Blanco espadachìn

di Novelist Nemesi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Misiòn ***
Capitolo 2: *** II - Relaciòn ***
Capitolo 3: *** III - In Disguise ***
Capitolo 4: *** IV - Mujer ***
Capitolo 5: *** V - Tabla Y Sentimientos ***
Capitolo 6: *** VI - Intimidaciòn ***
Capitolo 7: *** VII - Transferecia ***
Capitolo 8: *** VIII - Làgrimas Y Penas De Prìsiòn ***
Capitolo 9: *** IX - Ausencia ***
Capitolo 10: *** X - Desgracia ***
Capitolo 11: *** XI - Clasificaciòn ***
Capitolo 12: *** XII - Vuelve A Mì ***
Capitolo 13: *** XIII - Palabras ***
Capitolo 14: *** XIV - Venganza ***
Capitolo 15: *** XV - Sin Dolor ***
Capitolo 16: *** XVI - Adaptaciòn ***
Capitolo 17: *** XVII - Caliel Lenain Khethel ***
Capitolo 18: *** XVIII - Fracciònes y opciònes ***
Capitolo 19: *** XIX - Corazòn y cerebro ***
Capitolo 20: *** XX - Desastres y salidas ***
Capitolo 21: *** XXI - Cine y espìritu ***
Capitolo 22: *** XXII - Suplente vidas ***
Capitolo 23: *** XXIII - Rivelaciòn ***
Capitolo 24: *** XXIV - Calma y tormenta ***
Capitolo 25: *** XXV - Todos contra todos ***
Capitolo 26: *** XXVI - Sacrificio y frialdad ***
Capitolo 27: *** XXVII - Humana o arrancar ***
Capitolo 28: *** XXVIII - Nuevo lugar ***
Capitolo 29: *** XXIX - Miedo del deseo ***
Capitolo 30: *** XXX - Nuevo rinacimiento de un monstruo ***
Capitolo 31: *** XXXI - Batalla entre titanes ***
Capitolo 32: *** XXXII - Recuperaciòn y tratamiento ***



Capitolo 1
*** I - Misiòn ***


I

Non era la pioggia. Non era il ticchettio dell’orologio. Non era la stanza spoglia. Non erano gli altri.
Nessuno aveva colpa del fatto che lui avesse quel viso pallido e segnato da due righe nette che scendevano sulle guance. Era solo temuto da molti, rispettato da alcuni.
Odiato? Qualcuno che portava rancore c’era. Alcuni non si facevano scrupoli a mostrarlo. Ogni occasione era buona per attaccarlo. Altri restavano in silenzio, col buon senso di non complicare le cose.
Anche perché qualunque attacco, frecciatina, avessero mandato, lui, impassibile, avrebbe risposto con frasi semplici e dirette, che chiudevano seduta stante la conversazione.
Era anche invidiato per il fatto che il capo lo guardasse con occhi diversi. Lui era speciale. Il suo pupillo. Quei sentimenti erano così stupidi, secondo lui, che neanche valeva la pena di riderci sopra.
Il suo operato era sempre stato eccellente. Sempre rispettoso nei confronti dei superiori, sempre tranquillo, per i fatti suoi. Agiva solo se c’erano ordini, altrimenti restava nella sua stanza a sorseggiare tè o a camminare senza meta. Il capo ordinava, lui eseguiva, anche se a volte non era d’accordo.
Per esempio, non gli piaceva affatto la persona che gli avevano affiancato per andare a Karakura. Troppo grande e spaccone. Ma anche quella volta stette zitto, mantenendo i nervi saldi. La tentazione di riempirlo di pugni, quando il suo compare aveva esagerato quella volta, era forte. Ma si accontentò di un pugno sulla pancia, che lo fece indietreggiare.
Il suo nome faceva in fretta a circolare e restare nelle menti.
Ulquiorra Schiffer.*
Altisonante, vero?
« Ulquiorra. »
Posò con calma il bicchiere mezzo pieno di tè, sbuffando di nascosto. Perché nessuno aveva ancora imparato a bussare?
« Aizen ti vuole. Sbrigati. »
Ogni cosa che doveva fare, ogni ordine, aveva come conclusione “sbrigati”. Era pronto a giurare che un giorno gli avrebbero persino ordinato di andare a pisciare con un “Ulquiorra, se vai in bagno sbrigati”. Oppure sarebbero stati capaci di entrare apposta nella sua stanza per dirgli solamente “Ulquiorra, stai bevendo il tè? Okay, ma sbrigati”.
L’unico che non gli diceva mai di sbrigarsi era Aizen, il suo diretto superiore. O meglio, non lo diceva esplicitamente. Lui era un tipo affabile e che sapeva come parlare. Invece di dire “sbrigati”, era solito dire “Su, coraggio”. E diceva sempre “Puoi andare”, non “vai”. Pensava forse che, usando dei sinonimi più dolci, avrebbe tenuto buoni i propri sottoposti? Con qualcuno forse funzionava, ma non con Ulquiorra. Egli aveva scelto liberamente di obbedire e portare rispetto ad Aizen. Non aveva bisogno di trattamenti di cortesia.
« Sono qui, Aizen. »
« Eccoti. » sorridente, come sempre, seduto in maniera composta sul suo trono sopraelevato.
Guardare la gente dall’alto al basso. Che sensazione si provava nella pratica? Un conto è solo sentirsi superiore, un altro è dimostrarlo anche nei piccoli gesti quotidiani. Aizen non faceva grandi cose, nei combattimenti scendeva in campo direttamente solo se necessario – quasi mai -. Eppure, bastava vederlo seduto là sopra per far inchinare tutti quanti e dire all’unisono “Sì, signore”.
In quello erano un po’ simili. Anche Ulquiorra si sentiva superiore a molte persone. Non lo dava a vedere, e quelle poche volte che lo faceva apostrofava il malcapitato di turno come spazzatura, rifiuto, essere inutile. Però non sentiva il bisogno di accomodarsi su una poltrona così alta.
« In tutta franchezza, Ulquiorra… Yami non ti va a genio? »
« Un Espada merita comunque rispetto, indipendentemente dal numero a cui appartiene. » disse subito.
« Allora come mai l’hai trattato in modo così freddo l’ultima volta? »
« Semplicemente non aveva ben chiaro gli ordini da eseguire. »
Aizen sospirò con un sorriso. « Ho capito. Non ti preoccupare. Ho una nuova missione per te, e stavolta andrai da solo. O preferisci trovarti qualcuno con cui andare? » non ci fu risposta « Allora, Ulquiorra. Siamo a corto di uomini. Grimmjow, con quella sua ultima scenata, ha fatto perdere in un colpo solo cinque Arrancar, e lui stesso è stato tolto dal gruppo degli Espada. Ci servono nuove persone. Ho già mandato diverse squadre sparse per tutto il Giappone a cercare qualche Hollow potente con cui formare nuovi Arrancar. Tu andrai da un’altra parte, a cercare altri potenziali. E non solo Hollow. »
« Non solo Hollow? Quindi… Anche esseri umani? »
« La missione con Yami non è stata un totale fallimento. » sorrise e continuò il discorso « Ad esempio, quella femmina che guariva le persone… Hai notato anche tu che ha un potere particolare. Farebbe comodo avere persone come lei nella nostra schiera. E ho potuto notare che ci sono diversi altri umani con un forte potere spirituale. In tal caso, sarebbe possibile testare ancora l’Hougyoku e far nascere esseri straordinari. »
« Aizen… Una procedura del genere su degli esseri umani… »
« Non c’è problema. Anzi, più forte è il loro potere spirituale, meglio è. »
Ulquiorra si disse che non c’era più altro da dire, o provare ad obiettare. Inchinò leggermente il capo e disse « D’accordo. Farò come chiedi. »
« Molto bene. Puoi andare adesso. Ti farà avere presto tutti i dettagli della missione. Non ucciderai nessuno, e farai rapporto ogni due settimane. anche se gli umani non possono vederci, stai ben attento a questi casi particolari. Conto su di te, Ulquiorra. »
« Sì, signore. » si congedò, con passo lieve. Fissò per un po’ il pavimento lucido, mentre infilava le mani in tasca come suo solito. Dove l’avrebbe mandato Aizen? E una volta trovati questi nuovi potenziali?
Lasciò perdere quelle considerazioni. Non erano affari suoi, non facevano parte degli ordini.
Passò per caso davanti a una porta aperta, che mostrava una stanza poco meno spoglia della sua. Seduto davanti a un kotatsu* c’era un ragazzo imbronciato, dai capelli azzurri e una mandibola che gli copriva la guancia destra come una maschera. Occhi dello stesso colore dei capelli, ma pieni di rabbia. Un giacchetto bianco corto e sbottonato, che mostrava un petto nudo e una parte bassa della schiena che mostrava una grossa cicatrice. Una volta c’era il numero 6. E una volta quel ragazzo aveva anche il braccio sinistro. L’agire di testa sua è stato davvero fatale.
Ulquiorra non restò troppo tempo a osservarlo, si voltò subito, riprendendo il cammino. Ma venne fermato da una voce ringhiosa.
« Quando la smetterai di farti i cazzi degli altri, eh, Ulquiorra? »
Lui fece un passo indietro, per incrociare lo sguardo con quegli occhi di ghiaccio.
« Credo che se tu continui a lasciare la porta della tua stanza aperta tutti continueranno a farsi i cazzi tuoi, Grimmjow. »
Sbuffò. « Ho sentito che Aizen ti ha affidato una nuova missione. »
« Non solo a me. »
« E dove te ne vai? »
« Non credo che la cosa ti riguardi. »
« Così come camera mia non ti riguarda. »
« Cercherò di non passare più davanti la tua camera quando la porta è aperta. Soddisfatto? »
Grimmjow sbuffò ancora, più rabbioso che mai. « Vattene. E sbrigati. »
« Come desideri. » rispose Ulquiorra tornando sui suoi passi. Aveva altro a cui pensare.
Doveva andare nel mondo degli umani. Aizen gli comunicò che la sua meta sarebbe stata Seattle.

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* Dopo mesi ho capito che Ulquiorra Schiffer si pronuncia Alchiorra Cifer. Non male. xD Ah, eccoci qua! Bleach! Una serie che mi sta appassionando moltissimo e, come avrete potuto immaginare, sono stata subito colpita dal fascino di Ulquiorra Schiffer!
Visto che a Tite Kubo pare piacere proprio tanto lo spagnolo, bè, cimentiamoci anche noi, no? Che poi giovedì vado a Madrid e sarà un’occasione unica per avere molta più ispirazione!
Ebbene sì, da giovedì fino a lunedì sono in Spagna, quindi per quei giorni non posterò… Ma sono sicura che tornerò con molta più carica di prima!
Tornando alla storia, che ve ne pare del primo capitolo? Ho approfittato un po’ per mettere una mia visione di Ulquiorra e dell’Hueco Mundo –ovvio, se no che fan fiction sarebbe?!- ma spero di non aver esagerato con le mie fantasie.
Spero che vi piaccia e, mi raccomando, recensite che voglio sentire i vostri pareri così da potermi migliorare!

Neme.

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Capitolo 2
*** II - Relaciòn ***


II

Solo, lontano da tutti, dall’altra parte del mondo. Doveva ammettere che come missione era la migliore che potesse capitargli. L’unico inconveniente era che non poteva permettersi pause, doveva stare sempre attento a ogni minimo particolare. In mezzo a un sacco di gente che ignorava la sua esistenza, non potendolo vedere, e che di conseguenza poteva dare libero sfoggio della loro quotidianità.
Gli esseri umani aveva così tanta fretta. C’era chi portava al guinzaglio un cane. Chi parlava nervosamente con un apparecchio elettronico attaccato all’orecchio. Chi mangiava in maniera indecente un panino. Chi camminava con lo sguardo fisso per terra, chi si teneva per mano.
Tutta spazzatura, secondo Ulquiorra. Nessuno con una forza spirituale degna d’attenzione, almeno fino a quel momento. Osservava con attenzione tutto e tutti, con uno sguardo vuoto e senza espressione. Si slacciò di poco la giacca candida, mettendo in “mostra” un buco appena sotto il collo. Il minimo di sensibilità che aveva nel distinguere caldo e freddo si stava facendo sentire. Forse era tutto quel via vai di gente a dargli caldo, un senso di oppressione che non gli apparteneva, o almeno credeva così. Karakura non era paragonabile a quella città, che si chiamava Seattle. La lingua, il cibo, il modo di fare delle persone. I giapponesi non erano così rumorosi.
Dopo aver dato una perlustrazione per le vie principali, decise che era il caso di guardare gli interni. Quel posto chiamato bar, ad esempio. Notava molta gente che entrava e usciva.
L’arredamento era quasi interamente di legno, luci soffuse, tavoli eleganti messi affianco a grandi finestre linde. C’era tantissima gente, gran parte appoggiati a un lungo tavolo che doveva essere il bancone, dove un signore in grembiule stava servendo dei bicchieri ricolmi di liquido giallognolo e schiuma. Alcuni tavoli erano occupati, e delle ragazze vestite in maniera uguale, camicetta a righe e grembiule, portavano vassoi ricolmi di schifezze, di spazzatura. Come tutte quelle persone.
Lanciò uno sguardo glaciale verso tutti, Ulquiorra, per poi addentrarsi in quel mondo sconosciuto, di cui gli importava poco e niente.
Ed ecco.
Un passo. Un altro.
Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Un enorme potere spirituale che veniva dal fondo della grande sala.
Fece un altro passo verso quella direzione. Quella forza restava ferma lì, non diminuiva che cresceva. Tutt’altra cosa rispetto a Ichigo Kurosaki, un dio della morte, uno shinigami inesperto, ancora insufficiente. Quel tale aveva un potere altalenante, prima sembrava sfoderare chissà cosa e poi si mostrava una nullità. Quando lo incontrò, con Yami, pensò che non era il caso ucciderlo, anche perché la sua missione richiedeva solo di trovarlo e cercare informazioni dettagliate su di lui. In futuro, forse, sarebbe stato utile alla causa di Aizen, o sarebbe stato degno di essere ucciso. Ad Ulquiorra non importava niente se viveva o moriva.
Proseguì fino ad arrivare all’ultimo tavolo, dove si sedevano due ragazze. Una girava il cucchiaio nella tazza da tè con indifferenza, mentre ascoltava passivamente la sua compagna tutta presa a raccontare qualcosa e gesticolare.
Ulquiorra si appartò, nascosto tra la folla. Se quella ragazza aveva un così grande potere, era molto probabile che riuscisse a vedere gli spiriti e le persone come lui.
La osservò per tutto il tempo. Era una ragazza dalla corporatura normale, vestita in abiti leggeri, i capelli raccolti distrattamente da una coda tenuta ferma con una cosa simile a una matita. Chiacchierava con la sua amica, di tante cose, a cui l’Arrancar non diede credito. A volte aveva la sensazione che quella ragazza lo guardasse. Rivolgeva la testa verso la sua direzione, in certi momenti sembrava inquieta. Ulquiorra ne intuì che era una ragazza molto acuta, per accorgersi della sua presenza nonostante quella confusione.
La seguì a distanza quando uscì dal bar, anche quando saluto l’altra ragazza a metà strada, anche quando entrava in qualche altro posto. Fino a pochi metri da casa.
Aizen sarebbe stato molto soddisfatto. L’ideale sarebbe stato avvicinarla, ma era meglio attendere ordini.
Ora sentiva una certa fame. non quella comune fame da umani. Voleva qualche anima. Abbandonò momentaneamente quella curiosa ragazza per cercarsi qualcosa con cui sfamarsi. Qualche pesce piccolo, spiriti qualunque che vagavano senza ragione. Cose da niente, che neanche soddisfavano appieno il gusto, ma dovette accontentarsi.
Passarono in fretta quindici giorni, passati a pedinare costantemente quella ragazza, che la mattina andava in un comune liceo, tornava a casa, pranzava, restava in camera sua a studiare, per poi uscire. C’erano altre tre persone che vivevano con lei, dovevano essere i genitori e il fratellino, un marmocchio di circa cinque o sei anni in cui però Ulquiorra aveva individuato una certa forza spirituale. Certo, nulla in confronto a quella ragazza, che aveva un potere immutato da quando l’aveva vista la prima volta. Doveva avere un autocontrollo eccezionale, o forse non si rendeva pienamente conto di cosa aveva. In fin dei conti, aveva mai visto sul serio uno spirito? Credeva a cose come fantasmi e shinigami? Se lui si fosse mostrato a lei, così com’era, si sarebbe messa a urlare o avrebbe accettato la sua presenza come niente fosse? Queste furono alcune delle ragioni per cui Ulquiorra attese di fare rapporto prima di agire.
Tornò alla sua base, Nell’Hueco Mundo, creandosi un varco ed entrandoci dentro, lasciando che il tutto si richiudesse dietro le sue spalle. Un modo comodo e veloce per andare e venire dal mondo degli umani.
« Aizen… » disse con voce bassa « Sono tornato per fare rapporto. »
« Bentornato, Ulquiorra. » Aizen era sempre là, seduto sul suo trono, con una mano poggiata sul mento. Sorrideva compiaciuto. « Come ti sei trovato a Seattle? »
« C’è molta confusione, ma riesco a procedere senza intoppi. »
« Allora fammi vedere, Ulquiorra… Mostrami tutto ciò che hai visto e saputo. »
« Sì, signore. » detto ciò Ulquiorra si prese l’occhio sinistro, cavandoselo senza alcun lamento o fatica. Ora l’occhio dall’iride di un verde puro era poggiata sul palmo della sua mano, che si chiudeva in un pugno sempre più forte, fino a schiacciarlo completamente e sgretolandolo in granellini che orbitarono verso Aizen, il quale, ad occhi chiusi, era pronto a ricevere informazioni. Era il classico metodo che Ulquiorra usava per trasmettere informazioni a tutti, senza doversi dilungare in spiegazioni e senza il rischio di tralasciare nulla. I suoi occhi potevano vedere tutto, immagazzinare tutto. Anche per questo Aizen lo trattava con un po’ di riguardo.
« Capisco… E’ tutto molto interessante. » disse Aizen alla fine « Sei riuscito a sapere altro su questa donna? »
« Il nome. Il suo nome è Wendy Stephenson. »
« Ottimo lavoro, Ulquiorra. Non ci resta che avvicinarla ora. »
« Preferisco andare cauto su questo punto. Non ho ancora avuto occasione di confermare se questa donna sia consapevole del suo potenziale o no. Vorrei avvicinarmi a lei, ma cautamente. Far capire il meno possibile la mia natura. »
Aizen restò un po’ interdetto, ma poi fece una risata genuina. « Tu e la tua attenzione maniacale! Ma hai ragione, è meglio andarci coi piedi di piombo. Vorrà dire che ti mischierai con la civiltà umana. Ti daremo un corpo in grado di essere visto e toccato da tutti, un gigai, proprio come gli shinigami. Per fortuna, però, non dovrai ingoiare strane pasticche da un contenitore a coniglietto per tornare ad essere un Arrancar. » sospirò, gongolandosi nei suoi successi « A quanto pare i nostri studi fanno passi da gigante… Comunque, Ulquiorra, questo è quanto. Usa pure il metodo che preferisci per avvicinarla. Ora vai pure, Espada numero quattro. »
« Grazie. »
Aizen aveva ragione, le ricerche fatte fino ad allora avevano dato frutti molto buoni: il gigai in cui si trovava ora il giovane Arrancar era molto diverso da quello degli shinigami. Niente pasticche, niente restrizioni, solo un contenitore fatto su misura. Era esattamente come prima, salvo la visibilità e un po’ il fisico. Non aveva righe nette che segnavano le guance, e nessun teschio spaccato a metà a coprirgli parte del capo. Aveva ancora con sé la sua spada, però, che poteva usare quando preferiva.
Ora era pronto per svolgere al meglio il suo incarico.
E forse non sarebbe finita con quella ragazza.
C’era un altro potere degno di nota, nell’aria, che però sparì dopo pochi secondi.
Era stata solo un’impressione di Ulquiorra?

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Fiuuu, meno male, sono riuscita a postare il nuovo capitolo prima della partenza!
Bè, che ve ne pare? Spero davvero che vi piaccia! È un genere mai affrontato prima d’ora ma devo dire che la cosa mi diverte tantissimo!
Il nostro Ulquiorra si è infine intrufolato nella società umana… Cosa ricaverà da questa Wendy? E questo nuovo potere spirituale che ha percepito, cosa sarà?
Lo scoprirete tra 5 giorni, gente, il tempo di tornare da Madrid dove, ironia della sorte, potrò cogliere l’occasione di approfondire lo spagnolo ( anche se lo so che alla fine ricorrerò moooolto al traduttore e al dizionario! LOL )
Bè, allora vi saluto, ci vediamo ai prossimi capitoli!

Neme

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Capitolo 3
*** III - In Disguise ***


Improvvisarsi essere umano non era impresa da poco. Non impossibile, certo, ma per lui si era dimostrato più difficile del previsto.
Il problema era il denaro. Il come procurarseli per vivere. Non aveva bisogno di mangiare come gli altri umani, ma per comprare cose come i vestiti erano necessari. Per il nome non sarebbe stato un problema mantenere il suo. Ma per essere come loro, gli esseri umani, era necessario condurre una medesima vita. Passeggiando per strada si imbatté in una vetrina, su cui si specchiò. Aveva l’aspetto di un ventenne, ventiduenne al massimo. Fingere di essere uno studente non era male. Facendo dei rapidi calcoli non sarebbe riuscito a finire nella stessa scuola della ragazza, ma non importava.
Era costretto anche a trovarsi un lavoro? Aveva sentito che per guadagnare gli umani eseguivano un mestiere. Alcuni lavori, però, era possibile farli solo dopo un lungo studio, o con un foglio di carta che chiamavano laurea o diploma. Altri invece non davano importanza a queste cose.
A quello ci avrebbe pensato. Ora doveva solo cercare di avvicinare quella ragazza.
Passarono due giorni, e Ulquiorra si accorse che il bar in cui aveva incontrato quella donna era un posto che frequentava molto spesso, quasi tutti i giorni, soprattutto nei fine settimana. Era sempre affollato, ma lei sedeva sempre al solito posto, in fondo, accanto alla finestra. Da sola o in compagnia.
Pensò che l’ideale era infiltrarsi lì, sedersi accanto a lei e avvicinarla con una scusa, del tipo “Scusa, sai che ore sono?”.
Notò che alla porta era stato messo un cartello con scritto “Cercasi personale”, ma era stato sbarrato con un pennarello. Bene, se non c’era posto se lo sarebbe creato.
Agì di notte. Attese fino alla chiusura del locale. Erano uscite tre persone, uno sicuramente era il proprietario, altri due dovevano essere il barista e il cameriere. Aveva sentito che il cameriere era un lavoro in cui si stava sempre in movimento, a stretto contatto con la gente, più di un barista. Ottimo.
Lo sorprese alle spalle, dandogli un colpo secco alla gola quando fu da solo. Fece un enorme urlo, troncato di netto dal sangue che sgorgava a fiotti dalla gola. La sua morte fu rapida, chiusa da un tonfo a terra e accompagnata dalle urla di un passante che aveva visto quella insolita morte. Ulquiorra non poteva essere visto. Per l’occasione era tornato Arrancar, tanto per andare sul sicuro. Qualcuno avrebbe dato la colpa ai fantasmi, ma non importava.
Restò tutta la notte sveglio, a pensare a come arrivare a quel posto di lavoro che aveva creato con tanta freddezza. Uccidere per così poco non era nel suo stile, ma era in missione. Quell’uomo era spazzatura che fosse morto prima o dopo non c’era differenza.
Per passare il tempo tornò a casa Stephenson. La casa di quella ragazza. Guardava la tv mentre sfogliava una rivista. Sembrava stanca. I capelli stavolta erano raccolti in una treccia laterale. Non staccava gli occhi nemmeno un secondo la rivista, rendendo superflua la tv.
« Il suo potere… Non accenna a diminuire. » sorrise, felice di constatarlo. « Ci vediamo presto, donna. »
Fu per lei una mattina come le altre. Colazione, doccia, chiamata veloce alle amiche, poi uscì di casa. Destinazione: Rocking Horse Cafè, il suo bar preferito, così accogliente e grande, così caotico, così personale. Il sabato mattina per lei era tradizione andare a fare colazione lì con le sue amiche, che quella mattina avevano più gossip a disposizione del solito, non molto felici, però. Dicevano che il cameriere di quello stesso bar era morto in circostanze misteriose, trovandogli la gola sgozzata. Un rapinatore, conclusero tutte. L’unica stranezza era che il testimone diceva che era caduto da solo, col sangue che usciva dalla gola. Wendy si irrigidì. Non aveva mai detto a nessuno che poteva vedere fantasmi e spiriti, da quando aveva memoria. Da sola si disse che doveva essere stato uno di loro. Provava una gran pena per molti di loro. Erano soli e non trovavano pace.
« Però hanno trovato presto un nuovo rimpiazzo. » disse Audrey, una delle sue amiche « E’ arrivato ieri e dicono che sia bravissimo. Non l’ho mai visto prima, forse è straniero, mi hanno detto che ha una strana pronuncia. »
Entrarono insieme, accomodandosi al solito tavolo. Wendy aveva la luna un po’ storta. U cameriere del bar era morto e nessuno aveva pensato di chiudere per lutto? Disse quel pensiero ad alta voce, ma fu attenta a dirlo, il proprietario era un tipo abbastanza permaloso. Le sue amiche le diedero ragione, ma non facevano che guardarsi intorno. Questo nuovo cameriere suscitava un sacco di curiosità, neanche fosse stato Johnny Depp.
Fu proprio lui ad avvicinarsi al loro tavolo, in camicia bianca, cravatta nera come i pantaloni. Indossava un grembiulino blu scuro su cui era stampato il simbolo del bar, il profilo di un cavallo dalla criniera infuocata. Aveva già estratto dalla tasca il taccuino con cui prendere l’ordine, il che dimostrava che non era proprio un esperto. Là dentro usavano ormai da tempo apparecchi tecnologici per prendere gli ordini. Doveva essere una frana con computer e simili.
Ed eccolo là, davanti a loro. Pallido, il colore della pelle era quasi identico alla camicia, mentre i capelli erano di un tale nero da non avere quasi riflessi alla luce del sole. Gli occhi di un verde profondo e dall’aria malinconica erano gli unici colori che catturavano l’attenzione.
« Buongiorno. » disse lui, con un sorriso di circostanza che sparì subito. « Le signore desiderano ordinare? »
Ulquiorra si rese conto di essere un tantino ridicolo, in quei panni, a giudicare dagli sguardi che lanciavano quelle ragazze. O forse erano semplicemente colpite dalla presenza di un nuovo cameriere. Comunque, non aveva importanza che impressione desse. Aveva quella ragazza finalmente vicino, ma sfortunatamente quel giorno non era da sola. Ma andava bene così, osservarla così da vicino sarebbe stato utile. Avvertiva uno sguardo strano in lei, come se avesse una strana sensazione. Si erano captati a vicenda, ma lei ignorava la natura di lui.
« Bè… Io prenderei il solito… » esordì Eve, una del gruppo.
« Credo che, essendo nuovo, non sappia quale sia il tuo solito… » la corressero subito tutte quante.
« Oh, già… Bè, allora prendo un milkshake alla vaniglia. »
Ulquiorra non la stava guardando in quel momento, anche se aveva sentito un qualcosa di siile a un milkshake alla vaniglia. Si era voltato da un’altra parte, verso l’uscita. C’era di nuovo quella nuova potenza che l’aveva distolto momentaneamente da Wendy, e dalle sue compagne. Sparì subito, come quella notte. Si voltò, sospetto, rendendosi poi conto che le ragazze richiamavano la sua presenza.
« Perdonatemi, ero distratto… Milkshake alla vaniglia, giusto? »
Alla faccia del distratto.
Wendy fu l’ultima a ordinare. « Succo d’arancia rossa. » disse, cercando di non guardarlo negli occhi.
« Va bene. » Ulquiorra si appuntò tutto quanto con estrema attenzione, posando la penna sul foglio in maniera molto leggera. « Sarò subito da voi. »
Come si voltò partirono i commenti.
« Parla bene la nostra lingua… Siamo sicure che è straniero? »
« E’ così alto e magro… Dev’essere uno sportivo oppure fa una dieta particolare. »
« Nà, non ha dei bicipiti così scolpiti. Secondo me è solo molto fortunato ad avere un metabolismo veloce. »
« Avete visto che occhi verdi che ha? Non li ho mai visti così da noi. Ho letto su internet che sono rari e che è più facile trovarli in nord Europa. »
« Wendy, tu che ne pensi? »
« Di lui? Ma niente, ho solo visto che coi computer dev’essere una frana. »
« E questo è sufficiente per guardarlo male? Guarda che ti abbiamo visto! »
Rise. « Ma no! Hai visto poi che faccia che ha? È così serio! Io non mi fiderei di una persona così, secondo me fa una vita tutt’altro che tranquilla e… »
Fu interrotta dall’arrivo dell’oggetto di tanto parlare. « Chiedo scusa per l’attesa. Ecco le vostre ordinazioni. Quando volete chiedere il conto, chiamatemi pure. »
Ci furono diversi grazie e sorrisi. Era davvero bravo e ai tavoli ci sapeva fare, si dissero le ragazze. Wendy si limitò a ringraziarlo con un sorriso un po’ forzato. Fu allora che ne approfittò.
« Ah, già! Come farete a chiamarmi se non sapete il mio nome? Il mio cartellino non è ancora pronto… » fece un lieve inchino, cosa insolita a cui le ragazze risposero con facce sorprese. « Ulquiorra Schiffer. Lavoro qui da ieri. Molto piacere. » ci fu silenzio. Gli esseri umani erano davvero strani, constatò Ulquiorra. « E’ troppo chiedere i vostri nomi? »
Con imbarazzo le ragazze si presentarono, anche Wendy. Lui, Ulquiorra, sorrise in modo sarcastico.
« Ora che ci siamo presentati, sembro meno pericoloso? »
Tutte risero, mentre la ragazza arrossì subito, incapace di ribattere al fatto che aveva sparlato di lui e che soprattutto se n’era accorto. Nonostante ciò, Ulquiorra non mostrava segni di offesa o rancore. Salutò tutte quante.
Il primo passo l’aveva fatto, ma non bastava. Doveva avvicinarsi di più, ma non sarebbe stato un problema. Avevano delle forze spirituali non indifferenti, di sicuro lei, incuriosita e intimorita, avrebbe voluto sapere di più. si sarebbero venuti incontro a vicenda. Ne era sicuro.

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Ed eccomi di ritorno da Madrid! Sono stati cinque giorni pieni e intensi, fatti di risate e lacrime! Anche di ansia, visto che con questa storia del vulcano mancava poco che non ci facevano partire! E sono tornata con un nuovo capitolo, spero che vi piaccia! Un mio amico mi ha anche passato un sito straniero dove ci sono le scan dei manga in inglese fatte benissimo, altro che quello su cui leggevo io in italiano che saltava i capitoli di Bleach! Bè, spero che la lettura sia di vostro gradimento! Alla prossima!
Neme

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Capitolo 4
*** IV - Mujer ***


Anche se pioveva, lui vagava per le strade desolate di Seattle, a notte fonda, dove le luci delle case erano ormai spente da diverse ore. Di notte poteva permettersi di gironzolare coi suoi abiti consueti, con la sua spada, col suo vero volto. Con quella maschera che lo proteggeva un po’ da tutto il resto.
Presto sarebbe dovuto tornare a fare rapporto, ma non ne aveva granché voglia. L’aveva avvicinata, okay, ma era riuscito a capire se lei vedeva o no fantasmi e simili?
C’era poi quell’altra forza misteriosa che ogni tanto sentiva, che non riusciva a capirne la provenienza, che spariva e ricompariva. Gli dava enormemente fastidio non riuscire a capire chi diavolo era. Si sentiva sotto pressione.
Continuava a camminare, guardando per terra e le mani messe svogliatamente nelle tasche dei larghi pantaloni bianchi. Non pensava a nulla di particolare, tranne che a quanto era faticoso vivere come un umano. A ben pensarci, ora che aveva incontrato da vicino Wendy, poteva benissimo lasciare quel ruolo e presentarsi da lei come l’Arrancar, l’Espada numero 4, ai diretti ordini di Sosuke Aizen, eccetera eccetera. L’avrebbe convinta a passare dalla sua parte con le buone, senza usare violenza, grazie alla sua parlantina. Come aveva fatto con quella femmina di nome Orihime Inoue, minacciando di uccidere i suoi compagni se non avesse obbedito. Certo, non era proprio “convincere con le buone”, ma Inoue non oppose molta resistenza, né diede segni di grandi crolli psicologici. Come quella Wendy. Ultimamente stava incontrando persone con una grande forza di volontà. Ma cosa spingeva queste persone a comportarsi così?
E a proposito di Inoue e rapimenti. Doveva tornare nell’Hueco Mundo.
« Bentornato a casa, Ulquiorra. »
Dopo i convenevoli, Ulquiorra condivise le sue informazioni con Aizen. Stavolta nella stanza c’erano anche altre persone. Una era Grimmjow, che se ne stava seduto per terra a guardare Ulquiorra con odio. Poi c’erano le persone con cui Aizen era più a contatto, Kaname Tosen e Gin Ichimaru.
Tosen portava gli occhiali, nonostante la sua vista non funzionasse più aveva tutti gli altri sensi molto sviluppati. Aizen per qualche strano motivo lo teneva in gran considerazione. Era un fissato con la giustizia. Qualunque cosa facesse, per lui era per seguire un ideale di giustizia, che per Ulquiorra non esisteva, non aveva alcun significato. A che pro combattere per una cosa così astratta? Cos’era la giustizia? Ulquiorra non l’aveva mai vista e non gli interessava minimamente conoscerla. Per questo provava una certa avversione verso quella persona. Anzi, avversione era esagerato, perché ad Ulquiorra, di lui, importava poco e niente. non aveva tempo da sprecare per pensare a persone così. E poi Aizen si fidava di lui. E Ulquiorra si fidava di Aizen.
Gin invece era più simili a lui, in quanto a parlantina. Se il giovane Espada aveva impiegato un’oretta a convincere Orihime a seguirlo, Gin ci avrebbe messo poco più di cinque minuti, visto com’era portato a distruggere psicologicamente le persone. Aveva un perenne sorriso abbastanza inquietante sulla faccia, e gli occhi perennemente chiusi. Un lato opposto rispetto a quello di Ulquiorra che però lo faceva sentire vicino.
Altre persone presenti erano Yami, che lo aveva accompagnato, Nnoitra, il numero cinque degli Espada, altissimo e anche lui col sorriso sempre stampato in faccia, e Luppi, nuovo numero sei al posto di Grimmjow. Un tipo che Ulquiorra considerava quasi spazzatura, era troppo arrogante per i suoi gusti. Anche Grimmjow aveva un modo di fare arrogante, ma era meno fastidioso.
« Ma come siamo carini, travestiti da esseri umani! » Grimmjow non perse occasione di prenderlo in giro, una volta visti i giorni di Ulquiorra passati come umano.
Aizen invece sorrise, scostandosi il ciuffo ribelle che gli cadeva sempre sulla fronte dietro l’orecchio, per poi vederselo riscendere. « Interessante, Ulquiorra. Come al solito hai fatto un ottimo lavoro. E su questa nuova forza hai delle teorie? »
« Non ancora. » rispose lui « E’ probabile che sia un umano, chi può dirlo? »
« Da quando gli esseri umani sono così potenti? » Luppi colse l’occasione per dimostrarsi superiore.
« Espada nuovo, non c’entra niente il fatto che siano forti o meno. »  disse Yami. Nnoitra ridacchiò.
Ulquiorra ignorò tutti quei commenti. « Cercherò di scoprire al più presto l’identità di questa forza spirituale. Nel frattempo cercherò anche di avvicinare questa donna. Quando arriverà il momento opportuno, la porterò qui, per farla aderire alla causa di Aizen. Nei prossimi giorni cercherò di capire se è già a conoscenza del suo potenziale e quindi se è abituata a vedere Hollow e altri spiriti. »
« Va bene, Ulquiorra, usa pure il metodo che preferisci. È tutto per oggi. »
« Posso sapere di Inoue Orihime? » chiese Ulquiorra senza esitazione, ma la risposta che ricevette fu diversa dalle aspettative.
Nnoitra ridacchiava « Oh, il padrone è preoccupato per il suo cucciolo? Dimenticavo, Aizen ha affidato quella donna a te, ma tu sei impegnato a domare un’altra, adesso… »
Ulquiorra si dimostrò impassibile. « Che discorsi futili, Nnoitra. Ho solo chiesto un informazione. »
« Se proprio ci tieni a vedere come sta la trovi nella sua stanza, sta sempre là. mi raccomando, falle tante feste quando la vedi! »
Grimmjow rise sonoramente a quella frecciatina, mentre un’altra persona decise di prendere parola.
« Credo che per oggi possa bastare, gente. » disse Gin facendo uno dei suoi sorrisi. Ulquiorra si stava già avviando verso la camera di Inoue.
Proprio come l’ultima volta, l’aveva trovata affacciata alla finestra, a guardare una speranza che non sarebbe mai arrivata. Indossava ormai da tempo la divisa degli Arrancar. Era stato deciso che il suo potere sarebbe stato fondamentale per Aizen, quindi doveva assolutamente diventare come loro, un Arrancar. Quando Ulquiorra glielo disse, lei fece un leggero cenno di assenso col capo, anche se dispiaciuta. Quanto erano sciocchi, gli umani.
Orihime si accorse della sua presenza, voltandosi di scatto e facendo un gridolini. Era insopportabile quando lo faceva, ogni scusa era buona per sbraitare. Manco l’avesse sorpresa alle spalle bendandola e dicendole “Indovina chi sono?”.
« Signor Schiffer, è tornato… »
« Mi trattengo per poco, sto già per andarmene. »
Ci fu un momento di silenzio, fatto di sguardi abbassati da parte di Orihime e indifferenza da parte di Ulquiorra.
« Ti stai ancora aggrappando… Alla possibilità che quella spazzatura venga a salvarti? »
L’ultima volta che chiamato così Ichigo Kurosaki si era beccato un sonoro schiaffo dalla ragazza. Nessuno aveva mai osato farlo. Non ricordava bene il perché non l’avesse uccisa quel giorno. Forse perché aveva anteposto la necessità di Aizen di avere nuovi membri.
In ogni caso quella volta Inoue se ne stette ferma e zitta, guardandolo solo un po’ male.
« Te l’ho già detto. » continuò Ulquiorra « Ormai loro non significano più niente per te. Tu ora esisti solo per Aizen. »
« Sì, signore… » rispose passivamente lei, scostandosi i lunghi capelli castani.
« Voglio che tu lo dica di nuovo, donna. »
« D’ora in poi io vivo secondo la volontà di Aizen, e per lui morirò. »
« Bene. » si girò, una volta sentito quello che voleva « Adesso vado, ho una missione da terminare. Quando ci rivedremo, conto di non vederti più così in pena per persone simili. Rammentalo bene, donna, tu non sei più un essere umano da tempo, anche se hai ancora quel corpo. Ciò che consideravi amici, adesso, devi considerarli concime per le piante. A chi hai voluto bene in passato ora devi solo augurare la morte. Tornerò presto. Vedi di ricordartelo, donna. »
Se ne andò, lasciandola di nuovo da sola, nelle sue angosce.

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Rieccoci qua a commentare alla fine di un capitolo! Allora, che ve ne pare? Non vi sareste mai immaginati Ulquiorra a fare il cameriere, eh? La mia mente perversa però riesce a farsi ogni genere di film mentale! ( risata ). Il titolo di questo capitolo significa “donna”, in parte l’ho scelto per sottolineare il modo sprezzante in cui lo dice il nostro quarto Espada, in parte è un tributo alla donna in generale, visto che qui si parla sia di Orihime che di Wendy. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ci vediamo alla prossima!
Neme

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Capitolo 5
*** V - Tabla Y Sentimientos ***


Non poteva certo restare a sorvegliarla per sempre. Doveva cercare di stuzzicare ancora di più la curiosità di quella ragazza, che si limitava a guardarlo sospettosa di tanto in tanto.
E, visto che il più delle volte da sola non la beccava mai, decise di rubarle la scena, letteralmente.
Con gran sorpresa Wendy vide che il “suo” tavolino, quello su cui sedeva sempre, accanto alla finestra, in fondo, era già occupato. Da chi, poi? Da quel nuovo cameriere, che non indossava l’uniforme stavolta, bensì dei semplici blu jeans e una maglietta nera a maniche lunghe con una scritta bianca. Aveva davanti una tazza di tè fumante e guardava verso l’esterno.
Se fino a quel momento l’idea che lui ce l’avesse con lei era un ipotesi poco probabile, ora stava diventando certezza. Prese il coraggio a quattro mani, andando con passo deciso verso il “suo” tavolino.
Ma Ulquiorra la batté sul tempo, girandosi verso di lei appena mosse il primo passo.
« Buongiorno. » disse semplicemente.
« Non… Non dovresti essere al lavoro? » chiese timorosa.
« Oggi è il mio giorno libero. »
« E come mai sei qui? »
« Cosa c’è che ti dà così fastidio? »
« Non ho mai detto che mi dai fastidio! »
Il silenzio del ragazzo fu una muta richiesta di non raccontare balle. Purtroppo aveva indovinato, Wendy non sopportava minimamente quella piccola intrusione nel suo angolo di intimità.
« Oggi ci sono molti più tavoli liberi del solito. Perché non vai da un’altra parte? Sai com’è, questo sarebbe il mio tavolino… »
« Davvero? » Ulquiorra si alzò in piedi, guardandosi ai lati, poi di spalle, poi di nuovo ai lati, e infine alzò la sua tazza di tè dal tavolo. Poi si ricompose, fissando la ragazza. « Che strano, non c’è nessun foglio con scritto “prenotato” a nome di nessuno qui. »
Stronzo, pensò la ragazza. Fece un sorriso forzato, atto a mascherare il suo disappunto. E quello che il cameriere le disse dopo fu un ulteriore umiliazione per lei.
« Visto che ormai siamo qui, e visto che sembra che né io, né tu vogliamo alzarci e andarcene da un’altra parte, che ne diresti di dividere il “tuo” tavolino con me? »
Lei lo guardò malissimo.
« Non sono un molestatore, e se anche lo fossi qui c’è molta gente. Tranquilla. »
Sedersi davanti a lui fu una piccola vittoria di cui avrebbe goduto solo lei.
Erano già passati cinque minuti, ma non si erano ancora parlati. Ulquiorra aveva bevuto già metà tazza, mentre Wendy aveva appena ordinato un milkshake al cioccolato, e rigirava la cannuccia nervosamente nel liquido marroncino. Voleva tempestarlo di domande del tipo “Perché non te ne vai?”, “Perché sei venuto a lavorare proprio qui, con tutti i posti che c’erano?”. Ma come al solito fu Ulquiorra a cominciare. Era lui a tenere le redini. Una cosa che Wendy non sopportava. Non poteva mica essere il primo cameriere sconosciuto a metterla in soggezione.
« A te piace il milkshake? »
« Sì, ma solo al cioccolato. Vaniglia e fragola fanno decisamente schifo, per non parlare del gusto cappuccino. »
« Non capisco come fate a mangiare quella spazzatura. »
Spazzatura. Da un viso così scarno e serio non si sarebbe mai aspettata una tale definizione dispregiativa. Ma poi, come si permetteva?, pensava. Se i suoi superiori l’avessero sentito l’avrebbero licenziato seduta stante.
« Vorresti dire che il tè è più buono? » chiese con fare innocente, cercando di vendicarsi dell’affronto sul milkshake.
« Anche questo è spazzatura. Non pensavo che fosse così cattivo il cibo da queste parti. »
« E da dove verresti, buongustaio? Germania? » disse lei buttando il paese a caso. Bè, la faccia da tedesco un po’ ce l’aveva, a suo parere.
Ulquiorra neanche sapeva cos’era, la Germania, e non poteva certo dirle “Vengo da Las Noches, Hueco Mundo, hai presente? Chiunque ci viene di sicuro muore ammazzato, ti porto una cartolina la prossima volta?”. Cercò di eludere il più possibile la domanda invadente.
« E’ un paese sconosciuto molto lontano da qui, dove il tè è sicuramente fatto in modo migliore. »
« Sai che se ti sentono rischi il posto? »
« Non ha importanza quello che pensano. E se proprio perdo il lavoro per una futilità simile… »
« Scaglieresti una maledizione secolare sull’edificio e a chiunque ci mette piede? » lei si mise a ridere, cosa che non fece Ulquiorra, non capendo la battuta. Che diavolo erano adesso queste maledizioni secolari? In una situazione normale, comunque, se ne sarebbe andato, e se gli fosse girata male avrebbe anche rotto il braccio a qualcuno. Il senso dell’umorismo degli umani era una delle cose che non avrebbe mai capito. Ma decise di assecondarla.
« Sì. » rispose semplicemente.
« Allora io sarei spacciata qui! » rise ancora. Una risata amara che finì in un espressione abbastanza malinconica. « Anche se credo che qualcuno una maledizione me l’abbia lanciata sul serio… »
Forse c’era un appiglio.
« Posso sapere come mai? »
« Lascia perdere, sono solo superstizioni! Cose da bambini! » sorrise, cercando di sembrare naturale « Sai com’è, quando da bambino ti dicono che sotto il letto c’è l’uomo nero o che dietro di te c’è sempre uno spirito maligno pronto ad attaccarti… Sciocchezze del genere. »
« Tu non ci credi? A fantasmi e spiriti, intendo. »
« Perché, tu sì? »
« Sì. Ci credo. »
Aveva sentito dire che gli umani erano scettici di fronte a queste cose, e in un certo senso, quando si è circondati da tecnologia e progresso, non gli si poteva dar torto. Ma la faccia che fece Wendy davanti a tutta quella naturalezza, fu per Ulquiorra una conferma che lei a queste cose ci credeva eccome.
Wendy non poteva crederci. Di norma una persona davanti a lei l’avrebbe accompagnata nella risata e avrebbe annuito dicendo che erano tutte sciocchezze. Pensava di essere l’unica a crederci. Per forza di cose doveva crederci, visto che li vedeva. Tutti quei presunti maghi e guaritori che vedeva in tv, che ostentavano il loro “potere di parlare coi morti”, la trovava una trovata pubblicitaria, e spesso lo era davvero. Pensava che chi davvero era dotato di cose simili non l’avrebbe mai spiattellato in giro, a maggior ragione per farci soldi. E anche quel ragazzo, se non gliel’avesse chiesto non l’avrebbe mai detto. Sembrava tranquillo. Come se per lui non ci fosse nulla di strano, ma sapeva che nell’ordinario non sarebbe mai stato accettato. Come se non gli pesasse minimamente il nascondere una cosa così importante. anche lui poteva vederli?
« Come fai a crederci? » chiese, ansiosa, desiderosa di scoprire il suo segreto.
« Li vedo. »
Wendy a quel punto non sapeva davvero che dire. non sapeva se dargli ragione e ammettere che li vedeva anche lei o prenderlo in giro. Forse quella strana sensazione che provava a stargli vicino non era casuale.
« Cosa c’è? » chiese il ragazzo, vedendola assorta nei suoi pensieri.
« Uh? Oh, niente, niente… E’ solo che ho una strana sensazione… »
Ulquiorra sorrise. Non c’era più bisogno di indagare oltre. « Passerà presto. Ora scusami, ma devo andare. » si alzò, mentre Wendy annuì. « Ci vediamo. È stato bello chiacchierare con te. » aveva imparato che, dicendo cose carine come queste, oppure fare qualche complimento, sarebbe servito a mantenere un buon rapporto con le persone. Non che la cosa gli importasse, ma non voleva grane.
« Grazie, è stato un piacere anche per me. » anche Wendy era abituata alle frasi di cortesia. In realtà quel ragazzo non poteva ancora digerirlo bene.
« A presto. »
Ulquiorra se ne andò. Poteva agire quella notte stessa. O il giorno dopo al massimo.
In ogni caso, che Wendy Stephenson venisse portata a Las Noches era ormai certo.

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Ringrazio infinitamente tutti quelli che stanno leggendo la fan fiction, alla prossima!

Neme

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Capitolo 6
*** VI - Intimidaciòn ***


Finalmente non era più obbligato a indossare i panni di un Ulquiorra Schiffer umano, che indossava dei jeans stretti e una maglietta presi coi primi soldi che aveva guadagnato grazie a quello strano lavoro. Ancora un piccolo sforzo, e la missione sarebbe stata compiuta nel migliore dei modi. Dal suo viso non traspariva nulla, in testa aveva solo la missione da compiere. Era sempre stato insofferente a queste cose. Aizen ordinava, Ulquiorra eseguiva. E in fretta.
“ Ulquiorra, quanto ci metti a portare quell’umana a Las Noches? Vedi di sbrigarti! “
Non gliel’aveva ancora detto nessuno, ma immaginava che tutti quanti lo stessero pensando. In parte stare lontano da casa tutto quel tempo era stato un bene. Nessuno che gli metteva fretta.
Fu infatti piacevole per lui arrivare davanti alla finestra della camera di Wendy Stephenson. Lei era in piedi, la tv accesa tenuta a basso volume e lei in piedi, davanti all’armadio, con la felpa appena tolta.
Ulquiorra si avvicinò con calma al muro, accanto alla finestra, e vi avvicinò una mano.
Quando l’intero braccio aveva oltrepassato il muro, l’Espada si fermò. Di nuovo quella sensazione.
Wendy si diede di tutto. Schiaffetti, pizzicotti, occhi stropicciati. Eppure vedeva distintamente una mano spuntare dal muro di casa sua. Una mano diafana e ben tesa, in perfetta sintonia con la manica altrettanto candida della giacca. Con passo svelto ma pieno di timore aprì la finestra, affacciandosi di scatto. Un uomo vestito di bianco, dai capelli neri, con una spada in mano e una specie di maschera sulla testa stava ritraendo la mano. Sembrava agitato, e velocemente saltò giù dal tetto, sparendo dalla sua vista.
Wendy era abituata a vedere certe cose. Ma uno così somigliante ad Ulquiorra non l’aveva mai visto.
La ragazza in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Stava andando in tutte le direzioni, ma poco importava. C’era di nuovo quello strano potere nell’aria, e doveva assolutamente saperne di più. destra, sinistra, su, giù. Ogni volta che sentiva quella strana presenza partiva. Si rese presto conto, però, che così non sarebbe andato da nessuna parte. era ormai arrivato al parco, buio totale, solo un lampione illuminava l’erba. Ulquiorra chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi. La sentiva. Ancora. Ma era distante. O voleva farlo credere. Poi si fece più vicino. Ancora. Ancora di più.
Spalancò gli occhi all’improvviso. Era un qualcosa che non aveva mai sentito prima. Un essere umano? Un Hollow? Uno Shinigami? Chi diavolo era ad avere questo potere strano?
Anche quella sera dovette rinunciare alla risposta. E soprattutto, con gran disappunto dovette modificare il piano. Un’altra presenza stava arrivando a fargli compagnia. Wendy si stava avvicinando. Inizialmente voleva fuggire via, modificare il piano e recuperarla il giorno dopo, ma poi gli venne un’idea. Si nascose immediatamente, lasciando Wendy da sola, appena arrivata, col fiatone.
« Devo aver avuto un’allucinazione… Però… » cercò di riprendere fiato « Perché ho ancora quest’orribile sensazione addosso…? »
Sentiva i brividi. Non di freddo, ma di un qualcosa di diverso che lei conosceva fin troppo bene.
« Uno spirito… Anzi, no… Due… E sembrano… Pericolosi… »
Neanche il tempo di concludere le sue affermazioni che i due spiriti, o meglio, Hollow, le si pararono davanti. Erano enormi, ricordavano vagamente degli insetti o delle ranocchie. Si sentiva inesorabilmente schiacciata in mezzo a loro due. Si inginocchiò, tremante di paura, non aveva mai visto nulla di simile nella sua vita.
Ulquiorra vedeva tutto da una certa distanza. Era tranquillo, e teneva le mani in tasca, con gli occhi puntati sulla ragazza. Prima di portarla da Aizen doveva testare i suoi poteri concretamente.
Notando che lei non faceva nulla, diede l’ordine.
« Attaccate. »
Wendy non fece in tempo a capire le intenzioni di quelle creature che si ritrovò a volare per alcuni metri, col naso e il labbro sanguinante. Presa dal terrore, iniziò a fuggire, cercando di rialzarsi, poi a gattoni.
« Di nuovo. »
Uno era alla spalle, l’altro le si era parato di fronte, pronto a darle un colpo quasi mortale. Si faceva sempre più vicino.
Istintivamente la ragazza tese un braccio in avanti, un segno di distacco che le sembrava quasi inutile.
Invece accadde quello che non si sarebbe mai aspettato, ma che Ulquiorra aveva più o meno previsto. Dal palmo della mano si formò un fascio di luce rossastro, che invase il mostro davanti a lei. Quell’essere gridò un qualcosa come “Brucia!” e cercò di allontanarsi. Era una specie di campo di forza che oltretutto provocava qualche ustione. Sarebbe stato molto utile un potere simile. Insieme a quello di guarigione di Orihime, Aizen avrebbe potuto creare degli Arrancar completamente nuovi e potenti, forse li avrebbe messi addirittura tra i primi dieci.
Wendy si guardò il palmo della mano stupefatta, non credendo a quello che avesse appena fatto. Il mostro se ne stava ancora a terra a rotolarsi, gridando pieno di dolore quanto bruciasse. Si era momentaneamente dimenticata del compagno, il quale ne approfittò, dandole un potente calcio dietro la schiena. Lei diede un colpo violento a terra, per fortuna parandosi appena in tempo con le mani.
« Idioti. » disse Ulquiorra vedendo che si stavano facendo prendere troppo da quello scontro. Era il momento di intervenire. Anche se era un potere interessante, la ragazza non era abbastanza preparata per fronteggiare due Hollow, anche se deboli.
Stavolta lei non fece nulla, eppure i due mostri si sgretolarono davanti a lei. Era una visione orribile. La loro morte era stata breve, ma vedeva la loro sofferenza, i loro organi che si stavano letteralmente sciogliendo davanti a lei, e loro che soffrivano, urlavano. Del sangue cadde a terra. Chi aveva potuto farlo?
La risposta la ebbe pochi secondi dopo, nel momento in cui una voce la sorprese alle spalle.
« Un campo di forza in gradi di bruciare chi lo tocca. In questo modo si può attaccare restando in una posizione di difesa. Notevole. »
Ormai non aveva dubbi che fosse Ulquiorra. Anche se aveva delle linee verde scuro a delineargli le guance, anche se aveva un teschio diviso a metà sul capo, anche se era vestito come un samurai, con tanto di spada affianco. Aveva una mano a mezz’aria, che emanava delle piccole scosse più o meno elettriche nere e rosse. Era stato lui. Wendy si chiese chi avesse in realtà di fronte. Voleva scappare, ma aveva paura. Se avesse mosso un passo, lui avrebbe potuto ucciderla in due secondi.
« Ma tu… Chi diavolo sei, in realtà? » chiese, con una voce più stridula del normale.
Ulquiorra la guardò per un momento. Si stava chiedendo se lei si stesse davvero rendendo conto di quello che le accadeva.
« Non riesci a immaginarlo? » chiese, rimettendo le mani in tasca. « Io sono Ulquiorra Schiffer, quarto Espada al servizio di Sosuke Aizen. »
« Cosa…? » chiese lei, non capendoci nulla.
« Ti spiegherò tutto strada facendo. Ora vieni con me. »
Venire con lui? « Ma di che parli…? »
« Non hai il diritto di chiedere nulla. Devi solo venire con me, donna. »
Doveva essere impazzito tutto d’un tratto.
« Ma sei impazzito? Perché mai dovrei… »
« Non parlare, donna. Ti ho già detto che non puoi chiedere nulla. »
« Donna?! Tu devi avere qualche rotella fuori posto! Io no… » si paralizzò. Una lunga spada, tirata a lucido e appuntita, la sfiorava il collo. Ulquiorra, impassibile, la osserva a con fare intimidatorio.
« Ti ho detto di venire con me. Non ha importanza quello che pensi, devi obbedire e basta. Se opporrai ancora resistenza, o dirai ancora qualcosa di diverso dal “sì, va bene”, ti ucciderò. Ti aprirò dall’ombelico al naso. »
Lei si mise a piangere. Non riusciva a credere che l’avrebbe fatto davvero.
« N-non scherzare… »
Ulquiorra fece scendere la spada pericolosamente verso l’ombelico. La minaccia di ucciderla era una bugia, non poteva permetterselo, ma poteva benissimo farle molto male. Se pure le avesse creato quella brutta apertura, l’avrebbe portata subito al cospetto di Aizen e fatta curare da Inoue.
Ma a quanto pare non ci fu bisogno di far scorrere altro sangue.
« Sì… Sì, va bene! » forse Wendy se la sarebbe fatta ancora sotto, come quando aveva cinque anni e le scappava a letto. Ma probabilmente era talmente terrorizzata da non averne neanche la forza.
« Bene. » Ulquiorra ripose la spada e, con uno schiocco di dita, creò una specie di varco accanto a sé. Wendy capì che la stava portando in un luogo che non era neanche il suo mondo. Si chiedeva se sarebbe mai tornata a casa, ma amaramente, e in silenzio, si diede subito la risposta.
« Ora seguimi, donna. »
La ragazza rivolse un veloce sguardo alle spalle, al suo mondo, alla Terra, ai suoi amici che stava lasciando, alla famiglia. Ulquiorra lo notò.
« Dimenticali. » disse « La tua casa ora è quella mia e di Aizen. Il tuo letto, d’ora in poi, è quello che ti darò io. i tuoi pensieri dovranno essere altri, non può più esserci spazio per la spazzatura, nel tuo animo. Ora andiamo, donna. »

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Wow, siamo già al sesto capitolo! Non credevo! ( risata )
Chissà come sta andando… Ma colgo come sempre l’occasione per ringraziare chiunque la stia leggendo e stia apprezzando! Ci vediamo al prossimo capitolo!

Neme

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Capitolo 7
*** VII - Transferecia ***


Oltre che per i tempi davvero brevi in cui avevano raggiunto la destinazione, Wendy restò sorpresa dall’enormità del palazzo che aveva di fronte a sé. Se davvero Ulquiorra la stava portando in  un’ “altra dimensione”, si sarebbe aspettata un qualcosa di simile all’Inferno Dantesco, dove la gente era ammassata a terra a subire la propria punizione. Invece si accingeva a entrare in un palazzo bianco, enorme, con pochi arredi ma delle colonne a unire soffitto e pavimento altissime, candide. Sembrava la reggia di un qualche sultano o roba simile.
Seguiva in silenzio l’Arrancar, che ogni tanto si voltava a guardare le sue espressioni. Era triste, ma lo seguiva come un cane segue il proprio padrone.
Si fermò poi al centro di una grande sala, dove per terra erano sedute nove persone. Wendy si fermò accanto a lui, e scrutò attentamente tutti i presenti. In particolare, rimase sbalordita nel vedere che uno di loro aveva un buco in pancia, e sembrava non soffrirne affatto.
« Aizen, sono tornato. Ho completato la missione. » disse Ulquiorra.
La persona che Wendy aveva sentito chiamare Aizen era seduta dinanzi a lei, su una larga sedia. Ulquiorra ne parlava con gran rispetto, sicuramente era il capo della cricca. Si mostrava come un giovane affascinante, dai capelli castani e tirati all’indietro, a parte un ciuffo ribelle che ricadeva sull’occhio. Anche lui era vestito di bianco, come tutti, e sorrideva in maniera gentile.
« Ottimo lavoro, Ulquiorra. » scrutò la ragazza con un sorriso « E così è lei la donna? »
Ulquiorra rispose affermativamente.
« In effetti ha una forza spirituale notevole… »
Grimmjow, l’arrancar col buco in pancia, non ce la fece più a trattenersi.
« Starete scherzando, spero! Come può una ragazzina del genere esserci utile?! Avrà anche uno spirito forte ma concretamente è una nullità! Non ce ne facciamo nulla! Ulquiorra, proprio tu, poi! Mi sarei aspettato che una donna simile l’avessi considerata spazzatura! »
« Grimmjow. » disse con calma Ulquiorra « Proprio non capisci… Non l’ho certo portata qui senza prima testare personalmente le sue capacità. A differenza di Kurosaki Ichigo, ha una stabilità psicologica notevole, e ha dimostrato di saperci fare. Con un potere come il suo, insieme a quello di Inoue Orihime, Aizen non avrebbe eguali. »
Grimmjow sembrava furente. « No che non capisco! Sei tu l’idiota qui in mezzo! E se io attaccassi questa ragazzina adesso, pensi che mi taglierebbe un braccio? »
« Perché non ci provi? » chiese con disinvoltura. Wendy lo guardò malissimo. A giudicare dal temperamento di quel ragazzo dai capelli blu, era molto possibile che se lo sarebbe ritrovato a un centimetro dal viso con l’intento di ucciderla.
« Benissimo! » disse infatti Grimmjow « Ti dimostrerò quanto il tuo operato sia stato inutile, proprio qui, davanti agli occhi di Aizen! » sguainò la spada e a gran velocità si buttò addosso a Wendy, la quale, spaventata, si mise le mani davanti, azionando di nuovo quel meccanismo. Una luce rossastra a formare una specie di scudo.
« Tutto qui?! Un banalissimo scudo?! » ma Grimmjow dovette ricredersi ben presto. Quando la spada toccò lo scudo, ricevette una cosa simile a una scossa elettrica, e la mano che teneva la spada stava letteralmente fumando. Grimmjow lasciò immediatamente la spada e cadde a terra, urlando.
« Maledetta puttana! Che diavolo hai fatto alla mia mano?! »
Wendy ritrasse subito le mani, una volta visto cosa aveva combinato. Erano tutti sbalorditi, tranne Ulquiorra, che aveva già visto le sue capacità, Aizen, che sorrideva, e Gin, che se ne stava zitto accanto ad Aizen a sghignazzare e fischiettare.
« E’ un campo di forza… Ma molto diverso dagli altri. » disse Aizen.
« Sì, signore. » sopraggiunse Ulquiorra « Ha la capacità di generare ustioni o scosse, a chiunque lo tocchi. Se riuscissimo ad affinare una tecnica simile, avremmo per le mani qualcosa di molto potente. »
« Interessante. Bene, Ulquiorra, te ne occuperai tu. Potrò soggiornare nelle stesse stanze di Inoue, non credo che avranno difficoltà a socializzare. »
Gin se la rideva, vedendo Grimmjow contorcersi dal dolore. « Già che ci sei, portati anche Grimmjow e fallo curare. Sia nel corpo che nell’anima. Poverino, dev’essere umiliante farsi mettere i piedi in testa da un Espada e da una donna. »
Grimmjow guardò con odio Gin, ma non disse nulla. In parte perché sapeva che se avesse detto qualcosa Gin l’avrebbe massacrato, in parte perché non aveva la forza di obiettare, accecato com’era dal dolore.
Tosen infierì ulteriormente. « Ben ti sta, Grimmjow. È giusto che paghi per la tua insolenza. »
Aizen ristabilì l’ordine « Potete ritirarvi. Ulquiorra, come ti ho già detto, hai fatto davvero un ottimo lavoro. Puoi andare ora. »
« Grazie. » Ulquiorra si inchinò, chiudendo gli occhi davanti al cospetto del suo capo, colui che l’aveva aiutato a diventare un Arrancar, e successivamente un Espada. Non era senso di gratitudine. O forse sì. Stava di fatto, comunque, che non gli pesava minimamente obbedire ai suoi ordini.
Si rivolse poi a Wendy « Seguimi. Ti mostro le stanze in cui vivrai da adesso in poi. »
Wendy non ebbe altra scelta. Lo seguì, cercando di restargli vicina il più possibile.

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Capitolo 8
*** VIII - Làgrimas Y Penas De Prìsiòn ***


La giovane nuova reclusa seguì diligentemente Ulquiorra lungo i corridoi, enormi, vuoti, fino ad arrivare davanti una porta su cui c’era scritto il numero quattro. Più girovagava per quel posto, più notava delle somiglianze, seppur minime, col mondo nel quale era cresciuta. Avevano pure le stanze numerate, pensa te, si diceva.
Entrò, e con gran sorpresa vide un’altra ragazza, vestita di bianco, abiti molto simili a quelli di Ulquiorra, dai capelli lunghi, castani e decorati con delle mollettone a fiori piuttosto bruttine. Aveva inoltre un seno davvero grande, per la sua età, a occhio e croce una quindicina o al massimo diciassette. Aveva i tratti somatici di una cinese o giapponese. O coreana. O filippina. Per evitare figuracce, se ne stette in silenzio finché qualcuno non si fosse degnato di fare presentazioni.
« Lei è Orihime Inoue. » disse Ulquiorra. Giapponese, quindi. Chissà se sapeva parlare inglese. « Da ora in avanti vivrete qui, nelle mie stanze. Non divideremo lo stesso letto, né la stessa tavola, né lo stesso cibo. Cercate di andare d’accordo. »
Orihime si chinò, come si conviene a una classica giapponese. « Hajimemashite, watashi wa Inoue Orihime desu.* »
Sarebbe stato disastroso riuscire ad avere un rapporto con lei.
« I’m Wendy Stephenson… Nice to meet you. »
Orihime la guardò sbalordita, ma poi sorrise. « Non parli la mia lingua, vero? »
Ma a quanto sembrava lei sì. Wendy lanciò un sonoro sospiro di sollievo.
« Già… Il giapponese non è proprio il mio forte… »
« A me piace l’inglese, l’ho studiato un sacco! » dai suoi discorsi capiva che molto probabilmente anche lei conduceva una vita tranquilla, prima di incontrare Ulquiorra o chissà chi altro dei suoi compagni. Si sentì più vicina a lei, e sembrava anche una ragazza dolce e simpatica.
« Bene, sembra che andate d’accordo. » disse Ulquiorra interrompendo tutto. « Ora sistemati in fretta, donna, e cerca di ambientarti in fretta qui. Inoue ti aiuterà. » guardò subito Orihime, che abbassò lo sguardo in segno di assenso.
Wendy non sopportava quella tensione. Con chi credeva di avere a che fare, quello? Sembrava una persona totalmente diversa rispetto al “cameriere” che aveva conosciuto.
« Scusa, ma io dov’è che dormo? Questa stanza fa schifo, non c’è neanche un letto, solo un divano, un tavolo e una finestra. »
« Il divano è anche letto. » rispose Orihime.
« Ah. » poté solo dire Wendy.
« Te lo dico ancora una volta, donna: cerca di ambientarti in fretta. La affido a te. » lanciò un ultima occhiata a Inoue e se ne andò, lasciandole sole. Wendy notava le facce rassegnate e tristi della sua nuova compagna, come se si fosse arresa all’evidenza che doveva sottostare al suo posto.
« Tu lasci che ti tratti così? » chiese con disappunto.
Orihime sorrise amaramente. « In parte gli devo la vita. »
La faccia di Wendy era tutto un dire, così la giapponese diede le dovute spiegazioni. « Non entrerò nei dettagli, ma sono amica del suo nemico. Il mio potere però fa comodo al suo capo, così mi ha portata qui. Poi però, sono successi un po’ di casini, i miei amici sono venuti e hanno cercato di salvarmi. Bè, l’esito è stato un po’ disastroso… Il mio amico era gravemente ferito e rischiava la morte. Un altro degli Espada, Grimmjow, quello coi capelli blu, non so se l’hai visto, mi ha presa e portata da lui per farlo curare. Non mi ha trattata granché bene. E siccome io sono sotto le cure di Ulquiorra, lui si è un po’ alterato e mi ha riportata qua. Credo che se fossi rimasta con quell’altro, non avrei campato ancora molto. »
« I tuoi amici…? Credevo che gli esseri umani non potessero venire qui, se non “scortati” da gente come lui… »
« La mia è una situazione un po’ strana. Il mio amico fa lo shinigami, il dio della morte, più che altro è un sostituto. Noi siamo esseri umani che hanno una grande forza spirituale e riescono ad utilizzarla. Poi abbiamo amici shinigami e cose così. »
« E hanno cercato di salvarti? Bè, almeno loro ci hanno provato… »
« A dire il vero sono passata un po’ per la traditrice del gruppo, perché Ulquiorra non mi ha fatto vedere nessuno prima di partire. Per essere più precisi, mi ha fatto vedere solo una persona a patto che lui non potesse vedermi. »
« Lui, eh? » aveva colto subito « Il tuo boyfriend? »
Orihime si agitò, arrossendo. « No, no! Siamo solo amici! Cioè, a me piace, ma non sono ricambiata, ecco… »
Quella compagnia l’avrebbe fatta sentire meno sola. E poi, almeno i suoi amici avevano cercato di portarla in salvo. Lei invece non aveva più nessuno, e non aveva neanche salutato nessuno. L’avrebbero data per dispersa, l’avrebbero cercata dappertutto, ma nessuno avrebbe mai pensato a un altro mondo. Poi, poco a poco, avrebbero smesso di cercarla e nel peggiore dei casi l’avrebbero presa per suicida. Ma tanto, che importava a lei? A quanto aveva capito, doveva abituarsi a un nuovo tipo di esistenza.
« Da quanto tempo sei stata portata qui? » chiese poi a Orihime.
« Sarà quasi un mese. »
« Allora, dimmi… Che tipo è Ulquiorra? »
Inoue ci pensò un po’ su, con una faccia sbadata. « In una parola… Direi che è menefreghista. Non gliene importa un fico secco di nessuno, ed è anche piuttosto sprezzante, tratta tutti con sufficienza, almeno chi considera inferiore a lui. Lui vive per Aizen. Però, anche se dai suoi modi non si direbbe, è quello che ci tratta meglio. »
« C’è gente peggiore di lui? »
« Almeno ti porta da mangiare. » Orihime fece spallucce. « Più che altro ci tiene che noi sopravviviamo. Aizen ci tiene ad averci vive e vegete, e di conseguenza anche lui. O forse no, ma gli tocca, Aizen ci ha affidate a lui. »
Wendy fece una smorfia. Non era affatto convinta. Era finita in un posto assurdo e avrebbe faticato molto per farci l’abitudine.
« Certo, il fatto che sia un po’ spietato non lo nega nessuno! » disse Orihime con una risatine che non aiutò affatto a risollevare il morale. « Pensa che la prima volta che mi ha portato la cena mi ha detto “Yasutora Sado è morto. Ora mangia”. »
« Un po’ spietato, eh? » disse l’americana rabbrividendo.
« Sapevo che stava mentendo. E si è arrabbiato. Lui non mostra mai i nervi, ma quando è arrabbiato usa parole più sprezzanti. “Cosa vuoi sentirti dire da me? Non preoccuparti, è sicuramente vivo? Io non sono qui per coccolarti”. »
« Alla faccia! »
Il desiderio di tornare a casa a condurre la sua vita di sempre premeva forte in lei. Ma non poetva. Ora capiva l’atteggiamento un po’ rassegnato di Orihime, e invidiava la sua capacità di riuscire a ridere nonostante tutto. Fu istintivo per loro, dopo un po’ di silenzio, abbracciarsi e piangere insieme. da sole, mentre nessuno le vedeva, tantomeno Ulquiorra.
Lui non avrebbe mai potuto comprendere le lacrime di chi aveva perso tutto e doveva cambiare drasticamente.

____________________________________________________________

* Piacere di conoscerti, io sono Inoue Orihime.

E finalmente Orihime fa la sua comparsa! D’ora in avanti conto di dare un ritmo più calzante alla storia! C’è ancora la “forza spirituale misteriosa” da scoprire, ricordate? ;)
Spero davvero che stiate apprezzando questa mia nuova storia! Grazie infinite!

Neme

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Capitolo 9
*** IX - Ausencia ***


Non credeva che la permanenza a Las Noches si sarebbe rivelata così dura. Wendy sbatteva più e più volte i pugni contro la porta, imprecando contro il suo sequestratore.
« Ulquiorra, so che sei lì dietro! Apri questa maledetta porta! » Orihime cercava di fermarla, conscia del fatto che Ulquiorra non era dietro la porta e soprattutto che non le avrebbe certo liberate così.
Ulquiorra infatti era tornato nel mondo umano, senza prendere le sembianze di quel cameriere che gli stava tanto stretto. Anche se aveva completato la missione, aveva ancora una cosa da fare. Scoprire l’identità di chi aveva quella potenza spirituale incostante. Tornò al parco, dove l’aveva percepito di più, dove a quell’ora del giorno era molto affollato, ma nessuno poteva vederlo. Si guardò intorno, concentratissimo, ma non percepì nulla. Forse tutte quelle persone fuorviavano le percezioni. O forse no?
Guardò al cielo, piuttosto contrariato. Non aveva per niente voglia di tornare a Las Noches senza qualcosa di concreto per le mani.
Una volta che Wendy riuscì a calmarsi, si accomodò sul divano, che contro ogni sua aspettativa era molto comodo, e si fece curare le mani sanguinanti da Inoue. Nel frattempo chiacchierarono un po’, soprattutto sulla stranezza di quel posto.
« Non ho ancora capito cosa vuole la gente come Ulquiorra da noi… E chi è questo Aizen? »
« Per farla breve. » disse Orihime mentre un fascio di luce dalle sue mani curava le mani della ragazza « Aizen è un ex shinigami che con l’Hougyoku… »
« Lo che? »
« L’Hougyoku. »
« E che roba è? »
« E’ una sfera particolare, nemmeno io so come funziona… Aizen la usa per degli esperimenti. Ulquiorra e tutti gli altri sono nati da lì. »
« Quindi, in un certo senso, Aizen è il padre di Ulquiorra? »
« Non credo che tra loro si considerino così! » rispose la giapponesina ridendo « Comunque, con questa sfera, Aizen ha creato questo esercito di Arrancar, che sono Hollow, diciamo spiriti maligni, coi poteri di shinigami, più o meno, e quindi sono più potenti. Ce ne sono un casino, ma tra questi i dieci più potenti sono sotto le dirette direttive di Aizen, che li manda in giro per il mondo a ostacolare gli shinigami e a prendere gente come me e te per farli entrare in squadra. »
A grandi linee aveva vagamente afferrato il concetto. « E che se ne fanno di esseri umani come noi? »
« Io ho dei poteri curativi. Mi basta mettere le mani sopra qualcuno ferito, anche gravemente, per rimetterlo in sesto. » indicò le mani, completamente ristabilite, della ragazza. « Grimmjow ne ha approfittato subito. Era rimasto senza un braccio e io ho dovuto rimetterlo in sesto. »
« Cioè, tu dal nulla hai ricreato un braccio? »
Orihime rise. « Non è proprio così! Comunque, sembra che anche tu abbia dei poteri notevoli. Ecco perché serviamo. Vogliono renderci come loro e fare un esercito più forte. »
Wendy però era interessata a un’altra parte del discorso.
« Hai detto i dieci migliori? »
« Sì, si fanno chiamare Espada. A volte si mettono a fare riunioni con Aizen sulle cose importanti. »
« Immagino che Ulquiorra sia uno di loro. »
« Lui obbedisce solo ad Aizen, il resto non ha importanza per lui. Ed è uno dei più potenti. »
« In base a cosa sono i primi dieci? Tipo l’ordine di nascita? »
« No, no! Ah ah ah ah, sono scelti in base alla potenza. Grimmjow ad esempio è sesto. Bè, a dire il vero era stato escluso e al suo posto c’era Luppi, ma è stato ucciso da Grimmjow, dopo che l’ho curato. Ed è tornato ad essere il numero sei. È stato terribile, rideva come un pazzo. Tremavo solo a vederlo così felice. » Orihime poi anticipò Wendy nelle domande. « Non conosco tutti gli Espada, ma posso dirti che Ulquiorra è il quarto.  E poi, tutti gli Hollow hanno un buco sul corpo. »
« Davvero? Io ho visto solo che quello coi capelli blu aveva un buco in pancia. E che schifo. »
« Ulquiorra c’è la qui, sotto il collo. » indicò il punto preciso sul proprio corpo. « E poi gli Espada hanno tatuato il proprio numero, da qualche parte del corpo. Dal primo al decimo. »
« Ho capito. Quindi, se anche cercassimo di fuggire, finiremmo uccise in men che non si dica da questi Espada, eh? » sospirò amaramente, una volta capito che per lei ormai non c’era via d’uscita.
Orihime invece le prese la mano, stringendogliela forte, convinta, con una strana luce negli occhi. « Io sono convinta che prima o poi ce ne andremo. I miei amici torneranno. Kurosaki vincerà! »
Kurosaki… Era così che si chiamava il ragazzo che le piaceva? Comunque, anche in una situazione talmente disperata vedeva che c’era ancora tanto ottimismo in lei. E, cosa ancora più sorprendente, dai discorsi della sua compagna di sventure questi amici non sembravano morti. Non ancora. Però, dovevano avere la pellaccia dura, per essere riusciti a sopravvivere. Beata lei che aveva delle persone così come amiche, si disse.
« Bè, almeno Ulquiorra è solo il numero quattro. » disse, cercando di trovare il lato positivo della cosa. Un potere degno del quarto posto, su una scala di dieci, non faceva certo schifo. « Non oso pensare al numero uno. »
Era ormai quasi tutta la giornata che Ulquiorra vagava per Seattle, senza nessun risultato. Forse era ora di andare a cercare da un’altra parte, oppure starsene buoni ad aspettare. Qualunque cosa avesse deciso di fare, era comunque svantaggiato. Di farsi accompagnare ancora una volta non se ne parlava, o perlomeno non da idioti come Yami. Certo, se avesse chiesto ad Aizen un aiuto davvero valido, lui gliel’avrebbe dato. Ma sentiva che non era ancora il caso di arrivare a tal punto.
E poi, ebbe di nuovo quella sensazione, quasi di oppressione. Ed era molto vicino.
Stavolta non gli sarebbe sfuggito. Convinto di questo, partì alla carica verso quella strana forza. Come aveva mosso un passo, però, ecco che questa forza sbiadiva, riappariva, e ricompariva, a zig zag, un inseguimento che Ulquiorra stava prendendo anche fin troppo sul serio. A volte aveva l’impressione di perderlo, ma poi quel potere tornava alla carica. Come mai era così instabile? E perché scappava? Erano queste le domande principali che si pose, fino a fermarsi, purtroppo disorientato. Qualcosa gli aveva impedito di terminare la sua ricerca. Hollow. Tanti, e abbastanza potenti. Uscire da un’unica fonte. Chi era che per passare il tempo li avesse lasciati andare non lo sapeva, ma non poteva certo lasciarli andare. Gli confondevano solo le idee, e infatti l’oggetto del suo inseguimento sparì, mescolandosi tra i poteri degli Hollow.
Ulquiorra, prendendo la spada, invertì la marcia e, in silenzio, si avviò per fare piazza pulita. Mai come in quel momento desiderava tornare a casa a bere con calma del tè.
« Oh! Aizen, hai visto? » chiese Gin, sempre col sorriso sulle labbra.
Aizen ricambiò il sorriso. « Sì. Qualche Arrancar che si annoiava, o qualche shinigami incompetente. » si alzò dal suo trono, e con voce più alta disse « Qui ci vuole una bella riunione con un bel tè. »
Gin rise sonoramente. « Li faccio chiamare. Chissà, magari un tè bollente servirà a fargli sciogliere la lingua e il colpevole salterà fuori. Anzi, ho un’idea migliore! Hai un mazzo di carte? Ho voglia di giocare ad assassino. Vuoi scommettere che il colpevole sarà sempre Aporro?* »
In tempi molto brevi vennero chiamati tutti. Erano seduti attorno un grande tavolo rettangolare, a capotavola sedeva Aizen, con al fianco Tousen e Gin, mentre i nove Espada erano ai loro rispettivi posti. Solo uno era vuoto.
« E Ulquiorra? » chiese Aizen incuriosito.
« Credo che sia ancora nel mondo degli umani a fare ricerche. » rispose l’unica donna del gruppo, una ragazza dalla pelle scura e degli occhi chiarissimi, come i capelli, e col seno mezzo scoperto.
« Oh oh oh, il numero quattro che non presenzia a una riunione? Che scandalo! » disse Nnoitra, l’Espada dai capelli lunghi e vestito di un abito stranissimo, dal colletto molto alto a forma di cucchiaio. La sua risata fu così fragorosa, che spalancò la bocca, e fece intravedere appena il tatuaggio sulla lingua su cui era scritto il numero cinque.
« Continuiamo senza di lui? » chiese Tousen.
Aizen rimase in silenzio a pensare, mentre gli altri Espada commentavano l’accaduto, effettivamente non era mai successo che Ulquiorra mancasse a una riunione.
« Cosa ce ne frega di lui? » disse Grimmjow con presunzione. « Se ha voglia di farsi scampagnate con gli umani, non vedo perché richiamarlo qua. »
« Finché si parla di Espada come te, che sei il numero sei, o di Yami, che è il decimo, potremmo anche darti ragione. » disse a quel punto quello che era il più anziano del gruppo, dagli enormi baffi e delle vistose cicatrici, una delle quali gli rendeva un occhio cieco. « Ma Ulquiorra è tra i primi cinque, quindi non credo che tu sia nella posizione di poter criticare. »
Grimmjow ringhiò, offeso. « Pensi che il fatto che sei il numero due mi faccia paura, vecchio? »
« Piantatela tutti. » Aporro, l’uomo coi capelli rosa e gli occhiali, iniziò a parlare, serio in viso. « Il punto non è chi sia più potente e quindi chi possa mancare e chi no. Il punto è che se non siamo tutti insieme a prescindere, Aizen non può esporci nulla. »
« Da quando gli siamo così devoti? » disse sottovoce Grimmjow. Aporro, in tutta risposta, gli diede un’occhiataccia.
Tutti stavano discutendo animatamente, tranne uno degli Espada, che indifferente e con l’aria svogliata assisteva a tutto. Indossava dei guanti e beveva il tè con una certa lentezza. Solo dopo un po’ decise di parlare.
« Io direi che è meglio aspettarlo e rinviare la riunione. »
« C’era da aspettarsela una risposta simile da te. » disse Aizen sorridendo. « Ma nel mondo umano sono stati liberati degli Hollow abbastanza potenti. Tutto ciò è sfuggito dalla nostra supervisione, è inaccettabile. E Ulquiorra è là, senza sapere che noi stiamo discutendo al riguardo. »
« Ma allora dov’è il problema? Saranno anche forti, ma questi Hollow non possono certo essere paragonati a noi. Se ne occuperà Ulquiorra stesso, senza neanche attendere ordini, e tornerà qui una volta finito. »
« Non ho mai messo in dubbio l’ottimo operato di Ulquiorra. »
« E allora che ci stiamo a fare qui? Chiedo scusa, signore, ma sono stato svegliato nel bel mezzo del mio pisolino pomeridiano e… »
« Sai che c’è? Hai ragione tu, Stark. Aspettiamo Ulquiorra. Tanto che ci mette? »
Quel tale, Stark, felice come una Pasqua fece per alzarci, ma Aizen lo fermò tossicchiando rumorosamente. « Intendevo aspettarlo qui, davanti a un bel tè. »
Stark restò immobile, a imprecare tra sé e sé. E così tutti gli altri.

____________________________________________________________ * Alluooooora, è necessaria una spiegazione. Gin allude a un gioco di carte che si chiama Assassino, e di solito comprende quattro giocatori a cui vengono date a caso le carte dell'asso di bastoni, del dieci di denara, e di due carte a mezze figure. L'asso è l'assassino, il dieci l'ispettore e gli altri due le vittime. Chi ha l'asso deve cercare di uccidere le vittime facendo l'occhiolino, o un gesto che comunque fa capire alla vittima che lui è l'assassino e che lo sta uccidendo, in modo da dichiarare di essere morto. Se l'ispettore riesce a scoprire l'assassino prima che uccida le vittime, ha vinto, e dà un tot di galera all'assassino che varrà quanto la carta che pescherà. Ora, immaginate che per confondere le acque l'assassino si metta a fare le smorfie più assurde. Che gioco divertente! Comunque Gin prende in giro Aporro che, essendo un po' pazzo, in un gioco simile si farebbe sgamare subito, sempre e comunque. E' una cosa demente che non so come abbia fatto a scriverla. ._.

E finalmente sono riuscita a far apparire più personaggi! Spero che vi stiate divertendo a leggere questa storia! Alla prossima!
Neme

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Capitolo 10
*** X - Desgracia ***


Doveva esserci qualcuno, da qualche parte, che doveva volergli particolarmente male.
A meno che non si fosse ritrovato improvvisamente uno sfigato di quelli davvero gravi, era impossibile ritrovarsi tutti quei contrattempi in una giornata. Qualcuno, sicuramente, gli stava facendo il malocchio. Il disappunto di Ulquiorra arrivò a pensare queste assurdità.
Eliminare tutti quegli Hollow era stato come fare riscaldamento. Per poco non li abbatteva tutti in un colpo solo, strike!
Poi, però, sulla via del ritorno a Las Noches, ne apparivano altri, e altri ancora. E la forza che stava inseguendo andò a farsi benedire chissà dove.
Ma la cosa peggiore fu ritrovarsi nella sala delle riunioni, con tutti seduti, anche Aizen, davanti una tazza di tè mezza vuota, e tutti arrabbiati. Tranne Aizen e Gin, che ridevano.
« Quanto ci hai messo? »
« Ce l’hai fatta a venire! Certo che potevi prendertela anche un po’ più comoda! »
« Ne hai di presunzione per farci aspettare così tanto, Ulquiorra. »
« Vedi di sbrigarti, la prossima volta. »
Ecco, ti pareva, si disse. Tuttavia si mostrò insofferente per l’ennesima volta di fronte a quelle provocazioni e si accomodò al suo posto, vicino a Stark, in fondo.
« Chiedo scusa per l’enorme ritardo, signore. » disse ad Aizen, chinando il capo.
« Bene. » Aizen si scostò ancora i capelli dalla faccia. « Tranquillo, Ulquiorra. Non abbiamo detto moltissime cose mentre non c’eri. Ti abbiamo aspettato, come tutte le persone civili fanno. E ci siamo tanto divertiti. Vero, ragazzi? »
Tutti annuirono, tanto per farlo contento. Stark, in particolare, sprizzava gioia da tutti i pori.
Aizen fece illustrare la situazione ad Ulquiorra da Barragan, l’Espada più anziano, nonché numero due. Dunque i sospetti del numero quattro erano esatti. Qualcuno che aveva la testa molto, ma molto simile alla materia fecale, si stava divertendo alle loro spalle, in particolare le sue. Per riassumerlo in uno dei suoi pensieri più nascosti e che non avrebbe mai detto pubblicamente: chi cazzo è il pezzo di merda che mi fa dannare così facendomi fare delle figure altrettanto di merda davanti a tutti?
Ma era nei suoi geni non esprimersi così, o meglio, non farlo quasi e con un ristrettissimo gruppo di persone. Era stato Aizen ad insegnarglielo.
Per ordine di nascita Ulquiorra era il settimo. La sua nascita non era nemmeno paragonabile a quella di un normale bambino. Non era uscito da nessun grembo, da nessuna madre, non era stato mai allattato, non avendone bisogno e non era mai stato in un ospedale. Lui era sempre stato il più basso in statura. Persino Halibel, la donna del gruppo, lo batteva, e anche la ragazza che c’era prima di lei, Neliel, con cui aveva parlato pochissimo.
Era Aizen a dare nomi a ciascun Arrancar che creava. E non tutti erano stati creati interamente dall’Hougyoku come lui. Persone come Grimmjow avevano fatto un percorso ben diverso. Ecco, con Grimmjow ci battibeccava sempre. Mentre Grimmjow non stava mai fermo, né a parole né a gesti, Ulquiorra cercava sempre di mantenersi calmo, e alzava le mani solo per autodifesa. Grimmjow aveva sempre pensato che il giovane dagli occhi verdi avesse paura di lui. Ulquiorra non cercò mai di fargli capire il contrario. Non gli importava minimamente. A lui importava solo Aizen.
« Vedi, Ulquiorra, il mondo solitamente divide il mondo in categorie. » spiegava Aizen di tanto in tanto, agli inizi dell’esistenza dell’Espada. « In razze, in ceti sociali, a seconda dei sessi, delle preferenze sessuali. Anche noi, che non siamo esseri umani, siamo divisi. Shinigami, Vizard, Arrancar. E, più in generale, in buoni o cattivi. Ma devi stare attento su questa cosa. Non sempre i cattivi sono cattivi, e a volte i buoni sono dei grandi opportunisti, che non è una cosa buona, ma al mondo lo sembra e quindi va bene. Comprendi? »
Ulquiorra rispondeva sempre con un “sì” convinto.
« Ecco, quindi capirai da solo che alcune scelte comportano un determinato modo di agire. Sai cosa voglio io? cambiare le cose. Niente di più. ma questo non posso farlo finché sono qui, da solo. Capisci? Mi sono dovuto adattare a certe circostanze per ottenere ciò che voglio. Sono uno che punta in alto, ma non è una cosa cattiva, assolutamente! Se hai degli obiettivi da seguire, andrai sempre lontano. Anche Gin lo dice. »
« E questi obiettivi come si trovano, signore? »
« Bè, dipende. Guarda Aporro. Pensa sempre a fare ricerche. Può sembrare pazzo, e forse un po’ lo è davvero, ma ha pur sempre un obiettivo. Anche Nnoitra ce l’ha. E anche Barragan. E sono sicuro che ce l’hai anche tu. Forse ti ci vuole solo un po’ più di tempo per capirlo. E sai che c’è? Tu sei l’unico col quale faccio questi discorsi, tra gli Espada. Poi c’è Gin, ma lui è un altro discorso. »
Quando parlava così si sentiva il prediletto, si sentiva sopra a tutti. In effetti Aizen lo trattava sempre con un certo riguardo. Affidava a lui le missioni più importanti. Si fidava ciecamente di lui. Era un rapporto di fiducia reciproca tra superiore e sottoposto. Ulquiorra sapeva di essere l’unico ad avere un trattamento speciale. Per esempio, spesso e volentieri Aizen mandava gli Espada in missione giusto per farli picchiare un po’ dagli Shinigami. Lui era l’unico che non veniva mandato in missione con lo scopo di farne carne da macello. Era altrettanto sicuro del fatto che Aizen non gli volesse bene, ma forse era solo orgoglioso dell’essere che aveva creato. Capace di rigenerare i propri organi a velocità impressionante. Capace di cavarsi un occhio che potesse contenere tutte le informazioni del mondo. Capace di stare al suo posto. Eppure, lo aveva messo al quarto posto, e quel numero gli fece tatuare sul petto, un tatuaggio che occupava tutta la parte sinistra.
Ulquiorra non approfittò mai di nessuna situazione. Aizen glielo aveva insegnato.
« A patto che tu non abbia un piano preciso, freddo e calcolato, non devi contare su nessuno. Tu puoi fare tutto. Anche da solo. Non sentirti debole perché sei il numero quattro, tu sei forte e sai di esserlo. Se c’è qualcuno che è forte quanto te o anche più di te, ben venga, merita rispetto, ma non adulazione. Non farti mai vedere coi nervi a pezzi. »
Erano cose che ormai si erano instaurate nel suo cervello, e mai sarebbero uscite. Comunque, la sua situazione andava benissimo così, tranne che per una cosa. L’obiettivo che tanto decantava Aizen, non lo aveva trovato. Lui era l’unico, tra gli Espada, a pensare che la vita non avesse nessun valore. Non aveva senso nascere, se poi si moriva. Lui aveva un’aspettativa di vita molto più lunga, ma sarebbe morto, prima o poi. E, se anche fosse stato immortale, non aveva senso vivere così a lungo. Si alzava la mattina, svolgeva le sue mansioni, parlava, respirava, ma non trovava un senso logico a tutto questo. Sarebbe scomparso così come era stato creato, prima o poi, a finire in un deserto qual era il nulla, ciò che poteva davvero risolvere tutto. stare lì, nel nulla, e non fare più nulla.
Ogni Espada rappresentava un qualcosa, un aspetto della morte o del caos. Ad esempio Aporro rappresentava la follia, e Grimmjow la distruzione. Cose che stavano a pennello col proprio carattere.
Ulquiorra rappresentava il nichilismo. Ne era il portavoce, quasi. Ecco perché aveva quella perenne aria malinconica, anche se in cuor suo poteva essere contento di qualcosa. Ecco perché quelle linee verdi perenni sulla faccia che ricordavano delle lacrime.
Ulquiorra Schiffer. Che respirava, viveva. Ma esisteva?
A lui non interessava minimamente saperlo. Non gli avrebbe fatto differenza.
Aprì la porta con disinvoltura, entrando nelle sue stanze. Le due ragazze erano lì, come le aveva lasciate.
« Inoue, Aizen vuole parlarti. » disse con freddezza.
Orihime guardò per un attimo Wendy, facendole poi un sorriso. Lasciò la stanza, evitando accuratamente di guardare in faccia Ulquiorra.
Si ritrovò solo, con Wendy, che lo guarda con un espressione vuota. Non potendo sostenere quello sguardo a lungo, però, gli diede le spalle. Ulquiorra ne approfittò per guardarsi un po’ in giro. La porta aveva delle piccole tracce di sangue.
« Hai tentato di scappare. »
Lei non disse nulla.
« Proprio come quell’altra donna, poco dopo che lo portata qui. Voi esseri umani siete tutti uguali. »
Cercò di ignorarlo. Non era in vena di litigare.
« Devo ricordarmi di farti fare un vestito nuovo. » osservò lui. « Questi stracci umani non devono più esserci nel tuo guardaroba. »
Stracci. Ciliegina sulla torta. Per comprarsi i vestiti che aveva ora, aveva speso lo stipendio del lavoro part time di cinque mesi. Abbassò lo sguardo, guardando le sue scarpe, ferita nell’orgoglio. Quello lì non capiva proprio un accidente di una donna. Strinse nei pugni la maglietta Billabong che indossava, rendendosi conto che era bagnata di sudore. Da quando era lì non aveva ancora visto un bagno caldo o una doccia, accidenti.
Quando si voltò verso il giovane, cercando di rispondergli per le rime senza rischiare la morte, la porta si aprì ancora, ma non era Orihime. Era un uomo con un teschio di toro al posto della testa, e portava un carrello pieno di vassoi.
« E’ ora di cena. » disse Ulquiorra « Mangia. » con un gesto fece uscire l’Arrancar servitore.
Wendy restò ancora in silenzio, e diede ancora le spalle.
Che palle, questi umani sono davvero tutti uguali, si disse Ulquiorra.
« Non costringermi a ficcare il cibo nella tua gola. Mangia. » ribadì.
A quel punto la ragazza si decise a parlare, con sguardo deciso e pieno di sfida. « E che avresti deciso di farmi mangiare, caro il mio chef? »
Ulquiorra tolse il coperchio al vassoio, che nascondeva una ciotola piena di una strana brodaglia marroncina. « Milkshake al cioccolato. »
Wendy restò più che mai sorpresa. Non aveva affatto un aspetto invitante, ma non era quello il punto.
« Guarda che non è offrendomi il mio piatto preferito che mi comprerai. »
« Io non sto comprando nulla. Tu sei già dei nostri. »
« Comunque, non la mangio quella roba. » rispose lei, cercando di passare sopra a quello che aveva appena detto.
« Ascoltami bene, donna. Non sono dell’umore giusto per discutere oggi. »
« Allora vattene. »
« Dopo che avrai mangiato tutto. non mi fido di voi umani. Anche Inoue cercava di non mangiare, cosa credi? Ti sei fatta raccontare cos’è successo l’ultima volta? »
Wendy rabbrividì, tenendosi la gola. Poteva solo lontanamente immaginarlo, e qualunque voglia di farselo dire era sparita.
« Sei un mostro! »
Ulquiorra non rispose. La guardò e basta. Uno sguardo opprimente che lei non poteva sopportare. Quel ragazzo era dotato di una tortura psicologica mostruosa.
« Puoi anche saltarmi addosso e stuprarmi, per quanto mi riguarda. Io quella roba non la mangio. »
« Saltarti addosso? » ripeté Ulquiorra, senza cambiare espressione. « Sì, potrei anche farlo, se ciò servisse a farti mangiare. »
In quel momento Wendy si chiese se lui avesse interpretato “saltare addosso” allo stesso modo, ma soprattutto si chiese se lui avesse la minima idea di cosa fosse uno stupro.
Ulquiorra fece un passo verso di lei. « Non mi credi? » chiese « Sono un Espada. Ma pur sempre un uomo. »
Sapeva eccome di cosa stava parlando. Ma Wendy cercò di rimanere tranquilla. Non l’avrebbe mai fatto.
In effetti non lo fece. O meglio, non nella maniera che si aspettava lei. Ad una spada, ad esempio, non ci aveva proprio pensato.
Non si sarebbe mai aspettata che lui le tagliasse la maglietta con pochi gesti, precisi e veloci, e per poco non le tagliava il reggiseno. Poi puntò l’arma contro il suo collo, a pochi millimetri.
« Ti sei convinta o devo tagliarti anche i pantaloni, donna? »
Wendy pose immediatamente le braccia sul suo petto, a coprirsi quasi inutilmente. Che vergogna! E che frustrazione, non potersi difendere dandogli un calcio nelle parti basse e farlo momentaneamente pentire di essere nato uomo.
« Va… va bene, va bene. Mangio. Però almeno portami qualcosa da mettermi. »
« Certo. I tuoi vestiti puzzano da morire. » rispose lui riponendo la spada.

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Yeeeeeeah, siamo arrivati al capitolo dieci senza intoppi!
Senza intoppi? Bè, speriamo! ( risata )
Ci vediamo al prossimo capitolo, e se avete suggerimenti o recensioni da fare o chiarimenti, non fatevi complimenti! Ci tengo a migliorarmi là dove sbaglio ( e purtroppo qualche errore di battitura riesce sempre a sfuggirmi, argh! ), e sentire le vostre opinioni mi farebbe piacere. Bè, anche il solo sapere che la leggete mi rende già felice! ( risata. Ma così rischia di fuorviare…. )
Vi ringrazio ancora, per l’ennesima volta, per il tempo che dedicate a leggerla!

Neme

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Capitolo 11
*** XI - Clasificaciòn ***


« Non girarti. »
« D’accordo. »
« Non sbirciare. »
« Non ho niente da sbirciare. »
Doveva interpretarla come frecciatina sul suo essere poco attraente come donna? Wendy decise di passarci sopra, sicura del fatto che Ulquiorra non avesse detto quella frase con un secondo fine. Nonostante si era messa dietro il divano per cambiarsi, aveva ordinato ad Ulquiorra di voltarsi mentre si disfava di quei vestiti che ormai anche lei considerava stracci. Che peccato.
« Hai fatto? » chiese lui.
« Sì, sì. Puoi girarti. »
Wendy girava su sé stessa più volte, davanti ad uno specchio alto almeno il doppio di lei e grande altrettanto. Perbacco, avevano anche gli specchi in quel palazzo. Sembrava un ambiente sempre più civile, ma non riusciva ancora a ritenerla una casa, e forse non sarebbe mai riuscita a ritenerla tale.
In ogni caso, quel vestito le piaceva. Era simile a quello di Orihime. Bianco, con delle righe nere a percorrere i fianchi e le maniche, un mantello che le arrivava alle caviglie tagliato a metà formava quasi un tutt’uno con la gonna corta e gli stivali che arrivavano fin sopra il ginocchio. Chissà chi era che realizzava quei vestiti. E poi, perché avevano la mania del bianco? Forse era un uniforme, oppure avevano semplicemente gusto nel vestire.
« Come sto? » chiese ad Ulquiorra, che la stava osservando senza dire nulla.
« Abbiamo cercato di fare un abito su misura per te. » rispose composto. « D’ora in poi quelli indosserai, come tutti noi. »
Wendy si ammusò subito. Andò verso il carrello col cibo, e si sedette sul divano prendendo il milkshake, amareggiata. Per quanto ancora avrebbe resistito con questo tenore di vita?
Dopo i primi sorsi si concentrò sul milkshake. Che, straordinariamente, era ottimo.
« Dalla tua faccia si direbbe che ti piace. » constatò Ulquiorra.
« Sì… E non me lo sarei mai aspettata! Devo complimentarmi col cuoco! Non pensavo che qui sapeste come farlo… »
« Non farti strane idee. Semplicemente ero l’unico qui dentro che sapeva farlo, visto che sono stato un po’ di tempo nel tuo mondo. »
L’aveva preparato lui. Wendy non sapeva se ridergli in faccia o ringraziarlo. Rigirò la cannuccia nel contenitore un paio di volte, senza sapere esattamente cosa dire. sicuramente non era stato un gesto di cortesia nei suoi confronti, né un tentativo di corromperla. O forse sì, ma non gli andava di dirlo. Tanto, qualunque fosse stato il suo intento, l’effetto non cambiava.
« Cosa c’è? » chiese Ulquiorra. « Non hai più appetito? »
Lei gli rivolse uno sguardo preoccupato. « Mi chiedevo… Cosa ne sarà di me, ora che sono qui. Cosa mi farai? »
Ulquiorra rispose senza esitazione. « Cosa ne farò di te? Farò quello che Aizen vorrà mi ordinerà di fare. Questa ora è la tua casa, donna. Presto Aizen ti farà diventare come me, ti darà una spada e ti allenerai costantemente a controllare la tua forza. »
« Anche Orihime farà la stessa fine, vero? »
« Fine? » ripeté lui. « Voi non avete mai avuto un inizio. »
Perché usa delle parole così pesanti?, si domandò Wendy. Ricominciò a gustare il milkshake, lentamente, mentre Ulquiorra si dirigeva verso la porta.
« Tornerò tra poco. Finisci il tuo milkshake e resta dove sei, donna. »
E mai che la chiamasse Wendy, o Stephenson.
Aveva appena girato l’angolo, quando si trovò faccia a faccia con Orihime. Lei restò pietrificata per un attimo, per poi sbraitare, come suo solito. Diceva che l’aveva spaventata. Era una ragazza che si spaventava per tutto. davvero sarebbe diventata un Arrancar?
« Smettila di agitarti, te l’ho già detto. » appuntò Ulquiorra, sorpassandola. « Torna immediatamente nella tua stanza. Tornerò tra poco. Qualcuno ti porterà qualcosa da mangiare, oppure se vuoi mangia ciò che ha lasciato l’altra. Sono sicuro che non ha mangiato tutto. »
Orihime annuì debolmente, correndo verso la stanza numero quattro. Si fece raccontare tutto da Wendy, che il milkshake l’aveva finito eccome. Quasi non ci credeva che Ulquiorra in persona le avesse fatto un milkshake con le sue mani.
« Non farti strane idee, Orihime. Non l’ha fatto per chissà quale sentimentalismo. » trovava orrendo chiamarla Orihime, ma dopotutto era il suo nome.
« Lo so, però è una cosa strana, fatta da uno come lui. »
« Uff, voglio tornare a casa… »
Orihime si ammutolì, dispiaciuta, abbassando lo sguardo. Poco dopo arrivò il cibo per lei, e una comunicazione per Wendy. Oltre al servo col carrello, infatti, c’era un’altra persona, sempre vestita di bianco e coi guanti, dall’aria scocciata, come se fosse stato costretto con le frustate a venire lì.
« Wendy Stephenson. Seguimi. Aizen vuole parlarti. »
Finalmente avrebbe potuto conoscere meglio questo fantomatico Aizen. Il grande capo, il creatore di Ulquiorra e forse anche di quel tipo dallo sguardo pigro. Si alzò, un po’ rincuorata. Conoscerlo forse l’avrebbe aiutata.
« E’ la prima volta che ci incontriamo con calma, Wendy. Innanzitutto benvenuta nella tua nuova casa. » si alzò con estrema grazia. « Io sono Sosuke Aizen. Ti chiedo scusa per i modi un po’ bruschi con cui sei stata portata qui, ma vedrai che ti abituerai presto. » si fece molto vicino a lei. Sfiorò con delicatezza la sua guancia, e Wendy rabbrividì a quel tocco. La sua mano era peggio di un cubetto di ghiaccio.
« Stai serena. » disse lui, che se ne era accorto. « Ciò che ti chiedo è semplice, Wendy. Una cosa semplice e facile. Un’unica cosa. » continuava ad accarezzare la pelle della ragazza. « Diventa forte. Per me. Utilizza il tuo potere meglio che puoi. Io ti renderò una creatura splendida. Non dovrai più preoccuparti di niente. Diventa mia alleata, Wendy. »
Se fosse venuto lui a prenderla, invece di Ulquiorra, forse lei sarebbe venuta più volentieri, come un cobra che segue fedelmente la melodia del flauto di un incantatore di serpenti. Indietreggiò appena, però, dopo aver metabolizzato quella richiesta. Sapeva a cosa sarebbe andata incontro. Le avrebbe messo una spada in mano e l’avrebbe mandata a uccidere un sacco di persone. O chissà cos’altro. sarebbe diventata solo una serva. Poi pensò ad Ulquiorra, a quanto era fedele a quell’uomo. A parte l’indubbio carisma, cosa aveva di speciale in modo da farsi obbedire da tutti? E Orihime? Aveva detto le stesse cose anche a lei?
« Ulquiorra. » disse Aizen, guardando un punto vuoto della sala. Subito dopo apparve Ulquiorra, il quale fece subito un inchino.
« Eccomi. » disse.
« Ti occuperai dell’addestramento di questa ragazza. »
« Sì, signore. »
Fu a quel punto che Stark fece una smorfia strana. « Ti occuperai sia di lei che di quell’altra femmina? Dove la trovi questa voglia? »
Aizen sorrise. « Se preferisci posso affidarne una a te, Stark. »
« Eh? No, per carità, dicevo tanto per dire! »
Wendy si chiese se anche lui era un Espada. Aveva notato un buco, lo stesso che aveva visto in Grimmjow, solo sul petto, appena sotto l’osso di una mascella che portava come una collana. Si chiese anche quale fosse il suo numero. Aveva una forza spirituale quasi al pari di Ulquiorra, ma non volle sbilanciarsi. Dal suo atteggiamento, sembrava uno che faceva il minimo indispensabile per campare. Forse non era poi così alto come numero.
Si accorse poi di essere sotto gli sguardi di tre presenze a dir poco strane. Si sentiva sotto una soggezione assurda, si sentiva una criminale, come se avesse compiuto il peggiore dei crimini contro l’umanità.
« Effettivamente potrebbe essere faticoso star dietro due umane… » appuntò Aizen. « Mah, proviamo. Cambio di programma. Ulquiorra, tu continuerai a prenderti cura di Orihime. Wendy la manderò da Grimmjow. »
« Grimmjow? » fece Ulquiorra, anche se non aveva assunto nessuna espressione particolare. Stark, invece, strizzò un occhio, che la ragazza captò subito, e si ricordò anche di Grimmjow, il tipo coi capelli blu. Ebbe l’impressione che Aizen la stesse mandando al macello.
« Sì, Grimmjow. » rispose il capo convinto. « Credo che sarà un’esperienza altamente istruttiva per lei. Se ci saranno problemi, tornerà sotto la tua supervisione, Ulquiorra. »
« Va bene. » rispose. Wendy si aspettava, in parte sperava che lui avesse insistito un po’ di più per tenerla con sé. Era deciso, dunque: lei da Grimmjow, Orihime da Ulquiorra.
Stark tirò un leggero sospirò di sollievo. A lui non sarebbe toccato fare niente.

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Capitolo 12
*** XII - Vuelve A Mì ***


Era passato solo un giorno, ma Grimmjow le aveva già reso la vita un Inferno. Se già si sentiva discriminata dall’espressione “donna” di Ulquiorra, Grimmjow la offendeva a destra e a manca con ogni parola possibile.
Appena era entrata nelle sue stanze, contrassegnate dal numero sei, Grimmjow la guardava dall’alto al basso gridando
« Aizen mi ha già detto tutto. a quanto pare non vuole far stancare troppo il povero Ulquiorra. Bene, cominciamo subito. » e aveva già puntato la spada contro di lei. Già si era ritrovata con dei tagli sulle braccia, e neanche l’aveva fatta curare, perché Grimmjow sapeva che se l’avesse mandata da Orihime, la ragazza avrebbe spiattellato tutto ad Ulquiorra, che si sarebbe subito mobilitato per riprendersi Wendy.
Ora si ritrovava a dover schivare i suoi pugni, usando i suoi campi di forza. Aveva preso coscienza del fatto che era in grado di farli, ma a quanto sembrava non bastava ancora.
« Vuoi piantarla con quella posizione di difesa?! » gridava Grimmjow, approfittandone per riempirla di pugni. « Non basa scappare sempre! Cerca di essere più veloce, schivami, ma attaccami subito! Ho solo due braccia e due gambe, cerca di trovare un punto scoperto! »
Era una parola! Lui era cento volte superiore in velocità e forza, neanche era partito in modo leggero. La costringeva costantemente a rimanere in difesa, ma non poteva biasimarlo più di tanto. Se davvero doveva addestrarla nell’arte del combattimento, era giusto che non mostrasse pietà.
L’ennesimo pugno sulla pancia la fece cadere a terra, senza poter utilizzare un campo di forza.
« Tsk! Avevo ragione a dire che Ulquiorra aveva preso un abbaglio con te! » disse con aria sprezzante. « Tu non sei che un peso per noi. Ti do cinque minuti per riprendere fiato. » le diede le spalle, mettendosi le mani in tasca.
Aveva abbassato la guardia. Wendy non sapeva dire se l’aveva fatto apposta, ma era l’occasione giusta per ricambiare le botte subite.
Fece un piccolo balzo e gli rubò la spada, tirandola fuori dal fodero. Grimmjow si girò, stupito, segno che non aveva calcolato la possibilità che lei gliela facesse sotto il naso.
« Tu, piccola… » ringhiò, e si buttò addosso a lei per riprendersi la spada.
Wendy, terrorizzata, gli mise la spada davanti alla faccia, e delle piccole scosse rosse la circondarono. Grimmjow fece in tempo a schivarla, ma si fece comunque un piccolo taglio sulla guancia. Quelle scosse permettevano di ferire anche ad una piccola distanza. Certo, era una cosa che faceva molto comodo ad Aizen, ma a lui lo ferivano nell’orgoglio.
« Razza di puttana… » disse Grimmjow leccandosi la ferita.
Wendy continuava a tenere ben salda la spada per le mani, ma lui si alzò, dirigendosi verso l’uscita.
« Sei stata solo fortunata ad avermi colto di sorpresa. » la lasciò sola, piena di ferita a cui doveva badare da sola. Lei lasciò cadere la spada, esausta, e si inginocchiò a terra, scoppiando a piangere. Ulquiorra le incuteva paura e soggezione, ma almeno riusciva a rispondergli. Per quel Grimmjow, invece, provava un terrore che neanche le storie dell’orrore che gli raccontavano da bambina le mettevano. Se aveva lui vicino, per lei era come avere la morte accanto. Se tirava fuori la spada, per lei era come la fine che cercava di abbracciarla.
Voleva dirlo a qualcuno, ma lui non la faceva uscire. Orihime, Aizen, anche quello svogliato che ricordava chiamarsi Stark. Nessuno. Nessuno era accanto a lei, nessun appiglio.
« Come va col nuovo cucciolo? » Grimmjow era stato fermato da Nnoitra, che sghignazzava.
« Fatti i cazzi tuoi, cucchiaio. » rispose il numero sei con arroganza.
« Dal taglio che hai in faccia si direbbe che sia una bella gatta da pelare. »
Grimmjow era decisamente stanco della gente come lui. Che si permetteva di criticare tutto e tutti solo perché era il numero cinque, un posto sopra il suo. Più volte voleva rompergli quei denti che costituivano il sorriso che considerava ebete. Ma pensò che le parole erano un’arma più potente.
« Bè, io ci sto provando almeno. Tu, invece? Sei ridicolo, Nnoitra, credi che non sappia cos’è successo in passato? Aporro mi ha raccontato tutto. »
L’espada numero cinque aveva cambiato espressione, diventano insolitamente serio. « Di che stai parlando, Grimmjow? »
« Credi che non sappia di come ti sei fatto pateticamente umiliare da Neliel Tu Oderschvank? »
Nnoitra, senza rispondergli, tirò fuori la sua enorme arma, una lancia con delle enormi falci alle estremità. Dato lo spazio troppo ristretto del corridoio per quell’arnese, distrusse le pareti, ma Grimmjow riuscì a difendersi nella confusione.
« Mi hai stancato, lurida pantera. » disse col sorriso « E’ ora di farti capire chi è che comanda qui, numero sei. »
« Non aspettavo altro! » anche Grimmjow sorrise « Ne ho abbastanza del tuo sorriso coglione che ti ritrovi. »
Wendy si era accorta del baccano. Era a pochi passi da quella confusione, e vedeva Grimmjow combattere contro un uomo altissimo, vestito in maniera molto strana e con un colletto altissimo a mo di cucchiaio gigante. Non usava una spada, ma un’arma molto più grande, a differenza del ragazzo coi capelli blu. Perché stavano combattendo?
La situazione stava degenerando parecchio, e Grimmjow era in difficoltà. Le macerie delle pareti impedivano di farlo muovere velocemente come prima, e c’era troppa differenza nell’uso delle armi.
Istintivamente Wendy si parò davanti a lui, quando Nnoitra era a un passo dall’infilargli quella specie di ascia in gola, e creò uno dei suoi campi di forza, che costrinsero il numero cinque a indietreggiare.
« Tu?! » disse Grimmjow. Wendy lo guardò terrorizzata. Solo allora si rese conto di aver fatto una grande cazzata, a mettersi in mezzo.
Nnoitra invece sorrideva, mostrando una lunga lingua su cui era tatuato il numero cinque.
« Interessante… A quanto pare questa piccola stronza vuole morire. »
Con uno scatto era già davanti alla ragazza che, presa alla sprovvista, urlò « No! » e mise le mani davanti al petto, creandogli una bruciatura non indifferente. Nnoitra cadde a terra dolorante, ma si rialzò poco dopo sorridendo ancora. Cercò ancora di attaccarla, ma Grimmjow si era fatto avanti, ferendolo anche piuttosto gravemente con la propria spada.
« Levati dalle palle, Nnoitra. » disse solo.
Nnoitra si coprì la ferita, riempiendosi le mani di sangue, sulla gamba. « Sarà per un’altra volta, pezzo di merda. » se ne andò in fretta. Quel casino non sarebbe passato inosservato ancora per molto. Wendy tirò un sospiro di sollievo. Non credeva che Grimmjow l’avrebbe aiutata.
Stava per ringraziarlo, quando lui si voltò e le diede un violento pugno che la fece cadere ad almeno due metri da lui.
« Che cazzo ti eri messa in testa di fare, mocciosa?! » gridò in preda alla rabbia. « Non erano affari che ti riguardavano! A casa non ti hanno insegnato a stare a l tuo posto? Ulquiorra non ti ha spiegato come funzionano le cose qui?! »
Wendy non ce la fece a trattenere le lacrime. « Io… Chiedo scusa… » disse in preda al pianto, anche se sapeva che non sarebbe servito. Infatti Grimmjow, non contento, la prese anche a calci.
« Torna immediatamente dentro! Tra poco inizieremo l’addestramento! »
La ragazza cercò di recuperare le forze, e attraversò il buco dal quale era passata per uscire.
« E se ti azzardi a dire qualcosa su ciò che è appena successo, decreterò la tua condanna a morte, bambina! »
Gli appartamenti di Ulquiorra si trovavano dall’altra parte del palazzo dove invece risiedeva Grimmjow. Facendo una planimetria veloce di Las Noches, i primi cinque risiedevano da un lato e gli ultimi cinque dall’altro lato del palazzo. Tuttavia, c’erano innumerevoli corridoi e porte comunicanti, cosicché si potessero arrivare a diverse stanze senza dover fare troppi giri.
Ulquiorra non si era ancora accorto del casino successo tra Grimmjow e Nnoitra, ed era impegnato ad addestrare Orihime. Le aveva dato una spada di legno creata apposta per l’allenamento. Lei continuava a muovere la spada a destra e a manca, col fiatone, mentre lui parava e basta.
« Credi forse di riuscire a ferire qualcuno così? Anche se ti avessi dato una vera spada, non saresti riuscita a ferirmi comunque. » mise più forza nelle mani in modo da spingere la ragazza all’indietro, senza farla cadere. « Il nemico non starà sempre in difesa. Mentre tu cerchi di attaccarlo, lui cercherà sempre un punto debole. Non devi attaccare senza sapere dove colpire. »
Orihime riprese di nuovo la carica contro di lui, ma il risultato fu lo stesso. ulquiorra riusciva a fronteggiarla senza difficoltà.
« Non hai sentito quello che ho detto? Concentrati. Cerca di trovare una falla nella mia difesa. » mise ancora una certa pressione nella spada, stavolta facendola cadere a terra. Orihime si fece scappare la spada per le mani.
« Se ti fai scappare la spada durante un vero duello, morirai. » disse lui tenendo la sua ben salda « Combattere non significa solo forza bruta. Devi anche pensare a quello che fai. La prossima volta aumenterò di poco forza e velocità. Cerca almeno di toccarmi, la prossima volta, donna. »
Uscì dalle sue stanze, e mentre camminava vedeva un gran via vai di gente. Sentiva qualcosa di diverso, nell’aria. Vide la porta della stanza di Nnoitra spalancata, e lui non c’era. Davanti c’erano invece la donna del gruppo, Halibel, Barragan, il vecchio, e il loro seguito.
« Cos’è successo? » chiese Ulquiorra.
« Nnoitra e Grimmjow se le sono date. » rispose il vecchio.
« Stavano per distruggere tutto il lato est del palazzo. » disse Halibel « Non piacerà di certo ad Aizen quando lo saprà. Adesso è fuori con Tousen e Ichimaru. »
Ulquiorra non aveva bisogno di sentire altro. riprese a camminare per la sua strada, diretto al lato est del palazzo.
Quando arrivò già stavano ricostruendo tutto. procedevano tutti velocemente e senza intoppi. La sua destinazione era a pochi passi dall’inizio del corridoio. Stanza numero sei.
Bussò, ma non ci fu risposta all’inizio. Bussò ancora, e la voce burbera di Grimmjow rispose. « Chi è? »
« Ulquiorra. »
« E che accidenti vuoi? »
« Dovresti immaginarlo. »
Dopo un minuto circa Grimmjow si decise ad aprire. « Allora? »
Ulquiorra cercava di fare capolino nella sua stanza, ma Grimmjow, essendo più alto di lui, gli impediva la vista. « Dov’è la ragazza? »
« Dorme. »
« Cos’ha fatto Nnoitra? »
« Abbiamo solo discusso, alla ragazza non è successo nulla. »
Bugiardo. E aveva una gran bella faccia tosta a mentire, si disse Ulquiorra. Doveva accertarsi se stava bene, per non creare ulteriori preoccupazioni ad Aizen. Si trovò costretto a lasciar perdere, per quella volta, anche perché non sentiva nessuna voce femminile a richiamare la sua attenzione.
Se ne andò senza salutarlo. Grimmjow richiuse velocemente la porta, e corse ad aprire l’armadio, dove aveva nascosto la ragazza, piena di ferite e con un occhio nero.
« Mi sorprende che non hai cercato di uscire dall’armadio e chiamare aiuto. »
In realtà la tentazione c’era. Quando Grimmjow aveva saputo che dall’altra parte della porta c’era Ulquiorra, aveva fatto nascondere la ragazza nell’armadio, e le bisbigliò di non uscire. Lei avrebbe voluto farlo, ma sapeva che sarebbe stato un suicidio. Era talmente terrorizzata che neanche ci provò.
« Esci. Ricominciamo l’addestramento. » ordinò lui.
Passò una lenta settimana di allenamenti estenuanti per Wendy. Non aveva idea di come stava Orihime, e non aveva contatti con nessuno a parte Grimmjow, il quale da un po’ di tempo aveva il braccio fasciato. Aveva sentito dire che Aizen non aveva digerito bene la litigata tra lui e Nnoitra.
La cosa positiva era che aveva fatto dei piccoli progressi. Quantomeno riusciva a contrattaccare, il che da una parte era uno stimolo per Grimmjow.
« Sei migliorata, ma ancora non basta. » diceva sempre ridendo. E la riempiva di pugni molto più violenti del solito. La trattava come un cane che, se non obbediva al padrone, si prendeva più bastonate di prima. Quando vide che era partito un dente dalla bocca della ragazza si fermò.
« Basta così. » neanche la aiutò a rialzarsi, o a chiederle se le aveva fatto troppo male, e se la perdita del dente era grave o no. Non gliene fregava nulla. Wendy si teneva la bocca sanguinante e a stento tratteneva le lacrime. Vedeva il suo dente, molare, precisamente, con aria sconfitta.
Quel giorno, però, poté finalmente uscire, al cospetto di Aizen che aveva richiamato la presenza di Grimmjow con lei.
Quando arrivò nella “sala del trono”, così l’aveva chiamata, vide anche Nnoitra, con un ragazzo bendato su un occhio al seguito. Nnoitra anche aveva un braccio fasciato.
« Grimmjow, Nnoitra, non vi vedo granché in forma. » disse fingendosi dispiaciuto. Tutti e due l’avrebbero volentieri preso a pugni. Ma Aizen rivolse l’attenzione alla ragazza.
« Wendy, è da un po’ che non ci vediamo. Tutto bene? »
Lei annuì. Non aprì la bocca, con la paura che si vedesse il dente mancante.
Aizen chiamò poi la presenza di Stark, che era seguito da una ragazzina dai capelli chiari e un teschio con un corno in testa. Lei si mostrava esuberante, a differenza del ragazzo, che sbadigliava.
« Stark, oggi sarai il giudice. » disse Aizen. « Wendy e Tesla combatteranno ora. Cerca di stare attento. »
« Sì. » rispose lui, mentre la ragazza con esuberanza rispose « Sì, signor Aizen! Lasci fare a noi! » salì poi sulle spalle di Stark e gli mise le mani sulla faccia in modo da fargli tenere gli occhi aperti. « Stark, vedi di non addormentarti! Guarda bene! »
« Lilynette, dai, scendi… » supplicò lui, ma non servì a nulla.
Tesla era un Arrancar al seguito di Nnoitra. Sembrava forte, ma Wendy non era intimorita. Avvertiva invece gli sguardi di Grimmjow, che voleva comunicarle un qualcosa del tipo “Vedi di farmi fare bella figura”.
Quando Aizen diede il via, entrambi iniziarono a combattere. Wendy riusciva a stare al passo, addirittura a ferirlo. Incredibilmente Grimmjow era riuscito ad addestrarla bene.
Stark osservava con attenzione, anche se non sembrava.
« Oh, la ragazza ci sa fare. » notò Lilynette.
« Ti sbagli. » disse lui « I suoi movimenti sono piuttosto lenti, ma non è dovuto a lei. È come se fosse troppo affaticata. »
« Mh? Affaticata? »
« E poi guarda meglio le braccia. Quelle ferite non sono fresche. »
« Oh, è vero! Mi sa che Grimmjow è stato un po’ pesante… »
« Peggio. Grimmjow era a un passo dall’ucciderla. È per questo che lei è non riesce a combattere al massimo della forma. È talmente fiaccata da non riuscire a concentrarsi. »
Aizen fece fermare dopo poco tempo l’incontro. Tesla aveva qualche ferita e il fiatone, come Wendy.
« Allora, Stark? »
Stark ci pensò su, poi rispose. « La ragazza ha svolto un buon combattimento, per essere il primo. » Lilynette lo guardò sorpresa. « Sì, però… » esordì, ma Stark la fermò, tappandole la bocca. « Credo che ci voglia ancora un po’ di allenamento, ma è sulla buona strada. » concluse lui.
Aizen, soddisfatto, fece ritirar tutti. Lilynette camminava al fianco del suo compagno contrariata.
« Perché non hai detto al signor Aizen come stavano le cose? »
« Aizen ha deciso di affiancarla a Grimmjow. Non posso intromettermi con commenti personali sulle sue decisioni. »
« Ma se ha chiesto lui il tuo parere! »
« E credi che dirgli che Grimmjow la stava quasi ammazzando sarebbe stato un bene? »
« Stark, non prendermi in giro! » rispose lei con rabbia « Sai bene che il signor Aizen può far tornare quella ragazza dal signor Ulquiorra quando vuole! Almeno andiamo a dirlo a lui, così va a riprendersela! »
« Lilynette, si può sapere perché ti sta tanto a cuore quell’umana? »
« E tu vuoi davvero lasciarla da sola, in balia del signor Grimmjow? Morirà di questo passo! Perché lasci che accada? »
Stark si ammutolì davanti a quella domanda. Dopo molta insistenza acconsentì ad andare almeno da Ulquiorra, anche se non sapeva bene perché lo faceva. Per la ragazzina che lo accompagnava? Non credeva proprio. L’unica risposta plausibile che si diede era che non aveva voglia di far niente.
Fu Lilynette a bussare davanti alla porta di Ulquiorra, che aprì Orihime. Lilynette chiese subito la presenza di Ulquiorra, senza neanche salutare la ragazza. Lui riconobbe la bambina, e fece mettere da parte Orihime.
« Cosa c’è, Stark? »
« Signor Ulquiorra, deve assolutamente aiutare Wendy! » disse subito Lilynette « Il signor Grimmjow la sta massacrando! Vada subito a riprenderla! »
Ulquiorra alternò lo sguardo tra la ragazzina e Stark, che si grattò la testa svogliatamente, cercando le parole giuste. « Bè, ho visto come combatte. Potrebbe fare di meglio. Credo che Grimmjow esageri con le botte, ma non spetta a me deciderlo. »
« Perché sei venuto a dirmi queste cose, Stark? » chiese Ulquiorra « Se Aizen ha affidato quella donna a Grimmjow, io non posso andare da lui e portarla via. »
« Ma signor Ulquiorra, sa benissimo che se resta con lui morirà! Se il signor Aizen vedesse come la tratta, la farebbe tornare da lei! »
« Lilynette, stai un po’ zitta. » ordinò Stark.
Ulquiorra restò in silenzio. Poi concluse il discorso con « Ho capito. Andate, adesso. »
« Ma… »
« Lilynette. » disse Stark.  « Andiamo. »
Appena i due sparirono dalla sua vista, Ulquiorra uscì dalla sua stanza e si rivolse a Orihime. « Vieni con me, donna. Credo che ci sia bisogno di te. »
Grimmjow sentì bussare alla porta. « Sparite, non voglio essere disturbato. » ringhiò. Ma la risposta fu un rumore violento che fece sfondare la porta. Ulquiorra entrò nella stanza, con Orihime accanto, che si guardava intorno perplessa. Non sapeva con quali intenzioni l’espada fosse venuto lì.
« Ulquiorra! Cosa vuoi? »
Avendolo colto di sorpresa, poté vedere Wendy dopo una settimana. Con delle cicatrici, a terra e col fiatone, e gli occhi lucidi. Aveva ragione Stark, la stava portando allo sfinimento. Con un gesto ordinò a Orihime di andare a curare la ragazza, e lei accorse subito. Grimmjow capì le intenzioni, prese la spada e corse verso Orihime per attaccarla. « Che intendi fare, bastardo?! »
Ulquiorra si parò davanti a Orihime, bloccando la spada di Grimmjow con la propria. « Mi chiedo perché Aizen non abbia ordinato di far tornare quella donna da me. Tu non sei adatto per addestrarla. Restituiscimela. »
« Restituirtela? E quando mai è stata tua? » iniziò un duello di spade che non era comparabile a quello con nnoitra, erano entrambi molto veloci e ogni colpo era dato con precisione e tecnica. ulquiorra fu superiore in velocità, e prese in braccio Wendy.
« Vorrà dire che sarà Aizen a decidere a chi appartiene. »
La portò via da lì, velocemente, insieme a Orihime. Finalmente la rivedeva, e trovava che stava bene. In parte sentì di essere in debito con lui. La stava portando via da quell’Espada che le aveva fatto solo del male, anche se la stava addestrando.
Ulquiorra la portò al cospetto di Aizen, il quale si fece raccontare tutto, e richiamò anche Stark. Si arrabbiò con lui sul fatto che non gli aveva fatto notare i contro del combattimento.
« Pensavo che non erano dettagli importanti, signore. » rispose Stark inchinandosi.
« D’accordo. » rispose Aizen con un espressione seria e piuttosto severa. « Che non si ripeta più, Stark. Lilynette, pensaci tu, okay? »
« Certo, signor Aizen! » rispose lei sorridendo.
Poi Aizen guardò con gentilezza Wendy « Quanto a te, tornerai da Ulquiorra. Sarà lui a occuparsi del tuo allenamento. Ulquiorra, so che sarà difficile, ma… »
« No, va bene così. Con Inoue sono già arrivato a buon punto dell’addestramento. »
« Perfetto. Allora cambiamo ancora programma: Ulquiorra tornerà a occuparsi sia di Orihime Inoue che di Wendy Stephenson. »

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Capitolo 13
*** XIII - Palabras ***


Sentire la mano di Orihime stringere la sua fu come sentirsi a casa. Nel momento in cui sembrava che le speranze l’avessero abbandonata, quattro mani erano giunte ad aiutarla. Sapeva che non l’aveva fatto per bontà, ma per Aizen. Ciononostante, però, provava gratitudine. E giurò a sé stessa di diventare forte per farla pagare a Grimmjow.
Ritrovarsi in quella stanza fu per lei gratificante. Rivolse lo sguardo a Orihime, che sorrideva con lei. L’aveva già curata di tutti i segni di Grimmjow, che sarebbero rimasti però nell’anima.
« Stai tranquilla ora, Grimmjow non ti scoccerà più. » le aveva detto con il suo sorriso allegro.
Ulquiorra se ne stava in disparte a osservarle. Trovava futili quei sentimentalismi, ma le lasciò fare per un po’. Più volte si era chiesto perché gli esseri umani tenevano così tanto a cose così astratte come l’amore o il cuore, un cuore diverso da quello che palpita. E, anche osservando quelle ragazze, non riusciva a rispondersi.
Stark non riusciva a prendere sonno. Era steso sul letto, a coperte disordinate, ma non riusciva proprio ad addormentarsi. E non era per Lilynette che saltellava qua e là per la stanza fischiettando, di solito riusciva ad addormentarsi anche se intorno a lui c’era il putiferio; era ciò che aveva fatto a non farlo dormire. In realtà, non avrebbe fatto nessuna differenza se avesse aiutato o no quella Wendy. Ma forse, aiutarla, l’aveva fatto sentire più vicino a lei.
Lilynette aveva detto che non era da lui lasciarla da sola. Lui sapeva bene cosa significava essere soli. Per questo aveva creato Lilynette.
« Stark! Ehi, Stark! »
« Che c’è? »
« Wendy è tornata sotto l’ala del signor Ulquiorra. Non trovi che sia fantastico? »
« Oh, sì. Sono così contento che non riesco a dormire. »
Lilynette fece una linguaccia. Non c’era gusto con lui in queste cose. Stark era quel tipo di persona che, anche in compagnia, si sentiva irrimediabilmente solo. Non aveva mai affrontato l’argomento con lui, facendolo sentire ancora più solo. Lui rappresentava la solitudine, e non riusciva a levarsi di dosso quell’isolamento. Magari neanche se ne rendeva conto. Il non avere voglia di far nulla era il marchio della solitudine; chi avrebbe voglia di fare qualcosa, se nessuno lo incita, lo cerca, lo stuzzica? Stark non aveva mai trovato nessuno più debole di lui, o anche solo al pari. Inoltre, tutti avevano paura di lui, o lo prendevano in giro per la pigrizia. Lui non diceva mai nulla a riguardo, per due ovvie ragioni: la prima era che nessuno gli avrebbe dato retta, a parte Lilynette; la seconda era che comunque la sua posizione non glielo permetteva. La solitudine lo aveva spinto a crearsi un’immaginaria parete, che solo Lilynette poteva al massimo scavalcare per vedere cosa succedeva dall’altra parte. Era naturale che solo lei poteva farlo. Faceva parte di lui!
« Stark, che succede? » chiese lei « Hai cambiato espressione. »
Non solo, si era anche rialzato dal letto.
« Sento che qualcuno sta arrivando nella nostra stanza. » disse serio. « E si direbbe essere Grimmjow. »
« E che vuole? »
La risposta l’avrebbe avuta in pochissimo tempo. Difatti il ragazzo sfondò la porta con un calcio, con un espressione arrabbiata.
« Ehi, nessuno ti ha insegnato a bussare?! » si lamentò Lilynette; Stark, invece, osservava in silenzio la scena.
« Coyote Stark! » gridò Grimmjow « Tu, maledetto! Cosa sei andato a dire ad Ulquiorra?! »
Stark sbuffò. « Niente di diverso da ciò che erano i fatti. Stavi inutilmente massacrando quella ragazza. »
« Era stata affidata a me! Perché ti sei messo in mezzo?! »
« Non l’ho certo fatto volentieri. Sai benissimo che preferisco stare alla larga dai problemi di tutti quanti voi. Semplicemente, mi era stato richiesto il parere su una questione che ti riguardava. E poi, perché ti scaldi tanto per quella ragazza? Forse perché rappresentava una vittoria su Ulquiorra, per te, averla come allieva? »
Grimmjow, furente, prese per il colletto Stark e lo costrinse ad alzarsi. « Non osare, maledetto! »
« Grimmjow Jaegerjaque. » disse con calma Stark « Davvero pensi di metterti contro di me? »
Lui si stizzì, senza poter rispondere. La rabbia in lui crebbe così tanto da alzare un pugno. Ma Stark rispose. Con assoluta calma, alzò una mano e spinse via Grimmjow, facendolo atterrare contro una serie di vasi poco distanti da loro.
« Non ho per niente voglia di fare a botte con te. » Stark si levò il guanto sinistro. « Ma se proprio ci tieni, farò almeno in modo che finisca subito. Di sostituti per te Aizen può trovarli quando gli pare. »
Solo allora Grimmjow si ricordò chi era la persona che aveva cercato di picchiare.
« Mi dispiace per te, Grimmjow. Ma io sono il primo. » mostrò la mano scoperta, tatuata da un enorme numero uno. Non era nel suo stile mostrare quel tatuaggio, anche perché tutti lì dentro sapevano benissimo chi fosse e quel era il suo grado. E poi, non voleva mostrare quanto fosse forte a nessuno. Altrimenti sarebbe stato ancora più isolato. Detestava essere forte, perché significava essere ancora più soli. Tutti sanno chi sei, ma quasi nessuno vuole avere a che fare con te. Oppure fanno la parte dei leccaculo.
Grimmjow si ricompose, togliendo le tende senza combattere.
« Che insolente! » disse Lilynette con una smorfia. Stark, invece, si buttò nuovamente sul letto, davvero stanco. Si addormentò senza fatica, stavolta.
L’idea di far combattere Orihime e Wendy assieme non sembrava malvagia, avrebbe risparmiato tempo. Ma non aveva calcolato che Grimmjow non aveva insegnato a Wendy neppure come si impugnava una spada, anche se coi campi di forza era migliorata. Al contrario, sin dall’inizio Orihime aveva iniziato ad allenarsi con la spada, visto che con raggi e poteri curativi aveva già fatto strada di per sé. Wendy era un disastro. Ulquiorra si alzò dal divano, sospirando.
« Inoue Orihime. Basta così. Siediti e non disturbare. »
Lei gli lanciò uno sguardo supplichevole. In parte aveva paura a lasciare Wendy nelle sue mani. Ma doveva obbedire. Posò accanto a un mobile la spada di legno, e si accomodò al posto di Ulquiorra.
Wendy lo guardò con timore. Quegli occhi verdi non li vedeva da una settimana, ma non erano cambiati affatto; non accennavano alcuna emozione. E sembravano non avere nessuna misericordia per lei.
Ulquiorra riprese la spada di Orihime e la lanciò all’americana. Almeno sapeva afferrarla al volo.
« A quanto pare Grimmjow non ti ha insegnato come usarla. Prima o poi te ne daranno una vera, quindi devi imparare in fretta come maneggiarla. » estrasse dal fodero la sua katana, che brillava sotto la luce artificiale della lampada. « Queste spade sono più comunemente chiamate zanpakuto. Non possiamo assolutamente restare senza. Ogni spada ha un nome. » si mise in una posizione di attacco. « Murcielago*. Il nome della mia spada. Rammentalo bene, donna. » Wendy annuì. « Ora cercherò di disarmarti. Vedi cosa puoi fare. »
Rispetto a Grimmjow era partito con una velocità minore, e senza l’intento di gonfiarla di botte. Tuttavia, fu difficile per lei tenere la spada ferma tra le mani. A giudicare dalla forza che sentiva in lui, ci stava mettendo il minimo.
Non era paragonabile alla brutalità di Grimmjow, ma si sentiva umiliata nel fatto che non la prendesse sul serio. Era riuscita a schivare Grimmjow che non era stato gentile con lei sin dall’inizio; poteva fronteggiare un Ulquiorra che non dava il massimo, si disse. Doveva farcela.
Poteva usare campi di forza. Poteva ustionare, dare scosse. Magari anche attraverso gli oggetti, in fondo era successo una volta. Doveva concentrarsi. Mise forza nelle gambe, per riuscire a stare al passo con lui, e delle scosse rosse circondarono la sua arma. Ulquiorra notò con stupore tutta la scena; stava finalmente imparando a prendere coscienza delle sue potenzialità.
Una fiammata lo colse di sorpresa, facendolo indietreggiare. Il potere di lei aveva creato un ustione che bruciò il legno della spada.
In effetti Wendy ci restò male nel ritrovarsi senza un’arma. Non aveva calcolato che il legno era piuttosto deboluccio al fuoco.
Ulquiorra però sembrava soddisfatto. Sorrise, addirittura. Era la prima volta che vedeva farlo. Come Arrancar, intendeva. Quando era il cameriere Ulquiorra Schiffer, non li risparmiava di certo. Tutti falsi. Quello invece era sincero.
« Farò fare subito una nuova spada con del materiale più resistente rispetto al legno. » disse lui, riponendo la sua nel fodero. « Qualche progresso l’hai comunque fatto. Non me lo sarei mai aspettato. »
A interrompere la conversazione, o meglio, gli appunti dell’Espada, fu un servo, il quale comunicava il desiderio di Aizen di vedere Orihime. Lei rivolse uno sguardo scettico ad Ulquiorra, che rispose « Non devi chiedermi il permesso per andare, donna. Se Aizen ha richiesto la tua presenza, è tuo dovere andare da lui. »
Capita l’antifona, lei si alzò e si chiuse la porta alle spalle.
Di nuovo soli. E Wendy ne approfittò per fare conversazione con lui, dopo tutti quei giorni divisi. E si ricordò di un dubbio che l’aveva colta sin dal primo giorno al suo arrivo a Las Noches.
« Perché ci chiami donne? »
Ulquiorra si voltò verso di lei, sorpreso da quella domanda. « Perché voi siete donne. »
« Ma non sai che è offensivo? È come se io ti chiamassi Espada, o Arrancar, o Hollow. Non trovi che sia offensivo? »
« E’ ciò che sono. Gli espada sono arrancar, e gli arrancar sono hollow. La differenza sta nella potenza, tutto qua. »
« Allora mettiamola così: per noi essere chiamate donne è l’equivalente di spazzatura. »
Ulquiorra, con le mani in tasca, si avvicinò, faccia a faccia con lei.
« Uomini, donne. Hollow, shinigami, vizard, arrancar, espada. Esseri umani, spiriti. Spazzatura, cane, gatto, pavimento. I nomi non sono altro che nomi. Lettere che, unite, formano un concetto. Sei tu che vuoi darci un significato, bello o brutto che sia, dietro. »
« E il fatto che io consideri una parola brutta per te non significa niente? »
« Niente. »
« Allora ti dimostrerò che non sono spazzatura. » rispose lei. Il suo sguardo era fiero e deciso. Da tempo non la vedeva con quel viso, ma Ulquiorra non sapeva dire se gli faceva piacere o no. Non aveva provato nulla nel prenderla in braccio e portarla via da Grimmjow, così non gli era venuto in mente di chiederle come stava. Tuttavia, lei ora stava dinanzi a lui, senza l’intenzione di andarsene. Come se gli fosse grata di qualcosa, lei aveva deciso di farsi forte per sdebitarsi. Non credeva fosse necessario con lei stabilire che i gesti che faceva non erano mossi da nulla, ma allora perché agiva così, quella ragazza umana?
« Sei davvero uno strano essere umano… Donna. » disse lui, chiudendo il discorso e dandole le spalle.
« Che c’è, Kaname? » chiese Gin. Erano in una sala piena di monitor e tastiere per computer. Tousen guardava con perplessità uno schermo in particolare.
« Infiltrazioni dal lato ovest e sud di Las Noches. »
« Fammi indovinare: Shinigami? »
« Codice 41230. » rispose il compare cieco. Essendolo, non poteva vedere il numero sul monitor, ma riconobbe il suono. « Sono due squadre. Sicuramente c’è anche Kurosaki Ichigo. »
Gin fischiò. « Sono tornati, eh. »
« Dovremmo andare a… ?»
« Nà, non ne vale la pena. Mandiamo qualcuno. Ci penso io. » prese un microfono e, premendo alcuni pulsanti, attivò un altoparlante. Col sorriso che lo distingueva disse cammuffando la voce « Dlin dlon! Comunicazione di servizio! » poi riprese la sua « Che piacerà soprattutto a Grimmjow Jaegerjaque! Ichigo Kurosaki, proprio lui, the enemy number one, è tornato alla carica! Chiunque volesse prenderlo a sculacciate al posto mio, di Kaname e di Aizen, è liberissimo di farlo, ma siccome posso dare ordini, qualche sfortunato dovrà andarci per forza. Numero cinque, Nnoitra Jiruga. Numero sette, Zimmari Leroux. Numero nove, Aaroniero Arruruerie. Ehi, ma sto dicendo solo numeri bassi tra gli Espada. Ci andrà pure la numero tre, Tia Halibel, così nessuno fa storie. Visto che questo altoparlante nelle stanze private degli espada non arriva, tutti gli arrancar facciano spargere la voce a chi si sta godendo la sua privacy, thanks. »
« E a Grimmjow non ordini nulla? » chiese kaname, dopo che Gin chiuse il collegamento.
« Ma no, che bisogno c’è? » rispose lui ridendo.

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Capitolo 14
*** XIV - Venganza ***


Per Orihime fu un déja vu. Un terremoto colse tutti di sorpresa; piccole esplosioni impedivano alle voci di farsi sentire. L’ultima volta che era successo, era per un’irruzione a Las Noches da parte di Ichigo Kurosaki. Il silenzio di Ulquiorra, così calmo e perplesso, fu una conferma ai suoi sospetti. La speranza era tornata.
Strinse convulsamente la mano di Wendy, emanando un sorriso esagerato per quel frangente. Difatti, la sua compagna non capiva il perché di quella felicità.
« Ul-quior-raaaaaaaaa! » un gigante di quasi due metri, grasso e dalla pelle scura, entrò nella stanza. « Lo shinigami è tornato! Hai sentito? Ichimaru ha detto che se vogliamo possiamo andare ad ucciderlo! »
Orihime sussultò; era davvero Kurosaki!
Ulquiorra, con calma, chiese all’Espada Yami « Che ordini ha dato Aizen? »
Yami si mostrò snervato. « Uh? » corrugò la fronte. « E che ne so? Gin ha dato ordini ad alcuni di noi di andare ad ammazzare quelli là, tutti gli altri possono fare quello che vogliono. »
« Chi sta andando? »
« Nnoitra, Halibel, Zimmari, Aaroniero e Grimmjow. Lui non ha ricevuto ordini, ma si è unito a loro. »
Fu allora che Ulquiorra si voltò a guardare le ragazze. Sembrava indeciso sul da farsi, ma poi si diresse verso la porta.
« Capisco. Andiamo, Yami. Chi mette in pericolo la residenza di Aizen va distrutto. » fissò per un’ultima volta le ragazze. Non rivolse loro la parola, e chiuse la porta senza fare troppo rumore.
Grimmjow e Nnoitra evitavano di parlarsi, ma si scambiavano sguardi velenosi. Per quella volta avrebbero chiuso un occhio davanti alla loro rivalità. Dovevano abbattere il nemico comune, che aveva dei vistosi capelli arancioni e un nome: Ichigo Kurosaki. In particolare, Grimmjow non stava più nella pelle; aveva un conto in sospeso con quel ragazzo.
Aizen aveva saputo dell’iniziativa di Gin, e non ne era affatto dispiaciuto, tutt’altro; voleva proprio vedere cosa avrebbero combinato i suoi Arrancar e soprattutto Ichigo.
In tutto quel via vai, vide Ulquiorra camminare con Yami al fianco. Senza Orihime e Wendy. Evidentemente le aveva lasciate in camera.
« Ulquiorra. »
Lui si voltò immediatamente, facendo un inchino. « Sì, signore. »
« Stai andando a sistemare Kurosaki Ichigo e soci? »
« Sì. »
« Ma abbiamo già mandato degli Espada da loro. »
« Ho pensato che il mio contributo avrebbe fatto comodo. »
Aizen si sfregò le mani sul mento, compiaciuto; era davvero uno dei migliori Espada che avesse potuto creare. Devoto, forte e intelligente. Per quante volte avesse pensato di divertirsi alle sue spalle come faceva con tutti, per esempio mandandolo a morire dagli shinigami, non l’aveva mai messo sul serio in pericolo. E decise di cambiare le cose per lui anche in quel momento.
« Lascia che sia Yami a unirsi alla cricca. Sai, sono preoccupato per le nostre due novizie. Lasciate lì, nella tua stanza… Ti ricordi cos’è successo con Loly e Menoly? »
Ulquiorra poté immaginare cosa aveva in mente, ma Aizen lo sorprese ancora, stravolgendo in parte le sue aspettative.
« Vai a prenderle e portale con te. Sono più tranquillo se sono al tuo fianco, sono sicuro che non le farai morire. E poi, quale migliore occasione di migliorarsi su un vero campo di battaglia, se non questa? »
Ulquiorra non oppose insistenza, inchinandosi nuovamente. « Sì, signore. » e subito tornò al suo corridoio.
Grimmjow era felice di sapere che Ichigo non si era arreso di fronte alla sconfitta precedente. Aveva la sua enorme spada in mano, con un viso pieno di rabbia, ma determinato. Era seguito da altri ragazzi, qualcuno che Grimmjow ricordava di aver visto. Quello coi capelli rossi e tutto tatuato, ad esempio, lo ricordava bene, e anche il ragazzo muscoloso e molto silenzioso rispetto agli altri due.
« Ne è passato di tempo, Ichigo! » esclamò con un largo sorriso. « Vedo che non ti è passata la voglia di farti uccidere! »
Qualcosa di diverso in quel ragazzo giapponese e dai capelli molto strani per le sue origini c’era. Non sbraitava come al solito, ma anzi, portò la spada a terra e disse con un tono di voce quasi solenne « Non sono venuto qui per te stavolta, Grimmjow. »
« Come? » cambiò subito espressione. « E che sei venuto a fare? Per quella donna? Arrivi tardi, shinigami: lei ormai è dei nostri. »
Nnoitra invece rideva, e noncurante di farsi sentire disse « Povera pantera, messo da parte per una donna… »
« Taci, Nnoitra. » lo canzonò Halibel « Non siamo qui per fare frecciatine. Gli ordini sono ben chiari: dobbiamo far fuori Ichigo Kurosaki e tutti i suoi alleati, che siano shinigami o esseri umani. »
« Lo so, lo so. » disse afferrando la sua arma « Stavo solo accertandomi della presenza di qualcuno.  » non vedendo infatti chi cercava, si rivolse a Ichigo rubando la parola a Grimmjow, irritandolo. « Ehi, shinigami! Dov’è finito quello dell’altra volta, che si portava appresso la bambina? »
Ichigo non fece in tempo a rispondere. Si alzò un polverone, in mezzo a quel deserto che era l’Hueco Mundo, e una spada rovinata e segnata dal tempo sorprese Nnoitra, il quale fece appena in tempo a parare il colpo. Dopo il primo attimo di stupore, riconobbe il proprietario.
« Cercavi me? » disse.
« Credevo che te ne fossi rimasto a casa a giocare a suocera e cognata con la bambina. » rispose Nnoitra sorridendo.
« Certo, e intanto tutti venivano qua a divertirsi! » rispose facendosi indietro. Il suo era un sorriso sadico, divertito dalla battaglia imminente che lo attendeva. Nnoitra aveva già avuto modo di vedere quel ghigno, e si sorprese nel fatto che i campanellini che portava tra i capelli non li aveva uditi. La bambina che lo accompagnava era sempre accanto a lui, come quella volta; i capelli rosa e il sorriso molto più tenue rispetto al suo compagno erano rimasti impressi nella sua memoria.
« Kennino, quel tizio strano è ancora vivo! » fece per scendere dalle spalle dello shinigami alto due metri, ma venne presa per il colletto del suo kimono. Per un uomo così quella bambina aveva lo stesso peso di una piuma.
« Yachiru, dove pensi di andare? » chiese con fare quasi burbero.
« Dal tizio strano. » rispose lei come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lui sorrise « Mi fai sbagliare strada sei volte e ti permetti di fare come ti pare? Tu resti qui. »
Lei, Yachiru, non sembrò dispiaciuta. Si schiarì la voce e iniziò a urlare verso Nnoitra. « Ehiiiiiiiii, uomo cucchiaiooooooo! La ringrazio per non essere morto! La prego, cerchi di non morire subito, o Kennino ci resterà male! »
Nnoitra ricordava anche la stranezza di quella coppia. Aveva capito che lui era un capitano di nonsapeva quale brigata, e che lei era il suo luogotenente, ma sembravano di più padre e figlia. Comunque, iniziava a stancarsi di quel quadretto.
« Ken-pa-chi Za-ra-ki! » disse sorridendo. « Ti chiami Kenpachi Zaraki, vero? Mi ricordo sempre delle persone che valgono. »
Anche quell’uomo sorrise. « Davvero? Mi dispiace, ma io non mi ricordo chi sei tu. »
Nnoitra prese la carica con la propria arma, incurante di attendere ordini o di avere una strategia. « Tra poco te lo ricorderai, shinigami! »
Kenpachi fece indietreggiare il suo luogotenente, e con estrema velocità fermò l’attacco dell’Espada.
« Mi dispiace, ma ancora non me lo ricordo. » disse « E tu hai dimenticato un particolare. Non sono solo uno shinigami. Sono il capitano dell’undicesima brigata. Vedi di ricordartelo! »
Wendy camminava con una certa fretta i corridoi ormai vuoti del palazzo, insieme a Orihime, mentre Ulquiorra faceva strada.
« Ti dispiacerebbe dirci dove ci stai portando? » chiese « Prima ci barrichi dentro e ora ci porti in giro? »
« Esercitazione sul campo. » rispose secco lui. « Dovrete stare al mio fianco e non dare colpi di testa. Se tentate di scappare, avrete confermato la vostra decapitazione. »
Con coraggio Orihime esclamò « Ma allora Kurosaki è davvero… »
« Sì, è tornato a salvarti, donna. Ma non ha possibilità. Finirà come l’altra volta. »
Le ragazze si erano ormai abituate alla sua lingua fin troppo lunga per i loro gusti.
Quando arrivarono, era il putiferio. Tutti combattevano contro tutti; o meglio, ognuno aveva trovato il proprio avversario, e se le stavano dando di santa ragione. Orihime riconobbe Ichigo, impegnato in un duello contro Grimmjow. Sussultò, noncurante di farsi vedere da Ulquiorra, e indicò a Wendy il suo eroe.
Così, quello era il famoso Ichigo Kurosaki. Giapponese ma con una strana tinta ai capelli. Dubitava fortemente che quello fosse il colore naturale, ma non importava. Era vestito con un kimono nero e portava una spada esageratamente grande per lui. Grimmjow continuava ad attaccarlo con la sua ferocia, ma lui rispondeva in altrettanto modo. Invidiava da morire la sua capacitò di tener testa a Grimmjow. A lei quando sarebbe toccato?
« Idiota. » disse Ulquiorra vedendo che Grimmjow si stava prendendo qualche taglio di troppo. Estrasse la propria zanpakuto e ordinò alle ragazze di seguirlo.
« Maledetto…! » ringhiò Grimmjow. Voleva fargliela pagare cara a quello shinigami, e allo stesso tempo moriva dalla voglia di fargli vedere di cosa era capace. Sarebbe certamente morto se lo avesse fatto, ma ne valeva la pena.
Qualcosa non andò nei suoi piani. La persona che meno sopportava lo aveva fermato. Proprio lui, che spuntava sempre ai momenti meno opportuni, tra l’altro in compagnia di quelle donne.
« Ulquiorra… »
« Vuoi morire subito? » chiese lui « Ti stai scaldando troppo, datti una controllata. »
Ichigo sembrò perdere la calma, davanti a lui. Era lui la persona che cercava. Lui, che aveva portato via Orihime facendola passare per traditrice. Lui, che ora fermava quel duello come se avesse il diritto di fare chissà cosa. Lui, l’aveva umiliato senza subire graffi dalla sua spada. Lui, che lo considerava talmente debole da “non meritare di essere ucciso”. E vedere che si portava appresso Orihime e un’altra sconosciuta come cagnolini, non poté tollerarlo.
« Ulquiorra! » gridò, stringendo i pugni, uno dei quali teneva la spada. « Che ci fai qui? »
« Non ci arrivi, Kurosaki Ichigo? Sono venuto qui per fermarti. »
« E perché ti sei portato Inoue? »
« Anche questo è facile da comprendere. Che tu lo voglia o no, lei sta con noi. Aizen ha deciso così, e tu non puoi farci nulla. »
Ichigo lo ignorò, correndo verso la ragazza. Era l’occasione giusta per riprenderla e salvarla, ma Ulquiorra non glielo lasciò fare di certo, bloccando i suoi movimenti mettendogli davanti la spada.
« Mi credi così sprovveduto? »
« Tu, brutto figlio di puttana… »
« Mi è stato ordinato di non far correre pericoli alle ragazze. »
Grimmjow non sopportava proprio quelle intrusioni. Era la sua battaglia, non di Ulquiorra. Perché stava sempre in mezzo?
Ormai però non riguardava più solo lui. Era una cosa tra Ichigo, lui e Ulquiorra. Entrambi gli Espada avevano i loro motivi per ucciderlo, o forse Ulquiorra no, mentre Ichigo era più interessato a eliminare Ulquiorra che lui. Di allearsi con lui non se ne parlava proprio.
Perciò decise di metterlo in difficoltà. Iniziò a studiarsi un proprio piano, osservando le ragazze.
Non fu certo una incoscienza da parte sua, caricare un attacco contro quelle due. E, come si aspettava, Ulquiorra lo fermò subito. 
« Che intenzioni hai, Grimmjow? » chiese il numero quattro, perplesso. Ma alle spalle c’era Ichigo, pronto con la spada e a prendere la ragazza.
Che seccatura, pensò Ulquiorra. Senza neanche vedere in viso il ragazzo, parò il suo colpo, cercando di tenersi lontano da Wendy e Orihime.
« Ci sta… Davvero proteggendo? » domandò Wendy stranita.
« E’ per Aizen che lo fa. » rispose orihime con una nota di amarezza nella voce.
« E che dovremmo fare, secondo te? »
« Se aiutiamo Kurosaki, è la nostra fine. Se aiutiamo Ulquiorra, saremo delle traditrici, e molto probabilmente lui non vuole che ci immischiamo. »
I loro discorsi vennero interrotti da una bambina dai capelli rosa.
« Chiedo scusa, voi siete nemiche o amiche? » chiese con innocenza. Loro due non sapevano cosa rispondere, ma Yachiru riconobbe Orihime.
« Ah, tu sei quella che è stata rapita! Allora sei tu il motivo per cui siamo qua. Bene, bene, sono così felice di averti trovata subito! » le fece cenno di seguirla. « Appena Kennino finisce con l’uomo cucchiaio, ce ne andremo subito, perciò tranquilla, Boing Boing, ora sei al sicuro! »
Orihime si trovò indecisa. Non sapeva se seguirla o no. Certo, era la speranza che attendeva da tempo, ma Wendy?
Si voltò verso di lei, sorridente, allungando la mano.
« Vieni con noi, Wendy. »
Non credeva che stava succedendo davvero. Poteva considerarsi in salvo?
Dietro di lei, però, Ulquiorra stava combattendo con due persone. Uno era il ragazzo che Orihime amava, l’altro era Grimmjow, quello che per un po’ era stato il suo maestro. L’uomo di cui voleva vendicarsi, e che Ulquiorra aveva fatto in modo di levargli dalle mani, seppure non proprio di sua volontà.
Scosse la testa, con un amaro sorriso. « C’è una cosa che devo fare, Orihime. »
« Eh? »
Tornò a osservare Ulquiorra contro quei due. « Ho un debito da saldare e dei conti da pareggiare. »
Yachiru osservava in silenzio. Non tentò di fermare quella straniera; anzi, pensò che era un po’ cretina a buttarsi in una battaglia senza nessuna arma con cui difendersi.
« E’ molto nobile da parte tua, ma pensi davvero di riuscire a sopravvivere? »
In effetti… Ma ormai Wendy aveva deciso. E non voleva proprio farsi scappare l’occasione di poter farla pagare a Grimmjow. « Ho avuto dei validi maestri. Ed è il momento di mostrare a uno di loro cosa ho imparato. »
« Allora prendila. » Yachiru tirò fuori da un fodero trascinato con delle ruote la sua zanpakuto. « Kennino non l’avrebbe mai fatto, ma credo che gli farebbe piacere se lo facessi io. però mi prometti di non morire? »

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Non mi piace molto come ho reso Wendy in questo capitolo… Spero di recuperare col prossimo!
Ed entrano in scena una delle mie coppie preferite: Kenpachi e Yachiru! Che spasso che sono, li adoro! ( risata )
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Al prossimo!

Neme

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Capitolo 15
*** XV - Sin Dolor ***


Per Ulquiorra fu una sorpresa trovarsi Wendy davanti che, a spada tratta, lo divideva da Grimmjow. Non sapeva dire, però, se era una cosa buona.
« E tu che pensi di fare?! » disse l’arrancar dagli occhi blu con disappunto.
Wendy aveva paura; le tremavano le gambe. Sapeva che Ulquiorra la stava guardando con stupore; anche Ichigo la guardava sbalordito.
Fu Ulquiorra a ridestarla, pronunciando delle parole che le fecero ricordare il perché si era intromessa. « Allontanati, donna. »
Lei strinse forte la spada di Yachiru. « Non posso. »
« Cos’hai detto? »
Wendy sorrise. « Lo so che ciò va contro i tuoi piani, Ulquiorra. O meglio, va contro la volontà di Aizen. » a forza di stare a contatto con lui iniziava a parlare come lui. Scosse la testa, continuando il discorso. « So che a te non importa nulla della fine che faccio. E so che per te non ha importanza il fatto che mi hai salvata da Grimmjow. Ma voglio ricambiare il favore. E poi, mi hai addestrata: lascia che ti mostri cosa ho imparato. » poi rivolse uno sguardo deciso a Grimmjow. « Anche tu, per un po’, sei stato il mio maestro. In parte ti sono grata; mi hai rafforzato il carattere. Voglio farti vedere che posso fronteggiarti, con questa spada… Maestro. »
Grimmjow rimase di stucco, come tutti, anche se Ulquiorra non lo dava a vedere. Lui era impegnato a pensare di più alle vere intenzioni della ragazza: era diventata un’alleata? O era una nemica che stava solo approfittando della situazione?
Guardò Orihime, che era rimasta in disparte accanto alla bambina dai capelli rosa. Avrebbe sicuramente tentato di scappare. Ma non aveva tempo per il momento. L’avrebbe recuperata più tardi.
Si avvicinò all’altra umana, sfiorandosi quasi le schiene, e rimasero all’erta con le zanpakuto.
« Non metterti in situazioni strane, donna. »
« D’accordo. » rispose solamente lei. E partirono all’attacco.
Orihime guardava con ammirazione una celata dose di invidia Wendy. Non aveva ben compreso i suoi intenti, ma stava cercando di fare qualcosa. Non solo per aiutare Ichigo, ma soprattutto per sé stessa. Ah, già. Lei non stava aiutando Ichigo; in quel momento era dalla parte di Ulquiorra. O forse no?
« Boing Boing? » sopraggiunse Yachiru.
« Mh? Oh, scusa, Yachiru… Eri venuta a salvarci… »
« Non c’è problema. Quella umana ha la mia spada e non posso muovermi senza. Kennino sta combattendo e non posso fare molto. Aspetteremo che tutto si sistemi. » fece uno dei suoi sorrisi infantili. Orihime si convinse di essere circondata da persone meravigliose. Poté creare solo dei scudi per lei e Yachiru contro i colpi che eventualmente arrivavano, e qualche volta li riservava anche a Wendy. Lei si girava, stupita, e poi sorrideva, come non lo faceva da tempo. Sibilava anche un “grazie”, e poi tornava all’attacco.
Wendy non si era mai sentita come in quel momento. Anche se le stava notevolmente prendendo, riusciva un minimo a difendersi. Vedeva il suo potere spirituale scorrere dalle sue vene alla spada, e poi tramite i campi di forza. Vedeva il fumo uscire dal corpo dell’arrancar, vedeva la sua faccia contorcersi dal dolore, vedeva il sangue scorrere. E aveva lo stesso colore del suo, rosso, come quello umano. Si sentì simile a lui, uguale a lui; in grado di affrontarlo.
Ulquiorra notò i progressi della ragazza, ma c’era ancora troppo distacco con gli espada; non sarebbe mai riuscita a battere Grimmjow. E poi, anche Kurosaki era ridotto male dalla battaglia contro di lui, e il suo kimono era ormai un lago di sangue.
La situazione stava degenerando. Zimmari era stato ucciso, e anche Aaroniero. Halibel riusciva ad affrontare i nemici senza difficoltà, ma Nnoitra era seriamente in difficoltà.
Stavano diventando numericamente inferiori, e Wendy non avrebbe resistito ancora per molto.
« Kurosaki Ichigo. » disse « Per il momento la nostra battaglia dovrà terminare qui. »
« Cosa?! » disse lui sorpreso « Ti stai dando alla chetichella? »
Ulquiorra sorrise. « Le tue provocazioni sono inutili con me. » sferrò una stoccata potente, in grado di perforare la spalla dell’avversario. Approfittò di quell’attimo per creare un polverone con un cero, confondere tutti, caricare Wendy sulle spalle e andare via, lontano da quel casino troppo rischioso per lui. Non poteva prendersi anche Orihime, doveva rinunciare per il momento.
« Eh?! Ulquiorra ha portato via Wendy! » esclamò Orihime. Vedendo poi Ichigo in un lago di sangue, corse da lui, piangendo. Ulquiorra l’aveva lasciata lì. E Wendy era con lui. Cosa doveva fare?
« Ehi, quella ha la mia spada! » disse Yachiru.
Grimmjow osservò il corpo quasi in fin di vita di Ichigo. Darsela a gambe? Ulquiorra? Non aveva ancora capito con chi aveva a che fare. Ma soprattutto, che gusto c’era ad ammazzare di botte uno shinigami insanguinato come lui?
« Ehi, tu. » disse rivolgendosi a Orihime. « Curalo. »
Orihime aveva intenzione di farlo sin dall’inizio, ma in quel momento quasi non voleva. Non per far contento il nemico, almeno.
Kenpachi Zaraki, nel frattempo, si era ritrovato in un combattimento che lo divertiva. Lui era fatto così: più tagli si ritrovava sul corpo, maggiore era il divertimento. Più volte pensava di togliersi la benda che gli copriva l’occhio destro, ma pensò che non ne valeva la pena. Voleva battere quell’espada senza arrivare a quel punto. Solo in caso d’emergenza.
« Bastardo. » disse Nnoitra tra sé e sé. Quello shinigami si ostinava a rimanere vivo e vegeto, e rideva pure. Era il sorriso più odioso che avesse mai visto.
« Mi stai stancando con quella risata stupida, shinigami. Ti mostrerò che hai ben poco da ridere. »
« Oh, mi vengono i brividi. » rispose lo shinigami allargando ancora il sorriso. « Mi sarebbe dispiaciuto se il divertimento fosse finito in questo modo. »
Evidentemente non si erano capiti granché bene, perché mentre Kenpachi attaccava frontalmente, Nnoitra cambiò drasticamente direzione, andando addosso alla bambina. Lei, nonostante tutto, si mostrava tranquilla, anche se era rimasta senza spada. Orihime aveva messo uno scudo davanti a lei, ma Nnoitra lo disintegrò senza difficoltà.
« Non ridi più, adesso?! » gridò l’arrancar. Pensò che uccidere la bambina sarebbe servito a metterlo in difficoltà, ma prese un grosso abbaglio.
Non si aspettava certo di ritrovarselo davanti alla bambina. Effettivamente non rideva più. anzi, era piuttosto incavolato. E sembrava aver trasmesso quella sensazione nella spada. Così insolitamente lunga, così rovinata. Impensabile che una cosa del genere potesse appartenere a uno shinigami. Impensabile che potesse far del male e tagliare quasi in un due una persona.
« Che pensavi di fare, stronzo? » chiese Kenpachi con calma. Yachiru non mostrava paura o disgusto come faceva Orihime ogni volta che lo vedeva. Lei era l’unica a non avere davvero paura di lui.
« Kennino, tutto bene? » Kenpachi si crocchiò il collo senza rispondere. Rimise la spada al suo posto, e guardò Yachiru sorridendo.
« Possiamo andare, adesso. »
« No, non possiamo. L’altra umana ha la mia spada. »
« E come mai? »
« Sarebbe morta se non gliel’avessi data. »
Kenpachi a volte non riusciva a capire la bontà del suo luogotenente. Lui era sempre stato un tipo violento, senza pietà, anche se rispettava il codice d’onore. Probabilmente lui avrebbe lasciato quella ragazza al suo destino.
« Va bene, andiamo a riprenderla. Dov’è andata? »
« Non lo so, l’arrancar se l’è portata via. Ma non temere, Kennino: può accompagnarci Boing Boing. »
Orihime arrossì, cercando le parole giuste per contraddirla. « N… Non posso! Devo restare qui… E curare Kurosaki… » evitò accuratamente lo sguardo di Kenpachi. Sapeva che lui la stava guardando malissimo.
Ma lui non fece niente, prese Yachiru e la fece salire sulle spalle.
« Fai come ti pare. » rispose, iniziando a correre.
Grimmjow iniziò a inseguirli. « Credete forse che vi lascerò andare a Las Noches?! » ma venne fermato, ferito al piede, per la precisione, dalla spada strana di Nnoitra, il quale era ridotto piuttosto male, ma ancora respirava.
« Deficiente… » sibilò « Quell’uomo… E’ mio. Ammazzerò lui… E anche quella stupida bambina… Vieni qui, Grimmjow… Fammi… Curare… Da quella donna. »
Wendy si ritrovò nella stanza di Ulquiorra, con lui al fianco, i vestiti leggermente strappati, ma senza graffi.
« Perché siamo qui…? »
« Date le circostanze non ho potuto fare altrimenti. Mi è stato ordinato di proteggerti. »
« E Orihime? »
« Per lei ci vorrà solo un po’ più di tempo. »
Dopo un po’ di silenzio, Wendy si fece coraggio e chiese. « Sei ferito? »
Ulquiorra, dopo il primo attimo di sorpresa, chiese « Cosa ti cambia saperlo? »
Lei si ammutolì, imbarazzata. Non aveva una risposta da dargli. Effettivamente, aveva ragione lui. Forse voleva solo sapere se la sua pelle era così resistente da non avere un graffio.
« Comunque, è tutto a posto. » rispose lui.
« Ma i tuoi vestiti… »
« La nostra pelle è diversa da quella di voi umani. » disse lui senza lasciarla finire. Notando lo sguardo sorpreso di lei, disse « Non ti fidi? »
Senza neanche aspettare una risposta, si slacciò la giacca bianca e rovinata dalla battaglia. Lentamente stava mettendo in mostra il buco sotto il collo, che permetteva a Wendy di vedere il tavolino in fondo alla sala. Non riusciva a spiegarsi come facesse a sopravvivere con quel buco evidente. Rimase inoltre ad osservare a lungo il tatuaggio. Poteva vederlo: era sul pettorale sinistro, ed era un quattro nero piuttosto grande. E lui non aveva davvero graffi. Aveva una bella candida e per nulla segnata da polvere o sangue.
Wendy era impressionata da tanta resistenza. E istintivamente disse « Io… Diventerò così? »
Ulquiorra annuì, dopo un attimo di silenzio. « Ormai è questione di poco. Aizen ha deciso che ti unirai a noi. »
A quel punto Wendy si chiese se fosse un male, dopotutto, unirsi agli arrancar. Avere un numero tatuato da qualche parte, essere resistente a tutto, diventare forte. Magari anche più forte di Grimmjow. Ma avrebbe perso la sua identità umana. La sua libertà. Non le sembrava possibile che Ulquiorra, così forte ai suoi occhi, potesse sottostare agli ordini di qualcuno.
Sospirò, senza rispondere. Non era più in grado di dargli del mostro.
« Kennino, ma quando arriveremo da questo arrancar, lo ammazzerai? »
« Certo che lo ammazzo. Ti pare che possa lasciarlo vivo? Sicuramente cercherebbe di uccidermi lui. »
« E dici che è forte? »
« Hai visto come ha ridotto Ichigo? Dev’essere divertente scontrarsi con lui. » rispose Kenpachi facendo un sorriso.
« Oh, guarda com’è spoglio quell’alberello! »
« Yachiru, abbiamo visto quell’albero già dieci volte… »
« Davvero? E che aspettavi a dirmelo? Gira a destra, sento che quella sia la strada giusta. »
Kenpachi rabbrividì. Ci avrebbe messo secoli ad arrivare, se ad indicare la strada era Yachiru.

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Finalmente sono riuscita a scriverlo! Sembra che la gente in questi giorni stia facendo di tutto per non farmi scrivere… Per non parlare del blocco dello scrittore!
Spero di aver fatto bene questo capitolo! Alla prossima!

Neme

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Capitolo 16
*** XVI - Adaptaciòn ***


Orihime Inoue non aveva ancora fatto ritorno a Las Noches.
Wendy passava le sue giornate ad allenarsi e a preoccuparsi per lei; dopo la battaglia contro gli shinigami, non aveva più ricevuto sue notizie. Ulquiorra si mostrava indifferente. Ogni volta che Wendy chiedeva qualcosa a riguardo, rispondeva sempre che prima o poi l’avrebbe riportata, oppure che non erano affari suoi.
La cosa strana, tuttavia, era che Aizen non si mostrava contrariato alla cosa. Addirittura quando Ulquiorra fece rapporto sospirò con un sorriso dicendo:
« Capisco, Ulquiorra. Non preoccuparti, non sono mica arrabbiato. Non faremo proprio un bel niente, ora. Vedrai che torneranno. A quanto ho capito, Wendy possiede la spada di uno di loro, e comunque non si daranno pace finché non mi avranno abbattuto. Ci sarà anche lei con loro, e sarà l’occasione migliore per riprendercela. Nel frattempo, occupati di Wendy, perfezionala; ho sentito che se la sta cavando bene sul campo. »
La ragazza iniziava a sopportare meglio la segregazione, soprattutto perché Ulquiorra non la chiudeva più a chiave. Se voleva farsi un giro da sola, glielo lasciava fare; se voleva saltare un pasto, glielo concedeva, e comunque capitava di rado. Riuscivano addirittura a sostenere delle conversazioni civili.
« Buongiorno, Ulquiorra. » era ormai diventata una consuetudine dare il buongiorno di circostanza, a cui lui rispondeva sempre.
« Buongiorno. »
« Posso andare a procurarmi la colazione da sola o devo aspettare di essere servita? »
« Tra poco arriverà qualcuno, quindi preparati, donna; tra poco iniziamo l’addestramento. »
« Uffa, almeno dammi un po’ di tregua la mattina! »
Più o meno le conversazioni iniziavano così, per proseguire con un “sei migliorata”, “più svelta”, “più attenta”, “meno rigida”, “mani salde”, “non male”, “possiamo fare una piccola pausa, donna”. A mantenere le distanze tra i due c’era sempre quel nomignolo, donna, a cui Wendy si era abituata. Tanto lui non avrebbe mai smesso di chiamarla così.
Tra una pausa e l’altra, un giorno, Wendy si pose un quesito privo di importanza, almeno fino a quel momento.
« Sai che sono due settimane che non vedo Aizen? »
Ulquiorra si voltò a guardarla, con fare perplesso.
« Ora che ci penso… Quando Orihime era qui, veniva richiesta più volte. A volte anche una o due volte a settimana. Come mai? »
« Lei viveva da più tempo qui, rispetto a te che eri nuova. »
« Ma ora penso di essere abbastanza “di casa”. Dunque, perché? Guarda che se Aizen ha le preferenze non me la prendo mica. Del resto, tu non sei il suo pupillo? »
Ulquiorra si voltò nuovamente, infilandosi le mani in tasca. « Inoue aveva una certa importanza. »
In certi casi rispondeva sempre in modo evasivo, in modo da far capire ancora meno.
« Sicuramente c’è qualcosa sotto. Magari avevano una relazione. Sai, lei non è brutta, ha anche un seno enorme. Non mi stupirebbe se Aizen se la fosse portata a letto qualche volta. »
Ulquiorra si voltò di scatto, sorpreso. Non sapeva come rispondere, se darle della scema o riderci su. Del resto, lui la verità la sapeva benissimo, e a quanto sembrava non ci voleva molto a capirlo. Era vero, Orihime era entrata nella cerchia delle preferenze di Aizen, anche da un punto di vista sessuale. Orihime non confessò mai a nessuno quegli incontri che capitavano di tanto in tanto, tantomeno ad Ulquiorra. E lui non aveva mai osato mettere in discussione il modo di fare del suo capo. Se le piaceva così tanto, era liberissimo di farci quello che voleva, e non gli interessava minimamente sapere se lei si sentiva umiliata. Anche perché dubitava che le dispiacesse, in fin dei conti. Si vedeva lontano un miglio quando tornava da un momento abbastanza passionale; riprendeva un po’ il colorito e rispondeva in modo tardo alle domande. Una che si comportava così, di certo non era rimasta disgustata dalle prestazioni di chicchessia.
Sapevano, ma tacevano. E andava bene così.
In quel momento, tuttavia, Ulquiorra cominciò a domandarsi se anche Wendy sarebbe diventata una specie di amante di Aizen. Era un tipo di ragazza molto diverso dalla giapponese. Il seno era più piccolo, aveva un’altezza poco inferiore alla media. Se all’espada avessero chiesto qual era un pregio della ragazza, lui avrebbe risposto subito le mani; erano ben curate, le dita lunghe e affusolate. Il viso sembrava quello di una bambina, e in questo somigliava un po’ a Orihime. Piccolo e ovale, scorniciato dai capelli a pel di carota della ragazza giapponese, e castano scuro dell’americana, che raccoglieva spesso in modi diversi. A differenza di Orihime, gli occhi avevano un taglio leggermente più aggressivo. L’unico segno particolare era un neo sul collo. Il labbro inferiore era più grandicello di quello superiore, mentre il naso era piccolo.
A conti fatti, non era di certo un mostro, aveva un corpo nella norma, non spiccava per qualche avvenenza fisica come Inoue, ma Ulquiorra aveva notato un certo portamento nel camminare. Ad esempio, non abbassava mai la testa, non l’aveva mai vista inciampare e non aveva mai udito passi pesanti.
Forse Aizen stava solo facendo passare un po’ più di tempo per avvicinarla. Ma non importava. Non dovevano essere affari suoi.
« Che silenzio… Ho forse fatto centro? »
Era così assorto nei pensieri che non aveva neanche risposto alla ragazza.
Ripensandoci, Aizen non gli aveva mai proibito di parlarne. Si stupì invece nel constatare che Orihime non le aveva detto nulla.
« Sì, è successo qualche volta. » disse tranquillo. Wendy invece sgranò gli occhi; lei aveva buttato a caso. Certo, c’era da aspettarselo, provava una forte invidia per Orihime, aveva un corpo meraviglioso, tutte sognano un seno grande e un bel viso. Eppure sembrava così innocente. Mai si sarebbe aspettata che si sarebbe concessa ad Aizen. Uomo affascinante senza alcun dubbio, ma non riusciva proprio a immaginarseli a letto insieme. lei, che l’aveva detto tanto per scherzare, aveva scoperto casualmente una cosa che le aveva fatto crollare in parte il mito dell’innocenza di Orihime.
« Cosa c’è? » chiese l’espada.
« No, è che… Mi fa strano che Orihime… »
« Guarda che lei all’inizio non ne voleva proprio sapere. Cercava di nasconderlo, ma l’ho sentita piangere. » iniziò a raccontare Ulquiorra, senza cercare di spiegarsi il perché le stesse raccontando tutto. « Ma Aizen è molto bravo a convincere le persone. Non mi sorprenderebbe se Inoue si fosse infatuata di lui. »
Lo diceva senza nessun rancore o vena d’invidia. Era davvero devoto al suo superiore, e soprattutto sembrava che per Orihime non avesse mai provato neanche una leggera attrazione fisica, il che sembrava incredibile per Wendy.
« … Wow. » riuscì solo a dire alla fine.
« Te l’ho detto, donna; siamo espada, ma pur sempre uomini. E questo vale anche per gli shinigami o per coloro che lo sono stati. Aizen è pur sempre un uomo. Non c’è nulla di male nel farlo. »
Wendy arrossì. Aveva iniziato lei il discorso, seppur scherzando, ma l’idea di affrontare ancora l’argomento con lui la faceva vergognare da morire. Magari saltava fuori che pure lui aveva qualche scheletro nell’armadio, o forse Grimmjow, o Halibel, o chissà chi altro.
« Ehm… Credo che la pausa sia bella che finita da un pezzo. Riprendiamo? » disse lei riprendendo la spada di Yachiru, non aveva avuto occasione di ridargliela. Poverina, forse la stava ancora cercando come una disperata.
Ulquiorra, davanti allo sguardo imbarazzato della ragazza, davanti al suo rossore e al suo voltare le spalle per evitare certi argomenti, sorrise. Gli esseri umani erano davvero buffi, si disse.

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Questo capitolo fa giusto da “ponte” per il prossimo e serve ad alleggerire l’atmosfera combattiva dei precedenti.
Credo che molti resteranno sorpresi da questo capitolo, forse storceranno il naso e diranno “Ma dai, Ulquiorra che si mette a parlare di sesso non è credibile” e via discorrendo.
Ah, il bello delle fan fiction è che ci si può mettere quello che si vuole. ( risata. )
Poi mi piace sperimentare, osare, cercare di analizzare i personaggi a tutto tondo tramite i dialoghi e i loro pensieri. Mi dispiace, ma sono fatta così. Se trovate Ulquiorra esageratamente OC, chiedo venia.
Piuttosto, siamo già al sedicesimo capitolo! Mi sembra ieri quando ho iniziato a scrivere! ( risata. )
Chissà se Orihime farà ritorno all’Hueco Mundo? E Yachiru e Zaraki troveranno la strada? Wendy diventerà un espada? Chi lo sa, chi lo sa. A dire il vero, non so esattamente che piega far prendere ancora ( si, spesso improvviso! ), ma ce la metterò tutta e spero che questa storia vi stia piacendo. Grazie a tutti quelli che stanno leggendo e che vorranno recensire!
Un grazie soprattutto a chi ha inserito la fan fiction tra le seguite, e a Liar che si è ritrovata tutti questi capitoli in una volta; spero che non sia stato faticoso per te leggere!
Ci vediamo al prossimo!

Neme

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Capitolo 17
*** XVII - Caliel Lenain Khethel ***


Quando andava a spasso per Las Noches da sola, senza interferenze, Wendy poteva pensare liberamente a tutta la sua vita, fino alla svolta in cui incontrò Ulquiorra.
Fino a quel momento conduceva una vita del tutto normale; tralasciando il fatto che i suoi genitori stavano per divorziare. Aveva anche un fratellino, a cui dedicava tanto tempo a causa del lavoro dei genitori che li portava spesso fuori. Suo padre era un camionista, difficile averlo a casa, e quelle poche volte che c’era era sempre stanco morto; come gli si poteva dar torto?
Alla madre non stava comunque bene, si lamentava di continuo delle attenzioni mancate, della sua assenza. Dava a lui tutta la colpa, quando invece lavorava giorno e notte per far sopravvivere la famiglia. Wendy non aveva mai capito quell’atteggiamento egoista di sua madre; d’accordo volere un po’ di attenzione, ma a lei e al fratello perché non ci pensava? Perché la madre si lamentava solo delle attenzioni che mancavano a lei e non ai figli?
Wendy pensava che sua madre avesse avuto tutto dalla vita: un lavoro, dei figli, un marito che la amava, una bella casa. Ma evidentemente non era così, se arrivò al punto di chiedere il divorzio.
Pensare che quella realtà era ormai così lontana non le sembrava vero. Ne ricordava come se ne fosse estranea, quasi. E le sue amiche, chissà come stavano. I compagni di scuola, il suo locale preferito, la sua stanza, i suoi vestiti, il salvadanaio a forma di maialino, così antiquato e fuori moda, che svuotava ogni mese per le piccole spese.
Ulquiorra l’aveva portata via senza fargli salutare nessuno. Nemmeno la sua migliore amica, quella con cui spesso e volentieri dormiva, quella che era nella sua stessa classe, che la aiutava nello studio, che la portava sempre a prendersi un milkshake nei momenti no.
L’unica che le era rimasta accanto anche quando i genitori le diedero la bella notizia del divorzio. Avevano già firmato i documenti, il padre doveva solo cercarsi una sistemazione, per questo viveva ancora con loro e cercava di mantenere l’atmosfera pacifica. Eccetto la sua amica, tutti gli altri sparlavano, ma le facevano comunque buon viso a cattivo gioco. Ripensando a quelle circostanze, le faceva quasi schifo essere umano. Aveva incontrato un sacco di gente ipocrita, opportunista, meschina e piena di malsane idee.
Si ritrovava, ora, in un mondo nuovo, non umano, dove l’unico a comandare su tutti era un certo Sosuke Aizen, ex capitano shinigami della quinta divisione. L’aveva voluta, proprio lei, per farla diventare un arrancar, darle una nuova vita e un nuovo nome.
Quando Wendy tornò nella stanza numero quattro, trovò dentro il padrone, seduto a capo di una tavola rettangolare e lunga, apparecchiata per due persone; era ora di cena. Ulquiorra chiese con il semplice sguardo alla ragazza di accomodarsi al suo posto, alla sua sinistra, dove il piatto era già stato messo.
Wendy si era ambientata perfettamente, ormai. Si mise seduta, prese le posate e iniziò a mangiare, augurando il buon appetito all’espada.
Dopo un bel po’ di tempo, in cui il silenzio veniva spezzato solo dal masticare e dal rumore delle posate col piatto, Ulquiorra prese parola.
« Sembra che ti sia ambientata bene. »
Wendy posò la forchetta, sazia, e col tovagliolo si ripulì i rimasugli di carne dalla bocca. « Pare di sì. »
« Bene. » concluse lui, prendendo un bicchiere ricolmo di tè caldo, soffiandovi sopra lievemente e iniziando a sorseggiare con calma.
Quando lo vedeva compiere quei gesti così umani, a suo dire, Wendy restava a guardarlo, captando ogni movimento ed eventuale espressione. Orihime aveva ragione; in confronto agli altri espada, Ulquiorra era l’unico che la trattava come una persona più o meno normale. Bastò ripensare a Barragan, il più anziano; vuoi la vecchiaia o il suo passato da re dell’Hueco Mundo prima dell’arrivo di Aizen, era un tipo che se la tirava tantissimo, a suo dire. Se le capitava di incrociarlo per strada, doveva assolutamente inchinarsi e dire chiaro e tondo “Buongiorno, signor Barragan”. La prima volta che l’avevo visto e non lo aveva salutato, trattandosi di un perfetto sconosciuto, lui si era arrabbiato a morte con lei e mancava poco che le puntava la spada contro. In seguito all’arrivo dell’ex shinigami, era diventato il numero due. Un vecchio decrepito che non sa di essere in pensione, ecco come lo considerava Wendy.
Poi c’era Halibel, la donna del gruppo, numero tre, superiore ad Ulquiorra solo di un posto; la salutava giusto per essere educata, per il resto non l’aveva mai presa in considerazione. Anche lei era profondamente devota ad Aizen, e se ne stava sempre per fatti suoi. Perlomeno, non cercava rogne. Le ragazze che la accompagnavano sempre, invece, ridacchiavano ogni volta che la vedevano. Ulquiorra le spiegò che erano fracciòn di Halibel, cioè dei subordinati, quelli di cui magari l’espada nutre più fiducia.
Grimmjow, ad esempio, ne aveva cinque. L’espada e lei cercavano di evitarsi accuratamente, sebbene qualche battutina malevola da parte di lui volava ogni tanto. Così come non smetteva di fare battute sarcastiche Nnoitra, il numero cinque, di cui però non si era fatta ancora un’idea precisa.
Aveva da poco conosciuto il numero otto, Aporro; in una parola, uno scienziato pazzo. Ventitre ore su ventiquattro se ne stava nel suo laboratorio a studiare chissà cosa. Molte ricerche sull’Hougyoku le aveva condotte lui. Aveva il classico aspetto da nerd, magro, con gli occhiali, una pettinatura fuori moda, ma un ghigno malefico che solo uno scienziato pazzo, di quelli che vedeva nei film di fantascienza, avrebbero potuto fare. E, come era prevedibile, la trattava come se fosse stata l’ultimo anellino della catena alimentare.
Di Zimmari, il numero sette, non sapeva nulla, non lo aveva mai incontrato, così come non sapeva nulla del numero nove. Ricordava invece Yami, il numero dieci, grande e grosso. Si azzardò a pensare che lui provava una certa stima per Ulquiorra, o quantomeno simpatia. Poi, non l’aveva mai presa a battutacce, la lasciava vivere in pace.
L’ultimo era Stark. Non sapeva quale fosse il suo numero, ma a rigor di logica doveva essere il primo. Sì, proprio quello svogliato. Nonostante tutto, gli stava decisamente simpatico; aveva contribuito a farla andare via da Grimmjow, e poteva scommetterci che il suo motto era “vivi e lascia vivere”.
« Cosa c’è? » chiese Ulquiorra, ridestandola dai suoi pensieri.
« Niente, pensavo. Pensavo che è strano vederti mangiare. »
« Il corpo di un arrancar non hai poi tutte queste differenze da quello di un umano. Abbiamo degli organi interni, un sistema nervoso, e anche un apparato digerente. Percepiamo anche il senso del gusto, anche se in maniera diversa dalla vostra. Per esempio, sappiamo che anche le anime hanno un gusto, e se ci va le mangiamo. »
A Wendy venne spontaneo pensare “vi manca solo un cuore”. Ma fu abbastanza saggia da tacere e tenerselo per sé.
« Altre differenze? » chiese invece.
« La nostra pelle è più resistente di quella umana. Un vero e proprio scudo. »
Ah, ecco perché non mostrava ferite, l’ultima volta.
« Davvero? Sembra una figata. »
« Non c’è nulla di eccitante in questo. » rispose con indifferenza lui. Poi si accorse che Wendy stava avvicinando velocemente la mano sulla sua faccia, e si fece indietro subito.
« Cosa hai intenzione di fare, donna? »
« Volevo… Solo toccarti. Per vedere se questa pelle è davvero così dura. »
Ulquiorra ci rimase di sasso, ma come al solito non lo diede a vedere.
« Perché? » chiese con stupore.
« Sono curiosa, tutto qua. » rispose lei con tranquillità. Poi fece un sorriso sarcastico. « Non dirmi che hai paura che ti faccia del male… »
Anche in quel frangente Ulquiorra restò sorpreso. Ultimamente quella donna si stava prendendo molte confidenze, lo trattava quasi come un amico di vecchia data. Forse si era ambientata anche troppo bene. Comunque, se era solo per sentire la sua pelle, non ci vedeva nulla di male. Acconsentì, e vide di nuovo la sua mano avvicinarsi, stavolta più lentamente, e sfiorargli la guancia, fino a far aderire il palmo completamente sul suo viso. Lo sfiorava, lentamente, gli dava qualche piccolissimo pizzicotto; poi passava le dita sul naso, sulle orecchie, sulla fronte scostando i capelli, sulle labbra e poi nuovamente sulla guancia.
Ulquiorra aveva ragione, quella pelle era davvero dura. Resistente, molto diversa dalla pelle della ragazza che lo stava toccando. Sembrava irreale, non aveva mai visto niente del genere. Ed era fredda, come la neve. Anzi, no, persino la neve trasmetteva un po’ di calore. L’unico paragone che venne in mente a Wendy fu con la catena di una qualunque altalena.
Le righe che scendevano sulle guance, ora che guardava bene, non erano dovute a un trucco strano. Erano simili a un tatuaggio, aderivano perfettamente alla pelle, non c’erano protuberanze o rialzamenti della pelle. E il labbro superiore, poi; era nero, ma non era dovuto a un rossetto, come pensava fino a quel momento. Probabilmente aveva quelle caratteristiche sin dalla nascita.
A forza di toccare quella pelle così fredda, alla ragazza vennero i brividi, e ad Ulquiorra non sfuggì di certo.
« Hai la pelle d’oca. »
« Sei… freddo… Come se avessi davvero una corazza. » diceva, quasi trasognata. Come se invidiasse quella pelle, così strana ai suoi occhi.
Il ragazzo, dopo un altro po’ di silenzio, disse « Bruci. »
Lei sbatté più volte le palpebre, toccandosi la fronte. « Che strano, eppure non ho la febbre… » poi pensò che evidentemente lui non era abituato alla temperatura corporea. Forse non sapeva neanche cos’era. « Non hai mai toccato nessun umano prima d’ora? »
« Normalmente non possono vedermi. Come avrei potuto? »
« Ah, già… »
« E’ normale per un umano scottare così tanto? » chiese, senza un motivo particolare.
« Bè, dipende. Non so come spiegartelo… Diciamo che noi umani nella norma abbiamo una determinata temperatura. Se siamo freddi come te, o siamo morti oppure viviamo in Siberia. » disse, facendo una risatina. « Ma a sentire la tua pelle, non mi stupisce che ti sembri rovente la mia. »
Lui restò in silenzio, a meditare su quella risposta. Così, ogni essere umano aveva una “temperatura”. Gli tornò in mente quando arrivò a Seattle la prima volta; gli era venuto un leggero senso di caldo. Forse era dovuto a tutte quelle pelli così calde attorno a lui?
« Anche la mia pelle… Diventerà così? » chiese Wendy continuando a sfiorarlo.
« Sì. » rispose lui. « Il tuo corpo sarà più simile al mio. » poi si incuriosì nel vedere quello sguardo quasi affascinato. « Non sembri dispiaciuta. »
« Diciamo che ho preso coscienza di molte cose. Anto, provare a scappare è impossibile, e se ci riuscissi non saprei come tornare a casa, senza contare che mi avranno dato per morta. E in parte non ci voglio nemmeno tornare. Poi, vista l’ultima battaglia con gli shinigami, dubito che riuscirei a fuggire con loro. L’unico posto che mi rimane è questo… »
« Saggia scelta, donna. » concluse lui, e Wendy staccò definitivamente la mano dal suo viso.
Tutto poi venne interrotto dall’arrivo di un arrancar, il quale disse che Wendy era desiderata da Aizen, e che Ulquiorra la poteva accompagnare. Lei tirò un impeccertibile sospiro di sollievo. Se non altro, Aizen non la voleva per una notte di sesso, almeno in quel momento.
Tuttavia, non si aspettava neanche l’iniziativa del capo supremo.
« Wendy, ti trovo bene. Ho saputo che sei diventata piuttosto brava nei combattimenti. »
Vedendo che Ulquiorra si inchinava, anche lei fece altrettanto.
« Ehm… Sì… Signore. »
Aizen allargò il sorriso. Ulquiorra aveva fatto davvero un ottimo lavoro con lei.
« Cercherò di essere conciso. Tra non molto subiremo un altro attacco da parte degli shinigami. Anche se l’incontro dell’altra volta non ha determinato un vincitore, abbiamo perso diverse forze. Ho bisogno di aiuto; del tuo aiuto. » fece una piccola pausa, prendendo una sfera dalla tasca dell’abito bianco. « Sai cos’è questo? »
« Mai visto prima. » rispose lei, cadendo dalle nuvole.
« Questo è l’Hougyoku; è un oggetto meraviglioso che ti renderà una creatura splendida. Un arrancar. »
Wendy sussultò, mentre Aizen sorrise.
« Gioisci, Wendy, perché oggi hai la possibilità di diventare un arrancar, una nuova persona. Lascia che usi questa sfera per renderti perfetta. »
La ragazza iniziò a sudare freddo. Si aspettava una cosa simile, ma credeva che sarebbe passato molto più tempo. E poi, diventare arrancar significava automaticamente diventare nemica degli umani e degli shinigami. E di Orihime, che le aveva allungato la mano e dato la possibilità di unirsi a lei e salvarsi. Sarebbe stato un tradimento. O forse no. Del resto, nemmeno Orihime si era data tanta pena per andare a salvarla da Ulquiorra che la portava via, pensando invece a guarire quel Kurosaki Ichigo. Si trovò in ballo, non sapeva cosa decidere.
Aizen si avvicinò a lei, sorridendo, e accarezzandole una guancia. A differenza di Ulquiorra, la sua pelle era più simile a quella umana.
« Non avere paura. Il tuo posto non è più con gli umani, e non meriti di stare con gli shinigami. Presto vedrai delle cose totalmente nuove. Un modo diverso di vedere le cose. Vedrai che ti piacerà, Wendy. » notando che lei restava in silenzio, si voltò verso Tousen e Gin, chiedendo di andarsene. Rimasero solo in tre, lui, Wendy e Ulquiorra.
« Guarda, c’è anche Ulquiorra. Sorridi, Wendy, per te si prospetta un futuro più glorioso e splendente. Diventerai un essere meraviglioso, potente, un qualcosa che supera ogni tua aspettativa. »
In quel momento Wendy si rivide bambina. Sognava di fare la super eroina, bella, coraggiosa, che riusciva a battere tutti. Mentre tutti sognavano di fare il calciatore, la ballerina, la maestra, l’attrice, lei voleva diventare come Catwoman, Batman, la donna invisibile, Tempesta*, persino le Superchicche. Era come se Aizen fosse lo scienziato che le stava offrendo quel potere.
E comunque, aveva ragione; dagli umani era impensabile tornare, e con gli shinigami sarebbe stato difficile. L’unico problema era Orihime. Sarebbe stato come tradire un’amicizia. Era combattuta, ma non vedeva alternative. Probabilmente, se avesse rifiutato, Aizen l’avrebbe giudicata inaffidabile e l’avrebbe uccisa. E poi, Ulquiorra, che la guardava senza dir nulla. Lui cosa si aspettava da lei? Ci sarebbe rimasto male nel vedere una negazione davanti a quell’offerta?
« Va bene. » disse alla fine. « Mi renda pure un arrancar, Aizen. »
Lui sorrise, Ulquiorra non cambiò espressione ma sospirò leggermente.
« Molto bene. Ti devo chiedere di sdraiarti su quel tavolo, allora. » indicò un tavolo in marmo, poco più lontano dal centro della stanza. Wendy, sbrigativa e ansiosa, si sdraiò, cercando di trascurare il freddo del marmo.
Aizen alzò il braccio con la sfera in mano, la quale fece una strana luce. Prese poi un coltello dalla tasca. Wendy sussultò a quella vista, ma lui sorrise ancora.
« Non ti preoccupare, ti farò solo un taglietto. » alzò la maglietta, lasciando scoperto la pancia, e velocemente fece un taglio orizzontale vicino all’ombelico. Lei si lamento, e iniziò a tremare.
Tutto quello che successe dopo non sapeva bene come descriverlo. Sentiva delle forti fitte allo stomaco, sentiva una violenta pressione che la trascinava in basso, facendola schiacciare contro il tavolo, la testa le girava. Sentiva come se qualcuno avesse messo le mani nel suo corpo. Urlò, accecata dal dolore, e strinse i denti.
Ulquiorra chiuse gli occhi; non per impressione, la vista del sangue non gli faceva certo effetto e non era la prima volta che vedeva Aizen usare quella sfera. Ma preferì solo sentire le urla della ragazza, senza guardarla.
Per Wendy sembrò un’ora, ma l’operazione durò pochi minuti. Respirava affannosamente. Si toccò la pancia, ma non sentì più nessun taglio e nessuna traccia di sangue. Si toccò ancora la pelle, sulla faccia, sulle braccia. Era fredda, e resistente come l’acciaio. Si sentì anche un qualcosa sulla testa. Alzò il braccio, e sentì come un teschio che le ricopriva metà della testa, con un corno che sporgeva a scendeva verso il basso. Si alzò, un po’ a fatica, continuando a riprendere fiato.
« Osserva, Ulquiorra. » disse Aizen soddisfatto. « E’ meravigliosa, non trovi? Guarda che colore hanno preso i suoi occhi… »
Wendy non aveva uno specchio a disposizione. Voleva vedere in cos’altro era cambiata; voleva scoprire se, guardandosi ad uno specchio, si sarebbe riconosciuta.
« Caliel! » disse Aizen contento. « “Dio pronto a soccorrere ed esaudire”. Sì, è perfetto. Racchiude tutta la tua essenza. Soccorrere, aiutarmi nel mio scopo… Caliel Lenain Khethel*! Così ti chiamerai da oggi in poi! »
Ulquiorra osservava in silenzio la nuova Wendy, o meglio, Caliel. Finché Aizen non si voltò verso di lui.
« Sono sicuro che da qui all’essere espada il passo è breve. Nel frattempo lei continua a stare sotto le tue cure. Sarà la tua fracciòn. Ulquiorra, questo è un nuovo, splendido giorno anche per te. »
Fracciòn? Cioè, diventava una sua subordinata? Continuava a restare al suo fianco, anche nella sua forma?
Aizen si voltò nuovamente verso di lei.
« Come ti senti, adesso? »
Quando iniziò a parlare si sentì strana; aveva ancora la sua voce. « Sto… Bene. Mi gira solo un po’ la testa… »
« Molto bene. Caliel Lenain Khethel; d’ora in avanti, finché lo vorrò, sarai la fracciòn dell’espada numero quattro, Ulquiorra Schiffer. »
Lei chinò il capo, scendendo dal tavolo, e si inchinò. « Sì… Signore. »

____________________________________________________________ * Lenain e Khethel sono nomi di angeli, così come Caliel, ma non so cosa significhino! All'inizio volevo darle un nome nuovo ispirandomi ai tarocchi degli angeli che una volta leggevo, ma non trovo più le carte, lol, così ho cercato su internet e ho trovato questi nuovi nomi. *v*

Ma quant’è lungo questo capitolo?! ( risata. )
@ Liar: Non te l’aspettavi, eh? SORPRESA! ( risata. )
P.S.: andate su youtube e cercate Ulquiorra tomato song. È un video strepitoso che mi morire dal ridere! ( risata. )

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Capitolo 18
*** XVIII - Fracciònes y opciònes ***


La notizia della “nascita” di Caliel aveva fatto presto il giro di tutta Las Noches. Era il primissimo caso in cui un umano veniva mutato in un arrancar; fino a quel momento Aizen aveva usato solo hollow molto potenti. La scelta di prendere degli umani e sottoporli al potere dell’Hougyoku, era stato un azzardo, che fece imbestialire lo scienziato di turno, Szayel Aporro Grantz.
« Signore, come avete potuto permetterlo?! L’Hougyoku è ancora in fase sperimentale! »
« Rilassati, Aporro. Abbiamo fatto un passo avanti. »
« Ma non conosciamo ancora le conseguenze che potrebbe subire il corpo! E se… »
« Se davvero ci tieni a controllare i rischi, vai a vederla di persona. » disse Aizen interrompendo l’espada. « Ma non ti preoccupare; presto tutti voi potrete ammirare la nuova creazione. »
Mentre ripercorreva con Ulquiorra la strada per tornare in camera, Wendy, anzi, Caliel, iniziò a passare le mani sul suo corpo, che non mostrava differenze rispetto al precedente. Ma sicuramente, se era diventata un arrancar, e quindi un hollow, doveva avere un buco da qualche parte. tastando così sommariamente, non ricavava nulla.
Rientrò in camera, e subito si precipitò davanti a uno specchio. Non era cambiata di molto, eccetto negli occhi; erano diventati dorati, con delle piccole strisce rosse intorno a gli occhi, come fosse ombretto. Il neo sul collo era ancora al suo posto.
Doveva solo vedere dov’era il buco. Iniziò a slacciarsi la giacca, ma ricordò di essere rientrata con un uomo.
« Ulquiorra, girati; devo controllare una cosa. »
Lui non disse nulla, voltandosi. La ragazza si denudò velocemente sul davanti. Ed eccolo lì; sull’addome, appena sopra l’ombelico. Riusciva a vedere cosa c’era dall’altra parte. avvicinò la mano e, con timore, la fece passare attraverso. Non riusciva a credere di poter respirare ancora nonostante quella cosa.
Si rivestì, e sospirò. Alla fine, era successo. Caliel Lenain Khethel, fracciòn di Ulquiorra. Chissà cosa ne pensava lui.
« Bene, donna, vieni qui. » disse. « Riprendiamo l’addestramento. Ora che sei un arrancar, dobbiamo vedere se è modificato qualcosa. »
« Ora che sono un tuo simile, non potresti chiamarmi Caliel? »
« Non vedo che differenza faccia; donna eri, donna rimani. »
Lei sbuffò. Era un tipo davvero incorreggibile.
Erano tutti curiosi di vedere questo nuovo essere. Aizen aveva indetto una riunione straordinaria proprio per mostrarla. Erano presenti gli espada con le proprie fracciòn, Aizen, Tousen, Ichimaru. Non era necessario che tutti gli arrancar partecipassero, gli espada erano sufficienti. Tanto, avrebbero sparso in fretta la voce.
Ulquiorra e la sua nuova fracciòn furono gli ultimi ad arrivare, lei che seguiva il passo di lui. Tutti si sporsero appena per osservarla meglio. Si sentiva a disagio, sotto tutti quegli sguardi, sviava più volte diversi sguardi, ma notava che le fracciòn di Halibel non ridacchiavano più, mentre Aporro la guardava sbalordito. Grimmjow aveva un espressione sbigottita, mista ad astio.
« Accipicchia! » disse Gin, facendo seguire un fischio. « Hai creato una bella bambolina, stavolta. Il suo potere spirituale è rimasto invariato. L’Hougyoku sembra averla modificata solo nel corpo. E io che pensavo che l’avrebbe peggiorata, quella sfera taroccata. »
Aizen sospirò. « Gin, dovresti avere più fiducia in me! Può darsi anche che la sfera l’abbia potenziata. »
« Dev’essere senz’altro così. » sopraggiunse Tousen. « Quella sfera ha un potere decisamente grandioso… »
Tutti restavano in silenzio a guardarla. Ma dopo un po’, Aporro si avvicinò, girandole attorno, dandole pizzicotti.
« Non sembra avere anomalie… E’ così normale da inquietarmi… Ehi, ragazzina, hai giramenti di testa? »
« E’ passato, grazie. »
« Quante dita sono? »
« Tre. »
« Sai dove ti trovi? »
« Nell’Hueco Mundo, e più precisamente a Las Noches, al cospetto dell’ex shinigami Sosuke SAizen. »
Aporro rimase stupefatto di fronte a tutta quella salute. L’Hougyoku stava diventando spaventosamente efficace anche sugli umani.
« Hai ancora ricordi della tua vita precedente? »
« Come? »
« Rispondi alla mia domanda! » disse innervosito.
« Ma è ovvio! Ero Wendy Stephenson, vivevo a Seattle e frequentavo l’ultimo anno del liceo della città. »
Aporro tornò al suo posto, sghignazzando da bravo scienziato pazzo qual era. Grimmjow ancora non proferiva parola; forse era rimasto senza parole, o forse non sapeva su cosa puntare. Effettivamente, ormai era un’arrancar a tutti gli effetti.
Nnoitra invece era in vena di parlare. « Ma guarda un po’ che cucciolo che è nato! Mi ricordo di te, ragazzina… Hai combattuto con Tesla. E così ora saresti la fracciòn di Ulquiorra? » guardò il quarto espada. « Anche il piccolo Ulquiorra ha la sua fracciòn, adesso! Siamo emozionati, eh? »
Ulquiorra, con calma, rispose « Sei sempre in vena di fare discorsi inutili, Nnoitra. Ma vedi, io rispondo soltanto a ciò che mi ordina Aizen. »
« Tsk, non si può mai scherzare con te! » fece spallucce.
« Stark, hai visto? »
« Sì, Lilynette; purtroppo, non riesco ad addormentarmi in piedi, soprattutto con te sulle spalle. »
Seguirono voci che si accavallarono su altre, e subito si creò la confusione da pettegolezzo. L’unico che stava zitto era Barragan, che la guardava dall’alto in basso, insieme alle sue fracciòn.
« Va bene, gentaglia, ora calmatevi. » disse Gin sorridendo. « Sosuke, per cortesia, mi imiteresti una musichetta imponente? Vorrei fare una cerimonia come si deve alla nostra nuova arrivata, e nominare il numero quattro come “Cavaliere del nichilismo”. Non trovi che sia divertente? »
« Non credo che sia giusto prendersi gioco così delle persone, Gin. » dichiarò Tousen, ma Ichimaru scoppiò a ridere, reggendosi addirittura la pancia.
Il suo sorriso non se ne andò nemmeno quando ci fu un esplosione che allarmò tutti quanti i presenti. E un’altra, e un’altra ancora.
« Queste forze spirituali…! » disse il cieco « Shinigami?! »
« Hanno fatto presto. » sibilò Aizen con calma. Si alzò dal trono, e con voce imponente diede direttive. « Gli espada dal primo al terzo posto rimangano qui con me. Le fracciòn dei rimanenti espada vadano a perlustrare l’esterno. Aporro, Grimmjow e Nnoitra vadano al lato est del palazzo. Tutti gli altri al lato ovest. Se notate dei nemici, fateci pure quello che volete, ma gradirei che li uccideste una volta finito. È tutto. »
Tutti si dileguarono, tranne Stark, che svogliato disse “Che seccatura…”, Halibel e Barragan.
Ulquiorra si mobilitò subito, senza guardare Caliel, alla quale però disse. « Andiamo, donna. Prima passeremo a prendere la tua spada. »
A dire il vero non era sua, ma di Yachiru. Comunque, se quello era un nuovo attacco degli shinigami, avrebbe dovuto ridargliela, ma sarebbe rimasta senza un’arma. Ci avrebbe pensato poi.
Inoltre, avrebbe incontrato dopo tanto tempo Orihime. Non si era preparata nessun discorso, niente che potesse giustificare la sua scelta di diventare arrancar. Ma anche a quello ci avrebbe pensato in un secondo momento. Ora aveva una battaglia da affrontare.
Quando arrivarono alla stanza numero quattro, scoprirono un gran polverone e un muro ridotto in pezzi. Fu difficile ambientarsi, ma Caliel riuscì a vedere la spada, e si precipitò a prenderla. Ma non vi riuscì; una specie da barriera la allontanava.
« Ma cosa…? Che le prende, adesso? » anche Ulquiorra rimase sorpreso a vedere la scena, mentre il polverone si diradava, e venivano allo scoperto i due che avevano fatto irruzione lì.
« Visto che ce l’abbiamo fatta, Kennino? Te l’avevo detto che era meglio girare a destra. »
« Infatti siamo arrivati qui girando a sinistra, Yachiru. » Kenpachi si crocchiò il collo, e si accorse della presenza dei “padroni di casa”. Fece un enorme sorriso e disse « Hai un potere spirituale non indifferente. Mi sa che la fortuna mi ha voluto dare un premio per la bella camminata che mi sono fatto. » poi osservò Caliel. « E ‘sta qua chi è? »
Yachiru, invece, le puntò il dito. « Ah! tu sei l’umana dell’altra volta! Sono venuta a riprendermi la spada! Me la ridai, per cortesia? »
La ragazza cercò di prenderla nuovamente, ma il risultato fu come prima; una specie di barriera la respingeva.
Yachiru, con un po’ di amarezza, constatò « Oh, capisco. » notò lo sguardo sorpreso della ragazza. « Non potevi saperlo, ma la mia zanpakuto ha un sortilegio speciale; può essere toccata solo da shinigami e esseri umani. Così i nemici non possono starle vicino. Geniale, vero? » sorrise. « E, se tu non riesci a toccarla, significa che non sei più un umana. Che peccato. »
Kenpachi sbuffò « Yachiru, si capiva che non è umana; non hai visto che ha un teschio in testa? »
« Che facciamo, Kennino? La ammazziamo? » chiese il luogotenente con innocenza.
Zaraki sorrise, sguainando la spada. « Naturalmente. »
Per Ulquiorra non poteva andare peggio; praticamente era da solo contro quei due, visto che Caliel rimaneva senza un’arma.
Si precipitò tempestivamente su di lei, nel momento in cui vide lo shinigami fondarsi su di lei. Riuscì a parare il colpo, e anche a respingerlo, facendo allargare il sorriso di Kenpachi, che fischiettò.
« Avevo ragione, sei una persona interessante. »
La neo arrancar sobbalzò, davanti a un Ulquiorra serissimo e concentrato ad analizzare tutto sul suo avversario. E lei, che poteva fare, senza un’arma?
« Come ti chiami, arrancar? » chiese Zaraki.
L’espada si rialzò, rimanendo serio in viso e slacciandosi la giacca, mostrando il buco sul collo. « Ulquiorra Schiffer. »
« Cercherò di ricordarmelo. » rispose lo shinigami, riprendendo la carica contro di lui « Cerca di farmi divertire, okay? »
Istintivamente Caliel creò un campo di forza davanti ad Ulquiorra. Kenpachi non se l’aspettava; vide la sua spada malandata farsi rovente e scatenare scintille sullo scudo posto davanti all’espada.
Non poteva saperlo, ma Zaraki Kenpachi, capitano dell’undicesima divisione del Gotei 13, non sopportava le intromissioni. Ignorò Ulquiorra e si fiondò nuovamente su di lei, che creò ancora una volta un campo di forza.
« Allora non sei del tutto inutile. » disse serio, e facendo più pressione sulla spada annullò quel campo di forza, con gran stupore della ragazza, e le diede un calciò che la fece sbattere al muro. Appena in tempo per parare un attacco del numero quattro dalle spalle.
« Non è leale, sai? » disse ridendo, ma Ulquiorra rimase impassibile, aumentando la sua velocità.
Caliel riuscì a rialzarsi, ma aveva capito che contro quello shinigami non poteva fare nulla; e lei che pensava che l’essere diventata arrancar le avesse dato qualche possibilità in più! Ma avverti una presenza. Anzi, cinque. Una la conosceva bene; Orihime.
Non fece in tempo a dire nulla, che una nuova esplosione squarciò il muro dietro di lei, creando un varco con l’esterno, dal quale fecero capolino Kurosaki Ichigo, con Orihime, un ragazzo con gli occhiali e vestito di bianco, una shinigami con una spada e bianca e un suo compagno coi capelli rossi raccolti in una coda.
Orihime, nonostante il cambiamento della ragazza, la riconobbe, e non seppe cosa dire dallo stupore. Lei, invece, non era cambiata affatto. Non indossava più le vesti che le aveva dato Ulquiorra, però; indossava invece la classica uniforme giapponese.
« Wendy… Sei… Sei davvero tu?! » disse, in preda all’agitazione.
Lei non sorrise, non pianse, non fece nulla. Annuì solamente.
« Ma cosa ti hanno fatto? »
« Non dare conclusioni affrettate, Orihime. Le cose stanno così; ora sono l’arrancar Caliel Lenain Khethel, fracciòn di Ulquiorra Schiffer. Nemico naturale tuo e del tuo Ichigo Kurosaki. »
A Orihime uscirono le lacrime. « No! Ci dev’essere una spiegazione! Una soluzione! Non è mai troppo tardi per tornare indietro! Torna con noi, sai che il tuo posto non è qui! »
« Orihime… » disse seria Caliel « Sai bene che non è possibile tornare indietro. Adesso il mio posto è questo. »
« No… Come… Come hai potuto, Wendy…? »
Le faceva male vederla così, ma non poté fare altrimenti. « Mi dispiace, Orihime. Ma questa è la strada che ho scelto di percorrere. »
Il ragazzo coi capelli rossi si fece avanti, con impazienza. « Insomma, saresti un nemico? »
« Renji. » disse a quel punto la ragazza shinigami. « Non fare mosse azzardate. Non hai sentito il suo potere spirituale? »
« Capirai che roba! Sarà anche alto, ma guardala; non ha neanche una spada! » sorrise, sicuro di riuscire nell’impresa di batterla con poco. « Per una come lei, basto e avanzo io! Voi andate pure a dare man forte al capitano Zaraki! »
Caliel era pronta; sapeva che doveva combattere, anche senza armi, ma non era scoraggiata. Quando Renji le arrivò davanti, non creò il solito campo di forza come uno scudo, ma cercò di fare qualcosa di diverso. Un qualcosa di simile a un raggio che potesse impedirgli di farsi troppo vicino. Probabilmente Renji non se l’aspettava, ma si fece comunque spavaldo.
« Pensi forse di fermarmi così? » le arrivò alle spalle, pronto a trafiggerla con la sua zanpakuto dalla strana forma, ma Caliel, con precisione, si voltò, abbassandoci in modo da mettere una mano sul braccio che teneva la spada, e provocargli una notevole bruciatura. L’addestramento con Ulquiorra aveva dato i suoi frutti.
« Non mi prendere troppo alla leggera, shinigami. » disse Caliel. Poi sorrise « A quanto pare, per uno come te basto e avanzo io. Anche senza una spada. »
Fu allora che la ragazza shinigami la sorprese alle spalle. Nemmeno loro si facevano scrupoli con le “slealtà”, a quanto sembrava.
La cosa che davvero la sorprese, però, fu vedere che Orihime creava barriere a favore degli shinigami. In una situazione normale forse non sarebbe stato così incredibile, ma possibile che non faceva altro?, si chiese la giovane arrancar. Guardo la giapponese, senza dire nulla. Poi tornò all’attacco dei due shinigami.
Il ragazzo con gli occhiali, invece, sfoderò un arco spirituale e si rivolse a Ichigo.
« Kurosaki, andiamo. Dobbiamo aiutare Zaraki. »
Ichigo si tenne pronto, ma assisteva alla scena. I due avversari si erano ritrovati coi vestiti strappati e qualche graffio, ma Ulquiorra riusciva a stare al passo di Kenpachi, il quale si stava divertendo un mondo.
« Vedo che hai il fiatone, Schiffo o come ti chiami. » e aveva ragione. « Vuoi fare una pausa? »
« No. » rispose lui, puntandogli la spada. « Sono ancora in grado di combattere. »
« Meno male. »
Ichigo si fece avanti. « Ishida, andiamo! »
Ma a fermarli fu Yachiru, piombandosi davanti a loro.
« Dico, ma siete matti? Non vedete che Kennino sta combattendo? »
Il ragazzo occhialuto che rispondeva al nome di Ishida spalancò gli occhi, mentre Ichigo sospirò con un sorriso. Effettivamente, c’era da aspettarselo.
E comunque a lungo andare Ulquiorra iniziò a trovarsi in difficoltà; Zaraki era riuscito a tagliargli un braccio, e Caliel aveva assistito alla scena. Si deconcentrò, e subì un violento attacco congiunto dei due shinigami. Sputò un po’ di sangue, ma si rialzò. Con gran stupore, vide che il braccio di Ulquiorra si rigenerò a una velocità sorprendente, e anche lo shinigami suo avversario era sorpreso.
L’espada, invece, riprese la spada e ripartì all’attacco.
« E così questo bastardo può rigenerarsi. Davvero divertente! »
Forse la ragazza non aveva tutte queste ragioni per preoccuparsi; notò che Ulquiorra si era ripreso alla grande, tant’è che riuscì a causare diversi tagli sull’addome del nemico. Quello che non era normale era la risata isterica di quest’ultimo; possibile che trovava divertente essere affettato?
Caliel cercò di schivare un nuovo attacco di Renji e si allontanò, cercando di prendere tempo. Quando vide che Zaraki stava approfittando di un attimo di distrazione dell’arrancar per sferrargli il colpo di grazia, lo difese con uno dei suoi campi di forza, più potente dei precedenti; la spada dello shinigami sembrava quasi essere inghiottita da quelle scosse rosse.
Tirò un sospiro di sollievo, quando vide che l’operazione era andata a buon fine. Orihime, invece, la guardava delusa.
« Lo difendi? » chiese.
Ma lei sorrise. « Sì. » rispose, senza vergogna. « Tu, invece? Non difendi Kurosaki? » notando che Orihime stava zitta, continuò a parlare. « Tu combatti per l’umanità, per l’uomo che ami… Per uno strano senso di responsabilità nei confronti di chissà chi. Anch’io sto combattendo per qualcosa; ho accettato il mio destino di essere un arrancar, Orihime. » disse, facendo riferimento ad Ulquiorra. « E nonostante abbia questo nuovo corpo, non posso dimenticare quello che è successo prima. Non riesco a rinnegare ciò che mi ha insegnato. E anche se per te questo è un tradimento… Per me non lo è. La mia morale è diversa dalla tua. Mi stupisce che tu abbia rinnegato così facilmente ciò che lui ha fatto per te. Per amore di Kurosaki. Hai fatto una scelta, e la rispetto. Ma non venirmi a fare la predica per ciò che io mi sono scelta per me stessa. Te lo chiedo per favore. »
Non la prese più in considerazione, dandole le spalle. Forse Orihime aveva avuto l’impressione di avere tutta un’altra persona, invece della Wendy che aveva conosciuto, ma lo stesso poteva dire lei di Orihime; non si aspettava quella delusione negli occhi. Credeva che un minimo di comprensione gliel’avrebbe concessa. Ma non fu così.
Andò di corsa da un Ulquiorra stanco e provato dal combattimento, sanguinante. Anche Kenpachi lo era, ma continuava a ridere e non sembrava così segnato.
Si caricò l’espada su una spalla e scappò, velocemente. Diventare un arrancar le aveva aumentato la velocità, mica male.
« Donna. » disse Ulquiorra sorpreso. « Che stai facendo? »
« Cerco di salvarti la pelle. »
« Perché? » chiese, ancora più sorpreso.
Caliel restò in silenzio per un po’, cercando di trovare la scusa più adatta. Ma la spiegazione era una sola.
« Perché io sono la tua fracciòn, Ulquiorra. »
Quella fu una delle poche volte in cui Ulquiorra non riuscì a trovare una risposta convincente.
« Devo trovare qualcuno che ti rimetta in sesto. » disse Caliel, svoltando velocemente l’angolo. « Di sicuro Barragan ha più esperienza; andremo da lui. I suoi baffi alla Einstein la dicono lunga. »
Ulquiorra riuscì a ritrovare le parole. « Non aspettarti un mio ringraziamento, donna. »
« Lo so benissimo. »
Dopo un altro momento di silenzio Ulquiorra disse « A proposito, donna. »
« Che c’è? »
« Chi sarebbe Einstein? »

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SPECIAL THANKS.
Liar Sander
, grazie infinite per le recensioni!
Gaara4, Goddess of water, Hoshimi, Lovely neko, Liar Sander; grazie infinite per aver inserito la mia fan fiction tra le seguite!
Namine23 e Liar Sander; Grazie per aver inserito la fan fiction tra le preferite!
Ludoangel, grazie per aver inserito la fan fiction tra le ricordate!
Vi ringrazio di cuore e spero che la lista aumenti!
P.S.: ho già detto che scrivere questa storia mi sta facendo divertire un casino? Che bello, che bello!

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Capitolo 19
*** XIX - Corazòn y cerebro ***


Doveva immaginarlo che, anche raggiungendo Barragan, sarebbe stato inutile chiedere aiuto; sicuramente era impegnato in qualche battaglia.
Effettivamente fu così; le sue fracciòn stavano combattendo contro degli shinigami, ma lui se ne stava seduto sul suo trono personale, un enorme poltrona, atteggiandosi a re.
Ulquiorra invece non mostrò sorpresa, era tipico del numero due muoversi solo se necessario.
« Se davvero vuoi chiedere aiuto a lui, donna, fallo ora che non è occupato. Anche se vedessero altri movimenti, sono tutti troppo impegnati per darti retta. » disse, ricomponendosi. « E poi ci sono anche Halibel e Stark, senza contare Aizen, Tousen e Ichimaru. »
« Stai già meglio? » chiese lei.
Ulquiorra ci pensò un po’ su. « Diciamo che ho avuto momenti migliori. Ho un paio di costole fratturate e qualche lesione interna; ci metterò un po’ a rigenerarmi. »
« Allora, andiamo? »
« Calmati, donna, e ragiona: se anche andassi da lui, cosa gli chiederesti? “Ulquiorra è ferito, potresti dargli una mano?”. Scordati un “sì” da parte sua. E poi, se anche facesse qualcosa, non cambierebbe nulla. Quello shinigami mi ha solo colto di sorpresa; ora che so qual è il suo potenziale, so come affrontarlo. »
Caliel annuì, constatando con tristezza che effettivamente Barragan non sarebbe stato così felice di aiutarla. « Ma loro hanno Orihime, che può curare qualsiasi cosa. Non credi che il suo potere sia superiore rispetto alla tua rigenerazione? »
Ulquiorra si fece meditabondo, e poi rispose « Hai ragione. Riesce a rigenerare molto più in fretta di me qualsiasi cosa, e non solo a sé stessa, ma anche agli altri. Inoltre, può rigenerare anche organi vitali e ricostruire in brevissimo tempo un intero corpo; per me, invece, comincia a essere un problema se vengo colpito in qualche organo vitale. »
« Che facciamo, allora? E’ come se loro avessero un sacco di chance rispetto a noi. »
Ulquiorra si mise le mani in tasca, e aveva un espressione tranquilla. « Mi è venuta un’idea. Seguimi, donna. »
Percorsero, in silenzio e cercando di non farsi scoprire, tanti corridoi, fino a scendere le scale per un piano sotterraneo, arrivando a una grande porta bianca su cui era appeso un cartello con su scritto: “Laboratorio dell’espada numero otto, Szayel Aporro Grantz. Possono entrare solo gli addetti autorizzati e Aizen”.
Dunque stavano entrando lì senza permesso, ma non era importante al momento.
Quando Caliel entrò, non credeva ai suoi occhi; nemmeno nei laboratori più avanzati aveva visto così tanti computer, boccette, fiale, armadietti. Il regno dello scienziato pazzo, che avrebbe fatto invidia a tutti, sulla Terra. Le pareti erano immacolate, come i grandi tavoli che ospitavano fogli e bottiglie contenenti liquidi vari e di tutti i colori.
Ulquiorra, dopo una perquisizione sommaria, si fermò ad un tavolo, si rimboccò le maniche e inizio a maneggiare diverse fialette, accendendo il fuoco sul mini fornello appostato vicino. Sapeva anche improvvisarsi chimico, a quanto sembrava.
« Che stai facendo? » chiese Caliel incuriosita.
« Cerco di creare un modo che posso dividere Inoue con tutti gli altri. »
« Ah, bene; e io nel frattempo che faccio? »
« Chiudi a chiave la porta, disattivi le telecamere e apri l’armadietto che è in fondo, vicino a quel monitor. Per le telecamere non sarà difficile per te capire che tasti premere. »
Caliel fece tutto diligentemente, ma quando aprì l’armadietto si trovò di fronte una nuova sorpresa; era pieno di spade, di ogni lunghezza e di ogni tipo, su cui erano attaccate delle etichette.
« E’ meglio se te ne prendi una tutta tua, donna. Non hai che l’imbarazzo della scelta. » disse Ulquiorra, senza distogliere lo sguardo dalle sue fialette. E aveva ragione; Caliel quasi si emozionò a vederle tutte a sua disposizione. Iniziò a pescarne alcune a caso, scartandole velocemente.
« Questa no, questa no, questa nemmeno, questa è troppo corta; dio mio, questa neanche per sogno! Questa chissà che ci fa qui… »
Ulquiorra cercò di ignorare il vociare della ragazza, ma per poco non si faceva cadere a terra le boccette, quando la ragazza esclamò felice « Ehi, questa sì che mi piace! »
Aveva l’impugnatura rossa; la lama era ben disegnata e a doppio, lunga poco più della metà dell’altezza di lei, tirata a lucido e con degli splendidi riflessi alla luce. Ciò che più l’affascinava era la doppia crociata; argentata e con scolpiti sopra, in bassorilievo, delle forme che ricordavano vagamente delle onde. Buttò l’occhio sull’etichetta, attaccata con un nastro all’impugnatura; Sangrienta*. Decise di provarla.
Diede qualche stoccata a vuoto, e ci si trovava benissimo; non era troppo pesante, riusciva a maneggiarla anche con una mano sola e non le impediva i movimenti. Rise tra sé e sé, soddisfatta della sua nuova arma.
Girò la testa verso Ulquiorra, ancora concentrato con quelle boccette, ma aveva un coltellino in mano; stava per aprire a metà un qualcosa di simile ad una scatola nera.
Caliel gli arrivò vicino di soppiatto, e con un gesto veloce e preciso taglio a metà quella scatola, senza neanche ferire l’espada. Lui osservò la lama, e chiese « Hai trovato qualcosa che ti appaga? »
Lei annuì contenta. « Si chiama Sangrienta. »
Lui distolse nuovamente lo sguardo, tornando su quella scatola e iniziando a giocherellare con dei fili.
« Stai costruendo una bomba? »
« Qualcosa del genere; sono solo piccoli ordigni che spargeremo un po’ dappertutto, faranno un gran bel fumo. E non solo; ci sto mettendo anche qualche droga, giusto per confondergli un po’ di più le idee. »
Caliel annuì impressionata; tanto di cappello, insomma. Si chiese perché non ci stava lui a fare esperimenti, invece di Aporro.
Dopo un’oretta circa, passata a familiarizzare ancora con Sangrienta e a terminare quelle mini bombe, Ulquiorra poté finalmente fare un punto della situazione e stabilire dove mettere esattamente quegli aggeggi.
« Ci divideremo a qualche corridoio, ne piazzeremo due o tre al massimo; credo che il fumo riuscirà a espandersi velocemente. »
« Credi o sei sicuro? Non sarà meglio provarla, prima? »
« Se conosci un posto adatto e soprattutto dove poter stare tranquilli, a parte questo, dillo pure; ma non credo che tu voglia fare da cavia. »
Lei rabbrividì. « No, grazie. »
« Bene. » diede un po’ di marchingegni alla ragazza, ma prima di dare il via all’operazione rimase un po’ a fissarla. Poi disse « Vieni qui, donna. »
Lei chiese perplessa cosa stava succedendo, ma Ulquiorra, in silenzio, posò il pollice vicino alle sue labbra, sfregando lievemente, e aumentando di poco sulla guancia.
« Eri sporca di sangue. »
Caliel si toccò la guancia, imbarazzata. « Ah… Grazie. »
Non si aspettava che Ulquiorra avrebbe continuato a parlare. « Certo che è strano. »
« Cosa? »
« La tua pelle continua a bruciare. »
Lei non ci aveva minimamente fatto caso; pensava che, diventando un arrancar, la sua pelle si sarebbe raffreddata, fatta di ghiaccio come quella del ragazzo. Come una vera e propria corazza. Forse era proprio lei ad avere una temperatura un po’ più alta del solito, o forse era lui ad essere troppo freddo. In effetti, non aveva toccato ancora nessun altro arrancar, a parte lui, e comunque Ulquiorra non aveva toccato nessuno a parte lei. Quella sì che era una stranezza.
« Muoviamoci. » disse Ulquiorra, cambiando argomento. « Abbiamo circa un’ora di tempo. »
Caliel corse verso la porta, togliendo i catenacci e le chiavi, e riprese a correre. Ulquiorra la guardò con un fare perplesso.
« Che stai facendo, donna? »
« Hai appena detto di muoverci… »
Fu in quel momento che sorprese ancora una volta la nuova arrancar, sollevando i piedi in aria, e levandosi in volo fino a sfiorare il soffitto con la testa.
« Volando si fa prima, sai? »
Lei ci restò di sasso; poi, innervosita, disse « Che aspettavi a dirmi che potevamo volare? »
Era una sensazione meravigliosa, mai provata prima; non era come stare in bicicletta o affacciarsi al finestrino di una macchina in piena corsa. Si sentiva quasi un tutt’uno con l’aria circostante, che le passava in mezzo ai capelli, la punzecchiava sul volto, le muoveva le vesti sinuosamente. Era straordinario, poteva volare davvero! E non si sentiva minimamente in imbarazzo davanti ad Ulquiorra, che non capiva il perché di tutto quell’entusiasmo; ma soprattutto, constatò che volare a occhi chiusi doveva essere un tentativo di suicidio. La ragazza era talmente trasognata che aveva chiuso gli occhi, e non si era accorta che un muro era proprio davanti a lei.
« Donna! » gridò lui « Vuoi aspettare di essere un tutt’uno col muro prima di svegliarti? »
Caliel li sbarrò, e urlò spaventata di fronte a quel muro troppo vicino per fermarsi. Prese per il polso Ulquiorra, il quale girò senza difficoltà.
« Fiuuuu! » disse lei sollevata. « Grazie! »
« Io non ho fatto niente, sei tu che ti sei appiccicata a me. »
Lei scoppiò a ridere, e lui non riusciva proprio a capire perché. O era pazza o trovava divertente il fatto che stava per essere uccisa da un muro inanimato.
Poi lo sorprese esclamando entusiasta « Eccolo! Ma allora ce l’hai! »
« Di cosa stai parlando? »
« Del cuore; riesco a sentirlo dal polso. E batte, batte davvero, pure abbastanza forte! Immagino che volare sia un po’ come correre, vero? Anche il mio sembra la batteria di Pete Parada*! »
Quella ragazza era decisamente strana, secondo lui; nonostante fosse diventata un suo simile, manteneva ancora diversi atteggiamenti umani. Era ovvio che avesse un cuore che pulsava, se no come campava? Davanti a quella considerazione scema non trovava le parole adatte per rispondere.
Lei continuava a ridere, al che lui disse « Cosa c’è di così divertente nell’aver scoperto che ho un muscolo che mi fa vivere? Per la cronaca, ho anche un cervello che fa battere il cuore. »
« Eh? » chiese lei dubbiosa. « Ma cosa dici? È il cuore che fa muovere il cervello! Del resto, se spari a una persona al cuore, ed esso smette di battere, non può far circolare il sangue. »
« Guarda che è il cervello che manda gli impulsi al cuore, anche per far scorrere il sangue. Se uno spara alla testa, la morte è un’ovvia conseguenza, visto che il cervello non riuscirebbe più a impartire ordini al cuore. » constatò lui, con tono serio, convinto di ciò che diceva.
« Allora si completano, non ti pare? Il cervello non può vivere senza un cuore, e viceversa. Ha un che di solenne, non lo pensi anche tu? »
Lui, rimanendo sempre serio, rispose « No, perché ho ragione io; è il cervello la parte importante. senza di lui, il cuore è spazzatura. »
Lei sbuffò, quasi offesa. « Allora lo chiederemo ad Aporro quando tutto sarà finito! »
« Ti sembra il momento di fare scommesse? »
« Io non ho scommesso niente, ma visto che lo hai accennato accetto la sfida; scommetto che cuore e cervello sono importanti allo stesso modo! »
Ulquiorra sospirò, esasperato; ma perché il discorso era andato a parare su quello? E perché si era impuntata così?
« E va bene, lo chiederemo a lui. Ma adesso non scocciare più con questa storia. »
Lei esclamò un “evviva!” e non accennò più nulla riguardo cuore e cervello. Quel discorso innervosiva molto l’espada; non era solo un discorso di scienza e biologia, non si parlava solo di muscoli e di impulsi nervosi. Era come se Caliel gli stesse dicendo che anche lui aveva un cuore e che doveva accettarlo; e soprattutto, che doveva accettare il fatto che non si viveva di sola ragione, che non c’erano certezze assolute. Lui lo sapeva bene, altroché! Lui negava ogni certezza; lui non credeva a nulla, solo a sé stesso. Di cose come la vita dopo la morte, o quegli sciocchi sentimenti che facevano cambiare il mondo, o nel destino… Lui non credeva a queste cose. Solo ad Aizen. Aizen era l’unica certezza a cui poteva aggrapparsi. E il fatto che quella ragazza gli avesse messo in discussione quell’unica certezza, lo mandava in tilt. E poi, era una questione di principio; non era mica uno stupido. E doveva lasciare che la prima ragazzina che gli si presentava davanti ne sapesse più di lui? Col cavolo.
Appena finirono di piazzare le mini bombe, si barricarono di nuovo al laboratorio.
« Ma funzionerà? » chiese ansiosa Caliel.
« Se tutto va come previsto, sì. Ora siediti, donna, e aspetta in silenzio. »
Di lì a poco ci furono delle piccole esplosioni, e la ragazza sobbalzò entusiasta. Aveva funzionato davvero! Ora non dovevano fare altro che trovarli, mandarli via a sculacciate, e il gioco era fatto!
« Come ci muoviamo adesso? »
« Andremo da Kurosaki. »
« Eh? Da lui? Non da quell’altro coi campanellini? »
« Ho notato che lui è un po’ più distaccato dagli altri. Ho ragione di pensare che sia indifferente a tutto quello che sta succedendo, come se non gli importasse di Aizen. Sarebbe capace anche di mollare tutto e tornarsene a casa, se si stufa. Per questo andremo da Kurosaki; lui ce l’ha a morte con me, e vuole uccidere Aizen. »
Il piano di Ulquiorra aveva funzionato solo in parte; Zaraki e Yachiru si erano divisi dal gruppo, mentre Ichigo, Orihime, Ishida e i due shinigami rimanenti, Renji e la ragazza che si chiamava Rukia, erano rimasti insieme. Storditi, senza capire dove erano. Soprattutto Orihime era quella che stava peggio; i gas che erano nascosti in quegli ordigni le avevano fatto venire la nausea e il vomito, non si reggeva in piedi. Renji se la caricò sulle spalle.
« Merda, che facciamo ora? »
« E’ meglio nasconderci finché Orihime non si riprende. » disse Rukia.
Ma Orihime si oppose. « No… Dobbiamo andare… A salvare Wendy… »
« Salvare? Inoue, non hai visto come ti ha trattata? » fece Ishida.
« Sono… Sono sicura che lei non lo pensa davvero… »
Fu allora che Ichigo azzardò un’ipotesi.
« Inoue non ha tutti i torti. Del resto, Ulquiorra è il tipo da far passare facilmente le persone per traditrici. Non mi stupirebbe se avesse convinto con la forza quella ragazza a passare dalla sua parte. »
Ma Ishida sbuffò, sembrava l’unico a non nutrire nessuna speranza per portare quella ragazza sulla Terra.
Per un po’ i due arrancar trovarono via libera, senza intoppi. Chissà come se la stavano cavando gli altri, si chiese Caliel. Ulquiorra continuava a starsene zitto, spada in mano e ben attento. A lungo andare, sentirono la voce di una bambina che piangeva. E quando la trovarono, appoggiata al muro, constatarono che era un arrancar dai capelli verdi e con un teschio d’ariete frantumato sulla testa. Aveva anche una striscia viola che passava sotto gli occhi. Continuava a piangere, disperata.
« Che ci fa qui una bambina? »
La piccola singhiozzava, e cercò di parlare. « Chi… Chi sciete voi? »
Caliel, amorevole, si avvicinò a lei. « Stai tranquilla, non ti farò del male. Piuttosto, che ci fai qui? »
« Ho perscio i miei amici… »
« E chi sono i tuoi amici? »
Lei ricominciò a singhiozzare. « Lo sciò che non va bene per un arrancar… Ma sciono shinigami. Uno sci chiama Itzigo… »
Caliel sussultò. Una compagna di Kurosaki? Anzi, un arrancar compagna di Kurosaki? Perché?
Comunque, non poteva mica lasciarla lì. Era solo una bambina.
« Calmati, dai… Ti aiutiamo noi a trovare i tuoi amici. »
La bambina sorrise, mentre Ulquiorra la guardò sorpreso, quasi arrabbiato. Che bisogno c’era di mostrarsi così gentile? Non era altro che una scocciatura in più.
« Stai scherzando, vero, donna? »
« Ma dai! Non possiamo lasciarla qua! E poi, non pensi che grazie a lei arriveremo prima a Ichigo? »
« Come può aiutarci una spazzatura simile? »
Ma Caliel lo guardò furibonda. Sembrava inutile discutere con lei.
« Quando tutto questo sarà finito… » disse lui dandole le spalle. « Faremo i conti. »
Lei sospirò, e tornò a sorridere alla bambina. « Perdonalo, è così di natura; deve ancora migliorare i rapporti sociali. Io mi chiamo Caliel e lui è Ulquiorra. Tu come ti chiami? »
« Nel. » rispose la bambina, sorridendo a sua volta. « Mi chiamo Nel. »

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Anche questo è un capitolo di… Difficile interpretazione? Bò, vabbè. ( risata. )
Allora, Sangrienta in spagnolo significa insanguinata e Pete Parada è il batterista degli Offspring.

@ Liar: Sono felicissima del fatto che ti piaccia il personaggio di Wendy, o Caliel che dir si voglia! Le tue recensioni mi fanno sempre enormemente piacere, mi mettono allegria e voglia di perfezionarmi!
Per quanto riguarda la psicologia di Wendy, mi piacerebbe approfondirla sempre di più, ma soprattutto, vorrei approfondire quella di Ulquiorra; è un tipo enigmatico e pieno di stranezze, è un’impresa cercare di capirlo!
Per il fatto che Wendy si “sottometta”, in effetti non hai tutti i torti, ma è diventata arrancar da poco e non sarebbe stato credibile se l’avessi resa subito un espada. Ho pensato che era meglio farle tastare il terreno. E poi, come noterai in questo capitolo, dà parecchio filo da torcere ad Ulquiorra col caratterino che si ritrova!
Spero che questo capitolo sia piaciuto, aspetto recensioni e pareri! Alla prossima! P.S.: Scrivo abbastanza. xD E dire che il mio prof si lamenta sempre che scrivo poco ai temi! Felice inoltre che la battuta su Einstein sia piaciuta: dovevo mettercela per forza! xD

Neme

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Capitolo 20
*** XX - Desastres y salidas ***


Da quando la piccola Nel si era unita al duetto di arrancar, nessuno osava proferire parola; Ulquiorra perché visibilmente contrariato a quell’intrusione, Caliel perché non voleva peggiorare ulteriormente la situazione, considerando che anche lei era di pessimo umore.
Nel invece li guardava, di tanto in tanto, con agitazione; oltre a sentirsi la causa di quella tensione, voleva trovare un pretesto per chiacchierare, sdrammatizzare in qualche modo la situazione.
Per qualche assurdo motivo, l’unica soluzione che trovò fu quella di canticchiare un motivetto sconosciuto; pessima scelta. Ulquiorra chiuse gli occhi, cercando di calmarsi di fronte a una possibile crisi di nervi.
« Bimba. » disse con calma, scandendo bene la parola. « Evita di cantare. »
La bambina sbuffò. « Ma mi sctò annoiando a morte! »
« Non posso farci niente. » rispose lui, sempre con calma.
« Voglio tornare da Itzigo! Almeno lui è più schpiritoso, anche quando sci arrabbia! »
Caliel dovette mettersi in mezzo. « Buona, Nel, buona. Piuttosto, c’è una cosa che volevo chiederti; come mai tu, che sei un arrancar, accompagni uno shinigami? »
Nel sorrise, mostrandosi più innocente che mai. « Fino a poco tempo fa credevo che tutti gli shinigami fosscero cattivi, ma Itzigo è diverscio, mi ha aiutata un sciacco di volte! È gentile, sciempre pronto ad aiutare tutti e a difendere chi ama. Coscì, ho deciscio di schtare con lui; voglio aiutarlo! »
Questo Kurosaki era davvero una persona eccezionale, da quel che ne sentiva. Orihime era incondizionatamente innamorata di lui, Nel voleva aiutarlo, un intero gruppo di shinigami era corso in suo aiuto; tutti a seguirlo come dei cagnolini. Era molto diverso dal rapporto che aveva instaurato lei con Ulquiorra; lei era la sua fracciòn, doveva stargli accanto per forza, almeno finché non lo voleva Aizen. Invece, come mai questo Kurosaki riusciva a farsi seguire da tutti?
Inoltre c’era un’altra cosa che la incuriosiva; com’era possibile l’esistenza di un arrancar bambina, così indifesa, ingenua, docile, per giunta alleata di uno shinigami. Com’era possibile che fosse ancora viva? Com’era possibile la sua esistenza? Forse era quella la domanda più corretta.
Notò che Ulquiorra ogni tanto buttava un’occhiata particolare sulla piccola Nel, senza dire nulla. Con ogni probabilità stava sospettando qualcosa, oppure era ancora incavolato. Caliel optò per la prima opzione.
Camminarono in silenzio ancora, attraversando quasi metà palazzo, cercando di evitare gli scontri inutili, fino ad imbattersi in una serie di sfortunati eventi; tra Grimmjow e Nnoitra, non si sapeva chi faceva più casino. Stavano lottando contro due shinigami, separati dai luogotenenti grazie alle fracciòn, poco più lontano; l’avversario di Grimmjow era un giovane dai capelli corti e spinosi, ma ciò che catturava l’attenzione era il suo viso, segnato da cicatrici e un tatuaggio; il numero sessantanove. Si mostrava serio e impassibile di fronte a Grimmjow che, al contrario, non faceva che sbraitare e fare qualche risata. Molto diverso dall’avversario di Nnoitra, che per esempio indossava delle vesti diverse; mentre il tatuato portava un semplice kimono nero, il suo compagno aveva aggiunto una veste bianca sopra, come i capelli. Gli occhi erano verdi, e un'altra peculiarità era la statura. Caliel ebbe l’impressione di trovarsi di fronte ad un bambino.
Imbattendosi in quell’ennesimo incontro, la ragazza capì la vastità della guerra in cui era incappata; ma soprattutto, capì che non sarebbe finita tanto presto.
Si fece più vicina ad Ulquiorra, cercando di capire cosa fare, ma lui la scansò, bisbigliandole di schivare. Lei obbedì, ed esattamente dov’era prima il pavimento crollò, dopo che l’arma di Nnoitra era caduta lì.
« Tò, ma guarda un po’ chi c’è. » disse l’espada numero cinque. « Non abbiamo tempo per le visite di cortesia, mi spiace. Ripassa un’altra volta. »
Ulquiorra non rispose alla provocazione, mentre Grimmjow ringhiò contro i due appena arrivati.
« Oggi è proprio una giornata di merda. » disse sottovoce, ma tutti lo sentirono ugualmente.
Lo shinigami tatuato fece una constatazione, rimanendo serio in volto. « Devono essere arrivati i rinforzi. »
« Merda. » fece quello coi capelli argentati. « Non gli permetteremo di impicciarsi; abbiamo già un bel da fare con questi. Hisagi, cerca di distrarli. »
« Va bene, capitano Hitsugaya. »
Partirono immediatamente all’attacco, separandosi e puntando le spade contro il numero quattro e la sua fracciòn. Caliel posò la bambina a terra e si allontanò subito, trovandosi contro il tatuato. Accidenti, ora si mettevano ad attaccare anche se non facevi niente.
Inizialmente cercava solo di evitarlo, studiando le sue mosse. Era stato Ulquiorra a insegnarglielo; prima di attaccare, bisogna capire chi si ha di fronte, e trovare un punto debole. Se non lo si trova, almeno si ha un quadro della situazione.
Notando che se la stava cavando bene, Ulquiorra si concentrò sull’argentato che lo stava attaccando senza sosta. Era forte, a dispetto della statura. Combattevano alla pari, ma durò per poco; Grimmjow si mise presto in mezzo.
« Come ti permetti di ignorarci così, shinigami?! » gridò. Lo shinigami, chiamato Hitsugaya dall’altro, imprecò e cercò di evitare i colpi, lasciando momentaneamente in pace Ulquiorra, il quale tornò da Caliel e atterrò l’altro in poco tempo, cogliendolo di sorpresa.
Nnoitra osservava in silenzio e divertito, finché non buttò l’occhio sulla piccola Nel. Lei era spaventata e guardava tutto rabbrividendo. Aveva un che di familiare; l’espada ebbe come un déja vu.
« Quel teschio di ariete… Non può essere…! »
Decise di fare una prova. Creò un fasciò di luce, puntandolo addosso alla ragazzina e sparandolo a una velocità non indifferente.
Ulquiorra assistette alla scena, e pensò che Nnoitra doveva essere pazzo; perché sparare un Cero contro una bambina?
Caliel non avrebbe fatto in tempo a prenderla, era troppo lontana. Ma non ce ne fu bisogno; contro ogni aspettativa, la piccola riuscì non solo a deviare il Cero, quel raggio di luce che la ragazza non aveva mai visto prima, ma anche a ridarglielo con gli interessi. Infatti, ingoiò tutto quel potere, e lo sparò nuovamente dalla bocca più potente di prima, travolgendo in pieno Nnoitra.
Ulquiorra era sorpreso, ma si ricompose subito; i suoi sospetti stavano aumentando. Caliel, invece, non credeva ai suoi occhi.
Anche Grimmjow non ci credeva. « Chi diavolo è quella bambina?! »
Nnoitra era l’unico a ridere. « Questa tecnica la usa solo una persona. A quanto pare sei ancora viva, fottutissima puttana. » si avvicinò a Nel, e la riempì di calci.
Caliel non poteva sopportare quella visione. « Fermati, bastardo! »
Ma Nnoitra la ignorò, dando un calciò anche a lei, tornando poi su Nel.
« Tu devi essere pazzo! Come fai a prendere a calci una bambina? »
Ulquiorra si avvicinò al numero cinque, allontanandolo con una spinta. La ragazza sussultò contenta; dai, in fondo un cuore lo aveva anche lui.
O forse no; quando vide che prendeva per un braccio la bambina, e la lanciava contro un Nnoitra incavolato e pronto a tagliarle la testa, pensò che era addirittura più pazzo di quel portatore di ghigni malefici.
Ma quanto pare loro sapevano qualcosa su quella bambina che lei ignorava; attorno a lei si creò un polverone, da cui venne fuori non più la bambina indifesa che aveva incontrato, ma un avvenente donna dai lunghi e vaporosi capelli verdi, con un seno prosperoso, le vesti strappate e il teschio sulla testa più intatto di prima. E impugnava persino una spada.
Chi era quella?
« Come pensavo. » mormorò Ulquiorra. « Basta metterla in serio pericolo di vita per farla risvegliare. »
« Ulquiorra… Si può sapere cosa…? »
Lui si voltò verso la sua fracciòn, dando le dovute spiegazioni. « Lei non è una comune bambina. Diciamo che non è affatto una bambina. La donna che vedi adesso era un espada. »
Caliel ricominciò a guardare sorpresa la donna che era appena venuta fuori, e in particolare buttò l’occhio sulla sua schiena mezza nuda, coperta da uno straccio e dai capelli scompigliati. Capì che c’era tatuato qualcosa, ma non riuscì a leggere il numero.
« Halibel non è da moltissimo tempo che è con noi. Prima di lei c’era questa donna; Neliel Tu Oderschvank, la numero tre. »
La numero… Tre?!
« Ma allora come mai adesso è una bambina? E perché Halibel occupa il suo posto? »
« Ovviamente la conoscevo. » disse Ulquiorra. « Ma non ci siamo mai parlati granché, ma ricordo che non era certo un caso se era la numero tre. Non conosco i dettagli, ma improvvisamente sparì nel nulla. Aizen l’ha cercata dappertutto, ma non trovandola, la diede per morta, forse in qualche missione. Così Halibel, che era un arrancar con delle potenzialità molto vicine alle nostre, prese il suo posto. Se vuoi sapere come sono andate le cose, donna, chiedilo a Nnoitra; sembra che lui la conosca molto meglio di me. »
Nel, quella stessa Nel così innocente, era quindi un espada dalla forza non indifferente. Si girò lentamente verso Ulquiorra, ricordando vagamente il suo viso. Nnoitra invece rise.
« Però, sai parecchie cose sulla faccenda, Ulquiorra! E dire che ci eravamo mossi in segreto, io e Aporro. È vero, lei scomparve improvvisamente nel nulla, ma non per una missione; sono stato io a farla sparire! L’ho attirata in una trappola e bam! Le ho dato un colpo dritto sulla testa. Aporro mi ha aiutato nella trappola, la sopportava quanto me, questa stronza. Dopo quel colpo tremendo, divenne una bambina, ma non pensavo che sarebbe sopravvissuta. »
« Nnoitra Jiruga. » esordì Neliel. Lui fischiò, sempre col sorriso.
« A quanto pare ti ricordi ancora di me, eh? »
« Avevo ragione io; una bestia eri e una bestia rimani. Morirai come un miserabile di questo passo. »
L’espressione dell’espada cambiò, impugnando feroce la sua arma. « Noto che la tua lingua è sempre troppo lunga, troia; avrei dovuto tagliartela molto tempo fa. Sarò anche il numero cinque, ma non vuol dire che sia più debole di te. »
Nel diede uno sguardo a Caliel, sorridendole. « Va tutto bene. » disse, come per rassicurarla.
« Ma… »
« Ti ringrazio, Caliel. Davvero. » poi si rivolse ad Ulquiorra. « Ulquiorra Schiffer, vero? Sei sempre il numero quattro? »
Lui annuì; non pensava che se lo sarebbe ricordato.
« Ti ricordavo più basso… Comunque, grazie, anche a te. »
Lui sviò lo sguardo. « Non stare a pensarci. »
Neliel dedicò nuovamente la sua attenzione a Nnoitra, iniziando ad affrontarlo. Caliel rimase sorpresa nel vedere le sue capacità; riusciva ad essergli superiore sin da subito. A vederla così, era facile capire perché fosse la terza espada.
Ben presto gli shinigami tornarono ad attaccare, tutti contro tutti. Fu un combattimento che durò poco, in quanto l’arma di Nnoitra, simile a una falce, impediva gran parte dei movimenti di tutti quanti.
« Capitano Hitsugaya! » urlò lo shinigami tatuato, Hisagi. « La situazione adesso è troppo svantaggiosa per noi. »
« Lo vedo. » rispose il capitano. « Per adesso andiamocene da qui. Se anche ci seguissero, almeno saremo lontani da quella cosa. »
Come vide che i due si allontanavano, Grimmjow ringhiò, pronto ad inseguirli. Ma poi ci ripensò; vide che quella Neliel se la stava cavando davvero bene.
Si mise in mezzo, proprio quando Nnoitra la stava attaccando, e prese per un braccio la donna, portandola via.
« Tu verrai con me. » disse. « Credo che mi sarai utile per quei due shinigami. »
Neliel sbottò « Aspetta un momento! Tu chi saresti?! »
« Grimmjow Jaegerjaque, sesto espada. » rispose subito lui. « E visto che lo siamo entrambi, dovresti aiutarmi. Logico, no? Inoltre, non credo che tu voglia restare ancora con quel pezzente. »
Prima gli portava via la donna che voleva uccidere, poi gli dava pure del pezzente; Nnoitra era al limite della sopportazione.
« Grimmjow, mi hai davvero rotto i coglioni, ora! Quella donna è mia! »
Ma il sesto lo ignorò, portandosi via Neliel, davanti agli occhi infuriati del quinti e lo stupore della fracciòn del quarto.
« Ulquiorra… »
« Lascialo fare. Neliel Tu Oderschvank sa cavarsela da sola. »
Quando videro Nnoitra partire all’inseguimento dei due, decisero di levare le tende.
Caliel non seppe dire quanto durò la battaglia. I danni al palazzo erano stati notevoli. Morirono le fracciòn di diversi espada, moltissimi arrancar nella servitù, ma Aizen, Tousen e Gin non subirono nessun graffio. Halibel era rimasta ferita, mentre Aporro era quasi vicino alla morte. Grimmjow e Nnoitra erano tornati con diverse fratture. Di Neliel, nessuna traccia; persa un’altra volta.
Ulquiorra non accennò minimamente dell’ex terzo espada, così anche Caliel decise di mantenere il silenzio. Grimmjow disse di averla persa di vista durante la battaglia contro il capitano Hitsugaya, e anche Nnoitra l’aveva persa di vista a metà strada nell’inseguimento.
Quanto a Ichigo e soci, erano tornati a casa una volta visti i danni a diversi shinigami. Troppi feriti, secondo loro, e Orihime era fuori combattimento a causa delle mini bombe di Ulquiorra.
Si sarebbero rifatti vivi tra non molto, chissà. Comunque, sembrava essere tornato tutto come prima; ricostruivano in fretta, riassestavano tutto con precisione. Nessuno faceva parola con nessuno della faccenda. E lei si aggirava per i corridoi ad ammirare la foga con cui lavoravano tutti, per ricostruire ciò che avevano perso. Sembravano davvero degli esperti per quanto riguarda battaglie e perdite.
Quando tornò in camera, trovò Ulquiorra seduto sul divano, che stava lucidando la spada; era nera e sempre pulita, segno che Ulquiorra la controllava tutti i giorni.
« Murcielago, giusto? »
Lui annuì, continuando a lucidare. « Dovresti metterti a lucidare anche la tua. Sarà tutta sporca di sangue. »
« Bè, terrebbe fede al suo nome, no? » rispose lei ridacchiando. Ma notando il muso lungo dell’espada, si accomodò accanto a lui e gli chiese uno straccio, iniziando a pulire con zelo la sua Sangrienta.
« E’ da un po’ che Ichigo non si fa più vedere. »
Ulquiorra rimase in silenzio.
« E Orihime non ce la siamo ripresa. »
« Non è più necessaria per la causa di Aizen. Può anche morire, per quanto mi importi. »
Non gliele mandava certo a dire.
« Un po’ sono sollevata, sai? »
« Da cosa? »
« Orihime ha un potere notevole, sembrava indispensabile. Senza contare che Aizen era attratto anche fisicamente da lei. Aizen ha detto che sarò la tua fracciòn finché non lo vorrà, e sono ancora qui; non sono poi così inutile, vero? »
Ulquiorra rispose subito, senza pensarci. « No, non lo sei. » lei sorrise, e Ulquiorra pensò bene di levargli quella smorfia dalla faccia. « Ma sei sicura che sia un bene che Inoue Orihime non ci sia più? per il punto di vista sessuale, dico. »
Lei arrossì, e rispose. « Bè, mi dispiace per Aizen… »
« Quello che intendo è: non hai paura di rientrare nelle sue nuove preferenze? Stasera stessa potresti ritrovarti nel suo letto, ci hai pensato? »
Effettivamente no, non ci aveva minimamente pensato. E non si aspettava che proprio lui glielo avrebbe fatto notare. Rabbrividì, irrigidendosi, e tornando in silenzio a lucidare la spada, facendo terminare in quel modo la conversazione.
In seguito vennero chiamati da Aizen, tutti e due, facendo tirare alla ragazza un sospiro di sollievo.
« Caliel, ho saputo che te la sei cavata egregiamente in quest’ultima battaglia. »
« Grazie, signore. » fece un inchino.
« Avrai modo di migliorare ancora; la battaglia non è ancora finita. Ora ho una nuova missione per voi; dovrete tornare sul mondo degli esseri umani. Vi spiegherò tutto una volta lì, vi procurerò dei gigai fatti come si deve. Ulquiorra, so che avresti preferito andare da solo, ma lei era un essere umano; ti aiuterà ad ambientarti in fretta. »
Ulquiorra non fece nessuna obiezione, inchinandosi. « Lo farò, signore. »
Anche Caliel si inchinò nuovamente, e trasalì; sarebbe tornata sulla Terra. Ma per qualche strano motivo, non riusciva a piangere.

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@ Liar: Come al solito ti ringrazio per le recensioni! Per quanto riguarda quella fantomatica forza misteriosa, un po’ perché me ne ero dimenticata, un po’ perché non sapevo come integrarla in questa parentesi di Las Noches, non ho avuto occasione di parlarne, ma Ulquiorra tornerà a cercarla! ;)

Neme

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Capitolo 21
*** XXI - Cine y espìritu ***


Tornare a Seattle fu per Caliel un emozione strana, non proprio quella di una ragazza piena di nostalgia. Era ben consapevole del fatto che tanto non sarebbe tornato nulla come prima; doveva cambiare abitazione, spacciarsi per un’altra persona. Anche col gigai, i suoi occhi rimanevano color oro, ma non v’era più traccia del rosso intorno agli occhi, così come ad Ulquiorra erano sparite le righe verdi. Impensabile, inoltre, rimettere piede al Rocking Horse Cafè, così come ricominciare a frequentare le vecchie amicizie; tanto, era in missione, col cavolo che sarebbe riuscita a stringere qualche amicizia.
Ulquiorra si fece spiegare le cose base di una vita umana, tutt’altra cosa rispetto al cameriere che si era fatto spacciare. Falsificare un curriculum era roba da niente, ma stavolta erano in due, e dovevano restare per chissà quanti giorni; servivano documenti falsi, un’abitazione, dei vestiti. Dovevano somigliare in tutto e per tutto a una normale famigliola americana.
« A proposito; che raccontiamo in giro? »
Ulquiorra, senza esitazione, rispose. « Ci fingeremo fratelli, Ulquiorra e Caliel Schiffer, appena trasferiti qui dalla… » si zittì di colpo.
« Dalla? »
« Dalla… Geva… Geral… »
« Cosa vuoi dire…? »
« Un attimo e ci arrivo. Dalla… Gedaria. No, Gelalia. Gerania. »
« Vuoi dire Germania? »
« Sì, quella. »
« Okay. Allora siamo i fratelli Schiffer giunti qui da Berlino per studiare e cercare il fantomatico american dream. »
« Bellino? » fece Ulquiorra senza nessuna espressione rilevante.
« Berlino, Berlino. Comunque, perché proprio Germania? »
« Una volta hai detto che potrei venire dalla Germania. Un posto vale l’altro, ma se riusciamo a mischiarci con qualcosa tanto meglio. E che comportamenti hanno i germani? »
« Tedeschi, semmai. »
Ulquiorra rimase zitto per un bel po’. Ambientarsi nel mondo umano era proprio difficile. « Ma se si chiamano tedeschi, allora perché il posto si chiama Germania? »
« Uno di questi giorni te lo spiego. » rispose lei, quasi esasperata; era come insegnare a un bambino delle elementari la geografia.
Fu Caliel ad occuparsi della maggior parte delle faccende burocratiche. Fece in modo di far risultare Ulquiorra iscritto all’università, lei si iscrisse all’ultimo anno di un liceo diverso da quello che frequentava, trovò in poco tempo un piccolo appartamento abbastanza vecchio, ma in buone condizioni, in cui si doveva solo dare una mano di vernice. Per il lavoro, Ulquiorra lo trovò senza difficoltà, in un’agenzia di traslochi.; per fortuna imparava in fretta le cose. Caliel ne aveva trovato uno part time, in una sala giochi.
Nel giro di pochissimi giorni si erano già stabilizzati lì, e la serata trascorreva come una qualunque nella vita di un americano; guardando la tv. O meglio, lo stava facendo solo Ulquiorra, incuriosito dalle immagini di un gruppo di ragazzi che riempivano di botte altri uomini.
Quando Caliel tornò con la pizza appena ordinata, si accomodò sul divano, poco distante dal ragazzo.
« Cosa guardi di bello? » ma Ulquiorra era talmente preso da non risponderle. Ci arrivò da sola; Bastardi senza gloria.
« Ti piace? » chiese lei. Lui mosse di poco la testa in segno d’assenso, e poi le fece segno di stare zitta. A quanto pare ci stava piacendo un casino.
Poco dopo, Ulquiorra disse « Come mai questo Hitler è così odiato da tutti? »
Lei sbarrò di poco gli occhi, ma poi rispose tranquilla. « Ha ammazzato molta gente durante la guerra, e quando ha visto che le cose si erano messe male si è suicidato. »
« Chi ha ucciso? »
« Milioni di ebrei. »
« Capisco. » anche se non sapeva chi fossero gli ebrei. « Cos’è quel segno che hanno sulla fronte a quello? »
« E’ il simbolo che Hitler ha adottato per il nazismo. »
« Cos’è il nazismo? »
« Guarda il film e forse qualcosa capirai! » sbottò lei. Di spiegare storia, in quel momento, non gli andava proprio.
Quando finì il film, Ulquiorra non si mosse un secondo dal divano, guardando con attenzione persino i titoli di coda.
« Interessante. » disse infine. « Ma che lingua parlava quell’Hitler? »
« Tedesco, la lingua che parlano in Germania. »
« Capisco, quindi questa guerra è stata causata dalla Germania? »
« Bè, è stato Hitler la causa di tutto. Era un di quei pazzi sottovalutati, nessuno immaginava cosa volesse realmente fare. Mi vengono i brividi a pensare che abbia causato la morte di così tante persone, coinvolgendo tutta la Germania. »
« Quindi adesso tutti odiano la Germania? »
« Diciamo che ogni tanto gli fanno ricordare cos’hanno combinato; ma in fondo anche la Germania è stata una vittima. Non tutti erano d’accordo col nazismo, e sono morti anche un sacco di tedeschi, per non parlare del muro. »
« Di che muro parli? »
« Domani ti noleggio un film sul muro. » finì il suo trancio di pizza svogliatamente.
Ulquiorra, dopo un attimo di riflessione passato in silenzio, disse « E poi accusi noi arrancar di non avere un cuore. Pare che in guerra non ci siano poi tutte queste differenze. »
Caliel non immaginava che un film del genere gli avrebbe suscitato tante curiosità e tanti pensieri; come se improvvisamente avesse trovato qualcosa di interessante negli umani. Peccato che era la guerra.
« Guarda che a nessun umano fa piacere ricordarlo. » spense la tv. « Cambiando argomento; come mai Aizen ci ha mandati quaggiù? »

« C’era una cosa lasciata in sospeso qui. »
« Cioè? »
« Mettiamola così; tu non eri l’unica che stavo cercando. »
Quando i due partirono per Seattle, Aizen aveva dato ad Ulquiorra un oggetto con cui poteva tenersi in contatto, tramite uno strano sistema elaborato da Aporro, che però si mostrava efficace. La missione era semplice; quando Ulquiorra trovò Wendy, anzi, Caliel, c’era anche un’altra forza, non indifferente, che però era più sfuggente della sabbia sulle dita. Dovevano scoprire chi era e, a seconda della natura di tale potere, farselo alleato o ucciderlo. Non erano costretti ad andare a fare rapporto ogni tot di giorni, grazie a quell’aggeggio, che Ulquiorra custodiva come un diamante.
« Capisco. » disse Caliel sbadigliando. « Ora è tardi, immagino che cominceremo domani. Vado a letto. »
Il mattino dopo, quando caliel si svegliò per andare a scuola, non trovò Ulquiorra. Chissà dove era andato alle sette di mattina. Girò per casa da sola, rendendosi conto solo in quel momento di essere tornata a fare una vita quasi umana. Una cucina, un letto, un tostapane in funzione, il latte scaldato con un frullato vicino o un succo, e tante fette di pane su cui era stata spalmata sopra la marmellata. E sul fornello il bacon, le uova. Una colazione così non l’aveva più vista a Las Noches. Sentire di nuovo il profumo dei libri di scuola fu strano, così come guardarsi a uno specchio di un comune bagno e vedere sull’addome non c’era più il buco di un arrancar. Aizen aveva ricreato un’illusione e gliel’aveva servita su un piatto d’argento, per i suoi comodi. Non provava rabbia nel pensarci; ormai lei era Caliel Lenain Khethel, e comunque, la missione non sembrava andare così male, se mischiarsi alla folla lo si prendeva come un divertimento.
Stava per uscire, quando notò un foglietto giallo attaccato al frigorifero; un scrittura spigolosa e allungata le lasciava un messaggio.

Ieri notte ho visto in tv che quando si vuole lasciare un messaggio, gli umani lo fanno così. Quindi ti dico che non ci sono, ma non dovrei metterci molto. Ricordati di prendermi quel… Film?
E in basso c’era una firma di Ulquiorra. Caliel rise a crepapelle, prendendo in fretta il diario e mettendo quel foglietto tra le pagine, più precisamente a quel giorno; un gesto del genere passava alla storia. E sì, gli avrebbe preso quel film.
Tornare a studiare come un umano fu più difficile del previsto, senza contare che si era completamente dimenticata della mensa, e quindi del pranzo a scuola; Ulquiorra era già tornato a casa? Dubitava fortemente che fosse andato all’università; quando lei gli disse che non c’era l’obbligo di andarci tutti i giorni, doveva averla proprio presa alla lettera, e forse non aveva neanche assimilato il concetto di esami e di laurea.
Appena uscì da scuola si precipitò a un videonoleggio, ma gli unici film che trovava sul muro di Berlino erano tutti vecchi, anni sessanta o settanta. Ne prese uno a caso e tornò a casa alla svelta, ma Ulquiorra non era ancora tornato. E, visto che doveva andare a lavorare, fu lei stavolta a lasciargli un biglietto.

Sono andata a lavorare. Ti ho preso il film, ma sarai in grado di accendere una tv da solo?
Tutto sommato, era una missione che non le stava affatto stretta. Quando si ricordò del perché era lì.
Chissà se anche Ulquiorra stava percependo quello che sentiva lei. Non se ne era mai accorta prima, ma capì che era parecchio distante. Un potere spirituale altissimo, che la fece bloccare coi brividi per strada.
Sparì dopo qualche secondo. Ecco di cosa parlava Ulquiorra?
Peccato che le aveva lasciato una brutta sensazione addosso.
« L’ho sentita. » mormorò Ulquiorra; anche lui camminava per strada, ma sentiva che era distante. Sorrise comunque; era ancora a Seattle, e questo significava che non era tornato lì per niente.
Riprese a camminare, nella direzione in cui aveva sentito quella forza; anche se era distante e se ne era andata subito, era meglio andare a controllare.

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Mi diverto un casino a inserire personaggi come Ulquiorra in contesti così inusuali! Mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo e spero che vi piaccia.
Grazie ancora a Liar per le recensioni, e a Ciuly e KaySted per aver aggiunto la fan fiction tra le seguite!
E grazie a tutti quelli che leggono la mia storia! Ci vediamo al prossimo!

Neme

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Capitolo 22
*** XXII - Suplente vidas ***


Era passata una settimana, senza aver ricavato nulla di interessante; sia Ulquiorra che Caliel percepivano quella forza sconosciuta ma o arrivavano troppo tardi sul posto, o spariva subito, senza lasciar modo di far capire dove fosse. Aizen si mostrava paziente, ma per entrambi era snervante stare appresso a una cosa simile.
Per il resto, la loro “altra vita” si mostrava tranquilla, agli occhi degli altri; Caliel aveva già stretto amicizia con dei compagni di scuola, ogni tanto usciva con loro, approfittandone per guardarsi intorno. Ulquiorra lavorava, di università non se ne parlava affatto, ma ogni giorno tornava a casa con un dvd diverso noleggiato o acquistato, oppure mandava Caliel a prenderne qualcuno. Si era fatto spiegare subito come usare la carta per noleggiarli, e in poco tempo il salotto di casa si era riempito di dvd. All’inizio prendeva solo film di vecchia data o ambientata negli anni della seconda guerra mondiale; poi, pian piano, iniziò a guardarsi i più svariati generi. Caliel era intenerita da quella passione che era sbocciata in lui per il cinema, ma lui negava sempre, dicendo che servivano per documentarsi sulla vita terrena e assimilare i loro comportamenti. Effettivamente ci stava riuscendo alla grande, era impressionante come potesse imparare in fretta solo guardando film. Ma Caliel pensò che era semplicemente troppo orgoglioso per ammettere che qualche interesse l’aveva trovato; lo aveva sempre visto indifferente a tutto, sempre ubbidiente ad Aizen, senza sentimenti, e senza qualcosa che potesse smuoverlo. Lui non sembrava soffrire di quella situazione, ma per la sua fracciòn era un peccato vederlo sempre per i fatti suoi. Almeno, con la scusa di un film, riuscivano a parlare di più.
Inoltre, la notte era dedicata agli allenamenti. Ulquiorra le aveva infatti spiegato che c’era ancora molto da lavorare. Aizen puntava molto su di lei. Approfondì anche qualche spiegazione sugli shinigami, per esempio sull’utilizzo delle loro spade e sul bankai; che gli shinigami potevano far mutare le spade in qualcos’altro, e che col bankai raggiungevano un livello di potenza molto alto. Anche gli arrancar potevano fare una cosa simile, con un processo chiamato resurreciòn, ma che, a differenza degli shinigami, non facevano mutare la spada, bensì si trasformavano direttamente loro.
« Quanti shinigami sono in grado di fare questo bankai? » chiese Caliel.
« Tutti i capitani sono in grado di farlo, e con ogni probabilità anche i rispettivi luogotenenti. Forse anche qualche normale shinigami. Anche Kurosaki Ichigo è in grado di raggiungerlo. »
« E per gli espada? »
« Lo sappiamo fare tutti. »
« E io… Posso raggiungere questa resurreciòn? »
« Non è un’impresa impossibile. D’ora in poi ci concentreremo su quello, e ti allenerò per farti aumentare velocità e precisione. Cominciamo subito; prendi la tua spada, e cerca di accendere le candele che ho sistemato. »
« Con la spada? »
« Se riesci a provocare scosse e ustioni anche con la spada, non vedo perché non dovresti pilotare i tuoi poteri in modo da indirizzarli su un oggetto preciso. »
Caliel ci provò, ma anche mettendoci tutta la concentrazione possibile, finiva per distruggere le candele. Era difficile, ed esagerava nel bilanciare il suo potere.
« E’ troppo piccola una candela… »
« Non stare a lamentarti. » ordinò Ulquiorra. « Riprovaci. »
Per un paio di notti l’allenamento non diede i frutti sperati, ma Ulquiorra non mostrava fretta, anche se l’allenava anche a orari massacranti, dimenticando completamente che la ragazza si era iscritta al liceo. E quel giorno, a causa delle tre del mattino che le aveva fatto fare, arrivò in ritardo a scuola.
« Come mai in ritardo, signorina Schiffer? » la sua professoressa di letteratura, come al solito, si mostrò minacciosa e scontrosa.
« Mi scusi. » rispose rispettosa Caliel. « La sveglia mi ha dato qualche problema… »
Per il resto, la giornata si era svolta come una qualunque.
« Caliel, ti ricordi della ricerca di scienze di oggi, vero? » chiese la sua amica alla fine delle lezioni; si chiamava Phoebe ed era stata la prima con cui aveva stretto amicizia. Era una ragazza solare e disponibile.
« Certo, certo. Facciamo a casa tua? »
« Oggi non è proprio possibile, stiamo ristrutturando casa; ti dispiace se facciamo a casa tua? Visto che non hai il computer, porto il mio portatile, avverto anche gli altri. »
Con un po’ di imbarazzo Caliel accetto; dopo tanto tempo, riceveva degli ospiti a casa. Avrebbe cucinato lei per loro, Ulquiorra non era nemmeno a casa all’ora di pranzo.
« E’ un bel posto! » esclamò un’altra sua amica, Sharon. « Hai detto di averla ristrutturata? Hai fatto un bel lavoro! »
Caliel arrossì, e fece accomodare tutti in cucina, sistemando subito la tavola per cinque persone. Si rimboccò le maniche e disse. « Cosa preferiscono gli ospiti? Carne? Pesce? Pasta? »
« Cucini tu? E i tuoi genitori? »
Non aveva proprio pensato a cosa dire. l’unica scusa plausibile che trovò fu « Sono morti anni fa. »
I suoi amici si mostrarono dispiaciuti, chiedendo scusa, poi chiesero. « Allora come fai? »
« Vivo con mio fratello. Tra poco tornerà. »
Infatti, mentre erano nel bel mezzo della ricerca, Ulquiorra tornò a casa, vestito con dei jeans neri e una maglietta bianca che gli facevano indossare per il lavoro. Non si aspettava tutta quella gente, e restò a fissare gli ospiti per un po’; ricambiato, considerato che gli amici di Caliel non la piantavano di fissarlo.
« Oh, fratellone! » disse sbrigativa « Bentornato! Ti presento Sharon, Phoebe, Kurt, Phil e Mandy. Stiamo facendo una ricerca insieme. » poi presentò il ragazzo ai suoi amici. « Lui è… Mio fratello; Ulquiorra. »
Quando i ragazzi lo salutarono, Ulquiorra capì che doveva mostrarsi cordiale con loro. Si avvicinò e strinse la mano a tutti, sbalordendo Caliel.
« E’ un piacere conoscervi. » diceva, mostrando un tenue sorriso. « Visto che avete da fare, tolgo il disturbo. Fate come se foste a casa vostra. »
Non appena andò al piano di sopra, la ragazza chiamata Mandy, la più giovane e sicuramente scapestrata del gruppetto, disse con espressione avida. « Oh, bontà divina, che gioia per i miei occhi! Caliel, perché non ci hai detto prima di avere un fratello così divinamente figo? »
« Eh?! » la ragazza trattenne a stento una risata. « Dici? Ma guarda che il suo carattere è stranissimo… »
« Mi auguro che non sia già impegnato! » rispose l’amica senza staccare gli occhi dalle scale su cui era salito l’espada.
« Credo che sia meglio riprendere la ricerca. » fece una risatina e riprese i libri. « Tanto abbiamo quasi finito. »
Ma tornò improvvisamente seria, alzandosi di scatto dalla sedia e dirigendosi verso la finestra, scostando di poco la tenda. C’era qualcuno, nell’abitazione vicina, o meglio, stava arrivando. E non era quella forza che stava cercando, bensì qualcos’altro; era tremendamente forte, e Caliel non voleva credere ai suoi occhi quando lo vide.
Fece un urlo, fermandosi subito mettendo una mano davanti alla bocca. I suoi amici, sorpresi, chiesero cosa avesse, ma lei sviò subito, dicendo che c’era un insetto.
E invece altro che insetto; Kenpachi Zaraki era là vicino, con Yachiru e altre due persone che non aveva mai visto, un pelato e un ragazzo coi capelli a caschetto e delle piume attaccate su un occhio. Sì, proprio piume.
Erano vestiti come dei normali esseri umani, e parlavano con un signore basso e cicciottello, tutti sorridenti, soprattutto Yachiru. Ciò significava che tutti potevano vederli, e che quindi anche loro avevano preso dei gigai. Sembrava che avessero appena acquistato casa. Vicino alla sua.
Con la scusa di andare in bagno si precipitò al piano di sopra, verso la stanza di Ulquiorra, ma lo incontrò proprio mentre questi stava uscendo.
« Ulquiorra! Fuori… »
« Lo so. » rispose secco lui.
« Sono venuti senz’altro per noi. »
« Già. Devono essere scappate delle informazioni, a Las Noches. »
« Che facciamo? »
« Ora come ora non possiamo fare niente. Ora scendiamo e facciamo finta di niente. » disse lui scendendo le scale; sembrava molto sicuro di sé, eppure Caliel non riusciva a stare tranquilla.
Perlomeno, aveva ospiti in quel momento, quindi nessuno avrebbe messo in pericolo la vita di estranei. Almeno su quello poteva stare tranquilla, anche se Mandy stava per avere un infarto alla vista di Ulquiorra che, indifferente, andava verso la porta. Caliel sussultò; sicuramente stava uscendo per andare da loro.
« Fermati! » disse, bloccandolo davanti alla porta. « Cosa vuoi fare? »
« Vado a salutare i nostri nuovi vicini, come farebbe un qualunque essere umano. »
Caliel non credette alle sue orecchie, e fece una faccia abbastanza perplessa. Chiese « In che film l’hai visto…? »
« Una scatenata dozzina. »
La ragazza sospirò. D’accordo documentarsi, ma imitarli in tutto e per tutto lo rendeva quasi incosciente. « Per una volta comportiamoci da persone maleducate. »
« Tanto verrebbero loro a salutarci. »
« Non voglio sapere in che film l’hai sentita questa. »
Quando suonarono al campanello, il terrore di Caliel si fece irrefrenabile. Ecco, erano venuti a trucidarli. O forse no; dopotutto c’erano degli umani in casa, e poi Ulquiorra non era certo il primo spadaccino che capitava per strada. Lasciò che Ulquiorra aprisse la porta, mostrando la figura di circa due metri di Zaraki, in camicia e jeans, con Yachiru sulle spalle, vestita come una bambina delle elementari, il pelato e l’altro al suo fianco, vestiti normalmente. Tutti sorridenti, e non lasciarono ad Ulquiorra il tempo di parlare.

« Salve. » disse Zaraki col suo ghigno. Sapeva benissimo che non stava parlando con uno qualunque, ma aveva capito che c’erano degli estranei in casa. Dovette recitare la parte del cordiale. « Siamo i nuovi vicini. Io sono Kenpachi e questi sono i miei figli. Ragazzi, codice d’onore; presentazione. »
I due ragazzi si inchinarono, ricomponendosi in un secondo.
« Ikkaku. Molto piacere. » disse il pelato.
« Yumichika. » rispose l’altro.
« Io sono Yachiru! Tanto piacere! »
Caliel fece un sorriso sforzatissimo, mentre Ulquiorra si mostrò tranquillo e gestì perfettamente la situazione.
« Siete giapponesi? »
La risposta che avrebbe voluto dare Kenpachi era « Secondo te, sottospecie di scheletro umanizzato? »; ma Yumichika decise di sfoggiare la sua cortesia, scostandosi i capelli di cui andava tanto fiero.
« La nostra fisionomia a quanto pare si fa riconoscere in ogni dove. Ebbene sì, lo siamo; ci siamo appena trasferiti. »
« Capisco. » rispose Ulquiorra. Nel frattempo si era imparato qualcosa di geografia, e almeno sapeva cos’era il Giappone. «Anche noi siamo qui da poco, veniamo dalla Germania. »
« Perfetto. » disse Kenpachi. « Credo che andremo d’accordo. »
« Sicuramente. » rispose Ulquiorra, ma era evidente che si auguravano la morte a vicenda.
Come si aspettava l’espada, la pseudo famigliola giapponese levò le tende dopo le presentazioni, impossibilitati ad attaccare con degli esseri umani in casa. Caliel tirò un sospiro di sollievo, mentre Ulquiorra se ne tornò in camera sua, rimuginando per fatti suoi.
Nel tardo pomeriggio se ne andarono anche gli amici di Caliel; in particolare, Mandy si raccomandava di mandare i suoi saluti al fratello della sua amica. Quella ragazza era uno spasso, pensò Caliel.
Passò tutto il resto della giornata a osservare dalla finestra i nuovi vicini; stavano sistemando degli scatoloni, proprio come una qualunque famiglia. A parte Yachiru, avevano tutti un potere spirituale notevole. Dovevano aver mandato le persone migliori.
« Vuoi piantarla di spiare? » fece Ulquiorra, appena scese le scale.
« Non sei minimamente preoccupato? »
« Non servirebbe a niente. piuttosto, pensa al perché sono venuti qui; forse anche loro sono venuti a sapere di questa forza che stiamo cercando, e vogliono trovarla prima di noi per farselo alleato o, all’occorrenza, ucciderla, proprio come facciamo noi. Se le cose stanno così, non ci uccideranno, ma cercheranno di prendersi il prima possibile quello che vogliamo. »
« E se non fossero venuti per questa forza? »
« Se fossero venuti esclusivamente per noi, ci avrebbero già ammazzato quando sono venuti a presentarsi, o appena siamo stati soli. Se non sono ancora venuti, vuol dire che non hanno motivo di ucciderci, per ora. »
« Per ora… »
Ulquiorra restò a osservarla impassibile, per poi dire. « Hai paura? »
Lei non rispose. Un po’, effettivamente, ne aveva, ma non si poteva permettere di manifestarlo.
« Nell’Hueco Mundo sembravi più coraggiosa. Rifletti; hai affrontato degli shinigami. E poi ricordati che Grimmjow è stato il tuo maestro. »
Lei si voltò verso di lui, perplessa. « Sembra quasi che ora tu lo stia adulando. »
« Sto solo dicendo che hai affrontato cose ben peggiori di un gruppetto di shinigami che si finge nostro amico. »
Ulquiorra poi sparì in salotto, intento a vedere un altro film che aveva acquistato dopo il lavoro, mentre Caliel chiuse le tende, ma rimase ancora accanto alla finestra a pensare. Era vero, Grimmjow era stato il suo maestro per un po’, e ora era sotto le cure di Ulquiorra. Aveva scelto spontaneamente di diventare un arrancar, aveva affrontato gli shinigami, aveva impugnato una spada e corso pericoli per portare in salvo l’espada che Aizen aveva scelto per lei.
Caliel era la fracciòn di Ulquiorra. Aizen si aspettava molto da lei.
Non doveva farsi influenzare dalla presenza di Zaraki, anche se quel sorriso le metteva sempre soggezione.
Forse Orihime era tornata in Giappone, al fianco di Kurosaki, e aspettava il momento buono per tornare all’attacco.
Se ci riusciva Orihime, poteva benissimo riuscirci anche lei.
Nessuna distrazione, da quel momento, nessuna influenza; così aveva deciso, tornando in salotto dove il film era già iniziato da un pezzo.

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@ Liar: Grazi mille, sono contenta che Ulquiorra e Caliel ti piacciano! ^^

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Capitolo 23
*** XXIII - Rivelaciòn ***


« Stiamo facendo progressi; perlomeno le candele le bruci solo a metà. »
Se quello poteva essere definito un progresso, allora Caliel non si poteva di certo lamentare. Però pensava che non era una buona idea continuare ad allenarsi con quei vicini; già si sentiva abbastanza il potere spirituale, non era proprio il caso di mettersi a spegnere candele con una spada, pensava. Ma Ulquiorra insisteva a dire che faceva differenza.
Quel giorno la cosa che stavano cercando si faceva sentire più spesso, e a volte era molto vicina; Ulquiorra non poteva spostarsi al lavoro, ma quel giorno Caliel non aveva scuola.
Passò un’intera giornata a passeggiare; su, giù, su, giù, dentro e fuori i negozi, entrando e uscendo dai bar.
Stanca di gironzolare a vuoto, si sedette su una panchina, nel parco, con un’aranciata in mano. Sospirò, amareggiata; brutto dare la caccia a qualcosa che non si sa neanche cos’è.
Ma la sua attenzione poi si rivolse a un ragazzino, che riconobbe subito, anche se i capelli erano cresciuti di poco e portava un cappello da baseball; giocava a pallone coi suoi amichetti.
Suo fratello, quello di cui si era sempre occupata, quello che la chiamava sempre “sorellona Wendy”, era a pochi metri da lei.
Caliel restò per diverso tempo a guardare quella figurina, legandosi i capelli in una lunga coda e svagando prendendo un libro dalla borsa, per evitare di farsi riconoscere; anche se con quegli occhi, così insoliti, dubitava fortemente che qualcuno potesse paragonarla a quella che fu Wendy Stephenson.
Poco più in là, poi, su una panchina, seduti esattamente come lei, c’erano due persone adulte; una era sua madre, quella che si lamentava col padre delle mancate carezze. Ora era seduta con un uomo che Caliel non aveva mai visto, ben vestita e sorridente, abbracciata a quello che evidentemente era il nuovo compagno.
Non c’era nulla, invece, che facesse ricondurre al padre; con ogni probabilità era andato via per sempre.
Sospirò ancora, facendosi scappare un sorriso intenerito nei confronti del fratello; poi scosse il capo, ricomponendosi. Ma come? Lei era diventata l’arrancar Caliel Lenain Khethel, non poteva più concedersi quelle smancerie! Rabbrividì, rendendosi conto di aver pensato più o meno allo stesso modo di Ulquiorra, e degli espada in generale. Ma lei non aveva dimenticato la sua vita precedente; un po’ della vecchia Wendy era inevitabilmente rimasto in lei.
Talmente presa dai suoi pensieri, non si accorge che un ragazzo si accomodava accanto a lei, attaccando bottone.
« Ah, che meravigliosa giornata! » disse.
Caliel trattenne a stento un urlo; Yumichika le sorrideva con un’inquietante naturalezza, salutandola con un gesto della mano.
« Che strana ironia della sorte incontrarci qui, non è vero? »
« Già… » rispose lei con imbarazzo.
« Stavo passeggiando per i fatti miei, quando ti ho vista e ho pensato; perché confondermi con quella marmaglia se posso condividere la mia bellezza con un qualcosa di altrettanto bello? »
Doveva essere un complimento… Oppure no?
Caliel, comunque, era pronta a scommettere che la stesse prendendo in giro e che non era venuto lì casualmente, bensì con lo scopo preciso di pedinarla e controllare i suoi movimenti.
E Ulquiorra nemmeno c’era; pazienza, pensò. Sapeva cavarsela benissimo anche da sola. Perlomeno non si trovava faccia a faccia con Zaraki, ma con un ragazzo all’apparenza innocuo. All’apparenza.
Dato l’imbarazzo della ragazza, Yumichika, con un sorriso, continuò i suoi discorsi. « Sai, sono contento che la mia famiglia abbia deciso di trasferirsi vicino alla tua abitazione. »
« Ah, sì? Bè, mi fa piacere. »
« Tu e tuo fratello vivete da soli? »
« Sì. »
« Caspita, dev’essere faticoso. Immagino che lavoriate tutti e due. »
« E studiamo. Sì. »
« Come pensavo, siete delle persone davvero in gamba. »
« Grazie. »
« Anche mio padre ti trova una persona carinissima. »
Caliel lo interpretò come un “Zaraki non vede l’ora di squartarti”, ma sorrise e stette al gioco. « Ha la faccia un po’ burbera, ma credo che sia un angioletto, vostro padre. Basti vedere che è nata una come yachiru. »
Yumichika irrigidì un po’ il sorriso, Caliel, tra sé e sé, se la rideva; evidentemente Yumichika aveva colto il messaggio cattivello in cui accusava quegli omaccioni di essere del tutto rozzi.
« La mia sorellina, modestamente, ha preso tutto dal sottoscritto. »
« Non ne dubito, ma credo che anche vostra madre ci abbia messo del suo. »
« Ne dubito; nostra madre è morta dopo la nascita di Yachiru. »
Bugia, proprio come quella detta da Caliel ai suoi amici. Era inevitabile, d’altronde. Comunque, Yumichika sembrava cercarle tutte per vantarsi anche solo un po’ con lei.
Il discorso stava stuzzicando la voglia di affrontare quel narcisista, quando entrambi girarono la testa a destra. Il fatto che anche Yumichika l’avesse fatto, diede a Caliel la conferma che anche lui poteva sentire quella forza, e che evidentemente era sulle sue tracce.
Caliel si alzò sbrigativa dalla panchina e disse. « Mi piacerebbe restare a chiacchierare con te, ma ho un impegno urgente. Ci vediamo, Yumichika. »
« Ti accompagno. » rispose lui alzandosi. « Un bel giovane come me ha l’obbligo di accompagnare una bella signorina. »
Come no; stava cogliendo la palla al balzo per accodarsi a lei.
« Ma no, non ti disturbare! Va tutto… » il cuore sembrò scoppiarle all’improvviso, come se qualcosa, o qualcuno, fosse entrato in lei e le avesse strappato il cuore. Trattenne il respiro per un po’, voltandosi di qua e di là; comprese in un istante che non c’era un secondo da perdere.
« Devo andare, ciao ciao! » e subito si voltò, correndo a perdifiato. Non aveva calcolato, però, che Yumichika l’avrebbe seguita a ruota. La ragazza imprecò senza farsi vedere, e cercò di seminarlo, anche se con quel gigai non poteva fare molto.
E lui si ostinava a seguirla; era inutile far finta di nulla.
« Cosa accidenti vuoi da me, shinigami?! »
Yumichika la guardò sorpreso, ma poi sorrise. « Allora, oltre ad essere carina, hai anche un certo intuito. Mi piaci sempre di più. » allungando di poco il passo la raggiunse. « D’altronde, devi aver riconosciuto il capitano Zaraki e il luogotenente Yachiru, e hai fatto due più due. » la prese per un braccio, costringendola a bloccarsi. « Yumichika Ayasegawa, quinto seggio dell’undicesima divisione del Gotei 13, sotto il comando di Zaraki Kenpachi. » sorrise, inchinandosi. « E tu devi essere Caliel Lenain Khethel, fracciòn dell’espada numero quattro Ulquiorra Schiffer. »
« Ne hai fatte di ricerche sul mio conto, eh! »
« Quel tanto che serviva per ritrovarti. E, purtroppo per te, hanno mandato proprio noi dell’undicesima, la divisione più forte. Ma non credo che sarà necessario combattere con te; se sei intelligente, oltre che bella, non ci sarà bisogno di deturparti quel bel faccino. Mi dispiacerebbe molto, sai? E poi, non potrei, finché ho questo gigai; le regole della Soul Society mi impediscono di portare armi vere. »
Buon per Caliel; nemmeno lei aveva Sangrienta a portata di mano. Ma stava solo perdendo tempo, parlando con lui. Doveva trovare una scappatoia.
« Visto che hai capito la mia natura, avrai anche compreso che posso sentire quello che senti tu. » come c’era da aspettarsi, si disse la ragazza. « Ma non dirmi che stai sul serio pensando di seminarmi e raggiungere quella cosa, vero? Di qualunque cosa si tratti, se ne occuperà Ikkaku; voi arrancar non potete fare proprio niente, finché ci saremo noi shinigami. »
Accidenti, si era completamente dimenticata del pelato! E sicuramente Yachiru e Zaraki non erano rimasti con le mani in mano.
O forse… Come aveva fatto a non pensarci prima?
Ulquiorra!
Lui si trovava al lavoro, con degli scatoloni in mano; sentiva più e più volte quel potere che tanto stava cercando, ed era frustrante per lui non potersi spostare, ma cercava di mantenere la calma.
Anche perché sentiva la presenza di Kenpachi Zaraki avvicinarsi, a gran velocità.
Senza farsi vedere, prese dalla tasca una pasticca e la ingoiò; subito dopo, la sua anima si staccò dal corpo, rivelando ciò che è in realtà, l’espada Ulquiorra Schiffer, con la maschera sulla testa, le vesti bianche e la spada sempre a portata di mano. Il corpo cadde a terra, spaventando tutti.
« Schiffer, che ti prende? »
« E’ svenuto! »
« Schiffer! Non scherzare! »
Ignorò presto tutte quelle persone, preparandosi a quell’incontro che non sarebbe stato certo amichevole. E ora che ci ripensava, quella pasticca, in grado di staccare l’anima dal gigai, non l’aveva data a Caliel.
Ma non aveva tempo per pensarci.
« Eccoti qua, espada! » Zaraki si parò davanti a lui, con Yachiru sulle spalle, come al solito. « Vedo che ti sei preparato. »
« Come avrei potuto non avvertire la tua anima ingombrante? » disse Ulquiorra in tutta risposta.
Zaraki rise e prese la spada, facendo scendere dalla spalla Yachiru. « Sei spiritoso… Mi piaci. Come hai detto che ti chiami? »
« Non c’è ragione per cui io te lo ricordi, shinigami. » tolse la spada dal fodero. « Sarebbe meglio se quella spazzatura se ne andasse il più lontano possibile da qui. »
Zaraki si fece serio, mentre Yachiru, sorpresa, disse. « Eh? Ce l’ha con me? »
« Sai che hai ragione, espada? » fece Zaraki. Ulquiorra se lo trovò ben presto alle costole, a dover fronteggiare la sua spada. « Non mi serve a niente ricordare il nome di una feccia come te. »
Ulquiorra sbuffò, respingendo l’attacco. « Parla pure quanto vuoi. »
Un susseguirsi di rumori si fece strada nelle orecchie di Caliel e Yumichika, ed era sicura che anche Ulquiorra l’avesse sentito; veniva da poco più lontano di dove si trovava lei; evidentemente Ikkaku, il pelato, ci stava dando dentro. L’aveva forse trovata?
« Pare che Ikkaku l’abbia trovata. » disse Yumichika.
Caliel ignorò lo shinigami e iniziò a correre più veloce che poteva, ma Yumichika si parò ancora una volta davanti.
« Che peccato, eh? » disse sorridendo. « Però devo ammettere che sei uno schianto anche quando sei spaventata. »
Se solo avesse avuto la sua spada tra le mani… Anzi, no; doveva concentrarsi. Ulquiorra le aveva insegnato comunque qualche tecnica di combattimento, e soprattutto a essere più scaltra. E poi, Grimmjow, lui era quello che aveva insistito di più nel farle aumentare velocità e resistenza.

« Vuoi piantarla con quella difesa?! Cerca un punto scoperto! »

Sì… Maestro.

Caliel sorprese Yumichika con delle arti marziali imparate da Ulquiorra, per poi aggrapparsi alle sue spalle e trovare l’occasione perfetta per saltare sopra di lui e scaraventarlo a terra; poi ricominciò la corsa, prendendo delle stradine che avrebbero allungato il percorso ma lo avrebbero confuso di pi.
« Merda… Me l’ha fatta! » disse Yumichika, inseguendola.
Quando Caliel arrivò, si trovò come paralizzata dal terrore.
Ikkaku era insanguinato, e a fatica teneva la sua spada.
Ma ciò che aveva di fronte era quasi irreale, inconcepibile alla sua vista.
Era davvero quello ciò che Ulquiorra cercava?
Non era uno shinigami, tantomeno un hollow. Era un ragazzo; bianco, vestito di bianco e con uno sguardo gentile, dagli occhi chiarissimi e quasi trasparenti, come diamanti. I capelli ricordavano un po’ quelli di Ichigo, ma erano più lunghi. A differenza di Ikkaku, non aveva un graffio.
Istintivamente Caliel disse. « Ma tu… Chi sei…? »
Lui la sentì, sorridendo gentilmente. « Alla fine mi avete trovato. » la sua voce riecheggiava, ed era stanca e dolce. « Non essere spaventata, arrancar; non ho intenzione di ucciderti, né di combattere. Altrimenti ci sarebbero altri inutili spargimenti di sangue. »
Ulquiorra si voltò nuovamente; c’era qualcosa di nuovo. Caliel era in pericolo, e non solo lei; era finalmente entrata in contatto con quella cosa. Si pulì la bocca insanguinata col manico, e diede un ultimo sguardo a Zaraki, insanguinato anche lui.
Senza dire niente, gli diede le spalle e spiccò il volo, verso Caliel. Era sicuro che Zaraki l’avrebbe inseguito, ma non per ucciderlo; il suo viso era preoccupato, come quello di un comandante che sentiva che un suo sottoposto stava morendo.
« Cos’è… Quello? » disse Yumichika, appena arrivato. Anche se in quel momento non stava mostrando il suo potere spirituale, incuteva comunque terrore. Bastava vedere com’era ridotto Ikkaku.
« Non avvicinarti, Yumichika! » gridò il pelato. « Non attaccarlo, per ora. »
Lui sorrise, compiaciuto di quella constatazione. Poi tornò da Caliel, trovandosi a un centimetro dal suo viso.
« Non essere ancora spaventata. Vedi? Sono inoffensivo, ora. Ti chiedo solo un favore; statemi lontani. Tutti quanti voi. Riferiscilo ad Aizen. »
Sapeva di Aizen. Come era possibile?
Caliel si fece coraggio, strinse le mani sui pantaloni e disse con voce flebile. « Non posso. Aizen mi ha ordinato di trovarti. »
Quel ragazzo, con viso innocente, disse. « Allora ti devo uccidere. Mi dispiace. »
La sua spada era già in alto, pronto a troncare la testa della ragazza, che serrò gli occhi. Ma in quel momento arrivò Ulquiorra, che allontanò quel ragazzo. Caliel, quando aprì gli occhi, sembrò non riconoscerlo; era diverso. La maschera era integra, i vestiti erano diversi, i capelli più lunghi, e soprattutto, aveva delle grosse ali nere dietro la schiena, come quelle di un pipistrello.
« Ul… Ulquiorra? »
Lui si voltò verso di lei e annuì. Quando lei chiese cosa gli fosse capitato, lui, con calma, rispose. « Questa è quella che chiamiamo resurreciòn. »
Caliel restò, con occhi sbarrati, a guardarlo; la sua forza spirituale era aumentata di molto, ed era così diverso da come appariva di solito. Anche le righe che gli segnavano le guance erano più ampie. Anche lei, un giorno, avrebbe raggiunto quella forza?
Arrivò anche Zaraki, con Yachiru, dicendole di occuparsi subito di Ikkaku. Senza pensarci, poi, attaccò quel ragazzo bianco, il quale scappò subito.
« Come siete cattivi! » disse, rabbuiandosi. Anche Ulquiorra attaccò, creando una lunga lancia verde dalla sua mano.
Dopo aver schivato dei colpi sia da Zaraki che dall’espada, il ragazzo disse. « Non ce la fate proprio ad ascoltarmi, vero? Voglio solo essere lasciato in pace! »
Sparì, come era di sua consuetudine. Caliel crollò a terra, passato lo spavento, lasciando spazio alla stanchezza.
Zaraki si caricò invece Ikkaku sulla spalle, e lanciò uno sguardo malevolo ai due arrancar.
« Per stavolta l’incontro si interrompe qui, espada. Finché quell’essere non sarà distrutto, resteremo in sospeso. » andò via di corsa, con Yachiru e Yumichika al seguito.
« Ulquiorra… »
Nel frattempo lui era tornato l’arrancar che aveva conosciuto, coi capelli che toccavano a malapena le spalle. « Torniamo a casa. » disse lui. Quando tornò nel gigai e si rialzò, tutti al lavoro lo tempestarono di domande; rispose che era svenuto per un banale calo di zuccheri, e tutti gli consigliarono di andare a farsi delle visite.
« Non ho l’epatite o l’anemia, state tranquilli. » poi posò una mano sulla spalla di Caliel. « Nel caso dovessi svenire un’altra volta, c’è mia sorella con me. »
Quello che sembrava essere il suo superiore disse. « In ogni caso è meglio se resti qualche giorno a casa. Tranquillo, la malattia la paghiamo comunque. »
« La ringrazio. Allora, farò come dice. Andiamo, Caliel. »
Quando furono vicini a casa, il sole stava tramontando. Solo allora Caliel ebbe il coraggio di dire « Grazie… »
Lui resto un po’ zitto; poi rispose. « Lascia stare. »
« Comunque, sai cosa sono l’epatite e l’anemia? »
« No, ma ne parlavano a Patch Adams*. »
C’era da aspettarselo che l’avesse visto in un film.
« Ulquiorra… Chi è… Quel ragazzo? »
Ulquiorra attese ancora un po’ prima di rispondere. « E’ una forma insolita di hollow. Aizen ne aveva catturato qualche esemplare per studiarli. Hanno le stesse capacità di uno shinigami o di un espada, ma sono sprovvisti di maschera, e le loro spade non hanno nulla a che fare con quelle degli shinigami, non hanno poteri speciali di alcun tipo. O almeno, Aizen non è riuscito a scoprirlo. È successo tanto tempo fa; ci fu un incidente devastante, dove gran parte di loro morirono. Uno di questi riuscì a sopravvivere; si chiamava Alrick*, e faceva parte di quella classe speciale degli hollow che sono conosciuti come Congelado*. »
« Aizen sapeva di lui quando ci ha mandati qui? »
« Credo di no. Sembra che riescano ad annullare il potere spirituale a proprio piacimento. Ora che sappiamo di chi si tratta, sarà più facile per Aizen. »
Caliel si rabbuiò. Quella cosa l’aveva terrorizzata a tal punto, ma Ulquiorra sembrava non soffrirne.
« Non fraintendermi. C’è una ragione ben precisa se hanno smesso con le ricerche sui congelado, non solo per l’incidente. E capirai da sola qual è. »
Poteva immaginarlo.
« Non mostrarti così impaurita. Guarda, siamo a casa; dormici su. »
Le sembrò falsa quella preoccupazione. Anzi, non era preoccupazione, era solo una frase di cortesia che si poteva risparmiare.
« Tu non ci dormi su? »
« No; devo guardarmi Perlasca*. »

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Che brutto titolo che ho scelto per questo capitolo! Ma non mi veniva in mente nulla…
* Patch Adams è un film con Robin Williams che parla di un medico.

* Alrick è un nome tedesco.

* Per lasca è un famoso film che parla di Giorgio Per lasca, un uomo italiano che finse di essere un ambasciatore spagnolo per salvare degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. È un film bellissimo e commovente!

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Capitolo 24
*** XXIV - Calma y tormenta ***


Caliel non riusciva a crederci; aveva davvero fatto progressi. Riusciva ad accendere tutte le candele senza più alcuna difficoltà. Per lei era un enorme passo avanti, ma Ulquiorra rimaneva sempre impassibile, le diceva che era migliorata, e poi la rigettava in un altro allenamento. Stavolta doveva centrare il foglio che l’espada aveva attaccato al muro, dall’altra parte della stanza, senza preoccuparsi minimamente della fragilità della parte di quella casa, confrontandola con quella di Las Noches; ben presto si ritrovò costretto a imbottire le pareti della stanza di materassi.
Alternare la vita da arrancar a quella di essere umano era diventato un giochetto per i due; lavoravano entrambi come sempre, Ulquiorra non si fece più sorprendere da “sospetti svenimenti” e Caliel frequentava la scuola con dei bei voti, nella norma. E, da brava ex umana qual era, si era tenuta i soldi da parte per comprarsi un computer, così da non dover più approfittare delle amiche.
Per Ulquiorra era un’altra, nuova conoscenza, soprattutto internet, argomento che Caliel cercò di rendere interessante sin da subito. Gli aveva spiegato che, grazie a internet, avrebbe potuto vedere tutti i film che voleva senza pagare nulla, ma lui disse che non importava, e che “comprarli costava meno fatica piuttosto che stringere amicizia con quel coso”. Ci aveva provato.
Ma Ulquiorra approfittò di un momento in cui la ragazza non era a casa, uscita con le amiche, per appostarsi davanti a quel computer e cercare di carpire quante più informazioni possibile; ci girava intorno, lo guardava e riguardava, premeva tasti a caso. Ma niente, non riusciva proprio a capire come si accendeva.
Caliel nel frattempo aveva terminato una pausa gelato con una sua amica, per incrociare un’altra conoscenza; Mandy la salutava da lontano, correndo verso di lei, con un sacchetto in mano.
« Ehilà, Mandy! Hai fatto compere? »
« Stavo venendo da te proprio per un consiglio! » e senza lasciarle il tempo di chiedere spiegazioni, dalla busta tirò fuori una scatola di cioccolatini a forma di cuore.
« Mandy, guarda che san Valentino è a febbraio. » disse la ragazza, perplessa.
« Lo so, ma volevo fare qualcosa di carino… »
Capì subito. « E’ per Ulquiorra, vero? »
La sua amica arrossì di colpo, ma non negò, anzi, balbettava per l’emozione. « Di… Dici che ho sbagliato a prendergli la cioccolata? »
Caliel sorrise, intenerita da quella cotta che a Las Noches non le capitava più di vedere. « Secondo me è troppo diretto. Ai ragazzi in generale non piace che le ragazze si dichiarino così apertamente. Dovresti puntare su un qualcosa che a lui piace, così da andare a colpo sicuro. »
« Bene! E… Cosa piace a tuo fratello? »
Bella domanda; neanche Caliel ne aveva la minima idea. Di cibo non se ne parlava; ricordò quando, la prima volta che si erano incontrati da soli, lui aveva definito cose come il milkshake e il tè degli esseri umani “spazzatura”. E neanche su cose tecnologiche come lettori cd o mp3 potevano funzionare. Libri, neanche per sogno; era come cercare un ago in un pagliaio, cercare l’autore giusto e il genere giusto.
Rimase in silenzio a lungo, dandosi della cretina; ci stava facendo una pessima figura, una sorella che non conosce i gusti del fratello.
Quando, alla fine, la cosa ovvia le tornò in mente.
« Sì, c’è una cosa che gli piace; Il cinema! Regalagli un bel dvd! »
A Mandy brillarono gli occhi. Prese per mano la sua amica e la trascinò al centro commerciale, supplicandola di aiutarla a trovare un film degno di nota.
Appena entrate, Mandy si fiondò su uno scaffale prendendo diversi dvd, e quando tornò li mostrò all’amica.
« Il diario di Bridget Jones? »
« E’ solo un’anteprima; vai avanti. »
Caliel passò velocemente da una mano all’altra i titoli scelti da Mandy. « Cinquanta volte il primo bacio… Spanglish… Titanic… » quello lo immaginava, ma andò avanti. « Leggenda di un amore; Cinderella… E Twilight. » sospirò, facendo una faccia mista tra l’imbarazzato e l’esasperato. « Ma… Sono tutte storie d’amore… »
« Ovvio. »
« Non credo che sia il genere adatto. Vieni, facciamo un giro; vediamo che riusciamo a trovare. »
Fecero un giro veloce del reparto, finché Caliel decise di prendere alcuni titoli. Indicò un dvd nascosto tra alcune novità. « Prendiamo quello. »
« Hostel? »
« Ah-ah; e prendiamo anche Saw. Oh, e questo? Resident Evil? Nà, prendiamo Misery non deve morire. »
« Ehm… Non era proprio quello che pensavo io… »
« Fidati di me; è mio fratello, lo conosco. Farà faville per questi film. » In due secondi aveva detto tre grandissime bugie. La prima: non era suo fratello. La seconda: non poteva certo dire di conoscerlo sul serio. La terza: non avrebbe fatto faville per niente.
cambiò presto linea di pensiero quando vide un altro film che la ispirò. « Anche questo. »
« Cannibal holocaust?! » esclamò la sua amica. « Caliel, ma l’hai visto? Cioè, guarda già la copertina… C’è… C’è una donna infilzata dalle sue parti intime con un legno largo almeno cinquanta centimetri, che gli fuoriesce dalla bocca. »
« Esagerata, non saranno cinquanta centimetri. »
« Non è questo il punto! Sai che è stato censurato in ventitre paesi? »
« Ah, sì? Motivo in più per comprarglielo. Te l’ho detto che è strano; ha un debole per queste cose macabre. E poi, sto aiutando anche te. Metti che lo guardate insieme; tu sarai terrorizzata dalla paura, e lui, colpito dalla tua fragilità, ti terrà stretta stretta tra le sue braccia. »
Mandy si immaginò subito la scena, esclamando trasognata. « Dici davvero? »
« Ma sì, vedrai; lui non è fatto mica di pietra. »
Era incredibile la capacità con cui stava sparando cazzate al minuto.
Quando erano vicine alla cassa, Caliel fu colpita da un altro titolo a cui non aveva minimamente pensato. Anzi, si sorprese nel vedere che lo vendevano ancora, visto che era un film abbastanza vecchio.
« Mandy, Mandy, Mandy; ho trovato la tua salvezza. »
« Cosa? »
Caliel prese il dvd come se fosse stato un tesoro appena scoperto. « Questo va assolutamente comprato. Possiamo anche rinunciare a Hostel o Saw, ma questo va assolutamente preso. Ha un che di oscuro, ma se non ricordo male è una storia d’amore e vendetta, giusto? »
« Sì… »
« Perfetto, perfetto! »
« Allora vado a rimettere sullo scaffale Cannibal… »
« No, anche quello resta assolutamente. »
Per quanto Mandy insistette ad accompagnarla a casa, Caliel disse che non c’era problema, e soprattutto, che Ulquiorra non era a casa. Era una ragazza a posto, ma quando si fissava sulle cose era irremovibile, e averla a casa tutto il tempo a vedere film incomprensibili con uno come Ulquiorra poteva essere snervante. Caliel rabbrividì solo a pensarci.
Comunque, i dvd li aveva; chissà che avrebbe detto Ulquiorra.
Mentre tornava a casa si accorse che l’abitazione vicina era momentaneamente vuota; dove erano andati i membri dell’undicesima divisione? Forse alla ricerca di Alrick? Effettivamente era ora che anche lei e l’espada si muovessero. Cosa aspettava Ulquiorra?
Ma soprattutto; cosa ci faceva davanti al computer spento?
« Sono tornata. » disse lei, tossicchiando rumorosamente per farsi sentire.
Lui si voltò, colto in flagrante a capire un misterioso, tipico oggetto umano, ma cercò di darsi comunque un contengo. « Oh. » disse tranquillamente. « Eccoti, donna. »
« Ho portato un pensierino per te, da parte di Mandy. »
« Mandy? » poi si corresse subito. « Ah, quella che mi fissava con un principio di arresto cardiaco. »
Ottima considerazione. Perlomeno se la ricordava.
Ulquiorra posò sul tavolo la busta e stava per estrarre il primo film, ma qualcosa lo bloccò. Caliel rimase per un po’ ad osservarlo sorpresa, ma quando stava per chiedergli cosa avesse, si fermò anche lei.
Entrambi sentirono una presenza a cui potevano finalmente dare un nome; Alrick.
« E’ lontano. » disse Caliel, senza cercare di introdurre l’argomento; tanto non ce n’era bisogno.
« Già. » rispose lui. Lanciò un’occhiata veloce alla finestra. « L’undicesima divisione è via da un pezzo, ma non credo che abbiano combattuto; me ne sarei accorto. »
Caliel restò in silenzio, non volendo disturbare un Ulquiorra meditabondo. Una volta giunto alla conclusione dei suoi ragionamenti, salì le scale e si rivolse alla ragazza. « Andiamo, donna. »
« Eh? E dove? »
« Da Aizen. »
Nel giro di pochissimo tempo erano già a Las Noches, con le loro vesti da arrancar, le maschere spezzate e le spade nel fodero. Ulquiorra fece un inchino al suo superiore e, convocando tutti, si cavò l’occhio, in modo da passare le informazioni necessarie.
Aizen si mostrò insolitamente serio, una volta saputo di Alrick. Si alzò dal suo trono lentamente, cercando di mantenere la calma.
« Dunque era lui… Capisco. Sarà meglio occuparcene subito. Kaname e Gin verranno con me, e anche Stark e Barragan. »
Grimmjow sbuffò sonoramente. « E noi ce ne restiamo sempre qui a grattarci i coglioni… »
Ma Aizen lo sentì, e sorrise. « Sbagli, Grimmjow, perché ho una richiesta anche per tutti voi. » alzò di più la voce, in modo da farsi sentire da tutti. « Grimmjow Jaegerjaque, numero sei; Szayel Aporro Grantz, numero otto; Tia Halibel, numero tre; Nnoitra Jiruga, numero cinque; Ulquiorra Schiffer, numero quattro; Yami Rialgo, numero dieci. Tutti voi starete nel mondo degli umani ad affrontare eventuali shinigami. Appena mi muoverò, sicuramente Yamamoto interverrà. Anche perché, se non sbaglio, ha già mandato una divisione, dico bene? »
Ulquiorra annuì. « L’undicesima, di cui è capitano Kenpachi Zaraki. »
Nnoitra trasalì, per poi ridere fragorosamente, sguainando la sua arma a destra e a manca. « Ma dai, è ancora vivo? Bene, bene, ora ho un buono motivo per andare in quel mondo disastroso. »
Anche Grimmjow rise. « Ci sarà anche Ichigo, sicuramente. Stavolta lo farò piangere, e lui si ritroverà a implorare la sua mammina. »
Aizen era compiaciuto da tutta quella voglia di fare. « Ora andate. »
Tutti si dileguarono, ma quando Ulquiorra stava per partire, venne fermato da Aizen, il quale sorrise e disse « Hai raccolto delle informazioni davvero interessanti, Ulquiorra. »
« Grazie, signore. » rispose immediatamente lui, inchinandosi.
« Era da tempo che mi chiedevo che fine avesse fatto quel congelado sopravvissuto. E noto che Caliel sta crescendo benissimo. » la ragazza arrossì, sviando lo sguardo dell’ex shinigami. « Ti ringrazio, Ulquiorra. »
Ulquiorra restò interdetto davanti a quella frase; non ricordava di aver mai ricevuto un ringraziamento da nessuno, tantomeno da lui. Approfittò del fatto di essere inchinato per nascondere il suo viso sorpreso, e cercando di mantenere un contengo disse. « Di nulla, signore. »
Aizen gli diede il permesso di ritirarsi, e guardò Gin con un sorriso sghembo.
« Che ne dici, Gin? » chiese. « Scommettiamo che stavolta sopravvivono solo due espada? »
« Facciamo tre. » rispose Gin, sorridendo e aprendo di poco quegli occhi che teneva sempre chiusi.

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@ Liar: Ti ringrazio tantissimo per la recensione, ma soprattutto per aver segnalato questa fan fiction! Sono davvero molto contenta che piaccia così tanto! Per quanto riguarda l’asterisco sui congelado, hai ragione, pardon! ( risata )
Vabbè, si capisce che significa congelato, ma l’asterisco era più sul perché li ho chiamati così; ebbene non so come mi sia venuto in mente! Forse per la carnagione chiarissima e gli occhi quasi trasparenti? Mah. ( risata ) Spero che questa mia invenzione non faccia calare la storia!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 25
*** XXV - Todos contra todos ***


Mentre gli altri espada avrebbero continuato a mantenere la propria forma anche sulla Terra, Ulquiorra e Caliel sarebbero rimasti nei panni dei fratelli Schiffer; se fossero incappati in qualche problema, avrebbero subito ripreso le proprie sembianze, ma se si facevano vedere come umani da altri umani quali Orihime, li avrebbero messi subito in stato d’allerta e messo loro agitazione.
Grimmjow, per qualche strana ragione, aveva deciso di seguire Ulquiorra e la sua fracciòn. Nessun essere umano normale poteva vederlo, né sentirlo, e per questo poteva parlare quanto gli pareva, sapendo benissimo che Ulquiorra non poteva rispondere, per evitare di essere preso per pazzo.
« Ho sentito che contro Zaraki Kenpachi hai dovuto rilasciare. Povero te, Ulquiorra, ma come ci siamo ridotti? Non riesci a uccidere Ichigo Kurosaki, e nemmeno un capitano? E Aizen ti lascia ancora accudire questa nanerottola? »
Anche Caliel cercava di mantenere la calma, ma a forza di sentire quelle lamentele non poté che sbottare. « Vuoi piantarla?! »
Ulquiorra si guardò in giro, notando che tutti guardavano verso di la coppia con fare curioso; avranno pensato che stessero discutendo per fatti loro. Almeno, in questo modo, anche se parlava, non dovevano esserci problemi.
« Calmati, donna. » disse, mettendosi le mani in tasca. « E anche tu, Grimmjow. »
Il sesto espada sbuffò; stava per rispondere quando, da dietro la schiena, la sacca che portava sin dall’inizio, e di cui non voleva rivelare il contenuto, si mosse. Saltò fuori una bambina dai capelli verdi, con un teschio malandato a forma d’ariete.
« Nel?! » esclamò Caliel. « Che ci fai tu qui? E con Grimmjow, per di più! »
« Nel è in debito con Grimmjow! » rispose la bambina. « Quindi, Nel aiuterà Grimmjow, e lo difenderà qualunque coscia accada. »
« Ti stai improvvisando fracciòn del sesto espada? Tu, che sei la terza? »
« Era. » precisò Grimmjow. « E comunque, se non fosse stato per me, sarebbe morta. Io l’ho nascosta da Nnoitra e Aizen, io mi sono preso cura di lei fino ad ora, e sempre io le ho insegnato a tornare adulta quando vuole. »
Caliel lo guardò con sospetto. « E perché l’avresti fatto? »
« Perché sì, sono affari miei! »
Ulquiorra sospirò; ci mancava solo che si appiccicasse anche Grimmjow con quella bambina.
Poi si ritrovò a pensare ad Aizen; come se la stava cavando? Ce l’avrebbe fatta a prevalere su quel congelado?
Tornando indietro nel tempo, coi ricordi, Ulquiorra rimembrò quanto fosse difficile tenerli sotto controllo, e lo stesso Aizen se li lasciò sfuggire, dopo quell’incidente. Una disattenzione ai macchinari che fece esplodere tutto il laboratorio.
Il potere spirituale che sentì, mentre ricordava, era quello di Aizen, segno che evidentemente non era rimato a guardare.
Aizen era sceso in campo in prima persona, contro Alrick.
« Che ti succede, Alrick? Hai il fiatone? » disse ridendo Aizen. Non aveva ferite, ma la sua spada era sporca di un liquido blu; Alrick era stato ferito ripetutamente in punti non vitali.
Era passato molto tempo dalla sua fuga da Las Noches, e non aveva minimamente calcolato che Aizen potesse essere migliorato. Se già come capitano shinigami era tra i più forti, poteva solo lontanamente immaginare cosa era diventato ora.
E solo allora comprese il perché si era eretto a capo supremo, perfino su Barragan, che era re dell’Hueco Mundo.
Allo stesso tempo però, non voleva accettare la sconfitta; o meglio, non voleva pensare di aver vissuto per niente.
Lo attaccava ripetutamente, rimanendo sempre ferito; Aizen lo batteva sia in velocità che in potenza, e colpiva con una precisione non indifferente nei punti non vitali.
« Perché, signore? » il fatto che Alrick continuasse a chiamarlo signore segnava il rispetto che provava comunque per lui. « Perché non mi finite? »
« Ha ragione. » disse Gin. « La parte del sadico spetta a me. »
Ma Tousen rispose. « E’ giusto che il congelado paghi per tutte le sue colpe, con la peggiore delle pene. »
Aizen sorprese tutti, dicendo. « Non ho intenzione di ucciderti, Alrick. Anzi, voglio che tu torni a lavorare per me. Sei ancora traboccante di potenza… Sarebbe proprio un peccato lasciarti morire solo come un cane. »
Alrick lo guardò con stupore, mentre Gin rise, e Tousen restava impassibile ad aspettare una risposta dal congelado.
« Signore… Vedo che proprio non capite. C’è una ragione ben precisa se sono scappato da Las Noches. Io non ho la minima intenzione di ridurmi a vostro servo, combattere e uccidere chi volete voi. Voglio vivere per me; se necessario, ucciderò, ma solo per me stesso. »
Aizen, dopo un lungo silenzio, sorrise e disse. « Bè, almeno ci ho provato. peccato, Alrick; addio. »
Alrick, però, utilizzò le ultime forze rimaste per bloccare il colpo finale di Aizen. Sorrise anche lui e, con voce stanca, disse. « Siete così ingenuo, signore! Visto che siete così misericordioso da tenermi ancora in vita, lasciate che vi ringrazi con un regalo speciale. »
Scatenò improvvisamente tutto il suo potere spirituale, richiamando l’attenzione di tutti gli espada e shinigami presenti nel raggio di chilometri. Aizen ricordava la potenza schiacciante di quella creatura, ma credeva di averla ridotta così male da non avergli permesso più di usarla.
E invece, in poco tempo, fu circondato da una banda di shinigami, e riconosceva tutti.
Il più anziano tra loro era anche il capo supremo, capitano della prima compagnia, Shigekun Genryusai Yamamoto, dal portamento elegante, ma Aizen non l’aveva mai potuto digerire, lo trovava troppo altisonante nei confronti di tutti e il più delle volte le decisioni che prendeva non gli andavano a genio.
Poi c’era la piccola Soifon, della seconda compagnia; tenace, seria e professionale, sempre con i capelli legati da due treccioline, ed era anche capitano delle forze speciali. Era molto attaccata alle tradizioni, lo ricordava bene, e trattava con sufficienza tutti, anche i propri subordinati, che le portavano comunque grande rispetto.
Erano presenti anche i due fratelli nobili, Byakuya e Rukia Kuchiki. Il primo, regale e taciturno, era capitano della sesta divisione, mentre sua sorella, Rukia, era piccolina e decisamente molto più debole rispetto al fratello. Non era capitano, e non faceva parte della stessa compagnia del fratello; lei era nella tredicesima compagnia, capitanata da Jushiro Ukitake, presente anche lui, sempre malaticcio e coi capelli bianchi e lunghi. Evidentemente la sua malattia sarebbe rimasta inguaribile.
Per la sua gioia c’era anche il suo vecchio “compagno”, Toushiro Hitsugaya, capitano della decima divisione; veniva sempre preso in giro per la bassa statura, ma era pur sempre un capitano, glaciale come pochi. L’odio che il capitano provava per Aizen evidentemente non era mutato, dallo sguardo che gli lanciava. Era accompagnato dal suo luogotenente, Rangiku Matsumoto, vecchia conoscenza di Gin; lui non spiegò mai esattamente come stavano le cose tra loro, ma a quanto sembrava lui le salvò la vita.
E che sorpresa, c’era anche il vecchio luogotenente di Gin, Kira Izuru! E l’ex luogotenente di Kaname, Shuhei Hisagi, l’uomo che aveva tatuato sul viso il numero sessantanove, che aveva attaccato Las Noches l’ultima volta.
Per lui era quasi un piacere rivedere tutti, ma evidentemente il piacere non era corrisposto.
Si voltò verso Alrick, che stava scappando. Gli infilzò la lama della spada nella gamba, immobilizzandolo, e visibilmente contrariato.
« Alrick, che imperdonabile scortesia stavi per compiere! Hai invitato tutte queste belle persone, e ora le pianti in asso? »
In quel momento anche la compagnia di Zaraki raggiunse il posto, e Aizen sorrise ancora. « Ci siamo proprio tutti, a quanto pare. » prese la spada dalla gamba di Alrick, provocandogli un forte urlo. « Yamamoto, quanto tempo… »
Il vecchio lo guardò con aria di sufficienza. « Sempre in vena di sorridere, Sosuke Aizen. Ma oggi sarà l’ultima volta che riderai; devi pagare per l’alto tradimento di cui sei colpevole. »
Ma Aizen non lo stava ascoltando, guardandosi attorno. « Non vedo Momo. »
Stava per chiedere che fine avesse fatto la ragazza che rispondeva a quel nome, che altri non era che il suo vecchio luogotenente, ma Hitsugaya si fiondò addosso a lui, con la propria spada, furente.
« Non hai il diritto di chiedere di lei. » disse Toushiro.
Aizen parò il colpo prontamente, continuando a sorridere. « Toushiro Hitsugaya; hai dimenticato a chi stai puntando la spada? »
Ulquiorra e Caliel si erano appartati in un angolo per poter staccare le proprie anime dai corpi, e nasconderli da qualche parte. intrapresero poi una lunga e faticosa volata verso il punto in cui si trovava Aizen, in cui si erano sprigionate diverse forze spirituali di shinigami. Grimmjow era con loro, e anche Neliel, tornata adulta per l’occasione.
« Non sento la presenza di Alrick. » fece Caliel. « Non sarà mica… »
« No, è ancora vivo. » disse Ulquiorra, interrompendola. « Ma sarà meglio muoversi; se Aizen e tutti gli altri iniziano a combattere, Alrick avrà il tempo per ritirarsi. Dobbiamo ucciderlo noi. »
Grimmjow volò al fianco di Neliel. « Cerca di non metterti nei pasticci, Nel. Anche se ora sai controllarti, è comunque da poco che hai riacquistato la memoria. Non fare scherzi, e rilascia solo se necessario. E se ti capita di vedere Nnoitra, lascialo a me; intesi? »
Neliel annuì, sorridendo amorevolmente.
« Brava, Nel. » rispose Grimmjow, sorridendo a sua volta.
Fortunatamente sul posto arrivarono anche gli altri espada, ma di Ichigo e altri umani non ce n’era traccia. Grimmjow sparò più o meno una dozzina di parolacce, e in vena di menare comunque le mani, si buttò nella mischia, mettendosi in mezzo a uno scontro che vedeva la piccola Soifon contro Kaname.
« Grimmjow. » disse kaname. Era cieco, ma riusciva a riconoscere i poteri spirituali. « Fatti da parte. »
« Vostra grazia mi perdonerà per questa piccola intrusione. » sbottò lui, con faccia arrabbiata. « Di questa piccoletta voglio occuparmene io, e voglio fargli un paio di domande. »
Ulquiorra, da lontano, sospirò. « Che idiota. »
« Ulquiorra, noi che facciamo? » chiese Caliel. 
Lui ci pensò su un attimo, ma fu costretto a interrompere i suoi pensieri, spingere via la sua fracciòn e urlare. « Stà giù! »
Una spada allungabili e affilata li aveva sorpresi, e Caliel fu presa di striscio alla spalla. Quando la lama tornò al suo posto, venne rivelata l’identità del padrone; lo shinigami dai capelli rosso fuoco e tatuato, con una fascia bianca sulla testa, che Caliel ricordava chiamarsi Renji.
« Mi fa piacere vedere che sei ancora viva, arrancar. » disse lui, con un sorriso. « Abbiamo un conto in sospeso, io e te. »
Alle sue spalle aveva loro; Ichigo, Orihime, il ragazzo con gli occhiali chiamato Ishida e un ragazzo abbronzato e con il braccio potenziato da una sorta di armatura.
Caliel si ripulì presto la ferita e, seria in viso, parlò allo shinigami. « Voi shinigami non vi stancate mai? » lanciò uno sguardo a Orihime, la quale la guardava in maniera diversa; un dispiacere misto all’odio. Ma Caliel sorrise, per ripicca. « Ti trovo bene, Orihime. » ma la ragazza non rispose, mostrandosi impacciata. A quel punto, tornò a rivolgersi a Renji. « Shinigami, ridi pure, se vuoi; perché ora ti farò piangere. Con questa spada. » tirò fuori la sua Sangrienta.
Renji fischiò, compiaciuto. « Ti hanno dato una spada, a quanto pare. »
« Sangrienta. È il nome di questa spada, la stessa che ti ucciderà. »
« Oh, sto tremando di paura. » rispose lui con tono piatto.
Ulquiorra si mise alle spalle della sua fracciòn. « Donna… »
Ma lei sorrise. « Te l’ho già detto; io sono la tua fracciòn, Ulquiorra. I tuoi nemici sono anche i miei nemici, e chi si mette contro Aizen, automaticamente si mette contro di noi. Tu mi hai insegnato tanto, Ulquiorra. Devo mettere in pratica tutto quanto, e sgranchirmi i muscoli. »
A quel punto Ulquiorra si convinse, pensando che era meglio occuparsi di Alrick. « Non strafare, donna; ci metterò poco. »
« Okay, okay. » rispose lei, buttandosi all’attacco di Renji.
Neliel era combattuta; Ichigo era suo amico, non ce la faceva proprio a combatterlo. Ma non ce ne fu bisogno; Grimmjow notò che Ichigo era finalmente arrivato, e rise a crepapelle.
« In ritardo, come le celebrità! » diede una forte stoccata a Soifon, ferendola gravemente. « Mi dispiace piccoletta, ma ho di meglio da fare, ora. » e volò via, verso Ichigo, pronto a infliggergli il primo colpo.
Soifon si rialzò in piedi, dolorante, ma viva. E anche molto offesa.
« Come… Come ti permetti di darmi le spalle e abbandonarmi qui, espada?! » stava per inseguirlo in volo, ma a metà strada si parò davanti Barragan, appena arrivato, con le proprie fracciòn.
« Non così in fretta, shinigami. » disse. « E inchinati; hai l’onore di trovarti al cospetto di Barragan Luisenbarn, re dell’Hueco Mundo e che ha appena decretato la tua condanna a morte. »
Soifon imprecò, maledicendo Grimmjow che, mentre risaliva, vide scendere Ulquiorra.
« Vedi di non morire. » gli sussurrò. Ulquiorra lo squadrò per un attimo, per poi tornare a fissare dritto davanti a sé.
« Certo che no. » rispose.
« E ringraziami; ti sto aiutando a liberarti dalle zanzare. » si separarono definitivamente, quando Grimmjow sguainò la spada per bloccare un Ichigo che si stava buttando a capofitto su Ulquiorra.
« Grimmjow, maledetto! Non immischiarti! »
Lui rise.
« Mi immischio, invece, perché non è Ulquiorra la persona che devi ammazzare. » lo spinse via. « Io! Grimmjow Jaegerjaque! Sono io, io soltanto, il tuo unico obiettivo! Sorridi, Ichigo Kurosaki, perché oggi avrai il piacere di farti sgozzare da me! »
Ulquiorra, da lontano, sorrise lievemente, mentre avvicinava la spada a un Alrick stanco e provato.

____________________________________________________________ Vi chiedo umilmente scusa; questo capitolo è un casino assurdo, tutti che combattono con tutti, ed è stato davvero difficile gestire le cose... Spero di non avervi deluso!

Un grazie infinite a Liar e Kay che hanno recensito. Kay, grazie infinite per il commento, sono felice che il personaggio originale piaccia!

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Capitolo 26
*** XXVI - Sacrificio y frialdad ***


Caliel si sentiva forte, fiera, utile; finalmente, stava dimostrando quanto valesse, davanti a tutti. Rispetto all’ultima volta, riusciva ad avere un certo vantaggio su Renji con poca difficoltà. Lui aveva diverse ferite, respirava affannosamente e i suoi movimenti erano diventati più lenti. Ma trovo comunque le forze per attivare il suo bankai. Ma Caliel era pronta; Ulquiorra gliel’aveva spiegato.
« Illuso. » disse. « Credi di migliorare la situazione con quell’affare? » dimostrarsi sicura di sé la faceva sentire molto più simile ad Ulquiorra; ne era quasi orgogliosa.
La spada di Renji, nel frattempo, era diventata un lungo filo di segmenti uncinati, alla cui estremità c’era un serpente dall’enorme cresta rossa. Caliel si vide scagliarsi addosso una sfera di energia non indifferente, che però cercò di parare con la spada. Dopo qualche sforzo, riuscì a spazzarlo via, ma si ferì alla spalla, perdendo notevolmente sangue.
Renji rise, prendendola in giro. « Ma guarda un po’, la piccola spaccona si è ferita! »
Caliel cercò di ignorare il dolore alla spalla, buttandosi addosso all’avversario per evitare il lancio di una nuova sfera. Si guardò velocemente in giro; Grimmjow stava combattendo contro Ichigo, e combattevano alla pari. Grimmjow sembrava divertirsi un mondo.
Gli amici di Kurosaki stavano combattendo contro le fracciòn di diversi arrancar, mentre Orihime e Neliel erano le uniche che non facevano nulla; se da una parte capiva Nel, dall’altra non riusciva a capire che intenzioni avesse Orihime. Ulquiorra le aveva spiegato che i suoi poteri andavano al di là delle doti curative, ma non seppe dirle esattamente quali.
Le venne un’idea. Ignorò Renji, sorpassandolo senza difficoltà, e andò contro Orihime, puntandole la spada. La ragazza non stava facendo nulla, la guardava solamente, spaventata. Ci pensò il ragazzo abbronzato col braccio potenziato, a pararsi davanti, e bloccare la spada dell’arrancar con quello stesso braccio.
« Togliti. » disse lei.
Lui scosse la testa, e con tono calmo disse. « E’ troppo facile prendersela con chi non si può difendere. »
« Indifesa? » fece lei, e dalle spalle spuntò Renji, pronto a colpirla. Caliel, mantenendo la calma, evitò il nemico che aveva di fronte, spostandosi al suo fianco, e lo lanciò contro Renji, che maldestramente cercò di evitare di colpirlo mortalmente.
« Sado! » gridò. « Accidenti a te, sempre in mezzo! »
« Scusa. » disse lui, con ingenuità.
Caliel nel frattempo, era arrivata davanti a Orihime, che all’ultimo secondo si coprì con uno scudo, simile al campo di forza che era in grado di fare lei. Peccato che poteva difendersi solo frontalmente. L’arrancar evitò facilmente quello scudo, spostandosi verso il basso.
E quello che voleva vedere finalmente accadde; Orihime, presa alla sprovvista, gridò un qualcosa di simile al “Io respingo!”, e le lanciò addosso una specie di raggio. Caliel fu travolta in pieno, ma si ritrovò solo col labbro sanguinante, che pulì subito.
« Allora era di questo ciò che parlava Ulquiorra. » disse interessata. « Eppure nel tuo attacco, non c’era nessun intento omicida. Che strano… Non mi vuoi morta, Orihime? »
Lei scosse nervosamente la testa. « Sono sicura che c’è una ragione al fatto che stai dalla parte di quello là. »
Caliel non la interruppe, ma già le dava fastidio quello che stava dicendo.
« Noi due siamo state prigioniere insieme… So come ci trattano. Come possono averti trattano. Wendy… Lascia che ti diamo una mano. »
Caliel sospirò. « Wendy appartiene a una fantasia che non fa parte di questo mondo, Orihime. E poi, hai dimenticato un paio di cose; io ormai non posso più tornare come prima. Mi hai vista? Sono un’arrancar, un hollow, uno spirito maligno; per me non c’è più posto tra gli esseri umani come te. È vero, siamo state rinchiuse insieme; ma è passato molto tempo da allora. E le cose sono un po’… Cambiate. » si avvicinò, con la spada ben impugnata. « Non so cosa ti passi per la testa, Orihime; puoi usare tutti i discorsi che vuoi, ma io non posso, e nemmeno voglio, tornare umana. Ho scelto di essere così. E hai dimenticato una cosa importantissima, che a me dà molto fastidio. » le puntò la spada sul collo. « Quello là si chiama Ulquiorra Schiffer; ed è l’espada che seguo e devo proteggere. »
Renji e Sado cercarono ancora di proteggerla, e stavolta ebbe qualche difficoltà; due contro uno non era certo il massimo. Ma non era slealtà, anzi, era una mossa saggia e furba, doveva dargliene atto.
Stava per essere colpita da Sado, quando da dietro di lui spuntò una zanpakuto estremamente ricurva, che era vicinissima all’ucciderlo. Quasi non credeva a chi fosse il padrone, o meglio, padrona.
« Ma tu sei… »
La ragazza sorrise, grattandosi il naso. « Lilynette Gingerback, fracciòn di Coyote Stark! Mi fa piacere vedere che ti ricordi di me. Come andiamo… Caliel? »
Caliel sorrise. « Grazie… »
« Figurati; il mio padrone per fortuna ha deciso di non dormire stavolta, e se le sta dando di santa ragione a quello shinigami lì. » disse indicando Stark che combatteva contro Ukitake, lo shinigami dai capelli bianchi. « E a me non mi va di stare senza far niente. Così, eccomi qua. »
Ulquiorra, tra un allenamento e l’altro, le aveva spiegato le intenzioni di Aizen, o almeno una parte.
Certo, uccidere tutte quelle persone non era una cosa giusta; trapassare il corpo di una ragazza per rubare una sfera non era il massimo della correttezza; volersi mettere a capo di tutti, “ergersi nell’alto dei cieli”, era un segno di presunzione inammissibile.
Eppure, a Caliel andava bene; la sua morale era decisamente cambiata. Anche se era stata classificata come “cattiva”, non le andava stretta quella situazione; nella sua nuova condizione stava bene, quindi perché cambiare?
E, a costo di morire, aveva deciso che avrebbe difeso il suo nuovo angolo di benessere.
Per Ulquiorra, invece, le cose non stavano andando granché bene; Alrick, seppur indebolito, aveva trovato il modo di metterlo in difficoltà. Ora si trovava inginocchiato a terra a sputare sangue, reggendosi con la sua Murcielago.
Nel tentativo di riprendere fiato, alzò la testa, e vide Caliel combattere contro Renji e Sado, insieme a Lilynette; riusciva a gestire meravigliosamente i campi di forza, attaccando e difendendosi da qualsiasi angolazione, e a sparare scosse, provocare ustioni.
« Finalmente hai imparato… Donna… » disse, sorridendo lievemente. Poteva ritenersi soddisfatto del lavoro che aveva fatto con lei.
Tornò da Alrick, che era pronto a riempirlo ancora di calci, ma Ulquiorra aveva già pensato a una difesa, seppure un po’ brusca; afferrò velocemente la sua spada, e con un gesto rapido tagliò i piedi al congelado, che cadde a terra stupito e dolorante.
« Bastardo…! »
Quando Caliel trovò un momento per vedere come se la stava cavando Ulquiorra, non trovò una bella sorpresa; Alrick, inginocchiato, a causa dell’impossibilità di stare in piedi, riempiva di graffi e tagli l’espada, che sputava sangue, cercando di difendersi, senza lamentarsi troppo. Cercava di mantenere un contegno anche mentre era in svantaggio.
« Caliel, attenta! » gridò Lilynette, ma la ragazza non fece in tempo a difendersi; venne presa alla sprovvista da Renji, il quale le stava per togliere via una spalla. La giovane arrancar ustionò in fretta lo shinigami, e si precipitò a terra, dove Ulquiorra stava per beccarsi una stoccata.
« Dove vai?! » gridò Lilynette, ma Caliel non la ascoltava più.
Più in fretta, più in fretta!, si diceva.
Non farlo… Non farlo… Non farlo…
Non farlo!
Né Alrick, né Ulquiorra, presero bene a fuoco la situazione; solo dopo l’espada si rese conto di avere la sua fracciòn davanti, con una spada conficcata nella pancia, che vomitava sangue.
« Donna…? »
La ragazza tossì ancora, sputando ancora del sangue, a gran fatica si tolse la spada dalla pancia, gettandola via, mentre Alrick restava a guardare sorpreso. Si coprì la grave ferita con la mano, sporcandosela di sangue; le vesti, che fino a quel momento erano candide, ormai erano tinte di rosso. Respirava a fatica, ma cercò di mettersi almeno in ginocchio.
« Non mi dirai… Che… Non mi sarei… Dovuta… Mettere in… Mezzo… Ulquiorra… »
Le forze la stavano abbandonando lentamente, e si trovò costretta a sdraiarsi a terra.
« Donna…? » ripeté Ulquiorra. Allungò la mano, sfiorandole la guancia. Restò impassibile per qualche secondo, a bocca aperta.
Alrick sembrava veramente mortificato. « Mi dispiace che tu ti sia messa in mezzo, signorina… » andò a riprendere la spada. « Non avrei voluto ridurti così. Mi dispiace davvero tanto… Che tu ti sia ridotta a schiava di Aizen. »
A quel punto, qualcosa in Ulquiorra si mosse. Forse gli aveva dato fastidio che Alrick avesse offeso Aizen, non lo sapeva dire; ma voleva a tutti i costi uccidere quell’essere.
Aumentò la velocità, facendolo ritrovare in men che non si dica senza l’intero braccio destro. Caricò ancora, ancora e ancora, squarciandogli il petto, le gambe, il viso. Era pronto per danneggiarlo ulteriormente, quando fu fermato da una voce familiare.
« Ulquiorra! »
Si fermò all’istante. « Sì, signore? »
« Metti giù la spada. » disse Aizen, serio in viso.
Lentamente, l’espada rimise l’arma nel fodero.
Aizen si scostò nervosamente il ciuffo ribelle che gli ricadeva costantemente sul viso, e disse. « Occupati della tua fracciòn; ad Alrick ci penso io. »
« … Sì, signore. » detto questo, caricò Caliel sulle spalle, e volò, fino ad arrivare da Orihime, che aveva visto tutto.
« Renditi utile, donna. » le disse, mettendole una Caliel morente davanti alla piattaforma su cui poggiavano i piedi dell’umana, insieme a Ishida.
Orihime esitò un po’, ma poi si inginocchiò e iniziò a rivestire il corpo della ragazza con una luce giallastra. Evitò accuratamente lo sguardo di Ulquiorra; aveva il terrore di lui, e quando lo vide massacrare quel congelado se la stava quasi facendo sotto.
Ishida, invece, pensò che era il momento opportuno; l’espada era ferito e distratto. Prese da un sacchetto dietro la schiena, un pugnale, e fece per puntarglielo sulla schiena, ma Ulquiorra afferrò la spada, e quasi lo scaraventò al di là della piattaforma.
« Non è il momento, spazzatura. »
Ishida imprecò, mentre Neliel si avvicinava preoccupata; piangeva, addirittura, si chinò, accanto ad Orihime, chiedendo come stesse Caliel.
« Voglio aiutarla… » e, senza pensarci, mise un po’ della propria saliva sul corpo della ragazza. Ulquiorra era impressionato; a quanto sembrava, la saliva dell’ex espada aveva delle doti curative.
Quando poi guardò verso il basso per vedere il proprio signore, sembrava essere tutto finito; Alrick, a quanto sembrava, era riuscito a fuggire, e tutti, compresi gli shinigami, guardavano amareggiati per terra.
Aizen sbuffò, dando poi le spalle verso tutti. « Kaname, Gin… Andiamocene. Ci ritiriamo. »
« No. » fece a quel punto Yamamoto, capo degli shinigami. « Siamo venuti qui per te, Aizen. Non ce ne andremo finché non ti avremo… »
« Ma stà zitto, vecchio. » era Zaraki a parlare. « Non hai visto cos’è appena successo? C’è un congelado in libertà, che è in grado di far fuori tutti noi in poco tempo. Per come la vedo io, finché non ammazziamo lui, Aizen diventa l’ultimo dei nostri problemi. »
« Kenpachi… Tu parli così perché di costui non ti importa nulla. Hai dimenticato che ha tradito tutti noi? »
« Ovvio che non me ne freghi nulla. » rispose risoluto Kenpachi. « Ma guardati intorno; ti sembriamo ancora in grado di combattere con uno che ha la stessa forza di Urahara, vecchio? »
Kaname scoppiò a ridere. « A quanto pare, possiedi l’intelligenza per capire cosa è giusto fare, mostro. »
Zaraki lo guardò, ma cercò di passare sopra a quanto gli aveva appena detto. Si voltò verso Yachiru. « Andiamo via, Yachiru. » Lei si arrampicò sulle sue spalle. « Io me ne vado. Voi fate un po’ come vi pare. »
Ikkaku non aveva dubbi. « Aspetti, capitano! Vengo con lei! » e Yumichika seguì il suo amico.
A quel punto Yamamoto si guardò intorno; effettivamente, erano tutti provati. Sbuffò, incamminandosi. « La prossima volta, Aizen, non sarai così fortunato. »
Quando Caliel si riprese, si trovava in una stanza ben arredata, su un letto dalle coperte lilla e con dei vestiti umani; era nella sua casa a Seattle. E accanto aveva nientemeno che Gin Ichimaru.
« Finalmente ti sei svegliata. » disse.
Lei si rialzò a fatica, toccandosi la fronte. « Che ore sono…? »
« Le nove di sera, secondo il fuso orario americano. Sono passate sette ore da quando stavi per morire. Anche se il gigai dal punto di vista fisico non ha risentito, psicologicamente stavi rischiando grosso; c’è voluto un po’ per sincronizzarlo. »
« E Ulquiorra…? »
« E’ di sotto, vivo e vegeto; il tuo sacrificio è servito a qualcosa. »
« Alrick è morto? »
« Già; ad Aizen non è andato molto a genio che ti stesse per uccidere. »
Caliel a quel punto sorrise, arrossendo di poco. « Il signor Aizen… Mi ha difesa. »
Gin rise. « Ma dai, stavo scherzando! Non ha fatto proprio un bel niente per te. »
Lei lo guardò ad occhi spalancati. Che bastardo, si disse.
« Ma io… Come faccio a essere ancora viva? Voglio dire, ricordo che avevo una spada che mi trapassava la pancia… E ora sono qui… »
« E’ stato Ulquiorra a salvarti. »
« Mi stai prendendo di nuovo in giro. »
« No, affatto; ti ha preso e ti ha fatto curare. »
« … Ah. »
Gin si alzò dalla sedia, e con un sorriso disse. « Meglio che vada, io non dovrei stare qui. Finché Alrick non sarà sconfitto, tu e Ulquiorra dovrete restare qui spacciandovi per umani. Guarisci presto, piccola. »
Lasciò Caliel da sola, nella sua stanza, a ripensare a tutta quella giornata senza dubbio particolare. Tornò in fretta e furia nell’Hueco Mundo, dove Kaname lo aspettava.
« A quanto pare non ti è passato il vizio di illudere le persone. » disse.
Ma Gin sorrise. « Come sei cattivo! Cosa ho detto di diverso dalla verità? Ulquiorra l’ha salvata. »
« Ma solo perché Aizen gliel’ha ordinato. »
« Ops, ho dimenticato di dirglielo! » disse Gin, fingendosi sbadato.
Era lì, in cucina, a sistemare dei piatti appena lavati. Aveva un aspetto così umano, che non gli apparteneva, ma aveva reso suo.
Lui si accorse di lei, voltandosi; poi tornò sui piatti, chiudendo la dispensa. « Ti sei ripresa. »
« Sì. Mi sento ancora un po’ pesante, però… »
« Molto bene. »
Caliel si ammutolì, non sapendo come interpretare quella frase. Sorrise, dicendo. « Grazie, Ulquiorra. »
« Ma stai sempre a ringraziare? Per cosa, stavolta? »
Lei scoppiò a ridere, trovando tremendamente buffa quella domanda. « Lascia stare, lascia stare! Vai a vedere un film? »
Ulquiorra annuì, buttandosi sul divano e accendendo la televisione. « Devo vedere i film che hai portato. »
« Ah, già, quelli da parte di Mandy. Con cosa cominciamo? »
Lui la guardò sorpreso. « Vuoi vederli anche tu? »
« Che c’è di strano? Mica è la prima volta che guardiamo un film insieme. »
« Di solito ti accodi dopo un’ora che io ho iniziato a vederlo. »
« Stavolta voglio vederlo dall’inizio alla fine. »
« … D’accordo. Allora iniziamo con questo. » ne prese a caso uno, che aveva una copertina che ritraeva un uomo vestito di nero, con un uccello appollaiato sulla spalla, e la scritta rossa del titolo del film che sovrastava lo scenario.
« Ottima scelta! » disse Caliel entusiasta. « E’ un film molto vecchio, sai? Parla di amore e vendetta, e l’attore protagonista era nientemeno che il figlio di Bruce Lee! »
Ulquiorra lesse velocemente il nome dell’attore. « Brandon Lee? E chi sarebbe? E chi è Bruce Lee? »
« Te lo spiego un’altra volta. Dai, andiamo a vederlo! »
Passarono la serata a guardare Il corvo. Lei, alla fine del film, pianse per la commozione, e Ulquiorra non capiva perché gli umani, a volte, si mettevano a piangere per una cosa finta come un film. Poi Caliel si addormentò, ma lui continuò a rivedere il film, più volte; a parte Bastardi senza gloria, nessun altro film l’aveva spinto a guardarlo di nuovo. C’erano scene di combattimento che lo incuriosivano, e il personaggio protagonista, Eric Draven, gli stuzzicava qualcosa.
Guardò nuovamente Caliel, che si era appoggiata su un poggiolo del divano per addormentarsi, con una copertina addosso. La sfiorò di nuovo sulla guancia, come quel pomeriggio dove lei aveva rischiato la vita per lui.
« Brucia. » disse. La ragazza si svegliò, e lui ritrasse subito la mano; senza volerlo, l’aveva svegliata.
« Cosa c’è? » chiese lei; dal tono di voce che aveva, non si era addormentata da molto.
« Niente. » rispose subito lui.
« Mi hai toccata; quindi, cosa c’è? »
« Niente, volevo solo sapere se bruciavi ancora. »
Lei ci restò di sasso. Era vero, secondo Ulquiorra lei bruciava. Ma cosa c’era di strano? « Bè, e allora? »
« Oggi, quando stavi per morire. Quando Alrick ti ha trapassato il corpo; eri fredda. »
Calò il silenzio tra i due. Era fredda, eh? Caliel restò a pensarci per un po’; se l’era vista davvero brutta, solo per salvare lui. L’espada che doveva proteggere. Chissà se Aizen era fiero di lei. Chissà se Ulquiorra era fiero di lei.
Mise una mano sulla guancia dell’espada; era sempre freddo, un po’ meno rispetto al solito, ma comunque freddo.
« E ora? Brucio ancora? » chiese.
Lui non allontanò la mano, ma spalancò leggermente gli occhi. Si calmò, dopo, e disse. « Sì, bruci ancora. »
Caliel sorrise, si allontanò e disse. « Vado a letto. Buonanotte. »
Lui non rispose, e dopo un po’ si rimise a guardare il film, ancora una volta.
Gin era entrato nella stanza di Aizen, che se ne stava accovacciato sul letto senza far nulla.
« Sei ancora arrabbiato per oggi? »
Aizen lo guardò, rise e disse. « Lo sai che non sono il tipo da portare rancore per troppo tempo. »
« Allora cosa c’è? È tutto il tempo che stai a far nulla. »
« Ma niente, pensavo; pensavo che Ulquiorra ha fatto davvero uno splendido lavoro, su quella ragazza. »

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Capitolo 27
*** XXVII - Humana o arrancar ***


Ulquiorra si alzò verso le sei e mezza, come ormai faceva tutte le mattine. Era uno che se la prendeva comoda; una lunga doccia la mattina, un’abbondante colazione in cui non si faceva certo mancare il tè, guardare in pace la tv e mettersi alla finestra a vedere che tempo faceva.
Di solito, però, verso le sette e mezza, un’altra presenza iniziava ad aggirarsi per casa; invece, alle otto, Caliel ancora non si svegliava.
Ulquiorra, con la maglietta dell’agenzia di traslochi appena messa, si avvicinò alla porta della stanza della sua fracciòn, e sentiva che una musichetta abbastanza forte riecheggiava nella stanza. Bussò diverse volte, ma non sentendo una risposta, entrò; Caliel era sotto le coperte, in stato di dormiveglia, ignorando completamente la sveglia che, a quanto sembrava, la stava accompagnando ulteriormente nel mondo dei sogni.
« Donna? » dopo diverse volte che la chiamava, si trovò costretto a scuoterla un po’. Lei stropicciò un po’ gli occhi, e mugugnò qualcosa.
« Non ti alzi? » chiese lui.
« Ho ancora sonno… » rispose Caliel; sembrava una versione femminile di Stark.
« Non vai a scuola? »
« Non mi va… »
« Succede qualcosa se non ci vai? »
« Oggi ho due interrogazioni importantissime… Non posso… Yaaawn… Non posso proprio mancare… »
« Allora muoviti, donna. »
« Altri cinque minuti… »
« Come ti pare; comunque, sappi che sono le otto. »
Dopo un po’ la ragazza metabolizzò la frase. Si alzò di scatto, svegliandosi tutto d’un colpo. « Le otto?! » esclamò, sudando freddo.
« Io vado a lavorare. » disse Ulquiorra, levando le tende.
Caliel, invece, era disperata. « Ma è tardissimo! Perché non mi hai svegliata prima?! Tra mezz’ora ho un’interrogazioneeeee! »
Arrivò alle otto e trentacinque a lezione, nell’aula di storia; ce l’aveva fatta. Senza fare colazione, e dimenticando una marea di libri a casa, ma ce l’aveva fatta. E l’interrogazione andò pure bene, almeno la prima.
La sua quasi morte sembrava una cosa passata ormai da tempo, e invece i ricordi erano ancora ben vivi in lei. Se ci ripensava, le saliva il terrore, mentre Ulquiorra non ne parlava mai, pensava a completare l’addestramento e basta. Aveva imparato a fare tutto; l’unica cosa che le mancava, era raggiungere la resurreciòn. Era dannatamente difficile, ma se ripensava all’Ulquiorra che aveva visto in stato di resurreciòn, la voglia di impararlo in lei cresceva; era tutto un altro paio di maniche rispetto all’essere un normale espada. Ulquiorra le aveva spiegato che era addirittura proibita la resurreciòn a Las Noches dal numero quattro in su.
Caliel non tornò subito a casa dopo la scuola. Ulquiorra se ne accorse visto che, quando tornò, il post it che aveva attaccato al frigorifero che diceva che forse faceva tardi era ancora al suo posto. Stracciò il foglietto e lo buttò al secchio, e andò a farsi una doccia. Dopo un ‘ora, Caliel non era ancora tornata; quando suonarono al campanello credeva che fosse lei.
Invece Mandy, credendo di trovarsi davanti l’amica, per richiederle un libro di scuola che le aveva prestato, si trovò davanti il fratello, in accappatoio e con tanto di capelli bagnai, che la guardava negli occhi con un’aria quasi assente.
« Sì? » chiese lui, e la ragazza fu presa da uno spasmo improvviso, balbettando all’inverosimile.
« Mandy, vero? » chiese ancora Ulquiorra, e la ragazza annuì, facendosi coraggio.
« Ecco… Io… »
« Caliel non c’è in questo momento. » disse Ulquiorra, con aria tranquilla, non curante del fatto che alla ragazza stava per venire un infarto. « Se vuoi, posso riferirle un messaggio da parte tua. »
La ragazza cercò di farsi coraggio. « Bè, ecco, a dire il vero ero passata solo per prendere un bibbio… Cioè, libro! »
Ulquiorra sbatté un paio di volte le palpebre, poi disse. « Se è solo questo, allora, puoi accomodarti e riprenderti il libro. Lo dirò io a mia sorella. »
Mandy stentava a crederci; più che altro, non era sicura di reggere un arco di tempo non definito da sola con il ragazzo responsabile dei suoi attacchi cardiaci, senza la sua amica a gestire a situazione. E andava ricordato che lui indossava solo l’accappatoio; Mandy si chiese come avesse fatto a non farsi uscire il sangue dal naso, in un simile frangente.
E chissà che le aveva detto la testa, per rispondergli in quel mondo.
« Non ti preoccupare! Ripasso un’altra volta! »
« Sei sicura? » chiese con indifferenza lui, ma lei scosse il capo, convinta.
« Sissì, non v’è problema d’alcuuuuuun tipo! Svuva, cioè, scusa per il disturbo! Salutami tua padella, cioè, sorella! Ciao ciao! »
Non gli diede il tempo di replicare; scappò via, in preda all’agitazione, e a una strana felicità. Ulquiorra si grattò la testa, e perplesso chiuse la porta. Restò appoggiato lì per diverso tempo, chiedendosi che fine avesse fatto la sua fracciòn.
Quando, verso le sette, si ritrovò a cenare da solo, decise di prendere la giacca e uscire, anche sotto la pioggia; ignorava ancora l’esistenza degli ombrelli, o quantomeno la loro utilità.
Vagò per tutta la città, camminando senza sosta, finché, verso mezzanotte, non udì il suo potere; sempre alto, sempre potente, e stavolta sembrava faticare parecchio.
Era da sola, sotto la pioggia, fradicia, ad allenarsi da sola con la spada, dando stoccate a vuoto. Il suo gigai era sotto lo scivolo del parco in cui si era rifugiata, coperto dal maltempo.
Lei, oltre che bagnata, era sudata, e Ulquiorra si era anche reso che doveva aver pianto. Non stava neanche seguendo un semplice allenamento; aveva dei lividi sui polsi.
Quando Caliel si accorse della presenza di Ulquiorra, che la guardava serio, composto e con le mani in tasca, fece solo un sorriso, fermandosi.
« Sei via da molto, donna. »
« Mi dispiace non averti avvertito, ma non hai il cellulare. »
« Sai che possiamo comunicare benissimo anche senza quegli aggeggi. »
Lei chinò il capo, senza far smarrire il sorriso tenue. Sembrava che stesse contando le gocce di pioggia che cadevano sulle sue scarpe.
« Credi forse di migliorare standotene qui? » chiese Ulquiorra, avvicinandosi.
E lei, con innocenza, rispose semplicemente di sì, e aggiunse. « Ho pensato che allenarmi sotto la pioggia, in un posto sfavorevole come questo, mi avrebbe aiutata a raggiungere la resurreciòn. »
Ulquiorra sbuffò, e dopo un lungo attimo di silenzio, alzò la mano. Caliel si aspettava un ceffone o una spinta, e invece lui poso la mano sul capo, facendo qualche piccola pacca.
« Sciocca. » disse. « Ci vuole ben altro per raggiungerla. »
Le lacrime le uscirono nuovamente fuori. Ulquiorra non capiva perché per lei era diventato così importante. ritrasse subito la mano, nascondendola nuovamente nella tasca dei jeans, e chiese. « Non ti capisco proprio, donna. »
Con ritegno, Caliel si asciugò le lacrime, si sincronizzò di nuovo col gigai, bagnandosi inevitabilmente, e disse. « Mi dispiace. Non starò più via per così tanto. »
Lui si voltò, iniziando a camminare. « Sei sotto le mie cure, e così sarà finché Aizen lo vorrà. Perciò non darti tanta pena; ci penserò io a farti ottenere eccellenti risultati. »
Caliel sorrise. Si stava creando uno strano rapporto tra i due, non proprio come fratello e sorella.
Se ripensava a Nnoitra e Tesla, era l’esatto rapporto che ci si aspetterebbe tra espada e fracciòn, anche se Tesla veniva trattato troppo spesso male; o anche Halibel e le sue fracciòn, era così che se lo aspettava; lei a camminare e le altre a seguirla. Anche lei faceva lo stesso per lui; sentiva di essergli molto grata e fedele. Non obbediva solo perché lo ordinava Aizen, obbediva perché lo voleva. E poi, non era così terribile come persona. Ci aveva fatto l’abitudine.
« Sto morendo di fame, sai? »
« E’ mezzanotte passata, donna. »
« Ma io… »
« Vorrà dire che ti darò una ciotola di latte. Accontentati. »
« Non sono mica un cane! »
Si sarebbero aspettati di tutto, una volta tornati a casa, ma non di certo Aizen, con Kaname e Gin insieme.
« Ulquiorra, Caliel. » disse il capo con un sorriso. « Mi dispiace per questa brusca intromissione nella vostra dimora, ma è urgente. »
I due arrancar, invece, si inchinarono subito, senza dire nulla.
« La questione Alrick sta diventando urgente e fastidiosa. » iniziò a dire. « Finché c’è lui, gli shinigami non possono muoversi, ma nemmeno io. Quell’essere va subito distrutto. »
« In altre parole. » disse Gin con un sorriso. « Vi toccherà farvi una bella tirata; intensificheremo le ricerche, e appena l’avremo trovato, lo ammazzeremo. Tousen ci aiuterà; essendo cieco, ha gli altri sensi più sviluppati, è in grado di individuare Alrick prima di noi. A quel punto, voi ci aiuterete, con il minimo del rischio. »
I due annuirono, ma Gin sembrò deluso. « Tutto qui? Potreste almeno esultare! È perfetto, non vi pare? »
Ulquiorra non fece nulla, ignorandolo, ma Caliel alzò leggermente la mano ed esordì. « Ehm… Yuhuu? »
Aizen si alzò dal tavolo su cui si era seduto in maniera molto composta. « Bene. » disse, scostandosi un ciuffo di capelli. « Andremo adesso. Meglio ora, così lo coglieremo impreparato. Andate a porre i vostri gigai da qualche parte. »
Caliel si fece assalire dalla preoccupazione. Non era molto sicura del “minimo di rischio” di Ichimaru. Insomma, l’ultima volta ci stava per rimanere secca.
« Non farti prendere dall’ansia, donna. » disse Ulquiorra, come se le avesse letto nel pensiero.
Ma Caliel, seriamente, rispose. « Tu non hai mai avuto paura di morire da un momento all’altro? » nel frattempo si avvicinò.
Ulquiorra, con sicurezza, rispose. « No, mai. »
Caliel gli afferrò il polso, per poi dire. « Stai mentendo; il tuo battito è accelerato. »
« Vorresti farmi credere che sei in grado di capire le bugie dal battito cardiaco? »
« Se ha iniziato a battere più forte, è perché ti sei innervosito nel rispondermi con una menzogna. »
Ulquiorra non sopportava affatto quell’atteggiamento così testardo e ingenuo. Inflessibile, e con uno sguardo glaciale, le rispose per le rime.
« Vedi, donna, è per questo che non riesci a raggiungere la resurreciòn. »
« Che vuoi dire? »
« Nell’aspetto e nella forza sei un’arrancar, ma in fondo sei ancora un’insulsa, sciocca ragazzina umana che spera ancora nell’amore universale o nei sentimenti delle persone. »
Per Caliel fu una pugnalata al cuore; era come se Ulquiorra avesse rimosso dalla memoria le cose che aveva per lui. Rischiare la vita, servirlo, accompagnarlo.
Il suo orgoglio, però, la convinse a non piangere. Non davanti ad Aizen.

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Ringrazio Liar e Gerconne per le recensioni! E scusate per gli eventuali errori di battitura; qualcuno riesce sempre a sfuggire al mio controllo!

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Capitolo 28
*** XXVIII - Nuevo lugar ***


Per tutto il tragitto Caliel e Ulquiorra non si rivolsero la parola; lui era totalmente indifferente, mentre lei non sapeva da cosa cominciare per attaccare bottone, e non ne aveva neanche voglia. Aizen aveva notato quel silenzio, così insolito rispetto agli altri, ma non diceva nulla, volando innanzi a loro.
Arrivarono fin poco fuori Seattle, finché Tousen non indicò verso il mare; Alrick era lì vicino. Piombarono lì, a pochi metri dagli scogli dove Alrick, apparentemente tranquillo, guardava l’orizzonte. Tutti quanti fecero ben attenzione a non far rumore e a stare a debita distanza, attendendo ordini.
« Allora, Aizen? » bisbigliò Gi, sorridente come sempre.
« Sarà meglio chiedere rinforzi, non si sa mai. » chiuse gli occhi, concentrandosi per comunicare telepaticamente coi suoi subordinati. « Halibel, Stark. Sono a poche miglia da voi. Raggiungetemi, senza fracciòn; di loro non ce n’è bisogno. »
In poco tempo, anche i due espada raggiunsero la combriccola, e a quel punto Aizen elaborò un veloce piano d’azione.
« Halibel e Stark lo circonderanno ai lati. Tousen avanzerà, cercherà di distrarlo, poi Gin arriverà all’attacco. Ulquiorra e Caliel vadano con Stark e Halibel. Se le cose dovessero mettersi molto male, arriverò io a dare man forte a Gin. È tutto. »
Si sistemarono, come da copione, finché Aizen non diede l’attacco.
Fu una cosa molto veloce, da parte di Tousen; Alrick si era accorto già da un po’ della sua presenza, e come si voltò subì un colpo di spada da parte dell’ex shinigami, distruggendo le rocce degli scogli.
Purtroppo lo svantaggio di Tousen era di essere cieco, e anche se era dotato di un notevole intuito, non poteva certo vederlo; Alrick, in poco tempo, riuscì a trovare una strategia contro di lui e a metterlo in seria difficoltà.
Ulquiorra si era unito a Halibel, mentre Caliel era con Stark, che svogliato guardava la scena.
Halibel invece era concentrata, come Ulquiorra.
« Non credi che la tua fracciòn sia ancora troppo inesperta per questo genere di operazioni? » chiese la terza espada.
Ulquiorra non la degnò di uno sguardo, e rispose. « E’ stato Aizen a farla venire. »
« Dunque non ti importerebbe se morisse? »
Restò in silenzio per diverso tempo, lanciando veloci sguardi dall’altra parte, proprio dove era accampata lei. Rispose con un « Già, forse hai ragione. »
Lei rise. « Forse… Uomini; siete così sciocchi. »
Fu Stark a iniziare la conversazione. « Oggi sei più silenziosa del solito; come mai? »
Lei rispose che non era successo nulla, ma Stark non le credette neanche un po’. « Ulquiorra ti ha trattata male? Se è così, non sorprenderti; tratta male tutti, a parte Aizen. »
Lei si rabbuiò, chinando il capo e guardando per terra. « E’ che ha ragione; io sono ancora un’umana. Una sciocca e debole ragazzina umana. È per questo che non sono forte… Non sono degna di stare accanto a voi. » fece una piccola pausa e poi disse. « Tu sei gentile nei confronti di Lilynette. E Tesla, anche se viene trattato male, resta sempre devoto a Nnoitra. Io, invece, sono l’unica che ha sempre da ridire su di lui… Quando ho accettato di essere arrancar, sapevo che dovevo obbedirgli… Fare quello che faceva lui. Eppure… Non ci riesco. A volte mi sento soffocare dalla sua forza… Dalla sua malinconia. È opprimente, e sento di essere una nullità. A lui non serve affatto una fracciòn. »
Stark sbuffò, non sopportando quel genere di discorsi. « Ulquiorra è fatto così, è vero. Ma non vuol dire che ti consideri una cosa da niente. Insomma, detto sinceramente, la maggior parte delle volte non è per niente obbligato ad obbedire; poteva anche rifiutarsi di prenderti come fracciòn. » Caliel si asciugò velocemente la lacrima che le era sfuggita. « E poi, che significa che sei inutile? Dovresti aver compreso qual è il ruolo di una fracciòn; proteggere l’espada che segue. E tu non l’hai forse fatto? Non hai forse rischiato la vita per salvarlo? Se sei ancora qui, a parlare con me, se esisti ancora, si vede che Aizen, Ulquiorra, nessuno di noi ti vede tanto inutile. » lanciò uno sguardo verso Alrick, che stava avendo la meglio su Tousen. « Ma se tu uccidessi quel congelado laggiù, ti sentiresti un pochino più utile? Pensi che Ulquiorra dia retta a questi dettagli? »
Caliel restò impassibile, di fronte a quel discorso; a modo suo, l’aveva consolata. Lo vedeva, così menefreghista e svogliato, che tirava fuori la spada e andava ad aiutare Tousen. Anche Halibel era uscita allo scoperto, e Gin stava arrivando.
Rivedere quell’essere all’attacco le incuteva sempre un certo terrore. Ma, diavolo, era o no un’arrancar? Aizen contava su di lei. Cercò di calmare il tremolio alle mani, prese Sangrienta e andò all’attacco.
Notò che Gin era incredibilmente veloce, e rideva sempre; Alrick sembrava snervato dalla situazione, subiva ripetuti attacchi, ma con altrettanta velocità riusciva a ripararsi. Tousen era gravemente ferito, e anche Halibel e Stark non se la passavano granché bene. E perché Ulquiorra ancora non usciva allo scoperto?
Caliel non sopportava più l’idea di stare lì a far niente, ma senza saper usare uno straccio di resurreciòn, come faceva?
L’istinto le disse di fregarsene, e andò comunque all’attacco; in velocità era migliorata, i campi di forza erano più potenti e sicuri, le scosse erano più precise. Era migliorata moltissimo, e la sorpresa di Alrick fu una conferma. Ma Caliel non si aspettava di certo, come nessun altro, che lui avesse un asso nella manica.
« Non volevo arrivare a tanto. » e inaspettatamente, colpì Halibel che, da dietro, lo stava attaccando con le ultime forze rimaste; la colpì dritto al petto, slacciandole la giacca e lasciando scoperta la maschera che le ricopriva bocca e seno, deturpando di poco il bel viso scuro che aveva.
« Mi dispiace, signorina. » si avvicinò a lei, la bloccò col collo e inserì una mano nel buco che le aveva appena fatto, tirando fuori le sue interiora e ingoiandole. Caliel distolse lo sguardo; raccapricciante, impensabile che un essere normale potesse arrivare a tanto.
Solo allora Gin, che assisteva senza sorridere alla scena, comprese un’altra potenzialità del congelado, che non era stata scoperta durante le ricerche. Si voltò verso Caliel e prese Tousen sulle spalle.
« Al riparo! » gridò. « Se non ci allontaniamo finiremo per diventare polvere! »
Stark capì subito, e infatti si allontanò; ma Caliel, un po’ per la paura e un po’ perché non aveva capito bene la situazione, restò lì impalata, osservando un Alrick pieno di vene visibili su tutto il corpo, senza più iridi agli occhi, e che sprigionava un’energia tale da solidificarsi e disperdersi nell’aria, in tanti frammenti che travolsero tutti i dintorni. Alberi distrutti, scogli frantumati, schegge che arrivarono a trapassare una gamba di Stark, ma per fortuna lui era fuori pericolo.
Caliel credeva di essere spacciata; già si vedeva a vagare in qualche dimensione sperduta, magari all’inferno. Quelle schegge se le vedeva davanti al viso, e pensava che non ci fosse via d’uscita.
Ma quando si rese conto di poter ancora respirare, era in braccio ad Ulquiorra, in stato di resurreciòn, che la guardava con un fare quasi severo. Perdeva sangue dalla fronte, dalle braccia e dal torace, essendo stato colpito dalle schegge, ma non era grave; le ali avevano contribuito ad attutire i colpi, e poi poteva rigenerarsi velocemente.
Lei restò in silenzio a guardare quella figura così diversa dall’Ulquiorra che conosceva, lasciando a lui la parola.
« Se proprio ci tieni a morire, la prossima volta dillo chiaramente, donna; così non mi scomoderò per salvarti. » la fece scendere, chiedendo poi. « Sei ferita. »
« No… »
« Non era una domanda. » staccò d’un colpo una scheggia finita sul fianco della ragazza, provocandole un piccolo, veloce ma infame dolore. « Pensi di riuscire a riandare lì senza farti prendere dal panico? »
Lei riprese fiato. Certo che aveva paura, ma non poteva tirarsi indietro, non in quel momento.
« Sono pronta. »
« Resta al mio fianco. » disse Ulquiorra, spiccando il volo.
Stark si era ripreso, ed era accanto a Gin ad affrontare un Alrick diverso, che poteva usare le tecniche di Halibel; a quanto sembrava, acquisiva le tecniche di chi divorava. Disgustoso.
« Questo non c’era nei vecchi rapporti di Aporro. » disse Gin sghignazzando. « Dirò ad Aizen di dargli una bella sculacciata. »
« Meno male, Stark sta bene! » disse Caliel tirando un sospiro di sollievo. « Ma perché non usa la resurreciòn? È il numero uno, potrebbe essere utile se… »
« Stark non può usare la resurreciòn, se è da solo. » rispose Ulquiorra. Notando lo sguardo dubbioso della ragazza, continuò a spiegare. « E’ stato lui a creare Lilynette; ha diviso la sua anima in due, per scacciare quello stupido senso di solitudine. Per questo ha bisogno di lei; anche Lilynette deve rilasciare, per permettere a Stark di usare i suoi poteri in resurreciòn. »
Poi accadde tutto molto in fretta; anche Stark venne ferito a morte, con un colpo secco vicino al cuore, ma pur sempre letale. Senza Orihime, era impossibile curarlo. Anche Aizen uscì allo scoperto, correndo verso Stark, preoccupato e imprecando. Alrick allora ne approfittò; ferì gravemente anche lui, eludendo la velocità di Gin, impacciato anche dai movimenti a causa di Tousen che, moribondo, giaceva accanto a lui. Fu una reazione a catena; Ulquiorra si gettò su Alrick per salvare Aizen, e anche lui subì la stessa sorte. Caliel si trovava davanti ad una pioggia di sangue.
Anche lei si gettò sul congelado, ma c’era qualcosa di diverso; piangeva, urlava di non uccidere, di non fare del male, di “non azzardare a toccarli con quelle sudice mani”. La sua spada si fece rovente. Fu costretta a prenderla con due mani, e in preda alla rabbia gridò.
« Maledetto! Ti ucciderò! Con questa spada! Affonderò Sangrienta nel tuo sangue! »
Nell’aria ci furono delle esplosioni, e un bagliore rossastro che svelò, una volta sparito, una nuova Caliel; aveva numerosi disegni rossi a contornarle gli occhi dorati, la maschera che aveva sulla testa era stata sostituita da quello che era simile a un diadema di ossa. I vestiti erano più ristretti, le braccia ricoperte da guanti, e vicino alle spalle delle sottospecie di squame. Ricordava vagamente una sirena, o un pesce esotico. La sua zanpakuto, Sangrienta, era diventata un lungo tridente, con un nastro legato all’estremità. Il rebbo che era al centro era più lungo e affilato degli altri.
Tutti i presenti restarono pietrificati e, in un certo senso, affascinati davanti a quella visione.
Caliel Lenain Khethel aveva infine raggiunto il suo stadio di resurreciòn.
Lei aveva uno sguardo serio, arrabbiato, impassibile. Alrick, non appena capì che quella era una resurreciòn, cercò di attaccarla, ma Ulquiorra lo bloccò da dietro, rigenerandosi nel frattempo.
Caliel non perse tempo, prese il tridente e iniziò a caricare contro il congelado. Lui, spaventato, cambiò traiettoria, ponendo l’espada davanti alla ragazza e bloccandolo. Ulquiorra non riusciva a muoversi, e si voltò, notando che Caliel non accennava fermarsi, anzi.
Eppure, riuscì a capire le sue parole.
« Resta fermo dove sei, Ulquiorra. »
Fece passare il rebbo centrale per il buco posto sotto il collo di Ulquiorra; Alrick non se l’aspettava, e si ritrovò col collo perforato. Con gran velocità, Caliel e Ulquiorra ne approfittarono; lui scappò, lasciando campo libero alla ragazza, che trafisse al cuore Alrick, lo scaraventò a terra e con un colpo secco lo divise a metà, e poi in altri pezzi più piccoli. Tutto velocemente e con una ferocia che Ulquiorra non le avrebbe mai attribuito.
Gin, invece, rideva. « Aizen… Hai visto? »
Aizen era letteralmente incantato. « E’ splendida, Gin… Favolosa… Ho creato qualcosa di assolutamente fantastico. È incredibile… L’Hougyoku ha saputo rendere un essere umano un arrancar stupendo. »
« E tu, Tousen, hai visto? » disse scherzando Gin. Tousen ignorò quella battutaccia.
Quando Caliel si calmò, era ormai finita; Alrick non esisteva più, era diventato polvere e il vento lo stava portando via. Riacquistò il suo aspetto, guardando poi la sua spada; stentava a crederci.
« Non stai sognando, donna. » disse Ulquiorra. « Alla fine ce l’hai fatta. » sospirò, riprendendo anche lui il suo aspetto. « Congratulazioni. »
Stark si rialzò, preoccupandosi di altro. « Halibel è morta. »
Si voltarono tutti verso i resti dell’espada numero tre, morta per adempiere ai suoi doveri di arrancar. Caliel in particolare, si chinò verso di lei, cogliendo un po’ del suo sangue.
« Mi dispiace, Halibel. » disse.
Aizen, invece, sviò velocemente l’argomento. « Caliel. »
La ragazza rispose prontamente. « Sì, signore? »
« Sei stata fantastica. »
« La ringrazio. »
« Qui ci vuole una riunione straordinaria. Torniamo a Las Noches. »
Gin capì subito. « Non dovremmo aspettare almeno i funerali della povera Halibel, Aizen? »
Lui ricambiò il sorriso, dicendo che c’erano cose ben più importanti.
Alla riunione ci furono un paio di cambi di posto; Caliel era seduta al posto di Halibel, uno dei tre posti liberi, mentre Ulquiorra fece a cambio con Nnoitra, sedendosi accanto a lei; in quel caso era meglio starle vicino.
Caliel era emozionata; era la prima volta che partecipava a quel genere di riunioni, in cui di solito potevano presenziare solo gli espada. Le venne servita una tazza di tè, come tutti i presenti, e poco tempo dopo Aizen si accomodò al capo dell’enorme tavolo rettangolare.
« Bene, signori. La riunione straordinaria può avere inizio. » disse. « Come avrete saputo, Halibel ci ha lasciati, ma non è stata una morte inutile. » indicò Caliel. « Oggi, Caliel Lenain Khethel ha raggiunto la sua resurreciòn. Fatele un bell’applauso. »
Neanche fossero stati a Hollywood, ci fu un piccolo ma fragoroso applauso, e Nnoitra, per scherzare, fischiò anche. Grimmjow fece giusto una smorfia, applaudendo per due secondi.
« Purtroppo solo Ulquiorra e Stark hanno avuto il privilegio di vederla, ma potrete farvi raccontare quanto è meravigliosa, letale… Forte. Anche Gin potrà confermarlo. » fece una piccola pausa sorseggiando del tè. « Capirete dunque che non è ammissibile tenerla ancora come fracciòn di chicchessia. » guardò Caliel, facendola alzare. « E’ un nuovo giorno per te, Caliel… Nuovo espada numero tre. »
Tutti rimasero a bocca aperta; Grimmjow soprattutto, non voleva proprio crederci. Gli unici a restare impassibili furono Stark e Aizen; persino Ulquiorra spalancò leggermente gli occhi. Forse non si aspettava per lei il terzo posto.
Caliel, emozionata, chiese. « Sta… Sta dicendo che sono… Un espada? »
« La numero tre. » ripeté Aizen.
Caliel avvertì gli sguardi di tutti; la maggioranza forse era contraria a quella promozione. Ulquiorra era imperscrutabile; non sapeva dire con sicurezza se era favorevole o no. Ma mi sentì in soggezione, e si chiese se era adatta a quel compito.
« Le sono molto grata, signore… » disse con imbarazzo, giocherellando con le dita. « Ma un terzo posto… Mi sembra esagerato… Ecco, io non ho nulla di più forte rispetto alla gran parte dei presenti. Ecco, il nono e il settimo posto sono liberi… »
« Non dovresti sminuirti, Caliel. »
« Signore, apprezzo davvero, ma… Io non sono più forte di Ulquiorra. » a quel punto il ragazzo sussultò, cercando di evitare gli sguardi di tutti. « Io sono la fracciòn di Ulquiorra Schiffer… Non posso essere sopra di lui… Promuovete lui a terzo posto, oppure… »
« Piantala, donna. » lei si zittì subito. « Ti ricordo che meno di un’ora fa hai ucciso un congelado. » si alzò in piedi, richiamando l’attenzione di tutti. « Quello che dice Aizen è giusto; questa ragazza ha raggiunto risultati eccellenti, ha raggiunto la resurreciòn, e ha combattuto straordinariamente. Ha ucciso un essere come Alrick in nemmeno dieci minuti. Per come la vedo io , merita di essere la nuova espada numero tre; anche perché la sua potenza, ora come ora, ha molto in comune con quella della defunta Halibel. »
Tutti bisbigliarono tra loro, ancora increduli e restii ad accettare quella nuova entrata.
« E se finisce come Luppi? » chiese Barragan. « Ricordate quanto sia stato inutile? »
« Luppi peccava di presunzione. » disse a quel punto Stark. Dato che era il numero uno tutti stettero a sentire con grande attenzione. « Posso assicurarvi, signori, che quando ho visto la vera forza di questa donna, ho avuto la pelle d’oca. » rimasero tutti impressionati di fronte a quelle parole, tranne Grimmjow, che sbuffò senza farsi vedere da nessuno.
Dopo un lungo silenzio, in cui nessuno metteva più in discussione la parola di nessuno, Aizen, sorridendo, disse. « Allora siamo d’accordo. Caliel, d’ora in poi quello è il tuo posto. Ora vai da Gin… Hai un tatuaggio da farti fare. Ah, Ulquiorra, accompagnala a cambiare sistemazione; non ha più senso che viva sotto il tuo stesso tetto. »
Lui non sembrava avercela con lei per essere stata promossa a un grado più alto del suo. Aveva sempre la stessa espressione, lo stesso modo di fare, ma lei non riusciva ancora a crederci; espada numero tre. Roba da matti, impensabile, si diceva.
« Non starci a pensare troppo su. » disse Ulquiorra, accompagnandola ad una stanza più avanti della sua, su cui era appeso il cartello col numero tre. « Consideralo un onore. »
« Lo so. » rispose Caliel.
« Guarda che non me la sono mica presa. Parlavo sul serio, in riunione. »
La fece accomodare nella sua nuova dimora; enormi stanze, arredate secondo un gusto tipicamente femminile, con dei mobili candidi, enormi specchi, un enorme finestra e un enorme letto, con delle coperte candide a una miriade di cuscini. Non credeva che Halibel fosse il tipo da avere quei gusti.
« Da oggi la tua stanza è questa. Puoi anche prenderti delle fracciòn, se vuoi. »
Era vero, ora che ci pensava; poteva scegliere un servitore e dirgli tutto quello che voleva. Solo a pensarci, si emozionava; dalle stalle alle stelle, insomma. Benvenuta in un nuovo mondo, Caliel.
« Ora andiamo, donna; dobbiamo farti tatuare il numero, e poi tornare sul mondo degli umani. »
Caliel, quando si trovò davanti a un Gin sghignazzante e davvero poco rassicurante, andò nel pallone, senza contare che, quando era umana, le avevano sempre detto che i tatuaggi facevano un male cane. Ma poi, gli espada si facevano i tatuaggi come i normali esseri umani?, si chiese. Sperò almeno che non usassero zanpakuto o tecniche strane. Poi Gin, a quanto sembrava, era un tuttofare; Ulquiorra le aveva detto che aveva realizzato lui gli abiti di tutti quanti, che aveva organizzato tutta l’architettura del palazzo, e a quanto sembrava sapeva anche tatuare.
Ulquiorra si accorse del disagio della ragazza.
« Hai fatto fuori un congelado che ha ucciso chissà quante persone, più un espada, e ti spaventi davanti a un tatuaggio? »
« E’ diverso, va bene? » sbottò lei. « A te ha fatto male? »
« No, ho solo sentito un leggero formicolio sul petto. »
Aveva scelto di farselo tatuare sulla coscia destra, così da poter coprire il numero con la calza alta. E in effetti, non le fece granché male; Gin era stato bravissimo, per quanto il suo ghigno era in grado di spaventare chiunque, ma, come aveva detto Ulquiorra, sentì solo un leggero formicolio.
Quando arrivò sulla Terra notò che, anche usando un gigai, il tatuaggio rimaneva; non faceva altro che riguardarselo, davanti allo specchio della stanza, un numero tre grande quanto la sua mano. Ancora non ci credeva di essere diventata la numero tre e di non essere più la fracciòn di Ulquiorra.
Constatò che anche Ulquiorra aveva il tatuaggio visibile, visto che bussò alla sua porta senza maglietta.
« Sistema in fretta le tue cose, donna; domani leviamo le tende. Il nostro compito è finito, non c’è più ragione di restare qui. »
« D’accordo… » un po’ le dispiaceva lasciare le amicizie che aveva lì, Sharon, Phil, Mandy. Lei sicuramente non se la sarebbe mai dimenticata. E a proposito…
« Ulquiorra, guardiamo un film insieme? »
« Sbrigati a scendere, allora; ho già messo nel lettore Sherlock Holmes. »
Il mattino dopo per Caliel fu un po’ difficile salutare tutti i suoi amici, e dare una spiegazione valida; disse che Ulquiorra aveva trovato un lavoro migliore all’estero. Questo causò un inevitabile shock a Mandy, e oltretutto se ne andava una sua cara amica.
Caliel si intenerì a vederla così. Corse da Ulquiorra chiedendogli di andare a salutarla.
« Perché dovrei? » chiese, già pronto a partire per Las Noches.
« Perché lei è innamorata di te. »
« Ma io no. » rispose lui con indifferenza.
« Sii gentile, dai; tanto non la vedrai più! arriverà tra poco, per darmi un ultimo saluto, vedi cosa puoi fare. »
Mandy arrivò a casa Schiffer con un piccolo pensierino; una scatola di normali cioccolatini, senza forme di cuori, con un dvd del film Fight Club. Li diede ad Ulquiorra con fare timido, mentre lui osservava senza nessuna espressione particolare la scena.
« Ecco… Ho pensato che non ce l’avessi… Perciò… Te l’ho comprato… Visto che ti piace il cinema… »
Caliel era rassegnata al fatto che Ulquiorra non avrebbe fatto nulla, e invece la sorprese; lui sospirò, prendendo il regalo e dicendo. « E’ un pensiero molto carino. Grazie. »
La ragazza arrossì, e fu sorpresa da un gesto del tutto inaspettato; Ulquiorra si avvicinò, dandole un bacio sulla guancia. « Addio, Mandy. » disse.
Lei trattenne le lacrime, arrossì all’inverosimile, balbettò un saluto striminzito e corse dalla sua amica per abbracciarla e lasciarsi finalmente andare ad un pianto liberatorio, sia per dispiacere per la loro partenza, sia per un’immensa felicità nell’aver ricevuto un bacio, anche se sulla guancia, da lui.
« Quante futilità. » disse Ulquiorra, non appena la ragazza se ne andò. « Però tornare qui mi ha fatto tornare in mente una cosa che devo assolutamente fare a Las Noches. »
Infatti, non appena tornarono a casa, chiese ad Aporro di costruirgli un televisore con lettore dvd annesso; da Seattle si era portato tutti i dvd che aveva comprato, più il regalo di Mandy, e sembrava intenzionato a guardare film anche a Las Noches.
Caliel non lo snobbò mai, ma era intenerita da quella passione che era nata in lui, e che persisteva.

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@ Liar: Grazie infinitamente!
@ Celia93: Sono davvero contenta e onorata del fatto che Caliel ti sia piaciuta talmente tanto da averle fatto un disegno! Mi piace un casino, grazie mille! Spero che ti piaceranno anche i seguenti capitoli!

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Capitolo 29
*** XXIX - Miedo del deseo ***


Caliel si abituò presto al suo nuovo grado, dandosi da fare per farsi rispettare un po’ da tutti; con Barragan non c’era ancora riuscita, però. Aizen notava dei progressi notevoli in lei, ogni missione la svolgeva in poco tempo e in maniera impeccabile. La giovane occupava gran parte del tempo ad affinare tecniche tutte sue con la spada.
Erano passati due mesi, e gli shinigami non si facevano ancora vivi; Aizen li teneva sempre in stato d’allerta, sicuro del fatto che prima o poi sarebbero tornati. Finché lui era ancora vivo, Las Noches non sarebbe mai stata del tutto tranquilla.
Caliel quella sera andò a bussare ad una porta che ormai conosceva come le sue tasche.
Ulquiorra aprì la porta con calma; si aspettava che fosse lei.
« Che c’è, stavolta? »
Caliel gli mise davanti una scodella con dentro dello strano liquido marroncino. « Non mi piace come fanno il milkshake da queste parti. »
« E da me cosa vuoi? »
« Quello che fai tu è più buono. »
« Fallo fare alla tua fracciòn. »
« Non c’è adesso. E comunque, ribadisco; quello che fai tu è più buono. »
Era sempre così; Caliel non si era affatto abituata alla cucina degli arrancar fatta dagli arrancar. Così, andava a bussare da Ulquiorra, che invece se la cavava piuttosto bene. Poi lui, sbuffando, la faceva entrare, le preparava qualcosa, e poi lei se ne riandava, oppure restava a guardare un film con lui. La stanza di Ulquiorra era diventata una vera e propria videoteca.
Quel giorno però Caliel levò subito le tende, dicendo di essere molto stanca. Negli ultimi tempi era leggermente dimagrita, ma era in buona salute; aveva anche deciso di tagliarsi i capelli, lasciando una sola ciocca lunga fino al fondoschiena, legata con uno strano fermaglio costruito dalla sua fracciòn. Già, aveva anche una fracciòn; si chiamava Florence, era una ragazza graziosa, posata, profondamente devota ad Aizen e molto affezionata a Caliel; Aizen aveva scelto di assegnarla come fracciòn a lei, e l’espada non aveva obiettato. C’era tra loro un bel rapporto, e Caliel non poteva sperare in una cosa migliore. E poi anche Florence era un’umana; negli ultimi tempi erano nati nuovi arrancar precedentemente umani abbastanza numerosi. L’Hougyoku aveva sviluppato capacità incredibili, e Aizen ne approfittava. Così vennero presto coperti anche i posti vacanti del settimo e del nono espada, occupati da due uomini che avevano in poco tempo sviluppato capacità degne di un espada.
« Signorina Caliel, bentornata! »
Caliel salutò Florence con un sorriso, mentre chiudeva la porta alle sue spalle.
« Siete andata nuovamente dal signor Ulquiorra? Come sta? Mangia regolarmente? »
« Sta bene, sta bene. Ho portato qualcosa da mangiare anche per te, Florence. »
La fracciòn si accomodò al tavolo, apparecchiando in fretta per due persone. Caliel insistette nel dire che aveva già mangiato, ma per Florence era un rito irrinunciabile mangiare con la sua espada.
« Signorina Caliel, avete saputo che il signor Aporro ha un’altra fracciòn? »
« Davvero? Caspita, saranno una ventina ormai… »
« Il signor Aporro dice che saranno utili per i lavori al laboratorio. »
« Immagino di sì. »
Dopo un attimo di silenzio, in cui ne approfittarono per finire il pasto, Florence riprese a chiacchierare. « Il signor Ulquiorra non ha ancora preso nessuna fracciòn? »
« Nessuna. Anche Yami è senza fracciòn, mi sembra… »
« Il sommo Aizen gli ha proposto molti buoni nomi, eppure il signor Ulquiorra si rifiuta di prenderli con sé… Come mai? »
Caliel ci pensò un po’ su. « Non lo so… Ma davvero ha rifiutato tutti i nominativi? »
« Sì… Dice di non aver bisogno di nessuno. »
Allora aveva ragione, Stark, quando le aveva detto che Ulquiorra poteva benissimo rifiutare gli ordini quando lo voleva davvero. Il fatto che, invece, non avesse rifiutato lei, al tempo in cui era la sua fracciòn, la rincuorava. Sorrise, nascondendosi col fazzoletto per pulirsi la bocca, e aiutò la fracciòn a sparecchiare.
« A proposito, signorina Caliel; ho incontrato la signorina Neliel. Vi saluta. »
Caliel si irrigidì, mostrandosi preoccupata. « Florence, non dirmi che sei andata di nuovo a spasso con lei per Las Noches! »
« No, signorina! Sono andata dal signor Grimmjow e ne ho approfittato per salutarla. »
Caliel tirò un sospiro di sollievo. « Stai comunque attenta; Aizen non sa ancora che Nel sta da Grimmjow. Comunque, come sta? »
« Sta bene. Vorrebbe tanto vedervi. »
« Sai che ti dico? Andiamo a trovarla. Non credo ci sia nulla di strano, visto che ci sarò anch’io. »
Col tempo Grimmjow aveva smesso di rompere le scatole a Caliel; vuoi che era la terza espada, vuoi che Nel aveva contribuito ad addolcirgli un po’ il carattere, non trovava ogni volta una scusa per attaccarla. Né lui, né Nel avevano detto qualcosa, ma si vedeva che tra loro era nata  una sorta di amicizia speciale. Anche perché non c’era altro modo per spiegare come mai Grimmjow la tenesse ancora con sé.
Neliel stava bene, aveva cambiato le vesti, non più strappate a causa delle sue forme prosperose, e manteneva costantemente la forma adulta.
« Grimmjow, che aspetti a dirlo ad Aizen? » disse Caliel, appoggiandosi al muro.
« Succederebbe il finimondo se si venisse a sapere che l’ex terza espada è ancora viva. Per non parlare di Nnoitra. »
« Aizen prenderebbe le dovute precauzioni. »
« Si sono viste le precauzioni; Nnoitra è riuscito a ridurla a una bambina. E poi, non pensi anche a te? »
« Che vuoi dire? » chiese lei, facendosi seria e a mani conserte.
« Nel ha ancora tatuato il numero tre sulla schiena, e ha ancora le potenzialità di una volta; non credi che, una volta scoperto che lei può essere ancora utile per Aizen, ti sbatti fuori e faccia tornare lei al suo posto? Dubito che ti farebbe tornare ad essere la fracciòn di Ulquiorra. Sarebbe il tuo capolinea. Nella peggiore delle ipotesi, finiresti uccisa. »
Florence si mise davanti alla sua espada, e con serietà disse. « Non permetterò che ciò accada alla signorina Caliel! Il sommo Aizen è una persona saggia, lo convinceremo a non uccidere! »
« Ma no, non ci sarà bisogno di uccidere nessuno. » disse a quel punto Nel, dando una piccola botta in testa a Grimmjow. « Sei sempre così catastrofico, Grimm. Basterà dire ad Aizen che non ho più le potenzialità di una volta, che voglio cancellarmi il tatuaggio e che voglio essere la tua fracciòn. Dopotutto, ora la terza è Caliel, e io ormai sono “scartata”, non potrei tornare a stare con voi espada. E poi, se io fossi la tua fracciòn, Nnoitra non avrebbe da lamentarsi… Credo.  A lui dava fastidio che io fossi la terza e lui all’epoca l’ottavo. »
« Nel… Sei sicura? » chiese Grimmjow.
« Diciamo che ormai io sono in “pensione”. Non credo che Aizen mi farebbe tornare in squadra. Fare la fracciòn sarà sufficiente, potrò uscire liberamente alla luce del sole e stare comunque con te. Ora, trova una falla in questo piano. » si fece spavalda, mentre Grimmjow, in silenzio, meditò su quanto appena detto. Effettivamente, non c’era nessun problema, se le cose stavano così. Valeva la pena tentare.
Fu indetta un’altra riunione straordinaria, tutti riuniti a quell’enorme tavolo rettangolare. Nnoitra on riusciva a credere che Neliel era accanto a Grimmjow, seduti vicini.
Ulquiorra, invece, se l’aspettava. Si avvicinò lentamente a Caliel; da un po’ di tempo le postazioni erano cambiate, e Ulquiorra sedeva a fianco di lei, seguendo l’ordine di numero.
« E’ stata una tua idea? » le sussurrò.
« Abbiamo solo cercato una soluzione alternativa alla segregazione di Nel. » rispose lei, sottovoce.
Lui si ricompose, posando le mani sulla tazza di tè fumante, e sorseggiando con calma. Sembrava del tutto indifferente alla cosa.
Aizen si mostrò sorpreso, e anche piuttosto contento, nel vedere che Neliel era ancora viva. Non mostrò sorpresa invece, nel sapere che non voleva tornare ad essere un espada, bensì la fracciòn di Grimmjow.
« Che scherzo è questo?! » fece Nnoitra, alzandosi. « Questa donna ormai è inutile alla causa di Aizen! Se non è più utile come espada, figuriamoci a fare la fracciòn del numero sei! Grimmjow, non ti bastano i cinque uomini che hai già? »
« Nnoitra. » fece Aizen, mantenendo la calma.
Lui si stizzì. « … Sì, signore? »
« Sono io che decido qui. »
« Ma signore, questa donna… » non fece in tempo a finire di parlare; venne colto da un bruciore tremendo, delle fiamme lo avvolgevano, e fu costretto a sedersi, cercando di placare il dolore.
« Ho detto che decido io qui. » ripeté Aizen. « Altre obiezioni? » rimasero tutti zitti, non volendo fare la stessa fine di Nnoitra. « Molto bene. Allora è deciso; Neliel diventerà la fracciòn di Grimmjow. Dopo ti faremo cancellare il tatuaggio. » sorseggiò del tè, iniziando poi un altro discorso. « Passiamo a un’altra cosa, più importante; shinigami. Abbiamo introdotto delle spie nella Soul Society, e abbiamo scoperto che Yamamoto ha in mente un agguato in grande stile. Ma noi lo sorprenderemo, lo anticiperemo; faremo un agguato direttamente a casa sua. Visto che le squadre shinigami sono tredici, andremo tutti insieme, espada, fracciòn, e altri arrancar. Presto vi darò delle planimetrie dettagliate della Soul Society, dove colpire e chi colpire. Inoltre, vi dividerò in squadre, cercando di renderle equilibrate, con a capo io, Gin e Kaname, visto che conosciamo bene quel posto. L’ultimo ordine che vi do è questo; Yamamoto va assolutamente ucciso. Partiamo domani. Ora ritiratevi. »
Caliel notò che Florence era nervosa; era la prima missione importante a cui partecipava. E forse aveva anche paura. Comprensibile.
« Florence, stai tranquilla. » diceva continuamente.
« Farò del mio meglio, signorina Caliel, ve lo assicuro. Non permetterò che vi accada niente. »
« Florence, non dire sciocchezze! Domani ci scontreremo con diversi shinigami, è impossibile che io non mi faccia niente. domani assisterai a tanti orrori… Vedrai diversa gente. Te l’ho già spiegato che, prima di pensare a me, devi pensare a te stessa; non c’è nulla di più importante della tua vita e della tua sopravvivenza. Non puoi proteggere qualcuno se non pensi prima a proteggere te stessa, se non dai importanza a te stessa. »
« Sì, me ne avevate parlato. Ma… »
« Dormici su, Florence. » disse, avvicinandosi alla porta. « Vedrai che domani farai un figurone! »
« Andate di nuovo dal signor Ulquiorra? »
« Sì, forse faccio tardi, quindi non stare ad aspettarmi, dormi pure. »
Ulquiorra, come al solito, non si sorprese nel trovarsela davanti alla porta; questa volta voleva vedere un film. La fece entrare, lui aveva appena finito di bere del tè, e la fece accomodare sul divano.
« Non sei venuta per un film, vero? » chiese poi.
Caliel sorrise; aveva un intuito eccezionale. « Sono preoccupata per Florence. »
« Dovrebbe essere lei a preoccuparsi per te, donna. »
Caliel si alzò dal divano, seguendolo accanto al tavolo; non riusciva a stare ferma. « Domani potresti morire, sai? »
« Anche tu potresti. Siamo sulla stessa barca. »
« E scommetto che non hai paura. »
« Tu ne hai? »
« Un po’. »
Lui sbuffò. « Sciocca. » disse, ma Caliel sorriso, afferrando il suo polso.
« Il tuo battito ha accelerato di nuovo. »
Lui staccò la mano con un gesto veloce, innervosendosi. « E’ il fatto che mi tocchi a darmi fastidio e farmi accelerare il battito, non la paura. »
Lei, per indispettirlo di più , afferrò nuovamente la sua mano. Non era la prima volta che si metteva a giocherellare così con lui, si divertiva a innervosirlo. Lei afferrava, lui staccava, lei afferrava nuovamente, lui si innervosiva e quasi la supplicava di staccarsi.
« Dai, smettila, donna! » appunto.
Lei scoppiò a ridere. « No, finché non ammetti di avere paura! »
« Piantala, donna! Ti ho già detto che mi dà fastidio! Va bene, ho paura, soddisfatta? »
« Assolutamente no, non è sincero! »
« Ma non ti stanchi mai? »
« Ehi, portami rispetto! Dimentichi che sono la terza espada? » disse lei scherzando.
A quel punto lui si fermò, smettendo di cercare di allontanarla da lui. Si fece più serio del solito, chinando il capo. Lei chiese cosa era successo tutto d’un tratto, e lui rispose. « Pensavo. »
« A cosa? »
Lui avvicinò una mano sul suo viso, facendo scendere le dita sulla guancia. « Sono arrivati qui molti umani, diventati poi arrancar. Ho potuto toccare diverse persone; eppure ti posso assicurare che nessuno brucia come te. »
« Esagerato. » disse lei, prendendo la sua mano. « Forse sei tu che sei troppo freddo. »
Lui restò in silenzio, continuando a sfiorare la guancia di lei, meditabondo. « Forse sì. »
Caliel lo fissò per un po’, incerta sul cosa chiedergli. Ma poi le venne naturale dire. « Vorresti bruciare anche tu? »
La risposta, stavolta, fu immediata. « No. »
Lei sorrise di nuovo, stavolta avvicinando la mano al suo collo, dove sporgeva leggermente una vena. « Smettila di mentire; ti si accelera il battito. »
« Hai rotto, con questa storia. » disse lui, serio. Si slacciò di poco la giacca, sentendo leggermente caldo.
« Se mi dici la verità non ti scoccio più. »
« Ma perché ti comporti così? Lo sai che a volte sei assillante, donna? »
Lei non staccò neppure per un secondo la mano dal collo, neanche quando si slacciò la giacca.
« Una volta ero la tua fracciòn. Certe vecchie abitudini restano. »
Dopo un po’ di silenzio, Ulquiorra sospirò, afferrò la ragazza per un fianco e fece una veloce rotazione, in modo da far appoggiare lei sul tavolo. « Sei proprio una rottura di scatole, donna. »
Lei improvvisamente si sentì in imbarazzo. Non riusciva a capire che intenzioni avesse in quel momento. « Ulquiorra, cosa…? »
« Avevi ragione, prima mentivo. Voglio vedere cosa si prova bruciando. »
Caliel si ritrovò improvvisamente le sua mani slacciare velocemente la sua giacca, avvicinando il bacino . il respiro della ragazza si fece da subito più affannoso, ma lo lasciò fare. Quando sentì che Ulquiorra stava giostrando con le sua gambe, particolarmente vicino alle parti intime, chiuse gli occhi, arrossì violentemente e mise le braccia intorno al suo collo, affondando le dita nei capelli. Si accorse che anche lui stava respirando pi forte del solito.
« Ulquiorra… » sospirò lei.
« Stai sempre a parlare, anche tu… » sospirò lui, avvicinando le labbra alle sue. Senza preavvisò la baciò, così, su due piedi, affondando la lingua in una maniera che caliel non si sarebbe certo aspettata da lui. Nel frattempo, le mani stavano lavorando su parti del corpo decisamente sensibili per lei, facendole sentire un caldo opprimente. Istintivamente, gli tolse la giacca, posando le mani sul petto nudo, che aveva qualche piccola goccia di sudore.
Da quel momento Caliel non parlò più; sospirava e basta, soprattutto quando Ulquiorra era diventato un tutt’uno col suo corpo. La cosa a cui non sembrò crederci era che anche lui sospirava notevolmente, muovendosi regolarmente e con vigore. E la sua pelle, poi; era come stare accanto a un camino. Bruciava, faceva quasi paura.
Non sapeva per quanto tempo Ulquiorra l’avesse tenuta lì, su quel tavolo, ad assaporare il suo sesso, ma non le dispiaceva di certo. Da quando era diventata un arrancar, non le era più capitato. E aveva ragione Ulquiorra; erano espada, ma pur sempre uomini. Che evidentemente potevano provare benissimo degli istinti del genere.
« Sei troppo calda, donna… » diceva lui, portandola a letto.
« Se ti do fastidio… Basta smettere… »
« Non ho detto… Questo… »
« Bruci… Anche tu… » disse lei, sfiorandogli le spalle, la schiena, mentre lui continuava a muoversi a un ritmo più veloce.
« Lo so… »
« E…? com’è…? »
Lui affondò la testa nei capelli della ragazza. « E’ una bella… Sensazione… Bruciare… Non è poi… Così male… Ah… »
Durò per molto, forse troppo, secondo Caliel. E in parte fu frustrante non sentirselo venire dentro; lui distaccò da lei improvvisamente, sull’orlo di un urlo liberatorio, mentre affondava le mani sul corpo, la stritolava, e lei che fremeva su di lui, sentendosi mancare improvvisamente quella sensazione.
Quando tutto finì, lui si accasciò al suo fianco, cercando di riprendere fiato. Lei restò una decina di minuti a riposarsi su quel letto che aveva le lenzuola che odoravano ancora di sesso, finché non posò le mani sul suo braccio stanco; si era addormentato, e nel frattempo la sua pelle era tornata ad essere di ghiaccio.
Si rivestì velocemente e tornò in camera sua, senza svegliarlo e degnarlo di un saluto. Le venne da chiedersi se quella sarebbe stata l’unica volta in cui si sarebbero concessi una pausa così particolare, ma con ogni probabilità non avrebbe affrontato l’argomento con lui.
Il giorno dopo, infatti, Ulquiorra non le accennò minimamente di quella nottata, e nemmeno lei disse nulla; fecero finta di niente, come se lei non fosse mai venuta in camera sua.
« Siete stata via per molto, signorina Caliel. Ieri notte vi ho sentita rientrare. » disse Florence, la mattina seguente, appena alzata. « Posso sapere perché? »
« Niente di particolare, Florence; io e Ulquiorra abbiamo discusso a lungo di una cosa. » rispose subito lei, con espressione tranquilla. Ogni tanto ripensò a quella notte, ma senza rancori, senza dubbi particolari, come se fosse rassegnata al fatto che Ulquiorra era spinto semplicemente dalla voglia di farsela subito, anche su quel tavolo. Del resto, lei non aveva opposto granché resistenza; non era difficile capire che ne aveva voglia anche lei, e che il desiderio sessuale non era poi di così poco conto.
Mentre partivano tutti per la Soul Society, Ulquiorra la degnò di sole poche parole.
« Non sembri nervosa, donna. »
« No. » rispose con un sorriso lei. « Non voglio agitare ulteriormente Florence. »
« Capisco. » fece una piccola pausa. « Quando te ne sei andata ieri? »
Strano che fosse stato lui a introdurre la cosa. « Ti eri già addormentato, saranno stati dieci minuti dopo… »
Ulquiorra si sentiva un cretino, per essersi addormentato neanche un quarto d’ora dopo averci dato dentro. Ma sorvolò. « Non farti strane idee, donna. »
« Nemmeno tu, eh. » fece lei ridacchiando.
« Allora cerca di non morire oggi. » rispose Ulquiorra, facendo un sorriso che sparì subito. « Così ne riparliamo con più calma. »

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Ommamma, alla fine l’ho scritta davvero! E adesso? ( tutti lanciano pomodori. )
Bè, spero di non avervi provocato shock troppo forti. Da un po’ di tempo pensavo a una cosa del genere, e alla fine non ho resistito. Non ho voluto essere troppo spinta e dettagliata in quella scena, temevo che facendolo avrei rovinato l’atmosfera della storia. Avrete notato, poi, che stavolta non sono romanticherie, ma del puro e “selvaggio” ( molto tra virgolette visto che non c’è sado maso o che! ah ah ah! ) desiderio. Mi dispiace, ma volevo cimentarmi in questa cosa del tutto nuova per me. Mi piace sperimentare. Se questo capitolo ha fatto calare l’interesse, ne sono profondamente dispiaciuta, ma io sono l’autrice, questa è una fan fiction e decido io che far far a chi! ( pernacchia. )
Ovviamente scherzo! Spero davvero che vi sia piaciuto questo capitolo! Ci vediamo al prossimo… Con un nuovo scontro con gli shinigami!

Neme

@ Garconne: Grazie per la recensione!
@ Namine23: Sono davvero molto contenta della tua recensione! Ulquiorra, è vero, è un personaggio molto difficile da gestire… Spero di rendere il suo carattere al meglio! Certo che io mi vado a scegliere i personaggi più difficili da interpretare… ( risata. ) Per quanto riguarda la tua Ulquiorra x Caliel… Bè, in un certo senso, eccola qua! Anche se è un po’ priva di quel qualcosa di romantico, ma spero che ti piaccia…
@ Liar: La Caliel in versione resurreciòn arriverà presto, visto che l’ho già progettata e la sto ultimando. ;) Mi dispiace l’errore, ma ti ringrazio come al solito per la recensione!

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Capitolo 30
*** XXX - Nuevo rinacimiento de un monstruo ***


Il piano di Aizen sembrava superficiale e destinato al fallimento; questo pensarono gli shinigami, quando se lo ritrovarono davanti, alla Soul Society, con Stark, Barragan, Caliel e Ulquiorra, più le relative fracciòn. Gin e Tousen non erano con lui.
« Aizen! » gli gridò Hitsugaya. « Hai un gran bel coraggio a ripresentarti qui! »
Aizen rise, scostandosi il ciuffo ribelle. Con un gesto veloce fece sparpagliare gli espada poco distanti da lui. Ulquiorra e Caliel si lanciarono una veloce occhiata, per poi tornare alla loro missione.
« Florence, stai serena. In caso di necessità ci penserò io. » la sua fracciòn annuì, seria in volto.
Dando una veloce occhiata, si rese conto che c’erano anche Ichigo e compagni, Orihime compresa, come sempre. Sorrise, felice di vedere che stava bene.
« E’ bello vedervi tutti qui! » disse lei, mentre Orihime era già tanto se la guardava con astio. « Non fare quella faccia, Orihime; non sai che rende brutte? »
Una freccia scoccata da Ishida stava per arrivare addosso alla giovane, ma Florence si mise in mezzo, e con un semplice gesto della mano spazzò via l’attacco del nemico. Scese a terra, guardando i nemici con rispetto e serietà.
« Noi non ci conosciamo. » disse. « Mi chiamo Florence, sono la fracciòn della signorina Caliel. E dal momento che lo sono… Non permetterò che la feriate con tanta facilità. »
Ben presto Caliel dovette distogliere l’attenzione da Florence, in quanto un altro shinigami richiamava la sua presenza, ma non era Renji, come si aspettava, era invece una donna bassina dalle lunghe trecce, che a differenza degli altri vestiva con le spalle scoperte.
Caliel mantenne la calma, sorridendo, mentre la sua avversaria sfoderò subito la spada.
« Ho sentito parlare di te. »
L’espada continuò a sorridere. « Mi chiamo Caliel. »
Lo sguardo della shinigami si fece più malevolo. « La morte dorata. »
Caliel si sorprese, facendo un espressione sbigottita. « Ma dai, allora sai come mi chiamano! Ne sono quasi onorata! » anche lei tirò fuori dal fodero Sangrienta. « Allora… Devo cercare di non sfigurare davanti alla fama che mi precede. »
Probabilmente quel nome era dovuto ai suoi occhi color oro, visto che negli ultimi tempi gli shinigami non l’avevano vista in azione. O forse sì, magari la sorvegliavano. Comunque, non le dispiaceva affatto essere chiamata così, e avrebbe dimostrato molto presto il perché di quella nomina. E non era di certo l’unica ad essersi meritata un soprannome.
Ulquiorra si era trovato a fronteggiare Ichigo, che era furente con lui. Era migliorato, il ragazzo, ma non era ancora in serie difficoltà. Orihime restava a guardare, oppure aiutava Ishida contro Florence. Già a vedere quelle ossa che sporgevano dalle braccia doveva capire la particolarità del suo potere; Florence era in grado di allungare le braccia a piacimento, riuscendo a combattere anche a distanza, ed era molto agile. Era come se avesse avuto tre spade a portata di mano.
Stark, o meglio, Lupo solitario, come usavano chiamarlo da un po’ di tempo, si era ritrovato a fronteggiare uno shinigami dal cappello di paglia, con l’aria svogliata, come se non volesse combattere davvero; dovevano essere in sintonia.
Barragan se ne stava sul suo trono, a far fare tutto alle sue fracciòn.
Per Aizen era arrivato appositamente Yamamoto, nientemeno.
Nel giro di poco tempo parecchie case finirono distrutte, e ben presto le strade si affollarono di corpi. Caliel e Ulquiorra si ritrovarono casualmente sullo stesso tetto di un palazzo, a riprendere fiato per un secondo.
« Quanti ne hai uccisi… Donna? » chiese lui.
Caliel non smise per un attimo di sorridere. « Ne ho appena uccisi trenta in dieci minuti. Per poco non battevo il mio record personale. »
« Ne hai ancora di strada da fare. »
« Pensa per te. » si divisero nuovamente, senza concedersi più un attimo di tregua.
Il piano di Aizen nel frattempo andò avanti senza intoppi; Gin e Kaname si erano divisi in due gruppi, formando vicoli ciechi e accerchiando altre truppe di shinigami, costringendoli ad arrendersi oppure ammazzandoli direttamente. Dalla squadra di Gin veniva un frastuono assurdo, dovuto alla sua spada, veloce e lunga, senza dubbio la più lunga che c’era. Inoltre, in squadra con lui c’era Grimmjow, che non stava proprio al suo posto. Nel lo accompagnava, Aizen aveva deciso così, per evitare di farle vedere Ichigo, sapendo dei rapporti che c’erano tra di loro.
Kaname forse fu più sfortunato degli altri; si ritrovò contro l’undicesima brigata, e Zaraki quel giorno era particolarmente incavolato. O meglio, aveva più voglia di uccidere del solito.
Soifon, la shinigami con le trecce, si era decisa a non mollare la presa su Caliel.
« Morte dorata… Ti sta bene il nome. »
« Grazie. »
Continuarono a combattere, ad armi pari, finché Caliel non notò che la sua fracciòn era in difficoltà; contro un omaccione come quel ragazzo di colore dal braccio strano, era anche comprensibile, e per essere la prima importante missione stava resistendo anche troppo.
Scaraventò Soifon con un calcio preciso e potente lontano, precipitandosi poi su Florence, creando un campo di forza in grado di contenere tutte e due, ma Ishida la sorprese con una freccia, sfiorandole la gamba. E anche Orihime aveva deciso di entrare in azione.
« Arrenditi, Wendy. »
« Orihime… Ti sembrano le parole giuste da dirmi, queste? » disse con espressione tranquilla.
« Guarda che non siamo più gli umani di una volta. »
« Nemmeno io. » sorrise ancora. « Avrai notato che io e Ulquiorra non stiamo più appiccicati in missione. Non sono più la sua fracciòn. Bè, ovvio che non lo sapessi. » fece calare di poco la calza sgualcita, mostrando il tatuaggio e lasciando di stucco Orihime e tutti i presenti.
« T… Tre?! »
« Eh, già, sono la terza espada, conosciuta anche come la morte dorata. » il suo sguardo si fece poi sottile, con una vena di cattiveria. « Forse è ora che mi metta a fare sul serio. »
Ulquiorra riteneva quasi impossibile il fatto che stesse sanguinando così tanto di fronte a Ichigo. Non che lui stesse tanto meglio, ma una volta l’avrebbe fatto secco in nemmeno cinque minuti. Possibile che fosse migliorato così tanto, con una semplice maschera di hollow?
« Sembri in difficoltà, Ulquiorra. »
« Non credo che tu sia nella posizione per poter criticare. »
« Che ne diresti di farla finita subito? »
Ulquiorra rimase zitto per qualche secondo, finendo per sbuffare. « Avete sempre tutti una così grande fretta. » fece qualche passo verso Ichigo, con calma. « Non vedo perché dovrei fare in modo che tutto ciò finisca subito, Kurosaki Ichigo. Ma, se è proprio ciò che vuoi… »
Improvvisamente Ichigo si trovò Ulquiorra alle spalle, con una mano che mandava nell’aria qualche piccola scossa nera e rossa. Si inginocchiò sputando molto sangue e perdendone notevolmente dalla spalla; lasciò cadere la zanpakuto a terra.
« … Farò come desideri. » concluse Ulquiorra.
Sentì poi diversi rumori, e una forza spirituale che si spegneva; niente di preoccupante.
« Sembra che Aizen abbia raggiunto il suo obiettivo. » disse. Constatò anche che Caliel era ancora viva e vegeta. Lasciò Ichigo lì, agonizzante, raggiungendo il suo capo.
Yamamoto era morto, per mano di Aizen. Gli shinigami intorno a lui non ci credevano; per quanto Aizen fosse potente, uccidere il capo degli shinigami era inammissibile.
L’ex shinigami invece rideva, compiaciuto della missione compiuta, una volta ucciso il capo, sarebbe stato un giochetto sbarazzarsi degli altri.
Orihime fu colta da un’improvvisa rabbia, quando vide Ulquiorra.
« Tu… »
Ulquiorra almeno la degnò di uno sguardo, e disse. « Vedo che sei ancora viva, donna. »
Orihime istintivamente gli lanciò un raggio, ma Caliel lo respinse subito, mettendoci il minimo della forza.
Orihime scoppiò a piangere, mandando altri raggi. « E’ tutta colpa tua, maledetto! Sei stato tu! Tu hai portato via Wendy! È tutta colpa tua se Kurosaki sta male! Muori! »
Caliel era a un passo dal staccarle la testa con la spada, ma Sado, il ragazzo abbronzato e muscoloso, la bloccò, mentre Ishida passò avanti.
« Grazie, Sado. » disse. « Tienila occupata; a smeraldo piangente ci penso io. »
Ma Caliel non si mostrò minimamente preoccupata, anzi. « Smeraldo piangente, uh? » sorrise, di fronte a Orihime; afferrò il braccio di Sado, e gli provocò una violenta ustione, costringendolo a inginocchiarsi e rotolarsi per terra. « E’ un nome che gli si addice molto. »
Andò in resurreciòn, scaraventando Orihime a terra, mostrando la sua forma rilasciata, simile a una sirena, e raggiungendo Ishida in un baleno, infilzandolo col suo tridente, mentre Ulquiorra, con le mani in tasca, assisteva a tutta la scena, a un centimetro dal suo viso.
Orihime sembrava un fiume in piena di lacrime, correndo da Ishida e Sado e curandoli alla svelta.
« Mostro… » diceva, tra un pianto e l’altro. « Sei un mostro… »
Caliel le diede le spalle, tornando alla sua normale forma. Aizen si scostò ancora i capelli, e ripose la spada al suo posto. « Ritiriamoci per adesso. » Tutti lo guardarono di stucco, tranne Ulquiorra. « Va bene così; per il momento la morte di quel vecchio è sufficiente. Saranno tutti troppo frastornati. Andiamo. »
Si accamparono poco lontano dalla Soul Society, costruendo in fretta e furia degli accampamenti con le comodità indispensabili. Gin, facendo rapporto, disse di aver ucciso diversi capitani e altri normali shinigami, ma che non era riuscito a uccidere il capitano della tredicesima e della sesta divisione, mentre Kaname aveva riportato diverse ferite e qualche uomo era morto; la fracciòn di Nnoitra, ad esempio, o dieci fracciòn di Aporro.
Anche Florence aveva riportato qualche ferita; le sue braccia, essendo ricoperte di ossa, era un po’ deboli. Caliel le consigliò di rimanere a riposare, a letto.
« Sono mortificata, signorina Caliel… Sono stata pessima. »
Caliel sorrise, carezzandole la testa. « Questo non è vero; sei stata bravissima, Florence. »
Ulquiorra aveva fatto leggermente capolino nel suo accampamento, allontanandosi subito; lei se ne accorse, e dopo un po’ lo raggiunse, dentro a un bosco di massi, detriti e alberi abbattuti. Lui si era seduto per terra, posando accanto a sé Murcielago. Anche lei fece lo stesso.
« Non dovresti preoccuparti così tanto della tua fracciòn. » disse lui.
« Non posso farci nulla. Sarà che, essendo stata una fracciòn anch’io, la capisco meglio di chiunque altro. »
« La verità è che hai ancora degli atteggiamenti umani. »
Lei si rabbuiò, ma non per la battuta di Ulquiorra, a quello era abituata; ma le era tornata in mente una cosa.
« Orihime ha detto che sono un mostro… »
Lui la guardò per un po’, in silenzio, notando che piangeva, senza imbarazzo.
« E’ per questo che sei ancora umana, donna. Non c’entrava nulla con la resurreciòn; dai ancora troppa importanza alle parole. Eppure avresti dovuto capirlo già da un po’ che gli umani parlano di un sacco di cose quando non dovrebbero. » lei continuò a singhiozzare, ma iniziò a degnarlo di uno sguardo. Lui continuò a parlare. « Inoue non sa niente dei veri mostri. Non sa niente di noi. Crede che stare dalla parte degli shinigami le dia il diritto di dire tutto a chiunque. » guardò verso il cielo. « Smettila di darle importanza, donna. »
Caliel si asciugò le lacrime, sorridendo di nascosto. « Era meglio se l’Hougyoku cancellava i ricordi relativi alla mia vita da umana. »
« Può darsi. » rispose semplicemente lui, con indifferenza.
« Almeno sarei stata più facile da addomesticare. » qualche lacrima scese ancora, ma non fece in tempo ad asciugarsela; Ulquiorra le si era parato davanti.
« Se la metti così, hai ragione; sei una vera palla al piede. » si avvicinò ancora, le labbra a un centimetro da quelle della ragazza. « Ma è impossibile cancellare qualcosa; nemmeno l’Hougyoku ne è in grado, per la gioia di tutti noi. »
La ragazza sospirò come sentì la lingua dell’espada passare per il collo, slacciandole il colletto. Cercò di mantenere i nervi saldi, cercando di spostare la testa di Ulquiorra da un’altra parte.
« Parli sempre con questo tono rassegnato… »
« Sono solo realista. » afferrò con forza le sue mani e le tenne ben salde, in modo da evitare capricci. « Tu invece non ti stanchi mai… Sei proprio difficile da addomesticare. »
« Sembra che tu ti sia pentito di avermi preso come fracciòn. »
« Togli pure quel sembra. »
Caliel, indispettita, chiuse le gambe con forza. « Se è così, allora sloggia; e poi, non avevi detto che ne avremmo riparlato con calma? »
« Infatti. » ad Ulquiorra bastò toccare in punti delicati e strategici, per costringere la ragazza a rimettersi come prima, e fece in modo di non farle più opporre resistenza. « Forse non ci siamo capiti, donna; se ho un bisogno, lo soddisfo subito. Io ne ho voglia. Qui. Adesso. »
In effetti, l’occasione giusta per “riparlarne con calma” era proprio quella, senza nessuno intorno, appartati, anche se avevano entrambi una certa ansia; potevano essere richiamati in battaglia in qualunque momento. Forse per quel motivo Ulquiorra ci mise più foga della prima volta. Non si risparmiava certo i sospiri, gli affanni sul collo, il bacino si muoveva a ritmo meno regolare, quando più forte, quando più veloce, ma l’effetto che gli faceva non cambiava di una virgola; si buttava vorace sul seno di lei, mordicchiandolo, quasi da farle male. Insisteva a tenere le mani di lei ben strette, messe in alto, mentre lei lo teneva stretto a sé incrociando le gambe attorno al suo bacino.
« Ulquiorra… Mh… Lasciami… »
Per un po’ la ignorò, finché di sua spontanea volontà lasciò andare le sue mani, le quali andarono subito a incrociarsi dietro la schiena.
« Non ti ho mica… Lasciata… Per avvinghiarti così… Ah… Mi metti… Caldo… Ah… »
Fu lei stavolta a ignorarlo, affondando le dita di una mano tra i suoi capelli, sotto la maschera spezzata, mentre una mano andò a stringere i piccoli ciuffetti d’erba per terra, sull’orlo dell’orgasmo.
« Ne riparleremo… Ancora… Con calma… Vero…? » chiese lei.
« Perché parli… Sempre nei… Momenti… Meno… Opportuni…? »
« Ah… Così… »
Cercarono comunque di finire in fretta, per non essere dati dispersi e per tenersi pronti al prossimo scontro; la battaglia infatti non era ancora finita.
Mentre Ulquiorra si rivestiva velocemente, con un leggero fiatone disse. « Non credo ci sia bisogno di risponderti. »
« A cosa? »
« In un film ho sentito questo detto umano; non c’è due senza tre. »
Lei sorrise. « E io che pensavo di non essere più attraente! Il fatto che Aizen non mi abbia mai voluta sessualmente mi stava quasi rattristando. »
« Se vuoi andare anche con lui, fai pure. » rispose lui riponendo la spada al suo posto.
Come pensava Caliel, per lui non era altro che soddisfazione. Che strano; non sentiva rancore. Come se anche per lei fosse la stessa cosa. Visti nei telefilm, rapporti del genere sembravano le tipiche storie d’amore tormentate, piene di ostacoli, dove per forza di cose si doveva ricorrere alle scappatelle come quelle; certo, in tutti gli sceneggiati che aveva visto, non c’era neanche una sola personalità come quella di Ulquiorra. Ma non era di certo l’unico uomo che viveva il sesso e il rapporto con le donne così.
Ora che era la terza espada, si ritrovava a pensare che in fondo, gli arrancar, gli espada, non erano poi così diversi dagli umani, e forse nemmeno gli shinigami lo erano; anche loro avevano dei desideri, delle emozioni, anche se non le manifestavano allo stesso modo. Forse le circostanze li costringeva a doversi comportare in un certo modo. E poi, avevo tutti una propria personalità, rappresentavano un aspetto della morte, un qualcosa della vita dell’uomo che li portava alla fine. Era impossibile essere mostri di freddezza totali di fronte a cose simili.
Anche lei rappresentava qualcosa, che forse cercava di ingannare andando a letto con Ulquiorra, attaccandosi a Florence, trovandosi a piangere davanti alle parole di Orihime.
Si ritrovarono ben presto nuovamente sul campo di battaglia; Ichigo e tutti gli altri, grazie a Orihime, si erano tutti ripresi; stavolta Aizen decise di tenere tutti uniti, dato che Yamamoto non c’era più, e aveva anche detto. « Uccidete pure chi vi pare. »
Tra una cosa e l’altra, Orihime e Caliel si ritrovarono a fronteggiarsi soprattutto a parole.
« Wendy… Perché continui a distruggerti così? »
« Orihime, te l’ho già detto… Ormai è tardi. E poi, cosa credi? Che per me sia stata una passeggiata? »
« Ovvio che no, per questo ti sto offrendo il mio aiuto. »
« Non ho bisogno del tuo aiuto; non più. quando ne avevo davvero bisogno, hai preferito curare il tuo Kurosaki. L’unico appiglio che ho trovato è stato Aizen… Senza di lui adesso non sarei qui. »
« Wendy… Non capisci cos’ha in mente di fare? »
« Sono la terza espada, e so benissimo cosa ha in mente. Ma a me non dà fastidio. Se solo voi apriste un po’ di più la mente… »
« Che fine ha fatto la Wendy che conoscevo?! »
« L’hai lasciata morire per strada, Orihime. E nessuno si è degnato di soccorrerla. » davanti al silenzio agghiacciante di Orihime, si fece più seria. « Sai, ogni espada rappresenta un aspetto della morte. Pensa che ironia; rappresentiamo una cosa che appartiene agli umani. Solitudine, vecchiaia, nichilismo, disperazione, distruzione, intossicazione, pazzia, avidità, collera, sacrificio. Anch’io rappresento qualcosa, essendo un espada. E mi sono resa conto da poco quanto sia terribile. » prese la spada, e con un viso freddo e glaciale disse. « Io sono l’abbandono, Orihime; non ti pare sufficiente? »
E senza aspettare oltre, quando vide che stavano arrivando più nemici del previsto, andò in resurreciòn, potenziando i campi di forza; era raro che qualcuno fosse riuscito a toccarla. Quasi tutti erano andati in resurreciòn, tranne Barragan, che si ostinava a sedersi sul quel trono, atteggiandosi a re. Chissà perché Aizen non l’aveva ancora fatto fuori.
Anche Stark aveva rilasciato, unendosi con Lilynette, e formando un branco di lupi attorno a lui.
Le vittime furono incalcolabili da entrambe le parti, ma Ichigo sembrava una fenice; ogni volta che sembrava finita, rinasceva, più forte di prima. Ulquiorra si ritrovò con un graffio in più del previsto.
Caliel era preoccupata, ma mettersi in mezzo l’avrebbe fatto infuriare. E poi, sembrava avere un asso nella manica.
« Sembra che tu ti sia rammollito, Ulquiorra. Mi sa che ti si è addolcito il carattere. »
Intorno ad Ulquiorra si creò una specie di terremoto. Lui disse semplicemente. « Capisco. » e un nuvolose verde si creò attorno a lui, mostrando un nuovo Ulquiorra.
« Aizen… » disse. « Chiedo scusa per aver tenuta nascosta una cosa così importante. »
Stavolta Caliel stentava davvero a riconoscerlo, e anche Aizen era sorpreso; gli occhi di Ulquiorra erano interamente neri, le iridi gialle, i capelli lunghi, la testa sovrastata da delle lunghe corna. Ali da pipistrello molto più grandi, così come più grande era il buco sotto il collo, da cui colava qualcosa che sembrava sangue. Le braccia erano ricoperte di pelliccia nera, le mani lasciavano posto a degli artigli, aveva la coda e dei piedi anch’essi ricoperti di pelliccia. Quelle che sembravano lacrime, stavolta, erano più grandi che mai.
« Quel bastardo! » disse Nnoitra. « E’ in grado di fare due resurreciòn! »
« Aizen, sembri sorpreso. » disse Gin. « Non ne sapevi niente? »
« No… Strano che non me ne abbia mai parlato… » ben presto la sorpresa lasciò posto all’eccitazione di fronte a quella nuova scoperta. « Mi riempi sempre d’orgoglio… Ulquiorra. »
Era spaventoso. Metteva i brividi solo a guardarlo. Perché non ne aveva fatto parola con nessuno?
Ulquiorra invece aveva di meglio da fare; si buttò addosso a Ichigo, facendogli sputare tanto di quel sangue da farglielo ricordare finché campava.
« Ma guardatelo, come si monta la testa! » gridò Grimmjow, anch’esso andato in resurreciòn; ricordava un felino. Per questo lo chiamavano la pantera azzurra.
Anche lui si buttò nella mischia, contro altri shinigami.
Il finimondo era appena iniziato.

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Olèèèèèèèè, Yamamoto è morto! Scusate, ma io non l’ho mai potuto digerire, quel vecchiaccio! ( risata. ) E non digerisco nemmeno Tousen; volevo far vedere quanto le prendeva da Kennino, ma non ne ho avuto l’occasione… Oh oh oh, Ulquiorra si è rivelato anche nella seconda forma! ( risata. )
Ora sarà molto difficile gestire il combattimento, ma ce la metterò tutta. Ringrazio tutti coloro che leggono e chi sta trovando interessante la storia. Spero che questi trenta capitoli non siano pesanti per voi, mi dispiace che stia andando così per le lunghe. Ma credo che con Bleach ci sia poco da fare. ( risata. )

@ Namine: Grazie di cuore! Anche a me piace questa cosa degli opposti che si attraggono, e poi mi è venuta spontanea!

@ Liar: Sorpreso, eh? Che bello, sono contenta, sorprendervi è uno degli obiettivi che mi prefisso quando scrivo! Speriamo che tu sia rimasto sorpreso anche a questo capitolo!

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Capitolo 31
*** XXXI - Batalla entre titanes ***


A conti fatti, era un combattimento alla pari; le morti continuavano a crescere velocemente, ma sembrava un dato poco importante. persino Barragan fu costretto a scendere in campo; tutte le sue fracciòn erano morte, e lui era anche andato in resurreciòn. Forse per il teschio che aveva in forma rilasciata, o per la corona che portava sempre e comunque, lo chiamavano il re della morte. Lui avrebbe preferito re dell’Hueco Mundo, ma tanto nessuno lo chiamava così.
Tra i morti c’era Aporro; Caliel era convinta che la sua presunzione aveva giocato un brutto scherzo. Tra gli shinigami, invece, era stati abbattuti molti membri della tredicesima divisione. Sentendo parlare i suoi avversari, aveva capito che erano divise in squadre, dalla uno alla tredici, e che ognuno aveva un capitano e un vice. Non si aspettava tutta quella organizzazione.
Ora che Yamamoto era morto, però, andavano un po’ a casaccio; i capitani si ritrovarono improvvisamente sovraccaricati di uomini e di responsabilità, e solo tre di loro riuscivano davvero a reggere; uno era lo shinigami col cappello di paglia, che aveva sentito chiamare Kyoraku, avversario di Stark, un pacifista, sempre calmo e posato; l’altro era uno shinigami dai capelli bianchi, dall’aspetto malaticcio che ogni tanto sputava un po’ di sangue; l’ultimo era un uomo dall’aspetto nobile, con degli strani aggeggi sulla testa e una sciarpa leggera, che si muoveva sinuosamente a ogni movimento. I rispettivi nomi erano Kyoraku, Ukitake e Kuchiki, ed erano i capitani dell’ottava, della tredicesima e della sesta divisione.
Forse Aizen era stato troppo ottimista, o forse non si aspettava che Ichigo e soci ci dessero così dentro. Ulquiorra in realtà gli era superiore; Ichigo sembrava arrivato allo stremo, pieno di tagli, ferite, sangue. La maschera di hollow serviva a ben poca cosa. Caliel evitava di guardarlo; faceva troppa impressione, era un Ulquiorra troppo diverso da quello che aveva imparato a conoscere.
E poi, doveva pensare ai nuovi ospiti; un gruppo di ragazzi che potevano usare le maschere di hollow come Ichigo, anzi, sembravano più esperti; li aveva sentiti chiamare Vizard. I suoi avversari dovevano avere il vizio della comitiva. Comunque, sembravano più menefreghisti, come se fossero venuti lì solo per atteggiarsi, più che per aiutare.
Era riuscita ad uccidere un paio di loro, per il resto se ne stava occupando Grimmjow; era impossibile fermarlo, più ne uccideva, più si ricaricava di energia.
Lei, invece, stava cominciando a stancarsi, e anche la sua fracciòn, andata anche lei in resurreciòn; era diventata molto alta, le dita si erano allungate molto, formando dei lunghi artigli, e aveva un enorme falce al posto della spada. Sulla schiena aveva delle ali ossee.
Dopo aver ucciso un altro shinigami, Caliel si mise ad osservare un po’ Ulquiorra; sembrava che Ichigo fosse un gatto con almeno dieci vite. Era assurdo che potesse ancora rialzarsi. Ulquiorra aveva il fiatone, cosa a cui lei stentava a crederci, in quella forma.
« Si può sapere dove stai guardando, Caliel?! » le gridò Grimmjow, portandola via con sé, evitando così che un corpo ormai morto e pieno di ferite ancora aperte le venisse addosso. Era Nnoitra, ucciso brutalmente da Zaraki, che se la rideva di gusto.
« Peccato, proprio ora che mi ero ricordato il tuo nome! » diceva, tra una risata e l’altra. La piccola Yachiru non sembrava minimamente impressionata.
Aizen era l’unico a non essere affaticato; si muoveva agilmente e senza fiatone, e aveva ucciso innumerevoli shinigami, e qualche vizard. Era la prima volta che Caliel lo vedeva sul serio in azione, ed era affascinata e impressionata; e Barragan che faceva tanto il saccente!
Lo scontro durò forse troppo tempo, e non vi era ancora un vincitore, ma accadde una cosa strana; Ishida, Sado, quella shinigami chiamata Rukia e altri compagni, si erano allontanati dalla vista di Caliel. Orihime era ancora a portata di mano, ma aveva degli atteggiamenti sospetti, sicuramente avevano in mente qualcosa, un agguato o roba simile.
Florence si era avvicinata alla sua espada, con un sorriso e visibilmente stanca.
« Signorina Caliel, state bene? »
« Sì… Sì, Florence… » la avvicinò a sé, con cautela. « Stammi vicina; ho un brutto presentimento. »
« Aizen, si può sapere che cos’hai? » chiese Gin con un sorriso. « E’ da un po’ che ti guardi intorno perplesso. Guarda che, anche se non sembra, stiamo vincendo. »
« Non vedo Momo… Non ti pare strano? » chiese Aizen con serietà. Momo era la sua luogotenente. Una ragazza gentile e posata, molto sensibile, che non riuscì a sopportare il tradimento di Aizen. Si aspettava di trovarsela davanti, a spada tratta, a maledirlo per ogni cosa, e invece non c’era.
« Sarà da qualche parte a nascondersi. » rispose Gin. « Lei non è fatta per i combattimenti. »
« Sì, può darsi… Piuttosto, Gin… Non è Matsumoto, quella? »
Gin guardò per un attimo verso terra, e vide una figura dannatamente simile alla sua amica. Amica? Bè, forse. In passato lui le salvò la vita. Aizen non seppe mai esattamente come stavano le cose tra loro, ma dall’espressione che stava facendo Gin in quel momento, nel vedere una Matsumoto Rangiku riversa a terra e con il sangue che le usciva dalla bocca, capiva che evidentemente c’era qualcosa di più.
Gin non lo degnò di una risposta, precipitandosi a terra, da Rangiku, prendendole delicatamente la testa. Era in gravi condizioni. Si guardò attorno, snervato; era la prima volta che Aizen lo vedeva così. Poi notò che si rivolgeva a Orihime con una voce quasi stridula.
« Ehi, tu! Vieni qui, c’è bisogno di te! » gridò, ma Orihime non si mosse di un passo, incerta sul da farsi. Rangiku era un’amica, ma Gin no. Dopo un po’, si fece avanti, e posò le mani sulla testa della shinigami, iniziando a curarla.
« Inoue, no! » gridò Ishida. « Eravamo d’accordo che… »
Caliel però capì. « Eccolo. » anche se volava, puntò il tridente a terra, lanciando un raggio veloce e preciso addosso a Rukia, la quale era dietro Gin, pronta a colpirlo. La ragazza cadde a terra subito, le pupille ormai sparite, e perdendo del sangue dal petto.
« Ora capisco… Hanno approfittato della perdita dei sensi di una di loro per distrarre Gin. Evidentemente sapevano in che rapporti erano quei due. Forse è la sua donna… Comunque, che infamata. » fece un rapido conto; Ishida, Orihime, Rukia a terra… Mancavano Sado, Renji, e molte altre persone, come Yumichika e Ikkaku. Una presenza la sentì dietro di sé, ma avvertiva un’offensiva contro la sua fracciòn. Caliel nemmeno si voltò; spostò velocemente il tridente dietro di sé, creo immediatamente un potente campo di forza e nello stesso momento spedì un raggio a Yumichika, il quale cadde a terra, sputando sangue. Florence assistette impressionata alla scena; era evidente che aveva ancora molta strada da fare.
« Yumichika è qui… Senza Ikkaku accanto. Di solito si muovono sempre in coppia… Che fine ha fatto il pelato? » disse sottovoce. Si guardò un po’ intorno, ma di lui nessuna traccia. « E’ ancora vivo… La sua forza spirituale è un po’ lontana, ma c’è ancora ed è potente… » rimase ancora a rimuginare. « Ulquiorra e Ichigo stanno combattendo lontano da qui… E ora che guardo bene, nemmeno Zaraki c’è. » buttò ancora l’occhio su Gin, che faceva riprendere Rangiku. « Che strano… Se ho ben capito, il piano degli shinigami era di approfittare dei nostri punti deboli. Per questo si sono sparpagliati. Ma anche se andassero da Ulquiorra… Dove potrebbero colpire? Maggioranza numerica? Non credo che Ulquiorra si faccia mettere in difficoltà per qualche shinigami in più, anche se c’è Zaraki… E poi, in quella forma… » le vennero un po’ i brividi, ma poi si bloccò, con un espressione terrorizzata. « Come ho fatto a non pensarci prima?! Florence, se venissero a dirti che io sono morta, come reagiresti? »
La sua fracciòn ci pensò per un attimo, poi disse. « Mi arrabbierei, perderei il controllo di me stessa e cercherei di vendicarvi, signorina Caliel. »
« Nasconditi in un luogo sicuro; non uscire e non combattere contro nessun shinigami finché non arrivo. E tieni d’occhio Aizen, assicurati che sia vivo. » spiccò il volo, veloce, con tantissima fretta. Accidenti, accidenti e ancora accidenti, perché non ci aveva pensato prima?
Quando arrivò si trovò davanti uno spettacolo raccapricciante; probabilmente gli shinigami non si aspettavano una reazione del genere.
Zaraki e Ikkaku sembravano dei morti viventi. Riuscivano a stento a stare in piedi, a Ikkaku mancavano entrambe le gambe, Zaraki lo teneva sulle spalle, ma anche lui era gravemente ferito ed era rimasto senza un braccio. Renji era ormai a terra, non sapeva dire se vivo o morto. E Ichigo; non ne parliamo. Aveva un enorme buco sotto il collo, provocato dalla mano di Ulquiorra, che passava da parte a parte.
« L’hai voluto tu, Kurosaki Ichigo. » disse malevolo Ulquiorra, staccando la mano. Ichigo cadde a terra, esalando dei piccoli respiri.
Caliel vedeva gli occhi dell’espada pieni di odio, e anche una malcelata tristezza; quelle lacrime stavano proprio a pennello. Lui si voltò a guardarla, iniziando poi a incamminarsi verso di lei.
« Non permetterò nemmeno a te di ostacolarmi. »
La ragazza si fece coraggio. « Ti hanno detto che Aizen è morto? »
Lui si stizzì, per poi riprendere la sua tranquilla camminata. « Allora confermi… »
« Ulquiorra, ragiona! Concentrati! Aizen non è affatto morto, tutt’altro! ti hanno mentito! Se ti concentri bene, puoi sentire il suo potere spirituale! Ulquiorra, ascoltami! Non gli… » la sua gamba fu perforata da una lancia di Ulquiorra, che in silenzio e con indifferenza assisteva alle agonie di lei.
« Aaaaaaaaaaaaaaaaargh! Aaaaaaaaah! Oh, cazzo! cazzo, cazzo, cazzo! aaaaaaaaaah! » si allontanò, cercando di evitarlo, ma Ulquiorra tornava di soppiatto su di lei, infilandola all’altra gamba. « Ulquiorra, calmati, cazzo! non capisci che ti hanno mentito?! Svuota per un momento quella testa da pipistrello che ti ritrovi, e verifica tu stesso se è morto o no! »
« Zitta, donna; non hai il diritto di dirmi cosa devo fare. »
« Fallo per Aizen! Pensi che lui sarebbe felice di vederti così?! »
Ulquiorra, da quel momento, non ci vide più; iniziò a infilzare la ragazza dappertutto, inizialmente in punti non vitali, poi puntò la lancia vicino al cuore. Si avvicinò a terra, afferrandola per i capelli.
« Non ti azzardare più a provare a recitare i suoi pensieri, donna. »
« Ah… Cough! Agh! »
« Volevo ucciderti subito, ma ho cambiato idea. Meriti di soffrire. »
Caliel cercò di farsi forza; afferrò la lancia, e la tirò a sé, peggiorando la sua ferita, ma tirando Ulquiorra, che sorpreso fu portato in avanti. La ragazza, poi, con un gesto veloce, tagliò di netto le corna dell’espada, che frastornato ricevette la botta.
« Che cosa… Hai fatto… Donna…? »
« Il punto debole di un hollow è la testa. O meglio, la maschera. Me lo hai insegnato tu, Ulquiorra; non ricordi nemmeno questo? »
Le pupille di Ulquiorra tornarono subito al loro colore originale, le linee diventarono più sottili, e Caliel poté finalmente vederci chiaro; Ulquiorra piangeva a dirotto. Ebbene sì; quella menzogna gli aveva provocato uno shock fortissimo. Dire che Aizen era morto, era come dire che l’aria era inutile. A vederlo così; riusciva finalmente a capire quanto poteva essere triste, e quanto voleva bene ad Aizen, oltre ad essergli devoto.
« Pa… » mormorò Ulquiorra, poi disse ad alta voce. « Aizen… Lo sento… E’ vivo… »
« Finalmente sei… Tornato in te… » la ragazza svenne dopo di lui, cadendo a terra e gettando la lancia poco lontano, disintegrandosi subito. Tornarono entrambi nella loro forma normale, con le vesti tutte stracciate e insanguinati.
Caliel si risvegliò dentro una stanza dalle pareti candide, enorme, su un letto grande e comodo. Si rialzò a fatica, e si guardò attorno con un enorme mal di testa; era in una specie di videoteca. Capì subito di essere nella stanza di Ulquiorra, piena di fasciature. Ma lui dov’era?
La risposta la ebbe subito; Ulquiorra era appena tornato con un vassoio coperto da una tovaglietta.
« Ti sei ripresa. » disse semplicemente lui; anche lui era pieno di fasciature, soprattutto alla testa.
« Perché siamo qui…? »
« Mettiti composta, così ti racconto tutto. » la aiutò , sistemandole il cuscino. Si accomodò accanto a lei e iniziò le spiegazioni.
« Sei rimasta su questo letto, priva di conoscenza, per tre giorni; dopo che siamo svenuti, Aizen si è precipitato da noi, ci ha fatti curare da Inoue e ha fatto ritirare tutti, anche perché anche dagli shinigami sono morte un sacco di persone. Notando gli innumerevoli danni, sia fisici, che psicologici, di comune accordo con Gin e Tosen, Aizen ha deciso di proporre una affare agli shinigami. Una specie di trattato di pace. Loro non invadono l’Hueco Mundo; in cambio, noi non faremo niente che intralci la loro giurisdizione. Siccome quasi tutto rientrava in queste normative assurde degli shinigami, Aizen ha fatto in modo di tagliare notevolmente molte regole. Ora si può dire che è finita… Che non c’è bisogno di combattere. Aizen continuerà a conquistare ciò che vuole, servendosi di noi e con qualche scocciatura in meno. Aporro è morto; Nnoitra è morto; i due nuovi espada sono morti; Barragan è morto. Non so esattamente chi è morto dagli shinigami. »
« E Kurosaki? »
« Pare che sia stato nominato shinigami a tutti gli effetti, così farà avanti e indietro tra Terra e Soul Society. Anche Inoue è ancora viva; visto che non aveva più nessun parente sulla Terra, è rimasta nella Soul Society a fare il supporto medico o una cosa simile. »
Caliel annuì. Insomma, sembrava essere tornato tutto alla normalità. Eppure c’era qualcosa che non le andava. « Florence? »
« Nelle tue stanze. »
« Aizen è… Adirato con noi, vero? »
Ulquiorra rispose immediatamente. « No. » poi disse. « Aizen non è poi così terribile da prendersela per ogni cosa. A conti fatti, non abbiamo fatto nulla; ci siamo solo lasciati sfuggire le cose di mano, a causa di quella bugia assurda… Non so cosa mi sia preso quel giorno. Aizen era lontano, e io ero confuso dalla forza di Kurosaki e degli shinigami appena arrivati. Mi hanno confuso i sensi, e come un idiota gli ho creduto. E non ho creduto a te, finendo per ucciderti. »
« Ehi, non sono mica morta! » disse alzandosi di scatto; sentì una forte fitta allo stomaco.
« Bè, più o meno. » la fece sedere nuovamente. Poi tolse la stoffa dal vassoio, mettendo in mostra un milkshake al cioccolato, enorme. « Ho messo la panna stavolta. »
Caliel sorrise di cuore; per un certo verso, ricordava l’Ulquiorra che piangeva di fronte alla notizia della morte di Aizen. Non l’avrebbe più visto così, ne era certa, ma sentiva che le cose erano leggermente cambiate; che erano cambiati tutti.
« Non ho voglia di imboccarti, quindi dimmi che riesci a muovere le braccia. »
Lei, col sorriso, fece una scenata. « Ooooh, cielo, mi dispiace! Queste bende mi comprimono! Non riesco a muoverle come si deve! »
« Eppure prima sembravi in forma. »
Lei rise, muovendo le braccia normalmente. « Stavo solo scherzando. Dai, fammi mangiare questa prelibatezza. »
Stava per afferrare la cannuccia, ma Ulquiorra gliela tolse dalle mani, iniziando a bere il milkshake al suo posto. Caliel lo guardò sorpresa e anche un po’ offesa, ma notò che non inghiottiva. Si faceva invece molto vicino, e arrivò a darle un bacio; gran parte del milkshake l’aveva involontariamente inghiottito, per evitare sbrodolamenti, ma qualcosa arrivò anche nella bocca della ragazza, tramite quel bacio. Sentire il sapore del milkshake insieme a quello di Ulquiorra fu per lei piacevole.
Dopo il bacio, lungo, passionale, come se dovessero recuperare un qualche tempo perduto, Ulquiorra leccò lentamente il contorno delle labbra, senza trascurare neanche un punto.
« Vado a vedere un film. » sussurrò. « Tu mangia. Dopo dovremo andare a parlare con Aizen. »
Lei sorrise e lo lasciò andare, dedicandosi al milkshake.

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Il prossimo capitolo sarà l’ultimo. Dopo trenta capitoli e passa, forse era anche ora. ( risata. )
Spero tanto che questo capitolo sia piaciuto!

@ ElderClaud: Mi dispiace che tu non abbia un’impressione positiva della mia storia, ma permettimi un piccolo appunto; hai scritto tu stesso di non aver letto tutti i capitoli, quindi mi sembra un po’ superficiale parlare di OOC. In questi trenta capitoli c’è stato un percorso che ha portato i personaggi ad agire in un determinato modo. Poi, sono dell’opinione che in una fan fiction l?OC è inevitabile; c’è chi esagera e chi no, ma, essendo appunto delle fan fiction, dove i personaggi sono spessissimo catapultati in altre situazioni, si rende necessario cercare di interpretare il loro carattere e farli agire in modo appropriato. È un’impresa difficile che tu di certo comprenderai. Mi dispiace se non la pensi così, ma ti prego di leggere tutti i capitoli, così da farti un’idea precisa; se a quel punto la fan fiction ancora non ti piacer, non potrò farci nulla. Ma ribadisco il mio punto di vista; per me l’OC non è necessariamente un male, altrimenti non ci sarebbe più gusto nello scrivere fan fiction, e onde evitare situazione sgradevoli, si fa prima a ignorarle e leggere solo il manga, dove si conosce appieno il carattere di quel personaggio; so che fa molto strano e che è un discorso un po’ contorto, ma la penso così. ( risata. ) Il bello delle fan fiction è proprio il carattere dei personaggi valutato sotto molti aspetti! Vabbè, la pianto qui, se no non finisco più! per quanto riguarda gli errori di battitura, sono costernata, qualche svista mi capita sempre, anche rileggendo più volte. Mea culpa, cercherò di fare più attenzione. Grazie per la recensione, buona giornata anche a te.

@ Liar: Accidenti, che recensione! Mi commuovi! Grazie mille! ^^

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Capitolo 32
*** XXXII - Recuperaciòn y tratamiento ***


Caliel, seppur lentamente, riuscì ad alzarsi; Ulquiorra la accompagnò nella sua stanza, dove Florence la aspettava, piena di ansia e preoccupazione. Quando arrivò si buttò letteralmente addosso a lei, facendo attenzione a non farle male.
« Signorina Caliel, per fortuna state bene! Meno male, ero così in ansia! »
« Florence… » l’espada accarezzò la testa della sua fracciòn, tranquillizzandola con un sorriso. « Scusami se ti ho fatto preoccupare così tanto… Ora è tutto a posto. »
Subito dopo la ragazza andò da Ulquiorra, inchinandosi, con sua sorpresa. « Signor Ulquiorra, non so come ringraziarvi per esservi preso cura della signorina Caliel. Ve ne sono infinitamente grata. »
Lui tenne le mani in tasca, e dopo il primo attimo di stupore, sviò lo sguardo alla sua destra. « Io non ho fatto niente; è stata tutto il tempo a dormire sul mio letto. » rispose, con indifferenza.
« Sono in debito con voi. » continuò Florence. « Per qualsiasi cosa, non fatevi scrupolo a chiedere. »
Ulquiorra si rivolse a Caliel, mentre indicava la ragazza che si inchinava di fronte a lui. « La tua fracciòn pecca di troppa educazione. Mi irrita. »
Florence fece una faccia dispiaciuta, inchinandosi ancora di più. « Chiedo venia… »
« Non ce l’ho con te, ma con la tua padrona. » poi si rivolse nuovamente a Caliel. « Ora andiamo, donna; Aizen deve parlarci. »

Ci vollero tre giorni perché Aizen vedesse cosa aveva provocato quell’ultima guerra, e vide distintamente l’inutilità di essa. Decise dunque di riunire i suoi soci, Gin Ichimaru e Kaname Tousen, e contattò gli shinigami per giungere a un accordo, davanti a un tavolo. Se avesse intrapreso una nuova battaglia, stavolta sarebbe uscito realmente sconfitto. Aveva infine visto l’altra faccia della guerra, per niente buona.

« Aizen, sei sicuro? »
« Sì, Gin; ormai siamo allo stremo. E anche gli shinigami. Posso approfittarne per cambiare un po’ di cose. »
« Alla fine anche tu ti impietosisci di fronte alla morte dei tuoi uomini? »
« Mpf, sei sempre in vena di scherzi… Lo sai come sono fatto. »
« E tu lo sai benissimo a chi mi riferivo; il numero quattro è l’unico di cui ti importi veramente. Davanti al rischio di perdere uno dei migliori, non hai retto, eh? »
« Hai visto anche tu, no? È in grado di fare due resurreciòn. La capacità individuale di un espada supera l’immaginazione del creatore. L’Hougyoku non finisce mai di sorprendermi. »
« Immagino che ora lo farai alzare di grado. È assurdo che uno con una capacità simile resti al quarto posto, dovrebbe stare minimo al secondo, se non addirittura al primo. »
« No, non lo farò. Ulquiorra resterà il quarto espada. Immagino che anche a lui vada bene così; dopotutto, avrebbe potuto farmi partecipe di questa cosa quando voleva, e invece l’ha sempre tenuta per sé. »
« Modesto, da parte sua. A differenza di te, lui sa stare al suo posto. »
« Ah ah ah ah ah ah! il suo posto, certo… Andiamo, Gin. Tosen è di là che ci aspetta con gli altri. »

La riunione si tenne in una grande sala di un enorme palazzo, ex proprietà del capitano Soifon. Davanti a una tazza di tè, per sciogliere la tensione.

« Dal momento che Yamamoto è morto, io, Soifon, capitano della seconda divisione e capo delle forze speciali, ne prenderò momentaneamente le veci. Non c’è bisogno di presentare nessuno. Siamo riuniti qui per cercare una soluzione di fronte agli sbagli che abbiamo commesso. Da entrambe le parti. Quindi, cerchiamo di mettere da parte tutti i vecchi rancori. Intesi, Hitsugaya? Il discorso vale anche per te. »
« Sì, certo… Però vedo che non siamo tutti. I luogotenenti, ad esempio? »
« Non c’è bisogno che presenzino, senza contare che Hinamori, e Kira fanno parte di squadre che non hanno capitani. O forse ti devo ricordare della tredicesima divisione, che non ha neanche un vice, visto che Shiba* è morto, o che molti sono morti in questa battaglia? Kusajishi dell’undicesima inoltre non ha la competenza necessaria per fronteggiare riunioni come queste. Zaraki è d’accordo sul non farla partecipare. Hisagi può partecipare perché, anche se non ufficialmente, ha preso il posto di Tosen nella nona divisione. Hai altre lamentele, ora? Altrimenti posso sempre sbatterti fuori a far compagnia a Omeada. »
« Mi risulta che ad Aizen abbiate concesso un’esclusiva. »
« Ehm ehm… Più che esclusiva, Hitsugaya, è una consulenza che ci sarà molto utile. Avendo a che fare con individui come te, sarà un ottimo mediatore. Quindi, non farmi la predica, per cortesia. »
« A proposito, Aizen; è in ritardo. »
« Tra un momento arriverà, Zaraki. Ora sta pensando ai superstiti. Anche noi abbiamo perso molto, sai? »

La porta scorrevole si spalancò, mostrando il nuovo ospite.

« Oh, eccoti. Parli del diavolo… Non ho mai avuto occasione di presentare come si deve nessuno di loro, vero? »
« Ulquiorra Schiffer, quarto espada al servizio di Sosuke Aizen. »
« Sappiamo benissimo chi sei, smeraldo piangente. Lascia stare i convenevoli e siediti. Qualcuno gli procuri del tè. »
« Ha ragione Hitsugaya, però; perché un espada ha il diritto di partecipare? »
« Facciamo così, Zaraki; consideralo un vice non ufficiale. »
« Credevo che a farti da cani da guardia bastassero Ichimaru e Tousen. »
« Guarda che non ci vedo, ma ci sento benissimo… Mostro. »
« Non costringetemi a usare le maniere rozze. Non ci siamo riuniti qui per bisticciare di nuovo. Se Aizen dice che è una specie di vice okay. A quanto ho capito, questa persona ha le competenze per partecipare. Quindi chiudete quelle bocche e trascurate questi ridicoli dettagli. Ora, smeraldo piangente vuole illustrarci…? »
« Non c’è molto da dire; noi contiamo più di duecento morti, tra espada e arrancar di basso livello. Abbiamo la possibilità di curare i superstiti, ma rimane sempre un danno enorme. Ci vorrà molto tempo prima che si ristabilizzi il tutto; dobbiamo cercare nuovi uomini e recuperare in fretta le nostre risorse. Per questo scontro, francamente, voi avevate le ore contate. Se non vado errato, le vostre morti sono state almeno più del doppio, coinvolgendo anche dei civili che risiedevano lontano dai nostri scontri. Noi non abbiamo città nei dintorni di Las Noches, ma voi sì, e a differenza di noi avete bisogno di molte più risorse per riprendervi. Avete perso. Su tutta la linea. »
« Parla troppo per i miei gusti. »
« Komamura, lascialo finire. »
« A noi non interessano i vostri problemi. Il tradimento di cui Aizen è colpevole nella vostra Soul Society non deve riguardare questa riunione. I nostri affari vanno oltre la vostra portata, e non abbiamo la minima intenzione di rendervi partecipi dei nostri intenti. »
« Smeraldo piangente, purtroppo queste cose ci riguardano eccome; la Soul Society è nata per proteggere e mantenere l’equilibro del mondo degli umani. Non possiamo permetterci che la serenità di quel posto venga minata dai capricci di un ex shinigami. »
« Vorrei dire la mia, capitano Shaolin Fon. »
« Soifon è più gradito. Comunque, ti è concesso, Ichimaru. »
« Riflettendoci bene; quel vecchio è schiattato, no? Chi aveva fondato le leggi assurde che ci hanno sempre sottomesso? Ora avete la possibilità di cambiare le cose. Guarda il mondo degli umani, guarda ciò che fate voi; scendete lì e ammazzate gli spiriti maligni. Tutte queste divisioni in squadre sono del tutto inutili. Ci sono leggi davvero assurde che non fanno che rovinare il vostro operato. Mayuri Kurotsuchi, per esempio. Non era stato forse condannato ingiustamente? E Urahara, ne vogliamo parlare? L’avete processato per cosa? Per aver esercitato la sua libera professione? Se avete da ridire su ogni cosa che a quel vecchio non stava bene, non permettevate di fondare un centro di ricerche, non permettevate la scarcerazione di Mayuri, non avreste nemmeno rischiato di uccidere Kuchiki Rukia per il semplice fatto di essere assentata per troppo tempo da casa. Mi risulta che abbia svolto bene il suo lavoro, nonostante tutto, no? Dico bene, Kuchiki Byakuya? »
« Obiettivamente parlando, ha sempre risposto prontamente agli ordini, eliminando tutti gli hollow che le venivano segnalati, e anche quelli che non rientravano nel nostro campo. Ma conosci le regole della Soul Society, e anche quelle della nostra nobile famiglia, Ichimaru. Le leggi devono essere rispettate. Inoltre, vorresti dire che a causa del sistema di vita di questo posto, che ve ne siete andati? »
« Non mi permetterei mai di insinuare una cosa del genere! Diciamo che noi tre volevamo qualcosa di diverso. Ma Yamamoto l’avrebbe mai permesso? Oh, vedo che state tutti zitti. Ho forse indovinato? »
« Yamamoto era un vecchio, ma no di certo uno smidollato. »
« Indubbiamente, Zaraki, ma forse si è adagiato troppo sugli allori. »
« Inoltre non pensiate che sono solo i nemici ad essere nel torto. Anche le vostre guerre personali e le vostri missioni sulla Terra causano astio e confusione. Sono morti molte persone a me care a causa delle leggi non corrette della Soul Society. E voi, troppo presi dal volerle rispettare, siete stati accecati, e avete ignorato la priorità di mantenere la pace, come dite voi. È forse giusto? »
« Tousen, qui non si parla di giustizia “fai da te”. Stiamo puntualizzando quanto il vostro egoismo abbia portato a questo. »
« Ukitake, tu sei uno degli allievi di Yamamoto. Non eri forse tu il primo a contestare parecchie sue decisioni? »
« Certo, posso essere d’accordo su questo punto. Ma non vedo come le nostre regole abbiano fatto nascere in voi simili intenti. »
« Ehi, non voglio mica conquistare il mondo! Non guardatemi così, è la verità; voglio solo cambiare le cose e starmene tranquillo nel mondo che io ho scelto per me. »
« Che strano, Aizen; non l’avevi proprio posta così, la questione… »
« Stiamo fuorviando il discorso. Cercando di dare la colpa di tutto ad Aizen, non ne verremo mai a capo. »
« Smeraldo piangente ha ragione. Dunque, cosa proponi di fare? »
« E’ ormai assodato che i nostri intenti differenziano dai vostri. Facciamo in modo che tutte le morti non siano state inutili. Noi ricominceremo da zero, e farete lo stesso anche voi. Non ci cercheremo, né ci aiuteremo. E così dovrebbe essere per il resto dei giorni, evitando conflitti inutili. »
« Le intenzioni di Aizen sfiorano troppo spesso la nostra giurisdizione. È nostro dovere cercare di evitare problemi. »
« Appunto, donna; la vostra giurisdizione è ingombrante. Se davvero dobbiamo giungere ad un accordo, cercate di venirci incontro. »
« Sono d’accordo. »
« Davvero, Unohana? »
« Ora come ora dobbiamo preoccuparci di far rinascere splendente come prima la Soul Society, quindi non avremo tutte queste possibilità di controllare anche gli umani. Per eliminare qualche semplice hollow, è sufficiente spedire una piccola truppa di shinigami, evitando di dar loro un limite di tempo, ad esempio. Abbiamo un centro di ricerche e di tecnologia avanzato, che non abbiamo sfruttato a pieno. »
« E’ un ‘idea. Inoltre, se concederemo un po’ di spazio a questi tre, non avrebbero di che lamentarsi. Dico bene, Aizen? »
« Oh, sì, Kyoraku; mi fareste un enorme favore. »
« Allora non vedo altra scelta. Raggrupperemo quanti più uomini possiamo e cercheremo di risolvere tutto in fretta. Byakuya, riferisci a tua sorella di organizzare una piccola truppa di shinigami, in modo da operare nel mondo degli umani. Io cercherò di rivedere le nostre regole, e chiedo il vostro supporto. Anche i luogotenenti potranno intervenire. Dunque, Aizen, decidiamo così; noi non ci immischieremo più nei tuoi affari, ma dovrai rispondere all’accusa di tradimento. Hai abbandonato il ruolo di capitano e sei andato via senza giustificazione. Dovrai rispondere a questo. E anche Ichimaru e Tousen devono fare altrettanto. »
« Non faccio più parte del vostro mondo; se pensate di processarmi, non varrebbe più. pagherò il mio pegno mandando qualcuno ad aiutare la ricostruzione qui. Credo che Ulquiorra sarà in grado di farlo. »
« Noi non invaderemo più il vostro territorio, e voi farete altrettanto. »
« D’accordo, Tousen. Dunque è deciso. Chiunque è favorevole a questo nuovo trattato di pace, firmi su questi fogli che farò girare. Chi non è favorevole, ne risponderà direttamente a me. Diamoci subito da fare con le riparazioni, smeraldo piangente prenderà le direttive con alcuni suoi uomini per aiutarci, per pagare il pegno di Aizen, Ichimaru e Tousen. Auguriamoci tutti che questo sia l’inizio di una nuova era senza battaglie inutili. E non dimenticatevi di venire ai funerali dei caduti. La riunione è finita. »

Ulquiorra e Caliel arrivarono al cospetto di Aizen, anche lui fasciato e stavolta vestito in maniera diversa; oltre alle sue vesti bianche, indossava un giaccone di seta nero, con dei rombi bianchi disegnati sulle maniche.
« Sono appena tornato dai funerali. » comunicò. « Caliel, che bello vedere che stai bene. Ulquiorra ti ha aggiornato? »
« Più o meno… »
« Ti ha anche detto che dovrai aiutarlo nella ricostruzione della Soul Society? »
« Ah… Sì, certo. » subito rivolse lo sguardo all’espada, confusa e indispettita. In che senso ricostruire?
« I trattati di pace ci hanno creato alcune obbligazioni… » disse Aizen facendo una risatina. « Ulquiorra prenderà il comando. Gli ho chiesto di scegliere gli uomini da portare, ma ha rifiutato… Me ne occuperò io. Ha detto che è sufficiente che ci fossi solo tu, come vice. »
Ci fu ancora uno sguardo sorpreso, da parte della ragazza. Non se l’aspettava proprio. Ulquiorra invece guardava dritto davanti a sé con indifferenza.
« Vi farò avere presto i dettagli della faccenda, poi potrete partire. Potete andare, adesso. »
Quando si trovarono davanti alla stanza di Ulquiorra, prima di separarsi e ritirarsi nelle proprie stanze, Caliel chiese. « Davvero mi hai voluta tu per questo affare? »
« Sì. » rispose con naturalezza Ulquiorra. « Non mi pare di aver mai detto che sei stata un completo fallimento come fracciòn. Credo che il tuo aiuto possa essermi utile. »
« Dì la verità, sentiresti la mia mancanza, vero? » disse lei, facendo un ghigno.
« Neanche per sogno. »
« Bè, tanto a me va comunque di lusso; potrei accontentarmi di Aizen. »
A quel punto Ulquiorra la prese per i fianchi, quando stava per entrare in camera, e la sbatté con forza alla sua porta, senza staccarle gli occhi di dosso.
« Non ci avevo pensato, ma hai ragione; se mi venisse la voglia, non saprei che fare. Anzi, aspetta… C’è sempre Inoue. »
« Ti prego! Tutte, ma non lei! »
« La tua opinione non mi interessa, donna. »
« Sì, sì, come no. Allora vai pure da Aizen e digli che non mi vuoi più. »
« Donne… Siete davvero patetiche, con queste scenate. » si avvicinò di più al suo corpo, iniziando a baciarla, per poi scendere con le labbra sul collo.
« E voi uomini siete proprio… Degli stupidi… Che pensano solo a quello. »
« Perché, tu no? Non è per quello che stai accettando di venire con me? » le slacciò velocemente la giacca, giocherellando col reggiseno, e continuando a baciarla, scendendo sulla spalla, dandole anche dei piccoli morsi.
« Mh… Forse… » stava per lasciarsi andare definitivamente a quelle provocazioni, ma poi le venne in mente una cosa. « Ulquiorra, siamo nel corridoio…! Se ci vede qualcuno… »
Lui non rispose, interrompendo le sue parole con un altro bacio. Aprì la porta, spinse dentro la ragazza e nel richiuderla approfittò per slacciarsi la giacca a sua volta e gettarla a terra.
« Andiamo a letto… » supplicò lei. Alzò una gamba, per aiutarlo a muovere meglio quelle dita che spesso malediceva per la precisione che avevano nel colpire i punti più sensibili. Lo afferrò per i pantaloni e inserì velocemente la mano dentro, volendolo sentire fremere sin da subito.
« No… » rispose lui. Le slacciò il reggiseno, o meglio, lo fece in una maniera abbastanza brusca; glielo strappò letteralmente via, ma per entrambi sembrava una cosa di seconda rilevanza. Le afferrò la coscia, e poi, con dei lunghi baci, percorse tutto il suo corpo, superando la stoffa e arrivando al basso ventre. Caliel si coprì il volto con le mani, e non si vergognò di mostrare la sua eccitazione.
Quando se lo ritrovò di nuovo di fronte, intento a baciarla, lui la fece rigirare e la sbatté di nuovo alla porta, avvicinandosi subito a lei, in modo da sfiorare la sua intimità con la propria. Fece poi calare di poco i pantaloni, unendosi infine a lei.
« Ah… Mmh… » ma subito dopo la ragazza tornò a lamentarsi. « E’ scomodo… Così in piedi… »
Lui afferrò entrambe le gambe e se la portò in braccio, attaccandola ancora di più alla porta. Iniziò a muoversi con forza, e quando trovò il modo di tenerla in braccio anche con una mano sola, posò l’altra alla porta. Dopo un po’, nemmeno lui fece mistero di quanto gli piaceva.
Solo una volta finito la portò a letto; spogliarono e si infilarono sotto le coperte. Rimasero mezz’ora senza dirsi nulla, guardando il soffitto candido e spoglio; lei restava sdraiata su un fianco, poggiandosi sulla sua spalla, mentre lui intrecciava tra le dita la ciocca di capelli che sinuosamente si poggiava sul suo seno e sul resto del corpo.
« Stavolta non ti addormenti. » disse lei dopo un po’.
« Non ho voglia di dormire. » rispose Ulquiorra continuando a intrecciare la ciocca con le dita.
« Guarda che così i capelli me li consumi… »
« Ma che dici… »
Lei sorrise. Si avvicinò ancora un po’ alla spalla, allungò una mano e iniziò ad accarezzarlo sul petto, dove era in mostra il tatuaggio del numero quattro.
« Grazie… »
Lui restò in silenzio per qualche secondo, osservando i suoi capelli, con espressione tranquilla. Le sue parole in seguito furono. « Di niente… » lo disse talmente a bassa voce che la ragazza non capì bene.
« Hai detto qualcosa? »
« Sì, ho detto che sei ingombrante, donna; perché non ti abbracci il cuscino? »
Le ricostruzioni alla Soul Society procedettero senza intoppi; la squadra di Ulquiorra era formata da Caliel, Neliel, Stark e Lilynette. Ogni tanto Aizen veniva a dare un’occhiata. I due espada evitarono accuratamente i contatti con Ichigo e con Orihime; in particolare, Caliel non ne voleva sapere di loro, non più. sapeva che Nel ogni tanto si vedeva con loro, ma non voleva mai sapere cosa si dicevano.
Dopo gli aiuti agli shinigami, non ebbero più occasione di incontrarli. Se ne stavano tutti per fatti loro. Aizen, con qualche manovra accuratamente studiata assieme a Gin, aveva esteso il suo territorio e aveva fondato altre città, oltre Las Noches. E anche se nessuno l’aveva ufficializzato, fu l’effettivo signore dell’Hueco Mundo. Peccato per Barragan.
Caliel continuò a essere la terza espada, e Ulquiorra il quarto; mentre Grimmjow, sempre sesto, e Neliel, la sua fracciòn, avevano ormai stretto una relazione, che mostravano alla luce del sole, anche se Grimmjow stava sempre sulle sue con quel fare violento, Caliel e Ulquiorra non parlarono mai dei loro incontri; non stavano insieme e neanche ci pensavano.
Forse si ritrovavano insieme, qualche volta, per evitare che una si vedesse con Aizen e l’altro con Orihime o chicchessia. Caliel non capì mai il senso di appartenenza che provava nei suoi confronti, ma le andava bene così. Tanto non le capitava mai i parlarne con Ulquiorra, non voleva affrontare l’argomento.
Ulquiorra, d’altro canto, difficilmente avrebbe ammesso che forse, qualche interesse per lei ce l’aveva. Ma non ne voleva parlare; quando se la ritrovava nel suo letto, nuda, addormentata o nel bel mezzo del rapporto, gli passava proprio di mente. E per il resto, che bisogno c’era di parlarne con qualcuno?, si diceva.
In fondo, aveva raggiunto una certa tranquillità.

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*Shiba era lo shinigami luogotenente della tredicesima divisione, morto anni prima delle narrazioni di Bleach, a cui Rukia era molto affezionata.

Ed eccoci all’epilogo… Wow, trentadue capitoli! Di solito detesto le storie troppo lunghe, ma con Bleach non ho potuto farne a meno. Sarà per i tanti personaggi?
Per quanto riguarda il flashback della riunione, spero di aver dissipato ogni dubbio a riguardo; non mi andava di spiegare tutto con un riassunto di Ulquiorra… Spero di aver reso bene, e ho volutamente inserito dialoghi diretti.
Inoltre, per il rapporto Ulquiorra x Caliel, ho preferito lasciarvi così… Nel dubbio. Che si amino o no, l’interpretazione la lascio a voi… Ho voluto far vedere solo il punto di vista del desiderio sessuale. Perché bò, mi attirava l’idea di buttarla sul senso molto pratico e molto poco romantico, e poi Ulquiorra l’ho sempre visto brutale, e non ce lo vedo mettersi nei sentimentalismi. Uomini; quando si tratta di sesso sono dei mostri! ( risata. ) Non che Caliel sia da meno. ( risatissima. )
Vi ringrazio dal profondo del cuore per avermi seguita in questi trentadue capitoli, passando sopra ad ogni mio errore blasfemo di battitura, per aver tifato per Caliel, Ulquiorra, Nel o chicchessia.
Spero di continuare a migliorarmi e scrivere storie ancora più belle. Concludendo, sono abbastanza soddisfatta di questa storia; è un genere che non ho mai affrontato e ho cercato di spaziare col tutto, cercando di valutare la psicologia di tutti.
Un grazie di cuore a tutti voi che avete apprezzato e letto!

@ Elder: Mi dispiace che tu non abbia avuto un riscontro positivo in questa storia e di aver deluso le tue aspettative.

@ Namine: Grazie, grazie di cuore! Dispiace anche a me che sia finita, ma tutto prima o poi ha una fine! Per quel bacio mi sono impegnata molto, eh! ( risata. ) Spero che ti sia piaciuta la conclusione! Un bacio.

@ Liar: Ebbene sì, è finita… Sono contentissima del fatto che la storia ti sia piaciuta così tanto! I buoni vincono sempre? Si dà il caso che io tifi quasi sempre i cattivi di turno! ( risata. ) Quindi, scrivendo fan fiction, mi sono presa la libertà di vedere che qui non ci sono vincitori e vinti, e comunque la guerra non è mai una cosa bella. I’m for love and peace! ( risata. ) Ho cercato di ponderare e non sbilanciarmi troppo. Spero che il finale ti sia piaciuto!

Grazie ancora infinitamente, cercherò di sviluppare idee ancora migliori! Vorrei tanto cimentarmi nel comico… Farò del mio meglio per ogni cosa! Aspetto commenti e recensioni, eh! ( risata. ) Spero che mi seguirete anche nella prossima storia.
GRAZIE MILLE A TUTTI VOI! Ci rivedremo, statene certi! ( risata. )
Neme

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