Inevitable & Magnetic - Chuck and Blair

di Tuccin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Charade ***
Capitolo 2: *** School & Limo ***
Capitolo 3: *** Hamptons ***
Capitolo 4: *** Nightclothes ***
Capitolo 5: *** Serena has gone ***
Capitolo 6: *** Palace Hotel ***
Capitolo 7: *** Gentleman ***
Capitolo 8: *** Chuck Bass’s scarf ***
Capitolo 9: *** Erickson Beamon ***
Capitolo 10: *** Burnout ***
Capitolo 11: *** Papillon ***
Capitolo 12: *** deFlower ***
Capitolo 13: *** Prince Charming ***
Capitolo 14: *** Le sourire de Chuck Bass ***
Capitolo 15: *** Black Box ***
Capitolo 16: *** Red Balloon ***
Capitolo 17: *** Chance ***
Capitolo 18: *** Voir et revoir ***
Capitolo 19: *** I'm Chuck Bass ***
Capitolo 20: *** Lo Spillo ***
Capitolo 21: *** Sleeplessness ***
Capitolo 22: *** L'impasse ***
Capitolo 23: *** The Touch of Blair ***
Capitolo 24: *** Naked Ring finger ***
Capitolo 25: *** Shine on you yellow diamond ***
Capitolo 26: *** Bright Soirée ***
Capitolo 27: *** You can't kiss Him ***



Capitolo 1
*** Charade ***


Ambientata prima del Pilot

Charade

 

5:16 - Vede, io conosco già  tante di quelle persone che finchè non ne muore qualcuna non posso far conoscenza con nessun altro…

Bene, se qualcuno dovesse entrare in agonia mi avverta.

Blair aveva la febbre alta. I suoi grandi occhi, di solito così vispi, erano velati da una patina lucida. Il visetto di porcellana era arrossato.

Coff. Un colpo di tosse. Chuck sprofondò nel divano. Coff

“Sei messo male Bass” constatò Blair. Chuck la guardò di sbieco, sorrise furbamente, poi tornò al film. Walter Matthau si stava pulendo la cravatta scura.

“Dì la verità...”  la interrogò Chuck “Hai già visto questo film vero?”

Blair nascose la testa nei cuscini celesti “Walter Matthau mi fa paura” disse semplicemente.

19:43 – Sì, fegatelli… pollo e fegatelli.

“No grazie…” rispose Blair all’unisono con Audrey Hepburn sorridendo appena. Dorota arrivò con lo sciroppo. “No, prima Chuck” disse Blair voltando la testa dall’altra parte. Chuck inghiottì con gli occhi chiusi.

 

32:00 - Non vuole entrare per un momento?

No, non voglio

Non mordo mica sa? A meno che non sia necessario…

Le farebbe piacere una sculacciata?

 

“Aaaah… Coff… Mi piace come la tratta” disse Chuck divertito. Blair gli rivolse uno sguardo curioso. In quel momento chiamò Nate. “Tesoro…”

 

58:26 - Regina, lascia stare

Ok...

Bhè, che stai facendo?

Ho lasciato stare...

E chi ti ha detto di farlo?

Tu l’hai detto!

Ma non ti avevo detto di farlo subito...

 

“Vorrei che anche Nate e Serena si prendessero un virus, così starebbero con noi”  delirò Blair.

“Coff Coff ... Nathaniel scoppia di salute, Blair!” rispose divertito Chuck.

 

1:39:54 – Credimi almeno per questa volta

Perché dovrei?

Non ti so dire nemmeno un motivo, ma devi farlo

 

Chuck sentì un colpetto alla spalla. Si fece di pietra. Blair respirava profondamente e faticosamente. La sua fronte bruciava a contatto con la sua camicia a righe. I colpi di pistola di Cary Grant non la svegliarono.

 

1:48:04 - Va bene lo leggerai sulla licenza di matrimonio...Non ti basta?

Niente trucchi. Voglio vedere una prova, adesso!

Non posso mettere un nome falso su una licenza, finirei in galera!

Matrimonio! Hai detto licenza di matrimonio!?!

 

Chuck accarezzava la guancia accaldata di Blair con la punta del dito, sicuro che stesse dormendo. La sentì sorridere. Blair sussurrò “Ti amo…”

Chuck trasalì.

“…Adam, Alex, Peter, Brian comunque sia il tuo nome… Ti amo” continuò Blair, coprendo la voce di Audrey Hepburn.

1:48:28 Spero che avremo tutti maschi, così potremo chiamarli tutti come te!

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Capitolo 2
*** School & Limo ***


Ambientata prima del Pilot

School & Limo

 

La macchina lussuosa del Capitano si fermò davanti alla scuola.

“Sali figliolo”

Nate alzò la pesante borsa da calcio come se non ci fosse dentro nulla. Sfoderò i denti perfetti. Blair rimase accecata da quel sorriso, tanto che non si accorse che Archibald aveva fatto l’occhiolino a Serena.

Serena scompigliò i capelli del piccolo Eric.

“Blair io vado, Lily non verrà oggi”. Serena chiamava sua madre per nome quando mancava un impegno.

“Non lasciarmi sola, Dorota arriverà a momenti” la pregò Blair. Dorota non era mai in ritardo!

“Non sei sola, c’è Chuck”.

Blair sbirciò verso di lui. Chuck si stava lisciando il farfallino sovrappensiero. Blair fece un sorriso di circostanza e si avvicinò.

 Oggi viene a prenderti la tua nuova mamma?”  tentò di indovinare guardandosi la punta delle ballerine.

“Viene a prendermi la mia nuova amante” ci tenne a precisare Chuck, rivolgendole uno sguardo sapiente.

In quel momento una limousine si fermò davanti a loro: Arthur era sceso per aprire la portiera ad una giraffona dai capelli chiari. Chuck fece un cenno con la mano e Arthur si ritirò.

Blair rimase incantata. La donna accarezzò i capelli di Chuck.

“Ci vediamo Waldorf” quasi la canzonò voltandosi per guardarla.

Blair strinse i pugni indispettita. Poi sentì la voce di Dorota alle sue spalle “Mi scusi Miss Blair…” si affrettò a dire vedendo quel visetto teso “Prometto di non fare più ritardo”

Blair seguì con lo sguardo la limousine. Ignorandola.

“Dev’essere la nuova baby-sitter del Signorino Chuck” commentò Dorota con cautela.

Blair si voltò di scatto. “Ti sbagli Dorota, è la sua amante!“

“Credo che sia impossibile Miss Blair… “

 

Blair realizzò che Chuck si era preso gioco di lei.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Hamptons ***


Ambientata prima del Pilot

Hamptons

 

Negli Hamptons non c’erano minions da comandare, né nessuno a cui fare dispetti. Nel giardino botanico di Anne Archibald il caldo era soffocante. La risata argentina di Serena echeggiava tra le fronde degli alberi, i suoi pantaloncini azzurri a palloncino le arrotondavano le forme. Nate correva dietro di lei, i passi veloci facevano un suono sordo sul terriccio bagnato. I capelli di Serena splendevano al sole, gli occhi trasparenti di Nate si perdevano in quell’oro.

Blair stava appoggiata ad un grande albero scuro con le mani dietro la schiena e il mento sollevato.

Altera e orgogliosa.

Il vento si insinuava sotto la sua gonnellina bianca. Chuck non le toglieva gli occhi di dosso. Stava a bocca aperta con le mani in tasca, stregato da quel movimento.

 

Silenzio.

 

“Quando tornano Nate e Serena?

Chuck alzò un sopracciglio e guardò in un punto indistinto di quel verde.

Tirò un calcio ad un sassolino bianco.

 

Silenzio.

 

Blair si avvicinò leggera. Chuck vide due ballerine chiare venire verso di lui. La bocca a cuore di Blair si mosse.

 

“Voglio giocare Bass”

 

Chuck le girò intorno. Avvicinò la bocca al suo orecchio sfiorandolo appena. Blair chiuse gli occhi.

“In questo caso…”

Con una mossa veloce sciolse il nastro bianco che teneva i boccoli di Blair in una coda. Corse via. I capelli scuri caddero sulle spalle, Blair ci affondò la sua mano di porcellana.

 

Un passo incerto. Poi un altro.

 

Corse dietro a Chuck.

 

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Capitolo 4
*** Nightclothes ***


Ambientata prima del Pilot

Nightclothes

 

Luce.

Chuck aprì un occhio e inspirò profondamente il profumo dei capelli di Blair. La notte prima avevano fatto tardi, doveva essersi addormentato lì. Nate e Serena se ne erano andati già da tempo: loro avevano qualcuno che li aspettava, mentre lui poteva andare e venire dalla sua suite al Palace quando meglio credeva. Bart non badava a queste cose.

Si irrigidì: doveva andare via. Spiò il viso addormentato. Due guance rosee, le ciglia chiuse e un leggero movimento sotto le palpebre.

Sognava.

Chuck voleva scendere dal letto senza svegliarla. Il suo braccio, ancora assonnato, circondava pesante la vita di Blair. Lo sollevò piano. Nel movimento la vestaglia bianca scivolò da un lato. Chuck inspirò, non poteva resistere. Toccò la coscia di Blair. La sua mano si mosse esperta, in modo automatico: salì veloce fino alla vita, scoprendo il body di perline e pizzi.

“Oh. Mio. Dio.”  Chuck deglutì.

Non era la prima volta che vedeva lingerie simile ovviamente. Tutte le ragazze con cui era stato usavano abbigliarsi in quel modo. Ma addosso a Blair era un’altra cosa.

Blair non era sua.

Solo poche ore prima l’aveva vista sussurrare all’orecchio di Nate con le labbra dischiuse e una luce negli occhi.

Un fila di gancetti.

Ne avrebbe slacciato uno.

Solo uno.

Poi, sarebbe andato via…

Blair fece un respiro profondo e fece aderire ancora di più il suo corpo a quello di Chuck. Dieci passi e sarebbe stato fuori da quella camera. Scese bruscamente dal letto.

Poche ore dopo Chuck sentì vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni. “Hai dimenticato qui il tuo farfallino. B.

Blair accarezzò con un dito la stoffa iridescente e poi lo avvicinò al naso.

 Voglio che lo tenga tu. CB” lesse Blair con un filo di voce.

 

 

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Capitolo 5
*** Serena has gone ***


Ambientata prima del Pilot

Serena has gone

Blair indossò il suo Stella McCartney senza spalline. Era solo indecisa sui capelli. Li raccolse con le dita lasciando scendere qualche boccolo. Girò la testa da una parte e dall’altra. Dorota sopraggiunse alle sue spalle.

“Il signor Nate e il signor Chuck sono arrivati”.

Blair sorrise un poco e lasciò cadere i capelli. Erano passate alcune settimane dalla partenza di Serena: pensava che le sarebbe mancata ed era così, ma non poteva non notare quanto la sua popolarità fosse aumentata. Le ragazze a scuola la seguivano, aveva l’ultima parola sui vestiti e sugli accessori. Ora tutte le ragazze della Constance desideravano essere lei, non Serena. Tutte indossavano un cerchietto e veniva consultata praticamente per qualsiasi cosa. Prese la pochette e lanciò un ultimo sguardo allo specchio. La sua immagine riflessa le diede un timido incoraggiamento.

Chissà cosa avrebbe pensato Nate.

Con lui le cose erano migliorate: lo sentiva più coinvolto e, quando gli confessava di amarlo, le sembrava di vedere qualcosa nei suoi occhi azzurri. Annuiva dicendo di amarla anche lui. I primi tempi non era stato facile, la partenza di Serena l’aveva scosso. “Troppo” le aveva fatto notare Chuck con malizia. Ma cercava di non pensarci, erano stati sempre loro quattro fin da quando erano bambini ed era ovvio che Serena gli mancasse.

Scese le scale del suo attico e vide i due ragazzi parlottare e trafficare con delle banconote da cento dollari, non si erano accorti di lei. Mentre si avvicinava pensò ad un altro indiscutibile vantaggio dell’assenza di Serena: avere tutta l’attenzione di Chuck e Nate solo per lei.

“Possiamo andare” esordì brillante.

Due paia di occhi si voltarono verso di lei. Nate fece un largo sorriso “Sei bellissima” si complimentò, facendo scorrere il braccio intorno alla sua vita e dandole un buffetto sulla guancia. Blair smise di respirare e avvampò. Non per Nate, si stupì, ma per Chuck.

Chuck aveva schioccato la lingua e fatto scorrere lo sguardo su tutta la linea del suo vestito, come se cercasse il modo per toglierglielo. I suoi occhi erano due fessure. Non era la prima volta che si creava quell’intimità oculare tra di loro. Non sarebbe mai stata capace di rimanere indifferente a quello sguardo. Nate non si era accorto di nulla, ovviamente, ma questo non la faceva sentire meno in colpa. Continuava a trattenere il respiro.

“Bel vestito Waldorf” lo sentì dire con un sussurro “Katy e Is ne indossano uno uguale”.

“Ci siamo accordate sul colore, sanno che il viola posso indossarlo solo io” puntualizzò sprezzante facendosi condurre da Nate all’ascensore.

“E non hai idea di quanto la cosa mi lusinghi” mormorò Chuck tra sé e sé.

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Capitolo 6
*** Palace Hotel ***


Ambientata prima del Pilot

Palace Hotel

 

La hall del Palace aveva luci dorate. Chuck avanzava a grandi passi allacciandosi il bottone della camicia e stringendo un po’ la cravatta. Guardò in giro. Si voltò giusto in tempo per vedere Blair affondare il suo viso di bambola nel petto di Nate.

“Nate”. La sentì dire piano.

Il cerchietto si spostò un poco. La mano di Nate scendeva sulla schiena.  Scendeva e scendeva. Arrivò quasi infondo, non accennava a fermarsi. Apparentemente non c’era nulla di strano, infondo erano fidanzati.

Chuck deglutì. Il nodo alla cravatta era stretto. Doveva fermare quella mano.

“Blair…”.

Gli uscì un suono basso e rauco. Lei si girò. Fece quasi una piroetta sui tacchi rossi, tenendosi sempre a Nate.

“Chuck!”

La voce questa volta era rotta dal pianto. Gli occhi pieni di lacrime.

Chuck protese le braccia in avanti. Un movimento impercettibile e involontario. Non si aspettava certo che Lei lasciasse le forti braccia di Nate per correre da lui. Si maledì e mise la mano sinistra in tasca.

“Mio padre...” cominciò Blair “Andrà a vivere in Francia... con... Roman”.

Chuck rimase impassibile, guardò Nate: aveva lo sguardo perso nel vuoto.

Tutti sapevano quanto Blair fosse affezionata a suo padre.

“Dopo Serena non credo di poter sopportare anche questo” continuò Blair staccandosi dalla presa di Nate e chinando il capo.

Nate boccheggiò e ripeté “Serena…”. Chuck gli lanciò un’occhiataccia.

Blair continuava a guardare per terra. Chuck le fece un cenno con la testa:

“Vieni, ti offro da bere”. Blair si avvicinò, lasciando Nate indietro.

Chuck la condusse al bar e le mise una mano dietro la schiena. La sua mano sparì sotto i boccoli scuri.

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Capitolo 7
*** Gentleman ***


Ambientata prima del Pilot

Gentleman

 

Chuck non sopportava Carter Baizen.

Non faceva parte della loro cerchia, ma quelle rare volte che si univa a loro, aveva la capacità di irritarlo. Carter, con solo qualche anno in più, vantava già una barbetta incolta che lo faceva sembrare un uomo. Se ne stava lì con aria trascurata, fasciato di abiti costosi almeno quanto i suoi.

Un canestro perfetto bastava per monopolizzare l’attenzione di Nathaniel. Chuck lo osservava con espressione truce: detestava sorprendere la mano ossuta di Carter sotto la gonna di quella civetta di Serena. La bionda, neanche a dirlo, lo lasciava fare come se niente fosse. Rideva, sotto lo sguardo fiammeggiante di Nate. Se non altro, Carter non aveva mai toccato Blair.

Fino a quel giorno.

Hello beautiful” Carter afferrò la delicata mano di Blair e se la portò alle labbra. Chuck sentì il sangue affluirgli al cervello. La bocca di Blair si dischiuse in un sorriso lusingato:

“Carter è un vero gentiluomo”

Chuck odiava Carter Baizen.

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Capitolo 8
*** Chuck Bass’s scarf ***


Ambientata prima del Pilot

Chuck Bass’s scarf

 

Park Avenue, cinque del mattino.

“Muoio di freddo” si lamentò Blair con il broncio.

Chuck le stava porgendo la sua sciarpa patchwork con un sorrisetto obliquo.

Gli occhi di Blair si spalancarono soddisfatti. Le gote si fecero più rosee e allungò la mano: sapeva che Chuck non cedeva mai la preziosa sciarpa di seta a nessuno.

Poi un gesto brusco: la sciarpa di Burberry dai toni gialli le imbrigliò il collo.

I boccoli scuri si schiacciarono sotto la lana.

“Lascia stare Chuck”

Nate.

A Blair non rimase che distendere le labbra in un sorriso di circostanza

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Capitolo 9
*** Erickson Beamon ***


1x10 Hi, Society

Erickson Beamon

Nate dormiva supino. Le lenzuola azzurre gli fasciavano il petto. Blair non riusciva a prendere sonno. Stava lì con gli occhi sbarrati a fissare il soffitto. Si girò da un lato per guardare il profilo perfetto di Nate. Nel movimento un boccolo le sfiorò l’incavo del collo, con la mano lo ricacciò indietro.

Sentì qualcosa di freddo e metallico.

Chuck!

Si mise seduta. Il suo sguardo cercò veloce uno specchio e si rivide.

 Una cosa così bella merita di essere indossata da qualcuno degno della sua bellezza.

Per un attimo le mani di Chuck tornarono a sistemare i ciondoli della collana, come aveva fatto la sera del suo compleanno. Blair vide nello specchio il luccichio dei diamanti. Sapeva perché aveva indossato quella collana e non un’altra: era la più preziosa che aveva. Per il suo debutto in società era perfetta. Sfiorò la superficie brillante con le dita tremanti: aveva fatto l’amore con la Erickson Beamon addosso.

Aveva fatto l’amore con Nate con addosso la collana di Chuck.

Che cosa aveva fatto? Si voltò verso Nate: un’espressione beata, che non gli aveva mai visto, era dipinta sul suo volto. Quante volte aveva immaginato quel momento? Da quando era bambina… anche se arrossiva solo al pensiero di lei e Nate così vicini.

Chiuse gli occhi, ricordò Chuck appoggiato ai sedili di pelle nera della limousine, con le luci colorate di Manhattan che gli illuminavano il viso. Chuck era bello. Non l’aveva mai pensato, ma dentro di lei lo aveva sempre saputo. Chuck le piaceva?

Definisci piacere.

Non aveva mai badato a tutte le ragazze che morivano per Chuck, fino al giorno in cui non sentì anche le sue ginocchia cedere alla vista della sciarpa patchwork. Chuck aveva avuto tutto di lei, prima di Nate. Come aveva potuto permettere che accadesse una cosa simile? E cosa avrebbe pensato Nate se avesse saputo? Poi le venne in mente Serena e si guardò allo specchio con un groppo in gola.  

A Serena non importava più di Nate. Come a Chuck non importava di lei. Quello che era successo con Carter lo dimostrava. Cominciò a girarle la testa. Il tocco di Chuck  era così diverso da quello di Nate: le faceva perdere il controllo e lei non voleva che accadesse di nuovo.

Blair sapeva cosa doveva fare. Portò i capelli scuri tutti da un lato, debolmente slacciò la collana. Si ripromise che non l’avrebbe indossata mai più.

Questa cosa tra di noi è finita. Per sempre.

Si rannicchiò da un lato del letto, dando le spalle a Nate.

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Capitolo 10
*** Burnout ***


 

(What If… ) 2x03 The Dark Night

Burnout

Il freddo fuori e il fuoco dentro le aveva sussurrato Chuck. E aveva ragione. Blair poteva sentirlo, il suo fuoco, mentre stringeva la candela bianca nel buio. Straparlava mentre baciava Markus. Senza coscienza lo stava invitando nella sua camera. La luce era saltata in tutta Manhattan e lei sentiva caldo, aveva la pelle lucida e le pupille dilatate.

Sentiva lo sguardo di Chuck su di sé, anche se era tutto nero. Sapeva che era lì, forse alle sue spalle o forse alla sua sinistra. Markus la guardava confuso, come tante volte l’aveva guardata Nate: si rifiutavano entrambi di capire che lei non era un fiore delicato, anche se ne aveva tutte le sembianze.

Chuck reggeva la sua candela bianca, ma l’aveva spenta per poter osservare meglio Blair nel suo abito giallo. La sua unica preoccupazione era sentire cosa stava sussurrando a quell’idiota del Conte tra tutti quei sospiri. L’idea che potesse concedersi a Markus lo ossessionava. Quando la vide sparire su per le scale, la seguì.

Blair infilò la chiave nella serratura e lasciò la porta accostata, si sedette sul letto e attese. Nel buio il pensiero di Chuck le affollò la mente. Gli aveva detto che lo odiava, mai era stato così facile e così vero. Quando l’aveva presa per i fianchi e fatta voltare, le aveva sussurrato tutte quelle oscenità... una volta sola, una soltanto: a Chuck sarebbe bastato? A lei no.

Un fruscio alla porta. “Markus...?” interrogò cieca senza voltarsi. “Spegni la candela” ordinò Chuck con voce neutra. Aveva quasi paura a farsi riconoscere. Blair invece sapeva, quella era la sua voce. Un colpo al cuore la stava avvisando. Si sporse verso la candela per spegnerla, avvolgendo le braccia intorno al ventre come per proteggersi. Sentì lo schiocco della chiave nella serratura: nessuno sarebbe potuto più entrare.

Chuck si stava avvicinando inesorabilmente alle sue spalle. La voltò, per la seconda volta quella sera. Un bacio per riconoscersi nel buio, il sapore era lo stesso di sempre, e poi tanti altri. Blair strinse nel pugno un lembo della camicia di Chuck, mentre con l’altra mano gli allentò il foulard intorno al collo. La forte presa di Chuck faceva increspare il vestito, le onde dorate cominciavano a raccogliersi da un lato scoprendo le gambe. In mezzo a tutti quei baci, un’altra ossessione invase la mente Chuck: voleva che lei gli desse prova di averlo riconosciuto, ma non osava parlare. Poi la prova arrivò, un attimo prima che ritornasse la luce, Blair sussurrò “Chuck...”.

Subito dopo un colpo alla porta: Markus forzava la maniglia e chiamava il nome di Blair. I due si guardarono nell’esplosione di quella luce artificiale. Respiravano ancora a fatica, le pupille si fecero strette. Il foulard di Chuck scivolò per terra. Blair fece cadere la spallina del vestito con un leggero movimento della mano, senza abbassare lo sguardo. Poi fu un attimo: Chuck la baciò, sdraiandola sul letto. Blair era sua. Di nuovo.

 

 

 

 

***

littledudina: ti ringrazio ancora per i complimenti *___* e per la aver lasciato una recensione. Spero che anche le nuove flash ti piacciano, se ti va fammi sapere che ne pensi^^

@ Ray08: sono felice che “Nightclothes” ti sia piaciuta, è anche una delle mie preferite! La brevità delle mie flash è dovuta ad un problema di ispirazione credo^^. Le ultime due che ho postato sono un po’ più lunghe. Spero ti piacciano anche queste. Grazie ancora per aver recensito!

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Capitolo 11
*** Papillon ***


Ambientata prima del Pilot


Papillon

 

Bart stava provando una cravatta rossa con aria severa. Il commesso si prostrava in maniera imbarazzante.

Chuck si annoiava sulla chaisse longue.

Poi, due gambe mozzafiato e un paio di louboutins nere catturarono la sua attenzione.

Blair.

Sorrise furbamente. Non si aspettava di trovarla lì. Si avvicinò e le sfiorò il braccio.

“Waldorf” sussurrò fatale.

Blair si voltò di scatto guardandolo solo per un attimo. “Chuck…”

“Cerchi un regalo per tuo padre?” cercò di indovinare.

Lo sguardo di Blair era perso in quella marea di farfallini colorati, con le dita li accarezzava tutti, pensierosa.

“No, ne sto cercando uno che si intoni con il mio Sonia Rykiel” spiegò distrattamente “Serve a Nate per la festa di stasera”

“Nathaniel non si allaccia neanche i primi bottoni della camicia, Blair”

Finalmente ebbe la sua completa attenzione. Chuck aveva fatto centro. Blair lo guardò dritto negli occhi, con espressione accigliata. Stava per cogliere la provocazione, la conosceva bene. Poi di colpo il visetto cambiò espressione e la bocca rossa si aprì un poco. Cosa aveva visto?

La delicata mano di Blair si avvicinò al collo di Chuck. Lui fece un passo indietro.

“Non ci provare Blair…”

“Il tuo farfallino è perfetto, dove l’hai comprato?” chiese quasi ipnotizzata.

“Non qui…” gongolò prima di voltarle le spalle.

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Capitolo 12
*** deFlower ***


3x18 – The unblairable lightness of being

deFlower

Sentii la leggerezza. Il sollievo. Non era successo nulla. Jack non l’aveva toccata. Un riso nervoso mi salì dalla gola. Credevo di impazzire, ero passato dal nero all’euforia.

Blair mi disse che non dovevo ridere.

Strinsi per i fianchi ciò che avevo di più prezioso, senza smettere di sorridere.

Fasciata d’avorio brillante, mi guardava mortificata.

La collana che le avevo regalato giocava con la luce dei suoi occhi lucidi. Troppo lucidi.

“Voglio quello che hanno Dorota e Vanya …il vero amore, puro e semplice amore”

Non la seguivo. “Ti annoieresti entro cinque minuti” le risposi increspando le labbra.

Non poteva essere seria. Il nostro amore non aveva nulla da invidiare agli altri.

“Meglio annoiarsi che vergognarsi” ribatté.

In quell’istante le farfalle nel mio stomaco volarono via. Mi sentii vuoto.

“Farei qualsiasi cosa per te Chuck” continuò Blair con voce rotta.

Lo sapevo bene.

Poi la sentii dire che mi amava troppo. Assurdo.

 Mi disorientò perché  amavo i suoi ti odio velati d’irriverenza, sapevo che dietro ai suoi rifiuti c’era il nostro gioco. Mi diceva che la disgustavo e sapevo che stava pensando esattamente l’opposto. Blair era così, sapeva farmi male in modo così irresistibile. Ero preparato a tutto tranne che a questo.

Preferivo che mi odiasse. Piuttosto che amarmi troppo.

Mi disse che non le piaceva chi era diventata con me. Non era la prima volta che le sentivo dire una cosa simile. Al white party mi aveva detto che assomigliare a me le avrebbe fatto odiare se stessa.

Realizzai che tutto quello che avevo fatto fino a quel giorno per vedere il suo sorriso era andato in fumo. Non importava quanti regali potessi farle, quante volte avrebbe sussurrato al mio orecchio ancora e ancora e quante volte le avrei detto che l’amavo. Blair si vergognava.

In un’altra occasione mi sarei detto “La vergogna fa eccitare Chuck Bass”. Ora era diverso.

Quegli occhi profondi, quella bocca a cuore, quei capelli soffici erano miei. Da quando le avevo detto che l’amavo, Blair era mia. L’avevo desiderata così tanto.

“Aspetta, Blair… Non mi abbandonare” la pregai guardandola con gli occhi socchiusi “Dobbiamo vedere la fine insieme”

“Questa è la fine, Chuck” rispose.

La ricchezza mi scivolò dalle mani in un soffio. Cercai di trattenerla per il polso sottile, ma andò lo stesso. Rimasi interdetto con le braccia aperte. Impotente. La guardai andare via e la vista si annebbiò.

Il suo primo spogliarello, solo per i miei occhi, mi aveva accecato per sempre.

Deflorazione.

Ecco la parola che avevo usato. L’avevo fatta mia talmente tante volte, petalo per petalo. Credevo che sarebbe rifiorita all’infinito: tutte le volte che avrei voluto. Questa volta però avevo superato il limite. Questa volta l’avevo deflorata davvero.

Il mio sguardo a mezz’aria incontrò un abito color pesca e in quello stesso istante Humphrey si avvicinò a Blair. Poteva ritenersi fortunato:  se solo non fossi morto dentro, l’avrei afferrato per il bavero di quella camicia di pessimo gusto, comprata sicuramente con i soldi delle Industrie Bass, e…

Giurerei di aver visto una fantasia floreale.

Deflorare era ciò che sapevo fare meglio. Circondai la vita di quella figura slanciata, senza volto e con i capelli troppo chiari.

 

La mattina dopo quello stesso vestito era per terra: mi sbagliavo, non c’era nessun fiore.

 

 

Spazio Autrice:

Questa flash è una "semplice" trascrizione dei dialoghi di Chuck e Blair, dal punto di vista di Chuck. "The unblairable lightness of being" è l'episodio che preferisco della terza season, la considero la "mia" season finale visto l'orrore di "Last Tango, Then Paris".  

@ feffixoxo : sono felice che la flash sulla Erickson Beamon ti sia piaciuta^^ 

 

 

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Capitolo 13
*** Prince Charming ***


2x24 – Valley Girls (What if)

Prince Charming

Blair era stata eletta la reginetta della Constance: un pavone dorato, al braccio di Nate per merito di Chuck.

Lo vide sorridere da lontano. Soddisfatto, come se avesse fatto tutto lui. Era così. Serena glielo aveva confessato “Ci ha pensato Chuck” aveva detto semplicemente, come se fosse la cosa più normale del mondo. Blair aveva appena lasciato Nate sulla pista da ballo, era corsa fuori perché si sentiva soffocare.

Un vento gelido la colpì, gli occhi si appannarono immediatamente. Realizzò che quella non era la serata perfetta che aveva desiderato. Chuck non aveva capito che lei non amava un principe e non voleva una carrozza puzzolente. Quello del suo album era solo un disegno. Il disegno di una bambina che raffigurava un principe moro con una cravatta rossa e non Nate.

Poi lo vide, il suo principe non azzurro.

Chuck camminava a passo svelto verso la sua limo. Stava per lasciare il ballo. La giacca blu dai profili neri ondeggiava per il vento. Aveva ancora i fiorellini chiari all’occhiello. Blair si strinse nel cappotto scuro da cui sbucava l’enorme Marchesa dorato.

“Chuck!” lo chiamò.

Fece per scendere un gradino, ma si fermò.

Chuck stava venendo verso di lei porgendole il palmo della mano.

Che fai fuori al freddo, dov’è Nathaniel?

Blair non rispose. Afferrò in fretta la mano di Chuck, come se avesse paura di vederla sparire nella tasca dei pantaloni. Poi scese un gradino e si trovò a sussurrare incosciente ad un orecchio arrossato dal freddo.

“Dimmi che mi ami”

Appoggiò la fronte alla spalla di Chuck e attese quelle tre parole.

 

 

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Capitolo 14
*** Le sourire de Chuck Bass ***


!!! Attenzione Spoiler S4 !!!

Le sourire de Chuck Bass


Tutta la Parigi che conta è qui.

Il ricevimento è di una noia mortale, ma io sono Blair Waldorf e chiacchiero amabilmente con degli scapoli dalle “r” rotolanti. Mi chiamano la beautè américaine e sorrido civettuola. Prendo un calice di champagne e mi allontano da loro. I miei occhi si fissano sui macarons viola del buffet. Penso al mio vestito troppo corto e lo spingo verso il basso, maledicendo Serena e il suo pessimo gusto. Maledicendo me stessa perché ho accettato di attingere dal suo guardaroba. Da quando non mi fido del mio giudizio?

Poi la vedo: una ragazza vestita di bianco. Leggera nel suo abito a campana, forse troppo accollato. Mi sarei dovuta vestire come lei. Ha i capelli scuri, raccolti in un morbido chignon. Dal movimento delle braccia intuisco che sta sistemando un farfallino. Quante volte avevo fatto quello stesso gesto? Poi le mie gambe si muovono da sole e mi avvicino. Sento uno strano magnetismo. Mi faccio avanti tra gli invitati ed è un attimo: lui non mi dà più le spalle e vedo il suo profilo perfetto, la sua mascella mascolina. Alza il mento e sorride beffardo. E’ Chuck.

Non ho il tempo di chiudere gli occhi che la ragazza gli stampa un bacio. Voglio girarmi, dare le spalle a quello spettacolo che mi uccide. Ma non riesco, rimango ferma con le braccia molli. Lo vedo abbandonarsi a quel bacio, intimo e dolce. Lo vedo distendere le labbra mostrando i denti. Chuck Bass non sorride in quel modo a nessuno, se non a me…. O a Elizabeth Fisher.

Guardo il pavimento nero e il mio cuore si ferma. Non batte più.

 

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Capitolo 15
*** Black Box ***


!!! Attenzione Spoiler S4 !!!

Black Box

Ricordare è proibito.

Eva sta curiosando tra le mie cose. La lascio fare. Non c’è più nulla di te all’Empire. Se non l’Empire stesso. Ne sono sicuro, ho controllato più e più volte.

Continuo a leggere il giornale come farebbe mio padre. Poi Eva mi salta in braccio. Sento il suo profumo dolce e il suo naso freddo contro il collo. Tra le mani ha la mia sciarpa patchwork. E’ un pugno allo stomaco.

“Dove l’hai trovata?” le chiedo ostentando indifferenza, ma sento le parole morirmi in gola. "In quell’armadio laggù” spiega zuccherosa. Poi si alza in piedi e se la mette attorno al collo. Mi costringe a guardarla, non riesco a distogliere lo sguardo. La vedo accarezzare la seta soddisfatta. Poi ad un tratto la sua espressione si fa più curiosa e poi la trova: quell’unica cosa tua che non sapevo di avere e che nelle mie fantasie avevo desiderato quasi quanto te.

Il tuo cuore cucito sulla mia sciarpa.                                                                                                                  

Il cuore che avevi cucito sul maglione di Nate, che avevi fatto impigliare sulla manica di Lord Markus solo per farmi ingelosire, come se ce ne fosse bisogno. Bruciavo di gelosia per te. Adesso era lì, sulla mia sciarpa. La spilla che pensavo non mi avresti mai dato.

Intanto Eva aveva già perso l’interesse per quella preziosa goccia d’oro. “Dammela qua” dico scorbutico facendole segno con la mano “Ci tengo molto e non voglio che si sporchi”. Gliela strappo dalle mani e la stringo al petto solo per un secondo, prima di metterla via.

 

***

Spazio Autrice:

Mi è tornata l’ispirazione^^

Spero che queste nuove flash vi piacciano. Volevo ringraziare ancora Ray08, feffixoxo, Honest e littledudina per aver recensito le precedenti. Mi fa davvero piacere ricevere dei commenti (positivi o negativi che siano), quindi quando leggete le flash sarei davvero felice se lasciaste una recensione. Tuccin

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Capitolo 16
*** Red Balloon ***


3x18 The Unblairable Lightness of Being

Red Balloon

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Chuck e un palloncino rosso.

Fino ad un attimo prima l’avevo visto parlare con una ragazza dai capelli vaporosi: ora è davanti a me. Lo sento blaterare suadente sul fatto che siamo già stati in una situazione simile. Tiene il palloncino a mezz’aria. Invitante.

Blair, io e te siamo magnetici. Puoi sentirlo.

Lo sento di colpo. Contro la mia volontà: il magnetismo, mentre mi appoggio al palloncino rosso.

“Non parlare. Balla soltanto” riesco a dire, mettendo con energia le mani sulle sue spalle. Dondolo un pochino e sento la sua mano sinistra sui miei fianchi. Ne sento subito il calore attraverso la stoffa del vestito. Con l’altra mi prende con decisione, come se fossi sua. E devo ammetterlo, sono sua.

Non riesco a guardarlo, tengo gli occhi bassi sul palloncino.

Quel palloncino sono io: vuoto, come il mio stomaco, e rosso… come la vergogna. La vergogna per qualcosa che non ho fatto, ma che avrei fatto.

Poi i miei occhi si perdono tra la cravatta viola, la camicia azzurra a righine e il lobo del suo orecchio. Può essere così perfetto? Mi sforzo per non guardarlo in faccia, mentre sento il suo sguardo insistente sul viso. So che se cedo è finita: lui vedrebbe quanto sono debole in realtà, quanto quei giorni senza di lui siano stati i più vuoti della mia vita. Sono abituata a svegliarmi con il calore del suo braccio intorno alla vita…

Pah!

Uno scoppio mi fa sussultare. Con la coda dell’occhio spio Serena e Nate: il loro palloncino si è rotto.  Voglio che anche il nostro palloncino rosso si rompa, voglio che dimostri che non siamo una coppia né perfetta né felice. Il silenzio mi mette a disagio,  ma non ho il coraggio di parlare. Mentre dondoliamo la sua bocca si avvicina alla mia. Ricordo i baffi di Jack pungermi le labbra, mi distraggo ed è la fine: gli occhi di Chuck sono lì. Mi leggono dentro.

Sento la voce di Dorota: “Vi batteremo Miss Blair” mi dice, continuando ad ondeggiare con Vanya.

“Troppo facile”  dice Chuck guardandosi in giro “Sembra che vinceremo”

Mi sforzo di sorridere, ma quello che ne esce è una smorfia poco convinta: “Bhè puoi avere la matrioska, sono sicura che saprai cosa fare di cinque donne con le teste rimuovibili”. Voglio dimostrargli che non ho perso la mia lingua tagliente.

“Qualunque sia il premio” mi dice Chuck fatale “Devi ammetterlo: insieme non possiamo perdere”.

Non voglio entrare in quell’argomento. Nel nostro ultimo gioco avevamo perso entrambi. Poi lo sento accarezzarmi il braccio: lo sfiora avanti e indietro con delicatezza. Perdo la cognizione del tempo solo per un attimo. Dovrei odiarlo: sa perfettamente cosa mi fa vacillare. Vorrei essere di pietra, mentre le guance avvampano e mi divincolo contrariata. Visto che non riesco ad odiare Chuck, comincio a detestare il palloncino con tutte le mie forze. Odio il fatto che non scoppi, che se ne stia lì: schiacciato ma indenne.

Non importa quanti matrimoni puoi organizzare, niente potrà cancellare quello che è successo” dico guardandolo dritto negli occhi. Ecco l’ho detto.

Chuck si ferma. Smettiamo di ballare.

Pah!

Un altro palloncino rotto. Ma non è il nostro.

“Quello che ho fatto è sbagliato. Mi dispiace. Ma nessuno ti ha obbligato ad andare là”.

Eccolo di nuovo il punto. Sbotto: “Ho forzato me stessa per te…”

Sento battere le mani a ritmo incalzante, la musica si alza. La stanza gira. Io non ti ho forzato a fare niente. Non lo vedi siamo uguali. Mi aveva detto al White Party. Realizzo che sono solo capace di dare la colpa a lui. Sprofondo nei sensi di colpa. Mi porto la mano alla fronte disperatamente, indugio sui suoi occhi socchiusi e mi accorgo che mi guarda fisso.

Con lo sguardo supero la sua spalla e vedo che Dorota e Vanya sono l’unica coppia rimasta. Si muovono senza dare troppo peso al palloncino. In mezzo a tutta quella confusione sento lo stridere della plastica. Si sarebbe rotto a momenti.

Guardo il nostro maledetto palloncino rosso. Il movimento dei nostri corpi è disarmonico. Non siamo felici. Per nulla. Non siamo una coppia perfetta, non siamo né inevitabili, né magnetici. Perché non si decide a scoppiare? Mi scatta qualcosa dentro: tiro un pugno deciso al palloncino. Il mio anello con il rubino lo colpisce.

Pah!

“Questo gioco è finito” dico scappando via.

***

Spazio Autrice:

ele_06: sono felice che hai deciso di recensire e sono davvero contenta che ti siano piaciute tutte. 
“Black Box” l’ho scritta proprio perché gli autori si dimenticano dei particolari (che noi fan ricordiamo perfettamente) e mi sembra che la storia della spilla sia stata dimenticata.

giulythebestodthebest: grazie per i complimenti, sono felice di averti emozionato *O*.
“Prince Charming” l’ho scritta proprio perché la penso come te: Chuck ha fatto uno dei gesti più romantici che potesse fare e questo dimostra quanto sia “principe” (a modo suo^^). 
Per quanto riguarda la spilla di Blair, non so dove sia sparita, ma io riesco ad immaginarla solo cucita sulla sciarpa di Chuck <3. Un bacio.

feffixoxo: grazie, sono felice che le mie piccole flash ti piacciano… *_*

Melanyholland: Ciao Melany, ti ringrazio per le recensioni che hai lasciato, mi fa davvero piace avere un riscontro così dettagliato. 
Sono molto felice di essere riuscita a trasmetterti le emozioni di Blair e di Chuck, ho sempre il terrore di essere OC (soprattutto sulla S4 visto che ancora non abbiamo visto nulla).
Il tuo parere per me è molto importante, perché mi piace molto come scrivi e ricevere dei commenti positivi mi lusinga molto *__*. Un bacio

Ray08: hai visto che mi è tornata l’ispirazione?^^ Sono felice che “Black box” ti sia piaciuta… spero che anche le prossime che posterò ti piaceranno allo stesso modo^^.

littledudina: Ciao V! Mi fa piacerissimo che sei riuscita a recensire, non ti preoccupare se non riesci a commentare subito^^ 
Sono felice di lasciarti qualche emozione, ti ringrazio per i complimenti *.* Baci!

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Capitolo 17
*** Chance ***


Ambientata nella S4

Chance

Consueto ricevimento alla villa dei Vanderbilt. Aiuto Eva a togliersi il soprabito perlato, mi sorride appena. Nate ci accoglie allegro, indossa un completo nero con lo stemma di famiglia. Guardo quel ricamo dorato con sguardo torvo. La mano fredda di Eva sfiora leggermente la mia. La ignoro e faccio scivolare il braccio intorno al suo corpo inconsistente. Seguiamo Nate dal nonno.

“C’è Blair” sento sussurrare all’orecchio. E’ la voce di Eva. Mi arriva lontana. “Non mi importa” mento con indifferenza, continuando a guardare nel vuoto. Io l’avevo già vista. Tra quei vestiti tutti uguali c’è Blair. L’unica che sa perfettamente come attirare la mia attenzione: il vestito turchese la rende irresistibile, ma allo stesso tempo così casta, tanto da accendere le mie fantasie più disdicevoli. Senza rendermene conto rimango da solo in mezzo al salone, circondato da sconosciuti. Scorgo Eva poco lontano: il nonno l’ha trascinata nella stanza dei dipinti. Mi guarda turbata, i suoi occhi grigi mi supplicano di raggiungerla. Incontro lo sguardo fulmineo di Nate e colgo una nota di rimprovero per qualcosa che non ho ancora fatto; ma che sto per fare. Nate mi conosce. Non so resistere alla tentazione. Non oggi.

Il mio passo felpato raggiunge Blair tra la gente. Quando arrivo alle sua spalle, la trovo sola. In un attimo la mia bocca è al suo orecchio “Vieni con me”. Le circondo la vita impaziente. Posso immaginare la sua espressione contrariata e le ciglia aggrottate. Mi dirà “Mi disgusti” e il suo corpo farà resistenza da un momento all’altro. La sento sussultare per la sorpresa e le mie aspettative vengono piacevolmente deluse: Blair si lascia condurre docilmente per il corridoio deserto della villa dei Vandebilt, senza dire una parola. Nel silenzio si sente solo il suono attutito delle sue louboutins sulla moquette. Una stanza qualsiasi va bene. La spingo dentro.

Siamo l’uno di fronte all’altra. Blair mi fissa nella penombra con un sorrisetto pieno di malizia. “Che cosa vuoi Bass?”. La sua voce non è mai stata così sensuale. Preferisco non pensare alla risposta, ma la mia mente si rifiuta di obbedirmi e affiorano solo pensieri inconfessabili.

Tum! La testa di Blair si appoggia contro muro. Mi accorgo solo dopo di avercela spinta io. Continua a guardami seducente. Le accarezzo il braccio: la mia mano trova la sua, le nostre dita si intrecciano senza esitazione. Con l’altra mano le sposto i capelli e faccio cadere la spallina del vestito. La sento sospirare profondamente e il suo petto si gonfia. Il suo profumo mi stordisce. La sua bocca è così vicina. Non oso spingermi oltre.

“Di che cosa hai paura?” mi chiede a bruciapelo con le palpebre socchiuse, mentre i nostri nasi si sfiorano.“Di me” ammetto sincero “E dovresti averne anche tu” concludo in un barlume di lucidità. Pochi minuti insieme e avevo perso la testa. L’incanto si spezza: posso resisterle. Per amor suo posso farlo. Mi costa un grande sforzo, ma riesco a toglierle le mani di dosso. Il suo viso cambia repentinamente espressione. Le sue labbra si imbronciano deluse. E’ così bella.

“E’ meglio che tu vada via” dico dopo qualche attimo di silenzio. Mi schiarisco la gola e faccio passo indietro per darle spazio. Blair rimane sconcertata. Abbasso lo sguardo: non ho più il coraggio di guardala, mi sento così vile. Sento i suoi occhi indugiare su di me, poi le sue scarpe lucenti spariscono dalla mia visuale e capisco che ha lasciato la stanza. In un moto di rabbia tiro un pugno contro la tappezzeria. Non sento nessun dolore. Non sento nulla. Non è cambiato nulla.

***

Spazio Autrice:

ele_06 : sono felice che Red Balloon ti sia piaciuta e ti ringrazio moltissimo. Spero anche io che la S4 dia spunti più allegri, ma per il momento temo proprio di no. 
Anzi, come noterai in questo aggiornamento, anche se avrei voluto scrivere qualcosa di più allegro, non è venuto fuori
:)
Spero che nonostante tutto l’apprezzerai e che mi lascerai una recensione. Un bacio.

feffixoxo: sono felice che hai recensito^^ Anche io voglio insieme i Chair ç_ç ma credo che per un po’ dovremo soffrire… purtroppo. Un bacio :)

Melanyholland: Ciao Melany, grazie per aver recensito anche questa.  
Sono davvero felice di avere di nuovo il tuo parere, le tue recensioni riescono sempre a rassicurarmi, per me è molto importante riuscire a
rimanere IC (e ho sempre il terrore di non esserlo xD). Spero che anche Chance di piaccia e che mi farai sapere che ne pensi *_*. Baci.

littledudina: grazie mille per i complimenti, mi fa davvero felice essere “attesa”. Spero che l’aggiornamento ti piaccia come i precedenti, non vorrei deluderti :). Un bacione.


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Capitolo 18
*** Voir et revoir ***


Ambientata nella s4, il punto di vista è quello di Eva. Non ci sono grandi spoiler, ma le prime righe sono state ispirate dalle foto dal set.

Voir et revoir

La prima volta che vidi Blair non sapevo chi fosse. La incrociai a Trocadéro, camminava a passo spedito, carica di sacchetti. Scarpe nere lucidissime e suola rossa. Un vestito da sera in pieno giorno, viola: il colore preferito di Chuck. Guardava l’asperges de fer con sguardo trasognato. Blair era il ritratto della società opulenta.

Poi la vidi ancora, alla Gare du Nord. Quella volta sapevo esattamente chi fosse e mi mancò il respiro.

Blair correva verso di me, in una nuvola rossa. Mi avrebbe travolto se non mi fossi spostata. I suoi occhi profondi mi attraversavano senza vedermi davvero, teneva il vestito sollevato per non inciampare. Sembrava perfettamente a suo agio in quell’abito sfarzoso, come se indossasse jeans e maglietta. Tutti la guardavano, ma lei non ci badava. Andava avanti risoluta: andava da Chuck.

Da quel giorno sperai di non vederla più. Aveva il potere innato di inquietarmi. Per un po’ fui felice, ma poi mio malgrado, la rividi.

Nel cassetto dei farfallini di Chuck, Blair era una scatolina di velluto nero, marchiata HW. La luce di quel diamante, dal valore incalcolabile, sapeva solo pungermi gli occhi. Un nodo in gola mi suggeriva che non poteva essere per me. Sarei stata un’ingenua a raccontarmi quella bugia. Giurai a me stessa che non avrei mai più curiosato tra le cose di Chuck. Avevo il terrore di vederla ancora, ma il mondo dell’Upper East Side era crudele e nessun invito all’evento del momento poteva essere rifiutato.

Non mi era concesso vivere in un mondo dove Blair non esisteva.

Speravo che Chuck non la notasse e mi illusi che, se solo lo avessi ubriacato di parole, lui non avrebbe degnato Blair di uno sguardo. Mi facevo stringere per la vita, gli accarezzavo la nuca, ma non bastava: gli occhi di Chuck la trovavano sempre. Nonostante questo riuscii a fare finta di nulla, evento dopo evento, finché Blair non spese un unico fugace sguardo, con la bocca socchiusa e il mento all’insù: immediatamente la delizia si dipinse sul volto di Chuck e io impazzii.

Da quella volta non volli mai più vederla e feci in modo che neanche Chuck la vedesse. Mi sentivo sciocca e puerile, mi trasformai in una persona che non ero mai stata. Il pensiero di Blair mi seguiva ovunque: ero ossessionata dalla paura che potessero vedersi a mia insaputa, che lei potesse riprenderselo. Guardavo Chuck con diffidenza ogni volta che era felice.

Cominciai a controllare i suoi messaggi, le sue chiamate e i suoi appuntamenti. Aveva una cassaforte di cui riuscii a scoprire la combinazione e in mezzo a quelle scartoffie la rividi ancora. Blair era una sigla svolazzante su un contratto spiegazzato e dai caratteri sbavati: “After the sale, Jack Bass must leave New York and stay as far away as possible from Charles Bass, Blair Waldorf and the Empire Hotel”. Ignoravo il significato di quell’accordo, ignoravo chi fosse Jack Bass, ma non potevo ignorare il tremolio della mia voce mentre rileggevo all’infinto: Charles Bass, Blair Waldorf and the Empire Hotel; Charles Bass, Blair Waldorf and the Empire Hotel; Charles Bass, Blair Waldorf and the Empire Hotel…

L’ultima volta che vidi Blair fu negli occhi di Chuck: mi confessava di amare lei e non me.



Spazio Autrice:

ele_06 : grazie, sono felice che ti sia piaciuta anche questa e che in qualche modo ti abbia colpito *__*. Sì, le ho viste le foto dal set e ho provato lo stesso… ha dato fastidio anche a me e infatti ci ho dato un significato mio ;). Ho fatto fermare Chuck sul più bello perché non sono riuscita a scrivere altro, ero partita con l’intento di scrivere di un bacio, ma non è venuto xD… ho pensato che fosse meno banale ecco… Spero che anche quest’ultima flash ti piaccia e che mi farai sapere che ne pensi.

 

Melanyholland : Ciao Melany, ti ringrazio per i complimenti! Sono contenta che tu abbia apprezzato lo scambio sull’aver “paura”, in effetti la flash mi è venuta in mente partendo da quello e poi ho sviluppato il resto… Apprezzo tantissimo le tue recensioni e sono davvero felice che trovi i miei scritti IC. Un bacio.

 

Ray08 : che bello Ray che hai recuperato anche l’altra, ti ringrazio per la recensione, sono felice che la mia raccolta continua a piacerti. In realtà non so se scriverò solo sulla S4 d’ora in poi, diciamo che per il momento mi ispira di più perché non abbiamo visto nulla e si può spaziare di più. Un bacio.

 

feffixoxo : grazie, sono felice che ti sia piaciuto *___* Spero che anche quest’ultimo aggiornamento ti piaccia!

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Capitolo 19
*** I'm Chuck Bass ***


Ambientata nella s4. Ci sono degli spoiler.

I Chair si incontrano alla Gare du Nord, il punto di vista è quello di Chuck. Siccome non sappiamo cosa andrà, ho scritto ciò che vorrei che lui pensasse.

 

I’m Chuck Bass

 

Chuck!

Un richiamo impaziente, quasi supplichevole. Non c’era traccia di finta eleganza francese. Era come quella volta che aveva detto di amarmi al funerale di mio padre. Solo lei sapeva chiamarmi in quel modo. Un incubo da sveglio: questo ancora non mi era capitato. Blair infestava i miei pensieri: cercavo di scacciarla, ma lei tornava, ogni notte. Avevo passato quegli ultimi mesi a cercare di dimenticare la sua voce, la sua bocca e il suo corpo. Blair era l’incarnazione di tutti i miei desideri.

Chuck!

Di nuovo!  Nessuno mi chiama più in quel modo. Non voglio badarci.

Chuck!

Ancora… Amavo come sapeva dire il mio nome. Dovevo voltarmi, non sarei diventato una statua di sale. Sarei rimasto solo deluso, perchè Blair non poteva essere lì. Sapevo che era a Parigi, l’avevo vista su un taxi: mi aveva guardato solo per un attimo e poi me l’avevano portata via. Indossava un cappello, sembrava un’aureola sopra la sua testa, ma forse me l’ero solo immaginato. Una visione. Come quella che stavo avendo ora.

Dovetti ricredermi. Non era un’allucinazione: Blair avanzava verso di me. Era vera. Mai era stata così bella. Un abito rosso fuoco e un portamento elegante: teneva la pochette appena sollevata, all’altezza della vita. Un viso perfetto e un’espressione che non le avevo mai visto. Non sapevo sottrarmi, mi attraeva, dovevo avvicinarmi.

Mi aveva riconosciuto anche se non ero più io: il bastone, i biglietti del treno, una camicia qualsiasi da cui sbucava una canottiera bianca… Non ero più Chuck Bass: lavorando come cameriere, sforzandomi di amare una bionda, cercavo di scordare chi ero. Quel mostro era morto a Praga: gli avevano sparato. Non avrebbe fatto più male a nessuno. Privato dell’unico oggetto che dimostrava la sua capacità di amare si era lasciato morire. Quello sparo sordo l’aveva ucciso. Una storia perfetta  che mi raccontavo ogni giorno.

Davanti alla perfezione di Blair tutti quei pensieri mi sembravano vaneggiamenti. Di colpo desiderai essere Chuck Bass. Anzi lo invidiavo perchè Blair Waldorf era stata sua, lei l’aveva amato. Lo amava ancora?

Deglutii e rimpiansi quel leggero fastidio, quella costrizione alla gola, che solo un farfallino o una cravatta ben stretta sanno dare. Lei continuava a guardarmi in silenzio. Poi i suoi occhi scuri si fecero come specchio: Blair piangeva. Immediatamente sentii un dolore al petto straziante, ma dolce: quelle lacrime erano per me?

Erano per Chuck Bass…

Io sono Chuck Bass.

 

***

 

Spazio Autrice:

feffixoxo : grazie sono davvero felice che ti sia piaciuta^^ spero che leggerai anche le prossime.

ele_06: sono contenta che tu abbia apprezzato anche questo capitolo *.* Anche io immagino Eva gelosa… per quanto riguarda l’anello sono sicura che sia di HW, ma che Chuck l’ha ritrovato/ricomprato me lo sono inventato… non è uno spoiler.

Melanyholland: ti ringrazio moltissimo, sono felice di non deluderti, spero di non averlo fatto questa volta. Sono contenta che ti sia piaciuta la “mia” Eva. E’ incredibile quanto le tue recensioni riescano a cogliere il “punto”: i miei scritti sono così brevi che certe volte ho paura di non trasmettere abbastanza. L’Empire l’ho visto anche io sotto una luce diversa, ma con il senno di poi… come dici tu, continua ad essere doloroso! Spero che mi farai sapere cosa pensi dell’aggiornamento *___*

Good Girl: sono felice che tu abbia letto tutte le mie flash e che ci hai trovato qualcosa di originale. Spero continuerai a leggermi e che i prossimi capitoli non ti deluderanno. Non esitare a farmi sapere che ne pensi! ^___^

Honest: grazie per l’incoraggiamento e per i complimenti, speravo di riuscire a rendere bene Eva^^ 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Lo Spillo ***


Ambientata nella S4. Chuck e Eva sono a NY. Il punto di vista è quello di Blair. Non ci sono spoiler, ho inventato l’intera situazione.

Lo spillo

Mi guardo nello specchio a figura intera: il vestito di Lacroix che ho comprato a Parigi, solo una settimana fa, mi cade di dosso. Mi guardo crucciata: ho perso tutta la mia bellezza. Dorota mi diceva sempre di non guardami troppo allo specchio perché avrei visto alle mie spalle il diavolo. In Polonia, forse… Nell’UES il diavolo non esiste. O forse sì.

Poi appare qualcosa e mi spavento: un sussulto mi muore in gola.

Un’altro viso simile al mio: è mia madre. Vorrei sorriderle ma non riesco. Sono diversi giorni che non sorrido più. Si fa scivolare gli occhiali di madreperla sul naso e mi ispeziona senza indulgenza, sospirando. Poi tira fuori uno spillo dal nulla e me lo appunta sulla stoffa vellutata: “Molto meglio” sentenzia. Mi guardo ancora: lo spillo c’è ma non si vede. “Sciatto, ma efficace” conclude. Apro la bocca per ringraziarla, ma è già andata via.

Sul tetto dell’Empire tira vento. Quando arrivo la festa è già iniziata. Chuck e Eva sono gli unici che riesco a vedere chiaramente. Odio come la stringe, odio come lei gli appoggia la testa sulla spalla. I capelli biondi annodati gli sporcano la giacca scura. Lei non ha bisogno di uno spillo per essere perfetta, il vestito che indossa definisce perfettamente la sua figura slanciata.

Il mio Lacroix di seta stava meglio al manichino.

Passa un cameriere e afferro al volo un flûte. Sto lì da sola e mi perdo nel liquido rosato pieno di bollicine. Forse ho le lacrime agli occhi, ma non importa, infondo non esisto più: Blair Waldorf da sola ad una festa, con uno spillo che le sostiene il vestito? Mi sento osservata e alzo lo sguardo, sarà qualcuno che ride di me? No, è Chuck.

Mi guarda da lontano ed è solo: alza il suo flûte impercettibilmente, in un brindisi tutto nostro. Sento qualcosa, mi succede qualcosa… il mio cuore batte ancora. Credevo di non averlo più. Lui non smette di fissarmi insinuante: è senza pudore. Gli sorrido di rimando e mi sento viva. Faccio un passo indietro senza spezzare il contatto visivo e corro via. Voglio che mi venga dietro. Scendo i primi scalini spedita, ma poi rallento e tendo l’orecchio: altri passi incerti dietro di me.

Non mi volto, ma so che è lui. Chuck mi segue e un moto di soddisfazione mi scoppia dentro. Le mie labbra si distendono da sole in un sorriso beato. Arriviamo insieme alla porta della suite. Chuck fa scivolare il braccio in avanti, sfiorandomi la vita. Inserisce la chiave elettronica. Intrepida guardo la manica della sua camicia costosa e la spia verde si accende. All’interno le luci di Manhattan illuminano la stanza di ombre colorate. Finalmente mi giro verso di lui e vedo suo bel viso. I miei occhi brillano lo so, ma lui mi guarda serio e percepisco tutto il suo senso di colpa. Siamo soli eppure Eva è lì con noi.

“Le hai detto che la ami?” azzardo. Non so neanche perché gli chiedo una cosa simile. Ma è l’unica cosa che mi importa. “Tutte le volte che è stato necessario” si giustifica aggrottando le sopracciglia. La domanda gli dà fastidio, si rabbuia e guarda il pavimento.

Mi sento tradita nel profondo. Pensavo che dopo avermi svenduto per il suo amato impero e essersi preso l’innocenza di Jenny Humphrey, non avrebbe potuto farmi nulla di peggio. Mi sbagliavo. Stringo gli occhi perché la stanza gira. Mi sento male perché io, invece, avevo aspettato così tanto! I miei tacchi stridono sul pavimento liscio: sto andando via. Chuck mi ferma prendendomi per il braccio. Poi la sua voce mi chiama: Blair…. Mi mette le mani sui fianchi possessivamente. Penso allo spillo e mi sento a disagio. La stoffa si arriccia sotto le sue mani. Lo guardo in viso, anche se non se lo merita. Chuck ha le labbra strette e le narici si gonfiano in un sospiro spazientito: “So mentire”.

Mi dice solo questo.

Alzo il mento e lo sfido: “Tutto qui…?”. Rimane in silenzio e sfuggo velocemente dalla sua presa. Arrivo alla porta: so che la maniglia è fredda e non vorrei toccarla, ma non posso più esitare. Devo andarmene. Un cono di luce bianca entra dal corridoio, ma subito torna il buio. Chuck spinge indietro la porta bruscamente e mi imprigiona: “Non abbiamo finito” decide con voce roca. Poi un’espressione audace si dipinge sul suo volto: “Fatti baciare”.

Mai” sibilo oltraggiata, nel ridicolo tentativo di sembrare decisa. Chuck ignora le mie proteste: ridacchia incredulo e mi rivolge un’occhiata impertinente e viziosa. Mi stringe ancora di più. Si gusta lo spettacolo di me piena di imbarazzo. Tremo e lo spillo si allenta. Trattengo il fiato e il mio Lacroix è meno aderente: so che la stoffa sta per scivolare. Prego che non succeda e chiudo gli occhi. Chuck sceglie proprio quell’attimo per prendersi il bacio che voleva.

Lo spillo non mi serve più.

 

***

 

Spazio autrice:

Questa è la prima one shot della raccolta con un titolo italiano, avrei voluto intitolarla “The hatpin” ma mi sembrava meno diretto.

ele_06 : grazie *____* spero anche io che Paris non ci deluda. Sono d’accordo sul promo, promette meglio degli spoiler! “I’m not Chuck Bass without you” avrà pur un significato: anche secondo me quando la vede torna ad essere Chuck Bass, vestito da straccione o meno! Spero che leggerai anche questo aggiornamento e che mi farai sapere se è di tuo gradimento. Per la domanda sull’anello non c’è di che, anzi mea culpa, potevo specificare bene, mettere delle note ecc. xD

feffixoxo: grazie mille per i complimenti, spero di non deluderti con questo aggiornamento. Sì, è stato il promo a darmi l’ispirazione. Anche io spero che Chuck non perda se stesso, ma da come è vestito non ci giurerei ^_____^ Per questo ho scritto una flash dove “torna in sé” xD

Inoltre vorrei ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite <3

 

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Capitolo 21
*** Sleeplessness ***


Ambientata nella s4. Il punto di vista è quello di Chuck.

Sleeplessness

The real lover is the man who can thrill you by kissing your forehead.

-          Marilyn Monroe

 

Eva dorme e io ho l’insonnia.

La guardo dormire senza pensarla. Dalle labbra rosate vedo uscire un respiro sommesso. Ci passo sopra il pollice e non posso fare a meno di immaginare le labbra di Blair, rosse e morbide sotto il mio tocco. I capelli di Eva sono fili d’oro aggrovigliati: si riversano sul cuscino scompigliati. Glieli ho imbrogliati io, nell’impeto di farla mia.

Non voglio che sia mia davvero.

Ricordo i capelli di Blair spargersi fluenti sui cuscini lucidi. Amavo quelle onde scure e profumate, mi conciliavano il sonno.

Chiudo gli occhi, ma li riapro subito. Abbandono il letto e mi metto qualcosa addosso, recupero le mie Bottega Veneta e scendo nella hall dell’Empire. Arthur mi aspetta fedele davanti alla limousine in attesa della meta. “All’attico degli Waldorf” dico brusco. Arthur non mi giudica, ma mi sento inquieto. Dal finestrino do un ultimo sguardo al mio hotel e deglutisco nervosamente, mentre mi sistemo il farfallino.

Le porte scorrevoli si aprono davanti a me e rivedo me stesso, poco più di un bambino, attendere trepidante Blair scendere da quella scalinata di marmo. Ricordo le sue ballerine di vernice rossa, le calze coprenti e i vestiti di merletti. Era deliziosa: appoggiava la mano sul corrimano color burro e la faceva scivolare lentamente, mentre le sue gambe trottolavano leggere. La sua gonna svolazzava ad ogni balzo e il mio sguardo, fin troppo vispo, spiava sotto quelle piegoline di tessuto. Lo facevo di nascosto, sperando che nessuno mi scoprisse.

Poi Dorota appare nel suo accappatoio di spugna e quella visione sparisce. “La signorina Blair dorme” mi comunica compita, tenendo educatamente le mani giunte in grembo. Le sorrido appena: in condizioni normali non sarei potuto salire, ma questa volta non mi ferma. In un attimo sono di sopra: la porta della stanza di Blair si apre con un cigolo e mi avvicino piano al letto. Voglio vederla. Intanto che i miei occhi si abituano al buio, cerco di immaginare il suo viso addormentato, sono così impaziente… ma Blair non c’è. Il suo letto è vuoto.

Deluso mi guardo intorno: la stanza ad un tratto mi sembra così tetra. Poi vedo una flebile luce passare dallo stipite della porta del bagno. La apro senza esitare e la trovo: Blair è seduta per terra con la testa appoggiata alla tavoletta del water. I capelli le coprono il viso e tre scatole di macarons giacciono vicino a lei. Quei dolcetti colorati sono sparsi caoticamente, alcuni sono quasi sbriciolati. La morsa che mi attanaglia lo stomaco non mi impedisce di chinarmi. Spostando uno dei suoi boccoli, scorgo i segni bianchi e secchi delle lacrime sul suo viso. In mano ha ancora uno di quei pasticcini azzurri a cui ha dato solo un morso.

Blair” la chiamo, ma non ho voce. Non riesco a parlare. Lei alza la testa debolmente, riprendendo i sensi e mi guarda selvaggia. Una smorfia infastidita le deforma il viso: “Che cosa vuoi?” mi chiede aggressiva. Te, le vorrei rispondere. Ma non dico nulla: la prendo tra le braccia e la sollevo a peso morto dal pavimento freddo. Lei si abbandona subito al mio abbraccio e si aggrappa a me, stringendo forte i pugni chiusi sulla mia camicia.

“Non è successo nulla” piagnucola mentre la appoggio sul letto e sprofonda tra i cuscini. Si tira su i capelli scuri e la chioma ricade a ventaglio sul cuscino di raso. Cerco di non guardarla troppo, quel babydoll traslucido, decisamente trasparente, mi fa sentire colpevole: dovevo rimanere a letto con Eva. “Non mi sembra nulla, quello che ho appena visto…” dico sudando freddo, ancora sotto shock. Mi sento profondamente a disagio, perché il mio sguardo scorre impertinente sulle forme del suo corpo come se non l’avessi mai vista prima. “Mi piace il tuo farfallino” si complimenta sorridendo, tutt’altro che innocente.

La guardo severo e lei sbuffa vistosamente di rimando, roteando gli occhi: “Bene” comincia “Se non mi credi…” si avvicina e mi bacia delicatamente: le sue labbra sanno di zucchero, non di vomito, hanno il gusto di quei pasticcini dolci che le piacciono tanto. Se l’avessi baciata a Parigi è questo il sapore che avrebbe avuto. Ecco cosa mi ero perso. “Stavo per farlo, ma non l’ho fatto” ammette incupendosi un po’. “Louis mi ha regalato quei macarons, credevo che se li avessi mangiati tutti sarei stata meglio” si morde il labbro nervosa e mi guarda mortificata. “Mi sento vuota” conclude portandosi delicatamente la mano allo stomaco. Rimane in silenzio per qualche istante. E’ lì vicina a me, mi basterebbe allungare una mano per farla mia. La guardo impaziente e lei sbattere le ciglia imbarazzata, la vedo sospirare a disagio. “Chuck…” ricomincia a parlare piena di miele “… non riesco mai a dormire”.

Neanche io” confesso in un soffio. Lei fa un sorrisetto e si avvicina ancora di più: le sue dita sottili sciolgono piano il farfallino e con maestria slacciano i primi bottoni della mia camicia. Deglutisco rumorosamente e la lascio fare. Blair mi accarezza il collo, poi preme il palmo della mano sul petto e, delicatamente, mi fa sdraiare sui cuscini. Si accoccola su di me appoggiando la testa sulla mia spalla. La mia mano si insinua subito sotto i suoi boccoli scuri, la bacio sulla fronte e la sento rispondere al mio gesto con un brivido di piacere. Ho bisogno di chiudere gli occhi e mi addormento subito.

 

***

 

Spazio Autrice

ele_06 : Felice che ti sia piaciuta ^__^ grazie per aver recensito *____*. Non sai quanto spero che le cose vadano così. Non riesco a capire a quale spoiler ti riferisci, ne leggo tanti e molti sono fake. Il livello di plausibilità è alto perché i nostri Chair sono inevitabili, quindi spero che alla prima festa utile si appartino. Quello che spero è che Chuck non dica “I love you” a Eva, anche se l’ho scritto nella one-shot per rendere più drammatica la situazione, preferirei davvero che non succedesse…

 

Melanyholland: è sempre una gioia trovare una tua recensione, sono felice che ti sia piaciuta la scena che ho scritto. Non è assolutamente una recensione confusa, anzi… riesci sempre a cogliere il punto e a dare un’interpretazione fedelissima di ciò che ho scritto. Leggendo le tue recensioni sono sempre tranquilla che le mie flash trasmettano qualcosa. Spero che questo aggiornamento non ti deluda.

 

coca_cola girl: grazie per aver lasciato un commento, sono felice che le mie storie di piacciano.

 

sasyherm: grazie infinite per aver recensito quasi tutte le flash e per avermi fatto sapere cosa pensi di ognuna *____* spero che continuerai a leggermi e a farmi sapere che ne pensi.

 

Emily Alexandre: ho apprezzato moltissimo le tue recensioni, non importa se non le hai commentate una ad una, va benissimo così. Sono davvero felice che trovi i miei scritti delicati e che ti diano delle emozioni. Per me è molto importante. Grazie, mi hai incoraggiato molto *O*

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Capitolo 22
*** L'impasse ***


E’ una future-fic, una piccola scena che mi è venuta in mente. Il punto di vista è quello di Louis, un principe che Blair conosce a Parigi. Nel secondo episodio della s4 Louis e Blair si salutano con l’idea di rivedersi forse un giorno a NY. Non ci sono spoiler, io non so se questo personaggio effettivamente tornerà (non nascondo che ci spero xD). La storia parla comunque di Chuck e Blair, non disperate!

 

L’impasse

 

Vous etes tellement belle que” lei si era voltata con un’espressione sospettosa, le labbra lucide e gli angoli della bocca all’insù. “Je m’appelle Blair” aveva detto soave. Lo sfondo verde bosco di Manet faceva contrasto con la sua carnagione di pesca. Era perfetta. Maëlle, Clarisse, Eloïse nessuna era come Blair: il loro imitare Grace Kelly, solo per piacermi, mi infastidiva.

Mentre camminavo per la quinta strada la immaginavo arrossire alle mie parole, se mai ne fossi stato capace. Le avevo accarezzato i capelli, baciato le labbra, fatto complimenti e lei mi aveva sempre rivolto sorrisi di riconoscenza. Sapeva di essere bella, ma sembrava che nessuno glielo avesse mai detto abbastanza. Guardai per terra: foglie gialle correvano sul marciapiede. Passai il dito sulla pelle della sua Vivier trentotto e mezzo e guardai verso quello che doveva essere l’attico degli Waldorf. L’avrei aspettata.

Poi mi accorsi di un mazzo di peonie, i suoi fiori preferiti. Le aveva in mano un tizio, ben vestito e ben rasato. Se ne stava con la schiena appoggiata alla sua tracotante limousine. Born and bread sicuramente. Americano fino all’osso. Aveva un’aria tutt’altro che amichevole: un cipiglio presuntuoso, lo sguardo scuro. Nonostante sembrasse molto giovane, tre rughe gli marcavano la fronte. Mi soffermai ad osservare il suo profilo per qualche istante: lui non si curava di me, continuava ad annusare i fiori allargando le narici.

Guardai l’ingresso del palazzo dove abitava Blair, pieno di speranza. D’istinto controllai il mio Chopard, il tizio fece lo stesso con il suo Rolex. E poi lei apparve con un abitino verde: nel suo habitat naturale sapeva essere ancora più adorabile. Dondolava la sua Chanel pistacchio distrattamente. Mi avvicinai brandendo la scarpa come un trofeo. Stavo per dirle quanto ero incantato, quando il tizio prese la parola per primo: “Waldorf” la chiamò impertinente. Lei si accigliò come se avesse ricevuto un affronto: “Vattene Bass” lo intimò senza delicatezza. Rimasi colpito da tanto fervore. Non l’avevo mai vista così: una sfumatura rosata le colorì il petto e le guance. Il tizio la guardava in modo indecente, come se l’avesse vista nuda.

Senza aspettare alcuna risposta Blair si voltò verso di me, cambiando totalmente espressione. “Sono venuto appena gli impegni diplomatici me l’hanno permesso…” mi affrettai a dire, porgendole la Vivier. Blair si addolcì e la prese tra le mani contenta: “Merci”. Lanciai uno sguardo al tizio, mi guardava con gli occhi quasi chiusi e con fare cospiratorio: “Chuck Bass” si presentò arrogante, porgendomi la mano. Gliela stinsi con vigore: “Louis Grimaldi”. Per una frazione di secondo vidi passare sul suo volto un’espressione colpita e sorpresa, poi sembrò quasi illuminarsi e annuì soddisfatto, come se avesse risolto un enigma.

Vi lascio soli” annunciò alzando un sopracciglio folto. Blair gli lanciò un’occhiata, come se non volesse farlo andare via. Mi stupii di tanta arrendevolezza: sembrava uno spasimante tutt’altro che pacato e ragionevole. Poi fece qualche passo all’indietro, senza smettere di guardarci compiaciuto: sapeva di avere tutta la nostra attenzione. Con un gesto teatrale annusò per l’ultima volta le peonie confetto, come se ispirasse aria, e le gettò nel cestino. L’autista aprì solerte la portiera della limo e Chuck Bass sparì. Guardai Blair: il rossore era svanito, penosamente i suoi occhi si soffermarono sui fiori rovinati. Le peonie facevano capolino dal cestino e i petali rosa si mischiavano con la spazzatura. Poi mi rivolse uno sguardo mesto, pallida stringeva al petto la sua scarpa con poca convinzione.

In quell’attimo realizzai che lui non era uno spasimante insistente fastidioso. “Il veut que tu restes en sanglots dans sa veste”* sussurrai a mezza voce. Lei mi guardò senza capire e poi scosse un po’ il capo, come per scacciare i brutti pensieri: “Welcome to the Upper-East Side Prince Louis”.

 

*il senso dell'ultima frase che dice Louis è - più o meno - "Vuole che resti in singhiozzi nella sua giacca". Perdonate il pessimo francese, dovrebbe essere abbastanza corretto... in parte è un verso di una canzone, da cui prende il nome anche il titolo della fic (Coralie Clèment, L’impasse).

 

Spazio Autrice:

Emily Alexandre: grazie per i complimenti, sono felice che ti sia piaciuto l’aggiornamento. Spero che continuerai a leggermi ^___^

Good Girl: non ti preoccupare è normale perdersi qualche aggiornamento, sono felice che hai recuperato. I miei Chuck e Blair ti ricordano i “vecchi chair”? *_* uh che bello! Grazie infinite per aver recensito.

Melanyholland: adoro le tue recensioni, sono felicissima che tu abbia apprezzato “Sleeplessness”. Vorrei tanto vedere scene come questa nel tf… cioè un chiaro e costante riferimento a Blair quando Chuck sta con Eva. Che gioia che hai recuperato subitissimo “I’m Chuck Bass”! In effetti con tutti gli spoiler che ci sono stati non è stato difficile immedesimarsi… Spero che il prossimo aggiornamento non ti deluda!

Otella:  grazie mille per aver recensito, sono felicissima che ti sia piaciuta! Non esitare a farmi sapere in futuro cosa pensi dei miei scritti, mi fa sempre piacere ricevere dei commenti.

 I_heart_CB: grazie sono contenta che la mia raccolta ti piaccia! He sì… anche io vorrei vedere qualcosa del genere nel tf, incrociamo le dita perché i Chair si riuniscano presto!

 

 

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Capitolo 23
*** The Touch of Blair ***


One shot ambientata alla fine della 4x04: Chuck ripensa a ciò che è accaduto con Blair e Eva.

 

The Touch of Blair

Ero da solo, al buio, nella mia stanza. Avevo appena licenziato Ivan: non aveva più bisogno dei miei soldi, ne aveva avuti fin troppi. Eva aveva definito l’orologio di Cartier, il Baignoire che le avevo regalato, “decadente”. Al suo polso lo sarebbe stato sicuramente: era pur sempre una prostituta. Il “vecchio Chuck” sarebbe stato più attento, non si sarebbe fatto fregare, ma le ero troppo riconoscente. Volevo provare a vivere quella bugia, anche se sapevo che Blair avrebbe distrutto tutto. Con il suo tocco avrebbe rotto la sottile campana di vetro che circondava me e Eva.

 

Quel giorno, quando Blair era arrivata all’Empire, ero sobbalzato sul divano: “Buon pomeriggio Chuck” aveva detto subdola e con un’espressione di allegra ipocrisia stampata sul viso. Sapeva che era sleale presentarsi così senza avvertire, ma era una serpe e voleva cogliermi in fallo. Altrimenti non avrebbe indossato un delizioso vestitino a fiori, sapeva quanto mi piacevano, e non avrebbe usato quel tono canzonatorio. Era lì per farmi dannare: “Sai quanto adoro le foccaccine al bacon dell’Empire”. Una sola, sconveniente, allusione. Ed era bastato: ricordai all’istante i suoi incisivi arrotondati che addentavano quelle insulse focaccine. Di solito le assaporava piano, sdraiata nel nostro letto con la vestaglia slacciata: quell’immagine di lei mi avrebbe tormentato tutto il giorno.

 

Poi era arrivata Eva, il viso quasi inespressivo, gli abiti semplici e leggeri. Mi ero quasi calmato, aveva il potere di tranquillizzarmi.“Avresti dovuto conoscerlo prima della sparatoria. Una volta mi ha venduta per il suo hotel” aveva continuato ad infierire Blair facendomi gelare il sangue nelle vene: come poteva parlarne con tanta leggerezza? Io mi sentivo morire ogni volta al pensiero. Mi ero concesso comunque un respiro profondo perché io e Eva non avevamo segreti. Almeno questo era quello che credevo. Poi Blair mi aveva mostrato un video di Eva, visibilmente preoccupata, da Cartier. Nel prendere in mano il palmare avevo fatto bene attenzione a non sfiorare la mano di Blair: non volevo toccarla. Era già troppo averla seduta a un metro da me con le gambe accavallate sotto la gonna gonfia. Così sconvolto com’ero, dopo aver visto il mio “angelo” restituire l’orologio per soldi, avevo gettato malamente il cellulare sul divano. Per fortuna Eva aveva dato la spiegazione più altruistica del mondo e mi aveva accarezzato il ginocchio ma, guardando il sorriso fasullo di Blair, sapevo che non sarebbe finita lì.

 

Alla serata di Gala mi sentivo già uno stupido: Nate mi aveva detto che Eva era una prostituta e io avevo fatto finta di sapere tutto. Volevo dimostrare che ero pur sempre “me”… anche se ero carino e gentile. Con Blair avevo deciso che non lo sarei stato: la sua presenza mi innervosiva e mi inquietava. La volevo il più lontano possibile da me, ma appena entravo nel suo capo visivo, si avvicinava: era tremenda.

Chuck” la sua voce che mi aveva chiamato con tono intimo: primo colpo al cuore.

“E’ la storia di tua madre che si ripete” mi aveva ricordato Elizabeth Fisher: secondo colpo al cuore

Sei cambiato davvero perché ora sei uno sciocco” aveva incredibilmente ragione: terzo colpo al cuore.

In quel momento però avevo creduto di essere riuscito a liquidarla, perché le avevo fatto notare che Eva era stata capace di cambiarmi, mentre lei no. Le avevo parlato quasi aggredendola e mai avrei pensato di dirle un’idiozia simile, ma quella sera volevo ferirla: il potere che aveva su di me mi faceva sentire debole. E io non volevo esserlo. Mi ero sempre sentito in balia di lei, ma da quando Eva era accanto a me ero più forte.

 

Così, quando Blair mi afferrò per la giacca e sentii il suo pugnetto chiuso aggrapparsi insistente, decisi di mostrarmi spavaldo e le diedi solo venti secondi per spiegarsi, o meglio per farmi male definitivamente. In più l’ingenua Eva ci aveva accordato il permesso perché potessimo parlare in privato: “Che cos’altro potresti farmi Blair?” aveva domandato retoricamente. Era evidente che non la conosceva abbastanza.

 

Mentre muovevo qualche passo con Blair al braccio mi sentii come se finalmente avessi trovato il mio posto. Poi ricominciò con ad irritarmi e spontaneamente mollò la presa per mettersi davanti a me, con quell’abito dal tessuto liscio, esageratamente scollato. Non l’avevo notato prima perché nella hall dell’Empire non c’era molta luce. Ma sul tetto, tutto era più bello. Blair era impressionante: i suoi occhi brillavano, i boccoli ramati le sfioravano il collo e il vento le accarezzava il petto scoperto. Amavo i tetti. Non riuscivo a comprendere il significato di tutte le parole che uscivano da quella bocca rossa e invitante, quindi contavo sprezzante e ad alta voce i secondi che le rimanevano:

“Quattordici secondi”

“Spezzarti il cuore… Non ho scelta... visto qualcosa…”

“Sette Secondi”

“Tasca interna della sua valigia”.

Di colpo mi concentrai: “Cosa ci facevi con la sua valigia?”. Ma era una domanda inutile, persino un rimbambito come il “nuovo me” ci sarebbe arrivato. Blair mi stava incastrando.

 

Certo che Blair ti ha mentito, lei è una bugiarda” mi aveva fatto notare la pura e perfetta Eva, con tutta la sua schiettezza. “Hai preferito credere a lei”, mi aveva accusato. Era vero: io credevo sempre a Blair. Che io fossi il “nuovo me” e il “vecchio me” non cambiava le cose. Blair mi aveva detto “Chuck Bass io non ti dirò mai quelle parole” e le avevo creduto, mi aveva detto “Chuck Bass ti amo così tanto che mi consuma” e le avevo creduto di nuovo. E poi:“Non ti amo più” e avevo creduto anche a questo. Credevo sempre a quella creatura vanitosa e seducente. Dovevo crederle, glielo dovevo.

 

Ma poi il dubbio mi aveva assalito: “E’ possibile che tu sia ancora innamorata di me?” glielo avevo chiesto pronto al no, sperando che mi rispondesse sicura. Che me lo ripetesse che non mi amava, così avrei potuto odiarla. Finché l’avrei odiata sarebbe stata al sicuro. Ma lei, con uno sguardo spaurito e ancora addosso quell’abito tentatore, non aveva risposto. Aveva solo pronunciato il mio nome, in tono supplichevole:“Chuck”.

 

Odiavo Blair per quello che mi aveva fatto. Per quello che mi stava facendo. Ero solo di nuovo. Tutti se ne vanno prima o poi, tutti escono dalla porta della mia suite e non tornano più. Stare lontano da lei non ero capace, amarla non potevo, le avrei fatto solo male. Non mi restava che dichiararle guerra.

 

Me contro di Te. Senza limiti.

 

 

 

***

 

Spazio Autrice:

Melanyholland: sono contenta che leggere una storia da un punto di vista inconsueto ti abbia interessato. Avevo paura di essere una delle poche che apprezzasse Louis, sembra il solito damerino. Quando l’ho visto per la prima volta nelle foto dal set lo odiavo, ma ora lo adoro. Spero che gli autori non mi deludano e che lo facciano tornare con una degna SL, magari dando filo da torcere a Chuck… anche se sappiamo che mai nessuno potrà competere. Grazie per tutti i complimenti, come al solito mi sei di grande sostegno *_*

Emily Alexandre: grazie, sono felice che mi hai fatto sapere ancora il tuo parere (: Sì la scena dei fiori è triste: Chuck li butta sempre nel cestino, ma non l’ha mai fatto davanti a B. è un gesto drammatico ma dall’altra parte anche spiritoso, in un certo senso. Grazie ancora per aver recensito!^^

I_heart_CB: grazie sono felice che hai trovato Chuck ben caratterizzato, per me è davvero importante riuscire a non stravolgere il personaggio. Spero che mi lascerai ancora una recensione e che la mia prossima storia ti piaccia come le precedenti (:

Good Girl: allora non sono l’unica che vuole Louis a NY… Yey! Grazie infinite per aver lasciato un commento, sono contenta che ti sia piaciuto questo sguardo sui Chair e che hai apprezzato il “mio” Louis… è stato un po’ un azzardo, visto che lo conosciamo così poco. Spero che l’aggiornamento non ti deluda *_*

ele_06: non ti preoccupare cara, mi hai sempre recensito… se per una volta non succede non mi offendo <3 Grazie, sono contenta che tu sia riuscita a farmi sapere che ne pensi delle mie ultime due storie *__*

 

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Capitolo 24
*** Naked Ring finger ***


E' una future flashfic: non contiene grandi spoiler, per chi è in pari con la programmazione negli USA, ma è stata ispirata dalle foto dal set. Il punto di vista è quello di Chuck.

 

Naked Ring finger

I miei occhi vedono solo fotografie in bianco e nero, sparse per la mia scrivania. Decine di scatti di Blair, con i capelli al vento. Le scartoffie delle Bass Industries possono essere dimenticate, Blair no. Nessun adorabile boccolo in cui poter infilare le dita, forse li porta così apposta, per farmi dispiacere. Da come sono scompigliati sembra che qualcuno le abbia appena accarezzato la nuca. Il pensiero mi fa stringere l’angolo della foto, che si piega immediatamente: sono il suo stalker, lo sono sempre stato. L’avevo anche confessato, senza alcuna esitazione, alla preside Ruther:  tengo un registro con l’elenco di tutti coloro che hanno contatti con Blair, per colpa della mia insaziabile gelosia.

Ma da quando Blair mi ha lasciato, i nomi non bastavano più, soprattutto visto che ha cominciato a lavorare al fianco di Dan Humphrey. Non che il ragazzo di Brooklyn abbia alcuna possibilità con lei: un nuovo cappotto di cachemire - comprato da Lily - non lo rende di certo più interessante agli occhi della mia Blair. Almeno questo è quello che mi auguro mentre, con gli occhi a fessura, esamino le foto della loro colazione: Blair stringe tra le mani un bicchiere di carta, il suo anulare sinistro nudo mi fa letteralmente impazzire. Mi sento un depravato della peggiore specie. Di scatto in scatto, mi sembra vederla ragionare con Dan, di chissà cosa: Blair ha la fronte ondulata e un movimento leggero della mano destra accompagna le sue parole. Poi l’occhio mi ricade sulla sua mano sinistra e odio che non sia appesantita dal mio diamante.

Ancora lo tengo nella tasca interna della giacca. Non che non sappia quanto questo vizio sia pericoloso: mi hanno sparato, per questo, ma non riesco a separarmene. Lo voglio avere sempre a portata di mano, non si sa mai che trovi il coraggio. Ogni tanto lo riguardo: la scatolina nera fa uno scatto e vedo quella luce. Tutte le volte mi sembra di risentire il dolore della pallottola nel fianco. E’ un dolore che accetto, che desidero: mi fa sentire meno in colpa. Il ricordo del pugno di Dan Humphrey è sempre più umiliante, soprattutto ora che può essere costantemente al suo fianco, soprattutto ora che passa così tanto tempo con lei. Dubito che ne riconosca il privilegio: non avrei mai creduto che l’avrei invidiato.

 

Poi, senza sapere come -  nell’incoscienza completa -  mi ritrovo a vagabondare per le vie che l’investigatore mi ha indicato. Sono fortunato, perché Blair è sola e si volta verso di me. Oggi ha qualche onda nei capelli e con un nervoso gesto si porta una ciocca dietro l’orecchio. In quel movimento grazioso, scorgo il suo anulare sinistro, ancora nudo, e la vedo sorridere. Sorridere a me, con un velo di timidezza. Mi sento un completo idiota e il mio cuore sbatte contro la scatolina dell’anello. E’ ancora lì, nella mia tasca interna. Potrei tirarlo fuori e avvicinarmi a lei, darglielo e porre fine a questa follia di stare lontani. Quell’anello è suo, l’ho comprato per lei: come un pazzo ero entrato da HW chiedendo quanto di più costoso potesse essere comprato.

Blair avanza verso di me: posso scorgere la sua gonna, troppo corta, da sotto il cappotto chiaro. Il passo elegante delle sue decolleté scure, l’una davanti all’altra. La sua borsa, infilata sotto il braccio. Una fitta di gelosia acuta mi colpisce e, con gli occhi fissi su quella mano sinistra, mi immagino di vedere il suo sorriso perfettamente felice, mentre l’anulare sinistro si veste e diventa mia.

Ma Dan spunta alle sue spalle, con un bicchiere di carta in mano, e il mio sogno finisce. Blair continua a guardarmi e mi costringo a farle un cenno veloce con il capo: non posso ignorarla.

Poi la limo mi si ferma davanti: tempismo perfetto.

 

***

 

 

 

 

Ringraziamenti:

minny88: sono felice che mi segui sempre *O*, sono lusingata. Grazie per aver recensito questa volta! So che il pubblico c’è e che molti sono silenziosi, apprezzo moltissimo quelli che perdono pochi minuti per farmi sapere! Spero mi recensirai ancora e che continuerai a leggermi.

ele_06: grazie per la recensione Ele, sono contenta di averti colpito. Il capitolo Chuck-Eva si è chiuso per sempre, ma mi ha lasciato un amaro in bocca che non ti dico^^ Perdono se aggiorno solo ora (è un sacco che non lo faccio), ma l’andamento dei Chair felici mi ha tolto un po’ l’ispirazione. Spero che la mia ultima flash non ti deluda.

Melanyholland: Melany, le tue recensioni mi riempiono sempre di gioia, e non smetterò mai di ripeterlo. Sei un ottimo “critico letterario”, dai valore a ciò che scrivo, meglio di come io stessa potrei fare. Far uscire bene Chuck è una cosa non facile, ma grazie ai tuoi commenti so che trasmetto esattamente quello che vorrei si capisse. Sono lusingatissima da tutti questi complimenti, grazie davvero *O*

 I_heart_CB: Ciao Fede, grazie per avermi recensito. Sono contenta che la mia storia ti sia piaciuta e che ci siano dei pezzi che ti hanno colpito. Spero di continuare ad emozionarti e che mi farai sapere ancora che ne pensi. Un bacio.

 

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Capitolo 25
*** Shine on you yellow diamond ***


*Oneshot, futurefic. Ci sono leggeri spoiler, ho tratto ispirazione dalle foto dal set.

 

Shine on you yellow diamond

Quando Blair entra nella stanza, sento un fruscio e riconosco subito il suo fiero incedere, anche se sono di spalle. Quando mi giro per guardarla, per prima cosa mi assicuro che le mani di quel viscido francese non me l'abbiano sciupata. Fortunatamente i miei timori sono infondati: Blair è splendida.

Mi fissa con il mento all'insù, ha le labbra tirate e un'espressione di sufficienza. Sta cercando di scoprire se ho messo in atto una mia macchinazione a suo danno, ma non è così: io oggi sono pulito, non ho nulla da rimproverarmi. Ho anche accolto il suo Principe nel mio hotel, ovviamente se avessi saputo chi fosse, non mi sarei prodigato perché avesse la suite più lussuosa e non mi sarei umiliato - come un qualsiasi locandiere che brama di stringe la mano al suo più importante ospite - perché avesse un trattamento d'eccezione.

Blair è vestita di rosa. E' un colore che mi stupisce, le dona certo, ma non sono abituato a queste tinte ovattate, solitamente ne sceglie di più violacee, ovviamente per sedurmi. Ma oggi no, non vuole compiacere me. Noto che ha i capelli appuntati da una spilla e dall’altra parte si sciolgono fluenti, formando quelle inconfondibili onde che tanto mi piacciono. Questo dettaglio mi rincuora e il mio sguardo prosegue sulle sue forme, accarezzandole. Mi accorgo, con disappunto, che le gambe sono troppo scoperte: quando Blair era mia usava castigarsi solo con vestiti che arrivassero almeno a sfiorarle le ginocchia, mai più corti, solo io sapevo cosa nascondeva sotto quegli strati di tessuto.

Mi inumidisco le labbra con il brandy e lei sta zitta, non dice nulla, neanche un saluto. Aspetta che sia io a parlare. Ma non ci riesco, ho ancora in mente l'espressione ebete di quel nobile francese. Quella stessa mattina lo avevo visto bere un mocaccino, al bar dell'Empire, e non avevo esitato ad invitarlo personalmente al mio ennesimo party in segno di rispetto al suo titolo. Lo scopo era solo quello di far fruttare i miei affari, ma lo trovai subito oltremodo antipatico. Sfacciatamente mi ero anche offerto di trovare per lui un'accompagnatrice, sempre che ne avesse avuto bisogno. Grimaldi però mi era sembrato nauseato e – educatamente - aveva ribattuto che non era interessato a nessuna goulue per la serata. Al momento la cosa non mi colpì, ancora non sapevo che avrebbe avuto Blair al suo fianco e che era venuto apposta dal vecchio continente per portamela via. Allo stesso modo il Principe era ignaro di quanto valesse Blair da quel punto di vista: nessuna ballerina del loro scalcinato mulino avrebbe battuto il confronto.

Così continuo ad osservarla in cerca di parole. Blair rimane ferma a pochi metri da me, con gli orecchini di diamanti che le illuminano il viso e un bracciale che esalta il sottile polso destro. Automaticamente cerco la sua mano sinistra ma non la vedo: è coperta dalle pieghe del vestito. I miei occhi si fanno due fessure e sento che mi sta nascondendo qualcosa. Appoggio il bicchiere sul tavolo di cristallo, il rumore dei vetri che si scontrano la fanno sussultare, ma Blair non si sposta di un centimetro mentre - come una furia - vado verso di lei e le afferro l'avambraccio sinistro.

La mia mano scivola velocemente sulla sua pelle candida, lei si lascia toccare e sembra estasiata da quel semplice tocco. E per un attimo anche i muscoli del mio viso si rilassano in una smorfia di piacere, finché non vedo qualcosa di orribilmente abbagliante, qualcosa di pesante, che le macchia il dito di un giallo disgustoso.

"Che cos'è questo?" chiedo retorico e profondamente offeso fissando il diamante giallo.

"E' una proposta di matrimonio" risponde tutt'ad un fiato "Accettata" ci tiene a puntualizzare con enfasi e orgoglio.

Mentre io miseramente non ho mai finito di farle la mia.

Poi le sue labbra tremano leggermente e la tradiscono: gli occhi, dapprima accesi di una luce di sfida, diventano poi malinconici e umidi. Vorrei dirle che non le è permesso indossare nessun anello di fidanzamento, perché lei ne ha già uno e si trova da J.P. Morgan in una cassetta di sicurezza.

"E' pura follia..." mi trovo invece a constatare con i nervi a fior di pelle.

Faccio per toglierglielo e mi ritrovo a lottare contro la sua mano che cerca di scivolare via: Blair protesta subito, mentre si aiuta con l'altra perché non riesca nel mio intento. Solo pochi secondi e vedo un sorriso dipingersi sul viso roseo di Blair, ma non per questo si arrende e continua testarda a non voler lasciare il gioiello. Mi ritrovo a sorridere anche io finché, con una mossa veloce, non glielo sfilo. Il suo anulare, finalmente nudo, mi fa tirare un sospiro di sollievo. Ci guardiamo con il fiato corto e i volti arrossati, ancora con le dita delle nostre mani intrecciate.

Blair…” comincio.

Mi chiude la bocca con le dita e annuisce dicendo: “Lo so…” poi avvicina le labbra alle mie e mi sfiora, solo per un attimo, senza neanche chiudere gli occhi. Il suo gesto però non mi tranquillizza, quello non è un bacio che io posso accettare, così la prendo per la nuca e avvicino ancora il suo viso al mio: le nostre labbra si incontrano di nuovo con più ardore.

Ora sono soddisfatto: continuo a baciarla, la rabbia mi passa, i miei nervi si distendono, il pugno in cui stringo il diamante giallo si allenta e l’anello cade sul parquet.

***

 

 

Ringraziamenti

Prima di tutto mi scuso per il ritardo con cui ho aggiornato la raccolta, ma non ho avuto ispirazione. Grazie a tutti i lettori che hanno messo la raccolta tra le seguite o le preferite *_*. Grazie a tutti quelli che commentano (ho già inviato a suo tempo i ringraziamenti) e grazie anche ai lettori silenziosi: se volete farmi sapere che ne pensate della oneshot, io sono qui <3. Al prossimo aggiornamento!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Bright Soirée ***


Oneshot. FutureFic. Leggeri spoiler.

Il punto di vista è quello di Blair. Ci sono riferimenti a Nate e sono presenti sia Chuck che Louis.  Quest’ultimo l’ho caratterizzato un po’ a “piacere”: perdonate ma non riesco a descriverlo come il pesce lesso che sicuramente sarà, gli ho dato una sfumatura un po’ diversa… Spero sia di vostro gradimento! Fatemi sapere che ne pensate (:

 

Bright Soirée

 

La mia mano sinistra è imprigionata in quella di Louis.

Me la sta tenendo solo da pochi istanti, non stringe neanche così forte, ma vorrei che le mie dita potessero scivolare via. Guardo il diamante giallo, che troneggia sul mio dito, ancora incredula. Uscire con un nobile non è molto diverso dall’uscire con un altro ragazzo, però invece dei fiori ti regala diamanti, avevo detto a quella psicopatica di Juliet, mentre tenevo banco all’esclusivo Club Hamilton, ancora ignara del fatto che ne avrei ricevuto uno per davvero. Non è una storia per ragazzine, non lo è mai con un Principe vero, dovevo immaginarlo: Louis era un Principe Azzurro, uno di quelli che non scolorisce.

Ricordo ancora quando provai per la prima volta un anello di fidanzamento. Fu qualche giorno prima del mio diciassettesimo compleanno: il Capitano Archibald - in preda a un attacco di innaturale euforia - aveva costretto Anne Vanderbilt a sfilarsi il prezioso cimelio di famiglia per vederlo al mio dito, solo per un attimo. Nate, un cavaliere color pervinca, non aveva neanche osato guardare, mentre mia madre aveva sussurrato, con le labbra coperte di un rossetto opaco, che era bellissimo. In effetti lo era, e lo sarebbe stato ancora di più, accompagnato da una proposta, da una misera parola d’amore.

Inutile da parte mia illudermi: Nate era rimasto in silenzio.

La proposta di Louis, invece, era stata assolutamente improvvisa e verbosa, credevo che si fosse inceppato in una delle sue interminabili lodi, una di quelle lusinghiere e zuccherose, fatte anche di parole francesi – perché secondo lui erano le uniche a rendermi giustizia – finché non avevo sentito l’ultima schietta frase: “devi solo dire oui”.

E io avevo detto oui.

Irragionevolmente avevo detto oui.

Senza pensare alle conseguenze, avevo detto oui.

Perché ora, a questa festa luminosa e piena di cristalli, non sono estasiata dalla mano del Principe che tiene saldamente la mia, dalla sua voce suadente che mi difende da qualsiasi maldicenza o dal profumo delle centinaia di fresie che decorano la sala. Vedo solo uno sguardo scuro, una mascella virile, due labbra serrate in una smorfia amara, che mi fanno quasi violenza e non cessano di scuotermi perché mi svegli da questo sogno avverato, che ora mi fa solo terrore. E non ricordo che una proposta, quella di cui conosco solo l’inizio, Blair vuoi tu…, accompagnata da un brillante bianco, purissimo e abbagliante: il diamante più perfetto che avrei potuto desiderare. Stordita da quei pensieri, mi ritrovo a supplicare perché lui fermi tutto, che smetta di lustrarsi il farfallino, si scomodi da quella sedia e mi porti via.

Poi la musica comincia e, insieme al suono dolce degli archi, inaspettatamente sento anche la sua di voce, che mi vibra nell’orecchio, ma non parla con me: parla con Louis. Gli chiede disinvolto se può ballare con me, come se fosse un cavaliere qualsiasi, come se io fossi di proprietà altrui, come se non potessi scegliere per me stessa. Il Principe, al contrario di me, non è per nulla impressionato dal suo fare insolente, anzi i suoi occhi verde petrolio mi osservano quasi divertiti, mentre scuoto appena il capo, in un dissenso ostile - che in realtà è solo uno stizzoso capriccio. Perché voglio ballare, lo voglio più di ogni altra cosa.

Pourquai pas…?” mi concede Louis, senza fare troppe storie. Il suo consenso è sottolineato da un ampio movimento del braccio, così la mia mano sinistra è finalmente libera. Non ho il tempo però di chiuderla in un pugno, la sua stretta arriva perentoria, costringendomi a seguirlo.

Lui mi avvolge le mani intorno, riprovevole, sotto gli occhi del Principe. Louis, in effetti, non ci perde d’occhio un istante e – quel viso contrariato, ma compiaciuto – mi ricorda con quanta naturalezza mi aveva confessato di essere intrigato da quella situazione, come se la mia conquista avesse acquisito un sapore nuovo, ora che sapeva di avere un avversario. Non che lo credesse degno, anzi, il Principe era oltremodo sicuro di vincere, e il suo marchio - accecante sul mio anulare - ne era la prova inconfutabile.

“Non c’è nulla di più attraente di una promessa sposa attirata dal lato oscuro” mi sussurra lui all’orecchio,  prima di farmi volteggiare.

“Non lo sono affatto” ribatto, mal celando un sussulto, dato dalla vicinanza dei nostri visi pericolosamente vicini.

“Non fingere…” continua,  mentre la sua fronte si corruga. Le sue mani mi stringono ancora di più premendo il suo corpo contro al mio, quasi indignato della mia lieve indisponenza.

Chuck…!” esclamo a voce bassa, cercando di non attirare l’attenzione delle altre coppie che ballano e permettendomi di pronunciare il suo nome, per la priva volta dopo tanto tempo.

“Sappi che finirò la mia proposta” ricomincia a mormorare contro la mia guancia “Voglio solo avvertirti”.

E sono quelle poche e semplici parole che mi fanno rimanere paralizzata, con i tacchi delle mie Mary Jane piantati al suolo. Chuck indugia per qualche attimo, appoggiato al mio viso, poi - languidamente  - mi bacia la guancia e mi accarezza il mento con un gesto possessivo.

Turbata da quel contatto così intimo e così plateale, non posso fare a meno di guardare Louis con la coda dell’occhio: il Principe si alza di scatto, come se temesse chissà quale manovra e gli rivolge uno sguardo omicida.

La mano di Chuck scivola via dal mio profilo e io mi ritrovo sola al centro alla pista da ballo.

 

 

 

 

Note dell’autrice

·         La metafora del principe azzurro che non scolorisce/cavaliere color pervinca è presa dal film “Un marito di troppo”, con Uma Thurman e Colin Firth.

·         Le scarpe modello Mary Jane sono simili alle calzature per bambini, hanno il cinturino sul collo del piede, o sulla caviglia, e hanno il tacco alto.

Ringrazio nuovamente tutti i lettori, al prossimo aggiornamento.

 

 

 

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Capitolo 27
*** You can't kiss Him ***


Ep. 4x18, POV Chuck. OneShot.

You can't kiss Him

"Tu non puoi baciare lui" avevo ribattuto tradito e infantile, mentre i muscoli del viso mi si contraevano in una smorfia di puro disgusto. Mi sentivo un bambino capriccioso, uno di quelli che non vuole capire. La sua sicurezza mi spiazzava: vestita di scuro, con degli spruzzi rossi, mi stava davanti con un’espressione seria e amareggiata, senza un rimpianto, senza quel leggero imbarazzo che mi sarei aspettato di trovare sul suo viso. Sapevo cosa aveva fatto, si era fatta mettere le mani addosso dal ragazzo di Brooklyn, indegno di lei in modo assoluto, ma continuava lo stesso a guardarmi negli occhi, senza la minima esitazione o vergogna.

Mi aveva rincorso, barcollando su quelle scarpe scarlatte, e poi gridato contro, mentre Dan le stava alle calcagna. Quel rosso mi inquietava, perché tanto colore? Perché tanta spavalderia? Una volta ci avremmo riso sopra… C'era qualcosa che mi creava fastidio, che mi provocava uno strano dolore: era il rosso Parigi e del suo bugiardo “Non ti amo più”. Anche se non ero vestito di stracci, mi sentivo un miserabile e mi sembrava che Blair fosse lontana da me come quel giorno: parole semplici, che negavano il suo amore, continuavano a risuonarmi nella testa come una maledizione, mentre il tono della sua voce si alzava, diventando stridulo e spuntandomi in faccia l’esatto opposto: che lei - invece - voleva stare con me. Ero talmente destabilizzato che quasi non le credetti. Lanciai cauto uno sguardo a Dan: due basette appena regolate e un Hugo Boss non troppo pretenzioso... mi nauseavano, come la sua presenza fastidiosa e superflua. Era lì per spalleggiarla: qualsiasi cosa avesse detto Blair lui avrebbe annuito, riconoscevo quell'atteggiamento da fedele cagnolino.

Ne avevo abbastanza di lui.

Quella mattina mi ero presentato addirittura nel suo loft. Sapevo che Humphrey ne sarebbe rimasto sorpreso, infatti mi aprì la porta con un’orribile camicia a quadri di un colore indefinibile - che mi sembrava di aver già visto nell'armadio di Nathaniel - e un’espressione di disagio. Sull'uscio, impalato, era esageratamente in difficoltà, sembrava colto da un singolare nervosismo che lo faceva blaterare e respirare a sobbalzi. Tipico di Humphrey: la sua impacciataggine si palesava senza fatica. Mentre spiegavo lo scopo della mia visita, ero sospettoso, ma non volevo credere a quel tragico quadro che solo la mia patologica gelosia avrebbe potuto dipingermi nella mente. Subito dopo però arrivò la schiacciante conferma: dalla sua bocca uscì una versione edulcorata e illusoria di Blair, che mi tolse ogni dubbio.

Era lui.

Le banalità, che mi arrivarono all'orecchio, offendevano la complessità di Blair: che fosse intelligente e sensibile era una delle peggiori ovvietà che si potesse dire. E menomale che Dan voleva diventare uno scrittore… Ridicolo da parte sua insistere che non fosse attratta dai complotti e dalle cospirazioni, al contrario era la più esperta, incondizionatamente sedotta dal lato oscuro, dal mio lato oscuro. Siamo fatti per stare insieme, siamo entrambi malati e perversi. Così mi aveva detto al matrimonio di Dorota: una pugnalata che mi aveva ferito e fatto infuriare perché non era quello ciò che volevo per noi. Ora invece quelle parole mi erano quasi di consolazione: Blair non era quella ragazza che felicemente piangeva davanti ad un film sottotitolato, non era la Blair che conoscevo io.

Il fatto che potesse averla vista piangere mi mandava in bestia, chissà quante volte era successo... Probabilmente molte, visto con quanta sicurezza Dan ne parlava. Nella mia mente già si erano affollate terrificanti scene di lui che le accarezzava la testa o le sfiorava una mano.

Davanti a questo suo fare disinvolto, mi ero ammutolito, se non per una retorica domanda che mi era uscita indagatrice: “E tu come lo sai?”, mentre il mio cervello andava avanti velocissimo a piccole congetture. Non avevo bisogno di altre conferme. Mi prudevano le mani mentre mi ripetevo mentalmente di stare calmo e mi obbligavo ad avviarmi fuori dal loft: in uno scontro a mani nude ci avrei rimesso – alla meglio - il cappotto e di sicuro qualche bottone della camicia... e il pavimento non sembrava molto pulito. Dovevo invece elaborare un piano perché venisse umiliato, ma senza sporcarmi le mani.

Volevo che Blair fosse al mio fianco, in quella foto. Quale miglior pretesto? Lei era la mia famiglia, ricordo ancora quando me lo disse: io guardavo davanti a me, come se non volessi ascoltare nulla, spezzato dal dolore, mentre lei - con le labbra piegate, in un adorabile e triste broncio - pronunciava con voce rotta quelle confortanti parole. Io stavo troppo male per risponderle che sì, lei era la mia unica famiglia e il suo bacio, morbido sulla mia guancia, era bastato per sancire quel patto.

Da una parte ero sicuro che non sarebbe venuta meno a quell'impegno, io avrei dovuto solo assicurarmi che avesse un vestito da principessa. Ero andato a sceglierlo di persona, scuro, regale, gonfio e satinato, le sarebbe stato d’incanto! Mentre lo sfioravo con le dita, già pregustavo il momento in cui avrei visto quel liscio tessuto scivolarle addosso e contrastare con il biancore della sua pelle delicata... avrei potuto spiarla da dietro il separé... finché un ombra mi invase la mente, cancellando ogni mia rosea fantasia: incattivito pensai a Dan che aveva osato avvicinarsi a lei. Non sapevo con quale scusa l'avesse convinta, ma ci era riuscito: l'aveva baciata, aveva inalato il suo odore, quello dolciastro che punge le narici sempre mischiato a profumi costosi, solo suo e di nessun altra. Tante volte l'avevo ricercato nelle altre donne, senza mai darmi pace. Immaginai che Dan doveva averle assaggiato la saliva, magari toccatole i capelli o la spalla nuda. No, non potevo sopportare di condividere quelle sensazioni con Humphrey.

Sperai fino all'ultimo che Blair cambiasse idea, mentre i flash mi colpivano il viso. A testimoniare l’onore dei Bass rimase solo la mia espressione più dura, immortalata da quegli scatti, mentre le parole di Blair, severe e lapidarie, mi facevano stringere la mascella. Per lei non ero pronto e ci sarebbe voluto ancora molto tempo. Odiavo aspettare per averla, ero da sempre stato impaziente e avido, di tutto, ma soprattutto di lei. Avevo bisogno di averla con me, anche al costo di essere la parte triste della storia, di essere una macchia nera, l’ultima possibilità, una consolazione. Non sarei stato solo all’inferno… di questo ero convinto, saremo bruciati insieme, così.. come lei mi aveva promesso.

 

 

 

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