Under your spell

di Idra_31
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shell Cottage ***
Capitolo 2: *** Blackpool ***
Capitolo 3: *** Mare ***



Capitolo 1
*** Shell Cottage ***


under

O la va o la spacca:

UNDER YOUR SPELL

I

E come posso sapere chi è la mia Altra Parte?
Correndo dei rischi, ma non cessando mai di cercare l'Amore

(Coelho)

Il vento non era gentile coi capelli di Ginny, che impietosi le frustavano il viso. Si pentì di non averli legati, assecondando la richiesta di Harry che la preferiva coi capelli liberi da elastici o nastri che avrebbero imprigionato la sua fulgida chioma. Anche la sua ampia gonna gialla era preda del vento e lei aveva proprio un bel da fare a tenersela incollata alle gambe.

 Il cielo minacciava pioggia, ma il suo cuore era libero da preoccupazioni perché di lì a poco avrebbe lasciato Shell Cottage ed evitato la tempesta che minacciava di infuriare. Si volse a cercare gli occhi del suo ragazzo, in piedi accanto a lei, e non si stupì di trovarli mesti e cupi. Non poté impedirsi di sentirsi in colpa, ma solo un po’. Sarebbe stata via una settimana appena, forse non si sarebbero mancati più di tanto. O forse sì.

“Arriverà prima o poi?” domandò Harry impaziente, toccandole lievemente il braccio.  Non fece in tempo a finire la frase che qualcosa, qualcuno, si abbatté su di loro. Ginny perse l’equilibrio ma Harry le impedì di cadere. Trattenne un’imprecazione e si lisciò la camicia.

“Ciao Ginny, ciao Harry, scusate se vi sono atterrata addosso!”

Luna si era appena smaterializzata. I suoi capelli erano scompigliati e sembrava che stesse per vomitare. Ginny fece un passo indietro.

“Oh, finalmonte!” Fleur si avvicinò alla nuova arrivata, accigliata. Nonostante il vento furioso non aveva niente che fosse fuori posto e Ginny la invidiò per la milionesima volta nella sua vita. “Sei en ritardo!”

Luna le offrì un sorriso di scuse. “Ho sbagliato destinazione”, tossì nervosa, “tre volte”.

Fleur strizzò le labbra, un’espressione a metà tra la pietà e il disgusto. “Questo è perché non ci stai col cerveau

Un basso ringhio si levò a pochi metri di distanza. Era Bill che ammoniva la moglie.

Mon amour”, modulò in francese, “spero tu non ti renda insopportabile per tutta la vacanza”.

Fleur mise il broncio e gli intimò di portare fuori da casa le valige, in un infantile tentativo di vendetta.

Ginny sentì Harry agitarsi accanto a lei. “Mancano dodici minuti”, affermò, dopo aver controllato l’orologio, “ce l’hai?”

Ginny si affrettò a rovistare nella borsa, quasi dimentica dell’oggetto di vitale importanza che vi era custodito.

“Eccola!”, estrasse una spazzola all’apparenza molto vecchia, con le setole ingiallite, che attirò l’attenzione di Luna.

“Secondo me è inutile che ti pettini, tanto il vento spettinerà di nuovo i tuoi bei capelli”, indicò con un dito la propria acconciatura “io ho messo dei fermagli”.

Ginny si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo.

“Luna, è una Passaporta”.

“Ah” si limitò a dire l’altra ragazza. Nel frattempo Billy era uscito dalla propria casa trascinandosi dietro, a stento, due bauli enormi. Harry corse ad aiutarlo.  Ginny si domandò quanta roba servisse a Fleur per una settimana. Guardò la sua valigia a fiori, che non era poi così grande e non era certo nuova e per la milionesima volta nella sua vita si sentì una pezzente.

In quel momento si rese conto che Luna non aveva smaterializzato niente oltre se stessa.

“Dove sono le tue cose?”, domandò sconcertata.

Luna le sorrise e Ginny non capì. Non si capiva mai cosa ci fosse dietro un suo sorriso. Non che non fosse bello. Anzi, Ginny le invidiava le fossette che le si formavano agli angoli delle bocca.  Aveva sempre desiderato le fossette.

“Ho fatto loro un incantesimo per rimpicciolirle”, si ficcò una mano nella tasca della giacca e ne estrasse due valige in miniatura. Ginny si diede mentalmente della stupida. “Dovresti farlo anche tu. E anche lei”, fece un cenno del capo in direzione di Fleur, “ altrimenti non vi sarà facile smaterializzavi con tutto questo peso”. Con un gesto della bacchetta incantò la valigia di Ginny e l’enorme borsa che teneva in spalla. Ginny si mise in tasca la sua roba.

“Andiamo da loro”, suggerì , “manca poco prima che la Passaporta si attivi”

Coprirono i pochi metri che li separavano dagli altri. Ginny lanciò l’incantesimo che Luna le aveva suggerito ai bauli di Fleur. In un primo momento la Veela strillò presa dal panico, temendo che le sue cose fossero state risucchiate via dal vento, poi Harry si chinò sul terreno a raccoglierle e gliele mise sul palmo della mano.

“Mettile nella borsetta”

“Quanto manca?”, domandò Bill. Un velo appannò gli occhi di Harry.  Il verde si fece più scuro.

“Meno di cinque minuti”, pigolò. Ginny non riuscì a trattenersi e gli gettò le braccia al collo. Poggiò le labbra sul suo orecchio e gli disse che lo amava dieci volte. Harry sembrò rilassarsi e la baciò.

Anche Bill si fece più vicino a sua moglie. La prese tra le braccia. Luna decise che era più opportuno guardarsi le scarpe.

“Se vedi mia madre, dille di non preoccuparsi”, disse Ginny quando si staccò da Harry.

“Tanto lo farà lo stesso”, replicò lui, sforzandosi di sorridere.

“E quando tu, Ron e i miei fratelli sarete in Spagna, vedete di trattenervi dal saltare addosso alla prima chica che vi fa l’occhiolino”

Stavolta Harry rise sinceramente. Stava per dirle qualcosa quando la spazzola che Ginny teneva in mano cominciò a tremare.

“E’ ora”, disse lei, lanciando uno sguardo alle altre ragazze, che si avvicinarono. Posarono le mani sulla Passaporta e aspettarono.

Ginny incatenò i suoi occhi a quelli di Harry.

Lui cominciò a dire “quando tornerai ti chiederò di sp-“, ma il tempo era scaduto e Ginny venne risucchiata dalle pieghe dello spazio e del tempo.

Bene bene bene...
sono secoli che non pubblico una storia su HP e quindi sono mooolto emozionata (no, non voglio farvi pietà...forse). Il primo capitolo è introduttivo (poi mira a tenervi col fiato sospeso...sì, certo), quindi cortino. Spero che quelli a venire siano più lunghi (sottolineo spero).

Per quanto riguarda la coppia principale (Ginny/Luna, nel caso non sia chiaro e vi aspettiate che Ginny sposi Potter!), mi piace tanto da quando, ormai anni fa, lessi una storia che mi coinvolse e commosse moltissimo, ma che non ho più saputo ritrovare.

Il titolo fa riferimento alla canzone omonima che Tara canta a Willow nella puntata musical di Buffy, 'Once more with feeling'(chi non ha visto quella puntata corra a vederlaaa!).
Che altro c'è da dire? Fatemi sapere se vi piace o se la odiate, pliiiz!
Ah, un'altra cosa: dato che ho una memoria ridicola e non ho i libri di HP a portata di mano, è possibile che ci siano delle piccole incongruenze rispetto alla storia canonica. Potete, dovete farmele notare. Grazie!

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Capitolo 2
*** Blackpool ***


h

II

È una cosa strana. Quando ti accade di vedere il posto dove saresti salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto, ma tu non ci sei mai.

(Alessandro Baricco)

 

Atterrarono sul morbido. La sabbia di Blackpool era fresca al tatto, perché era tardo pomeriggio e il sole stava sparendo all’orizzonte. Ginny si voltò a contemplare il tramonto e un sorriso le increspò le labbra. Il cielo era arancione con strisce di violetto.  Le piaceva.

“Siete arrivate!”

Hermione si precipitò fuori dalla casa sulla spiaggia e corse loro incontro, sulla passerella di legno, a piedi nudi, e poi sulla sabbia.

Ginny si levò in piedi. Tese una mano a Luna per aiutarla ad alzarsi e trovò il suo palmo sudaticcio. Trovò questo contatto stranamente intimo.

Hermione la travolse col suo abbraccio e la strinse come se non si vedessero da anni, invece erano passati tre giorni appena. Imputò la sua euforia al matrimonio imminente ma soprattutto agli ultimi giorni dorati di libertà che avrebbe trascorso con le sue amiche prima di farsi imprigionare da un abito bianco e da un anello al dito. Ginny spolverò via questo pensiero pessimista come i granelli di sabbia dalla sua gonna.

Hermione si tese ad abbracciare Luna, che sembrava impacciata. Poi strinse celermente Fleur e si allontanò, più per una sorta di timore reverenziale che per antipatia o disprezzo.

“Bene, ragazze, siete pronte a festeggiare il mio addio al nubilato in questa splendida località di mare?”

Tutte e tre annuirono con entusiasmo. Ginny sentì una stretta di anticipazione allo stomaco e per la prima volta quel giorno pensò di essere felice.

Hermione fece strada verso la casa che i suoi zii Babbani avevano acconsentito a prestarle per una settimana.

Luna affiancò Ginny e lei sentì il profumo di sapone neutro e terra bagnata che emanavano la sua pelle e i suoi capelli. Uno strano miscuglio, pensò.

“Ce l’hai il costume?”, le domandò Luna, senza guardarla.

“Certo, perché, tu no?”

“Non sono sicura di metterlo”

Ginny si bloccò appena prima dell’uscio.

“Vuoi fare il bagno nuda?!”, esclamò, soffocando una risata. Sarebbe stato proprio da lei.

Luna le rivolse uno sguardo triste e Ginny si sentì in colpa senza sapere perché.

“Non mi sta molto bene, ho paura di sfigurare”, mormorò con gli occhi bassi, “affianco a una Veela, a Hermione e a te”.

L’enfasi con cui disse a te , guardandola finalmente dritto negli occhi,  le fece quasi girare la testa. Ginny deglutì, poggiando una mano sullo stipite della porta.

“Che ci fate ancora lì? Entrate!” Urlò Hermione.

Ginny fece il suo ingresso in casa e le sembrò un posto meraviglioso quella villetta sulla spiaggia, con le porte a vetri, il tetto spiovente, le pareti bianche e il profumo di salsedine che impregnava ogni centimetro di superficie. Avrebbe voluto viverci almeno tre mesi l’anno.

“Che ve ne pare, hm?”, chiese Hermione, allargando le braccia, orgogliosa di quel posto come se fosse stato suo.

Magnifique!”, commentò Fleur, l’entusiasmo che ne moltiplicava la bellezza.

“Dove dormiremo?”, chiese Luna, senza smettere di contemplare una testa di alce attaccata al muro. Allungò una mano per sfiorarle il muso ma poi sembrò ripensarci.

“Allora, c’è una cameretta, dove di solito dorme mia cugina, con un letto singolo”, fece una pausa,  forse ad effetto, “lì dormirà Fleur, così potrà avere la sua privacy”, tutte lì dentro, eccetto forse la diretta interessata, sapevano che Hermione aveva scelto per la cognata quella sistemazione per evitare che uccidesse nel sonno la sua ipotetica compagna di stanza. O viceversa.

“Ginny e Luna”, riprese, “dormiranno nella stanza degli ospiti. C’è un letto matrimoniale, se non vi dispiace”. Luna fece spallucce e Ginny si stupì di non essere dispiaciuta affatto.

“Io dormirò nella camera da letto degli zii”, concluse.

Un imbarazzante brontolio si levò dallo stomaco di Ginny, che si affrettò a tenersi la pancia, ma ormai era troppo tardi.  Tutte si erano voltate a guardarla.

“Ho saltato il pranzo”, si giustificò, pensando al delizioso pasticcio di carne che sua madre le aveva preparato a mo di addio ma che lei si era rifiutata di mangiare perché temeva che la smaterializzazione le avrebbe fatto rimettere tutto.

“Non c’è problema, andiamo a preparare la cena!”, disse Hermione e Ginny pensò che cominciava a trovare fastidiosi quei punti esclamativi che coronavano le frasi di Hermione e che erano più adatti in bocca a una quindicenne che a lei. Forse era difficile abituarsi a un’Hermione che voleva godersi gli ultimi sprazzi di una giovinezza che l’aveva appena sfiorata e che il  matrimonio avrebbe sfiorito.  Cercò di allontanare di nuovo quei pensieri negativi.

Il suo stomaco emise un altro cupo lamento prima che lei si decidesse a seguire le sue amiche in cucina, dove l’odore del mare più fondo le invase le narici. Avrebbero mangiato pesce.

*** 

 

“Sono preda di facili entusiasmi e di altrettanto facili ripensamenti”, disse Luna, appena entrata nella camera che lei e Ginny avrebbero condiviso per quella settimana.

Ginny gettò uno sguardo al quadro appeso sopra la testiera del letto. Ritraeva un gruppo di donne i cui corpi erano intrecciati tra loro in un viluppo di arti e colori. Sembravano delle bambole spezzate. Non lo riconobbe ma era quasi certa di averlo già visto in qualche libro Babbano.

“Che vuoi dire?”, chiese distrattamente a Luna, mentre con un incantesimo riportava i suoi bagagli alle loro dimensioni naturali.

“Che non dovevo venire”, rispose l’altra, giocherellando con una collana di palline rosse e gialle.

Ginny alzò il viso a fronteggiarla.

“E perché mai?”, domandò, le sopracciglia rosse che quasi si univano a formare un arco sulla sua fronte.

Luna si mostrò titubante. Ginny notò che batteva nervosa un piede per  terra.

“Non aspetterò per sempre”, disse infine.

Ginny non era sicura di voler sciogliere l’enigma delle parole di Luna che erano sempre sciarade, quindi più per educazione che per curiosità domandò:

“Cosa? Cosa non aspetterai?”

Luna rimase in silenzio per qualche istante e Ginny pensò che non avrebbe risposto alla sua domanda. Poi la bionda alzò la testa e la guardò con la stessa espressione di quando le aveva detto a te.

“Niente”

Ginny rimase stordita per qualche secondo, come se Luna le avesse svelato il segreto dell’universo, quando non aveva detto niente, appunto. Però aveva detto quel niente con un’intensità tale che voleva dire tutto.

Le parole sono parole e basta, pensò Ginny.

Fu Luna a interrompere il contatto visivo, voltandosi.

“Klimt. Le vergini”, disse. Ginny rimase interdetta, ancora percorsa da un qualche brivido sconosciuto, poi scosse piano la testa e mosse le labbra per formulare una frase, una frase qualsiasi. Luna diceva sempre frasi qualsiasi. Apparentemente. Poi seguì lo sguardo dell’amica e capì che stava guardando il quadro.

“Ah”. Non aggiunse altro. Avrebbe potuto chiederle come faceva a saperlo. Avrebbe potuto dirle che era davvero un bel quadro.

“Vado a mettermi il pigiama in bagno”, disse invece.

Luna annuì, senza staccare gli occhi dal quadro. Sorrise, credendo di non essere vista, e si mise una mano sul cuore.

Poco dopo uscì dal bagno in shorts e canottiera. Si stupì di trovare Luna in camicia da notte. Era blu, sembrava di seta e le arrivava sopra il ginocchio.

“Quale parte del letto vuoi?”, domandò la bionda.

“Quella vicina al bagno”, rispose Ginny, legandosi i capelli, ora che era fuori dalla portata del suo ragazzo. E poi faceva caldo, non un caldo afoso però, non erano nella parte del mondo giusta per un caldo del genere. “Faccio la pipì un sacco di volte durante la notte. Spero di non svegliarti”.

“Non preoccuparti”, Luna scrollò le spalle e si sedette sul letto.”Vieni?”, domandò battendo la mano sul copriletto. Ginny sorrise di fronte a quel gesto che le ricordava Harry e si avvicinò.

Si distese. Il letto non sembrava proprio matrimoniale, piuttosto era da una piazza e mezzo. Si trovò un gomito di Luna piantato nel fianco e si spostò un poco.

“Buonanotte, Loony. Sogni d’oro”, disse dando le spalle all’altra ragazza.

“Li avrò”. 

 

 

 

 

Rieccomi!

Ringrazio di cuore chi ha letto e soprattutto chi ha recensito lo scorso capitolo, dandomi fiducia.  Grazie millissime!

Il (lo?) yuri non è un genere con un grande seguito, però voglio andare avanti lo stesso, vedere come va.

 Per chi fosse interessato al quadro, è questo qui: http://img.allposters.com/6/LRG/21/2114/UVHED00Z.jpg

Ah, Blackpool, dove si trovano le nostre, è una località balneare inglese. Non ci sono mai stata e penso non ci andrò mai, quindi se dovessi scrivere delle cavolate su ‘sta città e magari qualcuna di voi c’è stata….insomma, perdonatemi! Ehm.. mi piaceva il nome e poi penso sia  una meta ambita, per chi vuole andare al mare in Inghilterra, si intende.

Un’ultima cosa. Sembra che io odi Fleur. La verità è che…non  la trovo molto simpatica xD

Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Mare ***


j

III

Meraviglioso
ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia
meraviglioso
Meraviglioso
perfino il tuo dolore
potrà apparire poi
meraviglioso
Ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto:
ti hanno inventato
il mare

(D.Modugno)

“Sarebbe meglio piantorlo con la magìa, secondo me”

Hermione stava impiegando tutte le sue energie a fissare l’ombrellone sulla sabbia.

“Non possiamo, Fleur, ci sono Babbani qua intorno”, si asciugò il sudore dalla fronte, “perché non mi aiuti piuttosto?”

Fleur si avvicinò di malavoglia all’altra ragazza.

“Se non avessi lasciato la bacchetta a casa adesso avremmo finito”, borbottò in francese.

Ginny era intenta a guardare il mare. Non si sarebbe mai abituata al mare. Si stupiva ogni volta di come potesse esistere. C’era così tanta acqua che era quasi ridicolo(*). Lei si sentiva piena e vuota, spezzata e completa, disperata e felice, davanti al mare. Le veniva da piangere e da urlare. Le veniva da nuotare.

Tutti apparteniamo al mare, pensò. Siamo nati mare e mare ritorneremo. E si ricordò della storia Babbana della Sirenetta che era diventata spuma di mare. Questo voglio diventare quando muoio.

“Ce l’hai fatta a convincere Luna a venire?” le chiese Hermione, stendendo il suo telo affianco a lei. L’ombrellone faceva loro finalmente ombra.

“Credo proprio di sì. Le ho mostrato le tette”, rispose, con un mezzo sorriso.

Hermione spalancò la bocca, sconcertata.

“Cioè?”, una nota vagamente isterica nella sua voce.

“Scherzo!”, Ginny le diede un buffetto sulla spalla, “le ho detto che non doveva vergognarsi, anche se crede di essere troppo magra, troppo bianca e senza tette. Le ho detto di pensare che anche io ho due brufoli al posto del seno”

“E?”

“E sta finendo di prepararsi”.

I suoi piedi magri uscivano dal telo. Se li sarebbe scottati, pensò. Si distese e chiuse gli occhi. Tese l’orecchio ad ascoltare il rumore del mare, cercando di isolare quel suono dal ronzio delle voci indistinte attorno a lei. Improvvisamente si sentì pungere da una pioggia di granelli di sabbia. Si alzò di scatto per imprecare contro quel maleducato che non era stato accorto nel camminare e vide Luna in piedi accanto a lei.

“Scusa”, disse, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Ginny sospirò.

“Posso stendermi vicino a te?”, domandò la bionda, stringendo il suo asciugamano tra le dita.

“L’ombrellone non riuscirà a farti ombra lì ”, le fece notare Hermione, sistemandosi gli occhiali da sole sul naso, “ti scotterai”.

Luna fece spallucce. “C’è un incantesimo per quello”, replicò.

“Sì, ma tu non hai la bacchetta”, osservò nuovamente Hermione, “tieni, questo ti proteggerà dai malefici raggi ultravioletti” e le lanciò una crema solare protezione 50.

Luna se la rigirò tra le mani. “I Babbani hanno sviluppato un sorprendente spirito di adattamento”, commentò, sedendosi sull’asciugamano che aveva appena steso sulla sabbia. Aprì il tubetto e cominciò a spalmarsi la crema sulle braccia e le gambe. Con un po’ di difficoltà arrivò a coprire anche la schiena.

“Non dimenticare il viso”, disse Hermione, guardandola con la coda dell’occhio.

Dopo un paio di minuti Ginny si sentì pizzicare sul braccio.

“Facciamo il bagno per favore?”.

Ginny annuì convinta, non aspettava altro che qualcuno glielo chiedesse.

“Ok, andiamo. Aspetta-“, allungò una mano verso il viso di Luna, che indietreggiò un poco, strabuzzando gli occhi. “Non aver paura”. La rossa le passò una mano sulla guancia.

Luna si toccò il punto dove le dita dell’altra erano appena passate.

“Avevi solo un po’ di crema”, si giustificò Ginny, temendo di averla turbata per chissà quale motivo.

“Ah”, Luna si rilassò, “grazie”, mormorò.

Ginny era già in piedi e camminava a passo spedito verso la riva. Quando l’acqua le toccò i piedi un brivido le attraversò la schiena, come se si stesse avvicinando un Dissennatore.

Cazzo, è troppo fredda, si disse. Ecco perché non c’è quasi nessuno in mare.

“Oh, al diavolo!” e si immerse fino alle spalle. Sentì che poteva congelare e mosse le braccia freneticamente.

Luna le sbucò accanto, serena e tranquilla come se l’acqua non fosse gelata. Mise la testa sott’acqua e quando ne uscì fuori le tra le sue sopracciglia erano imprigionate tante piccole goccioline e i suoi occhi erano quasi trasparenti.

“Non hai freddo?”, riuscì a dire Ginny, battendo i denti.

“No. Forza, nuotiamo!” e si tuffò.

“Cosa?!” non fece in tempo a dire la rossa che Luna era già fuori dalla sua portata.

“EHI, LUNA! IO NON SO NUOTARE!” urlò in direzione dell’amica, riemersa tra i flutti, lontano, dove non si toccava. “Non sono mai stata nell’acqua alta”, mormorò.

“VIENI!” Luna gesticolava nella sua direzione. Ginny fece segno di no con la testa. L’altra nuotò verso di lei, fendendo dolcemente l’acqua con le mani.

“Non ci riesci?”, chiese stupita.

“No, ho paura ti prego no”, esalò Ginny tutto d’un fiato, cercando di sfuggire alle mani della sua amica che cercavano di trascinarla verso il mare senza fondo.

“Adesso imparerai”, affermo Luna piccata.

“No no, sto qui che si tocca”, la pregò Ginny.

Luna le sorrise, scuotendo la testa come se si stesse rivolgendo a un bambino.

“Ti insegno io”. Le afferrò le mani e incatenò i loro sguardi. “Proviamo nell’acqua bassa, vuoi?”

Ginny smise di opporre resistenza e annuì incerta e terrorizzata.

“Prima di tutto calmati. Respira normalmente”, le suggerì. Strinse più forte le sue mani, per darle coraggio. “Ci sei?”

Ginny inspirò ed espirò. “Cr-credo di sì”.

“Ora stenditi sulla schiena. Fai il morto a galla”. Le disse l’altra, lasciandole le mani.

“Cosa?”, quasi urlò Ginny.

“Dai, lasciati andare. Galleggerai, ti sentirai leggera leggera” Abbassò il tono della voce gradualmente, come se volesse ipnotizzarla.

Ginny staccò i piedi dal fondo e provò a stendersi. “No, non ce la faccio”, disse tornando nella posizione di prima.

“Ok, sono vicino a te”.

Luna poggiò una mano sulla sua schiena e la guidò delicatamente fino a farla stendere sulla superficie dell’acqua. Mantenne la mano sulla schiena di Ginny per darle l’illusione di tenerla a galla.

“Ora non agitarti. Non fare movimenti bruschi”.

Ginny era pietrificata. Temeva ogni secondo di affondare o che l’acqua le entrasse nelle orecchie o in bocca e che la soffocasse.

“Adesso prova a muovere le braccia. Come se facessi l’angelo sulla neve. Hai mai fatto l’angelo sulla neve, Ginny?”

“S-sì”, sussurrò Ginny e prese a muovere le braccia.

“Come va?”, domandò Luna, staccandosi da lei.

“Bene. Credo”, continuò a sfiorare l’acqua con le braccia e si rilassò.

“Perfetto. Ora torna in piedi.”

Ginny fece come le era stato detto.

“Ok, hai scoperto che galleggi come qualsiasi altro umano in acqua. Ora staccati da terra e prova a mantenerti a galla col movimento delle gambe e della braccia. Piano, non come se fossi tarantolata”, spiegò Luna, seria. 

Ginny ci provò e ci riuscì. Era come stare sospesi nel vuoto. Però l’acqua la reggeva e lei non sarebbe andata giù. Scoprì che Luna si era allontanata ed ebbe un istante di panico.

“Prova a venire verso di me”, la invitò l’altra, qualche metro più avanti.

“No. Si tocca?”, chiese la rossa, agitata e meno sicura di prima.

“Non proprio”, Luna sorrise e Ginny pensò che non c’era proprio niente da sorridere. Annegherò, morirò, non vedrò più la mamma. Né Harry.

“Non fare la stupida. Tu sei coraggiosa. Sei una Grifondoro”. Le disse Luna incoraggiante.

“La scuola è finita, Loony”, protestò debolmente Ginny.

“Tu sei Ginny”, continuò l’altra.

“Come faccio a venire lì?”

“Spingiti in avanti e muovi le braccia come se fossi un cagnolino”.

“I cagnolini non hanno le braccia!”

Si spinse in avanti e mosse le mani agitando l’acqua. Capì che era arrivata nell’acqua alta. Niente panico, niente panico, non pensarci, rivedrai la mamma, sposerai Harry. NO NO!

In pochi istanti fu affianco a Luna, che le tese la mano.

“Ce l’hai fatta!”, si slanciò ad abbracciarla.

“Oddio, annego!”

“No non anneghi, batti forte i piedi come una rana.”

Ci furono degli istanti di silenzio in cui Ginny potè assaporare una calma che non aveva mai provato prima. La riva era lontana e lei si sentiva sospesa in un’altra dimensione. Le veniva da piangere.

“Vorrei  toccare l’orizzonte”, disse Luna, rompendo il silenzio.

“L’orizzonte è una linea immaginaria”, le fece notare Ginny, pentendosene un attimo dopo, per essere stata così rude.

“Infatti io immagino di toccare l’orizzonte”.

 Però non stava guardando l’orizzonte. Guardava lei. Uno di quegli sguardi spogli di parole ma gonfi di significati. Uno di quegli sguardi che erano una muta domanda o una tacita richiesta. Ginny si voltò dall’altra parte, perché stava tremando. E non era il freddo.

Non avrebbe fatto domande. Mai. Mai.

“Torniamo a riva?”

*

 

 

(*)Il mare: una tale quantità d'acqua rasenta il ridicolo.

Henry Monnier

 

Mi scuso per tutto il tempo che ho lasciato passare prima di pubblicare questo capitolo. Non ho giustificanti…potrei dire che è stato a causa delle vacanze pasquali ma quelle sono finite da un pezzo xD

Spero che apprezziate questo capitolo e rinnovo i miei ringraziamenti a chi è così carino da recensire la mia storia, a chi la segue e a chi semplicemente la legge. 

Alla prossima!

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