Drawing a Song 2 ~ Sixteen years later

di Leslie and Lalla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who is he? ***
Capitolo 2: *** This is the story of a girl... ***
Capitolo 3: *** Tomorrow?! ***
Capitolo 4: *** Kissing you. ***
Capitolo 5: *** Obvious. ***
Capitolo 6: *** Points of view. ***
Capitolo 7: *** Terribly. ***
Capitolo 8: *** Surprise! ***
Capitolo 9: *** Careful! ***
Capitolo 10: *** Cinderella. ***
Capitolo 11: *** I'm not alright. ***
Capitolo 12: *** What the hell...?! ***
Capitolo 13: *** I missed you. ***
Capitolo 14: *** Falling apart. ***
Capitolo 15: *** Noise. ***
Capitolo 16: *** Lights. ***
Capitolo 17: *** Choices. ***
Capitolo 18: *** Sand. ***
Capitolo 19: *** Fear. ***
Capitolo 20: *** Forgiveness and stuff. ***
Capitolo 21: *** Every breath you take. ***
Capitolo 22: *** Are we alright? ***
Capitolo 23: *** Epilogue – First part ***
Capitolo 24: *** Epilogue – Second part ***



Capitolo 1
*** Who is he? ***










1. Who is he?




Martedì 16 aprile

Madelyn's Pov.


Non alzo lo sguardo dal piatto e ingurgito una forchettata di spaghetti al pomodoro dietro l'altra, fermandomi solo per bere un sorso d'acqua dal bicchiere che ho davanti.
C'è un'insopportabile tensione nell'aria. Mamma e papà stanno parlando da mezz'ora, ma io non li sto ascoltando, troppo presa nei miei pensieri.
«Madelyn» mi chiama mia madre.
Alzo di scatto il capo e resto immobile a fissarla.
«Avrei piacere se venissi anche tu oggi pomeriggio.»
«Dove?» chiedo io, corrugando un sopracciglio.
«Al funerale di cui tuo papà ed io abbiamo parlato fino a due secondi fa!» esclama, con stizza.
Faccio un timido sorriso, risentita.
Lei alza gli occhi al cielo, con un sospiro stanco.
A questo punto interviene il babbo, che le accarezza dolcemente la schiena.
«Stava pensando alle sue cose, Lori» mi giustifica lui.
Guardo mio padre con un sorriso che va da un orecchio all'altro. Lo adoro, per due principali motivi. Il primo: è praticamente uguale a me fisicamente (ho i suoi stessi capelli castani e i suoi stessi occhi verdi); e il secondo: ho il suo identico carattere e abbiamo gli stessi interessi; ad esempio sono molto protettiva nei confronti di mia sorella (come lo era lui con la zia Cleo, mi ha confessato l'anno scorso) o, come lui, mi piace da impazzire l'italiano, i libri e tutti ciò che riguarda in generale la letteratura. Mia sorella Carlotta invece è la fotocopia di mia mamma: ha il suo identico colore di capelli rosso e gli occhi nocciola; ed anche lei ha la sua medesima passione per il canto.
«Oggi devo studiare» replico io, dopo una piccola pausa.
«Durerà al massimo un'ora e mezza» ribatte mia madre, con sicurezza.
«Ma...» balbetto, cercando qualche scusa convincente. «Non lo conoscevo neanche!»
Lei stringe gli occhi. «Era un caro amico di tua madre, non ti basta?»
C'è un attimo di silenzio, in cui io e lei restiamo a guardarci con le palpebre socchiuse. Serro la mascella e di conseguenza irrigidisco i lineamenti del viso. Non voglio aprire la bocca per paura di mettermi a urlare come una pazza.
E allora deve importare a me?
Faccio un profondo respiro. «E perché dovrei venire proprio io? E Carlotta no?»
«Ma ho solo dieci anni!» sbotta subito mia sorella.
Mi volto verso di lei e la guardo in cagnesco. «E allora?»
«Non sono mai stata ad un funerale!» risponde lei, prontamente.
«E allora?!» ripeto, alzando il tono di voce.
«Bambine basta!» interviene mia madre, gridando.
«Dillo a lei, bambina» borbotto, irritata.
«Ma tu ti comporti come tale» obietta lei, alzando un'altra volta gli occhi al cielo.
Prosegue un minuto di assoluto silenzio.
Non riesco più a sopportare. Mi alzo improvvisamente dalla sedia, mollando un pugno sul tavolo con rabbia. «E poi ti lamenti che prendo brutti voti!» urlo, correndo in camera mia.
Quando entro, sbatto la porta senza preoccuparmi che faccia troppo rumore.
Dio, che nervoso.
Mi lascio cadere a peso morto sul letto, chiudendo esausta gli occhi.
Dopo pochi minuti, sento che si è aperta la porta. Non dico nulla e non voglio nemmeno vedere chi è che rompe le cosiddette scatole.
«Ehi» Una voce maschile che riconosco immediatamente.
Apro gli occhi e istintivamente sorrido.
«Ho convinto la mamma a lasciarti a casa» sussurra mio papà, sedendosi accanto a me.
Alzo un poco le spalle. «Tanto» sospiro poi.
«Cosa?» mi chiede lui, dolcemente.
«Nel senso che comunque a lei darà fastidio che non sono venuta e tutte le solite storie» rispondo, distogliendo lo sguardo.
«Sì, ma hai ragione tu, in fondo. Domani non hai una verifica importante?»
Annuisco, con poco entusiasmo. «Sì, di psicologia.»
Frequento il liceo socio-psico-pedagogico. Lo so, è lungo e difficile da dire, o almeno così dicono. Io ci ho impiegato esattamente un giorno ad imparare a dirlo correttamente senza incespicarmi con le parole.
«Studia, allora» dice, facendomi un buffetto scherzoso sulla guancia, dopodiché si alza.
Lo guardo allontanarsi sorridendo. Per fortuna che c'è lui.
Il mio cellulare inizia a squillare improvvisamente. Sobbalzo un poco, poi lo tiro fuori dalla tasca dei pantaloni e guardo il display. Schiaccio il pulsante verde con un sorriso sulle labbra, dopodiché mi sdraio supina sul letto. E' Cristina, la mia migliore amica.
«Ciao!»
«Buongiorno bellissima» mi saluta lei, raggiante. «Come stai?»
«Insomma» borbotto, stringendo le palpebre.
«Cosa è successo?»
A questo punto, con un sospiro, le racconto tutto tormentandomi le mani.
«Ah» fa lei, appena ho terminato di parlare. «Magari è nervosa.»
«Sì, ma Cri! Sono settimane che è nervosa!» esclamo io, esasperata.
«Resisti» insiste lei, determinata. «E' solo un periodo, ne sono sicura.»
«Speriamo» concludo io, guardando il soffitto, sconsolata.
«Allora ti lascio che devo studiare psico. Non ho ancora aperto libro, io» dice lei, d'un tratto.
«Anche io» ammetto, guardandomi i pollici dei piedi. «Ci vediamo domani, tesoro.»
«A domani» mi saluta, subito dopo chiude la chiamata.
Resto ancora qualche minuto sdraiata, fissando il soffitto. Dopodiché mi tiro a sedere e decido di iniziare a studiare, con una smorfia.
Non ho una cavolo di voglia, eppure devo.

«Madelyn!» Sento la voce acuta e terribilmente fastidiosa di mia sorella che mi chiama dalla sua stanza.
«Che c'è?» sbotto, irritata, interrompendo il ripasso di pagina centocinque.
«Quando tornano mamma e papà?» domanda a voce alta per farsi sentire.
Spero il più tardi possibile, mi ritrovo a pensare.
«Non ne ho idea» rispondo, tornando al libro che ho sulle ginocchia.
«Allora mi accompagni tu a scuola dopo?»
Spalanco occhi e bocca. «Perché?!»
«Ho le prove generali per la recita di sabato e la maestra ha detto che non possiamo assolutamente mancare» spiega lei.
Scatto in piedi e, inviperita, mi dirigo a passo spedito verso la sua camera. Spalanco la porta ed esclamo: «E non glielo hai ricordato alla mamma?»
«Pensavo lo sapesse» replica lei, sfogliando un libro mentre siede comodamente sul letto.
«Con tutto quello che ha da ricordarsi» sospiro io.
«E allora mi accompagni tu? Io da sola non ci vado» afferma lei.
«A che ora?»
Carlotta guarda per un attimo il suo orologio, poi mi guarda e risponde: «Tra quindici minuti.»
Faccio un vago gesto col capo. «Però preparati subito, ho poco tempo.»
Dieci minuti dopo, stiamo camminando a passo spedito verso la scuola di Carlotta. Mi sono data una velocissima sistemata ai capelli, poi ho indossato le scarpe e la giacca. Non mi importa dello stato in cui sono... e poi ci saranno praticamente solo bambini, che me ne importa?
«Devi accompagnarmi dentro» fa Carlotta, d'un tratto.
«Perché?!» sbotto, alzando le sopracciglia.
«Non so qual'è la sala e ho paura di perdermi» risponde lei, esitante.
«Perché, secondo te, io so dov'è?!» ribatto, stizzita.
Carlotta mi guarda con un'espressione da cucciola impaurita che chiede aiuto.
Alzo gli occhi e faccio un sonoro sospiro. «E va bene» acconsento poi, con malavoglia.
Quando siamo finalmente dentro, mi guardo intorno e non vedo anima viva. Prendo la mano di Carlotta e le ricordo che io non ho ancora finito di studiare e di darsi quindi una mossa.
«Sì!» esclama lei, esasperata.
Allungo il passo e di conseguenza mi ritrovo a tirarle il braccio. «Sbrigati!» la riprendo.
Dopo qualche minuto, troviamo una porta con appeso accanto un cartello.
«Ecco» affermo, appena ho finito di leggerlo. «Sono qui le prove.»
Carlotta fa un timido passo e appoggia la mano sulla maniglia, poi si volta a guardarmi, stupita. «Non vieni?»
«Ti ho detto che ti accompagnavo, non che sarei stata tutto il tempo a vedere una stupida commedia teatrale di bambini di dieci anni.»

Okay, non sono mai stata una persona troppo decisa. Mi lascio corrompere abbastanza facilmente, e infatti in questo momento mi ritrovo seduta in prima fila su una sedia scomodissima a fissare mia sorella che recita con i suoi compagni di scuola.
Ho cercato di trovare i lati positivi di tutto questo: ovvero prendermi una piccola pausa. In fondo ho studiato ininterrottamente fino a poco fa.
Ad un tratto un rumore più o meno forte mi fa sussultare e alzare di conseguenza lo sguardo. Un ragazzo che avrà qualche anno in più di me sta raccogliendo il dizionario che ha appena fatto cadere. Quella figura mi incuriosisce inspiegabilmente: resto a fissarlo per qualche secondo. Ha un'aria cupa e allo stesso tempo pensierosa che mi affascina terribilmente. Indossa dei jeans scuri e una felpa nera con il cappuccio; è seduto sulla sedia in una strana posizione, perché solo in quel modo riesce a scrivere sul quaderno che ha appoggiato sulle gambe. Sta facendo di sicuro i compiti di italiano. Senza farlo troppo notare, lo guardo nei dettagli: ha dei capelli mori spettinati e degli occhi di un azzurro bellissimo. La sua bocca carnosa e il suo naso abbastanza piccolo mi fanno cogliere il suo aspetto da ragazzino cresciuto troppo in fretta.
Probabilmente si sta sentendo osservato, infatti non esita ad alzare il capo. I nostri sguardi si incontrano per un secondo e, sentendomi avvampare, mi giro dall'altra parte.
Vedo senza guardare veramente, il palco di fronte a me. Mi sta osservando, lo sento.
Cerco di non farci caso, concentrandomi sulla scena davanti ai miei occhi. Mia sorella, vestita da fatina, sta sventolando la sua bacchetta – che teoricamente dovrebbe essere magica – in direzione di un'altra bambina dai capelli lunghi biondi. Solo ora capisco il tema della recita. Perfetto, così se Carlotta mi chiederà qualcosa non farò scena muta, fingerò invece di avere seguito con attenzione tutte le prove.
Dopo che è passato qualche minuto, non riesco più a resistere alla tentazione e mi volto verso quel ragazzo che mi ha letteralmente rapita. Ha nella mano sinistra una penna blu e sta scrivendo, assorto nei suoi pensieri. Non riesco a capire cosa abbia di così perfetto, fatto sta che io lo trovo quasi un angelo caduto dal cielo.
Avrei così voglia di avvicinarmi a lui e chiedergli come si chiama o se ha bisogno di una mano, qualsiasi cosa. Sono così curiosa di sentire la sua voce, anche se so che può sembrare alquanto stupida questa voglia da tredicenne innamorata.
Combatto tutta l'ora per non alzarmi e correre verso di lui, ripetendomi nella mente che farei solo un'orrenda figuraccia.
«Sono stata brava?» mi chiede Carlotta con una punta di orgoglio, appena la maestra annuncia che per oggi le prove sono terminate.
Io le sorrido, dolcemente. «Bravissima.»
Okay, diciamo che non ho elementi sufficienti per affermarlo, però per quei pochi minuti che ho seguito, posso constatare con certezza che sì, è stata brava.
Con la coda dell'occhio, vedo che il ragazzo sta uscendo dalla sala seguito da un bambino che al contrario di lui, possiede dei capelli biondissimi.
Prima che scompaiono dalla mia vista, chiedo a Carlotta chi sono, cercando di assumere un tono del tutto naturale.
«Il bambino si chiama Emanuele, e non viene in classe con me» mi spiega lei, poi con un sospiro, aggiunge: «Purtroppo.»
«Ti piace?» le domando, divertita dall'espressione che ha in faccia.
Carlotta alza un po' il mento, spavaldamente. «E a te piace suo fratello, vero?!»
Questa volta sono io ad arrossire. Okay, ammetto che me la sono proprio cercata.  
«Comunque sono qui da poco, un mese al massimo» continua mia sorella.
«Ah, ecco perché non lo avevo mai visto» dico, quasi tra me e me.
Carlotta fa un vago cenno con il capo, dopodiché usciamo dalla stanza, con passo stanco.
Che palle, devo ancora finire di studiare psicologia, penso, sbuffando.

Quando arriviamo a casa, troviamo mamma e papà seduti sul divano chiusi in un silenzio carico di tensione.
«Ciao» saluta Carlotta, esitando un poco.
La mamma borbotta un “ciao” senza nemmeno voltarsi, mentre papà si gira verso di noi sorridendo con poco entusiasmo. «Com'è andata?» ci chiede, fingendosi interessato. So che in questo momento non gliene importa molto, troppo preso dalle preoccupazioni di mamma.
«Bene» risponde mia sorella, alzando con noncuranza le spalle.
Io resto zitta e ferma immobile, non sapendo proprio cosa fare.
Intanto Carlotta si dilegua nella sua stanza, senza aggiungere altro.
Dopo qualche minuto, mi tolgo la giacca e affermo, tanto per dire qualcosa: «E' durato più del previsto, il funerale.»
Papà annuisce un poco. «Sì, il discorso è stato abbastanza lungo.»  
Non so perché, ma ho come la sensazione che mi stia nascondendo qualcosa.
«Suvvia, è inutile continuare a mentire, tanto prima o poi salterà fuori» interviene la mamma.
«Cosa?» domando, corrugando un sopracciglio.
«Forse verrà a vivere qui per un periodo un'amichetta di tuo papà» mi risponde lei, con uno strano tono.
«Loredana, smettila di fare queste scene» replica mio padre, irritato. «Sai benissimo che non è altro che un'amica per me.»
Resto interdetta per qualche minuto. Finalmente ho il coraggio di chiedere: «Posso sapere cosa sta succedendo?»
«Niente di importante» risponde frettolosamente papà.
C'è qualcosa che non mi quadra.
«Ma ho il diritto di sapere dato che vivo in questa casa, ti sembra?» insisto io.
«Va bene» acconsente infine lui. «Probabilmente si trasferisce qui una mia amica per un po' di giorni, ma non è ancora nulla di sicuro.»
Continuo a non capire. «E perché?»
Lui sospira, alzando gli occhi al cielo. «Sarebbe la compagna dell'amico di tua madre, quello che è morto. Diciamo che ci sono troppo affezionato per lasciarla sola.»
A queste parole, la mamma si alza di scatto ed esclama, alzando la voce: «E tu cosa centri con lei? Mi spieghi perché ti senti tanto partecipe di quello che le sta succedendo?! Dio, Michele, non l'hai più sentita per almeno quindici anni!»
«E tu sei proprio una persona senza cuore!» l'accusa lui. «Mi ha detto che non riesce a pagare il mutuo della casa e avendo due figli da mantenere fa fatica perfino ad arrivare a fine mese!»
Sono tutti e due arrabbiati, a dire poco. Questo è più che evidente.
«Vorrei ricordarti come si è comportata nei tuoi confronti, quella donna!» replica lei, stizzita.
«E allora devo abbassarmi al suo livello?!» ribatte papà.
Mia madre si avvia a passo spedito verso la cucina, senza rispondergli, forse per la troppa rabbia che sente dentro.
Dopo pochi secondi, mi siedo accanto a papà. «Chi è la tipa?» chiedo, con un fil di voce.
Lui fa un sospiro, poi si decide a darmi una risposta concreta: «La mia ex.»
«Ecco perché da così fastidio alla mamma!»
«Ma in fondo ha ragione» sbuffa lui. «In passato si è comportata davvero male, ma io credo che tutti debbano avere una seconda possibilità.»
«Papà» sussurro, prendendogli dolcemente la mani. «Ami ancora la mamma, vero?»
A questo punto Michele spalanca gli occhi e risponde, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo: «Certo!»
Io espiro sonoramente, rendendomi conto solo ora di aver trattenuto il fiato. Dopo alcuni minuti mi dirigo verso camera mia, rassicurata dalle sue parole.
Non sarei pronta ad affrontare un divorzio, tanto meno a vedere papà con un'altra.
In qualche modo riesco a concentrarmi sul libro di psicologia ed a finire di studiare le ultime pagine che mi mancano per l'interrogazione di domani.























*** Spazio Autrici ***


Buonaseraaaa (:
Sono talmente emozionata che tutto quello che avevo in mente di scrivere è scomparso misteriosamente >.> Mi toccherà improvvisare come sempre x)

Beh, finalmente ci siamo decise a pubblicare il seguito, no? Non siete contenti? ^^

Oh, che stupida che sono! Per chi non sapesse di che seguito è questa fic, il link per leggerla è questo :) (comunque a mio parere se non avete letto la prima potete leggere la seconda senza alcun problema ^^ ndLeslie)

Mmmh, non c'è moltissimo da dire... Solo che per ora siamo praticamente bloccate (per quanto mi riguarda, sono mesi che non continuo XD Però vi prometto che mi metterò sotto, anche se ho un'altra fic in corso nel mio account... che casino >.<) (e per quanto riguarda me.... beh, sono una tipa lenta, credo lo scoprirete leggendo ^^" ndLeslie)

Prima di salutarvi, posto le immagini dei nuovi personaggi ^______^
Madelyn
Carlotta
{ Qui però c'è un piccolo errore: dovrebbe avere gli occhi marroni, non azzurri come in foto >.<''

Ovviamente però voi siete liberi di immaginarveli come volete ;)
(NB. Abbiamo postato solo alcune delle immagini dei personaggi che alla fine vedrete. Ad esempio, quella di Cristina la metteremo quando comparirà fisicamente ^^)

Come ultima cosa, volevo ringraziarvi di cuore per l'appoggio che ci avete dato e che ci state dando tutt'ora. Siamo così felici *O* { In Drawing a Song le visite per ora sono ben 1600, la fic è seguita da 25 persone, è tra le preferite di 20 persone ed è ricordata da 7 persone, e noi non possiamo fare altro che essere super orgogliose del nostro piùchesoddisfacente risulato :D (yeah ** ndLeslie)


Uh, il prossimo aggiornamento sarà tra circa una settimana. Però, se ci riusciamo, potrebbe essere anche durante questo weekend :)

Kisskiss,
Lalla e Leslie <3


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Capitolo 2
*** This is the story of a girl... ***










2. This is the story of a girl...




Martedì 16 aprile

Michelle's Pov.

Mio padre se n'è andato quando avevo quattro o cinque anni, e ricordo perfettamente quella sera. Non so se capii subito che non lo avrei più rivisto, so solo che non avevo mai visto i miei genitori così arrabbiati. Avevano cominciato ad urlare e io mi ero accostata alla porta per cercare di capire quello che si dicevano, spaventata e allo stesso tempo curiosa. Parlavano in italiano, questo me lo ricordo bene. Sono cresciuta bilingue ma non ho praticamente mai parlato la mia lingua madre finché io e mamma non ci siamo trasferite in Italia. Non capivo bene quello che dicevano e oggi, se cerco di ricordarlo, non mi viene in mente, erano parole quasi senza senso, per me. Ad un certo punto la mamma si era seduta sul divano ed era scoppiata a piangere, coprendosi il viso con le mani. Papà aveva esitato un momento, poi era uscito. Non l'ho più visto, non è tornato mai neppure per portare via la sua roba. Quando avevo avuto il coraggio di chiedere alla mamma cosa fosse successo, lei si era limitata a stringermi a sé  e ad accarezzarmi i capelli, reprimendo i singhiozzi. Era stata triste e taciturna per mesi, poi aveva cominciato a riprendersi, sebbene credo pensi spesso a papà ancora adesso. Io di lui conservo solo qualche fotografia sbiadita e delle lettere che non ho mai avuto il coraggio di aprire. A volte lo odio, per averci abbandonate, ma non riesco a fare a meno di sentire la sua mancanza.
Non so perché in questo momento sto ripensando a lui, mi sembrano secoli che non lo faccio. Probabilmente – anzi, sicuramente – è a causa dello scatolone nel quale sono inciampata questa mattina. Sopra, scritto a caratteri cubitali, c'era il suo nome, ma non ho avuto il tempo di chiedermi perché fosse in mezzo al corridoio o chi ce l'avesse portato, ero troppo spaventosamente in ritardo.
«Valenti, è così cortese da ripetermi quello che ho appena detto?» domanda stizzita la Neri, interrompendo bruscamente i miei pensieri, mentre si aggiusta gli occhiali spessi e mi fissa con quella sua perenne aria di disapprovazione.
Sobbalzo e abbasso lo sguardo, cercando un qualche aiuto negli appunti che ho preso, per poi rendermi conto che non ho preso appunti, mi sono limitata a scarabocchiare. Impreco tra me.
«Stava dicendo qualcosa sui... uhm... la Scuola Siciliana?» domando, con voce acuta.
Teoricamente non ho sbagliato, la Scuola Siciliana è l'argomento che stiamo trattando da ormai due settimane, purtroppo temo che la prof si aspettasse un qualcosa di più dettagliato.
La Neri fa un sorriso sarcastico. «Molto furba, Valenti, lo riconosco, ma temo che dovrò metterle un meno sul registro» sfoglia pigramente le pagine mentre io mi lascio sfuggire un gemito.
È il quarto meno in una settimana, se arrivo a cinque mi becco un tre, come non evita di ricordarmi la professoressa. Dio, e questo come lo spiego a mia madre?
«Come vi ho già ripetuto un centinaio di volte, l'ascolto e l'attenzione sono fondamentali se si vuole essere promossi con più di un sei stiracchiato. Ritengo che sia impossibile studiare tutto a casa. Lei cosa ne dice, Valenti?» mi domanda, sistemandosi di nuovo gli occhiali.
«Mi scusi, prof... mi impegnerò a stare più attenta» mormoro, distogliendo lo sguardo.
«Come stavo dicendo» riprende lei, impassibile. «I poeti della Scuola sono riconducibili al numero di venticinque, i cui componimenti trovarono realizzazione nel ventennio compreso tra il 1230 e il 1250...»
Cerco di stare attenta, davvero, ma dopo meno di cinque minuti la mia mente è di nuovo altrove. Non so cosa mi prende, ultimamente: sono distratta e discontinua e la mia media ne sta pesantemente risentendo.


Quando, qualche ora dopo, apro la porta di casa, la musica a tutto volume mi fa sobbalzare.
«Mamma?» domando, a voce più alta che posso.
Lascio lo zaino in corridoio e mi sfilo il cappotto e le scarpe da ginnastica, per poi raggiungerla in soggiorno. Sta dipingendo qualcosa al cavalletto, muovendosi a ritmo di musica. Non mi vede subito, troppo impegnata a stendere il colore.
«Mamma!» la chiamo di nuovo, mettendo a dura prova le mie corde vocali.
Si volta a guardarmi e sorride, per poi afferrare il telecomando dello stereo e abbassare la musica.
«Michelle, tesoro! È già l'una e mezza?» domanda, sorpresa, ignorando completamente l'espressione stordita sul mio volto.
Alzo gli occhi al cielo, poi scoppio a ridere. «A quanto pare...» sospiro.
Si passa una mano tra i capelli castani – ha smesso di tingerli tipo l'anno scorso e non riesco ancora ad abituarmi – e posa il pennello.
«Cavoli, non ho preparato nulla per pranzo...» si rimprovera.
Mi stringo nelle spalle. «Non importa, ci mangeremo un panino... non ho nemmeno tanta fame» la rassicuro, con un mezzo sorriso.
«Sei tu la figlia» ricambia, divertita.
Si passa le mani sporche di colore sulla vecchia camicia che usa per non sporcarsi e corre in bagno, probabilmente per una doccia veloce. Mentre prendo il pane in cassetta, noto le tele impilate ordinatamente sul tavolo.
Mia madre è un'artista e, se una volta dipingeva solo per hobby, ora l'arte è diventata il suo lavoro. Ha cominciato ad organizzare mostre a Parigi e i suoi acquerelli andavano a ruba, ha guadagnato una fortuna in pochi mesi e ha deciso di provare altre forme di pittura e di espressione artistica. Ora fa un po' di tutto, dai vasi di ceramica ai graffiti, dai ritratti all'arte astratta.
Mi preparo un panino al formaggio e prendo una lattina di coca cola, poi mi chiudo in camera mia, canticchiando tra me “Time is Running Out” dei Muse, che mamma stava ascoltando quando sono entrata, per poi sobbalzare sentendo qualcosa vibrare nella mia tasca. Tiro fuori il cellulare e fisso il nome sul display in trance per qualche secondo.
«Non rispondi?» domanda mia madre, facendo capolino con un sorriso divertito.
Mi riscuoto e mi mordo il labbro, imbarazzata.
«Pronto?»
«Mi vuoi spiegare perché cazzo non mi hai aspettata oggi dopo scuola?» domanda irritata la voce dall'altro capo.
«Alice?» chiedo, incerta.
«No, la Fata Turchina! Certo che sono Alice!» sbotta lei, sarcastica.
Resto in silenzio, senza sapere bene cosa dire.
«Allora?» mi incita lei, sbuffando.
«Cosa?»
«Perché hai preso e te ne sei andata? Guarda che ci sono rimasta male... e anche Fabio era alquanto perplesso...»
«Sì, io ho... ehm... oggi dovevo tornare a casa presto» mento.
In realtà non so nemmeno io perché oggi non mi sono fermata ad aspettare Fabio e Alice, semplicemente avevo voglia di tornare a casa e l'ho fatto.
«Ah, okay... beh, la prossima volta avvertici! Insomma, non è che ti costa qualcosa mandarmi un messaggio o dire a Marta “Ehi, puoi avvertire Ali e Fabio che oggi vado via prima?”» sbotta.
Alzo gli occhi al cielo. Alice sa essere molto polemica, quando vuole, e riesce a sfinirti facilmente, in più è permalosissima. Nonostante tutto, io la adoro... probabilmente è una delle poche persone delle quali mi posso fidare ciecamente, di quelle che mi fanno ridere e che sanno quando preferisco essere lasciata sola con i miei pensieri. Non so come farei senza il suo costante buonumore.
«Okay Ali, promesso» sospiro, sdraiandomi sul letto.
«Ecco brava...» ride lei, e io sospiro di sollievo: la ramanzina è finita.
«Novità?» chiedo, sedendomi sul letto e fissandomi i piedi assorta.
«No. Anzi, sì... Fabio dice che ti vuole parlare» risponde lei.
«Eh?» domando, confusa.
«Me lo ha scritto adesso, stiamo chattando... gli ho detto che sto parlando al telefono con te e lui “Ah, dille che dopo le devo parlare”» spiega.
Stringo le labbra. «E tu sai perché?»
«Certo, anche tu no?» esclama, con fare ovvio.
Rimango in silenzio. Sì, lo so anche io... o forse no. In realtà spero la seconda.
«Pronto? Michelle?» mi chiama Alice dall'altra parte.
«Secondo te di cosa?» le chiedo, tanto per essere sicura.
«Di Sara, è ovvio... perché, tu che pensavi?» domanda di rimando.
«Anche io pensavo a Sara» ammetto, sospirando.
«Beh, è logico no? Si vedeva lontano un miglio che ci sei rimasta di merda» mi fa notare.
Di nuovo non rispondo, fisso il tappeto senza sapere cosa pensare, per poi sobbalzare quando mamma apre la porta ed entra in camera con una pila di vestiti stirati in una mano e un panino al prosciutto nell'altra. Qualcosa nella sua figura non riesce fare a meno di farmi sorridere.
«Ma lui ti piace o no?» domanda Alice ad un certo punto.
Scrollo le spalle. «Non lo so...» ammetto, mordendomi forte il labbro.
Fabio è stata la prima persona con la quale ho stretto amicizia quando sono arrivata in Italia: era nella mia stessa classe alle medie e siamo diventati letteralmente inseparabili, almeno finché non mi ha fatto conoscere Alice e ho cominciato a frequentare quasi di più lei. Non c'è mai stata nulla più che semplice amicizia, tra noi due, almeno finché, due settimane fa, non l'ho visto baciare Sara. Non mi sono resa conto nemmeno io di quanto la cosa mi avesse sconvolta, finché Alice non me l'ha fatto notare. Qualcosa, nel mio piccolo e perfetto universo personale, si era sconvolta, sconvolgendo di conseguenza anche me. Pochi giorni dopo, Fabio mi ha rivelato che tra lui e Sara era nato qualcosa, il giorno del bacio, e che è possibile che si mettano assieme. Sì, ci sono rimasta male, e io stessa mi sento una stupida, per questo. Credo di aver paura che qualcuno mi porti via Fabio e mi sento un'egoista, dato che io stessa l'ho trascurato, nell'ultimo anno. Eppure, sento che non è solo questo: improvvisamente mi sento diversa ogni volta che sto assieme a lui, scoppio di felicità ogni volta che mi sorride, mi sento in imbarazzo per cose stupidissime, in ogni momento ho paura di aver fatto una figuraccia e ogni volta che mi sfiora sento uno strano calore invadermi e le mie guance si fanno immediatamente rosso fuoco. Significa che sono innamorata di lui? Dio, non ci ho mai saputo fare con i ragazzi, ma un tempo questo non era importante: non mi è mai piaciuto davvero qualcuno, se non all'asilo. Sono una specie di maschiaccio sotto molti versi, ho sempre visto i maschi come amici, niente di più, e ora? Possibile che tra tutti i ragazzi che ci sono nella mia scuola dovevo prendermi una cotta proprio per il mio migliore amico? In più, come se non fosse già abbastanza frustrante, lui sta per mettersi assieme ad un'altra, e giuro che vorrei prenderla a schiaffi ogni volta che la vedo, per quanto non abbia mai avuto nulla contro di lei.
A volte vorrei tanto parlare di questo con mia madre con la stessa facilità di quando le parlo di altre cose, eppure c'è qualcosa che ogni volta mi frena. Primo, ho paura di farle affiorare brutti ricordi: conosco abbastanza il suo passato per sapere che gli unici due ragazzi con i quali abbia mai avuto una storia importante si sono rivelati solo fonte di tristezza, prima il suo migliore amico, che le ha rovinato l'adolescenza, poi papà, che, per quanto possa averle regalato molti anni felici, se n'è andato senza tornare mai più. Secondo, il sesso. Ho sedici anni e non ho mai avuto un ragazzo, perciò mia madre non si è mai sentita in dovere di parlarmene, e sa comunque che sono abbastanza intelligente da sapere abbastanza bene in cosa consiste... insomma, farò la figura della verginella incallita, ma sono imbarazzata da morire all'idea di avere un discorso simile con mia madre... meglio tardi che mai, per quanto mi riguarda.
«Capisco...» mormora Alice, strappandomi dalle mie riflessioni.
«Già, beh... cosa fai oggi?» domando, sorridendo appena.
«Nuoto quasi tutto il pomeriggio, sabato ho le selezioni, tu invece?»
«A quanto pare nulla» sospiro.
La sento ridacchiare, poi un tonfo preceduto da un piccolo strillo. Allontano il telefono dall'orecchio, infastidita dal rumore, e aggrotto le sopracciglia.
«Ali, stai bene?» domando, perplessa.
«No... merda, sono in ritardo! Come è possibile che siano già le tre e un quarto?» esclama.
Le tre e un quarto? Guardo l'orologio.
«Non sono nemmeno le due» la correggo, ancora più perplessa.
«Cosa?» domanda lei, incredula.
«Manca un quarto alle due, Alice... non credo che tu sia in ritardo» ripeto.
«Ma la mia sveglia segna le...» balbetta, poi si interrompe.
«Alice?»
«MARCO, BRUTTO IDIOTA!» strilla lei.
Sobbalzo e per poco non mi cade il telefono di mano.
«Non urlare» dice una voce che sento a malapena. «Lo sai che ci sento benissimo.»
«Ti sembrano scherzi da fare? Mi è quasi venuto un infarto!»
Ridacchio. Marco è il fratello maggiore di Alice, si odiano più o meno da quanto lei è nata. Con il sorriso sulle labbra, chiudo la telefonata, conosco la mia migliore amica abbastanza bene da sapere che non sarà un litigio di qualche minuto, e che una volta terminato lei sarà troppo irritata per ricordarsi che stava parlando con me.
Indecisa su come passare il tempo, prendo lo zaino e mi metto a fare i compiti che, stranamente, sono molto più facili di quello che mi aspettavo, e riesco a finire in meno di un'ora. Quando chiudo il libro di storia sono solo le due e quaranta e ho un intero pomeriggio di assoluto far niente davanti a me. Non so se l'idea mi attira o meno.
«Tesoro?» mi chiama mia madre, facendo capolino nella mia stanza.
«Cosa c'è?» domando, con un sorriso.
«Hai qualcosa da fare oggi?» mi domanda.
«Nulla di nulla» sospiro io, passandomi una mano tra i capelli.
«Fantastico!» esclama lei. «Cioè, avevo una mezza idea di andare a fare una passeggiata, se ti va...» propone.
Ci penso un attimo. Sì, ne ho voglia, e mi farebbe bene camminare un po'. Le sorrido e mi alzo, afferrando un elastico e legandomi i capelli.
«Ci sto, basta che non ci metti mezz'ora a prepararti, come fai sempre» accetto, divertita.
«Sono già pronta» ammette lei, aprendo la porta del tutto e facendo un giro su sé stessa.
Scoppio a ridere e prendo scarpe e cappotto, per poi seguirla fuori.


Quando rientriamo, poco più tardi, noto di nuovo la scatola di cartone di questa mattina, relegata in un angolo, come se fosse stata lasciata lì per essere dimenticata per sempre. Mamma non ci presta attenzione, si sfila il cappotto e si sfrega le mani, infreddolita.
«Cavoli, la spesa...!» esclama, dandosi una sonora pacca sulla fronte.
Sorrido, cercando di ignorare la voglia di chiedere spiegazioni.
«E chi ha voglia di fare una corsa per beccare il supermercato chiuso?» sbuffa, passandosi una mano tra i capelli.
«Beh, ci dev'essere qualcosa di commestibile, no?» le faccio notare, sistemando la giacca sull'appendiabiti.
«Gli avanzi del pollo di ieri... e magari un'insalata...» riflette lei.
«Perfetto, più del pane e un film... meglio di quello che speravo» sorrido.
Lei ricambia e si dirige in cucina.
Ora o mai più.
Mi sfilo gli stivali e afferro la scatola, per poi trascinarla il più silenziosamente in camera mia e posarla sul letto. Con un sospiro e mi siedo accanto a lei, per poi sfiorare con dita incerte le lettere scritte con il pennarello nero. Davide. A volte mi sembra di sapere solo questo, di mio padre, il suo nome. Me lo ricordo appena... già, ho sedici anni e di mio padre conservo solo qualche fotografia sbiadita. Non ricordo nemmeno il suono della sua voce.
Sento un nodo stringersi in gola, mentre cerco di convincermi che se i miei occhi sono umidi è solo ed esclusivamente per la polvere. Accarezzo il cartone, senza trovare il coraggio di sollevare il coperchio, mentre continuo a leggere il suo nome come se il solo farlo potesse aiutarmi a ricordare come fosse lui.
«Michelle, tesoro...» mi chiama mia madre, entrando, mentre si strofina le mani su un canovaccio.
Sobbalzo e mi volto a guardarla, quasi spaventata. Mi osserva interrogativa, poi sposta lo sguardo sulla scatola accanto a me e il suo volto cambia letteralmente espressione: la fronte si corruga appena e gli occhi si accendono di quella punta di malinconia che appare solo quando si parla di mio padre. Fa un sorriso triste e si siede accanto a me. Non so cosa dire e allo stesso tempo capisco che non serve che dica nulla, lei ha già capito. Si sistema la scatola in grembo e la apre delicatamente, senza un pizzico di incertezza. I suoi occhi si fanno umidi all'improvviso, mentre osserva gli oggetti al suo interno e io, quasi spaventata, seguo il suo sguardo, per cercare di capire cosa la turba tanto.
Una macchina fotografica professionale, una di quelle che ho sempre desiderato, e montagne di foto, alcune tenute insieme da un nastro, altre sistemate con cura in album rilegati in pelle. Mia madre le sfiora con una mano, mentre con l'altra si asciuga gli occhi, e io capisco che probabilmente non potrò mai davvero capire quanto quelle foto significhino per lei.
«Scattare foto era tutta la sua vita» sussurra, sorridendo di nuovo in un modo tanto triste e allo stesso tempo tanto colmo di tenerezza da farmi commuovere. «Probabilmente lo è ancora adesso» aggiunge. «Prima e dopo la tua nascita abbiamo viaggiato tutta l'Europa in automobile, armati solo di una cartina e la macchina fotografica, più qualche tela bianca e dei colori per me» racconta. «Quei mesi sono stati tra i più belli di tutta la mia vita, e sono tutti racchiusi qui, in questa scatola.»
Incerta, afferro un paio di foto. Non riesco a riconoscere il paesaggio, ma sullo sfondo c'è una strada. La mamma è bellissima, probabilmente come non l'ho mai vista: sorride in modo così sincero e naturale da sembrare una bambina, e nei suoi occhi non c'è traccia di tristezza o di solitudine. Sorrido appena, poi mi volto a guardarla.
«Mi diceva sempre che ero il suo soggetto preferito» ammette, sorridendo di nuovo. «Per quanto cercassi di convincerlo a fotografare qualcos'altro, il suo obbiettivo tornava sempre su di me, dopo un po'... diceva che ero troppo bella per essere vera.»
Automaticamente, poso la testa sulla sua spalla. Non mi sono nemmeno accorta di aver cominciato a piangere.
«Lui ti amava?» mi ritrovo a chiedere, con voce rotta.
Non risponde subito, guarda davanti a sé, persa in chissà quali ricordi.
«Amava entrambe» risponde infine.
«E allora perché è andato via?»
Questa volta il silenzio dura più allungo, poi lei richiude la scatola, la posa sul pavimento e si alza.
«È meglio che vada a preparare la cena, adesso» annuncia, cercando di suonare allegra.
La guardo uscire senza riuscire a sorridere, poi mi accoccolo sul letto e chiudo gli occhi, cercando semplicemente di non pensare.















*** Spazio Autrici ***

Salve, qui Leslie, come avrete intuito (:
Sarò breve, anche perché non sono riuscita a rileggere il capitolo (causa: pc stupido) e non mi è venuto in mente un granché da dire >,<

Come fose avrete notato, Michelle è un personaggio piuttosto diverso da Cleo, dal punto di vista caratteriale, infatti mentre il passato burrascoso della madre l'ha resa un po' innocente e quasi infantile, quello di Michelle l'ha fatta crescere un po' troppo in fretta. Aspettatevi dei capitoli un po' più malinconici, per quanto riguarda la mia metà della storia.

Per quanto riguarda la stesura, sono alla parte finale del quarto capitolo mentre Lalla è impegnata con il quinto, spero che continueremo a procedere più o meno regolarmente, in modo da non creare buchi enormi tra un capitolo e l'altro, ma vi consiglio subito di essere pazienti. (: (mah, secondo me abbiamo ripreso a scrivere brillantemente – modesti a parte, ovviamente X°°D – Io francamente pensavo di non riuscire più a riprendermi dal periodo nero in cui ero! ^^'' NdLaLLa)


Foto personaggi
Michelle


ashleys  waaa, siamo contente che tu sia contenta che abbiamo postato il seguito xP e ci dispiace per il tuo periodo stranissimo >.< (ti capisco però, stella, anche a me capitano questi periodi. Ed è orrendo =.= NdLaLLa) spero che tu sia rimasta entusiasta (si può dire? o è troppo 'non modesto'? xD) anche di questo secondo capitolo e speriamo di continuare a leggere le tue recensioni... (quoto alla grande: adoooooro i tuoi commenti. Sei fantastica, tesoro ^^ NdLaLLa) un bacio <3


so, it's all for now...
love, Leslie and LaLLa


Ps. Scusate ma neanche per questa volta siamo riuscite a concludere il logo, per il prossimo capitolo giuriamo che sarà pronto ^^'''(NdLaLLa)

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Capitolo 3
*** Tomorrow?! ***










CODICI TERZO CAP

3. Tomorrow?!




Mercoledì 17 aprile

Madelyn's Pov.

Dopo scuola, con una stretta allo stomaco, mi rendo conto che è diventato inevitabile per me non ricordami l'immagine del ragazzo di ieri.
«Dai, in fondo non ti è andata così male l'interrogazione.»
Alzo di scatto il capo. Per fortuna che c'è Cristina a distogliermi dal mio pensiero fisso.
«Sì beh, un sette dopo il pomeriggio che ho passato ieri è più che adeguato» confermo io.
Stiamo camminando fianco a fianco, chiacchierando del più e del meno. Diciamo che è Cristina quella che parla: mi racconta del pomeriggio che ha passato ieri con il suo ragazzo. Io mi limito ad ascoltarla e ad annuire ogni tanto.
«E' stato bello studiare con lui, il tempo è volato» dice lei.
Io le mostro un timido sorriso. «Sono contenta.»
«C'è un'altra cosa» aggiunge, dopo una piccola pausa.
La guardo negli occhi, seria. «Dimmi» la incito poi.
«Sai che tra due giorni, venerdì, facciamo un anno?»
Annuisco, con convinzione. «Sì, certo.»
«Ecco, ieri mi ha fatto capire che...» A questo punto esita un po', visibilmente arrossendo. Poi conclude la frase, tutto d'un fiato: «Vorrebbe farlo con me.»
Mi fermo all'istante e socchiudo la bocca. Cristina mi fa un sorriso del tutto imbarazzato.
«Ma...» balbetto, scuotendo un poco la testa. «Come te l'ha detto?»
«Non è che me lo ha detto direttamente» si affretta a rispondere. «Però mi ha invitato a casa sua la sera e cucina lui e... beh, non ci sono i suoi.»
Faccio un vago gesto con il capo. «Ah, capito» affermo, con un leggero sospiro. «E quindi tu pensi che...»
Lei mi interrompe quasi subito: «Sono sicura di sì.»
Annuisco un'altra volta, sconcertata. «E tu?» le chiedo dopo una breve pausa.
«Beh, io...» fa lei, pensandoci un attimo. «Non lo so. Cioè, mi piace tanto, è il primo ragazzo in cui ho una relazione seria. Però sai com'è... ha vent'anni, ovvero quasi quattro anni in più di me, e non sono pochissimi.»
Su questo non posso biasimarla.
«Però è un ragazzo per bene, è gentile e dolcissimo...»
Io resto in silenzio per qualche minuto, decidendo le parole più appropriate da usare.
Finalmente mi decido a esprimere la mia opinione: «Cri, ti ricordi quando un po' di mesi fa ci eravamo dette che la nostra prima volta sarebbe dovuta essere speciale?»
Il suo volto si illumina di un sorriso. «Certo.»
«Tu mi hai sempre detto che per te lui è speciale» la incalzo poi.
Lei annuisce. «E' così.»
«E fare un anno insieme mi sembra un bel traguardo» continuo, guardandola. «E penso che se non ti piacesse veramente, lo avresti già mollato prima...»
«Già.»
«E allora se sei sicura del sentimento che provi per lui, secondo me dovresti» concludo infine.
Cristina mi sorride un'altra volta, dopodiché mi abbraccia affettuosamente. «Grazie Mad.»
Io le accarezzo con delicatezza la schiena. «Figurati.»
Dopo un po', ci stacchiamo e riprendiamo a camminare.
«E dimmi» fa lei, improvvisamente. «Chi è il ragazzo cui hai pensato tutto il giorno?»
Arrossisco all'istante. Mi conosce troppo bene. «Ehm, uno...» mormoro, vergognandomi.
«Chi sarebbe?» domanda Cristina, interessata.
A questo punto le descrivo il nostro incontro.
«Non sai nemmeno come si chiama?»
Per tutta risposta, scuoto la testa, sconsolata.
«Peccato» afferma lei. «Però magari lo vedi di nuovo...»
«Speriamo» sospiro. Poi, dopo una breve pausa, aggiungo: «Ah, poi non sai che è successo con i miei!»
Cristina corruga un sopracciglio, non capendo. Così le racconto anche della discussione di ieri.
«Ci mancava solo questa» affermo, appena ho finito, con un sospiro esasperato.
«Effettivamente...»
«Così ora i miei non passeranno un minuto senza litigare.»
«Non essere troppo pessimista» mi riprende lei, facendomi una dolce carezza sulla guancia.
La guardo, alzando un angolo della bocca. «Andrà così, vedrai.»
«Se proprio proprio ti trasferisci per qualche giorno a casa mia» cerca di consolarmi, con una leggera risata.
«Anche alcune settimane» dico, aggiungendomi alla sua allegria.


Quando entro in casa, odo un silenzio quasi di tomba.
«Sono arrivata» dico, con un tono non del tutto convinto.
E difatti non ricevo alcuna risposta, rendendomi conto che sono da sola. Con una scrollata di spalle, vado a sistemare la tracolla in camera mia, subito dopo mi avvio in cucina.
Trovo un biglietto sul tavolo.

Mad, sia io che tuo padre siamo fuori oggi a pranzo. Carli è da una sua amica a mangiare, ti ho lasciato dei tramezzini in frigo. E se hai voglia c'è pure la pasta da fare.
Un bacio,
mamma.

Alzo gli occhi al cielo, con un sospiro. Se mi avessero avvisata prima, avrei invitato Cristina a pranzo per farmi compagnia.
Va beh, vorrà dire che passerò una giornata in perfetta solitudine con la musica a volume massimo. E chi se ne frega dei vicini che rompono le scatole.


Quando ho finito di pranzare, appoggio i piatti nel lavandino e, canticchiando, inizio a lavarli. Dopodiché, appena ho terminato, mi avvio in camera mia e decido di accendere il computer. Ho bisogno di una pausa, specie dopo una lunga e stancante mattina di scuola.
Appena mi collego a MSN Messenger, vedo subito che mia cugina Michelle è in linea. Il mio volto si illumina di un sincero sorriso e clicco subito due volte sul suo nome, aprendo così la nostra conversazione.

Mad scrive:
ciao cuginetta carissimaaa ^^

La sua risposta compare dopo alcuni secondi.

michelle,,  scrive:
ehiiii **  quanto tempo... xP

Mad scrive:
già! Sarà passato... quanto?

Faccio una pausa, fermandomi a riflettere per pochi istanti. Poi continuo a scrivere:

Beh, un paio di settimane di sicuro o.o  Come stai? :)

michelle,,  scrive:
beh, non mi lamento... e tu invece?

Mad scrive:
insomma... è un periodo che non sopporto più mia madre. E la conosci anche tu, quindi sai quando diventa insopportabile...

michelle,,  scrive:
mi dispiace... è per qualche motivo in particolare?

Mad scrive:
a parte che per ogni cosa deve trovare il negativo e ammonirmi, ieri papà ci ha detto che forse verrà una sua amica (mi ha confidato che è una sua ex) per un po' di giorni a casa nostra, e ora mia madre è ancora più suscettibile di prima .-.

michelle,,  scrive:
una ex? e tu sai di chi si tratta? o.o

Mad scrive:
non lo so, cavolo. Però a quanto pare, presto la conoscerò... oddio Mich, ho paura che si separino :(

michelle,,  scrive:
è impossibile... dai Mad, sai anche tu quanto si amano... a me luccicano gli occhi ogni volta che li vedo assieme **

Ci penso su un po', dopodiché faccio un timido sorriso. Forse è vero.

Mad scrive:
non so... sarà che tu non vedi i tuoi genitori insieme... però comunque non è che sia chissà cosa. Ultimamente stanno litigando anche loro.

Invio e, nel rileggere ciò che ho appena scritto, mi accorgo che ho digitato abbastanza confusamente ciò che mi frulla nella testa. Spero che abbia comunque capito.

michelle,,  scrive:
in tutti i matrimoni ci sono alti e bassi, no? vedrai che passerà (:

Mad scrive:
speriamo. Grazie di avermi ascoltata :) Comunque appena so qualcosa, te lo dico.

michelle,,  scrive:
figurati, sai che per te ci sono sempre ;P

Mad scrive:
;) Comunque, in fatti di ragazzi... come andiamo??

michelle,,  scrive:
eh... a dire la verità non troppo bene... credo di essermi presa una cotta...

Mad scrive:
e lui cronicamente non ricambia, giusto? -.-

Come ho espresso con la faccina, stringo le palpebre.

michelle,,  scrive:
magari fosse solo questo il problema

Quasi automaticamente stringo ancora di più gli occhi. Poi le rispondo gentilmente, tentando di rassicurarla almeno un pochino.

Mad scrive:
dai, racconta tutto alla vecchia Mad, che in fatto di amore se ne intende quasi più di chiunque altro!

michelle,,  scrive:
xDxD... beh, non è che c'è molto da raccontare... ti ricordi di fabio? mi sembra di avertelo fatto conoscere l'ultima volta che siete venuti.. comunque, si sta praticamente mettendo assieme ad una ragazza, li ho visti baciarsi e da allora mi sento stranissima, quando sono con lui... sì beh, lo sai come sono impacciata con i ragazzi, quando si tratta di questioni "romantiche", ma questa volta credo di essere davvero partita... help ç___ç

Mad scrive:
woah ._. Eh, si dà da fare il ragazzo...

Senza pensarci due volte, invio la frase. Dopodiché riprendo a scrivere, facendo ordine ai pensieri che ho in testa.

Domanda: ma questa tipa la conosci? Com'è? Comunque, non è che ci sia molto da fare al momento, non per fare la melodrammatica. Però .-. Cioè, dovresti aspettare per vedere come si mette, magari era solo un bacio... intanto cerca di non farne un dramma. E so benissimo quant'è difficile “non pensarci” e tutte le solite stronzate. Però è l'unica, sul serio. Magari gli amici possono aiutarti a distrarti ;)

michelle,,  scrive:
questa tipa è nella classe di Alice, e purtroppo credo che ci sia dietro più di un bacio, Fabio ci ha confessato che probabilmente si metterà con lei... non la conosco bene, Ali dice che è simpatica ma non ci è mai entrata in confidenza... capelli biondi, occhi castani e abbastanza bassa >.< comunque sì, cercherò di non pensarci, il problema è che credo che Fabio si sia accorto che l'ho presa male.. =S

Mad scrive:
magnifico... cioè, è la cosa peggiore... cerca di non farlo notare, sennò potresti rovinare la vostra amicizia :(

michelle,,  scrive:
oddio, non dirlo neanche... ç.ç
vabbè, meglio se non ci penso >.< tu a ragazzi come sei messa? (:

Mad scrive:
mah... nulla. Però... ci sarebbe un ragazzo...

Quando mi immagino la sua faccia, faccio un sorriso angelico, anche se so che non può vedermi.

michelle,,  scrive:
uhu, e chi é? **

Arrossisco all'istante, come se mi avesse appena scoperta con le mani nel sacco.

Mad scrive:
il punto è che NON so chi sia XD Lo so, sono un caso disperato.

michelle,,  scrive:
ahi... dove lo hai conosciuto?

Mad scrive:
praticamente suo fratello è un amico di Carlotta. L'ho visto ieri, alle loro prove di teatro... comunque credo nel destino: sono sicura che prima o poi lo rivedrò :D

michelle,,  scrive:
incrocerò le dita per te

Sorrido, dolcemente.
Il suono del campanello mi fa sobbalzare un poco. Mi precipito a rispondere e al citofono mi risponde la voce di mia madre.
Quando sono davanti al computer, digito velocemente qualche parola a mia cugina.

Mad scrive:
grazie ^^ ora comunque scusa ma devo andare... è tornata mia madre (-.-) e devo andare a fare i compiti. Ci sentiamo bella :) Ti voglio un sacco di bene <3

michelle,,  scrive:
oookay, ci sentiamo ;P a presto, ti voglio beneee <3

A questo punto, senza aggiungere altro e con un ennesimo sorriso, arresto il sistema del pc.


«Allora» borbotta mio padre, tossendo, visibilmente in imbarazzo.
Non alzo lo sguardo dal piatto, resto a fissare il pezzo di carne che ho sotto il naso e che non mi decido a finire di mangiare.
«Ehm, oggi mi ha chiamato quella mia amica di cui parlavamo ieri» continua, sempre con il tono indeciso di prima. «E mi ha detto che, se a noi sarebbe andato bene, domani si trasferisce qui con i suo figli.»
A questo punto alzo di scatto la testa, spalancando gli occhi.
«Come? Domani?!» esclamo, stupita.
Lui arrossisce e annuisce un paio di volte.
«Che bello» si lascia scappare Carlotta, sarcasticamente.
Lo avrei detto anche io, se avessi la stessa impulsività di mia sorella. Io a confronto suo, sono riuscita a trattenermi; grazie al Cielo, dato che ora papà è ancora più a disagio di prima.
«Dovrete spostare le vostre cose in una stanza, perché i ragazzi si stabiliranno in camera di Carlotta» si intromette mia madre, con poco entusiasmo.
«Perché proprio in camera mia?!» ribatte offesa mia sorella.
La mamma la fa subito zittire con una dura occhiata d'ammonizione.
Carlotta per tutta risposta alza gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente.
«Vengono domani dopo scuola?» mormoro, timidamente, dopo un po'.
«Sì, per l'ora di pranzo» mi risponde papà.
«Ma... chi sono questi figli?» chiedo, sospettosa.
«Non li conosco, comunque sono due maschi.»
Io e mia sorella ci scambiamo un'occhiata mista tra la preoccupata e l'incuriosita.
«Mi raccomando, cercate di non litigare» ci avvisa la mamma, severamente. «Soprattutto da domani, che saremo in sette ad abitare in questa casa.»
Mia sorella fa una smorfia, dopodiché, senza aggiungere altro, si alza in piedi e come un cane con la coda tra le gambe, sgattaiola in camera sua.
Io sospiro, cercando di non farlo notare.
Con la coda dell'occhio, vedo che pure mia madre sembra alquanto irritata.
Magnifico. Davvero magnifico.
Perché ultimamente capitano tutte a me?


















*** Spazio Autrici ***

Buonaseeeeeera gente, qui LaLLa :D
Questa volta siamo restate entro i "limiti di aggiornamento", dato che scadevano nel week-end :D
Speriamo di mantenere questo ritmo (Y)

Abbiamo una bella notizia per voi *w* Vi ricordate che c'eravamo bloccate nella stesura, sia io che Leslie? Ecco, abbiamo ripreso a scrivere tutte e due alla grandeeee ;D (anche se già nello scorso capitolo ve l'avevamo anticipato, ora ci tenevo a rendere ufficiale la notizia >.<) Io ho finito il quinto capitolo e sono nel bel mezzo del settimo, mentre lei ha completato il quarto (che è tipo lungo ottanta pagine su Word X°°D) ed è a buon punto del sesto! Yeee, siamo stra felici di aver oltrepassato il fastidiosissimo "blocco dello scrittore" (se possiamo definirci così XD) (quoto tutto xD ndLeslie).
Le idee inoltre a me, personalmente, non smettono di assalirmi la mente, quindi ora non mi resta che metterle tutte nero su bianco *ò*
Che ne dite di queste prospettive? Vi soddisfano? ^^

Un'ultima cosa prima di chiudere: volevamo scusarci un'altra volta per il casino che è successo con il contest dei migliori personaggi originali. Purtroppo con uno stupido errore abbiamo mandato a fanculo tutto -.- Io sono davvero incazzata con me stessa, perché se non ci fossimo votate con gli altri account (idiota malinteso .-.) saremmo riuscite comunque ad arrivare alla seconda fase, dato che i voti erano più che sufficienti.
Quindi, beh, ringraziamo comunque le FANTASTICHE (perchè lo siete, lo siete veramente) persone che ci hanno votato.
Scusateci ancora, non era davvero nostra intenzione (di nuovo, quoto tutto... ): ndLeslie).

Beh, ora non mi resta che mostrarvi l'immagine di Cristina, la migliore amica di Mad, che in questo capitolo è comparsa fisicamente e poi passare ai ringraziamenti (:

Foto personaggi
Cristina


Grazie mille alle 4 persone che hanno aggiunto questa fic alle seguite e alla persona che invece l'ha aggiunta alle preferite. Un grazie speciale alle persone che si stanno prendendo la briga di recensire *_______*
Uh, e ovviamente grazie a chi la sta leggendo (per ora ci sono ben 100 visualizzazioni **).


ashleys  Oh, tesoro, anche io ho reagito così quando Leslie ha deciso di far scomparire Davide -.- Ci alleiamo per picchiarla, che ne dici? :P (*va a nascondersi ndLeslie) E sì, anche Michelle è fatta bene, ma qui i complimenti vanno senza alcun dubbio alla nostra Leslie ;) (che ringrazia ** ndLeslie). Comunque, cavolo, sei un angelooooo! Te l'hanno mai detto? ^^ Grazie davvero per tutto quello che stai facendo per noi, stellina <33 Ogni giorno che passa sento che mi sto affezionando sempre di più a te *ç*  Un bacione-one-one (LL)

nana_86  Yeeee, sono stra felice che hai visto che abbiamo aggiornato e soprattuto che hai recensito, sei un tesoroo *ò* Beh, i tuoi commenti erano doppi perché si riferivano al primo e al secondo cap, quindi procediamo con ordine ;) E' vero che Mad e soprattutto Carlotta sono dolci ** Diciamo che quando ho ideato Carlotta ho pensato l'esatto opposto di mia sorella dato che lei è un mostriciattolo impertinente e scorbutica :DD Ma nonostante questo le voglio comunque bene ^^ E... uh, che bello che i tuoi personaggi preferiti di Drawing a Song erano Mich&Loriiiiiiiii ** Anche io li adoravo. (e anche io *^* ndLeslie) Infatti far cambiare così tanto Lori in questa serie per me è stato un po' un colpo al cuore, ma d'altronde lei ora è una mamma ç.ç (brutte cose, ahah :D) Grazie mille di tutto stella! Spero di legger altri tuoi commenti, perché sono bellissimi ** Un bacioneee <3


Al prossimo week-end, ragazzi! (:
LaLLa e Leslie


Ps. Abbiamo (ehm, togliamo il plurale, dato che è tutto opera della Lindù u.ù) finito il logo! Non è stupendo? Leslie is the queen of grafic! (che esagerata u.ù ndLeslie)

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Capitolo 4
*** Kissing you. ***










4. Kissing you




Mercoledì 17 aprile

Michelle's Pov.

«Guarda che non è mica così difficile» osservo, fissando l'equazione che Alice mi ha messo davanti.
«E allora perché l'ho fatta tipo sei volte e non mi è mai venuta?» ribatte lei, ostinata.
«Sei volte?» chiedo, scettica, cercando una penna che scriva.
«Okay, tre volte e due passaggi, poi mi sono rotta» ammette, incrociando le braccia.
Ridacchio e prendo un foglio dal quaderno ad anelli, per poi mettermi a scrivere, mentre Alice mi guarda come per avvertirmi che è tempo perso. Contro ogni sua aspettativa, però, due minuti dopo le consegno il foglio con l'equazione risolta. Lei la guarda prima scettica, poi incredula e me lo strappa dalle mani.
«Tu sei un mostro!» esclama, controllando uno a uno i passaggi.
Sorrido, lusingata.
«Davvero, rispiegami come mai ti sei iscritta al liceo classico!» scherza, continuando a fissare i numeri.
In effetti nemmeno io lo so. Ho sempre avuto questo talento con la matematica, ma non l'ho mai giudicato così eccezionale. Adoro i numeri e tutto ciò che li rappresenta, ma preferisco lasciarmi andare con la fantasia. Ho sempre nutrito un forte interesse per il passato, per le persone che hanno vissuto prima di me e che hanno contribuito a rendere il mondo così com'è adesso, e probabilmente è per questo che ho scelto il classico.
Mi limito a sorridere, per poi rimettere il tappo alla penna e passarmi una mano sulla fronte. Mi fa male la testa da questa mattina e ho un'incredibile voglia di stendermi e dormire per dodici ore di fila. Cavoli, ultimamente ho davvero perso fin troppe ore di sonno.
«Allora, cosa mi racconti?» mi domanda Alice, sedendosi al posto di Andrea, che probabilmente è in coda alle macchinette.
«Non so, non è che sia successo molto ultimamente» ammetto. «E tu cosa mi racconti?»
«Non so, in effetti non è successo un granché nemmeno a me» sospira.
Mi scosto una ciocca di capelli dal viso. «Daniele?» domando, semplicemente.
Il suo sguardo si fa subito triste e cerca di nasconderlo, senza grandi risultati.
«Daniele niente...» sbotta, senza guardarmi.
Daniele è stato il primo amore di Alice. Non c'è molto da dire su di loro, se non che si completavano a vicenda. Non avevo mai visto due persone tanto perfette l'una per l'altra e non avrei mai creduto che si potessero lasciare, almeno fino al mese scorso. Non ho nemmeno capito bene cosa è successo, ma è nato tutto da un banalissimo litigio. Alice è stata inconsolabile per quasi due settimane e ha saltato un sacco di giorni di scuola. Ho passato pomeriggi interi a consolarla, poi ha cominciato lentamente a riprendersi e ora cerca di fare finta che gli ultimi tre anni della sua vita non siano mai esistiti. Probabilmente ho fatto una cazzata a chiedergli di lui proprio adesso, ma continuo a credere che la loro rottura sia insensata.
«Tutte le cose belle prima o poi finiscono» commenta Alice, ogni volta che glielo faccio notare. Io mi limito a sospirare e non rispondo, per poi cambiare discorso dopo qualche minuto di silenzio.
«Michelle, ti ho portato il caffè» annuncia Andrea, rientrando in classe con un bicchierino di cartone in mano e una barretta energetica nell'altra.
«Grazie» rispondo, sorridendo e allungando il braccio per prendere la bevanda.
«Sarà meglio che ti togli dal mio posto, nanetta» minaccia poi lui, guardando Alice.
Lei gli fa la lingua e si alza, per poi sedersi sul mio banco.
«Non so come tu faccia a sopportarlo» sbotta, incrociando le braccia.
«Guarda che ti sento» fa notare lui.
«Lo so» ammette lei, irritata.
Rido. Alice e Andrea non si possono vedere, credo che si facessero i dispetti già all'asilo, ma nessuno dei due mi ha mai rivelato molto.
«Che ore sono?» mi chiede lei, cercando di sbirciare il mio orologio.
«Sta per suonare» la informo, dopo aver controllato.
«Bene, allora io vi lascio... see you later ragazzi!»


Qualche ora dopo lascio cadere lo zaino in corridoio, come ogni giorno.
«Mamma?» chiamo, mentre cerco di appendere il cappello e togliermi gli stivali contemporaneamente.
«Mamma?» ripeto, quando mi rendo conto che nessuno ha risposto.
Aggrotto la fronte: di solito a quest'ora è sempre a casa. Stringendomi nelle spalle, raggiungo il soggiorno e, guardandomi attorno, noto che la luce della segreteria lampeggia. Afferro uno dei biscotti sul vassoio sopra il tavolo e premo il tasto per riascoltare i messaggi.
«Michelle, tesoro, sono io. Sono dovuta andare alla mostra perché un cliente ha richiesto personalmente la mia presenza, non ho capito bene perché... comunque, ti ho preparato dei panini, sono in frigo. So che è il secondo giorno di seguito, ma non sono riuscita a fare di meglio. E, oh, verso le quattro dovrebbe passare la signora Sardi a ritirare il ritratto di suo nipote, non so se ce la faccio a tornare, visto che devo fare la spesa e poi ho una lezione, perciò dovresti occupartene tu. Il quadro è nel mio studio, sulla scrivania, dovresti riconoscerlo subito. Poi... Dio, mi sto dimenticando qualcosa, me lo sento... Ah, giusto, è possibile che chiami tua nonna, nel pomeriggio, ho sentito un suo messaggio in segreteria. Non sentirti obbligata di rispondere a parlare con lei per mezz'ora, inventati che devi fare i compiti o che ne so... bene, credo sia tutto, in caso tu sai meglio di me quello che c'è da fare. Mi dispiace di non esserci, un bacio grande!»
Due bip, poi la segreteria parte con i messaggi vecchi e la spengo, sorridendo. Chissà perché, improvvisamente mi sento allegra. Canticchiando prendo uno dei panini nel frigo, poi mi siedo sul divano e accendo la televisione.
Chissà cosa sta facendo Fabio adesso... probabilmente lascia la bicicletta nel suo garage e sale a casa sua, o magari sta già pranzando, assieme ai suoi genitori e a Lisa, sua sorella. Nonostante oggi abbiamo fatto la strada assieme, sono riuscita a non fargli dire quello che aveva da dirmi, o meglio, è merito di Alice, dato che ci ha storditi di chiacchiere per tutto il tragitto. Mi rimiro le unghie, mentre mastico il mio panino. Non posso continuare ad evitarlo per sempre, ma davvero non voglio parlargli di quello che mi sta succedendo. Forse dovrei chiamarlo, negli ultimi giorni l'ho praticamente evitato, non vorrei che intuisse tutto da solo, anche se vorrebbe dire rischiare che mi parli di Sara e della mia reazione. Mando giù l'ultimo boccone del panino e fisso per qualche minuto le immagini alla televisione senza realmente vederle. Sì, devo chiamarlo, al diavolo la paura, non posso evitarlo per sempre.
Mi alzo e prendo il cellulare dalla tasca dello zaino, per poi andare a sdraiarmi sul letto e digitare con calma il suo numero.
Uno squillo. Due. Tre. Guardo l'orologio, rendendomi conto che non è esattamente l'ora giusta per chiamare. Sono le due, Fabio alle due mangia.
«Pronto?»
La sua voce raggiunge improvvisamente il mio orecchio e sobbalzo, mentre con orrore mi rendo conto che non ho assolutamente idea di cosa dirgli, o meglio, se ce l'ho mai avuta, ora l'ho dimenticata.
«Ellie, sei tu?» chiede, disorientato.
«S-sì, sono io.»
Solo Fabio mi chiama Ellie, credo per l'assonanza con il mio nome. Non ne ho mai capito il bisogno, in effetti, ma è una specie di vizio che ha, quello di diminuire il più possibile i nomi degli altri.
Resto in silenzio come una stupida per un altro minuto.
«Ehm... volevi parlarmi di qualcosa?» domanda lui, perplesso.
«Uhm... credo di sì» ammetto, a disagio. «Stavi mangiando?» domando subito dopo, cercando di prendere tempo.
«Non ti preoccupare» mi rassicura. Qualcosa nella sua voce mi fa capire che sta sorridendo, non saprei nemmeno io dire da che cosa... forse semplicemente lo conosco troppo bene.
«Se stai mangiando posso richiamare più tardi, sul serio» mi affretto a precisare.
«Ellie...» mi ammonisce, paziente.
Stringo le labbra. «Sai che ti dico? È meglio se ne parliamo a voce... cosa fai oggi pomeriggio?» domando, incrociando le dita.
«Ho appuntamento con Sara alle tre, poi alle cinque e mezza ho un recupero a scuola... magari passo quando ho finito, tanto casa tua sta sulla strada» propone.
Nonostante la piccola fitta di delusione che mi prende quando sento che deve uscire con Sara, accetto la sua proposta e chiudo la telefonata.
«È dura la vita di una sedicenne» sospiro, chiudendo gli occhi.


Quando, poco dopo, la finestra di Messenger si illumina di colpo, sobbalzo.

Mad scrive:
ciao cuginetta carissimaaa ^^

Oh bene, è Madelyn. È fin troppo che non chiacchiero con lei.

michelle,,  scrive:
ehiiii **  quanto tempo... xP

Mi risponde dopo pochi secondi.

Mad scrive:
già! Sarà passato... quanto?
Beh, un paio di settimane di sicuro o.o  Come stai? :)

michelle,,  scrive:
beh, non mi lamento... e tu invece?

Mad scrive:
insomma... è un periodo che non sopporto più mia madre. E la conosci anche tu, quindi sai quando diventa insopportabile...

Sospiro. Vorrei dire che la capisco, ma con mia madre litigo tipo una volta l'anno, facciamo quasi schifo per quanto andiamo d'accordo.

michelle,,  scrive:
mi dispiace... è per qualche motivo in particolare?

Digito, leggermente esitante. Quando si tratta di queste cose non so mai quanto posso spingermi oltre senza risultare impicciona.

Mad scrive:
a parte che per ogni cosa deve trovare il negativo e ammonirmi, ieri papà ci ha detto che forse verrà una sua amica (che mi ha detto che è una sua ex) per un po' di giorni a casa nostra, e ora mia madre è ancora più suscettibile di prima .-.

Una ex? Setaccio mentalmente quello che mamma mi ha raccontato di zio Michele, senza però riuscire a trovare niente di significativo.

michelle,,  scrive:
una ex? e tu sai di chi si tratta? o.o

Mad scrive:
non lo so, cavolo. Però a quanto pare, presto la conoscerò... oddio Mich, ho paura che si separino :(

michelle,,  scrive:
è impossibile... dai Mad, sai anche tu quanto si amano... a me luccicano gli occhi ogni volta che li vedo assieme **

Mad scrive:
non so... sarà che tu non vedi i tuoi genitori insieme... però comunque non è che sia chissà cosa. Ultimamente stanno litigando anche loro.

Mi invade una punta di malinconia. Ho sempre invidiato Madelyn per la sua famiglia perfetta, per il fatto che lei avesse un padre e una sorella. Appoggio il mento sulla mano, sospirando. Devo essere ottimista, altrimenti non riuscirò mai a sollevarle il morale.

michelle,,  scrive:
in tutti i matrimoni ci sono alti e bassi, no? vedrai che passerà (:

Mad scrive:
speriamo. Grazie di avermi ascoltata :) Comunque appena so qualcosa, te lo dico.

michelle,,  scrive:
figurati, sai che per te ci sono sempre ;P

Mad scrive:
;) Comunque, in fatti di ragazzi... come andiamo??

Sobbalzo appena, quando leggo il suo messaggio. A volte mi chiedo se mia cugina abbia qualche potere telepatico a lunga distanza... o forse è puramente un caso che mi abbia chiesto di ragazzi.

michelle,,  scrive:
eh... a dire la verità non troppo bene... credo di essermi presa una cotta...

Mad scrive:
e lui cronicamente non ricambia, giusto? -.-

Sospiro, passandomi una mano tra i capelli.

michelle,,  scrive:
magari fosse solo questo il problema

Mad scrive:
dai, racconta tutto alla vecchia Mad, che in fatto di amore se ne intende quasi più di chiunque altro!

Scoppio a ridere. Dio, se la adoro. Con lei mi è sempre venuto facile parlare, è quasi come una sorella, o qualcosa del genere. In effetti ci si avvicina.

michelle,,  scrive:
xDxD... beh, non è che c'è molto da raccontare... ti ricordi di Fabio? mi sembra di avertelo fatto conoscere l'ultima volta che siete venuti.. comunque, si sta praticamente mettendo assieme ad una ragazza, li ho visti baciarsi e da allora mi sento stranissima, quando sono con lui... sì beh, lo sai come sono impacciata con i ragazzi, quando si tratta di questioni "romantiche", ma questa volta credo di essere davvero partita... help ç___ç

Mad scrive:
woah ._. Eh, si da da fare il ragazzo...

Sorrido appena, per poi sospirare un'altra volta. Qualche secondo dopo Mad invia un altro messaggio.

Domanda: ma questa tipa la conosci? Com'è? Comunque, non è che ci sia molto da fare al momento, non per fare la melodrammatica. Però .-. Cioè, dovresti aspettare per vedere come si mette, magari era solo un bacio... intanto cerca di non farne un dramma. E so benissimo quant'è difficile “non pensarci” e tutte le solite stronzate. Però è l'unica, sul serio. Magari gli amici possono aiutarti a distrarti ;)

Mentre leggo, annuisco senza quasi accorgermene, poi riprendo a scrivere.

michelle,,  scrive:
questa tipa è nella classe di Alice, e purtroppo credo che ci sia dietro più di un bacio, Fabio ci ha confessato che probabilmente si metterà con lei... non la conosco bene, Ali dice che è simpatica ma non ci è mai entrata in confidenza... capelli biondi, occhi castani e abbastanza bassa >.< comunque sì, cercherò di non pensarci, il problema è che credo che Fabio si sia accorto che l'ho presa male.. =S

Mad scrive:
magnifico... cioè, è la cosa peggiore... cerca di non farlo notare, sennò potresti rovinare la vostra amicizia :(

michelle,,  scrive:
oddio, non dirlo neanche... ç.ç
vabbè, meglio se non ci penso >.< tu a ragazzi come sei messa? (:

Mad scrive:
mah... nulla. Però... ci sarebbe un ragazzo...

Sorrido, per nulla sorpresa. Quando mai non c'è un ragazzo? Mi mordicchio il labbro, cercando di immaginarmi come potrebbe essere di aspetto. Conosco abbastanza bene i gusti di Madelyn, in fatto di ragazzi.

michelle,,  scrive:
uhu, e chi é? **

Mad scrive:
il punto è che NON so chi sia. Ahah, lo so, sono un caso disperato.

Scoppio a ridere.

michelle,,  scrive:
ahi... dove lo hai conosciuto?

Mad scrive:
praticamente suo fratello è un amico di Carlotta. L'ho visto ieri, alle loro prove di teatro... comunque credo nel destino: sono sicura che prima o poi lo rivedrò :D

michelle,,  scrive:
incrocerò le dita per te

Ci mette un po' a rispondere, questa volta.

Mad scrive:
grazie ^^ ora comunque scusa ma devo andare... è tornata mia madre (-.-) e devo andare a fare i compiti. Ci sentiamo bella :) Ti voglio un sacco di bene <3

michelle,,  scrive:
oookay, ci sentiamo ;P a presto, ti voglio beneee <3

Si disconnette pochi secondi dopo il mio ultimo messaggio e, con un sospiro, faccio partire una playlist a caso e prendo il libro di greco. Non ho assolutamente nulla da fare, a questo punto è meglio che studi un po'.


Guardo l'orologio: sono le sette e mamma è passata quindici minuti fa per farsi una doccia e comunicarmi che starà giù in atelier fino a tardi. Io, come mio solito, sono seduta davanti al computer, con addosso solo una felpa azzurra, la musica sparata a tutto volume, che faccio pulizia nelle vecchie cartelle. Sto cercando di prepararmi psicologicamente alla conversazione che avrò di qui a cinque minuti (Fabio mi ha appena scritto un messaggio dicendo che sta arrivando), ma so già che sarà un disastro. Non so cosa dire, non so come devo dirlo e non ho idea di cosa mi dirà lui. Sospiro sconsolata e finisco in due morsi la mia piadina.
Il campanello suona mentre sto bevendo, facendomi sobbalzare e andare di traverso la coca-cola, con il risultato che tossisco per un minuto buono e quando rispondo al citofono ho la voce di una cornacchia.
«Sono Fabio... che fai, scendi tu? O preferisci che salga?» chiede lui da sotto.
«No no, scendo io... dammi solo un secondo.»
Mi precipito in camera e pesco un paio di pantaloncini dal mucchio di vestiti in mezzo al tappeto. Morirò di freddo, ma ho messo i jeans a lavare e non mi va di prenderne un paio pulito. Infilo le scarpe da ginnastica e prendo cellulare e chiavi, per poi scendere lentamente le scale cercando di rilassare i muscoli del viso. Quando apro il portone, miracolosamente, sto sorridendo tranquillamente.
«Ehi» mi saluta, chinandosi appena per darmi un bacio sulla guancia.
«Ciao» faccio io di rimando, affondando le mani nelle tasche della felpa.
Lo guardo per qualche secondo in silenzio. L'ho sempre trovato un gran bel ragazzo, per quanto mi fosse stato difficile rendermene conto, dato che lo conosco da prima che la sua voce cambiasse: ha capelli biondo scuro e occhi verdi, è alto e dal fisico asciutto. È un campione di atletica, sempre stato, in più è simpatico, fa ridere ed è intelligente. L'unico suo problema è che non si applica, per quanto riguarda la scuola, e questo gli ha costato la bocciatura in prima media. Ogni tanto gli do una mano con matematica.
«Com'è andata a scuola?» gli chiedo, mentre mi segue fino al muretto sul quale ci sediamo entrambi.
«Tutto bene, una noia mortale se vuoi saperlo» risponde, con un sospiro.
Sorrido e raccolgo le gambe contro il petto. Come avevo previsto, sono vestita fin troppo poco per questa temperatura.
«Allora, di cosa mi volevi parlare?» mi esorta lui dopo qualche altro secondo di silenzio.
Mi stringo nelle spalle. Ecco fatto, ora non posso più scappare. «Probabilmente della stessa cosa della quale mi volevi parlare tu» gli faccio notare, con un sorriso leggermente malinconico.
«Giusto, Sara...» annuisce, serio.
Segue un minuto di pausa, durante il quale entrambi aspettiamo che l'altro dica qualche cosa. Trattengo un sospiro. Non posso evitarlo per sempre!
«Lei ti piace?» domando, leggermente esitante. «E con 'ti piace' intendo ti piace davvero... sì insomma, senti le farfalle nello stomaco ogni volta che la vedi? Ti senti il ragazzo più fortunato del mondo solo standole accanto...?»
«Sì, so cosa vuol dire quando qualcuno ti piace davvero» mi interrompe, divertito.
Non sorrido, lo guardo in attesa di una risposta, cercando di fermare il tremore delle mani.
«Sto bene con lei... è simpatica, dolce e carina...» dice, fissando una crepa sul muro.
Mi mordo il labbro. Questo vuol dire che le piace ma non le piace davvero? Sono confusa. Cavoli, ma chi me l'ha fatto fare di prendermi una cotta?
«Quindi...?» lo incito, affondando le unghie nel palmo della mano.
«Quindi, a te darebbe fastidio?» chiede lui invece.
«Non hai risposto alla mia domanda» gli faccio notare, a bruciapelo.
«Tu rispondi alla mia» mi invita, con un sorriso sghembo.
«Non ha senso! Tu dimmi se lei ti piace, io poi ti dirò se mi dà fastidio» protesto.
La sua espressione non cambia, incrocia le braccia e mi guarda con l'aria di uno che ha già vinto. Mi mordo forte il labbro, irritata. Odio quando fa così.
«Okay, mi darebbe fastidio» lo so, mi arrendo troppo in fretta.
Fabio torna serio. «Come mai?»
«Se lo sapessi avrei già risolto tutti i miei problemi» gli faccio notare, acida.
Sorride, paziente, ma non dice nulla. Credo che aspetti che sia io a parlare, ma non è che ne abbia molto voglia. Ho l'impressione che parlando di nuovo mi tradirò da sola, o farò la figura dell'imbecille... o tutte e due le cose, che in effetti non si escludono a vicenda.
Mi scosto i capelli dal viso, rimirandomi distrattamente le unghie. Fabio continua a mantenere il silenzio. Dio, se lo odio in questo momento. Vorrei gridargli tutto in faccia... anzi, vorrei solo potermene tornare dentro casa, al caldo e al sicuro sotto le coperte.
«Diciamo che ultimamente non ho sentito tutta questa amicizia nei tuoi confronti.»
Oddio, l'ho davvero detto? Ad alta voce? Dio, sono una stupida, un'idiota... adesso scoppierà a ridere, o se ne andrà terrorizzato. Volevo solamente rompere il silenzio, ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente... se solo riflettessi un po' di più prima di agire. Stupida.
«Intendi dire che mi senti come più di un amico?» chiede, tranquillo.
Okay, adesso negherò. Dirò che mi sono sbagliata, che intendevo che ho sentito molta amicizia nei suoi confronti, e nient'altro. Solo amici. Lui ha una ragazza, diavolo! Ha una ragazza perfetta ed è pazzo di lei, e la mia è solo una stupidissima cotta nata dal desiderio di avere un ragazzo e che svanirà in poche settimane.
«Già...»
Okay, devo far revisionare il collegamento tra la lingua e il cervello. Mi mordo forte il labbro, lanciandogli un'occhiata fugace. Sta fissando il marciapiede, silenzioso. Non riesco a leggere l'espressione nei suoi occhi. Probabilmente sta cercando il modo più gentile possibile per dirmi che non ci sarà mai nient'altro tra di noi se non pura amicizia. Per un qualche strano motivo, sento gli occhi farsi umidi. Sei una stupida, Michelle. Una stupida ragazzina avventata.
«Ellie, io...»
Lo interrompo subito, mentre una lacrima mi scivola sulla guancia senza che possa impedirlo. «Senti, non dire nulla... okay? Fai finta che non abbia detto niente» gli dico, con una voce orribilmente incrinata dal pianto. Cerco di sorridere senza grandi risultati.
«Insomma, tu stai con Sara e lei mi è simpatica, e io non avevo il diritto di dirti quelle cose... dovevo starmene zitta, visto che comunque non è assolutamente nulla di importante, giusto? È una cotta. Le cotte vanno via, dopo un po'... devi solo darmi del...»
Mi posa un dito sulle labbra. Lo ha fatto centinaia di volte – tento a diventare logorroica, quando sono a disagio – ma mai in questo modo. Non sorride, innanzi tutto, ma non sembra arrabbiato o triste o qualcosa del genere. Mi guarda in un modo talmente intenso da darmi i brividi. Stringo le labbra, cercando di abbassare lo sguardo, ovviamente senza successo. I miei occhi sono incollati ai suoi. Dio, quanto vorrei essere capace di leggere quel suo sguardo, di sapere quello che sta pensando. Perché mi guarda così? Non lo aveva mai fatto prima, mai. Me lo ricorderei, ne sono sicura. Il suo dito abbandona le mie labbra, accarezzandomi il mento e poi la guancia, sfiorando la traccia ancora fresca delle lacrime. Sento la pelle ardere nei punti che ha toccato e, senza sapere come o perché, arrossisco, e finalmente riesco ad abbassare lo sguardo. Vorrei essere in grado di dire qualcosa, qualsiasi cosa, pur di rompere questo silenzio prima di perdere letteralmente in controllo. Fabio mi scosta una ciocca di capelli dal viso e posa una mano sul mio collo, per poi, lentamente, attirarmi a sé. Sento le sue labbra sulle mie prima ancora di rendermi conto quello che sta succedendo. Resto immobile un secondo, per poi chiudere gli occhi e posare entrambe le mani sulle sue spalle. Fabio mi sfiora il fianco e schiude leggermente le labbra. Sento il suo sapore invadermi, mentre la sua lingua sfiora la mia e la sua mano mi accarezza il collo. Non riesco a pensare, seriamente. La dolcezza del bacio mi sconvolge, il suo respiro sulla mia pelle mi fa rabbrividire, così come il suo tocco delicato, la fermezza con cui guida le mie labbra inesperte. Non mi importa come, dove o perché. Non mi importa quello che succederà dopo, quello che è successo prima. Muoio per rinascere un'altra volta più forte, più bella, meno vulnerabile. Vorrei che durasse per sempre, fino alla fine dei miei giorni... fino alla fine dei nostri giorni.
Ci separiamo con dolcezza, e lui appoggia la fronte contro la mia. Mi rendo conto che stiamo ansimando, e che le mie braccia sono ancora incollate alle sue spalle. Lo guardo senza sorridere, con occhi grandi e stupiti, un po' come una bambina. Nemmeno lui sorride e lo maledico, dentro di me. Perché mi ha baciata e non dice nulla. Perché mi ha baciata e tutto quello che riesce a fare è fissarmi, la mano ancora dietro il mio collo. Perché mi ha baciata e ha una ragazza. E maledico me stessa, per le stesse identiche ragioni.























*** Spazio Autrici ***

Salve! ^^
Sarò breve >.<
Lo so, la fine è un po' inaspettata e forse un po' "affrettata", ma semplicemente perché ho intenzione di far accadere un sacco di cose e non posso tirare troppo avanti >.<, comunque, spero di non avervi delusi ^^

Passando alle cose 'importanti', la fic sta procedendo piuttosto bene: io sono nel bel mezzo della stesura dell'ottavo capitolo mentre Lalla ha quasi finito il nono. Il documento ha 43 pagine su Word e speriamo di riuscire a raddoppiare (considerando che con DS siamo arrivate a più di 100 ci sono buone speranze ;D)
Grazie mille alle persone che seguono e recensiscono... sarò ripetitiva, ma non saremmo dove siamo ora senza di voi ^^

Uh, prima di chiudere volevo aggiungere un'altra cosa: abbiamo deciso di creare la Serie che comprende Ds e Ds2 e in più, più avanti, siamo lieti di annunciarvi (*rullo di tamburi*) che pubblicheremo una raccolta di one-shot che comprenderà alcuni capitoli (ovviamente di Ds e Ds2) scritti però dal punto di vista di altri personaggi ^^ Vi piace l'idea? (NdLaLLa)

Foto personaggi
Fabio
Alice


nana_86 Grazie per i complimenti (: E per quanto riguarda la conversazione msn tra mad e michelle anche a noi è piaciuta da scrivere, spero solo non sia stato noioso leggerla una seconda volta >.< (già, io personalmente adoro scrivere le conversazioni :D NdLaLLa) Comunque vedrai che non resterai delusa per quanto riguarda Emma e i suoi figli ;D (ahah, lo spero davvero ^^ Nel prossimo capitolo spero di avere tue notizie su cosa ne pensi, piuttosto ** NdLaLLa) spero il capitolo ti sia piaciuto, un bacio grande <3

Ale_Sara_Macho (o meglio ashleys xD) Sono felice che riusciate ad identificarvi nelle situazioni dei personaggi, e mi dispiace per tua cugina >.< (riguardo la fic che stai scrivendo con tua cugina e il tuo amico, l'ho già aggiunta alle seguite, prometto che appena riesco leggo e lascio una recensione *ò* NdLaLLa) Comunque non voglio anticiparti nulla per il prossimo capitolo di Lalla, ti avverto comunque che sarà fantastico ;D (ma grazie stellaaa ** Spero che anche la nostra Ale condivida il tuo pensiero *ò* NdLaLLa) grazie per il sostegno e per le recensioni, lo appreziamo molto ^^ (ohssì ** NdLaLLa) un baciooo **


Credo che sia tutto per oggi >.<
we love you all, Leslie & Lalla

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Capitolo 5
*** Obvious. ***










note capitolo 5

5. Obvious




Giovedì 18 aprile

Madelyn's Pov.

«Io lo ammazzo» esclama Cristina, quasi urlando, mentre inserisce con rabbia le monete nella macchinetta delle bevande calde.
Annuisco, con aria grave. «Hai ragione, è stato veramente stronzo.»
«Cioè, fossi stata solo io a copiare... ma cazzo, era mezza classe! E ne ha sgamate altre due, allora perché diavolo ha messo la nota solo a me?!»
«Perché è stupido» concludo, stringendo gli occhi.
«No ma ti giuro che, se oltre avermi messo la nota sul registro, ha pure il coraggio di non valutarmi la verifica mi metto a sporconargli dietro!» urla, quasi istericamente.
«Dai, ritira il tuo caffè, che si fa la coda» la riprendo io, gentilmente.
Lei, con un'ennesima smorfia irritata, alza lo sportello e afferra il bicchiere di plastica. Dopodiché ci allontaniamo con passo stanco.
Dopo qualche minuto di silenzio in cui lei sorseggia il suo caffè e io mi guardo intorno, decido di tirare fuori l'argomento. «Comunque è oggi che viene la cara amica di mio papà» butto lì, cercando di assumere un tono del tutto naturale.
Cristina allarga un poco gli occhi. «Di già?!»
«Sì» affermo io. «Prevedo liti ogni due minuti.»
«Non essere così pessimista!» ribatte lei. «E poi magari è simpatica...»
Sospiro e resto zitta, non sapendo cosa dire.
La campanella di fine ricreazione suona, interrompendo le chiacchiere degli studenti e dei professori che si udivano fino a poco fa.
«Bene, ora ci dobbiamo subire latino» dice Cristina, sbuffando sonoramente.
Non posso biasimarla: la letteratura latina è proprio una palla.


Stiamo camminando fianco a fianco io e Cristina, lungo la via di casa mia. Mancano pochi metri e sono arrivata. E' strano, ma mi sento agitata. Molto agitata. Come se tra un attimo dovessi incontrare Raoul Bova in persona.
«Cos'hai?» E naturalmente la mia migliore amica si accorge sempre quando c'è qualcosa che non va.
Mantengo lo sguardo basso. «Non lo so» mormoro, cercando di respirare profondamente.
Lei mi sistema dietro l'orecchio una ciocca di capelli che era scappata sul viso, con delicatezza. Poi, dopo una breve pausa, afferma: «E' per la tipa che ti troverai ora a casa?»
«Già» sospiro, sempre fissandomi le scarpe.
Prosegue un silenzio più o meno teso. E' Cristina a interromperlo improvvisamente:
«Oh mio Dio!» esclama, alzando la voce. «Chi è quel figo che sta entrando in casa tua?»
Alzo di scatto la testa.
Purtroppo non sono riuscita a capire chi era, perché quando ho puntato lo sguardo verso casa mia, era ormai entrato. Quindi ho solo visto di sfuggita una figura indefinita che stava aprendo la porta.
«Sarà il figlio della tipa» dice sicura Cri. «Auguri allora.»
Faccio un sorrisetto divertito. «Di sicuro non starà a guardare me.»
Cristina mi lancia una dura occhiata d'ammonizione. «Non dire stupidaggini, ora vai e incendialo!» afferma, ridendo.
Io non smetto di sorridere, dopodiché con un bacio sulla guancia la saluto e mi dirigo verso la porta d'entrata.
Quando metto la mano sulla maniglia, il sorriso mi muore tra le labbra e l'agitazione torna sul mio viso, facendomi acquisire un'espressione non esattamente piacevole.
Dai, apri questa porta del cavolo e falla finita, mi riprende una vocina dentro me, seccamente.
Ho sbagliato. Non è un uomo stra figo, non ha più di quarant'anni, non è Raoul Bova. E' un ragazzo terribilmente affascinante, avrà la mia età o forse qualche anno in più di me, ed è... il famoso ragazzo di ieri, dannazione.
Ho una faccia orribile, il trucco di stamattina sarà andato a quel paese, il cuore batte all'impazzata e di sicuro se ne sarà reso conto.
«Ciao» mormoro, chiudendo la porta alle mie spalle.
Anche lui però sembra abbastanza stupito. Perlomeno mi ha riconosciuta. «Ciao.»
Resto interdetta per quasi un minuto, in cui ci fissiamo perfettamente immobili.
Oddio oddio oddio oddio.
«Ehm» borbotto, appoggiando la tracolla accanto al divano con gesti impacciati.
Che diavolo posso dire?
«Nicola» afferma lui improvvisamente e subito dopo mi porge la mano.
«Madelyn» biascico, prendendogliela.
Dopo alcuni secondi, lui molla la presa, mostrandomi per alcuni istanti un sorriso. Il mio cuore a quell'incurvarsi di labbra perde un battito.
Dio, che terribile effetto che mi fa.
«Ragazzi...» Mio padre compare in salotto, quando ci vede sobbalza un poco e afferma, preso in contropiede: «Oh, vi siete già presentati.»
«Sì» faccio io, tormentandomi le dita.
Cinque secondi dopo, il fratello di Nicola e una signora abbastanza alta raggiungono mio padre.
«Loro sono Emma e Emanuele.»
Finalmente vedo la famosa ex di papà. Non sembra una donna particolarmente attraente, eppure non posso nemmeno dire che sia brutta. Di certo però, mia madre è dieci volte più carina.
Mi concentro di più su di lei e mi soffermo su i dettagli del suo viso: ha dei capelli scuri e corti fino all'orecchio, degli occhi neri e un sopracciglio più inarcato dell'altro. A dire la verità questo fatto le da un'aria misteriosa che mi lascia abbastanza perplessa.
«Piacere di conoscerti.» La sua voce, che sembra quella della strega Malefica del cartone animato La bella addormentata nel bosco, interrompe bruscamente le mie riflessioni.
«Oh, ehm, piacere» balbetto, arrossendo.
Dannazione, l'espressione sconcertata che ha assunto mi fa capire che ha intuito qualcosa.
Mad, fa finta di niente. Non hai fatto niente, non hai detto niente e non hai pensato niente... cioè, quest'ultima cosa non proprio. Ma d'altronde, lei non lo può mica sapere, no?
«Comunque lui è Emanuele, il mio più piccolo.»
Mi sforzo di sorridere. «Ciao.»
Il bambino ha un'aria abbastanza imbronciata. Probabilmente anche lui non sarà felicissimo dei nuovi cambiamenti. «Ciao» sbotta poi, senza neanche guardarmi.
Lei gli da una leggera pacca alla spalla. «Devi scusarlo, Manu non è mai stato troppo cortese.»
Scuoto leggermente la testa. «Non fa niente.»
Prosegue una pausa in cui ci chiudiamo tutti in un silenzio imbarazzato.
«Beh, che aspettiamo a sederci al tavolo? Il pranzo è pronto» annuncia mio padre.
Perché non mi rassicura per niente come prospettiva?


«Lori ha preparato della ottime lasagne. Vi piaceranno, è bravissima a cucinarle.»
Mio padre, per quanto si sforzi di sorridere, apparire simpatico e di alleggerire l'atmosfera che c'è con battute, rassicurazioni, domande stupide, constatazioni su Rapallo e sulla spaggia, non riesce a eliminare la tensione che c'è nella stanza. Anzi, oserei dire che sta peggiorando solo la situazione.
«Michi, scusami tanto ma Manu è allergico ai pomodori» sussurra Emma, visibilmente risentita.
«Oh» fa lui, alzando le sopracciglia. «Beh, no problem. C'è sempre l'insalata e... la carne.»
Emma annuisce, sorridendo imbarazzata. «Avrei dovuto avvisarvi prima, scusate.»
Mio padre scuote la testa con convinzione. «Non preoccuparti. Vado a dirlo a Loredana.»
Dieci secondi dopo restiamo a tavola io, Emma, Nicola, Emanuele e Carlotta.
«Allora, ragazze» afferma Emma improvvisamente. «Che scuola fate?»
«Quinta elementare» risponde per prima mia sorella.
«Io la terza al liceo socio psico-pedagogico.»
«Oh, che bello» commenta lei, voltando lo sguardo verso di me e fingendosi (o forse no?) interessata. «E che lavoro hai intenzione di fare?»
«Non lo so con esattezza. Probabilmente la psicologa, ma neanche l'insegnante mi dispiacerebbe.»
«Wow.»
Le mostro un timido sorriso. «Già» borbotto, non del tutto convinta.
«Nico invece sta frequentando il liceo scientifico» aggiunge dopo un po'. «Quello vicino alla tua scuola. Dico bene, tesoro?»
Nicola alza di scatto il capo dal piatto e la guarda, distaccato. «Sì, certo» dice, vagamente.
«Se hai bisogno di ripetizioni di matematica, chiedi pure a lui» mi informa lei, facendomi un sorriso malizioso.
Arrossisco all'istante. Ma che mi prende?
«Hey, sbaglio o ho sentito che stavate parlando di ripetizioni di matematica per Mad?» Mio padre fa il suo ingresso in salotto, seguito dalla mamma che porta in mano le lasagne.
Emma getta la testa all'indietro, ridendo divertita. «Qualcosa mi dice che tua figlia e la matematica non vanno d'accordo.»
«Per niente» preciso, stringendo le palpebre.
«Beh, delle ripetizioni di mate non le faranno di certo male» afferma mia madre, annuendo.
Intanto mi alzo dalla sedia e inizio a prendere il piatto di Emma e di mia sorella per poi portarli a mia madre che, tagliate due porzioni di lasagne, le appoggia su di essi.
Quando consegno i rispettivi piatti, Emma mi ringrazia allegramente. «Che gentile.»
Io le mostro un sorriso forzato, dopodiché finisco di servire gli altri.
«Buon appetito» afferma mio padre, appena la mamma s'è seduta al suo posto.
«Emanuele, ti piace la valeriana?» chiede mia madre dopo una pausa, in tono neutro.
Lui non risponde subito, prima ci pensa un po'. «Non mi sembra, in genere non vado pazzo per le verdure.»
«Allora puoi mangiare delle fette di vitello» propone dopo mia mamma, portandosi alla bocca il tovagliolo per poi pulirsi la bocca con cura.
Lui annuisce un paio di volte. «Va bene... grazie.»
Quando, mezz'ora dopo, finiamo di pranzare, mio padre ha la brillante idea di farmi fare i dannati esercizi di matematica.
«Dai, dopo pranzo si è freschi freschi per fare un po' di compiti» cerca di convincermi.
Io sospiro. «In realtà avrei voglia di risposarmi un po'. Sai, dopo una mattinata di scuola...»
Ma lui insiste: «Beh, non sappiamo gli impegni che ha Nicola, e non vorrai fargli perdere tempo durante il pomeriggio, no?»
Io automaticamente rivolgo lo sguardo verso di lui... Che mi sta fissando.
«In realtà oggi pomeriggio pensavo di fare due tiri a pallavolo» risponde lui, senza staccare un secondo gli occhi da me. «Però prima ho un po' di tempo.»
«Oh, le faresti un grosso favore» gli risponde mio padre, grato.
Finalmente Nicola guarda mio padre e gli sorride. «Si figuri.»
Io espiro sonoramente, rendendomi conto solo adesso che avevo trattenuto il respiro.
«Ehm, okay allora» balbetto, non sentendomi proprio a mio agio.
«Tesoro, perché non vai con lui a fare due palleggi? Anche tu adori la pallavolo, no?»
Lancio a mio padre uno sguardo assassino, in modo però che nessuno riesca a vederlo. «Si potrebbe fare» dico poi, facendo spalline.
«Perfetto» afferma lui, soddisfatto.
Io e Nicola ci alziamo contemporaneamente dal proprio posto e io, mentre passo accanto alla sedia di mio padre, gli sussurro all'orecchio “considerati un uomo morto.”


Appena abbiamo finito di fare qualche esercizio di matematica, io e Nicola usciamo di casa, e nella mia mente l'unica cosa che continuo a pensare ripetutamente è “papà la pagherai.”
«Beh, le disequazioni di terzo grado alla fine, se impari come si svolgono, dovrebbero riuscirti» fa Nicola, improvvisamente. «Basta che fai un po' di esercizio.»
Alzo di scatto lo sguardo, fino a incontrare i suoi occhi scuri. «Sì, certo» borbotto poi.
«Il problema è l'esercizio» aggiunge, sorridendomi.
Io arrossisco all'istante. «Esatto» ammetto, colta “con le mani nel sacco”.
«Sì, riconosco che se non ti piace una materia, è difficile applicarsi.»
«Già» confermo, leggermente interdetta.
Com'è che ha appena espresso i miei pensieri in parole?
«Parlami un po' di te» dice, guardandomi interessato. «Cosa fai nella vita a parte odiare la matematica con tutta te stessa, giocare a pallavolo e frequentare il liceo socio-psicopatico?»
Alla sua ultima affermazione, scoppio a ridere con entusiasmo, mentre lui mi fissa con un sorriso a trentadue denti stampato sulle labbra.
«A parte fare quelle cose? Mmmh...»
Nicola non distoglie un attimo lo sguardo da me.
«Beh, sono una folle appassionata di libri. Potrei leggere un libro al giorno e non sarei ancora soddisfatta» dichiaro dopo un po'.
Lui alza le sopracciglia, sbalordito. «Però...» commenta. «E quando leggi?»
«Prima di tutto, mi porto sempre un libro a scuola e leggo nelle ore buche, o quando interroga o semplicemente quando non ho proprio voglia di ascoltare la lezione» inizio, con un sorriso angelico sul volto. «E poi appena arrivo a casa di solito qualche pagina riesco sempre a leggerla. Durante il pomeriggio non leggo moltissimo: di solito esco, ascolto musica o sto al pc. E poi la sera leggo fino a tardi, se un libro mi appassiona.»
«Bello» riesce a sillabare, con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa. «Io invece non mi ricordo l'ultima volta di avere finito un libro.»
«Finito? Ah, perché li inizi?» esclamo, ridendo.
Lui si aggiunge alle risate. «Okay, mi sono espresso male: non mi ricordo l'ultima volta di avere aperto libro. Va bene ora, signorinella?» conclude, fingendosi offeso.
Io annuisco leggermente, mentre non smetto di sghignazzare. «Perfetto, direi.» Dopo una pausa, mi ripongono e aggiungo: «Dai, ci sarà qualcosa che hai letto?»
«Sì. Giusto qualcosa...»
«Tipo?» lo incalzo, curiosa.
«I fumetti valgono?»
Scoppio a ridere un'altra volta. «Scommetto che erano sconci.»
«Ovviamente.»
Lo guardo silenziosa per qualche istante, poi vengo colta da una strana sensazione e abbasso immediatamente lo sguardo, leggermente imbarazzata.
«Cos'è? Non conosci maschi che leggono o guardano dei porno?»
«Sì, certo che sì!» esclamo, alzando il capo e allo stesso tempo, mio malgrado, anche la voce. «Credo che sia normale.»
«Lo è» conferma lui, facendo un sorriso sghembo.
Proseguono alcuni minuti di silenzio in cui ci guardiamo attorno imbarazzati.
A questo punto mi viene in mente che potrei dirgli che scrivo anche, oltre che a leggere molto. «E poi...» Ma non riesco a terminare la frase, perché mi interrompe la suoneria di un cellulare.
«Scusa, è il mio» fa lui, estraendolo dalla tasca dei jeans. «Pronto?» risponde, aprendolo senza neanche guardare chi è.
Io mi volto dall'altra parte, sentendomi di troppo.
«Oh, ciao amore!» esclama dopo pochi secondi, preso in contropiede.
Tutto quello che riesco a fare è spalancare gli occhi.
«Hai ragione, scusa» fa lui, con tono dispiaciuto. «Sì, però tanto oggi non saremmo comunque riusciti a vederci... eh, sono fuori con i miei amici.»
Non mi piace il fatto che menta. Così mi sento ancora più in colpa. Insomma, sono fuori con uno strafigo fidanzato. Come posso non sentirmi una sgualdrina?
«Facciamo così, appena arrivo a casa ti chiamo, va bene? Adesso non posso, mi sto allenando a pallavolo...»
Sospiro. Che stupida che sono stata, una vera stupida.
E' ovvio che un ragazzo come lui sia fidanzato. Assolutamente ovvio. Eppure non mi ha nemmeno sfiorato lontanamente l'anticamera del cervello, questo piccolo dettaglio.
«Okay, ciao amore!»
Dio, quanto mi sento idiota.
«Tutto okay?»
Mi volto verso di lui, sfoderando il sorriso più falso che potrei mai fare. Mad, questo è il momento giusto per sfoderare le tue doti da perfetta attrice... ma che perfetta attrice? In questo momento mi sento solo una perfetta imbecille.
«Certo, perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?» riesco a ribattere dopo poco.
Lui mi guarda ancora per qualche secondo, incerto. Dopodiché propone con entusiasmo: «Allora? Andiamo a fare due tiri a pallavolo?!»


















*** Spazio Autrici ***

Heyyy, guys! Come state? Io più o meno bene, anche se stasera avrei preferito uscire (bel sabato sera che mi tocca passare .-.), però per colpa della scuola e dei genitori isterici che stressano per ogni minima cosa che sbagli sono dovuta restare a casa. Per fortuna però non ho proprio il morale a terra, un po' di buona musica, film e patatine davanti allo schermo mi hanno permesso di non disperarmi per tutta la serata x) Inoltre stasera prima di andare a letto mi leggo il mio bel libro *ò* ...E devo dire che sono pure logorroica O.o Okay, ehm, torniamo a noi va' >.<

Onestamente questo capitolo non mi piace più di tanto, cioè, non mi è uscito molto bene... forse ho scritto troppo "di fretta"? Boh, questo è solo un'autocritica. Aspetto di leggere le vostre, di critiche (:
Però... ho almeno lasciato un po' di suspance? Insomma, chi sarà la famosa ragazza di Nicola? Come sarà? La nostra Mad la conoscerà?

Comunque, parlando di cose "extra", io dall'ultima volta ho scritto il primo pezzo di un capitolo di Drawing a Song che inseriremo nella raccolta di one-shot... vi dico solo che è scritto dalla parte di Michele, il resto lo scoprirete quando uscirà ;) (devo resistere alla tentazione di non lasciarvi altri indizi però, dato che personalmente ho sempre amato gli spoiler ^^''') Purtroppo però non l'ho ancora finito, e tra impegni vari, non so proprio quando riuscirò a completarlo. E, dato che sia io che Leslie non siamo andate molto avanti con la storia vera e propria di Drawing a Song 2, credo proprio che quando lo pubblicheremo diciamo che "salterà" un capitolo di Ds2 (scusateci, non lo facciamo per cattiveria, ma è una questione di tempo).

Beeene, prima di passare alle foto (uhuh, spero che sarete curiosi :D) e a tutto il resto, volevo ringraziare di cuore le 6 persone che stanno seguendo la storia e le altre 2 che l'hanno aggiunta nelle preferite *ò* Per non parlare delle visite, per ora sono più di 170 ** Grazie grazie grazieee ;)

Foto personaggi
Nicola
Emma

NB= Come avrete già capito, le foto di Lori e Michele (e tutti gli altri personaggi che c'erano in Drawing a Song) non le mettiamo, dato che non esistono fotografie degli stessi attori invecchiati di parecchi anni x)

nana_86  Ehiii! Grazie mille come sempre della tua gentilezza e dei tuoi complimenti, ci fai arrossire :D Per i tuoi commenti al capitolo precedente, lascio rispondere a Leslie, dato che riguarda lei >.< (beh, sì, non è che ci sia molto che ti possa dire senza rischiare di autospoilerarmi >,< comunque sì, non sarà tutto rose e fiori, ma dopotutto siamo solo al quarto capitolo, no? x) ndLeslie)  Alla prossima (vero? **) Un bacione, dolcezza <33
ashleys  Anche se non hai recensito nello scorso capitolo (non preoccuparti, avrai avuto i tuoi problemi e ti capisco perfettamente, adesso poi che è primavera e l'umore varia a seconda di mille fattori diversi, è ancora più comprensibile ^^), ho voluto comunque scriverti (:  Beh, prima di tutto spero che avrai visto la mia recensione (ehm.. coff coff *colpo di tosse* due, per l'esattezza ^^''') alla fic che stai scrivendo con i tuoi due amici ^^ Appena riesco, te l'avevo già detto ^^, mi precipito a leggere il secondo capitolo ;) Comunque, volevo anche aggiungere che... hai un perfetto intuito, tesoro! :DD Come hai fatto a capire fin dall'inzio che "il misterioso ragazzo che convivrà con Mad" era Nicola? Ehm, forse era troppo antisgamo? Ooops XD Vabboh ^^ A presto :) (ci conto ^^) Un bacio (L)

Alla prossima settimana allora ^^
Love, LaLLa e Leslie

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Capitolo 6
*** Points of view. ***










capitoloooooo

6. Points of view




Giovedì 18 aprile

Michelle's Pov.

«Maman?» chiamo, mentre fisso atona l'interno del frigorifero.
«Cosa c'è, tesoro?» risponde lei, senza distogliere lo sguardo dal suo album da disegno.
«Com'è stato il tuo primo bacio?» domando, senza cambiare espressione.
«Non è un po' presto per una domanda del genere?» mi fa notare, e anche se non la vedo so che sta sorridendo.
«Sono le nove e mezza di mattina» protesto, con voce incolore.
Oggi non vado a scuola. Sia la Neri che Mariani sono in gita con le seconde, questo vuol dire che avrei solamente due ore di educazione fisica, dato che religione non la faccio. Mamma non ha fatto storie – non ne fa mai – anche se credo che abbia capito che il motivo principale per il quale non voglio andare non sia la noia.
«Tesoro, ti dispiacerebbe chiudere quel frigorifero? È almeno cinque minuti che sei lì davanti mezza nuda, non voglio che ti prenda qualche strana malattia.»
«Tanto, peggio di così...» sbuffo, prendendo il latte e richiudendo l'anta del frigo.
«Michelle, non per farmi gli affari tuoi» butta lì mamma due minuti dopo, osservandomi imprecare contro i cornflakes che sono usciti dalla tazza. «Ma c'è qualcosa di cui desideri parlarmi?»
Sospiro e mi passo una mano tra i capelli, per poi aggiungere il latte ai miei cereali e riporre il cartone nel frigo, nella speranza di prendere tempo. Mi siedo accanto a lei al bancone e fisso la mia tazza per qualche secondo.
«Fabio mi ha baciata ieri sera» ammetto infine.
Mamma sorride. «Sapevo che c'entrava un ragazzo» ammette, divertita.
La guardo malissimo. «Non è divertente»
«Fidati, tra qualche anno lo sarà» ammicca, poi beve un sorso di succo d'arancia. «Lui ti piace?»
Mi mordicchio il labbro. «Lui sta con un'altra ragazza»
«Uh-oh, la situazione si complica... com'è questa ragazza?» chiede.
Appoggio la fronte sulla superficie del bancone con un gemito. «Perfetta.»
Prende una fetta biscottata e attira verso di sé il barattolo della marmellata senza dire nulla. So che aspetta che sia io a continuare.
«Insomma, lei è tutto quello che un ragazzo potrebbe desiderare, e io sono una specie di ameba in suo confronto... non sceglierà mai me, mamma...» spiego, con tono lamentoso.
Lei mi accarezza i capelli con affetto, poi mi solleva il mento con due dita. «Tu non sarai mai un'ameba nei confronti di nessuno, chéri» mi sussurra con dolcezza.
Abbasso lo sguardo. «Lo dici solo perché sei mia madre» le faccio notare.
«Appunto, se queste cose non le sanno le mamme chi le sa?» sorride, divertita, e io ricambio, per poi rifugiarmi tra le sue braccia.
Forse sarà infantile, ma quando abbraccio mia madre è uno dei pochi momenti in cui mi sento davvero protetta. Ogni volta che mi sento giù mi siedo vicino a lei e le poso la testa sulla spalla, e lei sa sempre quando deve chiedermi se qualcosa non va o se deve restare in silenzio e aspettare che parli da sola. Conosce sempre un modo per tirarmi su di morale ed è lo stesso per me. Quando la vedo triste o arrabbiata per qualcosa mi accoccolo accanto a lei e la lascio sfogarsi, o accendo la musica a tutto volume e ci mettiamo a ballare, o le porgo un foglio bianco e le chiedo di disegnarmi qualcosa. Abbiamo bisogno l'una dell'altra, infondo siamo sempre state solo noi due, da quando papà è andato via.
«Maman...»
«Dimmi»
«Perché le persone non vedono l'ora di trovare l'amore, se poi è sempre una fregatura?»
Sento che, inconsciamente, ha capito che mi sto riferendo anche a lei e papà e si irrigidisce appena.
«Perché non è vero che è sempre una fregatura» risponde, dopo un po'.
«Ma tu...»
«Io ho commesso degli errori» mi interrompe, «come tutti, del resto, ma nel mio caso non ho avuto il coraggio e la forza necessari per rimediare. Tu hai quel coraggio e quella forza, Michelle, tu potrai rimediare ai tuoi errori... anzi, sei talmente intelligente che potresti non farne, di errori del genere» mi sussurra, accarezzandomi i capelli.
Sorrido appena. «Grazie» sussurro, posando la fronte sulla sua spalla.


Freno con cautela, attenta a non rovesciare i frappè nel cestino della bicicletta, dopodiché scendo e chiudo frettolosamente il lucchetto, per poi prendere i bicchieri di plastica e andare a suonare il campanello. La porta si apre senza che nessuno risponda al citofono e faccio di corsa le due rampe di scale che mi separano dalla porta. Alice mi sta aspettando, suo fratello Edoardo che strillava dalle sue spalle mentre la piccola Camilla le strattonava la gonna succhiandosi il pollice.
«Grazie al cielo» sospira, quando mi vede arrivare.
Sia Edoardo che Camilla si fermano, per poi gettarsi letteralmente contro di me strillando il mio nome. Alzo le braccia, cercando di non rovesciarmi i frappè addosso, mentre Alice fulmina Matteo – il fratello gemello di Camilla – che per poco non la butta per terra attraversando il corridoio di corsa per potersi attaccare anche lui alla mia maglietta. Da dentro sento le urla di un neonato e sorrido ad Alice comprensiva. In famiglia sono in otto e, esclusi i genitori, solo Marco e Alice hanno superato gli undici anni, questo le causa una crisi nervosa ogni due giorni, dato che si trova sempre costretta a fare da baby-sitter ai fratellini – che, credetemi, non stanno fermi un attimo – mentre Marco si chiude in camera e mette la musica a tutto volume, rifiutandosi categoricamente di uscire se non per prendersi qualcosa da mangiare.
«Credo che Lisa stia piangendo» le faccio notare, mentre cerco di entrare in casa con i tre marmocchi attaccati alle gambe.
Alice emette una specie di sibilo esasperato e chiude la porta alle mie spalle, per poi precipitarsi nella camera dei suoi e tornare poco dopo stringendo la sorellina strillante tra le braccia.
«Ti prego, dimmi che uno di quei due frappè è per me» geme, seguendomi in soggiorno.
«Certo, dammi un minuto e te lo do» rido io, per poi chinarmi per poter guardare i bambini in viso.
«Anche io sono contenta di vedervi, piccoli» gli dico, con un sorriso. «Perché non andate in camera a scegliere un gioco da fare tutti insieme?» propongo.
Con un grido di assenso, Edo e Matteo escono, mentre Camilla, sempre succhiandosi il pollice, si siede accanto a me sul divano. Porgo uno dei frappè ad Alice, che mi guarda riconoscente, per poi sistemare Lisa accanto a Camilla e lasciarsi cadere su una poltrona.
«Dio, altri cinque minuti e li avrei chiusi tutti in bagno» sospira, passandosi una mano tra i capelli.
Sorrido e – finalmente – bevo un sorso del mio frappè. «Marco è in casa?»
«Chi se ne frega» sbotta, e dal suo tono capisco che devono aver litigato da poco e ci sono andati giù pesanti.
Dopo un attimo di esitazione, decido di lasciar stare con le spiegazioni. È ancora troppo arrabbiata, non credo abbia voglia di parlarne.
«Fabio mi ha baciata, ieri sera» dico invece, con una tranquillità decisamente strana.
Il frappè le va di traverso e comincia a tossire, per poi guardarmi con occhi grandi quanto palline da golf. «E me lo dici così?» protesta, con voce acuta.
Non rispondo, mi limito a stringere le gambe contro il petto e posare il mento sulle ginocchia.
«E tu che hai fatto?» domanda subito dopo.
«Ho risposto...» ammetto, con un filo di voce.
Alice si alza e viene a sedersi vicino a me. «È per questo che non sei venuta a scuola, oggi? Non volevi vederlo?» mi chiede.
«Anche per questo... non facevamo niente a scuola oggi» annuisco, senza guardarla.
«Ma lui che ti ha detto? Insomma, lascerà Sara o qualcosa del genere?»
«Non lo so, non mi ha detto nulla... e sinceramente preferirei che continuasse a non farlo» ribatto.
«Perché, non vuoi che lasci Sara?» chiede, aggrottando la fronte.
«No, non voglio sentirmi dire che siamo solo amici.»
Lei fa per dire qualcos'altro, quando Edoardo e Matteo tornano correndo portando una scatola colorata.
«Twister!» strillano, eccitati.
Alice sprofonda nel divano con un gemito.


Passo le due ore successive a contorcermi su un tappeto colorato, cercando di non pensare a Fabio, al bacio e a tutto il resto. Miracolosamente riesco anche a divertirmi, ma so che non durerà molto. Alle cinque parcheggio la bici nel cortile della scuola e lui è lì, appoggiato alla ringhiera delle scale, che mi guarda. Stringo la borsa al petto e proseguo facendo finta di non vederlo finché non lo raggiungo. Lui mi avvicina e mi afferra un braccio. Mantengo lo sguardo basso.
«Perché mi stai evitando?» chiede, brusco.
Mi mordo il labbro. «Non ti sto evitando.»
«Ieri sera sei scappata senza dire una parola e ti avrò chiamato dieci volte questo pomeriggio, ogni volta hai rifiutato la mia chiamata» risponde, ignorando la mia negazione.
«Dovevo studiare» mento, sempre senza guardarlo.
«Balle. Mi eviti, dimmi il perché.»
«Non è evidente?» sbotto.
Sì, lo so, mi arrendo subito, ma questo si era capito.
«No, Michelle, non lo è!» ribatte, alzando gli occhi al cielo. «Insomma, chiunque dopo quello che è successo ieri sera avrebbe voluto parlarne, tu mi stai evitando
Incrocio le braccia, tentando di trattenere le lacrime. «E non ti è nemmeno passato per l'anticamera del cervello il perché?» strillo, ringraziando che non ci sia nessun altro in cortile oltre a noi.
«Illuminami, ti prego» sospira.
«Perché nessuno con un po' di cervello potrebbe scegliere me al posto di una come Sara!» gli urlo, mentre una lacrima mi scivola lungo la guancia, seguita subito da altre.
«Allora considerami senza cervello perché io l'avrei fatto!» mi grida di rimando.
Mi blocco improvvisamente. Di tutte, tutte le cose che mi sarei aspettata dicesse, questa non l'ho mai nemmeno presa in considerazione. Probabilmente perché l'ho ritenuta così improbabile da provare dolore anche solo a pensarci. Deglutisco. «C-che cosa intendi dire?» gli chiedo, con voce tremante.
«Che per anni io sono stato cotto di te, Michelle... tanto cotto da sentirmi un idiota alla sola idea di parlarne con chiunque, perché sapevo che non mi avresti mai considerato più di un amico» ammette, mantenendo il tono brusco.
Stringo convulsamente la stoffa della felpa tra le dita, rendendomi conto che sto tremando. «E Sara?» domando, con un filo di voce.
Sospira, passandosi una mano tra i capelli. «Sara è stata la prima ragazza che dopo anni sono riuscito a notare oltre te, che dopo anni è riuscita a farmi pensare a qualcosa che non fossi tu» spiega.
Sento gli occhi riempirsi di nuovo di lacrime. L'ho sempre avuto per me, e ora che me ne sono resa conto l'ho perso. Non credo di essermi mai sentita tanto amareggiata, delusa, triste... è come se fossi appena stata investita da un tir.
«E perché mi hai baciata?» chiedo ancora, con lo stesso tono esitante di poco prima.
Si avvicina di un passo e allunga una mano per sfiorarmi il braccio, con aria assorta. «Perché sentirti dire che ti piaccio ha risvegliato tutto quello che provavo per te una volta... mi sono sentito ricambiato, corrisposto... è difficile da spiegare... mi ha fatto sentire vivo...» questa volta la sua voce ha una nota più rilassata. È più dolce, più bassa, eppure la cosa non mi fa stare meglio. Credo di aver colto il vero senso di quelle parole.
«Ma è stato solo un momento, non è così?» sussurro, con voce nuovamente incrinata dal pianto.
Non risponde. Non serve una risposta, l'ho già capito. Mi stringo nelle braccia, tremante. Un tuono rompe il silenzio e la pioggia comincia a cadere. Sento l'acqua gelida delle gocce mescolarsi alle lacrime bollenti, lo sguardo di Fabio fisso su di me, colmo di rammarico. Non sopporto che mi guardi così e mi volto di scatto.
I minuti passano lenti e io sono sempre più bagnata ogni secondo, ma non mi importa. Non mi importa nemmeno di essere in ritardo a lezione di piano, nonostante non sia mai stata in ritardo in tutta la mia vita. Già vedo Federico guardarmi, bagnata fradicia e con gli occhi arrossati, e chiedermi cosa mi sia successo. Già so che suonerò da schifo, nonostante tutto il tempo che abbia dedicato a quel duetto questa settimana. Ho voglia di scappare, di correre il più lontano possibile da Fabio e da questa stupidissima città. Credo che non mi sia mai sentita più intrappolata in questo posto, è perfino peggio di quando mi sono trasferita.
«Ellie, io...» mormora lui, dopo un tempo che pare infinito, posandomi una mano sulla spalla.
Oh, ora ti senti in colpa per avermi spezzato il cuore, vero? E hai anche il coraggio di chiederti come mai ti stessi evitando, quando sapevamo entrambi benissimo cosa mi avresti detto.
«Credo che dovresti andartene» sussurro, senza nemmeno guardarlo.
«Ellie...» prova un'altra volta, con una nota sorpresa nella voce.
«VA' VIA!» strillo, a pieni polmoni, per poi divincolarmi e mettermi a correre verso la scuola.
Non mi segue. Sapevo che non l'avrebbe fatto.


Mentre ritorno lentamente verso casa, circa un'ora dopo, non faccio altro che chiedermi come mai sia rimasta così sconvolta. Infondo avevo sempre saputo che non avrebbe scelto me e che sentirmelo dire mi avrebbe fatto così male, e non l'ho mai biasimato per questo... almeno fino a poco fa, quando sono corsa via. Probabilmente perché dopo la sua confessione vedo le cose da un'altra prospettiva. Non è più lui che mi rifiuta gentilmente, sono io che me lo sono lasciato sfuggire, sono io che mi sono resa conto di quello che provavo solo quando l'ho visto tra le braccia di un'altra. Mi ha fatto sentire stupida come mai nella mia vita. Sì, probabilmente è per questo che mi sono arrabbiata con lui, anche se ora un po' me ne pento. Infondo, non è stata colpa sua... oh beh, se mi avesse confessato i suoi sentimenti un po' prima, allora probabilmente sarebbe stato diverso, ma non è stata colpa sua. Lui è semplicemente andato avanti. Poi, naturalmente, il fatto che mi abbia baciato nemmeno è un punto a suo favore. Dentro di me so che sapeva già allora che non si sarebbe messo con me, nonostante tutto, invece mi ha baciata comunque. Mi ha donato la speranza, anche se vana, che io fossi più importante di Sara e che l'avrebbe lasciata per me... sì, sapevo che non l'avrebbe fatto, ma infondo lo speravo. Perciò mi ha illusa, e per questo non mi pento di essermi arrabbiata.
Rabbrividendo, parcheggio la bici davanti a casa ed apro il portone. Non mi sono quasi resa conto di essere già arrivata, ma ne sono grata: sono bagnata fino al midollo e ho solo voglia di spogliarmi ed infilarmi sotto la doccia.
Sto per entrare, quando noto una figura scura a una ventina di metri, accanto alle campane del riciclaggio. Ho l'impressione che mi osservi, nonostante non riesca a vedere il suo viso, seminascosto dal buio e dal bavero dell'impermeabile. Non ha un ombrello, ma la pioggia non sembra disturbarlo, probabilmente perché è abbastanza riparato dagli alberi che costeggiano la strada. Mi sembra familiare, non so perché. Qualcosa nella sua figura mi suggerisce che conosco quell'uomo. Stranamente la cosa non fa altro che terrorizzarmi ancora di più, mentre immagini di rapimenti e stupri mi riempiono la testa. Entro in casa cercando di far credere che non mi sono nemmeno accorta di lui, cosa difficile perché lo sto guardando da due minuti buoni. Chiudo il portone dietro di me e mi appoggio contro di esso, rendendomi conto di avere il respiro affannato. Cerco di tranquillizzarmi, dicendomi che probabilmente quel tizio non voleva assolutamente nulla da me, era solo un passante o qualcosa del genere. Salgo le scale un po' traballante, cercando di dimenticarmi di quello che è appena successo.
Quando entro spero quasi di sentire la musica a tutto volume e mia madre che balla mentre stende il colore su una tela bianca, ma non è così.
«Cosa vuol dire che 'stai venendo qui'?!» esclama lei, probabilmente al telefono con qualcuno.
«Sono tornata» annuncio, senza troppa convinzione.
«Mamma, stiamo benissimo, non serve che tu venga!» ribatte, senza dare alcun cenno di avermi sentita.
Probabilmente dovrei provare qualcosa pensando che nonna sta venendo in visita, ma al momento non ne sono in grado. Mi sfilo le scarpe e la felpa, per poi finire di spogliarmi in bagno e aprire  il getto della doccia. Quando sento l'acqua calda sciogliermi le spalle, sospiro di sollievo. Dio, è stata la giornata più lunga del secolo, e per qualche strana ragione ho l'impressione che non sia ancora finita.
Cerco di stare sotto l'acqua il più possibile, lasciando che assieme alla pioggia e allo sporco scivolino via anche l'irritazione e la paura. Quando esco mi sento incredibilmente rilassata e cerco di non pensare assolutamente a nulla per non rovinare questa sensazione.
Quando entro in camera mia non sono troppo sorpresa di trovare mia madre raggomitolata nella mia poltrona.
«Ciao Michelle...» sospira, mogia.
Le sorrido. «Ciao mamma... è successo qualcosa?» chiedo, mentre cerco un pigiama pulito nel cassetto.
«Tua nonna arriva domani mattina in visita» annuncia, con voce funerea.
Sorrido. Mamma non è mai stata in ottimi rapporti con la nonna, anche se non so se è per il fatto che ha abbandonato loro e il nonno quando era piccola o per il suo carattere... ehm... eccentrico. Probabilmente per tutte e due le cose.
«Credo che chiamerò tuo zio» mi dice, rimirandosi le unghie.
«Salutamelo» sorrido io.
Si alza ed esce, chiudendosi la porta alle spalle. Io mi lascio cadere sul letto, sfinita. Ho solo voglia di addormentarmi e svegliarmi quando tutta questa storia con Fabio sarà finita. Sospiro e mi stringo il cuscino al petto, chiudendo gli occhi. Un tuono rompe il silenzio e mi rendo conto che non riesco a pensare a nulla.





















*** Spazio Autrici ***

Ehilà!
Sì, forse è un po' deprimente come capitolo, ma non potevo far concludere tutto rosa e fiori subito u.ù povera Michelle, ne dovrà affrontare di cose... okay, ora mi fermo, prima di cominciare a spoilerare >,<
Non è che sono andata molto avanti nella stesura, sono ancora all'ottavo capitolo ma ora la storia sta cominciando a farsi più chiara nella mia testa e teoricamente dovrei andare avanti più spedita, per non parlare del fatto che tra un po' la scuola (finalmente) finisce ** (appunto, anche io spero di andare avanti a scrivere quando iniziano le vacanze, perché adesso io sto studiando un casino per recuperare le materie insufficienti... uff, che scatole .-. Speriamo di essere più puntuali la prossima volta ad aggiornare >.< NdLaLLa)

Che altro c'è da dire? Beh, non molto. Dato che ho deciso che non metterò una foto per ogni fratellino di Alice (sarebbero troppi xD), non mi pare ci siano nuove foto di personaggi... quindi passiamo direttamente alle risposte alle recensioni (scusate se scrivo sempre poco in queste note, è che sinceramente non saprei che altro dire ^^") (oh tranquilla, meglio che essere logorroica e stufare come me, Lindù! XD NdLaLLa)

Grazie alle persone che seguono e recensiscono, we love you soooo much e speriamo che la storia continui a piacervi **


nana_86  lo sooo, Nicola è *sbavvv* :D (lascio a Lalla l'onore di commentare per bene il tuo commento al suo capitolo xP) (Macciao stella ^^ ...beeeh! Che schifo! ...okay, scusa ho appena ammazzato un insetto che mi tormentava da tipo due ore e mi sono ritrovata il suo corpo spiaccicato sul mio dito X°°°D Ora mi sono vendicata, tsk u.u La prossima volta impara a rompermi le palle!!! Eeehm, dicevamo? Aaah, sì! Il capitolo precedente... scusa, oggi ho la testa tra le nuvole, bwuhawuhawuha! Allora, prima di tutto anche io odio Emma... *coff coff, colpo di tosse* lo so che non dovrei essere di parte, però insomma, non si nega l'evidenza u.ù Comunque complimeeeenti per la tua perspicacia ad aver scoperto subito che il ""misterioso"" ragazzo era Nicola!! ...sarò stata troppo antisgamo? XD E sì, Nik purtroppo è fidanzato... beh, qualche problema dev'esserci sempre, insomma, la vita non è mai rosa e fiori, come ha detto prima la mia socia :D NdLaLLa)  e tranquilla per i deliri, deliro anche io quando leggo xD dovresti vedermi xDxD ciemmequ, siamo mooolto felici che la storia ti stia piacendo e vogliamo ringraziarti 109283475 volte per il supporto costante, l'incoraggiamento e le recensioni. we love youuuu <3 (yeah <3 NdLaLLa)

ashleys  per quanto riguarda la scorsa recensione non preoccuparti, sappiamo benissimo quanto la scuola ti tolga il tempo per fare quello che vorresti... cooomunque, dato che il mio scorso capitolo ti era piaciuto e mi sa che questo non ti ha entusiasmata più di tanto >.< se posso permettermi un commento, la """soluzione""" di fabio non è stata un granché... ci sarà un risollevamento, comunque ;D, per quanto riguarda l'ultimo capitolo, a te l'onore Lalla ^^ (ciao tesoroooo! Prima di tutto non preoccuparti per il tuo ritardo, capita a tutti <33 E sì, anche io odio il latino! Pensa un po' che oggi ho fatto una versione di verifica >.> ...visto quanto sono entusiasta? Comunque sono contenta che tu sia curiosa su chi è la famosa ragazza di Nik!!!! :D Presto lo scoprirai ;) Sai, mi mette davvero di buonumore leggere le tue recensioni ** Mi trasmetti un senso di tranquillità e divertimento... boh, forse sto blaterando, però ci tenevo a dirtelo ^^'' E per finire, sì, Nik è un... *________* NdLaLLa) ookay, non ci resta che ringraziarti per il supporto e le recensioni e tutto il resto. we love you **

and that's all, goodbye people ;D
xo Leslie and Lalla

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Capitolo 7
*** Terribly. ***










7. Terribly




Venerdì 19 aprile

Madelyn's Pov.

«Non ci posso credere! Davvero ha fatto finta di niente?» sbotta Cristina, allargando gli occhi.
Io tengo lo sguardo puntato sul libro, facendo finta di leggere un noiosissimo paragrafo di storia. «Sì, tutto il pomeriggio» rispondo, stringendo i denti. «Il fatto è che sembrava che gli interessassi, almeno un pochino. Invece ha la ragazza. E io stupida a farmi i film mentali!»
«Non dire così, non è mica colpa tua» afferma lei, scarabocchiando qualcosa sul quaderno.
«Però potevo prendere in considerazione l'idea che fosse già occupato» ribatto io, sospirando. «Insomma, hai visto anche tu che ragazzo è.»
«Sì, il classico attira-femmine-dovunque-vada.»
«Esatto» confermo io. «Tutte le ragazze si girano verso di lui quando passa. Credimi, ieri pomeriggio è stato davvero frustrante andare in giro con lui. Non mi sono mai sentita così osservata.»
«E pensare che non è neanche il ragazzo perfetto biondo con gli occhi azzurri, anzi, è tutto il contrario» dichiara Cristina.
«Già. Comunque a me non sono mai piaciuti i biondi» ammetto, con un sorrisetto sulla bocca.
«Sì, neanche a me.»
«Cattaneo, Uberti!» urla la professoressa D'Angelo stizzita. «Vedo che avete terminato la lettura, e dato che avete così voglia di usare la lingua, perché non ci spiegate cosa avete capito del capitolo?»
«Prof, in realtà non abbiamo ancora finito di leggere» sussurra Cristina.
«Oh, bene. E quindi vi permettete il lusso di chiacchierare tra di voi?»
«Ci scusi» intervengo io, cercando di non mettermi a urlare. Ci mancavano pure i rimproveri della D'Angelo.
La prof. rimane ancora qualche secondo a fissarci con la sua aria da “so-tutto-io”, dopodichè si decide ad abbassare lo sguardo sul suo registro.
Dio, quanto la vorrei picchiare, a volte.
Dopo qualche minuto, strappo un pezzo di carta dal quaderno, prendo una biro e inizio a scrivere.
La odio.
Poi passo il foglietto a Cristina, che lo prende subito.
Anche io. Non ho neanche voglia di leggere 'sta merda di storia, mi risponde, poco dopo.
Sorrido lievemente, poi guardo l'orologio. Mancano quindici minuti. Posso resistere alla tortura.


Appena saluto le mie amiche con un veloce bacio sulla guancia, mi infilo gli auricolari alle orecchie e accendo l'ipod, per poi ascoltarmi “Calore” di Emma Marrone. Ho proprio voglia di ascoltarmi questa canzone. E' strano, ma a volte mi vengono certe voglie improvvise.
E poi sparire, senza fare rumore, solo il tempo di capire quanto è grande il mio amore...
Ad un certo punto qualcuno mi afferra la tracolla, tirandomi con forza.
Mi volto immediatamente, abbastanza sbigottita. Chi è che mi strattona in questo modo?
Mi ritrovo davanti una ragazza dai capelli biondi lunghi fino alle spalle e dagli occhi occhi verde smeraldo – molto simili ai miei. Sì, è dannatamente perfetta: il vestito corto e attillato che ha mostra le sue gambe lunghe e magre, il suo seno sodo e la sua pancia piatta. E come se non bastasse tutto questo, ha un naso che farebbe invidia a una top-model.
«Ci conosciamo?» chiedo, confusa, mentre mi tolgo la musica dalle orecchie.
«Io so chi sei tu» mi risponde, fissandomi negli occhi.
«Ehm» mormoro, alzando le sopracciglia. «E tu sei...?»
«Chiara» afferma, alzando un poco il mento. «La ragazza di Nicola.»
Per poco non mi prendo un colpo. E sarebbe questa la sua...? Oh mio Dio, è chiaro che non ci sono paragoni tra una come me e lei. Cavolo, ha un corpo maledettamente divino. Per non parlare del viso...
«E ci tenevo a dirti» riprende, interrompendo le mie riflessioni. «Che lui è di mia proprietà. E se provi un'altra volta a uscirci insieme da soli ti spezzo le ossa del collo.»
Non riuscendo a trattenermi, spalanco le palpebre. «Scusa?!» esclamo, sperando di avere sentito male.
«Hai capito benissimo» ribatte lei, come se mi avesse appena letto nel pensiero. «E le voci girano, specialmente se si tratta di un ragazzo figo come Nicola o di un ragazza bella come me. Sai, per questo lui sta con me, e non con una ragazza insignificante come te.»
«Infatti noi non stiamo insieme» preciso io.
«Per fortuna!» esclama lei, alzando le mani. «Sappi che non ti conviene avermi come nemica.»
«E' una minaccia?» controbatto, con tono di sfida.
Fa un passo verso di me, minacciosamente. «Può diventarlo.»
A questo punto assumo un'espressione davvero sconvolta sul viso. «Ma che cosa vuoi da me, scusa? Ti ho fatto qualcosa?!»
«Oh beh, già il fatto di essere uscita con lui ieri pomeriggio è stata una cattiva mossa.»
«Senti» faccio, cercando di darmi una calmata. «Lui abita a casa mia e ieri...»
«CHE COSA?!» grida Chiara, come se avessi appena bestemmiato in turco.
Oh Dio, che cazzo ho appena detto?
«Ehm, non lo sapevi?» affermo, sorridendole imbarazzata.
Sono una pirla.
«Comunque» mi affretto ad aggiungere. «Ieri ho dovuto uscire con lui, credimi che non l'ho fatto per scelta.»
Quanto devo sembrarle scema? Chi, a questo mondo, non vorrebbe uscire con Nicola?
«Sì certo, e prima ho visto un asino che volava» ribatte lei, in tono sarcastico.
Faccio finta di non averla sentita. «Io veramente non ho alcuna intenzione di rubartelo. E poi, l'hai detto anche tu, sei la ragazza più bella della città... e probabilmente anche di tutta la Liguria» riprendo, cercando di scamparla con dei complimenti.
Lei non distoglie per un secondo lo sguardo da me.
Oddio, e adesso cosa le dico?!
«Quindi» concludo poi, con un sorriso poco convincente. «Non vedo perché tu abbia paura di una come me.»
Chiara fa un vago cenno d'assenso con il capo. «In parte hai ragione. In ogni caso però, guai a te se ci esci ancora una volta, è chiaro?»
«E' chiaro, madmoiselle» confermo, sospirando un poco.
Poi, senza aspettare che dica dell'altro, mi volto e mi rimetto gli auricolari alle orecchie per poi avviarmi verso la strada di casa.
Questa qua è completamente pazza.


Appoggio la mano alla maniglia della porta d'ingresso, senza troppo entusiasmo e con lo sguardo puntato sulle mie all-star viola.
«Ciao» borbotto a non so chi, chiudendo la porta alle mie spalle con il piede.
«Buongiorno.»
Alzo di scatto il capo, trovandomi a pochi metri di distanza Nicola, che mi guarda con un enorme sorriso. Alla sua sola immagine, mi irrigidisco.
Lui corruga un sopracciglio. «Tutto bene?»
«Sì» dico con un fil di voce, poi corro in camera mia senza aggiungere altro né lasciargli il tempo di ribattere.
Abbandono la tracolla accanto alla scrivania di mia sorella, per poi buttarmi a capofitto sulla mia brandina, ovvero sul mio nuovo letto.
Non è giusto. Perché quando c'è un ragazzo carino che mi piace dev'esserci sempre una complicazione? Sono stufa marcia, dannazione.
Estraggo il cellulare dalla tasca dei pantaloni e mando un sms a Cristina chiedendole cosa ha intenzione di fare oggi pomeriggio.
Poco dopo, arriva la sua risposta:

In realtà dovrei andare a comprarmi un vestito per stasera :)

Resto immobile per qualche secondo, poi digito il messaggio di risposta.

Perché? Cosa fai stasera? ._.

Io e Manuel facciamo un anno e sono da lui a cena.

Porca eva, è vero. Mi è completamente passato di testa. Ero troppo preoccupata per i miei problemi... che brutta egoista che sono. Cerco di rimediare subito alla cosa.

Che ne dici se la tua migliore amica ti aiutasse a sceglierlo? :)

Perfetto ^^ Ti passo a prendere a casa per le tre. A dopo stella.

Sorrido, tra me e me. Ho proprio voglia di passare un pomeriggio con Cristina.


Per tutto il pranzo non spiccico parola, rispondo solo a chi mi fa una domanda e mantengo lo sguardo basso. Appena finisco di mangiare, mi alzo da tavola e per poi precipitarmi nella mia stanza. Tra un'ora Cristina è qui e devo ancora fare i compiti per domani. Fortunatamente ho solo inglese e un testo di italiano.
Mentre sono nel bel mezzo della stesura del tema, sento che qualcuno ha aperto la porta.
«Che c'è?» sbotto, senza alzare lo sguardo dal foglio.
«Ti disturbo?»
Mi irrigidisco per la seconda volta, ma non alzo comunque il capo.
«No, è che sto facendo i compiti» rispondo, cercando di mantenere un tono neutro.
«Ah» mormora Nicola, dopo poco sento che chiude la porta dolcemente.
Oddio, perché non mi piace per niente essere chiusa in una stanza con lui?
«Allora arrivo subito al dunque» fa, dopo pochi secondi. «Mi dici che cos'hai?»
A questo punto mi decido a guardarlo. «Niente, cosa dovrei avere?»
«Non lo so, oggi sei molto taciturna. E prima quando sei entrata, appena mi hai visto ti sei immobilizzata come se avessi appena visto un fantasma. Sono così brutto?» dice lui, avvicinandosi a me.
Faccio un sorrisetto non del tutto convinto. «Ma niente» ripeto, ignorando l'ultima frase che ha appena detto. «E' tutto a posto.»
«Me l'hai detto anche prima.»
«Lo so.»
«Ma io non ci credo» insiste lui, guardandomi negli occhi.
Sospiro, alzando gli occhi al cielo. «Va tutto bene, Nik.»
«Nik?»
Arrossisco all'istante. «Ehm, come vuoi che ti chiami sennò?»
«No, Nik va benissimo. E' bello.»
Distolgo lo sguardo, sempre più imbarazzata. Oddio, sono un danno.
«Vabbeh dai, ti lascio finire i compiti» fa lui, d'un tratto.
Io gli mostro un timido sorriso. «Va bene.»
Lui si avvia verso la porta e, prima di uscire, si sporge con la testa dentro. «Dimenticavo, dopo hai qualcosa in programma da fare?»
Il mio cuore perde un battito. «Sì, ehm, esco con una mia amica...» mormoro, impacciata.
«Ah, okay. Allora ci vediamo stasera.»
«D'accordo. Ciao, Nik.»
«Ciao, Mad» mi saluta lui, sorridendomi. Dopodiché chiude la porta.
Prima di continuare a scrivere, mi servono alcuni respiri profondi per tornare a starci con la testa.
Mi ha appena chiesto di uscire?!


«Come mi sta?» chiede il mio parere Cristina, mentre fissa la sua immagine riflessa allo specchio che ha di fronte.
«Fai il giro su te stessa» le dico, piegando un po' la testa di lato.
Ha indosso un vestito con lo scollo quadrato che le arriva fino alle caviglie, di colore grigio.
Storgo un poco la bocca. «Non mi convince.»
Cristina scuote la testa. «Già, neanche a me.»
«Secondo me quel grigio è troppo scialbo, ci vuole un colore forte» faccio io, alzandomi dallo sgabello e dirigendomi verso gli scaffali, colta da un'improvvisa ispirazione.
«E quello è troppo lungo!» aggiungo ad alta voce per farmi sentire dalla mia migliore amica.
Sposto freneticamente gli abiti appesi alle grucce, alla ricerca di qualcosa che attiri il mio sguardo. Nero, marrone, ancora grigio... che diamine, perché questo negozio è così monotono?
Mi avvio verso i camerini e annuncio a Cristina: «Negativo, qui non c'è nulla che faccia al caso nostro. Però dovrei aver presente un negozietto davvero niente male.»
Lei fa un respiro profondo. «Va bene.»
Dopo dieci minuti siamo fuori dal negozio.
«Seguimi» le dico, con un sorriso. La prendo per mano e la tiro dall'altra parte della strada.
«Eccolo qui!» esclamo, appena ci troviamo davanti al negozio tanto bramato.
Cristina tira un sospiro di sollievo; io la conduco all'interno con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto. «Vedrai che qui trovi sicuramente qualcosa.»
Lei per tutta risposta annuisce, speranzosa.
Io non aspetto altro, mi precipito a vedere gli abiti. Subito alcuni attirano la mia attenzione.
«Oh, finalmente si ragiona!» affermo, estraendo un capo di un azzurro celeste meraviglioso. Ma non mi sento ancora del tutto realizzata, così afferro un altro vestito color rosso fiamma.
Cristina mi raggiunge, illuminandosi quando vede cos'ho in mano. «Fantastico!» conferma, con entusiasmo.
Io le schiaccio l'occhio sinistro. «Vai a provarli, sono tutti e due una quarantaquattro!»
Lei li prende annuendo, dopodiché corre in direzione dei camerini.
Cinque minuti più tardi indossa il vestito rosso che ha uno scollo a V e le arriva alle ginocchia.
«Mi piace!» approvo subito io.
Lei sorride. «Sì, anche a me.»
«Prova anche l'altro» propongo poi.
Cristina richiude le tende e dopo alcuni minuti le riapre con addosso quello azzurro.
«Mmh» borbotto io, guardandola bene. «Non è male, però...»
«Non mi sta molto bene» conclude lei.
Io annuisco. «Sì, forse perché questo è senza spallini...»
«Vero» conferma lei. «Vada per quello rosso allora.»


Quando siamo sulla via di casa, Cristina dice, sorridente: «E' bellissimo fare shopping con te, perché tu sai sempre trovare il vestito perfetto per l'occasione.»
Io le sorrido, soddisfatta del risultato.
Dopo alcuni secondi, Cristina urla terrorizzata: «Oddio! Mi sono dimenticata di comprare un completino intimo!»
Scoppio a ridere. «Brava!»
«E adesso come faccio?!»
«Beh, l'unica cosa possibile, a questo punto.»
Cristina mi guarda interrogativa.
«Te lo presto io, ovviamente» finisco, con un sorriso. «Ho un reggiseno dello stesso rosso del vestito, fortunatamente. E... per quanto riguarda le mutande, mi sa che dovrai usare un paio delle tue, dubito che le mie ti vadano bene.»
«Grazie Mad, ti voglio bene!» grida lei, saltandomi addosso.
Io continuo a sorriderle. «Anche io.»
Dopo un po', ci stacchiamo e continuiamo a camminare fino ad arrivare sotto casa mia.
«Sali? Così lo provi anche, e se ti va troppo stretto allora lasciamo perdere» dico io. Cristina infatti è più robusta di me, però magari con un po' di fortuna, le sta bene, quel reggiseno.
«Okay.»
Appena siamo in casa, trovo mio padre che parla animatamente al telefono. Purtroppo però non riesco a riconoscere bene cosa sta dicendo, capisco solo che sta parlando con la zia Cleo. Ed è troppo occupato nella sua conversazione che non si accorge nemmeno che sono rientrata.
«Eccoti qui» fa mia madre, comparendo improvvisamente. Quando vede anche Cristina, si affretta ad aggiungere con un sorriso amichevole: «Ciao bella!»
«Ciao Loredana» la saluta la mia amica.
«Come andiamo?» domanda la mamma.
«Oh, tutto bene grazie, e tu?»
«Si va avanti» sospira lei. «Diciamo che da ieri questa casa è diventata un inferno.»
Cristina fa una smorfia divertita. «Me l'aveva detto Mad» dice, a bassa voce.
Mia madre si limita ad annuire stancamente. Dopo un po', esclama: «Tesoro, vuoi fermarti a cena con noi? Non è proprio il massimo però, saremo un po' stretti e non c'è nulla di speciale da mangiare...»
«No, grazie mille, ma per stasera ho già un impegno...»
«Ah, okay, niente» dice mia mamma. «Sarà per un'altra volta allora.»
«Certo, e grazie ancora» conclude Cristina, con un sincero sorriso sulle labbra.


«Direi che può andare» giudico io, dandole un'ultima occhiata.
«Mi stringe un po' sulla coppa, però posso sopportare» annuisce lei, con convinzione.
«Sì, e poi secondo me ti rende sexy» affermo, alzando e abbassando un paio di volte le sopracciglia, per poi scoppiare a ridere.
Cristina si unisce alle risa, con entusiasmo.
C'è una pausa, poi un tuono fuori dalla stanza interrompe bruscamente il silenzio.
«Oh no!» esclama Cristina, sbuffando. «Non ho l'ombrello, e sono pure in ritardo per stasera. Devo ancora farmi la doccia e tra meno di due ore devo essere là. Cazzo!»
«Tranquilla» la rassicuro io. «Chiedo a mia madre se può accompagnarti a casa.»
«Oh, grazie» fa lei, tirando un sospiro di sollievo. «Ma sei sicura che non...»
«No, non disturbi» la interrompo, facendo una leggera risata.
A questo punto Cristina si cambia velocemente e insieme scendiamo in cucina dove troviamo mia madre che sta tagliando il melone per la cena.
«Mami, potresti dare uno strappo a Cristina, dato che sta diluviando e dovrebbe tornare a piedi?» le chiedo, assumendo il tono più dolce e gentile che posso.
Lei si volta verso di noi e resta qualche secondo a guardarci, poi si decide ad aprire la bocca, ma proprio quando sta per dire qualcosa, una voce che conosco fin troppo bene la blocca: «Posso accompagnarle io, tanto sono appena tornato.»
Dannazione.
Cristina mi lancia un'occhiata maliziosa. So perfettamente cosa sta pensando.
«Oh, grazie Nicola, mi faresti  un favore» afferma mia mamma, sorridendogli riconoscente.
Dentro di me impreco in tutte le lingue possibili e immaginabili.
Cinque minuti dopo siamo nella macchina di Emma, con Nicola al volante e io e Cristina sedute sui sedili posteriori, in silenzio tutti e tre.
«Dove abiti?» domanda Nicola d'un tratto, guardando Cristina dallo specchietto retrovisore.
Lei glielo spiega con pazienza, mentre io mantengo lo sguardo verso il finestrino, ascoltando il rumore della pioggia. Intanto sento lo sguardo di Nicola, sempre attraverso quel maledetto specchietto retrovisore, fisso su di me.
Quando Cristina finisce di parlare, riprende a regnare il silenzio di prima. Io sono troppo persa nei miei pensieri: Nicola, la scuola, Nicola, la verifica di inglese, Nicola, la pioggia che incute tristezza, Nicola, la partita di pallavolo di domani. Tante cose. A volte mi fa bene chiudermi in me stessa. Mi fa sentire tranquilla, protetta, mi da uno strano senso di rilassamento. Forse mi illude, perché nella mia mente accade solo ciò che voglio io, però resta comunque bello.
«Grazie mille del passaggio» la voce di Cristina mi fa tornare alla realtà. «Ciao bella» mi saluta, con un bacio sulla guancia.
Io le sorrido un poco. «Ciao Cri, divertiti.»
Lei mi strizza l'occhio e subito dopo apre la portiera per poi correre verso il suo cancello, mentre cerca di ripararsi in qualche modo con le mani.
«Sta arrivando il diluvio universale, eh?» commenta Nicola, rimettendo in moto l'auto.
«Già» mormoro.
«Perché ti sei seduta dietro?» domanda poi.
«Così» mento io. In realtà era per evitare di stargli vicino. E' davvero assurda la sensazione che provo quando percepisco il suo respiro, o quando i nostri corpi si sfiorano. Come se mi sentissi vogliosa, ma allo stesso tempo in colpa. Nei confronti di Chiara, ma anche con me stessa. Non saprei spiegare esattamente il perché. E questa cosa è davvero insopportabile, quindi cerco di evitarla in tutti i modi e in tutte le occasioni possibili.
Un tuono improvviso, più forte di tutti i precedenti, mi fa sobbalzare.
«Paura?» dice Nicola, con un ghigno.
Io per tutta risposta gli faccio la linguaccia.
«Dai, stavo scherzando» aggiunge subito dopo, facendomi un sorriso sghembo.
Il mio cuore perde un battito e le mie guance diventano immediatamente rosse. Ecco, è proprio di questo che stavo parlando, delle emozioni che mi provoca quel suo incurvarsi di labbra. Ed è solo un semplicissimo gesto, maledizione. Cosa mi sta succedendo?!
Non sapendo cosa dire, ritorno con lo sguardo verso il finestrino alla mia destra.
«A cosa pensi?» mi chiede, con naturalezza.
Faccio spalline. «Tante cose.»
«Mmh, e cosa sarebbero queste “tante cose”?»
«Oh, sono troppo numerose per elencartele tutte. Starei qui una vita.»
«Va bene allora» fa improvvisamente lui, accostando la macchina al marciapiede. «Stiamo qui una vita, perché sono proprio curioso di sentire a cosa stavi pensando.»
Spalanco gli occhi. «Ma sei impazzito?!»
Ride un poco, poi riprende a parlare, spegnendo il motore dell'automobile: «No, sono serio.»
«Dai, riaccendi la macchina!» insisto io.
Lui scuote la testa con decisione. «Prima voglio saperlo.»
«Tu sei fuori di testa» concludo io, congiungendo le braccia.
«Sarà» afferma lui, vago. «Comunque fin quando non me lo dici, non ci muoviamo da qui.»
Stringo gli occhi. «Vorrà dire che tornerò a casa a piedi, tanto mancano solo alcune vie.»
«Va bene. Però ti bagnerai un bel po', dato che piove come Dio la manda e non hai nemmeno l'ombrello.»
«Vuoi proprio farmi prendere un accidente, eh?»
«No, non è questo il mio obiettivo» replica lui, facendo un altro sorriso da mozzare il fiato.
Sospiro e alzo gli occhi al cielo. Che ragazzo cocciuto.
Restiamo così per almeno due minuti buoni. Lui mi osserva dallo specchietto retrovisore senza battere ciglio e io fisso davanti a me, sempre con le braccia conserte. La pioggia intanto, ad ogni secondo che passa, aumenta di intensità.
Non possiamo continuare così.
«E va bene» dico io, all'improvviso.
Lui si volta verso di me con un sorriso che va da un orecchio all'altro.
«Guiderò io» concludo, sorridendo a mia volta.
Questa volta è lui che spalanca gli occhi. «Che cosa?!»
A questo punto mi alzo in piedi – per quanto lo spazio me lo possa permettere – e mi siedo sul sedile davanti, accanto a lui.
«Non farmelo fare» lo minaccio, guardandolo negli occhi.
«Ohoh» gongola lui, divertito. «Altrimenti?»
Senza pensarci un'altra volta, mi siedo sulle sue gambe e accendo la macchina.
Lui scoppia subito a ridere. «Sai anche guidare? Fantastico.»
«Se fossi al tuo posto non riderei, dato che abbiamo una possibilità su cento di arrivare a casa sani e salvi, con me alla guida.»
Nicola aspetta qualche secondo, dopodiché appoggia le sue mani sui miei fianchi, provocandomi dei brividi che mi percorrono come serpenti tutta la schiena e poi mi sussurra all'orecchio: «Okay, per questa volta l'hai vinta tu. Però sappi che una volta me lo dovrai dire.»
Sorrido un poco. «Se non opporrò resistenza» ribatto.
«Non so perché, ma questa cosa, anziché spaventarmi, mi affascina» fa lui, sempre con il sorriso stampato sulle labbra.
Faccio finta di sospirare. «Lo so, sono terribilmente affascinante» lo prendo in giro io.
«Esattamente» dice lui, avvicinandosi un'altra volta al mio orecchio. «Terribilmente» ripete, sfiorandomi con le labbra il collo.


















*** Spazio Autrici ***

Buonaseeeera amici telespettatori :DD
Come state? Qui tutto bene, e oggi sono particolarmente di buonumore (: Come dice anche Becky Bloomwood (ditemi che conoscete Sophie Kinsella **): un po' di puro e sano shopping fa risollevare davvero il morale ^^ Oggi pomeriggio sono andata per negozi con la mia migliore amica e ho preso un paio di smalti (li adoro °w°) e ho comprato dei manga (per chi non sapesse cosa siano, sono dei fumetti giapponesi). Non è da molto che mi sono appassionata di sho-jo (che sono praticamente delle storie d'amore per ragazze, da cui deriva appunto il nome) anche se ho letto altri generi, come la serie di Death Note. Al liceo ho conosciuto un'amica, che viene in classe con me, che è fissata anche lei, ed è una figata perché ogni volta che ne compriamo dei nuovi ce li passiamo a vicenda!
Comunque mi raccomando, se non ne avete mai sentito parlare, fate un salto in fumetteria (fidatevi che non tutti fanno schifo. Anche io all'inizio pensavo che i fumetti fossero per bambini e ragazzini!).
Se mi permettete di consigliarvi alcune serie che mi sono piaciute tantissimo, ecco qui i titoli: prima di tutto I love you baby, è una storia stupenda e il protagonista è strafigo! XD Poi mi è piaciuto molto anche Nagatacho Strawberry - Sapore di fragola e della stessa autrice mi hanno consigliato Rockin' Heaven che non vedo l'ora di leggere (me lo presterà la mia amica :D) e oggi ho comprato anche Peter Pan Syndrome che tratta appunto della storia di Peter Pan però "rifatta" a modo dell'autrice (sarà la ragazza questa volta a saper volare **). Fatemi sapere se ne avete letto qualcuno ;)
Okay, mi sono persa via. Scusate scusate scusate >.<

Aaaallora, com'è questo (*sbatte le ciglia innocentemente*) capitolo? Beh, la storia inizia a svilupparsi davvero e poi ce ne saranno di belle...! ;)  

Per quanto riguarda come siamo messe con la stesura, direi a buon punto: io sono alla quarta pagina del capitolo 11 e Lindù è quasi alla fine del capitolo 8. Purtroppo ho la bocca cucita, non posso davvero parlarvene sennò spoilero troppo e poi non c'è più suspance >,< (io posso dire che succederanno un sacco di cose interessanti... :D ndLeslie)

Beh, in questo capitolo l'unico personaggio nuovo è quello di Chiara, la tr... ehm, ragazza di Nicola :DD Nana e Ashleys, siete contente di aver scoperto chi era la famosa fidanzata?! ^^ Comunque dopo posto anche la foto ;)

Grazie di cuore alle 8 persone che stanno seguendo la storia e le altre 3 che l'hanno aggiunta nelle preferite! Grazie anche a chi sta semplicemente leggendo ^^

Foto personaggi
Chiara


nana_86  Ciao bella! Hai ragione, lo scorso capitolo non è per nulla deprimente, ma probabilmente Lindù si era bevuta qualche alcolico di troppo u.ù Che dici? :DD Comunque le lascio lo spazio per risponderti liberamente ai tuoi commenti, dato che riguardano il suo capitolo ;) (Okay, non era deprimente, ho usato la parola sbagliata... >.< vabbè, comunque mi sa che so chi pensi che sia l'uomo misterioso ** bwaha, non vedo l'ora di farlo comparire... okay, già con questo ho detto troppissimo >.< Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, davvero ** ndLeslie) Spero invece che ti sia piaciuto questo chappy, perché io ad esempio mi sono "affezionata" all'ultima scena (era davvero una bella scena, *sìsì ndLeslie), era come se me lo vedessi in un film! x) A presto allora! Un bacione <33

Al prossimo weekend allora! (speriamo vada tutto bene in modo da poter aggiornare non in ritardo come la scorsa volta XD)
baciii, LaLLa e Leslie

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Capitolo 8
*** Surprise! ***










8. Surprise!




Venerdì 19 aprile

Michelle's Pov.

Guardo l'orologio mentre l'uomo dietro il banco prende i soldi del mio resto. Mancano venti minuti all'arrivo dell'aereo e, chissà perché, sono nervosa. Non vedo mia nonna da quasi quattro anni, mentre quando vivevo a Parigi ero abituata a vederla quasi tutti i giorni. È strano. Prendo il pacchetto di gomme e i soldi che l'uomo mi porge con un sorriso timido e mi guardo attorno nella speranza di ritrovare mia madre. Ci siamo perse di vista circa dieci minuti fa, quando lei si è allontanata per controllare il tabellone degli arrivi, mollandomi in mezzo a tipo un centinaio di persone. Forse andare al bar nel frattempo non è stata un'idea così brillante. Strappo la carta rosa e metto in bocca una gomma, sospirando, quando un movimento alla mia destra attira la mia attenzione. Noto un uomo, il volto coperto dal giornale, e in qualche modo mi sembra familiare. Immediatamente mi torna in mente il tizio nascosto nell'ombra di ieri sera e sento un brivido percorrermi la schiena. Mi allontano, cercando di non sembrare troppo spaventata. Credo di stare diventando un po' paranoica... era solo un uomo, probabilmente – anzi, sicuramente – non sapeva nemmeno chi fossi.
Alzo il volume dell'iPod, come se la musica alta possa far scomparire magicamente tutta l'agitazione che mi sento addosso, poi mi siedo su una delle tante panchine e mi rimiro le unghie, assorta.
Fabio non mi ha richiamata ieri sera, e non lo ha fatto nemmeno oggi. Okay, è mattina e probabilmente è a scuola, ma poteva mandarmelo un messaggio prima della campanella, no? Che ne so, qualcosa tipo “ehi, per quanto riguarda ieri... che ne dici di un gelato più tardi, così ne riparliamo con calma?”. Okay, anche io potrei farlo, ma mi fa troppa paura. Per quello che so potrebbe mandarmi a quel paese o peggio. Dio, che cavolo di situazione.
Qualcuno mi posa una mano sulla spalla e sobbalzo.
«È almeno mezz'ora che ti chiamo!» mi urla mia madre, quando la guardo ad occhi sgranati.
Mi rendo conto di avere la musica sparata a tutto volume nelle orecchie e sfilo le cuffiette, guardandola leggermente colpevole.
«Dove sei stata? Non ti avevo detto di aspettarmi lì?» mi rimprovera, portandosi le mani sui fianchi.
Sospiro. È da stamattina che è nervosa. Credo che sia l'idea di rivedere nonna a renderla tale. «Sei sparita...» mi giustifico, stringendomi nelle spalle.
Lei si passa una mano tra i capelli. «Comunque, sono atterrati... mamma mi ha appena lasciato un messaggio, ci aspettano all'uscita» annuncia.
Aggrotto la fronte. Atterrati? Aspettarli? Ma non era solo la nonna?
«C'è anche qualcun altro?» chiedo, perplessa, affrettandomi a seguire mamma che nel frattempo si è già avviata.
«Oh, sì... a quanto pare tua nonna ha una grande sorpresa per te» sospira.
Sembra esausta... e nonna non è ancora arrivata. Cavoli, sarà una settimana decisamente lunga.
Raggiungiamo sgomitando il punto dell'appuntamento, guardandoci intorno nella speranza di vederla presto e potercene andare da quell'aeroporto infernale. Sinceramente sono curiosa... chi mai può aver portato nonna? Quasi automaticamente penso a papà. Mi sembra strano, credo sia sempre stata contenta che se ne sia andato. Diceva che mamma è un'artista, uno spirito libero, e che non poteva incatenarsi ad un solo uomo per tutta la vita, e che se lo avesse fatto avrebbe fatto meglio a far sì che quell'uomo fosse ricco. Mia nonna è un po' bizzarra, in effetti, ma le vogliamo bene... okay, magari mamma non lo dà molto a vedere, ma so che è così.
Mi lascio sfuggire l'ennesimo sospiro, poi sento qualcuno posarmi entrambe le mani sugli occhi e sobbalzo.
«Ça va, Michelle?»
Riconosco subito la voce, nonostante siano passati almeno due anni dall'ultima volta che l'ho sentita. Mi volto, gli occhi spalancati, e tiro un urlo, per poi saltare al collo di un ragazzo alto, moro e dal fisico atletico.
«Daniel!» esclamo, mentre lui, ridendo, risponde al mio abbraccio.
«Je te suis manqué?» domanda, il viso immerso nei miei capelli.
«Tanto» sussurro, posando la fronte sulla sua spalla.
«Mi sei mancata anche tu.»
Daniel è stato il mio migliore amico, a Parigi, e in un certo senso lo è rimasto anche quando mi sono trasferita qui. Probabilmente ci ha uniti il fatto di essere entrambi italiani in terra straniera, anche se forse lui è un po' più francese di me, dato che suo padre è parigino. È cresciuto facendo avanti e indietro tra l'Italia e la Francia quasi più di me e ha sempre parlato entrambe le lingue perfettamente. Ci siamo conosciuti grazie ai nostri genitori e abitavamo piuttosto vicini. Sono cresciuta con lui ed è stata la persona che più mi è dispiaciuto lasciare quando mi sono trasferita. Abbiamo continuato a sentirci, per telefono e per e-mail, ma non è la stessa cosa e mi mancavano un sacco i nostri pomeriggi a passeggio per i Jardin du Luxembourg, mangiando un gelato o bevendo una granita, a parlare per ore e ore. È diverso da quello che ho con Alice e con Fabio, Daniel mi conosce meglio di chiunque altro.
«Ma guardati! Sei uno splendore» esclama, poco dopo, facendo un passo indietro per potermi guardare meglio.
Arrossisco. «E tu sei diventato un gigante» scherzo.
In effetti è cresciuto parecchio dall'ultima volta che l'ho visto. Beh, l'ultima volta che l'ho visto era un ragazzino, adesso ha diciotto anni compiuti ed è davvero un gran bel ragazzo. È strano che non lo abbia mai notato prima: gli anni di pallanuoto gli hanno regalato un corpo mozzafiato e il nuovo taglio di capelli gli dona.
In tutta risposta lui mi sorride, divertito, e io lo abbraccio di nuovo, mormorandogli un “sono felice che tu sia qui” che probabilmente sente a stento.
«Ehi, anche io voglio un abbraccio dalla mia Chellie» esclama mia nonna, quando ci separiamo.
Odio quando mi chiamano 'Chellie'... mi ricorda la figlia della barbie, o chiunque sia. Tuttavia sorrido e mi volto verso di lei. Non dimostra per niente gli anni che ha, probabilmente a causa dei lifting e delle cure di bellezza a cui si sottopone di continuo. Ha i capelli biondo platino e indossa un paio di occhiali da sole rosa shocking in tinta con la tuta attillata. Quando l'abbraccio vengo investita dal suo profumo intenso di Sherry e Chanel n°5. Il mio sorriso si allarga: sì, mi è mancata.
«È bello rivederti... come stanno i tuoi genitori?» sta domandando nel frattempo mia madre a Daniel, dopo averlo abbracciato.
«Oh, benissimo. Si sono messi in testa di ripulire la soffitta e mi hanno chiesto di portarti almeno quattro scatoloni pieni di roba che potrebbe interessarti» risponde lui, sorridendo.
Mamma scoppia a ridere. «Tipico di Erica» sospira. «Suppongo che siano quelli lì...»
Sciolgo l'abbraccio dalla nonna, un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
«Beh, cosa ci facciamo ancora qui?» esclama lei, scostandosi i capelli dalla spalla. «Ho proprio voglia di vedere come hai risistemato la camera degli ospiti, Cleo» aggiunge, prendendo mamma a braccetto.
Mi avvicino a Daniel, che afferra uno dei due carrelli e comincia a spingerlo. Malgrado gli scatoloni che probabilmente pesano una tonnellata non sembra fare alcuno sforzo. Ricambia il mio sorriso con affetto.
«Anche tu starai a casa nostra?» domando, infilandomi le mani in tasca.
«Sì, a quanto pare prenderò uno dei due letti nella tua camera» risponde lui, divertito.
«Ah, dovrai meritartelo» lo avverto, ridendo.
«Ah sì, e come?» si informa, interessato.
Faccio un sorriso malizioso.


«Uhm... esattamente da quando tu cucini?» mi domanda perplesso qualche ora dopo.
«Da mai, eccetto che per uova e panini, ma è una serata speciale e voglio dare il mio contributo» rispondo, con un sorriso innocente.
«Avvelenando tutti? Questo di certo renderebbe la sera indimenticabile» scherza lui, sempre scettico.
Lo guardo male. «Non ti ho chiesto di aiutarmi perché tu rovini tutto con la tua negatività» ribatto.
«Oh, ma tu non mi hai chiesto di aiutarti, il tuo è uno sporco ricatto» mi fa notare, incrociando le braccia.
«Lo definirei più che altro un accordo» preciso, divertita.
Sospira ed alza le mani in segno di resa. «Okay, che cosa hai intenzione di preparare?»
Mi alzo sulle punte per prendere il libro di cucina dallo scaffale e lo apro alla pagina che mi ero segnata.
«Brownies» esclamo, indicando la pagina ingiallita. «Mia madre me li faceva sempre, quando ero piccola» aggiungo, con un sorriso.
Mia madre si è appassionata di dolci quando si è trasferita a Parigi. Che io sappia non aveva mai cucinato nulla di elaborato prima, ma la gravidanza le aveva dato un'incredibile voglia di cioccolata e ha cominciato ad informarsi sulle ricette più semplici, per poi passare a quelle più complesse. I brownies sono una specie di sua specialità, una delle prime cose che ha imparato a fare e il dolce che quando ero piccola mi preparava più spesso. Durante i pomeriggi invernali, quando non potevo andare fuori a giocare per via della neve e sprofondavo nel divano con un muso che toccava terra la vedevo entrare in cucina e annodarsi un grembiule bianco con aria maliziosa. Poco dopo, la casa veniva invasa dal profumo caldo del cioccolato e io la raggiungevo in cucina dove, poco dopo, mi versava una tazza di cioccolata calda e posava il piatto con il dolce tagliato a cubetti davanti a me. È una delle poche cose che non è cambiata quando papà se n'è andato via, poi però la carriera da artista ha cominciato a rubarle ogni minuto libero e pian piano ha smesso. È una cosa della quale ho sempre sentito la mancanza e, onestamente, non so come mai mi sia venuta un'improvvisa voglia di preparare quella torta. Forse è perché mi sento un po' giù e ho bisogno di ricevere la protezione dei ricordi. Dio, sembra tanto una frase da psicologi.
«Uhm... la ricetta è in inglese» osserva, facendo scorrere il dito indice sulle istruzioni.
«Che c'è, improvvisamente non sei più in grado di capire l'inglese?» lo prendo in giro.
«Per chi mi hai preso?» ribatte, fingendosi offeso.
Scoppio a ridere. Dan ha sempre avuto un eccezionale talento nelle lingue e padroneggia l'inglese come se fosse la sua lingua madre, per non parlare del fatto che sa il tedesco dieci volte meglio di me, nonostante qui io lo studi come seconda lingua. Probabilmente hanno il suo peso le moltitudini di zii e cugini sparpagliati per tutta Europa, spesso e volentieri lo invidio.
Afferro uno dei grembiuli appesi accanto al frigorifero e me lo infilo, per poi lanciarne un secondo a Daniel perché mi imiti.
«Wow, allora fai sul serio» ridacchia, lui, mentre se lo annoda dietro la schiena.
Gli faccio la lingua e torno a chinarmi sul vecchio libro di ricette, scorrendo gli ingredienti. «Dovrebbe esserci tutto» commento, mordicchiandomi il labbro.
«Bene, cominciamo allora!»


Nonostante gli incoraggiamenti del libro, non era esattamente semplice. In effetti mi sentivo un po' un'idiota, considerando che ho sempre visto mia madre eseguire tutto a memoria e con una naturalezza che le ho visto solamente quando dipinge. Beh, vi risparmio i dettagli del nostro patetico inizio, fatto sta che dieci minuti dopo aver cominciato io e Dan stiamo già litigando sulla quantità di burro da mettere a sciogliere assieme al cioccolato – la quantità indicata dal libro è nascosta dietro una macchia e illeggibile. Ad un certo punto, spazientita, affondo la mano nel sacchetto della farina e gliene lancio un po' addosso. Daniel, che mi stava spiegando i motivi per i quali lui avrebbe ragione e io torto, si blocca e chiude gli occhi, senza mostrare nessuna emozione in particolare. Io al contrario, vedendo il suo viso schizzato di polvere bianca, mi lascio sfuggire una risata che cerco inutilmente di nascondere premendomi una mano sulle labbra.
«Molto divertente, Michelle» dice, pacato, riaprendo gli occhi.
Non riesco a smettere di ridere e non lo vedo allungare una mano verso la vaschetta delle uova. Mezzo secondo dopo me ne rompe una sui capelli e lanciò uno strillo, cercando di spostarmi nonostante sia già troppo tardi. Questa volta è lui a ridere.
«Dimmi che non l'hai appena fatto» sussurro, senza trovare il coraggio di allungare una mano per sentire se è davvero uovo quello che mi sta colando tra i capelli.
«Hai cominciato tu» ribatte, tra le risate.
Senza nemmeno rendermene conto ho afferrato a mia volta un uovo e gliel'ho tirato addosso. Purtroppo riesce a scansarsi e quello si spiaccica sul pavimento, ma questo non gli evita di cercare di vendicarsi con la farina. In pochi secondi abbiamo cominciato una vera e propria battaglia e ci lanciamo addosso cibo senza nemmeno renderci conto dello stato in cui stiamo riducendo la cucina. Ad un certo punto, arretrando, scivolo sull'uovo di poco prima. Tiro uno strillo e, in cerca di un appiglio, afferro la camicia di Daniel, con la sola conseguenza di trascinarlo giù assieme a me.
Batto forte la schiena ma per lo shock non me ne rendo quasi conto. Presente quando ti ritrovi per terra e non ti ricordi nemmeno come sei caduta? Una cosa del genere. Daniel è riuscito a frenare l'impatto appoggiando appena in tempo le mani sul pavimento accanto al mio volto, e mi guarda con la stessa espressione intontita che probabilmente ho anche io. Mi basta vedere quella faccia per scoppiare a ridere come una scema, lui mi lancia un'occhiataccia.
«Bella mossa, Chelle» sbotta, severo. «Se volevi ucciderti questo era davvero un buon modo.»
Gli risponderei, ma non riesco a smettere di ridere. Forse sono vicina all'esaurimento.
«Lo sai quanto peso? Avrei potuto spaccarti qualche osso» insiste Dan.
«Dovresti vedere la tua faccia» riesco a dire, mentre mi asciugo le lacrime.
In effetti quell'espressione seria non è esattamente credibile con tutta la farina che ha in faccia.
In tutta risposta, fa un sorrisetto sarcastico. «Ti sei fatta male?» mi chiede, scrutandomi come in cerca di una qualche ferita o qualcosa del genere.
Sorrido. «Ci vuole ben più che un uovo spiaccicato per distruggermi» ribatto, divertita.
«Sì, ma io basterei... sei sicura che non ti abbia schiacciato o qualcosa del genere?» chiede, apprensivo.
«Tranquillo, non potresti mai farmi del male» lo rassicuro, senza abbandonare il mio sorriso.
Sorride anche lui e, per un momento, mi sembra che mi guardi con occhi diversi. Arrossisco, senza capirne il motivo, e lui fa un sorriso dolce. Non si è ancora alzato, sebbene sembri passato un secolo da quando sono caduta. Mi scosta una ciocca di capelli dalla fronte e rabbrividisco appena sentendo le sue dita bollenti sulla mia pelle.
Dura un attimo, sebbene al momento sembrasse un'eternità. Si schiarisce la voce, imbarazzato, e si rimette in piedi, per poi porgermi la mano per aiutarmi a fare lo stesso. Mi passo una mano sui pantaloni e mi guardo attorno distratta.
«Oh mio Dio, cosa è successo qui dentro?!»
Sobbalziamo entrambi e ci voltiamo verso la porta dalla quale è entrata mia madre, che sta guardando il pavimento con aria scioccata.
«Ehm... volevamo fare una torta» balbetto, mentre lei si fa strada cercando di evitare le uova.
«Beh, non so che ricetta abbiate usato ma non credo sia molto efficace...» commenta, sarcastica.
Abbasso lo sguardo, esattamente come facevo da bambina quando aveva combinato un grosso guaio, e Dan si guarda in giro imbarazzato. Mamma sospira.
«Credo che voi due dobbiate farvi una doccia» commenta, indicando i miei capelli sporchi di uova e farina. «Mentre io ripulisco questo disastro» aggiunge.
Le faccio un sorriso. Mia madre a volte è davvero troppo buona. Faccio per abbracciarla, quando mi ricordo delle condizioni in cui sono e le do un bacio sulla guancia. Lei sorride.
«Fila, prima che cambi idea» ordina, divertita.
«Grazie Cleo» fa Daniel, seguendomi.
«Figurati, tanto so che la colpa è tutta di Michelle» scherza lei.
Lui, ridendo, mi raggiunge e mi cinge il fianco con il braccio.
«Adoro tua madre» sorride, e io ricambio.
«Anche io.»


Quindici minuti dopo, mentre sto uscendo dalla doccia sfregandomi i capelli con un asciugamano e canticchiando, il telefono comincia a suonare. Rispondo senza nemmeno guardare il nome sul display.
«Pronto?»
Dall'altra parte non risponde nessuno.
«Pronto?» ripeto, aggrottando la fronte.
Mi sembra di sentire un chiacchiericcio sullo sfondo e cerco di concentrarmi sperando di catturare un qualche particolare che possa identificare il luogo, ma non riesco a distinguere nulla di significativo se non persone che parlano e rumore di stoviglie.
«Chi parla?» chiedo un'ultima volta.
«Il suo caffè, signore» dice una voce, troppo lontana e confusa per essere quella della persona al telefono.
La linea cade e mi ritrovo ad ascoltare il silenzio della stanza. Stacco il cellulare dall'orecchio e passo in rassegna la lista delle chiamate ricevute. Numero privato. Una brutta sensazione mi invade mentre ricordo lo sconosciuto di ieri sera e sento un brivido percorrermi la schiena. Voltandomi a guardare il mio riflesso attraverso lo specchio appannato ho quasi paura di vedere qualcuno alle mie spalle.
Stringo con forza il telefono, cercando di tranquillizzarmi: probabilmente è solo qualcuno che ha sbagliato numero o qualcosa del genere.
Esco dal bagno, rendendomi conto che ho le mani che tremano. Dio, sono una fifona... e paranoica, pure. Mi impongo di nuovo di stare calma, quando sento una mano calda posarsi sulla mia spalla e sobbalzo, trattenendo a stento un urlo.
«Ehi, sono solo io» mi tranquillizza Daniel, guardandomi leggermente incuriosito.
Si è già vestito, indossando una t-shirt verde e un paio di jeans scuri. Dio, è sempre più veloce di me in tutto, se non fosse per i capelli umidi non sembrerebbe nemmeno che abbia appena fatto la doccia.
Mi mordo il labbro e tento un sorriso. «Sì, è che non ti ho visto arrivare» mi giustifico, nervosa.
«Sicura che sia solo questo? Sembri terrorizzata» mi fa notare, sollevandomi il mento con due dita.
Stringo le labbra. «Ho solo un po' freddo, ti dispiace se vado a vestirmi?»
Sospira. «Capito, non vuoi dirmelo...» si arrende, arretrando verso il soggiorno.
Faccio un sorriso nervoso, aspettando qualche altro secondo prima di entrare in camera mia. Prendo dall'armadio un paio di jeans e una maglietta e faccio per togliermi l'accappatoio, quando mia nonna entra in stanza con aria eccitata.
«Spero che tu non abbia già scelto un vestito» esclama, sventolandomi sotto il naso una busta colorata.
«Un vestito?» chiedo, spaesata.
«Sì, per domani sera!» risponde, con fare ovvio.
«Cosa succede domani sera?» chiedo di nuovo, aggrottando la fronte.
«C'è la cena con ricevimento al Palace! Non dirmi che tua madre non te l'ha detto!»
«In effetti no» confermo.
Sospira qualcosa che non capisco. «Beh, ora lo sai» conviene, tornando all'eccitazione di poco prima in mezzo secondo. «Ti ho comprato un vestito!»
Mi porge la busta e mi incita a guardare al suo interno. Io tolgo la carta-velina, che cade a terra con un fruscio, ed estraggo un vestito nero e corto, modello impero, di seta lucida. Non oso nemmeno pensare a quanto costi.
«Wow, è bellissimo... ma non so se è molto il mio genere» balbetto, accarezzando la stoffa liscia.
«Non dire sciocchezze e provalo» ribatte lei, senza abbandonare il suo sorriso.
Cercando di mostrarmi entusiasta infilo veloce la biancheria e lo indosso. Per un attimo spero quasi che sia troppo largo o troppo stretto, ma mi sta perfettamente. La nonna mi guarda con occhi che brillano e mi spinge davanti allo specchio. Mi sento strana, guardando il mio riflesso. L'abito mi piace e mi sta bene, eppure lo sento in qualche modo estraneo al mio modo di essere. Passo una mano sulla stoffa e faccio un piccolo sorriso imbarazzato: il corpo che vedo di fronte a me non è il mio... o meglio, non lo sembra. Mi sono sempre vista come una ragazzina, mentre con questo coso addosso mi vedo come una donna. È difficile da spiegare.
«Ora immaginati con i capelli asciutti, un po' di trucco e le scarpe d'argento che ti ho regalato lo scorso Natale» mi suggerisce, sorridendo.
Mi mordicchio il labbro, un po' più convinta ogni secondo che passa, poi il mio sorriso si allarga.
«Grazie nonna, lo adoro» mormoro, stringendomi in una sorta di auto-abbraccio.
«Ne sono felice tesoro» esclama lei, accarezzandomi il braccio. «Ma in futuro preferirei che mi chiamassi Marie» aggiunge subito dopo.




















*** Spazio Autrici ***

Hello you guys! <33
Qui Leslie, come probabilmente avrete immaginato ;D
Okay, che dire? Vi ho sorprese eh? Bwahah, e le sorprese non sono ancora finite *-* Comunque, spero che il capitolo non sia troppo lungo (okay, mi sono appena resa conto che non lo è poi tanto... il prossimo sì però ;D) (oh sì, e ce ne saranno di capitoli lunghi infiniiiitamente tanto >,< NdLaLLa)

Benebenebene, non so molto che scrivere... *asd. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di Daniel (che, giusto perché lo sappiate, è francese perciò si legge con l'accento sulla "e" alla francese, Daniél, o qualcosa del genere >,<) (uhuh, non ci avevo mai pensato io ** E' ancora più affascinante così °w° NdLaLLa) e della sua relazione con la nostra Michelle, spero solo di non correre troppo, è che voglio far succedere un sacco di cose ancora e siamo già al capitolo 8... :P

Okay, scusate, mi sento frizzante in questi giorni, adesso in particolare perchè ho appena ricevuto delle nuove cuffiette rosa shocking *ç* le adoro<33

Passando alle cose serie, qui c'è il nostro Daniel (la mamma di Cleo non l'ho fatta perché non ho trovato nessuno che mi "soddisfacesse", magari in futuro la posterò però :D)
Daniel    (wààààààààààà! Lasciatemi dire una cosa... CHE FIGO *________* Okay, scusate :DD NdLaLLa)

A special thank you alle 4 persone che hanno questa storia tra le preferite, 1 che l'ha messa tra le storie da ricordare e ovviamente le 8 che la seguono e tutti coloro che leggono, recensiscono e ci supportano^^


nana_86  lo sooo, la scena finale era superfantastica ** io ero tipo così quando l'ho letta: *O* (davvero, ragazze? A me onestamente non sembra chissàche >,< NdLaLLa)... comunque, passando alle cose "serie" ^^", lascio a Lalla l'onore di commentare il tuo commento sul suo capitolo.(Beh, prima di tutto sono stupermegafelicissima che ti piacciono anche a te i manga ** Riguardo a Piccoli problemi di cuore ho visto solo l'anime, ancora ai tempi che furono però XD E invece di Nana ne ho sentito molto parlare, e appena avrò risparmiato un pochino ho intenzione di comprarlo ;) E sì, mi sa che è meglio creare un'alleanza "amici-uniti-contro-Chiara" dicasi anche AUCC - suona anche bene xD - u.u Grazie mille ancora per i complimenti, stella! <3 NdLaLLa) Grazie grazie grazie perché ci recensisci sempre e ci supporti e ci leggi e ci fai venire il buon umore e la voglia di scrivere facendo tutto questo (suona contorta come frase o sono io che ho bevuto troppa acqua? o.O) (bevuto troppa acqua, sicuramente xDD NdLaLLa) we love youuu<3

ashleys  xDxD killiamo la tua scuola! *impugna un forcone. Hem hem... scusa, attimo di "non-serietà" :D waa, lo so, io adoro i fratellini di Alice (anche se credo che Lalla abbia pensato che sono matta xP) (perché io?! o.o NdLaLLa) Ugh, a quanto pare quest'uomo misterioso non è poi tanto misterioso... cavoli, devo migliorare in queste cose, riesco sempre ad autoammazzarmi l'effetto sorpresa ^^" (wàààà spoilerone mostruoso! Contieniti, tesoro, sennò perdiamo fans! X°°°°D Scherzo <3 NdLaLLa) grazie per i complimenti, comunque, e non ti preoccupare se non ce la fai a recensire, personalmente ci basta che tu stia continuando a seguire questa storia... ^___^ lascio a Lalla il resto della risposta. (Tesorooo! Hai ragione, posso ben postare il vestito di Cristina! L'ho cercato poco fa, ed ecco QUI il link che si avvicina di più a come me lo immagino io ;) Fammi sapere cosa ne pensi ** Gentilissima come sempre e piena di idee meravigliose la mia Ale ^^ Comunque, per ultima cosa, ripeto quello che ho detto prima a Nana: dovremo creare un'alleanza "amici-uniti-contro-Chiara" dicasi anche AUCC :DD NdLaLLa) Okay, ancora grazie mille per la recensione e per tutto... we love you so much **

vero15star  ooooh, quanto tempo ** (o forse sono io? xD) (no, è passato davvero tanto tempo ** NdLaLLa) Sìì, lo so, è piuttosto diversa dalla precedente, eppure in qualche modo è come tornare alle origini... è strabello, non so come farò quando tutto questo finira ç^ç (ma Lindùùù, non pensare già a queste cose e viviamoci il presente! xD NdLaLLa) Lo so, Fabio è stato un po' un cretino, ma si riprenderà (o almeno lo spero, personalmente mi piace come personaggio ^^"), mentre per il fatto di Marco anche lui apparirà, e quando ho letto il tuo commento su lui e Michelle mi è tipo venuta voglia di annullare tutti i miei progetti e seguire la tua idea. Sul serio. Peccato che avessi già pensato a Daniel... beh, spero di non averti delusa^^. Lascio il resto a Lalla. (Prima di tutto, io invece odio il nome Marco, forse sarà perché conosco un sacco di Marco che hanno il cervello più piccolo di una nocciolina -.- Coomunque, ho letto che Nicola è uno dei tuoi personaggi preferiti ** Che bello, sono così contentaaa :) Beh, su come andrà avanti tra lui e Mad lo scoprirai sicuramente nei prossimi capitoli... e dato che mi sento buona, ti dico già che nel prossimo chappy accadrà qualcosa di fondamentale ;D NdLaLLa) ooh, we missed you too honey ** siamo strafelici che tu sia tornata per seguirci anche di qua.. (sì, concordo ** NdLaLLa) we love youuu(LLL)

And fot tonight is all, ladies and gentlemans ;D
peace, Leslie and Lalla

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Capitolo 9
*** Careful! ***










capitolo 9

9. Careful!




Venerdì 19 aprile

Madelyn's Pov.

Resto ferma immobile a fissare il soffitto davanti a me, con il respiro ancora affannato.
Sono stata una stupida. Stupida, stupida, stupida. Dannatamente stupida. Come ho potuto fare quello che ho fatto? Come ho potuto essere così avventata? Come ho potuto agire ascoltando solo l'istinto?
Non era l'istinto, era il tuo cuore, mi fa notare una vocina dentro di me.
Sbuffo, sonoramente. Ho fatto solo la cazzata più grande che potessi mai fare, altro che cuore.
«Tesoro, è pronta la cena» annuncia mio padre, bussando un paio di volte alla porta della mia camera.
«Non ho fame» grugnisco io.
«Posso entrare?»
«Sì.»
Pochi secondi dopo, entra e richiude la porta alle sue spalle, con lo sguardo fisso su di me.
«Cos'è successo con Nicola?» domanda, sedendosi ai miei piedi, con delicatezza.
Mi tiro a sedere d'improvviso mentre lo guardo sbalordita. «Come hai fatto a...?» ma non riesco a concludere la frase, perché le parole mi muoiono tra i denti.
«Beh, sei o non sei mia figlia?» mi anticipa lui, sorridendomi. «E soprattutto, sei o non sei la mia fotocopia?»
Alzo un angolo della bocca. «Già.»
«Comunque l'ho capito da come ti guardava e dal tuo comportamento negli ultimi giorni» mi spiega lui, tranquillamente.
«Già» ripeto, annuendo un paio di volte. Prima di dargli una risposta concreta, cerco di fare mente locale. Quando mi sento pronta, inizio a raccontargli. «Diciamo che da quando l'ho visto la prima volta, il mio cuore ha iniziato a battere in un modo diverso dagli altri giorni. Come se avesse subito tipo un danno. Non saprei spiegare, è strano...»
Papà non smette di guardarmi, ma non apre bocca, bensì resta in silenzio e mi lascia il tempo di aprirmi completamente a lui.
«E poi da ieri, quando siamo usciti da soli e abbiamo passato quel pomeriggio insieme... abbiamo scoperto che abbiamo anche feeling. Cioè, l'emozione – per quanto mi riguarda – quando ci avviciniamo per sbaglio c'è. Però comunque non mi sento molto in imbarazzo in sua compagnia, nonostante ci conosciamo da appena un paio di giorni» Prima di continuare a parlare, mi prendo una pausa nella quale tento di respirare con regolarità. Purtroppo però non ci riesco, sono troppo scossa. «Ma c'è un problema» ammetto infine, alzando le sopracciglia. «Lui è già fidanzato. E oggi, dopo scuola, la sua ragazza è venuta da me tutta inviperita e mi ha avvertita. Mi ha detto di non provarci con lui, che se ci avessi provato mi avrebbe fatto a pezzi, e blablabla.»
A questo punto mio padre riduce le sue palpebre in due fessure. «Se ci prova la sua vita è finita, e insieme alla sua quella di tutta la sua famiglia, cani e gatti compresi.»
Finalmente scoppio a ridere, e così butto fuori tutta la tensione che avevo dentro. «Grazie papà, ora posso andare tranquilla» ironizzo, ancora con il sorriso divertito sul volto. «Comunque» riprendo poi, ricomponendomi. «Questa cosa mi ha lasciata abbastanza basita. Insomma, avrei voluto vedere te al mio posto. Era davvero fuori di sé.»
Papà annuisce, con aria seria. «In effetti non è da sopravvalutare questa ragazza. Non dal punto di vista fisico – te l'ho già detto che è impossibile che ti tocchi –, ma per il fatto in sé. Non so se mi spiego.»
Annuisco, lentamente. «Dovrei avere capito quello che intendi» dico poi, corrugando le sopracciglia e riflettendoci su. «Nel senso che potrebbe dirlo in giro, o peggio ancora far credere cose false a lui, e quant'altro.»
«Esatto, potrebbe vendicarsi. E onestamente io questa qua non la conosco e non so dirti con esattezza fino a che punto si spingerebbe.»
«Sì, ho afferrato il concetto» affermo io, sconsolata. «E quindi cosa mi consigli di fare, tu? Lasciare perdere i miei sentimenti?»
«Oh no, non ho detto questo» dice lui. «Non mi sentirai mai dire di non ascoltare il proprio cuore, perché secondo me quello è il primo che si deve ascoltare. Spesso noi prendiamo delle decisioni ascoltando veramente troppo la ragione, ci soffermiamo sulle conseguenze e meditiamo a lungo su che cosa accadrà dopo. Ma è una vera stronzata, se vuoi saperla tutta. Perché l'unico momento a cui noi dovremmo pensare è il presente. Non il passato, non il futuro. Solo il presente. L'attimo in cui stiamo vivendo le cose, per intenderci. Secondo me è giusto perché ci rende felici. E tutto ciò che ci rende felici è giusto.»
Mi salgono le lacrime agli occhi per la gioia. Ma quanto cavolo è un mito, mio padre?!
«Grazie papà» esclamo poi, abbracciandolo con forza. «Ti voglio davvero bene.»
«Anche io, tesoro» mormora lui, accarezzandomi con dolcezza la schiena. «Anche io.»
«Solo» faccio io improvvisamente, staccandomi per riuscire a guardarlo in faccia. «Potresti dire alla mamma che non ceno? Ti scongiuro, non me la sento proprio di vederlo.»
Lui sospira, però sorridendo. «Che pene che mi fai passare, sarà la millesima volta che litigo con lei per colpa tua!»
Io gli mostro un sorriso angelico. «Grazie papà» ripeto.
Lui mi spettina affettuosamente i capelli e mi da un bacio sulla fronte, poi si alza ed esce.


Sabato 20 aprile

Madelyn's Pov.

Cristina ed io stiamo camminando, come sempre, verso la strada di casa. Questa volta però parliamo di una cosa completamente nuova, per tutte e due: la sua prima volta.
«Ancora non ho realizzato la cosa» balbetto io, respirando affannosamente. «Cioè, tu... tu...»
«Sì, non sono più vergine» sussurra Cristina, diventando ancora più rossa di com'era prima.
Trattengo a stento un gemito. «Oddio, tesoro, sono così felice per te.»
Lei mi sorride timidamente. «Grazie» dice poi. «Comunque in fin dei conti è stato bello.»
«In fin dei conti?!» sbotto io, sorpresa.
«Sì beh, il male un po' c'è stato» ammette lei, storcendo la bocca. «Però la serata è stata così romantica... Innanzitutto ha cucinato le lasagne, il mio piatto preferito, poi abbiamo guardato un film horror, quelli che piacciono a me, ed infine... sì vabbeh, è successo. E lui era così dolce e premuroso... davvero, è stato bello.»
Non smetto di sorridere, dopodiché l'abbraccio, con un salto di gioia. «Che bello, Cri.»
Sento che annuisce con entusiasmo. «Già.»
Dopo alcuni minuti, ci stacchiamo e riprendiamo a camminare.
«E tu? News con Nicola?»
Abbasso lo sguardo, sentendomi avvampare. A questo punto mi sento quasi in dovere di raccontarle tutto quello che è successo ieri, del nostro troppo-contatto-fisico dopo che lei ci aveva lasciati in macchina da soli, e anche quello che mi aveva detto Chiara, che alla fine per una cosa o per l'altra non sono riuscita a dirle.
«Oddio, quella lì è proprio una vecchia racchia» commenta Cristina, trattenendo tutti gli insulti che invece vorrebbe urlare.
«Già, dovevi vederla ieri: faceva paura.»
«Madonna, e tu ti sei lasciata sottomettere da una come lei?!»
«Beh, cosa potevo fare? Picchiarla?»
«No, risponderle per le rime.»
«L'ho fatto, fino ad un certo punto. Poi quando ho visto che non mollava l'osso ho agito d'astuzia» preciso io.
Cristina mi guarda negli occhi. «Sì, hai fatto la cosa giusta. Comunque dobbiamo trovare un rimedio a lei, non puoi continuare a sentirti così a causa sua!»
Annuisco, con convinzione. «Esatto. Non mi va proprio.»
«Puoi sempre chiedere a Raffaele, lui conosce praticamente tutti» propone Cristina.
Mi illumino improvvisamente. «Giusto, ottima idea! Oggi passo a casa sua, prima della partita» concludo infine, con un sorriso soddisfatto.
Quando arrivo davanti a casa mia, prima di aprire la porta, faccio qualche respiro profondo d'incoraggiamento. Su Mad, è solo una dannata porta... Peccato che la cosa che mi spaventa non è la porta, ma quello che potrei incontrare dopo.
E, come non detto, chi mi ritrovo seduto sul divano a qualche metro da me? Ovviamente Nicola. E, come se non bastasse, c'è qualcun altro in casa? Ovviamente no.
Fantastico, direi.
«Hey» esclama lui, alzandosi, appena sente chiudere la porta.
«Ciao» mormoro, sforzandomi di sorridere cosicché apparire naturale.
«Tutto okay?» mi domanda, avvicinandosi sempre di più a me.
«Sì, certo» sbotto, facendo un timido passo all'indietro.
«Sicura?»
Sta cercando il mio sguardo, lo sento. «Sì» borbotto, alzando finalmente gli occhi verso di lui.
«Perché ieri sera dopo quello che è successo in macchina sei scappata in camera e non sei uscita fino a stamattina presto, evitandomi una seconda volta?» chiede poi, tutto d'un fiato.
Arrossisco, abbassando lo sguardo. «Non avevo fame.»
Nicola sospira, facendomi capire che non è così stupido da credere a una scemenza simile. «E stamattina perché sei uscita di casa alle sette in punto, anziché alle sette e quaranta, come al tuo solito?»
Distolgo lo sguardo, sentendomi precipitare sempre di più. Mi sono cacciata in un bel guaio. Questa volta non rispondo, reputo la cosa migliore stare zitta e ammettere tutto. Non ha senso inventarmi delle stupide scuse. E' da bambine dell'asilo.
«Allora?» insiste lui.
Alzo le spalle, non sapendo fare altro. «Beh, penso che tu lo abbia capito.»
«No» nega lui, con un'aria del tutto sincera. «Non lo so, Mad, altrimenti non te l'avrei chiesto.»
«Avevo paura» sputo fuori, fissandomi le scarpe.
«Di cosa?»
«Di te! Di chi sennò?»
«E per quale motivo, scusa?!»
Sembra davvero preso in contropiede. Probabilmente non se l'aspettava proprio.
«Non lo so con precisione, forse avevo paura che ci spingessimo oltre» dichiaro infine, guardandolo negli occhi.
Lui mi fissa per pochi minuti. Minuti che a me sembrano durare ore.
«Ascolta» fa Nicola, ricambiando il mio sguardo. «Devo dirti una cosa.»
Perché è diventato improvvisamente così serio?
«Dimmi.»
«Ho mollato la mia ragazza... cioè, ex ragazza» spiega lui, con calma.
Quando realizzo quello che mi ha appena detto, tutto quello che riesco a fare è spalancare la bocca alla massima estensione. «COSA?!» urlo poi.
Lui inarca un sopracciglio e mi lancia un'occhiata perplessa. «Non sto più con lei... sono single» precisa, marcando l'ultima parola.
«Non stai più...?» mormoro, mentre aumentano i battiti del cuore. Dopo pochi secondi, sento mancarmi le forze e mi butto a peso morto sul divano. «Oh Dio.»
«Non volevi che lo facessi?» chiede lui, dopo una pausa.
«Io sì, cioè... no, tanto non mi avrebbe cambiato la vita» balbetto, in preda a una crisi isterica.
Lui mi sorride. «Sì che te la cambia» dice dolcemente, per poi sedersi accanto a me.
«No! Fermo!» esclamo io, allontanandomi da lui. «Non posso.»
«Non puoi o non vuoi?» mi incalza lui.
«Non posso!» ribatto io, sfuggendo al suo sguardo.
Ti prego, non chiedermi il motivo...
«Posso sapere perché?»
Ecco, ti pareva.
«Non posso» ripeto per la terza volta.
Lui mi alza il mento con la mano e restiamo a guardarci negli occhi per qualche secondo.
«Perché non puoi? Adesso non dovresti più sentirti in colpa con nessuno, neanche con lei» continua lui, con sicurezza.
«Invece sì! Tu hai mollato Chiara!»
«Sì, e con questo? Credevo che fossi felice!» dice, alzando il tono di voce.
Lo sono, maledizione, purtroppo lo sono.
«Nik, io lo sono...» ammetto poi, in un soffio. «Però lei mi ammazzerà.»
Fa una risata leggera. «Ma cosa ti interessa di quella troietta?!»
Com'è che l'ha chiamata?!
Sospiro, ripetendomi nella mente di stare calma. «Il fatto è che lei, qualche giorno fa... mi ha detto che...» mi fermo, sospirando un'altra volta. «Se ci avessi provato con te mi avrebbe spezzato le ossa.»
«E tu hai paura?!» sbotta lui, incredulo.
Io stringo gli occhi. «Tu non hai visto quanto era imbufalita.»
«Ma sì, lasciala perdere... E poi, se prova a toccarti, quella che finisce male è lei» conclude, facendomi l'occhiolino.
Gli sorrido timidamente, senza avere il coraggio di aggiungere altro.
«Allora» fa, dopo pochi secondi. «Ti senti meglio ora?»
«Un pochino» sussurro.
Lui si avvicina a me e mi circonda il collo con un braccio; a quel gesto, io quasi automaticamente appoggio la testa sul suo petto, duro come roccia. Lui si volta verso di me e mi da un bacio sulla fronte, con dolcezza.
Il mio cuore perde un battito.
Due secondi dopo Nicola annulla con un rapido gesto la distanza che c'era tra le nostre bocche.
Oddio, ci stiamo baciando. Cazzo, è accaduto tutto troppo in fretta.
Restiamo così per cinque minuti buoni, poi lui inizia a toccarmi la schiena, fino a scendere sempre di più, per poi passare alla pancia, mentre mille mi brividi mi attraversano tutto il corpo. Piano piano scende ancora con i polpastrelli delle dita e mi sfiora l'anca sinistra. A questo punto sussulto un poco. Quando arriva a infilare una mano dentro lo slip, mi stacco di colpo.
Lui fa finta di niente, e mi guarda negli occhi per l'ennesima volta. «Mi piaci veramente, Mad» dichiara, spostandomi dal viso una ciocca di capelli.
«Anche tu, ma non voglio fare le cose così in fretta.»
Lui annuisce, ammutolendosi subito.
Prima di tornare a baciarlo, sento dentro di me una strana sensazione. Come se avessi appena detto una cosa completamente sbagliata.
Ad un certo punto un colpo di tosse ci interrompe. Mi stacco da lui bruscamente, per poi girarmi verso la porta.
Carlotta ed Emanuele ci stanno fissando. Carlotta ha un'aria poco più che sconvolta, mentre Emanuele sembra alquanto divertito.
«Dite solo una parola» li avverte Nicola, abbassandosi la maglia che gli si era alzata durante il bacio. «E siete morti.»
Carlotta annuisce quattro volte con gli occhi sbarrati, e poi corre rapidamente al piano sopra.
Emanuele invece guarda suo fratello accigliato. «E i soldi?»
«Un euro.»
«Due.»
«Uno e mezzo.»
«Uno e settantacinque!»
Nicola stringe gli occhi. «Uno e mezzo» ripete.
Emanuele a questo punto si arrende, dato che conosce perfettamente cosa sta a significare quell'occhiata. «E va bene.»
Così Nicola tira fuori dal portafoglio che aveva nella tasca posteriore dei jeans un euro e cinquanta centesimi e li porge a Manu. Quest'ultimo li prende e poi raggiunge Carlotta al piano di sopra di corsa. Quando ha voltato l'angolo, Nicola si gira verso di me, si avvicina con il viso e tenta di baciarmi, ma io mi scanso prima.
«No» lo blocco. «Tra poco saranno qui anche i miei genitori e tua madre.»
Lui annuisce, lentamente. «Giusto.»
Così mi alzo e mi dirigo anche io in camera mia, con passo non del tutto convinto.
Sono sicura di aver fatto la scelta migliore e di non aver anticipato troppo i tempi?


«Vuoi una mano?»
Nicola è appoggiato interamente allo stipite della porta della mia camera e mi sta guardando con aria terribilmente sexy.
Io ho tra le mani una pila di libri ognuno spesso almeno quattro centimetri. Deve avere notato che stavo barcollando, appena ho provato a fare qualche passo.
«Sì grazie» balbetto, il viso in fiamme.
La scena del nostro bacio di poche ore fa mi torna alla mente come una pugnalata dritta allo stomaco. Senza quasi accorgermene, sobbalzo un poco.
Nicola intanto si è avvicinato a me con una camminata da far-tremare-le-ginocchia, e ora mi sta prendendo dalle mani un pacco di libri con delicatezza, lasciandomi tra le dita appena un paio di volumi abbastanza leggeri.
Distolgo lo sguardo per un momento. «Ehm, grazie» ripeto, in un sussurro.
«Figurati» risponde, con un sorriso. «Dove devo metterli?»
«Lasciali pure sullo scaffale sopra il letto.»
«Okay» fa lui, scrollando le spalle, dopodiché allunga le braccia verso la mensola. Le maniche a tre quarti della camicia gli scivolano fino alla spalla, scoprendogli i muscoli delle braccia.
Dio, perché mi fai questo?!
«Posso farti una domanda?» chiede poi, tornando a guardarmi.
Io pendo completamente dalle sue labbra. «Certo.»
Nicola mi sorride nuovamente, probabilmente divertito dall'espressione da ebete che ho appena assunto, poi afferra gli ultimi libri dalle mie mani e si volta un'ultima volta verso lo scaffale per riporli. «Perché diavolo hai voluto togliere e rimettere tutti i libri che c'erano?»
A questo punto arrossisco visibilmente. «Li ho spolverati, e sfogliati» ammetto, imbarazzata.
Lui continua a guardarmi interrogativo.
«Lo faccio sempre. La polvere là sopra si forma velocemente e se restano per molto tempo chiusi, potrebbero scollarsi le pagine. Non lo sopporto.»
«Oddio, tu sei malata» dice lui, guardandomi allibito.
Gli mostro un sorriso a trentadue denti. «Lo so.»
Nicola per tutta risposta scuote la testa, ridendo un poco.
«Comunque» faccio io, dopo un po'. «Non sarai venuto qui solo per vedermi fare le pulizie da malata-cronica-di-libri?»
«No, no. In realtà volevo stare un po' qui» risponde, facendo qualche passo verso di me. «Ho sentito che tra poco gli altri vanno a fare un giro in centro, quindi noi staremmo soli» spiega infine, guardandomi negli occhi.
«Oh» esclamo io. «Ehm, io oggi pomeriggio ho una partita di pallavolo.»
«A che ora?»
«Per le quattro.»
«Beh, abbiamo un po' di tempo.»
«Sì ma» mi affretto ad aggiungere. «Pensavo di fare un salto da un mio amico prima.»
«Ah» sbotta lui, deluso. «Capito.»
Io sorrido, sperando che basti per scusarmi.
«Ma chi sarebbe questo amico?» domanda, dopo poco.
«Non sarai mica geloso?!» esclamo, facendo una risatina.
Lui alza un poco il mento. «Questo non centra.»
«Oh sì invece» ribatto io, con ostinazione.
«Non mi hai risposto.»
«Neanche tu.»
«Ma sono io il primo che ho fatto la domanda.»
Cristo, questo ragazzo è cocciuto almeno quanto me. E la cosa non va bene.
«D'accordo» dico dopo alcuni secondi, gesticolando con la mano. «E' il mio migliore amico, e si chiama Raffaele. Niente di cui preoccuparsi, siamo cresciuti insieme e ci siamo visti in tutti gli stati possibili ed immaginabili.»
Okay, questo potevo evitarlo. Dannazione!
Infatti Nicola assume una faccia mista perplessa e scocciata. «Cioè?»
«Cioè con il pannolone, dopo una partita di pallavolo, con il trucco disfatto, in lacrime...» cerco di rimediare, aggiungendo più situazioni imbarazzanti possibili.
Lui a questo punto sembra essere un po' più convinto. «Va bene» conclude, con un sospiro.
«Ora tocca a te.»
«Cosa?»
«Sei geloso, vero?»
«No» replica lui, come se fosse ovvio.
Io lo fisso accigliata.
«Solo un pochino» ammette poi.
La cosa che strana è che sono quasi sicura di aver colto un leggero rossore sulle sue guance.


Everybody's gonna love today, gonna love today, gonna love today.
Anyway you want to, anyway you've got to, love love me, love love me.

Sto camminando con disinvoltura, mentre ascolto concentrata la canzone appena iniziata sull'ipod – non posso andare in giro da sola senza musica, io. Per fortuna oggi non piove, mentre il sole non troppo forte illumina le strade. Devo andare a casa di Raffaele, che non abita molto lontano da me. Però qualche via devo percorrerla.
Ad un tratto sento un forte colpo al fianco sinistro e subito dopo un rumore di freni d'auto. Appena realizzo cosa è appena successo, un brivido mi sale lungo tutto il corpo.
Sono sdraiata a terra, ho un lancinante dolore all'anca e le caviglie mi fanno male. Un ragazzo terribilmente alto e con i capelli scuri, che avrà qualche anno in più di me, scende dall'auto che ho accanto con un'aria completamente terrorizzata sul volto.
«Tutto bene?»
«A meraviglia» rispondo, seccamente.
«Dico sul serio» ribatte lui, abbassandosi sulle ginocchia a pochi centimetri da me.
Io non lo guardo nemmeno: mi massaggio il piede sperando che il dolore passi alla svelta. «E come vuoi che mi senta? Mi hai appena investito.»
«Scusa» dice lui, ma subito dopo aggiunge cambiando tono di voce: «Però il mio semaforo era arancione.»
«Appunto» obietto io. «Significa rallentare
«Sì, ma non quando si sta andando a una velocità elevata.»
Sospiro. «E' sempre meglio fermarsi. E poi io ero sulle strisce pedonali, che è come un marciapiede. Avevo io la precedenza.»
Il ragazzo alza gli occhi al cielo, tuttavia non sembra troppo spazientito. «Va beh, però tu potevi benissimo guardare dove stavi andando.»
«Ah, adesso è colpa mia?!» grido io, improvvisamente, alzando lo sguardo.
«Non ho detto questo.»
«Ehi, voi due! Vi volete muovere?» una voce di un signore sulla cinquantina ci fa sobbalzare.
«Sì, subito, ci scusi» si affretta a dire il ragazzo, dopodiché si alza in piedi e si dirige verso la sua macchina.
«Eh, scusa tanto, ma mi servirebbe una mano qui» gli urlo io, stringendo gli occhi.
«Non riesci a camminare?»
«Evidentemente.»
Okay, non sarò il massimo della gentilezza, però insomma, non è che stia da Dio. Non mi sento più un piede e un'anca.
A questo punto lui fa qualche passo verso di me e mi solleva da terra, prendendomi per i fianchi, quasi come se pesassi non più di cinque chili.
Due minuti dopo siamo in macchina, lui al volante e io sul sedile davanti.
«Come ti chiami?» chiede, con naturalezza.
«Madelyn» sbotto io, sfuggendo al suo sguardo.
«Mad? Come pazzo, in inglese?» esclama lui, divertito.
«Sì» rispondo in un grugnito.
«Mi piace» afferma, convinto. Poi, dopo una pausa di qualche minuto, aggiunge: «A questo punto dovresti chiedermi come mi chiamo io, ti sembra?»
«Non mi interessa.»
«Oh» fa lui.
Sembra... stupefatto. Come se avessi appena bestemmiato in turco.
«E' colpa tua se non mi sento più metà corpo» replico poi.
«Dio, è vero, mi sono dimenticato. Vuoi che ti porti all'ospedale?»
Sospiro. «No, figurati, credo di riuscire a sopportarlo.»
Ho appena detto delle cose gentili? Okay, rewind.
«Volevo dire, portami in ospedale» mi correggo dopo poco, cercando di assumere un tono di voce brusco.
Lui alza un sopracciglio, perplesso. «Okay.»
«...grazie.»
Cosa gli ho appena detto?!
No, no, no e no, Mad. Non devi fare così. Lui è un'idiota che non sa le regole della strada né tanto meno guidare decentemente. Ti ha appena investita e soccorsa e poi presa in braccio e tratta con dolcezza fino ad adesso, non puoi assolutamente...
Sì, lo so, sono un caso disperato.
«Comunque io mi chiamo Gianluca.»
























*** Spazio Autrici ***

Buongiorno a tuttiiiiii! Scusate il piccolo ritardo, ma questo clima vacanziero/estivo ci ha montato la testa *-* Allora! Oggi primo giorno di vacanza *ò* Come va la vita? Spero bene, non voglio che vi roviniate l'inaugurazione dell'estate! :D Dal canto mio sono abbastanza energica, come avrete sicuramente capito =D Ma che ci posso fare? Il bel tempo mi fa quest'effetto ;)

Finalmente siamo arrivate a questo punto, non ne potevo più di pubblicare capitoli noiosissimi >.< Forse ho anticipato un po' la relazione tra Mad&Nicola, però d'altronde il tempo stringe e non potevo dilungarmi troppo, sennò ciao ciao a tutto il programma che mi sono fatta nella mia testolina XD Anche perché, onestamente, non avevo neanche voglia di continuare a ripetermi, quindi diciamo che ho deciso di far "sbocciare" questo amore XD Che ne pensate? ^^

In più, in questo capitolo, c'è un nuovo personaggio: Gianluca *w* Dopo posto la foto e vi lustrerete gli occhi! Bwuhabwuha :D

Come sempre, grazie di cuore alle 11 persone che stanno seguendo la storia, alle altre 4 che l'hanno aggiunta nelle preferite e alla 1 persona che l'ha inserita nelle ricordate! Grazie anche a chi l'ha letta semplicemente ^^

Foto personaggi
Gianluca  (wàààààà :Q________)


nana_86  Ciao stellaaa! Ahahah, mi piace il termine "bonazzo" per Daniel! XD E beh, ho tutti i miei giri di persone fidate, io! X°°D Vero che è bellissimo?! Comunque sì, aspetta di vedere come si evolverà la storia tra lui e Michelle! ;) *tira fuori i cartelloni con scritto "Daniel sei tutti noi!"* Bwuhabwuha! Per il resto, lascio rispondere alla mia socia dato che i tuoi commenti riguardano il suo capitolo ;) (scusa un attimo, sto ancora ghignando per il commento di Lalla xDxD... hem hem, posso dirti che nel prossimo capitolo ci sarà un momento importante, ma non posso dirti nient'altro, per quanto riguarda lo sconosciuto, credo di poterti anticipare che apparirà non nel mio prossimo capitolo ma in quello dopo, e soo davvero curiosa di sapere se avevi ragione o no ;D (probabilmente sì *asd) uhmm... nothing else, se non un megagrazie per i complimenti^^ ndLeslie) Alla prossima allors! Un bacione <33

ashleys  Hey bellaaaa! Come fai a non conoscere l'attoreeee?! Dieci punti in meno per la simpatia u.u Ahahah, scherzo! Comunque è Tom Welling, quello che ha fatto Clarck Kent in Smalville! Nè che è stupendissimooo?! Per gli altri tuoi commenti lascio l'onore a Lindà di risponderti ;) (no, non sbagli xD fa tutto parte del piano, e non aggiungerò altro ;P... per quanto riguarda l'Uomo Misterioso, dopo che sarà apparso devi assolutamente comunicarmi quali erano le tue due opzioni, che sono quasi più curiosa di sapere se avete indovinato che voi di scoprire chi è... okay, è un po' contorto ma credo che tu mi abbia capito xD... resta collegata, mi raccomando ;D ndLeslie) ("(...) che sono quasi più curiosa di sapere se avete indovinato che voi di scoprire chi è" eh?! Okay, Lindù ha bevuto qualche bottiglia d'acqua di troppo oggi, poverina! XD) Un mega bacio (LL)

chiara84  Ciao Chiara! Vedo che sei nuova, o per lo meno, che non avevi mai recensito la "seconda edizione" prima d'ora! Grazie mille per aver letto la nostra storia e soprattutto per aver recensito con pazienza ogni capitolo! Che gentile che sei :) Beh, spero che ti sia piaciuto questo capitolo e spero anche che tu recensisca ancora *ò* Un bacio <3


E' tutto per oggi :D
Al prossimo capitolo allora!
baciii, Lalla e Leslie

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Capitolo 10
*** Cinderella. ***










10. Cinderella




Sabato 20 aprile

Michelle's Pov.

Mi lascio cadere sfinita su una delle seggioline di plastica, per poi prendere uno dei menù colorati e usarlo per farmi aria.
«Sono sfinita» sospiro.
Fa piuttosto caldo, nonostante abbia piovuto fino all'altro ieri. Probabilmente finora è la giornata più calda di aprile. Ho appena passato la mattina a far vedere a Daniel i posti migliori della città e ho solamente voglia di immergere i piedi nell'acqua gelida. Sì, lo ammetto, non sono mai stata una grande camminatrice, ma questo non cambia il fatto che non voglio camminare mai più.
Daniel si siede di fronte a me ridendo, per poi sfilarsi gli occhiali da sole.
«Ti credevo più resistente» osserva, prendendo a sua volta un menù e leggendo distrattamente i prezzi.
«No, non è vero... hai sempre saputo che mi stanco subito» lo correggo, divertita.
Scoppia a ridere di nuovo. «Okay, lo ammetto... sei sempre stata deboluccia.»
«Io non sono deboluccia!» ribatto, con voce acuta.
Lui sorride. «Guarda che sei stata tu a dirlo»
Scuoto la testa, trattenendo una risata. «No, io ho detto che mi stanco subito» lo correggo.
«E che differenza c'è?» protesta lui.
«La differenza è che adesso mi offrirai il gelato più grande e costoso di questo posto per farti perdonare» esclamo, leccandomi le labbra e aprendo il menù.
«Sei impossibile» ribatte Dan, ridendo di nuovo.
«Ehi, sei tu quello ricco sfondato» gli faccio notare, risoluta.
«Okay, un punto a tuo favore» ammette, con un sorriso irresistibilmente sexy.
Quando mi rendo conto di cosa ho appena pensato avvampo e nascondo il viso dietro il cartoncino colorato. Come posso trovare Daniel sexy? Dio, è il mio migliore amico praticamente da una vita.
«Tutto bene lì dietro?» chiede lui, cercando di sbirciare oltre il menù per guardarmi in faccia.
Io faccio un respiro profondo e poi lo abbasso appena. «Benissimo, stavo solo controllando che queste nella foto fossero fragole e non grossi lamponi» mi invento, indicando una delle coppe gelato sul menù.
«Cosa vi porto ragazzi?» esclama all'improvviso la cameriera, sbucata da chissà dove.
«Per me un Hawaian Surfer's Delice» risponde prontamente Dan.
«Uh, sembra buono... uno anche per me, grazie.»
Poso il menù di nuovo sul tavolino e mi rimiro le unghie, mentre Daniel si infila di nuovo gli occhiali da sole. Adora metterseli e toglierseli di continuo, a volte fa quasi ridere.
«Se ti faccio una domanda prometti di non prenderla nel modo sbagliato?» domando ad un certo punto, giocherellando con una bustina di zucchero.
«Farò del mio meglio» annuisce lui, con un sorriso smagliante.
Resto in silenzio per qualche secondo. «Come mai sei venuto?»
Lui si stringe nelle spalle. «Per vedere se te la cavavi bene» dice solamente.
«Ma la scuola?» osservo, appoggiando il mento alla mano.
«Star via una settimana non mi farà male, sono già il migliore della mia classe» mi assicura, poi sembra stare per aggiungere qualcos'altro, quando il mio cellulare trilla, indicando l'arrivo di un nuovo messaggio. Io lo ignoro, aspettando che vada avanti, ma lui lancia un'occhiata perplessa alla mia borsa. «Non vuoi vedere chi è?» mi domanda.
Stringo le labbra. Ho un mezzo presentimento di sapere già di chi si tratta. «No, sono a posto così» lo assicuro. «Cos'è che stavi per dire?» lo incito poi.
«Nulla» ribatte lui, tranquillo. «Guarda chi è» mi ordina poi, sollevando la borsa da terra e posandomela sulle ginocchia.
Sospiro e ci frugo dentro fino a trovare il cellulare. Sul display appare a caratteri cubitali il nome di Fabio. Improvvisamente sento tutta l'allegria sparire, come se qualcuno avesse aperto il tappo di un lavandino, mentre una spiacevole sensazione si impadronisce del mio stomaco. Poi noto che sono arrivati altri due messaggi dei quali non mi sono accorta, tutti di Fabio. Beh, non era quello che volevo?
«Tutto okay?» chiede Daniel, perplesso.
Annuisco e apro il primo messaggio, arrivato alle sette e mezza di questa mattina.

Ci sei a scuola oggi? Ho bisogno di parlarti.

Sospiro, poi apro il secondo, delle nove e quaranta.

Ali mi ha detto che manchi da tre giorni... è per colpa mia? Perché se è per questo vorrei davvero parlarne... non è che puoi richiamarmi tipo all'intervallo?

Fisso i caratteri neri per qualche secondo, poi passo al terzo, quello che mi è appena arrivato.

Mi dispiace per quello che è successo giovedì, davvero... ma la nostra amicizia è ancora importante per me... rispondi ti prego.

Chiudo il messaggio e poso il cellulare sul tavolino di metallo, stringendomi nelle braccia e distogliendo lo sguardo.
«Era Fabio?» mi chiede Dan, comprensivo.
Annuisco. Gli ho raccontato tutto di Fabio ieri sera, prima che andassimo a dormire.
«Perché non gli rispondi?» chiede ancora lui, lanciando uno sguardo al mio telefono.
«Non ho soldi» invento, con voce apatica.
Dio, sono un'idiota. Chiarire con lui era tutto quello che volevo, perché diavolo lo evito? Non fa altro che farmi sentire peggio.
Daniel tira fuori il suo iPhone di ultimo modello – l'ho detto che la sua famiglia è ricca sfondata? – dalla tasca e lo spinge verso di me.
«Non mi va di discuterne via sms, e poi adesso ha lezione... è meglio se lo chiamo più tardi» ribatto, spingendo il telefono indietro.
Lui mi guarda sospettoso per qualche secondo, poi lo riprende e lo infila in tasca. Sappiamo bene entrambi che ci sono scarse probabilità che riuscirò davvero a telefonargli.
A rimettermi il buon umore sono le coppe colorate che la cameriera posa un minuto dopo difronte a noi. Dio, è la coppa gelato più grande e colorata che abbia mai visto, dubito che riuscirei a finirla tutta nemmeno se la dividessi con qualcuno. Vedo su Daniel la mia stessa espressione sbigottita.
«È enorme» balbetta, ad occhi sgranati.
Segue il silenzio per qualche secondo, poi scoppiamo entrambi a ridere come due scemi, tanto forte che metà della gente seduta attorno a noi si volta a guardarci incuriosita.
Cerco di soffocare le risate dietro la mano, mentre Daniel si sfila di nuovo gli occhiali da sole e prende il cucchiaino.
«Scommetto il mio braccialetto che riuscirò a mangiarne più di te» esclama, con un sorriso divertito.
«Non puoi scommettere su una cosa così ovvia, non è leale» ribatto, ridendo.
«Ci stai o no?» insiste lui, porgendomi la mano.
Senza smettere di ridere la stringo. «Ci sto.»
È tipico di me imbarcarmi in imprese suicide del genere... comunque, non ho nulla da perdere.


Ho perso, naturalmente, ma il braccialetto me l'ha voluto dare comunque.
«Ma hai vinto» ho protestato, mentre me lo allacciava al polso.
«Voglio che lo tenga tu» mi ha detto lui.
Io l'ho guardato per un po', senza sapere cosa dire. È piuttosto semplice, come braccialetto: nero, fatto di quattro cordini di cuoio intrecciati. Gliel'ha regalato suo nonno qualche giorno prima della sua morte, dopo essere stati allo zoo, e non se l'è mai tolto. Credo che sia una delle cose alle quali tiene di più al mondo.
«Non puoi darmelo» ho osservato, lanciandogli un'occhiata quasi preoccupata.
«Voglio che lo tenga tu» ha ripetuto lui, con un sorriso.
Ora sono in camera mia che strimpello la chitarra senza troppo entusiasmo, il computer acceso davanti a me, mentre Daniel legge sdraiato sul letto. So suonare la chitarra, anche se non benissimo, ma la mia vera vocazione è il piano. Suonerei tutto il giorno, se potessi, e sono davvero brava anche considerando che suono praticamente da tutta la vita. Adesso avrei voglia di suonare il piano, ma in soggiorno c'è la nonna che guarda non so che soap opera e non mi va di cacciarla. Ho ricevuto altri due messaggi da Fabio, praticamente uguali a quelli di prima, ma non l'ho ancora chiamato, sebbene Daniel continui a lanciarmi lunghe occhiate profonde ogni volta che trilla il cellulare.
Ad un certo punto, alzando lo sguardo sullo schermo, noto un'icona lampeggiante e, dopo essermi sistemata la chitarra in grembo in modo che non cada, la apro.

Alice scrive:
sei malata?

Alice non saluta mai né chiede come stai o cose del genere, va sempre dritta al punto, dice che il resto è una perdita di tempo. Sorrido appena, poi mi avvicino alla scrivania per digitare la risposta.

michelle,,  scrive:
fortunatamente no

Non devo aspettare molto perché risponda.

Alice scrive:
Allora che diavolo hai fatto?

michelle,,  scrive:
Dan è qui :D

Questa volta devo aspettare un po' di più.

Alice scrive:
quello francese?

michelle,,  scrive:
sì, è venuto a trovarmi (:

Lancio un'occhiata a Daniel concentrato sul suo libro: una sottile ruga gli attraversa la fronte e i capelli castani gli ricadono sugli occhi, mentre attraverso la maglietta si intravedono i muscoli delle braccia. Mi rendo conto di essermi incantata solo quando lui si volta e ricambia il mio sguardo, incuriosito. Arrossisco e mi volto di nuovo, notando che Alice mi ha risposto.

Alice scrive:
bello, così me lo presenti^^

Alice scrive:
comunque, hai parlato con Fabio?

Fisso i caratteri sullo schermo quasi senza vederli, un po' come mi capita con i messaggi che continuo a ricevere. Cerco di prendere tempo.

michelle,,  scrive:
tu cosa sai?

Alice scrive:
quello che mi hai detto tu giovedì più il fatto che ti sta cercando e vuole parlarti in seguito a fatti, dei quali naturalmente non so nulla, accaduti quello stesso giovedì.

michelle,,  scrive:
sì, ma dopo essere stata da te

Digito, dopo un po' di esitazione.

Alice scrive:
stai aggirando l'argomento

Stringo le labbra, poi faccio per scrivere una risposta quando mia nonna entra in camera con una trousse, il paio di scarpe che mi ha regalato lo scorso Natale e spazzole e fermagli per capelli. Sinceramente non so bene come faccia a tenere tutto.
«Smammare, giovanotto... qui dobbiamo farci belle» ordina a Daniel, disponendo tutto in ordine sulla scrivania.
Lo guardo supplicante, ma lui risponde sillabando un “mi dispiace” senza emettere suono e lascia la stanza con il suo fedele libro. Io torno a voltarmi verso lo schermo.

michelle,,  scrive:
senti ora devo andare, ne parliamo domani, ti mando un messaggio... bye

Esco prima che possa aggiungere qualcosa e mi volto verso mia nonna.
«Credevo che il ricevimento fosse alle otto» osservo, controllando l'orologio. Sono le sei meno cinque.
«Appunto, siamo già in ritardo» commenta la nonna, aprendo l'armadio e prendendo il vestito di ieri. «Hai i capelli puliti?» mi domanda, mentre lo posa con cura sul letto.
Quasi automaticamente mi annuso una ciocca. Sa ancora di vaniglia e albicocca. «Li ho lavati ieri» rispondo, osservando leggermente intimorita l'occorrente per la ceretta che la nonna sta tirando fuori dalla trousse.
«Perfetto, allora va' a farti una doccia veloce, senza bagnare i capelli, che poi cominciamo.»
Non so perché, ma sento che non potrà essere nulla di buono.


Alle otto meno dieci, dopo due lunghe ore di ceretta, capelli, trucco, manicure e chi più ne ha più ne metta, esco dalla mia camera, leggermente traballante sui tacchi che la nonna mi ha fatto mettere. Mi scosto una ciocca di capelli dal viso e alzo lo sguardo, trovando Daniel davanti a me. Anche lui si è “agghindato”: indossa un completo nero con sotto una camicia bianca, niente cravatta però. Si gira a guardarmi e, per un attimo, sembra quasi che non mi riconosca... beh, in effetti non sono esattamente come al solito: i capelli mi cadono sciolti e innaturalmente lisci sulla schiena, fermati in parte da un fermaglio argentato, mentre il vestito nero mi fascia il seno e scopre le gambe. In più sono truccata, cosa che non accade spesso, in modo piuttosto evidente: matita, mascara e eyeliner neri in contrasto con l'ombretto grigio-argento e il rossetto, per non parlare di tutto il fondotinta che la nonna mi ha messo in viso. Però mi piaccio abbastanza, e a quanto pare anche Dan mi trova carina... o almeno credo. Beh, quello che so è che non riesce a staccarmi gli occhi di dosso.
«Michelle, chéri, sei uno splendore!» esclama mia madre, raggiungendoci in corridoio.
Sorrido e le do un bacio sulla guancia. «Mercì maman.»
«Ora andiamo, non voglio fare tardi» esclama all'improvviso la nonna, controllando l'ora. «Chiamami se hai bisogno di qualcosa... e, oh, non serve che ci aspetti alzata se non te la senti, Cleo» aggiunge, posando una mano sulla spalla della mamma con aria apprensiva.
«Starò benissimo, grazie mamma» ribatte lei, secca, per poi lanciarmi un'occhiata veloce e fulminarla con lo sguardo.
Forse in un altro momento ci avrei fatto più caso, ma adesso mi sento troppo nervosa e allo stesso tempo stranamente eccitata per farci caso. Daniel fa per dirmi qualcosa, ma la nonna si intrufola tra noi due e ci prende entrambi a braccetto.
«Allora ciao tesoro» esclama, mandando un bacio in direzione della mamma.
Lei mi sorride, esasperata, e io ricambio divertita. Quando usciamo di casa sono così concentrata a camminare senza inciampare che quasi non noto la limousine bianca che ci attende davanti al portone.
«Oh mio Dio» squittisco, sgranando gli occhi. «È per noi?» domando poi, scioccata, quando un uomo vestito di scuro apre la portiera alla nonna.
«Un pensierino da parte dei miei genitori» sospira Daniel, leggermente a disagio.
Non gli piace molto esibire la sua ricchezza, specie con me. Insomma, lui può avere tutto, mentre – specie quando abitavamo a Parigi – i miei genitori non sono mai stati troppo agiati. Ultimamente le cose sono cambiate però, mamma sta avendo molto successo con la sua arte e non ci preoccupiamo più tanto di bollette e conti da pagare.
Entro nell'auto con gli occhi che luccicano dallo stupore e mi accomodo sui sedili in pelle, guardandomi attorno estasiata. Mi sembra di essere una diva, sul serio. Daniel entra e prende posto accanto a me, divertito dalla mia espressione.
«Prima volta?» scherza, fingendosi stupito.
Gli tiro una gomitata, imbarazzata. «Piantala, lo sai che è così.»
«Sei emozionata, tesoro?» chiede la nonna, sorridendo compiaciuta.
Mi stringo nelle spalle. «È tutto così scintillante e nuovo... è bello, ma non ho ancora capito se fa esattamente per me» ammetto, con un sorriso timido.
«Strano, sembri fatta apposta per tutto questo» sospira la nonna.
Ha sempre cercato di trascinarmi in questi eventi, dato che non ci è mai riuscita con la mamma, e quest'ultima l'ha impedito dichiarando che non voleva infilarmi in un vestito da quindicimila euro e delle scarpe anche più costose finché non avrei compiuto quindici anni, e ci siamo trasferite qui prima che succedesse. Non l'ho mai rimpianto, Daniel mi ha sempre detto che se sei piccolo non devi far altri che sorridere ed essere carino senza lamentarti mentre i tuoi genitori parlano di cose incomprensibili con altri adulti.
Un cellulare inizia a trillare e io mi guardo attorno, consapevole che non si tratta del mio. La nonna tira fuori dalla sua pochette un telefono minuscolo e se lo porta all'orecchio. Chiunque sia, è di Parigi, e la nonna comincia un'animata discussione sui nuovi vicini che a quanto pare hanno avuto il coraggio di fare non-so-cosa nel loro giardino. Mi volto a guardare fuori dal finestrino, quando sento la mano di Dan posarsi sulla mia spalla. Quando mi volto il mio naso per poco non sfiora il suo.
«Te l'ho detto che sei uno schianto, questa sera?» sussurra, con un sorriso mozzafiato.
Arrossisco, senza saperne davvero il motivo, per poi abbassare lo sguardo. Resto qualche secondo in silenzio, chiedendomi come mai le sue parole mi abbiano fatto questo effetto, poi torno a guardarlo negli occhi e sorrido. «Anche tu» dico soltanto, divertita.
Lui ricambia e, dopo qualche secondo di esitazione, si allontana e si volta verso l'altro finestrino. Mi mordo il labbro, domandandomi il perché della punta di delusione che provo non appena non vedo più i suoi occhi che guardano i miei.


Quando arriviamo mi aspetto quasi un tappeto rosso e una valanga di fotografi e flash, ma c'è solo il tappeto rosso. L'autista mi porge la mano per aiutarmi a scendere dall'auto e io mi guardo attorno. Sono passata davanti a quest'hotel milioni di volte ma non mi sono mai nemmeno sognata di entrarci. È il più lussuoso della città, tanto lussuoso che non riesco nemmeno ad immaginare come mai chi mai possa essere tanto ricco da poterselo permettere voglia passare del tempo qui a Merano. Daniel esce dall'auto e mi prende a braccetto, io gli sorrido.
«Pronta?» mi sussurra, con aria vagamente ironica.
Sospiro. «Quando mai lo sarò?»
Mi tremano le gambe e mi tengo stretta al braccio di Daniel per essere sicura di non cadere. Queste scarpe mi stanno uccidendo, come diavolo farò a portarle per tutta la sera? Per non parlare del trucco. Dio, sono un caso disperato... cosa succede se faccio fare qualche brutta figura alla nonna? Per quello che so sarebbe capace di diseredarmi.
«Che aspettate ragazzi? Muovetevi, siamo già in ritardo.»
Sinceramente non capisco come facciamo ad essere in ritardo, considerando che è pieno di persone qui fuori che, se la cena fosse già cominciata, sarebbero certamente dentro. Stranamente sembra che siano particolarmente interessate a me.
«Perché mi guardano tutti?» domando a Daniel, leggermente preoccupata. Di sicuro sto sbagliando qualcosa.
«Tranquilla, è semplicemente perché nessuno sa chi sei» mi rassicura lui, ridacchiando appena.
«E perché non fissano anche te?» ribatto, sempre nervosa.
«Perché partecipo ad eventi come questi in Italia e in Francia da quando ero un bambino... i ricchi sono sempre gli stessi» spiega, con naturalezza.
«Oh» dico soltanto, sentendomi appena più sollevata.
«Ecco che ne arriva uno» mi bisbiglia lui.
Alzo lo sguardo e vedo un uomo stempiato sulla sessantina avvicinarsi e salutare calorosamente la nonna.
«Marie! Come stai?» esclama in francese, baciandole la mano.
«Jean» risponde lei, con un sorriso. «Io sto benissimo, e tu?»
Guardo l'uomo per qualche secondo, cercando di ricordare dove l'abbia già visto, poi mi ricordo le fotografie a casa della nonna che la ritraevano assieme a lui. Era l'uomo con il quale era scappata, lasciando il nonno da solo assieme a mamma e zio Michele.
«Ah, non mi lamento» sospira lui.
«Piuttosto, tu devi essere il figlio di Dumas» osserva, voltandosi verso Daniel.
«Sissignore» annuisce lui, stringendogli la mano.
«E questa graziosa fanciulla è la tua ragazza?» chiede poi, sorridendomi.
«Nossignore, è solamente un amica» risponde Dan, lanciandomi un'occhiata affettuosa.
«Michelle è mia nipote» aggiunge la nonna, posandomi una mano sulla spalla. «La figlia di Cleo» aggiunge.
«È un vero piacere conoscerti, tua zia mi ha parlato molto di te» esclama lui, con un sorriso.
Trattengo una risata e mi mordo il labbro. «Piacere mio» rispondo.
Dio, sembra passato un secolo dall'ultima volta che ho tenuto una vera conversazione in francese. Daniel mi lancia un'occhiata rassicurante e io, sempre stretta al suo braccio, lo seguo verso una coppia sui quaranta.
Passiamo almeno mezz'ora in saluti, poi finalmente raggiungiamo il salone del ricevimento. La parte della cena e – lo scopro solo adesso – dove si tiene l'asta di beneficenza è al chiuso, mentre a quanto pare una volta finito di cenare gli ospiti sono invitati nel patio ad ascoltare le note di Janet Picard, una giovane cantante parigina emergente, richiesta soprattutto a ricevimenti come questo. La cena prosegue tranquilla e, a dire la verità, un po' lentamente. Insomma, la sala è magnifica e il cibo delizioso, ma se non fosse per gli aneddoti spiritosi di Daniel su praticamente metà dei presenti probabilmente sarebbe stata una noia mortale. Abbiamo ricevuto qualche occhiata di disapprovazione dalla nonna, soprattutto quando Dan mi ha rivelato sottovoce di quando il parrucchino Monsieur Lefevre è rimasto impigliato nel braccialetto della moglie mentre stavo bevendo e ho rischiato di soffocarmi. In realtà non se n'è accorto quasi nessuno, ma lei ci ha letteralmente fulminato con lo sguardo.
Un'ora e mezza dopo, mentre la nonna spettegola con chissà quale amica, sono in piedi accanto a Dan nel patio, a qualche centimetro dal roseto, e mi guardo attorno cercando di non sembrare troppo annoiata. È magnifico come hanno sistemato, è pieno di rose bianche e rosse e di lucine argentate, per non parlare della fontana e della musica meravigliosa. Mi sento come in una favola, manca solo il principe azzurro. Istintivamente alzo lo sguardo verso Daniel e lui mi sorride con dolcezza.
«Dan! Oh mio Dio, Daniel!» esclama ad un certo punto una ragazza, raggiungendoci quasi di corsa.
«Sophie!» risponde lui, illuminandosi.
Lei si sporge per dargli un bacio sulla guancia. È abbastanza alta, non come Dan ma di sicuro più di me, i capelli le ricadono morbidi sulla schiena mossi da splendidi boccoli naturali e sulle guance si nota qualche lentiggine. Ha un bel viso e un bel corpo, fasciato da un abito di un rosso intenso. È bella, e sembra pure simpatica. Chissà perché questo non fa altro che deprimermi.
«Lei è Michelle... te ne ho parlato, ricordi?» aggiunge, posandomi una mano sulla schiena.
«Piacere di conoscerti» fa lei, frettolosa, per poi tornare a guardare Daniel. «Cavoli, che sorpresa! Cosa ci fai in Italia?»
«Faccio visita ad una vecchia amica, tu piuttosto?»
«Oh, siamo solo di passaggio... Claire deve incontrare uno stilista per il suo abito da sposa... oh, ci sono anche i tuoi genitori? Scommetto che Lorelie sarebbe entusiasta all'idea di incontrare tua madre.»
Mordicchiandomi il labbro mormoro una scusa – che probabilmente Sophie sente appena – e mi allontano, diretta verso il divano di vimini a lato della pista da ballo. Una volta seduta accavallo le gambe e sospiro, guardandomi attorno e cercando di non sembrare troppo depressa. Sinceramente non lo so nemmeno io il perché... anzi sì, lo so. Credo che le bionde di tutto il mondo stiano complottando per togliermi entrambi i miei migliori amici.
Come mi rendo conto di averlo pensato sento una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. Com'è che improvvisamente mi importa tanto?
«Ehi, sei sgusciata via» mi fa notare Daniel sbucando all'improvviso da chissà dove.
Gli sorrido, lasciando perdere tutto il casino che si è formato nella mia testa. «Mi facevano male i piedi» mi giustifico.
In realtà non è l'unica ragione... sì, insomma, lui sembra così a suo agio in tutto questo, e per un momento, mentre stava chiacchierando con quella Sophie, mi sono sentita fuori posto. Insomma, lui e quella ragazza sembrano aver condiviso molto di più di quello che abbiamo condiviso noi due, per quanto possa sembrare impossibile. Dio, e menomale che avevo deciso di lasciar perdere i casini.
Lui si siede vicino a me e io abbasso lo sguardo, imbarazzata. «È tanto che la conosci?» gli chiedo, prima di riuscire a trattenermi.
«Chi, Sophie? No, non tanto...» risponde, con noncuranza.
«Oh» riesco a dire soltanto.
Perché ho la sensazione che mi stia nascondendo qualcosa, riguardo a lei? Si volta a guardarmi e mi sorride. «Siamo soltanto amici» aggiunge.
Ricambio il suo sorriso, per poi rendermi conto della situazione e avvampare. «Non che mi importi eh, era solo per sapere» mi affretto a dire.
Daniel scoppia a ridere e io arrossisco ancora di più. Sono senza speranza.
«Credi che i tuoi piedi possano sopportare una passeggiata?» propone lui, dopo qualche secondo di silenzio.
Annuisco, sempre leggermente imbarazzata, per poi seguirlo lungo il sentiero coperto di ciottoli che porta verso l'interno del parco. Questo posto è meraviglioso, ho l'impressione di poter incrociare una fatina o un folletto da un momento all'altro. Man mano che ci allontaniamo dalla festa la luce affievolisce e probabilmente in circostanze normali sarei intimorita, ma con Dan accanto non riesco a sentirmi che in pace con me stessa. Più volte sono tentata dal prendergli la mano, ma non ci riesco. È strano, ci siamo tenuti così tante volte per mano, eppure adesso è diverso. Non saprei nemmeno io spiegare il perché. Nessuno dei due dice nulla. Non serve, o almeno, io sto benissimo anche in silenzio, sempre che silenzio si possa chiamare: nonostante sembri essere in tutt'altro luogo, si sentono ancora piuttosto distintamente la musica e le chiacchiere degli invitati.
Raggiungiamo una specie di piccolo spiazzo circondato da cespugli di rose bianche. Dan si ferma e si allontana verso di essi. Io alzo lo sguardo verso la luna che splende in cielo. Sembra quasi osservarci e sorridere. Mi mordicchio il labbro, rendendomi conto di quanto suoni sciocco questo pensiero, e raggiungo Daniel, che sta contemplando i fiori ricoperti di goccioline d'acqua. Dio, sembra davvero di essere in uno di quei film iper-sdolcinati.
«Cosa sta succedendo?» domando, in un sussurro.
Lui non risponde, mi prende le mani, questa volta senza sorridere. Il suo sguardo si ferma sul mio polso sinistro e lascia la mia mano destra per poter sfiorare il braccialetto che mi ha regalato questo pomeriggio.
«Lo hai messo?» chiede. Sembra sorpreso.
«Me lo hai regalato» osservo, disorientata.
«Sì, ma non mi aspettavo lo indossassi questa sera» mi fa notare lui. «Vestita così ti starebbe meglio qualcosa di argento e coperto di diamanti» sorride appena. Sembra imbarazzato.
«Questo mi piace di più» ribatto, cercando il suo sguardo.
Fa per dire qualcosa, ma dal ricevimento – da qualche parte alla nostra sinistra –, sento le note di Faithfully, dei Journey. Mi si illuminano gli occhi.
«Adoro questa canzone» sussurro, stringendogli la mano. «Balliamo?» propongo, subito dopo, guardandolo implorante. «Ti prego ti prego ti prego» aggiungo, cercando di fare lo sguardo da cucciolo al quale non riesce a resistere.
Ride e mi conduce fino al centro dello spiazzo, per poi posare entrambe le mani sulla mia vita, mentre io sistemo le mie sulle sue spalle. È strano, e allo stesso tempo meraviglioso. Non avrei mai potuto pensare di sentirmi così, e mai e poi mai con il mio migliore amico.
«Ti ricordi oggi, al bar, quando ti ho chiesto come mai eri venuto?» domando ad un certo punto, senza quasi rendermene conto.
«Sì» risponde lui, annuendo.
«C'è qualcosa che non mi hai detto, vero?» chiedo, guardandolo negli occhi.
Daniel resta in silenzio per un tempo che pare interminabile, poi abbozza un sorriso. «Sto prendendo in considerazione l'idea di fare un anno o due in Italia» ammette infine. «Insomma, parlo la lingua ma vorrei approfondirla per quanto riguarda la grammatica... e poi...» si interrompe improvvisamente, distogliendo lo sguardo.
Stringo impercettibilmente la presa sulle sue spalle. «...e poi?» lo incito, cercando di trattenere il fremito nella mia voce.
«Vorrei passare un po' di tempo con te, Michelle... mi manchi, ogni giorno di più» sussurra, dopo una pausa che sembra interminabile.
Questa volta sono io ad abbassare lo sguardo. «Anche tu mi manchi» ammetto, in un fil di voce.
Quando mi costringo ad alzare di nuovo il volto, lui è a pochi centimetri da me, immobile. Non sorride, mi guarda serio e leggermente esitante, e nei suoi occhi leggo che se farò quello che sto per fare, nulla sarà più come prima. In un certo senso, è proprio questo quello che mi spinge ad annullare la distanza tra di noi: sono stanca del prima, sono stanca della solita e noiosa Michelle che è cotta del suo migliore amico e che è stata troppo occupata a fantasticare per vivere davvero la sua vita. Voglio viverla, la mia vita. Qui, con Daniel, adesso.
Sento il calore delle sue labbra ancora prima di sfiorarle e resto immobile per un attimo, come per assicurarmi che lui non si tiri indietro. Non lo fa, e cancello anche quegli ultimi millimetri che ci separavano. Sento il suo sapore invadermi, tanto familiare quanto estraneo, e le sue braccia attirarmi verso di sé, facendo aderire i nostri corpi. Immergo una mano tra i suoi capelli, tenendomi aggrappata alle sue spalle, mentre lui dischiude con dolcezza le mie labbra e lascia le nostre lingue sfiorarsi. Non ho mai, mai provato nulla di simile in tutta la mia vita. Mai. Il bacio con Fabio è stato diverso, non dico peggiore, ma diverso. Strano e allo stesso tempo eccitante come anche questo, ma se nel primo a baciarsi erano due ragazzini incerti sui loro sentimenti, adesso per la prima volta mi sento una donna. Lo so, sembra una di quelle frasi da quattro soldi che ti rifilano nelle commedie rosa, ma è davvero così che mi sento. Matura, responsabile, razionale... e per quanto sappia che ero già tutte queste cose prima che Daniel mi baciasse, mi sembra di rendermene conto per la prima volta.
Ci separiamo, per poi baciarci un'altra volta, con più trasporto, e un'altra volta ancora. La sue labbra abbandonano le mie per sfiorarmi la guancia, il mento e il collo. Posa un ultimo bacio sulla mia spalla e io poso la fronte sulla sua spalla, lasciandomi cullare dal suo abbraccio. Mi sento protetta, a mio agio, come non mi sono mai sentita.
«I'm forever yours» canta, in un sussurro, la bocca da qualche parte vicino al mio orecchio. «...Faithfully.»






















*** Spazio Autrici ***

Ehiii^^
Capitolo lunghetto eh.. xD e pensare che all'inizio volevo farlo andare ancora avanti, poi però grazie anche a Lalla mi sono resa conto di quanto questo finale fosse perfetto così e quanto effettivamente fosse già lungo il capitolo e ho tagliato qui ;D

Comunque, sono molto curiosa di sapere cose ne pensate di Dan e Michelle, sapendo che non ho assolutamente idea di quale paring scegliere per il gran finale. (io comunque rimango nello schieramento "Daniel sei tutti noi!" u.ù NdLalla)

Comunque, spero di non essere stata troppo sdolcinata, o almeno, di non esserlo stata in un modo troppo noioso. (secondo me è perfetto ** NdLaLLa)

Bene, che altro c'è da dire? Uh, beh, vi avverto subito che il mio prossimo capitolo sarà abbastanza pesante per quanto riguarda gli avvenimenti, perciò state preparati... comunque non vi anticipo nulla, sennò rovinerei tutto xP

Lalla e io siamo alla stesura rispettivamente dei capitoli 13 e 14, che riserveranno una sorpresa (: (beh, ad essere sincera più di una, ma una in particolare xD) Considerando che siamo arrivate a 90 pagine su Openoffice (eh sì, anche i prossimi capitoli sono lunghetti), e siamo praticamente a metà, probabilmente la storia sarà (mooolto, aggiungerei :D NdLaLLa) più lunga di DS (con la quale avevamo comunque battuto il nostro record con ben 107 pagine) (e io ne sono assolutamente felice ed orgogliosa *w* NdLaLLa)

Non ci sono nuovi personaggi (giusto?) (giusto xD NdLaLLa), perciò passo direttamente a rispondere alle recensioni, ringraziando ovviamente tutti quelli che seguono, "preferiscono", "ricordano" e anche semplicemente leggono. Grazie a voi la storia è arrivata a 430 visite (mentre vedo adesso che DS è arrivata a 2000 *-* yay you!) 


LaIKa_XD  Bwahah, hai ragione, avrebbe dovuto chiedere di più xDxD comunque mi sembra strano che Gianluca non ti convinca, sinceramente a me sembra un gran bel fi... ehm, bravo ragazzo XD. Comunque, lascio a Lalla i dettagli ^^  (Prima di tutto buonaseeeeera ^^ Sono felice che tu abbia recensito, ed è anche la prima volta, quindi ti do un caloroso benvenuto ** Comunque concordo con te: Ema poteva benissimo aumentare il prezzo u.ù Però è un inizio ;) E riguardo a Gianluca, sì, la penso allo stesso modo di Lindù. A me convince un sacco *sbavv* Ahahah! NdLaLLa) Grazie mille per la recensione, speriamo di vederne presto altre^^ un baciooo =*

vero15star  Lo sooo, Gianluca ispira eccome ** e anche Nicola non è niente male... e hai ragione, questo cambia le carte in tavola, ohsì se le cambia (mi sento potente a sapere quello che succede dopo.. bwahah xD). Comunque, lascio a Lalla la risposta ufficiale (così sembro una vip xDD Comunque tesoro, quanto hai ragioneeeeee *___* Cioè, io la penso esattamente come te riguardo al modo spontaneo di Gianluca, al destino e a tutto il resto. Fiii, sembrava di parlare con uno specchio talmente mi assomigli *ò* E anche riguardo a Nicola: io sinceramente lo adoro perché ha appunto questa doppia faccia: da un lato c'è il figone "senza-cuore" e dall'altro il ragazzo dolce ** Quale "lato" vincerà? xD Lo scoprirete solo vivendoo ♪ Eeehm, leggendo xD NdLaLLa) Da parte di entrambe ti rigrazio immensamente per i commenti, sono commossa *^* Insomma, già scrivere questa fic è divertente, inoltre sapere che piace e che ci sono persone che riescano a ritrovarsi nei personaggi e nella storia e che hanno fiducia in noi per quello che accadrà è... non so spiegarlo, si capisce solo provandolo. Mille grazie per le tue parole, per credere in noi e per supportarci sempre... we love you honey *-* ( (per finire la frase iniziata prima da Lindùù)...è fantastico, te lo assicuro. Grazie un miliardo di volte per tutto il tuo supporto, giuro che hai saputo toccarmi dal profondo del mio cuore ** NdLalla) un bacio enorme <3

nana_86  ciaooo! ^^ aah, ho una voglia di spoilerare che non ti immagini, ma non lo farò u.u aspettati di tutto, comunque ;D  Lalla, prego (ma stellaaa! Quanto sei gentile per il cento e lode alla coppia Nik&Mad ^-^ Per la domanda "succederà qualcosa tra Gianluca e Mad?", ripeto la frase che ho scritto prima a Vero: Lo scoprirete solo leggendoo ♪  ...lo so, sono crudele, ma non voglio dirtelo, sennò poi che gusto c'è a leggere? u.u Non voglio perdere fan! :D NdLaLLa) Grazie mille per il supporto e per le recensioni continue. Loveyouuuu **

chiara84  Lo so, tutti adorano Michele, è semplicemente fantastico ** e il merito è di Lalla ;D *applaude. Sì, Emanuele è un genio... speriamo di sentir parlare di più di lui nei prossimi capitoli (: Lascio a Lalla il resto (ma che genio e genio? u.u Ho solo immaginato il "padre perfetto", sì insomma, quello che vorrei tanto avere :D Non è poi così difficile, te l'assicuro! xD Comunque Chiara, riguardo alle tue sensazioni posso dire che sono giuste ^^ Bastaaa, non dico altro sennò ti racconto tutta la fine xD NdLaLLa). Grazie mille per aver recensito, speriamo davvero che continuerai a farlo^^ un bacio grandee (:

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Capitolo 11
*** I'm not alright. ***










capitolo 11

11. I'm not alright




Sabato 20 aprile

Madelyn's Pov.

«Non si preoccupi, signorina» afferma con sicurezza l'infermiera davanti a me, mentre io sono seduta sul lettino in ospedale. «Non è niente di grave.»
Le mostro un sorriso, sollevata. «Bene.»
«Però devo fasciarle il piede sinistro, ha preso una storta molto forte. Eviti di fare movimento per qualche giorno, va bene?»
Oh no, tra poche ore ho la partita.
«Ehm.. okay» borbotto, urlando nella mia testa ottomila parolacce diverse.
«E per il fianco è abbastanza questa crema. La spalmi con delicatezza due volte al giorno.»
«Okay» ripeto per la seconda volta, con un forte sospiro.
Porco cazzo.
Un quarto d'ora dopo esco dalla stanza, con le scatole girate a mille.
Gianluca è seduto sulle sedie a pochi metri di distanza da me con il capo abbassato e si sta tormentando le dita delle mani ansiosamente.
Quasi sembra preoccupato per me.
Appena vede la mia fasciatura, scatta in piedi spalancando la bocca.
«E' grave?! Non riesci a camminare?» esclama, catapultandosi verso di me.
Scuoto leggermente la testa. «No, però non posso muovermi troppo per un paio di giorni.»
Lui tira un sospiro di sollievo. «Per fortuna.»
«No, oggi ho una partita importante.»
«Non avrai mica intenzione di andarci lo stesso?!» sbotta, allargando gli occhi.
Distolgo lo sguardo e faccio finta di osservare un bambino che fa i capricci in braccio a sua madre. «E' importante» sussurro poi.
«Sì ma non puoi farlo! Peggioreresti solo la situazione!» obietta lui, alzando la voce.
«Sssh» faccio io, tappandogli la bocca. «Non urlare.»
«Va bene» borbotta, appena stacco la mano. «Però non ci andrai, non è vero?»
Alzo le spalle, cercando di prendere tempo. «Non lo so.»
«Ma Madelyn...»
«Ascoltami» sbotto, con irritazione. «Tu non hai idea di che partita si tratti. E' la semifinale, e l'allenatore conta su di me, non posso mancare proprio oggi. Ci giochiamo il campionato, cazzo! Ti rendi conto che se passiamo questo campionato, d'estate andiamo una settimana in trasferta in Austria a fare un torneo con delle altre squadre?»
Gianluca spalanca la bocca e resta immobile per alcuni secondi, visibilmente scioccato.
«E io ho un ruolo importante, insomma, faccio l'alzatrice. Alzo la palla per fare in modo che le mie compagne riescano a schiacciare e fare punto. Hai presente cosa vuol dire?! Se manco io chi è che alza la palla alla Bea e alla Giulia?!»
Okay, sto delirando.
«Oddio, sto per avere una crisi isterica» mormoro dopo pochi istanti, cercando di respirare regolarmente, ma non ci riesco. Maledizione.
«Hey, stai tranquilla» dice lui, facendomi una delicata carezza sulla guancia.
Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi neri. Una strana sensazione mi invade, come un'ondata di aria fresca in una calda giornata d'estate.
«No è che...» balbetto, spostandomi una ciocca di capelli dal viso. «Non posso mancare...»
«Lo so, ho capito» afferma lui, in un sussurro, poi mi sorride. «Però adesso calmati, va bene?»
Annuisco, senza staccare gli occhi dai suoi.
Mad, cosa diavolo stai facendo?! Staccati immediatamente, è un ordine. Ma il mio corpo si rifiuta di obbedirmi. Dannazione!
«Quando inizia la partita?»
«Oh Dio!» grido, guardando l'orologio. «Tra un'ora! E adesso dovrei essere dal mio migliore amico, cazzo!»
«Beh, chiamalo e digli che hai avuto un contrattempo.»
«Giusto» e detto questo, tiro fuori il cellulare dalla tasca destra dei jeans e compongo velocemente il numero di Raffaele. «Raff!» esclamo, appena sento la sua voce dall'altra parte della cornetta.
«Dove sei finita?» chiede lui, e dal suo tono di voce direi che è abbastanza preoccupato.
«Sono...» inizio, poi appena realizzo dove sono veramente, scuoto la testa. Non posso certo dirglielo. «...a casa.»
«E perché?»
«Ehm, scusami, è che non riesco a venire. Sto studiando storia e sono stra indietro» improvviso poi, respirando affannosamente.
Certo che come attrice faccio proprio pena.
«Ah, okay. Nessun problema» risponde lui, calmandosi un poco. «Ma tu sei sicura di stare bene? Ti sento agitata.»
«Sì, tutto a posto» dico, vedendo con la coda dell'occhio che Gianluca ha appena alzato gli occhi al cielo. «Solo che sì, sono un po' agitata. Domani mi interroga.»
«Domani? Mad, è domenica domani!»
Mi colpisco la fronte con il palmo della mano. «Volevo dire lunedì» mi correggo poi.
«Mmmh» fa Raffaele, incerto.
«Tranquillo, non c'è nessun problema, davvero» insisto io.
«Okay. Comunque dopo forse riesco a venirti a vedere alla partita.»
«Oh, che bello!» faccio finta di essere felice. Anche se non so il mio risultato quanto sia credibile.
«Va bene, Mad, è meglio che ti lasci ai tuoi libri. E mi raccomando, non preoccuparti per la partita di dopo. Sei bravissima, ce la fai!»
Abbozzo un sorriso. «Grazie Raff, ti voglio bene» dico, quasi commossa, per poi interrompere la chiamata.
«Vedo che sei ben cocciuta» afferma Gianluca, incrociando le braccia.
«Non mi conosci ancora, tu» ribatto io, alzando un po' il mento.
Lui si limita a farmi un gran sorriso.
«Okay, mi potresti accompagnare a casa ora?»
«Certo, tanto non ho niente da fare oggi» risponde lui, sarcastico.
Assumo un'espressione sbigottita sul viso, poi cerco di controllarmi e affermo freddamente: «Va bene. Ciao allora. E grazie per avermi rovinato la mia carriera sportiva.»
«Stavo scherzando, Mad» si affretta ad aggiungere lui. «Dove ti devo portare?»
Tiro un sospiro di sollievo. Per fortuna non è così crudele da abbandonarmi qui.
«Beh, iniziamo a salire in macchina prima» rispondo poi, con un lieve sorriso.
«Sbaglio o mi hai appena sorriso?!»
Allargo un poco gli occhi. «Ti ho già sorriso, carino
«A me non sembra proprio.»
«Oh sì invece!» ribatto io.
«E va bene, però questa volta hai sorriso di più.»
«Capita» borbotto, vaga.
«Per fortuna, perché sei molto bella quando sorridi così.»
EH?!


Okay, niente panico, avrò sentito male. Sì, è andata sicuramente così. Forse ha detto una cosa come “Per fortuna, perché sembri mia sorella quando sorridi così” ed io ho frainteso. Ma certo, avrà detto sicuramente che sembro sua sorella. Insomma, a dire la verità io assomiglio a molte persone quando sorrido. E perché non potrei assomigliare a sua sorella? Ci saranno tipo novanta possibilità su cento che io assomigli a sua sorella... beh, forse un po' di meno.
«Per caso, tu hai una sorella?» butto lì con noncuranza, mentre siamo in macchina.
«Sì, più grande» risponde lui, perplesso. «Perché?»
Visto?! Lo sapevo, me lo sentivo. E probabilmente sarà una bellissima ragazza con le gambe lunghe, i capelli biondi e gli occhi blu come diamanti.
«Così» dico, alzando le spalle. «Ed è bionda?»
A questo punto Gianluca alza le sopracciglia, visibilmente sconcertato. «Sì, è bionda. Ma come mai mi stai tartassando di domande su mia sorella che, a quanto ne so, tu non hai mai visto?»
Oddio, mi sento una specie di veggente.
«Perché penso di conoscerla» abbozzo, sorridendo tra me e me.
Stai a vedere che adesso indovino pure il nome.
Nella mia mente me la immagino un'altra volta, adesso però cerco di vederla più chiaramente e nei dettagli. Sta indossando una maglietta a mezze maniche rosa e dei pantaloni neri. E' seduta al centro di un parco pieno di fiori e sta leggendo. La sua faccia mi ricorda una Serena... no, assomiglia di più a una Clara. Sì, si chiama decisamente Clara.
«Madelyn?»
Apro gli occhi di scatto e trasalisco un poco: Gianluca mi sta fissando con disorientamento. «E tu come faresti a conoscerla?»
«Non lo so, potrebbe essere un'amica di una mia amica, o di mia madre, o di qualcun altro» rispondo, gesticolando freneticamente. «Si chiama Clara, vero?»
«No, Simona.»
Beh, ha la stessa iniziale di Serena, che è stato il primo nome che mi è venuto in mente. Sono convinta che, dopo aver fatto un po' di esercizio, riuscirò a prevedere il futuro, a leggere nel pensiero e a conoscere il passato delle persone che mi guarderanno per almeno cinque secondi dritto negli occhi.
«Madelyn?»
«Sì?» faccio, facendogli un sorriso angelico.
«Stai continuando a isolarti, non mi ascolti nemmeno.»
«Scusa, stavo pensando...»
«Comunque siamo quasi arrivati.»
«Oh, bene» esclamo, guardando fuori dal finestrino. Effettivamente manca solo una via.
«Cos'hai deciso di fare alla fine?» domanda Gianluca dopo alcuni secondi, facendosi serio.
«Beh, ci vado lo stesso» rispondo io.
«Sei completamente impazzita, lo sai?»
«Ma dai, non è poi così grave secondo me.»
«Stai scherzando? Fai fatica a camminare, come diavolo pensi di riuscire a saltare?!»
Faccio spalline. «Mi passerà, dopo.»
«No, non ti passerà» insiste lui, con determinazione.
«Vorrà dire che cadrò sul campo stecchita, va bene?» ribatto, stringendo le palpebre.
«Non va bene, Mad, lo sai benissimo che non va affatto bene.»
A questo punto mi volto verso di lui e lo fulmino con lo sguardo. «Senti, tu non sai niente di me e della mia fottutissima vita. Non hai il diritto di parlare!» lo accuso poi, alzando sempre di più la voce. «E vorrei ricordarti che è solo colpa tua se io sto così!»
«Sì, hai ragione, scusa» aggiunge, facendosi improvvisamente piccolo piccolo.
«Scusami tu» dico io dopo pochi secondi, rendendomi conto di quanto sono stata maleducata nei suoi confronti. «Non avrei dovuto accusarti in quel modo...»
«Tranquilla, me lo merito.»
«No, mi hai solo consigliato di non andare per il mio bene, e sei stato gentile.»
«Non mi riferivo a quello» obietta, guardandomi per un secondo negli occhi. «E' colpa mia se hai una caviglia slogata e una botta al fianco. Ed è anche colpa mia se non sei riuscita a vedere il tuo amico.»
Faccio un timido sorriso, sperando di rassicurarlo. «E' stato un incidente.»
«Sì, ma se non ci fossi stato non sarebbe successo. Cazzo, quanto mi sento in colpa. Non ho mai fatto del male a una mosca, te lo giuro, e adesso che...» inizia a parlare sempre più freneticamente.
«Ti credo» lo interrompo io, prendendogli istintivamente la mano.
Lui mi sorride e stringe con dolcezza le mie dita. «Grazie.»
«E di cosa? Di averti rovinato il pomeriggio?» affermo, ironica.
«No, grazie perché mi credi nonostante ti abbia investita poco fa» risponde lui, serio.
Io non so cosa dire, così distolgo lo sguardo verso la mia destra, in modo da sfuggire al suo. Sono nella macchina di un perfetto sconosciuto e ci stiamo stringendo (amorevolmente) le rispettive mani. E' strano. Insomma, lo conosco da a malapena un'ora eppure mi trovo completamente a mio agio in sua compagnia.
Dieci secondi dopo, Gianluca parcheggia la macchina qualche casa prima della mia.
«Eccoci arrivati» dichiara, spegnendo rapidamente il motore.
«Già» borbotto io.
«Tra trenta minuti hai la partita, allora» afferma lui, dopo aver guardato l'orologio.
«Sì, e devo ancora prepararmi» aggiungo, con un sospiro.
«Sei sicura di quello che stai per fare?» mi chiede, guardandomi attentamente.
Annuisco un paio di volte. «Sicurissima.»
«Mmh» fa lui, dopo pochi secondi. «Dove giocate?»
«Alla palestra in Via Bolzano» rispondo io, leggermente interdetta.
«Capito» afferma, con un leggero sospiro. Dopo alcuni minuti, dice improvvisamente: «Beh, ci vediamo allora...»
«Sì, certo» confermo io, forse con troppa convinzione.
Gianluca mi sorride un poco, poi rapidamente si avvicina al mio viso e mi scocca un bacio sulla guancia che mi fa salire i brividi lungo la schiena.
Oh porca vacca, e questo cosa può significare?!
«A presto, Mad.»
Io, non avendo la forza di sillabare alcuna parola, gli mostro un timido sorriso, dopodiché esco dall'auto, sbattendo forte la portiera.
Dannazione.
Faccio qualche passo incerto – e doloroso – verso il cancello di casa mia, e appena mi rendo conto che non so neanche quanti anni ha, mi giro velocemente sperando che non se ne sia già andato. Fortunatamente no, è ancora lì. E a dire il vero sembra che non si sia mosso di un millimetro.
«Mi sono dimenticata di chiederti quanti anni hai» borbotto, quando lui ha abbassato il finestrino, capendo che volevo dirgli qualcosa.
Lui scoppia a ridere di gusto. Poi, appena si ricompone, mi risponde guardandomi negli occhi: «Ventuno.»


Salgo le scale il più velocemente possibile, ma purtroppo la mia caviglia non mi permette di essere veloce. Anzi, sono lenta. Come diavolo farò a giocare alla partita Dio solo lo sa.
Quando apro la porta d'entrata, sento ancora l'adrenalina scorrermi nelle vene e non posso fare a meno di sorridere come una perfetta ebete.
Mi rendo conto che non mi sono tolta la garza, così mi affretto a rimediare, sperando che non mi veda nessuno.
«Eccoti, finalmente» Una voce tutt'altro che familiare mi fa trasalire.
Perché deve sempre comparire improvvisamente?
Alzo lo sguardo, ripetendomi sotto voce di stare calma. Non ha visto niente, a questo punto devi solo saper recitare bene.
«Nik.»
«Aspettavi qualcun altro?»
Faccio una risata nervosa. «Certo che no, stupidotto. Chi dovrei aspettare?»
«Non saprei» risponde lui, alzando le spalle. Poi continua, facendosi serio: «Oppure speravi di avere casa libera per stare qui sola con il tuo nuovo accompagnatore?»
Spalanco gli occhi, allibita. «Mi hai spiato?»
«Non rispondermi con un'altra domanda!» esclama lui, alzando la voce, spazientito. «Chi era quel tipo? Cosa ci facevi nella sua macchina? Non eri a casa di Raffaele?»
«Cos'è, un interrogatorio?» ribatto io, sulla difensiva.
«Sì, cazzo! Sei la mia ragazza!» grida lui.
Non l'ho mai visto così arrabbiato. E così possessivo.
«Non era nessuno» metto subito in chiaro io. «Solo un mio amico che mi ha accompagnata a casa perché ero in ritardo.»
Okay, non sono mai stata brava a mentire né tanto meno ora che ho i nervi a fior di pelle e sono pure stupita dal comportamento di Nicola.
«E non poteva farlo Raffaele?»
«Non aveva la macchina, sua madre era uscita» invento, dopo un attimo di esitazione.
Nicola sospira fortemente e poi alza gli occhi al cielo. «La prossima volta chiamami che ti vengo a prendere io, okay?»
Sorrido, intenerita. Che dolce che è quando è geloso.
«Okay, signor capitano» rispondo io, ironicamente.
«Dai, vieni qui» fa lui d'un tratto, spalancando le braccia.
Io mi rifugio nel suo abbraccio, sentendomi finalmente al sicuro e rilassata.
«C'è qualcuno in casa?» chiedo poi, in un soffio.
«No, siamo soli soletti» mi risponde lui, avvicinandosi lentamente al lobo del mio orecchio per poi mordicchiarmelo con dolcezza.
Mi salgono le farfalle alla pancia e il respiro si fa più affannato.
«No, Nik, devo...» borbotto, tra un respiro e l'altro. «Devo andare... a... prepararmi...»
Purtroppo non apparisco del tutto convinta, così Nicola continua a stuzzicarmi.
«Nik, veramente...»
«Non resisto» mormora lui, a un millimetro dal mio orecchio. «Mi ecciti troppo... non posso farci niente.»
Sorrido un poco, anche se so che non può vedermi in viso. «Sì, però ora devo andare.»
«Già, hai ragione» dice lui, staccandosi improvvisamente da me.
Io provo una fitta di delusione allo stomaco, dopodiché affermo: «C'è ancora stasera, no?»
Lui mi mostra un sorriso a trentadue denti. «Giusto.»


Sento il fiato corto, il respiro affannato, le dita tremare sempre di più.
Stringo forte le mani, chiudendole a pugno, come se questo potesse aiutarmi a qualcosa.
Bisogno di scappare, bisogno di rilassarmi, bisogno di sedermi, bisogno di prendere tempo, bisogno di prendere una sosta da tutto questo.
«Bea, chiama il tempo» dico in un sussurro.
Lei mi guarda con preoccupazione. «Tutto bene?»
«Devo solo sedermi un attimo» ho cercato di assumere un tono del tutto naturale, ma mi è uscito un gemito, ancora prima di aprire bocca.
Appena l'arbitro ha dichiarato ufficialmente il time-out, mi dirigo a passo spedito verso gli spogliatoi, dove ci sono i rubinetti dell'acqua. Apro il getto e bevo abbondantemente, dopodiché mi siedo su una sedia, stravolta.
Mi sforzo di fare respiri profondi, sperando di darmi una calmata.
La botta al fianco mi fa male, il sangue alla caviglia pulsa e ad ogni secondo che passa il dolore aumenta sempre più. Ora ho pure un mal di testa atroce.
Sei una stupida, non ce la farai mai a giocare per tutta la partita, mi accusa una vocina dentro di me.
Alzo il mento, con aria di sfida.
Invece ce la devo fare. Sono arrivata fin qui, non posso buttare tutto nel cesso. E poi le mie compagne hanno bisogno di me, in questo ultimo set. Siamo due set a zero per noi, ma basta che le avversarie vincano i prossimi per porre fine alla partita. Non posso assolutamente deludere la mia squadra e Alberto, il mio allenatore. Siamo in semifinale, dannazione. Non posso perdermi un singolo, stramaledetto punto.
Quindi mi avvio correndo verso il campo, ripetendomi nella mente “manca poco, resisti ancora per un po'.” Ma lo so che, in fondo in fondo, sarà molto difficile.
Quando sono tra le mie compagne, Alberto mi lancia un'occhiata torva e mi chiede come sto.
«Tutto okay» balbetto io.
«Mad, se sei stanca dimmelo, non possiamo permetterci di sbagliare un solo punto» fa lui, avvicinandosi a me con aria assolutamente seria. «Piuttosto riposati un po'. Ti vedo molto tesa, sei agitata?»
«Un po'» ammetto poi, sorridendogli imbarazzata.
«Te la senti di continuare?» domanda dopo pochi istanti, guardandomi dritto negli occhi.
Annuisco, cercando di apparire sicura. «Certamente.»
Quando sono in mezzo al campo e l'arbitro riavvia la partita con un fischio, sento le forze mancarmi totalmente. Dopo poco mi accascio a terra, chiudendo lentamente gli occhi.
E' tutto nero. E c'è silenzio, troppo silenzio.


Delle voci, delle voci lontane e allo stesso tempo vicine a me. E in contemporanea un dolore lancinante che parte dalla caviglia e arriva fino alle tempie.
«Secondo me è un abbassamento della pressione» commenta uno.
«Può essere» approva una voce maschile a me sconosciuta in tono esperto. «Dovremmo alzarle i piedi in modo che le arrivi il sangue al cervello.»
Poco dopo sento che mi prendono le caviglie e mi alzano le gambe verticalmente. Una strana sensazione, come un fiume in piena, mi invade il corpo. Poco dopo riconosco che è sollievo e successivamente benessere. Non sono mai stata così felice. Finalmente mi sento bene!
«Oh, respira regolarmente.»
«Sì, è stata di sicuro colpa della pressione. Tra poco si riprenderà.»
A questo punto l'unica cosa che voglio fare è aprire gli occhi e capire dove diavolo mi trovo, con chi sono e di chi sono queste voci.
Oh mio Dio.
Ho circa quaranta persone attorno a me che mi fissano preoccupate, tra cui mia madre, mia nonna, mio padre, mia sorella, Emanuele, Emma, Raffaele, il mio allenatore, tutte le mie compagne di squadra e le avversarie, Nicola e, con una stretta allo stomaco, noto che in un angolino seminascosto c'è anche Gianluca.
«Tesoro!» esclama mia madre, abbracciandomi con forza e quasi con disperazione.
«Mamma, mi fai male» mormoro io, cercando di respirare.
Lei si stacca e poi mi guarda negli occhi. «Ma cosa ti è saltato in mente?!»
Arrossisco all'istante. «Ehm, ci tenevo e...» borbotto, cercando una scusa che non suoni assolutamente ridicola. Ma tutto suonerebbe ridicolo. Insomma, un tipo che conosco da un paio di ore mi ha investito poco fa, così mi sono slogata una caviglia e ho preso una bella botta al fianco eppure io ho voluto comunque gioc...
«Sì, però se sapevi che eri così stressata avresti dovuto evitare. Hai visto cos'è successo?»
Stressata?
«Signora, è l'emozione» la interrompe Alberto, facendomi di nascosto l'occhiolino.
Perfetto, quindi non sanno che... beh, magnifico. Ancora mi chiedo perché ci sto qui a pensare.
«Sì, ero agitata perché... sì beh, è la semifinale e allora... insomma...» balbetto poi.
Lei mi guarda per un poco poi mi mostra un caldo sorriso che ha il solo scopo di rassicurarmi.
«E' meglio andare a casa ora» fa improvvisamente. «Sarai stanca e devi stare a riposo fino a, almeno, domani mattina.»
«Ma mamma...!»
«Niente “ma”! Non voglio assolutamente che tu svenga un'altra volta, dato che potrebbe benissimo accadere di nuovo!» replica lei, alzando sempre di più la voce.
«Mamma, rilassati, sto bene» dico io, guardandomi attorno in imbarazzo.
C'è solo mezzo mondo che sta assistendo al nostro classico dibattito madre-figlia.
«Lo so, ma non voglio che...»
«Ho capito» taglio corto io. «Andiamo a casa, va bene. Però calmati, okay?»
«Okay» fa lei, poi si alza e da un'occhiata allo stormo di gente che abbiamo intorno. «Mi dispiace aver interrotto la partita, riprendete pure.»
Alzo gli occhi al cielo. Dio, quanto mi mette imbarazzo mia madre, a volte.
«Bene Mad, allora ti faremo sapere com'è andata» conclude Alberto, sospirando forte.
Ecco, lo sapevo. E' deluso. Da me e dalle mie capacità. Forse contava troppo su di me e...
«Andiamo, tesoro» afferma mia madre, prendendomi per mano e tirandomi su a fatica.
Intanto la mia famiglia seguita da Emma, Emanuele e Nicola ci segue.
Prima di uscire dalla palestra, incontro lo sguardo di Gianluca: mi sta fissando sollevato e allo stesso tempo arrabbiato.
Io gli faccio un rapido gesto di mano in segno di saluto. Almeno essere cortese nei suoi confronti dopo tutto quello che ha fatto mi sembra il minimo.
Lui ricambia, e questa volta mi sorride.


«Hai preso l'aspirina?» mi chiede mia nonna Gabriella, alzandosi dal bordo del letto su cui era appena seduta.
Annuisco un paio di volte. «Sì, anche se non so quanto mi servirà.»
«Tua madre vuole che tu la prenda» risponde lei, alzando le spalle. «E' pur sempre un medicinale, qualcosa ti farà. Entro domani il mal di testa dovrebbe esserti passato.»
«Speriamo, sta diventando quasi insopportabile» sospiro io.
Lei mi da un affettuoso bacio sulla fronte. «Oh, mia cara dolce Mad. La mia piccola Mad che sta crescendo» mormora tra sé e sé con un sorriso.
Io ricambio il sorriso, questa volta quasi in imbarazzo. Cosa intende esattamente per “sta crescendo”? Non avrà mica scoperto qualcosa su me e Nik?
«Sì, Mad, ho capito subito che c'è qualcosa tra te e l'affascinante Nicola» mi anticipa lei, come se mi avesse appena letto nel pensiero.
A volte mia nonna mi fa paura.
«Ma...» balbetto io, esterrefatta.
Lei mi da un altro bacio, questa volte sulla guancia. «Attenta con i maschi, a volte sanno essere veramente sadici, io ne so qualcosa.»
Faccio una risatina. «Che ha combinato il nonno?» le domando, interessata e felice che abbia cambiato argomento.
«Di tutto e di più!» esclama lei, alzando gli occhi al cielo. «Era davvero un rubacuori, ai tempi che furono. Ti lascio immaginare quante ragazze gli facevano la corte! Non ti rendi conto di come mi sentivo! Quasi un verme, in confronto loro. Eppure lui tra tutte ha scelto me» conclude poi, in un sussurro.
Oh nonna, invece mi rendo conto perfettamente di come ti sentivi.
«Ti ha mai tradita?» chiedo, dopo una pausa di qualche minuto.
«Una volta» mi rivela lei, annuendo con convinzione. «Mi ero arrabbiata terribilmente e così ci siamo lasciati. Poi lui ha saputo farsi perdonare.»
Faccio un sorrisetto del tutto divertito. «Ah, sì? E che ha fatto?»
Perché sto scoprendo solo ora l'adolescenza di mia nonna?
«Beh, tutte le mattine al liceo mi portava dei fiori ogni volta diversi» inizia lei, socchiudendo gli occhi con aria sognante. «Poi una sera è arrivato a cantarmi la serenata con alcuni musicisti davanti alla mia finestra, molto stile Giulietta e Romeo.»
«No!» esclamo, strabuzzando gli occhi. «Che dolce!»
«Eh, sì, ammetto che gli ho fatto perdere la testa» dice lei, orgogliosa.
«Solo un pochino!»
Mia nonna scoppia a ridere di gusto.
«Quindi tu l'hai perdonato?»
«Oh, non subito. Prima l'ho fatto patire un po' anche io» racconta, continuando a ridere.
«Cos'hai fatto?!»
«Mi ricordo che una volta, ancora quando non eravamo più insieme, m'aveva vista baciare un altro.»
«Oddio, non ci credo! Tu!» commento io, alzando le sopracciglia.
«Oh beh, se l'è meritato.»
Mi metto a ridere sonoramente. «Giusto, nonna!»
«Comunque adesso è ora di dormire, sono già le undici e tu sei malata» fa, ad un certo punto.
«Non sono malata, ho solo un po' di mal di testa!» ribatto io.
Anzi, devo dire che, dopo le avventure di quando era giovane la nonna, il malore che sentivo prima m'è praticamente passato.
«Dai, non voglio che poi mia figlia mi si rivolti contro» obietta lei, sorridendo un poco. «Dovevo darti la medicina e la buonanotte, non raccontarti frammenti della mia vita.»
«E va bene, però promettimi che mi racconterai ancora le tue vicende amorose!»
«Sarà fatto, ora però dormi.»
«Okay, nonna. Ti voglio bene.»
«Anche io tesoro, tanto tanto» e detto questo, mi da un ultimo bacio sulla fronte, dopodiché esce dalla mia stanza, chiudendo bene la porta.
Ho sempre visto mia nonna solo dal punto di vista di donna che ha oltrepassato i sessanta. Mai come una ragazza alle prese con i primi amori. E' strano, e allo stesso tempo fantastico.



Domenica 21 aprile

«Madelyn!»
Spalanco gli occhi e mi metto di scatto a sedere. Poi guardo l'orologio preoccupata: sono le otto e mezza. Dannazione! Mi alzo e mi tolgo il pigiama più in fretta che posso. Porca merda, sono in super ritardo, se mia mamma non mi firma la giustifica per entrare almeno un'ora dopo sono fottuta. Speriamo che non si arrabbi, almeno...
«Sì, sono quasi pronta, scusa!» grido, trafelata. «Mi porti tu?»
«Cosa?!»
Sospiro e alzo gli occhi al cielo. Quando sono pronta, scendo di corsa le scale e mi ritrovo davanti mia mamma e mio papà, che sono seduti sul divano in salotto a sorseggiare tranquillamente un caffè.
Io non stacco un secondo lo sguardo dai loro visi, sconcertata.
«Allora, mi porti tu?» borbotto, non so bene a chi.
Mio padre alza perplesso un sopracciglio. «Dove?»
Mi guardo in giro, intontita. Ma... aspettate un momento, oggi...
«E' domenica!» realizzo poi, in un urlo.
A questo punto i miei genitori scoppiano in una sonora risata e non smettono di sghignazzare per circa due minuti. Io, per tutta risposta, gli lancio un'occhiata fulminante.
E dato che non si decidono a parlare, sbotto: «E allora perché diavolo mi avete svegliata a quest'ora?! Avevo anche stra sonno!»
«Ci sembrava strano che ti fossi catapultata qui subito» balbetta mio papà, ridendo ancora.
«Mi rispondi?!» esclamo, spazientita.
«Comunque» fa mia madre, finalmente ricomponendosi. «Ti abbiamo chiamata perché volevamo avvisarti che tra poco papà parte e va a trovare la zia Cleo a Merano» mi spiega poi.
Allargo un poco gli occhi. «Davvero? Quando lo avete deciso?»
«In realtà da non molto tempo, però abbiamo preferito dirtelo oggi, dato il casino di ieri.»
«Ah, okay. E quanto tempo stai via?»
«Un paio di giorni, domani sera dovrei essere a casa» mi risponde lui, con calma.
«Capito. Ma c'è un motivo particolare per questa tua partenza?»
«Sostanzialmente sì: tua nonna Marie è venuta a trovare la zia, e a me farebbe piacere rivederla.»
«Oddio, la francese?!»
«Sì, e non chiamarla “la francese”, dopotutto è tua nonna» replica lui.
«Una nonna che non ho mai visto in vita mia» puntualizzo io.
«No, una volta quando eri piccola è venuta qui» obietta.
«Ah, sì? E quanti anni avrò avuto, uno, forse?»
«Dieci mesi.»
«Ecco, appunto» sbotto, congiungendo le braccia. «Se lei non ha saputo assumersi le sue responsabilità e i suoi doveri da nonna con me e precedentemente da mamma con te e la zia, non può di certo starmi simpatica.»
«Non ho detto che deve starti simpatica, però almeno un po' di rispetto...»
«No papà, è qui che ti sbagli» lo interrompo io, alzando la voce. «Lei non si merita il mio rispetto!» E detto questo, torno in camera mia di corsa, con i nervi a fior di pelle.


Sento bussare alla porta un paio di volte con insistenza. Dopodiché la voce di mio padre che mi chiama prima per nome e che poi mi chiede se può entrare.
«Vieni.»
Lui, in cinque secondi, è già dentro e si sta avvicinando a me. «Ciao Carli» saluta mia sorella, che si è svegliata da poco.
«Ciao» grugnisce lei. A quanto pare anche qualcun altro stamattina non è esattamente di buonumore.
A questo punto mio padre si siede sul bordo del mio letto. «Scusami per prima, effettivamente non hai tutti i torti» inizia, guardandomi negli occhi.
«Non ho tutti i torti?!» ripeto, allibita. «Ho ragione, punto!»
«Sì beh, non si è comportata molto bene nei nostri confronti...»
«Infatti mi chiedo perché continui a trattarla come se non avesse fatto niente.»
«Non è questo, è che resta pur sempre mia madre...»
«Ma papà, non puoi negare l'evidenza! Lei vi ha abbandonato!» grido io, sperando di fargli capire dove voglio arrivare e in preda a una crisi isterica.
«LO SO!» tuona lui, scattando in piedi.
Rimango a guardarlo stupita per pochi secondi. Raramente mio padre alza così il tono di voce.
«Scusa» si affretta ad aggiungere, tentando di darsi una calmata. «E' che tu non puoi capire, quello che ho passato, quello che ho provato...»
«Per colpa sua» dico io, stringendo le palpebre. «E' che tu sei troppo buono, ammettilo.»
«A volte sì» balbetta lui, arrossendo un filo.
«A volte?!» sbotto.
«Okay, sono di carattere così.»
Io sospiro. «Solo che non si può esagerare. Insomma, non puoi trattarla come se non ti avesse rovinato l'infanzia e l'adolescenza, cioè i due periodi più difficili e importanti della vita.»
«Beh, avevo sempre mio padre e mia sorella Cleo.»
«E allora? Papà, stai solo cercando scuse.»
Lui sbuffa sonoramente. «Lasciamo perdere, ho già affrontato questa discussione con tua madre e sotto questi punti di vista tu sei identica a lei, quindi so benissimo come andrà a finire. Possiamo cambiare argomento?»
Annuisco un paio di volte, incapace di sillabare una singola parola.
«Non voglio partire senza aver fatto pace con la mia Mad» afferma, dopodiché si sporge per stamparmi un affettuoso bacio sulla fronte. «Pace, allora?»
Annuisco per l'ennesima volta. «Pace.»
«Ti voglio bene» aggiunge, prima di andare a salutare per l'ultima volta Carlotta e poi uscire dalla stanza, chiudendo dolcemente la porta.
«Io dormo ancora, eh» avverto mia sorella dopo alcuni minuti, e infine spengo la luce.
«Anche io.»


















*** Spazio Autrici ***

Heyyy, guys! Come va? Qui tutto abbastanza bene, anche se ultimamente sono piuttosto impegnata, come avrete sicuramente notato dati i ritardi nell'aggiornare xD Ieri ad esempio sono stata tutto il giorno al lago e quando sono tornata ero più morta che viva, e alle 22.30 ero già nel letto, figuriamoci se avevo il tempo di mettermi a scrivere le note >.<  Voi come state passando le vacanze?! Cavolo, io devo assolutamente abbronzarmi un po', non voglio andare al mare bianca come una mozzarella xDD

Prima di passare ai commenti di questo capitolo, ci tenevo a comunicarvi una brutta notizia: purtroppo sia io che Leslie partiremo per il mare tra poco (lei tra qualche giorno, mentre io il 17 luglio) e per ora siamo sicure di riuscire a fare un altro aggiornamento la prossima settimana con il suo capitolo, però per quanto riguarda il mio capitolo la settimana successiva, non abbiamo nulla di certo. Non sappiamo se ce la faremo, nè se Leslie riuscirà a guardarlo prima che io lo pubblichi (io mi occupo dei codici >.<). Boh, vediamo come va x)

Aaaallora, questo chap è abbastanza lunghettino, vero? ^^ Eh sì, gli ultimi capitoli che abbiamo scritto sono tutti molto più lunghi rispetto ai primi che abbiamo steso.
Beh, non ho moltissimo da dire a riguardo, solo una cosa: ci tenevo a dirvi che per me è stato abbastanza difficile immedesimarmi in Madelyn, dato che inizialmente volevo farla diversa da Loredana (quindi anche diversa da me). Però mi sono accorta che man mano che andavo avanti a scrivere, ha preso un sacco di miei comportamenti/reazioni/atteggiamenti (ad esempio la sua reazione quando il padre voleva che lei fosse gentile con la nonna Marie è identica a quella che avrei avuto io). Quindi forse... boh, ha un po' un carattere un po' indefinito. Magari se voi riuscite a dirmi il vostro parere e punto di vista riguardo questo, ne sarei felicissima, dato che un appoggio e commenti esterni mi aiuterebbero soltanto. Ringrazio anticipatamente chi lo farà (:

Per la stesura di Ds2 stiamo continuamente andando avanti con il nostro lavoretto (che non è un lavoro semplice e veloce da fare, e presto capirete il perché >.<) e ora siamo arrivate ai capitoli 15 (io) e 16 (Lindù). Complessivamente sono 99 pagine su Word *w*
E... abbiamo una (bellissima) novità... gliela diciamo o aspettiamo il prossimo capitolo, Lindù? (aspettiamo il prossimo capitolo, così li teniamo sulle spine :D NdLeslie)

Beh, di personaggi nuovi ce ne sono un po' (vedi la partita di pallavolo), però io ho deciso di scegliere solo l'immagine dell'allenatore Alberto, anche perché alla fine è quello che compare e interagisce di più ^^

Foto personaggi
Alberto

Come sempre, grazie di cuore alle 14 persone che stanno seguendo la storia, alle altre 5 che l'hanno aggiunta nelle preferite e alla 1 persona che l'ha inserita nelle ricordate! Grazie anche a chi l'ha letta semplicemente ^^


LaIKa_XD  vero? Lo avevo detto io a Lindù che il capitolo precedente era perfetto u.u  Comunque lascio rispondere a lei per i dettagli ;) (ooooh, grazie ^^ in effetti ero preoccupata, io stessa ad un certo punto mentre scrivevo mi sono detta “okay, a questo punto saranno tutti diabetici” xD comunque concordo su Daniel, ma sappiate che non ho ancora scelto il paring finale, quindi attente a non affezionarvi troopo u.u ndLeslie) (Beh, sappi che se non scegli lui non ti parlo più, hai poche possibilità di scelta cara amia u.ù Ahah, come sono crudele =DDD) Comunque, sono super contenta di non liberarmi di te facilmente :D Ciao cara, alla prossima allora! ^^ Un bacioo <3

vero15star   quanto hai ragioneee *w* Daniel sarebbe anche per me il ragazzo perfetto, e anche io odio la lingua francese! xD E sì, Michelle è decisamente TROPPO fortunata u.ù  Comunque lascio a Lindù l'onore di risponderti (:  (sì, Michelle è fortunata.. xD e hai ragione, Michelle ha fatto bene a lasciar perdere Fabio… ma non tirerei conclusioni affrettate per quanto lo riguarda, la nostra Shelly potrebbe essere più importante per lui di quello che crede ;D comunque sono strafelice che il capitolo ti sia piaciuto *-* grazie mille per i complimenti ^^ ndLeslie) Beh, al prossimo capitolo, spero *incrocia le dita* E grazie un miliardo di volte per i tuoi bellissimi complimenti che non finiscono maiiii ** Un bacione stella (LL)

nana_86   grandeeee! Un'altra pro-Dan, ottimo! Dai che ce la facciamo a convincere Lindù a scegliere lui ;) Sentiamo che dice lei a sua discolpa, piuttosto u.u (ahah, non siate troppo fiduciose, infondo Dan è nato per essere solo una cosa passeggera… non lo è più, ma le cose potrebbero ancora cambiare u.u sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, in effetti è stato uno dei migliori da scrivere, per ora ^^ ndLeslie) (io la sto odiando, la mia socia, poi non so tu u.u) Ciao bella! Un mega bacio <33


A settimana prossima, carissimi (e questa volta saremo sicuramente puntali, dato che le note le abbiamo già pronte) =DD
Baciii, Lalla e Leslie


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Capitolo 12
*** What the hell...?! ***










12. What the hell...?!




Domenica 21 aprile

Michelle's Pov.

La mattina dopo mi alzo abbastanza presto. Beh, in realtà non è che voglio alzarmi, ma la luce del sole sta diventando troppo forte per poterla ignorare. Mi metto seduta stropicciandomi gli occhi e trattenendo uno sbadiglio, per poi prendere il cellulare e controllare l'ora. Con un gemito mi lascio ricadere sui cuscini: le otto e ventisette, troppo presto.
Ieri sera siamo tornati piuttosto tardi, in effetti.. tipo verso le due, non ne sono sicura. Ero così stanca che credo di aver rimosso gran parte di quello che è successo. Beh, io e Daniel ci siamo baciati, quello me lo ricordo, e abbiamo continuato a baciarci per un bel po', finché non ha suggerito di tornare alla festa, prima che qualcuno si preoccupasse. Abbiamo passato il resto della serata a ballare e non mi sentivo nemmeno tanto stanca, poi però nella limousine sono crollata. Ora che ci penso non credo nemmeno di essere stata svegliata... o forse solo per farmi arrampicare sul letto.
Mi sporgo per vedere se Daniel sta ancora dormendo, ma il suo letto è vuoto. Ho bisogno di parlare con lui riguardo all'altra sera, di capire bene cose aveva in mente. Insomma cosa siamo adesso? Amici che si baciano? Fidanzati?
Lascio perdere i complessi quando mi ricordo la promessa di ieri sera: basta rimuginare, vivi la tua vita.
Scendo dal letto a castello e corro in soggiorno, dove la nonna sta sistemando il tavolo per la colazione. È sola. Strano.
«Michelle, tesoro! Che ci fai già in piedi?» esclama, posando la teiera che ci ha regalato qualche natale fa in mezzo al tavolo e raddrizzando il bricco del latte.
«Mi sono dimenticata di chiudere la finestra, la luce mi ha svegliata» rispondo, disorientata. «Dove sono Dan e la mamma?» domando subito dopo, mentre lei mi fa sedere a tavola.
«Daniel è uscito a correre cinque minuti fa, tua madre sta ancora dormendo» risponde la nonna. «Cappuccino?»
«Sì grazie... come mai dorme ancora?» chiedo ancora, perplessa.
«Mi sembra di ricordare che dormisse sempre fino a tardi» mi fa notare lei, versando il caffè nella tazza che ho davanti.
Io prendo una fetta di pane coperta di burro e la rimiro, confusa. «Non negli ultimi anni» ribatto.
In effetti è passato un secolo da quando la mamma dormiva fino a tardi la domenica. Una volta le preparavo la colazione e gliela portavo a letto, ora invece è lei che si sveglia e prepara tutto in tavola, per poi dedicarsi a tutto quello che ha da fare.
«Beh, si vede che oggi era stanca» butta lì la nonna, sedendosi accanto a me. «Prendi le uova, tesoro, sono deliziose e ancora calde» aggiunge subito dopo, con un sorriso affettuoso.
Com'è che ho l'impressione che mi stia nascondendo qualcosa?


Mezzora dopo ho indossato un paio di jeans e una maglietta bianca e sono uscita, con la scusa di voler fare due passi. Ho voglia di vedere Daniel, magari lo incontro, infondo non può essere andato tanto lontano. Mi rendo subito che non è stata esattamente la migliore delle idee: mi fanno ancora male i piedi dopo ieri sera e non ho la più pallida idea di dove andare. Dopo essere stata ferma per un po' a guardarmi intorno, prendo il cellulare dalla tasca e compongo il numero di Alice.
«Pronto?» risponde, con voce impastata, tipo al decimo squillo.
Credo di averla svegliata. «Ali! Ciao, come stai?» la saluto, allegra.
«Michelle? Sei tu?» borbotta, sorpresa.
«Indovinato!» rispondo, sorridendo.
«È morto qualcuno?» chiede lei, preoccupata.
«No.»
«Fabio ha mollato Sara e ti ha dichiarato amore eterno?»
«No» sospiro, paziente.
«Addio» esclama lei, irritata.
«No, Ali! Ali aspetta!» troppo tardi, ha già messo giù.
Sospiro e compongo di nuovo il numero.
«Michelle» geme, rispondendo.
«Daniel mi ha baciata!» esclamo, prima che possa ribattere.
«Ci troviamo alla fontana tra dieci minuti» dice, improvvisamente sveglia, per poi mettere giù.
Rido e infilo di nuovo il cellulare in tasca, per poi avviarmi lentamente verso l'incrocio con la fontana dove io e Alice ci vediamo sempre. Mi accomodo sulla panchina e mi infilo le cuffiette dell'iPod nelle orecchie. Seleziono brani casuali e la prima canzone a partire è Faithfully. Senza sapere come arrossisco, per poi piegare le labbra in un sorriso idiota. Credo che quella ieri sia stata la serata più bella della mia vita. Sospiro e chiudo gli occhi.
Alice arriva puntualissima, anche se si vede che si è appena alzata dal letto. Indossa un paio di pantaloncini di jeans e una camicia larga e stropicciata – probabilmente di suo fratello –, mentre i capelli sono leggermente scompigliati e non ha un filo di trucco. Parcheggia la bici accanto alla panchina e si siede vicino a me, incrociando le gambe e unendo le mani in grembo.
«Raccontami tutto» ordina, scandendo per bene l'ultima parola.
Sorrido e comincio dall'altro ieri all'aeroporto, per poi raccontarle di ieri sera in ogni minimo dettaglio. Quando finisco, lei mi sta guardando con gli occhi che brillano.
«Oh mio Dio!» esclama, con voce acuta, per poi abbracciarmi.
Sorrido e ricambio l'abbraccio, ma lei si divincola subito dopo e balza in piedi. «Devi farmelo conoscere. Assolutamente. Il prima possibile!» esclama, battendo le mani eccitata. «Dov'è adesso?»
«Da qualche parte qui intorno a fare jogging» rispondo, divertita.
«Fa anche jogging?» chiede lei, emozionata. «Devi sposarlo. Assolutamente. E poi mandare a fanculo Fabio e quella smorfiosa di Sara. Assolutamente.»
Non mi ero mai resa conto di quanto Alice dica spesso 'assolutamente' quando è emozionata per qualcosa. Sentendo parlare di Fabio, tuttavia, il mio sorriso affievolisce appena.
«Già, Fabio...» sospiro, raccogliendo le gambe contro il petto.
Alice si posa una mano sulla bocca. «Scusa. Mi rimangio subito tutto... Fabio non esiste, mai esistito» dice, velocemente, sedendosi di nuovo accanto a me.
«Piantala, è il tuo migliore amico» ribatto, lanciandole un'occhiata ammonitrice.
«Non più. Te lo giuro» esclama, posando la mano destra sul cuore.
Mi viene quasi da ridere. «Piantala, io voglio bene a Fabio» ammetto, abbassando lo sguardo.
«Credevo che lo odiassi» ribatte lei, aggrottando la fronte.
«Mai detto niente di simile» le faccio notare, seria. «Ci sono solo rimasta male, e voglio parlare con lui e chiarire tutto al più presto» metto in chiaro.
Lei sorride. «Okay.»
«Ehi, Michelle!» mi chiama qualcuno da dietro.
Mi volto, seguendo lo sguardo di Alice, e vedo Daniel che ci sta venendo incontro. Istintivamente sorrido e alzo una mano per salutarlo.
«Oh-mio-Dio» sussurra Alice, sbarrando gli occhi. «Non mi avevi detto che era un dio greco.»
Le tiro una gomitata, zittendola, e poi mi alzo per dare un bacio a Dan. A stampo, sulle labbra... lo faccio in modo così naturale da non rendermene quasi conto, come se stessimo insieme da una vita. Ora che ci penso è così, in un certo senso.
«Come mai già in piedi? Ti ho svegliata io?» mi chiede lui, posandomi una mano sul fianco.
Sorrido. «No, è stato il sole» gli assicuro.
Alle mie spalle, Alice finge qualche colpo di tosse.
«Oh già... Daniel, lei è Alice, la mia migliore amica... Alice, lui è Daniel» presento, facendo un passo indietro.
Lei si alza e gli stringe la mano, mentre dichiarano contemporaneamente un 'felice di conoscerti'.
«Ehi, sapete cosa dovremmo fare?» esclama subito dopo, eccitata. «Andare a fare colazione tutti e tre insieme!» annuncia, senza darci il tempo di dire nulla.
«In realtà io ho già mangiato» rispondo, con una smorfia del tipo “se-proprio-vuoi-ma-non-ne-sarei-entusiasta”.
«Sì, anche io... però potremmo rimandare a oggi a pranzo» propone Daniel, facendo spallucce.
«No, a pranzo non posso, i miei sono fuori» sospira Alice.
«Cena?» tento, con un sorriso speranzoso.
Lei fa un sorriso vagamente colpevole. «Ho un appuntamento...»
Sgrano gli occhi, sorpresa. Un appuntamento? Ma se ancora mette il muso ogni volta che qualcuno nomina Simone? «Sul serio? Con chi?» le chiedo, cercando di mascherare il leggero scetticismo.
«Kevin me l'ha chiesto ieri sera e io ho detto di sì» ammette lei, leggermente imbarazzata.
«Oh, e...»
«Se stai per dire Simone, giuro che me ne vado a casa immediatamente» mi minaccia, facendosi seria all'improvviso.
Daniel mi guarda interrogativo e io mimo “ex-ragazzo” con le labbra. Lui annuisce impercettibilmente.
«Allora magari lunedì, dopo scuola... magari puoi invitare anche Kevin, offro io» propone subito dopo, con un sorriso.
Alice torna a sorridere. «Oh, ti adoro già» sospira, con occhi sognanti.
Sorrido, imbarazzata, e gli lancio un'occhiata che lui ricambia, divertito.
«Ora vi lascio soli, anche perché ho bisogno di mangiare qualcosa prima che svenga» aggiunge, con una punta di malizia. «Ci vediamo domani!»
La guardo prendere la bici e le faccio un cenno con la mano, per poi istintivamente appoggiarmi a Daniel, che mi circonda la vita con il braccio. Arrossisco, anche se non ce n'è motivo: è la prima volta che sono sola con lui da ieri sera e, stranamente, mi rendo conto che è quello che aspettavo da quando mi sono svegliata questa mattina.
«Allora, cosa facciamo adesso?» chiede lui, dopo che Alice è sparita dietro una curva.
Mi volto, ritrovandomi tra le sue braccia, e sorrido. «Non lo so, cosa potremmo fare?»
Lui ricambia con una punta di malizia e avvicina il suo viso al mio. «Io un'idea ce l'avrei» sussurra, a qualche centimetro dalle mie labbra.
Dio, baciarlo è tutto quello che voglio fare in questo momento, ma non so perché qualcosa mi trattiene. Metto una mano davanti alla sua bocca e lo spingo appena indietro, per poi liberarmi del suo abbraccio, senza però lasciargli la mano. Mi mordicchio il labbro, divertita.
«Allora siamo una coppia adesso?» gli chiedo.
Lui mi stringe di nuovo a sé e posa le labbra sulle mie, e questa volta non mi ritraggo. Sento il suo sapore sulla lingua e immergo una mano tra i suoi capelli, mentre lui fa vagare la sua sulla mia schiena. Quando ci separiamo mi sembra quasi di sentire la testa girare.
«Tu che dici?» mormora, praticamente sulle mie labbra.
Sorrido, leggermente frastornata, e annullo di nuovo la distanza che ci separa. È come se non potessi fare a meno di baciarlo, sul serio, mi sento una persona completamente diversa dalla solita noiosa Michelle e ho voglia di urlare a tutto il mondo quello che provo.
Infila una mano tra i miei capelli e la sua pelle calda a contatto con la mia mi dà i brividi. Faccio aderire il mio corpo al suo e lascio che il bacio mi travolga completamente. Ci separiamo, poi ci baciamo ancora e ancora. Vorrei durasse all'infinito, ma il trillare del cellulare nella mia tasca mi fa sobbalzare. Faccio per ignorarlo, ma lui lo prende e lo mette davanti alle sue labbra prima che possa baciarlo di nuovo. Alzo gli occhi al cielo e accetto la chiamata senza nemmeno leggere il nome sul display.
«Michelle, sono Fabio.»
Per poco non lascio cadere il telefono dallo choc. Il sorriso svanisce dalla mia faccia e istintivamente mi volto, nella speranza che Daniel non lo noti.
«Che cosa vuoi?» domando, molto più brusca di quello che avrei voluto.
«Parlare con te» risponde lui, prontamente. «Non hai risposto a nessuno dei miei messaggi» mi fa notare, subito dopo.
«Scusa... ho avuto altro per la testa» borbotto, leggermente contrariata.
Dall'altro capo nessuno risponde. Sospiro. «Allora?» sbotto, impaziente.
«Allora preferirei guardarti in faccia mentre parlo... sei impegnata oggi?»
Mi mordicchio il labbro, pensierosa, poi lancio un'occhiata veloce a Daniel, che sta controllando il cellulare. «Sì.»
«E domani ci sei a scuola?» insiste.
Annuisco, per poi ricordarmi che non può vedermi e mormorare un 'sì' frettoloso.
«Okay, allora ci vediamo domani durante l'intervallo» annuncia, con un tono che non ammette repliche.
«Come ti pare» sbuffo, di nuovo brusca.
«Ciao» saluta infine, leggermente freddo, per poi mettere giù prima che possa rispondere.
Mi costringo a sorridere e mi volto verso Daniel rimandando ogni possibile riflessione sulla telefonata a quando sarò sola.
«Era Fabio?» domanda lui, tranquillo.
Il mio sorriso si affievolisce appena. «Sì, ma non mi va di parlarne» metto in chiaro.
«Okay» accetta lui, infilando di nuovo il cellulare in tasca. «Io ho altri venti minuti di corsa da fare, ti unisci a me?» chiede, con l'aria divertita di uno che sa già benissimo la risposta.
Gli tiro una gomitata, consapevole del fatto che probabilmente la sente a malapena. «Divertiti» gli auguro, alzandomi sulle punte per dargli un bacio a stampo.
Lui mi posa una mano sulla schiena, trattenendomi qualche secondo in più. Schiude le labbra e lascia le nostre lingue sfiorarsi.
Quando esco dalla trance, lui ha già ripreso a correre. Faccio un sorriso idiota e, quando si gira per lanciarmi un'ultima occhiata, alzo una mano per salutarlo. Resto immobile a fissarlo finché non sparisce dietro una curva e, dopo essermi schiarita la voce leggermente in imbarazzo – come se qualcuno mi avesse fissata per tutto il tempo –, mi scosto una ciocca di capelli e mi incammino di nuovo verso casa. La strada non è tanta, ma la percorro lentamente, lasciandomi tutti il tempo per rivivere quello che è appena successo.
Sto percorrendo la via del mio palazzo quando la portiera di una decappottabile grigio metallizzato si apre davanti a me e un uomo sui quaranta esce e si toglie gli occhiali da sole. Sembra strano, ma mi ci vuole un attimo a riconoscerlo, un attimo che però sembra durare una vita.
«Ciao Michelle» dice, piano, con una strana espressione, mentre io sento qualcosa bloccarsi nel mio cervello. Era lui, lui era l'uomo che mi osservava nell'ombra, che mi ha chiamata ieri sera.
«Papà...»


Osservo il frappè al cioccolato bevuto per metà davanti a me senza osare alzare lo sguardo. Continuo ad essere convinta che tra una manciata di secondi mi sveglierò sudata nel mio letto, rendendomi conto che è stato tutto un sogno, malgrado tutto quanto sembri maledettamente reale. Mi rendo conto che ci sono troppi dettagli perché possa essere un sogno, troppe facce, troppi frammenti di conversazione, e nessuno mi sembra familiare. La cameriera che corre da un tavolo all'altro imprecando perché il suo collega non è ancora arrivato, la signora che si ritocca il rossetto per la sesta volta in attesa di chissà quale uomo, i due che si fanno gli occhi dolci nonostante i rispettivi fidanzati affianco... non c'è nulla di surreale, eccezion fatta per l'uomo seduto di fronte a me, che gira nervosamente il suo espresso senza trovare il coraggio di berlo. È esattamente com'era nei miei ricordi, tranne che per qualche ruga attorno agli occhi. Il biondo è praticamente scomparso dai suoi capelli e indossa una camicia firmata. È strano, quando viveva assieme a noi non ha mai indossato nemmeno una camicia normale, e comunque non abbiamo mai avuto i soldi per permetterci abiti firmati... ma lui non abita più con noi. Già, chissà come mai improvvisamente ricordarlo mi fa stare così male.
«Perché sei venuto?» domando all'improvviso. Eccetto l'ordinazione sono le prime parole che dico da quando siamo entrati qui dentro.
Lui sembra sorpreso. Toglie il cucchiaino dal caffè e lo posa sul piattino, per poi alzare di nuovo lo sguardo su di me.
«Mi mancavi, Michelle» risponde, leggermente esitante. «E mi mancava tua madre» aggiunge, poco dopo, abbassando gli occhi.
Mi mordo forte il labbro inferiore. Se gli mancavamo davvero come mai ha aspettato così tanto prima di venire? Come mai non è tornato subito? Quanto tempo ci vuole a rendersi conto che le persone che ami sono ancora importanti per te e che vorresti rivederle? Una lacrima scivola lungo la mia guancia prima che possa riuscire a fermarla. Si sentiva in colpa, ecco qual'è la verità.
«Michelle...» sussurra, quasi spaventato, non appena si rende conto che sto piangendo.
Mi affretto ad asciugarmi gli occhi. «F-fa finta di nulla» balbetto, distogliendo lo sguardo.
«Stai piangendo» ribatte, serio.
«Scusa ma non è esattamente il momento più facile della mia vita» mi lascio scappare, fredda.
Lui si blocca per un momento e ritrae la mano che aveva allungato per afferrare la mia. Sembra ancora più a disagio di prima e improvvisamente mi sento in colpa. Deglutisco, cercando di sciogliere in nodo che ho in gola. «Mi dispiace» balbetto, senza però riuscire a metterci troppa convinzione.
Torna a guardarmi, in silenzio, per una ventina di secondi, mentre io gioco nervosamente con l'orlo della maglietta, senza trovare il coraggio di guardarlo di nuovo gli occhi.
«No, ne avevi tutto il diritto» mi assicura, dopo un po'.
Non so cosa rispondere e il trillo del mio cellulare mi evita di doverci pensare. È Daniel.

Ehi, dove sei sparita?

Esito un momento. Per una qualche ragione mi sento a disagio solamente all'idea di parlargli di tutto questo.

Ho deciso di fare una passeggiata, torno per pranzo.

Digito e invio il messaggio con dita tremanti e appoggio il cellulare sul tavolo.
«Era Daniel» dico, nonostante sappia che non è necessario. «È venuto qui a trovarmi e ci siamo messi insieme.»
Papà sorride con affetto. «Ho sempre immaginato che prima o poi sarebbe nato qualcosa tra voi due» commenta, con una punta di divertimento.
Senza rendermene conto, sto ricambiando il suo sorriso. «Avevamo solo quattro anni...» protesto, e stranamente non c'è rancore in quest'affermazione.
«Per certe cose sono bravo...» scherza lui.
Rido e bevo un altro sorso di frappè.


Lasciamo il caffè un'ora più tardi. Lui alla fine non ha bevuto il suo espresso, è rimasto lì a freddarsi mentre cominciavamo una conversazione vera e propria. Sembra incredibile come all'improvviso il disagio sia svanito e mi sia ritrovata a parlare con lui del più e del meno. Non gli ho detto nulla della mia vita, dopo il commento su Daniel, e neanche lui, e non abbiamo nemmeno  accennato più al passato. Abbiamo parlato di cose banali come Parigi, fotografie, la scuola, la musica eccetera. È un uomo divertente e piuttosto colto e ha praticamente girato il mondo ed è bello parlare con lui, ma, mentre riportandomi a casa mi racconta di una qualche esperienza in Africa, mi rendo conto di quanto questo sia surreale. Parlo con lui come se niente fosse quando lui ha mollato me e mia madre quando ero piccola. Quest'uomo è praticamente un estraneo per me, e io mi sono lasciata andare in un modo che non mi riesce neppure quando sono con i miei migliori amici. Divento improvvisamente silenziosa e passo il resto del tragitto in auto a fissarlo con occhi vuoti. Lui non sembra turbato, anche se non sono molto sicura di essere capace di leggere le emozioni sul suo volto.
Accosta davanti a casa e rimane in silenzio, io sposto lo sguardo sulla siepe che delimita lo spazio dei tavolini del bar accanto al mio portone.
«Perché sei andato via?» non volevo chiederglielo, davvero, ma non riesco a trattenermi.
Mi volto a guardarlo, senza sapere nemmeno io quello che sto provando in questo momento.
Lui si irrigidisce e distoglie lo sguardo. «È davvero così importante?»
Sento un moto di rabbia e delusione invadermi e mi stringo tra le braccia.
Lui sospira, rendendosi conto che non è la risposta che avrei voluto. «Non è facile da spiegare» tenta, ma questo non fa altro che farmi arrabbiare ancora di più.
Mi volto a guardarlo, rossa in viso, le lacrime che luccicano sulle mie guance.
«Michelle...»
«No, NO!» strillo, premendomi le mani contro le orecchie. «Lo sai cosa non è facile? Non è facile essere mollati dal proprio padre quando si ha quattro anni! Non è facile vedere tua madre stare così male da non riuscire ad alzarsi dal letto e non poter fare assolutamente nulla per aiutarla! Non è facile crescere senza papà e non sapere nemmeno perché!» urlo, la voce orribilmente rotta dal pianto.
Lui distoglie lo sguardo, ferito, ma questa volta non me ne frega nulla.
«Ho sedici anni, cazzo! Ho sedici fottutissimi anni dei quali dodici li ho passati senza un padre! Non sono più una bambina, e credo che mi devi almeno una spiegazione, o sbaglio?!»
Lui rimane in silenzio a fissare il volante e io mi rendo conto di non poter restare in questa macchina un minuto di più. Esco sbattendo la portiera e corro a rifugiarmi dietro il portone di casa, per poi scoppiare in singhiozzi dopo aver salito a malapena due gradini e raggomitolarmi contro il muro, odiando tutto e tutti. Voglio solo svegliarmi da questo incubo.
Mi ci vogliono tipo tre minuti per rendermi conto che non posso salire e farmi vedere in questo stato. Mi alzo, le gambe che tremano così violentemente che sono costretta ad aggrapparmi alla ringhiera, poi lentamente scendo i gradini che mi separano dall'uscita sul retro. Non so se lui è ancora dall'altra parte e, francamente, non mi interessa. Percorro lentamente il piccolo parcheggio di sterrato e prendo la prima via che mi trovo davanti, senza nemmeno controllare di quale si tratta. Non riesco a pensare a nulla, sul serio, nonostante ci stia provando. In testa ho frasi sconnesse e immagini confuse alle quali non riesco a dare un ordine.
Dopo aver camminato pochi minuti mi siedo, rendendomi conto di essere arrivata davanti alla stazione. Guardo un autobus fermarsi a pochi metri da me e una decina di persone scendere mentre la normalità di quella scena mi travolge. Una ragazza che avrà più o meno la mia età salta giù dal mezzo trascinandosi dietro un borsone, un uomo sui quaranta scende dopo di lei e la aiuta, per poi circondarle le spalle con il braccio. Padre e figlia, probabilmente... perché io non posso avere lo stesso?
Accarezzo distrattamente il braccialetto di Daniel, rendendomi conto quanto vorrei che fosse qui in questo momento e quanto allo stesso tempo sia riluttante all'idea di parlargliene. È strano, mi conosce da sempre e gli ho sempre raccontato tutto della mia famiglia, eppure ora che è il mio ragazzo è diverso, è come se mettendomi insieme a lui avessi dovuto rinunciare al mio migliore amico... improvvisamente mi rendo conto di quanto questo mi faccia star male. Con chi potrei parlare di una cosa del genere? Alice? No, non credo... per quanto la adori non è esattamente il tipo al quale raccontare una cosa simile... Mia madre? Per carità, già mi vedo l'espressione terrorizzata nei suoi occhi. Forse...
«Michelle?»
Alzo lo sguardo, sussultando. Fabio... lui potrebbe capire: i suoi genitori hanno divorziato quando era piccolo perché suo padre aveva problemi di alcool e picchiava lui e sua madre, non è esattamente la stessa cosa, ma è l'unico che in tutta la vita abbia davvero compreso quello che ho passato, ora che ci penso è stato questo il motivo per cui siamo diventati amici.
Continuo a fissarlo senza riuscire a dire nulla. È come se le mie labbra fossero incollate.
«Che è successo?» chiede, allarmato, chinandosi perché lo possa guardare senza dover inclinare la testa verso l'alto.
Non riesco a rispondere, credo di aver dimenticato come si fa a parlare. Stringo le labbra e fisso l'asfalto sotto i suoi piedi. Dopo qualche secondo, sento le sue dita posarsi sul mio mento e sollevarmi delicatamente il viso.
«È per colpa mia?» sussurra, con voce rotta dall'emozione. Quale non riesco a capirlo... senso di colpa? Ansia? O forse paura?
Scuoto la testa con decisione e colgo una punta di sollievo sul suo viso, sostituita subito dalla preoccupazione. Si siede vicino a me e istintivamente mi prende la mano. Sento un brivido quando la sua pelle calda sfiora la mia e guardo le mie dita sottili intrecciate alle sue. Sento un'ennesima lacrima scivolarmi sulla guancia e automaticamente mi chiedo se piango ancora per mio padre o se è questo momento a commuovermi. Fabio mi guarda come a volermi leggere dentro e abbasso il viso, quasi infastidita. Lui mi accarezza il dorso della mano con il pollice, come a farmi coraggio.
«Mio padre è tornato» la voce mi esce distaccata, stranamente calma nonostante sia rotta dal pianto.
Lo sento irrigidirsi per un momento e con la coda dell'occhio noto la sua espressione farsi improvvisamente dura. Mi sfrego la guancia con la mano libera, sperando di cancellare le lacrime, e mi mordo forte il labbro. Fabio resta in silenzio, ma so che non si aspetta che dica altro. Mi sorprendo di quanto mi conosca, forse non come Daniel, ma comunque fin troppo, considerando quello che stiamo passando. Anche io lo conosco bene, me ne rendo conto quando alzo di nuovo lo sguardo per incontrare il suo. So che non rimane in silenzio perché non sa cosa dire, come farebbero in molti, ma perché sa che non ho bisogno di nessuna parola, di nessuna stupida consolazione. Non mi lascia la mano, però, continua a stringerla e in qualche modo io mi sento rassicurata. Per un momento mi sembra tutto di nuovo come era fino a poco tempo fa. Non lo è più, lo sappiamo entrambi.
Quasi senza accorgermene scoppio di nuovo in singhiozzi e mi ritrovo aggrappata alle sue spalle, mentre lui stringe a sé, il viso affondato tra i miei capelli, e mi sussurra che andrà tutto bene.
Per un momento quasi ci credo.


Non so che ore sono quando apro piano la porta di casa, ma l'ora di pranzo è passata da un pezzo. Daniel mi ha chiamata un paio di volte, ma io ho preferito non rispondere, non ci riuscivo, forse anche perché ero assieme a Fabio. Già, come se il ritorno di mio padre non fosse bastato, ora Fabio doveva mettersi a fare l'amico quando io stavo cercando di odiarlo con tutta me stessa, forse perché in un certo senso sarebbe stato più facile. Avevo voglia di maledire tutti, ma soprattutto me stessa... possibile che non riesca mai ad essere sincera con me stessa? Che continui a cambiare idea ogni minuto?
Dan mi è addosso nel momento stesso in cui mi chiudo la porta alle spalle e ringrazio il cielo per essere riuscita a calmarmi. Ho chiuso la rabbia e la tristezza in un angolo della mia mente e non ho intenzione di lasciarle uscire finché sarò in compagnia, perciò mi sforzo di sorridere, con aria vagamente colpevole.
«Mi hai fatto morire di paura, dove diavolo sei stata?» attacca subito Daniel, serio.
Non so come, sostengo il suo sguardo. «Ho incontrato una mia vecchia compagna di classe e mi sono fermata a mangiare un panino con lei» invento sul momento, con voce inaspettatamente rilassata.
Cavoli, non credevo di poter mentire tanto bene.
«E perché non hai chiamato?» chiede lui, sospettoso. «Ci siamo preoccupati» aggiunge, con aria di rimprovero.
Mi stringo nelle spalle, con aria colpevole. «Non so, non ci ho pensato...» rispondo, vaga ma piuttosto convincente.
Daniel mi guarda poco convinto e fa per aggiungere qualcos'altro, ma fortunatamente mia madre ci raggiunge praticamente saltellando.
«Michelle, dove eri sparita?» domanda, allegra, per poi afferrarmi il braccio e – senza nemmeno darmi il tempo di rispondere – trascinarmi in salotto.
«Non indovinerai mai chi è venuto a trovarci!»
Per un momento ho quasi paura di vedere di nuovo mio padre, ma non è lui quello che si alza dal divano con un enorme sorriso che, sollevata, ricambio.
«Zio!» esclamo con voce acuta, correndogli incontro.
Lui mi accoglie tra le sue braccia ridendo. Mi è mancato, come mi sono mancate zia Lori, Carlotta e soprattutto Madelyn. È una tortura vivere così lontana da tutta la famiglia e – in generale – da persone alle quali voglio un mondo di bene. A volte invidio Alice o Fabio quando, per strada, incontrano un qualche cugino o zio e si fermano a fare due chiacchiere. A me non capita più nulla di simile da quando vivo qui a Merano, considerando che le uniche persone con le quali potrei fermarmi se le incontrassi per strada spesso sono proprio quelle con cui esco.
«Cosa ci fai qui?» domando, dopo aver sciolto l'abbraccio.
Lui lancia uno sguardo verso la camera degli ospiti, dove probabilmente c'è la nonna.
«Non potevo lasciarvi sole con Marie» pronuncia quel nome con una punta di amarezza e io lo abbraccio di nuovo, questa volta con meno foga. «Ma a quanto ho potuto vedere non siete esattamente sole» aggiunge poco dopo.
Mi stacco da lui e mi volto automaticamente verso Daniel, che fa un sorriso vagamente imbarazzato. Improvvisamente ho voglia di stringerlo a me e coccolarlo, tanto è tenero.
«Come stanno zia Lori e Carlotta? E Mad?» domando interessata poco dopo, sedendomi sul divano difronte a lui.
«Uhm, vediamo... la zia ce l'ha con me perché sto ospitando una mia vecchia amica...»
Dietro di me qualcuno si schiarisce sonoramente la voce.
«Okay, la mia ex moglie vedova e i suoi figli.»
Mi volto verso mia madre, che sta guardando zio Michele con aria di rimprovero.
«Sì, Mad me ne aveva parlato» mi limito a dire, seria.
Dan, nel frattempo, si siede sul bracciolo del divano e mi prende la mano. Io gli lancio un'occhiata affettuosa che lui ricambia.
«Già, nemmeno lei ne è tanto entusiasta, anche se credo che stia cominciando a fare amicizia con Nicola» ammette lui.
Il modo in cui pronuncia “amicizia” mi fa drizzare le orecchie. «E chi è Nicola?» domando, senza nascondere la curiosità.
«Il figlio maggiore di Emma» spiega.
«Oh...» mi limito a dire, per poi guardarlo come per incitarlo ad andare avanti.
«Sì, comunque direi che stanno tutti piuttosto bene, non molto entusiasti all'idea che venissi» sospira.
Nei successivi secondi di silenzio mi sembra di sentire una specie di gorgoglio proveniente dalla cucina e mi volto verso Daniel, perplessa. Lui in tutta risposta si gira verso la mamma.
«Cleo, credo che il caffè sia pronto» le fa notare, indicando con un cenno della mano la porta aperta alle sue spalle.
Lei si batte una mano sulla fronte ed esibendo un sorriso vagamente colpevole si affretta ad andare in cucina.
«Come sta tua madre piuttosto?» chiede lo zio non appena è sparita, a voce più bassa.
Aggrotto la fronte, spaesata. «Cosa intendi?»
«Mi sembra strana» mi fa notare lui, serio. «In più è dimagrita un sacco dall'ultima volta» aggiunge.
Dio, sono una frana in queste cose, probabilmente è perché la vedo tutti i giorni, ma non l'avevo notato per niente.
«Non lo so, quand'è stata l'ultima volta?» chiedo, lanciando un'occhiata veloce alla porta della cucina.
«Al funerale del nonno» lo dice nello stesso identico momento in cui mi torna in mente e per un attimo nessuno dei due dice nulla, colti a sorpresa dal ricordo del nonno. È morto l'estate scorsa dopo mesi di agonia. Tumore allo stomaco, è stato orribile. Mi ricordo ancora che in poco meno di un mese è dimagrito a vista d'occhio, finché non è più riuscito ad alzarsi dal letto. Dormiva quasi tutto il giorno e quando era sveglio spesso il dolore era così forte da farlo urlare e non mangiava nulla. Lo so perché la mamma è andata a stare da lui per un periodo, teoricamente io sarei dovuta rimanere a casa, ma alla fine ero rimasta praticamente sempre lì anche io. Mi vengono i brividi ogni volta che ci penso. Zio Michele era arrivato una settimana prima della sua morte assieme a zia Loredana, Mad e Carlotta, e sono rimasti dopo per aiutare me e la mamma a sgomberare l'appartamento. La mamma non aveva pianto molto il giorno del funerale, nemmeno un attimo, ma aveva il viso devastato, lo ricordo ancora benissimo e mi fa venire la pelle d'oca.
È un attimo, il ricordo affiora nella mia mente senza che nemmeno me ne renda conto, e stringo convulsamente la mano di Daniel.

Mi guardo attorno cercando di mettere a fuoco le persone che ho attorno attraverso lo spesso velo di lacrime. Nonostante ormai fosse evidente che stava per lasciarci non riesco ad abituarmi all'idea che non ci sia più, che non mi farà più vedere i filmini della mamma quando era piccola o che non passeremo più i pomeriggi a giocare a carte o a scacchi. Non ci ho mai parlato molto, era uno di quelli che preferisce stare in silenzio in ogni occasione, se non per qualche commento burbero. Ho sempre notato che la mamma si sentiva un po' a disagio assieme a lui, come anche zio Michele, ma per me non è mai stato così.
Ci saranno poco più di una decina di persone e, stringendomi nelle braccia, mi rendo conto della rabbia che sento sul fondo dello stomaco. Si meritava di più, più persone, più lacrime... non tutta la sofferenza che ha dovuto subire. Mi lascio sfuggire un singhiozzo e sento la mano di Madelyn sulla mia spalla. Ha un che di rassicurante.
Mi guardo alle spalle di nuovo, quasi sperando di vedere qualche persona in più... la nonna, per esempio: ancora non riesco a credere che non sia venuta.
Lascio le lacrime che mi riempiono gli occhi scivolare sulle guance e riesco a mettere a fuoco il cimitero. Non c'è nessuno, eccetto che per un uomo vestito di scuro che sembra guardare da questa parte, non posso dirlo con certezza perché l'unica cosa che riesco a vedere del suo volto è che porta un paio di occhiali scuri. Ha un mazzo di fiori freschi in mano. Qualcosa nella sua figura mi sembra familiare e mi domando se per caso l'abbia già visto da qualche parte, per poi darmi della sciocca. Come potrei riconoscerlo, anche se lo avessi già visto, se non vedo neppure la sua faccia?
Per un attimo ho la sensazione che si sia accorto della mia occhiata e che la ricambi e sento un brivido percorrermi la schiena, ma non riesco a distogliere lo sguardo.
«Michelle, tesoro» sussurra mia madre.
Sussulto e mi volto verso di lei, che mi indica con un'occhiata l'uomo che, con le lacrime agli occhi, mi porge la mano per farmi le condoglianze.
Sono strette di mano e baci sulle guance bagnate per i successivi dieci minuti, poi restiamo ancora un po' a guardare la lapide di granito mentre la bara viene coperta di terra. È così strano, la settimana scorsa l'ho battuto per la prima volta a scacchi e ora guardo mentre lo seppelliscono. Mi stringo alla mamma: sta piangendo anche lei. Per un momento sento il bisogno di proteggerla, lei non ha nessun altro. È strano, quando vedo la mia mamma piangere.
Ci allontaniamo poco dopo, stretti l'uno all'altro come se avessimo paura che qualcos'altro di brutto accada all'improvviso. Mi volto un'ultima volta verso la tomba e vedo l'uomo di prima posare i suoi fiori lì accanto. Noto che indossa un berretto nero con delle iniziali, probabilmente quelle di chissà quale squadra sportiva, stampate in bianco sopra. Strano, mi sembra di averlo già visto... o meglio, mi sembra di conoscere qualcuno che ne aveva uno uguale, e qualcosa mi dice che chiunque sia, l'ultima volta che l'ho visto ero ancora piccola.
Bah, coincidenze.

«Scusate un momento» mormoro, con voce strozzata.
Lascio la stanza prima che qualcuno possa dire qualsiasi cosa e mi chiudo in bagno. Mi viene da vomitare, anche se non capisco esattamente il motivo.
Mio padre... mio padre era già tornato. L'estate scorsa, al funerale del nonno, era lui, ne sono sicura. Ma perché? Che io sappia non lo conosceva nemmeno tanto bene.
Mi passo una mano tra i capelli e scivolo per terra, la schiena contro la porta. Questo cambia le cose? Se sì, in meglio o in peggio? Dio, mi gira la testa: ho davvero solamente voglia di nascondermi sotto le coperte e dormire, senza pensare a nulla di tutto questo. Perché? Perché adesso? Possibile che non mi sia concesso neppure un minuto di spensieratezza? Se non è Fabio e mio padre, se non è mio padre è mia madre. Già, mia madre... ora che ci penso zio Michele aveva ragione quando ha detto che è strana. È strana da tanto tempo in effetti: mangia meno e dorme di più, si stanca molto più facilmente e spesso non è a casa quando dovrebbe, e quando torna elude le mie domande su dove sia stata. In più, la nonna si preoccupa per lei, e qualcosa mi dice che è per lei che è venuta fino qui.
Esco dal bagno una manciata di secondi dopo, sebbene non mi sia ancora calmata del tutto, attirata dalle voci concitate in salotto. Sembra che lo zio abbia espresso ad alta voce le domande che io mi ponevo fino ad un secondo fa nella mia testa.
La mamma è in piedi e si passa una mano tra i capelli, anche lo zio è in piedi e sembra preoccupato. Lancio uno sguardo a Dan che mi raggiunge, serio, e mi stringe forte la mano. Cos'è, sa anche lui qualcosa che io non so?
«Michele piantala per favore, non c'è nulla che non va» sbotta la mamma, con voce tremante.
«Piantala, si vede lontano un miglio che invece c'è!» ribatte lui, sembra arrabbiato.
Nessuno dei due sembra accorgersi che sono arrivata anche io. Probabilmente se lo avessero fatto avrebbero smesso di urlare.
«Anche se ci fosse non sarei tenuta a dirtelo!» protesta lei, vicina alle lacrime.
Sento qualcosa di freddo prendermi lo stomaco. Sì, c'è qualcosa... si vede nei suoi occhi, sembra terrorizzata.
«Cleo sono tuo fratello, per Dio! Se c'è qualcosa che non va devi dirmelo!»
Il suo tono spaventato non fa altro che farmi sentire peggio. Mi rannicchio contro il petto di Daniel, che mi stringe forte. Sto tremando, cazzo.
«Io sono preoccupato per te» aggiunge, facendo un passo avanti e sfiorandole la guancia.
Lei abbassa il volto e comincia a piangere. C'è qualcosa di orribilmente sbagliato in quello a cui sto assistendo: la mamma che piange, zio Michele spaventato... cosa sta succedendo?
«Mamma...» implora quest'ultimo.
Noto solo adesso la nonna, seduta praticamente impassibile sul divano che sorseggia il caffè: ha sempre avuto uno straordinario sangue freddo in cose di questo genere. Con lentezza esasperante, posa la tazzina sul tavolino da caffè tra i due divani e si liscia la gonna, per poi spostare lo sguardo sulla mamma, che continuando a piangere, si siede sul bracciolo del divano, esattamente dove Dan era seduto fino a qualche minuto fa. La nonna si alza e le si avvicina, per poi posarle una mano sulla spalla e guardare Michele seria.
Non è niente. Non è niente... Continuo a ripetermi, cercando di frenare il tremore delle gambe e delle mani e di trattenere le lacrime.
Non è niente, non può essere niente. Sono già successe troppe cose oggi.
Cala il silenzio per qualche secondo, rotto solo dai singhiozzi soffocati della mamma. La nonna si volta verso di me e, per un secondo, esita.
«Cleo ha un tumore maligno al fegato con metastasi a intestino e pancreas e in stato di avanzamento» mormora, un tremolio appena evidente nella voce. «Comincerà la chemioterapia domani mattina.»























*** Spazio Autrici ***

Salve (: scrivo da Porto San Giorgio dove starò per il prossimo mese perciò – dato che Lalla parte tra qualche settimana – probabilmente tarderemo ad aggiornare durante l'estate... comunque non smetteremo di scrivere, dunque restate “collegati” xD

Per quanto riguarda il capitolo spero nessuno di voi mi voglia morta adesso xDD Vi avverto che il capitolo quattordici sarà parecchio triste, ma conterrà una sorpresa (che probabilmente non sarà più una sorpresa perché verrà svelata già nel prossimo capitolo >.<) Cooomunque sono davvero curiosa di sentire le vostre opinioni riguardo alla faccenda di Davide (molti di voi probabilmente l'avevano già capito >.<) e anche a quella di Cleo.

Uh, quasi dimenticavo la notiziona *O* (rullo di tamburi) ebbene sì, cari, io e Lalla abbiamo deciso di proseguire la saga con un Drawing a Song 3 (ancora del tutto in fase di progettazione)... muahah, siamo inarrestabili, ci avrete qui per il resto della vita xD (ovviamente sì, e poi tu sai già le mie idee per un ipotetico Drawing a song 4! Ahahahahahah! NdLaLLa) comunque, questa nuova fic parlerà ancora di Mad e Michelle nella loro adolescenza, i dettagli della trama (soprattutto per quanto mi riguarda) sono ancora da definire (sì, diciamo che è tipo come se Drawing a song 2 fosse spezzato in due parti, tanto per capirci >.< NdLaLLa)

Visto che certamente vi ricordate la faccia di Davide (per chi non avesse letto Drawing a Song è Leo DiCaprio u.u) passiamo direttamente a ringraziare tutti coloro che seguono, “preferiscono”, “ricordano” e anche solo leggono questa fic, per poi passare a rispondere alle recensioni.

nana_85 contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto, spero che la fic continui a piacerti, soprattutto considerando che sta prendendo una piega decisamente diversa da DS... lo so, Mad e Michele sono dolcissimi ** io personalmente li amo ;D per il resto lascio a Lalla >.<  (oh sì tesoro, Nicola geloso, nonostante tutto, è molto molto moolto affascinante e terribilmente tenero :DD E la scena tra figlia e padre è bellissima, quanto vorrei avere con mio padre il rapporto che Mad ha con il suo çoç NdLaLLa) bene cara, speriamo di continuare a vedere le tue recensioni, grazie mille per il tuo supporto... we love youu **

LaIKa_XD eeeh, Gianluca è Gianluca... xD sì, anche secondo me è adorabile, ma anche Nicola ha i suoi bei momenti. Come ho già detto, adoro Mad e Michele, ma per quanto riguarda la nonna.. mh.. non ho ancora ben deciso da che parte schierarmi, infondo è stata egoista a lasciarli, ma è sempre stata pronta ad aiutare Cleo quando ne ha avuto bisogno, come poi si vedrà. Comunque, Lalla, a te l'onore di proseguire xD (effettivamene la nonna a me sta simpatica a volte, però ho cercato di vederla dal punto di vista di Mad e dev'essere ben dura cercare di portarle rispetto dopo quello che le ha fatto, no? Comunque grazie mille per il parere sul carattere di Mad, l'ho apprezzato moltissimo! <3 NdLaLLa)  grazie mille per le recensioni e per il supporto, spero davvero che i capitoli continuino a piacerti e che continuerai a seguirci ** love youu <3

vero15star aaah, Gianluca eh? *sguardo malizioso XD anche io lo adoro, secondo me lui e Mad insieme sono dolcissimi ** vedremo, comunque, è tutto in mano della mia collega qui xD a lei i commenti :D (ahahah! Beh sì, Giangi è tenero, ed è per questo che l'ho creato :) Anche per confondere le idee a Mad, onestamente... vabbeh sto zitta sennò ti spoilero tutto e non va affatto bene xDD NdLaLLa) grazie infinite per il tuo supporto e per continuare a credere in noi capitolo dopo capitolo, non sai quanto è fondamentale per la storia avere persone come voi che ci seguono nonostante tutto **  (quoto tutto! *w* NdLaLLa) we love you honey <3

ashleys tutte team Daniel eh? Eheh, lo amo anche io, anche se non sono ancora ufficialmente schierata :D (non preoccuparti Ale, la obbligo io in ogni caso :D Sono disposta anche a puntarle un coltello alla gola, oppure a gettarle un secchio d'acqua gelata mentre dorme pur di farle scegliere Dan alla fine... eeh, come le voglio bene :DD NdLaLLa) comunque fai bene ad aspettare a schierarti, non sai cosa sta macchinando la nostra Lalla, qui xD (SSSSSSSSSH! NdLaLLa) non voglio spoilerare, (ecco, brava :D NdLaLLa) perciò lascio a lei i commenti riguardanti il suo capitolo ^^  (mi aspettavo un finale di frase diverso, però vabbeh xDD Prima di tutto grazie per essere riuscita a recensire, e capisco che con l'estate si è tutti più impegnati e tra parentesi: non dirlo a me, ho passato un weekend fresco da favola in montagna e infatti non sono riuscita a sistemare i codici entro domenica >.< Dettagli :DD Per la tua preferenza sui maschioni Nik/Gian rimango in attesa, e sappi che esigo un tuo parere su chi è meglio secondo te u.u E' una minaccia! xD NdLaLLa) bene, non ti preoccupare se non riesci a recensire sempre, il tuo sostegno è importante per noi come il fatto che riesco comunque a trovare il tempo per leggere la nostra fic ^^ grazie mille, we love you **

alla prossima ;D
Leslie and Lalla

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Capitolo 13
*** I missed you. ***










capitolo 13 + note

13. I missed you




Lunedì 22 aprile

Madelyn's Pov.

«Che libro è?»
Sandra me lo alza senza nemmeno spiccicare una parola, troppo assorta nella lettura.
Io leggo il titolo. Mai sentito. «Com'è?»
Sandra storce il mento con aria annoiata, come per dire “passabile.”
Sorrido tra me e me.
Fa sempre così, con tutti i milioni di libri che ha letto – solitamente legge un libro al giorno, è peggio di me a divorare i libri –, pure con quelli che le sono piaciuti di più. Storce il mento e non risponde. Ma in cuor mio so che dentro di lei pensa molte cose. Sì, è fatta così. E' strana. Ma è proprio per questo che mi piace. E credo che sia una delle amiche più dolci, disponibili e attente che io possieda.
Intanto, il prof. di Filosofia sta spiegando la sua solita, monotona lezione. Oggi non ho proprio voglia di ascoltarlo. E poi ho decisamente altro a cui pensare.
Prima di tutto ieri, per tutto l'intero giorno, mia madre ha tenuto il muso ed era facilmente irritabile, e la cosa che più mi da fastidio è che non so esattamente il motivo. Insomma, qualche ipotesi ce le ho: potrebbe avere il ciclo – però non mi convince, di solito non si “trasforma” così tanto – oppure è successo qualcosa di più concreto. Forse ha litigato con papà... Oppure è arrabbiata con lui perché di punto in bianco ha deciso di andare a trovare la zia Cleo. Non lo so proprio.
In più, come se questo non fosse bastato a rovinarmi la giornata, anche Nicola ieri era strano. Prima di tutto non mi ha mai rivolto la parola – tolto a pranzo quando mi ha chiesto se potevo passargli l'olio per condire l'insalata – e poi ha passato tutto il pomeriggio fuori con i suoi amici, e non so neanche con esattezza con chi fosse. E questo mi ha alterata ancora di più. Il punto è che la spiegazione del suo comportamento è una sola: mi sta chiaramente evitando. Ma perché?! Io non gli ho fatto un emerito niente, maledizione. A parte essere tornata a casa in macchina con un perfetto sconosciuto... ma lui questo non lo sa. Insomma, potrebbe benissimo essere un mio normale amico. E allora perché fa così? Cioè vuol dire che, ora che sto con lui, non posso più vedermi con i miei amici? Okay, appena posso devo assolutamente parlargli.


Appena apro la porta d'ingresso, mi precipito in camera mia senza spiccicare parola. Anzi, a dire la verità, non mi accerto nemmeno che ci sia qualcuno in casa.
Oggi ho fatto educazione fisica a scuola e adesso sono sudata e puzzo come una capra. Ho un estremo bisogno di entrare in doccia – anche perché non voglio assolutamente che Nicola mi veda in queste condizioni pietose.
Apro il getto della doccia al massimo e intanto comincio a spogliarmi e a buttare nel cestino delle cose da lavare i vestiti.
Dopo pochi minuti, sono dentro con il getto puntato sulla schiena. L'acqua che mi bagna il corpo è tiepida, leggermente calda, proprio come piace a me. Nella mia mente parte la canzone You're beautiful. Non posso fare a meno di cantare, così abbozzo il ritornello a bassa voce.

You're beautiful, You're beautiful. You're beautiful, it's true.
I saw your face in a crowded place, And I don't know what to do,
'Cause I'll never be with you.

Riesco a sentire la chitarra e la voce di James Blunt che canta insieme a me. E' tutto così perfetto. Ad ogni secondo che passa mi sembra sempre più vero e, senza rendermene conto, alzo anche il volume della voce.
Quando ho finito di sciacquarmi il balsamo dai capelli, esco senza aspettare altro.
Mi avvolgo l'asciugamano sotto le ascelle in modo che mi copra quasi tutto il corpo, dopodiché apro la porta del bagno e mi dirigo in camera velocemente.
Mentre sto entrando nella mia stanza, mi sistemo anche il secondo asciugamano nei capelli, e per un momento chiudo gli occhi. Quando richiudo la porta, sento che due mani grandi mi afferrano i fianchi con forza. A quel tocco così forte e deciso sussulto.  
«Lasci una scia di profumo irresistibile, Mad.»
Non ho la forza di dire una sola sillaba.
«Sei bellissima» mi sussurra all'orecchio, poi inizia a baciarmi il collo con dolcezza.
Mille brividi mi percorrono come serpenti la schiena e allo stesso tempo lo stomaco.
«Nik, no...» finalmente mi decido a parlare e cerco di fermarlo, tra un sospiro e l'altro.
«Perché no? Ci siamo solo noi in casa» borbotta, iniziando a toccarmi il seno con le mani.
«Sì, ma...» mormoro, mentre l'ennesimo brivido mi fa sussultare.
«Non posso continuare così» fa lui, assumendo improvvisamente un tono di voce serio. Poi mi fa girare verso il suo viso in modo da guardarmi negli occhi. «Lo capisci che solo vedendoti inizio a eccitarmi? Cavolo, sei una cosa... non lo so, non l'ho mai provato con una ragazza. I tuoi occhi così profondi, la tua pelle liscia e chiara, il tuo corpo magro e perfetto...»
A queste ultime parole, sento un forte groppo alla gola che mi impedisce di parlare.
«Ti prego, Mad.»
Lo guardo interdetta per un po' e poi alzo un sopracciglio. Cos'ha intenzione di fare?
«Togliti l'asciugamano.»
Oh mio Dio. Non... non ci posso credere. Oddio, lo ha detto davvero? Oh Santa Madonna, è... è completamente fuori di testa, maledizione! Io non posso farlo. Non ce la faccio. Non così, non subito, non qui...
«Nik... io...» balbetto, iniziando a respirare affannosamente per l'agitazione.
«Sì, so che lo vuoi.»
Ma no, porco diavolo, che caspiterina ha capito?!
«No» ribatto, questa volta con più convinzione.
Lui rimane a fissarmi confuso. «Non...non vuoi?»
«No, Nik» ripeto per la centesima volta. «Non posso... non così. Io... insomma, io...»
«Tu...?» mi incoraggia lui, accarezzandomi una guancia.
Prendo un respiro bello profondo per farmi coraggio. «Io sono ancora vergine» sputo fuori, tutto d'un fiato.
Per numerosi secondi che a me sembrano infinite ore rimaniamo in silenzio tutti e due.
«Ah, ho capito» dice lui, annuendo. «E' che credevo che... non fa niente.»
«Cosa credevi?» gli domando, prendendogli il mento tra le dita.
«Che tu volessi» risponde, con un sospiro. «E onestamente pensavo anche che tu lo avessi già fatto. Insomma, sei... sei una bella ragazza e mi chiedo come i tuoi ragazzi prima di me abbiano fatto a resisterti.»
Sorrido, senza troppo entusiasmo. «Infatti non lo hanno fatto.»
Nicola annuisce un'altra vota, vagamente. «Ho capito» borbotta, facendosi cupo in volto.
«Scusa» aggiungo, con un fil di voce.
«No, scusami tu» afferma lui, poi si stacca da me rapidamente.
Io provo ad avvicinarmi a lui con il viso, per cercare di baciarlo, ma lui si scansa prima.
«No, io... devo andare» balbetta, dopodiché esce dalla porta a passi decisi.


«Cri, oggi pomeriggio cosa fai?» domando alla mia migliore amica, che è dall'altra parte della cornetta del telefono.
«Mmh, avevo in programma di esercitarmi in mate, visto che settimana prossima abbiamo la verifica. Però posso sempre rimandare.»
Faccio un sorriso che fa da un orecchio all'altro. «Perfetto.»
«Perché, cosa avevi intenzione di fare?» mi chiede lei, interessata.
Faccio finta di pensarci, ma in realtà so già cosa le dirò. «Beh, potremmo andare a fare un giro da qualche parte» butto lì, con finta noncuranza, poi aggiungo – buttando l'amo: «Ho così tanto da raccontarti.»
«Okay, dammi il tempo di finire di pranzare e sono da te.»
Abboccato.


«Non ho mai avuto un così forte bisogno di fumarmi una sigaretta.»
Cristina si volta verso di me e spalanca la bocca alla massima estensione. «Da quando fumi?!» sbotta, non credendo alle sue orecchie.
«Da quando la mia vita va a rotoli» rispondo, tranquilla.
«Ecco, mi devi raccontare che cosa sta succedendo» afferma lei, con convinzione.
Ecco un altro motivo per cui adoro Cristina: ti ascolta e non ti giudica.
«Troppe cose in troppo poco tempo» dico io, prendendo dalla borsetta il pacchetto di Winston Blu. «Non ho quasi il tempo di respirare, mi sento soffocata da tutto e tutti.»
«Va così male?» mi chiede lei, guardandomi seria negli occhi.
Annuisco un paio di volte. «Diciamo.»
«Dai, raccontami tutto.»
Io, prima di cominciare, accendo la sigaretta con un lungo tiro e poi rimetto in una tasca interna della borsetta l'accendino. «Beh, tu a che punto sei arrivata con Nicola?»
«Mmh» fa lei, pensandoci su. «Esattamente quando Chiara ti ha minacciato di “spezzarti le ossa”» l'ultima frase la pronuncia con una smorfia e facendo i segni delle virgolette con le dita.
«Oh, sei ben indietro allora» commento io, con un sorriso non del tutto entusiasta.
«Lo so.»
Io faccio un altro tiro, poi inizio a raccontare: «Beh, Nicola l'altro giorno l'ha mollata» con la coda dell'occhio vedo che Cristina allarga le palpebre, «e non è tutto, indovina con chi ci ha provato poi?»
«Oh mio Dio, Mad!» balbetta, sconvolta.
«Già» sospiro io. «E la cosa sarebbe fantastica, solo se non esistesse Chiara e se...» A questo punto mi blocco, non trovando le parole.
«E se?» mi incoraggia lei.
«E' che...» mormoro, facendo un forte respiro. «Ho paura che Nicola punti su una cosa.»
Cristina rimane imbambolata a fissarmi. Forse spera di aver capito male o che sia comunque un'altra cosa rispetto a quella che starà sicuramente pensando.
Io a mia volta rimango in silenzio, deglutendo forte e facendo un tiro di sigaretta dopo l'altro.
Finalmente Cristina si decide a parlare. «Vuole...?»
«Sì, vuole quella cosa» concludo io, con un tono improvvisamente neutro.
«Ma ne sei sicura?»
«Assolutamente sì.»
«E da cosa lo deduci, scusa?»
«Oh beh, si capisce benissimo!» esclamo, facendo una risata amara. «Prima di tutto, al nostro primo bacio mi ha messo le mani lì. Cosa che non mi era mai successa. Insomma, anche Giorgio stava con me solo per scoparmi, eppure al nostro primo bacio aveva avuto un minimo di riguardo. Nicola invece no, ed è questo che mi ha fatto restare completamente basita.»
Cristina rimane un'altra volta a guardarmi. Probabilmente anche a lei sfuggono le parole.
Io, con mio grande stupore, ho la forza di continuare: «Poi stamattina quando sono rincasata, sono entrata in doccia e lui mi ha visto in accappatoio e mi ha esplicitamente detto di spogliarmi.»
«Ma è un pervertito!» lo accusa lei, allucinata.
Io alzo le spalle, senza riuscire né a confermare né a negare. «Comunque un altro fatto strano è che ultimamente lui è stra taciturno. Insomma, domenica è stato tutto il tempo via e oggi, dopo che gli ho detto che non volevo fare le cose così in fretta, se n'è andato come se gli avessi appena ucciso il gatto. Cioè, io non so davvero che cosa fare.»  
«Ma gli hai chiesto chiarimenti?» chiede lei, inarcando le sopracciglia.
«Ho provato a fargli qualche domanda, e lui mi ha detto che credeva che non fossi vergine e cose così.»
«Quindi, in conclusione, lui era convinto che tu ci stassi.»
Io per tutta risposta annuisco.
«Non lo so Mad, secondo me se non riesci ad andare avanti così dovresti chiedergli esplicitamente cosa gli sta succedendo. Anche se sappiamo già quale sarà la sua risposta.»
«Sì, lo immagino già. Il punto è che non so se lo voglio sapere. Cioè, dev'essere proprio bello sentirsi dire dal proprio ragazzo “stavo con te solo perché volevo scoparti.” Almeno la relazione con Giorgio e gli altri l'avevo finita io. Okay, avevo sofferto, però almeno non sono stata mollata. Insomma, ho un po' di orgoglio anche io, eh.»
Cristina annuisce. «Allora tesoro, forse dovresti mollarlo.»
Distolgo lo sguardo, colta da un'improvviso nodo alla gola. Gli occhi, ad ogni secondo che passa, diventano sempre più umidi e non voglio che mi veda nessuno piangere. Odio piangere davanti alle persone.
E' vero, non ci avevo ancora pensato a porre fine a tutto. Ero troppo sicura che lui avrebbe capito, che mi avrebbe perfino detto che non ci avrebbe provato più e che avremmo continuato a stare insieme in ogni caso. Ma, d'altronde, è sempre la stessa storia che si ripete: io, la innocente ragazzina vergine che si rifiuta di darla al proprio ragazzo, che rimango sola.
Con Nicola però sono stata insieme solo due stramaledetti giorni, porca troia.
«Stai tranquilla, vedrai che lo troverai, un ragazzo con la testa a posto» afferma Cristina, abbracciandomi con affetto.
Io rimango inerte tra le sue braccia, quasi rifiutando la sua pietà. Non voglio. Non voglio essere presa ogni volta per la vittima.
Dopo pochi secondi mi stacco dalla sua presa e butto la sigaretta per terra per poi spegnerla con il piede.
«No, mi farò andare bene questo» affermo, serrando i pugni.


Appena rientro, trovo mia madre in cucina che sta preparando la cena. Quando si accorge che sono rientrata, non mi saluta nemmeno.
«E' successo qualcosa?» domando, interdetta.
«No» mi risponde lei, con un tono che non ammette repliche. «Fammi un favore piuttosto, dato che sono in ritardo.»
Io alzo gli occhi al cielo, però le dico “dimmi” senza ribattere.
«Vai a buttarmi lo sporco e quando ritorni apparecchia la tavola, che tra meno di un'ora dovrebbe essere qui papà.»
«Okay.»
Afferro il sacchetto della spazzatura accanto alla porta d'ingresso dopodiché esco stancamente. Mi avvio verso il cassonetto dall'altra parte della via canticchiando un motivetto improvvisato.
Dopo averlo buttato, mi volto verso casa e vedo che Nicola sta girando l'angolo della mia via.
Abbozzo un sorriso, pronta a dirgli il discorso che avevo preparato con cura insieme a Cristina.
Prima di avvicinarmi a lui però, mi accorgo che non è solo. Inarco un sopracciglio, confusa. Cosa ci fa al suo fianco Chiara?
Decido in fretta di nascondermi dietro il cassonetto, mentre il cuore aumenta i battiti.
Riesco a sentire a malapena quello che dicono, così affino l'orecchio e cerco di respirare senza fare rumore.
«Sì, è stato proprio un bel pomeriggio» dice lei, con il suo tono di voce acuto che si potrebbe benissimo paragonare a una torta con troppo zucchero e caramello. Sì, quella che ti fa venire il voltastomaco solo a guardarla. Figuriamoci assaggiarla.
«Anche io mi sono divertito» afferma Nicola, sorridendole per poi appoggiare le mani ai suoi fianchi. «E scusami ancora.»
Chiara si avvicina a lui con il viso e gli sussurra a fior di labbra qualcosa che non riesco a capire.
Il mio cuore perde un battito.
«Ci vediamo domani» dichiara poi lui, guardandola dritto negli occhi.
Lei si alza in punta di piedi e annulla la poca distanza che c'è tra la sua bocca e quella di Nicola.
Quell'immagine è esattamente come una coltellata dritta nello stomaco.
Subito dopo una lacrima mi scende lungo la guancia sinistra e appoggio completamente la schiena contro il cassonetto in modo da non guardarli più. Chi se ne frega se è sporco o se c'è puzza. In questo momento, poi, non riuscirei nemmeno a percepire gli odori.
Subito dopo numerose lacrime scorrono sulle mie gote, come un fiume in piena.
«Madelyn.»
Una voce che mi è familiare, ma che in questo momento non riesco proprio a identificare.
«Cos'è successo?»
Alzo lo sguardo, disperata.
E' Raffaele, che mi sta fissando con preoccupazione.
Io singhiozzo e tremo, non trovando la forza di sillabare una sola parola.
Lui si accuccia alla mia stessa altezza e inizia ad accarezzarmi i capelli.
«Dai, calmati, per favore.»
«Non... non ci... riesco» balbetto, reprimendo un gemito.
A questo punto apre le braccia e mi stringe forte a sé. Io mi rifugio dentro di esse e appoggio il viso al suo petto, sentendomi improvvisamente rassicurata.
«Ci sono qui io, piccola» dice lui, continuando ad accarezzarmi con dolcezza.
Rimaniamo così una decina di minuti, poi quando finalmente mi calmo un po', decido di parlare. L'unica frase che riesco a sillabare è “è sempre la stessa storia.”
Raffaele, non so come, capisce al volo e mi stringe ancora di più.
«Lo picchio, quel gay» afferma, con un tono di voce duro e sicuro allo stesso tempo.
Sorrido un poco. Ogni volta che un ragazzo mi fa soffrire il mio migliore amico gli da del gay e gli dichiara guerra – in segreto. E come sempre riesce a trasmettermi un po' di gioia. Raffaele è fatto così: spruzza allegria da tutti i pori e quando sono triste stare con lui è proprio la cura migliore.
«Grazie, Raff» mormoro, tirando su con il naso.
Lui traccia una linea immaginaria lungo la mia schiena e mi stampa un bacio sulla fronte. «Non dirlo nemmeno, è a questo che servono gli amici.»
«Già.»
Detto questo, riesco a staccarmi un poco da lui e gli chiedo se ha una sigaretta – lui è l'unico mio amico che fuma.
Adesso ho ancora più voglia di fumare rispetto a prima.
Raffaele la tira fuori dalla tasca dei jeans e me la porge insieme all'accendino senza fare domande. Anche lui per fortuna non è un tipo impiccione né che ha pregiudizi.
Io la accendo e gli ridò l'accendino. Lui mi fa un piccolo sorriso e a sua volta se ne accende una.
Ci fumiamo le sue Lucky Rosse in silenzio, senza aver bisogno di aggiungere altro.
Non so esattamente come, ma questo mi tira su un po' di morale.
«Lo sai però che non devi iniziare anche tu, vero?»
Annuisco una volta. «Sì Raff, tranquillo. E' solo un periodo un po' così.»
Lui mi mostra un tenero sorriso al quale non riesco resistere: gli scocco un bacio sulla guancia con affetto.
Dio, quanto gli voglio bene.


«Perché ci hai messo tanto?» mi attacca subito mia madre appena rientro in casa.
«Scusami, ho incontrato un mio amico e mi sono fermata a chiacchierare» le rispondo, acquisendo un tono di voce più o meno naturale. Per fortuna che sono riuscita a ricompormi abbastanza velocemente.
«Okay, però prepara alla svelta la tavola. Michele arriva tra dieci minuti.»
Annuisco, dopodiché vado in salotto e inizio a stendere con cura la tovaglia sul tavolo, in modo che aderisca completamente senza formare le solite ondine fastidiose.
«Aspetta, ti aiuto io.»
Alzo lo sguardo e mi ritrovo il viso di Nicola a un metro di distanza da me.
Decido che adesso non è esattamente il momento più adatto per tirare fuori l'argomento “Chiara.”
«No grazie, faccio da sola» replico, in tono neutro.
Dio, ultimamente mi sto stupendo di me stessa e del mio improvviso autocontrollo.
«Sicura?» insiste lui.
«Assolutamente.»
A questo punto, Nicola fa spalline e si abbandona stancamente sul divano accanto a Carlotta e Emanuele che stanno guardando uno stupido cartone animato alla tv.
«Emma dov'è?» chiedo ad alta voce, rivolta a mia madre.
«E' andata al supermercato, doveva comprare delle cose che mi mancavano per la cena, teoricamente è qui a momenti.»
Faccio un vago cenno di assenso con il capo, poi riprendo ad apparecchiare la tavola senza aggiungere altro.
Appena ho finito di appoggiare al suo posto l'ultimo piatto, faccio un profondo respiro e mi siedo sulla poltrona in parte al divano dove sono seduti gli altri.
Fisso lo schermo della televisione ma in realtà non mi concentro per niente sulle immagini. Dopo alcuni minuti, sento che la porta viene aperta e mi volto incuriosita. Emma sta cercando di entrare, ma a causa dei borsoni della spesa pesanti fa fatica a camminare.
Io scatto in piedi per aiutarla. Finalmente mi allontano da Nicola, non ne potevo più di sentire il suo sguardo puntato su di me.
«Grazie mille, tesoro» dice Emma, sorridendomi, grata.
Odio quando cerca di fare la dolce con me.
Io le mostro a mia volta un sorriso forzato.
Insieme portiamo i sacchetti ricolmi di roba in cucina e li svuotiamo, sistemando il cibo ognuno al posto che deve occupare.
«Per fortuna che è in ritardo» sospira la mamma, trafficando con il nastro adesivo di una confezione di carote.
Emma ed io ci limitiamo ad annuire.
Dieci minuti dopo, sentiamo la voce squillante di mio padre dal soggiorno che grida: «Sono a casa!»
Un sorriso entusiasta mi si dipinge sul volto e non posso trattenermi: corro immediatamente da lui e lo saluto praticamente saltandogli addosso. In questo momento un suo abbraccio è tutto – o almeno, quasi tutto – ciò di cui ho bisogno.
Lui mi stringe un poco a sé, poi, quasi subito, si stacca dalla mia presa. A questo punto mi guarda dritto negli occhi ed esclama: «Indovina chi c'è qui!»
Io, troppo spinta dalla curiosità, mi sporgo oltre le sue spalle per capire chi è questa persona misteriosa e, quando mi accorgo che Michelle e un altro ragazzo che non ho mai visto prima d'ora sono a qualche passo da me, lancio un urlo di eccitazione.
Mio papà fa una leggera risata, divertito dalla mia euforia, e dice: «Lo sapevo che saresti stata felice di questa inaspettata visita.»
Io annuisco circa dieci volte, poi senza pensarci una seconda volta, mi avvicino a mia cugina con grossi saltelli.
«Michelle!» urlo, e senza lasciarle il tempo di rispondere, la abbraccio con enfasi. «Mi sei mancata da morire» mormoro poi, percependo il profumo dello shampoo che usa. Dio, mi è mancato perfino sentire questo profumo. Ci sono così legata, forse perché mi ricorda un po' la mia infanzia.
Sento che Michelle ricambia il mio abbraccio con un po' più di forza. «Mi sei mancata anche tu» dice.
Dopo un paio di minuti ci stacchiamo e restiamo per un po' a guardarci negli occhi.
Lei mi sorride e appena esclama: «Fatti guardare!», si allontana di un poco per osservarmi meglio. «Sei una favola!» aggiunge, continuando a sorridermi.
Io arrossisco visibilmente e le mostro un timido sorriso. «Come sempre devi esagerare, tu!» esclamo. Poi la fisso nei dettagli e mi accorgo che lei è un po' cambiata. Per lo meno, adesso sembra molto più stanca e malmessa delle altre volte. Dentro di me faccio spalline, sarà sicuramente esausta per il viaggio che ha appena affrontato. Sì, è sicuramente questo il motivo.
«Uh, hai un nuovo amichetto!» faccio poi, con un sorriso malizioso.
Michelle si gira verso il ragazzo alle sue spalle e lui le sorride. Appena appoggia le valigie, fa qualche passo in nostra direzione.
«Daniel, ti ricordi di mia cugina Madelyn?» gli domanda lei, allegramente.
Lui le mostra un altro sorriso. «Certo, è bello rivederti» dice, lanciandomi un'occhiata.
Io spalanco gli occhi e mi rivolgo a lui: «Come?! Sei Daniel?» esclamo, sbalordita.
Oh mio Dio, quanto cavolo è cresciuto? Prima di tutto si è fatto altissimo – è ancora più alto di Nicola, che sarà almeno un metro e ottanta – e poi ha un fisico mozzafiato, completamente diverso dall'ultimo Daniel tutto-pelle-ed-ossa che avevo visto sette anni fa, a Parigi.
Lui, appena mi vede con quest'espressione alla “non ci posso credere che sei tu”, scoppia a ridere e Michelle gli sorride divertita.
«Colpevole. Ammetto di essere cresciuto un bel po'» dice, con un sorriso che va da un orecchio all'altro. «Ehi, ma anche tu non sei più la bambina che non voleva separarsi dal suo orsetto di pezza!» aggiunge, in tono ironico.
Oh sì, eccome che mi ricordo del mio orsacchiotto Balù. Ci ero molto affezionata a quel peluche: ci giocava prima di me mia madre e quando lei me l'aveva passato, lo aveva “ritoccato” un po' – aveva dei buchi e li aveva riparati con delle toppe. Rammento anche che mi aveva rassicurata dicendomi che era un “tocco di classe” ed io ci avevo creduto inesorabilmente. Da quella volta lo trattavo come un trofeo, e credo che questo a Daniel desse molto fastidio, infatti ne combinava di tutte pur di farmi un dispetto. Me lo rubava quando non c'ero e poi me lo nascondeva, oppure parlava praticamente sempre in francese con Michelle in modo che io non capissi che diavolo stessero dicendo.
Dio, quanti ricordi. Sono così felice che siano venuti a trovarmi.
«Comunque lo conservo tuttora in camera mia, quindi bada a non insultarlo di nuovo!» lo avverto poi, ridendo di gusto.
«Cercherò di trattenermi» si arrende lui, aggiungendosi alla mia risata.
Intanto Michelle continua a sorridergli e lui a ricambiare.
Mmh, ho la netta sensazione che tra loro ci sia qualcosa in più di una semplice amicizia. Anzi, ne sono praticamente certa.
«Prova a dare ancora fastidio a mia cugina e io le dirò del tuo di animale di pezza» lo minaccia Michelle, ironicamente.
«Provaci» risponde lui, guardandola dritto negli occhi.
A questo punto lei gli stampa un grosso bacio sulla guancia.
Okay, il mio sesto senso è insormontabile.
«Hey, voi due!» li interrompo io, alzando un poco la voce. «Avete intenzione di pomiciare ancora per molto?!» scherzo poi.
Michelle diventa tutta rossa e si scusa, sorridendo imbarazzata. «Piuttosto, dimmi di te» comincia dopo una piccola pausa, con un tono che riconosco all'istante. «Ho sentito che hai fatto amicizie interessanti.»
Questa volta sono io che arrossisco. «Mmh, può darsi» dico, vagamente. «Però non mi sembra esattamente il momento e il luogo più adatto per parlarne» mi affretto ad aggiungere. «Ti racconterò più tardi o magari prima di andare a dormire, okay?»
Lei annuisce, compiaciuta. «Perfetto» risponde. «Dove sono gli altri?» chiede poi, non stando più nella pelle.
«Sono dentro» le dico io dolcemente. «Eravamo pronti per cenare, ma credo che dovremo aggiungere un paio di posti a tavola» aggiungo, poi le prendendo la mano con entusiasmo. «Dai, entriamo!»
Mia cugina dice qualcosa che io non riesco a capire, ma io non ci bado molto e in pochi secondi siamo dentro. Lei rimane qualche istante a guardarsi intorno, persa in chissà quali pensieri, mentre Daniel ci raggiunge portando dentro con una facilità quasi sovrumana le valigie.
Intanto sento che mia madre e mio padre stanno discutendo abbastanza animatamente in cucina. Io corrugo le sopracciglia, confusa. Perché cavolo stanno litigando, ora?
Quando mia sorella salta in braccio a Michelle, decido di andare dai miei genitori per capire il motivo della discussione.
C'è anche Emma in cucina che li ascolta senza intervenire.
«E immagino che tu non ti sia nemmeno posto il problema dello spazio!» lo accusa mia madre, probabilmente per la centesima volta. Michele apre la bocca, ma la mamma non gli lascia nemmeno il tempo di ribattere: «Siamo già in sette in questa casa, e ora mi spieghi che diavolo hai intenzione di fare con Michelle e Daniel?»
«Volevo fare una sorpresa a Mad...» borbotta lui, però anche questa volta non riesce a terminare la frase.
«Ma a quanto pare non hai pensato alle conseguenze! Dio, Michele, a volte mi chiedo che miseriaccia hai in testa!»
«Loredana, forse ho una soluzione.»
Mia madre si volta verso Emma, con aria esausta. «Dimmi.»
«Io e i miei figli dopo cena possiamo benissimo prenotare una stanza in albergo» dichiara lei, alzando le spalle.
La mamma annuisce un paio di volte. «Si può fare.»
«Giusto» approva papà. «E poi Michelle e Daniel tornano a casa in treno mercoledì pomeriggio, quindi alla fine dovresti prenotare solo per stasera e per domani notte.»
«Ecco, è perfetto!» esclama Emma, sorridendo un poco.
Michele le ricambia il sorriso, grato.
Io a quel gesto alzo gli occhi al cielo – attenta a non farmi vedere.
«Bene, è tutto sistemato allora» fa mio padre, contento.
La mamma per tutta risposta gli lancia un'occhiataccia che potrebbe farlo incenerire - probabilmente avrà pensato “di sicuro non grazie a te” –, dopodiché non aggiunge altro e si avvia verso il salotto a salutare con entusiasmo Michelle e Daniel.
«Ma buonasera splendore!» esclama, rivolta a sua nipote, con un'improvviso buonumore che, onestamente, non so da dove sia spuntato fuori. «Come siamo diventate belle» aggiunge, con un sorriso.
«Mi dispiace di non aver avvisato» sento che dice Michelle, facendosi piccola piccola.
«Non preoccuparti, non è colpa tua se ho un marito che è peggio di un bambino» ribatte mia madre, stampandole un bacio sulla guancia. «E questo bel giovanotto non sarà mica Daniel?!» sbotta poi, guardandolo da capo a piedi. «Eri uno scricciolo l'ultima volta che ti ho visto!»
Daniel le sorride con imbarazzo. «È un piacere rivederla, la ringrazio molto per l'ospitalità.»
Con la coda dell'occhio noto che Michelle gli ha appena mollato una gomitata allo stomaco in fare ironico.
Io rido divertita tra me e me.
«Suvvia, non mi sembra di essere così vecchia da dovermi dare del Lei» obietta mia mamma, ridendo un poco. «E poi noi due già ci conosciamo.»
Lui annuisce una volta. «Giusto.»
«Come te la passi, zia?» chiede poi Michelle, allegramente.
«Beh, con tutti questi marmocchi in casa non molto bene» scherza, lanciandomi un'occhiata.
Io per tutta risposta faccio una smorfia.
Nicola, che è stato tutto il tempo appoggiato allo schienale del divano, esclama, ironicamente: «Ma non hai sempre detto che ci adori?!»
«Oh, immensamente» precisa lei, con una leggera risata.
Anche Michelle e Daniel si aggiungono alle risate generali.
«Direi che è ora di mangiare» faccio io, appena un brontolio di pancia mi ricorda che ho fame. «Con tutte queste chiacchiere ci siamo dimenticati che abbiamo una cena che ci attende.»
«Sì, hai ragione» afferma mia mamma, poi si precipita in cucina, facendomi notare che mancano due posti in tavola.
Io annuisco e Michelle si propone per aiutarmi, mentre Nicola va con Daniel al piano superiore per portare le valigie nelle camere.


«Bene, grazie mille per la cena» dichiara Emma, alzandosi dal tavolo. «Sono già le dieci, cavolo! E' meglio iniziare a preparare i vestiti per questi due giorni, Nico e Ema!»
Nicola annuisce due volte. «Okay, ti aiuto con le borse.»
A questo punto anche Emanuele si alza e raggiunge la madre e il fratello.
Dopo alcuni secondi salgono le scale di corsa per andare nelle proprie camere.
Proseguono pochi minuti di un silenzio più o meno imbarazzante, interrotto solo dal rumore delle posate che vengono appoggiate sui piatti e di alcuni respiri forse troppo pesanti.
«Allora» fa mia madre, schiarendosi la gola con un colpetto di tosse che non si avvicina nemmeno lontanamente a qualcosa di naturale. «Come va la vita a Merano? Il tempo è incerto come qui?»
«In effetti sì... o meglio, piove sempre» risponde Michelle, bevendo un sorso d'acqua.
Loredana fa un vago gesto di assenso con il capo. «Capito» dice poi. «E tua mamma come sta? Tutto bene, no?»
A questo punto cala un silenzio di tomba nella stanza. Il sorriso che Michelle aveva stampato in faccia fino a qualche secondo fa le muore tra le labbra, e dopo poco noto con la coda dell'occhio che Daniel le ha appena lanciato uno sguardo inquieto e mio padre si è immobilizzato all'istante.
Corrugo un sopracciglio, che diavolo sta succedendo?
Ad ogni istante che passa mia cugina inizia a tremare sempre di più. «Sì, scusate» dice poi in un sussurro appena percepibile all'orecchio umano.
Io appena vedo che ha gli occhi lucidi, sento il bisogno di intervenire; così cerco di incitarla a parlare, mormorando: «Michelle...?»
Detto questo, si alza dalla sedia e corre via, borbottando per la seconda volta un “scusate” e senza curarsi del tovagliolo che ha appena fatto cadere.
Alzo lo sguardo perplessa, e vedo che tutti si sono voltati a guardare mio padre, che rimane impassibile al suo posto senza muovere un muscolo.
Rimaniamo ancora in silenzio.
Odo appena il mio respiro che si è fatto irregolare e poi un gemito soffocato di mia madre. «Cos'ha Cleo?» domanda quest'ultima con disperazione.
«Cleo ha il cancro» sputa fuori tutto d'un fiato Daniel.
Io all'inizio faccio fatica a crederci; mi guardo un paio di volte attorno, forse sperando che da un momento all'altro spuntino fuori i cartelloni di “Scherzi a parte”, o qualcosa del genere. Purtroppo però non è così, infatti Daniel continua il discorso, scandendo bene le parole: «Ha già cominciato la chemioterapia, ma l'ha detto solo ieri, è per questo che Marie è venuta a trovarla... Michelle... lei non è ancora riuscita ad elaborare bene la cosa.»
Le ultime frasi sono come delle coltellate dritte nello stomaco. Forti, dirette e crude. Quelle che ti tolgono il fiato, che ti fanno temere il peggio e che ti fanno contorcere dal dolore.
«Vado da lei» aggiunge Dan, dopodiché si alza anche lui e si dirige a passo spedito al piano superiore, dove prima avevamo sentito Michelle salire le scale.
Proseguono altri minuti, interminabili minuti, di assoluto silenzio.
«Tu... tu lo sapevi?» balbetta mia madre a mio padre.
Michele annuisce appena, incapace di spiccicare parola.
Neanche io effettivamente ho la forza di aprire anche solamente la bocca. Adesso capisco perché Michelle era così malmessa e perché mio padre si comportava in modo strano quando è tornato. E tutto questo mi fa stare male. Mi fa crollare sempre più in basso, quasi come se stessi cadendo da un precipizio profondo diecimila metri. Deglutisco, sperando che con questo gesto riesca a scacciare queste cattive sensazioni. Ovviamente, è un desiderio irrealizzabile.
Credevo di essere arrivata al periodo più brutto della mia vita, con una mamma altamente irritabile e l'ennesimo ragazzo che mi trattava come se fossi un oggetto, ma ho presto scoperto che c'è sempre il peggio.
E adesso, cosa mi accadrà ancora?

















*** Spazio Autrici ***

Buondììì gente! Come butta? Dio, qui fa un caldo torrido. Non ce la faccio piùù T.T Spero che voi ve la passiate meglio di me <.<

Siamo arrivate all'ultimo aggiornamento dell'estate (no dai, non proprio l'ultimo. L'estate è praticamente appena iniziata **). Il prossimo credo che sia verso fine agosto (io non torno prima dal mare ^^'') o giù di lì.

Per quanto riguarda il capitolo: come avrete sicuramente capito, la sorpresa di cui vi avevamo parlato è proprio questa, cioè far passare a Mad e Michelle qualche giorno insieme (:  E beh, non è stato nè facile nè veloce come lavoro, infatti la parte dove sono insieme abbiamo dovuto scriverla insieme io e la mia socia, facendo combaciare sia le azioni che i dialoghi, ovviamente. Ci abbiamo impiegato un bel po' e non abbiamo neancora finito, fate un po' voi x) Speriamo almeno che sia uscita una bella cosa (e, soprattutto, che non risulti troppo noioso ndLeslie). Vi piace come idea?

Per la stesura siamo rispettivamente ai capitoli  17 e 18, e complessivamente, per ora, sono 108 pagine su Word *stappa la bottiglia di champagne (:
Comunque sappiamo già che, prima che io parta (cioè il 17 luglio), finiremo di scrivere la parte "condivisa" in modo da proseguire autonomamente e rispettando ognuna i propri tempi ^^

Beh, l'ultima cosa che mi rimane ora, oltre i ringraziamenti, è dirvi che la fotografia di Raffaele, il migliore amico di Mad purtroppo non riusciamo a farla perché Lindà è collegata con un altro pc e non ha il programma di grafica >.< Però nel prossimo capitolo la posteremo, sicuro ;)

Come sempre, grazie di cuore alle 17 persone che stanno seguendo la storia e alle altre 5 che l'hanno aggiunta nelle preferite! Grazie anche a chi l'ha letta semplicemente, le visite sono tantissime ^^


LaIKa_XD  sì, hai ragione: Lindù nello scorso capitolo è stata bravissima ^^ E sono felice che tu sia felice per il seguito di DS2, davvero :DD Per i dettagli più accurati, passo la linea alla mia socia (:  (hai ragione, povera Michelle xD mi sa che è uno dei personaggi con cui sono stata più cattiva, considerando anche tutto quello che succederà dopo *W*... naturalmente non ti anticipo nulla xD Sì, alla fine Fabio c'è stato quando Michelle ha avuto bisogno di lui, e posso dirti che ci sarà ancora. Non è mia intenzione spezzare cuori in questa fic, questo posso dirtelo (: grazie per i complimenti, ho sempre paura di risultare pesante scrivendo queste scene, ma a quanto pare non lo sono stata... ^^ ndLeslie) Grazie mille per le recensioni checi lasci sempre, per il supporto e per tutto il resto, sei un tesoro ^^ Buone vacanze anche a te! Un mega bacione <33

chiara84  già, Michelle non ha affatto una vita facile... però non tutto è perduto, aspetta di vedere come va avanti ;) (sì, Lindù cara, sto zitta, non dico altro u.u) (brava xD ndLeslie) Per il resto lascio l'onore a lei di risponderti ^^ (sìsì, è proprio come hai detto tu :D non ti anticipo nulla, però, se non magari che i momenti tristi non sono ancora finiti, ma potrai scoprire tutto nel prossimo capitolo ^^ ndLeslie) Beh, a questo punto non mi resta che salutarti e per ringraziarti di tutte le recensioni che ci lasci ** Grazie grazie grazieee! ^^ Buone vacanze allora, ci si sente verso fine agosto ;) Bacione <3

vero15star  oh tesoro, mi dispiace un casino, mi ha fatto davvero stare male leggere la recensione che ci hai lasciato nello scorso capitolo... io... non ho parole, veramente. Spero davvero con tutto il mio cuore che il momento "critico" sia passato, di solito è sempre così quando muore qualcuno... Però basta pensarci, voglio dire, così ti trasmetto tristezza anzichè felicità, e non va bene affatto u.u Tu lo sai già che in quest'estate dovrai divertirti divertirti e divertirti, vero? ^^ Perchè sul serio, l'unica è distrarsi e cercare di pensarci il meno possibile... e hai praticamente tutta l'estate davanti! (: Ricorda che ti sono vicina, tanto tanto <3 Okay, adesso dopo il momento da psicologa ferita dai problemi del paziente, lascio la parola a Lindù per i commenti allo scorso capitolo >.< (condivido tutto quello che ha scritto Lalla, e mi dispiace un sacco che questo capitolo sia arrivato al momento sbagliato. Per quanto riguarda Cleo e Davide posso consigliarti di avere fede, ma non posso anticiparti altro, anche se la voglia di spoilerare è tanta xD la spiegazione della sparizione di Davide arriverà presto comunque, anche se devi pazientare ancora un poco ^^ grazie mille per i complimenti *^* ndLeslie) Grazie un miliardo di volte per tutti i tuoi complimenti e per le continue recensioni che ci fanno stare solo bene *w* Buonissime vacanze, stella! E divertiti! ^^ Un bacione grande grande (LL)

nana_85  Sììì, Daniel è molto meglio di Fabio, anzi non c'è proprio paragone, vero? ^^'' Contenta che la pensi come mee (: Comunque sono felice che tu sia facile per il seguito di DS2, ci volevano questi commenti positivi ^______^ Per il resto ti passo la mia socia Lindù ;D (confesso che sono un po' allarmata, se lo scorso capitolo era tristissimo cosa mi direte nel prossimo? ** spero di non essere stata troppo crudele, a volte mi lascio prendere un po' la mano ^^" e sì, Dan è un tesoro, vedremo se Fabio riuscirà a recuperare xD ndLeslie) Grazie mille per tutto quello che fai per noi, te ne siamo assolutamente grate *ç* Buone vacanze, carissima! Un bacioneee <333


Beeene,  buone vacanze a tutti i nostri adorati lettori :)
Ci sentiamo verso fine agosto a questo punto x) Ci manchereteee :(
Baciii,
Lalla e Leslie

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Capitolo 14
*** Falling apart. ***










14. Falling apart




Lunedì 22 aprile

Michelle's Pov.

Scendo dall'autobus e guardo l'hotel con una fitta allo stomaco. Sono ancora in tempo ad andarmene... o forse no.
«Ellie» mi chiama Fabio, posandomi una mano sulla spalla.
«No, sono sicura» lo zittisco, prima che possa dirmi qualsiasi cosa.
Lui esita, poi mi lascia andare, lanciandomi un'occhiata apprensiva. Non so perché gli ho chiesto di venire, è stupido... tecnicamente non abbiamo nemmeno chiarito, e ora sta saltando le prime due ore per accompagnarmi e io non sono nemmeno sicura che riuscirò ad arrivare fino in fondo.
Saliamo velocemente i gradini coperti dal tappeto di velluto verde e, una volta nell'atrio, faccio segno a Fabio di aspettarmi. Raggiungo la reception, dove una signorina bionda con addosso un tailleur dello stesso colore del tappeto di poco prima mi sorride con aria caramellosa.
«Buongiorno, posso aiutarla?» domanda, con voce squillante.
Esito un momento. Negli hotel di lusso i dipendenti non dovrebbero essere sempre seri e apatici? Mi tormento le mani e provo un sorriso, senza troppo successo.
«Cerco Davide Valenti» le dico, la voce appena tremante.
«Okay, vuole che glielo chiami o che lo avverta che sta salendo?» chiede lei, digitando qualcosa al computer.
«Solo il numero della sua stanza» rispondo, dopo un momento di esitazione.
«Posso chiederle prima in che modo conosce il signor Velenti?» domanda, scrutando lo schermo.
Stringo le labbra. «Sono sua figlia» ammetto, nervosa.
Lei si volta a guardarmi, sorpresa. «Oh, non sapevo che Davide fosse sposato» esclama.
Qualcosa nel modo in cui dice 'Davide' mi fa serrare la presa sul bordo del bancone.
«Non lo è... senta, può semplicemente darmi il numero della camera?» sbotto, irritata.
«È la numero 327, tesoro» dice lei, di nuovo mielosa. «Al terzo piano» aggiunge subito dopo.
«Grazie» grugnisco, a denti stretti.
Raggiungo Fabio e riusciamo a prendere l'ascensore appena prima che le porte si chiudano. Schiaccio un paio di volte il pulsante del terzo piano, poi mi guardo attorno, non c'è tanta gente: una signora che accarezza un cane microscopico dall'aria schizzata, un uomo in giacca e cravatta e un altro che tiene per mano una bambina sui sei anni che guarda il cane di prima con grandi occhioni azzurri.
Tanto per avere qualcosa da fare, prendo il foglietto spiegazzato dalla tasca della felpa e lo leggo di nuovo. Niente di che, il nome dell'albergo e il numero, più il suo cellulare scribacchiati in fretta con una biro blu. Lo accartoccio e lo infilo di nuovo in tasca, per poi guardare il signore e la bambina scendere al secondo piano.
Mi chiedo ancora se venire qui sia stata una buona idea, in realtà non ho ancora capito come mai voglia farlo. Questa mattina mi sono alzata e ho frugato nella borsa finché non ho ritrovato il foglietto che mi ero ripromessa di non cercare più, poi ho chiamato Fabio, che ora  è vicino a me e osserva assorto le porte chiuse dell'ascensore. Ha accettato subito, senza chiedermi spiegazioni sul come o sul perché, solo ora e luogo.
Quando le porte si aprono al terzo piano esito di nuovo e, per un momento, mi sembra di avere i piedi incollati al pavimento. Fabio mi prende la mano e sorride, incoraggiante, dandomi una piccola spinta. Annuisco, non so nemmeno perché, poi guardo le porta dell'ascensore chiudersi alle mie spalle.
«Qual'è la stanza?»
«327»
«Di qua allora.»
Mi precede verso il corridoio di destra e fa per lasciarmi la mano, ma io la la trattengo nella mia, stringendola forte. Lui ricambia senza fare una piega e rallenta appena, affiancandomi. Gli faccio un sorriso nervoso, poi abbasso lo sguardo sulla moquette verde oliva e oro. È piuttosto sfarzoso come hotel, anche se non in modo esplicito come molti altri che ho visto. La sua raffinatezza sta nel motivo complesso della carta da parati o dal tessuto pregiato dei tappeti, non in costosi soprammobili o lampadari pretenziosi.
Fabio si ferma quasi all'improvviso e per un pelo non gli sbatto contro, troppo concentrata a non pensare a quello che sto per fare per essere attenta.
«327» dice, indicando il numero dorato sulla porta.
Deglutisco, sperando di sciogliere il nodo che ho in gola, ovviamente senza risultato.
«Vuoi che ti aspetti qui?» mi chiede, voltandosi a guardarmi.
«No, resta con me» vorrei avere un tono distaccato, ma la frase suona comunque come una specie di supplica. Lui sorride di nuovo, rassicurante, e mi stringe più forte la mano.
Colpisco la porta un paio di volte con mano tremante, il cuore a mille, e mi sembra che passi un'eternità prima che apra la porta.
È in vestaglia, i capelli scompigliati e l'aria assonnata di chi si è svegliato da relativamente poco. Sul mento vedo l'ombra della barba che deve ancora farsi e le occhiaie appena accennate sotto gli occhi verdi.
«Michelle» esclama, sorpreso, dopo un attimo di silenzio.
Senza dire nulla entro e mi trascino Fabio dietro, per poi fermarmi in mezzo alla stanza. Non è tanto grande, lo spazio è occupato quasi del tutto dal letto matrimoniale sfatto, mentre la luce è offuscata dalle tende leggere che coprono le grandi finestre. Aspetto che richiuda la porta e si avvicini, poi mi passo una mano tra i capelli.
«L-lei sta male» biascico. Non vorrei dirlo così e subito, ma le parole escono da sole, la voce rotta da lacrime che non vogliono scendere.
Stringo convulsamente la mano di Fabio senza riuscire a guardarlo. Non riesco a guardare nient'altro oltre agli occhi di mio padre, che dopo un attimo di perplessità si riempiono di mille emozioni insieme: incredulità, paura, tristezza, ansia, senso di colpa... vederli è come una pugnalata nello stomaco e per un momento ho solamente voglia di rannicchiarmi tra le sue braccia e piangere fino a non avere più lacrime. Non ci riesco, non ho ancora versato una lacrima da ieri sera, nonostante piangere sia l'unica cosa che vorrei fare da quando l'ho saputo. Ho il labbro inferiore che trema e lo mordo forte, quasi sperando di sentire il sapore del sangue, magari il dolore fisico riuscirà a liberare quelle stupide lacrime che mi bruciano gli occhi.
«È un tumore al fegato... maligno, con metastasi a intestino e pancreas, questa mattina comincia la chemioterapia ed è in lista per un intervento... s-secondo i medici ci sono buone possibilità di ripresa ma non possono garantire la sua guarigione, in caso l'intervento non riuscisse le resterebbero più o meno tre anni di vita a seconda dell'esito della chemio...» vomito informazioni senza quasi rendermene conto, finché il tremore della voce non diventa tanto violento da costringermi a fermarmi.
«Michelle» mi sussurra Fabio, allarmato.
Continuo a non riuscire a guardarlo, ma allento la stretta sulla sua mano. Mio padre è ancora imbambolato davanti a me e qualcosa in quella visione mette in moto la rabbia che avevo cercato di reprimere fino a questo momento.
«Ha pianto quando la nonna me l'ha detto, ha pianto tutta la notte e non sono riuscita a consolarla, nessuno ci è riuscito... ho passato la notte a guardare mia madre piangere, e non sono nemmeno riuscita ad abbracciarla, avevo quasi paura di farle del male...» dico, la voce carica di accuse, nonostante dentro di me sappia che non è colpa sua, che non è colpa di nessuno...
«Basta...» mi implora lui, lasciandosi cadere seduto sul letto e coprendosi il volto con le mani. Trema anche lui, e per un momento sento una specie di soddisfazione interiore nel vederlo così, che però svanisce subito dopo.
«Ha bisogno di te!» gli strillo, «lei ha bisogno di te, e anche io ho bisogno di te! Ho bisogno che tu ci stia accanto perché non posso farcela da sola, non ci riesco! Ho solo sedici anni, ho bisogno di un padre!» gli sfogo addosso tutta la mia rabbia, tutto il mio rancore, e spero di ferirlo ancora, come lui ha ferito lei tanti anni fa.
«E cosa vuoi che faccia?! Dimmi, Michelle, cosa vuoi che faccia?!» mi urla, alzandosi in piedi, rosso in faccia.
Sussulto, spaventata, e istintivamente cerco riparo contro il corpo di Fabio, che mi lascia la mano per cingermi entrambe le spalle.
Sta piangendo, vedo le lacrime luccicare nei suoi occhi. Lui piange e io non ci riesco.
«Voglio che torni a casa» strillo, la voce rotta dall'emozione. «Voglio che tu lasci questo stupido hotel dove ci provi con la tizia alla reception e torni a casa e chieda scusa alla mamma e le stia vicino mentre lei lotta per non morire!» la mia voce ha un fremito e nell'attimo in cui smetto di parlare sento la rabbia svanire velocemente come è arrivata. «Io non ce la faccio da sola...» mormoro, con voce rotta dall'emozione. «Ho bisogno di avere il mio papà accanto, per una volta...»
Ed eccole, finalmente, le lacrime. Mi pungono gli occhi e scendono bollenti sulle mie guance, mentre fisso mio padre che mi guarda come sgonfiato. Lo leggo nei suoi occhi, che non riuscirà a farlo, che prenderà il primo aereo per l'Africa o l'Asia e mi abbandonerà di nuovo.
«Michelle» sussurra, facendo un passo verso di me.
Mi ritraggo, guardandolo ferita.
«Andiamo via, Fabio» mormoro, la voce rotta dal pianto.
Lui esita un momento, poi mi segue fuori dalla stanza. Cammino veloce, senza guardarmi indietro, e sono grata del velo di lacrime che mi offusca la vista. Fabio mi raggiunge e mi afferra il polso quasi all'improvviso, costringendomi a fermarmi.
«Michelle» implora, mentre cerco di divincolarmi.
Lascio le lacrime scivolarmi sulla guancia e lo guardo. È un attimo, e sono rannicchiata tra le sue braccia, il corpo che trema a causa dei singhiozzi.


Non sono riuscita a tornare a casa subito, o almeno, Fabio me lo ha impedito. Sapeva che volevo mantenere il segreto finché non fosse stato mio padre a farsi avanti e mi ha portata a casa sua per farmi calmare, saltandosi il resto della mattinata.
«Tranquilla» mi ha assicurato quando ho tentato di protestare. «Mia madre non c'è per tutta la settimana e sono maggiorenne, perciò posso giustificarmi da solo.»
Mi sono sentita in colpa comunque, ma non ho detto più nulla. Sul serio, è stata l'ultima cosa che è uscita dalla mia bocca per tutta la mattina, mentre Fabio a tratti cercava di distrarmi parlando a vanvera, altri se ne restava zitto accanto a me tenendomi la mano. Gli sono infinitamente grata e credo che il rancore che provavo ancora verso di lui sia scomparso.
Verso mezzogiorno finalmente gli dico di essere pronta a tornare a casa e lui mi ci riaccompagna in motorino.
«Grazie» sussurro, davanti al portone.
Lui si abbassa per darmi un bacio sulla fronte e sorride. «Chiamami» si limita a dire, prima di rinfilarsi il casco e tornare indietro.
Lo guardo finché non riparte, poi salgo a casa.
«Maman?» chiamo, prima ancora di chiudermi la porta alle spalle.
Daniel esce dalla mia camera e si china per darmi un breve bacio sulle labbra. Gli ho detto che avevo bisogno di stare da sola per riflettere e non si è opposto. Avergli mentito per la seconda volta in meno di ventiquattr'ore mi fa stare male, ma non credo sarei riuscita a sopportare un altro terzo grado.
«È in camera sua» mi dice solamente, accarezzandomi il braccio.
Stringo le labbra. «E come sta?»
«Si sente un po' stanca, ma niente di che... ha chiesto di te quando è tornata» spiega, con voce rassicurante.
Annuisco appena e mi chino per sfilarmi le scarpe, o meglio, per evitare che veda le lacrime che premono per uscire.
«Cosa le hai detto?» chiedo ancora, cercando di asciugarmi gli occhi senza darlo a vedere.
«Che eri uscita a fare due passi e che ti avrei mandata da lei non appena tornavi.»
Annuisco e mi alzo di nuovo, tentando di fare un sorriso che però somiglia di più ad una smorfia. Daniel mi posa una mano sulla schiena e, dopo un attimo di esitazione, mi tira verso di sé e mi abbraccia. Ricambio, ma non riesco ad abbandonarmi completamente a lui come mi è capitato ieri mattina, qualcosa me lo impedisce, anche se non saprei dire esattamente che cosa. Posa le labbra sui miei capelli e sussurra qualcosa che non riesco a capire, poi mi lascia andare. Io gli sorrido triste e mi avvio verso la camera di mia madre.
È a letto e legge un libro tranquilla. Per un momento ho l'impressione che non sia cambiato nulla da quando stava bene, poi però noto le ombre scure sotto i suoi occhi e il pallore del suo viso. È strano come non ci avessi fatto caso finché non mi hanno detto la verità. Mi sente arrivare e mi sorride, allegra. Sembra quella di sempre: allegra, spontanea, divertente... Oggi le hanno iniettato una delle cose più simili al veleno che conosca e lei sorride. Quando sorride non sembra malata.
«Ciao tesoro, dove sei stata di bello?» mi chiede, quando mi sono seduta sul letto.
Per un momento ho voglia di dirle tutto. Lo farei, se non fosse che so che la rattristerebbe. Mi accarezza la mano, senza smettere di sorridere.
«Sono stata da Fabio» sussurro infine, la voce leggermente roca.
«Davvero? Avete fatto pace?» domanda ancora, interessata.
Bella domanda. Abbiamo fatto pace? Di certo, io non sono più arrabbiata con lui.
«Credo di sì.»
Mi mordicchio il labbro e la osservo con occhi tristi. Il suo sorriso si spegne appena, posa il libro sul comodino e si sposta in modo da farmi spazio, per poi sollevare un lembo della coperta, invitandomi a sdraiarmi accanto a lei. Io lo faccio, trovando in qualche modo sollievo quando mi sdraio sul materasso intriso del suo profumo e sento il calore che il suo corpo ha lasciato sulla pelle.
Lei si volta su un fianco, puntellandosi sul gomito, e io la imito, in modo da poterla guardare in faccia.
«Ascolta chéri» sussurra, intrecciando le dita con le mie. «Lo so che fa paura, e mi dispiace che tu mi abbia vista crollare ieri sera...»
Sento un nodo stringersi in gola e batto più volte le palpebre, cercando di tenere a freno le lacrime.
«...ma dobbiamo essere forti, io e te, okay? Io starò bene.»
Mi lascia la mano per scostarmi dalla fronte la frangia troppo lunga.
«Me lo prometti?» domando, con voce rotta.
Lei allarga le braccia e io mi rannicchio contro il suo petto quasi con disperazione. Sento le sua mani accarezzarmi i capelli e il suo fiato contro l'orecchio, quando ricomincia a parlare.
«Te lo giuro» mormora, cullandomi. «Non ti lascerò mai, piccola mia» aggiunge, se possibile ancora più piano, stringendomi un po' di più. «Mai, d'accordo?»
Annuisco contro il suo petto e chiudo gli occhi, dando il via libera alle lacrime. Mi sfugge un singhiozzo e appoggia il mento sulla mia nuca.
«Shh» sussurra, con dolcezza. «Non piangere, la mamma è qui con te.»
Faccio qualche respiro profondo e riesco a fermare i singhiozzi, ma lei non mi lascia andare. Non voglio che lo faccia.


Dopo pranzo raggiungo Daniel in camera mia e mi sdraio sul letto accanto a lui, distoglie lo sguardo dal libro per spostarlo su di me.
«Che cosa stavi leggendo?» gli chiedo.
Ho assolutamente bisogno di parlare di cose inutili in questo momento, probabilmente mi aiuterà a sgomberare la mente. Lui infila il segnalibro tra le pagine e mi porge il libro. Rapito, di Robert Louis Stevenson. Me lo rigiro tra le mani, poi lo sfoglio velocemente.
«È in italiano» osservo, restituendoglielo.
Daniel evita di leggere le versioni tradotte se conosce la lingue della versione originale.
«L'ho comprato all'aeroporto» spiega, stringendosi nelle spalle.
Poso la testa sul suo petto e lui mi circonda le spalle con il braccio. Chiudo gli occhi e sorrido, ascoltando il battere regolare del suo cuore.
«Hai paura?» mi chiede dopo un po', a bassa voce.
«Sì» ammetto, stranamente tranquilla. «Ma voglio essere forte per lei» aggiungo subito dopo.
Sento le sue dita tracciare ghirigori invisibili sul mio braccio nudo e sorrido, colta da una punta di solletico.
Sento che sta per aggiungere qualcosa, ma viene interrotto dal bussare contro la porta.
«Avanti!» esclamo, aprendo gli occhi e tirandomi a sedere.
Zio Michele entra e ci sorride. Sembra stanco e non lo biasimo, anche lui è rimasto sveglio praticamente tutta la notte.
«Io parto tra un'oretta» annuncia, controllando l'orologio che ha al polso.
«Oh» faccio io.
Sapevo che doveva partire, ma mi dispiace. Sinceramente non so quando potrò rivederlo, il cielo plumbeo e la pioggia che continua a cadere fanno sembrare l'estate più lontana che mai, in più non so se potremmo andare a Rapallo come avevamo deciso l'ultima volta che ci siamo visti, viste le condizioni della mamma.
«...e mi stavo chiedendo se avevate voglia di venire con me» aggiunge lui, con un sorriso.
Aggrotto la fronte, perplessa. «A Rapallo?»
«Sì, tua madre crede che sia una buona idea concederti qualche giorno lontano da qui, in più tu e Mad non vi vedete da un sacco di tempo, giusto?»
«Quasi un anno» annuisco, leggermente intontita.
Ho voglia di andare? Sì. Sì, ne ho voglia, ho voglia di andarmene da questa stupida città e rivedere Mad e Carlotta, di conoscere questo fantomatico Nicola e di prendermi una pausa da tutto quello che sta succedendo.
«Sei sicuro che alla mamma non dispiaccia?» domando, preoccupata.
Lui sorride. «È stata lei a proporlo» ammette.
Mi volto verso Daniel con sguardo implorante e lui scoppia a ridere. «Qualsiasi cosa per farti felice» mi assicura, scompigliandomi la frangia.
Mi volto verso lo zio con un sorriso che va da orecchia a orecchia, facendo scoppiare a ridere anche lui.
«Preparate le valige, allora!»


Io e Daniel abbiamo riempito un borsone per ciascuno con lo stretto necessario in meno di mezz'ora e ci siamo accordati per stare fino a mercoledì pomeriggio, per poi prendere il treno da Genova per tornare a Merano. Sarà un viaggio piuttosto lungo e probabilmente torneremo tardi, ma non importa. Mentre lo zio carica le valige in macchina io abbraccio la mamma.
«Non ti strapazzare troppo, va bene?» le raccomando, mentre mi dà un bacio sulla fronte.
Lei scoppia a ridere. «Tu invece strapazzati un po', che ti fa bene» scherza, sorridendo.
Dopo un altro abbraccio passo alla nonna, che mi stringe con forza.
«Sta' tranquilla, ci penso io a tua madre» mi assicura, strizzando l'occhio.
Salgo in auto – sedile posteriore – e guardo lo zio abbracciare forte la mamma. Restano a parlarsi per qualche minuto, poi lui dà un bacio veloce alla nonna e sale al posto di guidatore, seguito subito dopo da Daniel, che si siede accanto a lui.
Il viaggio è piuttosto lungo ma non noioso. Daniel e lo zio entrano subito in confidenza e cominciano a parlare di un qualche libro che ad entrambi è piaciuto moltissimo. Io li ascolto senza intervenire, più interessata al suono delle loro voci più che a quello di cui stanno parlando. Daniel mi ha consigliato di provare a dormire, mentre sono in macchina, e non è una cattiva idea: devo avere un aspetto orribile. Mi sdraio, beandomi all'idea di avere tutti e tre i sedili solo per me, e mi infilo le cuffie dell'iPod, per poi chiudere gli occhi. Raramente riesco ad addormentarmi in macchina, ma sono così stanca che probabilmente riuscirei a dormire anche ad un concerto di heavy metal.
È Daniel a svegliarmi, scuotendomi appena il braccio. Mi metto seduta stiracchiandomi e mi guardo attorno, spaesata.
«Siamo arrivati, anche se con tipo mezz'ora di ritardo» mi sussurra, sedendosi accanto a me. «Non avrei voluto svegliarti, ma ho pensato che volessi salutare le tue cugine» ammette subito dopo, con un sorriso imbarazzato.
Controllo l'orologio: sono le sette e mezza. Siamo partiti alle tre e – secondo i miei calcoli – mi sono addormentata attorno alle quattro. Sbadiglio.
«No, hai fatto bene...» biascico, sorridendo.
Lui si sporge in avanti per darmi un bacio a stampo, ma io lo trattengo, posando entrambe le mani sulla sua nuca. È da ieri mattina che non gli do un bacio come si deve.
Quando ci separiamo, il sorriso di Dan si è allargato. «Ben svegliata» sussurra, contro le mie labbra.
«Grazie» gongolo io, beata.
«Ehi, voi due!» ci chiama zio Michele, bussando contro il finestrino opposto.
Io e Daniel ci scambiamo un'occhiata colpevole e lui mi aiuta a scendere dalla macchina e si carica in spalla sia la sua che la mia borsa, nonostante la mia debole protesta.
«Se non l'avessi presa di mia volontà mi avresti costretto a farlo» mi fa notare, con aria saccente.
«Questo non potrai mai saperlo» ribatto, dopo avergli fatto la lingua.
Qualche minuto dopo, lo zio apre la porta di casa e lascia la sua valigia all'ingresso esclamando un “sono a casa!”. Qualche secondo, e Madelyn sbuca da chissà dove gettandogli le braccia al collo. Sorrido, divertita, come anche Daniel.
«Wow, è cresciuta» sussurra al mio orecchio.
Gli tiro un pugno scherzoso sulla spalla, poi mi volto appena in tempo per sorridere a Mad, che fa capolino dalle spalle di suo padre incuriosita. Quando mi vede, tira uno strillo e io scoppio a ridere, come anche zio Michele. Daniel sembra solo un po' allucinato.
«Lo sapevo che saresti stata felice di questa inaspettata visita» commenta lo zio.
Lei annuisce e, dopo essersi avvicinata saltellando e aver praticamente strillato il mio nome, mi abbraccia, mormorando un “mi sei mancata tantissimo”. Ricambio con entusiasmo, cercando di calcolare quanto tempo sia passato. Troppo, naturalmente. Sorrido, il volto immerso nei suoi capelli.
«Mi sei mancata anche tu» rispondo, stringendola un po' più forte.
Quando mi separo da lei sto ancora sorridendo. Vorrei dirle un milione di cose, ma che non avrò mai abbastanza tempo per farlo.
«Fatti guardare!» esclamo, facendo un passo indietro.
Oltre il taglio di capelli leggermente diverso non è cambiata poi molto. «Sei una favola!» commento, divertita.
Lei arrossisce. Credo che Mad non sia mai stata davvero consapevole della sua bellezza, nonostante continui a ricordarle quanto sia splendida da quando eravamo bambine.
«Sempre a esagerare, tu!»
Che vi dicevo?
«Uhuh, ti sei fatta un nuovo amichetto!» aggiunge subito dopo, sorridendo maliziosa.
Mi volto istintivamente verso Daniel arrossendo appena. Lui sorride e, dopo aver posato i borsoni, ci raggiunge. Aspetta un attimo... sbaglio o lo aveva già incontrato? Era tipo Natale, alla nostra casa a Parigi, quando avevamo dieci anni. Beh, in effetti lui è piuttosto cambiato da allora.
«Daniel, ti ricordi di mia cugina Madelyn?» gli chiedo, con un sorriso.
Lui ricambia. «Certo, è bello rivederti.»
Mad sembra incredula. Spalanca gli occhi, sbalordita. «Come?! Sei Daniel?» esclama.
Daniel scoppia a ridere davanti alla sua aria scioccata, e io sorrido, divertita.
«Colpevole» ammette, portandosi una mano sulla nuca. «Ammetto di essere cresciuto un bel po'» aggiunge, senza smettere di sorridere.
Dopodiché le lancia un'occhiata dalla testa ai piedi. «Ehi, ma anche tu non sei più la bambina che non voleva separarsi dal suo orsetto di pezza» scherza.
Cerco di riportare alla memoria quei giorni e mi rendo conto che sono passati secoli. Mi ricordo che Daniel era geloso di Madelyn e parlava solo in francese per farle dispetto. Mi porto una mano sulle labbra per nascondere la mia risata. Cavoli se siamo cresciuti.
«Comunque lo conservo tuttora in camera mia, quindi bada a non insultarlo di nuovo!» lo avverte lei, ridendo.
Lui solleva le mani in segno di resa. «Cercherò di trattenermi» promette, ridendo a sua volta.
Io gli sorrido. È così dolce, ho voglia di stringerlo e riempirlo di baci. Lui ricambia il mio sguardo con affetto, per poi sfiorarmi la mano. Non sono sicura che lo abbia fatto apposta, ma sento un brivido percorrermi la schiena.
«Prova a dare ancora fastidio a mia cugina e io le dirò del tuo di animale di pezza» lo avverto, ridacchiando.
Daniel mi guarda minaccioso. «Provaci» ribatte.
In tutta risposta, mi alzo sulle punte per dargli un bacio sulla guancia.
«Hey, voi due! Avete intenzione di pomiciare ancora per molto?!»
Arrossisco di colpo e faccio un sorriso colpevole.
«Scusa» dico, divertita.
La mamma e lo zio avevano ragione, rivedere Mad e stare lontana dai problemi per un po' non può farmi che bene, mi sento già dieci volte più leggera.
«Piuttosto, dimmi di te» esclamo subito dopo, con un sorriso vagamente malizioso. «Ho sentito che hai fatto amicizie interessanti.»
È il suo turno ad arrossire e le lancio un'occhiata intenerita. So che non ha mai avuto una grande fortuna con i ragazzi, e spero davvero che questo Nicola sia diverso, che per una volta sappia trovare qualcuno che la renda felice.
«Mmh, può darsi» fa lei, vaga. «Però non mi sembra esattamente il momento e il luogo più adatto per parlarne... Ti racconterò stasera più tardi o magari prima di andare a dormire, okay?» propone subito dopo.
Le sorrido di nuovo. «Perfetto» annuisco.
Dopodiché mi guardo attorno. «Dove sono gli altri?» chiedo, interessata.
Ho voglia di riabbracciare mia zia e Carlotta, e sono curiosa di conoscere questa Emma e soprattutto Nicola, ma non vedo nessuno.
«Sono dentro» mi informa Madelyn, con affetto. «Eravamo pronti per cenare, ma credo che dovremo aggiungere un paio di posti a tavola.»
Mi mordicchio il labbro. Sono già in tanti in casa, probabilmente la zia avrà qualche difficoltà a trovare posto anche per noi.
«Dai, entriamo!»
Mi lascio trascinare dentro da Mad borbottando un “ci dispiace di non aver avvertito prima” che probabilmente non sente nemmeno. Daniel prende le borse e ci segue all'interno dell'appartamento. È esattamente come mi ricordavo, tranne forse per qualche soprammobile. Sorrido, mentre vengo accolta da un piacevole senso di familiarità: è tanto che non torno in questa casa, ma ricordo ancora bene i giorni in cui ci ho soggiornato... probabilmente sono stati tra quelli più sereni, durante i quali mi sono sentita davvero parte di una famiglia che non comprendesse solo due persone.
Il mio sorriso sbiadisce appena quando sento le voci concitate degli zii dalla cucina. Sento un vago senso di colpa, immaginando il motivo della discussione. Avremmo dovuto avvertire.
Il flusso dei pensieri è interrotto da Carlotta, che sbuca da chissà dove strillando il mio nome. La abbraccio, cavoli se è diventata grande. Nel frattempo, Mad raggiunge i suoi in cucina e decido che è meglio aspettarli qui. Lascio andare Carlotta e le faccio fare un giro su se stessa.
«Tesoro, sei diventata altissima!» osservo.
Lei sorride, compiaciuta, e si accarezza una ciocca di capelli, rossi come quelli della madre. Io ricambio il sorriso.
«Tu invece sei sempre uguale» osserva, facendo un passo indietro per osservarmi meglio.
Scoppio a ridere e le scompiglio i capelli, poi mi volto verso il ragazzo che si è appena alzato dal divano. È alto, anche se non quanto Daniel, e devo ammettere piuttosto attraente. Capisco chi sia ancora prima che lui apra bocca per presentarsi.
«Ciao, io sono Nicola» dice, con un sorriso.
Oh, sì che lo sei, commento tra me e me.
«Io sono Michelle, la cugina di Mad e lui è Daniel, il mio ragazzo» rispondo, stringendogli la mano.
È la prima volta che lo presento a qualcuno come il mio ragazzo ed è strano. Daniel, comunque, non sembra per nulla a disagio. Sorride a Nicola e gli stringe la mano a sua volta.
«Lui è mio fratello Emanuele» aggiunge quest'ultimo, indicando quello che probabilmente è il fratellino, che non si è minimamente mosso dal divano, troppo incantato a guardare un qualche cartone che non riconosco.
Sento ancora le voci concitate dalla cucina e cerco di instaurare una conversazione per ignorarle.
«Quindi voi siete i figli di Emma?» chiedo, interessata.
Lui annuisce. «Esatto, viviamo qui temporaneamente» conferma.
«Sì, Mad mi ha raccontato» ammetto.
«Siete molto unite voi due?» chiede lui subito dopo.
Sorrido. «Praticamente sorelle.»
«Davvero? È strano, considerando che abitate lontano» osserva.
Mi infilo le mani in tasca, stringendomi nelle spalle. «Beh, ci siamo viste tante volte, e il fatto che siamo lontane non significa che non riusciamo ad esserci l'una per l'altra quando ne abbiamo bisogno. In più non consideri che grazie alla tecnologia moderna posso parlare con lei in ogni momento» osservo, leggermente divertita.
Lui fa per dire qualcosa, ma l'arrivo di zia Lori lo interrompe. Le faccio un sorriso che va da orecchio a orecchio.
«Ma buonasera splendore!» esclama. «Come siamo diventate belle» aggiunge subito dopo, ricambiando il mio sorriso.
La abbraccio, ridendo. Mi è mancata, e ad essere sincera a volte non riesco ad immaginare che tra lei e Mad ci siano tanti problemi, è una bellissima persona.
«Mi dispiace di non aver avvisato» mi affretto a dire, non appena scioglie l'abbraccio.
«Non preoccuparti, non è colpa tua se ho un marito che è peggio di un bambino» mi rassicura lei, e lancio uno sguardo fugace allo zio, che sembra leggermente contrariato.
«E questo bel giovanotto non sarà mica Daniel?!» esclama intanto zia Lori, guardando Dan. «Eri uno scricciolo l'ultima volta che ti ho visto!»
Lui fa un sorriso imbarazzato e annuisce.
«È un piacere rivederla, la ringrazio molto per l'ospitalità» dice, cordiale.
Gli do una gomitata scherzosa. «Guarda che non serve che le dai del Lei» gli sussurro.
Lui mi fa la lingua.
«Suvvia, non mi sembra di essere così vecchia da dovermi dare del Lei» osserva la zia, ridendo appena. «E poi noi due già ci conosciamo.»
Lancio a Dan un'occhiata stile “che-ti-dicevo?” e lui ride.
«Giusto» annuisce.
«Come te la passi, zia?» domando io, dopo qualche secondo di pausa.
«Beh, con tutti questi marmocchi in casa non molto bene» scherza lei, lanciando una breve occhiata a Mad, che fa una smorfia.
«Ma non hai sempre detto che ci adori?!» interviene Nicola, divertito.
«Oh, immensamente» sospira lei.
Scoppio a ridere, e Daniel mi imita. Mi sono mancati questi momenti... in realtà ne ho avuti di simili fino a pochi giorni fa, ma sembra tutto così incredibilmente distante. Troppe brutte notizie in troppo poco tempo, troppe lacrime da versare.
«Direi che è ora di mangiare, con tutte queste chiacchiere ci siamo dimenticati che abbiamo una cena che ci attende» interviene Mad.
«Sì, hai ragione» annuisce la zia, per poi sparire di nuovo in cucina.
Mi offro di dare una mano a finire di apparecchiare, mentre Daniel annuncia che andrà a portare le borse di sopra e Nicola si offre di mostrargli la strada. Mentre sistemo i piatti sul tavolo chiacchiero con Mad di tutto e di niente. Di nuovo sento la sensazione di appartenenza invadermi e mi ritrovo a sorridere come una scema, decidendo di cercare di ignorare, almeno per questa sera, tutti gli stupidi problemi che mi aspettavano a casa.


Verso le dieci, Emma si alza annunciando che è ora di preparare le valige e andare, e i ragazzi la seguono di sopra. A tavola cala il silenzio e comincio a sentirmi un po' a disagio. Odio il silenzio, mi impedisce di mettere un freno ai pensieri e – in un attimo – mi ritrovo a pensare alla chemioterapia e alla stanza 327. Mi mordo forte il labbro, scacciando le immagini che si erano andate a formare nella mia testa, per poi inspirare un paio di volte e ritrovare la tranquillità.
Zia Lori si schiarisce la gola e ringrazio il Cielo. «Allora, come va la vita a Merano? Il tempo è incerto come qui?» chiede.
Poso la forchetta accanto al piatto e bevo un sorso d'acqua.
«In effetti sì... o meglio, piove sempre» ammetto, con una smorfia.
«Capito. E tua mamma come sta? Tutto bene, no?»
È stupido, lo so, ma basta quella semplice domanda a far crollare tutta la serenità che mi sembrava di aver raggiunto. Cosa dovrei dire? Zio Michele resta in silenzio, irrigidendosi appena, mentre Daniel mi lancia un'occhiata allarmata. Non li noto nemmeno, nella mia testa cominciano ad affollarsi le informazioni mediche, i nomi strani delle malattie, le date delle sedute e dei cicli della chemioterapia. Vengo assalita dalla nausea e sento le lacrime premere con forza per uscire. Cerco di trattenermi, ma il tremore delle mani è troppo forte per essere ignorato. Mi sento un'idiota, una stupida e, soprattutto, una debole. Possibile che non riesca ad essere forte? Ho promesso che ci sarei riuscita...
«Sì, scusate» balbetto, con voce soffocata.
«Michelle...?» chiede Mad, un tono misto tra la sorpresa e il dispiacere... io la sento appena.
Cerco di tranquillizzarmi, davvero, ma non ce la faccio. Mi alzo di scatto mormorando qualche scusa e lascio la stanza quasi di corsa, per poi salire le scale fino alla stanza di Madelyn. Chiudo la porta e mi accascio contro di essa, cercando di frenare i conati. Scoppio in singhiozzi senza quasi rendermene conto e mi premo una mano sulla bocca, cercando di soffocarli. È inutile. Dio, odio essere così debole, perché devo scoppiare a piangere ogni volta? Perché non posso semplicemente essere forte come lei vorrebbe?
Mi trascino fino al letto di Mad e mi ci sdraio sopra, sapendo che lei non avrà assolutamente nulla in contrario. Rannicchiandomi su me stessa mi chiedo come riuscirò a stare accanto alla mamma se ogni volta il bisogno di piangere è così forte. So che ha bisogno che sia allegra, che sia spontanea, per guarire, ma non posso farcela da sola. Automaticamente penso a mio padre e a come me ne sono andata, questa mattina. Dio, sembra passato un secolo, è stata la giornata più lunga di tutta la mia vita e non è nemmeno finita.
I secondi passano lentissimi, e quando la porta si apre piano, i singhiozzi sono spariti, e anche le lacrime hanno smesso di scendere, ma non mi sento per niente meglio.
«Michelle?» sussurra Dan.
Uno spicchio di luce illumina la stanza e mi rendo improvvisamente conto di quanto sia effettivamente buio. Non ho acceso nessuna luce e non voglio farlo, mi sento più al sicuro nell'oscurità, dove nessuno può vedere il mio viso rigato dalle lacrime.
Osservo la figura di Daniel stagliarsi in controluce ed esitare un momento, poi, quando chiude la porta, la stanza ripiomba nel buio. Riesco a malapena a vederlo mentre raggiunge il letto e ci si siede sopra. Posa una mano sulla mia gamba, è calda e rabbrividisco.
«Michelle» ripete, in tono insopportabilmente dispiaciuto.
Stringo forte le labbra e mi volto dall'altro lato, tremando nel tentativo di trattenere le lacrime. La sua mano scivola sul copriletto e sento il suo sguardo preoccupato sulla nuca.
«Sei sicura di non volerne parlare?» chiede, sospirando.
Mugugno un “sì” appena udibile e chiudo gli occhi, lasciando qualche lacrima scivolarmi sulle guance.
«Posso almeno sdraiarmi qui con te?» domanda.
Mi mordo il labbro inferiore. «Okay» mormoro.
Si distende accanto a me e io mi volto sulla schiena, senza però guardarlo. Sento la sua mano cercare la mia e la stringo forte, sentendomi improvvisamente al sicuro. Lentamente, mi volto di nuovo e poso la testa sul suo petto, per poi scoppiare di nuovo in singhiozzi.
«Shh, va tutto bene» mi sussurra, circondandomi le spalle con il braccio.
Come può andare tutto bene? La mia vita è caduta in pezzi in poche ore e non sono in grado di rimetterla assieme. Ho voglia di urlarglielo contro, di sfogare su di lui la mia frustrazione, ma non riesco a parlare. Stringo la sua maglietta tra le mani e lascio le lacrime scendere, finché la stanchezza non ha finalmente il sopravvento.















*** Spazio Autrici ***

Ciao belli :D
eh sì, siamo tornate *W* in realtà già da un po', ma eravamo impegnate a goderci le ultime settimane di vacanza *asd (ahah, più diretta di così Linduz!! xD NdLaLLa)
cooomunque, lots of news, guys ^O^ ma forse prima devo dire due parole sul capitolo... è piuttosto lungo, come avrete notato, e forse un po' pesantuccio. La prima parte in particolare, sappiate che mi sono quasi commossa scrivendo e sinceramente non vedevo l'ora di sentire qualche opinione (Lalla non è obbiettiva, continua a dirmi che tutto quello che scrivo è bello, ma onestamente non so se fidarmi xDD) (-.- diteglielo voi, ragazze, che qui è lei quella troppo severa! NdLaLla). Per quanto riguarda la seconda parte, credo che il fatto che sia stata postata a più di un mese di distanza dalla prima elimini il fattore noia, almeno per quanto riguarda questo capitolo, comunque ce ne sarà un altro e mezzo a testa dove aihmè dovrete leggervi i dialoghi tra mad e michelle doppi... spero che non risulti troppo pesante... ^^"

Okay, passiamo alle news *W* per prima cosa, sia io che Lalla abbiamo fatto qualche calcolo, organizzato per bene il finale, e possiamo dirvi che la fanfiction avrà in tutto ventidue capitoli più l'epilogo - diviso in due parti, quella di mich e quella di mad - e che stiamo scrivendo io il ventiduesimo e Lalla il diciannovesimo.
Seconda cosa, restate sintonizzati su questo canale perché per farci perdonare di questa luuunga pausa, il prossimo capitolo (dal POV di Mad, ma si era capito) uscirà (in prima visione! NdLaLLa) nei prossimi giorni (e parlo di prossimi prossimi, tipo domani o dopodomani) e vi posso anticipare che sarà un capitolo moooolto interessante (e poi ero io quella obiettiva?!?!?!?! xDD NdLaLLa)
Per terzo - e qui viene il bello - dobbiamo "rettificare" alcune cose dette in precedenza. Beh, ricordate che si parlava di un Drawing a Song 3 che sarebbe stato un seguito diretto del 2, con gli stessi personaggi qualche mese dopo l'epilogo del 2? Beh, quel progetto è accantonato. Drawing a Song 3 sarà una storia tutta nuova, con un tema tutto nuovo e due trame decisamente - o almeno, così credo - diverse dai primi due (sì, sono decisamente differenti ^^ NdLaLLa). A dire il vero abbiamo già cominciato a scrivere i primi capitoli, ma non credo di potervi anticipare molto, per ora. Magari più avanti... :D (Bwuahah! Vai con la sadicità, Linduz! xDD Comunque sì, io non ho resistito, ho dovuto iniziare il tre, avevo così le idee chiare che veramente, ho dovuto farlo :DD NdLaLLa)

Non sono apparsi nuovi personaggi rilevanti in questo capitolo, ma siamo rimasti indietro con l'immagine di Raffaele, perciò eccola qua:
Raffaele

benebene, prima di passare a rispondere alle recensioni voglio, come al solito, ringraziare tutti i lettori, tutti coloro che ricordano, seguono e preferiscono, e ovviamente tutti coloro che recensiscono... grazie grazie grazie, questa fic non avrebbe 588 visite se non fosse per voi <33


LaIKa_XD  uh sì, Michelle e Mad piacciono tanto assieme anche a noi ^^ e sì, Nicola non è esattamente come ci aveva fatto credere .-. povera Mad :(  Lalla, tocca a te :D (ohh, grazie per i complimenti, sei tenerissima ** Per Nicola, ti consiglio solo di aspettare i prossimi capitoli per dare un giudizio definitivo ;) Bastaa, non dico altro :DD NdLaLLa) grazie per la recensione, spero di non essere stata troppo noiosa con questo capitolo, specie per quanto riguarda la seconda parte. Sia io che Lalla ci siamo impegnate per rendere le ripetizioni meno possibile... comunque, grazie di nuovo xD un bacio grande :*

chiara84  personalmente, Emma non mi è mai piaciuta u.u e Nicola... ç.ç povera Mad, e povera Michelle... cavoli, forse siamo state un po' cattivelle *asd... tu che ne dici, Lalla? (*afferra il microfono che le porge la sua socia (lo so, sono fuori di testa xD); sì, ammetto che siamo state proprio due bimbe cattive. Ma non temete! Aspettate di arrivare alla fine della storia per giudicare ;D NdLaLLa)  grazie mille per la recensione, non hai idea di quanto apprezziamo il vostro supporto *^* alla prossima, un bacio <3

vero15star  figurati tesoro, siamo contente che tu stia meglio *^* Sì, picchiamo Nicola *W* continuiamo a ripeterlo a Lalla, così magari un qualche calcio lì dove non batte il sole ce lo mette *O* comunque, lascio rispondere a lei quello che riguarda il suo capitolo ^^ (sono stra super mega felicissima che le nostre parole, nello scorso capitolo, ti abbiano fatto sentire almeno un po' meglio ** Ora, comunque, dev'essere tutto - o almeno quasi tutto - passato, vero? Per quanto riguarda Nicola, non potrei mai picchiarlo, anche se ha trattato male Mad, perché, dopotutto, non è mai detta l'ultima parola, giustoo? :DD NdLaLLa)  grazie, per il supporto, per le recensioni... ti vogliamo bene anche noi, tesoro <33 un bacio grandissimo :*

marypao  una nuova fan *O* ci credi che quando ho visto la tua recensione pensavo ad un errore del sistema o qualcosa del genere? sul serio, mai ricevuta una così lunga ** sono contenta che le nostre storie ti piacciano, e personalmente anche io preferisco ds2 a ds, non so perché, forse mi sento maturata stilisticamente e apprezzo di più quello che scrivo, o forse semplicemente i personaggi mi stanno più simpatici :DD (oh sìììì, anche io preferisco Ds2 perchè, almeno così a me sembra, credo di essere migliorata ** NdLaLLa) comunque, sto divagando. Sì, ho affrontato questo periodo dove scrivevo capitoli di sette pagine dove succedevano quindicimila robe, quest'ultimo e uno di questi... davvero ti ho commossa? ** non sono ancora del tutto abituata a scrivere cose che emozionano la gente *asd. Comunque, finalmente una che approva Fabio e Michelle! Anche se a momenti, è bello avere qualcuno per metà dalla mia parte xD comunque, il fatto che Michelle non si confidi tanto con Daniel è voluto, verrà tutto fuori negli ultimi capitoli, ma non ti posso anticipare altro ^^" comunque non ti preoccupare, tutti i dubbi (o almeno spero, a volte non ho il controllo di quello che faccio credere ai lettori) verranno svelati ;D Alice la adoro anche io... comunque, prima che vada avanti per altre quindici righe, lascio la parola a Lalla xDD (Prima di tutto mi presento, sono Laura, molto piacere ** Anche se sapevi già chi sono, ahah, che intelligiente che sono :D La tua scorsa recensione è mitica! Ho riso tantissimo, specie dopo i tuoi commenti che hai aggiunto! xDD Aaaallora, voglio risponderti anche io a punti, come hai fatto tu, così almeno è un pochino più ordinato: 1) sono conteeenta che conosci la grande Kinsella, io l'adoro :) 2) no, tranquilla, non farò iniziare a fumare Mad, è solo una cosa di passaggio ^^ 3) chebbello che adori Michele, perché lo stra amo anche io *w* 4) fiush, mi rassicura il fatto che secondo te il carattere di Mad va bene, credevo davvero di aver fatto un casino xD 5) hai ragione, 'ste pallavoliste non le fermano nessuno :DD NdLaLLa) Oh, che dire ancora, se non la solita pappa sdolcinata? xD grazie mille per la recensione e il tuo supporto, siete voi che ci date l'ispirazione, che ci fate venire voglia di continuare... <3 spero continuerai a seguire, ti mando un bacio grande <3


okay, ho finito di annoiarvi :DD
grazie a tutti quelli che sono riusciti a leggere fino qui senza svenire xDD (un mortooo! Prendi la bara, l'abbiamo fatto proprio fuori, miseriaccia! ...xDD NdLaLLa)
xo, Leslie and LaLLa

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Capitolo 15
*** Noise. ***










capitolo 15

15. Noise




Martedì 23 aprile

Madelyn's Pov.

Ieri sera ho pianto per lunghissime ore, ho sputato fuori l'anima in singhiozzi che ho dovuto soffocare perché mia sorella – a confronto mio – stava dormendo nel letto accanto. E' stato orrendo. Ogni volta che credevo di essermi calmata, ricominciavo a piangere un fiume di lacrime che ad un certo punto ho seriamente creduto fossero infinite. Penso di non aver mai pianto così tanto in tutta la mia vita. Poi, alle due e mezza di notte, mi sono addormentata praticamente senza rendermene conto, con ancora il fazzoletto consumato in mano.
Se dovessi spiegare a qualcuno l'esatto motivo per il quale ero ridotta così, non saprei farlo con esattezza.
Probabilmente risponderei che la brutta notizia della zia Cleo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Un vaso che ogni giorno si era riempito un po': per la brutta atmosfera che ultimamente c'era in famiglia, per Nicola e i miei ex, per i professori, per il sovraccarico di compiti, per la partita andata male, per il dolore fisico che ho provato, e per altre cose che forse non finirei mai di elencare.
E ieri sono letteralmente scoppiata.
All'inizio ho pensato molto alla zia, a come si starà sentendo, al suo sorriso naturale che temo di non rivedere più, alla sua paura di lasciare sola la sua unica figlia, alla rabbia che ha provato quando Davide l'ha abbandonata e che starà provando tuttora.
Poi ho pensato a Nicola, che sta sicuramente passando una bella vita sentimentale, corteggiato da interminabili ragazze. Ho pensato alla sua arroganza, a come mi ha trattata, e come avrà trattato prima di me le sue ex. Mi sono chiesta se mai si innamorerà veramente di qualcuna, quel ragazzo.
E infine ho pensato a mia madre e mio padre, al periodo brutto che stanno passando, alle loro litigate che si stanno facendo sempre più frequenti, al nervosismo di mia madre, alla finta tranquillità e ottimismo di mio padre.
Mi sono chiesta più volte quando e se tutto questo cesserà.
«Cattaneo!» strilla la prof. di lettere, sbattendo il palmo della mano sulla cattedra.
Per poco non cado dalla sedia.
«Perché non stai prendendo appunti? C'è qualcosa nel tuo stato d'animo che ti impedisce di farlo o è possibile rimanere indenni da questo atroce sforzo?» mi apostrofa la D'angelo con la sua costante espressione di disapprovazione sul volto.
Alcuni miei compagni sghignazzano, divertiti dal sarcasmo della prof.
«Ma che cazzo ne sa, lei?! Cosa diavolo crede di sapere di quello che sto passando, eh?» vorrei scoppiare a urlare. Invece, fortunatamente, riesco a trattenermi ed a rispondere con un tono vagamente dispiaciuto: «No, mi scusi.»
La D'Angelo sospira, dopodiché riprende a spiegare, stancamente.
Io non ho la minima intenzione di ascoltarla, dopo questa scenata se lo può benissimo scordare. Di sicuro della vita di Dante e delle sue grandiose opere in questo momento mi importa ben poco.
Quando la campanella segnala la fine dell'ora – e anche della giornata scolastica –, afferro la tracolla in un unico, fluido gesto ed esco dall'aula praticamente correndo.
Questa volta la strada voglio farmela da sola, consolata solo dalla silenziosa sigaretta che mi fumerò.


Apro la porta senza esserne troppo convinta, forse dovevo aspettare ancora qualche minuto. Mi sono spruzzata un quintale di profumo e ho messo in bocca una cicca, tutto questo per nascondere la puzza di fumo. Spero basti, però ho la netta sensazione che, se qualcuno mi stesse troppo vicino, se ne accorgerebbe. Vabbeh, vorrà dire che mi catapulterò in doccia al più presto.
«Sono tornata» dico, sforzandomi di assumere un tono naturale e richiudendomi la porta alle spalle con un rapido gesto.
Trovo mia cugina a un paio di metri di distanza da me.
«Ehi, com'è andata?» mi domanda dopo pochi secondi, guardandomi dritta negli occhi.
Io abbasso lo sguardo, immediatamente i sensi di colpa si fanno sentire.
«Bene, grazie» mento io, appoggiando a terra la tracolla con delicatezza, per cercare di prendere tempo. «A italiano abbiamo parlato di Dante» inizio a raccontare, dicendo le uniche cose che mi ricordo di aver vagamente sentito. «E poi abbiamo fatto psicologia, la solita noia mortale... Sì, vabbeh, come al solito alla fine.»
Okay, dovrebbero lanciarmi i pomodori a questo punto.
«Dan sta preparando il pranzo» fa lei, dopo una pausa in cui era restata a fissarmi senza muovere un muscolo. Io nella mia mente tiro un sospiro di sollievo, contenta che abbia cambiato argomento. «Non credo ci vorrà ancora molto.»
Annuisco, sorridendo un poco. «Va benissimo. Cosa sta cucinando di buono?»
Spero che adesso la conversazione abbia preso un'altra sfumatura.
«Immagino una pasta o qualcosa del genere» risponde lei, esitante. «Non c'era molto da mangiare.»
«Oh sì, non fa niente, con questa fame mangerei un intero armadio!» esclamo, facendo una risatina forzata.
Dio, Mad, fermati. Più vai avanti e più si capisce che stai mentendo.
Prosegue un silenzio che sembra durare molto allungo. Così mi decido di interromperlo, dicendo la prima cosa che mi capita per la testa: «Ehm, ora mi vado a fare una doccia» borbotto, poi aggiungo senza pensarci troppo: «Ho proprio voglia di una bella rinfrescatina.»
Rinfrescatina? Il ventitré di aprile dopo che ha piovuto a dirotto praticamente tutta la mattina?
Questa la potevo evitare.
Salgo di corsa le scale senza lasciarle il tempo di rispondere, bisognosa di sfuggire all'ennesimo sguardo perplesso e di entrare in doccia sotto il getto dell'acqua calda. In questo momento ho solo voglia di isolarmi da tutto e tutti.


«Okay, ci sono, scusatemi per l'attesa» affermo, entrando trafelata in cucina. Mia sorella è corsa in camera mia cinque minuti fa per avvisarmi che il pranzo era pronto. Non ho nemmeno avuto il tempo di asciugarmi i capelli, così ho dovuto sistemarmi velocemente un asciugamano in testa per non prendere freddo.
Michelle, mia sorella e Daniel hanno appena iniziato a mangiare e quest'ultimo quando mi vede mi schiaccia l'occhiolino e risponde: «Figurati.»
Io arrossisco un poco e poi mi siedo al mio posto senza aggiungere altro.
Afferro le mie posate e prendo una forchettata di spaghetti, con l'acquolina in bocca. Appena mando giù il boccone, esclamo: «Complimenti al cuoco!»
Lui scoppia a ridere. «Molto gentile.»
A questo punto Michelle gli lancia una finta occhiata severa e lui alza un poco il mento, in fare scherzoso.
Scuoto la testa, divertita.
«Oh, prima che me ne dimentichi» faccio, dopo un paio di minuti di silenzio. «La mia migliore amica mi ha detto che stasera c'è una specie di Happy Hour in un piccolo locale vicino alla spiaggia. Che ne dite di andare?»
«Certo, sembra una bella idea» fa Michelle, sorridendo.
Io a mia volta le sorrido. «Ottimo, anche a me ispira molto.»
Dopo pochi secondi, mia sorella esclama, allargando gli occhi: «E domani mattina come fai ad andare a scuola?!»
Alzo le spalle. «Chiederò a mamma di tenermi a casa, d'altronde ci sono qui Michelle e Dan e anche oggi sono andata a scuola.»
«Grande, è un secolo che non vado in discoteca» fa Dan dopo un po'.
«Già, anche io» concorda Mich, annuendo.
Faccio un sorriso che va da un orecchio all'altro. «Sarà fantastico!» esclamo poi.


La musica è fortissima, tanto da farmi male i timpani – il che è tutto dire, dato che io l'ascolto ogni giorno perennemente –, le luci cambiano colore praticamente ogni secondo e creano un'atmosfera più eccitante, mentre la gente aumenta di numero a vista d'occhio. Si vede perfettamente che la notizia ha fatto passaparola, e probabilmente è proprio a questo che i gestori del locale puntavano: più gente c'è, più l'incasso è alto. Ho già visto una decina di facce amiche, però sono rimasta con Michelle e Daniel, forse per farli sentire più a loro agio. Inizialmente sono rimasti a guardarsi attorno, poi però dopo qualche minuto che è servito per orientarsi, hanno iniziato a muoversi a tempo e a fare qualche passo verso il centro del locale dove c'è un ammasso pazzesco di gente che balla senza preoccuparsi di pestare il piede a qualcuno o di dare una gomitata a qualcun altro.
«Vado a prendermi qualcosa da bere» faccio improvvisamente. «Ho già sete.»
«Okay, noi ce la caviamo» mi risponde mia cugina, sorridendomi.
«Ci vediamo dopo» dico, prima di dirigermi verso il bancone dove servono i cocktail. Ovviamente lo spazio è poco e le persone che non si curano di me sono tante, così ci impiego molto di più del previsto.
La coda per prendere da bere è infinitamente lunga, e noto che ci sono un paio di ragazze davanti a me che ridono di gusto. Ascoltare la loro conversazione è inevitabile, dato che sono a pochi centimetri da me e stanno praticamente urlando.
«Ma l'hai visto, Katie?!» sbotta una morettina che avrà vent'anni massimo, sorseggiando il suo bicchiere pieno fino all'orlo di cuba libre.
«No, ci sto andando adesso, Loretta mi ha detto che è bellissimo» fa l'altra, che è bionda, sorridendo maliziosa.
«Oh sì» mormora la sua amica, socchiudendo gli occhi.
Alzo lo sguardo per capire a chi si stanno riferendo, ma c'è troppa gente vicina e molti sono di spalle, quindi è impossibile riconoscere i volti.
«Beh, a dopo allora, io vado ai divanetti, Josh mi aspetta.»
«Avete i preservativi?»
«Sì, ma mica lo facciamo qui!» squittisce la mora.
Durante i dieci minuti successivi, rimango con lo sguardo fisso a terra senza spiccicare mezza parola, ascoltando pezzi di discorsi di altra gente. C'è chi è scappata di casa senza il permesso dei genitori, chi domani marina la scuola, chi ha intenzione di provarci con il tipo che serve le bibite – ho sentito dalla ragazza davanti che è un gran figo –, chi è qui con il fidanzato, chi vuole far ingelosire l'ex che sta ballando con la sua attuale ragazza. E' divertente ascoltare pezzi di vita di altre persone, a volte fa riflettere.
Senza accorgermene, arriva il mio turno. Il barman mi da le spalle e mentre si gira lancia in aria una bottiglia di Champagne facendole fare due giri completi su se stessa per poi afferrarla saldamente tra le dita. «Dimmi cosa desideri, donzella» afferma subito dopo.
Io apro la bocca per rispondergli, ma appena lo vedo in faccia le parole mi muoiono tra i denti.
«Madelyn?!» esclama lui, allargando gli occhi.
«Gianluca» balbetto, esterrefatta. «C-cosa ci fai qui?»
Lui scoppia in una risata naturale. «Qui ci lavoro, e tu piuttosto? Domani non hai scuola?»
Annuisco lentamente, sconcertata. «Sì, però... non ci vado.»
«Tua madre lo sa?»
«Sì, perché?» domando, perplessa.
«Così, sabato mi è sembrata molto... protettiva, come madre.»
Alzo gli occhi al cielo. «A proposito di sabato, cosa diavolo ci facevi in palestra tu, alla mia partita di pallavolo?»
«Volevo solo accertarmi che stessi bene» risponde, alzando le mani in segno di scuse. «Piuttosto, ti fa ancora male la caviglia? E la testa come sta?»
«Mi sta diventando enorme per colpa del tuo interrogatorio» replico io, stringendo gli occhi.
Lui fa un'altra risata. «Dai, dimmi cosa vuoi, sennò intasiamo il traffico.»
«Dimmi cosa vuoi?!» ripeto, fingendomi offesa. «Non fai più il barista gentile?»
«No» mi risponde lui, mostrandomi un sorriso a trentadue denti.
Io rimango in silenzio a fissarlo accigliata.
«Beh, te ti conosco» aggiunge poi.
«E quindi?!» sbotto io.
«Quindi non ho un motivo per cui dovrei fare il carino con te.»
Io per tutta risposta alzo un sopracciglio.
«Non ho bisogno di fare colpo su di te.»
«Perché?!» esclamo di rimando.
«Uh-uh» fa lui, sorridendo un poco. «Quindi ti importerebbe, se un giorno decidessi di provarci con te!»
«Macché!» ribatto io, sentendomi una stupida subito dopo. Ho appena parlato troppo istintivamente, avrei dovuto contare fino a dieci prima di aprire questa dannata bocca.
Maledizione.
«Sì, va beh» borbotta, facendo un vago gesto con il capo. «Dimmi cosa desideri, donzella» ripete dopo pochi secondi, sorridendomi.
Anche io gli faccio un sorriso, divertita. «Mmh, vediamo... una Caipiroska alla fragola» rispondo poi, facendo finta di pensarci su. In realtà era da un sacco che avevo deciso di prendere quel cocktail.
Lui prende con abili gesti la vodka alla fragola e inizia a versarla nel bicchiere che ha davanti, appena ha finito alza lo sguardo in mia direzione e mi chiede con chi sono qui.
«Mia cugina e il suo ragazzo» rispondo io, guardandolo negli occhi.
«E il tuo?» chiede, mentre aggiunge nel bicchiere il succo di frutta.
«Il mio cosa?»
«Il tuo fidanzato.»
Sento un nodo in gola, che per qualche secondo mi impedisce di parlare, poi però – non so come –  riesco a deglutire e ad aprire bocca: «Non ho un fidanzato.»
Probabilmente Gianluca ha colto il tono distaccato della mia voce, perché si è improvvisamente zittito.
Quando finisce il drink mettendo qualche cubetto di ghiaccio nel bicchiere e me lo porge, io lo afferro ed esclamo: «Beh, ci vediamo dopo, se mai.»
«Okay, ciao bella!» mi saluta lui, facendomi un sorriso irresistibile.
Ha appena detto che sono bella? Sì, va bene, non proprio in modo diretto, però lo ha fatto...


Dieci minuti più tardi sono seduta accanto a Michelle, che sta tenendo la mano di Dan, sui divanetti viola dal lato opposto del locale.
Io faccio un profondo respiro, forse per la stanchezza. «Ho la testa che mi gira in un modo assurdo, eppure ho bevuto solo un bicchiere di Caipiroska.»
«Sarà colpa delle luci» ipotizza Michelle.
Daniel intanto si allontana dicendo di aver bisogno di qualcosa di fresco da bere.
«Forse ti serve un po’ d’aria» propone mia cugina dopo una piccola pausa, con affetto.
Mi volto verso di lei e le sorrido, sperando di apparire tranquilla. «Magari dopo» affermo, con sicurezza. «Tu piuttosto raccontami com'è andata con Dan, ho notato una strana atmosfera tra voi due.»
Lei ammicca un po', poi si decide a parlare: «Gli ho detto che lo amo» ammette, diventando rossa come un peperone. «E lui ha detto che ricambia.»
Allargo le palpebre, sorpresa da questa rivelazione improvvisa. «Oh-oh, vi date da fare!» esclamo ironicamente, ridendo un poco.
«Piuttosto, tu non mi hai ancora detto nulla di Nicola» ribatte, dopo essere arrossita per l'ennesima volta.
«Non me ne parlare, altrimenti mi rovinerei la serata e basta» rispondo io, distogliendo lo sguardo. Miracolosamente riesco ad assumere un tono di voce abbastanza saldo, dentro di me però mi sento morire.
Lei inarca le sopracciglia e rimane in silenzio per qualche istante, riflettendo un po'. Poi mi chiede, tutto d'un fiato: «È a causa sua che hai cominciato a fumare?»
Dentro di me scoppia un palloncino che mi fa sussultare. «E tu come fai a saperlo?» sbotto due secondi dopo.
«Ti ho vista questa mattina» mi risponde lei, tranquillamente.
Annuisco soltanto. «Ho capito» borbotto. «Comunque è anche per lui, più che altro è che sto attraversando un periodo abbastanza brutto e fumare mi rilassa, o probabilmente è solo un fatto psicologico. Fatto 'sta che mi aiuta.»
«Capisco» fa lei, annuendo un poco. «Ma non sei tipo dipendente, vero? Insomma, puoi smettere quando vuoi.»
«Sì, credo proprio di sì» cerco di rassicurarla io, sorridendole lievemente.
Lei ricambia il sorriso. «Okay allora» fa, tirando un sospiro di sollievo.
Io le faccio l'occhiolino. «Tranquilla.»
Dopo alcuni secondi Dan è tornato e sta porgendo una lattina a Michelle, mentre si sorridono a vicenda, con gli occhi a forma di cuoricino – e va bene, l'ultimo pezzo è solo una mia fantasia, però sembra così reale...
«Pronta a tornare in pista, Baby?» domanda Dan rivolto alla sua fidanzata.
«Certamente, Johnny» gli risponde a lei, con una risata naturale.
Ammetto che non ho la minima idea di chi possano essere Johnny e  Baby, però l'unica cosa che in questo momento sto pensando è:
Quanto sono dolci.


Dopo essere stata seduta sui divanetti per dieci minuti sola come una perfetta idiota, decido di uscire a prendere una bocca d'aria. Apro la porta d'ingresso e faccio qualche passo deciso verso l'uscita, dopodiché tiro fuori dalla borsetta il pacchetto di Winston e tiro fuori una sigaretta, senza pensarci troppo. Ci sono altri cinque ragazzi che stanno fumando, tra una risata e l'altra, così mi sento un po' più a mio agio.
Qui la musica si sente dieci volte di meno, ovviamente, e questo mi rilassa alquanto. Allo stesso tempo però è come se avessi le orecchie cotonate – come ogni volta che esco da un locale con la musica molto alta.
Una voce alle mie spalle mi fa quasi sussultare: «Fumi?!»
«No» rispondo tranquillamente, voltandomi verso Gianluca.
«Disse la ragazza con la sigaretta in mano.»
«Okay, non sono proprio un essere innocente, però ne fumerò un paio al giorno, niente di che» borbotto, sulla difensiva. «Mmmh, forse negli ultimi giorni ne ho fumate un po' più di due, in effetti» ammetto poi.
Lui scuote la testa, però noto un vago sorriso sulle sue labbra. «Che bambina cattiva che sei.»
Io in tutta risposta faccio spalline, sorridendo a mia volta.
Restiamo in silenzio per cinque minuti: io faccio un tiro dopo l'altro e lui rimane a guardarmi senza parlare, tuttavia sentire il suo sguardo fisso su di me non mi mette in imbarazzo.
Quando ho finito la sigaretta, butto il mozzicone per terra e mi giro verso Gianluca.
«Sei in pausa?» gli chiedo dopo un po'.
«Sì, tra mezz'ora devo ritornare.»
«Oh, allora vado, non voglio farti perdere tempo.»
«Non mi fai perdere tempo» fa lui, avvicinandosi un poco a me. «Anzi, ho deciso io di seguirti, quando ti ho vista uscire.»
Abbozzo un sorriso, arrossendo lievemente senza saperne il motivo.
Proseguono altri istanti, in cui rimaniamo a fissarci negli occhi con la bocca serrata.
Io mi mordicchio un labbro, non sapendo cosa fare mentre lui rimane perfettamente immobile.
La canzone “I'll fly with you” remixata da Gigi D'agostino proveniente dall'interno del locale interrompe il silenzio.

I'll still believe in yours eyes
I just don’t care what
You’ve done in your life.

Gianluca fa un ulteriore passo verso di me, e subito dopo mi sfiora la mano. A questo leggero contatto, un campanello d'allarme inizia a suonare dentro di me.
Spostati, Mad, spostati, sembra che voglia dirmi.
Io però non riesco a dargli retta, al contrario afferro le dita di Gianluca semplicemente senza pensare e lui me le stringe, sorridendomi.
La mia testa è impazzita, o perlomeno è come se stessi girando dentro un vortice troppo forte che mi impedisce di ragionare.
Pochi istanti dopo realizzo che la mia bocca è a contatto con la sua, e per l'ennesima volta non faccio niente né penso a cosa potrebbe portarmi questo bacio.
Le dita della mano destra di Gianluca rimangono intrecciate con le mie, mentre con l'altra mano che ho libera inizio ad accarezzargli i riccioli che ha sulla nuca. Lui intanto appoggia la sua mano sul mio fianco con delicatezza.
Successivamente le bocche si dischiudono e le lingue iniziano a giocare tra loro dolcemente.

Oh baby, everyday and every night,
I always dream that
You are by my side.

I'll fly with you...













*** Spazio Autrici ***

Heeey, buonasera, carissimi lettori ^^ Come va? Qui tutto bene, anche se il temporale che c'è stato fino a poco tempo fa mi ha resa un po' pensierosa e, forse, malinconica. Così ho acceso un po' di musica triste/sentimentale e ho sentito il bisogno di scrivervi ^^ A voi che effetto fanno i temporali? *-* (io li amo :D ndLeslie)

Okaaay, basta divagare ^^ Questo capitolo è un po' "wàà", o sbaglio? Spero di avervi lasciati abbastanza stupiti, comunque xD O forse ve lo aspettavate già? *sguardo sospettoso. E vabbene, ammetto che sono io quella antisgamo, qui, vero? ^^''' Prima di tutto, non uccidetemi e vi consiglio (sarà tipo la millesima volta che lo dico xD) di aspettare a giudicare le persone, perché vi anticipo che niente è stabilito fino alla fine della storia ;) (tu non hai aspettato per giudicare Fabio U___U ndLeslie) (infatti sto avvisando gli altri, in modo che non commettano il mio stesso errore! *sbatte le ciglia angelicamente)

Beh, news non ci sono, dato che abbiamo aggiornato ieri xD Solo, il prossimo capitolo verrà pubblicato tra circa una settimana (ormai riprendiamo con i tempi che avevamo prima, ovviamente ^^), probabilmente durante il weekend.

Dato che non ci sono personaggi nuovi, vogliamo ringraziare, come sempre, le 19 persone che stanno seguendo la storia e le altre 6 che l'hanno aggiunta alle preferite! Grazie anche a chi l'ha letta semplicemente, le visite aumentano a vista d'occhio ^^


vero15star  oh, tesoro, tu sei troppo buona! E per l'essere ripetitiva, non ti devi assolutamente preoccupare, perché ogni volta che noi leggiamo tutti questi bellissimi complimenti, ci sentiamo subito meglio ed incoraggiate. Siamo contentissime che tu ti senta bene, davvero *-* E per la scuola, ti capiamo eccome, siamo messe come te purtroppo >.> Comunque, Davide sì, è stato imprevedibile, vero? Ma è ovvio che a tutto c'è una spiegazione, aspetta e la saprai ;) A questo proposito sono sicura che la mia Linduz avrà qualcosa da dirti ;D (non molto se non grazie mille per i complimenti ^O^ sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e sì, povera Michelle... temo che continuerà con gli sbalzi d'umore ancora per un po', spero di non diventare noiosa... >.< per quanto riguarda Davide, è molto cambiato in questa storia, ma credo che potrai ritrovarlo negli ultimi capitoli. Okay, non dico altro sennò comincio a spoilerare sul serio o.o ndLeslie) Grazie mille davvero di tutto, soprattutto per aver recensito subito (sei stata la prima, e te ne siamo super riconoscenti u.u), per il tuo appoggio, per le tue dolci parole e i tuoi commenti insostituibili ^^ Un mega bacio anche a te, chica! ;) (ho il sospetto che ieri ti sentissi molto spagnola, vero? xDD) We love you very much <33

chiara84  già, hai ragione, Michelle ha fatto bene ad andare dal padre, come hai detto tu :) Vero Linda? ^^ (sì, Michelle conosce i suoi polli, speriamo che le cose si aggiustino per lei ;D uhm, il tuo punto di vista per quanto riguarda Dan e Michelle è interessante... sai, in un certo senso la penso come te, ma si scoprirà solo negli ultimi capitoli :D ndLeslie) Grazie per le tue costanti recensioni, forse non sembrerà, ma le apprezziamo così tanto... ** E' sempre un piacere leggerle, soprattutto per conoscere la tua opinione e tutto ;) Un bacione (L)

marypao  bwuahahah! Dio, ma perché non sei spuntata fuori prima, tu? Le tue recensioni sono f a v o l o s e  e tu sei magnifica a dir poco! (:  Purtroppo sì, il tempo passa dannatamente troppo velocemente >.> Ancora non ci credo che si rinizia lunedì o.o Avrò bisogno di un po' di tempo per elaborare bene la cosa xD Cooomunque, spero di non avere deluso le tue aspettative, a proposito del "capitolo interessante" come aveva definito la mia socia. E' davvero così interessante come diceva?! xD E per il club "Convinciamo Leslie che ha torto" ci sto! Anzi, non potevi dire una cosa più giusta u.u Che dici a tua discolpa, Lindù?! (dico che tutti hanno diritto ad un po' di modestia xD comunque, se proprio vi fa piacere, smetterò di dubitare sulla qualità dei miei capitoli (eccetto che per il 18, che è davvero orribile :s). Comunque, non so da che parte cominciare xDD w Fabio! Io lo amo, probabilmente sono tra le poche oltre a te xD mi dispiace davvero di non poterti anticipare nulla su come si svilupperà il triangolo, in genere sono una che spoilera di continuo, ma devo trattenermi ^^" per le anticipazioni su ds3, forse più avanti, devo mettermi daccordo con la Lalla qua xD per quanto riguarda il capitolo, sono felice che ti sia piaciuta ** personalmente mi sono trovata molto coinvolta sia nella scena iniziale che in quella finale e mi emoziona il fatto di essere riuscita ad emozionare chi ha letto *^* sono anche sollevata dal fatto che le reazioni di Michelle non siano sembrate troppo esagerate, non ho mai avuto nemmeno lontanamente a che fare con situazioni del genere e ho sempre paura di darne troppa importanza o troppo poca... non perdere la speranza per quanto riguarda Michelle's Father, è l'unica cosa che ti posso dire xD ndLeslie) Aaaallora, per quanto riguarda Ds3, possiamo dirti che sì, Mad e Michelle in qualche modo centreranno (forse all'inizio non capirai, ma tranquilla che basta solo pazientare per qualche capitolo e tutto apparirà chiaro ;D) Qualche anticipazione più concreta, comunque, stai tranquilla che ci sarà più avanti ;) (probabilmente quando pubblicheremo l'epilogo di Ds2, se non prima ^^). Grazie mille per il sostegno, l'ironia, la simpatia e la dolcezza che metti ogni volta che recensisci, te ne siamo immensamente grate ** Un bacione enorme cara! <33   Ps. sì, qui c'è una pallavolista, e sono io :DD Faccio pallavolo da oltre sette anni, ormai, e la ritengo uno sport stupendo a dire poco :) Mi dispiace che tu abbia mollato, ma se non ti sentivi portata, hai fatto bene ^^ Ora fai qualche altro sport, per caso? *-*


Bieeen, è tutto per oggi!
Al prossimo aggiornamento, allora ;)
Baciii,
Lalla e Leslie

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Capitolo 16
*** Lights. ***










16. Lights




Martedì 23 aprile

Michelle's Pov.

Non mi rendo quasi conto di svegliarmi, e per un momento mi aspetto di ritrovarmi ancora tra le braccia di Daniel, al buio in camera di Mad, ma non è così. Sono in un altra stanza – probabilmente quella di Carlotta, anche se non è per niente come la ricordavo – rannicchiata sotto le coperte arancioni, e sono sola. Mi tiro su, controllando l'altro letto, ma è vuoto, poi guardo la radiosveglia sul comodino: le nove e cinque. Con un gemito ripiombo sui cuscini. So che non è presto, ma mi sento stranamente stanca. Comunque, non credo riuscirò a riprendere sonno.
Mi alzo e vado ad aprire le tende, per poi socchiudere gli occhi, infastidita dalla luce improvvisa. Il cielo è plumbeo e sembra che stia per arrivare un temporale, in più il vento soffia e sembra piuttosto freddo. Sbuffo, seccata... speravo che almeno il tempo qui sarebbe stato migliore.
Lanciando uno sguardo allo specchio mi rendo conto di avere un aspetto orribile: gli occhi sono gonfi e arrossati e sulle guance ci sono ancora le tracce delle lacrime, mentre i capelli sono semplicemente inguardabili. Ho un urgente bisogno di una doccia. Mi sfilo la maglietta – mi ricordo vagamente di essermi liberata dei jeans durante la notte – e le calze, poi prendo il beauty e gli asciugamani puliti che la zia mi ha lasciato sulla scrivania e mi chiudo in bagno.
Mi prendo tutto il tempo del mondo sotto la doccia, sperando di riuscire a lavare via l'apatia che mi sento addosso. Credo di riuscirci, perché quando esco e mi avvolgo nell'asciugamano candido e profumato mi sento meglio. Mi lavo i denti con cura e mi asciugo i capelli con il phon, poi recupero tutte le mie cose e torno in camera. Chissà dov'è Dan, in casa sembra non esserci nessuno, ma potrebbe benissimo essere di sotto a leggere o guardare la TV o qualcosa del genere.
Frugo nella borsa fino a trovare i jeans chiari che ho comprato la settimana scorsa e ancora mai messo e una camicetta bianca. Mi vesto e mi trucco appena, poi rinfilo la mia roba nella borsa, giusto per dare alla stanza un tocco più ordinato. Rifaccio anche il letto, con un sorriso appena accennato. Improvvisamente mi rendo conto quanto fare cose del genere riesca a distogliermi dal pensare ai problemi che ho lasciato a casa. Ecco di cosa ho bisogno: diversivi.
«Daniel!» chiamo, scendendo in soggiorno pochi minuti dopo.
Come avevo immaginato, lui è seduto sul divano e guarda la televisione a basso volume. Sentendosi chiamare si volta, poi mi sorride.
«Buongiorno, come va oggi?» domanda, affettuoso.
Ricambio il suo sorriso. «Meglio... dove sono tutti?»
«Al lavoro e a scuola» risponde, tranquillo.
«A che ora ti sei svegliato?» chiedo ancora, perplessa.
«Alle sette, ho preferito lasciarti dormire» sorride.
Arrossisco appena, senza sapere perché. «E che hai fatto fino ad ora?» gli domando, sedendomi sul bracciolo del divano.
«Ho fatto colazione, sono andato a correre e ho fatto una doccia... poi non sapevo che fare e ho acceso la TV.»
«Potevi svegliarmi... dopo la doccia, dico» gli faccio notare.
«Scherzi? So cosa succede quando vieni svegliata, e non è bello» esclama, sogghignando.
Gli tiro un pugno sul braccio, fingendomi offesa, lui – senza smettere di ridacchiare – si solleva per darmi un bacio.
«Comunque, ora che sono sveglia, che ne dici di andare a fare un giro?» propongo.
Lui spegne la televisione e si alza, entusiasta. «Certo, però è meglio se prendi una maglia, fuori fa freddino» consiglia.
Annuisco e torno su di corsa, per poi prendere un cardigan grigio abbastanza pesante e infilarlo sopra la camicetta. Prendo anche il cellulare e l'iPod, poi mi precipito di nuovo giù e faccio a Daniel un sorriso a trentadue denti.
«Pronta» annuncio, soddisfatta.
Lui scoppia a ridere e mi dà un bacio sulla fronte.


Decido di portare Dan alla spiaggia.
«Ma fa freddo... c'è vento e sta arrivando un temporale» protesta lui, mentre lo trascino quasi a forza per le vie.
Alzo gli occhi al cielo. «Appunto!» esclamo, divertita.
Camminiamo finché le case di Rapallo non diventano solo piccoli quadratini colorati all'orizzonte, parlando di tutto e di niente come abbiamo sempre fatto, e, quando finalmente ci fermiamo, il cielo è praticamente nero e le onde sono altissime. Mi sfilo le scarpe e faccio qualche passo sulla spiaggia, la sabbia fredda sotto i piedi nudi. Dopodiché mi volto.
«Che stai aspettando?» chiedo a Daniel, posandomi entrambe le mani sui fianchi.
Lui mi imita, riluttante e, quando mi raggiunge, gli prendo la mano. Raggiungiamo la battigia e lascio cadere le scarpe per terra, per poi sedermi dove la sabbia è ancora asciutta e incrociare le gambe, guardando il mare plumbeo davanti a me. Con la coda dell'occhio, vedo Daniel fare lo stesso.
«E ora?» chiede, sempre scettico.
Lo guardo in un modo che vorrei fosse misterioso, ma scoppio a ridere. Lui sorride, divertito dalla mia allegria, e mi guarda con dolcezza. Smetto lentamente di ridere e intreccio nuovamente le dita nelle sue, mordendomi il labbro quasi in imbarazzo. Poso la testa sulla sua spalla, tornando a guardare il mare.
«E ora aspettiamo» mormoro.
«Aspettiamo? Che cosa?» chiede lui ancora, questa volta incuriosito.
Sorrido furba, nonostante non possa vedermi in faccia. «Vedrai» rispondo, vaga.
Non ci vuole molto: il cielo si fa più scuro ogni minuto che passa e il vento mi scompiglia i capelli. Il primo lampo appare nitido all'orizzonte, investendo la spiaggia della sua luce abbagliante. Il tuono lo segue pochi secondi dopo. Le onde si fanno ancora più alte, tanto che l'acqua per poco non arriva a sfiorare le nostre gambe. Rido, divertita, mentre Daniel mi guarda come se fossi matta.
«Mi hai portato qui per essere arrostiti da un fulmine?» chiede, una voce mista tra il divertito e il seccato.
«No, ti ho fatto venire qui per farti assistere alla lotta tra gli elementi» ribatto.
Lui lancia uno sguardo all'orizzonte, dove il grigio del mare e quello del cielo sembrano fondersi in una sola cosa. Le onde si infrangono con violenza contro gli scogli, spinte dal vento forte, la luce dei fulmini ci abbaglia un'altra volta. È uno degli spettacoli più belli che abbia mai visto... okay, forse sono davvero matta.
Un altro fulmine cade, infrangendosi a pochi metri dalla riva, più vicino di quanto non ne abbia mai visto uno. Strillo, terrorizzata e divertita allo stesso tempo, e Dan fa un balzo indietro.
«Tu sei fuori!» urla, con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Ah sì? Anche tu ti stai divertendo» gli faccio notare.
Si avvicina di nuovo a me, alzando gli occhi al cielo. Io mi stringo a lui, un lampo di malinconia negli occhi.
«Non è incredibile?» sussurro. «Sembra di essere in un altro mondo...»
Già, in un altro mondo, lontana da tutto e da tutti, solo io e lui in mezzo alla furia degli elementi. La natura allo stato puro, la sabbia che accarezza la pelle, gli spruzzi d'acqua che pungono il viso e il vento che scompiglia i capelli...
«Mia madre ha detto a mio padre di amarlo su questa spiaggia» ammetto, affondando le dita nella sabbia.
Daniel si fa serio, e mi stringe la mano.
«Mi ha raccontato che faceva freddo e il cielo era coperto... c'era vento e le onde erano altissime» continuo, con un sorriso strano, in un certo senso ingenuo e allo stesso tempo triste.
Una lacrima mi riga la guancia e la lascio scendere, abbassando lo sguardo. Come si può abbandonare una persona dopo averla amata in quel modo? E come è possibile non tornare nemmeno se lei ne ha un disperato bisogno? Stringo le labbra, delusa e amareggiata, e sobbalzo appena quando sento la mano calda di Daniel sfiorarmi la guancia. Cancella la lacrima con il pollice e indugia con le dita sul mio mento. Lo guardo negli occhi e il desiderio di lui si fa strada nel mio ventre prepotentemente. Annullo la distanza che ci separa, esitando un attimo sulle sue labbra prima di cominciare a baciarlo davvero. Lui ricambia con enfasi e mi stringe a sé, facendo aderire i nostri corpi. Immergo una mano tra i suoi capelli e lui fa lo stesso, mentre le nostre lingue si sfiorano. È un bacio diverso dagli altri che ci siamo dati, più maturo e consapevole, più colmo di desiderio, e questa volta non di quello semplice di sentire l'uno le labbra dell'altro contro le proprie. Desidero il suo corpo, desidero lui. Non credo di aver mai provato nulla di simile e per un momento ne ho paura, ho paura della sua mano che dalla mia schiena lentamente si sposta verso il seno, delle sue labbra che premono contro le mie, del calore del suo corpo contro di me. Daniel se ne accorge, o almeno credo, perché si stacca all'improvviso e mi guarda con la mia stessa espressione spaventata.
«S-scusa, io...» balbetta.
«No, non hai fatto nulla» mi affretto a dire.
Cala un silenzio imbarazzante e mi rendo conto che – da quando sto con lui – non ho mai riflettuto sulla natura fisica del nostro rapporto. Mi chiedo se lui l'abbia già fatto e se sappia che io sia vergine, ma soprattutto mi chiedo se lui si sia già posto il problema. Per un momento ho voglia di chiederglielo, la l'imbarazzo mi frena. La cosa strana è che tecnicamente sono giustificata dal fatto di non aver ancora riflettuto su questo, insomma, tragedie a parte stiamo effettivamente insieme solo da tipo tre giorni... come mai mi sembra passato un secolo? Forse perché in un certo senso ci conosciamo da talmente tanto tempo che il fatto che ci siamo baciati per la prima volta solo sabato è relativo? Dio, mi gira la testa.
La pioggia comincia a cadere quasi all'improvviso, distogliendoci dall'imbarazzo del dover trovare qualcosa da dire. Dan si alza imprecando e si infila velocemente scarpe e calze e io faccio lo stesso, per poi seguirlo di corsa verso la strada.


La situazione è tornata più o meno normale quando siamo rientrati in casa. È rimasta un po' di tensione, ma abbiamo chiacchierato tutta la mattina come se non fosse successo nulla. Carlotta è arrivata per prima, ha mollato lo zaino per terra e ha annunciato che stava morendo di fame, allora Dan si è offerto di fare il pranzo. In frigo e in dispensa non c'era molto, ma dovrebbe riuscire comunque a preparare qualcosa di commestibile. Io sono rimasta in soggiorno, la musica sparata a tutto volume nelle orecchie, cercando di concentrarmi sulle parole pur di non pensare al resto. Sono seduta accanto alla finestra e vedo Mad non appena gira l'angolo. No, aspetta... non è Mad, quella ragazza sta fumando. Mi viene un colpo quando mi rendo conto che ci avevo visto giusto all'inizio: mia cugina sta arrivando sotto casa e ha in bocca una sigaretta. Okay, questa è nuova, decisamente.
Non passa molto perché senta le chiavi nella toppa e la porta aprirsi.
«Sono tornata» annuncia la sua voce dal corridoio.
La raggiungo cercando di apparire tranquilla e le sorrido.
«Ehi, com'è andata?» le chiedo.
«Bene, grazie» risponde. «A italiano abbiamo parlato di Dante... e poi abbiamo fatto psicologia, la solita noia mortale... Sì, vabbeh, come al solito alla fine» racconta, vaga.
La guardo per un po' senza dire nulla, continuando a sorridere come aspettando che aggiunga altro.
«Dan sta preparando il pranzo» dico infine, facendo un cenno veloce in direzione della cucina. «Non credo ci vorrà ancora molto» aggiungo subito dopo.
«Va benissimo. Cosa sta preparando di buono?» chiede lei, annuendo.
«Immagino una pasta o qualcosa del genere» ipotizzo. «Non c'era molto da mangiare» aggiungo subito dopo, a mo' di giustificazione.
«Oh sì, non fa niente, con questa fame mangerei un intero armadio!» scoppia in una risatina per niente convincente e la guardo leggermente perplessa.
«Ehm, ora mi vado a fare una doccia» borbotta lei dopo una lunga pausa. «Ho proprio voglia di una bella rinfrescatina.»
Oh, strano... fuori ha piovuto fino a mezz'ora fa. Sì, c'è decisamente qualcosa che non va. Scappa su per le scale prima che riesca a dire altro e io, dopo un attimo, decido di andare in cucina a vedere come se la cavano gli altri due. Mi appoggio sullo stipite della porta, guardando Dan che apre un barattolo di sugo pronto e Carlotta che apparecchia la tavola.
«Posso dare una mano?» chiedo, divertita.
Daniel si volta a guardarmi e sorride. «Dopo l'ultima volta che hai provato a cucinare?» chiede, ironico.
Gli faccio la lingua, poi mi faccio dire da Carlotta dove sono le posate e le do una mano a finire di preparare la tavola, infine mi siedo di fronte a lei e le chiedo di raccontarmi della sua mattinata, tanto per non stare in silenzio. La ascolto a metà, mentre penso a Mad e alla sigaretta che le ho visto in mano e al disagio di poco fa. È strana, e qualcosa mi dice che la sua vita non è stata troppo facile ultimamente. Mi lascio sfuggire un sospiro.
«Lo so» commenta Carlotta, sospirando a sua volta. «La matematica è uno strazio.»
Annuisco, grata del fatto che non si sia accorta della mia espressione assorta, poi un qualche timer suona e io sobbalzo. Dan ridacchia e spegne il fuoco, per poi scolare la pasta e mescolarla al sugo in una terrina.
«Mad! È pronto!» chiama Carlotta, alzandosi e uscendo dalla cucina.
Sorrido a Dan, che nel frattempo sta mettendo la pasta nei piatti. «Adoro quella bambina» commenta lui, divertito.
Mad arriva dopo poco che abbiamo cominciato a mangiare, un asciugamano sui capelli ancora bagnati, scusandosi per l'attesa. Dan le sorride. «Figurati» le dice, ammiccando.
Osservo mia cugina mangiare la prima forchettata: sembra affamata.
«Complimenti al cuoco!» esclama dopo aver deglutito.
Daniel fa un sorriso compiaciuto. «Molto gentile» commenta, ridendo.
Io gli lancio uno sguardo del tipo “non-ti-montare-troppo-la-testa” e lui mi sorride stile “sei-solo-invidiosa”. Gli faccio di nuovo la lingua e riprendo a mangiare.
«Oh, prima che me ne dimentichi» dice Mad ad un certo punto, rompendo il silenzio. «La mia migliore amica mi ha detto che stasera c'è una specie di Happy Hour in un piccolo locale vicino alla spiaggia. Che ne dite di andare?» propone.
Rigiro gli spaghetti nel piatto e lancio un'occhiata a Dan, che sorride, apparentemente entusiasta all'idea. Automaticamente sorrido anche io e mi volto di nuovo verso mia cugina.
«Certo, sembra una bella idea» commento.
Un po' di musica forte, luci stroboscopiche e gente scatenata non può che farmi bene.
Lei ricambia il mio sorriso. «Ottimo» esclama. «Anche a me ispira molto.»
«E domani mattina come fai ad andare a scuola?!» si intromette Carlotta, con una voce severa che suona quasi buffa.
«Chiederò a mamma di tenermi a casa, d'altronde ci sono qui Michelle e Dan e anche oggi sono andata a scuola» ribatte Mad, con noncuranza.
«Grande, è un secolo che non vado in discoteca» commenta Dan.
Annuisco. «Già, anche io» ammetto.
L'ultima volta che ci sono stata Alice stava ancora con Simone e mi ricordo che si sono isolati tipo dieci minuti dopo essere entrati, lasciando me e Fabio soli per tutta la sera. Era stato divertente, però, avevo ballato fino a non sentire più i piedi e quando avevo annunciato di non riuscire più a tenere gli occhi aperti Fabio mi aveva presa in giro per la mia mancanza di resistenza. Sorrido automaticamente, a quei ricordi.
«Sarà fantastico!» esclama Mad, entusiasta.


Verso le undici entriamo finalmente nel locale. È piuttosto grande e decisamente rumoroso, tra la musica sparata a tutto volume e il vociare dei presenti, in più mi tocca socchiudere gli occhi per un momento, infastidita dalle luci forti che cambiano di continuo. In effetti c’è un sacco di gente, la maggior parte in pista, che balla scatenata- Istintivamente mi chiedo quanti di questi siano già ubriachi e stringo istintivamente più forte la mano di Dan. È tipico di me essere riluttante ogni volta che entro in posti del genere, anche se di solito alla fine mi diverto un sacco. È una stanza unica, da un lato ci sono due banconi, uno dove si possono comprare cose come pizzette e panini, un altro dove un ragazzo sui venticinque anni serve i cocktail. Dall’altro lato del locale, tanti divanetti sui quali ci si può sedere per riposarsi, o meglio, pomiciare.
Il dj cambia canzone e mi ritrovo a muovermi appena a tempo. Mi volto a guardare Daniel, che si guarda in giro sorridendo. Sono felice che per una sera possa divertirsi invece di stare dietro a me, sinceramente se lo merita. E credo farà bene anche a me, un po’ di puro divertimento, ballare, o meglio, muovermi più o meno a tempo cercando di non essere calpestata dagli altri, e lasciare la tristezza fuori.
«Vado a prendermi qualcosa da bere, ho già sete» ci comunica Mad, a voce alta per farsi sentire sopra la musica, quando ormai siamo a pochi metri dalla pista.
Annuisco e le sorrido. «Okay, noi ce la caviamo» le assicuro, poi mi volto verso Daniel. «Balliamo?» propongo, leggermente su di giri.
«Ci vediamo dopo» mi saluta Mad quasi contemporaneamente.
Dan le fa un cenno, poi si volta a guardarmi. «Certo» acconsente, ammiccando.
Rido – non so nemmeno perché – e lo trascino verso il centro del locale, in mezzo a tutti gli altri.
«Ti avverto che non sono molto brava» ammetto, mordendomi il labbro inferiore leggermente imbarazzata.
Lui ride e mi stringe entrambe le mani. «Finché i miei piedi sono al sicuro va bene» scherza.
Rido anche io, sentendomi leggera, poi lancio uno sguardo ai sandali che mi ha prestato Mad, che nonostante il tacco sono stranamente confortevoli. Ho deciso di mettere un vestito verde scuro e decisamente leggero considerando le temperature di questi giorni, piuttosto corto e che si allaccia dietro il collo. Daniel ha detto che ero una favola, ma ora che è il mio ragazzo non so quanto posso fidarmi del suo giudizio. Lui indossa un paio di jeans e una camicia e ha avuto la brillante idea di portarsi un giubbotto, cosa che io ovviamente non ho fatto perché sono un’idiota.
Nel frattempo abbiamo cominciato a ballare, le mia mani strette nelle sue, cercando di non urtare gli altri. Dan sembra divertirsi e ammetto che anche io mi sto divertendo, nonostante continui a sentirmi un po’ fuori luogo. Mi fa fare una piroetta e mi attira a sé. Rido e poso entrambe le mani sulle sue spalle, sorridendogli, mentre lui mi cinge i fianchi.
«Non è vero che non sei brava» mi fa notare, e io avvampo.
«Piantala» ribatto, facendogli la lingua.
Lui ridacchia. «Dico sul serio, potremmo essere Baby Houseman e Johnny Castle di Dirty Dancing.»
Scoppio a ridere. «Tu sei scemo.»
«Scommetto che riusciresti a fare quel salto che Baby riesce a fare alla fine del film» continua lui, senza smettere di ridacchiare.
Lo guardo dal basso verso l’alto e socchiudo le palpebre, come a voler cercare qualcosa che non va.
«Sei sicuro di non aver già bevuto?» gli chiedo, scettica.
In tutta risposta lui mi prende il viso tra le mani e mi bacia a lungo, con tanta enfasi da mettermi i brividi. È il primo vero bacio che ci scambiamo da questa mattina, e di nuovo sento quella specie di bisogno di lui crescere nel bassoventre. Non mi stacco, è lui a farlo, ma questa volta non è turbato, sorride esattamente come prima. Mi impongo di togliermi quest’espressione imbambolata dalla faccia e sorrido a mia volta.
«Com’è che conosci tanto bene Dirty Dancing?» gli chiedo poco dopo, sospettosa.
Lui distoglie lo sguardo, a disagio. «L’ho visto una volta, chi l’ha visto una volta se le ricorda queste cose» ribatte.
«L’hai visto con me quando avevamo otto anni… io non mi ricordavo nemmeno il nome del protagonista maschile» ribatto, con un sorriso perfido.
«Questo perché la tua memoria per i dettagli è piuttosto scarsa» ribatte.
Gli tiro un pugno sulla spalla e lui scoppia a ridere.
«Ehi, ti arrabbi facilmente» esclama. «Proprio come quando eravamo piccoli… allora non sei cambiata così tanto» mi fa notare, sorridendo.
«Mi hai trovato cambiata?» chiedo, leggermente sorpresa.
Ho sempre trovato me stessa terribilmente noiosa e – sinceramente – non credevo di essere cambiata più di tanto durante gli anni.
«Certo che sì» conferma lui, annuendo, poi toglie una mano dal mio fianco per scostarmi una ciocca di capelli dal viso. «Sei più matura, più taciturna e più seria, rifletti più sulle cose prima di farle e sei anche più gentile e disponibile verso gli altri» dice piano, indugiando con le dita sulla mia guancia. Arrossisco e abbasso lo sguardo. «Sei cresciuta, Michelle… non sei più la bambina di una volta, sei diventata una donna, ormai» aggiunge, sorridendo in modo dolce.
Abbiamo praticamente smesso di ballare, ma non me ne accorgo nemmeno. Lo guardo avvicinarsi al mio collo e baciarmi la spalla, per poi scostarmi i capelli dall’orecchio. «Una donna bellissima e intelligente» sussurra, e il suo fiato caldo contro la pelle mi dà i brividi.
So che ho le guance arrossate e sento l’istinto impellente di attirarlo a me e baciarlo di nuovo, con passione. Faccio scivolare la mia mano destra dalla sua spalla al suo petto, per poi spostarla fino a sentire il battito ritmico del suo cuore, mentre lui sfiora la pelle nuda del mio collo con il naso.
«Ti amo, Daniel» mormoro infine.
È abbastanza vicino da sentirmi nonostante la musica forte e – anche se non posso vederlo – so che sorride.
«Ti amo anche io.»
Qualcosa nella sua voce vellutata riaccende la voglia di lui nel mio corpo. Sistemo meglio il mio braccio attorno al suo collo e lui fa risalire la sua mano dal mio fianco alla mia schiena, attirandomi a sé, mentre immerge l’altra nei miei capelli. Solleva il viso in modo da potermi guardare negli occhi, io sorrido timidamente, quasi imbarazzata dall’intimità di questo momento. Dopo un attimo di contemplazione, posa le labbra sulle mie e trattengo un sospiro, mentre le schiudo e mi abbandono al bacio. È… magico. Improvvisamente tutto attorno a noi svanisce, dalla musica alle persone, siamo solo io e lui, stretti in un abbraccio mozzafiato, il suo cuore che martella contro la mia mano, il suo braccio che mi avvolge la vita. Quasi senza che me ne renda conto mi trascina ad uno dei divanetti e mi ci fa sedere e poi sdraiare, senza smettere di baciarmi. Non voglia che smetta, voglio che duri per sempre. Ci separiamo un attimo, ansimanti, e mi guarda con occhi nuovi, colmi di desiderio. Lo bacio di nuovo, prima che qualcuno dei due possa dire qualcosa e rovinare questo momento. Sento le labbra bruciare, esattamente come le sue mani sulle mie spalle. Stranamente, sono io a staccarmi, con un sussulto. Non me ne rendo nemmeno conto, guardo Dan quasi dispiaciuta e lui resta imbambolato un secondo, per poi rendersi conto di quello che è successo. Si mette seduto e si passa una mano tra i capelli, sospirando.
«Scusa» mormoro, aggrottando appena le sopracciglia e distogliendo lo sguardo.
«No, scusa tu» si affretta a dire lui, turbato.
Mi mordicchio il labbro, senza sapere cosa dire. In effetti avrei dovuto parlargliene già oggi pomeriggio, come mai non l’ho fatto?
«Ti va una passeggiata? Le luci mi stanno facendo venire mal di testa» propongo, sfiorandomi appena la fronte.
Lui fa un sorriso un po’ forzato e annuisce, prendendomi per mano. Prima di uscire si ferma al guardaroba e riprende il suo giubbotto, che una volta usciti mi porge. Il freddo è pungente e gli sorrido, grata, per poi infilarlo e lasciare che mi cinga le spalle e mi attiri a lui. Appoggio la testa contro il suo petto e chiudo gli occhi un momento.
«Sai, credo che continuare ad evitare l’argomento non serva a niente» osservo, con un sospiro.
Lo sento irrigidirsi appena. «Di che parli?» chiede, leggermente sorpreso.
«Lo sai di che parlo» ribatto, seria.
Mi libero dal suo abbraccio e mi siedo su una panchina, lanciando uno sguardo al mare alle mie spalle. «Tu l’hai già fatto, vero?» chiedo, con voce leggermente tremante.
Odio parlare di queste cose, probabilmente a causa della mia natura timida, o forse è così per tutte le ragazze. Stringo le labbra e giocherello con l’orlo del vestito, mentre Dan si siede accanto a me.
«Sì» ammette. «Ma tu no, giusto?» chiede, subito dopo.
C’è qualcosa di rassicurante, nella sua voce di nuovo tranquilla, ma evito comunque l’ultima domanda.
«Con chi?» chiedo invece, senza riuscire a guardarlo.
«Sophie» risponde lui, dopo un attimo di silenzio.
Sento qualcosa pungermi lo stomaco. «Quella della festa?» chiedo, nervosa. «Quella che era solo un’amica?» aggiungo, sottolineando per bene le ultime tre parole.
Daniel sospira. Lo sbircio con la coda dell’occhio e dalla sua espressione sembra che quest’ultima domanda è esattamente quella che avrebbe voluto evitare.
«Lo è. Siamo solo amici, adesso» mi assicura, con voce ferma.
«Ma stavate insieme» osservo io, leggermente acida.
«Siamo stati insieme per quasi un anno, ma ha smesso di funzionare e ci siamo lasciati» spiega lui, paziente.
«Come mai ha smesso di funzionare?» lo so, questo inutile interrogatorio serve solo a rimandare il prossimo argomento, e non ci faccio nemmeno una grandissimo figura, ma non riesco a trattenermi dal fare domande.
«Sophie è troppo… appiccicosa, e invadente. In più è piuttosto vanitosa, se vuoi saperlo» risponde, leggermente infastidito.
Sorrido appena e mi volto, in modo che non lo veda.
«Michelle?» mi chiama, prendendomi la mano.
Non rispondo, alzo gli occhi al cielo e osservo il bagliore della luna attraverso le nuvole.
«Io amo te, adesso» sussurra.
Mi volto a guardarlo, senza sorridere, e dopo pochi secondi abbasso lo sguardo. «Lo so» ammetto.
Lui sorride e mi accarezza il palmo con il pollice.
«Per quanto riguarda il sesso» riprende, tranquillo, e questa volta sono io ad irrigidirmi. «Non voglio forzarti in nessun modo, sappilo» dice, serio.
Annuisco. «Lo so» ammetto di nuovo.
Lui porta la mia mano alle sue labbra e mi bacia le dita. «È una cosa importante per te e ci sarò non appena sarai pronta» mi sussurra, mentre mi rannicchio tra le sue braccia. «Nel frattempo scusami se il mio istinto maschile prende il sopravvento» aggiunge, in tono più leggero.
Rido appena. «Certo.»
«Torniamo dentro?» propone lui dopo poco. «La notte è ancora giovane!»
Questa volta rido sul serio. «Andiamo» accetto, sorridendo.


Abbiamo ballato ancora un po’, poi ci siamo accomodati di nuovo sui divanetti e Mad ci ha raggiunti poco dopo.
«Ho la testa che mi gira in un modo assurdo, eppure ho bevuto solo un bicchiere di Caipiroska» sospira lei, con aria stanca.
«Sarà colpa delle luci» rispondo io, guardandola leggermente preoccupata.
Mi sento di nuovo su di giri e ho voglia di ballare ancora, ma non me la sento di mollare mia cugina se si sente male. Dan si alza e annuncia che va a prendere qualcosa da bere, io gli sorrido velocemente, per poi tornare a guardare Mad.
«Forse ti serve un po’ d’aria» suggerisco, sfiorandole il braccio.
«Magari dopo» ribatte tranquillamente. «Tu piuttosto raccontami com'è andata con Dan, ho notato una strana atmosfera tra voi due.»
Arrossisco appena. «Gli ho detto che lo amo» ammetto, emozionata, rendendomi conto praticamente solo adesso di quello che è effettivamente successo. Ho detto “ti amo” ad un ragazzo per la prima volta dopo solo pochi giorni che lo frequento. «E lui ha detto che ricambia» aggiungo poco dopo, diventando decisamente rossa.
Mad sgrana gli occhi. «Oh-ho, vi date da fare!» scherza, ridacchiando.
Divento ancora più rossa, per poi decidere di partire in contrattacco. «Piuttosto, tu non mi hai ancora detto nulla di Nicola» le faccio notare, sollevando le sopracciglia.
«Guarda, non me ne parlare, altrimenti mi rovinerei la serata e basta» sbuffa lei.
Aggrotto le sopracciglia. Probabilmente è successo qualcosa mentre zio Michele era a casa nostra.
«È a causa sua che hai cominciato a fumare?» chiedo, prima di riuscire a trattenermi.
«E tu come fai a saperlo?» sbotta lei.
Mi scosto una ciocca di capelli dal viso. «Ti ho vista questa mattina» rispondo, tranquilla.
«Ho capito» borbotta. «Comunque è anche per lui, più che altro è che sto attraversando un periodo abbastanza brutto e fumare mi rilassa, o probabilmente è solo un fatto psicologico. Fatto sta che mi aiuta» spiega, subito dopo.
Annuisco appena. «Capisco» mormoro. «Ma non sei tipo dipendente, vero? Insomma, puoi smettere quando vuoi» mi affrettai a chiedere, leggermente ansiosa.
«Sì, credo proprio di sì» mi rassicura lei, con un piccolo sorriso che io ricambio.
«Okay allora» sospiro, leggermente più sollevata.
«Tranquilla» fa lei, ammiccando.
Alzo lo sguardo e vedo Dan venirci incontro con un bicchiere in mano e una lattina per me. Il mio sorriso si allarga.
«Pronta a tornare in pista, Baby?» chiede, con aria maliziosa.
Scoppio a ridere. «Certamente, Johnny.»













*** Spazio Autrici ***

Okay, vorrei cominciare scusandomi per il ritardo. È esclusivamente colpa mia, anzi, Lalla dev'essere fatta santa per non essermi saltata addosso (ma che dici, dolcezza! Ognuno ha i propri impegni/momenti di poltronaggine u.u <3 NdLaLLa). Il rientro è stato più impegnativo del previsto e quando stavo al pc avevo solo voglia di fare nulla. Sul serio, non sono nemmeno andata avanti, non ho fatto un tubo queste due settimane.

Vabbò, sarò breve perché non so molto cosa scrivere >.<
Beh, due parole sul capitolo... direi che Mich e Dan sono tornati alla fase di “innamorati sdolcinati” xD chissà se durerà... (puahah, affermazione sadica questa! ;D NdLaLLa) comunque, mi è stato piuttosto difficile scrivere di Michelle in questi capitoli, come avevo già detto, fortunatamente non ho mai provato nulla di simile a quello che sta provando lei e spero di non farla sembrare troppo felice quando è felice o troppo triste quando è triste, o che gli sbalzi di umore siano troppo irreali. Fatemi sapere >.<

Nessun nuovo personaggio (in effetti non credo che ce ne siano più, ormai), perciò passiamo ai ringraziamenti.

Grazie per le 642 visite, i 9 preferiti e i 19 seguiti, grazie naturalmente a chi recensisce. Prima stavo sfogliando Drawing a Song e mi sono resa conto che ormai è passato quasi un anno dalla sua pubblicazione... forse dovremmo organizzare qualcosa in occasione dell'anniversario... uh, non ne ho nemmeno parlato con Lalla, vi faremo sapere xD (yess, baby! Il primo anniversario di questa fic dev'essere una cosa fatta stra beneee *w* NdLaLLa)


chiara84 Michelle e Fabio, eh? Uhuh, la cosa si fa interessante. Eh già. Per fortuna c'è Gianluca <3 okay, sarà che sono ancora sotto shock-post-pomeriggio-di-compiti ma non ho davvero nient'altro da commentare >.< Lalla, a te :D (uh, io invece oggi pomeriggio non ho fatto quasi niente :D Beh, c'è da dire però che ieri ero stra piena di robe da fare u.u Eeehm, vabbeh, tornando a noi... sì, per Mad, sotto certi punti di vista, Gianluca ci voleva proprio ^^ Ma chissà, forse complicherà ancora di più le cose? Lo scopriremo solo leggendo ♪ NdLaLLa) grazie mille per le tue recensioni, ci fai un piacere immenso. Love ya <3

marypao anche io sono pro Mad/Gianluca... *sìsì, lei se lo merita, dopo quel coso di Nicola.. u.u aaah, mi dispiace per i capitoli depressivi >.< ce ne saranno altri, temo... almeno posso dirti che per quanto Mich è così. Comunque, io non dubito delle mie doti, credo solo che alcuni capitoli vengano deeeecisamente meglio di alcuni altri *asd. No, okay, il mio problema è che sono noiosa... okay, basta con questo polpettone, sono la prima a detestare chi dice di far schifo quando in realtà è più che decente, ma mi è strano autodefinirmi molto brava, mi sa quasi di vanterie. Uh, LL&J, il mio Everest xD ci sto lavorando, so che ogni capitolo dico che aggiornerò più presto, ma mi sembra che ogni capitolo sia più complicato del precedente, in più sento molto il fatto che siano passati quasi due anni da quando ho cominciato a scriverla. Non ho intenzione di abbandonarla, sono troppo vicina alla fine per farlo. Teoricamente dopo il prossimo capitolo dovrei andare più veloce, perché ritorno nel mio habitat di polpettoni romantici... incrociamo le dita (yn) (comunque, ho visto la recensione se non era chiaro xD). Comunque preferisco rispondere alle tue domande con il prossimo capitolo di LL&J, altrimenti si fa confusione >.<. Sono sollevata dal fatto che non sto scrivendo scemenze.. spero che il capitolo non ti abbia delusa... (: okay, sto parlando troppo: Lalla, a te. (Okay, mentre leggevo continuavo a pensare 'eeehm, sì, ma io che centro qua?!' bwuahah! Tipo stra imbarazzata xDD Cooomunque, tornando a noi, grazie mille per aver fatto un giro nel mio account singolo, non sai quanto apprezzi il gesto *w* Anche se, credo, che molta roba sia veramente pessima .__. Rimarrai sconvolta tu xD E per la pigrizia ti capiiiisco ^^ Quest'anno ho deciso di fare canto e pallavolo contemporaneamente, e adesso che sono ancora agli inizi me ne sto già pentendo, fai un po' tu! xDD Per rispondere alla tua domanda, io frequento il Liceo Socio-Psico-Pedagogico, che ora non si chiama più così ma Liceo delle Scienze Umane - che merda di nomi, vero? xDD Per farla breve, le ex magistrali :) Tu invece, che fai di bello? ^^ I tuoi commenti ai pezzi di ds2 sono fantastici, come sempre d'altronde ;D NdLaLLa) Okay,  questo è tutto xD grazie di nuovo per l'incredibile supporto, davvero davvero... <3 love yaaa **


E con oggi è tutto. Alla prossima gente ;D
love, Leslie and Lalla

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Capitolo 17
*** Choices. ***










17. Choices




Mercoledì 24 aprile

Madelyn's Pov.

Bip bip.
Faccio un grugnito quasi senza rendermene conto e in pochi secondi apro gli occhi.
Bip bip.
Per chissà quale motivo ho impostato il silenzioso al cellulare; probabilmente l'ho fatto ieri sera in discoteca. Ora che ci penso, ero abbastanza brilla. Ricordo solo che avevo un mal di testa pazzesco e così ho deciso di uscire e... O madonna. Sì, se non ricordo male c'era anche Gianluca fuori... ma perché ho solo vaghi ricordi?
Bip bip.
Stavo fumando, e lui mi aveva preso in giro perché non volevo ammetterlo e poi... E' partita una canzone romantica e si è avvicinato a me.
Bip bip.
Alzo gli occhi al cielo, altamente infastidita, e afferro il telefono sul comodino.
«Pronto» sbotto, con la bocca impastata.
«Madelyn?»
«Ciao, mamma.»
«Ti ho svegliata?»
Inarco le sopracciglia e do un'occhiata veloce all'orologio. Sai com'è, sono solo tornata a casa quasi alle quattro di notte e adesso sono le dieci di mattina.
«Praticamente» borbotto poi.
«Scusami, è che a pranzo non sono a casa, devo andare a cantare a una specie di ristorante dove c'è la musica, e tuo padre ha un consiglio di classe alle due, così sta via a mangiare.»
«Quindi siamo a casa da soli» concludo io, con un sospiro.
«Sì, solo che dovete andare al supermercato perché in casa non c'è quasi nulla.»
«Ah... va bene» biascico, stiracchiandomi le braccia.
«Mi dispiace, ma non sono riuscita a prepararvi niente» aggiunge lei.
«Non preoccuparti.»
«Allora ci vediamo oggi pomeriggio. Un bacio!»
«Ciao, anche a te» la saluto io, dopodiché interrompo la chiamata e poi mi sdraio di nuovo. Guardo il soffitto e sbadiglio.
Cosa diavolo ho fatto ieri sera con Gianluca?
Mi ci vogliono cinque minuti buoni per ricordare con esattezza cos'è successo. E appena la risposta arriva chiara e netta al mio cervello, spalanco la bocca e faccio un leggero gemito.
Oh mio Dio.
Subito dopo decido di alzarmi alla svelta, e purtroppo non ho previsto il forte giramento di testa che è normale data la bevuta di ieri – anche se effettivamente non ero proprio ubriaca.
Dio, ho bisogno di una doccia. All'istante.


«Buongiorno.»
Alzo lo sguardo automaticamente a quella voce così rassicurante e familiare.
«Ciao, tesoro» saluto Michelle con un sorriso che spero risulti radioso. In questo momento sono molto stanca a causa delle poche ore di sonno e sconsolata allo stesso tempo, però voglio comunque apparire allegra. Forse è perché oggi è l'ultimo giorno, oggi pomeriggio mia cugina torna a casa sua con Daniel, in treno. Quindi ciao ciao ai momenti felici. Eppure voglio godermela fino in fondo, perciò basta con quest'aria triste.
«Programmi per la mattinata?» mi chiede lei, appoggiando una mano su una sedia, come se fosse indecisa se sedersi subito o no.
Detto questo, Daniel varca la soglia e mi saluta allegramente, per poi scoccare un bacio sulle labbra a Michelle.
«'Giorno, Daniel» esclamo io, sistemandomi un po' meglio l'asciugamano che ho avvolto ai capelli, poi mi giro verso mia cugina e aggiungo: «Veramente se abbiamo intenzione di mangiare qualcosa per pranzo, ci conviene andare al supermercato. Uh, siamo anche oggi a casa da soli, mio padre ha tipo un consiglio di classe e mia madre... beh, a dir la verità non mi ricordo che impegno abbia» borbotto poi, cercando di far mente locale. Sbuffo, avrei dovuto ricordarmelo che stamattina prima di collegare il cervello per formare una frase con un senso logico mi ci vogliono circa dieci minuti.
«Perfetto, adoro fare la spesa» annuisce Michelle.
Faccio una smorfia. «Fortunata te, io la odio invece. Girare per gli scaffali per trovare quello che vuoi, cercare di memorizzarti com'è fatto il supermercato – io ho un senso dell'orientamento che fa paura –, reggere tutti quei borsoni... sì insomma, una faticaccia» concludo infine con un timido sorriso.
Michele fa una leggera risata, poi afferma: «Allora mangiamo e poi usciamo?»
Annuisco un paio di volte con convinzione. «Meglio, perché non abbiamo moltissimo tempo a disposizione, e poi per l'una il pranzo dev'essere pronto dato che mia sorella torna da scuola.»
«Perfetto allora» dice a questo punto Daniel, sedendosi a tavola. «Buon appetito.»
Pff, maschi.


Faccio qualche piccolo passo e poi mi fermo. «Mmh, a questo punto mancano i pomodori pelati per il sugo della pasta e l'acqua» annuncio, controllando un'ultima volta la lista della spesa che ho scritto velocemente prima di partire sul primo pezzo di carta che ho trovato.
«Allora noi pensiamo ai pelati e tu all'acqua, poi ci incontriamo davanti alla cassa» esclama Michelle, dopodiché si allontana insieme a Daniel senza nemmeno lasciarmi il tempo di rispondere.
Faccio spalline, poi mi volto e spingo con forza il carrello fino a destinazione, dove mi trovo davanti uno scaffale abbastanza alto dove sono riposti circa venti tipi diversi di acqua minerale sia naturale che frizzante.
Tiro un forte sospiro, rivoltando il naso all'insù. Vada per una frizzante San Benedetto. Così allungo le mani verso la prima cassetta vicina e mi alzo sulle punte.
«Serve una mano, signorina?»
Dallo spavento perdo l'equilibro e mi sbilancio all'indietro, cadendo praticamente tra le braccia di Gianluca.
«Ohoh, faccio così paura?» mi sussurra lui all'orecchio, stringendomi i fianchi con dolcezza.
Mi volto un poco fino a trovarmi il suo viso a poca distanza dal mio. «Più che altro mi hai preso alla sprovvista» preciso io.
Lui mi guarda negli occhi. «Adoro prendere alla sprovvista le persone.»
Scoppio in una risata, divertita.
Restiamo in silenzio ancora per qualche istante, poi lui alza le braccia – il suo profumo mi invade le narici – e afferra la cassetta d'acqua che stavo per prendere prima come se non dovesse pesare più di due chili, poi la appoggia delicatamente nel mio carrello, chiedendomi: «E' questa che volevi, giusto?»
Annuisco sei volte, incantata. «S-sì» balbetto poi.
Lui fa un sorriso sghembo. «Eccoti servita.»
Annuisco altre sei volte, ora però non ho nemmeno la forza di sillabare una sola parola.
Perché diavolo sto facendo così? Sembro un allocco, porco cazzo! Mad, muoviti e dì qualcosa. Qualsiasi cosa.
«Come va?»
Okay, non è esattamente la cosa più originale che potessi dire, però è già un passo avanti. Sicuramente è meglio che fare scena muta.
«A me bene, a te invece? Come mai qui?» mi risponde lui, perfettamente a suo agio.
«Potrei farti la stessa domanda» ribatto io, alzando le sopracciglia.
Lui alza scherzosamente gli occhi al cielo. «Io sono qui con mia sorella, oggi abbiamo ospiti a cena e mamma ci ha rifilato al supermercato stamattina, così “ha tutto il tempo per cucinare con calma”.»
Abbozzo un sorriso. «Io invece ho dovuto fare le spese perché in casa non c'era nulla di commestibile» rispondo poi a mia volta.
«Ah, ho capito. Sei qua da sola? Vuoi un passaggio a tornare o qualcosa del genere?»
Non smetto di sorridere. «No, non mi serve nessun passaggio o qualcosa del genere, grazie comunque però.»
E' strana l'atmosfera che c'è tra noi. Insomma, ieri sera ci siamo baciati al chiaro di luna e adesso eccoci qua a scherzare al supermercato come se fossimo amici di vecchia data. Sì okay, forse l'incontro decisamente troppo ravvicinato di prima non era esattamente cosa da “vecchi amici”, però è stato un incidente, no?
«Gianluca! Sbrigati!» grida una voce femminile a me sconosciuta alle nostre spalle.
Mi volto incuriosita, sapendo già di chi appartiene.
«Sì, Simo, arrivo subito» urla di rimando Gianluca. Poi dice, rivolto a me: «Devo andare ora, io e mia sorella siamo in ritardo.»
A quanto pare non siamo gli unici in ritardo, stamattina.
«Okay, ci si vede allora.»
«Certo» conferma lui, poi aggiunge in un soffio: «Comunque ieri è stato bello.»
Ecco, lo sapevo che non assomigliavamo a due amici di vecchia data.
Faccio un sorriso decisamente troppo forzato. «S-sì, lo è stato.. bello. Cioè, voglio dire, è stato bello» balbetto sconcertata, inconsapevole di quello che sto biascicando.
Complimenti Madelyn, quest'anno il premio per la ragazza più idiota dell'anno va sicuramente a te.
Lui, come se non bastasse, mi mostra un altro dei suoi sorrisi da far-piegare-le-ginocchia. «Già» afferma, dopodiché mi stampa un bacio sulle labbra senza indugiare troppo e corre via.
Okay, non siamo decisamente due amici di vecchia data.
Dopo alcuni istanti in cui rimango semplicemente sconcertata, decido di spingere il carrello verso la cassa, dove in seguito trovo Michelle e Daniel che si guardando attorno preoccupati.
Alzo una mano per farmi vedere e appena sono vicina a loro, esclamo con un sorriso imbarazzato: «Scusatemi per il ritardo.»
E va bene, ho fatto molto la vaga, è che in questo momento non ho proprio voglia di parlare di Gianluca e di conseguenza di quello che è successo ieri sera.


Calma Mad, non c'è niente di cui preoccuparsi. Voglio dire, alla fine Nicola ha fatto la stessa cosa con Chiara, no? Perché dovresti farne un dramma? Non sei stata tu la prima a tradirlo, dico bene? E allora. A questo punto l'unica cosa da fare è mandare a fanculo Nicola e vivere la mia vita accanto a Gianluca, per sempre felici e contenti. Facile.
«Mad, ci sei?»
Alzo lo sguardo di scatto e abbozzo un sorriso non esattamente convincente. «Sì» rispondo a mia cugina che mi sta fissando sconcertata. «Perché?»
«Siamo arrivati» mi fa notare, senza smettere di guardarmi.
Okay, non sembrerò esattamente presente in questo momento, però insomma, adesso prendermi per una pazza è un po' esagerato... oppure no? Mio Dio, sto davvero impazzendo.
«Giusto» faccio, spalancando la portiera. «Scus...» Ma non riesco a finire la frase che un urlo dolorante mi fa sussultare. «Oddio, scusami Nicola!» mi affretto a dire, quando mi accorgo che gli ho praticamente sbattuto la portiera addosso.
«Ma dove cavolo guardi quando esci da un'auto?!» sbotta lui con irritazione, mentre si massaggia un braccio.
«Ero distratta» borbotto poi, arrossendo visibilmente.
«L'avevo capito» sospira lui, poi si dirige stancamente verso il bagagliaio per aiutare a portar dentro la spesa.
Io intanto non faccio che tormentarmi di pensieri...
Te l'ho già detto, stupida di una Mad, adesso devi solo piantare Nicola e passare il resto della tua esistenza con Gianluca. D'accordo, forse non proprio tutto il resto della tua esistenza, però...
Ma che diamine dici? E Nicola, poi? Credi che sia semplice mollarlo e stare con uno per il quale non sei nemmeno sicura di provare dei sentimenti veri?
E tu che ne sai di quello che sento?! Sono convinta di provare per Gianluca...
Una leggera infatuazione, niente di più!
«Mad?! Mi aiuti in cucina?»
Alzo per l'ennesima volta il capo e do un'occhiata a Michelle che mi sta osservando sospettosa.
«Oh, sì, subito» mormoro, cercando di darmi una calmata.
Non credevo di soffrire di personalità multipla. Sì, sto letteralmente impazzendo.


Appena esco dalla stazione, tiro un forte sospiro. Sono le quattro e mezza e Michelle e Daniel sono appena partiti per tornare a casa. Il problema è che a me sembra essere passata neanche un'ora da quando erano qui. Prima che partissimo da casa mia, Nicola si è gentilmente offerto di accompagnarci in auto, in modo da risparmiarci la lunga camminata. Prima che arrivasse il loro treno, avevamo a disposizione ancora un quarto d'ora, così abbiamo preso un ghiacciolo e siamo stati insieme ridendo e scherzando come se niente fosse. Poi sono partiti, Michelle mi ha dato un bacio sulla guancia e Dan mi ha salutato con la mano. Io non ho resistito, e sono scoppiata in lacrime. Allora mia cugina mi ha rassicurato che ci saremmo riviste presto, e che non aveva senso piangere in quel modo. Io ho annuito, sorridendo mentre le lacrime mi rigavano le guance.
E ora, come se non bastasse, mi ritrovo sola con Nicola in macchina.
Da quando siamo partiti non ho distolto un attimo lo sguardo dal finestrino alla mia destra, e Nicola ha continuato a fissare la strada davanti senza spiccicare parola.
Non vedo l'ora di arrivare a casa e andare in camera mia chiudendomi a chiave. Non sopporto più la sua presenza, dannazione.
«C'è qualcosa che devi dirmi?» chiede lui improvvisamente, in tono abbastanza distaccato.
«Io?» sbotto, senza nemmeno guardarlo.
«Sì, sono un po' di giorni che ti comporti strana con me: mi parli solo se ti chiedo qualcosa, non mi sfiori nemmeno, e ovviamente non mi ricordo l'ultima volta che ci siamo baciati.»
Per poco non scoppio a ridere istericamente. «Ah, vuoi pure che ti baci?!» esclamo, questa volta voltandomi verso di lui.
Lui strabuzza gli occhi. «Sei ancora la mia ragazza, o sbaglio?»
«La tua ragazza?» ripeto io, allibita. Per un po' di tempo non ho più la forza di parlare né di fare qualunque cosa. Sono troppo sconvolta.
«Oh, ho capito» mormora lui, dopo una pausa di assoluto silenzio. «C'è un altro.»
«Perché non dici “un'altra”, invece?»
A questo punto tutti i suoi muscoli si immobilizzano e la mascella si contrae leggermente. «Mi... mi hai visto con...» balbetta poi.
«Con Chiara, sì» rispondo io, in tono – con mio grande stupore – neutro.
«Oddio, mi... mi dispiace, davvero» aggiunge, tremando un poco.
«Lo vedo» ribatto io, gelida.
«No, Mad, ascoltami» fa lui, improvvisamente. «Io... ho sbagliato, e ne sono consapevole. E' stato un momento di debolezza, non era mia intenzione farti...» poi si blocca.
«Farmi cosa, Nicola? Farmi soffrire come un cane?! O farmi illudere in quel modo?» lo riprendo io, alzando inconsapevolmente il volume della voce. «Perché sì, io sono ancora una di quelle ragazze che crede ancora nell'amore. L'amore vero, quello senza macchia e senza paura. E facendo quello che hai fatto, mi hai illuso e basta. Ho sofferto, ma ora...»
«Ora è tutto finito!» mi interrompe lui, gridando. «Non la vedo più, le ho detto che avevo sbagliato, che lei non era nessuno... Le ho detto tutto, Mad, credimi.»
«Perché dovrei?» gli domando, stringendo le palpebre.
Detto questo, Nicola accosta la macchina e spegne il motore. Poi si gira per guardarmi negli occhi. «Perché è la verità, ecco perché dovresti farlo.»
Rimango ferma senza spiccicare parola, poi dopo un po', sostenere il suo sguardo mi risulta impossibile, così mi giro di scatto verso il finestrino e con mio orrendo stupore, mi accorgo che ho iniziato a piangere come una bambina.
«No, tesoro, non devi... scusami, scusami, Mad, sono una persona orrenda» inizia lui, poi dolcemente mi accarezza i capelli.
Reprimo un gemito. «Tu dici così... solo per... farmi contenta, ma non lo credi davvero...» sussurro poi, tra un singhiozzo e l'altro.
«Stai scherzando?!» esclama lui. «Io lo credo davvero, non lo dico solo per farti contenta, porca puttana! Io sono un ragazzo stronzo, bastardo e insensibile. O almeno, lo ero. Perché da quando sto con te, io sono sicurissimo di essere cambiato. Te lo giuro su tutto quello che vuoi, su questa fottuta auto, o su mia madre, o sulla mia testa! Prima me ne sarei sbattuto altamente le palle, adesso invece, con te, non riesco a fregarmene. Io ci tengo a te, ci tengo davvero. E non voglio perderti.»
Rimango letteralmente stupita dalle sue parole, e per qualche minuto non faccio altro che pensare se posso veramente fidarmi di lui o no.
Poi lui interrompe il circolo dei miei pensieri e mi afferra le mani senza esitazione. «Ti amo, Mad, ti amo davvero. E scusami se sono andato con Chiara, è che tutte le volte che mi respingevi, sembrava che cadessi sempre più in basso. Allora non ce l'ho fatta. Ma adesso che ho capito che in questo modo ti avrei potuto perdere, mi son reso conto del mio enorme sbaglio. Ora non mi importa più se non vuoi fare l'amore con me, giuro che non mi interessa. Voglio solo continuare a stare con te, voglio sentirti solo mia e basta. Ti lascerò i tuoi tempi, te lo prometto. Aspetterò quanto vuoi.»
Un'altra lacrima mi scende dall'occhio sinistro, questa volta non so se sia una lacrima di tristezza o di commozione.
Nicola me la asciuga con il dito indice e mi mostra uno dei suoi sorrisi sghembi fantastici. «Puoi perdonarmi?»
Finalmente apro la bocca dopo tanto tempo, e la voce infatti mi esce roca e esile: «Io... non lo so Nik, ammetto che mi hai presa in contropiede, non pensavo che mi dicessi delle cose simili, né che mi amassi veramente come tu dici.»  
«E' così, amore, te lo assicuro.»
Faccio un timido sorriso, forse per farmi più coraggio. «Ti credo» affermo poi, guardandolo negli occhi.
A questo punto il suo volto si illumina di un sorriso del tutto radioso. «Grazie per avermi dato un'altra possibilità, e ti prometto che non me la lascerò scappare.»
Annuisco un paio di volte, senza parlare.
«Stiamo di nuovo insieme, vero?»
A queste parole, ammutolisco. Stiamo di nuovo insieme?
«Nik, io credo...» inizio, e nel parlare alzo lo sguardo fino a incrociare i suoi occhi che mi fissano speranzosi. «...di sì.»
«Ti amo» ripete, dopodiché mi afferra il viso e mi stampa un bacio sulle labbra. Io non riesco a impedirglielo.
Mi impongo di sorridere, almeno per cercare di rassicurarlo. Il risultato però è uno strano incurvarsi di labbra. Non so se si possa definire esattamente un sorriso.
Fantastico. E adesso?















*** Spazio Autrici ***

Scusate scusate scusate per l'ennesimo ritardo. Questa volta è colpa mia, ho avuto una settimana piena fino all'orlo, e non sto scherzando. In cinque giorni sarò riuscita a collegarmi tipo una o due volte, ed è stato giusto una scappata; diciamo che sono stata veramente al computer solo durante il weekend >.> (haha, io invece sono sempre al pc ma evito msn, quindi diciamo che è anche colpa mia *asd ndLeslie)
A voi come va? Spero che siate meno stressati di me =.=

Okay, passiamo a questo capitolo di Ds2: come potrete notare Mad è moolto confusa, e riuscirà a schiarirsi veramente le idee solo nei prossimi capitoli (pardon le poche informazioni, ma preferisco fare la vaga, altrimenti perdiamo anche i pochi lettori che ci sono rimasti xD).
Che dite riguardo alle reazioni di Mad? Erano previste? Come avreste reagito voi, al suo posto? (fatemi sapere, sono curiosaa **)

Ultima cosa prima di chiudere, causa imprevisti il festeggiamento del primo anniversario di Ds è stato rimandato alle vacanze di Natale (scusateciiii!). Però, per farci perdonare, vi diremo che la sorpresa è una one-shot (più precisamente un Missing Moments :D) riguardo a... seguiteci e lo scoprirete! ;) Aspettiamo commenti *w*

Come sempre, grazie di cuore alle 21 persone che stanno seguendo la storia, alle altre 8 che l'hanno aggiunta nelle preferite e alla 1 persona che l'ha messa tra le ricordate! ;) Grazie anche a chi l'ha letta semplicemente, le visite sono tantissimissime **
 

marypao  non preoccuparti, anche noi come te siamo piene di cose da fare >.<  E vorremmo scusarci con te personalmente per i nostri costanti ritardi ç.ç Potrai mai perdonarci, tesoro? Comunque, tranquilla, fai pure con comodo riguardo alle mie fic del mio account singolo, veramente, non ti perdi nulla xD E, per quanto riguarda i nomi della mia scuola, con 'ste riforme continuano a cambiare, non ti immagini che strazio per me -.-'' Tu che bello che fai il classico ** Come la Linduzzz! Io non resisterei a fare il greco o.o Detto questo, lascio la parola alla mia socia ;) (muhaha, greco xD ho un compito in classe venerdì >.< ma passiamo alle cose importanti: non posso rivelarti nulla sul futuro del triangolo - per il tuo bene, sia chiaro u.u - ma posso rivelarti che sto scrivendo l'ultimo capitolo prima dell'epilogo :D Like Lily and James, sempre bloccata, ma ho una mezza idea di aggiornare entro novembre xD okay, non mi sembra di avere altro da dire >.< ndLeslie) Allora al prossimo aggiornamento, carissima (: E grazie mille per tutto ciò che fai per noi, te ne saremo infinitamente grate *w* Bacioni <33


Per oggi è tutto, gente! :)
Baciii,
Lalla e Lesie


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Capitolo 18
*** Sand. ***










18. Sand




Mercoledì 24 aprile

Michelle's Pov.

Non so esattamente cosa sia a svegliarmi, so solo che è troppo presto. Controllo con la coda dell'occhio la sveglia e sospiro, per poi alzarmi e – spinta dall'istinto – andare nel letto di Dan e rannicchiarmi sotto le coperte accanto a lui. Lo sento borbottare qualcosa e muoversi e spero di non averlo svegliato, ma naturalmente non è così.
«Michelle?» chiede, la voce impastata dal sonno.
«Sì, ma non volevo svegliarti... torna a dormire, è presto» sussurro con tono materno mentre mi accoccolo meglio sul suo petto.
Ride e mi circonda le spalle con il braccio. «Credo sia un po' tardi adesso.»
Sospiro, sentendomi leggermente in colpa. Avremmo dormito sì e no cinque ore.
«Oggi dobbiamo partire» sussurro di nuovo, leggermente malinconica.
Lui mi accarezza la spalla con aria assorta. «Lo so... ti dispiace?»
«Un po'... avrei voluto restare ancora un po' con Mad, e poi non siamo nemmeno riusciti a fare un bagno per colpa di questo stupido tempo.»
Daniel rimane in silenzio per un po', continuando a tracciare ghirigori invisibili sul mio braccio.
«Oggi dicono che farà caldo» mi fa notare finalmente.
Sbuffo. «Sì, grazie... oggi dobbiamo passare tutto il pomeriggio in treno, e la mattina vorrei passarla con Mad.»
Non risponde e per un attimo spero che si sia riaddormentato, nonostante sia altamente improbabile. Le sue dita continuano ad accarezzarmi il braccio e chiudo gli occhi un momento. È... bello. Sto bene tra le sue braccia, respirando il suo profumo e sentendo il suo tocco caldo sulla pelle, vorrei restare così per sempre. Andare a rannicchiarmi nel suo letto è una cosa che ho sempre fatto, fin da quando eravamo bambini. Spesso era perché mi svegliavo nel cuore della notte in preda agli incubi, lui riusciva sempre a calmarmi. Istintivamente mi chiedo come mai ci abbia messo tanto a rendermi conto dei miei sentimenti.
«È mia quella maglietta?»
La sua domanda mi distoglie dai miei pensieri e istintivamente accarezzo la stoffa grigia.
«Sì, volevo addormentarmi sentendo il tuo profumo» ammetto, arrossendo appena.
Con la coda dell'occhio vedo che sorride, poi sento le sue labbra sulla mia nuca. «Grazie.»
E di che? «Perché 'grazie'?»
«Hai appena detto che non puzzo» spiega, divertito.
Rido e mi sollevo sulle ginocchia per potergli dare un bacio. Lui mi posa una mano sulla schiena e mi trattiene, dischiudendo lentamente le mie labbra e sfiorandomi la lingua con la sua. Gli prendo il volto tra le mani e lui fa scivolare le mani sotto la maglietta, accarezzandomi la schiena e attirandomi appena verso il basso in modo da far aderire i nostri corpi. Sorrido sulle sue labbra e lui fa lo stesso, per poi staccarsi e scostarmi i capelli dalla fronte. Sentendo i suoi occhi sul mio viso mi chiedo istintivamente in che stato disastroso si trovino i miei capelli e quanto sia evidente che mi sono appena svegliata e che non ho praticamente dormito.
Lui sembra leggermi nel pensiero. «Sei bellissima» sussurra a pochi centimetri dalle mie labbra.
Io annullo di nuovo la distanza che ci separa e mi lascio andare a quel bacio, mentre lui mi stringe forte a sé come a volermi proteggere. Continuiamo a baciarci per quelle che mi sembrano ore, mi separo da lui e gli sorrido, poi poso di nuovo la testa sul suo petto e lascio che mi accarezzi i capelli.
Quando decidiamo di alzarci sono già le dieci e un quarto. Corro in bagno e mi lavo velocemente, per poi indossare una camicetta verde oliva e un paio di pantaloncini beige e scendere in cucina. Mad è già in piedi, indossa una maglietta rossa e un paio di jeans e ha i capelli bagnati e sta apparecchiando per la colazione. Le sorrido.
«Buongiorno.»
«Ciao, tesoro» Mad fa un sorriso allegro che nasconde a malapena la stanchezza. La capisco, anche io sono stanca dopo ieri sera, in più mi fanno male i piedi. Forse ho ballato troppo.
«Programmi per la mattinata?» domando, sfiorando lo schienale di una sedia.
In quello stesso istante, Dan entra in cucina sorridendo. Esclama un “buongiorno” allegro e mi prende il mento con due dita per darmi un bacio a stampo. Sorrido, divertita, poi torno a guardare Mad.
Quest'ultima lo saluta allegramente, poi torna a rivolgersi a me. «Veramente se abbiamo intenzione di mangiare qualcosa per pranzo, ci conviene andare al supermercato. Uh, siamo anche oggi a casa da soli, mio padre ha tipo un consiglio di classe e mia madre... beh, a dir la verità non mi ricordo che impegno abbia.»
Annuisco. «Perfetto, adoro fare la spesa» esclamo, allegra.
«Fortunata te, io la odio invece. Girare per gli scaffali per trovare quello che vuoi, cercare di memorizzarti com'è fatto il supermercato – io ho un senso dell'orientamento che fa paura –, reggere tutti quei borsoni... sì insomma, una faticaccia» sorride lei.
Rido, poi indico il tavolo apparecchiato. «Allora mangiamo e poi usciamo?»
Questa volta è lei ad annuire. «Meglio, perché non abbiamo moltissimo tempo a disposizione, e poi per l'una il pranzo dev'essere pronto dato che mia sorella torna da scuola.»
Daniel sorride. «Perfetto allora» esclama, scostando una sedia. «Buon appetito.»


Dan aveva ragione quando diceva che oggi sarebbe stato caldo, quando sono uscita quasi non ci credevo. Il supermercato però ha il vantaggio di avere l'aria condizionata e, ora come ora, non me ne andrei mai più via da qui.
«Mmh, a questo punto mancano i pomodori pelati per il sugo della pasta e l'acqua» annuncia Madelyn, controllando la lista della spesa.
«Allora noi pensiamo ai pelati e tu all'acqua, poi ci incontriamo davanti alla cassa» propongo, prendendo a braccetto Dan. È tutta la mattina che io e Mad siamo una specie di circolo chiuso e – per quanto abbiamo cercato il più possibile di includerlo nelle nostre conversazioni – spesso parliamo di cose, persone o esperienze che lui non conosce ed è difficile non farsi prendere dal discorso. Ora ho voglia di essere tutta sua, anche se solo per pochi minuti.
Ci allontaniamo prima che Mad possa rispondere qualsiasi cosa.
«Allora, ti stai divertendo?» domanda lui mentre ci guardiamo attorno in cerca dello scaffale.
«Certo che sì... e tu?» domando a mia volta, mentre mi circonda la vita con il braccio.
«Sì, tua cugina è simpatica» ammette, ridacchiando.
«O-ho... quando veniva a trovarmi a Parigi però la riempivi di dispetti» gli faccio notare, ridendo a mia volta.
Lui non risponde, senza smettere di sorridere allunga la mano e prende uno dei barattoli di pelati, esaminando il prezzo.
«Non è che avevi una cotta per lei, per caso?» domando, maliziosa.
Forse dovrei essere gelosa, ma riesco solo a riderci su. Infondo sono cose successe secoli fa.
«Per te, piuttosto» ribatte lui, lanciandomi un'occhiata colpevole.
«Uh?» esclamo, colta alla sprovvista. Possibile? «Avevi una cotta per me?»
«Qualcosa di simile, sì.»
Okay, ammetto che questo suo vizio di rispondere alle cose per metà è un po' fastidioso.
«Cioè?» lo incito.
Non so perché e probabilmente è stupido dato che ormai stiamo insieme, ma dopo quello che è successo con Fabio l'idea che lui provasse qualcosa per me già in passato non mi attira per niente. E se fosse solo un altro breve ritorno di fiamma? E se anche lui, tra qualche giorno, si rendesse conto che è stato solo un momento? Non so se riuscirei a sopportarlo, questa volta.
«Non so se posso definirla proprio una cotta» spiega, e trattengo un sospiro di sollievo. «Ero geloso di quello che c'era tra noi, della nostra amicizia, e il mio lato di ragazzino ricco e viziato desiderava che non ci fosse nessun altro, che tu fossi mia e basta.»
Arrossisco, lusingata. «E adesso?»
Lui si volta a guardarmi e mi cinge i fianchi, attirandomi a sé. «Ti darebbe fastidio se fosse ancora così?» domanda, in un soffio.
«Lo è?» chiedo io, con un sorriso timido.
Mi bacia la fronte e mi abbraccia, io lo stringo forte.
«Ammetto che spesso e volentieri mi comporto ancora da ragazzino viziato» sussurra.
Appoggio la guancia contro il suo petto, sorridendo appena.
Fabio.
Il suo nome mi rimbalza in testa quasi all'improvviso e per poco non sussulto. Non gli ho detto nulla di Daniel, non che ci sia stata l'occasione. Mi ha scritto un sacco di messaggi in questi giorni, la maggior parte per sapere come stavo o se mi stavo divertendo, poi, prima di uscire, ne è arrivato un altro.

Mi manchi.

In realtà il messaggio diceva anche qualcos'altro, ma quell'ultima affermazione mi ha spiazzata. Sono rimasta a fissare quelle due parole per cinque minuti buoni, tremando e sentendomi una stupida. Che cretinata, infondo, è logico che gli manchi, esattamente come gli mancherebbe Alice se se ne andasse per qualche giorno, io stessa in passato glielo avrò detto un milione di volte, eppure... È possibile semplicemente cancellare i sentimenti che hai provato per una persona così, da un giorno all'altro, solo perché qualcun altro ti ha fatto provare qualcosa di più forte o intenso? Non lo so, ma ho il presentimento che in fondo provi ancora qualcosa per Fabio, e che sia stato quel qualcosa ad impedirmi di parlargli di Daniel. Devo liberarmi di quel qualcosa, sarà la prima cosa che farò una volta tornata a casa. Infondo, quanto mai potrà essere difficile?
Stringo Daniel un po’ più forte, quasi sperando che in questo modo il senso di colpa svanirà. «Dobbiamo prendere i pelati e andare alla cassa» mi ricorda, svogliato senza muoversi di un millimetro.
Sospiro. «Giusto, peccato» borbotto, leggermente divertita.
«Mi stai prendendo in giro?» domanda lui, leggermente scettico.
Sorrido e chiudo gli occhi, strofinando la guancia contro il suo petto. «No, affatto. Si sta così bene tra le tue braccia…» sospiro, sognante.


Qualche ora dopo ci stiamo trascinando dietro i borsoni lungo lo stretto corridoio del vagone numero cinque, diretti verso Genova. Ho gli occhi leggermente umidi dopo aver salutato Mad, ma le ho promesso che la riempirò di messaggi e lei mi ha assicurato che pur di rispondermi manderà segnali di fumo. Mi sembra come se non sia riuscita a parlarle abbastanza, ho ancora così tante cose che vorrei chiederle… su Nicola, per esempio, e perché sia diventato ad un certo punto un argomento così delicato. Sbuffo, stropicciandomi gli occhi: brutta mossa, avevo le mani appiccicose di sudore e di ghiacciolo al limone e ora sto cominciando a lacrimare. Maledetti occhi ipersensibili.
«Ecco» sospira Dan, mollando il suo borsone su uno dei quattro sedili vuoti e lasciandosi cadere in quello accanto. Lo imito, cercando di non dare a vedere le lacrime che cerco di asciugare con il dorso della mano.
«Tutto bene?» chiede lui, sporgendosi verso di me.
Annuisco. «Sì, non sto piangendo» lo assicuro, coprendomi gli occhi.
Lui, scettico, mi afferra i polsi e mi fa abbassare le mani, dopodiché mi guarda serio.
Sbuffo di nuovo. «Non sono lacrime di tristezza, mi sono toccata gli occhi con le mani sporche» borbotto, divincolandomi dalla sua presa e abbandonandomi contro lo schienale del sedile.
«Perdonami, ma non sembri esattamente allegra, lacrime o non» mi fa notare, tirando fuori un pacchetto di fazzoletti dalla tasca dei jeans e porgendomene uno.
Lo afferro e mi asciugo gli occhi, per poi tentare invano di pulire le mani. Niente da fare, continuano ad essere sudate e appiccicose.
«Si muore di caldo» mi lamento, sbuffando un’ennesima volta.
«Uh, qualcuno è parecchio irascibile in questo momento.»
Lo ignoro e mi metto a guardare dal finestrino. Arriveremo a casa tra qualcosa come otto ore e dovremo cambiare treno quattro volte. Ho solo voglia di chiudere gli occhi e svegliarmi nel mio letto, al fresco e senza quest’odiosa sensazione appiccicosa sulle mani.
Okay, sono irritata. Vorrei vedere chi non lo sarebbe, al posto mio. Ho l’impressione che qualunque cosa provi a fare finirà nel verso sbagliato.
Il cellulare vibra nella mia tasca e lo prendo, svogliata.

Partita?

È di Fabio. Lo guardo per una manciata di secondi, prima di digitare una risposta.

Sì, e devo ammettere che sono rincuorata dal fatto che almeno cinque minuti sono passati…

Lo invio leggermente esitante e fisso lo schermo per un po’, in attesa della risposta che non si fa attendere.

Povera… se vuoi una risposta sincera, darei qualsiasi cosa per non essere nei tuoi panni in questo momento.

Ahah. Grazie tante, anche io darei qualsiasi cosa per non essere nei miei panni. Glielo scrivo, schiacciando in fretta sui tasti sotto lo sguardo incuriosito di Daniel. Anche questa volta non ci mette tanto a rispondere.

Giusto, meglio non mettere il dito nella piaga… ehi, approposito, che ne dici di venire da me domani pomeriggio per una delle nostre sessioni di mate?

Lancio un’occhiata fugace a Dan, che ne approfitta per chiedermi a chi sto scrivendo.
«Alice» invento sul momento, tentando un sorriso, poi riabbasso lo sguardo sul cellulare.

Okay, mi dai i dettagli domani a scuola.

Ci metto quasi un minuto ad inviarlo, e non appena sullo schermo appare la familiare scritta che dice che il messaggio è stato inviato correttamente, sento i sensi di colpa stringermi lo stomaco. Infilo di nuovo il cellulare in tasca, tentando di pensare ad altro.
Infondo, mi dico, cercando di rassicurarmi, posso utilizzare quest’occasione per dirgli di Daniel e chiudere una volta per tutte.
Sì, avrei fatto così.
Il viaggio prosegue in religioso silenzio e, quando scendiamo a Genova, vado diretta verso il tabellone delle partenze. Daniel mi afferra il polso, trattenendomi, e io mi volto a guardarlo incuriosita.
«Che c’è?» chiedo, perplessa.
Lui sorride stile “è una sorpresa ma la adorerai” e socchiudo gli occhi come per chiedergli spiegazioni.
«Vieni con me» dice infine, afferrando il mio borsone senza sforzo.
Sono ancora leggermente irritata, ma la curiosità è troppa. Daniel mi conduce fuori dalla stazione e fa un cenno ad uno dei tassisti parcheggiati, per poi dirigersi verso l’auto bianca e farmi segno di salire. Obbedisco, ora leggermente perplessa: sbaglio o dobbiamo prendere un treno tra dieci minuti.
«Prenderemo il prossimo» mi assicura Daniel, praticamente leggendomi nel pensiero.
Capisco che è meglio non fare domande e comincio a mordicchiarmi il labbro guardando fuori dal finestrino. Qui a Genova non è caldissimo, ma è comunque un enorme passo in avanti rispetto alle temperature che c’erano fino a ieri.
L’autista accosta quando siamo praticamente usciti dalla città e Daniel gli allunga qualche banconota, per poi spingermi appena incitandomi a scendere. Lo faccio e mi guardo attorno altamente perplessa finché non mi rendo conto che siamo davanti ad una spiaggia deserta. Lo guardo come per accertarmi che ciò che vedo sia vero e lui mi abbraccia da dietro.
«Pensavo avessi voglia di un bagno come si deve» sussurrò, posando il mento sulla mia spalla.
Senza parole, mi volto e gli prendo il volto tra le mani, per poi dargli un lungo bacio che mi lascia quasi senza fiato. Non credo di riuscire a riassumere tutte le emozioni che provo in questo momento e mi sembra assurdo provarci, continuo a baciarlo finché lui non si scosta dolcemente. Ha il fiatone e un’espressione leggermente stralunata, ma sorride.
Non c’è bisogno di altre parole, apro il mio borsone e ci frugo dentro finché non trovo il mio costume e lui mi indica una fila di cabine dall’aria abbandonata dove posso indossarlo, per poi seguirmi e chiudersi a sua volta in una di esse. Naturalmente è più veloce di me a cambiarsi e quando esco è già sulla riva del mare, il vento che gli scompiglia di capelli e le onde che gli sfiorano i piedi. Gli corro incontro e gli prendo la mano, trascinandolo nell’acqua. È gelida ma non potrei sentirmi meglio, in questo momento.


Giochiamo insieme nell’acqua per quelle che sembrano ore, poi comincio a sentire freddo e lui mi costringe a uscire. Passo una mano tra i capelli bagnati e lo guardo, davanti a me, procedere verso le cabine. Quasi senza accorgermene gli afferro la mano, costringendolo a fermarsi. Mi guarda sorridendo, io resto seria ma abbasso lo sguardo, leggermente imbarazzata.
«Perché fai tutto questo per me?» domando, cercando di trovare la forza di guardarlo negli occhi.
Lui si avvicina di un passo e intreccia le dita nelle mie, accarezzandomi il dorso della mano con il pollice. «Non è ovvio, Michelle?» chiede, quasi divertito.
Incrocio il suo sguardo e gli sfioro il petto bagnato con le dita, assorta. Lui si abbassa, accostando le labbra al mio orecchio come a volermi dire un segreto.
«Ti amo» sussurra, e il suo fiato caldo mi fa rabbrividire. «Voglio che tu sia felice.»
Stringo appena le labbra e chiudo gli occhi, rabbrividendo quando sento le sue labbra sfiorarmi la pelle vicino all’orecchio e poi salire fino alla guancia, posandosi infine sulla mia palpebra. Ho freddo, o meglio, dovrei avere freddo, considerando che si sta alzando il vento e io sono bagnata fradicia, ma la pelle di Daniel sembra bollente sotto le mie dita, sulla mia pelle, e in qualche modo riscalda anche me. Cerco le sue labbra e lui mi bacia sull’angolo della bocca, per poi scendere sul mento fino al collo, mi lascia la mano e la posa sulla mia schiena, mentre io allaccio le mie attorno al suo collo. Mi sussurra qualcosa, ma io non riesco a capirlo, fa un passo in avanti e inciampa nei miei piedi, un attimo dopo sono distesa sulla sabbia e lui è sopra di me. Mi guarda serio per un istante, poi preme le labbra sulle mie e io lo stringo forte, ignorando la sabbia che si appiccica alla mia pelle e al costume bagnato, che mi riempie i capelli. Rotola sulla schiena e mi trascina sopra di sé, io poso entrambe le mani sul suo petto, e riprendo a baciarlo, ansimante, mentre lui mi accarezza la schiena e mi attira dolcemente contro il suo petto, facendo aderire i nostri corpi. Sento l’ormai familiare calore al bassoventre mentre indugia sulla mia pelle e io gli bacio il mento e il collo come lui ha fatto prima a me.
Dopo attimi interminabili, mi distendo sulla schiena accanto a lui. Siamo entrambi quasi letteralmente coperti di sabbia e ansimiamo. Dan mi prende la mano con dolcezza.
«Dobbiamo muoverci, tra qualche minuto arriverà il taxi per riportarci in stazione» mi avverte, leggermente teso.
Annuisco, assorta, per poi alzarmi con riluttanza. Vorrei restare qui per sempre.


Quando infilo la chiave nella toppa è tardi e so già che non troveremo nessuno sveglio. Entro piano, cercando di fare meno rumore possibile, e l’odore familiare di casa mia mi investe, tranquillizzandomi. È tutto buio, come avevo immaginato, e non voglio accendere nessuna luce. Ho voglia di vedere mia madre, ma preferisco aspettare domattina e non voglio disturbarla, ormai starà dormendo da un pezzo.
Mi sfilo le scarpe e prendo la mano di Daniel, guidandolo nel buio quasi assoluto fino a camera mia. Sento il tonfo leggero delle borse che lascia cadere per terra è finalmente accendo la piccola luce sul comodino. Mi volto a guardarlo: ha un’espressione stravolta. Lo capisco, ho urgentemente bisogno di una doccia e di un pigiama pulito.
«Vai prima tu in bagno» suggerisce, accarezzandomi distrattamente il braccio.
Obbedisco senza dire nulla, e quando accendo la luce sopra lo specchio socchiudo gli occhi, infastidita. Guardo il mio riflesso con occhi stanchi e noto che sono stranamente pallida. Non sembra per nulla che sia appena tornata da una vacanza.
Mi spoglio lentamente, abbandonando i vestiti sul pavimento senza nemmeno pensare di piegarli o metterli a lavare. Dopo essermi sfilata i jeans indugio con lo sguardo sul mio riflesso senza sapere cosa pensare. Mi sembra di essere cresciuta più in questa settimana che in tutta la mia vita, eppure sono sempre uguale. Forse non è vero, forse semplicemente sono troppo stanca per notarlo, ma il mio corpo è quello di sempre, e probabilmente non cambierà più troppo radicalmente. A meno che certo non decida di annegare i miei dispiaceri nel cioccolato e ingrassi di cinquanta chili. Daniel mi vorrebbe comunque, in quel caso? O il suo è un interesse puramente fisico? Cos’ho poi che gli piaccia tanto non lo so. Se qualche giorno fa mi vedevo diversa, adesso mi sembra di essere quella che sono sempre stata, una bimba lagnosa e troppo pallida, che preferisce lasciarsi crescere la frangia sugli occhi e tenere lo sguardo basso piuttosto che accorciare un po’ la gonna o ampliare la scollatura. Per tanti anni ho dato per scontato che nessuno si interessasse a me, che fossero tutti concentrati a notare i miei difetti piuttosto che farsi piacere i miei pregi. Non ho tanti amici, sto sempre zitta… perché qualche ragazzo avrebbe dovuto notarmi? E per quanto cercassi di convincermi che fosse assolutamente normale non avere nessuno che fosse più di un amico alla mia età, mi sentivo dannatamente sola. Poi è arrivato Fabio, e poi Daniel. Cos’hanno visto loro che gli altri non hanno notato? Bisogna per forza conoscermi da una vita per provare attrazione per me?
Resto immobile a fissare il mio riflesso, sento le lacrime pungermi gli occhi e non so nemmeno perché. Dio, non credevo di essere lunatica fino a questo punto: questa mattina stavo bene ed ero felice, e ora non riesco nemmeno a sorridere davanti allo specchio. Dovrei essere felice assieme a Daniel, esattamente come lo ero quando mi ha baciata per la prima volta, quando abbiamo ballato in discoteca, ma ora non sono più sicura di nulla. Perché mi ama? Cos’ho di tanto speciale? Perché me e non una come Sophie? Una ragazza bella e ricca, una di Parigi per il quale non si senta costretto a stravolgere la sua vita per trasferirsi qui?
Finisco di spogliarmi ed entro nel box della doccia stringendo le labbra nel tentativo di trattenere i singhiozzi. Cerco di lavare via le insicurezze assieme alla sabbia e al sudore, ma non ne ho la forza, e quando torno in camera riesco solo a infilarmi un pigiama pulito e arrampicarmi sul letto a castello, ignorando la buonanotte di Dan.

























*** Spazio Autrici ***

Hey!
Probabilmente vi starete chiedendo cosa ci è successo, dato che è da due mesi che non aggiorniamo (è molto probabile che non succeda più ora che ci sono le vacanze e possiamo rimetterci in sesto)... immagino che le scuse siano d'obbligo. Oddio, non potete immaginare quanto ci dispiace.. ç.ç  (concordo. Il tempo e la voglia di aggiornare scarseggiavano, specialmente ora come ora che i lettori sembrano essere "spariti" ç.ç NdLalla)

Ora, non so bene cosa dire su questo capitolo, di certo non è dei migliori. Cioè, l'ho scritto che ero di umore strano ed è venuta una cosa strana, a voi i commenti comunque... (:

Come ultima cosa, volevamo avvisarvi che per il Missing Moments dovrete aspettare ancora un po', non sappiamo esattamente il giorno in cui aggiorneremo, ma sicuramente durante le vacanze natalizie, quindi.. state pronti ;)

Passiamo a rispondere alle recensioni, ringraziando ovviamente chi legge e mette la storia tra i preferiti e i seguiti.. you guys rock! ;D


marypao ooh, il triangolo antico arriva, just wait for it.. :D in quanto a Michelle, posso solo dirti che dopo questo capitolo le cose diventeranno per un certo senso più complicate, per un altro più semplici... (comunque, come avrai notato, alla fine non ho aggiornato LL&J.. ma infondo a cosa servono le vacanze di natale? :DD) Io compito di greco ce l'ho domani e più che essere nervosa non ne ho voglia per niente. =__________=... lascio a Lalla che saprà dirti qualcosa di certamente più costruttivo (allooora, mi sembra chiaro cristallino che odi a morte Nicola, eh? :P Non saprei proprio che dirti, più che altro il fatto è che se mi metto a parlare liberamente finisco per raccontarti tutto il finale, e vorrei evitare :D Non mi resta che dirti, come sempre, "aspetta e vedrai" ;) Come sempre, grazie infinite per il tuo costante appoggio, saremmo perse senza di te tesoro <3 NdLalla)


Tutto per oggi, cari, alla prossima ;D
Leslie and Lalla

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Capitolo 19
*** Fear. ***










capitolo 19

19. Fear




Giovedì 25 aprile

Madelyn's Pov.

Il giorno seguente, arrivo ad un'unica conclusione: le cose avvenute in questi ultimi giorni sono accadute troppo in fretta, ed io non ho praticamente avuto il tempo di realizzare questa cosa. E' vero, Nicola con le parole di ieri pomeriggio mi ha letteralmente stupita; non credevo che fosse così per lui. Dopo che l'avevo visto con Chiara l'ho sempre pensato un ragazzo stronzo senza cuore, ma poi, dopo tutto quello che mi ha detto, ho capito che non è vero. E' evidente che non voglia perdermi, altrimenti perché avrebbe fatto tutto quello che ha fatto? Se non gliene fosse fregato nulla, avrebbe continuato a stare con Chiara, e chi se ne frega delle paranoie di Mad e della sua “prima volta speciale con un ragazzo speciale.”
Il punto ora è: come diavolo faccio con Gianluca?
Non posso ovviamente dirgli la verità. Se sapesse che stavo con un altro quando l'ho baciato, chissà cosa penserebbe di me, dico bene? Ed io non voglio assolutamente che questo succeda. Insomma, è l'ultima cosa che vorrei che accadesse. Non posso lasciargli questo ricordo di me, in fondo io a lui ci tengo. Devo trovare un modo per fargli capire che era solo uno sbaglio per me. E che sto con un altro. Sì, devo dirglielo, e devo dirglielo io, se lo scoprisse da solo sarebbe molto peggio.
Oddio, ma noi due eravamo insieme? Non lo so più nemmeno io. Cioè, che cavolo è successo tra me e Gianluca resterà per sempre un mistero. Stavamo ma non stavamo insieme, in parole povere. Però in fondo non ha senso. Ci siamo baciati ma non era niente di serio, punto. C'è poco da dire.
Il problema è che non voglio neanche ferire i sentimenti di Nicola. Non voglio proprio fargli passare quello che ho passato io. Non sono mica così crudele.
Vorrei che nessuno stesse male a causa mia.
Okay Mad, puoi farcela. Si tratta solo di trovare le parole giuste al momento giusto. Non è poi così complicato.
Giro in tondo nervosamente, pensando a qualcosa di intelligente da fare. Qualsiasi cosa.
Ci sono! Posso chiamare Michelle per chiederle se è tornata a casa viva e per chiacchierare un po'. Va beene, non centra molto con la missione “devo dire a Gianluca che per me è stato solo uno sbaglio baciarlo”, fatto sta che ho bisogno di sentire la voce di mia cugina. Non so perché, ma mi aiuta molto a calmarmi. Mi rassicura.
Compongo frettolosamente il suo numero sulla tastiera del cellulare, dopodiché lo metto all'orecchio e aspetto con ansia che risponda.
«Ciao Mad.»
«Hey! Come stai?» esclamo, raggiante. «Aspetta, ti disturbo?» aggiungo poi, quando sento delle voci a me sconosciute in sottofondo.
«No, figurati» mi rassicura lei, con dolcezza. «Sto facendo due passi con un mio amico.»
«Uh» faccio io, annuendo un poco. «E' andato bene il viaggio, ieri?»  
«Sì, certo, tutto regolare» risponde, tranquilla. «Il caldo è stata la cosa peggiore, ma naturalmente qui era brutto tempo, perciò è stato facile da dimenticare. Tu come hai passato la tua giornata?»
«Beh, stamattina sono andata a scuola e nel pomeriggio non ho fatto nulla di speciale» spiego, vaga. Poi mi decido ad aggiungere, forse troppo a bruciapelo: «Comunque ieri ho parlato con Nicola, e sembra che sia tutto sistemato. Insomma, stiamo insieme.»
«Davvero?» sbotta lei. «Cioè, sono felice per te se tu sei felice.»
Ammetto che mi immaginavo una reazione diversa da parte di mia cugina, ma vabbeh.
«Okay, ignora quello che ho appena detto... cioè, sono felice se tu sei felice, è ovvio, ma non lo intendevo come frase copertura di “oh mio Dio credo che tu abbia fatto il più grosso errore della tua vita”, assolutamente no. In realtà non penso nemmeno che sia un errore... Dio. Okay, ricominciamo da capo. Com'è successo?»
A queste ultime parole non posso fare a meno di fare un sorrisetto compiaciuto.
«Diciamo che si è scusato per come mi ha trattata, e dice di essersi pentito. Chiaramente vuole ricominciare, con la promessa che non lo rifarà più» racconto poi, facendola breve.
«Ah» fa Michelle. «Beh, sono felice per voi...»
Mmh, qualcosa non mi convince.
«Mich?» domando, dopo una breve pausa in cui raccolgo le idee che mi circolano impazzite per la testa. «Sicura di stare bene? Ti sento strana...»
Lei prima di rispondermi, prende un bel respiro. «Okay, senti, sei davvero del tutto sicura che non ti farà soffrire di nuovo? Insomma, mi ricordo come ci sei stata male, non voglio rivederti più in quello stato, ecco tutto.»
«Sì, credo di comprendere quello che intendi» borbotto io, cercando di prendere tempo per fare mente locale. «Comunque voglio fidarmi di lui, anche perché quello che provo per lui è un sentimento forte, non riuscirei a cambiare pagina tanto facilmente, se mai decidessi di non credergli. Non so se mi spiego.»
«Sì, capisco» mormora lei, con un sospiro. «Solo, promettimi di stare attenta... promettimi di non lasciarlo spezzarti il cuore un'altra volta.»
Sorrido, grata perché si sta preoccupando per me, grata perché è davvero interessata a me e alle mie sofferenze. Dio, che cugina fantastica che ho.
«Te lo prometto» ho poi la forza di dire, mentre una lacrima silenziosa mi percorre la guancia sinistra. «Ti voglio bene, Mich. Davvero.»
«Ti voglio bene anche io, Mad» risponde lei.
Mi immagino la sua faccia sorridente, le sue labbra allargate e i suoi occhi accesi. Non posso fare a meno di sorridere.
Dopo qualche attimo di silenzio, mormoro esitante: «Ehm, ci sentiamo allora, okay?»
«Certo, al più presto.»
«Perfetto, ciao cuginetta, ti abbraccio forte forte!» la saluto io, con il sorriso stampato sulla faccia.  
Appena schiaccio il tasto rosso, rimango immobile per qualche istante con una faccia da perfetta idiota. Come se non volessi far sparire il sorriso ebete che ho sulle labbra.
Quando realizzo che ora è veramente il momento di fare qualcosa, il sorriso si spegne lentamente.
Inizio a camminare nervosamente, girando su me stessa per qualche minuto e tentando di elaborare mentalmente il modo migliore per iniziare il discorso da fare a Gianluca.
Okay, posso farcela.


«Gianluca, mi dispiace per quello che ti ho fatto» inizio, cercando di metterci il più sentimento e tatto possibile. «Mi dispiace averti causato... no, inflitto... no! Così sembro una giornalista che sta facendo una telecronaca. Mi dispiace per averti fatto soffrire, veramente, non era nelle mie intenzioni... anzi, non era ciò che volevo fare in realtà...» continuo poi, fissando la mia immagine riflessa allo specchio di fronte a me, con aria sempre più indecisa.
Tiro un forte sospiro scoraggiato. «Okay, sono un disastro. Farò solo la figura della stronza o della finta pentita.»
Dio, che casino che ho combinato. Sono una scema, un'idiota. Perché sono così impulsiva? Devo cercare di prendere più tempo prima di fare o dire certe cose. Specialmente se si tratta di scegliere tra due ragazzi.
Mi butto a peso morto sul mio letto, cercando di reprimere le lacrime di rabbia che mi stanno bruciando gli occhi.
Mi odio, cazzo, mi odio.


Dopo un'ora di singhiozzi e lacrime di coccodrillo, mi strofino gli occhi ormai più che arrossati.
Falla finita. Chiamalo e basta, mi impongo poi.
Subito dopo afferro il cellulare con decisione.
Rubrica. Contatti. Gianluca. Chiama.
Avvicino l'apparecchio all'orecchio, chiudendo gli occhi. Appena inizia a suonare libero, mi schiarisco la voce un paio di volte. Al secondo squillo, inizio a realizzare quello che sto facendo. Oh porca merda. Non ho neanche un discorso pronto.
«Sì?»
Appena sento la sua voce, l'ansia e la paura mi colgono impreparata, così schiaccio il pulsante rosso senza aspettare un secondo di più.
Ho il respiro irregolare, le mani che tremano, la gola secca.
Dio, quanto sono agitata.
«Posso farcela, porca miseria» mi ripeto per la millesima volta, questa volta a voce alta per farmi più coraggio.
Adesso lo richiamo, e non devo assolutamente mettere giù. Chi se ne frega se non ho un discorso mentale. Improvviso un po'.
Questa volta mi risponde praticamente subito. «Pronto?» domanda, esitante.
«Gianluca, sono Mad. Ti disturbo?» dico io, senza fare neanche una pausa per respirare.
«Uh, ciao! Figurati, tu non disturbi mai!» esclama, facendo una leggera risata.
Ehm. Vabbeh, stai tranquilla.
«Beh, ecco, vorrei... parlarti» inizio, sospirando senza fare rumore. Non voglio fargli capire che sono agitata.
«Sì, certo. Dimmi pure» fa lui, facendosi improvvisamente serio. «Devo preoccuparmi?»
«No, cioè, sì, cioè...» balbetto io, avendo una crisi di pseudo-panico. Poi, prima di riaprire bocca, prendo un bel respiro: «Non è qualcosa di grave. Però... è... serio, diciamo.»
«Ah, okay. Ti va di parlarne a quattrocchi?»
«Va bene» mormoro. Ehm, fantastico.
«Dove ci troviamo?»


Mezz'ora dopo sono al parco, dove ci siamo dati appuntamento.
Appena abbiamo chiuso la chiamata, mi sono sciacquata la faccia, ho rifatto velocemente il trucco, mi sono infilata le scarpe e sono schizzata via da casa per non farmi vedere da Nicola.
Ed ora eccomi qua, con il batticuore e la costante paura di sbagliare il modo in cui dovrò prenderlo. Magari si infuria e non potremo neanche più restare amici. Dio, devo smetterla di pensare. Sono troppo pessimista.
Mi siedo sulla panchina più nascosta del parco, dopodiché fisso il prato cercando di fare mente locale. Come cazzo posso dirglielo?
«Ehi.»
Alzo il capo di scatto, sussultando un poco. Eccolo lì, bello e dannato. «Ciao!» lo saluto, sforzandomi di fare un sorriso allegro.
«Come stai?» mi chiede, sedendosi accanto a me.
«Potrebbe andare meglio» rispondo, in tutta sincerità.
«Cos'è successo?» domanda, con aria preoccupata.
Sfuggo al suo sguardo. «E' un po' un casino.»
«Racconta.»
«E' la nostra relazione che in realtà non va molto bene.»
Lui rimane in silenzio, guardandomi negli occhi.
«Perché la nostra si può definire una relazione, no?» mi accerto poi, con un fil di voce.
«Beh, direi di sì.»
«Ecco... E a dir la verità c'è qualcosa che non va.»
«Cosa non va, scusami?» mi domanda, perplesso.
Ma non riesco a rispondergli, perché lui aggiunge, alzando un po' la voce: «Se è perché ti chiamo poco, hai ragione, ma ultimamente sono un po' impegnato... Ci sono un po' di casini in famiglia, mia sorella si sposa settimana prossima.»
«Ah, davvero? Bello» commento, sorridendo leggermente.
«Sì.»
«Comunque» continuo poi, scuotendo un poco il capo. «Non è colpa tua. Sono io che non vado bene. E' difficile spiegare il perché.»
«Provaci» mi incoraggia lui, dolcemente.
Prima di dire le fatidiche parole, prendo qualche secondo di tempo. Come posso iniziare?
«Beh, onestamente, secondo me, abbiamo un po' affrettato i tempi. E' successo tutto troppo velocemente, io non ho quasi avuto il tempo di rendermi conto di quello che stava accadendo tra di noi. Cioè, non voglio dare la colpa a nessuno, per carità, però ecco, io sono una tipa che ha bisogno di tempo. Tempo per riflettere, tempo per... decidere.»
«Decidere?» ripete, come se dovesse accertarsi di aver sentito bene.
Ecco, adesso mi mangia.
Con mio grande stupore però, mi accorgo che non è affatto arrabbiato o irritato. Sembra solo preso in contropiede, e a questa reazione ero pronta già da prima.
«Sì...» sussurro, facendomi piccola piccola. «Perché, io, ehm, come posso dirtelo?»
Lui rimane in attesa, senza battere ciglio.
«Sono già fidanzata» sputo poi tutto d'un fiato.
Ora mi sento proprio una stronza. Anzi, a dirla tutta mi sento una facile. Una che alla prima occasione ci sta.
«Oh, ho capito» fa lui, annuendo. «Giusto. Non ci ho pensato!» esclama, facendo una mezza risata. «Sì, hai ragione, avrei dovuto accertarmi che fossi libera prima di fare quello che ho fatto.»
Oddio, si sta dando la colpa di tutto questo.
«No, Gianluca, non hai sbagliato tu! Avrei dovuto fermarmi io, sono stata una stupida» sbotto subito io, alzando il tono della voce.
«Non dire sciocchezze, tutti commettono questi errori. Che poi, non preoccuparti, non hai mica ucciso nessuno. Prendersela così tanto... ti pare?!»
«Mi sento un'imbecille. Non volevo farti stare male.»
«Ma non mi hai fatto stare male! Cioè...»
«Ecco, lo sapevo. Ti sto facendo male!» esclamo io, facendo uno strano gemito. No, non devo piangere. «Ho fatto un'enorme cazzata, non sapevo neanche io quello che facevo, è stato tutto così strano, così veloce, così bello, e così...»
«Smettila, Mad» grida lui, per coprire la mia voce e i miei singhiozzi (sì, sono scoppiata a piangere, non ce l'ho fatta a resistere). Mi prende le mani e me le stringe con affetto. «Non voglio assolutamente che tu te la prenda con te stessa. Tutti sbagliano. Tutti si ritrovano a fare delle scelte. Tutti commettono degli errori. Ma sai a cosa servono gli errori?»
Anticipandolo, rispondo: «No, non servono a un emerito cazzo gli errori. Sbagli una volta, sbagli una seconda, continui a sbagliare e non impari mai un fico secco.»
«Beh, è probabile. Ma io sono convinto che se non ci fossero gli errori questa vita non sarebbe degna di essere vissuta. Cioè, ci pensi, fare una vita senza sbagliare mai? Scegliere sempre la cosa migliore, senza ripensamenti, senza alcuna varietà di emozioni... Sarebbe una tristezza unica!»
«Già...» borbotto io, piegando leggermente da un lato la testa.
Oddio, com'è che ci siamo ritrovati a riflettere sulla stranezza della vita? Noi siamo venuti qui per discutere di... vabbeh, non importa. Onestamente, meglio riflettere su quant'è strana la vita piuttosto che degenerare e insultarci con tanto di urli e sputi.
E anzi, a essere sincera, mi aspettavo una reazione un po' diversa da parte sua. Credevo che alzasse la voce, si arrabbiasse, mi gridasse contro che sono solo una ragazza senza cuore... Okay, mi aspettavo una versione abbastanza drastica.
Adesso Gianluca mi sta guardando con un sorriso. «Quindi, stai tranquilla, capito? Non hai commesso assolutamente nulla di grave, rimaniamo amici e basta.»
«Sì» confermo, facendo un timido sorriso. «Okay.»
E' andata. E anche splendidamente, direi.
E' risolto tutto.
Dio, quanto sono felice.













*** Spazio Autrici ***

Ciaaaao gente! Come butta?
Siamo vive! E siamo tornate più belle che mai :D Vi ricordate ancora di noi, vero? Ma sì, quelle due rompi balle chiamate Laura e Linda :D
Scusateci immensamente per il ritardo... è che ogni volta che ci veniva in mente di aggiornare Ds2, per una cosa o per l'altra rimandavamo sempre ed ora eccoci qua. Ma tranquilli, abbiamo già in mente come farci perdonare :)
Pensavamo di aggiornare con due capitoli consecutivi, piùùùù un'anteprima di .... *rullo di tamburi* DS3!!!


Beh, prima di tutto volevo dirvi che questo capitolo è fresco fresco. L'ho scritto oggi pomeriggio, appena mi ero accorta che, se volevo aggiornare efp, avrei dovuto finire il capitolo x)
Che ve ne pare? ^^ (a me piace ;D NdLeslie)


Beeene, direi che prima di passare alle risposte alle recensioni, ci tocca darvi la tanto aspettata (?) anteprima di Ds3! Eh già, perchè noi, furbissime, ancora prima di finire Ds2, ci mettiamo a scrivere Ds3! Vi sembra normale? Ahahah!
Allora, tanto per chiarire un po', l'anteprima che vi farò ora è praticamente un pezzo di DS3 dal punto di vista del mio personaggio (il POV del personaggio di Linduz ci sarà nel prossimo capitolo). Per vari motivi io e la mia socia abbiamo deciso di non darvi spiegazioni sull'anteprima... scoprirete da soli, più avanti, tutte le domande che vi saranno sorte leggendo :D (sì, siamo sadiche! :P)
Okay, bando alle ciancie ragazzi, questo è il pezzo che ho deciso di farvi leggere:

«Perché mi avete tenuto nascosto tutto questo?» sputo fuori tutto d'un fiato.
Non mi risponde subito, probabilmente ha bisogno di qualche istante per decidere bene che parole usare. «Avevamo paura che tu ti dimenticassi di noi, e di tutto quello che abbiamo fatto per te.»
«Ma questo non potrebbe mai accadere, lo sai, vero mamma?» replico io, seria.
«Lo spero» fa lei, sforzandosi di sorridere.
A questo punto mi alzo e l'abbraccio d'impulso. Mi fa tenerezza e so che in questo momento ha tanto bisogno di affetto, di essere rassicurata. La conosco troppo bene.
«Ti voglio bene mamma, e non mi importa un accidente se sei la mia madre biologica o no. Tu sei e sarai per sempre la mia vera mamma. Quella che mi ha cresciuto, quella che mi ha saputo amare» le sussurro all'orecchio, mentre con una mano le accarezzo la schiena con dolcezza.

Uno dei temi principali credo che l'abbiate già sgamato, immagino ;D
Fatemi sapere cosa ne pensate, miraccomando **


chiara84  esattamente, Chiara, rimani collegata con noi e scoprirai come proseguirà ;) Intanto, passo la linea a Linduz... (è possibile che sia stato un mio errore nella stesura, ma non bisogna sottovalutare quello che Michelle prova per Daniel, nonostante Fabio sia ancora un pensiero fisso nella sua testa :) ndLeslie) Grazie mille per le recensioni che ci lasci e per leggere sempre la nostra storia (: Baci <3

marypao  ahah, come sempre, tesoro, ci hai lasciato una delle tue recensioni kilometriche... Dio, quanto mi sono mancate! :) Che strano leggere del Natale, ora... ci dispiace di aver fatto passare così tanto tempo :( Comunque, che bello che hai visto il film! Ahahah, Drawing a Song uno per quanto mi riguarda sembra che sia stato scritto decenni fa, scrivevo proprio male o.o E poi, il film è sicuramente diecimila volte più bello della nostra fic u.u (parlando del POV di Loredana, ovviamente!) (sei troppo modesta, sweetie, poi lo dici di me u.u ndLeslie) Che bello che hai il pc nuovo, mi piacerebbe cambiarlo anche io anche se l'ho comprato solo tre anni fa... sta già facendo i capricci 'sto rompi palle -.-"" Per quanto riguarda scrivere altre fic sul mio account, appena ho tempo mi metto all'opera, sono contentissima che ti sia piaciuta la ff di Ron honey (: Bene, io ho finito i commenti, lascio spazio alla mia socia ora ;) (uuh, quante cose da dire... allora, prima di tutto ci tengo personalmente a dirti di non preoccuparti se recensisci un po' più tardi rispetto al solito, almeno non quando siamo noi ad aggiornare due mesi dopo xP no beh, non devi mai preoccuparti per il ritardo xD per quanto riguarda il triangolo, so che sei curiosa e credimi mi piacerebbe rivelare qualcosina, ma ormai a pochi capitoli dalla fine mi sembra inutile, hai aspettato fino ad ora per vedere come finisce, non puoi arrenderti! Comunque dai tuoi commenti mi sembra di capire che tu sia schierata dalla parte di Fabio... *sorriso malizioso. Per quanto riguarda Michelle lo so, è lunatica, ho provato a mettermi nei suoi panni mentre scrivevo ed è uscita fuori così, forse perché anche io sono lunatica *asd (quello che scrive solitamente riflette quello che sto provando mentre sto scrivendo, quando ho scritto l'ultima parte del capitolo ero in un momento un po' nero, non so se sai cosa intendo, tipo quando sei troppo stanca o sei nervosa perché ti sembra di avere attorno un branco di gente idiota... vabbè, non è rilevante ora xD) per quanto riguarda LL&J non so davvero come scusarmi, sono bloccata in ogni modo che una persona possa ritrovarsi bloccata. Il bello è che so già come voglio farla finire etc... vabbè, incrocia le dita ;D ndLeslie) Spero che continuerai a recensire, anche se abbiamo ritardato in un modo assurdo... Grazie infinite per il costante appoggio e per i tuoi complimenti che non mancano mai ** Tanti baci <333

Vale728  wààààà, sei troppo gentile! Grazie millissime per tutti quei complimenti :) Siamo super contente di aver acquisito un nuovo "fan"! Che bello, hai letto le nostre storie in poco tempo ** Che soddisfazione che ci hai dato ;D Scusa ancora per il ritardo, non volevamo deludere le tue aspettative ç.ç Spero che continuerai a seguirci lo stesso, vero Linduz? :) (uhssììì, a meno che il nostro catastrofico ritardo non ti abbia spaventata xD grazie per i complimenti, credo anche io che ds2 sia meglio del primo, specie per quanto riguarda lo stile e le storie, probabilmente perché io e Lalla siamo maturate da quando abbiamo scritto la prima (: speriamo di continuare in crescendo con ds3 (yn) ndLeslie)  A presto, spero! Bacioni <33


Restate collegati, miraccomando! :)
Baciii,
Lalla e Leslie

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Capitolo 20
*** Forgiveness and stuff. ***










20. Forgiveness and stuff




Giovedì 25 aprile

Michelle's Pov.

Non so perché mi sveglio, nella stanza entra a malapena un filo di luce dalla finestra rasoterra e non mi sembra di sentire alcun rumore. Mi rendo subito conto che la crisi di ieri sera sembra passata e faccio un sorriso tirato, passandomi una mano tra i capelli. Mi sporgo verso il letto di Daniel, naturalmente vuoto, poi scendo dalla scaletta e soffoco uno sbadiglio contro la mano. Non dovrebbe essere troppo presto, perciò probabilmente la mamma è sveglia, dato che ha appuntamento per la seduta di chemioterapia alle dieci. Magari oggi la accompagno, non credo di avere niente di meglio da fare... forse farmi passare qualche compito, dato che domani vado a scuola.
Esco dalla mia camera e vado direttamente in cucina, forse troppo insonnolita per dare importanza all'uomo che sta bevendo un caffè appoggiato al banco di granito. Apro il frigorifero e prendo il cartone del latte, per poi rendermi conto di quello che ho effettivamente visto. Resto immobile per un minuto, poi chiudo con lentezza esasperante lo sportello del frigo e guardo l'uomo.
«Papà!» esclamò, scioccata.
Lui mi fa un sorriso teso, mentre le ultime parole che gli ho detto riecheggiano nella mia testa.
«Ciao, Michelle» mormora, con voce roca.
Cerco di deglutire ma non ci riesco e resto a guardarlo imbambolata come una scema con il cartone del latte in mano.
«C-cosa...?» faccio per chiedere, ma lui mi batte sul tempo.
«Sono tornato» dice, velocemente, puntando gli occhi dritti nei miei. «E sono deciso a non andarmene, questa volta.»
Okay, e adesso? Cosa dovrei dire? “Bentornato a casa”? “Mi sei mancato”? “Sono contenta che dopo tante cazzate tu abbia deciso di fare la cosa giusta”? Mi sembrano tutte fuori luogo, idiote, come se lo avessi davvero perdonato per averci lasciate da sole.
Mi mordo forte il labbro e distolgo lo sguardo. Dove sono finiti tutti? Com'è che sono l'ultima a saperlo?
Mi volto ed esco dalla cucina con la sensazione che qualcosa di molto pesante sia appena stato scaricato sul mio petto. Cammino avanti e indietro rendendomi conto di non riuscire a stare ferma, almeno finché non sento la nausea afferrarmi lo stomaco. Con respiro mozzato corro nella camera della mamma, trovandola seduta sul pavimento, una scatola aperta accanto a lei e un centinaio di foto sparse sul pavimento. Non riesco a fare a meno di guardarle mentre percorro la stanza per raggiungerla. Quasi tutte rappresentano i miei genitori, in piedi o seduti davanti a sfondi meravigliosi. Sono foto magnifiche, come io non mi sono mai sognata di farne, la luce è perfetta, i colori fantastici. In alcune ci sono anche io, nella maggior parte ho poco più di un anno. Dopo il mio secondo compleanno i miei hanno smesso di girare il mondo e si sono stabiliti a Parigi, in modo da darmi una casa e degli amici, un'infanzia normale. Mi viene da piangere, quando vedo la mamma rannicchiata al centro di tutte quelle foto, un vecchio album ingiallito ai suoi piedi. Riconosco il suo stile nel disegno non appena sono abbastanza vicina da vedere la pagina. È un ritratto sbiadito, e in basso a destra l'acqua ha sciolto il disegno, ma è facile riconoscere l'uomo che sorride sulla carta. Sembra così diverso da quello che ho appena visto in cucina... riesco a leggere un milione di emozioni nella sua espressione, mi fa quasi inquietudine. L'uomo che ho rivisto pochi giorni fa mi ha trasmesso solo rimpianto e amarezza. Raccolgo una delle foto e guardo l'uomo e la donna che si sorridono teneramente, più innamorati che mai. Cos'è riuscito a distruggere quell'amore? Come sono riusciti a cancellare tutte le emozioni che si leggevano sui loro volti e sostituirle con tristezza e rancore?
La mamma accarezza il disegno con occhi lucidi e un sorriso imperscrutabile che ha qualcosa di malinconico. So cosa sta pensando, intuisco quello che dev'essere stato per lei essere costretta a rivivere il momento in cui papà se n'era andato, in cui si era ritrovata da sola dopo tanti anni, in cui aveva dovuto mettere da parte la disperazione e cercare di continuare a darmi una vita serena, un'infanzia tranquilla.
«Perché non me lo hai detto?» sussurra all'improvviso, facendomi sussultare.
Resto in silenzio a lungo, fissando i miei genitori sorridenti nelle foto e cercando di dare una risposta alla domanda. In realtà è facile, non gliel'ho detto perché non volevo farla soffrire, perché non volevo vederla rattristarsi all'improvviso come fa sempre quando si parla di mio padre.
«Ero preoccupata per te» mormoro infine, poco convinta.
Lei fa un respiro profondo e si asciuga gli occhi con il dorso della mano, poi getta indietro la testa con un sospiro.
«Mamma?» la chiamo, esitante.
Lei si volta a guardarmi, cercando di sorridere.
«Perché papà è andato via?»
So che non è così, ma mi sento come se fosse la prima volta che lo chiedo. Le ho fatto questa domanda migliaia di volte, soprattutto quando ero piccola, ma ho smesso di aspettarmi una risposta tanto tempo fa.
«Michelle» tenta, con poca convinzione.
Sento le prime lacrime sfuggire al mio autocontrollo. «Ti prego...» imploro.
Si scosta i capelli dal viso e si sdraia sul pavimento, sopra le foto, lo sguardo fisso su qualcosa che non riesco a vedere. È una cosa che fa spesso quando deve raccontarmi qualcosa. Mi ha confidato che spesso riesce a rivedere le immagini sul soffitto, come in un film.
«Le cose andavano male da un po'» comincia, esitante, «litigavamo sempre più spesso e per ragioni sempre più stupide, e ogni volta ci allontanavamo di più.»
«Perché?» chiedo, serrando automaticamente le dita sulla foto che tengo ancora in mano.
Ci mette un po' a rispondere, e capisco che ha paura che quello che sta per dire possa ferirmi.
«Tuo padre è uno spirito libero, Michelle. Ha viaggiato, visto il mondo per tutta la sua vita da quando ha compiuto sedici anni. È un artista, vive per fotografare, costantemente alla ricerca della perfezione che non ha mai trovato. Dopo pochi mesi ha cominciato a sentire Parigi come una prigione, continuava ad insistere che la cosa migliore era fare le valigie e partire di nuovo, alla ricerca di quel pezzetto di mondo che non avevamo ancora visitato. Diceva che eravamo artisti e che non eravamo fatti per vivere come tutti gli altri. Odiava il suo lavoro...» le parole le muoiono in gola, mentre io mi rendo conto di aver smesso di respirare.
«Sono stato un idiota» continua una voce alle mie spalle.
Sussulto e mi volto verso mio padre, in piedi a pochi passi da me. Non l'ho nemmeno sentito entrare. Si siede con la schiena contro l'anta dell'armadio, accanto ai piedi della mamma.
«Pensavo che viaggiare, vedere i mondo fosse più importante di voi. Ragionavo ancora un ragazzino e non mi rendevo conto che ora ero responsabile anche della vostra vita, oltre che della mia...»
Smisi di ascoltare. Buffo, avevo passato la mia vita aspettando quella storia e ora non riuscivo a sentirla. Mi veniva la nausea e chiusi gli occhi, mentre immagini ed echi lontani si affollavano nella mia mente.

«E cosa mi dici di Michelle? Come puoi pretendere di farla crescere un po' qui e un po' là come se nulla fosse? Ha bisogno di una casa, di amici della sua età! Ha bisogno di andare a scuola... non puoi pretendere di toglierle tutto questo solo perché odi stare qui!»

«Non vedi come ci siamo ridotti, Cleo?! Da quanto tempo non prendi in mano un pennello? Mesi! Non è la vita che fa per noi!»

«Non gridare, ti prego...»

«Se non grido non mi ascolti!»

«Sta' zitto! Questa è la nostra vita adesso, fattene una ragione!»

«No, non piangere! Non metterti a piangere di nuovo, lo sai che lo detesto!»

«Smetterò di piangere quando tu smetterai di comportarti da idiota!»

«Ah, quindi sono un idiota adesso? Bene, buono a sapersi!»

«...finiva sempre così. Ogni litigio era uguale, finché non ce l'ho più fatta. Mi sono reso conto che vi stavo facendo soffrire, tua madre si era spenta e mi uccideva vederla così» si blocca e si passa una mano sulla fronte. Anche lui ha gli occhi lucidi adesso.
«Così se n'è andato» concluse la mamma, «io stavo piangendo, lui mi ha guardato per qualche secondo, poi ha mormorato una scusa ed è uscito. Sapevo che non sarebbe tornato...»
C'è qualcosa di freddo, nella sua voce.
«Cleo» chiama mio padre, mettendosi a carponi in modo da poterla guardare in faccia. Lei continua a guardare il soffitto, impassibile.
«Cleo, ti prego» sussurra, con voce rotta «mi dispiace...»
La sua voce è così bassa che la sento a malapena.
«Sono stato un idiota... perdonami, ti prego» continua, rosso in viso e con gli occhi lucidi.
Lei, lentamente, sposta lo sguardo su di lui, e questo sembra in qualche modo sollevarlo. Continua a non dire nulla, però.
«Ho commesso l'errore più grande della mia vita lasciandoti, e non c'è stato un momento in cui l'ho rimpianto. Ho continuato a girare il mondo, ne ho visto ogni angolo, ma da nessuna parte ho ritrovato quello che avevo con te, e ora che ho la possibilità di riaverlo non me lo lascerò sfuggire, hai capito?»
Mi sfugge un singhiozzo, ma nessuno dei due sembra sentirmi.
«E tu puoi cercare di mandarmi via, respingermi, odiarmi... ne hai tutto il diritto, ma nessuna di queste cose riuscirà a mandarmi via. Voglio stare con voi... starò con voi. Che tu lo voglia o no.»
«Smettila» mormora mia madre, con un tono che non comprendo.
«No» ribatte lui, con l'espressione che avrebbe se qualcuno gli avesse appena chiesto di smettere di respirare, o di fermare il battito del suo cuore.
Lei sembra sorpresa. Allunga una mano per sfiorargli la guancia, le labbra, poi la immerge nei suoi capelli. Sorride appena e lo attira a sé. Lui la lascia fare, senza muoversi. Capisco che non osa annullare la distanza tra di loro perché ha paura di essere rifiutato e sembra sorpreso di trovarsi dopo tanto tempo così vicino al suo viso. Trattengo il fiato mentre i secondi passano lentamente senza che nessuno dei due muova un muscolo. È mia madre a parlare, l'accenno di un sorriso divertito sulle labbra.
«Che aspetti a baciarmi, scemo?»


So che non si sistemerà tutto subito, ma non è questo il motivo per cui sono turbata. Mi siedo sul gradino davanti al portone, le lacrime che mi rigano le guance, il senso di colpa al quale ormai mi sono abituata.
«Ellie!» esclama Fabio, e con la coda dell'occhio vedo i suoi jeans e un paio di scarpe da ginnastica. «Dio, cos'è successo?»
Non rispondo, aspetto che si sieda accanto a me, poi poso la testa sulla sua spalla, lo sguardo fisso su un cespuglio di rose nel suo giardino.
«È tornato a casa» mormoro, con voce rotta «mamma ha accettato di perdonarlo e lui l'ha accompagnata alla seduta di chemioterapia... è tornato a casa... è tutto a posto ora...»
«Stai piangendo» osserva lui, indicando le mie guance bagnate.
Chiudo gli occhi con una smorfia. Dovrei sentirmi meglio, perché non ci riesco?
«Michelle» mi chiama lui, con voce ferma, per poi afferrarmi la mano.
«Cosa?» mormoro di rimando, cercando di controllare il tremore nella voce.
«Vuoi dirmi cos'è successo?» chiede.
Riapro gli occhi e mi alzo in piedi, stringendomi tra le braccia. «È per colpa mia» riesco ad ammettere infine, senza guardarlo.
«Cosa?» fa lui, profondamente scettico.
Mi lascio sfuggire un singhiozzo. «Mio padre se n'è andato per colpa mia!» esclamo, poi premo una mano sulla bocca cercando di reprimere la voglia di vomitare.
La cosa peggiore è che credo di averlo sempre saputo, infondo. Non è difficile da immaginare, le cose tra loro sono cominciate ad andare male dopo la mia nascita, in più è per me che la mamma ha deciso che era meglio condurre una vita sedentaria, è per mantenere me che papà ha dovuto prendere un lavoro che detestava. Colpa mia. Dio.
Senza quasi rendermene conto comincio a spiegare a Fabio tutto quello che è successo questa mattina. Non riesco a fermarmi, è più forte di me, probabilmente sembro una pazza. Lui mi guarda serio e leggermente preoccupato, ma non si perde una parola.
«Il succo del discorso sarebbe che il rapporto dei tuoi genitori si è incrinato solo perché sei nata tu?» mi interrompe ad un certo punto.
Mi volto a guardarlo con aria esasperata. Credo che qualsiasi spettatore esterno mi troverebbe piuttosto comica in questo momento.
Preferisco non rispondere e mi prendo la testa tra le mani. Dio, non riesco a stare ferma, di nuovo, e non riesco a smettere di piangere. Sono così concentrata a cercare di calmarmi che quando Fabio mi afferra le braccia per poco non tiro un urlo dallo spavento. Ha un'aria severa, dura, e la sua presa è salda. Mi irrigidisco.
«Michelle, calmati» ordina.
Lo guardo smarrita per una decina di secondi, poi scoppio a singhiozzi contro la sua spalla. Dopo un attimo di esitazione mi abbraccia e ho come l'impressione che un po' del peso che sento gravarmi sul petto se ne vada. Sospiro di sollievo e lo stringo più forte.
«Shh, va tutto bene» mormora, mentre mi aggrappo alla sua felpa nel tentativo di smettere di tremare.
«È colpa mia» continuo a ripetere, tra un singhiozzo e l'altro.
Potrei dire che mi sento come se la mia vita fosse appena crollata miseramente, ma non è così. La mia vita è crollata anni fa e sono riuscita a costruirla, a renderla anche migliore di prima, ma ora ne ho scoperto la ragione, e se fino a due ore fa riuscivo a sentirmi meglio pensando che la colpa era di tutti meno che mia, ora voglio solo morire. Tutti questi anni a farmi sempre le stesse domande, a distruggermi alla ricerca di una risposta, quando quello che cercavo era così ovvio!
«Michelle, smettila» mi sussurra lui ad un certo punto, con dolcezza.
«Ma...»
«Non è affatto colpa tua, stai rendendo questa faccenda dieci volte più grande di quello che è.»
Sento l'irritazione salire e mi stacco da lui. Che cazzo ne vuole sapere più di me?
«So quello che provi, credimi, ci sono passato anche io!» esclama, quasi leggendomi nel pensiero «ho passato anni arrabbiato con me stesso per quello che era successo tra i miei genitori, quando la verità è che non centravo nulla! Non ho scelto io che mio padre si comportasse in quel modo, non ho voluto io che tutto questo fosse accaduto!»
Lo guardo smarrita. Non credo di capire quello che sta cercando di dirmi.
«Non è la stessa cosa» tento, poco convinta.
«Sì invece, è la stessa. Se anche avessi ragione e tuo padre se ne fosse andato per te, questo non farebbe altro che incolpare lui ancora di più! Insomma, cosa avresti fatto tu di sbagliato? Essere venuta al mondo? Ma per piacere! Non hai mai voluto niente di quello che è accaduto, Michelle, e questo ti solleva da ogni responsabilità, per quello che mi riguarda.»
Mentre le sue parole assumono significato nella mia testa, il mattone che avevo nel petto si dissolve. È come se riuscissi a respirare per la prima volta dopo giorni e ho voglia di piangere dal sollievo. Forse il senso di colpa non se ne andrà mai via del tutto, ma non mi sento più morire, non ho più voglia di urlare, di gettarmi a terra e piangere. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, poi mi avvicino di nuovo a Fabio e lo abbraccio stretto. Non sorrido, non ci riesco ancora, ma so che lui lo sta facendo.


Mi offre di andare a prenderci un gelato per tirarmi su il morale. Sto già meglio, ma accetto, sempre un po' titubante. È una buona occasione per parlargli di Daniel una volta per tutte, ma ho paura che il nostro livello di intimità si sia spinto troppo oltre dopo quell'ultimo abbraccio e probabilmente gli sto dando il messaggio sbagliato. Aspetta, ma quale messaggio? Lui sta con Sara, non prova più niente per me... di cosa diavolo ho paura?
«Un cono con yogurt e bacio... tu cosa prendi, Ellie?»
Sussulto, colta alla sprovvista. «Eh?»
«Di gelato...» spiega lui, indicando le vaschette al di là del vetro.
«Giusto, uhm... mango e pesca» dico i primi due gusti che vedo sulla lista e faccio a Fabio un sorriso leggermente forzato.
«Tre e sessanta» comunica il gelataio, burbero, dopo avermi consegnato il mio cono.
«Faccio io» mi assicura Fabio, tirando fuori cinque euro dalla tasca dei jeans.
Io lo ringrazio e mi allontano appena per permettere alla signora in fila dietro di noi di guardare i gusti di gelato.
«Ecco, avevi in mente di andare da qualche parte in particolare?» mi chiede, intascando i soldi del resto.
Mi stringo nelle spalle. «No, decidi tu.»
Mi prende per mano e sussulto di nuovo, ma non se ne accorge. Dio, devo smetterla: siamo amici, credo che sia normale che mi prenda la mano... o forse no? Cavoli, ho sempre pensato di sì, ma adesso so che per praticamente tutto il tempo che siamo stati amici lui voleva qualcosa di più... ho voglia di scomparire, seriamente. Perché non può tornare tutto come prima e basta? Perché i sentimenti devono rovinare sempre tutto?
Nessuno dei due dice nulla per un pezzo, mangiamo i nostri gelati in silenzio, senza lasciarci la mano. Ho come l'impressione che anche lui debba dirmi qualcosa e che non ne abbia il coraggio, nonostante continui a sperare che il silenzio sia dovuto al fatto che io non abbia molta voglia di parlare e che lui si stia solamente gustando parecchio il suo gelato.
Finisco di mangiare il mio cono e inspiro, pronta a rompere il silenzio e sganciare la bomba, ma la suoneria del mio cellulare mi interrompe. Sussulto e colgo l'occasione per lasciargli la mano, per poi prendere in mano il cellulare e guardare il nome sul display.
«È mia cugina» annuncio, senza distogliere lo sguardo, «devo rispondere» aggiungo subito dopo, sorridendo a mo' di scusa.
Accetto la chiamata e porto il telefono all'orecchio.
«Ciao Mad» saluto, leggermente a disagio.
«Hey! Come stai?» esclama lei, poi si blocca. «Aspetta, ti disturbo?»
«No, figurati» le assicuro, sorridendo «sto facendo due passi con un mio amico» aggiungo, lanciando un'occhiata a Fabio.
«Uh, è andato bene il viaggio, ieri?»
«Sì, certo, tutto regolare» le assicuro «il caldo è stata la cosa peggiore, ma naturalmente qui era brutto tempo, perciò è stato facile da dimenticare» aggiungo, sospirando. «Tu come hai passato la tua giornata?»
«Beh, stamattina sono andata a scuola e nel pomeriggio non ho fatto nulla di speciale» racconta, poi fa una piccola pausa. «Comunque ieri ho parlato con Nicola, e sembra che sia tutto sistemato. Insomma, stiamo insieme.»
«Davvero?» mi sfugge, «cioè, sono felice per te se tu sei felice» mi correggo subito dopo, rendendomi conto però solo dopo averlo detto di quanto suoni una farse di circostanza. Inspiro, cercando di trovare le parole giuste. «Okay, ignora quello che ho appena detto... cioè, sono felice se tu sei felice, è ovvio, ma non lo intendevo come frase copertura di “oh mio Dio credo che tu abbia fatto il più grosso errore della tua vita”, assolutamente no. In realtà non penso nemmeno che sia un errore... Dio. Okay, ricominciamo da capo. Com'è successo?»
Con la coda dell'occhio vedo Fabio lanciarmi un'occhiata decisamente divertita. Gli faccio la lingua.
«Diciamo che si è scusato per come mi ha trattata, e dice di essersi pentito. Chiaramente vuole ricominciare, con la promessa che non lo rifarà più» spiega lei.
«Ah» annuisco, «beh, sono felice per voi...» aggiungo dopo, con una voce allegra che per un momento non riconosco nemmeno.
In realtà non so se essere al cento per cento felice della cosa. Sì, sono felice per Mad eccetera, ma Nicola non mi convince più più di tanto. Sarà che ho problemi a fidarmi di chi ha fatto stare male le persone a cui voglio bene.
«Mich? sicura di stare bene? Ti sento strana...» mi fa notare lei
Sospiro. «Okay, senti, sei davvero del tutto sicura che non ti farà soffrire di nuovo? Insomma, mi ricordo come ci sei stata male, non voglio rivederti più in quello stato, ecco tutto» ammetto.
«Sì, credo di comprendere quello che intendi. Comunque voglio fidarmi di lui, anche perché quello che provo per lui è un sentimento forte, non riuscirei a cambiare pagina tanto facilmente, se mai decidessi di non credergli. Non so se mi spiego.»
«Sì, capisco...» sospiro, lanciando un'occhiata a Fabio. Capisco davvero. «Solo, promettimi di stare attenta... promettimi di non lasciarlo spezzarti il cuore un'altra volta» mormoro.
«Te lo prometto» dice lei, con voce rotta. «Ti voglio bene, Mich. Davvero» aggiunge, dopo una breve pausa.
«Ti voglio bene anche io, Mad» sorrido.
Un'altra pausa. «Ehm, ci sentiamo allora, okay?»
Annuisco, prima di rendermi conto che non può vedermi. «Certo, al più presto.»
«Perfetto, ciao cuginetta, ti abbraccio forte forte!»
Mi viene istintivamente da ridere. «Ciao!» esclamo allegra, per poi chiudere la conversazione.
«Uh, problemi di cuore?» chiede Fabio, mentre infilo il cellulare in tasca.
Sorrido malinconica. «Sì, a quanto pare nessuno è al sicuro...» scherzo, con un tono spaventosamente amaro.
«Michelle,» esordisce lui, dopo un attimo di silenzio, «io ti devo delle scuse»
«Uh?» lo guardo, colta alla sprovvista.
Lui fa un sorriso imbarazzato, mi lascia la mano e si siede su una panchina, invitandomi a fare lo stesso. Incrocio le gambe, cercando di non abbassare lo sguardo. So che sta per succedere qualcosa che non dovrebbe succedere. È strano, ma lo so e basta, lo leggo nel suo sguardo. O forse sono ancora sotto shock e mi immagino le cose.
«Per come mi sono comportato con te» spiega lui, serio. «Non avrei mai dovuto baciarti, confessarti quelle cose... è stato stupido, mi sono lasciato trascinare dalle cose... non ci sono giustificazioni, ti ho fatta soffrire ed è imperd...»
«Non sono arrabbiata con te» lo interrompo, seria a mia volta, «non più almeno. E non solo perché sono stata distratta dal ritorno di mio padre e il resto... credo di non essere mai stata davvero così arrabbiata, dopotutto. Sapevo che non sarebbe mai potuto succedere nulla tra di noi, per Sara e tutto il resto.»
Oh, non mi ero accorta che fosse così vicino. Abbasso lo sguardo, arrossendo appena quando la sua mano sfiora le mie, strette l'una nell'altra nel tentativo di sfogare la tensione.
«Io e Sara ci siamo lasciati» ammette lui, in un sussurro, se possibile ancora più vicino, «quello che provavo per lei non è mai stato nulla in confronto a quello che provo per te.»
Sento le lacrime salire agli occhi mentre le sue parole assumono un significato nella mia mente. Si avvicina ancora e non riesco a trovare la forza di spostarmi. Riesco appena a balbettare un “no” senza senso prima che le sue labbra sfiorino le mie. È tutto maledettamente confuso, vorrei scostarmi ma chiudo gli occhi e mi abbandono al calore del suo respiro, al suo profumo tanto familiare da farmi star male. Una lacrima mi solletica la guancia mentre la sua lingua sfiora la mia, e mi rendo conto che sto rispondendo al bacio. È bello, innocente, vorrei dire perfetto, ma non posso. Una parte di me continua a sbraitare su quanto tutto questo sia sbagliato, che farà solo soffrire me e chi mi sta intorno, un'altra mi ricorda quanto mi abbia fatto male il suo rifiuto, un'altra ancora si chiede a cosa potrà portare tutto questo... l'ultima è quella che mi sta facendo rispondere al bacio, che infondo gioisce per la sua rottura con Sara. So che è sbagliato, ma al momento è l'unica delle parti che riesco ad ascoltare, probabilmente perché è la più facile, probabilmente perché sono una codarda, o forse perché non voglio fare a lui quello che lui ha fatto a me.
Sembra sia passato un secolo prima che mi renda conto della quinta parte, della parte più importante, la parte che mi ricorda di tutti i momenti passati assieme a Daniel, che mi suggerisce che per quanto questo bacio possa essere bello, non è niente in confronto a quello nel roseto. Forse provavo qualcosa per Fabio, forse provo qualcosa per lui ancora adesso, ma non è lui che voglio, non più.
Mi stacco da lui con un sussulto dopo qualche secondo durato un'eternità.
«Non posso» balbetto, con un filo di voce.
Aggrotta la fronte, sorpreso e leggermente deluso. «Perché?»
«Non...» mi blocco e inspiro, cercando di trovare le parole. «Abbiamo avuto la nostra chance, Fabio, l'abbiamo avuta, ma non ha funzionato.»
«È assurdo! Cosa vorrebbe dire? Che visto che sono stato così stupido da non dichiararmi prima o da rifiutarti quando mi volevi, adesso non ci potrà essere più niente tra no?» ribatte, irritato.
«Sei il mio migliore amico, Fabio!» esclamo, esasperata, «e forse ho voluto che fossi qualcosa di più, prima, ma non è più così...»
«Perché? Perché sono stato così stupido da non capire subito che sei tu la persona più importante nella mia vita?»
Scuoto la testa. Non deve dire così, rende solo tutto più difficile.
«Sono qui, adesso, non è questo l'importante?» sorride con dolcezza, come a volermi rassicurare, promettere che non mi lascerà mai più andare via. Chiudo gli occhi, mi sento un verme... non ho nemmeno il coraggio di guardarlo il faccia.
«Fabio» comincio, con voce tremante.
«Michelle...» mi interrompe lui, sfiorandomi il braccio.
Una lacrima mi scivola lungo la guancia, mentre apro gli occhi. Stringo forte il bordo della panchina.
«Sto con un altro.»
Sembra passare un'eternità prima che quelle parole lo raggiungano. Vedo il suo sorriso svanire lentamente e ho solo voglia di rannicchiarmi su me stessa e piangere forte. Non è giusto, non sono io quella che è appena stata rifiutata. Altre due lacrime scivolano dai miei occhi mentre mi sforzo di mantenere lo sguardo su di lui. Aspetto che dica qualcosa, qualsiasi cosa, ma non dice niente. Si alza e capisco che se ne sta per andare appena in tempo per fermarlo afferrandogli un polso. Lentamente, si volta.
«Mi dispiace...» singhiozzo. «Mi piacevi davvero... quando ci siamo baciati, sotto casa mia, speravo davvero che potesse esserci qualcosa tra noi... ma poi è arrivato Daniel. Lui mi ama, Fabio, e io amo lui, e non per ripicca verso di te, non perché tu stavi con un'altra. Lo amo sul serio, probabilmente l'ho sempre amato» è confuso, non capisco nemmeno io quello che sto dicendo. Non voglio che se ne vada via così. «Sei il mio migliore amico, Fabio» ammetto, tirando su col naso, «e lo sarai sempre, sempre. Ti prego, dimmi che per te è lo stesso, che riuscirai a perdonarmi» imploro, la voce rotta dal pianto.
Con dolcezza si libera dalla mia stretta, e per un attimo spero in uno dei suoi sorrisi affettuosi, che mi abbracci e che mi dica che forse gli servirà del tempo, ma che tornerà tutto come prima. Quando riesco a trovare la forza di muovermi di nuovo, però, lui se n'è andato.
Scoppio in singhiozzi e raccolgo le gambe contro il petto, appoggiando la fronte sulle ginocchia. Non voglio smettere, voglio solo rivedere il suo sorriso.




















*** Spazio Autrici ***

Hey pretty people ;D
sono Leslie, quanto tempo eh? Beh, tagliamo i convenevoli e passiamo subito alle cose importanti...

Quanto siete scioccati? xP So che molti di voi erano proFabio e vi chiedo di non mettere un giudizio finale subito, questa storia non è finita fino all'epilogo (che sarà esattamente non il prossimo capitolo, non quello dopo ma quello dopo ancora)... perciò tenete le vostre testoline aperte fino all'ultima riga e poi fate un giudizio imparziale :) non che abbia da dirvelo in realtà, so che siete persone intelligenti e aperte ;PP

Come Lalla aveva anticipato, anche io darò un'anteprima del mio primo capitolo (ovvero il secondo) di Drawing a Song 3, e nemmeno io spiegherò niente :D:D solo... introdurrò una linea della storia diversa rispetto a quella che ha anticipato la mia collega ^^

Mi sveglio con un sapore orribile in bocca e la sensazione di aver fatto qualcosa di molto stupido. Cazzo, non mi ricordo praticamente niente di ieri sera. No, aspetta... mi ricordo un Martini o due di troppo, e una canzone. Non ho idea di quale sia, lenta, non riesco a togliermela dalla testa. Oh, e poi un ragazzo... deve avermelo presentato Maria, o forse era Dalila. Era carino, peccato che non mi ricordi il nome. Stupidi drink, al lavoro sarò uno straccio.
Okay, meglio muoversi. Con una smorfia allungo le gambe per stirare i muscoli e il mio piede sfiora qualcosa di caldo. Tiro uno strillo e cerco di alzarmi dal letto, ma riesco solo a rotolare oltre il bordo e a cadere sul pavimento, sbattendo la testa contro il comodino. Gemo e mi rimetto seduta massaggiandomi la nuca. Quando alzo lo sguardo mi ritrovo davanti il viso di un uomo.

TAH-DAH!
Bene, visto che non ci sono state recensioni nel capitolo precedente direi che posso anche chiudere qui... :):) restate collegati però, perché il prossimo capitolo arriverà prossimamente (forse ritarderemo un pochino sulla tabella di marcia di nuovo perché Lalla deve ancora scriverlo... ma voi continuerete a seguirci giusto? :D) (ovviamente! E poi, se vedo che c'è ancora qualche buon'anima viva mi do una mossa e scrivo più volentieri :D NdLalla)

So, see you soon ;)
xo, Leslie & Lalla

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Capitolo 21
*** Every breath you take. ***










21. Every breath you take




Venerdì 26 aprile

Madelyn's Pov.

Apro l'armadietto della cucina e cerco la farina bianca. Dove cavolo è finita la confezione della Barilla? Eppure ieri l'ho vista qua.
«Cosa stai facendo?» la voce improvvisa di Nicola mi fa sobbalzare. E' dietro di me, il suo viso sulla mia spalla, le sue braccia che mi circondano i fianchi mi fanno salire mille brividi lungo la schiena, mentre il suo profumo mi invade le narici.
Mi volto verso di lui e lo guardo negli occhi. «Ciao» sussurro lanciandogli uno sguardo intenso.
In tutta risposta mi mostra uno dei suoi dannati sorrisi, poi mi dà un leggero bacio sul collo.
Io sorrido e socchiudo per un attimo gli occhi. «Comunque sto tentando di fare una torta» rispondo poi, tornando alla mia ricerca nell'armadietto. «Sempre se riesco a trovare la farina.»
«Beh, non dev'essere andata poi così lontano» scherza lui, aprendo un altro armadietto. «Eccola qua!» esclama, dopo poco.
«Come hai fatto...?» mormoro io, inarcando un sopracciglio.
«Magia. Che tipo di torta hai intenzione di fare?» mi domanda, porgendomi il pacchetto.
«Al cioccolato» rispondo, afferrandolo.
«Mmh, speriamo che esca bene.»
«Già!»
«Vuoi una mano?» aggiunge poi, in un soffio.
«Oh, mi farebbe piacere... Se non hai nient'altro di meglio da fare.»
«Quando sto con te ogni cosa che faccio diventa meravigliosa» mormora vicino al mio orecchio. «Cosa ci sarebbe di meglio da fare?»
Sorrido, arrossendo. Mi piace quando mi fa i complimenti, però mi imbarazzano anche. Sarà normale?
«Allora» inizia, mettendo le mani sui fianchi. «Che ingredienti occorrono?»
Prendo il foglio scritto a mano che mi ha passato Cristina e leggo l'elenco: «Per ora ho preparato la farina, lo zucchero e le uova. Mancano la ricotta, il burro e il lievito.»
Mezz'ora dopo abbiamo finito di fare l'impasto, dobbiamo solo infornare il tutto e aspettare che si cuocia.
«Siamo stati bravissimi» commenta Nicola, mettendo la torta nel forno, orgoglioso.
«Vedrai stasera come saranno felici!» aggiungo, sorridendo. «Sono secoli che mamma non prepara una torta!»
Lui mi fa l'occhiolino. «Dunque, che ore sono?» chiede poi.
«Le cinque e dieci» rispondo, dando un'occhiata rapida al mio orologio da polso. «E deve stare in forno cinquanta minuti circa.»
«Quindi intorno alle sei sarà pronta.»
«Esattamente» confermo, con un sorriso radioso. «Ti va di vedere un film intanto?»
«Certo» risponde, con entusiasmo. «Gli altri quando tornano?»
«Tra un'ora, credo.»
«Bene.»
Ci avviamo per mano verso il divano, lui si siede per prima e io ridendo mi siedo sopra di lui.
«Ma come sei pesante!» scherza lui, con una risata.
«Lo sono!» ribatto io, seria, poi mi alzo e faccio per sedermi accanto a lui.
«Ehi, cosa credi di fare?» mi blocca lui, prendendomi dolcemente per i fianchi, poi mi fa sedere sulle sue ginocchia.
«No, dai, non voglio romperti qualcosa.»
Lui in tutta risposta inizia a farmi il solletico nel punto in cui non riesco proprio a resistere: ai lati della pancia.
«Tanto non lo soffro» faccio, strizzando gli occhi e imponendomi di non reagire.
«Siamo sicuri?» insiste lui.
«No!» grido praticamente subito dopo, quando inizio a ridere senza contegno. «Ti prego» borbotto, tra una risata e l'altra. «Abbi pietà di me!»
«Okaaay» fa lui, fermandosi. Al che mi giro verso di lui e gli mostro un sorriso innocente a trentadue denti.
D'un tratto però mi prende un'altra volta per i fianchi e mi butta sul divano ridendo.
«Dai! Non vale» protesto io. «Avevo chiesto un attimo di tregua.»
Lui si mette a cavalcioni sopra di me, immobilizzandomi. «L'attimo è passato!»
«Cattivo!» ribatto, facendo una leggera risata.
Dopo poco si abbassa con il viso e dolcemente inizia a baciarmi. Io ricambio il bacio, accarezzandogli i capelli sulla nuca.
«Da quant'è che non ci baciavamo come si deve? Dieci anni?» mi sussurra poi all'orecchio, interrompendo per qualche secondo il bacio.
Io faccio un piccolo sorriso. «Non lo so, non li ho contati» e subito dopo unisco ancora le nostre labbra con trasporto.
Dio, ho gli ormoni che stanno ballando il tango.


Un rumore improvviso dalla porta d'entrata mi fa tornare alla realtà. Ho il fiatone, il cuore che batte nella cassa toracica come un tamburo e una voglia infrenabile di Nicola. I suoi capelli, le sue mani grandi, esperte ma così dolci e attente, la sua bocca perfetta e il suo buon profumo. Ho solo lui in testa.
Riprendo a baciarlo entrando nuovamente nel nostro mondo.
«Aspetta» mi ferma lui, parlando a bassa voce. Subito dopo si stacca da me e si alza, sistemandosi la maglia che prima si era alzata.
Lo imito senza pensarci troppo, mi metto a sedere e mi do una veloce sistemata ai capelli che erano in piedi peggio di un istrice.
Intanto Nicola si avvia velocemente in cucina.
Due secondi dopo si apre la porta e fanno capolino mia mamma, Emma, Carlotta e Emanuele.
«Mamma, mamma! Allora sta sera possiamo andare dalla nonna? Ti prego!» sta dicendo mia sorella con insistenza. «Ha fatto la torta millefoglie e c'è anche la zia Betta!»
«Vedremo, Carlotta, non è il momento...» borbotta mia mamma, con un sospiro di stanchezza.
«Faccio io la cena per questa sera, non preoccuparti, Loredana» si intromette Emma.
«Okay, grazie» esclama mia mamma, sollevata. Quando mi vede sul divano, mi saluta.
«Ciao mamma, com'è andata la giornata?» dico io, cercando di assumere un tono di voce naturale. «Ti vedo stanca...»
«Insomma... sì, sono stanca. Ma per fortuna ora c'è il week-end» aggiunge, con un sorriso forzato. «Tu tutto a posto?»
«Oh, sì! Oggi ho fatto la torta al cioccolato.»
«Bene. Così Carlotta non vorrà andare dalla nonna, questa sera l'ultima cosa che vorrei fare è uscire. Sono esausta.»
«Ma io preferisco la torta della nonna! E poi lo sai che la millefoglie è la mia preferita, mamma!» sbotta lei dalla cucina.
Mia madre alza gli occhi al cielo e sussurra “non ne posso più!”.
Fortunatamente in questo momento squilla il cellulare di mia mamma che interrompe il silenzio teso che si era formato.
«Pronto?» risponde portando il telefono all'orecchio. «Oh, ciao. Sì... No, non ancora, comunque cucina Emma.» C'è una pausa di una decina di secondi, dopodiché mia mamma spalanca gli occhi. «Cosa? Non vorrai scherzare! Ma... Sì, lo so, però proprio sta sera?» Un'altra breve pausa. «Okay, tra quanto sarai qui?»
Quando chiude la chiamata, tira un forte sospiro. «Vuole portarmi al ristorante. E' fuori di testa tuo papà» commenta, poi fa un breve sorriso. Subito dopo esclama ad alta voce: «Emma, questa sera mio marito vuole portarmi fuori a cena! Ti fa niente se...?»
«Ma certo, cara! Vai pure! Mi occuperò io dei bambini, tu vai e divertiti!» fa la mamma di Nicola, gentilmente.
Vedo con la coda dell'occhio che mia mamma sta sorridendo, riprendendo colorito in viso. «Bene, allora vado a farmi una doccia veloce ora.»

 
«Sicuri di non voler venire, ragazzi?» chiede Emma, piegando leggermente la testa.
Abbiamo finito da alcuni minuti la cena, e Carlotta ha proposto di andare tutti insieme dalla nonna. Emanuele ha subito accettato con entusiasmo (a quanto pare adora anche lui la millefoglie), ma Emma è rimasta un po' esitante.
«No, mamma» ripete Nicola, stringendomi la mano sotto il tavolo.
Io le mostro un sorriso innocente. «E poi ho fatto la torta al cioccolato, ed io onestamente la preferisco.»
Balla. Ma tanto lei non lo sa, dico bene?
«Come volete... allora mi toccherà lasciarvi soli in casa. Oppure avete intenzione di uscire?»
«Non ne ho idea» risponde lui, stringendosi nelle spalle.
«Okay dai, andiamo allora?»
Un quarto d'ora dopo Emma e i bambini sono usciti tutti entusiasti di andare dalla nonna Gabriella (è sempre una festa andare da lei, specie quando c'è pure quella pazza di mia zia).
Devo ricordarmi di ringraziare mia sorella, domani, non poteva farmi un regalo migliore.
«Vado a prendere la torta?» chiede Nicola, dopo una breve pausa.
«Oh, sì, così vediamo com'è uscita» rispondo raggiante.
Quando Nicola è in cucina, mi alzo e vado ad accendere la radio. Ho voglia di un po' di musica d'atmosfera, non voglio che questa stanza si trasformi in un mortorio.
«Com'è?» domando titubante.
«Ehm, non ha un bell'aspetto» commenta lui, tornando in salotto con la torta posata accuratamente su un piatto che tiene in mano. «Ma dev'essere buona.»
Mi avvicino e noto che ha una crepa in mezzo e un colore strano. «Oddio» borbotto, spalancando gli occhi. «Ti giuro, non mi è mai uscita così!»
Fa spalline. «Magari è buona» mi incoraggia, «forza, abbuffiamoci!» Detto questo la appoggia sul tavolo con dolcezza e inizia a tagliarla.
Quando dà il primo morso, esclama per incitarmi ad assaggiarla: «Ehi, è buona!»
«Sì?» Appena ho messo in bocca il primo pezzo, sorrido. «E' vero.»
«Visto?» fa lui, ammiccando. «Non bisogna fermarsi alle apparenze» aggiunge, guardandomi negli occhi.
Gli mostro un breve sorriso, abbassando subito dopo lo sguardo.
Una volta finito la nostra fetta di torta, propongo di andarci a sedere sul divano.
Questa volta siamo seduti normalmente, uno accanto all'altro, senza pelli a contatto, senza mani intrecciate, senza scambi di sguardo complici.
«Sono le nove» annuncia lui, fissando davanti a sé.
«E tutto va bene» aggiungo, con un mezzo sorriso.
«Mad» soggiunge dopo pochi secondi.
«Sì?»
«Dovrei chiederti una cosa.»
«Dimmi.»
«Cosa ti piace di me?»
Faccio una smorfia, divertita. «E questa domanda?»
«No, è che me lo sono sempre chiesto... cioè, modestia a parte, alle ragazze di solito di me piace il fatto che sono popolare (o almeno lo ero dove abitavo prima) e che ci so fare con loro. So quando è il caso di provarci, so quando ricambiano, so quando sono tristi o no... non so se mi spiego.»
«Dovrei aver capito» mormoro.
«Però con te è diverso» dice, voltandosi finalmente verso di me e prendendo d'istinto la mia mano. «Con te mi sembra tutto diverso... come se fossi in un altro mondo, come se le esperienze che ho fatto prima di conoscerti non servissero a niente. Tu sei diversa, io non ti piaccio perché sono popolare, no?»
«Beh, sì, hai ragione» rispondo, sistemandomi con la mano libera una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Ricordo che la prima volta che ti ho vista, al teatro a vedere i nostri fratelli, mi ha incuriosito il fatto che stessi studiando da solo. Con quell'aria assorta, con la penna in mano, il dizionario aperto, la fronte incurvata per lo sforzo. Mi piacciono i ragazzi intelligenti e che studiano» aggiungo, arrossendo un poco.
Nicola scoppia a ridere. «Se mi vedessero le mie ex con il dizionario di latino e la fronte corrugata per lo sforzo di tradurre una versione così complicata mi riderebbero in faccia.»
«Ecco, a me ha affascinato molto questa cosa...»
«Poi? Cos'altro ti piace di me?»
«Il fatto che ti chiedi cosa mi piace di te» rispondo, ridendo subito dopo.
Anche lui si aggiunge alla risata.
Improvvisamente si forma un silenzio naturale. Non uno di quelli tesi, in cui non sai cosa fare o dire per riempirlo, in cui ti senti in imbarazzo, in cui devi fare qualsiasi cosa pur di sentirti a tuo agio, come sistemarti un'unghia nervosamente o giocherellare con i tuoi capelli... no, uno di quelli normali. Dove non hai bisogno di fare nulla, semplicemente rimani con la bocca chiusa e lo sguardo perso.
Dallo stereo parte la canzone “Everybreath you take” dei Police. Canzone che personalmente adoro e che non smetterei mai di ascoltare.
D'impulso mi giro verso di lui e ci scambiamo uno sguardo d'intesa. Subito dopo uniamo le nostre labbra senza pensarci una seconda volta. Un'onda di piacere mi raggiunge il cuore, come non lo baciassi da secoli.

Every breath you take,
every move you make,
every bond you break,
every step you take
I'll be watching you.

Dio, sembra il classico momento in cui parte la canzone giusta al momento giusto, del cantante giusto nella situazione giusta, delle parole giuste con la persona giusta.
Senza rendermene conto mi ritrovo sopra di lui, con una mano sul suo petto e l'altra che gli circonda il collo, mentre le nostre bocche non si staccano un solo secondo.
Dentro di me provo un tumulto di emozioni, che varia a momenti dall'estasi all'agitazione.
Quando questi cambiamenti d'animo improvvisi diventano impossibili da sopportare, mi stacco da lui e balbetto un confuso: «Devo andare in bagno.»
Lui in tutta risposta annuisce, respirando con affanno.
Dio, mi sento svenire!
Appena sono in bagno, compongo il numero di Cristina, richiudendomi alle spalle la porta.
Rispondi, cazzo, rispondi.
«Mad?»
«Sì, Cristina, sto... sto facendo una cazzata. Cioè, non so se sto facendo la cosa giusta o no! E' che è successo tutto così in fretta e non ho avuto il tempo di calcolare... però forse sto viaggiando con la fantasia, magari lui non vuole fare niente! Oddio, aiuto!»
«Okay, calmati, tesoro. Siete rimasti soli e t'è venuto in mente troppo tardi che forse vi spingerete oltre e quindi non sai cosa fare?»
Tiro un grossissimo sospiro, sollevata che abbia capito tutto. «Esatto» confermo. «E dato che sono ancora in tempo a decidere cosa fare, ho pensato di fermarmi e cercare di fare mente locale. Ti giuro che non ho mai avuto le idee così confuse! Da un lato vorrei tanto essere sua, lo desiderio così tanto... ma poi penso che è la mia prima volta e me lo ricorderò per tutta la vita e potrei fare la scelta sbagliata e pentirmi...»
«Frena, Mad. Hai diciassette anni, okay? Non è che sia prestissimo, non credi? Prima o poi dovrai pur farlo, a meno che tu non voglia rimanere vergine a vita e farti suora!» esclama con convinzione.
«Sì, però vorrei scegliere la persona giusta» replico.
«Posso dirti come la penso?»   
«Certo!»
«A quest'età è difficile che tu sposerai il ragazzo con cui perderai la verginità, è ovvio che ti concedi per la prima volta al ragazzo per cui hai perso la testa durante questo periodo della tua vita, mi segui?»
«Sì» sussurro io.
«Quindi, a parer mio, è un po' inutile e assurdo continuare a farsi mille paranoie del “sarà la persona giusta”? Ti piace da morire? Lo desideri tanto? Lui ricambia i tuoi sentimenti? E allora liberati, lasciati a lui, vivi la situazione del momento, cogli l'attimo... non pensare a come vivrai i prossimi anni della tua vita, a chi sposerai e quanti figli avrai! La vita è imprevedibile a qualsiasi età, Mad!»
Annuisco, questa volta facendo un sorriso tranquillo. «Hai ragione, Cri.»
«Ti senti più calma ora?»
«Decisamente» rispondo, sincera.
«Bene!»
«Grazie mille Cri, non sai quanto bene ti voglio...»
«Anche io, anche io» dice lei, teneramente. «Ora prenditi un po' di tempo per calmarti ulteriormente e vai di là da lui in stile sexy woman!»
Scoppio a ridere. «Quello credo che non lo sarò mai.»
«Sssh, che sei bellissima» ribatte lei.
Sorrido, mentre un brivido di felicità mi percorre lo stomaco. Oggi non sarà un giorno qualsiasi.


«Allora, dov'eravamo rimasti?» esclamo con un sorrisetto malizioso appena sono in salotto.
Nicola si volta di scatto e quando mi vede con indosso solamente il completino intimo più sexy che ho nel cassetto della biancheria sfodera uno dei suoi sorrisi più belli.
















*** Spazio Autrici ***

Buonaseeera!
Lo soooo, siamo in un ritardo imperdonabile... Ma questo capitolo dovevo ancora scriverlo e ultimamente vi giuro che ho avuto davvero poco tempo per fare tutto ç.ç  Pensate che l'ho finito mezz'ora fa, quindi vi giuro che abbiamo fatto davvero di tutto per aggiornare in un tempo decente... 

Bando alle ciancie ragazzi, passiamo alle cose importanti... questo è il mio ultimo capitolo di Ds2!!! Waah! **
Ho deciso di farlo finire così, in un modo molto aperto... spero che sia adatto e che vi piaccia ^^

Anche se vi ricordo che per sapere come andrà avanti ci sarà.. beh, prima di tutto l'epilogo, ma soprattutto Drawing a song 3, cioè una storia tutta nuova con personaggi diversi e nuove avventure : D Ma non cambiamo argomento, perché il prossimo aggiornamento (a breve sul serio, dato che è già pronto!) sarà l'ultimo capitolo della mia socia e poi per concludere tutto ci sarà l'epilogo (che purtroppo dovremo ancora scrivere, ma non ci metteremo molto dato che abbiamo voglia di finire Ds2 e soprattutto di farvi leggere quello che abbiamo combinato in Ds3 ;D)!

Prima di lasciarvi, volevamo lasciare un'avvertenza (sì, un po' come nei farmaci - leggere attentamente il foglio illustrativo XDD): da ora in poi risponderemo personalmente alle recensioni che ci lascerete :)

Beh, che altro dire? Speriamo di non aver azzerato i "fan" che avevamo prima con i nostri continui ritardi.... x.x
Un bacione dal nostro cuore a tutti quelli che sono rimasti a seguire questa fic (:

Lalla e Leslie

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Capitolo 22
*** Are we alright? ***










22. Are we alright?




Venerdì 26 aprile

Michelle's Pov.

«Oh Cristo!» esclama Alice, gli occhi sgranati e la forchetta ferma a metà strada tra il contenitore di plastica a fiorellini e la sua bocca.
Alice odia i panini, perciò per merenda si porta sempre cose come pasta fredda o insalata di riso, che di solito condivide con me. Oggi però non ho molta fame, esattamente come non ne ho da quasi una settimana ormai.
Sono tornata a scuola dopo otto giorni di assenza e mi sembra tutto diverso. La Neri non ha fatto commenti sul “motivi familiari” scribacchiato in fretta sulla mia giustificazione e non ha fatto commenti sulla mia scarsa attenzione nonostante sono abbastanza sicura che sapesse benissimo che non stavo ascoltando una parola di quello che spiegava. A quanto pare la storia è girata velocemente, o almeno così oserei dire visti tutti gli sguardi che continuo a ricevere, la maggior parte solamente da parte di curiosi dei quali non conosco nemmeno il nome. Alla fine della lezione di matematica, Mariani mi ha presa in parte e mi ha chiesto apprensivo come stesse mia madre e se avessi bisogno di qualcuno con cui parlare. Non so come sia riuscita a sorridere e ad assicurargli che stavo bene quando tutto quello che avrei voluto fare era scappare e chiudermi in bagno.
Comunque, all'intervallo Alice è arrivata quasi di corsa nella mia classe e mi ha abbracciata con il pretesto di “averne voglia dopo una settimana che non aveva mie notizie”. So che in realtà l'ha fatto solo per confortarmi, perché sapeva l'inferno che avevo passato le prime tre ore. L'ho apprezzato, e dopo averla lasciata andare l'ho seguita sulla nostra panchina preferita e le ho raccontato come sono andate le cose.
«Quindi tu e Fabio avete rotto definitivamente?» chiede, leggermente dispiaciuta.
Sospiro. «Dio, spero di no... dipende da lui, a questo punto» ammetto, abbassando lo sguardo.
«E hai intenzione di parlarne con Daniel?» domanda ancora, dopo un attimo di esitazione.
Mi prendo la testa tra le mani, esasperata. «Non lo so, cavolo!» esclamo, brusca.
Lei non dice niente, aspetta che ritrovi il controllo. Chiudo gli occhi e mi appoggio contro lo schienale della panchina con un sospiro.
«Dovrei, non è così?»
Ci mette un po' a rispondere e appoggio la testa sulla sua spalla, esausta. È successo tutto così velocemente... voglio solo che finisca presto.
«Se quello che hai detto a Fabio è vero, credo che dovresti» ammette lei infine.
Riapro gli occhi e osservo una ragazza sporgersi dalla finestra della sua classe per baciare il suo ragazzo, che le afferra la spalla e la trattiene qualche secondo di più. Daniel lo ha fatto un sacco di volte con me e sorrido, malinconica.
«Da quanto tempo lo stai evitando?» chiede Alice, apprensiva.
Stringo le labbra. «Da quando siamo tornati da Rapallo» ammetto, a malincuore.
«Beh, credo che sia giunto il momento di dargli una spiegazione... se non sbaglio riparte domenica, giusto?»
Annuisco, senza trovare la forza di aprire bocca.
«Allora devi sbrigarti, altrimenti quando vi rivedrete a giugno avrete già mandato tutto a farsi fottere.»
So che non è normale, ma mi è mancato il suo modo di parlare.


Giro la chiave nella toppa ed apro la porta lentamente, quasi spaventata da quello che potrei trovare all'interno. Un corridoio deserto, un appartamento silenzioso, la mamma a letto, magra e pallida, la nonna che guarda una soap opera a basso volume, Daniel in camera mia che legge o ascolta della musica sdraiato sul letto. Poi c'è papà... non ho idea di cosa stia facendo lui.
Non è così, comunque. Sento distintamente delle risate non appena chiudo la porta alle spalle, poi la mamma fa capolino dal salotto e mi sorride.
«Oh, sei arrivata giusto in tempo, stavamo per metterci a tavola» esclama, allegra.
La guardo perplessa e mi sfilo le scarpe e lo zaino per poi raggiungerla. Sono tutti seduti a tavola, papà sta servendo la pasta in ogni piatto mentre la nonna racconta un qualche aneddoto divertente. È strano, insolito, ma mi dà una sensazione di familiarità che non sentivo da secoli, o almeno così sembra.
«Chellie!» esclama la nonna, mentre mi siedo, «com'è andata a scuola, tesoro?» chiede, posando una mano sulla mia.
Mi ritrovo a sorridere senza quasi rendermene conto. «Bene» rispondo soltanto, sapendo bene che non è esattamente vero. Beh, comunque è andata meglio di quello che mi aspettavo. «Voi cosa avete fatto?» chiedo subito dopo, curiosa, prendendo la forchetta.
«Tuo padre ha portato Daniel a pescare sul fiume» risponde mamma, senza abbandonare il suo sorriso, «peccato che non abbiano preso niente, avrei mangiato volentieri del pesce» aggiunge subito dopo.
Mi volto a guardare Dan leggermente sorpresa, lui si stringe nelle spalle e fa un sorriso imbarazzato. È strano, lo sento vagamente distante, freddo. Un crampo mi storce lo stomaco, mentre mi ricordo quello che mi ha detto Alice durante l'intervallo. Ha ragione, se voglio che funzioni devo parlargli al più presto.
«Oggi mi ha chiamato Lara,» sta dicendo nel frattempo la mamma, «l'ho lasciata incaricata della mia mostra e a quanto pare sta avendo successo, le vendite sono state eccezionali.»
«Come se fosse una sorpresa! Non è una novità che la tua arte abbia successo, tesoro» commenta la nonna, versandosi un po' d'acqua.
Mamma le sorride, lusingata, e papà le posa una mano sulla spalla e le sussurra qualcosa all'orecchio che la fa ridere. Stringo la forchetta, quasi commossa, mentre mi rendo conto di quanto effettivamente sia fortunata. Ho una famiglia, una vera famiglia, un padre e una madre che mangiano tenendosi per mano, una nonna che mi sorride ammiccando, un ragazzo stupendo seduto accanto a me che si trova a suo agio con tutti gli altri. È quello che ho sempre desiderato, devo esserne felice, nonostante i problemi, nonostante i litigi. È la mia famiglia, ho una famiglia, tutto il resto passa in secondo piano.
Il pranzo scorre velocemente, finché la mamma non si alza annunciando che ha bisogno di andare a riposare. Ha mangiato poco e, per quanto cerchi di nasconderlo, i sintomi della chemioterapia cominciano a farsi sentire sempre di più. Daniel si alza subito dopo per andare a chiamare i suoi genitori e anche la nonna decide di andare a dormire qualche ora. Prima di rendermene conto, mi ritrovo da sola con mio padre, che nel frattempo si è alzato per sparecchiare. Lo imito, leggermente a disagio.
«È andato davvero tutto bene, a scuola?» chiede lui ad un certo punto, sciacquando i piatti nel lavandino prima di metterli nella lavastoviglie.
Mi scosto una ciocca di capelli dal viso. «È stato strano... mi è sembrato che tutti gli occhi fossero puntati su di me» ammetto, leggermente a disagio.
«Capisco cosa intendi» commenta lui, esitando un momento.
Gli passo una manciata di posate guardandolo interrogativa. «Davvero?»
Lui annuisce, assorto. «Quando avevo otto anni entrambi i miei genitori hanno ricevuto entrambi delle offerte di lavoro che non potevano rifiutare. Mia madre è andata a Mosca e mio padre ha girato l'Africa centrale, lei era un'astronoma e lui un antropologo. Mi hanno mollato con mia nonna, ho visto mia madre l'ultima volta quando avevo dieci anni, da allora solo una telefonata e qualche cartolina durante l'anno. So cosa significa andare a scuola e sentirsi gli sguardi di tutti puntati addosso, la pietà che provano per te, il modo in cui cominciano ad evitarti semplicemente perché non hanno idea di come ci si senta, di cosa potrebbero dirti senza suonare inappropriati. È uno dei motivi per cui ho scelto di andarmene il prima possibile» racconta.
Mi scosto una ciocca di capelli dalla fronte, sorpresa, mentre mi rendo conto di quanto poco sappia effettivamente su mio padre. Conosco la storia di come lui e la mamma si sono conosciuti e innamorati, me la raccontavano già quando ero piccola, ma non so niente di lui prima. Non ho mai avuto il coraggio di chiedere qualcosa alla mamma e lei non mi ha mai raccontato niente di sua spontanea volontà, ovviamente.
«Te ne sei andato?» chiedo, sorpresa.
«Sì, non appena mi sono diplomato. Sono andato negli Stati Uniti e li ho girati tutti in automobile assieme ad un gruppo di amici» spiega, con un sorriso nostalgico.
Ora capisco cosa intendeva mia madre con “spirito libero”. Probabilmente si è fermato davvero solo con la mia nascita, e non è durato più di qualche anno. Improvvisamente mi sento cogliere dall'angoscia e stringo la presa sul bicchiere che ho in mano fino a farmi diventare le nocche bianche. Cosa succederà se si stancherà di nuovo? Se il suo istinto lo spingerà ad abbandonarci come ha già fatto tanti anni fa? Non riusciremmo a sopportare un altro abbandono, non con mamma in quelle condizioni, non dopo la sua promessa di restare.
In qualche modo intuisce quello che sto pensando. Il suo sorriso si spegne per un momento e mi si avvicina. «Quei giorni sono passati, Michelle. Non sono più un ventenne, non sento più quella voglia costante di spostarmi. La verità è che non la sento più da molto tempo, ho sempre saputo che il mio posto è con te e tua madre, sempre da un minuto dopo essermene andato. Ero semplicemente troppo orgoglioso, troppo codardo per tornare indietro.»
Lo guardo poco convinta. Per quanto sembri sincero non riesco a fidarmi, non ancora... o forse non più.
«Sei stata tu a farmelo capire, è per merito tuo che ho trovato il coraggio» ammette dopo una pausa, e io torno a guardarlo, sorpresa. «L'anno scorso sono venuto al funerale di tuo nonno, non so bene nemmeno io perché, ma sentivo in dovere di farlo. Quando ti ho vista, quando ho visto come eri cresciuta, quando mi sono reso conto quanto mi ero perso... mi sono sentito un verme, più in colpa di quanto non mi fossi sentito fino ad ora. Volevo conoscerti, volevo vedere che persona eri diventata, e sapevo che dovevo farlo prima che fosse troppo tardi.»
Sento le lacrime salire agli occhi e non faccio niente per trattenerle, tanto so che è inutile.
«E quello che mi hai detto all'hotel... avevi ragione, avevi maledettamente ragione!» aggiunge, abbassando lo sguardo, «tu e tua madre avete bisogno di me, ora più che mai, e io ho bisogno di voi. L'idea di lasciarvi sfuggire un'altra volta era intollerabile, così come l'idea che Cleo...» si interrompe e capisco subito perché la voce gli è venuta a mancare.
Annuisco, cercando di fargli capire che ho capito, che non serve che lo dica davvero ad alta voce, che mi ucciderebbe se lo facesse. L'idea che la mamma possa morire e lui non abbia trovato nemmeno il coraggio di starle vicino. Sento un brivido percorrere la schiena e abbasso lo sguardo, combattendo contro il nodo che mi stringe la gola. Aspetto che dica qualcos'altro ma non lo fa... forse pensa che sarò io a parlare. Mi mordo il labbro: cosa dovrei dire? Perché io, poi? Ho paura di poter rovinare tutto solamente con una parola sbagliata, sempre che sia possibile. Magari non è vero che le parole possono realmente guastare qualcosa che non lo era già prima. Sono le persone che sono sbagliate, quello che provano, le parole non ne sono che l'espressione. Questo vorrebbe dire che non importa quello che dirò o che farò in questo momento, se io e mio padre abbiamo davvero la possibilità di mettere da parte il passato allora succederà. Questo pensiero mi fa sentire improvvisamente più leggera. Scoppio a piangere quasi sollevata e annullo la distanza che mi separa da lui, abbracciandolo stretto. Lo sento irrigidirsi, ma dura solo un momento, poi avvolge le sue braccia attorno alle mie spalle e posa il mento sulla mia testa. Inspiro il suo profumo, tanto stranamente familiare da farmi quasi ridere.  
«Grazie» mormoro, e in tutta risposta lui mi stringe più forte.


Io e papà passiamo più di due ore seduti sul divano a parlare, io gli insegno un gioco con le carte e lui mi fa vedere come si annoda una cravatta. Noto un milione di dettagli insignificanti come il modo in cui si gratta la nuca quando cerca di ricordarsi qualcosa o il trucchetto che usa per mescolare le carte. Non so quanto puoi scoprire di una persona in un paio d'ore, ma so che sento che non è abbastanza, che ci sono un milione di altre cose che vorrei chiedergli o mostrargli. Sento una piacevole sensazione di sicurezza rendendomi conto di avere tutta una vita davanti per farlo.
Andiamo avanti finché mamma non si sveglia e non ci raggiunge per proporgli di andare a fare due passi. Li guardo uscire sorridendo, sentendo una piccola e piacevole stretta al cuore ogni volta che li vedo scambiarsi un qualche piccolo, spesso insignificante gesto d'affetto. Il modo in cui lei gli dà una scherzosa pacca sulla spalla quando lui fa una battuta sul suo vizio di fare il doppio nodo ai lacci delle scarpe, in cui lei, un attimo prima di aprire la porta, gli ha posato una mano sulla spalla e gli ha dato un bacio sulla guancia. In un certo senso spero di non riuscire mai ad abituarmi a questa familiarità, di continuare a restarne piacevolmente sorpresa, a sentire il mio petto riscaldarsi e il sorriso salire spontaneamente alle labbra. Non credo che molte persone si rendano davvero conto di quanto sia stupido dare queste cose per scontate.
Resto rannicchiata sul divano per un'altra manciata di minuti, senza sapere bene cosa mi stia trattenendo dal tornare in camera mia finché non me ne rendo conto. Guardo il braccialetto di Daniel, rendendomi conto di non averlo mai tolto da quando lui me l'ha legato al polso quasi una settimana fa. Non so se voglia dire qualcosa o no, so solo che ho paura. È stupido, lo so, ma infondo è stato quello che ho provato per tutto questo tempo. Paura di restare ferita di nuovo, paura che potesse essere troppo bello per essere vero, paura dell'abbandono. Fino questa mattina però non avevo capito che evitandolo non faccio altro che ferirlo. Continuo a sentire quello che ho sentito ieri pomeriggio quando Fabio mi ha baciata, so che è Daniel che voglio, che è di lui che ho bisogno, che è senza di lui che sarei perduta, ma non so come spiegarglielo dopo tutto quello che è successo. Sento di dovergli dire la verità su Fabio e ho paura che mi odierà per questo. E ho paura del fatto che domani sera prenderà un aereo per Parigi e sarò costretta a non vederlo per almeno altri due mesi. Ho paura che possa finire tutto in un battito di ciglia non appena saremo di nuovo lontani, e allora tutti i cuori spezzati e le lacrime versate saranno state inutili. Eppure so che se non gli do una chance tutte le mie paure si avvereranno comunque e non ci sarà più niente che potrò fare per rimediare.
Mi alzo cercando un po' di quel coraggio che mi ha aiutata ad abbracciare mio padre prima e torno nella mia stanza lentamente. Lui è sdraiato sul letto e guarda il soffitto, probabilmente concentrato sulla musica che viene dal portatile aperto sul pavimento. Non sembra avermi sentita e ne approfitto per guardarlo per un momento: indossa un paio di jeans chiari e una maglietta grigia piuttosto larga con un disegno in negativo che non riesco a vedere bene. Ha entrambe le mani dietro la nuca e un'espressione seria, assorta. Mi tormento le mani mentre penso a cosa dirgli, a come cominciare.
«Michelle?»
Sussulto, rendendomi conto che si è accorto di me. Metto su un sorriso imbarazzato che però si spegne quasi subito una volta realizzato che lui non lo ricambia. Si è messo seduto e mi guarda serio, leggermente irritato. Quindi avevo ragione, è arrabbiato. Oh beh, come potrebbe non esserlo dopo il modo in cui l'ho trattato.
Stringo le labbra, chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo, cercando di raccogliere le parole nella mia testa in una frase di senso compiuto che non suoni inutile o patetica.
«Dan» comincio, ma mi interrompe subito.
«Io non ti capisco!» esclama, alzandosi in piedi con aria esasperata.
Mi mordo il labbro inferiore. «Lo so, infatti voglio spiegarti...»
«E perché ora e non prima?» chiede, leggermente freddo.
Abbasso lo sguardo. «Non lo so» mormoro, senza riuscire a trovare nient'altro da dire. Patetico.
«Michelle io sono il tuo ragazzo, oltre che il tuo migliore amico, dovresti fidarti di me» mi fa notare.
«Io mi fido di te!» ribatto immediatamente.
«Non abbastanza a quanto pare! Tuo padre mi ha detto che avevate già parlato e che la cosa ti aveva turbata, me ne parlava come se io fossi già stato al corrente di tutto! Mi sono sentito un idiota!» fa una pausa, durante la quale sospira e si massaggia le tempie con aria esausta. «Perché non me ne hai parlato?»
Inspiro. «Non... non lo so» speravo davvero di riuscire a dire qualcosa di più intelligente questa volta, ma a quanto pare mi è impossibile. Sto solo peggiorando la situazione.
«Cos'è che sai allora?» chiede lui.
C'è un qualcosa di profondamente sbagliato nella sua espressione. Sembra ferito, deluso e tradito ed è per colpa mia, come abbiamo fatto ad arrivare a questo? Forse è semplicemente successo tutto troppo in fretta, forse i sentimenti che proviamo l'uno per l'altra non sono altro che uno scherzo della mente, una mal interpretazione della semplice felicità di poterci rivedere dopo tanti anni. Eppure sembravano così reali, eppure sembrano così reali. Qualsiasi cosa sia la provo ancora, in modo tanto intenso da essere quasi doloroso su un certo livello. Cosa può essere se non amore? L'amore non solo verso un fratello e un amico, l'amore verso la persona con cui vuoi passare ogni minuto del tuo tempo, con cui vuoi condividere ogni attimo della tua vita. Non posso lasciarlo andare, non così.
«So che ti amo» rispondo infine, «per davvero, non perché mi sentivo triste e vulnerabile e tu mi hai salvata... o forse sì, anche per quello, ma non importa. So che ti amo perché sei il mio migliore amico da sempre e so che sono innamorata di te perché ora esserti solo amica non mi basta... Dio, sembro la protagonista di una soap da quattro soldi.»
La sua espressione non cambia e capisco che è arrivato il momento della verità. Stringo le mani l'una nell'altra.
«Quando ci siamo messi insieme provavo ancora qualcosa per Fabio» ammetto finalmente, «e quando mio padre è tornato mi sono rivolta a lui perché sapevo che capiva quello che stavo passando perché lui ha avuto un'esperienza simile»
«E pensavi che io non avrei capito?» ribatte lui, quasi offeso.
Scuoto la testa. «Non è questo... in realtà non so nemmeno io che cosa sia... ho avuto paura.»
«Paura di cosa?»
«Che ti rendessi conto da un momento all'altro che non era davvero me che volevi, che eri semplicemente rimasto in qualche modo affascinato da come sono diventata e mi lasciassi.»
Lui si passa una mano tra i capelli, esasperato. «Perché avrei dovuto fare una cosa del genere? Ti ho detto che ti amo, Michelle, e che voglio stare con te più di ogni altra cosa al mondo!» esclama.
Non so come rispondere. Forse è vero che non mi sono fidata di lui, ma non so nemmeno io il perché.
«Forse» dice, quasi leggendomi nel pensiero, «è perché sei innamorata di Fabio, non di me.»
Scuoto la testa quasi con violenza. «No!» esclamo, decisa, «forse provo ancora qualcosa per lui ma io voglio te e basta»
«Ne sei sicura?»
Mi mordo il labbro. «Fabio mi ha baciata ieri pomeriggio» ammetto finalmente.
Daniel si irrigidisce all'istante, ma non sembra particolarmente arrabbiato. Sorpreso, piuttosto, direi quasi spaventato.
«Mi ha detto di aver lasciato Sara e che prova ancora qualcosa per me, che non ha mai smesso di provarlo» proseguo, lentamente.
«Quindi hai scelto lui?»
La punta di dolore nel suo sguardo mi fa rabbrividire. La verità è che sono stata tremendamente egoista tutto questo tempo e non mi sono nemmeno resa conto che non ero l'unica ad essere stata ferita. Eppure mi sembra assurdo il fatto che Daniel pensi che sceglierei Fabio al suo posto solo perché si è dichiarato per primo. Forse non sono l'unica ad avere troppa poca stima di se stessa. Sorrido senza nemmeno saperne il motivo.
«Ho scelto te» rispondo, con una serenità irreale per quella situazione. «E non quando Fabio mi ha detto quello che prova per me, ti ho scelto quando mi hai baciata per la prima volta nel roseto alla festa. Forse ti ho scelto anche prima. È te che amo, è con te che voglio stare, se tu mi vuoi ancora... whoa, soap opera di nuovo.»
Questa volta risponde alla mia battuta con un sorriso, ma so che non è ancora del tutto convinto. Non che gli dia tutti i torti.
«E che mi dici di domani, quando prenderò quell'aereo e tornerò a casa? Che mi dici dei mesi che passeremo separati?» domanda, quasi scettico.
«Penso che se sopravviveremo a questo inizio turbolento riusciremo a resistere per molto più tempo di quello che ci aspettiamo.»
«Quindi dipende tutto da me?»
Non rispondo, mi stringo nelle spalle e mi scosto una ciocca di capelli dalla fronte. Direi che la risposta è chiara: sì, tocca a lui. Può accettare di darci una seconda chance o decidere che è meglio rimanere amici e basta. Cerco di continuare a sorridere, come se non avessi paura che potesse crollare tutto in pochi istanti, come se volessi dimostrare che qualsiasi scelta facesse era quella giusta e avrei accettato senza fare storie. Forse non era molto – che ne so – femminista o cose del genere, ma mi sembrava solamente giusto. Io ero quella che aveva messo tutto in crisi, ora era lui a dover decidere se perdonarmi o no.
«Stai scherzando...!» esclama ad un certo punto Dan, gli occhi rivolti verso il cielo.
Sussulto, per poi rendermi conto che dal suo computer è partita Faithfully dei Journey. Faccio un sorriso quasi colpevole, seppur senza motivo. Mi sento come se fossimo tornati di nuovo alla sera del nostro primo bacio e automaticamente mi avvicino a lui. La prima volta è stato lui ad esitare per darmi l'opportunità di scegliere e io ho scelto lui, ora è il suo turno di scegliere me, se mi vuole ancora. In un certo senso siamo tornati a quella sera: se decide di darci una chance potremo ricominciare da quel primo bacio, tornare ad essere una coppia, altrimenti torneremo come eravamo all'inizio. Amici, sebbene questa parola suoni incredibilmente riduttiva rispetto a quello che abbiamo insieme.
Sento le sue dita toccarmi il polso e abbasso lo sguardo per vederlo sfiorare il suo braccialetto. Sorrido appena, rendendomi improvvisamente conto di quanto siamo vicini.
«Io e te, okay?» domanda, ancora leggermente esitante.
«Io e te» confermo, con voce rotta dall'emozione.
Sorride. «Ti sei resa conto che i nostri ruoli si sono invertiti, vero? Io sono quello insicuro e tu sei quella che mi rassicura» mi fa notare, sarcastico.
Faccio un sorrisetto ironico. «Stai zitto e baciami» ribatto, posando entrambe le mani sulle sue spalle.
Lui ride e annulla la distanza che ci separa. È come se fosse il primo bacio dopo anni e me ne godo ogni istante. Le mani sulla schiena, tra i capelli, le labbra che si muovono avide, la sensazione di essere soli al mondo, il suo odore, il mio, il sapore di due persone che si fondono in una. Voglio che duri per sempre e non sarà comunque mai abbastanza.
Sì, ora posso davvero dire che la mia vita è perfetta.

I'm forever yours,
Faithfully...













*** Spazio Autrici ***

Hooola!

Eccoci qui con il 22 capitolo, come avevamo promesso! Il prossimo è l'epilogo, ragazzi... whoa, sembra che ce l'abbiamo fatta, eh? Ammetto che sono insieme superfelice e commossa all'idea che ds2 stia per finire.

Comunque, bisogna restare positivi, non trovate? Tra poco (i dettagli sono ancora da decidere) torneremo all new con Drawing a song 3, con nuovi personaggi e nuove storie, e speriamo di rincontrarvi tutti lì, di ricevere i vostri preziosi consigli e il vostro supporto. Ahah, sto guardando troppo avanti, concentriamoci sul capitolo prima xD

Come al solito, non pensate ancora che questa storia sia finita, c'è ancora l'epilogo che - credetemi - è ricco di sorprese. Ormai però posso confermare (come avrete capito leggendo xD) che sì, Michelle ha scelto Dan. E' stata una decisione combattuta ma non la rimpiango, sebbene mi sarebbe piaciuto anche vederla con Fabio.
Fatemi sapere le vostre opinioni, ve ne prego, ho commesso l'errore più grande della mia """carriera""" da scrittrice? Spero di no, e spero che tutti quelli che tifavano per Michelle e Fabio non vorranno la mia testa su un ceppo ^^"

Uhm, credo che sia tutto, a meno che non mi stia dimenticando qualcosa da dirvi...? Beh, abbiamo cominciato a scrivere l'epilogo e penso di potervi invitare a leggerlo già la prossima settimana... o quella dopo. Che ne dici, Lalla? (ce la metteremo tutta! ;D NdLalla)

Okay, è davvero tutto. Alla prossima, allora ^^
love, Leslie and Lalla

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Capitolo 23
*** Epilogue – First part ***










23. Epilogue – First part




Venerdì 16 giugno

Madelyn's Pov.

Dicono che non bisogna mai smettere di sognare, e una volta che il proprio sogno diventa realtà ci si deve svegliare e vivere il presente.
La mia vita ora è al fianco di Nicola. Nicola così sicuro, Nicola così innamorato, Nicola così esperto, Nicola così attento. Da quando ho deciso di fare l'amore con lui, ho passato un mese e mezzo insieme a lui: giorni felici, con qualche battibecco, ma pur sempre felici.
«A cosa stai pensando?» domanda, interrompendo bruscamente i miei pensieri.
Volto la testa verso il suo viso e abbozzo un sorriso. «A noi» rispondo, sincera.
A questo punto mi prende la mano e dolcemente intreccia le sue dita con le mie.
Rimango colpita da questo gesto, semplice, ma che racchiude miriadi di sentimenti.
«Dobbiamo andare in farmacia, ricordi?» soggiungo, troncando l'atmosfera romantica che s'era fatta tra di noi.
«Giusto, tua cugina sta male» conferma lui, annuendo.
Ci avviamo per mano verso la farmacia più vicina, che è a cinque minuti a piedi da qui.
«Intanto che compro il buscofen, ti fa niente andarmi a prendere una bottiglietta d'acqua al bar che sto morendo di sete?»
«Certo, amore» fa lui, stampandomi un bacio sulla fronte. «Torno subito.»
«Grazie.»
Appena metto un piede dentro la stanza, una ventata di agitazione mi assale.
Forza Mad, penso tra me e me.
«Salve» mi saluta la signora al bancone con un sorriso cordiale.
«Buongiorno» borbotto, mentre i battiti del cuore accelerano drasticamente. Prima di dire le fatidiche parole, prendo un sospiro di incoraggiamento. «Un buscofen e... un test di gravidanza» dico, con voce rotta.
Non posso credere che stia realmente accadendo.
«Ecco a lei» fa quella, porgendomeli. «Sono diciotto euro e cinquanta.»
Tiro fuori il portafoglio con il cuore in gola.
Prima di uscire, mi fermo a guardare i ciucci e i biberon con una punta di malinconia.
Cinque minuti dopo sono fuori che mi guardo attorno, in cerca di Nicola.
«Eccoti» esclama lui, quando mi vede. «Tieni l'acqua.»
«Grazie» dico, prendendola con la mano tremante.
Deve aver notato il mio fremito, perché subito mi chiede preoccupato: «Ma stai bene?»
«Ho solo un po' di mal di testa» rispondo, sforzandomi di sorridere. «Dev'essere il caldo.»
Una volta che ho finito di bere, Nicola mi stringe i fianchi con affetto. «Vedrai che quando siamo nel bungalow stai meglio.»  


Circondata da quattro mura che mi trasmettono una vaga sensazione rassicurante, rimango seduta sulla tavoletta del water con lo sguardo vuoto, mentre nella mano destra stringo il test di gravidanza con il risultato che non ho ancora avuto il coraggio di guardare.
«Uhm, Mad... tutto bene?» chiede Michelle, bussando alla porta del bagno. «Sei chiusa lì dentro da un quarto d'ora...»
Improvvisamente la voce di mia cugina mi trasmette forza. Abbasso lo sguardo e do una veloce occhiata alle due lettere che sono comparse.
Non ho la forza di sillabare mezza parola, l'unica cosa che riesco a fare è aprire la porta per poi trovarmi mia cugina di fronte a me, che mi fissa preoccupata.
«C'è qualcosa che non va?» chiede lentamente, poi abbassa lo sguardo e nota il bastoncino bianco che tengo in mano. «Oh... cosa...?»
D'improvviso, come se mi fossi appena svegliata da un incubo, mi salgono le lacrime da chissà dove, non riesco a reprimere i gemiti e scoppio in singhiozzi, buttandomi a pancia in giù sul letto. Non voglio che mi veda, non voglio farmi vedere così fragile e disperata.
«Mad!» esclama lei. Poco dopo sento che si siede accanto a me, e subito dopo mi appoggia una mano sulla spalla con dolcezza.
Non riesco a spiegarle subito, ho bisogno di un po' di tempo per sfogarmi prima.
«E'... è positivo» balbetto poi, tra una lacrima e l'altra.
Michelle non dice niente, rimane ad accarezzarmi la schiena trasmettendomi nient'altro che tanto, tanto affetto. Tutto ciò di cui ho bisogno in questo momento.
Dopo qualche minuto, mi metto a sedere, asciugandomi le guance dal sale delle lacrime.
Non ho il coraggio di guardarla in faccia, forse perché provo vergogna per me stessa.
«Non so... non so cosa dire» mormoro.
«Perché non provi partendo dall'inizio?» prova a incoraggiarmi lei.
«Non saprei da dove cominciare» dico, alzando leggermente le spalle. «E' solo che... che non credevo di essere rimasta davvero incinta. Solo a pensarci mi sembra assurdo... Inizialmente credevo fosse un normale ritardo, a volte mi capitano, ma quando sono entrata nella seconda settimana di ritardo ho iniziato a prendere in considerazione l'idea che... che...» non riesco a finire la frase, che scoppio di nuovo in lacrime. «Mi sento così... così sporca, Michelle.»
«Non devi» mormora, quasi commossa, «non è colpa tua...»
«Sì invece, non dovevo farlo...» dico in un sussurro, mentre nella mia mente, come se non bastasse, compaiono immagini di me e Nicola a letto insieme.
D'improvviso mi sale un coniato di vomito, allora corro in bagno, alzo la tavoletta e inizio a vomitare, mentre Mich mi tiene i capelli.
Quando alzo la testa, do un'occhiata al mio riflesso sullo specchio e vedo che sono diventata bianca. Mi do una veloce sciacquata in faccia, sperando che l'acqua fredda basti per farmi riprendere un po' di colore.
«Tutto bene?» mi chiede lei, sfiorando la mia mano con la sua.
«Sto un po' meglio» sussurro. «Ho... ho bisogno di sedermi», e detto questo, mi avvio verso la camera, sorretta da Michelle.
Quando mi siedo sul letto, mi impongo di respirare piano e di calmarmi.
«Mad, pentirti di quello che hai fatto non cambierà le cose» dice, piano, sedendosi accanto a me.
«Lo so» sospiro io. «Ma è difficile cercare di rimboccarmi le maniche e fare qualcosa di concreto... Cioè, cosa dovrei fare? Tenere il bambino? Abortire?» ipotizzo, mentre una lacrima silenziosa percorre la mia guancia. «E comunque» faccio, tirando su con il naso, «in ogni caso la mia vita è rovinata... io sarei etichettata come “quella che scopa e che ha la sfiga di concepire un bambino a diciassette anni”. Porca puttana!» grido poi, sfogando la mia rabbia e il mio risentimento.
«Penso... penso che prima di tutto dovresti parlarne con Nicola» suggerisce lei, dopo una breve pausa. «E' una decisione importante da prendere e non puoi farlo da sola, anche perché lui ci è dentro quanto te.»
Mi asciugo gli occhi con le mani, sentendomi per un attimo una bambina piccola. «Sì... però, non lo so... non è una decisione facile, anche se ne parlassi con lui... e poi, se dovesse mollarmi? Cosa farei? La ragazza madre? E rovinarmi la vita?» inizio, mentre dallo stomaco mi sale il panico. «Oppure dovrei abortire? Io sono contro l'aborto, è come se uccidessi la creatura che si sta formando dentro di me... oddio, Mich, mi viene così da piangere...»
«Ssh» mormora, abbracciandomi e posando la fronte sulla mia spalla, «tu ti fidi di Nicola, giusto?»
Rimango immobile a meditare, ripenso ai nostri incontri d'amore, alle sue parole, alla sua dolcezza con cui mi abbracciava quando c'era qualcosa che non andava, poi annuisco con lentezza.
«Allora devi confidare che farete la scelta giusta e che andrà tutto bene, anche se sarà dura.»
Per un po' fisso pensosa il pavimento, le piastrelle marroni quadrate, la loro perfezione, la loro regolarità, la loro simmetria. Quanto vorrei che anche la mia vita fosse tutta calcolata in questo modo.
Quando riesco a trovare qualcosa da dire, alzo il capo e incrocio il mio sguardo triste con quello incoraggiante e speranzoso di mia cugina. Non posso non sorridere davanti al suo viso, alla sua espressione colpita e allo stesso tempo così rassicurante e dolce. «Spero proprio di sì, Michelle...» sussurro, mentre una morsa mi stringe il cuore.


«Che bella serata» fa Nicola, alzando lo sguardo verso il cielo stellato.
«Già» ammetto, e quasi senza rendermene conto stringo la sua mano, come per fargli capire di aver bisogno di affetto.
Lui capisce, infatti ricambia la stretta e torna a guardarmi negli occhi, sorridendomi.
Abbozzo un sorriso poco convinto, mentre dentro di me mi sento morire. Cosa sto aspettando? E' un'ora che passeggiamo per la spiaggia e non ho ancora formulato una frase di senso compiuto.
«Stai ancora poco bene?»
«Sì, cioè... più o meno» borbotto, distogliendo lo sguardo.
«Vuoi sederti?»
«Okay» dico, poi propongo di sistemarci sul pontile.
Una volta che ci siamo seduti con le gambe penzoloni a pochi centimetri dal mare, lui mi circonda la vita con un braccio. Io d'istinto appoggio la guancia sulla sua spalla, sentendomi subito meglio. Il suo profumo mi invade le narici come una ventata d'aria fresca mentre le onde del mare bagnano la costa, ridondanti, a qualche metro di distanza da noi.
Quanto vorrei che si fermasse il tempo... Ma purtroppo il tempo non si fermerà, i secondi trascorreranno inarrestabili e le vite di tutti gli esseri umani proseguiranno con i soliti alti e bassi.
«Nik?» dico, senza sapere ancora che parole usare. Maledetta me e la mia impulsività.
«Sì?»
E ora?
«Dimmi, amore» mi incoraggia lui, dopo una pausa vuota in cui sono rimasta zitta a osservare il mare e la spiaggia deserta.
«E'... è difficile» inizio, alzando il capo dal nervosismo. «Non so come dirtelo...»
«Cosa?»
«Vorrei che fosse un brutto sogno, vorrei tanto potermi svegliare in questo esatto momento...»
«Cos'è successo, Mad?» mi chiede preoccupato, cercando il mio sguardo.
Non muovo un muscolo e sembra che anche i polmoni abbiano smesso di scambiare aria, e per un momento credo che pure il cuore abbia smesso di pompare sangue alle vene, ma quando i battiti si fanno sempre più veloci, realizzo che sono viva, sto respirando e non sono in un sogno. Nicola è realmente qui, e vorrebbe tanto guardarmi negli occhi e sapere cosa mi sta succedendo.
«Ti prego, guardarmi» implora poi.
Volto di scatto il capo e ho finalmente il coraggio di guardarlo in faccia. Ha la fronte corrugata, questa volta non perché si sta sforzando di tradurre una frase di latino complicata, ma perché sta cercando di capire il motivo per cui sono ammutolita improvvisamente. I suoi occhi chiari sono spaventati, le labbra aride.
«Sono... incinta» sputo fuori d'un fiato, il cuore che batte come un tamburo, le mani che tremano, il respiro affannoso.
La sua espressione cambia improvvisamente, come se gli avessi appena dato una sberla, ma non è colma di sdegno o di frustrazione, no...
«Sposiamoci.»
«Cosa?!» esclamo, credendo di aver capito male.
«Sposami, Madelyn» ripete con più sicurezza, afferrandomi tutte e due le mani e racchiudendole nelle sue.
Non so se gridare per la felicità o mettermi a urlare dandogli del pazzo. Di sicuro non mi aspettavo questa reazione.
«Ma... ma... abbiamo solo...» balbetto.
«Io diciannove e tu diciassette anni, lo so» dice, determinato. «Ma so anche che ti amo davvero e sono sicuro di voler passare la mia vita con te... e con il nostro bambino.»
«Io...»
Rimane a fissarmi, senza abbassare mai lo sguardo. La sua assoluta convinzione a sposarci e vivere per sempre insieme mi ha letteralmente spiazzata. Certe persone non sono convinte a sposare l'amore della loro vita all'età di trent'anni, e io che ne ho diciassette...
«Ormai siamo legati per sempre con questo bambino, e sposarci renderà solo più forte il nostro rapporto... e sarà un rapporto vero.»
«Sì, è vero, però... mi sembra così assurdo...»
«Io sono contrario all'aborto, e per di più non voglio uccidere mio figlio che sta crescendo nel grembo della donna che amo con tutto me stesso!» aggiunge, sbattendomi la verità addosso. «Questo sarebbe assurdo!»
Dio, è proprio così.
«Ti amo troppo, Mad, e farei qualsiasi cosa per te, per noi, per essere felici.»
Senza accorgermene, gli sorrido. E' vero che non avevo preso minimamente in considerazione l'idea che lui volesse sposarmi e tenere il bambino, ma è anche vero che non è poi così assurda come idea: sono incinta di lui, nessuno dei due vuole commettere un omicidio con un aborto e ci amiamo, perché non sposarci e rendere il nostro amore eterno?
«Sì, Nicola, sposiamoci» affermo poi, annuendo con un sorriso dipinto sulla bocca.
«Dio, se ti amo» dice lui, socchiudendo gli occhi per un attimo, poi d'un tratto unisce le nostre labbra con foga, colto da un improvviso desiderio.
Pochi minuti dopo siamo sdraiati sul pontile, lui sopra di me che non smette di baciarmi il viso. Le labbra, la fronte, le guance, il naso, il collo... dopo poco con la bocca scende lentamente fino ad arrivare alla pancia, scoperta, per poi posare delicatamente l'orecchio sul mio ombelico.
«Il nostro bambino» sussurra, provocandomi mille brividi lungo la schiena.
«O bambina» aggiungo, con un fil di voce.
«O bambina» ripete lui, guardandomi con un sorriso raggiante sul volto che io ricambio. «Bambina o bambino che sia, sarà sicuramente il più bello del mondo.»


















*** Spazio Autrici ***

Buonaseeera!
Visto come siamo state brave con i tempi di pubblicazione?! :D

Questo è il mio ultimo scritto di Ds2... oddio, come sono contenta (: E che soddisfazione! Finalmente questa long-fic giunge alla fine, che dite? ^^ (ahah, aspettate, non intendevo per liberarvi di noi, per quello dovrete aspettare ancora taaanto dato che c'è ancora tutta Ds3! :D)

Non so se ve l'avevamo già anticipato, ma l'epilogo è diviso in due parti: la prima, come potete vedere, è scritta dal punto di vista di Madelyn, mentre la seconda parte da quello di Michelle. Con Drawing a Song avevamo fatto un unico epilogo scritto in terza persona, ma non c'era piaciuto molto, così per Drawing a Song 2 abbiamo deciso di fare in questo modo, quindi, il prossimo capitolo sarà l'epilogo scritto dalla mia socia, e dunque quello che succederà con i suoi personaggi... Uh, quasi dimenticavo, i dialoghi dei personaggi di Leslie in questo capitolo li ha scritti lei e viceversa per quanto riguarda il prossimo capitolo ^^

Allora, vi piace come ho fatto finire la mia parte? *si nasconde sotto la scrivania per evitare pomodori virtuali che attraversano lo schermo del pc.
Lo soooo, molte di voi erano per Mad/Gianluca, ma questa è la mia volontà U_________U (ahahah preso dal film "La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler" che ho visto ieri) No, scherzi a parte, vi ricordo che c'è ancora Ds3 (che personalmente non vedo l'ora che ci sia su EFP **) e lì ci saranno un sacco di sorprese anche per quanto riguarda Ds2 :)

L'ultima cosa che vorrei dirvi prima di chiudere, è che in Ds3 siamo decisamente a buon punto:  io sto finendo il quinto capitolo mentre Lindu sta finendo il secondo (vabbeh, ma sono io l'anormale che scrive un sacco di Ds3 ancora prima di finire Ds2! Ahahahah)

Bieeeen, io ho finito qui :)
Al prossimo (e ultimo ç.ç) aggiornamento ;D

Tanti baci
da Lalla e Leslie

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Capitolo 24
*** Epilogue – Second part ***










24. Epilogue – Second part




Venerdì 16 giugno

Michelle's POV

Apro la lattina di aranciata mentre guardo l'orologio per l'ennesima volta. Dovrebbero essere qui, ormai... perché non arrivano? Quest'attesa è esasperante, come se non avessi già aspettato abbastanza per rivederlo. Bevo un sorso della bibita ghiacciata e la sento pizzicarmi la lingua e la gola facendo una smorfia. Non ho mai amato particolarmente le bevande gassate, ma ho bisogno di qualcosa da fare, in più spero che qualsiasi sostanza chimica ci sia qui dentro riesca a darmi un po' di coraggio. Sono giorni che sono nervosa, che passo più tempo del dovuto davanti allo specchio per assicurarmi di essere quella di sempre. Ho tagliato i capelli, gli piaceranno? E cosa penserà del vestito che indosso sopra il costume, che ormai è diventato un accessorio fisso? Si accorgerà che mi sono abbronzata, nonostante sia qui solo da tre giorni? Dio, esploderò, me lo sento, e lo scoprire che Mad è rimasta incinta non mi aiuta per niente, per non parlare del fatto che mia madre è entrata in sala operatoria qualcosa come due ore fa e nessuno mi ha ancora dato notizie. Ho preso l'abitudine di portarmi il cellulare ovunque vada, persino in bagno. Per non parlare del numero di volte al giorno in cui controllo la mia email. È decisamente troppo stress per una povera diciassettenne, è quello che mi dice sempre Alice. Oh, giusto, poi c'è anche Alice, non mi ha ancora mandato il messaggio con le indicazioni per arrivare alla piscina dove sarà la sua gara.
Stanca di fare avanti e indietro per la minuscola stanza esco e mi siedo sulla sedia a sdraio appena fuori dalla porta, che lascio aperta. La temperatura è decisamente più gradevole e tiro un sospiro di sollievo, per poi infilarmi gli occhiali da sole e cercare di darmi un'aria rilassata. Non ho idea se ci sia riuscita o no. Ma quando cavolo arrivano? Forse dovrei mandargli un messaggio, giusto per assicurarmi che sia tutto a posto. Sì, però lui me ne ha già mandato uno un'ora e quaranta minuti fa, scrivendomi che era atterrato e che aveva trovato Nicola. Tutto regolare, stavano per partire. Io ho risposto “okay, ci vediamo tra poco. Non vedo l'ora” con una faccina che sorride... se adesso gli riscrivo sembrerò impaziente? È sbagliato sembrare impaziente? Su tutte le riviste è scritto che con i ragazzi bisogna farsi desiderare, assillarlo con messaggi per sapere quando arriva non mi sembra farsi desiderare... che cretinata, comunque, perché devo dare ascolto alle riviste? Okay, adesso gli scrivo. Devo cercare di suonare il più casuale possibile, della serie, oh, ma sono già le sei e venti? Vediamo dove sono quei due... sì, insomma, niente che gli faccia capire che sono quarantasei minuti che controllo l'orologio. Quarantasette.
Alzo lo sguardo, in cerca di parole, e... oddio, quella è una macchina! Sì, è la macchina che Nicola ha preso a noleggio per queste due settimane. Sono loro! Oh Dio... Calma, respira, è solo il momento che stai aspettando da qualcosa come due mesi. Controllo il mio riflesso sul vetro della finestra e mi sistemo appena la frangia, per poi posare il cellulare sul davanzale. È la prima volta che lo lascio in quattro ore. Ecco, stanno parcheggiando, riesco a vederlo attraverso il finestrino. Cosa gli dirò? Oh cazzo, come ho fatto a non pensarci prima? Perché diavolo non mi sono preparata niente? Merda. Adesso lui arriverà e si aspetterà una qualche stupenda frase romantica e io starò lì a guardarlo come un'imbecille.
Chiudo gli occhi un momento, cercando di calmarmi e riordinare i pensieri, e quando li riapro lui è sceso dalla macchina. Mi prendo un attimo per memorizzare ogni più piccolo dettaglio, il rosso acceso della sua t-shirt, i bermuda bianchi, le scarpe da ginnastica consumati, la sua espressione mentre ride ad una battuta di Nicola... il suo sorriso quando il suo sguardo si sposta lentamente su di me e il modo in cui mi osserva nello stesso identico modo in cui io sto osservando lui. Mi viene quasi da piangere, mentre dimentico tutto il resto. Mia madre, Mad, Alice, perfino il posto in cui mi ritrovo, perdono tutti significato, tanto forte è l'emozione che provo. Lui è qui di nuovo, a cinque metri da me, posso toccarlo, sentire il suo profumo, il calore della sua pelle...
«Dan» sussurro, portandomi una mano alla bocca a coprire metà del mio sorriso.
Ci avviciniamo camminando veloce, e prima ancora che possa rendermene conto sono tra le sue braccia, di nuovo, dopo fin troppo tempo. Premo la guancia contro il suo petto mentre sento le sue mani sulla mia schiena, il suo respiro sui capelli. Inspiro e chiudo gli occhi, stringendolo di più.
«Ciao» mormoro, dopo quella che mi sembra un'infinità di tempo.
«Ciao» risponde lui, e sentire la sua voce calda dal vivo mi dà i brividi.
Non è mai così vivida nei miei sogni, perciò ora ne sono sicura, è tutto vero.


Mi mordo il labbro mentre rileggo per l'ennesima volta l'ultima parte del messaggio che ho appena ricevuto da Alice.

Ps, non mi uccidere... ci sarà anche Fabio.

Non credo di aver ancora elaborato la notizia completamente, so solo che mi sembra in ogni modo ironico. Non parlo con Fabio dal famoso pomeriggio in cui gli ho detto di Daniel, e non perché non volessi farlo, ma perché – davvero – non ho avuto la benché minima occasione. La settimana dopo lui è partito per fare sei settimane in Inghilterra e completare lì il semestre, come aveva in programma già dall'inizio di quest'anno e una volta tornato è subito partito in vacanza con i suoi. La verità è che avrei dovuto provare a parlargli già il lunedì dopo, a scuola, ma ho avuto paura, e così il giorno dopo e quello dopo ancora. È salito su quell'aereo senza che nemmeno me ne rendessi conto e dopo averlo realizzato sono scoppiata a piangere. Mi manca terribilmente, ho bisogno di lui come amico. È sempre stato quello che mi capisce meglio, ho sempre potuto contare su di lui per ogni cosa. Sono stupida, perché so che è stata tutta colpa mia, ma non riesco a farne a meno. E ora, dopo quasi due mesi avrò l'occasione di rivederlo, lo stesso giorno in cui io e Dan ci siamo ritrovati. Ironico, davvero, non so cos'altro pensare.
Mi siedo sul mio letto con un sospiro, rigirandomi il telefono tra le mani, poi finalmente mi decido a rispondere al messaggio, giusto per farle sapere che l'ho ricevuto. Digito un “okay” sbrigativo e guardo assorta lo schermo del cellulare, finché quello non si mette a squillare facendomi prendere un colpo. Rispondo senza guardare nemmeno sul display chi mi stia chiamando, probabilmente è Alice che mi chiama per dirmi che se quell'okay era davvero inteso freddo come sembrava sono una scema e non capisco che lei in realtà mi vuole bene. Qualcosa del genere, insomma.
«Pronto?»
«Michelle, sono papà.»
Per un momento vado in tilt. Letteralmente, è come se qualcuno avesse messo in pausa il mio cervello e non riuscissi a farlo ripartire. L'ultima volta che gli ho parlato è stato questa mattina gli ho chiesto di richiamarmi non appena avesse saputo qualcosa sulla mamma.
«Com'è andata?» chiedo appena riesco a sbloccarmi.
«L'hanno rimosso tutto, tesoro, e le probabilità che si diffonda ancora sono bassissime!»
Di nuovo, qualcosa blocca i miei pensieri, ma questa volta non c'è niente di opprimente o spaventoso in questa sensazione. Incredulità, sollievo, forse... la sensazione di non aver completamente elaborato quello che mi è appena stato detto.
«S-starà bene?» chiedo, con voce sottile, quasi spaventata che possa dirmi l'esatto contrario di quello che mi aspetto. «Non dirmi tutti i dettagli medici sulle terapie e l'operazione, non capirei comunque... dimmi solo se starà bene» aggiungo subito dopo.
C'è una piccola pausa e qualcosa, non ho idea di cosa e non ho idea del perché, mi dice che mio padre, dall'altro capo, sta sorridendo.
«Starà bene, Michelle.»
Mi porto una mano sulle labbra mentre soffoco un singhiozzo. Starà bene... continuo a ripetermi quelle due parole mentre mi sento ogni secondo più sollevata. So che non è finita, che dovrà comunque fare un secondo ciclo di chemio e che in ogni caso il tumore potrebbe tornare, mi sono fatta spiegare tutto decine di volte durante gli ultimi mesi. Ma dipendeva tutto da quest'operazione, ed è andata bene. Non ci posso nemmeno credere, sebbene ci abbia sperato così tanto, non è assurdo?
Non so come riesco a ringraziare papà di avermi chiamata e a promettergli di farmi risentire entro questa sera, dato che riesco a malapena a parlare. Esco dal bungalow con gambe tremanti e mi appoggio allo stipite della porta, sfregandomi gli occhi nello stupido tentativo di fermare le lacrime.
«Michelle?»
Sento a malapena la voce di Dan, ma lo vedo avvicinarsi e afferrarmi il braccio con aria preoccupata. Scoppio a ridere tra i singhiozzi e lo abbraccio forte.
«Starà bene» ripeto, per la prima volta ad alta voce, e dirlo mi riempie ancor più di gioia e sollievo.
«Starà bene» mormoro ancora, stringendolo appena un po' di più.
Quando mi allontano appena per guardarlo in viso, noto la sua espressione confusa e mi viene di nuovo da ridere. Mi volto verso Mad e Nicola e mi asciugo gli occhi con le mani.
«M-mio padre mi ha appena chiamata» spiego, continuando a sorridere, «l'intervento di mamma è andato bene, c'è la buona probabilità che guarisca completamente entro l'anno prossimo»
«Oddio, Mich, è una notizia splendida!» esclama Mad, «sono così contenta! Te l'avevo detto che si sarebbe risolto tutto per il meglio!» aggiunge, sorridendo eccitata come anche Nicola, che a sua volta mi dice di essere felice per me.
Per un momento mi sento invincibile, sento che niente potrà più incrinare la mia felicità. Per un momento Fabio, il bambino di Mad e la chemioterapia svaniscono dalla mia mente e mi lascio avvolgere dalla gioia. Daniel mi abbraccia da dietro e sento che anche lui è sollevato, che anche lui aveva bisogno di questa notizia quasi quanto me.
«Ora è davvero perfetto» mormora, e io sento che è così.
La perfezione non è la mancanza di difetti nella tua vita, di rischi o cose brutte, di avere il cuore spezzato, la perfezione è sentirsi come mi sento io adesso.


Alzo appena il volume del mio iPod e mi guardo attorno alla ricerca di Daniel: ormai è quasi un quarto d'ora che è andato a prendere da bere, eppure il distributore automatico è nel corridoio subito prima delle scale della tribuna, l'ho visto prima arrivando. Mh, probabilmente c'è tanta gente.
Sospiro e incrocio le braccia mentre torno a guardare verso le tre grandi piscine. Alice ha vinto tre gare sulle quattro alle quali ha partecipato e la premiazione è tra cinque minuti, hanno già finito di montare il podio di plastica. Ci sono state un sacco di categorie, perciò non ho idea di quanto durerà, so solo che l'aria carica di cloro sta cominciando a rimbecillirmi. Non ho mai amato particolarmente le piscine, specie quelle al coperto, non mi fanno respirare. Come diavolo faccia Alice a passare tre quarti del suo tempo in posti del genere, non lo capirò mai. Okay, lei sta in acqua tutto il tempo e non sente questo caldo soffocante, ma comunque.
Do un'altra occhiata in giro, vedo i genitori di Alice e la sua moltitudine di fratellini tre file più in alto rispetto a dove sono io, ma li ho già salutati prima, quando sono arrivata, e mi ci sono voluti qualcosa come quindici minuti per per scollarmi i bambini di dosso. Sorrido tra me e guardo di nuovo l'orologio. Quando sento una mano posarsi sulla mia spalla sussulto appena, per poi togliermi gli auricolari dell'iPod dalle orecchie.
«Scusa»
Alzo lo sguardo e sorrido a Daniel, che si sta sedendo con in mano una lattina di coca cola e un succo.
«Non ti preoccupare... comunque non ti sei perso niente» gli assicuro, mentre lui mi porge la mia bibita. «Grazie» aggiungo poi, dandogli un bacio sulla guancia.
«Figurati» sorride lui, scompigliandomi la frangia.
Apro la bottiglietta di plastica e bevo due lunghi sorsi di succo d'arancia.
«Sai, ho conosciuto Fabio»
L'unica cosa di cui mi rendo conto, dopo averglielo sentito dire, è che sto tossendo e sputando succo come una deficiente.
«Stai bene? Guarda in alto» si affretta a consigliarmi Dan, posandomi una mano sulla schiena.
Obbedisco finché non riesco a respirare di nuovo, poi mi passo una mano tra i capelli e chiudo gli occhi.
«Fabio?» chiedo, la voce ancora leggermente roca.
Gli ho detto che ci sarebbe stato, mi è sembrata la cosa più giusta da fare, ma non pensavo che si sarebbero davvero incontrati... onestamente non pensavo nemmeno che io lo avrei incontrato. Ma, aspetta un minuto, quei due non si sono mai visti prima, come cavolo...?
«Alice ci ha presentati, erano insieme alle macchinette» spiega Dan, come leggendomi nel pensiero.
«Alice...» ripeto, a mo' di automa.
Quella piccola brutta... cavolo, e ora? Cosa dovrei dire o fare? Non parlo con Fabio da quasi due mesi, per l'amor del cielo, non ho nemmeno idea di dove sia seduto!
«Sembra simpatico... mi ha chiesto di te»
Mi volto a guardarlo, senza sapere se sentirmi in colpa o no. Non riesco a decifrare il suo sguardo, sembra... assorto? Non lo so. Non so niente in questo momento.
«Gli ho detto che stai bene e che Cleo sta meglio» continua lui, come se niente fosse. Intreccio le dita tra le sue e mi mordo il labbro inferiore.
«Mi ha chiesto di chiederti scusa da parte sua»
Scusa? Cosa diavolo vuol dire scusa? Scusa per averti baciata? Scusa per come mi sono comportato? Scusa, ma non voglio più esserti amico? Scusa se ho avuto una conversazione con il tuo ragazzo a tua insaputa? Scusa se non ti ho salutata prima di andarmene? Cosa cazzo vuol dire solo “scusa”?
In questo momento lo odio, perché non è venuto direttamente da me a scusarsi, se lo riteneva tanto importante? Perché lo ha fatto tramite il mio ragazzo? E perché mi chiede scusa, se sono stata io a rovinare tutto?
«Michelle?» mi chiama Dan, accarezzandomi il dorso della mano con il pollice.
«Cosa c'è?» chiedo io, improvvisamente esausta.
Ora, improvvisamente, lo vedo prendere posto qualche metro più in basso rispetto a noi. È una sensazione stranissima, come se avessi sempre saputo che era lì ma riesca a vederlo solo adesso... è cambiato, da quel giovedì pomeriggio. Ha i capelli più lunghi e schiariti dal sole, la pelle abbronzata, indossa una t-shirt bianca e grigia e al polso ha l'orologio che gli ha regalato sua madre l'anno scorso, quello che non si toglie praticamente mai.
«Il fatto che tu abbia scelto me non vuol dire che tu non possa scegliere anche lui» mormora.
Stringo le labbra, mentre improvvisamente me ne rendo conto. Ho sbagliato tutto, una parte di me continuava a pensare che fosse impossibile averli entrambi, quando la verità è che li ho avuti entrambi per tutta la mia vita e le cose non devono cambiare solo perché certi sentimenti sono cambiati. Sento le lacrime salire agli occhi e annebbiarmi la vista e stringo forte la mano di Daniel. Improvvisamente, nonostante tutto quello che vedo siano macchie colorate e indistinte, so che Fabio si è voltato verso di me e mi sta guardando, e so esattamente cosa vuole dirmi con il suo sguardo. Batto le palpebre liberando la mia visuale dalle lacrime e ricevo la conferma di quello che ho già capito. Per un momento mi perdo nei suoi occhi e mi lascio avvolgere dalla sensazione di quello che sarebbe potuto essere. È una bella sensazione, ma so di non averne bisogno, come non ne ha più bisogno nemmeno lui.
So che non tornerà più come prima, ma ora capisco anche che questo non vuol dire che le cose non possano tornare a posto, magari diventare anche meglio. Ci vorrà del tempo, certo, per superare l'imbarazzo e le ferite causate dai rifiuti, per recuperare la familiarità e l'intimità che avevamo prima, ma non è tutto perduto.
Migliori amici per sempre. Per quanto ingenua e infantile possa sembrare questa frase, è quello che mi comunicano i suoi occhi, e annuisco, ridendo.
Per sempre, e non hai assolutamente nulla di cui scusarti, idiota.











*** Spazio Autrici ***

Ci siamo... ci siamo davvero, è il momento dei saluti. Oh, mi commuoverò, lo sento, sono perennemente commossa in questi giorni.

Come cominciare? Beh, spero che siate rimasti soddisfatti dal finale che ho scelto, io personalmente lo sono, come lo sono di tutta questa storia. E' stato davvero bellissimo scriverla e non avete idea di quanto mi manchi già.. :( E' comunque una bella cosa, averla finalmente finita, più di un anno dopo la pubblicazione... mi sembra sempre passato un secolo da quando ho cominciato a scrivere i primi capitoli... vi confesso che non avevo assolutamente idea di cosa far succedere >.< beh, ammetto di aver improvvisato piuttosto bene, voi che ne pensate?

Vi prego recensite in tantissimi! Fateci sapere quali sono stati i nostri punti di forza e in cosa invece abbiamo bisogno di migliorare! Ne abbiamo bisogno, sapete? Soprattutto considerando che DS3 verrà pubblicata davvero presto - *finge di ascoltare quello che le viene detto in un auricolare* - domani sera, mi dice la regia! Perciò vi aspettiamo lì, DS3, nuovi personaggi, nuova storia... fresche fresche insomma. Speriamo di essere migliorate come siamo migliorate tra DS e DS2 (yn) e che la storia vi piaccia altrettanto :D

Okay, mi sto dilungando... ma è davvero dura per me, sapete? Chiudere questa meravigliosa avventura! (oddio, non dirlo a me! Sto praticamente piangendo come una scema! xP NdLalla)

Hem hem, prima di diventare troppo emotivi, passiamo ai ringraziamenti.

Ora, per prima cosa e più importante, vorrei esprimere la mia più immensa gratitudine nei confronti della mia socia, della mia Lalla. (Lo so, Lalla, lo so, dovevo ringraziare i nostri "seguaci", ma fammi dire 'sta cosa prima) (...ç.ç NdLalla)
E' grazie a lei che abbiamo cominciato questa collaborazione, è lei che ha avuto l'idea di cominciare a scrivere assieme, è lei quella che tiene insieme tutto, che traffica con gli html prima di ogni aggiornamento che sono negata, che continua a ricordarmi di scrivere e scrivere e che mi sostiene quando sono convinta di fare schifo. Senza di lei, ve lo dico, Drawing a Song non esisterebbe, e io sarei ancora la piccola fan di GdR che aggiorna una volta all'anno ed è convinta che non riuscirà mai a terminare una storia. Grazie a lei sono riuscita a sentirmi come una vera scrittrice e le sono immensamente grata per questo. E ecco, sto piangendo... sniff, lo sapevo... ç.ç Grazie socia, grazie davvero per avermi regalato tutto questo... <3 (noooooo! Non me l'aspettavo questa *si soffia il naso tra le lacrime; Dio, non so davvero cosa dire, mi hai fatto rimanere senza parole!! Quanto sei dolce? Mamma se ti voglio beneee <33 Anche io devo ringraziare te, sei tu l'addetta alla grafica qui, sei tu quella che oggi ha lavorato con tanto amore sul logo di Ds3 - che credetemi, è davvero bellissimo - e che modifica le immagini dei personaggi! E anche io ti devo tutto, infinite volte non sarei più andata avanti a scrivere se non ci fossi stata tu, perché io scrivo soprattutto per te, per avere un tuo parere, per ricevere da te preziosi consigli - dato che tu sei brava a scrivere e io devo ancora imparare taaante cose! - per sapere se secondo te ho fatto la scelta giusta o no... insomma, se non avessi accettato la proposta di diventare la mia socia, a questo punto non sarei riuscita a concludere questa bellissima long-fic! Non smetterò mai di ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me e per avermi aiutata a crescere, tesoro mio <3 NdLalla)

Okay, e ora *si asciuga le lacrime* (*si unisce anche lei* NdLalla) passiamo a tutti voi altri che avete reso tutto questo possibile, grazie al vostro supporto, anche se non sempre espresso (ahahah e le sedie del pubblico deserte che mi immagino di cui ti raccontavo oggi? *rotola* NdLalla), e alla vostra pazienza. Alle vostre recensioni, che ci hanno ispirate, e anche semplicemente per aver continuato a leggere la nostra storia, per esservi immedesimati in Michelle e Madelyn, per aver riso e pianto (okay, forse esagero xD) assieme a loro.

Drawing a Song 2 è tra le storie preferite di Ale_Sara_Macho, bettina, Elieth, ile_chan, itpanya, morettinahouse96, nana_85, stellabella, Vale728 e vero15star, tra le storie ricordate di bones_, Rosaly, SparksFly e yury_chan, e tra le storie seguite di albakiaraXD, Ami_chan, and225, bumby, Carocimi, chiara84, ilynap, io_crazy, lady_free, marypao, mery_gio, NorthGirl, paleblueeyes, PinkPrincess, rosyx85, Sweet Stella, Trix Gilmour, vic94, Yoursweetshadow, _Grumpy e _Puffetta

In più ci sono le 22 persone che hanno Drawing a Song tra le fic preferite, le 20 che la ricordano e le 28 che la seguono, per non parlare di tutte quelle meravigliose persone che hanno lasciato le 56 recensioni <3

E grazie anche per le numerose visite di Drawing a Song, che sono esattamente 2837, e delle 1088 visite di Drawing a Song 2!

Grazie, grazie di cuore a tutti voi, spero davvero che resterete con noi per il terzo capitolo di questa saga che, sto cominciando a temere, non finirà mai xD

Un bacio grandissimo e un abbraccio spaccaossa,
Leslie e Lalla

Ps. Drawing a Song 3! Ricordatevi, venite a leggere Drawing a Song 3!!! (ahahah ragazzi, io e la Linduz siamo proprio disperate xP NdLalla)

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