Un altra possibilità di Mariaantonietta (/viewuser.php?uid=74297)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ipnosi ***
Capitolo 2: *** Sophia Smith ***
Capitolo 3: *** L'incontro ***
Capitolo 1 *** L'ipnosi ***
Io ero Sophia Smith, nella realtà del ventesimo secolo amavo Andrè
dalla prima volta che lo avevo sognato nel giardino di quel misterioso
palazzo e invidiavo Oscar per averlo sempre accanto.
Ero sicura che fosse così anche per Lei: Io potevo leggere
dentro il
suo cuore giacché in tutto questo tempo l’avevo conosciuta molto bene.
Oscar a differenza mia negava a se stessa l’evidenza di quel
sentimento profondo, perché non possedeva la mia lucidità mentale ricca
di elasticità e priva di pregiudizi. La sua mente era oscurata dalla
convinzione di essere legata alle idee conservatrici imposte della
società aristocratica del tempo.
C’è da aggiungere che quelli erano altri tempi.
Lei apparteneva all’aristocrazia, Andrè era un semplice
servo, mentre Fersen, però era un nobile.
Secondo me quella poverina era anche tormentata dalla sua educazione
rigida e frustante impartitagli dal famigerato padre settecentesco.
Mi girava la testa a fare queste considerazioni.
Odiavo sognare, non ci stavo più, non a quel prezzo. Volevo che finisse
tutto, non potendo sopportare di vedere Andrè soffrire palesemente per
Oscar.
Io me ne accorgevo.
Oh Dio quanto penava per Lei! Lo leggevo ogni notte nei suoi
occhi
tristi e spenti, anche se cercava con tutte le sue forze di mascherare
il suo amore disperato per quell’ingrata.
Mi doleva il cuore giacché quella donna perfettamente identica alla mia
fisicità era causa di spasimo nei confronti dell’uomo più dolce e caro
che Io abbia mai incontrato sulla terra, bensì fosse solo frutto della
mia fantasia. Io lo avrei reso felice come non mai!
Perché Egli non apparteneva alla mia realtà?
Soffrivo!
Oscar era fisicamente identica a me! Come se la mia immagine fosse
riflessa in uno specchio, ma viveva in un'altra epoca o in una
dimensione alternativa alla mia!
Mi appariva ogni notte alta e slanciata dal fisico atletico:
incredibilmente sexy dai lunghi capelli biondi e ondulati, con gli
occhi azzurri colore dell’oceano cristallino, dal viso angelico
provvisto da un ovale perfetto con lineamenti molto femminili e
delicati. Le labbra erano incurvate, virginali, sensuali, provocanti e
voluttuose.
A differenza di Oscar, quando ero in servizio, dovevo tenere la mia
lunga chioma ordinata, obbligatoriamente raccolta in un voluminoso
chignon.
E se quella donna fosse esistita davvero ed Io fossi la sua
reincarnazione?
Decisi di raccontare la mia storia allo psicanalista della scuola per
ufficiali. Volevo sottopormi a delle sedute d’ipnosi, onde capire il
significato oscuro di tutto questo. A rischio di essere espulsa
dall’esercito! Fortunatamente ciò non accadde, perché l’analista
accettò il mio caso molto volentieri, ritenendolo interessante.
Procedette giurandomi solennemente il segreto professionale, non
avrebbe dovuto rivelare a nessuno le mie confidenze.
Può darsi che fosse il mio inconscio a elaborare questa doppia
esistenza, forse avevo tendenza alla schizofrenia e allo sdoppiamento
della personalità, ma dovevo capire e snodare la matassa.
Mi sottoposi per più di sei mesi all’ipnoterapia, con successo
arrivammo alla conclusione che ero davvero la reincarnazione di una
certa Oscar Françoise de Jarjayes, vissuta circa 200 anni fa!
Ero stata Lei!
In questo semestre rivissi in modo concentrato tutte le vicende
principali della vita di quella donna realmente esistita.
Mi colpirono soprattutto alcuni episodi: il cavaliere nero che trafisse
con la sua spada l’occhio sinistro del mio Andrè, causandone la
perdita. Ricordai in particolare una vicenda molto forte che al tempo
mi lasciò incapace di reagire ovvero il tentativo di Andrè di
violentarmi in camera mia con la sua successiva straziante
dichiarazione d’amore.
A quell’episodio si aggiunse il mio rifiuto, il mio silenzio, la mia
indifferenza nei suoi confronti, per moltissimo tempo.
“Perché?”- Mi chiesi più volte.
Per questo motivo nelle vesti di Sophia soffrii immensamente
per
Andrè, per non averlo accolto in quella vita precedente come amante e
come mio unico sposo. Ancora una volta mi sentii incapace di agire,
poiché era impossibile comunicare a Oscar i sentimenti che avrebbe
provato in un’altra vita per Lui.
Percepii la sua ossessione nei confronti di quella donna che era stata
me, come quando stava per attentare alla mia vita offrendomi del vino
avvelenato, per avermi solo per sé.
Dopo quell'infausta sera, intendo dopo lo stupro mancato, scoprii con
felicità la mia fissazione e il mio turbamento nei suoi confronti. In
seguito appresi che con il passare del tempo tramutai i miei sentimenti
verso quell’uomo in una passione repressa per finire in un baratro
avendo paura di ammettere la realtà e rivelare al mondo di averlo
sempre amato. Mi sentivo prigioniera di me stessa per
l’impossibilità
di esternare quei meravigliosi sentimenti.
Pensai che forse a quel tempo fosse ancora troppo presto?
Durante una seduta ipnotica percepii la frustrazione di entrambi.
Scoprii di avere la tisi ma ahimè anche l’imminente cecità del mio
amore.
Il mio essere rabbrividì quando svegliandomi nello studio del dottor
Prince, ricordai quando gli avevo detto di amarlo da sempre e di aver
fatto l’amore con Lui per la prima volta per raggiungere la felicità
completa.
Appresi che la storia volse a un tragico epilogo, poiché Oscar si
spense il 14 Luglio del 1789 proprio il giorno dell’assalto alla
Bastiglia. Quella donna si gettò disperata incontro alla morte per la
perdita prematura del suo uomo, avvenuta il giorno prima a causa di una
pallottola vagante destinata a Lei.
Era incredibile, lo avevo sempre saputo! Io avevo capito tutto sin
dall’inizio.
Lei e Andrè si sarebbero amati prima o poi, con una irrefrenabile
passione travolgente!
Lui aveva sofferto molto, ma l’aveva aspettata una vita, per poi
perderla l’indomani.
Mi aveva aspettato!
Fersen era soltanto un capro espiatorio, che serviva per fuggire dal
suo grande e vero amore.
Mi rincuorai.
Fui felice, poiché anche se i loro corpi morirono nel 1789, le anime
vissero insieme, fino a che la sua reincarnazione non nacque in me in
quest’epoca moderna.
Ma perché sognavo della mia vita precedente?
Perché ricordavo tramite i sogni?
Ci doveva essere un significato logico?
Mi chiesi, se nel mio tempo esistesse la reincarnazione di Andrè?
L’avrei mai incontrato? Ero convinta assolutamente di sì,
perché
quello era stato un amore puro e immenso e doveva per forza avere un
seguito.
Mi avrebbe riconosciuto?
Ero disposta persino ad aspettare e vivere un giorno di appagamento
come nella vita precedente pur di assaporare quella felicità unica,
sublime e completa.
Comunque dopo l’ultima seduta ipnotica non sognai più niente, ormai ero
come guarita, libera da quello spettro di nome Oscar che mi aveva
ossessionato fino all’età di venti anni. Ogni sera prima di
addormentarmi mi rimaneva solo il dolce ricordo di un bellissimo uomo
che forse non avrei mai incontrato in questa vita.
Ricordo tutto di Lui come se lo conoscessi da sempre. Ascoltare nella
mia mente la sua voce calda e sensuale provoca in me delle emozioni
indescrivibili. L’immagine impressa nel mio cervello del suo fisico
scolpito, del suo adorabile volto dai lineamenti perfetti, e quel suo
meraviglioso carattere mi porta tuttora a un'estasi interiore.
Passarono circa dieci anni, all’età di ventotto coronai il mio sogno
divenendo colonnello dell’aereonautica militare statunitense, rendendo
mio padre fiero e orgoglioso di me.
Divenivo ogni giorno più bella, tanto da sfilare qualche volta come
modella per beneficienza.
Gli altri uomini non m'interessavano, Io volevo appartenere ad Andrè!
Concentrai la mia vita sul lavoro, tralasciando ogni corteggiatore.
Pensate nel 2010 avevo trent’anni ed ero ancora vergine!
Divenni anche un ufficiale medico molto preparato.
Inoltre, mi specializzai in chirurgia oculistica.
Non scelsi questa specializzazione a caso, giacché il mio Andrè nel
passato aveva perduto l’occhio sinistro a causa di un incidente in un
duello e che in seguito sarebbe diventato cieco per seguire Oscar nei
soldati della guardia metropolitana.
Volevo essere pronta a salvarlo, se mai questo funesto evento
si fosse
verificato anche nel futuro, e se mai l’avessi incontrato.
Oh sì, se mai l’avessi incontrato!
Aspettavo con ansia questo momento più di ogni altra cosa.
A dicembre del 2010 mi fu assegnata una missione segreta in Iraq, ormai
ero diventata un ottimo pilota degli aerei con tecnologia Stelt, quelli
invisibili ai radar per intenderci.
Dovevamo scovare una cellula terroristica fedele a Bin Laden,
capace di tutto per i propri ideali.
Anche a immolarsi con l’estremo sacrificio.
Al quartier generale ci avevano comunicato che in Iraq non eravamo
soli, potevamo appoggiarci a un gruppo d'infiltrati per lo più
mercenari arruolati per denaro, che lavoravano nell’ombra da parecchi
anni per guadagnarsi la fiducia degli estremisti islamici.
Seppi che il loro capo era uno abile: di origine irakene naturalizzato
dagli stati uniti all’età di venti anni, dove gli era stato impartito
un addestramento sovraumano. Egli conosceva cinque lingue, era esperto
nella maggior parte delle tecniche di combattimento a corpo a corpo
soprattutto di origine orientale, si vociferava che fosse stato
reclutato dalla CIA per osservare da vicino il nemico, prendere nota e
fornirli alla madre patria Usa.
Io e i miei uomini eravamo accampati nel deserto a
pianificare la
strategia più adatta per l’attacco, mentre la vita scorreva stressante
a causa delle condizioni di clima estremo.
L’ordine era attendere un messaggio da Sayd Jarah, il quale aveva più
di una volta comunicato tramite satellitare con mio padre per prendere
accordi sulle varie missioni.
Per copertura usava spesso degli pseudonimi occidentali che solo mio
padre conosceva.
Grazie a Lui il nostro Paese riuscì a entrare in possesso di una
miriade d'informazioni riservate.
Che mi prendeva lo stavo ammirando? Desideravo conoscerlo per vedere
come fosse fatto?
Si vociferava che fosse un uomo molto attraente, anche se pochi lo
avevano conosciuto di persona.
Tutte le soldate si comportavano da isteriche quando si parlava di Lui.
Ebbi paura di me stessa, e se m'invaghissi di qualcuno che non fosse
Andrè?
Dopotutto ero una donna reale con sangue e carne e soprattutto con dei
sentimenti, e alla fine sarebbe accaduto conoscere qualcuno alla mia
altezza ma Andrè? Egli rappresentava solo un sogno anzi un ricordo
scaturito da lontane sedute ipnotiche.
Forse era solo una scusa, una giustificazione per rifiutare tutto il
genere maschile che mi stava intorno sbavando per me.
Un giorno chiese informazioni su Sayd a mio padre, solo per curiosità-
“Giuro!”.
Egli mi rispose rammaricato: “Non ho mai visto quell’uomo
personalmente, ma lascialo perdere se stai progettando di uscire con
Lui, probabilmente è gay lo so per certo”- “Come puoi dirlo?”
–
risposi basita e esterrefatta.
“Alcune volte tende a confidarsi con me durante le nostre
conversazioni, non so perché!”.
“Probabilmente la mia voce gli ricorda quella di qualcuno legato al suo
amore, me l'ha fatto capire”.
“Sayd è innamorato da una vita di un uomo che sta cercando di
rintracciare ossessivamente anche a spese del governo, noi lo lasciamo
agire perché Egli rappresenta un elemento troppo prezioso per la patria
”.
“Pensa che il colonnello Patterson sia stato in missione personalmente
con Sayd, beh ogni mattina appena alzato Egli pronunciava delle frasi
d’amore verso quel giovane uomo”.
“Del tipo?”- chiesi sbalordita.
Mio padre, si alzò dalla sedia e come se fosse un attore
melodrammatico, cominciò a recitare delle frasi strappalacrime.
“Amore, sono felice di vivere in questo mondo, perché sono consapevole
che tu respiri nello stesso momento che alito anch’Io, ciò mi da la
forza di continuare a lottare per ritrovarti”. Poverino come
lo
comprendevo, poiché anch'Io speravo di imbattermi nel destino del mio
Andrè, da sempre, ma senza alcun successo.
“Mia adorata Sophia - continuò mio padre tenendo lo sguardo basso- un
genitore desidera il meglio per la propria figlia: se Sayd non fosse
omosessuale, sarebbe stato l’unica persona adatta a te e Io sarei stato
un padre felice di saperlo al tuo fianco”- “Non so perché, ma dal primo
istante che ho ascoltato la sua voce ho avuto l’impressione di
organizzarvi un matrimonio”.
“Papà sei impazzito?”- risposi con un broncio sensuale, ma molto
irritata -“Nessuno potrà organizzarmi la vita – continuai- e tu lo sai
molto bene”.
“Scusa figliola, non so che mi è preso vorrei vederti felice con
qualcuno sei una bella ragazza e te lo meriti”.
“Sto bene così, e poi chi te l'ha detto che non c’è nessuno nella mia
vita”- detto, questo uscii dalla tenda dirigendomi tristemente nella
mia con mille pensieri in testa.
Che importanza aveva se Jarah fosse omosessuale e amasse fino alla
follia un uomo, quello era pur sempre amore intenso e profondo verso
una persona. A ogni modo essere gay per un musulmano rappresentava una
tragedia per la società, una vera e propria perversione,
addirittura
malattia. Pregai per quel povero sventurato purché Egli
riuscisse a
essere felice con la sua anima gemella.
Probabilmente era un amore più reale del mio!
Tra i miei marines non vi era nessuno che mi ricordasse Alain,
quell’armadio di ragazzone che rappresentava il leader dei semplici
soldati della guardia all’epoca della rivoluzione francese.
Nessuno di
loro era il mio Andrè, me ne sarei accorta, anche se avesse avuto altre
sembianze, poiché avrei riconosciuto il suo splendido carattere, unico
e raro in un uomo moderno.
Spesso mi ritiravo nella mia tenda da sola per piangere, perdendo ogni
speranza.
Ero triste e malinconica, perché avrei voluto il mio unico amore al mio
fianco.
Vorrei avere un’altra possibilità: amarci ed essere felici come un
tempo lontano, ma ormai perduto per sempre.
Forse davo tutto per scontato, e se Lui in questo tempo non si
ricordasse di me? Se fosse già impegnato con un'altra donna? Se fosse
sposato con dei figli?
Dopo due settimane, finalmente arrivò il tanto atteso segnale da parte
del fantomatico Sayd Jarah!
Non ci credevo aveva usato un avvoltoio per inviarci una mappa con
delle coordinate!
Ma che razza di uomo era quello?
Dopo qualche volo di ricognizione, Io stessa individuai l’accampamento
di quei farabutti che era celato accuratamente sotto delle grotte
naturali.
Grazie alla mappa del nostro contatto, al mio intuito da volpe e il mio
fiuto raffinato avevano identificato la presenza di uomini armati.
Dopo un paio di virate acrobatiche, osservai il campo di addestramento
per terroristi.
Bingo, avevo trovato il nemico!
Tornai alla base riferendo la mia scoperta a mio padre che in quella
missione era il mio superiore.
Egli si congratulò con me prima ufficialmente, poi ancora una volta in
privato come un padre affettuoso abbracciandomi amorevolmente.
L’indomani attaccammo la postazione nemica per via aerea, come dei
falchi assassini causammo una strage di uomini radendo al suolo gran
parte del territorio.
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Capitolo 2 *** Sophia Smith ***
Un'altra possibilità
Mi chiamo Sophia Smith, la storia che sto per narrarvi è la mia ed è
rappresentata da eventi inverosimili ma allo stesso tempo affascinanti
e coinvolgenti.
Sono nata il 25 dicembre del 1980, cresciuta a New York city alle
soglie del ventunesimo secolo, ma è da quando ero una bambina che
tramite dei vividi sogni mi affioravano i ricordi di un’altra persona.
Tutto iniziò da quando avevo cinque anni in una notte di fine estate,
precisamente il ventisei agosto del 1985.
Dopo venticinque lunghi anni ricordo ancora nitidamente la mia prima
volta!
Infatti, a quel particolare avvenimento onirico per molto tempo se ne
aggiunsero molti altri che scombussolarono completamente tutta la mia
vita reale.
Quel giorno ero andata a letto molto presto. Come di consueto mia madre
mi aveva baciato sulla fronte per augurarmi la buona notte e prima di
uscire dalla mia cameretta aveva appoggiato sul comodino un bicchiere
d’acqua.
Nel cuore della notte, precisamente durante la fase REM del
sonno ebbi
la sensazione di essere sveglia, ma stranamente mi ritrovai altrove
come se fossi proiettata per magia in un'altra epoca.
In quello strano sogno scorgevo un enorme e pittoresco
giardino di un palazzo settecentesco, mai visto prima.
Mi sentivo immersa in un mondo pulito e incontaminato dall’inquinamento
atmosferico, l’aria che respiravo era fresca e sana. L’ambiente
circostante era profumato come se i fiori delle siepi fossero dei
deodoranti naturali per ambienti.
Il cielo era sereno e limpido e denotava un bellissimo sole
allo zenit.
Udivo il canto gaio degli uccellini mentre i raggi del sole
carezzavano piacevolmente il mio viso diafano.
Indossavo semplicemente una camicia di lino bianca e un paio di
pantaloni al ginocchio neri. Calzavo un paio di sfavillanti stivali in
cuoio testa di moro probabilmente per praticare l’equitazione.
Era presente anche mio padre: il generale William J. Smith il
quale vestiva con abiti militari insoliti e antichi.
Lo vidi con una sontuosa divisa da ufficiale: la giubba era di uno
sfavillante blu cobalto, tutta ricamata in oro, agganciata da lucenti
bottoni costituiti dallo stesso nobile metallo, probabilmente era
vestito da generale, ma non apparteneva al nostro tempo.
Mi sembrò, indossasse qualcosa di molto simile a dei costumi teatrali,
che avevo ammirato una volta durante una recita scolastica.
In quel sogno mio padre mi apparve diverso da come lo conoscevo,
sembrava essere di temperamento rude e violento, il suo sguardo era
freddo e privo di sentimenti, mentre l’insieme dei suoi lineamenti mi
turbò incutendomi tanta paura al punto di rabbrividire.
Egli portava sul capo una stranissima parrucca bianca, ricca di boccoli
orizzontali – sorrisi a quella visione perché il mio adorato papà era
alquanto ridicolo.
In quell’occasione mi presentò un bambino, pronunciando con
tono
autoritario e severo delle frasi per me prive di significato - “ Oscar,
questo è Andrè”- “Lui è il nipote della tua governate, crescerete
assieme come fratelli, poiché ti aiuterà a adempiere al meglio il tuo
ruolo maschile”.
Oscar?
Io mi chiamo Sophie! E sono una bambina. “No, non voglio essere un
maschio” - che assurdità, sicuramente ebbi un fastidioso incubo, che si
ripeté ogni notte.
E poi chi era Andrè?
Un bambino magrolino poco più alto di me, che indossava abiti simili ai
miei, dal viso dolcissimo, dai profondi occhi verdi colore dello
smeraldo che mi guardarono sin dal primo incontro con immensa
intensità.
Era un fanciullo delizioso, con una lunga chioma nero corvino
dai
profondi riflessi ramati, raccolta a formare un codino legato da un
nastro di velluto nero.
Non avevo mai conosciuto qualcuno del genere nella vita reale, bensì mi
sforzassi di ricordare.
A ogni modo Andrè rappresentava l’unica parte del sogno che mi dava
serenità, poiché lo percepivo come se fosse parte di me.
In futuro scoprii che il ventisei agosto era il compleanno di
quell’amichetto immaginario di un anno più grande, Egli crebbe assieme
a me popolando le mie più intime fantasie fino ad oggi.
Quasi ogni notte mi ritrovavo a vivere quell’assurda situazione e come
se fossi parte di un sortilegio, mi tramutavo puntualmente in Oscar
François de Jarjayes. Il sogno aveva un seguito come se fosse la storia
a episodi di una serie TV. I luoghi d’ambientazione e i personaggi
della mia fantasia onirica non erano sempre gli stessi, cambiavano in
base alle circostanze: ora ero a palazzo appartenente al casato
dei
Jarjayes, oppure a volte mi trovavo a Parigi, tra le strade lastricate
e non asfaltate piene di letame o in campagna, anche in un paesino
interno del nord della Francia Arras, oggi conosciuto per i
pregiati
arazzi, persino alla reggia di Versailles. L’unico punto in comune era
che ovunque io mi trovassi Lui era sempre al mio fianco.
Nei protagonisti alcune volte faceva capolino la madre di Oscar simile
d’aspetto alla mia, ma molto diversa di carattere, poiché la prima
appariva passiva, debole, taciturna e sottomessa, mentre la signora
Smith era un brillante e astuto pubblico ministero molto combattiva
capace di vincere qualsiasi causa penale, molto ricercata nei processi
più difficili. A tale proposito durante le cene con amici o parenti mio
padre era benevolmente preso in giro dai commensali, spesso si udivano
battute del genere: “William, tu sei un generale decorato dell’esercito
statunitense, ma tua moglie Alison riesce a metterti sull’attenti come
se fossi un soldato semplice”.
Un altro personaggio era un’adorabile vecchietta che
rappresentava la nonna di Andrè ed era la governante di Oscar.
Ci presi gusto, a partecipare a quella vita diversa dalla mia, tanto
che non vedevo l’ora di addormentarmi per sognare e scoprire il seguito
della storia.
Sopportai persino il carattere burbero del mio genitore onirico, tanto
era solo un sogno e il mio vero papà era molto diverso giacché
comprensivo e amorevole con tutta la famiglia.
Io desideravo vivere le vicende della tormentata bambina di nome Oscar
solo per stare assieme al suo amichetto Andrè.
Nella realtà ero più fortunata di Oscar, poiché in famiglia ottenevo
qualsiasi capriccio desiderassi, ero coccolata da tutti i membri della
casa, che esaudivano ogni mio desiderio.
Chiesi ai miei genitori una nuova tata, perché quella che avevo non mi
stava bene, ad ogni modo la sostituta doveva necessariamente possedere
dei requisiti che io avevo imposto: non essere troppo giovane e avere
un nipote un anno più grande di me che sarebbe diventato il mio
compagno di giochi.
Speravo di incontrare Annie, la dolcissima nonna di Andrè,
purtroppo
arrivarono più di un centinaio di aspiranti governanti ma nessuna
somigliava all’anziana petulante nanerottola dei miei sogni.
Rinunciai alla realtà, abbandonandomi più che mai alle mie avventure
inconsce assieme al mio migliore amico, che consideravo più importante
di un fratello.
Giocavo e studiavo con Lui, eravamo inseparabili come se fossimo legati
da un cordone ombelicale invisibile. Insieme trascorrevamo momenti
felici e spensierati: tiravamo di scherma, facevamo a botte come dei
maschiacci, cavalcavamo per interminabili sentieri, litigavamo ci
appacificavamo.
Crebbi divenendo adolescente e così fu anche per l’immaginario moretto
dagli occhi penetranti e magnetici. Ero talmente incatenata a quel
ragazzo che durante la vita reale mi sentivo spenta e incompleta.
In tutti questi anni assimilai il periodo storico rendendomi conto di
vivere un’esistenza parallela nella Francia dapprima di Luigi XV e in
seguito di Luigi XVI.
Studia come un’ossessa, documentandomi sugli eventi storici dell’epoca,
le cui vicende rispecchiavano per filo e per segno i miei sogni.
In quel periodo divenni cupa e solitaria, evitavo gli amici reali, per
di più i ragazzi non m'interessavano.
Ero certa di essere innamorata di Andrè.
Decisi di aspettare il mio “principe azzurro” e giurai castità fino
allora.
Mi scrissi a dei corsi di scherma e di equitazione, con l’esercizio e
la passione ero diventata molto brava forse più di Oscar!
Studiai il francese, recandomi nei periodi estivi persino in Normandia
e a Parigi, acquisendo negli anni una padronanza lodevole della lingua.
Di Andrè nel mondo reale nessuna traccia!
Non raccontai mai a nessuno il mio segreto per paura di essere presa
per matta.
All’età di quindici anni ci fu una svolta nella mia vita, giacché
sognai che quell’assurdo padre mi costrinse a essere il capitano della
guardia reale francese per proteggere quella austriaca smorfiosa della
principessa Maria Antonietta. In quell’occasione il mio adorato amico
fu nominato attendente, nonché mia guardia del corpo.
E se anch’Io fossi diventata un ufficiale? Forse in accademia avrei
conosciuto un giovane come Andrè!
Io lo amavo, lo desideravo, ma non era reale!
La cosa che m'innervosiva era che i quei sogni andavano per conto loro,
nel senso che durante la fase REM la mia volontà era annullata,
sopraffatta da quella di Oscar.
Ero condannata a subire le sue angosce e i suoi patemi d’animo a mio
parere sterili e inutili. Se avessi avuto le facoltà mentali, avrei
chiesto ad Andrè di essere il mio ragazzo, che stava aspettando?
Il generale William Smith fu enormemente felice, quando gli rivelai le
mie intenzioni relative al mio futuro. Mio padre della realtà come nel
sogno non aveva avuto figli maschi e nessuna delle cinque figlie aveva
dimostrato fino allora l’intenzione di indossare una divisa militare
per seguire le sue orme. (Un particolare che mi colpì fu che anche
Oscar era l’ultimogenita, proprio come me!).
Né Lui aveva costretto qualcuna di noi a far parte dell’esercito, Egli
a differenza del generale Jarjayes era un uomo ragionevole e cauto
colmo d’amore verso la moglie e le figlie.
Mi abbracciò teneramente congratulandosi con orgoglio per la mia
scelta- “Sophia sono fiero di te!”- “Sapevo che era solo questione di
tempo, sin da quando sei nata, hai dimostrato di essere l’unica ad
avere la stoffa per proseguire la vocazione degli Smith”- “Tu farai
carriera, mia cara, ne sono più che certo”.
Non avevo mai visto mio padre al settimo cielo come quel giorno, si
sarebbe occupato personalmente per inserirmi nella migliore accademia
militare degli Stati Uniti d’America.
Le donne della mia epoca sono istruite ed emancipate, possono competere
con gli uomini di gran lunga emergendo in qualsiasi attività anche
prettamente maschili. Se Oscar fosse nata nel futuro Jarjayes non
l’avesse mai torturata con quell’educazione!
Finii le superiori a pieni voti e con enorme successo.
Divenni sottoufficiale, ma continuai la mia ascesa iscrivendomi
all’accademia per ufficiali alla facoltà di medicina.
Ambivo di diventare un colonnello dell’esercito, proprio come Oscar!
Nella realtà ero la figlia del generale Smith, un uomo influente, il
braccio destro del presidente Obama, sarei riuscita a emergere in ogni
caso, ma ero anche caparbia e determinata perciò preferivo sfruttare le
mie capacità e non le raccomandazioni di mio padre.
Intanto durante la notte continuavo a sognare e a vivere
tranquillamente e serenamente la mia seconda vita, poiché il mio
adorato Andrè era sempre presente.
All’età di diciotto anni rimasi delusa, poiché il mio lato
onirico
credette d’innamorarsi di un antipatico svedese: il famoso conte di
Fersen.
Costui all’epoca fu un don Giovanni incallito, amante della regina
Maria Antonietta, ma tutto ciò al mio sogno non importava, soffriva per
Lui lasciando da parte il mio Andrè e se lo avesse allontanato Io, non
avrei potuto godere della sua presenza.
In quel periodo mi sentivo in conflitto con Oscar perché non ero per
niente d’accordo con quei sentimenti assurdi e non corrisposti.
Era cieca e sorda!
Purtroppo ci fu una scissione dei nostri pensieri, in più
come se non
bastasse, non riuscivo a comunicare i miei sentimenti con il lato
notturno della mia anima.
Volevo gridarle che si sbagliava.
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Capitolo 3 *** L'incontro ***
Non so perché, ma mentre lanciavo i missili dalle fiancate del mio
aereo, provai come un groppo alla gola, piansi tanto che le lacrime
appannarono la visiera del mio casco.
In quel momento percepii una strana sensazione, mi sentii male per la
prima volta durante una missione in volo.
Era del tutto inverosimile per una donna forte e coraggiosa come me.
La mia mente vacillò, convogliandosi in un unico pensiero.
Andrè!
Ebbi un sussulto.
Non riuscivo a respirare e prima di svenire come per istinto atterrai
in quell’inferno in fiamme in cerca di superstiti.
Ebbi un cattivo presentimento: ricordai che il mio amore durante la
rivoluzione francese favoreggiava il popolo dai soprusi del governo
assolutistico. Era un plebeo ed Io una nobildonna.
Un tempo ero la schiava del giglio di Francia, ora ero la lecchina
della bandiera stelle a strisce! Non era cambiato niente.
Ricordai il tradimento verso la corona.
La nostra fuga.
E come diventammo disertori.
E se la storia si fosse ripetuta in chiave moderna?
I terroristi avevano ideologie ribelli e rappresentavano la rivoluzione
nei confronti degli Stati Uniti.
Che rappresentava la potenza moderna più potente della terra
dei nostri giorni.
Atterrai in verticale con il mio aereo supertecnologico, che ricordava
la forma di un disco volante. Scesi e passeggiai per ore in
quell’inferno in terra. C'erano corpi bruciati, cadaveri sparsi
dappertutto, fumo acre nell’aria.
Quanta crudeltà, ricordai il 14 luglio del 1789, da allora l’uomo non
era cambiato nulla, si modificava lo scenario, avanzavano le
tecnologie, ma la natura umana rimaneva sempre immutata.
Ero in piedi immersa nei miei pensieri, che qualcuno mi colpì alla
nuca. Persi i sensi non so per quanto tempo, mi risvegliai distesa su
un tappeto persiano situato su una grossa pietra simile a un'ara.
Capii di essere in una di quelle grotte d’argilla ammanettata e
imbavagliata.
Qualcuno mi aveva tolto la giacca dell’uniforme lasciandomi indosso
soltanto la canotta verde militare e i pantaloni d’aviatore, inoltre i
miei capelli erano stati sciolti che ricadendomi sulle spalle davano
l’impressione di una cascata di stelle filanti dorate.
Ormai sapevano chi ero, perché mi avevano sottratto i gradi e i
documenti.
Comunque nessuno aveva osato violare la mia virtù, ne ero certa.
Due uomini con il volto coperto dal kefiah stavano di guardia
all’entrata dell’antro, con il mitra carico pronto per l’uso.
Parlavano tra loro in arabo, Io non capivo i loro discorsi sicuramente
rivolti verso la sottoscritta.
Mi venne in mente il rapimento di Oscar, da parte del cavaliere nero e
il riscatto in armi chiesto al generale Jarjayes in cambio della mia
liberazione.
Lì nel lontano passato di fine settecento c’era stato il mio Andrè a
salvarmi, adesso invece ero sola e in pericolo.
Un uomo dal volto coperto, basso di statura, schifosamente
grasso e
sudaticcio che emanava un fetido odore di orifizi non lavati, si
avvicinò a me con arroganza, esprimendosi con un pessimo inglese tanto
da non capire inizialmente cosa volesse dire. Mi parve di intuire che
un certo Abbas Mohamed Mariah, detto “Il misericordioso”, era disposto
a patteggiare la mia vita con gli infedeli invasori in cambio di armi.
Il bruto si rivolse a me con un tono aspro e autoritario, come se
stesse parlando a un cane e non a un essere umano.
Appresi che quel pomeriggio mentre ero priva di sensi, Mariah mi aveva
proclamato d’innanzi a tutti di sua proprietà, come se Io fossi un
oggetto, quindi nessuno tranne Lui aveva il diritto di toccarmi, pena
la morte per fucilazione.
Non so che dire di più a riguardo, forse quest'ordine per me sarebbe
stato un bene, e avrei evitato uno stupro di massa.
A Mariah avrei pensato più tardi.
Qualche istante dopo, si avvicinò anche un altro uomo: era un gigante
alto e robusto, disse qualcosa in arabo che il primo terrorista si
precipitò fuori la caverna gridando chissà quale diavoleria nella sua
lingua.
Io ero talmente inebriata che associai la corporatura di
quell’estremista a quella di Alain, forse anche il timbro di voce? In
seguito Egli mi tolse il bavaglio come se avesse pietà di me.
Avevo le labbra secche e mi bruciava la gola.
Tossii in preda alla disperazione.
L’omone mi porse dell’acqua fresca incitandomi a bere, con
modi
gentili rispetto a tutti gli altri. Scrutai intorno a me per escogitare
una possibile via di fuga, ma mi resi conto che era alquanto
impossibile. Ormai tutto era perduto.
A un tratto non so che mi prese, inspirai profondamente gridando in
francese con tutto l’aria all’interno dei miei polmoni: “Andrè Grandier
dove sei?”- “Aiutami amore mio ti prego, ho bisogno di te!”.
Ripetei queste frasi più volte in tono lamentoso e monotono.
Era la prima volta dopo le sedute con l’analista che pronunciavo di
fronte a qualcuno quel nome.
L’uomo d’innanzi a me, rimase di stucco, fu come impietrito, Egli
indietreggiò lasciando il mitra cadere per terra.
Che cosa era accaduto?
Egli mi rispose timoroso con il suo inglese meno che scolastico pieno
di errori. “Tu conosci quell’uomo?”.
“Si- gridai come una pazza- dov’è, voglio parlargli”- chiesi impaziente.
Negli anni passati avevo fatto una miriade di ricerche, ma quel cognome
non esisteva affatto nel nostro tempo.
Era una misteriosa coincidenza? Oppure il miracolo si stava avverando.
“Dov’è questo fantomatico Andrè Grandier, ti prego per me è di vitale
importanza incontrarlo”.
Quel gigante si avvicinò a me per parlarmi all’orecchio a bassa voce.
L’energumeno ridacchiò divertito, sorvolando la mia domanda,
poi
sussurrandomi all’orecchio con un corretto francese aggiunse - “Non mi
dire che tuo padre in qualche occasione ti ha presentato un uomo con
questo nome?”- “E Lui con il suo fascino da marpione ti ha fatto
innamorare!”
“No- risposi al mio interlocutore, molto confusa - che centra mio
padre?”.
Mio padre conosce un uomo di nome Andrè Grandier e da quando?
“Allora è stato il colonnello Patterson!” – ribatté ancora il soldato,
come se fosse più curioso di me di conoscere la verità.
“Ma no- dichiarai infastidita, poi aggiunsi con maggiore
sicurezza -
tu conosci il generale Smith?”- “Parli di Lui come se fosse
un Tuo
alleato, non hai paura che quelli ti possano uccidere?”.
“Sta tranquilla mio bel comandante, quelli come li chiami Tu, non
conoscono il francese come Tu non comprendi l’arabo, per Loro le nostre
frasi non hanno nessun significato, sono solo suoni”- “Cerchiamo di
essere degli attori e di stabilire un tono di voce che possa
ingannarli”- “ Se Io sarò alterato e tu sottomessa, penseranno che ti
stia interrogando per capire dov’è la vostra base”.
“Ok”- risposi con voce assoggettata.
“Tornando a tuo padre, Lui è il capo dell’intera missione rosa del
deserto, pensavo fossi informata che ci fossero degli infiltrati tra
gli estremisti”.
Annuii in silenzio, facendo cenno di sì.
“Devi mantenere la calma colonnello Smith o rischieremo tutti la vita”-
“Sappi che Io sono dalla tua parte, ma devi stare al gioco se vuoi
vivere”.
“Sei uno degli uomini di Jarah?” – domandai a stento con un filo di
voce.
“Sì, ma adesso devo fingere il contrario, non possiamo permetterci di
compiere passi falsi”.
Stava accadendo Il miracolo che mi avrebbe portato alla salvezza!
Proprio in un momento privo di speranza stavo dialogando pacificamente
con un carceriere alleato degli americani.
Ma che cosa centrava Andrè Grandier in tutta questa storia?
Io non so perché, ma come sotto ipnosi rivelai che il suo modo di fare
mi rammentava una persona che avevo conosciuto parecchio tempo prima,
urlai il nome di quell’uomo tutto a un fiato- “Tu mi ricordi Alain
Soissawn!”
Il mio “amico sorvegliante” in quella situazione
rappresentava il
braccio destro del “misericordioso”, quest’ultimo era una specie di
Iman, Egli ordinò ai miliziani di lasciarci soli.
A un certo punto mi scrutò dalla testa ai piedi centimetro per
centimetro, tanto che mi mise in imbarazzo. Cominciò a ridere
a
crepapelle. Egli confabulava in arabo qualcosa di molto divertente come
se fossi Io la causa di tutto quel sogghignare.
Non capii il perché del suo strano comportamento.
Dopo un po’ riprendendosi dagli scossoni cercò di assumere un
atteggiamento più dignitoso- “Ora capisco il nesso, soprattutto
comprendo il perché del suo modo di fare nei tuoi confronti: sai quando
ti ha visto è come impazzito, rischiando di mandare tutta la missione a
puttane”- “Per proteggerti si è messo contro tutti quei maledetti
minacciando di morte chiunque ti torcesse un capello”.
“Chi è impazzito?”- “Rispondi”- gridai con un tono di comando.
Egli sorvolò ancora le mie petulanze da donnicciola isterica, ma
aggiunse in tono serio qualcosa che mi sconvolse.
“Tu conosci un uomo, una donna o un trans, non sono sicuro di che
genere sessuale sia, che si chiama Oscar?”.
“Françoise de Jarjayes?”- aggiunsi con ansia senza alcuna remora.
“Come fai a conoscere Andrè e Oscar e Alain - s’infuriò di
brutto il
terrorista- sono solo il frutto della fantasia di un pazzo visionario,
sono alcuni dei personaggi finti, inventati che usiamo come copertura
nelle nostre missioni”.
“A che gioco state giocando?”-risposi irritata- “Per caso mi avete
ipnotizzata per estorcermi delle informazioni e avete scoperto il mio
segreto?”- “Adesso volete farmi impazzire, rivoltando le mie illusioni
contro di me”.
“No, niente di tutto questo”.
“Abbas, qui tutti lo conoscono come un irakeno che si è cresciuto tra
la Francia e, l’Inghilterra, è diverso dai rozzi pastori del deserto,
sa farsi rispettare poiché ha la stoffa del leader, è diventato il loro
capo in breve tempo ”.
“E’ anche il mio migliore amico, ed è Sayd Jarah”.
“Alias Andrè Grandier, uno dei suoi falsi nomi che usa quando lavora
sotto copertura e si trasforma in un occidentale” – “Io mi chiamo
Rachid ma il mio capo a volte mi consiglia di assumere l’identità di un
certo Alain Soissawn, poiché afferma che Io e Lui siamo identici”.
“Alain”- sussurrai tra me.
“Mentre Oscar è una donna dal nome da uomo che tormenta i sogni di Sayd
sin da quando aveva sei anni, per di più non lo ama”.
“Non ero sicuro della sua esistenza, fino a quando non sei apparsa tu,
così identica alla descrizione di quella donna soldato di altri tempi
fornita dal mio amico da quando lo conosco”.
“Sono Io Oscar – risposi felice – anch’Io sogno di Lui da quando avevo
cinque anni, e se vuoi saperlo, sono duecento anni che lo amo da
morire”.
“Sayd ha rischiato il linciaggio da parte dei suoi parenti per aver
rivelato ingenuamente di essere innamorato di qualcuno che si chiamasse
Oscar”- “A quindici anni fuggì dall’Iraq come un ladro, riuscendo a
farsi adottare da una famiglia inglese, successivamente frequentò
l’accademia militare, viaggiando molto e nella speranza di trovare la
sua chimera entrò a far parte della CIA diventando un mito nel settore
e un nemico del suo popolo”.
L’uomo continuava a raccontare episodi di vita del mio amore, ma la mia
mente si trovava altrove, probabilmente al settimo cielo. Lo avevo
finalmente ritrovato, ora niente e nessuno ci avrebbero più diviso.
Avevo capito tutto su Sayd Jarah, non era gay era solo innamorato di me!
“Quando posso vederlo?” – chiesi impaziente, mentre le lacrime
solcavano le mie guance incessantemente.
“Presto, ma non dovrete farvi scoprire, soprattutto se entrambi
desiderate coronare il vostro sogno d’amore” – “Tu non hai idea di
quanto mi ha stressato con i suoi patetici racconti in cui tu”.
La nostra conversazione ebbe fine bruscamente poiché fummo interrotti
da un arabo che entrando nella grotta con il fucile spianato gridò
parole per me incomprensibili.
Il mio amico tradusse in francese immediatamente quel messaggio
comunicandomi che “Il misericordioso” voleva vedermi all’istante nel
suo bunker. Di nascosto dei guerriglieri mi strizzò l’occhio e con un
enorme sorriso mi disse “E’ fatta, colonnello Oscar, il vostro sposo vi
aspetta”.
Due uomini mi accompagnarono d’innanzi all’uscio d’ingresso, seguiti
dal mio amico “Alain” che ancora non mi aveva mostrato il volto. Quando
la porta si aprì e mi gettarono dentro con molta volgarità, la
richiusero bruscamente ridendo e grugnendo come dei maiali. Sentii la
voce di Alain che ordinava qualcosa in arabo, sicuramente nessuno
doveva disturbare Abbas. Mi tremavano le gambe, al pensiero che stavo
per riabbracciare Andrè dopo un eternità. Lui era lì e mi stava
aspettando. Entrai con il volto avvampato per l’emozione. L’uomo era in
piedi, immobile rivolto verso di me: possedeva un fisico asciutto e
muscoloso, molto alto proprio come lo avevo sempre ammirato nelle mie
visioni oniriche. Quel giorno indossava il tipico abbigliamento arabo
completo di un foulard bianco sporco quadrettata in nero con fili di
lana bianca annodati con maestria da formare ciondoli all’estremità dei
bordi. La sciarpa mascherava il suo volto lasciando intravedere
soltanto i suoi bellissimi occhi colore dello smeraldo. Mi guardò
intensamente da provocarmi forti tremori interni. La mia
testa
vacillò, deglutii a vuoto. Mi avvicinai come una sonnambula verso di
Lui, che togliendosi il kefiah si mostrò a me splendido come
nei miei
sogni. In quell’istante i nostri cuori batterono all’unisono e come se
fossimo due calamite attratte l’una dall’altra, ci abbracciammo e ci
baciammo a lungo senza dire nemmeno una parola.
Lui mi sussurrò piano - “Oscar ti amo da morire, ho vissuto solo per
questo istante” - Io risposi- “Anch’io mio adorato Andrè”.
A quel punto successe l’inevitabile.
Ci amammo in modo completo per tutta la notte, entrambi come nella
prima vita eravamo rimasti vergini per assaporarci meglio, come se i
nostri corpi fossero destinati a un'unica fusione.
In quegli istanti di passione mi affiorarono in mente gli stessi
momenti travolgenti accaduti secoli prima durante la notte del 12
luglio 1789. Nel 2010 c'eravamo aspettati per donarci l’uno con l’altra
proprio come allora, perché in qualsiasi epoca noi nasceremo, saremo
destinati a essere sempre marito e moglie.
La mattina seguente entrambi ricordammo con entusiasmo le vicende
vissute durante la vita precedente, come se fossero successe ieri.
Mentre mi stuzzicava dolcemente il lobo dell’orecchio, mi chiese
perdono se in questa vita non fosse riuscito a chiamarmi mai Sophia,
poiché Lui mi conosceva come Oscar, allo stesso modo ricambiai
altrettante scuse con altrettanti baci sul suo collo, per non essere
capace di chiamarlo Sayd, in quanto era è sarà sempre il mio Andrè.
Anche Lui si era fatto ipnotizzare scoprendo tutta la storia,
ma a
differenza mia Andrè aveva avuto delle reminescenze relative
all’aldilà. Mi raccontò che il momento dell’unione delle nostre anime
fu sublime. La sua anima non era ancora volata in cielo quando mi aveva
visto dall’alto, con le sembianze di una colomba bianca. Ricordai da
una delle sedute d’ipnoterapia che in quel momento ero disperata e la
mia vita non aveva più un senso.
Mi piazzai al comando dei soldati della guardia durante la presa alla
Bastiglia, in prima linea in attesa di morire per raggiungere il mio
amore. Ricordo che notai quella colomba proprio nel momento che fui
colpita all’addome da sette colpi di fucile. Mi accascia a terra
morente, i miei amici, mi soccorsero immediatamente portandomi al
riparo in un vicolo. Tutto fu vano, morii dopo qualche minuto con il
nome del mio tesoro sulle labbra. La morte per me fu una liberazione.
Egli era immerso in un’immensa luce ad aspettarmi sorridente, mi
afferrò per mano e mi tenne stretta a sé per duecento anni. Poi venne
l’ora di rinascere in altri corpi: le anime dovevano essere riciclate
per legge divina. Ma da lassù nessuno si sarebbe mai aspettato che la
nostra unione fosse talmente forte da ricordare la vita passata.
Io l’avevo sempre saputo!
Nel giorno del nostro ritrovamento giurammo ancora una volta eterna
fedeltà: ci saremmo amati come uomo e donna, ma anche come spiriti puri
nel caso in cui fossimo morti, e così per tutta l’eternità.
Eravamo incredibilmente felici, ma dovevamo stare attenti a non
rischiare un'altra volta il grande e prezioso amore che avevamo appena
ritrovato.
Quella mattina facemmo ancora una volta l’amore sublimando la nostra
completezza.
Nessuno osò disturbarci.
Andrè era un uomo splendido, tenero e sensuale, ero così presa da Lui
che sarei impazzita se lo avrei perduto nuovamente.
A un tratto scoppiai a ridere, Egli curioso mi chiese il perché di
tanto divertimento, Io dissi semplicemente che mio padre lo credeva
omosessuale.
“Ti sembro gay?” – mi rispose ironico – “No, ma alcuni ufficiali del
mio reggimento pensano che il tuo Oscar sia un uomo!”.
“Beh non potevo dire a tutti che Oscar è la donna più bella che possa
essere vissuta su questa terra in duecento anni”- “Sei troppo di parte,
mio amato soldato” – risposi punzecchiandolo.
“Vedrai che sorpresa farò a mio padre!”- “Egli è favorevole alla nostra
unione”.
“Se è per questo, lo era anche nel passato, ricordi cosa mi disse nelle
scuderie la sera prima di fuggire?”- “Come potrei dimenticarlo”.
Passarono due giorni dalla mia scomparsa e alla postazione americana
tutti fremevano per la mia vita, ignari della mia salvezza e della mia
felicità.
Andrè stava organizzando un piano per tirarci fuori dai guai: mi legò
le mani dietro la schiena imbavagliandomi, finse di tenermi prigioniere
portandomi fuori dalle grotte, mi scaraventò su una jeep. Doveva
apparire rude e spregevole con me che ero ilo nemico, poiché Abbas “Il
misericordioso” aveva comunicato ai suoi uomini che Smith aveva
accettato lo scambio: gli ordini erano che Lui e Rachid alias Mohamed
alias Alain sarebbero dovuti andare da soli all’incontro.
Nessuno si sarebbe dovuto intromettere per nessuna ragione al mondo.
I terroristi temevano Abbas come loro capo, quindi ubbidirono senza
fare storie come delle marionette.
Anche se molti di loro lo avevano invidiavano per essere
stato due
notti consecutive assieme ad un fiore del deserto di quella
ineguagliabile bellezza, era pur sempre ammirato e riverito.
Partimmo senza problemi e dopo dieci ore di deserto arrivammo stremati
all’accampamento USA.
Andrè nel frattempo aveva telefonato a mio padre avvertendolo
dell’esito positivo della missione con un messaggio in codice molto
strano: “ Andrè ha salvato Oscar, stiamo venendo a Parigi”.
Il generale Smith appena vide la figlia in forma smagliante corse
immediatamente da lei per abbracciarla.
Andrè scese dalla jeep e con disinvoltura gli tese la mano in segno di
saluto, ignorando le formalità verso i gradi di un suo superiore,
quindi in francese disse- “Signore, vi ho riportato vostra figlia sana
e salva!”.
“Tu devi essere l’eccentrico Sayd Jarah?” – “ Sono felice di conoscerti
di persona, grazie per quello che hai fatto, come posso sdebitarmi?”.
“Generale, chiedo ufficialmente la mano di vostra figlia, non desidero
altro nella vita”.
“Pensavo che tu amassi alla follia un uomo di nome Oscar”.
“Il punto è che Oscar è stata sempre una donna ed è vostra figlia
Sophia”.
“Sì, gridai Io con tutte le mie forze siamo innamorati da secoli, e
anche se la lontananza ci ha separato il nostro amore, è sopravvissuto
nel tempo”.
“Signore- s'intromise Andrè – vi ripeto che sarei l’uomo più felice dl
mondo se voi ci deste la santa benedizione alle nozze”.
“Smettila di parlare come un cicisbeo della corte di Luigi XV, e
chiamami William se vuoi entrare in famiglia”.
“Mi spiegate cosa è successo?”- reagì infine confuso e stremato il
generale.
“E’ una storia troppo lunga, papà risposi in coro assieme al mio
amore”- suscitando tra il pubblico stupore e un clamoroso battimani.
Poi il generale borbotto tra sé – “Erano innamorati da tanto tempo,
sono stato uno stupido a non capire che Oscar era la mia bambina”.
Dopo qualche mese ci sposammo e giuro che in questa vita abbiamo vinto
ottenendo un'altra possibilità!
Fine
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