Un altra possibilità

di Mariaantonietta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ipnosi ***
Capitolo 2: *** Sophia Smith ***
Capitolo 3: *** L'incontro ***



Capitolo 1
*** L'ipnosi ***


Io ero Sophia Smith, nella realtà del ventesimo secolo amavo Andrè dalla prima volta che lo avevo sognato nel giardino di quel misterioso palazzo e invidiavo Oscar per averlo sempre accanto.
 Ero sicura che fosse così anche per Lei: Io potevo leggere dentro il suo cuore giacché in tutto questo tempo l’avevo conosciuta molto bene.
 Oscar a differenza mia negava a se stessa l’evidenza di quel sentimento profondo, perché non possedeva la mia lucidità mentale ricca di elasticità e priva di pregiudizi. La sua mente era oscurata dalla convinzione di essere legata alle idee conservatrici imposte della società aristocratica del tempo.
C’è da aggiungere che quelli erano altri tempi.
 Lei apparteneva all’aristocrazia, Andrè era un semplice servo, mentre Fersen, però era un nobile.
Secondo me quella poverina era anche tormentata dalla sua educazione rigida e frustante impartitagli dal famigerato padre settecentesco.
Mi girava la testa a fare queste considerazioni.
Odiavo sognare, non ci stavo più, non a quel prezzo. Volevo che finisse tutto, non potendo sopportare di vedere Andrè soffrire palesemente per Oscar.
Io me ne accorgevo.
 Oh Dio quanto penava per Lei! Lo leggevo ogni notte nei suoi occhi tristi e spenti, anche se cercava con tutte le sue forze di mascherare il suo amore disperato per quell’ingrata.
Mi doleva il cuore giacché quella donna perfettamente identica alla mia fisicità era causa di spasimo nei confronti dell’uomo più dolce e caro che Io abbia mai incontrato sulla terra, bensì fosse solo frutto della mia fantasia. Io lo avrei reso felice come non mai!
Perché Egli non apparteneva alla mia realtà?
Soffrivo!
Oscar era fisicamente identica a me! Come se la mia immagine fosse riflessa in uno specchio, ma viveva in un'altra epoca o in una dimensione alternativa alla mia!
Mi appariva ogni notte alta e slanciata dal fisico atletico: incredibilmente sexy dai lunghi capelli biondi e ondulati, con gli occhi azzurri colore dell’oceano cristallino, dal viso angelico provvisto da un ovale perfetto con lineamenti molto femminili e delicati. Le labbra erano incurvate, virginali, sensuali, provocanti e voluttuose.
A differenza di Oscar, quando ero in servizio, dovevo tenere la mia lunga chioma ordinata, obbligatoriamente raccolta in un voluminoso chignon.
E se quella donna fosse esistita davvero ed Io fossi la sua reincarnazione?
Decisi di raccontare la mia storia allo psicanalista della scuola per ufficiali. Volevo sottopormi a delle sedute d’ipnosi, onde capire il significato oscuro di tutto questo. A rischio di essere espulsa dall’esercito! Fortunatamente ciò non accadde, perché l’analista accettò il mio caso molto volentieri, ritenendolo interessante. Procedette giurandomi solennemente il segreto professionale, non avrebbe dovuto rivelare a nessuno le mie confidenze.
Può darsi che fosse il mio inconscio a elaborare questa doppia esistenza, forse avevo tendenza alla schizofrenia e allo sdoppiamento della personalità, ma dovevo capire e snodare la matassa.
Mi sottoposi per più di sei mesi all’ipnoterapia, con successo arrivammo alla conclusione che ero davvero la reincarnazione di una certa Oscar Françoise de Jarjayes, vissuta circa 200 anni fa!
Ero stata Lei!
In questo semestre rivissi in modo concentrato tutte le vicende principali della vita di quella donna realmente esistita. 
Mi colpirono soprattutto alcuni episodi: il cavaliere nero che trafisse con la sua spada l’occhio sinistro del mio Andrè, causandone la perdita. Ricordai in particolare una vicenda molto forte che al tempo mi lasciò incapace di reagire ovvero il tentativo di Andrè di violentarmi in camera mia con la sua successiva straziante dichiarazione d’amore.
A quell’episodio si aggiunse il mio rifiuto, il mio silenzio, la mia indifferenza nei suoi confronti, per moltissimo tempo.
“Perché?”- Mi chiesi più volte.
Per questo motivo nelle vesti di Sophia  soffrii immensamente per Andrè, per non averlo accolto in quella vita precedente come amante e come mio unico sposo. Ancora una volta mi sentii incapace di agire, poiché era impossibile comunicare a Oscar i sentimenti che avrebbe provato in un’altra vita per Lui.
Percepii la sua ossessione nei confronti di quella donna che era stata me, come quando stava per attentare alla mia vita offrendomi del vino avvelenato, per avermi solo per sé.
Dopo quell'infausta sera, intendo dopo lo stupro mancato, scoprii con felicità la mia fissazione e il mio turbamento nei suoi confronti. In seguito appresi che con il passare del tempo tramutai i miei sentimenti verso quell’uomo in una passione repressa per finire in un baratro avendo paura di ammettere la realtà e rivelare al mondo di averlo sempre amato.  Mi sentivo prigioniera di me stessa per l’impossibilità di esternare quei meravigliosi sentimenti.
Pensai che forse a quel tempo fosse ancora troppo presto?
Durante una seduta ipnotica percepii la frustrazione di entrambi.
Scoprii di avere la tisi ma ahimè anche l’imminente cecità del mio amore.
Il mio essere rabbrividì quando svegliandomi nello studio del dottor Prince, ricordai quando gli avevo detto di amarlo da sempre e di aver fatto l’amore con Lui per la prima volta per raggiungere la felicità completa.
Appresi che la storia volse a un tragico epilogo, poiché Oscar si spense il 14 Luglio del 1789 proprio il giorno dell’assalto alla Bastiglia. Quella donna si gettò disperata incontro alla morte per la perdita prematura del suo uomo, avvenuta il giorno prima a causa di una pallottola vagante destinata a Lei. 
Era incredibile, lo avevo sempre saputo! Io avevo capito tutto sin dall’inizio.
Lei e Andrè si sarebbero amati prima o poi, con una irrefrenabile passione travolgente!
Lui aveva sofferto molto, ma l’aveva aspettata una vita, per poi perderla l’indomani.
Mi aveva aspettato!
Fersen era soltanto un capro espiatorio, che serviva per fuggire dal suo grande e vero amore.
Mi rincuorai.
Fui felice, poiché anche se i loro corpi morirono nel 1789, le anime vissero insieme, fino a che la sua reincarnazione non nacque in me in quest’epoca moderna.
Ma perché sognavo della mia vita precedente?
Perché ricordavo tramite i sogni?
Ci doveva essere un significato logico?
Mi chiesi, se nel mio tempo esistesse la reincarnazione di Andrè?
 L’avrei mai incontrato? Ero convinta assolutamente di sì, perché quello era stato un amore puro e immenso e doveva per forza avere un seguito.
Mi avrebbe riconosciuto?
Ero disposta persino ad aspettare e vivere un giorno di appagamento come nella vita precedente pur di assaporare quella felicità unica, sublime e completa.
Comunque dopo l’ultima seduta ipnotica non sognai più niente, ormai ero come guarita, libera da quello spettro di nome Oscar che mi aveva ossessionato fino all’età di venti anni. Ogni sera prima di addormentarmi mi rimaneva solo il dolce ricordo di un bellissimo uomo che forse non avrei mai incontrato in questa vita.
Ricordo tutto di Lui come se lo conoscessi da sempre. Ascoltare nella mia mente la sua voce calda e sensuale provoca in me delle emozioni indescrivibili. L’immagine impressa nel mio cervello del suo fisico scolpito, del suo adorabile volto dai lineamenti perfetti, e quel suo meraviglioso carattere mi porta tuttora a un'estasi interiore.
Passarono circa dieci anni, all’età di ventotto coronai il mio sogno divenendo colonnello dell’aereonautica militare statunitense, rendendo mio padre fiero e orgoglioso di me.
Divenivo ogni giorno più bella, tanto da sfilare qualche volta come modella per beneficienza.
Gli altri uomini non m'interessavano, Io volevo appartenere ad Andrè!
Concentrai la mia vita sul lavoro, tralasciando ogni corteggiatore. Pensate nel 2010 avevo trent’anni ed ero ancora vergine!
Divenni anche un ufficiale medico molto preparato.
Inoltre, mi specializzai in chirurgia oculistica.
Non scelsi questa specializzazione a caso, giacché il mio Andrè nel passato aveva perduto l’occhio sinistro a causa di un incidente in un duello e che in seguito sarebbe diventato cieco per seguire Oscar nei soldati della guardia metropolitana.
 Volevo essere pronta a salvarlo, se mai questo funesto evento si fosse verificato anche nel futuro, e se mai l’avessi incontrato.
Oh sì, se mai l’avessi incontrato!
Aspettavo con ansia questo momento più di ogni altra cosa.
A dicembre del 2010 mi fu assegnata una missione segreta in Iraq, ormai ero diventata un ottimo pilota degli aerei con tecnologia Stelt, quelli invisibili ai radar per intenderci.
 Dovevamo scovare una cellula terroristica fedele a Bin Laden, capace di tutto per i propri ideali.
Anche a immolarsi con l’estremo sacrificio.
Al quartier generale ci avevano comunicato che in Iraq non eravamo soli, potevamo appoggiarci a un gruppo d'infiltrati per lo più mercenari arruolati per denaro, che lavoravano nell’ombra da parecchi anni per guadagnarsi la fiducia degli estremisti islamici.
Seppi che il loro capo era uno abile: di origine irakene naturalizzato dagli stati uniti all’età di venti anni, dove gli era stato impartito un addestramento sovraumano. Egli conosceva cinque lingue, era esperto nella maggior parte delle tecniche di combattimento a corpo a corpo soprattutto di origine orientale, si vociferava che fosse stato reclutato dalla CIA per osservare da vicino il nemico, prendere nota e fornirli alla madre patria Usa.
 Io e i miei uomini eravamo accampati nel deserto a pianificare la strategia più adatta per l’attacco, mentre la vita scorreva stressante a causa delle condizioni di clima estremo.
L’ordine era attendere un messaggio da Sayd Jarah, il quale aveva più di una volta comunicato tramite satellitare con mio padre per prendere accordi sulle varie missioni.
Per copertura usava spesso degli pseudonimi occidentali che solo mio padre conosceva.
Grazie a Lui il nostro Paese riuscì a entrare in possesso di una miriade d'informazioni riservate.
Che mi prendeva lo stavo ammirando? Desideravo conoscerlo per vedere come fosse fatto?
Si vociferava che fosse un uomo molto attraente, anche se pochi lo avevano conosciuto di persona.
Tutte le soldate si comportavano da isteriche quando si parlava di Lui.
Ebbi paura di me stessa, e se m'invaghissi di qualcuno che non fosse Andrè?
Dopotutto ero una donna reale con sangue e carne e soprattutto con dei sentimenti, e alla fine sarebbe accaduto conoscere qualcuno alla mia altezza ma Andrè? Egli rappresentava solo un sogno anzi un ricordo scaturito da lontane sedute ipnotiche.
Forse era solo una scusa, una giustificazione per rifiutare tutto il genere maschile che mi stava intorno sbavando per me.
Un giorno chiese informazioni su Sayd a mio padre, solo per curiosità- “Giuro!”.
Egli mi rispose rammaricato: “Non ho mai visto quell’uomo personalmente, ma lascialo perdere se stai progettando di uscire con Lui, probabilmente è gay lo so per certo”-  “Come puoi dirlo?” – risposi basita e esterrefatta.
“Alcune volte tende a confidarsi con me durante le nostre conversazioni, non so perché!”.
“Probabilmente la mia voce gli ricorda quella di qualcuno legato al suo amore, me l'ha fatto capire”.
“Sayd è innamorato da una vita di un uomo che sta cercando di rintracciare ossessivamente anche a spese del governo, noi lo lasciamo agire perché Egli rappresenta un elemento troppo prezioso per la patria ”.
“Pensa che il colonnello Patterson sia stato in missione personalmente con Sayd, beh ogni mattina appena alzato Egli pronunciava delle frasi d’amore verso quel giovane uomo”.
“Del tipo?”- chiesi sbalordita.
 Mio padre, si alzò dalla sedia e come se fosse un attore melodrammatico, cominciò a recitare delle frasi strappalacrime.
“Amore, sono felice di vivere in questo mondo, perché sono consapevole che tu respiri nello stesso momento che alito anch’Io, ciò mi da la forza di continuare a lottare per ritrovarti”.  Poverino come lo comprendevo, poiché anch'Io speravo di imbattermi nel destino del mio Andrè, da sempre, ma senza alcun successo.
“Mia adorata Sophia - continuò mio padre tenendo lo sguardo basso- un genitore desidera il meglio per la propria figlia: se Sayd non fosse omosessuale, sarebbe stato l’unica persona adatta a te e Io sarei stato un padre felice di saperlo al tuo fianco”- “Non so perché, ma dal primo istante che ho ascoltato la sua voce ho avuto l’impressione di organizzarvi un matrimonio”.
“Papà sei impazzito?”- risposi con un broncio sensuale, ma molto irritata -“Nessuno potrà organizzarmi la vita – continuai- e tu lo sai molto bene”.
“Scusa figliola, non so che mi è preso vorrei vederti felice con qualcuno sei una bella ragazza e te lo meriti”.
“Sto bene così, e poi chi te l'ha detto che non c’è nessuno nella mia vita”- detto, questo uscii dalla tenda dirigendomi tristemente nella mia con mille pensieri in testa.

Che importanza aveva se Jarah fosse omosessuale e amasse fino alla follia un uomo, quello era pur sempre amore intenso e profondo verso una persona. A ogni modo essere gay per un musulmano rappresentava una tragedia per la società, una vera e propria perversione,  addirittura malattia.  Pregai per quel povero sventurato purché Egli riuscisse a essere felice con la sua anima gemella.
Probabilmente era un amore più reale del mio!
Tra i miei marines non vi era nessuno che mi ricordasse Alain, quell’armadio di ragazzone che rappresentava il leader dei semplici soldati della guardia all’epoca della rivoluzione francese.  Nessuno di loro era il mio Andrè, me ne sarei accorta, anche se avesse avuto altre sembianze, poiché avrei riconosciuto il suo splendido carattere, unico e raro in un uomo moderno.
Spesso mi ritiravo nella mia tenda da sola per piangere, perdendo ogni speranza.
Ero triste e malinconica, perché avrei voluto il mio unico amore al mio fianco.
Vorrei avere un’altra possibilità: amarci ed essere felici come un tempo lontano, ma ormai perduto per sempre.
Forse davo tutto per scontato, e se Lui in questo tempo non si ricordasse di me? Se fosse già impegnato con un'altra donna? Se fosse sposato con dei figli?
Dopo due settimane, finalmente arrivò il tanto atteso segnale da parte del fantomatico Sayd Jarah!
Non ci credevo aveva usato un avvoltoio per inviarci una mappa con delle coordinate!
Ma che razza di uomo era quello?
Dopo qualche volo di ricognizione, Io stessa individuai l’accampamento di quei farabutti che era celato accuratamente sotto delle grotte naturali.
Grazie alla mappa del nostro contatto, al mio intuito da volpe e il mio fiuto raffinato avevano identificato la presenza di uomini armati.
Dopo un paio di virate acrobatiche, osservai il campo di addestramento per terroristi.
Bingo, avevo trovato il nemico!
Tornai alla base riferendo la mia scoperta a mio padre che in quella missione era il mio superiore.
Egli si congratulò con me prima ufficialmente, poi ancora una volta in privato come un padre affettuoso abbracciandomi amorevolmente.
L’indomani attaccammo la postazione nemica per via aerea, come dei falchi assassini causammo una strage di uomini radendo al suolo gran parte del territorio.



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Capitolo 2
*** Sophia Smith ***


Un'altra possibilità
Mi chiamo Sophia Smith, la storia che sto per narrarvi è la mia ed è rappresentata da eventi inverosimili ma allo stesso tempo affascinanti e coinvolgenti.
Sono nata il 25 dicembre del 1980, cresciuta a New York city alle soglie del ventunesimo secolo, ma è da quando ero una bambina che tramite dei vividi sogni mi affioravano i ricordi di un’altra persona.
Tutto iniziò da quando avevo cinque anni in una notte di fine estate, precisamente il ventisei agosto del 1985.
Dopo venticinque lunghi anni ricordo ancora nitidamente la mia prima volta!
Infatti, a quel particolare avvenimento onirico per molto tempo se ne aggiunsero molti altri che scombussolarono completamente tutta la mia vita reale.
Quel giorno ero andata a letto molto presto. Come di consueto mia madre mi aveva baciato sulla fronte per augurarmi la buona notte e prima di uscire dalla mia cameretta aveva appoggiato sul comodino un bicchiere d’acqua.
 Nel cuore della notte, precisamente durante la fase REM del sonno ebbi la sensazione di essere sveglia, ma stranamente mi ritrovai altrove come se fossi proiettata per magia in un'altra epoca.
 In quello strano sogno scorgevo un enorme e pittoresco giardino di un palazzo settecentesco, mai visto prima.
Mi sentivo immersa in un mondo pulito e incontaminato dall’inquinamento atmosferico, l’aria che respiravo era fresca e sana. L’ambiente circostante era profumato come se i fiori delle siepi fossero dei deodoranti naturali per ambienti.
 Il cielo era sereno e limpido e denotava un bellissimo sole allo zenit.
 Udivo il canto gaio degli uccellini mentre i raggi del sole carezzavano piacevolmente il mio viso diafano.
Indossavo semplicemente una camicia di lino bianca e un paio di pantaloni al ginocchio neri. Calzavo un paio di sfavillanti stivali in cuoio testa di moro probabilmente per praticare l’equitazione.
 Era presente anche mio padre: il generale William J. Smith il quale vestiva con abiti militari  insoliti e antichi.
Lo vidi con una sontuosa divisa da ufficiale: la giubba era di uno sfavillante blu cobalto, tutta ricamata in oro, agganciata da lucenti bottoni costituiti dallo stesso nobile metallo, probabilmente era vestito da generale, ma non apparteneva al nostro tempo.
Mi sembrò, indossasse qualcosa di molto simile a dei costumi teatrali, che avevo ammirato una volta durante una recita scolastica.
In quel sogno mio padre mi apparve diverso da come lo conoscevo, sembrava essere di temperamento rude e violento, il suo sguardo era freddo e privo di sentimenti, mentre l’insieme dei suoi lineamenti mi turbò incutendomi tanta paura al punto di rabbrividire.
Egli portava sul capo una stranissima parrucca bianca, ricca di boccoli orizzontali – sorrisi a quella visione perché il mio adorato papà era alquanto ridicolo.
 In quell’occasione mi presentò un bambino, pronunciando con tono autoritario e severo delle frasi per me prive di significato - “ Oscar, questo è Andrè”- “Lui è il nipote della tua governate, crescerete assieme come fratelli, poiché ti aiuterà a adempiere al meglio il tuo ruolo maschile”.
Oscar?
Io mi chiamo Sophie! E sono una bambina. “No, non voglio essere un maschio” - che assurdità, sicuramente ebbi un fastidioso incubo, che si ripeté ogni notte.
E poi chi era Andrè?
Un bambino magrolino poco più alto di me, che indossava abiti simili ai miei, dal viso dolcissimo, dai profondi occhi verdi colore dello smeraldo che mi guardarono sin dal primo incontro con immensa intensità.  
 Era un fanciullo delizioso, con una lunga chioma nero corvino dai profondi riflessi ramati, raccolta a formare un codino legato da un nastro di velluto nero.
Non avevo mai conosciuto qualcuno del genere nella vita reale, bensì mi sforzassi di ricordare.
A ogni modo Andrè rappresentava l’unica parte del sogno che mi dava serenità, poiché lo percepivo come se fosse parte di me.
In futuro scoprii che il ventisei agosto era il compleanno di quell’amichetto immaginario di un anno più grande, Egli crebbe assieme a me popolando le mie più intime fantasie fino ad oggi.
Quasi ogni notte mi ritrovavo a vivere quell’assurda situazione e come se fossi parte di un sortilegio, mi tramutavo puntualmente in Oscar François de Jarjayes. Il sogno aveva un seguito come se fosse la storia a episodi di una serie TV. I luoghi d’ambientazione e i personaggi della mia fantasia onirica non erano sempre gli stessi, cambiavano in base alle circostanze: ora ero a palazzo appartenente al casato dei  Jarjayes, oppure a volte mi trovavo a Parigi, tra le strade lastricate e non asfaltate piene di letame o in campagna, anche in un paesino interno del nord della Francia  Arras, oggi conosciuto per i pregiati arazzi, persino alla reggia di Versailles. L’unico punto in comune era che ovunque io mi trovassi Lui era sempre al mio fianco.
Nei protagonisti alcune volte faceva capolino la madre di Oscar simile d’aspetto alla mia, ma molto diversa di carattere, poiché la prima appariva passiva, debole, taciturna e sottomessa, mentre la signora Smith era un brillante e astuto pubblico ministero molto combattiva capace di vincere qualsiasi causa penale, molto ricercata nei processi più difficili. A tale proposito durante le cene con amici o parenti mio padre era benevolmente preso in giro dai commensali, spesso si udivano battute del genere: “William, tu sei un generale decorato dell’esercito statunitense, ma tua moglie Alison riesce a metterti sull’attenti come se fossi un soldato semplice”.
  Un altro personaggio era un’adorabile vecchietta che rappresentava la nonna di Andrè ed era la governante di Oscar.
Ci presi gusto, a partecipare a quella vita diversa dalla mia, tanto che non vedevo l’ora di addormentarmi per sognare e scoprire il seguito della storia.
Sopportai persino il carattere burbero del mio genitore onirico, tanto era solo un sogno e il mio vero papà era molto diverso giacché comprensivo e amorevole con tutta la famiglia.
Io desideravo vivere le vicende della tormentata bambina di nome Oscar solo per stare assieme al suo amichetto Andrè.
Nella realtà ero più fortunata di Oscar, poiché in famiglia ottenevo qualsiasi capriccio desiderassi, ero coccolata da tutti i membri della casa, che esaudivano ogni mio desiderio.
Chiesi ai miei genitori una nuova tata, perché quella che avevo non mi stava bene, ad ogni modo la sostituta doveva necessariamente possedere dei requisiti che io avevo imposto: non essere troppo giovane e avere un nipote un anno più grande di me che sarebbe diventato il mio compagno di giochi.
 Speravo di incontrare Annie, la dolcissima nonna di Andrè, purtroppo arrivarono più di un centinaio di aspiranti governanti ma nessuna somigliava all’anziana petulante nanerottola dei miei sogni.
Rinunciai alla realtà, abbandonandomi più che mai alle mie avventure inconsce assieme al mio migliore amico, che consideravo più importante di un fratello.
Giocavo e studiavo con Lui, eravamo inseparabili come se fossimo legati da un cordone ombelicale invisibile. Insieme trascorrevamo momenti felici e spensierati: tiravamo di scherma, facevamo a botte come dei maschiacci, cavalcavamo per interminabili sentieri, litigavamo ci appacificavamo.
Crebbi divenendo adolescente e così fu anche per l’immaginario moretto dagli occhi penetranti e magnetici. Ero talmente incatenata a quel ragazzo che durante la vita reale mi sentivo spenta e incompleta.
In tutti questi anni assimilai il periodo storico rendendomi conto di vivere un’esistenza parallela nella Francia dapprima di Luigi XV e in seguito di Luigi XVI.
Studia come un’ossessa, documentandomi sugli eventi storici dell’epoca, le cui vicende rispecchiavano per filo e per segno i miei sogni.
In quel periodo divenni cupa e solitaria, evitavo gli amici reali, per di più i ragazzi non m'interessavano.
Ero certa di essere innamorata di Andrè.
Decisi di aspettare il mio “principe azzurro” e giurai castità fino allora.
Mi scrissi a dei corsi di scherma e di equitazione, con l’esercizio e la passione ero diventata molto brava forse più di Oscar!
Studiai il francese, recandomi nei periodi estivi persino in Normandia e a Parigi, acquisendo negli anni una padronanza lodevole della lingua.
Di Andrè nel mondo reale nessuna traccia!
Non raccontai mai a nessuno il mio segreto per paura di essere presa per matta.
All’età di quindici anni ci fu una svolta nella mia vita, giacché sognai che quell’assurdo padre mi costrinse a essere il capitano della guardia reale francese per proteggere quella austriaca smorfiosa della principessa Maria Antonietta. In quell’occasione il mio adorato amico fu nominato attendente, nonché mia guardia del corpo.
E se anch’Io fossi diventata un ufficiale? Forse in accademia avrei conosciuto un giovane come Andrè!
Io lo amavo, lo desideravo, ma non era reale!
La cosa che m'innervosiva era che i quei sogni andavano per conto loro, nel senso che durante la fase REM la mia volontà era annullata, sopraffatta da quella di Oscar.
Ero condannata a subire le sue angosce e i suoi patemi d’animo a mio parere sterili e inutili. Se avessi avuto le facoltà mentali, avrei chiesto ad Andrè di essere il mio ragazzo, che stava aspettando?
Il generale William Smith fu enormemente felice, quando gli rivelai le mie intenzioni relative al mio futuro. Mio padre della realtà come nel sogno non aveva avuto figli maschi e nessuna delle cinque figlie aveva dimostrato fino allora l’intenzione di indossare una divisa militare per seguire le sue orme. (Un particolare che mi colpì fu che anche Oscar era l’ultimogenita, proprio come me!).
Né Lui aveva costretto qualcuna di noi a far parte dell’esercito, Egli a differenza del generale Jarjayes era un uomo ragionevole e cauto colmo d’amore verso la moglie e le figlie.
Mi abbracciò teneramente congratulandosi con orgoglio per la mia scelta- “Sophia sono fiero di te!”- “Sapevo che era solo questione di tempo, sin da quando sei nata, hai dimostrato di essere l’unica ad avere la stoffa per proseguire la vocazione degli Smith”- “Tu farai carriera, mia cara, ne sono più che certo”.  
Non avevo mai visto mio padre al settimo cielo come quel giorno, si sarebbe occupato personalmente per inserirmi nella migliore accademia militare degli Stati Uniti d’America.
Le donne della mia epoca sono istruite ed emancipate, possono competere con gli uomini di gran lunga emergendo in qualsiasi attività anche prettamente maschili. Se Oscar fosse nata nel futuro Jarjayes non l’avesse mai torturata con quell’educazione!
Finii le superiori a pieni voti e con enorme successo.
Divenni sottoufficiale, ma continuai la mia ascesa iscrivendomi all’accademia per ufficiali alla facoltà di medicina.
Ambivo di diventare un colonnello dell’esercito, proprio come Oscar! Nella realtà ero la figlia del generale Smith, un uomo influente, il braccio destro del presidente Obama, sarei riuscita a emergere in ogni caso, ma ero anche caparbia e determinata perciò preferivo sfruttare le mie capacità e non le raccomandazioni di mio padre.
Intanto durante la notte continuavo a sognare e a vivere tranquillamente e serenamente la mia seconda vita, poiché il mio adorato Andrè era sempre presente.
 All’età di diciotto anni rimasi delusa, poiché il mio lato onirico credette d’innamorarsi di un antipatico svedese: il famoso conte di Fersen.
Costui all’epoca fu un don Giovanni incallito, amante della regina Maria Antonietta, ma tutto ciò al mio sogno non importava, soffriva per Lui lasciando da parte il mio Andrè e se lo avesse allontanato Io, non avrei potuto godere della sua presenza.
In quel periodo mi sentivo in conflitto con Oscar perché non ero per niente d’accordo con quei sentimenti assurdi e non corrisposti.
Era cieca e sorda!
 Purtroppo ci fu una scissione dei nostri pensieri, in più come se non bastasse, non riuscivo a comunicare i miei sentimenti con il lato notturno della mia anima.
Volevo gridarle che si sbagliava.

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Capitolo 3
*** L'incontro ***


Non so perché, ma mentre lanciavo i missili dalle fiancate del mio aereo, provai come un groppo alla gola, piansi tanto che le lacrime appannarono la visiera del mio casco.
In quel momento percepii una strana sensazione, mi sentii male per la prima volta durante una missione in volo.
Era del tutto inverosimile per una donna forte e coraggiosa come me.
La mia mente vacillò, convogliandosi in un unico pensiero.
Andrè!
Ebbi un sussulto.
Non riuscivo a respirare e prima di svenire come per istinto atterrai in quell’inferno in fiamme in cerca di superstiti.
Ebbi un cattivo presentimento: ricordai che il mio amore durante la rivoluzione francese favoreggiava il popolo dai soprusi del governo assolutistico. Era un plebeo ed Io una nobildonna.
Un tempo ero la schiava del giglio di Francia, ora ero la lecchina della bandiera stelle a strisce! Non era cambiato niente.
Ricordai il tradimento verso la corona.
La nostra fuga.
E come diventammo disertori.
E se la storia si fosse ripetuta in chiave moderna?
I terroristi avevano ideologie ribelli e rappresentavano la rivoluzione nei confronti degli Stati Uniti.
 Che rappresentava la potenza moderna più potente della terra dei nostri giorni.
Atterrai in verticale con il mio aereo supertecnologico, che ricordava la forma di un disco volante. Scesi e passeggiai per ore in quell’inferno in terra. C'erano corpi bruciati, cadaveri sparsi dappertutto, fumo acre nell’aria.
Quanta crudeltà, ricordai il 14 luglio del 1789, da allora l’uomo non era cambiato nulla, si modificava lo scenario, avanzavano le tecnologie, ma la natura umana rimaneva sempre immutata.
Ero in piedi immersa nei miei pensieri, che qualcuno mi colpì alla nuca. Persi i sensi non so per quanto tempo, mi risvegliai distesa su un tappeto persiano situato su una grossa pietra simile a un'ara.
Capii di essere in una di quelle grotte d’argilla ammanettata e imbavagliata.
Qualcuno mi aveva tolto la giacca dell’uniforme lasciandomi indosso soltanto la canotta verde militare e i pantaloni d’aviatore, inoltre i miei capelli erano stati sciolti che ricadendomi sulle spalle davano l’impressione di una cascata di stelle filanti dorate.  
Ormai sapevano chi ero, perché mi avevano sottratto i gradi e i documenti.
Comunque nessuno aveva osato violare la mia virtù, ne ero certa.
Due uomini con il volto coperto dal kefiah stavano di guardia all’entrata dell’antro, con il mitra carico pronto per l’uso.
Parlavano tra loro in arabo, Io non capivo i loro discorsi sicuramente rivolti verso la sottoscritta.
Mi venne in mente il rapimento di Oscar, da parte del cavaliere nero e il riscatto in armi chiesto al generale Jarjayes in cambio della mia liberazione.
Lì nel lontano passato di fine settecento c’era stato il mio Andrè a salvarmi, adesso invece ero sola e in pericolo.
 Un uomo dal volto coperto, basso di statura, schifosamente grasso e sudaticcio che emanava un fetido odore di orifizi non lavati, si avvicinò a me con arroganza, esprimendosi con un pessimo inglese tanto da non capire inizialmente cosa volesse dire. Mi parve di intuire che un certo Abbas Mohamed Mariah, detto “Il misericordioso”, era disposto a patteggiare la mia vita con gli infedeli invasori in cambio di armi.
Il bruto si rivolse a me con un tono aspro e autoritario, come se stesse parlando a un cane e non a un essere umano.
Appresi che quel pomeriggio mentre ero priva di sensi, Mariah mi aveva proclamato d’innanzi a tutti di sua proprietà, come se Io fossi un oggetto, quindi nessuno tranne Lui aveva il diritto di toccarmi, pena la morte per fucilazione.
Non so che dire di più a riguardo, forse quest'ordine per me sarebbe stato un bene, e avrei evitato uno stupro di massa.
A Mariah avrei pensato più tardi.
Qualche istante dopo, si avvicinò anche un altro uomo: era un gigante alto e robusto, disse qualcosa in arabo che il primo terrorista si precipitò fuori la caverna gridando chissà quale diavoleria nella sua lingua.
Io ero talmente inebriata che associai la corporatura di quell’estremista a quella di Alain, forse anche il timbro di voce? In seguito Egli mi tolse il bavaglio come se avesse pietà di me.
Avevo le labbra secche e mi bruciava la gola.
 Tossii in preda alla disperazione.
 L’omone mi porse dell’acqua fresca incitandomi a bere, con modi gentili rispetto a tutti gli altri. Scrutai intorno a me per escogitare una possibile via di fuga, ma mi resi conto che era alquanto impossibile. Ormai tutto era perduto.
A un tratto non so che mi prese, inspirai profondamente gridando in francese con tutto l’aria all’interno dei miei polmoni: “Andrè Grandier dove sei?”- “Aiutami amore mio ti prego, ho bisogno di te!”.
Ripetei queste frasi più volte in tono lamentoso e monotono.
Era la prima volta dopo le sedute con l’analista che pronunciavo di fronte a qualcuno quel nome.
L’uomo d’innanzi a me, rimase di stucco, fu come impietrito, Egli indietreggiò lasciando il mitra cadere per terra.
Che cosa era accaduto?
Egli mi rispose timoroso con il suo inglese meno che scolastico pieno di errori. “Tu conosci quell’uomo?”.
“Si- gridai come una pazza- dov’è, voglio parlargli”- chiesi impaziente.
Negli anni passati avevo fatto una miriade di ricerche, ma quel cognome non esisteva affatto nel nostro tempo.
Era una misteriosa coincidenza? Oppure il miracolo si stava avverando.
“Dov’è questo fantomatico Andrè Grandier, ti prego per me è di vitale importanza incontrarlo”.
Quel gigante si avvicinò a me per parlarmi all’orecchio a bassa voce.
 L’energumeno ridacchiò divertito, sorvolando la mia domanda, poi sussurrandomi all’orecchio con un corretto francese aggiunse - “Non mi dire che tuo padre in qualche occasione ti ha presentato un uomo con questo nome?”- “E Lui con il suo fascino da marpione ti ha fatto innamorare!”
“No- risposi al mio interlocutore, molto confusa - che centra mio padre?”.
Mio padre conosce un uomo di nome Andrè Grandier e da quando?
“Allora è stato il colonnello Patterson!” – ribatté ancora il soldato, come se fosse più curioso di me di conoscere la verità.
“Ma no-  dichiarai infastidita, poi aggiunsi con maggiore sicurezza - tu  conosci il generale Smith?”- “Parli di Lui come se fosse un Tuo alleato, non hai paura che quelli ti possano uccidere?”.
“Sta tranquilla mio bel comandante, quelli come li chiami Tu, non conoscono il francese come Tu non comprendi l’arabo, per Loro le nostre frasi non hanno nessun significato, sono solo suoni”- “Cerchiamo di essere degli attori e di stabilire un tono di voce che possa ingannarli”- “ Se Io sarò alterato e tu sottomessa, penseranno che ti stia interrogando per capire dov’è la vostra base”.
“Ok”- risposi con voce assoggettata.
“Tornando a tuo padre, Lui è il capo dell’intera missione rosa del deserto, pensavo fossi informata che ci fossero degli infiltrati tra gli estremisti”.
Annuii in silenzio, facendo cenno di sì.
“Devi mantenere la calma colonnello Smith o rischieremo tutti la vita”- “Sappi che Io sono dalla tua parte, ma devi stare al gioco se vuoi vivere”.
“Sei uno degli uomini di Jarah?” – domandai a stento con un filo di voce.
“Sì, ma adesso devo fingere il contrario, non possiamo permetterci di compiere passi falsi”.
Stava accadendo Il miracolo che mi avrebbe portato alla salvezza! Proprio in un momento privo di speranza stavo dialogando pacificamente con un carceriere alleato degli americani.
Ma che cosa centrava Andrè Grandier in tutta questa storia?
Io non so perché, ma come sotto ipnosi rivelai che il suo modo di fare mi rammentava una persona che avevo conosciuto parecchio tempo prima, urlai il nome di quell’uomo tutto a un fiato- “Tu mi ricordi Alain Soissawn!”
 Il mio “amico sorvegliante” in quella situazione rappresentava il braccio destro del “misericordioso”, quest’ultimo era una specie di Iman, Egli ordinò ai miliziani di lasciarci soli.
A un certo punto mi scrutò dalla testa ai piedi centimetro per centimetro, tanto che mi mise in imbarazzo.  Cominciò a ridere a crepapelle. Egli confabulava in arabo qualcosa di molto divertente come se fossi Io la causa di tutto quel sogghignare.
Non capii il perché del suo strano comportamento.
Dopo un po’ riprendendosi dagli scossoni cercò di assumere un atteggiamento più dignitoso- “Ora capisco il nesso, soprattutto comprendo il perché del suo modo di fare nei tuoi confronti: sai quando ti ha visto è come impazzito, rischiando di mandare tutta la missione a puttane”- “Per proteggerti si è messo contro tutti quei maledetti minacciando di morte chiunque ti torcesse un capello”.
“Chi è impazzito?”- “Rispondi”- gridai con un tono di comando.
Egli sorvolò ancora le mie petulanze da donnicciola isterica, ma aggiunse in tono serio qualcosa che mi sconvolse.
“Tu conosci un uomo, una donna o un trans, non sono sicuro di che genere sessuale sia, che si chiama Oscar?”.
“Françoise de Jarjayes?”- aggiunsi con ansia senza alcuna remora.
 “Come fai a conoscere Andrè e Oscar e Alain - s’infuriò di brutto il terrorista- sono solo il frutto della fantasia di un pazzo visionario, sono alcuni dei personaggi finti, inventati che usiamo come copertura nelle nostre missioni”.
“A che gioco state giocando?”-risposi irritata- “Per caso mi avete ipnotizzata per estorcermi delle informazioni e avete scoperto il mio segreto?”- “Adesso volete farmi impazzire, rivoltando le mie illusioni contro di me”.
“No, niente di tutto questo”.
“Abbas, qui tutti lo conoscono come un irakeno che si è cresciuto tra la Francia e, l’Inghilterra, è diverso dai rozzi pastori del deserto, sa farsi rispettare poiché ha la stoffa del leader, è diventato il loro capo in breve tempo ”.
“E’ anche il mio migliore amico, ed è Sayd Jarah”.
“Alias Andrè Grandier, uno dei suoi falsi nomi che usa quando lavora sotto copertura e si trasforma in un occidentale” – “Io mi chiamo Rachid ma il mio capo a volte mi consiglia di assumere l’identità di un certo Alain Soissawn, poiché afferma che Io e Lui siamo identici”.
“Alain”- sussurrai tra me.
“Mentre Oscar è una donna dal nome da uomo che tormenta i sogni di Sayd sin da quando aveva sei anni, per di più non lo ama”.
“Non ero sicuro della sua esistenza, fino a quando non sei apparsa tu, così identica alla descrizione di quella donna soldato di altri tempi fornita dal mio amico da quando lo conosco”.
“Sono Io Oscar – risposi felice – anch’Io sogno di Lui da quando avevo cinque anni, e se vuoi saperlo, sono duecento anni che lo amo da morire”.
“Sayd ha rischiato il linciaggio da parte dei suoi parenti per aver rivelato ingenuamente di essere innamorato di qualcuno che si chiamasse Oscar”- “A quindici anni fuggì dall’Iraq come un ladro, riuscendo a farsi adottare da una famiglia inglese, successivamente frequentò l’accademia militare, viaggiando molto e nella speranza di trovare la sua chimera entrò a far parte della CIA diventando un mito nel settore e un nemico del suo popolo”.
L’uomo continuava a raccontare episodi di vita del mio amore, ma la mia mente si trovava altrove, probabilmente al settimo cielo. Lo avevo finalmente ritrovato, ora niente e nessuno ci avrebbero più diviso.
Avevo capito tutto su Sayd Jarah, non era gay era solo innamorato di me!
“Quando posso vederlo?” – chiesi impaziente, mentre le lacrime solcavano le mie guance incessantemente.
“Presto, ma non dovrete farvi scoprire, soprattutto se entrambi desiderate coronare il vostro sogno d’amore” – “Tu non hai idea di quanto mi ha stressato con i suoi patetici racconti in cui tu”.
La nostra conversazione ebbe fine bruscamente poiché fummo interrotti da un arabo che entrando nella grotta con il fucile spianato gridò parole per me incomprensibili.
Il mio amico tradusse in francese immediatamente quel messaggio comunicandomi che “Il misericordioso” voleva vedermi all’istante nel suo bunker. Di nascosto dei guerriglieri mi strizzò l’occhio e con un enorme sorriso mi disse “E’ fatta, colonnello Oscar, il vostro sposo vi aspetta”.
Due uomini mi accompagnarono d’innanzi all’uscio d’ingresso, seguiti dal mio amico “Alain” che ancora non mi aveva mostrato il volto. Quando la porta si aprì e mi gettarono dentro con molta volgarità, la richiusero bruscamente ridendo e grugnendo come dei maiali. Sentii la voce di Alain che ordinava qualcosa in arabo, sicuramente nessuno doveva disturbare Abbas. Mi tremavano le gambe, al pensiero che stavo per riabbracciare Andrè dopo un eternità. Lui era lì e mi stava aspettando. Entrai con il volto avvampato per l’emozione. L’uomo era in piedi, immobile rivolto verso di me: possedeva un fisico asciutto e muscoloso, molto alto proprio come lo avevo sempre ammirato nelle mie visioni oniriche. Quel giorno indossava il tipico abbigliamento arabo completo di un foulard bianco sporco quadrettata in nero con fili di lana bianca annodati con maestria da formare ciondoli all’estremità dei bordi. La sciarpa mascherava il suo volto lasciando intravedere soltanto i suoi bellissimi occhi colore dello smeraldo. Mi guardò intensamente da provocarmi forti tremori interni.  La mia testa vacillò, deglutii a vuoto. Mi avvicinai come una sonnambula verso di Lui, che togliendosi il kefiah si mostrò a me  splendido come nei miei sogni. In quell’istante i nostri cuori batterono all’unisono e come se fossimo due calamite attratte l’una dall’altra, ci abbracciammo e ci baciammo a lungo senza dire nemmeno una parola.
Lui mi sussurrò piano - “Oscar ti amo da morire, ho vissuto solo per questo istante” - Io risposi- “Anch’io mio adorato Andrè”.
A quel punto successe l’inevitabile.
Ci amammo in modo completo per tutta la notte, entrambi come nella prima vita eravamo rimasti vergini per assaporarci meglio, come se i nostri corpi fossero destinati a un'unica fusione.
In quegli istanti di passione mi affiorarono in mente gli stessi momenti travolgenti accaduti secoli prima durante la notte del 12 luglio 1789. Nel 2010 c'eravamo aspettati per donarci l’uno con l’altra proprio come allora, perché in qualsiasi epoca noi nasceremo, saremo destinati a essere sempre marito e moglie.
La mattina seguente entrambi ricordammo con entusiasmo le vicende vissute durante la vita precedente, come se fossero successe ieri. Mentre mi stuzzicava dolcemente il lobo dell’orecchio, mi chiese perdono se in questa vita non fosse riuscito a chiamarmi mai Sophia, poiché Lui mi conosceva come Oscar, allo stesso modo ricambiai altrettante scuse con altrettanti baci sul suo collo, per non essere capace di chiamarlo Sayd, in quanto era è sarà sempre il mio Andrè.
 Anche Lui si era fatto ipnotizzare scoprendo tutta la storia, ma a differenza mia Andrè aveva avuto delle reminescenze relative all’aldilà. Mi raccontò che il momento dell’unione delle nostre anime fu sublime. La sua anima non era ancora volata in cielo quando mi aveva visto dall’alto, con le sembianze di una colomba bianca. Ricordai da una delle sedute d’ipnoterapia che in quel momento ero disperata e la mia vita non aveva più un senso.
Mi piazzai al comando dei soldati della guardia durante la presa alla Bastiglia, in prima linea in attesa di morire per raggiungere il mio amore. Ricordo che notai quella colomba proprio nel momento che fui colpita all’addome da sette colpi di fucile. Mi accascia a terra morente, i miei amici, mi soccorsero immediatamente portandomi al riparo in un vicolo. Tutto fu vano, morii dopo qualche minuto con il nome del mio tesoro sulle labbra. La morte per me fu una liberazione.
Egli era immerso in un’immensa luce ad aspettarmi sorridente, mi afferrò per mano e mi tenne stretta a sé per duecento anni. Poi venne l’ora di rinascere in altri corpi: le anime dovevano essere riciclate per legge divina. Ma da lassù nessuno si sarebbe mai aspettato che la nostra unione fosse talmente forte da ricordare la vita passata.
Io l’avevo sempre saputo!
Nel giorno del nostro ritrovamento giurammo ancora una volta eterna fedeltà: ci saremmo amati come uomo e donna, ma anche come spiriti puri nel caso in cui fossimo morti, e così per tutta l’eternità.
Eravamo incredibilmente felici, ma dovevamo stare attenti a non rischiare un'altra volta il grande e prezioso amore che avevamo appena ritrovato.
Quella mattina facemmo ancora una volta l’amore sublimando la nostra completezza.
Nessuno osò disturbarci.
Andrè era un uomo splendido, tenero e sensuale, ero così presa da Lui che sarei impazzita se lo avrei perduto nuovamente.
A un tratto scoppiai a ridere, Egli curioso mi chiese il perché di tanto divertimento, Io dissi semplicemente che mio padre lo credeva omosessuale.
“Ti sembro gay?” – mi rispose ironico – “No, ma alcuni ufficiali del mio reggimento  pensano che il tuo Oscar sia un uomo!”.
“Beh non potevo dire a tutti che Oscar è la donna più bella che possa essere vissuta su questa terra in duecento anni”- “Sei troppo di parte, mio amato soldato” – risposi punzecchiandolo.
“Vedrai che sorpresa farò a mio padre!”- “Egli è favorevole alla nostra unione”.
“Se è per questo, lo era anche nel passato, ricordi cosa mi disse nelle scuderie la sera prima di fuggire?”- “Come potrei dimenticarlo”.
Passarono due giorni dalla mia scomparsa e alla postazione americana tutti fremevano per la mia vita, ignari della mia salvezza e della mia felicità.
Andrè stava organizzando un piano per tirarci fuori dai guai: mi legò le mani dietro la schiena imbavagliandomi, finse di tenermi prigioniere portandomi fuori dalle grotte, mi scaraventò su una jeep. Doveva apparire rude e spregevole con me che ero ilo nemico, poiché Abbas “Il misericordioso” aveva comunicato ai suoi uomini che Smith aveva accettato lo scambio: gli ordini erano che Lui e Rachid alias Mohamed alias Alain sarebbero dovuti andare da soli all’incontro.
Nessuno si sarebbe dovuto intromettere per nessuna ragione al mondo.
I terroristi temevano Abbas come loro capo, quindi ubbidirono senza fare storie come delle marionette.
 Anche se molti di loro lo avevano invidiavano per essere stato due notti consecutive assieme ad un fiore del deserto di quella ineguagliabile bellezza, era pur sempre ammirato e riverito.
Partimmo senza problemi e dopo dieci ore di deserto arrivammo stremati all’accampamento USA.
Andrè nel frattempo aveva telefonato a mio padre avvertendolo dell’esito positivo della missione con un messaggio in codice molto strano: “ Andrè ha salvato Oscar, stiamo venendo a Parigi”.
Il generale Smith appena vide la figlia in forma smagliante corse immediatamente da lei per abbracciarla.
Andrè scese dalla jeep e con disinvoltura gli tese la mano in segno di saluto, ignorando le formalità verso i gradi di un suo superiore, quindi in francese disse- “Signore, vi ho riportato vostra figlia sana e salva!”.
“Tu devi essere l’eccentrico Sayd Jarah?” – “ Sono felice di conoscerti di persona, grazie per quello che hai fatto, come posso sdebitarmi?”.
“Generale, chiedo ufficialmente la mano di vostra figlia, non desidero altro nella vita”.
“Pensavo che tu amassi alla follia un uomo di nome Oscar”.
“Il punto è che Oscar è stata sempre una donna ed è vostra figlia Sophia”.
“Sì, gridai Io con tutte le mie forze siamo innamorati da secoli, e anche se la lontananza ci ha separato il nostro amore, è sopravvissuto nel tempo”.
“Signore- s'intromise Andrè – vi ripeto che sarei l’uomo più felice dl mondo se voi ci deste la santa benedizione alle nozze”.
“Smettila di parlare come un cicisbeo della corte di Luigi XV, e chiamami William se vuoi entrare in famiglia”.
“Mi spiegate cosa è successo?”- reagì infine confuso e stremato il generale.
“E’ una storia troppo lunga, papà risposi in coro assieme al mio amore”- suscitando tra il pubblico stupore e un clamoroso battimani.
Poi il generale borbotto tra sé – “Erano innamorati da tanto tempo, sono stato uno stupido a non capire che Oscar era la mia bambina”.
Dopo qualche mese ci sposammo e giuro che in questa vita abbiamo vinto ottenendo un'altra possibilità!
Fine

 

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