Eternal Moonglow // Juliet & Paris' Story Atto II

di Blakie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incipit // Damnation ***
Capitolo 2: *** Come rovinarsi la vita (e rovinarla alla ragazza che ami) in due semplici mosse ***
Capitolo 3: *** Essere Jacob Black fa schifo ***
Capitolo 4: *** Agonia ***
Capitolo 5: *** Diversa ***
Capitolo 6: *** Battito ***
Capitolo 7: *** Abbraccio ***
Capitolo 8: *** Irrisolto ***



Capitolo 1
*** Incipit // Damnation ***


Eternal Moonglow

 

   Eternal Moonglow

           - Incipit - 

 

 

 

La morte è serena, facile. La vita è più difficile.

Era sempre stata questa la mia convinzione più solida, una certezza inoppugnabile che aveva sempre rispecchiato appieno la mia esistenza. La mia vita – ne ero consapevole – non era mai stata facile, e, in quell’ultimo periodo, sembrava essere un dejà-vu continuo e persistente,
che mi feriva e consumava più di mille lame conficcate nel cuore.
Due vite, due amori andati entrambi in rovina. Sembrava quasi una maledizione. E sembravo dannata a soffrire per sempre. Chiedevo soltanto che tutto il tormento e il dolore che mi si erano abbattuti contro sparissero, io chiedevo di sparire.
Per questo, quando mi si era presentata davanti agli occhi, avevo accolto la morte quasi a braccia aperte. Ormai non avevo più nulla da perdere: l’amore della mia nuova vita non ne voleva più sapere di me, e la colpa era soltanto mia.
Quindi, perché non troncare quella sofferenza insostenibile subito?
In quel nulla assoluto pieno di dolore, provai a lasciarmi andare, aspettando la fine sempre più prossima. Attendevo l'epilogo di tutto con bramosia, volevo soltanto non patire più tutto quello che il destino inverso aveva avuto in serbo per me.
Ma quando iniziai ad avvertire un bruciore partire dal centro esatto del mio cuore, provai una delusione incredibile.
Dilaniante.
Sembrava quasi che lo strazio che avevo provato in vita volesse accompagnarmi fino alla fine, anzi, forse anche oltre. Era una sensazione orribile, e sentivo il mio corpo andare a fuoco.
Probabilmente, stavo venendo divorata dalle fiamme dell’infermo. Probabilmente, il fato aveva deciso di punirmi, dannandomi ad un’eternità di dolore e tormento.
La morte pacifica sulla quale avevo tanto sperato si infranse di colpo come un cristallo che va in mille pezzi, mentre il fuoco continuava a crescere a dismisura, sempre più ardente.
Schiacciata dalla consapevolezza di un’eternità che avrei dovuto passare sul rogo, urlai con quanto fiato avevo in gola.

La vita è difficile. L’eterna dannazione ancora di più.

***


 

 

 

 

Sorpresa sorpresona! *_*
Allora ragazze, finalmente mi sono decisa a pubblicare il prologo e dare ufficialmente inizio ad Eternal Moonglow! Sento che con la scrittura inizia a muoversi qualcosa, ma è ancora tutto molto indefinito… ma speriamo di essere sulla buona strada :)
E’ stato un periodo abbastanza difficile, e continua ad esserlo tutt’ora, ma la scrittura mi aiuta a staccare un po’, e quindi non posso farne a meno. Sinceramente ho qualche perplessità su questa fan fiction… ho paura che possa deludervi o qualcosa di simile… la solita lagna sono :P
Mi raccomando, vi voglio sincere nelle recensioni, eh! Non abbiate paura di offendermi, mi raccomando u.u Intanto che siamo in argomento di recensioni, ringrazio di cuore Lea__91 Sei_Nel_Anima 2oo9
 Faffina  HopeToSave (hai dannatamente ragione, come sempre… e come sempre, non mi sono offesa, anzi, ho apprezzato moltissimo la tua sincerità ;3)  Piccolo Fiore del Deserto  Saorio  Kekkaxxx  e Rein94 per aver recensito l’epilogo di Eyes On Fire.
Troppo troppo dolci, come sempreeee <3
Niente, vi saluto con la speranza che questo nuovo inizio sia stato di vostro gradimento ;)
E non preoccupatevi, presto vi sarà tutto più chiaro!
Al prossimo, primo capitolo di Eternal Moonglow! Che, vi avviso, sarà un bel Jacob Black POV :D

Un bacione e un mare di abbracci <3
Bea :3

 

 

MA CHE EMOZIONE RICOMINCIARE!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Come rovinarsi la vita (e rovinarla alla ragazza che ami) in due semplici mosse ***


Eternal Moonglow

Eternal Moonglow
capitolo 0
1:

Come rovinarsi la vita (e rovinarla alla ragazza che ami) in due semplici mosse
- Jacob Black pov


-

 

Victoria l’ha trovata.

La voce angosciata di Sam produsse un eco nella mia testa che mi perforò il cervello; non tanto per l’intensità, quanto per ciò che aveva appena detto. I pensieri mi si ammassarono in calca, vorticando furiosamente.

Bella. Con Victoria. In pericolo. Bella, Bella, Bella…

«Dove sono?!», domandò Edward concitato, che era diventato, se possibile ancora più bianco. Non lo guardai nemmeno: ero rimasto pietrificato, come se la testa fosse andata in stand-by.

Il mio cervello assorbì la domanda senza che nemmeno me ne accorgessi, e Sam iniziò a darci indicazioni in risposta. Eravamo lontani da dove si trovava Bella, ancora più indietro di dove fosse Sam in quel momento. Le scie erano confuse, e il branco erano già andati fuori strada diverse volte.

Il tempo passava.

DANNAZIONE!, imprecai, riscuotendomi dall’apatia giusto in tempo per vedere Edward sfrecciare via, nella direzione indicata dall’alfa. Una frazione di secondo e lo seguii, iniziando a correre ad una velocità sovrumana. Una parte del mio cervello era impegnata a seguire Sam, un’altra a far sì che le zampe mantenessero la loro andatura velocissima, e la terza gravitava sempre attorno a un unico pensiero: Bella.

Era tutta colpa mia.

Prima di scappare così avrei dovuto assicurarmi che non mi seguisse. Un gesto del genere era assolutamente da Bella, avrei dovuto prevederlo e prevenire: dopotutto, non aveva fatto così anche col succhiasangue? E poi ero io quello che la conosceva bene, più di se stessa…

Se fosse stato davvero così, Bella non si sarebbe cacciata in quella situazione.

L’odio che provavo nei confronti di me stesso mi travolse, e strinsi le zanne per concentrarmi: dovevo trovarla, strapparla dalla rossa prima che…

Non dovevo pensarci.

Dovevo impegnarmi per trovare la scia giusta, perché ogni minuto, ogni secondo poteva esserle fatale: per fortuna Sam ci indicava le tracce da evitare, ma restavamo comunque lontani: la frustrazione, la rabbia, il ripulso verso me stesso mi stavano consumando.

Concentrati Jacob, ci siete quasi!, mi ammonì Sam, abbandonando l’ennesima traccia falsa.

Il plurale che usò mi fece ricordare che stavo correndo al fianco – l’avevo raggiunto, ormai – del succhiasangue: correva concentrato, l’espressione contrita e determinato. A ogni falcata sembrava diventasse sempre più veloce.

All’improvviso, sentii l’eco di un urlo spaccare il rumore del vento che mi fischiava nelle orecchie: era la voce di Bella. Eravamo vicini.

Sfrecciammo nel verde, ancora più veloci, vicinissimi alla meta, mentre il ruggito incitante di Sam mi riempiva la testa.

Vidi soltanto di sfuggita la figura della vampira assassina che stava massacrando Bella, prima che la sagoma bianca di Edward le piombasse addosso a una velocità impressionante.

Sparirono qualche metro più in là, oltre una parete di cespugli, nello stesso istante in cui arrivavano Sam, Jared ed Embry. Li ignorai, ritornando umano e concentrandomi, finalmente, su Bella: se ne stava rannicchiata in posizione fetale, il volto e le mani sporchi di terra e sangue; tremava, singhiozzando, ed era pallida come un lenzuolo. Riuscivo a malapena a guardarla, mentre l’odio verso me stesso continuava a crescere.

«Bella!», esclamai affannato, chinandomi su di lei. La presi tra le braccia, provando a sciogliere quella posizione rigida; quando tentai di girarla emise un mezzo grido, contraendosi e prendendo a respirare affannosamente.

«L-La sc-schiena… m-mi fa male…», biascicò con voce tremula a occhi chiusi; dal tono in cui lo disse sembrava sul punto di perdere conoscenza, tanto pareva frastornata.

Provai a farla sedere, sostenendola con un braccio dietro le spalle e facendole appoggiare la testa contro il mio petto.

«Bells, tesoro, sono qui, mi dispiace…», sussurrai, baciandole la fronte.

Sperai che Edward facesse in fretta, altrimenti sarebbe stato troppo tardi…

Lei non rispose, continuando a respirare a fatica, fin quando, all’improvviso, rovesciò la testa all’indietro.

«N-Non respiro, Jake… A-Aiutami», soffiò, boccheggiando; dai suoi polmoni arrivava un sibilo strano, quasi raccapricciante. Respirava agitata, come quando si piange o si ha corso per miglia. L’espressione nei suoi occhi era di disperazione più totale. Il cuore mi si strinse in una morsa.

In quel momento, Edward spuntò al mio fianco, l’espressione serissima.

«Dobbiamo portarla subito da Carlisle», disse, prendendola in braccio con cautela. A quel minimo movimento, Bella spalancò gli occhi, chinando la testa in avanti, in uno spasmo; tossì un paio di volte, poi vomitò sangue. Edward le passò le dita sulla fronte, facendole poi un po’ d’aria con la mano.

«Sssh Bella, va tutto bene. Presto finirà tutto», le sussurrò all’orecchio con fare tranquillizzante, prima di baciarle una tempia. Non potevo sopportare di vederlo comportarsi così, eppure non m sentii in diritto di protestare. Lui le stava per salvare la vita assieme al vampiro dottore, e io che avevo fatto per lei? L’avevo fatta braccare da Victoria, l’avevo fatta ridurre in fin di vita.

Vidi Edward lanciarmi un’occhiata indecifrabile, e mi sentii completamente inutile. All’improvviso, sentii come se tutto il mio mondo crollasse, schiacciandomi il cuore.

Che senso aveva per me, restare lì? D’altronde, non volevo nemmeno lasciare Bella…

«Seguimi, in direzione nord», disse Edward frettoloso, levandosi in piedi con Bella tra le braccia. Un secondo dopo, era già sparito.

Mi trasformai in fretta, in modo da non perdere la sua traccia e gli corsi dietro, a tutta velocità.

Fu davvero facile seguire la puzza di vampiro, perciò lo raggiunsi in pochi secondi. Sam, Jared ed Embry – sentii – si erano già occupati della rossa; un problema in meno.

Raggiungemmo il covo dei succhiasangue in pochi minuti, anche se a me sembrò di aver sprecato ore; non facemmo nemmeno in tempo a saltare oltre il fiume che il dottore biondo ci venne incontro.

Mi ritrasformai, senza dare troppo peso al fatto che fossi completamente nudo, gli occhi fissi su Bella che veniva posta tra le braccia dell’altro vampiro.

«Carlisle, temo che sia grave. Ha la spina dorsale a pezzi, i polmoni danneggiati», spiegò Edward ansioso, mentre salivamo al primo piano di quella enorme villa bianca.

«Il battito è debolissimo», disse Carlisle, controllando il polso di Bella. Era diventata bianchissima, e mugolava qualcosa di indecifrabile. Tremava ancora.

Entrammo in una stanza che assomigliava molto ad uno studio medico: aveva le pareti nascoste da scaffali pieni di libri, c’era una scrivania e, al centro della stanza, un lettino alto da ambulatorio, ricoperto in pelle nera.

Vi posarono sopra Bella, che lanciò un grido non appena la schiena le entrò in contatto con la superficie. Mi avvicinai fulmineo a lei, sistemandomi al lato opposto a Edward e al dottore, posandole una mano sulla fronte. Era sempre più gelida, e faceva sempre più fatica a respirare. La stavamo perdendo. Carlisle le infilò una mascherina con l’ossigeno, mentre le sfilava la giacca e la felpa, scoprendo la camicia insanguinata. Victoria l’aveva presa a calci…

«Non sopravvivrà con ferite del genere, Edward», sussurrò Carlisle, chiudendo gli occhi addolorato. Un brivido mi percorse la schiena, violento, e fissai lo sguardo sul dottore. Il dolore mi si schiantò addosso e abbassai gli occhi sul viso cadaverico di Bella, il suono del suo cuore zoppicante che mi riempiva le orecchie.

«Deve esserci un modo per salvarla», mormorai, iniziando a tremare. Era un misto di rabbia e dolore, quello che scuoteva il mio corpo.

«Uno c’è, in effetti», rispose il dottore, guardando prima me e poi Edward. Quest’ultimo si irrigidì, la mascella tesa, e dopo qualche secondo scattò.

«È proprio per questo che l’ho lasciata! Per non arrivare a questo punto!», tuonò la sanguisuga, probabilmente in risposta a un pensiero del dottore. Che stava dicendo? «Non ti aspetterai davvero che…».

«Non hai molto tempo, Edward. Devi scegliere», lo interruppe Carlisle, teso.

«Non riguarda solo me», replicò Edward, gelido, indicandomi con un cenno del capo. Mi sentii preso in causa.

«Scegliere cosa?», domandai, aggrottando le sopracciglia, mentre il mio sguardo si spostava velocemente dal dottore a Edward, da Edward al dottore.

Carlisle mi guardò, serio. «Vedi Jacob, per farla breve… Bella sta per morire, è in condizioni troppo gravi. L’unico modo per salvarla sarebbe morderla», mi spiegò, deciso. «Farla diventare un vampiro», aggiunse poco dopo, rincarando la dose.

Fu in quell’istante esatto che il mondo mi crollò addosso.

Mentre le orecchie mi si riempivano di un ronzio insopportabile, nella mia testa si materializzò un’immagine che mi fece rabbrividire: Bella, la mia Bells, pallida e dalla forza sovraumana, una bellezza terrificante e due occhi rossi come carbonelle ardenti. Un moto di nausea mi partì dallo stomaco, e dovetti fare una fatica immane a ricacciare indietro la bile.

Quella fu la mia prima reazione, dettata dall’istinto, il mio istinto di licantropo… nemico mortale di ciò che Bella sarebbe potuta diventare.

D’altra parte, il cuore mi gridava: “cosa te ne frega?!”.

Era vero. Cosa sarebbe cambiato, da parte mia, se Bella fosse diventata un vampiro?

Nulla, assolutamente nulla; i miei sentimenti, l’amore nei suoi confronti… non si sarebbero smossi di un centimetro, ne ero certo. O forse no. Insomma, come potevo esserne sicuro se avevo provato repulsione al solo pensiero?

Eppure, pensare alla possibilità di vivere in un mondo senza di lei… era qualcosa di assolutamente inconcepibile.

Ma era pur vero che, anche se fosse sopravvissuta, tra noi non sarebbe più stato lo stesso: primo perché, dopo tutto quello che le era successo a causa mia, mi avrebbe odiato per sempre – dubitavo, comunque, allo stesso modo in cui io odiavo me stesso per quello che le avevo fatto; secondo perché conoscevo benissimo le storie sui vampiri “neonati”, creature incontrollabili, macchine assassine che, sino a un anno dalla trasformazione, non pensavano a nulla che non fosse sangue. Sangue, sangue, sangue.

E se lo stesso fosse capitato a Bella? Se, nel suo annebbiamento da sete da neo-vampira, avesse desiderato uccidermi? Magari non avrebbe desiderato il mio sangue, ma uccidermi sì, perché ero suo nemico naturale. E probabilmente lei, nel suo istinto di “violenza primordiale”, mi avrebbe visto come una creatura da distruggere… e, ciliegina sulla torta, si sarebbero creati un sacco di casini col branco per l’infrazione del patto, secondo il quale ai Cullen era categoricamente vietato mordere – quindi, trasformare – un essere umano.

Ma il fatto che a Bella fosse stata concessa la possibilità di sopravvivere era la cosa più importante di tutte, la priorità assoluta. Tutto il resto sarebbe venuto dopo.

«Non preoccupatevi per il branco, ci penserò io. Trasformatela», sussurrai, gli occhi puntati su Bella. Non appena pronunciai quelle parole mi sentii come svuotato. Come se avessi dato via tutto ciò che avevo.

Sentii il respiro scioccato di Edward. «Cosa?! Jacob, ti rendi conto—».

«Abbiamo forse un’altra scelta? Io non posso stare senza di lei, tu nemmeno, immagino, quindi stai zitto e fai ciò che devi!», ringhiai, sporgendomi verso Edward, furioso. Perché perdeva del tempo così?

«Edward, il battito sta diminuendo», gli fece notare Carlisle, concitato.

Strinse un pugno, ringhiando. «Dannazione», imprecò. Con una mossa fulminea afferrò un braccio bianco di Bella e se lo portò a pochi centimetri dalle labbra.

Deglutì, trattenendo il respiro e serrando gli occhi. Carlisle gli posò una mano sulla spalla, come per fargli forza, nello stesso istante in cui io stringevo la mano a Bella, preparandomi alle urla che sarebbero uscite dalle sue labbra viola. Posai la fronte contro la sua, digrignando i denti, dentro di me un tormento inimmaginabile.

«Bells, mi senti? Sono Jake. Non ti preoccupare, amore, presto starai bene. Diventerai tanto forte, così tanto che non avrai più bisogno della mia protezione». Sarai così diversa che non mi vorrai più al tuo fianco, aggiunsi mentalmente. «Sono qui Bells, non ti lascio, piccola. Ti amo Bells, ti amo tanto», mormorai, con un groppo in gola.

Un secondo dopo, i canini di Edward affondarono nel braccio di Bella; fu in quel momento che sentii il mio cuore strapparsi definitivamente, ridursi in briciole.
Mentre sentivo ciò che avevo nel petto dissolversi, il cervello si riempì della certezza assoluta che, da quel momento in poi, nulla sarebbe più stato come prima.


Angolo autrice.
Come prima cosa, sono necessari un paio di chiarimenti :)
Ricordate Eyes On Fire, capitolo quindicesimo? Bella rincorre Jacob – trasformato in lupo – nella foresta, dopo che lui l’ha lasciata, a causa del ritorno di Edward.
La Tonna incontra Victoria nel bosco, che la massacra, ma Jacob e Edward riescono a salvarla.
Anche se non lo scriverò, ciò che Victoria infligge a Bella – ovvero, i danni che reca al suo corpo – in questa storia è qualcosa di più critico. Le spezza la schiena, quasi le schiaccia i polmoni e la prende a calci nella pancia, provocandole un’emorragia.
Inoltre, non aiuta il fatto che Edward e Jacob si trovano lontani da lei, quindi ci mettono un po’ a raggiungerla; inoltre, Victoria li depista, assieme al branco, con scie false, e il tempo in tutto quel casino scorre, aggravando le condizioni di Bella.
Tanto che, come avrete letto, è necessario trasformarla (brave, ci avete preso tutte! XD).

E adesso che succederà? Non lo so :D

Metti caso Bella scegliesse di tornare con Edward e vivere coi Cullen – dopotutto, adesso ha tutte le carte in regola per fare una cagata-ehm, cosa simile ^^ –… chi si offre come contentino di Jake?! *.* Le iscrizioni sono aperte! (tanto ci sono io in testa, muahah >:3).
Okay, fine momento scleroso! Intanto, se volete vedere una specie di copertina di Eternal Moonglow, cliccate QUI! :D

Ora, passiamo alle risposte alle recensioni e ai ringraziamenti **
 
marpy: Diciamo che ritrovarsi è sempre un’emozione per tutti :3 E presto capirai un po’ di più in questa storia… come si comporterà Bella? Mah, vedremo ;)
Ti ringrazio di cuore, come sempre sei troppo gentile, Marpiuccia cara! ^w^ Un bacione :*


 Rein94: La tua curiosità è stata assecondata, anche se solo in parte :P Devono succedere ancora tantissime cose, questo è solo l’inizio… spero che questo capitolo ti abbia invogliato a continuare a seguire questa storia :)
Comunque, grazie mille per la recensione, apprezzatissima come sempre :3 Alla prossima! Un bacione :*

 Sei_Nel_Anima 2oo9: Beh, penso che per Jake non sarà affatto facile, anche se Bella sopravvive… uffa, critico tanto la Meyer per come la fa soffrire e guarda che cosa gli infliggo, povero cucciolo ç_ç sono un mostro! *si auto-flagella*
Ehm, okay… o_o cooomunque, ti ringrazio per l’entusiasmo con cui hai accolto questa nuova storia :D Sei troppo dolcina >3< Alla prossima! Un bacione :*

 Kukiness: Spero che questa piccola fettina di bistecca, per ora, non l’abbia delusa, signorina ;) hai ragione, sai, c’è tanta carne al fuoco, e siamo solo l’inizio… spero che questo capitolo non ti abbia fatto passare la voglia di seguirmi e vedere che succederà :) Alla prossima, un bacione :* (e grazie di cuore per la correzione nell’introduzione!)

_Starlight_: Mia topina francesinaaa *_* smettila di auto-flagellare la tua carne sacra >< Sono troppo felice che, questa volta, mi recensirai dall’inizio *w* Olèèè! *me salta di gioia senza ritegno*
Mwahaha, voglio proprio vedere quali saranno i tuoi commenti a riguardo di questo God Of Sex POV che non mi soddisfa per niente =w= guh :P
A pvesto ammove, ti voglio bèèène! E anche tu aggiorna, okay?! è_é Bacionè <3

 

 Cassandra_Wolf: Spero con tutto il cuore di non deludere le tue aspettative, e spero anche che questo primo capitolo ti sia piaciuto. Sei troppo gentile, grazie mille :3
Alla prossima, un bacione! :*

 

 mammasaura: Errr, purtroppo ho postato dopo una settimana – esatta, fantastico *_* - come vedi, ma spero che tu sia riuscita a chiarirti le idee, almeno un po’ ;)
Grazie mille per la recensione ^^ Alla prossima, un bacio :*

E ora ringrazio le 9 persone che hanno aggiunto questa storia tra i preferiti, le 9 tra le seguite (ma lol xD) e l’una persona a quelle da ricordare *-* Troppo dolciosi!

Ovviamente ringrazio anche chi legge soltanto, è sempre un piacere vedere che comunque la mia storia viene letta ^^

Ora fuggo che debbo fare matematica, domani ho la verifica =w=
Al prossimo capitolo, people! (Y)
Un bacione,

Bea (che è riuscita a superare la sua prima delusione sentimentale… viva me! XD)
Mwahahah, suka stronzo ù_ù
*piccolo sfogo personale*
Per il resto... PEACE AND LOVE TO EVERYONE (Y)

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Capitolo 3
*** Essere Jacob Black fa schifo ***


Dopo il primo morso, ne seguirono altri

Eternal Moonglow
capitolo 0
2:

Essere Jacob Black
fa schifo
- Jacob Black pov -

 

 

 

 

Dopo il primo morso, ne seguirono altri.

Le dita della mano di Bella, in reazione ad un morso che le aveva inferto Edward sul polso, si erano distese e il palmo si era allargato in maniera raccapricciante. Lo stomaco mi si rivoltò.
Il succhiasangue iniziò a morderla dappertutto: sulle caviglie, sulla gola, nella piega all'interno del gomito, sul collo; sussultavo ogni volta, temendo che potesse perdere il controllo e potesse provare il desiderio di salassarla. Ma il suo sguardo era fermo, deciso; la sua volontà di salvarla sembrava inattaccabile, così forte da resistere persino al sapore e all’odore del sangue.
Oltre la paura, a farmi trasalire era il dolore provocato da ogni coltellata al cuore che avvertivo tutte le volte che la pelle di Bella veniva sfregiata dai canini di Edward.
A triplicare il dolore, arrivarono le urla di lei, provocate dal veleno: non sapevo quanto tempo fosse passato, ma la osservavo muto, disperato, mentre si dimenava urlante sul lettino.
Con la coda dell’occhio, vidi Edward che si appiattiva ansimante contro al muro, deglutendo. Aveva l’espressione stanca, il volto cereo.
«Ottimo lavoro, Edward», disse Carlisle, in tono di approvazione, dandogli una pacca sulla spalla. Lui non rispose ma strinse gli occhi, portandosi una mano alla gola. Carlisle lo guardò comprensivo.
«Stai bene, figliolo?».
«I-Io ho bisogno di uscire un attimo», disse a voce bassa. Mi guardò. «Ti porto qualcosa da indossare», mormorò, uscendo dallo studio. 
«Cos’ha?», domandai a Carlisle.
Il dottore sospirò. «È molto provato, anche se è riuscito a non farle del male. Mordere un umano e resistere alla tentazione di berne il sangue è difficile, ma per Edward lo è stato il doppio», spiegò, mentre toglieva la mascherina a Bella.
Non gli chiesi il motivo, non mi interessava. Mi piegai di nuovo col busto sopra di lei.
Aveva il volto increspato in un’espressione di immane sofferenza e di tormento; dagli occhi serrati sembrava che stesse piangendo, ma non uscivano lacrime.  

Forse il dolore era troppo anche per quelle.
Strinsi la sua mano più forte che potei, ancora.

«Bella, amore, sono qui. Sono Jacob. Presto finirà tutto, te lo giuro. Resisti, amore mio», le sussurrai frenetico all’orecchio, sperando che mi potesse sentire; pregando che le mie parole si facessero spazio attraverso il dolore che in quel momento la stava travolgendo e potessero esserle di conforto.
Ma l’unica cosa che ottenni in risposta furono le sue grida.
In quel momento rientrò Edward; in mano teneva un paio di pantaloncini beige e una maglia polo nera.
«Tieni», disse atono, porgendomi i vestiti. Arricciai il naso, disgustato, e mi alzai per prenderli.
Puzzavano di vampiro.
«Grazie», dissi, secco. Li indossai in fretta, cercando di non concentrarmi sull’odore terribile che emanavano, poi tornai vicino al lettino che era la pira di Bella.
Richiusi la sua mano tra le mie.
«Vuoi sederti, Jacob?», domandò il dottore, indicando una poltrona lì vicino e guardandomi con compassione.

Lo squadrai qualche istante, perplesso. Perché tanta… gentilezza? Decisi di lasciar perdere.
«Grazie», mormorai, prendendo la poltrona e avvicinandola al capezzale di Bella.
Edward non disse nulla. Si limitava a guardarmi, le braccia incrociate e la schiena appoggiata al muro. Negli occhi, uno sguardo indecifrabile.

Mi chiesi come mai fosse così calmo e permissivo nei miei confronti, perché lasciò che restassi così, accanto a Bella, senza smuovere proteste. Aveva sicuramente letto nella mia testa ciò che avevo pensato, eppure continuò a rimanere in silenzio.
Ci pensai su, e la risposta arrivò da sola. Certo, era ovvio.
Anche Edward sapeva che, dopo la trasformazione, per me e Bella sarebbe stato impossibile recuperare ciò che avevamo costruito prima che lui tornasse. Perciò mi stava concedendo di stare con lei finché non avesse provato il desiderio di uccidermi.
Questo pensiero scatenò una rabbia indicibile, dentro di me.

«Ho sentito Alice, prima. Arriverà in serata con Jasper, Emmett, Esme e Rosalie», intervenne Edward, come se nulla fosse, rivolto a Carlisle. «Pensava che ci sarebbe servita una mano con Bella».
Carlisle annuì, meditabondo.
Perfetto. La magnifica famiglia di vampiri stava arrivando, al completo.

Dopo quel pensiero, più nulla. Posai di nuovo lo sguardo sul volto sofferente di Bella e non mi mossi più.
Come se attorno a me fosse sparito tutto quanto, o scorresse in maniera talmente lenta – come a rallentatore – da sembrare immobile; come se il tempo si fosse fermato.
Ero circondato da un gran silenzio, riempito soltanto dalle urla di Bella. Mi sentivo come vuoto, mentre la consapevolezza che l’avrei persa mi consumava lentamente, spietata. Come se mi servissero quei giorni in cui Bella sarebbe stata “assente” per prenderne pienamente coscienza.
Nonostante ci vedessi benissimo, i miei occhi sembravano coperti da un velo nero spesso, che mi impediva di percepire ciò che c’era attorno a me.
La testa e il cuore scoppiavano di emozioni e pensieri che mi stavano distruggendo.
Sentii a malapena la battutina della vampira dai capelli neri: «Abbiamo comprato un cane?». Non ebbi nemmeno la forza o la voglia di risponderle: era come se sentissi che tutto quello che c’era non aveva senso. Era uno sforzo immane reagire a ciò che cercava di penetrare l’involucro di silenzio e passività nel quale mi ero rinchiuso.
Restavamo io e Bella agonizzante, e le sue grida indistinte che crescevano un secondo – che aveva la durata di un’ora – dopo l’altro.
Era quello che si prova quando tutto il tuo mondo cade a pezzi? Forse anche Bella si era sentita così quando il succhiasangue l’aveva abbandonata… quando anche io l’avevo lasciata.
Come avevo potuto infliggerle un dolore simile? Come avevo potuto respingerla in maniera così… tremenda, dopo aver sentito “ti amo, Jacob” uscire dalle sue labbra? Come avevo potuto essere così dannatamente idiota?
Quei ricordi accrebbero il bruciore che mi arrivava direttamente dal cuore, perciò smisi di pensarci, e tornai con la mente al presente. Mi concentrai sul viso di Bella.
Stonk, il cuore.
I miei occhi, più sensibili rispetto a quelli umani, assorbirono l’immagine del viso di Bella che, incredibilmente, cominciava a cambiare. Non era lo stesso di un tempo infinito prima. I suoi tratti si stavano modificando, raffinandosi, perfezionando il suo viso incorniciato da una folta massa di capelli che tendevano al nero – non erano del suo colore naturale.
La mia Bells stava svanendo lentamente.
E rimasi sorpreso anche quando mi accorsi che l’avevano cambiata. I suoi vestiti insanguinati e sporchi di terra erano spariti, e il suo corpo esile era stato fasciato da un tubino nero, elegante, per niente nel suo stile. L’avrebbe odiato, ne ero certo.
Rabbrividii, poi, quando mi resi conto che il pallore che iniziava a notarsi sulle braccia, sulle gambe e sul suo volto non era il suo solito candore: era diverso, qualcosa di più soprannaturale. Vampiresco.
Inoltre, la sua mano stava diventando sempre più fredda e vellutata, granitica.
Non era la mano piccola e morbida che avevo stretto tante volte, che aveva sfiorato il mio volto e la mia pelle nel periodo in cui eravamo stati insieme.
Mi rinchiusi di nuovo nel mio involucro, fissandomi ancora sul suo viso, il mio sguardo che si assentava.
Qualcosa di freddo mi strinse la spalla, all’alba del terzo giorno, ma ero così preso a fissare Bella che non mi mossi di un centimetro. Al diavolo l’istinto di licantropo.
«Jacob», mi chiamò il dottore, a voce bassa. «Penso che tra poco Bella riprenderà conoscenza, ma avrà sete. Sarebbe opportuno che tu non ti facessi trovare qui…».
Capii subito a cosa si riferisse. «Dottore, il mio odore la disgusterà, quindi non penso che vorrà mangiarmi», replicai, continuando a guardare Bella: non si agitava più, e aveva smesso di urlare. Era perfettamente immobile.
«Nelle tue vene comunque scorre del sangue», mi ricordò, comprensivo. «Inoltre sei un licantropo, e il suo istinto… insomma, potrebbe non reagire bene. Ti vedrebbe come un suo nemico, e i vampiri così giovani, oltre ad essere molto forti, sono molto imprevedibili. Non sappiamo come si comporterà».
Qualcosa dentro di me si spezzò.

Quindi, era vero. Saremmo davvero arrivati a quel punto? Allora non ero solo pessimista io… ciò che avevamo vissuto quando lei era ancora umana, a prescindere da ciò che le era successo per colpa mia, davvero non contava più nulla? I suoi sentimenti erano scomparsi con la sua umanità? Erano stati incendiati dal veleno?
Cercai di dare un contegno alla mia espressione, e ci pensai su qualche secondo, stavolta guardando Carlisle.
«Bella non mi farebbe mai del male, neanche adesso», affermai, sicuro. Carlisle mi guardò, compassionevole. Mi mandò la bile al cervello.
«Jacob, mi piacerebbe poterti dire che hai ragione, ma per ora  non ne abbiamo la certezza. Forse Bella ti riconoscerà, e saprà controllarsi… ma purtroppo, non sappiamo se andrà davvero così. Non vorrei che poi ti facessi del male». I suoi occhi – non lo credevo possibile – si indurirono in un’espressione così sincera che mi colpì.
Guardai da un’altra parte. «A te che importa di me?».
Dalle sue labbra bianche uscì una risata debole. «So che può sembrarti strano, ragazzo, ma… ecco, provo una specie di gratitudine nei tuoi confronti. Ho sempre considerato Bella come una figlia, e abbandonarla ha recato dolore anche a me. Il punto è che, a quanto mi hanno detto, Bella avrebbe potuto morire in molteplici situazioni, ma è grazie a te se non le è successo niente». Ero pronto a replicare, ma tutto d’un colpo mi mancò la forza.
«Non è vero che non le è successo niente», soffiai, le spalle abbassate, guardando stancamente il volto pallido e stupendo di Bella. «È colpa mia se è in queste condizioni… l’ho strappata a Charlie, alla sua vita, ai suoi amici… non che ci passasse molto tempo, è vero, ma l’ho comunque privata della sua umanità».
«Non è stata colpa tua, Jacob», affermò Carlisle con fermezza, e qualcosa mi disse che non sapeva con quali ”prove” sostenere ciò che aveva appena detto. Invece, poco dopo, parlò.
«Gli eventi hanno preso il sopravvento, e purtroppo sei stato costretto a una scelta», disse, posando di nuovo la sua mano fredda sulla mia spalla. «Sono certo che Bella ti sarà grata per averle salvato la vita ancora una volta».
«È stato Edward a salvarla, non io», mugugnai, per nulla convinto dalle sue parole. «L’eroe della situazione è il succhiasangue: io sono il cattivo, la ragione per cui è stata aggredita da Victoria. Se solo mi fossi accorto che mi aveva seguito nella foresta, se fossi stato meno impulsivo… tutto questo non sarebbe successo», dissi, stringendo i pugni e digrignando i denti.
Carlisle sospirò. «Il dolore e la rabbia posso portarci ad essere impulsivi… Hai reagito in maniera perfettamente normale, Jacob».
Emisi uno sbuffo strano, misto a un ringhio.

«La pianto di lamentarmi con te, tanto saprai sempre come darmi torto, dire che sono pulito e che non ho fatto una stronzata».
Il dottore ridacchiò, sedendosi accanto a me.

«Dico ciò che penso, e sei liberissimo di non credermi… ma, davvero, non penso che tu sia cattivo. Hai voltato le spalle ai tuoi principi, permettendo a mio figlio di salvare la ragazza che ami. Trovo che sia davvero ammirevole da parte tua».
Sbuffai, fissando lo sguardo per terra. «Se per questo ho anche voltato le spalle ai miei fratelli, e ho combinato questo casino senza il consenso di Sam. Lo sai che tutto questo scatenerà una guerra, vero?». Mi voltai a guardarlo, ma il suo volto era ancora sereno.
«Vedi, Edward mi ha spiegato un paio di cose… mi ha detto che, leggendoti nella mente, ha scoperto che dovresti esserci tu a capo del branco, e non Sam».
Dallo stomaco mi salì un moto di irritazione nei confronti della sanguisuga leggi-cervelli, ma decisi di lasciar correre. «E questo cosa centra?».
«Beh, a rigor di logica, essendo tu l’erede di Ephraim e il vero alfa del branco… hai avuto il pieno diritto di concederci una deroga al patto per salvare la vita a Bella», mi spiegò, e sembrava rincuorato dalle sue stesse parole. Ci riflettei su qualche secondo, e mi accorsi che non era un’ipotesi del tutto sbagliata. Forse una speranza di mantenere il patto ancora integro c’era, ma ne avrei parlato a Sam in seguito. Comunque, sorrisi a Carlisle.
«Sì, forse hai ragione».
Il dottore mi sorrise di rimando, guardando fuori dalla finestra.
«Manca poco», sussurrò, e i suoi occhi sfiorarono la figura immobile di Bella, poi passarono a me. Guardai da un’altra parte, torvo.
«Non posso starle lontano, dottore… se non mi vorrà più vedere me lo dirà lei, nel caso sarà nella lucidità di farlo… e lo accetterò. Ma non posso, davvero», dissi a voce bassa, alzandomi e chinandomi su Bella per sfiorarle i capelli ormai neri.
«Ti capisco, ragazzo, ma è pericoloso per te».
«Non mi importa», soffiai, ostinato. Carlisle sospirò, dispiaciuto. Rimanemmo in silenzio qualche istante, poi il dottore parlò.
«Ascolta, Jacob:i neonati sono meno volubili quando sono sazi, perciò, se proprio vuoi vedere Bella, prima sarebbe opportuno portarla a caccia. Intanto che è fuori, potresti approfittarne per andare a discutere del patto con Sam», propose Carlisle, sorridente.
«E chi mi assicura che tuo figlio non ne approfitterà per portarmela via? Non aspetta altro», dissi, riducendo gli occhi a due fessure e guardando il dottore con diffidenza.
«Io. Andremo a caccia con lei, l’aiuteremo, e quando sarà un po’ più stabile, te la riporterò qui».
Storsi le labbra.

«Preferisci me a tuo figlio?», chiesi, incerto.

Non seppi in quale altro modo buttare giù la domanda.
«Sto solo cercando di essere corretto nei tuoi confronti, Jacob. La questione tra te e Edward non mi riguarda, e la risolverete tra di voi. Ma, a quanto ho capito, sei molto importante per Bella, e farle credere, che so, che sei sparito sarebbe ingiusto anche verso di lei», mi spiegò Carlisle, stringendo una mano a Bella, con affetto.
Per qualche strana ragione, riuscii a credere alle sue parole, e la certezza che avrebbe mantenuto la promessa si consolidò nella mia testa.
Non avrei mai pensato di poter provare qualcosa di simile alla riconoscenza per un succhiasangue, eppure il moto di simpatia che provai nei confronti di Carlisle era qualcosa di molto analogo alla gratitudine.
«Grazie Carlisle, davvero», dissi, fissando i suoi occhi dorati, incredibilmente sinceri. Il dottore si avvicinò a me, e quando mi fu di fronte posò entrambe le mani sulle mie spalle, con fare quasi paterno. Mi irrigidii per un istante.
«Figurati, ragazzo. Anzi, grazie a te», rispose, sorridendomi. Poi infilò una mano nella tasca e ne estrasse un cellulare. Mi porse l’oggettino nero.
«Ti telefonerò quando saremo tornati», disse, serio.
«Edward lo sa?», domandai, mentre prendevo il telefonino e me lo infilavo in tasca.
«Sì, ne ho già discusso con lui», rispose, tranquillo. Quando vide la mia espressione incerta, ridacchiò. «Non ti preoccupare, anche Edward ha convenuto che è la scelta più giusta nei confronti di Bella. Gli ho spiegato come la pensavo e ha capito, anche se, sono sincero, non ne è entusiasta».
Ghignai. «Ma che strano», lo schernii, e sentii un ringhio provenire dal piano di sotto. Sorrisi, emettendo un verso stizzito con la lingua. «Come siamo permalosi».
Carlisle alzò gli occhi al cielo, senza nascondere un sorriso.
«Dai, vai Jacob. E buona fortuna col branco», mi augurò, guardandomi deciso.
«Tornerò appena posso», e, dal tono in cui lo dissi, sembrava quasi un avvertimento, ma più nei confronti di Edward che in quelli di Carlisle. Lo capirono entrambi.
Mi avvicinai nuovamente a Bella, trattenendo il respiro e baciandole di sfuggita le labbra ghiacciate, chiedendomi se avrei potuto farlo di nuovo; poi mi chinai, sussurrandole un «ti amo» all’ orecchio. Studiai il suo volto perfetto per un istante infinito, mentre una fitta mi trapassava il cuore. Poi, andando contro l’aspettativa del dottore, mi lanciai fuori dalla finestra, accennando un saluto a Carlisle mentre prendevo la rincorsa.
Quando i miei piedi toccarono la terra umida e l’aria fresca mi riempì i polmoni, mi sentii un po’ meglio, come rigenerato, lontano dalla puzza di vampiro. La frescura dell’alba mi aiutò anche a riacquistare un po’ di lucidità, e tentai di concentrarmi, lo sguardo fisso all’orizzonte frastagliato dalle ombre ancora scure degli alberi.
Dovevo parlare con Sam, col branco. Sapevo che non l’avrebbero presa bene, ma dovevo fare di tutto per impedire che scoppiasse il putiferio a seguito dell’infrazione del patto.
In più – mi era appena tornato in mente – avrei dovuto rendere conto anche di Charlie; Bella mancava da tre giorni, e lui aveva sicuramente perso la testa. Chissà se aveva provato a cercarmi a casa, o a telefonare a Billy. Mio padre. Avevo cacciato nei guai anche lui…
«Accidenti», imprecai, tra me e me. In quelle settantadue ore si era creato un casino dopo l’altro, era andato tutto a rotoli. Ma, forse, certe cose si sarebbero sistemate.

Adesso dovevo solo aspettare di vedere che cosa sarebbe andato completamente in pezzi.

Il mio cuore, sotto quell’aspetto, era già a buon punto; mi sentivo completamente vuoto, insensato. Dubitavo che sarei potuto peggiorare ancora, anzi, mi sforzavo di credere che non sarebbe potuta andare peggio di così.
Ovviamente, tutti i miei pensieri convogliavano in uno sovrano: Bella.
Ma non era il tempo di pensarci e soffrirci ulteriormente; dovevo salvare il salvabile, e parlare col branco, in quel momento, era la priorità assoluta.
Feci un respiro profondo, voltandomi ancora una volta con lo sguardo in direzione della casa, chiedendomi se, la prossima volta che ci sarei entrato, ne sarei uscito completamente distrutto o con un barlume di speranza che, in quel momento, non riuscivo proprio a cogliere.
Respirai profondamente ancora una volta, e mi voltai di nuovo verso la foresta.

Trovai il modo di allacciare i pantaloni alla caviglia, in modo da mantenere integro il cellulare di Carlisle, poi lasciai che il calore mi invadesse e sciogliesse i miei muscoli, trasformandomi con uno strappo nell’altro me.
Con uno scatto repentino, mi fiondai nella vegetazione, diretto a La Push. Mi sembrò di correre alla velocità della luce, ma, probabilmente, non ero ancora abbastanza lontano da quella cripta maledetta, perché mi parve di sentire qualcosa provenirne dall’interno. Qualcosa che mi fece incomprensibilmente sussultare.
Ma forse, quella voce tanto familiare – ma in un qualche modo sconosciuta, nuova – l’avevo solo immaginata.



 

 

 

 

Angolo autrice.

Sì, sì, sì! Finalmente ce l’ho fatta ad aggiornare *-*
Sono incredibilmente di fretta, quindi spero vogliate perdonarmi se non vi ringrazierò una ad una, ma il tempo stringe ç_ç
Ringrazio col cuore in mano le ragazze stupende che hanno recensito lo scorso capitolo (più di un mese fa -.- perdonooo twt) e tutti quelli che continuano a inserire questa storia tra le preferite e le seguite. Ve ne sono grata, davvero!

Non pensò che aggiornerò fino alla fine della scuola, primo perché ho un’ispirazione pari a zero (mi chiedo come farò col contest a cui sono iscritta, buuuh ç_ç) e perché devo impegnarmi al massimo per recuperare ciò che ho sotto, e non sarà facile.

Ancora, vi ringrazio infinitamente, per tutto.
Un bacio grande grande,

Bea :3

 

 

(ps: a chi fosse sfuggito, chiarisco che il sussurro che sente Jake è di Bella ^^ chissà che avrà detto la nostra neo-vampirozza… boh! :P)

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Agonia ***


Eternal Moonglow

Eternal Moonglow
capitolo 0
3:


Agonia


Bella

Il mio corpo era dominato da un dolore che non mi lasciava via di fuga, nemmeno se provavo a concentrarmi per cercare di sopportarlo, usando tutte le mie forze.
Si era fuso con la mia carne, mi era penetrato nelle mie ossa, le stesse ossa che sentivo andare in pezzi come il resto di me. Quella sofferenza mi aveva annebbiato, lasciandomi senza forze. Ero precipitata in un baratro nero, in cui non vi era nulla se non il dolore.
Eppure, allo stesso tempo ero perfettamente lucida, in grado di ricordare gli ultimi avvenimenti.
Ma ciò non faceva che provocarmi altro dolore.
Vedevo il viso perfetto di Edward che implorava il mio perdono.
Vedevo la delusione straziante e la rabbia negli occhi di Jacob, mentre mi diceva addio.
Vedevo il ghigno mostruoso di Victoria, a pochi centimetri da me, che già si stava pregustando la mia morte per mano sua.
Ecco perché ero lì, in mezzo a quella tortura.
Victoria mi stava uccidendo. Stavo morendo.
Morivo, ma non me ne importava niente. Nulla avrebbe avuto più importanza da quel momento in avanti, perché non c’era Jacob. La vampira che continuava a infierire contro il mio corpo, anche se non lo sapeva, mi stava facendo un regalo.
Non avrei sopportato di vivere senza Jacob. Era tutto finito, ormai.
Improvvisamente, l’oscurità davanti ai miei occhi si diradò pian piano, e un’ombra indistinta mi aleggiò di fronte. Strinsi le palpebre e le riaprii, trovandomi il viso di Victoria a pochi centimetri di distanza. Mi stava tenendo per il bordo della giaccone, spingendo il mio corpo contro qualcosa di ruvido e duro, probabilmente la corteccia di un albero.
Sentivo il mio respiro affannato e riempire lo spazio che separava i nostri volti.
Chinò la testa da una parte, piegando le labbra in un sorriso maligno, spietato, e mostrò i denti, lustrandosi i canini con la punta della lingua.
Vedevo già il mio corpo straziato da un veleno al sapore di vendetta.
«Addio, Bella», mormorò, ringhiando sulle ultime sillabe in prenda all’impazienza.
Il panico che scaturì da quelle parole fece nascere un grido in fondo alla mia gola, che uscì senza che potessi impedirlo. Urlai, per un secondo. Poi persi i sensi, all’improvviso, e tutto si fece buio.
Di nuovo, non c’ero più. Ma stavolta era diverso.
Non capii se Victoria aveva già iniziato a torturarmi, a lacerare più parti di me che poteva. Ero in uno stato di incoscienza totale: come se sapessi che esistevo ma in realtà non esistessi. Come se la vampira stesse infierendo contro un corpo vuoto, il mio, e io non avvertissi nulla. O il cielo mi aveva graziato, o ero già morta.
Così era quella, la morte... Un oceano infinito di buio, immenso, senza inizio né fine. Era arrivata così velocemente che me ne ero a mala pena resa conto. Sembrava un’anestesia, o uno svenimento. Era una sensazione veramente assurda: mi sentivo incosciente, ma sapevo di esserlo, ne ero consapevole. Non sentivo niente, non provavo nulla: freddo, dolore, paura… Era un nulla totalmente privo di emozioni.
Il tempo sembrava essersi fermato, e non riuscii a rendermi conto di quanto tempo passai in quello stato.
Ma ad un certo punto, in quel nero sconfinato, qualcosa iniziò a cambiare. Inizialmente avvertii un dolore leggero ma pungente in un punto imprecisato del mio non-corpo, che sembrava corrispondere al polso.
Cercai di muovere il braccio per scacciare quel fastidio, ma non feci in tempo a provare a muovere un muscolo – mi sentivo così pesante – che il dolore si intensificò immediatamente.
Il taglio – immaginai fosse un taglio – iniziò violentemente a bruciarmi, e dal dolore mi mancò il fiato. Sembrava che avesse preso fuoco, un fuoco che dai margini di quello squarcio scivolò nel sangue, come se venisse risucchiato dalle vene. Il tutto nel giro di pochissimi secondi.
Cercai di riprendere il controllo dell’altra mano, per provare a bloccare quell’incendio che continuava la sua corsa per propagarsi in tutto il braccio, ma non ci riuscii. Ma, all’improvviso, il dolore raddoppiò, lasciandomi spiazzata: i focolai si moltiplicarono, facendo arrivare quella sensazione orribile da più parti all’interno del mio corpo.
Era un dolore così intenso, così bruciante e immenso, che avevo l’impressione che il volume del mio corpo si fosse quadruplicato: alta come una montagna ed estesa come una radura. Di certo, tutto quel fuoco non poteva essere contenuto in uno spazio esiguo come me… Era troppo, troppo grande… Poco a poco, con l’aumentare dell’incendio e la sensazione di essere messa al rogo, ritornai ad avere cognizione di me. Mi scoprii improvvisamente lucida e urlante. Stavo urlando, disperata, stravolta, straziata. Mi sentivo sola, in mezzo a quelle fiamme crudeli che mi stavano masticando… e probabilmente era così, perché per quanto gridassi – chiaro segno che volevo essere aiutata – nessuno stava venendo per strapparmi a quell’inferno.
Fatemi morire!, avrei voluto implorare, ma una fiammata sconvolgente che sentii avvampare dai polmoni me lo impedì, col risultato che le mie grida aumentarono di intensità. Tenevo gli occhi serrati, come se le lingue di fuoco mi avessero incollato le palpebre al bulbo oculare, ma sapevo benissimo che, anche se avessi avuto la forza di aprirli, avrei visto il nero spessore delle tenebre che mi avevano inghiottita. Le orecchie mi fischiavano, anche loro bruciavano, ma in mezzo a quel silenzio assordante sentii qualcosa. In maniera ovattata, ma lo sentii, sotto le mie grida.
Era una voce calda, roca, familiare e intrisa di tormento.
Era la voce di Jacob.
«Bells, amore, sono qui».
Sentii gli occhi gonfiarsi di lacrime, e il cuore che stava bruciando, scoppiare.
Jake, il mio sole. Amore mio… Lui c’era, era lì, al mio fianco, come sempre.
Volevo vederlo, vedere il suo volto e parlargli, ma il buio e le fiamme non me lo permettevano.
Ti sento, amore mio. Parlami, ti prego…, lo supplicai, in un pensiero muto.
Parlò di nuovo. «Presto finirà tutto, te lo giuro».
Sto andando a fuoco, Jake. Ti prego, aiutami.
«
Resisti, amore mio». La voce di Jake si perse e l’assenza improvvisa della sua voce mi spaventò. Le sue parole sfociarono in un eco sordo che si dissolse nel nulla.
No, Jacob! NON LASCIARMI!, gridai mentalmente, mentre quella sofferenza insostenibile aumentava di intensità, sconvolgendomi. Precipitai di nuovo nella, completamente inghiottita dalle fiamme.
Non mi sentivo più padrona del mio corpo, né stavo capendo cosa mi stesse succedendo.
Dolore, dolore, dolore.
Era rimasto solo quello, ormai. Forse ero già morta, e mi trovavo nel mio inferno. Forse la voce di Jacob l’avevo solo immaginata… Probabilmente era stata la reazione disperata del mio inconscio per contrastare il dolore e la solitudine, per farmi un po’ di forza.
Pensai al viso di Jacob, mentre le mie urla continuavano a rimbombare in quel nulla soffocante e pieno di tormento, e mi lasciai andare, sconfitta.
Sentivo la mente annebbiata da quello strazio incandescente, e l’unico, ultimo pensiero che riuscii a produrre rimbombò nel nulla, mentre perdevo conoscenza affondando in un dolore infinito.
La vita è difficile, l’eterna dannazione ancora di più.

 

 

Jacob

Ti rendi conto dell’enorme cazzata che hai fatto, Jacob? ringhiò Paul, iniziando a tremare.
Lo guardai, duro. Non ho fatto una cazzata Paul. Cioè, forse sì… ma c’era in ballo la vita della ragazza che amo, e ho fatto la cosa che ritenevo più giusta.
Dici bene, Jacob
, sbuffò Jared. Hai. Hai fatto tutto tu, senza interpellarci!
Non c’era tempo.
Con un cenno, Sam rimise Paul e Jared al loro posto, poi parlò.
Il tuo comportamento non è in alcun modo giustificabile, Jacob Black, e la tua incoscienza è davvero deplorevole, assentì Sam, in tono grave. Jared ha ragione: fai parte di un branco, e prendere iniziative per conto tuo non è accettabile. Siamo tutti affezionati a Bella, Jacob, ma il patto è alle fondamenta della nostra alleanza coi vampiri, e tu l’hai mandato in malora con le tue stesse mani. Hai spezzato l’equilibrio, e ora scoppierà una guerra.
Mi scaldai, iniziando a tremare. Una vita umana è meno importante di uno stupido patto? ringhiai, furioso. Mi piacerebbe vedere cosa avresti fatto tu se al posto di Bella ci fosse stata Emily.
Si sentì punto nel vivo, ed emise un suono basso, minaccioso.
Dimmelo, Sam, avresti davvero lasciato che Emily morisse per onorare qualcosa di fittizio? Non credo proprio.
Smettila immediatamente, Jacob.
Schioccai con la lingua, sprezzante. No, non smetto niente! E’ vero, avrei dovuto parlarvene, e mi dispiace, ma sono contento della scelta che ho fatto, e sono grato a quei vampiri per aver salvato la vita a Bella.
Preferisci una banda di schifosi succhiasangue al tuo branco, alla tua famiglia?
sbottò Jared, gli occhi spalancati. Embry e Quil mi guardavano con compassione, ma un leggero velo di condanna lo notai anche nei loro occhi scuri.
Non preferisco niente a nessuno. Ma mi chiedo come posso considerarvi una famiglia se mi puntate così il dito contro solo perché ho lasciato che le salvassero la vita.
Certo, a una che ti tradisce con uno di loro! Abbiamo visto tutti cos’è successo, Jacob, abbiamo visto come Bella si sia comportata da stronza
, osservò Paul, acido.
Che cazzo centra? Avrei dovuto lasciarla morire per una cosa del genere?
Non lo so cosa avresti potuto fare… ma ora che l’hai salvata, pensi davvero di aver migliorato le cose? Lei è una succhiasangue, tu sei un licantropo: tra voi non potrà mai funzionare. Quindi, praticamente, hai mandato a puttane il patto per niente!
Le sue parole mi colpirono veloci come un proiettile che mi penetrò il cervello. Aveva ragione, dannatamente ragione.
Sì, è vero, ma non conta niente: lei è viva, più o meno, e questa è la sola cosa che conta. Se dovessi rifarlo, lo rifarei dieci, cento, mille volte. Molto probabilmente se ne andranno e la porteranno con loro, e non causerà problemi a nessuno, se è la sua presenza a Forks – visto che è una neonata – che vi preoccupa. Va bene così. Il patto non vale nulla rispetto alla vita di Bella.
Le loro menti liberarono pensieri di discordanza totale, misti a rabbia e incredulità.
Non posso ignorare ciò che hai fatto, Jacob, intervenne Sam, scuro in viso. Hai combinato tutto questo senza il parere dell’alfa. Hai concesso loro una deroga al patto, ma non ne avevi il diritto, mi accusò.
Appena finì di pronunciare queste parole, mi ritornarono in mente il discorso di Carlisle, la deduzione di Edward. Rimisi ogni dettaglio al suo posto.
Sam si stava sbagliando di grosso: io potevo. Avevo il pieno diritto di agire come  avevo fatto, lui era nel torto.
Io ero il vero alfa, l’unico che avrebbe potuto prendere realmente una decisione del genere. Ciò che mi spettava di diritto era troppo importante in quel momento, e fu come se mi piombasse addosso nell’istante esatto in cui producevo quel pensiero. Era la chiave per risolvere quel macello nel modo più pacifico possibile.
Sentii le catene invisibili che mi legavano a Sam e alla sua autorità spezzarsi, nello stesso istante in cui avvertivo una nuova forza crescere dentro di me.
Sapevo cosa fare e nessuno, nemmeno Sam, poteva osare contraddirmi.

 

 

 

Bella

Il peso che mi aveva schiacciato fino a quel momento, spingendomi giù in mezzo alle fiamme e privandomi di ogni consapevolezza di me stessa, iniziò a dissolversi pian piano. 
Ero sospesa ancora nel rogo, ignara di quanto tempo fosse passato – se fosse passato – e anche il dolore immenso era rimasto.
Però non mi sentivo più soffocare: d’un tratto, fu come se ricominciassi lentamente a riavvicinarmi con il mondo al di fuori di me, che sembrava essersi allontanato anni luce, per un lasso di tempo infinito.
Il contatto che riuscì a penetrare lo spesso strato di tenebre da cui ero stata avvolta fu un tocco caldo, che sfiorò la mia mano destra. Inizialmente leggero, sentii quel calore avvolgere tutta la mano, e mi sorprese il fatto che riuscii a distinguerlo e separarlo dalle fiamme che ardevano al di sotto della mia pelle.
Quel tocco tiepido mi ricordò qualcosa, e quel qualcosa fece scattare nel mio cervello una risposta che uscì, automatica, dalle mie labbra serrate.
«Jacob».
Fu tutto quello che dissi, in un sussurro spezzato, prima di venire risucchiata di nuovo dalla solitudine e dal nulla.
Prima che il fuoco che mi stava incendiando crescesse ulteriormente di intensità, rispendendomi nuovamente all’inferno.
In una tortura della quale non riuscivo a scorgere la fine.



Angolo autrice.
Ho pochissimo tempo, perciò sarò breve.
Finalmente sono riuscita a pubblicare dopo un sacco di tempo!

Sono davvero felice, e spero che vi piaccia questo capitolo narrato da entrambi i nostri piccioncini :D
Questo pezzo è stato veramente un parto… ma superato questo scoglio, sono certa che la scrittura e la pubblicazione dei prossimi capitoli filerà più o meno liscia ^^
Di materiale ne ho parecchio, in vacanza ho scritto davvero tanto!
Vorrei ringraziare di cuore Erika (Saorio) che mi ha dato veramente degli ottimi consigli *_*
Ringrazio chiunque abbia letto, recensito, messo tra preferiti, seguiti e “da ricordare”… Insomma, tutte le persone che mi seguono e che apprezzano la mia storia! :)
Ora, ahimè, torno a studiare per gli esami a settembre =_= fatemi un in bocca al lupo! >< (Ovviamente il lupo deve essere Jacob *Q*)

… Okay xD
Grazie di cuore, ancora! <3


Un bacio,

Bea :3

 

Ps: http://www.formspring.me/BlackieGloom Adoro quest’affare! *_*
Perciò, fatemi pure tutte le domande che volete, di ogni tipo… ma non chiedete troppi spoiler, mi raccomando ù_ù


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Capitolo 5
*** Diversa ***


Dopo un tempo infinito, svanì tutto

Eternal Moonglow
capitolo 0
4:

Diversa

 

Dopo un tempo infinito, svanì tutto.
Il dolore, le fiamme, le mie urla. Per qualche attimo prevalse in me la consapevolezza assoluta che ero finalmente riuscita a fuggire da quell’inferno.
Mi sembrò di risvegliarmi da un incubo eterno, la mente completamente sgombra.
E, incredibilmente, molto più spaziosa – o almeno, così la percepivo io. Ero ancora immersa nel buio, ma l’oscurità non mi schiacciava più: avevo soltanto gli occhi chiusi.
Esalai un respiro profondo, che portò con sé tantissime fragranze differenti che riuscii a distinguere perfettamente l’una dall’altra, contemporaneamente.
Quell’ondata di odori mi distrasse, e per un secondo mi dimenticai di riaprire gli occhi.
Eppure avrei potuto farne a meno, perché riuscivo a sentire ogni singolo rumore ed ero in grado di percepire ogni minimo movimento intorno a me.
Incredibile.
Qualcosa – o qualcuno – si mosse alla mia destra, e riprendere padronanza della vista fu istintivo e istantaneo.
Aprii gli occhi, lo sguardo fisso verso l’alto, in una luce abbagliante che non recava alcun fastidio alla mia vista. Nessunissimo fastidio.
Vedevo lo spettro coi sette colori, ogni singolo filamento di luce che fluttuava in quello spruzzo abbagliante. Spostai la mia attenzione sul soffitto costruito in travi di legno, dei quali riuscivo a distinguere ogni singola venatura.
Di nuovo, incredibile.
Mi sentivo come se il mio udito, il mio olfatto e la mia vista non fossero mai stati così percettivi e perfetti prima di quel momento.
Mi sentivo incredibilmente diversa… Eppure ero sempre io.
Quella nuova consapevolezza mi distrasse del tutto, facendomi dimenticare di ciò che mi aveva fatto riaprire gli occhi.
«Bella», sussurrò qualcuno di fianco a me.
Nello stesso istante, qualcosa di caldo mi toccò la mano.
Balzai in piedi, e in un battito di ciglia – me ne accorsi a mala pena – mi ritrovai con le spalle al muro, sulla difensiva. Ma il ragazzo di fronte a me, lo avvertivo, non aveva nulla di pericoloso, e mi sentii sciocca per la mia reazione.
Anzi, lo sentivo incredibilmente simile a me.
Tese, molto lentamente, una mano verso di me, un sorriso rassicurante sul suo volto bellissimo. Qualcosa dentro di me si scosse. Quel volto mi era incredibilmente familiare…
«Bella», ripeté. «Va tutto bene, ora. Non avere paura di me», mi disse, avvicinandosi ancora di più.
Azzardai un passo verso di lui, stendendo il mio braccio per raggiungere la sua mano.
«Così, brava», mormorò dolcemente, mentre le nostre dita si intrecciavano sopra il lettino che era stato la mia pira.
«Chi sei?», gli domandai, fissando i suoi occhi dorati. Lui si avvicinò a me, e la sua dolce fragranza mi inondò completamente.
«Sono Edward, Bella. Non ti ricordi?», domandò, senza smettere di sorridermi.
«Hai un volto familiare», mormorai, toccandogli la guancia senza pensarci. «Ma non riesco a ricordare chi tu sia».
Il suo sguardo si rabbuiò leggermente, dispiaciuto, ma il sorriso non abbandonò le sue labbra.
«Non ti preoccupare, è normale. Immagino che tu ti senta confusa e che abbia sete», disse, comprensivo.
Una parte del mio cervello esaminò la parola confusa: è vero, mi sentivo molto confusa, vuota… Come se non avessi presente da dove fossi arrivata. Dove fossi, chi fossi prima di riaprire gli occhi.
Mi sentivo appena nata, come se alle mie spalle non avessi passato.
Ero completamente smarrita, sola.
Invece la parola sete mandò completamente a fuoco la mia gola, tanto che lasciai la mano di Edward per afferrarmi il collo, in un inutile tentativo di bloccare quell’incendio divampato così improvvisamente.
Era un bruciore così intenso, mi chiesi come mai non fossi riuscita ad accorgermene prima. Strinsi gli occhi, emettendo un sibilo basso.
«Questo è… insopportabile», soffiai, cercando con tutte le mie forze di sfruttare la mia nuova mente spaziosa per ignorare quel dolore.
Mi prese il volto tra le mani, guardandomi negli occhi. Questo bastò, per qualche strana ragione, a farmi diminuire il fuoco in gola.
«Lo so, Bella, lo so. Presto passerà, ti porteremo a caccia e la tua gola starà meglio», mi rassicurò, fissandomi concentrato.
«C-Caccia?», sussurrai, spaesata.
«Sì, servirà a nutrirti e a far passare la sete. Carlisle sarà con me, e ti aiuteremo, cacciando con te e insegnandoti come fare. Hai sempre voluto vedermi cacciare, no?», disse, sorridendo sulle ultime parole.
Non ricordavo di aver mai desiderato una cosa del genere. Come potevo, se non riuscivo nemmeno a ricordarmi chi fosse lui?
«Non ricordo…», risposi.
Fece un risolino, baciandomi la fronte. «Non ti preoccupare, presto ricorderai tutto. Ricorderai che io e te…».
«Bella!».
Volsi lo sguardo davanti a me, seguendo quella voce bella, nuova e limpida. Un uomo poco più grande di Edward, dai capelli biondi e dal viso bellissimo, si fece incontro a noi.
«Carlisle», mormorò Edward come saluto, facendo scivolare via le mani dal mio viso e mettendosi al mio fianco.
L’uomo mi posò le mani sulle spalle, sorridendomi. Anche lui aveva le iridi di quello strano color oro.
Mi ispirò un’immediata sicurezza.
«Bella, figlia mia, sono così felice che tu sia qui. Come ti senti?», domandò, stringendo leggermente la presa sulle mie spalle.
Sorridergli fu spontaneo.
«Mi sento… Bene, direi», risposi, provando a bilanciare il mio stato d’animo.
«Vedo che la trasformazione è andata a buon fine. Sei splendida, veramente».
«Trasformazione?», domandai, confusa.
Lo sguardo di Carlisle si fece più serio. Si voltò leggermente verso Edward.
«Non ricorda nulla?», gli domandò.
Edward scosse la testa in segno di diniego.
«Capisco. Può succedere», disse, poi tornò a guardarmi. «Avremo il tempo di spiegarti tutto, Bella, stai tranquilla. Comunque, io sono Carlisle, il dottore che lavorava nell’ospedale di Forks».
«Non penso che Bella sappia di cosa stai parlando, Carlisle», gli fece presente Edward.
Carlisle gli sorrise, sereno. «Non importa. Più cose le diciamo, più sarà facile ricordare, anche se ciò che le dico, ora come ora, per lei non vuol dire assolutamente niente. I ricordi si costruiranno di nuovo poco alla volta, e tutto tornerà a posto da solo», gli rispose, fiducioso.
Edward lo guardò qualche secondo, poi annuì.
«Vado a chiamarli», disse al dottore.
Strano, Carlisle non aveva aperto bocca.
Quest’ultimo sondò le mie perplessità e ridacchiò, mentre Edward usciva dalla stanza.
«Edward sa leggere nel pensiero, Bella. Gli ho detto di andare a chiamare il resto della famiglia, per ripresentarteli», mi informò, posandomi una mano sulla testa.
«Leggere nel pensiero? Famiglia?», fu tutto quello che riuscii a dire. Era così frustrante non sapere ciò di cui stava parlando. Quanti pezzi avevo perso? E perché?
«Tranquilla Bella, presto sarà tutto più chiaro», cercò di tranquillizzarmi Carlisle, notando la mia agitazione. «Devi soltanto fidarti di noi, vedrai che andrà tutto bene».
Annuii, leggermente turbata.
La frustrazione, sommata alla sete che continuava a scorticarmi la gola, mi rendeva nervosa.
Mi voltai nell’istante esatto in cui percepii Edward varcare la soglia.
Lo seguirono due ragazzi, uno biondo dalla chioma leonina, e l’altro, enorme, coi capelli ricci, corti e scuri. Del primo, fece scattare in me l’istinto dell’autodifesa il fatto che avesse il viso coperto di cicatrici; del secondo, la stazza.
Il ragazzo biondo mi guardava diffidente e concentrato al tempo stesso, come se stesse cercando di studiarmi. Quello moro, invece, mi sorrise amichevole, ma restò a distanza.
Dietro di loro, comparvero tre femmine: una era piccolina, il viso vispo incorniciato dai capelli corti e neri; la seconda che vidi era più alta, bionda e slanciata, veramente bellissima. L’ultima, invece, era poco più alta della prima, il dolce viso a cuore incorniciato da folti capelli color caramello.
Mi guardavano nascoste dagli energumeni davanti a loro; il folletto dai capelli corti si sporse da dietro il braccio del ragazzo biondo.
«Emmett, Jasper, tranquilli: non vi farà del male. È stranamente controllata, per essere una neonata», disse Carlisle ai due ragazzi.
Il ragazzo biondo – non sapevo se fosse Emmett o Jasper – mi inchiodò con lo sguardo, diffidente. «La sento innervosita, Carlisle. Potrebbe scattare da un momento all’altro. Sarebbe pericoloso».
Lo guardai, senza capire cosa intendesse. Io? Pericolosa?
Ero parecchio nervosa per via della sete, certo, e anche abbastanza inquieta… però se riuscivo a non pensarci, la cosa non mi procurava poi tanto fastidio.
«Nel caso succedesse, Jasper, saremmo pronti. Non temere per l’incolumità delle ragazze: sapranno difendersi, senza fare del male a Bella», tentò di nuovo di rassicurarlo Carlisle.
Jasper lo fissò qualche secondo, combattuto sul da farsi. Poi si spostò dalla soglia, facendo entrare le tre ragazze.
Un battito di ciglia, e lo ritrovai dietro di me; mi bloccò le braccia dietro la schiena. La mia prima reazione fu quella di levarmelo di dosso, ma venni subito invasa da una sensazione di calma che bloccò l’istinto di autodifesa.
Mi sfuggì un ringhio.
«Piano, Jazz», lo rimproverò Edward.
«Ben ritrovata, Bella», disse al mio orecchio, in tono più amichevole.
Provai a calmarmi, stringendo i denti. «Ciao, Jasper».
«Anche se probabilmente non ricorderai nulla, ti chiedo scusa per ciò che è successo al tuo compleanno. Sono desolato», aggiunse in tono più basso. Quella frase distolse la mia attenzione dal fastidio che mi procurava il fatto che mi tenesse così bloccata, e non riuscii a capire cosa intendesse.
Ma fu soprattutto lo sguardo di Edward, davanti a me, a distrarmi: un’ombra era calata sui suoi occhi, e non capii il perché.
«Oh, Bella, quanto tempo!», trillò la ragazza più piccola, venendomi incontro e circondandomi il collo con le braccia. Sentii la stretta di Jasper raddoppiare.
«Mi sei mancata tantissimo», sussurrò con una nota di dolore nella voce squillante.
Non seppi come ribattere.
Si staccò da me, guardandomi per qualche istante, poi ridacchiò. «Uhm, sì, scusami… Io sono Alice», disse, sorridendomi, poi mi accarezzò una guancia. «Eravamo migliori amiche, e spero potremmo esserlo di nuovo… Ma le previsioni sono piuttosto rosee!», esclamò, un luccichio negli occhi.
Poi mi squadrò dalla testa ai piedi. «Sei spiccicata alle mie visioni, è così che ti ho sempre vista! Anzi, forse sei ancora più bella e straordinaria. Veramente, sei splendida», aggiunse parlando velocemente, emozionata.
Continuavo a guardarla senza dire niente, sorridendo imbarazzata. Mi sentivo così a disagio a non ricordarmi di lei.
«Alice, dalle un po’ di tregua», la riprese bonaria la giovane donna con i capelli caramello, avvicinandosi a me.
Alice mi lanciò uno sguardo di scuse e si fece da parte, così che l’altra potesse mettersi davanti a me e abbracciarmi.
«Ciao piccola, io sono Esme. Sono così felice di rivederti», mormorò, mentre mi stringeva delicatamente. Le sorrisi, a disagio.
La ragazza bionda non si era mossa dalla soglia, e mi guardava in maniera ostile, a braccia incrociate.
Al contrario, il ragazzone moro fece due lunghi passi verso di me, nascondendomi tra le sue braccia in un abbraccio vigoroso.
«Ma guarda chi si rivede! Ciao Bella, io sono Emmett, e quell’acida là in fondo è Rosalie», disse, ridacchiando. Rosalie emise un sibilo contro Emmett.
«Ce l’hai fatta a diventare una di noi, alla fine! Ti va una sfida a braccio di ferro?», domandò il ragazzo, strizzandomi un occhio.
Edward rise, regalandogli un pugno sulla spalla.
«Non ti conviene, Em. È molto più forte di te, potresti perdere un braccio. E poi dobbiamo assolutamente portarla a caccia», disse, guardandomi.
Il fuoco alla gola divampò istantaneo.
Edward mi poggiò una mano sulla spalla, e Jasper mollò la presa. Scivolò vicino ad Alice, circondandole la vita con un braccio.
«Io non so come si fa», mormorai, nel panico, l’istante esatto in cui me ne resi conto.
«Ci siamo noi apposta, Bella», mi rassicurò Alice, sorridendomi. «E comunque, è molto semplice. Dovrai soltanto lasciarti andare, dovrai seguire l’istinto».
«Ma cosa andremo a cacciare?», domandai.
«Qualsiasi animale si trovi nella foresta. Nei boschi della zona abbondano cervi, e se si è fortunati anche qualche pantera», mi rispose Edward, sorridendomi.
Per qualche strana ragione, la sua risposta mi turbò. Come se non l’avessi mai fatto prima, e l’idea di farlo per la prima volta mi terrorizzasse.
Esme si avvicinò a Carlisle, guardandomi preoccupata.
«Sembra spaventata, Carl», gli sussurrò nell’orecchio, senza smettere di guardarmi. «Non pensi che sia meglio usare…».
Carlisle la interruppe, sorridendole con dolcezza.
«È meglio abituarla sin da ora al nostro stile di vita», disse, sfiorandole una guancia.
«Allora non ti dispiacerà se usciamo a modo mio», esclamò Alice, affiancandomi e circondandomi le spalle con un braccio. Mi spinse verso la finestra e l’aprì, Jasper che continuava a seguirla come un’ombra. Non capii cosa volesse fare.
Edward volò al mio fianco. «Alice», sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Il folletto lo ignorò, e si rivolse a me con lo sguardo.
«Nel caso te lo stessi chiedendo, Bella, dobbiamo saltare», mi disse, indicando la finestra spalancata.
Il paesaggio che si estendeva oltre quel quadrato erano alberi su alberi. Una distesa infinita di vegetazione che si protraeva per chilometri, spezzata, pochi metri più sotto, da un corso d’acqua che rompeva il verde. 
«Okay», mormorai, continuando a guardar fuori.
Inspirai l’aria, e mi arrivarono alle narici miriadi di odori diversi: muschio, tronchi, legno, acqua, aghi di pino, foglie, terra umida, resina, cespugli…
Ne registrai più che potei e li assimilai, per non dimenticarmene. Forse, anch’essi facevano parte del passato che Carlisle mi avrebbe svelato dopo.
Alice mi diede un colpetto sulla spalla per attirare la mia attenzione.
«Guarda ciò che faccio io, Bella, è semplicissimo», disse, balzando sul davanzale. Si voltò verso di me, guardandomi dall’alto.
«Devi fare un passo avanti, tenendo la gamba sospesa, e lasciarti cadere nel vuoto».
Attuò le parole in fatti mentre mi spiegava, e un secondo dopo aver completato la frase era già atterrata sul manto verde scuro, qualche metro più in basso.  
Ero allibita, ma presi il suo posto sul davanzale, fissando un piano più giù, indecisa.
«Non preoccuparti Bella, non ti farai niente», disse Edward, al mio fianco, stringendomi la mano. «Saltiamo insieme».
Lo guardai, stiracchiando un sorriso. «Voglio provare da sola», dissi, poco convinta.
«Come desideri», asserì con un sorriso.
Lasciai la sua mano, chiudendo gli occhi e facendo un – inutile – respiro profondo.
Poi, avanzai un passo nel vuoto lasciandomi cadere, proprio come aveva appena fatto Alice.
Per un millesimo di secondo mi sentii inghiottire dal nulla, e il millesimo successivo mi ritrovai in piedi e saldamente stabile, proprio come se fossi scesa da uno scalino di pochi centimetri.
Riaprii gli occhi, sorpresa, guardando il sorriso smagliante di Alice.
«È vero», esclamai. «È semplicissimo!». Lei rise, divertita dalla mia euforia.
Edward, Jasper e Carlisle ci seguirono, atterrando morbidi sull’erba uno dopo l’altro.
Li osservai, perplessa. «Ho bisogno di così tanto aiuto per cacciare?», domandai, ansiosa.
«Soltanto perché è la tua prima volta. A dire il vero pensavamo di accompagnarti solo io e Carlisle, ma poi Alice ha insistito per aggregarsi a noi», spiegò Edward. Guardò Jasper in modo strano. «Jasper…», proferì.
«È soltanto il solito iper-protettivo», disse Alice con aria critica, finendo la frase di Edward.
Jasper fece un breve sorriso. «Solo quando si tratta di te».
Lei schioccò la lingua ghignando, poi si voltò in direzione del fiume e sfrecciò via. Con un salto, lo attraversò in volo, atterrando sull’altra riva.
«Vieni Bella!», mi chiamò, agitando le braccia sottili in alto.
Sorrisi, e raccolsi il suo invito, scattando verso di lei.
Ero padrona di ogni singola fibra del mio corpo.
Ogni mio movimento era controllato e straordinariamente preciso, come se seguisse uno schema ben definito e non avessi bisogno di sforzarmi per mantenerlo. Veniva tutto da sé, spontaneamente.
Mi sentivo leggera, nonostante riuscissi ad avvertire la forza vigorosa e consistente che mi riempiva, una forza che non mi appesantiva affatto.
Per questo non feci alcuno sforzo a imitare i movimenti di Alice per saltare il fiume: con la rincorsa, arrivai fino ai massi che costeggiavano la riva e vi saltai sopra, usandoli come trampolino di lancio. Mi librai in volo senza alcuno sforzo, e l’atterraggio fu morbido e preciso come quando ero saltata dal primo piano.
Fantastico.
«Sei stata bravissima, Bella», si complimentò Edward, quando ci raggiunse insieme agli altri.
Mi illuminai. «È stato facile», mi giustificai, emozionata. «Mi è piaciuto tanto».
Edward sorrise, intenerito, poi mi appoggiò un braccio sulla spalla.
«Andiamo», disse, facendo un cenno con la testa in direzione nord.
Annuii, poco consapevole di ciò che mi stava aspettando, e sparii assieme a loro nel verde della foresta.

 

Angolo autrice.
Lol ho dovuto buttare un occhio sui miei vecchi capitoli per ricordare come intitolavo questo spazio ._. Mama, che tristezza.
Beh, ecco qui. Dopo la bellezza di sei mesi, Bella ha riaperto gli occhi.
E’ stato così difficile per me avere a che fare con questa Bella tutta nuova ‘-‘
Insomma, sì, mi sento strana nei suoi riguardi… boh.
Mi scuso per le parti descrittive e per la leggera confusione che può farvi provare un capitolo del genere, ma è ciò che prova in questo momento la nuova vampitonna.
Senza ricordi sembra ancora più ameba XD
Niente panico per il vuoto mentale della tonna
J presto si ricorderà tutto! Dopo la caccia sarà più concentrata, e riuscirà a ricordare tutto… spero!
Vi chiedo inoltre di pazientare, per rincontrare Jake, almeno un paio di capitoli. Il prossimo sarà dedicato alla caccia della tonna, nonché alle spiegazioni di Carlisle, penso…
Ma quello dopo, il nostro Jacobbino bello tornerà in scena <3
Spero solo di non metterci tanto ç___ç anzi, ne approfitto per scusarmi del ritardo…
Sono un disastro T_T ma la colpa è anche di S., che mi deconcentra perché sta sempre al centro dei miei pensieri >_< (ahahah ti amo idiota <3)
 
Ringrazio infinitamente le persone che hanno recensito, quelle che hanno inserito questa storia alle preferite, alle seguite e quelle da ricordare.
Grazie di cuore, come sempre <3
Alla prossima, e spero presto!
un bacio,
Bea :3

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Capitolo 6
*** Battito ***


Alla fine cacciare fu più semplice di quel che mi sarei mai aspettata

Eternal Moonglow
capitolo 0
5:


Battito

Alla fine la caccia si rivelò più semplice di quel che mi sarei mai aspettata.
Si trattò solamente di riuscire a individuare la preda e attendere il momento giusto per attaccare. Non fu difficile concentrarmi per trovare e seguire la scia delle alci che Carlisle e gli altri avevano scovato nel cuore della foresta, a nord, vicino a un ruscello.
Edward mi suggerì di chiudere gli occhi e lasciarmi andare, di seguire completamente l’istinto.
E così feci.
Il rumore dei loro cuori pulsanti e la loro fragranza penetrante mandò completamente a fuoco la mia gola riarsa, e a quel punto venne tutto da sé.

Nonostante la smania di placare la sete annebbiasse una buona parte del mio cervello, riuscii comunque ad acquattarmi silenziosamente tra la vegetazione, in modo che i grossi animali che si stavano abbeverando non si accorgessero di me.
Il mio corpo si tese, pronto a scattare verso il maschio più grosso.

Sentivo dietro di me, nascosti tra gli alberi, Jasper, Alice, Carlisle ed Edward, che mi vegliavano dall’alto e, rassicurata dalla loro presenza, uscii dal mio nascondiglio, balzando addosso alla mia preda.
Puntai al punto più caldo e pulsante sul suo collo, aggredendolo in meno di un secondo.
Di sottofondo, riuscii a percepire i corpi dei miei compagni che si lanciarono sugli altri membri del branco.
I miei denti, affilati come rasoi, straziarono la carne dell’epiglottide dell’enorme animale, che, con un bramito, inizio a dibattersi per liberarsi dalla mia presa.  
Quando avvertii il sapore di sangue sulla mia lingua, presi a dissanguare l’alce sempre con più foga, man mano che sentivo la sete placarsi.

Il grosso animale perse le forze in pochi attimi, e finirlo fu più facile.
Non appena mi resi conto che dentro di esso non c’era più nulla che potesse saziarmi, spinsi via la carcassa con disgusto.
Mi rizzai in piedi, rinvigorita, e mi guardai da capo a piedi: ero sporca di terra e foglie, e si riusciva a notare il sangue dell’animale sulla stoffa scura del mio abito.
«Accidenti Bella, era nuovo quel vestito», si lamentò Alice, comparendo improvvisamente al  mio fianco. La osservai: nonostante anche lei avesse lottato e cacciato un animale di notevoli dimensioni, il suo aspetto era comunque ordinato e impeccabile.
«Scusami», mormorai, mortificata.
«Non preoccuparti Bella. Alice ti avrebbe comunque permesso di indossare questo abito solo una volta», mi rassicurò Edward, guardandola male.
Lo guardai, e nemmeno lui, Carlisle o Jasper sembravano essere appena usciti da una caccia.
Erano tutti perfetti.
Alice ridacchiò. «In effetti, ha ragione Edward. Non preoccuparti Bella, quel vestito non era neanche un granché».
«Come ti senti Bella? Ti è passata la sete?», domandò Carlisle, osservandomi attentamente.
Annuii, sorridendo. «Sì, mi è passata, almeno per ora».
Notai Jasper che mi fissava, attento.
«Davvero», ripetei, sentendomi a disagio per il suo sguardo penetrante e insistente.
«Ottimo, Bella. Se hai bisogno di cacciare ancora, basta dirlo», disse Carlisle, sorridendomi. «Non vergognarti, se ne senti il bisogno».
Abbassai lo sguardo. «Io ora ho soltanto bisogno di capire chi sono, chi ero», ammisi, a voce bassissima.
Edward appoggiò una mano sulla mia spalla. «Cominci a ricordare qualcosa?».
«Sì», rivelai, senza pensarci troppo. «Ma è tutto così confuso… Vedo nella mia testa volti e luoghi, ma non riesco a trovare loro un riscontro. Sono immagini che la mia memoria revoca da sola, senza il bisogno di andarli a cercare», mormorai, provando a spiegare come mi sentivo.
«È un buon segno, Bella, un buonissimo segno», esclamò Carlisle. «Il fatto che ti sei nutrita deve essere stato d’aiuto per la tua concentrazione. Quando siamo assetati, una buona parte della nostra mente è rivolta a percepire la sete, ed è difficile concentrarsi completamente su qualcos’altro. I neonati poi, come te, sono molto soggetti a distrazioni, i primi tempi, e questo ha giocato a sfavore per quel che riguardava il ricordare».

«Allora pensi che mi tornerà tutto in mente?», domandai, nervosa.
«Ne sono certo». E, per il modo in cui lo disse, non potei far altro che credergli.

Edward mi sfiorò una guancia. «Adesso torniamo a casa, ti dai una ripulita e ti spiegheremo tutto quanto», sussurrò morbido, poi mi baciò la fronte. «Andrà tutto bene, Bella».
Rimasi a occhi chiusi con la fronte appoggiata alle sue labbra, rincuorata dalle sue parole e dai suoi gesti.
«E c’è anche una persona che devi incontrare», soggiunse Carlisle.

A quest’affermazione, riaprii di scatto gli occhi, allontanandomi da Edward e voltandomi verso di lui.
«Una persona? Chi?», domandai, confusa.

Carlisle mi sorrise, bonario. «Una persona molto cara a te. Capirai molto presto di cosa sto parlando, ma adesso è meglio se torniamo a casa».

Annuii, presa dalla curiosità e dall’impazienza di scoprire a chi si riferisse; di ricordare chi ero stata, di capire chi ero adesso.

Impiegammo poco tempo per tornare a casa, e, io, ancora meno per cambiarmi.
I nuovi vestiti che mi consegnò Alice, a sua detta, mi stavano meravigliosamente, ma non mi interessava. Più di ogni altra cosa, volevo conoscere la verità.
Carlisle mi pregò di accomodarci in salotto, un luogo ampio, arioso e pieno di luce.

Ci sedemmo sul divano, l’una di fronte all’altro, con Edward al mio fianco.
«Allora, Bella», proferì Carlisle con un sorriso, «hai qualche domanda su quello che sei riuscita a ricordare o preferisci che ti racconti tutto io? C’è qualche “flash” che hai avuto che ti ha colpito il particolare?».
«No… sono sporadici e improvvisi, e non fanno in tempo a trovare riscontro nella mia memoria», spiegai.
«Capisco», disse Carlisle, annuendo. «Allora, Bella, lascia che ti racconti la tua storia».
Nella restante mezz’ora, ripresi possesso dei miei ricordi, di me stessa.
Carlisle mi raccontò tutto, ogni cosa di me: persone che facevano parte della mia vita, luoghi che avevo vissuto, situazioni che avevo affrontato, il mio passato… Ogni cosa.

Più Carlisle parlava, più riprendevo coscienza di me. Stavo ritornando lentamente me stessa, e provai tutte le emozioni che il vampiro mi stava raccontando.
Vampiro, come ero diventata io. Ricordavo vagamente che quello era stato il mio sogno, finché Edward non mi aveva lasciata e la mia vita era totalmente cambiata.
Io non volevo essere così, non più. Anche se non capivo quale fosse la causa di quel cambio di idee; provai a rifletterci, ma mi mancava un pezzo.
Ma provai comunque un immenso, repentino disgusto verso me stessa. Ero diventata un mostro, un mostro che non volevo più essere. Tanto tempo fa avevo desiderato diventare bellissima, forte, resistente… Ma non più. Nel momento esatto in cui produssi questo pensiero, una strana rabbia cominciò a montarmi da dentro, mentre abbassavo gli occhi verso il pavimento.
Qualcosa mi distrasse: vidi il riflesso del mio nuovo volto perfetto sulla superficie del tavolino di vetro appostato di fronte al divano.
Mi venne un’improvvisa voglia di fare quel tavolino in mille pezzi.
Sentii subito gli sguardi allarmati dei Cullen addosso a me. Non sapevo cosa fare, mi sentivo prigioniera del mio stesso corpo.
«Sta per perdere il controllo», ringhiò Jasper, ponendosi subitamente davanti a Alice per proteggerla.
Che avesse ragione? Non sapevo cosa mi stava succedendo, ma i sentimenti che stavo provando non erano dei più positivi, e Jasper l’aveva certamente intuito. 

Edward mi posò una mano sulla spalla; per qualche strano motivo, il mio primo istinto fu quello di staccargliela. «Bella, calmati», sussurrò ansioso. Ricordai quello che mi aveva fatto, e lo odiai.
Nonostante tutto, però, non volevo fargli del male, così sfrecciai via, appiattendomi contro il muro opposto, l’unico senza vetrata. Era maledettamente difficile controllarmi.
«Edward, stai lontano», lo avvertì Jasper, «ce l’ha con te».
Edward spalancò i suoi occhi ambrati su di me, socchiudendo leggermente le labbra.
«Con me? », domandò, basito. Eppure continuava ad avvicinarsi, le mani sollevate e tese verso di me, come a volermi calmare. Io ero piegata col busto verso di lui, in posizione d’attacco e i denti scoperti.
Non riuscivo a riprendere possesso di me, e allo stesso tempo non capivo quella mia reazione così violenta.
Tum-tum.

Poi arrivò quel suono, che mi bloccò. Sciolsi la mia posizione rigida, raddrizzando il busto, gli occhi spalancati dalla sorpresa.
Nei dintorni, non avevo ancora sentito un suono simile. In quella casa, il silenzio sovrannaturale, quasi come se ci trovassimo tutti in un museo di statue di cera, era stato improvvisamente spezzato da quel… battito?, così vitale.
Mi ricordava qualcosa.
Ascoltai con più attenzione, e localizzai la provenienza di quel suono: veniva dal confine col bosco, a nord, sulle rive del ruscello. Quello che poco prima avevo agilmente saltato per andare a caccia.

«Cos’è stato?», domandai, a bassa voce.

Rosalie ringhiò, mentre Edward si irrigidì; gli altri non mostrarono alcun segno di turbamento. Alice aveva soltanto arricciato il naso, infastidita da uno strano odore che mi ero appena accorta di avvertire anche io. Non mi piaceva per niente.

Quel rumore era regolare, e continuava a riempire l’aria. Lo sentivo sempre più chiaramente.
Carlisle mi si avvicinò, tranquillo.
«Vieni, Bella», mi disse, e mi diresse verso la porta d’ingresso.
Coi miei occhi riuscii immediatamente ad assorbire ogni dettaglio della persona che vidi al limitare del bosco: era un ragazzo alto, i capelli corvini e gli occhi color pece, di una profondità assurda percepibile anche a quella distanza. Aveva la carnagione ramata, il corpo era possente e indossava soltanto un paio di pantaloncini. Il suo odore fastidioso mi fece arricciare il naso.

Appena mi vide sussultò, fissandomi negli occhi, e socchiuse leggermente le labbra.

Qualcosa di impercettibile si mosse dentro di me, e mi tornarono in mente le parole di Carlisle: c’è anche una persona che devi incontrare. Una persona molto cara a te.

Nello stesso istante riuscii a capire che era da quando avevo riacquistato la consapevolezza di me stessa che mi sembrava che Carlisle avesse dimenticato qualcosa.
Che fosse quel ragazzo il mio pezzo mancante?

 

 

 

Angolo autrice.
Dopo due mesi esatti dall’ultimo capitolo, eccomi qui col seguito (capitolo molto di transito) :)

Ormai non sto qui a dilungarmi sulle solite cose, cioè che non ho avuto tempo, ispirazione e cose varie… Purtroppo sta andando così, accipicchia .-.
Ovviamente spero sempre di cominciare a pubblicare con più regolarità, ma gli impegni sono sempre tanti e il tempo sempre troppo poco.
Non ho nemmeno tempo di rispondere decentemente chi ha recensito, ovvero
 marpy, Lea__91, raggiodisole90, ma con la nuova possibilità che ci ha dato EFP, spero di riuscire a rispondere in seguito. Non so che dirvi se non GRAZIE DI CUORE, come sempre <3
Come avete letto, Jake è finalmente ricomparso, e il prossimo capitolo, lo dico subito, sarà tutto per lui e per Bella (: spero abbiate apprezzato anche questo! ^__^
Alla prossima!
Un bacio,

Bea :3

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Capitolo 7
*** Abbraccio ***


«Bella, sono io

Eternal Moonglow
capitolo 0
6:


Abbraccio

 

«Perché non ha aspettato che tu lo chiamassi?», chiese Edward a Carlisle, sibilando, quando il ragazzo in fondo al prato si mosse per dirigersi verso di noi.
Il dottore aprì la bocca per rispondere, ma fu preceduto.
«Attendere non è la mia specialità, Edward Cullen».
Quella voce, mai udita prima di allora – così mi sembrava – mi spiazzò. Quel tono roco, caldo, ma con un’inflessione minacciosa smosse qualcosa nella mia coscienza. Era una voce familiare… era forse l’ultima cosa che avevo sentito prima di perdermi nel nulla assoluto di fiamme che mi aveva fatta diventare quello che ero?
Ne ricordavo solo il suono, non le parole che mi erano state dette da quella voce vigorosa.
Il ragazzo era già a pochi metri da noi, e non mi toglieva gli occhi di dosso. Forse era per quello che Edward non smise un momento di ringhiargli contro. Qualcosa, dentro di me, mi disse che avrei dovuto fare lo stesso.
A prescindere dall’odore che mi faceva storcere il naso, percepivo quanto fosse diverso da me.
Il mio istinto, nonostante quella persona non mi avesse fatto nulla di male e non avesse mostrato alcun comportamento ostile nei miei confronti, me lo segnalò come nemico.
Eppure aveva un aspetto così umano, così diverso dai Cullen. Emanava… calore?
Il mio cervello calcolò reazioni diverse rispetto a quello sconosciuto, non sapevo come comportarmi.
Ero così confusa!
«Le buone maniere nemmeno», commentò Edward, gelido.
«Ragazzi», li ammonì Carlisle, frapponendosi tra i due, bonario. La sua mano quasi toccò il petto ampio del ragazzo da quanto era vicino. Ai miei occhi fu lampante il contrasto di carnagione tra i due: la mano di Carlisle sembrava ancora più bianca su quello sfondo bronzeo.
Lo sconosciuto non gli prestò attenzione, gli occhi fissi nei miei. Gli sfuggì un sorriso per metà, spento.
«Ciao, Bells», mormorò al mio indirizzo. Lo squadrai, incuriosita da quel nomignolo che aveva usato per rivolgersi a me.
Bells, Bells…
«Bells, amore, sono qui».
Sussultai, quando quell’eco, che aveva il sapore dei ricordi, mi invase la mente. Fu un flash velocissimo, che si dissolse nell’attimo esatto in cui era affiorato dalla mia memoria.
La voce di Carlisle mi riportò istantaneamente alla realtà.
«Potete scusarci?», disse, rivolto agli altri.
Esme, Emmett, Alice e Rosalie annuirono e scomparvero all’istante; Edward non accontentò Carlisle così velocemente.
«Figliolo, ne abbiamo già parlato», gli disse Carlisle, guardandolo serio.
«Non mi fido di quel cane. Potrebbe perdere il controllo», ribatté Edward, lanciando al ragazzo un’occhiata  sprezzante. Ma lui non lo degnò di risposta, lo sguardo ancora perso nel mio.
«Sai bene che non le farebbe mai del male».
«Penso che sia troppo presto adesso, Carlisle. Sono entrambi imprevedibili».
«Più passa il tempo, più i ricordi umani di Bella diventano effimeri e instabili. Ora è nelle condizioni ideali per lavorare sulla sua memoria a trecentosessanta gradi».
«Ma–».
Carlisle lo interruppe: «È la cosa più giusta Edward, lo sai. Per favore, lasciaci soli».
Sotto lo sguardo intenso di Carlisle, Edward non poté controbattere. Sospirò, lanciandomi uno sguardo fugace, contrito, e sparì.
Carlisle si passò una mano tra la chioma bionda, sospirando a sua volta, poi cercò di sorridere.
«Vuoi accomodarti dentro, figliolo?», chiese, con cortesia, al ragazzo.
Lui, in tutta risposta, si rivolse a me.
«Bella, sono io. Ti ricordi di me?», domandò cauto, sorridendomi e compiendo un passo verso di me. Nonostante quel trambusto, eravamo rimasti ancora ad almeno due metri di distanza.
Anche a quella distanza, il suo calore pulsava contro la mia pelle, infiammando la mia gola. E spingeva il suo odore tremendo alle mie narici, facendomi provare disgusto.
Provai tutto questo il primo millesimo di secondo. Per il resto di quell’attimo che scorse a rilento, rimasi completamente ammutolita dai suoi occhi neri, che produssero nel mio cervello una reazione fortissima: un ricordo sbiadito di un’emozione umana, come di una stretta allo stomaco.
Poi, mi concentrai sulla sua immagine, sforzandomi con tutta me stessa di provare a ricordare.
Seguii con attenzione i suoi tratti, che stuzzicarono qualcosa, nella mia mente: studiai le sue labbra, i suoi zigomi alti, il suo volto stanco scalfito da un dolore a me sconosciuto, e tornai di nuovo ai suoi occhi neri.
Mi concentrai più che potei per ricordare chi fosse… mi sembrava familiare, tanto…
«I-Io sono confusa», biascicai, mortificata. Qualcosa continuava a premere contro la mia consapevolezza, qualcosa che, in quel momento, non riuscivo proprio ad afferrare e chiarire. Nella mia mente ampia, avvertii nota di dolore di fronte alla mia incapacità di ricordarmi di lui.
«È normale, Bella – mi disse Carlisle, ma sembrava rivolto anche a lui – Sei una vampira giovanissima, e dimenticarsi… può succedere. Prima non ti ricordavi nemmeno di noi, o sbaglio?».
Annuii, senza lasciare lo sguardo del ragazzo abbronzato. Sul suo volto si era dipinta un’espressione di dolore autentico, e quando vidi quel dolore sussultai.
Carlisle mi circondò leggero le spalle. «Su, avvicinati a lui, Bella. Non ti farà del male».
Il ragazzo sorrise, cercando di tranquillizzarmi, ma la tristezza non aveva abbandonato i suoi occhi. Dentro di me, sentii che ciò che mi avrebbe calmata del tutto sarebbe stato proprio il suo sguardo libero da quel tormento.
Annuii, provando a sorridergli, e Carlisle mi guidò lentamente verso il ragazzo, che mi aspettava a braccia aperte.
«Bella, posso prenderti la mano?», domandò piano, quando gli fui a meno di un metro di distanza.
La sua domanda mi lasciò spiazzata, per una qualche ragione sconosciuta, e una parte di me rifiutò, istintivamente, il suo invito.
Eppure, vidi la mia mano muoversi lentamente in direzione della sua, protesa verso di me.
I nostri sguardi non scioglievano la presa.
Afferrò il mio polso con delicatezza, e se lo portò all’altezza del cuore.
Sentire quel battito, che non aveva smesso un solo secondo di fare da sottofondo a quella situazione, sotto le dita mi procurò un brivido.
«Il cuore…», sussurrai, tenendo lo sguardo fisso sulla mia mano. «Il tuo cuore batte».
Ecco cos’era, quel suono così vitale.
«Sì, Bells», disse, guardandomi teneramente.
Chiusi gli occhi, ascoltandone il ritmo irregolare ma vigoroso. Era agitato.
«E’ un suono bellissimo» mormorai, rapita. Schiusi le labbra in un sorriso, beandomi della calma che il battito del suo cuore o stava diffondendo dentro di me. «Mi fa venire in mente il mare. Caldo. Il sole, il rumore delle onde…».
Da quelle emozioni scaturirono delle visioni, anche se sfocate, che avevano il sapore dei ricordi.
Ci misi più concentrazione.
Vidi due giovani, un ragazzo e una ragazza, che si tenevano per mano, passeggiando su una spiaggia. Erano felici. Il ragazzo la baciava e lei arrossiva. Se ne stavano stesi contro un tronco, a guardare l’orizzonte.
Mi sembrava quasi di sentire ciò che la ragazza provava, stretta tra le braccia di lui.
Felicità. Serenità. Calore. Senso di rinascita.
Poi, capii.
Capii che quella ragazza ero io. Ero stata io. E il ragazzo…
Riaprii gli occhi di scatto, focalizzando immediatamente il volto di Jacob – eccolo, il suo nome.
E tutti i pezzi tornarono al loro posto.
«Jacob», mormorai, gli occhi immersi nei suoi. «Jake…».
«Sì, Bella. Sono io».
In un secondo, la tristezza svanì dai suoi occhi, mentre io iniziai a sentire pizzicare i miei. Era così che piangeva un vampiro?
«Jake… io…», mormorai confusamente, avvicinandomi ancora di più a lui.
Non aveva lasciato andare la mia mano.
«Ti ricordi?», domandò, lo sguardo illuminato dalla gioia.
«Io… sì, ma…», risposi, sconvolta. Non conoscevo affatto la natura delle emozioni che mi stavano travolgendo, tutte assieme.
Alla mia affermazione, il cuore di Jacob mancò un battito, e vidi la speranza riempire i suoi occhi.
«Non sai come sentirti?», sussurrò a voce bassa. Sembrava che comprendesse perfettamente il mio stato d’animo.
«Esatto», mormorai, usando il suo stesso tono dimesso, ma il mio era più che altro stupito.
Mi guardò dritto negli occhi qualche secondo, intensamente, e strinse ancora di più le nostre mani intrecciate sul suo cuore.
«Allora abbracciami».
Rimasi basita alla sua proposta, e una piccola parte di me – l’istinto di vampira – rifiutò immediatamente; la parte restante, invece, si stava chiedendo come mai non fossi ancora tra le sue braccia.
Guardai Carlisle, che annuì sorridendo.
Il mio sguardo si riallacciò a quello di Jacob, nello stesso istante in cui stava lasciando la mia mano.
Fece un passo indietro, poi, con estrema cautela, appoggiò entrambi le mani sulle mie spalle, per avvicinarmi a sé.
Con la stessa lentezza che aveva usato lui, posai le mie mani sui suoi fianchi, e lo sentii sussultare al contatto con le mie dita fredde.
Mi avvicinai ancora, avvertendo il suo calore tutto intorno a me, e ciò mi causava una sete impellente, che ero decisa a ignorare.
Il battito del suo cuore stava accelerando di secondo in secondo.
Fece scivolare le braccia attorno al mio collo, e istintivamente trattenni immediatamente il respiro, mentre mi mettevo in punta di piedi.
Affondai il volto nella sua spalla, con attenzione.
Quell’attimo rasentò l’infinito.
Mi tornarono alla mente tutti i nostri ricordi, dal primo all’ultimo; sembrava che quella vicinanza li rendessi più chiari, vividi. I sorrisi, le risate, le nostre mani intrecciate, i baci, gli abbracci: ogni ricordo di quei gesti che mi avevano legato giorno dopo giorno a Jacob si fece strada dentro di me, imprimendosi nel mio cuore e nella mia testa, tornando a far parte di me stessa. Ogni rimembranza sembrava essere trasmessa dalla pelle calda di Jacob alla mia, che assorbiva il suo calore e mi faceva sentire viva.
Viva, come altre mille volte, come altre mille emozioni diverse che Jacob mi aveva fatto provare.
E un’emozione su tutte si fece strada nel mio cuore morto: l’amore.
L’amore per Jake, il mio immenso amore per lui, appena riscoperto. Fu un ricordo potente, improvviso, travolgente, che bruciò dentro di me più del fuoco che mi aveva trasformata.
Nessun altro ricordo, fino a quel momento, si era fatto così vero dentro di me più di quello.
Ma l’amore è inscindibile dal dolore, e, insieme a quella rimembranza di adorazione assoluta nei confronti di Jacob, mi tornarono in mente anche tutto il dolore e i problemi che gli avevo causato.
L’avevo ferito nel modo peggiore possibile, cadendo di nuovo tra le braccia di Edward, perché ero una stupida e debole umana.
Mi sentii orribile, ma in un modo ancora più amplificato. La mia vecchia mente non sarebbe riuscita a sopportare tutto quel disgusto e odio nei miei confronti e in quelli di Edward. La cosa che mi sorprese di più fu la sparizione assoluta di quella piccola parte di me che lo desiderava ancora.
Non lo amavo, anzi… lo odiavo per l’essere in cui mi aveva trasformata.
Jacob, inconsapevolmente, calmò quella furia improvvisa continuando ancora ad abbracciarmi, chissà dopo quanto tempo.
Non meritavo che mi trattasse così, non dopo tutto quello che gli avevo fatto.
Non meritavo lui e il suo abbraccio. Non meritavo niente da Jacob, nulla.
Dovevo sparire dalla sua vita, dovevo farlo, così non avrebbe più sofferto…
Era inaccettabile per quanto lo amavo, ma dovevo farlo, anche se il solo pensarlo mi dilaniava.
«Bella…».
Sussurrò il mio nome con una dolcezza tale che mi fu ancora più difficile anche soltanto concepire l’ ipotesi di stare lontana da lui. Allo stesso tempo, mi chiesi come mai nel suo tono di voce o nel suo sguardo, fino ad allora, non avessi scorto neppure una nota di rancore, o odio, o rabbia.
Come se non fosse successo nulla, come se non stesse abbracciando quello che era diventato, ormai, il suo peggior nemico. O la persona che l'aveva fatto soffrire di più in assoluto.
Che fosse una facciata per tranquillizzarmi, dato la mia imprevedibilità di neo-vampira?
Se lui fingeva, avrei finto anche io. 
Avremmo finto entrambi fino a quando non avrei trovato la forza necessaria per sparire dalla sua vita, o fino a quando lui non si fosse stancato di indossare quella maschera per non scatenare il mostro che era in me.
Nonostante stessi trattenendo il respiro, riuscii comunque a mormorare il suo nome: «Jacob…».
Jacob, ti amo, ti amo. Perdonami, sono un mostro, dimenticami, resta con me

Quanto avrei voluto dirglielo, e quanto sforzo mi richiese non aprire bocca.
«Ricordi solo il mio nome?», domandò, tra i miei capelli.
I vampiri sono bravi bugiardi, Bella. Sei un vampiro, sforzati di essere credibile.

Senza che potesse avvertirlo, strinsi un pugno, pronta a mentire.
«Non proprio. Qualche ricordo c’è, ma è sfocato e disconnesso».
Forse lo dissi con troppa sicurezza, senza nemmeno un’esitazione; sperai che attribuisse quella fluidità nel parlato alla nuova me stessa.
«Ho capito», mormorò, la voce delusa. «Beh, non importa», aggiunse subito, aumentando, ma di pochissimo, la presa.
Come faceva a fingere così bene? Probabilmente, se fossi stata ancora umana, gli avrei creduto.
«Sul serio, Bella?», si intromise Carlisle.
Chiusi gli occhi, digrignando i denti, sperando di riuscire ad ingannare anche lui. «Sì», fu la mia risposta lapidaria.
«Capisco… beh, non ti preoccupare, è normale che per certi ricordi ci voglia più tempo. Forse fai fatica a ricordarti pienamente di lui perché Jacob è un licantropo», ipotizzò Carlisle, dubbioso.
Mi staccai da Jake, irrequieta, ma lui mi poggiò una mano sul braccio per non interrompere quel contatto.
«Adesso ho capito cos’erano quelle emozioni… negative che ho provato nei tuoi confronti, quando ti ho visto», dissi con finta aria casuale, rivolgendomi a Jacob.
Lui ridacchiò, provato, probabilmente per allentare la tensione. E non disse nulla, ma affondò di nuovo lo sguardo nel mio.
Mentre mi arrendevo nuovamente ai suoi occhi neri e profondi e a quella perfetta maschera indecifrabile, mi chiesi per quanto tempo sarei riuscita a sopportare tutte quelle bugie, mie e sue.


*L’amore è inscindibile dal dolore è una frase che ho tratto dal manga ‘Nana’, che adoro.

Angolo autrice.
Non mi sento di aggiungere nient’altro a questo capitolo… l’ho scritto di botto ieri, e credo che sia completo così. Questo capitolo solo spazio alle emozioni! Per le chiacchierate, il prossimo ;)
Ringrazio immensamente
 jakefan e raggiodisole90 che hanno recensito lo scorso capitolo… non vi ho fatto attendere tanto, dai J Spero che il loro incontro vi sia piaciuto ^_^ come avete visto, le pare di Bella non mancano mai!

Alla prossima, allora :)
Un bacione,
Bea :3


Ps: Ma perché non c’è più nessuno??? T___T

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Capitolo 8
*** Irrisolto ***


Eternal Moonglow 
capitolo 0
7:


Irrisolto

 

«Ti va di entrare, Jacob? Hai l’aria stanca», commentò Carlisle.
Distolsi gli occhi da quelli di Jake e lo scrutai in viso: non aveva una bella cera.
Lui fece una smorfia, sospirando. «In effetti ho avuto giornate migliori».
«Se vuoi accomodarti, sei il benvenuto. Abbiamo alcune cose di cui parlare», gli disse Carlisle, indicandogli la porta di ingresso.
Jacob sembrava combattuto, tentennava, storcendo il naso e fissando l’interno della casa che riusciva a intravedere dalla porta aperta.
Subito non riuscii a capire il perché della sua indecisione, poi un altro particolare mi tornò in mente: a me non piaceva il suo odore come a lui non piaceva il mio.
E casa Cullen, abitata da ben otto vampiri, non aveva un’aria proprio respirabile, per lui.
Odiai – totalmente priva di raziocinio – me stessa, per quello.
Abbassai gli occhi, amareggiata, ma subito dopo sentii la sua mano calda che si appoggiava leggera contro la mia schiena.
«Entriamo, dai. Ho proprio bisogno di sedermi su qualcosa di morbido», disse, paralizzandomi con un sorriso.

«Prego», disse Carlisle, invitandolo dentro con un gesto. Jacob lo seguì, spingendo anche me, con la mano ancora sulla mia schiena.
Io e Jacob occupammo il divano, mentre Carlisle si sedette sulla poltrona, di fronte a noi.
«Cosa volevi chiedermi, Carlisle?», disse Jake, guardandosi intorno leggermente a disagio. Lo guardai, in apprensione.

«Ovviamente mi preme sapere come è andata col branco», disse Carlisle.
Branco. Quella semplice parola fu capace di scatenare dentro di me un’ansia assurda, e riempire la mia testa di domande: come avevano reagito i licantropi alla mia trasformazione? Si era scatenata una guerra? Il patto era rotto? La chiarezza con cui ricordai quei particolari e tutto ciò che riguardava i miei – ex? – amici licantropi di La Push mi frastornò per un secondo.
Jacob aggrottò le sopracciglia folte, e il suo volto si inscurì.
«Non l’hanno presa bene, ma non dovete preoccuparvi: non la toccheranno», disse, «non lo permetterò».
«Credi che si organizzeranno per un attacco?», domandò Carlisle, irrequieto.
«Non lo so, e non potrei saperlo nemmeno se volessi. Ormai non faccio più parte del branco, e, sfortunatamente, non posso più sentire i loro pensieri. Quando mi sono ribellato al volere di Sam ho sentito le catene che mi legavano a lui spezzarsi; essendo io un alfa non posso far parte di un branco in cui ne è già presente uno, per questo non ho più legami psichici con loro», rispose.
Era rimasto da solo. Aveva voltato le spalle ai suoi fratelli, per me. Si era schierato contro di loro, pur di proteggermi. Era ingiusto.
Non riuscii nemmeno a guardarlo in faccia, per quanto mi vergognavo.
«Perché l’hai fatto, Jacob?», domandai, fissando il pavimento.
«Prima o poi saremmo arrivati a uno scontro, Bella. Un alfa, anche se latente, non può sottostare ad un altro per molto tempo», rispose, tranquillo.
Forse non aveva capito bene la domanda.
«Perché ti sei messo nei guai per proteggermi?», riformulai, alzando la voce.
Carlisle sospirò, mentre Jacob mi guardò interrogativo, per una manciata di secondi.
«Guai? Bells, mi sono semplicemente ribellato a una decisione che non condividevo, e ho avuto il pieno diritto di farlo. Capo Jacob, ricordi?», rispose, cercando di sdrammatizzare.
Rimuginai su quel capo Jacob, ma non mi venne in mente nulla.
Osservò la mia espressione concentrata e, vedendomi in difficoltà, venne in mio soccorso.
«Mi hai affibbiato questo soprannome la prima volta che ti ho parlato di questa storia: il ruolo di alfa, per diritto di nascita, spetterebbe a me invece che a Sam. Oggi ho fatto valere questo mio diritto, tutto qui», disse, sorridendomi.
Non potei fare a meno di imitarlo. Sorrisi, ma per un decimo di secondo.
Tornai istantaneamente – lo sentii – una maschera di rimorso e preoccupazione.
«Non importa», mormorai, «lo hai fatto comunque per proteggere me. E non me lo merito».
Prima che Jacob potesse ribattere, Carlisle intervenne.
«Non devi sentirti responsabile, Bella, né preoccuparti: se ci saranno problemi col branco li affronteremo tutti insieme. Non lasceremo Jacob da solo», cercò di tranquillizzarmi.
Sospirai, tentando con tutta me stessa di mettere da parte l’ansia; nella mia mente di vampira, anche quella era amplificata notevolmente.
«Giusto», dissi, e guardai Jacob.
Lui, di rimando, mi sorrise; il salotto dei Cullen era così illuminato ed arioso che il suo sorriso era smagliante il doppio.
Mi persi a notare i suoi zigomi sollevati, l’espressione nei suoi occhi quando sorrideva.
Avevo ricordi confusi del viso di Jacob dalla mia vita umana, ma ero sicura che, al tempo, avevo ammirato solo una parte minima della sua bellezza e mi ero beata di una parte infinitamente inferiore della vita e del calore che emanava in realtà.
Ora che potevo osservarlo con occhi più acuti e cogliere ogni suo minimo particolare, Jacob era ancora più straordinario.
La voce di Carlisle mi riportò con i piedi per terra. «Il branco non è il nostro unico problema… Jacob, sai qualcosa del tenente Swan?».
Mi bloccai, fissandolo. In una manciata di secondi, la dura realtà mi piombò addosso.
Mancavo da casa da tre giorni e sicuramente Charlie aveva perso la testa.
Charlie.
Cosa avrei fatto con lui? Come potevo vederlo, parlargli o stargli vicino se ero diventata un mostro? Anche se fossi stata in grado di non ucciderlo, dove potevo trovare il coraggio di guardarlo in faccia? Ero una figlia tremenda, che non sapeva fare altro oltre che mettere sottosopra la propria vita e quella delle persone che la circondavano.
Io attiravo disgrazie e Charlie ci finiva sempre in mezzo. Già una volta lo avevo abbandonato, e adesso la storia si ripeteva.
La risposta di Jacob sembrava lontanissima, persa com’ero nella mia nebbia di pensieri. «Sam mi ha detto che Charlie sta cercando Bella dappertutto. Avrà chiamato Billy una trentina di volte per sapere se era con me, ma quando ha capito che anche io mancavo da casa ha dato di matto…». Si voltò per guardarmi, sorridendo. «Crede che Billy stia facendo da complice ad una nostra fuga d’amore», disse, tentando di sdrammatizzare.
Risi brevemente: un po’ perché la preoccupazione per la salute mentale di Charlie stava crescendo di secondo in secondo, un po’ perché l’idea di una fuga d’amore con Jacob (sebbene non fosse possibile) mi elettrizzò momentaneamente. Se fossi stata ancora umana, probabilmente sarei arrossita. Il mio aspetto congelato, se non altro, mascherava bene le mie emozioni, nascondendo anche le mie illusioni.
«E’ un bel problema», commentò Carlisle, sospirando preoccupato. Poi si voltò verso di me. «Sei molto controllata per essere una neonata, quindi, con le giuste precauzioni e misure di sicurezza, si potrebbe provare a farvi incontrare».
«Ma sono troppo diversa… Non voglio dargli anche questo dolore», sussurrai, guardando in basso.
«Non credi che sparire dalla sua vita senza una spiegazione lo farebbe soffrire di più? E poi Charlie è più tosto di quello che pensi, Bella, davvero», mi disse Jacob, sorridendo.
Mi voltai di scatto verso di lui. «Ma, Jacob, come posso farmi vedere da lui così?!».
Quasi urlai, disperata, indicandomi con un gesto della mano.
Già, come poteva Charlie accettarmi se persino io detestavo il mio nuovo aspetto, la mia nuova natura? Era assurdo. Totalmente assurdo.
«Calmati Bella, tranquilla», intervenne Carlisle, toccandomi il braccio con mano. Forse avevo esagerato.
«Stiamo solo facendo delle ipotesi», continuò dolcemente. «Stiamo pensando alla mossa giusta da fare nei confronti di tuo padre».
Mi alzai, poi mi mossi velocemente e arrivai ad affacciare la grande vetrata. Guardai fuori, dando loro le spalle.
«Mi sento confusa, non so cosa fare», ammisi, stringendo i pugni. «Da una parte vorrei vedere mio padre, vorrei tranquillizzarlo e dimostrargli che sono viva… ma dall’altra, nutro solo un gran desiderio di scappare il più lontano possibile». Iniziai a perdere il controllo della voce sulle ultime parole. «Non voglio che mi veda così», sussurrai infine.
Udii istantaneamente dei passi alle mie spalle e poco dopo avvertii il calore di Jacob contro la mia schiena, come un’aura irradiata dal suo corpo. Il suo respiro caldo intiepidì la mia nuca e il mio collo – ero più bassa di lui – sebbene si fosse tenuto a qualche centimetro di distanza.
Se fossi stata ancora umana, probabilmente il mio cuore sarebbe impazzito.
«Qual è il problema, Bells?», domandò serio.
Chinai la testa, sperando che non riuscisse a scorgere la mia espressione nel riflesso del vetro, sperando di riuscire a nascondermi.
«Ho paura», ammisi, scrollando le spalle come se fosse un’ovvietà.
Ero una vampira neonata, adesso: lo sentivo dalla forza vigorosa che scorreva dentro di me. Grazie a quella forza e alle mie nuove attitudini sarei stata in grado di compiere le imprese più straordinarie; ero indistruttibile, tutto ciò che mi circondava era più fragile di me. Avrei potuto affrontare persino Victoria in quel momento, da sola, senza nessuna paura.
Eppure c’era ancora qualcosa che riusciva a spaventarmi: le emozioni, l’ignoto, il futuro.
Da una parte mi sentivo invincibile – obiettivamente lo ero – ma dall’altra provavo disagio nel mio nuovo corpo. E, lo sapevo, con lo sguardo di Charlie puntato addosso mi sarei sentita ancora più fragile, vulnerabile.
Sentii Jacob fremere, ma non si scompose.
«Di cosa?», domandò.
Appoggiai la mano contro il vetro, freddo quasi quanto me.
«Ho paura di non riuscire a controllare le mie emozioni; ho paura di quello che succederà, ho il terrore del futuro», mormorai, atona. «Mi sono già cacciata nei guai, ma questa volta l’ho combinata davvero grossa. Sono sparita improvvisamente da un giorno all’altro e quel che è peggio è che non posso tornare alla mia vita normale come se niente fosse, perché sono diventata un pericolo per tutte le persone che amo e che conosco. Non posso tornare indietro in nessun modo. E, come se non bastasse, la mia trasformazione ha portato alla rottura del patto tra i Cullen e i Quileute, il che provocherà sicuramente una guerra». Mi sfuggì un singhiozzo. «Non so cosa fare».
Jake si fece ancora più vicino, e il suo calore mi avvolse quasi completamente. Appoggiò una mano sulla mia spalla sinistra, stringendola appena. Avvertii una leggera scossa.
Era incredibile quanto considerassi quel gesto naturale, quanto poco mi dovessi impegnare per mantenere il controllo con lui nonostante fosse un mio nemico naturale. Il mio istinto aggressivo o di autodifesa non scattò nel modo più assoluto, anzi, i miei sensi assorbirono ogni cosa di lui come se fosse la più normale al mondo.
Eccetto l’odore, che mi infastidiva leggermente.
«Ti ho già detto che per il branco non ti devi preoccupare nella maniera più assoluta», replicò. Dal tono di voce capii che stava sorridendo.
«Pensa a quello che vuoi fare con Charlie, invece. Tu vorresti vederlo, non è vero?», domandò comprensivo.
Il suo tono così rassicurante e morbido mi costrinse a dire la verità.
«Sì», ammisi in un sussurro inudibile ad orecchie umane. «Vorrei vederlo, ma non so se sono ancora pronta a incontrarlo di persona», spiegai. «E poi mi manca casa mia. Vorrei rivedere la mia casa, la mia camera».
Mi voltai verso Carlisle, scostandomi da Jacob. «Credi che sia possibile?», domandai.
Lui sorrise e mi volò accanto, accarezzandomi la nuca. «Sei così umana, Bella. E’ sorprendente quanto tu sia ancora attaccata al tuo passato, e quanto questo attaccamento prevalga su ogni tua nuova necessità», proferì con dolcezza. «Certo, certo che è possibile. Possiamo accompagnarti, se lo desideri», propose.
Annuii, sorridendo timidamente. «Lo preferirei. Non sono ancora sicura di riuscire a controllarmi, visto che Charlie è un umano che abita in un quartiere di umani», risposi.
Jacob ridacchiò per un istante, poi assunse un’espressione pensierosa. «E se Charlie fosse in casa?».
«Potremmo aspettare stanotte», rispose prontamente Carlisle.
Stanotte. Sì, era una buona idea. Volevo accertarmi di riuscire a resistere all’odore del sangue caldo e umano di Charlie prima di provare a incontrarlo, e tastare il terreno mentre lui dormiva mi rassicurava. Forse non ero ancora pronta a incrociare il suo sguardo ferito, addolorato, deluso…
«E’ un’ottima idea», commentò Jacob, sorridendo.
Lo guardai per qualche secondo, di sfuggita, senza dire nulla. Lui notò il mio sguardo.
Avrei avuto bisogno di lui quella sera, lo sentivo.
Jacob mi tranquillizzava, era pazzesco: la sola presenza di un mio nemico riusciva a placare la mia ansia più delle parole rassicuranti e dette con dolcezza di Carlisle.
Ma, mentre stavo per aprir bocca, mi tornò in mente la promessa che avevo fatto  a me stessa un istante dopo essermi resa conto di quanto lo amassi ancora: prendere le distanze e lasciarlo in pace.
In quel momento ero pericolosa per tutti, anche per lui. Non potevo lasciarmi sopraffare dal mio egoismo e dal mio desiderio di volerlo sempre accanto, non potevo. Dovevo lasciare che fosse felice lontano da me, non approfittare di ogni occasione per stargli attorno. Dovevo proteggerlo da me stessa e dal nostro rapporto che non poteva portargli altro se non guai e sofferenza.
Perciò scostai lo sguardo e  tacqui, sforzandomi di tenere la bocca chiusa.
«Che ne pensi, Bella?», domandò Carlisle.
Smisi di lasciarmi distrarre dai miei pensieri. «Uh, sì. Per me va bene».
«Perfetto», convenne lui con un sorriso.
«Mentre voi sarete da Charlie, mi offro volontario per controllare la situazione attorno al perimetro», intervenne Jacob.
Da una parte fui contenta che Jake mi avesse risparmiato il disagio di chiedergli di persona di non venire con me, dall’altra invece pensai che l’irruzione notturna a casa di Charlie sarebbe stata meno pericolosa rispetto alla ronda.
«Perimetro?», domandò Carlisle, curioso.
«Sì, la zona circostante al vostro territorio. Non credo che Sam e gli altri varcheranno quei confini; o almeno, lo spero», spiegò, aggrottando le sopracciglia sulle ultime parole, pensieroso.
«Qualunque cosa decideranno di fare, noi saremo pronti: alcuni di noi rimarranno qui stanotte, se avrai bisogno di aiuto», gli assicurò Carlisle, deciso.
Colsi l’occasione al volo: non volevo che Jacob mi seguisse, ma non volevo nemmeno Edward.
«A me basterebbe che mi accompagnassi tu», gli dissi, a bassa voce. «Gli altri potrebbero rimanere qui con Jake».
Carlisle mi sorrise. «Certo, Bella. Ci sarò io con te, non preoccuparti».
Quanto avrei voluto sentire quelle parole uscire dalle labbra di Jacob. Non osai nemmeno guardarlo, in quell’istante.
«Grazie».




Angolo autrice.
Ehm, sì, chi non muore si rivede…
Lo so, è da un anno (e più) che non aggiorno questa storia.
Mioddio, il picco di “crisi da pagina bianca”, “blocco dello scrittore” o come lo volete chiamare non è mai stato così alto. Un anno. Mamma mia.
Comunque ora sono tornata, anche se non so davvero dirvi quando uscirà il prossimo capitolo… Spero che questo aggiornamento mi serva da trampolino di lancio per ricominciare con aggiornamenti più frequenti (: Magari ricevere qualche bella recensioncina mi darà una spinta… Nel prossimo, lo dico subito, Bella tornerà a casa sua e un capitolo difficile (da scrivere) si prospetta. Help @_@
Ringrazio tantissimo jakefan, fufe, nalu, raggiodisole90, Lea__91, Atomo e GiulsWeasley per aver recensito lo scorso capitolo. Spero che anche questo sarà di vostro gradimento :)
A presto!
Un bacione,
Bea xxx

Dedica personale ~
Il sentimento principale che fa da fondamento a queste mie storie è l’amore; fino a due anni fa, scrivevo di questa emozione senza averla mai vissuta fino in fondo.
Se, da ora in poi, l’amore che trapelerà da queste pagine sembrerà più reale, sarà solo merito tuo, che me lo fai vivere ogni giorno.
Grazie.

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