutti i modi. Alla fine, vide Patroclo andare verso la foresta, e gli tirò un urlo. L'altro ragazzo si guardò intorno curiosamente, poi sorrise quando vide di chi si trattava. "Ehy," disse Medeo, raggiungendolo. "Ho pensato di cavalcare un po' con te."
Nota dell'autrice: Nota della traduttrice: Splendido, vero? La storia sta prendendo una piega decisamente interessante XD @sakura2480: Laureata in archeologia greco-romana?! *__* Ma che bellezza! Chissà quante belle cose sai sulla mitologia, purtroppo a scuola ti insegnano poco e niente .___. Facendo il linguistico, tutto quello che so l'ho imparato alle medie o sui libri extra-scolastici. È un peccato perchè ci sono dei miti così belli ç_ç Ohoh, se lo scorso capitolo ti ha lasciato così O_O mi posso immaginare questo XDD Patroclo nell'Iliade non ricambiava perchè Medeo non c'era.. Da quel che ho trovato su internet Medeo si chiamava in realtà Medo ed era il figlio di Egeo e Medea. Medea voleva che Medo diventasse il re di Atene al posto di Teseo, che era l'altro figlio di Egeo, così cerca di avvelenarlo, ma quando Egeo lo scopre manda in esilio Medea e Medo. Poi di lui però non se ne sa più niente °^° quindi non ha nessun legame con la guerra di Troia.. Oh, stasera in tv c'è Troy, quello splendore di film~! È dalla prima media che non lo guardo; a quei tempi mi avevano costretto, o meglio, ero curiosa di vederlo, ma dopo quella volta.. Che schifo :/ Diomede me l'han fatto sparire, Menelao muore (?) , Achille è un donnaiolo, ma soprattutto Patroclo è diventato un mocciosetto petulante che senza Achille non sa neanche allacciarsi i calzari .__. Davvero bello ♥
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Capitolo 8
*** Deviazioni ***
«In All but Blood» Deviazioni
Patroclo sospirò e si spostò dal fieno che gli faceva prudere la schiena nuda sul quale riposava. Lui e Medeo si erano fermati nel villaggio ai piedi della montagna. In qualche modo, erano apparsi magicamente dei soldi nelle mani di Medeo – non abbastanza per una camera nella locanda, ma quanto bastava per ricavarne un posticino in una stalla. Medeo era una persona ingannevole, e quando si lasciò 'sfuggire' di bocca che non avevano un posto dove stare, il padrone della stalla offrì loro un posto in casa sua. La sua ospitalità non andò sprecata; Medeo disse che non voleva addirittura dormire in casa, e chiese solo di poter dormire nella stalla. Il padrone si accigliò lievemente, ma Medeo insistette, e alla fine l'uomo di arrese. Comunque, ai due diedero un pasto caldo e delle coperte, e dissero che dovevano solo chiedere se avessero avuto bisogno di qualcosa. La vera ragione della sua insistenza fu presto svelata. Davvero una persona ingannevole, pensò Patroclo, con un piccolo sbuffo. Non che non gli fosse piaciuto - sarebbe da pazzi. Comunque, dopo, quando si tenevano stretti l'un l'altro, Medeo sembrava triste, come se non si sarebbero visti mai più. Quando Patroclo gli chiese il perchè, lui rispose che presto sarebbe stato chiamato da sua madre nella Colchia, anche se non sapeva quando. Era l'unico erede al trono vivente, e aveva un dovere. Anche quando Patroclo gli assicurò che sarebbe tornato indietro prima che fosse accaduto ciò, l'altro ragazzo sembrava avvilito. Quella mattina, comunque, sembrava completamente tornato normale mentre si vestiva e si muoveva. Preoccupò abbastanza Patroclo, che si chiedeva quanto spesso nascondesse ciò che provava. "Siete svegli ragazzi?" Una donna entrò dentro, portava un cesto, e sorrise serenamente quando i due ragazzi la guardarono. "Vi ho portato un po' di colazione, e anche un po' di cibo per il viaggio." Patroclo rispose al sorriso con gratitudine. "Lei e suo marito siete troppo gentili con noi." "Non ti preoccupare. Non è molto, solo un po' di pane e frutta, e un po' di formaggio. Ma è tutto ciò che possiamo fare." "Grazie, signora," disse Medeo. "Lo appreziamo davvero tanto." Quando se ne andò, emise un sospiro di delusione. "E io che speravo venissero a portarci da mangiare le loro figlie." Patroclo gli tirò una manciata di fieno. "Sei insaziabile," disse, ridendo. "Non ti è bastata la scorsa notte?" Medeo rise, i suoi occhi brillavano di malizia. "Veramente lo speravo per te," disse. "Una delle due è quella coi capelli rossi che ti piace tanto. E potresti perdere entrambe le verginità in meno di un giorno." "Brutto porco.. Per quello potrei anche ingaggiare una puttana, sai." Medeo si accigliò. "La tua prima volta non dovrebbe mai essere con una puttana. E poi le ragazze del villaggio fanno finta di essere timide, ti potresti divertire a indurle a fare una cosa del genere." Scuotendo la testa, Patroclo disse, "Non sei mai capace di smetterla, vero?" "Il sesso non dovrebbe mai essere qualcosa da 'smettere'. E comunque, tu dovresti sempre cercare di divertirti il più possibile finchè sei vivo, in qualsiasi circostanza gli dei ti mettano. E le ragazze del villaggio sono divertenti." "Come fai a saperlo?" Medeo sorrise alla domanda, e morsicò un pezzo di pane. Allora era per quello che a volte spariva. "Un giorno o l'altro il papà di qualche ragazza ti beccherà mentre deflori la sua bambina," disse Patroclo. "E ti vorrà castrare." Medeo scrollò le spalle. "Non ho paura di questo." "Ovviamente no," disse Patroclo, finendo di mangiare l'ultimo boccone di pane. Ma era troppo grande e iniziò a tossire. Medeo scoppiò a ridere e si beccò un gesto scortese in cambio. "Oh, no, non farlo!" disse mentre Patroclo si metteva addosso il chitone. "Mi piaceva!" "Ti mostrerei il culo, ma ti piacerebbe." Un'altra risata, e Medeo si tirò su. "Prenditi il resto del cibo. Tanto io torno alla montagna." "Ne avevo tutte le intenzioni," disse Patroclo, tirando su il pane e la frutta. Mise la sella sul cavallo, ma si voltò quando sentì una mano sulla spalla. "Non mi merito un bacio d'addio?" chiese Medeo. "Non penso proprio," disse Patroclo, con un ghigno e girandosi dall'altra parte. "Sono deluso da te per il fatto che ti sei approfittato di tutte quelle ragazze." "Peccato." Medeo prese il polso di Patroclo e lo fece voltare cosicchè il suo corpo fosse schiacciato sotto quello dell'altro ragazzo. Il bacio seguente, tuttavia, fu sorprendentemente dolce. I due si misero a ridere quando Medeo si staccò. Cavalcarono ad ovest fuori dalla città, e si fermarono ancora una volta prima che le loro strade si dividessero. Il più scuro si avvicinò e, posando la mano gentilmente sulla gamba di Patroclo, gli diede un altro soffice bacio. "Ci vedremo presto," disse Patroclo, sorridendo. "Speriamo. Mia madre vuole mettermi sul trono il prima possibile. Qualsiasi trono, a dire il vero." Con un'ultima risata, Medeo girò il cavallo e si diresse verso la montagna. Patroclo lo guardò per qualche istante prima di andare nel verso opposto. Cavalcò verso sud e si fermò vicino al monte Olimpo, come quella volta con Achille. Quella notte si tenne vicino una spada mentre dormiva. C'erano ladri ovunque in quelle terre. Guardando in su verso le stelle, si ricordò di quello che disse ad Achille qualche anno prima, riguardo gli avvertimenti di Zeus. Ora il tempo era tranquillo, e si domandava se fosse così perchè Achille non era con lui. Ora, Achille sarebbe stato esaltato per il confronto, semplicemente perchè gli avrebbero detto che non si fa. Era deciso a fermarsi ad Opunte. Un nuovo cavallo e vestiti decenti sarebbero stati utili, e ad essere onesti, voleva con tutto il cuore rivedere suo padre. Si ricordò della notte in cui Menezio gli raccontò il suo destino, e a quanto sembrava vecchio. Si chiese quanti anni aveva adesso. Si sbarazzò di questo pensiero – non voleva pensarci. Il viaggio dal Monte Pelio sembrava molto più lungo. Pensò a quanto fosse stato più comodo avere Achille che cavalcava davanti a lui, e anche se aveva parlato tutto il tempo e lo aveva infastidito, ora gli mancava. Le notti erano anche più fredde, all'aria aperta, e pensò a quando il ragazzino biondo si accoccolava vicino a lui quando dormivano. Da quanto non lo faceva più? Tre anni? Si rese conto che si trattava più o meno dal momento in cui lui e Medeo erano entrati nella pubertà, e avevano iniziato a dormire insieme. Achille aveva smesso perchè sapeva che stavano crescendo, e si sentiva distante da loro? Si sentì male quando ci pensò su, e gli venne voglia di tornare indietro, di abbracciare il suo amico, e dirgli che gli dispiaceva e che lo amava e gli avrebbe chiesto di venire con lui. Non lo fece. Quando raggiunse la periferia di Opunte, fermò uno schiavo che lavorava in un giardino, e gli disse di fargli strada. Quando il ragazzo protestò, Patroclo lo azzittì, dicendo, "Per favore, ho bisogno che tu vada da Menezio a dirgli che suo figlio è tornato. Dirò io ai tuoi padroni dove sei andato, e ti premierò." Il
ragazzo spalancò gli occhi, gettò a terra tutta
la sua roba e corse
verso la casa di Menezio. Nota dell'autrice: Lo giuro, l'amicizia tra Patroclo e Medeo è anche sessuale (evviva la sessualità Greca!). Probabilmente Patroclo avrà ancora qualche avventura prima di scoprire il suo oddio-è-vero!amore per Achille. Nel frattempo, andrà a far visita a papà per un po'. (Chi l'ha detto che era morto? Peleo non lo era.) Nota della traduttrice: In questo
capitolo mi sono permessa di usare alcuni termini un po' più
"coloriti" perchè non potevo fare altrimenti.. Mi dispiace
se hanno dato fastidio qualcuno, ma era inevitabile ^^; |
Capitolo 9
*** La strega barbara ***
«In All but Blood» La strega barbara Menezio non sembrava tanto vecchio come Patroclo inizialmente temeva che fosse. C'erano dei capelli bianchi, e delle rughe un po' più marcate di prima, ma sembrava lo stesso uomo forte. Quando vide il figlio, il suo volto si illuminò, e sembrò ancora più giovane. Patroclo era meravigliato da quanta felicità potesse portare non vedere per molto tempo qualcuno, e come la tristezza potesse invecchiare. Quando i due si abbracciarono, Menezio sospirò e baciò i capelli del figlio. "Per gli dei, sei diventato alto," disse, scrutando Patroclo. "Stai diventando un uomo così velocemente..." "Non proprio," disse Patroclo, sorridendo. "Anche se ho ammazzato il mio primo cinghiale due anni fa." "Siamo stati lontani per troppo tempo, non importa cosa pensasse Chirone riguardo i contatti tra me e te." "Non giungevano neanche molte notizie. Solo quello che gli abitanti del villaggio sentivano. Che non è molto." Menezio mise un braccio attorno alle spalle del ragazzo e lo fece entrare. "Allora non saprai che mi sono sposato di nuovo." Patroclo guardò il padre sorpeso. "Davvero?" Menezio annuì. "Due volte," disse. "Sono entrambe unioni politiche. Altrimenti sarei stato ben felice di vivere il resto della mia vita con Polimele." Patroclo riusciva a capire come potesse sentirsi suo padre. Menezio preferiva una compagnia di pochi amici intimi, e quindi poche volte dava delle feste per scopi sociali. Allo stesso modo, non sentiva spesso il desiderio di un altro matrimonio – il rovescio della medaglia di tutto questo, tuttavia, era che in queste cose era decisamente leale. Sposò Polimele quasi un anno dopo la morte della sua prima moglie. Patroclo aveva sei anni a quei tempi. Nonostante la differenza d'età – Polimele aveva solo dieci anni più di Patroclo-l'unione era stata buona; non solo Menezio la adorava, ma lei corrispondeva i suoi sentimenti, e amava Patroclo quanto un fratello. Come si rivelò, sia Patroclo che Menezio la vedevano come una boccata di aria fresca rispetto alle ultime due mogli. Filomela era di Atene, e più vicina all'età di Menezio. Aveva le idee chiare su cosa fosse appropriato, e spesso Polimele non rientrava in questa categoria. Ogni volta che la giovane donna tornava da qualche peripezia con Patroclo, le sue labbra di serravano in senso di disapprovazione, ma non diceva niente. Al contrario, Periope era più giovane di Polimele. Era la figlia di Fere, che era amico di Menezio e re di Fera, e la ragazza era un po' più impacciata. Ogni volta che Patroclo diceva qualcosa in modo troppo schietto – il che succedeva molto spesso, dato che Chirone si era rifiutato di insegnare le buone maniere ai ragazzi – lei arrossiva e abbassava lo sguardo. Quando iniziò a succedere un po' troppe volte, Patroclo cominciò a spazientirsi, e se ne andò prima che potesse dire qualcosa che sapeva di non dover dire. Gli era stato suggerito di rimanere per una settimana o due prima di andarsene di nuovo via. Non importava in che modo vedesse questa situazione, avrebbe avuto la necessità di imparare di nuovo a vivere in una casa insieme agli altri. Il letto sembrava fin troppo comodo a volte, e il cibo persino stravagante comparato con quello con cui aveva imparato a sopravvivere, inoltre doveva imparare di nuovo cosa fosse appropriato dire in un tal momento o no. Quest'ultimo era relativamente facile per lui, anche se a volte si sbagliava. Polimele sembrava felice di sistemare per bene Patroclo perchè chiedesse la mano di Elena. Menezio non era mai un uomo stravagante, e sembrava sentisse che suo figlio avrebbe seguito il suo esempio, per questo Patroclo gli era molto riconoscente. Era meglio mostrare un po' di frugalità con gli Spartani, ad ogni modo. Tuttavia, ricevette un magnifico cavallo marrone, e dei bei vestiti nuovi. Polimele andava a comperargli dei doni, e Menezio commissionò la prima armatura di Patroclo, anche se gli mise bene in chiaro che non l'avrebbe usata prima di diventare un uomo. Per Patroclo il non dover aspettare era un po' deludente – voleva ricevere le cose quando se le fosse meritato, un'idea che sia lui sia Achille avevano sempre condiviso. Menezio era molto interessato riguardo la vita di Patroco sul Monte Pelio. Rimase sorpreso quando seppe che c'era anche un altro ragazzo che viveva e si allenava con loro, e Patroclo vide che si irrigidì quando gli disse il nome di Medeo. "Com'è?" chiese Menezio, in modo colloquiale. "È fantastico," disse Patroclo. "È davvero un buon amico – è intelligente e molto gentile. A quanto pare a volte riceve un bel po' di problemi da sua madre. Si esaspera un po' per colpa sua." Capì che era meglio non precisare il vero legame tra di loro, e ne fu felice di averlo fatto quando Menezio sospirò. Il giorno seguente, chiese a Polimele riguardo ciò mentre guadavano il mare tra le rocce. "Bè, non so molto riguardo il figlio, ma da quello che ho sentito Medea è davvero un'opera d'arte. Dicono che è una strega barbara. Tu stai lontano dal suo lato malvagio – è pericolosa anche quando non lo fai. Non hai sentito parlare di lei?" Patroclo scosse la testa. "Bé, Giasone la incontrò quando era alla ricerca del Vello d'Oro, e si innamorò di lei." "Ne ho sentito parlare di quello – che ha dato ad Afrodite il merito di Medea, e si è sposato con un'altra donna." "Non è neanche la metà di quello che è successo davvero. Vedi, quando gli Argonauti furono inseguiti dal suo popolo, lei uccise e smembrò suo fratello, e disperse i suoi resti in modo che gli inseguitori si sarebbero dovuti fermare e tirarlo su, in modo da dargli i giusti funerali. Sapeva usare la magia molto bene, e uccise un uomo con una pozione mortale, dicendogli che era la pozione dell'eterna giovinezza. Dopo tutto ciò, Giasone si sposò con un'altra donna, e lei si infuriò. Aveva avuto due figli da lui, e aveva ucciso il suo stesso fratello per lui, tradendo il suo popolo. Le fu permesso da Egeo di Atene di costruire un santuario, perchè doveva vendicarsi. Così lei mandò un vestito avvelenato e un regalo di matrimonio alla ragazza, che morì bruciata. Anche il padre della sposa morì, mentre teneva tra le braccia la figlia agonizzante. Dopo di che, Medea prese i suoi bambini – una bambina e un ragazzino – e uccise entrambi, per fare un torto a Giasone. Lei sposò Egeo una settimana dopo, e circa nove mesi dopo ebbe un altro figlio. Nessuno seppe provare di chi fosse quel figlio. A quel tempo, Egeo credette di aver perso il suo unico figlio, e Medea pensò che solo suo figlio sarebbe finito sul trono. Tuttavia, il figlio perso – cioè Teseo – si rifece vivo. Lei lo riconobbe prima di Egeo, e lo ingannò facendogli avvelenare il figlio. Egeo se ne accorse all'ultimo minuto, e costrinse lei e suo figlio ad andarsene da Atene. Quale fosse la ragione di Chirone per prenderlo con sè.. forse credeva che fosse meglio per lui crescere lontano da Medea, e mi sembra una buona causa." Patroclo si rannicchiò portando le gambe al petto. Era doloroso, dopo anni, sapere che Medeo non aveva detto nè a lui, nè ad Achille queste cose. Chiunque non ne avrebbe parlato all'inizio, ma poi dopo tutti quegli anni pensava che si fidasse di loro abbastanza per confessarlo. Nessuno lo avrebbe criticato per la sua famiglia. Chirone aveva avuto ragione quando lo rimproverò la prima volta che si incontrarono; non poteva immaginare cosa significasse essere odiato per i propri genitori. Mentre Patroclo sapeva che la famiglia di Clisonimo era giustificata ad odiarlo, Medeo non aveva mai fatto niente per ricevere disprezzo dagli altri. Pensò a Filomela, a come sarebbe rimasta se avesse saputo della sua amicizia con il figlio di Medea. Non si sarebbe vergognato di difendere l'altro ragazzo, ma si rifiutava di portare delle discordie in casa di suo padre. Così non disse più nulla di Medeo durante il suo soggiorno ad Opunte. ---------------------------- Nota della traduttrice: Stavolta l'autrice non ha scritto nessuna nota ^^; @sakura2480:
Sì, Medeo sembra un po' una leggera ma in fondo vuole bene a
Patroclo e ad Achille ;) Forse vuole godersi appieno la sua giovinezza
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Capitolo 10
*** Preparativi ***
«In All but Blood» Preparativi L'armatura destinata a Patroclo fu fabbricata ad Opunte, da un uomo che era amico di Menezio da una vita. Non era certo un'armatura degna di un dio, ma non era questa la ragione dietro la scelta del fabbro. Piuttosto, fu creata prevedendo quanto il ragazzo sarebbe cresciuto – troppe volte aveva fatto corazze o gambali per ragazzi che dovevano ancora aspettare molto prima di andare in guerra. Lasciò lo spazio sufficiente per una futura crescita, ed era bravo in questo. Infatti, quando portò l'armatura a Patroclo lo fece con un sorriso soddisfatto. "Hai ancora del tempo per crescere," disse. "Ancora pochi centimentri, credo, e le tue spalle e il tuo torace diventeranno ancora un po' più grandi. Te la porti dietro?" "Non ho ancora ucciso un uomo," disse Patroclo. "Ma potresti," disse. "È lunga la strada attraverso la Tessaglia, e se ti trovassi in una rissa--" "Non ucciderò nessuno per una ragazza." "Le persone litigano per altre cose oltre a quello," disse Menezio, sedendosi su uno sgabello vicino alla finestra. "Allora starò attento con chi combatterò." Patroclo fece una pausa. "Non ucciderò qualcuno per un futile motivo. Ho già fatto un errore del genere una volta, non lo rifarò." Ci fu un lungo silenzio, nel quale ogni suono sembrava amplificato. Alla fine, Menezio disse,"Lo so." La corazza e i gambali furono messi da parte, ma Patroclo voleva portare la spada. Costrinsero un ragazzo ad andare con lui, poichè un principe senza uno schiavo non sarebbe stato preso sul serio. Il suo nome era Chiro, e aveva sette o otto anni meno di Patroclo. Fu una decisione un po' inopportuna. Patroclo non era per niente abituato al fatto che altri prendessero decisioni per lui. Non poteva sapere per quanto Chiro era stato uno schiavo. Ma aveva un modo di fare rassegnato, come se avesse smesso di lottare, al contrario di quelli nati in servizio, che sembravano determinati a godersi la vita nonostante la loro situazione. Patroclo partì rifiutandosi di essere lavato o vestito, e diede la sua spada a Chiro. Ci volevano dieci giorni di per arrivare a Sparta, e Patroclo decise che si sarebbe fermato in una città solo se fosse stata sulla strada. Altrimenti avrebbero dormito sotto le stelle. Con un po' di lusinghe riuscì a procurarsi un piccolo cavallo per Chiro, invece di un mulo, o peggio, un asino. Forse era per il modo in cui puzzavano, o i versi che facevano, ma c'era qualcosa di quegli animali che detestava. E ignorando gli avvertimenti degli altri, diede al ragazzino un coltello. Patroclo sapeva come venivano trattati gli schiavi a Sparta, e quindi disse che questo era un modo per proteggere la sua proprietà, e se il ragazzino avesse ucciso qualcuno, lui si sarebbe preso la responsabilità. In realtà, semplicemente non voleva che si facesse male. Chiro ne rimase stupito. La lama era lunga quanto la sua mano, anche se non era troppo tagliente. Avrebbe dovuto spingere molto forte contro qualcuno per fargli davvero male. "Potrei ucciderti," disse, guardando Patroclo. "Se avessi voluto uccidermi, avresti trovato comunque un modo," disse Patroclo. "Con quello sarebbe il modo più veloce. Preferirei essere pugnalato, piuttosto che qualcosa di indegno come essere avvelenato o soffocato nel sonno, o qualcosa di simile. Ma non fraintendermi, preferirei che lo usassi su qualcuno che vuole davvero ucciderti." Sembrava che l'ammirazione di Chiro per Patroclo fosse aumentata dopo questo fatto. Teneva il coltello nascosto dentro il suo chitone, dove non si poteva vedere ma si poteva prendere facilmente. Era anche abbastanza soddisfatto del cavallo, e tenne sia il suo che quello di Patroclo ben nutriti e splendidamente curati. L'addio tra Menezio e Patroclo fu breve. Non volevano farne una grossa cosa, come se non si sarebbero mai più rivisti. Polimele decise di cavalcare con loro fino al confine della città. La maggior parte del viaggio parlarono, soprattutto di cose futili, ma anche di cose serie, e Patroclo riusciva a capire che c'era qualcosa di cui lei voleva parlare, senza il rischio di essere sentita da altri. Come pensava, quando lei fermò il cavallo, fece un respiro profondo, e sembrò pensare a cosa dire. "Ascolta, Patroclo," disse finalmente. "Tu eri molto giovane quando te ne sei dovuto andare, e gli dei ti hanno perdonato, quindi nessuno ha detto niente, ma--" "Non dovrei continuare a tornare ad Opunte." Polimele sembrava sul punto di piangere. "Non è che io e tuo padre non ti vogliamo. Tuo padre ha sentito moltissimo la tua mancanza ogni giorno. È solo che--" "Polimele," la interruppe di nuovo. "Io capisco. Davvero. Non stavo pensando quando sono tornato indietro – tutto quello a cui pensavo era il desiderio di rivedere mio padre." Lei annuì. "Sono sicura che ci rivedremo, quando sarai di nuovo a Ftia. E non vedo l'ora di rivedere anche Achille." I due sorrisero, e si abbracciarono goffamente da sopra i cavalli. Dopo una pausa disse, "Questo significa che devo restituire il cavallo?" Lei rise. "Pensa ad andare. Buona fortuna. E se conquisterai quella ragazza, vedi di tenertela bella stretta." "La gente continua a ripetermi questo," disse. "Mi fate quasi preoccupare." Nonostante tutto, partì. ---------------------------- Nota dell'autrice: Oh mio dio. Ce l'ho fatta. Ora non devo più preoccuparmi di questo nel weekend. Uhm...riguardo Polimele e Menezio. Volevo mostrare una coppia con un legame forte, nonostante la differenza d'età. Inoltre, ho pensato al fatto che quasi tutti avevano dei servi, ma rimanevano sempre fuori da tutte le storie. Questa è la ragione per il nuovo personaggio. Nota della traduttrice: @sakura2480: Hai ragione, la mitologia greca è affascintantissima *.* Ho comprato recentemente Le Metamorfosi di Ovidio e lì ci sono un sacco di racconti splendidi <3Mi fa piacere di aver dato una spiegazione ragionevole alla faccenda di Achille e Patroclo ^^ è una questione abbastanza contorta e vedo che sempre più gente dice che erano solo amici proprio perchè non c'è nessun riferimento nel testo, ma non credo proprio che Omero si ponesse il problema sull' "erano amanti sì o no?". Ha dato un esempio meraviglioso di Amore, chi se ne importa se facevano quello o altro.. O magari ai loro tempi era sottinteso e nessuno di poneva il problema, chissà XD
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Capitolo 11
*** Las ***
«In All but Blood» Las Patroclo si spostò, poi si mise su un fianco. A volte gli succedeva ancora che il letto, anche in posto così piccolo come questo, fosse troppo comodo, e non riuscisse a dormire. Ma non era l'unico problema – tutto sembrava sbagliato. Nonostante fosse fresco fuori, la stanza aveva un odore di chiuso, ma allo stesso tempo sentì il bisogno di andare a dormire vicino a Chiro per sentire un corpo vicino al suo. E c'era anche molto silenzio, anche se non era così tardi. La notte non era finita bene, comunque. A cena, era stato avvicinato da un uomo—Las—che diceva di essere un re, avendo fondato una città propria. Era alto e con la faccia ossuta. C'era qualcosa della sua faccia, il modo in cui sorrideva, il modo in cui parlava, che lo faceva sentire davvero a disagio. E quando l'uomo sorrise per la straordinaria coincidenza di avere la stessa destinazione, Patroclo sentì un terribile mal di pancia. Sarebbe stato enormemente maleducato rifiutare l'offerta di viaggiare insieme; non c'era via di scampo. Chiro era abbastanza scontento di quella situazione. Las gli faceva paura, e non lo nascondeva. "Per favore," diceva a Patroclo. "Non possiamo partire presto, prima che gli altri si sveglino?" "No," sospirò Patroclo. "Ci rincontreremmo a Sparta, ad ogni modo, e sarebbe davvero imbarazzante. Non possiamo portare delle discordie a casa di Tindaro." Alla fine, Patroclo si alzò e camminò verso la finestra sedendosi poi sul davanzale. La brezza gli scompigliò i capelli, e sospirò. Non era ancora estate, ma di giorno faceva molto caldo. Sarebbe stata una brutta estate.
~*~
Si
svegliarono presto il giorno dopo, prima che il sole fosse sorto.
Mentre Patroclo era andato fuori per fare una corsa – i suoi
muscoli dovevano mantenersi allenati ogni giorno – Chiro
preparò
le loro cose e uscì fuori a prendersi cura dei cavalli.
Stava
accarezzando il suo piccolo cavallo che gli aveva dato Patroclo
quando sentì una presenza dietro di lui. Si voltò
e vide Las appoggiato alla porta. Le sue labbra si fecero strette, e
tornò a
fare quello che stava facendo prima.
"Ehy," disse Las. "Come ti chiami?" "Chiro." Non gli avrebbe risposto che con brevi frasi. "Bè, Chiro, da quanto tempo stai con il tuo padrone?" "Un paio di settimane." "È un bel ragazzo." L'uomo si avvicinò e accarezzò il collo del cavallo. "Mi chiedo.. se abbia già un erastes?" "Sì." Chiro rimase sorpreso da come la bugia gli uscì fuori spontaneamente, ma sapeva che non avrebbe permesso in nessun modo che quell'uomo disgustoso si avvicinasse a loro. "Ah sì?" disse Las, sembrando molto poco dubbioso. "Come si chiama?" "Medeo." Chiro disse il primo nome che gli venne in mente. Aveva sentito alcune storie riguardo gli amici di Patroclo, e anche se non sapeva bene cosa significasse la parola erastes, sapeva che in qualche modo implicava una stretta relazione con un altro uomo, e sapeva che Patroclo non voleva una cosa simile con quest'uomo. L'espressione di Las era quella di qualcuno che cerca di ricordare un nome. Gli era familiare, ma non riusciva a ricordare. Invece di lasciargli tempo per pensare, Chiro disse, "E comunque, non sarebbe interessato." "Ne sei così sicuro?" "Sì," disse, pregando perchè Patroclo arrivasse e lo togliesse dai guai. "Ha cose molto più importanti a cui pensare." "Ah sì?" "Esatto." fece una pausa per pensare. "Come.. allenarsi. È stato cresciuto da Chirone, sai – diventerà un grande guerriero." Las rise, e Chiro si sentì la faccia in fiamme. Tuttavia, sembrava che gli dei finalmente avessero avuto pietà di lui, quando Patroclo sbucò nel cortile in quel momento. Il ragazzo più grande si accigliò leggermente. "Hai finito di preparare tutto?" chiese. "Sìssignore," disse Chiro, guardando in basso improvvisamente. "Possiamo partire in qualsiasi momento." "Bene, allora," disse Las, guardando i due. "Immagino che mi debba sbrigare, dato che sono colui che vi sta trattenendo ancora." Quando l'uomo se ne andò, Patroclo camminò verso Chiro. Sistemò un po' di cose. Dopo pochi minuti si girò di nuovo verso Chiro. "Cosa ti stava dicendo?" chiese. "Mi ha chiesto se hai un erastes." "... cosa gli hai detto?" Chiro si morse il labbro, poi disse, "Io.. praticamente.. gli ho detto che Medeo era il tuo erastes... ma che ad ogni modo non eri interessato." Patroclo scoppiò in una forte risata. "Bè," disse, con un ghigno. "Non è neanche tanto irreale. Immagino che tu possa dire di non aver detto una grossa bugia." Scosse la testa quando Chiro lo guardò confuso e spettinò i capelli del ragazzino. "Dimentichiamoci di questa storia. Te lo dico, a un certo punto dovremo fare un sacrificio ad Ermes. Sono sicuro che quell'uomo non protesterà molto. Eh... a Medeo piacerà questo qui." Chiro si rilassò mentre Patroclo continuava a scuotere la testa con un'espressione divertita. Entrambi erano molto meno tesi quando Las tornò con il suo servo che lo seguiva da sopra un vecchio mulo. Il ragazzo era più o meno a metà tra l'età di Patroclo e quella di Chiro, e sembrava più preoccupato di loro. Chiro lo guardò con curiosità, ma non disse nulla – il ragazzo sembrava spaventato dal comunicare con qualcuno in presenza di Las. Mentre cavalcavano, Las fece delle domande che sembravano solo piccole chiacchere, ma Chiro capiva che erano state scelte appositamente per procurarsi informazioni. Sembrava che anche Patroclo lo capisse, e dava risposte che erano attente quanto le domande. A volte esitava un attimo, e divenne chiaro a Chiro che, mentre il suo padrone era davvero intelligente, non era così bravo ad esprimere i suoi pensieri. Si fece una nota per ricordarsi di aggiungere qualcosa di più al sacrificio al dio. Intanto, spostò senza farsi vedere il suo pugnale per assicurarsi che fosse alla portata di mano. Non era intelligente, ma non era neanche stupido, e Chiro era deciso a far restare le mani di Las al loro posto. ---------------------------- Nota dell'autrice: Okay, ho trovato molto poco riguardo questo tipo. Non ho idea del perchè sia stato ucciso, solo che lo è stato. Perciò mi prenderò qualche libertà artistica. |
Capitolo 12
*** Lasciando il Monte Pelio ***
«In All but Blood» Lasciando il Monte Pelio Teti si sistemò accuratamente il vestito e portò il suo himation sopra la testa. Aveva deciso che se doveva essere vista e riconosciuta come la moglie di Peleo – e soprattutto, madre di Achille – avrebbe dovuto mantenere il suo contegno divino, perciò si era presa cura del suo aspetto. Tutti i suoi gioielli erano fatti di conghiglie, ad eccezione dell'anello d'oro che portava al dito e al braccialetto. Da sotto il suo himation, i capelli cadevano in una cascata di riccioli biondi. A dire il vero, non aveva idea di come una figlia di Poseidone si dovesse vestire, ma voleva aprofittare dell'occasione. A volte non le piaceva far finta di essere una dea, e si chiedeva ogni volta se Poseidone si sarebbe arrabbiato per la sua imprudenza e l'avrebbe rispedita nel mare per inghiottirla. Alla fine, trovò una giustificazione alle sue azioni dicendo che lo stava facendo per il figlio. Un giorno, sarebbe stato un Eroe, ma ci voleva sempre un primo passo per queste cose. Lei decise che questo era quel passo. Dall'altro lato, i pretendendi avrebbero finito per litigare a causa di quella Bellissima Spartana Zuccavuota. Questo avrebbe portato ad una guerra, e Teti sapeva che uno di loro sarebbe andato a chiedere aiuto ad Achille. Non poteva concepire l'idea di vedere suo figlio morto prima che il suo momento di gloria fosse giunto. Questa era la ragione della sua scalata alla montagna. Voleva nasconderlo prima che si fosse giunti alla guerra. Non sarebbe arrivata alcuna gloria se avesse combattuto per una ragazza che lui neanche voleva. Teti fermò il cavallo bruscamente quando sentì un urlo. "Chi sei?" Un uomo? No, non proprio. "Voltati e dimmelo, o ti giuro che ti colpirò. Lentamente, voltò il suo cavallo per vedere il suo interlocutore. Un giovane scuro di carnagione era in piedi su alcune rocce, tendeva un arco. Poi si sentì un respiro affannoso lì vicino. "No aspetta!" un ragazzo più giovane arrivò correndo. "Quella è.." Teti sorrise, ma smise presto quando il nuovo arrivato la guardò con un'espressione confusa e ferita nei suoi occhi. Ci fu un attimo di silenzio, poi il ragazzo più grande decise di abbassare l'arco. Tuttavia, le sue sopracciglia erano ancora unite e le sue labbra formarono una linea sottile. Lei capì che il ragazzo aveva capito di chi si trattasse. "Cosa stai facendo qui?" chiese Achille finalmente. "Sono venuta per te. Devo parlare con il tuo maestro." L'altro ragazzo guardò Achille mentre decideva. Un attimo dopo, il ragazzino annuì e andò avanti, prendendo le redini del cavallo in mano.
~*~ Achille sedeva con Medeo mentre sua madre era nella caverna con Chirone. Nessuno dei due disse nulla, ma capiva che Medeo era scosso. Continuava a giocherellare col suo coltello da caccia, e occasionalmente guardava verso la caverna con uno sguardo freddo. Anche se odiava ammetterlo, anche Achille non era felice. Certamente aveva sentito la mancanza di sua madre, ed era felice di vederla. Tuttavia, gli aveva spiegato la situazione mentre salivano, e aveva rimproverato Achille quando protestò all'idea di essere nascosto insieme a delle ragazze. Ma il peggio era che nessuno avrebbe saputo dove si trovava ad eccezione di Medeo e Chirone, solo perchè erano lì quando gliel'aveva detto. E come se non bastasse, lui sarebbe stato lì per anni, mentre Patroclo sarebbe stato in guerra senza di lui. Poteva aspettare per la Gloria, ma voleva che Patroclo fosse con lui quando sarebbe arrivata. E come poteva esserci, se doveva combattere in un'altra guerra? Teti e Chirone uscirono dalla caverna, e Achille si alzò in piedi. Il vecchio sembrava felice quanto Medeo. "Bè, non c'è niente che io possa fare," disse. "Non mi piace l'idea che tu perda tempo prezioso lontano a far finta di essere una qualche principessa pomposa, ma è tua madre quella che ha il controllo del tuo destino." Achille annuì, felice del fatto che Chirone almeno ci avesse provato. Teti voleva andarsene il prima possibile, per fare in modo di giungere ai piedi della montagna il prima possibile. Chirone non disse nulla, sorrise ad Achille e gli diede una scompigliata ai capelli. Medeo, d'altro canto, rimase in piedi per un certo tempo abbracciandolo. "Pregherò perchè ci rincontreremo," disse. "Ma se non fosse possibile, sappi che ti amerò sempre come un fratello." Achille diede un forte sospiro. "Medeo... faresti una cosa per me?" "Dimmi." "Se rivedrai Patroclo, gli darai un bacio da parte mia?" Medeo rimase un attimo in silenzio. Poi disse, "Certo. Va bene." Achille guardò il suo amico e sorrise, poi si alzò sulla punta dei piedi – Medeo era ancora più alto di Patroclo – e portò una mano intorno al suo collo, posandogli un bacio sulla guancia. Il ragazzo più grande rise, e per qualche ragione sembrò sollevato. Si sporse e baciò la testa di Achille, prima di stringerlo per l'ultima volta. "Ora sbrigati," disse. "E forse mi farò vedere qualche volta, se non altro per vedere che bella ragazza diventerai." Achille si accigliò. "Taci." "Achille..." Teti si stava spazientendo. Così Achille montò a cavallo e partì, rifiutandosi di guardare indietro. Pensò di non poterlo sopportare se lo avesse fatto. ---------------------------- Nota dell'autrice: Sì, Achille aveva nove anni quando partì per Sciro. L'himation è una specie di scialle che si indossa sopra il chitone, un po' allo stesso modo della toga. |
Capitolo 13
*** Il Primo Uomo ***
«In All but Blood» Il Primo Uomo La tensione tra Patroclo e Las era diventata quasi insopportabile. Il più anziano si stava innervosendo per la mancanza di risposta alle sua avances. Avrebbe preferito che Patroclo lo rifiutasse apertamente piuttosto che vedere i suoi tentativi persi nel vuoto. Era quasi certo che il servo gli avesse mentito – nessun giovane con un erastes non si sarebbe accorto cosa stesse facendo. Oppure Patroclo era completamente scemo. Mentre in alcuni uomini il senso di frustrazione potrebbe portarli ad arrendersi, nel caso di Las serviva solo ad accentuare il suo desiderio. A questo punto, si chiedeva se ci fosse qualcosa che si rifiuterebbe di fare pur di avere quello splendido ragazzo, anche solo per una notte. In realtà, Patroclo sapeva esattamente cosa stava succedendo e aveva deciso che la cosa migliore era quella di fare il finto tonto nelle speranza che quell'uomo si arrendesse. Insisteva sempre per avere Chiro nella sua stanza, con la scusa che forse avrebbe avuto bisogno di qualcosa. A volte mandava il ragazzo a fare qualche commissione, ma mai per più di pochi minuti. Qualche volta era stato messo all'angolo e più o meno ogni volta era stato sfiorato da vicino. Ad un certo punto, in una piccola città a nord di Argo, Las lo aveva messo con le spalle al muro. L'uomo era fastidiosamente vicino, e guardava Patroclo con più di una piccola libidine. Il ragazzo tossì per l'odore dell'uomo. Il suo cuore iniziò a battere forte mentre cercava un modo per liberarsi, ma in qualche maniera riuscì a mantenere una certa espressione dolce e innocente sul volto. "Come ti sembra questo viaggio?" chiese Las, mostrando i denti. "Non sei mai stato in un viaggio così lungo prima." "Non è male," rispose Patroclo, scrollando le spalle. "Sono stato cresciuto per essere in grado di sopportare queste cose." Una mano si posò sul suo bicipite. "Sei un ragazzo abbastanza forte. Sono sicuro che la tua resistenza è enorme. A volte mi piacerebbe un sacco scoprire quanta ne hai." Patroclo non riusciva a smettere di rabbrividire e sapeva che Las poteva sentirlo. Prendendolo per desiderio, l'uomo si avvicinò, e Patroclo colpì il muro mentre cercava di ritrarsi. Le labbra di Las si avvicinarono pericolosamente al suo orecchio. "Sai," respirò Las, "sei davvero un bel ragazzo." Ora l'altra mano era sulla cintura. Patroclo stava iniziando a iperventilare, pensò a cosa avrebbero fatto i suoi amici in questa situazione. Achille, se fosse stato grande abbastanza per capire cosa stava succedendo, probabilmente avrebbe pestato quel tizio e gli avrebbe urlato di tenere le mani a posto, ma Patroclo non voleva spingersi così oltre. Medeo... cosa avrebbe fatto Medeo? Lo avrebbe spinto via? Poteva immaginare l'espressione dell'altro ragazzo indurirsi, e i suoi occhi guardare Las con sguardo di sfida... ma poi? Chiro scelse il momento giusto per entrare, e i suoi occhi si spalancarono vedendo l'espressione di panico sul volto di Patroclo. ".... Patroclo.. ehm.. signore.." balbettò il ragazzino, metà del suo cervello stava cercando di dire qualcosa, l'altra pensava a formulare una forma di linguaggio che non aveva mai usato in realtà. "Ehm... Io..Io..Io..Io..Io..." "Ebbene?" sibilò Las, arrabbiato per essere stato interrotto. "... Io.. credo di aver perso i cavalli," disse Chiro. "Non li avevo legati bene e qualcosa deve averli spaventati." Patroclo scivolò via e prese Chiro, trascinandolo fuori. I due andarono a liberare i cavalli e dopo un po' di tempo chiesero di prenderne in prestito due per trovare i loro. Passarono praticamente tutta la notte a "cercarli". Fu una buona scusa per andare a letto prima la sera dopo, dicendo che erano ancora stanchi. Alla fine, quando si fermarono per la notte in un villaggio, a meno di un giorno di cammino da Sparta, stavano percorrendo una strada pericolosa. Nessuno nel villaggio aveva molti soldi, ma furono in grado di trovare una locanda per la notte gestita da una coppia di mezza età e la loro figlia. La famiglia, molto più gentile di tutti gli osti che Patroclo aveva visto, offrì loro del cibo e del vino. Mentre Patroclo faceva i complimenti – si era sempre sforzato di non imporsi, e aveva imparato abbastanza bene il gioco intricato dei rifiuti dei clienti e l'insistenza degli osti – Las bevve tanto che i suoi sensi inibitori erano ancora più bassi durante la cena. Patroclo fissava il suo piatto vergognandosi di essere associato a Las, e i loro osti si guardavano l'un l'altro con circospezione. La loro figlia, Ariadne, arrossì quando Las fece un qualche commento osceno. La sua risata portò Patroclo a guardarlo con uno sguardo infuriato. "Di certo sei una ragazza intelligente," disse l'uomo senza rendersi conto del freddo sguardo del suo compagno di viaggio. "Al contrario di Patroclo. Non si accorgerebbe di un apprezzamento neanche se lo colpissi in testa." "C'è una differenza," disse Patroclo freddamente, "tra il non accorgersene, e scegliere di non farci caso. È solo attraverso la cieca arroganza che qualcuno rifiuta di riconoscere questa differenza, il pensiero che nessuno potrebbe mai volere i tuoi apprezzamenti." "Tu..." Las lo guardava con rabbia. "Chi ti credi di essere? Io potrei--" "Io sono un uomo libero, di nobile nascita, ben diverso da te.. Non so a cosa sei abituato, ma non sono uno dei tuoi schiavi indifesi." "Ah! Non credere che io non sappia niente su di te, Principe Patroclo," disse Las, alzando la voce pericolosamente. "Il sangue nobile non serve a niente quando qualcuno non ti vuole. Torna un'altra volta e giudicami quando sarai re." "Tu hai costruito delle case, hai chiamato quel posto città, e ti sei dichiarato re. Poi pretendi anche di avere il diritto di fare ciò che vuoi. E poi quando vieni rifiutato, cerchi di salvare il tuo bell'orgoglio insultando le persone, quando non sai nulla,", sibilò Patroclo. Serrò i denti, poi si alzò e si rivolse verso l'oste. "Chiedo scusa per aver iniziato una lite alla vostra tavola. Credo che farò una passeggiata. Non lasciate che io disturbi la vostra cena, vorrei solo qualche minuto per sbollire rabbia." Finì per sedersi semplicemente sul gradino della porta, godendosi l'aria fresca e tranquilla. Si voltò quando udì dei passi e vide Ariadne in piedi un po' più indietro, con un himation intorno alle spalle. Dopo un po' avanzò e si sedette vicino a lui. "Sai," disse. "Non dovevi andartene. Non sei stato tu ad iniziare la lite. Non sarebbe mai successo se non ci fosse stato quell'uomo." Lui sorrise. "Lo so. Ma era più facile. Le liti spesso diventano delle zuffe e poi risse. Non importano le circostanze, sarebbe stato brutto fare una cosa del genere nella casa di qualcuno che è stato così gentile da ospitarti." Ariadne riflettè un attimo. "Sei davvero gentile," disse. "Come diavolo sei finito con quell'uomo?" Lui sospirò. "Mala sorte. Ci siamo incontrati e stavamo andando nello stesso posto. Immagino che abbia usato questo come scusa e per colpa dell'importanza che dò alle buone maniere..." fece un movimento con la mano. "Avrei dovuto lasciarlo lì, ma poi avrei avuto il rimorso." Lei sorrise e scosse lievemente la testa. Era carina, con dei capelli lunghi e ramati e la pelle chiara. All'improvviso Patroclo iniziò a sentirsi imbarazzato, e non riusciva a capire il perchè. Di nuovo, iniziò a pensare a come si sarebbero comportati i suoi amici. Non tanto Achille, lo vedeva ancora come un bambino. Ma Medeo avrebbe probabilmente detto qualcosa di intelligente, le avrebbe toccato i capelli, e l'avrebbe convinta a vederlo più tardi quella sera. In qualche modo però, questo non gli sembrava giusto. Sua madre la chiamò da dentro, e Ariadne diede un piccolo sorriso prima di alzarsi e andare dentro. Patroclo decise di andarsi a sedere fuori prima di andare dentro. Quando si alzò, fu spinto da un lato ancor prima di raggiungere la porta. Las si spinse contro di lui, mettendo un ginocchio tra le sue gambe e tenendogli le mani. Nonostante gli sforzi di Patroclo, l'uomo era più grande e forte di lui. "Ne ho avuto abbastanza," sibilò Las. "Ho cercato di essere gentile, ho tentato tutto quel gioco di corteggiamento che piace tanto alla gente. Ma io ti avrò, nonostante quello che tu possa pensare di me." Una strana calma raggiunse Patroclo e molto tranquillamente disse, "Lasciami andare, adesso. E se ti azzardi a toccarmi di nuovo, ti giuro che ti romperò tutte le dita." Las rise. "Non ti lascerò andare finchè non avrò quello che voglio. E sul fatto di toccarti di nuovo... cosa ti fa pensare che io ti voglia ancora quando avrò finito? Ora, perchè non taci e mi lasci fare quello che voglio." Patroclo ci mise tutta la buona volontà possibile per mantenere la calma quando sentì la bocca dell'uomo sul suo collo, poi sulle spalle. Ma come sperava, una delle sue mani fu libera quando Las spostò la sua sulla vita di Patroclo e intorno alla schiena, poi l'altra andò sulla coscia. Al momento entrambe le mani erano libere, Patroclo spinse il suo ginocchio contro l'inguine dell'uomo e gli prese la spada che teneva sul fianco. Quando Las cadde sulla schiena, Patroclo portò la spada davanti al suo volto. "Ti avviso per l'ultima volta, non toccarmi." Las si sedette per un momento, prendendo fiato. Poi la sua faccia si oscurò in qualcosa di terribilmente osceno e portò tutto il suo peso su Patroclo. Nella zuffa, perse la spada. Non era proprio la lotta che gli aveva insegnato Chirone – quell'uomo non faceva assolutamente niente di quello che si pensava dovesse fare, perciò Patroclo rimase completamente impreparato. L'uomo lo tirò giù, tenendolo per la gola, un ginocchio posato sul suo torace. Patroclo tirò fuori una mano, e la sentì toccare l'elsa della spada. La prese, e tirandola su, la conficcò nel fianco dell'uomo. Ci mise un attimo perchè la mente di Las capisse cosa fosse successo, poi si accasciò su Patroclo guardando il ragazzo con occhi inorriditi. Non sicuro di cos'altro fare, Patroclo gettò via la spada. Dopo un attimo, l'uomo perdette i sensi. Patroclo spostò il corpo da sopra di lui e quando alzò lo sguardo vide Ariadne e la sua famiglia che lo fissavano scioccati. Lui non sapeva cosa dire. "Ci penseremo noi a lui," disse l'uomo. "Non preoccuparti. Ariadne, va' a dire al servo di preparare un bagno per il ragazzo." "Sì, Padre." Patroclo li guardò sorpreso. "Ma... Ho appena ucciso quell'uomo.." Un gentile, ma un po' inquieto, sorriso si formò sul volto della donna. "Non c'è niente di male nell'uccidere un uomo per difendersi. E facendo ciò, tu hai difeso il nostro stesso onore." Patroclo sospirò, all'improvviso si sentì molto stanco, e appoggiò la testa indietro. Quel bagno sembrò davvero perfetto. Quando si stava preparando per andare a dormire, la porta si spalancò silenziosamente. Si voltò e vide Ariadne spingere la porta. Lei chiese a Chiro di andarsene e il ragazzino annuì, chiudendo la porta dietro di sè. La ragazza raggiunse Patroclo e posò le labbra sull'angolo della sua bocca. Lui tentò di protestare, ma improvvisamente la voce di Medeo gli risuonò nella testa, urlandogli di tutto perchè stava rifiutando una ragazza che gli si era praticamente buttata addosso. E così la attirò a sè. ~*~ Ariadne abbassò lo sguardo verso il volto del giovane accanto a lei. Secondo le loro tradizioni, non si poteva più considerare un ragazzo. Suo padre gli aveva addirittura chiesto di rimanere ancora un po' anche il giorno dopo, così avrebbe avuto l'onore di regalargli la sua cintura per spada. Sapendo dove stava andando Patroclo, Ariadne sentì un odio crescente verso Elena. Il risentimento c'era sempre stato, ma adesso lei si stava prendendo l'unico ragazzo che aveva mai voluto. Ariadne non si illudeva di poter stare con lui, le loro condizioni di vita sarebbero sempre state troppo diverse. Tuttavia...non voleva lasciarlo a lei. Si abbassò e lo baciò sul viso. Poi scivolò via dal letto e si vestì. Non sarebbe stata una bella cosa se i suoi genitori l'avessero trovata nel suo letto.
---------------------------- Nota dell'autrice: Questa volta è stata davvero difficile, per un paio di ragioni, che non ho bisogno di dire. E riguardo Ariadne...Ho pensato, "mah, perchè no?". Avevo accennato qualcosa nei capitoli precedenti riguardo Patroclo che si trovava una ragazza. E non riuscirei mai a vedere Achille come coscienza. Non funziona proprio. Probabilmente finirà per essere colui che darà la forza a Patroclo, che alla fine è molto più importante. Ora, per quando riguarda Medeo... Oh, e Las assomiglia un po' a Cassandro nel film Alexander—lo stesso tipo di forma del viso, solo più sgradevole, con i denti schifosi e il colore di capelli di Filota. Se può avere un senso tutto questo. Nota
della traduttrice: Volevo specificare che la
parte finale dove dice che Patroclo non può più
considerarsi un ragazzo è dato dal fatto che abbia ucciso il
suo primo uomo.. Messo in quella parte lì sembra riferito
all'aver avuto il primo rapporto con una ragazza XD Per questo il padre
voleva regalargli la cintura per la spada, non certo per aver dormito
con la figlia °-°
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Capitolo 14
*** Pretendenti ***
«In All but Blood» Pretendenti Ormai il palazzo di Sparta era quasi pieno. Non era enorme, in primo luogo, e c'erano già venti pretendenti venuti per corteggiare Elena, uno migliore dell'altro – Menelao, fratello di Agamennone; Patroclo, il principe di Opunte, che visse con un cugino a Ftia e fu allenato da Chirone; Odisseo, un re di fattori, il quale non portò nient'altro che la sua intelligenza; Antiloco, il più giovane, di quattordici anni, il padre del quale era discendente di Eracle; l'enorme Aiace Telamonio, e suo fratello minore, Teucro. E così molti altri, alcuni così competitivi che Tindaro temette che potesse finire in una rissa quando Elena avrebbe dovuto scegliere il marito. Castore e Polluce abbassarono lo sguardo verso la sala da una finestra della loro stanza. I loro ospiti stavano bevendo e ridendo forte. "Che ne pensi?" chiese Castore, sorridendo e guardando con la coda dell'occhio il fratello. Quando Polluce sollevò un sopracciglio e scosse la testa, disse, "Va bene, chi non ce la farà?" "Nè Antiloco, nè Patroclo. Sono entrambi molto giovani. Il primo è troppo spensierato, l'altro troppo gentile. Nessuno dei due potrebbe durare molto come Spartano. Aiace Telamonio, forse. Oppure l'altro Aiace, veramente." "E Odisseo?" Polluce indicò l'uomo seduto in un angolo, beveva poco e guardava tutti con occhi astuti. "È intelligente – è adatto all'ideale spartano di frugalità...ha una possibilità." "Temo il suo rimorso," disse Castore. Polluce guardò curiosamente il fratello. "Penelope si è già accorta di Odisseo, ed è solo una questione di tempo prima che lui si accorga di lei. Sarebbe una bella coppia, si assomigliano. Ad Elena manca la loro astuzia, e credo che lo annoierebbe." Polluce rise. "Vuoi dire che le manca la loro intelligenza!" "Non possiamo avere un po' di tatto," lo rimproverò Castore, ma intanto gli spuntò un ghigno divertito. "E poi, non mi starei qui a interrogare su queste cose, se gli dei hanno già deciso. Sto solo suggerendo di salvare la faccia a quei tre. Tutto ciò di cui hanno bisogno è una piccola...spinta." "Sei terribile." Lo sguardo divertito di Polluce non se ne andava dal suo volto. "È il nostro compito consigliare nostro Padre per il benessere della nostra cara sorella Elena. Non vedo ragione per non fare lo stesso con una cugina negli interessi della nostra famiglia." "E gli altri?" Castore riflettè un attimo, poi disse, "Lasciali fare a modo loro. Sarà il loro stesso sangue sulle loro mani. L'interesse di Sparta è quello di Elena, e il pretendende che verrà scelto sarà sotto la nostra protezione."
~*~*~ Patroclo divideva lo stesso triclinio con Antiloco, l'unico più giovane di lui. I suoi modi erano abbastanza gradevoli. Era talmente onesto da rasentare l'ingenuità, ed era sempre schietto riguardo le proprie opinioni. Questo gli avrebbe causato un po' di nemici, se non fosse stato sempre di buona indole riguardo a tutto ciò che diceva. Anche le sue lamentele sembravano rilassate. Di certo, il fatto che avesse un volto così grazioso probabilmente lo aiutava. In quel momento, Antiloco era sdraiato sulla schiena in modo da poter vedere Patroclo mentre parlava. Era molto interessato riguardo la sua vita con Chirone, e il ragazzo più grande stava cercando di fare del suo meglio per rispondere senza rivelare il fatto che Chirone in realtà non fosse un centauro, ma allo stesso tempo cercava di dirgli più cose possibili. Stavano parlando il più sottovoce possibile così da poter sentire le urla degli altri, ma lasciarli fuori. Patroclo sperò di essere selettivo nella scelta di rivelare queste cose, e proprio in quel momento Odisseo stava guardando dalla loro parte con occhi furbi; non aveva mai incontrato qualcuno così pieno di trucchetti, e quest'attenzione metteva Patroclo a disagio. "Ho sentito dire che Chirone vive in una caverna," disse Antiloco. "Già," disse Patroclo, annuendo. "È un po' strana, perchè è grande e arredata più o meno come una vera casa. A volte se era di luna buona, e ci faceva dormire con le nostre coperte e cose varie. Però diceva che avremmo dovuto abituarci a non avere tutti i lussi che avremmo in una casa, per quando saremo in guerra o qualcosa del genere." "Fa freddo d'inverno?" Patroclo rise. "Tu cosa dici? Non è che abbiamo lasciato la Grecia – e in più siamo in cima ad una montagna. Di solito andavamo a caccia di grossi animali – lupi e orsi, soprattutto – così da coprirci con le loro pellicce. Anche così, alla fine io, Achille e Medeo finivamo per dormire nello stesso letto, solo per tenerci caldo." Antiloco sorrise. "Bè...cosa succede alle pellicce d'estate?" "Cerchiamo di tenerle meglio che possiamo. A volte però non ci riusciamo. E più ne prendiamo, più possiamo impilarle per metterle sotto di noi per dormire sul morbido. Credo che Chirone lo possa vedere come un modo di barare, ma non dice niente." "E sua moglie?" chiese Antiloco. "Ho sentito dire che è sposato con una principessa..." Patroclo fece una pausa, poi disse, "Se anche fosse, io non l'ho mai vista, e non l'abbiamo mai chiesto. Solo.. non sembrava giusto." Antiloco riflettè su questo un attimo, poi annuì. Rimasero in silenzio per qualche minuto, il rumore del resto della sala sembrava amplificato. Quando Patroclo alzò lo sguardo, vide un numero di uomini che li guardava e rideva. Da una parte all'altra della stanza, Anfiloco urlò, "Allora, cosa state dicendo voi due?" Prima che Antiloco potesse rispondere, Patroclo gli urlò di risposta, "Discutiamo sull'istruzione dei ragazzi in Grecia. C'è un problema abbastanza serio, riguardo i bambini che non possono imparare a leggere e scrivere." Anfiloco rise di nuovo, poi urlò, "I ragazzi della vostra età non dovrebbero parlare di cose di cui noi non siamo neanche preoccupati." Poi tornò a parlare col suo gruppo, disinteressato di nuovo. "Cosa voleva da noi?" chiese Antiloco, accigliato. "Probabilmente sperava di assistere ad uno spettacolino," sospirò Patroclo. "Se tutti gli uomini adulti sono guidati dal sesso, credo che rimarrò un quindicenne." "Non è così." Odisseo aveva finalmente parlato. In qualche modo, sapere che stava ascoltando rese Patroclo meno nervoso di come si sarebbe sentito se non lo avesse saputo. "Solo una gran parte." "Stai negando il tuo coinvolgimento in certe attività?" gli chiese Antiloco. "Preferisco attenermi a una cosa alla volta. Ho cose migliori da fare." Odisseo si spostò sul divanetto vicino a quello di Patroclo e Antiloco, e si avvicinò per parlare. Patroclo si sentì all'improvviso un cospitatore. In qualche modo, lo fece sentire molto importante. "Ero abbastanza interessato ai vostri discorsi. Tuttavia, mi sono accorto, che sei stato un po' vago su certe questioni." Patroclo fece una pausa, poi disse, "È meglio che rimanga un po' di mistero, altrimenti si perderebbe tutto il fascino di qualcosa." Odisseo rise. "Ben detto, figlio di Menezio. Bene allora, cambiamo discorso. Dimmi qualcosa sui tuoi amici." "Non hai intenzione di facilitarmi la cosa, vero?" "Mai." ---------------------------- Nota dell'autrice: ....Perchè Odisseo è Il Magnifico. E in realtà Penelope è la mia eroina preferita (sì, la considero un'eroina) di tutta la mitologia Greca. Non supera mai i suoi limiti di donna, ma riesce comunque a sfidare gli uomini. Lei e Odisseo hanno anche la storia d'amore tra un uomo e una donna più bella. Perciò sì, avremo qualche storia a parte, riguardante anche l'incontro tra Odisseo e Penelope. C'è stata anche l'entrata in scena di Antiloco, il figlio di Nestore. Un altro personaggio molto importante. Ho deciso di concludere tutta la parte su Elena prima, perchè dopo non vedrete Patroclo per molto tempo. Sarà tutto incentrato su Achille travestito.
Nota della traduttrice: Finalmente Patroclo è arrivato a Sparta! Ovviamente nessuno di voi sa chi si prenderà Elena, no? u_ù .. che poca suspence D: L'ultima frase dell'autrice quando dice che non vedremo Patroclo per molto tempo ha spaventato anche me all'inizio, dato che Achille non è proprio il mio massimo XD Ma non è male la prossima parte ^^ Un grazie a _FaLLeD_aNGeL_ e Sorella_Erba che hanno messo la fic nelle seguite <3 Alla prossima : ) |
Capitolo 15
*** Penelope ***
Capitolo 16
*** Nel frutteto ***
«In All but Blood» Nel frutteto Odisseo poteva essere divertito solo dal vino e dai discorsi senza senso che si protraevano per un sacco di tempo. Dopo un po' si sentì come se il suo cervello si stesse deteriorando. Sapeva anche di non essere l'unico in questa situazione; se Tindaro fosse entrato nella stanza, Castore e Polluce sarebbero scappati a gambe levate, lasciando loro padre a intrattenere i loro ospiti. Patroclo e Antiloco avevano perso interesse dopo i primi due giorni e se la svignarono a fare qualcosa di più divertente. Alla fine della giornata uscì a fare un giro, se non altro per non sentire quel chiasso del palazzo. Il sole era quasi tramontato, e dopo aver sentito l'odore di venticinque uomini in una stanza per ore, l'aria della sera era meravigliosamente rinfrescante. Trovò Patroclo e Antiloco su un albero nel frutteto, ridevano e avevano i piedi penzoloni. Erano davvero troppo giovani per quella faccenda. "Vi state divertendo?" chiese. "Più di quando eravamo in quella sala puzzolente," rispose Patroclo. "Inoltre, diventeranno grassi a stare lì senza far niente," disse Antiloco. Odisseo rise. "Davvero?" "Dovrei saperlo bene," disse Antiloco. "Noi avevamo una coppia di occupanti abusivi qualche tempo fa in casa di mio padre. Per un anno e mezzo tutto quello che facevano era sedersi un po' qua, un po' là, mangiare e bere. Le loro pance si sono gonfiate, come quella di un uomo affogato." fece un gesto con le mani per dare il senso della loro grandezza, poi rise. "Un uomo affogato?" chiese Odisseo, alzando lo sguardo. "Sai questo alla tua età?" Antiloco scrollò le spalle dicendo, "A volte spuntano fuori. I marinai che vengono dal sud hanno gli scafi più profondi, quindi si incagliano proprio a nord di Pilo." Odisseo scosse la testa. Succedeva molto raramente ad Itaca che un uomo venisse trascinato sulla riva, ma di solito succedeva per le tempeste, e molte volte l'uomo era ancora vivo. "Bè," disse. "Divertitevi voi due." Camminò per un po' prima di incontrarsi con qualcun altro, anche se in un modo abbastanza diverso. Mentre camminava, si sentì un forte rumore, un urlo, e un tonfo. Fece un balzo e vide una giovane donna che tentava di tirarsi su in piedi e togliersi dalla faccia tutti quei capelli ramati e scuri. "Signorina!" le corse incontro e la tirò su per il braccio, aiutandola ad alzarsi. "Stai bene?" "Oh, sì," ansimava. "Sì, io.." sul suo volto apparì un'espressione attonita appena alzò lo sguardo e lo vide, che subito si trasformò in imbarazzo. "Cosa stavi facendo qui?" chiese. "Oh, bè." Si morse il labbro. In modo piuttosto mortificato, disse, "Ero qui per rubare un po' di mele, e ti ho sentito arrivare, e dato che sono sempre rimproverata perchè non mi comporto come una signora, ho deciso di andare un po' più su e aspettare che passassi, e..." La voce si affievoliva, poi scrollò le spalle. "Il ramo era un tantino debole." Lui rise mentre lei si tirava giù il vestito per coprirsi le gambe e si rimetteva a posto i capelli. "Qual è il tuo nome?" le chiese finalmente. "Ehm.. Penelope. Vivo con mio zio da qualche anno ormai. Ovviamente, Elena è sempre quella che attira l'attenzione di tutti, quindi nessuno si è mai accorto di me, quindi non sono mai stata corteggiata o cose simili. Non che me ne importi molto," aggiunse scrollando le spalle. "Ma lui pensa di farmi sposare al più presto così mi tolgo di mezzo..." Capendo improvvisamente il suo trucchetto, lui iniziò di nuovo a ridere. Si chiese quasi se lei fosse anche caduta di proposito per attirare la sua attenzione – e che modo di farlo. Sembrava quasi un'idea da ultimo minuto, ma era abbastanza intelligente a modo suo. Invece di civettare come le altre ragazze, lei metteva ben in chiaro le cose, così suo marito non si sarebbe trovato davanti a spiacevoli sorprese dopo il matrimonio; a suo vantaggio, lei si sarebbe sposata con un uomo a cui non dispiaceva il suo carattere. Lei si rese conto del difetto del suo piano più o meno nello stesso momento in cui lo fece Odisseo. Doveva tornare indietro senza che nessuno si accorgesse del suo vestito sporco e dei suoi capelli in disordine. Sorprendendolo di nuovo, la ragazza imprecò silenziosamente quando guardando in su, vide il suo himation ancora tra i rami. "Lascia che lo prenda io." Prima che lei potesse protestare lui era già sull'albero per prendere l'indumento ribelle. Lo prese e le gridò, "Se lo arrotolo, riesci a prenderlo?" "Sì. Buttalo giù come meglio riesci." Arrotolandolo e annodandolo, lo buttò giù attentamente così che non si sarebbe impigliato di nuovo. Quando lei lo prese in mano lo slegò, ma invece di metterselo addosso lo mise semplicemente sopra il braccio. "Sai," disse, scendendo di nuovo a terra vicino a lei. "Se te lo mettessi attorno alle spalle, potresti nascondere il tuo vestito e cambiarti prima che qualcuno se ne accorga. Ma farai meglio a correre, se vuoi farcela prima di cena." Lei fece un ampio sorriso e corse attraverso gli alberi più veloce che poteva. Odisseo sorrise. ---------------------------- Nota dell'autrice: Allora, quanto spesso si vede Odisseo incontrare Penelope in questo modo? Non c'è ancora molto da scrivere su di loro, ma preferisco di gran lunga loro con Elena che fa da sfondo, che viceversa. Ho detto che ho reso Elena tollerabile, non ho mai detto che mi piace.
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Capitolo 17
*** Le proposte ***
«In All but Blood» Le proposte Penelope fu finalmente in grado di disfare la sua tela rovinata, che adesso era tutta arrotolata in un ammasso di lana, conservata in un cesto in un angolo della stanza. Decise che era stanca dei colori che aveva usato, ed ora lavorava col blu. I giorni seguenti scoprì di essere molto più paziente in questo genere di cose, e anche spettegolando con le altre donne. La conversazione si interruppe di colpo quando la porta di aprì. Penelope si guardò intorno e vide suo zio entrare e chiudere la porta. Lei si alzò in piedi. "Dimmi, mia cara," disse Tindaro, camminando verso di lei. "Da quanto tempo conosci Odisseo, figlio di Laerte? Su una base personale?" "Penelope?" Lei indirizzò lo sguardo verso la direzione dove Elena si trovava, guardandola meravigliata. "Ho parlato con lui solo tre volte," disse, voltandosi di nuovo verso Tindaro. Pensò che sarebbe stato meglio non menzionare in quali circostanze. Mentre lui sapeva del fatto che si fosse arrampicata sull'albero – e poi caduta - , e l'aveva esentata dalla cena, il fatto che avesse parlato con uno degli ospiti, un uomo per giunta, poteva causarle una bella frustata. La seconda volta che si erano incontrati, lei fece capire chiaramente che era stata una cosa davvero inusuale per lei comportarsi a quel modo. L'ultima volta sembrò come se lui la stesse cercando attivamente. Parlarono per un po' prima che lei si ricordasse di dover incontrare Elena. Se ne andò, e solo dopo si rese conto che lui in realtà stava cercando di corteggiarla, e probabilmente era anche imbarazzato, trovandosi davanti ad una ragazza molto più tosta delle altre. "Pensavo che tu potessi essere interessata nel saperlo," disse Tindaro. "È appena venuto qui per parlarmi di te." Il suo cuore batteva all'impazzata dentro il suo petto, e quando non sembrava intenzionata a parlare, lui continuò. "Ha fatto una proposta, un accordo in un certo senso." "Accordo?" farfugliò finalmente. "Ci ha offerto una soluzione con i pretendenti. In cambio, ha chiesto la tua mano, se tu lo vorrai." Le sue gambe non ressero più e cadde in terra. Tutti i presenti nella stanza la stavano guardando con aspettativa; Tindaro ed Elena sembravano trattenere i respiri. Dopo qualche momento Penelope iniziò ad annuire freneticamente, quasi non riusciva a respirare. "Sì. O dei, sì." Tindaro sorrise e la abbracciò. Elena, d'altro canto, sembrava sia infuriata che spaventata. Con un ultimo gesto di stizza, buttò giù il suo lavoro e si precipitò fuori. In qualche modo sembrava che non riuscisse ad arrabbiarsi con lei. Elena sapeva che un giorno si sarebbe sposata, quindi non aveva alcun diritto di incolpare Penelope o Odisseo. E non era neanche concepibile che stava per permettere a quella ragazzina viziata di rovinare la sua felicità nel suo stesso egoismo. Penelope improvvisamente guardò suo zio con un'aria seria. "Per favore, non dirglielo ancora. Voglio parlargli prima io." Tindaro sorrise e disse, "D'accordo. Devo ancora pensare a un bel po' di cose, intanto."
~*~
Non era neanche estate e già i giorni stavano diventando afosi e secchi. Odisseo pensava come, ad Itaca, una brezza marina sarebbe giunta e avrebbe spazzato via quell'afa rinfrescando tutto. I servi avrebbero già iniziato a piantare il grano nei campi. Avrebbe aspettato pazientemente la decisione di Tindaro, ma comunque non riusciva a non pensare in modo un po' nostalgico a casa. La più logica spiegazione era che, guardandosi attorno, sapeva che non avrebbe avuto molte possibilità di vincere Elena. Non era mai stato un grande amante dei ragazzi, ma poteva apprezzare la bellezza di Antiloco e Patroclo, insieme a quella di alcuni altri. Alcuni, come Aiace Telamonio, erano grandi guerrieri. E alcuni, come Menelao, incredibilmente potenti. L'unica cosa che poteva permettersi era la sua intelligenza. Mentre lui la considerava una grande risorsa, alcuni pensieri lo facevano pensare troppo. Ma non era solo quello. Non pensava di prendere in giro se stesso quando affermava che Penelope era di molto superiore alla cugina. Lui era soddisfatto della sua vita in una fattoria, per cosa aveva bisogno di Sparta? E lei possedeva una bellezza tutta sua, e l'intelligenza di un uomo con tutta la delicatezza che solo una donna può possedere. Quest'ultima cosa era di gran lunga la più importante per lui. Sapeva che sarebbe stato estremamente felice di svegliarsi a fianco a lei per il resto della sua vita. Così quando lei apparve, guardandolo in modo gelido, chiedendogli esattamente perchè aveva chieso a Tindaro la sua mano senza parlarne prima con lei, lui si sentì affondare per la delusione, pensando di essere stato rifiutato. "Non importa la mia opinione?" lei chiese. "Importa qualcosa, se Tindaro non lo permette?" rispose. "Ed Elena? Io pensavo che tu volessi sposare lei." "Lo volevo," disse. "Ma quando sono arrivato qui ho incontraro una giovane donna intelligente e troppo audace, e questo si aggiungeva alla sua bellezza. Molto più bella, ho pensato, di quella di cui ho sentito tanto parlare. E così ho deciso che lei sarebbe stata l'unica donna per me." Penelope lo guardò incredula. "...tu...credi che io sia più carina di Elena?" chiese. "Nessuno ha mai detto una cosa del genere prima." "Non me ne sorprendo," disse, ridendo. "Probabilmente li hai intimoriti. Perchè sei troppo intelligente." "Ma non lo sono anche per te?" "Sì, bè... sono sempre stato un adoratore di Pallade Atena," scrollò le spalle. "Non so se potrei sopportare una donna stupida. Inoltre," disse, "non ho molte possibilità con Elena, ad ogni modo." "Immagino che allora tu sia fortunato, no?" disse lei. "Che non avrei mai avuto nessun altro uomo. Non credo avrei sopportato essere sposata con un uomo più stupido di me." Sbucò fuori uno sguardo divertito nei suoi occhi, poi sembrò non sopportarlo più e inizio a ridere. Lui la travolse, e i due rimasero in piedi per un po', baciandosi disperatamente. Anche dopo essersi separati, lui teneva le mani sulla vita di lei, sorridendole. "Quindi devo prenderla come una benedizione di tuo zio?" chiese lui. "Sì," disse. "E anche se non l'avesse permesso, sarei scappata con te lo stesso." "Sei davvero la donna di te stessa, eh?" disse lui, ridendo. Lei si tirò su e toccò il suo viso, sorridendo dolcemente. "No," disse. "Sono tua. Lo sono stata dalla prima volta che ti ho visto." Ora, seduto nella sala, non poteva sentirsi più soddisfatto. Non disse niente agli altri, li guardava semplicemente divertito. Si sarebberto trovati con le loro gatte da pelare ben presto. E ad eccezione dei due più giovani, ai quali si era legato particolarmente, degli altri non gliene importava. --------------------------- Nota della traduttrice: Dopo aver appena tradotto un capitolo meraviglioso sulle vicende di Achille e Patroclo, rileggere questo mi affossa XD Cercherò di darmi una mossa per finire questa vicenda di Elena D: Resistete yaoiste <3 u_ù/ |
Capitolo 18
*** Decisioni finali ***
«In All but Blood» Decisioni finali Menelao era ben consapevole di non essere un bell'uomo. Era corpulento, e al minimo cenno d'ira diventata rosso fuoco. Era nato per la guerra; si sentiva più a suo agio con una spada in mano, guidando i suoi uomini in battaglia con un grido di guerra crepitante. Non era, tuttavia, bravo con le donne. Almeno Agamennone riusciva a parlare con loro. Era comunemente carismatico, quando le persone cooperavano con lui. Menelao, al contrario, rimaneva muto, e come risultato spesso finiva per fare delle figuracce. Altre volte, anche quando aiutava una signora a scendere da cavallo, aveva paura di spezzarla in due se avesse stretto troppo forte. All'inizio rimase compiaciuto di se stesso quando Tindaro annunciò che era stato scelto come sposo di Elena. I giuramenti erano già stati fatti, come i sacrifici e tutto il resto. Gli altri pretendenti lo avrebbero difeso se un altro uomo avesse tentato di disonorare il suo matrimonio tentando di prendersi Elena, o attaccandolo o persuadendo la ragazza con le parole. Odisseo, che prima sdegnava perchè sapeva benissimo che quell'uomo era più intelligente di lui, aveva rifiutato e offerto questa soluzione. Improvvisamente a Menelao venne quasi voglia di abbracciarlo e baciarlo come se fosse un fratello. Elena, così bella, sorridende, lo faceva arrossire. Sperava che gli altri non fossero lì, era già abbastanza imbarazzato di suo, avendo una ragazza così graziosa che gli sorrideva. Perchè lo guardava a quel modo, come se fosse divertita? Se lui fosse stato una ragazza come lei, avrebbe trovato terribile un matrimonio con un impacciato -perchè di sicuro ora si sentiva impacciato- e poco attraente uomo che aveva il doppio della sua età. Se lui fosse stato una ragazza avrebbe pianto al pensiero. "Ehm.. Mia Signora," iniziò, semplicemente perchè pensava fosse appropriato dire qualcosa. "Io... spero tu sia felice con me. Questo è--" e improvvisamente si agitò e si impappinò con le sue stesse parole. "Questo è, infine. Questo è..." Decise di tacere prima di fare altri danni. Gli altri uomini stavano sghignazzando. "Lo spero anch'io." Perchè era così divertita? Lei si scusò, e Menelao si guardò intorno. Alcuni erano divertiti, altri sembravano delusi o arrabbiati. I suoi occhi incontrarono quelli di Odisseo, l'uomo stava parlando con Patroclo e Antiloco. Sollevò il suo bicchiere a Menelao e per il gesto gli altri due si guardarono in giro. Menelao annuì, cercando di sembrare simpatico. Odisseo tentava solo di essere amichevole; le espressioni dei ragazzi però, erano indecifrabili. ~*~
Patroclo sospirò. "Medeo mi farà una bella ramanzina dopo tutto questo. Mi aveva avvertito e tutto. Quando mi è venuta voglia di tornare indietro ero già troppo invischiato in questa vicenda." Antiloco rise. "Non ti preoccupare, non sei l'unico. Anche mio padre non sarà molto felice con me." Fece una pausa. "Veramente, stavo pensando... potresti tornare indietro con me, stare un po' con noi. Così ritarderai il giorno del tuo rimprovero," aggiunse con un sorriso. Patroclo esitò. Tutto ciò a cui aveva pensato sino all'ultimo giorno era tornare indietro al Monte Pelio. Si accorse che, da quando si erano incontrati per la prima volta, non era mai stato lontano da Achille per così tanto tempo. Gli venne in mente come, alla veneranda età di nove anni, si stufava del ragazzino che gli veniva sempre dietro, costantemente desideroso di baci e di coccole, che insisteva per dormire con lui durante le tempeste o dopo un incubo. Si chiese cosa avrebbe pensato Achille se avesse saputo del suo desiderio quasi egoista di stare vicino a lui adesso e della mancanza che sentiva per quei suoi sorrisi solari. Sembrava un po' strano pensare che quasi non vedesse l'ora di vedere Medeo furibondo con lui. Un altro amico piuttosto egoista, pensò Patroclo mestamente. Medeo era un po' più scaltro di Achille nello scegliere i modi per soddisfare i suoi bisogni; rendeva molto più facile fare felici entrambi. Si vergognava un po' di pensare che non solo gli mancava fare delle cose con Medeo, ma gli mancava proprio fare delle cose. I due facevano questo già da un bel po' prima della notte in cui Patroclo se ne andò, quando permise a Medeo di entrargli dentro. Andava bene fare certe cose da soli, ma era molto più divertente con qualcun altro. L'unica persona che poteva prendere in considerazione in quel momento era Antiloco, ma non sarebbe mai stato il tipo che fa la prima mossa. Antiloco non è mai sembrato interessato, e Patroclo si chiedeva se il ragazzo più giovane avesse mai davvero scoperto il sesso. Vedendo l'incertezza di Patroclo, Antiloco disse, "Bè, pensaci su. Non stiamo ancora per partire, intanto." Patroclo annuì. "Va bene. Ci penserò su." Non era così facile come pensava Antiloco. Voleva che lui fosse suo ospite per un anno, più o meno, anche senza chiederglielo lo immaginava. Ma Medeo poteva partire per la Colchia da un momento all'altro, e voleva almeno dirgli addio. E pensò ad Achille. Achille aveva bisogno di lui, di quello era certo. Ma più che altro, sembrava che lui avesse bisogno di Achille. Il pensiero di non vedere il ragazzino per un anno o più gli fece contorcere lo stomaco, e addolorare il cuore. Quando disse ad Antiloco che non poteva lasciare Achille, il giovane sospirò impazientemente. "Prima o poi dovrà imparare a vivere senza di te," disse. "Non è solo quello," disse Patroclo. Antiloco sembrava infastidito, ma annuì. "Vorrei aver conosciuto questa persona che si è stabilita così saldamente nel tuo cuore." "Ascolta," disse Patroclo. "Ti prometto che quando Chirone ci lascerà andare verremo entrambi. Ti piacerà Achille, te lo prometto." "Sarà meglio per te." "Dove abiti?" "Eh?" Antiloco sembrava sorpreso. "Ad ovest di qui. Il nostro territorio va dai confini occidentali di Sparta sino al mare, e anche un po' verso Nord-Ovest. Il palazzo di mio padre è lungo la costa occidentale. Ho la tua parola?" "Sì!" disse Patroclo, ridendo. "Ti sembro una persona che non mantiene la parola data?" Antiloco lo prese in giro per un momento. "Non lo so..." disse, e si beccò un pugno sulla testa. Il giorno dopo si abbracciarono e le loro strade si divisero. ---------------------------- Nota dell'autrice: Sapete, prima odiavo Menelao, adesso mi dispiace un po' per lui. Elena lo amava. Così ho deciso di essere buona con lui. E Antiloco = Migliore amico di Patroclo & Achille durante la guerra = il portatore di cattive notizie (è lui che informa Achille della morte di Patroclo D:) Povero ragazzo. Non dovrebbe mai essere qualcosa di più di un buon amico. Nel frattempo, Patroclo è entrato nel pieno dell'adolescenza, perciò pensa soprattutto al sesso. E si rende conto di quanto ama Achille veramente, anche se non c'è ancora desiderio sessuale (Achille è ancora un ragazzino, dopotutto!) |
Capitolo 19
*** Un addio finale ***
«In All but Blood» Un ultimo addio Patroclo si appoggiò su un lato del masso a fianco a lui, con un'aria infelice. Medeo in quel momento pensò che Teti era stava davvero ingiusta per non aver permesso ad Achille e Patroclo di salutarsi. Odiava vedere il suo amico in quello stato. L'estate era cominciata portandosi dietro un caldo rovente, poi aveva cambiato idea. Ora, con l'autunno alle porte, era fresca e piovosa. Comunque, i due erano seduti fuori, vicino ad uno stagno con una piccola cascata, bagnati fradici. Era tardi ormai per togliersi i vestiti, e le loro scarpe erano decisamente inzuppate. Medeo era sceso al villaggio per incontrare Patroclo, e si erano fermati nella caverna di Chirone giusto il tempo necessario per mettere al riparo i cavalli. Vagando per la foresta, si raccontavano le loro vicessitudini durante l'assenza reciproca. Medeo informò il suo amico su tutto, ad eccezione delle cose che erano già brutte abbastanza di loro. "Quando parti?" chiese Patroclo. "Al primo gelo." "Avrai sedici anni..." Medeo non disse niente. Patroclo lo guardò con la coda dell'occhio e disse, "Ci rivedremo prima o poi?" "Non lo so. Presto sarò re, non posso andarmene quando mi pare." "Sarai un re esemplare, vero?" La voce di Patroclo sembrava smorta. "Sì...per un po'," disse Medeo. "Tutti noi abbiamo un obiettivo nella vita, deciso dagli dei; questo è quello che dice mia madre. Io so il mio adesso. Devo liberare il mio popolo dalla tirannia degli Assiri. Poi costruirò il mio stesso impero, più grande di quello degli Assiri, più grande di qualsiasi altro impero che il mondo abbia mai visto." Patroclo gli sorrise tristemente. "E qual è il mio?" chiese. "... Non lo so." Lo diceva molto spesso a quei tempi; non gli piaceva essere così insicuro. "Devi trovarlo da solo." Nessuno dei due sapeva cosa dire. Alla fine, Medeo si spostò e si sedette dietro a Patroclo, che appoggiò la schiena sul suo petto, aveva ancora quello sguardo malinconico. Medeo avvolse con le braccia il suo amico. La pelle di Patroclo sembrava incandescente, e i suoi vestiti bagnati aderirono ad essa. Medeo sorrise e portò una mano sulla coscia di Patroclo, poi iniziò a muoverla sotto il chitone. "Smettila di aprofittare del mio dolore!" disse Patroclo, ma Medeo fu lieto di sentire di nuovo un po' di umorismo nella sua voce. "Come posso resistere, con te appoggiato a me?" "La fai sembrare come se fossi rimasto privato del sesso tutto questo tempo, quando io so che non è così." "No," disse Medeo, affondando il viso nei capelli di Patroclo. "Sono stato privato di te, e tu sei il mio preferito. Sai, potresti conquistare anche dei re con quelle cosce che ti ritrovi." Patroclo sbuffò. "Sono serio, potresti comandare interi imperi... Sarà meglio per te se non le avrai aperte a nessun altro. Potrei arrabbiarmi." Patroclo lo spinse via e si voltò per guardare Medeo, accigliato. "Posso fare quelle cose con chi voglio, grazie." Medeo non era esattamente pronto per una reazione di questo genere al suo scherzo. Di solito non se la prendeva così. Mise le braccia intorno alla vita di Patroclo e lo tirò a se, guardandolo negli occhi. "Ehy, non fare così," disse. "E poi, non ho detto niente sul chi. Solo sul come." "Veramente, c'era un certo tipo..." Per l'espressione che Medeo aveva sulla faccia, Patroclo iniziò a ridere. "Sto solo scherzando. Tu puoi prendere in giro e gli altri no, eh?" L'umorismo era tornato, Medeo portò le labbra al collo del suo amico. Iniziò a mettersi all'opera, strattonando la cintura di Patroclo; il cuoio bagnato iniziava a dargli qualche problema. "Immagino che anche io possa essere possessivo riguardo certe cose." "Ehy," la voce di Patroclo cambiò. "Che cosa è successo? Non eri mai stato così prima, quando eravamo insieme." "È un segreto," mormorò al suo orecchio. "Dimmelo." "Non oggi." Patroclo si aggrappava saldamente con le mani alla schiena dell'altro. Medeo sapeva che gli avrebbe lasciato dei segni dopo. Succedeva spesso quando facevano così. "Stai cercando di distrarmi," Patroclo restò quasi senza fiato quando toccò l'acqua con la schiena. "Ci puoi scommettere."
~*~ L'autunno passò troppo velocemente per entrambi. Medeo compì sedici anni. Non molto tempo dopo, si svegliarono con il ghiaccio luccicante per terra. Avevano ricominciato a dormire sotto le stesse coperte, quindi Patroclo si svegliò quando sentì Medeo alzarsi. Era in piedi dall'entrata della caverna, avvolto in una coperta, tremante per il ghiaccio sotto i suoi piedi nudi. "Merda," disse Medeo. Non era facile come sembrava neanche trovare una barca che attraversasse il Mare di Mezzo, su verso Il Mare Inospitale (attuale Mar Nero). Medeo alla fine riuscì a farsi dare un passaggio su una nave mercantile, con la promessa di aiutare durante il viaggio. "Ascolta, Medeo," disse Patroclo, guardandosi intorno vedeva i marinai caricare le mercanzie sulla barca. "Volevo solo dirti--" "Non farlo," lo interruppe Medeo, con uno sguardo severo. "Non voglio mai sentirti dire delle bugie. Sei troppo buono per fare una cosa simile. Non come me." Patroclo aggrottò le ciglia. "Cosa intendi dire? Non stavo mentendo su niente!" "Sì, invece, consapevole o no." Medeo strinse l'amico in un forte abbraccio. "Ti ricordi quel segreto? Quello che non ti avevo detto?" "Sì?" "Vuoi ancora saperlo?" "Sì," disse Patroclo. Non c'era alcun fine dietro. Medeo si portò avanti e sussurrò al suo orecchio così a bassa voce che sembrava quasi un respiro. Patroclo sobbalzò. "Cosa?!" Medeo lo guardò molto seriamente. "Dagli tempo." Si abbracciarono un' ultima volta quando il capitano urlò a Medeo che se non fosse salito immediatamente l'avrebbero lasciato lì. Per la terza volta nella sua vita, Patroclo guardò qualcuno che amava scomparire all'orizzonte senza sapere se l'avrebbe rivisto. ---------------------------- Nota dell'autrice: Aww.. sì.. questa è la fine di Medeo! In realtà sono molto triste... Quando all'inizio ho pensato di usarlo, lui e Patroclo in teoria non dovevano legarsi così tanto. E adesso lascio a voi indovinare il segreto per ora. Non ho mai scritto qualcosa come l'ultimo pezzo della prima parte; ma sentivo il bisogno di inserire una battuta sulle cosce in quel pezzo. Perchè è uno dei commenti preferiti (almento, per quanto mi riguarda) su Efestione. Un paio di altre cose: i compleanni. Non so perchè ho scelto le stagioni dei loro compleanni, mi sembravano apposite. Quello di Patroclo in primavera, quello di Medeo in autunno, e quello di Achille in inverno. E spero tanto di non aver fatto errori stupidi, perchè ho deciso che Medeo era più vecchio di Patroclo. Inoltre, stavo pensando alle differenti descrizioni di bellezza. Ho sentito chiamare Achille "splendido, bellissimo", ma non credo sia come Patroclo, che è più "bello". Medeo è solo sexy (probabilmente perchè è, dopotutto, guidato dal sesso come nessuno degli altri due sarà mai.) Il "Mare di Mezzo" è l'Egeo—Egeo è morto da pochissimo dopotutto! Il Mare Inospitale è il Mar Nero; Non ero sicura di come chiamarlo, quindi ho usato un termine che si suppone provenga da Molto Tempo Fa. Oh, e la Colchia è l'attuale Georgia. |
Capitolo 20
*** Sciro e Teseo ***
«In All but Blood» Sciro e Teseo Ad Achille sembrava che Sciro più che un'isola fosse un insieme di montagne che gli dei, non sapendo cos'altro farsene, avevano semplicemente scaricato in mare. Il palazzo di Licomede sorgeva appollaiato su uno di quelle, e solo una strada arrivava fin lì, intorno c'erano solo scogliere. Apparentemente Teti era andata a Ftia per informare Peleo della situazione. Dopo molti sospiri e litigi, riuscirono a convincerla che sarebbe stato meglio se Fenice fosse andato a Sciro per badare a suo figlio. Achille era entusiasta di avere il suo vecchio tutore con sé; era stato molto solo, e solamente Licomede e le sue figlie conoscevano la sua identità. Non gli era permesso di fare niente di ciò che avrebbe voluto fare, dato che tecnicamente doveva essere una ragazza. Sebbene sapesse che Fenice gli voleva davvero bene ed era felice di vederlo, era sicuro che il motivo principale per cui era giunto a Sciro era il suo timore, e quello di Peleo, che Achille diventasse troppo effeminato in mezzo a tutte quelle ragazze, quando invece era necessario incoraggiarlo verso gli interessi da ragazzi. Achille non vedeva alcuna ragione per il loro timore; era completamente disinteressato a qualsiasi ragazza. Al contrario, era più che felice quando si sedeva vicino a Fenice per ascoltare le sue storie. Peleo, gli disse, era rimasto sconcertato quando Teti si rifece viva. Achille era cresciuto abituato a non averla accanto, ed era felice; il suo ritorno aveva disgregato tutto, e aveva scosso abbastanza Peleo. Nemmeno Achille era rimasto estasiato dal rivedere sua madre, se non altro perchè riusciva a malapena a ricordarla. Ma comunque, avrebbe voluto che i suoi genitori andassero un po' più d'accordo. Fenice menzionò anche il fatto che Patroclo fosse tornato al Monte Pelio; Chirone l'aveva lasciato andare, per così dire. Vedendo che Achille se n'era andato e Medeo era tornato a casa, sembrava senza senso trattenere Patroclo. “Lui... lui ha un amante?” chiese Achille. Fenice fece una pausa, come se non fosse sicuro che Achille sapesse davvero di cosa stava parlando. In tutta sincerità, non sapeva molto dettagliatamente cosa volesse significare essere amanti. Medeo gli aveva spiegato le basi principali del sesso poco prima che se ne andasse. Achille però non capiva esattamente tutti i meccanismi, e quando gli chiese come uno potesse essere in grado, il ragazzo più grande si arrese e disse, “Lo capirai tra qualche anno.” Tuttavia, lui aveva capito i sentimenti che c'erano dietro l'essere amanti, e sapeva che non voleva che nessuno li ricevesse da Patroclo. “No,” disse finalmente Fenice. “Lui ha avuto...degli incontri, ma niente di più.” Achille lasciò andare l'aria che non si era neanche accorto di aver trattenuto per tutto quel tempo. Fenice lo guardava con una strana espressione, vedendo il sollievo del ragazzo. Poi l'uomo fece un sorriso contorto, come se sapesse cosa stava pensando Achille. "Oh, Fenice,” disse Achille, come se improvvisamente si fosse ricordato qualcosa. “Teseo è qui! Ho sentito gli altri parlare di lui, di tutte le cose che ha fatto! Ci sono così tante cose che voglio chiedergli, ma non posso, perchè dovrei essere una ragazza.” Questa volta il guardiano rise. “Perchè non me l'hai detto, posso chiedere io per te.”
~*~
Le cose si fecero più interessanti col tempo. Fenice convinse Licomede a permettere ad Achille di usare la palestra, purchè lo facesse di notte. Era solito sentirsi molto più soddisfatto dopo aver fatto gli esercizi, e aver praticato il combattimento, anche se solo con Fenice, che era abbastanza vecchio, e questo tratteneva Achille dall'andarci troppo pesante. Una volta ogni tanto correva via per restare un po' solo, finchè qualcuno non lo andava a riprendere per rinchiuderlo nel castello. Spesso andava giù di sotto in una parte privata della spiaggia, così da poter nuotare senza rompere la promessa fatta a sua madre. Quando qualcuno si avventurava giù per quella strada, cosa che non capitava spesso, se ne andava prima che potesse essere visto. Dopo un po' di tempo, divenne molto compiaciuto e, come poi scoprì, avventato. Era un bel giorno soleggiato, e piuttosto caldo. Era sceso sulla spiaggia per fare una nuotata, e non stava prestando attenzione a niente e nessuno. Solo dopo un po' di minuti Achille si accorse di essere osservato da un uomo che se ne stava lì in piedi. Riconobbe subito quell'uomo, e si tirò su con orrore, l'acqua gli arrivava a mala pena a metà coscia. Si buttò subito giù imprecando, così solo la testa e le spalle si potevano vedere. Non che cambiasse poi molto. "Buon pomeriggio, mia signora," disse Teseo, non riuscendo a trattenere le risate. "Non dirlo a nessuno," disse Achille, pregandolo. Teseo lo studiò per un momento. Achille pensò che sembrava quasi una statua di bronzo, con quei capelli dorati e la pelle abbronzata. "D'accordo," disse, alla fine. "Se tu mi dirai perchè diavolo fai finta di essere una ragazza." Sospirando, Achille si tirò su in piedi e si diresse verso la spiaggia, tirando su il suo asciugamano e il suo vestito. Teseo aspettò pazientemente che si asciugasse e vestisse, poi i suoi iniziarono a camminare sulla spiaggia. Achille gli disse come, dato che sua madre era una dea, sapeva tutto sul futuro, e voleva tenerlo nascosto, in modo che non sarebbe andato in guerra troppo giovane. Dato che non era ancora un uomo, non aveva alcun diritto per protestare, e lei non aveva nemmeno chiesto il parere di suo padre. "Odio questo posto," concluse. "Voglio andare a casa, e rivedere mio padre e mio cugino." "Cugino?" "Patroclo," disse Achille. "Non siamo mai stati separati per così tanto tempo. È sempre stato con me, per quel che posso ricordarmi. Suo padre è il re di Opunte, Menezio." Teseo annuì. "Conosco il nome. Opunte non è così lontano da Atene, anche se sono in regioni diverse. Loro sono Locriani." "Patroclo mi ha detto che poteva vedere Euboea dal palazzo di suo padre," disse Achille. "Quindi sarebbe sulla riva a nord. Atene non è al centro dell'Attica?" "Bè, sì," ammise Teseo, scrollando le spalle. "Ma non è così lontano come da altri posti. Come Ftia." "Fenice dice che la distanza è relativa." Teseo rise. "Infatti è così." Si fermarono. La città non era molto lontana, e sarebbe stata una cattiva idea passare di lì insieme. La gente stava già parlando dell'interesse di Fenice per una splendida ragazza, Pirra, che stava a palazzo, e non c'era nessun grave problema in questo. Girava una voce però, su Teseo: dicevano che aveva rapito una ragazza per sposarla, quindi non era una bella idea farsi vedere insieme. "Bè," disse. "È stato piacevole parlare con te. Spero che tu riesca ad uscire di qui. Ti prometto che non dirò a nessuno il tuo piccolo segreto." Achille gli sorrise e corse su per la collina, non vedendo l'ora di raccontare e Fenice il suo incontro con l'eroe. ---------------------------- Nota
della traduttrice: @cry_chan: Aww ♥ Ma sono io che ringrazio te :3 quanti complimenti <33 Non preoccuparti, quello che più mi sta a cuore è che la gente legga questa fanfiction per il bene dell'Iliade, che è stata raccontata in mille modi sbagliati ;___; Grazie per averla messa nei preferiti :) |
Capitolo 21
*** Il crimine di Licomede ***
«In All but Blood» Il crimine di Licomede Achille non sapeva esattamente cosa lo avesse svegliato addirittura prima che il sole sorgesse. Gli uomini avevano organizzato una bevuta in compagnia, anche se Fenice se n'era andato verso mezzanotte ed era tornato a letto. Potevano ancora sentirsi delle voci e dei passi di persone che andavano su e giù dalle scale. Achille si tirò giù dal letto e si mise un vestito addosso, poi andò verso la porta per sbirciare. Non ne conosceva neanche uno; solo un uomo che cercava di trascinare il suo amico ubriaco a letto, ma che fallì miseramente, essendo anch'egli abbastanza brillo. Pensò di dover tornare a letto, ma qualcosa lo tratteneva. Una sensazione, come il formicolio dietro il collo che viene quando si sa che c'è qualcosa di sbagliato. Era sicuro che fosse un segnale degli dei, e sapeva che nessuno dovrebbe mai ignorarlo. Silenziosamente, sbucò fuori dalla sua camera, muovendosi tra le ombre per non farsi vedere. Si vedeva una luce provenire dalla sala dove un piccolo gruppo stava ancora ridendo e cantando. Ma invece di andar lì, si voltò verso la porta di casa. La aprì delicatamente, per non farla scricchiolare, giusto quel tanto da poter scivolare fuori, poi la chiuse attentamente dietro di sè. L'aria lì fuori era molto più fredda di quella dentro. Guardandosi attorno, vide un paio di ombre che andavano via, la più piccola delle due appoggiata al suo compagno come supporto. Vide luccicare dei capelli color bronzo; il più piccolo era Teseo. L'altro era colui che lo ospitava, Licomede, re di Sciro. C'era qualcosa in Licomede che metteva a disagio Achille. Aggrottava le ciglia se si accorgeva che nessuno lo stava ascoltando, e sbuffava impazientemente se gli altri prestavano troppa attenzione a chiunque altro. Eppure non aveva fatto ancora niente di che, secondo Achille. La sua vita era irrilevante, però Achille immaginava che fosse abbastanza felice. Aveva una moglie e delle figlie; il suo palazzo era bello; il suo popolo era felice e prosperava. Anche Teseo era abbastanza ubriaco, e si appoggiava al compagno. Sembrava strano come, nonostante il suo stato, potesse ancora parlare a voce bassa. Achille, che era rimasto lontano abbastanza da non essere scoperto, non riusciva a capire quello che stavano dicendo. Camminarono per un po', verso nessuna direzione in particolare. Anche se avevano lasciato il terreno intorno al palazzo, non si erano diretti in giù verso la città, ma piuttosto verso l'interno. Alla fine, si fermarono ai confini del terreno, vicino al bordo delle rocce. Continuando a parlare a sottovoce, Licomede fece un passo avanti, per cui Teseo indietreggiò – verso il bordo. Poi un altro passo in avanti, e un altro indietro. Andarono avanti così più volte, e Achille stava per mettersi a piangere quando Teseo cercò di aggirare Licomede. Prima che ci riuscisse, il re lo prese per i vestiti e gli diede una forte e rapida spinta. Mentre cadeva, Teseo guardò il suo anfitrione stupito e ferito, ma non emise neanche un suono mentre cadeva giù. D'altro canto, Achille dovette tapparsi la bocca con una mano e mordersi la lingua per non urlare. Andò a infilarsi velocemente nell'angolo di un portone, accovacciato più in basso che poteva, raggomitolato su se stesso. Vide l'ombra di Licomede passare oltre, ma non si mosse di lì. Il giorno dopo, il corpo distrutto di Teseo fu trovato sulle rocce sotto le scogliere. Nel palazzo risuonavano i lamenti delle persone. Achille non pianse, tuttavia; ebbe la sua parte di lacrime la sera prima, nascosto nel portone finchè Fenice non lo trovò. "Era ubriaco," disse Licomede. "È inciampato, io ho provato a prenderlo, ma..." Achille guardava ferocemente quell'uomo e pregava perchè tutta l'ira delle Furie cadesse su di lui. Tuttavia non disse niente a nessuno. Licomede era sia il re che il suo anfitrione, e il ragazzo sapeva che quando gli dei avrebbero visto ciò che aveva fatto Licomede, gli avrebbero inferto una terribile punizione. Nel frattempo, lui sarebbe stato un buon ospite, mostrandosi grato al suo albergatore per l'ospitalità senza arrecargli alcun danno. ----------------------------
Nota della traduttrice: Ho già aggiornato perchè come dice giustamente cry_chan è ora di arrivare al dunque XD e se ho messo il rating arancione un motivo ci sarà .__. @cry_chan: La storia dell'Iliade è splendida, però dato che si studia a scuola si dà per scontato che sia noiosissima D: Infatti ben vengano film, libri, fumetti e cose simili per far avvicinare di più la gente, però che almeno si attengano alla storia vera! Purtroppo l'incontro tra Achille e Teseo non cambia niente perchè il poveretto è morto çOç Niente, Achille rimarrà ancora rinchiuso in mezzo alle donne XD Ohoh, Achille in gonnella XD chissà com'era felice.. .__. |
Capitolo 22
*** Desiderio ***
«In All but Blood» Desiderio Achille si coricò chiudendo gli occhi, ascoltando solo il rumore della pioggia che cadeva fuori. Ogni tanto il bagliore di un lampo faceva capolino tra le sue ciglia, ma ad eccezione di questo era tutto completamente buio. Voleva godersi la tempesta il più possibile. Più che la tempesta, però, si stava godendo un ricordo che aveva di Patroclo. Non era successo molto tempo prima che se ne andassero a vivere con Chirone, e pensò che Patroclo sembrava un po' scocciato. C'erano alcune volte in cui era troppo grande per Achille, ma se l'erano cavata, e Patroclo era bravo a nascondere la differenza d'età. In realtà, Achille aveva smesso di aver paura dei temporali prima di quel particolare evento, ma gli piaceva fare finta per avere una buona scusa e dormire con Patroclo. Pensò all'ultima volta che avevano dormito insieme. Aveva otto anni, e aveva insistito per dormire tra i due ragazzi più grandi. Per quanto lo riguardava, quelle notti gli sarebbero sempre appartenute, e anche ora—pur sembrando stupido—pensava che avrebbe preferito dormire da solo piuttosto che con qualcun altro quelle notti. Erano passati cinque anni da quando era arrivato a Sciro. Stava già diventando più alto, ed era felice di vedere che i suoi capelli avevano perso quei riflessi rossastri; ora erano di un oro intenso. Per molto tempo aveva pensato che sarebbe rimasto un nanetto. Pensava che Medeo, che era sempre stato il più alto, ora fosse un gigante probabilmente. Magari avrebbe anche avuto la barba, qualcosa che Achille temeva di non avere mai; non aveva mai avuto bisogno di iniziare a farsi la barba, e se da un lato non aveva esattamente una gran voglia di farlo, dall'altro pensava che almeno avrebbe dimostrato di essere un uomo, non solo un ragazzo. Pensò che anche Patroclo fosse ormai entrato in piena età adulta. Achille sapeva anche esattamente l'aspetto che avrebbe avuto. Sarebbe stato alto, almeno quanto suo padre, e il suo torace si sarebbe ampliato, i tratti del suo viso irrigiditi. Nei suoi sogni, Patroclo aveva una splendida pelle dorata, e un fisico statuario. Si immaginò Patroclo sotto la pioggia—gli piaceva la pioggia, e sarebbe rimasto là fuori finchè Zeus non avrebbe iniziato a scagliargli contro i suoi fulmini—e sorrise al pensiero dell'acqua che correva lungo il suo corpo. Il cuore di Achille iniziò a battere, e si lasciò sfuggire un respiro tremolante. Qualcuno bussò alla porta, e Achille si calmò, chiudendo i suoi occhi ancora di più. Si rese conto che stava trattenendo il respiro, e lo lasciò uscire più delicatamente che poteva. Forse se avesse finto di stare dormendo, se ne sarebbero andati. Non aveva certo bisogno di qualcuno che lo vedesse mentre si stava masturbando; poteva anche riderci su ma... Il pensiero rimase a mezz'aria. Non poteva starsene lì sdraiato. Ficcò la faccia nel cuscino e fece del suo meglio per stare in silenzio. La persona là fuori probabilmente se n'era andata, forse pensava che fosse di nuovo scappato via. Una volta soddisfatto, si girò sulla schiena e fissò il soffito. Non era una nuova fantasia. Si ricordava di Medeo che rideva quando Achille lo guardava inespressivamente, ed era sicuro che ad un certo punto lui e Patroclo erano stati amanti. Quando ci pensava, capiva che era abbastanza ovvio. Provò però a non pensarci; Medeo non era stato mai niente di più di un amico, e Achille non voleva rovinare il ricordo che aveva di lui. Aveva amato Patroclo da sempre, e non l'aveva mai negato. Anzi, piuttosto aveva sottolineato questo fatto. Ora aveva il dubbio di essere innamorato. Provò a immaginare come poteva essere per loro due essere amanti; e tuttavia, la sua mente sembrava bloccarsi ad un certo punto, di solito quando non avevano ancora fatto proprio un bel niente. Ed era davvero difficile cavarne qualcosa. Sospirando, iniziò a chiedersi se non fosse meglio trovarsi un amante. Preferiva non pensare, tuttavia, a cosa avrebbe fatto quando avrebbe rivisto Patroclo. Nella sua testa non c'era alcun dubbio su chi avrebbe scelto.
~*~ Deidamia aveva un'età in cui una giovane donna attira l'attenzione dei giovani uomini. Non aveva neanche mai evitato le loro attenzioni, come una giovane donna rispettabile dovrebbe fare; infatti si beava di loro. Ne faceva addirittura un gioco, sorridendo innocentemente, con un fare civettuolo che dovrebbe dare un senso di candore. E i giovani uomini l'amavano per questo. Achille la guardava con gelosia mentre era circondata da un gruppo di giovani, tutti intenti a catturare il suo sguardo. Lei sorrise e disse qualcosa con un'espressione infifferente. A loro andava bene, stavano al gioco. Non era sicuro però se l'invidia che provava era per lei o per i ragazzi. Ma ad ogni modo lui non era autorizzato. Non gli erano permesse relazioni con le figlie di Licomede—in realtà, nessuno poteva, tecnicamente parlando—e nessuno sapeva che era un ragazzo. Per quanto facesse la graziosa, Achille sapeva che lei sapeva ciò che voleva, e sapeva anche come andarselo a prendere. Aveva una gran forza di volontà; aveva le capacità per diventare una buona regina. I loro occhi si incrociarono, e lei gli sorrise segretamente prima di voltarsi di nuovo. Lui fece una smorfia e scosse la testa. Quella ragazza poteva far funzionare i suoi trucchetti con chiunque. Ma quel contatto fu colto da una coppia di ragazzi che le stavano attorno, e si girarono tutti verso di lui. Non lo presero molto sul serio. Era solo quella ragazza muta che Licomede aveva deciso di ospitare—Achille doveva far finta di non aver voce da quando gli era cambiata. Con un sospiro, si tirò su in piedi e andò verso la sua stanza. ----------------------------
Abbiamo anche un po' di Achille/Deidamia. Sto cercando di farla assomigliare a un personaggio di Vivien Leigh--che si comporta da innocentina, ma sa esattamente cosa sta facendo e come manipolare gli uomini e cose simili. Ho la sensazione che lei fosse così. |
Capitolo 23
*** Guerra ***
«In All but Blood» Guerra Quando Deidamia andò nelle stanze di Achille e le fu detto che era in bagno, lei disse che lo avrebbe visto in ogni modo. Stava per perdere la pazienza. Pensava che ci fosse un qualcosa di estremamente regale nell'insistere per vedere qualcuno senza avere alcun riguardo per gli impegni degli altri, per questo voleva che gli altri la vedessero in un atteggiamento regale e irremovibile. Ma poi le venne in mente che Achille non avrebbe avuto neanche un vestito addosso, e gli unici ragazzi che aveva visto nudi avevano meno di cinque anni. Provò a vedere quel fatto sotto una luce diversa. Lei non aveva mai visto un uomo nudo. Conosceva la ragione per questo, non poteva poi essere chissà cosa. Dopotutto, non era come per Pandora e il suo divieto di aprire quella scatola. Così si alzò in piedi, cercò di trattenere la sua risatina, ed entrò dentro. Achille non si voltò immediatamente quando lei entrò, e per un momento Deidamia si sentiva felice per non essere stata scoperta. Ma poi lui disse, "Cosa vuoi? Hai almeno il permesso di essere qui?" "Non ho il permesso di andare in giro per il mio palazzo?" "Non è il tuo palazzo, è di tuo padre. Ti pelerebbe viva," disse, voltandosi per guardarla con la coda dell'occhio. "Considerando il fatto che sono in bagno. Nudo." "Pelerebbe te," disse, sorridendo. "Sono la sua piccola bambina. E non è che mi interessi poi molto il tuo abbigliamento." Si alzò e fece risuonare i suoi capelli, mentre gli cadevano in avanti. Non li aveva tagliati più del necessario da quando era arrivato. Non era giusto, pensò lei, che un ragazzo avesse dei capelli così belli. Guardandolo, si rese conto che aveva i segni dell'abbronzatura, e si chiese quando era riuscito a uscire fuori senza essere scoperto. Quando si girò, i suoi occhi caddero subito in basso, e si dovette sforzare per farli risalire quando si rese conto di quello che stava facendo. Lui intanto la guardava con due occhi divertiti. Prese i suoi vestiti di fianco alla vasca. "Non mi hai ancora detto perchè sei qui," disse lui. "Sono venuta solo per dirti..." fece una pausa, non essendo sicura di cosa dire. "...che...la Grecia sta per andare in guerra." "La Grecia è sempre in guerra." "No, tutta la Grecia. Si sono alleati," disse Deidamia, non riusciva a credere che cosa aveva appena sottinteso lui—Achille non sapeva, e lei gli stava davvero dicendo qualcosa di nuovo. "Il principe di Ilio, Alessandro, è fuggito con la regina di Sparta. La maggior parte dei re devono, lo hanno giurato." Lui fece una pausa, ma non la perdeva d'occhio. "E tutto questo cosa c'entra con me?" chiese. "Non è che vada da qualche parte." "Non lo so," lei disse. "Dimmelo tu. Pensavo che ti sarebbe potuto interessare." Achille strinse la sua cintura—non stava indossando un vestito, e Deidamia trovò il fatto abbastanza ridicolo in primo luogo; che non era costretto a rimanere nelle sue stanze—e la sfiorò quasi mentre passava oltre. "Dovresti andare," le disse. "O ci troveremmo entrambi in un serio problema." ~*~
Fenice
trovò il suo onere seduto su una terrazza, mentre guardava
il mare, come se potesse vedere casa sua se si fosse impegnato molto.
Era impossibile in una giornata limpida, e quel giorno era freddo e
grigio. Fenice sospirò. Achille era cresciuto sempre
più distante, aveva smesso di prendersi cura di se stesso
come avrebbe dovuto; era magrolino, i suoi capelli spesso erano
afflosciati e sporchi, il colorito che aveva di solito sul viso se
n'era andato. "Achille." Il giovane non si voltò. "Questo deve finire, Achille." "Che cosa?" "Sai di cosa parlo. Tu desideri qualcosa fuori dalla tua portata." "Chi lo dice?" Fenice aggrottò le ciglia. "Hai mai considerato la possibilità di non rivederlo mai più?" chiese, avvicinandosi a lui. "Presto andrà in guerra. Le persone muoiono in battaglia. "Lui non morirà," disse Achille, una piccola traccia di impazienza nella sua voce. "È troppo bravo per fare una cosa simile." "Io ho ragione e lo sai." Fenice si voltò a guardarlo, ma desiderò subito non averlo fatto. Riuscì a intravedere una singola lacrima scendere giù dal viso di Achille, e quella vista lo innervosì. Si girò dall'altra parte. "Okay, allora ammettiamo pure che tu lo riveda, prima o dopo la guerra. Sono passati anni, e tu avresti semplicemente potuto perdere la tua chance. Se lo vedrai dopo, l'avrai persa quasi sicuramente. Patroclo non è il tipo da avere piccole avventure per il resto della sua vita, è destinato a sistemarsi con qualcuno prima o poi, e ogni giorno che passa la possibilità che sia tu quel qualcuno si affievolisce." "Siamo nati per stare insieme, per combattere fianco a fianco." Poteva sentire la rabbia nel tono di Achille adesso. Almeno gli avrebbe portato un po' di colore su quelle guance. "Gli dei lo hanno deciso prima che nascessimo. Nessuno può impedire questo. Nè mia madre, nè Licomede e neanche tu. Nemmeno tutti i Greci messi insieme." "Allora perchè sei rimasto qui?" chiese Fenice. "Perchè non sei scappato?" "Ho promesso che sarei rimasto." Alla fine la sua voce cedette. "Non posso rompere il patto, devo aspettare che mi trovino." "Ti stai facendo male da solo. Devi tenerlo fuori dalla tua testa, o temo che potresti consumarti," disse Fenice, toccando quegli sporchi capelli biondi. "E allora? Non mi interessa. Non voglio andare avanti senza di lui." "E se lo rivedessi?" chiese Fenice. "Cosa penserebbe di te vedendoti in questo stato?" Non aspettò per una risposta. ----------------------------
@cry_chan: Sì, se nello scorso capitolo Achille era tenero in questo è veramente da lacrimoni XD Non so, mi immedesimo anche io in questa attesa estenuante per Patroclo.. Ma prima bisogna portare Achille via di lì ;) |
Capitolo 24
*** Una svolta ***
«In All but Blood» Una svolta Peleo stava in piedi su una terrazza con lo sguardo rivolto all'acropoli. Da un lato c'era un ambasciatore da Tirinto, dall'altro c'era Patroclo, che stava ascoltando molto più pazientemente dell'altro. Peleo stesso stava riflettendo, gli occhi chiusi. Si sfregò la faccia con un fare stanco. "Non posso farlo," disse, finalmente. "Perchè no?" chiese l'ambasciatore. "Non è giusto. Non è legale--" "Legale? Tu sei il re, rendilo legale." "Non è così che funzionano le cose," disse Peleo. "Ci sono leggi che neanche io posso infrangere. Patroclo non è re. Non è stato coronato principe. Non è neanche mio figlio. Non posso chiedere ai miei uomini di combattere per lui in una guerra che non è neanche la loro." "Lui deve combattere." "Non devo combattere insieme ai Mirmidoni." Patroclo parlò per la prima volta. "Questa non è una decisione che spetta a me." "Eh? E dove andresti?" "Potrei combattere insieme ad Aiace figlio di Telamone," disse, alzando le spalle. "Andiamo abbastanza d'accordo." L'uomo sospirò impazientemente. "Che ne è di Achille?" chiese a Peleo. "Dov'è?" "Per tutti gli dei, se qualcuno sapesse dov'è mio figlio, ti chiederei di dirmelo per pietà!" disse Peleo. "Forse potresti chiederlo a tua moglie..." "Attento a come parli!" sibilò Patroclo. Peleo guardò l'ambasciatore con uno sguardo minaccioso. "Al mio re non piacerà tutto questo." "Puoi dire ad Agamennone di muovere il culo," disse Peleo, perdendo la pazienza. "Lui non è il re dei Mirmidoni, io lo sono. Sono quello che decide cosa succede a Ftia." Fece una breve pausa e chiuse gli occhi di nuovo. Quando lì riapri, sospirò. "Farò un accordo. Se Agamennone riesce a trovare Achille, lo convince a combattere, e se i miei uomini lo seguiranno, può averli."
~*~
La prima volta che Achille l'aveva baciata, era stato così veloce e spontaneo che Deidamia aveva pensato per un secondo di esserselo immaginato. Dopotutto, lei se ne era accorta tempo prima che lui stava tentando di corteggiarla. Era abbastanza bravo, considerando le circostanze. La seconda volta lei gli rispose in natura. Comunque, non gli diede la possibilità di approfondirlo. Quando lo spinse via, diede solo un piccolo, innocente sorriso alla sua espressione infastidita e se ne andò. Rimase colpita dalla grande possibilità che le si prospettava; lui era di certo più bello di qualsiasi ragazzo che si fosse interessato a lei, e di certo era più potente. Gli altri erano, al massimo, principi delle isole circostanti, neanche lontanamente grandi come Ftia, nè appartenenti alla Grecia continentale. Se fosse riuscita ad averlo tutto per lei, i benefici sarebbero stati enormi. I due erano sdraiati sull'erba vicino alla cima della montagna. Prima si erano arrampicati sulla cima finchè avevano il coraggio di guardare giù. Achille fece cadere un pezzo di pane, cercando di colpire un uomo che parlava con un amico. La sua mira fu impeccabile, e si erano già defilati quando l'uomo guardò in alto. Achille sospirò e si sedette. "Presto dovremo tornare indietro." "Oh, non ancora," disse lei. "Non è ancora buio, e nessuno se ne accorgerà." "Mi permetto di non essere d'accordo," disse lui, ridendo. "È già l'imbrunire, e tu sei la principessa più giovane, la bimba del paparino. Ancora un po' e la tua reputazione sarà rovinata." "Non mi interessa." "Sì che ti interessa," disse lui, alzandosi in piedi. "E uno di noi deve esserne responsabile." Deidamia sospirò e accettò il suo aiuto per alzarsi in piedi. Achille tirò troppo forte, probabilmente di proposito, e lei atterrò tra le sue braccia. Era pronta a spingerlo via, ma rimase immobile per lo sguardo dei suoi occhi. Erano scuri, e in qualche modo era lo sguardo più eccitante che avesse mai ricevuto da un ragazzo. Le diede un bacio lento e profondo, e finì per sostenerla completamente quando le sue ginocchia non ressero più. "Deidamia!" La chiamata dal palazzo, seppur lontano, fece separare i due come se all'improvviso provassero disgusto l'uno per l'altro. Lei guardò Achille, poi urlò, "Arrivo!" e se ne andò correndo. Quando raggiunse il portico, guardò dietro di sè. Achille era ancora dall'altro lato del prato, ma non lo aspettò. In qualche modo, aveva la sensazione che non sarebbe stata la cosa giusta se lo avesse fatto. ----------------------------
Alla prossima =* |
Capitolo 25
*** Verità e problemi ***
«In All but Blood» Verità e problemi "Sai, sono un padre adesso, anche io." "Così dicono," disse Peleo. "Congratulazioni." Odisseo sorrise ironicamente. "È una benedizione e una maledizione al tempo stesso. Ora devo lasciarlo per andare in guerra. Mi hanno detto che non tornerò prima di vent'anni." "Ma tornerai," disse Peleo per incoraggiarlo. "Grazie," disse Odisseo. Si sdraiò sul suo letto e posò il calice sul tavolino tra lui e Peleo. Sorrise. "Adesso, siamo entrambi padri. E personalmente, non vorrei che il mio unico figlio fosse portato chissà dove per un periodo di tempo indefinito, anche se a farlo fosse mia moglie. Io so che tu sai dov'è tuo figlio." "Eravamo d'accordo sul fatto che se foste riusciti a trovare Achille io ne sarei rimasto fuori," disse Peleo, alzando le sopracciglia. "Ma non ci hai detto come trovarlo." Peleo rise. "Intelligente e bastardo." "Tu sai dov'è Achille." Peleo sospirò e chiuse gli occhi. Si sdraiò sulla schiena e si strofinò il visto con le mani. Odisseo lo guardava; Peleo stava davvero considerando l'idea di dirglielo. "Ho fatto una promessa," disse, alla fine. "Dovevo farlo in modo da sapere tutto su di lui. Volevo essere in grado di prendermi cura di lui. È buffo come abbia funzionato. È stata una cosa stupida da fare, eh?" Ridendo, Odisseo disse, "So tutto riguardo alle promesse stupide. Chi avrebbe immaginato che Elena finisse per essere una puttanella." "Odisseo!" Peleo rise incredulo. "...che rimanga tra noi due," disse, sporgendosi in avanti e sorridendo. "Non è qualcosa che si deve diffondere in giro." "Hai fatto la scelta giusta, allora." "Infinitamente giusta." Odisseo riflettè un momento. "Non c'è nessun tipo di scappatoia?" Peleo voleva che ci fosse, e iniziò a pensare. Mentre il tempo scorreva, Odisseo lo guardava mentre si passava le mani tra i capelli, si rosicchiava un' unghia, e guardava fuori dalla finestra. Alla fine, si rivolse a un servo. "Potresti andare a cercare Patroclo per me?" Poi si voltò verso l'ospite. "Non credo che Teti si sia dimenticata di sistemare anche lui, ma possiamo provare." "Peleo?" I due alzarono lo sguardo quando Patroclo entrò nella stanza. Odisseo sorrise. "Gaudio e giubilo, Patroclo. Sei cresciuto," disse. "...è un bene o un male?" chiese Patroclo, ma stava sorridendo. "Ho poco interesse verso i ragazzi," replicò Odisseo. "Ma sì, è un bene." "Ehy, voi due," disse Peleo, guardando entrambi. "Per quanto mi diletti questa discussione strana e inquietante, ti ho chiesto di venire qui per una ragione. Patroclo, mia moglie ti ha detto qualcosa riguardo Achille?" Il viso di Patroclo si oscurò. "No," disse. "Praticamente sono l'unico a cui non è stato detto niente." "Questo perchè gli saresti andato dietro." disse Peleo. "Non ti viene in mente niente?" "Qualcosa," disse Patroclo. Si rivolse a Odisseo. "Sai, prima avevamo un vecchio tutore, Achille ed io. Fenice." Si girò verso Peleo, che sembrava sorpreso e compiaciuto. "Cosa gli è successo?" Gli occhi di Peleo scivolarono sulla faccia di Odisseo quando iniziò a sogghignare. "Ha detto che doveva occuparsi di una cosa. Al momento si trova a Sciro, alla corte di Licomede. Comunque, se per caso trovassi Achille, dovresti sapere che attualmente si trova in una situazione un po' imbarazzante. Ci vorranno un po' di lusinghe per farglielo ammettere." "Non ti preoccupare, Peleo. Si dà il caso che sia bravo in questo genere di cose."
~*~
Deidamia stava sdraiata a guardare il soffitto mentre cercava di trattenere le lacrime. Cos'era andato storto? Era così pronta questa mattina per concedersi ad Achille, ed ora che era finito si sentiva piena di rammarico. Il silenzio successivo fu imbarazzante, e finalmente lui si alzò. Ora era in piedi e guardava la finestra, ancora nudo. "Non avremmo dovuto farlo," disse. "Mio padre sarà furioso." "Avresti dovuto pensarci prima." "Io?" disse lei, voltandosi per guardarlo. "E allora tu? Non mi hai mica fermato." "L'avresti fatto?" Le chiese, guardando verso di lei. "Perchè devo essere io quello che deve mantere l'autocontrollo?" "Questa è colpa tua," sibilò lei, sedendosi sul letto. La aggredì, furioso, e lei si ritrasse. "Colpa mia? Per quanto ne so, tu hai avuto la tua parte quanto me. Se non fossi stata così insistente nel buttarti addosso a me--" "Vai via." disse. "Non voglio più vederti. Via!" Lui scosse la testa mentre tirava su i suoi vestiti e uscì dalla porta come una furia. Deidamia si sdraiò di nuovo e lasciò che le lacrime cadessero giù dal suo viso.
~*~
Licomede non riusciva a capire da dove fosse uscita quest'improvvisa invadenza. Quello che sapeva era che gli faceva venir voglia di costringere Achille a sottomettersi. Non ce l'avrebbe fatta, non con lui. Anche se non era terrificato dall'ira di Achille, Fenice teneva d'occhio il giovante attentamente. Era vecchio, ma non esausto; un paio di volte Licomede li aveva visti lavorare insieme, e aveva visto la forza che ancora risiedeva in quegli arti vetusti. E mentre solitamente non gli dava fastidio se Achille non voleva uscire—era abituato a vederlo andare in giro come un'anima in pena—ora lo stava letteralmente facendo imbestialire. "Alzati," gli urlò contro. "Te l'ho detto, non ne ho voglia." Licomede lo prese di forza e lo tirò giù dal letto. Incespicò e andò a sbattere contro il muro, ma poi guardò quell'uomo con un odio sconcertante. Licomede si accorse con sua sorpresa e un po' di paura che i suoi occhi solitamente blu avevano una sfumatura verde acqua. "Vestiti," sibilò. "Tu uscirai, che tu lo voglia o no." "Oppure? Mi fustigherai? Sono un ospite." Licomede sollevò un sopracciglio. "Dopo quasi sei anni? Da quando avevi nove anni? Oh no, tu sei il mio subordinato, è un mio diritto. Ora vestiti e porta il culo fuori di qua, o userò le cattive maniere." Achille guardò il vestito che il re stava brandendo davanti a lui, poi glielo rubò di mano. "Bene," disse. "Ma è solo per non causare problemi a Fenice. Però se qualcuno è il mio guardiano, quello è lui, non tu." ----------------------------
Alla prossima :* |
Capitolo 26
*** Libertà ***
«In All but Blood» Libertà
Era davvero una situazione imbarazzante. Odisseo era lì in incognito solo per riuscire ad andare in giro senza creare scompiglio. Non era poi così difficile trovare Achille. Anche se era propriamente agghindato, coi capelli a posto e magari anche con un po' di trucco, era una donna brutta; solo perchè un ragazzo è bello non lo rende automaticamente tale anche nella versione femminile. Ed ora che se ne stava in piedi miseramente in un angolino, nascondendo per metà il suo volto, Odisseo poteva solo provare pena per lui. Si mosse verso uno dei suoi servi—ne aveva portati con sè solo due; era solo un mercante, dopotutto—e quando si avvicinò, gli disse di portare la sua "merce". Si trattava soprattutto di vestiti e gioielli, dato che li voleva mostrare alle signorine della corte, ma nascose sotto quelle cose anche un paio di armi. Non troppo in profondità, dovevano essere trovate, ma abbastanza da non sembrare ovvio per chiunque. Si posizionò dietro la bancarella, e aspettò. Le ragazze stavano ridacchiando e indicando la merce, ma Achille non si mosse. Ovviamente, era completamente disinteressato. Dopo un momento di riflessione, Odisseo si avvicinò e chiamò una delle ragazze. "Mi scusi, signorina," disse. "Forse la tua amica laggiù vorrebbe dare un'occhiata." Lei e un paio di altre ragazze si guardarono intorno. Poi si voltarono indietro, sorridendo compiaciute. "Oh, è solo Pirra," disse una di loro. "Lei è sempre così. Impacciata e insipida. Sa essere davvero una guastafeste." "Non essere così crudele, Ianta," disse un'altra. Si voltò verso 'Pirra'. "Vieni qui e dai un'occhiata a queste cose." La ragazza di prima la schernì. "Ifis," disse, stizzita. "Perchè devi parlare con lei?" Ifis guardò in cagnesco la sua amica, poi si voltò nuovamente quando Achille aveva iniziato a muoversi esitante verso di loro. Quando finalmente le raggiunse, la ragazza mise il braccio sotto il suo, e improvvisamente si fermò a guardarlo, sorpresa. Se n'era accorta. Achille la stava guardando supplichevole, lei sorrise e si voltò verso il tavolo. Achille fece scorrere lentamente la mano in mezzo a quella roba. Si fermò quando raggiunse la stoffa; aveva trovato le armi. Ispezionando per bene il tessuto aveva trovato lo scudo, e vi passò la mano sopra in modo nostalgico. "È una cosa ben strana che una giovane donna sia interessata a questo," commentò Odisseo. Gli occhi si spalancarono, Achille cercò di sfilare via la mano. Odisseo lo prese per il polso, e lo strinse forte quando provò a tirarlo via. "Signore, cosa significa tutto questo?" Licomede, che era rimasto a guardare, si avvicinò. "Hai intenzione di ferire uno dei miei ospiti?" "Non fa male," disse Odisseo. "Non è vero, Achille?" Achille rimase di pietra e lo fissò. "Come mi hai chiamato?" sussurrò. Ci fu un momento di silenzio, poi la stanza fu invasa da un mormorio generale. Achille era diventato tutto rosso, ma continuava a guardare dritto neglio occhi di Odisseo con aria di sfida. Ora era il turno di Licomede di rimanere di sasso, le sue labbra si serrarono per la rabbia. "Chi sei tu?" chiese. "Il mio nome è Odisseo. Sono il re di una piccola isola di poco ad ovest della terraferma." Si girò verso Achille. "Scusa se ho dovuto usare questi modi, ma era l'unico modo per esserne certo. Dimmi, sei stanco di andare avanti così?" "Sì." "Vuoi andare a casa?" "Sì." "No!" Tutti si girarono per guardare una delle ragazze. Aveva più o meno l'età di Achille, ed era abbastanza carina, con i capelli di un rosso scuro. Se una persona potesse respirare fuoco, Odisseo era sicuro che lei lo avrebbe fatto. "Non puoi andartene adesso!" "Perchè no? È la mia vita!" "Perchè sono incinta!" Ci fu un altro lungo silenzio. "Scusa?" disse finalmente Achille. "Cosa?" gridò Licomede. "Deidamia--" "È colpa sua." disse, indicando Achille. "Si è aprofittato di me--" "Tu piccola puttana," disse Achille, gli occhi della ragazza si spalancarono. "Tu l'hai voluto, e lo sai." Licomede si buttò addosso ad Achille e afferrò il ragazzo per la gola. Ci fu un disordine improvviso mentre Odisseo e molti uomini tentavano di dividerli. Licomede stava imprecando e dimenandosi per liberarsi mentre Achille tirava occhiatacce a lui e a Deidamia a turno. Alla fine, si liberò e corse fuori.
~*~ "Non l'ho fatto!" "Non l'hai messa incinta?" chiese Odisseo. "Bè," disse Achille, poi fece una pausa. "Se è incinta, allora è attraverso di me, ma non l'ho violentata. Lei ne è responsabile quanto me." Si trovavano nelle stanze che erano state date ad Achille. Si era messo un chitone, infuriato ma si rifiutava di guardare gli altri due uomini nella stanza. Licomede si era calmato ad un certo punto ed era appoggiato alla porta. Odisseo era seduto sul letto, e Fenice su uno sgabello dalla finestra. L'uomo anziano sospirò e passò una mano tra i capelli sottili. "Cos'hai intenzione di fare?" chiese. "Andare a casa," replicò Achille. "Sono stufo di tutto questo. Questa famiglia è un caos, Deidamia, Licomede, tutti loro." "Non ti prenderai la responsabilità di tuo figlio?" chiese Odisseo, accigliato. "È davvero giusto per il bambino?" "La colpa è sua." "Achille." Licomede parlò per la prima volta. "Deidamia non è una ragazzina di qualche piccolo villaggio. Lei è nata in una classe elevata. Anche se non la vuoi sposare, almeno portala con te. Falla diventare la tua amante, se vuoi. Ma voglio che sia lei sia il bambino possano guardare le persone in faccia senza vergognarsi." Achille guardò Licomede per qualche minuto. Odisseo era felice del fatto che almeno stesse considerando l'idea. Non gli importava cosa dicesse la gente riguardo la sua simpatia per le donne, nessun uomo avrebbe dovuto trattare una donna in quel modo. Alla fine, Achille sospirò e annuì. "Bene," disse. "La porterò con me." "Ho un altro favore da chiederti," disse Licomede. "Se vorrai accettare o no dipende da te. È solo per un amico." "Cosa?" "Vorresti portare con te un paggio?" ----------------------------
@cry_chan: Io invece detesto Paride .___. Lo trovo veramente insopportabile, e secondo me la colpa è molto più sua che di Elena, anche perchè Elena è stata "stregata" da Afrodite, mentre Paride è un pomposo che si crede di poter fare tutto quello che gli pare ._. Riguardo alle due parti che non avevi capito bene; Deidamia e Achille erano arrabbiati perchè l'hanno fatto ma si sono pentiti, e avevano ragione, è venuto fuori un disastro XD Licomede invece era arrabbiato con Achille perchè fondamentalmente aveva voglia di sottometterlo, gli dava fastidio che potesse fare quello che voleva, e da padrone di casa voleva che facesse quello che lui gli ordinava.. Al prossimo capitolo =* |
Capitolo 27
*** Casa ***
«In All but Blood» Casa Achille pensò che si sarebbe potuto addormentare con il dondolio della barca. Si appoggiò vicino alla poppa, guardando verso il cielo e il timoniere, ascoltando lo scricchiolio del legno. Solo la metà degli uomini stavano remando, ogni remo si muoveva attraverso le acque. Tra poco si sarebbero scambiati i ruoli con gli altri e sarebbero andati a riposare. A prua Odisseo stava parlando silenziosamente con il suo capitano, che intanto teneva d'occhio l'orizzonte per assicurarsi che non avrebbero sbagliato rotta. Pensò che non fosse così difficile, dato che non si erano mai distanziati molto da perdere di vista la terra; se lo avessero fatto, sarebbero potuti attraccare da qualche parte e chiedere dove si trovavano. Era un po' più di un giorno che avevano lasciato Sciro, e sentiva che niente avrebbe potuto rovinare il suo umore. Non che non ci fosse niente che lo potesse irritare—Deidamia continuava ad essere acida—ma aveva smesso di parlare con lui nel momento in cui si erano imbarcati. Non poteva lamentarsi. D'altro canto, Achille aveva accettato di portare con sè Automedonte, che era il figlio di un qualche facoltoso amico di Licomede, e che voleva provare la guerra in prima persona. Era rimasto sbalordito quando scoprì che non solo non avrebbe combattuto, ma sarebbe diventato il paggio di Achille. In difesa del ragazzo, Achille immaginò che anche lui sarebbe stato arrabbiato se gli avessero detto di servire qualcuno non molto più grande di lui come farebbe un servo, ma Automedonte ne aveva fatto una tragedia invece di cercare di ricavarne il meglio. Achille si ricordò di come Chirone li avesse sottomessi duramente finchè non iniziarono ad imparare a guardare il lato positivo dell'obbedire ai superiori. Desiderava fare lo stesso con quel moccioso adesso. "Ehy, ragazzino." Achille si girò verso il timoniere. Si sarebbe offeso per essere stato chiamato 'ragazzino' se quell'uomo non fosse stato così amichevole. "Laggiù c'è Eubea." Achille si tirò su e corse velocemente verso il bordo della nave per vedere il punto indicato dall'uomo. Tutto quello che vedeva era un'enorme massa di terra. Ma gli venne in mente—Eubea era divisa da casa sua solo da un canale. Improvvisamente sentì sorgere in lui un lieve senso di paura. Doveva rivedere suo padre, e tutti gli altri che si era lasciato indietro. E soprattutto, doveva vedere Patroclo. Era tutto ciò a cui aveva pensato da quando sapeva che sarebbe tornato a casa. Ma adesso era incerto. E se avesse avuto un amante? E se non gli fosse più piaciuto? E se fosse diventato un idiota completo? E se fosse rimasto mutilato in guerra? Le possibilità sembravano infinite. Alzò lo sguardo quando senti dei passi dietro di lui, Odisseo gli stava sorridendo. "Ho cambiato idea," disse. "Torno ad Itaca con te." Odisseo rise. "Hai fifa, eh? Ansioso di rivedere Patroclo?" "Cosa te lo fa pensare?" Ma Achille non riusciva a guardarlo negli occhi. "Sei pessimo a raccontar bugie, sai?" Odisseo si sedette a fianco a lui. "È abbastanza facile capirti." "Zitto..." "Non è una brutta cosa. Dimostra che sei onesto. Non come me," disse, e rise di nuovo. "Non ti biasimo, però. Non è niente male." Achille lo guardò, cercando di capire cosa intendesse. In cambio ricevette un sorriso beffardo. "Non preoccuparti, non mi sono avvicinato a lui. Non sono molto interessato. Ma te lo dico, è davvero cresciuto. Bello, tranquillo, intelligente..." "...non come me." "Anche tu non sei niente male," disse, scuotendo la testa. "Cos'è quest'improvvisa mancanza di fiducia in te stesso? Ti ho visto fare lo spaccone a destra e a manca, e adesso sei convinto che il tuo migliore amico ti odierà?" "Non è..." Achille si fermò vedendo lo sguardo di Odisseo. Poteva vedere attraverso di lui. "Sì...è così. Ma non del tutto." "Va bene. Questo lo accetto. Ma te lo dico per esperienza, è già successo che un uomo si sia preoccupato inutilmente di non essere amato dalla persona che ama. A volte dobbiamo credere nella determinazione degli dei nel congiungere due persone." Non parlarono più, guardavano solo Eubea avvicinarsi sempre più, e fiancheggiarono l'isola. Il resto degli uomini alla fine presero in mano i loro remi e accelerarono a un ritmo impressionante. Achille rise quando una ventata d'aria e di nebbia dal mare lo colpì in volto. Sapeva che i suoi vestiti sarebbero stati pieni di salsedine, ma in quel momento era al settimo cielo. "Quanto manca?" chiese. Odisseo ci pensò un attimo. "Bè, il vento è contro di noi, direi mezza giornata." "E se ci aiuta?" "Un po' meno." Si voltarono quando una coppia di uomini lasciarono i loro remi per spiegare la vela. "Meno." Girarono intorno alla punta dell'isola, e Achille poteva vedere le montagne di Ftia. Odisseo ritornò a prua per rimanere vicino al capitano ancora una volta. Achille avrebbe voluto saltare in acqua e nuotare per tutto il tratto mancante, ma la logica gli diceva che non c'era alcun modo per lui di andare più veloce della barca, e prima di farcela probabilmente sarebbe affogato. Alla fine si dovette accontentare di guardare semplicemente l'avvicinamento alla terraferma. Quando iniziò a intravedersi la riva, si riusciva a vedere anche la città. Alcune persone si erano fermate per guardare la nave. Achille poteva vedere un gruppo di cavalieri scendere giù dalle montagne dal palazzo. Poteva vedere suo padre adesso, alto e biondo, saltare giù dal suo cavallo e correre verso la riva. Odisseo lo salutò muovendo il braccio. "Gioia a te, Peleo," gridò. "Ti ho portato qualcosa di molto prezioso!" Achille si alzò subito e corse verso suo padre. Avevano appena attraccato ed Achille era già sulla spiaggia. Quando Peleo abbracciò suo figlio, Achille pensò che se lo ricordava molto più grande. Peleo si staccò da quell'abbraccio per poterlo guardare meglio. "Ma guardati," disse. "Per Zeus, sei cresciuto. Mi ricordavo di aver visto partire un bimbo rotondetto!" Achille arrossì. "Gioia a te, Padre," disse, e guardò dietro Peleo. Riportò l'attenzione su suo padre. "Uhm... dov'è Patroclo?" Peleo sorrise. "Sapevo che lo avresti chiesto. Sta facendo una commissione per me, ma probabilmente sarà già tornato quando arriveremo a palazzo." Gli occhi di Achille si spalancarono. "No!" disse. "Sono contento di rivederti, davvero. Mi stavo solo chiedendo--" "Non preoccuparti," disse Peleo, sorridendo dolcemente. "Patroclo ha avuto un'influenza molto maggiore su di te rispetto al sottoscritto. Ovviamente ti accorgeresti della sua presenza all'istante. Parlando di persone mancanti, dov'è Fenice?" "Oh," disse Achille, guardando ancora dietro di lui. "Ha detto qualcosa riguardo l'essere troppo vecchio per andare in giro tutto il tempo. Arriverà tra un paio di giorni. E riguardo il mio seguito..." Guardò dietro di sè e vide Deidamia che veniva aiutata a scendere dalla nave. "Mi sono trovato in un piccolo pasticcio a Sciro. È un po' complicato, e preferirei aspettare prima di spiegarti tutto." Peleo si accigliò sorpreso, ma annuì. Guardò verso il gruppo vicino alla nave. "Bè, dato che abbiamo portato un cavallo in più per Fenice, immagino che dovremo darlo alla signorina. E uno dei miei uomini può darne uno al ragazzo. Lo riesco a dire da come si tiene che è abituato ad andare a cavallo." "Dovremmo farlo camminare," borbottò Achille. "Eh?" Peleo si voltò verso il figlio. "Niente. Ho accettato di portarlo con noi, così mi potrebbe fare da paggio, ma è tutto il tempo che fa la peste." "Allora vuoi andare in guerra?" "Non ho ancora deciso. Ma volevo solo liberarmi di lui." ----------------------------
Deidamia è la degna madre di quello sciagurato di Neottolemo; povero Achille, per fortuna non ha mai passato del tempo con la sua 'famiglia' >_> |
Capitolo 28
*** Euforia ***
«In All but Blood» Euforia Patroclo doveva trattenersi dal correre. Peleo, che era su di giri da quando Odisseo era andato a cercare suo figlio, avrebbe probabilmente riso per la sua impazienza. Non tutti l'avrebbero trovata così adorabile, però. Dovette disporre di un certo scetticismo per molto tempo, e non aveva intenzione di rischiare tutto; era bravo con le persone, e anche a risolvere le dispute senza combattere, ma i Mirmidoni erano guerrieri e non importava se Patroclo discendeva dalla stessa stirpe del loro re. Finchè dovevano stare sotto il comando di un estraneo, sarebbero stati sospettosi. Aprì la porta della camera di Achille. Achille stava guardando fuori dalla finestra, ma al cigolio della porta si voltò di scatto. Anche se aveva aperto la bocca per parlare, non ne uscì fuori nulla, e Patroclo si accorse che aveva smesso di respirare. Per un attimo rimasero soltanto a guardarsi. "Cosa?" disse finalmente Patroclo. "Niente abbraccio?" Fu quasi travolto dalla forza con cui Achille gli corse incontro. "Sai, sei un po' più grande di com'eri prima. Non riesco a reggerti come facevo prima." Achille mormorò qualcosa contro la sua spalla. Poi fece ruotare la testa, e Patroclo riuscì a sentire il suo respiro sul collo. Improvvisamente, si rese conto perfettamente di quanto più grande fosse diventato Achille. Chiuse gli occhi e respirò profondamente. Fu una cattiva idea; i capelli di Achille avevano un odore decisamente buono. Si tirò indietro e lo guardò. "Sei cresciuto davvero tanto," disse. "Siamo quasi alti uguali." "No. Sei ancora più basso." Achille sbuffò quando Patroclo iniziò a ridere. "Fanno tutti così oggi. Mi prendono in giro." "Non ti stiamo prendendo in giro." Appoggiò una mano sulla schiena di Achille. "Forza. Andiamo fuori. Il tempo è bello e non so per quanto durerà ancora." Mentre camminavano, erano abbastanza vicini perchè i dorsi delle loro mani si sfiorassero. Achille stava parlando di qualcosa, ma Patroclo non riusciva a seguirlo. Riusciva a sentire il calore del corpo di Achille, e non riusciva a distogliere lo sguardo. Di certo Achille era il più bel giovane che avesse mai visto, ma non era solo quello. Il modo in cui si muoveva, i suoi occhi che brillavano mentre parlava. Patroclo si chiese se sarebbe stato in grado di seguire il discorso se fosse stato a sentire. Patroclo vide un piccolo gruppo di uomini che stavano parlando insieme lanciar loro un paio di occhiate e poi rimanere incantati. Uno di loro fece un commento. Non aveva bisogno di stare a sentire per sapere cosa stavano dicendo; era lo stesso sguardo che aveva Medeo quando vedeva un bel giovane o una ragazza, ad eccezione che non era per niente affascinante quello di questi uomini. Patroclo li guardò insistentemente, poi si voltò. Portò un braccio intorno ad Achille, che smise di parlare. Per un momento pensò che lo avrebbe respinto, invece Achille si avvicinò ancor di più e portò il suo braccio intorno a Patroclo, sorridendo soddisfatto. Patroclo non si voltò indietro per vedere se quegli uomini avevano recepito il messaggio.
~*~
Achille non sapeva se fosse mai stato così felice in tutta la sua vita, e non gliene importava neanche. Era a casa, di nuovo libero. Il tempo era splendido, il sole splendeva, e il suo Patroclo aveva un braccio intorno a lui. Caddero in un piacevole silenzio mentre camminavano. C'era una baldanza in Patroclo che era completamente nuova per Achille ed era inaspettata. Mentre era diventato alto e bello come sognava Achille, questo nuovo aspetto aggiungeva ancora qualcosa di più. Finirono per passeggiare attraverso un terreno coltivabile, grande, vuoto e tranquillo. Achille rubò un paio di melograni da un frutteto, poi si sedettero in un campo. Mentre ne aprì uno, gli venne in mente Ade mentre sperava che la bella Persefone restasse con lui. Non disse nulla e passò l'altra metà a Patroclo, poi si distese sull'erba e tirò via i semi. "Quando vuole partire Agamennone?" chiese. "Non prima della primavera, almeno," rispose Patroclo. "Perchè così tanto?" "Bè," disse Patroclo, pensieroso. "per una persona, partire ora sarebbe una follia. Arriveremmo a metà autunno. È meglio combattere agli inizi dell'anno, quando non c'è pericolo di morire di freddo. E poi ci vuole tempo per andare in guerra. Dobbiamo vedere se le alleanze funzionano, chi erano i nostri nemici in passato. E dobbiamo assicurarci che il numero di barche sia sufficiente, e non solo per gli uomini. La gente vorrà portare cavalli e carri e altra roba, perciò abbiamo bisogno di navi mercantili. Ci vogliono sei mesi perchè una dozzina di uomini costuisca una galera." Achille guardò Patroclo e sorrise quando il suo amico vide le sue mani completamente rosse per aver tirato fuori i semi dal frutto. Mentre Achille tagliava il suo in due quarti e li divideva con i denti, Patroclo lo guardava incredulo. I suoi denti affondarono nella polpa bianca, sentendo quel gusto iniziò a tossire. Patroclo rise. "Ti ho parlato di quello che ho fatto io," disse Achille. "ma non hai detto niente di quello che tu hai fatto." "Ho fatto il tuo lavoro. Mi sono comportato come un ambasciatore quando Peleo ne aveva bisogno. Imparando ad essere il re che non sarò mai." "...saresti stato un buon re," disse Achille, appoggiandosi con la testa sul palmo della mano. "Sei il tipo di persona che la gente seguirebbe." "Dipende dalla gente. È già un male che non sia un Mirmidone, ma non sono neanche un principe. Darebbe fastidio anche a me, ricevere ordini da uno così." "Per me tu sei un principe," disse Achille sottovoce. Patroclo sorrise dolcemente, e si distese sulla schiena, chiudendo gli occhi. "Ehi. Non dirmi che hai intenzione di dormire." "Perchè no?" disse Patroclo, senza aprire gli occhi. "È un posto stupendo per dormire, e mi sento proprio bene." Poco dopo, il ritmo del suo respiro rallentò e si addormentò. Achille sospirò e si avvicinò. Passò la mano tra i capelli di Patroclo, poi si sporse baciandolo molto delicatamente. Gli scappò un altro forte sospiro, poi sorrise tristemente. Si sdraiò su un fianco, rivolto verso Patroclo. Nel frattempo, si addormentò anche lui. ----------------------------
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