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di Akemichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Domenica sera ***
Capitolo 2: *** Lunedì ***
Capitolo 3: *** Martedì ***
Capitolo 4: *** Giovedì ***
Capitolo 5: *** Domenica sera ***
Capitolo 6: *** Domenica notte ***
Capitolo 7: *** I labirinti di Amon-Ra ***
Capitolo 8: *** Parliamo? ***
Capitolo 9: *** Miyon e Bakura ***
Capitolo 10: *** Il racconto di Bakura ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Bonus ***



Capitolo 1
*** Domenica sera ***


«Comunicami il tuo desiderio» sussurrò l’anziana sacerdotessa, tenendo il capo coperto da un sottile velo di lino, e continuan

Domenica sera

 

 

Il tempio in granito rosa, situato sulla riva destra del caldo fiume dalle sette bocche, semi-nascosto dalle alte canne di papiro, era silenzioso, come ogni giorno, fatta eccezione per il primo dell’anno. Chiunque vi entrasse, percepiva attorno a sé un’area rarefatta e opprimente, come se si trovasse immerso nell’acqua cristallina. Anche le parole che venivano pronunciate risultavano attenuate e basse rispetto al tono con cui erano state dette, come un eco in lontananza. Ed il rumore era simile ad un sasso gettato in un pozzo a formare infiniti cerchi invisibili.

 

«Comunicami il tuo desiderio» sussurrò l’anziana sacerdotessa, tenendo il capo coperto da un sottile velo di lino, e continuando a rimestare piccole pietruzze nere e bianche nel suo cestino di canne di papiro verdognole. «Io intercederò per te presso il signore del Nilo, l’ermafrodita Hapy che controlla le Inondazioni»

 

«E’ qualcosa di estremamente semplice ed estremamente complesso, poiché non vi è, in Egitto, qualcosa che non sia tutto e il contrario di tutto» disse la persona ferma all’entrata del tempio, le braccia piene di melograni da offrire al dio. «Desidero diventare Faraone»

 

«Ciò è impossibile!» L’anziana donna alzò il capo, rivelando il suo volto raggrinzito da sotto il velo. Gli occhi luccicavano di sorpresa. «Non dovresti essere come sei»

 

«Per questo sono qui» replicò semplicemente quella persona, lasciando cadere tutta la frutta a terra, la quale si sparse sul pavimento in granito rosa.

 

«E’ difficile» mormorò la sacerdotessa. «Molto difficile. Ma se lo desideri davvero…»

 

«Non devi dubitare, vecchia!» la interruppe. «Solo obbedire»

 

L’anziana signora sospirò, volgendo lo sguardo verso l’entrata al tabernacolo del dio. Con un sottile rumore, una pietruzza nera, simbolo dei giorni infausti, cadde a terra dal cestino di vimini e rotolò fino a piedi della persona. Questa, seccata, la pestò con i suoi sandali dorati, polverizzandola. Non avrebbe permesso a nessuno – alle regole, a suo padre, alla sorte – di impedire al suo sogno di realizzarsi. Il primogenito della tribù Ryuu e il favorito ad essere il futuro Faraone, avrebbe fatto meglio a fare attenzione. L’avrebbe battuto e sarebbe diventato sovrano.

 

«Allora, riformula il tuo desiderio» disse la sacerdotessa, con le mani giunte davanti a sé. «Ciò di cui hai realmente bisogno»

 

La persona sospirò. «Io desidero…»

 

 

***

 

 

«Miyon, puoi andare tu a farti il bagno» gridò una ragazza dal salotto di quella casa del dormitorio del liceo Sasaki, in modo che la sua voce fosse udibile sopra la televisione e lo stereo acceso al massimo del volume.

 

«Va bene» rispose in tono altrettanto alto la ragazza di nome Miyon, aprendo e richiudendo velocemente la porta della stanza da bagno, in modo che i vapori e il dolce calore che provenivano dalla vasca piena d’acqua bollente non fuggissero. La stanza da bagno, con le mattonelle bianche e rosate, aveva quasi l’aspetto di una sauna, benché il calore non fosse così opprimente. Lungo le pareti i vapori condensati lasciavano scendere sottili ruscelli di vapore acqueo, come gocce di colore che colano da un acquerello non ancora asciugato. Lo specchio appannato rimandava un’immagine sfocata, dai morbidi contorni.

 

Lei sfilò il nastro che teneva legati i suoi lunghi capelli pece, interrotti spesso da sottili ciocche biondo platino, e li lasciò scendere lungo le spalle, gettando il nastro nel lavandino umido. Slacciò non troppo delicatamente tutti i bottoni in madreperla della sua divisa scolastica e se la tolse, lasciandola cadere scompostamente a terra, senza preoccuparsi del fatto che avrebbe potuto spiegazzarsi. Sopra la camicia vi gettò anche le lunghe calze nere e la gonna blu a pieghe, ultimo residuo della sua uniforme scolastica. Restò infine nuda, dopo essersi liberata anche del reggiseno e delle mutandine bianche, stiracchiandosi leggermente.

 

Immerse per prima una gamba nell’acqua calma e bollente della vasca, per assaporare lentamente quella sensazione, quindi vi entrò con tutto il corpo, lasciando che il calore e la dolcezza di quel mare in miniatura la liberassero dalla stanchezza di quella giornata. Adorava i momenti che passava in tranquillità, da sola, rispetto alle sfide che affrontava ogni giorno, da quando aveva deciso di andare al prestigiosa scuola superiore privata Sasaki che, come tutti sapevano, era la più esclusiva di Domino e quella solitamente destinata ai “figli di papà”, cosa che lei, purtroppo, non era. O per fortuna. Chiuse gli occhi, preparandosi al suo solito quarto d’ora di calma.

 

«Mi domando come voi ragazze riusciate a resistere con questa imbracatura che chiamate reggiseno» commentò dubbiosa una voce maschile. Miyon riaprì velocemente i suoi occhi per osservare la figura del ragazzo dai capelli di tre colori diversi, seduto a gambe incrociate accanto alla pila dei suoi abiti, mentre osservava interessato il suo abbigliamento intimo.

 

«Yami! Che diavolo stai facendo?!» Miyon, mettendosi una mano sulla sua terza misura, affondò il corpo nell’acqua in modo da lasciare scoperta solo la testa, anche se sapeva che il liquido trasparente non avrebbe certo protetto in modo eccellente le sue nudità. «Maniaco!» Con la mano libera afferrò la prima cosa che le capitò davanti, ossia un barattolo di shampoo, e glielo lanciò contro con una precisione invidiabile. Tuttavia, lo shampoo attraversò il corpo del ragazzo e si infranse sulla parete opposta, aprendosi e lasciando una macchia di fluido rosato a sapore di pesco sul muro.

 

Lui la guardò massaggiandosi la fronte. «Ti ricordo che io sono dentro il tuo corpo. Il che significa che non posso separami da te in nessuna situazione, nemmeno quando vai in bagno, e che non puoi colpirmi nemmeno se lo desideri»

 

Miyon scoccò uno sguardo irritato al ragazzo coi suoi profondi occhi viola. «Almeno girati dall’altra parte» ordinò, visto l’impossibilità di fare altrimenti.

 

«Va bene» acconsentì Yami concentrando la sua attenzione sulla porta appannata di fronte a lui. «Anche se devo ammettere che hai un davanzale niente male…»

 

«Sei impossibile…» Miyon prese la spugna e iniziò a sfregarsi il corpo, controllando se lui si girasse a spiarla. «Spero proprio che Yuugi torni presto dall’Egitto, perché non oso immaginare di dover passare tutta la vita con te nel mio corpo»

 

«Lo spero anch’io» replicò Yami. «Il mio partner non si è mai lamentato anche se gli comparivo davanti mentre era in bagno»

 

«Vorrei ben vedere!» esclamò Miyon gettando la spugna nell’acqua e osservando le increspature per calmarsi. «Lui è un maschio!» Agitò la mano davanti al viso per allontanare il vapore. «Senti un po’, spirito. Non esiste un modo per contattarlo in Egitto?»

 

«Non conosco il numero della famiglia Ishtar, purtroppo, anche se so bene che è andato da loro» sospirò Yami. «Sono gli unici che potrebbero spiegargli come mai non sono più nel suo corpo» Si voltò nuovamente verso di lei. «Anche se dubito che potrebbero mai immaginare che io ora mi trovo nel corpo di una ragazza» Il suo sguardo era da una parte divertito e dall’altra malinconico. «Scusami per il disturbo che ti sto creando»

 

Miyon sporse un braccio abbronzato dal bordo della vasca. «Lascia perdere, tanto ormai è fatta» Si immerse totalmente. «Adesso sono io la tua partner e dovrai sopportarmi» sorrise quando riemerse, con i capelli ombra e luce appiccicati alle dolci guance e le lunghe ciglia percorse da sottili gocce d’acqua come i petali di un fiore.

 

«Pare di si» sorrise infine Yami, alzandosi e voltandosi in modo che Miyon potesse uscire senza problemi dalla vasca, bagnando tutto attorno con l’acqua che le scendeva dal corpo. Certo che se pensava al modo estremamente semplice con il quale lui era finito a condividere il corpo di lei anziché quello di Yuugi, gli veniva da ridere. Era stato solo un banale incidente…

 

 

 

«Otogi!!» chiamò Jono-Uchi, vedendo il ragazzo moro avviarsi verso la palestra anziché verso l’uscita di scuola. «Cosa fai

 

«Non lo sapete?» replicò Otogi con un’altra domanda. «Oggi c’è la partita di basket femminile tra il club del nostro liceo e la Sasaki»

 

«La Sasaki?» domandò Honda. «Quella scuola per ricconi…?»

 

«Mi domando perché non ci vada anche Kaiba…» borbottò Jono-Uchi, il quale avrebbe tanto desiderato non averlo più intorno.

 

«Già, quella» confermò il moro. «Voglio andare a vedere le ragazze in pantaloncini corti»

 

«Il solito…» commentò Anzu. «Guarda che di solito le baskettiste non sono tanto… affusolate»

 

«Che m’importa?» sorrise Otogi. «Io vado solo per farmi ammirare»

 

«Capisco…» Anzu scosse la testa, pensando a quanto potessero essere incorreggibili i suoi amici.

 

«In questo caso, veniamo anche noi!» esclamarono contemporaneamente Honda e Jono-Uchi, seguendo di corsa Otogi. Ecco, appunto come aveva predetto Anzu.

 

«Andiamo anche noi?» propose timidamente Yuugi, il quale si vergognava un poco a mostrarsi maniaco come gli altri ragazzi, grattandosi leggermente una guancia.

 

«Ci tocca» rispose Anzu, la quale non trovava il basket uno sport particolarmente aggraziato e adatto a delle ragazze.

 

La palestra era stata costruita ancora prima della scuola superiore di Domino ed era ormai una catapecchia da rimodernare; purtroppo, mancavano i fondi. A causa di ciò i club sportivi della scuola erano ridotti all’osso: si erano salvati solo il basket femminile e la pallavolo maschile, più la squadra di calcio che utilizzava il campo all’aperto dietro la palestra. Poiché quel sabato era una giornata molto calda, le porte della palestra erano state lasciate aperte, così tutti i curiosi che non facevano parte del pubblico abituale vi si erano radunati davanti. Yuugi, anche grazie alla sua bassa statura, riuscì ad infilarsi fra tutte quelle gambe, avvampando, visto che nella maggior parte dei casi si trattava di gambe femminili, e a giungere fino a bordo campo prima dei suoi amici. L’unico, infatti, che riuscì a raggiungerlo abbastanza presto fu Bakura, il quale, in realtà, non era per niente interessato.

 

«Fai attenzione!» gridò all’improvviso una ragazza della Sasaki. Yuugi non fece in tempo neppure a capire perché gli avessero gridato quel avvertimento che si ritrovò scaraventato a terra perché una ragazza, nel tentativo inutile di recuperare la palla, finita in faccia a Bakura, gli era caduta addosso.

 

«Miyon, tutto bene?» chiese un’altra ragazza della Sasaki, dai lunghi capelli biondi annodato in due trecce dorate.

 

«Tutto ok» La ragazza mora di nome Miyon, che portava il numero 11 sulla maglietta blu, si alzò velocemente, nonostante le ginocchia sbucciate per via della caduta, rivolgendo a Yuugi un semplice “scusami” senza nemmeno guardarlo in viso. Ciò che le interessava era soprattutto il gioco e la vittoria, non le vittime che avrebbe potuto lasciare sul campo. Almeno, questa era l’impressione del ragazzo dagli occhi viola mentre la guardava scambiarsi un batti cinque con la sua compagna.

 

«Che dici, ce ne andiamo?» propose Bakura massaggiandosi il naso, dove la palla lo aveva colpito.

 

«Meglio» convenne Yuugi. Si trovavano in palestra da meno di due minuti ed erano quasi stati uccisi. Cosa sarebbe capitato loro alla fine della partita? Senza contare che la squadra della loro scuola stava perdendo. Con un altro sforzo evidente riuscirono a scavalcare tutto il pubblico e tornare all’aperto, tra l’aria calda e afosa del sabato pomeriggio.

 

«Che botta che ho preso…» Yuugi appoggiò una mano sul suo puzzle piramidale e dorato. «Tutto bene, mou hitori no boku?» Non ricevette alcuna risposta. «Mou hitori no boku?» Ancora e solo silenzio. Chiuse gli occhi, entrando nella sua stanza della memoria, cosparsa di giocattoli dalle varie forme e colori. Aprì la porta verdina e si affacciò sul corridoio. La stanza in ferro con il simbolo dell’occhio millenario, di solito presente sulla parete opposta del corridoio, quella che conteneva lo spirito dell’antico Faraone, era scomparsa. Riaprì velocemente gli occhi, cercando la presenza dei suoi amici accanto a lui. «Ragazzi, è terribile! Mou hitori no boku…»

 

«Cos’è successo a mou hitori no Yuugi?!» s’informò subito preoccupata Anzu, la quale era sempre molto sensibile ai problemi del Faraone ma del tutto insensibile a quelli di Yuugi.

 

«Ecco, lui…»

 

Mou hitori no Bakura prese momentaneamente il controllo di Ryou Bakura, incurante delle discussioni dei ragazzi e della loro decisione di recarsi immediatamente in Egitto da Malik e Isis, e rivolse la sua attenzione alla porta della palestra, dalla quale provenivano attutiti gli urli del pubblico e i palleggi delle giocatrici. «Tra tutte, proprio lei doveva…» pensò arrabbiato. «Che sfortuna… Questo imprevisto potrebbe vanificare tutto il mio piano…»

 

 

***

 

 

Le numerose rampe di scale in pietra che componevano la sua stanza della memoria erano sporche e lise, come se fossero state percorse da innumerevoli piedi per innumerevoli secoli, proprio come i veri templi e le vere tombe egizie, mentre, al contrario, nessuno a parte lui stesso le aveva mai calpestate. Stanco, si sedette su uno degli scalini. In fondo lui era uno spirito e anche se la sua forma si fosse sporcata di polvere, nella vita reale avrebbe utilizzato i pantaloni di Yuugi, i quali non erano certo stati posati sulla lontana sabbia rossa del deserto.

 

Era giorno? Sera? Notte? A forza di cercare senza sosta, come ogni tanto decideva di fare, la sua vera stanza dell’anima, dov’erano custoditi i segreti del puzzle, aveva perso la cognizione del tempo, per altro inutilmente, visto che, come sempre, non era giunto ad alcun risultato concreto. Certo, non cadeva nelle trappole come Shadi, ma trovava solamente stanze vuote e silenziose, che sapeva di morte, senza alcuna utilità. Cominciava a domandarsi se davvero desiderasse sapere per quale motivo lui si trovava come spirito all’interno del puzzle. Aveva conquistato le tre carte divine, aveva sconfitto Kaiba e mou hitori no Bakura per l’ennesima volta e si era riappacificato con il clan dei custodi delle tombe, eppure non era ancora riuscito a ritrovare la sua memoria. Cosa doveva fare? O, meglio, lui desiderava davvero fare qualcosa? All’inizio, non gli importava nulla di sé stesso. Voleva rimanere com’era, senza cambiare, e restare per sempre con Yuugi. Poi aveva deciso di ritrovarsi. E adesso, aveva nuovamente cambiato idea?

 

Decise di parlarne con Yuugi. Lui, in fondo, era il suo partner, la persona che per tutto quel tempo gli era stata vicina, nonostante avesse più volte rischiato la vita per colpa sua. Avrebbe potuto capirlo e aiutarlo. Aprì la porta in ferro, che cigolava come sempre, quasi a dare un senso di pericolo e mistero alla stanza che celava, e bussò all’altra porta. Non si accorse subito che si trattava, a differenza di quella di Yuugi, di una curiosa porta di bambù, perciò entrò anche senza ricevere risposta e si trovò circondato da una sottilissima seppur impenetrabile nebbiolina bianca, la quale divenne irrespirabile non appena lui sorpassò la soglia della porta con entrambi i piedi.

 

«Monossido di carbonio?» si domandò riconoscendo l’odore, mentre riusciva nel corridoio con la mano destra premuta sul naso e sulla bocca. «Che diavolo sta succedendo? Aibou

 

Temendo che potesse essere in pericolo, rientrò immediatamente nella stanza, stando ben attento a non respirare, per cercare un qualche segno della presenza di Yuugi. Non la trovò, ma in compenso venne catapultato in una specie di grotta stranissima, costellata da tavolini simili a banchi di scuola, sistemati a ferro di cavallo piuttosto irregolare. Al centro vi era una lavagna nera, su cui una tizia che non aveva mai visto stava scrivendo caratteri incomprensibili. Gli alunni, volti vuoti senza alcuna personalità, seduti sui banchi, li ricopiavano, o almeno così credeva. «E’ un sogno…» Non era la prima volta che vi entrava per sbaglio e aveva imparato a riconoscere Yuugi, seppure sotto le varie forme che assumeva a seconda del momento, dal fatto che la sua figura fosse chiaramente più nitida delle altre, poiché queste non erano che ricordi della sua stessa mente.

 

Lo individuò, seduto nell’ultimo banco in fondo, con una matita tra le labbra e lo sguardo concentrato sul foglio che aveva davanti. Si avvicinò lentamente, cercando di non farsi notare dagli altri personaggi del sogno che, per fortuna, non lo degnavano di uno sguardo, e si sedette nel banco a fianco. «Aibou, sta succedendo qualcosa di strano nella tua stanza dell’anima» Poi arrossì vagamente, osservando la forma che il suo partner aveva assunto questa volta. Una bella ragazza dai lunghi capelli nero notte, interrotti qua e là da alcune ciocche di sole. Una ragazza, tuttavia, che possedeva i suoi stessi occhi viola.

 

«Noi ci conosciamo?» gli chiese lei, voltando leggermente la testa per guardarlo.

 

«Direi di si» replicò lui. «Anche se questo è un sogno, noi siamo sempre amici»

 

«Un sogno?» La ragazza si guardò attorno, sorpresa. «Come fai a dirlo?»

 

«Ti sembra forse una situazione normale?» Con un ampio gesto delle mani indicò la grotta, i banchi e la maestra che era molto simile alla Maria De Filippi.

 

Lei, dubbiosa, si pizzicò leggermente il braccio, mordicchiando la matita che teneva stretta fra le chiare labbra. «E’ vero, non mi fa male…» Tirò poi una guancia anche a lui, come per confermargli la situazione. Lui si sottrasse, massaggiandosela. «Però è strano…» proseguì lei. «Nei sogni ci dovrebbero rientrare, a caso, i proprio ricordi…» Lo osservò bene. «Io invece non ti ho mai visto!»

 

«Eh?» Lui iniziò a preoccuparsi sul serio. Era davvero possibile che… Fosse finito in un’altra stanza dell’anima? Ma come? Quando? Perché? No, non doveva lasciarsi prendere dal panico.

 

«Però è divertente sapere di stare sognando, così posso fare quello che voglio senza preoccuparmi» sorrise lei. «Il mio nome è Miyon Minaguchi, comunque»

 

«Oh, piacere…» Evidentemente, l’incredibile era accaduto. Era, non sapeva bene come, finito nel corpo di un’altra persona, mai vista. Per questo la stanza era differente da quella di Yuugi: non era mica la sua!

 

«Tu invece chi sei?» domandò lei, sistemandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchia.

 

«, io… Puoi chiamarmi Yuugi, come fanno tutti…» Non era il momento di spiegarle la situazione, adesso. Avrebbe potuto prenderlo per quello che era: un sogno. Doveva aspettare che quella ragazza si svegliasse. Che Ra lo aiutasse, se fosse stata simile alle fan di Otogi e Bakura!

 

Ma non sapeva ancora con quale tipo di ragazza avesse a che fare. E ripensandoci ora che l’aveva conosciuta, sebbene superficialmente, ancora non poteva stabilire se ciò fosse un bene o un male.

 

 

***

 

 

Quando i tiepidi raggi del sole mattutino attraversarono i sottili vetri della porta-finestra nella camera spoglia di una stanza qualunque del dormitorio della scuola superiore Sasaki, Miyon aprì i suoi occhi viola, sbattendo leggermente le palpebre e stiracchiandosi con il braccio che sporgeva dalle lenzuola blu. Sbadigliando, si sistemò in posizione più diritta, riannodando un bottone del pigiama che si era staccato durante la notte. Guardò di fronte a sé, trovando il ragazzo del sogno seduto al bordo del suo letto con le gambe accavallate, che la osservava con occhi viola molto simili ai suoi. «Buongiorno, Miyon» le disse, con una voce calda e profonda. Stranamente, il suo corpo non affondava tra le pieghe delle lenzuola e tra il morbido materasso, quasi come se non fosse fisicamente in quel luogo.

 

«E tu che ci fai qui, Yuugi?» Lei passò le dita tra i lunghi capelli spettinati. «Questo è un dormitorio femminile, non lo sai? Vietato ai maschi»

 

«Non lo sapevo» ammise lui alzando le spalle. «Ma anche se l’avessi saputo non avrebbe poi fatto una grande differenza»

 

«Perché mai?» Miyon avvicinò le gambe al corpo, capendo che presto sarebbe iniziata una spiegazione, e le circondò con le braccia.

 

«E’ un po’ difficile da spiegare…» Yami riflettè con una mano posata sotto il mento. «Iniziamo dal principio… Vedi, io sono uno spirito, non un essere umano. Non possiedo un corpo mio. Per 3000 anni sono rimasto all’interno in un oggetto magico chiamato Puzzle Millenario-»

 

«3000 anni?» lo interruppe lei. «Li porti davvero bene, complimenti» Se qualcuno gliel’avesse raccontato, lo avrebbe immaginato come un vecchietto basso dalla lunga barba bianca e in viso raggrinzito.

 

«Grazie tante…» Yami fece un sorrisetto imbarazzante. «Comunque, quando il mio partner Yuugi ha risolto il Puzzle Millenario, ho iniziato a manifestarmi nel suo corpo-»

 

«Allora Yuugi non è il tuo vero nome?» intervenne nuovamente Miyon.

 

«No, non mi ricordo come mi chiamo…» rispose lui leggermente arrabbiato. «Ho preso in prestito il nome del mio partner, perciò tutti mi chiamano mou hitori non Yuugi, oppure Yami Yuugi… Yami per semplicità»

 

«Ci credo che non lo ricordi, dopo 3000 anni…» fu il commento di lei.

 

«Posso andare avanti?» chiese lui alterato. «Non finiamo più…» Con Yuugi era stato più semplice, perché il suo partner, per primo, si era accorto della presenza di uno spirito dentro di sé.

 

«Si, si, scusa» sorrise Miyon. «Vai avanti, è interessante…»

 

Ma non è un film… pensò lui affranto. «In ogni caso, ieri, non so ancora come, il mio spirito è stato trasferito dal corpo di Yuugi al tuo… ed eccomi qua. Adesso sono dentro di te» Scostò lo sguardo aspettando qualche strana reazione isterica.

 

«Ah» Miyon appoggiò la testa alla mano destra, piegata sul ginocchio. «Non riesco a capire se mi stai prendendo in giro o sei del tutto scemo»

 

«Non sto scherzando!» Era comunque andata meglio del previsto. Non avrebbe proprio saputo come fare per farla calmare nel caso lei fosse scoppiata a piangere.

 

Miyon si alzò di scatto, lasciando che le lenzuola blu scivolassero come una sottile cascata sul pavimento dall’altra parte del letto, e cercò di toccare quel ragazzo, ancora seduto comodamente sul suo materasso. Naturalmente non vi riuscì, poiché si trattava solo di una proiezione derivante dalla sua stessa mente, dove adesso si trovava la stanza dell’anima di Yami. «Pare che sia vero…» disse stupita osservandosi la mano con cui aveva cercato di afferrarlo.

 

«Infatti…» Yami fece scomparire la sua forma spirituale, per dimostrarle che poteva parlare con lei anche senza apparire. «Solo tu puoi vedermi, perché sono dentro di te. «Ma stai tranquilla. Se andiamo al Toy Shop del mio partner, sono sicuro che troveremo una soluzione»

 

«Speriamo…» commentò lei. «Sai com’è, il mio corpo si stanca abbastanza a vivere con una persona sola, figuriamoci con due»

 

Yami si lasciò andare a un sospiro di sollievo. Aveva trovato una persona comprensiva, tranquilla e abbastanza con la testa fra le nuvole per credere quasi subito al suo racconto. «Bene, allora vestiti così lo avvertiamo subito» Chissà com’era preoccupato Yuugi non trovandolo più all’interno del Puzzle.

 

«Ora no» Miyon scoccò una rapida occhiata alla semplice sveglia digitale appoggiata sul comodino, tra un cubo di Rubrik in legno, un libro di enigmistica e uno di matematica, sistemati alla rinfusa sotto la lampada al neon. Segnava le 8.10. «E’ troppo presto» Si gettò a pesce sul letto, rimbalzando leggermente a causa delle molle troppo consumate, e riafferrò un lembo della coperta rimasto miracolosamente al suo posto. «Voglio dormire ancora» Riprese tutto il lenzuolo e si coprì fin sopra la testa, per indicare che non voleva essere disturbata.

 

«Oh, …» Yami piegò le labbra all’indietro. In fondo, anche lui aveva voglia di riposare un poco.

 

 

 

«Stavo pensando una cosa…» commentò Yami mentre Miyon finiva di sistemare i numerosi libri di scuola nella cartella marrone. «E’ colpa tua se devi sopportarmi ancora per un po’»

 

«Perché mai?» Lei chiuse di scatto la cartella e si voltò a fissare quel ragazzo, appoggiato allo stipite della porta aperta della sua stanza.

 

«Perché se ieri tu non avessi dormito, saremo giunti in tempo al negozio prima che Yuugi partisse per l’Egitto» Annuì convinto. «Hanno preso l’aereo delle 10, così ci ha detto suo nonno, quindi lo avremo bloccato prima, visto che tu ti eri alzata alle 8.00»

 

«Allora è colpa mia» accondiscese lei seccata. «Tanto, l’unica che avrà dei guai da questa situazione sarò io, no? Chi è causa del suo mal pianga sé stesso»

 

«Io non ti sto causando problemi…» si difese Yami. «Sono dentro di te da un giorno e mezzo, più o meno, e ti ho solo sbirciato un pochino in bagno…e per errore»

 

«Se ti sembra poco…» Miyon si sistemò la cartella sulle spalle, stando attenta che non le spiegazzasse la giacca blu della divisa, e diede un’ultima sistematina ai capelli, guardando nello specchio dell’anta dell’armadio. «Ora devo andare a scuola» La chiuse. «Vedi di non comparire e di non farmi parlare. Le mie compagne di stanza mi hanno già guardato abbastanza male ieri dopo il bagno, credendo che parlassi da sola»

 

«Non sono mai comparso nemmeno al mio partner a scuola» disse lui offeso. «So che è importante»

 

Lei lo ignorò. «Non fare nulla di nulla, capito? Dormi e non mettermi nei guai»

 

«Va bene…» Yami si finse un bravo ragazzo ma dovette ammettere a sé stesso che, se gli dicevano di non fare qualcosa, gli veniva un gran desiderio di farla, anche solo per divertimento. In fondo, non si sarebbe trattato di nulla di male, comparire un pochino durante l’orario di scuola…

 

 

 

Note di Akemichan:

 

Avevo pensato di non scrivere più storie su Yu-Gi-Oh, ma poi ho fatto un sogno e mi sono detta “visto che nessuno ha mai scritto una cosa del genere, che io sappia, perché sprecare quest’idea?” e ho deciso di rimettermi al lavoro. Spero però che non venga lunga come la precedente, ma…^^’’ vedremo. No, dai, prometto che non andrà oltre i 15 capitoli (dì che sono pochi…-.-’’ N.d.Tutti Ehm…^^’’ Nd.Akemichan)

Mi spiace aver dovuto inventare un nuovo personaggio al quale dare abbastanza spazio, ma io avrei volentieri utilizzato un personaggio femminile del manga, se solo ce ne fosse uno decente!! Ho dovuto per forza crearne uno, spero che mi perdonerete ^^ E che non sia una MarySue! Io cercherò di non farla, ma voi avvisatemi.

 

Ho deciso di utilizzare “Malik” per “Marik” perché mi hanno detto che “Malik” significa qualcosa come “sovrano” in mesopotamico o una lingua simile e, perciò, credo che questa fosse l’intenzione di Takahashi-sensei (ovviamente in jap la r e la l si scrivono nella stessa maniera). Ishizu invece lo hanno tradotto Isis nel manga, perciò lo riutilizzo anche qui. “Mou hitori non Yuugi” significa semplicemente “l’altro Yuugi”, come gli amici chiamano Yami o Yuugi a seconda di chi è in controllo in quel momento (significa che, se è in controllo, Yami mou hitori no Yuugi è riferito a Yuugi e viceversa). “Mou hitori no boku” invece significa “l’altro me stesso”, come Yuugi chiama Yami. “Aibou” significa “partner”, come Yami chiama Yuugi.

 

Ringrazio qui Heven per la sua recensione all’altra mia storia… Non posso fare altrimenti, visto che non riesco in alcun modo a mandarti delle e-mail… Mi ritornano sempre indietro, e non capisco il motivo… Mi dispiace ^^ Però grazie, grazie davvero per i tuoi complimenti ^.^ Sei adorabile

Mi sembra che sia tutto… Grazie per aver letto la storia ^^ Il prossimo aggiornamento (sempre che interessi a qualcuno ^^’’) fra sette giorni esatti

 

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Capitolo 2
*** Lunedì ***


Le leggere scarpe di tela che Miyon indossava facevano un leggerissimo rumore sulle scale marmoree del liceo Sasaki, mentre le

Lunedì

 

 

Le leggere scarpe di tela che Miyon indossava facevano un leggerissimo rumore sulle scale marmoree del liceo Sasaki, mentre lei le saliva per raggiungere il secondo piano, dove si trovava la sua aula, con una mano appoggiata al corrimano in ferro battuto. Il sole che penetrava dalle grandi finestre dava all’interno della scuola un’idea di tranquillità e di pulizia, ancora più accentuata dai muri bianchi e immacolati. I raggi solari che scendevano come cascate d’oro sulle scale formavano allegri ghirigori che davano un’idea di gioia a quella scuola troppo seriosa. Difatti, dopo il suono della prima campana, non si era sentito più un solo suono lungo tutti i corridoio, a parte un leggero ticchettio delle scarpe.

 

«Che lusso…» fu il commento, fischiettante, di Yami.

 

«Capirai…» rispose invece Miyon, abituata da tre anni a tutto questo. «Non mi sembra niente di eccezionale»

 

«Sarà perché a scuola del mio partner ormai ci sono più murales che muri» scherzò lui.

 

«Ma cos’è?» rise lei. «Il Bronx

 

«Minaguchi, vieni, presto!» La ragazza dalle trecce d’oro, sua compagna di casa, di classe e di basket, la chiamò dal piano. Miyon percorse in fretta gli ultimi scalini che le mancavano e la raggiunse.

 

«Che succede?»

 

«E’ tornato!» rispose l’altra ragazza, dai corti capelli neri, che teneva le mani appiccicate ai vetri di una delle grandi finestre del corridoio e guardava il giardino sottostante in preda a una gioia euforica.

 

«Davvero?» Anche Miyon si avvicinò, anche se non si appoggiò alla finestra, guardando di sotto. «Ma i lavori nell’aula multimediale non erano conclusi?»

 

«Pare che ci sia stato un furto…» commentò la bionda. «Meglio per noi, però, così possiamo vederlo ancora!»

 

«Sempre casini….» brontolò lei. «Poveri i nostri pc…» Finalmente si decise a guardare di sotto, al ragazzo bruno che, sceso dalla limousine, attraversava con passo il viale d’entrata, affiancato da alberi di pesco. «Certo che è proprio figo…»

 

Anche Yami, incuriosito, apparve silenziosamente dietro di lei per sbirciare. Il ragazzo alzò leggermente i suoi occhi azzurri, permettendo loro di ammirarli, anche se involontariamente, quindi proseguì il suo cammino sicuro fino all’entrata, agitando la sua lunga giacca blu.

 

«Fine dello spettacolo…» commentò la bionda accarezzandosi una treccia. «Noi andiamo in classe»

 

«Arrivo subito…» mormorò leggermente Miyon, mentre le due ragazze si allontanavano. Era rimasta ferma ad osservare il viale ghiaioso con i suoi occhi viola.

 

«Stai scherzando, vero?» La figura di Yami apparve più sconvolta che mai. «Non ti piacerà davvero… Seto Kaiba?!»

 

Miyon gli scoccò un’occhiata seccata, quindi si allontanò dalla finestra e iniziò ad avviarsi per il corridoio verso la sua aula, l’ultima in fondo. «Si, mi piace» rispose infine. «Lo trovo figo»

 

«Figo?» Gli occhi viola di Yuugi si dilatarono in un’espressione di estrema incredulità. «Ma… Ma ci hai mai parlato? Guarda che io lo conosco, ha un pessimo carattere!»

 

«No, non ci ho mai parlato» ammise tranquilla lei. «E quanto al pessimo carattere, lo so. Ci hanno provato due mie compagne, con scarsi risultati»

 

Il fatto che altre ragazze lo trovassero interessante non sconvolgeva Yami come il fatto che Miyon lo trovasse così. Credeva che lei fosse diversa! «E nonostante tutto, ti piace sempre?»

 

«Guarda che non me lo devo mica sposare!» sbuffò lei. «Anche se, visto che è ricco e pure bello, non sarebbe nemmeno un cattivo partito…»

 

«Ma ti sposeresti per così poco?!» Lui continuava a chiedersi per quale ragione se la prendesse così tanto. Non erano affari suoi, d’altronde.

 

«Secondo me, sei solo geloso» commentò Miyon fermandosi e guardandolo sorridendo. «Scommetto che nessuna ragazza è mai venuta a dirti che sei figo…»

 

«Ti sbagli!» confutò lui, offeso. «E visto che ti piace tanto, non preoccuparti. Ci penso io a presentarti» E l’occhio luminoso di Ra brillò sulla fronte di Miyon.

 

 

Mentre Seto Kaiba attraversava il corridoio del primo piano, la valigia di lavoro stretta fra le lunghe dita, osservava appese al muro le foto degli studenti che maggiormente si erano distinti, sia per voti scolastici che per risultati in altri campi, come lo sportivo. Se si fosse iscritto a questa scuola, come gli era stato consigliato, probabilmente anche la sua foto sarebbe stata appesa tra tutti quei volti opachi e sorridenti. Lui, tuttavia, preferiva il liceo pubblico. Almeno, non aveva problemi a superare gli esami nonostante le numerose assenze che doveva fare a causa del suo lavoro.

 

«Kaiba!» lo chiamò una voce. Una bella ragazza dai lunghi capelli neri e biondi, tanto numerose erano le sue meche, gli venne incontro dalla scalinata in fondo, lasciando che la corsa le alzasse la gonna a pieghe blu dell’uniforme scolastica, mostrando maggiormente le sue lunghe gambe affusolate. E questa chi è…? Si domandò lui. Possibile che in quella scuola non passasse giorni senza che nessuna ragazzina gli venisse a fare il filo? Che strazio…

 

Miyon si sentiva strana. Osservò a lungo, molto a lungo, i palmi delle sue mani. Erano trasparenti, molto più simili alla figura di Yami quando le compariva dinnanzi. Si voltò e deglutì: il suo corpo, in quel momento, stava parlando con Seto Kaiba! Ma se lei appariva sotto forma di spirito, significava che in realtà«Yami! Cosa stai facendo?!»

 

«Sono Miyon Minaguchi, piacere» disse Yami nel corpo della ragazza. «Dato che sei ricco e come ragazzo non sei nemmeno tanto male, mi sposeresti?»

 

Se prima l’espressione di Kaiba era una specie di disgusto, come quando si guarda un cibo che non si mangerebbe nemmeno con la forza, adesso si trasformò in una sorta di stupore. Dopo pochi secondi, tuttavia, lui ritrasformò il suo volto in una maschera di serietà e si allontanò per il corridoio, superandola e lasciandola indietro.

 

«Che. Cosa. Hai. Detto?!» La vera Miyon, riprendendo il possesso del suo corpo, si lasciò cadere sulle ginocchia, il cuore che le batteva all’impazzata e le labbra rosse dall’imbarazzo.

 

«Ho ripetuto solo ciò che pensavi…» rispose Yami con un’espressione innocentina stampata sul viso, anche se piuttosto soddisfatta. «Visto, che cafone? Non ti ha nemmeno degnato di risposta…»

 

Miyon si voltò velocemente a fissarlo con occhi ardenti di rabbia repressa. Con un rapido battere di ciglia cancellò quel fuoco, si alzò, risistemandosi la cartella sulla spalla, e si avviò per il corridoio.

 

«Sei… per caso arrabbiata domandò lui preoccupato.

 

«Ho forse ragione di esserlo?» rispose lei con un’altra domanda, in tono freddo e lapidario.

 

«L’ho fatto per il tuo bene» cercò di difendersi Yami. «Kaiba non è il bravo ragazzo che sembra. Io lo so bene. Lo sai che ha cercato di uccidermi? Più di una volta. Ha persino organizzato una specie di RPG vivente, chiamato Death-T, con dei sicari professionisti»

 

Miyon si fermò. «Non dire cose che non pensi» Il suo tono non era arrabbiato, né ironico. Era serio e malinconico.

 

«Eh?»

 

«Non so perché, ma sento che c’è un filo che lega tu e lui» continuò lei. «Per questo non vuoi che io lo conosca»

 

«Veramente…» Yami si stropicciò leggermente le dita.

 

«Lasciamo perdere» Miyon scosse i lunghi capelli. «Tanto, io non sono il tuo partner, perciò non ho alcun bisogno di sapere queste cose» Yami avrebbe voluto risponderle che non era così, ma non ne ebbe il coraggio. Non poteva coinvolgere anche lei in quella che probabilmente sarebbe stata una battaglia. La battaglia per ritrovare la sua memoria. Le stava causando fin troppi danni.

 

 

«Dai, Miyon, parlami cercò ancora di convincerla Yami. «Non lo faccio più, promesso» Sembrava simile ad un bambino che cerca di evitare una punizione, che probabilmente sua madre gli infliggerà comunque, perché le promesse dei bambini sono le promesse dei marinai.

 

La ragazza si appoggiò al muro, accanto alla porta azzurrina della sua classe, la terza della sezione A. per la prima volta nella sua carriera scolastica, era arrivata in ritardo alla lezione. Inutile dire di chi fosse la colpa, ovviamente. Lo sapevano benissimo tutti e due.

 

«Insomma, se c’è qualcosa che posso fare per farmi perdonare, dimmelo»

 

«Una cosa c’è» Miyon sospirò. «Puoi morire»

 

«Temo che non sia possibile…» commentò Yami con espressione seccata. «D’accordo, ho esagerato, ma con Kaiba non ha perso niente!»

 

Lei ormai non lo ascoltava più. Sembrava interessata ai fili grigi della corrente che attraversavano l’angolo tra il soffitto e il muro.

 

«Okay, okay» provò ancora lui. «In fondo, Kaiba non è male. Mi ha anche aiutato in parecchie occasioni» La sbirciò per vedere se lo ascoltava, ma il suo sguardo era ancora alzato e concentrato sui fili. «E’ il mio rivale da sempre a M&W. Sai cos’è, vero? Il gioco di carte. È’ veramente forte, anche se io sono più bravo. Mi piace combattere contro di lui» ammise infine. «Forse ero un po’ geloso, ma quando tornerò nel corpo del mio partner sistemerò tutto, contenta? Mi stai ascoltando?» Le passò una mano trasparente davanti agli occhi. Non vi fu nessuna reazione.

 

«Teorema di Lagrange. Presa una funzione f(x) continua in un intervallo chiuso e limitato [a;b] e derivabile in un intervallo aperto (a;b)…» stava mormorando leggermente lei, le labbra semichiuse e gli occhi viola quasi rivolti a guardare dentro di sé.

 

«Sta ripassando la lezione…» Allora Yami sospirò e si appoggiò al  muro accanto a lei, cercando di ascoltare quello che diceva, sebbene non capisse il significato di quelle strane formule. Forse le aveva fatto perdere una lezione importante. Capì che il motivo per cui gli piaceva infastidirla anche a scuola era dovuto al fatto che lei fosse una secchiona, al contrario del suo partner che era arrivato fra gli ultimi agli esami. Eppure, se a scuola otteneva dei risultati alti, probabilmente erano frutto di grandi sforzi e rinunce. Si pentì di averle causato ulteriori problemi e decise che in futuro avrebbe rimediato.

 

 

***

 

 

Yami, seduto comodamente su una panca appoggiata al muro della palestra, accavallò lentamente le gambe, mentre teneva lo sguardo fisso sul campo da gioco. Le pupille dei suoi occhi seguivano freneticamente quella palla gommosa che rimbalzava sul parquet lucido facendo quasi rimbalzare il pavimento, mentre passava velocemente tra le mani delle varie giocatrici. La sua attenzione si concentrò poi su Miyon, quando le arrivò la palla. Lei fece un breve salto, spargendo attorno leggere lacrime di sudore, fingendo di tirare, quindi passò velocemente ad una sua compagna libera, la quale segnò altri due punti per la loro squadra.

 

«Vai così!» fece il tifo Yami. Miyon non gli rispose. Evidentemente non lo aveva ancora perdonato, nonostante fosse ormai pomeriggio inoltrato e le lunghe ore passate in tranquillità, senza che lui la disturbasse, avrebbero dovuto farle sbollire la rabbia. Yami si crogiolò nell’idea che Miyon, semplicemente, ritenesse quella partita di allenamento del suo club di basket importante come una partita ufficiale e, per questo motivo, non poteva permettersi di deconcentrarsi anche solo a fargli un cenno di assenso.

 

«Uff…» sospirò leggermente lui, appoggiandosi alla parete. Vedendo quelle ragazze, gli veniva un desiderio forte di giocare con loro. Desiderio ovviamente irrealizzabile, vista la sua attuale condizione. Peccato che nel liceo del suo partner non ci fosse un club maschile di basket. Aveva appena scoperto che quello sport gli piaceva e avrebbe voluto giocarci, prima o poi. Tornò a guardare Miyon, la quale era ferma in mezzo all’area, le ginocchia leggermente piegate e il busto proteso in avanti, i capelli biondi liberatesi dalla coda posati leggermente sulle sue guance.

 

«Difesa» annunciò, contemporaneamente a tutte le sue compagne, mentre le ragazze dell’altra squadra avanzavano dalla metà campo. Miyon si diresse velocemente verso la numero 8, quella che in quel momento palleggiava la palla proteggendola con il suo corpo. Questa, invece di passare o di cercare di liberarsi della marcatura di Miyon, avanzò decisa verso l’area, anche grazie alla sua corporatura robusta. Miyon non si scostò dalla sua traiettoria e, mentre la numero 8 passava verso canestro, si pose in mezzo senza paura, con le braccia alzate, finendo per essere travolta e gettata bruscamente a terra.

 

«Tutto ok?» le domandò la ragazza dalle trecce dorate, che indossava il numero 12 ed era in squadra con lei in quel momento.

 

«Si…» Yami, arrabbiato, prese subito il controllo del suo corpo. «Adesso vedrai» disse rivolto alla numero 8, la quale non sembrava pentita. «Il mio gioco delle tenebre…» Come si permetteva quella di esagerare così tanto in un gioco tranquillo com’era il basket? Stranamente, Miyon non intervenne per riprendere il controllo. Non vide nemmeno la sua figura apparire accanto a lui. Le gocce di sudore che scendevano dalla fronte, appiccicando le ciocche nere e bionde alle tempie, e il vestito bianco con il numero 11 rosso totalmente bagnato gli fecero capire che era troppo stanca per opporsi. In fondo, si stava allenando già da un’ora e mezza.

 

«Minaguchi» chiamò un’altra compagna di squadra, vedendola ferma in mezzo all’aria, quasi. «C’è la rimessa»

 

«Rimessa?» Yami si voltò in tempo per afferrare la palla che gli veniva lanciata. «Ora che faccio?» Si era gettato a capofitto nel gioco come faceva sempre per difendere il suo partner, dimenticandosi totalmente del fatto che le regole di un gioco olimpionico sono un poco più complicate di quelle di un gioco di carte. Preoccupato dall’avvicinarsi di un’avversaria, fece istintivamente un passo indietro.

 

«Passi!» L’allenatore, che in quel momento aveva le veci di arbitro, fischiò, agitando il cappello rosso con la visiera. «Minaguchi, cosa combini? Adesso cammini senza palleggiare?»

 

«Oh, giusto» mormorò Yami. «Nel basket si deve palleggiare» Intanto, mentre pensava a queste cose, il gioco era ripreso anche senza di lui.

 

«Svegliati, Minaguchi!» lo chiamavano le sue compagne, già schierate in difesa.

 

«Vengo» si riscosse lui, anche se non sapeva bene quello che stava accadendo. Vedendo tuttavia il numero 8 nuovamente con la palla in mano, le corse incontro e, pur di sottrargliela, le balzò quasi addosso, facendo cadere entrambi a terra, con un tonfo che risuonò lungo tutte le pareti bianche della palestra e che fece tremare le sottili vetrate delle alte finestre dalle quali penetrava una fioca luce pomeridiana.

 

«Fallo!» ruggì l’allenatore. «Della numero 11

 

Dopo altri tre falli, numerose palle che riceveva fra le mani e che gli venivano sottratte non appena provava ad accennare un palleggio, che non sarebbe riuscito a fare comunque, e un paio di tentati tiri a canestro, miseramente falliti senza nemmeno toccare il ferro, Yami dovette arrendersi all’evidenza. Senza un poco di allenamento, nemmeno il re dei giochi poteva fare molto. In sostanza, a basket faceva veramente pietà. Affranto, si ritirò nella sua stanza dell’anima.

 

«Minaguchi…» L’allenatore, prima paonazzo per la rabbia, le si avvicinò, cercando di dimostrarsi più comprensivo, mentre si massaggiava la sottile barba nera. «C’è… Qualcosa che non va?»

 

«Qualcuno» pensò Miyon, ritornata in possesso del suo corpo, ma si trattenne dal dirlo. «In effetti, ho un po’ di mal di testa…»

 

«Vai pure a cambiarti, allora» le suggerì lui, visto che in campo non riusciva a combinare molto, anche se per un semplice dolore al capo.

 

In circostanze normali, lei si sarebbe opposta, ma in quella situazione le sembrò l’opzione migliore. Salutò le compagne e si diresse verso gli spogliatoi, lasciando che il rumore delle sue scarpe da ginnastica sul parquet venisse coperto dai palleggi che erano già ripresi.

 

«Miyon…»

 

Lei si tolse il laccio che legava i suoi lunghi capelli, lasciandoli svolazzare come le chiome degli alberi al vento, e entrò nello spogliatoio spingendo la porta con un calcio. Si tolse velocemente la maglietta zuppa di sudore e i corti pantaloncini bianchi, gettandoli alla rinfusa dentro la sacca blu di ginnastica.

 

«Miyon…»

 

Infilò nella sacca anche le scarpe da ginnastica, senza preoccuparsi di separarle dai vestiti. Non si asciugò nemmeno il sudore dal corpo e dal viso prima di infilarsi la camicia bianca della divisa. Senza preoccuparsi di aver allacciato tutti i bottoni, indossò la gonna, cercando contemporaneamente di mettersi le sue scarpe in vernice nera sui calzini banchi e sudati.

 

«Miyon…»

 

Gettò scompostamente sopra la camicia il gilè blu come la gonna, lasciandolo sbottonato con una sorta di veloce noncuranza, quindi afferrò la sacca e la borsa di scuola, e uscì velocemente dallo spogliatoio senza preoccuparsi di mettersele in spalla.

 

«A basket sono un disastro» ammise Yami.

 

«E’ ovvio che tu non sia capace» Miyon si fermò lungo il vialetto fiorito che collegava la scuola alla palestra, ancora leggermente illuminato dal sole che tendeva a calare in lontananza, verso occidente. Prese fiato. «Ci vuole molto allenamento e una buona conoscenza delle regole»

 

«Lezione ricevuta» sorrise lui. Finalmente gli aveva nuovamente rivolto la parola. «Non avrei dovuto immischiarmi. Solo che… Che quella… Insomma, non potevo sopportare che ti avesse buttata a terra così!»

 

«Il basket non è uno sport da bambole» scosse la testa Miyon. «E guarda che le avevano fischiato fallo di sfondamento, per questo la palla era andata alla mia squadra»

 

«Oh…» Ecco cosa succedeva quando si ignoravano le regole basilari. «Volevo aiutarti e invece ho combinato solo guai» Si morse un labbro. «Non volevo farti fare una brutta figura con il coach»

 

«Non fa niente…» replicò lei tranquilla. Smise di guardare la sua figura trasparente, proiezione virtuale della sua mente, e tornò ad avviarsi verso la scuola.

 

«Allora, perché sei ancora arrabbiata?» chiese Yami accelerando il passo fino a raggiungerla. «E’ per quello che è successo oggi con Kaiba? Ascoltam-»

 

Miyon lo fissò duramente. «Cosa vuoi che me ne importi di ciò che pensa di me Seto Kaiba!» esclamò, mentre le guance le diventavano ancora più rosse a causa della fatica e dell’affannamento. «Non sa nulla di me! Ciò che importa alla fine sono solo i risultati. Su quelli si basa la gente, non sulle prime opinioni» Certo, era una tesi discutibile, ma in quel momento Yami non era pronto ad una discussione filosofica sul qualunquismo dei popoli. Ciò che voleva era un armistizio.

 

«Ma allora…?»

 

«Quello che mi fa uscire di senno…» Miyon parlò lentamente per non rischiare di formulare un discorso insensato a causa dell’ira. «E’ che tu ti appropri della mia vita senza problemi! Come osi?!»

 

«C-che intendi…?» Yami non capiva. Temeva solo di aver compromesso ancora di più la situazione, con il suo atteggiamento, che sfiorava l’insensibilità.

 

«La mia vita è solo mia» disse ancora lei. «Ti avrei prestato il mio corpo senza problemi, a patto che tu me lo avessi chiesto. Invece no! Lo hai preso come se fosse stato tuo diritto farlo! Non hai mai pensato che la tua situazione non ti autorizza ad essere talmente compatito da fare ciò che vuoi?»

 

Mentre parlava, Yami spalancava lentamente gli occhi, come se vedesse per la prima volta. Non aveva davvero capito nulla di lei. Anche con il suo partner si era comportato alla stessa maniera. Credeva di agire per il meglio, ma adesso qualcuno gli stava dimostrando che forse non sempre il mondo girava nella sua stessa direzione. «Scu-scusami…» Lentamente, per quanto possibile, la abbracciò.

 

«No…» A questo punto, Miyon scosse la testa e si allontanò da lui, strofinandosi gli occhi con il palmo della mano. «Ho reagito male io…»

 

«Ne avevi diritto» annuì convinto lui.

 

«Vedi, oggi avevo una lezione importante nell’ora che mi hai fatto perdere» mormorò debolmente lei, finendo per farlo sentire ancora più in colpa. «Io ho un sogno» Scosse leggermente i capelli lisci e bagnati, osservando in lontananza il cielo che si scuriva. «Voglio diventare ingegnere elettronico. Per questo ammiro Kaiba, dato che è già programmatore da studente liceale» Le tracce di tristezza nella sua voce iniziarono lentamente a svanire. «Non è facile, però voglio riuscirci assolutamente. Ogni trimestre, ci sottopongono a delle prove di esame e ai migliori viene data una borsa di studio» Sospirò. «Se riesco ad ottenerle tutte, potrò andare all’università. Ne ho una anche questo giovedì, di matematica, e avevo bisogno della lezione di oggi per ripassare le ultime cose»

 

«Sono un imbecille» disse Yami, facendola ridere leggermente. «Okay, fai il test. Poi partiamo immediatamente per l’Egitto, così mi levo prima dalle scatole»

 

«No» rispose lei brusca.

 

«Perché no?»

 

Lo guardò sorridendo, anche se le ciglia somigliavano più agli steli dei fiori con la rugiada mattutina. «Non posso andare in Egitto, perché non ho i soldi per pagarmi l’aereo» sussurrò come il lamento di un coniglio ferito. «Non posso lavorare per pagarmi la retta, o sarei subito espulsa, così i miei ne devono sopportare tutto il peso, anche se sono solo due semplici impiegati» Sospirò. «La Sasaki è cara, ma è il miglior liceo di Domino» Si strofinò ancora gli occhi, cancellando le lacrime. «Dovrò sopportarti ancora per un po’»

 

«Amen» sorrise Yami dandole una leggera pacca sulla spalla. «Coraggio, futuro ingegnere elettronico, torniamo a casa. Direi che hai bisogno di un bagno»

 

«Il solito maniaco…» commentò lei. «Se puzzo, è per colpa tua che mi hai fatto uscire in fretta dalla palestra»

 

«Lo sapevo…» disse lui alzando le spalle. «Tra un po’ finirai per incolparmi pure del fatto che ti vengono le mestruazioni»

 

«Yami!» avvampò lei. Poi, entrambi scoppiarono a ridere.

 

 

Grazie a Lory e Ivy per la recensione, spero che continuerete a seguire la storia ^^

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Capitolo 3
*** Martedì ***


L’aria della mattina era leggermente più fresca del precedente e faceva venire la pelle d’oca alle gambe delle giovani student

Martedì

 

 

L’aria della mattina era leggermente più fresca del giorno precedente e faceva venire la pelle d’oca alle gambe delle giovani studentesse che, vestite con le loro belle divise blu, camminavano compostamente sul marciapiede, le cartelle che dondolavano tra le mani o appese alle spalle. Il rumore del loro chiacchierare vacuo era spesso coperto dal rombo del motore delle automobili che si muovevano nella strada, sole e cupe. In mezzo a quel buio, la scuola, dietro la quale si vedeva spuntare il cerchio dorato del sole, sembrava l’unica ancora di salvezza per le anime perse. Il viale ordinato e silenzioso venne invaso da un’orda di ragazzi e ragazze, per niente preoccupati di poter in qualche modo rovinare quell’aura quasi arcana che si era creata, tra il vento che soffiava dolcemente nelle aiuole.

 

«Etchì» starnutì leggermente Miyon, posando una mano sulla bocca. «Accidenti, ho preso il raffreddore…» Tirò davanti la cartella per recuperare un fazzoletto.

 

«Salute» disse Yami, senza apparire. Non aveva intenzione di disturbarla anche quel giorno.

 

«Che se ne va» aggiunse lei scontrosa. «Tutta colpa tua, che mi hai fatto prendere freddo ieri sera»

 

«Non sapevo che fossi così leggerina…» sbuffò lui. Non aveva voglia di litigare di prima mattina.

 

«Cosa ti succede?» Miyon sistemò la sua cartella marrone anche sull’altra spalla, mentre le sue compagne la superavano per unirsi al fiume degli altri studenti.

 

«Niente» rispose Yami immediatamente.

 

«Non mentire» ribattè lei, cambiando tono di voce. «Tu sei dentro di me, quindi posso sentire i tuoi stati d’animo» Poggiò una mano sul petto «Sei triste»

 

«Un po’, forse» ammise lui. «Mi manca il mio partner» La notte precedente, infatti, si era reso conto per la prima volta della situazione, come se si svegliasse da un lungo sogno. Yuugi era importante per lui e non avrebbe mai immaginato di potersi trovare in un altro corpo, come invece era successo. Pensava anche a lui: chissà come stava, senza avere sue notizie! Avrebbe voluto andare subito da lui, ma non poteva, lo sapeva molto bene. Non avrebbe dovuto dirlo a Miyon, perché lei avrebbe potuto fraintendere.

 

Invece Miyon sorrise. «Allora dovrò darmi da fare, per essere degna di lui»

 

«Che intendi?» La ragazza si fece largo a gomitate tra tutta la folla vociante e si sporse sulla strada, agitando la mano per richiamare l’attenzione del pullman arancione che veniva nella sua direzione, solo come tutte le altre automobili. Una volta che le porte automatiche si furono aperte con un rumore metallico, salì velocemente saltando gli scalini in gomma nera, incurante degli sguardi curiosi che i ragazzi le tiravano distrattamente. «Che stai facendo?!»

 

«Oggi forchiamo!» annunciò allegra Miyon gettando senza cura la cartella sul pavimento sporco dell’autobus e accomodandosi con un balzo sulla sedia più vicina, quella che sembrava ridotta meglio. Il resto del pullman era praticamente deserto. «Conosco una sala giochi fantastica!»

 

«Tu sei pazza…» scosse la testa Yami, ma gli scappò un sorriso che non cercò in nessun modo di trattenere. «E le lezioni?»

 

«Oggi non ho matematica» alzò incurante le spalle lei.

 

La sala giochi di cui parlava Miyon era la stessa che si trovava nel quartiere di Yuugi. Lui ci era stato molte volte, perciò conosceva a memoria la maggior parte dei giochi. In effetti, era la migliore della città in fatto di ultime novità tecnologiche. Miyon entrò con la cartella in mano, assolutamente tranquilla. Lui, invece, si sentì un poco a disagio per via degli sguardi stupiti che gli altri giocatori, per la maggior parte ragazzi che avevano lasciato la scuola come lei, le stavano tirando. Era ovvio, pensò Yami. Al contrario di loro, Miyon aveva l’aspetto di una brava ragazza, di quelle casa, chiesa e scuola. Mai si sarebbero aspettati di trovarla in un luogo del genere. Invece lui aveva imparato a non stupirsi più di niente.

 

«Giochiamo a questo» Lei si fermò davanti al primo di una fila di videogames, quindi si chinò e dalla tasca laterale della cartella tirò fuori uno dei gettoni, dimostrando di essere una frequentatrice abbastanza assidua, e lo infilò nella fessura. «E’ l’unico in cui non sono ancora riuscita a superare il record di Kaiba»

 

«Dai!» esclamò lui, conoscendo la bravura del suo rivale. Tuttavia, si dovette ricredere vedendo con quanta facilità Miyon riusciva a maneggiare il joystick rosso e i due bottoni verde e giallo, quasi come se fossero terminazioni nervose del suo corpo. Il suo personaggio di muoveva rapido nello schermo, sconfiggendo in un paio di mosse l’avversario. La tattica era sempre la stessa, ma funzionava. «Brava…»

 

«Se ti stufi smetto» disse lei prendendo un minuto di fiato al termine di un altro combattimento.

 

Lui scosse la testa. «Piuttosto, fai giocare un po’ anche me»

 

«Credi di esserne capace?» lo guardò fisso lei.

 

«Lascia fare» sorrise lui mentre gli veniva lasciato il controllo del corpo. In questa occasione, fu lui a sorprendere Miyon, in quanto la sua tecnica non aveva nulla da invidiare a quella di lei.

 

«Accidenti!» commentò lei, vedendo che il punteggio si avvicinava al record di Kaiba. «Noi due potremo vincere le olimpiadi di picchiaduro

 

«Ci puoi giurare!» rise lui.

 

All’improvviso uno dei ragazzi seduti a uno dei videogame più vicino all’entrata, si alzò di scatto e corse verso il fondo del locale, quasi spaventato. Yami alzò lo sguardo dal gioco, mettendo in pausa. Nella sala stava entrando una banda di ragazzi, con a capo uno con la faccia da teppista e da presuntuoso senza alcun motivo. Teneva i capelli biondo canarino su con il gel e si guardava intorno come se fosse il padrone del mondo.

 

«Hirutani…»

 

«Lo conosci?» chiese Miyon mentre lo guardava con un’espressione indecifrabile.

 

«Si» Yami riprese il gioco. «E’ un teppista, ma non vale nulla. Era un ex-compagno di Jono-Uchi, il miglior amico mio e del mio partner e ha fatto di tutto per costringerlo a tornare con lui» Un ultimo colpo di joystick e l’ennesimo avversario venne sconfitto. «Ma gli abbiamo sempre dato delle belle lezioni»

 

Vedendo il ragazzo di nome Hirutani avvicinarsi a loro, Miyon chiese leggermente «lascia fare me» Riprese il controllo del suo corpo.

 

«Bambolina, mi sa che è ora di tornare a casa e di lasciare fare agli esperti» ordinò Hirutani una volta che le fu accanto, guardandola dall’alto in basso.

 

«Bambolina?» commentò Yami arrabbiato.

 

Miyon gli scoccò uno sguardo distratto da sotto le lunghe ciglia nere. «E dove sarebbero questi esperti?» chiese quindi, senza staccare gli occhi dallo schermo luminoso.

 

«Ce li hai davanti, bellezza»

 

«Ah si?» Lei spinse lo joystick indietro, stiracchiandosi. «E’ proprio vero che le apparenze ingannano…» Mise in pausa. «Se sei davvero così bravo, perché non combatti contro di me?» Indicò la postazione a fianco. «Si può giocare in due»

 

«Non ho tempo da perdere coi pivelli»

 

«Dicono tutti così» ribattè secca lei rimettendosi a giocare. «Certo, farsela sotto dalla paura solo per una ragazzina…»

 

«Io…» Hirutani non riflettè nemmeno, infilando il getto nell’altra postazione a afferrando velocemente il joystick. «Adesso vedrai»

 

«Fai giocare me» disse Yami. «Soddisfazione personale»

 

«Accomodati» allargò le braccia Miyon, lasciandogli il controllo.

 

L’incontro durò appena cinque minuti. All’inizio, Yami si divertì solamente a schivare i colpi, per farlo arrabbiare, come infatti avvenne. Non appena Hirutani, seccato, abbassò la guardia con un attacco troppo diretto, lui fece saltare il suo personaggio al di sopra e lo attaccò alle spalle con il colpo speciale, togliendogli la metà dei punti vita. Quindi, mentre l’avversario era ancora a terra, lo colpì ripetutamente fino a togliergli anche ciò che era rimasto. Game over.

 

«Scarsino…» mormorò Miyon guardandolo amabilmente.

 

«Razza di…» iniziò Hirutani avvicinandosi pericolosamente.

 

«Fa attenzione» la avvertì Yuugi.

 

Miyon annuì, quindi si spose in avanti, afferrando il braccio che Hirutani tendeva verso di lei, e lo colpì con una ginocchiata, lasciando agitare la gonna blu sopra le sue cosce. Hirutani si piegò in due dal dolore. «Il punto debole dei maschi» sussurrò lei, mentre Yami si voltava dall’altra parte, massaggiandosi la fronte ma lasciando trapelare un sorriso dalla bocca carnosa.

 

Vedendo che la situazione volgeva al brutto, il gestore del locale si avvicinò, come una massaia che si prepara a togliere i panni prima della pioggia. «Ragazzi…» iniziò, con lo sguardo spaventato rivolto soprattutto agli amici di Hirutani, ancora a terra, tenendosi la parte ferita con entrambe le mani.

 

«Io non ho nulla da rimproverarmi» intervenne subito Miyon. «Hanno iniziato loro. Soprattutto, sconsiglio a tutti di avvicinarvi» Si toccò la divisa. «Come avrete capito, faccio la Sasaki. I miei genitori sono i titolari del più importante studio legale di Domino e sarebbero molto contenti di sbattervi tutti in riformatorio per i prossimi cent’anni» Si chinò a terra per riafferrare la cartella, stando ben attenta a non scoprire nuovamente le mutandine, e si avviò verso il fondo del locale, mentre tutte le persone si scostavano per farla passare, come il Mar Rosso con Noe. «Facciamo un gioco di rally?» disse piano rivolta a Yami.

 

Lui stava ridendo. «Sei una grande…»

 

«Niente di speciale…» Lei si trattenne dal scoppiare in una grande risata.

 

«Non mi avevi detto che i tuoi erano impiegati?» domandò poi lui, cercando di riprendersi.

 

«E’ così» Lei si sedette ad un’altra postazione. «Ma loro che ne sanno?» A quel punto, entrambi fallirono il tentativo di trattenere le risate.

 

 

Quando i due ragazzi uscirono dalla sala giochi, l’aria fredda e misteriosa del mattino, che sapeva un poco di film horror, era stata completamente sostituita da una confusione calda e asfissiante. Il sole sembrava più luminoso e caldo del solito, mentre lasciava correre i suoi lunghi raggi attraverso il cielo terso e senza nuvole. Attorno, vi era un gran via vai di automobili e persone, incuranti dell’atmosfera afosa attorno. Questi si lasciavano sfiorare dai raggi solari senza provare il minimo sentimento, al contrario di Miyon che aspirava quel sapore bruciante a pieni polmoni, come se si trovasse in montagna e non ai bordi di una trafficata strada metropolitana. La lancetta corta dell’orologio aveva ormai superato la metà dell’oriente.

 

«Non credevo che al mondo esistessero altre persone come me o come il mio partner, capaci di passare un’intera mattina in una sala giochi» concluse Yami, la cui figura era ancora più trasparente del solito a causa della luminosità dell’aria.

 

«Vedo che la tristezza di è passata» sorrise Miyon, chiudendo la lampo della tasca laterale della sua cartella.

 

«Si…» Lui si sentì un po’ in colpa.

 

«Prima o poi riusciremo a farti tornare da mou hitori no Yuugi, perciò non preoccuparti» lo incoraggiò lei. «Godiamoci questa giornata!»

 

«Hai ragione» convenne Yami. «Comunque, non sapevo che fossi così brava nei videogames. Suppongo sia per questo che vuoi diventare ingegnere elettronico»

 

«Più o meno» Miyon attraversò la strada non appena il semaforo brillò del verde del via libera. «In realtà, questo sogno risale ad un episodio della mia infanzia»

 

«Raccontamelo»

 

Miyon si lasciò perdere fra la folla dei pendolari. «Quando ero alle elementari, ho visto un bambino, ai giardini, che piangeva. Gli si era rotto un gioco, sai, quelli che usavano una volta? Tipo Game Boy, ma con un gioco solo?» Yami annuì. «Era veramente disperato perché era un regalo dei suoi genitori, che erano partiti per un lungo viaggio. Allora ho pensato che sarei riuscita a consolarlo, se fossi stata in grado di ripararlo» Lei guardò il vicolo laterale, in ombra, e lo imboccò. «Solo dopo ho scoperto che i suoi genitori erano morti e mi sono sentita ancora peggio per non essere stata in grado di riparare quel giocattolo»

 

«E’ una bella storia» disse Yami.

 

«Non è vero niente» disse seria Miyon, mentre un sorriso le si allargava sul volto. «Me la sono appena inventata! Voglio fare l’ingegnere elettronico solo perché adoro i videogames

 

Yami scoppiò a ridere. «Sei impossibile…»

 

«Trovi?» chiese lei. «Sai, finisco sempre per essere in colpa per voler fare un lavoro così… inutile come produrre giochi elettronici, quando magari al mondo ci sarebbe bisogno di strumenti medici, cose così. Ma che ci posso fare, se a me piacciono solo i giochi elettronici? Non potrei fare altro!»

 

«Non è così» la contraddisse lui. «Sai, anche Kaiba si sta specializzando per costruire parchi gioco in tutto il mondo. Esistono bambini che non hanno mai nemmeno visto un videogame e lui vuole riparare a tutto ciò. Vuole restituire l’infanzia a chi non l’ha avuta»

 

«Allora in fondo è buono…» dedusse sorpresa Miyon.

 

Yami si mise un dito sulle labbra carnose. «Si, ma non diciamolo in giro. Non vuole che si sappia»

 

«Va bene» rise lei.

 

«Tu vai avanti per la tua strada, chissà che prima o poi non vi incrociate di nuovo»

 

«Non credo, dopo la figuraccia che mi hai fatto fare» scosse la testa lei, agitando al sole i suoi capelli, illuminando le ciocche bionde di riflessi violacei. «Ma non importa. Sarebbe inutile, in fondo, dire “io da sola non posso fare nulla per migliorare la situazione”. In fondo, il modo migliore per prevedere il futuro è costruirselo. Il disfattismo non porta da nessuna parte. »

 

«Sono d’accordo con te» convenne Yuugi. «Peccato che di disfattisti ce ne siano fin troppi, al mondo»

 

Il discorso polemico fu interrotto da un fortissimo odore di hamburger che, aumentato dal caldo del meriggio, penetrava nelle loro narici con forza, costringendoli a respirare più forte.

 

«Il Burger World» disse annusando l’aria Miyon.

 

«Ci lavorava la mia amica Anzu, una volta» raccontò lui. «Poi l’hanno licenziata perché aveva picchiato un cliente maniaco. Mi ricordo che l’avevano anche presa in ostaggio, una volta. Meno male che c’ero io»

 

«Certo che ne hai vissute di avventure, tu…» commentò Miyon ricordando quello che era accaduto poche ore prima con Hirutani. «Gli hamburger non sono cattivi, ma… Io preferisco i cibi tradizionali»

 

«Anch’io!» esclamò soddisfatto Yami, che, di solito, era invece costretto a ingerire enormi quantità di quei panini farciti di carne dalla sconosciuta provenienza. «Sushi?»

 

«Sushi» ribadì Miyon sorridendo.

 

 

Alle quattro di pomeriggio, il caldo soffocante era andato scemando piano piano, rendendo una passeggiata al parco doverosa e piacevole. Seduta su una panchina che dava sull’acqua liscia e verde del laghetto, attraversata solo da leggere increspature per la presenza di cigni, Miyon leccava leggermente il gelato al cioccolato e alla crema comprato al chiosco bianco come il fiordilatte situato nelle vicinanze. Le sue scarpe di vernice disegnavano strani simboli nella ghiaia del sentiero e i suoi capelli, riscaldati dal sole, ondeggiavano leggermente al tempo della sottile brezza, simili alle canne di papiro sulla riva del Nilo. Gli schiamazzi allegri dai bambini coprivano perfettamente i suoi discorsi con Yami.

 

«Era la prima volta che forcavi le stava chiedendo lui.

 

«Si» fu la risposta. «Ma stavo progettando da tempo di farlo, almeno una volta nella vita»

 

«Come mai non l’hai fatto prima?» La figura trasparente di Yami comparve accanto a lei sulla panchina in legno, con le gambe accavallate.

 

«Non c’era nessuno di divertente come te con cui farlo» Questa semplice frase portò le guance di Yami a infiammarsi leggermente come se fossero state scottate dal sole. «Bella giornata, vero?»

 

«Puoi dirlo!» Lui sorrise, posando lentamente la mano sulla sua, che teneva mollemente adagiata sulla panchina. Il desiderio di tenersi per mano.

 

«Che buono…» cambiò poi argomento Miyon, prendendo un altro boccone di gelato al cioccolato. «Solo qui lo fanno così bene, anche se non come in Italia»

 

«E’ italiano il gelato?» domandò Yami, scostando lo sguardo dalle mani.

 

«Si, certo» annuì lei. «Quando sarò ricca, andrò sicuramente in Italia a mangiare un vero gelato. E una vera pizza. Poi in Francia per le crêpes al cioccolato, in Germania per i wurstel e la birra, in Spagna per il cuscus e in Inghilterra… per il tè!»

 

«Ma pensi solo a mangiare!» rise lui.

 

«Oh, … Già che sono lì, poi potrei anche visitare qualche posto…»

 

«Si, per dimagrire i venti chili che prenderai!» Yami scosse la testa, negando a sé stesso che non gli sarebbe affatto dispiaciuto un viaggio culinario nell’antica Europa.

 

«Vuoi un po’?» Miyon porse verso di lui il cono gelato, da cui scendevano le sottili gocce gialle della crema che andava sciogliendosi. Si bloccò, stupita per aver fatto quella domanda stupida. Era stata così bene con lui, che aveva dimenticato la sua natura. Lasciò imbarazzata la sua mano e si alzò, saltellando leggermente. «Abbiamo parlato di me tutto il giorno» disse leccando le gocce di crema prima che le sporcassero la mano. «Adesso dimmi un po’ tu. Come sei diventato un fantasma?»

 

«Oh, … Sono morto» Yami guardò con tristezza la sua mano, con la quale aveva potuto sfiorare solo virtualmente la pelle abbronzata e liscia di lei. Quanto avrebbe desiderato essere nel corpo del suo partner, per poterle parlare come un ragazzo fa con una ragazza.

 

«Dimmi qualcosa che non so» commentò lei polemica, lasciando chiare impronte sulla ghiaia. «La tua morte è un pochino ovvia, come cosa»

 

«Io non ricordo niente della mia vita passata, te l’ho detto» Yami chiuse gli occhi viola e si sdraiò maggiormente sulla panchina scomoda.

 

«Non sia proprio niente niente di te?» Miyon abbassò lo sguardo sulla terra, bagnata delle gocce di gelato che non era riuscita a fermare in tempo.

 

«Una cosa sola…» Yami riaprì gli occhi e la osservò malinconicamente. «C’è una leggenda egizia, secondo cui il diciottesimo Faraone, assieme ai suoi sei apostoli, si sarebbe sacrificato per sigillare il potere oscuro dietro una porta divina. Si prega ancora perché al risveglio della memoria del sovrano non resusciti anche la forza maligna. Ecco, pare che io sia questo Faraone»

 

Alle ultime parole le labbra di Miyon, che prima erano serie e attente, si piegarono in un sorriso. «Tu, un Faraone?» Scoppiò in una risata cristallina che risuonò per tutta l’aria calda. «Ma dai!!»

 

«Perché non potrei esserlo?» si offese lui, piegando all’interno le labbra.

 

«Non so se ti sei visto» Miyon lasciava andare le risate a ruota libera. «Scarpe di vernice, pantaloni di pelle, maglietta attillata, cintura e braccialetti con le borchie» elencò, sempre ridendo. «Più che un Faraone, mi sembri un metallaro»

 

«Grazie per la fiducia» Yami si alzò dalla panchina e scomparve, simile al miraggio di un’oasi nel deserto.

 

Solo a quel punto Miyon riuscì a smettere di ridere. «Ti sei offeso? Yami?» chiamò. «Dai, aspetta. Stavo solo scherzando… Certo, che però…» Rischiò di essere colta nuovamente da un attacco di risa. «Dai, Yami. Yami!» Dall’interno non arrivarono rispose. Come dice un noto proverbio, “finisce in pesce”. Ciò che è stato iniziato bene, spesso termina nel peggiore dei modi.

 

 

 

Note di Akemichan:

In questo capitolo ci sono alcuni riferimenti alla prima serie, che in Italia non è stata trasmessa, e che corrisponde ai primi tredici numeri del manga italiano… Non è nulla di importante, ma se qualcuno volesse delle delucidazioni (anche solo per curiosità se non compra il manga) chieda pura ^^ Sono sempre disponibile… Che aggiungere… Spero che anche questo capitolo vi piaccia! Grazie per averlo letto ^^

 

Reviews:

 

Phoenix: Grazie ^///^ Per la cronaca, penso di pubblicare un capitolo ogni venerdì, se la cosa interessasse ^^

 

Ayu-chan: Hai letto tutto l’altra storia in un giorno solo?! O.o… Dovrei farti un monumento, complimenti… ^^ Spero che anche questa ti piaccia come la precedente, e grazie dei complimenti…

 

Heven: Grazie mille ^///^ ma davvero so coinvolegere nella lettura? Ho sempre pensato il contrario… MI fa piacere che le descrizioni ti piacciano!

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Capitolo 4
*** Giovedì ***


La superficie liscia del banco di scuola era leggermente bollente a causa di un raggio di sole birichino che, passando attrave

Giovedì

 

 

La superficie liscia del banco di scuola era leggermente bollente a causa di un raggio di sole birichino che, passando attraverso la sottile lama di vetro della finestra, veniva ad illuminarlo, rendendo fastidiosa agli occhi la lettura delle complicate formule matematiche scritte sul foglio bianco. Leggeri strati di polvere si alzavano dal banco, simili ad una irritante nevicata di smog. Nella stanza, il solo rumore che interrompeva il silenzio era il leggero scorrere delle penne a sfera dei ragazzi impegnati nella prova, ognuno con la testa china sul proprio lavoro e i capelli che coprivano leggermente la fronte o gli occhi, quand’erano troppo lunghi.

 

Anche Miyon si trovava nella stessa posizione, ma si teneva anche la fronte con la mano sinistra, per restare concentrata. Aveva studiato tutta la notte e tutto il giorno precedente e adesso dondolava lentamente per il sonno arretrato. I testi degli esercizi scomparivano lentamente in lontananza, come le vette di una montagna viste dal mare. Era colpa sua. Se martedì non fosse andata a spasso per consolare Yami, non avrebbe dovuto studiare fino alle cinque del mattino. E lui cos’aveva fatto per ricambiare? Si era offeso per una cavolata e non le aveva più parlato! Scosse leggermente la testa. Non era il momento di pensare a delle soluzioni per farsi perdonare. Doveva concentrasi sulla prova. Era troppo importante. Non aveva certo bisogno di lui! Anzi, desiderava che se ne andasse al più presto dal suo corpo.

 

«∫xsenxdx…» mormorò, in modo che la sua stessa voce la tenesse sveglia. «-xcosx - ∫1cosx= -xcosx - senx + C…» Alzò leggermente la penna dal foglio per passare all’esercizio successivo, ma il suo fisico non resse. Le palpebre caddero dolcemente sulle lunghe occhiaie della notte insonne e lei si accasciò silenziosa sul banco, la penna ancora aperta in mano e il braccio sinistro leggermente alzato a sostenerla.

 

«Miyon!» La figura di Yami apparve dietro di lei. «Cosa stai combinando?! Maledizione, hai detto che questa prova era importante!» La ragazza non rispose, immersa in un sonno perfetto e tranquillo.

 

«Minaguchi…?» L’insegnante, la cartella con le correzioni sottomano, si avvicinò lentamente. «Qualche problema?»

 

«No, no» negò Yami, rialzando il corpo di Miyon finché la schiena non formò una linea continua con lo schienale della sedia. Si concentrò subito sul foglio del compito, oltre evitare altre domande. «Non ci capisco niente…» Il foglio era costellato di simboli strani che non assumevano nella sua mente alcun significato concreto, come se fossero scritti in un’altra lingua. Raramente, in quel mare di simboli, si trovava un numero. Era davvero matematica, quella?

 

Yami sospirò. Come fare per aiutarla? Sistemò la mano sotto il mento e si mise ad osservare il giardino verde della finestra, cercando una soluzione. Di sicuro, lui non era in grado di risolvere gli esercizi, avrebbe dovuto copiare. Ma da chi? Nel parcheggio della scuola, in lontananza, individuò una limousine bianca, sul cui cofano stava acciambellato un gatto nero, che prendeva il primo sole della giornata. «Kaiba!» Yami allungò il braccio sinistro, coperto fino al polso dalla camicia bianca. Staccò il bottone e tirò in su la manica, quindi copiò velocemente tutti gli esercizi, cercando di togliere quello che credeva essere il superfluo. Quando il braccio finì, utilizzò anche l’altro. «Professoressa, non mi sento molto bene» disse alzandosi. «Potrei andare un attimo al bagno?»

 

La bionda professoressa gli si avvicinò sculettando. «Vuoi che ti sospenda la prova?»

 

«Oh, no!» Ci sarebbe mancato solo quello! «Mi sentirò meglio dopo essermi sciacquato un attimo la faccia»

 

«Allora vai» gli diede il permesso la professoressa, accompagnandolo con un gesto della mano.

 

Yami ringraziò con un cenno e uscì, così velocemente da dimostrare di essere in perfetta forma. Fortunatamente erano tutti troppo impegnati per accorgersene. «Kaiba, vedi di essere nelle vicinanze» L’aula multimediale avrebbe dovuto essere al piano di sotto. Vi corse immediatamente, ringraziando che le scarpe di tela ticchettassero piano come le lancette di un orologio sul pavimento, in modo da non attirare l’attenzione.

 

 

La porta dell’aula multimediale era aperta. Kaiba sedeva alla cattedra, con la schiena rivolta verso l’entrata, tutto concentrato sullo schermo luminoso del pc, che lasciava scorrere una lunga serie di codici binari. Le sue lunghe dita ticchettavano velocemente sulla tastiera e gli occhi azzurri riflettevano tutte quelle scritte. La bocca era semichiusa in una grande concentrazione.

 

Il silenzio che regnava sovrano in quell’aula semivuota fu interrotto dall’arrivo di Yami, che fece una brusca frenata sulla porta per evitare di sbattere, visto la velocità con cui giungeva. «Kaiba! Ho bisogno del tuo aiuto!» Kaiba si voltò a guardare quella ragazza. Stranamente, si ricordò di averla già vista, anche se non avrebbe saputo dire esattamente dove. «Devi risolvere per me degli esercizi di matematica! È importante! Io non ne sono capace»

 

«Torna in aula» rispose solamente lui alzando le spalle. Aveva ben altro da fare che preoccuparsi dei capricci di una ragazzina viziata.

 

«No!» Yami si avvicinò e sbattè una mano sulla cattedra. «Devi ascoltarmi!»

 

«Non sono il tipo che tende a fare favori gratuiti» Kaiba scostò la mano dal mouse e si girò leggermente sulla sedia, accavallando le gambe sui lunghi pantaloni neri. «Tanto meno agli sconosciuti»

 

«Lo so» Yami sospirò. «Ti conosco. Il sangue del duellante dentro di te è ancora in ebollizione. Questa è una sfida. E probabilmente l’unica che riuscirai mai a vincere contro di me» Sorrise sardonico. «Risolvimi gli esercizi di matematica»

 

Lentamente, Kaiba si alzò e lo fissò. Le pupille si restrinsero su di lui come se vedessero al di là della forma fisica. «Yuugi…?» mormorò alla fine. «Ma…»

 

«Alla fine mi hai riconosciuto» lo interruppe velocemente lui. «Adesso non ho tempo di spiegarti per bene» Si tirò nuovamente in su le maniche, mostrando le braccia piene di scritte con l’inchiostro blu. «La ragazza che vedi si è addormentata durante un compito importante. Solo tu puoi risolvere questa roba»

 

«Integrali…» dedusse Kaiba dopo una rapida occhiata. «Io che ci guadagno?» domando poi, sarcastico.

 

«Niente, come al solito» rispose calmo Yami. «Devo ancora restituirti il Santuario Demoniaco»

 

Il ricordo della finale di Battle City lo fece leggermente alterare. «E va bene» sbuffò, afferrando una penna dalla scrivania. «Dove ti scrivo i risultati?»

 

Poiché non vi era più spazio sulle braccia, Yami abbassò uno dei calzettoni blu scuri alti fino al ginocchio e allungò la gamba. «In ordine, perché ci manca solo che li scriva male»

 

«Che mi tocca fare…» Kaiba gli tirò in avanti il braccio per guardare con calma gli esercizi e iniziò lentamente a premere la punta della penna sotto il ginocchio, facendogli un leggero solletico. Yami scoccò una rapida occhiata all’orologio al quarzo appeso alla parete. Avrebbe fatto giusto in tempo.

 

 

***

 

 

Le pareti nivee dell’infermeria della scuola iniziarono ad invadere leggermente gli occhi di Miyon mentre lei li apriva, stiracchiandosi. Non ricordava molto di ciò che era successo, però adesso si sentiva veramente riposata. Il leggero raggio di sole che entrava dalle finestre, coperte da spesse tende, non riuscivano a farle capire che ore erano.

 

«Ben svegliata» Il viso sorridente e paffuto dell’infermiera spuntò da dietro la tenda bianca che divideva il letto dove Miyon era sdraiata dal resto della stanza. «Hai dormito quattro ore filate!»

 

«Si…?» bisbigliò leggermente Miyon con il volto ancora affondato nel morbido cuscino.

 

«Ti sei addormentata subito dopo la prova di matematica» sorrise l’infermiera. «In mezzo al corridoio! Non ti dico lo spavento… Hai fame?» Miyon scosse la testa. «Okay, quando ti va di mangiare qualcosa chiamami» Si frugò in tasca. «A proposito, complimenti» Gettò sul letto un foglietto stropicciato e uscì.

 

Miyon si tirò faticosamente su e lo prese. Era uno dei compiti di matematica. A destra, subito sotto il suo nome, troneggiava il numero “100”, il massimo voto che si potesse prendere. «Ma io non ricordo di…»

 

«Infatti non sei stata tu» La figura di Yami comparve seduta sul letto, con le gambe a penzoloni sul pavimento come l’aveva visto per la prima volta. «Ti sei addormentata durante la prova, così sono dovuto andare a chiedere a Kaiba di aiutarmi, scrivendo le formule dove capitava»

 

«Che…» Miyon si tirò fin oltre il gomito le maniche della camicia che indossava ancora. Le braccia erano completamente sporche i formule matematiche, ormai semi cancellate.

 

«Le gambe non sono ridotte meglio…» aggiunse lui.

 

Miyon si morse un labbro. «Tu…»

 

«Avevi detto che ti servivano TUTTE le borse di studio…» prevenne la domanda Yami.

 

«Lo avevo detto…» ripetè lei fiacca. Sentendo la tenda aprirsi nuovamente, si sdraiò nuovamente sul letto, coprendosi la testa con le lenzuola, temendo che si trattasse dell’infermiera che l’avesse sentita parlare da sola.

 

«Tu hai un grosso problema, Minaguchi…» disse invece una voce maschile. Miyon si scoprì il viso in tempo per vedere Kaiba appoggiare a terra la sua inseparabile valigia e accomodarsi con le gambe accavallate sulla sedia accanto al letto.

 

«Lo so, pensi che io sia pazza» mormorò lei strapazzando il suo compito. «E comunque non pos-»

 

«Non esiste proprio una soluzione per far uscire mou hitori no Yuugi dal tuo corpo?» la interruppe lui.

 

Miyon si alzò guardandolo stranita, quindi posò lo sguardo su Yami, ancora seduto sul letto. «Ti avevo detto che lo conoscevo» alzò le spalle lui. «Mentre mi risolveva gli esercizi, gli ho spiegato un po’ la situazione»

 

«Noi non la sappiamo» rispose allora lei.

 

«Non che la cosa mi faccia piacere…» Kaiba annuì. «Ma temo che l’unica soluzione sia andare da Isis» Miyon non sapeva chi fosse quella donna, perciò tacque. «Ti ci porto io in Egitto, con il mio aereo privato»

 

«Davvero?» Lei spalancò gli occhi. «E non vuoi niente in cambio?»

 

«Beneficenza» rispose Kaiba ironico. «Quando vuoi partire?»

 

«Domenica» Miyon non sapeva, ma capiva il profondo legame che legava i due ragazzi. Osservò ancora il foglio del compito, immacolato, senza correzioni. «Sabato ho una partita…»

 

«Vada per domenica, ti passo a prendere alle 7.00 in punto» disse Kaiba alzandosi. Miyon appallottolò il foglio e lo lanciò lontano, oltre il letto, con un’espressione profondamente delusa. «Ho letto il tuo curriculum» aggiunse allora Kaiba.

 

«Mi spii?» si preoccupò Miyon.

 

«Diciamo che preferisco avere una garanzia» la contraddisse lui. «Avresti preso 100 senza difficoltà» Aprì la tenda con un gesto violento e uscì.

 

«E’ un po’ antipatico, ma in fondo è a posto» disse Yami quando furono rimasti soli.

 

«A me sembra un po’ strano» commentò Miyon.

 

«Tutti i geni lo sono, no?»

 

Lei annuì. «Anche tu, infatti» Recuperò il foglio e cercò di stirarlo. «Invece avrei preso 98, c’era un esercizio che non sapevo fare… E’ stata proprio una fortuna che me l’abbia fatto lui…» Si fece seria. «Senti, per martedì…»

 

Lui la fermò con la mano. «Sono stato troppo permaloso» si scusò. «Solo che la situazione non è facile, per me…»

 

«Ti capisco…» sorrise Miyon. «In realtà, ho cercato di prenderla sul ridere per non farla pesare troppo… Voglio dire, hai la mia età e sei… , morto» Scostò lo sguardo imbarazzata. «Non è una cosa tanto allegra»

 

Yami inspirò profondamente. «Meno di quanto credi, almeno finchè ci saranno persone come te che mi aiuteranno»

 

Miyon gli pose simbolicamente una mano sulla spalle. «Io credo che tu sia stato un Faraone, ma è ovvio che adesso tu non lo sia più. Siamo nel XXI secolo!»

 

«Appunto» convenne lui.

 

Miyon si stiracchiò le braccia ancora sporche. «Quasi quasi dormo ancora un po’…» Sorrise. «Visto che andiamo in Egitto, magari scopriamo qualcosa di più…» Si sdraiò nuovamente, affondando nel materasso.

 

«Vorrei che tu non entrassi in questa storia» le disse lui grave. «E’ molto pericoloso…»

 

«Probabilmente si» Lei chiuse gli occhi. «Però, se c’è qualcosa che posso fare per aiutarti…»

 

«Una cosa c’è» Yami si sporse in avanti verso di lei. «Mi insegneresti a giocare a basket?»

 

 

***

 

 

La palla volò alta lungo la palestra, quindi riscese velocemente, disegnando una parabola, e rimbalzò a terra con un rumore sordo, rotolando delicatamente fuori del campo. Non aveva nemmeno sfiorato il ferro rosso del canestro.

 

«Accidenti…» mormorò Yami, ancora con il braccio teso.

 

«Sei proprio negato…» scosse la testa Miyon. «C’era troppa poca forza, in quel tiro»

 

«Sei tu che mi hai detto di non spingere con le braccia!» si oppose Yami prendendo un’altra palla.

 

«Infatti devi dare forza con le gambe» spiegò paziente Miyon.

 

Yami si rimise in posizione e provò nuovamente a tirare. Questa volta il pallone allargò la sua parabola, ma la direzione fu talmente sbagliata da evitare persino il quadrato bianco che circonda il canestro.

 

«Ti faccio vedere io» Miyon afferrò un pallone e palleggiò leggermente. «Prendi la palla con due mani. Sposta la sinistra lateralmente, come appoggio. Tieni al palla all’altezza della fronte. Allarga le gambe e piega leggermente le ginocchia. Poi, salta leggermente spingendo con le gambe e allunga totalmente il braccio destro, staccando il sinistro. Piega il polso per dare la giusta direzione»

 

Yami obbedì e finalmente il suo pallone, almeno, toccò il ferro. «Evvai

 

«Bravo!» sorrise Miyon, anche se il tuo tiro, invece, aveva centrato il canestro. «Forse iniziare subito dai tiri liberi non è una grande idea… Sono i più difficili…»

 

«Allora, se una volta sei riuscita ad azzeccarne dieci di fila, sei veramente brava!» esclamò Yami ammirato, provando, con scarsi risultati, a far girare la palla sul dito.

 

Miyon arrossì compiaciuta. «, è stato un colpo di fortuna» Si grattò la testa. «E poi, alle medie ho fatto una gavetta spaventosa… Sai, all’inizio anch’io non beccavo nemmeno il ferro…» Si bloccò, guardandolo come sa davanti a lei ci fosse un estraneo. «Come… Come facevi a sapere dei dieci canestri…?»

 

«Che?» Yami si bloccò, con la palla a mezz’aria in posizione di tiro. «Veramente… Non lo so…» Abbassò le braccia. «E’ come… Se lo sapessi da sempre…»

 

«Come se avessi un mio ricordo…» mormorò Miyon debolmente.

 

«Si, esatto» annuì Yami. «Non mi è mai successo…»

 

«Non è una bella cosa…» Miyon si imbronciò. «Adesso, quello è un ricordo da niente… ma se ci fossero delle cose che io non voglio che tu sappia?!»

 

«Sono offeso da questa mancanza di fiducia» disse seriamente Yami.

 

«Non è mancanza di fiducia…» Miyon abbassò lo sguardo. «Solo che, in fondo… Noi ci conosciamo solo da cinque giorni…» Arrossì vagamente. «I miei errori, vorrei tenerli per me… Anche se sono cose da niente» si affrettò ad aggiungere.

 

«Anch’io» Yami aveva un’espressione terribilmente malinconica. Nemmeno lui desiderava farle sapere i suoi segreti. Non voleva darle una falsa opinione. Cosa avrebbe detto, se avesse saputo cosa realmente fosse un gioco delle tenebre? Lui aveva ucciso delle persone, mentre altre erano impazzite. Non voleva che lei pensasse male di lui. Gli sarebbe sembrato come tradire se stesso. Cercò di mostrare una faccia allegra. «Su, giochiamo!» Tirò e, inaspettatamente, la palla entrò a ciuffo nel canestro.

 

«Tu… Hai appena fatto una… Una tripla…!» Miyon era sconvolta.

 

«Una tripla?» ripetè Yami, che non conosceva nulla delle regole del basket.

 

«Oltre quella linea… Il canestro vale tre punti…» balbettò lei. «Ma sono difficilissimi da fare!»

 

«Ma io sono un genio» sorrise immodesto lui.

 

«Solo un semplice colpo di fortuna! Prova ancora» lo provocò Miyon. Come in preda ad un’incredibile dose di talento, o di doping mentale, Yami centrò una tripla dietro l’altra, mentre, tuttavia, non riusciva ancora ad azzeccare nemmeno un canestro da due punti. «Sei impossibile…»

 

«Le triple sono i canestri vincenti» asserì Yami. «Probabilmente, sono il re dei giochi anche nel basket»

 

«Re dei giochi?» chiese Miyon. «Per il fatto che non hai mai perso a M&W? Anzi, hai vinto anche contro Pegasus?»

 

«Adesso sei tu che leggi nei miei ricordi…» sorrise Yami, contento nel vedere un leggero tono di ammirazione nella sua voce.

 

Miyon, imbarazzata, si mise le mani a coppa sulla bocca rossa. «Scusa…» tergiversò, raccogliendo la palla davanti a sé. «Fortunatamente, sai fare le triple»

 

«Fortunatamente?»

 

«Non sai palleggiare, non sai tirare, non sai passare, non sai difendere…» elencò lei, imperterrita e crudele. «Come potevo farti giocare, sabato?»

 

«Vuoi… Farmi giocare alla partita?» Yami spalancò gli occhi, incredulo.

 

«So che muori dalla voglia» annuì Miyon, severa. «E devo ancora ringraziarti per il compito di matematica…»

 

Yami si avvicinò di colpo e le strappò il pallone dalle mani. «Allenamento intensivo, Miyon-sensei»

 

«Se è quello che vuoi…»

 

I palleggi si sentirono fino a notte fonda.

 

 

Note di Akemichan:

Salve a tutti! (ma come?! Ancora note?! N.d.Tutti) Oh, quante storie…^^ Volevo precisare che non ho intenzione di descrivere la partita di basket, ma, nel caso interessasse vedere Miyon e (soprattutto) Yami alle prese con questo sport, fatemelo sapere, che posso provare, nel limite delle mie possibilità (descrivere una partita di basket non è semplicissimo, credo) a scrivere un capitolo bonus alla fine della storia. Grazie ancora per aver letto anche questo capitolo. Bye ^^

 

Reviews:

 

Ayu-chan: Scusami ^^’’ Ti ripagherò il collirio che stai usando ^^! Yami non è solo nel corpo di un altro, ma pure di una ragazza… E’ dura la cosa…^_- Il manga esiste ed esce ogni mese. A luglio, se non sbaglio, dovrebbe uscire il 22 (la sfida Yuugi vs Otogi). I primi manga sono più economici, mi sembra solo 2 euro, perché sono metà volumetto, poi dal 13 c’è il volume intero che costa 4 euro. Se nella tua città c’è una fumetteria non credo che avrai problemi a recuperare gli arretrati. Non ricordo precisamente il numero, ma dovrebbero essere 38, più o meno… Il manga è molto meglio del cartone (nei primi manga, specialmente, c’è la serie che in Italia non hanno mai trasmesso), anche se sono meno episodi, ma questo dipende soprattutto dal fatto che noi abbiamo preso la versione USA censurata totalmente… ç_ç Se penso com’era bello l’anime in jap… Ma purtroppo ci dobbiamo tenere quello censurato, quindi il manga è l’unica soluzione per leggere le cose come stanno. Te lo consiglio. Scusa per la dissertazione lunga…^^ A presto ^^

 

Phoenix: Figurati, era solo una cosetta da nulla ^^’’ Per il resto lo stile della tua storia va benissimo così com’è, te l’assicuro ^^ Ti piace la coppia? Allora ti consiglio di tenerli d’occhio, perché ci saranno delle sorprese…^_-

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Capitolo 5
*** Domenica sera ***


Il sole andava lentamente calando nella tiepida sera della città egiziana, tra sottili nubi rossastre nella lontananza del cie

Domenica sera

 

 

Il sole andava lentamente calando nella tiepida sera della città egiziana, tra sottili nubi rossastre nella lontananza del cielo blu. I tetti rossi delle case di periferia diventavano scuri come le fiamme dell’aldilà, mentre le facciate biancastre andavano mano a mano ingrigendosi per la signora notte che si avvicinava silenziosa come la morte. Gli uomini camminavano velocemente, rischiando di scontrarsi agli incroci delle strette strade, ognuno immerso nei suoi pensieri, desideroso soltanto di un veloce ritorno a casa, nella tranquillità del focolare domestico, protettivo e affettuoso. Dall’andatura più lenta e dondolante, si potevano distinguere coloro che, al contrario, non possedevano case o famiglia e, come ogni sera, si accontentavano solo di un posto dove riposare le stanche membra con una dormita, se non buona, almeno decente.

 

«Facciamo il punto della situazione» disse polemico Yami, comparendo al fianco della ragazza che guardava dubbiosa l’incrocio di fronte a lei. «Stamattina sono stato costretto ad una levataccia solo perché tu volevi fare bella figura con Kaiba…»

 

«Ma almeno, sto bene?» Lei si passò una mano sul body nero senza maniche, che lasciava spuntare le spalline del reggiseno, sulla cintura nera e argentata che decorava la minigonna rossa a pieghe, fino a scendere sulle calze a rete nere. Il completo finiva con un paio di scarpe da ginnastica nere che, tuttavia, a causa della polvere avevano ormai assunto un colorito beige.

 

«Si, sei bellissima» la rassicurò vagamente lui. «Poi, ho passato… quante ore? Dodici? Comunque, un’infinità a sentir parlare tu e Kaiba di cose incomprensibili…»

 

«Matematica» lo corresse lei.

 

«…o comunque molto noiose…»

 

«Non è vero!» intervenne ancora Miyon. «Sono sicura che piacerebbe anche a te, se solo la studiassi! Ma se preferisci rimanere nell’ignoranza…» Allargò le braccia in un gesto di rassegnazione.

 

«A pranzo, poi, ho dovuto magiare quell’orribile panino da supermercato…» la ignorò lui.

 

«Assolutamente immangiabile…» Lei si mordicchiò un dito. «Kaiba non sa cucinare, dovrò tenerlo a mente…»

 

«La colpa è tua che ti sei dimenticata il bento…» istigò Yami.

 

«Dico io, ma non ce le ha delle cameriere che gli preparino la roba?» Miyon stava ancora pensando a Kaiba. «E se sono state loro a fare quelle schifezze, che le licenzi! E che cavolo!»

 

«A seguito abbiamo avuto mal di stomaco per tutto il resto del viaggio…» proseguì il racconto Yami.

 

«E meno male che non abbiamo nemmeno finito il panino…» aggiunse lei.

 

«…Di conseguenza adesso ci brontola lo stomaco…»

 

«E, per finire la serie di sventure» sospirò lei. «Nel casino di prima abbiamo perso Kaiba e siamo finiti dispersi per Il Cairo!» Si tormentò leggermente il fiocco del nastrino rosso che portava al collo. «Si accettano suggerimenti. Il Faraone sei tu»

 

«Potremo cercare di individuare il museo…» propose lui. «So che Isis lavorava lì»

 

«Lavora al museo archeologico de Il Cairo?» chiese Miyon stupita.

 

«Che io sappia, si» rispose tranquillo lui.

 

«Cosa aspettavi a dirlo?!» Miyon agitò i capelli per dimostrare la sua disperazione. Poi, ripresasi, agguantò il primo passante che capitava, senza preoccuparsi della fretta con cui andava. «Excuse me, sir. Where is the museum

 

L’uomo la guardò stranito dallo scuro del suo viso abbronzato. «Far… very far…» rispose in un inglese stentato, riprendendo il suo cammino frettoloso.

 

«Pare che sia lontanuccio…» commentò Miyon, un poco sconvolta, indicando il passante che stava già scomparendo tra la folla della viuzza.

 

«Ti pareva se poteva capitarci un colpo di fortuna…» Yami si massaggiò la fronte, frustrato. Alzò lo sguardo per guardare il lontano, meraviglioso sole al tramonto, quando la sua attenzione fu attratta da un particolare nella strada di fronte a loro. Tra le tante persone che vi camminavano vi era un ragazzo, dallo sguardo violetto leggermente preoccupato. Le mani infilate nelle tasche posteriori dei pantaloni larghi beige erano protette da guanti da pilota e la maglietta col cappuccio viola lasciava leggermente scoperto il body nero che indossava sotto. I capelli biondi un poco lunghi ondeggiavano con l’andamento della sua camminata, veloce ma precisa. «Malik! Quello è Malik!»

 

«Chi? Dove?» Miyon iniziò a guardarsi intorno.

 

«Quel ragazzo con la maglia viola» cercò di indicarlo lui. «E’ Malik Ishtar» Aggiunse il cognome per farle capire di chi si trattava.

 

«Ah, quel ragazzo carino?» chiese Miyon individuandolo. «E’ lui che ha perso evocando quattro volte Ra?»

 

«Carino?» ripetè Yami. «Ma a te vanno bene proprio tutti!»

 

«Ma niente affatto!» ribattè lei offesa. «Sei tu che sei prevenuto nei confronti dei tuoi amici… Solo perché io non ti ho mai detto che sei carino, anche se è vero»

 

Yami arrossì vagamente. «Come sai che ha evocato quattro volte Ra?» disse poi, concentrando la sua attenzione sulla frase seguente.

 

«Ops…» Miyon fece una linguaccia imbarazzata. «Temo di aver involontariamente frugato tra i tuoi ricordi…»

 

«Ecco…» disse lui. «E poi ti sei arrabbiata tanto…» Scoccò uno sguardo alla via trafficata. «Però, se continuiamo a stare qui a parlare, finisce che lo perdiamo…»

 

«Accidenti!» Miyon si inserì in quel traffico veicolare, cercando con lo sguardo il ragazzo dai capelli biondi. Lo individuò in fondo alla strada, mentre stava per infilarsi un casco argentato e, correndo come in una partita di basket, lo raggiunse. «Malik!»

 

Lui si voltò, bloccando il casco a mezz’aria, e la guardò con un’espressione interrogativa in volto.

 

«Dimenticavo che lui non mi conosce…» pensò preoccupata lei.

 

«Inventati qualcosa!» suggerì Yami, cercando di incoraggiarla.

 

«Oh…Ah… Io sono Miyon Minaguchi» Gli porse una mano, che lui strinse in una presa forte ma ancora un poco dubbiosa. «Io sono… Una tua fan! Ma si, certo. Apprezzo moltissimo il tuo talento a M&W

 

«Da-davvero…?» Malik sembrò ancora più stupito, ma si riprese vedendo lo sguardo ammirato, o finto tale, di lei. «Modestamente… In effetti sono uno dei migliori…»

 

«Ehh» intervenne Yami scuotendo la testa. «Non c’era proprio un’altra strategia?»

 

«Si accettano suggerimenti» sibilò Miyon acida. «Vuoi che gli dica direttamente che sei dentro di me?»

 

«No!» si spaventò lui. «Vorrei che il primo fosse il mio partner…» aggiunse sottovoce. Già era stato un trauma doverlo dire a Kaiba, anche se, quella volta, era stato costretto a farlo per una buona causa.

 

«Stai dicendo qualcosa?» chiese Malik, riappoggiando il casco sul seggiolino della moto.

 

«Ehm, si certo…» Miyon si mordicchiò una guancia. «Vorrei conoscerti meglio… Sei libero adesso?»

 

Malik scoccò un lungo sguardo alla moto. «Dovrei andare a casa…»

 

«Oh, allora… Potrei venire anche io…» Lei gli prese le mani e le congiunse alle sue. «Per favore…» Strizzò l’occhio.

 

«Veramente…» Malik lasciò che una leggera goccia di sudore gli scendesse dolcemente dalla fronte, riflettendo. In fondo, in quel momento, ospitati a casa sua, si trovavano anche gli amici di Yuugi… Una persona in più non avrebbe fatto poi tutta quella differenza… «Se ti fidi a salire in moto con me…»

 

«Fantastico! Grazie, grazie!» Miyon si lasciò andare e lo abbracciò, facendolo avvampare.

 

«Staccati subito» ordinò lentamente Yami.

 

Miyon, ridendo sotto i baffi, obbedì. Malik aprì il vano della moto ed estrasse un altro casco, più vecchio e rovinato, che le passò. «Salta su, bellezza»

 

«Bellezza…» Yami respirò profondamente. «Stai attento, Malik… Queste te le farò pagare tutte…»

 

«E piantala» Di nascosto, Miyon cercò di tirargli una gomitata. «Manco fosse tuo davvero, il corpo…»

 

Malik salì a bordo della moto. «Dicevi?»

 

«Che emozione!» tergiversò Miyon, che trovava frustrante dover conversare con due persone contemporaneamente. Si accomodò dietro di lui, avvicinandosi il più possibile apposta per fare arrabbiare lo spirito che abitava dentro di lei.

 

«Tieniti forte» le consigliò Malik, azionando il motore. Con uno sbuffo di fumo, la moto sportiva rossa partì alzando leggere nubi di polvere rossastra dietro di se.

 

 

La casa di Malik si trovava ben oltre la periferia de Il Cairo. Era situata praticamente in mezzo al deserto rosso che univa in un’immensa pianura di fuoco la città alle lontane piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, consentendo una romantica visione di questi capolavori al tramonto, con i raggi solari ormai rossi che scendevano lentamente lungo i fianchi rocciosi delle piramidi, rendendo quei luoghi ancora più misteriosi rispetto a ciò che si pensava nell’immaginario collettivo. Al contrario, la casa non aveva nulla né di misterioso né di tradizionalmente egiziano. Somigliava maggiormente alle casette dei pescatori che si possono ritrovare in Olanda, con il giardinetto di erba verde recintato e il vialetto in ghiaia, anche se in questo caso si trattava di sabbia, che portava alla porta d’entrata. La facciata, in legno dipinto di bianco, era decorata dai vasi di rose rosse ad ogni finestra aperta. Il tetto rosso, dalla quale spuntava la finestra della mansarda, era inutilmente a punta.

 

«Eccoci» disse Malik parcheggiando la moto esattamente sul vialetto di casa.

 

«Bel posto» commentò Miyon sinceramente, anche se non capiva come fiori simili come quelli coltivati nel giardino potessero sopravvivere al clima egiziano. Scese dalla moto, togliendosi il casco, e lo passò al ragazzo.

 

«Davvero…» aggiunse Yami, tra il sorpreso e il sollevato. Probabilmente temeva ancora che abitassero in quel buco dove la loro tradizione li aveva costretti ad rimanere per tanto tempo.

 

Malik aprì la porta. «Prego» La lasciò entrare in un ambienta caldo e accogliente, arredato più in stile giapponese che egiziano. Miyon si strinse leggermente nelle spalle. Le era venuto freddo sulla moto, mentre adesso poteva sentire un dolce tepore sulla pelle. «Forse dovrei avvertire mia sorella…» Malik scoccò uno sguardo pensieroso al telefono cordless appoggiato sulla mensola del corridoio. In quel momento, il telefono prese a squillare.

 

«Telepatia…?» domandò quasi a sé stessa Miyon, ridendo leggermente.

 

Malik prese la cornetta e rispose. «Pronto? Sorella, sei tu? Stavo per chiamarti…» Si appoggiò al muro, accavallando le gambe. «Ma è vero! No, non sono ancora andato a controllare se Yuugi si è ripreso…»

 

«Yuugi…?» Le parole risuonarono come campane nella mente di lei, che pensò fosse il caso di eseguire un veloce scambio di anime.

 

«Sono appena rientrato!» si difese, seccato, Malik. «Ora vado… E poi, dato che è come in coma, anche se si svegliasse, dubito che abbia la forza di alzarsi e andare in giro…» Scosse la testa. «Potrebbe anche non riprendersi più…»

 

Yami aveva ascoltato abbastanza, e troppo poco. E detestava non sapere nulla di cosa fosse accaduto al suo partner. «Cos’è successo?!» Afferrò Malik per il colletto della sua maglia viola e lo spinse violentemente contro il muro. «Cos’è successo a Yuugi?!»

 

«Che… Cavolo…?» Malik strinse i denti per il dolore che sentiva alla schiena. Non capiva la situazione. Perché, improvvisamente, quella ragazza parlava di Yuugi? E come faceva ad avere tanta forza?

 

«Malik? Malik, mi ascolti?» veniva la voce di Isis dalla cornetta.

 

Yami prese il telefono dalle mani di Malik e lo spense, appoggiandolo non proprio delicatamente sulla mensola.«Dov’è Yuugi?» disse pericolosamente, spingendo con la punta del ginocchio sul suo stomaco. «Rispondimi!»

 

«Di… Sopra…» ansimò Malik, che non riusciva quasi a respirare. «Camera… In fondo…»

 

A quel punto, Yami lo lasciò, correndo via. «Aibou!» Malik rimase immobile, incapace di credere a quello che era appena successo. Respirava profondamente per riprendere fiato. Come poteva essere stato messo al muro da una ragazza?!

 

Yami spalancò la porta della camera facendola sbattere così forte contro la parete opposta che la si sentì leggermente tremare sotto quel colpo. Sul letto appoggiato al muro di fronte, Yuugi dormiva, con la testa leggermente appoggiata al cuscino bianco e la bocca semichiusa in un respiro affaticato.

 

«Sta male…?» Miyon era molto preoccupata, tanto che non lo aveva nemmeno fermato quando aveva agito in modo così violento. In una situazione simile, probabilmente, si sarebbe comportata come lui.

 

«Non lo so…» La voce di Yami era debole. Si avvicinò al letto e afferrò Yuugi per le spalle, sollevandolo leggermente e lasciando scivolare le coperte che lo ricoprivano. «Aibou? Aibou?» Lo strattonò via via sempre più forte, vedendo che non riceveva reazioni. «Aibou!!»

 

«Yuugi!» gridò contemporaneamente Miyon, seduta sul letto accanto a lui.

 

Finalmente le palpebre di Yuugi si mossero, prima impercettibilmente, poi in maniera sempre più evidente, come una batteria che si carica lentamente. Infine aprì leggermente gli occhi, ancora assonnato. «Aibou…» sospirò di sollievo Yami.

 

«Mou hitori no boku…» mormorò lentamente il ragazzo, riconoscendolo a senso. «Mou hitori no boku?!» esclamò poi, vedendo la forma della persona che gli stava di fronte. «No…»

 

«Si, Aibou, sono io» confermò Yami. «Sono proprio io» Lo abbracciò. «Ero sicuro che mi avresti subito riconosciuto!» Un leggero rivo di sangue iniziò a scendere dalla narice destra di Yuugi, mentre il suo viso diventava sempre più rosso. «Che succede? Stai male?»

 

«Lo stai spupazzando sulle mie tette…» gli ricordò Miyon polemica, ma decisamente sollevata.

 

«Yuugi! Ti sei ripreso!» Malik entrò nella stanza. Anche il leggero barlume di preoccupazione nei suoi occhi violetti era scomparso. Scoccò uno sguardo alla ragazza, intenzionato a dire qualcosa.

 

Yami si alzò e gli si avvicinò, guardandolo duramente. «Che cos’hai fatto?» gli chiese. «Era come in coma! Spiegami subito!»

 

«Non sono tenuto a darti spiegazioni» replicò Malik brusco. «Tu, piuttosto. Chi sei

 

«Mou hitori no boku…» rispose Yuugi, con lo sguardo basso. «Lei… Lui è mou hitori no boku…»

 

«Ma… Che stai dicendo?» Malik lo osservò come se fosse un malato mentale.

 

«Ha ragione» annuì Yami. «Anche se questo è il corpo di una ragazza, l’anima che hai di fronte è quella del Faraone Senza Nome»

 

«Faraone…» Malik sembrò sul punto di scoppiare in una lunga risata. «Come hai fatto a finire…»

 

«Spiegami piuttosto che ci faceva Yuugi in quelle condizioni»

 

«Vedi…» Il custode della tomba si gratto una guancia, imbarazzato. «Visto che la tua anima era scomparsa misteriosamente, abbiamo pensato che si fosse fusa con quella di Yuugi…» Deglutì. «Così abbiamo unito i poteri dell’ascia con quelli del puzzle per… Cercare di separarvi di nuovo…»

 

«In che modo?» domandò ancora Yami, battendo leggermente un piede per terra.

 

Malik scostò lo sguardo, evidentemente a disagio. «Inserendo una parte dello spirito di Yuugi in lui stesso, avremmo potuto-»

 

«Inserire una parte di sé in sé stesso?!» ripetè Yuugi. «E’ una cosa pericolosissima!» Afferrò Malik per il collo. «Tu lo sapevi, vero? E nonostante tutto…»

 

«Non è colpa sua…» Yuugi scese velocemente dal letto e afferrò il braccio affusolato della ragazza. «Sono io che ho insistito a farlo! Volevo tanto rivederti…» Si staccò, lasciando che alcune gocce cristalline gli inumidissero gli occhi.

 

Yami lasciò la presa sul collo di Malik e avvicinò a sé Yuugi, poggiandogli la mano dietro la testa, stando attento a non farlo scontrare con il seno, onde evitare altro imbarazzo. «Perdonami…» mormorò, sentendo che si sfogava bagnandogli il body nero. «E’ tutta colpa mia…»

 

«In effetti si» annuì Miyon. «Se tu mi avessi detto subito che Isis Ishtar lavorava al museo egizio, avremo potuto contattarla via internet» Yami non rispose, ma mise il broncio.

 

«Accidenti, che caratteraccio…» Malik tossì leggermente, massaggiandosi il collo segnato dalle dita di Miyon. «Spiegami che cavolo di fai lì dentro, mentre noi eravamo preoccupati per te»

 

«Guarda che io ho cercato di contattarvi» lo guardò male Yami.

 

Yuugi alzò lo sguardo. «Adesso che ci penso…» Si asciugò gli occhi con la manica del pigiama verdino che indossava. «Questa ragazza… Mi è venuta addosso subito prima che tu…»

 

«Ah si…?» mormorò Miyon dubbiosa. «Non mi ricordo…»

 

«Esatto» annuì Yami ignorando la sua ospite. «A causa di quello scontro, non so perché, la mia anima si è spostata di corpo…»

 

«Aspettate un attimo» Malik uscì di corsa dalla stanza, tornando un paio di minuti dopo, con un piccolo libricino nero scritto in geroglifico. «Potrebbe esserci stata una coincidenza astrale…» Aprì il libro, spandendo attorno leggere nuvole di polvere antica, sfogliando le pagine bianche. «Quando è successo?»

 

Yuugi riflettè. «Sabato… Verso le quattro, credo»

 

«Due sabati fa» corresse Yami. Evidentemente Yuugi aveva perso un poco il senso del tempo.

 

«Che sfortuna incredibile!» commentò Malik scuotendo la testa.

 

«Vuoi spiegarti?» chiese Yami frustrato.

 

«Devi sapere, Faraone, che gli egiziani non fanno mai nulla a caso» spiegò Malik, saccente. «Gli Oggetti Millenari sono stati creati durante un esatta coincidenza astrale, ossia quando la luna impediva la vista del pianeta Venere e Giove era al centro del Piccolo Carro» Chiuse di scatto il libro. «Per via di questa coincidenza, gli oggetti millenari perdono il loro potere alla coincidenza opposta, ossia quando la posizione dei due pianeti è invertita» Iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza. «In pratica, in questa occasione gli oggetti millenari si comportano in modo imprevedibile… In questo caso, ha realizzato addirittura uno scambio di anime!»

 

«Tutto questo è molto interessante…» Yami sbadigliò. «Ciò che mi interessa sapere è: esiste un modo per invertire tutto?»

 

«Certamente» Malik incrociò le braccia. «Basterà aspettare la coincidenza positiva, quindi potrai trasferire nuovamente il tuo spirito nel puzzle»

 

«E quando sarebbe questa coincidenza…?» chiese Yuugi un po’ preoccupato.

 

Malik aspettò un attimo, prima di rispondere. «Fra due giorni» Poi rise alle loro espressioni. Sapeva che si aspettavano una data assurda o comunque molto lontana nel tempo.

 

«Tutta sta’ storia e poi è tra due giorni?!» esclamò Miyon. «Ma vaffanculo! Ho preso un colpo!»

 

«E’ importante non perdere il momento, o si potrebbe aspettare anche più di un anno» Terminò il discorso Malik, quando ebbe finito di ridere. «Dovete farlo più o meno alla stessa ora, con uno scarto di una mezz’oretta»

 

«Nessun problema» alzò le spalle Yami. «Sentito? Fra due giorni saremo di nuovo assieme!»

 

«Si!» Solo in quel momento, Yuugi fece il suo primo sorriso, anche se unito ad uno sguardo annoiato di Malik.

 

«Dimenticavo…» mormorò Yami, e lasciò che Miyon riprendesse il controllo del suo corpo.

 

Yuugi se ne accorse immediatamente, al contrario di Malik. «Allora… Tu sei…»

 

«Finalmente ci incontriamo» sorrise lei. «Yami non ha fatto altro che parlare di te»

 

«Davvero…?» Yuugi arrossì leggermente e scostò lo sguardo dagli occhi viola di lei.

 

«Miyon…» chiamò leggermente Malik. «Suppongo che allora tu non sia una mia fan…»

 

«No, perdonami…» Lei sorrise. «In realtà non so nemmeno come si gioca a M&W…» Gli diede una leggera pacca sulla spalla. «Coraggio, sono sicura che sei un buon duellante… Anche se hai perso pur usando Osiris»

 

A quella frase, il ricordo della sconfitta salì fino alle guance di Malik, facendolo rabbrividire. «Che vorresti dire?»

 

«Miyo-on…» chiamò leggermente Yami.

 

«Accidenti!» esclamò la ragazza, mettendosi una mano davanti alla bocca. «Ho di nuovo letto nei tuoi ricordi…»

 

«Come?» Malik sbattè le palpebre.

 

«Ecco, a volte, involontariamente, Yami acquisisce dei miei ricordi, e viceversa» spiegò Miyon rapidamente.

 

«Questo non è normale…» mormorò Malik osservandola negli occhi.

 

«Ah, no?»

 

«Io e mou hitori no boku non abbiamo mai…» mormorò tristemente Yuugi, ricordando come spesso avesse desiderato regalargli la sua memoria, in modo che Yami non andasse alla ricerca della sua e rimanesse per sempre al suo fianco.

 

«Per forza» rise Miyon. «Quando hai risolto il puzzle, Yami non aveva ricordi da darti!»

 

«Non serve rimarcarlo per forza…» intervenne il diretto interessato.

 

«Può darsi che sia per quello…» commentò Malik, ma dallo sguardo strano che le stava scoccando si poteva capire che aveva un altro pensiero per la testa.

 

«Malik! Dove sei?» Una voce di donna venne dal piano di sotto. «Perché non rispondi al telefono?»

 

Il giovane custode scosse la testa. «Vorrei proprio sapere come posso raccontare questo a mia sorella…»

 

«Buona fortuna» dissero Miyon e Yami contemporaneamente.

 

«Ma tu devi aiutarmi!»

 

«Ma anche no» replicò tranquilla lei. «Però sappi che faccio il tifo per te!»

 

«Anch’io» confermò Yuugi.

 

«Malik!» chiamò nuovamente la voce, mentre si sentirono dei passi salire velocemente le scale di legno.

 

Lui sospirò. «Capitano sempre a me…»

 

 

 

Reviews:

 

Kelly: Ciao ^^ Scusa se non ti ho avvertito, ma visto che l’avevo già pubblicata quando ti ho mandato il messaggio, ho pensato che l’avresti vista tranquillamente quando andavi a pubblicare la tua… ^^’’ E scusami anche se non ho notato la tua prima recensione, ma venerdì scorso ho dovuto fare tutto di fretta perché stavo partendo per le vacanze (per questo motivo ho dovuto fare anche una recensione velocissima alla tua storia… Volevo dirti un mucchio di cose e le ho scordate! ^^’’ Me le farò tornare a mente al prossimo capitolo!) Mi fa piacere che la storia di piaccia… In effetti, ho pensato che non fosse più il caso di parlare del passato, ma… ^_- per la partita, ho deciso di fare un capitolo alla fine di tutto, una specie di extra come nei manga… nel frattempo ti anticipo che hanno vinto (difatti Yami è ancora vivo ^^). Mi fa piacere anche che ti piaccia il mio personaggio e ti dirò, ad odiare Tea sia già in due! Fondiamo un anti-tea fan club! Sono sicura che troveremo un’infinità di membri! Si vede che quel giorno lì Kaiba era in buona…^^’’ Alla prossima ^^

 

Ayu-chan: Allora non hai problemi! Comunque le fumetterie ultimamente si stanno moltiplicando… Nella mia città, che è piccola, ce ne sono ben tre! Pensa un po’… Comunque il manga è veramente bello (certo, la grafica dei primi è molto diversa, farai fatica ad abituarti, ma la storia ti prende), te lo consiglio ^^ Si, anche a me kaiba piace particolarmente… nella puntata di ieri è stato troppo divertente… “Affrontami da uomo a uomo”, senza contare che un attimo prima stavano giocando a nascondino come due bambini…^^’’ Ma sto divagando, però volevo troppo dirla, sta cosa! Una settimana di attesta non mi sembra eccessiva…^^ Grazie per i complimenti ^///^

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Capitolo 6
*** Domenica notte ***


Il vento notturno e sabbioso sbatacchiava le persiane chiuse strettamente, lasciando penetrare nell’atmosfera buia della camer

 

Domenica notte

 

 

Il vento notturno e sabbioso sbatacchiava le persiane chiuse strettamente, lasciando penetrare nell’atmosfera buia della camera da letto un rumore sordo e fastidioso. Yami, seduto con le gambe accavallate ad un lato del letto, osservava con gli occhi stretti per la poca luce gli oggetti intorno a sé. L’interesse finiva sempre per sposarsi su Yuugi, che dormiva profondamente nel letto a fianco, con il viso affondato nel cuscino e il lenzuolo leggermente scivolato a terra. Mancava così poco! Ancora due giorni e sarebbero stati nuovamente assieme. «Non dormi?» Yami reclinò leggermente la testa per individuare nel nero gli occhi viola di Miyon, che, sveglia, teneva le braccia incrociate dietro la testa. «Non sono l’unico» rispose quindi alla domanda di lei, che si limitò a sospirare. «Mi dispiace»

 

«Per cosa?» chiese debolmente Miyon.

 

«Se non avessi voluto venire a tutti i costi in Egitto, adesso non saremo bloccati qui per la tempesta di sabbia» spiegò Yami scuotendo leggermente la testa. «E tu non perderesti lezioni di scuola»

 

«Non è niente di grave…» La voce di Miyon era atona, come se lei parlasse nel sonno. Era una sottile rassegnazione.

 

«Scommetto che non sei arrabbiata solo perché Kaiba si è offerto di darti delle ripetizioni di matematica» sorrise provocatorio lui. «A cena non avete smesso di parlare un attimo!»

 

«Forse è un po’ antipatico…» mormorò lei dolcemente. «Ma è un ragazzo molto intelligente. Con lui puoi parlare di qualsiasi argomento. È interessante, ecco»

 

«Allora, ti piace?» Il silenzio che ne seguì, assieme a un leggere rossore del viso visibile anche nell’oscurità, gli fece capire come questo “piacere” fosse ben diverso dal modo scherzoso con cui ne avevano parlato per la prima volta. Adesso si trattava di qualcosa di più profondo, più autentico. «Sai, non l’avevo mai visto così… loquace» aggiunse, per incoraggiarla. «Credo che tu non gli sia completamente indifferente»

 

Miyon voltò il viso, nascondendo la guancia destra nel cuscino. «Malik e la sua famiglia sono stati molto gentili ad ospitarci…» Sorrise leggermente, pensando a quello che era successo…

 

 

«Insomma, Malik!» Finalmente, Isis li raggiunse nella stanza. «Cosa stai combinando questa volta?!»

 

«Assolutamente nulla…» Il ragazzo biondo sbuffò. «Vorrei proprio sapere perché, quando succede qualcosa, dev’essere automaticamente colpa mia!»

 

«Uhm…» Yami, nel corpo di Miyon, finse di pensarci mentre si osservava le unghie ordinate. «Forse perché eri il capo dei Ghouls e hai tradito tutti i segreti della tua famiglia, rubando le carte delle divinità egizie?»

 

Malik gli scoccò un’occhiata furente, ma prima che potesse ribattere, intervenne Isis. «E tu chi saresti? Oh, Yuugi, ti sei ripreso!» aggiunse poi, allegra.

 

«Ehm, si…» mormorò lui spostando lo sguardo da Miyon a Malik.

 

«Spirito d’osservazione di un bradipo…» mormorò sottovoce quest’ultimo.

 

«Scusa, non ho sentito bene…» disse polemica la sorella. «Mi spieghi perché non mi hai avvertito prima che Yuugi si era ripreso?»

 

Malik alzò gli occhi al cielo, esasperato. «Se aspettavi…»

 

«Secondo me, ora lo sculaccia» sorrise Miyon.

 

«Sarebbe divertente» rise leggermente Yami, mettendosi due dita sulla bocca carnosa.

 

«Ora, lasciami parlare…» Malik scoccò un’occhiata traversa a Miyon. «Ho una buona notizia e una cattiva»

 

«Chissà perché, ma me l’aspettavo…» commentò imperterrita Isis, rischiando di farlo irritare ancora di più.

 

«Quella buona è che abbiamo ritrovato il Faraone…» Esitò un poco a proseguire. «La cattiva è che ora la sua anima è dentro questa ragazza!» disse l’ultima frase talmente veloce che Yami e Yuugi si domandarono cosa Isis avesse potuto capirci.

 

La donna mora, infatti, all’inizio rimase immobile. Poi scoppiò in una grossa risata. «Tra tutte le scuse per portarti in casa una ragazza, questa è la più assurda!» Yami sbattè le palpebre. Non poteva credere che uno come Malik si portasse delle donne a casa, visto e considerato che nessuna sarebbe mai andata con lui. Neanche Miyon, o almeno così sperava.

 

«Ma… Veramente…» balbettò Malik.

 

«Guarda che è vero, Isis» disse deciso Yami.

 

«Si, come no» Isis lo afferrò per un braccio e iniziò a trascinarlo verso le scale. «Questo non è proprio il momento per avere un appuntamento. Con te Malik, farò i conti dopo!»

 

«Ma… Ma…» rispose lui, depresso.

 

«Aspetta, Isis!!» cercò di fermarla Yuugi. «Per una volta, Malik ha ragione!»

 

«Come, per una volta?» domandò il diretto interessato, offeso nell’orgoglio.

 

«Adesso basta!» esclamò Yami, irritato. Puntò i piedi per terra, serio, facendo brillare l’occhio dorato sulla fronte di Miyon, agitando nell’aria i suoi lunghi capelli luce e ombra. Quindi, si staccò dalla donna, ristabilendo la tranquillità.

 

«Fa… Faraone?!» esalò sconvolta Isis. Malik, dietro di lei, fece un gesto non proprio elegante per indicare che era anche l’ora di capire come stavano veramente le cose.

 

«Sono io» affermò, quindi si scambiò di posto con la ragazza. Lei si chinò leggermente. «Il mio nome è Miyon Minaguchi» Si indicò. «Il vostro Faraone è dentro di me. Fortuna che avete detto che c’è un modo per levarmelo, sono venuta in Egitto apposta per riportarlo da Yuugi…»

 

«Si, bè…» Isis non si era ancora ripresa totalmente. «Gentile da parte tua…»

 

«Non ne posso più di averlo dentro…» continuò Miyon drammatica. «E’ sempre a fare cose sconce con il mio corpo…»

 

«Eh?!» esclamarono gli altri tre.

 

«Ma non è vero!!» gridò Yami riprendendo il controllo. «Non datele ascolto!»

 

«Scherzetto!» sorrise divertita Miyon.

 

«Non è divertente…» protestò lui, specialmente notando le occhiate maliziose che gli stava scoccando Malik in quel momento.

 

«Non so chi ci sia in controllo adesso…» disse pericolosamente una voce da dietro Isis. «Ma non fa differenza! Due cretini, ecco cosa siete! Come cavolo avete fatto a perdervi per Il Cairo?! Bastava andare al museo!!»

 

«Scusami…» disse Yami grattandosi il naso, imbarazzato.

 

«Scusa un cavolo!» replicò arrabbiato Kaiba. «Sono circondato da imbecilli…» aggiunse poi, lasciando scorrere lo sguardo anche sugli altri.

 

«Tengo a precisare che è tutta colpa di Yami…» commentò Miyon tornando in possesso del corpo.

 

«Non avevo dubbi in proposito…» scosse la testa Seto, ormai esasperato. Cosa gli era preso, quando aveva deciso di accompagnarli fin in Egitto?

 

«Perché non prende un po’ di camomilla, la mattina?» chiese contrariato Yami, sospirando.

 

 

Yami sorrise, ricordando. «D’altronde, sono il loro Faraone» disse scherzosamente. «Ma credo che tu gli abbia fatto una buona impressione. Forse non avrebbero mai pensato che una persona nella tua situazione decidesse di venire addirittura fino in Egitto solo per aiutarmi… Sei la ragazza migliore che potesse capitarmi»

 

«Davvero?» Miyon fece una risatina ironica. «Commettono tutti degli sbagli… E io non sono da meno» Liberò la guancia sinistra dalle ciocche nere e bionde che la nascondevano. «Solo i tuoi amici sono stati antipatici…» disse tristemente. La sincerità, innanzitutto, era stata la chiave del rapporto che avevano instaurato. Ironico, no?

 

«Devi capirli» Yami non negò questo loro atteggiamento, ma cercò ugualmente di difenderli, perché li conosceva. «Non sono cattivi, ma non hanno una vita facile. Anzu vuole andare a studiare danza in America, perciò lavora di nascosto dove le capita pur di racimolare dei soldi, mentre Jono-Uchi è costretto a lavorare per coprire i debiti del padre, che passa le giornate a bere. Forse, vedendo te alla Sasaki…»

 

«Perché io non lavoro, invece» Miyon affondò la testa nel cuscino. Il tono non era polemico, eppure faceva trasparire il risentimento che provava. Certo, lei andava alla Sasaki, ma non era ricca. Non lo era mai stata. Per questo, l’avevano sempre guardata tutti dall’alto in basso, con commiserazione. La stima degli altri non era cresciuta nemmeno dopo i suoi risultati eccellenti in quasi tutte le materie scolastiche, frutto di giornate passate sui libri, mentre fuori il sole scaldava le pietre quasi fino a fonderle. I poveri, alla Sasaki, non potevano essere bravi. Era fortunati, oppure erano stati aiutati per pietà. E quando tornava a casa, stanca, le uniche persone che la chiamavano erano i suoi genitori, ai quali doveva sempre chiedere soldi, perché non era in grado di mantenersi da sola. E adesso, doveva anche essere umiliata da persone come lei?

 

«Tu lavori. E tanto» Yami stesso l’aveva vista passare l’intera nottata sul libro di matematica, gli occhi viola che non si alzavano dal foglio nemmeno per un secondo, come se lontano da quegli esercizi e da quei calcoli rischiassero di bruciare. Si trattava di un lavoro diverso, ma non per questo da non rispettare perché non era qualcosa di pratico e manuale. Non era cosa da farsi, solo perché nella società capitalista contava solo ciò che di utile facevi al mondo. «Solo che loro non lo sanno. Sono stati superficiali. Lascia che ti conoscano meglio…»

 

«Dosi bene le parole» disse Miyon, con la voce soffocata da cuscino. «Si vede quanto sei affezionato a loro»

 

Yami sorrise. Poi, riflettendo, si ricordò che non aveva mai sentito da Miyon la parola “amici”. Per lei erano tutti compagni, dalle ragazze nella sua casa ai membri del club di basket. «Tu hai degli amici? In questo caso puoi capirmi»

 

«Avevo» corresse Miyon. «Poi, non sono più riuscita a incontrarli, per via della mia decisione di andare alla Sasaki. E loro, probabilmente, non vorranno più vedermi»

 

«Perché dici così?» Yami aprì la bocca per iniziare un discorso sull’amicizia, ma lei lo interruppe subito.

 

«Ogni tanto, cercavo di chiamarli, quand’ero in prima» spiegò velocemente, anche se mentiva a sé stessa. «Non erano mai in casa. Non mi hanno mai richiamato» La sua voce non era triste, era rassegnata. E faceva ancora più male.

 

«Allora non erano veri amici» commentò arrabbiato lui. «Non devi preoccuparti, perché adesso ci siamo noi»

 

Miyon si tirò su e piegò le gambe, circondandole con le braccia e appoggiando il mento sulle ginocchia. La stessa posizione con cui si erano parlati per la prima volta. «Mi mancherai» sorrise tristemente.

 

Yami si morse un labbro. «Anche tu» Poi cercò di sorridere, con scarsi risultati. «Però, potremo continuare a vederci…»

 

«Non sarà più la stessa cosa…» Lui sapeva che lei si stava riferendo agli studi. Fra soli cinque mesi sarebbe andata all’università, perciò avrebbe dovuto preparasi per gli esami d’ammissione e poi… Aveva un sogno da realizzare, un sogno di cui lui, povera anima persa, non faceva parte. In quel momento, Yami si rese conto che non voleva lasciarla, ma che non poteva nemmeno restare dentro di lei per sempre. «Era bello condividere tutto, anche il corpo, con te…» finì Miyon prima che lui potesse dire qualcosa.

 

Un leggero singhiozzo proveniente dal letto accanto al loro interruppe la loro conversazione. «Yuugi?» chiamò leggermente lei. «Sei sveglio?» Attese alcuni minuti una risposta che non arrivò. All’improvviso, però, Yuugi si alzò, di scatto, gettando scompostamente le coperte fuori del letto, e, aperta la porta, corse in corridoio.

 

«Aibou!» Yami non riflettè un minuto prima di decidere di seguirlo. Fortunatamente, le gambe di Miyon che utilizzava erano allenate nella corsa per via del basket, perciò riuscì a raggiungerlo all’altezza delle scale, che si trovavano a metà corridoio. Lo bloccò poggiandogli una mano sulla spalla e stringendo con forza. «Aibou… Cosa ti succede?»

 

Yuugi si premette le maniche del pigiama verdino sul viso, singhiozzando forte. «N-nulla…»

 

«Le tue azioni contraddicono le tue parole» Yami si chinò alla sua altezza e lo costrinse a guardalo. «Non me lo vuoi dire? Non lo vuoi dire A ME?»

 

«Mou hitori no boku…» Yuugi tolse la mani dalla faccia, rivelando sottili ruscelli di lacrime azzurrine che colavano lungo le dolci guance e si infrangevano contro il pavimento di legno. «Mi dispiace…»

 

«Per cosa…?» Yami la guardo stupito.

 

«Tu… Mi manchi moltissimo!» Non riusciva quasi a parlare per via del pianto. La saliva gli usciva lentamente sulle labbra, costringendolo ad interrompersi per asciugarsi con la manica del pigiama. «Però… Però… Sembri così felice con… Con lei…» Si morse un labbro, mentre lo guardava con gli occhi di un cagnolino abbandonato sull’autostrada. «I-Io… Non mi arrabbierò se tu… Se tu decidessi…» I singhiozzi gli impedirono di continuare.

 

Yami scosse la testa, come una madre davanti alle inutili preoccupazioni di un bravo bambino. «Sei proprio uno sciocchino» Afferrò un lembo del pigiama azzurrino e lo usò per asciugargli le lacrime. «Miyon è una ragazza molto simpatica. Mi mancherà sicuramente» Lo abbracciò, lasciando che i capelli lunghi gli solleticassero il viso, ondeggiando. «Ma la persona con cui voglio stare sei tu» In quel momento, tuttavia, Yami stava dicendo quelle parole con una passione quasi drammatica. Questo perché si sentiva in colpa. Proprio un attimo prima aveva pensato quanto sarebbe stato bello restare con Miyon, aiutarla nei compiti in classe, giocare a basket assieme a lei… Vivere la sua vita. Loro due, poi, avevano così tanto in comune…! Quasi come se fossero parenti! In realtà, avrebbe voluto avere tutti e due, sia Yuugi che Miyon, ben sapendo che era impossibile. Un altro dei suoi irrealizzabili desideri. Il primo, però, gli aveva dimostrato quanto ci tenesse. La seconda, non lo avrebbe mai fermato in questo modo. Non avrebbe mai pianto per lui. Era orgogliosa.

 

«Yuugi…» mormorò lentamente Miyon. All’instante, riconoscendo la persona che stava controllando il corpo in quel momento, lui si staccò con forza. «Tu… mi disprezzi?»

 

Lui scosse la testa. «Ti invidio…» Cercò di controllare i singhiozzi, almeno davanti a lei. «Perché lui, adesso…»

 

«Guarda che sono io che invidio te» Yuugi la guardò sorpreso, lasciando che le lacrime scorressero da sole, senza alcun motivo. «Nessuno può capirti meglio di me, perché ho provato le tue stesse sensazioni. Ho avuto Yami dentro di me» Sospirò profondamente. «Se dicessi che non mi dispiace restituirtelo, mentirei» Il Faraone, da dentro di lei, ascoltava queste cose con amara soddisfazione. Non la fermò neppure per dire quanto la parola “restituire” lo facesse sembrare un oggetto. Sapeva che lei non lo considerava certo tale. Miyon appoggiò le sue mani affusolate sulle guance bagnante di Yuugi. «Lui, però, ha scelto te. E’ venuto qui per cercarti, perché… Sei tu il suo partner. Solo tu, e nessun altro»

 

Detto ciò, aspettò. Questa volta fu Yuugi ad abbracciarla, singhiozzando. Capiva il dolore di lei, anche se non era espresso. Lo capiva talmente bene che gli faceva male, un dolore sordo al petto che non voleva allontanarsi. Pianse profondamente, finchè il sonno per le troppe emozioni della giornata non vinse le sue ultime resistenza.

 

«E adesso?» si chiese Miyon, stringendolo forte per non farlo cadere a terra. «Riuscirò a portarlo fino in camera con le mie sole forze?»

 

«Ti aiuto io» Dall’oscurità della parte opposta del corridoio, si avvicinò a loro la figura di Bakura. Aveva un’espressione seria, ma il gioco delle ombre sul viso gli davano un’aria pericolosa, simile a quella di un fantasma, visti anche i capelli lunghi e bianchi che lo circondavano.

 

«Bakura…» sibilò Yami. «Il Bakura dell’anello millenario…»

 

Miyon lo guardava con un’espressione che cercava di rimanere fredda, ma che somigliava di più alla paura. Si scostò appena, con un movimento impercettibile, quando Bakura si chinò per prendere il corpo di Yuugi. «Ti ringrazio!» disse lei con voce meccanica, alzandosi di scatto non appena vide che Yuugi non aveva più bisogno del suo sostegno. «Devo andare al bagno» Lo superò e scese velocemente giù per le scale buie, attaccandosi allo corrimano per non cadere.

 

«Il bagno era dall’altra parte» gli disse Yami, un po’ preoccupato di lasciare il suo partner nelle mani di Bakura. Però, non voleva nemmeno che Miyon sapesse tutta la vicenda…

 

«Mi piace di più quello al piano di sotto» spiegò lei, quasi tornata di buon umore, scendendo l’ultimo scalino. «Vediamo se mi ricordo dov’era…» Aprì a tentoni la prima porta che gli capitò sottomano, accendendo l’interruttore che si trovava a fianco. Non era il bagno, bensì una stanzina piccola piccola, con una luce fioca. Al centro, troneggiava una botola di legno consumato, come se fosse stato esposto alle intemperie del deserto.

 

«Lo sapevo…» sospirò Yami. «Questa casa è stata costruita sul rifugio dei custodi delle tombe»

 

Miyon gli scoccò un’occhiata traversa. «Spirito-o…» cantilenò.

 

«Si, si, ho capito» disse lui spiccio. «Hai voglia di dare un’occhiata» Aspettò un secondo. «Anche io» In realtà, desiderava proprio vedere quei luoghi che, per colpa probabilmente sua, avevano causato tanta sofferenza.

 

Miyon si avvicinò e aprì la botola con profonda pazienza, quasi come si trattasse di qualcosa di sacro. In effetti, era proprio così. Scese le strette scale, che sembravano portare al centro della terra, sentendo sotto ai piedi nudi il dolore delle rocce aspre con cui quei cunicoli erano costruiti. Finalmente la scalinata finì, lasciando lo spazio ad un lungo corridoio buio, pavimentato con qualcosa di gelido, come il granito, e polveroso, per non essere stato frequentato da tempo. Iniziò a camminare con prudenza, dalla paura che qualcuno spuntasse da un momento all’altro. Lei, sapeva, non avrebbe dovuto essere lì.

 

«Quindi, in questi luoghi, per secoli…» Anche Yami si guardava intorno, quasi ammirato. Come avevano davvero potuto delle persone rifiutarsi di guardare la luce del sole solo per lui? I sensi di colpa aumentavano con l’aumentare dei passi di Miyon.

 

Lei trovò una porta e decise, tanto per fare, di entrarvi. La aprì con delicatezza, quasi temendo di trovare al di là cadaveri mummificati in decomposizione. Invece, quella porta nascondeva una stanzetta completamente vuota e spoglia, nemmeno rivestita da geroglifici come il resto del corridoio, da quanto era riuscita a vedere per la fioca luce che proveniva dal piano di sotto.

 

«Che se ne fanno di una stanza del genere?»

 

«Forse prima non era vuota» ipotizzò Yami.

 

Miyon si sventolò leggermente con la mano, mentre arrivava al centro. «Cos’è questo caldo improvviso?» Si voltò, in tempo per vedere una sostanza rossastra fluida, apparsa da chissà quale cunicolo, invadere la stanza dall’entrata quasi fino al luogo dove lei si trovava.

 

«Lava?!» esclamò Yami. «Come può… Esserci della lava qui?»

 

«Non lo so, ma non mi sembra il momento di porsi domande esistenziali…» Miyon fece alcuni passi indietro, temendo la lava che si avvicinava.

 

«La porta è aperta» indicò lui. «Se salti forse ci arrivi»

 

«Non ho scelta» ansimò lei, prendendo la rincorsa, con il viso in fiamme per il gran caldo. Un passo, due passi, salto… Miyon cadde a terra urlando.

 

«Che è successo?» Yami si inginocchiò accanto a lei.

 

«L’osso…» sussurrò lei dolorante, tenendosi il ginocchio destro. Yami lo guardò, ma non vide nulla. Allora Miyon allungò la gamba fino a stenderla completamente, lasciandogli sentire chiaramente il “tac” dell’osso che ritornava al giusto posto. «Mi sono rotta un legamento giocando a basket. Se lo sforzo troppo, mi esce la rotula»

 

Yami rabbrividì a quel pensiero. Vedendo che si massaggiava il ginocchio, capì che le faceva ancora troppo male per muoversi. «Ora, qualcuno ha delle idee?» Adocchiò la lava in avvicinamento. «Perché non mi hai detto del legamento?»

 

«Non è mai entrato nei nostri argomenti di conversazione» Miyon si spinse con le mani, riuscendo a rimettersi in piedi, anche se con una gamba sola.

 

Una botola su soffitto si aprì leggermente. «Qui» Una mano spuntò dal quel buco verso di loro.

 

«Ci fidiamo?» domandò quasi a se stesso Yami, vedendo chi era il proprietario di quella mano.

 

«Non abbiamo altra scelta» disse Miyon, alzando il braccio e saltando leggermente con la gamba sana per riuscire ad afferrare quella mano. Ci riuscì, e venne sollevata senza sforzo, giusto un attimo prima che la lava invadesse tutta la stanza. Si arrampicò con fatica oltre la botola, che dava su una specie di sgabuzzino delle scope.

 

«Tutto bene?» le chiese il suo salvatore.

 

Yami non la lasciò rispondere. «Bakura!» esclamò duramente. «Spiegami cosa stai tramando»

 

«Ti consiglio di moderare i termini, Faraone» commentò Bakura scoccandogli un’occhiataccia. «Credo che ti convenga»

 

«Hai fatto qualcosa a Yuugi?» Lo sguardo di Yami era severo e cattivo come lei non lo aveva mia visto.

 

«No» rispose tranquillo Bakura. «Per ora»

 

L’ira di Yami andava crescendo. Si voltò verso la figura di Miyon, che cercava di distogliere gli occhi dal ragazzo coi capelli bianchi. «Perdonami» le disse, quindi la escluse da qualunque contatto con l’esterno, come faceva, tempo addietro, con Yuugi, quando loro due ancora non si conoscevano. La figura di Miyon scomparve. «Bakura, parla chiaramente! Cosa vuoi?»

 

«Niente» alzò le spalle l’altro. «Tu, piuttosto, vuoi qualcosa da me»

 

Yami appoggiò la gamba a terra, sentendo che il dolore si era attenuato quasi fino a sparire. «Ah, si? E che cosa?»

 

«Sapere chi è veramente Miyon Minaguchi, ad esempio» Yami represse un brivido di sorpresa, che Bakura notò ugualmente. «Avanti, non penserai che sia davvero una ragazza normale, visto che ti sta ospitando! Malik la pensa come me, anche se non ti ha detto niente»

 

«Intendi… Anche Miyon potrebbe essere una reincarnazione, come Kaiba?»

 

«Chissà…» disse Bakura con aria misteriosa.

 

Yami fece due passi avanti in quell’angusto e soffocante sgabuzzino e si mise esattamente di fronte a lui. «Sputa il rospo, avanti»

 

«Non prendo ordini da nessuno, soprattutto non da te»

 

Yami aprì la bocca per dire qualcosa, quando improvvisamente provò un dolore fortissimo all’addome, talmente forte da farlo piegare in due. Doveva essere presente già da un po’ di tempo, ma solo ora se n’era accorto, perchè solo ora aveva ripreso il corpo. Il dolore passava poi sulla schiena, come se qualcuno gli avesse infilato due coltelli incandescenti da dietro, giusto al livello dell’osso sacro. Si chinò, premendo le braccia sulla pancia, per contenere il dolore. Sentì un liquido scendergli lentamente lungo la gamba, macchiandogli di rosso il pigiama azzurrino.

 

Bakura lo osservò stupito, poiché, per una volta, era innocente. «Mestruazioni…» capì infine, sorridendo sardonico. Lo Afferrò per il collo e lo spinse a forza contro la parete, spingendo le labbra sulle sue. Deglutendo per il disgusto, Yami si ricordò della mossa di Miyon e cercò, per quando riuscisse nonostante il dolore, di tirargli un calcio, che Bakura schivò. «Sai, lo immaginavo…» Si leccò le labbra, soddisfatto.

 

«Che cosa…?» ansimò Yami pulendosi la bocca con il palmo della mano, quasi in preda alla nausea.

 

«Immaginavo che saresti tornato per rubarmela un’altra volta» mormorò Bakura duramente.

 

«I-Io non so…»

 

«Ma vuoi sapere» Bakura si voltò. «Vuoi davvero sapere chi è Miyon Minaguchi? Potrebbe non piacerti affatto…»

 

«Adesso basta!» La situazione era già abbastanza catastrofica, visto il sangue rosso che continuava a colargli lungo la gamba. «Dimmi quello che vuoi dirmi e finiamola!»

 

«Sarà una cosa lunga» asserì Bakura, divenuto improvvisamente serio. «Devo raccontarti tutta la storia della principessa Antares…»

 

 

 

Reviews:

 

 

Kelly: Non preoccuparti ^^ Conosco il blocco dello scrittore. Vedila in questo modo, io ho più tempo per ricordarmi cosa ti dovevo dire ^^ Si, effettivamente hai ragione, il passato deve centrarci, ma visto che ne parlano tutti… Vedremo se questa volta sono riuscita a trovare un’idea originale per raccontarlo ^^ E se vuoi sapere se Yuugi e Yami torneranno insieme, non ti resta che continuare a leggere ^^ Detto così sembra quasi un ricatto :-P

 

Heven89: Okay, siamo già in tre ^^ L’avevo detto che di membri era facile trovarne ^^ Kaiba che fa un panino?! Secondo me, prima che accada, il sole esploderà e la terra verrà inghiottita da un buco nero… XD!! Mi fa piacere che Miyon ti stia simpatica ^^ Ho sempre un po’ di perplessità quando creo dei nuovi personaggi, perché temo di fare della Mary Sue… Grazie dei complimenti, alla prossima ^^

 

Ayu-chan: Ma no, povera Miyon! Pure il burrone adesso? Con tutto quello che le capita, poveretta…^^ (digli pure che Miyon le lascia Malik molto volentieri N.d.Yami Ma perché devi rispondere per lei? N.d.Malik Rassegnati, non ti vuole N.d.Yami contento per questo) Comunque, come ti ho detto già via chat, l’ascia in realtà è la barra… Mi ero scordata che viene chiamata così solo nel manga ^^’’ Chiedo scusa. Ormai manca poco alla fine degli esami, no? Quando hai l’orale? Ti auguro presto, almeno poi… vacanza!! ^.^ A presto!

 

Jaly chan: Ciao ^.^ E va bene, per questa volta ti perdono…^^ (io non lo farei N.d.Seto) Dai, sii buono… E’ una tua fan, insomma (uhm, va bene… oggi sono buono N.d.Seto) Scherzi a parte, non c’è davvero problema, d’altronde il computer e il tempo sono quello che sono per tutti, no? Quindi fai quello che puoi ^_- Però mi farebbe piacere se tu recensissi l’ultimo capitolo della storia su Conan, vorrei conoscere le tue impressioni sulla conclusione… Anche negative, è ovvio ^^ Vorrei sentire la tua opinione, qualunque sia. Sono contenta che ti piaccia anche la nuova storia…^^ Per la tua domanda chiediamo ai diretti interessati… (sono sempre stata una ragazza fortunata, prima di conoscere Yami… Non sarà che porta sfiga? N.d.Miyon Non è vero! N.d.Yami E’ sicuramente così… N.d.Malik e Seto Ho detto di no! N.d.Yami) Il mistero rimane…^^’’ Bisognerà vedere se alla fine il male viene solo per nuocere… ^_-

 

*Lamù*: Grazie ^///^ Mi fa piacere sentirtelo dire.

 

Viky: Si, anch’io lo vorrei ^///^ Pensa infatti che questa storia si ispira ad un sogno che ho fatto in cui ero la sua partner… Che brutto svegliarsi ù_ù Kaiba è tirchio, non voleva spendere i soldi del telefono ^^ Scherzi a parte, è che Miyon aveva scordato il cellulare a casa… Però Kaiba si è detto “vado al museo, verranno sicuramente lì dove lavora Isis, è un posto noto”, invece i due scemi hanno continuato a girovagare senza meta per Il Cairo...^^’’

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Capitolo 7
*** I labirinti di Amon-Ra ***


Yuugi, seduto sul divano con le spalle incurvate davanti e le gambe che dondolavano leggermente poco sopra il pavimenti di leg

 

I labirinti di Amon-Ra

 

 

Yuugi, seduto sul divano con le spalle incurvate davanti e le gambe che dondolavano leggermente poco sopra il pavimento di legno, coperto da un ampio tappeto violaceo, sentiva brividi di agitazione lungo tutto il corpo. Mancava così poco! Ancora qualche minuto e avrebbe riavuto il suo doppio! Stava fermo, con la mani in grembo, cercando di controllare l’eccitazione, se non altro per rispetto a quella ragazza che, in quel momento, si sentiva come lui. Intanto, la tempesta di sabbia infuriava ancora, facendo sentire i suoi rintocchi sulle finestre chiuse del salotto.

 

«Minaguchi, esci o no?» Anzu bussò nuovamente alla porta blu dell’ultima stanza in fondo al corridoio, chiusa a chiave. Mancava solo lei, e dire solo era un eufemismo, perché, senza Miyon, non si poteva fare davvero nulla.

 

«No» fu la secca risposta della ragazza, da dentro la stanza.

 

«Cosa?!» Jono-Uchi iniziò a battere la porta con calci e pugni. «Esci immediatamente da lì, razza di…» Si metteva pure a fare i capricci, quella ragazzina presuntuosa e viziata? Non era proprio il momento. «Se non esci, fondo la porta!»

 

«Vaffanculo!» esclamò, non proprio a torto, Miyon, senza tuttavia alzare la voce.

 

«I tuoi metodi sono alquanto discutibili» disse Malik, prevenendo la risposta di Jono-uchi. «Non è certo così che la convincerai» Incrociò le braccia sul petto. «Lascia fare a me»

 

«Dovrei fidarmi?» domandò sospettoso il biondo, guardandolo di sottecchi con i suoi occhi nocciola. «Dopo tutto quello che hai fatto a Battle City, non puoi pretendere che io ti abbia perdonato così facilmente»

 

«Jono…» Anzu gli mise una mano sulla spalla. Ci mancava soltanto una rissa in un momento così delicato.

 

Malik non si scompose minimamente. «Non mi importa ciò che pensi di me» replicò tranquillo. «Resta il fatto che questa è casa mia e se ti ordino di andare di sotto, devi obbedire» Mugugnando per la rabbia e l’umiliazione, Jono-Uchi, non senza tirare un ultimo calcio alla porta, se ne andò al primo piano, dagli altri amici che erano rimasti con Yuugi, seguito da Anzu.

 

«Miyon, sono io» Malik si avvicinò alla porta e vi poggiò delicatamente una mano sopra. «Ascolta, c’è ancora un pochino di tempo… Rilassati. Sappi che… Se hai bisogno di parlare, io sono qui»

 

Per qualche minuto, tutto rimase silenzioso. «Per favore, mi porteresti un Aulin, o un Mesulid?» chiese infine Miyon.

 

«Si, certamente» Allora stava male! Ecco perché si era svegliata con un pessimo umore e non aveva voluto vedere nessun per tutta la mattinata. Scese velocemente di sotto e, dopo soli cinque minuti, tornò a bussare alla porta, ancora rigorosamente chiusa. «Se apri uno spiraglio, te lo passo» Aveva in mano un bicchiere, dentro cui si stava lentamente sciogliendo la bustina di Aulin, e un pacchetto di crackers, poiché quella medicina andava presa a stomaco pieno e non solo l’orario di pranzo era passato da un pezzo, ma lei non aveva neppure mangiato qualcosa. «Ti ho portato anche-»

 

La porta si aprì totalmente e, dietro di questa, apparve Miyon. Era pallida, con delle occhiaie profonde e le labbra asciutte e screpolate. Probabilmente non aveva dormito. Indossava ancora il pigiama azzurrino, con la gamba destra sporca del sangue rosso delle mestruazioni. Non aveva ricambio, perché non credeva di rimanere fuori casa per più di una notte e perché non aveva voluto chiedere nulla in prestito, né a Anzu né a Isis. «Grazie» Prese delicatamente il pacchetto e, apertolo, si infilò lentamente metà cracker in bocca, masticando debolmente.

 

Malik si appoggiò allo stipite della porta, osservando la schiuma biancastra nel bicchiere colorato. «La pancia ti fa così tanto male?»

 

Lei annuì, arrossendo visibilmente, dando così un poco di colore a quel visetto pallido. «E’ sempre così. Ah, ringrazia tua sorella per gli assorbenti» Le erano venute in anticipo di più di una settimana.

 

«Non c’è problema» Diede un’occhiata all’orologio. «C’è ancora una mezz’oretta di tempo, se dopo vuoi sistemarti un po’…» Si bloccò, pensando che, forse, non aveva detto una cosa troppo carina.

 

Miyon lo ascoltava distrattamente. Aveva gli occhi persi nel vuoto. Finalmente, addentando un altro cracker, gli chiese «Conosci la principessa Antares? Pare sia vissuta al tempo di Yami…»

 

«Mai sentita» Malik scosse la testa. «Però, a dire la verità, noi custodi delle tombe non sappiamo molti particolari del passato… Perché?»

 

«Posso parlarti sinceramente, vero?»

 

Lui deglutì. «S-si, certo…»

 

«Se ieri e oggi non sono stata molto di compagnia, non è solo per le mie cose» spiegò Miyon, mentre spezzava un altro cracker ancora. «Yami non mi parla più. Si rifiuta di comparire quando lo chiamo. Ho persino provato ad entrare nella sua stanza dell’anima, ma era sbarrata»

 

«Perché?» si accigliò Malik. «Credevo che tu e il Faraone aveste un buon rapporto…»

 

«Lo credevo anch’io» assentì lei. «Però, ha smesso di parlarmi. E lo ha fatto da lunedì mattina, ossia dopo aver parlato con Bakura… Mou hitori no Bakura»

 

Malik lo ricordava bene. Erano stati amici, se così si poteva definire il loro rapporto, quando lui aveva cercato di uccidere Yami. Adesso, non era sicuro del comportamento. In pratica, mou hitori no Bakura si era rifiutato di parlargli. Forse, lo considerava un traditore. «Ma… Tu hai provato a chiedere a Bakura cosa…?» No, lui non era certo il tipo che ti dicesse le cose con tanta facilità.

 

«Si, naturalmente» Miyon sospirò. «Mi ha detto che sono la reincarnazione di questa principessa egiziana Antares e che anche tu lo pensi»

 

«Non è proprio così…» mormorò in imbarazzo Malik. «Solo, pensavo… Penso che anche tu possa essere collegata al passato… Ma sulla tua identità, ho buio assoluto»

 

Miyon ingoiò l’ultimo cracker. «Però, se Bakura gli ha detto solo questo, perché Yami si rifiuta di parlarmi?»

 

«Forse…» iniziò lui. «Dipende dal rapporto che questa principessa aveva con il Faraone. Questo Bakura non te l’ha detto, immagino, ma a lui di sicuro si»

 

«Ci ho pensato anche io» annuì Miyon. «E ho considerato tre ipotesi»

 

«Dimmi pure» la incoraggiò Malik.

 

Lei scoccò un’occhiata alle scale, dalle quali spuntava la testa bionda di Jono-Uchi. Si avvicinò fino a sfiorargli l’orecchio con le labbra screpolate. «Se ti va» gli sussurrò. «Possiamo parlarne dopo, in privato?»

 

«S-si, non ci sono problemi…» avvampò lui.

 

«Bene» Finalmente Miyon sorrise. Gli prese dalla mano il bicchiere e bevve d’un fiato la medicina. «Torno fra un attimo» Si rinchiuse nella stanza, da cui uscì dieci minuti dopo. Si era cambiata in fretta, perciò non indossava niente di complicato, ma solo un paio di jeans chiari e un maglietta rosa con il disegno di un micio. Però si era pettinata, legando i lunghi capelli in una coda alta e, grazie anche ad una leggera spolverata di cipria che le nascondeva le occhiaie e il volto pallido, era più ordinata e meno sciatta di prima. Stava veramente bene, perciò Malik glielo disse. «Grazie» sorrise lei, precedendolo nel corridoio. «Adesso dobbiamo andare, vero?»

 

Scesero al piano di sotto, dov’erano attesi da una specie di consiglio della sacra rota, o, peggio, dell’inquisizione. Mancava all’appello Kaiba, ma di questo Miyon fu estremamente sollevata. Rivelare a tutti che aveva sporcato ovunque per le mestruazioni non era il modo migliore per incominciare un rapporto.

 

Anche se si era ripromesso di stare calmo, Yuugi non vi riuscì e saltò giù dal divano in preda all’eccitazione. «Finalmente!»

 

Miyon lo guardò, sentendosi in colpa per aver pensato troppo solo a sé stessa, quindi allargò le mani, facendogli segno di avvicinarsi ancora. Quando la distanza fu minore di un metro, lei si chinò e appoggiò le mani ai lati del puzzle, che lui portava ancora al collo. È così che Malik le aveva detto di fare. Il puzzle si illuminò, facendo comparire l’occhio del sole sulla fronte di lei. Quindi l’occhio scomparve, trasferendosi per qualche secondo sulla fronte di Yuugi. Quando il puzzle smise di brillare, davanti a lei si trovava Yami, nel corpo del suo partner.

 

«E adesso?» disse seria Miyon rialzandosi, prima che i suoi amici potessero esultare dell’avvenuto trasferimento. «Cos’hai da dirmi?» La sua voce sembrava più pericolosa del vento che fischiava contro le finestre, trasportando rossi granelli di sabbia. Yami la guardò tristemente, quindi abbassò lo sguardo e scosse la testa. Miyon si morse il labbro. «Sei un bastardo!» Percorse con il braccio la distanza che li separava e gli diede un sonoro schiaffo sulla guancia, prima di correre via, quasi inconsapevolmente, verso la stanzetta buia dov’era custodita la botola della casa dei custodi delle tombe. Mou hitori no Bakura osservò la scena senza dire nulla, perciò nessuno avrebbe potuto dire, deducendolo dalla sua espressione, se fosse soddisfatto oppure no.

 

Malgrado lo stupore generale, Yami, con la guancia rossa, non si sentiva affatto umiliato. «Probabilmente me lo meritavo…» disse all’indirizzo di Malik, che lo stava guardando con disapprovazione.

 

«Decisamente» disse questi, quindi, con un cenno alla sorella, seguì Miyon. La trovò appunto in quella stanza, con gli occhi viola bassi e coperti dalle ciocche di capelli che lasciava scendere a caso.

 

«Non si fida di me…» mormorò lei, che lo aveva sentito arrivare. «Perché…? Cosa mi interessa di 3000 anni fa! Adesso io… Io…»

 

Quasi per una reazione involontaria alle sue lacrime, Malik le si avvicinò e le fece affondare la testa nelle pieghe della sua maglietta nera, non preoccupandosi che le potesse bagnarla. «Adesso sfogati pure… Piangi quanto vuoi e poi…» le mormorò dolcemente, accarezzandole i morbidi capelli. «Poi riprenditi e sorridi»

 

Miyon si staccò subito, ma non per il fatto che fosse in imbarazzo. Lui aveva ragione, non aveva senso piangere in questo modo assurdo. «Si…» Si asciugò gli occhi umidi con il palmo della mano. Fortuna che non si era passata la matita nera!

 

Malik avvampò, stupendosi del fatto di essere diventato così sdolcinato. Cercando di riprendersi da quella strana fase romantica, si avvicinò alla botola e la aprì. «Allora, mi stavi dicendo, sulle tre ipotesi?»

 

«Ah, si, giusto» Miyon lo seguì mentre lui iniziava a scendere le ripide scale che portavano nei sotterranei di quella che un tempo era la sua casa. «La prima è la più semplice. Potrei essere stata sua sorella»

 

«Vero» annuì Malik accedendo una torcia. «A pensarci bene, un po’ gli somigli… Voglio dire, hai gli occhi dello stesso colore…»

 

«Però, se fosse così, non dovrebbe sentirsi talmente in imbarazzo da non parlarmi più… Non credi?»

 

Malik chiuse la botola. «In effetti no, ma non possiamo scartarla a priori. Le altre due?»

 

«Le ho pensate appunto per questo motivo dell’imbarazzo» spiegò Miyon. «Però magari mi sbaglio… Magari sono io che, nel passato, ho fatto qualcosa di sbagliato e adesso lui mi odia…»

 

«No, non credo» Malik le si affiancò mentre percorrevano il corridoio alla luce della torcia. «In quel caso, te l’avrebbe detto direttamente. È fatto così, si trova meglio ad affrontare i nemici piuttosto che gli amici» Con Kaiba, che era un suo acerrimo avversario, aveva parlato con più tranquillità di quanta non ne avesse avuta con Yuugi a proposito della stessa questione.

 

Miyon annuì. «Secondo la seconda ipotesi, potrei essere sua figlia»

 

«Sua figlia?!» Malik sputò fuori il fiato che aveva in gola. «M-ma come?» Non si immaginava proprio il Faraone nelle vesti di… papà!

 

«In fondo, Yami avrà più o meno diciassette anni e, che io sappia, nel passato si sposavano molto presto…» riflettè lei. «E potrebbe essere in difficoltà, poiché lui avrebbe dovuto darmi il buon esempio e invece si è comportato come me, se non peggio»

 

«Oh, immagino…» Lui scosse la testa, ancora incredulo. «Sai che ho paura a sentire la terza?»

 

«No, è più tranquilla…» lo rassicurò lei, anche se Malik faceva fatica a fidarsi. «Potrei essere sua madre!»

 

«Ecco, appunto…» Lui si massaggiò le tempie per la frustrazione. La cosa peggiore di tutto ciò era che quelle ipotesi non erano affatto irreali. Anzi, erano quasi più probabili della prima, più probabili del fatto che lei fosse la sorella del Faraone. Giustificavano l’imbarazzo di Yami e il titolo di principessa. «Continuando così, però…» disse cercando di trattenere un sorriso. «Ci sarebbero infinite ipotesi… Potresti essere sua cugina, sua zia, sua nonna…»

 

«…si, e poi!» iniziò a ridere Miyon. «Sua bisnonna, sua nipote, sua prozia, sua nuora…»

 

«…sua suocera!» Malik si tenne la pancia dolorante per il troppo ridere. «Questa si che sarebbe una giustificazione al fatto che non ti voglia più parlare!» Poi, gli venne in mente un’altra cosa e deglutì tristemente. «Hai scartato un’ultima ipotesi…»

 

«Quale?» chiese Miyon stupita. Aveva passato la notte a pensarci e non credeva di aver potuto omettere qualcosa.

 

«Potresti essere sua moglie» disse veemente Malik. Lei rimase così tanto scioccata che non riuscì più a dire nulla, anche se provò ad aprire la bocca un paio di volte. Non le era venuta in mente una cosa così semplice. Perché? Perché non aveva mai pensato a Yami come… a un fidanzato! E, ne era sicura, la cosa era reciproca. «Se vuoi, forse c’è un modo per conoscere qualcosa»

 

Miyon si riscosse. «Davvero? Qual è?»

 

«I labirinti di Amon-Ra» disse orgoglioso lui. «Io so percorrerli, anche se non sono molto bravo» ammise.

 

«I labirinti di Amon-Ra…» ripetè lei. «A cosa servono?»

 

«Mi consentono di vedere ciò che una persona desidera conoscere» spiegò velocemente Malik. «Se vorrai sapere il legame che ti unisce al Faraone, posso provare…»

 

«Oh, si, è una buona idea!» esultò felice Miyon. «Ma, se è così, perché non l’avete mai utilizzati con Yami? Anche lui è senza memoria»

 

«Non funzionano sugli spiriti» Malik aprì la porta di una stanza. «In realtà, sono un po’ pericolosi» confessò. «Perciò preferirei che tu non ne facessi parola con Isis e Rishid. Loro non mi approverebbero»

 

«Allora… Forse è meglio lasciare perdere…» Non le sembrava il caso di fargli rischiare qualcosa, in fondo si conoscevano così poco.

 

«Figurati!» sorrise lui, entrando nella stanza. «Non ci sono problemi! Lo faccio volentieri»

 

Lei lo seguì, sentendo in fondo al cuore una strana contentezza. «Oh, questa stanza…» Era la stessa in cui erano finiti la notte fra la domenica e lunedì, quando avevano incontrato Bakura.

 

«E’ la mia stanza personale» ridacchiò lui, soddisfatto. «Ha un sistema di allarme magico. Se vi entra qualcuno in mia assenza, si riempie di lava»

 

«Ecco svelato il mistero…» pensò Miyon, ma preferì non dirgli nulla della loro incursione notturna. «Bel trucco» si complimentò.

 

Malik tolse una pietra dalla parete laterale e ne estrasse una scatola in legno, talmente consumato da temere che si sarebbe rotto da un momento all’altro. La aprì, tirando fuori tre pacchetti avvolti con della stoffa rossastra. Erano tre sottili anelli in avorio, che Malik, seduto a terra sulle ginocchia, dispose a triangolo davanti a lui. «Vieni, siediti davanti a me»

 

Lei obbedì, sistemandosi nella stessa posizione. «Sicuro che sia tutto a posto?»

 

«Certo» Lui annuì più sicuro di quanto fosse in realtà. Prese la stoffa rossa e gliela passo. «Bendati. In questo modo, posso passare direttamente nei tuoi occhi le immagini che evoco»

 

«Okay» Lei la prese e, nonostante l’odore di muffa e di chiuso che quel tessuto emanava, se lo mise sugli occhi e lo legò ne stretto con un doppio nodo dietro la testa. Si sentiva tranquilla, in compagnia di Malik, per questo non aveva difficoltà a seguire le sue istruzioni.

 

Lui le prese le mani bianche e le appoggiò sui tre anelli, quindi si bendò alla stessa maniera e poi strinse le mani nelle sue. «Hai paura?»

 

«La paura è il peggiore dei mali, quindi non si deve avere paura» Lei stava citando Brown, tranquilla, anche se aveva le mani sudate.

 

«Allora cominciamo» Malik premettete le mani così forte sui tre anelli che quasi le fece male. Poi, l’aria si riempì di una sottile preghiera. I dischi di avorio divennero incandescenti come cerchi di fuoco e la luce penetrò nuovamente negli occhi di Miyon, nonostante lei li avesse chiusi e coperti dalla stoffa rossa.

 

 

«Amon, colui che è

re degli uomini e degli dei

Amon, colui che non è

La creazione e la distruzione del mondo

Amon, il nascosto

Il segreto della vita e della morte

Ra, il sole

La luce e l’oscurità sulla terra

Ra, la potenza

Il caos e l’ordine nel cielo

Ra, colui che riscalda

schiavo degli uomini e degli dei»

 

 

 

Dove sono? Che posto è?

 

Non riesco a muovermi… Non riesco a parlare…

 

Davanti a lei, vi era solo un freddo pavimento di pietra grigia.

 

 

«Puoi alzarti al cospetto della mia maestà» disse una voce gutturale e autoritaria. La ragazza, attraverso i cui occhi Miyon ora vedeva, si alzò lentamente dalla posizione inchinata, lasciando che i suoi lunghi capelli neri e biondi, raccolti in tante minuscole treccioline, le scendessero a coprirle il seno, totalmente libero da qualunque abito.

 

Davanti a lei, assiso su un trono in legno dorato, stava un uomo dall’aspetto severo, che la osservava con i suoi occhi neri, scuri e piccoli come capocchie di spillo. La bocca carnosa era stretta in un rimprovero silenzioso. Le ciocche di capelli scure che spuntavano dalla sua corona azzurra come i turchesi di Hathor gli davano un’aria meno curata, ma non meno regale. Il puzzle del millennio era tenuto, come una reliquia, su una colonnina di legno di fianco a lui. L’aria attorno era immobile, ma sapeva di caldo e di deserto. Era l’aria egiziana.

 

La ragazza parlò. «Desidero sapere, maestà, se avete accettato la mia richiesta»

 

 

La mia voce…

 

Questa è la mia voce… Sono io?

 

 

Il Faraone chiuse i suoi occhi, concentratati, muovendo silenziosamente le labbra, come se pregasse. Quindi li riaprì e guardò la ragazza come se cercasse di scrutare nei suoi pensieri. «La risposta è si» disse infine, con la sua voce severa e autoritaria. «Ti affido la custodia delle tombe degli antenati»

 

A quella risposta, la ragazza sorrise soddisfatta, stringendo più forte l’arco che aveva in mano, e ringraziò con un piccolo inchino.

 

 

Custode delle tombe… Come Malik?

 

 

«Aspetta, maestà!» L’uomo seduto per terra al fianco del Faraone si alzò, agitando la sua lunga capigliatura nera, e pose le due mani in supplica sul braccio che il suo sovrano teneva sul bracciolo del suo trono verde. «Non mi sembra una buona idea! La principessa Antares è forte, abile e scaltra di cuore, ma… è… , una donna!» Le scoccò una rapida occhiata. «Forse sarebbe meglio affidare questo delicato incarico a qualcun altro… Al figlio degli Ryuu, ad esempio…»

 

 

Ma che vuole, questo?

 

E poi, chi sarebbe questo Ryuu?

 

Non ci capisco niente!

 

 

Il Faraone si alzò, scostando quel braccio con violenza, facendo cadere sul pavimento di pietra l’uomo con un sonoro schianto. «Non lo permetto! Il sovrano sono io! Io, Ra’djedef della tribù Heba. Non permetterò ad altre tribù di ottenere incarichi importanti! Specie non ai Ryuu» Fece una pausa dopo la lunga sfuriata. «Perciò sarà Antares, di Heba, la nuova custode delle tombe» Lo guardò a lungo, come se fosse uno scorpione. «Non osare mai più toccarmi»

 

A quel punto, la principessa Antares sorrise ironicamente. «Mio buon visir…» mormorò dolcemente, ma più tagliente di un coltello in selce. «Dovrai abituarti alla mia femminilità, visto che sarò io il prossimo Faraone…»

 

 

Ecco, brava!

 

Digliene quattro, a quel maschilista schifoso!

 

 

«Chi te lo assicura?» chiese il Faraone, tornando a sedersi sul trono, visibilmente più calmo.

 

«Il fatto che sono tua figlia, maestà» Il suo volto tornò serio. «Se mi affidaste il puzzle millenario, potrei allenarmi… I figli delle altre tribù lo stanno già facendo»

 

«Ne parleremo poi, Antares» tagliò corto il re. «Adesso vai, hai un incarico da assolvere»

 

Visibilmente seccata, lei rispose, battendo un piede per terra, «come Horus ordina»

 

 

Un leggero tremito, e il mondo tornò nero e rosso, poiché Miyon aveva ancora gli occhi chiusi, coperti dalla benda rossa. Le mani premute sui dischi d’avorio bruciavano in un modo insostenibile.

 

 

 

Note di Akemichan:

Per il passato di questa storia mi sono ispirata alle parole di Pegasus (almeno, quelle del manga, perché atta tv non credo che lo dica), secondo cui gli oggetti millenari servivano a stabilire la supremazia delle dinastie reali. “Heba” vuol dire “gioco” in egiziano. Invece “Ryuu” è drago ^_- Questo dovrebbe darvi degli indizi sulla verità del passato…

Per quanto riguarda i labirinti di Amon-Ra, ne ho tratto spunto dal libro di Wilbur Smith, che si intitola “il dio del fiume” (se la mia memoria non fa cilecca ^^’’ se no si intitola “figli del Nilo”… Uno dei due, comunque). Tra parentesi, è un libro molto bello a livello storico, ve lo consiglio. Non so se i Labirinti di Amon-Ra siano una sua invenzione o siano storicamente esistiti… Nei miei libri non ne ho trovato traccia, però non si può mai dire. Comunque mi sembrava giusto dirlo. In realtà, nel libro i suddetti labirinti servivano a prevedere il futuro, non a rivedere il passato, ma io ne ho dato un’interpretazione tutta mia ^^ Non mi ricordo nemmeno se nel libro usasse i dischi d’avorio oppure no… ?_? Povera memoria mia…^^’’ In ogni caso, mi sentivo in dovere di comunicarvi le mie fonti ^^ Al prossimo venerdì ^^

 

Reviews:

 

Kelly: Ho dovuto pubblicare un giorno prima, perché venerdì scorso non potevo proprio, perciò (dato che io odio i ritardatari è_é) ho pensato che fosse meglio così. In ogni caso, ho idea che dovrai aspettare un bel po’ prima di sapere chi è Miyon… :-P Lo rivelo solo nel penultimo capitolo ^^ Non preoccuparti, fai con calma per la tua storia, io aspetto. Buona fortuna per l’esame!

 

Phoenix: Non preoccuparti, piuttosto mi dispiace che tu abbia dovuto rovinarti gli occhi a leggerli, visto che sono parecchio lunghetti ^^ Mi fa piacere che la storia ti piaccia ancora ^^

 

Ayu-chan: Non preoccuparti, immagino la pressione che hai avuto ^^ Ma ora è finita, per fortuna di tutti ^_^ Tienimi acceso il falò! Parlando della storia… In quel caso Malik aveva ragione, sua sorella continuava ad inveirlo per nulla…^^’’ E aveva pure rischiato di essere strangolato da Yami…^^ Per quanto riguarda Yuugi, non mi sta antipatico (ha pure salvato Yami *_* Così vediamo solo lui…), però non è nemmeno tra i miei personaggi preferiti, quindi cerco di dargli il giusto spazio e di rispettarne il carattere… Mi dirai poi se ci sono riuscita ^_- Mi dispiace per Bakura, perché mi sta simpatico (mi fa troppo ridere ^^), eppure nelle mie storie fa sempre la parte del cattivo ù_ù Sarà che preferisco Seto *_* Anche se gli ruberemo tutti i soldi e scapperemo alle Hawaii, lo stimiamo lo stesso (che è colpa nostra, se lui è multimiliardario? ^^). Alla prossima ^^

 

*Lamù*: Mi spiace, ma per scoprire la storia dovrai attendere ancora un pochino ^^ Sono cattivella oggi ^_-

 

Jaly Chan: Ah, non preoccuparti ^^ Piuttosto, passato una buona vacanza? (certo che si, visto che ha usato i miei soldi… N.d.Seto) Sappi che nel caso decidessi di scrivere quella storia (non incoraggiarla! N.d.Seto) io la leggerò di sicuro (ma non ti faceva schifo questa coppia? N.d.Yami che fa da segretario) Si, infatti ^^ Lo farei solo per far arrabbiare Kaiba :-P (ecco, lo sapevo… E tu saresti una mia fan? Mi hai anche dato una parte piccolissima in questa storia N.d.Seto offeso) E’ perché preferisco Yami…^^ (ah ah, ben ti sta N.d.Yami Nessuno ha chiesto il tuo parere! N.d.Seto) No, stavo scherzando ^^ E’ che tu devi occuparti della Kaiba Corp, altrimenti come faccio a rubarti i soldi truccandoti il bilancio se tu non guadagni? (appunto…N.d.Seto) Povero Yuugi! Ho dovuto farlo addormentare in mezzo al corridoio perché avevo bisogno che li lasciasse da soli…^^’’ (ç_ç sono tutti cattivi con me… N.d.Yuugi) Sono contenta che la fic ti piaccia e che, soprattutto, ti piaccia Miyon perché in questi capitoli avrà parecchio spazio (altre brutte figure? Basta! N.d.Miyon in sciopero) Non lo so ancora… *Akemichan fa la cattivella* Però, dando spazio a Miyon, è come se… Ma è meglio che non aggiunga altro ^^ Bye a presto ^^

 

 

Note di Akemichan (Ma come? Ancora?! N.d.Tutti)):

Oggi vi porto una “chicca” che ho scoperto in internet l’altro giorno girovagando a caso (pochi ragazzi da quelle parti… N.d.Tutti). Ovviamente il copyright non è mio, ma di “kaiibasetou”. Sono degli stupidissimi test su Yu-Gi-Oh ^^! Se qualcuno avesse voglia di farli questo è il link.

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Capitolo 8
*** Parliamo? ***


Velocemente, Miyon sottrasse la mano dalla presa calda di Malik, ansimando per il calore che le appiccicava la maglia sudata a

 

Parliamo?

 

 

Velocemente, Miyon sottrasse la mano dalla presa calda di Malik, ansimando per il calore che le appiccicava la maglia sudata alla pelle. «Ho visto! Ho visto l’antico Egitto!» esclamò togliendosi la benda.

Malik respirava con la bocca aperta, lasciando che leggeri fili di sudore scivolassero giù dalla stoffa rossa fino a sfiorare le labbra. «Bene…» esalò piano. «Racconta…»

 

«Ho visto il padre di Antares» Lei staccò anche l’altra mano, esaminandosi i palmi, attraversate da sottili strisce rosse di bruciature. «Guarda qua che segni… Comunque non è Yami…»

 

«Meglio… Così…» Malik respirava faticosamente, come se avesse corso per miglia e miglia. Era rimasto nella medesima posizione iniziale, come se avesse paura a spostarsi. Non si era nemmeno tolto la benda.

 

Miyon gli spiegò rapidamente tutto ciò che aveva visto. «Quindi ero anche io una custode delle tombe… Sarà per questo che andiamo così d’accordo»

 

«Si…» Malik sorrise debolmente. «In… Ogni… caso… Non… Abbiamo… Poi… Scoperto… Molto…»

 

«Sarà che…» Lei arrossì. «Ho pensato più a te che a Yami, così dev’essere uscito il nostro legame anziché…»

 

«Oh…» Lui sembrava quasi felice di questo. «Allora… Rifacciamolo…»

 

«Uhm, okay…» Miyon gli scoccò un’occhiata preoccupata, vedendolo così stanco. «Sicuro?»

 

Malik, senza neppure togliersi la fascia, le afferrò le mani, che lei aveva riappoggiato a terra, e le premette nuovamente sui dischi d’avorio, ma con minor forza rispetto a prima. Tuttavia, lei non si sottrasse alla stretta, anzi, si preoccupò di serrare bene gli occhi dato che, per la troppa fretta, aveva scordato la benda. Non appena Malik intonò nuovamente la formula magica, le immagini tornarono nelle sue palpebre chiuse.

 

 

«Sei pronto, Faraone? Ecco, davanti a te il mostro che ti sconfiggerà…»

L’uomo alzò una mano, mentre lo scettro che teneva in mano si illuminava della luce fluorescente degli Yami no Game. La tavola di pietra dietro di lui traballò come sotto l’influsso di un terremoto, e fece uscire la creatura che imprigionava all’interno.

«Il Blue Eyes Wh-»

 

 

A differenza del caso precedente, dove le immagini si erano schiarite piano piano, a scena finita, questa volta si interruppero bruscamente, a metà frase. Il calore che proveniva dai dischi in avorio cessò, tanto che le bruciature sulle sue mani diminuirono il dolore al contatto col gelo che si era formato. Non sentiva più nemmeno la stretta di Malik che la teneva ferma. «Cosa succede?» chiese lei, un poco delusa, riaprendo gli occhi.

 

Lui si era allontanato leggermente, strisciando sul pavimento, e si era strappato la benda rossa, che ora teneva stretta nel pugno. L’altra mano era appoggiata sul collo, come se stese soffocando. Il petto si alzava e abbassava velocemente, tra le macchie di sudore visibili sulla sua maglietta nera. Il viso era zuppo, ma lei non riusciva a capire se per il sudore o per le lacrime che uscivano dagli occhi rossi. A discapito del resto, le labbra erano secche. «Scu… sa…» mormorò tra i respiri profondi.

 

«Stai bene…?» Lei si avvicinò fino a sfiorargli la fronte bagna.

 

«Solo… un… po’… di… stanchezza…» Malik cercò di sorridere. «Tran… quilla…»

 

Miyon si alzò e iniziò lentamente a riporre gli anelli d’avorio nei proprio pezzi di stoffa. Non aggiunse altro.

 

«Brutte… notizie…?» chiese allora lui.

 

«Non proprio…» Lei infilò tutto il materiale nella scatola di legno. «Non ho visto molto…» Si bloccò, temendo di aver detto qualcosa di offensivo. «Non te ne faccio una colpa!» si corresse subito. «Però è così…» Chiuse di scatto la scatola di legno e si chinò per prenderla e riporla nel muro. «Ho visto Kaiba… Non sapevo che anche lui…»

 

Malik, sempre respirando a bocca aperta, si puntellò con un braccio per alzarsi. «Ti… mostro… una… cosa…» Le gambe erano diventate molle come l’argilla bagnata, tanto che non riusciva a stare in piedi. Ti muscoli del polpaccio gli tremarono per lo sforzo, finchè non cedettero. Miyon, che aveva già rimesso la scatola a posto, lo raggiunse e sostenne per la vita, nel limite delle sue possibilità. involontariamente, lui si appoggiò totalmente a lei, tanto che caddero entrambi.

 

«Ahia…» mormorò Miyon massaggiandosi la testa tra i capelli spettinati.

 

Malik si alzò con le braccia. «Io…»

 

«Eravamo messi male» lo ignorò lei tornando in piedi con un balzo. Si chinò nuovamente e lasciò che lui passasse un braccio sulla sua spalla, quindi lo aiutò a rialzarsi. «Così va meglio» Appoggiò il suo braccio sulla vita di lui per evitare di perdere l’equilibrio.

 

«Non… ti… sforzi… troppo?»

 

«Ho le gambe abbastanza resistenti, legamento a parte» sorrise lei. «Allora, cosa volevi farmi vedere?»

 

Malik, sempre appoggiandosi a lei, la guidò nella stanza in fondo al corridoio buio. Nella parete di destra, illuminato da delle fiaccole permanenti, si trovava il famoso bassorilievo con le carte delle Divinità Egizie. «Il sacerdote… che… combatte… contro… il… Faraone… E’ Kaiba…»

 

Miyon, osservando il disegno tra le sottili lingue di fuoco, spalancò gli occhi, quasi sconvolta. Lasciò immediatamente Malik, così veloce che lui rischiò di farsi male per la caduta, se non avesse avuto i riflessi pronti di tenersi con i palmi delle mani, che tuttavia si sbucciarono per la botta presa contro il pavimento di pietra, ormai rovinato dai lunghi secoli. Lei appoggiò la mani sul bassorilievo, facendo scorrere le dita tra quelle forme. Sentiva la gola secca, come se qualcosa le avesse aspirato via tutta la saliva che cercava di produrre mordendosi le labbra carnose. «Io… Ho visto questa scena…» disse infine.

 

«Da… vero?» Malik appoggiò una mano alla testa, che doleva terribilmente come se una folla intera gli stesse urlando nelle orecchie. «Da dove…?»

 

Miyon scosse la testa. Era stato tutto così… troppo rapido! Era colpa di Malik, che non era riuscito a resistere. Ma più probabilmente era colpa sua, che si era distratta quando aveva tentato i labirinti per la prima volta. «Ascolta. Kaiba…»

 

«Ti… prego…» Malik si sdraiò a terra. «Portami… in… camera…» Gli occhi bruciavano come le fiaccole che illuminavano il bassorilievo, e lacrimavano come l’acqua corrente che esce dai rubinetti, tanto che lui non riusciva a tenerli aperti. Tossì, per la fatica che faceva a respirare. Il dolore in testa andava pian piano crescendo, accompagnato da fitte che colpivano indistintamente l’addome e la schiena. I muscoli delle gambe e delle braccia iniziarono a formicolare. Stava iniziando a non sentirli più.

 

«Oddio! Non morire!» esclamò Miyon agitata, chinandosi su di lui. «Ti porto subito a letto» E ancora una volta, aveva rischiato di ferire qualcuno per la sua totale insensibilità.

 

 

***

 

 

«Ti senti meglio?» fu la prima cosa che disse Kaiba, abbassando il giornale che stava leggendo, comodamente seduto sulla poltrona del salotto, con i piedi appoggiati sul basso tavolino davanti a lui.

 

«Pe-perchè?» Miyon, ancora sulla soglia della porta, avvampò, poiché aveva appena lasciato Malik addormentato nel suo letto, e questo significava che non era lei a stare male.

 

«Mi hanno detto che hai avuto… dei problemi» rispose lui, ritornando a guardare il giornale.

 

«Oh, si…» Bene, così si divertivano tutti a raccontare in giro che le erano venute le mestruazioni. Ma che bravi! «Non era niente di che…» Entrò e si sedette sul divano, scoccando uno sguardo all’orologio. Erano appena le cinque. «Senti… Ho saputo che anche tu… Sei una reincarnazione…» Si stropicciò leggermente le mani.

 

«Anche tu?» ripetè Kaiba, piegando precisamente il giornale e gettandolo sul tavolo. «Così hanno raccontato anche a te tutte quelle cavolate sul passato…»

 

«Raccontato è una parola grossa» Miyon cercò di pettinarsi i capelli usando le dita come denti del pettine. «Pensi che non sia vero?»

 

Kaiba alzò le spalle. «Non ne ho idea, ma non mi riguarda affatto» Rimise le gambe a terra. «Figurati se mi interessa una cosa vecchia di 3000 anni!» Rimase per un poco a fissarla con i suoi occhi blu cielo. «Tu, invece? Sei come Yuugi? Cerchi la tua memoria passata?»

 

Miyon riflettè prima di rispondere. «Sherlock Holmes diceva che, per lui e per il suo lavoro, non cambiava nulla se la terra girava attorno al sole o viceversa» disse lentamente. «Per me è lo stesso. Qualunque cosa io sia stata in passato, per ciò che voglio diventare, non ha alcuna importanza»

 

Lui sorrise soddisfatto. «Perché ti tormenti, allora?»

 

«Perché Yami mi manda in bestia» rispose lei, stringendo i pugni. «Ho idea che, finché non scoprirò cos’è accaduto fra me e lui 3000 anni fa, non verrò a capo di nulla» Sospirò arrabbiata. «Solo che lui…»

 

«Credo che troverai da sola la soluzione per convincerlo a parlarti di nuovo» Kaiba si alzò, sistemandosi per bene la sua giacca bianca. «Dopotutto, è stato dentro di te per un po’»

 

«Già…» I pensieri di Miyon corsero veloci come lo Shinkansen sui binari della sua mente. «Senti, Kaiba, facciamo una scommessa» Si alzò, sorridendo alla sua espressione stupita. «Se riesco a laurearmi entro il tempo prestabilito e senza scendere sotto il voto 28 a tutti gli esami, mi prendi a lavorare nella tua azienda?»

 

Kaiba riflettè. Era pazza o parlava sul serio? «E’ una sfida?»

 

«Direi» sorrise lei.

 

«Allora, io la renderei più interessante…» Le si avvicinò, prendendole la mano e poggiando l’indice sul palmo. «Oltre a questo… Se tu non prendessi 30, a tutti gli esami… Se ne mancassi anche solo uno… Allora, dovrai sposarmi»

 

Invece di arrossire, lei lo fissò sconvolta, ma sul punto di mettersi a ridere. «E sia» accettò. «Ma non so se ti convenga»

 

«Questo si vedrà» sorrise lui, lasciandole la mano e uscendo dalla stanza.

 

Miyon rimase a fissarsi il palmo, dove lui aveva appoggiato il dito. «Ma cosa ho fatto?» si domandò. Era impazzita per tutto quello che era successo, non potevano esserci altre spiegazioni. Scosse la testa. Ormai era fatta. D’altronde, l’università era ancora abbastanza lontana e avrebbe avuto modo di pensarci in futuro. Adesso, aveva il presente. E il presente significava il problema di Yami. «Kaiba ha detto che io troverò la soluzione… La fa facile…»

 

La sua attenzione fu attratta dalla valigia di ferro che sempre Kaiba si portava dietro, quasi fosse il suo gemello siamese. Strano che l’avesse lasciata incustodita… Curiosa, si avvicinò e la aprì. Conteneva tutte le sue carte di M&W e il Duel Disk. «Ma certo! Un duello!» Come aveva fatto a non pensarci prima! Iniziò a scorrere con lo sguardo tutte quelle carte colorate, per scegliere il suo deck.

 

«Kuribo»

 

Non conosceva le regole, ma sapeva che servivano 40 carte, in parte mostro, in parte magia e in parte trappola. Inoltre, sapeva che i mostri di alto livello esigevano dei sacrifici. Sul resto, però, aveva buio assoluto.

 

«Black Magician Girl»

 

Avrebbe sicuramente trovato qualcuno che le avrebbe spiegato le regole, magari Kaiba stesso. I principianti, generalmente, non hanno la fortuna di vincere sempre? Bene, lei avrebbe sfidato Yami e, se avesse vinto, lui sarebbe stato costretto a raccontarle tutto. In fondo, un duellante non poteva sottrarsi a una sfida, vero?

 

«Magic Cilinder»

 

Lei non stava facendo nulla di male. Certo, si sentiva una ladra, ma poi avrebbe restituito tutto. E Kaiba, ne era sicura, non aveva lasciato la valigia sola in quella stanza a caso. Osservò compiaciuta il Duel Disk. No, per la prima volta era meglio un gioco tradizionale, sebbene morisse dalla voglia di provare quel meraviglioso congegno elettronico. Chi sa, forse un giorno anche lei ne avrebbe costruito uno simile.

 

«Magical hats»

 

Yami avrebbe dovuto parlare, oh, si, e spiegarle tutto. Non potevano andare avanti così. Lei voleva solo aiutarlo. Voleva essere… Voleva essere sua amica. E un’amica con la A maiuscola, questa volta, non com’era successo in precedenza. Voleva rischiare. Con l’eccitazione di questo pensiero in testa, continuò a scegliere velocemente le carte, per istinto.

 

«Black Magician»

 

 

***

 

 

«Mou hitori non boku…» Yuugi aprì lentamente uno sportello in legno della cucina per prendere una bottiglia d’acqua. «Sarai anche il re dei giochi, ma a inventare scuse non sei proprio capace» Aprì l’anta in vetro della credenza, dov’erano custoditi i bicchieri di porcellana. «Mi spieghi per bene cos’è successo?»

 

«Non era una scusa» Yami si sedette su una delle sedie, appoggiando il gomito sul tavolo di granito, tenendosi la testa. Lo sguardo si perdeva oltre la porta che dava sul corridoio buio. La tormenta che andava placandosi faceva ancora sentire i suoi deboli sospiri oltre la finestra sbarrata. «Te l’ho detto, dato che non mi piacciono gli addii, pensavo che se l’avessi ignorata per lei sarebbe stato meno duro…»

 

«Uhm…» Yuugi versò l’acqua nel bicchiere, mentre scuoteva decisamente la testa. Aveva trascorso solo una settimana lontano da lui. Era bastato così poco, perché Yami decidesse di non confidarsi più? Gli aveva raccontato tutto di ciò che avevano fatto lui e Miyon, ma ancora non gli aveva spiegato perché avevano litigato. «Non ha funzionato, però…» Bevve fino a lasciare lungo le pareti marroncine del bicchiere sottili goccioline trasparenti, simili a diamanti che spuntano fra le pieghe delle miniere.

 

«Pare di no…» Yami tirò uno sospiro profondo, senza staccare lo sguardo dalla porta.

 

«Senti, parliamo chiaramente» Yuugi battè un piede sulla piastrella beige del pavimento. Non poteva esservi che un’unica spiegazione. Stavolta, avrebbe voluto saperlo in tempo, non come a Battle City, quando si era ritrovato per caso nella lotta per ritrovare la memoria scomparsa del suo alter-ego. Ormai, Yami avrebbe dovuto capire che, qualunque cosa fosse successa, lui sarebbe stato dalla sua parte. «Sei innamorato di quella ragazza?»

 

Yami si voltò verso di lui con uno sguardo stupito. «No» Innamorato di Miyon? Magari! Questo avrebbe reso la situazione più semplice. Il tono sincero e semplice in cui lo disse non lasciò dubbi sulla verità, spiazzando Yuugi che credeva di aver risolto il problema.

 

«Allora…» Si avvicinò, appoggiando il bordo del bicchiere, nuovamente pieno, alle labbra. «Insomma, cosa c’è? Se posso aiutarti…»

 

«Scusami» Yami scosse la testa, vedendo il suo viso preoccupato. «La verità è che… Mou hitori no Bakura mi ha detto… una cosa»

 

Il volto di Yuugi si incupì, sentendo nominare lo spirito dell’anello. Ciò che diceva era, generalmente, vero, ma nessun sapeva se fidarsi di lui oppure no. In ogni caso, parlare con lui era qualcosa che lo faceva turbare profondamente. «Una cosa… Su Minaguchi

 

«Non solo» Yami tirò le labbra carnose all’indietro, mentre si appoggiava con la mano allo schienale della sedia. «E’ difficile… Riguarda anche me…»

 

«Allora devi dirmela!» Yuugi gettò con veloce noncuranza il bicchiere sul tavolo, rischiando di rovesciarlo, e vi avvicinò quasi fino a far sfiorare i loro visi. «Voglio saperlo»

 

«Non ora» Yami scostò lo sguardo. «Non ora» ripetè, scomparendo e rifugiandosi nella sua stanza dell’anima, per chiudere ogni possibile contatto.

 

Yuugi si accasciò sulla sedia, sospirando tristemente. Questa mancanza di fiducia che Yami aveva nei suoi confronti lo rendeva sempre infelice. Il problema era che cercava sempre di non ferirlo e, così facendo, rischiava di peggiorare la situazione. Paradossale. Terribile e paradossale. «Mou hitori no boku…» singhiozzò, cercando di trattenere le lacrime. Avrebbe accettato di tutto. In fondo, aveva il sospetto che, una volta ritrovata la memoria, Yami se ne sarebbe andato. Eppure, lui si era forse opposto alla sua decisione? Gli aveva impedito di combattere? No, certo che no. E adesso, nonostante tutto, lui, ancora… «Perché

 

Con un piccolo tac, l’interruttore della cucina si accese, spandendo intorno i sottili raggi che provenivano dalla piccola lampadina che fungeva da lampadario. «Che succede, piccolo re?» mormorò dolcemente Bakura. «Chi ti ha fatto piangere?»

 

Immediatamente, Yuugi si passò la manica della giacca blu sugli occhi, fino ad asciugarseli completamente. «Non stavo piangendo» rispose arrabbiato.

 

Bakura si finse sorpreso. «No?» Gli si avvicinò e gli afferrò le guance con una mano. «Hai gli occhi rossi…»

 

Yuugi si staccò di scatto, facendo cadere con fracasso la sedia su cui era seduto un secondo prima. Come odiava quel suo tono viscido.

 

«Quanta fretta…» sorrise Bakura incrociando le braccia.

 

Guardandolo di sottecchi, Yuugi rimise in piedi la sedia, sistemandola per bene accanto al tavolo. «E’ colpa tua» mormorò lentamente. «Cos’hai detto a mou hitori no boku

 

Bakura alzò le spalle. «Solo la verità»

 

«Chi può dirlo?» disse Yuugi, sempre sulla difensiva. «Però, puoi riferirla anche a me…»

 

«Oh, vuoi saperlo?» Lo spirito sorrise sardonico. «Non credo che ti convenga, lo dico anche per il tuo bene…»

 

«Non fai mai niente se non hai il tuo tornaconto» ribattè Yuugi. «Perciò, vorrei sapere perché mou hitori no boku può conoscere questo e io no…»

 

L’anello millenario si illuminò leggermente, indicando la porta del corridoio buio. Bakura vi scoccò un’occhiata. «Bene, adesso lo saprai» disse con un tono di voce che non prometteva nulla di buono.

 

Yuugi fece istintivamente un passo indietro, inutilmente. Con due passi, visto che era più alto di lui, Bakura lo raggiunse e lo afferrò per un braccio. «Che stai facendo?! Lasciam-» Gli mise una mano sulla bocca e lo trascinò, nonostante le resistenze, fino al piccolo stanzino delle provviste che si trovava accanto alla credenza. Ve lo gettò dentro senza troppe gentilezze e chiuse la porta con un colpo netto, girando la chiave nella serratura.

 

Dolorante, Yuugi si rimise in piedi, cercando di liberarsi dal leggero strato di polvere che aveva alzato nella caduta. «Aprimi!» Si appoggiò con i palmi alla porta inesorabilmente chiusa. «Non è divertente!»

 

«Non deve esserlo» Bakura diede due colpi alla porta con le nocche. «Conviene anche a te rimanere lì dentro»

 

«Mou hitori no boku…» Yuugi si appoggiò totalmente alla porta, cercando di impedire alle lacrime di uscire. Possibile che avesse sempre bisogno di lui? Possibile che non fosse in grado di cavarsela da solo? Era proprio un incapace, e tale si sentiva. Meglio che niente, comunque.

 

«Bakura! Apri immediatamente questa porta!» Yami si riprese e tirò un forte pugno sull’uscio, che tremò senza tuttavia liberarlo.

 

«Giusto tu, Faraone» disse Bakura allontanandosi leggermente. «C’è un’altra cosuccia che devi sapere su Miyon Minaguchi»

 

«Un’altra?» Istintivamente, Yami divenne sospettoso.

 

«Un’altra» confermò Bakura. «E non so se sarà piacevole come la prima»

 

«Yuugi? Sei qui?» In quel preciso momento, Miyon entrò in cucina, spegnendo la luce del corridoio. «Oh!» esclamò quando vide invece Bakura. «Hai… Hai per caso visto Yuugi? I suoi amici mi avevano detto che era venuto a bere in cucina»

 

«E’ andato via poco fa» rispose lui, ignorando le strane occhiate che lei scoccava al bicchiere ancora pieno appoggiato sul tavolino. Yami stava per tirare un altro pugno alla porta per manifestare la sua presenza, allorché Bakura aggiunse «è divertente vedere come fingi di non conoscermi, sai?»

 

«Che vuol dire, fingere?» si domandò Yami.

 

«Minaguchi… E Mou hitori no Bakura si conoscono?» si stupì Yuugi. Yami non rispose, ma appoggiò delicatamente la mano sulla porta, cercando di ascoltare le voci che provenivano attutite al suo orecchio per via del legno che li separava.

 

«Ti sei forse dimenticata di me?» domandò ancora Bakura, vedendo che lei rimaneva immobile.

 

«Purtroppo, no» replicò finalmente Miyon, acida. «Ma facciamo di si, così siamo tutti più contenti» Fece per andarsene, ma lui fu più rapido e le bloccò la porta per il corridoio.

 

«Facciamo anche di no» le disse, mentre lei indietreggiava. «Parliamo dell’ultima volta che ci siamo visti…»

 

 

Reviews:

 

 

Jemei: ^///^ Grazie dei complimenti, mi fa piacere che ti piaccia ^^ Si, di Wilbur Smith ho letto solo quei tre libri sull’Egitto (Figli del Nilo, Il Settimo papiro e Il dio del fiume, faccio confusione su quale vada prima però ^^’’), anche se sto progettando di leggerne altri… E’ che dovevo documentarmi sull’Egitto, quindi niente di meglio che leggere da autori più esperti ^^ Sono veramente belli, non trovi? Certo, la storia è un “pochino” travisata, ma l’ambientazione è perfetta e poi le vicende sono molto belle ^^ Attraggono, questa è la parola. Bye ^^

 

VallyBeffy: Sono onorata che tu abbia deciso di leggere la mia storia per prima ^///^ Mi fa piacere che ti piaccia (dico sempre le solite cose, non farci caso…^^’’) Non preoccuparti, anch’io tendo a dimenticare le storie…^^’’ Per questo preferisco aggiornare sempre lo stesso giorno della settimana, almeno per chi legge è più facile ritrovarla e non deve aspettare nemmeno tanto ^^ Questa storia l’aggiorno ogni venerdì, quindi se sei interessata ^^ Mi piacerebbe avere ancora la tua opinione ^^

 

Kelly: Allora, com’è andato l’esame? Spero tutto bene ^^ Sinceramente, il Settimo Papiro dei tre è quello che mi è piaciuto di meno, ma soltanto perché era ambientato “ai giorni nostri”, mentre, secondo me, la sua abilità sono proprio le storie storiche, anche se, in parte, tende a travisare la storia... Ma sono belli comunque ^_^ Per quanto riguarda la storia, lo so che sono cattiva, ma il bello sta proprio nella suspence… ^^ E guarda che finora ci sono tutti gli elementi per capire chi Myon sia! Basta saperli interpretare ^_- Alla prossima ^^

 

Ayu-chan: Si, sono davvero talmente belli che li rileggi volentieri ^^ Ci sono anche nell’altro, solo che io faccio confusione coi nomi e non ricordo mai qual è il primo e qual’è l’ultimo ^^’’ Anche perché i titoli sono simili!! Però mi sembrava che Taita bevesse una roba strana e poi andasse in trance o qualcosa di simile… Poi mi saprai dire. Jono non è proprio una cima, bisogna ammetterlo -.-’’ Ma il personaggio peggiore rimane Anzu… Come ha detto una persona una volta, è un personaggio che, sia che ci sia o che non ci sia, fa lo stesso ^^’’ Io ho già pronti i documenti falsi da fargli firmare, tanto noi possiamo stare tranquille che incolperà Pegasus (ho copiato la firma :-P) del falso in bilancio, quindi potremo andarcene alla Hawaii senza problemi ^_- Alla prossima, sperando prima o poi di beccarci in chat! ^^

 

Phoenix: Io di Wilbur Smith ho letto solo i tre sull’Egitto (tra cui appunto “Figli del Nilo”, veramente bello… Anche se non ricordo se sia il primo o il terzo, faccio confusione coi nomi ^^’’ tanto sono belli entrambi!), ma ho in mente di leggerne anche altri perché il suo stile mi piace davvero tanto! Per quanto riguarda i labirinti, li avevo letti anche in una fic in inglese (prima di leggere i libri), perciò non so proprio... vabbè, facciamo che esistevano ^^ Certo che si drogavano, altrimenti, secondo te, tutte quelle storie pazze sugli dei, da dove le tiravano fuori?! Non potevano essere del tutto sani! ^^’’ Mi fa piacere che la storia ti piaccia ancora ^^ Bye ^^

 

Viky: Non preoccuparti per la recensione all’altro capitolo, spero piuttosto che tu ti sia divertita in vacanza! Grazie per la recensione di questo, piuttosto ^^ La moglie, dici? Potrebbe essere, chi lo sa! ^_-

 

Jaly Chan: Anch’io soffro il mal di mare ç_ç E dire che il mio sogno fin da bambina è fare una crociera sul mediterraneo… ^^’’ In compenso mi trasferirò alle Hawaii, non appena (ne approfitto anch’io finché lui è al lavoro ^^) riesco a trasferire tutti i soldi della Kaiba Corporation in un conto svizzero a mio nome… (perché ho l’impressione che qualcuno stia parlando di me? N.d.Seto) Perché sei il solito egocentrico… ù_ù Non è che noi abbiamo tempo da perdere a parlare di te… (uhm… N.d.Seto molto sospettoso) Credo che la minaccia di uno yaoi Seto/Jono sia la più terribile, specialmente ora che è in crisi per il furto della società…^^’’ Povero… Però si deve sbrigare a riprenderla, sennò come faccio io a rubargli i soldi?! Malik mi ha pagato chiaramente per avere una parte migliore in questa fic… Non so dove abbia trovato i soldi, probabilmente li ha rubati (non è vero! Ho solo vinto alla lotteria! N.d.Malik Perché non trovo più il mio portafoglio? N.d.Isis Ehm…^^’’ N.d.Malik) Appunto…-.-’’ Yuugi invece non aveva un euro da darmi, perciò niente (non è colpa mia se mio nonno spende tutti i soldi in riviste pornografiche…ç_ç N.d.Yuugi) Nemmeno mia, se è per questo… Nella maggior parte delle fic che non siano su di lui, Jono viene contraddistinto per due caratteristiche, l’idiozia e l’appetito ^^’’ Ci piace ricordarlo così… (la realtà è che a te piace Kaiba, quindi dai retta a tutto quello che dice lui…ç_ç N.d.Jono) Chiamami scema…^^’’ Secondo me, Miyon è sicuramente la suocera (e perché mai? N.d.Yami) perché si sa che le suocere sono insopportabili e ora ti stai vendicando di quello che ti ha fatto in passato portandole sfiga (la finiamo con questa storia? ç_ç I miei fan finiranno per crederci davvero… N.d.Yami) Grazie per i complimenti (^///^), ma come vedi bisognerà aspettare ancora un po’ per sapere con certezza chi sia Miyon…^_- Grazia anche per la recensione alla storia di Conan, mi fa piacere che anche la fine ti sia piaciuta ^///^ Alla prossima ^^

 

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Capitolo 9
*** Miyon e Bakura ***


Per qualche minuto, nella stanza illuminata da una tenue lampadina, regnò il silenzio incontrastato

 

Miyon e Bakura

 

 

Per qualche minuto, nella stanza illuminata da una tenue lampadina, regnò il silenzio incontrastato. Poi, la tempesta che infuriava sempre meno si fece nuovamente sentire e, con essa, i respiri forzati dei due ragazzi.

 

Miyon toccò con i palmi delle mani il freddo tavolino in granito. «Sinceramente, non ho proprio voglia di parlarne. adesso, né mai» Non poteva indietreggiare più di così. «Adesso fammi passare, devo trovare Yuugi»

 

«E’ tipico» scosse i lunghi capelli Bakura. «Quando qualcosa ti dà fastidio, invece di affrontarla, scappi. Proprio come l’ultima volta»

 

«Ancora?!» Lei stava iniziando ad arrabbiarsi. «Me ne fotto di quello che è successo l’altra volta. E soprattutto, sei l’ultima persona che possa farmi la morale!» Sbuffò. «Se solo avessi saputo che c’eri anche tu, mi sarei guardata bene dal venire»

 

«Sai cosa penso?» Bakura si allontanò dalla porta verso di lei. «Che te la prendi con me per evitare di prendertela con te stessa» Vedendo che lei fuggiva il suo sguardo, aggiunse «non è forse così?»

 

Miyon non rispose. Si limitò ad osservarlo con occhi ardenti di rabbia repressa.

 

«Oh, no, non può essere così…» continuò dolcemente lui, poggiando le mani sul tavolino, circondandola. «Tu non provi niente per nessuno, quindi non puoi sentirti in colpa… Tu hai sempre pensato solo a te stessa…» Sorrise. «Sei stata con me finchè ti faceva comodo, ma appena hai trovato qualcosa di meglio, come la Sasaki, non ci hai messo molto a-»

 

«Stupido!» Miyon lo schiaffeggiò con tutta la forza che aveva e si allontanò immediatamente da lui, nascondendo gli occhi già fin troppo rossi di pianto.

 

Da dietro la porta, Yami sobbalzò. Aveva sentito bene, o si era trattato di un errore delle sue orecchie, per via di quei suoni troppo lontani? Miyon e Bakura non solo si conoscevano, ma stavano anche insieme… No, non poteva essere!

 

«Allora dimmela tu, qual è la verità» disse duramente Bakura, massaggiandosi la guancia.

 

«Perché non mi hai mai detto…» mormorò lentamente lei. «Che eri uno spirito?»

 

«Come?» Per la prima volta dall’inizio di questa storia, lui rimase sorpreso.

 

«La Sasaki era solo una scusa!» gridò Miyon voltandosi. «Io credevo che tu fossi psicolabile o qualcosa del genere!» Prese fiato, ancora arrabbiata. «Certe volte sembravi un altro che… , eri un altro! Insomma, sembravi pazzo» Pausa. «Lo eri, credo, e lo sei tuttora»

 

«Stai dicendo che non mi avresti lasciato, con tutto quello che avevi visto?» chiese lui con un ghigno ironico. «Ma non farmi ridere!»

 

Ancora una volta, Miyon non rispose. Abbassò però la mano all’altezza dell’addome. Tutta quella agitazione le stava facendo venire nuovamente mal di pancia, unito ad un calore insopportabile e a un bruciore agli occhi che derivava dagli esperimenti di prima.

 

«Cosa succede

 

Bakura si girò verso la porta. «Niente, Malik» replicò acido, arrabbiato con sé stesso per non essersi nemmeno accorto che qualcuno stava arrivando nel corridoio. «Una questione tra me e la mia ex»

 

«La tua ex?» ripetè a voce bassa Malik, entrando nella cucina.

 

«Si, esatto» rispose Bakura contrariato. «Niente che ti interessi»

 

Malik si voltò verso Miyon, che distolse lo sguardo, arrossendo per l’imbarazzo. «Tutto ciò che succede nella *mia* casa mi interessa» ribattè allora, all’indirizzo del suo “amico”.

 

«Mi sembri stanco» disse Bakura cambiando argomento. «Hai percorso i labirinti di Amon-Ra?»

 

«Anche se fosse?» Malik abbassò gli occhi rossi, strofinandoseli per far calmare il bruciore e le lacrime che ne derivavano. «Avanti, dimmi tutto»

 

Bakura tornò a fissare Miyon. «Perché non glielo spieghi tu?» sorrise al suo sguardo aggressivo.

 

«Stavate davvero insieme?» chiese Malik incredulo.

 

Lei continuò a rifiutarsi di guardarli. «Che ne sapevo io…» brontolò.

 

«Allora, è vero?» Questa conferma ebbe l’effetto di un fulmine durante un temporale violento su un povero albero che offre riparo durante le afose giornate, sia nella mente di Malik che in quella di Yami, che continuava ad ascoltare da dietro la porta. Il primo, però, sembrava ancora incredulo.

 

«Si, si, è vero!» Miyon finì per arrabbiarsi anche con lui. «Il nostro è stato… Una specie di colpo di fulmine…»

 

 

«Dai, seguimi» chiamò Miyon, sistemandosi la gonna alla marinaretta che teneva più lunga del necessario, tanto per essere anticonformista. «E sbrigati» Iniziò a camminare nel corridoio, indicando semplicemente le varie stanze. «Aula di musica, aula di chimica…» Ogni tanto si massaggiava istericamente la ciocca bionda dei capelli corti da maschio, che le veniva davanti ad infastidirla. Come odiava quel compito che le era stato assegnato! «…Aula di scienze, biblioteca…» Accidenti a lei e a quando l’avevano eletta capoclasse! Adesso, se si fosse tirata indietro, non avrebbe dovuto fare da guida turistica a quel ragazzino che si era appena trasferito nella sua classe, la seconda B della scuola media Miyonu… Com’è che si chiamava? Ryou Bakura…? Forse. Non che le importasse poi molto.

 

Ad un certo punto, il ragazzo che la seguiva arrancando si fermò, indicando la sua presenza con un leggero battito di mani. «Senti, carina» le disse. «Questa visita infastidisce più me che te, credimi»

 

Lei si voltò per fissarlo duramente nei suoi occhi nocciola. «Carina ci chiami tua sorella» Poi alzò le spalle. «Bene, visto che non ti interessa, possiamo anche finirla qui, basta che tu non vada a rompere con la prof…»

 

«Non farò proprio niente…» Lui si stiracchiò un po’. «Visto che abbiamo risparmiato del tempo nella nostra corta vita, ti va di andare da qualche parte insieme?»

 

«Sala giochi?» chiese Miyon senza scomporsi. In quel luogo, ci sarebbe andata anche con il diavolo, probabilmente.

 

«Vada per la sala giochi» acconsentì lui affiancandosi a lei. «Io sono Bakura, credo che tu te lo sia già dimenticato…»

 

«Figuriamoci» protestò Miyon con aria altezzosa. «Piuttosto, credo che tu abbia dimenticato in classe la cartella…»

 

«Che me la rubino, per quello che c’è dentro…» Certo, rubare a lui, un profanatore di tombe, sarebbe proprio stata una cosa divertente. «Non m’importa… Tu, piuttosto, come ti chiami?»

 

«Minaguchi» Vedendo che lui continuava a d aspettare, aggiunse «Miyon»

 

 

«E’ successo così…» Miyon incrociò le braccia sul petto. «Per i primi tempi, è andato tutto bene… Cioè, aveva degli atteggiamenti strani, ma nulla di…»

 

«Vai avanti» dissero insieme Bakura e Malik, il primo interessato a conoscere i fatti dalla prospettiva di lei, il secondo interessato a conoscere i fatti e basta. O meglio, per sapere se fra loro due ci fosse ancora qualcosa oppure no.

 

 

«Sei libero oggi?» Miyon si sporse leggermente, sorridendo, con una mano appoggiata alla sua spalla e una sul suo banco freddo.

 

Bakura la guardò stupito con i suoi occhi azzurri. La capoclasse che gli dava tanta confidenza? «Come?» Certo, giravano delle strane voci su loro due, ma… Perché avrebbe dovuto metterle in giro proprio lei?

 

Anche sul volto di Miyon comparve la stessa espressione. Era strano. Sembrava quasi che lui non la riconoscesse. «Allora?»

 

Bakura abbassò lo sguardo, tenendosi la fronte con la mano destra. «Un leggero capogiro» disse rialzandosi. «Certo che sono libero»

 

«Ah, bene…» sospirò leggermente lei, un poco preoccupata. «Pensavo di fare un salto a quella fiera sulle novità tecnologiche…»

 

«Si, ti accompagno volentieri» Si grattò la testa. «Sai, però, preferirei essere io a invitarti fuori, non viceversa»

 

«Perché mai?» chiese Miyon staccandosi da lui.

 

«Perché, anche se non discrimino le donne» rispose Bakura con un’espressione seria che gli si addiceva poco. «Ritengo che debbano essere gli uomini ad avere l’iniziativa»

 

Lei scoppiò a ridere. «D’accordo, fa un po’ come vuoi!»

 

 

«Insomma, aveva questi atteggiamenti un po’ strani…» spiegò Miyon. «Certe volte mi sembrava un altro, non mi riconosceva, sembrava essersi dimenticato tutto di noi…» Scoccò uno sguardo eloquente al diretto interessato. «Certo, adesso conosco il perché…» Tornò a guardare altrove. «Su di lui giravano delle strane voci, ma io mi rifiutavo di ascoltarle… Generalmente, credo solo a quello che vedo» Sospirò. «Bakura non era un bravo ragazzo…»

 

«Stai dando tutta la colpa a me!» intervenne lui.

 

Lei lo fulminò con lo sguardo. «Hai la coda di paglia! Mi risulta che io non ti abbia mai biasimato per questo, o sbaglio?!»

 

Bakura assunse un’espressione tra l’arrabbiato e il mortificato. «Uhm…»

 

Malik si appoggiò alla parete. Era ancora molto debilitato per la faccenda del labirinto. «In poche parole, eri così innamorata che ti rifiutavi di vedere la situazione…» mormorò tristemente.

 

«Si…» esalò Miyon, lasciando che le ciocche nere e bionde gli coprissero gli occhi, viola e umidi. «Poi, però…»

 

«Poi, però…?» incalzò Bakura.

 

 

«Ehi!» Miyon si fece largo tra la folla di ragazze e ragazzi, vestiti con la sua stessa divisa della scuola media, fino a raggiungerlo. «Dove te ne stavi andando? Devi accompagnarmi allo chat cafè, non ricordi?»

 

Bakura teneva lo sguardo azzurro basso. «Senti, Minaguchi…» La guardò serio, sospirando. «Credo che dovresti smetterla di tormentarmi. Ci sono già abbastanza voci su di me senza aggiungerne altre…»

 

«Scusa?» si accigliò lei. «Vuoi dire che preferisci che sparlino del fatto, falso, che mandi in coma la gente piuttosto che del fatto, vero, che stiamo assieme?» Si voltò di scattò rischiando di far scivolare la cartella che teneva appesa ad una spalla sola. «Bene, in questo caso posso anche andarmene!»

 

«Aspetta!» Lui la bloccò afferrandola per un braccio. «Stavo solo scherzando!»

 

«Non era divertente!» Lei lo guardò malissimo.

 

«Come sei suscettibile…» Bakura alzò le spalle, mentre passava un dito nella giacca della divisa blu, per aprirla alla moda dei teppistelli. «D’accordo, non lo faccio più…»

 

 

«Diceva sempre così, ma poi capitavano sempre quei momenti in cui era…» Miyon pensò a qualcosa che non potesse offendere troppo il vero Bakura. «…noioso, serio e giudizioso. I momenti in cui non era più lui» Sospirò a fondo. «Insomma, ho avuto paura. Voi non avete mai paura?» Le lacrime rischiarono di uscirle e lei si morse il labbro mentre si strofinava gli occhi

 

«Prima, mi hai detto che la paura è il peggiore dei mali…» disse leggermente Malik, alzando un braccio nel tentativo di avvicinarsi. Lo sguardo che gli scoccò Bakura lo fece desistere.

 

«E’ vero… L’ho imparato sulla mia pelle…» singhiozzò Miyon. «N-non sono riuscita a…» Il dolore spirituale dei ricordi acuiva quello fisico delle mestruazioni.

 

«Avanti, dillo!» urlò Bakura per farsi sentire anche da uno sconvolto Yami, “nascosto” nello stanzino. «Altrimenti lo farò io! E la mia versione non ti piacerà!»

 

 

Miyon alzò una mano, chiusa a pugno, per bussare alla porta. Esitò un attimo. Era davvero sicura di quello che stava facendo? «Oh, al diavolo!» bussò. Aveva deciso di lasciarlo e così doveva essere. Alla Sasaki si sarebbe certamente trovato qualcun altro, magari anche ricco. Non importava, ma sentiva che non poteva più rimanere accanto a lui.

 

«Minaguchi» chiamò un ragazzo dai capelli biondi, aprendo leggermente la porta.

 

«Iazawa?» si stupì lei, sbattendo le palpebre. «Ma… Bakura?»

 

«Vieni dentro» disse lui facendole segno. «Stiamo giocando a Monster World»

 

Titubante, Miyon entrò. Seduti da un lato del tavolo, accanto alla sedia vuota di Iazawa, si trovavano un altro ragazzo e una ragazza, che la salutarono allegramente. «Ci sono anche Sakuramazu e Kiryo…»

 

Bakura, che si trovava seduto dall’altra parte del tavolo, si alzò e si diresse verso di lei. «Non ti aspettavo» ammise.

 

Iazawa li lasciò soli all’ingresso, tornando dagli altri due. «Andiamo a preparare una strategia contro Zork»

 

«Avrei bisogno di parlarti…» disse lentamente Miyon, stringendo fra le mani sudate la sua cartella di scuola. «In privato» Scoccò di traverso un’occhiata ai tre amici.

 

«Proprio adesso?» Bakura alzò un sopracciglio. «Perché non ti unisci a noi? Puoi dirmi tutto quando avremo finito…»

 

«Veramente…» Lei adocchiò il tavolo da gioco. Le piacevano gli RPG e aveva sentito parlare così bene di quel Monster World, in cui Bakura era un vero esperto…

 

«Dai, Minaguchi!» la chiamò la ragazza, sistemandosi uno dei alti codini neri dietro la spalla. «Non avrai paura?»

 

«Paura di che, Sakuramazu?» si accigliò Miyon.

 

«Di quello che dicono su Bakura» aggiunse il ragazzo dai capelli castani e ricci. «Chiunque abbia giocato con lui a Monster World, è finito in coma»

 

«Kiryo…» lo ammonì severamente Bakura.

 

«Non ho affatto paura» ribattè Miyon, superando il ragazzo dai capelli bianchi e avvicinandosi al tavolo. «Gioco» Appoggiò la borsa ad un lato del tavolo e afferrò una sedia, sedendosi accanto a Iazawa.

 

Bakura prese un foglio dal cassetto. «Adesso, devi decidere il tuo personaggio» Avvicinandosi per passarglielo, gli sussurrò «non c’è bisogno di un comizio privato per dirmi che hai passato l’esame alla Sasaki»

 

«Non è solo quello» mormorò debolmente lei, prendendo il foglio. I tre ragazzi iniziarono a darle dei consigli, mentre Bakura le andava a prendere una pedina. «Okay, ho deciso»

 

 

Razza: Elfo

 

Mestiere: Stregone

 

Arma: Arco

 

Equipaggiamento: Frecce magiche

 

Velocità: 18

 

Intelligenza: 20

 

Forza: 5

 

Coraggio: 5

 

LV 1

 

HP 22

 

 

«Sei un elfo, come me» disse Kiryo. «Io però sono un mercante»

 

«Ovviamente, tirchio come sei» rise Sakuramazu. «Io invece sono una fata, guarda che carina» Prese la sua pedina, mostrandola. Era una specie di lei stessa in piccolo, con un vestitino rosato e leggere alette in carta velina azzurrine, e un cappello a punta, rosa anche quello.

 

«Accidenti, ti somiglia» Miyon guardò quella pedina quasi preoccupata.

 

«Io invece sono un Birdoteil» disse Iazawa soddisfatto, indicando il suo personaggio. «Dato che sono quello più forte, farò il leader»

 

«Sei forte, ma stupido» intervenne Kiryo.

 

«Facciamo che c’è anarchia» stoppò ogni possibile discussione Sakuramazu.

 

«Io invece sono il Dark Master» disse Bakura, sporgendosi dall’altra parte del tavolo per passare a Miyon la sua pedina. «Sai come si gioca, vero?»

 

«Certo, visto che quando usciamo non parli d’altro» cercò di scherzare lei, non riuscendoci poi troppo bene. Senza nemmeno guardarla, la appoggiò accanto alle altre sul tavolo, che aveva raffigurato un villaggio nell’angolo a destra, una foresta da attraversare al centro e, in fondo, il castello del Dark Master. «Noi siamo gli avventurieri che devono sconfiggerti. I dadi stabiliscono la potenza dei nostri attacchi»

 

«Esatto» confermò Bakura.

 

Sakuramazu prese i dadi. «Tocca a me» Mescolò leggermente i dadi a dieci facce e poi li lanciò, facendo venire 22. «Riesco a sconfiggere il mostro che è spuntato dalla foresta?»

 

«Direi di si» confermò Bakura osservando lo schermo del computer dov’erano riportati tutti i dati. «La percentuale di questo mostro è del 30%»

 

La pedina della ragazza dai capelli neri alzò la bacchetta magica, distruggendo la pedina mostro con un raggio azzurrino. «Evvai

 

Iazawa si sporse a guardare. «Adesso cosa facciamo? Proseguiamo?»

 

«Per forza» disse Kiryo. «Dobbiamo raggiungere il castello di Zork, il Dark Master…»

 

«E questo?» Miyon indicò una scritta sul quadrato del tavolo da gioco proprio davanti a loro. «Qual è quella cosa che ingrassa quando piove ed è magra con il sole?» lesse.

 

«E’ un indovinello?» si domandò Sakuramazu.

 

Bakura appoggiò i gomiti sul tavolo, unendo le mani come se pregasse. «Magari, vi suggerirà degli indizi…»

 

«La risposta è il torrente» disse tranquilla Miyon. «Forse significa che dobbiamo attraversare la foresta navigando sul fiume…»

 

«Giusto!» esclamò Iazawa. «C’è anche la barca» Prese la sua pedina e la avvicinò. Dal fondo del fiume, prima che gli avventurieri potessero salire sulla barca, spuntò un mostro simile a un serpente marino. «Lo sistemo io» Lanciò i dadi, facendo venire 99.

 

«Ho visto…» lo guardò scettica Sakuramazu. «Hai fatto uscire il numero maledetto…»

 

«Accidenti…» Iazawa si grattò la testa. «Qual è la punizione prevista dal regolamento?»

 

Bakura si alzò lentamente. «Il trasferimento dell’anima» disse pericolosamente. «Mind Doll» Una leggera luce penetrò attraverso la sua camicia bianca. Iazawa si sentì come invaso da un vento gelido, poi perse la sensibilità in tutte le parti del corpo. Con dolcezza, si accasciò lungo lo schienale della sedia, piegando lateralmente la testa. Le iridi degli occhi, un tempo azzurro cielo, erano diventate bianche, il bianco dei lenzuoli dell’obitorio.

 

«Che… Che diavolo…?» Miyon, seduta proprio accanto a lui, sobbalzò e, inconsciamente, si allontanò lievemente. «Iazawa…?»

 

Sakuramazu, dall’altra parte si alzò e iniziò a scuoterlo. «Iazawa! Iazawa!» chiamò. «Insomma, che ti succede?!»

 

«Bakura…» mormorò leggermente Kiryo. «Tu… Che cosa gli hai fatto…?»

 

«Mi ero dimenticato di dirvelo» Bakura si sedette, sistemandosi i capelli bianchi dietro le spalle con noncuranza. «Questo RPG è uno Yami no Game. Se il giocatore ottiene la pessima combinazione possibile, il 99, o se il Dark Master ottiene il punto critico, lo 00, l’anima dell’avventuriero viene trasferita nella sua pedina… Il gioco, quindi, può terminare sia con una sconfitta – dello Zork o degli avventurieri – oppure con il trasferimento dell’anima di tutti i giocatori» Sul campo di battaglia, Iazawa si guardava intorno, sconvolto. Era davvero diventato una miniatura? Ma… Ma non poteva essere!

 

Bakura appoggiò il mento sul palmo della mano, sorridendo. «Vogliamo continuare?»

 

 

 

Note di Akemichan:

Accidenti quanto spazio ha Miyon in questo capitolo! Mi dispiace…ù_ù Però vi porto una buona notizia: nel prossimo scoprirete finalmente chi è! Contenti? (No, abbiamo già capito tutto N.d.Tutti) Ma come? ç_ç E io che mi ero impegnata ad inventare una cosa originale…

In questo capitolo si parla, come avrete letto, del “Monster Wolrd”. Nella storia del manga, infatti, i nostri amici (o pseudo tali ^^’’) incontrano Yami Bakura prima dell’Isola dei Duellanti e l’incontro che fanno non è a M&W (o Duel Monsters, che dir si voglia) come in tv, ma appunto a Monster World, che è un RPG dove si usano le pedine. La situazione è più o meno la stessa, visto che Yuugi e gli altri vengono intrappolati nelle miniature invece che nelle carte, Yami combatte da solo e alla fine arriva il Bakura buono che li aiuta. Non sono stata a descrivere minuziosamente tutto, anche perché il capitolo era già abbastanza lungo ^^’’ Nel caso vogliate delle precisazioni, chiedete pure. A venerdì prossimo ^^

 

 

Reviews:

 

Kelly: Il mare… Io vivrei in acqua… Vorrei essere una sirena ù_ù Comunque complimenti per l’esame, gran bel voto! ^.^ Aggiornare settimanalmente mi è facile, visto che sono piuttosto veloce nello scrivere e almeno evito di farvi perdere dei capitoli in giro ^^’’ A me capita spesso con le storie e finisco per non leggere più essendo rimasta troppo indietro ù_ù Perciò preferisco evitare la stessa situazione con le mie… Mi fa piacere che questa iniziativa ti torni utile. Come vedi, Bakura ha parecchio spazio in questo capitolo… Ma le sorprese non sono ancora finite… ^_- Bye

 

Ayu-chan: Seto aveva preso sicuramente qualche strana sostanza, per uscirsene con proposte del genere (e Miyon che ha accettato, allora? ù_ù N.d.Seto) lei già non era normale da prima… ^^’’ No, non sei tu che sei imbecille, è che serviva questo capitolo per chiarire la situazione tra i due… Povero Malik, lo sto sfruttando ^^ Io non ho pianto, però era commuovente sul serio (anch’io sono romantica, anche se non vorrei ù_ù), anche se io gliel’avrei detto che era il figlio! è_é Okay, poi mi saprai dire sull’altro libro (così lo “raccatto” gratis in biblioteca :-P) Ehi, se davvero Seto ha la mania di sposare le dipendenti, forse abbiamo delle speranze se ci facciamo assumere (non ci sperate… N.d.Seto) Cattivo ç_ç… Ci vediamo in chat ^_-

 

Vallybeffy: Già questo capitolo ha rivelato qualche segretuccio sul passato di Miyon, ma spero proprio di sorprendervi (in positivo, mi auguro, ma non si sa mai O.o…) con il prossimo capitolo ^_- Ma se fosse veramente la suocera…?

 

*Lamù*: Mi fa piacere che ti piaccia ancora… ^^ E poi non sono così cattiva, al prossimo ti racconterò tutto (sperando di non sconvolgere troppo ^^’’) Al prossimo venerdì ^^

 

Viky: Ah ah, scusa ^^’’ Ma se non interrompo così, la suspence va a farsi benedire…^^’’ Ti pagherò le spese dell’ospedale ^_- Alla prossima ^_-

 

Jaly Chan: La proposta di Seto ha stupito anche me, non è che aveva mangiato qualcosa che gli ha fatto male? O.o… (sto benissimo N.d.Seto) bene, così puoi portare anche me alle Barbados, non è che rifiuto un viaggio gratis! ^^ (accidenti… Non imparo mai a farmi i fatti miei…ù_ù N.d.Seto) Aspetta a dirlo quando le tue fan ti linceranno per quella proposta… :-P (ma è colpa tua! Fa qualcosa! N.d. Seto) Quando avrò tempo, adesso sono troppo impegnata… (a proposito, non è che puoi spiegarmi cosa sta succedendo? Da dietro la porta non sento nulla! N.d.Yami) Se sei sordo non dare la colpa a me… (ma se non lo dico a sua eccellenza Jaly Chan quella mi uccide! Aiutami! N.d.Yami) Uffa, ma non è che io ho sempre tempo per occuparmi dei fatti vostri (ma sei tu l’autrice!! N.d.Yami&Seto) E’ una vendetta per l’altra storia… uh uh uh… La storia a questo punto è un po’ incasinata, ma già questo capitolo dovrebbe aver chiarito un paio di cosucce ^^ Grazie per il consiglio sul mal di mare, peccato che la sottoscritta non resiste senza leggere nemmeno due secondi ç_ç (è scema… N.d.Seto ancora arrabbiato) Quando vorrei che anche TU soffrissi il mal di mare… farò una fic comica simile, anche se di solito queste parti spettano a Jono (grazie, eh ç_ç N.d.Jono) Grazie della recensione, a venerdì prossimo ^^

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Capitolo 10
*** Il racconto di Bakura ***


Dopo quella spiegazione incredibile, che sapeva tanto di film, nella stanza regnò il silenzio, interrotto solo da alcuni batti

 

Il racconto di Bakura

 

 

Dopo quella spiegazione incredibile, che sapeva tanto di film dell’horrore, nella stanza regnò il silenzio, interrotto solo da alcuni battiti di Iazawa che, da miniatura, cercava di attirare l’attenzione dei suoi amici su di sé.

 

«No!» esclamò infine Miyon, balzando in piedi e sbattendo una mano sul tavolo. «Non intendo continuare una cosa del genere!» Gli altri due ragazzi annuirono preoccupati.

 

«Spiacente, nessuno può ritirarsi da uno Yami no Game» rispose Bakura tranquillo, prendendo i dati appoggiati dalla sua parte. «Adesso tocca al mostro attaccare… Porterò un attacco sull’elfo di Kiryo…» Mescolò leggermente i dadi nel pugno chiuso e li lanciò.

 

«No…» sussurrò Sakuramazu vedendo che i dadi mostravano il numero 00.

 

«Sai cosa ciò significa…» Questa volta, Bakura non si alzò nemmeno, nascondendo la luce con le braccia incrociate sul petto. Il corpo di Kiryo, che si era alzato in piedi al lancio dei dadi, cadde con un sonoro tonfo sul parquet che ricopriva il pavimento.

 

«Stai barando!» si arrabbiò Miyon, mentre Sakuramazu andava, inutilmente, a soccorrere Kiryo. «Sono sicura che non esista un modo per vincere!»

 

«Tocca a te» sorrise lui.

 

Sakuramazu si rialzò, dopo aver sistemato l’amico in una posizione migliore, e la fissò preoccupata. «Cosa facciamo

 

«Ragazze!» chiamarono i due dal tavolo. «Fate attenzione!»

 

«Non posso davvero credere che quelle voci fossero vere…» Miyon lasciò che la sottile frangetta bionda e mora le coprisse gli occhi viola. «Ora vedremo» Prese i dadi e li lanciò. «Qual è la percentuale?» chiese vedendo il numero 13 sui dadi a dieci facce.

 

Bakura consultò il computer. «Deve essere inferiore al 30%...»

 

«Bene…» mormorò Miyon. «Attacco quel coso con le mie frecce elettriche!» La sua pedina si mosse da sola, tendendo l’arco che aveva in mano e scagliando il dardo sulla fronte del mostro. Questo si contrasse colpito da numerosi fulmini e affondò nuovamente nelle acque chiare del lago giocattolo.

 

«Vai così!» esultarono gli altri tre ragazzi.

 

«Purtroppo…» frenò il loro entusiasmo Bakura. «La sconfitta del mostro ha provocato uno tsunami che investirà gli avventurieri…» Lo stava dicendo così seriamente che ci sarebbe stato quasi da ridere solo a vedere la sua faccia.

 

«E… Cosa succederà?» chiese con titubanza Iazawa.

 

«Io non so nuotare!!» si agitò Kiryo.

 

«Vediamo…» Bakura finse di pensare, guardando nel vuoto. «Tutti i punti vita degli avventurieri finiranno a zero e perderanno la partita…»

 

Sakuramazu emise un sospiro di sollievo. «Significa che le anime dei nostri amici torneranno…»

 

«No» la contraddisse lui. «Voi due sarete salve, ma i ragazzi adesso vivono nel Monster World… Questo significa che, se moriranno in quel mondo, moriranno anche nel nostro»

 

«Moriranno?!» I respiri della ragazza mora si fecero accelerati e irregolari. «Ma ci sarà un modo per salvarli, no? Ci deve essere!»

 

«Lo desideri davvero?»

 

Sakuramazu si guardò intorno in cerca di un aiuto che non arrivò. Miyon, infatti, si limitava ad osservare con occhi ardenti il tavolo da gioco, tenendo le labbra contratte e i dadi stretti nel pugno della mano sudata. «Si…» esalò. La sua pedina a forma di fata si illuminò e, alzando la bacchetta magica, separò l’onda prima che travolgesse la barca con tutti gli avventurieri sopra. Poi la luce cessò e Miyon si sporse a sostenere il suo corpo, ormai privo di anima, prima che cadesse a terra.

 

Bakura si sistemò meglio, stiracchiandosi. «Adesso, è come se fossimo soli» le disse. «Congratulazioni per il tuo ingresso alla Sasaki. Cos’altro volevi dirmi?»

 

«Si, grazie» rispose lei acida, appoggiando il corpo della sua amica sulla sedia. Si voltò a fissarlo, gli occhi brillanti sulle occhiaie che si era procurata per il troppo studio. «Volevo dirti che… Che ti mollo! Da ora in poi, noi due non stiamo più insieme!»

 

«Stai scherzando?!» Bakura si alzò in piedi, fissandola sconvolto.

 

«No»

 

«Sono troppo poco per la Sasaki, vero?» Lui si risedette, cercando di contenere la rabbia. «Allora vai, tocca a te giocare»

 

«Sei poco per chiunque, soprattutto per la Sasaki» replicò lei, più arrabbiata di lui. La mano che teneva i dadi tremò, agitata da pensieri terribili. I suoi amici avevano bisogno di lei. Non era possibili vincere a quel gioco contro Bakura, lo sapeva benissimo. Se avesse sbagliato? Anche la sua anima… E il suo sogno… Con uno scatto rapido, afferrò la sua pedina e la gettò a terra, pestandola fino a distruggerla. «Provaci, a prenderti la mia anima, adesso!» Afferrò con rabbia la sua cartella, che aveva poggiato accanto ad una gamba del tavolo. «Non voglio vederti mai più! Addio!» E sbattè la porta dietro di sé.

 

 

Quando il racconto terminò, Miyon piangeva, lasciando che le lacrime scorressero lungo le guance e si schiantassero sulle piastrelle del pavimento dopo essere colate per il mento. E Yami, da dietro la porta, sospirò. Ecco, era questo il ricordo che lei voleva assolutamente tenergli nascosto. Poteva bene capire il motivo.

 

«Tu… Tu hai…» balbettò Malik indicandola, sebbene fosse da maleducati.

 

«Si, l’ho fatto!» gli gridò di rimando Miyon, mentre i torrenti delle sue lacrime diventavano fiumi scintillanti alla luce del lampadario. «Li ho abbandonati! Ho abbandonato i miei amici! Ho sbagliato! Voi… Voi non avete mai sbagliato?!» Si strinse in sé stessa, scoprendosi il volto con le mani e con i ciuffi di capelli.

 

«Io non ti sto accusando» disse Malik serio, avvicinandosi a lei. «Ra sa quanto io ho sbagliato. Pensa un po’, volevo uccidere il Faraone per… Lasciamo perdere» La prese per le spalle e lo costrinse a guardarla. «Tu biasimi te stessa per i sensi di colpa che provi…»

 

Lei si lasciò andare ad un pianto dirotto contro il suo petto. «Sono stata così egoista… Non volevo rischiare per loro…» singhiozzò. «Ma la cosa peggiore è che… Sento che lo rifarei! I-io… Ho paura…»

 

«Non è vero…» sussurrò Malik cullandola. «Non è vero…»

 

«Malik, togliti subito di lì» gli gridò Bakura.

 

«Non lo farò» replicò arrabbiato. «E tu saresti stato il suo ragazzo? Guarda come l’hai ridotta!»

 

Prima che Bakura potesse ribattere, Yami palesò la sua presenza tirando un paio di pugni alla porta. Incuriosito da quegli strani rumori, Malik si avvicinò e provò ad abbassare la maniglia. Chiusa. Girò la chiave nella serratura e provò di nuovo, spalancando la porta. «Fa-Faraone?! Ma che…» balbettò vedendoselo davanti.

 

Bakura sorrise sardonico. «Suppongo che sia stato un bello spettacolo…»

 

«Imbecille» Yami superò Malik e uscì dallo stanzino, scoccando di traverso un’occhiata a Miyon.

 

«No…» deglutì lei. L’ultima persona al mondo a cui avrebbe voluto rivelare il suo peccato… Adesso… Adesso… Scosse la testa e, senza nemmeno accendere la luce, scappò nel corridoio. Non arrivò nemmeno alla fine che si sentì afferrare per un braccio. «Lasciami…»

 

«Tutti commettono degli errori…» mormorò Yami stringendo la presa. «E tu avevi paura di non riuscire a salvarli, di farli morire…»

 

«No! Non è vero!» Miyon si agitò sotto la sua mano che le soffocava il braccio. «L’ho fatto solo per egoismo! Sono una persona orribile! Qualunque cosa io abbia fatto, fai bene a lasciarmi perdere!»

 

Yami sorrise leggermente. «Io non lo penso» La lasciò. «Tu non sei affatto così. E nessuno può saperlo meglio di me» Sospirò. «E adesso ti spiegherò anche perché sono così sicuro»

 

Lei si voltò verso di lui. «Che… Che intendi?»

 

«Non volevi conoscere la storia passata?»

 

 

«Il primo incontro fra me e Antares non fu dei migliori» ammise Bakura. «In fondo, era ovvio. Io ero un ladro di tombe, mentre lei era stata incaricata alla loro difesa…»

 

Sotto il brillante mantello di Nut, illuminato solo dalle numerose stelle ma non dalla barca di Konshu, si muoveva una figura, guardinga, tra le numerose mastabe che costellavano, simili a tanti formicai, la zona intorno a Giza. Un leggero Shu notturno gli agitava il mantello chiaro che portava a coprire il volto e il corpo dal freddo. Arrivata davanti a una mastaba in posizione più o meno centrale, abbastanza nascosta da non essere visibile dalla strada centrale, si fermò ad osservarla. Si, quella era la sua preda, per quella notte. Ora doveva solo trovare l’ingresso segreto…

 

Shu smise di soffiare. In quel momento, il sibilo sottile di una freccia gli fischiò nelle orecchie. Si voltò per evitarla, e questa gli colpì il mantello, che aleggiava intorno a lui come i petali di un fiore, impiantandosi nella parete argillosa della mastaba. Dall’ombra, comparve un’altra figura, anche lei coperta da un mantello, che tuttavia le lasciava scoperto il volto, facendo ondeggiare i lunghi capelli, neri come la notte. Tra le mani teneva ancora l’arco, con una nuova freccia puntata contro di lui. «Chi sei

 

«Tu sei Min, giusto?» non rispose l’arciera, facendo un altro passo avanti nella terra polverosa. «Il “famoso” ladro di tombe…» La mano che tendeva la corda si mosse impercettibilmente, pronta a scagliare quella freccia verso il suo cuore.

 

«Sono proprio io…» Min afferrò per la coda a piuma di struzzo la freccia che gli teneva il mantello imprigionato alla parete e tirò in fretta. Con un rapido scatto prese un lembo del mantello e se lo tolse, scagliandolo contro la ragazza. Questa, allora, fu costretta  a staccare le mani dall’arco per liberare il viso e gli occhi dal mantello, anche se, in questa maniera, lui si trovò libero di avvicinarsi senza pericoli e di immobilizzarle le mani, pestando l’arco sotto i suoi piedi nudi. «Tu invece, devi essere la principessa Antares»

 

Lei lo guardò con odio, gli occhi viola scintillanti nella notte scura. Poi, senza alcuna paura, alzò la gamba e gli tirò una forte ginocchiata alle parti basse. Min dovette lasciarla, finendo piegato in due per il dolore. Antares, con un gesto molto aggraziato, si chinò a raccogliere il suo arco. «Per stanotte sei libero, ma la prossima volta non ti andrà così bene» Era così orgogliosa che, al pensiero di lui che riusciva a disarmarla, non poteva non sentirsi umiliata. Avrebbero rifatto un altro combattimento, un giorno, e lei non si sarebbe fatta più sorprendere in quel modo imbarazzante.

 

«A quel tempo, Antares aveva sempre un’espressione imbronciata» raccontò Bakura. Guardando Yami nel corpo della ragazza, sorrise. «Esatto, l’espressione che hai tu in questo momento…» Allora, Yami fece istintivamente un passo indietro nell’angusto spazio dello stanzino. «Fu per quel motivo che mi ripromisi di conoscerla meglio, per vedere se fossi riuscito a farla ridere…»

 

Antares, con il corpo coperto solo da una corta gonna bianca in lino, visto il caldo della stagione della raccolta, si massaggiò leggermente le mani affusolate. Erano troppo callose per essere quelle di una ragazza, se ne rendeva conto perfettamente. Gli dispiaceva, ma non poteva farci nulla. Se non avesse difeso le tombe, stringendo continuamente l’arco fra le sue mani, chi altri avrebbe potuto farlo? Solo lei era l’erede diretta del Faraone.

 

Tirò con estrema fatica la corda per recuperare il secchio che aveva gettato nel pozzo e finalmente vi riuscì. L’acqua fresca scintillava alla luce accecante di Ra, tanto quanto i riflessi biondi tra il mare dei suoi capelli neri. In quelle giornate così afose, spesso si individuavano anche ciocche violacee piuttosto curiose. Infilò le mani nel secchio per attingere a quelle mani dalla fonte del refrigerio, quindi si sciacquò delicatamente il viso, strofinando duramente i palmi per liberarsi dall’odiosa patina di polvere che le rimaneva appiccicata durante il cammino. Non si accorse neppure che una persona le si era avvicinata, tanto che si ritrovò completamente bagnata dalla testa ai piedi.

 

Rimase ferma, pietrificata, con le mani leggermente spostate dal suo viso e gli occhi spalancati e increduli. «Dovresti vederti» rise Min, rigettando il secchio, ormai vuoto per l’acqua che le aveva rovesciato addosso, nel pozzo.

 

L’espressione di Antares si trasformò in una maschera d’ira. «Tu…»

 

«Piantala, Bakura» interruppe il racconto Yami, cercando di mantenere la calma, ancora con le braccia strette sull’addome per controllare il dolore. «Non mi interessa sapere di te e Miyon-»

 

«Geloso?» sorrise sardonico l’altro.

 

«Ma di me e Miyon» proseguì ignorandolo Yami. «Hai detto che era la figlia del Faraone… Ma il Faraone dovrei essere io! O forse, era la figlia del Faraone prima di me?»

 

«Il padre di Antares, Ra’djedef, era il diciassettesimo re» spiegò allora Bakura. «Quindi era prima di te. Solo che, a quei tempi, la questione era un po’ diversa rispetto all’immaginazione collettiva. L’Egitto era si riunificato, ma più che un popolo solo era un’unione delle tribù che avevano conquistato varie zone attorno al Nilo. Ogni volta che un Faraone moriva, il discendente principale di ciascuna tribù combatteva per il trono» Fece una pausa per scoccargli una strana occhiata. «Pegasus te lo aveva raccontato, no? Ogni tribù possedeva un oggetto millenario. Erano quelle le loro armi»

 

«Ah, si…» Yami ricordava che Pegasus aveva accennato delle lotte fra diverse fazioni per la supremazia sull’Egitto.

 

«Il problema di Antares era proprio questo» disse Bakura con una strana espressione sul volto. «Solo che non me ne sono accorto in tempo»

 

Min si fermò di colpo, nascondendosi alla svelta dietro il muro di argilla di una vicina casa. Sulla strada, nella sua direzione, stavano arrivando due uomini. Uno portava al collo l’anello millenario, l’altro teneva in mano la chiave millenaria. Questo poteva significare una sola cosa: quei due erano i capi della tribù di Usagi e di Ateru. Uomini potenti, insomma, dai quali avrebbe fatto meglio a stare alla larga. Non conosceva il potere dei giochi delle ombre, ma il suo istinto di ladro gli suggeriva di non interessarsene.

 

«Ieri, sono stato a Elefantina» stava dicendo l’uomo di Usagi, massaggiandosi le grosse mani. «Il figlio dei Ryuu è veramente impressionante. Una tecnica invidiabile per gli yami no game»

 

«Allora, sarà davvero lui il prossimo sovrano?» chiese l’altro sospirando rassegnato, mentre muoveva la chiave millenaria da una parte all’altra. «Nessuna speranza per i nostri figli?»

 

«Temo di no» Usagi scosse la testa.

 

«E dimmi…» L’uomo di Ateru rise. «Come la prenderà il Faraone, sapendo che non sarà la sua tribù a salire sul trono? La tribù Heba, che ha dominato addirittura per quattro generazioni?»

 

«Devo rassegnarsi» L’altro alzò le spalle. «L’unica persona decente della sua tribù è la principessa Antares e, per quanto in gamba sia, è pur sempre una donna»

 

«Povero il nostro signore, ad aver avuto solo una figlia femmina!» esclamò Ateru.

 

«Ah, è inutile pensarci» concluse Usagi. «Il marito di Antares erediterà il puzzle millenario e Setho dei Ryuu diventerà sovrano. E’ già deciso, ormai»

 

«Non che gli egiziani discriminassero le donne, intendiamoci» chiarì Bakura. «Solo che credevano che la forza di una donna non fosse sufficiente per sostenere uno yami no game»

 

«Il marito di Miyon…» esalò debolmente Yami. «Il puzzle… Io?»

 

«Ti piacerebbe, eh?»

 

Antares lasciò che la falce di luna calante prodotta dalla barca di Khonshu le si rispecchiasse negli occhi viola, sospirando. «La tribù Ryuu…» Si appoggiò ancora di più al petto di Min, che teneva le sue braccia strette lungo la sua vita sottile.

 

«Così hanno detto» confermò lui, sdraiandosi completamente contro la mastaba, unica testimone dei loro incontri notturni e clandestini. «Che ne pensi?»

 

«Che hanno ragione, per Ra!» esclamò Antares con rabbia, facendo ritornare il suo visetto con la sua solita espressione imbronciata.

 

«E’ così forte, quel Setho

 

«Si, purtroppo. Non solo è maledettamente forte, ma è anche abile e intelligente» Lei si massaggiò nervosamente una ciocca nera. «Nella mia tribù non c’è nessuno abbastanza valido da competere con lui. Io stessa non sono sicura di poterlo battere… visto che lui si allena con l’ascia millenaria da quando è piccolo, mentre io…» Si liberò quasi con violenza della stretta di lui e si alzò in piedi, tremando. «Perché?! Perché gli dei mi hanno fatto nascere donna? Forse potrei sconfiggerlo, se avessi un po’ di forza…»

 

Min piegò le gambe a v e vi appoggiò sopra i gomiti. «Ma non la hai. Lascia perdere. Che ti importa di diventare Faraone? Almeno, potremo continuare a vederci…»

 

«Già…» rispose lei senza troppa convinzione.

 

Lui rise. «Dai, non fare quella faccia! Sai bene anche tu che non si può andare contro la sorte» Si alzò. «L’unica soluzione sarebbe che tu diventassi un uomo» Antares lo fissò con gli occhio viola spalancati e attenti, come se quello che aveva appena sentito non fosse del tutto impossibile.

 

«Naturalmente, io stavo scherzando» Bakura abbassò lo sguardo, nascondendo gli occhi nocciola sotto la frangia bianca. «Ma avrei dovuto immaginare che Antares non avrebbe lasciato intentato nessun esperimento, pur di ottenere il potere» Rialzò la testa. «Era una ragazza opportunista, a cui non interessava nulla di nessun, pur di ottenere il suo scopo. E lo è tuttora»

 

«Stai mentendo!» esalò Yami, con la nausea che gli saliva lungo l’esofago.

 

Il tempio in granito rosso, situato sulla riva destra del caldo fiume dalle sette bocche, semi-nascosto dalle alte canne di papiro, era silenzioso, come ogni giorno, fatta eccezione per il primo dell’anno. Chiunque vi entrasse, percepiva attorno a sé un’area rarefatta e opprimente, come se si trovasse immerso nell’acqua cristallina. Anche le parole che venivano pronunciate risultavano attenuate e basse rispetto al tono con cui erano state dette, come un eco in lontananza. Ed il rumore era simile ad un sasso gettato in un pozzo a formare infiniti cerchi invisibili.

 

«Comunicami il tuo desiderio» sussurrò l’anziana sacerdotessa, tenendo il capo coperto da un sottile velo di lino, e continuando a rimestare piccole pietruzze nere e bianche nel suo cestino di canne di papiro verdognole. «Io intercederò per te presso il signore del Nilo, l’ermafrodita Hapy che controlla le Inondazioni»

 

«E’ qualcosa di estremamente semplice ed estremamente complesso, poiché non vi è, in Egitto, qualcosa che non sia tutto e il contrario di tutto» disse la persona ferma all’entrata del tempio, le braccia piene di melograni da offrire al dio. «Desidero diventare Faraone»

 

«Ciò è impossibile!» L’anziana donna alzò il capo, rivelando il suo volto raggrinzito da sotto il velo. Gli occhi luccicavano di sorpresa. «Non dovresti essere come sei»

 

«Per questo sono qui» replicò semplicemente quella persona, lasciando cadere tutta la frutta a terra, la quale si sparse sul pavimento in granito rosa.

 

«E’ difficile» mormorò la sacerdotessa. «Molto difficile. Ma se lo desideri davvero…»

 

«Non devi dubitare, vecchia!» la interruppe. «Solo obbedire»

 

L’anziana signora sospirò, volgendo lo sguardo verso l’entrata al tabernacolo del dio. Con un sottile rumore, una pietruzza nera, simbolo dei giorni infausti, cadde a terra dal cestino di vimini e rotolò fino a piedi della persona. Questa, seccata, la pestò con i suoi sandali dorati, polverizzandola. Non avrebbe permesso a nessuno – alle regole, a suo padre, alla sorte – di impedire al suo sogno di realizzarsi. Setho della tribù Ryuu e il favorito ad essere il futuro Faraone, avrebbe fatto meglio a fare attenzione. L’avrebbe battuto e sarebbe diventato sovrano.

 

«Allora, riformula il tuo desiderio» disse la sacerdotessa, con le mani giunte davanti a sé. «Ciò di cui hai realmente bisogno»

 

La persona sospirò. «Io desidero diventare un ragazzo» Pausa. «Anche a costo di perdere una persona che amo»

 

«Hai capito adesso, vero?» chiese Bakura. «Di certo, io non avrei mai creduto che un desiderio simile si potesse realizzare» Sorrise sardonico vero sé stesso. «Sbagliavo, e sottovalutavo la potenza di Hapy e l’ambizione di Antares…»

 

Yami scosse la testa, mentre un rivo di saliva gli usciva dall’angolo destro delle labbra carnose. «Non… Non starai dicendo che…»

 

«Invece si» replicò Bakura. «L’ho vista io»

 

Min scavalcò le mura del palazzo reale, rimanendo seduto lì sopra, nascosto dalle fronde di un’alta palma verdastra. Nel cortile, Ra’djedef, seduto su una sedia in vimini e protetto dai raggi di Ra grazie ai ventagli di due servitori, osservava con aria assorta alcuni ragazzi della sua tribù che si allenavano goffamente con alcuni bastoni, usandoli come spade.

 

«Cosa succede?» chiese Antares arrivando nel cortile, di ritorno dal tempio di Hapy, tanto che la sua voce somigliava ancora al rumore soffuso di un sasso gettato nell’acqua. Immediatamente, tutti i ragazzi si interruppero per osservarla, facendo sbuffare Min di gelosia.

 

«Sto esaminando questi ragazzi» rispose Ra’djedef, un poco contrariato per il tono troppo autoritario della figlia. «Sai bene che uno di loro erediterà il puzzle, perciò devo scegliere il migliore»

 

Antares fece un sorrisino ironico. «Allora non lo troverai guardando quelli, perché sai bene che la migliore sono io»

 

«Ora basta!» esclamò il Faraone, vedendo che i ragazzi iniziavano a brontolare sommessamente, senza tuttavia avere il coraggio di lamentarsi apertamente con lei, che era comunque la loro principessa.

 

«Te lo dimostro» disse Antares, per nulla impressionata dal comportamento del padre, che ormai vedeva come un vecchio incapace. Afferrò un bastone e con uno scatto velocissimo disarmò il primo ragazzo che le capitò, puntandogli l’arma alla gola. «Riflessi nulli» sorrise.

 

Il ragazzo si ritrasse, facendo qualche tremante passo indietro. Allora, da destra, arrivò un altro ragazzo, ma Antares parò l’attacco con sapiente maestria. «Una donna non può essere così forte…» ansimò quello, mentre si accorgeva che il suo braccio, quello che gli aveva bloccato il bastone, era diventato più muscoloso e meno aggraziato. Sbattè le palpebre, vedendo la differenza tra le due braccia, prima che anche la sinistra mutasse così. Spaventato, lasciò l’arma e si allontanò.

 

Antares si sentiva stranamente euforica, perciò, puntellandosi su due gambe, diventate improvvisamente più resistenti, disarmò tutti i ragazzi con una semplicità sorprendente. Piano piano, anche i lineamenti del suo viso, rimanendo perfetti, diventarono meno armoniosi, la bocca delicata si fece più dura, e i suoi fianchi e le sue spalle si allargarono, assieme ai capelli che si accorciavano in una strana pettinatura. «Non batterete mai Setho!» dichiarò.

 

«Piantala di sfottere» si arrabbiò l’ultimo rimasto armato. «Principessa» Rimarcò molto quest’ultima parola, quasi con rabbia. Si gettò su di lei con il bastone alzato, ma Antares si limitò a spostarsi leggermente per schivare l’assalto. Nel processo, però, lui riuscì ad afferrarle la parte superiore del vestito in lino, strappandoglielo completamente.

 

A quel punto, Ra’djedef, sconvolto, si alzò in piedi, avvicinandosi al gruppo. «Antares…» mormorò debolmente, osservando il suo florido seno sostituito da un vigoroso petto maschile.

 

Yami lo osservò coi suoi occhi viola, sorridendo sardonico mentre si leccava le labbra, il bastone ancora stretto nel pugno. «Ora posso ereditare il puzzle millenario, vero, padre?»

 

«Miyon è la parte femminile, Antares, mentre tu sei la sua parte maschile, il cosiddetto Faraone senza nome» Bakura rimarcò ancora di più il concetto. «Tu e Miyon Minaguchi siete la stessa persona» Rispirò forte «Per questo… Per questo ti odio! Tu rappresenti ciò che lei è voluta diventare… rinunciando a me!»

 

«Quello che dici è assurdo!» tremò Yami.

 

«Tu hai paura a riconoscere una cosa che sai vera in partenza» replicò secco Bakura. «Quante volte sei stato… Uguale a lei? Quante volte hai detto “anche io”?»

 

Troppe, per poterle ricordare tutte. Yami scosse la testa, sentendo la nausea e il dolore aumentare d’intensità. Si voltò, aprì di scatto la porta dello stanzino e scappò.

 

 

Note di Akemichan:

Ciao a tutti! Allora, com’era il capitolo? E’ vietato tirare ortaggi all’autrice, ricordate…^^’’ Scherzi a parte, da una parte spero che il capitolo vi abbia scioccato, dato che cercavo un’idea veramente originale e, se Miyon fosse stata una qualunque parente o amica (che fosse di Seto, Bakura o Yami poco cambiava), sarebbe stato troppo… normale, ecco. Prevedibile. Dall’altra, però, spero di non avervi scioccato troppo! ^^’’ Spero che come idea, nonostante tutto, vi sia piaciuta. Sappiatemi dire.

L’ispirazione l’ho trovata grazie alla mia profe di inglese, che continuava a sfinirci con il libro di Virginia Woolf “Orlando”, nel quale (almeno così sembra perché manca alle mie letture) il protagonista, un tizio per qualche strana ragione immortale, passa da “Lord Orlando” a “Lady Orlando”, sempre per qualche strana ragione… Non so cos’avesse presto la Woolf prima di scrivere questo libro, ma comunque…^^’’ Ecco dunque la mia seconda fonte di ispirazione, anche se, come vedete, nella mia storia avviene il contrario e per una valida motivazione (valida… ce ne sarebbe da discutere per ore… N.d.Bakura) Ma i lettori non hanno tempo, quindi la smettiamo qui ^^

Un’ultima cosa… La prossima settimana vado in vacanza in montagna, quindi sarò costretta a pubblicare il prossimo e ultimo (e si, avevo promesso che non avrei mai più fatto storie infinite come l’altra!) capitolo giovedì, visto che venerdì sarò già in montagna, ovviamente senza internet ç_ç. Mi scuso, ma sono cause di forza maggiore ù_ù.

Un’ultima cosa ancora e poi la smetto… Volete che lo scriva il capitolo bonus sulla partita di basket di Yami e Miyon (quella dopo tra il quarto e quinto capitolo, per intenderci)? Se vi va lo faccio, tanto ce l’ho già in mente e non ci metto molto, solo che potrò pubblicarla al ritorno dalla montagna ovviamente, quindi fra un bel po’ di tempo…

Mamma mia che note lunghe (la maggior parte sono scuse N.d.Bakura) Nessuno ha chiesto il tuo parere! Okay, la smetto ^^’’ A giovedì prossimo! ^_^

Bye

 

 

Reviews:

 

Kelly: si, per i lettori è molto comodo l’aggiornamento ad un giorno fisso, il problema è non cercare di pubblicarlo per forza se viene brutto o troppo corto… Io lo faccio perché di solito ho già due o tre capitoli pronti quando inizio a pubblicare e li tengo di scarto, nel caso in una settimana non riuscissi a finirne uno… Comunque, ormai non fa più notizia, sei sempre la prima! ^///^ Yami la prende malissimo, visto che lui E’ Miyon! Povero…^^’’ Io preferisco il manga, ha meno censure ù_ù E i dialoghi sono più belli, però certe puntate dell’anime hanno un design molto bello, devo riconoscerlo ^^ Se fosse l’originale giapponese sarebbe meglio, ma ci dobbiamo accontentare della versione USA -.-’’… E poi, un po’ tutti guardano l’anime perché ci sono o Seto, o Malik, o Yami, o bakura (anche Bakura?! N.d.gli altri tre) Si, è incredibile ma è così…ù_ù Bye ^^

 

Jaly Chan: Yami, Yami, dovrai sforzarti molto di più per ottenere dei punti! (uffa… Non credo che ne avrò ottenuti molto con questo capitolo… N.d.Yami) No, infatti, visto che si è scoperto che praticamente ti portavi sfiga da solo! Se non ti aspettavi Miyon e Bakura insieme, ho quasi paura sapere cosa penserai di questa scoperta… Ho un po’ paura!!^^’’ Com’è andata la gita in barca? Potevi affogare Mokuba, già che c’eri, tanto un fratello minore lo è, e poi è inutile visto che in media ogni quindici puntate lo rapiscono… Quando nella serie di Dartz non l’hanno fatto ci sono rimasta male O.o… (è che volevo distinguermi N.d.Dartz Siete cattivi! ç_ç N.d.Mokuba) La prossima volta, comunque, fatti prestare la barca privata di Seto… Soffrirai sempre il mal di mare, ma almeno hai piscina con idromassaggio, tv piatta con antenna sky, palestra, internet… Poi non ricordo ma pensa che è praticamente una città galleggiante! ^^’’ (scema! Non dovevi dirglielo, visto che non lo sapeva!! N.d.Seto) Troppo tardi :-P Bye ^^

 

Ayu-chan: Ciao! Uffa, in chat non si ci riesce mai a beccare!! Cos’è sta storia?! ç_ç Scusami per l’altra volta, ma mia madre doveva telefonare ed è andata giù la linea ç_ç Ho l’adsl che non funziona… Come vedi a Miyon gliene sono capitate di tutti i colori, perché non solo stava con Bakura, ma, come hai potuto vedere…^^’’ Povera ragazza! Sono stata cattiva con lei… Rimedierò. (e come? N.d.Miyon) Lo vedrai nel prossimo capitolo ^^ Evidentemente i migliori di Smith sono stati quelli sull’Egitto! Speriamo che ne scriva ancora! Spero che il capitolo ti sia piaciuto, adesso che sai chi era Miyon…^^’’  Bye ^^

 

VallyBeffy: Ciao ^^ Anche io se fossi stata in Miyon, ma evidentemente a lei piaceva (no, ero solo scema, adesso la penso come voi N.d.Miyon) Al gatto di casa non avevo pensato!! Poteva essere una grande idea! Spero che la mia vada bene lo stesso… per i pomodori da quella parte, grazie…^^’’ Bye!

 

Phoenix: Sai, all’inizio anche a me sarebbe piaciuto mettere Miyon e Yami insieme come in qualunque fic romantica, ma cercavo qualcosa di più che una semplice storia d’amore, come ormai ce ne sono di tutti i colori sulle sue mogli nell’antico Egitto… Spero che ti piaccia questa soluzione che ho escogitato ^^’’ Come vedi, è come se stessero insieme… :-P Dimmi poi se ti smembra originale. Bye!^^

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Nuova pagina 1

 

Epilogo

Per un poco, il corridoio buio rimase totalmente silenzioso. Nessuno osò parlare, poiché quello che era stato detto ed ascoltato era troppo per chiunque. Non si poteva prendere così alla leggera, senza pensare.

Miyon scosse la testa. «Non è vero… Non può essere vero…» La voce era bassa e incredula.

«Hai ragione, è impossibile…» A parlare non era stato Yami, ma Yuugi, che aveva ripreso controllo del suo corpo. Anche per lui, questa situazione non era certo facile.

«Sono sicura che è tutto uno scherzo di Bakura…» sorrise imbarazzata Miyon, con le guance in fiamme per il caldo improvviso che le attraversava il corpo. La mano inevitabilmente le scivolò nella tasca dei jeans, dalla quale estrasse il deck che aveva preparato. «Probabilmente, sono solo sua sorella…»

«Ma certo!» annuì Yuugi, più per convincere sé stesso che la ragazza. «Sei sua sorella!»

«Il deck che avevo preparato io…» La mano di Miyon tremò, mentre dentro di lei penetrava sempre maggiormente la consapevolezza che quello che aveva sentito, in fondo, non era altro che la pura verità. Il deck le scivolò per il sudore e si sparpagliò a terra sul parquet del corridoio. Ci mise qualche secondo a rendersi conto della situazione e, alla fine, si chinò per raccoglierlo.

«Ti aiuto» si offrì Yuugi, il cui corpo era scosso da strani brividi di freddo. Ad ogni carta che raccoglieva, anche la sua coscienza diventava più sicura. Era tutto vero… Era tutto incredibilmente vero…

«Questo deck…» mormorò debolmente Yami.

«Volevo sfidarti, sai?» sorrise Miyon fiacca. «Per sapere tutta questa storia… Anche se, a questo punto…» Si morse le labbra, per evitare di piangere ancora.

Yuugi prese una carta e la girò. Quello che temeva si era avverato. Era il Black Magician. «Questo deck… E’ identico al mio. Identico a quello che avevo fatto con Mou hitori no boku…» Yami, dentro di lui, scosse la testa.

Miyon lo fisso con terrore. Anche lui, dunque, evitava di farsi delle illusioni? Allora, non vi era veramente più nulla da fare? «Yuugi…» Si massaggiò le tempie, da cui scendeva un sudore freddo. Perché? Perché quel giorno, in palestra, era caduta proprio sopra di lui?

«Minaguchi?» Vedendola respirare faticosamente, si avvicinò, toccandole leggermente il viso, quasi come se avesse paura di romperla. «M-mi… Mi sembra che tu stia male… Scotti…» balbettò titubante.

«Ragazzi, cosa state facendo qui al buio?» Isis, dall’altra parte del corridoio, accese la luce. «Hanno chiamato i tuoi genitori, Miyon. Erano molto preoccupati per la tua salute, dicono che ti ammali facilmente…»

Yuugi alzò lo sguardo verso la giovane donna dai lunghi capelli neri. «Infatti, credo che abbia la febbre…»

«Certo che si ammala facilmente» intervenne Bakura uscendo dalla cucina, seguito da un debole Malik. «Le manca una parte di anima» Scoccò uno sguardo a Yuugi, che abbassò la testa imbarazzato. «Forse, vivrà anche di meno…»

«Metà anima…» sussurrò Yami. «Aibou…»

 

La sveglia sul comodino suonò una volta, due volte, tre volte… Finalmente un braccio spuntò da sotto le lenzuola per spegnerla con un gesto assonnato. «Yawn…» sbadigliò Yuugi stiracchiandosi. Era proprio arrivato il momento di alzarsi. Di certo, non poteva arrivare in ritardo alla consegna del diploma di terza superiore… Scese dal letto con la consapevolezza che sarebbe stata una pessima giornata. Non poteva essere altrimenti, visto il ricordo che il sonno gli aveva fatto riaffiorare nella memoria.

«Yuugi!!» chiamò sua madre da sotto. «Sbrigati! C’è una ragazza che ti aspetta fuori!»

Doveva essere Anzu. «Arrivo!»

Si vestì in fretta, lasciando, come al solito, aperta la giacca della divisa. Aprì il primo cassetto della scrivania e afferrò il deck, che infilò nella sua cintura. Era pronto, dato che non c’era nemmeno bisogno di portare la cartella. Mentre richiudeva il cassetto, scoccò un ultimo, malinconico sguardo alle tre Divinità Egizie che custodiva lì dentro, al sicuro. In questo modo, però, altri dolorosi ricordi affiorarono dal labirinto della memoria.

«Te le regalo» Yami poggiò delicatamente le tre carte sul comodino accanto al letto che usavano in casa Ishtar. «Adesso che ho ritrovato la memoria, non mi servono più»

«Si, ma…» Yuugi non capiva. Che importanza aveva quel gesto? In ogni caso, sarebbero rimaste in loro possesso. Deglutì. Purtroppo, poteva significare una cosa sola… «Mou hitori no boku…»

«Noi saremo sempre amici, vero?» sorrise debolmente, quindi si alzò da letto e si avvicinò a quello di Miyon. La febbre si era abbassava, ma le guance rimanevano rosse fuoco. Dormiva tranquilla, con un braccio piegato sul cuscino. «Io devo essere io…» Si sporse, mentre l’occhio luminoso iniziava a brillargli sulla fronte.

«Non farlo!» lo supplicò. «Ti prego, non farlo! No!»

Yami pose le sue labbra carnose su quelle di Miyon, mentre l’occhio veniva a illuminare anche la fronte di Miyon.

All’istante, Yuugi si staccò, cercando inutilmente di trattenere le lacrime. «Mou hitori no boku…» singhiozzò. «Avevi detto che volevi restare sempre con me…»

Miyon sbattè le palpebre, svegliandosi. Voltò leggermente la testa, guardandolo come in trance. «Non piangere…» disse dolcemente, alzando il braccio per asciugargli gli occhi con il palmo della mano. «Sono sempre qua con te, Aibou…»

 

Yuugi ignorò la colazione che era già pronta sul tavolo della cucina e si diresse verso al porta d’uscita. Non doveva rovinarsi la giornata pensando a queste cose. Per lui, quel giorno avrebbe segnato la fine di un capitolo della sua vita, di un bel capitolo. Doveva sorridere. Spalancò la porta al sole del mattino. «Buongiorno, Anz-» Si bloccò, immobile, sulla soglia. Non era Anzu quella che aveva davanti.

«Buongiorno, Aibou» Miyon, nella sua bella divisa della Sasaki, coi capelli legati in un’alta coda che mettevano ancora di più in luce i riflessi biondi e viola, gli stava sorridendo dal centro della strada. «La mia consegna dei diplomi è questo pomeriggio, perciò ho pensato di passare a vedere la tua…»

«Oh, bè… Si, certo…» Era stata davvero carina. Yuugi evitò di guardarla in viso, mentre le rispondeva.

A Miyon questo non sfuggì. «Allora, andiamo?» chiese titubante.

«Si…» esalò Yuugi affiancandosi, il più lentamente possibile, a lei. Quindi, i due si avviarono verso la scuola. «Ah, ehm… Come va?» si decise a chiedere, visto che il silenzio lo spaventava molto di più.

«Tutto ok» annuì lei soddisfatta. Si fermò. «Ti dispiace che io sia venuta, vero?»

Yuugi si voltò verso di lei, preoccupato. «No, affatto! È solo che… Solo che…»

 

«Vorrei proprio sapere perchè!!» sbottò all’improvviso Miyon all’indirizzo di Yuugi che si rifiutava categoricamente di parlarle. L’urlo si propagò per tutta la stanza, rischiando di svegliare anche gli altri, che dormivano nelle stanze a fianco. «Sono sempre io, Aibou! Sono io!»

«Non è questo il problema…» bisbigliò Yuugi, con il viso nascosto sotto il cuscino.

«Adesso ho il corpo di ragazza, ma sono sempre il solito!» gridò ancora lei. «Mi ricordo tutto! Di tutto, da quando abbiamo sconfitto Pegasus a quando abbiamo conosciuto Malik. Tutto quello che abbiamo passato assieme!»

«Non è questo il problema…» ripetè sempre in tono basso Yuugi, bagnando il copriletto di lacrime trasparenti.

«Ti ricordi di quando mi hai salvato dal sigillo di Orichalchos?» chiese ancora Miyon. «Non puoi non ricordare. Eri disposto a sacrificarti per me! E adesso… Adesso mi detesti solo perché ho il corpo di una ragazza?! Non puoi farlo, Aibou!!»

«Non è questo il problema!» esclamò infine Yuugi, emergendo da sotto le coperte in cui si era rifugiato.

«Allora, qual è?» Miyon incrociò le braccia sul petto e aspettò, con lo sguardo imbronciato.

«E’ che… E’ che…» Yuugi avvampò. «E’ che io sono innamorato di te!» gridò chiudendo gli occhi. «Prima, non ci pensavo nemmeno… Eri dentro di me, figuriamoci… E adesso…» Provò con scarsi risultati, a fissarla mentre lo diceva. «Adesso sei qui, davanti a me… E sei una bella ragazza!»

«Aibou…» Le guance di Miyon andarono colorandosi di rosso. E adesso? Certo, lei gli voleva molto bene, e sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa per lui, ma amarlo? Lei lo amava? Sospirò. La risposta era no, purtroppo.

«Io lo so…» mormorò ancora Yuugi. «A Minaguchi piace Kaiba! Si capisce! Quindi… A te, Mou hitori no boku, piace Kaiba…» A Miyon non vennero altre parole da aggiungere.

 

«…solo che tu mi piaci ancora moltissimo…» Ecco, l’aveva detto. E lei se ne sarebbe andata di nuovo, come l’ultima volta. Sospirò, abbassando lo sguardo imbarazzato.

Invece, Miyon non si mosse. «Io ti voglio molto bene, Aibou» Di scatto, si avvicinò a lui e lo abbracciò. «Ma non ce la faccio. Non riesco ad amarti, per quanto ci abbia provato» Sospirò piano. «Proprio perché tu sei il mio partner, il rapporto che ho con te è speciale, più dell’amore e dell’amicizia… Io non voglio rovinarlo!» Strinse ancora la presa. «Mi dispiace…»

Lentamente, Yuugi alzò le braccia per ricambiare la stretta. «Sei ancora… Mou hitori no boku…?»

«Ma certo!» Miyon si staccò per guardarlo meglio in viso e sorrise.

«Allora, solo per oggi…» sussurrò Yuugi. «Facciamo finta che tu sia la mia ragazza…»

«Va bene…» Sorrise, quindi strinse la mano nella sua. «Solo per oggi» Strizzò l’occhio, viola come il suo.

«Adesso, però, dovremo andare…» Yuugi si asciugò velocemente gli occhi umidi con la manica della divisa. «Anche gli altri saranno contenti di vederti…»

«Facciamo a chi arriva prima?» propose Miyon, sempre pronta a qualunque tipo di gara.

Prima che Yuugi potesse replicare, una macchina si fermò sul ciglio della strada. «Miyon!!» salutò una ragazza mora spuntando dal finestrino. «Guardati lì, mano nella mano con un ragazzo!»

«Invidiosa, eh, Sakura?» disse lei, stringendo ancora di più la presa.

«Guarda che lo dico a Kaiba!» Sakura rispose con una linguaccia. «Io, Akira e Kyo abbiamo la cerimonia stamattina» spiegò velocemente. «Nel pomeriggio veniamo a vedere la tua, poi usciamo e andiamo da qualche parte per festeggiare?»

«Non al Burger World!» rise Miyon. «Ma si, certo!»

«Okay!!» sorrise Sakura, passandosi una mano nei corti capelli neri. «Ci vediamo dopo, allora!»

«Bye» salutò con la mano Miyon.

Yuugi si sentì sollevato dal fatto che, nei lunghi mesi in cui non si erano parlati, il suo alter-ego non fosse rimasto da solo. D’altra parte, era un po’ dispiaciuto di essersi così escluso dalla sua vita. Decise che da quel momento avrebbe rimediato. «Allora, hai fatto pace con i tuoi amici?» chiese.

 

Sakura Sakuramazu, Kyo Kiryo e Akira Iazawa stavano uscendo in quel momento dalla scuola. Entrambi frequentavano il club di arte ed erano migliori amici, perciò erano sempre insieme. Di questo, Miyon ne era a conoscenza. Quando aveva saputo che si erano risvegliati dal coma, si era subito informata su di loro. Poi, aveva continuato a seguirli da lontano, perché non aveva il coraggio di tornare. Adesso, quel coraggio ce l’aveva. La principessa Antares e il faraone senza nome potevano farcela, insieme.

«Mi… Minaguchi…?» Sakura sbattè le palpebre, come se si aspettasse di veder scomparire la figura della ragazza che li stava aspettando come se fosse un’illusione. Invece, rimaneva lì, ferma, e guardava nella loro direzione.

Alla fine si avvicinò a loro, senza parlare. Rimasero a fissarsi per un arco di tempo indefinito, finchè Miyon, sospirando, non si inginocchiò a terra chinando la testa, di modo che i capelli neri e biondi le nascondessero il volto. «Vi chiedo scusa! Mi dispiace!» esclamò. «Non… Non avrei mai dovuto abbandonarvi… Io… Io ho avuto paura…» Cercò di non singhiozzare, ma non vi riuscì. «Perdonatemi…»

Akira e Kyo si guardarono, come se cercassero l’uno con l’altro conferma di ciò che era successo. Davvero Miyon, sempre così orgogliosa, si era appena prostrata di fronte a loro?

Sakura non stette a pensarci nemmeno un secondo e si gettò a terra per abbracciarla. «Ti picchierei per quello che hai fatto!!» gridò, cercando di soffocarla. «Ma… Mi sei mancata così tanto!!»

In preda alla gioia, Miyon ricambiò l’abbraccio. «Anche voi mi siete mancati…»

Kyo sorrise. «Sai, alla fine ci hanno salvato dei ragazzi finiti nel gioco come noi»

«Si, è vero!» aggiunse Akira. «Soprattutto uno di loro, che aveva addirittura due anime! Non ci credi, vero?»

«Oh, no, ci credo eccome!» rise Miyon. «Chi può saperlo meglio di me?» Dato che i tre la guardavano curiosamente, lei aggiunse «ho tante di quelle cose da raccontarvi…!!»

 

«Adesso, sono di nuovo i miei migliori amici, come una volta» Lo guardò, sorridendo. «Gli altri miei migliori amici»

Yuugi annuì. «E… Con Kaiba?» chiese infine, titubante. Miyon si limitò ad arrossire leggermente, continuando a fissare la strada davanti a lei. Poi cambiò argomento. «Parteciperai al prossimo torneo di M&W?» Camminando e chiacchierando del più e del meno, finalmente arrivarono davanti al cancello della scuola, dove trovarono ad aspettarli Jounouchi, Anzu e Honda.

Con loro Miyon aveva un rapporto un po’ particolare, in quanto da femmina stava loro parecchio antipatica, mentre da maschio era uno dei loro migliori amici, uno che aveva anche rischiato pur di aiutarli. Optò per la soluzione più semplice: fare finta di nulla. «Ciao» li salutò perciò allegramente.

«Ciao…» risposero i tre titubanti, osservando con curiosità le mani giunte di lei e Yuugi.

In quel momento una limousine si fermò sul ciglio del marciapiede, lasciando uscire Kaiba, con la divisa in ordine, e Mokuba che gli portava la valigia, come sempre. Li osservò con il solito sguardo azzurro di superiorità, finchè i suoi occhi non si fermarono su Miyon.

«Nel pomeriggio ho la cerimonia, poi esco con gli altri» disse subito lei, con sfida. «E per oggi, Yuugi è il mio ragazzo» Alzò la mano destra per mostrarglielo. Yuugi arrossì e abbassò lo sguardo.

«Davvero?» alzò le spalle lui, superandoli e avviandosi verso il cortile della scuola, dove le sedie per la cerimonia stavano pian piano venendo occupate da una folla di studenti e genitori. Mokuba lo seguì in fretta, scoccando delle strane occhiate al gruppetto.

«Sarà meglio che vada anche tu…» commentò Miyon lasciando la presa sulla sua mano. Si chinò e premette lievemente le labbra sulle sue, portando la sua temperatura corporea al grado di ebollizione dell’acqua. «Auguri» gli strizzò l’occhio.

«G-grazie…» balbettò Yuugi avvampando.

«Andiamo» disse Anzu irritata. I quattro entrarono nel cortile.

Miyon, invece, rimase ferma, voltandosi ad osservare la limousine che si allontanava lungo la strada per cercare parcheggio. Il vento le scompigliò leggermente i capelli, facendole entrare in bocca una ciocca bionda, libera dalla coda.

«Però domani sei libera, vero?» Kaiba era ritornando indietro, e ora la stava fissando quasi con aspettativa.

«Certo» annuì lei avvicinandosi. «Dove andiamo?»

«Dove ci pare…» si limitò a dire lui, rimanendo ad osservarla come se cercasse di leggerle la mente. Miyon sorrise, poi si spose verso le sue labbra, mentre Kaiba le afferrava la vita sottile. Il vento sussurrò ancora fra i loro capelli mentre si baciavano.

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Yuugi spalancò gli occhi, respirando velocemente con la bocca spalancata, mentre sottili fili di sudore gli scendevano lungo le guance fino a raggiungere il collo. Il lenzuolo azzurrino che lo copriva dal petto in giù si alzava ed abbassava velocemente, in sintonia con i suoi respiri. I battiti erano accelerati.

«Che succede, Aibou?» Yami, apparso con la solita figura trasparente, seduto sul letto accanto a lui, sbadigliò, senza preoccuparsi di coprirsi la bocca con la mano, mentre si strofinava gli occhi violetti, ancora semichiusi per il sonno.

«Ho avuto un incubo…» mormorò Yuugi in un soffio. «Non volevo svegliarti…» Il respiro divenne man mano più calmo, ma lo sguardo restò preoccupato.

Yami gli scoccò un’occhiata indagatrice attraverso il buio della camera da letto. «Che incubo?»

«Ho sognato che…» Yuugi esitò. «Che ti eri fuso con Miyon…»

«Ma dai!!» Yami scoppiò a ridere, sdraiandosi del tutto sul letto, con le mani appoggiate alla pancia.

«Non c’è proprio niente da ridere…» mise il broncio Yuugi, girandosi per affondare il viso del cuscino morbido. «Sembrava tutto così… reale! Ho rivisto la scena con Yami no Bakura, la storia degli amici di Miyon…» Sorrise leggermente mentre tornava a guardarlo. «Anche la scena di Kaiba e Miyon alla consegna dei diplomi…»

Yami smise immediatamente di ridere. «Sei diabolico!» Si alzò, fingendosi offeso. «La vuoi piantare di ricordarmi chi è il ragazzo della mia parte femminile?»

«Va bene, va bene…» Stavolta fu Yuugi a ridere, anche perché, contrariamente al suo alter-ego, pensava che Kaiba fosse il ragazzo ideale per Miyon. Tutto sommato, anche Yami stesso aveva dovuto ammettere che era sempre meglio lui di Yami no Bakura! Fortunatamente, Miyon non voleva più avere a che fare con lui, anche se tutti e tre sapevano che, quando Yami avesse deciso di ritrovare la memoria, avrebbero dovuto chiudere definitivamente il conto con lui. Per il momento, però, pareva essersi rassegnato. Yuugi sospirò ancora, cercando di ricordare cosa veramente fosse accaduto.

 

«Stai meglio?»

Miyon, sdraiata sul letto con le lenzuola che la coprivano fino alla bocca, si voltò leggermente verso la figura che gli aveva parlato: Yuugi, seduto sul letto di fianco al suo. «Si…» Sentiva la fronte ancora calda, ma la febbre era scesa e, in ogni caso, la sua temperatura corporea rimaneva sempre al di sopra dei 36.8. Si levò di scatto la coperta, che la faceva sudare e nient’altro, e si alzò, sedendosi nell’identica posizione di lui. «Abbiamo un problema, noi»

«Già…» annuì Yuugi piegando le labbra all’indietro. «E… come lo risolviamo?»

«Fosse facile… Io so risolvere solo i problemi di massimo e di minimo relativo…» commentò lei contemplando il muro di fianco a lei. «Ho un’idea! Lasciamo le cose come stanno!» Yuugi la guardò male. «Ma si, in fondo Yami mi dava solo fastidio… Mentre tu lo sopporti tranquillamente, perciò meglio così…» Annuì convinta. «Anche perché, se ci fondiamo e divento un maschio?» Scosse la testa preoccupata. «Non voglio assolutamente!!»

«E’ questo il problema?» Yami sospirò, pensando che fosse un caso senza speranza.

«Però… Mou hitori no Bakura ha detto che vivrai di meno…» mormorò Yuugi abbassando lo sguardo.

«E siamo sicuri che sia la verità?» A sentire quel nome, la voce di Miyon si era fatta improvvisamente glaciale. «Ci penseremo a tempo debito! E poi non è vero che sono cagionevol…etchì!»

«Dicevi?» chiese Yami, mentre Yuugi le porgeva un fazzoletto.

«E’ l’aria dell’Egitto che mi fa male…» commentò lei asciugandosi il naso. «Non posso ancora credere di essere stata un’antica egiziana…» Lasciò cadere il fazzoletto per terra e prese le mani di Yuugi nelle sue. «Comunque, non c’è davvero problema. Tienitelo. Al massimo lascerò un bel cadavere al mio funerale» Si staccò. «E comunque non posso morire prima di essere diventata ingegnere»

Yuugi si alzò, improvvisamente spaventato. «Mou hitori no boku… No, è scomparso di nuovo!»

«Eh?» Miyon rimase sconvolta, poi si voltò. Yami era accanto a lei, che la guardava con la stessa espressione stupita. «E’ tornato dentro di me!! Ma com’è possibile?!»

«E non fare quella faccia depressa!» si offese lui.

Yuugi si bloccò. «Vuoi vedere che… Può darsi che, visto che tu sei… Lui, Mou hitori no boku può passare senza problemi da me a te e viceversa»

«E’ vero…» Miyon annuì. Quell’ipotesi reggeva eccome!

«Maledetto Malik… Avremmo anche potuto evitare di aspettare due giorni e così non avrei incontrato Bakura…» borbottò sottovoce Yami.

«Ma se non avessimo incontrato Bakura, non avremo capito ‘sta cosa…» lo contraddisse Miyon, la quale si divertiva un mondo a farlo arrabbiare, senza capirne il motivo. «Comunque…» riafferrò le mani di Yuugi. «Riprenditelo»

Quando l’occhio del sole ebbe smesso di brillare sulla fronte di entrambi, Yami si ritrovò ancora nel colpo di Yuugi. «La piantate di trattarmi come un pacco postale?!» sbottò. Yuugi, per una volta, lo ignorò, anche se aveva il desiderio di rispondergli “consegna effettuata regolarmente”.

«Questa situazione è vantaggiosa» continuò Miyon, che non poteva più sentirlo lamentarsi. «Per esempio, all’università. Studiamo metà per uno, poi il giorno dell’interrogazione me lo passi…»

«Minaguchi, non è che devi sempre guadagnarci da tutto…» disse Yuugi, che in realtà stava sorridendo.

«La solita approfittatrice…»

«Lo dico anche per te!» replicò lei offesa. «Metti che vuoi scopare con una donna, mica puoi farlo con lui tra i piedi! Ma forse a Yami piacciano i film porno…»

«Miyon!!» Le guance dei due ragazzi divennero scarlatte dall’imbarazzo.

 

«Ed è così che, adesso, il potente Faraone vaga da un corpo all’altro…» concluse la storiella Yami in un tono nient’affatto entusiasta. «E’ come se avessi due case, ma…»

Yuugi sorrise leggermente. «Lo sai che hai saltato una parte di questa storia?»

«Quale parte?» Yami alzò lo sguardo al soffitto, facendo finta di niente.

 

«Finalmente si torna casa!» esultò Yuugi, mentre si stiracchiava scendendo le scale, nuovamente illuminate dalla luce del caldo sole egiziano. «Non ne potevo più di quella cavolo di tempesta!»

«A chi lo dici…» concordò Yami senza apparire. «Miyon dovrebbe essere a preparare la valigia… Forse ci aspetta in salotto»

«Guarda che non la devi mica controllare!» scosse le testa Yuugi finendo di scendere le scale e avviandosi verso il salotto. «Visto che è te da femmina…»

«Proprio per questo devo tenerla d’occhio!» replicò Yami, facendolo scoppiare a ridere.

Yuugi entrò tranquillamente nella stanza mal illuminata. «Miyon, se-» Si bloccò immediatamente, sconvolto.

Miyon scese immediatamente dalle ginocchia di Kaiba su cui era seduta un secondo prima, sistemandosi la gonna a pieghe nera, con un’aria che definire imbarazzata sarebbe troppo poco. «Stavo controllando una cosa…» si giustificò subito. «Ah, ehm… E’ ora di partire?»

«Probabilmente ti stava spiegando qualche formula matematica, vero?» commentò geloso Yami, osservando Kaiba che, di nascosto, si puliva il collo dal rossetto rosso che era ormai scomparso dalle labbra della ragazza.

«Venivamo a chiedere a voi…» lo ignorò ancora Yuugi, che era a dir poco scioccato dalla scena a cui aveva appena assistito. «Ma vedo che dovete ancora preparavi, vi lascio soli…» Camminando indietro, uscì dalla stanza e scappò al piano di sopra, con il viso in fiamme.

«Ma che fai?! Sei scemo?!» iniziò a urlare Yami. «Torna subito giù! Aibou!!» Yuugi gli impedì di riprendere il controllo. Non era proprio il caso di disturbarli ancora. Era stato troppo imbarazzante, per lui.

 

«No, non ricordo questo particolare insignificante…» glissò Yami con un’espressione innocentina sul viso, guardando molto interessato il lampadario spento che troneggiava al centro del soffitto.

«Ah…» Yuugi assunse un aspetto altrettanto innocente. «Quindi non ricordi nemmeno il succhiotto rosso che Miyon aveva sul collo quando siamo partiti…»

Yami si ingobbì. «Hai proprio deciso di rovinarmi la giornata, eh, Aibou?»

«Accetta la dura realtà» annuì Yuugi, cercando di trattenere una grossa risata.

«Si, si, va bene…» Yami fece un cenno scocciato con la mano. «Ascolta, piuttosto. Se un giorno io dovessi scomparire veramente-»

«Non dirlo! Non accadrà!» lo interruppe prontamente Yuugi, agitato.

«…Ti prenderai cura di Miyon?» finì la domanda senza ascoltarlo. Anche lui desiderava che quel giorno non arrivasse mai.

Prima che Yuugi potesse rispondere, un cuscino lo colpì in piena faccia. «La vogliamo smettere di fare casino a quest’ora della notte?! Qui c’è qualcuno che domani ha un esame importante!!» gridò Miyon dal letto dall’altra parte della stanza, ricoprendosi poi fin sopra la testa con la coperta.

«Ho l’impressione che sarà lei a prendersi cura di me…» scosse la testa Yuugi, gettando a terra il cuscino. Dopotutto, non era stata Miyon stessa a decidere di venire a vivere con loro due al Turtle Game?

«E’ meglio lasciarla dormire» convenne Yami incrociando le braccia sul petto muscoloso. «Ti ricordo che, per colpa di una stupida sfida, se non prende trenta, sarà costretta a sposare Kaiba!»

«Costretta…» ripetè Yuugi in un tono incredulo. Sinceramente, dubitava che Miyon si fosse mai “sentita costretta” a fare qualcosa, specialmente se riguardava Kaiba. Anzi, non aspettava altro che un brutto voto, probabilmente. «Sai qual è l’unica cosa che potrebbe separarli?»

«Cosa?» chiese Yami subito interessato.

«Dirgli la verità su te e lei» In fondo, a parte Bakura e loro, nessun altro ne era a conoscenza. Miyon e Yami avevano convenuto che, per entrambi, fosse meglio far finta di nulla. A Malik avevano detto che erano gemelli, tanto credevano che non fosse abbastanza intelligente da arrivare alla verità da solo.

«Oh, si, sicuramente» fece Yami ironico. «Sai che, se lo facessimo, Miyon sarebbe capace di tagliarci tu-sai-cosa e poi farcelo mangiare?»

Yuugi rabbrividì. Si, effettivamente lei avrebbe potuto benissimo farlo senza alcun rimorso. «Allora rassegnati»

«E’ l’unica…» Sospirò, ma non tanto tristemente.«Comunque, non ti devi preoccupare» disse Yami con il sorriso sulle labbra, mentre il suo partner si sdraiava a letto. «Io non potrei mai fondermi con Miyon»

«Perché?» Yuugi tirò su il lenzuolo per coprirsi.

«Vedi, nonostante tutto…» Yami scosse drammaticamente la testa. «Io continuo a odiare profondamente la matematica!»

Yuugi scoppiò a ridere, ma si contenne coprendosi la bocca con la coperta.

«Non è divertente…» Yami piegò le labbra carnose all’indietro in un finto risentimento. «Buonanotte, Aibou»

«Buonanotte, Mou hitori no boku» Yuugi appoggiò la testa al cuscino morbido e chiuse gli occhi, addormentandosi nuovamente.

 

Fine…?

 

Note di Akemichan:
Lo so, questo capitolo è oltremodo incasinato… La mia migliore amica (e prima lettrice e critica) ha detto che si capiscono abbastanza bene i collegamenti logici, spero sia così anche per voi ^^ Vi assicuro che lo scopo di questo capitolo non era confondervi le idee (ah no? N.d.tutti), ma spaventarvi un poco facendovi credere una cosa al posto di un'altra ^^ Sono cattivella?
Alla fine, ho deciso di non descrivere totalmente il passato (per ora), perché sono rimasta ancora troppo legata all’altra storia e verrebbe un casino, poichè finirei per fonderle assieme mentre partono da basi completamente diverse. ^^ Quindi la termino nel presente.
Spero vi sia piaciuta, è una fine aperta, ma la preferivo ad una fine chiusa come poteva essere senza l’ultima parte.
Visto che tutti mi avevate chiesto di scrivere il capitolo bonus sulla partita, ho deciso di farlo ^^ Vi ringrazio per il vostro incoraggiamento, mi fa veramente molto piacere ^^ Spero di esserne all’altezza, perché non sono sicura che descrivere una partita di basket sia così semplice come sembra… è quasi più facile giocarla ^^ Io ci provo, mi direte voi com’è venuta… Speriamo in bene ù_ù La pubblicherò martedì sedici, di ritorno dalla montagna. Ciao a tutti ^^

Reviews:

Evee (che ha recensito la storia “Past and present”): Complimenti per la resistenza ^^ Quaranta capitoli non so certo pochi… Mi spiace, prometto che non ne farò mai più così lunghe…^^’’ Sono contenta che ti sia piaciuta ^^ Sai, visto che l’antico Egitto mi piace (e la civiltà classica in generale) ho letto molto sull’argomento tra trattati e romanzi, quindi mi sono fatta una cultura, ma ti assicuro che quello che so, rispetto a tutto quello che c’è da sapere, non è nulla… Grazie ancora per la recensione ^^

Kelly: Vado su in un paesino sperduto tra gli Appennini ù_ù Se martedì non pubblico è perché mi sono persa nei boschi :-P Si, è vero, quella parte del manga è tutta cambiata, però bisogna dire che prima Yami da una bella batosta ad Otogi nel gioco delle carte ^^ Troppo bello quando lo fa *_* La cosa più incredibile non è il padre di Duke, ma il nonno di Yuugi che era un giocatore d’azzardo XD!! E comunque, io non ho mai detto che Seto è più forte nel passato (come no? N.d.Setodeluso) Ho detto che Antares pensava questo ^^’’ Ma poi Yami è diventato Faraone, quindi, a rigor di logica… (nooo N.d.Seto) Non potevo metterli insieme come marito e moglie perché veniva troppo banale ù_ù E poi le tue fan ci restavano male (però hai fatto restare male le fan di Kaiba! N.d.Yami) Ah, è vero…^^’’ Vabbè, pazienza! (si, tanto le minacce di morte vengono a me N.d.Miyon) Comunque mi fa piacere che come idea ti sia piaciuta. ^///^ Bye ^^

Ayu-chan: Ma no, non sono così cattiva! Potevo trasformarlo del tutto in una donna, se volevo ^^ Invece non l’ho fatto (grazie, eh… N.d.Yami ironico) Spero che tu abbia dormito, altrimenti mi sentirei in colpa (e verso di me non ti senti mai in colpa? N.d.Yami) Uhm… *Akemichan finge di pensarci* No (e sei pure mia fan!! ç_ç N.d.Yami) Se non te l’aspettavi sono contenta, almeno ho provocato (una volta nella vita!) l’effetto sorpresa ^^ Speriamo di vederci in chat al mio ritorno. Bye ^^

Phoenix: ^///^ Grazie dei complimenti, e per non avermi tirato nulla addosso ^^’’ Bye ^^

Jaly Chan: sono contenta che ti sia ripresa dallo shock ^^’’ Dopo le prime due righe ho temuto il peggio, visto che nemmeno Seto era riuscito a rianimarti… ù_ù (avverto che io la respirazione bocca a bocca non la faccio manco sotto tortura! N.d.Seto) In effetti ci sono stata un po’ a pensarci, dicendomi “cosa la gente NON penserebbe mai”? Ed è venuto fuori questo ^^ Comunque mi fa piacere che tu abbia notato che i due si somigliavano ^^ Si, è l’ultimo, avevo promesso di non farne mai più lunghe come la precedente ^^’’ Però, come hai visto, il finale è aperto al massimo ^^ No, Seto non affogherebbe mai suo fratello, poi chi gli porta la borsa quando lui se ne va in giro? ^^ (crudeli ç_ç N.d.Mokuba) Grazie per il consiglio sul mal di mare, a questo punto posso venire anch’io sulla barca di Seto ^^ (basta, ve ne regalo una nuova, piuttosto! N.d.Seto stranamente generoso) Dì un po’, com’è che non ci vuoi a mezzo… (è che ha invitato Miyon… N.d.Yami che fa la spia) Ahh, ora si spiega tutto… Poi te la vedi tu con le tue fan, a me basta la barca :-P Bye ^^

Newe: Grazie per i complimenti ^///^ Sono felice di essere stata originale, alla fine ^^ Se ti immagini la scena, spero di essere riuscita a descriverla decentemente ^^ Anche se immaginarla mi ha divertito parecchio ^^ Bye ^^

Viky: Grazie dei complimenti ^///^ Se è stato davvero un colpo di scena come dici, vuol dire che sono riuscita nel mio intento, una volta tanto ^^’’ Si, questo è l’ultimo capitolo, dispiace un po’ anche a me, ma in fondo devo rispettare la promessa di non fare più storie lunghe come la precedente ^^’’ Bye ^^

Angel Riddle: Non c’è problema, figurati ^^ Piuttosto sono contenta che la storia ti piaccia. Bye ^^

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Capitolo 12
*** Capitolo Bonus ***


Reviews

La partita di basket

 

Il piccolo spogliatoio della palestra, quello riservato alla squadra della Sasaki, era affollato di giocatrici. Le voci delle ragazze si perdevano in altrettante voci e, nonostante fossero solamente in dodici, da fuori chiunque avrebbe pensato di trovarne almeno il doppio. Ormai le giocatrici stavano terminando gli ultimi preparativi, come la pettinatura e il fiocco nelle scarpe da ginnastica, pronte a scendere in campo.

Yami, nel corpo di Miyon, stava davanti allo specchio, guardando ammirato la sua bella divisa blu, con la scritta “Sasaki” sul davanti e il nome “Minaguchi” sulla schiena, proprio come i campioni dell’NBA. Viste anche le scarpe da ginnastica sullo stesso stile, i calzettoni con la striscia blu e le polsiere bianche come le scritte, gli sembrava proprio di essere diventato un grande campione.

«Ehi, Michael Jordan!» lo chiamò, scherzando, Miyon. «Sveglia! Non sei ancora pronto»

«Come no?» chiese lui, tranquillo che nessuno avrebbe mai notato che parlava da solo, vista la confusione. Aveva preso il controllo non appena lei aveva finito di vestirsi, perciò non credeva che mancasse ancora qualcosa.

Miyon indicò i lunghi capelli che gli ricadevano morbidi sulle spalle. «Devi farti la coda. Speri forse di correre quaranta minuti con quei cosi che ti entrano da tutte le parti?»

«Allora perché li tieni lunghi?» chiese Yami, scoccandole un’occhiata storta.

«Perché mi va!» Lei incrociò le braccia sul petto, offesa. «Adesso non posso più vestirmi come mi pare…»

«Va bene, va bene… Faccio la coda, contenta?» Subito dopo aver pronunciato questa frase, si bloccò, restando fermo con lo sguardo leggermente abbassato e le mani giunte sul davanti.

«Che c’è ora?»

Yami esitò. «Non…»

«Non cosa?» chiese ancora Miyon, esasperata.

«Non so come si fa una coda… mai fatta!» si azzardò a dire lui.

Miyon alzò gli occhi al cielo, pensando che sarebbe stato meglio evitare qualunque commento. «Ti insegno io» disse con una pazienza strana per lei. «Prendi l’elastico, nella tasca piccola dello zaino»

Yami iniziò a frugare dentro quella piccola borsa di Mary Poppins. «Non c’è» disse alla fine, dopo un’accurata ricerca, dalla quale era emerso un portafoglio, un portachiavi senza chiavi, un paio di scontrini, un biglietto dell’autobus usato, una carta d’identità sporca di marmellata e un pupazzino rotto di Winnie Pooh. «No, l’ho trovato!» fece esultante estraendo finalmente un piccolo elastico blu. «E questo cos’è?» L’elastico risultava attaccato ad un piccolo pacchiettino quadrato, viola e sottile. 

«Hai le mestruazioni, Minaguchi?» chiese la ragazza che stava finendo di allacciarsi le scarpe da ginnastica di fianco a loro due.

Yami arrossì fino alla punta dei capelli, capendo cosa fosse l’oggetto che teneva in mano. 

La ragazza lo guardò un po’ preoccupata. «Guarda che non ti devi mica vergognare! A diciassette anni sarebbe più grave non averle!»

Miyon si battè una mano sulla fronte. La situazione sarebbe potuta essere comica, se non fosse stata lei, in fondo, a fare brutte figure. «Cosa fai lì impalato? Mettilo via!»

«Si» Yami obbedì immediatamente, quindi si allontanò immediatamente dall’altra ragazza, precipitandosi verso lo specchio. «Adesso…»

«E’ semplice» sorrise Miyon, a cui non dispiaceva fare la maestrina. «Allarghi l’elastico tra le quattro dita, poi prendi tutti i capelli e ce li infili dentro, quindi lo giri finchè non si blocca»

«Okay» annuì Yami convinto, ripetendo meccanicamente le sue istruzioni. Il risultato fu una coda moscia e spettinata, che pendeva molto da sinistra.

«Hai la coda storta» gli disse infatti sempre la ragazza di prima, che, pronta, stava già uscendo per andare in palestra.

«Ma quella, si fa i fatti suoi, ogni tanto?!» chiese lui arrabbiato. Miyon, ormai rassegnata, riprese il controllo per rendere la sua pettinatura al limite della decenza, quindi i due, ormai rimasti soli nello spogliatoio, si diressero finalmente in palestra.

«Quanta gente!» esclamò Yami, il quale era abituato a giocare in solitudine, o, al massimo, in presenza dei suoi amici. Persino a Battle City aveva finito per cercare duelli solitari!

«La squadra di basket della Sasaki è molto famosa» spiegò Miyon. «E anche i nostri avversari, la scuola Fumino, sono molto forti»

«Non vedo l’ora di iniziare!» Yami si gettò sulla prima palla che gli capitò e corse al canestro libero per tirare.

«Minaguchi!!» ruggì il coach, fermo davanti alla postazione degli arbitri col resto della squadra. 

Yami si bloccò. «E ora che diavolo ho fatto?» si lamentò, visto che, per qualche “strana” ragione, l’allenatore se la prendeva sempre con lui.

Miyon lo chiamò punzecchiandolo sulla spalla con un dito. «Devi andare a fare il riconoscimento»

«Il che?» chiese Yami, lasciando con evidente delusione la palla e raggiungendo la postazione che lei gli stava indicando.

«Nessuno ti torturerà, tranquillo» sorrise Miyon. «Quando l’arbitro chiama il tuo, cioè il mio cognome, tu devi dire il nome e il numero di maglia»

«Che sarebbe?» annuì Yami cercando di posizionarsi il più lontano dalla ragazza rompi di prima.

«Sei stato mezz’ora davanti allo specchio e non lo sai ancora?» Lei scosse la testa, perdendo ogni speranza.

«Parla quella che è stata un’ora davanti ad una vetrina e poi è entrata per chiedere il prezzo che era scritto grosso come una casa proprio in vetrina» ribattè tra i denti lui.

«Okay, uno a uno… E’ l’undici» mormorò Miyon. Poi sorrise felina. «Se provi a sbagliarti e a dire Yami ti ammazzo»

«Minaguchi» chiamò l’arbitro. Yami avanzò sicuro. «Undici, Ya- Miyon»

«Lo stavi facendo davvero!! Non posso crederci!!» piagnucolò lei, tranquillizzata dal fatto che, per fortuna, si era corretto in tempo e nessuno aveva notato la svista. «Meglio che l’allenamento preliminare lo faccia io…» aggiunse poi.

«Perché?» si offese lui. «Guarda che sono diventato bravo, dopo l’allenamento dei giorni scorsi»

«Bravo… Passabile, diciamo» Miyon sospirò. «E va bene»

Yami, soddisfatto, si dispose in fila a uno dei lati della metà campo utilizzata dalla Sasaki, osservando il tipo di esercizio che stavano facendo. L’altra fila, che possedeva la palla, la passava correndo a quelli della loro fila, i quali tiravano in terzo tempo. Non sembrava particolarmente difficile, anche se il “terzo tempo” non gli riusciva ancora del tutto, come mossa.

«Minaguchi» chiamò dall’altra fila la numero sette, quando fu il suo turno. Yami iniziò a correre, aspettando che gli passasse la palla. Il problema fu che, possedendo un corpo in due, Miyon non aveva potuto allenarlo nei lanci, quindi, nonostante le mani in posizione, il passaggio fu così veloce e forte, che Yami non riuscì a bloccarlo e se la prese dritta sul naso.

«In partita, non farti mai passare la palla» gli consigliò Miyon, mentre lui era costretto a rimanere seduto in panchina con un fazzoletto pieno di ghiaccio premuto sul naso sanguinante. «Rubala, piuttosto»

Depresso, Yami iniziò a concentrarsi sulla squadra avversaria. «Accidenti!» esclamò, vedendo le numeri sei e otto, che sicuramente raggiungevano entrambe il metro ed novanta. «Sono altissime!»

«Avevo sentito parlare dei pivot della Fumino…» mormorò Miyon, anche lei impressionata. Yami scoppiò a ridere, finchè lei non gli spiegò che “pivot” non era un insulto, ma il ruolo che una determinata persona assumeva durante la partita.

«Non me ne avevi mai parlato…» si difese lui.

Miyon afferrò la lavagnetta del coach, che aveva disegnata la metà campo. «La numero sette e la numero cinque sono i nostri playmaker e stanno qui» Segnò con una croce sulla linea dei tre punti, esattamente sopra la lunetta dei tiri liberi. «Il compito del playmaker è portare su la palla dall’altra metà campo e coordinare il gioco. È lei che chiama gli schemi»

«Schemi? Quali schemi?» si preoccupò Yami.

Lei imprecò sottovoce. «Ho dimenticato di spiegarti gli schemi… Bè, lo faccio dopo» Scosse la testa, riprendendosi. «Mi auguro che tu abbia buona memoria…»

«Lascia perdere e dimmi la cosa più importante…» disse Yami improvvisamente agitato. «Io… Dove cavolo devo stare?!»

«Qui o qui» Miyon segnò due zone ai lati del playmaker, ma leggermente più bassi rispetto a lui. «Ala generica. Non abbiamo ancora distinzioni fra grande e piccola come in NBA»

Finalmente, l’arbitro fischiò e le due squadre rientrarono in panchina, per prepararsi ad iniziare a giocare. Nel quintetto iniziale fu chiamata anche Miyon, con grande gioia di Yami che non vedeva l’ora di rifarsi, vista la botta presa precedentemente. L’arbitro diede alle cinque ragazze alcune istruzioni su come comportarsi, istruzioni che logicamente lui non ascoltò minimamente, troppo impegnato a ripassare mentalmente tutte le informazioni su schemi e ruoli che Miyon era riuscita a dargli a tempo di record. Quindi le due squadre entrarono in campo.

«Ora c’è “ai due”» spiegò Yami saccente, per dimostrare che aveva imparato come giocare. «Posso mettermi dove voglio attorno al cerchio di centrocampo»

«Esatto» annuì Miyon un poco preoccupata. «Ci sono domande, prima di iniziare?»

«Si, una…» fece lui guardandosi attorno. «Noi dove tiriamo?»

Miyon si battè una mano sulla fronte per essere sicura di non avere un incubo. Cercando di restare calma, gli chiarì: «dalla parte dove guarda quello della nostra squadra che fa “ai due”. Ed è SEMPRE così»

«Okay» Yami fece il segno del pollice alzato per cercare di tranquillizzarla, quindi si sistemò attorno al cerchio.

L’arbitro fischiò, lasciando in aria la palla. Entrambe le giocatrici saltarono, ma la numero nove della Sasaki fu più rapida e con una precisa schiacciata sbattè la palla nella meta campo avversaria, giusto fra le braccia di Miyon.

«E ora cosa devo fare?» si chiese Yami tenendola stretta al petto.

«Palleggia, passala al playmaker, non stare lì impalato!!» urlò lei saltellandogli attorno.

«Non mi ricordo chi è il play!» scosse la testa lui, preparandosi a palleggiare. Prima che ci riuscisse, l’interro quintetto della Fumino gli fu addosso, scaraventandolo a terra.

L’arbitro fischiò fallo alla prima giocatrice che gli capitò sottomano, fortunatamente alla numero otto, e assegnò la rimessa laterale alla Sasaki. Yami gettò via la palla non appena le cinque lo liberarono e scappò via verso il canestro.

Il playmaker prese la palla e si dispose al centro, lasciando che tutte le altre ragazze prendessero posizione. Yami, una volta sistematosi, si accorse di un’avversaria che gli stava di fronte, con il braccio teso ad intercettare la palla. «Marcatura?» chiese a Miyon. Lei annuì.

«Schema uno!» chiamò il playmaker.

«Lo ricordi?» domandò Miyon, sperando in un miracolo.

«Certo» annuì Yami correndo verso il pivot, mentre l’altra ala correva vero di lui.

«Quello è il due, non l’uno!!» gli gridò Miyon, ma ormai era troppo tardi per rimediare. A quanto sembrava, Yami ricordava gli schemi alla perfezione, ma non i numeri che li distinguevano. A causa della leggera confusione che il suo errore provocò, il playmaker avversario riuscì a sottrarre la palla e a far canestro in contropiede.

Due a zero, rimessa della Sasaki. Yami riprese la sua posizione nella metà campo, cercando di ricordarsi mentalmente le regole, mentre aspettava che la playmaker arrivasse con la palla. Questa, invece che chiamare uno schema, dato che le avversarie marcavano a zona, gli passò la palla, cercando di entrare in area. Non appena Yami ricevette la palla, non stette neppure a ragionare per un istante, ma si mise in posizione di tirò e lanciò.

«Non devi tirare appena prendi la palla!! Prova a giocarla!» gli consigliò Miyon un secondo prima che la numero otto, dall’alto del suo metro e novanta, gli stoppasse la palla, rubandogliela.

«E’ fallo!» protestò Yami.

«Invece no, se ha toccato la palla e non il braccio!» spiegò Miyon, la cui pazienza si era ormai trasferita definitivamente alla Hawaii.

«Questo non me lo avevi detto» si difese lui, ancora una volta con la stessa frase, correndo all’inseguimento dell’avversaria con la palla. Cercò di sottrargliela mentre le camminava al fianco, ma inciampò e, per sbaglio, le diede una botta sul braccio, che l’arbitro fischiò immediatamente come fallo. Alla rimessa successiva, l’allenatore richiamò Miyon in panchina, sostituendola con un’altra giocatrice.

«Perché?» protestò Yami sottovoce, mentre si sedeva arrabbiato.

«Vediamo se riesco a spiegarti…» Miyon scosse la testa, mentre lui si poggiava la giacca della tuta sulle spalle per non prendere freddo. «Se tu, in una mano di carte, avessi un mostro da 500 e uno da 2000, quale manderesti in campo?»

Yami la guardò male. «Vuoi dire che sono scarso?»

Lei annuì lievemente. «Abbastanza. E meno male che ti chiamavano Yu-Gi-Oh!» aggiunse ironica. «Che razza di giochi facevi, a parte M&W?»

«Erano… diversi» Non era una giustificazione, piuttosto una delusione per non riuscire a combinare, in campo, quello che aveva nella testa. «Non erano di squadra, e poi… erano quasi tutti giochi di ruolo»

«Dove serve la fortuna, più che l’abilità» dedusse per logica Miyon.

La loro conversazione venne interrotta dalla solita ragazza di prima. «Con chi stai parlando?»

«Con l’altro me stesso che vive dentro di me, ti dispiace?» replicò brusco Yami, che non la sopportava più. Lei fece una faccia offesa e si voltò dall’altra parte.

Dopo alcuni minuti di silenzio, Miyon, seduta accanto a lui sulla panchina, osservando Yami fare strani gesti in direzione del campo, si azzardò a chiedere: «mi spieghi cosa stai facendo?»

«Ho pensato che, se in campo qualcuna si fa male, il coach dovrà per forza farci rientrare» rispose lui, il quale stava probabilmente eseguendo dei complessi rituali magici per portare sfortuna in campo.

Miyon si morse le labbra prima di esplodere. «Sei un imbecille!!» gli gridò. «Davvero non ha mai fatto giochi di squadra, se non sai queste cose basilari!» Sbuffò seccata, accavallando le gambe. «Non puoi far ferire i nostri compagni…»

«Questo lo so» replicò Yami, un poco offeso. «Solo che… Questa sarà probabilmente la prima e l’ultima volta che gioco a basket e-»

«Si, ho capito» lo interruppe lei. «Il fatto è un altro. Tu non hai mai “giocato” veramente. A parte abilità e fortuna, ciò che distingue il basket dai giochi che hai fatto tu è l’energia. Tu non stai fermo seduto ad un tavolo, tu metti te stesso in gioco. Rischi, sudi, soffri e ti diverti. Questo è giocare, per me»

Yami la ascoltò attentamente. «Se giocassi a M&W, ti accorgeresti di quante somiglianze ci sono» disse sorridendo, quindi tacque e si mise ad osservare attentamente lo svolgimento della partita con uno sguardo così assorto che lei non osò più interromperlo.

All’inizio del secondo tempo, l’allenatore decise di dare a Miyon un’altra opportunità. Mentre Yami si metteva attorno al cerchio del “ai due”, lei sospirò. «Siamo sotto di venti punti…»

«Adesso li recuperiamo» alzò le spalle lui.

«Mi sembra improbabile…»

Yami si accigliò. «Cos’è questo atteggiamento disfattista?»

«E’ che…» Miyon non ebbe il coraggio di dirgli che dubitava seriamente delle sue doti come giocatore.

«Lasciami fare» Yami guardò il tabellone con uno sguardo serio negli occhi viola e le labbra leggermente piegate in un sorriso deciso, tanto che lei si sentì come sollevata da quello sguardo deciso.

Ancora una volta, la loro compagna riuscì ad avere la meglio e l’intera squadra si dispose per giocare lungo la metà campo. Yami ottenne la palla direttamente dalla playmaker e si mise in posizione di tiro.

Miyon alzò le braccia al cielo. «Non ti avevo detto di non-» Si bloccò, vedendo che Yami, invece di tirare immediatamente, aveva aspettato che la numero otto venisse a bloccarlo, per iniziare a palleggiare ed entrare velocissimo in area, dove finalmente si fermò e tirò, perché non era ancora in grado di eseguire un terzo tempo. «Quando hai imparato a fare le finte?» chiese lei sorpresa.

«Ho osservato bene le “sempai”» sorrise lui. «E ho imparato dai miei errori»

Lei gli strizzò leggermente l’occhio. «Ben fatto»

Yami si diresse verso la metà campo avversaria, cercando con gli occhi la ragazza che doveva marcare. Guardandosi attorno, osservò che il playmaker del Fumino, una ragazzina talmente esile da sembrare una bambina, e che perciò gli ricordava molto Yuugi, agile e velocissima nelle finte, era riuscita a liberarsi dalla marcatura e si preparava ad entrare in area. Corse subito a bloccarle la strada.

«E’ mia!» protestò leggermente la numero sette della Sasaki.

«Ma tu non riesci a marcarla» ribattè secco Yami. «Sai quanti punti ha fatto nel primo tempo?» Con uno sbuffo seccato, lei andò a controllare l’altra avversaria rimasta libera.

«E tu pensi di riuscirci?» chiese la playmaker, palleggiando con la schiena indietro, in modo da tenere la palla coperta con il corpo. Eseguiva sempre la stessa mossa, fingeva di andare in una direzione e poi, se l’avversario la seguiva, con un rapido cambio, scattava via nella direzione opposta. Era talmente veloce che era difficile fermarla.

Yami non rispose, ma si limitò a restare fermo, con la schiena ben dritta e le braccia lungo i fianchi, e chiuse gli occhi.

«Sei scemo?!» si spaventò Miyon, indecisa se riacquistare o no il controllo del suo corpo.

«No, sono il re dei giochi» replicò lui a labbra socchiuse, con la sicurezza che gli era propria.

Anche la playmaker rimase particolarmente stupita, ma si riprese in fretta. Perché sprecare un’occasione così favorevole? Spinse la palla in avanti per entrare in area con il terzo tempo. Un palleggio solo e Yami, riaprendo gli occhi, spostò il braccio con una rapidità che sorprese anche lei, gettando la palla in direzione della sua compagna prima che, a causa del palleggio, questa ritornasse nelle mani avversarie. La sua compagna non si fece attendere: recuperò la palla in un attimo e corse in contropiede a fare canestro.

«Sei un sensitivo?» chiese Miyon, che non sapeva se odiarlo o amarlo, in quel momento.

«Diciamo che sono sensibile ai rumori» fece lui, modesto.

Dopo i due punti, la rimesse passò alla Fumino. «Minaguchi! Marca a uomo la playmaker!» gli urlò l’allenatore dalla panchina. Yami non aspettava che un ordine simile, visto che considerava quella ragazza la migliore dei loro avversari. Dopo tre tentativi di rimessa, tutti intercettati da Yami, il quale, in quel momento, sembrava essere diventato un campione, la rimessa tornò alla Sasaki.

Riuscire a passare la palla ad una compagna fu un’impresa piuttosto difficile, visto che, essendo nella loro metà campo, si trovavano ad essere marcati dall’intero quintetto della Fumino. Prima che scadessero i cinque secondi concessi, Yami gridò: «lanciala in alto!» La compagna ubbidì, perché non vedeva alternative.

Allora Yami si appoggiò alla spalla dell’avversaria che lo stava marcando per proiettarsi in alto, fare un mezzo giro su sé stesso, intercettare la palla in aria e schiacciarla dentro il canestro, atterrando malamente sulle ginocchia. Tutti rimasero così scioccati che persino l’arbitro si dimenticò di fischiare i due punti fatti.

Miyon si diede un pizzicotto per accertarsi di essere sveglia, ma, essendo in forma di spirito, non sentì alcun dolore e si convinse di stare sognando. «Come. Diavolo. Hai. Fatto?»

«Uhm… Sono un genio?» Al viso ancora incredulo di lei, aggiunse scherzando: «Bevo molti Powerade»

«Mai vai a…» Miyon preferì non terminare la frase.

Il gioco riprese e per un po’ si ebbero momenti altalenanti, in cui Yami lasciò giocare Miyon, la quale si limitò ad appoggiare le compagne, che avevano una mira più precisa rispetto alla sua, nelle azioni. «Così non va» disse lui ad un certo punto, mentre, osservando il punteggio, notava che erano ancora sotto di quattordici punti. «Se continuiamo a fare un canestro noi e un canestro loro, non li recupereremo mai!»

«Non ci resta che usare la nostra arma segreta» disse Miyon, con uno sguardo e un tono da film di 007.

Yami sorrise sardonico. «Tocca a me, allora» Si scambiarono ancora di posto, mentre al centro vi era una piccola rissa, nella quale la palla rotolò via senza che nessuno se ne accorgesse. Lui, che in quel momento era distante perché stava, nel bel mezzo di un’azione, appunto chiacchierando con la sua ospite, vi si precipitò sopra e la prese, correndo fino alla linea dei tre punti. «Che diavolo fai?!» gli gridò l’allenatore, ma fu costretto a tacere nel momento stesso in cui la palla entrò precisa dentro il canestro.

Dalle tribune esplose un boato, al quale Yami, onorato, rispose con un leggero inchino. «Adesso ne facciamo una ventina di seguito» propose alla sua compagna che rideva alla faccia sconvolta dell’allenatore, il quale sembrava essere stato fulminato in quel preciso istante.

All’azione dopo, Miyon ottenne la palla, ma si accorse che le sarebbe stato impossibile lasciar tirare Yami da tre, perché le avevano mandato come marcatore la numero otto, alta almeno venti centrimetri più di lei. «Blocco!» chiamò allora, e due sue compagne si precipitarono ai lati della otto, costringendola a deviare direzione e a perdere tempo.

Miyon ne approfittò ovviamente per spostarsi lateralmente di quanto bastava per avere la visuale libera, quindi lasciò il posto a Yami che infilò un altro canestro da tre. «Questo sì che è lavoro di squadra» commentò lui con il pollice alzato in direzione delle due ragazze che lo avevano aiutato bloccando la marcatrice.

La solita ragazza, in quel momento in campo con loro, si avvicinò interessata. «Accidenti Minaguchi! Da quando sai fare tiri da tre?»

Yami contò fino a dieci per non esplodere. «Te lo dirò quando tu imparerai a farti i c… tuoi» le sussurrò all’orecchio, con un tono che definire sarcastico era troppo poco.

Nei minuti che seguirono Yami riuscì, sempre grazie all’aiuto delle compagne che cercavano di lasciarlo libero il più possibile, ad azzeccare altri cinque canestri, riportando la situazione quasi in parità. Mancavano tre minuti alla fine, e la Fumino fece entrare in campo anche l’altra ragazza da un metro e novanta, la numero sei. Le due, assieme, riuscivano ad intercettare tutti i rimbalzi, garantendo un canestro per la loro squadra ad ogni azione. In questo modo, anche per Yami diventava più difficile riuscire a tirare oltre la linea senza essere stoppato.

All’azione successiva, Miyon prese il controllo e si fece passare la palla. «Che intendi fare?» le chiese lui. In tutta risposta, lei penetrò in area con il suo palleggio sicuro e iniziò il terzo tempo, proprio in direzione della numero otto. «Ti sei rimbecillita?!» le gridò lui. «Hai visto quant’è alta?! Ti sfracellerai!» Difatti, la mano gigante della numero otto getto a terra Miyon al secondo passo del terzo tempo. «Che ti avevo detto?» commentò Yami polemico.

L’arbitro fischiò, facendo strani gesti con le mani. «Fallo della numero otto» Un altro fischio corrispose nella postazione dei giudici, segnalando che si trattava del quinto e che, quindi, la giocatrice in questione doveva lasciare il campo, come da regolamento.

«L’hai fatto apposta…» dedusse Yami ammirato, visto che, per la numero otto, sarebbe stato impossibile bloccarla in terzo tempo senza commettere un’infrazione.

Lei si alzò leggermente dolorante. «Sono i trucchi del mestiere» sorrise sardonica. «Ora guarda che ti combina la professionista» Miyon azzeccò entrambi i tiri liberi, nei quali era particolarmente portata. Si asciugò il sudore con la polsiera prima che gli entrasse negli occhi. 

«Adesso che dobbiamo confrontarci con una stanga sola, non va così male» disse Yami, vedendo che, grazie a quei due canestri, erano sotto di un solo punto.

Mancavano ormai quindici secondi alla fine della partita e la squadra della Sasaki era ancora sotto di un punto. Il problema era che la palla era in possesso della Fumino. «Se riesco a prenderla, mi prometti che non sbagli il tiro?» disse Yami, fermo in mezzo alla metà campo, mentre osservava il pallone rotondo passare da una mano all’altra senza fermarsi mai.

«Stai scherzando?» replicò lei offesa.

Yami si piegò leggermente sulle ginocchia, sempre seguendo i movimenti con gli occhi viola, quindi scattò improvvisamente, riuscendo a sforare la palla e a farle cambiare direzione. Si precipitò a riprenderla, trovandosi di fronte alla numero sei in tutto il suo metro e novanta. Allora non prese la palla, bensì la schiacciò a terra, facendola passare sotto le sue lunghe gambe, quindi si abbassò e anche lui la superò in scivolata passando al di sotto. La numero sei rimase così sorpresa che si bloccò ad osservare la galleria formata dalle due gambe aperte, dov’era appena passata l’avversaria.

«A te» disse Yami lasciandole il posto. Miyon corse con tutti il fiato, poco, in verità, che le era rimasto, e si fermò a tirare sulla linea del tiro libero, accorgendosi che non avrebbe fatto in tempo ad arrivare più vicina. Infatti, l’arbitro fischiò la fine proprio nel momento in cui la palla toccava il ferro e rimbalzava all’interno del canestro con una precisione che sembrava studiata, mentre invece era solo fortuna.

 «Abbiamo vinto» dedusse tranquilla Miyon, come se parlasse del tempo.

«Ne dubitavi?» commentò Yami, cercando di trattenere il sorriso che si allargava sul suo viso. «Dopotutto, io sono il re dei giochi!»

Lei scoppiò a ridere, tanta era la voglia dopo la sua scivolata sotto le gambe della numero sei. «Meglio che non faccia commenti»

 

Dato che entrambi, dopo la partita, erano ancora molto eccitati, si fermarono in palestra fino a sera, quando ormai tutto il pubblico aveva lasciato l’edificio e la notte stava calando i suo mantello sul cielo azzurro e rosso.

«E’ stata la partita più bella della mia vita!» esclamò Miyon stiracchiandosi le braccia. 

Yami sospirò leggermente. Quanto gli sarebbe piaciuto poter giocare ancora in questo modo… In realtà, avrebbe preferito avere il corpo separato da lei, in modo da poterle passare la palla, ma finchè non fosse stato capace di farlo, avrebbero potuto continuare in questo modo… No! Non ci doveva pensare. Domani sarebbero andati in Egitto, da Yuugi…

Miyon fece un leggero terzo tempo con le sue gambe esili e fece battere la palla sull’angolo del quadrato nero, mandandola in canestro. Dalla porta laterale della palestra venne un leggero applauso. «Kaiba?» Senza motivo, arrossì. «N-non avrai assistito alla partita, vero?»

«Non avevo da lavorare» rispose lui vago, senza risponderle veramente. «Ma di chi è il merito, tuo o di Yuugi?»

«Uhm…» Lei finse di riflettere. «Diciamo metà per uno…»

«Tutto merito mio, ovviamente» Yami si scambiò di posto e fece uno dei suoi sorrisi ironici, tanto che per Seto fu impossibile non capire chi aveva di fronte.

«Ah, si?» Con un gesto rapido Kaiba gli sottrasse la palla che teneva sottobraccio e la tirò a canestro tra la linea dei tre punti e il quadrato del tiro libero.

«Sai giocare a basket?» si stupì Yami, un poco seccato dalla facilità con cui il suo rivale aveva centrato il canestro, mentre lui ancora non riusciva ad avere una mira precisa.

«Me la cavo» rispose l’altro stranamente modesto. «Sempre meglio di quanto riesca a fare tu…»

«Cos’è, una sfida?» domandò Yami, vedendo che Seto si era tolto la giacca e adesso palleggiava tranquillamente a bordo campo.

«Secondo te?»

Allora, Yami balzò in avanti intenzionato a rubargli la palla, e i due cominciarono un incontro uno contro uno. «Ehi!» si lamentò Miyon, ma si rassegnò vedendo quanto impegno ed energia ci stavano mettendo. «Io non li capisco del tutto…» commentò, facendo apparire la sua figura trasparente sulla panchina a guardarli. Poi sorrise. Era bello restare a guardare le due persone più importati della sua vita che giocavano assieme. Arrossì ancora. Aveva detto “le più importanti”…?

Yami, finalmente, riuscì a sottrargli la palla, uscire dai tre punti e tirare. «Ho vinto» sorrise, vedendo che la palla entrava di “ciuffo” nel canestro. D’altronde, restava sempre il re dei giochi.

 

Note di Akemichan:
Ecco a voi il capitolo bonus promesso! Spero che vi sia piaciuto, visto che descrivere una partita di basket non è così facile come credevo ù_ù Sappiatemi dire. A proposito, se non capite qualcosa di quale regolamento, chiedete pure alla sottoscritta, perché sulle regole ho lasciato correre parecchio, ma scordo sempre che non tutti hanno giocato a basket per dieci anni, quindi non fatevi problemi a farmelo notare. Per il momento, arrivederci a tutti! ^_^

Reviews (a quelle per questo capitolo, se ce ne saranno, risponderò direttamente nell'angolo recensioni):

Kelly: Ciao ^^ In vacanza è andato tutto bene, l'aereo di Seto è comodissimo, ovviamente (guarda che non te lo presto più, anche se mi fai i complimenti! N.d.Seto) E Yami, mi sa che ti conviene darti da fare, non la vorrai lasciare senza soldi (uffi, se solo fossi ancora un faraone...ç_ç) Mi fa piacere che la fine ti sia piaciuta, pensa se l'avessi interrotta ai cancelletti :-P Ma poi ho pensato che fosse meglio lasciare un margine di libertà in più... Che dici, ho fatto bene? Bye ^^

Ayu-chan: Ciao ^^ I due metri quadrati faranno anche bene, sono le gite su "per i bricchi", come si dice dalle nostre parti, che rovinano ^^'' Fortuna che sono una buona camminatrice (una delle tue poche doti ù_ù N.d.Seto) Grazie, eh ç_ç E comunque non puoi parlare, tu che venivi fino in cima con l'aereo privato! (Se sono miliardario non è mica colpa mia... N.d.Setofintomodesto) No, mia... ma te li ruberò tutti, un giorno o l'altro... (dicevi? N.d.Seto) No, nulla, *Akemichan fischietta innocente*... Ho idea che per il brutto voto ti dovrà restare il dubbio, a meno che io non faccia una seconda serie... (Come?! Lasci il dubbio anche a me? N.d.Seto) Si, così ti arrangi a fare stupide sfide... Comunque sono contenta di essere riuscita a sorprenderti ancora, anche se mi spiace per gli attacchi di cuore... Ti pagherò le cure all'ospedale, promesso ^_- Bye ^^

Jaly Chan: Ciao ^^ Ancora in vacanza? (Tu non ti lamentare, che poi vai a Monaco a mie spese ù_ù N.d.Seto) Non mi stavo lamentando affatto, carissimo (per modo di dire)... Ma non distrarmi! In questo caso, ancora bune vacanze e non preoccuparti per il ritardo, per me la cosa importante è sapere la tua opinione. Mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto, anche se tutto sommato la scena fra Miyon e Seto non era poi così romantica, ma lui non è adatto a parti simili, come ben sai (prima o poi ti farò causa N.d.Seto) Provaci, tanto i soldi per gli avvocati li prendo dal tuo conto privato... ù_ù Per la confessione di Yuugi, ti assicuro, ci ho pensato parecchio, ma guardando la serie ci sono tante di quelle prove... Basti pensare che da quando ha conosciuto Yami ha smesso di fare il manico, proprio lui! (Cosa intendi dire? ç_ç N.d.Yuugi) Quello che ho detto, hai pure smesso di andare dietro ad Anzu (e sinceramente è una fortuna, per lui...) E ci sto troppo ad andare sulla barca di Seto, sai com'è... Finchè paga lui ^^'' Lo voglio anche io il poster!! Ma da me vendono solo orribili pupazzetti che non comprerebbe nemmeno il mio gatto ù_ù Davvero sei mia fan?! *Akemichan commossa* Grazie ^///^ In ogni caso, adesso ho in cantiere una fic su Conan (se ti interessa), e prima o poi dovrò rimettermi a studiare (si, come no N.d.Seto), quindi non so quando inizierò a pubblicarla... Ancora buona vacanze! Bye ^^

VallyBeffy: Grazie ^^ E' proprio quello che ho cercato di realizzare, qualcosa di scioccante. Mi fa piacere esserci riuscita ^^ Bye ^^

Cherry: ^///^ Grazie mille della tua recensione, mi fa piacere che la mia storia ti sia piaciuta ^^ Anche se forse "fantastica" è un aggettivo esagerato per la sottoscritta... Ma grazie mille davvero! Ringrazia anche la tua amica Catrine, credo che non sia l'unica a voler essere al posto di Miyon...^^'' Ma dille che insultare il pc è molto pericoloso, quello poi si offende e non sai cos'è capace di fare (e le mie disavventure con il pc lo dimostrano ù_ù) Spero che questo capitolo non ti abbia deluso ^^ Bye ^^

Evee: Ma certo che l'ho vista! In realtà controllo raramente le recensioni delle vecchie storie, considerandole troppo poco visibili, però ho buona memoria (una delle mie poche doti) e ricordo esattamente il numero di recensioni per ogni storia, quindi mi accorgo subito se ce n'è qualcuna nuova, anche se, nel caso di "Past and present", mi dicevo che nessuno si sarebbe preso la briga di leggersi 40 capitoli tutti assieme... Ma sono davvero felice che tu l'abbia fatto! E sono anche felice di aver letto la tua recensione, visto che come voi lettori aiutate noi autori con le recensioni, mi sembra giusto ringraziare e mi sarebbe dispiaciuto non averlo fatto. Grazie per la tua recensione anche a questa storia, mi fa piacere che ti sia piaciuta ^^ Ancora grazie per la tua pazienza ^^ Bye ^^

Julia89: Grazie per la recensione, ma, mi viene spontaneo chiederti se tu abbia davvero letto la mia storia. Perdona il mio orribile dubbio, ma mi sorge spontaneo se una persona mi chiede di "continuare presto" quando io ho appena detto che era l'ultimo capitolo e che avrei aggiornato il tale giorno solo il capitolo bonus. Scusa ancora. Spero che, se davvero l'hai letta, anche questo ti sia piaciuto come il resto della storia. Bye ^^

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