Il ragazzo della porta accanto di Giulls (/viewuser.php?uid=45439)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Michelle Waldorf VS Blair Waldorf ***
Capitolo 2: *** Il nuovo vicino ***
Capitolo 3: *** Mercatino di beneficenza ***
Capitolo 4: *** Parlami di te ***
Capitolo 5: *** È inutile negare, sappiamo entrambi che hai bisogno di me ***
Capitolo 6: *** Scandalo nella città degli angeli ***
Capitolo 7: *** L'essenza Weber e Michelle Waldorf ***
Capitolo 8: *** Merry Christmas ***
Capitolo 9: *** Liti, feste e baci rubati ***
Capitolo 10: *** Imbarazzo ***
Capitolo 11: *** Feel the rain on your skin ***
Capitolo 12: *** Happy birthday, Mitchie ***
Capitolo 13: *** Confessioni ***
Capitolo 14: *** Can somedoby help me? ***
Capitolo 15: *** Forse sono innamorata di te ***
Capitolo 16: *** CloversVSToros ***
Capitolo 17: *** Ripensamenti ***
Capitolo 18: *** La mia Gala ***
Capitolo 19: *** Proposta ***
Capitolo 20: *** Serata di beneficenza con contorno di Hell's Kitchen ***
Capitolo 21: *** Ma Kristen Stewart non ha una vita sociale propria? ***
Capitolo 22: *** Penitenza ***
Capitolo 23: *** London calling ***
Capitolo 24: *** How I met his mother ***
Capitolo 25: *** Il passato non ti abbandona mai ***
Capitolo 26: *** Conoscenze, banchetti, minacce e le tanto attese risposte ***
Capitolo 27: *** Una nuova signora Waldorf ***
Capitolo 28: *** Tra incubo e realtà ***
Capitolo 29: *** I used to be... ***
Capitolo 30: *** Lettere, fiocco rosa/blu e un nuovo cavaliere per il ballo ***
Capitolo 31: *** Our last Prom ***
Capitolo 32: *** La partita di pallavolo ***
Capitolo 33: *** Niente batte il Karma ***
Capitolo 34: *** Goodbye High School ***
Capitolo 35: *** España en el corazón ***
Capitolo 36: *** Barcellona on the road ***
Capitolo 37: *** Hell sweet Hell ***
Capitolo 38: *** Ciao, sono una matricola ***
Capitolo 39: *** Mount Rashmore ***
Capitolo 40: *** Complicazioni ***
Capitolo 41: *** I missed you so badly, mum ***
Capitolo 42: *** Ore tre e trentaquattro ***
Capitolo 43: *** Tonight's the last, so say goodbye ***
Capitolo 44: *** Tornare alla vita ***
Capitolo 45: *** Back to L.A. ***
Capitolo 46: *** The only exception ***
Capitolo 47: *** Sì. Mille e mille volte sì ***
Capitolo 48: *** It's not a dream anymore ***
Capitolo 49: *** I'll love you until my dying day ***
Capitolo 50: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Michelle Waldorf VS Blair Waldorf ***
IL RAGAZZO
DELLA PORTA ACCANTO
Michelle Waldorf VS Blair Waldorf
“Notizia
flash: S e B stanno commettendo un crimine di moda. Non tutti sanno
resistere alla tentazione, specialmente se è firmata Eleanor
Waldorf. Nessuno è libero di scegliere la propria famiglia
ma può scegliere i propri amici, in un mondo governato da
ipocriti legali e i conti bancari. Un buon amico è una
grande ricchezza e anche se a volte capita che gli amici ci fanno
saltare i nervi, bisogna ammettere che saremmo meno ricchi senza si
loro. Serena
e Blair… beh… sono davvero una bella coppia di
amici. No, no, no, non ho gli occhi bagnati di lacrime, è
solo un allergia. Senza di voi io non sarei nessuno. Gossip Girl”
Aspettai che iniziassero i titoli di coda e poi spensi la televisione,
ancora sconvolta per ciò che avevo appena visto.
«E io dovrei assomigliare a lei?!?» domandai con
sconvolta. La mia migliore amica tornò a sedersi accanto a
me con due bicchieri di succo d'arancia in mano.
«Di carattere? Sì, se vuoi dare ascolto alle
galline della nostra scuola. Blair Waldorf fa molto scalpore, quindi
immagino che ora tutti si aspettino che anche Michelle Waldorf sia come
lei»
«Non sono come quella Blair e non ho nemmeno intenzione di
esserlo» precisai.
«Questo io lo so benissimo, sono gli altri che si aspettano
che tu sia come Blair solo per il cognome che porti» mi fece
notare e roteai gli occhi, sbuffando pesantemente.
«Il cognome e il fatto che entrambe abbiamo una madre snob ed
assente»
Jenny – diminutivo di Jennifer Williams, figlia del cronista
sportivo della radio locale – si voltò a guardarmi
con un sorrisetto.
«Non è che ti hanno spiata?»
«Forse» risposi e scoppiammo a ridere.
«Però Blair mi piace, è
forte» commentò.
Sgranai gli occhi, afferrai il cuscino che avevo dietro di me e
cominciai a colpirla.
«Chiudi il becco!»
«Visto? Pretendi di dare ordini come lei,»
ribatté rubandomelo dalle mani, «si sa
più niente sull'identità del tuo nuovo
vicino?»
La casa accanto alla mia era in vendita da un mese. La signora
Clifford, l'ex proprietaria, era stata la mia vicina di casa
praticamente da quando ero nata io ed era come una nonna per me.
Purtroppo, quando suo marito morì, lasciò Los
Angeles per trasferirsi vicino ai figli a San Francisco. Quella donna
era splendida, benvoluta da tutti e mi mancava da matti.
«No. Ho chiesto in giro, ma nessuno sa darmi una
risposta»
«Come mai?»
«La tipa dell'agenzia vuole riservare l'anonimato. A quanto
si dice è un personaggio famoso. Come se noi non lo
scoprissimo non appena verrà ad abitare qui»
Jenny si alzò dal divano e si avvicinò alla
finestra per guardare la casa in questione.
«Un VIP come vicino di casa,» sussurrò,
«lo sai, sto cominciando ad invidiarti»
«Dovesti invidiarmi se il mio nuovo vicino fosse Orlando
Bloom!»
«In quel caso, sarei sempre a casa tua» disse con
fare ovvio.
«Io, invece, sarei sempre a casa sua» ribattei
facendole la lingua e scatenai la sua ilarità.
«Ma anche Ben Barnes non sarebbe male…»
Al sentire quel nome fu inevitabile per me alzare gli occhi al cielo.
Lei e la sua ossessione per “Le cronache di Narnia”.
«Quello prendilo tu come vicino di casa! Io preferisco Andy
Samberg. Sai quante risate mi farei?»
«E se fosse donna?»
«Tipo?»
«Uhm… Kelly Clarkson?»
Sorrisi a quell'eventualità. Sarebbe veramente fico avere la
propria cantante preferita come vicina di casa.
«Sarebbe mitico, ma preferirei fosse maschio»
ribattei lanciandole un'occhiata maliziosa.
«Allora spero per te che sia giovane»
«Giovane, vecchio, non importa. L'importante è che
sia simpatico,» dissi cercando il pacchetto di sigarette
dentro il mio zaino di scuola e me ne portai una alla bocca,
«anche perché l'ultima cosa che voglio
è impegnarmi, ora» aggiunsi più a me
stessa che a lei.
«Dovresti smettere di fumare» mi
rimproverò.
Diedi una prima tirata e la guardai sorridendo.
«Hai ragione, dovrei» ribattei e continuai a fumare
come se nulla fosse.
«Va bene, è inutile insistere. Tieni, ti ho
portato questo, » disse porgendomi un album fotografico e la
guardai interrogativa, «sono le foto che abbiamo fatto a
Londra. Le ho anche sul computer, se vuoi posso passartele»
Appoggiai l'album sul tavolino e strinsi la mia migliore amica in un
abbraccio.
«Grazie, sei stata troppo gentile»
«Michelle, tesoro! Sei in casa?» domandò
Bianca, mia madre, aprendo la porta.
Alzai gli occhi al cielo: la tranquillità era ufficialmente
finita.
«Che palle,» sussurrai sbuffando,
«sì, sono in sala con Jenny»
«Oh, ciao, Jenny. Non sapevo ci fossi anche tu. Resti a cena
da noi?»
«Volentieri, grazie, signora Waldorf» rispose la
mia amica sorridendo.
«Mamma, Georgina non c'è ed io sono con un'ospite,
vuoi davvero cucinare tu questa sera?» la provocai, ben
sapendo che lei odiava ogni qualunque tipo di faccenda domestica. Aveva
assunto Georgina per farle al suo posto, infatti.
«No, ordinerò sushi per quattro
persone,» rispose, come sempre senza cogliere la mia
provocazione quando eravamo in presenza di ospiti, e per la prima volta
ebbe la mia attenzione.
«Quattro? Siamo in tre, mamma»
«Cenerà con noi Mike»
«E chi diavolo è Mike?»
«Il mio fidanzato. Vedrai, ti piacerà.
È un produttore musicale, è della Florida
e…»
«E immagino abbia una barca di soldi, se tu gli permetti di
entrarti nelle mutande» ribattei velenosa.
Lo squillo del suo cellulare le impedì di rispondermi e
Jenny mi trascinò in camera mia.
«Perché non cerchi di essere più
gentile con lei?» domandò la mia migliore amica
sedendosi sul mio letto.
«Perché lei
me lo impedisce!» urlai indicando la porta della mia stanza.
Tempo qualche secondo e Bianca – era davvero impossibile
chiamarla mamma – fece il suo ingresso trionfale in camera
mia.
«Tesoro,» mi chiamò e mi
lasciò un foglio sulla scrivania, «ti ho prenotato
una lezione di fitness con il mio personal trainer. Non so se l'hai
notato, ma hai messo su un po' di ciccia nei fianchi. Ricordati che una
Waldorf magra e perfetta è una Waldorf felice»
Sgranai gli occhi e spalancai la bocca. Le aveva dato di volta il
cervello? Questa volta aveva proprio toccato il fondo.
«Spero che tu stia scherzando! Perché tu e il tuo
motto non ve ne andate a…»
Jenny mi tappò la bocca.
«Signora Waldorf, ora Michelle ed io dovremmo davvero
studiare,» le disse con gentilezza, «è
un problema per lei venirci a chiamare non appena arriverà
la cena?»
«Certo che no, a dopo!» esclamò,
lasciandoci sole.
Dovettero passare alcuni minuti prima che riuscissi a smettere di
tremare dalla rabbia. E solo quando avvenne, Jenny mi lasciò
la bocca.
«Ma chi diavolo si crede di essere? Cosa diavolo le interessa
se sono ingrassata? E poi ho messo su solo mezzo chilo, non
cinquanta!»
«Smettila di arrabbiarti, lo sai che tua madre è
fatta così»
«Oddio, ma ti rendi conto? Credo sia l'unica madre al mondo
che induca la figlia all'anoressia! Davvero, sono sicura che se fossi
tutta pelle e ossa, ne sarebbe entusiasta! Da quando è
uscito quello stupido telefilm vuole farmi diventare come Blair! Sono
certa che domani verrà a chiedermi di mettermi l'apparecchio
per cambiare la mia dentatura come quella di Blair»
«Leighton Meester,» mi corresse e ignorò
lo sguardo di fuoco che le lanciai, «coraggio, non fare la
melodrammatica»
«Tu dici?» domandai, sarcastica. Mi avvicinai verso
l'armadio e presi il cappotto che era appeso a destra, lo stesso
cappotto che Blair Waldorf indossava in una scena del telefilm e lo
mostrai a Jenny, «e questo, amica mia, non è
tutto,» continuai mentre mi inginocchiavo e tirai fuori dal
bidone un cerchietto e un foglio di carta.
Glielo passai per invitarla a leggere.
«“Amore, guarda cosa ti ho comprato! Li ho trovati
su internet e ho pensato subito a te. Scommetto che con questi
assomiglierai tantissimo a Blair”. Sì, forse tua
mamma ha davvero bisogno di essere riportata nella
realtà»
«Bianca,» ribattei stizzita, «Bianca, o
al massimo madre. Non mamma. Non è l'appellativo giusto per
lei»
«Ma lo è»
«La mia mamma è morta quando il mio fottuto padre
le ha spezzato il cuore per un'altra donna»
«Ti ha più cercata?» chiese cauta e
chiusi gli occhi per un attimo prima di tornare a indossare la mia
solita maschera d'indifferenza quando si parlava di George Waldorf.
«No»
«E… da quanto?» continuò.
Credo fosse strano per lei questo discorso, non lo avevo mai tirato
fuori.
«Tre anni»
«Perché ha smesso?»
«Non lo so. Il giorno prima mi chiama e il giorno dopo scopro
che il suo numero di cellulare non è più
attivo»
«Michelle…» sussurrò Jenny
afferrandomi la mano.
«Va bene così, sul serio. Sono ormai dieci anni
che ci ha lasciate. Per sette anni ci siamo sempre sentiti per telefono
e ci siamo visti pochissimo, quindi è come se per me lui non
esistesse più,» ribattei alzando le spalle e vidi
gli occhi di Jenny inumidirsi sempre di più, «va
bene, ora cambiamo argomento!» esclamai, l'ultima cosa che
volevo era farla piangere, «non è che mi faresti
copiare i compiti di trigonometria?»
«Sei sempre la solita!» disse lanciandomi un
cuscino in faccia e ricominciammo a ridere.
Le feci qualche moina e alla fine riuscii nel mio intento e dopo aver
copiato gli esercizi della materia che odiavo di più al
mondo, Bianca venne a chiamarci per la cena.
«Michelle, tesoro, lui è Mike»
presentò orgogliosa Bianca l'uomo al suo fianco: aveva i
capelli corti e marroni, quasi neri, era muscoloso, aveva due occhi
verdi da urlo e un sorriso smagliante. Era addirittura troppo figo per
mia madre. Mi chiesi cosa ci facesse uno così con una come
lei, dal momento che era anche più giovane di almeno dieci
anni. Poi mi tornò in mente che Bianca era la puttana dei
ricconi di Los Angeles e dintorni.
«Michelle, sono così felice di
conoscerti!» esclamò Mike venendomi in contro e mi
abbracciò calorosamente, «Bianca mi ha parlato
così tanto di te!»
«Vorrei poter dire la stessa cosa, ma fino a qualche ora fa
non sapevo nemmeno della tua esistenza,» ribattei sorridendo
forzatamente, «lei è Jenny, la mia migliore
amica»
«Oh sì, Bianca mi ha parlato anche di
te!» esclamò lui abbracciando pure lei e non
appena finimmo con le presentazioni andammo tutti e quattro in cucina
per mangiare.
«Allora, Mike, Bia… cioè, mamma dice
che sei un produttore musicale» dissi guardandolo e cercando
di risultare più gentile possibile: dopotutto, se mi fossi
mostrata carina con lui, molto probabilmente lei mi avrebbe lasciato in
pace per un po'.
«Sì, ho una stazione di produzione a New
York»
«New York?» domandai, sbigottita, «e
abiti qui a Los Angeles?»
«Sto trasferendo la sede qui, mentre una filiale
rimarrà là»
«Oh, wow»
«Lunedì comincerò ufficialmente la mia
attività qui»
«Ha già qualche cantante da
scritturare?» chiese Jenny curiosa.
«C'è un ragazzo, un attore ad essere precisi, che
mi ha chiesto di sentire le sue canzoni. Si chiama Robert Pattinson.
Sapete chi è, no?»
Sgranai gli occhi e sia io che Jenny sputammo l'acqua al centro del
tavolo.
«Lo adoriamo!» rispose lei per entrambi con gli
occhi lucidi.
«Davvero? Perché lunedì non venite da
me a conoscerlo?»
Stavo per rispondere che sarei andata volentieri, ma lo sguardo
complice che Bianca e Mike si erano appena lanciati mi fece infuriare.
Mi stava per caso comprando?
«Lunedì ho un impegno» risposi secca.
Lui sorrise dispiaciuto.
«Oh, okay. Sarà per un'altra volta»
«Ma sei scema?» sussurrò Jenny con gli
occhi fuori dalle orbita non appena Bianca e Mike cominciarono a
parlare tra di loro.
«Hai visto lo sguardo che si sono lanciati? Non mi faccio
corrompere in questo modo»
«Pazza, non ti ricapiterà un'altra
occasione!»
«Fa' lo stesso»
«Michelle, sei mai stata a New York?» mi chiese
Mike.
«Sì, un paio di volte a fare shopping.
È davvero stupenda»
«E dovresti andarci per Natale! È tutta un'altra
cosa. Sai, stavo pensando di portarci tua madre. Perché non
vieni con noi?»
«Beh…quest'anno organizzo una festa per Natale,
quindi non posso assentarmi da Los Angeles»
«Organizzi feste?»
«Sì, la mia Michelle ne organizza una per ogni
evento. Inizio e fine scuola, Natale, Capodanno, addirittura anche per
il giorno del ringraziamento! È instancabile, è
un po' come Blair!»
«Ma Michelle è molto più bella di
Blair» ribatté lui, sorridendomi.
«Mamma, chiariamoci. L'ho fatto l'anno scorso
perché l'organizzatrice era in ospedale. E mi serviva per il
mio curriculum. Solo ed esclusivamente per quello» constatai
stizzita.
E da quel momento l'argomento centrale della serata fu il mio rapporto
– oltretutto inesistente – con Blair Waldorf, uno
stupido personaggio televisivo. Tentavo di spiegare che l'unica cosa
che mi accomunava con quel telefilm era il cognome della perfida della
situazione, ma il mio intervento fu invano.
Alle undici Bianca e Mike uscirono, così Jenny ed io
riuscimmo ad avere un po' di pace.
«Se sento nominare ancora una volta Gossip Girl giuro che mi
metto ad urlare»
«Non è poi così terribile!»
«Perché tu non sei al mio posto! Prima mi piaceva
il mio cognome, era originale. Ora è solamente
irritante»
«Va bene, cambiamo argomento,» disse avvicinandosi
alla finestra, < secondo me si trasferirà Jude
Law»
«O Collin Farrel» risposi, sorridendo.
«E perché non Brad Pitt?» propose e
storsi il naso, «Che hai contro di lui?»
«Non mi piace. Preferirei Jared Leto»
«O Shia La Beouf»
«Oppure Adam Sandler!»
«Magari!» esclamai, «sarebbe una festa
ogni giorno! Sai quante risate?!?! Anche Ben Stiller Stiller non mi
dispiacerebbe come vicino»
«E perché non qualche attore straniero?
Tipo… Gaspard Ulliel?»
«Lui vive in Francia»
«Potrebbe trasferirsi a Los Angeles»
«Sì, solo per me!» la presi in giro in
giro, «non mi dispiacerebbe un cantante, però.
Chad Kroeger, Pierre… sarebbe figo»
«Chi è Pierre?»
«Il cantante dei Simple Plan»
«Oh, certo… perché non Ashton
Kutcher!»
«Cosa centra lui con i cantanti?» domandai
inarcando le sopracciglia.
«Niente, ma sarebbe fico lo stesso,» rispose e
sorrisi divertita, «sai che hanno aperto un ristorante greco
in riva al mare? Me l'ha detto Walter»
«Oh, Walterino… come sta?» domandai
scimmiottandola. Walter e Jenny stavano insieme da qualche mese ed
erano una coppia perfetta. Si erano conosciuti ad una festa sulla
spiaggia ed era scoccata la scintilla.
«Sta bene,» rispose lanciandomi un'occhiataccia,
«torna domani dalla Spagna. Non vedo l'ora, mi manca da
matti»
«Sì, manca pure a me… certo, in maniera
diversa a come manca a te, ma manca anche a me»
Rise e si passò una mano tra i capelli.
«Va bene, ora vado a casa. Ci vediamo domani
mattina»
«Passo a prenderti al solito orario»
«Perfetto. Ciao,» mi salutò con un bacio
sulla guancia e si avviò verso la porta, «Sai,
può anche darsi che a trasferirsi sarà un vecchio
riccone inglese e brontolone» riprese voltandosi verso di me.
«Che magari vive bevendo il tè»
«E lo prende tutti i giorni con quattro biscotti»
«Senza grassi»
«Con lo zucchero di canna?»
«No, senza zucchero»
«Giusto, si deve prevenire dal diabete»
Ci guardammo negli occhi e ridemmo.
«Notte, Michelle»
«A domani»
La accompagnai alla porta e poi mi chiusi dentro casa. Adoravo quando
scendeva la sera ed io ero da sola. Era così liberatorio,
potevo fare quello che volevo e senza pormi troppi problemi. Non che mi
interessasse ascoltare l'opinione di Bianca, ma era davvero irritante
quando in casa si lamentava per ogni cosa. Con lentezza mi incamminai
verso la mia camera e indossai la camicia da notte con disegnati sopra
i maialini che mi era stata regalata dalle Clovers, le mie compagne di
squadra di pallavolo, per i miei diciotto anni. Ancora non riuscivo a
capire se me l'avessero regalata per farmi uno scherzo o
perché piaceva veramente. Ad ogni modo l'adoravo,
probabilmente perché a Bianca era quasi venuto un accidente
non appena l'aveva vista.
Dopo aver raccolto i capelli con un elastico mi sedetti sul divano per
vedere l'ultimo episodio della terza stagione di Grey's Anatomy con
accanto una bottiglia da un litro di coca cola e una ciotola di popcorn.
E al diavolo la dieta.
Angolo autrice
Okay, ce l'ho fatta.
Giulls is back. O meglio, sono tornata se già mi conoscete,
se è la prima volta che leggete una mia storia: aaw,
benvenute carissime!! ^^
Dopo mesi e mesi mi sono decisa a postare. Avrei preferito postare una
volta finita la storia, ma la scuola mi sta prendendo troppo e quindi
non scrivo praticamente più. E poi avevo bisogno di un
diversivo per non preparare la valigia (gita a Friburgo, in bicicletta,
yeah!)
Un bacio a tutte e spero che vi sia piaciuto questo breve primo
capitolo.
Alla prossima settimana.
Giulls
P.S. Il primo capitolo è dedicato a te, funghetta,
perché senza di te questa storia non sarebbe mai nata. E non
vedo l'ora di stare un po' con te a Londra. <3
|
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Capitolo 2 *** Il nuovo vicino ***
Il
nuovo vicino
< No,
cavolo! È tardissimo, arriverò a scuola in
ritardo! > esclamai
mentre guardavo la sveglia segnare le nove meno qualche minuto <
ma perché non ha suonato?!? > mi lamentai mentre
schizzavo fuori
dal letto.
Schizzai in
bagno per darmi una lavata, così mi infilai sotto la doccia,
lasciando che l'acqua fredda mi svegliasse per bene. Sarei entrata a
scuola per l'ora di spagnolo, non sarebbe stato un dramma.
Uscii dalla
doccia dopo dieci minuti e accesi la radio perché mi facesse
un po'
di compagnia.
<
Buongiorno L.A.! Siamo finalmente arrivati a sabato e la temperatura
di oggi è di circa venti gradi. Finalmente ci rinfrescheremo
un
pochino. Cominciamo già con le richieste e la prima
è da parte di
Sarah per la sua amica Glenda e ci ha richiesto Summer
Sunshine,
dei The Coors >
Mi bloccai
di colpo e sgranai gli occhi. Sabato mattina, ergo io il sabato non
vado a scuola. Avevo voglia di prendermi a testate nel muro.
Complimenti, ora sarebbe stato impossibile riaddormentarsi.
Sconfortata
al massimo mi rimettei il pigiama, scesi le scale e andai in cucina
per preparare qualcosa per fare colazione.
Scaldai il
latte nel pentolino e poi riempii la ciotola di cereali al cioccolato
e caramello e cominciai a mangiare.
E in quel
momento mi venne un lampo di genio. Dov'era Bianca?
< Mamma?
> la chiamai ma non ottenni risposta. Probabilmente aveva
passato
la notte da Mike, anzi, sicuramente. Lasciai la cucina e salii le
scale, entrando nella sua camera. Il letto era ancora intatto. Che
poi non sapevo nemmeno perché la stavo chiamando.
Ritornai in
cucina e sparecchiai il tavolo, poi uscii e mi incamminai fino alla
buchetta della posta. E come sabato che si rispetti, ero uscita
scalza. Adoravo il mio piede a contatto con l'erba e il solletico che
mi procurava.
Arrivai
davanti alla buchetta e la aprii, nella speranza di trovarvi dentro
una lettera di risposta di una qualche università, ma
niente. La
buchetta era immacolata. La richiusi seccata e mi incamminai verso
casa.
< Sei
Michelle Waldorf? > domandò una voce dietro di me.
< Sì >
risposi voltandomi e mi trovai davanti un ragazzo molto alto e
carino, anche se non ci voleva molto a superare il mio misero metro e
sessantatré centimetri. La sfiga di abitare nella mia via
è che già
di prima mattina si rimane accecati dal sole; così mi
spostai un po'
di lato e serrai gli occhi, notando che il misterioso ragazzo
indossava i miei amati Ray Ban Wayfarer neri, che Mike mi aveva rotto
la settimana accidentalmente, sedendosi sopra di essi e mia mamma non
aveva esitato a comprarmi un nuovo paio di occhiali da sole. Di Gucci,
per l'esattezza. E quando me li diede in mano mi disse che
finalmente avrei indossato qualcosa di diverso da quegli occhiali
abominevoli.
Mi infuriai come non mai. Nessuno poteva insultare quegli occhiali in
mia presenza.
Dopo aver
trascorso i primi trenta secondi ad elogiare mentalmente gli occhiali
tornai a guardare il ragazzo e mi venne quasi un accidente quando
vidi dei capelli un po' ribelli e marroncini e un sorriso da farti
sciogliere seduta stante. Solo una persona al mondo era capace di
fare questo. Robert Pattinson.
< Credo
che abbiano infilato della tua posta nella mia > riprese quella
specie di dio greco, continuando a sorridere.
E sono in
quel momento realizzai di indossare un pigiama con dei pantaloncini
veramente corti. Lo guardai tra lo sconvolta e l'imbarazzata,
consapevole del fatto che molto probabilmente avevo fatto una
bellissima figuraccia da inserire nel quaderno delle figuracce.
< No,
aspetta. Tu
sei il mio nuovo vicino?!?!? >
< Così
pare. Tanto piacere, sono Robert > rispose allungando la mano.
<
M…Michelle > sussurrai imbarazzata mentre gliela
stringevo <
beh, grazie per la posta. Ci vediamo > ripresi mentre schizzavo
in
casa.
Avevo
battuto il record di corsa. Davvero, non mi sono mai sentita
così in
imbarazzo. Avevo appena incontrato il mio vicino, oltretutto uno dei
ragazzi più belli che avessi mai visto, con un paio di
pantaloncini
praticamente inesistenti. Beh, in generale sarebbe stato imbarazzante
incontrare chiunque con quei pantaloncini.
Presi il
cellulare e telefonai a Jenny.
< Mi hai
svegliata! > brontolò.
<
Prestami la tua pala da giardino, voglio seppellirmi! >
< Che
cosa è successo di così grave e imbarazzante?
> domandò
sbadigliando.
< Oh,
niente di che! Ho solamente conosciuto il mio vicino di casa mentre
indossavo il mio micro pigiama e… >
<
Complimenti, Michelle! > esclamò scoppiando a ridere.
< E te
l'ho detto per caso che il mio vicino è Robert Pattinson?
>
< Stai
scherzando, vero? >
< No >
< Oh mio
dio!!!! Non ci credo! > urlò, perforandomi i timpani.
< Io non
posso credere alla figuraccia che ho appena fatto con lui. Dio,
voglio sparire! >
< Non
essere melodrammatica. Hai un bel corpo! Male che vada si
starà
facendo qualche pensierino su di te >
< Jenny!
> esclamai imbarazzata.
<
Avanti, sto scherzando. Però devi ammettere che è
stato un modo
divertente per conoscerlo >
< Oh,
sì, davvero divertente > ribattei con sarcasmo.
Appoggiai
la posta sul mobile accanto alla porta, poi salii in camera mia e mi
vestii.
<
Hai avuto qualche risposta da qualche università? >
< Sai
che non lo so? Ora vado a vedere > risposi e tornai al piano di
sotto, ma prima diedi un'ultima occhiata al mio nuovo vicino di casa,
intento a scaricare i suoi scatoloni dal furgone in incognito. Si era
messo una barba finta e aveva un look molto trasandato. Era ridicolo
e bellissimo allo stesso tempo.
<
Quindi? >
Appoggiai
il telefono alla spalla e presi in mano le lettere.
<
Uhm…no, ancora nessuna risposta dalle università
e…e questa che
diavolo è?!?!? > domandai a me stessa mentre prendevo
in mano una
busta azzurra con su scritto il mio nome.
< Cosa?
> domandò Jenny.
Non le
diedi risposta, ma aprii la busta e incominciai a leggere la lettera.
<
Complimenti, signorina Waldorf, lei è stata ammessa per la
selezione
per la sfilata della nuova linea d'abbigliamento di Dolce e Gabbana.
La preghiamo di presentarsi martedì 12 ottobre, alle 16.30,
presso
lo studio di… > smisi di leggere e nella mia mente vi
fu solo un
nome < Bianca! >
< Perché
l'ha fatto? >
< Prova
a spremerti le meningi! Il nome Blair Waldorf ti dice niente? Mi
chiedo solo come diavolo abbia fatto a mandare delle…
>. Mi
bloccai di colpo e cominciai a salire le scale.
<
Michelle, cosa c'è? >
<
Aspetta! > risposi sbrigativa mentre aprivo l'album con le foto
di
Londra e con mio sommo dispiacere e terrore vici che mancavano
diverse foto.
Con ancora
gli occhi sgranati chiusi di scatto l'album e quando sentii una
risata familiare mi affacciai alla finestra. Bianca stava parlando
con Robert.
< Scusa,
Jenny, vado ad uccidere Bianca >
< Okay,
ma poi chiamami e raccontami tutto! >
Spensi il
telefono e uscii di casa come una furia; prima, però,
controllai di
essere interamente vestita.
< Come
diavolo ti sei permessa?!?!?!? > urlai mentre mi avvicinavo
verso
di loro ed entrambi si voltarono a guardarmi, solo che Robert mi
guardò come se fossi pazza. Perfetto, la mia figuraccia si
stava
facendo sempre più grande.
< Di
cosa parli, amore? > domandò Bianca calma.
Spalancai
la bocca. Ma mi stava per caso prendendo in giro?
< Sto
parlando delle mie
foto dall'album mio e di Jenny! >
< Oh, ma
eri venuta benissimo! Sembravi una modella perfetta >
< Erano
foto private. Come hai potuto frugare nella mia roba?!?! >
< Ma,
Michelle…è per un concorso >
< Ma non
mi interessa! > sbottai < la vuoi smettere di cercare di
infilarmi nel tuo mondo? Io non voglio entrarci. Non l'ho mai voluto
e mai lo vorrò. Lunedì andrò a
riprendere le foto e basta >
<
Davvero non vuoi partecipare? > domandò mia madre
mettendo un
broncio.
<
Potresti provare, magari potresti divertirti > intervenne Robert
e
gli lanciai un'occhiataccia. Si era per caso coalizzato con mia
madre?
< No,
invece > risposi stizzita. Okay, la mia prima impressione di
Robert Pattinson non era molto positiva.
Sbuffai e
me ne tornai in casa, sbattendo la porta con violenza. Come diavolo
si era permessa Bianca? Ancora non riuscivo a capacitarmene. Non
aveva il diritto di farmelo, non avrebbe dovuto.
<
Michelle, tesoro…mi dispiace, credevo che ti avrebbe fatto
piacere
>
< Ma mi
ascolti quando parlo? Ti ho detto mille volte che non mi interessa
fare quella roba lì. Abbiamo i soldi? Bene, spendili tu per
fare un
calendario, nuda se preferisci. Ma non mettermi in mezzo. Sono stata
chiara? >
< Vuoi
scommettere che se io non ti avessi detto niente tu l'avresti fatto
di tua spontanea volontà? È sempre
così con te. Non ti va mai bene
niente di quello che faccio, hai sempre qualcosa da ridire! Ma
scommetto che se non ti dicessi niente tu lo faresti tutto questo
>
La guardai
disgustata. È proprio vero che quando parlo lei non mi
ascolta.
Mi
avvicinai al mobiletto nell'atrio e presi la borsa.
< Vado a
fare un giro >
< Dove?
>
< Fuori!
> ribattei senza degnarla di uno sguardo.
Erano
passate due settimane da quando avevo incontrato Robert, ma ancora
non gli avevo rivolto la parola. Ero offesa per quello che aveva
detto.
Un martedì
mattina entrai in un bar vicino a casa per fare colazione. Quella
mattina avevo deciso di saltare la scuola, visto che ci sarebbero
state le selezioni delle cheerleader, il che voleva dire che le
lezioni erano sospese, visto che tutta la popolazione femminile
aspirava a diventare una di loro. Certo, non io. Il capitano delle
cheerleader era Olivia Taylor, la ragazza più oca che
potesse
esistere sulla faccia della terra. Lei mi odiava ed io odiavo lei.
E io poi
avevo le mie Clovers che non avrei mai abbandonato.
Presi la
mia colazione dal bancone e mi sedetti in un tavolo dove c'era il
giornale sopra, così cominciai a bermi il cappuccino e a
leggere la
prima pagina del New York Times.
< Okay,
quello che so di te è che ti chiami Michelle Waldorf, odi
partecipare alle sfilate di moda e quando sei arrabbiata, urli >
disse Robert, avvicinandosi a me < e a giudicare dalla brioche
ti
piace la cioccolata >
< E il
cappuccino con due bustine di zucchero > risposi indicando le
bustine di zucchero aperte.
< Ti
piace la roba dolce >
< Da
matti, ne sono drogata >
< Posso?
> domandò indicando il posto accanto al mio.
< Siamo
in un paese libero > ribattei e lui scosse la testa e con ancora
la sua colazione nelle mani, fece per allontanarsi < hey,
aspetta!
> lo chiamai < siediti >
< Sei
sicura? >
< Sì >
< Okay,
grazie >. Si sedette di fronte a me e diede un morso al suo
muffin. < Io non ti sono molto simpatico, vero? >
Lo guardai,
sorpresa.
< Non ci
conosciamo nemmeno, come fai a dire questo? >
<
Intuito maschile > rispose guardandomi mentre beveva il suo
caffè.
Puntai lo
sguardo verso un punto fisso del tavolo e mangiai un altro pezzo di
brioche.
< Non è
che tu mi stia antipatico… > gli dissi dopo mezzo
minuto < è
solo che…ecco, mi ha dato fastidio la tua risposta riguardo
il
servizio fotografico >
< Hai
ragione, non mi sarei dovuto intromettere >
< No,
non è questo il punto > risposi interrompendolo
< è che…devi
sapere che Bianca ed io non abbiamo un buon rapporto >
<
Perché? >
< Lei mi
tratta come se fossi Blair Waldorf e questo a me non va bene. Io non
sono un personaggio di Gossip Girl >
Rise e si
passò una mano tra i capelli.
< Sai,
posso capirti >
Alzai gli
occhi e dopo quasi cinque minuti i nostri occhi si incrociarono di
nuovo.
< E
penso anche di sapere il perché >
< Già.
Io ora sono visto come Edward Cullen e non come Robert Pattinson. Non
hai idea di quanta gente mi fermi per chiedermi di morderla >
< Figo >
ribattei ridacchiando < ma come fai a conviverci? >
Storse la
bocca e come me prima, guardò in un punto fisso, poi
scrollò le
spalle e tornò a guardarmi.
<
L'abitudine. Ora non ci faccio più nemmeno molto caso
>
< Io non
sono un tipo molto paziente >
< Ma non
puoi nemmeno continuare a sbraitare contro la gente >
< Lo
faccio solo con Bianca! > ribattei in mia difesa e dal momento
che
non la smetteva di ridacchiare, misi il broncio.
< Ma
sotto sotto mi sembri una persona dolce >
< Lo
sono >
< Nelle
poche volte in cui ti ho vista non c'era molto di dolce in te >
< Beh,
tecnicamente ci siamo visti solo quando ho litigato con Bianca >
< E
quando hai trovato da ridire con il ragazzino che lancia i giornali
>
< Me
l'aveva lanciato sui piedi, centrando a pieno una pozzanghera ed io
mi sono macchiata i jeans > risposi in difesa ancora una volta.
< E
scommetto che il bambino l'aveva fatto apposta >
Mi stava
per caso prendendo in giro?
Lo guardai
ancora negli occhi e quando mi sorrise, lo feci anche io.
< Sì,
tutto il mondo complotta contro di me >
< Ti va
di ricominciare? > propose porgendomi la mano < ciao, mi
chiamo
Robert Pattinson >
<
Piacere, Michelle Waldorf >
<
Waldorf? > domandò sgranando gli occhi < come
Blair Waldorf in
Gossip Girl? Cavolo, puoi farmi un autografo? Non capita tutti i
giorni di conoscere una ragazza che faccia di cognome Waldorf >
< Va
bene, ma tu devi promettermi di mordermi sul collo > risposi a
tono e entrambi incominciammo a ridere.
< Hai da
fare ora? >
< Non
direi, perché? >
< Non
vai a scuola? >
< Non
oggi > risposi sorridendogli.
< Oh,
perfetto! Io avrei ancora un paio di scatoloni da
sistemare…okay,
più di un paio e avrei bisogno di qualche buon'anima che mi
dia una
mano. Ti andrebbe? >
< Certo,
perché no? > risposi alzandomi in piedi < ma
mi offri la
colazione >
< Va
bene > asserì, posando una banconota da dieci dollari
sul tavolo
< andiamo? >
<
Andiamo > dissi mente prendevo la mia borsa e uscii dal bar
insieme a Robert. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di
una
nuova amicizia.
Et voilà,
I'm back. Ancora una volta. Anzi, dal momento che sono stata in
Germania…Hallo, wie geht's ihr?
Devo
ammetterlo la Germania un po' mi manca. Cioè, lì
era pulito, i
posti erano fantastici, ero circondata dalla natura…HO PERSO
3
CHILI! xDD Fare la dieta dell'insalata e muovermi tanto ha
funzionato.
E mentre i
miei compagni di classe si mangiavamo una Wienerschnitzel con le
patatine, io mi mangiavo un piatto gigantesco con le patatine xDD
Davvero. In Germania ti fanno dei piatti enormi e non paghi un cazzo.
L'unica
pecca…i Tedeschi. Sono maleducati. Vengono addosso in treno
o per
la strada e non chiedono scusa. Ma muoiono se per caso dicono
“Entchuldigung?”Bah, valli a capire.
Anyway, la
cucina italiana mi è mancata un sacco. E ci sono stati dei
miei
compagni che hanno avuto il coraggio di prendersi gli spaghetti alla
carbonara. Ma io dico…okay, siamo Italiani,
ma…siamo in un paese
straniero, anziché mangiare la roba che mangiamo tutti i
giorni a
casa, ma mangiamoci qualcosa di tipico! Okay, io non faccio testo.
Sono vegetariana, quindi di carne non potevo mangiarne. Ma loro??
prendono gli spaghetti alla carbonara invece di prendere qualcosa di
tipico -.-
Oh, ultimo
sproloquio e poi passo ai ringraziamenti. Chiunque abbia inventato il
detto l'ospite dopo qualche giorno puzza ha
pienamente
ragione. Ero sclerata, non ne potevo più delle mie compagne
di
classe.
Abbiamo
passato le ultime due sere a litigare, con tanto di urla (ancora mi
chiedo come non abbiano fatto a sentirci gli altri). Perché
nel
nostro mini appartamento ho pulito solo io (cosa che non faccio
nemmeno a casa) e le altre subito sporcavano, per degli stupidi
battibecchi sullo sport (ecco, qui io mi sono chiamata fuori, a
litigare/urlare erano altre due mie compagne di classe, mentre noi
altre 4 eravamo così O.O) e infine perché
l'ultima sera (tutte
ubriache) facevano un casino allucinante e poi perché una
miss che
in casa non fa niente pretendeva che le cose le venissero servite su
un piatto d'argento.
Ma in ogni
caso sono sicura che il mese prossimo quando andrò a Londra
non
succederà così. Anche perché non vado
con delle mie compagne di
classe. E se le altre provano a farmi incazzare, le butto nel Tamigi
ù.ù In Germania non potevo farlo, poi il prof si
arrabbiava xDD
Okay, altra
cosa. Sì, lo so, è stupido questo capitolo. Ma
non avevo in mente
nient'altro per farli incontrare. E poi mi piace Michelle Waldorf in
versione sclerotica xDD Ma sta a voi decidere. Fosse per me, salverei
ben pochi capitoli. In questo periodo sto diventando autocritica un
sacco xDD
Ma vi
ringrazio, perché le vostre recensioni mi hanno fatto
sorridere.
Siete…troppo. E qui aggiungete voi. Gentili, simpatiche,
belline,
ecc…oi, ma senza pensare male xD E quindi vi dico grazie per
aver
letto la storia, per averla messa tra i preferiti, le seguite, tra le
ricordate e chi ha commentato.
E…okay,
poi giuro di smetterla di stressarvi!! È venuto all'ultimo
momento,
ma voglio farlo. Dedico questo capitolo a 3 personcine che domenica
mi sono state accanto quando stavo da schifo. Angela, Irene e
Margherita, grazie. Non immaginate quanto io vi voglia bene, dico
davvero <3
fire
and ice, hey, visto? Alla fine sono tornata. Sono
immortale
ù.ù xDD Grazie mille, spero ti piaccia anche
questo capitolo
fedev82,
hola! Grazie mille, sei stata molto carina ^^ Sì, come ho
scritto
sopra in gita me la sono passata, litigate a parte xD
Railen,
che emozione, è la prima recensione a cui rispondo xDD Ti
sei
stampata il mio capitolo? *-* Mi torna in mente quando lo facevo
anche io con BTMYH. Lo leggevo a scuola, mentre stavo andando al
matrimonio di mia zia…che ricordi <3 Anche io
inorridisco di
fronte a quello che faccio fare a Michelle. La mia mamma è
intoccabile. Ma se dovessi avere una madre come
Bianca…oddio,
probabilmente mi comporterei come quella povera crista xDD Ah,
comunque la risposta è no. Cioè, Jared lo avevo
già infilato in
una battuta, ma poi ho cambiato e l'ho messo in quella attuale.
Sì,
avrei anche potuto mettere Shannon. Meglio un animale che un
narcisista xDDDD Okay, non picchiarmi *nasconde il volto tra le
braccia* Anzi, sono io che dovrei picchiare te. Mi picchi
perché
devi aspettare? Io ti picchio perché non mi fai
più leggere niente
è_é VERGOGNA! Ma nonostante tutto, ti adoro anche
io <3 (okay, i
miei prof hanno ragione. Non ho il dono della sintesi xDDD)
Sognatrice85,
Marghe, tesoro mio…non smetterò mai di dirti
grazie. Per tutto
quello che fai per me e per tutte le belle cose che mi dici. Grazie,
ti voglio un mondo di bene
CrisAngels,
ciao, Cris ^^ Grazie mille. Anche a me piace il rapporto tra Jenny e
Michelle. Alla fine rispecchia il mio rapporto con Ilaria, la mia
migliore amica. Certo, ovviamente con qualche differenza. Per quanto
riguarda Bianca la penso esattamente come te, per questo mi sono
divertita un sacco a descriverla così!
Martiiss,
cognatìììììì!
Ma no, non dire così che poi mi emoziono!!
Grazie, sei troppo buona con me <3 Mi manchi, lo sai? Parliamo
pochissimo ultimamente. Io mi connetto poco e quando lo faccio non
abbiamo mai argomenti xD A proposito, quando mi vieni a trovare?
Guarda che io ti aspetto ù.ù
doddola93,
quanto mi è mancato rispondere ad una tua recensione non lo
puoi
sapere. Spero che questo capitolo ti piaccia. Non è niente
di che,
lo so, ma non mi andava di cestinarlo. Anche perché non
avrei saputo
cosa metterci di nuovo. Quindi leggiti questa ciofeca. Che poi non
è
così ciofeca. È un po' una ciofechina xDD Ah,
ricordi il mio
pensiero sui pesci depressi e con le dipendenze? Oggi ne ho parlato
con una mia compagna di classe. E che tu ci creda o no era
interessata! Certo, all'inizio pensava che fossi matta, ma poi mi
sono salvata xDD E io aspetto di leggere un po' i tuoi capolavori! Ti
adoro tanto tanto. Talmente tanto che non posso nemmeno fartelo
sapere qui. A proposito! Ti è arrivata la cartolina?
_Miss_,
un cognome può rovinare una vita? Secondo me sì.
Anche perché se
fai caso a tutto quello che succede oggi, non ci vuole niente
perché
la gente ti prenda per qualcun altro. Ad esempio, mia mamma
è stata
una giocatrice della nazionale di pallavolo da giovane e tutti quando
sono nata si aspettavano che seguissi le sue orme. Non ti dico cosa
è
successo con certa gente quando ho mollato la pallavolo. Certo, non
è
proprio uguale l'esempio, ma bene o male volevo farti capire
perché
questa povera ragazza è dannata xDD
Enris,
ciao! Okay, prima di tutto grazie per avermi detto che Michelle non
è
una Mary Sue. Mi rincuora questo ^^ E grazie anche per i complimenti.
Sono contenta che ti siano piaciute anche le altre storie. Per
curiosità, quali hai letto? Un bacio ^^
privi93,
come potevo non dedicarti il primo capitolo? Senza te questa storia
non sarebbe mai nata. Quindi non commuoverti! Anzi, dovresti piangere
perché DEVO picchiarti! Sì, hai capito bene. P I
C C H I A R T I .
Te e l'altra mi avete fatto aspettare UN'ORA su msn, ma niente.
Nessuna delle due si è degnata di venire T_T Mi sono sentita
abbandonata e non amata. E ora entraci su efp ù.ù
E mettiti a
leggere le storie dei 30 Seconds to Mars *_* E in ogni caso ti voglio
bene. Tanto tanto <3
Jodie,
hey, ciao! A proposito, grazie per la recensione che mi hai scritto
nell'altra storia! L'ho letta l'altro giorno xDD No, ti prego, non
farmi quelle domande. Anche perché se poi inizio anche io
sei
fregata. Per esempio, ti sei mai chiesta se i pesci pulitori a furia
di pulire non diventa una dipendenza per loro pulire? xDD E a
proposito, potrebbero venire a pulire la mia camera xDD Spero ti
ispiri anche questo capitolo! E secondo me meglio dire ISPIRA che
SPIRA, perché se spiri sei morta xD Un bacio ^^
angiiie,
eccola, la donna che pubblicizza le storie e poi non le legge xDD
cugiò, la mia cugiò…aspetto una tua
cartolina!!! ù.ù grazie per
tutti i complimenti, sei un'amore! E ti meriti un applauso. Anzi,
due. Okay, tre *fa 3 applausi* Ma poi basta, altrimenti ti vizio xD
Ma…poverina, comprendi Michelle. È arrivata ad un
punto in cui
tutte le cose che le porta Bianca le fanno schifo. Ma so anche io che
i cerchietti sono belli. E poi tu sei di parte, adori Blair Waldorf!
xDD
ilachan89yamapi,
ma salve!!! ^^ grazie, grazie, grazie (non smetterò mai di
dirtelo!)
sei troppo gentile! Soddisfatta della reazione di Michelle? Un bacio
^^
Ed
ora è giunto il momento di salutarvi.
Tornerò
a stressarvi al prossimo capitolo.
Un
bacio enorme, Giulls
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Capitolo 3 *** Mercatino di beneficenza ***
Mercatino
di beneficenza
Come tutte
le mattine in cui la sera prima mi dimenticavo di sistemare la
tendina della mia finestra e mi svegliavo con i raggi del sole che mi
colpivano direttamente gli occhi, così era accaduto anche
oggi. Un
benedetto sabato in cui potevo recuperare il sonno perduto.
Cominciai a
stiracchiarmi nel letto mentre mugugnavo qualcosa di incomprensibile
anche per me stessa, fino a che non mi decisi ad alzarmi e sorridere
al mondo.
Ancora
assonnata e con gli occhi semichiusi mi tolsi il pigiama e indossai
la prima tuta che tirai fuori dall'armadio. Con tutte quelle che
avevo, mi era capitata tra le mani la mia tutta preferita, quella
verde, quella che oltretutto non trovavo da due settimane. La
giornata era cominciata davvero bene.
Presi dalla
scrivania il mio cerchietto e lo misi in testa mentre scendevo di
corsa le scale per andare in cucina a fare colazione. Dovevo essere
in forze per andare a reclamare abiti per il mercatino di beneficenza
e ancora di più per trasportarli tutti fino a casa.
< Mamma?
Mamma, ci sei? > chiesi entrando in cucina.
< È
uscita venti minuti fa > replicò Georgina mentre
stava pulendo i
fornelli.
Sbuffai e
mi sedetti a tavola.
< Ha
detto per caso dove sarebbe andata? >
< No, mi
dispiace >
< È
sempre così. Tutte le volte che ho bisogno di lei per il
mercatino
non c'è mai >
Georgina,
dopo avermi gentilmente porto la tazza con dentro del latte caldo e i
cereali, alzò lo sguardo e mi fissò.
< A
proposito di mercatino! > esclamò mentre usciva dalla
cucina <
mi ha detto di dirti che puoi utilizzare tutte queste cose da usare
>
Finii di
bere il latte, misi tutto dentro la lavastoviglie e poi mi avvicinai
verso l'altra estremità del tavolo e guardai cosa avesse
messo
dentro Bianca. Ero sbalordita. Davvero mia madre voleva dare via le
scarpe di Armani e il tubino di Versace? Che diavolo le era preso?
Generalmente quella che dava via le cose firmate ero io.
<
Perfetto. Grazie, Georgina >
< Di
niente > rispose sorridendo e continuò a pulire la
cucina. <
tesoro, hai già scelto il VIP da chiamare quest'anno?
>
< Le
Clovers mi fanno pressioni affinché chiami Orlando Bloom,
solo che
lui vive in Inghilterra e non penso voglia venire in America per un
mercatino di beneficenza. Fino a qualche mese fa avevo pensato di
chiederlo a Miley Cyrus, visto che lei va a nozze con la beneficenza,
ma credo proprio che la lascerò in pace e andrò a
chiedere a Robert
di partecipare >
<
Immagino che ti dispiaccia un sacco non invitarla >
Risi e mi
voltai per guardarla.
< È una
cosa che mi distrugge il cuore >
Portai la
cesta in camera mia e guardai fuori dalla finestra nella speranza di
scorgere un qualsiasi movimento da casa di Robert. Cavolo, ancora non
mi capacitavo di essere la vicina di casa di uno degli attori
più
sexy del mondo, secondo la rivista People, e il numero uno, secondo
Jenny e me. E dire che è ormai passato un mese da quando si
è
trasferito.
Presi un
volantino dalla mia scrivania super disordinata e uscii di casa
camminando fino alla casa accanto, dove suonai il campanello e attesi
che Robert mi aprisse.
Aspettai
qualche secondo e ad aprirmi fu un gorilla troppo abbronzato.
< Sì? >
<
Sono Michelle Waldorf, la vicina di Robert. Avrei bisogno di parlare
con lui. Posso
entrare? >
Il gorilla
inarcò il suo mono-sopracciglio.
< Mi
dispiace, ma il signor Pattinson non è in casa >
< Quella
non è la sua macchina? > insistetti. Pensava di
fregarmi?
< Sì,
ma lui è uscito senza macchina >
<
Immagino che tu sia la sua guardia del corpo. Ma se sei qui e lui non
c'è, che corpo stai a guardare? >
La mia
risposta sembrò spiazzare il gorilla e la cosa mi
divertì
parecchio, specialmente quando sentii dei rumori provenire da dentro
casa.
< Chi è
alla porta? >
Guardai
quella sottospecie di armadio, divertita.
< Sono
Michelle, la tua vicina. Avrei bisogno di parlarti. Non è
che
potresti affacciarti un attimo? Poi prometto di lasciarti in pace
>
continuai senza distogliere lo sguardo e il ghigno divertito dal
gorilla e sentii dei passi affrettarsi, vedendolo infine sbucare di
fianco all'armadio.
Robert mi
sorrise.
< Ciao,
piccola Michelle >
< Ciao,
Robert > risposi sorridendo.
Alla mia
risposta calma vidi il suo sorriso beffardo scomparire. Ancora non
avevo capito perché si divertiva tanto a chiamarmi piccola
Michelle.
< Cosa
posso fare per te? Vuoi entrare? >
< No, ma
grazie lo stesso. Anche perché credo che il tuo simpatico
gorilla
non voglia lasciarmi passare >
L'interpellato
mi guardò accigliato e si spostò più a
sinistra, nascondendo
ancora di più Robert. Ma lo faceva apposta a coprirlo
così?
< Prego
>
< No,
stai tranquillo. Vado di fretta. Robert, avrei bisogno che tu mi
facessi un enorme favore. Sto organizzando per il prossimo sabato un
mercatino dell'usato e tutto ciò che ricaveremo
verrà donato in
beneficenza. Ogni anno domando a qualche VIP di partecipare e
quest'anno mi piacerebbe se fossi tu a partecipare >
< Uhm, è
interessante. E devo portare anche io delle cose? >
< Se
vuoi, sì >
Si grattò
la testa e poi mi lanciò uno sguardo sospettoso.
< Non
hai intenzione di mettere all'asta un mio bacio? >
Immediatamente
la sua guardia del corpo si mise sull'attenti e mi guardò
minacciosa.
< No,
rilassatevi entrambi. Anche perché il botteghino dei baci
sarà
gestito da Megan >
Rise.
< Okay,
ci sto >
<
Grazie, ti sarò eternamente grata! > esclamai
sorridendogli
calorosamente e presi dalla tasca il pezzettino di carta che mi ero
portata dietro < Questo è il mio numero, se trovi
qualcosa che
vuoi donare fammi uno squillo e verrò a prendere tutto
>
< Va
bene. Ciao > rispose mentre alzava la mano e mi sorrideva.
< Ciao,
Robert > dissi sorridendo e poi mi voltai verso la body guard,
che
non la smetteva di guardarmi accigliato < Gorilla…
>
Mi
allontanai ancora ridacchiando da casa sua e mi camminai per tutto il
quartiere, pronta a raccattare tutto ciò che non volevano
più.
Dopo due
ore riuscii a mettere di nuovo piede in casa, carica come non mai di
enormi sacchi neri con dentro i vestiti del vicinato. Li posai per
terra e poi andai in cucina.
<
Georgina, sono stanca morta. È impegnativo organizzare tutto
>
sbuffai.
< E
allora perché continui a farlo ogni anno? > chiese
amorevolmente
mentre mi passava un bicchiere di spremuta d'arancia.
< Perché
è utile per il mio curriculum > ribattei passandomi
una mano
sugli occhi.
< E tu
che vestiti hai deciso di donare? >
Sorrisi e
mi accasciai sulla sedia.
< Ancora
non lo so. I vestiti che ho li indosso ancora tutti o per lo meno ci
sono affezionata. È difficile, ma alla fine mi diverto un
mondo. E
poi è un'ottima scusa per rinnovarmi il guardaroba >
obiettai
mentre mi alzavo in piedi < È meglio che cominci a
dare una prima
occhiata. Per prima cosa metterò in vendita il tubino di
Bianca.
Generalmente i vestiti che mi prende lei sono quelli che vendo subito
>
< Perché
i vestiti che compra tua madre piacciono >
<
Piacciono le firme. Alcuni vestiti che mi regala non sono
male…ma
quando mi viene in mente che lei me li ha comprati per farmi
assomigliare a Blair Waldorf mi viene una voglia improvvisa di
disfarmene >
<
Tesoro, conosco bene la tua storia > ribatté mentre
si
allontanava dalla cucina.
Mi alzai e
andai verso il lavello, lavai il bicchiere e poi andai a cercare
Georgina.
<
Michelle, ti va se ti cedo anche alcuni miei vestiti? Non saranno
molti, ma quelli che non uso più posso darteli volentieri
>
< Sì,
grazie > asserii sorridendo e poi scappai in camera per
preparare
il mio sacco.
Il grande
giorno era arrivato e quando aprii gli occhi alle otto in punto ero
pronta a spaccare il mondo. Con un balzo degno di un qualsiasi
campione di salto in alto o in lungo scesi dal letto e mi incamminai,
anche se correvo più che camminare, verso il bagno, per poi
buttarmi
dentro la doccia. Letteralmente. Inciampai con i piedi nel tappeto e
caddi dentro la doccia. E sì, sbattei la testa contro il
muro;
piano, però avevo dato comunque una bella craniata.
<
Mannaggia > borbottai tra me e me mentre mi massaggiavo il punto
della fronte in cui avevo sbattuto.
Dopo
venti minuti uscii fuori, questa volta stando bene attenta a non
cadere e poi andai in camera. Mi asciugai i capelli, poi aprii
l'armadio e tirai fuori un paio di jeans skinny scuri, una canotta
bianca e una camicia a maniche lunghe a quadri rossa e bianca. Ai
piedi indossai un paio di ballerine di stoffa nere, poi andai in
camera di Bianca e mi riappropriai della collana nera che mi aveva
gentilmente rubato.
Tornai in
camera per guardarmi un'ultima volta allo specchio, poi presi gli
ultimi due sacchi con gli abiti dentro, la mia targhetta col nome e
quelle degli altri e poi andai verso la scuola.
< Sono
in ritardo, scusate! > esclamai mentre mi avvicinavo a Jenny e
Walter.
< Come
sempre, ma ormai non ci scandalizziamo nemmeno più >
ribatterono
sorridendo e Jenny mi porse un bicchierone di Starbucks.
< Tieni.
Cocco e caramello, come piace a te >
La guardai
con gli occhi che luccicavano.
< Ti amo
tanto, sappilo > dissi mentre mi voltavo a guardare Walter e
risi
della sua espressione < allora, questa notte sono stata fino
alle
due a pensare a come allestire tutto. Pensavo di fare lì in
fondo la
zona asta che chiuderemo con dei separé o delle tende,
mentre qui il
mercatino. Quest'anno non faremo come l'anno scorso. L'idea che in
ogni bancone ci sia tutto quello che apparteneva ad una persona non
va bene. A destra ci saranno le maglie, al centro i pantaloni e le
gonne e a sinistra l'intimo, mentre laggiù ci
sarà il bancone con
tutte le scarpe. E ovviamente tappeti e specchi per farli provare,
mentre sulla destra metteremo dei piccoli camerini prova. Okay? >
< Sei tu
il capo > ribatté Walter mentre usciva dalla palestra.
< Dove
va? > domandai guardando la mia amica.
Walter si
voltò e mi sorrise.
< Da mio
zio a prendere in prestito qualche separé e qualcosa da
usare come
camerino prova. Torno tra cinque minuti >
Non appena
rimasi sola, Jenny mi guardò accigliata.
< Chi
sarà il VIP di quest'anno? >
< Robert
Pattinson > risposi mentre le attaccavo la targhetta.
< Ed è
per questo che sei vestita così? >
< Così
come? >
< È il
primo anno che ti vesti così elegantemente. Generalmente sei
in tuta
o comunque non sei vestita così. Tua madre ne
sarà felice >
< Grazie
al cielo Bianca non sarà qui oggi > ribattei
facendole la
linguaccia < e comunque io mi sono vestita così
perché mi
andava, lui non centra assolutamente niente >
Cominciammo
a dare una bella spazzata per tutta la palestra mentre attendevamo il
ritorno di Walter per montare i camerini, i banconi e per sistemare i
separé. Poi sistemammo tutta la merce, attendendo
impazientemente
l'arrivo delle altre Clovers. Ero davvero energica quel giorno e non
vedevo l'ora di iniziare.
Non
appena le mie amiche arrivarono consegnai loro la targhetta con i
nomi e cominciai a spiegare i vari compiti: io
sarei stata alla cassa e le altre o dovevano stare dietro i vari
banconi, o nella zona delle calzature, oppure di occuparsi della zona
asta.
Alle nove e
mezza avevamo già preparato tutto e alle dieci in punto la
gente
cominciò ad arrivare.
C'erano
addirittura le girl scout che vendevano la limonata all'entrata.
Il
mercatino stava andando alla grande, fino a che non cominciò
un
temporale tremendo, che ci costrinse a chiudere le porte della
palestra.
A poco a
poco la gente che era dentro voleva andarsene, mentre molte mie
compagne di scuola, Olivia la oca compresa, volevano vedere Robert,
che era in grande ritardo.
<
Michelle, ma non doveva venire Robert Pattinson come VIP? >
chiese
Shelley, la mia compagna di laboratorio.
< Sì,
ma è in ritardo >
< Ma
arriva, vero? >
< Deve >
ribattei tagliente e mi avvicinai a Jenny.
<
Michelle, la gente inizia a spazientirsi. Dov'è Robert?
>
< Jenny,
non ne ho la minima idea… >
< Siamo
sicuri che Robert venga? Non è che ti sei inventata tutto
solo per
chiamare tanta gente? >
< Taci,
Olivia. Robert verrà >
E in
quell'esatto momento la porta della palestra si aprì e vi
fecero il
loro ingresso Robert e il gorilla dell'altro giorno.
< Ecco,
quando si parla del diavolo… > ribatté
Jenny, mentre attorno a
me tutte avevano incominciato ad urlare e ad applaudire Robert come
se fossero impazzite e lui, dal canto suo, le guardava imbarazzato.
Sbuffai e
mi avvicinai a lui di corsa.
< Ti
sembra questa l'ora di arrivare? >
Il mio tono
suonò talmente tanto minaccioso che il gorilla mi si
piazzò
davanti.
< Scusa,
piccola Michelle, ma ero a fare un'intervista >
ribatté,
divertito < Michael, stai tranquillo, lei è l'ultima
persona di
cui devi preoccuparti >
Risi.
< Si
vede che ancora non mi conosci bene. Comunque, visto che sua
maestà
non è bagnato può gentilmente venire a fare la
sua presenza
all'asta? >
Mi guardò,
terrorizzato.
< Devi
mettermi all'asta? Hey, non erano questi gli accordi, tu…
>
<
Calmati! > esclamai < tu devi solo presiedere l'asta,
tutto qui
>
< Oh,
okay. Allora sì >. Alzai gli occhi al cielo, lo
afferrai per il
braccio e lo trascinai verso la zona dell'asta. < Lo sai che sei
molto carina vestita così? >
<
Grazie, sei molto gentile > ribattei frettolosamente e mi
avvicinai a Sarah < Robert, lei è Sarah e ti
aiuterà in caso di
bisogno. Divertitevi e se avete bisogno di me cercatemi alla cassa
>
Verso le
due incominciai a contare l'incasso. A causa del brutto tempo avevamo
guadagnato poco più di mille dollari e la cosa mi rendeva
triste.
Volevo fare una donazione sostanziosa per aiutare l'ospedale
pediatrico.
Mi
incamminai verso Sarah e Robert, domandando come stesse andando
l'asta, ma i risultati non furono molto positivi, specie
perché
c'era molta gente che se ne stava andando via.
<
Ragazze, torno subito > ci disse Robert e chiamò il
suo
scimmione, per poi uscire dalla palestra.
Hannah, una
ragazza della mia squadra, mi corse incontro.
< Dove
sta andando? >
< Vorrei
tanto saperlo anche io > ribattei scocciata.
Molte
ragazze, non appena videro Robert andarsene, vollero farlo pure loro,
ma a fatica le convinsi a restare, promettendo che sarebbe ritornato.
Tornai alla
cassa e fingi di essere tranquilla, ma tirai un sospiro di sollievo
solamente quando lo vidi ricomparire dopo venti minuti, con in mano
la sua chitarra preferita.
Inarcai le
sopracciglia quando salì con la chitarra sul palco.
Intanto una
ragazzina si era avvicinata per pagare, ma ascoltai con attenzione
cosa diceva Robert.
< Voglio
mettere all'asta questa mia chitarra. È la mia preferita e
ci sono
molto affezionato, ma abbiamo bisogno di soldi per la beneficenza,
quindi sono pronto a separarmene. Le offerte partono da
tremilacinquecento dollari >
<
Quattromila! > sentii esclamare e sentii subito qualcun altro
ribattere.
In men che
non si dica il prezzo era arrivato attorno agli ottomila dollari.
Cavolo, la chitarra preferita di Robert Pattinson faceva gola a
parecchia gente.
Battei alla
cassa anche l'ultimo capo della ragazza e lei mi porse la sua carta
di credito. La presi in mano e mi preparai ad utilizzarla, mentre
continuavo a prestare attenzione all'asta con un orecchio.
< Siamo
arrivati a diecimila dollari. Chi offre di più? Nessuno?
Okay,
diecimila e uno… >
Lasciai la
carta di credito sul bancone e guardai la tipa.
< Solo
un momento >
Corsi verso
la zona dell'asta.
<
Diecimila e due… >
<
Ventimila! > urlai, aggrappandomi a Sarah per non cadere.
Robert alzò
immediatamente la testa e attorno a me cominciarono tutti a
bisbigliare. Era divertente, mi sembrava di essere dentro un film.
Il suo
sguardo stralunato durò per pochi secondi, poi mi sorrise.
< Chi
offre di più? > domandò, ma nessuno
osò controbattere < la
chitarra viene venduta a Michelle Waldorf per ventimila dollari!
>
esclamò, battendo il martello sul baracchino in legno al
quale stava
dietro < fanne buon uso, mi raccomando >
Sarah andò
verso Robert, prese la chitarra e me la consegnò.
Le sorrisi
grata.
Tornai
indietro, mi scusai con la ragazza per averla fatta attendere e
compilai l'assegno di ventimila dollari, che depositai nella cassa.
Guardai Jenny e la pregai di prendere il mio posto. L'asta stava per
terminare ed io dovevo fare una cosa urgentissima. Salutai Robert con
un cenno della mano e poi tornai a casa.
Cercai
disperatamente una coccarda rossa, un foglio e una penna e una volta
trovato il tutto mi sedetti sul tavolo e incominciai a scrivere.
“Quello
che hai fatto è stata la cosa più generosa che
qualcuno potesse
fare. Mi hai aiutato con il mercatino, hai fatto sì che
l'ospedale
ricevesse ventiduemila e cinquecento dollari (e il mercatino non
è
ancora finito!). Non potevo privarti della tua chitarra preferita.
Considerala un regalo di benvenuto. Michelle.”
Infilai il
biglietto sotto l'adesivo della coccarda e poi lasciai la chitarra
sotto il portico di Robert, e non appena misi piede sotto il mio
portico, sentii una portiera sbattere.
Mi voltai
curiosa di vedere la sua espressione e vidi Robert immobile, con la
bocca e gli occhi spalancati. Alternava lo sguardo tra me e la sua
chitarra.
Sorrisi e
lo salutai con la mano, poi rientrai in casa e mi chiusi la porta
alle spalle. Salii in camera, mi tolsi le scarpe, ormai con i piedi
pieni di vesciche perché ero senza calze, mi misi in tuta e
mi
preparai a tornare in palestra per dare una mano a smontare tutto, ma
Jenny mi precedette e mi mandò un messaggio nel telefonino,
dicendomi che avevo già fatto abbastanza per quel giorno e
che ora
dovevo solo riposarmi.
Lunedì le
avrei portato la colazione. A lei e a tutte le Clovers: ero troppo
stanca, non avevo la forza di uscire di nuovo.
Stavo
camminando verso la cucina quando vidi un bigliettino sotto la porta.
Mi chinai e lo aprii.
“Piccola
Michelle, almeno una cena te la devo. Sei stata troppo gentile. Rob”
< Okay,
quando vuoi > sussurrai sorridendo.
Yeah,
la
scuola è ufficialmente finita!!!! Non riuscivo a realizzarlo
ancora,
ma dal momento che è mezzogiorno e sono ancora in pigiama,
ora ci
riesco xDD
Magari con
l'arrivo dell'estate l'ispirazione mi torna e ricomincio a scrivere.
Sto andando un bel po' a rilento a dir la verità.
È che non so cosa
scrivere; ogni cosa che scrivo mi sembra stupida, banale…
Comunque,
in questo capitolo ci saranno sicuramente tanti errori grammaticali e
di congiunzioni. Anche ripetizioni, ne sono sicura. Ma ho troppo
caldo per concentrarmi e correggere. E in più sto tentando
di
convincere me stessa a prendere la bicicletta e di andare a scuola
guida oggi pomeriggio. Ma fa davvero troppo caldo. E non ho voglia di
usare il motore perché devo fare movimento xDD Oh, inoltre
sto
pensando a domani che devo prendere il treno delle 7 e mezza per
andare a Milano. Vado a vedere il concerto dei Muse, sapete?
Anyway,
basta parlare di me! Voglio ringraziare le personcine splendide che
hanno letto, commentato, messo tra i preferiti, le seguite e chi
più
ne ha più ne metta la mia storia. Siete stupende, vi adoro
<3
Sognatrice85:
Marghe, tesoro mio…ultimamente ci sentiamo pochissimo, mi
spiace
tanto tanto :( Michelle e Rob si sono
conosciuti…diventeranno
amici? Boh, chi lo sa xDD Ma Robert è un po' tanto cazzone
in sta
storia, quindi dovrà dimostrare più e
più volta la sua dolcezza e
la sua gentilezza per farsi perdonare dalla nostra Michelle! Spero
che il capitolo ti sia piaciuto, ti voglio bene <3
ilachan89yamapi:
Sììì, e adoro Michele per questo.
Anche io tendo a fare figuracce
:P
Railen: E
io ti adoro per questo. Continui a leggere anche se di Rob non ti
interessa più una cippa lippa. Che cara ragazza che sei
<3 Hey,
stai tranquilla. Jared comparirà di nuovo nella storia (e
magari non
solo lui xD) e Michelle picchierà Robert. Molte volte. E non
sarà
solo lei a picchiarlo se ti può consolare xDD E alla radio
ascolterà
i Mars, stai tranquilla. Non spariranno dalla fiction. E a proposito,
bisogna che mi metta di impegno e finisca la one-shot xDD Bello,
anche qui il dono della sintesi non esiste xDD Michelle un po' mi
rispecchia. Anche io faccio diverse figuracce, anche se non
spettacolari come le sue xDD Sono felice di sapere che per me ci sei
sempre. Ti adoro e non sai quanto <3
privi93:
pensala positivamente! Io ti butto giù dal Tamigi e magari
qualche
bel giovincello londinese ti salverà! <3 Mancano 18
giorni,
funghetta. 18 miseri giorni. Fa quasi paura a leggerlo, il tempo
passa in un lampo. Luv ya <3
doddola93:
Sei la prima a cui piace Bianca, lo sai? XD Chissà se
continuerà a
piacerti fino alla fine della storia :P Hus adorata, sono
così
contenta che la storia ti piaccia! È vitale
la tua
approvazione, sappilo. Ti voglio un mondo di bene. Anzi, una
galassia. E prima che tu parta per Londra dobbiamo assolutamente
vederci. Posso venire anche a Venezia o anche sotto casa tua (posso
venire anche con un mazzo di rose rosse xD), non importa. Basta che
incontri la mia Hus stupenderrima.
angiiie:
Muse, domani sera! Ti sei fatta un mega ricaricone? XDD Smettila di
odiarti! L'hai comunque letto, no? Non vedo dove sia il problema :)
Michelle non è che odia Blair…odia il fatto che
ci sia gente che
pretenda che si comporti come Blair xDD Queste madri… -.- A
proposito di cartoline! Da dov'è che me la avresti presa? xDD
Jodie: Hey!
Sì, sono vegetariana :) Ma tu cosa intendi per vegetariana
vegetariana? xD No, perché ci sono varie categorie di
vegetarianismo
(mi sono documentata, visto che brava? xDD) Spero che il capitolo ti
piaccia e grazie per i complimenti! Sei troppo carina *_*
LoryeEmi:
ciao! Grazie mille, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!!
Spero
di
riuscire a postare prima di partire per Londra. Tra 18 giorni.
Strano, mi viene un formicolio allo stomaco tutte le volte che mi
rendo conto di quanto manchi poco. Non potete immaginare quanto io
sia contenta, non vedo l'ora di partire!
A presto!
Un bacio,
Giulls
|
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Capitolo 4 *** Parlami di te ***
Parlami
di te
<
Avanti, raccontami un po' di te > disse dopo aver finito il suo
terzo bicchiere di coca cola.
< Che
cosa vuoi sapere? > chiesi mentre mi lisciavo la gonna della
divisa scolastica.
< Inizia
col raccontare qualcosa in generale > rispose facendo le
spallucce.
< Mi
chiamo Michelle Waldorf, farò diciannove anni tra sei mesi e
frequento l'ultimo anno del liceo a Santa Monica >
< Santa
Monica? Wow, lì c'è uno dei licei più
costosi d'America >
< Già.
Io vado lì > risposi accennando un sorriso.
< Ma non
sembri una snob con la puzza sotto il naso > obiettò
scrutandomi.
< E
infatti non lo sono. Ma Bianca voleva che io andassi in una scuola
super, visto che di cognome faccio Waldorf… >
<
Immagino che sarai popolare a scuola grazie a Gossip Girl >
< A
causa
di Gossip Girl, vorrai dire! > esclamai guardandolo negli occhi
<
Robert, la metà della popolazione maschile della mia scuola
vuole
portarmi a letto per il mio cognome, mentre l'altra metà o
mi evita
perché ha paura di me, o perché sono troppo
popolare
> ripresi calcando
sulle ultime due parole < tutti mi trattano come se fossi Blair,
non Michelle. Non ero nessuno prima di Gossip Girl, ora sono vista
come una dea >
< Non ti
piace la notorietà? >
< Non è
questo il punto. Non voglio essere popolare solo per il mio cognome,
e non voglio essere etichettata come Blair. Perfino alcuni miei
professori mi temono! >
< Certo
che al mondo esistono ancora dei pazzi! > esclamò
scoppiando a
ridere.
< Puoi
dirlo forte. Hey, vuoi bere ancora della coca? >
< No,
grazie. Ora è meglio che torni a casa. Devo studiare il
copione >
<
Breaking Dawn? >
<
Esatto. Ci vediamo, Michelle. Grazie ancora per la coca >
< Quando
vuoi > risposi sorridendogli < buono studio >
< Anche
a te >
<
Purtroppo, oggi pomeriggio non studierò >
< E come
mai? >
< Mi
aspetta un pomeriggio di shopping >
< Lo
dici come se fosse una tortura >
< Con
Bianca tutto
è una tortura >
< Appena
torni a casa passa da me a farmi vedere cosa ti sei comprata >
disse sorridendomi e sgranai gli occhi.
< Robert
Pattinson che fa entrare una ragazza, nonché sua fan, in
casa? E
quelle povere ragazzine della settimana scorsa? Le hai lasciate fuori
al freddo e al gelo! >
<
C'erano ventiquattro gradi, e poi… > rispose, ma si
bloccò poco
dopo < Michelle, vai a cagare! > esclamò
chiudendosi la porta
alle spalle e scoppiai a ridere.
Salii in
camera e mi tolsi la divisa. Mi avvicinai all'armadio e tirai fuori
un paio di jeans chiari e un top a fascia color verde acqua.
< Perché
non ti metti le Armani color verde acqua per fare shopping? >
domandò Bianca entrando in camera mia.
< Perché
stiamo andando a fare shopping. Non voglio mettermi un paio di
sandali con il tacco da venti centimetri per fare dello shopping
>
ribattei mentre mi infilavo un paio di ciabattine dello stesso colore
della maglia.
< E
allora io cosa ti ho comprato le Armani a fare? >
< Non lo
so, ma tanto le hai sempre tu indosso, non vedo dove sia il problema
>
< Vuoi
guidare tu? Ho appena fatto la manicure e non vorrei che mi si
rovinassero le unghie >
< Certo,
mamma, stai tranquilla > risposi sorridendole forzatamente.
< Devi
andare a fare benzina >
Ecco, ora
viene fuori l'inganno. La benzina. Mi sembrava troppo strano che
fosse andata a farla lei. Non ti smentisci mai, non è vero,
Bianca?
< Vado.
Tu intanto preparati > risposi mentre scendevo le scale e aprivo
la porta di casa.
Entrai in
macchina e accesi la radio. Cambiai stazione e le note di Can
Somedody Help Me?
dei Full
Brown Roses uscirono dalle casse.
Ecco,
esatto. Che qualcuno mi aiuti. Questa è una tortura.
Ritornai a
casa dopo venti minuti e Bianca non era ancora pronta, così
l'aspettai per vario tempo dentro la macchina.
< Sono
stata al telefono con Mike >
< Non vi
siete visti fino a quando non sei tornata a casa? >
< Già
mi mancava > rispose allacciandosi la cintura.
Ero
sconvolta. Aveva quaranta anni e si comportava come se fosse
un'adolescente.
Accesi la
macchina e nel giro di dieci minuti la parcheggiammo e incominciammo
a girare per negozi.
<
Tesoro, guarda che belle! > esclamò Bianca porgendomi
un paio di
zeppe.
< Non mi
piacciono quelle sottospecie di fiocchi, ma grazie >
< Oh,
non essere sciocca! Sono le Valentino della nuova stagione! Non puoi
non comprarle, Michelle! >
< Va
bene, fammele provare >
< Non
serve, sono del tuo numero > rispose sorridendomi.
Bianca ed
io finimmo di fare shopping dopo due ore e mezza, e non appena mise
piede dentro casa con le sue borse dello shopping, io presi le mie e
mi incamminai verso la casa di Robert.
Suonai e
attesi che Robert mi aprisse.
< Hey >
disse Robert sorridendo.
< Ti
prego, uccidimi > lo implorai entrando in casa.
< Direi
che è stata una brutta giornata > rispose mentre
chiudeva la
porta < come sei vestita elegante >
< A mia
madre sono sembrata una stracciona. Voleva che mi mettessi un paio di
scarpe di Armani per andare a fare shopping > dissi mentre mi
buttavo sul suo divano.
<
Avanti, fammi vedere cosa ti sei comprata >. Si sedette vicino a
me e mi aiutò a prendere fuori le cose dai pacchi. <
Certo che
anche tu non sei messa tanto male economicamente >
< Che
intendi dire? >
< Beh, i
tuoi acquisti. Molti dei vestiti che hai preso portano delle grandi
firme >
< Bianca
> ribattei passandomi una mano tra i capelli.
< Sempre
per il discorso di Blair? >
< Sì. E
anche perché sua madre le ha lasciato in eredità
tutti i soldi che
aveva fatto con la sua catena di moda. Sai, mia nonna era una grande
stilista negli anni Ottanta. E quando è morta mia mamma ha
ereditato
i soldi e l'attività. Bianca ci ha lavorato per qualche
anno, poi ha
deciso di chiudere per vivere di rendita. Tanto i soldi non le
sarebbero mai mancati, o almeno questo è quello che mi dice
sempre.
Ma in ogni caso se la fa con i ricchi, così sa bene che non
sperpererà mai i soldi >
< È una
donna furba tua madre >
< Non è
furba, è solo una gran approfittatrice > ribattei
stizzita mentre
gli mostravo le Valentino.
< Sono
le nuove Valentino? > domandò sgranando gli occhi.
< Oh mio
dio…e tu come lo sai? >
< Sono
settimane che mia sorella Vic mi implora di regalargliele per il
compleanno >
<
Davvero? Le vuoi? > chiesi speranzosa.
< Cosa?
>
< A me
non piacciono per niente e so che non me le metterò mai. Ti
prego >
< Ehm,
Michelle… >
< Se sei
davvero mio amico e se davvero mi vuoi bene, le accetterai…
>
< Beh,
effettivamente sono anche del suo numero… >
obiettò guardando
le scarpe < va bene, mi hai convinto >
<
Grazie! > esclamai abbracciandolo < Robert Pattinson, sei
il
migliore! >
< Grazie
a te. Mi hai salvato da una giornata di shopping in cerca di un paio
di scarpe > rispose sorridendo < ma cosa dirai a Bianca?
>
< Dirò
che le ho rovinate per sbaglio > risposi alzando le spalle
<
ora è meglio che torni a casa, Bianca deve uscire con Mike
ed io
devo cucinare qualcosa >
< Vuoi
fermarti a cena? > domandò guardandomi < stavo
giusto per
ordinare una pizza >
< Non
posso dire di no alla pizza > risposi sorridendo.
< Come
la vuoi? >
< Ai
peperoni >
< E così
sia >
Tornai a
casa per mettere via i miei acquisti e poi ritornai da Robert.
< Posso
offrirti la pizza? > domandai quando il campanello
suonò.
< Non
pensarci nemmeno! > urlò Robert dalla cucina.
< Troppo
tardi, sono più vicina io alla porta! > esclamai
correndo ad
aprirla, ma Robert mi prese per i fianchi e mi fece spostare.
< Ti
sono debitore per le scarpe, la pizza la offro io >
< Scemo
> risposi ridendo < sono io che devo ringraziare te per
avermele tolte dalla vista >
< Allora
io pago la tua e tu la mia >
< Ci sto
> acconsentii mentre aprivo il portafoglio.
Ma Robert
me lo sfilò dalle mani e lo lanciò in sala
< E
credi che faccia sul serio? >
< Hey! >
esclamai contrariata, ma Robert continuò a ridere e
aprì la porta.
< Una
pizza ai peperoni e una ai… >
< Aaron…
> interruppi il fattorino sgranando gli occhi.
<
Michelle, cosa …cosa ci fai qui? > domandò
alternando lo
sguardo tra me e Robert.
< Mangio
una pizza con Robert > risposi stringendomi al mio amico.
< Oh,
giusto…sono diciassette dollari e ottanta centesimi >
Robert gli
allungò una banconota da venti dollari.
< Tieni
il resto >
< Grazie
e buon appetito. Ciao, Michelle… >
< Ciao >
risposi freddamente e mi incamminai verso la sala per raccogliere il
portafoglio.
Sbuffai e
poi lo raggiunsi in cucina.
<
Michelle, è tutto okay? > domandò non
appena varcai la soglia.
< Sì, a
parte l'aver rivisto il mio ex ragazzo >
< Vi
siete lasciati da molto? >
< No, ma
non voglio parlarne. Scusa > risposi mentre addentavo uno
spicchio
di pizza.
Mangiammo
la pizza senza parlare, finché non sospirai e decisi di
spezzare il
silenzio.
< Siamo
stati insieme per tre anni >
< E poi?
>
< L'ho
trovato a letto con il suo migliore amico > dissi mordendomi il
labbro.
<
Cosa?!?!?! > esclamò sgranando gli occhi.
< Hai
capito benissimo > risposi con un piccolo sorrisetto.
<
Mi…ehm…mi dispiace > sussurrò
trattenendo una risata.
< Quanto
sei antipatico! > esclamai dandogli una piccola sberla sulla
mano
< io ero innamorata di lui e tu mi prendo in giro
così?!?!? >
< Hai
ragione, Mitchie, scusa >
Mi guardò
di nuovo negli occhi e poi scoppiammo a ridere.
< A
proposito…quando la smetterai di chiamarmi Mitchie? >
< Mai.
Mi piace come soprannome >
< Sembro
una bambina >
< Tu sei
una bambina > ribadì facendomi un sorrisetto furbo.
< Ho
cinque anni in meno di te > obiettai inarcando un sopracciglio.
<
Appunto. Quando tu avevi cinque anni, io ne avevo dieci >
< E
quando tu ne avrai trenta, io ne avrò ancora venticinque.
Hai
ragione, sei vecchio
> risposi calcando sull'ultima parola.
< Va
bene, me la sono cercata > disse alzando le mani in segno di
resa
< senti, devi tornare subito a casa? >
< Non
direi, perché? > domandai guardandolo.
< Non so
cosa fare questa sera. Ti va di restare e di vedere un film con me?
>
< Non è
che questa sera viene il tuo gorilla e mi sbatte fuori? >
<
Tranquilla, ha la serata libera >
<
Okay…hai i popcorn? >
< Ho
anche le patatine se è per questo >
<
Perfetto, valle a prendere. Io intanto scelgo il film > risposi
avvicinandomi al suo scaffale pieno di DVD.
Robert
ritornò dopo cinque minuti, ma io non avevo ancora scelto il
film.
< Ancora
non l'hai scelto? >
< Che
genere vuoi? >
< Se non
vuoi farmi dormire, non mettere su un film d'amore >
< Tu non
hai film d'amore > ribadii prendendo in mano il DVD che avevo
scelto.
< Che
cosa hai scelto? >
< La
vera storia di Jack lo Squartatore > risposi mentre mettevo il
DVD
dentro il lettore.
< Oh,
con la mia amata Londra > sospirò con gli occhi
lucidi.
< Ti
manca? > chiesi prendendo posto accanto a lui.
< Da
morire. Tu ci sei mai stata? >
< Sì,
l'estate scorsa con Jenny >
< E vi
siete divertite? > domandò interessato.
< Molto.
Sai, ad essere sincere noi eravamo partite per Londra unicamente per
cercare te, ma non appena siamo arrivate, abbiamo letto su un
giornale che eri a New York per girare Remember Me, così ce
ne siamo
fatte una ragione e abbiamo fatto le matte per Londra. Te lo giuro,
ci siamo divertite tantissimo! >
< Avete
fatto molte foto? >
<
Ovviamente. E anche molti video. Ma la cosa più pazza,
è stato
farci tutto il tragitto di corsa una volta usciti dal British Museum
per prendere l'autobus > dissi ridendo < una volta salite
siamo
andate di sopra, ci siamo sedute dietro ad un ragazzo troppo carino e
gli abbiamo chiesto di farci una foto. E sai cosa ci ha risposto?
>
< No,
cosa? > domandò sorridendomi.
< Che
l'avrebbe fatto, solo se avessimo accettato di fare una foto con lui
>
< E
l'avete fatto? >
< Mi
sembra ovvio! >
< Chissà
perché non mi aspettavo una risposta negativa >
< Si
chiamava Miguel ed era Spagnolo. Molto simpatico > dissi mentre
prendevo una manciata di popcorn < e la sera stessa siamo andate
in un locale e ce lo siamo incontrate lì con un suo amico.
Abbiamo
chiacchierato per tutta la sera, poi… >
< L'hai
baciato > intervenne interrompendomi.
< Esatto
> risposi arrossendo.
< Bene >
grugnì bruscamente.
< Che
cos'hai? > domandai inarcando un sopracciglio.
< Niente
> rispose facendo partire il film.
< Sei
geloso? > chiesi scoppiando a ridere.
< No,
dovrei? > rispose con aria da sbruffone.
< Non lo
so, dimmelo tu >
< Non
sono geloso, okay?!?! > esclamò spazientito <
ora guardiamoci
questo benedetto film >
Gli lanciai
un'ultima occhiata e lo vidi sbuffare, dopodiché mi
concentrai a
guardare il film.
<
Comunque > dissi dopo una ventina di minuti <
è stato
orribile, baciava malissimo > ripresi guardandolo sottecchi e
quando lo vidi sorridere ridacchiai.
Guardavamo
il film e facevamo i nostri commenti fino a che qualcuno non
suonò
il campanello.
<
Aspettavi qualcuno? > domandai.
< No,
tu? >
< Non
direi, questa è casa tua >
< Ah
già, è vero > rispose passandosi una mano
tra i capelli e
sghignazzai < torno subito, tu intanto continua a guardare il
film
>
< Nah,
metto in pausa e vengo con te, così mi sgranchisco un po'
>
risposi avviandomi con lui e non appena aprì la porta, un
gemito di
disappunto uscì dalle labbra.
<
Kristen > sussurrò Robert.
< Ciao,
Rob. Disturbo? >
< Certo
che no, entra > rispose facendola entrare e venendomi addosso.
< Ahia!
> esclamai contrariata.
< Oh,
scusa…volevo chiederti se ti andava di provare delle battute
con me
questa sera, ma non sapevo che fossi in compagnia… >
disse
Kristen squadrandomi.
< Oh,
giusto. Lei è Michelle… >
< Sei la
sua fidanzata? >
< No, è
solo la mia vicina di casa >
Alt. Fermi.
Vicina
di casa?!?!?
Robert, ti fa così schifo dire che sono una tua amica?!?
Oltretutto
hai dovuto inserire l'aggettivo solo?!?!?
< Non
c'è problema, la vicina di casa se ne stava giusto andando.
Grazie
per la pizza, Robert > risposi a denti stretti <
è stato un
piacere, Kristen > ripresi mentre uscivo da casa di Robert e
tornavo nella mia.
Rientrai in
casa sbattendo la porta e mi fiondai in sala. Mi sedetti sul divano e
presi il telefono per chiamare Jenny, ma non trovai nessuno in casa.
< Che
palle! > esclamai mentre accendevo la televisione, e casualmente
trovai un canale dove stavano trasmettendo La
vera storia di Jack lo Squartatore
< hey, che fortuna! >
Incominciai
a guardarlo, ma poco dopo mi addormentai.
Venni
svegliata diverso tempo dopo da vari colpi alla porta. Guardai
l'orologio e vidi che erano le quattro del mattino.
<
Ma chi diavolo è? > borbottai mentre andavo ad aprire
la porta <
Robert > dissi sorpresa.
<
Hai dimenticato il tuo portafogli >
<
Oh, grazie > risposi afferrandolo < perché mi
hai svegliato a
quest'ora? >
<
Perché Kristen è andata via da poco e volevo
restituirtelo prima
che me ne dimenticassi >
<
Okay, grazie. Buonanotte > risposi fredda.
Robert
accennò un sorriso, poi si allontanò.
<
Senti > disse voltandosi verso di me < perché
d'un tratto sei
diventata così fredda? >
<
Credevo fossimo amici, Robert >
<
Lo siamo >
<
Ma quando la tua bella appare io non sono un'amica, ma solo
una vicina
di casa
>
Non
gli diedi il tempo di rispondere e gli sbattei la porta in faccia.
Anche
Michelle Waldorf ha il proprio orgoglio. E tu l'hai ferito, Robert
Pattinson.
Okay,
questo capitolo è un po' strano. Cioè, Robert
Pattinson si è
comportato da grandissima testa di cazzo. Perdonatemi il termine, ma
quando ci vuole, ci vuole. Per Kristen, poi! Sì, lo so che
sono
stata io a scriverlo, ma dopo 2 mesi l'ho riletto per postarlo e sono
rimasta inorridita xD
Beh,
comunque finalmente sono tornata con il nuovo capitolo. Ma prima di
passare ai ringraziamenti devo dirvelo. Col corpo sono in Italia, ma
la mia anima è a Londra. È ancora più
bella di come me la
ricordassi, non ho parole. Mi sono divertita un sacco, la compagnia
era perfetta e il tempo…ragazzi, 30 GRADI A LONDRA! Mai
successa
una cosa del genere xD O almeno, quando ci sono andata io c'era
sempre pioggia! Ma la prossima volta prendo un biglietto di sola
andata per Londra ù.ù
Beh,
ora però voglio ringraziare voi per aver letto e commentato
il
capitolo. Sono contenta che vi sia piaciuto, non avete idea di quanto
mi facciano piacere le vostre recensioni positive *-*
_Miss_:
grazie mille, sono contenta che Robert ti sia piaciuto nel capitolo
scorso. Chissà in questo xD
LoryeEmy:
grazie mille *-* Sono andata a Londra perché era da tanto
che non
andavo a visitarla e mi mancava da impazzire. È anche la mia
città
preferita. Come si fa a non amarla? *-*
privi93:
so che sei al mare…ma io sto aspettando le foto xDD Ma ora
sono due
i capitoli che non hai ancora letto xDD Beh, alla fine la scenetta
all'aeroporto l'abbiamo fatta :)
Sognatrice85:
la mia amata Marghe, che mi riempe sempre di complimenti. Ma cosa
devo fare con te?? Sei sempre troppo buona, davvero *-* Grazie come
sempre, per tutto. Perché mi sei sempre vicina e
perché sei una
persona splendida, alla quale io tengo tantissimo. Ti voglio un mondo
di bene <3
Jodie:
non importa la lunghezza delle recensioni. Sapere che ti è
piaciuto
il mio capitolo mi rende felicissima, davvero. Ti ringrazio tanto
tanto *-* Ah, sì, anche io dico le cose più volte
per enfatizzare
xDD
Enris:
ciao! Oh, che carina che sei, grazie mille *-* Già, Michelle
sotto
sotto è buona. Poverina ha un passato per niente semplice,
ma poi
capirai xD
Railen:
tu, luce dei miei occhi. Colei che non ne può più
di Rob e company,
come la sottoscritta, ma che continua a leggere per farmi contenta.
Che cara che sei <3 Hey, sappi che tra poco
pubblicherò un
capitolo nel quale Michelle incontrerà i Mars xD Ti ho
pensato
mentre scrivevo, sappilo. E l'8 dicembre entreremo nella Church of
Mars, believe me. Ti adoro tantissimo <3
angiiie:
la mia dolce ANGELA xD Chissà quanto ci metterai prima di
leggere
questo capitolo xD Ormai sono ripetitiva pure io xD Ma è
vero, sei
un amore. Grazie mille, sei sempre buona con me. Come ho fatto a
meritarti?? *-* Ti voglio bene, anzi, benissimissimo! <3
Ragazzi,
detto questo vi saluto.
Un
bacio enorme, Giulls
P.S.
Ho scritto questa one-shot sui 30 Seconds To Mars. Andatela a
leggere, se volete ;)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=528354&i=1
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Capitolo 5 *** È inutile negare, sappiamo entrambi che hai bisogno di me ***
È
inutile negare, sappiamo entrambi che hai bisogno di me
Suonai il
suo campanello e venne il solito scimmione pelato e antipatico ad
aprirmi.
< Ciao,
c'è Robert? >
< Il
signor Pattinson non vuole essere disturbato in questo momento >
Sbuffai,
scocciata. È mai possibile che abbia sempre qualche impegno?
< Okay,
grazie lo stesso >
Mi
allontanai dalla porta e la sentii chiudersi, ma quando mi voltai
vidi che la sua guardia del corpo mi stava spiando. Non solo era
antipatico, addirittura non si fidava di me. Feci finta di niente e
imboccai la strada per casa mia e nell'esatto momento in cui i suoi
occhi non mi stavano più osservando, corsi sul lato della
casa di
Robert e mi arrampicai fino al piano di sopra, usando la pianta
rampicante.
Salii fino
in cima e mi infilai dentro la stanza con la finestra aperta,
trovando Robert seduto sul letto che stava leggendo un malloppo di
fogli. Un copione, probabilmente.
< Ciao!
> esclamai mentre gli entravo in camera.
Sgranò gli
occhi e sbiancò, come se avesse appena visto un fantasma.
< Come
diavolo sei entrata qui dentro? > domandò a voce alta.
< Shh! >
esclamai portandomi un dito davanti alla bocca < se la tua
guardia
del corpo scopre che sono qui mi disintegra >
Robert si
alzò dal letto e, ridacchiando, chiuse la porta.
< Mi
sono arrampicata usando le piante rampicanti >
<
Perfetto, ora dovrò togliergliele >
<
Perché? >
< Perché
altrimenti gente pazza come te mi entra in casa >
< Giusta
osservazione >
Gli sorrisi
e mi sedetti a gambe incrociate sul suo letto.
< Prego,
fai come se fossi a casa tua > ribatté sarcastico.
< Quando
cominci le riprese di Breaking
Dawn?
> domandai ignorando
la sua battuta acida e prendendo il copione in mano.
< La
prossima settimana >
< Uhm,
bello. Sei contento di finire di girare la saga? >
< Un
po', ma allo stesso tempo mi dispiace. Sarà triste quando
finiremo
di girare questa seconda parte >
< Sì,
ti capisco. Come quando a dieci anni sono stata in vacanza con gli
scout. Mi dispiaceva quando sono tornata a casa, ma allo stesso tempo
ero contenta di tornare alla comodità >
Rise.
< Non
credo sia la stessa cosa >
<
Dipende sotto che luce la si guarda > ribattei, consegnandogli
in
mano il copione < ti va di uscire? >
< Ora?
>. Annuii con la testa. < Mi dispiace, ma non posso. Devo
studiare il copione >
<
Nemmeno per un'ora? Nemmeno se te lo portassi dietro? >
< Dove
mi vuoi portare? >
< Nel
mio posto segreto >
< E
quale sarebbe? >
< Eh, se
te lo dicessi poi dovrei ucciderti >
Inarcò le
sopracciglia.
< Ma
scusa, hai detto che volevi portarmici >
< Sì,
infatti. Ma se te lo dico non c'è gusto >
Si passò
una mano tra i capelli, poi mi guardò.
< Va
bene, ci sto. Ma un'ora soltanto >
<
Portati dietro il copione >
< No, ho
bisogno di una pausa >
Gli sorrisi
e uscii di nuovo dalla finestra, per poi andare ad aspettarlo fuori.
Si fece
attendere per qualche minuto e poi mi raggiunse con lo scimmione al
seguito, che mi lanciò un'occhiataccia, alla quale ricambiai
con un
mega sorriso. Dio, come amavo averla vinta!
Salimmo
tutti sulla mia macchina e poi guidai fino alla periferia di Los
Angeles.
< Dove
stiamo andando? > domandò la sua guardia del corpo.
< Non
puoi saperlo, Michael > ribatté Robert < se te
lo dicesse poi
dovrebbe ucciderti. E se ti uccidesse io rimarrei senza protezione. E
questo non mi piace >
< E poi
siamo arrivati >
Parcheggiai
davanti ad un cancello e dopo aver aperto la portiera uscii,
invitando gli altri a fare lo stesso.
< Mi hai
portato in un parco? >
< Non un
parco, il
parco > ribattei, prendendo la chiave dalla tasca posteriore dei
jeans ed aprendo il lucchetto < era il mio parco giochi di
quando
ero piccola > spiegai, notando le loro facce perplesse.
Mi
incamminai fino al centro del parchetto, dove si ergeva una quercia.
< Non ci
credo! > esclamò Robert, posizionandosi accanto a me
< una
casa sull'albero! Da piccolo mio padre me ne aveva costruita una ed
io ci salivo sempre con Tom >
Lo guardai
e gli sorrisi.
<
Vorresti salire? >
<
Ovviamente >
Il problema
ora era prendere la scala che si era attorcigliata attorno al ramo
più basso della quercia, che nonostante fosse basso, era
comunque
più alto del mio metro e sessanta; così mi feci
prendere in braccio
e mi arrampicai fino al ramo. Srotolai a fatica la scala, poi salii
fino in cima e aprii la piccola botola.
Feci un
cenno a Robert e lui mi raggiunse immediatamente.
< Lui
non viene? > domandai alludendo allo scimmione.
<
Preferisce aspettare di sotto >
Chiusi la
botola per evitare che qualcuno si facesse male e poi mi sedetti per
terra, guardando quelle quattro pareti ormai abbandonate, ma sempre
piene di ricordi.
< Sai,
era da tanto che non entravo qui dentro >
<
Davvero? >
< Sì.
L'ultima volta è stata quando… >
<
Quando? > domandò sorridendo quando mi bloccai.
< Non ha
importanza >
< No,
ora sono curioso >
< No,
davvero. Lascia perdere >
< Eh no,
ora mi hai incuriosito >
< È
imbarazzante >
< Dai,
lo sai che di me puoi fidarti >
<
L'ultima volta che sono stata qui è stata quando ho perso la
verginità >
Mi guardò
negli occhi e trattenne a stento una risata, poi cominciò a
saltare
per tutto il pavimento.
<
Uhm…non dev'essere stato molto comodo farlo qui >
< Ma è
stato romantico! >
< Ah,
dimenticavo, voi donne e le vostre manie di romanticismo >
Gli sorrisi
e non ribattei, sapendo che comunque aveva ragione. Presi fuori dalla
borsa un accendino e un pacchetto di sigarette.
< Vuoi?
>
< Tu
fumi? >
< Sì.
Ti crea qualche problema? > ribattei sogghignando.
< Non
hai la faccia di una che fuma >
<
Fidati, l'apparenza inganna >
Si avvicinò
a me e prese la sigaretta.
< Sai
che venerdì scorso sono uscito con una ragazza? >
<
Davvero? E come è andata? >
<
Piuttosto male, direi. Mi odia >
Trattenni
una risata.
< Cosa
hai combinato? >
<
Tralasciando il fatto che non ho fatto altro che lamentarmi? Qualcuno
è riuscito ad avere la sua mail e l'ha insultata
lì, mentre altri
si sono limitati ad insultarla su Facebook >
< Oh,
povera >
< Tu ce
l'hai Facebook? > domandò improvvisamente.
< Sì,
ma non lo uso mai >
< E come
mai l'hai messo su? Per seguire una moda?>
< No,
l'ho messo su a tredici anni per restare in contatto con una mia
amica che si era trasferita in Texas >
< E la
senti ancora? >
< Non
più. Abbiamo litigato due anni fa e da allora non ci
parliamo più.
Avevo anche pensato a bloccare l'account, ma non ricordo la password.
Quindi rimane lì >
< Uhm,
brutto modo per finire un'amicizia >
Scrollai le
spalle.
< Sì,
ma è stato meglio così >
Aspirò
ancora una volta.
< Io ho
un brutto rapporto con la tecnologia, specie con Facebook. Sai, non
posso certo metterlo su. Hai idea di come sarei assalito? >.
Annuii e mi misi accanto a lui, ma immediatamente si scostò
e mi si
parò davanti. < Michelle > mi
chiamò, serio < non credo
che sia una buona cosa essere amici >
< Puzzo?
> domandai, sgranando gli occhi.
< Ma
cosa ti vai a inventare! > esclamò sorridendo
< lo sto dicendo
per il tuo bene, per la tua incolumità. Non voglio che tu
venga
tampinata da paparazzi e fan pazze e… >
< E? >
feci da eco, incitandolo a continuare.
< Non
voglio che tu arrivi ad odiarmi. Ecco perché credo sia
meglio non
essere amici >. Tra di noi regnò l'assoluto silenzio
per quasi un
minuto, ognuno perso nei suoi pensieri, fino a che non riuscii a
trattenermi più e scoppiai a ridere. < Cosa
c'è di tanto
divertente? >
Lo guardai,
cercando di calmare la ridarella.
<
Robert, tu quanti amici non famosi hai qui a Los Angeles, a parte me?
>
< Ora
come ora? Nessuno >
< Ecco,
lo vedi? Ti sei risposto da solo > risposi con aria da tuttologa.
< Non
capisco > ribatté.
Mi sedetti
per terra e lo invitai a fare lo stesso.
< Rob…è
inutile negare, sappiamo entrambi che hai bisogno di me, della mia
amicizia >. Mi accesi un'altra sigaretta e aspettai un pochino
prima di parlare, mentre lui mi guardava impaziente. < Io sono
quell'unica cosa che al momento ti tiene ancora legato alla vita di
tutti i giorni, a quella che noi comuni mortali facciamo. Tu hai
bisogno di me, hai bisogno di sentirti ancora parte del mondo
anonimo. Hai bisogno di staccare e di stare lontano da tutte le
celebrità del mondo. Ma se tu starai qui e non avrai nessun
amico
che non sia attore…beh, ti rovinerai >
Chiuse gli
occhi e sorrise.
< Perché
hai sempre maledettamente ragione? >
< Per il
semplice fatto che sono Michelle Waldorf >. Mi alzai in piedi e
mi
inginocchiai davanti a lui. < Ma se tu lo vuoi, io
sparirò dalla
tua vita e ti lascerò in pace >
Robert aprì
immediatamente gli occhi e mi guardò.
< No >
Sorrisi
apertamente.
<
Perfetto >. Guardai fuori dalla finestra e vidi che il sole
stava
tramontando. < Che ore sono? >
< Quasi
le sei, perché? >
< Dovevo essere all'allenamento con le Clovers mezz'ora fa
>
< E
quindi ora come farai? >
< Penso
proprio che me ne tornerò a casa e domani
racconterò una bugia al
coach >
< Ma sei
il capo delle Clovers >
< E con
questo? >
< Sei
proprio una ribelle… >
< Forza,
torniamo a casa. Tu devi immedesimarti in Edward Cullen, mentre
io…
>
< Tu? >
Mi
incamminai verso la porta e incominciai a scendere le scale.
< Io?
Probabilmente starò stesa sul divano in panciolle a vedermi
un film
>
Guardai
Robert con un ghigno e lui sgranò gli occhi.
< Ti
detesto, sappilo >
<
Bugiardo! > ribattei e scesi giù dalla casa
sull'albero e non
appena recuperammo anche la sua guardia del corpo salimmo in macchina
e ritornammo a casa. < Buona serata >
< Sì,
anche a te > ribatté Robert, guardandomi con odio.
Risi.
< Hey,
sei tu che hai scelto questa vita! E poi guarda il lato positivo. Hai
la possibilità di girare il mondo, mentre io la prossima
settimana
sono carica di interrogazioni e verifiche >
< Okay,
mi sento molto meglio >
Alzai gli
occhi al cielo e poi entrai in casa, ghignando. Ero un'attrice coi
fiocchi.
Ed ecco un
altro capitolo! So di averci messo tanto, ma stavo aspettando i
comodi di miss angiiie :P
Per vostra
gioia/fortuna non mi dilungherò con i miei inciucci mentali,
oggi
non è proprio giornata. Anche se a dire il vero sono ormai
due
settimane che ho il morale a terra.
Ma lasciamo
perdere…
Piuttosto,
ringrazio voi splendide personcine che mi avete lasciato tutti questi
bellissimi commenti. E ovviamente anche chi ha letto, chi ha messo la
storia tra i preferiti/seguite.
Grazie di
tutto cuore.
Sognatrice85:
tesoro mio, non hai idea di quanto mi faccia piacere leggere le tue
recensioni. Sei sempre un angelo <3
SweetCherry:
ci credi se ti dico che sono diventata rossa? ^^ Grazie mille per i
complimenti, sei stata davvero gentile. Spero che questo capitolo ti
sia piaciuto, come vedi il salto temporale c'è stato e
Kristen
(grazie al cielo) in questo capitolo non compare. O almeno non
direttamente :P
angiiie:
EUREKAAAAAAAAAAA! Ce l'hai fatta! ERA ORA, MANNAGGIA! :P Se ti muovi
con la tua storia le Valentino te le regalo davvero. E guarda, voglio
rovinarmi: ti do la possibilità di strozzare quella
Kristella del
cappero ù.ù Love you
Railen:
Splendore mio <3 L'8 dicembre ci divertiremo *annuisce*. Kristen
non sei l'unica ad odiarla, davvero. E a quanto sembra sto facendo
convertire diversa gente. Muhahaha, tra qualche capitolo
verrà
profondamente odiata, punto. ù.ù I love you, did
you know? <3
LoryeEmy:
secondo me c'è sempre lei in mezzo perché
è facile scrivere
dell'odio che si prova per lei xDD O almeno, per me è facile
:P
Grazie mille e tranquilla, i biglietti di sola andata per Londra li
prenderemo presto ^^
ilachan89yamapi:
hey! Ma figurati, non farti problemi ^^
valentina_black_cullen:
hey, nuova sorellina acquisita! ^^ Ma mi onora sapere che nonostante
tu sia una robsten, ti abbia dato fastidio vedere Kristen!! Io
proprio non la sopporto invece :P Ma Robert non è perfetto,
quindi
anche tu al posto di Michelle ti saresti dovuta arrabbiare. Anzi, ora
che ci penso ci stava anche una bella pedata :P Un bacio e grazie
ancora ^^
doddola93:
Hus, quanto mi manchi *-* Come stanno i bimbi? E il copione che stai
riscrivendo per il teatro? E ti è arrivata la mia cartolina?
Kristen
è sempre in mezzo come il giovedì, come i
capperi! (E a me i
capperi non piacciono per niente >.<) Certo che Aaron ha
fatto
proprio scalpore xD Ma ricorda: “niente è come
sembra” <-- e
ora rifletti su quello che ti ho appena scritto xD Spero che tu stia
bene. Love you, so much <3 <3
A presto!
Giulls
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Capitolo 6 *** Scandalo nella città degli angeli ***
Scandalo
nella città degli angeli
Non mi ero
mai appassionata così tanto ad una sit-com come mi stava
capitando
con Kitchen
Confidential.
Era da una settimana che tutte le mattine alle sette e mezza ero
imbambolata davanti al televisore a vedere quella trasmissione mentre
bevevo un'enorme tazza di latte con dentro i cereali al cioccolato, i
miei preferiti. Era oltretutto da una settimana che passavo a
prendere tardi Jenny per vedere questo telefilm.
Ma queste
erano repliche. Era un peccato che avesse fatto così poco
successo e
che la serie fosse stata cancellata dopo soli tredici episodi.
La puntata
che stavo guardando era piuttosto divertente e me la stavo gustando
talmente tanto che non sentii nemmeno il campanello suonare.
<
Allora, Michelle? > esclamò Bianca scendendo le scale
< non
senti il campanello? O credi che questa casa sia un albergo e che
debba fare io da apri-porta? > sbottò, ma non le
risposi; ero
stranamente troppo contenta per trovare da dire con lei <
Robert!
> la sentii esclamare.
< Salve,
signora Waldorf, mi scusi se la sveglio a quest'ora >
< Ma no,
figurati! Cosa posso fare per te? >
<
Cercavo Michelle. È già andata a scuola? >
< No, è
in cucina. Vai pure da lei >
<
Grazie, arrivederci >
Spensi la
televisione e misi la ciotola del latte dentro il lavello e quando mi
voltai vidi Robert sulla soglia.
<
Buongiorno! > esclamai pimpante < cosa ci fai qui?
>
<
Ricordi la tua richiesta della settimana scorsa? >
< Ti
riferisci a quella di comprarmi un criceto? >
Rise.
< No, se
potevi venire ad assistere ad una mia intervista >
< Sì,
giusto. Era la mia seconda scelta >
<
Allora? >
< Allora
cosa? >
< Ti va
di saltare la scuola e di accompagnarmi? >
Lo guardai
negli occhi e spalancai la bocca, sbigottita.
<
Davvero vuoi che venga oggi? >
< Certo,
perché non dovresti? Ovviamente solo se a te va >
< E a me
va eccome! > ribattei prendendo il cellulare < chiamo
Jenny e
le dico che oggi non la passo a prendere… >
< Okay,
ti aspetto in macchina > disse mentre usciva dalla cucina,
prendendo in mano il suo pacchetto di sigarette.
Composi il
numero e mi portai il cellulare all'orecchio.
< Non
dirmi che sei in ritardo anche questa mattina! >
esclamò la mia
amica.
< No,
veramente a scuola oggi non verrò >
< Stai
male? > domandò preoccupata.
< No, è
solo che Robert mi ha appena invitato ad assistere ad una sua
intervista… >
Cominciò a
ridere.
< Stai
passando molto tempo con lui, o sbaglio? >
< Che
vorresti dire? > chiesi sospettosa.
< Io?
Assolutamente niente. Sono contenta se ci stai diventando amica. Ma
ricordati che sono tua amica anche io… >
< Quindi
non devo trascurarti? >
< Ma che
centra?!?!? > esclamò < quindi devi
presentarmelo! >
< Ma
l'ho già fatto. Al mercatino, no? >
< Voglio
uscire insieme a voi >
< Uhm,
vedremo… > ribattei ridacchiando.
< Cosa
mi invento a scuola? >
< Dì
che avevo una visita medica alla quale non potevo mancare >
risposi prendendo il mio zaino e uscii da casa per raggiungere
Robert, che mi aspettava appoggiato al cofano.
< Va
bene, divertiti e goditi l'intervista anche per me >
< Sarà
fatto. Oh, Robert ti saluta > le dissi mentre lui faceva il
gesto
con la mano < ciao, Jenny >
Entrai in
macchina e senza farmi troppi problemi presi una sigaretta dal
pacchetto che aveva sul cruscotto.
<
Grazie, eh? > mi rimbeccò.
< Hai
ragione, grazie mille > ribattei, prendendo l'accendino dal mio
zaino e accendendola.
< Sei
pronta? > domandò mentre metteva in moto.
< Sì >
risposi, sorridendo < per quale rivista farai l'intervista?
>
< GQ >
<
Capito… >
< Sei
agitata? >
Mi voltai a
guardarlo, inarcando un sopracciglio.
< Dovrei
esserlo? >
< Non lo
so, per questo te lo chiedo > ribatté, dandomi un
buffetto sul
naso.
< C'è
qualcosa che non devo assolutamente fare? >
< Sì, i
tuoi commentini e cominciare a strillare come una matta se dovessi
vedere una qualche celebrità >
< Ho
almeno il permesso di respirare, papà? > chiesi
sarcastica.
<
Permesso accordato > ribatté.
< Salve
signor Pattinson. Spero che non le dispiaccia, ma oggi dovrebbe
rilasciare due interviste. Mio nipote ha scoperto che oggi sarebbe
venuto da me per l'intervista e così mi ha chiesto se poteva
fargliela anche lei. Ovviamente se lei non è d'accordo
annullo tutto
> disse un uomo sui quarantacinque anni mentre si avvicinava a
noi: era stempiato e aveva la classica pancetta da alcool, ma
nonostante tutto aveva un'aria affascinante.
< Certo
che no, non ci sono problemi > ribatté Robert.
<
D'accordo, se si vuole accomodare qui arrivo subito >
Aspettai
che Robert ed io fummo soli e poi mi sedetti difronte a lui,
guardandolo con un sopracciglio inarcato.
<
Avanti, cosa vorresti dirmi? >
< Sei
stato troppo buono. Farai due interviste quando ne avevi programmata
una sola. Avresti dovuto dire di no >
< Hai
ragione, ma almeno così mi libero di due interviste e poi
non ci
penso più >
< Tempo
una settimana e una delle due riviste vorrà intervistarti
ancora >
< E lì
ovviamente risponderò di no >
< Rob,
dov'è il tuo scimmione? > domandai dopo aver notato
la sua
assenza.
<
Dovrebbe arrivare a momenti >
< Ma che
razza di guardia del corpo è se non ti accompagna
dappertutto? >
< Gli ho
chiesto io di non venire subito >
< Perché
volevi godere da solo della mia stupenda compagnia, vero? >
Mi guardò
inespressivo e poi si appoggiò con la schiena sullo
schienale.
< Certo…
>
< Posso
offrirle qualcosa, signor Pattinson? > domandò
gentilmente la
segretaria.
< Io
prendo un caffè > risposi immediatamente e la donna
mi lanciò
un'occhiataccia.
< L'ho
domandato al signor Pattinson >
< Ma io
non vedo dove sia il problema se è stata la mia amica a
rispondere >
ribatté lui in mia difesa < e comunque no, io sono a
posto così.
Grazie >
La
segretaria mi guardò imbarazzata e irritata.
< Arrivo
subito col caffè >
< Grazie
> mimai con le labbra in direzione di Robert.
< Signor
Pattinson, se vuole accomodarsi… > intervenne
l'intervistatore.
< Vieni
dentro anche tu? > chiese Robert guardandomi.
< A dire
il vero se non le dispiace preferirei che fossimo solo noi due >
ribatté l'intervistatore. Sgranai gli occhi e cominciai a
ridere
sotto i baffi, pensando che probabilmente il giornalista voleva
restare solo con Robert per provarci.
Anche
Robert sembrò dello stesso parere e prima di lasciarmi sola
con il
mio caffè mi lanciò un finto sguardo preoccupato.
< Sei
anche tu una giornalista venuta per Robert Pattinson? >
domandò
un ragazzo mentre mi si avvicinava.
<
Dovresti capire da come sono vestita che non sono una giornalista
>
ribattei mentre continuavo a sorseggiare il caffè.
< Sei un
suo familiare? >
< No,
sono solo l'unica persona capace di tenerlo legato alla vita di noi
comuni mortali >
< Sei la
sua fidanzata, vero? >
< No,
Robert ed io non siamo fidanzati > sbottai stizzita < ma
siamo
molto legati >
< Molto
legati in che senso? >
< Lo sai
che sei irritante con queste domande? Non devi fare un'intervista a
Robert? >
< Lui è
impegnato ed io ho tempo da perdere >
< E non
potresti perderlo andandotene a fare un giro? >
< Studi
a Santa Monica? > domandò, cambiando argomento
< l'ho visto
dal disegno sul taschino della camicia. Anche mia nipote va
lì, sai?
>
< Oh,
non ci casco > sbottai.
< Come,
prego? >
< Non ci
casco a questi giochini. Non è vero che hai una nipote che
viene
nella mia scuola, quindi provare nemmeno a dirmi che potresti venire
a sapere quello che vuoi grazie a lei che mi terrà d'occhio.
Ti ho
già detto che Robert non è il mio fidanzato.
Quindi mi dispiace, ma
non puoi avere lo scoop dell'anno >
< Quindi
non sei la sua fidanzata, non sei una sua parente, ma siete molto
uniti. Sei la sua amante? >
< Ma lo
sai che sei davvero irritante? >
<
Continui a rimanere vaga, quindi deduco che c'è sotto
qualcosa >
Scoppiai a
ridere ed ero talmente divertita che mi tenni la pancia dalle risate.
< Oh,
sì, siamo due amanti focosi! > esclamai sarcastica.
In quel
momento ero troppo presa a ridere per pensare alla cazzata che avevo
appena fatto. Avevo appena detto ad un paparazzo che ero l'amante di
Robert Pattinson. Sicuramente avrebbe preso la mia battuta per vera,
giusto per avere uno scoop.
E infatti
due giorni dopo ne ebbi la conferma, mentre mi ero fermata a comprare
con Jenny l'ennesimo album di figurine per la sorella di Walter per
il suo compleanno.
Praticamente
tutto un ripiano dell'edicola era pieno del giornale The
Sun,
con una foto di Robert in
copertina, il cui titolo era “Il
peccato di Robert: preferisce avere amanti invece che fidanzate”.
Quando
Jenny prese in mano il giornale e mi fece vedere il titolo, ebbi
un'improvvisa voglia di prendermi a padellate in testa. Ho sempre
pensato di essere sotto sotto una totale idiota.
Non feci
nemmeno in tempo a posare la rivista che il cellulare mi
squillò e
vidi il nome di Robert sul display.
< È
lui? > domandò Jenny sbirciando.
< Sì.
Cosa faccio? >
<
Rispondi >
< E se
dovesse infamarmi? >
< Così
impari a fare la sarcastica >
< È più
forte di me, non ce la posso fare! > ribattei tentando di
giustificarmi, poi risposi alla chiamata < sei arrabbiato?
>
< Non lo
so. Tu cosa hai detto? >
<
Sarcasticamente che eravamo due amanti focosi >
< Sei
un'idiota, Mitchie. Sappilo >
< Sì,
lo so benissimo > sussurrai abbassando lo sguardo <
senti,
possiamo vederci? >
< Vieni
a casa mia > rispose e terminò la chiamata.
< Vado
da lui a chiarire un po', ci sentiamo più tardi > le
dissi.
< In
bocca al lupo, ciao >
Camminai
fino alla macchina e poi partii verso casa, arrivando a destinazione
dopo dieci minuti.
Suonai il
campanello e attesi che Robert venisse ad aprirmi.
< Ciao >
sussurrai, abbozzando un sorriso.
< Ben
arrivata > ribatté, facendomi entrare < vuoi
qualcosa? >
< Sì,
una birra, se ce l'hai >
<
Seguimi >
Ci
incamminammo fino alla cucina e mi sedetti sullo sgabello difronte al
tavolo e quando mi porse la birra lo ringraziai con un altro sorriso.
< Rob,
mi dispiace davvero tanto per il casino che ti ho creato. Io non
volevo, non stavo nemmeno pensando a cosa stavo dicendo. Puoi
perdonarmi? >
< Non
sono arrabbiato, stai tranquilla > mi rassicurò
sedendosi accanto
a me.
Adoravo
quel ragazzo nella maniera più assoluta. Avevo creato uno
scandalo a
suo nome e lui non era assolutamente arrabbiato con me.
< Credi
sia possibile rimediare in qualche modo? >
Finì la
bottiglia di birra e poi rise.
< Non
credo, ormai il danno è fatto. Ma pensa che…
>. In quel momento
il telefono suonò e Robert si alzò per andare a
rispondere,
tornando accanto a me dopo cinque minuti. < Beh, la notizia si
è
sparsa in tutto il mondo >
< Cioè?
> domandai, spaventata.
< Era
mia madre > riprese, ridendo della mia espressione <
voleva
sapere chi tu fossi >
Fantastico,
avevo davvero combinato un disastro.
< Cosa
le hai risposto? >
< Quello
che mi hai detto tu > ribatté, accendendosi una
sigaretta <
che sei l'unica persona qui a Los Angeles a tenermi legato alla vita
comune >
Lo guardai
imbarazzata.
< Oh, le
hai detto questo? >
< Sì e
già ti adora >
Risi.
< Bene,
bene, ho superato il test della mamma. Mi dai una sigaretta? >
< Mi
spiace, le ho finite >
Ero
allibita. Come poteva aver già finito un pacchetto di
sigarette se
solo l'aveva comprato tre giorni fa? Mi alzai dalla mia sedia e mi
avvicinai a lui, prendendogli la sigaretta dalla bocca.
Alzai lo
sguardo e vidi che mi guardava torvo.
< Ti fa
schifo? >
< No, ma
ti stai fumando la mia ultima sigaretta >
< E tu
da bravo vicino di casa dovresti condividere > lo rimbeccai,
porgendogliela nuovamente < posso farti una domanda? >
< Spara
>
< Hai
già sentito Kristen? >
< Sì.
Mi ha chiesto se c'è qualcosa tra me e te >
< Era
molto gelosa? >
< Penso
di sì >
Risi.
< Hey,
mi devi un favore enorme allora! >
< Prego?
>
< Oh,
andiamo! > esclamai < sei cotto di lei >
< Si
vede così tanto? >
< Sì.
Ma se vuoi un consiglio, lasciala perdere >
<
Perché? >
< Sa
bene che tu provi qualcosa per lei e nonostante ciò vuole
stare con
te ma senza impegnarsi >
< Beh,
ma io cosa ci perdo? >
< La tua
dignità >
Rise.
< Non
essere così drastica, Mitchie >
Tentai di
rispondere, ma la porta interruppe il nostro discorso. Robert mi fece
cenno di seguirlo e quando la aprì Kellan Lutz
entrò in casa.
< Brutto
stronzo, hai l'amante e non condividi? Ma che razza di amico sei?
>
domandò Kellan ridendo.
<
Kellan, che vuoi che ti dica…sai bene che sono una persona
estremamente gelosa e possessiva > ribatté facendo
circondare il
suo braccio attorno alla mia vita < allora, Michelle, visto che
mi
hai messo in questo pasticcio devi farti perdonare…quando ci
incontriamo? > domandò, abbassandosi fino ad arrivare
al mio
misero metro e sessantatré e fermandosi a cinque centimetri
dal mio
viso.
Voleva
giocare? Perfetto, l'avrei accontentato.
Sorrisi
maliziosamente, poi allungai le braccia intorno al suo collo e gli
afferrai i capelli, alzandomi in punta di piedi e riducendo la
distanza a due centimetri. Le nostre bocche erano talmente vicine che
potevo sentire il suo respiro sulle mie. Mi scostai di lato e poi
avvicinai la bocca al suo orecchio.
< Vedi,
Rob…tu incontrati con Kristen tutte le volte che vuoi, ma
non
sperare di poter fare lo stesso anche con me > sussurrai subito
prima di allontanarmi e mi avvicinai al suo ospite < tanto
piacere, Kellan, sono Michelle, la vicina di casa di Rob >
< È un
piacere conoscerti >
< Va
bene, allora ci vediamo. Ciao! >
Trattenni
la risata fino a quando non uscii da casa di Robert. La sua
espressione da pesce lesso era davvero troppo comica.
Et voilà,
I'm back. E sono lieta di dirvi che ora sto meglio. O almeno non ho
più intenzione di buttarmi dalla finestra.
Oh, sapete
che ieri prima di sera sono andata a fare la mia prima guida su
strada? Giovedì ho preso il foglio rosa *-*
Eh…beh, per me è
stata un disastro, mi si spegneva sempre la macchina ed ero
terrorizzata! Mirco invece continua a sostenere che non sono andata
così male. Bah, uomini.
Comunque,
ringrazio voi splendide ragazze che mi recensite sempre e mi fate
sempre tanti tanti complimenti *-* E sono di così buon umore
che
pubblico prima. Contente? XD
Passo
subito ai ringraziamenti e poi ho una domanda da farvi.
angiiie:
la mia cugiocia adorata. Se io posto tardi dovrò pur dare
una
motivazione! E se la colpa è tua, beh, la colpa te la tieni
ù.ù
Grazie per tutto quello che fai per me ♥
valentina_black_cullen:
carissima! Purtroppo non posso risponderti alla domanda, anche
perché
non lo so nemmeno io xD Anzi, ora che mi ci fai pensare…no,
in ogni
caso non è stato con Aaron ;)
Railen:
io ti leggo nella mente perché in realtà sono un
alieno. E quando
sono venuta a casa tua, mentre tu dormivi ti ho abracadabrato ed ora
posso leggerti nella mente. Anche a distanza. E tu comunque pensi
troppo xD La loro prima volta sulla casetta sull'albero? Nah, io dico
di no xD I love you, you don't know how much ♥♥
ilachan89yamapi:
la guardia sì, è molto simpatica. Peccato che
faccia una brutta
fine xD Un bacio :)
Sognatrice85:
tesoro mio, spero che tu ti stia divertendo tanto tanto in vacanza
*_* Mitchie è un personaggio adorabile. Tra tutti quelli di
cui ho
parlato è quella che adoro di più. E mi viene
così spontaneo
scrivere su di lei! Ti voglio bene
doddola93:
se davvero tu dici che assomiglio a Michelle io ti sposo davvero *_*
Io l'adoro troppo, è un personaggio che descrivo con
meraviglia. Mi
mancherai tanto tanto quando andrai a New York. E ho postato prima
perché tu potessi leggere il capitolo. Perché sta
volta passerà un
secolo prima che posti xDD Divertiti tanto tanto, te lo meriti
davvero. T'amo come non sai ♥♥♥
LoryeEmy:
ciao! Spero di non averti fatto aspettare troppo questa volta xD
Grazie mille :)
daydre4mer:
è lei o non è lei? OH MIO DIO, E' LEIIIIIIIII!
Tesoroooooooooooo!!
Io e te dobbiamo ricominciare a sentirci perché mi manchi un
sacco!
Sono davvero contenta che ti stia piacendo la mia storia *-* Ti
voglio bene ♥♥
Bene, ora
c'è il momento di attenzione.
Mi è
arrivato un messaggio su facebook dove mi veniva chiesto di
partecipare ad un concorso su un forum di Robert. A dire il vero non
so ancora se parteciperò o meno, perché la storia
deve avere meno
di 10000 caratteri ed io non ne ho una con meno. E quindi dovrei
modificare; ma io sono una che “no, la storia è
nata così e così
resta!”, perciò mi secca parecchio cambiarla xD
Comunque,
volessi partecipare, indico (si dice?) un sondaggio.
Potreste
darmi una mano e decidere quali tra queste one-shot?
1) Save
you.
2) Ragione
e istinto.
3) Are you
gonna be my girl?
La 1 e la 3
sono sulla categoria attori, la 2 è su Twilight.
Ci terrei
molto a sapere cosa ne pensate. Oh, esiste anche un'opzione 4)
smettila di sparare cazzate e non partecipare ;)
Vi adoro,
Giulls
P.S. Questo
capitolo è per la Hus migliore del mondo, che senza di lei
sarei
incompleta. Divertiti a NY anche per me. E VOGLIO VEDERE TANTE TANTE
FOTO ♥
P.P.S. Vi
giuro, Kitchen Confidential è bellissima come sit-com! Io la
guardavo tutte le mattine. Anche se gli episodi erano veramente pochi
T_T Succede sempre così: mi innamoro di qualche telefilm e
lo
sospendono! La stessa cosa è successa con Tru Calling. E
quello è
stato un trauma colossale. Oh, poi sto guardando Eli Stone, che hanno
sospeso e quindi più della 2 stagione non vado avanti. Ora
sto
guardando Chuck. Chissà se lo sospendono o no. Sproloquio
mentale
finito xD
Byeeeeeeeeeeeeeeeeeee
|
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Capitolo 7 *** L'essenza Weber e Michelle Waldorf ***
L'essenza
Weber e Michelle Waldorf
< Per
quanto ancora ne abbiamo? > domandò Robert con il
fiatone.
< Più o
meno una quarantina di metri > ribattei continuando a salire la
montagna.
< Ma è
tantissimo! > sbuffò.
< Sono
tutte calorie che bruci. E poi scusa, ti lamenti sempre che non hai
mai tempo per fare un po' di movimento a causa dei tuoi super
impegni. Ebbene, ora io ti aiuterò a muoverti senza farti
spendere
un dollaro. Cosa pretendi di più? Dovresti essermi grato,
piuttosto
>
< Non
sono abituato a fare tutto questo movimento, okay? >
<
Coraggio, pensa che lassù ci sarà la tua
fidanzata ad aspettarti >
< Chi? >
<
Kristen Stewart >
< Kris
non è la mia ragazza >
< Beh,
tu in ogni caso la ami, quindi non vedo dove sia la differenza >
< Io non
amo Kristen >
Fermai il
passo e lo guardai accigliata.
< Ti
prego, non raccontarmi cazzate. Ci vai solo a letto al momento,
questo è vero, ma la ami >
< Non è
lei che amo >
< E
allora chi è che ami? > domandai cinica.
< Te.
Solo ed esclusivamente te > rispose guardandomi con non calanche.
< Oh,
per favore >
Robert rise
e continuammo a camminare per un'altra decina di minuti, fino a che
non raggiungemmo la cima.
< Ma sei
sicura che i paparazzi non mi beccheranno? >
<
Sicurissima >
<
Potresti giurarlo? >
< Sulla
tua testa >
< Hey! >
esclamò sgranando gli occhi.
Continuai a
ridere e lo presi per mano, invitandolo ad appoggiarsi sulla
ringhiera per guardare Los Angeles di notte: uno spettacolo a dir
poco stupendo. Era piena di luci, di vita…e il rumore del
mare in
sottofondo dava un qualcosa di speciale al tutto. Erano momenti come
quello in cui io mi sentivo viva, libera da ogni preoccupazione.
L'essere consapevole che un qualunque stupendo panorama mi regalava
sensazioni del genere mi faceva venire i brividi. Questa era la mia
Los Angeles.
< Senti
che pace… > sussurrò Robert estasiato.
< Ciao!
> urlai a pieni polmoni.
< Ma sei
matta? >
<
Respira la vera essenza di Los Angeles, Rob. Fai un bel respiro e
libera la mente. L'effetto che ti fa la droga è lo stesso,
solo che
l'aria qui è più salutare >
Robert
chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
< Non mi
sembra niente di che >
<
Concentrati, libera la mente >. Mi misi dietro di lui e posai le
mani sui suoi occhi. < Ci sei solo tu, nient'altro. Nessuna
pressione, nessuna regola, niente. Il vuoto totale. Non pensare a
niente e goditi il momento. E ricordati di respirare profondamente
>
Spostai le
mani dagli occhi alle spalle e sentii i suoi muscoli rilassarsi.
< Quale
stupenda sensazione > sussurrò afferrando entrambe le
mie mani <
ciao! > urlò imitandomi, poi si voltò
lentamente ed aprì gli
occhi.
< E
allora? > chiesi curiosa col sorriso stampato in faccia.
< Non è
stato facile, ma ce l'ho fatta >
< Visto?
Non era poi così difficile! > ribattei sedendomi a
terra e gli
afferrai la mano per invitarlo a fare lo stesso.
Si sedette
accanto a me e si prese una sigaretta. Me ne offrì una, poi
prese
l'accendino e le accendemmo.
< Mi
piaci, Michelle > mi disse dopo aver aspirato < adoro la
tua
voglia di vivere, il tuo cogliere al meglio le cose. Davvero, senza
di te mi sarei perso in questa… >
<
Piscina di squali? > chiesi, interrompendolo.
< Stavo
per dire giungla, ma così suona meglio >
< Hey,
gli amici servono a questo >
< Sì,
amici… > asserì guardando l'orizzonte.
< Forza!
> esclamai, alzandomi in piedi < domani mattina devo
esporre
una ricerca ed è meglio tornare a casa ora >
Robert
spense la sigaretta e si alzò. Mi guardò negli
occhi e mi
abbracciò.
<
Davvero, grazie. Grazie per essermi amica >
< Grazie
a te perché ti fidi di me >
< Quale
stolto non si fiderebbe di Michelle Waldorf? > chiese sorridendo.
Mi
allontanai di poco e poi lo spinsi, cominciando a ridere come una
matta.
<
Facciamo a gara a chi arriva prima! > urlai cominciando a
correre.
< Sei
sleale! > ribatté venendomi dietro.
Più lo
sentivo avvicinarsi più tentavo di accelerare, fino a che
non lo
sentii prendermi per i fianchi. Ma la sfortuna volle che dovessi
inciampare contro qualcosa per terra, così cademmo e
rotolammo
entrambi per terra per diversi metri. Ridevo e sentivo che anche lui
stava facendo altrettanto. La sua risata pura e cristallina mi
scaldava il cuore. Allungai le braccia per rotolare ancora
più
forte, fino a che non finii dentro un cespuglio, stessa sorte che
toccò a Robert, specie perché lì
dentro finì sopra di me col
corpo.
Attaccammo
a ridere come dei bambini. La nostra scena era sicuramente stata
comica, pari da vincere il premio della scena più comica
dell'anno.
Mi ricordai
di Robert sopra di me solo quando sentii la sua mano spostarmi dei
ciuffi dietro l'orecchio. Così aprii gli occhi e lo
osservai: aveva
una luce strana negli occhi e anche il suo sorriso era diverso. Era
un sorriso che non gli avevo mai visto fare prima d'ora, assai
diverso da quello che usava durante i film e le interviste e quello
che riservava agli amici. Perché sì, Robert
Pattinson aveva diversi
sorrisi. Ma questo…questo era come se fosse puro, come
quello di un
bambino di cinque anni davanti ad una immensa coppa di gelato, o
magari come quella di un ragazzino alla sua prima cotta. Mi ricordava
tanto il sorriso di Bianca in una foto con mio padre quando ancora
all'epoca erano innamorati pazzi.
< Hey,
Romeo, mi stai disintegrando la cassa toracica. Mi faresti alzare?
>
Robert mi
guardò rosso, come se lo avessi appena beccato a combinare
qualcosa
di illegale e si alzò, aiutandomi a fare lo stesso.
<
Scusami, non volevo farti male >
<
Figurati, non preoccuparti > risposi prendendolo a braccetto
<
andiamo a bere qualcosa da qualche parte? >
<
Credevo che dovessi tornare a casa >
<
Dovrei, ma ho cambiato idea. Non sono stanca >
<
Michelle… >
<
Avanti, un drink solo. Poi ce ne andiamo. Ti prego… >
domandai
sporgendo il labbro inferiore.
Sbuffò.
< Perché
non riesco a dirti di no? >
< Perché
sono testarda > ribattei trionfante.
Camminammo
fino alla sua macchina e poi tornammo verso la città,
parcheggiando
verso il centro e ci dirigemmo verso il pub che aveva aperto la
settimana scorsa, quando improvvisamente mi fermai davanti ad un
piccolo ristorante.
< Rob,
ho fame >
<
Michelle, sono le undici e mezzo. Vuoi davvero mangiare? >
< Sì >
< Ma…
>
<
Preferisci che faccia circolare nel mio corpo dell'alcool a stomaco
vuoto, invece che mangiare senza bere nient'altro? >
< Okay,
okay, hai vinto! > esclamò aprendo la porta del
ristorante <
speriamo che non lo facciano entrare >
< Chi? >
chiesi curiosa.
< Il
paparazzo che ci insegue da quando siamo scesi dalla macchina >
rispose voltandosi indietro.
< Salve,
in due? > domandò il cameriere venendoci incontro.
< Sì >
risposi sorridendo.
< Va
bene, seguitemi da questa parte, dove sarete più appartati
>
continuò e ci incamminammo verso un'altra sala.
< Hey,
amico! > urlò qualcuno dietro di noi da un tavolo
< venite a
sedervi con noi >
< Jared!
> esclamò Robert e mi prese per il braccio,
incoraggiandomi ad
avvicinarmi.
Robert
Pattinson mi stava trascinando nel tavolo dove erano seduti i Thirty
Seconds To Mars. I Thirty Seconds To Mars! Jared, Shannon e Tomo!
Avevo i pantaloni ricoperti da chiazze verdi, i capelli sicuramente
sporchi per ovvie ragioni e Robert mi stava portando al loro tavolo!
In quel momento non sapevo se adorarlo o odiarlo.
< Forza,
sedetevi > disse Shannon stringendosi a Tomo per fare un po'
più
di posto nel divanetto, mentre Jared prese la sedia nel tavolo
accanto. Inutile dire che mi misi subito a sedere accanto a Shannon,
lasciando così la sedia a Robert.
< E
questa incantevole ragazza chi sarebbe? > chiese Jared
guardandomi, mentre io sentivo le guance andarmi a fuoco.
< Lei è
la mia amica Michelle > rispose Robert al mio posto, molto
probabilmente perché immaginava che non avessi la
lucidità per
parlare al momento.
< Oh, la
famosa Michelle! >
<
Famosa? > domandai tornando sulla terra.
< Sì,
alla festa il tuo caro amico Robert non ha fatto altro che parlare di
te > intervenne Tomo.
< Quale
festa? >
< Quella
alla quale non hai voluto accompagnarmi >
<
Oh…beh, avresti potuto dirmelo che ci sarebbero stati anche
loro >
ribattei indicando i ragazzi e guardando malissimo Robert.
< Non
ero sicuro che sarebbero venuti e poi tu dovevi venire per me >
< Ma
scusa, io posso vederti tutti i giorni! Quando mi capita di
incontrarli di nuovo? >
< Guarda
che così mi offendi! >
< Beh,
ti passerà > risposi brevemente. Robert
sgranò la bocca e mi
lanciò un pugno sulla spalla. < Ma sei scemo?
> urlai.
< Mi sa
che hai ferito i suoi sentimenti > intervenne Jared ridendo.
< No, lo
sa che scherzo >
< Volete
ordinare? > domandò il cameriere di prima.
< Un
cheeseburger > rispose Robert.
< Io
prendo quello che hanno preso loro > ribattei, indicando la loro
insalata.
< Ma non
stavi morendo di fame? >
< Sì,
ma sono le undici e mezza, non voglio appesantirmi troppo >
< Vedi,
la ragazza ci sa fare >
Robert mi
lanciò un'occhiataccia e mi tenne il muso per tutta la
serata,
parlando con me solo quando gli chiedevo qualcosa. Ben presto smisi
di farlo. Avevo un orgoglio e non permettevo a nessuno, nemmeno a
Robert di passarci sopra. Così poco dopo cominciai a parlare
solo
con Jared, Shannon e Tomo.
E subito mi
resi conto di quanto fossero adorabili tutti e tre. Ognuno era
diverso a modo suo, chi era più casinista, chi
più burlone, chi più
razionale e via dicendo. Ma nell'insieme erano fenomenali. E mi
avevano pure invitato al loro prossimo concerto!
Verso l'una
di notte Robert ed io ce ne tornammo a casa.
< Mi
dici perché mi ignori? >
< Io ti
ho ignorato? Hai visto loro e sono diventato trasparente. Anzi, ti
dirò di più. Ti sei comportata in maniera
ridicola >
<
Robert, io stavo scherzando! Tutto quello che ho detto era uno
scherzo! Mi dispiace che tu ti sia offeso, non era mia intenzione
>
sussurrai in risposta e gli toccai il dorso della mano.
Sussultò al
mio gesto.
< Va
bene, figurati >
< Pace
fatta? >
< Certo
> rispose sorridendo.
< E
comunque questa tua gelosia è immotivata nei miei confronti
>
puntualizzai una volta arrivata davanti a casa.
< Prego?
> chiese, guardandomi sbigottito.
< Hai
capito. Robert, io ti voglio bene e sei mio amico…e saremo
sempre
l'uno accanto all'altro > mi voltai verso di lui e gli
accarezzai
la guancia < quindi non preoccuparti. Sarò sempre la
tua Mitchie.
Non importa quanta gente famosa mi farai conoscere o altro. Ti
sarò
sempre accanto. Dopotutto, sono o non sono l'unica persona qui a Los
Angeles a tenerti legato alla vita comune? >
< Sì,
lo sei > asserì sorridendo < e io apprezzo
tutto questo,
davvero > sussurrò avvicinandosi e mi
stampò un dolce bacio
sulla guancia.
E presa da
chissà quale moto di pazzia, gli afferrai i capelli dietro,
lo
spinsi verso di me e gli diedi un bacio sulla fronte. E quando
staccai le labbra, Robert risalì piano con il viso,
sfiorò la punta
del mio naso con il suo e appoggiò la sua fronte alla mia.
< Ti
voglio bene, Rob >
< Anche
io, Mitchie. Più di quanto tu possa immaginare >
Lo guardai
ancora una volta negli occhi e poi scesi dalla macchina, pronta per
rientrare in casa.
Robert fece
lo stesso, ma nell'esatto momento in cui chiuse la macchina col
telecomando, sentimmo il rumore di una macchina fotografica e
intravidi un bagliore. Il paparazzo di prima ci aveva seguiti.
Sgranai gli
occhi e guardai Robert, che mi guardò dispiaciuto e infine
corsi
verso casa.
Durante la
notte mi svegliai varie volte. Davvero, avevo una paura matta di
quello che il paparazzo aveva visto. Non volevo finire sulle riviste
ancora una volta. La notorietà non era per me e soprattutto
non
volevo che Robert si cacciasse nei guai ancora più del
dovuto.
Mi svegliai
verso le sette e feci una colazione veloce.
Mi vestii,
presi la macchina e mi diressi verso la scuola, passando a prendere
prima Jenny come da abitudine.
< Ciao!
> esclamò entrando in macchina.
< Hey,
attenta a non bagnare tutto! > ribattei ridendo.
<
Stupido temporale >
< Beh,
un po' di fresco ci voleva. Sono ormai due settimane che c'è
sto
sole accecante >
< Come è
andata ieri sera ? > chiese cambiando discorso.
< Bene,
mi sono divertita. Ho addirittura conosciuto i Thirty Seconds To Mars
>
< Tu
cosa?!? >
< Ho
conosciuto Jared, Tomo e Shannon. Non hai idea di quanto siano
simpatici >
< Sei
amica dell'attore più richiesto al momento e hai conosciuto
la tua
band preferita. Comincio ad invidiarti, lo sai? >
< Lo
faccio già da sola > ribattei ridendo.
Arrivammo a
scuola, parcheggiai la macchina e corremmo dentro l'edificio.
< Pronta
per esporre la ricerca? > chiese Jenny quando entrammo in classe.
< Non ho
dormito molto, ma sì >
< Come
mai? >
< È una
storia lunga > tagliai corto.
Rodriguez
entrò in classe, si sedette sulla cattedra e ci
guardò.
< Bene,
oggi è il primo giorno di esposizione delle ricerche.
Qualche
volontario? > domandò scrutandoci, ma nessuno di noi
sembrava
voler buttarsi < Michelle Waldorf, perché non cominci
tu dando il
buon esempio agli altri? >
Sbadigliai,
presi il mio fascicolo e mi incamminai accanto al professore. Lo
adoravo ed ero una delle alunne più brillanti del suo corso;
ma
perché ogni volta che dovevamo prepararci qualcosa a casa
dovevo
sempre cominciare io?
< La mia
ricerca tratta dell'origine del teatro in Spagna fino ai giorni
d'oggi >
<
Interessante > intervenne il professore < prego, comincia
pure
>
Feci un bel
respiro profondo e cominciai a parlare a macchinetta della mia
ricerca, giostrandomi come meglio potevo. E Rodriguez ne fu talmente
tanto impressionato che mi fece i complimenti e mi diede il massimo.
Dopo di me
cominciarono ad esporre Melanie, Gabriel e infine Olivia, la quale
presentò una ricerca non proprio buona.
Non appena
la campanella suonò mi preparai per uscire, ma venni
braccata da
Olivia e le sue amiche.
< Hey,
Waldorf. Buona esposizione la tua >
<
Grazie, Taylor > dissi senza battere ciglio < se non
è troppo
disturbo per te spostarti, io ora andrei a biologia >
< Sai,
ci stavamo appunto chiedendo come avessi fatto a fare una ricerca
così buona > continuò e vidi con la coda
dell'occhio Rodriguez
smettere di compilare il registro e fissarci.
< Si
chiama studiare, Taylor. Sai, dovresti smettere di pensare alle
cheerleader continuamente e di concentrarti sullo studio ogni tanto.
Non sarebbe male > ribattei con tono di sfida e le diedi una
spallata per andarmene.
< Hai
studiato o ti sei fatta aiutare dal tuo nuovo fidanzato? >
< Io non
ho un fidanzato >
<
Davvero? No, perché qui in macchina con Robert Pattinson
sembri in
atteggiamenti molto intimi > disse ghignando e lanciò
la rivista
che teneva in mano nel banco vicino a me.
Nella
copertina della rivista c'era in grande la foto mia e di Robert in
macchina, mentre avevamo le nostre fronti appoggiate. E la cosa
peggiore era che la foto si vedeva bene, quindi il paparazzo doveva
essersi avvicinato.
< Credo
che la mia amicizia con Robert non sia affar tuo, Taylor. E in ogni
caso non mi sono fatta aiutare da nessuno. Non ne ho bisogno. Non
sono io quella che si scopava il professore di diritto due anni fa
per avere una misera C, Olivia > risposi guardandola male.
Presi la
rivista in mano e mi incamminai verso l'uscita, gettandola nel
bidone.
Durante la
pausa pranzo presi il cellulare dall'armadietto e lo accesi,
trovandovi un messaggio di Robert, dove mi aveva scritto venti volte
la parola scusa. E diceva inoltre che si sentiva malissimo
perché mi
aveva messo in mezzo.
Sorrisi e
gli risposi che non era lui a doversi scusare, ma io. Io,
perché
sicuramente gli avevo creato dei problemi con Kristen e
perché lo
avevo portato ad un altro scandalo.
Nel giro di
quaranta minuti ormai tutta la scuola sapeva di quella foto. Persino
mia madre ne era venuta al corrente e mi aveva mandato tanti di quei
messaggi dicendomi che ora che stavo cominciando ad essere famosa
dovevo farmi vedere in giro in maniera impeccabile. Tipico di lei.
E
finalmente si fecero le tre, orario in cui mi catapultai a casa,
indossai una tuta e uscii per fare un po' di jogging.
Cominciai a
correre lungo la spiaggia e fin lì nessun problema. No, il
problema
nacque quando mi accorsi di essere seguita da un tizio con la
macchina fotografica.
< Hey! >
cominciò ad urlare il tipo < è inutile che
scappi, io ti
raggiungerò! >. Continuai a correre per altri tre
chilometri, ma
quando cominciai a sentire la forze venire a meno, mi fermai e
lasciai che il paparazzo mi raggiungesse. < Sei la fidanzata di
Robert Pattinson? >
< No >
ribattei secca col fiatone.
< Ma le
foto che sono uscite oggi sembrano dire il contrario >
< Non
sono io dentro la macchina di Robert Pattinson, okay? > sbottai.
< Ah no?
> domandò divertito < e chi allora? >
Lo guardai
non sapendo cosa rispondere.
< Mia
sorella > dissi dopo qualche attimo di esitazione <
gemella.
Angela Weber >
< Pensi
che io sia stupido? So bene che questo è il nome di un
personaggio
della saga di Twilight >
<
Hai mai sentito parlare di omonimia? >
< E tu
come ti chiameresti? >
< Nikki
Weber > mentii.
< Bene,
Nikki, posso sapere dove posso trovare tua sorella? Dovrei farle
alcune domande >
<
Certamente > risposi sorridendo < a Vancouver >
<
Vancouver? >
< Sì,
esatto. Io vivo con nostra madre e Angela con nostro padre.
È venuta
qui per qualche giorno ed è ripartita per Vancouver questa
mattina
alle nove. Se davvero vuoi parlarle, prendi un biglietto aereo
perché
non so quando tornerà qui a Los Angeles >
< Ma
potresti essere così gentile da darmi il suo
numero… >
< Io
direi proprio di no. Ho anche parlato più del necessario.
Non
conosco Robert Pattinson. Mia sorella sì. Si sono conosciuti
a
Vancouver. Se vuoi altre informazioni ti ho già detto cosa
fare. Io
non ti dirò più niente. E ora, se vuoi scusarmi,
vorrei continuare
a correre senza essere disturbata > dissi fredda e mi allontanai
senza che lui dicesse niente.
Solo quando
fui sicura di essere sola mi lasciai cadere sulla sabbia, distrutta.
Forse avevo combinato un guaio ancora più grande, ma la mia
bocca
non voleva saperne di starsene zitta. L'impulsività era
sempre stato
uno dei miei peggiori difetti. Eppure c'era del comico in tutto
questo e non vedevo l'ora di raccontarlo a Robert. Specie
perché
avevo scoperto di essere una grande attrice.
< E tu
chi saresti delle due? > domandò Robert mentre mi
porgeva una
birra.
< Non lo
so. In questo momento mi sento più Angela che Nikki >
risposi
poco prima di bere.
Guardai
Robert rimanere spiazzato dalla mia risposta.
< Ci
sono dei momenti in cui ti senti più Nikki che Angela?
>
< Beh,
sì, ogni tanto sì > risposi con
naturalezza, ma la mia risposta
sembrò ferirlo.
< Mi…mi
dispiace >
<
Perché? Non vedo dove sia il problema >
< Per il
diverso significato che diamo all'essenza di Nikki. Sapere che ogni
tanto ti senti Nikki mi ferisce. Io voglio che tu sia Angela. Sempre.
Perché essere Nikki vuol dire non averti vicina. E io non
voglio >
Gli sorrisi
e poggiai la testa sulla sua spalla.
< Quindi
secondo questa tua filosofia io non posso più essere
Michelle >
<
Perché? >
< Perché
Michelle è costituita da entrambe le due essenza. Da Angela
per
l'amicizia che ci lega e da Nikki proprio perché non
possiamo stare
insieme ogni singolo minuto. E poi non ti conosco ancora
così bene
da poter abbandonare l'essenza di Nikki >
< Ma si
può fare? >
< Non lo
so, forse >
< Okay,
allora aspetteremo > sussurrò mentre mi accarezzava i
capelli <
resti qui con me questa notte? >
Alzai lo
sguardo e lo guardai divertita.
< Come?
>
< Non
pensare male! Ho una camera degli ospiti e anche un divano. Non ti
toccherò, te lo prometto. Mi farebbe piacere però
se tu restassi e
mi facessi compagnia. Tanto è venerdì e domani
non hai scuola >
Poggiai di
nuovo la testa sulla sua spalla e mi concentrai di nuovo sul film.
<
Volentieri > dissi dopo qualche minuto di silenzio.
Et voilà
un nuovo capitolo! Avrei voluto postare prima, ma per cause maggiori
(compiti arretrati) o perché non ero a casa non ho potuto
postare.
Vado molto
di fretta, perciò mi scuso se non vi ringrazio adeguatamente
come
tutte le altre volte. Spero che questo capitolo vi piaccia e
che…chi
lo sa, magari vi aprirà un po' gli occhi xD
Quindi, un
grazie speciale a sister_forever94 (benvenuta e
grazie ^^),
alla santa valentina_black_cullen (mi dispiace di
non aver
rispettato la promessa, spero di essermi fatta perdonare), al mio
bellissimo splendore Railen (che mi hai dedicato
Airplanes e
ormai la ritengo la nostra canzone ♥), e elesol96
(benvenuta
e grazie ^^), alla magnifica angiiie (sei stupenda
per ogni
cosa che mi scrivi) e a quel tesoro meraviglioso che è Sognatrice85
(grazie per tutto quello che mi scrivi e per essere un'amica
speciale).
A presto!
Un bacione,
Giulls
P.S. Ci
tenevo a precisare una cosa. Le emozioni che Michelle ha provato sono
le stesse che ho provato io quando sono andata in Germania con la
scuola ad Aprile. Non sono una patita dei Tedeschi e della lingua, ma
la Germania è davvero un gran bel posto. Molto pulito. E
quando siamo andati al Bier Garten, dopo cena siamo saliti su questa
collina e mi sono trovata uno spettacolo a dir poco straordinario
davanti agli occhi. E per di più al tramonto. ♥
|
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Capitolo 8 *** Merry Christmas ***
Merry
Christmas
Ero così
felice che fosse sabato! Finalmente era arrivato il giorno in cui
potevo svegliarmi tardi senza dovermi preoccupare della scuola.
Scesi in
cucina riposata come non mai e dopo aver fatto un'abbondante
colazione, che comprendeva frittelle al caramello e succo di frutta
alla pesca, più una sana dose di caffè, camminai
pimpante fino al
bagno, mi spogliai e infine mi immersi nella vasca.
Era così
rilassante restare lì immersa, senza preoccuparmi di andare
a scuola
o altro. Dopotutto mancavano due giorni alle vacanze di Natale ed io
ero ufficialmente in vacanza dalla settimana prima. Non avevo bisogno
di essere interrogata o altro, quindi me l'ero presa comoda,
cominciando a cercare i regali da fare.
Restai
immersa per una quarantina di minuti, fino a che non sentii il
campanello suonare; e siccome non c'era nessuno in casa,
poiché
Georgina era dalla sua famiglia e Bianca aveva passato la notte da
Mike, mi avvolsi il corpo con un misero asciugamano e ne misi uno in
testa e andai ad aprire.
< Ciao,
disturbo? > domandò Robert togliendosi gli occhiali
da sole e
sorridendomi.
<
Buongiorno! Sono appena uscita dalla vasca, ma stai tranquillo.
Prego, accomodati > risposi sorridendogli e lo lasciai entrare
<
a cosa devo questa visita? >
< Questa
sera parto per Londra per festeggiare con la mia famiglia il Natale.
Quindi voglio invitarti a pranzo prima di partire. Ti va? >
<
Eccome! Vado a vestirmi e torno, tu mettiti comodo e fai come se
fossi a casa tua >
< Vuoi
dire che posso fare quello che voglio? > domandò e
annuii <
allora voglio leggere il tuo diario segreto >
Risi.
< Mi
dispiace, ma io non tengo un diario segreto >
<
Ma…tutti lo tengono! >
< Ma io
non sono tutti. Se vuoi ho un diario con tutte le ricette dei dolci
>
< Nah,
lascia stare. Guarderò un po' di televisione >
Lo
accompagnai in sala e gli diedi il telecomando.
< Torno
subito > gli dissi e mi avviai per le scale.
< Vai
tranquilla. Oh, a proposito, hai delle belle gambe >
Mi fermai
di botto e mi riaffacciai alla sala, guardandolo stranita.
< Grazie
> risposi sorridendo e salii le scale, correndo in camera.
Aprii
l'armadio e tirai fuori i miei jeans preferiti, una maglietta a mezza
manica bianca e le All Star bianche, poi mi asciugai i capelli, mi
truccai e infine tornai di sotto.
< Lo
sapevi che Walt Disney prima di morire era stato in carcere? >
domandò Robert, mentre fissava il televisore.
< No >
< E che
nei suoi cartoni vi sono molti messaggi subliminali a sfondo
sessuale? >
< Sì >
< E che
lui… >
< Rob,
ti prego, basta > lo interruppi < sono cresciuta con i
suoi
cartoni, non smontarmelo come hanno già fatto in parecchi
>
< Okay,
scusa > ribatté, ridendo < sei molto carina
vestita così >
< Come
mai tutti questi complimenti? >
< Sto
cercando di farti imbarazzare > mi confessò alzandosi
in piedi e
guardandomi negli occhi.
<
Perché? >
< Perché
tu stessa mi hai detto che non ti imbarazzi difronte agli
apprezzamenti che i ragazzi ti fanno >
< No, ti
sbagli > lo corressi < non mi imbarazzo se a farmi i
complimenti sono i miei amici. Se tu fossi uno sconosciuto che tenta
di rimorchiarmi o se io fossi innamorata di te…in quel caso
sì, mi
sarei imbarazzata >
< Quindi
non mi resta che farti innamorare di me > sussurrò,
facendomi
appoggiare al muro e appoggiando i palmi delle sua mani all'altezza
delle me spalle.
< Certo,
sogna pure. Mi dispiace, ma sei troppo vecchio per me >
< E non
ti fa gola la mia popolarità? >
Alzai le
spalle.
< Per
niente >
<
Michelle Waldorf, sei davvero speciale >
< Lo so
> risposi, ridendo < allora? Dove vogliamo andare?
>
Mi liberò
dalla mia “prigionia” e indossò ancora
una volta gli occhiali da
sole.
< Ti
voglio portare al Madame Butterfly >
< Ma sei
matto? >
< No,
perché? >
< È un
ristorante troppo caro! >
< E
quindi? Sei mia amica e posso portarti dove voglio. Non importa dei
soldi >
< Beh, a
me sì! >
Inarcò un
sopracciglio.
< Non ti
facevo così venale >
< Robert
> lo richiamai, seria < non voglio che tu spenda un sacco
di
soldi per portarmi fuori. Piuttosto mi va bene se ne spendi tanti per
i miei regali > aggiunsi, ridendo.
< Va
bene, allora dove vuoi mangiare? >
< Voglio
andare da Burger King >
< Come
vuoi tu >
Gli sorrisi
e presi la giacca e la borsa, poi uscimmo da casa. Ci incamminammo
verso la macchina e come sempre mi aprì la portiera.
Presa
com'ero in questi ultimi giorni, mi ero dimenticata di scrivergli un
biglietto nel regalo di Natale. Va beh, glielo avei anche dato
senza…
< Cazzo!
> urlai, sgranando gli occhi e portandomi in avanti con il busto
e
Robert, nel sentire il mio urlo, inchiodò di botto,
rischiando di
farci tamponare dalla macchina dietro.
< Cosa
succede? Stai bene? >
<
Dobbiamo tornare subito a casa! >
< Cosa è
successo? > domandò preoccupato.
<
Sbrigati, fai marcia indietro >
Guardò che
non venissero altre macchine e poi fece un'inversione a U, guidando
fino a casa. Okay, se gli avessi detto che avevo semplicemente
dimenticato il suo regalo sul mio comodino, probabilmente mi avrebbe
ucciso. Anzi, sicuramente.
Rientrai in
casa e sfrecciai in camera, inciampando un sacco di volte negli
scalini e cadendo una volta salite le scale. Mannaggia a chi le aveva
inventate. Non potevano dotare tutte le case di scale mobili o di
ascensori?
Mi
massaggiai il ginocchio e zoppicai fino al comodino, presi il regalo,
lo infilai nella borsa e uscii di casa.
< Cosa
era successo? > domandò non appena rientrai in
macchina.
< Avevo
dimenticato il fornello acceso. Fortunatamente era a fiamma bassa e
non ci sono state conseguenze spiacevoli > mentii, sorridendogli.
Rise.
< Come
si fa a dimenticarsi il fornello acceso? >
< Eh,
chi lo sa > ribattei, fingendomi imbarazzata.
< Senti,
come mai zoppichi? > chiese, indicando il ginocchio.
< Sono
inciampata >
Rise.
< Anche
difronte alle difficoltà, tu continui a rimanere la solita
sbadata,
eh? >
Lo guardai,
sgranando gli occhi. Come poteva dirmi una cosa del genere?
Incrociai
le braccia, imbronciandomi.
< Sei
uno stupido >
< E tu
una bambina > ribatté, mettendo la freccia ed
entrando nel
parcheggio < ti sei offesa? > domandò, dal
momento che non gli
avevo risposto.
Trattenni
un sorrisino e scesi dalla macchina.
< Sì >
E in quel
momento fece una cosa del tutto inaspettata: mi afferrò per
un
braccio e mi fece voltare, stringendomi a lui. Mi accarezzò
una
guancia e trovai le nostre fronti a contatto l'una con l'altra.
< Scusa,
Mitchie, stavo scherzando. Non era mia intenzione offenderti >
alitò e il suo respiro mi arrivò fino al collo.
Incrociai
il suo sguardo, in quel momento talmente tanto profondo da aver quasi
paura di annegare nell'azzurro dei suoi occhi, talmente tanto
profondo da smettere di respirare e da avvampare. Che cosa mi stava
succedendo?
Mi
allontanai immediatamente da lui.
< Stavo
scherzando. Non mi sono offesa veramente >
Entrammo
dentro al locale e per un momento mi spaventai, temendo che Robert si
fosse dimenticato di indossare un travestimento. Mi voltai a
guardarlo, sospirando sollevata e allo stesso tempo divertita, quando
vidi la barba finta che si era messo, con tanto di berretto dell'NBA.
Gli feci
prendere posto e poi andai al banco per prendere le ordinazioni.
<
Benvenuta da Burger King, cosa vuole ordinare? >
domandò la
commessa.
< Prendo
due menù baby, entrambi con i toast. Poi un panino al
formaggio,
l'altro al bacon e due patatine grandi >
< E da
bere? >
< Due
birre >
<
Arrivano subito > rispose sorridendo e poco dopo mi porse il
vassoio. < Sono quindici dollari e cinquanta >
Presi in
mano i soldi che mi aveva dato Robert e pagai, per poi andare a
sedermi al tavolo.
< Hai
preso tutto? >
< Sì,
mi sono fatta dare anche le patatine grandi >
< Sei un
mito, grazie. Non hai idea di quanta fame abbia >
Risi.
<
Immagino quanto me >
Cominciammo
a mangiare, chiacchierando del più e del meno e mi
raccontò un
sacco di aneddoti che non aveva mai rivelato in televisione ed io
feci lo stesso.
Dopo pranzo
ci decidemmo ad aprire le sorprese del menù baby: tra i
regali, per
le ragazze, c'era la possibilità di avere un braccialetto,
un
anello, oppure una coroncina, tutto di Hello Kitty. Per i ragazzi,
invece, un classico yo-yo.
< Ti
prego, fai che trovi il braccialetto, ti prego, ti prego, ti prego
>
sussurrai, divertendomi a comportarmi come quando ero piccola <
no! > esclamai, arricciando il labbro inferiore.
< Beh, è
bello anche l'anello > ribatté Robert.
< Sì,
ma un braccialetto è pur sempre un braccialetto >
< Se non
mi piace il mio yo-yo facciamo a cambio, va bene? >
Risi.
< Sì! >
Impaziente
attesi che Robert aprisse il suo regalo.
< Non ci
credo! > esclamò, facendo voltare la famiglia accanto
al nostro
tavolo.
<
Abbassa la voce! > lo ripresi, imbarazzata.
< Si
sono sbagliati a darti il regalo, mi hanno dato la coroncina di Hello
Kitty! >
E in quel
momento scoppiai a ridere, aiutata dalla faccia sbigottita di Robert.
< Vuoi
che torni indietro a chiederle di darmi un altro gioco? >
< No, fa
lo stesso > rispose e indossò la coroncina sulla
visiera del
berretto.
< Sei
molto sexy >
< Lo so,
mi da un sacco di fascino! > ribatté, imitando la
voce da
ragazza, cosa che mi fece ridere ancora di più.
<
Vogliamo andare? > domandai mentre mi asciugavo una lacrima.
< Certo,
Mitchie >
Portammo i
vassoi a svuotare, li appoggiammo sul bidone e poi ci incamminammo
verso la macchina.
< Ora
che si fa? >
< Io
dovrei andare a preparare la valigia >
Lo guardai,
delusa.
< Oh,
certo. E a che ora hai il volo? >
< Alle
otto >
< Sono
già le due, è meglio tornare a casa allora
>
< Ma se
ti va puoi venire a farmi compagnia mentre faccio la valigia >
< Sì,
volentieri > risposi sorridendo.
< Posso
farti una domanda? > chiesi una volta entrata in casa.
< Certo
> disse, prendendomi la giacca e appendendola sull'attaccapanni.
< Grazie
> dissi sorridendogli < ma che fine ha fatto il tuo
scimmione?
>
< L'ho
licenziato dopo che l'ho beccato a drogarsi > rispose, facendo
cenno di seguirlo in sala.
< Cosa?
> chiesi sconvolta.
< Ora è
in un centro di disintossicazione >
< E
l'hai denunciato? >
< No. Ma
gli ho detto che l'avrei fatto se non fosse andato a disintossicarsi.
E lui mi ha dato retta. Morale della favola: sono senza guardia del
corpo > ribatté, accendendosi una sigaretta <
davvero, io non
capisco cosa ci sia di bello nel drogarsi. Lo trovo vergognoso. Ti
sputtani un sacco di soldi per cosa, poi? Per morire >
< E non
credi che la sigaretta sia una cosa simile? > domandai,
leggermente alterata.
< Certo,
ma sicuramente non è così dannosa come drogarsi
>
< E come
farai? Senza guardia del corpo, intendo > chiesi per cambiare
discorso.
< Ne
assumerò un'altra non appena tornerò a Los
Angeles. Voglio godermi
una vacanza in tranquillità, stare con la mia famiglia e
incontrare
i miei amici… >
< Sembra
divertente >
< Sì,
lo è. Specialmente se non vedi la tua famiglia da un sacco
di tempo
>
Sorrisi,
intenerita dalla sua risposta. Era bello vedere che era così
legato
alla sua famiglia, che amava stare con loro. Avrei dato qualunque
cosa pur di essere al suo posto.
< A cosa
pensi? > domandò d'un tratto.
Scossi il
capo, sorridendo.
< A
niente di preciso, davvero >
<
Aspettami qui > mi ordinò e corse fuori dalla stanza
e, a
giudicare dal rumore che faceva, stava salendo le scale.
Aprii la
borsa e presi il regalo di Robert: gli avevo regalato il primo CD,
introvabile, dei Kings of Leon. Avevo letto in un'intervista che era
una delle sue band preferite e che purtroppo non era ancora riuscito
a comprare i loro vecchi album; così una sera, invece che
studiare
trigonometria, mi ero messa a cercare un sito dove potessero vendere
il CD, riuscendo a comprarlo su E-bay a cinquanta dollari.
<
Pattinson, ti sei perso? > domandai ridendo, notando la sua
assenza prolungata.
Non sentii
alcuna risposta, così mi alzai dal divano e salii le scale
per
dirigermi in camera sua. Sfortuna volle che lui era al telefono e
ascoltai gli ultimi minuti della conversazione.
< Mi
dispiace, Kristen, ma ho l'aereo alle otto, quindi non riusciamo a
vederci…Cosa?…No, ora non puoi. C'è
qui Michelle e…oh,
andiamo, lo sai che è solo una mia amica. E poi ti ricordo
che
andiamo solo a letto insieme, non è una cosa ufficiale la
nostra…non
provare ad incolparmi, sei stata tu la prima a dire che volevi che
fosse una cosa così, quindi io sono libero di vedermi con
chi mi
pare e piace…va bene, basta, non ho voglia di litigare. Ci
vediamo
quando torno. Buon Natale >
Okay,
mannaggia a me e alla mia curiosità! Perché avevo
deciso salire di
sopra per sapere che fine avesse fatto? E per cosa poi? Per farmi
umiliare così?
Strinsi il
pugno talmente tanto forte da sentire le unghie perforarmi la mano.
Sanguinavo? Non sanguinavo? Non mi importava. Il dolore che provavo
dentro era ancora più grande. Com'era possibile che mi
stessi
innamorando dell'ultima persona di cui volevo innamorarmi? Cosa avevo
combinato per essere stata così sfortunata? Io volevo bene a
Robert,
ma non volevo innamorarmi di lui. In quel momento avevo bisogno di un
amico, ma non di un fidanzato. Jenny aveva ragione, non ero io a
cercare i problemi, erano loro a trovare me.
Senza fare
troppo rumore feci dietrofront per tornare di sotto, dargli il mio
regalo e poi sparire lontano da lui, ma come sempre la sfortuna mi
attendeva dietro l'angolo, tant'è vero che inciampai sui
miei stessi
piedi e caddi per terra, sbattendo il gomito.
< Merda!
> sussurrai a denti stretti.
<
Mitchie, sei tu? > sentii domandare da Robert <
ehm…cosa ci
fai lì a terra? > chiese con un mezzo sorriso.
<
Io…sono inciampata > risposi passandomi una mano tra
i capelli.
Mi misi a sedere per terra mi alzai in piedi, ignorando la mano che
Robert mi stava porgendo.
< Che
cosa ci facevi qui di sopra? >
< Non ti
ho più sentito arrivare e volevo venire a vedere che fine
avessi
fatto >
Alzai gli
occhi e nell'esatto momento in cui vidi che anche lui mi stava
guardando, abbassai lo sguardo.
< Senti,
Mitchie, io… >
<
Tranquillo, Robert > ribattei, interrompendolo < tieni,
Buon
Natale > gli dissi prendendo da terra il pacchetto e
porgendoglielo < fai buon viaggio >
Mi
allontanai e scesi di corsa le scale. Odiavo quello che mi stava
accadendo. Odiavo sentirmi gelosa, odiavo stare male per lui e
soprattutto odiavo Kristen Stewart, anche se a dir la verità
non mi
era mai andata a genio. Ma odiavo il fatto che la invidiassi.
< No,
aspetta un momento! > esclamò, bloccandomi per il
polso <
Michelle, che ti prende? Ho fatto qualcosa di male? >
< No, ma
credo sia meglio che ora torni a casa. Si è fatto tardi e
credo che
tu debba finire la valigia >
Sospirò.
< Sì,
penso che tu abbia ragione >
Presi la
giacca ed aprii la porta.
< Chiama
Kristen >
Lo guardai
negli occhi e gli sorrisi. Lui era innamorato di lei e volevo che
fosse felice. E se questo voleva dire che Michelle Waldorf doveva
solo essergli amica…beh, così sarebbe stato.
Rientrai in
casa e mi lasciai andare un lungo, lunghissimo sospiro.
Perché
doveva essere tutto così maledettamente difficile?
< Perché
adori incasinarti la vita > sussurrai, dandomi una risposta.
Andai in
cucina e tirai fuori dal frigorifero gli avanzi del cibo greco della
sera prima con l'intenzione di mangiarli, ma l'odoraccio che
proveniva dai contenitori mi convinse a buttarli nel bidone;
così
afferrai il telefono e telefonai alla pizzeria d'asporto vicino casa,
ordinando una pizza ai quattro formaggi. Odiavo quel tipo di pizza,
ma ero talmente tanto triste, imbarazzata e allo stesso tempo
arrabbiata che la ordinai senza pensarci troppo. Oh, sì,
inutile
dire che ero anche masochista.
E dopo
venti minuti il porta-pizza me la consegnò, nonostante non
fossero
nemmeno le sette di sera. Nell'aprire la porta vidi Kristen Stewart e
Robert uscire da casa sua.
Sgranai gli
occhi e pagai velocemente il ragazzo, cercando di non farmi notare da
Robert, ma ovviamente non fu così.
<
Michelle! > esclamò, correndo sotto la mia veranda.
< Ecco
il resto, buona serata >
< Grazie
> risposi sorridendo al porta-pizza e poi tornai a guardare
Robert
< sei in partenza? Ma non saresti dovuto andare prima per fare
il
check-in? >
< Già.
Infatti sono in completo ritardo. Mi sa che andrò in
aeroporto e
aspetterò il prossimo volo, se per quello delle otto non mi
accettano più. Ma volevo sapere se tra di noi era successo
qualcosa
>
Mi
irrigidii e probabilmente impallidii come uno straccio.
< Ch…che
vuoi dire? > balbettai.
< Beh,
vedi…mi sei sembrata un po' strana prima >
< Ah. Ma
no, non è successo niente. Stai tranquillo > mentii
sorridendo.
< Bene.
Ecco, te ne sei andata e non mi hai dato modo di dartelo >
ribatté, consegnandomi un pacchetto verde < buon
Natale >
< Anche
a te. Fai buon viaggio >
Entrai in
casa e portai la pizza in cucina, ma non appena tolsi il coperchio mi
pentii di ciò che avevo preso. Avevo comunque troppa fame
per
lamentarmi, così la mangiai.
Dopo aver
finito la pizza mi incamminai fino all'albero di Natale per
appoggiarvici sotto il regalo, con l'intento di aprirlo a Natale. Ma
io e il tradizionalismo non siamo mai stati molto amici, senza
contare che sono sempre stata una gran curiosona, perciò mi
sedetti
sul divano e scartai il regalo: dentro una scatola color oro c'era un
libro con tutte le opere teatrali di Shakespeare.
Sorrisi e
aprii la prima pagina, trovando una dedica di Robert.
“Così
finalmente imparerai ad amare la letteratura classica. Merry
Christmas, Mitchie. Con affetto, Rob.”
< Scemo
> sussurrai con un sorriso stampato in faccia e riposi il libro
nella scatola, appoggiandola sotto l'albero.
Oh, oh, oh,
sono di nuovo qua!
Ebbene,
ecco di nuovo un nuovo capitolo, con i miei sclero a fondo pagina. Ho
indugiato parecchio a postarlo a dire la verità. Non mi
convince per
niente. Forse perché nel capitolo prima Robert comincia a
provare
qualcosa che Michelle e in questo lei scopre di essere innamorata di
lui. Non mi piace che sia passato un solo capitolo, nonostante siano
passati mesi. Bah. Avevo anche pensato di cestinarlo, ma non mi erano
venute in testa idee migliori. Spero possiate perdonarmi, anyway.
Il fine
settimana è stato uno schifo, mi sono arrabbiata con mio
padre
perché mi sono sentita presa per il culo, ma poi ci ho
passato
sopra.
E ieri
parlando con un mio amico ho scoperto che lui a Natale andrà
agli
open-day delle università a Londra. Io l'ho buttata
lì a mia madre
e lei mi ha risposto che se voglio andare, lei di certo non mi
fermerà e che non è nemmeno contraria. Ma che
così facendo si fa
violenza xD Quando la adoro *___* Davvero, io ero convinta che non
volesse mandarmi a studiare fuori, e invece…
Ebbene,
basta sproloqui mentali inutili! Mancano esattamente 14 giorni
all'inizio della scuola e io sono INDIETRISSIMO con i compiti! Ma
prendiamoci tutto in pollege xD
Ringrazio
chi ha letto, chi ha inserito la storia tra i preferiti, le seguite e
chi ha commentato. I love you so much ♥
Visto che
ho finito di scrivere la storia, da sabato 18 prenderò a
postare
settimanalmente. Oh, mi sembra di essere tornata indietro nel tempo
xD
Un bacione,
Giulls
Railen,
santa donna, mia amata…non immagini nemmeno quanto mi fai
felice
quando so che apprezzi ciò che scrivo ♥ Un
semplice grazie non
basta. GRATZIA ci sta meglio xD
SweetCherry,
se sei contenta che Robert si stia schiarendo le idee, immagino che
anche questo capitolo ti abbia soddisfatta :) Io adoro Michelle,
penso sia uno dei migliori personaggi che abbia mai inventato!
angiiie,
il capitolo scorso è di parte. Bisogna che cambi il nome xD
Tu li
hai letti praticamente tutti i capitoli, smettila di vantarti xD Ti
voglio bene anche io, non immagini quanto ♥
Jodie,
se tu dici di vergognarti così tanto io poi comincio a darmi
delle
arie…e non è un bene xD Non hai letto prima, ma
tanto hai
rimediato ora, quindi non c'è da vergognarsi. E poi ora sai
che
aggiornerò ogni sabato, quindi sei a posto :P Spero ti sia
piaciuto
questo capitolo, un bacio!
Sognatrice85,
tu mi hai appena definita meravigliosa??? E tu allora, cosa sei? Sono
così contenta di essere riuscita a trasmettere quella
sensazione di
libertà tramite le mie parole. Davvero. Grazie tesoro
♥ Ti voglio
bene anche io :)
doddola93,
tu non immagini la mia faccia quando ho letto la tua recensione. Tu
non hai idea di quanto mi manchi. Ma comunque ti strozzo! Che fine
hanno fatto tutti i tuoi capolavori? Li hai cancellati? MA SEI
MATTA?!?!?!? Mitchie è la tua buddha, così come
tu lo sei per me.
Stop. non lo so perche`, ma questa storia fa davvero bene,
hus.
nel senso che fa bene leggerla.
e qui partì il luccichio negli occhi. Quanto sei buona con
me? Ti
adoro immensamente e non vedo l'ora di risentirti.
valentina_black_cullen,
mi spiace averti spezzato il cuore, ma…davvero, se adori
Kristen
non so quanto ti convenga continuare a leggere,
perché…beh, sarà
un po' cattivella con Michelle. La mia Michelle è brava, tu
sei una
depravata! Ma ti voglio bene anche per questo ♥
|
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Capitolo 9 *** Liti, feste e baci rubati ***
Liti,
feste e baci rubati
NOTE
INIZIALI:
Spero che
questo capitolo vi piaccia. Ci sono particolarmente legata
perché è
il primo
capitolo di questa storia che ho
scritto ♥
Buona
lettura!
< Esci
anche questa sera, tesoro? > domandò Bianca entrando
in camera
mia.
< Sì,
mamma. È il compleanno di Jenny e le stiamo organizzando una
festa a
sorpresa. Sono due settimane che te lo dico > risposi
lanciandole
un'occhiataccia < mi hai cucito la maglia che ti ho messo in
camera? >
< Per
chi mi hai preso, per la domestica? Sai bene che c'è
Georgina per
fare quelle cose lì, non io > ribatté
stizzita.
< Ma
come ben sai, Georgina è dalla sua famiglia e quindi ora non
può
farlo. Mi avevi promesso tre giorni fa che l'avresti fatto tu >
< Ero
troppo impegnata, amore >
< E cosa
eri impegnata a fare? A scoparti il tuo nuovo fidanzato o a fare la
manicure? > domandai con odio.
< Con
Mike è diverso, è amore >
< Ma
certo, amore. Esattamente come lo era con Jason, Stan, Oliver, Shawn
e James > sbottai, sarcastica.
< Non ti
permetto di parlarmi in questo modo, sono tua madre! > disse
alzando la voce.
< Ah sì?
E da quando reciti la parte della madre? > urlai a mia volta
<
sono secoli che non ti siedi accanto a me per chiedermi come
è
andata la giornata o per chiedermi come sto. Da quando papà
se n'è
andato non ti è più importato niente di me
> ripresi, con le
lacrime che iniziavano a scendere dagli occhi < sono stanca di
ricevere queste attenzioni dalla madre di Jenny e non da te. Sei tu
mia madre, non lei! >
< Ti
prego, non urlare, i vicini potrebbero sentirti… >
< Lo
vedi? Pensi solo a te stessa e a quello che potrebbero pensare gli
altri di noi. Ora sono stufa! > esclamai digrignando i denti.
< Ma io
mi interesso a te >
< Certo,
solo per dirmi che quel vestito mi ingrassa, o che quelle scarpe mi
fanno le caviglie troppo grosse, o che quella canotta mi
rimpicciolisce le tette > risposi sorridendole sarcasticamente,
ma
lei interpretò male il mio sorriso.
< Lo
dico perché ci tengo che tu sia presentabile in giro. Quando
ingrassi è giusto che io te lo faccia notare. Sei una
Waldorf, devi
essere sempre impeccabile. Dovresti essere un po' come
Blair… >
disse facendomi l'occhiolino.
< È un
telefilm, mamma, non c'è niente di vero lì!
> risposi
esasperata.
In quel
momento sentii il rombo di una macchina avvicinarsi a casa nostra e
pochi istanti dopo un clacson suonare.
< Mike è
qui, ora devo andare. Questa sera mi presenterà i suoi
genitori.
Rimandiamo il nostro discorso a domani, mi fermo a dormire da
lui. Divertiti alla festa > disse baciandomi la guancia e
uscì
dalla mia camera e da casa.
Strinsi i
denti, i pugni e anche gli occhi, per evitare di piangere dal
nervosismo, mentre sentivo un senso di rabbia pervadermi tutto il
corpo. Aprii di scatto gli occhi, e dopo essermi avvicinata alla
finestra, la aprii e misi fuori la testa, prendendo un bel respiro.
< Da
quando papà se n'è andato, è cambiato
tutto! > urlai e riuscii
a farmi sentire non solo da mia madre, ma addirittura dai signori
Samuels, i nostri vicini, i quali mi guardarono con occhi sgranati.
Prima di
rientrare in casa guardai l'espressione di Bianca. Era rossa come un
peperone e si vergognava come una ladra perché avevo urlato,
e
magari causato qualche futuro. Pettegolezzo. Ma non mi importava. Mi
bastò intuire che a Bianca teneva di più
all'apparenza che alla
propria figlia per ricominciare a piangere.
Così
infilai la testa dentro la mia camera, ma con la coda dell'occhio
vidi Robert sul portico di casa sua che mi fissava, pure lui con
occhi sgranati.
Deglutii e
chiusi la finestra con un movimento secco.
Mi
accasciai a terra e continuai a piangere, finché il suono
del
campanello non mi fece smettere.
Mi asciugai
velocemente le lacrime e scesi di sotto, trovandomelo lì,
che mi fissava.
Lo guardai,
soffocando un singhiozzo, e mi buttai su di lui, stringendolo in un
abbraccio.
< Ti va
di parlare un po'? > domandò mentre mi accarezzava la
testa.
Sciolsi
l'abbraccio e lo guardai negli occhi.
< No.
Forse, non lo so > risposi con un sussurro, ma lo feci comunque
entrare in casa, sotto lo sguardo curioso dei signori Samuels e anche
dei Parker.
< Sai,
non ho potuto fare a meno di ascoltare tutta la vostra conversazione
> ammise mentre si sedeva sul divano, giusto per alleggerire la
tensione.
< Col
tono di voce che avevo, è probabile che la nostra
conversazione si
sia sentita persino in Australia > risposi sedendomi accanto a
lui.
< Sì,
forse… >
Feci un
lungo e sonoro sospiro e poi mi accasciai sul divano.
< Prima
che papà ci lasciasse, Bianca non era così. Era
una madre. Ora è
solo una troietta viziata che si crede un'eterna adolescente >
risposi con rabbia, tenendo lo sguardo fisso sulle mie ginocchia.
< Non
chiamarla così > proferì, secco <
è pur sempre tua madre >
< No,
Robert > ribattei, fredda < mia madre è morta
quando papà se
n'è andato. La donna con cui vivo non è
più mia madre >
< Mi
dispiace > sussurrò prendendomi una mano e
stringendola
dolcemente.
< Pure a
me > risposi abbozzando un sorriso < era sempre felice
prima e
si occupava sempre di me. Mi cuciva sempre le maglie che bucavo. Ora
c'è Georgina che lo fa > ripresi sbuffando.
< Come?
>
< Le
avevo chiesto se mi aveva cucito una maglia, ma mi ha risposto che
non ero la sua domestica. Così mi ritrovo senza maglia per
andare al
compleanno di Jenny. Ma questo non è niente. Davvero, sono
stufa.
Sto ricevendo attenzioni materne dalla madre di Jenny e per anni le
ho ricevute dalla signora Samuels. Io ho bisogno di una mia madre,
non di qualcun altro che si occupa di me perché gli faccio
pena >
<
Portamela >
< Che
cosa? >
< La tua
maglia >
<
Perché? > domandai sospettosa.
< Tu
fallo >
E così,
con una voglia pari a zero, mi alzai dal divano ed entrai in camera
di bianca per prendere la maglia. Ma quando alzai lo sguardo e vidi
il mio riflesso nello specchio, mi rattristii: ero davvero orrenda.
Gli occhi erano rossissimi e gonfi, il trucco era tutto sbavato e
avevo un naso talmente rosso da poter benissimo fare concorrenza a
Rudolph.
Furtivamente
andai in bagno e mi struccai, poi presi la maglia e tornai di sotto.
< E ora?
>
< Ora
vieni con me > rispose prendendomi per mano e trascinandomi fino
a
casa della signora Samuels.
< Salve
> disse la signora Samuels sorridendoci < Robert, non
dirmi che
hai rotto un'altra camicia > riprese ridendo.
< No,
signora. È Michelle che ha bisogno che lei le cuci una
maglia >
< Ma no,
signora Samuels, non si disturbi > intervenni, imbarazzata.
< Ci
vorranno giusto cinque minuti. Coraggio, entrate. Non restate sulla
porta, non mi mangio mica > disse facendoci accomodare in
salotto
e ci raggiunse poco dopo con una scatolina nera < fammi vedere
il
buco > disse sorridendomi e le porsi la maglia.
< Riesce
a fargliela per questa sera? Deve uscire tra poco e vorrebbe
indossarla > rispose Robert per me e gli lanciai un'occhiataccia.
< Sono
stata per cinquanta anni la sarta migliore di tutta Los Angeles ai
miei tempi, mi ci vorranno pochi minuti e prometto che sarà
come
nuova >
< Grazie
> dissi abbozzando un sorriso.
< Ma che
cosa è successo prima con tua madre, tesoro? >
<
Abbiamo litigato > risposi brevemente < anzi, mi dispiace
se ho
fatto confusione, non volevo > aggiunsi mortificata.
< Non
preoccuparti. Piuttosto, tu stai bene? >
< No >
La signora
Samuels alternò lo sguardo tra me e Robert.
< Stalle
vicina, ha bisogno di un ragazzo come te al suo fianco >
proferì
mentre continuava a cucire, ma a quella sua affermazione arrossii e
abbassai la testa, guardando per un tempo indefinito i miei piedi
<
va bene, provatela > riprese passandomi la maglia.
Mi
feci indicare il bagno e dopo esservi entrata la indossai. Era
davvero sorprendente, sembrava che non si fosse mai rotta.
Soddisfatta
e col sorriso sulle labbra ritornai in sala.
<
Non ho parole, signora Samuels. È strabiliante, sembra che
non si
sia mai rotta > le dissi, mentre mi fissavo allo specchio.
< Con
tutto quello che mi da Robert mi tengo in costante allenamento >
rispose ridendo.
< La
ringrazio davvero tanto >
< Non
ringraziarmi, è stato un piacere. Torna ogni volta che hai
bisogno;
mi fa piacere avere compagnia quando mio marito va al bar. E questo
vale anche per te, caro il mio Robert >
<
Certamente > rispose Robert sorridendole e dopo averla salutata
ancora una volta, mi riaccompagnò verso casa.
< Rob,
ti ringrazio. Mi hai salvata >
<
Figurati, Mitchie. Divertiti alla festa e non bere troppo, mi
raccomando. Devi tornarmi a casa sana e salva > disse ridendo.
<
Certamente, papà > risposi unendomi alla sua risata
< grazie
ancora >
E spinta da
non si sa quale moto di pazzia mi avvicinai a lui e lo baciai a fior
di labbra, per poi allontanarmi, rossa come un peperone, e scappai
dentro casa.
Ma cosa
diavolo mi era venuto in mente?!? Mi
passai una mano tra i
capelli, poi chiusi la porta a chiave e salii in camera, notando che
Robert, da casa sua, passava di tanto in tanto dalla finestra della
sua camera e guardava verso casa mia, tentando di scorgere qualche
movimento. Ma grazie al cielo avevo le tendine che mi coprivano.
Avevo rovinato un'amicizia per un mio gesto stupido. Era da Natale
che non desideravo altro che baciarlo, ma non mi sarei mai aspettata
di farlo, di toccare quelle labbra così…morbide.
Perché erano
così che erano. Morbide. Erano quel tipo di labbra di cui
non ti
stancheresti mai.
<
Avanti, ora basta. Preparati e vai alla festa > sussurrai mentre
mi guardavo allo specchio.
Così mi
cambiai la maglia, mi truccai, presi il regalo per Jenny, la borsa e
uscii di casa, raggiungendo dopo una ventina di minuti il bar di suo
padre.
< Ho
baciato Robert > confidai a Jenny quando fummo da sole in bagno.
<
Cosa?!?!?!? > domandò sgranando gli occhi.
< Ti
prego, non farmelo ripetere… >
< Ma…ha
fatto lui la prima mossa? >
< No >
risposi mentre mi ridavo la matita negli occhi < oggi ho
litigato
con Bianca e lui era venuto a consolarmi, poi mi ha accompagnato
dalla signora Samuels per cucire la maglia. Una volta finito, mi ha
accompagnato a casa e l'ho baciato… >
< Wow…
>
< No,
non è wow. Ho rovinato la nostra amicizia >
< Hai
realizzato il sogno americano. Com'è stato? >
< Ha due
labbra talmente morbide, che ti verrebbe voglia di baciarle sempre
>
ammisi sospirando.
< Non
solo ti piace, sei completamente partita per lui >
< Ma
siamo solo amici >
< Con
quel bacio, hai cambiato un po' le cose >
< Ti
prego, non dirmelo! > esclamai, nascondendomi il viso tra le
mani
< e ora cosa faccio? Non avrò più il
coraggio di guardarlo in
faccia >
<
Fattelo venire > ribatté scrollando le spalle
< piuttosto…vuoi
parlare della tua lite con tua madre? >
< Bianca
> precisai stizzita < e comunque no, non questa sera.
Torniamo
di là? >
< Certo
> rispose prendendomi a braccetto < vedila positivamente.
Hai
raggiunto i diciotto anni, puoi stare con lui senza infrangere la
legge >
< Questo
non mi aiuta > ribattei ridendo.
Restai fino
alla fine della festa e dopo aver aiutato Jenny a sistemare,
nonostante lei non avesse dovuto muovere un muscolo dato che era la
sua festa a sorpresa, l'accompagnai a casa e tornai nella mia.
Parcheggiai davanti al garage, ma non appena vidi la soglia di casa,
trovai appoggiata alla porta un mazzo di rose rosse. Robert
fu il mio primo pensiero, ma quando scoprii che non era lui il
mittente, il sorriso mi sparì. “Anche
i coglioni meritano una seconda occasione. Ti prego, ti amo.
Aaron.”
Senza alcun
indugio presi il mazzo di rose, mi avvicinai al bidone e lo buttai
dentro.
< Hai
già avuto troppe seconde possibilità >
sussurrai mentre
rimettevo il coperchio, e dopo aver visto la casa di Robert senza
alcuna illuminazione dall'interno, rientrai in casa e mi fiondai a
letto.
E quella fu
la prima volta che sognai Robert, la prima volta che sognai le sue
labbra imperterrite sulle mie, la prima volta che feci bei sogni dopo
mesi.
E mi
ritrovo a postare la sera prima, ma dai, è lo stesso xD
È che
domani dopo scuola sono a Bologna e alla sera sono via
perché è il
compleanno di mio nonno e allora vado a mangiare qualcosa con lui e
mia nonna.
Anyway…lo
giuro, non ricordo l'ultima volta che ho aspettato così
intensamente
il sabato. Mi sembra di essere a scuola da mesi e non da quattro
miseri giorni. E come se non bastasse hanno già cominciato
il
terrorismo psicologico da esame di maturità. Oggi, ad
esempio, la
mia prof di storia e filosofia ci ha parlato della commissione, degli
esterni e così via e ci ha fatto alcuni esempi; poi si
è messa a
dire che secondo lei quest'anno dovrebbero esserci degli esterni per
le lingue, perché così il ministero
può verificare lui stesso se
le lingue vengono effettivamente studiate…sì,
magari che lo
facciano il prossimo anno. Saranno ormai 20 anni che all'esame ci
sono le lingue interne, se quest'anno le fanno esterne è la
volta
buona che mi arrabbio sul serio xD Perché come se non
bastasse il
mio prof di fisica ci ha abbandonato e ora ad insegnarci fisica
abbiamo quella di matematica. In una parola, DELIRIO. Il metodo
è
totalmente diverso e lei è una colossale stronza e mi odia
(non lo
dico tanto per dire, lei mi tratta come se fossi una ritardata
mentale), ma con i miei genitori fa la leccaculo -.-
Ma passando
a cose felici…io vi amo *___* Siete stupende, tutte quante.
Quanto
mi piace leggere le vostre recensioni e sapere di essere apprezzata.
Grazie *__*
Questo
capitolo è tutto per voi ♥ E ovviamente ringrazio
tantissimo anche
chi ha letto e ha messo la storia tra i preferiti!
SweetCherry:
bene, siamo in due ad odiarla! xD Vorresti che fosse il primo a
capitolare, eh? Beh, posso assicurarti che in un certo senso
sarà
così! Spero ti sia piaciuto questo capitolo ^^ Un bacio!
LoryeEmy:
Visto quanto
è odiosa la Stewart?
Ed è solo l'inizio xD Sono davvero contenta, grazie mille
per tutti
i complimenti *__*
luna09:
Allora, ti spiego. Il motivo del bodyguard era per spiegare che
Robert starà per un po' senza xD Verrà
rimpiazzato più avanti…e
lo ammetto, ha a che fare con un'altra cosa, ma lo si
scoprirà solo
più avanti. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, un
bacio!
Daydre4mer:
Hello, baby! Come stai? Sono così contenta che ti sia
piaciuto il
capitolo *__* Kellan…torna nel prossimo capitolo xD Grazie
di tutto
♥
Railen:
Splendore, come stai? Io mi sono ripresa, Shannon? Quindi, la mia
Michelle è babba. Tzè, sei solo gelosa
ù.ù I miss you so much ♥
Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! *__*
angiiie:
Se tu non fossi in ritardo, non saresti la mia cugiò, te lo
dico
sempre xD Michelle accetta la tua proposta del birra club. A quando
l'incontro? Posso venire anche io? XD I love you so much ♥
valentina_black_cullen:
Leggiti Amleto di Shakespeare, è stupendo ♥ Ma io
adoro tutte le
sue opere, sono una fanatica di Shakespeare xD E infatti si
è visto
dal libro che Robert le ha regalato (che volevo prendere quando
l'avevo visto, a 25 euro mi sembra…e quando son tornata per
prenderlo, l'avevano finito T___T Tutte quelle meravigliose opere
teatrali!) Spero ti sia piaciuto questo capitolo! E posta domani ;)
Sognatrice85:
Tesoro *___* L'amore (per quando il loro si possa chiamare amore)
è
cieco. E poi lui è stupido perché si fa fregare e
lei una stupida
abbindolatrice ù.ù Che poi al momento lui
è confuso. Tiene sia a
Kristen che a Michelle. Ma Michelle è un partito migliore
ù.ù La
Stewart, solo una stronza e col tempo si vedrà xD Grazie per
tutto
quello che mi hai scritto e davvero, blatera quanto vuoi. Mi piace
conoscere tutte le tue opinioni. Ti voglio bene ♥
Jodie:
Sei un genio xD Grazie mille per il capitolo e per il tuo gran
genia! Ora però voglio la statua xDD La Stewart
non è la
persona più buona del mondo xD A guardarla in faccia mi sa
da gran
falsa bugiarda. E poi se la tira ù.ù Spero ti sia
piaciuto il
capitolo, un bacio!
See you
next Saturday!
Love you so
much, Giulls
P.S. Sì, lo so,
è un po' strano il rientro di Aaron nella storia. Ma...date
tempo al tempo e capirete tutto :)
|
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Capitolo 10 *** Imbarazzo ***
Imbarazzo
<
Allora? L'hai più visto? > domandò Jenny
mentre sgranocchiava
l'ultimo pacchetto di patatine della mia dispensa.
< No,
non ci siamo più visti > ribattei mentre appoggiavo
il mento
sulle ginocchia.
< Oppure
sei tu che sei sparita >
< La tua
non era una domanda >
<
Infatti > rispose secca < perché? >
< È una
cosa troppo imbarazzante, ho rovinato tutto >
< Non
hai rovinato tutto > rispose posando una mano sulla mia spalla.
< Sì,
invece. Ho rovinato la nostra amicizia >
< Oh,
insomma! > esclamò arrabbiata < ti sei pentita
di averlo
baciato? >
< No,
ma… >
< E
allora basta! Non hai rovinato la vostra amicizia. Ma tu ti sei mai
fermata a vedere come ti guarda? >
Alzai lo
sguardo nella sua direzione.
< N…no.
Come mi guarda? >
< Lui…
>. Jenny si bloccò per alcuni secondi. < Non
credo proprio che
lui non ti veda come una semplice amica >
< Non ci
credo >
< No? >
domandò alzandosi dal mio letto < forza, guarda
> continuò,
facendomi avvicinare alla finestra < è la decima
volta che passa
da lì davanti, che tenta di scorgere qualche movimento da
qui
dentro. Ed è una settimana che va avanti così.
Tutte le volte che
sono qui da te lo vedo alla finestra. Se fossi solo un'amica per lui
non avrebbe mai fatto una cosa del genere >
< E
allora perché non si è mai fatto vivo? >
< Perché
in fin dei conti sei tu quella che è sparita >
ribatté,
prendendo in mano una mia foto da piccola.
< Il tuo
ragionamento fa acqua da tutte le parti > obiettai prendendo la
foto e rimettendola al suo posto.
< In
ogni caso, secondo me ha un certo interesse verso di te. E se
continuerai a comportarti così perderai anche la sua
amicizia. E tu
non vuoi, vero? >
< No,
certo che no >
< Ecco,
allora smetti di fare la stupida. Ora devo andare, tra poco arriva
Walter per aiutarmi con la ricerca di biologia >
< Ciao,
Jenny >
< Ciao,
M. >
< Oh, ma
smettila! > esclamai tirandole il cuscino.
< Mi hai
mancata! > mi canzonò, scappando dalla mia camera.
Sorrisi e
guardai fuori dalla finestra verso la casa di Robert, ma vidi che la
sua auto era sparita.
Sbuffai e
tornai a sedermi sul letto. Ero davvero una stupida. Jenny aveva
pienamente ragione: stavo rovinando tutto, senza contare che Robert
mi mancava da matti. E per di più non avevo le palle di
andare da
lui e dirgli che avevo fatto una cazzata.
Strinsi il
cuscino per qualche minuto e poi mi decisi ad alzarmi e a tirare
fuori il libro di letteratura spagnola dallo zaino.
Verso le
cinque del pomeriggio Jenny mi chiamò.
< Ciao!
>
<
Usciamo questa sera? >
< Dove?
> domandai interessata.
<
Andiamo a bere qualcosa al Floreo. Ti va? >
< Certo!
Passo a prenderti alle nove? >
<
Facciamo nove e mezza. Walter resta a cena da noi >
<
Benissimo, a stasera >
Studiai
spagnolo per tutto il pomeriggio e alla sera ordinai cibo cinese da
mangiare in sala davanti alla televisione, approfittando
così
dell'assenza di Bianca. E dopo cena camminai fino alla mia camera e
dopo aver aperto l'armadio optai per indossare uno di quegli abiti da
cocktail che Bianca mi aveva regalato per i miei diciotto anni e poi
andai a prendere Jenny.
<
Caspita, sei da urlo! > esclamò la mia amica quando
mi vide.
<
Grazie. Me l'ha regalato Bianca il vestito >
< Ti sta
molto bene. Tua madre può essere stronza quanto vuoi, ma ha
ottimo
gusto >
< Sì,
come ti pare > ribattei mentre mettevo in moto.
< Io
non…non sono più vergine > mi disse Jenny
improvvisamente e
inchiodai.
< E me
lo dici così? > domandai, ancora shockata <
come è stato? >
<
Assolutamente perfetto >
<
Ma…quando? >
< Oggi
pomeriggio, prima che mia madre tornasse a casa. Lui era venuto per
aiutarmi a fare la ricerca di biologia. E…è
successo, senza che
nessuno dei due lo prevedesse >
Le sorrisi
e le presi la mano.
< Sono
contenta. Era ora che lo faceste. Temevo che arrivassi vergine fino
al matrimonio >
< Scema!
> esclamò, ridendo < te lo giuro, sono felice.
Piuttosto…hai
poi parlato con Robert? >
Mi
rabbuiai.
< No >
< Sei
una stupida >
< Lo so,
non avrei mai dovuto… >
< No >
mi interruppe < sei una stupida a farti tutte queste paranoie
>
< Ne
abbiamo parlato abbastanza > ribattei, mentre accendevo la radio.
< Il
discorso non finisce qui >
La guardai
e le sorrisi.
< Siamo
arrivate >
Parcheggiai
nel vicolo accanto al pub, facemmo mezz'ora di fila e poi arrivammo
all'entrata del locale.
Il
buttafuori ci si piazzò davanti.
<
Documenti >
< Paul,
sono anni che veniamo qui, ormai ci conosci > ribattei mentre
tiravo fuori la carta d'identità e gliela mostravo,
esattamente come
fece Jenny.
< È il
mio lavoro > ribatté < divertitevi >
Entrammo
dentro al locale e incominciammo a guardarci intorno, in cerca di un
posto libero.
< Oh, ma
guarda chi c'è! > esclamò Jenny ad un
certo punto, indicandomi
un tavolo occupato da due persone.
È inutile
dire che una di queste persone era Robert.
La guardai,
con sguardo omicida.
< Tu lo
sapevi! >
<
Diciamo che forse ho sentito che lui stasera sarebbe venuto qui >
< Sei
veramente una grandissima… >
<
Guarda, ci ha viste > ribatté, interrompendomi
< ti sta
facendo segno. Avanti, guardalo >
Feci come
aveva detto la mia amica, imbarazzata come non mai, e lo salutai con
un cenno di mano.
L'amico di
Robert, Kellan Lutz, si voltò per guardarci, mentre Robert
ci fece
segno di avvicinarci.
Jenny mi
afferrò per un braccio.
< Forza,
andiamo >
< No, ti
prego >
<
Smettila di fare la bambina! > esclamò, continuando
imperterrita
a camminare < ciao, ragazzi >
< Ciao!
> ribatté Kellan, alzandosi dalla sedia <
piacere, sono Kellan
>
< Jenny
> rispose la mia amica, stringendogli la mano.
<
Piacere di rivederti, vicina di casa >
Sorrisi.
< Anche
per me. Ciao, Robert >
< Ciao
Mitchie > rispose tranquillo.
< Noi
ora andiamo a prendere qualcosa al bar. Ci vediamo in giro >
dissi
mentre prendevo Jenny per un braccio.
< No,
fermatevi a bere qualcosa con noi > ci invitò Robert,
indicandoci
le due sedie accanto a lui e a Kellan.
< Non
vogliamo disturbare > ribattei, sorridendo educatamente.
< Se non
lo fate, ci offenderemo > disse Kellan ridendo, mentre beveva
della birra.
<
Avanti, Michelle, sediamoci >
< Jenny…
> la chiamai, facendole segno di no con la testa.
<
Michelle, dai retta alla tua amica e siediti >
ribatté Robert
prendendomi per un braccio e facendomi sedere accanto a lui,
strattonandomi con poca grazia.
< Cosa
prendete, ragazze? > domandò Kellan.
<
Mojito? > mi propose Jenny.
< Okay >
risposi chiamando la cameriera, che tornò pochi minuti dopo
con
quattro Mojito.
< Alla
vostra > disse Kellan alzando i bicchieri.
< Salute
> rispondemmo in coro la mia amica ed io.
<
Prendete tutto quello che volete. Offro io > ci disse Robert
sorridendo.
Dopo il
Mojito, Jenny ed io ne prendemmo un altro e un altro ancora, con il
risultato che dopo mezz'ora eravamo entrambe brille.
Io decisi
di fermarmi lì col bere, specialmente perché
dovevo guidare, mentre
Jenny continuò a bere, probabilmente spinta da Kellan.
Qualche
minuto dopo loro due se ne andarono a ballare, lasciando me e Robert
da soli.
< Hey >
gli dissi avvicinandomi al suo orecchio, a causa della musica troppo
alta < volevo scusarmi per l'altro giorno. Ho fatto una totale
cazzata >
<
Michelle, stai zitta > sbottò, posando le sue labbra
sulle mie.
Ma a differenza del mio bacio, il suo non era per niente casto.
Iniziò a muovere dapprima le sue labbra sulle mie, poi con
una
richiesta muta toccò le labbra con la lingua. E lo
assecondai, forse
per lo stupore, forse per la felicità, oppure per l'alcol
che mi
circolava in corpo. Fatto sta che non mi allontanai fino a che non lo
fece lui. < Okay. La cazzata l'ho fatta anche anche io. Ora la
vuoi smettere una volta per tutte di evitarmi? >
Annuii, più
serena di prima. Certo, Robert aveva appena detto che aveva fatto una
cazzata baciandomi, ma almeno avevo capito che la nostra amicizia non
era andata persa. E per me era quello l'importante.
< Amici
come prima? > domandai sorridendo.
< Come
sempre > mi rispose, dandomi un buffetto sulla guancia.
Kellan e
Jenny tornarono poco dopo e chiacchierammo tutti insieme fino a che
non si fece ora di tornare a casa.
Ed ero così
contenta di aver chiarito con Robert che mi ritrovai a sorridere come
un'ebete per tutta la serata.
Che dire.
Michelle è poco coerente xD Lo dico da sola. Ma
sapete…tiene così
tanto a Robert che preferisce restargli solamente amica piuttosto che
mandare tutto a farsi benedire.
Seconda
settimana di scuola finita! Alleluia!
Ma si vede
che la scuola è ricominciata, c'è periodo di
magra nella lettura xD
Anyway (e
sto cominciando a dirlo troppo spesso), ringrazio chi ha letto e chi
ha recensito.
valentina_black_cullen:
il più l'hai abbondantemente avuto, spero ti piaccia questo
nuovo
capitolo ;) Un bacio!
Railen:
Mi onora sapere che vuoi spoiler *__* Cioè…TE
che chiedi
spoiler a ME? *__* Aww *__* Hey, ti è
piaciuto Mordimi? XD
Love you♥
Sognatrice85:
Yes, we are ready to fight! E presto anche Michelle
lo sarà
;) Grazie mille per tutto tesoro. Che farei senza di te?♥
A sabato
prossimo!
Besos,
Giulls
P.S.
Voi non lo
sapete! Mercoledì sera sono andata a vedere Mordimi!
Stupendo, ho
riso come una matta xD E a mio modesto parere il personaggio che ho
amato di più è stato Jacob col suo GATTO! XD (Chi
l'ha visto può
capirmi) E ovviamente Frank. L'ho amato così come amo
Charlie xD Ma dietro di me avevo una bimbetta stupida che diceva alle
sue amiche "Ma che schifo! Ma come fate a ridere? Fa cagare" e quando
Edward mostra l'anello a Becca "Ma quello non è l'anello del
film!" No, infatti questo era più bello
ù.ù Mi son sorbita tutti i suoi commenti, mentre
io e le mia amiche (specialmente la santa Valentina) sparavamo un sacco
di cattiverie! Oh, dobbiamo anche imparare il balletto di It's raining men e
ballarlo! E diciamocelo! Le espressioni di Becca e Edward erano quelle
della Stewart e di Robert xD
|
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Capitolo 11 *** Feel the rain on your skin ***
Feel the
rain on your skin
<
Quindi? >
<
Quindi cosa? > domandai, portandomi un ciuffo dietro l'orecchio.
<
Si può sapere cosa siamo venuti a fare qui? >
Voltai
il viso verso il suo e inarcai le sopracciglia.
<
Io a vedere il tramonto da quassù, tu…a dire il
vero non ne ho la
minima idea >
<
Ti ho vista passare di qui e ho pensato di seguirti. Non sapevo cosa
fare >
<
Allora stai zitto e goditi questo panorama > lo rimbeccai.
Sbuffò.
<
Certo che voi Americani siete siete proprio strani >
<
Parla l'Inglese >
<
Cosa vorresti dire? >
Ghignai
e mi appoggiai alla ringhiera.
<
Non venirmi a dire che non siete strani >
<
Fammi un esempio >
<
La vostra morbosa mania di prendere il tè alle cinque del
pomeriggio
>
<
Capirai, ognuno ha le proprie stranezze >
Gli
sorrisi. Adoravo quando mi diceva questa frase, perché
voleva dire
che avevo centrato il punto e che non sapeva mai cosa rispondermi.
<
Allora, hai fatto qualche amicizia nuova? >
<
Sì, una > disse, contorcendosi le mani < ho
conosciuto una
tipa. È simpatica e molto carina >
Strinsi
la mascella.
<
Come si chiama? > domandai, speranzosa che mi stesse prendendo
in
giro e che si riferisse a me.
<
Sophie. Credo studi alla UCLA e credo abbia la mia età
>
<
Oh, bello > mentii, fingendomi interessata. Era ovvio che a uno
come Robert piacessero le ragazze più grandi. Cosa se ne
faceva di
una ragazzina? < Ci uscirai insieme? >
<
Non lo so. Non sono motivato. È molto carina,
ma…non voglio storie
serie, non al momento. Sarebbe più…da portarsela
a letto una volta
sola, ecco > rispose con un sorrisetto finale.
Stavo
ribollendo di rabbia. Non tanto per il fatto che avesse conosciuto
questa ragazza, ma per cosa aveva ipoteticamente pensato di fare.
Lo
guardai, disgustata. < Voi uomini siete tutti uguali. Quando si
tratta di essere fini, non sapete mai come comportarvi. Quando
diavolo capirete che le donne non sono un oggetto? Vuoi divertirti?
Bene, invece che usare una povera ragazza innocente, perché
non usi
la tua mano, oppure ti rilassi usando la tua amichetta Kristen, dal
momento che fate sesso senza voler impegnarvi?!? >
Presi
la borsa da terra e mi affrettai ad allontanai da lui.
<
Avanti, Michelle! Stavo scherzando >
<
Non mi interessa > ribattei, premendo sul bottone dell'ascensore.
<
Non volevo essere maleducato, scusa >
<
Ma mi capisci quando parlo? > gli urlai in faccia < non
mi
interessa niente. Fai quello che ti pare. Sei solo la conferma che
voi uomini non ragionate con il cervello >
Lo
guardai immaginandomi che controbattesse, ma così non fu. E
ciò mi
deluse ancora di più. Intanto l'ascensore era arrivato,
così mi ci
fiondai dentro e premetti il pulsante per il piano terra; ma Robert
posò la mano sulla fotocellula ed entrò con me.
Mi guardò negli
occhi, fregandosene dello sguardo freddo che gli stavo lanciando.
<
Mi dispiace, Mitchie. Non volevo essere così maleducato
>
sussurrò, avvicinandosi a me e abbracciandomi. Sorpresa e
anche un
po' imbarazzata ricambiai, portando la testa nell'incavo del suo
collo.
<
Non devi dire queste cose, ti prego > lo implorai.
<
Sì, te lo prometto >
<
E promettimi che non farai nemmeno quello che hai pensato di fare con
quella ragazza. So cosa si prova ad essere usati. Ti fa star
malissimo >
Lo
sentii aumentare la presa, fino a stritolarmi. Alzai lo sguardo e
vidi che aveva la mascella serrata e gli occhi chiusi. Riabbassai il
viso e poco dopo le sue labbra premettero sui miei capelli.
<
Chi ha osato farti star male? > chiese con rabbia.
<
Aaron >
<
Il tuo ex gay? >
<
Lui…lui non è gay > sussurrai.
<
Non mi avevi detto che l'avevi trovato a letto con il suo migliore
amico? >
<
Ho mentito > ribattei, stringendomi di più
nell'abbraccio.
<
Cosa è successo? > domandò mentre mi
accarezzava la testa.
<
Lui…mi ha lasciato per tornare dalla sua ex. La storia del
suo
migliore amico l'ho inventata. Ma sinceramente, avrei preferito che
fosse gay. La verità fa male >
<
Perché dici questo? >
<
La sua ex è una dea. È bellissima, perfetta,
è alta, magra, ha due
gambe slanciate, non ha un filo di pancia e due seni sodi >. Mi
bloccai, avendo temuto di fare una gaffe. < Cioè, non
che io mi
sia mai fermata a guardarli > dissi, rossa come non mai <
è
solo che…beh, quando è in
costume…ecco, si notano >
Si
allontanò da me e mi guardò. No, il termine
più giusto era studiò
e lo fece centimetro per centimetro.
<
Non hai niente da invidiare a questa ragazza, chiunque essa sia >
<
Sì, certo. Lo dici solo perché sei mio amico
>
<
No, fidati. Tu… >. Si bloccò, passandosi
una mano tra i
capelli. < Sei davvero bella, Michelle >
Un
brivido, ecco cosa mi attraversò la schiena. Non era la
prima volta
che qualcuno mi diceva che ero bella, ma nessuno l'aveva mai detto
con un'intensità come aveva fatto lui.
Ricambiai
lo sguardo, incapace di distoglierlo. Se fossimo in un film, ora ci
sarebbe la scena del bacio. Per disgrazia o per fortuna la vita
è
assai diversa dai film.
Mi
guardava. Intensamente, senza sbattere le ciglia. Era come se con lo
sguardo volesse penetrarmi dentro e ciò mi faceva paura: non
volevo
che capisse cosa provavo per lui, ma allo stesso tempo quello sguardo
mi faceva sentire bene.
Sì,
sarei rimasta per ore a fissare quei meravigliosi…
<
Sei Robert Pattinson? >
…occhi
blu.
Mi
voltai verso la donna che era appena entrata nell'ascensore
lanciandole un'occhiata di fuoco che né lei, né
Robert intesero.
<
Sì, salve >
<
Potresti fare un autografo per mia figlia? È una tua
grandissima fan
> domandò, porgendogli carta e penna.
<
Certo. Come si chiama? >
<
Michelle > rispose la donna e Robert si voltò a
guardarmi,
divertito e ricambiai il suo stesso sguardo.
<
Ecco fatto > le disse, porgendo il foglio alla signora.
<
Grazie mille >. Intanto eravamo arrivati al piano terra.
<
Immagina se la mia Michelle fosse stata a casa sua oggi >
esclamò
la donna, forse più a se stessa che a noi.
Non
appena ci lasciò soli, sgattaiolai fuori. Ero ancora troppo
scossa.
<
E ora che si fa? > domandò, prendendo in mano una
sigaretta e
accendendola.
<
Non lo so >. Presi la sigaretta che si era portato alla bocca e
gliela fregai. < Vogliamo andare al cinema? >
<
Beh, grazie! > esclamò, contrariato < no, non
ho voglia di
stare al chiuso >
<
E quindi? Sta anche per incominciare a piovere > constatai,
guardando il cielo.
<
Michelle Waldorf ha paura di un po' di pioggia? >
Mi
guardò, prendendomi in giro.
<
No, ovviamente >. D'un tratto mi venne in mente una cosa.
<
Seguimi >
<
Dove? >
<
Ti porto in un bel posto >
<
Un altro posto magico? >
<
Sì >
Sorrise.
<
Okay, andiamo >
Lo
presi a braccetto e ci incamminammo per il marciapiede, decisa a
portarlo al mare. Ma esattamente pochi metri prima di arrivare
incominciò a piovere e Robert mi prese per mano per andare a
ripararci sotto un tendone.
<
Sei proprio sicura di voler andare al mare? >
domandò, indicando
verso la spiaggia.
<
Certo > risposi, sorridendo.
Presi
Robert per un braccio e lo invitai a correre verso la spiaggia quando
il suo cellulare squillò. Rispose e mi allontanai per
lasciargli un
po' di privacy, non volendo replicare la figuraccia di Natale.
Attesi
due minuti e Robert si riavvicinò a me, con un'espressione
da cane
bastonato.
<
Era Kristen… >
<
Ti ha chiesto di andare da lei? >
<
Sì >
<
E tu vorresti andare? >
Si
passò una mano tra i capelli.
<
Ecco, vedi… >
<
Vai >
<
Davvero non ti scoccia? >
<
No, vai tranquillo > mentii.
Mi
sorrise e mi baciò la guancia, lasciandomi sola e correndo
via.
Lo
guardai allontanarsi e poi corsi verso la spiaggia. Al diavolo Robert
e i suoi incontri con Kristen Stewart! Io volevo vedere il mare e ci
sarei andata, anche a costo di ammalarmi.
Mi
misi il cappuccio, chiusi la cerniera della felpa e uscii dal mio
riparo, correndo senza sosta verso la mia meta.
Raggiunsi
il mio traguardo fradicia, ma mi sentivo appagata. Il rumore delle
onde che si infrangevano negli scogli, l'odore dell'acqua salata, la
sabbia che si insinuava nelle scarpe e il sentirla fredda al tatto
una volta scesa la notte. Adoravo la spiaggia. Da piccola mio padre
mi diceva sempre che durante un temporale, quando le onde si
infrangevano negli scogli con violenza, una sirena veniva catturata
dai pirati, ma ogni volta che il tempo si calmava e le onde si
infrangevano dolcemente, questa riusciva a liberarsi e tornava sana e
salva in fondo al mare.
Mi
incamminai fin sotto alla tettoia di un bar chiuso e mi sedetti su
una sedia, osservando quel meraviglioso spettacolo. Tirava un gran
vento e l'aria gelida si infilava sotto i miei jeans e la mia felpa,
facendomi venire la pelle d'oca. Ma non mi importava. In quel momento
avevo solo bisogno di essere lì, volevo ricordare il passato.
Misi
le scarpe sul bordo della sedia e circondai le braccia, tentando di
riscaldarmi e appoggiai il mento sulle ginocchia, continuando a
guardare quello spettacolo davanti a me.
Chiunque
dicesse che osservare il mare ti dava un senso di libertà
aveva
ragione.
<
Feel the rain on your skin, no one else can feel it for you, only you
can let it in. No one else, no one else can speak the words on your
lips. Drench yourself in words unspoken, live your life with arms
wide open. Today is where your book begins. The rest is still
unwritten… > canticchiai, sorridendo ad ogni singola
parola.
Ad
un tratto sentii dei passi farsi sempre più vicini e voltai
la
testa, spaventata. Erano ormai le otto di sera, chi poteva venire al
mare a quest'ora? Oltretutto l'illuminazione più vicina era
praticamente accanto a me, quindi non potevo scorgere il volto di
chiunque si stesse avvicinando fino a che non fosse stato accanto a
me. Cercai di prendere il cellulare e composi il 911, così
nel caso
ci fosse stato bisogno, qualcuno mi avrebbe soccorso. O almeno era
quello che speravo.
Sentii
i passi farsi sempre più vicini ed io ero già
pronta a far partire
la telefonata.
<
Speravo di trovarti ancora qui > parlò lo sconosciuto
con una
voce che avevo imparato a conoscere.
Scattai
in piedi, furiosa e sollevata allo stesso tempo.
<
Ma ti ha dato per caso di volta il cervello? Dio, Robert, hai idea
dello spavento che mi sono presa? Sentivo dei passi e non sentivo
parlare, ho temuto stesse venendo qualcuno malintenzionato! >
<
Mi dispiace, Mitchie, non credevo che tu mi avessi sentito. Volevo
farti una sorpresa > ribatté, visibilmente
dispiaciuto.
<
Beh, la prossima volta caccia un urlo, così saprò
che sei tu >
Rise.
<
Te lo prometto >. Si avvicinò ancora un po' e si
sedette accanto
a me. < Ti ho portato una coperta, così eviterai di
congelarti >
<
Oh, grazie! > esclamai, sorridendogli calorosamente < mi
hai
salvato la vita, sappilo! >
<
Per così poco? > domandò, portandosi un
po' di coperta sulle sue
gambe.
<
Com'è andata la tua sveltina con Kristen? > domandai
fingendomi
interessata, puntando gli occhi verso l'oceano.
<
Non sono stato da lei > rispose e mi voltai verso di lui,
sbigottita.
<
Ah, no? Come mai? >
<
Mi sentivo in colpa per averti fatto stare male oggi e per averti
abbandonato così su due piedi >
<
Non hai niente da farti perdonare >
<
Sì, invece. Sono un pessimo amico. Tu per me ci sei sempre.
E tu
oggi avevi bisogno di me. Il mio incontro con Kristen può
aspettare
>
<
E cosa le hai detto? >
<
Che avevo già precedentemente preso un impegno con te
> rispose
sorridendomi < come mai sei voluta venire qui? >
<
Avevo nostalgia del mio passato >
<
Avevi una casa sul mare da piccola? >
Risi.
<
No, Robert. Io abitavo in fondo al mare >
Robert
mi guardò e inarcò un sopracciglio.
<
Non ti seguo… >
<
Sono una sirena. Da piccola vivevo in fondo al mare e i miei migliori
amici erano un granchio di nome Sebastian e un pesce giallo e blu di
nome Flounder >. Lo guardai negli occhi e vidi il suo sguardo
accigliato. < Che c'è, non mi credi? >
<
Nemmeno un po' >
Risi
e mi strinsi a lui, cedendogli ancora un po' di coperta.
<
È vero che avevo nostalgia del passato, ma la cosa
è diversa. Da
piccola venivo sempre qui con mio padre e restavamo a guardare la
luna riflettersi sul mare >
<
Ti manca tuo padre? >
<
Mi manca più il fatto di non avere un padre, che non avere
lui.
Ormai ci ho fatto l'abitudine a non vederlo più, sono tre
anni che
non si fa più vivo. Ma mi manca il non festeggiare la festa
del
papà, qualcuno che faccia il terzo grado ai ragazzi con cui
esco,
che mi coccoli quando mi sento triste… >
Mi
strinse una mano. A differenza della mia, la sua era calda, molto
calda.
<
Sei gelida > mi disse, portandomi una ciocca bagnata dietro i
capelli < non vuoi tornare a casa? >
<
Ancora due minuti, ti prego >
<
Certo > acconsentì, tentando di scaldarmi le mani.
Guardai
il cielo e vidi che aveva smesso di piovere e il vento ormai stava
spazzando via i nuvoloni neri.
<
Grazie per essere qui con me. Ti voglio bene >
<
Anche io, Mitchie. Sei la mia migliore amica e sei una delle persone
più pazze al mondo che io conosca. Ma ti adoro
così come sei >
Lo
guardai negli occhi e gli sorrisi, poi mi appoggiai alla sua spalla,
mentre lui mi sfregava la mano su e giù dietro la schiena
per
scaldarmi.
Ero
felice. Okay, forse lui mi considerava solo la sua migliore amica, ma
mi adorava e me l'aveva appena detto. E poi cavolo, aveva preferito
me a Kristen Stewart, me ad una
serata di sesso! Quanti
altri ragazzi avrebbero fatto una cosa del genere?
<
Nessuno > sussurrai piano.
<
Come? > domandò.
<
Niente >
<
Eppure qualcosa hai detto > ribatté.
<
Stai zitto e non rovinare questo bel momento d'amicizia >
Ci
guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere, poi tornai ad appoggiare
la testa sulla sua spalla e restammo lì immobili e persi nei
proprio
pensieri fino a notte inoltrata.
Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee,
buon sabato!
Come
state? Io piano piano sto riprendendo dall'influenza, ma ancora non
sto pienamente bene. Sono praticamente quattro giorni che non tocco
cibo e questo la dice tutta xD
Allora,
prima di tutto voglio dirvi che sono molto affezionata a questo
capitolo, perché…beh, a dire la verità
non so nemmeno dire il
perché. Ma ricordo di averci messo l'anima Unwritten, di
Natasha
Bedingfield. Se non l'avete mai ascoltata, andate immediatamente su
You Tube e fatelo! Merita, trust me!!
Ringrazio
tantissimo chi ha letto e chi ha recensito. I love you, guys♥
Sognatrice85: Oh, tesoro mio. Grazie mille per
tutto ♥ Ti voglio bene
Railen: Visto che
brutalità ha il Pattinson? Ooooh, ti è quasi
simpatico xDD Chissà se arriverà il momento in
cui gli farai una statua xDD Ma sai, il Pattinson è furbo,
fidati xD L'ha baciata perché voleva farlo xDD No, chiedili
a me gli spoiler!! Sono così contenta di sapere che le mie
storie ti piacciono *__* GATTO! XD Love you
valentina_black_cullen: Dai,
piano piano Robert sta tirando fuori le palle! :) Spero che il capitolo
non ti abbia delusa :)
dfdfdfdfd: ciao! Oooooooh, grazie
mille *___* Robert non le ha detto che ha fatto anche lui la cazzata
perché era brillo o era offeso :) La loro è la
tipica fase da “si muoiono dietro entrambi, ma nessuno dei
due ha il coraggio di fare la prima mossa”. Michelle,
baciandolo, ha temuto di aver rovinato la loro amicizia ed è
anche per quello che scompare. Perché lei comunque crede che
Robert sia innamorato di Kristen. E ci tiene talmente tanto a lui che
gli basta anche solo esserle amica. E quindi il bacio che lei gli ha
provocato la rezione “oddio, ora ho combinato un
casino”. E Robert l'ha baciata una seconda volta e le ha
detto di aver fatto una cazzata perché Michelle si stava
allontanando da lui e quindi le ha detto quello per non perdere la sua
amicizia. Spero di essere stata chiara xD Non sono molto brava nelle
spiegazioni al momento xDD
LoryeEmy: No, la Stewart al bar
con Robert no! XD Brutta scena, bruttissima scena xD *va a lavarsi gli
occhi con il sapone* xD Ahahahahah, ma povera! Devi capire che Michelle
era leggermente sconvolta xD Ma dai, col tempo si rifarà,
promesso xD Per i capitoli...spero di riuscire ad accontentarti xD
Vedi, alcuni capitoli sono brevi, ma altri sono abbastanza lunghetti xD
È che non volevo fare come nella mia vecchia storia che un
capitolo durava dalle 20 alle 30 pagine, volevo restringere un po' di
più il campo xD Comunque, fammi sapere se la lunghezza di
questo capitolo va bene xD
angiiie: la cugiogia sei
tuuuuuuuuuuuu! Momento canoro xD Se ti torturo poi come faccio a stare
senza di te? Hai ragione, sai? La mia Michelle è troppo per
il Bob. Ma hey, se è contenta lei, lo sono tutti! XD
Sììììììììì!
GATTO xD Love you♥
See ya next Saturday! With love, Giulls
P.S. No, questo ve lo devo dire. Sono disperata xD Al Futurshow a Bologna (più che altro a Casalecchio di Reno) il 3 dicembre ci sarà il concerto dei KINGS OF LEON. E la sottoscritta ci vuole andare T__T Il problema è che 5 giorni dopo io sono al Futurshow a vedere i Thirty Seconds To Mars. E il biglietto per i Mars l'ho già comprato. Ma se dico a mia mamma che voglio andare a vedere anche i Kings of Leon mi da un calcio nel culo XD Argggggg, non so cosa fare xD Perché non mi lascia nemmeno la macchina -.- Okay, qualche suggerimento? Chi mi da il suggerimento più adatto vince un pupazzo! Oppure qualunque altra cosa, basta chiedere! xD
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Capitolo 12 *** Happy birthday, Mitchie ***
Happy
birthday, Mitchie
Avevo
l'abito color verde acqua sul letto, gli stivali appoggiati per terra
e la borsa accanto al vestito. Avevo tutto quello che mi serviva, ma
allora perché avevo la sensazione di star dimenticando
qualcosa? Non
dovevo andare a dormire fuori e non volevo indossare braccialetti
vari, conscia del fatto che sicuramente ne avrei ricevuti vari quella
sera. Mi ero fatta la doccia, mi ero truccata e avevo già
preparato
la borsa. Cosa diavolo stavo dimenticando?
Sbuffai e
mi avvicinai alla scrivania per prendere l'ultima caramella alla
menta, quando i miei occhi incrociarono il mio diario e di
conseguenza mi tornò in mente che dovevo portarle il mio
quaderno
con gli appunti di spagnolo. Tzè, l'illuminazione di
Rousseau sulla
via di Vindennes non era niente in confronto al mio lampo di genio!
Non solo stavo compiendo una buona azione e aiutando la mia migliore
amica, ma stavo addirittura evitando che le sua dita si chiudessero
sul mio candido collo.
Presi dalla
mia tracolla l'oggetto in questione e lo appoggiai sul mio letto per
non dimenticarmelo, dopodiché tornai a prepararmi per
festeggiare il
mio diciannovesimo anno di età con la famiglia che mi ero
scelta:
lei, Walter e naturalmente le Clovers. Quella sera Jenny ci aveva
ospitato a casa sua per festeggiare, mangiando una pizza.
E una volta
finiti i preparativi uscii di casa per raggiungere quella della mia
migliore amica, che mi stava già aspettando.
<
Waldorf! > urlò una voce dietro di me mentre stavo
chiudendo la
porta di casa.
Mi voltai
e incrociai lo sguardo con un ragazzo alto e molto magro: aveva la
faccia scheletrica e gli occhi infossati dentro, con delle borse
enormi e violacee sotto gli occhi e tanti buchi nella mano destra.
< Chi
sei? >
< Non mi
conosci, mi chiamo Stephan > riprese mentre si avvicinava verso
di
me.
< Che
cosa vuoi? > domandai guardinga e la mia risposta lo fece ridere.
< Stai
tranquilla, non voglio farti del male > disse, infilando le mani
in tasca < sono stato mandato qui per consegnarti il tuo regalo
di
compleanno >
< E da
chi? >
< Da un
amico in comune, ma mi ha pregato di non fare nomi >.
Tirò fuori
un piccolo pacchetto, per non dire minuscolo, dalla tasca e me lo
porse. < Forza, questo è per te >
< Chi me
lo manda? > domandai con lo stesso sguardo da sospettosa.
< Te
l'ho detto, non posso fare nomi. Ma posso dirti che è un bel
regalo
>
Si avvicinò
ulteriormente e mi mise il pacchetto sulla mano. < Buon
compleanno
e fanne buon uso >
Sorrise e
si allontanò correndo, mentre io rimanevo a fissarlo,
allibita e
sconcertata.
Porsi
l'attenzione sul pacchetto sul palmo della mia mano e lo aprii,
impallidendo improvvisamente e rischiando di fare una bella caduta
per terra se non mi fossi appoggiata al dondolo. Avevo voglia di
urlare, di piangere, di correre in casa, di scappare. Qualunque cosa,
purché mi venisse tolto dalla vista e dalla mente una
bustina di
cocaina.
Cominciai a
tremare e schizzai in macchina, gettando la bustina da qualche parte
e dopo aver fatto qualche respiro profondo, partii a gran
velocità
verso la casa di Jenny.
<
Festeggiata! > esclamò, venendomi incontro <
ho sentito il
rumore della tua macchina. Buon compleanno > riprese,
abbracciandomi e baciandomi la guancia < come ci si sente ad
avere
diciannove anni? >
< Come
sempre, non cambia niente >
< Cosa
hai? Mi sembri strana >
< Non ho
niente, davvero > mentii. Non potevo dirle del
“regalo”.
Mi fece
entrare in casa e per le due ore seguenti, in attesa dell'arrivo dei
miei amici, evitai di pensare a ciò che era nascosto sotto
la mia
macchina. Era stato uno stupido scherzo di qualche deficiente, non
potevo rovinarmi la serata così.
E quindi
Jenny mi tenne impegnata con il raccontarmi del suo corso di teatro e
della recita che avrebbero fatto a giugno di Alice
nel paese delle meraviglie. E
dovetti ammettere che ci riuscì in pieno, riuscì
a farmi sgombrare
la mente da pensieri brutti.
< …bert?
>
< Come?
> domandai mentre ritornavo dalla cucina con in mano due
bottiglie
di coca-cola.
< Ho
chiesto come mai Robert non viene >
< Mi ha
detto che aveva degli impegni, ma mi ha chiesto di vederci dopo >
<
L'impegno si chiama per caso Kristen Stewart? >
Appoggiai
le bevande e la fulminai con lo sguardo.
<
Grazie, ora comincio a pensarlo > le dissi acida.
< Sei
proprio cotta si lui, eh? >
<
Purtroppo > ribattei, sedendomi sulla sedia < e smettila
di
fare quella faccia! > esclamai quando vidi le sue sopracciglia
inarcarsi < è troppo complicato. E poi lui ora ha
questa
relazione con Kristen e non so se è seria o no >
< Lui
però ha rinunciato ad una serata di sesso per stare con te,
giusto?
>
< Sì,
ma questo non conta niente >
< Conta,
invece. E lo sai pure, è solo che sei troppo zuccona e trovi
qualunque scusa per non poter ipotizzare che Robert possa essere
interessato a te, anche se lo sai come la penso io >
< Sì,
lo so > ribattei, sbuffando.
< Anzi,
secondo me potrebbe anche dichiararsi questa sera >
< Non
essere ridicola > esclamai, arrossendo.
< Lo
vedi? Lo vorresti anche tu. E poi Robert mi piace, è molto
dolce con
te >
< Beh, è
ovvio che lo sia, dal momento che mi considera la sua migliore amica
>
Jenny rise
e si versò un po' di coca-cola nel bicchiere.
< È
solo una maschera, lo sai bene >
< Che palle che fai! > ribattei ridendo.
< Non è
vero! > esclamò, lanciandomi un popcorn.
< Non
incominciare, lo sai che con me caschi male. Potrei batterti e fare
un casino per terra prima ancora che arrivino gli altri >
Incrociai
le braccia e la guardai pian piano impallidire. Sapevo bene come
farle prendere degli accidenti e mi divertivo un sacco a prenderla in
giro per questo. Lei odiava quando le mettevo a soqquadro la casa,
specialmente quando doveva aspettare degli ospiti e aveva trascorso
l'intero pomeriggio a pulire.
< Oh, a
proposito, devo dirti una cosa >
< Basta
che tu non mi parli ancora dei miei sentimenti e di quelli di Robert
>
< No,
stai tranquilla > rispose e mi fece segno di sedermi accanto a
lei
sul divano < Aaron mi ha chiamata questa mattina >
< Lui ha
fatto cosa? > domandai sbigottita < e che cosa voleva?
>
< Vuole
che lo aiuti a riconquistarti >
< Spero
che tu gli abbia detto di no >
<
Ovviamente > rispose mentre si portava una ciocca dietro
l'orecchio < ma mi sembrava abbastanza determinato a
riconquistarti, e…era un po' strano. Era troppo determinato
e
ripeteva sempre che avrebbe fatto di tutto perché tu
tornassi con
lui. Michelle, ti prego, stai attenta >
< Jenny…
> sussurrai e le presi le mani < Aaron ha sbagliato, ma
non è
un cattivo ragazzo. Lui può dire quello che vuole, ma
è scontato
che io non tornerò con lui. Ho già sofferto e non
ho intenzione di
farlo ancora. Ti prometto che starò attenta, ma non
c'è da
preoccuparsi di lui. Non ha mai fatto male ad una mosca >
< Mi
fido di te, solo…stai attenta. Almeno questo concedimelo
>
< Te lo
prometto > risposi abbracciandola e sciogliemmo l'abbraccio non
appena sentimmo lo squillo del campanello.
< Gli
ospiti sono arrivati > sussurrò la mia migliore amica
alzandosi
dal divano.
La imitai e
ci incamminammo verso la porta.
< Tanti
auguri, capitano! > esclamò Sarah mentre si gettava
su su me e mi
stritolava con i suoi super abbracci.
<
Grazie, ma ora vorrei respirare > ribattei mentre mi divincolavo.
< Sarah,
sei sempre la solita > la rimbeccò Vanessa mentre si
avvicinava a
me < buon compleanno, Michelle >
< Grazie
Vanessa. E grazie soprattutto per non avermi stritolato come ha fatto
una certa persona > aggiunsi guardando Sarah.
< Sì,
sì, come ti pare > disse mentre salutava Jenny.
Le facemmo
accomodare in sala e dopo nemmeno cinque minuti la restante squadra
delle Clovers, alias Amanda, Charlotte, Emily, Hilary, Kate, Mary e
Megan, ci raggiunsero, mentre Walter venne dopo un'ora con tutte le
pizze.
Aprii la
porta al fidanzato della mia amica e lo aiutai con le pizze.
< C'era
molta gente? > domandai mentre chiudevo la porta con un calcio.
< Sì,
abbastanza. Senza contare che mentre stavo entrando nella pizzeria ho
incrociato Aaron che mi ha chiesto di te.
< Anche
con te? >
<
Perché, con chi l'ha fatto? >
< Con
Jenny >
< E cosa
le avrebbe detto? > chiese leggermente alterato.
< Se
poteva dargli una mano per farmi rimettere con lui >
< Che
idiota > ribatté mentre ci sedevamo a tavola <
sì, ha chiesto
lo stesso anche a me >
< E come
ti è sembrato? > domandò Jenny che aveva
intuito l'argomento
della nostra conversazione.
< Chi? >
chiese Kate senza capire.
< Aaron
> risposi sbrigativamente.
< Che
diavolo vuole quel coglione? > sbraitò Emily.
< Che
gli caschi nuovamente ai piedi > continuai versandomi
svogliatamente la coca-cola nel bicchiere.
< Che
provi soltanto a domandarlo ad una di noi > intervenne Hilary
con
fare minaccioso.
<
Probabilmente gli risponderei con un bel calcio nel culo >
ribatté
Sarah.
< Beh,
almeno so che siete tutte dalla mia parte! > esclamai per
sdrammatizzare < grazie, ragazze >
< Non
ringraziarci, le Clovers si sostengono sempre > disse Megan
facendomi l'occhiolino.
< Sì,
lo stesso vale per noi, anche se non siamo delle Clovers >
intervenne Jenny indicando se stessa e Walter.
< Ma che
razza di discorsi fai? > chiese Sarah < voi siete parte
della
squadra, siete le nostre mascotte! >
Scoppiammo
tutti a ridere e continuammo a mangiare eliminando definitivamente
l'argomento Aaron.
<
Michelle, ti interesserebbe un appuntamento al buio? >
domandò
Charlotte.
< Non
molto, ma ti ringrazio >
< Ma
dai! Il mio amico Carter è molto carino e secondo me
stareste bene
insieme >
< Lascia
stare, Charlie, o il ragazzo si chiama Robert Pattinson, o niente
>
ribatté Jenny per punzecchiarmi.
Voltai la
testa e la guardai con due occhi sgranati.
< Jenny!
> esclamai.
< Oddio,
lo sapevo, lo sapevo! > urlò Sarah <
sospettavo che tu fossi
interessata a Robert! E lui, ricambia? >
< No >
risposi subito arrossendo.
<
Secondo me sì, invece. L'altra sera ha rinunciato ad una
notte di
sesso per stare con Michelle >
< Sesso
con chi? > chiesero le altre curiose.
< Con
Kristen Stewart! > continuò.
< Che
schifo! > urlò Megan < lui fa sesso con quella
sottospecie di
nana! >
< Hey,
modera il linguaggio! > ribattei mentre le lanciavo la crosta
della mia pizza.
< Ti
piace? > chiese con disgusto.
< No, ma
stai offendendo la sua altezza. E ti ricordo che sono alta quanto
lei, se non di meno >
< Questo
devo concedertelo. Dovrò trovare un altro soprannome.
Però non è
giusto. Non potevi nascere più alta? >
< Nella
botte piccola ci sta il vino buono, Megan >
< Disse
la nana > ribatté facendomi la linguaccia.
Continuammo
a mangiare tra le risate e le prese in giro generali, poi fu il
momento di aprire i regali: le Clovers mi regalarono la cornice
digitale che bramavo da un sacco di tempo ma che non mi ero mai
decisa a comprare, mentre Jenny e Walter mi regalarono una piccola
stampante per stampare le foto della macchina digitale che mi ero
regalata, più un buono di trentacinque dollari nel mio
negozio
preferito e di Jenny.
< Certo
che un compleanno non è un compleanno senza un discorso con
i
fiocchi >
< Il
discorso lo si fa al compimento dei diciotto anni, Charlie, non a
quello dei diciannove >
< Emily
ha ragione > intervenne Sarah mentre finiva la bottiglia di
Baylies che ci eravamo scolati tutti insieme.
< Va
bene, io sono ufficialmente brilla, quindi penso proprio che me ne
tornerò a casa. Anche perché Robert mi aveva
chiesto di vederci
prima di mezzanotte perché voleva darmi il suo regalo di
compleanno
e sono già le undici >
< E
perché non può dartelo dopo? >
< Perché
dopo la mezzanotte non è più il mio compleanno
> ribattei come
se fosse la cosa più ovvia del mondo < e
già che ci sono prendo
un po' di torta da portargli >
< Hai
visto come sei carina? > intervenne Kate.
< Voi
due stareste proprio bene insieme. E poi tu sei cotta di lui, non
negare >
< Il
problema è che non potrebbe mai funzionare >
<
Perché? Perché è famoso? >
< Ma che
centra! > esclamai < e poi lui è innamorato di
Kristen >
< Se la
fa con Kristen, è diverso > mi corresse Megan.
< Sì,
ma a lui piace molto >
< Te
l'ha detto lui? >
< Non
esplicitamente >
< E
allora non è una cosa importante >
< Sì,
certo >
Alzai gli
occhi al cielo mentre mettevo in un piatto una fetta di torta.
<
Michelle, ha rinunciato al sesso per te e vuole incontrarti prima di
mezzanotte per darti il regalo. Nessun altro si raccomanderebbe di
incontrarlo prima dello scadere della mezzanotte per darti il regalo.
E comunque avrebbe potuto metterti il pacchettino accanto alla porta
o darlo a tua madre. E invece non l'ha fatto, ergo voleva passare del
tempo con te, ergo è interessato >
Mi voltai
verso Jenny.
< Qui
c'è il tuo zampino, vero? >
<
Potrebbe anche essere > ribatté sghignazzando.
Risi e mi
incamminai verso la porta, impaziente di arrivare a casa. Ebbene
sì,
avevo una voglia matta di vederlo.
<
Buonanotte, Clovers, ci vediamo. Ciao, mascotte! >
< Ciao!
> risposero tutti in coro.
Entrai in
macchina e guidai fino a casa. Erano le undici e quaranta quando
parcheggiai la macchina davanti a casa.
<
Through it all, I made my mistakes. I stumble and fall, but I mean
these words… > canticchiai mentre facevo picchiettare
il tacco
degli stivali sull'asfalto.
Salii i
gradini e arrivai fino alla veranda, dove vidi Robert seduto sul
dondolo, vestito come se fosse un barbone, con una finta barba nera e
un cappellino dei Red Socks.
< Mi
dispiace, ma non voglio niente > dissi ridendo.
< Sei in
ritardo > ribatté, guardandomi con una espressione
scocciata <
è dalle dieci e mezza che ti aspetto qui >
<
Nessuno ti ha detto di aspettarmi qui fuori > obiettai stizzita.
< Da
quando sei diventata così acida? >
< Da
quando c'è certa gente che mi fa incazzare >
< Io ti
faccio incazzare? > domandò, regalandomi il suo
perfetto sorriso
sghembo.
E fu così
che il mio cuore perse un battito. Pace all'anima sua.
< Sì,
quando hai queste uscite qui > asserii incrociando le braccia al
petto, per quanto le varie sportine me lo permettessero. Dopotutto
Michelle Waldorf non era una da farsi comprare facilmente.
< Che
cos'hai lì dentro? > domandò indicando la
sporta senza scritte.
< Un po'
di torta che mi sono fatta mettere da parte per offrirtene un po'. Ma
non so se ho ancora voglia di dartela >
< Ma a
me piacciono tanto le torte > ribatté guardandomi
intensamente.
< Questo
è un problema tuo >
Rise e si
offrì di aiutarmi mentre ero aprivo la porta di casa.
< Bianca
dov'è? >
< A New
York con Mike >
< E non
festeggia con te il compleanno? >
< No,
probabilmente tornerà a casa con un vestito di Chanel come
regalo e
basta. Ma se vuoi saperlo sì, mi ha chiamata prima per farmi
gli
auguri >
Lo feci
accomodare dentro casa e gli dissi di andare in cucina, mentre io
chiudevo la porta e lo fissavo da dietro.
< Vuoi
anche tu un po' di torta? > domandò mentre prendeva
un piatto
dallo scolapasta.
< No,
grazie > risposi sorridendo < allora, come è
andata con
Kristen? >
Appoggiò
il piatto sul tavolo e mi guardò. I suoi occhi azzurri erano
fissi
sul mio viso e aveva questo sguardo interrogativo, con tanto di
sopracciglia inarcate e fronte aggrottata, che lo rendevano ancora
più sexy. Per un attimo mi sembrava di aver letto una
smorfia sulle
sue labbra momentaneamente piegate all'ingiù, ma non vi feci
molto
caso. No, in quel momento erano i suoi occhi quelli che non riuscivo
a smettere di guardare, mi avevano ipnotizzato troppo.
< Che
cosa centra Kristen? >
< Beh,
e…ecco… > cominciai a balbettare <
non sei venuto alla cena
per il mio compleanno e quindi credevo che dovessi vederti con
Kristen >
< Mi
spiace deluderti, ma ti ho detto che non sarei venuto perché
ero
veramente occupato. Stavo discutendo con il mio agente su un film che
mi hanno proposto > rispose mentre tagliava una fetta di torta e
se la portava nel piatto, poi tornò a guardarmi con uno
sguardo da
seduttore divertito < davvero hai pensato che non venissi alla
cena per stare con Kristen? >
< B…beh…
> farfugliai.
< E
l'altra volta al mare non ha significato niente? >
<
Che…che vuoi dire? >
<
Mitchie…Kristen è solo Kristen, tu
sei… >. Si bloccò e si
passò una mano tra i capelli sbuffando rumorosamente e poi
sorrise
mentre guardava il tavolo, gesto che facevo io tutte le volte che
volevo dire qualcosa a qualcuno, ma alla fine optavo per non dirla.
<
Sei la mia migliore amica. Sei molto più importante di
Kristen. Se
avessi dovuto scegliere tra questa cena e una serata con
Kristen…beh,
è scontato dire che avrei scelto la cena. E poi non mi pare
di aver
problemi a dirti quando sono con Kristen, no? >
Lo guardai
e in quell'esatto momento mi sentii uno schifo. Non sapevo bene se
perché avevo dubitato della sua amicizia o perché
lui per la
seconda volta aveva ribadito che ero la sua migliore amica. Eppure
aveva appena detto che mi preferiva a Kristen e sotto quel punto di
vista ero contenta.
<
Comunque > riprese mentre si tastava l'interno del giubbotto
<
mancano dieci minuti a mezzanotte ed io devo ancora darti il tuo
regalo >
Tirò fuori
dalla tasca una scatolina panna con un fiocco verde scuro e me lo
porse.
< Chissà
perché mi preoccupo già dalla scatola >
< Ma no,
figurati, è una sciocchezza. E sono sicuro che lo
apprezzerai >
Scossi la
scatola e lo guardai curiosa, poi sciolsi il nodo e alzai il
coperchio della scatola, trovandovi dentro una collana con la
catenina in oro formata da un alternarsi tra perline in oro e in
azzurro, distanziate da degli anellini in oro. Ma ciò che
dava
ancora di più nell'occhio era il ciondolo: era formato da
una
bellissima pietra in topazio blu oceano, contornata da brillantini e
in oro come la catenina.
<
Robert, ma è il ciondolo che ti avevo fatto vedere in quella
rivista! > esclamai con gli occhi fuori dalle orbita.
< Sì, è
proprio lui >
< Dio,
tu sei tutto matto! > urlai saltandogli al collo e
abbracciandolo
forte, mentre lui appoggiava le mani sui miei fianchi e mi stringeva
a sé con forza. Il mio naso era appoggiato sul suo collo e
respirai
tutto il suo profumo. Chiunque dicesse che Robert puzzava era un
imbecille. La sua pelle sapeva di pino e di menta messi insieme.
Sorrisi nel sentire quel buonissimo odore e mi strinsi ancora di
più
nell'abbraccio, gesto che non gli dispiacque, tant'è vero
che portò
le sue mani dai miei fianchi alla mia schiena.
< Vuoi
indossarla? >
<
Assolutamente > ribattei sciogliendo l'abbraccio e dandogli le
spalle. Portai i capelli di lato e lasciai che le dita di Robert,
dopo aver preso la collana, mi accarezzassero il collo, lasciando una
scia bollente ad ogni tocco. Mi sentivo come se stessi bruciando ed
era una sensazione fantastica e che non mi era mai successa con
Aaron. Chiusi gli occhi e cominciai a rabbrividire, mentre le sue
dita continuavano a sfiorarmi il mio collo nudo.
<
Mitchie, hai freddo? Stai tremando > mi sussurrò con
premura
all'orecchio ed ecco che ricominciai a rabbrividire una seconda
volta. Rabbrividire per il freddo con ventiquattro gradi fuori?
Risposta sbagliata, signor Pattinson. Improvvisamente mi venne voglia
di sentire le sue labbra sulle mie e che mi sussurrasse qualcosa
all'orecchio. O qualunque altra cosa, anche la più stupida,
purché
percepissi il suo respiro sulla mia pelle.
< No,
sto bene >
< E
allora perché stai rabbrividendo così? >
domandò beffardo.
< Per
causa tua > sussurrai e immediatamente sgranai gli occhi,
conscia
di aver appena detto quello che non avrei mai dovuto dire.
Mi voltai e
lo guardai con un misto sguardo di imbarazzo e di spavalderia, mentre
lui era rimasto immobile. Poi sorrise.
< Sai,
per un attimo ho pensato che stessi dicendo la verità
> disse
mentre mi portava una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Chiusi gli
occhi per un momento. Dovevo negare oppure confessargli i miei
sentimenti?
< Visto?
Sono una brava attrice >
Avevo
scelto la via della codardia senza nemmeno rendermene conto.
< Okay,
si è fatto tardi ed ora è il momento che vada.
Mancano ancora due
minuti alla mezzanotte, c'è qualcosa che vorresti fare?
>
Sorrisi e
mi allontanai dalla cucina fino ad arrivare in sala in cerca della
macchina fotografica, tornando dopo poco al punto di partenza.
< Voglio
fare una foto >
Robert
guardò l'orologio digitale segnare in quel momento la
mezzanotte
esatta, poi tornò a guardarmi.
< Anche
se il tuo compleanno è ufficialmente finito, la foto
possiamo
farcela lo stesso >
Sorrisi e
appoggiai la macchina fotografica su un mobiletto, impostata in
modalità autoscatto.
<
Coraggio, vieni qui > mi disse mentre allargava le braccia e
feci
come mi aveva chiesto senza farmi troppi problemi: mi sistemai
davanti a lui, appoggiandomi al suo corpo e piegando la testa di
lato, mentre lui si abbassò per arrivare meglio con il mento
all'incavo del mio collo. Circondò con le sue mani la mia
vita ed io
appoggiai una mano su una delle sue, mentre l'altra la portai dietro
la sua testa, dando modo alle mie dita di intrecciarsi ai suoi
capelli. < La tua prima perla di saggezza durante il tuo primo
non-compleanno da diciannovenne? > domandò sorridendo
e facendomi
il solletico nel collo.
< Say
cheese… >
E il flash
illuminò tutta la stanza.
Ehm…GRAZIE
AL CIELO SIAMO A SABATO! Mi sembra di aver cominciato la scuola da
secoli -.- Senza parlare che ogni 2 parole i prof dicono ESAME DI
STATO -.-
E per di
più tra 18 giorni ho l'esame di teoria e sono indietrissimo
-.-
Meglio
mettermi sotto, va là!
Ringrazio
tantissimo chi ha letto e Sognatrice85,
Railen,
valentina_black_cullen e LoryeEmy
per
aver commentato♥ I love you, girls.
Alla
prossima settimana!
Giulls
|
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Capitolo 13 *** Confessioni ***
Confessioni
<
Facciamo qualcosa questa sera? > domandai dopo aver incontrato
Jenny una volta uscita da spagnolo.
< Io
sono a cena con Walter e i suoi. È il compleanno di sua
nonna. Mi
dispiace > ribatté guardandomi dispiaciuta.
< Okay,
tranquilla > risposi sorridendole.
< Perché
non chiedi di uscire a Robert? >
< Si
vede con Kristen stasera >
< Le
Clovers? >
< Uscita
di gruppo con i morosi… >
< Oh,
ora mi sento veramente in colpa. Mi dispiace che tu debba passare il
venerdì sera a casa da sola… >
< Jenny,
smettila! Non resterò in casa, qualcuno per uscire lo
troverò… >
< Va
bene…ma mi concedi almeno il fatto che mi dispiace sapere
che lui
debba uscire con lei e non con te >
< Alt! >
ribattei alzando una mano davanti alla sua faccia < non mi
interessa niente. Lui può fare quello che gli pare,
è sua la vita!
Io stasera uscirò, mi divertirò come una matta e
non penserò
nemmeno a…come si chiama, già? Ronaldo, Rodolfo,
Rupert… >.
Guardai la mia amica e la vidi inarcare le sopracciglia. <
…okay,
Robert… >
Distolse lo
sguardo da me e immediatamente la vidi sorridere; così mi
voltai
verso dove era rivolto il suo sguardo e vidi Walter. Lo salutai con
la mano e feci cenno alla mia amica di raggiungerlo. Dopotutto non
volevo impedirle di vedere Walter.
Prima di
entrare in macchina, però, li sbirciai mentre si baciavano:
erano
davvero una delle coppie più belle che potessero esistere
sulla
faccia della terra ed ero così felice che stessero insieme,
che
Jenny avesse trovato qualcuno alla sua altezza. Perché Jenny
doveva
avere solo il meglio.
Distolsi lo
sguardo dai due piccioncini ed entrai in macchina. Ma ancora prima di
poter mettere le mani sul volante, il mio cellulare cominciò
a
squillare, segno che era arrivato un messaggio. Ed era di Robert.
“Questa
sera non ho impegni,
se non hai niente di meglio da fare ti va di vederci? Rob.”
Il
cavaliere dall'armatura scintillante aveva salvato la giovane
donzella da un venerdì sera chiuso in casa.
“A
stasera.”
scrissi brevemente
in risposta e gli inviai il messaggio.
< Va
bene, cosa vogliamo fare? > domandai una volta seduta sul suo
divano.
< Non lo
so > ribatté, sedendosi accanto a me <
Vogliamo vederci un po'
di televisione? > propose pochi secondi dopo e prese il
telecomando in mano < Oh, bello questo! >
esclamò mentre
alzava il volume.
Mi voltai a
guardarlo, scioccata.
< Vuoi
vedere un documentario sui gufi? >
< I gufi
sono belli >
<
Robert…è venerdì sera e io domani non
ho scuola…mi hai chiesto
di fare qualcosa insieme, ti prego…non farmi vedere un
documentario. Usciamo >
< Non mi
va >
<
Coraggio! Ti porterò in un bel posto, te lo prometto >
< E se
venissi riconosciuto? Ti scongiuro, non mi va questa sera di fermarmi
ogni cinque minuti. Sono stanco >
Sbuffai e
mi appoggiai al divano.
< Sei
noioso. Senza offesa, ma non ti troverai mai una ragazza se continui
ad andare avanti così >
< Poco
male. Una ragazza in questo momento è l'unica cosa che non
voglio >
Scossi la
testa e tornai a concentrarmi sul documentario, ma mezz'ora dopo ne
avevo le scatole piene e così mi alzai.
< Va
bene, io me ne vado >
< Ma no,
resta, ti prego. Okay, vediamo quello che vuoi tu >
< No,
non è per questo. Senza offesa, ma se fossi voluta restare a
casa,
sarei potuta restare nella mia. Ho bisogno di respirare un po'
d'aria, di andare in giro > gli dissi e mi avvicinai a lui per
baciargli la guancia < ci vediamo domani >
Mi guardò
con un'espressione che mi sembrava fosse ferita.
< Sei
arrabbiata con me? >
< Non
essere sciocco. Ho solo bisogno e voglia di uscire >
Presi la
borsa da sopra il tavolino e mi allontanai.
< Hey,
hey, hey, aspetta! > esclamò afferrandomi per il
braccio e quando
mi voltai mi trovai praticamente appoggiata al suo petto.
< Sì? >
domandai imbarazzata.
Mise due
dita sotto il mento e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
<
Promettimi solo che non verrò riconosciuto >
Gli sorrisi
dolcemente e gli accarezzai una guancia.
< Te lo
prometto >
Sorrise e
mi baciò la fronte. Da quando in qua eravamo diventati
così intimi?
< E
allora dammi cinque minuti, piccola Mitchie >
Salì in al
piano di sopra in fretta e furia e quando ritornò uscimmo di
casa.
< Perché
non possiamo andare con la mia? > chiese quando ci avvicinammo
alla mia macchina.
< Perché
tu non sai dove è questo posto >
<
Potresti dirmelo tu >
<
Spiacente, non posso. È una sorpresa >
Rise con
una risata talmente tanto cristallina da scaldarmi il cuore e da
farmi venire una voglia matta di voltarmi e baciarlo.
< Va
bene, voglio fidarmi >
< Rob? >
domandai poco dopo.
< Uhm? >
rispose con gli occhi chiusi.
< Ma
stai dormendo? > ripresi con una risata.
< No,
riposo gli occhi >
Scossi la
testa divertita e gli diedi una manata sulla gamba.
<
Sveglia! > urlai.
< Ma sei
scema? > ribatté di scatto e il suo gesto mi fece
ridere ancora
di più.
< Senti,
hai portato dei soldi dietro? >
< Sì,
perché? >
<
Perfetto, questa sera offri tu >
< Oh,
che ragazzo fortunato che sono! > ribatté, sarcastico.
< Sì,
lo sei. Sai quanta gente pagherebbe per uscire con me? >
< Sei
molto…come dire, modesta > rispose mentre cambiava
stazione
radio < Mitchie? >
< Dimmi?
>
< Senti,
c'è una cosa che volevo dirti. Io… >
< Tu? >
domandai quando si bloccò.
< No,
niente di importante. Fai finta che non abbia detto niente >
< No,
dimmelo >
< No,
lascia stare. Manca molto? >
Feci di no
con la testa, misi la freccia a sinistra e poi svoltai, guidando per
altri dieci minuti.
<
Eccoci, siamo arrivati >
Spensi la
macchina e mi voltai verso di lui, sorridendo.
< Mi hai
portato in un luna park? >
Aprii lo
sportello e scesi.
< Esatto
>
< Ma qui
mi riconosceranno >
Gli feci
segno di seguirmi fino al bagagliaio.
< Ed è
qui che ti sbagli, amico! > dissi tirando fuori una barba finta
e
gliela consegnai < c'è qualche problema? >
chiesi quando mi
guardò torvo.
<
Michelle, è la barba che danno con il costume di Babbo
Natale >
< E
allora? > continuai innocentemente.
< Se la
indosso darò ancora di più nell'occhio >
< Non se
indossi questo > ribattei consegnandogli il costume da Babbo
Natale.
< Sii
seria >
< Un
passamontagna nero? >
< Questo
lo chiami essere seri? >
Risi e gli
passai una berretta di lanina, nera.
< Può
andare? >
< Sì,
grazie > disse sorridendo e lo indossò < e
ora? >
Presi una
sciarpa dello stesso colore e gliela porsi.
< La
vuoi? >
<
Mitchie, sarei perso senza di te > rispose, indossandola.
< Sì,
lo so >
Lo presi a
braccetto e ci incamminammo verso il luna park, e da bravo cavaliere
mi offrii l'entrata.
< Da
dove vogliamo cominciare? >
Mi guardai
attorno, fino a che il mio sguardo non si posò sulla
meraviglia
delle meraviglie.
< Lì! >
esclamai, indicando le montagne russe.
< Okay,
andata >. Si mise le mani in tasca e incominciò a
camminare. <
Salve > disse richiamando l'attenzione del giostraio.
< Salve.
Due? >
< Sì >
< Otto
dollari e cinquanta >
Tirai fuori
il portafogli, ma la sua mano mi bloccò.
< Cosa
vuoi fare? >
< Pagare
la mia parte >
< No,
offro io >
< Ma…
>
<
Smettila > ribatté e vidi le sue gote alzarsi. Stava
sorridendo e
immaginai di vedere interamente il suo sorriso. Che sapesse che non
sapevo resistergli quando mi sorrideva così?
< Grazie
>. Prendemmo i biglietti e ci mettemmo in fila, aspettando dieci
minuti prima di riuscire a salire sull'attrazione. < Rob? Posso
confessarti una cosa? >
< Certo
>
< Ho
appena avuto una visione della nostra terribile morte >
< Sei
inutile come veggente. Almeno in Final Destination la protagonista
aveva avuto le visioni prima che partisse la giostra. Ormai
è tardi
>
<
Cavolo! > esclamai, ridendo. Strinsi la mano sul bracciolo
dell'imbragatura e quando raggiungemmo la fine della salita lanciai
un urlo divertito: adoravo quella giostra, ogni anno mi regalava due
minuti e mezzo di pura adrenalina. < È stato
bellissimo! >
esclamai, una volta che la giostra si era fermata < lo
rifacciamo?
>
< Hai
vista quanta gente c'è? > domandò
indicando la folla.
Feci una
smorfia di disappunto.
< Okay,
allora niente. Ma prima di andare via pretendo di farne un altro
>
< Ai
suoi ordini, madame >
Scendemmo
dalle montagne russe e poi ci guardammo attorno.
< Vuoi
bere qualcosa? > domandai indicando il bar.
< Sì,
certo >
Prendemmo
entrambi una birra e poi lo ripresi a braccetto, cominciando a
camminare senza una meta precisa, sperando che qualche giostra ci
ispirasse.
<
Michelle! > sentii esclamare da dietro di me.
Mi voltai e
vidi che Richard, il mio compagno di banco di biologia e ragazzo per
cui avevo avuto una cotta segreta durante il primo anno di liceo,
stava camminando verso di me.
<
Richard! > esclamai allontanandomi da Robert e corsi verso il
mio
amico per abbracciarlo e lui, come tutte le volte, mi fece alzare in
aria < No, mettimi giù! Sei sempre il solito!
> ribattei,
ridendo.
< Sei
sola? >
< No,
sono qui con un mio amico. Tu? >
< Con i
miei fratelli. Questa sera mi è toccato fare da baby-sitter
>
< Ti fa
onore la cosa > ribattei sorridendo e poi feci cenno a Robert di
raggiungerci, visto che era rimasto in disparte, ma mi
ignorò <
ma ora dove sono i tuoi fratelli? >
< In
fila per la casa degli orrori. Mi sono allontanato giusto per farti
un saluto. Ora è meglio che torni da quei due marmocchi. Ci
vediamo
>
Mi misi
ancora una volta in punta di piedi e lo abbracciai.
< Buona
serata >
< Anche
a te > rispose facendomi l'occhiolino e si allontanò;
ma
improvvisamente si voltò di scatto e mi bloccò
< prendi. L'ho
vinto alla pesca, ma non saprei cosa farmene e i miei fratelli non lo
vogliono > disse consegnandomi un orsetto in peluche che teneva
un
cuore tra le mani.
< Oh,
grazie! > esclamai entusiasta e ci salutammo definitivamente.
< E
quello? > domandò Robert, indicando il peluche.
< Me
l'ha regalato Richard > risposi, riprendendo a camminare.
< Certo
che quel tipo proprio di piace > disse secco.
< Cosa?
> domandai, inarcando un sopracciglio.
< Da
dopo che è arrivato lui sono diventato invisibile >
rispose con
disappunto.
< Non
provare a darmi la colpa! > ribattei stizzita < io ti
avevo
detto di avvicinarti a noi >
<
Avresti dovuto vedere che sguardo mi ha lanciato >
< E tu
da quando in qua temi…come li chiami tu? Ah,
sì…i mocciosi della
mia età? > sbottai.
Sgranò gli
occhi per un secondo, poi mi mise le mani su entrambe le spalle.
< Okay,
basta. Non voglio litigare. Mi dispiace, scusa >
Lo guardai
negli occhi, poi sorrisi.
< Pace
fatta > gli dissi affiancandomi a lui e poggiai la testa sulla
sua
spalla mentre proseguivamo il nostro giro < guarda! >
esclamai
all'improvviso.
< Cosa?
>
< Quel
pupazzo! > e gli indicai una versione in peluche di Edward
Cullen,
con tanto di enorme cartello giallo, con scritto sopra “Pupazzi
Twilight, 11000 punti”.
< Certo
che la gente non sa proprio cosa inventarsi >
ribatté,
inorridito.
Risi e lo
trascinai verso la pesca.
< Vuoi
provare a vincere un pupazzo di Twilight? > domandò
il giostraio
sorridendomi.
< No, ma
grazie lo stesso. Non ho molta fortuna con le pesche >
< Perché
non provi a vincerlo tu per la tua ragazza? >
continuò rivolto a
Robert.
Trattenni
una risata. Sarebbe stato un paradosso se il ragazzo che interpretava
Edward Cullen, avesse vinto il pupazzo di Edward Cullen. Ma
ciò non
mi frenò comunque dall'arrossire quando il giostraio ci
scambiò per
una coppia. Anche Robert fece di no con la testa e ricominciammo a
girare.
< Senti,
vado un attimo in bagno >
< Okay,
ti aspetto qui >
Entrai
dentro i bagni pubblici e rimasi inorridita dal puzzo che si sentiva
e dalla fila, ma soprattutto dal puzzo.
Attesi
dieci minuti, poi finalmente riuscii a tornare da Robert.
< Rob,
scusa! > esclamai correndogli incontro < non hai idea
della
fila pazzesca che c'era in bagno…e dell'odore nauseabondo
>
<
Tranquilla > rispose sorridendo e poimi porse un peluche a forma
di cigno < spero ti piaccia >
< E
questo? > domandai, sgranando gli occhi.
< Beh,
mi stavo annoiando ad aspettarti, quindi sono tornato alla pesca e ti
ho vinto questo peluche >
< È
bellissimo, grazie! >
Mi alzai in
punta di piedi, gli abbassai la sciarpa fino al collo e poi lo baciai
sulla guancia, mentre lui mi stringeva a sé.
< Ti
sbagli su quello che hai detto prima. Sono io che non saprei cosa
fare senza di te. Sei troppo buono con me >
< Sei la
mia Mitchie, non devi nemmeno dirlo. Senti, ti vanno gli autoscontri?
>
<
Tantissimo > asserii.
Infilai i
miei due nuovi amici dentro la borsa, stando bene attenta a mettere
il peluche di Robert in bella vista e poi ci incamminammo. Ad un
certo punto, però, mi bloccò con la mano.
<
Mitchie… >
< Sì? >
Si grattò
la fronte.
<
Niente, lascia stare >
< No,
dimmi >
< Non è
niente, davvero > rispose brevemente e fino a che non andammo
alla
cassa e prese due gettoni a testa, non proferì parola
< okay,
starò attento a non farti troppo male >
<
Tranquillo, io non mi farò niente. Tu, piuttosto, dovrai
stare
attento a non farti male > ribattei con malignità.
Infilai il
gettone e partii, scampando al primo attacco di Robert. C'era
talmente tanta gente che lo seminai in poco tempo, beccandolo a
quattro macchine di distanza da me. Così tirai dritto e lo
tamponai
sul fianco.
< Ma
dove cavolo eri? > domandò, ridendo.
< Ho
tentato di seminarti > ribattei, facendogli la linguaccia. Mi
misi
al suo fianco, ma improvvisamente qualcuno mi tamponò sul
lato,
facendomi sballottare verso Robert.
<
Mitchie, stai bene? > chiese, guardandomi preoccupato.
< Sì,
grazie > risposi, voltandomi verso il ragazzo dentro la
macchinina, per poi scoprire che era stato Richard a colpirmi.
Finimmo il
giro e poi ne facemmo un altro, facendoci tutti i dispetti possibili.
<
Andiamo sulla ruota, ti va? > domandò quando finimmo
i gettoni.
< Sì,
ma prima voglio lo zucchero filato >
E come
volevasi dimostrare, non mi permise di pagare nemmeno quello e la
stessa cosa fu il biglietto per la ruota.
< Okay,
buon appetito > dissi mentre prendevo con le mani un pezzo di
zucchero filato.
<
Grazie, anche a te > ribatté, staccandone dal
bastoncino un pezzo
enorme.
< Hey! >
ribattei, contrariata.
< Sono
io che te l'ho pagato >
< Sì,
ma non puoi mangiarlo! Sei un attore, non puoi permetterti di
ingrassare >
< Ci
sono certi attori che per alcuni film devono farlo >
< Va
beh! Tu sei tu, non devi ingrassare >
< E
nemmeno tu, carina > ribatté, avvicinando il viso al
mio <
perché altrimenti Bianca te lo farà notare
>
Lo guardai
imbronciata.
< Touche
>
< Quanto
dura il giro? >
< Se non
ricordo male, credo che duri mezz'ora > dissi, mentre
giochicchiavo con i miei peluche. < Ti immagini? Ora si blocca
la
ruota, come in OC >
Attendemmo
tre minuti e la ruota si fermò veramente.
Robert
scoppiò a ridere.
< Certo
che tu la sfiga ce la tiri proprio >
< Non è
colpa mia! > borbottai diventando rossa.
Il
giostraio ci spiegò che si era bruciato un cavo e che quindi
era
scattato il salvavita, facendo spegnere tutto. Il problema,
però,
era che dovevamo aspettare il tecnico, che sarebbe arrivato tra
quaranta minuti. Avevano solo la scala per far scendere le persone
che stavano nelle panche più basse e ovviamente Robert ed io
eravamo
in cima.
Insomma,
era una di quelle volte che capitava una volta nella vita.
< Okay,
aspettiamo > disse Robert prima di abbassarsi la sciarpa.
< Rob,
guarda che bel panorama > dissi indicandogli le case che, con i
lampioni accanto, illuminavano l'oceano.
Ma lui non
mi diede risposta e quando voltai lo sguardo lo vidi con lo sguardo
fisso e sembrava che non stesse respirando.
<
Robert, c'è qualche problema? Soffri di vertigini? Stai
male? >
domandai preoccupata.
< No,
tranquilla, niente di tutto ciò > ribatté
sorridendomi.
Inutile
dire che, con quel gesto, il mio cuore perse un battito.
< Okay >
sussurrai e mi appoggiai alla panca, chiudendo gli occhi e inclinando
la testa all'indietro.
Ma ad un
certo punto rabbrividii.
< Hai
freddo? > domandò.
< No >
Non potevo
dirgli che era la sua vicinanza e la voglia che mi baciasse a farmi
rabbrividire.
Ultimamente
le parole di Jenny non mi davano tregua: secondo lei Robert non mi
considerava una semplice amica. Ma allora perché non si
faceva
avanti? Perché mi parlava di tutte le ragazze che conosceva
e che
gli si avvicinavano? Perché mi raccontava di tutte le
proposte che
le attrici più belle e popolari, sue fan, gli facevano?
Perché mi
parlava ogni volta di Kristen? Voleva che fossi gelosa? Beh, era
ovvio che lo fossi. Ma non potevo farglielo vedere,
perché…se
Jenny avesse avuto torto? Se fosse vero che Robert non mi considerava
una semplice amica, ma mi considerava solo come una sorella? Avrei
fatto la figura della scema. E poi avevo paura a starci insieme.
Sarebbe stato difficile, addirittura impossibile. Lui era una star
famosa, mentre io no. E se si fosse stufato di me? Almeno ero certa
che come amica sarei andata sul sicuro.
Senza dire
una parola mi sfilò di mano il peluche che mi aveva regalato
e
incominciò a tastarlo.
<
Speravo che suonasse > disse con disappunto, distogliendomi dai
miei pensiero.
< Ma no,
è bellissimo così com'è >
risposi sorridendo.
Guardai
Robert ancora una volta negli occhi e anche lui ricambiò.
Era a
disagio, mi sembrava imbarazzato.
Sospirò.
<
Mitchie… >
< Cosa?
> domandai, curiosa.
< No,
niente >
<
Robert, è la terza volta che fai così. Cosa
c'è? Il momento prima
sei allegro, mentre il momento dopo sei pensieroso. Cosa hai? >
Gli presi
una mano per spronarlo a parlare, ma la allontanò subito
dalla mia.
< Dovrei
dirti una cosa, ma non credo di averne il coraggio >
<
Avanti, ce la puoi fare >
< Fammi
meditare per qualche minuto > ribatté, appoggiando un
braccio sul
bordo dello schienale della panca, esattamente dietro le mie spalle.
Imbarazzata,
mi voltai di lato, per vederlo negli occhi e per evitare che mi
toccasse.
< Hai
meditato abbastanza? >
< No, ma
se non lo faccio ora, so che non lo farò mai più
>
<
Robert, che cosa c'è? > domandai, guardandolo
esasperata.
< Non è
facile > mi disse e chiuse per un attimo gli occhi < devo
parlarti >
< E
allora fallo, smettila con tutte queste interruzioni > risposi,
ma
lui non si decideva a parlare < stai cercando di dirmi che non
ti
trovi più bene ad essere mio amico? O che hai trovato
qualcun altro
che possa darti un'amicizia migliore della mia? >
< Cosa?
No! Non essere sciocca >
< E
allora cosa? >
Tolse gli
occhi da me e mi prese la mano, arrivando ad intrecciare le nostre
dita.
Lo guardai,
sorpresa.
<
Io…ricordi quello che aveva detto la signora Samuels, quando
le
abbiamo chiesto di cucirti la maglia? >
< No >
mentii.
< Mi
aveva detto che dovevo starti vicina, perché tu avevi
bisogno di un
ragazzo come me che lo facesse. Ed io… >. Sorrise,
tentando di
passarsi una mano tra i capelli, ma la berretta glielo
impedì. <
Dio, sono sempre stato una frana a dire queste cose >
<
Provaci, ti prego > risposi incapace di respirare.
<
Michelle, voglio essere io quel ragazzo per te. Voglio che siamo
più
di semplici amici. Mi piaci e molto anche. Sono stanco di fingere a
me stesso e a te che tu sia solo una amica. Ma aspetta, voglio
mettere in chiaro una cosa. Non ti sto chiedendo di dirmi subito di
sì, ti sto solo chiedendo di pensarci >
<
Pensarci? >
< Sì.
Voglio che tu mi dia una chance, non voglio essere solo un tuo amico
>
< E con
Kristen Stewart? >
Sorrise.
< Cosa
vuoi sapere? >
< Beh,
non è lei che frequenti? >
< È
solo sesso con lei >
< Ma non
eri tu quello che voleva stare con lei? >
< In
passato >
< Fino
alla settimana scorsa > puntualizzai con acidità.
< Volevo
solo vedere se ti ingelosivi >
Incrociai
le braccia al petto.
< Mi hai
fatto patire le pene dell'inferno, sappilo >
< La
cosa mi lusinga. Quindi? Ho una chance? >
<
Sorprendimi e forse sarai fortunato > ribattei con un sorrisetto
e
la ruota ricominciò a girare.
E quando fu
il nostro turno di
scendere, mi prese la mano per aiutarmi e intrecciò le
nostre dita.
Guardai per un momento le nostre mani e poi lo guardai in faccia. Ero
rossa come un peperone, era ancora una grandissima sorpresa per me
questa.
Uscimmo dal Luna Park e ci incamminammo
fino a dove avevamo parcheggiato. Entrambi eravamo immersi nei nostri
pensieri, ma ancora avevamo le nostre mani intrecciate. E quando
arrivammo davanti all'auto ci fermammo e ci fissammo per qualche
frazione di secondo, fino a che non posò la sua mano destra
sul mio
fianco e mi si avvicinò, posando finalmente le sua labbra
sulle mie.
E la magia era durata un attimo, ma quel tanto che bastava per farmi
nascere le farfalle nello stomaco. Lo guardai una seconda volta negli
occhi e poi fui io ad avvicinarmi di nuovo alle sue labbra,
perdendoci in quel secondo bacio.
< Ti
dispiace se guido io? > chiese con un sussurro sulle mie labbra.
< Sì,
mi dispiace >
< Avanti
> ribatté sporgendo il labbro inferiore.
Scossi la
testa e gli diedi le chiavi della macchina, mettendomi così
a sedere
nel sedile anteriore. Per tutta la prima parte del tragitto nessuno
dei due parlò e poi mi appisolai.
< Che
cosa imbarazzante, mi sono addormentata >
<
Tranquilla, capita a tutti > ribatté sorridendo.
< Sì,
ma mi dispiace lo stesso >
< Se ti
fa stare meglio…ti perdono >
< Molto
meglio > risposi poggiando la mano destra sulla berretta e poi
gliela tolsi.
<
Grazie. Per tutto >
<
Figurati. Allora…buonanotte >
< Sì,
buonanotte > ribatté ridendo e si avvicinò
alle mie labbra
ancora una volta per baciarmi con trasporto.
Sì, lo so,
vi ho fatto patire per questo capitolo! Ma la settimana scorsa non
sono riuscita a postare perché ho studiato e devo farlo
anche questo
fine settimana se voglio sopravvivere a Hegel T__T Che palle!
Quindi
anche quest'oggi sarò molto breve. Ma voglio ringraziare LoryeEmy,
il mio
splendore, la
mitica vale e la
mia adorabile Hus per
aver postato. Siete uniche, grazie♥
A presto!
Giulls
P.S. Non
preoccupatevi, dal prossimo capitolo incominceranno i casini. A
presto!
P.P.S.
Fatemi gli auguri, mercoledì ho l'esame di teoria!!!!!!
Oh,
un'altra cosa. Giusto per curiosità…chi vi
immaginate per Jenny e
Michelle? :)
|
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Capitolo 14 *** Can somedoby help me? ***
Can
somebody help me?
< Pronto?
> domandai rispondendo alla chiamata di un numero sconosciuto.
< Michelle,
sono io > rispose la voce dall'altra parte del telefono.
< Io chi?
> ribattei seccata.
< Aaron >
< Oh, ciao.
Cosa c'è? >
< Domani sera
andiamo a mangiare fuori tu, io, Jenny e Walter. Ti va? >
< Non posso,
sono impegnata >
< Michelle, ti
prego >
< No, Aaron,
non mi va e non posso >
< Non saranno
mica fondate le voci che girano su di te? >
< Quali di
quelle che girano già? >
< Che sei amica
di Robert Pattinson e che lo stai frequentando >
ribatté e potei notare un che astio l'aveva detto.
< Non sono
affari che ti riguardano. E ora, se mi vuoi scusare…
> continuai e terminai la conversazione.
Posai il cellulare sul
mobiletto dell'ingresso e mi voltai verso lo specchio per farmi una
coda di cavallo, quando qualcuno suonò al campanello.
Mi allungai per aprire
la porta e vidi Robert in tutto il suo splendore.
< Ciao!
> esclamai sorridendogli.
< Buonasera
> ribatté chinandosi a baciarmi sulle labbra <
disturbo? >
< Non direi
>
< Cosa stavi
facendo? >
< Stavo
studiando biologia >
< Ti serve un
aiuto? > domandò mentre mi posava le mani sui fianchi
e non capii se fosse serio o meno.
< Ti ringrazio,
ma declinerò l'offerta > risposi allontanando le sue
mani dai miei fianchi e lo spinsi fuori dalla porta, ma prima di uscire
mi rubò un bacio.
< Non
diventarmi troppo secchiona, Mitchie >
< Tranquillo,
non correrò mai questo rischio > ribattei ridendo
< vieni un po' qui quando ho finito? >
< Mi dispiace,
ma sto andando ad una cena con gli altri ragazzi. Vengo a farti un
saluto se non faccio troppo tardi >
< Divertiti
> gli dissi sorridendo.
Mi salutò
con un cenno di mano e si infilò nella macchina nera con
l'autista.
Chiusi la porta e
tornai in cucina, ma un rumore alla porta mi fece tornare indietro: ero
convinta che Robert si fosse dimenticato qualcosa, ma invece non era
lui alla porta, bensì Aaron.
< Cosa vuoi?
> domandai seccata.
< Parlarti
civilmente, senza il bisogno che tu mi aggredisca. Lo possiamo fare?
>
< Va bene
>
< Mi fai
entrare? >
< No, ho
bisogno di mettermi a studiare e voglio fare in fretta >
<
Verrò subito al sodo. Michelle, mi dispiace per come mi sono
comportato in passato. È stato un errore madornale e se
potessi tornare indietro nel tempo non lo rifarei di certo. Sono stato
malissimo senza di te. Mi sei mancata, mi manchi tutt'ora. Mi sento uno
schifo e solo tu puoi farmi stare meglio. Ti amo, Michelle. Ti prego,
dammi una seconda occasione… >
< Ne hai
già avute tante di seconde occasioni, Aaron. E poi io ora
sto vivendo la mia vita >
< Michelle,
come puoi pensare di stare con Robert? Lui è un attore, non
potrete mai stare insieme ogni singolo momento libero. Tu hai i tuoi
impegni, hai la scuola e lui ha il lavoro. Vivete in mondi
completamente diversi e so che lo pensi anche tu, perché ti
conosco… >
Mi sentii tremare e
dovetti appoggiarmi allo stipite della porta per non cadere. Aaron
stava dicendo ad alta voce quello che io ho pensato per tantissimo
tempo e che pensavo anche in quel momento. Che fosse diventato il mio
grillo parlante?
< Stellina
> sussurrò facendosi ancora più vicino a
me < ti sto solo chiedendo di rendermi di nuovo vivo e ti
assicuro che non te ne pentirai mai >
Chiusi gli occhi, per
non dire serrai, mentre dentro di me c'era una lotta all'ultimo sangue:
Robert o Aaron, Aaron o Robert? Quale parte sarebbe prevalsa?
< Passi a
prendermi alle sette? >
Ovviamente la parte
che voleva la scorciatoia per quella strada che, magari, mi avrebbe
portato alla felicità.
< Non vedo
l'ora > ribatté e colmò la distanza
portando le mani sul mio viso e mi baciò, lasciandomi sola
dopo qualche secondo, che a me risultò interminabile.
La decisione era
presa, dovevo troncare con Robert. Ma allora perché avevo
una voglia matta di piangere?
La mattina dopo verso
le otto scrissi un messaggio a Robert, dicendogli di incontrarci al
parco vicino al nostro quartiere e gli diedi appuntamento per le dieci,
nonostante io arrivai lì quaranta minuti prima; mi sedetti
su una gelida panchina, per quanto venticinque gradi potessero rendere
gelida una panchina, e lo aspettai.
Al massimo, se non
fossi mai tornata con Aaron, avrei potuto amarlo in silenzio e sarebbe
stato meglio per entrambi.
< Volevi
vedermi? > domandò Robert, mentre si sedeva accanto a
me.
Deglutii e il cuore
cessò di battere.
< Sì
>
< Okay, dimmi
>
Mi sorrise e in
quell'esatto momento sarei voluta morire. Come poteva sorridermi se
solo pensavo a cosa gli avrei detto? Sospirai e chiusi gli occhi,
sperando di non scoppiare a piangere.
< Credo sia
meglio rimanere solo amici >
Il suo braccio, che
aveva portato attorno alle mie spalle subito dopo il suo arrivo, si
allontanò.
<
Perché? >
< Non potrebbe
funzionare >
< E
perché no? Aspetta, fammi indovinare…si tratta di
Aaron, vero? Ne sei ancora innamorata? >
< Sì
> mentii < Aaron è stato importante per me
e…ieri si è fatto vivo, ed io ho capito che non
sono ancora riuscita a dimenticarlo completamente. Mi dispiace tanto
>
< Concordo
> mi disse e alzai lo sguardo, guardandolo con occhi sgranati
< credo sia meglio finirla qui. Sei un po' troppo immatura per
me. Rimettiti con quel bamboccio, io ho di meglio da fare che perdere
tempo con una come te. Spero che lui non faccia lo stesso errore che ha
fatto e che tra di voi funzioni > continuò e si
alzò dalla panchina < per quanto riguarda
noi…credo sia meglio non vedersi più, nemmeno
come amici >
< No, aspetta
un attimo! > esclamai, ma le mie parole furono vane.
Mi sentivo peggio di
uno schifo. Avevo mentito a Robert solo perché avevo paura
di soffrire in futuro. Chiusi gli occhi e mi accasciai sulla panchina.
Il muffin al mirtillo mi stava tornando su, mentre attorno a me
aleggiava un'atmosfera gioiosa, dovuta da tutti i bimbi che correvano
qua e là e urlavano.
Aprii gli occhi e,
spazientita da tutto quel rumore, mi alzai dalla sedia e mi incamminai
fino a casa di Jenny.
< Michelle, che
succede? > domandò la mia migliore amica guardandomi
preoccupata.
< Sono
un'idiota > ribattei abbracciandola.
Mi portò
dentro casa e mi fece sedere sul divano per poterle spiegare cosa era
successo. Tutto, senza tralasciare niente.
< E vuoi
rimetterti con Aaron? >
< No >
ammisi, tirando su col naso < ma so di per certo ho perso Robert
per sempre, perché sono stata stupida >
< No, non sei
stupida > ribatté e la guardai, sorridendole <
sei una totale idiota! Per Aaron, poi? Ma ti ha dato di volta il
cervello?! Ti ricordo che Aaron ti ha lasciata per tornare dalla sua
ex. Ricordi come ci sei stata male? E ora hai deciso di non vedere
più una persona splendida per una che oltretutto non ami?
È stato lui a raccontarti di Robert che potrebbe stancarsi
di te, vero? >
< Sì
>
< Lo vedi
quanto sei stata stupida? È ovvio che lui dica queste cose
per convincerti a tornare con lui, ma mi meraviglio di te che ci hai
anche creduto! >
Alzai lo sguardo e la
guardai con gli occhi a palla: era la prima volta che Jenny mi parlava
in questo modo e, sebbene avesse ragione, la cosa mi faceva male.
< Quindi
immagino che questa sera tu non venga più a mangiare con me
e Aaron >
< Ti sbagli,
verrò > ribatté < e ti giuro che
gliene dirò di tutti i colori >
< No, ti prego.
Non litigate >
< Lo
farò solo se tirerà Robert in ballo >
Restai da lei fino a
che non mi stufai di sentirmi dire che ero stata un'idiota e poi
ritornai a casa, cercando di prepararmi per per andare a mangiare
fuori. E Aaron, puntuale come sempre, mi passò a prendere.
Aprii la porta di casa e automaticamente lanciai uno sguardo alla casa
di Robert per…beh, per cercare di vederlo. Avevo bisogno di
vedere il suo viso, non chiedevo altro. Ma purtroppo era tutto spento e
non c'era nemmeno la macchina. Dio, come mi mancava! E come non avrei
mai voluto dirgli quello che gli avevo detto! Com'era possibile
ritrattare i miei sentimenti dopo una sola settimana, nonostante gli
morissi dietro da mesi? Mi venne il magone al solo pensiero. Ero
l'idiota che si era lasciata abbindolare dalla paura.
Aaron suonò
il clacson e mi ridestò dai miei pensieri e così
entrai in macchina. Lo salutai e finsi di stare bene, ma durante il
tragitto non spiaccicai parola.
<
Cavolo…Michelle, scendi qui che vado a cercare un
parcheggio? >
< Come?
> domandai, ridestandomi dai miei pensieri < oh,
sì, certo >
Scesi dalla macchina e
mi incamminai verso l'entrata, ma qualcuno afferrò il mio
braccio e mi obbligò a voltarmi.
< Sono un
coglione > disse Robert d'un fiato.
<
Robert…ma, cosa…? >
Robert Pattinson era
lì, a pochi passi da me. Era esattamente davanti a me,
mentre il mio cuore aveva cominciato a battere all'impazzata e temevo
che volesse uscirmi dal petto.
< Sono un
emerito coglione > riprese mentre limitava la nostra distanza ad
un paio di millimetri.
< Di che stai
parlando? >
< Ti prego, non
farlo >
< Non
capisco…fare cosa? >
< Ti prego, non
rimetterti con Aaron. Non dargli una seconda possibilità
> disse guardandomi supplichevole.
< E
perché non dovrei? > domandai fredda, meravigliandomi
addirittura del tono della mia voce.
<
Perché io voglio stare con te. E so che anche tu lo vuoi
> continuò appoggiando la sua fronte alla mia e
portò le sue mani sulle mie guance, mentre sentivo queste
ultime andarmi a fuoco.
Era inutile mentirgli,
ormai aveva capito che di Aaron non mi importava niente.
< Rob, non mi
lasciare > sussurrai, ormai in balia di lui.
< Che ci fa lui
qui? > domandò Aaron, interrompendoci.
Schizzai indietro e mi
portai le braccia al petto, sentendomi come se fossi appena stata
beccata a rubare. E per di più ero furiosa. Furiosa
perché quel momento con Robert, che tanto avevo desiderato
in poche ore, era andato a farsi fottere.
< Sono venuto
per parlare con Michelle > rispose Robert con non calanche.
< Beh, si dia
il caso che ci stiano aspettando dentro, quindi… >
replicò strattonandomi per un braccio < Michelle non
ha tempo per te >
< Michelle
> mi chiamò Robert.
Venni strattonata una
seconda volta e così l'unica cosa che riuscii a fare fu
guardare Robert e allontanarmi con Aaron.
< Michelle!
> esclamò Jenny quando vide me e Aaron avvicinarci.
< Ciao. Ciao,
Walter >
< Ciao >
< Va bene,
possiamo finirla con i convenevoli e iniziare a guardare il menu?
> sbottò Aaron.
< Aaron,
piantala > ribattei sussurrando, ma lui non mi
ascoltò.
< Come mai
è già così acido? >
domandò Jenny con un sussurro.
< Robert era
qui > risposi con lo stesso tono basso e le mie guance si
imporporarono.
< Oh, che
sorpresa > ribatté con un sorrisetto stampato sulle
labbra.
< Tu lo sapevi!
> esclamai a voce bassa.
< Diciamo che
io ho accennato al fatto che stasera venissimo a mangiare qui >
ribatté con un sorrisetto.
La guardai e le
sorrisi. Al diavolo le mie paure! Sarei andata da Robert e lo avrei
implorato di perdonarmi, anche a costo di dovermi inginocchiare.
Sì, avrei lasciato passare questa serata e poi sarei corsa
subito a casa sua.
E con la mia nuova
decisione mi rallegrai la serata, mentre Aaron, che era arrabbiato, per
tutta la serata non fece altro che comportarsi da grandissimo cafone. E
dopo quasi due ore di muti rimproveri di imbarazzo, convinsi Aaron a
riaccompagnarmi a casa.
< Non voglio
che tu veda quel Pattinson ancora > disse dopo essere usciti dal
ristorante.
< Col cavolo,
è mio amico > ribattei stizzita.
< Poco importa.
Finché starai con me, non dovrai più averci
niente a che fare >
< Non provarci
nemmeno > risposi con tono di sfida.
< A fare cosa?
>
< A farmi
scegliere tra te e lui >
< Altrimenti?
Oh, andiamo, Michelle! Non crederai davvero di essere così
speciale per lui! Sei come tutte le altre, una povera e stupida fan.
Niente di più. Anzi, sai cosa ti dico? Forse è
vero, forse sei speciale per lui…ma non appena finirai nel
suo letto, sarai come tutte le altre > mi disse quasi
deridendomi. Dove era finito l'Aaron che la sera prima mi parlava
dolcemente?
< Bugiardo
>
< Ti sto
facendo aprire gli occhi. Ti sta ingannando >
< E se mi
piacesse farmi ingannare da lui? > gli urlai contro.
< Non lo stai
dicendo sul serio >
< E chi te lo
dice? >
< Non ci credo!
> urlò avvicinandosi minacciosamente a me.
< Aaron
> sussurrai il suo nome spaventata, notando una strana luce nei
suoi occhi.
< Sei
innamorata di lui?!?!? > continuò con lo stesso tono
di poco prima e mi strinse la mano intorno al polso.
<
A…Aaron, mi…mi stai facendo male >
balbettai sempre più spaventata.
< Vuoi
lasciarmi per quel verme? >
< Aaron, basta!
> urlai riuscendo a liberarmi dalla sua presa, ma in cambio
ricevetti uno schiaffo e uno spintone.
Finii per terra e
Aaron si posizionò sopra di me.
< Ora mi
divertirò un po'. Spero che al tuo Robert non faccia troppo
schifo sapere che io
ti ho toccata di nuovo, lurida puttanella > disse mentre si
leccava le labbra.
Ormai avevo le lacrime
agli occhi e non sapevo come comportarmi. Sembrava di essere in quegli
incubi in cui si vuole scappare, ma non ci si riesce.
< Allontanati
immediatamente da lei! > urlò Robert e
afferrò l'animale, perché solo così lo
si poteva definire, che stava sopra di me e lo spinse lontano.
<
Robert… > sussurrai mettendomi a sedere.
< Stai bene?
> domandò inginocchiandosi e mi accarezzò
la guancia rossa.
< Stalle
lontano! > urlò Aaron gettandosi su Robert, il quale
si spostò e mi spostò, facendolo cadere a terra
< lei è mia
>
< Non credo
proprio, Smith >
< Pattinson, ti
ho detto di non toccarla >
< Non
è di tua proprietà > rispose Robert mentre
stringeva i pugni < Aaron, non voglio litigare,
perciò lasciaci andare >
< Non vuoi
litigare? Va bene > disse Aaron mentre si passava una mano
dietro al collo, ma poco dopo si avvicinò a Robert e gli
sferrò un pugno in pieno naso < allora questa sera le
prenderai soltanto >
< Aaron,
smettila! > urlai mentre mi rialzavo in piedi.
< Stanne fuori!
> esclamarono entrambi all'unisono.
Robert rispose
all'attacco di Aaron con un pugno nello stomaco e ben presto
cominciarono a darsene di santa ragione, mentre io li guardavo senza
sapere bene cosa fare.
Per un certo momento
Robert parve avere la meglio, ma quando Aaron gli sferrò un
calcio nell'inguine, si inginocchiò dolorante e ricevette
colpi senza sosta.
< Aaron, lo
ucciderai! > urlai in preda al panico.
< Tappati
quella bocca! >
Aaron continuava a
picchiare Robert e quest'ultimo si rivoltava e tentava di colpirlo, ma
non era così forte come lui. Non potevo permettere che gli
accadesse qualcosa, così corsi verso Aaron e gli salii
sopra, mollandogli pugni a destra e manca. Speravo di
riuscire a fermarlo, ma ciò non accadde e mi ritrovai a
terra un'ennesima volta.
< Tu,
lurida… > sussurrò Aaron avvicinandosi a
me e istintivamente portai le braccia davanti alla faccia, ma tutto
ciò che sentii fu un tonfo sordo e un qualcosa di pesante
cadere.
Tolsi le mani e aprii
gli occhi, trovando Aaron gemente steso a terra e Robert, con parte
della faccia ricoperta di sangue, con una lastra di ferro in mano.
< L'ho trovata
laggiù > si giustificò, indicando un punto
vicino ad un cassonetto dell'immondizia < stai bene? >
domandò lanciando la lastra lontana da noi.
< Rob, portami
a casa > sussurrai e mi prese in braccio, dirigendosi verso la
sua auto < Sei ferito, non devi portarmi in braccio >
< Voglio farlo
> rispose ridacchiando, mentre apriva la macchina con il
telecomando.
< Tu stai bene?
> domandai mentre si sedeva in macchina, dopo avermi appoggiato
sullo schienale.
<
Sì, guarisco in fretta > rispose, sorridendomi
< magari domani avrò qualche livido, ma scommetto che
sarò ancora più affascinante >
< Ma non hai
un'intervista al David Letterman Show? >
< Sì
>
< E cosa
racconterai? >
< Che mi sono
battuto per proteggere una dolce fanciulla > rispose mentre mi
accarezzava una guancia.
< Rob, ti devo
tutto. Se non ci fossi stato tu… >
< Non dirlo. E
poi sei stata tu a chiedermi di non lasciarti >
Gli sorrisi e una
lacrima solitaria scese dai miei occhi.
< Mi dispiace
che tu stia messo così per causa mia >
< Non farti
problemi. Dio, che male! > esclamò ad un certo punto
< Devo riconoscerlo, Smith è molto bravo a picchiare
>
< Mi dispiace
>
< A me no.
Così almeno so che sei al sicuro >
< Se fossi
venuta via subito con te tutto questo casino non sarebbe successo
>
< Nah,
è stato meglio così. Avevo viglia di sfogarmi un
po' e alla fine ce l'ho fatta >
Non parlammo
più per tutto il resto del tragitto e quando arrivammo a
casa mi aiutò a scendere e mi accompagnò davanti
a casa sua.
< Vorrei che
per questa notte tu restassi con me. Non so se Aaron abbia in mente
qualcosa, ma credo che tu sia più al sicuro con me >
< Certo
> risposi accennando un sorriso e dopo avermi preso per mano mi
portò in casa sua.
< Ti porto un
po' di ghiaccio > disse indicando i miei lividi sul braccio.
< Lascia stare,
ormai è tardi per questi. Piuttosto, portami la cassetta del
pronto soccorso, così ti medico >
<
Ehm… > disse e si grattò la testa.
< Non dirmi che
non ce l'hai… >
< No >
< Torno tra
pochi minuti >
< Dove vai?
> domandò scattando in piedi.
< A casa a
prendere la cassetta medica… >
<
Ma… > intervenne.
< E un pigiama
> ripresi < non crederai mica che dorma con questo
vestito oppure nuda? >
< No? >
domandò divertito, ma il mio sguardo lo fece zittire
< cinque minuti. Se allo scadere dei cinque minuti non sei
tornata qui, vengo a prenderti >
< Va bene, capo
> risposi sorridendogli e mi incamminai verso casa.
Andai direttamente in
bagno per prendere la cassetta del pronto soccorso, poi mi lavai i
denti e m'infilai il pigiama di raso che Jenny mi aveva regalato per i
miei diciotto anni.
Mi legai i capelli con
un'alta coda di cavallo, m'infilai le ciabatte e poi scesi le scale,
trovandomi Robert davanti alla porta.
< Sono passati
tre minuti > obiettai.
< Volevo
accertarmi che tu stessi bene. Caspita, sei… >
< In pigiama
>
< Sciocca. Sei
bellissima >
< Oh,
beh…grazie >
Aspettai che uscisse
da casa e la chiusi a chiave, poi camminammo fino alla sua.
< Vuoi andare a
dormire? > domandò mentre chiudeva casa sua a chiave.
< No, voglio
medicarti > risposi prendendogli la mano e lo trascinai fino al
divano e dopo averlo fatto sedere mi sedetti accanto a lui < ti
avviso, potrebbe bruciare un po' >
Presi un po' di acqua
ossigenata e imbevetti del cotone che usai per tamponargli la ferita
nella parte destra labbro inferiore e sul naso.
< Ahia! >
< Scusa!
> risposi allontanando immediatamente il cotone dalla sua faccia.
< No, continua
>
Gli sorrisi e feci
come mi aveva chiesto, continuano a disinfettarlo. Dal canto suo,
Robert mi fissava e ciò mi metteva in imbarazzo.
< Okay, credo
di averti disinfettato per bene > dissi mentre riponevo l'acqua
ossigenata dentro la cassetta del pronto soccorso.
< Grazie
>
< È
il minimo > risposi sorridendogli.
< Mi dispiace
per le cose orribili che ti ho detto oggi. Non le pensavo veramente.
Ero arrabbiato >
<
Sì, lo so >
< Ho parlato
con Jenny e lei mi ha raccontato quello che Aaron ti ha detto.
Michelle, credimi, non ho intenzione di farti del male. Ci tengo a te
>
Annuisco e incrocio le
braccia al petto, mentre lui afferra il mio viso tra le sue mani e mi
costringe a guardarlo negli occhi.
< Ho paura che
tu ti stancherai di me e di perderti > gli confessai.
< Questo non
accadrà mai. Guarda che io mi sento bene quando sto con te
>
< Ricambio
>
< È
tutto a posto ora? >
< Credo di
sì > risposi, sorridendo.
< Okay >
sghignazzò e poi mi prese le mani < vorrei
baciarti… > sussurrò mentre mi
sistemava una ciocca di capelli che era sfuggita dalla coda.
< Ed io
non te lo impedirò di certo > ribattei chiudendo gli
occhi: dopo
pochi secondi appoggiò le sue labbra sulle mie ed io portai
le
braccia attorno al suo collo < non credo sia possibile
stringersi
più di così > sussurrai a due centimetri
dalle sue labbra dopo
il suo tentativo di ridurre ancora di più la distanza tra di
noi.<
Tentare non costa niente > rispose sogghignando.
Appoggiò la
sua fronte alla mia, poi tornò sulle mie labbra, baciandomi
dolcemente. Passai le mie dita tra i suoi capelli e risposi al bacio
con intensità. Dio, come mi sentivo al sicuro tra le sue
braccia.
< Vogliamo
andare a dormire? > domandò diverso tempo dopo.
< Certo
> risposi ancora un po' ansante.
Mi prese per mano e mi
portò in camera sua.
< Ti cedo la
mia camera, io vado a dormire nella stanza degli ospiti >
< Non resti qui
con me? > chiesi con una nota di disappunto.
< Non credo che
restare a dormire con te sia il modo più giusto di iniziare
una relazione >
< Ci sono pure
le eccezioni che confermano la regola > risposi con voce
sensuale.
< Hai ragione
> disse avvicinandosi pericolosamente a me e facendomi
appoggiare allo spigolo del muro, per poi appoggiare la mano accanto
sul muro accanto alla mia testa e mi guardò intensamente
negli occhi < ma lasciamo che siano gli altri a fare le
eccezioni > riprese, dandomi un dolce bacio sulla fronte
< sogni d'oro, Mitchie. A domani >
< Sogni d'oro
pure a te > risposi avvampando un'altra volta.
< Per qualunque
cosa chiamami, non farti problemi >
< Certo,
tranquillo. A domani >
Aspettai di rimanere
sola e poi mi sedetti sul suo letto. Il cuscino di destra, lato dove
presumibilmente dormiva, aveva il suo profumo.
Improvvisamente mi
balenò l'idea di andare a vederlo dormire, così
mi alzai dal letto e m'incamminai fino alla stanza degli ospiti.
Mi appoggiai allo
stipite della porta e lo guardai dormire: era steso al centro, con
entrambe le mani dietro la testa e sotto il cuscino.
< Per quanto
dovrai fissarmi ancora? > domandò Robert.
< Credo che il
termine giusto sia guardare
>
< No,
è fissare
> ribatté mettendosi a sedere.
< Antipatico
> disse facendogli la linguaccia.
< Oh
sì, il tuo è un comportamento davvero maturo
>
< Mi stai dando
della bambina? >
< Assolutamente
sì > rispose prontamente.
< Non sono una
bambina > piagnucolai.
< Tipico
atteggiamento da bambina > rispose sghignazzando < resta
qui >
< Come?
> domandai senza capire.
< Dormi con me
>
< Ma non eri tu
quello che non voleva affrettare le cose? >
< Ho cambiato
idea >
<
Già, anche io…buonanotte, Robert > dissi
allontanandomi.
< Bambina
>
<
Sarò pure una bambina, ma intanto ti rode che io non sia
lì a dormire con te >
< Purtroppo
è vero > rispose ridendo < a domani >
< Sogni d'oro
> risposi mentre tornavo in camera mia e quella notte mi
ubriacai del suo profumo.
Tadaaaaaaaaa! Eccomi
di nuovo! Chiedo perdono per non aver postato prima, ma non ho avuto
tempo.
Tutto bene? Vi siete
divertiti a festeggiare Halloween? Io non ho fatto assolutamente niente
di speciale, sono venuti a casa mia dei miei amici, abbiamo guardato
(io ho dormito) Robin Hood (sì, quello della Disney),
mangiato schifezze e una torta preparata da mia nonna per la serata e
dei video stupidi su You Tube, più quelli di South Park e I
Griffin.
Un Halloween molto
poco sentito, direi. Non la sento molto come festa, la ritengo
abbastanza consumistica. Preferisco vestirmi da strega o qualche altro
personaggio dell'orrore a Carnevale che ad Halloween xD
Comunque, pure oggi
sarò breve, in quanto c'è tedesco che,
ahimè, mi reclama. Ma alcune cosa devo dirle:
1)Il titolo
è la primissima parte del ritornello della canzone Somedoby
help me dei Full Blown Rose, che già avevo citato in passato.
2)Mi sembra un po'
stupido mettere un capitolo di quasi separazione subito dopo il
capitolo della dichiarazione e perdonatemi per questo. Ma proprio non
sapevo cosa infilarci.
3)Questo
sarà solo l'inizio dei problemi tra Mitchie e Rob, don't
worry ;)
E prima di lasciarvi
voglio ringraziare tutti per aver letto e commentato, messo tra i
preferiti ecc…vi adoro♥
valentina_black_cullen:
I miss your stories. E…TU VUOI FARMI PIANGERE?!?!?!?
“Hai proprio la mano di una scrittrice” questo me
l'hai scritto tu, sai? E, nonostante dubiti, ti ringrazio. Specialmente
perché l'insufficienza nel tema di italiano mi ha
demoralizzata a tal punto da voler smettere di scrivere e di cancellare
tutte le mie storie. Ma dopo quel brutto voto, nel rileggere quel tuo
commento mi son venute le lacrime agli occhi. Ti ringrazio davvero
tanto♥
Sognatrice85:
volevo dedicarti il capitolo, ma era un po' troppo triste
perché Michelle voleva lasciare Robert, quindi ho lasciato
perdere xD Ma sappi che volevo farlo. Perché senza di te,
senza la tua amicizia non so cosa farei. E non mi importa quanto tu sia
lontana. Sei un'amica troppo importante per me. Ti ho voluto bene fin
da subito e te ne vorrò sempre. Spero di vederti presto e,
come sempre, ti ringrazio per queste tue bellissime parole. You don't
know how much I love you!
Martina van
der woodsen:
cognatììììììììììììììììììììììììììììì♥♥
Ti becco anche qui, che gioia! Spero continuerai a leggere e che la
storia ti piaccia :)
LoryeEmy:
ciao cara! (posso chiamarti cara?) Ti ho fatta aspettare abbastanza?
Sei rimasta soddisfatta anche di questo capitolo? Un bacio :)
Railen:
-37 -37 -37 -37! Questo capitolo ti è sembrato ancora calmo?
:) Tra trentasette miseri giorni ti vedrò, non sto
più nella pelle! Mi manchi, lo sai? E ti adoro♥
|
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Capitolo 15 *** Forse sono innamorata di te ***
Forse
sono innamorata di te
<
Allora? Quando finisce questa benedetta rivoluzione francese? >
domandò Jenny mentre leggeva il foglietto che aveva tra le
mani.
< Questa
la so…questa la so… > dissi mentre mi
concentravo < 1789? >
< No,
quella è la data d'inizio. Finisce nel 1799 > mi
corresse la mia
migliore amica.
Mi buttai
pesantemente sul letto e abbracciai il cuscino.
< È
inutile, non ce la farò mai >
< Devi
concentrarti. Coraggio, questa è facile…chi era
il re che venne
ghigliottinato nella piazza della Rivoluzione? E in che anno? >
< Luigi
XIV, il 21 gennaio 1793 >
< La
data è giusta… > disse Jenny sorridendo.
< Ma? >
domandai esasperata.
< Luigi
XIV è il Re Sole, il sovrano di Francia che ha dato inizio
al
dominio assoluto > si intromise Robert e si sedette accanto a
me,
baciandomi la guancia < Luigi XVIII è il sovrano che
viene
ghigliottinato durante la rivoluzione francese. Sua moglie, Maria
Antonietta, venne ghigliottinata il 16 ottobre dello stesso anno
>
< Perché
tu sai tutte queste cose? > chiesi con sconforto.
< La
rivoluzione francese è stato un argomento che mi ha sempre
affascinato, quindi è stato semplice per me impararlo e
ricordarlo
tutt'ora > rispose mentre appoggiava una mano sul mio fianco e
mi
stringeva a sé < ciao, Jenny >
< Ciao,
Rob. Tutto bene? >
< Sono
un po' stanco, ma non mi lamento. Tu? >
< Sto
diventando matta per superare questo esame, esattamente come Michelle
> rispose sorridendo.
< Come
hai fatto ad entrare? > domandai voltandomi verso Robert.
< Mi ha
aperto Georgina >
< E
brava Georgina! > risposi mentre appoggiavo una mano sulla sua
guancia.
<
Avanti, poche smancerie! > intervenne Jenny battendo le mani
<
un'altra mezz'ora e poi io devo vado, fate i bravi >
< Posso
aspettare > rispose lui allontanandosi da me e si sedette per
terra.
< Non
stai scomodo? > domandai guardandolo.
< No,
continua a studiare > ribatté serio.
< Okay,
questo è molto importante per il
professore…qual'è il motto che
vige su tutta questa rivoluzione? >
<
Liberté, Égalité,
Fraternité. Questa era facile > risposi
sorridendo.
< E per
Smith è la cosa più importante > disse
Jenny sorridendo.
< Sì,
l'hai già detto >
Nell'ultima
mezz'ora di studio me la cavai discretamente e sospettavo che fosse
per merito di Robert, perché volevo fare una bella figura
davanti a
lui.
< Va
bene, ora ti lascio in pace. Domani pomeriggio ci vediamo da me?
>
domandò la mia migliore amica.
< Certo,
a domani > risposi sorridendole e Robert mi si
avvicinò.
<
Tranquilla, non stare ad accompagnarmi. Conosco la strada >
disse
sarcasticamente, ma poi mi fece l'occhiolino e ci lasciò
soli.
< Lo sai
che sei sexy quando studi? > domandò Robert mentre mi
baciava il
collo.
< Sì,
me lo ripeti ogni volta che mi vedi studiare > risposi ridendo e
mi voltai per guardarlo negli occhi < finalmente soli >
< Già >
rispose mentre si avvicinava per baciarmi < allora, per questa
sera ho due proposte… >
< Spara
>
< La
prima, è una bella cenetta a base di sushi a lume di candela
a casa
mia, mentre la seconda scelta è una cena da Gustav
e… >
< Gustav
> lo interruppi entusiasta.
< Lo
sospettavo > rispose baciandomi la punta del naso <
vestiti
elegante, passo a prenderti tra quaranta minuti >
< Okay >
risposi accompagnandolo alla porta.
In fretta e
furia schizzai in bagno, mi feci una doccia veloce e poi corsi in
camera a scegliere che cosa indossare. Chiusi gli occhi e tirai fuori
dall'armadio un vestito blu lungo fino alle ginocchia con le balze,
con lo scollo a V e che si annodava dietro al collo e sopra gli
abbinai una giacchetta color panna. Ai piedi mi infilai un paio di
zeppe dello stesso colore del vestito, mentre la borsa si abbinava
alla maglia. Mi diedi giusto un po' di matita nera per accentuare
l'azzurro degli occhi azzurri e mi feci qualche boccolo verso le
punte dei capelli. Mi spruzzai un po' di profumo, presi il cellulare
dal mio zaino di scuola e aspettai che Robert venisse a prendermi; il
che avvenne dopo cinque minuti e lui era bello come non mai.
<
Pronta? > domandò porgendomi il braccio.
<
Prontissima > risposi mentre chiudevo la porta di casa <
sei
davvero molto bello > dissi voltandomi verso di lui.
< Anche
tu non scherzi > rispose facendomi l'occhiolino.
< Già,
per una volta lo shopping con Bianca è servito a qualcosa
>
risposi ridendo.
< Ma io
non mi riferivo al vestito > obiettò facendomi
l'occhiolino.
< Oh,
beh…grazie > dissi arrossendo.
Da perfetto
gentiluomo mi aprì lo sportello della macchina per farmi
accomodare,
ignorando deliberatamente i paparazzi che ci stavano fotografando
dall'altra parte della strada, nascosti tra i cassonetti
dell'immondizia. Erano passati mesi da quando Robert ed io ci eravamo
messi insieme, ufficializzato il giorno in cui aveva preso a botte
Aaron e mi ero quasi abituata ai fotografi che ci seguivano sempre.
Per i primi
tempi ero passata sotto lo pseudonimo di Nikki Weber, ma ben presto
da Nikki venni battezzata Angela, tutto per merito del fotografo
della spiaggia. E mi andava bene usare un falso nome, fino a che
quell'oca di Olivia, per farmi un dispetto, non aveva rivelato ad una
rivista scandalistica il mio vero nome. Michelle Waldorf. E questo
scandalo era durato per una settimana intera. La stampa scandalistica
sembrava essere totalmente impazzita. E per la felicità di
Bianca
anche i paparazzi avevano cominciato a paragonarmi a Blair Waldorf e
una volta uno di loro mi aveva fermato prima che potessi arrivare a
scuola e mi aveva chiesto se ero interessata a partecipare ad un
episodio di Gossip Girl. La mia risposta fu epica, perché
non gli
dissi niente, ma mi limitai a ridergli in faccia. L'ultima cosa a cui
aspiravo a questo mondo era la popolarità.
Ma ogni
volta che finivamo su un giornale Robert mi guardava mortificato ed
era davvero dura farlo smettere di essere in colpa.
I paparazzi
cominciarono a dare di matto quando lui si presentò al David
Letterman Show con il labbro rotto e un occhi nero. Aveva provato a
sviare usando la battuta del “sto
girando il sequel di Remember Me”,
ma poiché il suo personaggio era morto nessuno gli credette.
E ad un
certo punto confessò che aveva fatto a botte la sera prima
per
“salvare
una ragazza in
difficoltà”, ignorando così
la scusa della rissa al bar che gli avevo suggerito io. David
Letterman gli chiese se la misteriosa ragazza fosse Kristen e lui
negò, rimanendo comunque sul vago.
Molti
cominciarono a dire che era solo una scusa per nascondere la sua
relazione con Kristen, ma dovettero ricredersi quando venne
pubblicata una foto mia e di Robert in spiaggia, dove la mia faccia
era coperta dal mio enorme cappello di paglia e lui mi stava
abbracciando e baciando il collo. E poiché avevo ancora
addosso la
divisa scolastica, la gente capì subito che non poteva
essere
Kristen Stewart la fantomatica fidanzata di Robert Pattinson. E da
quel pomeriggio le fan di Robert si divisero in vari gruppetti: chi
mi invidiava, chi mi odiava perché stavo io con Robert e non
loro e
chi mi odiava perché non era Kristen a stare con lui.
Robert
guidò fino al ristorante, parcheggiò nel
parcheggio sotterraneo,
quello riservato ai VIP, e ci incamminammo verso l'entrata del
ristorante.
<
Robert, che piacere! > esclamò un signore sui
quaranta.
< Ciao,
Oliver! > rispose Robert stringendogli la mano.
< Avevi
prenotato per le otto, vero? >
< Esatto
>
< Va
bene, seguitemi >
< Lui è
Oliver, il proprietario di questo ristorante >
sussurrò Robert
mentre mi trascinava con sé.
< Oh, ho
capito > risposi sorridendo.
Il nostro
tavolo era un tavolo appartato e circondato da dei separé.
< Ora vi
porto subito i menù >
< Grazie
> risposi sorridendo < certo che non ti fai mancare
proprio
niente, eh? > dissi guardando il mio accompagnatore.
< Lo
faccio per preservare il tuo anonimato >
< Il mio
anonimato è andato a farsi benedire già da un po'
> obiettai
ridendo.
< Lo so
> sospirò, visibilmente seccato.
< Hey >
dissi reclamando la sua attenzione e posai una mano sulla sua <
niente musi lunghi, ne abbiamo già parlato a sufficienza
>
< Sì,
lo so. È solo che mi dispiace che ti assillino
così >
<
Preferisco essere assillata da tutti i paparazzi del mondo piuttosto
che da mia madre > gli risposi e si mise a ridere di gusto.
< Sai,
era da tanto che non venivo qui > mi disse dopo qualche minuto.
<
Davvero? Pensa che invece è la prima volta che ci entro io
>
ribattei ridendo < quand'è stata l'ultima volta che
sei venuto? >
< Poco
prima di mettermi con te. Ero venuto a mangiare con Kristen. Ricordo
che per quella sera avevano chiuso un'ala del ristorante solo per noi
due… >
Kristen?
Avevo capito bene, Kristen? Mi aveva portato in un locale dove era
stato con quella?
Lo fissai sconcertata e irritata e lui inarcò le
sopracciglia,
lanciandomi uno sguardo interrogativo.
< Mi
porti in un locale dove sei stato con lei?
>
< Hai
ragione > rispose, ridendo < mi ero scordato della tua
gelosia
immotivata verso Kristen >
<
Immotivata? Ma ti ha dato di volta il cervello? > sbottai
< ci
facevi sesso fino a poco tempo fa ed io non dovrei essere gelosa?
>
<
Appunto, era solo sesso >
< Ma tu
la corteggiavi lo stesso e ne eri anche innamorato >
< Non ne
ero innamorato >
<
Bugiardo > ribattei togliendo la mano dalla sua.
In quel
momento arrivò un cameriere e ordinammo entrambi come primo
della
pasta ai quattro formaggi e di secondo della carne, mettendo da parte
il discorso Kristen.
< Vuoi
un dolce? > domandò Robert dopo il caffè.
<
Preferirei andare a prendere un gelato >
< Certo
> rispose sorridendo, poi chiamò il cameriere per
farci portare
il conto < dove vuoi andare a prendere il gelato? >
chiese una
volta saliti in macchina.
< Dove
lavora Jenny >
<
Nemmeno a dirlo, eh? > rispose sorridendo.
Uscimmo dal
ristorante e dopo dieci minuti arrivammo in gelateria e Jenny ci
guardò con occhi sgranati, mentre alla proprietaria quasi
venne un
infarto quando vide Rober.
<
Michelle, Caspita, sei da urlo! > esclamò
sorridendomi.
<
Grazie, Jenny > risposi sorridendo.
Robert
ordinò un gelato con nocciola e stracciatella, mentre io
presi una
brioche con il pistacchio e non appena Jenny ci servì una
schiera di
fan di Robert lo reclamarono per fare foto e autografi, così
mi misi
a sedere su una panchina da sola, fino a che Jenny non si prese una
pausa e venne a farmi compagnia.
< Posso?
> domandò mentre guardava la mia brioche.
< Certo
> risposi porgendogliela.
< Mmm,
faccio delle brioche col gelato che sono davvero buone! >
esclamò
sorridendo.
< Oh sì,
ci vuole una laurea per tagliare un panino dolce e metterci dentro
del gelato > dissi prendendola in giro.
< Ma…non
ti da fastidio? > chiese mentre indicava Robert che faceva gli
autografi.
< Posso
capirle. Farei lo stesso anche io se lo incontrassi per strada. E poi
fa parte del suo lavoro avere fan, non posso e non voglio obbligarlo
a ignorarle >
<
Ricordi quando siamo andate a Londra per cercarlo e invece lui era a
New York? >
< E come
dimenticarlo! > risposi ridendo < è stata la
vacanza più
bella, non mi sono mai divertita tanto! >
< Già,
la penso anche io come te > disse Jenny ridendo < senti,
ne
vuoi una? > domandò porgendomi una sigaretta.
< E tu
da quando fumi? > domandai sorpresa.
< Walter
mi influenza negativamente > rispose scrollando le spalle
< e
tu? Da quando hai smesso di fumare? >
< Da
quando sto con Robert >
< E dire
che lui fuma >
< Eh,
grazie! Si fuma anche le mie perché è sempre
senza! > risposi
lanciando un'occhiataccia a Robert, che non vide perché era
troppo
impegnato con gli autografi.
< Dai,
rifatti >
Jenny mi
porse una sigaretta e mi prestò il suo accendino.
< Oh, di
chi sono? > domandò Robert quando ci raggiunse.
< Le mie
> rispose Jenny porgendogli il pacchetto < ne vuoi una?
>
< Sì,
grazie > disse Robert sorridendo < le mie le ho finite
>
< Sì,
pure le mie hai finito > obiettai acida < hai firmato
tutto? >
domandai cambiando argomento.
< Sì.
Ho male alla mano > rispose e sia Jenny che io scoppiammo a
ridere
< come siete antipatiche > sbuffò mettendo il
broncio.
<
Andiamo a casa? > domandai guardando l'orologio del cellulare.
< Okay >
rispose Robert prendendomi per mano.
< Ciao,
Jenny > dissi abbracciando la mia amica.
< Ciao
Michelle. Ci vediamo domani >
< Okay >
< Ciao,
Rob! >
< Ciao,
Jenny >
Rientrammo
in macchina e tornammo a casa, poi Robert parcheggiò e venne
ad
aprirmi lo sportello.
< Vieni
un po' da me? > domandai indicando casa < Bianca non
c'è… >
Inarcò le
sopracciglia, poi si avvicinò al mio viso, portandomi un
ciuffo
dietro l'orecchio e guardandomi maliziosamente.
< Perché
invece non vieni da me? Io non ho problemi, non abito con
nessuno…
>
Mi
allontanai di scatto e mi appiccicai al vetro.
< Non
sta scritto da nessuna parte che questa sera dobbiamo farlo. Io ti
avevo solo invitato a bere qualcosa di diverso dalla birra >
< Dice
così la tua generazione? > mi provocò
ridendo.
Risi e lo
spinsi, dandogli dello stupido. Entrammo in casa e accesi la luce,
per poi chiudermi la porta alle spalle e appoggiai le chiavi dentro
lo sgombra-tasche. Mi tolsi la giacca e l'appesi sull'appendiabiti e
quando mi voltai verso di Robert, vidi che la sua faccia era
vicinissima alla mia.
< Che
c'è? > domandai deglutendo.
Mi indicò
un punto nella fronte e poi rise.
< Hai
avuto la varicella anche tu da piccola, vero? >
Annuii e lo
feci accomodare sul divano, mentre io sgattaiolai in cucina e aprii
la vetrinetta con dentro gli alcolici, prendendo una bottiglia di
Martini e dopo aver preso due bicchieri e due olive ritornai in sala.
< Va
bene il Martini? > domandai porgendogli il suo bicchiere e
sedendomi accanto a lui.
<
Benissimo. Certo che ti sai trattare bene >
< Tutto
merito di Bianca e della sua vetrinetta per gli ospiti >
< Vuoi
farmi credere che tu non la usi mai? > chiese sogghignando.
< La usa
più lei che io >
< Che
brava ragazza che sei >
< Oh sì
> risposi sorridendo.
< Ma
scommetto che nel profondo sei una bad girl > disse
avvicinandosi
a me.
< Sono
pur sempre una Waldorf > ribattei a pochi centimetri dal suo
viso.
Appoggiai
le mie labbra su quelle di Robert e lasciai cadere il bicchiere,
ormai vuoto, sul tappeto, facendo scivolare le mani sui suoi capelli;
mentre Robert, dal canto suo, mi prese per i fianchi e mi
invitò a
sedere su di lui, facendo vagare le sue mani per tutta la mia
schiena.
< Che
cosa stai facendo? > domandai con un sorrisetto.
< Cerco
la cerniera del vestito > rispose con non calanche.
< Perché
non provi sul lato destro? > ipotizzai mentre appoggiavo le mani
prima sul suo petto e poi le feci scivolare sotto la camicia <
senti, che ne dici di spostarci in un luogo un po' più
comodo? >
< Tipo?
> chiese mentre mi baciava il collo.
<
Uhm…camera mia? >
< Ma qui
è comodo… >
< Sul
divano? >
Mi diede un
leggero morso sul lobo dell'orecchio e rabbrividii.
<
Preferisci il pavimento? >
Risi.
< No,
Hannibal, preferisco di gran lunga il mio letto >
Cercai le
sue mani che allontanai dal mio vestito e scesi dalle sue ginocchia.
< Ai
suoi ordini > rispose alzandosi e tentando di prendermi in
braccio, ma senza riuscirci, perché mi divincolai
immediatamente.
Risi quando
tentò di prendermi in braccio una seconda volta e anche in
quell'occasione lo ostacolai; ma quando mi voltai verso di lui, dopo
che ebbe provato per la terza volta, si sporse un po' troppo verso di
me e cascammo entrambi sulle scale. Risi di nuovo e tentai di
alzarmi, ma le sue mani me lo impedirono e dopo che mi ebbe bloccata
sotto di lui, ricominciò a baciarmi con la stessa passione
che aveva
usato sul divano. Afferrai i lembi della giacca e li strinsi,
cercando di aumentare la passione per il bacio. E quando sentii la
sua eccitazione premere sul mio bacino capii che non mi importava che
le scale fossero scomode. L'unica cosa che volevo era Robert, lo
desideravo come una matta. E sentivo che anche per lui era la stessa
cosa. Dio, ero tutta un brivido.
Poco dopo
si alzò e mi afferrò la mano per aiutarmi a fare
lo stesso, e ci
dirigemmo verso la mia camera.
<
Lasciami la soddisfazione di togliertelo > piagnucolò
dietro di
me quando tentai di slegarmi il nodo del vestito.
< Agli
ordini > risposi fermandomi davanti alla porta della mia camera,
permettendo a Robert di raggiungermi e di rincominciare a baciarmi.
Portai le
braccia attorno al suo collo, mentre lui mi toglieva il vestito e mi
accarezzava i fianchi.
< Sei
ancora più bella di come mi immaginavo… >
sussurrò mentre mi
baciava il collo.
< Signor
Pattinson, vuole forse dire che mi ha immaginata senza vestiti?
>
domandai con finto imbarazzo.
< Sì, e
non hai idea di cosa pensavo di farti ogni volta >
< Bene >
dissi mentre gli afferravo la giacca e gliela sfilavo, stessa sorte
che toccò alla camicia < per fortuna che ora non
è una fantasia
> ripresi mentre mi avvicinavo al letto, poi mi voltai nella sua
direzione.
Lo guardai
negli occhi, mentre lui studiava ogni centimetro del mio corpo. Aveva
una luce strana, sembrava…eccitato.
< Questo
non me l'aspettavo > disse soffermando lo sguardo sul mio ventre.
< Cosa?
> domandai guardandomi.
< Il
tatuaggio >
< Non te
l'ho mai detto? >
< No,
altrimenti me ne sarei ricordato > ribatté
avvicinandosi ed
entrambi finimmo sul letto.
<
Ops…beh, sorpresa >
Rise e
cominciò a stuzzicare le mie labbra con le sue, mentre piano
piano
la sua mano sinistra si faceva strada sulla mia schiena, verso il
sedere. E la destra non tardò molto ad imitare “la
sua amica”,
tant'è vero che mi spinse ancora di più verso di
lui.
< Cazzo
> brontolai allontanandomi dalle sue labbra.
< Qual'è
il problema, Mitchie? > domandò prima di scendere con
le labbra a
baciarmi la mandibola.
<
Aspetta un attimo > risposi allontanandomi dal letto.
< Hey,
dove vai? > domandò ancora una volta, senza
però ricevere una
risposta.
Corsi in
lavanderia con solo la biancheria intima addosso, ringraziando il
cielo che non ci fosse nessuno in casa a parte noi, e tirai fuori
dalla lavatrice la mia divisa scolastica, che poi infilai
nell'asciugatrice. Aspettai dieci minuti e finalmente potei tornare
in camera con la divisa in mano.
< Mi hai
lasciato qui da solo per quella?
>
Lo guardai
imbarazzata e poggiai la mia divisa sulla scrivania.
< Mi ero
dimenticata di prenderla dalla lavatrice. Dovevo farlo, altrimenti
domani sarei andata nuda a scuola > dissi per giustificarmi.
Rise e si
alzò, prendendomi entrambe le mani.
< Ora
però non lasciarmi più > mi
sussurrò all'orecchio, facendomi
stendere sotto di lui questa volta.
Le sue mani
su tutto il mio corpo mi stavano facendo impazzire. Letteralmente.
Ogni volta che erano a contatto con la mia pelle avevo la pelle
d'oca. E quando si accorgeva di questo mi accarezzava le braccia,
come se temesse che avessi freddo e volesse scaldarmi.
Spostai le
mani dai suoi fianchi al suo ombelico, trovandomi così a
giocare con
i peli sul suo petto, mentre lui era troppo impegnato a baciarmi il
collo e a salire con le mani verso i miei seni. Gemetti quando la sua
mano toccò la stoffa del reggiseno e subito
spostò la bocca verso
la mia per baciarmi.
Sorrisi tra
un bacio e l'altro, gli slacciai i pantaloni che tolse con un gesto
rapido e spostai le mie dita sull'elastico dei suoi boxer, gesto che
non lo lasciò del tutto indifferente.
Risi ancora
una volta. Ridevo, perché in quei nostri gesti non c'era la
fretta e
la voglia di concludere tutto il prima possibile. Non eravamo come
quegli adolescenti che volevano tutto subito; no, eravamo
semplicemente due persone che si amavano e godevano della reciproca
compagnia nello stesso momento.
Avevamo
entrambi il respiro accelerato quando finimmo di spogliarci e dopo
che fu entrato dentro di me portai le mani sui suoi capelli,
tirandogli appena un po' la testa indietro.
Jenny ed io
avevo sempre immaginato come sarebbe stato fare sesso con Robert
Pattinson, così come ogni ragazza ammaliata dalla sua
bellezza. Ma
davvero, mai avrei potuto immaginare che sarebbe stato così:
mi
sentivo bene, protetta, come se il mondo si fosse fermato per
lasciare che noi due ci amassimo. Tutto era assolutamente perfetto.
E quando la
magia si interruppe, uscì da me e mi prese tra le sue
braccia.
< Allora
> sussurrai, ancora ansante < questo batte la
meravigliosa
partita a strip poker con Tom e le vostre ex compagne di scuola che
non hai fatto altro che elogiare da quando ti ho raccontato del mio
strip monopoli del Natale scorso? >
<
Decisamente > rispose baciandomi una tempia < non mi sono
mai
sentito così bene con una persona >
< Questo
lo dici a tutte le ragazze con le quali fai sesso? > domandai
punzecchiandolo.
< Scema!
> esclamò ridendo < sono serissimo >
Sorrisi
apertamente.
< Quindi
nemmeno con Kristen? >
< Con
lei era solo sesso, con te no. Con te è amore
> rispose mentre mi accarezzava una guancia, calcando
sull'ultima
parola.
< Allora
questo vuol dire che dopotutto a me ci tieni >
< Ho
fatto a botte per te e ti ho implorato di stare con me. Credevo che
già l'avessi capito >
< Sì,
ma mi piace sentirmelo dire >
<
Sciocca! > esclamò ridendo e mi alzò il
mento per baciarmi.
< Ho
tanta voglia di dirti una cosa, ma ho paura di sbagliare, che sia
troppo presto > ammisi abbassando lo sguardo.
<
Provaci >
Chiusi gli
occhi, feci un respiro profondo e poi lo guardai.
< Forse
sono innamorata di te > sussurrai imbarazzata < anzi, no,
rettifico. Ti amo >
< Era
ora che ti decidessi a dirmelo > ribatté sfiorandomi
il naso con
le labbra.
<
Avresti potuto dirmelo anche tu > dissi lanciandogli
un'occhiataccia.
<
Ricordi quello che mi hai detto mesi fa, quando mi parlavi di Aaron?
>
< No…
>
< Hai
detto che quando lui aveva detto di amarti, tu ti eri bloccata,
perché non eri sicura di cosa provare. Mi hai detto di
avergli
risposto che lo amavi anche tu, giusto perché non volevi che
pensasse che non tenevi a lui, anche se ancora non eri completamente
innamorata… >
< E ti
ricordi ancora quello che ti ho detto quasi un anno fa? >
< Certo
>
< Wow,
che memoria che hai… >
< Mangio
tanto pesce >
< Anche
io, ma nonostante ciò ho una memoria da far schifo >
risposi
ridendo.
<
Mitchie? > mi chiamò mentre cercava la mia mano.
< Sì? >
< Ti amo
anche io > sussurrò.
Mi voltai
per guardarlo e gli sorrisi, poi mi allungai per baciarlo e Robert si
abbassò per aiutarmi.
< Che
ore sono? > domandai poco dopo.
< Le
tre. Perché? >
< Bianca
tornerà tra poco >
< Vuoi
che me ne vada? > domandò con uno sguardo triste.
< No, mi
basta chiudere a chiave la porta > risposi alzandomi dal letto e
chiusi a chiave la porta della mia camera, poi tornai di corsa verso
il letto, recuperai la mia biancheria e me la rinfilai.
< Se te
la rimetti, poi sarò costretto a togliertela di nuovo
>
<
Accomodati > risposi sorridendogli maliziosamente mentre mi
rinfilavo sotto le coperte.
Robert
ridacchiò, ma poi seguì il mio esempio e si
rinfilò i boxer.
dopodiché si ristese accanto a me e mi abbracciò.
Chiudemmo
gli occhi e ci abbandonammo ad un sonno profondo, ma venni svegliata
improvvisamente dallo sbattere di un letto. Mi alzai dal mio letto e
uscii dalla mia stanza, scoprendo che i rumori, gemiti compresi,
provenivano dalla stanza di mia madre. I suoi vestiti e quelli di
Mike erano sparsi per tutta la scala.
Raccolsi il
mio vestito e mi voltai per tornare a dormire, ma i rumori
aumentarono, così camminai verso la porta della camera di
Bianca e
la colpì.
< C'è
gente che vuole dormire! > urlai.
< Scusa,
amore! > rispose Bianca ridendo e, finalmente, incominciarono a
fare meno casino.
Feci
dietrofront e tornai in camera.
< Che
cos'è successo? > domandò Robert con la
voce impastata.
< Mmm,
interessante…vogliamo fargli vedere che noi siamo
più bravi? >
propose maliziosamente.
< Metti
la tua bestiola a cuccia > risposi facendogli la linguaccia e mi
accoccolai nuovamente tra le sue braccia.
Pure oggi
sarò relativamente breve...dovrei studiare perché
domani sono via tutto il giorno, ma non ho per niente voglia -.-
Poi sono eccitata! Manca poco più di un mese al concerto dei
Thirty Seconds To Mars a Bologna! Non vedo l'ora *___*
Comunque, eccovi lo schifitolo ( schifo capitolo) che avrei voluto
cestinare, ma non ho tempo per riscriverlo. Quindi mi spiace, ma ve lo
tenete così.
Pregate per me perché sabato prossimo possa non aver niente
da fare! Grazie a tutte voi che leggete e apprezzate i miei capitoli (e
se qualcuno che legge non gli piace....fuck! No, scherzo! Necessito di
critiche costruttive :D)
Besos
Giulls♥
|
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Capitolo 16 *** CloversVSToros ***
Clovers
VS Toros
Andare a
scuola questa mattina sarebbe stato veramente difficile.
Terribilmente difficile. Ma davvero, davvero tanto difficile. Avevo
il ragazzo più bello del mondo che dormiva ancora nel mio
letto.
Cosa me lo faceva fare di alzarmi e andare a scuola? Ovviamente
quello stupido test di spagnolo e la partita di pallavolo contro le
Toros di Malibù: era da quattro anni che quelle ci rubavano
il
nostro trofeo, ma ora basta. Come capitano della squadra avevo rotto
le scatole per fare le selezioni per prendere una nuova alzatrice
dopo l'abbandono di Sabina, acquistando così Megan, e ci
eravamo
allenate talmente tanto da diventare fortissime. Sì,
quest'oggi
gliela avremmo fatta vedere a quelle Toros.
Uscii piano
dal letto, cercando al buio la mia divisa scolastica e trovai senza
difficoltà la gonna e la camicia, ma la sorte mi fu avversa
nella
ricerca della cravatta, fino a che non mi venne in mente di averla
lasciata sulla lampada della scrivania. Così, cercando di
fare il
meno rumore possibile, mi vestii, presi i miei libri e uscii dalla
stanza.
<
Buongiorno > sussurrò una voce roca dietro di me.
Mi voltai,
sperando di incrociare quei bellissimi occhi color oceano, ma in
realtà mi trovai davanti Mike.
<
Buongiorno > risposi freddamente e mi voltai per andare in
cucina
a fare colazione, sentendo però che mi stava seguendo
< allora,
vi siete divertiti questa notte? > domandai una volta giunta in
cucina mentre senza degnarlo di uno sguardo, mentre prendevo la mia
ciotola preferita, quella arancione in plastica.
< Mi
dispiace che tu ci abbia sentito > sussurrò
imbarazzato.
< Sì,
dispiace anche a me > risposi tagliente < fai colazione?
>
< No,
veramente uscito dalla stanza solo per andare in bagno >
ribatté
mentre si allontanava.
Ma allora
cosa diavolo mi aveva seguita a fare se non voleva fare colazione?
Lo seguii
con lo sguardo e misi la ciotola dentro la lavastoviglie, ritornai in
camera per prendere lo zaino, risi di Robert, che dormiva ancora
beato, e andai a scuola.
<
Buongiorno! > esclamai entrando in classe.
<
Buongiorno, capo > rispose Sarah, il battitore delle Clovers.
< Sei
pronta per oggi pomeriggio? > domandai sedendomi sul suo banco.
<
Prontissima! Gliela faremo vedere a quelle Toros! > rispose
iniziando a battere le mani.
< Ciao >
disse Jenny entrando in aula.
< Jenny!
> esclamai correndole incontro.
< Mi
dispiace, non sono riuscita a studiare per trigonometria, non posso
passarti i compiti… >
< No,
non mi interessano. Devo dirti una cosa molto importante >
ribattei sorridendo, ma non appena vidi gli occhi di Olivia fissi su
di me, le lanciai uno sguardo glaciale < Taylor, fatti gli
affaracci tuoi >
<
Tranquilla, Waldorf, non mi interessano i tuoi discorsi, né
tanto
meno quello che hai fatto ieri sera e soprattutto…con
chi
>
Nel sentire
quelle parole rabbrividii. Che cosa ne sapeva Olivia?
In quel
momento la prof entrò in classe, così fui
costretta a sedermi e a
lasciare perdere in discorso.
Quella
mattina sopportare le due ore di letteratura inglese non fu per
niente facile, nonostante fosse la mia materia preferita. E non
appena suonò la campanella schizzai fuori dalla classe e
aspettai
Jenny vicino al suo armadietto.
< Vieni
con me > disse sbucandomi alle spalle e prendendomi per mano.
< Dove
vuoi andare? > domandai seguendola.
< Voglio
salvaguardare la tua reputazione > rispose entrando in bagno e
poi
chiuse la porta.
< Che
intendi? >
< Hai
fatto sesso con Robert? > domandò a bruciapelo.
< Tu
come fai a…? >
<
Saperlo? Hai un succhiotto enorme > rispose indicandomi allo
specchio.
Mi allungai
verso la mia immagine riflesse a spalancai gli occhi quando vidi una
macchia violacea in bella mostra sul mio collo.
< Cazzo,
non me n'ero mica accorta! >
< Ora
sai perché Olivia ha detto così…
>
< In
quanti l'hanno visto? > domandai preoccupata.
< Forse
tutta la classe, oppure forse solo lei e le sue amichette >
< Bene >
risposi slegando la cravatta e incominciando a truccarmi per coprire
quel succhiotto < meglio? >
<
Decisamente > disse scrutandomi < allora? >
< È
stato fantastico, non ci sono parole > risposi sorridendo
< gli
ho confessato di amarlo >
< E lui?
>
< Ha
risposto che mi amava anche lui >
<
Magnifico! > esclamò la mia migliore amica
abbracciandomi.
In
quell'esatto momento il mio cellulare vibrò.
< Cinque
dollari che è Robert > disse Jenny.
<
Impossibile, questa mattina Robert ha un incontro con il registra di
Breaking Dawn e la Stewart > risposi aprendo la casella dei
messaggi.
“Ho
saltato il lavoro e oggi pomeriggio sarò a vedere la
partita.
Vediamoci alle tre davanti all'ingresso della tua scuola. Forza
Clorvers. Rob”
Aprii la
borsa e cercai il portafoglio.
< Ecco,
prendili > dissi porgendole cinque dollari.
< Siete
prevedibili voi due > rispose sorridendo.
Il resto
delle lezioni sembrarono volare, specialmente quando il professore di
ginnastica mi fece saltare la lezione di trigonometria
perché voleva
parlare alla squadra.
<
Allora, Clovers, questa partita è molto importante per la
scuola, ma
voglio che teniate a mente che vincere non è
tutto… >
< Però
è bello > obiettai e tutte le ragazze concordarono
con me.
< Sapete
qual'è il segreto della vittoria? >
domandò il coach.
< Il
gioco di squadra? > rispose Sarah.
< Anche.
Ma è molto importante divertirsi >
< E fare
dieci giri di campo come riscaldamento > continuai
interrompendolo
una seconda volta.
<
Sbagliato, Michelle. Quindici giri, non dieci. Avanti, Clovers,
seguite il vostro capitano nella corsa! > esclamò il
nostro
allenatore e incominciammo tutte a riscaldarci, finché alle
tre non
riuscii ad allontanarmi per andare a raggiungere Robert.
Arrivai al
nostro punto d'incontro in orario, trovandolo già
lì.
< Hey >
lo salutai avvicinandomi.
< Sei
pronta per la grande partita? >
< Sì >
risposi sorridendo.
< Sono
giù arrivate le Toros? >
<
Purtroppo sì > risposi sbuffando < in un anno
sono diventate
più muscolose, fanno paura >
Rise.
<
Michelle Waldorf che ha paura? >
<
Potrebbero lanciarmi una pallonata e potrei farmi male >
< Vorrà
dire che poi sarò costretto a restarti accanto per prendermi
cura di
te > rispose guardandomi maliziosamente.
< Chissà
perché la cosa non mi dispiace > sussurrai
avvicinandomi a lui <
me lo dai un bacio di incoraggiamento? >
<
Certamente > rispose sorridendo e mi afferrò i
fianchi,
stringendomi a sé.
<
Michelle! > mi chiamò Amanda, sbracciandosi per far
sì che la
notassi < devi rientrare, il coach ci vuole tutte da lui >
< Vengo!
> risposi dopo essermi staccata da Robert < vieni anche
tu? Ti
siedi in un angolo e guardi gli ultimi cinque minuti del mio
allenamento >
< Va
bene, andiamo > disse prendendomi per mano e, insieme,
raggiungemmo la palestra.
< Hey,
coach, il mio ragazzo può stare in questi ultimi minuti?
>
< Basta
che tu non ti distragga e fallo sedere in tribuna >
< Va
bene > risposi accompagnando Robert a sedersi < ci
vediamo dopo
>
< Forza
Clovers >
< Forza
Clovers > risposi sorridendo.
Raggiunsi
la mia squadra e ci allenammo per altri cinque minuti, poi le Toros
ci raggiunsero e sia io che il capo della squadra avversaria venimmo
chiamate davanti all'arbitro.
<
Decidete chi delle due deve iniziare a battere > disse l'arbitro
mentre tirava fuori una moneta.
< Testa
> sussurrai incrociando le dita.
< Croce
> rispose il capitano delle Toros, impassibile.
L'arbitro
fece girare la moneta e quando scoprì il lato vincente,
esultai.
<
Abbiamo la palla. Avanti, Sarah, mostra quanto sei brava a battere!
>
esclamai tentando di incoraggiare la mia amica, che mi fece
l'occhiolino.
Nell'ultimo
anno le Toros erano migliorate parecchio, ma anche noi Clovers davamo
loro filo da torcere.
Il primo
set lo vinsero le Toros per due punti.
< Brave,
state giocando alla grande > ci incitò il coach
< Michelle,
stai bene? Hai dato una bella botta, prima >
< No,
sto bene > risposi brevemente: pochi minuti dopo l'inizio della
partita mi ero buttata per terra per salvare la palla, riuscendo nel
mio intento. La sfortuna, però, volle che mi sbucciassi il
gomito e
che dessi una bella botta nel fianco.
Non appena
tornammo in campo, mi guardai attorno per cercare Robert, trovandolo
accanto a Jenny. Sorrisi e entrambi mi salutarono con un cenno di
mano.
Il secondo
set si svolse egregiamente, tant'è vero che noi Clovers lo
vincemmo
con parecchi punti di vantaggio.
Facemmo
altri cinque minuti di pausa, poi incominciammo il terzo ed ultimo
set. Dopo dieci minuti, noi Clovers eravamo a cinque, mentre le Toros
a dieci.
La mia
squadra era stanca, me compresa, infatti non stavamo dando il meglio
di noi.
< Tempo!
> urlò il nostro coach e ci chiamò attorno
a lui < che cosa
vi sta succedendo? >
< Siamo
stanche, coach > risposi a nome di tutte < io,
personalmente,
non riesco a concentrarmi troppo >
< Vuoi
scendere in panchina? >
< No,
preferisco che scenda qualcun altro >
< Se non
è un problema, scenderei io > disse Charlotte.
< No, va
bene > rispose il coach e poi chiamò l'arbitro per il
cambio.
<
Michelle, sei sicura di stare bene? > domandò Sarah
guardandomi
preoccupata.
< No, ma
dobbiamo andare avanti > ribattei, mentre mi toccavo il fianco
<
avanti, Clovers, dobbiamo vincere la partita! > esclamai
tornando
in campo.
Inspiegabilmente
mi ritrovai a fare l'alzatrice, ruolo che odiavo di più al
mondo, ma
nonostante tutto m'impegnai al massimo, così come fecero le
mie
amiche e la partita si concluse a nostro favore.
<
Abbiamo vinto! > urlai iniziando a saltellare e tutte le mie
compagne mi vennero addosso per festeggiare con me.
<
Michelle! > mi chiamò il coach e immediatamente mi
avvicinai a
lui per salutare il capitano della squadra avversaria, il suo coach e
l'arbitro.
Mi
avvicinai al banco dei premi e presi in mano la coppa, ringraziai
tutti e tornai verso le mie amiche.
< Le
Clovers sono le numero uno! > esclamai alzando la coppa al cielo
e
tutte incominciarono ad esultare.
Mi
congratulai anche con il nostro coach, poi mi avvicinai verso Robert
e Jenny.
< Sono
stanchissima > dissi sedendomi accanto a loro.
< Sei
stata strepitosa! > esclamò Jenny abbracciandomi.
< Grazie
> risposi con il fiatone.
< Non mi
sono mai immedesimato tanto in una partita > ammise Robert
prendendomi una mano.
Gli
accarezzai una guancia.
< Sono
contenta. Ho dato il massimo perché oggi c'eri tu >
< Ne è
valsa la pena >
< Già >
risposi sorridendo < sono felice che tu sia qui >
< Lo
sono anche io > ribatté baciandomi una guancia
< ti fa molto
male il fianco? >
<
Abbastanza > ammisi, alzando la maglia e abbassando i pantaloni
della divisa per vedere se si era formato il livido o no.
In quel
momento il coach arrivò.
<
Michelle, vieni con me ci mettiamo una pomata >
< Ma no,
coach, tanto tra poco vado a fare la doccia >
< Sei
sicura? >
< Sì >
risposi, sorridendo.
< Okay >
ribatté e si allontanò < sei stata
veramente brava oggi e
apprezzo lo sforzo che hai fatto >
< A cosa
si riferisce? > domandai, senza capire.
< Sei
rimasta in campo e hai lasciato che si riposasse qualcun'altra,
quando si vedeva benissimo che non ce la facevi più e stavi
male.
Era questo quello che volevo insegnarti all'inizio, dopo averti
nominata capitano >
<
Soffrire in silenzio? >
< No,
sacrificarti per la squadra. Ci vediamo domani, capitano >
Sorrisi.
<
Arrivederci, coach >
Anche
Robert e Jenny lo salutarono, poi appoggiai la testa sulla spalla del
mio ragazzo.
< Jenny
mi ha detto del succhiotto > ridacchiò.
< Non
commentare > dissi scoppiando a ridere.
< Questa
sera posso rapirti per festeggiare la tua vittoria? > chiese,
accarezzandomi il braccio.
<
Veramente pensavamo di andare tutte insieme al Four Seasons a
festeggiare. Jenny, vieni anche tu? > domandai, guardandola
supplichevole.
< Non
posso, questa sera mia sorella mi ha chiesto di badarle la piccola
>
< Sono
invitato anche io anche se Jenny non può, oppure
è un'uscita per
sole donne? >
< Ci
saranno anche i ragazzi delle mie amiche, sei più che
invitato >
risposi sorridendo.
< Va
bene, ci sto >
< E
questa sarebbe la vostra prima uscita di gruppo? >
domandò Jenny.
< Hey,
ora che ci penso, sì! > esclamai guardando Robert
< sei
contento? >
< Andrei
anche in capo al mondo con te > ribatté baciandomi la
guancia.
Sorrisi e
gli strinsi la mano, alzandomi poco dopo.
< Va
bene, ragazzi, ora è meglio che vada a fare la doccia. Sono
puzzolente e sudata da far schifo >
< Ti
aspetto in macchina >
< Okay,
capo > risposi sorridendo.
< Ti
dispiace se torno a casa con la tua macchina? Sai, non vorrei che tu
la lasciassi qui a scuola per tutta la notte… >
chiese Jenny.
< Certo,
inventa un'altra scusa > risposi ridendo < vieni con me a
prendere le chiavi >
Presi per
mano Jenny e salutai Robert, la portai dentro gli spogliatoi e le
diedi le chiavi della macchina, dopodiché mi feci la doccia
e
salutai le altre Clovers, dandoci appuntamento per le nove davanti al
pub.
< Oi,
Michelle! > esclamò Sarah < porterai Robert
stasera? >
< Perché
ti interessa? > domandai socchiudendo gli occhi.
< Così,
per curiosità > ribatté grattandosi la
fronte.
< Sai,
Lie To Me
mi ha insegnato a capire chi è sincero da chi non lo
è. E tu non lo
sei >
< Sì,
ma avrei fatto una figura migliore se te l'avessi chiesto con
indifferenza >
Risi e
scossi la testa.
< Sì,
verremo entrambi. Per favore, non fate niente di stupido >
< Sì,
capo! > ribatté e ci salutammo.
Una volta a
casa Robert mi diede il tempo di cambiarmi e alle sette mi venne a
prendere per cenare insieme e alle nove in punto raggiungemmo i miei
amici.
< Sono
qui fuori? >
< No,
generalmente sono dentro > risposi prendendo la mia carta
d'identità e mostrandola al buttafuori.
<
Lo sai che con questo vestito sei sexy? Forse lo sei un po' troppo
>
< Grazie
> risposi sorridendo e dopo averlo preso per mano, lo trascinai
dentro il pub, raggiungendo i miei amici nel privé.
<
Avete anche il privé? > domandò Robert
sorpreso.
< Il
ragazzo di Sarah è il figlio del proprietario >
< Ah…ora
si spiega tutto >
<
Avanti, forza e coraggio > sussurrai stringendo la mano di
Robert.
< Hai
paura? >
< Un po'
>
< Di
cosa? >
< Che
possano farti passare una serata terribile >
< Sono
sicuro che non sarà così > rispose e mi
precedette col passo,
raggiungendo così le mie amiche.
<
Michelle! > esclamarono Megan e Charlotte, ma sbiancarono non
appena videro il mio accompagnatore.
< Per
favore, non iniziate ad urlare >
< È un
piacere rivedervi, ragazze > disse Robert sorridendo.
< Ciao >
risposero le mie amiche sorridendo nervosamente.
La stessa
reazione la ebbe anche il resto della squadra, reazione che non
piacque molto ai loro ragazzi. All'inizio erano tutti un po' nervosi,
ma poi si sciolse il ghiaccio e ognuno dimenticò di avere
davanti a
sé Robert l'attore: avevano davanti a sé Robert,
un ragazzo
ventitreenne originario di Londra, che stava con la sottoscritta. E a
mezzanotte ci salutammo tutti e ce ne andammo.
< Ti sei
divertito? > domandai mordendomi il labbro.
< Sì,
molto. I tuoi amici sono simpatici > rispose guardandomi e
sorridendo.
< Se
dovessero chiedermi di portarti ancora con me ad un incontro,
verresti? >
< Molto
volentieri >
< Grazie
> risposi sorridendo < Aaron non voleva mai uscire con
loro >
< Aaron
era un'idiota >
< Un
totale idiota > asserii cercando la mano di Robert < sono
contenta di questa uscita, sai? >
< Anche
io. Mi dispiace solamente del contrattempo al ristorante >
<
Robert, piantala. Finirai sempre sui giornali e finché
starò con
te, sarà automatico che ci finisca anche io. Non voglio
però che
questo però crei dei problemi. Voglio stare con te, il resto
non
conta. Di certo non ti lascerò perché i paparazzi
mi rompono le
scatole >
< L'hai
detto, eh! > esclamò ridendo.
Restammo in
silenzio fino a che non arrivammo a casa, ascoltando la musica e
accarezzandoci le mani.
< Sei
davvero sicuro di non voler restare da me questa notte? >
domandai
quando parcheggiò.
< Hai
voglia di svegliarti alle quattro di mattina? >
< Come
non detto! Sogni d'oro > dissi avvicinandomi a lui e appoggiando
le mie labbra sulle sue.
< Sogni
d'oro. Ci vediamo domani quando mi libero >
< Ci
conto > risposi mentre gli accarezzavo una guancia, poi uscii
dalla macchina ed entrai in casa.
Mi spogliai
e mi infilai il pigiama, poi mi sedetti sul divano e guardai un po'
di televisione, fino a che il sonno non prese il sopravvento.
Hello
world!
Come un
orologio svizzero mi trovo a postare il nuovo capitolo e ringrazio il
cielo che sia sabato! La cosa negativa, però, è
che devo passare il
fine settimana a studiarmi tedesco, materia che detesto…FUCK!
Però
(perché sì, c'è un però)
sono contenta, perché sono tornata da
poco dalla FIERA DEL CIOCCOLATO. E non avete la minima idea di quello
che ho visto! Avrò preso 25 chili solo a guardare tutto quel
cioccolato, senza contare i piccoli (più piccoli di
un'unghia -.-)
assaggi che c'erano! E sono tornata in autobus (perché a
casa non ci
sarebbero mai arrivati) con un cioccolatino al latte e al cocco, una
specie di ciocorì (o come si scrive) al cioccolato al latte
e uno al
cioccolato bianco. Peccato che domani sia l'ultimo giorno (e che
debba passarlo a studiare T__T)
Comunque,
sproloqui a parte, devo dire un'altra cosa importantissima: il 22
Dicembre sarò a Milano a vedere la mostra di Salvador
Dalì! Io AMO
i suoi quadri. Se potessi li sposerei e ci farei tanti
quadrettini♥
E nonostante quello che possiate pensare…no, non faccio uso
di
droghe!
Poi oggi
sono particolarmente felice, perché alla mia cara funghetta
Pri sta
per tornare il cellulare da usare per la scheda vodafone, quindi
tornerò a romperle le palle everyday! ♥
Bene, ora
faccio qualche piccolo ringraziamento e poi vi lascio in pace! :D
valentina_black_cullen:
non so cosa dirti, se non GRAZIE♥ Ti adoro per ogni cosa che
mi
dici, mi fai commuovere!
LoryeEmy:
spero di non aver fatto qualche altro errore/orrore di ortografia
questa volta xD A proposito! Ti è arrivata la mia e-mail con
il
contatto di Facebook? Ciccia…non mi ha mai chiamato nessuno
così
(a parte mia nonna xD) Mi suona un po' strano, però non mi
dispiace
xDD
Railen:
Tzé, pervertita ù.ù Splendoreeeeeeee!
I miss you, do you know?♥
Cavolo, che culo che hanno i Mars a farsi il capodanno a Las Vegas!
Oh, appena compirò 21 anni ci andrò anche io!
Sex, drugs and rock
and roll, più il gioco d'azzardo *___* Scherzi a
parte…mancano 25
giorni, lo sai? OMG, I can't wait! Love you so much!
Alla
prossima settimana, se riesco…perché molto
probabilmente sarò
sommersa dallo studio pre-simulazione di terza prova. H.E.L.P.
Giulls
P.S. vanno
calendarizzate (parola inventata dalla sottoscritta, non è
un orrore
ortografico):
-25
al concerto dei Mars a Bologna♥
-39
alla mostra di Dalì a Milano
-42
a Natale (e alle vacanze)
-… al
mio compleanno (a dire il vero non so quanto manchino di giorni xD)
-232
(più o meno) all'esame. Ieeeeeeeeeee! Il giorno in cui mi
lascerò
alle spalle il liceo andrò dalla mia prof di matematica e
gliene
dirò dietro di tutti i colori *___*
Siete
eccitate pure voi, vero? :D
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Capitolo 17 *** Ripensamenti ***
Ripensamenti
Finalmente
un'altra noiosissima giornata di scuola era appena finita! Odiavo i
giorni in cui avevo una possibile interrogazione in tutte le materie,
ma alla fine non venivo mai interrogata. Erano irritanti,
specialmente se il giorno prima mi ritrovavo in casa a studiare come
una matta senza poter uscire.
Entrai in
casa e mi precipitai in camera mia per appoggiare lo zaino sul letto
e mi tolsi la cravatta, tornai al piano di sotto e uscii
richiudendomi la porta d'ingresso alle spalle. Avevo bisogno di
vederlo prima di mettermi a studiare per spagnolo.
Suonai il
campanello e attesi impazientemente che aprisse.
< Rob! >
esclamai saltandogli al collo e baciandolo.
< Hey >
rispose interrompendo il bacio e mi guardò sorpreso.
<
Speravo ti facesse piacere vedermi > dissi mettendo il muso.
<
Infatti è così > ribatté
accarezzandomi una guancia.
<
Bugiardo > sussurrai guardandolo negli occhi < che
cos'hai? >
domandai stizzita e in quel momento sentii uno starnuto provenire da
dentro casa < chi c'è? > domandai con un mix
di irritazione e
paura.
<
Michelle… > mi chiamò sospirando, ma non
gli diedi tempo di
dire altro, perché entrai dentro casa come e trovai Kristen
Stewart
nella sua cucina < stiamo ripetendo le battute di Breaking Dawn.
C'è una scena che non è buona e domani dobbiamo
partire per andare
a girarla ancora un volta > continuò dietro di me.
< Da
quanto lo sai? >
< Una
settimana >
< E
quando pensavi di dirmelo? > chiesi stizzita mentre fissavo lei
e
i copioni.
< Hai
ragione, scusami >
Mi voltai
verso Robert e lo fulminai con lo sguardo, poi rivolsi di nuovo
l'attenzione ai due copioni appoggiati sul tavolo, chiusi.
Davvero mi
aveva preso per una stupida?
< Va
bene, non vi disturbo più. Ci vediamo più tardi?
>
< Certo,
Michelle > rispose mentre si guardava i piedi e si passava le
mani
attorno ai capelli.
Se davvero
pensava che mi fossi bevuta questa scusa era davvero uno stupido. Lui
non si era mai comportato così con me e se si guardava
Kristen si
capiva benissimo che qualcosa non andava: sembrava infastidita,
gelosa, aveva tutte le guance rosse e nonostante non volesse farlo
notare, era leggermente ansante.
Senza
aggiungere o fare altro, girai i tacchi e me ne andai.
Mi chiusi
la porta alle spalle e presi in mano il cellulare.
“Emergenza.”,
scrissi e lo inviai a Walter.
Entrai in
casa e salii in camera mia, mi tolsi la divisa scolastica e indossai
i miei jeans preferiti, una maglietta bianca e mezza manica e una
giacca sopra. Mi legai i capelli e presi dall'armadio un borsone nero
e dentro vi infilai una tuta, una sciarpa, un maglione, la roba per
la doccia e un paio di guanti, poi uscii e corsi dentro la mia
macchina, partendo con una sgommata in direzione dell'Ice Palace, la
pista di pattinaggio più rinomata di Los Angeles, dove
trovai Walter
davanti alla porta.
< Grazie
> dissi accennando un sorriso.
<
Figurati > rispose il mio amico sorridendo < mentre tu ti
sistemi, preparo la pista. Dopo ti dispiace se ti lascio sola? Avrei
un appuntamento con Jenny >
<
Assolutamente no, tranquillo > risposi sorridendo.
< È
tutto okay? >
< Non lo
so, credo che lo scoprirò questa sera…i miei
pattini? >
domandai mentre mi dirigevo verso gli spogliatoi.
< Sono
sempre dentro il camerino dei professori > rispose seguendomi
<
Michelle, sabato mattina potresti sostituire l'assistente di mia
madre? Venerdì sera parte per il matrimonio della sorella e
mia
mamma è rimasta senza assistente. Sono cinquanta dollari
>
<
Accetto, ma non voglio i soldi > dissi sorridendo < vado
a
cambiarmi. Salutami Jenny >
<
Senz'altro. Vuoi lo stereo sulla panchina? >
< Sì,
ti prego >
< Okay.
Ciao, Michelle >
< Ciao,
Walter >
< Hey! >
mi chiamò e mi voltai < qualunque cosa sia
successa…vedrai che
si risolverà >
Sorrisi per
ringraziarlo e poco dopo rimasi sola. Mi infilai la tuta, presi i
miei pattini e il mio porta CD dal mio armadietto e mi diressi verso
la pista di pattinaggio.
< Va
bene, ora scegliamo il CD > sussurrai mentre mi avvicinavo allo
stereo.
Aprii il
mio porta CD e tirai fuori il CD di canzoni miste che Walter mi aveva
fatto e la prima traccia fu Hysteria
dei Muse.
Feci un
respiro profondo e poi incominciai a muovermi, danzando a ritmo della
musica. Il pattinaggio era una delle poche cose che adoravo di
più
al mondo e che riusciva a farmi stare bene.
Mentre
facevo capriole, salti e trottole, canticchiavo tra me e me e in men
che non si dica lasciai da parte tutte le mie preoccupazioni:
c'eravamo solo io e il ghiaccio; un'alchimia perfetta. Il ghiaccio
era l'unica cosa con cui non avrei mai avuto problemi, ne ero sicura.
< Sapevo
di trovarti qui! >
Mi voltai
di scatto e inciampai tra i miei pattini, cadendo rovinosamente per
terra. Mi alzai con non calanche e pattinai fino allo stereo,
spegnendolo pochi istanti prima che finisse Feeling
good.
< Che
cosa ci fai qui? > domandai ansante.
< Ho
provato a chiamarti, ma non mi hai risposto e ho pensato che fossi
qui. Generalmente ci vieni quando… >
< Sono
arrabbiata >
< Stavo
per dire pensierosa, a dire la verità. Sei arrabbiata con
me? >
<
Ovviamente > risposi mentre mi sedevo su una panchina accanto a
lui.
<
Perché? > chiese prendendo le mie mani tra le sue, ma
le tolsi
all'istante.
< Mi
ritieni una stupida? Mi hai mentito > ribattei secca.
Sgranò gli
occhi.
<
M…mentito? > balbettò.
< Sì.
Quando sono arrivata io, tu e Kristen non stavate provando le
battute. Il copione era chiuso, tu eri imbarazzato, Kristen aveva le
guance rosse e ansimava! Vi siete baciati? >
< Io…
>
< Sì o
no > risposi fredda e lo guardai negli occhi.
< Sì >
mi confessò con lo sguardo basso.
<
Perfetto, mi spiace avervi interrotti > dissi acida e mi
allontanai da lui.
< No,
aspetta, ti prego > ribatté afferrandomi per un polso.
< No che
non aspetto! > urlai strattonando il braccio perché
mi lasciasse.
Ma non lo
fece. Anzi, aumentò la presa e mi avvicinò a
sé.
< Ti
prego, ti imploro, ascoltami >
< No >
<
Mitchie, ti prego >
< Non
chiamarmi Mitchie! > urlai spazientita e mi dimenai, ma Robert
non
aveva intenzione di mollare la presa < Robert, lasciami
immediatamente >
Mi feci
indietro e inciampai col pattino e facendo cadere entrambi per terra.
Lui era sopra di me e mi sussurrava all'orecchio che andava tutto
bene, mentre con le mani mi toccava il corpo. Serrai gli occhi e
strinsi i pugni fino a farmi uscire il sangue.
All'improvviso
sentii un eco lontano e qualcosa colpirmi la faccia ripetutamente.
<
Michelle? Michelle? Rispondimi, ti prego >
Aprii gli
occhi e trovai il viso di Robert a pochi centimetri dal mio.
< Cosa
diavolo…? >
< Ti ho
chiamata, ma ti sei spaventata e sei caduta, sbattendo la testa. Stai
bene? >
< Quindi
io e te non abbiamo parlato ora? >
< No >
< E non
hai nemmeno tentato di violentarmi? >
< Non
essere ridicola. Sai bene che non potrei mai farti una cosa del
genere > ribatté duro mentre mi aiutava ad alzarmi
dal ghiaccio.
< E tu e
Kristen vi siete baciati? >
La mia
domanda lo lasciò spiazzato. Mi guardò negli
occhi e mi fece cenno
di seguirlo sulle panchine.
< Sì e
no. So che non mi crederai mai, ma è stata lei a farsi
avanti. Mi si
è buttata al collo e sì, l'ho respinta, ma non
subito >
<
Perché? >
<
Michelle… > sussurrò avvicinando una mano
alla mia guancia, ma
mi scansai < Kristen è venuta da me per parlarmi.
All'inizio
credevo che volesse provare, ma poi ho capito tutto. Ha detto che
è
ancora innamorata di me. Ha detto di averci provato a dimenticarmi,
ma non ce l'ha fatta e mi ha pregato di tornare con lei…
>
< E tu?
> domandai alzando la voce di un'ottava < Kristen per te
è
stata solo una con cui hai fatto sesso, no? >
< Non è
così semplice. Da quando mi sono innamorato di te ho sempre
pensato
a Kristen come a qualcuno con cui fare sesso, ma…vedi, prima
di
conoscerti io ero innamorato di lei. Lo sono stato per parecchi mesi
ed ora… >
< Sei
confuso > sussurrai mentre mi guardavo i pattini.
< Sì >
ammise stringendomi la mano, ma non risposi al gesto.
< E
andandotene a Vancouver riuscirai a schiarirti le idee? >
< Forse
>
< Però
ci sarà anche lei >
< Sì >
< E
quindi cosa pensi di fare? >
< Ho
bisogno di un po' di tempo per riflettere >
< Ma
certo, ed io dovrei stare ai tuoi comodi? >
< Ti
prego, non fare così. È già abbastanza
difficile per me. Non
rendermi tutto peggiore >
< E
secondo te per me non è difficile? > sbottai,
alzandomi in piedi
< secondo te sentirmi venire a dire che non sai se ami me o lei
dovrebbe farmi saltare di gioia? Mi hai forse preso per un
giocattolo, Robert? >
Si passò
una mano nei capelli e mi guardò con due occhi tristi.
< Io ti
amo, lo sai che ti amo. Ma non so se amo anche Kristen o meno. Ti sto
solo chiedendo di cercare di capirmi >
< Mi
dispiace, ma io non sono portata per la poligamia > gli dissi
tornando a sedere accanto a lui < ti posso chiederti un favore?
>
< Tutto
quello che vuoi >
< Non
appena hai preso la tua decisione…ti
supplico…dimmelo subito. Non
voglio aspettare il tuo ritorno speranzosa per poi trovarti accanto a
lei >
< Va
bene > rispose con un sussurro.
Sospirai e
poi lo guardai di nuovo negli occhi.
< A che
ora partirai? >
< Alle
dieci di mattina >
< Okay >
risposi mentre mi toglievo i pattini < buon viaggio >
< Non ti
va di mangiare qualcosa insieme? >
< Mi è
passato l'appetito. E in ogni caso non mangerei di sicuro con te dopo
quello che mi hai appena detto > risposi fredda mentre mi
allontanavo.
<
Michelle! > mi chiamò e mi voltai con lentezza
< mi dispiace >
< Non
scusarti > risposi accennando un falsissimo sorriso < al
cuor
non si comanda >
< Non
rendere tutto così difficile… >
< Ci
sentiamo > ribattei indifferente.
< Ti
chiamo quando atterro >
< Non
sei costretto >
< Voglio
farlo >
< Come
ti pare > ribattei allontanandomi.
<
Mitchie > mi chiamò ancora e mi afferrò
per un polso < non
essere arrabbiata con me >
< Non
puoi chiedermelo > gli risposi con voce rotta.
Non volevo
piangere, avevo tentato di tutto per non farlo. Eppure era quello che
stavo facendo. E lui, approfittandosi di quel momento di debolezza,
mi prese tra le sue braccia e mi strinse a sé. Singhiozzavo
come
un'ossessa, avevo gli occhi completamente annebbiati dalle lacrime e
le dita avevano afferrato saldamente la sua felpa. Ero così
tanto
sconvolta che nemmeno la sua mano che mi accarezzava la schiena
riusciva a calmarmi.
< Credo
che sia meglio che me ne vada > disse dopo interminabili minuti.
< Sì, è
la cosa migliore > asserii, ma le mie dita si strinsero ancora
di
più sulla sua felpa.
Mi prese il
volto tra le mani e mi baciò, ma l'unica sensazione che
stavo
percependo era totale tristezza mista a disperazione. Una volta che
le nostre labbra si furono allontanate uscì dalla palestra
senza
dire una singola parola e solo quando rimasi sola mi accasciai al
suolo e mi sfogai una seconda volta.
Mi ripresi
dopo chissà quanto, ma comunque fuori stava tramontando.
Tirai su
un'ultima volta col naso, mi tolsi i pattini e poi camminai fino allo
spogliatoio, dove riposi i pattini, mi spogliai e mi feci una doccia
gelida. A dire la verità le odiavo, ma in quel momento
preferivo
beccarmi un'ipotermia piuttosto che bruciarmi la pelle.
Una volta
uscita dalla doccia mi vestii, mi asciugai i capelli e presi dalla
cassetta del pronto soccorso un sacchetto con il ghiaccio. Sul punto
dove avevo dato la botta, ahimè, si stava formando un bel
bernoccolo
e mi faceva un male cane quando lo toccavo.
Ero seduta
sulla panchina accanto a quello che da bambina era stato il mio
armadietto per quasi sette anni, avevo la mano col ghiaccio premuta
sul mio bernoccolo e fissavo il vuoto, che purtroppo era proiettato
sui due gabinetti bianchi, ben visibili a causa delle porte aperte. E
i miei pensieri erano due e mi si alternavano nella mente: il primo
era che tra meno di dodici ore avrei avuto un test di grammatica
spagnola e non avevo ancora aperto libro. E il secondo era che avevo
una voglia matta di comprare un lanciafiamme e puntarlo su quella
guasta-relazione della Stewart. Com'era possibile che non l'avesse
mai cagato quando io non ero ancora entrata nella sua vita e poi
puff, praticamente gli dice che è l'amore della sua vita?
Quale
altro aggettivo potevo attribuirle oltre a stronza e troia? E dire
che all'inizio non la consideravo nemmeno. Ora, invece, la detestavo.
Perché se fosse stata al mio posto io non avrei mai fatto
una cosa
del genere. Io sarei sempre stata nell'ombra e avrei dato tutta la
mia amicizia disponibile a Robert. E poi io non gli avevo mai chiesto
di innamorarsi di me, era successo e basta. E allora perché
lei
doveva mettersi in mezzo? Perché non poteva tornare tra le
braccia
di quel Michael Angarano? Perché diavolo si erano lasciati?
Oh, sì,
il lanciafiamme l'avrei puntato molto volentieri anche su di lui.
E dopo aver
emesso un ennesimo sospiro mi alzai e buttai il sacchetto con il
ghiaccio nel bidone, facendo un canestro micidiale. Ma ovviamente
quando ti capitano questi tiri una volta in tutta la tua vita non
c'è
mai nessuno a guardare. Stupida legge di Murphy.
Prima di
entrare in macchina buttai il borsone sul lato del passeggero e una
volta dentro misi in moto l'automobile. Accesi la radio, che mi tenne
compagnia fino a che non arrivai a casa. E l'ultima canzone che mi
ritrovai ad ascoltare fu Mr.
Brightside
dei The Killers.
Ecco un'altra band che adoravo. Avevo visto un solo loro concerto,
oltretutto mi ci aveva portato Aaron per uno dei nostri primi
appuntamenti. Ma da quanto non sentivo una loro canzone!
< It
started out with one kiss. How did it end up like this? It was only a
kiss, it was only a kiss > cantò la radio e la
guardai con due
occhi a palla. Fino a che non scoppiai a ridere.
< Se
fosse stato solo un bacio non mi avrebbe praticamente scaricata, non
ti pare? > chiesi alla radio sarcasticamente. Dio, come odiavo
quella situazione.
Entrai in
casa e mi incamminai fino al bagno al piano di sopra, misi da lavare
i panni che avevo usato per andare sul ghiaccio e poi andai in
camera. Ero stanchissima, avevo un mal di testa atroce e il letto mi
reclamava a gran voce. Oltretutto il mio umore non era dei migliori e
studiare era l'ultima cosa che volevo mettermi a fare.
< Oh, al
diavolo lo studio! > sbottai e mi buttai sul letto.
Il mio
malumore cominciò da quella sera e andò ad
oltranza. Ero talmente
girata male che tutti mi stavano alla larga e nessuno mi rivolgeva la
parola, professori inclusi!
Per non
parlare del test di spagnolo, l'avevo consegnato praticamente in
bianco. Non che comunque mi fregasse molto della scuola. Avevo altre
rogne per la testa e la scuola era passata in ultimo piano.
Tutti mi
stavano alla larga, anche le Clovers; specialmente perché
avevo
smesso di andare all'allenamento. Solo una persona non mi voleva dare
tregua, Jenny.
E infatti
quella mattina a trigonometria si sedette vicino a me e mi
lanciò
un'occhiata assassina.
Pochi
minuti dopo il professore cominciò a spiegare la parabola e
mi finsi
interessata, giusto per non chiacchierare.
< Basta,
non ce la faccio più a vederti così! >
sussurrò Jenny accanto a
me visibilmente irritata < mi dici che cosa diavolo hai fatto?
>
Sorrisi
amaramente e sul banco feci un disegno di un triangolo, scrivendo nei
vertici della base il mio nome e quello di Kristen, mentre
nell'ultimo vertice scrissi il nome di Robert.
<
Spiegati meglio > sussurrò.
<
Kristen è tornata da Robert. Ancora una volta. Dice che ci
ha
provato, ma che non ce la fa e vuole stare con lui… >
< Da
quanto lo sai? >
< Da
quando ho cominciato a ringhiare contro tutto e tutti >
< E lui?
>
< È
confuso > risposi e il mio tentativo di apparire indifferente
fallì, tant'è vero che le risposi con voce rotta.
<
Qualche problema, signorine? > domandò il professore
richiamandoci.
<
Michelle non sta molto bene, posso accompagnarla in infermeria? >
< Che
cosa ti senti, signorina Waldorf? >
< Ho una
gran nausea > mentii mentre mi portavo le mani all'altezza dello
stomaco. Di certo la parabola mi avrebbe perdonata un giorno o l'altro
per questa mia bugia.
< Va
bene, andate > rispose il professore mentre tornava vicino alla
lavagna.
Jenny mi
trascinò fuori dalla classe, poi mi fece camminare fino alla
quercia
che stava nel giardino della scuola.
< E ora?
> domandò dopo che ci sedemmo.
< Non lo
so. In ogni caso ora è a Vancouver per girare ancora una
scena di
Breaking Dawn… >
< E lei
è lì con lui >
<
Ovviamente. Non so che cosa fare. Non voglio perderlo, ma non voglio
nemmeno costringerlo a stare con me >
< Certo
che dopo quello che ha fatto per te…come fa solamente a
pensare di
essere confuso? Non aveva detto che con la Stewart era solo sesso?
>
< Sì,
l'aveva detto >
< La
odio! > esclamò Jenny e scoppiai a ridere.
< Ma se
fino a poco tempo fa ti piaceva! >
< Non mi
piace chi fa star male la mia migliore amica >
< Grazie
> sussurrai abbracciandola.
< Che
cosa vogliamo fare? >
< Cosa
intendi? >
< Che
ore hai? >
<
Spagnolo e chimica >
< Puoi
saltarle? >
< Sì >
< Va
bene, vieni >
< Dove
mi porti? > domandai con un sorrisetto.
< Non lo
so, ma so che saltiamo le ultime ore di scuola >
< Tu che
vuoi saltare le ultime ore di scuola? Ma stai bene? >
< Mai
stata meglio > rispose sorridendo < ma se la mia migliore
amica
non è felice, allora non lo sono neanche io. E sai cosa
succede
quando non siamo felici? >
<
Shopping compulsivo con la carta di credito di Bianca, ci mangiamo
una mega banana split al centro commerciale e ci guardiamo La
Maledizione della Prima Luna >
< Yes,
baby! >
Lo sguardo
mi si illuminò come non mai e le sorrisi grata.
Uscimmo
furtivamente da scuola, salimmo sulla mia macchina e poi ci dirigemmo
verso il centro commerciale, dove mangiammo una gigantesca banana
split, noleggiammo per la cinquecentesima volta il film e facemmo
shopping compulsivo.
<
Andiamo a vedere il film da te? > proposi mentre accendevo la
macchina < non ho voglia di stare a casa mia >
< Ma
certo > rispose sorridendo.
Guidai fino
a casa sua, lasciai il mio zaino in macchina e poi entrai a vedere il
film.
Restai da
Jenny fino a sera inoltrata e poi rientrai a casa. Quando parcheggiai
guardai verso la casa di Robert e mi venne male nel vedere tutto
spento.
Presi la
borsa dal sedile, i miei acquisti e poi entrai in casa, dirigendomi
direttamente in camera. Una volta dentro, presi il telefono dalla
borsa e guardai il display, notando che c'erano tre messaggi nella
segreteria telefonica, ed erano tutti di Robert: “Sono
atterrato, ora sto andando in albergo. A dir la verità mi
aspettavo
che mi mandassi un messaggio. Dove sei? Chiamami”,
“Sono
nella mia stanza, fatti
viva appena senti questo messaggio”,
“Mitchie,
ti prego, non
riservarmi questo mutismo, rispondimi. Voglio parlarti, ho bisogno di
sentire la tua voce. Mi manchi”
< Perché
mi fai questo? > domandai mentre cercavo il suo numero in
rubrica
per chiamarlo, ma lui mi precedette < hey > dissi dopo
aver
accettato la telefonata.
< Dove
sei stata? > domandò arrabbiato.
< Ero da
Jenny e avevo lasciato il telefono in macchina > risposi
brevemente.
<
Ma…stai bene? Ero preoccupato >
< Sto…
> mi interruppi < bene. Sto alla grande > mentii
< tu,
invece? >
< Sono
stanco >
< Hai
già finito con le riprese? >
< Per
ora >
< E fino
a quando resterai via? >
< Dovrei
tornare tra due settimane >
< Oh,
così tanto? >
< Già >
rispose sbadigliando.
< Vai a
dormire, sei stanco morto >
< Ci
sentiamo domani? >
< Non
credo sia una buona idea > risposi mentre chiudevo gli occhi.
<
Cosa?!? Perché?!?!? > domandò alterato.
<
Robert, io ti amo, e…tutto questo mi fa stare male. Non ce
la
faccio, cerca di capirmi… >
< Ma…
>
< Ti
prego, no >
< Io ho
bisogno di te >
< Se tu
avessi bisogno di me come dici, non ci troveremmo in questa
situazione > riposi arrabbiata.
< Non
avercela con me, ti prego >
< Ora
vado a dormire, sono stanca > tagliai corto.
< Va
bene, buonanotte >
<
Buonanotte. Robert? >
< Sì? >
< Io…
>. Mi bloccai, immaginando che dirgli che lo amavo non avrebbe
giovato molto a tutto quel casino < buone riprese >
< Ti amo
anche io > rispose sghignazzando e mi trovai a ridere con lui
<
a domani e buona scuola >
< Lo
dici solo perché domani ho il compito di trigonometria
>
< Lo so,
sono perfido >
Ridemmo
ancora una volta, poi ci salutammo e terminammo la conversazione.
< Spero
che questa situazione finisca presto. Ti amo, ma non potrò
aspettarti in eterno e questo lo sai > sussurrai mentre
appoggiavo
il telefono sul letto.
Andai in
bagno a lavarmi i denti e a mettere il pigiama e quando tornai presi
in mano il cellulare per spegnerlo vidi che era arrivato un
messaggio.
“Qualunque
decisione io prenda, sappi che sei stata importante per me. So anche
che non mi aspetterai in eterno, ma ti prego di aspettare almeno fino
al mio ritorno. In ogni caso, ti amo, davvero. Rob”
Cof, cof.
Cof, cof.
Scusate,
sono a casa con un mal di gola allucinante e ieri avevo pure la
febbre. Ma guarda te -.-
Relativamente
al capitolo…boh, non so cosa dire. Mi piace farli litigare,
le loro
liti mi riescono sempre bene! Ma seriamente…per chi ha
seguito Un
amore londinese,
se non
l'avesse capito questa storia è un po' diversa. Nel senso
che mi
troverò a farli litigare parecchio. Ma…don't
worry :)
Passo
subito ai ringraziamenti senza dilungarmi oltre perché ho
una camera
in uno stato pietoso che stavo finendo di sistemare xD
Sweet_Charlie:
e io amo il fatto che tu mi scrivi tutte queste belle parole. Grazie
*__* Davvero, sei troppo carina! Mi godrò il concerto anche
per te,
ma la prossima volta ci andiamo insieme, okay? ;)
valentina_black_cullen:
d'ora in poi ti dirò sempre quando posto xD Spero ti piaccia
anche
questo capitolo *__* Anche a te piace Dalì? :)
Rosaly:
ciao!! :) Sono contenta che ti piaccia la storia, ti ringrazio!!
Spero che questo capitolo non ti abbia deluso ^^
privi93:
eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeh! Sei tornata!
♥♥ Ma…chi
ti dice che tu sia la mia sicula preferita, eh? *si gratta la testa e
sporge il labbro inferiore* Prii, I miss you. Però pretendo
di
incontrare (o almeno sentire) la mia sicula preferita al più
presto,
quindi…VAI A MINACCIARE I TIPI DELLA TIM! *risata diabolica*
Railen:
la mia competitiva preferita♥ (Mitchie, ovviamente, non tu
ù.ù) ←
Aaaaaah, eresia! Splendore, tra poco più di due settimane ci
vediamo, ma ti rendi conto?? A proposito di Elis (xD) e
Rob…QUANDO
DIAVOLO PENSI DI POSTARE, EH? Ma guarda te questa
ù.ù Ci sentiamo
per messaggi♥ You don't know how much I love you.
Ci sentiamo
presto!
(fatemi gli
auguri, venerdì ho la simulazione di terza prova T__T)
Giulls
|
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Capitolo 18 *** La mia Gala ***
Lo ammetto, volevo mettere un
altro
capitolo prima. Poi però ho realizzato che vi avevo fatto
aspettare troppo. Buona lettura, ci vediamo infondo alla pagina ;)
La
mia Gala
Stavo da
schifo, sul serio. Robert sembrava fosse partito da due mesi
piuttosto che due settimane con quella là e mi mancava
terribilmente. Aveva promesso di farsi vivo e stava mantenendo la sua
promessa, solo che io mi rifiutavo di rispondere alle sue chiamate:
avevo troppa paura che avesse deciso di stare con Kristen. Gli avevo
detto che se avesse preso una decisione l'avrei voluto sapere, ma ad
un certo punto mi ero autoconvinta che era meglio vivere nella
menzogna fino alla fine delle riprese. E nonostante non gli
rispondessi, lui ogni giorno continuava a chiamarmi.
Oltretutto
i miei voti a scuola risentivano tantissimo del mio malumore attuale:
avevo letteralmente smesso di studiare e anche di allenarmi con le
Clovers, ero diventata uno stupido robot.
<
Dovresti chiamarlo > mi disse Jenny ridestandomi dai miei
pensieri, mentre il professore di spagnolo ci stava riconsegnando i
compiti.
< A che
scopo? Se al telefono dovesse dirmi che ha preferito Kristen a me,
io… >
< Non
puoi nemmeno struggerti così! > ribatté
alterata,
mostrandomi il voto del mio compito < è la seconda F
che
prendi nel giro di due giorni, bisogna che tu reagisca >
< Da
quando in qua controlli la mia media? > domandai con
acidità:
non volevo prendermela con Jenny, ma non avevo bisogno di una balia.
< Da
quando ti stai lasciando andare > rispose con un sussurro mentre
il professore stava passando vicino a noi.
< Non mi
importano i voti >
< E non
ti importa nemmeno di non essere ammessa all'esame? Non ti importa di
perdere un altro anno di scuola >
L'esame,
l'ultimo stadio prima di lasciarmi alle spalle il liceo e tutto
ciò
che lo riguardava. Davvero non mi importava trascorrere un altro anno
lì dentro?
< Certo
che mi importa >
< E
allora vedi di impegnarti di più >
continuò dopo che
suonò la campanella < ho biologia ora, ci vediamo a
pranzo
>
Le sorrisi
e rimisi con lentezza il libro di spagnolo nella mia borsa, mi alzai
dal banco, riconsegnai il compito al professore e uscii dalla classe.
<
Michelle? > mi richiamò Rodriguez < puoi
fermati qui?
Non ho lezione e ho bisogno di parlarti >
< A dire
il vero avrei storia e non posso fare tardi > risposi mentendo:
l'ultima cosa che volevo era vedere il suo sguardo deluso e sentire
un'ennesima ramanzina.
Rodriguez
si passò una mano sotto il mento coperto da un accenno di
barba e sospirò.
< Ti
farò una giustificazione, voglio parlare con te >
continuò
rimettendosi a sedere sulla sua sedia e, sospirando, rientrai in
classe, chiusi la porta e mi appoggiai nel banco difronte alla
cattedra < mi spieghi che cosa ti è successo? Sei una
delle
studentesse migliori del mio corso e ora mi fai questo scherzo? Come
me la spieghi questa insufficienza? >
< Vede,
prof…non sto molto bene in questo periodo, ultimamente ho la
salute
cagionevole e non riesco a studiare come si deve, e quindi…
>
<
Davvero pretendi che io creda a questa balla? >
domandò
interrompendomi < avanti, Waldorf, non prendiamoci in giro.
Davvero non ti interessa essere ammessa agli esami finali? Davvero
non ti importa ripetere un altro anno di liceo? >
<
L'altra volta sono stata bocciata per le troppe assenze per motivi di
salute >
< Sì,
lo so, ma io sto parlando di adesso. Vuoi essere bocciata? >
<
Ovviamente no >
< E
allora mi spieghi perché la F di questo compito e in quello
di
biologia, letteratura inglese e la D in chimica? >
<
Prof…non è un bel periodo questo > ammisi
mentre
abbassavo la testa.
Rodriguez
sospirò ancora una volta e si alzò dalla sedia
posizionandosi difronte a me.
< I
periodi brutti sono all'ordine del giorno, ma non per questo bisogna
abbattersi >
< È
difficile concentrarsi nello studio e fingere che vada tutto bene
quando si sta male >
< Stai
parlando con uno che ha tentato il suicidio quando la fidanzata la
mollato due mesi prima del matrimonio >
Alzai la
testa e lo guardai con occhi sgranati.
< Lei? >
domandai sorpresa.
<
Esatto, io. Vedi, ogni persona ha i suoi problemi e i suoi momenti
no. Ma con l'aiuto delle persone che tengono a te riesci ad uscire
dal baratro. Se c'è l'ho fatta io, puoi farcela benissimo
tu.
Non credi? >
Sorrisi
appena e mi passai una mano dietro al collo.
<
Ultimamente non sono più sicura di niente >
< Ti va
di raccontarmi cosa ti è successo? >
< In
poche parole? La persona che amo mi ha detto che non è
sicuro
della nostra storia. Ha detto che mi ama, ma non sa cosa prova per la
tipa di cui era innamorato prima di conoscermi >
Rodriguez
incrociò le braccia al petto e sporse il labbro inferiore.
< Quindi
tu ti stai lasciando andare per una relazione? >
< Non
per essere stronza, ma credo che lei sia l'ultima persona a dover
parlare > ribattei seccata.
< E su
questo non posso che darti ragione. Ma lasciamo almeno dirti
un'ultima cosa: sei giovane, Michelle, e se non funzionerà
con
questo ragazzo, ne incontrerai un altro pronto a farti felice. Ma non
devi assolutamente abbatterti, devi reagire. Tira fuori la grinta che
hai mostrato di avere più volte e sono sicuro che uscirai a
testa alta da questo problema >
Sorrisi e
mi allontanai dal banco.
<
Gracias, prof >
< De
nada >
< Ora mi
farebbe quel permesso? >
< Sì,
certamente >
Rodriguez
tornò dietro la scrivania, prese un foglietto e ci
scribacchiò
sopra la giustificazione prima di consegnarmelo. Dopo avermelo
riconsegnato mi avvicinai alla porta per uscire dalla classe.
< Ah,
prof? >
< Sì?
>
< Non è
che mi annullerebbe il compito e me lo farebbe rifare? >
Mi guardò
fisso per qualche secondo e poi scoppiò a ridere.
< Non
pensarci nemmeno, signorina Waldorf. Anzi, preparati perché
la
prossima volta ti interrogherò >
< Su
questo argomento? >
< No,
sulla letteratura >
< Ma non
è giusto! > piagnucolai.
< La
vita è ingiusta > rispose sorridendo.
Lo guardai
negli occhi e scossi la testa sorridendo.
< Lei è
perfido. Ma è anche il migliore prof di questa scuola.
Però
è perfido! >
< Soavi
parole per le mie orecchie! E ora vada, signorina Waldorf, non vorrei
che il professor Simpson se la prenda più del dovuto >
< Certo,
e…la ringrazio >
< Non
ringraziarmi, è stato un piacere. Ma ti prego, non dire in
giro quello che ti ho confessato >
< Il suo
segreto è al sicuro con me. Arrivederci >
Uscii dalla
sua classe più serena di prima e pochi secondi dopo mi
scontrai con miss Olivia. Okay, il mio malumore era tornato.
< Ma che
bella sorpresa! Fingi di lamentarti con Rodriguez per saltare
l'interrogazione di storia? > domandò con voce
stridula.
< Ma
tappati quella fogna, Taylor > sbottai dandole una spallata e mi
incamminai verso l'aula di storia.
< Oh, a
proposito! Mi dispiace della tua rottura con Robert >
Mi
immobilizzai di colpo e le prestai attenzione.
< Prego?
>
Olivia
sorrise e si avvicinò a me, prendendo dalla sua borsa dei
fogli. Li presi in mano e vidi che erano tre scatti appartenenti al
sito Celebuz.com, che ritraevano Robert e Kristen
di sera.
Erano tre foto molto chiare: nella prima le mani di Robert erano
appoggiate sui fianchi di Kristen, mentre lei aveva le mani sui suoi
capelli e con la sua poca forza lo aveva attirato verso di
sé
e si stavano baciando, la seconda li ritraeva mentre si stavano
scambiando un abbraccio appassionato, mentre nella terza avevano le
fronti appoggiate e stavano sorridendo. Avevo le prove.
< Oh,
forse non ne eri al corrente! > esclamò recitando e
si
riprese le foto < ci vediamo in giro, Waldorf >
Olivia girò
l'angolo e mi lasciò in mezzo al corridoio, immobile e con
lo
sguardo fisso sulla mia mano ormai vuota, mentre lottavo con tutte le
forze per non scoppiare a piangere.
Mi ripresi
dopo qualche minuto, tirai fuori il cellulare dallo zaino e cominciai
a pigiare con rabbia sui tasti.
“Hai
scelto lei?” gli scrissi con velocità
sovrumana e gli
spedii il messaggio.
In quel
momento suonò la campanella e il corridoio si
riempì di
studenti.
< Hey,
tutto okay? > domandò Jenny avvicinandosi.
Non le
risposi e presi a camminare verso la palestra. Avevo deciso che dopo
due settimane mi sarei allenata di nuovo con le Clovers.
< Ciao,
capo! > esclamò Sarah sorridendo < allora sei
ancora
viva! >
< Mi
vedi camminare e respirare, no? > ribattei sgarbatamente
<
scusa, Sarah. Ho problemi con Robert e di certo l'ultima cosa che
devo fare è essere sgarbata con te >
< Ti va
di parlarne? Io sono brava ad ascoltare >
< No,
scusa > risposi mentre mi infilavo la divisa della squadra.
< Okay,
se ti va di parlarne io sono qui >
Mi sorrise
e dopo aver preso la bottiglietta d'acqua si avvicinò alla
porta.
< Sarah,
aspetta! > esclamai < sì, voglio parlarne
>
Tornò
indietro e si sedette accanto a me.
< Ti
ascolto > disse sorridendomi.
<
Kristen Stewart è tornata alla carica. Ha detto a Robert che
lo ama e che vuole stare con lui. E lui ora è confuso
>
<
Confuso? > domandò sgranando gli occhi.
< Sì
>
< Ma
come è possibile? Lui stravede per te! Dovevi vedere come ti
guardava quando siamo usciti dopo la partita con le Toros: era come
se ti avesse visto per la prima volta, non ti toglieva gli occhi di
dosso >
< Beh
ora, a quanto pare, è cambiato tutto >
< Non
necessariamente. Da quello che mi hai detto tu, con Kristen era solo
sesso. Ora lui è confuso, perché aveva aspettato
tanto
per sentirsi dire quelle parole e adesso le ha finalmente ottenute.
Ma fidati, non preferirà mai Kristen a te. Sarebbe da pazzi
farlo! >
<
Perché? Kristen è una sua collega, è
molto meno
timida di me… >
<
Sciocchezze, lo sai anche tu > ribatté la mia amica.
< Io lo
amo, davvero. Ed è per questo che ho paura. Lui mi cerca
tutti
i giorni, ma io non gli rispondo. E Olivia mi ha mostrato delle foto
piuttosto intime di loro due >
< Sei
sicura siano attuali? >
< Sì
>
< Vedrai
che c'è una spiegazione. Ora è meglio andare o il
coach
si incazza di brutto >
< Ti
raggiungo subito > risposi mentre mi facevo un'alta coda di
cavallo e poco prima di uscire dallo spogliatoio guardai il
cellulare, ma non c'erano messaggi di risposta.
<
Capitano! > esclamò Megan e immediatamente tutta la
squadra
e il coach si voltarono a guardarmi.
<
Michelle! > esclamarono le ragazze correndo ad abbracciarmi.
< Ma
guarda, il figliol prodigo è tornato! >
esclamò il
coach con sarcasmo < forza, signorine, facciamo dieci giri di
corsa! Megan, parti per prima >
< Certo,
coach >
Megan
cominciò a correre e la seguimmo a ruota. Partii per ultima
e
cercai con lo sguardo il coach, che mi ignorò.
< Più
veloci, ragazze! Sarah, alza quelle ginocchia! >
< Da
quando è diventato così acido? > domandai
ad Emily
una volta che la raggiunsi.
< Da
quando hai smesso di allenarti > rispose lanciandogli
un'occhiata.
<
Signorine, questo è un allenamento o un salottino? Volete
anche dei biscotti? > ci chiese sarcasticamente il coach.
<
Stronzo > borbottai piano, ma Emily mi sentì e rise.
Dopo i
dieci giri ci fece fare vari esercizi con la palla per migliorare la
nostra coordinazione e gli ultimi dieci minuti ci dividemmo per fare
una partita
< Wow,
era da una vita che non facevo una sudata del genere! >
esclamò
Megan due ore dopo mentre stavamo camminando verso lo spogliatoio.
<
Michelle, fermati qui un momento > disse il coach.
< Mi
dica >
< Mi hai
profondamente deluso, devo dirtelo. Non so per quale motivo hai
abbandonato gli allenamenti in queste ultime due settimane e non mi
interessa saperlo. Hai abbandonato la squadra ed è
inaccettabile. Il capitano deve sempre esserle leale. Tu te ne sei
andata senza una parola. Pensi di essere stata corretta? >
< No,
coach > risposi con la testa bassa.
< Non
deve più accadere, sono stato chiaro? >
< Sì,
coach >
<
Michelle, non sto scherzando: un altro passo falso e sei fuori dalla
squadra . E ora togliti dalla mia vista >
Presi la
bottiglietta che avevo lasciato sulla panca e ritornai muta verso lo
spogliatoio: per avermi detto di togliermi dalla sua vista dovevo
averlo fatto davvero incazzare di brutto.
< Cosa
voleva il coach? > domandò Megan.
< Mi ha
detto che se vi lascio ancora una volta senza dire niente mi sbatte
fuori dalla squadra e che è molto deluso dal mio
comportamento
>
< E dire
che sei la sua preferita! > intervenne Emily.
< L'ho
fatto incazzare di brutto. Ma…ragazze, davvero, mi dispiace
avervi
abbandonate. È solo che questo è davvero un
periodo di
merda, ed io non… >
< Non
preoccuparti, non ci devi alcuna spiegazione > mi interruppe
Charlotte abbracciandomi < sei perdonata >
continuò
stringendo l'abbraccio.
Sorrisi e
ricambiai la stretta: odiavo dare spiegazioni, le mie amiche lo
sapevano benissimo e per questo mi rispettavano sempre. Le adoravo.
<
Ragazze, io ora vado. Ci vediamo domani! > esclamò
Vanessa.
< Ci
vediamo domani, Vane > risposi sorridendole e
ricambiò
entusiasta: conoscevo Vanessa e sapevo bene che aveva bisogno di
essere rassicurata, doveva avere la certezza che non le abbandonassi
una seconda volta.
Una volta
rimasta sola mi sedetti sulla panca, tirai fuori l'orologio dal
borsone e guardai il cellulare: sul display non lampeggiava niente di
niente.
< Basta,
sono stufa! Fanculo a Robert, a tutto! > sbottai infilandomi la
tuta una seconda volta e uscii dallo spogliatoio.
Guidai fino
alla spiaggia, parcheggiai la macchina e poi cominciai a correre,
arrabbiata come non mai: avevo il diritto di ricevere una risposta e
lui si stava comportando scorrettamente. Così, mentre il mio
mp3 suonava Jump dei Simple Plan, aumentai la
velocità,
desiderando come non mai di abbandonare tutto e di
dimenticare…e
perché no, magari di saltare anche!
Dopo
qualche chilometro mi accorsi di essere inseguita da un tizio con la
macchina fotografica tra le mani.
< Un
momento, fermati! > esclamò il tipo mentre continuava
a
corrermi dietro.
Fino a
quanto si sarebbe spinto a correre? Valeva la pena farlo sudare un
po' prima di fermarmi? E poi, perché dovevo fermarmi? Che
cosa
voleva lui da me?
Non
accennai a rallentare, ma fui costretta a farlo solo quando entrai
nella spiaggia riservata ai cani e un san bernardo mi tagliò
la strada e, per non travolgerlo, dovetti fermarmi.
< Wow,
certo che sei testarda! > esclamò.
< Chi
sei e cosa diavolo vuoi? > sbottai portando le mani ai fianchi.
< Hey,
rilassati, bambina. Sto soltanto facendo il mio lavoro >
Sgranai gli
occhi e la bocca, allucinata per come mi aveva appena chiamato. Ma
chi diavolo si credeva di essere?
< Vai al
diavolo > risposi dandogli una spallata e ricominciai a correre.
< No, ti
prego! > esclamò il ragazzo ridendo e
ricominciò a
seguirmi.
Corsi per
un'altra ora sperando che si togliesse dalle scatole, ma anche lui
era testardo.
< Mi
dici che cosa vuoi? > domandai quando raggiunsi la mia macchina.
< Voglio
solo farti una domanda > rispose sorridendomi.
< E
perché vuoi farmela? >
< Perché
la gente ha diritto di sapere. Sei ancora la fidanzata di Robert?
>
chiese col fiatone.
< Prego?
> domandai inarcando le sopracciglia.
< Ti
supplico, non farmelo ripetere una seconda volta > rispose e mi
mostrò le stesse foto che mi aveva mostrato Olivia poche ore
prima.
Stavo male
quando me le aveva mostrate lei? Beh, ora stavo addirittura peggio. E
non solo perché avevo davanti il paparazzo che aveva
scattato
quelle foto.
< Credo
che le foto dicano tutto > ribattei appoggiandomi alla macchina.
< E tu
come ti senti a riguardo? >
Mi stava
chiedendo come mi sentissi? Ma che razza di domanda era?
<
L'unica cosa che voglio è la felicità di Robert
>
risposi per la prima volta con il cuore in mano < e se Kristen
lo
fa felice posso solo sperare che vivano una fantastica vita insieme.
E se ora è tutto, vorrei tornarmene a casa > aggiunsi
rientrando in macchina e senza scompormi troppo: dovevo essere forte.
Ingranai la
prima e partii senza indugiare oltre: avevo la radio a volume
altissimo per non ascoltare i miei stessi pensieri; solo quando
parcheggiai la macchina davanti al vialetto di casa vidi i pensieri
che volevo tenere lontani materializzarsi davanti a me: Robert era
davanti alla porta di casa mia e mi stava guardando.
Raccolsi
tutto il sangue freddo che mi era rimasto, presi il borsone dal
sedile posteriore e uscii dalla macchina come se non mi importasse
che lui fosse lì.
< Sei
venuto a dirmi in faccia che è finita? Non preoccuparti, ho
già visto le foto. Olivia e un giornalista me le hanno
gentilmente mostrate. Lasciami dire solo una cosa: mi fai schifo. E
non hai nemmeno mantenuto la promessa > gli sputai in un vomito
di
parole.
Robert mi
guardò con gli occhi fuori dalle orbite per un secondo, poi
mutò la sua espressione da incazzata a strafottente.
< Punto
primo, sei tu quella che non risponde alle mie chiamate. Punto
secondo, ho preso un aereo per Los Angeles non appena ho visto quelle
stupide foto e ho spento il telefonino. Punto terzo, non sono
più
riuscito ad accenderlo perché mi ha abbandonato >
Incrociai
le braccia al petto e lo guardai con gli occhi lucidi.
< Ti
prego, non farmi questo: dimmi che hai scelto di stare con lei e
basta, non ce la faccio più. Non posso sopportare una
pressione come quella di oggi. Non mi va di essere rimproverata dai
professori e umiliata da Olivia e dai paparazzi. Dimmi che vuoi stare
con lei e facciamola finita >
< Sei
così sicura che preferisca lei a te? >
< Ho
visto le foto > risposi con voce tremante.
< È
vero, lo ammetto: Kristen ed io ci siamo baciati. Ma vuoi sapere cosa
le ho detto dopo che lei mi ha detto di amarmi? >
< Certo
> annuii tirando su col naso.
< Le ho
detto che tu sei la mia Gala >
Alzai la
testa e lo guardai senza capire.
< Prego?
>
Rise della
mia risposta e mi prese le mani.
< Al
diavolo Kristen e le altre donne del mondo. Tu per me rappresenti
quello che Gala rappresentava per Dalí. Michelle, non potrei
desiderare una persona migliore per me. Ti amo e mi dispiace per
tutto quello che ti ho fatto passare >
< Mi…mi
devi una spiegazione > dissi accennando un sorriso.
< E
cioè? > domandò avvicinandosi di
più al mio
viso.
< Cosa
vuol dire che sono la tua Gala? >
Sorrise e
posò la fronte sulla mia.
< Devi
sapere che per Dalí Gala era colei che lo aveva salvato
dalla
pazzia e dalla morte prematura. Lui considerava sua moglie come la
perfezione assoluta, tant'è vero che in più opere
la
ritrae con il corpo immacolato: lei era la sua musa. E tu, Michelle,
rappresenti tutto questo per me. Con solo una piccola differenza
>
< E
cioè? >
< Ecco,
tu…sei molto meno libertina >
Risi di
quelle parole e dopo aver abbandonato la borsa a terra, mi fiondai
tra le sue braccia.
< Ti amo
> gli dissi mentre lo stritolavo nell'abbraccio.
< Da
questo posso dedurre che mi hai aspettato? >
< Io…io
ti avrei sempre aspettato > risposi guardandolo intensamente,
sperando che riuscisse a vedere dai miei occhi tutto l'amore che
provavo per lui.
Sorrise e
dopo aver premuto con le dita sul mento posò un bacio sulla
mia fronte e le sue labbra partirono in una piccola scia di baci che
fecero tappa sulle tempie, sul naso, sulle guance, su entrambi i lati
della bocca, fino a terminare sulle mie labbra, baciandomi con
passione. Mi aggrappai al suo collo, sopraffatta da tutte le emozioni
che mi avevano appena attaccata.
< Sono
così contenta che tu sia qui > sussurrai quando
allontanammo le nostre labbra.
< Anche
io, Mitchie, non immagini quanto > rispose posando ancora una
volta le sue labbra sulle mie < vieni da me? >
< Sì
>
Prese il
mio borsone con una mano e se lo mise su una spalla, mentre l'altra
era impegnata a tenere salda la mia. Non appena arrivammo in casa
sua, la prima cosa che mi colpì fu il suo profumo,
impregnato
nelle pareti nonostante nessuno vi mettesse piede da due settimane.
Appoggiò
il borsone per terra, chiuse la porta e infine mi afferrò
per
la vita.
< Dio,
come mi sei mancata > sussurrò mentre mi toglieva la
giacca.
< Sono
passate solo due settimane >
< Sembra
che sia passato un secolo > ribatté tra un bacio e
l'altro.
< Come
ti capisco > risposi mentre gli levavo il giubbotto.
Continuammo
a baciarci imperterriti, ma quando la sua mano toccò la mia
schiena, interruppi il bacio e mi allontanai da lui.
< Ho
fatto qualcosa di sbagliato? > domandò dispiaciuto.
< Ho
corso per non so quanti chilometri, sono sudatissima e puzzo.
Lasciami andare a fare una doccia >
< Non ci
penso nemmeno, sei perfetta così >
< Stai
scherzando? Sono orrenda. Ho davvero bisogno di una doccia >
< Miss
Waldorf, dove va lei, vado anche io >
< E
allora, signor Pattinson, andremo insieme sotto la doccia >
< O
preferisci un bel bagno caldo? Magari con l'idromassaggio >
< Uhm,
sei un diavolo tentatore > ribattei subito prima di
impossessarmi
delle sue labbra.
Mi era
mancato da matti. Mi erano mancati i suoi baci, sentire il suo
respiro caldo sul mio esile corpo, mi mancava l'essere stretta tra le
sue braccia.
< Forza,
vieni con me > mi disse allontanando le nostre labbra con mio
grandissimo disappunto e dopo avermi preso per mano mi portò
al piano di sopra, dove finii di spogliarmi mentre lui apriva il
rubinetto dell'acqua calda e azionava l'idromassaggio.
< Cosa
c'è? > domandai ridacchiando quando lo beccai
fissarmi.
< Sei
sempre più bella >
<
Adulatore >
Accettai la
mano che mi stava offrendo ed entrai nella vasca. Mi stesi e lo
guardai mentre si spogliava: inutile dire che il mio cuore
iniziò
a galoppare quando lo vidi completamente nudo.
< Cosa
c'è? > domandò con un sorrisetto.
< Sei
sempre più bello >
Scosse la
testa sorridendo e mi raggiunse dentro la vasca.
< Mi
dispiace averti fatto star male > mi disse mentre mi baciava il
collo.
< Ti
perdono solo perché sei qui con me > risposi
accarezzandogli una guancia < ah! > gemetti quando
strinse il
mio seno tra le sue mani.
< Questa
è musica per le mie orecchie >
< Scemo!
> esclamai imbarazzata e scoppiò a ridere.
< La mia
pudica ragazza che mi è mancata da matti > riprese
tornando
a baciarmi il collo e facemmo l'amore, consapevoli del fatto che ci
appartenevamo e che nessuno, nemmeno Kristen Stewart, poteva
separarci.
Salve a
tutti! Per prima cosa, buon 2011. Come avete passato capodanno? Vi
siete divertiti?
Volete
sapere la “novità”? Zac e Josh hanno
lasciato i Paramore.
Sono in lutto, sì T__T
Comuuuuunque,
ho deciso di postare perché non volevo lasciarvi con quel
brutto capitolo triste triste. Ora vi abbandono fino all'estate con
questo capitolo, are you happy?
Ora vi
spiego: ho ancora il PC rotto (T_T), ma Mattia, un collega di Mirco,
è riuscito a copiare il mio disco. E anche i capitoli sono
stati salvati, solo che ha salvato quelli più vecchi e non
ci
sono tutte le mie modifiche. E per quanto lo vorrei, non ho tempo di
mettermi a riscrivere il capitolo. Pazientate ancora un pochino,
magari riesco a scrivere il nuovo capitolo durante le vacanze di
Pasqua!
Mi auguro
che il capitolo vi sia piaciuto e spero di farmi viva al più
presto!
valentina_black_cullen:
carissima, lo abbiamo perdonato ora il Bob? :) Come stai? ♥
Sweet_Charlie:
non so perché, ma ho il potere di far odiare le persone con
le
mie storie. Ad esempio, con l'altra storia è partito una
sorta
di attacco per Katie qualcosa, la tipa che ha fatto Cho Chang in
Harry Potter (scusa, non mi ricordo il nome ma mi scoccia cercarlo
ora xD) Quindi spero che andando avanti con i capitoli non finirai
per odiare la Stewart xD Ti è piaciuto il capitolo? Un bacio
;)
Rosaly:
mi spiace averti fatto aspettare così tanto! Contenta della
sua decisione? :) Un bacio!
LoryeEmy:
waaaaaaaaa, hai visto? XD HO AGGIORNATO! Mitico! (Homer's style)
Spero ti sia piaciuto il capitolo cara! ♥
Railen:
il mio splendore splendido ♥♥ Quando mai io ti ho
detto che sei
crudele? XDD Ma
ti rendi conto?
Quella torna tanto per fare qualcosa, solo perchè le manca
un
pene da smanettare, e lui gli sta dietro come un mongolo.
Io ti amo, sappilo! XD E di questo cosa ne pensi? Ti adoro♥
Sognatrice85:
la Stewart è odiosa, punto e basta. Ma per fortuna Bob
preferisce Michelle. E chi non la preferirebbe? XD Ti voglio bene,
tesoro ♥
E per oggi
è tutto!
Un
abbraccio, Giulls
P.S. Siete di Milano o
andate a Milano in un prossimo futuro? Andate a vedere la mostra di
Salvador Dalì, è splendida. Sapere, è
stato Fulvio (mi sembra si chiami così) a dirci che Gala
rappresentava la perfezione per Dalì. E' davvero possibile
amare una persona così tanto anche nella realtà?
(spunta fuori il lato romanticone di Giulls!) Ci ha anche detto che lei
lo cornificava e lui guardava la scenetta, che spesso facevano cose a
tre e che la cara Amanda Lear (o Tapp, se preferite) ha contribuito al
loro divertimento. Questo mi ha scioccata! xD Ma, diciamocelo:
Dalì è un geniaccio, io lo adoro♥
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Capitolo 19 *** Proposta ***
Proposta
<
Buuuuuuuuongiorno Los Angeles! Sono le sette e mezza ed
è qui con
voi Melanie, la vostra dj preferita di Radio Sunshine, l'unica radio
che vi tiene compagnia ventiquattro ore al giorno! >
blaterò
all'improvviso la voce che fuoriusciva dalla radiosveglia di Robert e
mi svegliai di soprassalto.
<
Robert, ti prego, spegni quella maledetta sveglia > borbottai
infilando la testa sotto le coperte mentre sentivo la dj parlare di
Mr Brad Pitt e signora, ma il signorino mugugnò qualcosa di
incomprensibile al genere umano in risposta e si infilò
sotto le
coperte come me, senza spegnerla < Robert, la radiosveglia
>
ripetei nella stessa posizione di prima, ma senza ricevere una sua
risposta.
Sbuffai e
lo guardai: possibile che riuscisse a dormire nonostante il casino
che quella tipa stava facendo? Riemersi da sotto le coperte e
brontolai contro l'infame raggio di luce che mi accecò:
amavo il
sole e i suoi raggi, ma alle sette di mattina, appena sveglia, avrei
scuoiato anche il più tenero degli animali; mi sporsi verso
il
comodino per spegnere quell'aggeggio infernale e
i miei capelli toccarono il petto nudo di Mr Non mi svegliano nemmeno
le cannonate.
< Cosa
stai facendo? > domandò sbadigliando < Mi stai
facendo il
solletico, per caso? > continuò facendo il suo solito
sorriso
sghembo che era causa di tachicardia per molte ragazze. Generalmente
anche il mio cuore faceva le capriole quando mi sorrideva
così, ma
erano sempre le sette di mattina, perciò il suo sorriso mi
irritò
parecchio, specialmente perché mi ero alzata io
al posto suo.
< Ho
spento quell'arnese infernale che tu chiami radiosveglia >
borbottai rimettendomi sotto le coperte e solo quando Robert mi
strinse a sé, facendo appiccicare i nostri corpi, mi diedi
una
regolata e abbandonai il mio malumore < buongiorno >
Sorrise e
mi baciò la fronte con fare fraterno.
<
Buongiorno a te. Come hai dormito? >
< Bene,
direi. Tu? >
< Mi hai
mollato un paio di calci durante la notte >
Mi
stiracchiai e poi incrociai una gamba tra quelle di Robert e posai la
mano destra sul suo torace.
< Mi
stai prendendo in giro? >
<
Affatto > rispose passandosi una mano tra i
capelli < e mi hai fatto anche male >
Risi
e gli baciai la guancia.
<
Mi dispiace, Rob > dissi e nascosi la testa nell'incavo del suo
collo, movimento che gli permise di accarezzarmi e di baciarmi i
capelli.
<
Non preoccuparti >
< Ma
come siamo affettuosi questa mattina > lo stuzzicai guardandolo
negli occhi.
< Ti dà
fastidio? >
<
Affatto > risposi negando con la testa.
< Stavo
pensando ad una cosa >
<
Illuminami, ti prego > replicai prendendolo in giro.
<
Preferisci un giro lungo o breve > domandò mentre mi
accarezzava
il braccio.
Sbadigliai
e mi rannicchiai maggiormente addosso a lui.
< Veloce
e indolore >
< Domani
sera ci sarà una serata di beneficenza per i bambini
dell'ospedale
psichiatrico e dell'orfanotrofio del Saint Claire e mi chiedevo se
volessi accompagnarmi >
<
Sarebbe un onore per me > dissi sorridendogli e portai una mano
sul suo volto, lasciandomi accarezzare il palmo dal suo accenno di
barba.
< Anche
se ci saranno un sacco di giornalisti? >
< Beh,
almeno per una sera verranno scattate delle foto nelle quali non ci
saranno le tue braccia a toccare i miei seni > obiettai
prendendolo in giro: da un mese a questa parte ogni foto che veniva
pubblicata sui giornali scandalistici o sulla rete ritraeva me e
Robert in atteggiamenti piuttosto intimi e la sua mano era sempre su
uno dei miei seni.
< Non è
colpa mia se sono così invitanti > ribatté
spostando i suoi
occhi dal mio viso al mio decolté.
Gli mollai
un piccolo schiaffo e poi mi alzai dal letto.
< Che
cosa stai facendo? > chiese non appena mi infilai la camicia.
Allacciai
tutti i bottoni scuotendo la testa e sorridendo e solo dopo essermi
infilata la gonna indietreggiai fino al letto, mi misi a cavalcioni
sopra di lui e portai le mani dietro il suo collo, afferrandogli i
capelli.
< Si da
il caso che la sottoscritta vada ancora al liceo, quindi…
>
< Quindi
il tuo dovere è fare la diligente studentessa >
rispose
sorridendo e mi afferrò per la vita, stringendomi a lui
< ma non
puoi saltare la scuola per oggi? > chiese mentre le sue labbra
toccavano il mio collo < Sai, stavo pensando che potremmo farci
un
giretto da qualche parte, solo noi due… >
Portai una
mano sui suoi capelli e lo spinsi ancora di più verso il mio
collo,
finché ad un certo punto mi ritrassi e mi avvicinai allo
specchio.
< E se
perdessi di nuovo un altro anno di scuola? > chiesi mentre
annodavo la cravatta.
< Non
penso che per un giorno tu possa perdere un anno >
< Sì,
invece, se vuoi farmi stare a casa il giorno in cui devo essere
interrogata in chimica e in spagnolo. Sai, devo recuperare una F e
una D oggi >
< Che
ragazza diligente che mi sono trovato >
< Guarda
che è tutta colpa tua > risposi indicandolo <
se non mi avessi
fatto cadere nel baratro più profondo a quest'ora ti
starei trascinando con me alla fiera del cioccolato. Ci vediamo
questa sera > risposi avvicinandomi e lo baciai sulle labbra.
< Non
vieni dopo la scuola? > chiese tenendomi per le mani.
< Devo
scegliere un vestito per domani sera, dovrò essere perfetta
>
< Sii te
stessa > ribatté guardandomi e si alzò dal
letto per
raggiungermi < e sarai… >
<
Perfetta? > chiesi sorridendo.
<
Accettabile > rispose con un sorrisetto.
<
Accettabile > ripetei facendogli il versaccio < ci si
vede >
< Mi
racconterai come mai hai perso un anno di liceo questa sera? >
domandò poco prima che lasciassi la sua camera.
<
Spiacente, è un segreto >
Gli feci
l'occhiolino e corsi in casa per prendere il libro di storia, per
lavarmi i denti e spazzolarmi i capelli, poi, come sempre, sfrecciai
verso casa di Jenny in mega ritardo.
< Sei in
ritardo > mi rimproverò Jenny quando arrivai sotto
casa sua.
< Questa
volta è stato per colpa di Robert, te lo giuro >
risposi
mentre accendevo l'aria condizionata < buongiorno,
signora
Williams! > esclamai salutando la madre di Jenny.
< Ciao,
Michelle! > rispose sorridendo.
Misi la
retromarcia, mi feci un po' indietro e dopo aver ingranato la prima
partii verso la scuola.
< Oggi
me ne sarei stata volentieri a casa > confessò Jenny
mentre si
accasciava sul sedile.
< Oggi
sarei andata volentieri alla fiera del cioccolato > ribattei
mentre indossavo gli occhiali da sole.
< E
perché non ci sei andata? >
< Perché
oggi Rodriguez e Benson vogliono interrogarmi per recuperare le
insufficienze >
< Vedi
di andare bene, voglio che tu ti diplomi >
< Siamo
in due a volerlo >
Parcheggiai
al solito posto ed uscimmo dalla macchina, mentre attorno a noi il
frastuono di millecento studenti interrompeva il silenzio che si era
creato per gli ultimi due minuti di tragitto.
< Ci
vediamo a pranzo >
Annuii con
la testa e corsi verso l'aula settantasei, dove mi attendeva la prima
interrogazione della giornata: spagnolo. Mi sporsi verso l'aula e
vidi che non c'era ancora nessuno, così sospirai e ripresi
fiato.
< Miss
Waldorf, vuole entrare o ha intenzione di rimanere lì
impalata
ancora per molto? >
Mi voltai e
mi trovai a pochi centimetri da Rodriguez, che mi guardava
sorridendo.
< Se
resto qui fuori scamperò all'interrogazione? >
< Non
direi. Posso sempre tenere la porta aperta e interrogarti qui fuori
>
< In tal
caso non ha senso restare in piedi >
< Sei
preparata? > domandò gentilmente mentre posava il suo
zaino sulla
cattedra.
< Sì,
ieri pomeriggio ho studiato un sacco. Ma sono un po' in ansia lo
stesso >
< Sei in
ansia per un'interrogazione di spagnolo? > chiese ridendo
< tu,
che mi prendi A+ in ogni test, sei preoccupata per una misera
interrogazione? >
< Beh,
l'ultimo voto non era una A+ > dissi mentre guardavo dalla porta
gli studenti attraversare i corridoi.
< Ma
l'ultima volta non hai studiato >
< Allora
diciamo che ogni tanto qualche scivolone ci vuole >
< Se ti
piace pensarla così… > disse sorridendo.
Gli lanciai
un'occhiataccia quando non mi guardò più negli
occhi. Era il mio
insegnante preferito, ma odiavo il suo riuscire a farmi sentire in
colpa tutte le volte. Insomma, come cavolo faceva?
< Forza,
ragazzi, affrettatevi a prendere posto > disse Rodriguez mentre
guardava i soliti ritardatari entrare in classe < oggi mi sento
molto magnanimo, quindi vi farò vedere un filmato. Ma prima
voglio
sentire miss Waldorf. Michelle, vuoi partire da qualche argomento?
>
< No,
prof, faccia lei > risposi appoggiando i gomiti al banco e Emily
appoggiò la mano sulla gamba per infondermi coraggio.
< Vale.
Michelle, ¿qué puedes decirme sobre las
vanguardias? > domandò
appoggiandosi sulla cattedra con le braccia conserte mentre mi
fissava e aspettava che partissi.
Pensai per
qualche secondo a come formulare la risposta, dopodiché
partii a
macchinetta a parlare. Risultato: dieci minuti dopo aveva smesso di
farmi domande e mi aveva dato A+. Il tempo sembrò volare,
durante
l'interrogazione, cosa che, purtroppo, non accadde durante l'ora di
storia: il professor Simpson, che a dir la verità
assomigliava a
Weilon Smithers, aveva chiamato Agatha e Ivan alla lavagna per
interrogarli sulla Seconda guerra mondiale e stavano facendo una
pessima figura; proprio per questo li interrogò per tutta
l'ora,
mentre io mi ero appoggiata sul braccio di Megan e stavo facendo di
tutto per non addormentarmi.
<
Signorina Waldorf, ha per caso sonno? Vuole per caso venire anche lei
interrogata, così si sveglia? > domandò
Simpson rimproverandomi.
< No,
professore, mi scusi >
< Ne sei
sicura? Guarda che sarei molto felice di interrogare una terza
persona >
<
Sicurissima, prof > risposi sorridendo.
Dieci
minuti di orologio dopo, che a me pareva un secolo, la campana si
degnò di salvarmi e sgattaiolai immediatamente fuori dalla
classe.
<
Michelle? > mi chiamò Megan < Mi accompagni in
segreteria? >
< Mr
Muscolo non è ancora tornato, vero? > domandai
riferendomi al
professor Corelli, il mio professore di educazione fisica: Mr
Muscolo, come veniva chiamato dalla popolazione femminile del liceo,
si era rotto la gamba a Natale mentre tentava di scavare l'Everest ed
era stato sostituito da Eric Cartman, un supplente maschilista che si
preoccupava di far fare attività fisica ai ragazzi, mentre
noi
ragazze generalmente stavamo sulle gradinate a parlare.
< No.
Allora, mi accompagni? >
<
Certamente, ma cosa devi fare? >
< La
prossima settimana vado in Florida al battesimo di mia cugina e
quindi devo consegnare il permesso per assentarmi per qualche giorno
>
< Quanto
starai via? > le chiesi mentre stavamo camminando.
< Cinque
giorni >
< Un
giorno di battesimo e il resto in spiaggia? >
< No,
mezza giornata di battesimo e il resto in spiaggia >
ribatté
ridendo.
< Posso
infilarmi in valigia? Ho una gran voglia di staccare la spina >
<
Problemi con Robert? >
<
Scherzi? Con lui va alla grande. È Bianca che mi crea
problemi.
Sempre dietro a parlarmi di quanto è bello essere alla moda
e quanto
dovrei assomigliare a Blair…anche ieri sera abbiamo avuto
una
discussione, sai? Solo che ho tagliato corto perché non
avevo voglia
di stare a litigare e sono andata a dormire da Robert >
< A
dormire o a… >
< A
dormire > dissi guardandola male.
< Hey,
scusa se ho chiesto! Hai uno degli scapoli d'oro più ambiti
al
mondo, al tuo posto dormire sarebbe l'ultima cosa che farei >
< Megan,
sarà un piacere non averti tra le scatole la prossima
settimana! >
esclamai ridendo e la presi a braccetto.
Entrammo in
segreteria e Megan consegnò il permesso alla signora Prinze,
poi nel
tragitto dalla segreteria alla palestra ci fumammo in giardino una
sigaretta.
< Okay,
devo chiedertelo > mi disse dopo qualche minuto di silenzio.
<
Chiedermi cosa? > domandai curiosa.
Megan
aspirò il fumo e dopo qualche secondo lo
rilasciò, senza smettere
di fissarlo.
< Com'è
il sesso con lui? > domandò all'improvviso.
< Megan!
> esclamai imbarazzata < Non sono fatti tuoi! >
< Oh,
andiamo! Siamo amiche e io sono curiosa >
Buttai la
sigaretta e incrociai le braccia al petto.
< È
fantastico, okay? >
< Ma
fantastico inteso come “sì, è
fantastico”, o fantastico
inteso come “lui è un dio del sesso”?
>
< Non
intendo rispondere a questa domanda > ribattei rossa in viso
mentre aprivo la porta per entrare in palestra.
<
Michelle? > mi chiamò Mary, una ragazza che faceva
lezione con
me, avvicinandosi < Io e le altre stiamo facendo qualche
palleggio, vuoi unirti a noi? > chiese con gentilezza.
<
Volentieri, grazie >
Guardai
Megan e le sorrisi.
< Ne
parliamo a pranzo > disse ricambiando il sorriso.
< Non
avrai mai una risposta >
< Tanto
penso di conoscerla già > rispose facendomi
l'occhiolino e si
allontanò dalla palestra.
A fine ora
mi attese l'interrogazione di chimica: ero leggermente preoccupata
perché la chimica ed io non eravamo grandi amiche, ma
nonostante
tutto riuscii a strappare una B+ a Benson e ricevetti i suoi
complimenti…e mi promise che ad una prossima F mi avrebbe
preso a
calci nel sedere.
A
mezzogiorno e mezza la campanella suonò e scappai in
caffetteria.
< Ho una
notiziona! > dissi a Jenny mentre stavamo scegliendo cosa
mangiare: oggi l'indecisione era tra una pasta con i broccoli e il
minestrone < Prima mi sono dimenticata di parlartene >
< Spara
> rispose mentre sceglieva la pasta con i broccoli.
< Questa
mattina Rob mi ha chiesto di accompagnarlo ad una serata di
beneficenza domani sera >
< Fico!
>
< Ti va
di accompagnarmi a scegliere un vestito dopo la scuola? > le
domandai dopo aver bevuto.
< Mi
dispiace, non posso >
< Stai
scherzando, vero? Ho bisogno di te! >
< Zia
Amelie è tornata ieri dalla Groenlandia. Mamma vuole
portarla un po'
in giro ed io devo fare da baby-sitter a Carol >
< Non è
giusto, ma mi arrangerò >
< Mi
dispiace >
<
Dispiace più a me per te. Sai, non ti invidio per niente
>
< Carol
non è così male >
< Non è
così male? > ribattei sgranando gli occhi < Ma
se l'ultima
volta che l'ho vista mi ha quasi staccato un dito! >
< Sei la
solita esagerata >
< Che
succede qui? > domandò Vanessa mettendosi a sedere
nella sedia
accanto a Jenny.
< Io
devo badare a mia cugina e Michelle deve andare a fare shopping. Voi
che ci raccontate? >
< Megan
ci stava dicendo che la prossima settimana andrà in Florida
>
<
Aaaaaah, sei la solita fortunata > esclamò Jenny
lanciando un
pallino di carta a Jenny.
< Una
volta dati gli esami se vi va vi ospiterò più che
volentieri in
Florida. Ho una casa che può ospitare tutti, fidanzati
inclusi >
disse Megan e mi guardò maliziosamente durante l'ultima
parte del
suo discorso.
< Megan,
tappati quella fogna! > esclamai seguendo l'esempio di Jenny e
le
lanciai il mio tovagliolo appallottolato.
< Ecco a
voi, signore, la carissima Michelle Waldorf che si vergogna di
confessare che il suo fidanzato è un dio del sesso! >
esclamò
Megan ad alta voce.
< Uuuuuh
> fecero le altre ridendo.
Arrossii e
incrociai le braccia al petto, gesto che fece ridere tutte.
Dopo pranzo
raccontai a Sarah dell'invito di Robert e le chiesi se avesse voglia
di accompagnarmi, domanda alla quale accettò molto
volentieri e ci
demmo appuntamento davanti alla fontana una volta finite le lezioni.
Ora era la
volta di inglese e la professoressa Walsh spiegò per tutta
l'ora
Virginia Woolf, dandoci una valanga di compiti per la settimana
successiva, come sempre.
<
Ragazzi, mi raccomando, queste cose non sono facili e avrete il test
tra due settimane. Studiate sempre un po' alla volta e se le cose non
sono chiare, fatemelo presente. Sono pagata apposta per farvi capire
>
Dissi uno
svogliato “Sì, prof”
esattamente come tutti gli altri
mentre scarabocchiavo la copertina del libro e finalmente alle
quattro e mezza uscii da scuola, mi incontrai alla fontana con Sarah
e dopo essere entrate in macchina presi la via del centro
commerciale.
< E se
andassimo nell'outlet fuori città? > propose Sarah.
< Non ci
sono mai stata, non so come arrivarci >
< Ci
sono stata il mese scorso con Megan, ti guido io >
<
Perfetto >
Effettivamente
l'outlet non era molto lontano da Los Angeles, giusto di una decina
di chilometri presa l'autostrada, ma era enorme: il parcheggio era
grande quanto quello di Disneyworld ad Orlando ed era pieno di
automobili, mentre il complesso era grande quanto la scuola e la
palestra messi insieme. Dopo qualche giro a vuoto Sarah mi
indicò un
parcheggio.
<
Michelle? > mi chiamò Sarah.
< Ci
saranno almeno un milione di negozi lì dentro! >
esclamai con la
bocca spalancata.
<
Esagerata, solo quattromilacinquecentocinquanta >
< E ti
sembrano pochi? >
Dall'ingresso
Ovest le prime vetrine che scorgemmo furono quelle di alcuni grandi
stilisti, come Valentino, Versace, Armane via dicendo.
<
Entriamo qui dentro? > propose Sarah indicando il negozio di
Dolce&Gabbana.
Annuii e mi
lasciai afferrare per il braccio e quando si aprirono le porte
scorrevoli vidi montagne e montagne di abiti formali, forse anche
troppo, e tailleur con gonne e pantaloni professionali.
< Sarah,
dove mi hai portato? > domandai storcendo il naso.
<
Andiamo in un altro reparto ora > ribatté portandomi
verso un
piccolo corridoio e pochi secondi dopo ci ritrovammo in una stanza
completamente diversa da quella dove eravamo prima: la musica che
usciva dallo stereo era musica da discoteca, le pareti erano bianche
con qualche pennellata di colori diversi e i vestiti erano eleganti,
ma perlomeno adatti a delle adolescenti.
La mia
amica si fermò davanti ad un vestito pieno di paillette
argentate
con uno scollo a U e non troppo lungo, al manichino arrivava sopra le
ginocchia.
< Non è
bellissimo? > domandò guardandolo con adorazione
< Megan ed io
ce ne siamo innamorate all'istante quando l'abbiamo visto >
< Sembra
un semaforo color oro > risposi ridendo e lei mi
lanciò uno
sguardo assassino.
< Bianca
ha ragione, tu non capisci niente in fatto di vestiti. Dovresti
vestirti più come la Waldorf >
<
Ripetilo un'altra volta e ti mollo qui > ribattei ricambiando il
suo sguardo < ma a te piace, perché non te lo compri?
Potresti
indossarlo per una cena con Stephan >
< Non lo
sai? > domandò spostandosi verso un altro vestito.
< So
cosa? > domandai seguendola.
<
Stephan mi ha mollato >
< Stai
scherzando? Ma lui non aveva occhi che per te! >
< A
quanto pare gli è passata. Ora sta con Olivia >
<
Olivia? Tra tutte le persone sulla terra, proprio Olivia? Ma cos'ha
lei in più di te? >
< Lei
non ha problemi a fare sesso prima del matrimonio > rispose
scrollando le spalle.
< Mi
dispiace, Sarah >
< A me
no. Insomma, se uno non rispetta la mia scelta…aria!
> esclamò
sorridendo < ora sei costretta a presentarmi qualche amico di
Robert >
< Agli
ordini > risposi sorridendo.
< Anzi,
presentami a Robert e tu cercati qualche altro ragazzo >
<
Sarah…io ti voglio bene, sei una delle mie più
care amiche…ma
avvicinati più del dovuto a Robert e ti spezzo una gamba
>
Sarah mi
guardò e deglutì.
< Mai
farti incavolare >
< Mai >
ribattei e subito dopo aver ripreso a camminare mi scontrai contro un
manichino. Lo afferrai prima che cadesse a terra e in quell'istante i
miei occhi si posarono su un vestito abbastanza semplice, ma proprio
per la sua semplicità era meraviglioso: era di raso in seta
dorata,
lungo fino a metà coscia, senza spalline né
scollature, solo una
piccola fascia che copriva il seno e creava un effetto come se fosse
avvolto da un lunghissimo nastro che si avvolgeva attorno al corpo.
< Wow >
sussurrai.
<
Michelle, provalo! > mi ordinò Sarah quando mi fu
accanto.
Presi il
cartellino del prezzo e lo guardai.
< Sarah,
costa troppo >
<
Quanto? >
<
Ottocento dollari >
< Ma
guarda > disse mentre prendeva in mano il cartellino < il
prezzo originario era di tremila dollari. Avanti, Michelle, devi
provarlo! >
Mi passai
una mano tra i capelli, gesto che mi aveva attaccato Robert, e cercai
una commessa tra le varie persone dentro la stanza e quando questa
incrociò il mio sguardo, si avvicinò sorridendo.
< Salve,
ragazze, avete bisogno? > chiese gentilmente.
< Vorrei
provare questo vestito > risposi alla commessa, sotto lo sguardo
fiero di Sarah.
La
commessa, che dal cartellino vidi chiamarsi Annie, mi chiese la
taglia e si dileguò tra la folla, ritornando dopo pochi
minuti con
due capi.
< In
magazzino ce n'era uno in seta marrone, vuoi provare anche quello?
>
< Sì,
okay > risposi prendendo entrambi i vestiti e Annie ci
accompagnò
ai camerini, che più che camerini di un negozio sembravano
camerini
da sfilata di moda: erano bianchi, enormi e molto illuminati.
Diedi la
borsa a Sarah ed entrai dentro, mi tolsi la divisa di scuola e
indossai il vestito dorato.
< Sei
divina! > esclamò la mia amica entusiasta.
Le sorrisi
e mi girai verso lo specchio, guardandomi con occhio ipercritico:
speravo di trovare un qualunque difetto, ma così non fu. Il
vestito
era un incanto, colore incluso, nonostante non fossi un'amante
dell'oro, e addosso mi stava molto bene. Rientrai dentro il camerino
e mi provai l'altro e quando uscii per la seconda volta, Sarah
impallidì.
< Sto
così male? >
<
Michelle, lascia stare l'altro e prendi questo. Ti sta venti volte
meglio, davvero >
< Sembra
fatto apposta per te > intervenne Annie < questo colore,
anche
se non sembra, è molto particolare e a te sta una
meraviglia.
Dovresti prendere questo >
Sin da
piccola adoravo le lusinghe e quindi non esitai a scegliere il
vestito marrone. Ci incamminammo subito alla cassa, pagai il vestito
e uscimmo dal negozio.
< Che
scarpe vorresti? > domandò Sarah mentre si spostava
una ciocca
bionda dietro l'orecchio.
<
Ho bisogno di stivali > replicai guardandomi in giro <
sai dove
sono? >
<
I negozi di calzatura mi pare siano al secondo piano > mi
informò
mentre guardava il tabellone con tutti i negozi < infatti!
>
replicò pochi secondi dopo e mi afferrò per il
braccio,
trascinandomi dentro l'ascensore.
Entrammo
nel primo negozio di calzature che trovammo e lì trovai un
paio di
stivali neri in camoscio alti fin sopra il ginocchio e con il tacco
di cinque centimetri.
<
Carini! > esclamò Sarah quando li provai.
<
Sì, ma nonostante ciò continuo a rimanere nana in
confronto a
Robert > obiettai mentre mi guardavo allo specchio.
<
Michelle, anche con un tacco venti risulteresti nana in confronto a
lui >
<
Ti ricordo che non sono poi così bassa. Insomma, sono un
metro e
sessantuno, c'è gente più bassa di me >
<
Intanto sei la nana delle Clovers >
<
Intanto ti odio > ribattei portando le braccia al petto e sporsi
il labbro inferiore, gesto che fece ridere Sarah e venne ad
abbracciarmi.
<
Ma infondo sei un ottimo capo e un'ottima amica >
<
Paraculo > le dissi facendole la linguaccia e mi tolsi gli
stivali, tornando ad indossare le mie adorate All-Star.
Arrivai
alla cassa con gli stivali, mentre Sarah si comprò due paia
di
sandali, pagammo i nostri acquisti e infine lasciammo l'outlet.
<
Ora che si fa? > domandò Sarah guardando l'orologio
sul
cruscotto.
<
Ho bisogno di un reggiseno e pensavo di andare a vedere se trovavo
qualcosa nel negozio di intimo vicino a casa. Vuoi venire con me?
>
< Con
molto piacere >
Il negozio
di intimo nel quale andammo Sarah ed io aveva aperto da poco
più di
un mese e fino ad ora non vi ero ancora entrata. Jenny mi aveva detto
che apparteneva ad una vecchia amica di sua madre, era molto
rifornito ed economico. Parcheggiai l'auto nel vialetto di casa feci
una passeggiata con Sarah verso il negozio.
< Salve
> ci salutò cordialmente la commessa < cosa
posso fare per
voi? >
< Salve.
Sto cercando un reggiseno senza spalline >
< La
taglia? >
< Una
terza >
< Ti
mostro tutto quello che ho > disse voltandosi verso gli scaffali
<
come lo preferisci? Lo vuoi tinta unita, colorato… >
< Direi
che tinta unita va benissimo >
La commessa
prese dagli scaffali alcuni reggiseni e li posò sul bancone.
Me ne
mostrò quattro o cinque diversi, ma mi innamorai
immediatamente di
un reggiseno color panna con un accenno di disegnini e un piccolo
cuore a ciondolo nella cucitura.
< Questo
> disse prendendo in mano il reggiseno che avevo adocchiato
< è
un po' imbottito, ma non di molto. Se vuoi l'ho anche in color carne
>
< No,
questo va benissimo > risposi sorridendo.
< A
posto così? > domandò e annuii <
Allora sono dieci dollari >
Tirai fuori
dal portafoglio i contanti, notando che dopo quella spesa sarei
dovuta andare a fare bancomat, e pagai. Salutammo la signora e
uscimmo dal suo negozio.
< Mi
mandi una foto quando ti provi tutto? >
< Se mi
ricordo, sì > risposi guardando la mia amica.
< Dai,
non puoi dimenticarti! >
< Okay,
okay, ti manderò una foto, lo prometto >
< Ecco,
brava >
< Vuoi
un passaggio fino a casa? > domandai cambiando argomento.
<
Assolutamente no, prendo l'autobus >
< Sei
sicura? >
<
Sicurissima > rispose abbracciandomi < grazie per il giro
>
< Grazie
a te per tua compagnia. Ci vediamo domani >
Tornai a
casa, presi dalla macchina tutti i miei acquisti e li portai in
camera mia, infine uscii di nuovo per andare a salutare Robert.
Suonai il campanello e attesi che mi aprisse.
<
Buonasera, bellezza > disse dopo qualche attimo di attesa
<
cosa posso fare per te? >
< Sono
venuta solo a fare un saluto, sono appena tornata da un pomeriggio
passato a fare shopping >
< Ti sei
divertita? > chiese appoggiandosi allo stipite e incrociando le
braccia al petto.
< Con
Sarah mi diverto sempre, domani rimarrai piacevolmente colpito >
risposi sorridendo < non mi inviti ad entrare? >
< Mi
dispiace, ma la mia ragazza dovrebbe arrivare da un momento all'altro
e se mi vedesse con te… > rispose ghignando e scossi
la testa
alzando gli occhi al cielo < o magari potrei farti entrare e
nell'eventualità nasconderti nell'armadio >
< Va
bene, io sto nella casa accanto, quando vuoi vienimi a cercare >
dissi tornando sui miei passi e subito mi afferrò per il
braccio e
mi portò dentro casa.
<
Speravo ti impuntassi un po' di più > ammise
imbronciandosi.
< Le
donne non si fanno mettere i piedi in testa da nessuno, ricordatelo
>
ribattei portando le braccia attorno al suo collo < ciao
>
soffiai sulle sue labbra.
< Ciao,
Mitchie >
Avvicinai
le nostre bocche e ci perdemmo entrambi in un bacio appassionato.
< Come è
stata la tua giornata? > chiesi staccandomi dalle sue labbra,
gesto che lo scocciò parecchio.
< Il
solito: interviste, servizi fotografici, litigate con il mio
manager…
>
< Hai
litigato di nuovo con Anthony? > domandai aggrottando le
sopracciglia < ma perché non lo licenzi? >
< Ci
stavo pensando, sai? Emma era molto più professionale di lui
>
< Perché
l'hai licenziata? > chiesi portandolo sul divano.
< A dire
il vero lei era dovuta tornare in Alaska dalla sua famiglia
perché
aveva dei problemi familiari e quindi mi aveva detto che era meglio
se smettessimo di lavorare insieme. Questa mattina l'ho incontrata
per caso e siamo andati a prenderci un caffè >
< È la
manager di qualcuno, ora? >
< No, è
tornata da poco a Los Angeles >
Tolsi le
scarpe e portai i piedi sul divano, appiccicandomi a lui, che intanto
aveva portato la mano sulle mie spalle e mi aveva stretto a
sé.
<
Lascialo a casa quel tipo, non mi è mai piaciuto >
<
C'entra il fatto che
non possa vederti?
>
<
Ovviamente > risposi giocando con la lampo della sua felpa.
< Sai,
oggi ci siamo detti che ci mancavamo > disse dopo avermi baciato
la fronte < a me manca la sua professionalità, mentre
a lei manca
qualcuno che faccia l'esatto opposto di quello che lei chiede >
Risi a
quella risposta.
< Beh,
con te doveva essere la persona più felice sulla faccia
della terra
>
<
Spiritosa! > esclamò dandomi un leggero pugno sul
braccio <
Vorrebbe conoscerti >
< Prego?
>
< Oggi
mi ha chiesto come andava la mia vita sentimentale e fino alla fine
del nostro incontro non ho fatto altro che parlare di te. Le sei
piaciuta, ha detto che da come ti ho descritto sei una ragazza che sa
tenermi testa >
Sorrisi e
mi sistemai le pieghe della gonna della divisa scolastica, quando
improvvisamente il mio cellulare, che avevo appoggiato sul tavolino
di fronte al divano, incominciò a vibrare. Mi sporsi per
prenderlo e
quando ritornai accanto a Robert guardai il display. Numero
sconosciuto.
< Chi è?
> domandò Robert curioso.
< Boh >
risposi premendo il tasto verde < pronto? >
< Parlo
con Michelle Waldorf? > domandò una voce maschile
dall'accento
francese.
< Sì,
chi parla? >
< Sono
Gerard Courveau >
< Oh,
ciao! > esclamai sistemandomi a sedere.
< Mi
dispiace chiamarti a quest'ora, ma la ragazza che avrei dovuto avere
alle sette mi ha appena chiamato per disdire e quindi se sei ancora
interessata e libera volevo sapere se ti va di venire in qua >
< Ma sì,
certamente! Il tempo di cambiarmi e sono da te. Ci vediamo tra dieci
minuti >
< Ti
aspetto >
< Ti
ringrazio, ciao! > dissi e allontanai il telefono dall'orecchio.
< Chi
era? > domandò Robert squadrandomi.
< Mi
dispiace, è un segreto >
< Come?
> domandò leggermente irritato.
< Scusa,
tesoro, ora devo andare > ribattei alzandomi dal divano, ma mi
abbassai per baciarlo.
<
Michelle? > mi chiamò afferrandomi il polso <
Cosa sta
succedendo? >
< Non è
niente > risposi sorridendo.
< E
allora perché non me lo dici? Chi era il tipo al telefono?
>
< Sei
geloso, per caso? > chiesi ridendo.
< Non
stai rispondendo alla mia domanda >
< Come
tu non hai risposto alla mia > ribattei sfidandolo, ma dal suo
sguardo mi resi conto che stava per incazzarsi di brutto.
< Hai
appena dato appuntamento ad un uomo tra dieci minuti…
>
< A dire
il vero ho dato appuntamento ad una poltrona e ad un paio di forbici
>
< Prego?
>
< A
Gerard si è liberato un posto e mi ha chiesto se sono
interessata a
tagliarmi i capelli >
< E
perché non mi hai semplicemente detto che saresti andata a
tagliarti
i capelli? >
< Perché
volevo farti una sorpresa > ribattei storcendo il naso <
ma
visto che stavi per farmi una scenata ho dovuto lasciar perdere.
Quindi ora lo sai. Mi accompagni? >
< Non
preferiresti restare da sola con lui? > domandò
stuzzicandomi:
ovviamente sapeva che a Gerard non interessavano le donne.
< Non
preferiresti restarmi accanto? > ribattei mentre portavo le mani
all'altezza del bottone dei suoi jeans.
Robert rise
e mi prese le mani, portandole dietro alla mia schiena e, senza
lasciare le mie mani, si stese sopra di me. Portò le labbra
sul mio
collo e molto lentamente e sensualmente me lo baciò, mentre
io avevo
gli occhi chiusi e lasciavo che i brividi di piacere mi percorressero
tutto il corpo.
< Adoro
vedere come il tuo corpo reagisce quando ti bacio >
sussurrò con
voce roca, mentre mi sentivo le guance andare in fiamme.
Restai a
bearmi di quelle attenzioni di Robert che mi stavano mandando in
paradiso fino a quando non aprii gli occhi e vidi dal suo orologio
accanto alla libreria che i dieci minuti erano praticamente passati.
<
Mannaggia, è tardi! > esclamai allontanandolo da me e
lo presi
per mano, obbligandolo ad uscire di casa.
Robert, con
sul viso un'espressione palesemente seccata, mi seguì,
chiuse la
porta di casa e aprì con il telecomando la macchina, ma lo
guardai
inarcando le sopracciglia.
< Che
c'è? > domandò senza capire.
< Il
posto è infondo alla via > ribattei incominciando a
camminare e
pochi attimi dopo me lo trovai accanto.
< E se
qualche paparazzo dovesse fotografarci? > chiese accendendosi
una
sigaretta.
<
Sicuramente non farà scalpore come le nostre ultime foto
>
ribattei alludendo alle fotografie di cui parlavo questa mattina.
Gli fregai
di bocca la sigaretta e dopo avergliene consumata almeno la
metà
gliela restituii.
< Molto
gentile, grazie > ribatté scocciato, ma non gli
risposi.
Raggiungemmo
il negozio di Gerard, il quale mi venne incontro non appena entrai.
<
Michelle, che bello vederti! > esclamò baciandomi le
guance <
Temevo non venissi più >
< Scusa,
Gerard, ma la colpa è sua > risposi indicando Robert.
< Robert
Pattinson dentro il mio negozio, ma quale onore! >
esclamò
baciando pure le sue guance e risi della faccia imbarazzata di Robert
< Vuoi tagliarti anche tu i capelli? >
<
Ehm…no, ti ringrazio. Io sono solo venuto ad accompagnare
lei >
ribatté indicandomi.
< Prego,
cara, seguimi > mi disse Gerard e mi accomodai su una poltrona,
con Robert accanto a me < cosa vogliamo fare? Li vuoi spuntare?
>
Mi alzai
dalla poltrona e mi incamminai verso lo specchio.
< Tu
cosa mi consigli? > domandai guardando il suo riflesso.
Gerard si
alzò dalla poltrona accanto alla nostra e prese un libro,
sfogliandolo velocemente, dopodiché si avvicinò a
me e mi portò i
capelli su entrambi le spalle.
<
L'altro giorno stavo guardando questo giornale e quando ho trovato
questo taglio ho pensato subito a te. È giovanile, mi piace,
e
secondo me addosso a te starebbe benissimo > disse mostrandomi
il
taglio della modella nella foto.
< Non è
male ed è molto semplice. Rob, tu cosa ne dici? >
chiesi
guardandolo.
< I
capelli sono tuoi, tesoro, fai il taglio che ti pare > rispose
alzando le spalle.
Guardai i
miei capelli allo specchio e presi le punte tra le mani: e se me ne
fossi pentita?
< E se
non mi piacesse? >
<
Michelle, ti ho mai fatto un taglio che non ti fosse piaciuto? >
domandò Gerard con tono severo.
< No >
replicai guardandolo negli occhi.
< E
allora fidati di me > disse porgendomi il giornale e si
allontanò
nella sala accanto.
< E se
mi stesse male? >
Robert
sbuffò, si alzò dalla poltroncina e mi si
avvicinò.
< Sei
identica a mia sorella, lo sai? > disse guardando il giornale
<
Mitchie, è solo un taglio. Se ti piace e vuoi tagliarli,
fallo.
Saresti splendida anche senza capelli. E comunque i capelli
ricrescono. Non capisco il dilemma dei capelli per voi donne. Anche
io ho tagliato i capelli, lo sai? Subito dopo aver girato Twilight.
Li ho fatti corti e me ne sono fregato di quello che hanno pensato
gli altri. E ti dirò la verità, mi piacevo con i
capelli così
corti >
Sorrisi e
mi voltai a guardarlo.
< Ti
detesto quando hai ragione >
< Sul
fatto che sono solo capelli >
< Sul
fatto che sarei splendida anche senza capelli > ribattei
facendogli la lingua.
<
Michelle, allora? > domandò Gerard tornando da me.
< Mi
voglio fidare di te > risposi sorridendogli.
< Vedrai
che non ti deluderò > mi rispose facendomi accomodare
al lavabo.
E così fu.
Un'ora dopo avevo il mio nuovo taglio di capelli e mi piaceva un
sacco. Non so nemmeno come mai, ma mi allungava il collo e mi faceva
sembrare più alta.
<
Gerard, sei un genio! Lo adoro > esclamai entusiasta a fine
lavoro.
< E tu
che dubitavi di me > replicò fingendosi offeso e ci
avvicinammo
alla cassa < Robert, quando vuoi venire a tagliarti i capelli
sei
sempre il benvenuto >
< Ti
ringrazio >
< Sono
ottanta dollari > disse Gerard consegnandomi la ricevuta.
Presi in
mano il portafoglio, ma Robert mi posò una mano sopra e
prese il
suo.
<
Lascia, faccio io > rispose prendendo in mano la sua Visa.
< Rob…
>
<
Smettila di frignare, è solo un regalo >
ribatté consegnandogli
la carta.
Robert
saldò il conto e uscimmo dal negozio.
< Ti
ringrazio > gli dissi sorridendogli.
< È
stato un piacere, mi piace farti i regali. Specialmente
perché non
chiedi mai niente >
< Già,
per questo giro ti va alla grassa >
< Sei
meravigliosa, ma toglimi questo dubbio: un nuovo taglio significa una
nuova
vita. Stai forse pensando di
scaricarmi? Perché in tal caso, rivoglio i miei soldi
>
Arrestai il
passo e lo guardai accigliata.
< Non
essere ridicolo! > ribattei scocciata.
< Come
siamo suscettibili > disse prendendomi in giro.
Quando
arrivammo davanti alla porta di casa mia vidi che la luce della sala
era accesa.
<
Mannaggia, Bianca è a casa…ti fermi a cena da
noi? >
< Scusa,
Mitchie, ma non ho molta fame e devo iniziare a studiare un copione.
Passi la notte da me? >
< Non
devi studiare? >
< Non lo
farò per tutta la notte > rispose lasciandomi la mano
<
salutami tua mamma e se ti va di venire, sei la benvenuta >
< Sappi
che ti odio! > esclamai prima di prendere le chiavi di casa.
Una volta
entrata in casa sentii dei rumori provenire dalla cucina. Con tutta
la mia ingenuità appesi sull'appendiabiti il golfino, spensi
la luce
in sala e infine entrai in cucina, dove vidi una scena che mi
scioccò: Bianca e Mike e stavano facendo sesso sul tavolo
sul quale
facevo colazione tutte le mattine. Ero disgustata e non poco. Tornai
indietro senza fare rumore, tanto nessuno dei due mi aveva notata e
dopo aver ripreso il golfino, corsi verso la casa di Robert. Suonai
ininterrottamente il campanello, mentre scrollavo la testa per
togliermi quella scena dalla mente.
<
Mitchie, è tutto okay? > domandò
guardandomi in faccia.
Lo guardai
con uno sguardo scioccato e disgustato ed entrai in casa.
< Ho
appena visto Bianca e Mike fare sesso in cucina, ho bisogno di
lavarmi gli occhi col sapone! >
< Come
sei esagerata. A tutti capita di fare sesso >
< Ma non
sul tavolo dove mangio tutti i giorni! > esclamai sprofondando
sul
divano e chiusi gli occhi < Non solo prima sentivo i loro gemiti
provenire dalla camera accanto, ora li ho pure visti. Ma che schifo!
> continuai e Robert si sedette accanto a me < Posso
restare
qui? >
<
Certamente, Mitchie > rispose accarezzandomi una guancia
< cosa
vuoi mangiare? >
< Ci
penso io. Tu vai a studiare >
< Sei
sicura? >
<
Sicurissima. Tu studia e stai tranquillo, sarà come se non
fossi qui
>
<
Impossibile >
<
Perché? > chiesi curiosa.
< Perché
quando sei nello stesso posto dove sono io lo sento, il mio corpo
reclama un contatto con il tuo > disse guardandomi senza
sorridere
e avvampai < non vederla da un punto di vista sessuale. Quello
che
voglio dire è che ho bisogno di sentirti accanto a me, anche
con un
semplice abbraccio >
Sorrisi e
portai le braccia attorno al suo collo, abbracciandolo con tutta la
forza possibile, appoggiando inoltre il viso sul suo collo e mi
nascosi lì, mentre lui mi stringeva a sé e
ripeteva il mio stesso
gesto del viso.
< Ti amo
> dissi soffiando sulla sua pelle e lui strinse l'abbraccio e mi
baciò la scapola.
< Ti amo
anche io, Mitchie >
Sciolsi
l'abbraccio e lo guardai sorridendo.
< Non so
cosa tu abbia fatto oggi, ma grazie. È stato bello vederti
così
attaccato a me e geloso. So che è successo qualcosa, ma non
voglio chiedertelo. Se ti va di parlarmene io sono qui, altrimenti
è lo
stesso > dissi sorridendogli e lo baciai, poi mi incamminai
verso
la cucina.
< Ti ho
mentito > disse quando ero completamente scomparsa dalla sua
visuale.
< Come?
> chiesi tornando in sala.
<
Ti ho mentito. Oggi quando ho parlato con Anthony abbiamo continuato
la nostra litigata di ieri. Ieri sera, prima che venissi
da me
per dormire, ho discusso con Anthony e l'ho licenziato >
< Sempre
per via della sua poca professionalità? >
< E
anche per te >
< Per
me? >
< Sì >
rispose passandosi una mano tra i capelli e sospirò <
come tutte
le volte Anthony non si è fatto problemi a dire che tu eri
interessata più alla fama che a me e che una volta ottenuto
ciò che
volevi mi avresti lasciato. Ieri sera è stata la goccia che
ha fatto
traboccare il vaso e ti giuro che non ci ho più visto. Gli
ho detto
che non doveva nominarti, che mi ero stancato e che lo stavo
licenziando. Dopo aver terminato la conversazione, se così
si poteva
definire, avevo bisogno di sfogarmi e ho chiamato Emma. Lei mi ha
detto che era a Los Angeles e ci siamo dati appuntamento per questa
mattina >
< Perché
non me l'hai detto subito? >
< Temevo
ti saresti incazzata perché ho telefonato a lei e non a te
>
<
Robert…non mentirmi più > gli dissi
guardandolo negli occhi.
< Te lo
prometto >
Accennai ad
un sorriso e ritornai in cucina. Versai dell'acqua nella pentola,
presi il coperchio e misi il tutto sul fornello.
< Ecco,
sei arrabbiata, lo sapevo > disse entrando in cucina.
< No,
non lo sono > risposi continuando a dargli le spalle < ma
ci
sono rimasta male >
< Mi
dispiace averti mentito, Michelle >
< Non è
per il fatto che tu mi abbia mentito. È solo che mi sto
chiedendo
perché lo hai detto a lei, che non senti da un anno e non a
me. Sono
la tua ragazza, d'accordo, ma sono anche tua amica…di me
puoi
fidarti >
Robert si
mi venne incontro e mi prese il braccio, facendomi girare.
Sospirò e
mi accarezzò la guancia.
< Non ti
fidi di me? > chiesi con voce rotta.
< Non
dirlo neanche per scherzo > ribatté senza smettere di
accarezzarmi la guancia, mentre avvicinava sempre di più il
suo viso
al mio e in men che non si dica le nostre bocche si toccarono <
mi
fido ciecamente di te. Ma in quel momento avevo bisogno di un'altra
voce amica, come sicuramente capita anche a te >
continuò e
annuii < se può farti stare meglio, mi sono sentito
una merda
nell'averti raccontato una balla >
< Bene,
che ti serva da lezione > replicai sorridendo.
Robert
sorrise e mi baciò la fronte, poi mi lasciò
buttare giù la pasta e
lui tornò in sala.
<
Coraggio, la cena si raffredda > gli dissi non appena fu pronto
e
senza farselo ripetere più volte corse in bagno e infine mi
raggiunse.
< Sto
morendo di fame > disse quando si sedette < uhm, sei una
cuoca
provetta! > esclamò dopo aver messo in bocca la prima
forchettata.
< Già,
ci vuole una laurea per cucinare un piatto di pasta > risposi
ridendo < da piccola volevo fare la cuoca > gli confessai
poco
dopo.
<
Davvero? >
< Sì. A
sette anni con la mia prima paghetta mi sono comprata un libro di
cucina e fingevo di essere una cuoca professionista. A tredici anni,
invece, cominciai ad usare quel libro per cucinare sul serio >
< Ed ora
non ti interessa più? >
< Ora
non proprio >
< Cosa
vuoi fare? >
< Voglio
aiutare il prossimo > risposi con un leggero imbarazzo.
< Wow, è
una cosa lodevole, complimenti >
Una volta
terminata la cena obbligai Robert a tornare a guardare quel maledetto
copione e dopo aver lavato tutti i piatti lo raggiunsi in sala,
sedendomi accanto a lui. Lo guardai mentre leggeva le proprie battute
ad alta voce: era davvero buffo, perché se non gli andava
bene
diceva sempre “no, aspetta” e la
ripeteva una seconda,
terza, anche quarta volta.
< Tra
mezz'ora facciamo una pausa gelato, ti va? >
<
Volentieri > risposi sorridendo, ma purtroppo la pausa gelato
non
arrivò mai, perché mi addormentai come una pera
cotta appoggiata ai
cuscini del divano.
Ragazze,
io
non so cosa dire. Voi non avete idea di quanto mi siate mancate, lo
giuro. Sapete, il mio PC è ancora fuori uso e sto usando
quello di
mamma. Ho recuperato un po' di capitoli, ma purtroppo ne ho persi
molti altri :( Questo, ad esempio, me lo sono inventata di sana
pianta e spero non vi abbia deluso.
Spero di
riuscire a tornare a postare regolarmente e spero non mi abbiate
abbandonata.
L'ho già
detto, lo so, ma mi siete mancate. Anche se non conosco tutte voi vi
adoro, le vostre recensioni mi riscaldano il cuore.
Allora,
tanto per cominciare. Non so voi, ma la mia scuola è l'UNICA
di
Ravenna ad essere in vacanza da sabato e sapete cosa succede quando
tornerò? Una bella SIMULAZIONE DI TERZA PROVA, YEAH!
Passerò delle
favolose vacanze ad ammazzarmi di studio -.-
Nonostante
ciò non vedo l'ora sia venerdì perché
prenderò il treno diretto a
Venezia e passerò una splendida giornata con la mia adorata
Hus;
credeteci, non sto più nella pelle.
Ringrazio
tanto Marghe, alias Sognatrice85, la mia nuova beta. Se oggi posto
è
solo grazie a lei perché con grandissima
tempestività ha corretto
il capitolo e mi ha dato l'okay per postare.
Spero
di
riuscire a postare altri due capitoli prima che rincominci la scuola
:)
Buona
serata a tutti, un bacio
Giulls
|
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Capitolo 20 *** Serata di beneficenza con contorno di Hell's Kitchen ***
Serata
di beneficenza con contorno di Hell's Kitchen
< Mitchie? Mitchie, svegliati, è
tardi > mi chiamò Robert e, a malavoglia, aprii gli
occhi,
sentendo un male atroce alle tempie.
< Che ore sono? > domandai
sbadigliando.
< Le sette e mezza >
Mi premetti le mani contro le tempie
nella speranza che quell'infernale dolore decidesse a passare, ma
quando capii che ciò non sarebbe accaduto mi infilai sotto
le
coperte.
< Oggi non vado a scuola >
< Coraggio, un ultimo sforzo e poi hai
finito la tua carriera da liceale >
< Rob, non sto bene > ribattei da
sotto le coperte.
< Mi dispiace, ma ho l'obbligo
tassativo di mandarti a scuola. Altrimenti che fidanzato sarei? >
< Il più bravo del mondo se tu mi
lasciassi qui a dormire >
< Ricordi cosa mi hai detto qualche
ora fa? > domandò e risposi con un flebile no
< mi hai detto
di essere stanca morta, ma nonostante ciò di non lasciarmi
abbindolare da qualunque cosa mi avresti detto perché
sarebbe stata
solo una scusa…oltretutto oggi tornerai a casa prima e poi
ti
aspetteranno due giorni di totale riposo. Sono sicuro che
sopravviverai >
Riemersi da sotto le coperte e mi
massaggiai per la centesima volta le tempie, mentre sentivo una
sottospecie di trapano perforarmi il cervello: mi augurai che quel
mal di testa fosse solo passeggero, non avevo intenzione di
trascorrere l'intera giornata in questo stato, per non parlare della
sera. Come avrei fatto a passare una serata fuori se avevo male anche
solo a pensare?
Mi alzai dal letto e andai a farmi una
doccia, con la speranza che l'acqua potesse giovarmi, indossai della
biancheria pulita che avevo lasciato nel suo cassetto e la divisa
scolastica, presi la borsa e scesi le scale. Dopo aver toccato
l'ultimo gradino sentii un odore di pancakes aleggiare nell'aria e
allo stesso tempo la pasta di ieri sera tornarmi su.
< Ci vediamo questa sera > dissi
salutandolo frettolosamente.
< Non fai colazione? Ho preparato i
pancakes apposta per te >
Lo guardai per un secondo e mi sentii un
verme: lui mi aveva preparato la colazione ed io l'avrei snobbata.
Guadai per la prima volta i pancakes con sopra una salsa al caramello
e temetti seriamente di vomitare sul pavimento e suoi suoi piedi.
< Scusa, ma non ho fame > risposi
abbassandomi per baciargli la guancia < a più tardi
>
< Michelle, è tutto okay? > chiese
prendendomi la mano < Non ti sei offesa per quello che ti ho
detto, vero? Dopotutto sei grande e vaccinata, se vuoi stare a casa,
fallo >
< Non sono arrabbiata > risposi
tranquillizzandolo e gli sorrisi < ho solo un po' di nausea e di
mal di testa, ma non è niente di preoccupante.
Mangerò qualcosa più
tardi >
< Non sei incinta, vero? > chiese
guardandomi con una leggera apprensione.
< Uhm, ora che mi ci fai pensare… >
dissi ghignando, ma non appena lo vidi diventare pallido, lo baciai
<
tranquillo, non avrai un bambino. Non da me, almeno >
Gli feci l'occhiolino, uscii da casa sua
e mi incamminai verso la fermata dell'autobus in fondo alla via: non
ero nelle condizioni migliori per guidare. Aspettai l'autobus,
comprai dall'autista il biglietto e mi sedetti nelle prime file,
poiché le ultime erano piene di ragazzini che facevano un
baccano
assurdo. Quando sentii dire, per non dire urlare,
da uno di
loro che una certa Morgan Johansson era un'animale a letto, mi voltai
spazientita per zittirli, ma quando riconobbi tra quei ragazzi Roger,
il fratello di Aaron, serrai la bocca e tornai a guardare avanti:
salutarlo e intrattenere con lui una conversazione era di certo
l'ultima cosa che volevo fare. Da quando avevo cominciato il mio
lungo cammino di redenzione avevo un'avversione verso la sua intera
famiglia…e non solo perché sua madre, Carol, era
un'alcolista, il
padre era in carcere per spaccio e Roger aveva iniziato a fumare
canne a dieci anni.
L'autista si fermò davanti la mia scuola
e scesi di corsa, rischiando di inciampare nei miei stessi piedi e di
cascare per terra. Lanciai un'ultima occhiata dentro l'autobus e vidi
che Roger mi stava fissando. Sbiancai ancora di più di
quanto non
fossi già pallida e attraversai di corsa la strada.
< Capo! > esclamò Megan non appena
mi vide < Come mai qui a quest'ora? >
< Ho preso l'autobus e sono appena
arrivata >
< Stai bene? Hai una faccia… >
< Sto da schifo. Ho una gran nausea e
un mal di testa allucinante >
< Hai mangiato qualcosa di andato a
male? >
< No > ribattei mentre mi
massaggiavo le tempie.
< Vuoi prendere qualcosa? >
< Più tardi >
< Okay. Mi piaci con il tuo nuovo
look, stai veramente bene >
< Grazie > risposi abbozzando un
sorriso.
< Perché non torni a casa? >
< Possiamo cambiare argomento? >
chiesi leggermente seccata.
< Come vuoi tu. Oh, è arrivato Jason.
Vado a chiedergli se mi fa copiare i compiti di algebra, ci vediamo
più tardi >
< Ciao > risposi sorridendo.
Mi sedetti sulla panchina fino a che il
signor Scott, il bidello, non aprii le porte.
< Buongiorno >
< Buongiorno signorina >
Attesi con trepidazione che aprisse la
porta e non appena si allontanò dall'entrata mi fiondai
dentro la
scuola e mi diressi verso l'aula di storia. Mi sedetti nell'ultima
fila e dal momento che Simpson ci fece vedere un filmato sulla bomba
atomica, oltretutto lo stesso che ci aveva fatto vedere all'inizio
dell'anno scolastico, riuscii ad addormentarmi e dormii praticamente
per tutta l'ora.
Purtroppo quando la campanella suonò e
mi risvegliai scoprii che non mi era passato né il mal di
testa, né
la nausea.
Non vedevo l'ora che finisse la scuola,
il che implicava il dover resistere qualche altra ora. All'una me ne
sarei andata, sarei tornata a casa, mi sarei fatta un super bagno
rilassante, avrei dormito un'oretta e mi sarei preparata per uscire
con Robert. Coraggio, ce la potevo fare, si trattava si stringere i
denti ancora per qualche ora.
< Michelle, sei favolosa! > esclamò
Jenny correndomi incontro verso gli armadietti < ehm, Michelle?
>
< Hey > risposi sorridendole.
< Che ti succede? Sei pallida come uno
straccio >
< Non mi sento in gran forma >
< Perché non sei rimasta a casa? >
domandò dolcemente nonostante mi stesse rimproverando, ma
non le
risposi < Posso fare qualcosa? >
< No, non preoccuparti. Devo solo
aspettare poche ore, devo solo… >
Non finii la frase perché sentii tutte
le mie forze venirmi meno, la testa cominciò a girarmi
pesantemente
e mi si tapparono le orecchie. Questa sensazione durò per
qualche
secondo, fino a che il buio non mi avvolse.
< Waldorf, ti senti
bene? > domandò
l'infermiera accanto a me.
<
Uhm…dove sono? >
<
Nell'infermeria della scuola >
ribatté mentre prendeva il macchinino per misurare la
pressione <
ora la tua pressione è a posto. Soffri di pressione bassa?
>
< No >
risposi alzandomi, ma lo
feci talmente tanto velocemente che la testa cominciò a
girarmi di
nuovo.
< Movimenti
lenti, signorina >
< Posso?
> domandò Jenny entrando
dentro la stanza.
< Ciao >
la salutai sorridendo.
< Ora
sì, sei di nuovo tu > disse
venendo ad abbracciarmi < mi sei svenuta tra le braccia prima,
lo
sai? Sono morta di paura >
< Mi dispiace
>
< Non
preoccuparti. Ma cosa mi
combini? > chiese con finto rimprovero.
< Questa
mattina cosa hai mangiato? >
domandò l'infermiera interrompendoci.
< Niente, avevo
una gran nausea >
<
Sì, in giro c'è questo virus che
provoca nausea e mal di testa >
< E ti fa anche
svenire? > chiese
Jenny prendendomi la mano.
< Non direi
>
Mi portai le mani tra
i capelli e guardai
l'orologio.
< Cavolo,
è tardissimo! > esclamai
scattando in piedi < Dovevo incontrarmi con Robert per pranzo!
>
< Ecco svelato
il motivo > disse
l'infermiera.
< Prego?
> chiedemmo Jenny ed io in
coro.
< Sei
stressata, aggiungici le difese
immunitarie basse per il virus ed eccoti servito lo svenimento >
Tornai a sedermi sul
lettino e guardai la
mia amica.
< Jenny, Rob sa
che… >
< No. Ho
dimenticato il mio telefonino
a casa, mentre il tuo è spento >
Domandai
all'infermiera di poter usare il
telefono, composi il numero e passai la cornetta a Jenny.
< Puoi parlarci
tu? Ho ancora un po'
di mal di testa e non ho voglia di stare al telefono >
< Ma certo
>
< Chiedigli se
può venirci a prendere
>
< Okay >
asserì sorridendo <
Robert? Sono Jenny…ciao. Senti Michelle ed io siamo ancora a
scuola
con l'infermiera…questa mattina Michelle è
svenuta e si è ripresa
solo ora. Potresti venirci a prendere? Walter lavora ed io sono per
la seconda volta senza macchina.…A dire il vero non se la
sente di
venire al telefono… > interruppi Jenny e le feci il
gesto di
passarmi il telefono < Robert, ci ha ripensato. Te la passo
>
< Oi >
sussurrai flebile non appena
presi in mano la cornetta.
< Cosa
è successo? Come stai? >
< Ho avuto
momenti migliori.
L'infermiera ha detto che era un po' di stress accumulato misto a un
virus che sta circolando >
< Ero
preoccupato, tu non rispondevi
al telefono, non eri a casa…sono venuto fino alla tua
scuola, ma la
palestra era chiusa >
< Mi dispiace
>
< L'importante
è che ora tu stia
bene. Questa sera ti cucinerò qualcosa di caldo e poi ci
guardiamo
un film, ti va? >
< No, dobbiamo
uscire questa sera >
< Ma tu non
stai bene >
< Ora
sì. Non preoccuparti per me e
comunque non ti lascerei mai saltarla >
< Non essere
ridicola, non voglio
andarci se so che stai male >
< Non essere tu
ridicolo, là ci
andiamo >
< Sei cocciuta
> sbottò scocciato
< e se dicessi all'autista di non fermarsi a prenderti? >
<
Chiamerò un taxi > ribattei,
scocciata come lui < coraggio, ti aspettiamo >
< Datemi cinque
minuti e sono lì >
< Grazie
>
Rimisi la cornetta del
telefono al suo
posto e ringraziai l'infermiera.
< Mangia questo
e poi prendi le
vitamine > disse dandomi una mela, un pacchetto di cracker e una
bustina.
Eseguii gli ordini
della dottoressa e
quando uscii da scuola vidi Robert davanti alla sua macchina.
< Come stai?
> domandò venendomi
incontro e mi baciò la fronte.
< Molto meglio,
davvero. Ho mangiato e
ho preso le vitamine e l'infermiera me ne ha date altre da prendere
dopo cena >
< Hai una
faccia devastata >
< A che ora
arriva la limo? >
chiesi per cambiare discorso.
< Alle sei e
mezza >
< Arrivo a
casa, dormo un'oretta e poi
mi preparo >
< Sei sicura di
farcela? Michelle, non
è di vitale importanza andare là >
< No, sono
sicura >
< Sei testarda,
ragazza > ribatté
prendendomi per la vita < grazie per essertene presa cura, Jenny
>
< Dovere da
migliore amica >
rispose sorridendomi e ricambiai il sorriso.
Jenny entrò
in macchina per lasciare un
piccolo momento di privacy per me e Robert, nonostante ci fosse un
fotografo dietro i bidoni dall'altro lato della strada che stava
scattando foto dei nostri baci.
< Forse era
meglio se ti avessi
lasciato a casa questa mattina >
Scossi la testa
ridendo e appoggiai la
fronte alla sua.
< Grazie per
essermi venuto a prendere
>
< È
stato un piacere >
Entrammo in macchina e
accompagnammo
Jenny a casa, la quale durante il tragitto non fece altro che
raccontare dell'accidente che le avevo fatto prendere, racconto che
fece preoccupare Robert ancora di più, così
quando fummo soli
cercai di tranquillizzarlo in tutti i modi possibili, ma lui era
testardo come me, se non di più.
< Rob? >
<
Sì? >
< Ti dispiace
se prendo le mie cose e
vengo a riposarmi un po' da te? >
< Non dirlo
nemmeno per scherzo, ti do
una mano >
Scesi dalla macchina
ed entrai in casa,
presi tutto l'occorrente per cambiarmi e una volta a casa sua mi
buttai a peso morto sul suo letto.
< Puoi
svegliarmi verso le cinque? >
domandai con la voce impastata dal sonno.
< Certamente
>
Mi strinsi al cuscino,
rilassai i muscoli
e mi addormentai poco dopo, risvegliandomi tra le braccia di Robert
mentre la radiosveglia segnava quattro minuti alle cinque.
< Come stai?
> domandò baciandomi
i capelli.
< Che tu ci
creda o no sto molto
meglio. E ho anche fame >
< Mi fa piacere
> ribatté
sorridendo.
< No, davvero,
sto morendo di fame.
Ucciderei per un sano pasto da McDonald's >
< Vedo che ti
sei ripresa alla stra
grande! > esclamò scoppiando a ridere < Che ne
dici se ti
cucino un po' di pasta? >
< Lascia stare,
aspetterò fino a
questa sera > risposi mettendomi a sedere sul letto <
grazie
per esserti preso cura di me >
< Dovere da
fidanzato > disse
sorridendo e quando si alzò dal letto mi tese la mano, che
accettai
molto volentieri prima di attaccarmi alle sue labbra.
Di lì a
poco le sue mani si spostarono
dalla mia schiena ai miei fianchi.
< Devo andare a
farmi la doccia >
dissi quando posò entrambe le mani sul mio sedere.
< Ma non l'hai
già fatta questa
mattina >
< Devo lavarmi
i capelli >
< In questo
caso…posso venire con
te? >
< No >
ribattei ghignando <
potrei essere ancora malata e attaccarti qualcosa >
< Un rischio
che sono disposto a
correre >
< Sono svenuta
questa mattina, non ho
ancora riacquistato tutte le forze e tu mi stai proponendo di fare
del sesso? >
< Io non ho mai
parlato di sesso >
ribatté con lo stesso sorrisetto di prima < ma se tu
lo volessi…
>
< Quello che io
voglio è farmi una
doccia calda da sola, rilassarmi, recuperare le forze e infine uscire
di qui >
Mi passai una mano tra
i capelli, gli
baciai la fronte dopo essermi alzata in punta di piedi e,
ancheggiando, mi diressi verso il bagno.
< Lo sai che ci
sono ragazze che anche
con le convulsioni farebbero sesso con me? >
Mi voltai e mi
appoggiai allo stipite
della porta.
< Accomodati,
vai da loro e divertiti.
Ma se ti ammali pure tu non venire a piagnucolare da me,
perché ti
direi solamente te
l'avevo detto.
Poi, ovviamente, ti
prenderei a calci nel sedere >
Mi tolsi la gonna e
gliela lanciai
addosso per provocarlo e mi sbottonai la camicia, permettendogli
così
di vedere il mio reggiseno nero in pizzo.
< Sei proprio
perfida >
< So giocarmi
bene le mie carte >
ribattei ghignando quando Robert mi si avvicinò e mi
imprigionò tra
lo stipite e le sue braccia.
< Ho notato
> asserì mentre
avvicinava il suo viso al mio collo < mi manca non vedere
più
alcun segno sul tuo collo, sai? > disse tra un bacio e l'altro.
<
Non…non provarci nemmeno >
sussurrai in risposta mentre chiudevo gli occhi e il mio corpo veniva
percosso dai brividi.
< Beh, almeno
metterei dei paletti per
intimare i ragazzi di starti alla larga >
Scossi la testa
ridendo e incollai le
nostre labbra insieme una seconda volta, portando le mie braccia
dietro al suo collo, mentre Robert posò le sue mani sul mio
sedere e
mi invitò a salirgli in braccio e a circondargli la vita con
le
gambe.
Pochi secondi dopo,
però, il suo
telefonino squillò.
< Chi
è? > domandai ansante.
< Non mi
interessa >
< Potrebbe
essere importante per la
sicurezza nazionale…cosa fai, non rispondi? Il destino del
mondo
potrebbe dipendere dalla telefonata che tu stai snobbando, sai?
>
replicai mentre tentavo di scendere dalle sue braccia.
< Non essere
ridicola >
< Che ne sai,
potrebbe anche essere il
Presidente degli Stati Uniti >
< Che palla al
piede che sei >
disse facendomi scendere dalla posizione precedente e nel momento in
cui i miei piedi toccarono terra scappai verso il bagno < ma
guarda te questa grandissima… >
Non sentii la fine
della frase perché
avevo chiuso la porta. Mi tolsi l'intimo, aprii il rubinetto
dell'acqua calda della vasca e quando l'acqua fu abbastanza calda mi
immersi, rilasciando dalle labbra un sospiro di piacere.
Mi immersi
completamente sotto l'acqua e
quando riemersi presi lo shampoo appoggiato sul bordo della vasca e
mi insaponai i capelli.
< Hai
intenzione di mettere le radici
qui? > domandò Robert entrando in bagno e mi
spaventai a tal
punto da far rovesciare per terra un po' d'acqua e mi coprii i seni
con il braccio < Non c'è bisogno che tu ti copra,
penso di averti
già visto nuda > continuò ghignando e si
tolse la maglietta,
rimanendo a torso nudo.
< Cosa pensi di
fare? > domandai
guardinga.
<
Perché non hai fatto la doccia?
Sarebbe stato più comodo >
<
Perché avevo voglia di fare un
bagno > ribattei iniziando a spazzolarmi i capelli < cosa
stai
facendo? > chiesi quando lo vidi togliersi i pantaloni e restare
in boxer.
< Coraggio,
fammi un po' di posto >
< No >
< Devo lavarmi
>
< Guarda
lì > dissi indicando la
doccia < è tutta per te >
<
Sì, ma io voglio condividere questa
esperienza con te > ribatté, ormai completamente
nudo, e mi fece
segno con la mano di spostarmi.
Sbuffai, ma feci come
mi aveva detto e
quando mi raggiunse in acqua mi stesi su di lui.
< Stai comoda?
> domandò
sussurrando al mio orecchio.
< Sicuramente
sei più morbido della
vasca > risposi sorridendo e inclinai la testa all'indietro per
baciargli la guancia < resterei così per tutta la
serata >
< Facciamolo
>
Presi la sua mano
destra, che era
appoggiata sul mio ventre, e l'intrecciai con la mia.
<
Perché non vuoi andare? >
< Non voglio
che tu stia male, è
diverso >
< Ma ora sto
bene >
< Potresti
avere una ricaduta >
< Sono capace
di intendere e di
volere, Robert, so decidere da sola se sto bene o meno > gli
dissi
stizzita e mi alzai dall'acqua < vado a prepararmi >
Uscii dalla vasca, mi
avvolsi attorno ad
un asciugamano e tornai in camera, lasciando Robert lì da
solo.
Mi asciugai il corpo e
subito dopo passai
ai capelli per togliere tutte le goccioline d'acqua, mi infilai
l'intimo pulito, il vestito e infine gli stivali.
< Sei sicura di
non essere incinta? >
domandò Robert quando aprì la porta del bagno
< Te lo chiedo
perché non ti ricordavo così lunatica >
continuò prima di
entrare in camera < oh, ehm…ciao splendore, hai per
caso visto
la mia fidanzata? > domandò mentre si appoggiava allo
stipite a
braccia incrociate < L'ultima volta che l'ho vista mi ha
piantato
in asso in bagno senza darmi tempo di rispondere, si è
infilata il
mio asciugamano, lasciandomi questo qui > disse indicando
l'asciugamano rosa che lo avvolgeva attorno alla vita < e ha
lasciato una scia d'acqua fino a qui > continuò
mentre si
avvicinava a me < ma qui ci trovo solo te >
< Lo so, sono
irritante in questo
ultimo periodo, io…scusami >
< Tranquilla
> rispose baciandomi
la guancia.
< A proposito,
chi era prima al
telefono? >
< Mia madre
>
< Uhm, una
telefonata molto più
importante di quella del Presidente >
< A quanto pare
> rispose
accarezzandomi la guancia < mi ha chiesto quando ti avrei
portato
a casa >
< E tu cosa hai
risposto? > chiesi
con un sorrisetto.
< Che ancora
non lo sapevo >
< Furbo!
> esclamai e mi avvicinai
allo specchio per truccarmi, ma il signorino dietro di me faceva di
tutto per distrarmi.
< Rob? >
<
Sì, Mitchie? > disse mentre mi
accarezzava i fianchi e mi baciava il collo.
<
Mmm…smettila >
<
Perché? > chiese seguendo con le
dita il profilo del mio corpo < Non apprezzi? >
< È
il contrario, magari > risposi
chiudendo gli occhi e mi appoggiai al suo petto.
< Meglio di una
qualunque uscita? >
< Non ci casco,
caro > dissi con un
sorrisetto < ho speso un patrimonio per questo vestito e noi
usciremo. Sono stata chiara? >
< Cristallina
> rispose
allontanandosi un poco da me.
Tornai in bagno per
lavarmi i denti e al
mio ritorno in camera lo vidi imprecare contro una cravatta.
< Non
c'è niente di divertente >
borbottò visibilmente spazientito quando risi < avrei
dovuto
comprarne una con la clip >
<
Perché affidarti a quelle con le
clip se posso darti una mano io? > ribattei sorridendogli.
< Posso
baciarti o temi che ti si
rovini il lucidalabbra? >
Non gli risposi e mi
attaccai alle sue
labbra, ma prima ancora che lui potesse ricambiare il bacio qualcuno
suonò alla porta. Guardai la radiosveglia e vidi che erano
le sei e
mezza: sicuramente era l'autista.
< Comunque, mi
ritengo profondamente
offeso >
< E
perché mai? >
< Preferisci
una serata fuori che una
da sola con me >
< Povero
giovane attore indifeso >
ribattei scimmiottandolo.
Robert mi prese per
mano e scendemmo al
piano terra.
< Buonasera
> disse un uomo
sorridendoci dopo che Robert ebbe aperto la porta.
< Salve
> rispondemmo ricambiando
il sorriso.
Ci fece segno di
seguirlo fino alla
limousine e aprì lo sportello anteriore per farmi
accomodare, stessa
cosa che fece anche per Robert. Una volta dentro la mia attenzione
ricadde su un piccolo tavolino con degli stuzzichini sopra e una
bottiglia di champagne dentro a un secchio e in mezzo a due calici.
< Proprio non
ti sei fatto mancare
niente, vero? > chiesi prendendo in mano qualche stuzzichino,
mentre Robert si destreggiava nell'aprire lo champagne.
< Ne vuoi un
po'? > chiese mentre
mi porgeva il calice con il liquido dentro.
< Posso
rifiutare allo champagne? >
chiesi retorica mentre gli sorridevo < Uhm, ma dove stiamo
andando? >
< Al Mignon
> rispose mentre si
versava un altro po' di champagne, gesto che ripeté anche
con me.
< Ne so
più di prima >
< È
un albergo a Malibù >
< Wow, fico!
> esclamai
sistemandomi meglio sul divanetto < Sei davvero elegante, lo
sai?
Hai l'aspetto di un damerino inglese perfetto >
< Mi stai
prendendo in giro? >
< Affatto
> risposi facendo di no
con la testa < stai davvero bene >
< Ti ringrazio
>
< Sai chi ci
sarà questa sera? >
< So per certo
che ci saranno Kristen,
Nikki e Taylor. Forse anche Ashley e Joe, ma non so altro >
< Oh, ma che
bello! > esclamai con
gran sarcasmo < Non vedevo l'ora di incontrarmi faccia a faccia
con quella lì anche questa sera >
Rise per la mia
risposta e mi versò
ancora un po' di champagne nel bicchiere.
< Non pensiamo
a lei per questa sera,
ti prego, non ho voglia di litigare >
Mi appoggiai allo
schienale e quando
alzai lo sguardo verso il tettuccio mi si illuminarono gli occhi.
< Mi ripudierai
come fidanzata se
infilo la testa fuori? >
< Non temi di
spettinarti tutti i
capelli? >
Riflettei un attimo
sulla sua risposta
prima e poi scossi la testa.
< Ho sempre
desiderato farlo >
< Accomodati
> ribatté sorridendo.
Senza attendere oltre
gli mollai in mano
il mio calice con lo champagne, spinsi il pulsante per aprire il
tettuccio e portai fuori la testa per godermi tutto il panorama:
eravamo ancora per strada e le illuminazioni non erano molte. Portai
le braccia al cielo e gridai un “whoa” a pieni polmoni.
Pochi minuti dopo le luci si fecero sempre più insistenti e
vidi
camminare per strada un sacco di gente, così come vidi molti
artisti
di strada. Beh, dire che era affollata la strada era un eufemismo.
< Mitchie?
> mi richiamò Robert
dandomi un colpetto sul ginocchio < Tra pochi minuti saremo
arrivati >
Rientrai
nell'abitacolo e chiusi il
tettuccio, riposizionandomi accanto a Robert.
< Mi hai
ripudiata? > domandai
guardandolo sorridendo.
< Ho lasciato
passare per questa volta
> rispose facendomi l'occhiolino.
In quel momento la
limousine si fermò e sentii molte voci all'esterno, per non
parlare
delle urla. Afferrai la mano di Robert e lui si voltò a
guardarmi.
< Michelle, è
tutto okay? > domandò mentre mi accarezzava una mano.
< Me la sto
facendo sotto > risposi mentre guardavo al di fuori del
finestrino.
< Michelle
Waldorf che teme un po' di paparazzi e fan? Ti facevo meno fifona,
sai?
>
< Disse l'uomo
che la settimana scorsa
urlò quando vide un ragno sul tavolo >
L'autista
aprì la portiera e Robert uscì
dalla limousine, facendo accrescere le urla di chissà quante
ragazze
c'erano fuori.
< Sei una
piccola stronza, lo sai? >
disse porgendomi la mano < Dai, ormai sei qui >
continuò
scrollando le spalle.
Sorrisi, accettai la
sua mano e non
appena misi piede fuori dalla macchina venni accecata dai flash e
diventai sorda per le troppe urla. Decisamente era una cosa fuori dal
mondo dei comuni mortali.
<
Robeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeert! >
esclamarono un gruppo di ragazze attaccate alla transenna.
< Ti lascio
solo con loro >
Mi sorrise e si
avvicinò verso i suoi
fan, dandomi così la possibilità di sgattaiolare
via, così mi
appostai davanti all'entrata per aspettare il mio cavaliere. Dopo
qualche minuto Robert mi cercò con lo sguardo e mi fece
segno di
raggiungerlo.
< Possiamo fare
qualche foto a questa
splendida coppia? > domandò una giornalista mora con
la macchina
fotografica in mano.
Robert mi
guardò ed io annuii, nella
speranza che qualche
foto volesse
dire due o tre, ma nel
momento in cui mi posizionai accanto a Robert partirono sì e
no
quattrocento flash.
Quando Robert
portò la mano dietro alla
mia schiena e ringraziò i fotografi, una giornalista mora
bionda di
E!
Entertainment
catturò l'attenzione di Robert.
< Robert, sono
veri i rumors su una
tua collaborazione con Woody Allen per remake di Grease? >
Robert rise e si
passò una mano tra i
capelli. Voltai lo sguardo verso di lui e lo guardai estasiata. Come
faceva ad essere così dannatamente bello in ogni singolo
momento?
< A dire il
vero, questa voce mi
giunge nuova, ma non mi dispiacerebbe lavorare con lui. Insomma,
Woody Allen è un genio ed io adoro ogni sua produzione
>
Continuai a guardarlo
estasiata, come se
fossi ipnotizzata: Mi piaceva vederlo lasciare interviste, sembrava a
suo agio. Quando Robert ricambiò il mio sguardo mi sorrise e
mi fece
un cenno verso la porta, al quale annuii quasi in preghiera: stavo
morendo di fame e se non ci fossimo seduti a mangiare probabilmente
mi sarei mangiato qualcuno della folla.
< Grazie a
tutti, ma ora dobbiamo entrare >
Sorrisi
educatamente ai giornalisti e senza lasciare la mano di Robert lo
trascinai nella hall dell'albergo.
< Sei…non ho
parole, sei stato fenomenale. Sicuramente ormai sarai abituato, ma
è
stato strano vederti parlare così scioltamente >
< Ti sei
annoiata a restare lì? >
< Affatto >
risposi sorridendo.
Afferrò entrambe
le mani e mi portò dietro una colonna, tra la siepe e il
muro. Lì
mi prese il volto tra le mani e mi baciò. Portai a mia volta
le mani
dietro il suo collo e lasciai che ogni suo tocco mi facesse venire i
brividi per tutta la schiena, finché non gemetti quando la
sua
lingua entrò nella mia bocca.
< È da quando
sei scesa da quella limousine che volevo farlo >
Sorrisi e portai
una seconda volta a contatto le nostre labbra, perdendomi in quel
bacio sensuale e per nulla malizioso, mentre mi inebriavo del suo
profumo.
< Mi sembrava di
averti visto! > esclamò una voce dietro di noi e
sobbalzai per lo
spavento.
< Oh, Kristen,
ciao > rispose Robert e per un attimo sperai di aver sentito
male,
ma quando mi voltai vidi che effettivamente la ragazza che Robert
aveva salutato era la Stewart.
Ma quale gioia.
< Ciao, Michelle
> disse guardandomi e mi sorrise nel modo più
falsamente
possibile.
< Kristen >
risposi senza dilungarmi troppo con i sorrisi.
Kristen ci fece
cenno con la mano di seguirla e ci portò davanti alla
vetrata dalla
quale si intravedeva il suo tavolo, nel quale Nikki e Taylor erano
già seduti.
< Taylor, Nikki
ed io ti avevamo riservato un posto. Ecco, non sapevo che anche
Michelle dovesse venire, ma possiamo sempre far aggiungere un posto
in più >
Alzai lo sguardo
verso Robert e lo pregai con gli occhi di non accettare l'invito.
< Kris, ti
ringrazio, sei molto gentile, ma non vorremmo disturbare >
< Nessun
disturbo! Mi…anzi, ci farebbe piacere avervi con noi!
>
Robert mi
guardò e rilanciai uno sguardo
disperato. Insomma, sarebbe stato davvero imbarazzante, senza contare
il fatto che non avevo voglia di trascorrere una serata in sua
compagnia.
< Kris!
> esclamò una voce dietro
me e Robert e sobbalzai per lo spavento una seconda volta.
Mi voltai e vidi che
Taylor Lautner si
stava avvicinando a noi.
< Hey, Tay
>
< Amico, come
va? > continuò
Taylor dando la mano a Robert.
< Tutto bene
> rispose Robert
sorridendogli e ricambiando la stretta < lei è
Michelle >
< Piacere di
conoscerti, Michelle >
< Il piacere
è tutto mio, Taylor >
< Allora,
volete venire a sedervi con
noi? > continuò Kristen.
< A dire il vero
ho invitato Selena a sedersi con noi. Dal momento che avevamo visto
Robert era in compagnia, ho pensato che non si sedesse più
con noi >
Guardai Taylor con
occhi adoranti e colmi di gratitudine.
< Beh, allora ci
vediamo più tardi. Ciao, Rob > disse Kristen
avvicinandosi a lui
e lo baciò sulla guancia, gesto che mi fece infuriare e non
poco:
chiunque poteva baciare Robert sulle guance, non mi dava fastidio. Ma
lei no. A lei era vietato. Possibile che non esista un paragrafo
della Costituzione americana che glielo impedisca?
< Buona cena >
rispose Robert sorridendole.
< Ciao, Michelle
>
< Buona serata,
Kristen > risposi fredda e mi avvicinai di più a
Robert, mentre
Taylor ci guardava sogghignando.
< Ci si vede >
disse Taylor facendo a me e a Robert l'occhiolino e poi ci lasciarono
soli.
< Puoi mollare
la presa ora > mi sussurrò Robert all'orecchio.
< No, deve
capire che non si deve avvicinare a te in mia presenza >
< Sì, ma mi
stai spezzando il bacino >
< Scusa! >
esclamai allontanando subito la mano.
Rise del mio gesto,
mi circondò le spalle con il suo braccio e ci incamminammo
verso
l'ingresso della sala da pranzo.
< S…scusate? > ci richiamò con
voce timida una ragazza alla mia destra < mi dispiace
disturbarvi,
ma volevo sapere se mia sorella ed io potevamo fare una foto con te,
Robert > continuò indicando se stessa e una ragazzina
molto
giovane che le stava accanto.
< Ma certamente > rispose Robert
annuendo e sorridendo alle ragazze.
< Se volete darmi la macchina
fotografica vi farò io la foto > mi offrii
rivolgendomi verso la
ragazza più alta, la quale mi sorrise e me la porse subito
prima di
avvicinarsi a Robert, che si mise in mezzo tra le due sorelle.
Scattai la foto, restituii la macchina
fotografica e infine salutai le due ragazze.
< È bello vedere altri comuni mortali
oltre a voi celebrità > dissi quando Robert ed io
fummo soli.
< Ti senti meno abbandonata? >
chiese prendendomi in giro.
< Decisamente >
Una volta entrati dentro la sala venimmo
accolti da un cameriere che ci scortò fino ad un tavolo
vicino alla
cucina.
< Cibo! > esclamai quando ci portò
i grissini.
< Attenta, mangiona, poi ingrasserai >
< Già, poi quello che dovrà
sopportarmi sei tu > ribattei facendogli la linguaccia.
< Ciao > disse una voce femminile
interrompendoci.
< Ciao! > esclamò Robert alzandosi
dalla sedia e abbracciò la ragazza, Ashley Greene per
l'esattezza <
Stai bene? >
< Sì, ti ringrazio. Tu? >
< Non posso lamentarmi > rispose
sorridendole < Ash, lei è la mia ragazza, Michelle.
Mitchie, lei
è Ashley >
< Sì, so chi è > dissi stringendo
la mano che mi stava porgendo e le sorrisi < è un
piacere
conoscerti >
< Oh, fidati, il piacere è tutto mio.
Sai, ho sentito parlare tanto di te >
< Spero solo cose belle >
< Ovviamente. Robert mi ha raccontato
un sacco di cose sul tuo conto e non hai idea di quante notti insonni
mi ha fatto passare! Ma la sua descrizione non ti rende giustizia
>
< Grazie > le dissi imbarazzata.
< Ash, vuoi fermarti al tavolo con
noi? > domandò Robert.
< Volentieri, grazie. Vado a cercare
il mio fidanzato e arrivo >
Seguii Ashley con lo sguardo e quando fu
lontana rivolsi l'attenzione nuovamente al mio accompagnatore.
< Quanto le hai raccontato? >
< Tutto quello che c'è da sapere >
< E cioè? >
< Con chi credi mi sia sfogato quando
sono tornato a Vancouver? >
< E lei non patteggiava per te e
Kristen? >
< No > rispose e lo guardai
meravigliata < non fraintendere, lei vuole bene a Kristen e le
è
molto affezionata. Ma ha sempre sostenuto che Kristen non fosse la
persona più adatta a me >
< Amen > dissi portando alla bocca
il bicchiere di champagne che era sul tavolo.
< Senza contare che il loro rapporto
al momento è un po' burrascoso >
< E perché? > chiesi curiosa.
< Kristen ultimamente si è montata un
pochino la testa e Ashley litiga spesso con lei per questo motivo
>
< Un pochino, eh? > dissi ridendo.
< Siamo di nuovo qua > disse Ashley
interrompendo il nostro discorso e accanto a lei vidi il suo
fidanzato, Joe Jonas.
< Ciao, Joe, tutto bene? > domandò
Robert sorridendo al ragazzo.
< Sì, amico, tu? >
< Idem. Lei è Michelle, la mia
ragazza >
< Piacere, Michelle > disse Joe
porgendomi la mano e risposi al saluto.
Joe spostò la sedia ad Ashley come un
perfetto gentiluomo e rimasi sconvolta: Robert non l'aveva mai fatto
con me. Guardai il mio fidanzato con uno sguardo di fuoco e lui
sembrò capire il mio gesto, tant'è che scosse la
testa e ghignò.
< È tutto okay? > domandò Ashley.
< Michelle mi ha appena guardato male
perché io non le sposto mai la sedia >
< Cafone maleducato > borbottò
Ashley in mia difesa e la guardai con sguardo d'adorazione.
< I signori vogliono ordinare? >
domandò un uomo dall'accento francese quando fu accanto al
nostro
tavolo: era un uomo alto e di bell'aspetto, indossava uno smoking
nero e un fazzolettino viola nel taschino, senza contare che aveva un
aspetto familiare.
< Cosa ci consiglia? > domandò
prontamente Robert.
< I tagliolini ai gamberi e alle
zucchine sono ottimi. Oppure, se preferite la carne, abbiamo un
ottimo pollo alla cacciatora, o un'eccellente bistecca con una salsa
agrodolce con contorno di purè e sedano >
< Mi hanno convinto i tagliolini >
dissi non appena il cameriere finì di parlare.
< Sì, anche a me > disse Ashley.
< Io prendo la bistecca >
intervenne Joe e Robert lo seguì a ruota.
< Arriverò il prima possibile con le
vostre ordinazioni > disse andandosene e lo seguii con lo
sguardo
fino al bancone che dava sulla cucina, quando, all'improvviso, vidi
affacciarsi lo chef Gordon Ramsey (*).
< Ma quello è Gordon Ramsey! >
esclamai sgranando gli occhi e spalancai la bocca.
< Non dirmi che anche tu sei una fan
di Hell's Kitchen > disse Ashley guardandomi.
< Fan? Ne è ossessionata! >
ribatté Robert < Tutte le sacrosante volte che
c'è quel
programma in televisione ed io sono da lei guai a me se fiato! >
< Robert, anche Ashley è così!
Quell'uomo, nonostante sia un gran maleducato, esercita un grande
fascino sulle ragazze >
Ashley ed io ci avvicinammo per guardare
meglio Gordon e sospirammo entrambe all'unisono, comportandoci
esattamente come due dodicenni in piena tempesta ormonale.
< A cosa stai pensando? > domandò
Robert ad un certo punto.
< A qualche buona ragione per non
mollarti per Gordon Ramsey > ribattei senza guardarlo in faccia.
< Beh, è sposato > intervenne Joe
e lo fulminai.
< Zitto, Jonas! > esclamai e Ashley
ridacchiò < E poi sono sicura che Gordon mi avrebbe
spostato la
sedia da vero galantuomo > continuai lanciando uno sguardo di
sfida verso Robert, che, per tutta risposta, roteò gli occhi.
< Le vostre ordinazioni, signori >
ci disse il cameriere di prima, che ora riconobbi come Jean-Philippe,
il cameriere di Hell's Kitchen, servendoci da mangiare.
< Robert, toglimi una curiosità >
disse Joe ad un certo punto < sono vere le voci che circolano?
Metterai davvero all'asta una cena con te? >
< Sono stato costretto > rispose
Robert pulendosi con il tovagliolo.
< E da chi, di grazia? > chiesi
indispettita.
< Dalla Summit, gelosona dei miei
stivali > disse facendomi l'occhiolino.
< Beh, è molto meglio una cena che la
tua chitarra preferita. Non me la sarei potuta permettere questa
volta >
Robert rise e mi prese la mano.
< Apprezzo il gesto, tesoro >
rispose e gli sorrisi, avvicinandomi in un secondo momento per
baciarlo.
< Michelle, verresti con me in bagno?
> domandò Ashley gentilmente e annuii con la testa
mentre mi
alzavo dalla sedia.
Ci alzammo dal tavolo e chiacchierammo
fino al bagno. Non appena aprì la porta sentii un tonfo e
qualcuno
imprecare: la sfortuna volle che avessi appena centrato Kristen
Stewart in pieno naso.
< Cazzo, che male! > urlò
portandosi le mani sul naso.
Sgranai gli occhi e mi portai entrambe le
mani davanti alla bocca.
< Oh mio Dio, mi…mi dispiace un
sacco. Stai bene? > domandai avvicinandomi.
< Ma che razza di domanda è? >
sbottò fulminandomi con lo sguardo < Mi hai sbattuto
addosso la
porta, è ovvio che non stia bene >
< È stato un incidente, non sapevo
che tu fossi qui >
< Stupida cieca > borbottò
lanciandomi una seconda occhiataccia, ma non le volli rispondere e la
guardai spostarsi con Ashley verso i lavandini.
< Uhm, dalla reazione di Kristen
immagino che tu sia la ragazza di Robert > mi disse Nikki
facendo
un sorriso imbarazzato.
< Già. Sono Michelle > risposi
stringendole la mano.
< Nikki, piacere. Finalmente ci
incontriamo, Robert non fa che parlare di te >
< Davvero? > chiesi sorridendo.
< Già > rispose Kristen con tono
acido e poi tornò a lamentarsi nel naso.
< Kristen, te l'ho già detto, mi
dispiace >
< Sì, ti avevo già sentita la prima
volta > continuò ignorando le mie scuse <
coraggio, Nikki,
torniamo a tavola >
Nikki aprì la porta e fece passare
Kristen per prima, poi guardò me e Ashley, ci sorrise e se
ne andò.
< Immagino che con quanto è successo
io abbia perso tutte le occasioni di entrare nelle grazie di Kristen
> dissi guardando Ashley.
< Fidati, le hai perse nel momento in
cui i tuoi occhi si sono posati su di Robert la prima volta >
rispose ridendo e mi prese a braccetto per tornare al nostro tavolo.
< Ragazze, temevamo foste scappate! >
esclamò Joe non appena ci vide.
< Scusaci, abbiamo avuto un problema
tecnico > rispose Ashley prima di posare la mano sulla sua.
< Possiamo sapere quale o sono affari
di donne? > chiese Robert curioso.
< Ho quasi rotto il naso a Kristen >
< Come, prego? > domandò Robert
guardandomi con occhi sgranati.
< Noi stavamo entrando, lei e Nikki
stavano uscendo e il suo naso e la porta si sono scontrati >
dissi
raccontando brevemente l'accaduto < ma è stata
talmente
maleducata che non sono più di tanto sicura di essere ancora
dispiaciuta >
< Con te non ci si annoia mai, non è
vero? > ribatté Robert portandomi un braccio sulle
spalle.
Ordinammo il dolce e dopo dieci minuti e
altrettante grida di Gordon ci vennero serviti dei meravigliosi
profiteroles.
< A proposito, Michelle > mi chiamò
Ashley < chi preferisci tra i concorrenti di Hell's Kitchen?
>
< Neil > risposi prima di mettere
il cucchiaino in bocca.
< Neil? E perché? >
< Perché nonostante abbia meno
esperienza degli altri se la cava di gran lunga meglio >
< Io preferisco Melanie, invece. Si
impegna un sacco in quello che fa e sa cosa vuole >
< Uhm, io non la posso vedere >
ribattei < crede di essere chissà chi >
< Non monopolizzerete la conversazione
su Hell's Kitchen, vero? > domandò Joe.
< Trovalo tu un argomento migliore,
amore > rispose Ashley con tono di sfida.
In quel preciso momento entrarono in sala
Gordon Ramsey, le cinque donne della squadra rossa e i quattro
concorrenti uomini della squadra blu.
< Signori e signore, vi ringraziamo
per averci permesso di cucinare per voi, spero che sia stato tutto di
vostro gradimento >
Terminato il suo discorso partì uno
scroscio di applausi e pochi attimi dopo una donna dai capelli rossi,
che disse di chiamarsi Hilay Pratt, ringraziò Gordon per la
cena e
ci disse che a breve ci avrebbe comunicato quanto era stato accolto
per la donazione e le vincitrici delle varie aste.
< Vieni con me > mi disse Robert
alzandosi dal tavolo e prendendomi la mano.
< Dove vuoi portarmi? >
< È una sorpresa >
Guardai Ashley, che mi riguardò con lo
stesso sguardo curioso, e uscii dalla sala con Robert. Senza
lasciarmi la mano mi portò fino ad una porta che indicava
un'uscita
d'emergenza, la aprì e ci ritrovammo in un piccolo corridoio
con ai
lati delle scatole.
< Aspettami qui >
Mi lasciò lì da sola senza che potessi
ribattere per qualche minuto, poi tornò indietro e mi
riprese per
mano sorridendo.
< Robert, devo preoccuparmi? >
domandai, ma fece di no con la testa.
Girammo l'angolo e non appena mi trovai
Gordon Ramsey davanti agli occhi mi pietrificai.
< Gordon, lei è Michelle, la mia
fidanzata > ci presentò Robert.
< È un piacere conoscerti, Michelle >
disse Gordon sorridendomi e porgendomi la mano.
< Il piacere è tutto mio, davvero.
Adoro il tuo programma > risposi ricambiando il sorriso e la
stretta.
Robert tirò fuori dalla tasca la mia
macchina fotografica digitale, scattò una foto a Gordon, me
e a
tutti i concorrenti di Hell's Kitchen e poi mi portò via dal
gruppo.
< Non so cosa dire, davvero > gli
dissi quando tornammo nel corridoio.
< Spero ti sia piaciuta la sorpresa >
< Da morire, grazie. Sei stavo
veramente dolce >
Mi avvicinai a lui, portai le braccia
intorno al collo e lo baciai.
< Mi perdoni per non averti spostato
la sedia? >
Risi e annuii con la testa.
< Sei stra-perdonato >
Rientrammo nel salone giusto per sentire
che la cena di Robert e cinque biglietti per la premiere della prima
parte di Breaking Dawn che erano stai messi all'asta era stata vinta
per la modica cifra di trentaduemila dollari da un gruppetto di
ragazze del Montana, tra le quali riconobbi anche la ragazza alla
quale avevo scattato la foto con Robert.
Robert, che era stato chiamato da Hilary
sul palco, tornò al tavolo e mi propose di tornare a casa.
Accettai,
visto che ero stanca, salutammo Ashley e Joe, aspettai che Robert
andasse a salutare Kristen e infine uscimmo dalla stanza.
Poco prima di andarcene dall'hotel, però,
il mio cavaliere voltò la testa di lato e si
fermò; guardai verso
dove stava guardando lui e vidi una donna che ad occhio e croce aveva
una trentina d'anni venirci incontro: era davvero bella e talmente
alta da sembrare una modella. Il suo vestito rosso e lungo fino alle
ginocchia le metteva in risalto i lineamenti del corpo,
tant'è vero
che più si avvicinava, più io mi sentivo nana e
bassa. La
sconosciuta si fermò davanti a noi, si portò una
ciocca bionda
dietro l'orecchio e ci sorrise, facendo intravedere la sua dentatura
bianca e perfetta.
< Che piacere rivederti anche questa
sera! E tu > disse guardando verso di me < devi essere
Michelle. Sono così felice di conoscerti. Io sono Emma
>
Alt! La donna che avevo davanti a me era
Emma? La figa spaziale che mi stava stringendo la mano era Emma, la
vecchia e anche l'attuale manager di Robert, del mio
Robert?
Mi ci volle una manciata di secondi per riprendermi dallo shock. Ecco
perché Robert era così contento di averla come
manager. Un'ottima
manager, tzé!
< Sono felice di conoscerti >
risposi sperando che non trasparisse la mia momentanea gelosia.
< Ma stavate andando via? > domandò
tornando a guardare Robert.
< Sì >
< Mi dispiace, ma non posso lasciarvi
andare fino a che non berrete qualcosa con me >
< Se proprio insisti > rispose
Robert sorridendole e mi trascinò a bere qualcosa con loro.
Al bancone ordinai un Mojito, mentre
Robert ed Emma presero un bicchiere di vino. In pochi minuti potei
constatare che Emma era una persona piacevole, ciò
nonostante
qualcosa dentro di me non mi faceva passare l'incazzatura che mi era
venuta negli ultimi dieci minuti.
Ad un certo punto le squillò il
cellulare e tirò fuori dalla borsetta il suo i-Phone.
< Pronto?…ciao! No, sono a bere
qualcosa con Robert e la sua fidanzata…sei qui fuori? Ma
certo,
arrivo subito >. Non appena spinse il tasto rosso
tornò a
guardarci < Potreste scusarmi solo un momento? >
Emma ci lasciò soli e Robert si
massaggiò le tempie.
< Sono stanco morto…Michelle,
potresti spiegarmi perché d'un tratto sei diventata musona?
>
< Potevi dirmelo > sbottai in
risposta.
< Dirti cosa? >
< Che Emma sarebbe stata qui questa
sera >
< Non ne ero al corrente >
< Cazzate > replicai mentre finivo
il mio drink < non dirmi che ieri non avete parlato della serata
di Malibu, perché non ci credo >
< Ho parlato principalmente di te >
< Oh, ti prego >
< Non è che sei gelosa di lei? >
< Puoi biasimarmi? È una donna
favolosa, se fossi un uomo ci proverei anche io! >
< Si vede che non ti sei guardata allo
specchio > ribatté sorridendo sensualmente, sapendo
benissimo che
il suo sorriso era il mio punto debole.
E infatti arrossii.
< Smettila, io sono arrabbiata con te!
> esclamai senza smettere di sorridere.
< Cambierebbe qualcosa se ti dicessi
che a lei non interesso? >
< Questi è quello che credi tu.
Magari sei il suo amore segreto e ha un piccolo tempietto in casa sua
pieno di tue foto >
< Stai andando fuori strada
completamente >
< E perché? >
< Scusate il ritardo > disse Emma
tornando da me e Robert, mano nella mano con un uomo < lui
è
Alan, mio marito. Al, loro sono Robert e Michelle >
< Piacere di conoscervi > ci disse
Alan.
< Robert, questo è per te > disse
Emma porgendogli una busta < dentro c'è il copione di
Wide
Sargasso Sea (*). Il regista vorrebbe te nella parte di
Rochester
>
< E chi sarebbe la sua
co-protagonista? > domandai curiosa.
< Vanessa Hudgens. A quanto pare è
perfetta per il ruolo di Antoinette >
< Okay, ci darò un'occhiata domani e
poi ti chiamerò. Grazie >
< Figurati, quando mi darai una
risposta mi farò dare tutti i dettagli. Buona serata.
Michelle, è
stato davvero un piacere conoscerti >
< Anche per me, Emma. Spero di vederti
presto >
< Anche io, senz'altro > rispose
sorridendomi e dopo che ebbe salutato Robert lei e suo marito se ne
andarono.
< Sei contenta ora? >
< Sì > asserii sorridendo.
< Torniamo a casa ora, ho voglia di
andare a dormire >
Uscimmo dall'hotel, Robert rilasciò un
altro paio di brevi interviste e dopo quindici minuti riuscimmo a
rientrare in limousine.
< Grazie al cielo non ho deciso di
mettere dei tacchi troppo questa sera > dissi portando le gambe
su
quelle di Robert.
< Ti sei divertita? > domandò
cominciando ad accarezzarle.
< Moltissimo. Ho conosciuto Gordon,
Anne Hathaway, Ashley e ho scoperto che non devo temere la tua
manager. È stata una serata da oscar. Senza contare che ho
quasi
rotto il naso alla tua co-protagonista >
< Credevo ti dispiacesse >
< Questo è stato prima che mi
rispondesse male > ribattei stiracchiandomi.
< Posso farti una domanda? > chiese
dopo una decina di minuti.
< Come no >
< Potrai abituarti a questa parte
frenetica della mia vita? >
< Solo se mi starai accanto >
< Sarò la tua ombra > ribatté
scendendo con il viso verso il mio e mi baciò
appassionatamente.
< Signor Pattinson, siamo arrivati >
ci disse l'autista dopo qualche minuto.
Venne ad aprirci la portiera, lo
ringraziammo e Robert gli lasciò almeno un bel po' di mancia.
< Buonanotte, ci vediamo domani >
gli dissi alzandomi in punta di piedi per baciarlo.
< Sogni d'oro, Mitchie, e grazie per
la serata >
Salve a tutti!
Avrei voluto postare prima, ma non ho
avuto vari problemi, malattia inclusa. Chi è quella sfigata
che si
ammala alla fine delle vacanze e resta a casa durante la simulazione
di terza prova? Io, of course. E ve lo racconto anche se a voi non
interessa un accidente.
Siete stupende, leggere le vostre
recensioni mi riempe il cuore di gioia.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
Un bacio, Giulls
(*) Gordon
Ramsey è il
conduttore del programma americano Hell's Kitchen. È un tipo
stronzo, ma io lo adoro e adoro il suo programma. Se fossi nata in
America o abitassi là e sapessi cucinare andrei a farmi
insultare da
lui.
Wide Sargasso Sea, invece,
è un libro che la mia prof di inglese mi ha fatto leggere.
Conoscete
la storia di Jane Eyre? Ecco, questo libro è stato scritto
dal punto
di vista di Bertha Mason ed io ne sono rimasta talmente tanto
affascinata da volerlo inserire nella storia. Non so se hanno fatto
il film su questo libro, sono troppo pigra per guardarci, ma non
credo proprio. Ad ogni modo, il film lo faccio io
ù.ù E ci metto il
Pattinson perché altrimenti non avrei mai potuto inserirlo
nel
capitolo e ci metto la Hudgens perché…beh, non ho
niente contro di
lei, ma a dire il vero l'ho inserita solo perché
è l'unica attrice
giovane che mi viene in mente con la carnagione olivastra.
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Capitolo 21 *** Ma Kristen Stewart non ha una vita sociale propria? ***
Prima di lasciarvi al capitolo
voglio
precisare una cosa: MICHELLE
NON È
INCINTA!
Prima o poi succederà, ma non ora. E poi
scusate, deve finire la scuola, poi c'è il college! Come fa
con un
bambino? ;)
Una
volta finito il capitolo andate a leggere tuuuuuutto quello che ho
scritto in fondo. Se non lo farete, Samara verrà a farvi
visita tra
sette giorni.
Ma
Kristen Stewart non ha una vita sociale propria?
< Amo il
sabato, amo il fatto che non ci sia la scuola e amo essere qui al
mare! > esclamò Charlotte mentre si buttava a peso
morto sul suo
telo.
Alle otto
di mattina Sarah e Jenny suonarono alla mia porta di casa, mi
obbligarono ad indossare un costume e mi trascinarono con e con tutte
le altre Clovers al mare per trascorrere una giornata tra sole donne.
Così, nella fretta, indossai un costume nero, molto
semplice, con le
mutande a brasiliana e il pezzo di sopra era a fascia, mentre sopra
al tutto indossai un vestito bianco di cotone con le bratelline e
lungo fino a metà coscia.
< Già,
effettivamente non facevamo un'uscita del genere da molto >
intervenne Megan, che tra tutte noi era la più abbronzata
per via di
quei giorni trascorsi in Florida, ma non potevo darle torto:
ultimamente le nostre uscire erano sempre rare per via dei vari
impegni di ognuna di noi, riuscivamo a stare insieme solo durante gli
allenamenti di pallavolo.
< Uhm, è
così rilassate > dissi io mentre mi godevo il calore
del sole.
<
Michelle, ci sei questa sera alla festa di James? > chiese Mary
mentre mi picchiettava sul braccio.
<
Cavolo, la festa! Me ne ero completamente dimenticata! >
esclamai
sgranando gli occhi.
< Questo
vuol dire che sei con Robert? > intervenne Megan.
< No,
assolutamente, ci sono. Qualcuno fa le macchine? >
< Io,
Amanda e Vanessa > disse Jenny sorridendo: da quando la sua auto
era tornata dalla riparazione non faceva altro che guidare lei <
Michelle, ti passo a prendere io sulle nove >
< Va
bene > risposi alzando i pollici < grazie mille >
< Chi
vuole fare un tuffo? > chiese Hilary alzandosi in piedi.
< Io! >
esclamò Jenny, seguendola a ruota < Michelle? >
< Uhm,
mi scoccia > replicai mentre le guardavo.
< Che
pigrona che sei > ribatté Hilary, che mi prese per il
braccio e
mi trascinò per tutta la spiaggia.
< No,
ferma! > urlai < La sabbia brucia! >
< E
allora muovi il culetto, capo >
Mi alzai
dalla sabbia, mi scrollai la sabbia che avevo addosso e, ignorando i
fischi dei ragazzi che ci stavano fissando, mi tuffai con Jenny e
Hilary in acqua. Era da una vita che non andavo al mare, non
ricordavo di quanto fosse pulita e rinfrescante l'acqua dell'Oceano
Pacifico.
Noi tre
restammo in acqua per un sacco di tempo a nuotare, raccontarci i
pettegolezzi e a schizzarci.
< Hey,
ma quella non è Olivia? > disse Jenny ed entrambe ci
voltammo
nella direzione da lei indicata, che non era molto distante da dove
eravamo noi.
< Guarda
guarda chi c'è! > esclamò Olivia non
appena ci vide < Ciao,
ragazze >
< Taylor
> replicai incrociando le braccia al petto.
<
Waldorf, ti sei già stancata della popolarità?
> chiese maligna.
< E tu
ti sei stancata di fare la sgualdrina? > risposi per le rime.
< Prego?
>
< Beh,
so che non hai esitato a mettere mano nei pantaloni di Stephan >
< Non è
colpa mia se la tua amica verginella non è abbastanza per
lui >
< Ritira
subito quello che hai detto > sibilai avvicinandomi al suo viso,
livida di rabbia.
< Perché
non dovrei dire la verità? A nessuno interessano le
santarelline,
gli uomini vogliono le ragazze spigliate, disponibili, con un passato
alle spalle…e di passati ne sai a pacchi, vero, Waldorf?
>
continuò con il suo tono maligno.
E in quel
momento non ci vidi più. Non so bene cosa mi prese, non sono
mai
stato un tipo manesco, sta di fatto che nel giro di qualche secondo
il mio pugno centrò il suo naso.
< Prova
ad aprire di nuovo la tua boccaccia e vedi come ti annego > le
dissi minacciosa e strinsi le mani a pugno < non me ne frega un
accidente delle conseguenze, ti giuro che lo faccio >
Olivia,
senza aggiungere altro, prese a raccolta il suo gruppo di
ochette/amiche e si allontanò da noi.
<
Michelle, stai bene? > domandò Jenny avvicinandosi a
me e posò
una mano sulla mia spalla.
< Non
hai idea di quanto la odi >
< Parla
a vanvera, lo sai benissimo > intervenne Hilary avvicinandosi a
noi < torniamo dalle altre, vi va? >
Annuii e ci
incamminammo verso riva.
<
Michelle? > mi chiamò Megan quando tornai a sedere
sul telo da
mare < so che Olivia è una persona da picchiare
costantemente, ma
come mai le hai tirato un pugno in faccia? >
< Ha
insultato Sarah > risposi brevemente mentre tornavo a stendermi.
< Grazie
per avermi difesa, Michelle > disse Sarah stendendosi accanto a
me, sul suo telo.
< Non
ringraziarmi, l'ho fatto con piacere > risposi sorridendo.
Le due ore
successive le trascorsi a fare dentro e fuori dall'acqua con le mie
amiche e me la spassai alla grande. Verso le sei incominciammo a
mettere via le nostre cose e ci demmo appuntamento per le nove e
mezza davanti alla casa di Jackson.
Entrai in
macchina con Sarah e Jenny e non appena Jenny mise in moto il mio
cellulare iniziò a squillare.
<
Pronto? >
<
Michelle, finalmente! >
< Ciao,
Rob >
< Ciao,
Rooob! > esclamarono le mie amiche ridendo.
< Dove
sei? >
< Sono
in macchina con Jenny e Sarah e sto tornando a casa, siamo state al
mare >
< È
tutt'oggi che ti chiamo, ma tu non mi hai mai risposto >
<
Scusami, tesoro, non ho guardato per niente il telefonino >
< Sì,
ho notato > continuò, seccato.
< Cosa
volevi dirmi? > chiesi cambiando discorso.
< Dovrei
parlarti di una cosa >
< Parla
>
< Non
per telefono >
< Okay,
come vuoi. Vengo lì da te allora >
< Che ne
diresti di parlarne a cena? Ti porto a mangiare fuori > rispose
dopo qualche secondo di silenzio, ma dalla sua troppa calma avevo
intuito che c'era qualcosa che non andava.
< Lo sai
che sono in grado di farti scenate anche in pubblico, vero? >
< Va
bene, vieni da me >
<
Nascondi gli oggetti appuntiti >
< Già
fatto, ma so che tanto li troverai >
<
Infatti. Arrivo tra cinque minuti > dissi e spinsi il tasto
rosso.
< Che
succede? > domandarono le mie amiche.
< Rob
vuole parlarmi e a quanto pare è una cosa seria >
< Centra
Kristen? >
<
Sicuramente centrerà quella > ribattei storcendo il
naso e
guardai fuori dal finestrino, notando che pochi minuti dopo ero
davanti a casa < ci vediamo più tardi, ragazze
>
< Va
bene, a dopo > replicarono e le guardai allontanarsi dalla mia
visuale.
Senza
passare da casa a farmi una doccia o a cambiarmi, andai
immediatamente a casa di Robert, suonai il campanello e attesi che
venisse ad aprire, il che avvenne una manciata di secondi dopo.
<
Caspita, sei abbronzata! > esclamò non appena mi vide.
< Già,
penso di aver messo quintali e quintali di olio abbronzante. Spero di
non essermi scottata, però >
< Non mi
pare tu sia rossa > disse facendomi accomodare in casa e
squadrandomi < ti sei divertita? >
<
Parecchio, era da tanto che noi Clovers non stavamo un po' insieme
>
replicai sorridendo a trentadue denti < ma tu non lo sai!
>
esclamai ad un certo punto, mentre Robert mi indicava di seguirlo in
cucina.
< So
cosa? >
< Ho
mollato un pugno ad Olivia in pieno naso >
< Ma tu
ce l'hai con i nasi ultimamente? > domandò ridendo.
< Che
vuoi dire? >
< Prima
hai sbattuto la porta contro il naso di Kristen, ora hai colpito
Olivia proprio sul naso >
< Beh, a
Olivia sta bene, così impara ad offendere le mie amiche,
mentre con
Kristen non è stato un colpo intenzionale > risposi e
vidi che la
tavola era piena di piatti della cucina greca < hai ordinato
greco? >
< Sì, a
te piace molto ed io non sono capace di cucinare. Due piccioni con
una fava >
<
Infatti > risposi guardinga e mi appoggiai al tavolo <
coraggio, questa attesa mi sta dando ai nervi. Che cosa vuole ancora
Kristen? >
< Come…?
> domandò sconvolto.
<
Chissà
perché ogni tuo “dobbiamo
parlare” ha come argomento
Kristen Stewart > ribattei sarcastica e parecchio irritata.
< Beh,
sì, ecco…non è che io lo voglia, ma mi
è stato chiesto…sai,
devi sapere che molti fan… >
< Robert
> dissi interrompendolo < vieni al nocciolo della
questione >
< I
produttori mi hanno chiesto di fingere di stare con Kristen >
< E
perché di grazia? > domandai a bruciapelo.
< È
una
trovata pubblicitaria della Summit, i produttori ritengono che, se
Kristen ed io fingiamo di frequentarci potremmo avere più
consensi
dei fan >
< Ma
poveri fan scontenti > replicai con sarcasmo < immagino
che
Kristen abbia accettato al volo. Ma scusa, i produttori non sanno che
hai una vita privata? >
< Ehm,
beh, ecco… > disse lui imbarazzato.
< Cosa?
>
< A dire
il vero la Summit ci ha riuniti per escogitare insieme una trovata
pubblicitaria e Kristen ha proposto di fingere di stare insieme
>
rispose senza guardarmi negli occhi e in quel momento non ci vidi
più.
< Quella
schifosa ha fatto cosa?!? > urlai a pieni polmoni.
<
Michelle, non esagerare >
< Non
esagerare un cazzo! > continuai < Come diavolo si
permette
quella…quella…quella scopa con la faccia da
cavallo di pensare a
cose del genere! E poi mi meraviglio di te e dei produttori, state
inventando delle storie per cosa? Per non perdere fan e per avere
più
soldi in tasca, magari! > sbottai e mi portai una mano davanti
alla faccia.
< Non
centrano i soldi, ma se devo essere onesto non lo so perché
i
produttori ci abbiano chiesto aiuto per queste trovate pubblicitarie,
nemmeno io ne vedo il motivo >
< Cosa
hai risposto? > domandai glaciale.
< Che
prima ne avrei parlato con te >
<
Perché? Non siamo sposati, puoi fare quello che ti pare
>
ribattei incrociando le braccia al petto e iniziai a picchiettare col
piede.
<
Ma sei la mia ragazza >
< Tu
cosa vuoi fare? >
< Non lo
so…tu cosa ne pensi? >
< Non
deciderò per te, Robert >
< Voglio
un tuo parere >
< Tu
vuoi un mio parere? > chiesi ridendo sarcasticamente < Ti
prego, non farmi ridere. Sappiamo entrambi che per non scontentare la
Summit dirai di sì. Vuoi sapere cosa dico io? Fai quello che
ti
pare, non me ne frega niente. Mettiti con lei, facci anche sesso se
ti va. Io sono stanca > risposi mentre mi allontanavo dalla
cucina, in direzione della porta d'ingresso.
< Hey,
aspetta solo un attimo! > esclamò bloccandomi per un
polso <
Che cosa vuol dire che sei stanca? >
< Sono
stanca di tutto questo! > urlai < Sono stanca di dover
sempre
lottare contro Kristen, di avercela tra i piedi ogni volta che sono
con te, di dover parlare sempre di lei. Devi stare con Kristen? E
allora stacci sul serio! >
< Non è
per mia scelta >
<
Nessuno ti sta obbligando, la scelta è unicamente tua
>
< Quindi
mi stai lasciando? >
< Non lo
so, forse! > urlai guardandolo negli occhi < No, non ti
sto
lasciando > ripresi più calma pochi secondi dopo
< se vuoi
fare questo favore ai produttori e nascondere per un po' la nostra
relazione, va bene, fallo >
< Ma? >
< Ma io
voglio tornare a vivere la mia libertà, la mia vita. Tu
flirti con
Kristen, io flirto con altra gente >
<
Cosa?!? No! > esclamò < Non se ne parla
nemmeno >
< Vuoi
aiutare la produzione? Questi sono i patti. Prendere o lasciare >
<
Potresti anche andare oltre al bacio >
< No,
ovviamente >
< Ma
potresti baciarli >
<
Esattamente come tu bacerai Kristen >
< Non
voglio che altri ragazzi ti bacino >
< Siamo
sulla stessa barca >
< Ma tu
lo vuoi fare per ripicca >
< Non
centra niente >
< Sì,
invece. Vuoi farmela pagare >
<
Robert, taci >
< No,
non dirmi di stare zitto! > tuonò, furibondo <
Sai che ti
dico? Sei solo una ragazzina viziata. Non ha neanche senso fingere e
sai perché? Perché tra noi due è
finita per davvero, sono stanco
di queste tue stupide lamentele >
<
Lamentele?!? > domandai, alzando la voce < Forse non ti
ricordi, ma a causa di Kristen stavamo per lasciarci >
< Certo
che mi ricordo > rispose stizzito.
< Ed ora
ci stiamo lasciando. Forse hanno ragione le care fan Robsten, non
siamo fatti per stare insieme >
< Forse
no >
< Bene.
Spero siate felici insieme > sussurrai mentre mi richiudevo la
porta alle spalle.
Rientrai in
casa sbattendo la porta con tutta la forza che avevo in corpo e
gettai la borsa per terra, incurante del telefonino che vi era
dentro. Camminai fino alla cucina, aprii il frigorifero, mangiai una
fetta di cocomero, perché nonostante tutto avevo fame, presi
il
cellulare dalla borsa e vidi che erano quasi le nove.
< Al
diavolo la festa, io non ci vado > dissi mettendomi a sedere sul
divano.
Alle nove e
cinque minuti suonarono alla porta, andai ad aprire e mi trovai Jenny
davanti agli occhi.
< Pensi
di venire così? > chiese squadrandomi.
< No,
non vengo >
< E
perché? >
< Non
sono in vena di festeggiare >
< Cos'è
successo? > domandò portandomi a sedere sulle scale e
quando mi
prese la mano tra le sue scoppiai in lacrime.
< Robert
ed io abbiamo chiuso e questa volta definitivamente > le dissi
tra
le lacrime.
< Cosa,
ma perché? > chiese mentre mi abbracciava e le
raccontai tutto
l'accaduto < Oh, io non…non so cosa dire, mi dispiace
>
Sciolsi
l'abbraccio e mi asciugai le lacrime con il dorso della mano.
< Ho
cambiato idea, voglio venire > le dissi con voce tremante.
< Sei
sicura? >
< Non
voglio restare in casa da sola a deprimermi, voglio…voglio
uscire.
Non mi importa dove, voglio solo stare lontana da casa mia e dalla
sua >
< Perché
non ti fai un bagno rilassante? > propose la mia amica
accarezzandomi la guancia.
< Ma non
facciamo tardi? >
< La
festa non finirà di certo a mezzanotte > rispose
sorridendomi e
l'abbracciai.
< Tu non
hai idea di quanto io ti voglia bene >
< Te ne
voglio tanto anche io >
Salite le
scale andai a farmi una doccia, mentre Jenny mi disse che mi avrebbe
aspettata in camera mia, dove la raggiunsi quaranta minuti dopo con i
capelli già asciutti e pronta a vestirmi. Tirai fuori
dall'armadio
un paio di shorts di lino bianchi, un paio di sandali marroni e una
canotta lunga con un ampio scollo a U, sempre marrone.
< Vado
bene così? > le chiesi quando fui pronta.
< Vai
benissimo > replicò la mia amica abbracciandomi e mi
porse una
collana d'oro con il ciondolo a forma di quadrifoglio < l'ho
comprata oggi dopo il mare, ma credo serva più a me che a te
ora >
< No,
non posso accettarla! >
< Ma io
voglio che tu lo faccia > disse sorridendo < mi farebbe
piacere
se tu lo facessi >
La guardai
commossa e l'abbracciai una seconda volta.
<
Grazie, grazie, grazie >
< Sei
davvero sicura di voler andare alla festa? >
< Sì >
risposi sorridendole < ora sto bene. Certo, soffro per quello
che
è successo, ma non sono il tipo di ragazza che piange
davanti ad una
vaschetta di gelato. La vita va avanti…e lo dicono anche i
Queen,
Show
must go on
>
Jenny rise
e mi abbracciò.
< Lo
dicono anche i Queen > ripeté ridendo e mi
contagiò < forza,
ora andiamo >
Uscimmo di
casa, chiusi la porta con la doppia mandata e controllai che l'avessi
chiusa per bene. Chiusa.
Salii in
macchina con Jenny e raggiungemmo la casa di James che erano ormai le
dieci. Sarah mi aveva chiamato nel frattempo per chiedere dove
fossimo finite, le spiegai brevemente la situazione e la pregai di
non dire niente alle altre. Non ero ancora pronta a dare spiegazioni,
ma Jenny
e Sarah erano le amiche più care che avevo, non avevo
segreti con
loro.
Entrammo
in casa del nostro compagno di scuola e vicino al tavolo dove era
posizionata la birra vidi tutte le Clovers. Ci avvicinammo a loro, le
salutai come se niente fosse e tutte si misero a ridere e a prenderci
in giro perché Sarah aveva raccontato loro che avevamo
bucato mentre
stavamo venendo alla festa. Guardai quest'ultima e la ringraziai con
gli occhi, ma lei si avvicinò e mi abbracciò.
<
Mi dispiace tanto > sussurrò al mio orecchio, in modo
che non
sentisse nessuno.
Ricambiai
la stretta e serrai gli occhi per cacciare indietro le lacrime che
minacciavano di uscire. Pochi minuti dopo il gruppo si
disgregò:
Jenny andò a salutare Walter, Megan, Emily, Amanda,
Charlotte e
Vanessa andarono a bere, Kate e Mary andarono a giocare al gioco
della bottiglia e Sarah e Hilary andarono a ballare. Queste ultime mi
invitarono ad unirsi a loro, ma declinai l'invito e mi incamminai
verso la cucina per cercare qualcosa di più forte della
birra.
<
Cosa stai bevendo? > domandai a James quando entrai in cucina.
<
Un mix tra vodka, tequila e lime >
<
È disgustoso! > esclamai.
<
Pensavo di peggio. Vuoi? > chiese porgendomi il suo bicchiere e
con titubanza lo accettai, per poi mandar giù tutto il
liquido in
una volta sola, senza nemmeno prendere fiato < Gira voce che tu
abbia rotto il naso alla Taylor >
<
Purtroppo non sono così forte da riuscire a spaccarglielo,
ma ti
giuro che avrei tanto voluto farlo oggi > risposi mentre gli
passavo il bicchiere, che ormai era diventato mio, per riempirlo una
seconda volta.
<
Che cosa ha fatto? >
<
Ha insultato Sarah >
<
Non sarai perfetta, ma almeno sei una buona amica >
Allontanai
il bicchiere dalla bocca e mi voltai a guardarlo.
<
Sai, è la cosa più carina che mi abbiano detto
oggi >
James
rise e per un attimo rimasi incantata dal suo sorriso e dal suono
della sua risata: non ci avevo mai fatto caso, specialmente
perché
da quando mi ero messa con Robert non guardavo più gli altri
ragazzi, ma lui in quest'ultimo anno era diventato davvero carino.
Insomma, era alto, muscoloso, aveva i capelli di un castano scuro,
quasi nero, mentre gli occhi erano azzurri. Aveva un neo sopra la
bocca che rendeva il suo sorriso ancora più affascinante e
uno
sguardo magnetico.
<
Certo che è strano >
<
Cosa? > chiesi tornando a bere.
<
Non ci siamo mai rivolti la parola in un anno e incominciamo ora,
alla mia festa >
<
Destino? > dissi ridendo.
<
Perché no? > ribatté facendosi serio
< Credevo ti portassi
dietro il tuo fidanzato >
<
Ti dispiace che non l'abbia portato con me? >
<
A dire il vero speravo tu non lo facessi >
<
Beh, il problema non sussiste, Robert ed io non stiamo più
insieme >
<
Oh, mi dispiace > disse guardandomi con un mezzo sorriso e
sorrisi
scuotendo la testa.
<
Bugiardo >
<
Infatti non mi dispiace per niente >
<
E perché mai? >
<
Perché così posso chiederti di uscire qualche
volta, se ti va >
<
Ehm…James…non mi sento pronta ad imbattermi in
una nuova storia >
<
Hey, hey, hey, calma, Waldorf > disse mettendo le mani avanti
<
ti sto solo chiedendo un'uscita, non ti sto chiedendo di sposarmi
>
Annuii
sorridendo.
<
Allora okay, mi piacerebbe >
<
Amico, è richiesta la tua presenza! >
esclamò Kyle, quoterback
della squadra di rugby, interrompendo la nostra conversazione.
<
Arrivo subito > rispose James e gli fece cenno con la testa di
andarsene < se resti fino alla fine della festa, mi piacerebbe
parlare di nuovo con te >
<
Volentieri > risposi sorridendo.
James
mi lasciò sola e dopo aver vuotato il bicchiere tornai a
cercare le
mie amiche, trovando Jenny e Sarah, le quali non appena mi videro mi
corsero incontro.
<
Michelle, ma dove ti eri cacciata? > domandò Sarah.
<
Walter? > chiesi guardando Jenny.
<
È andato a casa, domani mattina deve andare ad aiutare suo
padre in
officina, quindi deve svegliarsi presto >
<
Oh, avrei voluto salutarlo… >
<
Riferirò domani. Ma dov'eri? >
<
Ehm…ero in cucina a parlare con James >
<
James?!?!? > esclamò Sarah sgranando gli occhi e mi
prese la
mano, trascinando me, e di conseguenza Jenny, fuori casa < Hai
parlato con James? E cosa vi siete detti? >
<
Le solite cose…abbiamo parlato del più e del meno
e mi ha chiesto
di uscire insieme >
<
Ci uscirai? > chiese Sarah appoggiandosi sulla ringhiera.
<
Perché no? Non ho più un ragazzo, nessuno me lo
vieta >
Rientrammo
dentro casa e quando mi avvicinai alla pista da ballo vidi James
guardarmi e sorridermi. Gli sorrisi anche io, poi rivolsi
l'attenzione alle mie amiche e ballammo fino alle due di notte,
orario in cui la festa terminò: i genitori di James, che
erano in
vacanza, sarebbero rientrati alle otto di mattina e lui aveva bisogno
di sistemare.
<
Ragazzi, mi dispiace mandarvi via, ma se i miei genitori tornano e
trovano la casa in queste condizioni mi uccidono >
Pochi
minuti dopo la casa si era svuotata ed eravamo rimasti in sala solo
James, Jenny, le Clovers ed io. Megan e le tutte le altre Clovers se
ne andarono subito dopo, mentre Jenny ed io fummo le ultime ad
andarcene.
<
James, vorresti una mano a riordinare? > chiesi mentre gli
porgevo
alcuni bicchieri rossi.
<
Non preoccuparti, non ce ne è bisogno. Non ci
metterò molto, ma
volevo che la gente si levasse dalle scatole. Mi piacciono le feste,
ma ad un certo punto preferisco il silenzio >
<
Sì, ti capisco benissimo > risposi mentre guardavo
Jenny, la
quale ci lasciò soli dicendomi che mi avrebbe aspettato in
macchina
< beh, allora io vado. Grazie per la festa, mi sono divertita.
Mi
ci voleva proprio una serata così >
<
Sono felice che tu ti sia divertita e… > disse
appoggiando il
saccone blu dei rifiuti e si avvicinò a me < e sono
felice che tu
sia venuta >
Mi
portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e senza
smettere di
guardarmi negli occhi abbassò il suo viso sul mio e mi
baciò.
Portai una mano tra i suoi capelli mentre le nostre labbra si
muovevano l'una sull'altra. James aveva un profumo buonissimo e il
bacio che ci stavamo scambiando era un bacio dolce, per nulla
passionale o malizioso. Ma non era un bacio di Robert.
Una
volta terminato il bacio mi diede la buonanotte e mi disse che ci
saremmo visti lunedì a scuola. Lo salutai sorridendo e uscii
da casa
sua.
<
Allora? > domandò Jenny mentre metteva in moto
< Cosa è
successo lì dentro con James? >
<
Niente > risposi mentre guardavo fuori dal finestrino <
non è
successo proprio niente >
Per
tutto il viaggio nessuna delle due parlò. Io mi sentivo
ancora
addosso il profumo di James, che per quanto fosse buono non era il
suo,
quello di Robert. Mi sentivo sporca come non mai.
<
Ti va di vederci domani? > chiese quando accostò
davanti a casa
mia.
La
guardai e feci di no con la testa.
< So
bene che giorno è domani, sono mesi che lo aspetti. Non
voglio che
tu rinunci all'uscita con Walter per me >
< Ci
saranno altre occasioni per conoscere i suoi nonni a New York, io
voglio assicurarmi che tu stia bene >
< Ma io
non sto bene > replicai scrollando le spalle < non so
quanto mi
ci vorrà, ma di certo non sarà immediato. Ho
amato e amo tutt'ora
Robert, non posso fingere che lui non esista. Insomma, dieci minuti
fa ho baciato James e non ho fatto altro che pensare che non stavo
baciando Robert, mi sento ancora il suo profumo addosso e mi sento
sporca perché non è quello della persona che amo
> continuai
mentre indicavo la casa di Robert.
Jenny mi
abbracciò e mi strinse forte a sé.
< Vorrei
poter fare qualcosa per farti stare meglio, dico davvero >
<
Grazie, amica mia > dissi ricambiando l'abbraccio <
domani sera
voglio che tu mi chiami e che mi racconti tutto >
<
Senz'altro. Ciao >
La salutai
con la mano e aspettai che se ne andasse, poi salii il vialetto,
entrai sotto il mio portico e inserii la chiave nella toppa, che fece
aprire la porta non appena girai la chiave verso destra. Eppure io
l'avevo chiusa dando due giri di chiave, mi ricordavo benissimo.
Aprii la
porta ed entrai senza far troppo rumore, richiudendola dietro di me.
Tesi l'orecchio, ma non sentii niente e non vidi nient'altro che
buio.
<
Bi…mamma? > la chiamai mentre avanzavo verso la sala:
sicuramente Bianca era entrata con Mike, aveva lasciato la porta
aperta e ora se la stavano spassando alla grande.
Oh, ma
questa volta mi avrebbero sentito.
< Mamma,
sei qui? > domandai accendendo la luce della sala, ma non vi
trovai nessuno.
Sbuffai
spazientita quando improvvisamente mi sentii afferrare per un
braccio. Urlai e tentai di dimenarmi per liberarmi dalla presa, ma
quando, voltandomi, vidi che era Robert mi calmai.
<
Cristo, Robert, mi hai fatto quasi prendere un infarto! >
esclamai
mentre mi portavo una mano sul cuore.
<
Scusami, non era mia intenzione >
< Ma
cosa ci fai qui? > chiesi guardandolo negli occhi.
<
Sei…sei stata ad una festa? > domandò e
trapelò dalla sua voce
un mix tra rabbia e gelosia.
< Cosa
ti aspettavi, che trascorressi tutta la serata a piangere e a
mangiare gelato? > sbottai incrociando le braccia al petto
<
Non sono quel tipo di ragazza, Robert. Sai, io ho diciannove anni e
ho ancora tutta una… >
< No,
aspetta > intervenne interrompendomi < non sono qui per
litigare >
< Come
diavolo sei entrato qui dentro? > domandai.
< Dopo
la nostra lite sono uscito con Kellan per sfogarmi e quando sono
tornato ho suonato il tuo campanello perché volevo parlarti,
ma tu
non c'eri. Così sono entrato in casa mia, ho preso la copia
delle
tue chiavi e sono entrato qui >
<
Cosa…di cosa volevi parlarmi? >
<
Possiamo sederci? > chiese indicando il divano.
Annuii e lo
seguii.
< Vuoi
qualcosa? > chiesi guardandolo negli occhi.
< No,
sto bene così > rispose mentre si contorceva le mani
< allora,
per prima cosa volevo chiederti scusa per quello che ti ho detto. Mi
sono odiato quando ti ho insultato. Michelle, io non voglio che la
nostra storia finisca. Lo ammetto, io non sono molto pratico con
queste cose, ma se c'è una cosa su cui sono sicuro sei tu,
siamo
noi. Io…io ti amo l'ultima cosa che voglio è
smettere di
frequentarti per una stupida lite. Non ho problemi a dire di no alla
Summit. Tu vali più di qualunque altra cosa >
Deglutii a
fatica a causa del nodo alla gola che me lo impediva e, nonostante
cercassi di fare la dura, il mio intento fallì miseramente e
calde
lacrime scesero dal mio viso.
<
Io…io…io ci sono rimasta male, tanto male.
Nemmeno io voglio che
finisca così, ti amo e… > dissi senza
terminare la frase a
causa del singhiozzo che mi tradì.
Robert
sorrise e diminuì la nostra distanza sul divano,
posò le sue mani
ai lati del mio viso e mi baciò, esattamente come fece
mezz'ora
prima James. Ma la differenza si sentì. Il nostro bacio,
dapprima
dolce, pian piano divenne sempre più passionale e solo tra
le sue
braccia mi sentii felice e appagata, come una bambina che il giorno
di Natale ha ricevuto il regalo tanto desiderato.
<
Mitchie, mi dispiace così tanto >
< Anche
a me, Robert. Ti prego, perdona tutte le cattiverie che ho detto
>
< Per
questo giro ti va grassa, non hai niente di cui farti perdonare
>
mi disse Robert ridendo.
Portai
entrambe le braccia attorno al suo collo e mi persi nel bacio. Senza
rendermene conto Robert mi aveva fatto stendere sotto di sé
e mi
stava alzando la canotta.
< No,
aspetta > gli dissi cercando di riacquistare tutta la mia
lucidità.
< C'è
qualcosa che non va? > domandò allontanandosi da me e
mi misi a
sedere.
<
C'è…c'è una cosa che non ti ho detto
>
< E
sarebbe? >
Abbassai lo
sguardo perché mi vergognavo troppo a guardarlo e mi
immobilizzai
sui miei piedi.
< Alla
festa ho baciato un ragazzo > gli dissi tutto d'un fiato
< lui
ha fatto la prima mossa, ma io non mi sono sottratta >
< Chi
hai baciato? >
< James,
il proprietario della casa > risposi senza alzare lo sguardo
<
non so se possa farti stare meglio, ma quando l'ho baciato
io… >
dissi e sbuffai, interrompendomi < più le nostre
labbra si
toccavano, più desideravo le tue, più il suo
profumo si impregnava
nei miei vestiti, più mi sentivo sporca > continuai e
solo alla
fine ebbi il coraggio di guardarlo in faccia e notai che era
inespressivo.
Immaginai
che si alzasse in piedi, mi maledisse e se ne andasse, ma
ciò non
accadde. Anzi, tutt'altro: si avvicinò a me di nuovo e mi
baciò.
< Se
puoi perdonami pure tu, ti prego > lo scongiurai.
Robert non
disse niente e tornò a baciarmi e a farmi sistemare nella
posizione
di prima.
<
Ucciderei questo James > mi disse ad un certo punto <
solo io
posso baciare e toccare la mia
Mitchie >
Non appena
finì di parlare sorrisi come non mi capitava da tanto e lo
strinsi a
me.
< Mi
perdoni? > domandai mentre Robert mi slacciava gli shorts e li
lanciava chissà dove per terra e tempestivamente si
liberò anche
dei suoi e dei nostri intimi.
Allargai le
gambe e lasciai che entrasse in me
e iniziasse a muoversi.
<
Tu che dici, tesoro? > sussurrò roco al mio orecchio
quando
gemetti di piacere.
Sono
una colossale stronza, lo so. Ma in mia difesa posso dirvi che mi
diverto a farli litigare e poi a farli
riappacificare,
specialmente perché sono una romanticona e mi piacciono le
storie a
lieto fine (leggete tra le righe).
Come
sempre ci tengo a ringraziarvi per tutte le belle parole che spendete
per me, o semplicemente perché vi fermate a leggere il
capitolo.
Mi
spiace aver postato solo ora, ma ho trascorso due settimane infernali
con la scuola e non ho mai trovato un momento (e la forza) per
fermarmi a postare. Ad ogni modo, spero di essermi fatta perdonare.
A
presto! (spero)
Un
bacio, Giulls
P.S.
Donne, voglio sapere come vi immaginate Michelle, orsù,
scrivetemelo! ;)
Tàtàtà,
pubblicità!
Vi
piace Harry Potter? Siete fan della coppia Dramione? Volete leggere
qualche nuova storia! Bene, allora con il cursore premete su CERCA,
poi andate su NICKNAME e infine digitate il nome Sognatrice85.
E poi vi auguro una buona lettura!
|
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Capitolo 22 *** Penitenza ***
Penitenza
< Ma sei
davvero sicura di quello che vuoi fare? >
< Sì >
< Ma,
davvero davvero? >
Sbuffai e
mi sistemai il lucidalabbra.
< Per la
trilionesima volta, sì, Jenny >
< Vuoi
fargliela pagare così spudoratamente? >
<
Ovviamente > ribattei mentre mi guardavo allo specchio per
controllare di essermi vestita bene: dovevo essere perfetta per il
mio piano.
< Ma
credevo aveste chiarito >
<
Infatti >
<
Michelle, io non capisco! > esclamò con un tono di
voce afflitto.
< Non
c'è molto da capire > ribattei sedendomi sul letto
< Robert ha
deciso di aiutare la Summit, questa sera farà un'apparizione
con
Kristen e gli altri al Mc Gowen e noi saremo lì. Direi che
è
semplice >
< Ma
perché vuoi farlo? >
< Perché
voglio farlo ingelosire > risposi maligna.
< Certo
che sei veramente una carogna >
< Sono
vendicativa, tesoro, è diverso >
< Ma tu
sei sicura che lui sarà lì? >
< Me
l'ha detto lui stesso > ribattei accavallando le gambe per
indossare i sandali bianchi, al posto di quelli neri.
< Ma ci
sarà un sacco di gente, come faremo ad entrare? >
< Justin
mi doveva un favore > dissi alludendo al buttafuori <
oggi
pomeriggio passo a prendere le prevendite e mi ha detto di farci
vedere quando arriveremo davanti al locale, cosicché lui
possa farci
entrare subito >
< Hai
proprio pensato a tutto >
< Per
una volta, sì > risposi ghignando e quando guardai
fuori dalla
mia camera vidi Bianca uscire dalla sua < Jenny, devo lasciarti
ora. Ci vediamo questa sera >
< Va
bene, passo a prenderti io sulle dieci >
<
Perfetto > le dissi prima di abbassare lo sportellino del mio
cellulare < oh, mamma? > chiamai Bianca mentre la
rincorrevo.
< Sì? >
< Dove
stai andando? >
< A fare
shopping > rispose mentre cercava le chiavi della mia
macchina, dal momento che la sua era dallo sfasciacarrozze e stava
aspettando che la concessionaria le portasse la nuova.
< Io più
tardi devo passare da un amico a prendere le prevendite per questa
sera e avrei bisogno di un nuovo vestito…posso venire con
te? >
Alla mia
richiesta i suoi occhi brillarono.
< Certo,
certamente! Sarà uno spasso! > esclamò
aprendo la porta di casa
< Ho giusto bisogno di qualcuno che mi dica come sto con il
nuovo
vestito di Dolce&Gabbana! Sarà divertentissimo!
>
Sorrisi
forzatamente mentre dentro di me mi stavo maledicendo, ma quando
uscii di casa vidi Robert che stava entrando nella sua.
<
Buongiorno, signore! > esclamò Robert sorridendoci.
<
Buongiorno a te, Robert > rispose Bianca allegra e mi
guardò <
vallo a salutare, ti aspetto in macchina >
La
ringraziai con un sorriso e mi incamminai verso il portico del mio
ragazzo.
< Come
mai tua madre è così contenta? >
domandò dopo avermi
abbracciato: non potevamo baciarci in luoghi pubblici, dal momento
che Robert era sempre circondato da paparazzi e stavamo fingendo di
esserci lasciati.
< Le ho
chiesto se potevo andare a fare shopping con lei >
< Sta
venendo fuori la Blair che c'è in te? > chiese
ghignando.
< Non
essere ridicolo > ribattei scocciata < Bianca vuole
prendere in
ostaggio la mia macchina, ma io ho bisogno di uscire più
tardi,
quindi il gioco lo conduco io se non vuole tornare a casa in taxi o
in autobus >
< Uhm,
come siamo furbe > disse ridendo < mi dispiace per questa
sera
>
< Non
preoccuparti, davvero > risposi sorridendogli < mi secca
che la
gente dica che la coppia Robsten è nata, ma almeno so che
questa
sera ci saranno gli altri e che Ashley vi terrà d'occhio
>
< Tu,
invece? Cosa farai? >
Gli sorrisi
e alzai le spalle.
< Esco
con Jenny, serata tra donne >
< Buon
divertimento, allora >
< Sì,
sono sicura che mi divertirò un mondo > asserii
sorridendo <
ora è meglio che vada >
Gli baciai
la guancia e mi allontanai verso la mia macchina. Vi entrai dentro,
misi in moto e Bianca mi disse di guidare fino al molo, dove c'era
una via con tutti i negozi di grandi marche.
Fase uno,
terminata.
< Ecco,
questo è il vestito > mi disse Bianca mentre mi
trascinava
davanti alla vetrina di Dolce&Gabbana e mi indicò un
tubino nero
con un ricamo di perline: il vestito era bello, non potevo negarlo,
ma era un vestito per ventenni, non quarantenni.
< Mamma,
è molto bello, ma non mi sembra molto adatto a te >
<
Sciocchezze, entriamo > ribatté trascinandomi nel
negozio.
Una volta
dentro una commessa ci venne incontro.
<
Bianca, ma che bello vederti! > esclamò sorridendo
< Cosa vuoi
che ti mostri, oggi? >
Bianca le
diede le indicazioni per il vestito e trascorsi l'ora successiva
davanti al camerino mentre lei si provava i vestiti. Ne avrà
provati
almeno sessanta.
<
Michelle, cosa ne dici? > chiese facendomi vedere il vestito a
tema floreale che stava indossando.
< Mi
piace > mentii sorridendo.
< E sia,
lo prendo! > esclamò rientrando nel camerino.
Alla cassa
Bianca pagò quel vestito duemilaottocento dollari. Quando
sentii il
prezzo stavo bevendo dell'acqua e mi andò di traverso.
<
Mamma…ma non costa un po' troppo? >
< Oh, ne
ho comprati di più costosi > ribatté
mentre le porgeva la carta
di credito.
Con
duemilaottocento dollari lei si è comprata un vestito, io
con la
stessa cifra me ne compro un centinaio, se non di più, nel
mio
negozio di fiducia.
< Spero
di vederti presto, Bianca > disse la commessa sorridendole e in
quel momento capii perché Bianca era trattata
così carinamente:
ogni volta che entrava lì dentro pagava lo stipendio alle
commesse.
Continuammo
il nostro giro per tutta la via e Bianca spese altri tremila dollari
per il nuovo bauletto di Louis Vuitton e il portafoglio, ottocento
per la gonna da Versace e mille per la camicia da notte di Max Mara;
insomma, in una giornata rischiava di spendere tutti i soldi che i
suoi genitori, nonché miei nonni, avevano faticato ad
ottenere in
sessantanni di lavoro.
< Ti va
un gelato? > le proposi quando ci fermammo davanti ad una
gelateria.
< Non
preferiresti un'insalata? Sai, ti ho guardata ultimamente e sei
dimagrita, ma alla serata di beneficenza quando sei apparsa in
televisione mi sei sembrata un po' pienotta. Ti ricordo che la
televisione ingrassa >
Serrai la
bocca per un attimo per non risponderle male, mentre dentro di me mi
ripetevo che dovevo attenermi al piano.
<
Un'insalata andrà bene lo stesso > risposi con un
falsissimo
sorriso.
Dopo pranzo
continuammo il nostro giro e Bianca mi trascinò in un
negozio che
aveva un sacco di marche diverse. Stavamo facendo un giro nella zona
degli abiti da sera quando i miei occhi ricaddero su un vestito di
seta di colore viola e con lo scollo a V sia sul petto che sulla
schiena.
< Mi
piace! > esclamò Bianca dietro di me e sobbalzai
< dovresti
provarlo, tesoro >
Guardai
l'etichetta e strabuzzai gli occhi.
< Mamma,
costa cinquemila dollari >
< E
allora? Io ne sto provando uno da novemila >
< È
troppo costoso! >
<
Consideralo il mio regalo per il tuo diploma >
Sospirai
rassegnata e mi diressi verso il camerino. Il mio piano non mi
piaceva più.
<
Michelle, come ti va? >
Uscii dal
camerino e mi guardai allo specchio.
< Mi sta
bene, direi >
<
Perfetto! > esclamò battendo le mani <
Toglitelo e lo
prendiamo >
Le sorrisi
e tornai a cambiarmi, ma quando uscii dal camerino Bianca mi
sbatté
un vestito in faccia.
< Ma
cosa…? >
< Che te
ne pare, tesoro? > domandò eccitata.
Presi in
mano il vestito e lo guardai: era di color beige e lungo, lo scollo
era a V e le bretelle erano sottili e al centro c'era un ricamo a
fiori color oro.
< È
molto bello > risposi sorridendole.
< È mio
> disse entusiasta.
< Come?
> domandai senza capire.
< Questo
vestito l'ho disegnato io, è una mia creazione >
< Sei
tornata a lavorare? >
< Sì! >
esclamò sorridendo.
< Perché
non me l'hai detto? > chiesi sconvolta.
< Mi
sono dimenticata. Sai perché la settimana scorsa ero a New
York? Ho
partecipato alla settimana della moda come stilista. L'impero Burnaby
è ufficialmente ricominciato! >
La guardai
senza saper cosa dire. Ero sconvolta e allo stesso tempo incazzata.
Dopo quasi dieci anni ha deciso di prendere in mano l'impero che si
erano costruiti i miei nonni e lei non mi aveva detto niente?
< Mamma,
io ora devo andare > le dissi fredda.
< Ma ci
sono ancora un sacco di negozi da vedere >
< No, ho
un impegno >
Ci
dirigemmo alla cassa, pagammo il mio vestito e un ennesimo che si era
comprata lei e uscimmo dal negozio.
< Ma
cosa ti prende? >
< Cosa
mi prende? > sbottai < Torni a lavorare nell'industria di
moda
dei nonni e non mi dici niente? >
< Ero
convinta di avertene parlato, Mike… >
< Mike
lo sa? > chiesi sconvolta < Lo sa il tuo fidanzato e non
lo so
io, tua figlia?!? >
< Non
farla così tragica >
< Mi
stai prendendo in giro? > chiesi retorica < Hai idea di
come mi
senta? >
<
Esattamente come mi sono sentita io quando ho visto una tua foto con
Robert su Fashion
Police.
Anche tu ti sei dimenticata di dirmi della serata di beneficenza
>
< Tu eri
a New York in quel periodo ed io non ti ho sentito per niente. Ho
provato a chiamarti, ma non ti sei mai preoccupata di richiamarmi
>
< Sono
stata occupata >
< A
lavorare sulla tua sfilata o a sbatterti il fidanzato? >
< Non
usare questo tono con me, signorina! Sono tua… >
< Madre?
> dissi interrompendola < Non usare questa carta, con me
non
attacca. È più madre la signora Samuels che te
>
Smisi di
parlare e mi passai una mano tra i capelli, mentre sentivo gli occhi
pungermi e il naso pizzicarmi.
< Grazie
per il vestito, ma ora me ne vado. Chiama Mike quando hai finito, ho
notato che con lui non hai segreti >
Girai i
tacchi e la lasciai lì da sola, mentre dai miei occhi non
facevano
altro che sgorgare lacrime. Sarebbe stato tutto più semplice
se
fossi andata in un college lontano da lei.
Entrai in
macchina, andai da Justin a prendere le prevendite e quando tornai a
casa vidi Robert, Kristen, Ashley, Nikki e Kellan ridere sotto il
portico di Robert e ignorare i paparazzi nascosti dietro i bidoni.
<
Michelle! > esclamò Ashley alzandosi dalla sedia e
venendomi
incontro < Che bello vederti! > continuò
abbracciandomi.
< Ciao,
Ashley > risposi ricambiando l'abbraccio.
< Ma
stai bene? Hai pianto? > chiese premurosa.
< Non è
niente > risposi mentre guardavo in direzione della casa di
Robert
e lo vidi guardare nella mia direzione e corrucciare le fronte.
< Sei
sicura di stare bene? Vuoi che resti un po' con te? >
< No,
davvero, non ti preoccupare. Torna dagli altri e dì a Robert
di
stare tranquillo. Ho visto come mi sta guardando >
< Sei
sicura? >
<
Sicurissima >
Le sorrisi,
l'abbracciai una seconda volta ed entrai in casa. Salii in camera,
infilai il mio nuovo acquisto nell'armadio e quando scesi di sotto il
mio campanello suonò, trovandomi Robert davanti alla porta
che mi
guardava preoccupato.
< Cosa
ci fai qui? >
< Ashley
è tornata da noi e mi ha detto di venire da te >
< Che
sciocca > dissi mentre lo facevo entrare in casa < non
è
successo niente di che > continuai
dopo aver chiuso la porta.
< E
allora perché stavi piangendo? >
< Ho
discusso con Bianca >
< Vuoi
parlarmene? >
< Non
c'è molto da dire in verità > dissi
scrollando le spalle <
Bianca ha deciso di riaprire l'azienda di moda dei miei nonni, non mi
ha detto niente ed io ci sono rimasta male, specialmente
perché la
settimana scorsa è andata a New York alla settimana della
moda a
presentare i suoi capi. Mike lo sapeva ed io no >
Robert
aspettò che finissi di parlare e poi mi abbracciò.
< Porta
pazienza, lo sai come è fatta >
< Già,
lo so > ribattei mentre nascondevo il viso nell'incavo del suo
collo.
< Forza,
vieni qui > disse prendendomi il viso tra le mani e mi
baciò.
< E tu,
invece? Cosa hai fatto oggi? > chiesi a bacio ultimato.
<
Giornata di relax, sono stato sempre con loro >
< Sei
stato tutto il giorno con Kristen? >
< E con
gli altri, anche >
< Quanti
baci vi siete dati? >
< Per
prima cosa ti dico che eravamo fuori con i paparazzi attorno, quindi
è stato seguito il copione >
< Non
stai rispondendo alla mia domanda >
<
Quattro >
< Quanti
con la lingua? >
< Due >
Storsi la
bocca e distolsi lo sguardo da lui.
< Ma
proprio lei devi baciare? Non sarebbe meglio baciare Nikki, o Ashley?
>
<
Kristen bacia bene > replicò, ma subito si
tappò la bocca,
mentre io lo guardai con gli occhi spalancati.
< Fuori
da casa mia >
<
Ehm…andiamo, Mitchie, stavo scherzando >
< Sei
pure bugiardo! > esclamai puntandogli il dito contro <
Brutto
eretico che non sei altro, vattene da casa mia >
<
Coraggio > disse ridendo < Mitchie, non puoi sbattermi
fuori
così >
< Ma è
quello che sto facendo >
< Ma è
solo una finzione la nostra >
< Non mi
interessa > risposi aprendo la porta < vattene via
>
< Ti
amo, lo sai? >
Lo spinsi
fuori, ma ero troppo debole per riuscirci e poi lui si era impuntato
di non voler andarsene.
< Me lo
dai un bacio? > chiese sorridendomi, ma gli sbattei la porta in
faccia < Ahia, il mio naso! >
< Ben ti
sta > esclamai ridendo.
Verso le
sei il mio telefonino iniziò a vibrare, così
riemersi dalla vasca
da bagno, mi asciugai una mano e lo presi. Robert mi aveva mandato un
messaggio: “Sono
rimasto solo
in casa, vieni un po' da me?”
“Sono
dentro la vasca, spiacente”
scrissi velocemente e dopo averlo appoggiato di nuovo sul mobiletto
portai la testa all'indietro e tentai di rilassarmi. Ma la vibrazione
ricominciò poco dopo.
“Posso
venire?”
Risi e
scossi la testa.
“No”
“Non
ci siamo visti per niente tutt'oggi, voglio stare un po' con te. Non
farti pregare”
Aspettai
una manciata di minuti prima di rispondergli, poi gli scrissi che
poteva venire a patto che tenesse le mani a posto. Cinque minuti dopo
Robert era arrivato in casa mia.
< Ho già
vissuto questo momento > mi disse avvicinandosi alla vasca e
guardandomi.
< Più o
meno, sì > risposi sorridendogli e prima ancora che
potesse dire
altro mi alzai quel tanto che bastava per circondargli le braccia
attorno al collo e bagnargli i vestiti.
< Ah sì?
> rispose prendendomi in braccio e, completamente fradicia, mi
portò in camera.
< No,
dai! > esclamai ridendo < Bagnerò tutto
>
< Hai
bagnato me > ribatté indicandosi.
< Sei
sexy tutto bagnato >
< E tu
sei sexy tutta nuda > ribatté avvicinando il suo viso
al mio
collo < Odori di camelia, delizioso > continuò
baciandomi il
collo e più mi baciava, più si spostava scendeva
verso il basso con
le labbra.
Trattenni
un gemito quando la sua mano toccò il mio seno mentre
continuava
l'esplorazione del mio corpo, finché non si fermò
e posò un
orecchio all'altezza del mio cuore.
< Mi
piace sapere che sono io la causa della tua tachicardia >
Sorrisi e
tentai di alzarmi per baciarlo, ma Robert me lo impedì.
Quando
suonarono al campanello, però, si allontanò da
me, mi passò un
asciugamano e venne con me di sotto.
< Sono
indecisa su cosa mettere per il M… >
< Jenny!
> esclamai interrompendola prima che potesse rovinare il piano.
< Come
mai hai i capelli pieni di balsamo? >
< Colpa
sua > dissi indicando Robert, che salutò la mia amica
con la
mano.
Jenny ci
guardò entrambi.
< Ho
interrotto qualcosa? >
< Niente
di importante > replicai sorridendole e Robert mi diede un
pizzicotto sul fianco.
Jenny rise
ed entrò in casa.
< Vai a
finire il bagno, al tuo fidanzato ci penso io >
< Sì,
capo! > risposi allontanandomi da loro e ritornai di sopra in
bagno, dal quale uscii cinque minuti dopo, dopo essermi sciacquata i
capelli dal balsamo < Che combinate? > chiesi tornando di
sotto.
<
Guardiamo la televisione > rispose Jenny mentre lei e Robert si
stavano ingozzando con i miei
cereali Cap'n
Crunch.
< Giù
le mani! > esclamai mettendomi tra di loro e prendendo i cereali
dalle mani di Jenny.
< Non
credevo fossero così buoni > disse Robert dopo averne
presi un
pugno.
< Io li
adoro > rispose Jenny < l'anno scorso lei ed io per il
corso di
cucina abbiamo portato la torta con questi cereali >
< È
piaciuta? > domandò curioso.
<
Ovviamente > risposi sorridendo.
< Pizza?
> proposi quando guardai l'orologio.
< Sì >
disse Jenny.
< Non
per me > rispose Robert < devo uscire con gli altri a
cena, poi
andremo al Mc Gowen. Anzi, meglio che torni a casa perché
devo
andare a prepararmi. Buona serata, ragazze > continuò
sorridendo
< Jenny, confido in te, tieni d'occhio la piccola Mitchie
>
< Sarà
fatto > rispose ridendo la mia amica.
< Ti
accompagno alla porta > dissi mentre prendevo Robert per la mano
<
Tieni le mani lontano da Kristen, ti prego > lo supplicai
guardandolo negli occhi.
< Ne
abbiamo già parlato >
< Tocca
il sedere a Nikki o Ashley, ma ti prego, non a lei >
Robert rise
e mi baciò.
<
Divertiti questa sera >
< Oh, io
mi divertirò senz'altro > ribattei sorridendogli con
falsa
innocenza.
Quando
restammo sole Jenny mi trascinò in camera mia e mi
mostrò i vestiti
tra i quali era indecisa. Dopo qualche minuto le consigliai il
vestito turchese e le feci vedere il mio acquisto, raccontandole poi
della lite con Bianca.
< Ma ora
dov'è? >
< Sarà
con Mike > risposi alzando le spalle.
Alle otto
il fattorino ci consegnò le pizze e tra una chiacchiera e
l'altra
andammo a prepararci verso le nove, uscendo di casa alle dieci
spaccate.
< Sei
davvero sicura di volerlo fare? > domandò ad un certo
punto.
<
Dobbiamo parlarne ancora? >
< Okay,
okay, mi cucio la bocca >
< E poi
non sono mai stata così determinata in vita mia, te lo
giuro. Sento
una scarica di adrenalina circolarmi dentro, come non mi è
mai
capitato prima d'ora! >
< E come
ci si sente? > domandò curiosa.
< Da Dio
> risposi con un sorrisetto perfido.
Trovammo il
parcheggio non molto distante dal locale, barcollai fino all'entrata
con le mie decolté da dieci centimetri in camoscio grigio
chiaro, e
dopo aver salutato Justin entrammo nel locale.
Appena
fummo dentro cercai Robert tra i tavoli, finché non lo
trovai in un
angolo con accanto Tom Sturridge, che, per la cronaca, non mi aveva
ancora presentato, Kellan, Ashley, Nikki, Taylor e Kristen che era
appoggiata al petto di Robert.
Alt, fermi
tutti. Kristen Stewart appoggiata al petto di Robert?!?!? Del mio
Robert?!?!
<
Michelle, che hai? > domandò preoccupata.
< Hai
visto quella…grrrr! Hai visto dove è
appoggiata?!?!? > urlai
furibonda.
<
Rilassati, stanno recitando >
< Lui
sì, lei no > ribattei con sguardo assassino.
Jenny rise
e mi portò al bancone per prendere qualcosa da bere e mi
fece
accomodare in un tavolo che stava praticamente davanti alla visuale
di Robert. La mia migliore amica era un genio.
< Vuoi
un resoconto dettagliato? > chiese mentre lanciava occhiatine a
Robert e company.
< Spara
>
< Robert
e Tom pare stiano sbavando, Kellan e Taylor stanno ridendo di loro
due, Nikki è indifferente, Ashley sta ridendo e Kristen ti
sta
fulminando con lo sguardo >
< Ah,
quali soavi parole! >
Chiacchierammo
per un altro paio di minuti e la cameriera si avvicinò con
due
Martini e ce li servì.
< Noi
non li abbiamo ordinati >
< Sono
da parte del signor Sturridge > rispose la cameriera indicandolo.
Jenny ed io
ci guardammo all'unisono con la bocca spalancata e poi ci voltammo
verso il tavolo dove si trovavano Tom, Robert e tutti gli altri.
Alzai il bicchiere con il Martini verso Tom e lo ringraziai
sorridendo, gesto al quale Tom rispose immediatamente, mentre Robert
non faceva altro che fissarmi.
< È un
po' imbarazzante > dissi alla mia amica ridendo < ma
voglio
fare un brindisi >
< A
cosa? > chiese alzando il bicchiere.
< Alla
seconda parte del piano >
<
Salute! > esclamò facendo tintinnare i nostri
bicchieri < Ma
ricordami la prima >
< La
prima era trovare un bel vestito, la seconda farmi notare da Robert,
mentre la terza sarà… >
< Farlo
ingelosire >
<
Esatto, sorella > ribattei ghignando.
Stavamo
tranquillamente chiacchierando quando all'improvviso mi
arrivò un
messaggio.
< Chi è?
> domandò curiosa.
< Chi
vuoi che sia? >
<
Leggilo ad alta voce! >
< Il mio
amico vuole venire a rimorchiarti >
< Ma non
sa che sei la sua ragazza? > chiese Jenny.
< Non lo
so, adesso glielo chiedo > risposi mentre scrivevo il messaggio
e
la sua risposta arrivò poco dopo < Robert dice di no
>
“Sei
geloso?”
gli scrissi e
inviai il messaggio.
“Di
Tom? No, non direi proprio. Anche perché non appena
saprà che sei
tu ti lascerà in pace. Da quando ti ha vista non ha fatto
altro che
dire che sei stupenda. E non posso che dargli ragione. Ma cosa ci fai
qui?”
Lessi il
messaggio alla mia amica, la quale mi guardò mentre si
mordeva il
labbro.
< Cosa
gli risponderai? >
< Chi ha
mai detto che voglia farlo? > ribattei ridendo.
Il
classico trucco di tenerlo sulle spine! Ah, Michelle, sei
proprio…
>
< Jenny,
che ti prende? > le chiesi passandole una mano davanti agli
occhi,
visto che si era bloccata ed era improvvisamente impallidita.
<
Credevo fosse in Florida > mi disse guardando verso l'entrata
del
locale.
< Ma
chi? > chiesi curiosa voltandomi e in due nanosecondi sgranai
gli
occhi anche io: Edward Muntz era appena entrato nel locale.
Edward è
stata la mia prima cotta. Frequentavamo le medie inferiori insieme ed
era sempre stato il classico figlio di papà. Crescendo era
diventato
uno dei ragazzi più popolari e trasgressivi di Santa Monica.
Ma
circa due anni fa si era ritirato dal liceo di Santa Monica
perché
voleva spassarsela.
< Non ci
posso credere > dissi d'un fiato.
Non appena
le ragazze si accorsero di lui venne accerchiato da…beh,
erano
perlopiù ragazzine di quindici anni che lo conoscevano per
fama.
< Che tu
ci creda o no pure Kristen Stewart lo sta guardando > disse
Jenny
ridendo.
< Jenny?
>
< Sì? >
< Ti
dispiace se ti lascio sola? > chiesi ghignando.
<
Tranquilla, io vado a fare un saluto a mia cugina laggiù
> disse
facendomi l'occhiolino.
< Che la
terza fase abbia inizio > dissi ad alta voce e mi alzai in
piedi,
lanciai una fugace occhiata a Robert, che mi guardava senza capire, e
mi avvicinai ancheggiando a Edward.
Quando gli
fui abbastanza vicina Edward alzò lo sguardo verso di me e
non
appena si accorse di me sorrise. Mi feci largo tra il gruppetto di
ragazzine, finché non fui vicina a Edward.
<
Ragazze, perché non andate a cercare qualcuno che sia alla
vostra
portata? > dissi rivolta alle ragazze, ma non facevo altro che
guardare lui.
<
Michelle Waldorf, ma quale celesta visione > disse facendo il
baciamano e senza smettere di fissarmi negli occhi.
< Edward
>
< Ne è
passato di tempo > continuò senza lasciare la presa.
< Troppo
>
<
Ragazzi! > disse rivolto ai suoi amici < Andate a fare un
giro,
io offrirò da bere a questa splendida ragazza >
Sorrisi
sensualmente e ci allontanammo dalla folla per sederci in un tavolo a
bere, che, casualmente, era ancora più vicino al tavolo di
Robert.
Mi fece
sedere per primo sulla poltroncina e subito dopo si sedette accanto a
me. Lanciai un secondo sguardo fugace a Robert, il quale ci fissava
con gli occhi ridotti a due fessure.
< Ma che
fine hai fatto, sei sparito >
< Sì,
sai…ho girato il mondo con i miei amici >
< E ti
sei divertito? >
<
Moltissimo. Raccontami qualcosa di te. Stai ancora con quel fesso di
Aaron? >
< Aaron?
Oh, ti prego. Non sto con lui da mesi >
< E ora
ti vedi con qualcuno? > domandò mentre tamburellava
le dita sul
tavolo.
Lanciai
un'altra occhiata in direzione di Robert e poi tornai a guardare
Edward.
< No,
non frequento nessuno ora >
< Gran
bella risposta > disse appoggiando una mano sul mio ginocchio
<
e come sta la nostra cara vecchia scuola? È cambiata?
>
< È
come sempre > risposi scrollando le spalle < Ma sta
aspettando
il tuo ritorno >
< Beh,
tesoro > disse facendosi sempre più vicino a me
< credo
aspetterà in eterno, lei ed io non siamo compatibili >
Spostai
delle ciocche di capelli dietro l'orecchio e guardai Robert, il quale
ricambiava lo sguardo con uno più scocciato e furioso: aveva
addirittura incrociato le braccia. Sorrisi e avvicinai la bocca
all'orecchio di Edward, il quale guardava non i miei occhi, ma la mia
scollatura. Che porco.
< Sono
meglio della scuola? >
< Oh,
Michelle…sei meglio di qualunque ragazza in questo locale
>
ribatté guardandomi intensamente e finsi di arrossire
< Hai più
visto Riley e gli altri? >
< No,
ora non li frequento più >
< Non
posso crederci. Sentivo delle voci di corridoio, ma non credevo fosse
possibile. Sei davvero cambiata? >
< Sì >
<
Peccato, era eccitante il tuo lato oscuro. Poco male, sei molto sexy
anche in versione santarellina >
Sorrisi e
con la coda dell'occhio vidi Robert che fumava di rabbia. Edward mi
guardò negli occhi e si avvicinò per baciarmi, ma
voltai la testa
di lato e mi baciò la guancia.
< Non mi
inviti a ballare? >
< Non mi
piace ballare >
Accavallai
le gambe nella sua direzione e mi strinsi a lui.
<
Andiamo, non farti pregare…fallo per me >
Bevve in un
sorso il suo Martini e poi mi prese la mano.
< Come
tu desideri > rispose alzandosi in piedi e mi
trascinò in pista.
Casualmente
fermammo a ballare in una postazione che era visibile da dove era
seduto Robert e quando iniziammo a ballare Edward appoggiò
le mani
sui miei fianchi . Ci muovevamo a ritmo di musica, senza stonare di
una virgola. Edward aveva appoggiato le mani sui miei fianchi e di
tanto in tanto risaliva il mio profilo e mi accarezzava le braccia,
oppure mi spostava i capelli e mi baciava il collo.
Guardai
Robert per l'ennesima volta e lo vidi mentre si alzava e,
visibilmente incazzato, si allontanava dagli altri. La fase tre era
appena terminata con successo, eppure mi sentivo malissimo.
Smisi di
ballare e guardai il posto rimasto vuoto che Robert aveva occupato
fino a pochi secondi prima.
< Perché
ti sei fermata? > domandò Edward con un sussurro.
< Sono
stanca > mentii sorridendo.
<
Vogliamo andare in un posto più appartato? >
Sorrisi e
mi finsi disponibile.
< Se mi
dai qualche minuto vado in bagno e poi sono tutta tua >
Edward mi
sorrise e mi lasciò libera, cercai Jenny e dopo averla
trovata le
chiesi se volesse andarsene.
<
Michelle, tutto bene? > domandò una volta in macchina.
< Robert
è incazzato come una iena >
< Ne sei
sicura? >
< L'ho
visto andarsene come una furia >
< Te
l'avevo detto > rispose la mia amica < tu stai bene?
>
< Mi
sento terribilmente in colpa > confessai con voce triste
< ti
ho snobbata per tutta la serata e la situazione mi è
sfuggita di
mano: volevo far ingelosire Robert, ma forse ho esagerato >
< Togli
il forse >
Sbuffai e
guardai fuori dal finestrino.
< Sono
un'idiota >
< Sì,
lo sei > ribatté Jenny fermandosi davanti a casa mia
<
chiarisci con Robert, non voglio sentirti frignare >
Le sorrisi
e l'abbracciai.
< Ti
voglio bene, lo sai? >
< Lo so,
lo so. Buonanotte >
< Notte,
Jenny >
Aprii la
porta di casa, ascoltai il messaggio in segreteria di Bianca, la
quale mi avvisava che era partita per la Florida con Mike, e dopo il
messaggio andai in bagno a struccarmi.
< Apri
questa cazzo di porta! > sentii urlare da fuori casa e, allo
stesso tempo, battere con ferocia sulla porta e riconobbi la voce di
Robert.
Scesi le
scale di corsa e quando aprii la porta lui entrò in casa
come una
furia.
< Lui
dov'è? > chiese minaccioso.
< Lui
chi? > domandai senza capire.
< Il
coglione su cui ti sei strusciata per tutta la serata >
<
Edward? Ma che ne so, probabilmente si è trovata qualche
allocca
pronta a passare la notte con lui >
< Stai
dicendo che non è qui? > chiese e smise di tremare.
<
Dovrebbe? >
<
Io…dopo che ti ho visto ballare con lui non ci ho visto
più, sono
andato giù di testa >
< Mi
sono comportata malissimo, mi dispiace. Volevo solo che tu ti
ingelosissi, volevo capissi il disagio che provo io quando vedo nei
giornali i tuoi baci con Kristen, ma la situazione mi è
sfuggita di
mano >
< Sì,
l'ho notato > ribatté mentre faceva respiri profondi.
Lo presi
per mano e lo feci sedere sul divano.
< Hai
vinto > mi disse ad un certo punto.
< Come?
>
< Non
voglio più fingere, non ha senso. Come posso fingere di
stare con
lei se devo trattenermi dal farti delle scenate quando succedono
queste cose? Non posso e non voglio continuare a fingere ancora >
< No,
aspetta > gli dissi prendendogli le mani < mi sono
comportata
davvero male, mi dispiace. Ma non voglio obbligarti a…
>
< Nessun
obbligo > rispose sorridendomi < è vero, hai
esagerato, ma
almeno ho visto le cose dal tuo punto di vista. Insomma, io mi bacio
con Kristen e quando quel tizio ha cercato di baciarti tu ti sei
scansata. Hai fatto un'azione più nobile della mia >
Sorrisi e
mi sporsi per abbracciarlo, gesto al quale rispose immediatamente.
< Ti amo
> gli dissi mentre mi stringevo nel suo abbraccio.
< Anche
io…interessante… >
< Cosa?
>
<
Qualcuno è senza reggiseno >
Risi e
sciolsi l'abbraccio.
<
Guardami! > esclamai mentre mi alzavo in piedi e girai su me
stessa < Ci stava male qui il reggiseno >
Robert
sorrise e allargò le braccia, invitandomi ad accoccolarmi su
di lui.
< Puoi
restare qui questa notte? > chiesi mentre stringevo la sua
camicia
nel mio pugno.
< Con
molto piacere >
<
Promettimi solo una cosa >
< Cosa?
> domandò curioso.
< Non
fare il provolone e lasciami dormire >
Rise e mi
baciò la testa.
<
Scusami, ma conciata così non posso prometterti niente
>
Mi unii
alla sua risata, ma ad un certo punto sbadigliai, così
Robert mi
prese in braccio e mi portò in camera, dopodiché
mi adagiò sul
letto, mi tolse le scarpe, il vestito e mi mise sotto le coperte.
< Vieni?
> domandai con un sussurro e con gli occhi semichiusi lo guardai
mentre si toglieva la giacca, la camicia e i pantaloni, rimanendo in
boxer.
< Vuoi
che ti dia qualcosa da indossare? > domandò mentre
entrava nel
letto e mi abbracciò, facendo combaciare la mia schiena al
suo
petto.
< No,
sto bene così > risposi con la voce impastata dal
sonno.
< Sogni
d'oro, Michelle. E se fai la brava questa notte, domani ti
darò una
bella sorpresa >
< Uhm >
mugugnai sorridendo < mi piacciono le sorprese > dissi
pochi
attimi prima di venir rapita da Morfeo.
Per vostra
fortuna, oggi sarò una donna di poche parole. Lo studio mi
attende.
Ma dal momento che è passata più di una
settimana, ho deciso di
postare.
Spero che
il capitolo vi piaccia e vi ringrazio tanto per le vostre bellissime
recensioni. Mi riempite il cuore di gioia :)
Giulls
|
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Capitolo 23 *** London calling ***
London
calling
Attesi
quattro giorni prima di ricevere la mia sorpresa. Credevo si
trattasse di un peluche, di un libro o addirittura di qualcosa da
indossare. Di certo l'ultima cosa che pensavo era un viaggio
intercontinentale.
Eppure era
quello che stava accadendo: questa mattina mi aveva portato la
colazione a letto e tra il fiore e il bicchiere di spremuta mi ero
trovata un biglietto aereo per un volo alle nove per la sera stessa
diretto a Londra.
Impiegai
tutta la mattina per scegliere cosa portare nella valigia e quando
questa fui pronta Robert chiamò un taxi e ci dirigemmo verso
LAX.
< A cosa
pensi? Sei molto silenziosa > domandò Robert mentre
fissavo fuori
dal finestrino il paesaggio.
< Ancora
non ci credo che andremo a Londra > risposi entusiasta mentre mi
voltai a guardarlo e ancora una volta rimasi incantata dalla sua
bellezza: aveva un accenno di barba, che secondo me lo rendeva ancora
più sexy, e i capelli erano tutti arruffati.
< Perché
mi guardi così? > domandò accennando un
sorriso.
< Perché
sei bellissimo > ammisi senza distogliere gli occhi dal suo
volto
e allungai una mano per accarezzargli la guancia.
< Signor
Pattinson, siamo arrivati > ci disse il tassista voltandosi
verso
di noi e Robert lo pagò.
Scendemmo
dalla macchina, recuperammo i nostri bagagli e infine entrammo
nell'aeroporto, come sempre accerchiati dai paparazzi e dalle sue
fan.
Impiegammo
trequarti d'ora al check-in, sia per la gente che si ammassava
attorno a Robert, sia per la lentezza delle impiegate.
Una volta
finito al check-in ci dirigemmo verso la sala imbarco e lì
attendemmo un'ora.
<
Buonasera e benvenuti all'imbarco del volo X5k09210L diretto a
Londra. Inizieremo a imbarcare la prima classe > disse una
hostess
al microfono.
<
Mitchie, andiamo > disse Robert mentre si alzava.
<
Viaggeremo in prima classe? >
< Sì >
rispose mentre consegnava il biglietto alla hostess, la quale lo
guardò con gli occhi che le brillavano.
< Signor
Pattinson, si goda il viaggio >
< La
ringrazio > rispose sorridendole.
< Ehm,
salve > intervenni interrompendo la conversazione e
consegnandole
il mio biglietto aereo.
< Salve,
si goda il viaggio > disse lei sorridendomi cordialmente e
quando
ci incamminammo verso l'aereo tornai all'attacco.
< In
prima classe, ma sei matto? Avrai sicuramente speso un patrimonio
>
<
Mitchie, ce la fai per una volta a dirmi grazie senza dover rompere
le scatole? > chiese sbuffando.
<
Grazie, Rob > risposi sorridendogli.
Ci
imbarcammo in aereo e uno stuart si accompagnò nei nostri
posti e
prima ancora che Robert potesse sedersi gli avevo fregato il posto
accanto al finestrino. Il viaggio si rivelò piacevole e
rilassante,
nonostante ci vollero quasi quattordici ore per arrivare. Non ero mai
stata coccolata e viziata in un aereo e la cosa mi era piaciuta da
matti.
Atterrammo
alle undici e mezza a Heathrow a causa di un ritardo e, scontato da
dire, fummo bloccati da un'orda di giornalisti davanti alla sala
d'arrivo, ma Robert, senza lasciarmi la mano, li scansò fino
a che
non riuscimmo a raggiungere l'ingresso dell'aeroporto e a seminarli.
Una volta
fuori vidi che stava piovendo ed era abbastanza freddo.
<
Aspetta > disse Robert prendendo una felpa dalla sua borsa
<
indossa questa >
Me la
porse, lo guardai con uno sguardo d'adorazione, specialmente
perché
con gli shorts e una maglietta a mezza manica era abbastanza freddo,
e la indossai.
< Rob,
c'è un taxi libero > gli dissi mentre mi incamminavo
verso il
taxi, ma Robert mi fermò.
< Ho il
mio tassista personale >
< E poi
ti arrabbi se ti prendo in giro dicendo che ti comporti da
celebrità,
eh? >
Robert rise
e mi disse di seguirlo sotto la pioggia, finché non ci
trovammo
dall'altra parte della strada un ragazzo sotto ad un ombrello
arancione che ci sorrideva accanto ad una Range Rover.
< Tom! >
esclamò Robert correndogli incontro e abbracciandolo.
< Amico,
ben tornato a Londra >
<
Finalmente > rispose il mio ragazzo entusiasta < mi ci
voleva
una bella vacanza. Tu fino a quando? >
< Parto
tra due settimane per Sydney >
< Nuovo
film? >
<
Esatto! E devi vedere chi è la mia
coprotagonista… >
< Perché
non ne parliamo in un posto caldo, tipo la tua bella macchina? >
domandai da sotto il mio gigantesco cappuccio.
< Buona
idea. Immagino che tu sia Michelle > disse mentre mi offriva la
sua mano e gliela strinsi sorridendo.
<
Immagini bene. È un piacere conoscerti >
< Vai in
macchina > mi disse Robert, aprendomi lo sportello.
< E i
bagagli? >
< Ci
pensiamo noi > rispose Tom mentre mi sfilava di mano la mia
valigia.
< Okay,
grazie >
Entrai
dentro la macchina e mi tolsi il cappuccio. Era ancora caldo
lì
dentro e si stava benissimo. Pochi secondi dopo Robert mi raggiunse e
si sedette accanto a me, prendendomi tra le sue braccia.
< Ti sei
scaldata? >
< Sì,
un po' > risposi sorridendo mentre mi appoggiavo al suo petto.
< Siamo
pronti per partire? >
< Sì >
ribatté Robert.
<
Allora, Michelle… >
< Dimmi
tutto, caro Tom > risposi e scoppiammo tutti a ridere.
< È
simpatica, mi piace! E tu che facevi il filo a quella musona >
< Tom…
>
< Va
bene, tasto dolente >
< Visto
che non sono l'unica a dire che la Stewart è una musona?
> feci
presente a Robert, intromettendomi nel loro discorso.
< Sì,
ma è inutile parlarne con voi > ribatté.
< E
perché? > chiese Tom.
< Non la
sopportate >
Mi
allontanai dalle sue braccia e mi misi in mezzo ai sedili anteriori
per poter parlare anche con Tom.
< Io non
la sopporto perché ha tentato di fregarmi il
fidanzato…qual'è la
tua scusa, Tom? >
< Ci
stiamo antipatici reciprocamente > disse fermandosi al semaforo
<
Michelle, a proposito, chi era il ragazzo sul quale ti sei strusciata
per parte della serata al McGowen? >
<
Edward? È stata la mia prima cotta >
< Lo sai
che Robert era talmente geloso che voleva venire da voi e spaccargli
la faccia? >
< Beh,
ben gli sta > ribattei guardando Robert con
superiorità < così
ha imparato cosa provavo io quando lo vedevo insieme alla musona
>
< Sei
perfida, lo sai? Mi prometti di avvisarmi quando ti stancherai di
Rob? >
< Tom,
se ci provi con lei ti spezzo le gambe! > intervenne Robert
lanciando un'occhiataccia al suo amico.
< Certo,
dopo mi lasci il tuo numero > risposi ridendo e Robert mi
pizzicò
il fianco.
< Tu non
ci proverai con lei > disse guardando l'amico < e tu
>
continuò rivolto a me < non mi lascerai, sono stato
chiaro? >
< Sì,
signore! > rispondemmo Tom ed io all'unisono e ci mettemmo a
ridere.
Tornai tra
le braccia di Robert e gli accarezzai una guancia, sorridendogli
amorevolmente.
<
Michelle, sei mai stata a Londra? > chiese Tom mentre mi
guardava
dallo specchietto.
< Sì,
ci sono stata una volta con Jenny >
< Jenny,
Jenny, Jenny…è la ragazza che era con te l'altra
sera? >
<
Proprio lei >
< È
carina! Me la presenti? >
< Anche
lei è impegnata, Tom > gli disse Robert ridendo
< cercati una
ragazza che non abbia un fidanzato pronto a spaccarti la testa >
Risi e
diedi il cinque a Robert.
< Merda!
> esclamai pochi secondi dopo.
< Cosa è
successo? > chiese Robert posandomi una mano sulla schiena.
< Jenny!
>
< Cosa
ha fatto? >
< Non
l'ho avvisata del viaggio, quindi lei sarà venuta a
prendermi a
casa, senza trovarmi dentro >
Estrassi il
cellulare dalla mia borsa, lo accesi e dopo aver aspettato che si
fosse caricato ricevetti una valanga di messaggi che si alternavano
tra messaggi del mio operatore che diceva che Jenny mi aveva cercato
e messaggi minatori di Jenny.
Guardai
l'orario e dal momento che in America era già giorno la
chiamai.
< Dove
diavolo ti sei cacciata? > rispose urlando dopo il quarto
squillo.
< Jenny,
mi dispiace, ma… >
< Ti
dispiace? > tuonò < Sono rimasta praticamente
un'ora davanti a
casa tua ad aspettarti e a suonare il campanello, non ho trovato le
chiavi di scorta e sono arrivata tardi in classe. Ti ho chiamata un
sacco di volte e non mi hai mai risposto. Hai idea di quanto mi sia
preoccupata? >
Abbassai la
testa e mi sentii un verme.
< Jenny,
davvero, scusami >
< Dove
sei? >
<
Ehm…Robert mi ha portata a Londra >
< Robert
mi ha portata a Londra > disse facendomi il verso <
divertiti,
fai tante foto, comprami qualcosa che mi desista dal farti fuori e
preparati ad una sfuriata colossale al tuo ritorno >
< Va
bene > risposi sorridendo < ti voglio bene >
< Questo
non basta, brutta stronza > replicò < e vedi
di portarmi
qualcosa di molto grande, di gigantesco! Devi farti perdonare >
<
Cercherò qualcosa >
< Ti
conviene trovarla. Ti voglio bene >
Sorrisi e
riposi il cellulare nella borsa.
< Era
parecchio incazzata > disse Robert mentre mi accarezzava una
guancia.
< Oh,
fidati, questo non è niente > ribattei < ha
promesso di
uccidermi se non le porto qualcosa di gigantesco >
< Ci
daremo da fare, allora. Immagino che tu non abbia avvisato nemmeno
Bianca >
< E non
intendo nemmeno farlo > replicai incrociando le braccia <
non
ci siamo sentite per niente da quando è partita per la
Florida con
Mike, non credo le interessi sapere che sono qui >
< È tua
madre > disse sospirando.
< Non
giocare questa carta, lei è tutto fuorché una
madre >
< Stai
zitta e chiamala >
< Vi
divertite proprio a darmi degli ordini, vero? > sbottai e lo
vidi
ghignare.
Ripescai il
cellulare dalla borsa, composi il numero di Bianca e la chiamai. Il
telefono squillò svariate volte, finché non si
attaccò la
segreteria.
< Questa
è la segreteria di Bianca Waldorf. Lasciate un messaggio e
vi
richiamerò il prima possibile
>
< Mamma,
sono io, Michelle. Robert mi ha portato per qualche giorno a Londra.
Tornerò presto e…beh, chiamami quando senti
questo messaggio se ti
va >
Dopo aver
spinto il tasto rosso e messo via il cellulare per l'ennesima volta
mi sistemai meglio tra le braccia di Robert e mi addormentai, cullata
dal battito del suo cuore, risvegliandomi diverse ore dopo in un
letto che non aveva niente a che vedere con il mio. Mi ci volle una
manciata una di secondi prima di capire dove mi trovassi e il
perché,
poi mi misi a sedere e mi guardai intorno: la stanza non era molto
arredata, ma nonostante ciò aveva un non so che di
rilassante e
vissuto. Sul comodino alla mia destra vi era una foto di Robert e la
sua famiglia, inclusa Patty, che stava tra le braccia di Robert. La
presi tra le mani e la guardai con più attenzione: Robert
avrà
avuto all'incirca diciannove anni ed era sorridente come non mai,
faceva una grande tenerezza.
Posai la
fotografia e uscii dalla camera da letto, incamminandomi verso la
stanza dove sentivo le voci di Robert, Tom e di una voce femminile.
<
Insomma, Susy, ho detto di no. Non insistere > disse Tom.
< Okay,
allora lo chiederò a Robert > la sentii ribattere.
< A me
non dispiace come idea >
< Che
cosa non è male? > domandai entrando dentro la stanza
e Robert,
Tom e questa ragazza, Susy, si voltarono a guardarmi.
< Susy,
la cugina di Tom, ci ha proposto di andare a fare una serata nel suo
locale >
<
Piacere > disse la ragazza alzandosi in piedi e porgendomi la
mano.
< Ciao,
sono Michelle > risposi cordialmente e la squadrai un attimo:
era
una bella ragazza, bionda e alta quasi quanto Robert < quando
dovreste suonare? > domandai curiosa.
< Domani
sera > rispose Susy sorridendomi.
< E cosa
avete intenzione di fare? > chiesi mentre prendevo posto sulla
sedia accanto a Robert.
<
Coraggio, amico, suoniamo insieme come ai vecchi tempi! >
< Va
bene, avete vinto. Ci sarò > rispose alzandosi dalla
sedia e dopo
aver preso una tazzina e avervi messo dentro del caffè me la
porse.
< Bravo
il mio cuginetto! > esclamò mentre si avvicinava ad
abbracciarlo
< okay, ora scappo a prendere la mia bambina dall'asilo. Ci
vediamo domani sera. Ciao, ragazzi! È stato un piacere,
Michelle >
< Sì,
lo stesso per me. A domani > risposi sorridendole.
Susy ci
sorrise e poi se ne andò.
< Perché
non volevi andare? > domandò Robert dopo che Tom fu
tornato da
noi.
< Perché
mi scoccia che venga a fare la cugina amichevole quando le è
più
comodo > ribatté mentre si versava altro
caffè < quando la
porterai a conoscere i tuoi genitori? >
< Domani
a pranzo >
< Tu
cosa? > chiesi voltandomi verso di lui.
< Non
gliel'hai detto? > chiese Tom ridendo.
<
Credevo fosse scontato > rispose giustificandosi.
< No, se
non lo dici > ribattei scioccata.
<
Michelle, devi stare tranquilla > intervenne Tom posandomi una
mano sulla spalla < i suoi genitori sono degli zuccherini,
è alle
sue sorelle che devi fare attenzione. Loro sono perfide >
<
Perfide? > domandai deglutendo.
< Ma
solo con te, Tom > ribatté Robert ridendo <
tranquilla,
Mitchie, piacerai a tutti. E poi l'importante è che tu
piaccia a me
>
< Hey! >
intervenne Tom.
< E a
Tom, ovviamente >
Incominciai
a ridere e mi appoggiai a Robert, il quale fu ben contento di
accogliermi tra le sue braccia.
<
Piccioncini vado a fare la spesa, non distruggetemi la casa > ci
disse Tom ridendo < ci vediamo più tardi. Avete
qualche
preferenza? >
< Cucino
io questa sera, va bene? > chiesi sorridendo.
<
Benissimo, entrambi siamo negati a cucinare >
< E
quando sei da solo come fai? >
< Fast
food, esattamente come il tuo fidanzato > rispose sorridendo
<
a più tardi! >
< Cosa
facciamo? > chiesi quando restammo soli.
Robert
guardò l'orologio, che segnava le sei e un quarto di sera, e
infine
tornò a guardarmi.
< Vuoi
visitare Londra? >
Sgranai gli
occhi e lo guardai con una faccia da cane bastonato.
< No, ti
prego. Sono stanca e non sono psicologicamente preparata a fare un
giro di istruzione >
< Sei
psicologicamente preparata per fare un po' di shopping? >
< Mmm…
> mugugnai contrariata.
<
Prometto di non portarti in boutique costose >
< Va
bene, andata > risposi ridendo.
Tornai in
camera e tirai fuori un abbigliamento più adatto alla
pioggia.
< Esci
così? > domandò Robert quando
entrò in camera.
< E come
dovrei uscire, secondo te? >
< Lo sai
che ha smesso di piovere, vero? >
< No,
ovviamente. Altrimenti non mi sarei conciata in questo modo >
risposi mentre mi sfilavo il maglione di lana che avevo appena
indossato.
Presi dalla
valigia una maglietta di cotone a collo alto e una giacca, poi
aspettai che Robert fosse pronto per uscire.
< Pronta
per dello shopping sfrenato? >
< Pronto
a prosciugare la carta di Bianca? > domandai maligna mente
tiravo
fuori la carta di credito di mia madre.
< Sei
proprio identica a Blair Waldorf > rispose con un ghigno.
< Non ti
ci mettere pure tu > ribattei stizzita.
< Hey,
ho trovato un bel modo per farti arrabbiare! >
esclamò
ridacchiando, ma non mi unii alla sua risata < Accidenti, come
sei
permalosa… >
Con uno
scatto corse verso di me e mi spinse sul letto, per poi sedersi sopra
di me e farmi il solletico.
< No,
lasciami! > urlai tra le risate.
< La
smetti di fare la permalosa? >
< Va
bene! > esclamai per farlo smettere < Tu la smetterai di
farmi
il solletico? > domandai ansante.
< Sì >
rispose mentre mi spingeva verso il materasso < ma
prima… >
< Prima?
>
Non
continuò la sua frase ma mi sorrise ghignando e mi
baciò. Risposi
al suo bacio e in breve tempo le nostre maglie finirono sul
pavimento.
< Non
sono più di tanto sicuro di volerti mandare fuori >
< Sì,
ma forse è meglio andare > dissi tentando di
divincolarmi.
< Ho
fatto qualcosa? > domandò preoccupato.
< Tu no,
lui sì > ribattei indicando Tom sul ciglio della
porta.
<
Stavate per fare sesso? > domandò.
< Che ci
fai qui? > chiese Robert sorpreso, mentre io mi rinfilavo la
maglietta.
< Io ci
abito >
< No,
zuccone, io intendevo davanti alla porta della mia stanza >
< Se
volevi fare sesso con Michelle ti bastava chiudere la porta. Io sono
tornato a prendere il portafogli e volevo chiedervi di venire con me,
ma a quanto pare avete altri programmi in mente > rispose
sghignazzando < Mitchie, convinci il tuo fidanzato a lasciarti
in
pace e a venire a fare la spesa? >
< Primo
> intervenne Robert mentre lanciava uno sguardo di fuoco a Tom
<
solo io posso chiamarla Mitchie
> disse mentre si infilava il giubbotto < e
secondo… >
< E per
fortuna che non eri geloso di Tom! > intervenni interrompendolo
<
Robert mi aveva proposto di fare shopping, ma non è male
l'idea di
venire con te a fare la spesa. Così posso prendere roba
salutare.
Dacci un paio di minuti >
< Va
bene > disse sorridendo e ci lasciò soli.
< Okay >
sussurrai mentre chiudevo la porta < parliamo. Perché
sei geloso
di Tom? >
< Non
sono geloso di Tom > ribatté sbuffando <
è solo che odio
sentire gli altri che ti chiamano Mitchie. Io ho inventato quel
soprannome >
Sorrisi e
lo abbracciai.
<
Piccioncini? > ci chiamò Tom dalla sala.
<
Arriviamo! > rispose Robert scrollando la testa.
Uscimmo da
casa e imboccai la fermata della metro vicina, ma Robert e Tom mi
guardarono male.
< Non
credo sia molto sicura, per noi due > disse Tom indicandosi e
indicando Robert.
< Allora
voi prendete il taxi, io la metro >
< Non si
può, potrebbe succederti qualcosa >
< Non
portare sfiga, Tom! > esclamai mentre gli tiravo una pacca sulla
spalla.
<
Scherzi? Potrebbero rapirti solo per il tuo cognome e chiedere il
riscatto all'ideatore di Gossip Girl che, non conoscendoti, ti
lascerebbe nelle loro mani. Così tu non rivedrai
più la libertà e
sarai costretta a fare loro da schiava, nutrendoti a pane ed acqua,
fino a che il tuo corpo non sarà stanco… >
< E alla
fine morirò >
< Esatto
> asserì Tom < ma tu non sai quello che
è peggio >
<
Illuminami, ti prego > risposi ridendo.
< Dovrò
sopportare quella lagna del tuo ragazzo fino alla fine dei miei
giorni >
Abbandonai
il mio desiderio di usare la metro e tornai davanti a loro due.
< E poi
il supermercato è lì > disse Robert
indicandomelo.
Lo guardai
malissimo e dopo averlo preso per mano andammo a fare la spesa.
Non appena
ritornammo a casa mi catapultai in cucina a preparare, mentre i due
uomini sfaticati si erano sistemati davanti alla televisione con un
paio di bottiglie di birra in mano.
Misi la
pentola sul fuoco, preparai la tovaglia, tagliai le verdure a dadi e
le misi a cuocere in una padella antiaderente e quando fu tutto
pronto li chiamai a tavola.
<
Michelle, sei ufficialmente la nostra cuoca > disse Tom
sorridendogli e lo ringraziai.
Dopo cena
spedii i due uomini a vedere la televisione mentre io lavai i piatti,
dal momento che la lavastoviglie era fuori uso. A lavoro ultimato
diedi una passata alla cucina e, sbadigliando, raggiunsi gli altri.
<
Ragazzi, io vado a dormire. Buonanotte >
< Vai
già? > domandò Robert mentre si voltava
per guadarmi.
< Non
vuoi vedere qualcosa con noi? >
< Sono
stanca morta e domani sarà una giornata impegnativa >
< Giusta
osservazione. Buonanotte, Michelle, a domani >
< Ciao,
Tom > risposi mentre mi avvicinavo per abbracciarlo.
< Sogni
d'oro, Rob >
<
Buonanotte, Mitchie > rispose mentre mi baciava una tempia
<
non tardo molto >
<
Tranquillo, vieni a dormire quando vuoi > risposi sorridendo.
< Che
brava che sei, Michelle. Sei una delle poche ragazze che non rompe le
scatole >
< La
verità, Tom, è che mi comporto così
perché voglio fare bella
figura con te >
Risi e li
salutai con un cenno di mano, poi girai i tacchi e andai in camera,
buttandomi nel letto subito e addormentandomi poco dopo.
< Sei
sveglia? > sussurrò una voce al mio orecchio.
< Ora sì
> ribattei contrariata.
< Scusa,
volevo darti la buonanotte…di nuovo >
< Che
ore sono? >
< Quasi
le quattro >
< Avete
fatto una bella chiacchierata >
<
Abbiamo recuperato il tempo perso >
< Bravi
> dissi mentre mi giravo per guardarlo.
< Domani
ricordami di darti un pacco >
< Che
pacco? >
< Una
sciocchezza che ti ho comprato >
< Cosa
mi hai comprato? >
< Non te
lo dico. Credi di poter resistere fino a domani? >
Annuii con
la testa, mi sistemai nel suo abbraccio e tornai a dormire.
Seriamente,
ora devo mettermi a studiare, non posso fallire il mio esame di
maturità!
Ma è più
forte di me…sono troppo stanca!
Ad ogni
modo sarò breve: voglio ringraziarvi perché vi
fermate a leggere i
miei capitoli e anche a chi lo commenta (mi scaldate il cuore,
ragazze).
Al prossimo
aggiornamento!
Giulls
P.S. Ho
copiato il titolo del mio capitolo dalla meravigliosa London
Calling dei The Clash. Orsù, aprite la pagina di
You Tube e
ascoltatela, merita davvero!
|
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Capitolo 24 *** How I met his mother ***
How
I met his mother
< Rob? >
mugugnai appena sveglia e allungai la mano su tutto il materasso per
cercarlo, ma ogni volta questa rimbalzava.
Mi misi a sedere e mi
grattai la testa, intontita come non mai e ad un certo punto vidi Tom
girare con uno sguardo distrutto come il mio e in boxer.
< Tom?
Dov'è Robert? >
< Sotto la
doccia > replicò guardandomi < e se si desse
una mossa andrei in bagno anche io! >
Risi e mi tirai su dal
letto, raggiungendo quello che ormai potevo definire anche un mio
amico: Tom era davvero simpatico e mi divertivo con sua compagnia.
< Si
è chiuso a chiave? >
< Boh, che ne
so > replicò Tom sbadigliando < cavolo, che si
muova! Devo pisciare! >
< Come sei
fine, Tom > gli dissi con un finto sguardo di disapprovazione e
dopo essermi accostata alla porta girai la maniglia, constatando che
non si era chiuso a chiave, così aprii la porta <
vatti a vestire, io tanto vado in bagno > continuai ridendo e
gli chiusi la porta in faccia.
< Stronza!
> esclamò Tom dall'altra parte della porta.
< Buongiorno,
Rob > dissi tutta pimpante.
< 'Giorno,
Mitchie > rispose da sotto la doccia < hai dormito bene?
>
< Molto
> replicai sbadigliando < ma da quanto sei sveglio?
>
< Da non molto
>
Feci la
pipì e tirai l'acqua, mi lavai le mani, mi sciacquai la
faccia e scostai la tenda della doccia, trovandomi davanti agli occhi
quella meraviglia di Robert.
< Buongiorno
>
< Cosa fai?
> chiese sorridendo.
< Volevo un
bacio > risposi sorridendo a mia volta e mi
accontentò.
< Mi fai
compagnia? > domandò guardandomi malizioso e mi porse
la mano.
< Scusa, ma sto
per uscire >
< Dove vai?
>
< Starbucks.
Vado a prendere la colazione per tutti. Cosa vuoi? >
< Prendo quello
che prendi tu >
< Topi morti?
>
< Con una
spruzzata di panna sopra >
<
Sarà fatto >
Rise e lo lasciai
tornare alla sua doccia, nel frattempo io ero tornata in camera a
scegliere cosa mettere. Per prima cosa aprii la finestra e constatai
che era nuvoloso fuori, ma non era tempo da pioggia, così
tirai fuori dalla valigia una minigonna bianca e una camicetta a righe
blu e bianca, mi infilai un paio di sandali e mi truccai.
< Dove vai
così bella? >
< Nello stesso
posto dove dovevo andare prima > replicai mentre mi passavo il
lucidalabbra.
< Hai bisogno
di soldi? >
Mi voltai a guardarlo
e ci pensai su: effettivamente non avevo ancora cambiato i dollari con
le sterline.
<
Sì, grazie. Più tardi vado a prendere un po' di
sterline e ti rendo tutto >
< Non essere
ridicola > ribatté prendendo in mano il suo
portafoglio e mi porse tre banconote da dieci sterline < ti
potresti fermare in edicola a prendere il Time? >
< Sicuro
> dissi sorridendo e lo baciai.
Uscii dalla camera da
letto e andai da Tom, gli chiesi cosa volesse e infine mi incamminai
verso Starbucks.
Una volta entrata
dentro mi avvicinai al bancone, ordinai tre frappuccini, un muffin al
mirtillo e due al cioccolato. Quando la ragazza mi consegnò
l'ultimo frappuccino, questo mi cadde dalle mani e finì per
terra, sporcando le mie scarpe e quelle di una donna accanto a me.
< Cavolo! Mi
scusi, mi dispiace un sacco! >
< Non
preoccuparti, non è la fine del mondo >
replicò la signora mentre si puliva l'orlo dei jeans.
<
Sono…sono desolata > dissi imbarazzata e la guardai
negli occhi: era una donna di bell'aspetto, abbastanza alta e con i
capelli tendenti al rossiccio, mentre gli occhi erano verdi brillanti,
come quelli di Robert alla luce del sole, oltretutto.
Ordinai un altro
frappuccino, mi scusai una seconda volta con la signora e rientrai a
casa, raccontando quello che era successo ai due ragazzi, che non
fecero altro che prendermi in giro. E mi ero pure dimenticata la
rivista.
< Piantatela
> li ripresi imbronciandomi.
< Coraggio,
Michelle, stiamo scherzando >
Li fulminai con lo
sguardo e mi misi a sedere sul divano in mezzo a loro.
< Michelle, la
mia rivista? >
Voltai la testa di
novanta gradi, anche se mi parve di fare un giro di
quattrocentocinquanta gradi contati e assottigliai lo sguardo. Davvero
voleva disturbare il can che dorme?
< Prego?
>
< Io,
ehm… > rispose deglutendo < hey,
perché non vieni a vedere la sorpresa? >
Sorrisi e mi alzai
piena di energia.
< Ci sto!
> corsi in camera trascinandolo con me e mi sedetti sul letto,
aspettando il regalo come un bambino aspetta la mattina di Natale.
< Ecco, tieni.
Spero ti piacciano >
Presi il pacco dalle
sue mani e lo aprii: dentro vi trovai una canotta bianca, quasi
trasparente, un paio di jeans bianchi e un gilè beige, che
si allacciava sotto il seno con dei fili.
<
Ma…è tutto stupendo! Dove l'hai preso? >
< Nel tuo
negozio preferito >
< Scherzi?
>
< Affatto. Due
giorni fa, quando tu eri a scuola. Ero in giro con Emma e siamo passati
davanti al negozio per caso, mentre uscivo da Radio Sunshine. Ho visto
questo completo e mi sei venuta subito in mente >
< Grazie
tesoro! > esclamai appoggiando il tutto sul letto e lo
abbracciai.
< Li indosserai
per il pranzo? >
< Assolutamente
>
< Okay, vatti a
vestire che poi andiamo >
Sorrisi ancora una
volta e mi cambiai di corsa, indossai un paio di stivali bianchi, una
cintura marrone e dopo essermi truccata fui pronta per uscire.
< Che visione
> dissi divertita mentre guardavo Robert sgranocchiare delle
noccioline e Tom, in boxer come questa mattina, che tentava di
rubargliele ed entrambi erano rapiti dallo schermo.
< Mai quanto
quella che stiamo vedendo noi > ribatté Tom mentre
prendeva le ultime noccioline di Robert e se le portava in bocca.
< Parli di me,
vero? > domandai mettendomi davanti a loro e coprendo lo schermo.
< A dire il
vero mi stavo riferendo alle modelle >
< Non dargli
ascolto > disse Robert alzandosi in piedi e sorridendomi
< sei pronta? >
< Certamente
> risposi sorridendogli < sai, Tom, è un vero
peccato. Mi avrebbe fatto veramente piacere essere una visione per te
>
< Prometto di
darti un'altra chance questa sera, quando il piccolo Robertino
sarà andato a dormire >
< Replichiamo
il sesso selvaggio di ieri sera? >
< Ci sto
> disse sorridendo malignamente.
< Mi sto
pentendo di avervi presentato! > esclamò Robert
mettendo su un adorabile broncio.
Sorrisi e posai una
mano sulla guancia.
< Avanti, Rob,
ci divertiamo a farti arrabbiare >
< Ha ragione,
amico > intervenne Tom mentre gli tirava una pacca sulla spalla
egli fregò il piattino per riempirselo ancora di noccioline
< divertitevi, ci vediamo più tardi >
< Direttamente
da Susy? >
<
Sì, come ti pare > ci liquidò Tom,
tornando a concentrarsi sulla televisione.
< Va bene,
andiamo > disse Robert mentre prendeva la chiavi della Range
Rover < prendo la tua macchina >
< Okay >
rispose Tom senza degnarlo di uno sguardo.
< Davvero ti
lascia prendere la macchina? > domandai prendendo la giacca.
< Non ha ancora
realizzato quello che ho detto. Vedrai quanto si incazzerà
dopo >
< Non vedo
l'ora > ribattei sghignazzando mentre mi accingevo a chiudere la
porta.
< Dunque
è questa la tua casa… > dissi mentre
scrutavo nel dettaglio la casa che avevo davanti a me: i mattoni erano
in pietra-vista, era a due piani e ricca di finestre; insomma, tipo di
mattone a parte era una tipica casa inglese < mi piace la
pietra-vista > aggiunsi senza distogliere lo sguardo dalla casa.
< Anche a mamma
piaceva, infatti da piccolo mi raccontava sempre che ha discusso
parecchio con papà per prenderla: essendo una delle poche
case della zona ad essere state costruite così costava
parecchio, ma non voleva sentir ragioni. E papà l'ha
acquistata >
< Mi piace tua
madre > dissi ridendo e scendemmo dalla macchina.
Incrociai le braccia e
camminammo fino alla porta di casa.
< Sei pronta?
> domandò.
< Stranamente
sì. Sono curiosa di conoscere i tuoi genitori e quelle sante
sorelle che ti hanno sopportato per tutti questi anni >
< Molto
spiritosa > ribatté mentre suonava il campanello.
Sentii dei rumori
provenire dall'interno della casa e la porta si aprì
all'improvviso.
Merda fu il mio
primo e unico pensiero. Non poteva essere, non potevo crederci. Mi
stavo sbagliando, vero?
< Mamma!
> esclamò Robert abbracciando sua madre.
< Robert, mi
sei mancato da morire > rispose la donna mentre si teneva
stretto suo figlio.
< Anche tu
>
Sua madre lo
guardò sorridente e quando voltò il suo sguardo
verso di me, il suo sorriso dolce si trasformò in uno
divertito.
< Salve di
nuovo >
E invece dovevo
crederci. Porca miseria.
< Vi conoscete?
> chiese Robert stralunato, mentre io diventavo più
rossa di un pomodoro.
< È
la donna di questa mattina di Starbucks > risposi mentre
diventavo sempre più rossa.
Robert
sgranò gli occhi e alternò lo sguardo tra me e
sua madre, finché non scoppiò a ridere, con tanto
di lacrime. Il mio ragazzo era davvero un gran bastardo.
< Cosa succede
qui fuori? > domandò un uomo, il padre di Robert
presumibilmente, affacciandosi, mentre Robert non la finiva
più di ridere ed io di arrossire.
Dio, come l'avrei
strangolato una volta rimasti soli!
<
Ehm…niente, lascia stare, papà…
> disse Robert senza smettere di ridere < mamma,
papà, lei è Michelle >
< Claire
> rispose sua madre tendendomi la mano e sorridendomi.
< Salve, Claire
> risposi stringendole la mano e ricambiai il sorriso, stessa
cosa che feci con suo padre.
< Coraggio,
entrate in casa! Starete sicuramente morendo di freddo…e di
fame >
<
Sì, io di fame > intervenni alzando un poco la mano e
facendoli ridere.
Entrammo in casa e mi
guardai intorno: era bella, c'erano appese un sacco di foto che le dava
un aspetto da casa vissuta.
< Mitchie,
vieni > disse Robert tendendomi la mano e li raggiunsi in sala.
< Ha davvero
una bellissima casa, signora Pattinson >
< Ti ringrazio,
Michelle >
Robert si sedette sul
divano e mi invitò a sedermi accanto a lui, mentre sua madre
mi offriva una tartina al salmone.
< E queste?
> domandai indicandole.
< Beh, avremmo
avuto un ospite speciale, dovevo fare bella figura > rispose sua
madre sorridendo.
< Ma dai! Non
doveva disturbarsi così tanto >
< Oh,
sciocchezze > ribatté appoggiando il vassoio sul
tavolino mobile e sedendosi difronte a me < devi sapere poi che
Rob non ci porta mai qualcuno a casa, quindi questo è un
grandissimo avvenimento >
Sorrisi e guardai
amorevolmente Robert, il quale mi fece l'occhiolino.
< Mamma, quelle
depravate delle mie sorelle dove sono? >
< Bada bene a
come parli, babbione che non sei altro! > esclamò una
voce che proveniva da dietro di noi e quando mi voltai vidi una ragazza
bionda venire verso di me < tu devi essere la sua fidanzata,
vero? >
<
Ehm…sì, sono Michelle >
< Ciao, io sono
Victoria, ma tu chiamami Vic > mi disse sorridendomi.
< È
un piacere >
< Sei molto
più carina che in foto, lo sai? >
< Grazie
>
< Mamma,
abbiamo incontrato Grace dal pasticciere! Mi ha detto che…
> disse una seconda ragazza entrando in salotto e poi si
bloccò guardandomi < ma lei non è la
ragazza che ti ha rovesciato il frappuccino sui piedi questa mattina?
>
In quel momento forse
ero più rossa di quanto non lo fossi stata prima, mentre
Robert aveva ricominciato a ridere come un matto.
< Mitchie, tu
sai sempre come farti riconoscere! > esclamò Robert
ridendo, mentre io non sapevo cosa dire.
La ragazza si
portò la mano davanti alla bocca e mi guardò.
< Sei Michelle?
>
<
Già, piacere >
Ci stringemmo la mano
e subito dopo Claire ci disse di accomodarci a tavola. Prima di
raggiungere la sala da pranzo mi scusai con lei una seconda volta per
l'incidente del frappuccino e la pregai di poterle pagare il saldo
della lavanderia o di ricomprarglieli nuovi nel caso in cui fossero
stati da buttar via, ma mi rispose di non essere sciocca e di tornare a
sedere.
Presi posto tra Robert
e sua madre e mi ritrovai davanti le sue sorelle.
< Come va la
vita, Vichy? >
< Fottiti
> rispose sua sorella squadrandolo malissimo.
< Victoria!
> esclamò sua madre < Ti sembra il modo!
>
< Ha cominciato
lui! > ribatté Victoria sgranando gli occhi <
Lo sa benissimo che odio quel nomignolo >
< Accipicchia,
come siamo suscettibili oggi > ribatté Robert ridendo
< anzi, ti sta solo bene che la mamma ti abbia sgridato. Devi
imparare ad essere più educata, specialmente quando abbiamo
degli ospiti >
< Piantala di
fare l'idiota mammone e passami il piatto > lo
rimbeccò sua madre ridendo.
< È
proprio vero quello che hai detto nell'intervista, allora >
sussurrai verso Robert, in modo che solo lui potesse sentire.
< E
cioè? >
< Che
nonostante la tua popolarità tua madre continua ancora a
chiamarti idiota… >
< Ne dubitavi,
forse? > rispose sarcastico.
< Cosa avete da
confabulare, voi due? > domandò Lizzy, guardando sua
sorella complice.
< Niente,
fatevi gli affaracci vostri >
< Robert!
>
< Mamma, hanno
cominciato loro >
< Ma fa sempre
così anche in America? > chiese Richard sporgendosi
verso di me.
< Ecco, vede,
signor Pattinson…c'è il rischio che questa sera
possa dormire fuori dalla porta di casa, quindi è meglio se
non le rispondo > risposi facendo ridere tutti, Robert compreso.
< Vedo che hai
capito come va il mondo > disse Robert cercando la mia mano
sotto il tavolo e stringendola.
< Ti piace la
pasta al ragù, Michelle? > domandò Claire
mentre mi porgeva il piatto.
<
Sì, molto. Spesso, quando vado a casa della mia amica Jenny,
alla sera lo cuciniamo >
< Io ho
imparato questa ricetta da una mia compagna di college italiana >
< Ed
è una sua specialità > intervenne Robert,
guardando sua madre fiero.
< Lecchino
> disse Victoria, camuffando la voce e tossendo.
<
Victoria… > la riprese suo padre, ma lei rispose
alzando gli occhi al cielo.
Per tutto il pranzo
Robert e Victoria non fecero altro che punzecchiarsi e mi divertii come
non mai.
< Victoria,
piantala subito o niente dolce! Stiamo facendo una pessima figura con
la nostra ospite! > esclamò Claire tutta rossa.
< Sta
scherzando?! Mi sto divertendo come non mai. Siete fantastici!
È così bello vedere una famiglia così
unita. Non se ne vedono più di tanto al giorno d'oggi
> risposi sorridendo.
< I tuoi sono
separati, Michelle? > domandò Victoria, mentre mi
porgeva una fetta di torta.
< Sì
>
< Ma quanti
anni hai? > chiese Lizzy curiosa.
< Diciannove
>
< Li porti
molto bene >
< Grazie
> risposi sorridendo < oh, signora Pattinson,
è stato tutto squisito >
< Ti ringrazio,
sono contenta che ti sia piaciuto >
Dopo aver terminato il
pranzo con il caffè, Robert mi propose di fare il giro della
casa.
< Qui
c'è la camera dei miei genitori, qui la camera di Lizzy, qui
quella di Victoria, e qui… > disse
fermandosi davanti ad una porta bianca < la mia vecchia camera
>
< Non vedo
l'ora di vederla > sussurrai eccitata.
Robert mi sorrise e
aprì la porta, facendomi entrare per prima.
< Non fare caso
ai poster e a tutto il resto, ci ho vissuto fino a diciotto anni
>
< È
bellissimo > sussurrai estasiata mentre mi guardavo intorno.
Attaccati alle pareti c'erano un sacco di poster: Il Signore degli Anelli,
Fast and Furios,
Il Silenzio degli
Innocenti…c'era addirittura un poster dei
Nickelback e, accanto al letto, una seria di foto di attrici e modelle
nude. < L'angoletto porno? > domandai divertita.
< Oh
dio… > sussurrò mentre si precipitava a
staccare le immagini.
< No, lascia!
> esclamai ridendo < Fanno parte del tuo passato >
Lo presi per mano e mi
avvicinai verso la libreria, notando tra i vari scaffali i suoi vecchi
libri di scuola e i fumetti dei Simpson.
< Geniali
> dissi mentre ne tiravo fuori uno.
< Sono meglio i
cartoni, però >
< Concordo
> risposi, riponendo il giornale al proprio posto.
Voltai lo sguardo
verso il letto e vidi sul comodino due quadretti: il primo raffigurava
lui e Tom il giorno del diploma e lo stavano mostrando entusiasti
mentre si stavano abbracciando. La seconda, invece, ritraeva lui e il
suo vecchio cane Patty.
< La mia Patty
> sospirò mentre appoggiava il mento sulla mia spalla
e guardava la foto.
< Ti manca?
>
< Da matti, era
un cane speciale. Ho vissuto un sacco di momenti magnifici con lei
>
Sorrisi e posai la
foto.
< Io avevo un
pesce rosso, non so se può definirsi la stessa cosa. Ma gli
ero molto affezionata >
< Come
è morto? >
< Gli ho dato
troppo da mangiare > risposi e Robert rise < Robert,
avevo nove anni! >
Eppure non accennava a
voler smettere di ridere, così mi sedetti sul letto
imbronciata.
< Lo sai che
scherzo, vero? > chiese prendendo posto accanto a me e
avvicinò la bocca al mio orecchio, iniziando a dargli dei
leggeri morsi.
< Rob >
lo chiamai tentando di allontanarlo, ma mi bloccò i polsi e
mi fece stendere sotto di lui, mentre le sue labbra stavano toccando le
mie < Rob? >
< Che
c'è? > domandò slacciandomi il
gilè e alzandomi la canotta.
<
C'è la tua famiglia di sotto >
< E quindi?
> continuò baciandomi il collo, la mandibola e infine
l'ombelico, mentre i miei respiri si facevano sempre più
irregolari.
< Robert?!
> lo chiamò sua madre < Puoi scendere per
piacere, c'è zia Jane al telefono! >
Robert interruppe la
piacevole tortura e si alzò, guardandomi con un ghigno.
< E mi lasci
così… > insoddisfatta?
<
C'è zia Jane al telefono > rispose Robert ridendo
< non ti muovere >
Lo guardai
allontanarsi e dopo essermi rivestita scesi al piano di sotto,
raggiungendo le sue sorelle.
< Cosa fate,
ragazze? > chiesi a Victoria e a Lizzy.
< Tu la conosci
Claudia? > rispose Victoria guardandomi.
< Prego?
> dissi senza capire e mi mostrarono una foto di Robert a dieci
anni: Victoria e Lizzy gli avevano fatto indossare una minigonna in
jeans e una maglietta a mezza manica bianca e, dal momento che aveva i
capelli un po' lunghi, gli avevano fatto i codini.
Presi in mano la foto
e la guardavo con occhi sgranati.
< Cosa sta
succedendo qui? > chiese Robert affacciandosi alla sala e nel
momento in cui i nostri occhi si incrociarono scoppiai a ridere, con
tanto di lacrime < Ma che diavolo…? >
continuò avvicinandosi a me, mentre io ero piegata in due
dal ridere e faticavo a respirare e mi strappò di mano la
foto < Voi due siete due grandissime bastarde, lo sapete?
>
Cercai di darmi un
minimo di contegno mentre lui era ancora accanto a me e di
lì a poco ci raggiunsero anche i suoi genitori.
<
Io…io… >
< Vorresti dire
che ti dispiace di avermi preso in giro, Mitchie? >
domandò Robert guardandomi.
< Io non avevo
idea che il rossetto ti stesse così bene > risposi e
tutti scoppiarono a ridere, mentre il diretto interessato mi
guardò offeso.
< Non mi piace
che ti coalizzi prima con Tom e poi con le mie sorelle >
Smisi di ridere e lo
baciai sulla guancia.
< Rob, solo
qualcuno privo di humour rimarrebbe impassibile davanti a questa foto
>
< Io non sto
ridendo > ribatté.
<
Perché tu sei un musone patologico. Lo diceva anche la
signora dell'orfanotrofio >
< Ricominci
ancora con questa storia, Vic? > disse Robert sbuffando <
Okay, ora dobbiamo proprio andare. Tom ed io questa sera suoniamo nel
locale di Susy, perché non venite a fare un salto? >
< Mi dispiace,
tesoro, questa sera siamo dagli Shelton > rispose sua madre
abbracciandolo.
< Va bene,
allora verrò a trovarvi prima di tornare in America >
disse ricambiando l'abbraccio < e voi, piccole streghe? Verrete?
>
< Io ci
sarò! > esclamò Lizzy abbracciandolo,
stessa cosa che fece Victoria.
< Michelle, tu
ci sarai, vero? > chiese Victoria abbracciandomi.
< Certamente
> risposi sorridendo < ci vediamo là >
Salutai e abbracciai
anche Lizzy, poi mi dedicai ai suoi genitori.
< Grazie per il
pranzo, signora Pattinson, è stato fantastico >
< Mi fa piacere
e spero di rivederti presto > rispose sorridendomi e anche lei
mi abbracciò, mentre con suo padre mi limitai ad una stretta
di mano.
< Arrivederci,
signor Pattinson >
< Ciao,
Michelle > disse sorridendo.
Uscimmo da casa dei
suoi genitori e rientrammo in macchina.
< Come
è andata? > domandò guardandomi curioso.
< Non hai idea
di quanto tu sia fortunato > gli dissi sorridendogli <
hai una famiglia fantastica che ti adora ed è stata una
gioia per me essere qui con te. Io non so più cosa voglia
dire avere una famiglia unita e stare qui con i tuoi, anche se solo per
qualche ora, mi ha fatto sentire parte di una famiglia. Ti invidio
tanto per questo, lo sai? >
< Mi si spezza
il cuore sapendo tutto quello che hai passato >
Abbozzai un sorriso e
guardai fuori dal finestrino. Quello che sapeva lui era un quarto della
mia infanzia difficile. Arrivati davanti a casa uscimmo dalla macchina
e rientrammo in casa, trovandoci davanti alla porta Tom incazzato nero.
< Brutto
stronzo, mi hai fregato la macchina! >
<
Sì, ma sono anche venuto a riprenderti >
ribatté sorridendogli.
< Non mi
interessa! E guai a te se le hai fatto un solo graffio! >
< No,
tranquillo. È ancora immacolata >
<
Sarà meglio. Vogliamo andare? >
< Sì
> rispose Robert guardandomi e sghignazzammo entrambi.
< Siete in
ritardo! > esclamò Susy, mentre ci guardava malissimo.
< Ci siamo
fermati a mangiare qualcosa da Nando's
prima di venire qui > rispose Tom sorridendole < e in
ogni caso non è per colpa mia se abbiamo tardato
così tanto >
< Eh, certo!
Sta a vedere che è sempre colpa mia! >
ribatté Robert mentre seguiva il suo amico.
< Il vostro
camerino è infondo alle scale, a destra! > disse
Susy, sperando che l'avessero sentita < Uomini >
< Sono sempre
zucconi > risposi sorridendole.
< Coraggio, ti
faccio accomodare > mi disse e mi fece accomodare nel tavolino
più vicino al palco, dove trovai già sedute Lizzy
e Victoria.
< Ciao! >
< Finalmente
sei arrivata! > esclamò Victoria abbracciandomi.
< Prima di
venire qui Tom e Rob mi hanno trascinato a cenare da Nando's. Non
ricordavo che fosse così buono! >
Chiacchierammo per un
paio di minuti e poi mi alzai per andare a prendere da bere. Quando mi
voltai vidi che i tavoli erano praticamente tutti pieni di ragazzine
con un sacco di peluche e cartelloni.
Attesi dieci minuti in
fila, presi le birre e tornai a sedermi.
< Hai visto
quanta gente per nostro fratello e Tom? > disse Lizzy
guardandomi.
<
Già > risposi guardandomi intorno.
< Michelle,
posso essere onesta con te? Ma non offenderti, ti prego >
< Dimmi tutto
>
< Tu lo sai di
essere troppo per Robert, vero? > domandò e scoppiai
a ridere.
< Lo so, ma mi
ha conquistata e non posso farci niente >
In quell'esatto
momento partirono urla e applausi e vidi Tom e Robert salire sul palco.
<
Ehm…buonasera a tutti > disse Robert mentre sistemava
la chitarra sulle sue gambe e le urla aumentarono < innanzitutto
vi chiediamo scusa. Il mio amico Tom ed io non abbiamo avuto modo di
provare le canzoni, per cui non abbiamo la minima idea di cosa
suonarvi. Lo so che suona male sentire questo, ma è la pura
verità. Quindi se avete voi delle richieste…
>
< Ti amo,
Robert! > esclamò una voce dal fondo del locale.
< Grazie,
chiunque tu sia! La prima canzone è dedicata a te >
Robert
confabulò qualcosa con Tom e incominciarono a suonare
insieme le prime note di Never
Think.
Appoggiai i gomiti sul
tavolo e ascoltai la canzone, rapita dalla sua voce. Susy corse sul
palco a portare loro una bottiglia d'acqua e nel frattempo qualcuno
lanciò un peluche sul palco. La canzone successiva fu To Roam e per i
primi quaranta minuti suonarono e cantarono, perché anche
Tom cantò, le canzoni che facevano parte del repertorio di
Robert.
< Tu e Robert
come vi siete innamorati? > domandò Lizzy.
< Non ve l'ha
mai detto? > chiesi curiosa.
< Lui non ci
racconta mai niente > ribatté Victoria guardandomi.
< L'ho
conosciuto più o meno a metà ottobre, lui si era
trasferito nella casa accanto alla mia. Sapete, quando l'ho scoperto
non potevo crederci, perché ero una sua fan. Anzi, a dire il
vero l'ho conosciuto in circostanze piuttosto imbarazzanti e all'inizio
non è che mi stesse proprio simpatico, era come se mi fosse
cascato un mito. Poi col tempo l'ho conosciuto, ho imparato ad
apprezzarlo e siamo diventati amici, ottimi amici. Poche settimane dopo
avevo realizzato che per me non era un semplice amico, ma a quel tempo
si frequentava con Kristen, per cui avevo deciso di farmi da parte, mi
bastava essergli amica. Poi lui mi ha confessato di essersi preso una
cotta per me e dopo vari casini abbiamo deciso di frequentarci,
arrivando dove siamo arrivati ora >
Finii la mia birra e
ascoltammo le ultime canzoni di Robert, poi lui e Tom suonarono alcune
cover, come ad esempio Downbound
train del mitico Bruce Springsteen, Message in a bottle
dei Police, The funeral
dei Band of horses, Use
somebody e Sex
on fire dei Kings of Leon e infine My hero, dei Foo
Fighters, con la quale mi commossi.
< Michelle,
stai bene? > chiese Lizzy nel vedermi piangere.
<
Sì, è solo che…vostro fratello
è eccezionale > risposi guardandolo suonare estasiata
e in quel momento lo vidi puntare lo sguardo verso di me e mi
lanciò uno sguardo interrogativo, al quale risposi
sorridendo.
Verso le dieci e mezza
smisero di suonare, si fermarono a raccogliere i pupazzi che un sacco
di ragazze aveva lanciato sul palco, incluso il reggiseno che Victoria,
per scherzo, aveva lanciato, firmarono autografi e fecero un sacco di
foto, mentre io mi ero dileguata in bagno per darmi una sistemata.
Quando infatti arrivai davanti allo specchio mi presi paura nel vedere
il mascara che mi era colato.
Restai in bagno per
diverso tempo, giusto per assicurarmi di essermi calmata e di
comportarmi come se non mi fosse successo niente e quando tornai a
sedermi vidi che il locale si era svuotato abbastanza, fatta eccezione
per qualche gruppo di fan di Robert che erano rimasti lì ad
osservarlo e che Robert e Tom si erano aggregati al nostro tavolo.
< Ragazzi,
complimenti! > esclamai sorridendo mentre li abbracciavo.
< Ti siamo
piaciuti, Michelle? > domandò Tom indicandomi la
sedia vuota tra lui e Robert.
<
Altroché! Siete stati fenomenali >
Susy si
complimentò con i due musicisti e ci portò un
altro giro di birre.
< Ragazzi, a
proposito…dov'è il mio reggiseno? > chiese
Victoria con non calanche e Tom la guardò sgranando gli
occhi.
< Allora sei tu
la pazza del reggiseno! > esclamò ridendo e da quel
momento non fecero altro che punzecchiarsi, mentre Lizzy se la rideva.
< Mitchie, stai
bene? > chiese Robert parlando a bassa voce.
< Sicuro,
perché me lo chiedi? > risposi sorridendo.
< Prima stavi
piangendo >
< Non
è niente, mi sono commossa nel sentire My hero. L'hai
cantata divinamente >
Robert mi sorrise e mi
baciò sulle labbra.
< Sono contento
che ti sia piaciuta >
< Poche
effusioni, ragazzi, siamo in un luogo pubblico > disse Tom
prendendoci in giro.
< Io sono
stanco morto > disse Robert sbadigliando.
< Ma se sono
solo le undici! > esclamò il suo amico < La
notte è ancora giovane >
Risi e scossi la testa.
< Torniamo a
casa? > domandai mentre gli accarezzavo una guancia.
< Se la scusa
della stanchezza è perché volete fare sesso,
siete pregati chiudete la porta della stanza > ci
punzecchiò Tom.
< Oppure tu
potresti sempre evitare di affacciarti alla porta della mia camera >
rispose Robert a tono.
< Senti, quella
è casa mia! >
< Ma era anche
la mia >
<
Sì, ma ora ci vivo io >
< È
lo stesso, io pagavo l'affitto >
< E io lo pago
ancora >
< Ma
piantatela, bambini! > esclamò Lizzy < Rob,
prendi la macchina di Tom, noi lo teniamo ancora un po' qui,
così ognuno farà quello che vuole >
< No, la mia
macchina no >
< Tom, nessuno
ha chiesto il tuo parere > disse Victoria mentre gli tirava uno
scappellotto in testa, gesto al quale scoppiammo tutti a ridere.
Salutai Lizzy,
Victoria e Tom con un abbraccio e poi Robert ed io rientrammo in
macchina.
< Finalmente un
po' da soli… > mi disse Robert mentre mi baciava il
collo una volta arrivati sotto casa.
< Oggi
è stata una giornata a dir poco movimentata >
replicai ridendo < ma è stata splendida >
< Ne sono
felice > ribatté mentre mi appiccicava al vetro della
macchina.
< Rob? Che ne
dici di spostarci di sopra? > chiesi mentre guardavo una signora
che ci guardava disgustata e quando glielo feci presente si mise a
ridere.
< Agli ordini
> rispose scendendo dalla macchina e quando entrammo in casa
andai a vedere il mio cellulare, che avevo lasciato a casa per farlo
caricare, e vidi che Bianca mi aveva lasciato un messaggio in
segreteria: stranamente mi aveva detto di divertirmi, ma mi cadde di
nuovo in basso quando mi raccomandò di fare bella figura con
i suoi futuri suoceri,
di mangiare cibi sani per non ingrassare ulteriormente e nell'ultima
parte del suo breve monologo, la mia preferita in assoluto, mi disse di
tornare a casa con qualche capo firmato e di non comprare i soliti
stracci, specialmente perché ora poteva permettersi di
tutto, visto che era tornata a lavorare.
< Non vedo
l'ora di aver dato gli esami e di partire per il college solo per
essere lontana miglia e miglia da lei >
<
Tu…te ne vuoi andare? > domandò
guardandomi pietrificato.
< Ho il
college, Robert >
< E dove
vorresti andare? >
< A Yale
> risposi senza esitazione.
< Yale
è parecchio lontana da Los Angeles >
< Ma
è uno dei college migliori d'America in campo medico >
Si sfilò la
giacca e la appese sull'appendiabiti.
< Non avevo mai
pensato al discorso college > ribatté piano, ma udii
benissimo la sua risposta, ciò nonostante non dissi niente
per timore di iniziare una futile discussione, futile perché
io sarei andata al college, che gli piacesse o meno, e tra noi due
calò un silenzio piuttosto imbarazzante < hai fatto
qualche altra domanda da qualche altra parte? >
<
Sì, alla Brown e a Pinceton >
<
E…hai già avuto qualche risposta? >
< Non ancora
> risposi mentre mi mettevo le mani in tasca e poi mi avvicinai
a lui < sappi che nonostante la distanza tra noi non
cambierà niente >
Sospirò e
mi afferrò per i fianchi.
< Ciononostante
sono terrorizzato all'idea di saperti lontana >
< E
perché mai? > domandai accennando un sorriso <
Anche tu quando hai qualche film parti e stai via per dei mesi. E
comunque dopo tutta questa fatica io non ho intenzione di mollarti,
quindi non ti libererai di me, nonostante la distanza >
< Beh, questo
mi rassicura >
Risi e appoggiai le
labbra sulle sue, mentre mi prendeva in braccio e di lì a
poco il nostro bacio si fece appassionato.
< Rob? >
lo chiamai mentre lo tenevo per i capelli.
<
Sì, Mitchie? >
< Questa volta
la chiudiamo a chiave la porta, vero? >
Robert rise e mi
strinse a sé.
<
Sì, questa volta la chiudiamo > rispose facendo
scattare la serratura.
Dalla scrivania di
Charlie: “Buongiorno angeli!” Come state, care mie
ragazze? Vi state divertendo in vacanza? State andando al mare? Vi
siete abbronzate? Siete diventate nere come il carbone? Sì?
Bene, sono contenta! (Sappiate che sono sarcastica) Beh, le mie vacanze
inizieranno venerdì (5 giorni a Londra, poi al ritorno
inizio a studiare per l'università. Ma che bello! Altro
sarcasmo)
Mi sono ritagliata
qualche minuto per postare, mi spiace non averlo fatto prima. Spero che
il capitolo vi piaccia, è uno dei miei preferiti
perché mi sono divertita un sacco nel scriverlo. Il titolo
è palesemente copiato dalla sitcom How I met your mother,
ho solamente cambiato una parola. Però ci stava, dai!
Ora mi ritiro, una
certa tesina sta aspettando che io la finisca!
Grazie a tutte voi che
leggete la storia, mi riempite il cuore di gioia. Spero di riuscire a
postare prima di partire per Londra, ma non ne sono molto sicura.
Sapete, faccio l'orale e il giorno dopo parto, quindi la valigia ha la
precedenza.
A presto, ragazze!
Giulls
P.S.
No, seriamente, come state passando le vacanze? Mi sento estraniata
e…sono talmente pallida da far invidia a un vampiro
sbrilluccicoso, perché anche io brillo di luce propria!
P.P.S. Io non vi obbligo a farlo, ma vi consiglio di aprire un'altra
pagina internet, digitare www.youtube.com e di cercare i titoli delle
canzoni che ho citato, perché meritano!
Downbound train - Bruce Springsteen
Message in a bottle - Police
The funeral - Band of horses
Use somebody e Sex on fire - Kings of Leon
My hero - dei Foo Fighters (la canzone acustica è
bellissima)
|
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Capitolo 25 *** Il passato non ti abbandona mai ***
Ciao a tutte, spero stiate
bene e che
stiate passando delle buone vacanze.
Strano ma vero, ho deciso di staccarmi da
faccialibro per aggiornare la storia e spero che non vi deluda il
nuovo capitolo.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate!
A presto, Giulls
P.S. Scusate per la
brevità, ma devo uscire tra 10 minuti e sono ancora in
pigiama da questa mattina!
Il
passato non ti abbandona mai
Supermercato,
ore sei e trenta del pomeriggio: strano ma vero, Robert aveva
accettato di fare la spesa con la sottoscritta. Dal nostro ritorno da
Londra era partito per la premiere della seconda parte di Breaking
Dawn in Europa e non ci eravamo visti per due settimane e mezz'ora
dopo il suo ritorno io dovevo scappare a fare la spesa per prendere
qualcosa per la cena, gli avevo domandato di accompagnarmi, giusto
per stare un po' insieme, e lui aveva accettato subito.
Pensavo
fosse divertente fare la spesa insieme, ma il Robert che mi trovavo
davanti era totalmente diverso da quello che avevo accompagnato
all'aeroporto: Robert di due settimane fa aveva ventiquattro anni,
mentre il Robert attuale ne aveva otto.
< Queste
le voglio > disse mostrandomi un pacchetto di caramelle gommose.
Le presi in
mano e lo guardai accigliata.
<
Perché, se ti ho chiesto di prendermi delle verdure, mi hai
portato
un sacchetto di caramelle? >
<
Beh…sono a forma di verdura > rispose prendendomi di
mano le
caramelle e mettendole dentro il carrello della spesa.
< Le
vuoi prendere veramente? >
< Sono
buone! > piagnucolò mettendo su un adorabile broncio.
Scossi la
testa e presi dal banco frigo un cesto di insalata.
< Puoi
andare a prendere un cartone d'acqua? > domandai mentre mi
dedicavo alla scelta dei pomodori.
< Okay >
<
Robert? > lo chiamai.
< Sì,
Mitchie? >
< Acqua,
non caramelle gommose dalla forma di bottiglie >
Rise e si
allontanò, ritornando pochi minuti dopo con un cartone
d'acqua in
mano.
< Altro?
> chiese posandola nel carrello.
< La
tequila! >
< La
cosa? > ripeté inarcando le sopracciglia <
Cosa hai intenzione
di fare con la tequila? >
<
Ubriacarmi > risposi facendogli la lingua e lui
inarcò un
sopracciglio.
< Lo sai
che non hai ventuno anni? Non potresti nemmeno bere birra >
< È per
quello che ti ho portato con me > ribattei sorridendo sorniona,
ma
mi fulminò con lo sguardo.
< Bene,
allora non la prendi >
<
Avanti, papà, sto scherzando > replicai scuotendo la
testa <
Jenny ed io dobbiamo preparare un dolce messicano per il compleanno
di sua madre >
< Ora ci
siamo. E che dolce volete fare? >
< Non lo
so, mi ha semplicemente detto di portarle una bottiglia di tequila
>
dissi alzando le spalle e Robert posò nel carrello anche un
paio di
birre.
< Anche
se non potresti, queste le berremo questa sera, quando ceneremo soli
soletti, che ne dici? >
< Non
vedo l'ora > risposi sorridendo e portai le braccia dietro al
suo
collo per baciarlo, ma un flash improvviso ci impedì di
baciarci.
Voltai la
testa di lato e vidi che un fotografo ci stava fotografando. Sbuffai
e mi spostai verso la corsia dei cereali per comprare i Cap'n
Crunch,
tornai indietro da
Robert, che era rimasto bloccato davanti al banco frigo insieme al
carrello da alcune sue fan, ma non appena girai l'angolo mi scontrai
contro qualcuno e sia le sue uova che io finimmo a terra.
< Stai
bene? > domandò mentre mi aiutava a rialzarmi.
< Sì,
ma mi dispiace un sacco per le sue uova > risposi guardandolo in
faccia: solo una persona al mondo aveva i miei stessi occhi, il mio
stesso colore di capelli e la mia stessa espressione da cane
bastonato, e quella persona mi aveva abbandonato da anni.
<
Michelle… >
<
Pa…papà? >
< Che
bello vederti > rispose abbracciandomi, ma non lo ricambiai,
semmai lo allontanai in malo modo.
< Cosa
diavolo ci fai qui? > chiesi arrabbiata.
< Sono
venuto in città per qualche giorno per un seminario e mi
sono
fermato da Ronnie. Ti ricordi di Ronnie, vero? >
< Certo
che me lo ricordo > risposi fredda.
< Ma
come stai? >
< Sto
alla grande >
< Sì,
ti trovo bene infatti. Ti sei fatta molto più bella
dall'ultima
volta che ti ho vista. E sei anche cresciuta >
< E se
non fossi sparito dalla mia vita mi avresti vista crescere >
ribattei incrociando le braccia al petto.
< Lo so,
mi dispiace >
<
Michelle, ecco dove ti eri cacciata! > esclamò Robert
venendomi
incontro con il nostro carrello < Scusa, ma mi ci è
voluto un po'
a liberarmi della folla > continuò baciandomi la
guancia e poco
dopo notò la presenza scomoda davanti a noi <
ehm…salve >
disse imbarazzato.
< Stai
con un attore? > domandò George Waldorf, proprio non
riuscivo a
chiamarlo padre,
alternando lo sguardo tra me e Robert.
< Che
cosa mi sono perso? > chiese il mio ragazzo senza capire.
<
Robert, lui è George Waldorf, nonché il padre che
mi ha abbandonata
senza dire una parola > risposi indicando mio padre
< George > continuai guardando quest'ultimo, fredda
< lui è
Robert e sì, stiamo insieme >
<
Piacere di conoscerla, signor Waldorf > disse Robert porgendogli
la mano e sorridendogli educatamente, mentre io lo guardavo
sconvolta: perché era così gentile con lui?
< Il
piacere è mio, Robert > rispose ricambiando la
stretta <
Michelle, possiamo incontrarci domani e parlare un po'? >
< Direi
proprio di no > dissi prendendo Robert sottobraccio e girando i
tacchi per andarmene, ma George mi afferrò per un polso.
< Devo
dirti una cosa importante >
< Non mi
interessa >
Strattonai
il braccio per liberarmi dalla sua presa e mi allontanai con Robert.
<
Michelle, sto per sposarmi! >
Mi bloccai
di colpo e serrai le dita, sentendo piano piano le unghie premere
sulla carne.
<
Congratulazioni >
< E
vorrei che tu partecipassi. Mi sposo il 20 del mese prossimo. Robert,
sei invitato anche tu >
< Non
verremo > ribattei fredda.
Sospirò,
tirò fuori un foglio dal portafoglio, vi scrisse su qualcosa
e me lo
porse.
< Questo
è il mio nuovo numero, chiamami domani, ti prego. Vorrei
incontrarti
per parlare un po' >
< Non
vero l'ora > dissi sarcastica e dopo averlo lasciato solo
continuai a fare la spesa senza proferire parola, finché non
mi
sfogai una volta salita in macchina < ma come diavolo si
permette
di venire qui bello come il sole e di sbattermi in faccia la sua
nuova vita perfetta? >
<
Michelle, calmati >
<
Calmarmi? Calmarmi? Mi vuoi prendere in giro? Mi ha abbandonata senza
dirmi una parola e da quando ha lasciato Bianca lei si è
rincretinita! Se non se ne fosse andato io non mi sentirei
costantemente infelice e non sentirei nemmeno la mancanza
dell'affetto di un padre! > urlai a pieni polmoni e scoppiai in
lacrime.
Accostò la
macchina e mi prese tra le sue braccia, accarezzandomi la schiena per
farmi calmare.
< Ora
sfogati > sussurrò al mio orecchio e continuai a
piangere,
imbrattandogli la maglia di mascara.
< Sai
cosa mi manca? La mia infanzia, quando mi lanciava in aria e mi
diceva che stavo volando, quando a Natale si travestiva da Babbo
Natale e veniva nel mio asilo. Ma, soprattutto, mi manca il suo
chiamarmi principessa > risposi mentre nascondevo il volto tra
le
mani e continuavo a piangere < era felice >
<
Quando? >
< Prima
> risposi mentre tiravo su col naso.
Mi baciò
la fronte e ignorammo i tre paparazzi che si erano posizionati
davanti al cofano.
< Posso
fare qualcosa per te? >
< Puoi
restituirmi la mia infanzia? > chiesi tirando su col naso.
< Mi
spiace, ma non posso >
< Puoi
regalarmi un unicorno? >
< Perché
vuoi un unicorno? > domandò ridendo.
< L'ho
sempre chiesto a Babbo Natale, ma non ne ho mai ricevuto uno >
Rise e mi
accarezzò una guancia.
< Mi
dispiace, Mitchie, ma è impossibile >
Alzai lo
sguardo dal suo petto e lo guardai.
< E
allora l'unica cosa che puoi fare è restarmi accanto e
ascoltare le
mie lamentele >
< Come
ho sempre fatto, tesoro > ribatté sorridendomi e lo
ricambiai <
domani se ti va posso venire anche io all'incontro con tuo padre
>
< No,
non fa niente > risposi sorridendo.
<
Giusto, magari preferisci andarci da sola >
< No,
non voglio chiamarlo, tanto meno incontrarlo >
< Ma…è
tuo padre… >
< Non è
stato un padre molto presente, però. Perché
dovrei accontentarlo? A
me non interessa vederlo felice, non dopo tutto quello che mi ha
fatto >
<
Michelle, è tuo padre. Ha sbagliato, ma ora vuole rimediare
e te
l'ha fatto capire chiaramente. Non trattarlo così. Ti
lamenti sempre
che tuo padre ti ha abbandonata. E ora che vuole tentare un
riavvicinamento, tu glielo neghi >
Mi scostai
dalle sue braccia e mi appiccicai al finestrino.
<
Riportami a casa > gli dissi fredda.
Ero
arrabbiata. Quell'uomo mi aveva fatto del male, non meritava il mio
perdono. E odiavo il fatto che Robert non stesse dalla mia parte. Era
il mio ragazzo, non quello di George, era me che doveva spalleggiare,
non lui.
Una volta
arrivati davanti a casa spense il motore e mi guardò.
< Il
bacio della buonanotte me lo dai? >
Mi sporsi
verso di lui e lo baciai a fior di labbra, ma senza soffermarmi
troppo.
< Notte
>
< N… >
Presi le
sporte con dentro la speso e uscii dalla sua auto sbattendo con forza
sia la portiera che la porta di casa, sperando che intuisse che non
lo volevo tra i piedi.
Una volta
in casa sistemai i miei acquisti e mi buttai sul mio letto, mentre
non facevo altro che pensare alle parole di George. Dopo aver fissato
il mio soffitto per chissà quanto tempo e aver notato una
macchia
alla quale non vi avevo fatto caso, mi alzai dal letto per aprire la
finestra e per far circolare un po' l'aria, vedendo Robert fuori casa
che stava gettando l'immondizia nei cassonetti.
Mi sedetti
sul bordo della finestra e lo guardai.
< Lo sai
che è da maleducati spiare la gente? >
domandò guardandomi.
< Lo so,
ma a dire la verità sei una calamita per i miei occhi
>
< Sei
ancora arrabbiata con me? >
< No >
< Allora
mi inviti a cena a casa tua? Non so cosa mangiare, altrimenti >
< Mi
dispiace, ma morirai di fame. Io sto uscendo >
< E dove
stai andando? >
< Da
Jenny >
< Che è
a New York > ribatté sorridendo. Come faceva a
saperlo?
< E tu
come lo sai? >
< Me
l'hai detto l'altro giorno. Mitchie, ho fame…posso venire da
te? >
Il telefono
squillò in quel momento e quando lo presi in mano vidi che
mi stava
chiamando un numero che non conoscevo.
<
Pronto? >
<
Michelle, sono io, tuo padre >
Mi si mozzò
il respiro e il mio sguardo si fece vacuo.
<
Che…che cosa vuoi? >
< Mi
dispiace chiamarti a quest'ora, ma il nostro incontro è
stato così
improvviso. Hai già mangiato? Vorrei portarti fuori a cena
>
< A dire
il vero… >
<
Michelle > disse interrompendomi < lo so che non sono il
padre
dell'anno e mi dispiace per tutto. Ti sto solo chiedendo un'occasione
per recuperare. Una cena e te ne puoi andare quando ti pare >
< Okay >
risposi sospirando.
< Passo
a prenderti? Abiti sempre nella stessa casa? >
< No,
non venire. Bianca è a casa >
< Oh, ma
certo. Beh, allora ci vediamo alle nove al Pitt's >
Chiusi di
scatto la finestra e corsi in giardino da Robert.
<
Mitchie, è tutto okay? >
< Sto
uscendo con George >
< Tu
cosa? >
< Mi…mi
ha chiamato ora ed io gli ho detto di sì >
< E
allora divertiti >
< Io non
voglio andare! >
< E
perché hai accettato? >
< Non lo
so…puoi venire con me? > chiesi guardandolo
speranzosa, ma fece
di no con la testa.
< Credo
sia meglio se uscite solo voi due insieme >
<
Coraggio, vieni con me > dissi afferrandolo per la mano e lo
trascinai in casa e in camera mia, lo feci sedere sul mio letto e
infine presi in mano un vestito bianco e uno turchese lungo fino alle
ginocchia < quale dei due? >
Robert
assottigliò lo sguardo e alternò lo sguardo tra i
due vestiti.
< Quello
turchese >
< Bene >
risposi rimettendo il vestito turchese nell'armadio e mi infilai
quello bianco.
< Ero
sicuro che l'avresti fatto > disse ridendo.
Pitt's, ore
nove e venti.
Il nostro
appuntamento era alle nove e lui era in ritardo.
<
Signorina, desidera qualcosa? > domandò la stessa
cameriera per
la terza volta e per questo giro presi una bottiglia d'acqua.
Mi
accasciai sulla sedia e iniziai a tamburellare le dita sul tavolo.
Ero in procinto di andarmene quando lo vidi avvicinarsi al tavolo.
< Scusa
il ritardo, ma mi ci è voluto un po' per trovare la strada,
quella
che facevamo sempre in auto l'hanno chiusa >
< Sì,
lo so >
< È da
molto che aspetti? >
< Sì,
da venti minuti > ribattei fredda.
< Non so
te ma sto morendo di fame > mi disse mentre prendeva in mano il
menu < tu cosa vorresti mangiare? >
< Perché
siamo qui? > chiesi in risposta.
< Per
mangiare >
< No,
perché siamo usciti, perché sei qui con me
>
Sospirò e
posò entrambe le mani sul tavolo.
< Mi
manchi, Michelle. Sei mia figlia e mi manchi >
< E
prima non ti mancavo? >
< È
complicato >
< Sì o
no > ribattei fredda.
<
Ovviamente sì >
< E
allora perché te ne sei andato? >
< È…
>
< Fammi
indovinare > dissi interrompendolo < complicato? >
< Sì >
Mi alzai
dal tavolo e lo guardai sprezzante.
< Stammi
bene, George >
<
Michelle! > esclamò correndomi dietro e mi
afferrò per un polso
< Ti prego, voglio solo parlare un po' con te. Ti chiedo solo
questo >
Sospirai e
ci accomodammo in una panchina non molto distante dal ristorante.
George tirò fuori una busta dalla tasca della sua giacca e
me la
porse. Era l'invito al suo matrimonio.
< Perché
vuoi che vi partecipi? >
< Perché
voglio che tu faccia parte della mia nuova vita. Voglio che tu
conosca i tuoi fratelli, voglio che… >
<
Fratelli? Io ho dei fratelli? > domandai sgranando gli occhi.
< Sì.
C'è Hannah, la prima figlia di Katia, che ha un anno in meno
di te,
poi ci sono Jonah e Tobey, due gemelli di dieci anni e Maddie, che ha
otto anni. Jonah, Tobey e Maddie sono figli miei e di conseguenza
sono tuoi fratelli per metà >
< Quindi
da quando te ne sei andato ti sei messo subito insieme a questa
Katia? >
< È per
lei se sono andato fino a Newark >
< Vi
conoscevate già? >
< Sì >
< La
storia della promozione era una scusa? >
< Sì >
<
Hai…hai tradito mamma con lei? >
< Sì >
< E la
modella? >
< L'ho
inventato. Katia…Katia era la migliore amica di tua madre
>
rispose e lo guardai con occhi e bocca spalancati.
< Zia
Katia? > domandai con le lacrime agli occhi.
< Lei >
Mi
accasciai sulla panchina e guardai davanti a me con occhi vitrei la
strada.
< Con
tutte le persone al mondo, proprio con lei? La mia madrina? >
<
Michelle, è…è capitato >
< Ma lei
è sempre stata a Newark, è tornata a Los Angeles
per il mio
battesimo, quando l'hai vista se lei abitava laggiù e tu
l'unico
spostamento che facevi era per dei corsi di aggiornamento a New York?
>
< Ci
incontravamo sempre a New York >
Mi alzai
dalla panchina e lo guardai negli occhi.
< Io non
posso, mi dispiace >
<
Michelle >
< Non
posso venire al tuo matrimonio, non ce la faccio. Non…non
cercarmi
più, ti prego >
George mi
guardò con gli occhi lucidi e infine annuì.
< Come
tu desideri >
Mi
allontanai da lui, tornai in macchina e guidai fino alla spiaggia.
Adoravo la spiaggia, adoravo il mare e il suo odore, ma odiavo stare
lì di notte e per di più da sola.
Ciononostante
camminai fino alla riva, mi tolsi le scarpe e mi sedetti sulla
sabbia, mentre sentivo la musica provenire dal molo con le giostre.
< C'è
una cosa che tu non sai > disse Robert alle mie spalle.
< Che ci
fai qui? >
< Ho
visto la tua macchina > ribatté mettendosi a sedere
accanto a me
< mio padre quando ero piccolo raccontava a me e alle mie
sorelle
la storia della gitana dei mari del sud >
< Sì,
la conosco > gli dissi sorridendo < George me la
raccontava
ogni sera prima di andare a letto, era la mia storia preferita >
Rabbrividii
e mi posò sulle spalle la sua giacca.
< Se sei
qui deduco che la cena non è andata bene >
< George
tradiva Bianca con la sua migliore amica. Quella donna è
stata la
mia madrina al battesimo e mio padre quando andava a delle conferenze
a New York se la sbatteva > dissi con rabbia < e lui ora
mi
chiede di partecipare al loro matrimonio? Ho tre fratelli, lo sai?
Anzi, se vuoi contare anche la mia sorellastra Hannah, quatto >
Mi strinse
nel suo abbraccio e appoggiai la testa nell'incavo del suo collo.
< Vuoi
fare qualcosa? >
< Sono
stanca, voglio tornare a casa >
< Come
tu desideri >
È passata
una settimana dalla disastrosa cena da Pitt's e George non mi aveva
più cercata, esattamente quello che volevo io. Ma nonostante
tutto
mi erano arrivati a casa un paio di inviti al matrimonio. Quando
Bianca li vide si sedette sul divano e per un attimo credetti di
guardare in faccia la vecchia Bianca, ma pochi secondi dopo li
gettò
nel cestino e si comportò come se niente fosse.
Dopo la
scuola mi ero recata in centro per cercare un vestito
per…sì, il
matrimonio. Lo detestavo per quello che mi aveva fatto ma andare a
Newark, la città del mattone, era l'unico modo per avere le
risposte
che stavo cercando. Era l'unico compromesso. Non gli avevo ancora
parlato e non volevo nemmeno farlo. Forse gli avrei mandato un
messaggio sul cellulare.
Mentre
Meredith, che era stata promossa titolare nel mio negozio preferito,
mi faceva provare un vestito, il mio telefonino squillò.
<
Pronto? >
< Ciao,
Mitchie >
< Rob!
Come è andata l'intervista? >
< Bene,
grazie al cielo niente di stressante. Cosa stai facendo? >
<
Indovina >
<
Shopping? >
< Sì >
< Cosa
stai per comprare o cosa hai comprato? >
< Cosa
sto per comprare, direi >
<
Allora? >
< Sto
cercando un abito per il matrimonio >
< Hai
deciso di voler andarci? >
< Già >
< Ma non
mi sembri felice >
< Non lo
sono. Ma sono sicura che sia l'unico modo per avere delle risposte.
Hey, io sono nel mio solito negozio, vuoi venire? >
< Va
bene > rispose ridendo e pochi istanti dopo sentii la campanella
del negozio suonare e Robert ed Emma stavano camminando verso di me
<
scusa, ho fatto il prima possibile >
Risi e
spinsi il tasto rosso del telefonino, poi mi attaccai alle labbra
invitanti del ragazzo più bello del mondo.
< Ciao >
dissi sorridendo.
< Ciao a
te >
< Ciao
Emma >
<
Michelle, che bello vederti! > rispose sorridendo e mi
baciò la
guancia.
Dal loro
arrivo provai altri quattro vestiti, ma Emma me li bocciava sempre.
Ad un certo
punto, però, Meredith mi consegnò un vestito a
dir poco divino: era
lungo più o meno fino a metà coscia, ornato con
vari disegni
floreali, aveva una fascia che copriva il seno e una cintura nera da
allacciare subito sotto.
<
Meredith, lo adoro! > esclamai mentre uscivo dal camerino
< è
sensazionale! >
< Ci
stai veramente bene > rispose lei sorridendomi.
< E voi
che ne dite? > domandai rivolta a Robert e ad Emma.
< Ti sta
davvero bene >
< Ma? >
< Ma non
credo sia adatto ad un matrimonio > intervenne Emma guardandomi
con attenzione.
< Forse
no, ma Meredith farà una magia e lo renderà tale.
Vero? >
< Come
sempre > rispose lei ridacchiando e si allontanò.
< Magari
uno scialle… > dissi più a me stessa che a
loro due mentre mi
guardavo allo specchio.
< Sì,
forse > rispose Robert mentre si alzava e mi veniva accanto.
Guardai la
sua immagine riflessa allo specchio e gli sorrisi.
< E tu?
Cosa indosserai? >
< Vuoi
che venga con te? >
<
Assolutamente! Certo, sempre che la tua manager ti dia il
permesso…
>
<
Permesso accordato > rispose lei ridendo.
< E
comunque troverò qualcosa pescando dal mio armadio. Noi
uomini non
siamo come voi donne >
< Ecco
perché noi donne siamo superiori a voi > ribattei per
le rime.
< Ecco,
prova questo > disse Meredith interrompendoci, mentre mi passava
uno scialle dello stesso colore del vestito.
< Sì,
decisamente meglio > asserì Robert mentre mi guardava.
< Mi
piace un sacco > dissi mentre guardavo la mia immagine riflessa
<
aggiudicato >
<
Benissimo > rispose sorridendo.
Rientrai
nel camerino e indossai la divisa scolastica una seconda volta.
<
Lascia, offro io > intervenne Robert.
< Ma…
>
< Shh,
zitta > ribatté portandomi una mano davanti alla
bocca e dopo
aver salutato Meredith uscimmo dal negozio.
< Bene,
piccioncini, vado a fare la spesa per cucinare qualcosa per questa
sera. Ci vediamo domani >
< Ciao!
> rispondemmo Robert ed io in coro.
< Ora
che si fa? > chiese Robert mentre guardava l'orologio.
< Ho
fame. Vieni a cena a casa mia? >
< Andata
> asserì baciandomi sulle labbra.
Una volta a
casa, mentre io mi stavo facendo una doccia, Robert cucinò
qualcosa
di indefinito che finì nel bidone poco dopo.
< Sei un
cuoco terribile >
< Beh,
almeno so che apprezzi un gesto carino! > rispose Robert offeso.
Risi e
presi un raviolo al vapore dalla confezione d'asporto. Avevo ordinato
cinese subito dopo il suo fiasco in cucina.
<
Apprezzo il gesto, ma la prossima volta lascia che cucini io >
ribattei alzandomi dalla sedia e mi sedetti sulle sue gambe.
Con uno
scatto felino Robert si alzò in piedi e, sempre tenendomi in
braccio, si sedette sul divano.
< Cosa
vogliamo guardare? Toy
Story,
Paranormal
Activity
o Prince
of Persia?
>
< Prince
of Persia,
Prince
of Persia,
Prince of Persia!
>
< E sia
> disse Robert mentre i sistemava tra le sue braccia.
< Jenny,
Sarah ed io abbiamo visto questo film tre volte al cinema >
< Direi
che ti è piaciuto >
< Un
sacco >
Cinque
minuti dopo l'inizio di Prince
of Persia
Robert mi stava
disturbando, sì, il termine più appropriato
è disturbare,
perché mi stava baciando il collo e mi impediva di godermi
il film
in santa pace.
< Ti
rendi conto che stai preferendo un film a me? >
< Ti
rendi conto che non mi stai lasciando godere uno dei miei film
preferiti? >
Dopo quella
risposta le mani e la bocca di Robert si allontanarono dal mio corpo.
< Certo
che sei ingiusta >
<
Perché? >
< Perché
sei bellissima, il mio corpo reclama un contatto con il tuo e tu mi
snobbi per un film >
Lo guardai
e gli sorrisi, poi avvicinai le mie labbra alle sue.
< Ti amo
da morire e lo so che lo sai. Ma non possiamo fare sempre sesso.
Davvero, tra gli allenamenti che sono aumentati e te che mi chiedi di
fare sesso non ho più forze >
Robert rise
della mia risposta e mi baciò una tempia.
< E
allora questa sera ti lascio ricaricare le batterie. Abbiamo un fine
settimana a disposizione per noi >
<
Ninfomane che non sei altro > borbottai, ma mi sentì
benissimo e,
ridendo, mi strinse a sé.
|
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Capitolo 26 *** Conoscenze, banchetti, minacce e le tanto attese risposte ***
Conoscenze,
banchetti, minacce e le tanto attese risposte
<
Ammetto di non essere più sicura di voler andare >
confessai a
Robert mentre una hostess ci stava indicando le nostre postazioni.
< Ormai
è tardi, Mitchie > ribatté sedendosi
< siamo a bordo e i
biglietti non sono più rimborsabili >
< Che
cosa ingiusta > borbottai sedendomi accanto a lui < pensi
che
sia giusto prendere parte al matrimonio? >
< Penso
di sì > disse prendendo la mia mano tra le sue.
< Non
sarebbe stato meglio andare in auto? >
<
Davvero avevi voglia di guidare per due giorni ininterrottamente?
>
< Ma se
fossimo partiti oggi in macchina saremmo arrivati giusto in tempo per
il matrimonio. Invece con l'aereo arriviamo nella città del
mattone
il giorno prima del giorno prima del matrimonio. E non mi pare giusto
>
< Stai
vaneggiando, lo sai? > chiese ridendo.
Sbuffai una
seconda volta e posai la testa sulla sua spalla, chiusi gli occhi e
mi lasciai coccolare da lui, che di tanto in tanto lasciava dei baci
sui miei capelli.
<
Abbiamo tempo di vedere un film? >
< No,
tesoro. Arriveremo tra un'ora. Verrà tuo padre a prenderci
all'aeroporto? >
< No, è
impegnato con Katia a non so far cosa per il gran giorno. In compenso
verranno i miei nonni >
< Che
tipi sono? >
< Sono
delle persone splendide, non lo dico solo perché sono loro
nipote.
Mio nonno ogni tanto ha la testa tra le nuvole e per questo nonna si
arrabbia sempre. Lei, invece, è un tipo particolare,
è lunatica più
di me, ma è meravigliosa, è stata come una mamma
per me > gli
spiegai sorridendo al ricordo dei miei nonni.
Dopo le
varie raccomandazioni del pilota e del copilota l'aereo
decollò e
per un'ora intera non feci altro che litigare con un bambino che si
divertiva a tirarmi i calci alla sedia. Gli avevo anche promesso un
autografo di Robert con tanto di foto per farlo tacere, ma mi aveva
risposto sputandomi il suo succo di frutta alla pesca addosso.
Risultato? Un'ora dopo la partenza puzzavo di pesca e avevo i vestiti
macchiati, senza contare che quella piccola peste mi aveva macchiato
il mio top preferito. Non avrei mai avuto dei bambini, mai e poi mai.
Dopo aver
recuperato il bagaglio che avevamo diviso per il viaggio feci una
scappata in bagno e cambiai il top con una camicia a quadri, uno dei
pochi indumenti che mi ero portata dietro. Uscii dal bagno e Robert
mi guardò ridendo.
<
Vogliamo fare i gemellini? >
Ebbene sì,
anche lui stava indossando una camicia a quadri. Ma io la portavo
meglio: non l'avevo allacciata e quindi si intravedeva la canotta
bianca e avevo arrotolato le maniche fino al gomito. Lui, invece,
aveva lasciato le maniche lunghe e l'aveva chiusa.
< Sì,
ma sta meglio a me > ribattei sorridendo e lo baciai senza
lasciargli il tempo di controbattere < forza, voglio vedere i
miei
nonni >
Mi sfilò
la valigia di mano e dopo aver afferrato intrecciato le nostre mani
libere raggiungemmo l'ingresso dell'aeroporto di New York, dove ad
attenderci c'era una donna di sessantacinque anni che indossava un
paio di jeans a pinocchietto e una maglia a mezza manica verde. Era
decisamente mia nonna Susan.
<
Michelle! > esclamò abbracciandomi.
< Nonna!
Che bello vederti > risposi correndo verso di lei ricambiando
l'abbraccio.
<
Accidenti, è da un anno che non ti vedo e sei diventata una
bellissima donna >
Sorrisi e
le indicai Robert.
< Nonna,
lui è Robert > dissi orgogliosa.
< È un
vero piacere, signora >
<
Chiamami Susan, ti prego. Signora mi fa sentire più vecchia
di quel
che già sono > disse sorridendogli < coraggio,
Alan non vede
l'ora di vederti >
Girammo
l'angolo e vidi nonno Alan all'interno di una Punto rossa. Non appena
mi vide uscì dalla macchina e venne ad abbracciarmi.
< La mia
bellissima nipotina. Come stai? >
< Bene,
sono felicissima di vedervi > risposi ricambiando l'abbraccio
<
nonno, lui è Robert, il mio ragazzo >
< Salve,
signor Waldorf >
< Ciao,
ragazzo > disse mio nonno ricambiando la stretta di Robert
< ma
io ti ho già visto da qualche parte. Hai mai lavorato nella
rosticceria a Dallas? >
< No,
Alan, lui è un attore > ribatté la nonna
ridendo.
< Sei
sicura, Susan? >
< Ma sì!
È l'attore di cui parla sempre Beatrice >
< Chi è
Beatrice? > domandai curiosa.
< La
bambina dei nostri vicini di casa. Lei stravede per te >
Robert
sorrise imbarazzato e si passò una mano tra i capelli,
facendomi
capire che era in imbarazzo.
< Nonna,
ma voi da quanto siete qui? > chiesi per cambiare discorso.
< Siamo
arrivati due sere fa > rispose mentre ci invitava a salire in
macchina.
Il tragitto
per arrivare a Newark fu abbastanza lungo, ma il tempo
sembrò volare
in macchina con Robert e i miei nonni. Mi divertii da matti con loro,
specialmente perché il nonno fissava Robert dallo
specchietto
retrovisore e gli diceva sempre che se mi avesse fatto soffrire lo
avrebbe cercato anche in capo al mondo per fargliela pagare. Ma il
viaggio fu piacevole soprattutto perché nessuno tocco
l'argomento
rapporto padre-figlia. Verso le sette di sera
arrivammo
davanti al vialetto di casa di George e lui con la sua bella
famigliola felice al seguito mi venne incontro. Il mio sorriso si
spense e mi venne la nausea.
<
Michelle, non sai quanto sono felice di vederti! >
esclamò
prendendomi tra le sue braccia e stritolandomi < Robert,
è un
piacere rivederti > continuò stringendo la mano di
Robert.
< Salve
signore >
<
Michelle, sei bellissima > disse Katia mentre si avvicinava per
abbracciarmi, ma non appena la fissai in cagnesco si limitò
a
porgermi la mano < ecco…loro sono i miei figli
>
< Sì,
George me ne ha parlato > risposi interrompendola e incrociai le
braccia al petto.
< Salve,
signora, io sono Robert > intervenne lui presentandosi e lo
stesso
fece anche con i suoi figli e Hannah lo guardò estasiata.
< Io…io
sono una tua grandissima ammiratrice! > disse mentre gli
stringeva
la mano e lo abbracciò.
< Ti
ringrazio, Hannah > rispose Robert impacciato.
< Amore,
perché non accompagni i nostri ospiti nelle loro camere?
>
propose Katia mentre guardava George e per un attimo pensai sul serio
di vomitare.
< Ma
certo > rispose sorridendole < seguitemi >
Robert
prese la valigia e dopo aver salito le scale George ci disse che io
avrei diviso la stanza con Hannah, mentre Robert avrebbe dormito
nella stanza degli ospiti.
<
Scherzi, vero? > domandai furiosa.
< No >
ribatté secco mentre mi mostrava la mia nuova stanza
< non mi
piace che tu dorma nello stesso letto del tuo fidanzato >
< Come
se non l'avessimo mai fatto prima d'ora > dissi con tono di
sfida
e lo vidi irrigidirsi.
Robert mi
posò una mano sulla spalla e mi mimò con le
labbra un “Michelle,
stai calma”. Una volta rimasta sola nella stanza di
Hannah
sbuffai e mi guardai intorno.
< Scusa,
ero convinta che George vi stesse mostrando la casa > disse
Hannah
entrando in camera sua.
< A
quanto pare non è così, invece > ribattei
mentre mi sedevo sul
bordo del letto < quale dei due letti usi? >
< Quello
di sinistra > rispose indicando il letto sotto la finestra
< ad
ogni modo io sono Hannah >
<
Michelle > risposi atona.
< Quindi
sei tu la figlia dispersa di George. Sai, ti immaginavo
più…diversa
>
<
Diversa in che senso? >
< Beh,
abiti e a Los Angeles e il tuo cognome è
Waldorf…credevo fossi la
tipica oca californiana > rispose e la guardai stralunata
<
senza offesa >
<
Figurati > risposi sarcastica e in quel momento bussarono alla
porta.
<
Ragazze, scusate > disse Robert entrando dentro la stanza
< mi
manda George e vorrebbe sapere se avete voglia di uscire per mangiare
fuori >
< Come
no! > esclamò Hannah e dopo aver preso la giacca che
era sul
letto uscì dalla stanza.
< Come
sta andando? >
< Sono
qui da dieci minuti e voglio già tornarmene a casa >
risposi
scuotendo la testa < e tu sei un idiota >
< Cosa
dovevo fare, puntare i piedi perché tu dormissi in camera
con me? È
tuo padre e già non credo di stargli molto simpatico >
< Beh,
ora mi sente > dissi incamminandomi verso la porta, ma Robert mi
afferrò per un braccio e mi fece tornare davanti a lui.
<
Mitchie, sul serio, datti una calmata > mi ammonì
mentre mi
passava una mano sulla guancia e pochi secondi dopo mi baciò.
<
Ragazzi, stiamo aspettando solo voi > ci interruppe George.
Mi
allontanai mal volentieri dalle labbra di Robert, presi una giacca e
scendemmo di sotto. Quella sera andammo a mangiare in una pizzeria
non molto lontana dalla loro casa, ma nonostante il tragitto fosse
breve venimmo interrotti un sacco di volte da fans urlanti,
raggiungendo così la pizzeria trequarti d'ora dopo.
< Mi
dispiace per… >
<
Tranquillo, Robert, non c'è problema >
ribatté Katia
sorridendogli.
Riuscimmo
ad avere un momento di pace solo quando entrammo in pizzeria e una
volta seduti al nostro tavolo George ordinò dello champagne
e si
alzò in piedi per brindare.
< Voglio
brindare a questa bellissima donna che tra meno di quarantotto ore
diventerà mia moglie, ai miei piccoli che vedranno i loro
genitori
sposarsi e a Michelle perché è qui. Non potrei
essere più felice >
<
Salute! > risposero tutti allegri, mentre io mi limitai a fare
un
lieve sorriso e a bere a piombino lo champagne.
<
Michelle, come sta tua madre? > domandò Katia
sorridendomi.
<
Nonostante quello che è successo? Oh, sta alla grande. Ora
si scopa
un uomo che non credo nemmeno la ami, sai? > risposi sarcastica
e
ignorai la gomitata che Robert mi diede allo stomaco, mentre a tavola
era sceso il gelo.
< Mamma,
cosa significa sco…cosa ha detto lei? >
domandò la bambina
mentre mi indicava.
<
Niente, amore > rispose Katia accarezzando il suo piccolo viso,
mentre George mi lanciò un'occhiataccia.
Pochi
secondi dopo il cameriere venne a prendere le nostre ordinazioni e
subito dopo mi spostai in bagno per cambiare aria. Mentre mi chiudevo
dentro la toilette sentii la porta del bagno aprirsi e la risata di
due ragazze.
< Oh,
mio dio, hai visto quella sfigata della Sanchez? >
domandò una
voce e capii subito che stavano parlando di Hannah perché in
camera
sua sul suo comodino avevo trovato un libro con su scritto proprietà
di Hannah Sanchez.
< Ha un
orrendo vestito hippie. Pronto, siamo negli anni duemila! Ma come mai
è nello stesso tavolo con quello schianto di Robert
Pattinson? >
sentii subito dire dall'altra voce, nasale come la prima.
<
Sicuramente quella sfigata avrà partecipato ad un concorso,
avrà
vinto e si sarà portata la famigliola al seguito per andare
a
mangiare fuori. Avessi vinto io l'unico posto dove l'avrei portato
sarebbe stato il mio letto e ci saremmo divertiti per tutta la notte
> ribatté la prima ragazza e strinsi il pomello della
porta tra
le mie mani, progettando già di ucciderla, finché
non si aprì
ancora la porta < Hannah! > esclamò una delle
due ragazze <
Ma che bello vederti qui! Ed hai un vestito stupendo, lo adoro! >
<
Ehm…grazie > sentii rispondere con un sussurro.
< Sai,
non ho potuto fare a meno di notare che sei nello stesso tavolo con
Robert Pattinson. Come mai lo conosci? >
< È…è
un invitato al matrimonio di mia madre >
< Ma
davvero? E credi di potercelo presentare? Sai, mi piacerebbe molto
chiedergli un autografo e fare una foto con lui, dopotutto è
il mio
attore preferito > continuò una delle due ragazze.
< Non
credo sia una buona idea, mi dispiace >
<
Coraggio, non farti pregare > ribatté l'altra.
< N-n-n…
>
< N-n-n…
> disse la ragazza con la voce più nasale prendendola
in giro <
cavolo, Sanchez, sei una sfigata anche al di fuori della scuola >
Aprii di
scatto la porta facendo appositamente rumore e raggiunsi sia Hannah
che le due ragazze facendo sobbalzare tutte e tre e quando Hannah mi
vide sgranò gli occhi, mentre la mora, che aveva sia il naso
che le
labbra rifatte, e non ci voleva un genio per capirlo, sembrava
volesse uccidermi a giudicare dai suoi occhi assassini.
< Hey,
morettina, fossi in te distoglierei lo sguardo > le dissi
squadrandola e mi portai accanto ad Hannah.
< E tu
chi ti credi di essere? > replicò ridendo e l'amica
bionda la
seguì a ruota.
< Questa
è proprio una sfigata! > esclamò la
biondina ridendo e notai
subito quei dirigibili rifatti al posto del seno.
< Mi
stai dando della sfigata? > chiesi sorridendole e lei
annuì.
< Sì,
hai dei problemi? > ribatté mettendosi le mani ai
fianchi e la
riconobbi subito come la ragazza che voleva portarsi Robert a letto.
< Credi
di farmi paura? > domandai avvicinandomi e mi trovai a pochi
centimetri dal suo naso < Tesoro, qualche settimana fa ho tirato
un pugno sul naso ad una barbie oca proprio come te, non stuzzicarmi.
E se dirai ancora qualcosa di cattivo su mia sorella te ne pentirai
amaramente > sibilai minacciosa e circondai con il mio braccio
le
spalle di Hannah < hey, torniamo di là? >
chiesi guardando
Hannah e la vidi annuire < oh, biondina, voglio mettere in
chiaro
una cosa: prova ad avvicinarti al mio fidanzato di mezzo metro e ti
ci porto io in un letto, ma quello di un'ospedale. Ma prima ti
forerò
quei due gommoni finti che ti trovi al posto delle tette >
sibilai
minacciosa, dopodiché aprii la porta del bagno come se
niente fosse,
feci uscire Hannah per prima e dopo aver augurato alle ragazze un
buon proseguimento di serata tornai al tavolo.
< Ti sei
persa? > sussurrò Robert al mio orecchio < Non
puoi sparire e
lasciare me a fare il lavoro sporco >
< No, ho
solo fatto amicizia con due ragazze davvero simpatiche >
ribattei
guardando Hannah, la quale mi sorrise complice.
Pochi
secondi dopo voltai lo sguardo verso destra e vidi le due rompiballe
di prima guardarmi con occhi spalancati. Risi e le salutai con una
mano, mentre con l'altra afferrai la forchetta e la mostrai alla
bionda. Hannah mi guardò e scoppiò a ridere.
< Che
succede, ragazze? >
< Niente
> rispose Hannah mentre si tagliava la pizza.
Sorrisi a
Robert e gli feci cenno con la testa di non fare domande. Tutto
sommato la cena proseguì tranquillamente e per gran parte
della
serata chiacchierai con Hannah: dovetti ricredermi su di lei, era una
ragazza molto simpatica e socievole. Forse era un po' timida, ma non
appena prendeva confidenza chiacchierava tranquillamente.
Verso le
nove e mezza la figlia più piccola e i due gemellini
iniziarono a
reclamare un letto, così George pagò il conto per
tutti e quando
rientrammo a casa Katia accompagnò i figli a letto. Non
appena
Robert ed io salimmo al piano di sopra perché io prendessi
la mia
camicia da notte dalla valigia, vidi la bambina che mi fissava
accanto alla porta della sua camera. Le sorrisi e mi avvicinai a lei.
< Ciao
piccolina > la salutai inginocchiandomi per essere alla sua
stessa
altezza.
< Ciao >
rispose timidamente.
< Mi
dici come ti chiami? >
<
Madeline, ma odio il mio nome >
< E come
vorresti essere chiamata? >
<
Maddie. Maddie come la ragazza di Zac&Cody! >
esclamò
sorridendo ed il suo sorriso era talmente bello che non potei fare a
meno di ricambiarlo.
< Beh,
Maddie mi piace un sacco. Io mi chiamo Michelle e lui è
Robert >
Maddie lo
guardò e assottigliò lo sguardo.
< Hannah
ha una foto enorme di te nel suo armadio > disse indicandolo.
< Maddie
> ci interruppe sua madre mentre si avvicinava <
coraggio,
saluta i nostri ospiti perché è ora di fare la
nanna >
< Può
mettermi lei il pigiamino? > domandò la bambina
indicandomi e
rimasi stupita da quella richiesta.
< Io non
ho problemi, ma devi chiederlo a Michelle > rispose Katia
sorridendomi timidamente.
< Me lo
metti tu il pigiamino? > domandò Maddie sorridendomi.
< Certo,
piccola > risposi ricambiando il sorriso e dopo averle preso la
mano Katia mi posò una mano sulla spalla e mi
ringraziò.
Robert
accese la luce della stanza e vidi che le pareti non erano rosa,
colore che andava per la maggiore nelle camere delle bambine,
bensì
verdi. E non un verde pisello o verde pistacchio, ma verde
fosforescente. Ed erano le pareti più belle che io
avessi mai
visto.
< Anche
tu dirai che non sono pareti adatte ad una bambina? >
domandò
Maddie mentre prendeva il pigiama da sotto il cuscino.
<
Scherzi? Io le adoro! E poi ti confesso una cosa: a me il rosa non
è
mai piaciuto >
<
Nemmeno adesso? >
< No >
ribattei mentre scuotevo la testa.
< Io
volevo la pelle come quella di Kermit (*), ma quando mi sono dipinta
la faccia di verde la mamma mi ha sgridata >
Risi e
l'aiutai a infilare i pantaloni.
< Ora
chiamo la tua mamma, va bene? > le proposi quando
s'infilò sotto
le coperte.
< Sì >
rispose la bambina annuendo < posso farti una domanda? >
< Certo
>
< Ma se
lui è qui > disse indicando Robert, che era rimasto a
guardarci
dalla soglia della porta < la foto nel poster c'è
ancora o è
sparita? >
< Che ne
dici se domani mattina ci guardiamo insieme? > proposi e
annuì
soddisfatta.
Prima di
lasciare il posto a sua madre, accarezzai la testa di quella bambina
che ricordava me da piccola e lei si sporse per baciarmi la guancia.
Le sorrisi e uscii dalla camera, chiudendomi la porta alle spalle.
Guardai
Robert con gli occhi che brillavano e lui mi trascinò nella
sua
stanza.
< Però,
è una bambina furba > disse mentre si sedeva sul
letto.
< Mi
assomiglia molto, nonostante abbia meno della metà dei miei
geni >
ribattei sedendomi accanto a lui < sto riconsiderando questa
famiglia >
<
Davvero? >
< Sì. O
perlomeno la parte femminile della famiglia: Hannah è
simpatica e
Maddie è adorabile >
< E
Katia? >
Sospirai e
mi buttai a peso morto sul materasso.
< Mi
piace. Insomma, so bene di averla trattata malissimo, ma durante la
serata si è scoperta una persona piacevole. E poi sono
curiosa di
conoscere i due gemelli, non abbiamo parlato molto >
< E tuo
padre? >
Sbuffai e
mi buttai sul letto accanto a lui.
< Una
parte di me continua a detestarlo e credo continuerà a farlo
fino a
che non mi darà quelle dannate risposte >
< Pensi
che te le darà? >
< Sono
qui solo per quelle e lui lo sa bene, deve darmele
>
ribattei mentre stringevo le mani in due pugni.
Quando
bussarono alla porta tornai in posizione eretta e Robert
andò ad
aprire la porta, trovando davanti a lui i miei nonni.
<
Ragazzi, volevamo darvi la buonanotte > disse mia nonna venendo
ad
abbracciarmi < tu non hai idea di quanto sia bello averti qui,
Michelle > mi sussurrò all'orecchio e ricambiai
l'abbraccio.
< Ti
voglio bene, nonna >
Lasciai la
nonna per abbracciare il nonno e augurai loro la buonanotte, salutai
Robert e mi incamminai verso la camera di Hannah per dormire: nonna
Susan mi aveva pregato di dormire nel letto assegnatomi per non far
ammattire il suo figlio maggiore ed io mi ero lasciata convincere.
Attraversai il corridoio e bussai.
< Entra!
> rispose Hannah da dentro la sua stanza e quando mi vide, mi
sorrise < Non ho avuto modo di ringraziarti per quello che
è
successo prima. Sì, insomma…è stato
fico e tu sei stata davvero
gentile >
< Non
ringraziarmi, l'ho fatto con piacere. E poi detesto le oche >
Hannah mi
sorrise e si sistemò meglio sotto le coperte, poi
tornò a
guardarmi.
< Ti
copro io >
< Come?
>
< Se
vuoi dormire con Robert, ti copro io. Basta che tu domani mattina
alle sette sia di nuovo qui. George si alza sempre alle sette e mezza
e sicuramente verrà a controllare >
< Grazie
> dissi sorridendole calorosamente e dopo essermi infilata la
camicia da notte uscii dalla stanza e sgattaiolai in quella di
Robert, trovandolo sotto le coperte e intento a leggere un copione.
< Cosa
ci fai qui? > domandò Robert guardandomi curioso.
< Hannah
si è offerta di coprirmi. È il copione di Wide
Sargasso Sea?
>
< No,
questo è un altro. Me l'ha consegnato Emma poco prima di
tornare da
Toronto. Il film si intitola Water for elephants,
è carino.
Lavorerò con Reese Whiterspoon >
< Fico >
dissi sbadigliando.
< Sì,
ma se ne parlerà dopo l'estate >
<
Perché? > domandai sbadigliando una seconda volta.
< Perché
Reese è impegnata in un altro film > rispose mentre
mi copriva
con la coperta e mi avvicinai a lui attaccandomi esattamente come il
cucciolo di koala era solito fare con la madre.
Biascicai
qualcosa che potesse assomigliare ad un buonanotte
e mi
addormentai di botto, dormendo fino alle sette del giorno seguente,
poi mi svegliai senza far rumore e ritornai in camera di Hannah di
soppiatto. Mi misi sotto le coperte, mi addormentai una seconda volta
e verso le otto e mezza venni svegliata dalla mia compagna di stanza.
<
Buongiorno, hai dormito bene? Mamma, zia Jess ed io stiamo uscendo
per l'ultima prova dell'abito di mamma, vuoi venire con noi? >
< E i
piccoli? > domandai sbadigliando.
<
Resteranno con i nonni. Ti prego, vieni con me, non lasciarmi sola
con quelle due. E poi anche io dovrò provarmi il mio vestito
e ho
bisogno di una persona che mi dica che sono la figlia della sposa
più
bella del mondo. E quel qualcuno sei tu >
Risi e mi
misi a sedere.
< Mi dai
dieci minuti? >
< Anche
un'ora se vuoi. L'appuntamento per la prova d'abito è alle
dieci >
< Okay >
risposi sbadigliando una seconda volta e mi alzai dal letto
più
stanca che mai, uscii dalla stanza e mi incamminai fino a quella di
Robert, aprii la porta e lo trovai ancora a dormire beatamente <
forza, pigrone! > esclamai mentre saltavo sul letto,
svegliandolo
di soprassalto.
< Cosa
diavolo stai facendo? > borbottò mentre si
stropicciava gli occhi
e mi misi a cavalcioni su di lui.
<
Buongiorno > gli dissi sorridendo e gli baciai la guancia.
< Perché
mi hai svegliato? >
< Perché
se io non posso dormire, allora nemmeno tu puoi > ribattei
ghignando.
Robert mi
sorrise e mi fece accomodare accanto a lui.
< Quali
sono i programmi della giornata? >
< Alle
dieci devo andare con Hannah, sua zia e Katia alle prove dell'abito
da sposa >
< Bene,
così io avrò la possibilità di
guardare un altro po' il copione >
Sorrisi e
mi tirai su dal letto, tirando fuori dall'armadio il secondo cambio
che mi ero portata dietro.
< Vieni
a fare colazione? > chiesi guardando Robert e lui mi rispose che
mi avrebbe raggiunto tra poco, così io lasciai la sua camera
ed
entrai in cucina < Buongiorno > dissi entrando nella
stanza.
<
Buongiorno, Michelle > rispose Katia sorridendomi < come
hai
dormito? >
< Molto
bene, grazie. Hannah mi ha invitato ad uscire con voi per la prova
vestito, spero non ci siano problemi >
<
Problemi? Scherzi, sono contenta che tu venga! >
Le sorrisi
e mi sedetti davanti a lei, accettando la ciotola con dentro il latte
e vi misi dentro delle palline di cioccolato.
< Mi
dispiace per come mi sono comportata ieri. È solo che
l'impatto mi
ha fatto un certo effetto >
<
Accetto le tue scuse, ma non preoccuparti. Tu non hai niente di cui
farti perdonare >
La guardai
e le sorrisi una seconda volta, poi Robert interruppe il nostro
discorso e scese di sotto.
<
Buongiorno > disse avvicinandosi al tavolo e dopo avermi baciato
i
capelli prese posto accanto a me.
<
Buongiorno a te, Robert. Come hai dormito? > domandò
Katia
sorridendogli.
< Alla
grande, davvero. E grazie ancora per l'ospitalità >
< Uhm,
Rob, senti questi cereali, sono fenomenali > dissi mentre gli
porgevo il cucchiaio con il latte e i cereali per farglieli
assaggiare.
< Meglio
dei Cap'n Crunch! > esclamò dopo
che ebbe ingoiato e lo
fulminai con lo sguardo.
< Non
c'è niente di meglio dei Cap'n Crunch,
ricordatelo bene >
Katia rise
e ci porse due tazze fumanti di caffè.
< Siete
proprio una bella coppia, lo sapete? > ci disse sorridendo e
risposi al suo sorriso con uno leggermente imbarazzato.
< Dov'è
George? > domandò Robert.
< È
andato all'aeroporto a prendere suo fratello Marshall e i miei
genitori, dovrebbe tornare per pranzo >
Annuii e mi
alzai dallo sgabello, andai a lavarmi i denti e tornai di sotto.
Pochi minuti dopo Robert se ne andò a guardare il copione,
aspettammo Jessica, la sorella di Katia, e dopo aver fatto la sua
conoscenza partimmo per la nostra destinazione.
Il vestito
di Katia era a dir poco splendido: era lungo e con uno strascico di
almeno tre metri, era bianco e le metteva in evidenza le curve senza
essere volgare.
< Katia,
sei bellissima > le dissi sorridendole e quando fu il turno di
Hannah di uscire con l'abito per la cerimonia le feci altrettanti
complimenti: lei indossava un abito color albicocca lungo fino alle
ginocchia e con la scollatura a cuore e senza spalline.
Rientrammo
a casa che era l'una inoltrata e quando ci sedemmo tutti a tavola
George non incrociava mai il mio sguardo e il suo gesto mi irritava
parecchio: che fosse una scusa per non volermi dare delle risposte?
Beh, le avrei avute, a costo di cercarmele da sola. E così
feci,
infatti. Dopo pranzo lui uscì per fare chissà
cosa, così aspettai
che tutti fossero impegnati per entrare nel suo studio e cercare
qualcosa, qualunque cosa che mi facesse capire perché mi
aveva
abbandonata: lettere di minacce, un esame del mio DNA non
compatibile, qualunque cosa. Volevo delle risposte.
< Cosa
stai facendo? > domandò George all'improvviso.
< Tu non
mi hai ancora dato una risposta, così sono venuta a cercarla
di mia
spontanea volontà > risposi appoggiandomi alla sua
scrivania.
George
sospirò e si sedette sul lettino dove sicuramente stavano i
suoi
pazienti.
< Cosa
vuoi sapere? >
< Sai
benissimo cosa voglio > risposi dura.
< Va
bene > replicò sospirando una seconda volta <
ma voglio che tu
sappia una cosa prima. Non è stato semplice >
< Non è
stato semplice? > ribattei ridendo istericamente < Vuoi
prendermi in giro? Te ne sei andato, punto! Mi hai lasciato sola, mi
hai privato di un padre per dieci anni! Per sette anni era come se tu
non ci fossi, ci vedevamo solo due volte l'anno e improvvisamente sei
sparito dalla mia vita. Hai idea di come mi sia sentita male? >
urlai a pieni polmoni e non mi importava se anche gli altri potevano
sentirci, dovevano rendersi conto dello stronzo che era.
<
Michelle, volevo essere un buon padre per te > rispose
guardandomi
con occhi lucidi e in quel momento scoppiai in lacrime.
< Un
buon padre? Se volevi essere un buon padre, dove diavolo eri quando
mi hanno trovata al parco con Genesis, mezze morte? Dove diavolo eri
quando lei è morta? Dove diavolo eri
quando Bianca mi ha
fatto rinchiudere per sei mesi dentro l'Hill facendomi così
perdere
un anno di scuola? Eh? > sbottai senza riuscire a placare le
lacrime, ma lui mi guardava sconvolto < Rispondi! > urlai
senza
smettere di piangere, ma più io lo guardavo, più
lui abbassava lo
sguardo.
Dopo aver
tirato su col naso uscii dal suo studio sbattendo la porta con tutta
la forza che avevo in corpo e corsi verso la camera dove si trovava
Robert, ignorando i richiami di mia nonna.
<
Mitchie, ma cosa succede? > domandò non appena mi
vide piangere,
ma invece che rispondergli mi fiondai tra le sue braccia e lui, da
bravo gentiluomo, gettò per terra il copione e mi
consolò.
< Voglio
tornare a casa > dissi dopo qualche minuto.
< Ne sei
sicura? > chiese mentre mi accarezzava la guancia e annuii.
< Tre
anni. Ho aspettato tre fottutissimi anni per ricevere delle rispose e
cosa ottengo? Un bel niente >
In quel
momento la porta si aprì e vidi George fissarmi.
< Non mi
sono fatto più sentire perché ogni volta morivo
quando leggevo la
sofferenza nei tuoi occhi. Ci ho riflettuto parecchio e dal momento
che ci stavamo allontanando sempre di più ho creduto che se
fossi
sparito saresti stata meglio senza un padre bastardo come me, ma di
certo non avrei mai pensato che poi tu avresti iniziato a…
> si
bloccò e mi venne incontro < oh, Michelle. Sei la mia
bambina ed
io ti voglio bene. Te ne voglio tantissimo, non puoi immaginarlo.
Sono stati anni massacranti questi >
Singhiozzai
e scossi la testa.
< Non so
se ti credo e se posso fidarmi ancora di te. Chi mi dice che non mi
abbandonerai di nuovo? >
George mi
guardò piangendo e mi prese le mani tra le sue.
< Ti
prego, perdonami per tutto il male che ti ho fatto. Perdona un padre
stupido che, credendo di fare la cosa giusta, ti ha rovinato
l'adolescenza >
Lui era lì,
a pochi centimetri da me, ed io non ce la facevo più. Mi
sporsi
verso di lui e lo abbracciai, finalmente felice di aver avuto le mie
risposte e ritrovato il mio papà.
<
Promettimi una cosa > dissi scostandomi da lui.
< Cosa?
>
< Non
abbandonarmi più >
< Te lo
prometto > rispose sorridendo e mi prese le mani <
resterai per
il matrimonio? >
< Sì >
dissi abbracciandolo e dopo che mi ebbe baciato la fronte si
alzò
dal letto e si avvicinò alla porta < ehm,
papà? >
< Sì,
tesoro? >
< Visto
che abbiamo chiarito…non è che questa sera mi
lasci dormire con
Robert? >
Papà mi
guardò scoppiando a ridere e scosse la testa.
< Ci hai
provato, signorina > disse aprendo la porta e quando
uscì lasciò
Robert e me con due sguardi confusi.
< Credi
che Katia possa convincerlo? > domandai, ma zio Marshall
entrò
nella stanza degli ospiti e interruppe il nostro discorso.
<
Robert, questa sera andiamo a festeggiare per l'addio al celibato di
mio fratello. Vieni con noi? >
< Certo,
cosa si fa? >
<
Andiamo a bere qualcosa e poi il suo collega Jacob ed io abbiamo
preparato una bella sorpresina… > rispose ghignando.
< Ma
certo, noi donne passeremo una serata al karaoke e voi uomini vi
divertirete con una spogliarellista. Non è corretto >
< Nasci
uomo la prossima volta, nipote nana >
Guardai zio
Marshall e gli feci la lingua e dopo aver detto a Robert che
sarebbero usciti per le sei ci lasciò soli.
< Il mio
fidanzato trascorrerà la serata con altri uomini arrapati ed
una
spogliarellista, mentre io canterò e mi
ubriacherò al karaoke! >
esclamai alzando le mani al cielo e mi buttai sul letto < Non
è
giusto >
<
Vorresti anche tu una spogliarellista? > domandò
Robert sedendosi
accanto a me, ma dopo quella sua triste battuta mi alzai dal suo
letto e tornai in camera di Hannah, la quale alzò gli occhi
dal
libro di trigonometria e mi guardò.
< Sei
pronta per questa sera? >
< Sono
pronta a sentirvi cantare, io non so cantare > risposi e
scoppiò
a ridere.
< Mi
dispiace, ma tutti devono cantare, nessun escluso >
< Ma io
sono stonata come una campana! > esclamai imbronciandomi.
< Queste
sono le regole > ribatté alzando le spalle.
Provai a
convincerla in tutti i modi che cantavo malissimo e lo stesso feci
anche con Katia, Jessica e le loro amiche, ma nessuna mi volle dar
retta. Anzi, cantai talmente male che mi chiesero per tre volte il
bis.
(*) Kermit
la rana, pupazzo dei Muppets
Ciao!
Mi scuso
per il mio enorme ritardo, ma tra il lavoro e i test di ingresso non
avevo tempo di postare. Ma ora tecnicamente ho finito tutto, quindi
spero di riuscire a postare ogni settimana.
Spero mi
perdoniate per il ritardo e che il capitolo sia di vostro gradimento.
A presto,
Giulls
|
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Capitolo 27 *** Una nuova signora Waldorf ***
Una nuova signora Waldorf
Noi ragazze rientrammo dalla nostra uscita che erano quasi le due del mattino ed ero a dir poco esausta e senza voce: non volevo cantare, ma alla fine fui quella che cantò di più. Male, oltretutto. Ero stonata come una campana e questo fu ciò che le divertì di più. Una volta rientrata in casa mi trascinai a fatica in cima alle scale e una volta raggiunto l'ultimo gradino svoltai a sinistra ed entrai nella camera di Robert, gettai per terra gli abiti e mi buttai sul letto senza nemmeno struccarmi o togliere dai capelli le forcine, rendendomi conto solo una volta toccato il cuscino che il mio ragazzo si era arrotolato tra le coperte e che io non avevo la possibilità di coprirmi. Presi i lembi del lenzuolo, che oltretutto erano attorcigliati alla sua vita, e tirai con tutta la forza che in quel momento non avevo, finché non ritirai le mani, sconfitta, e mi rannicchiai su un fianco. Attesi qualche minuto prima di sentire il braccio di Robert sulla mia vita e il lenzuolo posarsi fino alle spalle.
Stavo infrangendo per la seconda volta le regole, ma sinceramente non mi importava: papà non c'era perché, come voleva la tradizione, doveva passare la notte lontano dalla sposa, quindi zio Marshall lo aveva ospitato in albergo. Mio padre non c'era ed io avevo voglia di dormire con il mio ragazzo, senza contare che il letto della stanza degli ospiti era davvero comodo.
< Mitchie? > mi chiamò Robert scuotendomi leggermente sulla spalla dopo chissà quanto tempo.
< Cosa? > domandai sbadigliando.
< È ora di svegliarsi >
< Svegliarsi? Di già? Ma che ore sono? >
< Le otto >
< La cerimonia inizia alle undici, lasciami dormire ancora un po' >
< Ma io ho fame > replicò baciandomi ripetutamente la spalla.
Lo liquidai con un semplice gesto della mano e mi strinsi al cuscino.
< Alza il tuo bel sederino sodo dal letto e muovi le gambine fino alla cucina. Lì troverai ciò che cerchi >
< Speravo di poter mangiare qualcosa con te >
< Io speravo di poter dormire ancora un po', invece > borbottai alzandomi dal letto e Robert mi guardò sorridendo, ma ciò non bastò per placare la mia voglia di posare le mie esili mani sul suo collo e di stringere le dita attorno ad esso.
Raccolsi i jeans che avevo indossato la sera precedente, indossai il top che quella peste sull'aereo mi aveva sporcato e dopo essermi fatta una disordinata coda di cavallo gli feci notare di essere pronta, ma lui senza smettere di sorridere si avvicinò a me e mi cinse con le sue braccia i fianchi.
< Sapessi che tortura esserti stato lontano ieri >
< Sì, immagino > ribattei ridendo sarcastica < bugiardo >
< Perché mi dici questo? >
< Perché con la spogliarellista che ti ha gironzolato intorno per parte della serata non ci credo che ti sono mancata. Nemmeno un po' >
Rise e mi baciò la fronte.
< Ma mi sei mancata prima e dopo lo spogliarello. Soprattutto dopo >
Lo guardai negli occhi e scossi la testa sorridendo.
< Tensione sessuale da scaricare? >
< Parecchia > replicò e mi baciò ed io, sorridendo, ricambiai il gesto.
Gli saltai in braccio e senza smettere di baciarci mi fece stendere sul letto, sotto di lui. Erano giorni che non facevamo l'amore e mi mancava da matti la nostra intimità. Entrambi, però, eravamo consapevoli che non potevamo farlo lì, a casa di mio padre, quindi fummo costretti ad ignorare i nostri bollenti spiriti. E quando il mio stomaco brontolò ci sistemammo e scendemmo di sotto in cucina a mangiare qualcosa.
< Buongiorno > dissi salutando i nonni e…papà?
< Ben svegliata, tesoro > risposero abbracciandomi e quando fu il turno di abbracciare George lui mi strinse forte a sé.
< Come ti senti futuro sposo? >
< Sono agitato. Questa notte è stata una tortura addormentarmi senza averla accanto. E poi ho dormito male in albergo, tuo zio russa >
Risi e gli baciai la guancia.
< Hai rispettato le regole, hai fatto bene >
< Cosa che tu non hai fatto, invece > ribatté ghignando ed io sbiancai < lo so che questa notte hai dormito con Robert. Quando il gatto non c'è, i topi ballano >
< Signor Waldorf…voglio precisare che non è colpa mia, questa mattina mi sono svegliato e me la sono trovata accanto >
< Ma grazie, eh! > esclamai guardandolo e allargai le braccia.
< Scusa, ma devo pensare prima a salvare me stesso > ribatté guardandomi come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
< Sei un bugiardo > esclamai puntandogli il dito contro < ieri sera mi hai abbracciato e mi hai anche coperto, quindi eri sveglio. Oltretutto non mi hai cacciato via, sei colpevole quanto me > continuai e quando vidi Hannah entrare in cucina occupai con la gamba la sedia accanto a me sulla quale Robert si stava sedendo < Hannah! Vieni a sederti vicino a me? >
< Robert, vuoi sederti tu vicino a Michelle? > domandò gentilmente Hannah.
< Non preoccuparti, Hannah, Robert andrà a mangiare fuori, nella cuccia del cane >
< Ma noi non abbiamo un cane > ribatté la mia quasi ufficialmente sorellastra grattandosi la testa.
< Beh, c'è sempre lo zerbino. Giusto, tesoro? > dissi rivolta a Robert.
< Come no > replicò fregandomi la tazza di latte con i cereali e si sedette difronte a me.
Mi sporsi e mi riappropriai della mia tazza, mentre Hannah, papà e i nonni ci stavano guardando ridendo.
< Ma voi due fate sempre così? > domandò la nonna porgendo una tazza pulita a Robert.
< Grazie, signora > rispose lui sorridendole ed io annuii.
< I Waldorf sono dei peperini > disse mio padre ridendo < Hannah, tua madre dov'è? >
< Credo con zia Jess dall'estetista. Quindi prendi i tuoi vestiti e poi lascia questa casa > rispose lei guardandolo minacciosamente < mamma tornerà tra poco per finire di prepararsi e tu non puoi vederla fino alla cerimonia >
< Okay, okay, me ne vado! > esclamò alzando le braccia e prima di uscire dalla stanza venne a baciarmi la guancia.
< Robert, mi daresti una mano con le decorazioni? > domandò mio nonno.
< Certamente, signore > rispose Robert sorridendogli e non appena finì di mangiare posò la tazza dentro la lavastoviglie e se ne andarono, lasciando nonna, Hannah e me da sole.
< Michelle, Susan, io sto uscendo per andare a prendere la torta e il bouquet, volete venire con me? >
< Ragazze, andate voi due. Io mi devo occupare dei bambini > rispose mia nonna sorridendoci < anzi, ora è meglio che li vada a svegliare >
Tornai al piano di sopra, mi vestii e nel momento che stavo per uscire, Robert si chiuse nella stanza con me.
< Dai, devo uscire ora > gli dissi mentre tentavo di uscire dalla stanza, ma lui non si spostava di un millimetro dalla porta.
E mi stava fissando talmente tanto intensamente, che…
< Ti sei offesa per quello che ho detto prima? >
< Non vedi? Sono incazzata nera > risposi sorridendo e portai le mani sui suoi capelli e lui mi strinse tra le sue braccia < ora devo proprio andare >
Mugugnò qualcosa contrariato, ma poi mi lasciò.
< Se alla festa berrai qualcosa di forte, prometto di importunarti >
Ghignai e lo baciai.
< Non aspetterò altri >
Aprii la porta della stanza e l'ultima cosa che feci fu lasciare la sua mano prima di andarmene.
< Ho sentito la sarta, è pronto il vestito di Maddie. Ho chiamato la mamma e mi sono offerta di passarlo a prendere > disse Hannah non appena tornai al piano di sotto.
< Perfetto. Come sta? >
< È agitata > rispose facendomi segno di uscire di casa ed entrammo nella sua auto < ma non capisco il perché. Lei e George stanno insieme da tanti anni, il matrimonio serve solo ad ufficializzare la cosa, si comportano sempre come se fossero già sposati >
< Valli a capire gli adulti > ribattei appoggiandomi al sedile.
< Tu e Robert partirete subito dopo il matrimonio? >
< Sì. Domani sono a scuola, mente Robert ha un servizio fotografico >
Hannah annuii e continuò a guardare la strada senza più parlare.
< Mi avrebbe fatto piacere averti ancora >
< Tornerò presto, tranquilla > risposi allungando la mano sulla sua appoggiata sul cambio automatico e ci sorridemmo < questo è il tuo ultimo anno, vero? >
< Sì >
< Sai già che college frequentare dopo? >
< Sì. Sono stata ammessa alla Julliard >
< Congratulazioni! > esclamai guardandola < Scommetto che sei stata accettata per le due doti canore >
Hannah sorrise annuendo. A differenza mia lei era una cantante eccezionale e ne aveva dato prova ieri sera: lei aveva ricevuto applausi, io risate.
< E tu cosa hai intenzione di fare? > mi chiese mentre parcheggiava davanti al fiorista.
< Vorrei entrare a Yale, voglio diventare medico >
< Salve, cosa posso fare per voi? > domandò una signora sulla sessantina mentre ci veniva incontro.
< Salve > rispose Hannah sorridendole < sono venuta a ritirare i bouquet per il matrimonio di mia madre, Katia Smith >
< Ma certo, arrivo subito > continuò la signora e tornò qualche minuto dopo con un piccolo bouquet e uno più grande per la sposa < metteteli subito in un vaso d'acqua non appena tornerete a casa e fate tanti auguri alla sposa >
Hannah pagò e dopo essere uscite dal negozio andammo a prendere la torta e infine il vestito di Maddie. Rientrammo a casa in concomitanza con l'arrivo di Katia e quando lei andò a prepararsi io aiutai la nonna con i bambini e infine andai a prepararmi. Erano le dieci e venti quando finii di truccarmi.
< Ti ho mai detto che detesto le cravatte, vero? > domandò Robert entrando in camera di Hannah, dove mi ero asciugata i capelli e preparata.
< Lo dici tutte le volte che ne indossi una > risposi ridendo e gli feci il nodo, esattamente come tutte le altre volte < sei davvero elegante >
< E tu sei bellissima > rispose avvicinando il suo viso al mio.
< La proprietaria della stanza sta entrando! > esclamò Hannah interrompendoci < oh, bene, almeno siete ancora vestiti >
Ridemmo tutti e tre e subito dopo lo cacciai fuori per aiutare Hannah a vestirsi.
< Caspita, sei bellissima > dissi sorridendole.
< Sono felice, è da tanto che non vedevo mamma così raggiante >
Le sorrisi e dopo che fu pronta andai a controllare che Katia stesse bene, presi il cestino con dentro i petali di rosa e lo portai a Maddie, che era già pronta davanti al tappeto.
< Hey, piccolina! > esclamai andandole incontro < Sei pronta per il grande momento? >
< Posso iniziare? >
< Spiacente, ma devi farlo quando la tua mamma percorrerà il tappeto >
< Dov'è ora? >
< È di sopra. Vuoi andare da lei? >
< Sì. Ma mi lasci il cestino? >
< Certo > risposi sorridendole.
Rientrai in casa e aiutai il nonno e Robert con gli ultimi addobbi, anche se Robert non faceva altro che distrarmi, finché quando suonarono alla porta la nonna mi pregò di andare con lei ad intrattenere gli invitati. Il mio compito era quello di sorridere e di accompagnarli a sedere davanti all'altare. Mancavano dieci minuti alle undici quando feci accomodare tutti gli invitati e rintracciai Robert.
Mi prese per mano ed uscimmo in giardino sotto lo sguardo degli ospiti curiosi.
< Dove vogliamo sederci? > domandò.
< Qui? > domandai due posti in ultima fila.
< Ma sei la figlia dello sposo >
< Sì, ma avere tutti questi occhi puntati addosso mi imbarazza >
Robert rise e mi fece accomodare nella sedia accanto al tappeto per farmi avere una visuale migliore di tutta la cerimonia. Nel frattempo mio padre uscì in giardino e dopo aver salutato gli ospiti, si recò davanti all'altare, ma non appena mi vide corse verso di me.
< Michelle! Come mai sei qui infondo? Aspetta, chiedo a qualcuno di sposarsi. Magari a Greg…può benissimo fare il filmato anche da infondo… >
< Papà, questi posti sono perfetti >
< Sciocchezze. Sei mia figlia, non puoi restare qui in ultima fila >
< Papà > lo chiamai abbassando la voce < mi imbarazzano tutti gli sguardi dei tuoi amici curiosi >
Annuii e mi posò una mano sulla spalla, segno che aveva capito la situazione.
< Sei tale uguale a me > disse porgendomi la mano per farmi alzare in piedi e mi fece fare una giravolta < sei bellissima, tesoro >
< E tu sei raggiante, papà >
< Sono davvero felice che tu sia qui > sussurrò mentre mi baciava una guancia e a sentire quelle parole mi si inumidirono gli occhi.
< Anche io lo sono >
< Robert, hai visto che bella che è la mia bambina? > domandò guardando il mio ragazzo.
< Sì, signore, è splendida >
< Vedi di trattarmela bene, altrimenti ti strozzo con queste mani > continuò mostrandogliele e Robert deglutì.
< Stia tranquillo, signore >
Papà mi fece l'occhiolino e si incamminò verso l'altare, poi pochi minuti dopo arrivarono anche i nonni e lo zio Marshall, dopodiché i violini incominciarono a suonare e ci alzammo tutti in piedi: la sposa era arrivata. Davanti a tutti c'era Maddie che lanciava i petali per terra e Hannah le era subito dietro, poi un'amica di Katia, la sposa e infine Jessica. Katia era raggiante, non avevo mai visto una sposa così splendida.
< È bellissima > sussurrai estasiata.
< Sì, lo è >
I violini cessarono quando i piedi di Katia toccarono il palchetto.
< Miei cari fratelli > disse il prete, facendo zittire completamente tutti < siamo qui riuniti per legare quest'uomo e questa donna nel sacro vincolo del matrimonio. Se qualcuno ha da dire qualcosa, parli ora, oppure taccia per sempre >
< Guarda mio padre > sussurrai all'orecchio di Robert: era impaziente e faticava a stare fermo e zio Marshall lo intimava a stare fermo.
Dopo il solito rito arrivò il momento di scambiarsi le fedi.
< Io, George Waldorf, prendo te, Katia Smith, come mia legittima sposa. Ti amerò per sempre. In ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non ci separi. Lo giuro > disse mio padre mentre infilava la fede nuziale a Katia.
Katia, con la mano tremante, prese la fede nuziale.
< Io, Katia Smith, prendo te, George Waldorf, come mia legittima sposa. Ti amerò per sempre. In ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non ci separi > sussurrò mentre infilava la fede nuziale a mio padre < lo giuro >
< Con il potere conferitomi, io vi dichiaro marito e moglie. George, ora puoi baciare la sposa > concluse il prete, così mio padre alzò il velo di Katia, le prese il volto tra le mani e la baciò.
Partì uno scroscio di applausi e fischi e ci alzammo tutti in piedi. I novelli sposi e i testimoni firmarono un registro, dopodiché lanciammo loro il riso. Ci spostammo di circa cinquanta metri diretti sotto il tendone che avevano appositamente preparato per il ricevimento.
< Papà! > esclamai correndo ad abbracciarlo < Congratulazioni >
< Grazie, figliola mia > rispose ricambiando l'abbraccio.
Ci sedemmo verso l'una per pranzare, ma alle quattro arrivò il taxi per Robert e me per tornare a casa, visto che alle nove saremmo partiti per tornare a Los Angeles.
< Grazie di avermi invitata, papà > dissi abbracciandolo.
< Grazie a te per essere venuta. Hai reso felice il tuo vecchio >
< Divertitevi in viaggio di nozze >
< Senz'altro. Chiamami quando arrivi >
< Va bene. Ciao >
Salutai anche Katia e Hannah, con la quale mi promisi di sentirci il prima possibile, i due gemelli e Maddie, che non voleva lasciarmi partire, poi zio Marshall e per ultimi i nonni.
< Ci sentiamo presto > mi disse la nonna abbracciandomi forte.
< Certamente >
< Ti voglio bene >
< Anche io, nonna >
Raggiungemmo l'aeroporto con ancora i vestiti della cerimonia addosso ed ero stanca come non mai.
< Non hai idea di quanto abbia sonno > dissi mentre appoggiavo la testa sulla sua spalla e chiudevo gli occhi.
< Una volta sull'aereo potrai dormire >
< Già, ora mi è un po' impossibile, visto tutti i flash che mi disturbano > obiettai stizzita riferendomi ai paparazzi.
Robert sospirò e mi strinse a sé.
< Mi dispiace, Mitchie >
< Stai zitto e lasciami brontolare in pace > replicai stanca e Robert rise prima di baciarmi i capelli.
Alle otto e mezza vennero aperti i cancelli per l'imbarco e noi due fummo tra i primi ad imbarcarci.
< Finalmente si torna a casa > disse una volta raggiunti i nostri posti.
Per tutto il viaggio di ritorno dormii, ma mi svegliai quando dovemmo uscire dall'aereo, per poi riaddormentarmi in macchina. Mi riposai fino alla mattina dopo e mi svegliai nel mio letto in pigiama.
< Non ricordavo di essermi messa il pigiama > dissi mentre mi alzavo dal letto.
< Infatti non l'hai fatto io, ma io > mugugnò Robert svegliandosi.
< Ah, ma bravo > risposi sarcastica < e hai per caso abusato di me durante la notte? >
< No > rispose mettendosi a sedere < ero troppo stanco. E tu un po' troppo pesante. Sei ingrassata per caso? >
Lo guardai sgranando gli occhi e spalancando la bocca.
< Tu vuoi proprio che ti picchi, vero? >
Rise e mi baciò la spalla.
< Lo sai che scherzo >
< Per la cronaca ho preso su solo un chilo. Meglio grassa ma felice, che magra e con i complessi >
< Mai stato più d'accordo >
< Bene, buonanotte >
< Non vai a scuola? > domandò accarezzandomi il fianco.
Sbuffai e aprii gli occhi.
< E se restassi a casa? >
< No, non puoi. Se devo alzarmi io per il servizio fotografico, tu devi andare a scuola >
< Non puoi stare a casa con me? >
< L'ho chiesto ad Emma, ma mi ha detto che sarebbe venuta a prendermi per le orecchie e non voglio rischiare >
Risi e mi tirai su dal letto.
< Okay, okay, mi hai convinta >
Dopo aver fatto una doccia veloce uscii come sempre in ritardo da casa e sfrecciai verso la scuola. Parcheggiai, schizzai verso la classe di spagnolo ed entrai senza fare troppo rumore, dal momento che la porta era aperta e il professor Rodriguez era girato verso la lavagna.
< Signorina Waldorf, è un vero piacere averla con noi quest'oggi >
Mi arrestai e lo guardai imbarazzata.
< Scusi per il ritardo, prof >
< Non si ripeterà più, vero? >
< Certo che no > ribattei mettendomi a sedere nel primo banco libero.
< Bene, perché al prossimo ritardo scatta l'ora di detenzione >
< Non ci saranno altri ritardi, prof, glielo prometto >
Rodriguez mi sorrise e scosse la testa, poi tornò a scrivere alla lavagna. Che avesse capito che la mia era l'ennesima promessa da marinaio?
Ciao!
Sarò di poche parole perché sono stanchissima, oggi è stata una giornata stressante. Questa scelta dell'università mi sta uccidendo.
Non so da voi, ma qui lunedì è rincominciata la scuola e per la prima volta mi sono sentita rilassata xD Come è andato il vostro primo/i vostri primi giorno/i?
Ringrazio chi ha letto lo scorso capitolo e spero di non avervi deluso con questo nuovo.
A breve vi verrà rivelata la reazione della cara Bianca.
Nel frattempo vi saluto.
Un bacio,
Giulls |
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Capitolo 28 *** Tra incubo e realtà ***
Tra incubo e realtà
< Lasciami il polso o mi metto ad urlare, non sto scherzando > sibilai minacciosa mentre i suoi occhi color ghiaccio non la smettevano di fissarmi.
Aaron non era intenzionato a darmi retta. Più io parlavo, più lui aumentava la presa sul mio polso, per non parlare del ghigno diabolico che mi stava riservando.
< Smettila con questa sceneggiata > ribatté beffardo < non c'è nessuno qui, sei isolata. Nessuno più sentirti. Ma in ogni caso non provarci nemmeno o Dio solo sa quello che ti faccio > continuò guardandomi minaccioso e questa volta mi strinse talmente tanto il polso da farmi venire le lacrime agli occhi, senza contare che ora ero parecchio spaventata < oh, ora non fai più la sbruffona? >
< Lasciami, ti prego > lo pregai con voce rotta, ma invece che mollare la presa e lasciarmi libera mi trascinò in una stanza vuota.
Mi sbatté con violenza al muro e mi baciò. Volevo colpirlo, ma non ci riuscivo. L'unica cosa che riuscivo a fare era piangere. Solo quando mi divaricò le gambe con la forza riuscii ad urlare.
< Stai zitta! > esclamò schiaffeggiandomi la faccia e gemetti dal dolore.
< Lasciala, immediatamente > disse Robert prendendolo per le spalle e lo allontanò da me.
< Vattene, Pattinson, non sono affari che ti riguardano >
< Aaron, vattene immediatamente o questa volta non ne esci vivo >
< Tu dici? > ribatté scoppiando a ridere e si lanciò su Robert, il quale riuscì ad allontanarlo centrandolo con un pugno in pieno viso.
Aaron arretrò agonizzante e cadde tra le sedie.
< Mitchie, stai bene? > domandò Robert preoccupato, ma non feci in tempo a rispondere che Aaron lo aveva già afferrato per le spalle e lo aveva allontanato da me, facendogli successivamente sbattere la testa sul muro.
Iniziarono a darsele di santa ragione ed io non riuscivo a fare altro che fissarli per la seconda volta. Volevo muovermi, ma sentivo le gambe pesanti come dei macigni.
Robert sferrò un altro pugno ad Aaron, il quale cadde a terra, ma quando si alzò lo vidi estrarre dalla tasca dei suoi pantaloni un coltello serramanico, si girò verso Robert e l'ultima cosa che vidi fu Robert che mi guardava con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
< Robert, no! > urlai piangendo e lui si accasciò a terra mentre teneva le mani sulla maglia all'altezza dello stomaco.
Ogni secondo che passava la sua canottiera bianca si imbrattava sempre di più di sangue.
Mi alzai dal letto con gli occhi sgranati ed ero sudata marcia. Mi portai una mano sulla fronte e tentai di rallentare il battito del mio cuore con respiri profondi, ma non facevo altro che tremare. Mi voltai verso la radiosveglia, che segnava le quattro e mezza di mattina, e iniziai a piangere: era la prima volta che facevo un sogno del genere ed ero spaventata a morte. Era vero che da dopo quella sera non avevo più visto Aaron, ma il sogno mi aveva davvero scossa. Cosa mi faceva pensare che non potessi rivederlo una seconda volta? E se fosse un sogno premonitore? Se davvero ora Aaron girasse armato?
< Basta, Michelle! > dissi a me stessa < Non puoi farti condizionare così >
Mi alzai dal letto e scesi di sotto in cucina con l'intento di bere un bicchiere d'acqua, ma quando vidi la luce della cucina accesa ritornai in camera. Da quando ero ritornata dal matrimonio Bianca non mi aveva rivolto la parola, era arrabbiata con me e lo si vedeva bene. Si comportava come se non esistessi e quando provavo a parlarle lei se ne andava. Ma il silenzio non mi pesava più di tanto, almeno non la sentivo blaterare su quanto i miei abiti fossero inadatti per il mio cognome.
Tornai a letto e provai a riaddormentarmi ma senza riuscirsi, ero ancora troppo scossa, così mi alzai definitivamente e andai a farmi una doccia bollente per cercare di lavarmi via quella sensazione di inquietudine, cosa che non accadde e che mi accompagnò per tutta la giornata, tant'è vero che agli allenamenti feci a dir poco schifo e il coach mi riprese un sacco di volte. Oltretutto avevo perso la mia agenda, la quale conteneva praticamente tutta la mia vita, pertanto il mio malumore era a dir poco alle stelle.
Una volta ultimati gli allungamenti fui la prima ad entrare nello spogliatoio e rimasi sotto la doccia fino a che non sentii il silenzio totale attorno a me. Mi vestii con estrema calma e cercai di pensare solo a cose positive, eppure una sensazione di malessere continuava ad aleggiarmi attorno.
< Ma brava, complimenti! > esclamò Robert entrando nello spogliatoio della palestra.
< Robert, ma cosa ci fai qui? Questo è lo spogliatoio delle ragazze. E se ci fosse stato qualcuno? > lo ripresi, ma al tempo stesso fui sollevata di trovarmelo davanti agli occhi vivo e vegeto.
< Tipo chi, Carter? > domandò e lo guardai accigliata e confusa.
< Di che stai parlando? >
< Non è con lui che mi tradisci? >
< Cosa faccio io? Ma ti ha dato di volta il cervello? > risposi, questa volta con un sorrisetto divertito.
< Ah sì? Strano, questa spiega tutto > ribatté, allungandomi un foglio scritto.
< Non l'ho mai visto prima d'ora >
< Ma davvero? Buffo, perché chi te l'ha scritto sembra conoscerti molto bene >
< Dove l'hai trovato? >
< Nella tua agenda, ma… >
< La mia agenda? Hai frugato tra le mie cose? Aspetta…me l'hai presa tu?! > urlai.
< L'ho trovata questa mattina sotto il tuo portico, l'ho presa in mano e questa bellissima lettera è scivolata per terra >
< Robert, non è mia, non l'ho mai vista >
< E allora mi spieghi perché questo Carter sa così tante cose su di te? > urlò, aprendo con furia la lettera < Michelle, so che odi quando ti scrivo queste cose, ma non posso farne a meno. L'altra sera è stato fantastico…okay, salto questo pezzo perché non è importante. Ecco, riprendo da qui: sei splendente come il tuo tatuaggio a forma di sole e particolare come la tua voglia a forma di mano sotto il seno. Starei delle ore a guardarti, ma ho paura di consumarti, prima o poi. Quello che mi lacera è sapere che non sei solo mia, che stai con quel Robert. Ora gli vuoi bene, ma quello che c'è tra noi è speciale e so che presto lo lascerai per stare con me. Ed io sarò pronto ad accoglierti a braccia aperte. Perché io ti amo, Michelle Waldorf. Carter >
Quella sensazione di malessere che avevo prima si fece ancora più acuta e mi feci prendere dal panico.
< Robert, ti giuro che non ne so niente. E non conosco nemmeno questo Carter. Ti prego, credimi. Io… >
< Stai addirittura negando l'evidenza? Ho le prove, smettila di mentirmi! Da quanto va avanti questa storia? Ed è solo Carter o ci sono altri ragazzi? Per caso ti sbatti di nuovo Aaron? O il tizio della festa? > sbraitò guardandomi < Rispondimi! > continuò dando un pugno al muro e sobbalzai, ero terrorizzata dal suo comportamento.
< Robert, io non ti ho mai tradito, te lo giuro >
< Smettila di raccontare cazzate! > urlò afferrandomi per il braccio.
< Mi…mi stai facendo male >
< Ti faccio male? > domandò sarcastico < Hai idea di quello che tu hai fatto a me? >
< Io non ho fatto niente, qualcuno deve averla scritta! >
< Ah sì? E chi? >
< Io non lo so, ma… >
< La colpa non è mai tua, vero? È sempre colpa degli altri! > esclamò e si mise a sedere sulla panca davanti a me < Io non capisco perché >
Trattenni un singhiozzo e mi inginocchiai davanti a lui.
< Ti giuro, io non ho mai visto quella lettera prima d'ora. Robert, sono la tua ragazza, devi credermi >
< La mia ragazza? No, ti sbagli. Tu ora per me non sei più niente >
< Rob, ti prego > lo supplicai.
< Evita di piangere, non migliorerai la tua situazione. Se non avessi visto questa e se non avessi letto tutti questi particolari ti crederai. Ma non puoi negare, non difronte all'evidenza >
Si alzò in piedi, appallottolò il foglio e lo lanciò per terra, poi se ne andò sbattendo con violenza la porta.
Mi accasciai sul pavimento e fissai con rabbia la lettera dentro il cestino. La presi in mano e la lessi migliaia di volte. Qualcuno mi aveva incastrato ed io dovevo capire chi.
Tremante ritornai in posizione eretta e raccolsi tutte le mie cose lasciando lo spogliatoio per andare…beh, non sapevo dove, ma volevo solo andare lontano da tutto e da tutti.
Girai l'angolo, ma quando sentii la voce di Olivia mi arrestai, l'ultima cosa che volevo era farmi vedere da lei in quello stato per essere presa in giro da quell'idiota.
< Kristen, sono Olivia > disse Olivia al telefono e se prima volevo scappare, ora i miei piedi erano piantati nel mio nascondiglio e la stavo spiando < ho una bella notizia da darti. Ieri ho fregato l'agenda alla Waldorf, ho infilato dentro la lettera, l'ho portata sotto a casa sua e Robert l'ha letta. L'ho appena visto uscire dalla palestra ed era furioso. Il mio lavoro è concluso e quella sfigata ha finalmente avuto quello che si merita. Beh, chiamami appena senti il messaggio. Ciao >
Mi si raggelò il sangue nelle vene. Era possibile che la Stewart arrivasse fino a questo punto? No, decisamente no. Non poteva essere lei. Era meschina, ma non così tanto. Sapevo che non le andava a genio la mia relazione con Robert, ma non sarebbe arrivata a tanto, non era una cosa pensabile! Mi rifiutavo di crederlo.
Ma dovevo avere la conferma.
Corsi verso la macchina e guidai fino a casa di Kristen. Mi ricordavo ancora la strada di casa sua, nonostante ci fossi andata una volta sola mesi fa per andare a prendere Robert una sera che era rimasto da lei per una cena con il cast della saga e che si era ubriacato.
Parcheggiai davanti a casa sua, incurante delle petunie che le avevo calpestato e suonai il campanello. Venne ad aprirmi pochi secondi dopo e mi bastò guardarla in faccia per capire che la Kristen della Taylor era lei.
< Lurida stronza, sei stata tu! >
< A cosa ti riferisci? >
< Alla lettera >
< Vieni dentro, non voglio dare spettacolo > disse afferrandomi il braccio < ora dimmi, come l'hai scoperto? >
< Ho sentito parlare Olivia e quando ha fatto il tuo nome sono venuta qui per avere delle risposte >
< Ah, già, Olivia. È stata molto carina a darmi tutte quelle informazioni, non credi? >
< Perché? Perché mi hai fatto questo? Cosa ti ho fatto di male? >
< Cosa mi hai fatto di male? Stai con il ragazzo che amo >
< Lo ami, ma lo fai soffrire così? E poi chi ti dice che tornerà da te? >
< Lo conosco. Sarà disperato e verrà da me per essere consolato. Gli starò vicina e lo farò innamorare di nuovo di me >
Scossi la testa e mi portai una mano davanti agli occhi, ma l'ultima cosa che volevo fare era crollare davanti a lei.
< Non starò con le mani in mano >
< E cosa pensi di fare, dirgli la verità? Non ti crederà mai >
< Non la passerai liscia, Kristen, te lo giuro > le dissi mentre cercavo di non tirarle un pugno in faccia per toglierle quello stupido ghigno dalla bocca e quando sentimmo il rombo di una macchina lei guardò fuori dalla finestra.
< Bene, bene, diamo inizio alle danze > disse ridendo e in men che non si dica delle lacrime scesero dai suoi occhi e spalancò la porta < ora basta, Michelle, vattene! >
Non ebbi il tempo di fare altro che Robert in quell'esatto momento Robert entrò in casa e si bloccò sulla porta non appena vide Kristen in lacrime e me.
< Complimenti, Michelle, vedo che non hai perso tempo a cercare di accusare Kristen >
Aprii la bocca, sconvolta.
< Michelle, per favore, vattene > sussurrò Kristen mentre si asciugava una lacrima con la mano.
< Dio, Robert, ma non capisci che sta recitando? > domandai quando mi ripresi.
< Io ti voglio bene, non potrei mai fare una cosa del genere! > ribatté Kristen.
Scoppiai a ridere.
< E tu da quando mi vuoi bene? Ma per favore, non essere patetica. Robert, ti scongiuro, credimi. Ti sta prendendo in giro >
< Michelle, vattene > disse Robert, freddo come il ghiaccio.
< No che non me ne vado! Cazzo, Robert, credimi! Lo sai che non ti farei mai una cosa del genere, è stato tutto un complotto suo e della Taylor! >
< Metti in mezzo anche la Taylor? Sei patetica, Michelle >
Patetica. Quella parola mi rimbombava nelle orecchie e non riuscivo a sentire altro.
< Non mi credi? > domandai cercando in tutti i modi umanamente possibili di trattenere il singhiozzo.
< Non voglio più vederti > rispose con odio e in quel preciso momento sentii un rumoroso crack proveniente da dentro il mio corpo.
Non dissi niente, ero troppo sconvolta e uscii da casa di Kristen Stewart con il cuore a pezzi, salii in macchina, girai la chiave e cominciai a guidare senza in realtà sapere dove andare. Volevo scappare, volevo andarmene il più lontano possibile da quella casa, da quella via, da quella città. Così, senza nemmeno rendermene conto, avevo girato verso l'entrata della Interstate 5 e dopo quasi tre ore di viaggio imboccai l'uscita per Tijuana.
Girai per una decina di minuti alla ricerca di un hotel trovandone uno nei pressi di via Oriente. Parcheggiai in uno stallo del parcheggio riservato agli ospiti ed entrai dentro la hall, prenotando una stanza per trascorrere lì la notte: ero troppo stanca per guidare e non avevo intenzione di tornare a Los Angeles, anche se scappare non era stata un'azione tanto furba. Mi tolsi la borsa e il giacchetto di dosso, poi mi buttai sul letto sbuffando: dovevo assolutamente risolvere con Robert, non potevo capacitarmi che finisse così tra di noi.
Guardai l'orologio e notai che erano le undici. Non avevo cenato e stavo morendo di fame, così mi alzai dal letto, presi il portafoglio e la chiave della stanza e scesi di sotto per andare a mangiare qualcosa con la speranza di trovare la cucina ancora aperta.
< È chiuso > disse una voce dietro di me e quando mi voltai vidi un uomo sui trenta anni avvicinarsi < il ristorante qui in albergo chiude sempre alle dieci e mezza >
< Fantastico, vorrà dire che andrò a dormire senza cenare >
Lo ringraziai con un sorriso e poi tornai indietro verso l'ascensore.
< Aspetta! > gridò l'uomo < io e mio fratello stiamo andando a mangiare un boccone fuori, vorresti unirti a noi? > domandò sorridendomi e inarcai le sopracciglia: davvero si aspettava che avrei abboccato a questa vecchia e banale scusa? < Stai tranquilla, sono sposato e poi tu non sei il mio tipo, senza offesa… > disse ridendo.
< Figurati… > risposi guardinga < e comunque ti ringrazio, ma sono stanca e non ho voglia di… >
< Michelle Waldorf! > esclamò un ragazzo avvicinandosi a me e al mio interlocutore.
< Jeff Sullivan! > esclamai abbracciandolo < Come stai? >
< Bene, sono qui con mio fratello Chad per festeggiare il mio compleanno. E tu cosa ci fai qui? > disse indicando il ragazzo con cui stavo parlando prima.
< Sono in vacanza > mentii.
< E sei sola? > domandò e annuii con la testa < Perché non vieni a mangiare con noi? Mangiamo qualcosa di veloce e poi torniamo subito in albergo >
Sorrisi. Dopotutto, era Jeff.
< Okay, ci sto >
Corsi in camera a prendere il giacchetto e poi tornai dai ragazzi, fermandoci a mangiare in un ristorante vicino all'albergo, esattamente nella via frequentata dalle prostitute.
< Uhm, bel posto che hai trovato, Chad >
< Piantala, Jeff > ribatté il fratello del mio amico.
Ci sedemmo a tavola e dopo aver ordinato da mangiare Chad uscii per chiamare sua moglie, così restai sola con Jeff.
< Perché hai questo sguardo triste? >
< Che sguardo? > domandai, guardandolo.
< Sembra che ti abbiamo appena tirato una badilata in faccia. Vuoi dirmi cosa ti è successo? >
< Ho litigato con il mio ragazzo. Anzi, ora non lo è nemmeno più > risposi e sorrisi amaramente < vedi, lui era amico di questa tipa, che è innamorata di lui. E per far sì che ci lasciassimo mi ha incastrata. Ha fatto scrivere una lettera a qualcuno facendo credere che io tradissi il mio ragazzo con questo tipo. Il problema è che nella lettera c'erano scritti dei miei dettagli personali, quindi sembrava che tutto fosse reale. Questa lettera è finita nella mia agenda e quando Rob l'ha aperta…beh, ha trovato la lettera >
< Mi dispiace >
< Sì, anche a me > ribattei sussurrando e in quel momento il cameriere ci portò le nostre ordinazioni < e tu cosa mi dici? >
< Mi sono lasciato la settimana scorsa con la mia fidanzata dopo due anni >
< Oh, mi dispiace >
< A me no. Non l'amavo più > ribatté mentre si portava una forchettata alla bocca.
< Non aspettiamo tuo fratello? >
< No, ho fame >
Ridacchiai incominciai a mangiare. Chad ci raggiunse dieci minuti dopo, si scusò e poi ci lasciò soli.
< Dove va? >
< Non credo che tu voglia saperlo >
< Mettimi alla prova >
< Sta tornando in camera a fare sesso con una delle prostitute là fuori >
Sgranai gli occhi.
< Ma non è sposato? >
< La carne è debole, Michelle >
Da quel momento mi ammutolii e non parlai più per tutta la cena, stessa cosa che fece Jeff.
< Che ne dici di tornare in albergo? > proposi una volta terminato di mangiare e il mio vecchio amico acconsentì e mi offrì la cena.
Una volta in albergo entrammo in ascensore e mi accompagnò fino alla mia stanza.
< Buonanotte > mi disse sorridendomi.
< Grazie per la cena, a domani > risposi ricambiando il sorriso e mi chiusi la porta alle spalle.
Mi spogliai e indossai la tuta per l'allenamento in palestra, non avendo nient'altro con me. Domani mattina avrei sicuramente fatto shopping. Tirai fuori una sigaretta dalla borsa e quando l'occhio mi cadde sul telefonino vidi che Jenny mi aveva chiamato cinque volte e mi aveva mandato tre messaggi. Accesi la sigaretta e uscii in balcone lasciando il cellulare sul letto e nel momento in cui rientrai nella stanza qualcuno bussò alla mia porta. Era Jeff, che mi sorrideva e mi mostrava una bottiglia di champagne. Oltretutto un ottimo champagne.
< Mio fratello è impegnato e ho pensato di venire a farti un po' di compagnia…e ho portato da bere >
Sorrisi e lo feci entrare.
< Purtroppo ho solo due miseri bicchieri di plastica > dissi ritornando dal bagno.
< Andranno benissimo > replicò sorridendo e si sedette sul letto, versando il liquido nei bicchieri e me ne porse uno < al nostro incontro >
< Salute >
< Ti dispiace se fumo? >
< No di certo, ma spostiamoci fuori > dissi prendendo con la mano libera la bottiglia di champagne e una volta fuori Jeff si accese una sigaretta, ma quando sentii un odore dolce mi si accesero delle luci nel cervello < è erba? >
Jeff aspirò e chiuse gli occhi sorridendo.
< Ne vuoi? > domandò porgendomi la sigaretta.
< No > replicai fredda < non dovresti fumare quella roba >
< Senza offesa, ma tu non sei la persona più indicata per dirmi queste cose >
Dopo la sua risposta non parlai più e continuai a bere il liquido nel bicchiere e Jeff quando lo vedeva vuoto me lo riempiva.
Fu così che dopo che lui ebbe finito di fumare si avvicinò e mi baciò, gesto che ricambiai, forse perché l'alcol che avevo in corpo stava facendo effetto. Lo afferrai per i capelli e strinsi le gambe sui suoi fianchi, mentre lui mi portava fino al letto. Ma tutto accadde rapidamente: quando mi tolse la maglia provai ribrezzo, odiavo sentire le sue mani sul mio corpo, così come la sua bocca sulla mia. Lo spinsi lontano da me e gli pregai di andarsene.
Non mi importava cosa lui avesse potuto dire, io non sarei stata debole come suo fratello. Rimasta sola mi accasciai sul letto piangendo e ignorai l'ennesima chiamata sul mio cellulare. Robert mi mancava ed io mi sentivo morire dentro. Nemmeno Tijuana era troppo lontana da lui.
Mi spiace aggiornare con due giorni di anticipo, ma questo fine settimana è stato infernale. Non c'è niente da fare, io mi diverto a fare litigare Robert e Michelle. Sadica? Forse. Monotona? Sicuramente, me lo dico da sola ormai xD
Ringrazio tutti voi che leggete il capitolo, chi commenta e i lettori silenziosi. Spero che la storia continui a piacervi.
Bando alle ciance, vado a preparare la valigia!
Al prossimo aggiornamento
Un bacio,
Giulls
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Capitolo 29 *** I used to be... ***
Capitolo betato da: Sognatrice85
Capitolo approvato (sì, per questo ci voleva l'approvazione xD) da: Riy Stewart
I used to be…
Dopo essermi addormentata piangendo venni disturbata qualche ora dopo dallo squillo insistente del mio cellulare e dopo averlo cercato a tastoni per il letto, lo presi in mano e risposi alla chiamata.
< Pronto? >
< Dove diavolo sei?!?!?!? > tuonò una voce.
< Chi parla? >
< Come chi parla?!?!? Sono Jenny! >
< Jenny? > ribattei tirandomi su a sedere e vidi dal mio orologio da polso che erano le cinque e mezza < Jenny, sono le cinque e mezza, perché diavolo mi chiami a quest'ora? >
< Ma cosa ti sei fumata?! > ribatté irritata < Sei sparita, siamo tutti preoccupati. Si può sapere dove sei? >
< Hotel La Villa de Zaragoza >
< È? >
Sbuffai.
< Sono a Tijuana, Jenny >
< Tijuana?!?!? > urlò la mia amica < Cosa diavolo ci fai a Tijuana?!?!? >
< Smettila di urlare > sbottai < tento di dimenticare Robert tra una sbronza e un po' di droga >
Sbuffai e per qualche minuto non sentii niente dall'altro capo del telefono.
< Non stai parlando sul serio, vero? >
< Ovviamente > ribattei massaggiandomi le tempie < ma non sulla sbronza >
< Sei ubriaca? >
< Un pochino. Ma la colpa è di Jeff, un mio vecchio amico. Ci siamo incontrati, abbiamo bevuto qualcosa insieme e poi mi è saltato addosso e… >
< E ci sei andata a letto, vero? > mi interruppe una voce che avrei riconosciuto tra mille, una voce che aveva parlato come se avesse appena sputato del veleno: Robert.
< Vaffanculo, Robert > sbottai e terminai la conversazione.
Jenny mi richiamò ripetutamente e quando mi stancai presi il cellulare e lo buttai a terra. L'avevo rotto? Ebbene sì. Ma mi andava bene così, avrei avuto dei seccatori in meno.
Guardai fuori dalla finestra e vidi che era ancora buio, ciononostante uscii dalla mia stanza e raggiunsi la mia macchina dalla quale presi la piccola bustina bianca che mi era stata regalata per il compleanno da sotto il sedile e rientrai in albergo, ritornando al punto di partenza. Mi sedetti sul bordo del letto e aprii quel piccolo oggetto tra le mie mani, poi andai in bagno. Presa dalla foga strappai qualche pezzo di carta igienica che appoggiai sul mobiletto sotto allo specchio e vi versai sopra un po' di quel contenuto. Era meglio qualche minuto persa nel mio mondo felice che in quello schifo chiamato realtà. Il cuore mi batteva all'impazzata come non mi capitava da anni e mi piegai su di essa, finché un campanello nel cervello non mi bloccò e mi ritrassi spaventata, rimanendo sconvolta della mia figura davanti allo specchio: ero pallida e avevo gli occhi gonfi e cerchiati da occhiaie.
La mia mente tornò indietro di qualche anno e ciò bastò per ritrovarmi piegata in due sul water a vomitare l'anima. Rimasi in quella posizione per tanto, troppo tempo, e quando mi sentii svuotata dentro mi accasciai sulla moquette del bagno, mi afferrai le ginocchia e piansi come non mi capitava da secoli.
Solo quando mi resi conto che non avevo più lacrime da versare mi alzai da terra indolenzita, mi feci una doccia e una volta fuori, presa da chissà quale impeto di rabbia, presi la droga e la gettai nel water, tirando l'acqua più e più volte.
Indossai gli stessi vestiti della sera prima, scesi di sotto a fare colazione stando bene attenta a non incontrare Jeff o suo fratello e uscii per fare una passeggiata. Qualche strada secondaria più avanti mi trovai nella via principale con tutti i negozi e decisi che quella mattina lo shopping sarebbe stato il mio migliore amico. Il primo negozio che svaligiai fu una profumeria: feci incetta di trucchi e smalti, spendendo in totale un centinaio di dollari. Ma non mi importava, avrebbero pagato Bianca e la sua carta di credito. Il secondo, invece, che mi capitò a tiro fu Victoria's Secret, nonostante non avessi più nessuno a cui mostrare i completi intimi. Infine fu la volta del costume: ne comprai uno blu e a pois bianchi, con il pezzo sopra a triangolo e le mutande basse e con i laccetti ai lati e una borsa colorata, sempre da mare.
Stavo ritornando in albergo quando i miei occhi finirono sulla camicia da notte che era esposta nella vetrina di Versace, la stessa che agognavo da quando l'avevo vista con Jenny. Mi ero addirittura trovata un lavoro dopo scuola per comprarla per non chiedere soldi a Bianca, giusto per non darle qualche soddisfazione: per un anno intero ogni sera ero andata a lavorare al Floreo come barista, finché il capo non mi licenziò perché dovevano fare dei tagli sul personale. In sei mesi ero riuscita a guadagnare i soldi per la vestaglia, ma li avevo spesi per il viaggio a Londra con Jenny.
Entrai dentro il negozio e salutai educatamente le commesse, rispondendo negativamente alla loro classica richiesta “hai bisogno?”. Girovagai un pochino e poi trovai l'oggetto della mia ricerca davanti ai miei occhi. La camicia da notte era proprio lì, talmente vicina da poterla quasi sfiorare. Il pizzo azzurro era ancora più bello visto dal vivo e aveva un bellissimo effetto sulla seta. L'afferrai e poi mi incamminai verso la cassa, porgendo alla commessa il mio acquisto con un sorriso a trentadue denti.
< Sono quattromila dollari > rispose lei, sorridendo.
E se prima il mio sguardo sprizzava felicità da tutti i pori, ora avevo gli occhi sgranatissimi e la bocca spalancata. Come diavolo aveva fatto il prezzo a crescere di duemilaottocento dollari?
< Ma…non veniva meno? > domandai ancora sconvolta.
La commessa mi guardò con un'aria di sufficienza.
< Beh, è un articolo che è andato molto a ruba, queste sono le ultime rimanenze. È un'edizione limitata >
< Ed è così difficile crearne delle altre? > chiesi indignata e senza riflettere, cosa che fece indispettire molto la commessa.
< Evidentemente sì. Ma non puoi lamentarti con me, sono solo una commessa >
La guardai dispiaciuta. Ce l'avevo col mondo per quello che Kristen mi aveva fatto e per la poca fiducia che Robert riponeva in me e lei era solo una commessa, non era stata di certo lei a decidere il prezzo della camicia da notte. E non era nemmeno giusto che le lanciassi addosso la mia frustrazione.
< Certo, mi scusi > risposi con un sussurro.
< Quindi, cosa vuole fare? La compra oppure no? > continuò con lo stesso tono di prima.
Sospirai. Cosa avrei dovuto fare? Per un anno ci ero morta dietro. Ma quattromila dollari mi sembravano una esagerazione. Se l'avessi presa l'avrei usata di sicuro, se non l'avessi fatto avrei risparmiato i soldi di Bianca, ma in seguito mi sarei mangiata le mani.
< Sì, la prendo >
Tirai fuori la carta di credito e pagai. Ringraziai la commessa e uscii dal negozio. E ora? Cosa potevo fare? La voglia di tornare in albergo mi era passata e l'ultima cosa che volevo fare era tornare a Los Angeles, non ero ancora pronta ad affrontare i miei problemi e le loro conseguenze. Cominciai a gironzolare senza meta, fino a che non entrai in un parco con accanto all'entrata una bancarella piena di libri.
Mi sedetti sotto una quercia e mi guardai attorno, finché non vidi l'anziano signore che gestiva la bancarella venirmi incontro.
< Signorina, le piace leggere? >
< Certamente >
Il signore, che mi disse di chiamarsi Marcus, mi porse il libro di Peter Pan e mi sorrise.
< Ecco, questo glielo regalo >
Lo guardai sconvolta e lui mi sorrise, poi ritornò alla sua postazione, così io trascorsi le ore successive a divorarmi quel libro e dopo che lo ebbi finito mi alzai e comprai da quell'uomo tanto gentile Orgoglio e pregiudizio, finché non mi resi conto che si era fatto tardi e che le uniche luci che illuminavano il parco erano i lampioni.
Chiamai un taxi e venti minuti dopo ero di nuovo in albergo.
< Michelle! > esclamò Jeff venendomi incontro non appena entrai nella hall < Ma dove sei stata? >
< In giro >
< Perché ieri mi hai detto di andarmene via? >
< Perché saresti dovuto restare? > domandai ridendo.
< Credevo lo volessi anche tu > rispose alzando le spalle.
< Sai, hai ragione tu. La carne è debole e se non mi fossi fermata avremmo fatto sesso >
< Dov'era il problema? >
< Il problema è che io amo Robert >
< Ma lui ti ha lasciata > ribatté incrociando le braccia.
< E con questo? >
< Non sei vincolata a niente e a nessuno >
< Non importa. Io non vado a letto con la prima persona che mi capita a tiro >
< Ma… >
< Jeff, basta. Sono appena stata lasciata e non ho voglia di andare a letto con il primo che mi capita davanti >
< Però l'hai fatto in passato e per più volte >
Sorrisi e scossi la testa.
< Ho fatto tante cose quando ero più giovane e me ne pento. Lo sai bene >
< Non posso credere che tu sia cambiata così tanto >
< Eppure è così. Non fumo erba e non vado a letto con il primo che mi passa davanti. Jeff, è meglio piantarla qui > dissi e ripresi a camminare fino all'ascensore mentre mi stavo già preparando psicologicamente a versare fiumi di lacrime.
Una volta entrata dentro premetti il tasto per il quarto piano e appoggiai la fronte alla parete. Ma prima che le porte si chiudessero sentii una presenza dietro di me, ero sicurissima fosse Jeff e mi voltai per dirgliene quattro, ma mi trovai Robert davanti agli occhi. Sbattei le palpebre più volte temendo che fosse una mia allucinazione; invece era proprio lui in carne ed ossa davanti a me.
< Cosa ci fai qui? >
< Io…io non so davvero cosa dire. Sono venuto qui per parlarti, o per meglio dire per scusarmi > disse guardandomi negli occhi e rimasi zitta per lasciarlo continuare < ieri, dopo che te ne sei andata via da casa di Kristen, sono rimasto da lei. Ero distrutto, non potevo credere a quello che avevo letto. Stavo malissimo e lei mi è stata sempre accanto per consolarmi. Verso le sei è uscita con la sua guardia del corpo per andare a prendere le pizze, mentre io sono rimasto a casa perché non me la sentivo di uscire. Una volta solo ho iniziato a gironzolare senza meta, finché non mi sono trovato davanti alla segreteria telefonica. Sul display lampeggiava il numero uno, così, senza alcun motivo, ho premuto su play e ho ascoltato il messaggio. Dall'altra parte del telefono c'era Olivia e ho ascoltato quello che le ha detto. Non hai idea di quanto mi sia infuriato con lei per questo tiro mancino. E alla fine mi ha confessato tutto >
< A lei hai creduto subito, eh? > domandai arrabbiata.
< Sì, hai ragione ad avercela con me > disse guardandomi con gli occhi da cane bastonato e voltai lo sguardo < quando mi ha chiamato Jenny chiedendomi se sapessi dove fossi finita non ci ho più visto. Non hai idea di quante cattiverie le abbia detto. Me ne sono andato e sono tornato a casa. Jenny ed io ti abbiamo cercato tutta la notte per le strade di Los Angeles, ma non c'era traccia di te. Temevo che avessi fatto qualcosa di stupido… >
< Tipo gettarmi con la macchina nel Pacifico? >
< Tipo >
< Scusa, non sono il tipo che si suicida per una delusione d'amore >
< Puoi perdonarmi? Per tutto? >
< Mi hai ferita. Non ti fidi di me, hai idea di quanto mi faccia star male questo? >
< Michelle, avevo la lettera ed ero convinto che fosse vera. Sono sicuro che tu al mio posto avresti fatto lo stesso >
L'ascensore nel frattempo era tornato al piano terra e quando le porte si aprirono vi entrò una coppia. La signora guardò prima Robert e poi me e poi sussurrò qualcosa all'orecchio del marito, che ci guardò curioso.
< A che piano dovete andare? > domandò la signora.
< Io al quarto >
< E lei, signor Pattinson? >
< Lui si ferma qui > dissi guardandolo fredda, ma Robert non mi degnò di uno sguardo e rispose alla signora che si sarebbe fermato anche lui al quarto piano.
La coppia, invece, scese al piano sotto il mio e dopo che le porte si chiusero nessuno dei due parlò. Una volta raggiunta la mia meta uscii dall'ascensore ed aprii la porta della mia camera.
< Non voglio tornare a Los Angeles > dissi voltandomi a guardarlo.
< Va bene > rispose annuendo e tornò verso l'ascensore.
< Dove vai? >
< Passerò la notte nella hall o in auto. Non ci sono altre stanze disponibili >
< Non essere ridicolo, entra > gli intimai facendomi da parte.
Robert mi sorrise ed entrò nella stanza sedendosi sul letto.
< È comodo il letto >
< Tu dormirai per terra >
< Scherzi, vero? >
< No >
Presi un cuscino e la coperta sopra al lenzuolo e glieli lanciai sgarbatamente. Dapprima Robert mi guardò stralunato, ma poi si stese per terra, mentre io andai in bagno per mettermi la camicia da notte che mi ero comprata e poi ritornai di là.
< Posso farti una domanda? >
< Certo >
< Perché quel tizio ti ha detto che sei cambiata? >
Sospirai e mi misi a sedere, cercando gli occhi di Robert nella penombra e accesi la luce della lampada.
< Vuoi davvero saperlo? >
< Sì >
< Robert, io… > dissi e mi bloccai, mentre sentivo la gola farsi secca < non ce la faccio >
Robert si alzò dal letto e venne a sedersi accanto a me.
< Non ti giudicherò, te lo prometto >
< Non ti credo >
< Te lo giuro >
< No. Ogni volta mi è stato detto che nessuno mi avrebbe giudicato, eppure è sempre successo l'esatto contrario >
< Mitchie, fidati di me, ti prego >
< Esattamente come ti sei fidato tu? > ribattei con tono acido, ma Robert non rispose e mi strinse le mani.
< Hai ragione, mi dispiace. Non posso obbligarti > disse lasciandomi le mani e ritornò per terra.
Restammo in silenzio per un sacco di tempo, ma nessuno dei due dormiva, Robert perché sicuramente il pavimento non era comodo, io perché non ce la facevo.
< Io mi drogavo > dissi tutto d'un fiato < dai quattordici ai diciassette anni io non ho fatto altro che drogarmi, bere e fare sesso > continuai deglutendo e per una manciata di secondi smisi di parlare < la cocaina era la mia preferita >
< E ora? >
< Ora ho smesso > risposi mentre mi asciugavo le lacrime con il palmo della mano < e devo tutto a Jenny, a Sarah e alle altre Clovers. Se non fosse stato per loro a quest'ora o mi starei drogando ancora o sarei passata a miglior vita > continuai e guardai Robert, il quale mi guardava con la mascella contratta < Robert, ti prego, dì qualcosa >
< Perché? > domandò semplicemente, ma io capii tutto. La sua domanda era “perché hai iniziato a drogarti?” Sospirai e mi portai le ginocchia al petto.
< Perché quando ti droghi il mondo ti appare come un posto migliore. In quel mondo parallelo io non avvertivo alcuna pressione, non sentivo la mancanza di un padre né di una madre, mi sentivo felice ed euforica, libera da tutti i problemi >
< Ti sei mai ammalata? >
< Che tu ci creda o no, no. Ho fatto tutti i test possibili e immaginabili, sto bene >
< Ti sei mai fatta in vena? >
< No, non sono mai arrivata a quello >
< Sei mai stata in un centro di recupero? >
< È proprio per quello che ho perso un anno di scuola. Dopo che mi hanno trovato quasi in fin di vita in un parco Bianca mi ha rinchiusa dentro l'Hill, il centro di recupero migliore della California. L'ultima volta che mi sono drogata ho visto la mia amica Genesis morirmi davanti agli occhi > dissi e la scena che rievocai mi fece tornare le lacrime agli occhi.
< Perché non me l'hai mai detto? >
< Avevo paura > risposi alzando le spalle < per una volta volevo essere amata senza dover passare per la cocainomane. Tu non hai idea di quanto sia stata male. Volevo dirtelo, ma non ce l'ho fatta, specialmente dopo che ho visto la tua reazione quando hai scoperto che Charlie faceva uso di droga >
< Se non ti avessi seguito qui me l'avresti mai detto? >
< Probabilmente no > risposi sincera e lo vidi alzarsi dal pavimento per venirmi vicino.
Chiusi gli occhi aspettando chissà quale rimprovero, invece sentii le sue labbra posarsi sulla mia fronte.
< Ho sempre pensato che tu mi nascondessi qualcosa. Sei più oscura di quanto pensassi, Michelle Waldorf >
< Ognuno di noi ha qualche scheletro nell'armadio. Sta solo a noi decidere quanto profondo deve essere >
< Ma ora non ti droghi più, vero? >
< No >
< Però fumi >
< Sto cercando di smettere. Anzi, ci sto riuscendo, visto che mi freghi tu le sigarette >
Robert rise e mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
< Mi dispiace per tutto quello che hai passato >
< A me dispiace averti mentito >
< Ad ogni modo, questo non cambia niente > mi disse sorridendomi e senza darmi il tempo di metabolizzare la cosa mi baciò < perché io ti amo > continuò tra un bacio e l'altro.
Sorrisi e risposi al bacio con impeto.
< Dormi qui con me questa notte? >
< Non me lo faccio ripetere due volte > ribatté schizzando a prendere il cuscino e una volta a letto mi prese tra le sue braccia < mi dispiace per tutto questo casino >
< Lo so >
< Mi perdoni? >
< Sì >
< Me la farai pagare? >
Ghignai.
< Oh, non immagini quanto >
< Tornerai a casa con me domani? >
< Sì >
< Ho detto a Kristen che non volevo più avere niente a che fare con lei >
< Saggia scelta >
Rise e sentii la sua mano posarsi sulla mia guancia.
< Ti amo >
< Sì, so anche questo > risposi e il silenzio calò tra di noi, anche se non era pesante come quello di prima < Rob? > lo chiamai dopo qualche minuto.
< Uhm? >
< Questa mattina dopo averti sentito al telefono io…stavo per drogarmi. Non l'ho mai detto a nessuno, ma per il mio compleanno mi è stata regalata una bustina di cocaina ed io l'ho avuta sotto il sedile della mia macchina per tutto questo tempo, così sono scesa di sotto e l'ho presa. Ma sono riuscita a fermarmi e l'ho gettata nel water >
< Perché l'hai tenuta fino adesso? >
< Non lo so >
< Avresti dovuto dirlo a Jenny, visto che a me non volevi dirlo >
< Temevo che fraintendesse e che mi accusasse di essere tornata a drogarmi, avevo paura che mi lasciasse sola. E anche tu >
< Che sciocca che sei. Non saresti mai rimasta sola e di certo non ti avremmo rinchiuso da qualche parte >
< Ora mi sento così stupida > ammisi appoggiando la fronte sulla sua clavicola.
< E fai bene >
< Ti amo davvero tanto, non so cosa farei senza di te > sussurrai mentre mi appiccicavo a lui.
< Se non ci fossi io sicuramente staresti con qualcuno più in gamba di me o con la persona più in gamba del mondo >
Risi.
< La persona più in gambe del mondo? Come è possibile che possa stare con me stessa? > dissi ridendo e lui con me.
< Hai qualche altro altro scheletro da confessarmi? >
< No >
< Meglio così >
E quella notte dormii senza fare brutti sogni.
Capitolo rivelatore, finalmente.
Ora sapete tutto su Michelle Waldorf. Avevo lasciato negli scorsi capitoli degli indizi ed ora…puf! Ecco risolto il mistero.
Spero che il capitolo vi piaccia, mi sono impegnata tanto e sinceramente non sono soddisfatta. Non del capitolo in sé, ma nel momento in cui Michelle si trova in bagno pronta a drogarsi. Mi sarebbe piaciuto descriverlo come si deve e non sono sicura di esserci riuscita, quindi mi scuso!
Mi auguro di postare il prossimo capitolo il prima possibile. Domani parto per Urbino, da domani inizia ufficialmente la mia vita da matricola universitaria, e per la prima settimana non avrò la possibilità di connettermi ad internet (non ho la chiavetta per internet ancora). Sicuramente venerdì dopo le lezioni torno a casa, quindi da venerdì a domenica spero di trovare il tempo per postare xD
Detto questo, buona domenica a tutte :)
Un bacio,
Giulls
P.S. Lo scrivo ora perché mi dimentico sempre di farlo! Incontri, scontri, vicende e quant'altro sono puramente casuali. Non conosco Robert Pattinson, non ho mai incontrato Robert Pattinson, né ho mai avuto alcun contatto con lui. Men che meno con tutti gli altri personaggi. Ma Michelle, Jenny, le Clovers, Olivia e compagni di scuola vari (insomma, chiunque non sia famoso) mi appartengono ù.ù
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Capitolo 30 *** Lettere, fiocco rosa/blu e un nuovo cavaliere per il ballo ***
Lettere, fiocco rosa/blu e un nuovo cavaliere per il ballo
< Cinque giorni, ti rendi conto? Tra cinque giorni terminerò la mia carriera scolastica da liceale! > esclamai mentre versavo una valanga di cereali Capn' Crunch nella ciotola.
Robert scosse la testa ridendo e quando posai la scatola dei cereali fece lo stesso. Ebbene sì, avevo convertito anche lui a quei cereali.
< Prima devi solamente passare gli ultimi test finali >
< Grazie per avermelo ricordato, Mister Guastafeste > replicai facendogli la linguaccia.
Dopo aver finito di fare colazione posai la ciotola dentro la lavastoviglie e baciai Robert.
< Questa sera non ci sono, mi vedo con Emma > disse prima di lasciarmi andare a scuola.
< Okay, allora salutamela e…io e te ci vediamo domani >
Lo salutai con la mano e dopo essere uscita da casa corsi a prendere Jenny e come sempre arrivai a scuola all'ultimo minuto.
Stavamo trascorrendo le ultime settimane ripetendo a scuola tutto il programma svolto ed ero parecchio stressata, senza contare che non potevo lasciare la scuola prima delle sette, perché dopo le lezioni mi aspettavano gli ultimi allenamenti in attesa della grande partita per la finale del campionato.
< E se sabotassimo l'allenamento di oggi? > propose Megan durante la pausa pranzo < Ve lo giuro, ragazze, io non ce la faccio più >
< Non sei l'unica > ribatté Mary mentre addentava la mela < il coach è impazzito, ci sta facendo sgobbare come delle matte, senza contare che quando arriviamo a casa abbiamo tutti i compiti da fare. Non vedo Juan da cinque giorni >
< A chi lo dici! > replicò Vanessa < Tay ed io abbiamo litigato ieri perché era venuto a prendermi per farmi una sorpresa, ma io l'ho cacciato via perché dovevo studiare biologia. E invece lei > disse indicando me < è la più fortunata. Il suo fidanzato le abita accanto, quindi possono dormire insieme quando vogliono >
< E chi ti dice che Robert ed io abbiamo dormito insieme questa notte? >
< Oh, ti prego! > replicò ridendo < Hai la camminata da una che ha fatto sesso. Io le noto queste cose, quindi non negare l'evidenza >
Arrossi e mi grattai la testa.
< Possiamo parlare di tutto, all'infuori della notte trascorsa tra me e Robert? >
< Giusto > intervenne Megan dandomi una pacca sulla spalla < a proposito, tu devi ancora dirmi una risposta >
< E cioè? >
< È o non è un dio del sesso il tuo fidanzato? >
< Oh, ancora con questa storia? Dalla mia bocca non uscirà niente, lo vuoi capire? >
< Hey, capo, sei tu che dici sempre che dobbiamo essere oneste tra di noi! >
Scossi la testa disperata, mentre le altre ragazze non facevano altro che ridere.
< Uhm, la Taylor si è fatta nera oggi > disse Hilary indicandola.
< Peccato, mi sarebbe piaciuto vederla a scuola con i capelli verdi > ribattei ridendo.
< Sei stata una gran bastarda > intervenne Kate.
< Doveva pagare > dissi in mia difesa alzando le spalle: da quando mi aveva giocato quel tiro mancino con Kristen non mi ero ancora vendicata, così ieri avevo deciso di fargliela pagare colpendola nel punto debole di ogni donna, i capelli, e mentre lei era impegnata agli allenamenti delle cheerleader, ero entrata nello spogliatoio e avevo versato della tinta verde dentro il suo shampoo.
< Mi spiace solo non averla vista > intervenne Jenny sbuffando e Sarah ed io ridemmo.
< Ragazze, voi lo sapete che quest'anno il capo redattore dell'annuario è mia sorella? > ci chiese Sarah.
< Sì, ce lo avrai detto un milione di volte > rispose Megan sbuffando.
< E sapete anche che ieri Michelle ed io, dopo l'allenamento, siamo rimaste a scuola per vedere la reazione di Olivia, che le abbiamo scattato una foto con i capelli verdi e che mia sorella mi ha promesso di pubblicarla nell'annuario? >
Le ragazze scoppiarono a ridere, si complimentarono con noi due per la trovata geniale e tutte insieme alzammo le nostre lattine di Coca-Cola e facemmo un brindisi ai capelli verdi di Olivia.
Ad un certo punto il mio cellulare squillò e quando vidi che era Robert mi alzai dal tavolo e uscii in giardino.
< Ciao straniero >
< Mitchie, l'appuntamento con Emma è stato rimandato a domani, ti va di vederci questa sera? Ho bisogno di parlarti di una cosa >
< Va bene, allora quando esco da qui vengo a casa tua. Devo preoccuparmi? >
< Tu no, ma io sì >
< Che vuoi dire? >
< Lo capirai più tardi. A stasera >
Rimasi a guardare il cellulare per diverso tempo, mentre cercavo di capire cosa volesse intendere con quell'ultima frase.
< Va tutto bene? > domandò Jenny sedendosi accanto a me sul prato.
< Il mio fidanzato ha iniziato ad usare frasi criptate > risposi guardandola < uomini, chi li capisce è bravo. Ma tu cosa ci fai qui? >
< Volevo parlarti di una cosa prima di tornare alle lezioni >
< Spara >
< Vedi, io ho un… >
< Michelle! > esclamò il professor Rodriguez interrompendoci.
< Scusa, faccio subito > dissi guardando la mia amica e dopo essermi alzata dall'erba lo raggiunsi < salve, prof >
< Hai un momento? Avrei bisogno di parlarti >
< Certo > risposi e lo seguii fin dentro la sua classe.
< Puoi chiudere la porta? > mi chiese una volta dentro e eseguii il suo ordine < Michelle, volevo mostrarti questa > disse porgendomi una lettera.
< Una lettera? >
< È una lettera di raccomandazione per te per Yale >
< Cosa? > chiesi guardandolo sconvolta.
< A dire il vero questa è una copia. L'originale l'ho spedita due settimane dopo che tu mi hai detto di aspirare ad entrare a Yale nella facoltà di medicina. Michelle, sei la studente più brillante del mio corso ed io ho voluto fare questo. Il tuo coach, la professoressa di chimica ed io abbiamo firmato la lettera e speriamo che possa servire a qualcosa. Intanto vorrei che avessi la copia per sapere quello che abbiamo scritto > disse porgendomi la lettera.
< Io non so davvero cosa dire >
< Un grazie andrebbe bene >
< Grazie! > esclamai e per la prima volta in cinque anni lo abbracciai < Grazie, grazie, grazie! Vi sarò per sempre riconoscenti per tutto >
< Prima bisogna vedere se la nostra lettera conterà qualcosa >
< Quello che mi importa è il gesto. La ringrazio davvero >
< Non c'è di che. E ora vai a goderti gli ultimi attimi di pausa, ci vediamo al suono della campanella >
Gli sorrisi e uscii dalla classe per raggiungere Jenny, ma quando rientrai in caffetteria la vidi assieme a Walter e decisi di non interromperla, così presi il mio zaino, salutai le ragazze e mi incamminai con Emily nella classe di spagnolo, dal momento che era suonata la campanella di inizio delle lezioni.
< Salve, ragazzi > ci salutò il professor Rodriguez entrando in classe.
< Salve > rispondemmo in coro e tutti si misero a sedere nelle rispettive sedie.
Il professore aprì il registro e fece scorrere la penna su di esso per scegliere delle persone da interrogare.
< Michelle Waldorf, ti interessa l'eccellenza? > domandò guadandomi sorridendo e lo guardai sconvolta per la seconda volta.
Mi aveva dato la lettera di raccomandazione e ora voleva interrogarmi? Sospirai e mi alzai dal banco.
< Sì, professore > dissi avvicinandomi alla cattedra e insieme a me chiamò Emily.
Mi aveva dato la lettera di raccomandazione e sapeva benissimo che se mi fossi rifiutata dopo aver saputo della sua esistenza lo avrei deluso. Era un genio, ma allo stesso tempo bastardo. La fortuna, però, girò dalla mia parte e feci una bella interrogazione, così il professore mi rimandò a posto dopo un quarto d'ora, mentre Emily la tenne un po' di più, ma andò bene anche lei.
Alle quattro terminarono le lezioni e prima di andare a cambiarmi in palestra corsi in bagno e aprii la lettera per leggerla.
“Gentili signori del centro ammissione di Yale,
Il coach Andrew Mendler, la professoressa Nicole Judd ed io, il professore Miguel Rodriguez, del Santa Monica High School vorremmo presentare questa lettera di raccomandazione per la signorina Michelle Waldorf, studentessa dell'ultimo anno nella nostra scuola, che ha fatto domanda per entrare nel vostro college.
La signorina Waldorf è una delle ragazze più brillanti che abbiano mai messo piede in questa scuola, è volenterosa, partecipa attivamente in classe e alle attività extrascolastiche. I miei colleghi ed io ci teniamo a dire che sarebbe un vanto per voi avere nella vostra scuola un elemento come lei, perché Michelle è in grado di fare grandi cose.
Nell'attesa che voi prendiate la vostra decisione, vi porgiamo i nostri cari saluti
Andrew Mendler
Nicole Judd
Miguel Rodriguez”
Lessi quella lettera almeno una quarantina di volte e mi commossi anche, non mi era mai capitato di avere la fiducia di un professore al punto tale da scrivere una lettera di referenze per me.
Quando vidi che si erano fatte le quattro e dieci corsi in palestra, mi cambiai e diedi il massimo agli allenamenti, tanto che anche le ragazze mi fecero i complimenti e il coach Mendler fu così soddisfatto da farci finire l'allenamento mezz'ora prima.
< Coach, posso parlarle un attimo? > domandai quando fummo praticamente soli.
< Certamente > rispose sorridendomi < mi dai una mano, intanto? > chiese mentre indicava i tappetini.
< Ecco, io… > cominciai mentre lo aiutavo < il professor Rodriguez mi ha consegnato una copia della lettera di raccomandazione per il college e volevo ringraziarla >
Il coach Mendler si mise le mani sui fianchi e mi sorrise.
< Michelle, ho solamente firmato un pezzo di carta, sei tu che hai fatto tutto il resto. E come sicuramente ti avrà detto Miguel, è tutto merito tuo >
Sorrisi e lo abbracciai.
< Grazie, coach >
< Coraggio, vai a cambiarti ora > rispose e vidi che aveva gli occhi un po' lucidi < questa sera tu e le altre dovete riposarvi, la finale ci sarà tra due giorni >
Gli sorrisi e raggiunsi le altre nello spogliatoio e dopo essermi fatta la doccia tornai a casa da Robert. Bussai e attesi impazientemente che mi aprisse.
< Ciao > disse sorridendomi.
< Tu non hai idea di quello che è successo oggi! > esclamai entrando in casa e ignorai il bacio che stava per darmi.
< Cioè? >
< Rodriguez mi ha confermato l'eccellenza e lui, il coach e la professoressa Judd hanno scritto una lettera di raccomandazione per me! Ti rendi conto?! >
< È splendido > disse sorridendo e si avvicinò per baciarmi ancora, ma ero talmente euforica che lo ignorai anche quella volta lì < Michelle, me lo dai un bacio? >
Risi e mi lanciai sulle sue labbra, scambiandoci così un bacio appassionato.
< Allora, di cosa volevi parlarmi? >
< Coraggio, vieni > disse facendomi sedere sul divano < ho una notizia buona e una cattiva, quale vuoi prima? >
Ci pensai su e appoggiai la schiena al cuscino.
< Dammi la cattiva notizia >
< No > replicò < ti do prima la buona, ha più senso dirti quella prima >
Risi e gli presi una mano.
< Va bene, ti ascolto >
< Emma mi ha chiamato dicendomi che hanno scelto me per il volto maschile della nuova linea di abbigliamento di Armani e il servizio fotografico si terrà in Argentina >
< È fantastico, congratulazioni! > esclamai lanciandomi ad abbracciarlo < So che ci tenevi molto, sono davvero orgogliosa di te! >
< Grazie > rispose sorridendo.
< E la cattiva notizia? >
< Parto tra tre giorni > disse guardandomi dispiaciuto.
< Tre giorni? Ma ti perderai il ballo e la consegna dei diplomi >
< Lo so e mi dispiace >
< Ti rendi conto che io potrei picchiarti perché tu mi stai dando buca a pochi giorni dal ballo? Ma sei fortunato perché hai una giustificazione valida. Anzi, sai che ti dico? Non ti perdono! > esclamai incrociando le braccia al petto e assottigliai lo sguardo < Da oggi in avanti tu non devi più parlarmi, guardarmi né tanto meno pensarmi >
< E se volessi fare l'amore con te? >
< È proibito! > risposi minacciosa imitando la voce della Bestia nel cartone animato della Disney, ma Robert mi guardò e si mise a ridere, così mi alzai dal divano, presi un fazzoletto e una penna e dopo avervi scritto sopra che Robert non avrebbe più dovuto ronzarmi attorno glielo consegnai per firmarlo, ma Robert ci si soffiò il naso < Oh, tu non hai idea di quanto io ti odi >
< Un briciolo in confronto a quanto ti odio io, sappilo >
Assottigliai ancora di più lo sguardo e portai il viso vicino al suo.
< Hai per caso intenzione di sfidarmi? Guarda che sono più furba di te e potrei batterti. Senza contare che io ho questa > dissi prendendo in mano le chiavi di casa e gli mostrai il portachiavi.
< Wow, hai un portachiavi >
< Non prendermi in giro, Pattinson… > lo intimai cliccando sul pulsante e un piccolo fascio di luce verde partì dal portachiavi < io ho la spada laser >
Di certo l'ultima cosa che mi aspettavo era vederlo piangere, ma stava ridendo talmente tanto che all'improvviso gli vennero le lacrime.
Mi catapultai su di lui per…beh, non so bene per fare cosa, visto che lui non soffre il solletico, ma nessuno poteva deridere la mia spada laser, nessuno.
< Non credevo fossi una fan di Star Wars >
< Infatti non lo sono > replicai ancora tra le sua braccia < ma ho sempre desiderato una spada laser >
< Sei la solita voglina >
< Sei la solita voglina > ripetei facendogli il verso.
< Me lo dai un bacio? >
Lo guardai con il sopracciglio inarcato.
< Scordatelo >
< Nemmeno uno piccolo piccolo? >
< Non te lo meriti >
< Minuscolo? >
< No >
< Okay > disse e dopo avermi bloccato il mento mi baciò con la forza.
< Robert! > esclamai mollandogli una pacca sul petto.
< In un modo o nell'altro devo arrangiarmi >
< Ti detesto >
< Bugiarda >
< No, davvero > replicai guardandolo con superiorità.
Pochi minuti dopo il mio stomaco iniziò a brontolare, così Robert mi lasciò a cucinare qualcosa, mentre lui era andato a farsi una doccia. Avevo già detto di odiarlo, vero?
Erano passati dieci minuti, la cena era praticamente pronta e il signorino non era ancora arrivato. Tirai fuori dal frigorifero una bottiglia di birra, la aprii e quando suonò il telefono di casa andai a rispondere, tanto non era la prima volta che lo facevo.
< Pronto? >
< Brutto bastardo che non ti fai mai sentire! > esclamò una voce sconosciuta.
< Il bastardo è sotto la doccia >
< Con chi parlo? > chiese titubante.
< Sono Michelle. E tu? >
< Sono Bobby…Long >
< Tu devi essere l'altro membro della banda >
< Sì, esatto > rispose ridendo < e immagino che tu sia la sua fidanzata >
< Esattamente. È un piacere conoscerti >
< Il piacere è tutto mio. Quando Robert finisce potresti… >
Improvvisamente Bobby smise di parlare e sentii delle voci indistinte.
< Pronto? >
< Mitchie! > esclamò una seconda voce, che riconobbi essere quella di Tom.
< Tom! > risposi ridendo < Come stai? >
< Sto bene, grazie. Tu? >
< Tutto nella norma. Le riprese? >
< Sono tornato ieri, sono andate alla grande >
< Vedi, tu sì che prendi seriamente il tuo lavoro! Robert invece è una polenta e tutte le volte che è a girare qualcosa sta via mezzo secolo >
< Questo è un motivo in più per scaricarlo e frequentarmi >
Risi e mi misi a sedere sul tavolo.
< Lo prenderò in considerazione > risposi e mi alzai quasi subito per controllare che la carne fosse cotta, ma nel momento in cui il mio sedere lasciò il tavolo Robert me lo palpò con entrambe le mani < ma sei scemo?!?!?!? > urlai voltandomi e quello stupido mi scoppiò a ridere in faccia < Tom, è ufficiale, Robert ed io abbiamo chiuso. Vienimi a prendere quando ti pare >
Robert ascoltò la mia ultima battuta con la bocca spalancata e poi mi sfilò il telefono di mano < Tom, se ci provi te lo taglio, siamo intesi?…No, non mi interessa. Uomo avvisato, mezzo salvato >
Mi appoggiai al bancone della cucina e lo guardai intrattenersi con Tom e Bobby.
< Saluta i bambini, è ora di andare a tavola >
< Stai scherzando? > replicò Robert al telefono, ignorandomi < Ma…quando è successo? >
< Cosa? > domandai curiosa, ma lui mi fece segno di stare zitta.
< Amico, sono felicissimo per te e già che ci sono ti auguro buona fortuna, mia sorella è un tornado. Ma, hey, contento tu…sì, certo. Salutami Bobby e Vic…e anche Marcus e Andrew quando li senti! Buona serata >
< Allora, allora, allora? > domandai saltando sul posto, curiosissima, quando Robert posò il telefono al suo posto.
< Tom esce con Vic >
< No! > esclamai piacevolmente sconvolta.
< Già, sembra strano da dire, eppure è così >
< E a te sta bene? >
< Direi di sì > replicò sorridendo e mi avvicinai a lui.
< Rob… > gli dissi giocando con il bordo dei suoi jeans, mentre lui deglutiva < coraggio, la cena si raffredda > continuai allontanandomi e mi sedetti a tavola.
< Cosa…? No! >
< Mi dispiace signorino, ma siccome tu mi dai buca per il ballo, io questa sera ti lascio in bianco >
< Sei sleale >
< No, ho imparato le regole > ribattei ghignando.
< Ma a me dispiace lasciarti da sola per il ballo >
< Ma te pensa, a me non dispiace per niente lasciarti in bianco, invece >
Robert mi guardò malissimo e bofonchiò qualcosa di incomprensibile e per tutta la cena mi guardò con una faccia da cane bastonato, mentre io tentavo di non ridergli in faccia da quanto sembrava stupido.
< Sei mai stata in Spagna? > domandò all'improvviso.
< Mai > risposi dopo aver deglutito < l'unico posto che ho visitato in Europa è Londra. Megan e Hilary ci sono state e mi hanno detto che è splendida. Avevo fatto richiesta per essere inserita nel gruppo di studio con il professor Rodriguez per andare in Spagna per due settimane, ma poi mi sono trasferita in clinica, sono stata bocciata e quindi è saltato tutto >
Robert annuì e tornò a mangiare senza proferire più alcuna parola e dopo cena si attaccò davanti al computer. Decisamente un bel modo di passare la serata insieme.
< Mitchie, io vado a dormire > mi disse verso le dieci e mezza venendo in salotto dove io stavo guardando un film da sola.
< Rob, ho per caso detto o fatto qualcosa di sbagliato? >
< Perché? > domandò sedendosi accanto a me.
< Mi hai ignorato per tutta la sera, mi avevi chiesto di vederci e invece sei stato tutto il tempo attaccato al computer >
< Avevo delle cose da fare, mi dispiace. Vieni a dormire anche tu? >
< Vado a casa > replicai stizzita spegnendo la televisione e mi alzai in piedi.
< Okay > disse baciandomi la guancia e mentre se ne andava di sopra il mio sguardo inviperito lo seguiva.
Lo infamai lentamente e rientrai in casa, andando a dormire dopo aver sistemato la divisa sulla sedia. La mattina dopo mi svegliai con un odore di brioche calda appena sfornata e quando aprii gli occhi ne trovai una su un piattino, con tanto di rosa accanto; sorrisi e annusai il fiore e quando alzai lo sguardo vidi Robert osservarmi sul ciglio della stanza.
< Cosa hai? >
< Di cosa stai parlando? >
< Ti ricordo che prima di essere la tua ragazza sono stata tua amica, ti conosco. Quando stai bene i tuoi occhi parlano, mentre ora sono spenti, esattamente come ieri sera >
Robert sospirò e si sedette sul letto accanto a me.
< Non è niente, mi mancano semplicemente i miei amici >
Sorrisi e appoggiai il mento sulla sua spalla, mentre con la mano destra gli accarezzavo la guancia.
< Perché non ti prendi una vacanza e vai a Londra? >
< E non preferiresti che trascorressi il mio tempo libero con te? >
< Rob, sono la tua vicina di casa, possiamo vederci ogni volta che vogliamo >
< Ma tu tra tre mesi andrai al college >
< Robert…parti > replicai e dopo avermi preso il volto tra le mani mi baciò < ma quando torni dovrai farti perdonare, quindi vedi di portarmi tante cose costose da Londra >
< Ad esempio? >
< I gioielli della corona sono molto graditi >
Robert rise e mi diede un buffetto sul naso.
< Vedrò quello che posso fare. Vuoi un passaggio per andare a scuola? >
Mi si illuminò il volto e gli saltai addosso.
< Sì, sì, sì! Chiamo Jenny e le dico di non passarmi a prendere >
Schizzai fuori dal letto per chiamare la mia amica, ma il tono della sua voce mi fece preoccupare.
< Mitchie, stai bene? > chiese Robert quando finii di parlare con Jenny al telefono.
< Jenny mi è parsa strana al telefono >
< Vuoi che passiamo a prendere anche lei? >
< No, ha detto che oggi non sarebbe venuta a scuola >
Dopo essermi preparata per la scuola telefonai a Jenny alla fine di ogni ora, ma rifiutava sempre le mie chiamate, così decisi di lasciarla stare, finché verso la fine della giornata scolastica mi mandò un messaggio nel quale mi chiedeva di incontrarla da Wallies dopo l'allenamento.
Fortunatamente quel giorno il coach non ci trattenne oltre le sei, così mi feci una doccia in fretta e furia e poi mi feci accompagnare da Megan al luogo dell'appuntamento. Una volta entrata vidi Jenny aspettarmi in un un tavolo nell'angolo del locale.
< Jenny? > la chiamai quando fui vicina a lei.
< Ciao > rispose sorridendomi < forza, siediti. Sto morendo di fame, ti va un frullato? >
Annuii e la guardai chiamare la cameriera, dirle le nostre solite ordinazioni e quando mi guardò mi sorrise falsamente.
< Jenny, come stai? >
< Sto bene > replicò sorridendomi falsamente per la seconda volta.
< Ti conosco, stai mentendo >
< Ma sto bene >
Odiavo essere presa per i fondelli, specialmente da Robert, Sarah e Jenny, le persone più importanti per me, così mi alza dalla sedia e posai sul tavolo cinque dollari.
< Questi sono per il mio frullato. Non ho intenzione di restare a farmi prendere in giro, torno a casa >
< Aspetta! > esclamò trattenendomi per un braccio < Hai vinto >
< Mi dirai la verità? >
< Sì >
< Okay > replicai sedendomi e aspettai che iniziasse a parlare.
< Non mi giudicherai, vero? >
< L'ho mai fatto? > chiesi sorridendole e le strinsi la mano per infonderle un po' di coraggio.
< C'è un motivo se oggi non sono venuta a scuola > disse dopo che la cameriera ci consegnò i nostri frullati < avevo un appuntamento con il dottor Richardson, ma alla fine non mi sono presentata. E dire che ero sicura, non lo volevo, ma quando sono arrivata davanti all'ambulatorio non ce l'ho fatta e sono scappata via >
< Chi è il dottor Richardson? > domandai interrompendola, ma lei iniziò a piangere.
< Ho avuto paura, ma non facendolo ho più paura ora. E se non ne fossi all'altezza? Io avevo dei progetti, volevo andare ad Harward a studiare legge! >
< Jenny, non capisco > dissi stringendole le mani e gliele accarezzai.
Tirò su col naso e prese dalla borsa un foglietto piegato in quattro, che mi porse. Lo aprii e all'inizio non riuscii a capire cosa quei dati volessero dire, ma la parola stato interessante mi fece capire tutta la parte precedentemente scritta.
< Mi stai prendendo in giro? > chiesi sconvolta e lei fece di no con la testa.
< Oggi avevo l'appuntamento per andare ad abortire, ma non ce l'ho fatta >
Guardai la mia migliore amica e senza dire qualcosa andai ad abbracciarla, mentre lei si sfogava sulla mia spalla.
< Walter lo sa? >
< No >
< Vuoi tenerlo? >
< Non sono pronta ad essere madre > replicò alzando le spalle < ma non so nemmeno cosa voglio >
Strinsi Jenny nel mio abbraccio.
< Qualunque decisione tu prenda io ti starò accanto, hai capito? Non resterai sola >
< Grazie >
Aspettai che si calmasse e quando tornai a sedere le raccontai della piatta giornata scolastica che avevo trascorso e dell'ennesima ramanzina da parte di Rodriguez per Olivia. Verso le otto e mezza Walter e la sua sorellina entrarono dentro il locale, si sedettero di fianco a noi e quando andarono ad ordinare da mangiare dissi a Jenny che li avrei lasciati da soli e che avrebbe dovuto raccontargli tutto.
< Io vado > dissi quando Walter e Lisa tornarono a sedersi.
< Non te ne vai solo perché siamo venuti noi, vero? > domandò Lisa con uno sguardo triste.
< Ma certo che no, piccolina. Devo andare a casa > le risposi scompigliandole la frangetta e dopo aver salutato Walter e Jenny chiamai un taxi e tornai a casa, mentre durante il tragitto non feci altro che pensare a Jenny: se era capitato a lei, una delle persone più razionali del mondo, perché non poteva accadere anche a me?
< Signorina, si sente bene? > domandò il tassista guardandomi < È pallida come uno straccio >
< Sto bene > replicai scendendo dalla macchina e in quell'esatto momento Robert uscì di casa con Emma e una orda di giornalisti che lo seguivano.
Robert si fece largo tra la folla di flash e mi venne incontro.
< Salve, saldo io il conto della signorina. Quanto è? >
< Trentacinque dollari > rispose il tassista e subito dopo ripartì.
< Grazie > dissi sorridendogli.
< Stai bene? > domandò Robert guardandomi preoccupato.
< Possiamo parlarne più tardi? > replicai mentre mi guardavo intorno.
< Okay. Ma stai bene, vero? >
< Sì >
Gli baciai la guancia e dopo aver salutato Emma con la mano mi feci largo tra la folla e mi chiusi in casa. Possibile che fossi io quella sconvolta?
Mi stesi sul divano e mi addormentai di colpo, svegliandomi la mattina dopo senza aver toccato un libro e dal momento che il professor Simpson ci aveva detto che avrebbe interrogato sui compiti che aveva dato ieri a scuola da fare a casa mi diedi malata. Oltretutto Robert quest'oggi sarebbe partito e volevo salutarlo. Gli mandai un messaggio dicendogli di passare da me non appena avesse un minuto libro e me lo ritrovai davanti alla porta trenta secondi dopo.
< Come mai non sei andata a scuola oggi? >
< Ieri non ho studiato > risposi facendolo entrare in casa < come è andata l'uscita? >
< Bene, anche se ero stanco morto >
Sorrisi e lo abbracciai.
< Cosa hai deciso di fare allora? Dopo l'Argentina torni a casa o vai a Londra? >
< Credo che starò un po' con i miei amici >
Annuii e appoggiai una mano sulla sua guancia.
< Non abituarti troppo alla mia assenza però >
Robert rise e mi baciò la guancia.
< Fidati, questo non accadrà. Ieri cosa avevi? Ieri mattina quello strano ero io, mentre alla sera lo eri tu >
< Jenny è incinta >
Robert sgranò gli occhi.
< Ne sei sicura? >
< Mi ha fatto vedere le analisi e è scritto che è in stato interessante >
< E come sta? >
< È shockata, un po' come me >
< Walter lo sa? >
< Fino a ieri lui non sapeva niente >
Robert si sedette sul divano e mi invitò a sedersi sulle sue gambe.
< Scusa, ma perché anche tu sei sotto shock? >
< Perché mi shocka sapere che la mia migliore amica, che ha diciotto anni, è incinta > dissi alzandomi in piedi e gli tesi la mano < devo darti una cosa, seguimi >
< Agli ordini > replicò afferrando la mia mano e non me la lasciò fino a che non salimmo le scale ed arrivammo in camera mia.
< Ecco, prendi > dissi porgendogli Priscilla(*), il mio peluches a forma di cigno che avevo comprato ad Hyde Park al The Boat House < così quando sarai via tutte le volte che la guarderai mi penserai >
< Vuoi davvero privarti di Priscilla? > domandò sorridendomi.
< Solo per questa volta >
< Grazie > disse baciandomi e quando alzò lo sguardo sorrise amaramente < è il vestito del ballo? >
< Sì > replicai voltandomi verso il vestito appeso sull'anta dell'armadio.
< Mi dispiace >
< A tal proposito…Robert, devo parlarti > gli dissi indicandogli il letto.
< Cosa devi dirmi? >
< Prometti di non arrabbiarti? >
< Prometto che mi arrabbierò >
< Non vale > replicai imbronciandomi.
< Coraggio, non tenermi sulle spine >
< Ti ho mai parlato del mio amico Jeremy? >
< No > replicò assottigliando lo sguardo < chi è questo ragazzo? >
< Jeremy è…lui veniva nella mia stessa scuola, ma siamo diventati amici in clinica. Quando è arrivato era davvero in pessime condizioni, all'inizio temevano tutti che non ce la facesse, la sua sete di eroina era talmente tale da credere che una volta fuori ricadesse nel giro. Lui stesso era il primo a crederlo, pertanto ha continuato a studiare lì ed ora è uscito per dare gli esami finali ed è tornato a scuola. Comunque…ci siamo visti durante la lezione di storia, abbiamo parlato e quando mi ha detto che per il ballo sarebbe rimasto a casa gli ho chiesto di farmi da accompagnatore. E lui ha accettato >
Lo guardai con la bocca serrata mentre lui fissava davanti a sé e annuiva. A dire il vero era abbastanza inquietante. Poi si alzò e mi fissò negli occhi.
< Potrebbe provarci con te? > domandò.
< No, assolutamente. Abbiamo provato a frequentarci, ma non è andata bene. La nostra è più una relazione tra fratello e sorella, lui è sempre stato molto protettivo nei miei confronti quando eravamo in clinica. Non so se lo sai, ma io sono rimasta chiusa lì per sei mesi e ci siamo frequentati per due. Il resto del tempo che ho trascorso lì siamo stati amici. E anche se non ci siamo visti per tutto questo tempo, ogni tanto sono andata a trovarlo. Sai, quando gli ho raccontato di quella famosa volta della tua indecisione tra me e Kristen mi ha detto che nonostante avessi scelto me aveva una gran voglia di romperti il setto nasale >
Robert rise e mi porse la mano per invitarmi ad alzarmi.
< Voglio conoscerlo. E se mi farà una buona impressione acconsentirò alla vostra uscita, in caso contrario ti rapirò e ti porterò con me in Argentina >
< Ma così non mi diplomerò >
< Questo è un problema tuo. Puoi dirgli di passare dopo la scuola? >
< Certo > replicai sorridendo e gli inviai subito un messaggio, ricevendo qualche minuto dopo la sua risposta, ovvero che nemmeno lui era andato a scuola perché non aveva studiato per Simpson e che sarebbe venuto subito < Rob, sta per arrivare. Ti prego, non picchiarlo, è uno dei due ragazzi maschi a cui affiderei la mia vita >
< Chi è l'altro? > domandò con disappunto e gli diedi uno scappellotto in testa.
< Tu, sciocco >
Scendemmo al piano inferiore e attendemmo l'arrivo di Jeremy e non appena suonò il campanello, Robert mi mise un braccio attorno alle spalle.
< Andiamo a conoscere il tuo amico > disse spingendomi verso l'entrata.
(*) Priscilla esiste davvero. Non scherzo! È il mio peluche che dorme con me (sì, ho 19 anni, vado all'università e dormo con un pupazzo xD) L'ho comprato due estati fa a Londra *____*
Buonasera!
Allora, chiedo perdono per il mio ritardo, ma ieri pomeriggio sono stata al cinema a vedere Abduction (grande flop per me), alla sera alla Notte d'Oro, oggi ho aiutato mamma con il suo stand e sono arrivata un'ora fa a Urbino. Quindi, eccomi qui! :D
Ringrazio le cinque sante che hanno recensito, dopo una settimana isolata dal mondo mi sono trovata le vostre preziose recensioni, grazie <3 E ovviamente ringrazio anche i lettori silenziosi che spendono qualche minuto per me <3
Giulls
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Capitolo 31 *** Our last Prom ***
Our last Prom
Sospirai e guardai quei due paia di occhi fissarmi e fissarsi a vicenda.
< Rob, lui è Jeremy… > gli dissi indicandogli il mio amico dall'altra parte della porta < Jer, lui è Robert >
Continuarono a scrutarsi scrutarono negli occhi ancora per qualche secondo finché non si scambiarono una stretta di mano. Forse il peggio era passato.
< Tenterai di rimorchiare la mia fidanzata al ballo? > domandò Robert stringendomi a lui con il braccio e Jeremy scoppiò a ridere.
< È fuori discussione >
< Perché, non sono attraente? > dissi rivolgendomi a Jeremy con una nota di disappunto.
< Senti, sto cercando di convincere il tuo fidanzato a non spaccarmi la faccia, non complicare le cose > ribatté < gli hai detto che…? >
< Sì, mi ha detto che per un periodo vi siete frequentati >
< Gli hai detto che siamo andati a letto insieme e non mi ha ancora spaccato la faccia? >
Al sentire quella frase sgranai gli occhi.
< Quella parte lì l'ho omessa >
< Oh, uhm…ehm…bene…no, perché ora che ci penso non è successo > disse Jeremy guardando Robert spaventato, che lo stava guardando con uno sguardo omicida < mi sono confuso con un'altra Michelle Waldorf…un'altra, non lei…non sto facendo una buona impressione, vero? >
< Non molta > replicò Robert ridendo < coraggio, entra in casa. Mi dispiace lasciarti qui fuori > continuò spostandosi di lato e quando furono vicini potai notare che Jeremy era molto più alto di Robert. e lui non era di certo basso.
< Jer, siamo a Los Angeles…non hai caldo con quel berretto? > domandai ridendo mentre indicavo il berretto rosso di lana che lo rendeva ancora più carino.
< No, dove vado io viene lui >
< Non lo porterai al ballo, vero? >
< Perché no? > ribatté e scossi la testa ridendo, poi mi avvicinai a lui e lo abbracciai < Non ricordavo che fossi così bassa, sai? >
Immediatamente mi allontanai da lui mentre Robert iniziò a ridere.
< Tu cosa ridi? > tuonai fulminandolo con lo sguardo < E tu bada bene a quello che dici, o il tuo cappellino finirà sopra il mio accendino > continuai guardando minacciosa il mio amico e in quel momento il telefonino del richiestissimo Pattinson squillò.
< Emma, ciao. Sì, sto andando ora…No, sono da Michelle…Okay, okay, lo farò. Sì, a più tardi >
< Chi è Emma? > domandò Jeremy al mio orecchio.
< La sua manager >
< Mi dispiace abbandonarvi, ma il lavoro mi chiama. Ci vediamo più tardi >
< Ciao > gli dissi baciandolo sulle labbra e dopo aver salutato Jeremy ci lasciò soli.
< Che c'è? > chiese il mio amico guardandomi mentre lo osservavo.
< L'altro giorno non l'avevo notato, ma ti sei fatto molto più carino > gli dissi guardandolo con attenzione ed era vero: nonostante il cappellino potevo vedere i suoi capelli marroni e ricci un pochino lunghi, aveva lasciato crescere un po' la barba e in entrambi i lobi delle orecchie aveva degli orecchini in legno, per non parlare del suo corpo da urlo. Ma se un tempo le sue mani avevano vagato sul mio corpo, ora il solo pensiero mi faceva morire dal ridere.
< Ma piantala >
< No, seriamente. Mi sorprende come un bel ragazzo come te non abbia trovato una ragazza per il ballo >
< Sono un ex eroinomane, ricordi? > domandò indicandosi il braccio.
< Quindi? >
< Quale ragazza snob credi voglia avere a che fare con un personaggio del genere? >
< Per fortuna che non tutte sono così > dissi sorridendo.
< Per fortuna ho te a scuola >
Lo abbracciai una seconda volta.
< Mi sei mancato davvero tanto >
< Anche tu. Me lo fai vedere il vestito del ballo? >
< Assolutamente no >
< Almeno mi dici che fiore vuoi? >
< Dovresti saperlo! > esclamai offesa.
< Il colore, intendo. Lo so che a te piacciono le rose >
< Rosso scuro >
< Vado dal fiorista, allora. E vado anche a noleggiare uno smoking. Ciao! >
Lo accompagnai alla porta e dopo averlo salutato mi sedetti in sala a guardare un po' di televisione quando Bianca entrò improvvisamente in casa seguita da Mike. Inutile dire che non mi degnò di una parola né di uno sguardo, semplicemente se ne andarono di sopra. Era incredibile come lei si comportasse da bambina. Quale razza di genitore vieta al figlio di vedere l'altro genitore? Lei aveva considerato la mia partecipazione alle nozze di papà come un alto tradimento e questa era una situazione davvero ridicola. Ma almeno non mi stressava più con vestiti alla moda.
Poco dopo mi stancai della televisione e tornai in camera mia, accesi il computer e stampai la tesi che dovevo consegnare alla professoressa Walsh, la docente di botanica, nonché responsabile per quest'anno della scelta del candidato per il discorso dei diplomanti. Sapevo che l'argomento della mia tesi piaceva a molti insegnanti, eppure speravo non piacesse così tanto da scegliermi per tenere il discorso, poiché l'ultima cosa che volevo era stare davanti a sconosciuti e dire cose insensate balbettando.
Mi alzai dalla sedia e, ancora avvolta nella vestaglia, mi avvicinai al vestito, togliendolo dalla mantellina per osservarlo: la settimana scorsa avevo girato tantissimi negozi con Jenny e Sarah per trovare il vestito per il ballo e quando stavo per perdere le speranze mi capitò davanti questa meraviglia: non era il classico vestito da principessa, era diverso. Era di una tonalità indefinita, tra il rosso e il bordeaux, era lungo fino alle ginocchia, aveva una sottoveste in seta e sopra era coperta dal tulle del medesimo colore. Di certo un vestito che avrei potuto indossare in più occasioni; il vestito da principessa me lo riservavo per il matrimonio, se mai avessi voluto compiere quel passo.
Qualche minuto più tardi mi sedetti sul letto e iniziai a studiare storia, quando il mio cellulare iniziò a vibrare.
< Pronto? >
< Ho una brutta notizia da darti > mi disse Jenny < oggi la preside ha fatto un annuncio nel quale ha detto chi avrebbe tenuto il discorso il giorno dei diplomi. Mi dispiace… >
< Scherzi, vero?! No, non posso essere io! >
< Te l'ho fatta! > esclamò ridendo < Hanno scelto Mandy, volevo solo farti penare un po' >
< Che cara amica che sei > ribattei sarcastica < come stai? >
< Sto bene > rispose < ho deciso di tenerlo >
< Sul serio? >
< Sì. E credo che sia la scelta migliore che possa fare >
< Walter cosa ne pensa? >
< Quando gliel'ho detto è andato giù di testa. Ha già iniziato a fare dei progetti > disse ridendo < mi ha addirittura mangiato la faccia quando gli ho confessato che all'inizio avevo pensato di abortire >
< E tu ora sei felice? >
< Da morire >
< E come pensi di fare con l'università? >
< Ancora non lo so, deciderò quando sarà il momento. Michelle, ci stareste anche tu e Robert per dividere la spesa per la limousine? >
< Ehm…io ci sto, ma Robert non verrà >
< Cosa? > domandò sorpresa.
< La sera del ballo parte per l'Argentina per un servizio fotografico. Non ci sarà nemmeno per la consegna dei diplomi >
< E quindi non verrai al ballo? >
< Certo che sì! > esclamai < Solo non con lui >
< E con chi, allora? >
< Ricordi il mio amico Jeremy, il ragazzo della clinica? >
< Sì, certamente. Verrai con lui? >
< Esatto >
< Oh, ma che bello! > esclamò < Così finalmente lo conoscerò. Uhm, è finita la pausa, devo tornare in classe. Allora appena vedrò Jeremy in giro mi presenterò e gli chiederò per la limousine >
< Oggi non è a scuola >
< Come mai? >
< Nemmeno lui aveva studiato per Simpson >
Jenny rise e mi disse che mi avrebbe chiamato una volta finite le lezioni. Nel frattempo io mandai un messaggio a Jeremy per chiedergli della limousine, ricevendo una risposta affermativa e lo feci presente alla mia migliore amica.
Mi stesi sul letto, afferrai il telefonino e scrissi a Robert se potevamo vederci non appena avesse finito per stare insieme prima della sua partenza e mi rispose tempestivamente di andare a casa sua e che mi avrebbe raggiunto il prima possibile.
< A che ora parti? > domandai mentre mi stringevo di più al suo corpo.
< Alle sette > rispose baciandomi la fronte.
< Vorrei che tu non te ne andassi. Sono egoista, lo so, ma ti voglio con me al ballo >
Robert sospirò e prese ad accarezzarmi la schiena, gesto che mi rilassò.
< Credi che non preferirei restare qui con te? > ribatté indicando il letto sul quale avevamo trascorso il tempo da quando era tornato a casa < Ma è il mio lavoro >
Mi stiracchiai e alzai la testa per guardarlo dritto negli occhi.
< Detesto quando hai ragione >
Rise e questa volta mi baciò sulle labbra.
< Ma ho una bella notizia >
< Spara >
< Resterò con te fino a che Jeremy non verrà a prenderti da casa, cosicché possa controllarlo per bene >
Questa volta fui io a ridere.
< Sei geloso? >
< Sì, lo ammetto. Perché non mi hai detto che siete stati anche a letto insieme? >
< Per questo > ribattei mettendomi a sedere e mi coprii con il lenzuolo: Robert mi vedeva spesso nuda, eppure mi vergognavo nei momenti di calma < perché non c'è motivo che tu sia geloso. È vero, siamo stati insieme e abbiamo fatto sesso…tanto sesso, non riusciresti nemmeno ad immaginarti quante volte l'abbiamo fatto, dove e la marea di posizioni che abbiamo assunto > dissi ridendo per prenderlo in giro e Robert mi diede uno scappellotto in testa < dai, scherzo! Quello che voglio dire è che tu non devi essere geloso. Ci siamo lasciati da buoni amici, lui per me è come un fratello. E poi > dissi girandomi per guardarlo negli occhi < tutto ciò che voglio sei tu >
Robert sorrise e mi prese tra le sue braccia baciandomi appassionatamente.
< Hai due scelte. O mi dici di fermarmi e usciamo da sotto le coperte, o ti tengo qui per… >
< Per altri due miseri minuti? > chiesi interrompendolo e Robert mi guardò sgranando gli occhi, prima di farmi il solletico.
< Ritira subito quello che hai detto >
< No, mai! > esclamai ridendo e dopo avergli bloccato le mani lo baciai, trascorrendo così buona parte del pomeriggio a letto insieme.
< Resti qui mentre faccio la valigia? > domandò mentre si allacciava i bottoni dei pantaloni e lo guardai con disappunto < Che c'è? >
< Niente > risposi imbronciandomi, gesto che fece ridere Robert, tant'è vero che si mise a carponi sul letto.
< Non ne hai ancora abbastanza? > disse ghignando.
< Non farti strane illusioni, Pattinson > ribattei con tono di sfida.
< E allora perché ti comporti così? >
< Perché tu mi abbandonerai e visto che non saprò con chi divertirmi per il prossimo mese volevo divertirmi ora >
< Ma sentila! > esclamò ridendo e mi baciò la fronte.
Mi alzai anche io dal letto e dopo aver recuperato la mia biancheria e i miei vestiti mi rivestii.
< A proposito, quanto starai via? >
< Solo un paio di settimane, ce la farai a resistere? >
< Sì, ce la farò. Sei tu che crollerai prima > ribattei ridendo.
< Cosa hai detto? >
< Quello che ho detto > dissi avvicinandomi a lui < mi mancherai, è vero, ma sarai tu il primo a crollare >
< Ne sei così sicura? >
< Sì >
< Noi donne sappiamo stare anche mesi senza fare sesso, voi uomini no. Se non avete una fidanzata, vi trovate qualcuno con cui andare a letto. Siete fatti così >
Robert voleva ribattere, si vedeva benissimo, ma per una volta non seppe cosa dire. Miracolo. Senza aggiungere altro lo trascinai con me al piano di sotto, ordinai due pizze e mentre mettevo a tavola lui era tornato di sopra a sistemare la valigia.
< Mitchie? Puoi venire qui un momento? >
Salii le scale di corsa e raggiunsi la sua camera.
< Dimmi >
< Puoi sederti sulla valigia per chiuderla? >
Risi e feci come mi aveva chiesto.
< Ma quanta roba ci hai messo dentro? >
< Il necessario le settimane in cui starò fuori >
< Capisco > asserii e il campanello suonò < forza, sono arrivate le pizze >
Scendemmo di sotto e quando il fattorino vide Robert prima sbiancò, poi gli chiese un autografo per la sua fidanzata. Dopo mangiato tornai subito a casa, poiché Robert doveva andare a letto presto e per quella sera volevo lasciarlo riposare.
Rientrai in casa mia e vidi Bianca e Mike seduti sul divano.
< Ciao, Michelle > mi salutò cordialmente Mike e risposi al saluto.
< Cosa state guardando? > domandai curiosa.
< Un'intervista > rispose Bianca senza degnarmi di uno sguardo.
< Io sono stanca, vado a dormire > dissi mentre mi allontanavo da quella situazione scomoda e imbarazzante < buonanotte >
Tra i due fu solo Mike a rispondermi, Bianca mugugnò qualcosa piano che non udii. Salii in camera mia e mi misi in intimo, faceva troppo caldo per dormire col pigiama, ma nel momento in cui mi misi a letto, qualcuno iniziò a gettare sassi sulla mia finestra.
Mi alzai e aprii la finestra, scoprendo che era Robert l'autore dei lanci.
< Oh, finalmente!
Risi e mi sporsi ancora di più.
< Cosa stai facendo? >
< Voglio dormire con te >
< Devi riposarti >
< Non sto pensando al sesso! > esclamò sbuffando < Ma voglio passare la notte con te. Mi fai salire? >
< Ce la fai ad arrampicarti? > domandai indicando la scaletta a staccionata.
< Se mi rompo l'osso del collo, darai tu spiegazioni ai miei genitori > ribatté mettendosi in moto.
< Ma se l'hai sempre fatto! > esclamai mentre l'aiutavo ad entrare.
< Ehm…tu dormirai così? > chiese indicandomi l'intimo.
< Sì. Qualche problema? >
< No, nessuno > rispose gettando la sua maglia a terra e pochi secondi dopo rimase in boxer, poi si sistemò sotto le coperte.
Mi rimisi a letto e mi accoccolai tra le sue braccia.
< Sogni d'oro >
< Anche a te, Mitchie >
Due ore. Avevo trascorso due ore per prepararmi per il ballo. Non l'avevo mai fatto in vita mia e di certo quella sarebbe stata l'ultima volta.
< Finalmente sei pronta! > esclamò Robert entrando in camera.
< Al mio matrimonio indosserò il pigiama, non mi truccherò, né mi pettinerò > dissi mentre mi guardavo allo specchio.
< Spero che tu ti diverta questa sera > disse abbracciandomi da dietro.
< Peccato che non sia tu il mio cavaliere. Non sai cosa ti perdi >
< Già… > disse sospirando < secondo me il punch di questa sera sarà buonissimo >
< Hey! > esclamai dandogli una pacca sulla spalla e lo guardai fingendomi offesa.
Mi prese il mento e mi baciò.
< Sei bellissima >
< L'avevo scelto pensando a te >
< Stai facendo di tutto per farmi sentire in colpa? >
< Ci sto riuscendo? >
< No >
Sbuffai e mi spruzzai un po' di profumo, mentre Robert mi metteva al collo una collana con un ciondolo di pietra acquamarina.
< E questo? > domandai sorridendo.
< È il mio modo per dirti che sarò con te, anche se non sarò con te >
Guardai la collana con attenzione, dopodiché saltai in braccio all'uomo che me l'aveva regalata.
< Grazie, grazie, grazie! L'adoro! > esclamai baciandolo.
< Sono davvero contento che ti piaccia. E spero di farmi perdonare con questo regalo per la mia assenza >
< Dovresti farti perdonare un po' più spesso > dissi ridendo.
Lo abbracciai e lo ringraziai un'ennesima volta, poi il campanello suonò e Robert scese ad aprire, mentre io indossavo gli orecchini che Hannah mi aveva spedito come regalo.
< Mitchie? Il tuo cavaliere è qui! > esclamò Robert.
< Scendo subito! >
< Wow…Michelle, sei favolosa > disse Jeremy non appena mi vide.
< Grazie, Jer. Ma anche tu non scherzi, stai davvero bene in smoking > risposi abbracciandolo < e grazie al cielo non indossi il cappello >
Il mio amico rise e mi strinse in un abbraccio strangolatore.
< Pronta, miss? >
< Certo! > replicai afferrandogli il braccio.
< Fermi dove siete > intervenne Robert prendendo la macchina fotografica dalla mia borsa.
< No, Rob! > piagnucolai.
< Smettila, è un ricordo >
Jeremy ed io ci mettemmo in posa e pochi secondi dopo un flash mi accecò.
< Allora buon viaggio > gli dissi abbracciandolo < ci vediamo presto >
< Prima di quanto tu possa immaginare > rispose e aggrottai le sopracciglia, confusa < hey, trattamela bene > continuò guardando Jeremy < e se vengo a sapere che ci hai provato con lei te le stacco quelle mani, va bene? >
< Come no! > replicò Jeremy sorridendogli < Buon viaggio >
< Fatti vivo quando atterri, mi raccomando. Rob? >
< Uhm? >
< Non tornarmi a casa con una modella argentina. Piuttosto spagnola. Ma argentina no, ti prego >
< Vedrò quello che posso fare > ribatté baciandomi la fronte e mi aggrappai a lui, abbracciandolo < ti amo > sussurrò al mio orecchio.
< Anche io >
< Jeremy? >
< Sì, Robert? >
< Tienimela lontana da quel James >
< Ora basta! > esclamai aprendo la porta < È tardi, vai! >
< Hai così fretta di mandarmi via? > replicò Robert assottigliando lo sguardo e quando vidi Emma sul vialetto di casa sua, la pregai di venirselo a prendere.
< Ma come sei bella! > esclamò abbracciandomi.
< Grazie > risposi ricambiando l'abbraccio < Emma, lui è il mio amico e cavaliere Jeremy. Jer, lei è Emma, la manager di Robert >
Dopo essersi presentati, Emma ci salutò nuovamente e trascinò Robert in macchina per raggiungere l'aeroporto, mentre Jeremy ed io ci sedemmo sulle poltrone sul portico di casa ad aspettare la limousine. Nel frattempo, Bianca e Mike tornarono a casa.
< Cosa ci fate qui? > domandò Bianca guardandoci.
< Stiamo aspettando la limousine per andare al ballo >
< E perché questo ragazzo è il tuo cavaliere e non Robert? > continuò con tono acido.
< Robert è partito per un servizio fotografico. Lui è il mio amico Jeremy. Ti ricordi di lui? Te l'ho presentato quell'unica volta che mi sei venuta a trovare in clinica > dissi usando lo stesso tono che aveva usato Bianca poco prima.
< Salve, signora Waldorf >
< Ciao > rispose guardinga.
Salutammo Mike e non appena arrivò la limousine trascinai Jeremy lì dentro.
< Mi dispiace per Bianca, lei odia tutto ciò che ha a che fare con il mio passato da drogata >
< Figurati >
Non appena tutte videro Jeremy e non Robert come cavaliere si meravigliarono, ciò nonostante trattarono il mio amico con i guanti. Megan prese la bottiglia di champagne e il suo accompagnatore, un ragazzo di nome Zac, distribuì ad ognuno di noi un bicchiere.
< Voglio fare un brindisi > disse Jenny alzando il suo bicchiere, l'unico con dentro del succo d'arancia < a questa serata che sarà bellissima e a tutti voi che siete qui, le persone a cui voglio più bene al mondo. Salute! >
< Io invece voglio fare un brindisi a tutte noi come augurio per una vittoria schiacciante per domani > intervenni alzando il bicchiere.
< Sì, anche io voglio farne uno! > esclamò Megan alzando il bicchiere < Spero che i nostri bellissimi accompagnatori non si offendano: il mio brindisi va a Michelle, che ha sostituito il suo Dio del sesso personale con questo bellissimo ragazzo. Jeremy, siamo felici di averti qui con noi questa sera. Salute! >
< Salute! > risposero le ragazze ridendo, mentre io ero diventata rossa come il vestito.
Jeremy mi guardò e si mise a ridere.
< C'è da dire, però, che è stato un bel brindisi > disse il mio amico portandomi il braccio intorno alle spalle < ma davvero Robert è un Dio del sesso? >
Strinsi gli occhi e mi sentii bruciare il viso ancora di più.
< Mi appello alla facoltà di non rispondere >
< Non ha negato! > esclamò Megan < Signori e signore, Michelle Waldorf ha finalmente ammesso quello che abbiamo aspettato da una vita di sentirci dire! >
< Evviva! > esclamarono le altre dandole corda.
< Vi detesto >
< Tu ci adori, non mentire > ribatté Mary sorridendo.
Arrossii ancora di più e mi nascosi dietro Jeremy, che continuava indisturbato a ridere come un matto.
< Sono simpatiche le tue amiche > mi disse facendomi l'occhiolino.
Una volta arrivati Jeremy mi precedette per scendere dalla limousine e mi aiutò dandomi la mano.
< Che cavaliere > dissi sorridendogli.
< Devo trattarti con i guanti, non voglio rischiare la vita >
< Robert dovrà passare sul mio cadavere prima di farti del male > ribattei facendogli l'occhiolino.
Esibimmo i nostri biglietti a Zaira, la presidentessa degli studenti della scuola, e quando entrammo dentro la palestra mi pietrificai: tutto era in stile Gossip Girl. Olivia, l'artefice, mandava messaggi a raffica sui telefonini che erano stati distribuiti all'entrata e si firmava addirittura Gossip O.
< Chi ha avuto questa idea ridicola? > domandò Jeremy quando il telefonino iniziò a vibrare.
< Olivia, ovviamente > risposi sbuffando < hey, siamo sul telefonino di tutti > continuai indicando il telefonino sul quale era arrivato un messaggio < avvistata: Michelle Waldorf arriva alla festa dei diplomanti con un accompagnatore diverso dal solito. Jeremy, il vecchio/nuovo arrivato. Tra persone con un passato alle spalle ci si intende per bene. Dobbiamo forse pensare che l'artefice del succhiotto della settimana scorsa sia suo e non di Robert Pattinson? M., cosa ci nascondi? A tra poco con un'altra vittima. Kiss kiss, Gossip O. >
< Quell'idiota proprio ti detesta, eh? >
< Il sentimento è reciproco. Mi inviti a ballare? > domandai sorridendogli e ci lanciammo in pista, mentre il deejay della serata aveva fatto partire Airplanes, di B.O.B. ed Hayley Williams.
Il deejay era veramente bravo, perché non si fossilizzava solo su un genere, ma variava: era passato da Lady Gaga ai Simple Plan nel giro di una canzone.
< E ora rallentiamo un po' il ritmo > disse il deejay facendo partire Always di Bon Jovi e subito dopo She will be loved dei Maroon Five.
< Senti, se mi avvicino un pochino il tuo Robert non mi uccide, vero? >
Risi.
< Sarà il nostro piccolo segreto > risposi appoggiando la testa sulla sua spalla < alla fine i nostri progetti si sono realizzati >
< Quali progetti? >
< Non ricordi? In clinica ci eravamo ripromessi di andare al ballo della scuola assieme >
< Ah, già, è vero! > esclamò facendomi fare una giravolta < Siamo stati bravi allora >
Continuammo a ballare un altro paio di canzoni finché, stanchi e assetati, non decidemmo di comune accordo di spostarci verso il tavolo dei drink per bere qualcosa, ma non appena arrivammo a destinazione Jeremy venne spinto con violenza.
< Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro l'altro giorno, non vogliamo eroinomani al ballo > disse Kyle mentre si avvicinava ancora a Jeremy e lo spinse una seconda volta.
< Kyle, piantala di fare l'idiota >
< Tu chiudi il becco, Waldorf >
< Altrimenti? > domandai parandomi tra lui e Jeremy.
< Non me ne frega un cazzo se sei una donna, mettiti di nuovo davanti a me e ti spacco quel bel faccino >
Dopo quella risposta Jeremy prese Kyle per il colletto e lo fece indietreggiare.
< Tu prova soltanto ad alzare un dito su di lei e te ne pentirai, sono stato chiaro? >
< Non provare a toccarmi, eroinomane di merda > ribatté Kyle e questa volta fu lui ad afferrare Jeremy per il colletto.
< Cosa sta succedendo qui? > domandò Rodriguez interrompendoci.
< Kyle, avanti! > intervenne James posando una mano sulla spalla dell'amico.
< Ti è andata bene, ma non finisce qui > ribatté Kyle mollando la presa di Jeremy, che indietreggiò.
Kyle si allontanò verso la pista e James alternò lo sguardo tra me e Jeremy.
< Mi dispiace per Kyle > disse James.
< Non preoccuparti > rispose Jeremy sistemandosi il colletto.
< Michelle, tu stai bene? > chiese guardandomi preoccupato.
< Sì, James, grazie > asserii sorridendogli.
< Posso parlarti un attimo? > domandò indicandomi l'uscita e annuii seguendolo < Perché non sei con il tuo fidanzato? > continuò non appena fummo fuori.
< Lui…lui è dovuto partire >
< E Jeremy è un altro tuo pretendente? >
< No, siamo solo amici >
< Perché quella sera alla festa mi hai baciato? >
< Io…non lo so. Quella sera ero confusa, avevo litigato con Robert e tu eri lì…e mi dispiace, so bene che non è una buona motivazione, eppure è tutto ciò che mi viene in mente >
< Credevo tu fossi diversa, ma mi sbagliavo. Sei come le altre. Non mi hai nemmeno detto che eri tornata inseme a Robert. Da dopo la festa mi hai semplicemente ignorato >
< Lo so > ribattei abbassando lo sguardo < mi dispiace >
< L'hai già detto > disse e ritornò alla festa senza dire altro.
< Stai bene? > domandò Jeremy venendomi vicino e mi posò sulle spalle la sua giacca.
< Ho ferito i sentimenti di una delle persone più buone di questo mondo >
< Mi dispiace >
< Sono davvero una persona orribile? >
< No, non lo sei. Sei umana. Ti propongo una cosa: sentiamo chi viene nominato re e regina e poi ce ne andiamo da qualche parte, ovunque vorrai >
< Ho voglia di mangiare un gelato da mangiare sulla spiaggia a piedi nudi >
< E così sarà >
Tese la mano, la afferrai e rientrammo giusto in tempo per vedere sul palco i candidati al titolo di re e regina.
< Il titolo di re di quest'anno del Santa Monica High School è James Paxton! > esclamò e James si avvicinò per prendere la corona, mentre uno scroscio di applausi era partito per lui < e ora il momento che tutte stavate aspettando. La regina del Santa Monica High School di quest'anno è…Olivia Taylor! >
Scontato. Era ovvio che vincesse lei. Vincono sempre le ragazze più oche.
< Grazie! > esclamò e si mise a piangere: patetica.
Dal momento che né il re né la regina si sopportavano, fu stabilito che ognuno dei due scegliesse una persona con cui ballare.
< La decisione per prima spetta alla regina > disse la preside porgendo il microfono a Olivia e quando fu il turno di James, mi stupì della sua risposta.
< Michelle Waldorf è ancora qui nella palestra? > domandò e poco dopo un riflettore si posò su di me, accecandomi, ma James mi sorrise < Almeno un ballo me lo devi >
Sorrisi annuendo e mi avvicinai alla pista, stessa cosa che fece James e quando mi fu davanti mi strinse tra le sue braccia per ballare mentre il deejay fece partire The only exception dei Paramore.
< Perché mi hai chiesto di ballare? > domandai mentre mi teneva stretta a sé.
< Voglio un tuo ultimo bel ricordo. Mi hai ferito, è vero, ma mi piaci davvero tanto, per cui voglio ricordarti come la ragazza che ha ballato con me il ballo ufficiale, non come la ragazza che mi ha spezzato il cuore >
“I've got a tight grip on reality, but I can't let go of what's in front of me here, I know you're leaving in the morning when you wake up. Leave me with some kind of proof it's not a dream, oh! You are the only exception, you are the only exception, you are the only exception, you are the only exception, you are the only exception”
La canzone, intanto, volgeva al termine, ma più questa si avvicinava alla fine, più James mi stringeva a sé.
“You are the only exception, you are the only exception, you are the only exception, you are the only exception. And I'm on my way to believing. Oh, and I'm on my way to believing”
A canzone ultimata James avvicinò il suo viso al mio, ma mi baciò sulla guancia.
< Grazie per il ballo > mi disse sorridendo e solo quando Jeremy mi fu accanto mi lasciò la mano e se ne andò.
< Questo a Robert non glielo diciamo >
< Forse è meglio di no > risposi sorridendo mentre guardavo James che nel frattempo era tornato dai suoi amici < ora andiamo? > chiesi allegra.
< Certo > rispose porgendomi il braccio e dopo aver salutato le Clovers Jeremy chiamò un taxi e raggiungemmo il mare < vuoi il frappè alla fragola o al cioccolato? > domandò quando uscì dalla gelateria.
< Cioccolato > risposi sorridendo.
< Mi sono divertito >
< Sì, anche io. A dire la verità ho temuto un po' per la tua incolumità quando è arrivato Kyle, ma per il resto ho passato una bella serata >
< Credi che non sia capace di tenere testa a quel pallone gonfiato? >
< Beh, lui è super pompato, tu hai meno muscoli > replicai appoggiando la testa sulla sua spalla.
< Non importa quanti muscoli ho, nessuno può minacciare la mia migliore amica >
Sorrisi e gli baciai la guancia.
< Cosa farai dopo il liceo? >
< Andrò a Yale. Ho sostenuto il colloquio l'altro giorno con il rettore e sono stato accettato alla facoltà di medicina >
Lo guardai con gli occhi sgranati.
< Scherzi? >
< Perché? >
< Anche io ho fatto domanda lì! Sto solo aspettando la loro risposta >
< Vedi? È destino il nostro > rispose ridendo e mi sedetti sulla sabbia, finalmente a piedi nudi.
< È così bello e calmo qui >
< È un paradiso. In clinica ho sofferto la mancanza del mare >
< Sì, ricordo bene. La spiaggia era vietata ai pazienti con le problematiche più gravi, la si poteva vedere solo da lontano. Anche io ho sofferto >
< Che poi non capisco…a me era vietato perché ero un eroinomane, ma tu non ti sei spinta fino a questo punto. Perché a te era vietata? >
0< Perché ero con un piede nella fossa > risposi mentre il rumore delle onde e le onde stesse mi stavano ipnotizzando < Jer? >
< Uhm? >
< Ora sei pulito, vero? >
< Sì, ho smesso con quella roba >
Chiusi gli occhi e mi appoggiai alla spalla del mio amico.
< Sono tanto stanca >
< Torniamo a casa > disse alzandosi in piedi e mi aiutò a fare lo stesso.
Chiamò un taxi e in men che non si dica arrivammo davanti a casa mia.
< Ti aspetto domani alla partita. Inizia alle tre >
< Non mancherò. Forza Clovers > replicò baciandomi la guancia < e grazie per la splendida serata >
Gli sorrisi e quando rientrai in casa mi chiusi dentro, arrivai fino alla mia camera e mi tolsi il vestito. Presi il cellulare e ascoltai il messaggio in segreteria che mi aveva lasciato Robert.
< Sono appena atterrato. Sai, dovrei sfruttare più spesso i jet privati e prima o poi dovrò portartici. Ad ogni modo sono arrivato e sto bene. Tu ti stai divertendo? Spero proprio di sì. Dì al tuo amico di tenere le manine a posto o saranno guai. Chiamami domani mattina. Ti amo, buonanotte…oh, e in bocca al lupo per la partita! Domani te lo ripeterò. Emma ti saluta. Forza Clovers! >
Sorrisi e dopo aver spento il telefonino mi misi a letto, preparandomi psicologicamente per la partita finale del campionato di pallavolo.
Dopo un gran ritardo, eccomi qua più fresca che mai!
Ciò nonostante è mezzanotte e mezza per tutti e sono abbastanza stanca, oggi lavorare mi ha stancata .__.
Vi ringrazio perché mi seguite e spero che questo capitolo vi piaccia. Voglio precisare una cosa, se ve lo state chiedendo: James è cotto di Michelle, ormai l'avete capito, ma non si metterà in mezzo a lei e Robert e lo stesso vale per Jeremy.
Buon proseguimento di quello che farete :)
la vostra Giulls
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Capitolo 32 *** La partita di pallavolo ***
La partita di pallavolo
La mattina seguente mi svegliai più stanca che mai. Ero convinta di svegliarmi agitata per la partita che si sarebbe tenuta più tardi, non di certo semplicemente stanca. Accesi svogliatamente il telefono e non feci nemmeno in tempo a posarlo sul letto che prese a suonare.
< Chi è che rompe le scatole a quest'ora? > domandai sbadigliando dopo aver risposto alla telefonata.
< Anche io sono felice di sentirti! >
< Buongiorno. Cosa vuoi? >
< Sapere come stava la mia ragazza preferita >
< Sono stanca e non ho voglia di alzarmi dal letto per andare a scuola >
< Coraggio, pigrona! > esclamò Jeremy ridendo < Sono sotto casa tua, mi verresti ad aprire? >
< Cosa ci guadagno? > chiesi sorridendo mentre mi stiracchiavo.
< Ho con me caffè e ciambelle >
< Arrivo! >
Spinsi il tasto rosso e dopo essermi avvolta nella vestaglia scesi di sotto e aprii la porta al mio amico.
< Sei spaventosa di prima mattina > disse baciandomi la guancia ed entrò in casa.
< Buongiorno anche a te > replicai chiudendo la porta.
< Ho portato solo la colazione per me e te, spero che tua madre non si offenda >
< Tranquillo, credo sia a casa del suo fidanzato >
Andammo a sederci in cucina e dopo aver fatto colazione andai a prendere dalla lavanderia la divisa da pallavolo.
< Forza, che facciamo tardi >
< Jeremia, mi porti tu a scuola? > domandai guardandolo con un sorriso a trentadue denti.
< Solo se la smetti di chiamarmi così. Lo odio >
Risi e salii le scale, mi cambiai e quando fui pronta scesi di sotto, assolutamente impreparata alla faticaccia che le ragazze ed io avremmo dovuto affrontare oggi: era la prima volta che la squadra di pallavolo arrivava a giocare la finale del campionato, quindi il coach era andato su di giri e di conseguenza aveva chiesto alla preside di poterci allenare già dalla mattina. Quello che non capivo era come non riuscisse a capire che se ci fossimo allenate dalla mattina sicuramente saremmo morte prima della partita. Avevamo tentato di dirglielo, ma lui aveva liquidato il discorso dicendo che saremmo andate alla grande.
< Okay, sono pronta > dissi presentandomi davanti a lui e da bravo gentiluomo mi prese il borsone e ci accomodammo in macchina, chiacchierammo del più e del meno durante il tragitto e nel momento in cui Jeremy parcheggiò presi il borsone e schizzai verso la palestra.
< Buongiorno capo! > esclamò Megan venendomi incontro < E se te lo stai chiedendo sì, al momento siamo solo noi due. Nemmeno il coach si è presentato >
< Bene > replicai stendendomi sui tappetini e Megan mi imitò.
< Come stai? >
< Sto da schifo >
< Come mai? > domandò girandosi sul fianco per guardarmi e lasciai uscire dalla bocca un sonoro sbuffo.
< Sono agitata per la partita, sono agitata per gli esami, sto aspettando con impazienza una risposta dai college, il comportamento di Bianca inizia a darmi sui nervi e come se non bastasse sapere che non vedrò Robert prima di chissà quanto mi manda in bestia >
< Credevo fossi contenta saperlo a Londra con i suoi amici >
< E lo sono, davvero, ma mi manca >
< Ti ricordo che è passata solo una notte dall'ultima volta che l'hai visto >
Risi e la guardai.
< Allora mi mancherà >
< In queste due settimane faremo di tutto per non farti sentire la sua mancanza. Perché non andiamo a Disneyworld in Colorado? >
< Non sono mai stata in Colorado > replicai sorridendo.
< E con Bianca come va? >
< Da quando ho riallacciato i contatti con mio padre, lei non ne vuole più sapere di me. Non sopporto più questa situazione >
< Mi dispiace > disse la mia amica posando una mano sulla mia e in quel momento il coach entrò in palestra.
< Beh, siete solo voi due? >
< A quanto pare > ribattemmo Megan ed io.
Il coach ci raggiunse sui tappetini e incominciammo a chiacchierare tutti e tre del più e del meno mentre attendevamo le altre ragazze.
< Scusi il ritardo, coach > dissero le ragazze non appena arrivarono.
< Bene, ora che siete tutte qui voglio dirvi due cose. La prima è che ci aspetta una partita importante oggi e per molte di voi sarà l'ultima partita. Impegnatevi, ma come sempre cercate di divertirvi. Mentre la seconda è questa. Oggi voglio fare con voi un allenamento alternativo, quindi andiamo ad allenarci al mare >
< Sì! > esclamammo in coro e iniziammo ad applaudire.
< Andate al furgoncino, io vi raggiungo subito >
Eravamo tutte eccitate per il nostro allenamento: avremmo trascorso la mattinata al mare, posto che adoravamo, e non rinchiuse in quattro mura. Eppure il nostro eccitamento iniziale durò poco, perché ben presto di rendemmo conto che allenarsi al mare era venti volte più faticoso che in una palestra.
< Forza, Michelle, velocizzati negli scatti! > esclamò il coach vendendomi vicino < Megan, alza quelle ginocchia! >
< Basta, non ce la faccio più! > esclamai ad un certo punto e mi stesi a peso morto sulla sabbia < Coach, la prego, ci conceda qualche minuto di pausa >
< Cinque minuti, poi disponetevi in cerchio per fare qualche palleggio >
< Solo cinque? > ribatté Sarah con un tono disperato, lo stesso tono che avrei usato anche io se fossi stata in grado di emettere alcun suono.
< Coraggio, pigrone! > esclamò il coach prendendo un pallone dalla sacca < Ma cosa vi è successo? Siete diventate molto più pantofolaie >
< È un sintomo post studio per il test finale >
< Rimpiango l'interrogazione di Simpson > disse Mary mentre si sedeva sulla sabbia.
< A chi lo dici, sorella > replicai ansimando.
< Forza, ragazze, un ultimo sforzo e poi vi porto a pranzare in un bel posto >
< Non abbiamo i soldi dietro >
< Ho già parlato con la preside, offre la scuola >
< Mitico! > esclamò Vanessa mimando Homer Simpson.
< Ma ora finiamo gli allenamenti. Per le due dobbiamo essere in palestra >
< Ma alle tre inizia la partita >
< Non vorrà farci allenare ancora, vero? >
< Solo qualche battuta, nient'altro >
< Ma che ha, vuole farci morire? > domandai piano rivolta a Sarah.
< Ti ho sentita, Michelle! > ribatté lanciandomi un'occhiataccia.
Altri quaranta minuti dopo avevamo finito di fare i palleggi e anche la partita a beach volley.
< Coach, dove andiamo a mangiare? > domandò Amanda.
< Vi porto a mangiare il pesce da Warmie's >
< Scherza?! > ribatté Charlotte.
< Affatto >
< Grande! >
Warmie's era rinomato per il super piatto di Gill, che comprendeva pesce fritto, spiedini, antipasti e quant'altro. Tutte noi, infatti, eravamo entusiaste di andare lì solo per mangiare quella pietanza, ma rimanemmo fregate: il nostro pranzo, che il coach aveva scelto per noi, consisteva in un piatto di insalata e un filetto di merluzzo. Storcemmo tutte il naso ma mangiammo senza dire niente e alle due in punto eravamo di nuovo nella palestra della scuola.
Il coach ci fece dare una rinfrescata e ad un certo punto ci chiese se potesse entrare un attimo dentro il nostro spogliatoio.
< Ragazze, comunque vada oggi, voglio dirvi quanto sono orgoglioso di voi. Questa è la prima volta che la nostra scuola arriva in finale, quindi per noi è già una vittoria. Date il massimo, come sempre, ma allo stesso tempo divertitevi >
< Go Clovers! > esclamò Megan battendo i piedi per terra e tutte noi la seguimmo nel nostro gesto scaramantico.
Subito dopo uscimmo a fare qualche battuta per riscaldarci, stessa cosa che fecero le nostre avversarie e mentre eravamo impegnate con i nostri tiri, vari palloni lanciati dalle nostre avversarie, le Jellies, finirono addosso a me e a Megan.
< Oh, questa me la pagano! > esclamò quest'ultima, ma la bloccai prima che iniziasse a lanciare la palla.
< Vuoi venire squalificata prima ancora di giocare? Lasciale perdere > l'ammonii lanciando un'occhiata alle ragazze avversarie, le quali stavano ridendo.
< Va bene, le disintegrerò dopo o durante la partita. Probabilmente la palla durante una mia mega schiacciata colpirà in pieno il loro viso >
Risi e mi concentrai di nuovo sui tiri liberi, finché l'arbitro non chiamò me e il capitano dell'altra squadra, una certa Mildred. Al testa o croce vinsero la palla le nostre avversarie e non appena lanciarono la palla, noi ragazze ci coordinammo nei movimenti per rispondere all'attacco.
< Mia! > esclamò Hilary prendendo di bager la palla < Sarah! > continuò indirizzando la palla a Sarah, la quale la indirizzò a Megan e questa schiacciò, facendoci fare punto.
< Sì! > esclamò Megan e corremmo ad abbracciarla.
Poi fu il turno di Kate di lanciare la palla, ma usò talmente tanta forza che la palla andò fuori campo.
< Mi dispiace > ci disse dispiaciuta, ma tutte noi le dicemmo di non preoccuparsi, dopotutto poteva capitare a chiunque.
Le Jellies erano davvero toste, ancora di più delle Toros. Sembravano delle macchine da guerra, erano terrificanti. Sì, terrificanti era il termine più adatto. Addirittura quando arrivò il mio momento di alzare la palla avevo il timore di ricevere una pallonata in faccia.
< Lei è la tipa che sta con Robert Pattinson > sentii dire dall'alzatrice dell'altra squadra alla sua compagna.
< Beh, non è poi così bella > replicò la ragazza ridendo mentre mi guardava < e poi è anche piatta >
Ora ero davvero incazzata. E poi cosa voleva lei? Lei aveva una quinta rifatta, io una terza scarsa, ma almeno era tutto naturale. Oh, sì, le avrei distrutte. La palla finalmente venne lanciata e quando arrivò nel nostro campo Hilary la intercettò, l'alzò verso di me ed io a mia volta l'alzai per Sarah, che schiacciò talmente bene da fare punto e da colpire il fianco della ragazza rifatta.
< Mitica Sarah! > esclamai abbracciandola.
< Nessuno può insultare la mia amica > replicò facendomi l'occhiolino.
< Tempo! > disse il coach all'arbitro e questo ci concesse qualche minuto di pausa < Allora, ragazze, state andando bene. Loro hanno qualche punto in più, ma niente di preoccupante. Michelle, gran bella alzata, complimenti >
< Grazie, coach > risposi ansante.
< Sarah, hai fatto una bella schiacciata, ma non ti provare più a indirizzare la palla volontariamente addosso ad una delle ragazze >
< Coach, non l'ho fatto apposta! > ribatté.
< Bugiarda, sai benissimo che invece è così > disse ridendo e scuotendo la testa < ma non fare più cazzate, non voglio che ci rimetti la squadra >
< Sì, coach >
< Mary, preparati, al cambio scendi e subentra Liz >
< Sì, coach > rispose la mia amica sorridendo a Elizabeth, denominata Liz, il nostro ultimo acquisto.
< Bene, ora tornate in campo >
Eseguimmo l'ordine del coach e dopo aver salutato con la mano Jenny, Walter e Jeremy ricominciammo la partita. Le Jellies sembravano più combattive che mai e fecero tanti di quei punti che il primo game si concluse con una loro vittoria schiacciante: venticinque a tredici.
< Ragazze, dobbiamo reagire! > esclamai tentando di incitare le mie amiche, ma Megan mi lanciò un'occhiataccia.
< Capo, stiamo facendo del nostro meglio > rispose acida.
< E allora dobbiamo sforzarci di fare ancora di più. Non possiamo abbatterci così! >
< Ma le hai viste? > si intromise Vanessa < Sono dei mostri! >
Cos'era, un ammutinamento nei miei confronti?
< Sono forti, è vero, ma non sono invincibili >
< Sono le campionesse in carica da cinque anni > continuò Megan bevendo dalla sua bottiglia d'acqua < quelle ci distruggono >
Mi attaccai alla mia bottiglia d'acqua e contai fino a dieci prima di risponderle, ma non servì a niente.
< Vaffanculo, Megan > ribattei mentre posavo la bottiglia < se devi continuare con questo fottutissimo spirito, resta in panchina >
Mi asciugai il sudore con l'asciugamano e rientrai in campo mentre tutte le altre, compreso il coach, mi guardavano con gli occhi a palla e Megan mi gettò uno sguardo di fuoco. Odiava quando mi comportavo così con lei, mentre io odiavo quando lasciava andare la sua indole negativa.
Riprendemmo la partita, ma non c'era più l'affiatamento di prima e si vedeva. Ogni volta che ci cadeva una palla ci lanciavamo delle occhiate che parevano insulti e nessuna di noi esultava più quando segnavamo. Solo Liz tentava di risollevare il morale della squadra, ma invano.
Era finalmente arrivato il mio turno a battere e riuscii a fare quattro punti solo battendo, facendo così vincere alla mia squadra il secondo game.
< Ragazze, cosa diavolo vi è preso? > sbraitò il coach guardandoci < Cosa è successo al vostro affiatamento? >
< Lo chieda alla Waldorf, coach > rispose Megan lanciandomi un'occhiata gelida < lei è così brava a sputare sentenze >
< Ti prego, Megan, lascia stare. Sei ridicola >
< Beh, almeno ringrazia che non mando a quel paese la gente a gratis >
< Smettetela! > esclamò Liz < Ma lo vedete quanto siete ridicole? Voi due con il vostro comportamento avete sconvolto tutte noi >
< Novellina, stanne fuori > ribatté Megan.
< Non chiamarmi così > ribatté Liz guardandola minacciosamente.
< Altrimenti? >
< Basta! > tuonò il coach < Ora dateci un taglio, tutte voi! Mi sono stufato. Questa è la vostra ultima partita e voi vi comportate così?! Megan, Michelle, voi due scendete immediatamente dal campo. Claire, Suzanne, entrate voi al loro posto >
< Ma…coach! > obiettammo in coro.
< Niente ma! > ribatté visibilmente incazzato < Vedete di chiarirvi e di farvi passare questa incavolatura, altrimenti resterete in panchina per il resto della partita >
Senza poter obiettare oltre Megan ed io ci sedemmo in panchina, mentre Claire e Suzanne prendevano il nostro posto.
< È tutta colpa tua > mi disse Megan imbronciata.
< Mia? Sei tu quella che stava afflosciando il morale della squadra >
< Ancora litigate? > intervenne Audrina, altro nuovo acquisto e studentessa del secondo anno < È colpa di entrambe. Non so cosa diavolo tu abbia fatto, Michelle, per essere così incazzata, ma vedi di fartelo passare. E tu > continuò rivolta a Megan < smettila di essere così permalosa. E Michelle a fatto bene a riprenderti, il tuo pessimismo non stava aiutando nessuno! > esclamò e si sedette sbuffando.
< Credo che abbia ragione > dissi guardando Megan.
< Togli il credo > replicò Audrina.
< Ci lasceresti un po' di privacy? > replicammo Megan ed io in coro.
< Okay, okay! > disse e se ne andò.
< Meg, io ti voglio bene e lo sai. Mi dispiace per averti risposto così, ma mi avevi fatto girare le scatole >
< Dispiace anche a me > disse sorridendo e ci abbracciammo.
< Vedo un abbraccio > intervenne il coach vendendoci incontro < vi siete riappacificate? >
< Sì, coach > rispondemmo sorridendo.
< Grazie al cielo. Tornate subito in campo. Arbitro, cambio! > esclamò e in men che non si dica ci riappropriammo dei nostri ruoli.
Purtroppo la partita non si concluse a nostro favore, infatti perdemmo per due punti, ma a me andava bene così: eravamo arrivate in finale e questa era già una vittoria per noi.
Nonostante la vittoria delle altre, non appena la partita terminò ci riunimmo in un abbraccio stritolatore e il coach poco dopo si unì a noi, prima di dirci di andare a salutare le nostre avversarie.
< Ma ci credete, questa è l'ultima volta che metteremo piede qui dentro! > esclamò Vanessa commossa < Abbiamo trascorso quattro anni splendidi qui ed ora è finito tutto >
< Qui ci vuole una foto nello spogliatoio come ricordo > disse Liz ridendo < una tutta insieme e una solo di voi vecchie >
< Bada a come parli, ragazzina! > esclamai ridendo e tutte le altre mi seguirono a ruota.
Scattammo queste due foto e dopo esserci fatte una doccia, piano piano uscimmo dagli spogliatoi.
< Ci vediamo più tardi > disse Sarah sorridendoci: avevamo perso, ma nessuna di noi voleva rinunciare alla pizza del dopo partita, nemmeno il coach, per cui ci eravamo dati appuntamento al Autumn, la pizzeria del padre di Audrina.
< A dopo! > ribatté Hannah sorridendo.
< Jeremy, Walter e Jenny ci saranno? > domandò Audrina guardandomi.
< Sì > risposi.
< Perfetto, allora conteggio anche loro per il tavolo. A più tardi! >
< Liz? > chiamai la ragazza dai capelli rossi per bloccarla < Puoi fermarti qui? Ho bisogno di parlarti un attimo >
Liz sospirò e si chiuse la porta dello spogliatoio allo spalle.
< So già quello che mi vuoi dire e mi dispiace, non dovevo perdere le staffe così >
< Al contrario, voglio farti i complimenti > risposi sorridendole e lei sgranò gli occhi, mentre si passava le mani sulla maglia a mezza manica di Star Wars < ti ho osservata parecchio ultimamente. Nonostante tu sia proprio l'ultima arrivata, ti sei fatta valere. Sei brava, ti impegni e se c'è da sgridare non ti tiri di certo indietro. Sei un po' come me >
Le sorrisi e la invitai a sedersi sulla panchina di fronte a me.
< Sta per arrivare il ma? >
< Affatto > replicai sorridendole < dopo averti osservata a lungo, ho parlato anche con il coach e anche lui è giunto alla mia stessa conclusione >
< E cioè? Non tenermi sulle spine! >
Risi e scossi la testa, ma in quel momento entrò il coach nello spogliatoio.
< Voi due cosa ci fate qui? > domandò sorridendoci e gli sorrisi complice < Le hai già dato la buona notizia? >
< Non ancora >
< Quale notizia? >
< Liz > la chiamai prendendole le mani < ho il piacere di nominarti nuovo capitano delle Clovers >
< Stai scherzando? > rispose con gli occhi fuori dalle orbita e negai con la testa senza smettere di sorridere < È fantastico! > esclamò abbracciandomi e fece lo stesso anche con il coach < Grazie, grazie, grazie! Ma perché proprio io? >
< Sei l'unica a tener testa a Michelle > rispose il coach ridendo e lo guardai sgranando la bocca < Liz, sei brava e dai sempre il cento per cento >
< Sei una mini me >
< Non esagerare > ribatté il coach posando una mano sulla spalla.
< Non so nemmeno cosa dire, grazie! > esclamò abbracciandoci ancora < Ci vediamo questa sera! >
< Michelle, è ora che vada anche tu. Devo chiudere >
< Vuole una mano? >
< Non preoccuparti > ribatté sorridendo e, presa da chissà quale slancio, lo abbracciai.
< Coach, la ringrazio per tutto >
< Non ringraziarmi di niente, tutto quello che ho fatto l'ho fatto perché te lo meritavi. E spero che tu abbia capito perché sono sempre stato più duro con te >
< Assolutamente > replicai sorridendo e cercai di non mettermi a piangere.
Mi posò di nuovo la mano sulla spalla e mi sorrise.
< Ci vediamo questa sera >
< A dopo! > esclamai uscendo dallo spogliatoio e quando vidi Jeremy mi catapultai tra le sue braccia.
< Michelle, non importa l'esito della partita. Tu sei stata fenomenale >
< Non è vero > replicai imbronciandomi < ad un certo punto ho mollato >
Ma Jeremy scosse la testa e mi baciò la fronte.
< Mi ha chiamato Robert > mi disse dopo aver preso la borsa con una mano e avermi circondato le spalle con il braccio libero < Mi ha detto di dirti di chiamarlo >
Sorrisi ed estrassi dalla tasca dei pantaloni il telefonino, componendo in fretta e furia il suo numero.
< Pronto? >
< Rob >
< Mitchie, tesoro! > esclamò.
< Come stai? Com'è l'Argentina? >
< È molto bella, ma non capisco niente di quello che mi viene detto. Grazie al cielo ho Emma, che conosce quasi tutte le lingue del mondo > rispose ridendo < tu come stai? >
< Ho appena consegnato il mio scettro del potere a Liz >
< Come ti sei sentita? >
< Onestamente? Mi sento uno schifo. È diventato tutto reale ora, sono ufficialmente una ex Clovers >
< La partita come è andata? >
< Non abbiamo vinto, ma va bene così. Siamo arrivate in finale ed è già una vittoria >
< Le avversarie com'erano? >
< Odiose e forti. Mi hanno anche preso in giro > dissi imbronciandomi.
< Perché? >
< Perché mi hanno detto che sono brutta e mi hanno dato della ragazza piatta >
Sentii la risata cristallina di Robert dall'altro capo del telefono e chiusi gli occhi, immaginandomelo sorridere. Dio, come mi mancava la sua risata.
< Mitchie, tu sei bellissima e a me il tuo seno va bene così. Non serve un seno grande per divertirsi > disse e arrossii violentemente.
< Mi manchi, Rob > replicai appiattendomi di più sul sedile della macchina.
< Anche tu, Mitchie. E non hai idea di quanto mi dispiaccia essere lontano da te in questi giorni. Volevo essere lì per te a fare il tifo oggi, vorrei essere lì per te una volta fatto il test finale, vorrei essere lì alla consegna dei diplomi e vorrei essere stato io il tuo cavaliere al ballo, così avrei spaccato la faccia a quel James >
< Cosa? >
< Jeremy me l'ha detto > rispose Robert e lanciai un'occhiataccia al mio ormai ex migliore amico.
< Michelle, mi ha praticamente minacciato > ribatté Jeremy scusandosi.
< Femminuccia > replicai sbuffando < sei arrabbiato? >
< No. Tu sei anche troppo buona >
Risi e guardai fuori dal finestrino.
< Sono arrivata a casa >
< Sì, ora devo andare anche io. Ci sentiamo presto >
< Ciao, Rob > dissi e spinsi il tasto rosso, poi sospirai.
< Se avessi abbastanza soldi ti comprerei un biglietto per Buenos Aires >
Guardai il mio amico e allungai una mano sulla sua.
< Apprezzo il gesto, Jer >
Gli baciai la guancia e rientrai in casa, buttandomi a peso morto sul divano. La coscienza mi diceva di studiare, eppure le mie mani presero il sopravvento e aprirono la tasca della borsa, dalla quale estrassi il mio mp3 e ascoltai un po' di musica, lessi il messaggio di Sarah, che mi informava del cambio di data per la cena della pallavolo, che infatti si sarebbe tenuta domani e non più oggi, e mi addormentai qualche minuto dopo.
< Forza, alzati, è tardi > mi disse bruscamente Bianca mentre si sistemava il vestito elegante che stava indossando.
< Perché mai? >
< Vai di sopra a prepararti, tra mezz'ora si esce >
< Pronto?! > sbottai irritata < Mi dici dove vuoi trascinarmi? >
< Questa sera inauguro il mio nuovo negozio a Beverly Hills e ci sarà una festa. Il tuo vestito è di sopra, indossalo e poi andiamo >
< E non può accompagnarti Mike? >
< No, tu > ribatté secca.
< Io non voglio venire >
< Tu vieni, non accetto un no come risposta >
< Mi dispiace, abituatici. Io questa sera non verrò >
< Michelle, non sono in vena di scherzare. Tu verrai >
< No, invece >
< Sì, invece >
< Perché? >
< Perché io ho deciso così! > urlò e per la prima volta non ribattei.
La guardai senza battere ciglio e salii di sopra, trovando steso sul letto un vestito davvero fantastico: più o meno doveva essere lungo fino alle ginocchia ed era color panna, aveva lo scollo a cuore e le bretelle erano spesse. La gonna era composta da tre balze a palloncino che davano un effetto arricciato e il tutto era contornato da una cintura da indossare attorno alla vita, marrone. Ai piedi del letto Bianca aveva appoggiato un paio di scarpe col tacco del medesimo colore del vestito, aperte davanti e con vari ghirigori ai lati ed erano alte, per cui avevano una specie di risvolto. Oltre al vestito sul letto c'erano una pochette che ricordava i precedenti colori e sul vestito una collana con un ciondolo a forma di busta da lettera. Osservai l'abito estasiata: era veramente bello e quando vidi dall'etichetta che era un abito della linea di Bianca mi meravigliai ancora di più.
Feci una doccia veloce, asciugai i capelli con la piastra apposita per i boccoli e andai a vestirmi, scendendo di sotto nemmeno dopo venti minuti.
< È un tuo modello > le dissi quando la raggiunsi.
< Non è una domanda la tua >
< Infatti > replicai incrociando le braccia al petto < è bellissimo >
< Sì, ti sta d'incanto > ribatté guardandomi negli occhi e mi parve di scorgervi un velo di tristezza < vogliamo andare? Non voglio fare tardi >
< Okay > replicai infilando il cellulare e le chiavi di casa dentro la pochette e quando uscii di casa trovai una limousine ferma davanti al vialetto.
Bianca mi passò davanti senza dire una parola e l'autista, che disse di chiamarsi Gustav, ci aprì la portiera e ci fece accomodare dentro.
< Vuoi qualcosa da bere? > domandò Bianca versandosi del vino nel bicchiere.
< No > replicai guardandola < Mike verrà? >
< No >
< Perché no? >
< Perché non è a Los Angeles >
< È per quello che hai vuoi me questa sera? > le domandai, ma non ricevetti risposta e lei non parlò fino a che non arrivammo a destinazione.
< Signore, siamo arrivati > ci disse Gustav dopo averci aperto la portiera e ci porse la mano per aiutarci a scendere dall'automobile.
Rimasi interdetta quando vidi migliaia di flash accecarmi e mi catapultai subito dentro il locale, mentre Bianca non faceva altro che pavoneggiarsi davanti a tutti quei fotografi e ad un certo punto mi venne a prendere e mi portò in mezzo a quei pescecani.
< Signorina Waldorf! Signorina Waldorf! > esclamò un giornalista sbracciandosi < Cosa ne pensa della nuova linea di sua madre? È adatta a dei teenager? >
< Signorina Waldorf! > esclamò un'altra voce < Anche lei si dedicherà alla moda? >
< Signorina Waldorf! Sta indossando un capo di sua madre? >
< Signorina Waldorf! Dov'è il suo fidanzato, Robert Pattinson? Perché non è con lei? >
< Purtroppo Rob non è a Los Angeles > ribatté Bianca abbracciandomi per la vita e la guardai stranita: da quando in qua lo chiamava Rob? < ma avremmo tanto voluto averlo con noi questa sera. Ma di certo non mancherà la prossima volta >
E in quel momento capii tutto: velo di tristezza sto cazzo, la sua era una fottutissima scena per farsi ancora più pubblicità e cosa c'era di meglio che sfruttare quel briciolo non voluto di popolarità della figlia per apparire in più riviste? Serrai la mascella per evitare di sputarle addosso tutto il mio risentimento, ma allontanai bruscamente il suo braccio dalla mia vita ed entrai dentro al locale, ignorando i richiami dei giornalisti.
Ero furibonda. Come aveva potuto sfruttarmi così? Certo, non c'era il suo famoso produttore musicale da strapazzo a farle pubblicità, perché non sfruttare la propria figlia?
Presi un bicchiere di champagne che dei camerieri stavano servendo e lo bevvi tutto d'un sorso e ripetei il gesto con un secondo bicchiere che mi era stavo offerto, così come per il terzo.
Pochi minuti molti invitati entrarono dentro l'atelier, tra cui Scarlett Johansson, Olivia Wilde e Jessica Biel, e Bianca si pavoneggiava e si comportava da stupida viziata.
Mi rinchiusi in bagno ed estrassi il telefonino dalla pochette, composi il numero di Jeremy e lo chiamai.
< Pronto? > disse rispondendo al terzo squillo.
< Se davvero mi vuoi bene come dici, vienimi a prendere >
< Dove sei? > domandò.
< All'inaugurazione del nuovo atelier di Bianca a Beverly Hills >
< Sì, ho capito. Arrivo subito >
< Grazie > risposi sollevata e ritornai in sala.
< Tesoro! > esclamò Bianca afferrandomi le spalle < Guarda chi c'è! È una tua amica, giusto? > continuò posizionandomi davanti a niente popò di meno che Kristen Stewart.
< Cosa ci fai tu qui? > chiesi guardandola in cagnesco.
< Io…non sapevo che fosse tua madre >
< Ma certo, Waldorf è un cognome così comune! > ribattei acida < Comunque, ora lo sai. Ma accomodati, resta qui e chiacchierate quanto ti pare. Tra stronze doppiogiochiste ci si intende alla perfezione > ribattei lasciandole entrambe da sole e attesi impazientemente che il mio amico venisse a prendermi con l'armatura e il cavallo bianco e mi portasse via da quel terribile posto.
< Signorina, gradisce? > domandò il cameriere porgendomi un calice di champagne, ma anziché prendere il bicchiere presi direttamente la bottiglia e lo ringraziai.
Mi allontanai dalla folla e mi attaccai al collo della bottiglia, bevendo il liquido all'interno praticamente d'un fiato. C'erano un paio di fotografi che mi stavano fotografando, ma non me ne importava un'accidente.
La testa cominciava a girarmi, ma me ne infischiai e dopo aver svuotato la prima bottiglia ne presi un'altra da una cameriera e ignorai i continui richiami di Bianca.
< Michelle? > mi chiamò Jeremy ad un certo punto e quando mi voltai me lo trovai proprio di fronte a me.
< Jeremia! > esclamai allegra buttandogli le braccia al collo < Oh, Jeremia! Ma come sono felice di vederti! Sono talmente felice di vederti che il cuore potrebbe scoppiarmi da tutta la felicità che sto provando in questo momento! > trillai attaccandomi per l'ennesima volta alla bottiglia < E tu sei felice di vedermi felice? >
< Sei ubriaca? >
< No che non lo sono! > ribattei sghignazzando e iniziai a camminare spedita, ma inciampai sui miei stessi piedi e il mio amico mi afferrò prima che potessi spiaccicarmi a terra < Jeremia, ma per fortuna che c'eri tu! Il mio amico mi ha salvato la vita! > urlai ridendo.
Jeremy mi guardò truce mentre mi faceva tornare in posizione eretta ed io risposi scoppiandogli a ridere in faccia ancora una volta.
< Forza, a casa adesso > disse afferrandomi il polso.
< No! > esclamai liberandomi dalla sua presa in malo modo e caddi indietro sul divanetto, gesto che mi fece ridere ancora più sguaiatamente.
< Cosa diavolo sta succedendo qui? > tuonò Bianca avvicinandosi a noi due, ma quando la vidi scoppiai a riderle in faccia.
< Jeremia è venuto a festeggiare! Non sei contenta? > le dissi ridendo.
< Signora Waldorf, ora ce ne andiamo > ribatté Jeremy mentre mi faceva alzare una seconda volta e mi circondò la vita col braccio.
< Ma io voglio festeggiare! > esclamai alzando le braccia < Jeremia, quella è mia! > continuai contrariata quando mi sfilò la bottiglia di mano e tentai in tutti i modi di riprenderla, fallendo miseramente.
< Tu hai finito di bere >
< Portala immediatamente a casa! > urlò Bianca paonazza in viso.
< Esatto, Jeremia, portami via, lontana da questo posto pieno di sfigati! > dissi urlando e risi quando vidi la faccia isterica di Bianca.
Jeremy aumentò i passi e per un paio mi sbilanciai rischiando di cadere a terra, ma entrambe le volte mi sorresse, evitando di farmi spiaccicare a terra. Non appena uscimmo dall'atelier venni accecata da un sacco di flash e gemetti infastidita mentre cercavo di coprirmi gli occhi.
< Dannazione! > imprecò il mio amico accelerando il passo, ma io non riuscivo a stargli dietro < Forza, Michelle, muoviti! > esclamò aprendo con il telecomando le portiere della sua Mercedes e mi fece sedere dentro, mi mise la cintura e dopo essersi seduto al posto del guidatore partì.
< Hai visto quanta gente? A Bianca le verrà un colpo! E ora dove andiamo? >
< Ti porto a prendere una boccata d'aria > ribatté senza smettere di guardare la strada < e non ti azzardare a vomitare qui dentro >
< Signor sì signor capitano! > esclamai attaccando a ridere < Hai da bere qualcosa? >
< Tu non berrai più niente, sono stato chiaro? > dichiarò e sbuffai contrariata.
< Sei palloso. Dov'è finito il mio amico divertente? > brontolai.
< È impegnato a fare da padre, non so se te ne sei resa conto >
Mi accasciai sul sedile e guardai il paesaggio fuori dal finestrino, finché un gemito di dolore non fece voltare il mio amico verso di me.
< Jeremy, accosta > gli dissi ad un certo punto e non se lo fece ripetere due volte: mi slacciai la cintura, aprii la portiera e quando uscii dalla macchina mi piegai in due e vomitai. Jeremy immediatamente si inginocchiò al mio fianco e mi tenne i capelli.
< Stai meglio, Mitchie? > domandò premurosamente cinque minuti dopo quando finalmente mi pulii la bocca.
Mitchie, quel nome. Come mi chiamava il mio Robert. Dio, come mi mancava e come lo odiavo! Era lui che doveva essere accanto a me oggi, era lui che avrebbe dovuto accompagnarmi a scuola e fare il tifo durante la partita, era lui che doveva essere lì in quel momento a tenermi la testa e che doveva salvarmi da quell'orrenda festa di Bianca. Bianca. In questo momento non avevo belle parole per lei. Mi aveva incastrato e aveva invitato lei, Kristen, alla festa. La persona che al momento detestavo come non mai.
Mi portai le mani sul viso e iniziai a singhiozzare disperatamente.
< Voglio tornare a casa > risposi con gli occhi pieni di lacrime e Jeremy mi abbracciò.
< Shh, va tutto bene > sussurrò accarezzandomi la testa.
< No, invece. Voglio fare questo stupido test, voglio essere ammessa a Yale, voglio studiare medicina e voglio lasciare questa fottutissima città > gli dissi senza riuscire a smettere di piangere < e non voglio restare in quella fottutissima casa questa notte! > urlai.
Sospirò e mi prese tra le sue braccia per farmi sfogare.
< Questa notte ti fermi a dormire da me, così non dovrai vedere tua madre. Domani si vedrà. Okay? >
Annuii e gli sorrisi grata. Jeremy era davvero il ragazzo migliore del mondo.
< Ti ho sporcato di vomito la giacca > gli dissi indicandogli la manica macchiata.
< Non importa. Mi laverai la tintoria non appena ti riprenderai >
Gli sorrisi e gli accarezzai una guancia, ma per tutto il tragitto in macchina non feci altro che piangere silenziosamente. Com'era possibile che mi sentissi così tradita? Mi sentivo tradita da Bianca che mi aveva solo usato e da Robert che non era qui con me. Eppure io ero contenta di saperlo a Buenos Aires e che successivamente avrebbe raggiunto i suoi amici a Londra.
Una volta arrivati al suo appartamento Jeremy questo mi fece stendere sul divano. Chiusi gli occhi, stanca, e feci un respiro profondo, quand'ecco che il mio telefonino squillò.
< Puoi guardarci tu? > domandai indicandogli la pochette e lo sentii armeggiare.
< È Robert > mi disse poco dopo.
< Rispondi tu > gli ordinai e mi strinsi al cuscino del divano.
< Robert, sono Jeremy…no, è da me, non ha avuto una grande serata…aspetta > gli disse e si inginocchiò verso di me < Michelle? >
< Io non ci parlo con lui! > esclamai girandomi dall'altra parte e il mio amico sospirò.
< Credo che tu l'abbia sentita >
< Anzi, sai cosa? Digli pure che può restare in quella fottuta città! > continuai alzando la voce di parecchi toni.
< Robert, è ubriaca > disse il mio amico quasi volesse scusarmi.
< Io non sono ubriaca! > sbottai, dopotutto avevo vomitato e mi sentivo meglio.
< Stai zitta, Michelle! > replicò Jeremy < E ora prendi questo dannato telefono >
Sbuffai e presi in mano il telefono.
< Sei uno stronzo, dovresti esserci tu qui con me > parlai senza riuscire a trattenere un ennesimo singhiozzo e senza lasciargli tempo di rispondere spinsi il tasto rosso e successivamente spensi il telefono.
< Dove sono? > domandai mettendomi a sedere sul divano e gemetti dal dolore alla schiena.
< Buongiorno > disse Jeremy porgendomi una tazza di caffè fumante < come ci sentiamo oggi? >
< Confusa > risposi iniziando a bere < l'ultima cosa che ricordo è di essermi arrabbiata con Bianca, poi nient'altro >
< Vuoi un riassunto? >
< Sì >
< Ti sei ubriacata, hai umiliato tua madre, hai vomitato e hai insultato Robert. A proposito, sta per arrivare >
< Come? > domandai sgranando gli occhi < Chi? >
< Il tuo principe azzurro sta per arrivare. È atterrato dieci minuti fa, mi ha appena scritto >
< Sta venendo qui? Perché? >
< Perché gli hai dato dello stronzo e perché gli hai detto che doveva esserci lui con te. Ti ha sentita piangere e si è preoccupato, per cui sta arrivando >
Mi sedetti sul divano e mi grattai la testa.
< Hai un divano davvero scomodo >
< Non è un divano sul quale dormire > ribatté alzando le spalle < il bagno è lì a destra, se vuoi darti una sistemata prima che arrivi >
Mi alzai e lo abbracciai.
< Non so cosa farei senza un amico come te >
Jeremy mi baciò i capelli e mi strinse a sé, regalandomi uno di quegli abbracci stritolatori che ci scambiavamo in clinica.
Sciolsi l'abbraccio e andai in bagno, mi diedi una sistemata e quando aprii la porta per andare in sala a mettere qualcosa sotto i denti mi trovai Robert davanti agli occhi: aveva delle spesse occhiaie sotto gli occhi come se non dormisse da una vita e un accenno di barba come se non se la facesse da giorni e i suoi capelli erano completamente arruffati. Ero uno straccio, ma era bellissimo.
Non proferii parola, mi limitai solamente a buttargli le braccia attorno al collo e ad abbracciarlo stringendolo a me con forza, come se la mia vita dipendesse dalla sua vicinanza, mentre lui mi aveva
circondato la vita con entrambe le braccia. Chiusi gli occhi quando si abbassò per lasciarmi una scia di baci sul collo e rabbrividii.
< Mitchie… >
< Non dovresti essere qui > gli dissi interrompendolo.
Sospirò e mi lasciò un altro bacio sul collo.
< Lo so >
< Quando andrò al college non potrai correre da me per ogni mio minimo problema >
< Lo so > rispose sospirando una seconda volta.
< Ma…sono davvero felice di vederti > continuai appoggiando la fronte nell'incavo del suo collo e lo afferrai per i lembi della T-shirt < avevo davvero bisogno di te >
< Sono qui, Mitchie. E non ti lascio >
Sorrisi e lo strinsi ancora di più nel mio abbraccio.
< Piccioncini, necessito del bagno > intervenne Jeremy dietro le spalle di Robert e sciogliemmo l'abbraccio < andate a tubare in salotto o in cucina, ma la mia camera è off limits >
Risi e Robert mi prese tra le sue braccia mentre mi trascinava in sala.
< Coraggio, raccontami cosa è successo ieri sera > mi disse sedendosi sul divano e sospirai rumorosamente, poi mi sedetti accanto a lui e gli raccontai tutta la storia < è stata tua madre ad invitare Kristen? > chiese dopo qualche minuto.
Annuii.
< Lì si entrava solo su invito. A proposito, probabilmente troverai delle mie fotografie con una bottiglia di champagne attaccata alle labbra, ma non farci caso >
< Non me ne frega un accidente. Stai bene? >
< Come credi che stia, Rob? > ribattei sospirando < Ho un grandissimo bisogno di staccare la spina, di allontanarmi da questo posto. Sai, sono tentata di seguirti a Londra dopo la consegna dei diplomi >
< Fallo >
< Voglio che tu stia con i tuoi amici, è da un sacco che non li vedi >
< Riuscirei a stare insieme a loro e a te >
< No, invece > obiettai scuotendo la testa < quando siamo andati a Londra quanto sei stato con Tom? > gli domandai e aprì la bocca, ma la richiuse poco dopo < Vedi? Voglio che per quelle due settimane tu stia con i tuoi amici e noi ci vedremo al tuo ritorno. Ti meriti una vacanza >
Sorrise e mi baciò la guancia.
< E tu cosa farai in quelle due settimane? > chiese sorridendo come solo lui sapeva fare e quel sorriso mi scaldò il cuore.
< Ieri Megan proponeva di farci un viaggio in Grecia noi sole ragazze > risposi e Robert mi guardò pietrificato < c'è qualcosa che non va? > domandai senza capire, ma lui si alzò dal divano.
< Devo fare una telefonata, torno subito >
< Robert! > esclamai alzandomi a mia volta in piedi < Cosa c'è? >
< Mitchie…fatti gli affaracci tuoi > ribatté baciandomi la punta del naso e la sua risposta mi fece ridere.
< Vai a quel paese > gli dissi ridendo e andai in cucina a fare colazione.
Aprii uno sportello trovando la dispensa al primo colpo, presi una brioche al cioccolato e mi sedetti sulla sedia che dava le spalle alla porta. Ero intenta a gustarmi la mia colazione quando sentii uno spostamento dei miei capelli e subito dopo delle labbra, le sue labbra, baciarmi la spalla destra e risalire fino al collo.
< Sono…boh, è da quando sono a Buenos Aires che sogno di farlo…e non solo questo >
Risi e allungai il collo per facilitarlo nei baci, mugugnando di piacere di volta in volta.
< Quando riparti? >
< Domani mattina, per cui questa sera potremmo cenare insieme > disse voltandomi la testa di lato per vederlo sorridere, ma mi irrigidii < sei impegnata, vero? >
< Ho la cena con le ragazze della squadra > risposi guardandolo dispiaciuta < ma potrei sempre prendere un dolce e mangiarlo insieme dopo la cena > continuai guardandolo maliziosamente e Robert sorrise.
< Mi piace l'idea del dolce… > ribatté ricambiando il mio stesso sorriso < aspetta, ti riferisci al sesso, vero? > domandò subito dopo e annuii ridendo.
< Sì, Robert, mi riferisco al sesso >
< Uh, bene > disse passandosi una mano sulla fronte e risi ancora di più.
Ciao a tutti :)
Sarò di poche parole, stasera non è serata. Oltretutto il pc si rifiuta di collaborare con me e…va beh, ormai è andata. Vi ringrazio per le recensioni, mi scaldate il cuore ogni volta.
Alla prossima settimana,
Giulls
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Capitolo 33 *** Niente batte il Karma ***
Niente batte il Karma
Eravamo davanti alla porta della sala d'imbarco mano nella mano intenti a fissare la folla che aspettava di imbarcarsi su un aereo per andare chissà dove e stare via chissà quanto.
Lui non parlava ed io men che meno, troppo impegnata a ricordare ciò che era successo ieri sera: più ci pensavo e più mi venivano i brividi. Avevamo sentito entrambi il peso dell'assenza dell'uno nella vita dell'altro e ieri sera eravamo riusciti a dimostrarcelo: i suoi occhi famelici che mi fissavano, le sue mani che esploravano il mio corpo, il suo respiro che soffiava sulla mia pelle, le scie bollenti che lasciava sul mio corpo, la sua dolcezza nel farmi sua…quello di ieri sera era stato decisamente il miglior sesso della mia vita.
< Non mi resta che augurarti buon viaggio > gli dissi senza lasciargli la mano e Robert la strinse < ci rivedremo prima o poi, no? >
< Certo > replicò sorridendomi.
< Divertiti con i tuoi amici e pensami mentre sarai nella città più bella del mondo >
< E tu non combinarmi scherzi > replicò accarezzandomi la guancia.
< Definisci scherzi >
< Non farmi pentire di lasciarti qui da sola, o… >
< Al tuo ritorno mi sculacci? > domandai ridendo interrompendolo.
< Credi davvero che mi serva un motivo così futile per toccarti il sedere? > ribatté e la sua mano scese a sfiorarmelo.
< Dai! > esclamai allontanandomi da lui, gesto che lo fece ridere una seconda volta.
< Buona fortuna per gli esami, Mitchie >
< Ci vediamo quando torni > replicai portando le braccia attorno al suo collo e lo baciai, ignorando i paparazzi che ci stavano fotografando come degli ossessi.
Robert prese il borsone con del cambio dentro e mi salutò con un cenno di mano, gesto che ricambiai, e rimasi lì finché non lo vidi sparire dalla mia visuale, poi presi il telefonino e cliccai sulla casella dei messaggi.
“L'allocco si è imbarcato, ti aspetto tra venti minuti a casa mia per il miglior sesso selvaggio della tua vita”
Cercai il numero di Robert e glielo inviai, curiosa come non mai di leggere la sua risposta.
“Fottiti, donna” mi scrisse in un messaggio che ricevetti nemmeno un minuto dopo e risi.
“Ti amo”
“Io no.”
Sorrisi e posai il telefonino nella borsa, poi uscii dall'aeroporto con estrema difficoltà a causa dei paparazzi che mi avevano preso di mira ed entrai in auto, pensando a quanto lui fosse fortunato perché lui si sarebbe preso una bella vacanza con i suoi amici, mentre io ero obbligata a sostenere quei test prima di potermi rilassare. Non era per niente giusto! Ma il pensiero di due settimane in Grecia con le mie più care amiche mi rendeva più allegra.
Una volta arrivata a casa mandai un messaggio a Megan per chiederle informazioni sul viaggio, ma non mi rispose ed era strano, perché lei viveva in simbiosi con il suo telefonino.
Trascorsi il pomeriggio a pulire la camera e di sera Jeremy venne da me per vederci un film, ma non appena mi misi sul divano mi addormentai.
Quando mi svegliai iniziai a sudare freddo: ero terribilmente agitata, come avrei potuto sostenere un test in quelle condizioni?
Sentii dei brontolii accanto a me e mi voltai spaventata, trovandomi Jeremy che mi stava abbracciando. L'ultima cosa che mi ricordavo era che stavamo guardando un DVD, ora perché me lo trovo nel mio letto?
< Jer? > lo chiamai scuotendogli il braccio < Jer? >
< Cosa? > brontolò aprendo i suoi bellissimi occhi marroni.
< Perché sei nel mio letto? >
< Ci siamo addormentati sul divano e quando mi sono svegliato ti ho portato a letto e sono rimasto anche io a dormire qui, ero troppo stanco guidare fino a casa >
< Nient'altro, vero? >
< Michelle, questa notte ne ho approfittato e visto che avevo del tempo da perdere ho pensato di rivestirti per non farti sospettare di niente…ma che razza di domande fai? >
Sbadigliai e mi stiracchiai.
< Era solo una domanda la mia! Me la sto facendo sotto dalla paura > gli dissi abbracciandolo e lui mi baciò la fronte.
< Hai visto la morte in faccia e hai paura di un misero test? > ribatté ridendo e lo guardai offesa < Michelle, te la caverai alla grande > continuò sorridendomi < forza, vestiti e poi andiamo a fare colazione fuori. Ti aspetto di sotto >
Sorrisi e schizzai fuori dal letto, prendendo la mia divisa dall'armadio.
< E la tua divisa? > domandai guardandolo.
< Hai ragione…okay, passo a prenderti tra venti minuti per andare a mangiare fuori, poi andiamo a scuola >
Mi alzai dal letto, lo accompagnai di sotto e quando richiusi la porta dietro di me le gambe mi abbandonarono e finii per terra: sentivo un grandissimo caldo, tremavo tutta, la testa mi fischiava e i miei respiri erano più degli affanni. Serrai gli occhi e cercai di rilassarmi facendo respiri profondi e quando mi sentii meglio andai a vestirmi: avevo appena indossato la camicia quando il mio cellulare squillò e lo afferrai senza guardare chi mi stesse chiamando.
< Jeremy, non dirmi che sei già qui di sotto! >
< Ciao, Mitchie >
< Rob! > esclamai sedendomi sul letto < Ma come mai mi chiami a quest'ora? Non è ancora notte a Buenos Aires? >
< Sono appena tornato da una festa organizzata da Giorgio e ho pensato di chiamarti per farti i miei auguri >
< Giorgio? > ribattei ridendo < Ora lo chiami per nome? >
< Stai zitta > disse in un mix tra risata e sbadiglio < ti senti pronta? >
< Ho quasi avuto un attacco di panico, ma ora sto bene. Dopotutto è solo il test di matematica. Domani ci sarà quello di inglese e spagnolo e il giorno dopo ancora quello di letteratura e storia. Una passeggiata >
< Poi finalmente ci sarà la consegna dei diplomi >
< Finalmente > ribattei mentre indossavo la gonna.
< Vado a stendermi, non ce la faccio più a stare sveglio. Mandami un messaggio quando hai finito >
< Certo e riposati. Ciao, Rob >
< In bocca al lupo, Mitchie >
Posai il cellulare dentro lo zaino e dopo aver indossato la cravatta e le scarpe scesi di sotto, aspettando Jeremy fuori dalla porta.
< Michelle! > esclamò Bianca prima che uscissi da casa.
< Cosa vuoi? > replicai guardandola in cagnesco e lei mi mostrò le foto che mi ritraevano ubriaca alla sua inaugurazione.
< Hai idea dell'umiliazione che sto provando? >
< E la cosa mi distrugge, infatti > risposi sorridendo mentre chiudevo la rivista < vuoi che non ti umili più? E allora lasciami fuori dal tuo mondo, io vivrò la mia vita >
Mi guardò con un'aria di superficialità e uscì dalla stanza.
< Non ti conviene parlarmi così, ragazzina >
< È una minaccia la tua? > ribattei scoppiando a riderle in faccia < Stai tranquilla, non appena riceverò una risposta da qualche college me ne andrò >La guardai negli occhi e poi uscii di casa, trovando Jeremy davanti alla porta.
< Stavo per suonare il campanello > disse sorridendomi, ma non ricambiai il sorriso < è tutto okay? >
< Lasciamo perdere e andiamo a mangiare > risposi afferrandolo per il braccio e mi sedetti nella sua automobile < non la reggo più > gli dissi dopo cinque minuti di silenzio < ma ti rendi conto, mi ha detto che l'ho umiliata! Quella donna non è degna di essere chiamata madre, lei non dovrebbe nemmeno essere una madre! >
< Se così non fosse, tu non esisteresti >
Alzai le spalle e guardai fuori dal finestrino, ma mi voltai verso il mio amico quando posò una mano sulla mia.
< Jer, grazie di esserci sempre >
< Lo sai che per te farei qualunque cosa >
< Lo so > replicai sorridendogli e in quel momento arrivammo a scuola.
< Stai bene? >
< Sì, certo > risposi uscendo dalla macchina e non appena fui fuori Megan e Sarah mi corsero incontro.
< Michelle! > esclamò Sarah afferrandomi il polso < Corri! >
< Ma cosa…? >
< Non fare domande > ribatté Megan facendomi segno di stare zitta e dopo aver girato l'angolo vidi che il resto delle mie amiche erano rannicchiate sotto la finestra dell'ufficio della preside.
Mi fecero segno di non fiatare e di chinarmi come loro.
< Questo è inaccettabile > sentii dire dalla preside < una studentessa come lei, poi! Mi ha profondamente deluso, non me lo sarei mai aspettato. Corrompere un insegnante per avere le risposte dell'esame? > continuò e sentii qualcuno piangere.
< Mi dispiace > disse la ragazza in questione: Olivia Taylor.
Sgranai gli occhi e guardai stranita Megan, la quale mi fece capire dai gesti che Olivia aveva corrotto qualche professore con un servizietto di bocca per conoscere le risposte.
< Non è sufficiente. Signorina Taylor, lei non potrà dare l'esame ed è espulsa da questa scuola.
Se fossi stata in un cartone animato la mia mascella sarebbe arrivata a terra e ci sarebbe stata una musichetta in sottofondo.
< No, la prego, non lo faccia! > esclamò Olivia.
< La mia decisione è irrevocabile . Lei è espulsa, torni a casa >
Non ero una persona meschina, ma finalmente il Karma aveva agito e Olivia era stata punita per tutti i mali che aveva commesso. Ci allontanammo dal nostro nascondiglio e quando ritornammo al parcheggio esultammo tutte.
< Jeremy! > esclamai raggiungendo il mio amico e lo abbracciai.
< Michelle, qui sta girando la voce che la Taylor non darà l'esame, è vero? > domandò e annuii sorridendo.
< È stata espulsa. Ha corrotto un insegnante per ottenere le risposte >
< Chi? >
< Non lo so, ma secondo me è quel pervertito di Beacle > risposi alludendo all'insegnante di musica e in quel momento Olivia uscì dalla scuola senza guardare in faccia nessuno, nemmeno le sue amiche oche < sai, generalmente mi dispiacerebbe, ma si tratta della Taylor, non posso che essere contenta che finalmente sia stata punita >
Jeremy mi posò un braccio intorno al collo e sorrise compiaciuto.
< Mi piaci quando sei cattiva >
Scossi la testa ridendo e mi liberai dall'abbraccio.
< Studenti! > esclamò la preside richiamandoci all'ordine < Ora basta > continuò e guardò un foglio che teneva tra le mani < quelli di voi che iniziano il cognome con la lettera che va dalla A alla M si rechino in palestra, gli altri vadano nell'aula magna >
Guardai Jeremy e sporsi il labbro inferiore: saremmo stati divisi perché il suo cognome iniziava per D, mentre il mio per W. Mi baciò la fronte e mi sorrise.
< Ci vediamo fuori. Michelle, in bocca al lupo >
< Crepi > risposi sorridendogli e mi incamminai con Jenny verso l'aula magna.
Dentro l'aula ci saranno stati almeno una cinquantina di banchi, con sopra un plico di fogli rivolto verso il basso e una penna sopra.
Il professor Coleman ci fece accomodare velocemente nei banchi.
< Ragazzi, questa è una prova seria. Se becco qualcuno parlare, copiare o suggerire gli ritirerò il compito e dovrà ripresentarsi l'anno prossimo. Sono stato chiaro? >
< Sì, professore > rispondemmo in coro.
< Il test durerà un paio d'ore. Spegnete tutti i cellulari, se squillano sono costretto a ritirare il compito. Potete iniziare…ora >
Nel silenzio di tomba più assoluto girammo tutti il nostro plico di fogli, scrivemmo il nostro nome sul primo foglio e poi iniziammo il nostro test. Ero sconvolta, credevo che il test fosse molto più difficile e infatti consegnai mezz'ora prima dello scadere del tempo, poi uscii dall'aula. Mi misi a sedere sul cofano dell'auto di Jeremy e aspettai che anche il mio amico uscisse dalla palestra.
“Il primo esame è andato e credo sia andato bene” scrissi a Robert e gli inviai il messaggio, ricevendo una faccina sorridente in risposta pochi minuti dopo.
Vidi Jeremy uscire dalla palestra mezz'ora dopo ed era stranamente pallido.
< Jer, ti senti male? > domandai preoccupata mentre gli correvo incontro.
Mi guardò tentando di sorridermi, ma il suo sorriso era più simile ad una smorfia di dolore e lo vidi che si teneva lo stomaco.
< Non mi sento molto bene > replicò biascicando e si sedette sul cofano della macchina.
< Ti porto in ospedale? > continuai apprensiva, ma lui mi guardò scuotendo la testa.
< La solita premurosa Michelle > disse sorridendomi dolcemente < ho solo mal di stomaco e credo che tra poco vomiterò >
< Coraggio > gli dissi circondandogli la vita con le braccia < ora camminiamo un po', così prenderai una boccata d'aria >
Jeremy mi sorrise e lasciò che lo portassi a fare una passeggiata. Camminammo fino in fondo alla strada, dopodiché si accasciò per terra e vomitò, mentre io gli restavo accanto e gli tenevo una mano sulla fronte, cercando di essere forte e di non vomitare io stessa.
< Puoi guidare tu? Non me la sento >
< Ma certo > risposi sorridendogli.
Parcheggiai nel primo parcheggio libero davanti al suo appartamento, scesi dall'auto e aiutai il mio amico a fare lo stesso e quando entrammo in casa lo feci stendere a letto.
< In bagno ci sono i medicinali, mi porti un'aspirina? >
Mi alzai dal bordo del letto e andai in cucina per cucinargli qualcosa, optando per una veloce frittata, poi presi un bicchiere d'acqua, recuperai l'aspirina dal bagno e dopo aver posato il tutto su un vassoio, ricomparsi in camera di Jeremy.
< Prima mangia la frittata, dopo ti do la medicina >
< Non ho fame > ribatté storcendo il naso.
< Non mi interessa, Jer, non ti faccio prendere una medicina a stomaco vuoto > replicai tagliando un pezzo di frittata e lo infilzai con la forchetta < coraggio, ti imbocco io >
Il mio amico mi sorrise e si lasciò imboccare, dopodiché gli diedi la sua tanto agognata aspirina e prima che si addormentasse gli misurai la febbre, constatando che era abbastanza alta. Dal momento che era mezzo moribondo gli tolsi io le scarpe, la maglia e i pantaloni, lasciandolo in boxer, e lo aiutai a infilarsi sotto le lenzuola, appoggiando su di lui una coperta più pesante che avevo trovato nell'armadio.
< Non abuserai di me, vero? > domandò con un piccolo ghigno.
< Non desidero altro > replicai prendendo il vassoio tra le mie mani e gli baciai la guancia.
< Grazie, Michelle >
< Per te questo ed altro > continuai accarezzandogli i capelli < lo sai che mi mancano i tuoi capelli ricci? >
Jeremy mi guardò e mi sorrise: la febbre lo rendeva ancora più affascinante, com'era possibile?
< Io li detestavo, invece. Così mi piaccio molto di più. Sono più figo >
Risi e scossi la testa.
< Jeremy, saresti figo anche pelato >
< Ma tu non sei fidanzata? >
< Jer, ti sto solamente dicendo che sei un bel ragazzo, non ti sto facendo alcuna proposta indecente >
< Sì, sì, certo…poi a Robert glielo dico io >
< Che paura! Credi che mi punirà per questo? >
< Ti sculaccerà > rispose e scoppiai a ridere.
< Scemo, ora riposati. Non voglio che tu domani salti l'esame. Io sono di là se hai bisogno di me >
< Grazie, Michelle >
Gli feci l'occhiolino, mi chiusi dietro le spalle la sua porta e mi sedetti sul divano in sala. Presi in mano i miei quaderni di spagnolo e inglese con l'intendo di ripassare, ma non ne avevo voglia, per cui andai verso la sua libreria e presi il suo fumetto di X-man, chiedendomi come facesse a piacergli quella roba: non ero contraria ai fumetti, anzi, ne avevo letti molti da piccola, ma la saga di X-man non mi era mai piaciuta. Mi stufai ben presto di leggere quel giornale e lo rimisi al suo posto e nel momento in cui il fumetto toccò la libreria, il telefono di Jeremy squillò.
< Pronto? > risposi dopo aver alzato la cornetta.
< Ehm…cercavo Jeremy > rispose una voce femminile dall'altra parte del telefono.
< Jeremy in questo momento sta dormendo, ma se posso sapere con chi sto parlando non appena si sveglia gli dico di richiamare >
< Sono sua madre >
< Isabel! > esclamai sorridendo < Sono Michelle Waldorf, non so se si ricorda di me >
< Michelle, ma certo che mi ricordo di te! Come stai? >
< Sto bene, la ringrazio. Lei? >
< Anche io. Ma come mai in casa di mio figlio? Posso per caso sperare in un vostro riavvicinamento? >
Risi e scossi la testa. Jeremy mi aveva presentato sua madre quando eravamo in clinica e quella volta lì mi aveva conosciuto in veste di fidanzata e mi aveva adorato sin dal principio.
< Solo in veste di migliore amica. Suo figlio si è ammalato e mi sto prendendo cura di lui >
< Cosa ha? > chiese preoccupata.
< Un po' d'influenza, ma niente di che. Gli basterà sicuramente un po' di riposo >
< Beh, volevo chiedergli dell'esame, ma chiamerò più tardi. Il tuo come è andato, cara? >
< Direi bene, non era poi così difficile. E devo ammettere che una volta consegnato il foglio mi sono sentita più leggera > risposi ridendo.
< Chiamerò più tardi per sapere come sta Jeremy. È stato un piacere parlare con te, Michelle >
< Anche per me, Isabel > le dissi e posai di nuovo il telefono nella sua culla, poi tornai a sedermi sul divano, prendendo in mano il quaderno di inglese, giusto per ripassare qualche concetto fondamentale, ma in quel momento fu il mio cellulare a squillare ed era un numero che non conoscevo < pronto? >
< Michelle, sono Emma >
< Emma! > esclamai riconoscendo la voce della manager di Robert < Come stai? >
< Sto bene, grazie. Volevo sapere come sono andati gli esami >
< Beh, quello di oggi è andato bene, spero di poter dire lo stesso anche domani. Come va in Argentina? >
< Molto bene direi, ma non vedo l'ora di tornare a casa. Tesoro, qui c'è Robert che vuole parlare con te, te lo passo? >
< Certo! > risposi sorridendo felice.
< Ciao, Mitchie >
< Robert! > esclamai.
< Come stai? Ti senti meglio ora? >
< Sì, la crisi di panico è finita > replicai ridendo.
< Michelle! > sentii esclamare Jeremy dalla sua stanza.
< Mitchie, allora, raccontam… >
< Robert, scusa, devo lasciarti. Jeremy ha bisogno di me. Richiamami tra dieci minuti > gli dissi sbrigativamente e spinsi il tasto rosso, poi corsi verso la camera del mio amico < Jer, tutto bene? Cosa posso fare per te? >
< Mi aiuteresti ad alzarmi? Dovrei andare in bagno, ma non ho la forza >
< Sicuro > risposi sorridendo e feci ciò che mi aveva chiesto < tua madre ti ha chiamato, ha detto di richiamarla più tardi. Come stai? >
< Ho male a tutte le ossa > rispose poco prima di giungere davanti alla porta del suo bagno.
< Ti aspetto qui fuori > gli dissi sorridendogli e gli aprii la porta del bagno < ce la fai a stare in bagno da solo, vero? >
Rise e mi baciò la guancia.
< Sono malato, ma non moribondo. E poi sarebbe un po' troppo strano, senza contare che se Robert lo venisse a sapere mi ucciderebbe >
< Già > replicai mentre chiudevo la porta < sai, dovrò farmi perdonare da lui > dissi alzando la voce in modo che mi sentisse.
< Perché? >
< Perché quando stavo parlando con lui tu mi hai chiamata e gli ho sbattuto il telefono in faccia per venire a darti una mano. E non credo ci sia rimasto bene >
Sentii il rumore dello scarico dell'acqua e quello dell'acqua corrente, poi quando Jeremy uscì mi guardò sporgendo il labbro inferiore.
< Mi dispiace >
< Non esserlo > replicai sorridendogli.
< Mi dispiace se Robert dovesse farti una scenata >
< Che solo ci provi! > esclamai < Sei il mio migliore amico e stai male. Ho detto che mi sarei presa cura di te e lo farò, dovessi interrompere la conversazione con Robert altre centomila volte. E poi se Tom fosse malato e Robert dovesse prendersi cura di lui io non batterei ciglio >
< Ma loro due sono due ragazzi, mentre tu ed io siamo di sesso opposto >
< Jeremy…ma tu sei la sorella che non ho mai avuto > replicai ridendo e dopo averlo aiutato a ritornare sotto le coperte lo lasciai tornare a dormire.
Mi sedetti sul divano e composi il numero di Robert.
< Mi butterai di nuovo il telefono in faccia? > domandò leggermente seccato.
< Scusami, ma dovevo aiutare Jeremy. Sta male e mi sono offerta di dargli una mano >
< Niente di serio, vero? >
< No, solo una leggera malattia. Mi manchi tanto, lo sai? >
< Mi manchi anche tu, Mitchie. E devo confessarti che sapere che trascorri tanto tempo con Jeremy quando io non sono accanto a te mi manda il sangue al cervello. Sono geloso >
Risi e scossi la testa.
< Rob…Jeremy non deve essere una minaccia per te. Te l'ho già detto, lui per me è solo il mio migliore amico. È un bel ragazzo, ma non sono attratta da lui fisicamente >
< Questo mi consola…perché sono io che ti attraggo, vero? > domandò ridendo.
< Il solo ed unico, Rob > risposi arrossendo.
< Com'era il test? >
< Facile, nonostante non sia un'appassionata della matematica. Sono abbastanza tranquilla anche per i testi in lingua di domani, ma non vedo l'ora di arrivare alla consegna dei diplomi. Rob, sai che la Taylor è stata espulsa dalla scuola? >
< Cosa? Come mai? >
< Ha corrotto un insegnante ed è stata scoperta. L'ho sempre detto che non bisogna schierarsi contro il Karma! > esclamai ridendo.
< Non ti dispiace nemmeno un po' per lei? >
< Assolutamente, categoricamente e decisamente no. Le sta bene. Che bisogno aveva di corrompere i professori? Avrebbe potuto e dovuto studiare. E poi è una persona pessima >
Sentii Robert dall'altro capo del telefono ridere e chiusi gli occhi, immaginandomelo.
< Mitchie, ora devo lasciarti. Ci sentiamo più tardi >
< Certo, divertiti >
< Buona serata >
Posai il telefonino sul tavolino e mi rannicchiai sul divano, accesi la televisione e guardai una stupida sitcom spagnola, finché non mi addormentai. Non sapevo quanto avessi dormito, ma quando mi svegliai trovai Jeremy che mi stava sorridendo.
< Come ti senti? > chiesi toccandogli con il palmo della mano la fronte.
< Sto molto meglio, Michelle > rispose sorridendomi < e ho anche fame. Ti va una pizza? >
< Che ne dici se ti cucinassi un piatto di riso? La pizza è un po' troppo pesante >
< La solita guastafeste > borbottò seguendomi in cucina.
< Smettila di lamentarti o prenderò una pizza e la mangerò davanti a te > dissi facendogli la linguaccia < te la senti domani di venire a scuola? >
< Mi sento un po' debole, ma sì, verrò. Non posso saltare questi ultimi test. Mi rifiuto >
In quel momento il campanello squillò e quando vidi che Isabel.
< Jeremy, tesoro, come stai? > domandò guardandolo apprensiva.
< Sto meglio, mamma > rispose abbracciandola.
< Salve, Isabel >
< Michelle, ciao > disse vedendo ad abbracciare anche me.
Mi avvicinai al divano e presi le mie cose.
< Allora io vado >
< Ci vediamo domani mattina, Michelle. Prendi la mia auto per tornare a casa e domani mattina prima di andare a scuola mi passi a prendere >
< No! > esclamò sua madre < Non voglio che tu te ne vada per causa mia >
< Signora, devo tornare a casa, non è assolutamente per lei > replicai sorridendole e dopo aver abbracciato Jeremy uscii da casa sua.
Guidai fino a casa e quando vidi la casa di Robert presi le sue chiavi dal mio mazzo e aprii la porta, richiudendola alle mie spalle. Sorrisi nel vedere il solito disordine del mio bellissimo ragazzo e mi incamminai verso la cucina per cucinarmi qualcosa. Quando aprii il suo congelatore misi a cucinare in forno una pizza, che mangiai sul divano mentre guardavo la televisione.
Stavo guardando CSI in attesa di vedere il film Legally Blonde e durante la pubblicità presi il telefonino e mandai un messaggio a Robert.
“Mi sono auto-invitata a casa tua, sto mangiando una tua pizza che ho scaldato nel tuo forno sul tuo divano e sto guardando la tua televisione”
Attesi qualche minuto prima di vedere il display illuminarsi.
“Io sono a pochi chilometri da Buenos Aires al concerto dei Simple Plan. Non so come, ma Emma a rimediato due biglietti. 1-0 per me”
Guardavo il display con gli occhi sgranati.
“TI ODIO!” scrissi velocemente e gli inviai il messaggio e poco dopo Jeremy mi chiamò al telefono.
< Disturbo? > domandò.
< Jer! Quello sfigato di Robert Pattinson è ad un concerto dei Simple Plan! I Simple Plan! Ti rendi conto? > esclamai e sentii il mio amico ridere.
< Dove sei? >
< A casa sua >
< Da sola? >
< Sì. Non avevo voglia di entrare in casa mia, temevo di incontrare Bianca >
< Potevi restare da me >
< C'era tua madre, volevo lasciarvi soli >
< Beh, mamma se ne è andata. Vuoi ridere? >
< Certo > replicai sistemandomi sul divano.
< È disperata perché non stiamo più insieme. Mi ha detto che devo riconquistarti. Le ho detto che tu sei fidanzata, ma ha continuato a ripetere che tu ed io siamo fatti per stare insieme. E sai cosa mi ha risposto quando le ho detto stai con Robert? >
< Cosa? > domandai curiosa.
< Che se mi metto in mezzo a voi due mi lancia dal cornicione della mia finestra >
Risi e ben presto mi vennero le lacrime agli occhi.
< Tua madre è una sagoma > gli dissi mentre mi asciugavo gli occhi con il lembo della mia maglietta.
Per il resto della serata chiacchierammo sugli ultimi test e quando finimmo di parlare andai in camera di Robert, mi spogliai, indossai una sua maglietta e mi misi a letto, che aveva ancora il suo odore.
Finalmente (e dico finalmente) sono riuscita a postare! :)
Ho ospitato un'amica per il fine settimana, ho recuperato sonno arretrato e sono andata alle lezioni varie e…beh, sono riuscita a postare ora xD
Spero che il capitolo vi piaccia!
Giulls
P.S. Dite addio a quella stronza (sì, la odio anche se è frutto della mia mente) di Olivia. Ha avuto quel che si meritava e ora sono contenta! :D
P.P.S. Mi sono arrivate un po' di domande e ci tengo a rispondervi qui in modo che tutti leggano la risposta e non si preoccupino: Jeremy è innocuo, non si metterà in mezzo a Mitche e Rob, tranquilli ;P)
Ho pubblicato il prologo di una nuova storia e mi farebbe piacere se ci deste un'occhiata :)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=854817&i=1
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Capitolo 34 *** Goodbye High School ***
Sono…boh, sono imperdonabile. Due settimane per postare, mi faccio schifo da sola. E mi dispiace, ma l'università mi sta prendendo e quando torno a casa non ho voglia di accendere il pc, prendere la chiavetta e postare.
Ma dal momento che oggi pacco la lezione di Pinto ho deciso di festeggiare e postare xD
Spero che il capitolo vi piaccia e mi scuso per l'enorme, ultra, gigantesco ritardo.
Giulls
P.S. Grazie per tutto il sostegno che mi date, siete fantastici <3
P.P.S. Vi lascio l'account di faccialibro, se siete interessati :) http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791
Goodbye High School
Ero…no, non ero in grado di spiegare come cavolo mi sentissi. Ero in fibrillazione, me la stavo facendo addosso dall'agitazione, ero felice, mi sentivo come se mi stesse mancando l'aria. Succedeva sempre così alla consegna dei diplomi? Perché la cosa mi preoccupava molto. La notte prima non avevo praticamente chiuso occhio e avevo provato a chiamare Robert, ma il signorino aveva il telefonino irraggiungibile e nessuna delle mie amiche voleva rispondermi, perché secondo infondevo energia negativa, così come Jeremy. Begli amici che avevo.
< Forza, venite a firmare il registro e ognuno prenda la propria toga > disse la preside reclamando attenzione e mi misi in coda assieme ai miei compagni di scuola.
< Michelle! > esclamò Megan venendomi incontro e si mise davanti a Gwen < Gwen, la mia amica mi aveva tenuto il posto >
< P-prego, M-Megan > balbettò il ragazzo in risposta cercando di sorriderle e scossi la testa, guardando malissimo la mia amica.
< Sei perfida ad approfittarti di lui così > sussurrai in modo che solo lei mi sentisse < e poi io sono arrabbiata con te e non ti ho tenuto nessun posto > continuai a voce più alta e guardai Gwen < poi tornare dietro di me, Megan ora va a fare la fila come tutti gli altri >
Megan mimò uno “stronza” con le sue labbra e andò in fondo alla fila mentre le sorridevo sorniona. Attesi mezz'ora prima di firmare e ricevere sia la tunica che il cappello e mi misi in un angolo per indossarla.
< Il blu ti dona > mi disse Jeremy già vestito avvicinandosi.
< Anche a te > replicai abbracciandolo.
< Stai meglio? >
< No, pessimo amico > continuai imbronciandomi.
< Michelle, scusa, ma quando mi hai chiamato ero in auto e non potevo rispondere >
< Dov'eri? > chiesi curiosa.
< Ehm… > rispose sgranando gli occhi e poi alzò lo sguardo < hey, Grady! > esclamò alzando il braccio < Scusa, Michelle, ci vediamo dopo > mi disse lasciandomi sola e lo guardai con la bocca spalancata.
< Che succede, amica? > domandò Jenny posizionandosi accanto a me.
< Jeremy mi nasconde qualcosa > risposi guardando il mio amico con gli occhi ridotte a fessure.
< Bene, ma ora occupati di me > replicò agitando la mano davanti agli occhi e quando la guardai sorrisi: da quando aveva scoperto di essere incinta e aveva deciso di tenere il bambino era solare.
< Lo sai che sei bellissima? > le dissi abbracciandola.
< Sono felice: insomma, aspetto un bambino dalla persona che amo da morire e sto per lasciarmi per sempre alle spalle il liceo. Potrebbe andare meglio di così? > ribatté sorridendomi.
< Ragazze, ragazze, ragazze! > esclamò Sarah correndoci incontro.
< Che succede? > domandai sorridendole e lei mi mostrò una lettera.
< Sono stata ammessa a Stanford! > esclamò abbracciando sia Jenny che me < Il mese prossimo parteciperò all'orientamento e conoscerò la mia compagna di stanza. Non vedo l'ora! > esclamò saltellando felice e una volta che la notizia si diffuse tra tutte le ex Clovers ci gettammo addosso a lei per congratularci.
< Megan, per il bagaglio come facciamo? > domandò Mary ad un certo punto e la guardai interrogativa.
< Mi sono persa qualcosa? > chiesi e Megan lanciò un'occhiata assassina a Mary < Cosa succede? > domandai ancora, ma nessuno rispose e ben presto capii < Perché avete prenotato senza dirmi niente? Non dovevamo andare via tutte insieme? > continuai sconvolta e ferita e nessuna di loro sapeva cosa dirmi < Certo che siete proprio delle belle stronze! > esclamai allontanandomi da loro e Jenny mi corse dietro.
< Michelle, non te la prendere, c'è un motivo se non ti hanno detto niente >
< E quale? > ribattei incrociando le braccia al petto e lei abbassò lo sguardo senza rispondermi < Tu andrai con loro? >
< Sì > rispose con un sussurro.
< Perché non me l'avete detto? > chiesi con gli occhi lucidi.
< Aspetta la fine della consegna dei diplomi >
< Certo, prendete tempo per inventarvi una scusa > le dissi scuotendo la testa e la lasciai sola.
Uscii dalla sala e andai nel corridoio per prendere dalle macchinette una bottiglia d'acqua, ma dopo aver messo i soldi questa si bloccò mangiandomi i soldi ed io, imprecando, iniziai a scuoterla e a mollare dei calci.
< Hey, hey, hey! > esclamò James allontanandomi dalla macchinetta < Hai intenzione di distruggerla? > domandò sorridendomi, ma quando vide i miei occhi velati dalle lacrime mi guardò preoccupato < Michelle, va tutto bene? >
< No. Sono agitata, ho appena scoperto che le mie amiche si sono messe d'accordo per andare in Grecia insieme e non mi hanno fatto saper niente e questa stupida macchinetta mi ha fottuto i soldi! > esclamai prendendo a calci la macchinetta e James mi fece allontanare, prendendo dalla sua tasca degli spiccioli e dopo averli messi dentro spinse il bottone per la bottiglia d'acqua e quando scese me la porse.
< Ecco a te >
< Appena torniamo in sala te li restituisco > gli dissi sorridendogli.
< Non li voglio i soldi > replicò ricambiando il sorriso e mi appoggiai al muro, invitandolo e fare lo stesso.
< Cosa farai dopo? >
< Harward. Ho ricevuto giusto ieri la lettera di ammissione. Tu? >
< Sto aspettando una risposta da Yale, voglio entrare a medicina >
< Bello > disse sorridendomi e posò la sua mano sulla mia guancia per asciugarmi la lacrima, ma mi scansai pochi secondi dopo il contatto < vedrai che le tue amiche avranno avuto i loro motivi per non dirti niente >
< E quali? > ribattei nervosa mentre continuavo a bere e sbuffai.
< Michelle? > mi sentii chiamare e quando guardai verso la porta vidi Jeremy avvicinarsi.
< Io allora vado > disse James sorridendomi < Michelle, sei bellissima in blu >
< Grazie > risposi ricambiando il sorriso < anche tu stai molto bene. E grazie per l'acqua >
James mi lasciò sola e Jeremy venne ad abbracciarmi.
< Le ragazze mi hanno detto cosa è successo >
< Non voglio parlarne > replicai visibilmente arrabbiata < sono…sono… >
< È colpa mia > disse alzandomi il mento con le mani per poterci guardare in faccia < ho detto io loro di non prenotare anche per te >
< Tu cosa? > chiesi sconvolta e arrabbiata < Perché? >
< Volevo farti una sorpresa > rispose imbarazzato < ecco, vedi, io volevo che tu venissi con me a Sydney. Non prendertela con loro >
< Tu volevi che facessimo una vacanza insieme? > chiesi con gli occhi lucidi.
< Sì, insomma…è da tanto che non stiamo un po' insieme e siccome mio zio mi ha chiesto di andare a trascorrere le vacanze da loro io volevo portarti con me >
Gli sorrisi commossa e lo abbracciai.
< Sì! È fantastico! > esclamai felice.
< Perdonerai le tue amiche? > domandò baciandomi la fronte.
< Certo. Vieni > gli dissi prendendogli la mano e rientrammo in sala < ragazze? > le chiamai quando mi avvicinai a loro < Jeremy mi ha raccontato tutto. Mi dispiace >
< Tutto? > replicò Sarah aggrottando le sopracciglia.
< Sì > risposi sorridendo < mi ha detto di volermi portare a Sydney e di avervi chiesto di non coinvolgermi nel vostro viaggio. Ritiro quello che ho detto prima >
Le ragazze mi sorrisero e ci demmo un bell'abbraccio di gruppo.
< Potete andare a disporvi nelle vostre sedie e ci ricordo di sedervi in ordine alfabetico> ci richiamò la preside.
Mi avvicinai a Jenny e la presi sottobraccio, salutammo le altre dicendo che ci saremmo viste a cerimonia ultimata ed entrammo dentro la palestra, che era stata addobbata per la cerimonia. Lo striscione dorato con la scritta “Congratulazioni classe del 2006” spiccava sopra il palco e quando lo lessi quasi mi commossi.
< Buongiorno a tutti voi > disse la preside al microfono < quest'oggi è una giornata molto importante per voi, è la fine del vostro tempo qui al liceo. Quest'anno sarò breve, specialmente perché la signorina Withlock ha un discorso da fare. Voglio solo dirvi quanto sia stato piacevole avere tutti voi in questa scuola e spero che il vostro futuro sia rigoglioso. In bocca al lupo a tutti! > continuò e immediatamente tutti in sala cominciammo ad applaudire.
La preside si ritirò al suo posto e cedette la parola a Mandy.
< Grazie infinite, preside Summers > disse Mandy guardandola e poi si voltò verso di noi, sorridendo < buongiorno a tutti. Devo essere onesta, avevo preparato un discorso coi fiocchi e l'avevo imparato a memoria, ma l'ho scordato > continuò e partì una risata generale in sala < questi quattro anni non li dimenticherò mai. Ho conosciuto delle persone fantastiche, ho assistito ad atti di bullismo ingiusti e alle volte sono stata anche io vittima di quegli stessi bulli. Ma ho imparato una cosa: tutto questo mi ha reso forte, come so che è successo anche a molti di voi… >
< Sto tremando > sussurrai smettendo di ascoltare Mandy e James mi posò una mano sulla spalla.
< Fai dei respiri profondi. E poi si tratta solamente di alzarti in piedi, camminare lungo il corridoio, salire le scale, raggiungere la preside e prendere in mano un pezzo di carta >
< E se dovessi cadere? >
< Ti aiuterei io…dopo essermi fatto una bella risata, ovviamente >
< Che animo buono hai > replicai sporgendo il labbro inferiore, gesto che lo fece ridere.
< Pertanto non mi resta che dire: congratulazioni classe del 2006…ce l'abbiamo fatta! > esclamò e ci alzammo tutti in piedi ad applaudire.
La preside abbracciò Mandy, la quale tornò al proprio posto, e invitò gli studenti delle prime sedie ad avvicinarsi: li chiamava, porgeva loro il proprio diploma, si facevano fare una foto dal fotografo ufficiale mentre si stringevano la mano e infine li lasciava andare via.
Quaranta minuti dopo toccava a noi, a me. All'improvviso temetti di non farcela: era un'emozione unica quella che stavo provando, avevo il cuore che mi batteva a mille e stavo iniziando a sudare freddo.
< Posso scappare via secondo te? > sussurrai rivolta a Jenny, la quale mi strinse la mano.
< Hai proprio un cuor di leone, lo sai? > replicò facendomi l'occhiolino.
Ci posizionammo sul palco esattamente come eravamo seduti prima sulle sedie: la preside chiamò Ginevra, Gwen, Blake e James.
< Michelle Waldorf > mi chiamò e quando sentii applaudire mi sentii felice, specialmente quando sentii le mie amiche urlare.
Senza smettere di sorridere mi avvicinai alla preside.
< Congratulazioni, Michelle > mi disse sorridendomi e mi porse la mano, che strinsi immediatamente.
< La ringrazio, preside Summers > risposi ricambiando il sorriso e ci voltammo verso il fotografo per farci fotografare tutte sorridenti, poi guardai dietro le spalle della preside e vidi Rodriguez sorridermi.
Ricambiai il sorriso e andai davanti agli scalini, ma prima di scendere alzai il diploma, felice, e il fotografo mi fotografò ancora. Tornai al mio posto e quando anche l'ultimo diploma fu consegnato la preside disse altre due parole e infine ci fu il rituale del lancio del cappello. Lentamente uscimmo tutti dalla palestra e una volta fuori cercai le mie amiche.
< Michelle! > esclamò Hannah, la mia sorellastra, abbracciandomi.
< Hannah!?! Cosa ci fai qui? > le chiesi abbracciandola forte.
< Sono venuta qui con tuo padre a farti una sorpresa >
< Sono così felice di vederti! >
< Anche io > ribatté sorridendo.
< Tesoro > disse una voce dietro di me, mio padre, e quando mi voltai, sorrisi.
< Papà! > esclamai abbracciandolo.
< Sei bellissima, sei l'orgoglio di ogni padre > mi disse commosso e dovette faticare per non piangere < ti voglio bene >
< Basta, altrimenti mi farai piangere! > esclamai ridendo nervosamente < Hey, papà, voglio presentarti un amico > gli dissi non appena scorsi Jeremy con i suoi genitori e trascinai papà e Hannah da lui < Jeremy > continuai abbracciando il mio amico.
< Michelle, sei stata fantastica prima > disse ricambiando l'abbraccio.
< Salve, signori Daniels > continuai salutando i suoi genitori e sua madre mi abbracciò non appena mi vide.
< Sei bellissima, tesoro >
< Grazie > risposi sorridendole < Oh, Jer, lui è mio padre e lei è mia sorella Hannah >
Jeremy guardò curioso in direzione del padre.
< Signor Waldorf, è un piacere conoscerla. Sono Jeremy > disse il mio amico stringendo la mano a papà e lo stesso fece con Hannah.
< George? > intervenne il padre di Jeremy sgranando gli occhi < Sono Bryson, Bryson Daniels. Andavamo al college insieme >
< Ma certo, Bryson! > esclamò andando a salutare il suo vecchio amico e dal momento che papà e i signori Daniels si erano messi a fare comitiva, io ne approfittai per prendere in disparte Hannah e Jeremy per cercare le mie amiche, ma Jeremy deviò per andare a salutare dei suoi amici.
< Hannah, vieni con me, ti presento le mie amiche > le dissi sorridendole e dopo aver cercato dappertutto, le trovai in un angolo a chiacchierare < ragazze! >
< Eccola! > esclamò Vanessa abbracciandomi < Ti stavamo giusto cercando >
< Ragazze, lei è Hannah, mia sorella > dissi presentandola e notai con gioia che entrò subito in sintonia con loro, specialmente con le “piccole Clovers”.
Stavamo parlando di un'ipotetica vacanza in Florida nella casa di Megan quando Jeremy mi venne incontro tutto trafelato.
< Devo dirti una cosa >
< E cioè? > risposi sorridendogli.
< Ti ho mentito. Non ti porto a Sydney >
< Cosa? Ma allora perché hai…? >
Non riuscii a finire la frase perché mi venne posata davanti agli occhi una macchina fotografica professionale, oltretutto Nikon, con in bella vista lo scatto in cui io stavo esultando per il diploma ricevuto prima di scendere dal palco. La fotografia era venuta bene e…cavolo, ero davvero bella!
Mi voltai per scoprire chi avesse scattato la foto, ma non appena scorsi una sagoma indistinta, la luce del sole mi colpiva in pieno gli occhi e mi impediva di vedere chiaramente, due labbra calde, davvero calde, si posarono sulle mie. Non ci voleva molto per capire chi fosse e portai immediatamente le braccia intorno al suo collo e mi aggrappai a lui con forza, mentre le nostre lingue danzavano insieme dopo giorni di lontananza ma che parevano un'infinità.
< Sei bellissima, Mitchie > mi sussurrò non appena ci staccammo per riprendere fiato.
< Oh, sei tu > replicai con finto dispiacere < cavolo, ero convinta che a baciarmi fosse Luke Levine, il nostro quaterback. Sai, siamo usciti insieme qualche sera fa ed è tremendamente sexy > continuai ridendo, ma lui storse la bocca < sono così felice che tu sia qui > continuai mentre lo abbracciavo.
< Non mi sarei mai perso questo giorno così importante per te. Il blu ti dona, sei davvero un incanto >
Gli sorrisi e lo baciai, mentre sentivo Megan fare commenti fuori luogo.
< Megan, piantala! > intervenne Jenny ridendo e mi allontanò per abbracciare Robert, mentre Jeremy mi si avvicinò all'orecchio.
< Piaciuta la sorpresa? >
< Tu cosa centri? > chiesi sorridendogli.
< Io sono andato a prenderlo in aeroporto >
< Sei il migliore amico migliore del mondo! > esclamai abbracciandolo, ma qualche attimo dopo Robert mi strappò dalle sue braccia.
< Amico, te la sei già spupazzata abbastanza in questi giorni, ora tocca a me > disse il mio bellissimo ragazzo mentre mi teneva tra le sue braccia e sorrisi apertamente.
< Allora ti sono veramente mancata > constatai guardandolo dolcemente.
< Tu che ne dici? > replicò mentre mi baciai il collo e in quel momento sentii premere sulla mia gamba.
Arrossii violentemente, borbottai un "maniaco" e mi nascosi tra le sue braccia, mentre lui se la rideva di gusto.
< Hey, tu, allontana quelle mani da mia figlia! > esclamò mio padre e la sua voce fu talmente dura da farmi schizzare lontana da lui.
< Signor Waldorf, è sempre un piacere vederla > replicò Robert sorridendogli e gli strinse la mano < ciao, Hannah >
< Ciao, Robert. Ti trovo in gran forma >
< Già > replicai assottigliando lo sguardo < sei abbronzato >
< Beh, sì, il servizio l'abbiamo fatto in riva al mare > ci spiegò un po' imbarazzato da tutti gli sguardi curiosi puntati su di lui e quando guardai Jeremy mi ricordai del viaggio.
< Jer, spiegami di Sydney > gli dissi assottigliando lo sguardo.
< Hey, Pattinson, mi aiuti tu? > rispose Jeremy guardando Robert e lo imitai nel gesto.
< Rob, tu ne sai qualcosa? >
< Touche > replicò avvicinandosi con uno sguardo da chi la sapeva lunga < mi è stato riferito da Jeremy tutto il casino che è successo. Mi dispiace se te la sei presa con le tue amiche. Ho detto io loro di non dirti niente >
< Perché? >
< Perché volevo farti una sorpresa per il tuo diploma e molto egoisticamente ti ho impedito di andare a divertirti con loro per stare con me >
< Ma tu non dovevi trascorrere due settimane con i tuoi amici a Londra? >
< E così sarà. Solo che non sarà a Londra e ci sarai anche tu > disse baciandomi la fronte.
< Questo tuo parlare criptico mi sta dando sui nervi. Vuoi dirmi cosa sta succedendo? >
< No > replicò scuotendo la testa < lo scoprirai questa sera >
< Te ne pentirai >
< Non credo proprio > replicò ghignando < torno a casa a sistemare alcune cose, ci vediamo dopo >
< E mi lasci così? >
< Sì > asserì baciandomi la fronte < a più tardi, tesoro >
Quando lo vidi sparire dalla visuale, poiché era stato circondato da un sacco di ragazze che volevano un suo autografo, mi voltai verso le mie amiche che si guardavano complici.
< Ti divertirai, Michelle > disse Megan facendomi l'occhiolino < certo, non sarai con noi in Grecia, però ti divertirai parecchio >
Impuntarsi per scoprire qualcosa era del tutto inutile, per cui mi godetti la compagnia dei miei amici, di Hannah e di papà finché non si fece ora di accompagnarli in aeroporto e li lasciai tornare a Newark a malincuore.
Tornai a casa, dirigendomi a passo spedito verso quella di Robert che era, come tutte le volte che era qui, assediata dai giornalisti. Bussai e attesi impazientemente che mi aprisse e quando lo fece schizzai dentro casa.
< Io li odio > sbottai mentre guardavo al di là delle tende.
< Abituatici, tesoro > replicò mentre mi abbracciava da dietro e quando sentii il suo profumo chiusi gli occhi, inspirando aria < finalmente sei arrivata > continuò mentre mi lasciava scie bollenti con le sue labbra sul mio collo e sentii un improvviso calore.
< Rob…che ne diresti di mangiare qualcosa? >
< Certo > rispose sorridendomi e mi prese per mano portandomi in cucina, che era piena di candele e petali di rose < dimmi che ti piace >
< E me lo chiedi anche? > replicai sorridendo < è bellissimo. Dovresti andare via più spesso >
< Lo prenderò in considerazione > replicò spostandomi la sedia da vero gentiluomo per farmi sedere.
< Un perfetto English man >
< Lieto che queste attenzioni la soddisfino, milady >
< Rob? > lo chiamai mentre prendeva i piatti < Hai cucinato tu? > chiesi preoccupata.
< No, stai tranquilla >
< Hai chiamato un servizio catering? >
< No >
< E allora cosa? >
< Ho preso del cibo cinese > rispose passandosi una mano sui capelli visibilmente imbarazzato e non potei fare a meno di non ridere.
< Se non ci fossi tu, bisognerebbe inventarti > gli dissi mentre mi veniva servita una porzione di ravioli ai gamberi al vapore.
< Grazie, tesoro > rispose sorridendomi e, al chiaro delle candele, iniziammo a mangiare: mi raccontò del servizio fotografico e di quanto fosse bella Buenos Aires, mentre io gli raccontai del mio esame.
Per dessert aveva preso nella mia pasticceria preferita due porzioni di torta al cioccolato e me la servì con tanto di rosa accanto.
< Sei…non ho parole, sei fenomenale >
< Sono contento che ti piaccia tutto questo. Insomma, è una giornata speciale e volevo che fosse tutto perfetto > rispose sorridendo e finché non finimmo il dolce nessuno dei due parlò, in compenso non smettevamo di fissarci negli occhi < ho un piccolo regalo per te > disse alzandosi dalla sua sedia e sparendo in sala, tornando pochi secondi dopo con un pacchetto: la oaprii e vidi che era una maglia dei Simple Plan, con tanto di dedica di Pierre, il cantante: “Cara Michelle, ci dispiace non averti avuto con noi questa sera. Speriamo di vederti al nostro prossimo concerto. Pierre”
< Non so se adorarti per questo regalo o odiarti per avermi fatto ricordare il fatto di essermi persa il concerto >
< Io speravo ti piacesse >
< Non me la bevo > replicai e lui scoppiò a ridere.
< Okay, lo ammetto, volevo farti soffrire ancora un po'. Ma ora ho una sorpresa per te e questa so che ti piacerà > disse porgendomi una busta e quando la aprii rimasi senza parole: dentro c'erano quattro biglietti aerei con volo in prima classe e con destinazione a Barcellona, per non parlare dell'albergo a quattro stelle, il Four Seasons, prenotato per due settimane.
< Tu mi stai prendendo in giro, vero? > chiesi senza smettere di sorridergli.
Robert scosse la testa e mi sorrise a sua volta, mentre io lo guardavo incantata: come faceva ad essere così bello anche mentre compiva gesti normalissimi?
< Affatto. Un'automobile sarebbe stata più tradizionale, ma siccome ce l'hai già ho pensato di regalarti un bel viaggio con me in Spagna. Ora dimmi grazie e non lamentarti >
< Fammi capire bene > gli dissi mentre mi avvicinavo a lui e cinsi le braccia attorno alla sua vita < mi porti in un posto che ho sempre desiderato vedere per quattordici giorni a parlare la lingua straniera che più amo al mondo e io dovrei lamentarmi? Dalla mia bocca non uscirà nessuna nota negativa, sappilo > continuai alzandomi in punta di piedi e arrivai alle sue labbra < è fantastico, non ti ringrazierò mai abbastanza. Ma come farai con i tuoi amici? >
< Verranno anche loro >
< Scherzi? Trascorrerò due settimane con cinque uomini? >
< Quattro, Bobby non può venire e Tom si porta dietro mia sorella > rispose e al sentir quelle parole sorrisi: da quando Robert mi aveva presentato la sua famiglia avevo legato molto con Victoria, che definivo la mia versione bionda e inglese, ma con un passato più pulito alle spalle.
< Che bello, che bello, che bello! > trillai saltellando e per poco non diedi una craniata contro la fronte di Robert.
< Frena l'entusiasmo, signorina > ribatté senza riuscire a fare il serio.
Mi baciò la fronte e mi portò in sala, obbligandomi così a non finire quella bontà di torta.
< L'Argentina deve essere splendida > commentai mentre vidi la valigia accanto alla televisione.
< Lo è > replicò mentre mi passava un braccio intorno alle spalle < tuo padre mi sembra in forma >
< Infatti > dissi annuendo < l'ho davvero visto bene > continuai sorridendo.
< Ma Bianca dov'era? > domandò curioso e scossi la testa.
< Chicago > risposi fredda < è partita la scorsa notte. Sì, si è persa la consegna dei diplomi della sua unica figlia. Ma non me ne frega un accidente, infondo quella non riesco più nemmeno a definirla madre. È…un'estranea >
< Non credi di essere un po' troppo dura? >
< Ti ricordo che per causa sua l'ultima volta che ci siamo visti ero reduce da una sbornia per colpa sua >
< Partiamo tra tre giorni, hai tutto il tempo del mondo per fare shopping e la valigia >
Annuii sorridendo e mi appiattii ancora di più a lui.
< Questa sera posso dormire qui con te? > domandai sussurrando, ma lui mi sentii benissimo e mi baciò i capelli.
< Davvero credi che ti avrei lasciato tornare a casa? Questa sera sei mia, Waldorf > disse guardandomi negli occhi e un lungo brivido mi partì dalla schiena.
Non parlai, non c'era bisogno di dire niente, e quando afferrai con entrambe le mani il colletto della sua camicia per avvicinarlo a me non oppose resistenza e in men che non si dica me lo trovai su di me sul divano. Cercai le sue labbra e lo baciai, meravigliandomi di come mi fossero mancate, e portai le mani sui suoi capelli, che tanto amavo e che adoravo toccare, mentre lui si reggeva con le braccia per non gravarmi col suo peso. Ma proprio in quel preciso istante il suo cellulare squillò.
< Rob? > lo chiamai tra un bacio.
< Uhm? > mugugnò in risposta mentre era sceso a baciarmi il collo.
< I…il t…tel…efono > risposi ansimando, estasiata dall'effetto delle sue labbra al contatto col mio corpo.
< Lo lascio squillare >
< Potrebbe essere importante > replicai cercando di farlo ragionare e quando si alzò dal divano sentii un improvviso freddo.
< Non muoverti > mi disse mentre si allontanava verso la cucina < pronto?…Cazzo, Tom, un altro momento per chiamare non l'avevi, vero? > sbottò e mi misi a ridere divertita, poi mi alzai e lo raggiunsi nell'altra stanza < Che razza di domanda è? È ovvio che sia con lei! >
Mi sedetti sul ripiano della cucina vicino a Robert e quando mi si avvicinò lo arpionai con le mie gambe.
< Ciao, Tom! > esclamai con voce giuliva mentre stringevo la presa per non farlo scappare. < Non te la passo, piantala > ribatté il mio bellissimo ragazzo serio e per farlo ammorbidire un po' gli baciai il collo, mentre le mie mani seguivano il profilo dei suoi muscoli da sopra la camicia, fino a posizionarsi sulla sua cintura, poi mossi lentamente il mio bacino, constatando che questo gesto lo faceva eccitare parecchio < cazzo, Michelle > sussurrò con voce roca per non farsi sentire da Tom e nello stesso istante chiuse gli occhi, come se volesse bearsi di quel momento.
Gli sfilai il telefonino di mano e me lo portai all'orecchio.
< Hey, Tom! > esclamai sorridente, mentre Robert mi stava guardando sconvolto.
< Ciao, bellezza! Come stai? >
< Alla grande, tu? >
< Idem. Allora, sei contenta di venire in Spagna? >
< Certo! E stavo giusto per dimostrare a Robert quanto fossi contenta, ma tu hai chiamato… > dissi ghignando mentre guardavo Robert, il quale rispose con un ghigno perfido come il mio, ma non capivo cosa volesse fare.
< E allora non ci sono problemi > ribatté Tom ridendo < sai, Vic è davvero contenta di trascorrere due settimane con te >
< Anche io, davvero. Mi manca un sacco > dissi sorridendo, ma quando Robert mi alzò la gonna e mi accarezzò le cosce con insistenza faticai a trattenere il gemito, che sembrava volesse uscire prepotentemente dalle mie labbra.
< Come sono andati gli esami? E la cerimonia? >
< Tutto…tutto bene, dai. I test sono andati bene, specialmente quello di matematica. Il che mi ha un po' sorpresa, io sono una frana in matematica > risposi mentre tentavo di allontanare le mani di Robert dai bottoni della mia camicetta, ma con fare astuto lui aveva portato la mani sotto di essa e dai fianchi stava risalendo fino a raggiungere i seni.
< Sono felice per te >
< G…grazie > gli dissi mentre cercavo di trattenere il gemito dovuto dalla mano di Robert che si era insinuata sotto il reggiseno e mi stava massaggiando un seno, mentre con le labbra mi torturava il collo.
< Michelle, va tutto bene? Hai una voce strana >
< S…to be…bene, Tom > risposi facendo lunghe inspirazioni per non fare figuracce, ma quando Robert ebbe terminato di slacciarmi la camicetta le sue labbra lasciarono il mio collo per spostarsi nell'incavo del seno e lì fu la fine: non ce la facevo più a trattenermi e gemetti.
Dall'altro capo del telefono non sentii niente per una trentina di secondi, dopodiché sentii Tom ridere.
< Cosa state combinando voi due? > chiese senza smettere di ridere ed io arrossii, mentre Robert mi guardava con quel suo stupido ghigno soddisfatto.
Mi sfilò di mano il telefono, liquidò Tom con un “ti chiamo più tardi” e lo posò sul tavolo.
Robert Pattinson era un'idiota. Un emerito, gigante, totale idiota. Cosa diavolo voleva fare, se non si fosse fermato mi avrebbe procurato un orgasmo mentre ero al telefono? Certe volte la sua infantilità mi lasciava senza parole.
< Sei uno stronzo > gli dissi mentre mi riabbottonavo la camicetta.
< Coraggio, non dirmi che non ti è piaciuto > replicò ghignando e scesi dal ripiano sistemandomi la gonna, mentre scuotevo la testa quasi…disgustata era la parola più giusta.
< È stata una cosa di pessimo gusto, Robert > gli dissi portando le braccia sotto il seno, ma Robert continuò a ridere.
< Quanto sei bugiarda. Il tuo sguardo è eccitato, lo si vede benissimo. Ti è piaciuto, ammettilo >
< Senti, vai a quel paese > sbottai mentre uscivo dalla cucina, ma lui mi bloccò il polso facendomi voltare verso di lui e mi baciò, stringendomi la vita.
< Tu puoi provocarmi e io no? > domandò ghignando mentre mi teneva stretta tra le sue braccia.
< Mollami! > esclamai mentre tentavo di divincolarmi, ma Robert scosse la testa e mi baciò le labbra. Dio, avevo una voglia assurda di tirargli un pugno in faccia.
< Te l'ho detto, Waldorf, questa sera non ti faccio andare da nessuna parte. Questa sera sei mia > alitò sul mio collo, mentre le sue mani continuavano a vagare sul mio corpo.
Era inutile tentare di divincolarsi: Robert era molto più forte di me e dimenarsi non avrebbe portato a nulla di buono. L'unica cosa da fare era arrendersi, forse avrebbe capito quanto il suo gesto mi avesse fatto male.
< Ti detesto > gli dissi freddamente mentre lasciavo cadere le braccia a peso morto < hai la minima idea di quanto sia stato umiliante per me? >
< Tu non volevi fare lo stesso? > replicò mentre mi guardava negli occhi e scossi la testa.
< Non sarei arrivata a tanto. È vero, volevo provocarti un po', ma non avrei di certo esagerato. Non mi sembra di averti fatto gemere, non mi pare che Tom ti abbia scoperto, che abbia riso di te… >
Robert abbassò lo sguardo, forse per non vedere le lacrime che premevano per uscire dai miei occhi, ma prima ancora che potessi rendermene conto le mie braccia si erano avvinghiate ai suoi fianchi e stavo piangendo.
< Mitchie, che ti prende? > chiese premuroso mentre mi accarezzava la testa < Mi dispiace, non credevo di aver esagerato così tanto > continuò, ma scossi la testa.
< Non è per questo > gli dissi mentre tiravo su col naso e lo guardai negli occhi: il trucco era sicuramente andato a farsi benedire, sicuramente avevo gli occhi da panda, ma non mi importava. Niente era peggio di come mi sentissi.
Mi prese la mano e mi portò a sedere sul divano, si sedette accanto a me e mi strinse tra le sue braccia, cullandomi per farmi calmare e mi baciò la fronte.
< E allora cosa? >
< Non ci sopportiamo più, è vero, fatichiamo a vivere sotto lo stesso tetto, ma cazzo, questo era un giorno importante per me! Papà ha preso un aereo solo per vedermi per due ore, tu sei partito da Buenos Aires per venire e lei? Lei è partita lasciandomi uno stupido biglietto con su scritto che sarebbe andata a Chicago per il nuovo casting di modelle per la sua stupida sfilata. Non mi ha detto niente circa la consegna dei diplomi > confessai sfogandomi, ero stanca di tenermi dentro tutta la delusione che avevo provato e non disse niente, mi abbracciava e mi accarezzava la schiena, mentre io, sul divano, mi ero rannicchiata addosso a lui < questa non è decisamente la serata che mi aspettavo. Insomma, mi aspettavo del sesso, di certo non mi sarei mai aspettata di scoppiare in lacrime così. Mi dispiace >
< Non essere ridicola > replicò mentre mi asciugava le lacrime dagli occhi < prima di essere il tuo fidanzato, sono tuo amico. Non tenermi nascosto niente, va bene? Mitchie, io per te ci sono sempre > continuò sorridendomi e ricambiai il sorriso.
< Grazie > sussurrai stringendomi a lui e solo in quel momento mi sentii in pace: la figuraccia fatta con Tom e lo sfogo per colpa di mia madre sembravano essersi dissolti nel nulla.
Gli accarezzai la guancia, beandomi del contatto e chiusi gli occhi, incamerando più aria possibile nei miei polmoni, e ben presto sentii le sue labbra muoversi sensualmente sul mio collo. Sentivo il mio cuore battere all'impazzata e il respiro divenire sempre più irregolare; portai le mani sui suoi capelli e li strinsi, dirigendolo verso le mie labbra, regalandoci un bacio mozzafiato. Spostò le sue mani dalla mia schiena, sopra la camicia, ai miei fianchi, toccò la pelle nuda e mi sentii andare a fuoco.
Afferrandomi per i fianchi mi fece sedere su di lui e mi appiattii al suo corpo, desiderosa come non mai di liberarlo da quella maglietta, cosa che feci dopo nemmeno un minuto e rimasi piacevolmente sorpresa nel vedere che i suoi muscoli erano più tonici.
< Qualcuno ha fatto palestra > gli feci notare piacevolmente sorpresa.
< Due ore al giorno per cinque giorni. Mi volevano perfetto e mi hanno fatto lavorare molto con i bicipiti e per aumentare gli addominali. Ti piace quello che vedi? > ribatté con voce roca, probabilmente dovuto dal movimento delle mie dita su tutto il suo corpo.
Sorrisi e annuii, avvicinando le labbra al suo orecchio.
< Mi piace da matti > replicai mordendogli il lobo e lo sentii fremere al mio tocco.
Mi allontanai quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi: non era necessario dire niente, ero sicura che sapesse ciò che volevo ed ero convinta che lo volesse anche lui. Senza interrompere il contatto visivo feci scivolare le mani sul suo torace, fino a raggiungere la cintura, che slacciai senza troppa difficoltà, poi sbottonai i pantaloni dei suoi jeans e mi alzai in piedi per sfilarglieli, notando con piacere che i suoi boxer cominciavano a stargli stretti.
< Cosa c'è? > domandò sorridendo e scossi la testa.
< Sei bellissimo. E se solo provi a replicare ti uccido >
Robert rise e mi slacciò i bottoncini della camicetta, baciandomi ogni centimetro di pelle che liberava.
< Vieni > disse alzandosi in piedi e mi prese in braccio, abbandonando le nostre maglie sul divano.
< Dove? >
< Indovina? > rispose roco senza lasciarmi andare e ben presto mi trovai stesa sul suo letto e lui sopra di me, che tentava di non gravarmi col peso reggendosi sulle braccia < sei…non ho parole, sei fantastica > sussurrò sul mio collo e quando le sue dita si insinuarono sotto il mio reggiseno, gemetti: mi era davvero mancato da matti e ora il speravo che il suo tocco si protrasse all'infinito.
< R-Robert > gemetti quando entrò in me.
< Sì, piccola? > rispose mentre mi baciava la spalla.
< T-t-ti… >
< Ti cosa, Mitchie? > chiese sogghignando < ti…ti andrebbe un gelato? Era questo quello che volevi chiedermi? >
< N-no > gemetti ancora una volta mentre aumentava le spinte.
< Oh…volevi chiedermi se mi andava di andare a vedere un film? >
Trattenni il fiato, giusto per darmi un po' di contegno, ma quando non resistetti più mi lasciai andare. Robert uscì da me, mi prese tra le sue braccia e mi baciò la fronte, mentre io mi voltavo per guardarlo negli occhi e feci incastrare le nostre gambe.
< Sei un idiota > sussurrai rilassandomi e chiusi gli occhi, beandomi delle carezze alla schiena che mi stava facendo.
< Ah, e comunque…ti amo anche io > sussurrò anche lui al mio orecchio e sorrisi felice.
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Capitolo 35 *** España en el corazón ***
España en el corazón
Aeroporto di Parigi, ore dodici.
Robert ed io stavamo aspettando che venisse aperto l'imbarco per raggiungere Barcellona e non ne potevo più. Eravamo all'aeroporto di Parigi, la città dell'amore, e non avevo visto niente. Niente, nemmeno la Torre Eiffel, se non da lontano. Avevamo alloggiato in un hotel vicino all'aeroporto, avevamo dormito per tutto il tempo per colpa del fuso orario e la sera seguente avevamo fatto le corse per non perdere il volo.
Ed ora eccoci qui, davanti al gate e personalmente non vedevo l'ora di partire, soprattutto perché non ne potevo più delle ragazzine che fissavano Robert, lo indicavano, ma non avevano il coraggio di andare da lui. Erano ridicole e irritanti.
Sbuffai sistemandomi al meglio sulla sedia e vidi Robert lanciarmi un'occhiata, poi abbassò nuovamente lo sguardo. Visti dall'esterno, non sembravano una coppia: Robert stava maneggiando con il suo telefonino, mentre io avevo deciso di ascoltare un po' di musica dal mio mp3. Ma ad un certo punto, stanca dal troppo caldo, appoggiai la testa sulla spalla di Robert e chiusi gli occhi, appisolandomi.
< Informiamo i gentili viaggiatori che l'imbarco del volo XZCD849 diretto a Parigi è aperto. Inizieremo ad imbarcare la prima classe > ci informò una hostess al microfono e mi svegliai di soprassalto.
Ci alzammo in piedi per salire finalmente su quel benedetto aereo e la hostess quando vide Robert rimase piacevolmente sorpresa e gli sorrise mentre controllava la sua carta di imbarco; controllò anche la mia e ci augurò di fare un buon viaggio dopo averci ringraziato di aver scelto la loro compagnia. Attraversammo il tunnel che ci avrebbe condotto all'aereo senza lasciare le nostre mani intrecciate e quando arrivammo a destinazione da bravo cavaliere mi fece entrare sull'aereo per prima.
< Buonasera e benvenuti > ci disse una hostess giovane, avrà avuto sì e no venticinque anni, e quando riconobbe che il ragazzo accanto a me era Robert sbiancò < oh…signor Pattinson, è un'onore averla a bordo. Salve >
< Salve > rispose Robert sorridendole di cortesia e mi schiarii la gola, giusto per far presente che anche io ero lì.
< Oh, cielo, che sbadata! > esclamò la biondina riprendendosi < Prego, mi faccia vedere il biglietto per la sua postazione >
< Non serve, ci pensiamo noi > intervenni sorridendole cortesemente, ma lei scosse la testa.
< Assolutamente no, questo è il mio lavoro > ribatté scoccandomi un'occhiataccia e dopo aver guardato il biglietto da Robert, sempre perché non mi considerava, ci accompagnò alle nostre postazioni < per qualunque cosa, mi chiami, non ci sono problemi > continuò sorridendo giulivamente al mio ragazzo, il quale accennò un sorriso.
< Perfetto, grazie, ciao > le dissi guardandola freddamente e lei, dopo aver ricambiato il mio sguardo, se ne andò lasciandoci finalmente soli.
< Mitchie, rilassati…mi stai distruggendo una mano >
Guardai Robert con uno sguardo omicida e gli indicai il posto al finestrino.
< Tu ti siedi lì > gli dissi scandendo le parole una ad una.
< Non eri tu quella che adorava guardare fuori il paesaggio? >
< Non mi interessa, tu alla mercé di quella non ci stai > replicai guardando la hostess, che nel frattempo stava controllando i biglietti di altri passeggeri, ma stranamente non era stata così cordiale come con Robert.
< Agli ordini > asserì Robert ghignando.
< Ti pare divertente? > chiesi stizzita.
< Sì, parecchio > replicò rilassandosi < ci guardiamo un film più tardi? >
Annuii mentre mi allacciavo la cintura come ci era appena stato ordinato di fare e qualche minuto dopo il portellone venne chiuso, le hostess iniziarono a fare il loro “spettacolino” e la biondina di prima non la piantava di fissare Robert: oh, di lì a poco qualcuno sarebbe stato gettato fuori dall'aereo dalla sottoscritta.
Dopo la partenza e la fine dell'obbligo di tenere allacciate le cinture di sicurezza la gente cominciò a fare avanti e indietro lungo il corridoio, per non parlare della biondina, che ogni cinque minuti si avvicinava a chiedere se avessimo bisogno di qualcosa e ogni volta si fermava a guardare Robert più del dovuto. Dopo la ventesima richiesta, e per venti volte le avevamo risposto educatamente di no, alla ventunesima non ce la feci più a stare zitta.
< Se ti abbiamo risposto no le prime venti volte, come pretendi che alla ventunesima noi ti diciamo di sì? Anche se ormai sono talmente disperata che potrei inventarmi qualunque cosa. Lo vedi questo bellissimo pulsante? Come ben sai serve per chiamarvi. Non appena il mio fidanzato > dissi scandendo bene l'ultima parola < spingerà il pulsante, tu potrai correre per venire a sapere cosa vuole. Nel frattempo, ti prego, lasciaci in pace. Mi dai sui nervi > continuai sbuffando: ero stata paziente anche troppo, ma ora basta, non ne potevo più.
Quella ragazza, che lessi dalla targhetta che si chiamava Harmony, mi guardò sbalordita e senza aggiungere altro si allontanò.
< Non credi di essere stata un po' cattiva? > azzardò Robert, ma lo fulminai con lo sguardo.
< Mi stai prendendo in giro, vero? >
< Cercava di essere gentile > replicò alzando le spalle.
< Robert, sii meno ingenuo. Era petulante, non gentile > lo corressi mentre mi sistemavo meglio nel sedile e per cinque minuti nessuno dei due disse niente, finché non vidi il braccio di Robert alzarsi e il dito indice premere sul tasto per chiamare la hostess < è uno scherzo, vero? > chiesi guardandolo, ma lui sorrise e scosse la testa.
< Posso fare qualcosa per lei, signor Pattinson? > domandò Harmony pochi secondi dopo.
< Potrebbe portarmi una bottiglia d'acqua? Michelle, tu vuoi qualcosa? > continuò guardandomi, ma il mio unico desiderio al momento era quello di amputargli un braccio.
< No, niente > risposi guardandolo malissimo, ma con la coda dell'occhio vidi Harmony sorridermi vittoriosa.
Quest'ultima tornò con l'oggetto da Robert richiesto e quando si allontanò lo pregò per l'ennesima volta di chiamarla per qualunque cosa. Ma lo sapeva che si stava rendendo ridicola davanti a tutti? Non appena lei si allontanò, Robert posò la sua bottiglia sul tavolinetto e guardò fuori dal finestrino.
< Non bevi? >
< Non ho sete > replicò con un finto sorriso innocente.
< E allora perché l'hai chiamata? > domandai scandendo le parole e mentre mi stavo trattenendo dall'ucciderlo.
< Volevo provocarti > rispose alzando le spalle e assottigliai lo sguardo: l'avrebbe pagata, poco ma sicuro.
Rise della mia espressione e dopo aver visto che stavano programmando Ace Ventura si mise le cuffie alle orecchie e si guardò il film, mentre io, stanca, appoggiai la testa sulla sua spalla.
< Signor Pattinson, ha chiamato? > sentii ancora dire da quell'odiosa hostess, ma ero troppo stanca per dire qualcosa.
< Potrebbe portare una coperta? > rispose Robert con un tono di voce basso e due minuti dopo sentii qualcosa di caldo posarsi su di me.
Sospirai compiaciuta e mi strinsi a Robert, che mi baciò la fronte.
< Hai idea di quanto manchi? > domandai con voce impastata dal sonno.
< Ancora un po', ti conviene riposarti >
< E tu? >
< Non sono stanco >
< Okay…notte >
< Buonanotte, Mitchie >
Oltre alla coperta mi sentii avvolgere da due braccia calde e forti e mi addormentai col sorriso sulle labbra.
Mi svegliai nel silenzio più assoluto e al buio, non sentivo nemmeno le hostess parlare. Sbadigliai e quando voltai la testa di lato vidi che anche Robert stava dormendo, ma era senza coperta, a differenza di me. Spostai l'oggetto e coprii bene Robert, poi mi alzai e andai in bagno.
< Signorina, possiamo fare qualcosa per lei? > domandò una hostess molto più simpatica di quella Harmony.
< Cercavo il bagno > risposi mentre mi grattavo la testa.
< Deve andare alla fine dell'altro corridoio >
< Oh, ma certo > replicai sorridendole < la ringrazio >
< Si figuri. Il volo sta andando bene? >
< Sì, benissimo > dissi annuendo.
Mi incamminai fino al bagno, constatando che i passeggeri ancora svegli li si potevano contare con le dita di un palmo della mano e quando tornai al mio posto mi strinsi a Robert.
< Mitchie, tutto bene? > domandò mentre mi accarezzava la mano.
< Sì, ero andata in bagno > risposi sorridendogli e mi misi anche io sotto la coperta, mentre Robert mi stringeva a sé, per quanto il bracciolo ce lo permettesse e senza aggiungere altro ci addormentammo.
< Mitchie? Coraggio, siamo quasi arrivati > mi chiamò Robert con dolcezza e quando mi svegliai vidi il suo viso vicino al mio non potei fare a meno di sorridere.
< Ciao >
< Come hai dormito? >
< Male, ovviamente > replicai mentre mi massaggiavo il collo < non è un letto >
Robert rise della mia risposta e la simpaticissima Harmony disse al microfono che stavamo iniziando a scendere, pertanto dovevamo indossare le nostre cinture di sicurezza.
Dal momento in cui i miei piedi avevano lasciato l'aereo non facevo altro che vedere i cartelli con su scritto “Biendevidos a Barcelona”, oppure “Bienvenidos a España”, o ancora “España, la tierra de las maravillas”. Ero troppo felice, talmente euforica da far impazzire Robert, che mi lanciava sguardi disperati e al tempo stesso divertenti.
< Ti vuoi calmare? > ripeté quella domanda per la centesima mentre mi afferrava per le spalle.
< Tu non capisci! > esclamai eccitata < Sono a Barcellona! Non posso crederci! > trillai e mentre aspettavo la valigia non facevo altro che saltare sul posto.
< Mitchie, ti stanno fissando tutti >
< Beh, lascia che mi fissino > ribattei alzando le spalle < tanto non conosco nessuno >
Robert mi fissò sorridendo e mi aiutò a recuperare la valigia, che arrivò praticamente per ultima sul nastro trasportatore, poi uscimmo dall'aeroporto.
< Forza, Miss Felicità, ho una gran voglia di andare in albergo a farmi una doccia > mi disse portandomi il braccio attorno alle spalle e mi indicò un taxi libero.
< Agli ordini, capo > replicai sorridendogli e dopo aver dato l'indirizzo dell'hotel al tassista raggiungemmo in venti minuti la nostra destinazione < Rob, ma tua sorella e gli altri? >
< Il loro aereo parte nel pomeriggio, ci troveremo questa sera insieme >
< Bene > dissi sorridendo contenta e dopo che Robert ebbe pagato il tassista entrammo dentro l'hotel.
< Ben arrivato al Four Seasons, signor Pattinson > ci salutò il receptionist parlando in inglese.
< Grazie > rispose Robert sorridendo, mentre qualche addetto alla sorveglianza tentava di tener fuori dall'albergo paparazzi e fan.
Mi prese per mano, seguimmo il facchino che ci avrebbe accompagnato alla nostra camera e quando entrai in ascensore sgranai gli occhi: era grande quanto la mia camera da letto di Los Angeles ed era illuminato più quello che il centro commerciale la vigilia di Natale, senza contare che era circondato da quattro pareti di specchi e tutti i ricami erano in oro.
< Signori, per di qua > ci disse il facchino invitandoci a seguirlo, finché non si fermò alla stanza 312.
Infilò la chiave nella toppa, la girò e ci fece entrare per primi nella stanza, che aveva le stesse dimensioni di un appartamento nella zona di Central Park. Mentre Robert era impegnato a dare la mancia al ragazzo, io mi giravo intorno, guardando entusiasta la stanza: predominavano i colori chiari, soprattutto quello crema, nella parete difronte alla porta era posizionato un letto bianco che poteva ospitare almeno cinque persone e due comodini in legno scuro. C'era addirittura una piccola camera che fungeva da cabina armadio, un tavolino, una poltrona e un divano, entrambi color crema.
Camminai fino al bagno e sgranai gli occhi: il lavandino era in marmo, c'era una doccia gigantesca con le ante trasparenti e c'era addirittura una vasca, molto grande anche quella.
< Rob, il bagno è grande quanto il tuo salotto >
Dalla stanza principale lo sentii ridere e poco dopo mi raggiunse.
< Notevole > replicò appoggiandosi allo stipite della porta < che ne dici di farci una bella e rilassante doccia insieme? > propose mentre mi afferrava per i fianchi e subito dopo scese a baciarmi il collo, facendomi avvicinare sempre di più alla doccia.
Sospirai compiaciuta e iniziai a strusciarmi su di lui, gesto che sembrava gradire parecchio. Ghignai e mi allontanai quel tanto che bastava per togliermi la maglietta e per mostrargli il mio nuovo reggiseno grigio in pizzo.
< Dico che la tua proposta è allettante, ma no. Ora fuori dal mio bagno > risposi e lo spinsi fuori dalla stanza per poi chiudermi a chiave.
< Michelle Christina Waldorf, sei una grandissima stronza! > esclamò dall'altra stanza e risi.
Mi feci una doccia calda e rilassante, mi avvolsi attorno al morbido asciugamano che ci era stato dato dall'hotel e quando uscii dalla stanza mi trovai Robert davanti a me e sobbalzai per lo spavento.
< Mi hai fatto quasi venire in infarto! > gli dissi stizzita e quando mi resi conto che era a torso nudo mi morsi il labbro: era dannatamente bello, talmente tanto da dover essere considerato illegale.
Non mi disse niente, si limitò a guardarmi maliziosamente e a baciarmi sensualmente il collo. Chiusi gli occhi, beandomi di quelle carezze e iniziai a pregustare un contatto maggiore, che non avvenne: Robert, infatti, mi sfilò l'asciugamano e si chiuse in bagno. Che stronzo.
Mi recai fino al letto, aprii la mia valigia e dopo aver indossato un intimo pulito iniziai a rovistare tra gli indumenti per cercare qualcosa da indossare, finché non notai una cosa che mi ero completamente dimenticata di avere: era una busta, una busta bianca e aveva il timbro di Yale. La presi in mano, rendendomi conto che era piccola, decisamente troppo piccola e leggera. Era quel genere di busta che non prometteva mai niente di buono. Mi sentivo incapace di fare altro, non ne avevo la forza. Com'era possibile che il mio destino potesse dipendere da una semplice lettera?
< Speravo che ribattessi qualcosa, potevi darmi un po' di soddisfazione > disse Robert uscendo dal bagno, ma lo ignorai < Mitchie, tutto bene? > chiese avvicinandosi a me e ad un certo punto lo sentii trattenere il fiato, poi si sedette al mio fianco < Yale? >
< Yale > replicai sussurrando.
< È un po'… >
< È decisamente piccola > dissi interrompendolo e mi sentii sconvolgere da varie emozioni contrastanti: ero triste, agitata, eccitata e rassegnata.
< Vuoi che la apra io? > chiese premuroso e lo guardai negli occhi, sorridendogli grata.
< Sì, ti prego >
Ricambiò il sorriso e mi sfilò la busta dalle mani, non senza avermi baciato la fronte prima. La aprì con lentezza e dopo aver tirato fuori la lettera dalla busta cominciò a leggerla con gli occhi, mentre io tentavo di capire qualcosa dal suo sguardo, ma era impassibile.
Dopo alcuni minuti che a me parvero ore interminabili, Robert abbassò la lettera e mi guardò.
< Posso proporti un giro nel quartiere prima di incontrarci con gli altri, matricola? Ho voglia di sgranchirmi un po' le gambe >
Lo guardai sconvolta e seccata: gli aveva dato di volta il cervello? Lui doveva darmi una notizia, perché l'aveva snobbata così? Era veramente un grandissimo…
< Aspetta > dissi bloccando il mio flusso di coscienza < cosa hai detto? >
< Ti ho proposto di andare a fare un giro >
< L'ultima parola che hai detto? >
< Giro > rispose sorridendo.
< Di due frasi prima >
< Gambe > continuò divertito.
< Robert! > esclamai.
< Mitchie, non me lo ricordo! Dico sempre tante parole >
< Tu hai detto matricola! > esclamai sconvolta.
< Matricola? Sì, potrei averlo detto > replicò sorridendo sornione.
< Quindi io potrei avercela fatta > risposi imitando il suo stesso sorriso.
< Giudica tu stessa > mi disse porgendomi la lettera.
L'afferrai e incollai gli occhi su di essa. C'erano tantissime lettere, che formavano tantissime parole che a loro volta formavano tantissime frasi, ma il succo del discorso era uno solo: ero stata ammessa a Yale.
< Quindi sono una matricola, è ufficiale? >
< Sei una matricola > asserì sorridendo.
< Sono una matricola! > esclamai entusiasta e saltellai per tutta la stanza.
< Hey, non distruggere la stanza, bambina! > mi rimproverò sorridendo col tentativo di farmi calmare.
< Rob, hai idea di quanto sia felice? Lascerò quella casa, lascerò Bianca! Te ne rendi conto? Oh mio Dio, non può essere vero! > continuai senza avere la minima intenzione di calmarmi.
Robert rise e mi afferrò per i fianchi, facendomi così scontrare contro il suo petto.
< Se ti calmi un attimo riesco a congratularmi con te come si deve > mi disse senza smettere di ridere e non appena mi calmai mi abbracciò < sono davvero, davvero tanto felice per te, Mitchie > sussurrò al mio orecchio e subito una scarica di brividi mi invase il corpo.
< Rob? > lo chiamai mentre chiudevo gli occhi e mi beai dell'effetto delle sue labbra sul mio collo.
< Uhm? >
< Dobbiamo proprio uscire? > chiesi con un sussurrò, ma lui mi sentii benissimo.
< A dire il vero, io ora volevo festeggiare > replicò e mi baciò, zittendomi definitivamente.
< Devo ammetterlo, mi dispiacerà non averti più tra i piedi durante l'anno scolastico > confessò mentre mi accarezzava la schiena e mi strinsi ancora di più al suo corpo, godendo di quel contatto così piacevole.
< Non dirlo a me > replicai mentre io compievo i suoi stessi gesti sul suo petto < mi mancherà non dormire più con te la sera. Dovrebbero decisamente clonarmi >
< Perché mai? > domandò divertito.
< Perché così potrei studiare e al tempo stesso stare con te >
< Sì, ma a stare con me sarebbe la te clonata, non quella vera >
< Hai ragione > obiettai baciandogli le labbra.
< Dovresti avere il dono dell'ubiquità > mi suggerì e subito dopo le sue labbra si posarono sulla mia fronte.
< Uhm > mugugnai compiaciuta < come sei intelligente >
Portai la testa sul suo petto e chiusi gli occhi, lasciandomi cullare dal battito del suo cuore, finché non mi addormentai.
Mi risvegliai diverso tempo dopo, constatando di essere sola a letto dopo aver toccato il materasso accanto a me e averlo trovato vuoto. Mi alzai quando sentii un rumore di una cintura e vidi Robert che si stava vestendo, ma era ancora a petto nudo.
< Ci siamo addormentati ed è tardi, gli altri stanno già aspettando >
Mi stirai facendo scricchiolare le ossa e il lenzuolo mi cadde da dosso, mostrando così il mio petto nudo a Robert, il quale mi guardava famelico e al suo sguardo arrossii.
< Non ne hai ancora avuto abbastanza? > chiesi sorridendo, ma mi sentivo le guance andare a fuoco.
Robert, che stava ridendo, si avvicinò a me e mi fece stendere sotto di sé.
< L'aria della Spagna ti rende ancora più sexy. Se non fossimo in ritardo non ti farei uscire da questa stanza >
Sorrisi e portai le braccia dietro al suo collo, baciandolo con passione. Rispose al gesto e mi afferrò per i fianchi. Ero felice e non mi importava se rischiavamo di fare ancora più tardi: avevo il mio Robert, cosa potevo desiderare di più?
Ad un certo punto, però, qualcuno bussò talmente forte che entrambi ci spaventammo.
< Cazzo, ma volete muovervi? Stiamo morendo di fame! > esclamò una voce maschile, Tom, per essere precisi.
Mi allontanai da Robert e corsi ad aprire la porta, ma quando girai la maniglia e aprii la porta di qualche centimetro, ma lui con una manata la chiuse subito.
< Cosa diavolo fai? > gli chiesi senza capire.
< Sei nuda > replicò indicandomi mentre aveva un sopracciglio inarcato e avvampai: mi ero completamente dimenticata di quel minuscolo dettaglio.
Presi l'intimo che era finito precedentemente sulla poltrona e schizzai verso la cabina armadio, aprii la valigia e tirai fuori un vestito nero, che mi lasciava la schiena completamente scoperta, abbinandolo all'unico paio di sandali neri col tacco che mi ero portata dietro, e quando tornai da Robert lo vidi accanto a Tom. Quando vidi quest'ultimo dovetti trattenermi per non ridergli in faccia: lo stile di abbigliamento era simile a quello di Robert, ovvero jeans, maglietta a mezza manica con sopra camicia a quadri e ai piedi un paio di scarpe da ginnastica, ma il cappello beige anni cinquanta e la lunga barba che lo faceva apparire un barbone trasandato ci stavano malissimo. Dove era finito il mio amico snob?
< Tom! > esclamai correndogli incontro e mi catapultai tra le sue braccia.
< Come stai, bellezza? >
< Alla grande > risposi sorridendogli < okay, devo chiedertelo > dissi ridendo < perché la barba? >
< Mi piace! E piace anche a Victoria >
< Sembri un barbone > replicai ridendo.
< Ma certo! > sbottò roteando gli occhi < Robert si fa crescere la barba ed è un gran figo, ma se lo faccio io passo per un barbone >
Risi divertita a quella risposta e scossi la testa.
< Tom, ricordi quando tre mesi fa mi sono fatto crescere la barba per quello spot inglese? > ribatté Robert poggiando le sue mani su entrambe le mie spalle.
< Sì, certo. Mia cugina mi ha detto che su Teen Vogue c'era una tua foto e la giornalista nel suo articoletto ti ha definito ancora più sexy con quell'aria da uomo vissuto >
Trattenni una risata e abbassai lo sguardo.
< La signorina qui accanto finché non me la sono tagliata ha chiamato Albus Silente >
A quella risposta Tom scoppiò a ridere e scosse la testa.
< Era a dir poco osceno > replicai, guadagnandomi un'occhiataccia dal mio bellissimo e attualmente sbarbato ragazzo.
Non mi lamentavo quando aveva un po' di barba, ma giusto un po'. Il Robert con la barba alla Albus Silente non mi piaceva.
< Michelle, scarica il mio amico e sposami, ti prego > disse Tom senza smettere di ridere e si mise addirittura in ginocchio!
< E con mia sorella come fai? > ribatté Robert incrociando le braccia al petto e assottigliò lo sguardo.
< Ho qui davanti a me una ragazza che non ha problemi a prenderti in giro, scommetto che anche Victoria vorrebbe sposarla >
< È la cosa più carina che mi abbiano mai detto! > esclamai abbracciando il mio caro amico ancora una volta, sotto lo sguardo di un Robert offeso.
< Coraggio, ora scendiamo di sotto e andiamo da qualche parte a mangiare >
Presi Tom a braccetto e uscimmo dalla stanza, aspettammo che Robert chiudesse la porta e tutti e tre ci dirigemmo in ascensore. Abbandonai il braccio di Tom per il caldo abbraccio di Robert, il quale mi baciò una tempia non appena mi strinse a sé. Gli sorrisi dolcemente e in quell'esatto momento sentimmo Tom tossire e biascicare qualcosa.
< Cosa vuoi, Tom? > gli chiesi fintamente stizzita.
< Temevo solo che iniziaste a fare sesso qui > rispose alzando le spalle e sia Robert che io scuotemmo la testa ridendo.
Le porte dell'ascensore si aprirono e davanti a me scorsi Victoria, la quale, non appena mi vide, corse ad abbracciarmi.
< Che bello vederti! > esclamò mentre mi stringeva tra le braccia e ricambiai l'abbraccio stritolatore.
< Vic, posso abbracciarti anche io o devo richiedere un permesso scritto? > domandò Robert e sua sorella maggiore rise.
< Sono davvero felice di vederti > le sentii sussurrare.
< Anche io, sorellina > rispose Robert e per chissà quale arcano motivo dopo dieci secondi iniziarono a battibeccare.
< Per loro è impossibile andare d'accordo > mi disse Tom mentre mi portava un braccio attorno alle spalle ed io appoggiai la testa sulla sua spalla e guardai intenerita i due fratelli.
< Victoria è radiosa >
< È vero > replicò lui orgoglioso.
< La fai felice, vero? > domandai guardandolo.
< Assolutamente > replicò senza smettere di sorridere.
< Bene. Perché è mia amica e se scopro che l'hai fatta soffrire non mi importa dei pugni che Robert ti rifilerà, io verrò da te e ti staccherò le palle >
Tom deglutì rumorosamente e quando Robert e Victoria sciolsero il loro abbraccio ci guardarono, probabilmente consci del fatto che li stessimo fissando e ci sorrisero.
< Guardoni, vogliamo andare? Abbiamo fame >
Tom si allontanò da me e prese la sua dolce metà per mano, mentre io mi avvicinai alla mia.
< Te l'ho detto che questa sera sei bellissima? > sussurrò in un orecchio e scossi la testa, alzandomi in punta di piedi per baciarlo.
< Oh mio Dio, piantatela! Siete pallosi! > esclamò Tom sbuffando e per un secondo provai un istinto omicida nei confronti del caro migliore amico di Robert.
Raggiungemmo entrambi gli altri e mi vennero presentati Marcus e Andrew, poi uscimmo tutti dall'hotel e ci fermammo a mangiare in un ristorante la paella valenciana e, neanche a dirlo, fu la sottoscritta a dover ordinare per tutti, poiché ero l'unica a parlare lo spagnolo. Dopo cena Marcus prese la jeep che aveva noleggiato e guidò per quasi un'ora verso la spiaggia con non pochi problemi: da tipico inglese la sua guida era a sinistra e più di una volta imboccammo strade contromano, rischiando di fare qualche incidente. La sua guida era davvero sportiva, tant'è vero che fece un parcheggio da far invidia a un guidatore di rally e quando scendemmo dall'auto Tom lo guardò con le sopracciglia inarcate.
< Una spiaggia? >
< Un amico mi ha raccontato di queste feste sulla spiaggia il venerdì sera e mi ha detto che ci si diverte > ci spiegò Marcus in risposta.
Victoria, che aveva come me i tacchi, mi prese a braccetto e quando i nostri piedi toccarono la sabbia ebbi l'impressione di essere finita dentro le sabbie mobili. Scoppiammo a ridere mentre ci toglievamo le scarpe, consce del fatto che gli uomini ci stessero guardando come se fossimo delle aliene ubriache, e li seguimmo al bar per prendere qualcosa da bere. Nemmeno due nanosecondi dopo il nostro arrivo al bar Robert venne riconosciuto, lo stesso valeva per i suoi amici, così Victoria ed io, le anonime, approfittammo della momentanea disattenzione rivolta al barista e ordinammo due birre, poi li mollammo al loro destino da brave amiche/fidanzate quali eravamo e andammo a sederci su un tronco posizionato difronte a uno dei tre falò presenti in spiaggia.
< Tra quanto credi che arriveranno? > mi domandò Victoria mentre si voltava a guardarli e la imitai nel gesto, trovandoli accerchiati.
< Se siamo fortunate, abbiamo ancora un paio d'ore a disposizione per tutte noi > risposi sorridendo e facemmo scontrare le nostre bottiglie di birra come brindisi.
< Potrebbero anche restare intrappolati per tutta la notte > continuò Victoria ridendo.
< Oppure per tutta la durata della vacanza >
< Non è un problema, tanto ho io il portafoglio di Tom con dentro le carte di credito, possiamo sbizzarrirci nello shopping >
< Purtroppo non ho quello di Rob >
< Possiamo sempre infilarci in mezzo alla folla, fregargli il portafoglio e scappare > propose alzando le spalle e ricominciammo a ridere un'ennesima volta < sei soddisfatta della sorpresa? >
< E me lo chiedi?! > replicai sorridendo < Amo la Spagna e la sua lingua e ho sempre desiderato visitare Barcellona. Direi che è tutto perfetto >
< Io stavo per prenotare per le Maldive quando Tom me l'ha detto. Sono felice di essere qui e di passare un po' di tempo con te, è da tanto che non ci vediamo. Senza contare che ho la compagnia giusta per fare dello shopping > disse ridendo e mi unii alla sua risata, poi ad un certo punto il suo telefonino vibrò, segno che le era arrivato un messaggio, lo lesse e sorrise < Michelle, vado in bagno, torno tra poco >
< Okay, io ti aspetto qui davanti al fuoco > le risposi sorridendo e mi allungai un po' verso le fiamme per scaldarmi: era scesa la notte e c'era dell'umidità, senza contare che avevo quel vestitino leggero e nient'altro.
Sorseggiavo silenziosa la mia birra mentre aspettavo che Robert e gli altri si facessero vivi quando all'improvviso qualcuno, presumibilmente un ragazzo dal dopobarba stomachevole si sedette accanto a me.
< Hola > mi salutò e quando mi voltai per poco non mi partì la mascella: era davvero un bellissimo ragazzo, alto, moro con i capelli corti, gli occhi azzurri e muscoloso e la sua abbronzatura si sposava benissimo con la sua camicia bianca arrotolata fino agli avambracci e aperta, che lasciava intravedere i suoi addominali mozzafiato.
< Hola > risposi sorridendogli e poggiai la bottiglia vuota di birra sulla sabbia.
< Me llamo Angel > continuò porgendomi la mano e risposi al suo gesto trattenendo il fiato: il signorino era ubriaco e il suo alito puzzava in una maniera assurda. **mi chiamo Angel**
< Michelle >
< Michelle…que nombre guapo > **Michelle…che bel nome**
< Muchas gracias > lo ringraziai mentre lanciavo delle occhiate disperate intorno a me per cercare qualcuno che potesse salvarmi da quella situazione, ma invano: Robert e gli altri molto probabilmente erano ancora occupati al bar, mentre Victoria era in bagno ormai da dieci minuti. **Grazie mille**
< ¿Vives aquí? > **Vivi qui?**
< No, en Los Angeles > risposi sbrigativa, speravo davvero che se ne andasse a breve.
< ¿La ciudad de los Angeles? > chiese sorridendo maliziosamente e annuii irritata dal suo sguardo malizioso < ¿Te gusta España? > **La città degli angeli?** / **Ti piace la Spagna?**
< Me encanta. Mañana visitaré Barcelona con mi novio y nuestros amigos > **Mi incanta. Domani visiterò Barcellona con il mio fidanzato e i nostri amici**
< Barcelona es mágica > ribatté sorridendomi < a las once y media mis amigos y yo vamos a otra fiesta, ¿por qué no dejas aquí tu novio y vienes con nosotros? > **Barcellona è magica** / **Alle undici e mezza i miei amici ed io andremo ad una festa, perché non lasci qui il tuo fidanzato e vieni con noi?**
< Ella tiene ya un novio > disse una voce dura dietro di me e quando mi voltai vidi Robert che stava fulminando con lo sguardo Angel ed io ero sorpresa: da quando in qua Robert sapeva parlare in spagnolo? **Lei ha già un fidanzato**
< Oh > rispose Angel mentre alternava lo sguardo tra me e lui < ¿Es él tu novio? > chiese guardandomi e annuii sorridendo < bien, hasta luego > mi disse accennando un sorriso ed io alzai la mano in risposta. **è lui il tuo fidanzato?** / *Bene…arrivederci**
< Non posso lasciarti sola nemmeno un minuto, vedo >
< A dire il vero i minuti erano venti > ribattei inarcando le sopracciglia e quando si sedette accanto a me portai il suo braccio attorno alle mie spalle.
< Dov'è mia sorella? > chiese.
< In bagno da ormai venti minuti >
< Mi dispiace averti interrotto con quel bell'imbusto > disse seccato mentre indicava con il capo quel ragazzo, Angel, che nel frattempo stava tentando di rimorchiare un'altra ragazza.
< Sei geloso? > replicai sorridendo compiaciuta.
< Decisamente > asserì mentre si toglieva la giacca e me la fece indossare < così starai più coperta >
< E avrò meno freddo >
< Hai freddo? >
< Sì > ammisi sedendomi sulle sue ginocchia e posando la testa nell'incavo del suo collo e mi accarezzò le braccia da sopra la giacca per scaldarmi.
< Va meglio? >
< Un po'. Grazie, Rob. Toglimi una curiosità: da quando in qua parli spagnolo? >
< Non lo parlo, quella frase è l'unica che so. Ho chiesto ad Emma una frase che tenesse lontani i ragazzi da te e lei mi ha detto questa >
Gli sorrisi e avvicinai le mie labbra alle sue per baciarlo.
< Perché non tornate in albergo? > disse Victoria interrompendoci e si sedette sul tronco di legno accanto a noi.
< Vic, dove diavolo eri finita? >
< Ero in bagno >
< Per venti minuti? >
< Colpa mia > disse Tom sedendosi accanto a lei < l'ho intrattenuta io >
< Ah, che schifo! > esclamò Robert < Almeno fate finta di niente! >
< Che c'è, ti da fastidio che tua sorella faccia sesso? > lo punzecchiò Victoria.
< E che sesso! > intervenne Tom, ma la sua dolce metà gli tirò una sberla sul petto.
Robert scosse la testa e mi cinse le spalle con un braccio.
< Tom, ne avevamo già parlato…tu puoi stare con mia sorella quanto vuoi, puoi fare quello che vuoi, ma io non voglio sapere niente. Per me lei è la mia dolce e vergine e inesperta sorellina >
< Vergine e inesperto sarai tu! > esclamò Victoria offesa < per la cronaca, io ho perso la verginità diversi anni fa >
< Victoria, basta, non voglio sapere più niente! > disse Robert alzando le mani in segno di resa.
< Quindi tra i due il verginello sei tu > continuò lei sorridendo malignamente e sia i ragazzi che io scoppiammo a ridere, mentre Robert ci guardava sconvolto.
< Game, set, match vinti da Victoria! > esclamai ridendo.
< Ma tu da che parte stai? > chiese Robert sconvolto.
< Io sono solidale al sesso femminile > replicai sorridendogli innocentemente e Robert assottigliò lo sguardo.
< Diglielo, sorella! > esclamò Victoria ridendo e Robert, sconfitto, non disse niente e finì di bere la sua birra.
< Rob si è offeso > disse Marcus scuotendo la testa divertito e io guardai nella direzione del mio bellissimo ragazzo, facendogli l'occhiolino.
< Michelle, mi accompagneresti a rifarmi il trucco? > chiese Victoria alzandosi dal tronco e annuii sorridendo.
< Certo > risposi liberandomi dalla dolce presa di Robert e mi alzai a mia volta, finché una mano non mi afferrò il braccio, facendomi voltare di scatto.
< Allora più tardi te lo faccio vedere io chi è il verginello > sussurrò Robert roco al mio orecchio e una scarica di brividi pervase il mio corpo.
< Non vedo l'ora > replicai sorridendogli maliziosamente e senza aggiungere altro raggiunsi Victoria, che mi guardava ghignando, e quando tornammo dagli altri li vedemmo intenti a fare a gara a chi riusciva a bere più birre.
< Perfetto, una serata di sesso rovinata > sbottai mentre mi sedevo accanto a Robert.
< Perché, Michelle? > domandò Tom con gli occhi lucidi.
< È ubriaco > risposi semplicemente indicandolo.
< No, non lo sono > replicò difendendosi, ma quando lo spinsi all'indietro non riuscì a restare in equilibro e cadde sulla sabbia.
< Sì, lo sei >
Tutti i ragazzi, Robert compreso, scoppiarono a ridere, mentre io guardavo Victoria disperata. Anche Victoria rideva, ma molto probabilmente della mia espressione e non a causa della birra. Restammo a chiacchierare attorno al falò, per quanto fosse possibile chiacchierare con degli ubriachi, e quando la serata stava volgendo al termine, Robert si riprese quel tanto che bastava per riuscire a formulare una frase di senso compiuto. Erano ormai le tre del mattino quando le ennesime fan di Robert lo avevano salutato ed eravamo rimasti praticamente solo noi attorno al fuoco, anche il bar aveva chiuso. Ad un certo punto Victoria si alzò dal tronco e si tolse a giacca, facendo lo stesso con la gonna e la maglia, restando in intimo.
< Cosa diavolo stai facendo? > le domandai.
< Vado a fare un bagno > rispose sorridendo e dopo aver sciolto la coda di cavallo corse in acqua.
< Ma è pazza! > esclamò Andrew ridendo e Tom, dopo averci guardato, si tolse la camicia, la maglietta a mezza manica, i pantaloni e le scarpe e raggiunse Victoria in acqua, stessa cosa che fecero anche Marcus e Andrew.
Robert guardò prima me poi i suoi amici e, sorridendo, si alzò in piedi.
< Andiamo? > domandò porgendomi la mano.
< Non ho il reggiseno > replicai sorridendo imbarazzata.
Robert prese la maglietta a mezza manica di Tom e me la porse.
< Indossa questa. Sempre meglio di niente >
Gli sorrisi e mi tolsi il vestito, indossai la maglietta e lo seguii in acqua a ridere, scherzare e giocare con i nostri amici.
Heilà, salve a tutte!
Mi scuso per questo gigantesco ritardo, ma ero un po' impegnata con l'università (martedì ho dato il mio primo esame)
Non so quando riuscirò a postare di nuovo (ho altri 2 esami da preparare), ma spero di farcela il prima possibile!
In ogni caso vi auguro di passare un serenissimo Natale con le vostre famiglie e i vostri amici :)
Giulls
P.S. Ho una domanda da fare: qualcuna di voi per caso seguiva le storie di Annyina? (Mi pare fosse questo il suo nick, io la conosco per L'amore da speranza) Mi sono trovata improvvisamente la storia cancellata e vorrei sapere se qualcuna di voi sa qualcosa. Mi fareste un regalone, ecco :)
P.P.S. Spero che il capitolo vi piaccia, mi sono svenata per prepararlo xD
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Capitolo 36 *** Barcellona on the road ***
Barcellona on the road
Eravamo da tre giorni a Barcellona e ne ero profondamente innamorata. Ero talmente tanto a mio agio da non voler nemmeno tornare in America e per più volte avevo pensato di strappare il biglietto di ritorno.
L'amavo e lei amava me, o almeno questo era quello che la commessa del museo di Dalí mi aveva detto dopo che Robert aveva sborsato per la sottoscritta duecentocinquanta euro tra libri biografici su di lui e sulle sue opere, portachiavi e agende da regalare e una riproduzione del quadro Cenicitas, il mio preferito in assoluto. Eravamo stati a vedere il museo la mattina dopo il nostro arrivo e, senza nemmeno prenotare, eravamo riusciti ad avere una guida tutta per noi, ovviamente grazie alla popolarità di Robert. Quest'ultimo, durante la visita, sorrideva, annuiva e interveniva dicendo qualcosa solamente per lui sensata quando questa parlava, guadagnandosi da tutti noi l'appellativo di “Mister So Tutto Io”. Ultimata la visita mi si erano illuminati gli occhi nella sala dei souvenir e Robert, vedendomi così contenta, si era offerto di pagare lui i miei acquisti, ignaro di quanto fossi pericolosa quando mi veniva data “carta bianca” in fatto di shopping.
Ogni giorno che passava mi rendevo conto di quanto Robert fosse felice lì con i suoi amici, di come fosse solare e con la battuta pronta e spesso mi chiedevo se li avesse visti più spesso se non fossi mai entrata nella sua vita. Una sera avevo provato a a parlargliene, ma lui mi aveva risposto che sarebbe comunque rimasto a Los Angeles, con o senza di me.
Un altro giorno era iniziato.
Erano le dieci del mattino e dopo mezz'ora ci saremmo dovuti incontrare con gli altri nella hall per fare un giro alle ramblas. Victoria ed io eravamo le uniche a voler andare e i ragazzi ce l'avevano fatto capire, ma noi, ostinate, non volevamo sentir storie. Insomma, chi non aveva voglia di farsi una passeggiata attraverso suggestivi paesaggi barcellonesi, negozi e bancarelle?
Barcellona ci aveva stregato. Decisamente.
Robert stava ancora dormendo ed io, appoggiata alla vetrata che dava sulla terrazza ero intenta a contemplare il suo petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente. Mi stiracchiai un po' e ritornai a letto tra le sue braccia.
< È ora di alzarsi > gli dissi in un orecchio, ma non ricevetti alcuna risposta < Robert? Hai capito? Tra trenta minuti esatti dobbiamo uscire, svegliati > continuai, ma non batté ciglio.
Lo chiamai un'altra ventina di volte finché non accettai la sconfitta e mi alzai dal letto, ma proprio in quel momento la sua mano afferrò il mio braccio e mi fece cadere sul suo petto.
< E se dessimo loro buca e restassimo qui a farci le coccole? Ho i piedi sfatti > mi tentò mentre portava le sue mani sotto la mia canotta e mi accarezzò la schiena, mentre le sue labbra erano sul mio lobo e poco dopo me lo morse.
< Dico che tu sei matto e che puoi scordartelo. Io non resto chiusa in una stanza d'albergo di Barcellona. E ora alzati, ci aspettano. Abbiamo la sera per divertirci, quando fuori c'è il sole si cammina, tesoro > obiettai mentre lo allontanavo da me.
< Dobbiamo proprio andare? >
< Sì, Robert. Dobbiamo > risposi sbuffando e lui si alzò dal letto per andare a farsi una doccia, borbottando qualcosa di incomprensibile al genere umano e senza degnarmi di uno sguardo.
Alzai gli occhi al cielo e scelsi di indossare qualcosa di leggero – una minigonna bianca a balze e la maglietta nera a mezza manica del Hard Rock Cafè di Barcellona – ma non facevo a quanto fossi stata cattiva con Robert. Era un uomo, era ovvio che non morisse dalla voglia di seguire me e sua sorella per le bancarelle. Mi sentivo talmente tanto in colpa che chiamai Victoria.
< Sì? > rispose pochi secondi dopo.
< Vic, sono Michelle. Ti va se andiamo solo noi alle ramblas? Rob non ne ha molta voglia e non posso biasimarlo. Non voglio obbligarlo. I ragazzi cosa dicono? >
< Nemmeno loro hanno voglia di venirci. Mi passi a prendere tra cinque minuti? >
Risposi affermativamente, appoggiai il telefono nella culla e mi alzai dal letto per avvisare Robert del cambio di programma, sperando che non mi avesse ucciso perché l'avevo tirato giù dal letto inutilmente.
< Rob, tesoro? > lo chiamai, ma non sentii alcuna risposta < Rob? > parlai di nuovo aprendo la porta.
< Sto arrivando, che palle! > esclamò seccato.
Mi bloccai con ancora la mano che teneva la maniglia.
Che razza di stronzo.
< Restatene qui in albergo, esco solo con tua sorella >
< Va bene >
Annuii, consapevole del fatto che non potesse vedere il mio gesto, e chiusi con forza quasi sovrumana la porta del bagno che quasi temetti di romperla. Ma non me ne fregava un accidente. Presi la borsa e scesi al piano inferiore a prendere Victoria, poi uscimmo dall'albergo. A differenza mia, lei era di buon umore e davvero pimpante.
< Michelle, cosa succede? Hai una faccia seccata > disse squadrandomi e abbozzai un sorriso scuotendo la testa < è successo qualcosa con Robert? >
< Ma no, niente…è un idiota >
< Non mi dici niente di nuovo > continuò lei sorridendo e poco dopo scoppiammo a ridere.
< Oggi la giornata è solo per noi. Propongo un giro alle ramblas e poi pranziamo fuori da qualche parte. Al pomeriggio possiamo andare in spiaggia. Prima di partire ho guardato gli orari dell'autobus e ce ne è uno che porta in spiaggia in meno di mezz'ora >
< Non abbiamo il costume, però >
< Lo compriamo questa mattina in una bancarella > le dissi sorridendole.
< Va bene, ci sto >
Due fermate dopo scendemmo dalla metro e una volta fuori ci imbattemmo sullo stradone principale. Con la macchina fotografica in mano facemmo un sacco di fotografie ai paesaggi, alle bancarelle, ai negozi, a tutto. Eravamo lì da una ventina di minuti e già avevamo fatto incetta di ninnoli, per non parlare dei costumi.
Verso l'una e mezza decidemmo di fermarci a mangiare nel ristorante Todo el mundo. Ci avvicinammo all'entrata e un cameriere davvero bello ci venne incontro.
< Buenos días, señoritas >
Victoria, che ormai aveva gli occhi a cuoricino, lo guardò incantata e lo salutò con la mano.
< Hola… > disse sorridendo e per poco non le scoppiai a ridere in faccia < Michelle, gli dici che vorremmo un tavolo? > continuò in inglese.
< Prego, accomodatevi > disse il cameriere parlando in inglese, ma la sua cadenza spagnola si sentiva alla grande, e sorridendoci e ci accompagnò al nostro tavolo, mentre Victoria gli lanciava delle occhiate della serie “se non fossi fidanzata lo porterei nel ripostiglio seduta stante”.
< Io mi chiamo Juan e sono il vostro cameriere. Per qualunque cosa chiamatemi. Vi porto immediatamente due menù, nel frattempo gradite un aperitivo? È della casa, non è molto forte >
< Sì, grazie > rispose Victoria sempre con gli occhi a cuoricino e dovetti trattenermi di nuovo dal ridere < hai visto che schianto? > mi chiese una volta che si fu allontanato.
< Ho notato, ma…Tom? >
< Guarda che non c'è niente di male! Anche lui guarda le ragazze, specialmente il loro sedere. E poi non è male rifarsi gli occhi di tanto in tanto. Hai visto che muscoli che ha? >
< Ho visto, ho visto > ammisi ridendo e Juan tornò di nuovo da noi per portarci sia gli aperitivi che i menù e quando si allontanò gli fissammo entrambe il sedere < direi che è un dieci tondo tondo >
< Concordo con te, amica mia. Okay, brindiamo: a Barcellona e a noi due > disse e facemmo tintinnare i nostri bicchieri < gli altri non li nominiamo per niente, così imparano a non essere venuti con noi >
Annuii sorridendo e demmo un'occhiata al menù: le pietanze portavano il nome dei cittadini di uno stato. Ad esempio, Victoria ordinò un greco, cioè un'insalata di pesce con dentro scaglie di feta, mentre io ordinai un messicano, cioè le fajitas, un tipo di carne, con un contorno di pannocchie, la mia passione.
< Ecco a voi e buon appetito > ci disse il cameriere una ventina di minuti dopo < mi scuso personalmente per l'attesa, ma abbiamo un sacco di ordinazioni >
< Non c'è problema > rispose subito Victoria < muchas gracias >
< De nada > replicò lui sorridendo e ci lasciò sole.
< Sei ridicola, Vic > le dissi ridendo e lei mi fece la linguaccia.
Chiacchierammo di tutto e di più, finché lo squillo del telefono di Victoria non ci interruppe.
< Parli del diavolo e spuntano le corna > disse sorridendo e si portò il telefonino all'orecchio < ciao, tesoro!…no, siamo in un ristorante…sì, è molto carino qui…sto mangiando un'insalata, mentre Michelle è alle prese con un messicano… >
< Scema! > esclamai ridendo e le lanciai il tovagliolo.
< Tom? Tom? Tom, ma cosa…hey! Cosa c'è? Stavo parlando con il mio ragazzo…che palle, un attimo > disse e mi porse il telefono < Robert >
< Robert? >
< Cos'è questa storia del messicano? >
< Il messicano è un piatto. Siamo a pranzo e stiamo mangiando. Sto mangiando carne e pannocchie, se proprio lo vuoi sapere >
< Oh, bene. Quindi non c'è nessun ragazzo attorno a te? >
< Nessuno > replicai appoggiandomi alla sedia e sentii dall'altro capo del telefono una porta sbattere.
< Mi sento un po' idiota >
< Oh, ma lo sei >
< Mi dispiace per questa mattina >
< Davvero credi che un “mi dispiace” sia sufficiente? >
< No, lo so che mi farai patire le pene dell'inferno >
< Mi fa piacere > dissi sospirando.
< Lo sai che ti amo, vero? >
< Lo sai che dovrai impegnarti di più, vero? > ribattei e lo sentii ridere.
< Lo so. Ma se può consolarti, tu ti stai godendo una buona compagnia, mentre io sto giocando all'X-box con gli altri > disse e dovetti trattenere una risata.
< Siete dei bambini >
< Lo so > rispose sospirando < Mitchie? >
< Uhm? >
< Ti fa stare meglio sapere che mi stanno stracciando? >
< Decisamente > asserii ridendo < sei sempre stato una schiappa in questi giochi >
< Hey! > esclamò.
< Beh, non mi pare che tu mi abbia mai battuto >
< Stronzetta >
< Adesso ti saluto, Robert > replicai e spinsi il tasto rosso prima ancora che potesse ribattere qualcosa < andiamo in spiaggia? >
< Certo > asserì Victoria alzandosi dalla sedia, si offrì di pagare per entrambe il pranzo e prima di andarcene chiedemmo indicazioni a Juan su come raggiungere la fermata dell'autobus che ci avrebbe portato in spiaggia.
< Camminate fino in fondo alla via, all'incrocio girate a sinistra e dopo trecento metri vi troverete davanti la fermata dell'autobus. Se non sbaglio dovrebbe essere il 18A >
< Grazie > disse Victoria sorridendogli.
< Grazie a voi, spero di rivedervi presto >
Lo salutammo e seguimmo le sue indicazioni stradali.
< Lo dirai a Tom? >
< Oh, sì! Sarà la prima cosa che farò! > esclamò sorridendo < Non vedo l'ora di vedere la sua faccia >
Risi e scossi la testa.
< Certo che sei proprio cattiva quando vuoi. Il biglietto te lo offro io > dissi mentre porgevo due euro all'autista.
Scendemmo dall'autobus, attraversammo la strada e raggiungemmo la spiaggia immediatamente, stendemmo i teli in riva al mare vicino agli scogli, ci mettemmo in costume e dopo aver spalmato la crema solare ci beammo del calore del sole. Era una giornata davvero splendida.
< Qui è un paradiso > disse Victoria compiaciuta.
Ero talmente rilassata che mi addormentai sul telo, ma ad un certo punto qualcosa di umido e morbido, che successivamente capii essere delle labbra che si posavano sulla mia spalla, mi risvegliò. Aprii gli occhi e vidi che erano le labbra di Robert. Non appena lo vidi accanto a me sorrisi, ero felice di vederlo, ma subito dopo mi imbronciai. Non potevo dargliela vinta, dopotutto mi aveva dato della stronzetta.
< Lo so, lo so, sei ancora arrabbiata con me > sospirò sedendosi sulla sabbia e solo in quel momento vidi che era anche lui un costume e, a giudicare dalle goccioline sulla sua pelle e sui suoi capelli, che lo rendevano bello da essere considerato illegale, era appena rientrato dall'acqua, dove erano tutt'ora gli altri.
Sbagliava. Ero arrabbiata con me stessa, non con lui.
Scossi la testa e mi misi anche io a sedere, intenta a guardare sia lui che gli altri. Non parlai per diverso tempo e nemmeno lui lo fece, eravamo troppo impegnati a guardare i nostri amici, perché ormai anche io potevo definire tali Andrew e Marcus, in acqua ridere e scherzare.
< Ti va una passeggiata? > gli proposi e lui asserì immediatamente, si alzò in piedi e mi aiutò a compiere lo stesso gesto, avvisammo gli altri che saremmo stati via per qualche minuto e infine iniziammo a camminare < Non sono una stronzetta >
Lui mi guardò stralunato e poi scoppiò a ridere.
< Sì, lo sei > replicò abbracciandomi e mi scansai.
< Lo stronzo qui sei tu >
< Mi sono comportato male, lo ammetto. E mi dispiace, Mitchie. Tanto tanto >
Mi prese per mano e strinsi la presa, mentre lanciavo occhiate ai ragazzini che ci stavano guardando.
< Ammetto che quando ti sei rifiutato di venire ci sono rimasta male > confessai < e anche se mi sono sentita in colpa perché ti stavo obbligando a fare una cosa che a te non andava, sotto sotto mi dispiaceva non averti con me. E per tutta la mattina ho sperato che tu sbucassi dal nulla… >
< Mitchie… >
< Ultimamente mi prende il panico. Tra qualche mese partirò e non ci vedremo per chissà quanto e vorrei stare il più possibile anche con te. Ma capisco il tuo bisogno di restare con i tuoi amici ed è giusto che tu lo faccia! E come ti ho già detto l'altra volta, io in momenti del genere mi sento un'intrusa…non perché non mi trovi bene con loro, io li adoro, ma…sono i tuoi amici, è la tua vacanza con loro…era la tua occasione per stare insieme a loro…io che ci faccio qui? >
< Hai finito? > domandò leggermente alterato.
< Credo di sì > risposi sorpresa dal suo tono.
< Accetto le tue infinite scuse, ma se ti sento ancora una volta dire che sei un'intrusa ti annego > mi disse e scossi la testa sorridendo, ma quando lo guardai negli occhi iniziai a pensare che stesse parlando sul serio.
< Stai scherzando, vero? > chiesi preoccupata.
Scosse la testa.
No, non stava scherzando.
Deglutii la saliva e per un attimo pensai di scappare urlando. Finché non mi scoppiò a ridere in faccia.
Che stronzo.
< Infame! > esclamai dandogli un pugno sulla spalla, ma lui mi abbracciò.
< Ti amo >
< Lecchino > replicai chiudendo gli occhi mentre le sue labbra si posavano sulla mia fronte < Ti va un bagno? > domandai e lui annuì < Allora raggiungiamo gli altri >
< A dire il vero io volevo restare un po' da solo con te > rispose.
Sorrisi e lo trascinai con me in acqua lontano da sguardi indiscreti, visto che era già stato riconosciuto da qualche famiglia in vacanza. Una volta soli, Robert mi afferrò per i fianchi e mi portò nell'acqua alta, dove solo lui poteva toccare.
< La cosa ti diverte, vero? > gli chiesi mentre annaspavo quando vidi il suo sorrisetto compiaciuto.
< Molto > rispose annuendo e per non finire sotto l'acqua mi aggrappai con le gambe ai suoi fianchi < lo confesso, questo l'avevo premeditato >
< Sì, lo sospettavo > ribattei mentre posavo le mani dietro il suo collo, mentre le sue si adagiarono sui miei fianchi.
Sorrisi e avvicinai le mie labbra alle sue, perdendoci in un bacio sensuale in acqua. Non appena le nostre labbra si toccarono tutta la tensione di questa mattina sembrò svanire, lasciando posto all'eccitazione che stavo provando. Robert ormai l'aveva intuito e mi stava provocando in tutti i modi possibili; arrivai addirittura a gemere ad un certo punto.
< Hey, ragazzi! > esclamò Tom richiamandoci, quel ragazzo aveva sempre la mania di interromperci sul più bello < amoreggiate più tardi, abbiamo bisogno di voi due per giocare a beach volley! >
Sorrisi e appoggiai la mia fronte sulla sua.
< Ci interrompe sempre sul più bello >
< Lo so > replicò sorridendo a sua volta e riemergemmo poco dopo dall'acqua.
Una volta fuori andai subito da Victoria, che mi guardò dispiaciuta.
< Tom è un idiota >
< Dovrei essere definito un eroe! Ho evitato che questi due facessero degli atti osceni in luogo pubblico >
< Ci stavamo solo baciando, Tom > lo rimbeccai lanciandogli un'occhiataccia, ma lui rise.
< Robert non sembra essere della stessa opinione > ribatté e vidi un ghigno malizioso ma allo stesso tempo imbarazzato dipinto sul volto di Robert.
Gli lanciai uno sguardo della serie “questa sera riprendiamo il discorso” e lui sembrò capire, perché mi fece l'occhiolino.
Raggiungemmo Andrew e Marcus e ci facemmo dare dal bagnino un pallone, mi disposi in squadra con Marcus e Tom e ci posizionammo difronte alla rete da beach volley, iniziando a giocare. La partita si concluse con la vittoria della mia squadra, ma rimasi piacevolmente sorpresa di come aveva giocato Robert: lui era il primo a dire che non era il tipo da fare sport, eppure se l'era cavata egregiamente durante la partita.
< Bravo > dissi a Robert mentre gli andavo in contro.
< Non abbastanza da batterti, però >
< Gioco a pallavolo da anni, sono imbattibile >
< E modesta, soprattutto > intervenne Tom facendomi allontanare da Robert e mi abbracciò, così come fece Marcus < grazie a te, questa sera loro tre > continuò indicando la sua ragazza, Andrew e Robert < ci pagheranno da bere >
< Benissimo > dissi contenta < e ora che ne dite di tornare a prendere un po' di sole? >
< Sono ormai le sette, è ora di tornare indietro. Ceniamo in hotel questa sera? Poi andiamo all'Orango Jango >
I ragazzi chiamarono un taxi, mentre Victoria ed io rientrammo in albergo in autobus. Salii con l'ascensore fino al mio piano e quando aprii la porta trovai un Robert distrutto che dormiva sul letto. Sorrisi e senza fare troppo rumore andai a fare una doccia, poi ritornai nella stanza da letto e presi dalla cabina armadio l'intimo, una camicetta a mezze maniche bianca, un paio di jeans e le ciabatte bianche, che indossai prima di stendermi sul letto accanto a lui.
< È tardi, vero? > domandò e sussurrai un sì in risposta < Ho il tempo per farmi una doccia? >
< Sì, certamente > risposi mentre gli accarezzavo la guancia e prima di lasciarmi sola a letto mi baciò a lungo.
Una volta rimasta sola presi il telefonino e andai in terrazza, composi il numero di Jenny e la chiamai.
< Pronto? > rispose dopo il quarto squillo.
< Jenny >
< Pronto? Non sento niente! > continuò lei urlando.
< Jenny, sono Michelle >
< Chi? >
< Michelle! > urlai e i nostri vicini di stanza, che erano anche loro sul terrazzo, si voltarono a guardarmi male.
< Michelle!! Che bello sentirti! Come stai? >
< Dove sei? > le chiesi.
< Siamo in spiaggia! > continuò sempre urlando < Aspetta solo un momento > disse e pian piano sentii il rumore affievolirsi < Eccomi, ora ti sento >
< Ciao, amica mia > la salutai sedendomi sulla sedia.
< Come stai? > domandò.
< Sto bene. Barcellona è fantastica, la amo. E voi come state? Vi divertite? >
< Sì, ci divertiamo, ma sentiamo la tua mancanza. Ti avremmo voluto con noi >
< Mi mancate anche voi, ragazze, un sacco. Non appena torno ci incontreremo >
< Benissimo > disse, ma sentii la sua voce strana.
< Jenny, stai bene? >
< Sì, certo >
< Jenny, non mentirmi, ti prego > le dissi e improvvisamente la sentii piangere.
< Non so più cosa voglio! > mi confessò all'improvviso < Più sto qui e più desidero vivere la mia vita da adolescente, le ragazze bevono fino a vomitare l'anima e io sono costretta a bere dell'acqua brillante per non fare del male al bambino, sto ingrassando come una balena e non faccio altro che piangere! Non capisco più chi sono, voglio solo che tutto questo finisca! Mi manca Walter e mi manchi tu >
< Vorrei poter essere lì con te >
< Anche io, ma sono felice invece che tu sia in vacanza con Robert, so quanto ti mancava. Ma non appena torni ti rapirò per un giorno intero e nessuno, nemmeno Robert, avrà la possibilità di rintracciarti >
Risi e scossi la testa.
< Non vedo l'ora. Jenny, per qualunque cosa ci sono, lo sai, vero? Se hai bisogno di conforto mi puoi chiamare, anche se è notte fonda. Anche se non sono fisicamente lì, voglio che tu sappia che sono comunque accanto a te, sempre >
< Ecco, ora mi fai piangere! > esclamò e risi < Michelle, ora devo andare. Ci sentiamo presto >
< Ciao, salutami le altre. Ti voglio bene >
< Anche io te ne voglio >
Ci salutammo ancora una volta e spinsi il tasto rosso del telefonino.
< Va tutto bene? > domandò Robert sedendosi sula sedia difronte alla mia e gli sorrisi.
< Ho parlato con Jenny >
< Come sta? >
< È un po' in crisi > ribattei alzando le spalle.
< Ti manca >
< La tua non è una domanda >
< Infatti >
Sorrisi e mi sedetti sulle sue ginocchia, appoggiando la testa sulla sua spalla.
< Mi si è spezzato il cuore quando l'ho sentita piangere > confessai con un sussurro e mi strinsi a lui < la mia migliore amica sta male e mi dispiace non essere lì con lei >
Robert non disse niente, ma si limitò ad accarezzarmi la schiena, finché le nostre labbra non si attaccarono come due calamite e ci baciammo.
< Mmm…Mitchie? > mi chiamò qualche minuto dopo.
< Dobbiamo andare, vero? >
< Sì > disse e mi guardò leggermente dispiaciuto.
Gli sorrisi e lo baciai dolcemente sulle labbra, ma pochi baci a stampo dopo ci lasciammo travolgere una seconda volta dalla passione.
< Okay, è davvero ora di andare > dissi alzandomi dalle sue gambe e lui mi seguì dentro la stanza.
< È l'aria di Barcellona >
< Oh, vuol dire che non ci proveresti se fossimo in America? > risposi punzecchiandolo.
< Non essere ridicola > disse scuotendo la testa e mi aprì la porta della stanza.
< Okay, qui ci sono sei bigliettini. Ora li mescoleremo e ognuno ne deve pescare uno, gireremo la bottiglia e chi verrà indicato aprirà il biglietto che tiene in mano e quella sarà la meta dove andremo domani >
< Tom, è una cosa stupida questa! > ribattei mentre posavo il tovagliolo < Siamo in un ristorante, non puoi far girare sul tavolo una bottiglia in vetro >
< E allora sentiamo, genio, cosa proponi in alternativa? > chiese leggermente offeso.
< Potremmo fare la conta > propose Marcus annuendo convinto, ma Tom scosse la testa.
< La conta è troppo infantile >
< La conta va sempre bene > puntualizzai incrociando le braccia al petto mentre lasciavo raffreddare le mie tortillas ripiene.
< Perché non facciamo altri bigliettini con su scritto chi deve pescare? > chiese Victoria mentre beveva un sorso della sua birra.
< No > risposi guardandola < dopo dovremmo fare altri biglietti per scegliere chi deve aprire il biglietto. Diventa una storia troppo lunga >
< Possiamo legare un filo di spago con una punta colorata su una trottola e farla girare. La punta colorata sceglierà chi deve aprire il bigliettino > intervenne Andrew annuendo, ma tutti e cinque gli bocciammo l'idea.
< E lo spago con la punta colorata e la trottola li tiri fuori dal tuo cilindro magico? > ribatté Victoria.
< Quindi come facciamo? >
< Chiamiamo la cameriera e chiediamole di scegliere uno di noi >
< No, Marcus, non si può > disse Tom scuotendo la testa.
< Perché no? >
< Perché sceglierebbe inevitabilmente Robert >
< Ragazzi, vi rendete conto che ci stiamo comportando peggio dei bambini? > intervenne Robert ridendo, ma nessuno di noi rise con lui.
< Se non prendi sul serio questa cosa, quella è la porta > rispose Andrew guardandolo seriamente.
Robert mi guardò leggermente sconvolto, ma non potevo allearmi con lui: da quando avevamo messo piede al ristorante non avevamo fatto altro che discutere su cosa andare a vedere il giorno dopo. Tutti noi avevamo proposte totalmente diverse e nessuno di noi voleva cambiare idea. Volevamo metterla ai voti, ma non avevamo risolto niente, quindi stavamo provando l'alternativa dei bigliettini, ma ben presto finimmo con l'incasinarci una seconda volta.
< E se facessimo scegliere il bigliettino alla cameriera? > ipotizzò Tom.
< Non possiamo coinvolgere esterni > ribatté Victoria.
< Ci sono! > esclamai < creiamo altri bigliettini con il nostro nome e uno lo lasciamo vuoto. Li mischiamo, ognuno ne pesca uno e il bigliettino con il nome che non verrà pescato deciderà chi deve aprire il bigliettino che ha pescato all'inizio >
< Sì, va bene > asserì Tom e spezzammo un altro foglio, scrivemmo i nostri nomi e una volta finita la procedura il caso scelse che Victoria avrebbe aperto il suo biglietto.
Lei sorrise trionfante e ci guardò uno a uno prima di aprire il suo biglietto.
< Domani andremo al Museo Del Prado >
< Sì! > esultò Robert < Alla facciaccia vostra! > esclamò e per un attimo lo guardammo tutti sconvolti < ehm…b-beh > balbettò mentre si passava la mano tra i capelli < sì, beh, sì, insomma…domani ci divertiremo, no? > continuò, ma tutti noi non cambiavamo il nostro sguardo < sentite, la finite? Siete irritanti >
Tutto accadde in un attimo. La scena di Robert esultante si era impressa nella mia mente e non appena quelle immagini vennero riprodotte scoppiai a ridere. Mi tenevo con una mano la pancia, che ormai mi faceva male dalle troppe risate che stavo facendo, mentre con l'altra tentavo di asciugarmi le lacrime, ma nonostante le asciugassi, queste ricomparivano.
< Sai, l'ho sempre sospettato, ma non ho mai detto niente a nessuno. Ora, però, ne ho la conferma. Rob, la tua ragazza non è normale > disse Tom mentre mi indicava.
< È proprio perché è così che la amo > ribatté Robert e lo guardai intenerita.
< Terra chiama Robert e Michelle! > esclamò Tom mentre faceva schioccare le dita davanti alle nostre facce < Li abbiamo persi. Sicuramente saranno sul pianeta di Amorelandia >
< Tom, la smetti di sparare queste stronzate? > gli rispose Robert sbuffando < tu pensa a…un momento, no > continuò scuotendo la testa < è mia sorella >
Finimmo la nostra cena chiacchierando tutti insieme allegramente e quando fu il momento di andarcene Robert dovette firmare alcuni autografi e mentre lui era impegnato ad accontentare lo staff del ristorante noi andammo ad aspettarlo fuori, dando così la possibilità a Tom e Marcus di fumare. Ci raggiunse dopo qualche minuto e raggiungemmo in taxi il nostro locale. L'interno era molto carino, c'erano molte luci colorate che illuminavano la pista da ballo e una band spagnola che suonava canzoni tipiche della salsa cubana. Ci andammo a sedere in un tavolo all'angolo per non essere disturbati troppo e subito Victoria trascinò Tom in pista.
< Mitchie, vuoi ballare? > chiese Robert indicando con un cenno la pista, mentre la band stava iniziando a suonare una canzone intitolata “El gitano de amor”.
< Certo > risposi sorridendo e ci incamminammo verso la pista a ballare < ma devo dirti che non so ballare questo tipo di musica >
< Tu segui me >
< Tu balli la salsa? > chiesi mentre mi avvicinavo al suo corpo.
Rise e mi fece posare la mia mano destra sulla sua spalla, mentre la sua la appoggiò sul mio fianco, e l'altra mano la prese tra la sua.
< Victoria mi ha costretto anni fa ad andare a lezione con lei, ma non è una cosa di cui vado fiero. Quindi non dirla a nessuno >
< Non preoccuparti, saranno Tom, Marcus e Andrew a farlo > ribattei ridendo e mi lasciai guidare da lui per ballare < Robert, posso chiederti una cosa? >
< Certo >
< Ma la tua mano che puntualmente finisce sul mio fondo schiena è un passo che ti hanno insegnato? >
< No, questo è opera mia > ribatté sorridendo beffardo < mi piace creare nuovi passi >
< Io avrei detto “escogitare nuovi stratagemmi per palparti” >
< Vedila come ti pare > disse e quando il ritmo rallentò mi strinse a sé < okay, non offenderti, ma sei un disastro a ballare >
< Beh, scusami se io a differenza tua non ho preso lezioni di salsa >
< Sapevo che me l'avresti rinfacciato >
La serata si concluse verso le due del mattino e quello stronzo di Robert per tutto il tempo non fece altro che rinfacciarmi quanto fossi scarsa a ballare la salsa. Per tutta risposta mi vendicai dichiarando non solo il letto ma anche la stanza off limits e lo spedii a dormire con Tom e Victoria.
Hey!
Come avete passato il Natale? Spero bene :)
Spero che il capitolo vi piaccia, purtroppo non sono riuscita a guardarlo molto per le correzioni. Mi scuso, ma sono disastrata in questo periodo.
Progetti per Capodanno/idee che posso rubarvi? XD
Un bacio a tutte e grazie, siete sempre fantastiche.
Giulls
P.S. Vi auguro un buon anno nuovo! Sicuramente non riuscirò a postare prima.
P.P. S. Ah! Ho postato il primo capitolo di Never Let Me Go. Dateti un'occhiata se vi va ;)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=902087
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Capitolo 37 *** Hell sweet Hell ***
Hell sweet Hell
Los Angeles Airport LAX, ore diciotto e zero quattro: Robert ed io avevamo appena messo piede nella sala del ritiro bagagli quando il suo cellulare iniziò a squillare impazzito. Era Emma che gli ricordava dell'incontro previsto per la mattina seguente il giornalista del Cosmopolitan. Sul nastro trasportatore erano appena state posate le prime valigie e ovviamente la mia non era tra quelle. Come se non bastasse lui era stato riconosciuto già dalla metà delle persone presenti e temevo che una volta ultimata la telefonata non avremmo più avuto pace.
Sbuffai spazientita e mi sedetti sulla valigia di Robert. La sua era stata la prima ad arrivare, ovviamente. Unii le mani e storsi un po' la bocca, ripensando alla vacanza appena terminata e che era volata.
< Robert, dal bagno hai preso tutto? > domandai urlando mentre inserivo il mio ultimo paio di shorts nella valigia.
< Per la centesima volta, Michelle, sì > rispose sbuffando mentre mi raggiungeva.
< È così tremendo temere di dimenticare qualcosa? > replicai stizzita.
< Come mai siamo così acide questa mattina? > domandò mentre si sedeva accanto alla valigia, cosicché lo potessi vedere in faccia e gli diedi un pugno sulla spalla < Ahia! Ma ti ha dato di volta il cervello? >
< Io non sono acida! > replicai inviperita e mi prese per i fianchi facendomi sedere sulle sue ginocchia.
< Vuoi restare ancora qui? > domandò mentre mi accarezzava una guancia e annuii con la testa < Vorresti starci per sempre? > continuò e annuii una seconda volta < Vorresti anche fare del sesso? >
< Scordatelo > replicai facendogli la linguaccia e lui rise, poi avvicinò le sue labbra alle mie e mi baciò, facendomi stendere sotto di lui < lo sai che tra non molto verranno a chiamarci, vero? > gli dissi tra un bacio e l'altro, ma fu come se non avessi parlato perché mi ignorò completamente.
Le sue mani si insinuarono dentro la mia canottiera e mi accarezzò la schiena, mentre le sue labbra non volevano allontanarsi dal mio collo. Spostò la mano sinistra dalla schiena alla mia pancia e quando risalì fino ad accarezzarmi il seno gemetti.
< Sei davvero sicura? > domandò mentre sentivo la sua mano accarezzarmi l'interno coscia.
< S-sì. Le valigie non si finiscono da sole > gli dissi con un sorrisetto e mi allontanai dal letto, sistemai il mio beauty case dentro la valigia e tentai di chiuderla, ma questa non voleva collaborare < amore? > lo chiamai guardandolo con amore e lui inarcò entrambe le sopracciglia.
< Che vuoi? > replicò guardingo e risi.
< Perché mi tratti così? >
< Perché tu non mi chiami mai amore, se non quando vuoi qualcosa. Allora…cosa vuoi? >
< Mi chiuderesti la valigia? > domandai mentre mi ci sedevo sopra.
< E io cosa ci guadagno? > replicò maliziosamente.
Sbuffai e scesi dalla valigia.
< Lascia stare, chiamo Victoria >
< Aspetta! > esclamò afferrandomi per i fianchi < stavo scherzando > mi disse senza smettere di ridere < siamo un po' suscettibili, eh? >
< Perché devo vivere con una persona che nemmeno mi vuole accanto? >
Robert inarcò le sopracciglia e mi guardo visibilmente sconcertato.
< Ma io ti voglio >
< Non parlo di te, idiota >
< Bianca? >
< E chi altri? > replicai sbuffando < La detesto >
< Coraggio, sono solo sei settimane >
< Vivici tu sei settimane con quella arpia! > esclamai seccata.
< E allora vieni a vivere con me >
< Non è quella la tua valigia? > chiese Robert ridestandomi dai miei pensieri e dopo averla notata mi precipitai a recuperarla.
< Hai già avvisato tua sorella? >
< No, lo faccio ora > rispose prendendo il telefonino in mano ancora una volta.
Gli ultimi saluti in aeroporto avevano commosso bene o male tutti, ma le uniche a far uscire le lacrime eravamo state Victoria ed io. Mi sarebbe mancata da matti, esattamente come Tom, Andrew e Marcus. Victoria, d'altro canto, sembrava non volersi staccare più dal collo del suo fratello minore, dicendogli che gli sarebbe mancato troppo e che doveva tornare presto a casa a salutarli perché non aveva nessuno da punzecchiare a Londra.
Robert mi prese per mano e mi invitò a seguirlo fuori dall'aeroporto, dove il taxi ci stava aspettando da vari minuti e l'autista per tutto il viaggio non la finiva più di blaterare su tutte le celebrità che aveva trasportato, mentre io non volevo fare altro che riposare un po'. Per colpa del ragazzo al mio fianco per buona parte del viaggio mi era stato impossibile dormire ed ora il mio corpo ne risentiva. Sbuffai un'ennesima volta e incrociai le braccia al petto.
< È tutta colpa tua > sussurrai in modo che solo Robert potesse sentire.
< Cosa? >
< Se tu mi avessi fatto dormire un po' durante il volo ora non sarei così stanca >
< Non mi pare che tu ti sia lamentata. Anzi, dalla tua bocca sentivo uscire solo dei gem… >
< Okay, ho capito > sbottai facendolo zittire e mi sistemai meglio tra le sue braccia.
Il viaggio non si prolungò molto e già bramavo il mio letto, ma non appena il taxi si fermò davanti a casa vidi Jenny alzarsi dalla mia sedia a dondolo e corrermi incontro.
< Michelle! > esclamò mentre mi stritolava.
< Jenny > le dissi ricambiando l'abbraccio e sorrisi felice.
< Sono così felice di vederti >
< Anche io > replicai guardandola e sorridendole < caspita, sei così… >
< Abbronzata? > mi interruppe sorridendo a trentadue denti.
< Stavo per dire incinta > obiettai ridendo: non era passato nemmeno un mese, ma una leggera gonfiatura del suo ventre si vedeva, o meglio, io lo notavo perché ero l'avevo sempre vista piatta.
< Ciao Jenny > la salutò Robert e quando lo vide lo abbracciò.
< Mi sei mancato anche tu, sai? > gli disse sorridendo e gli baciò la guancia < allora, sei pronta? > chiese guardandomi.
< Per cosa? >
< Per passare una serata insieme >
< Ma…sono stanca > replicai brontolando.
< Non fare la migliore amica di gomma! Ho bisogno di te >
< Okay, okay > ribattei alzando le braccia al cielo < lasciami mettere dentro la valigia >
Presi il bagaglio ed andai sotto il portico per aprire la porta e quando entrai in casa vidi un sacco di scatoloni a terra con sopra una bella M scritta col pennarello indelebile: non potevo crederci, quell'idiota di Mike si sarebbe trasferito da noi. Chiusi di scatto la porta e ritornai dai ragazzi che nel frattempo chiacchieravano delle rispettive vacanze.
< Tutto bene? > domandò Robert e scossi la testa.
< Sono tornata al mio Inferno >
< Bianca? >
< Mike si è trasferito qui >
< Scherzi? >
< Affatto. Ci sono i suoi scatoloni > sbuffai e mi avvicinai a Robert, che mi abbracciò e mi baciò la testa.
< Ora vado a telefonare ai miei per dire loro che sono arrivato, voi due comportatevi bene. Ci sentiamo più tardi >
< Okay > risposi sorridendo e lo baciai sulle labbra < ti amo >
< Anche io >
< Grazie per tutto >
< È stato un piacere >
Mi allontanai con Jenny e lo guardai rientrare in casa. Durante il viaggio in macchina Jenny mi raccontò di quanto si fosse divertita in Grecia con le altre e di tutti i cuori che tutte avevano infranto. D'altro canto io le raccontai della mia vacanza e delle varie liti con Robert.
< Sembrate proprio una vecchia coppia sposata >
< Grazie per il vecchia > replicai facendole la linguaccia < Walter come sta? >
< Sta bene > rispose sorridendo < è a New York in questo momento, sta… >
< Sta? >
< No, niente > continuò sorridendo < mi sei mancata tanto, lo sai? >
< Anche tu. Quali sono i programmi? > domandai mentre mi stiracchiavo.
< Shopping? Ti va di andare in quel super outlet? > propose alzando le spalle.
< Volentieri! Ho bisogno di alcuni vestiti per Yale >
< Sei contenta di partire? >
< Non vedo l'ora. E stranamente anche Robert è entusiasta per me >
Jenny mi sorrise, ma il suo era un sorriso di circostanza: capivo benissimo che c'era qualcosa che non andava, ma non riuscivo a capire cosa avesse. Che avesse dei problemi con Walter? No, era impossibile, me lo avrebbe detto subito. Non le chiesi niente, ma dal suo sguardo capii che lei aveva capito che avevo capito che c'era qualcosa che non andava, ma volevo che me ne parlasse lei.
< Possiamo parlarne più tardi? > domandò sospirando.
< Quando vuoi tu > risposi prendendole la mano < ma tu stai bene, vero? >
< Sì > asserì sorridendo e capii che era sincera.
Iniziammo a fare il nostro giro e in meno di un'ora avevamo svaligiato entrambe il negozio di intimo comprando ogni tipo di completo, anche i più audaci. Il secondo negozio che attaccammo fu d'abbigliamento e prendemmo degli abiti estivi, specialmente vestiti corti e shorts.
< Ho voglia di un gelato > le dissi mentre stava provando l'ennesimo paio di sandali.
< Io invece ho proprio fame. E se andassimo a cenare? >
< Jenny, sono le sei > replicai guardando l'orologio.
< Ti ricordo che stai parlando con una donna incinta > rispose guardandomi indispettita e risi < va bene, aspettiamo ancora un'ora. Mi allungheresti quel paio di scarpe? > chiese indicando un paio di infradito.
< Non vorrai mica comprarle tutte, vero? >
< Fatti gli affaracci tuoi, Waldorf > ribatté e scossi la testa ridendo prima di andare a prendere ciò che la mia amica mi aveva chiesto e quando allungai la mano per prendere il suo numero mi imbattei con una persona purtroppo a me ben conosciuta.
< Oh, ciao > mi disse lei sorpresa di vedermi.
< Ciao > risposi fredda e guardai il suo travestimento: vestiti larghi, occhiali da sole scuri, il cappello di Robert dei Lakers…il cosa di chi? < Quello è il cappello di Robert >
< Lo so > replicò lei torturandosi il labbro inferiore.
< Perché l'hai tu? >
< Me l'ha dato lui >
< Quando? >
< Un…un paio di settimane fa > rispose e mi pietrificai.
Come? Ma perché? Cosa non sapevo? E soprattutto…perché non me l0 aveva detto?
Incredula presi le scarpe che Jenny mi aveva chiesto e mi allontanai senza aggiungere parola.
< Tutto bene? > chiese Jenny quando mi vide arrivare.
< Alla grande > replicai sarcastica.
In quel momento sentii vibrare nella borsa e tirai fuori il telefonino. Era Robert che mi aveva mandato un messaggio.
“Mitchie, dove sei?”
“Outlet” risposi brevemente.
“Bene, allora ci vediamo lì. Emma vuole che mi prenda un nuovo paio di pantaloni per domani”
“Okay” scrissi, omettendo frasi come vorrei cavarti gli occhi, brutto stronzo.
< Michelle? > mi chiamò la mia amica e quando la guardai non risposi più delle mie azioni: girai i tacchi e tornai indietro da lei.
< E di grazia, perché tu avresti il suo cappello? > domandai indispettita.
< Me l'ha dato perché dovevo andare con Nikki a vedere una loro partita. Io non ho niente dei Lakers, se non il cappello che mi ha dato lui ora… >
< E da quando siete tornati così amici? >
< Ci siamo chiariti prima che lui partisse per Barcellona >
Sgranai gli occhi. Eravamo stati due settimane assieme e lui non mi aveva detto niente. Aspettava che fossimo lontani per informarmi della cosa?
< Che figlio di puttana > sbottai allontanandomi da lei e uscii dal negozio senza degnare di uno sguardo nemmeno la mia migliore amica.
< Michelle! > esclamò correndomi dietro < Cosa è successo? >
< Paga quello che devi pagare e torna qui, non ho voglia di entrare lì dentro ancora >
< Stai bene? > domandò premurosa come al solito.
< Vai > risposi mentre mi sedevo sulla sedia del bar e ordinai un caffè.
Jenny ritornò pochi minuti dopo con i suoi nuovi acquisti e le spese di entrambe e quando mi porse le mie sporte la ringraziai.
< Mi dici cosa ti è successo? > domandò un'ennesima volta, ma scossi la testa, mentre le mie mani non la finivano più di tremare < oh, c'è Robert > disse mentre lo guardava e quando voltai lo sguardo lo vidi venirci incontro.
Mi alzai dalla sedia e quando lo vidi avvicinarsi a me tutto sorridente gli mollai uno schiaffo in pieno viso, mentre Emma, Jenny e probabilmente il resto della gente vicino a noi mi fissavano come se fossi pazza.
< Cosa diavolo ti è preso? > sbottò Robert incazzato e quando vidi che anche lei ci stava fissando la indicai.
< Hai niente da dirmi? > chiesi cercando di calmarmi, ma lui non rispose < Allora? >
< Mi dispiace >
< Hai avuto due settimane per dirmelo! Cazzo, ma ti rendi conto?! Come…come posso fidarmi di te se nemmeno mi dici che tu e Kristen siete tornati amici dopo quello che lei ha fatto?!? Aspettavi di mandarmi un telegramma a Yale? >
< Sapevo che ti saresti incazzata. Volevo dirtelo, solo non ora. Non volevo litigare a Barcellona >
< Sei un coglione, Robert >
Stavo tremando terribilmente e sapevo che di lì a poco sarei scoppiata in lacrime. Anche Jenny lo capì, infatti prese le nostre borse e mi trascinò fuori dall'outlet, lontana dalla visuale di Robert e di tutti gli altri. Mi portò in un parco poco distante dal centro commerciale e vicino alla nostra macchina.
< Respira profondamente > mi disse mentre mi teneva una mano dietro la schiena < hey, guarda me…inspira…ed espira…inspira…espira…ecco, così >
Miracolosamente riuscii a trattenere le lacrime e a calmarmi.
< Questo sì che è il ritorno a casa migliore del mondo > commentai sarcastica < qualche altra notizia scioccante? >
< Mi trasferisco a New York > disse Jenny d'un fiato e la guardai sconvolta, questa volta senza riuscire a non piangere.
< Mi prendi in giro? >
< No. Mentre eravamo in vacanza Walter ha trovato un appartamento a New York. Gli hanno offerto un posto al Daily News come tirocinante e lo ha accettato. Per il momento staremo in affitto nella casa dei suoi nonni, ho l'aereo alle tre del mattino per New York per vedere la casa e già che ci sono lascerò lì qualche vestito > disse indicando ciò che si era appena comprata.
Mi portai le mani sul viso e iniziai a singhiozzare, Jenny aspettò pazientemente che mi calmassi e poi l'abbracciai.
< Non so nemmeno perché piango > le dissi mentre mi asciugavo una lacrima < sono davvero felice per te >
< E non è tutto > continuò mostrandomi il ciondolo della sua collana, che non era altro che un anello con un diamante < mi ha chiesto di sposarlo >
< Cosa? >
< Ma gli ho detto di no… >
< Tu cosa? > ribattei interrompendola.
< Lasciami finire! Non voglio sposarlo mentre aspetto un bambino, voglio tornare al mio aspetto per quel giorno. E lui non ha ribattuto >
< E perché non indossi l'anello? >
< Lo indosserò una volta partorito >
< Tu sei strana > le dissi ridendo e lei rise con me.
< Stai meglio ora? >
< Sì, grazie > risposi sorridendole < ma sono davvero arrabbiata con lui > continuai senza riuscire a nominarlo e Jenny senza dire niente mi abbracciò < possiamo evitare di parlarne? >
< Come desideri > rispose guardandomi premurosamente < dovrei andare a preparare la valigia con questi > continuò indicando le sue spese < mi fai compagnia? Sono da sola >
< Certo > asserii < i tuoi genitori cosa ne pensano? >
< Loro…l'hanno presa bene, sono felici. E poi adorano Walter, senza contare che lì avremmo l'appoggio dei suoi nonni e di mia sorella >
Le sorrisi e annuii. Andammo a casa sua e per tutta la serata preparammo la sua valigia mentre ricordavamo alcuni aneddoti che riguardavano la nostra gioventù. Robert non mi cercò e lo stesso non feci io, non avevo alcuna voglia di parlargli. Per dirgli cosa, poi? Quello che dovevo dirgli glielo avevo già detto e non volevo scusarmi, nemmeno per lo schiaffo. Gli stava solamente bene.
Era mezzanotte e mezza quando mi offrii di accompagnare Jenny in aeroporto. Il tempo di tornare a casa, salire sulla mia auto e tornare da lei. All'una esatta eravamo al LAX e venti minuti dopo davanti all'imbarco.
< Le nostre strade qui si dividono > le dissi teatralmente e lei rise, finché ad un certo punto tornò seria < continueremo a vederci, vero? >
< Certo > rispose sorridendo < Yale e New York non sono poi così distanti. E tra qualche giorno tornerò a prendere le ultime cose >
< Non sarà lo stesso trascorrere un'estate con te in un'altra città > dissi mentre sentivo gli occhi riempirsi di lacrime < ti voglio bene > continuai abbracciandola di slancio e lei ricambiò il gesto
< Ora è meglio che vada > disse prossima al pianto.
< Ciao > le dissi agitando la mano e quando rimasi sola feci dietrofront e guidai fino a casa, pronta a versare un mare di lacrime per tutto quello che era successo oggi.
Parcheggiai davanti al vialetto e rientrai in casa senza degnare di uno sguardo la casa di Robert: poteva fissarmi da dietro una tenda, poteva non farlo, non me ne fregava un accidente, ero ancora troppo arrabbiata e delusa. Una volta aperta la porta sentii dei rumori provenire dalla cucina e quando vi entrai vidi Bianca.
< Sono tornata >
< Lo vedo > replicò freddamente.
< Mike si trasferisce qui? >
< Cosa centra lui? >
< Ho visto gli scatoloni >
Bianca scosse la testa e mi guardò.
< Quelli non sono suoi >
< Ah no? E di chi? Hai una nuova conquista? > replicai strafottente.
< Sono tuoi >
Mi pietrificai.
< M-miei? > chiesi sorpresa.
< Sì. So che sei stata ammessa a Yale. Congratulazioni > rispose con un falso sorriso.
< Come…? >
< La lettera > replicò indicando una busta sopra il mobile all'ingresso.
< Hai letto la mia posta?! > chiesi inviperita.
< Sì. Ho letto che inizierai i corsi a settembre. Beh, io ti voglio fuori da casa mia ora >
Sgranai gli occhi e la guardai stralunata. Era per caso rincretinita più del dovuto?
< Mi stai cacciando da casa? >
< Sì >
< Ma non so dove andare! >
< Non mi interessa. Chiedi a tuo padre un tetto sotto il quale stare, io credo di averti già mantenuto abbastanza > continuò incrociando le braccia al petto < ho impacchettato ogni cosa tua, entro domani vedi di aver tolto tutto >
Serrai la mascella, presi uno scatolone a casaccio, la mia borsa e uscii di casa, ma una volta fuori mi fermai senza sapere cosa fare o dove andare. Inizialmente pensai di dormire in macchina, ma trascorrere la notte lì dentro voleva dire svegliarsi il mattino seguente con tutti i dolori possibili immaginabili, così misi lo scatolone dentro l'auto e andai a suonare al campanello di Robert, l'ultimo posto dove sarei voluta andare ma l'unico che mi veniva in mente. Suonai insistentemente e quando lui aprì la porta la prima cosa che notai fu l'impronta della mia mano sulla sua guancia.
< Scusa, ma è tardi e voglio dormire, non farmi picchiare > disse guardandomi freddo e mi sbatté la porta in faccia, io sospirai e suonai una seconda volta il campanello < che cosa vuoi? > domandò freddamente quando riaprì.
< So bene che non dovrei essere qui e che tu non hai voglia di parlarmi. Ma non so in che altro posto andare >
< Vai da Jenny > disse alzando e spalle e chiuse per la seconda volta quella stupida porta.
Tirai su col naso e serrai gli occhi per evitare di piangere dal nervoso. Mia madre mi aveva sbattuto fuori casa, la mia migliore amica se ne era andata e il mio ragazzo faceva la parte dell'offeso.
Guardai rassegnata la mia macchina e pensai che quella notte l'avrei passata lì: non avevo voglia di guidare per andare da qualche altra mia amica per non dover dare spiegazioni e non avevo abbastanza soldi per andare in un motel. Entrai dentro la mia auto e mi sistemai come meglio potei, poi appoggiai la testa sul finestrino, addormentandomi dopo una marea di minuti.
La testa mi faceva male e stavo sentendo un rumore tremendamente fastidioso all'altezza tempie. Aprii gli occhi imprecando per il male cane al collo che mi era venuto e quando voltai la testa di lato vidi Robert che mi guardava accigliato.
< Puoi aprire, per favore? > domandò dall'altro lato dello sportello e feci come mi aveva chiesto.
< Che ore sono? >
< Le quattro e mezza. Cosa ci fai qua fuori? >
< Stavo cercando di dormire >
< E perché non puoi dormire in casa tua? Fammi pensare…sei senza chiavi e tua madre non è in casa? > domandò e scossi la testa mentre fissavo il volante e non i suoi occhi < e allora perché non entri e resti qui come un'idiota? >
Serrai gli occhi e trattenni un singhiozzo, attesi qualche attimo e lo guardai negli occhi, fregandomene altamente delle lacrime che mi stavano rigando le guance.
< Puoi andartene, per favore? > lo implorai e lui mi guardò con gli occhi a palla.
< È davvero così grave? >
< Tu mi hai mentito, la mia migliore amica si trasferisce a New York e mia madre mi ha sbattuto fuori casa. Giudica tu stesso > risposi freddamente mentre mi asciugavo le lacrime e Robert allungò la sua mano.
< Vieni >
< Credevo volessi dormire >
< Questo era prima di sapere che la mia ragazza è destinata a dormire sotto un ponte per sei settimane >
< Domani partirò per Newark e starò da mio padre >
< Non pensarci nemmeno. Abbiamo sei settimane da passare insieme e di certo resteremo insieme fino alla fine >
Afferrai la sua mano e gli sorrisi.
< Quindi mi ospiti a casa tua finché non me ne andrò? >
< Direi di sì. Non farmene pentire però >
< Grazie > sussurrai buttandomi sul suo petto e lui mi abbracciò, accarezzandomi la schiena mentre tentavo di calmare i miei singhiozzi < erano miei gli scatoloni di oggi >
< Domani mattina li portiamo da me > disse e annuii sorridendo.
< Ciò non cambia il fatto che sono ancora arrabbiata con te >
< Lo stesso vale per me >
< Tu mi hai mentito! > esclamai allontanandomi da lui.
< E tu mi hai stampato la tua mano sulla guancia. A proposito, mi fa ancora male > disse e scoppiai a ridere < lo trovi divertente? >
< Sei buffo > replicai sorridendo e lo presi per mano < ti amo >
< Purtroppo anche io. Quindi muoviti ad entrare >
Non me lo feci ripetere due volte e dopo aver chiuso l'auto con il telecomando mi catapultai in casa sua, dove dormii fino alle tre del pomeriggio in un letto morbido e abbracciata al corpo del ragazzo più idiota e meraviglioso che potesse esserci sulla faccia della terra.
*******
Holaaaaaaaaa!!!!!
State tutte bene? Come avete passato queste vacanze?
Pronte per ricominciare la scuola?
Alliur, per prima cosa voglio spiegarvi un attimo il comportamento di Michelle. Non so se è trasparito in questi ultimi capitoli – ultimamente sono così stanca che non riesco a fare più niente, quindi di conseguenza mi ritrovo a scrivere cose di cui alla fine non sono pienamente soddisfatta –, ma la sua reazione è semplicemente paura. Ha paura della lontananza da Robert e di ciò che può capitare.
Ma abbiate pazienza, prima o poi (molto poi, lo ammetto) le cose si risolveranno ;)
Ah! Non ricordo chi lo avesse chiesto, ma…tadà! Bianca ha finalmente colpito xD
Al prossimo capitolo!
Giulls
P.S. Lascio la mia pagina di facebook per chiunque avesse voglia di fare quattro chiacchiere con questa povera disgraziata :D http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791
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Capitolo 38 *** Ciao, sono una matricola ***
Ciao, sono una matricola
Connecticut, università di Yale.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quell'enorme insegna in ottone, quella che mi indicava dove mi trovassi, che non stavo solo sognando.
< Sarebbe gradita una mano > disse papà mentre mi seguiva con i miei bagagli. Aveva insistito tanto per accompagnarmi che non me l'ero sentita di dirgli di no, non dopo che si era presentato davanti a casa di Robert.
< Coraggio, vecchietto è una buona scusa per farti un po' di muscoli > ribattei mentre prendevo un paio di borse per aiutarlo, dopotutto non potevo ucciderlo, o a Newark avrebbero ucciso me.
< Hai per caso un cadavere qui dentro? > continuò, ma feci finta di niente e senza staccare gli occhi dal foglietto sul quale c'è scritto il mio dormitorio con la mia stanza tento di orientarmi.
< Per di qua! > esclamo a un certo punto mentre indico alla mia destra, aiutata dal cartello sul quale c'è scritto “Dormitorio Kennedy”. Impiegammo circa cinque quindici minuti prima di trovare la mia stanza e quando vi entrai la prima cosa che mi colpì furono i colori della stanza: le pareti bianche, le sponde del letto in legno chiaro, stesso colore della scrivania…l'unico colore forte era il blu della sedia. Decisamente una stanza piena di colore.
< Quindi è qui dove alloggerai per quest'anno >
< Già >
< Mi…mi sembra molto confortevole >
< Sì, infatti >
< Adatta a una studentessa >
Guardai mio padre scettica.
< Già, è per questo che è stato creato il collegio. Per ospitare studenti >
< E non è abbastanza grande da ospitare più di due persone… >
Bingo! Ecco dove voleva parare. Non si doveva essere geni per capire che il messaggio era “tieni fuori Robert da questa stanza”.
< Stai tranquillo, papà, non ha tempo per venire qui ora > risposi frustrata: non ci eravamo praticamente visti per niente quest'ultima settimana, se non una sera nella quale dovevamo fare il mondo e invece avevamo finito per addormentarci sul divano.
< Era quello che volevo sentirmi dire > rispose sorridendo e mi baciò la guancia. La sua bambina era cresciuta, aveva un fidanzato e ora che sarebbe andata a vivere lontano dai genitori lui aveva deciso di assumere il ruolo di padre geloso. Era quasi comica la cosa.
Mi aiutò a sistemare i miei bagagli, mi salutò con un groppo alla gola, dopotutto la distanza tra noi due era di sole novanta miglia, una passeggiata in confronto alle quasi tremila di prima, e quando rimasi sola iniziai a sistemare le mie cose.
Ogni cinque secondi ero dietro a guardare il telefonino in attesa di una chiamata di Robert, che era impegnato in una intervista alla radio, ma evidentemente stava impiegando più tempo del previsto perché ancora non si era fatto vivo e quando finii di sistemare l'ultimo pigiama, due ore dopo dal mio arrivo, la porta si aprì.
< Ciao > mi disse una ragazza alta, più della sottoscritta, con i capelli castani e tenuti legati da un'alta coda, gli occhi marroni e un accenno di lentiggini che le rendevano l'espressione più simpatica < sono Kelly >
< Piacere, Michelle > risposi sorridendole mentre le stringevo la mano < hai bisogno di una mano con i bagagli? > le chiesi e scosse la testa.
< Non preoccuparti, ce la faccio > replicò, ma dal momento che non avevo niente da fare le diedi una mano.
Trascorse un'altra ora nella quale Kelly ed io chiacchierammo e scoprii che era originaria di Cincinnati, ma aveva vissuto per gran parte della sua vita a New York con i genitori e con sua sorella minore Janice, che aveva dodici anni e mezzo, poi sistemammo le ultime cose e decidemmo di farci una doccia prima di uscire per andare in palestra, dove il rettore Stan voleva incontrare le matricole.
La prima a farsi la doccia fui io e quando fui pronta posizionai la foto che avevo fatto con Robert il giorno del mio diciannovesimo compleanno sul comodino accanto al letto.
Non appena la mia nuova compagna di stanza liberò il bagno vi schizzai dentro per lavarmi i denti e quando uscii la vidi sul mio letto intenta ad osservare quella foto.
< C'è qualche problema? > chiesi curiosa e lei posò la foto dov'era prima.
< Non dirmi che sei una sua fan! Non puoi perdere punti così! > esclamò e mi indispettii nel sentire quelle cose.
< Cos'è che di lui non ti piace? >
< Mi da l'idea che sia un ragazzo che si da delle arie >
< Beh, non è così > ribattei secca.
< Scusa, non volevo offendere nessuno > replicò come se mi stesse prendendo in giro. Dov'era finita quella dolce ragazza di un'ora prima?
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta e il discorso finì lì. Era Jeremy.
< Jer! > esclamai saltandogli al collo < Da quanto sei qui? >
< Mezz'ora > rispose ricambiando l'abbraccio stritolatore < mamma voleva venire a salutarti, ma mio padre aveva fretta di tornare a casa. Sai com'è, i Lakers questa sera giocano… >
Risi e scossi la testa.
< Non preoccuparti, salutamela non appena la senti. Oh, lei è Kelly > gli dissi facendo le presentazioni < Kelly, lui è Jeremy, il mio migliore amico >
Si presentarono e insieme ci dirigemmo al nostro luogo d'incontro con il rettore. Ci accomodammo tutti e tre nelle prime file e conversammo civilmente, dopotutto Kelly sarebbe stata per un anno intero la mia compagna di stanza e non potevo avercela a morte con lei solo perché odiava il mio ragazzo, e con somma soddisfazione constatai che i due signorini si erano presi in simpatia.
< Hey! Sono qui! > esclamò Jeremy ad un certo punto < Ora vi presento il mio compagno di stanza > ci disse sorridendo < è un tipo strano, ma è forte. Si chiama… >
< Liam > lo interruppi mentre vedevo quel pel di carota avanzare verso di noi e anche lui mi guardava con lo stesso sguardo divertito.
< Lo conosci? >
< Molto bene. È mio cugino >
Il mondo era davvero piccolo.
Salutai mio cugino con un caloroso abbraccio e chiacchierammo tra di noi finché il rettore Stan non entrò in palestra. Era un uomo davvero affascinante, alto e con i capelli brizzolati, ma aveva degli occhi azzurro brillanti irresistibili.
< Salve a tutti > ci salutò col microfono < sono il rettore Stan e per prima cosa voglio darvi il benvenuto alla Yale University >
< Cavolo, lui sì che è un bell'uomo! > sussurrò al mio orecchio Kelly e ridemmo.
Parlò per un paio d'ore e ci illustrò le varie regole e così via, poi ci disse che si sarebbe reso disponibile per qualunque dubbio, che il suo studio era nella sede della facoltà di medicina e si congedò.
< Accipicchia, che discorso lungo > si lamentò mio cugino e risi.
< Io ad un certo punto mi sono addormentata > ribattei e guardai il mio migliore amico sorridendo < grazie per la spalla >
< Figurati > ribatté baciandomi la fronte e in quell'esatto momento un gran bel ragazzo ci si parò davanti.
< Ciao > ci salutò.
< Ciao > risposi atona.
< Mi chiamo Jason e faccio parte della confraternita K.U.T.Δ. Questa sera daremo una festa e voi ragazze siete invitate > ci disse mentre ci porgeva due braccialetti < indossateli, è l'unico modo per entrare >
< Potresti darcene altri due? > domandai < Ci sono anche loro con noi >
< Oh, mi spiace, ma li ho finiti > ribatté sorridendo < spero di vedervi questa sera >
E detto ciò si allontanò.
< Che stronzo > si lamentò Liam < anche io volevo essere invitato >
< Beh, si da il caso che quel tipo non aveva occhi che per la nostra Michelle > intervenne Jeremy < è ovvio che non volesse ragazzi nei dintorni >
Kelly rise e mi mise un braccio intorno alle spalle.
< Se il risultato è farsi invitare alle feste ti sfrutterò più spesso >
< Guarda che ti tengo d'occhio > ribatté Jeremy fissandomi severo < e ora vieni a offrirmi un frozen yogurt? >
Questa volta fui io a ridere e accettai il suo “invito”, mentre Kelly lo declinò per andare in stanza a chiamare sua madre, che, da come l'aveva descritta lei, era “tremendamente ansiosa”.
Ci sedemmo sulla panchina davanti al mio dormitorio con il nostro acquisto in mano quando il mio cellulare vibrò.
< Pronto? >
< Mitchie? >
< Rob! > esclamai felice < Come stai? >
< Io bene…tu dove sei? >
< Sono a prendere un frozen yogurt con Jer e mio cugino. Sai che ci siamo incontrati così per caso? Insomma, quante probabilità avevo di finire nello stesso college di mio cugino e che lui finisse nella stessa stanza con il mio migliore amico? >
< Una su un milione > disse ridendo < senti, sarò breve. Sono davanti alla porta del tuo dormitorio, ma la tua compagna di stanza non appena mi ha visto mi ha sbattuto la porta in faccia >
< Sì, Kelly mi ha fatto capire prima che… > - mi bloccai - < dove sei? >
< Davanti alla porta del tuo dormitorio. E temo che qualcuna mi abbia riconosciuto. Verresti a salvarmi? >
< Trenta secondi > risposi e chiusi la chiamata < ragazzi…Rob è qui >
< Oh, lo sappiamo > intervenne Liam.
< Cosa? >
< Chi credi che gli abbia detto dove trovare la tua stanza? > continuò mio cugino indicando Jeremy e sorrisi.
< Ti devo molto di più che un frozen yogurt >
< Lo so. Dai, vai >
Mi alzai in piedi e corsi fino alla mia porta, vidi Robert in lontananza – quell'uomo non sapeva cosa volesse dire travestirsi per non essere riconosciuto – lo presi per la mano e lo feci entrare in camera mia. Chiusi la porta di scatto e gli buttai le braccia al collo.
< Cosa ci fai qui? > chiesi eccitata.
< Davvero credevi che mi sarei perso questo giorno così importante per te? > ribatté sorridendo e mi baciò le labbra, ma poco dopo venimmo interrotti da Kelly che usciva dal bagno.
< Oh…ora si spiega perché ti sei scaldata così tanto prima > disse scuotendo la testa < e non mi hai detto niente, anzi! Mi hai lasciato fare una figuraccia >
< Kelly…lui è Robert >
< Ciao > lo salutò lei con un cenno di capo e lui fece lo stesso < beh, io allora esco e vi lascio soli… >
< Non preoccuparti, devo andarmene ora >
< Cosa? > domandai sgranando gli occhi < No! Perché? >
< Ho un'intervista con Jay Leno e poi Kristen e Taylor hanno detto di volermi trascinare ad un party a New York. E se non voglio far tardi da Jay, devo andare >
Abbassai lo sguardo dispiaciuta, ma scossi la testa, tornai a guardarlo e gli sorrisi.
< Beh, allora divertiti >
< Anche tu > replicò baciandomi le labbra < che programmi hai per stasera? >
< Kelly ed io siamo state invitate ad una festa > risposi sorridendo.
< Comportati bene > mi diede un ennesimo bacio e aprì la porta della stanza < è stato un piacere conoscerti, Kelly >
< Sì, anche per me > replicò lei abbozzando un sorriso, che immaginai fosse falso.
Lui mi guardò dispiaciuto e se ne andò. Chiusi la porta solo quando lo vidi voltare l'angolo.
< Speravo restasse di più > sussurrai, ma non abbastanza perché Kelly non mi sentisse.
< Senti, io…mi dispiace. È solo che proprio non ce la posso fare a essere carina con lui >
< Figurati > replicai alzando la mano < per me è lo stesso con Kristen… >
***
< Dimmi la verità…ti sembro volgare vestita così? > domandò Kelly mentre si era fermata davanti ad una ennesima parete sulla quale si potesse riflettere, cioè la porta a vetro della mensa, illuminata da due lampioni.
< Stai per caso dando del volgare alla mia gonna? > ribattei avvicinandomi e guardai entrambe le nostre figure riflesse: tra le due chi risultava più volgare ero io con il mio vestito tremendamente corto e non lei con la mia minigonna che le arrivava fino a metà coscia e la T-shirt nera con lo scollo a V.
Sbuffai e cercai di allungare il vestito.
< Cosa c'è? >
< Non mi sento per niente a mio agio con questo coso addosso > risposi dimenandomi per riuscire nel mio intento, ma tutto era invano.
< E allora perché l'hai indossato? >
< Perché me l'ha regalato la mia sorellastra e mi ha fatto giurare che l'avrei indossato in occasione della prima festa del campus >
< Secondo me ti sta molto bene, te l'ho detto anche prima in camera. Hai delle belle gambe, puoi meritartelo. Comunque stavo dando della volgare a me, non alla gonna > disse facendomi la linguaccia.
< Sì, ma indirettamente hai insultato la mia gonna. E ad ogni modo non puoi definirti volgare, sei più vestita di me! >
< Infatti non ho mai detto che somigli ad una puritana >
Risi e scossi la testa, poi la presi a per un braccio per raggiungere la confraternita K.U.T.Δ., dove si sarebbe svolta la prima festa dell'anno accademico. La confraternita era una delle più esclusive, o almeno questo era quello che mi era stato detto da Jason quando ci aveva rivisto in mensa per la cena.
Nessuna delle due sapeva dove si trovasse di preciso la confraternita, così ad un certo punto ci limitammo a seguire la folla di ragazzi con gli ormoni in subbuglio e già ubriachi, come lo si poteva constatare dalla loro camminata. Una ventina di metri dopo sentimmo in lontananza della musica e, voltato l'angolo, ci trovammo davanti ad una reggia, perché quello era, tutta illuminata. Non lo avrei mai detto a nessuno, nemmeno sotto tortura, ma ero eccitata: quella era la mia prima festa da universitaria. Salimmo lentamente le scale di pietra, mentre attorno a noi c'erano varie coppie che sembravano volersi accoppiare proprio davanti alla porta d'ingresso, e non appena mettemmo piede dentro casa venni sbattuta al muro da un branco di deficienti a torso nudo ubriachi che mi erano appena venuti addosso.
< Ma che diavolo fate, cretini?!?! > sbraitai e per tutta risposta ricevetti una loro sonora risata e se ne andarono continuando a urtare mezzo mondo.
< Stai bene? > domandò Kelly preoccupata e annuii con la testa.
< Vorrei solo strangolarli > risposi irritata e in quel momento un ragazzo ci si parò davanti.
< Buonasera > disse sorridendoci < io mi chiamo Bryson e sono il più anziano tra i miei confratelli, nonché il presidente. Benvenuta alla K.U.T.Δ. Voi siete…? >
< Single > rispose Kelly con occhi sognanti e le diedi immediatamente una gomitata sul braccio < Kelly, volevo dire > continuò imbarazzata < e lei è la mia compagna di stanza Michelle >
Strinsi la mano a Bryson salutandolo e non potei fare a meno di notare il sorrisetto sulle sue labbra mentre guardava Kelly.
< Siete nuove? Non vi ho mai viste >
< Siamo del primo anno > rispose prontamente Kelly e il suo voltò si illuminò.
< Allora permettimi di illustrarti il posto > disse offrendole il braccio e lei mi guardò.
< Andate, io andrò a bere qualcosa >
Kelly mi sorrise senza dire niente e afferrò il braccio di Bryson, che mi salutò con un cenno di capo prima di lasciarmi sola.
Rimasta sola davanti alla porta come un'idiota pensai bene di allontanarmi ed entrai nella stanza alla mia sinistra, da dove proveniva la musica del deejay e mi portai il più lontano possibile dalla pista da ballo, appiccicandomi così alla bacheca dei trofei.
Presi tra le mani il telefonino e andai sulla casella dei messaggi.
“Imbucatevi, ti imploro” scrissi e lo inviai al numero di Jeremy.
“Scordatelo” rispose pochi secondi dopo. Non l'avrebbe mai ammesso, ma c'era rimasto male, lo conoscevo fin troppo bene. L'aveva sicuramente presa sul personale e infatti per tutto il giorno non aveva fatto altro che ripetermi che lo detestava e che forse era meglio così, sicuramente si sarebbe annoiato a quella festa organizzata da bambocci. Ma me l'avrebbero pagata entrambi, questo era sicuro.
< Questa è la bacheca delle vittorie della K.U.T.Δ. Come puoi ben vedere, non ci sono spazi vuoti > disse Jason mentre mi offriva una birra < la tua amica? >
< In giro con Bryson >
< E allora è mio compito intrattenerti >
Gli sorrisi educatamente mentre speravo che la testa gli esplodesse e mi portai il bicchiere alle labbra.
< Cosa significa K.U.T.Δ.? >
Rise della mia domanda e si passò una mano tra i capelli, stesso gesto che compiva sempre Robert.
< Mi dispiace, matricola, ma solo i membri della confraternita sono tenuti a saperlo >
< Bene, allora voglio essere un membro anche io > replicai con tono di sfida e lui sorrise malizioso.
< Sono spiacente, matricola, ma queste… > disse indicando il mio seno < …e questa > continuò indicando il basso ventre < te lo impediscono >
Allontanai lo sguardo dai suoi occhi ipnotici, specialmente perché si stava avvicinando più del dovuto, e continuai a bere, finché non venne reclamato dagli stessi ragazzi che mi avevano spinto, che avevo scoperto essere del primo anno come me, perché facesse loro da giudice per chissà quale gara e mi lasciò sola. Presi il cellulare per guardare l'ora e vidi lampeggiare sul display il simbolo della busta, segno che mi era arrivato un messaggio.
“Party a NY: Myley Cyrus poco fa mi ha dato del venduto e Lindsay Lohan mi ha praticamente vomitato sulle scarpe. Tu come te la passi?”
Sorrisi e rilessi il messaggio almeno una ventina di volte. Erano passate poche ore da quando l'avevo visto, ma mi mancava. E allo stesso tempo mi indispettiva abbastanza saperlo accanto a Kristen Stewart mentre io non potevo tirarle i capelli e dirle di lasciare in pace il mio uomo.
“Party alla confraternita K.U.T.Δ. Indosso un abito che quasi non mi permette di respirare, Kelly è in giro con un tipo, sono stata denigrata da un ragazzo perché sono una donna e sempre questo qui mi ha già chiamato matricola per due volte nel giro di trenta secondi” scrissi e gli inviai il testo “Kristen sta tenendo lontano le mani, vero?” scrissi ancora.
Attesi cinque minuti con gli occhi incollati al cellulare per leggere il suo messaggio di risposta, ma invano, così lo riposi dentro la borsa e feci un giro per la casa, finché non raggiunsi le scale che portavano al piano di sopra, dove seduto c'era un ragazzo dai capelli lunghi e i mille tatuaggi che mi fissava sorridendo.
< È proibito a chi non è un confratello salire di sopra, ma se vuoi venire con me ti mostro la mia stanza > disse alzandosi in piedi e il suo sorrisetto non gli abbandonava le labbra.
< Scusa, Manuel, ma lei sta con me > intervenne Jason portandomi un braccio intorno alle spalle e mi irrigidii, ma lo seguii quando ci allontanammo dal suo amico < stavi cercando me, matricola? > domandò stringendomi a sé e in quel momento ricordai del suo braccio, così mi divincolai immediatamente dalla sua presa.
< Stavo cercando la mia amica > ribattei scocciata.
< Non lo sai? È andata via con Bryson dieci minuti fa >
Kelly se ne era andata senza dirmi niente? Aveva per caso intenzione di passare la notte con quel tipo? Ed io dove sarei andata?
< Cosa? > domandai sorpresa.
< Bryson mi ha detto che lei non si sentiva bene e l'ha riaccompagnata nella sua stanza >
< Vado da lei > dissi dirigendomi a passo svelto verso la porta, ma Jason mi fermò per un braccio.
< Si vede che sei una matricola. Non lo sai che alla sera non è raccomandabile per una ragazza stare da sola? >
< Allora mi accompagni tu? > chiesi mentre picchiettavo il piede, pensando che se mi avesse chiamata matricola un'altra volta lo avrei ucciso sul serio.
Fece schioccare la lingua tra i denti e mi guardò strafottente.
< A dire il vero io volevo restare ancora qui. Ora viene il bello… >
Scossi la testa e uscii da quella casa per tornare dalla mia compagna di stanza, ma Jason mi si parò davanti alzando le mani e rise.
< Siamo suscettibili, eh? > disse sbeffeggiandomi e dopo che si mise al mio fianco ci incamminammo verso il mio dormitorio.
< A che anno sei? > domandai curiosa mentre passeggiavamo.
< Al terzo, facoltà di medicina >
< Anche tu a medicina? >
< La maggior parte dei confratelli studiano medicina >
< E cosa ti piacerebbe fare? >
< Il pediatra, adoro i bambini. Tu? >
< Chirurgo > risposi sorridendo < adori i bambini? Questa cosa ti fa onore. Stai recuperando punti >
< E come li avrei persi? > domandò sorridendo.
< Con la tua sfacciataggine > risposi guardandolo e mi rispose con uno sguardo divertito.
< Allora, matricola, questa è la confraternita delle Lions, note come figlie di papà > mi disse indicandomi una casa che faceva invidia anche a Barbie.
< Tanto da avere la domestica? >
< E il giardiniere >
< Mi stai prendendo in giro? >
< Affatto > disse alzando le spalle e poco dopo mi indicò un'altra casa < qui c'è la confraternita K4O7, i futuri scienziati d'America e lì ci sono le Tygers. Un po' civette, ma simpatiche e molto disponibili > continuò e capii al volo la sua ultima allusione.
< Non credo di voler sapere altro > dissi scuotendo la testa e lui rise, poi mi portò il braccio attorno alle spalle una seconda volta < hai intenzione di tenermi abbracciata ancora per molto? > domandai stizzita e la sua presa aumentò, forse per farmi un dispetto.
< Non sei una ragazza facile, eh? >
< Sono già impegnata > risposi dura e lui mi sorrise sornione.
< Tutto è relativo > replicò continuando a camminare.
< Senti…cosa comporta non far parte di nessuna confraternita? >
< L'anonimato >
< Il che è un bene per me > dissi annuendo e il vento freddo che si era alzato mi fece rabbrividire.
< Hai freddo? > domandò premuroso e quando annuii si tolse la giacca e la sistemò sulle mie spalle.
< Grazie > dissi sorridendo imbarazzata.
< Ah, dimenticavo…qui ci sono le Venus. Sono delle ragazze strane, lunatiche. Ma sono simpatiche. Sono uscito con una di loro l'anno scorso, non sono terribili come vengono descritte. Quindi mi raccomando, non credere a tutto quello che ti dicono sulle confraternite >
< Quindi tutto quello che mi hai raccontato tu potrebbe essere una balla? >
< Potrebbe > replicò lui sorridendo.
< Quindi tu e i tuoi confratelli potreste essere degli sfigati? >
< C'è una regola: mai mentire sulla propria confraternita > disse guardandomi serio < c'è qualche confraternita che ti interessa? >
< Te l'ho detto, preferisco l'anonimato >
< Perché? > domandò guardandomi curioso.
< È una storia lunga >
< Che ne dici di parlarmene domani sera a cena? >
< Il mio ragazzo non ne sarebbe per niente entusiasta >
< Chi è, uno dei due ragazzi di questa mattina? >
< No >
< Studia qui? >
< No > risposi e il suo sorriso si illuminò ancora di più.
< Ed è una storia seria? >
< Decisamente > risposi mentre giungevamo davanti al portone del dormitorio.
< Capito, allora sarà meglio stare al mio posto >
< Già > risposi mentre prendevo la chiave dalla borsa < beh, ora proseguo da sola >
< Non se ne parla, ti accompagno dentro >
< Non ce ne è bisogno >
< Sì, invece. E se ci fosse un maniaco che si aggira per il dormitorio? Potresti essere in pericolo >
< Fidati, non c'è nessuno >
< Come fai ad esserne così sicura? >
Sbuffai e mi portai le mani sulle tempie.
< Se ti lascio venire fino alla mia porta poi mi prometti di andartene? >
< Sì > rispose sorridendo.
Scossi la testa ed aprii il portone, salimmo le scale fino al secondo piano e mi
fermai davanti alla porta numero 80.
< Okay, sono arrivata. Grazie per il giro turistico, Jason. Ci vediamo in giro > gli dissi mentre lo salutavo con la mano, ma lui non accennava a muoversi < Jason, cosa stai aspettando? > domandai e senza rendermene conto si era avvicinato a me più del dovuto, aveva chinato la testa e mi stava baciando. Ero sorpresa, non riuscivo a muovermi, ma nel momento in cui la sua lingua toccò il mio labbro inferiore mi allontanai e gli mollai uno schiaffo sulla guancia.
< Cosa diavolo fai? >
< Sto al mio posto > sussurrò prima di baciarmi la fronte < ci vediamo domani, matricola. Ti aspetto per fare colazione insieme al bar della scuola alle otto. Non tardare > continuò facendomi l'occhiolino e mi lasciò sola, circondata da due ragazze che mi stavano trafiggendo con lo sguardo per chissà quale motivo.
Entrai nella mia stanza e senza fare rumore mi tolsi il vestito, infilai la canotta e i pantaloncini che avevo messo sotto il cuscino da usare come pigiama e mi misi sotto le coperte. Presi dalla borsa il telefonino e spinsi un pulsante perché si illuminasse il display. Robert non mi aveva più contattata.
***
Bene, bene, buonasera!
Avevo intenzione di postare prima, ma oggi è il compleanno della mia mamma, quindi non ho prestato molta attenzione a EFP; ma siccome ora è impegnata a fare chissà cosa, io posto! XD
Ci tengo a ringraziarvi per tutte le belle parole che spendete per me, mi scaldate il cuore ogni volta.
Al prossimo capitolo!
Giulls
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Capitolo 39 *** Mount Rashmore ***
Avvertenze-enze-enze!
Hola! Scrivo qui per prepararvi al capitolo.
Allora, cominciamo:
-
Spero davvero vi piaccia, ieri mattina ho aperto la pagina di word e mi sono impanicata perché non mi veniva giù niente, poi improvvisamente ho iniziato a scrivere.
-
Non odiatemi, ma questo capitolo è fondamentale per il prossimo…specialmente la parte finale. Ma non voglio aggiungere altro :)
-
Se pensate che quello che succederà sia il massimo…beh, mi spiace deludervi. Farò soffrire parecchio Michelle – e mi odio per questo – ma ci sarà sempre il lieto fine! Vi avviso perché non vorrei trovarmi dei messaggi pieni di “Avada Kedavra” :P
Grazie mille, per tutto. Perché mi rendo conto che questa storia continua ad essere seguita e lo apprezzo davvero davvero tanto, perché so che ci piace questa coppia :)
Buona lettura,
Giulls
P.S. Ieri per scrivere questo capitolo non ho studiato, quindi davvero, ora mi ritiro in solitudine a farlo, altrimenti tra 10 giorni - oddio, mi viene male!! - faccio scena muta >.<
Mount Rashmore
< Lavori il prossimo fine settimana? >
< Perché questa domanda? >
Mi sistemai meglio sul letto e abbassai lo schermo del computer per vedere meglio.
< Stavo pensando di stare un po' insieme e lontano da Los Angeles…non importa di fare chissà quale viaggio, solo…vorrei stare un po' con te >
Dall'altro capo del telefono lo sentii sospirare e chiusi gli occhi, immaginandomi cosa stesse facendo. Era da tre settimane che non lo vedevo, se non in televisione perché era in giro per il mondo per interviste/festival e premiazioni.
< Cosa proponi? Perché se fosse per me ti rinchiuderei in camera e saresti la mia schiava d'amore per tutto il tempo > disse e sorrisi.
< Stiamo pensando la stessa cosa >
< Mmm…la cosa mi piace > replicò e scoppiammo a ridere < sei mai andata a vedere il Mount Rashmore? >
< Mai >
< Bene, andremo lì…sempre che tu sia d'accordo >
< Sì, assolutamente > risposi entusiasta.
< Uhm, ho Emma in attesa…posso richiamarti più tardi? >
< Certo. Io ho biologia che mi attende >
< Buono studio, Mitchie >
Lo salutai e posai il telefonino sul comodino, ignorando l'occhiata al cielo che Kelly fece.
< Dove andrete, piccioncini? > domandò buttandosi sul letto accanto a me.
< Mount Rashmore >
Lei mi guardò e inarcò le sopracciglia.
< Per un fine settimana intero? Cosa avete intenzione di fare? >
< Mezz'ora, massimo un'ora, di visita al monumento e per il resto resteremo chiusi in camera a fare del sesso >
< Uhm, fine settimana allettante >
Scossi la testa e posai il computer lontano da noi.
< So che a te lui non piace >
< No, mi sono abituata alla sua presenza. E devo ammettere che forse è un po' simpatico >
< Forse, eh? >
< Beh, quando mi avete invitato per Natale è stato carino…sì, insomma, si è comportato da perfetto padrone di casa…e non mi ha fatto pagare niente… >
< Credevo lo avessi preso come un volerti comprare >
< Beh, sono rimasta colpita, ecco >
Risi e mi stesi sul letto, Kelly mi guardò e mi copiò nel gesto.
< Tra due ore devo partire per New York >
< Perché? >
< Jenny ha bisogno di aiuto col bambino, Walter è al lavoro e lei ha la necessità di dormire almeno un'ora >
< Posso essere in qualche modo d'aiuto? >
< Puoi chiedere a Jeremy o a mio cugino gli appunti di medicina generale per me? >
< Hey! > esclamò dandomi un pugno sull'avambraccio < Perché non li chiedi a me? >
< Perché tu tutte le volte li prendi a me…non sei affidabile. Certo, agli esami sei una bomba, ma per gli appunti sei una mezza calzetta > replicai e lei scoppiò a ridere, non prima di avermi dato un pugno sulla spalla.
< Sei davvero una stronza > disse e ridemmo insieme.
< Dovresti chiedergli di uscire >
< A Robert? >
< No, cretina > risposi dandole questa volta io un pugno sull'avambraccio < a Jeremy >
Jeremy Daniels, il mio migliore amico, era diventato il punto debole di Kelly, anche se non lo voleva dare a vedere. Avevo notato che ultimamente quando lui le rivolgeva la parola, lei arrossiva e cominciava a balbettare, mentre lui…beh, lui era diventato più gentile con lei e le sorrideva sempre. Forse io ero l'unica ad aver capito che sotto sotto ci fosse qualcosa da parte di entrambi, ma ogni volta che provavo a parlarne venivano salvati in corner.
Questa volta, fu il suo telefono a impedirmi di continuare la conversazione.
< Mamma! > esclamò Kelly sollevata e scossi la testa < No, sto bene…sì, scusa, ero in biblioteca a studiare… >
Mi scappò da ridere, ma mi trattenni. Kelly rifilava spesso alla madre la scusa dello studio in biblioteca, ma io non l'avevo mai vista andarci.
< Salve signora Jones! > esclamai mentre mi chiudevo in bagno per farmi una doccia.
Un'ora dopo, con un'ora di anticipo e tre panini al burro di arachidi nello stomaco, stavo sfrecciando in autostrada diretta verso New York per salvare la mia migliore amica da quella peste di suo figlio.
< Te ne sarò eternamente grata, lo prometto! > esclamò Jenny guardandomi con le lacrime agli occhi < Davvero, te lo giuro >
< Sì, l'hai detto un miliardo di volte > replicai fingendomi scocciata e presi il mio nipotino tra le braccia < ma ciao, topolino! > esclamai addolcendo la voce < Sono la zia Michelle >
< Mi sento un po' in colpa, lo ammetto >
< Perché? > domandai guardando la mia amica.
< Perché ti ho obbligato a saltare le lezioni per occuparti di lui >
< Smettila > l'ammonii guardandola < mi fa piacere farlo, okay? Non mi pesa la cosa. E tu hai davvero bisogno di riposare, sembri la brutta copia della moglie di Frankenstein >
< Sei sempre carina tu > replicò sarcastica, ma dai suoi occhi non trapelava altro che riconoscenza.
< Fai ciao alla mamma > dissi a John muovendo la sua manina paffutella verso sua madre e finalmente Jenny se ne andò a dormire.
Non appena la madre sparì dalla sua visuale, John si inquietò, ma quando iniziai a gironzolare per il salotto e a raccontargli la storia di come conobbi sua madre, lui si calmò e mi si addormentò tra le braccia.
Non ci avevo mai pensato, ma avere un bambino così piccolo tra le braccia mi infondeva un senso di calore assurdo; mi sentivo come se il mondo si fosse fermato per farmi godere della compagnia del mio nipotino. Era…era una sensazione indescrivibile, liquidarla con un semplice fantastica era un eufemismo.
Era passato un altro quarto d'ora da quando si era addormentato tra le mie braccia e finalmente ebbi la forza di posarlo dentro la sua culla per farlo dormire meglio. Mi sedetti accanto a lui e accesi la televisione, tenendola a volume basso per non svegliare né lui, né Jenny.
Lo show di Oprah era appena iniziato e siccome la mia scelta era tra quello o una maratona di Dora l'esploratrice non ci pensai su due volte a guardarlo.
Era strano da ammettere, ma era davvero un puntata avvincente. Avevano parlato dell'abbandono dei cani e si erano messi in contatto con il canile della zona, nella speranza che qualcuno che seguiva lo show chiamasse per adottarne uno, avevano avuto come ospite George Clooney, che pubblicizzava il suo nuovo film appena uscito al cinema, Nichole Kidman, che raccontava la sua esperienza traumatizzante, ma ovviamente raccontata in chiave ironica, di quando aveva perso la sua verginità e l'ultimo ospite della giornata era lui. Robert.
“Signore e signori, diamo il benvenuto a Robert Pattinson!”
Un urlo e uno scroscio di applausi partì, mentre la mia mascella toccava il tappeto. Ero a dir poco sconvolta.
Oprah lo salutò baciandolo su entrambe le guance e lo fece accomodare sul divanetto bianco di fronte al suo.
Qualcuno urlò “sei bellissimo!” e una seconda ondata di applausi partì.
“Oprah, come sempre è un onore essere qui” le disse Robert e la diretta interessata rise, mentre io fissavo lo schermo impotente, chiedendomi silenziosamente perché lui non mi avesse detto niente dell'intervista. Quindi era anche lui a New York? Lui sapeva che sarei venuta da Jenny, perché non mi aveva detto niente? E perché mi stava salendo l'angoscia?
“Allora, sappiamo che questa sera partirai per andare a girare alle Maldive Wide Sargasso Sea. Parlaci di questa storia”
Robert iniziò a parlare, ma tutto ciò di cui mi rendevo conto erano le sue labbra muoversi. Dentro la mia testa martellavano le parole di Oprah: Robert sarebbe partito questa sera per le Maldive.
Lui sapeva, ma non mi aveva detto niente. Mi aveva mentito.
Quel bastardo mi aveva mentito.
“…Vanessa è davvero brava, abbiamo provato una scena qualche giorno fa e ce la siamo cavati alla grande. Non vedo l'ora di partire”
A sentire quelle ultime parole sgranai gli occhi, più sconvolta che mai.
E non riuscivo a capacitarmi del perché mi avesse mentito.
“Come vi abbiamo promesso, apriamo la nostra linea telefonica e voi potete chiamare per fare qualunque domanda a Robert. Il nostro numero è 555-87523”
Come un'automa sfilai il telefonino dalla tasca, composi il numero in sovra impressione e attesi di poter parlare. Gliene avrei dette quattro.
C'erano tre persone prima di me, così attesi pazientemente il mio turno, mentre le ragazze prima di me gli domandavano cosa l'avesse spinto a scegliere quel ruolo, cosa ne pensava del suo personaggio, descritto in quel libro come un mostro, e l'ultima, se avesse idea di quanto si sarebbe fermato lì e se ne avesse approfittato per abbronzarsi.
Robert rise. Tutti risero. Le rispose che si sarebbe fermato per tre mesi, dopotutto era un film abbastanza complesso. Le disse anche che sperava di riuscire a prendere un po' di colore, perché si stava rendendo conto di essere troppo bianco.
Poi finalmente arrivò il mio turno.
“Ora, invece, abbiamo in diretta Michelle, da New York. Tesoro, ti ascoltiamo” aveva detto Oprah sorridendo e la telecamera inquadrò Robert e il suo sorriso. I suoi occhi, che erano emozionati come tutte le volte che partecipava ad un talk-show, che trapelavano la paura di raccontare qualche cazzata che potesse rovinare la vita di qualcuno, generalmente la mia, come mi aveva confessato alcune volte; temeva di raccontare qualcosa che potesse danneggiare me e la mia provacy.
E le parole mi morirono in gola.
“Pronto? Tesoro, ci sei ancora?” domandò Oprah una seconda volta.
< S-sì, ci sono > risposi e feci un respiro profondo “io non ho propriamente una domanda per Robert” continuai e quando sentì la mia voce lo vidi irrigidirsi < semplicemente vorrei fargli un in bocca al lupo per il film. Io non ho mai letto il libro, ma…un po' di tempo fa quello che ora è ora diventato il mio ex ragazzo mi aveva detto che è un gran bel libro >
Un singhiozzo mi partì all'improvviso e si sentì anche in studio.
“Oh, tesoro…” commentò Oprah guardando addolorata verso la telecamera, mentre Robert era impassibile.
< E questo è quanto. Tanti auguri per il tuo film >
Spinsi il tasto rosso del telefono e lo sistemai dentro la tasca dei pantaloni, esattamente dove era prima, mentre mi sentivo un peso nel cuore dentro. Non potevo crederci, davvero avevo rotto con lui in diretta televisiva? Era stato più forte di me, le parole mi erano venute fuori all'improvviso.
Mi appoggiai allo schienale del divano e piansi.
Cinque minuti dopo, Robert iniziò a chiamarmi e lo fece altre venticinque volte.
Quaranta minuti dopo, Jenny si svegliò, chiamata da quell'imbecille, e venne in sala. Mi vide in lacrime mentre tentavo di calmare John, che si era svegliato urlando e mi prese il bambino dalle mani, lo fece addormentare di nuovo, lo portò in camera da letto, socchiuse la porta e tornò da me, trovandomi davanti alla culla in piedi, esattamente come ero prima.
Venne ad abbracciarmi e piansi su di lei, mentre la mia migliore amica tentava mi accarezzava la schiena.
Non sapevo se Robert le avesse detto qualcosa, ma apprezzai il fatto che non mi chiedesse niente, che mi lasciasse sfogare e basta.
Altri quaranta minuti dopo, qualcuno bussò alla porta di casa sua. Jenny mi lasciò sola per andare ad aprire e quando tornò si portò indietro Robert.
Non appena lo vidi mi disperai ancora di più e lui tentò di avvicinarsi, ma non appena si inginocchiò lo spinsi, facendolo cadere per terra.
< Mitchie… > mi chiamò, ma io scossi la testa < Mitchie, lascia che ti spieghi, ti prego >
< Spiegarmi cosa? Che mi hai preso in giro? Perché non me l'hai detto? >
< Non sapevo come dirtelo, perché tu ci tenevi così tanto… >
< E quando pensavi di dirmelo, eh? Cinque minuti prima che partissimo? Tesoro scusa, ma mi sono dimenticato di avvisarti che io sono alle Maldive per girare un dannato film? >
Robert non disse niente, ma provò ad abbracciarmi ancora e questa volta glielo lasciai fare.
< Sono un cretino, un idiota, un coglione. Mi dispiace, davvero tanto. Ti amo… >
< Hai davvero un bel modo di dimostrarlo >
< Vuoi davvero chiudere? > domandò posando le sue mani sulle mie guance e mi obbligò a guardarlo < È questo che vuoi? > chiese ancora e quando lo vidi mi accorsi delle lacrime che stavano lottando per cadere dalle sue guance < Dannazione, rispondi! > esclamò piangendo come me.
Scossi la testa e tirai su col naso, mentre lui tirò un sospiro di sollievo.
< Ma non voglio nemmeno vederti. Ora vattene. Prepara la tua fottuta valigia e lascia questa nazione >
< Mitchie… >
< Robert, sono seria. Sparisci da qui >
Mi guardò per qualche attimo senza fiatare, poi mi prese per le mani e mi irrigidii.
< Robert… > lo chiamò Jenny senza sapere cosa dire, ma come me voleva che se ne andasse da casa sua.
< Al mio ritorno sarai qui? > domandò ignorando la sua voce, mentre io tornai a guardarmi le ginocchia < Rispondi! Al mio ritorno sarai qui? >
La sua voce rotta era come una lama nel mio petto che girava e rigirava contorcendomi tutta, facendomi soffrire, torturandomi pian piano.
< Ora basta > intervenne Jenny < Robert, vattene >
Mi baciò la fronte, sussurrò di amarmi e si alzò.
< Il mio volo questa sera partirà da qui alle otto e mezza. Alle sette e mezza ho il check-in, sarò il primo a passare. Sai dove trovarmi >
Detto quello se ne andò, e con lui un pezzo di me.
Erano le cinque e mezza quando chiamai Jeremy e mi sfogai anche con lui, mentre Jenny mi restava accanto per consolarmi.
Il mio amico, diplomatico come sempre, si incazzò e minacciò di partire per spezzargli tutte le ossa. Dovetti ricominciare a piangere per convincerlo a non farlo, dopotutto stava parlando della persona che amavo con tutta me stessa, anima e corpo.
Anche quando terminai la conversazione Jenny era lì a consolarmi e non voleva tornarsene a letto.
< Tu sei più importante di qualunque dormita > mi aveva detto mentre mi sistemava una ciocca dietro l'orecchio e mi baciò la guancia.
< Non so cosa fare > confessai dopo una mezz'ora di silenzio.
< Vuoi davvero chiudere con lui? > domandò e scossi la testa.
< Lo amo > risposi sentendo le lacrime pungermi ancora gli occhi.
< Non se lo merita, ma fossi in te prenderei un taxi e correrei a trascorrere con lui in aeroporto l'ultima ora e mezza insieme. Michelle, lui sta per partire e tornerà tra tre mesi >
< Non se lo merita > replicai scuotendo la testa.
Eppure lo volevo tanto anche io.
< Ti va di guardarci un film? > domandò e le sorrisi.
< Oddio, sì, ti prego >
Jenny accese la televisione, si sintonizzò sui canali che trasmettevano i film e si alzò per andare a riempire una ciotola di popcorn, mentre il primo canale del cinema stava trasmettendo Remember Me.
Non appena Jenny prese in mano il telecomando io glielo strappai e mi concentrai sugli ultimi cinque minuti di vita di Tyler. Quando morì piansi anche io, ma non saprei affermare se le lacrime erano dovute alla sua morte o a quello che era successo.
Andai in bagno a sciacquarmi il viso e quando tornai in sala guardai la mia amica. Jenny ricambiò il mio sguardo, sorridendomi incoraggiante.
Presi la mia borsa, il telefonino e uscii di casa. Composi il numero di Emma e pregai che mi rispondesse.
< Pronto? >
< Emma! > esclamai sollevata < Sono Michelle >
< Grazie al cielo! > esclamò anche lei e pochi attimi dopo sentii una porta chiudersi < Si può sapere cosa diavolo ti è venuto in mente di fare?!? Chiamarlo in diretta e piantarlo? >
< Non l'ho piantato >
< Questo non è quello che crede lui >
< E in ogni caso è stato lui a mentirmi. Questa mattina avevamo organizzato un viaggio insieme e qualche ora dopo se ne esce fuori con sta storia delle Maldive. Hai la minima idea di come mi sia sentita? >
< Lui cosa? Puoi ripetere? >
< Questa mattina avevamo programmato di andare al Mount Rashmore, solo noi due per un fine settimana >
< Che razza di idiota! Se ne era dimenticato! >
< Di cosa? >
< Delle Maldive. Sono due settimane che gli ricordo del film…ecco perché quando questa mattina gliel'ho detto è impallidito >
< Emma…Robert è lì con te? >
< Sì, ha appena finito di distruggere una statuetta egizia. Era talmente disperato che mi ha distrutto non sai quanta roba >
< Mi dispiace >
< Figurati, tanto mi ripagherà tutto, a costo di andare lui stesso a El Cairo a riprendermela. E non scherzo >
< Puoi passarmelo? >
< Un attimo > risponde e sento la porta nuovamente aprirsi < Robert, è per te >
< Non voglio parlare con nessuno! > sentii esclamare.
< Digli di non fare l'imbecille >
< Non fare l'imbecille…parole testuali >
Attesi pochi secondi prima di sentire la sua voce.
< Mitchie >
< Imbecille > sbottai adirata < cos'è questa storia che ci siamo mollati? >
< Mi hai mandato fuori >
< E puoi biasimarmi per questo? >
< Io…me ne ero dimenticato del film e quando mi hai chiesto di stare insieme questo fine settimana ero felice. Poi Emma mi ha detto della partenza di stasera e mi ha preso il panico. Temevo che tu ti saresti arrabbiata >
< E infatti scoprirlo da Oprah mi ha reso felice e spensierata >
< Mi dispiace >
Fermai con una mano un taxi e vi entrai dentro, dissi al tassista di raggiungere l'aeroporto e tornai a prestare attenzione a Robert.
< Se avessi un dollaro per tutte quelle volte che l'hai detto… >
< Mi aspetterai a casa? > domandò e il suo tono speranzoso mi riscaldò il cuore.
< No > replicai tirando fuori il portafoglio: ormai ero arrivata a destinazione, tanto valeva tirare fuori i soldi.
< Ma…io credevo… >
< Ti aspetto in aeroporto. Vedi di non farmi aspettare troppo, o è la volta buona che ti stacco le palle >
Sentirlo ridere fu un'esperienza disarmante.
< Faccio il prima che posso. Te lo prometto. Non staccarmi le palle, ti prego >
< Corri >
Pagai il tassista, uscii dal taxi ed entrai dentro l'aeroporto. Camminai fino all'area ristoro e mi sedetti in un tavolino, ordinai un caffè e attesi che Robert si facesse vivo.
Non ero più arrabbiata con lui, volevo semplicemente trascorrerci insieme l'ultima ora e mezza, prima che se ne andasse da me per tre mesi. Non ero nemmeno più ferita, nonostante avessi tutto il diritto di esserlo. Semplicemente l'avevo perdonato perché l'amavo e lo amavo così tanto che gli avrei perdonato di tutto, lo farei anche se mi tradisse. Perché lui era diventata una parte fissa nella mia vita e non riuscivo a immaginarmi senza di lui.
Finalmente riuscivo a capire quelle ragazze che amavano i loro uomini talmente tanto da risultare ridicole. E probabilmente mi ero trasformata in una di loro.
La sedia di fronte alla mia si muove e quando alzo lo guardo vedo Robert sorridermi.
< Ho fatto il più in fretta possibile >
Sorrisi con lui e mi alzai, misi un paio di dollari sul tavolo, mi sedetti sulle sue gambe e lo baciai. Non mi importava di quante persone avessimo intorno, davvero.
< Se ti chiedo di venire con me, mi segui senza fare troppe domande? > mi chiese.
< Anche fino in capo al mondo > risposi, ero in totale balia di lui.
Mi fece alzare dalle sue gambe, cosa che feci a malincuore, mi lasciai prendere per mano e corremmo verso destra. Non riuscivo a rendermi conto se la corsa fosse dovuta a paparazzi, fan o altro, sapevo solo che il cuore mi batteva all'impazzata.
Mi fece entrare dentro il bagno degli uomini, chiuse a chiave e iniziò a baciarmi con foga. Mi aggrappai al suo collo e allacciai le gambe attorno al suo bacino quando le sue mani raggiunsero il mio sedere. Ci staccammo quel tanto che bastava per respirare e iniziò a baciarmi il collo, mentre io faticavo a trattenere i gemiti. Il mio tentativo fallì miseramente quando mi diede un morso leggero.
< Guarda che ci facciamo beccare > sussurrò con voce roca.
< E allora smettila > risposi spostando le mani sui suoi capelli e glieli tirai leggermente prima di tornare a baciarlo.
Senza farmi scendere mi fece sedere sul lavandino, mi slacciò i pantaloni, io feci lo stesso coi suoi e facemmo l'amore in quel bagno puzzolente dell'aeroporto di New York.
Eppure quel posto in quel momento mi sembrava perfetto.
Erano le sette quando Emma chiamò Robert ordinandogli di raggiungerla per l'imbarco.
Dopo aver fatto l'amore Robert mi aveva imprigionata tra il muro e il suo corpo e per tutto il tempo non avevamo fatto altro che baciarci.
< Dobbiamo andare >
< Di già? > brontolai tornando a baciarlo e questa volta fu lui a gemere sulle mie labbra.
< Sai bene che se me lo chiedessi… >
< Non lo farò > replicai scuotendo la testa.
Sorrise grato e mi baciò le labbra.
Prima di lasciare il bagno la sveglia nel telefonino suonò, segno che era arrivata l'ora di prendere l'antibiotico.
< Stai male? > domandò guardandomi preoccupato.
< Ho solo un po' di mal di gola e il dottore mi ha prescritto dell'antibiotico. Tutto qui > risposi sorridendogli per rassicurarlo e lui mi baciò sulla gola.
< Non farmi brutti scherzi >
Mi prese per mano e ci incamminammo da Emma, la quale prima strigliò Robert, poi lo guardò contenta. I suoi occhi brillavano, esattamente come i miei.
Alle sette e mezza fu il momento di salutarsi.
< Comportati bene > gli dissi con le lacrime agli occhi.
< Anche tu. E informa quel tizio che quando torno se vengo a sapere che ti ronza intorno gli rompo tutte le ossa >
Risi e lo baciai.
< Mi mancherai >
< Anche tu. Salutami tutti, e…per qualunque cosa, non esitare a chiamarmi >
< Okay > risposi sorridendogli < buon viaggio >
< Ci vediamo quando torno >
Annuii, salutai Emma e tenni la mano del mio ragazzo finché non fu il momento per lui di imbarcarsi.
< Ciao > sussurrò a due centimetri dal mio viso.
< Ciao > sussurrai anche io sorridendogli < ti amo >
< Ti amo anche io, Mitchie >
E con quelle ultime parole che mi rimbombavano nelle orecchie lo lasciai salire su quell'aereo.
Dopotutto, si trattava solo di aspettare tre mesi.
Tre mesi.
Novanta giorni.
Ma ce l'avremmo fatta.
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Capitolo 40 *** Complicazioni ***
Lo ammetto, è stato difficile scrivere questo capitolo, ma ne sono soddisfatta.
Mi spiace dirvi che in questo e nei prossimi capitoli ci saranno un bel po' di problemi per Michelle…ma, hey, io sono per i lieto fine :)
Spero vi piaccia, anche se non è il classico capitolo.
Giulls
P.S. Niente forconi, prego :P
Complicazioni
< Non c'è niente di più buono di un cappuccino preso allo Starbucks di New York con la mia migliore amica > dissi sorridendo, mentre prendevo la suddetta migliore amica a braccetto.
< Concordo! Sono così contenta che tu sia venuta qui, era da tanto che non stavamo un po' insieme >
< È vero >
< Robert come sta? >
< Sta bene. Ci siamo sentiti ieri sera. Era stato invitato ad una festa con gli altri ragazzi del cast, ma non era sicuro di andare >
< Perché è diventato così pantofolaio? >
< Perché era stanco morto >
< Uomini…hanno una soglia di sopportazione del dolore pari a zero > ribatté e dopo esserci guardate negli occhi scoppiammo a ridere < oh, entriamo qui dentro! > esclamò, trascinandomi in un negozio di abiti prema-man e per neonati.
< Devi comprare un vestitino per il figlio di qualche tua amica? >
< Sì, per il tuo >
Le presi un polso.
< Jenny > la chiamai e mi guardò con faccia sorpresa < sono sono nemmeno di tre mesi, come faccio secondo te a comprare già qualcosa? >
< Per te compriamo qualcosa che tu possa mettere più avanti, per la tua prole nella pancia possiamo comprare qualcosa di neutro, poi più avanti sbizzarrirci. L'hai detto a Robert? >
< Ancora no >
< E cosa aspetti? >
< Eh, certo! Lo chiamo e gli dico che sono incinta per telefono? No, nel modo più categorico. Preferisco dirglielo in faccia. Tra tre settimane tornerà dalle Maldive ed io avrò l'occasione di dirglielo >
< I tuoi genitori lo sanno? >
< Ancora no. Tu, Walter, Kelly e Jeremy siete gli unici a saperlo. Voglio aspettare che lo sappia Robert prima di loro >
< Mi sembra giusto >
< Quindi possiamo andarcene? >
< Assolutamente no. Ora dobbiamo comprare qualcosa per te e per il tuo futuro marmocchio >
< Non chiamarlo marmocchio! > esclamai, portandomi le mani sulla pancia < piccolino o piccolina, magari anche piccolini. Non date retta a quello che dice zia Jenny, non capisce niente da quando ha iniziato a non dormire più alla notte a causa di John >
< Voglio vedere poi quando tu partorirai >
La guardai con finta aria di superiorità.
< Partorirò un angelo >
< Venuto dall'inferno > ribatté la mia amica, ridendo.
< Posso fare qualcosa per voi? > domandò la commessa avvicinandosi.
< Certo! > esclamò Jenny e le raccontò cosa stavamo cercando, o meglio cosa stava cercando di farmi comprare.
Trascorsi le due ore successive a provare dei vestiti che mi erano semplicemente enormi e a guardare bavaglini, body e tutine che potessero andare bene sia ad un maschio che ad una femmina.
< Jenny, ora possiamo andarcene? >
< Devi andare in bagno, vero? >
< Sì > mentii: avrei detto qualunque cosa pur di uscire da lì dentro.
Pagammo e poi uscimmo dal negozio, entrando in un bar e mi incamminai verso il bagno, lavandomi solo le mani. Inviai un messaggio a Kelly, aggiornandola sulla mia disperazione da shopping pre-maman e poi uscii.
< Ora dove andiamo? >
< A fare shopping in un negozio dove possa comprare dei vestiti che posso ancora mettere, okay? >
Rise.
< Certo! >
Mi trascinò dentro non so quanti negozi, ma ci divertimmo come non mai. Verso le undici e mezza eravamo sui marciapiedi della quinta strada, cariche di sportine.
< Ho fame. Ci fermiamo a mangiare qualcosa? >
< Benissimo > rispose sorridendo < andiamo in quel ristorante lì, okay? >
< Sì >
In quel momento mi squillò il cellulare.
< Pronto? >
< Ciao, Mitchie >
< Buon quasi pomeriggio. È quasi l'una qui, lo sai? > dissi ridendo, ma in risposta ricevetti un piccolo borbottio < Come è andata la festa? >
< Non lo so, non sono andato. Come ho toccato il letto sono crollato. Franz ci sta uccidendo. Mi sta uccidendo >
< Chissà cosa dovrai fare di così stressante per essere sempre così stanco! >
< Quanta confusione! Ma dove sei? >
< Ho abbandonato la caotica Yale per un fine settimana di riposo con la mia migliore amica a New York. Stiamo facendo shopping >
< Come stanno tutti? E quella peste di John? È cresciuto molto? >
< Te la passo, così mentre tu parli con Jenny, io compro questa bellissima borsa da mare che ho davanti agli occhi > dissi mentre guardavo una borsa bianca di tela, poi allontanai il telefono dall'orecchio e lo passai a Jenny < è per te >
L'afferrai per un braccio e la trascinai con me dentro il negozio.
< Robert! Ciao! Come stai?…Dici sul serio?…Sì, stiamo tutti bene. John è una peste, ti giuro che ogni tanto vorrei sopprimerlo! Ma poi quando vedo quei suoi occhioni verdi, gli perdono tutto…No, è che sono troppo buona…No, ora la porto a mangiare. Ma certo, che discorsi sono?!?! È ovvio che le farò mangiare solo cibi sani!…Va bene, te lo prometto. Sì, niente schifezze… >
Scoppiai a ridere.
< Di pure a Robert che so io cosa mangiare, non ho bisogno della tata >
< Hai sentito?…Okay >. Riprendemmo a camminare, mentre mi divertivo ad ascoltare Jenny e Robert battibeccare. Non vidi Jenny fermarsi davanti ad una vetrina, così proseguii il mio cammino, fino ad attraversare un semaforo. Non appena mi voltai, però, vidi che la mia amica era rimasta indietro, così feci una corsa per raggiungerla, visto che il semaforo per i pedoni era ancora verde. All'improvviso, però, accadde l'impensabile: ero sulle strisce pedonali, quando sentii un'auto inchiodare. Venni immediatamente sballottata in aria, sbattei contro qualcosa di freddo e poi caddi sulla strada. Sentivo un qualcosa di caldo colare dalla mia testa e attorno a me sentivo voci soffuse: c'era chi diceva di chiamare un'ambulanza, chi imprecava contro qualcuno.
< Michelle! > sentii esclamare da Jenny, poi il buio mi avvolse.
Avevo la gola secca e faticavo a respirare. C'era qualcosa infilato nelle mie narici, una specie di tubo, così come nel mio braccio. Sentivo addirittura qualcosa di freddo dentro la mia pelle.
Provai ad aprire gli occhi, ma la luce accecante me li fece richiudere immediatamente, così mugugnai sperando che qualcuno potesse sentirmi, ma così non fu.
< Jenny… > sussurrai flebile.
Mi feci forza e aprii gli occhi, sbattendo le palpebre più volte. Mi guardai attorno: ero su un letto di un'ospedale, vedevo accanto a me un monitor che misurava il battito del mio cuore. Oltre al mio battito, nient altro. Ero circondata da una tenda color verde acqua.
Alzai la testa e vidi che avevo un braccio fasciato. Perché non riuscivo a ricordare per quale motivo mi trovavo lì? Più tentavo di concentrarmi, più mi aumentava il mal di testa.
Avevo paura ed ero lì da sola. Ma pochi attimi dopo, la tenda si aprì.
< Michelle! > esclamò Jenny singhiozzando.
< Perché sono qui? Cosa è successo? > domandai ritraendo la mano dalle sue.
< Non…non ricordi niente? > domandò e feci di no con la testa < Eravamo sulla quinta strada e un'auto ti ha investita. Io ero al telefono con Robert e non sono riuscita a dirti di fermarti >
Sgranai gli occhi, spaventata.
< Robert? >
< Sì, Robert. Il tuo ragazzo > continuò e la guardai, stranita < tu…ti ricordi di lui, vero? >
< Jenny, non ho perso la memoria > sbottai < voglio dire…Robert sa cosa mi è successo? >
< Certamente. Credo che tra un'ora sia qui >
< Per quanto sono rimasta incosciente? >
< Quasi dieci ore >
< Dieci ore? > dissi con voce strozzata.
< Sì >
Voltai la testa verso destra, in direzione del monitor: il mio battito era regolare, segnava settantasei pulsazioni al minuto, per cui mi ero stabilizzata, nonostante tutto, ma perché non stavano monitorando il battito del feto? Già a poche settimane si poteva sentire, quindi perché non si erano premuniti di monitorarlo? L'avevo studiato il semestre scorso.
Settantasei pulsazioni, solo le mie pulsazioni erano presenti.
Guardai Jenny, che non la smetteva di piangere e di guardarmi. Mi toccai la pancia e mi parve di sentirla vuota.
Dov'era finita la mia pelle leggermente tirata?
< Jenny, il mio bambino? >
Jenny singhiozzò una seconda volta e mi afferrò la mano che tenevo sul mio grembo.
< M-Mich-elle… >
In quel preciso momento un dottore, che avrà avuto più o meno una quarantina d'anni, aprì la tenda e si avvicinò al monitor con una cartelletta.
< Dottore? Perché sul monitor è riportato solo il mio battito? Perché non state riprendendo anche quello del mio bambino? >
Il dottore posò la mia cartelletta sul tavolino accanto al mio letto e mi guardò.
< Signorina Waldorf, mi dispiace doverglielo dire, ma a causa dell'incidente lei ha subito un aborto spontaneo > rispose guardandomi addolorato ed io iniziai a tremare < la prego, signorina, non si agiti. Deve stare calma >
< Un coglione mi ha investita e ho perso il bambino. Il mio bambino! > urlai con quanto fiato avevo in corpo < Come diavolo fa a dirmi di stare calma?!? >
< Signorina Waldorf, non si agiti > ripeté il medico, ma non gli diedi retta.
< Michelle, ti scongiuro, fa' come ti dice > mi disse Jenny cercando di tenermi per mano, ma non ascoltai nemmeno lei.
Ero agitata, avevo una gran voglia di alzarmi dal lettino, uscire dall'ospedale, tornare sul luogo dell'incidente e strangolare con le mie stesse mani quell'essere vile che aveva ucciso il mio bambino. Mio e di Robert. Tentai di mettermi a sedere, ma sia il dottore che Jenny mi bloccarono e così iniziai a scalciare e a dimenarmi.
< No, no, no! Lasciatemi! > urlai a pieni polmoni.
< Infermiera! > esclamò il medico e pochi attimi dopo apparve un'infermiera con una siringa in mano.
< No! Lasciatemi! > continuai ad urlare e a dimenarmi.
Vidi Walter correre verso di noi e mi si illuminarono gli occhi. Ero certa che stesse venendo per liberarmi, lui era mio amico e mi avrebbe aiutato. Lo guardai speranzosa, ma mi sentii morire quando mi bloccò per le spalle, invece che allontanare il dottore e la sua fidanzata da me.
< Guadalupe, iniettale il calmante > disse il medico alla ragazza che teneva la siringa.
< No, no! No, vi prego! Lasciatemi > urlai, ma ero completamente immobilizzata da tutte quelle braccia < No! > continuai gemendo di dolore quando l'infermiera mi iniettò il sedativo nelle vene.
***
< Durante il colpo la signorina Waldorf ha battuto la testa, ma dalle analisi non abbiamo riscontrato alcuna emorragia celebrale. Ha un braccio rotto, ma niente di serio. Purtroppo a causa del colpo ha subito un aborto spontaneo e lo shock è stato tale da obbligarci a sedarla > disse il dottore a qualcuno che mi stava accarezzando con insistenza la mano e la fronte.
< È un problema se resto qui con lei fintanto che non si sveglia? > chiese la voce che riconobbi appartenere a Robert.
< Assolutamente no. Per qualunque cosa non esiti a chiamarmi >
Sentii scorrere i ganci delle tendine sul tubo per due volte e dei passi farsi sempre più lontani.
< Oh, Mitchie > sussurrò Robert tirando su col naso e mi baciò la guancia.
Aprii gli occhi e lo guardai: aveva smesso da poco di piangere, il naso era rosso, gli occhi pure ed erano anche lucidi.
< Io…aspettavo un bambino. Un bambino nostro > gli dissi mentre la mia vista si offuscava per via delle lacrime < volevo dirtelo non appena saresti tornato dalle Maldive. Lo so che è presto, tu hai il tuo lavoro ed io ho l'università, ma ero così felice. Sapere che avevo un qualcosa di nostro dentro la mia pancia mi riempiva il cuore di gioia, ma ora…ora non c'è più >
< Tu non hai idea di quanto mi sia spaventato quando ho sentito Jenny urlare il tuo nome. Grazie al cielo il dottore ha detto che non hai subito alcuna emorragia celebrale. Hai il braccio rotto > disse indicandomi il braccio fasciato < ma nulla di serio. Credo tu debba tenere il gesso solo per un mese >
Lo guardai furibonda e con odio, possibile che non mi avesse capito?
Strinsi i pugni, le lacrime mi offuscarono gli occhi e sentii il cuore iniziare a battere a mille.
< Come diavolo fai pensare alla mia salute, quando io ti ho appena detto che ho perso nostro figlio?!?! > urlai.
< Mitchie, calmati >
< No, non dirmi anche tu di calmarmi! Io gli volevo bene, anzi no, io lo amavo, cazzo! Ed ora? Ora non esiste più nessun bambino, è solo un ricordo. Come credi che mi senta? >
< Michelle, ci riproveremo >
< Tu non capisci > ribattei fredda e voltai la testa per non guardarlo in faccia < era una cosa minuscola, ma era parte di me > dissi mentre mi toccavo il ventre con il braccio ingessato e nel movimento gemetti dal dolore.
Ma non mi importava. Ormai avevo perso ciò che amavo più di me stessa, per quello che mi importava potevo anche finire sotto un tir.
< Lo so, Michelle. Credimi, non hai idea di quanto stia male anche io > rispose prendendo il mio volto tra le sue mani per cercare un contatto visivo.
< Ma ti prego, come diavolo fai a dire che anche tu ci stai male? Tu nemmeno ne eri al corrente >
Non volevo comportarmi così, ma qualcosa dentro di me mi impediva di essere gentile, voleva che soffrisse tanto quanto stavo soffrendo io.
< Hai ragione, ma sono felice che tu stia bene. Tra i due sono contento che sia tu a star bene >
< Come diavolo fai a dire questo? >
< Perché se ti fosse successo qualcosa…non solo avrei perso mio figlio, ma avrei perso anche la donna che amo >
Inspirai ed espirai profondamente e questa volta furono lacrime di disperazione quelle a bagnarmi le guance.
< Robert, mi sento malissimo > gli dissi mentre allungavo il braccio buono in direzione del suo viso < e se per qualche motivo non potessi più avere figli? >
< Non preoccuparti, se lo desideri faremo tutti i test necessari. Ma ora rilassati. Ti prego, non agitarti più del dovuto >
< Tu da quanto sei qui? >
< Da un paio d'ore. A proposito, complimenti > disse sorridendo.
< Per cosa? >
< Ci sono volute quattro persone per immobilizzarti. Sei forte, ragazza >
Risi e mi sistemai meglio sul cuscino.
< Resti qui con me? >
< Resterò incollato a questa sedia fino a che lo vorrai > sussurrò mentre mi accarezzava una guancia < ho provato a chiamare tua madre, ma non mi ha risposto >
< Sei matto?!? > esclamai tentando di mettermi a sedere, ma gemetti dal dolore < non provarci nemmeno >
< Perché mai? È tua madre >
< Non voglio che lei lo sappia. Non voglio che lei sappia più niente di me >
< Non essere ridicola. Se dovesse succederle qualcosa, tu non vorresti saperlo? >
< Scusi il disturbo, signorina Waldorf, ma devo farle altre analisi > disse il medico raggiungendoci.
< Ma non aveva già detto che era tutto a posto? > domandò Robert visibilmente preoccupato.
< Sì, ma è meglio fare degli accertamenti. Mi vuole seguire, signorina Waldorf? >
Annuii e Robert mi aiutò a scendere dal letto, poi il medico mi tolse l'ago dal braccio, il tubo da sotto il naso e mi fece sedere su una sedia a rotelle, dopodiché mi portò nel suo studio.
< Ora le farò qualche domanda e lei dovrà rispondermi. D'accordo? >
< Sì, dottore >
< Perfetto. Come si chiama? >
< Michelle Waldorf >
< Il suo nome per intero? >
< Michelle Christina Waldorf >
< Quanti anni ha? >
< Venti, ventuno tra qualche settimana. Il 13 di aprile >
< Come si chiamano i suoi genitori? >
< Bianca e George Waldorf. La prego, eviti di chiedermi i loro secondi nomi perché non li so >
< Okay…che numero è il P greco? > domandò ridendo.
< 3,141592654 >
< Sei una delle poche persone che risponde correttamente a questa domanda, è sorprendente >
< Dottore? >
< Sì? >
< Quante probabilità ci sono che io possa avere ancora dei figli? >
< Direi che non corre il rischio di essere diventata sterile >
< Ma non ne è sicuro. È possibile fare delle analisi? >
< Vado ad informare il ginecologo di turno allora. La faccio tornare dal suo fidanzato e non appena il dottor Brannon sarà disponibile la verremo a prendere > disse e lo ringraziai, lui aprì la porta e ci trovammo davanti ad essa Robert talmente preoccupato che stava camminando ripetutamente avanti e indietro < questo sì che è tempismo! > osservò sorridente il dottore < torno il prima possibile, signorina Waldorf >
< Grazie > risposi sorridendo e guardai Robert, che mi guardò senza capire < ho chiesto se è possibile fare un test per verificare che non sia diventata sterile dopo l'incidente >
< Posso accompagnarti fino alla porta? Se non vuoi non entro, ma mi piacerebbe essere vicino a te >
Sorrisi e gli accarezzai una guancia, ma poco dopo venimmo interrotti dall'arrivo dei dottori Pierson, quello che mi aveva assistito prima, e Brannon, il ginecologo. Quest'ultimo avrà avuto sì e no una trentina d'anni ed era un uomo splendido.
< Salve, signorina Waldorf > disse sorridendomi < allora, è pronta per il test? >
< S-sì, dottore > risposi balbettando, leggermente ammaliata dalla sua bellezza.
Il dottor Brannon guardò Robert e lo invitò a seguirlo fino al suo studio.
< Per cortesia, attendete qui un attimo > ci disse poco prima di entrare nello studio < devo finire di preparare gli strumenti >
< Certo > rispose Robert sedendosi sulla sedia difronte alla mia sedia a rotelle.
< Rob? > lo chiamai guardandolo con dolcezza.
< Sì, Mitchie? >
< Allora mi aspetti fuori >
< Ho cambiato idea, io entro >
< Ma… >
< Non mi importa se è un dottore, io sono estremamente possessivo e da sola con lui non ti lascio > rispose e mi imbronciai < e voglio starti vicino >
< Bugiardo, tu vuoi solo controllare che tenga le sue mani al proprio posto >
< Quello era scontato >
< Prego, accomodatevi > ci interruppe il dottore e Robert mi guidò dentro la stanza < resta anche lei, signor Pattinson? >
< No, lui ora mi aspetta fuori >
< Non se ne parla > ribatté < io resto >
Il dottore ci guardò sorridendo e mi fece un'approfondita ecografia.
< Stia tranquilla, signorina Waldorf, non è sterile >
< Quando potremo tornare a casa? > domandò Robert mentre io non la finivo più di sorridere.
< Non prima di altre dodici ore. Vogliamo controllare la signorina >
< Certo > dissi e mi spinsi con la sedia a rotelle.
< Lascia, faccio io >
< Non ce n'è bisogno >
< No, signorina Waldorf, è meglio che lo faccia lui. Meno si affatica, meglio è >
< Ma certo, trattatemi da invalida > sbottai e controvoglia mi feci portare verso la mia stanza.
Robert mi aiutò a distendermi, ma improvvisamente tutte quelle premure stavano iniziando a darmi sui nervi.
< Michelle? > mi chiamò Jenny scostando la tenda.
< Jenny > sussurrai, sorridendole.
< I controlli sono andati bene? >
< Sì, certo >
< Grazie al cielo. Dio, non hai idea di quanto mi senta in colpa >
< Tu? E perché? >
< Se ti avessi vista e ti avessi detto di restare con me, tutto questo non sarebbe successo >
< Jenny, smettila, non è colpa tua. Okay? >
La mia amica mi guardò e tirò su col naso, poi si abbassò per potermi abbracciare. Walter ci raggiunse pochi attimi dopo, chiese come stessi e infine ci lasciarono soli.
< Vuoi dormire un po'? > domandò Robert con la sua solita premura.
< No, ho dormito tutt'oggi. Ma tu fino a quanto resti qui? >
< Per tutto il tempo che vorrai >
< Devi tornare a girare il tuo film >
< Ma… >
< Più resti qui, più a lungo dovrai prolungarti là >
< Ti prometto che tornerò presto a casa da te, ma voglio essere sicuro che tu ora stia bene >
< Come ho già detto prima, non sono invalida, Robert. Posso spostare quella fottuta sedia a rotelle quando voglio >
< Hai un braccio rotto >
< Ne ho due di braccia > risposi con tono di sfida e lo vidi abbassare lo sguardo, sconfitto. Mi sentii improvvisamente in colpa. < Come sono andate le riprese di ieri? > chiesi cambiando discorso.
< Bene >
< C'è stata qualche scena succulenta? > domandai puntellando l'indice sul suo braccio e lui rise.
< La scena del vestito rosso > *
< Non conosco il libro >
< Te l'ho detto, devi assolutamente leggerlo. È davvero avvincente. E comunque è la scena di sesso >
< Immagino quanto tu ti sia divertito >
< Sei gelosa per caso? >
< No, perché so che stai recitando. Perché…reciti, vero? >
< Ovviamente >
< Bene. Ma sappi che col pensiero io sono sempre accanto a te e ti guarderò con la faccia corrucciata quando farai qualcosa di sbagliato. Anzi, sarebbe meglio che tu avessi una mia fotografia >
< Okay > disse ridendo e avvicinò la sua fronte alla mia < sei da sposare, lo sai? >
< Mmm…non tentarmi > ribattei avvicinando le mie labbra alle sue e lo baciai, poi appoggiai la testa sul cuscino, presi la sua mano e l'appoggiai sulla guancia < grazie >
< Per cosa? >
< Per essere qui. E per sopportare questi miei cambiamenti d'umore >
< Non devi nemmeno dirlo, chiaro? > replicò sorridendo.
< Sei un angelo >
< Non vale, mi sono convinto da solo per un mese di essere un mostro per entrare nel vivo del mio personaggio e ora mi vieni a dire che sono un angelo? >
Risi e chiusi gli occhi, ma ogni volta che mi addormentavo sognavo di avere tra le braccia una bellissima bambina con i capelli castani e gli occhi azzurri. Bellissima, perfetta. Che non poteva essere mia. Aprii gli occhi, stanca, dovevo smetterla di fare questi sogni.
< Sei sveglia? >
Alzai la testa e vidi Robert appoggiato al mio ventre.
< Non riesco a dormire. Cosa fai? >
< Dormivo >
< E quando tu dormi mi accarezzi la pancia? >
< Touche. Stavo pensando >
< A cosa? >
< Non te lo dico, perché poi ti rattristi e ti metti a piangere ed io non voglio che tu sia più triste del necessario >
< Non lo farò, promesso >
Robert sospirò e mi strinse le mani.
< Stavo pensando a quanto saresti stata bella con il pancione >
Sorrisi e lo guardai con dolcezza.
< Non ti saresti stancato a vedermi grassa come una balena? >
< No > rispose mimando il gesto con la testa.
< Sai, sarebbe piaciuto anche a me >
< Nessuno ci vieta di riprovarci > disse e annuii poco convinta < ci riproveremo, te lo prometto >
< Credevo fossi troppo giovane per avere figli >
< Non avevo ancora trovato la ragazza giusta con la quale mettere su famiglia >
< Stai parlando di me? >
< No, stavo parlando dell'infermiera che è venuta prima a cambiarti la flebo. Cavolo, ma hai visto che schianto che è? > disse ridacchiando e gli diedi uno schiaffo sulla spalla < Mi hai fatto male! >
< Così impari a fare il provolone con le altre > gli dissi e quando appoggiò la testa sul mio ventre gli accarezzai i capelli < Robert? > lo chiamai dopo qualche minuto di silenzio.
< Uhm? >
< Ti rendi conto che avevamo concepito il bambino in un bagno dell'aeroporto, vero? >
Robert rise e mi accarezzò la guancia.
< Gli attimi più belli prima della partenza >
< No, sii serio. Al prossimo non voglio pensare di dovergli dire “lo sai che la tua mamma e il tuo papà ti hanno concepito in un bagno dell'aeroporto di New York?” >
< Niente più sesso in un bagno dell'aeroporto, te lo prometto. E a tal proposito…Michelle, ma tu non prendi la pillola? >
Annuii.
< Sì che la prendo, ma ripensandoci quella volta…io stavo assumendo l'antibiotico, che annulla gli effetti della pillola >
Mi sorrise e mi baciò la fronte.
Trascorremmo gran parte della notte a battibeccare per ogni minima cosa, ma solo in quel momento mi sentii bene. Riuscivo a parlare del bambino che avevo perso con Robert senza scoppiare a piangere, mi veniva il nervoso solo quando ricordavo quell'autista.
Come sempre, era riuscito a farmi stare meglio.
* La scena sopracitata presente nel libro Wide Sargasso Sea è quella in cui Antoinette, la protagonista femminile, indossa il vestito rosso per sedurre Rochester (lo stesso di Jane Eyre)
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Capitolo 41 *** I missed you so badly, mum ***
Stella, questo capitolo è tutto per te, per aver fatto le nottate a leggere questa storia (pazza!!!!)
Ci vediamo giù, okay?
I missed you so badly, mum
Muta. Come un pesce.
Erano trascorse quattro ore da quando ero tornata a casa e non avevo ancora rivolto la parola a Robert. Tutto questo perché il signorino aveva fatto di testa sua e aveva avvisato Bianca di quello che mi era successo: incidente e gravidanza.
La cosa sorprendente era che a lei sembrava importare davvero. Non appena avevo messo il piede fuori dal taxi lei aveva spalancato la porta di casa e mi era corsa incontro, abbracciandomi. Mi aveva aiutato a camminare verso casa di Robert, come se non fossi in grado di camminare, e poco carinamente le avevo detto che volevo riposare e che quindi doveva andarsene.
E da quando se ne era andata io non avevo fatto altro che incenerire Robert con il mio sguardo. Esattamente come quello di Lily Aldrin della sit-com How I met Your Mother, quello che significava “tu per me sei morto”.
Ogni volta che mi guardava, sospirava. Forse si era reso conto di aver fatto una cazzata, ma siccome era orgoglioso non aveva il coraggio di scusarsi.
< Non mi scuserò > disse ad un certo punto.
< Cosa? > replicai inviperita.
Si avvicinò e si inginocchiò davanti a me, poi mi prese le mani.
< Michelle, è tua madre. Come potevi pretendere che non potesse sapere niente? >
< Mi ha cacciato di casa > gli feci notare.
< Ma le manchi > replicò e a quell'affermazione scoppiai a ridere.
< Sì, certo, le manco. E tu come lo sai? >
< Mi chiede sempre di te >
< Poteva chiamarmi, ma non l'ha mai fatto >
< E come avrebbe potuto farlo? Hai disattivato il tuo vecchio numero >
Sbuffai e incrociai le braccia al petto senza sapere cosa dirgli.
< Scemo babbione > borbottai piano.
< Come? > domandò e lo ripetei una seconda volta < E questo chi te l'ha insegnato? > continuò ridendo.
< Kelly >
Si alzò in piedi, si sedette accanto a me e mi prese sulle sue ginocchia. Mi accarezzò la schiena come solo lui sapeva fare e mi sciolsi, maledicendomi per il mio inesistente pugno di ferro.
< Lo scemo babbione ha fame > disse soffiando tra i miei capelli < ti va di mangiare? >
< Voglio le ali di pollo > ribattei guardandolo sorridendo e lui imitò il mio gesto, poi mi baciò la fronte e mi risistemò sul divano prima di avviarsi verso la porta < ma voglio quelle di Wallie's! > continuai specificando il luogo, che era dall'altra parte di dove abitavamo. Aveva osato sfidarmi chiamando Bianca, ora gliela avrei fatta pagare.
< E io dovrei farmi tutta quella strada solo per un tuo capriccio? Neanche avessi le voglie come una donna incinta >. Gli era scappato, ma ormai non c'era più niente da fare. L'aveva detto e ormai era troppo tardi. Lui si pietrificò, io mi rabbuiai…ero ancora troppo suscettibile all'argomento. < Scusami > sussurrò, ma lo sentii chiaramente < sono un coglione >
< Non importa >
< Michelle, mi dispiace >
< Non è niente > ribattei e sperai che non sentisse la mia voce incrinata < non l'hai fatto di proposito >
Intorno a noi calò un silenzio estremamente pesante, ma tirai un sospiro di sollievo non appena Robert mi lasciò sola in casa. Ignorai il groppo alla gola che mi si era formato, indossai le scarpe che avevo lasciato alla destra del divano, presi la mia copia delle chiavi di casa e uscii. L'aria fresca di Los Angeles mi fece venire i brividi, sicuramente di lì a poco sarebbe scoppiato un temporale.
Chiusi la porta a chiave e mi incamminai fino alla casa accanto, ormai certa che fosse impossibile nascondere le lacrime.
Voleva una seconda possibilità ed io gliela avrei concessa. Dopotutto eravamo umani e non volevo rimanere sola…ma nemmeno stare con lui. Suonai il campanello, aspettai qualche secondo e poi la vidi comparire: la mia mamma, che per tutti questi mesi mi era mancata.
< Mamma > la chiamai singhiozzante e lei mi abbracciò.
Strano a dirsi, ma profumava di casa.
Mi fece entrare dentro, mi accomodai sul divano e mi diede un bicchiere d'acqua.
Robert avrebbe impiegato come minimo quaranta minuti per raggiungere quella rosticceria, aspettare il cibo e tornare a casa, quindi avevo tutto il tempo per poter parlare con lei.
Le raccontai dell'università, di come mi piaceva stare lì, di Kelly che si era presa una colossale cotta per Jeremy, del mio migliore amico che a sua volta sembrava essersi preso una sbandata per la mia compagna di stanza ma nessuno dei due aveva intenzione di fare la prima mossa, e di Liam che stava diventando matto per i troppi esami.
Ma soprattutto le raccontai di come mi sentissi costantemente morire dentro per quell'aborto.
Lei, a sua volta, mi consolò come solo una mamma sapeva fare, mi raccontò di essersi stancata di fare la bella vita e di aver venduto la sua linea di moda, di aver lasciato Mike e di essere felice così. Ora lavorava presso una lavanderia come sarta e quel lavoro l'appagava.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto mia madre fosse dimagrita, tanto ormai da rasentare l'anoressia, e dei capelli cortissimi che le incorniciavano il volto, quando prima portava rigorosamente i capelli lunghi.
Stavo iniziando a pensare che qualcosa non andasse, ma non le chiesi niente perché volevo che fosse lei a parlarmene. Insomma, se ci fosse stato qualcosa di grave me l'avrebbe detto, no?
Un'ora dopo Robert era venuto a prendermi e potevo leggergli negli occhi uno sguardo che chiedeva perdono, così mi alzai dal divano e mi avvicinai a lui, baciandolo sulle labbra.
< Volete fermarvi a cena qui? > ci chiese mia madre e annuimmo.
< Ho preso da mangiare per un reggimento > rispose Robert poggiando la sporta sulla tavola < vuole favorire, signora Waldorf? >
< Ti ringrazio, ma io ho già la mia cena pronta > disse e si preparò il piatto con le verdure bollite e un hamburger di pollo.
< Mamma…perché mangi quella roba? Stai male? >
< No, tesoro…sto solo seguendo una dieta >
< Dieta? Sei dimagrita tantissimo! Potresti ammalarti sul serio, dovresti mangiare di più >
< Ah, la nostra dottoressa! > ribatté ridendo e mi passò una mano sulla spalla < Non preoccuparti per me, tesoro. Sto bene > disse, ma i suoi occhi sostenevano l'esatto opposto.
Si rivelò una cena davvero piacevole.
Ridemmo, scherzammo e quasi ci ubriacammo con il vino che mamma aveva tirato fuori per noi.
E che bevemmo solo noi due.
Era passata la mezzanotte quando ci salutammo per tornare a casa.
< Ci vediamo domani, allora? > domandò mia madre speranzosa.
< Certo! > esclamai annuendo < Abbiamo detto shopping, no? >
Il sorriso che fece le illuminò il volto ormai troppo magro.
< A domani, bambina > mi salutò posandomi una mano sulla guancia.
Rientrai in casa sfinita, buttai le scarpe per terra e mi stesi sul divano, mentre Robert scomparì in cucina. Chiusi gli occhi e inspirai a pieni polmoni l'aria che mi circondava e quando li riaprii lo vidi fissarmi appoggiato allo spigolo della cucina con una Heineken in mano.
Gli sorrisi, riscaldata dall'alcol che circolava ancora nel corpo e gli feci segno di avvicinarsi a me, così lui posò la bottiglia sul tavolino e si inginocchiò ai miei piedi.
< Mitchie, io… >
Non lo feci finire di parlare. Allungai le braccia dietro il suo collo, lo spinsi verso di me e lo baciai. Non se lo aspettava e lo percepì perché diventò improvvisamente rigido, eppure non mi fermò né si scansò. Mi baciò e basta, mentre con una mano mi accarezzava la schiena.
Lo feci stendere sul tappeto e mi sedetti a cavalcioni su di lui.
Quella notte facemmo l'amore per tre volte.
< Sei bellissima > mi sussurrò alle prime luci dell'alba.
Sorrisi e gli baciai la punta del naso, illuminato dal sole che stava nascendo. Ero stesa sopra di lui sul divano dove ci eravamo stesi, sfiniti, dopo l'esserci amati per tutta la notte.
< Hai qualcosa da fare oggi? >
< Emma vuole parlarmi di un copione, quindi sono impegnato per la mattina. Tu a che ora hai il controllo? >
< Alle undici > risposi e mi guardò pietrificato.
< Ero convinto fosse di pomeriggio! Chiamo Emma e le dico di spostare tutto > disse prendendo il cellulare dal tavolino, ma glielo sfilai di mano.
< Sono le sei del mattino > gli ricordai mostrandogli l'orario sul display < e non preoccuparti per me, posso anche andare da sola >
< Ma… >
< Sul serio, Rob >
Gli accarezzai la mascella, quella che tanto mi piaceva toccare, e gli sorrisi.
< Per qualsiasi problema… >
< Ho il tuo numero > annuii e finii la frase per lui.
< Ti amo > sussurrò al mio orecchio e rabbrividii come tutte le volte.
< Io di più >
Facemmo l'amore per la quarta volta e poi ci addormentammo, sfiniti.
Erano le nove e mezza quando Robert aveva risposto al telefono, dopo la ventesima chiamata di Emma, che era nera dalla rabbia.
< Devo andare > mi disse a malincuore mentre mi baciava sulla porta di casa, ma eravamo ancora dentro le mura per non essere disturbati dai paparazzi che si erano appostati lì davanti da ieri.
< Vai tranquillo >
< Mi chiami non appena avrai finito? >
< Prometto > risposi soffiando sulle sue labbra < ora vai a lavorare > gli dissi, omettendo il fatto che stesse già perdendo troppo tempo con me, visto che tecnicamente doveva trovarsi a girare un film lontano migliaia di chilometri da qui.
Scosse la testa e mi baciò la punta del naso.
< Ti ho mai detto che sei un libro aperto? > domandò e negai < Mi hanno dato dei giorni di pausa, così nel frattempo filmano le parti dove io non compaio >
Roteai gli occhi. Non avevo detto niente, eppure lui aveva capito. Ero un libro schifosamente aperto.
< Ci vediamo nel pomeriggio > risposi aprendo la porta e lo cacciai poco carinamente dalla sua abitazione, ma non prima di avergli fatto l'occhiolino.
Una volta rimasta sola mi feci un bagno caldo, mi vestii, misi nuovamente la fascia per sorreggere il braccio, speranzosa di poterla togliere il prima possibile, e dopo aver visto che il mio taxi era arrivato uscii di casa.
I paparazzi non appena mi videro mi si avvicinarono.
< Michelle, Michelle, guarda qua! > esclamò uno mentre mi accecava con i flash.
Ero praticamente arrivata ad aprire lo sportello quando un altro mi si affiancò.
< È vero che eri incinta e hai perso il bambino? Ora cosa contate di fare? > domandò.
Mi pietrificai.
Come poteva saperlo?
Non potei ignorarlo e mi voltai furibonda.
< Cosa diavolo ne sapete voi? > ringhiai a denti stretti, ma non rispose, continuò a fotografarmi e basta < Rispondi! > urlai a pieni polmoni, ma siccome dalle sue labbra non si udivano suoni afferrai la sua reflex e con tutta la forza che avevo del mio braccio sano la gettai a terra, spinsi quel paparazzo ed entrai dentro il taxi.
Gli diedi l'indirizzo dell'ospedale di Santa Monica e scoppiai a piangere, mentre l'odio verso l'ospedale di New York e tutti i suoi dipendenti mi nasceva nel cuore.
< Signorina Waldorf, come sta? > mi domandò il dottor Moseby, colui che era diventato il mio dottore da quando avevo detto addio al pediatra.
< Bene > risposi vaga. Non potevo fidarmi di nessuno, e se avesse cantato come i dottori di New York?
< Il braccio va meglio? Riesce a muoverlo? >
< Sì > replicai freddamente.
Il mio atteggiamento ostile lo colpì molto, potevo vederlo bene, specialmente perché non mi ero mai comportata così con lui, per cui mi visitò senza dire un'altra parola.
< Bene, direi che si sta riprendendo in fretta > constatò < le consiglio di stare senza fascia per un paio di ore al giorno per due giorni, poi gradualmente può cominciare a toglierla per un tempo maggiore >
Annuii e lo ringraziai.
< Beh, allora arrivederci, dottore >
< Signorina Waldorf? > mi chiamò prima che varcassi la soglia < Potrebbe portare queste a sua madre? Così può iniziare subito la terapia >
< Terapia per cosa? > domandai senza capire e lo vidi pietrificarsi per mezzo secondo.
< L'altro giorno è venuta da me per parlarmi di uno sfogo sulla pelle e questa è la ricetta per andare a prendere le medicine > mentì e annuii, presi le ricette e le riposi in borsa.
< Sto studiando medicina, sa, dottore? > gli dissi guardandolo fissa negli occhi < E so bene che le medicine che si somministrano per chi viene colpito con sfoghi sulla pelle non hanno bisogno di una ricetta, e sa il perché? Perché ora si vende solo roba omeopatica, le medicine come il cleutirox o affini sono state bandite. Allora, ho fatto bene i compiti? > chiesi con tono di sfida e lo vidi deglutire.
< Dottore? > lo chiamò un'infermiera interrompendoci < C'è un'emergenza, abbiamo bisogno di lei >
< Arrivo > rispose riprendendosi < signorina Waldorf, devo chiederle di andarsene ora >
Uscii dal suo studio e mi chiusi la porta alle spalle. Ero sola in quell'ala del corridoio.
Mi diressi in bagno e socchiusi la porta, vedendo il dottore e l'infermiera andarsene mezzo minuto dopo.
Il dottor Moseby non aveva chiuso la porta a chiave.
Io ero sola.
E la mia adrenalina era a mille.
Uscii dal bagno, mi accertai di essere che non ci fosse nessuno e riaprii la porta dello studio. La mia cartellina era la prima della pila, ma accanto ce n'era un'altra aperta.
E il nome in grassetto mi colpì. “Bianca Nichole Carrell”. Carrell era il nobile da nubile di mia madre. Guardai la data di nascita, tanto per essere sicura, e constatai che era la stessa.
La chiusi, ringraziai il fato di avermi fatto prendere la borsa grande e infilai dentro la cartellina, poi lasciai la stanza. Solo dopo aver girato l'angolo mi resi conto che stavo commettendo un furto e che se mi avessero scoperta sarei finiti in guai seri, così mi infilai nella sala fotocopie, sfilai tutto il fascicolo dalla sua cartellina e lo fotocopiai. Impiegai cinque minuti di orologio, poi misi tutte le copie dentro la mia borsa, risistemai le originali dentro la cartellina e tornai indietro per rimetterla al proprio posto per non destare sospetti.
Ma prima ancora di entrare nell'ufficio qualcuno mi afferrò il braccio.
< Cosa ci fai qui? > domandò Mark, il fratello maggiore di Sarah.
< Devo vedere il dottore >
< È in sala operatoria ora > disse guardandomi sospetto e vide cosa tenevo in mano < che cos'è? > chiese strappandomela dalle mani e mi guardò stupito < Ti metti a rubare ora? >
< Non stavo rubando > mi lamentai dimenandomi < ho solamente fotocopiato una cartellina >
< Il dottor Moseby lo sa? > chiese e abbassai lo sguardo < Dovrei denunciarti, lo sai? >
< Non farlo > lo implorai con le lacrime agli occhi < Mark, tu mi conosci, sai come sono >
< Lo sapevo > ribatté freddo usando il tempo passato < insomma, non potevo sapere che ti mettessi a rubare informazioni riservate >
< Quella > dissi indicando la cartellina < è mia madre. E siccome il dottore mi ha mentito, io voglio sapere cosa ha >
< Non ti bastava chiederlo a lei? >
< Se me l'avesse detto ti pare che sarei qui ora? >
Mark sospirò e si passò una mano sulla faccia.
< La sistemo io e non dirò niente, ma ora sparisci di qui >
Gli sorrisi grata e scappai dall'ospedale senza guardarmi indietro, camminai in cerca di una cartoleria e quando la trovai vi entrai dentro e attesi che la fila si smaltisse.
Presi il mio telefonino dalla borsa e richiamai l'ultimo numero della rubrica.
< Pronto? > rispose con voce assonnata.
< Hey, sono io >
< Michelle? > domandò sbadigliando < Perché mi chiami, sono le quattro del mattino >
< Ti sbagli, è quasi mezzogiorno > ribattei pensando al fuso orario.
< Per me è presto. Sono andato ad una festa e sono tornato tardi >
< Senza offesa, Jeremy, ma in questo momento non ho tempo di sentire la storia della tua vita > gli dissi scocciata < ho bisogno che tu mi faccia un favore >
< Sarebbe a dire? >
< Ti sto per mandare un fax, ho bisogno che tu poi dia le copie alla Walsh. Dille che deve decifrare cosa dice e che è urgente >
Sbadigliò e poco dopo sentii tirare lo sciacquone.
< Parli come le protagoniste di un libro thriller >
< Jeremy, sono seria >
< Anche io > replicò < e da dove vengono queste copie? >
< Dall'ospedale di Santa Monica >
< Ma lì non è permesso divulgare le informazioni…insomma, è esclusivo per quello… >
< Lo so, Jer >
< Le hai rubate?!? > urlò talmente forte che la tipa accanto a me lo sentii e mi guardò preoccupata.
< Non proprio. Ho fatto delle fotocopie > spiegai abbassando la voce < l'originale è di nuovo nello studio di Moseby >
Sentii il mio amico sospirare rassegnato.
< Sto andando nella sala fax, manda tutto >
< Grazie, sei un amico >
< Guai a te se finisco nei casini per colpa tua >
< Non ci finirai, tranquillo > lo rassicurai mentre consegnavo le copie alla signora dietro al bancone.
Era arrivato il mio turno e non c'era più nessuno dentro la cartoleria.
La donna mi guardò con gli occhi a palla e scosse la testa, così fui costretta a rimettere il telefono in borsa per prestarle la mia attenzione.
< Non posso farlo > mi disse < è vietato >
< La prego, è importante. Devo inviare queste copie come fax > la implorai e la vidi tentennare, così tirai fuori dal portafoglio trecento dollari, quelli che mi ero guadagnata in quei mesi facendo da baby-sitter quando non dovevo studiare e che volevo usare per lo shopping per non far spendere soldi a mia madre per me, e glieli porsi.
La signora deglutì e se li mise in tasca.
< Mi dia il numero… >
Era la prima volta che rubavo informazioni ad un ospedale, era la prima volta che corrompevo qualcuno. E pregai fosse anche l'ultima.
Uscii dalla cartoleria pochi minuti dopo e richiamai il mio amico.
< È arrivato tutto > mi disse.
< Bene. Cancella il timbro dell'ospedale e anche il nome di mia madre. Scrivici a matita Waldorf >
< Sei davvero sicura di… >
< Sì > lo interruppi < grazie dell'aiuto, Jeremy >
Misi via il telefono e chiamai un taxi che mi portò a casa di mia madre.
Per la prima volta in venti anni fu divertente fare shopping con lei.
< Ci vediamo domani? > domandò mia madre guardandomi speranzosa e le sorrisi.
< A domani >
Le baciai la guancia e camminai fino a casa di Robert, ignorando i paparazzi.
< Sono a casa! > esclamai chiudendo la porta < Rob? Ci sei? > lo chiamai entrando in cucina e lo vidi bere una birra < Come è andata la giornata? > chiesi avvicinandomi a lui e lo baciai sulle labbra, scambiando la sua freddezza per stanchezza < La mia è andata bene. Mi sono divertita a fare shopping con mia madre, chi l'avrebbe mai detto? > continuai mentre prendevo un bicchiere con dell'acqua < Anche se questa mattina ho rotto la reflex di un paparazzo perché mi aveva fatto incazzare >
< E la visita? > domandò.
< Alla grande > risposi < da domani posso iniziare a stare per qualche ora senza usare la fascia >
Robert annuì e si alzò dalla sedia.
< Hai altro da dirmi? >
< Tipo? > domandai senza capire.
< Non lo so, magari dirmi perché hai rubato un fascicolo da un ospedale > ribatté sarcastico.
< Il fascicolo è ancora lì > puntualizzai freddamente.
< Sai bene cosa voglio dire >
< Non sono affari tuoi > ribattei dandogli le spalle.
Sentii la sedia cadere per terra e Robert mi afferrò per il braccio buono.
< Jeremy mi ha chiamato e mi ha raccontato tutto >
< Bene, allora le cose le sai già > ribattei tentando di divincolarmi, ma invano.
< Perché l'hai fatto? > domandò tormentato < Hai idea di quello che potrebbe accadere se…? >
< Non accadrà niente > dissi a denti stretti e riuscii a divincolarmi.
Corsi al piano di sopra, mi rifugiai nella stanza degli ospiti che stava ritinteggiando e mi ci chiusi dentro a chiave, mentre Robert batteva i pugni sulla porta per aprire.
Il mio telefonino squillò nell'esatto momento in cui Robert smise di battere. Era un numero che non conoscevo, ma il prefisso sembrava familiare.
< Pronto? >
< Waldorf, sono la professoressa Walsh >
< Professoressa! > esclamai sollevata.
< Premesso che questo foglio non dovrei nemmeno averlo tra le mani…gli ho dato un'occhiata > disse addolcendo il tono < Michelle, è suo? >
< La paziente è mia madre >
Sentii dall'altro capo del telefono un lungo sospiro.
< Credo sia ormai inutile girarci intorno. Michelle…sua madre ha un tumore celebrale. E a giudicare dalle analisi è ad uno stadio abbastanza elevato >
Mi si mozzò il respiro. Avevo la gola secca e non capivo più niente. Sussurrai un flebile “grazie” e posai il telefono sul pavimento.
Chiusi gli occhi e appoggiai la testa alla porta.
Dalle mie labbra partì un urlo disperato.
****
Bene, con mio sommo dispiacere avete assistito alla seconda tappa de “I dolori di Michelle”.
Prima di lasciarvi ci tengo a dirvi che per me è stato davvero difficile scrivere questo capitolo e i prossimi a seguire, ero tentata di cestinare tutto perché poteva risultare ridicolo, cioè…perché tutte a lei le sfighe?
Però mi sono messa in gioco e voglio rischiare. Insomma, ho speso un sacco di tempo nello scrivere questi capitoli estremamente difficili e pesanti, quindi ho pensato che non avesse senso cancellarli per rendere la vita di Michelle rose e fiori…perché, davvero, il 2011 mi ha fatto capire quanto il destino possa giocarti tiri mancini.
Ciò nonostante, per tutto quello che accadrà…sappiate che Michelle è forte e che avrà il suo lieto fine (non mi stancherò di dirvelo, mai.)
Spero mi facciate sapere cosa ne pensate di questo capitolo, ci tengo moltissimo ad avere una vostra opinione.
Giulls
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Capitolo 42 *** Ore tre e trentaquattro ***
Ore tre e trentaquattro
< Figlia mia, sei bellissima > disse Bianca entrando in quella che per anni era stata camera mia.
< Grazie, mamma > risposi aiutandola a sedere sul letto < te la senti davvero di restare da sola questa sera? >
< Per una sera? Cosa vuoi che sia? Esci e divertiti con le tue amiche. Ma stai attenta, mi raccomando. Io resterò sul divano a guardare la televisione e poi andrò a dormire. Sono abbastanza stanca >
Le sorrisi e mi sedetti accanto a lei, poi posai una mano sulla sua. Da quando avevo saputo della malattia di mia madre avevo lasciato da parte Yale, studiavo da casa senza frequentare le lezioni, grazie soprattutto agli appunti di Jeremy e Liam, e mi ero trasferita di nuovo nella mia vecchia casa.
< Ti voglio bene >
< Oh, anche io, amore > disse abbracciandomi < forza, ora aiuta la tua mamma pigrona a scendere le scale >
Le misi un braccio intorno alla vita e piano piano scendemmo le scale incamminandoci verso il salotto e infine la feci sedere sul divano.
< Mamma, chiamami per qualunque cosa, va bene? >
< Sì, tesoro, non preoccuparti. Ora esci, so che è da tanto che non incontri le tue vecchie amiche >
< Infatti > risposi sorridendo.
Quella sera mi sarei incontrata con tutte le mie vecchie compagne di squadra e con noi sarebbe venuta anche Jenny, che era tornata a Los Angeles con Walter e John per fare visita ai rispettivi genitori, quindi avevamo deciso di incontrarci per bere qualcosa assieme. Trovarci a Los Angeles tutte nello stesso periodo era un evento più unico e raro e per questo ne volevamo approfittare, avevo addirittura rinunciato ad accompagnare Robert alla premiere di Water for Elephants a San Diego per uscire con loro.
< Michelle, sbrigati se non vuoi fare tardi >
< Certo, mamma. Allora ci vediamo più tardi >
Le baciai la guancia e uscii di casa correndo, per quanto fosse possibile con i tacchi, verso l'automobile: erano le nove e mi sarei dovuta incontrare tra dieci minuti con le mie amiche in un posto che per raggiungerlo ce ne volevano come minimo venti. Nonostante il college e il mio essere maturata, sotto altri aspetti non ero cambiata di una virgola e uno di questi era la puntualità.
Misi in moto la macchina e schizzai via verso il locale. Accesi la radio e mi sintonizzai sulla frequenza di Radio Wild, dove stavano presentando in diretta la premiere di San Diego.
< Allora, Robert, raccontaci un po' di questa tua esperienza. Come è stato interpretare il tuo personaggio? > domandò l'intervistatrice.
< Jacob è un personaggio complesso, si è trovato dall'avere una famiglia amorevole al perdere tutto e doversi arrangiare per conto proprio. Devo ammettere di aver faticato parecchio nell'immedesimarmi nel suo ruolo, ma io ho fatto del mio meglio e spero che venga apprezzato > rispose Robert e inevitabilmente sorrisi: il giorno prima di cominciare le riprese lui aveva preso un volo per New York ed era venuto a Yale solo per dirmi quella novità e che se la stava facendo sotto e mi raccontò del suo personaggio finché Kelly, disperata, non lo pregò di “tapparsi la bocca”, perché lei il mattino dopo avrebbe avuto un esame e voleva dormire.
< E come è stato lavorare con Reese? >
< Attento a quello che dici, sono accanto a te > ribatté una voce femminile, quella di Reese Witherspoon.
< Beh, lavorare con Reese è fantastico. È sempre stata molto professionale, sin da quando ho interpretato suo figlio in Vanity Fair >
< In Vanity Fair hai interpretato suo figlio, in questo il suo amore. Non è un po' strano? >
< Non molto > replicò Robert.
< Parecchio > intervenne Reese ridendo e risi anche io: Reese era davvero una splendida persona, Robert me l'aveva presentata alla premiere di New York. Senza che io ne fossi al corrente, loro due mi erano venuti a prendere in facoltà, mi avevano portato un vestito e mi avevano detto di indossarlo perché era tardi. Era stata una serata a dir poco fantastica, ma il giorno dopo ero talmente stanca che fallii l'esame scritto di anatomia. Eppure rifarei tutto dall'inizio se potessi.
Non appena l'intervista terminò frugai dentro la borsa per cercare il telefonino, ma mi accorsi di aver dimenticato il portafoglio. Accostai e scrissi a Jenny che avrei tardato ancora un po', feci inversione di marcia e guidai fino a casa, sperando di non venir fermata dalla pattuglia di polizia proprio la sera in cui avevo dimenticato il portafoglio con dentro la patente.
Una volta arrivata davanti al vialetto di casa parcheggiai, presi la borsa ed estrassi le chiavi di casa.
< Mamma, sono io! Ho dimenticato il portafoglio! > esclamai, ma non ricevetti alcuna risposta < Si è già addormentata? > dissi a me stessa ridendo, ma nel momento in cui toccai la maniglia della porta sentii un rumore sordo dal piano superiore, poi il silenzio totale < Mamma? Sei tu? > domandai salendo le scale < Mamma? > la chiamai ancora una volta e quando entrai in camera sua la vidi distesa per terra e accanto a lei una pozza di vomito e sangue < Mamma! > urlai correndole accanto.
< Tesoro > sussurrò flebile mentre tentava di alzarsi.
< Chiamo un'ambulanza, torno subito > le dissi e scesi di corsa le scale, afferrai il telefono e con le mani tremanti digitai il 911.
< 911, buonasera >
< Ho bisogno di un'ambulanza, mia madre sta male! > esclamai con voce tremante.
< Signorina, si calmi > disse la donna all'altro capo del telefono < dove si trova? >
< 525 Lonsdale Road >
< Le manderemo subito un'ambulanza. Cos'ha sua madre? >
< Sta vomitando sangue >
< Signorina, non si agiti, resti accanto a sua madre e la tenga sveglia, arriverà al più presto l'ambulanza >
Posai il telefono sul mobiletto, aprii la porta lasciandola socchiusa e ritornai di sopra.
< Mamma, ora l'ambulanza arriva >
< Sono stanca, Michelle, accompagnami a letto a riposare >
< No! > esclamai con gli occhi lucidi < No, non devi dormire. Ora arriverà l'ambulanza e quando sarai in ospedale, potrai riposare. Ma non prima >
L'aiutai a mettersi in ginocchio, ma non appena lo fece ricominciò a vomitare sangue.
< Signorina, lasci fare a noi > disse un paramedico entrando in camera e mi allontanai subito.
Due paramedici spostarono mia madre su una lettiga e la portarono fino all'ambulanza.
< Signorina, viene anche lei? > domandò un terzo paramedico posando una mano sulla mia spalla e annuii, sconvolta.
Presi il telefonino, scrissi a Jenny che non le avrei più raggiunte e dopo aver preso sia la borsa che le chiavi di casa uscii, lasciando volontariamente il cellulare sul mobiletto.
Il viaggio verso l'ospedale durò quindici minuti, tempo che a me parve un'eternità.
Non appena mettemmo piede a terra tre infermieri si occuparono di mia madre, mentre il quarto, che dall'età non poteva essere che un tirocinante, si occupò di me.
< Signorina, venga con me > mi disse circondandomi la vita con un braccio e mi accompagnò fino alla sedia della sala d'aspetto < vuole qualcosa? >
< No >
< Vuole venire a stendersi su un letto? È molto pallida >
< No, sto bene > replicai posando le spalle sullo schienale < dov'è mia madre? >
< Se ne stanno occupando ora i medici, non appena si saprà qualcosa verranno ad informarla >
Annuii e restai su quella sedia per quaranta minuti, finché un dottore anziano e stempiato non venne a sedersi accanto a me.
< Signorina Waldorf, sono il dottor Forester. Mi dispiace darle questa notizia, ma sua madre non sta bene >
< Grazie, questo l'avevo già capito > ribattei acida e lui sospirò < dottore, mi dispiace > continuai guardandolo e lui mi sorrise < quanto male? >
< Non credo che riuscirà a superare la notte > rispose guardandomi e il naso iniziò a pizzicarmi e gli occhi a inumidirsi < ma ora è cosciente, credo sia meglio che vada da lei >
Annuii e mi feci accompagnare dal dottor Forester fino alla sua stanza. Prima di entrare restai a fissarla per qualche secondo sul ciglio della porta: aveva una smorfia di dolore sul viso ed era pallida come non mai.
< Pigrona, cosa mi combini? > domandai fingendomi il più allegra possibile e quando mia madre mi vide accennò ad un sorriso.
< Mi dispiace averti rovinato la serata >
< Lascia stare > replicai toccandole la mano < come ti senti? >
< Ho un gran mal di testa. Michelle, qualunque cosa succeda questa notte, voglio che tu sappia che mi dispiace per tutto il male che ti ho causato e ti voglio bene. Tu non immagini quanto bene io ti voglia. Mi dispiace averti fatto soffrire dopo l'abbandono di tuo padre, mi dispiace non averti prestato abbastanza attenzioni, mi dispiace aver cercato di trasformarti in un'altra persona e mi dispiace averti sbattuta fuori casa. Ti voglio bene. Oh, Dio solo sa quanto te ne voglio >
< Mamma, non affaticarti >
< No, voglio dirtele queste cose. Sei la figlia migliore di questo mondo, non avrei mai potuto desiderare una figlia migliore di te >
Trattenni un singhiozzo, ma le lacrime avevano già iniziato a scorrere sulle mie guance.
< Mamma, non lasciarmi > le dissi iniziando a piangere e posai la testa sul suo grembo, sfogandomi.
< No, non piangere. Voglio che tu sorrida, voglio che tu sia felice. Voglio che i nostri ultimi momenti insieme siano felici. Quindi le lacrime sono vietate > mi disse afferrandomi il mento e mi asciugò le lacrime con il pallido palmo della sua mano.
Tirai su col naso e la guardai sorridendole.
< Sai, mamma, il college mi piace veramente tanto >
< Sì? > domandò sorridendo e per ore non feci altro che raccontarle della mia vita in facoltà, di tutte le nottate che Kelly ed io avevamo passato in bianco per studiare, delle serate della pizza tra me, Liam Kelly e Jeremy e di un avvicinamento da parte di questi ultimi.
Ad un certo punto, però, gemette dal dolore.
< Mamma, stai male? Devo chiamare il dottore? >
< No, tesoro, era una fitta. Ho una gran fame. Ho voglia di cioccolata, potresti andare a prendermela alle macchinette? >
< Puoi mangiarla? >
< Non ho male allo stomaco. Ti prego > mi implorò.
< Okay > acconsentii baciandole la fronte < torno presto >
< Tesoro > disse afferrandomi il polso < ti voglio bene >
Sorrisi e le strinsi la mano.
< Anche io, mamma >
< Sei bellissima quando sorridi, angelo mio. Non smettere mai di farlo, mi raccomando >
Le sorrisi una seconda volta e uscii dalla stanza, percorsi tutto il corridoio e solo dopo cinque minuti riuscii a trovare quelle benedette macchinette. Presi sia la cioccolata al latte che quella fondente e ritornai nella sua stanza.
< Mamma, ho preso la cioccolata al latte per te e quella fondente per me. Ma se ti va possiamo fare a cambio, non ho… > le parole mi morirono in gola non appena vidi che il monitor che segnava le pulsazioni di mia madre ora mostrava solo un'unica linea retta e che mia madre aveva gli occhi chiusi < mamma? > la chiamai spaventata, ma non ricevetti alcuna risposta < Hey, mamma! > la chiamai una seconda volta, questa volta urlando, e dei medici, probabilmente richiamati dal mio urlo, accerchiarono mia madre e un'infermiera mi portò a sedere su una sedia.
< Signorina > mi richiamò l'infermiera < faccia dei respiri profondi >
Io, però, non le rispondevo e strinsi talmente tanto la cioccolata che entrambe le tavolette si spezzarono.
Dei passi si fecero sempre più vicini e mi bastò vedere lo sguardo del dottor Forester per capire tutto: l'orologio sulla parete segnava le tre e trentaquattro, orario in cui il glioblastoma aveva vinto.
< Signorina Waldorf…purtroppo non c'è stato niente che potessimo fare. Le faccio le mie più sentite condoglianze >
Annuii senza battere ciglio, non riuscivo nemmeno a piangere da quanto ero sconvolta.
< Posso fare qualcosa per lei? > domandò il dottore, ma abbassai il capo e feci di no con la testa < Signorina Waldorf, per qualunque cosa non esiti a chiamarmi. Helena…tienila d'occhio >
Restai lì, impalata a fissare il pavimento per un tempo indefinito e non riuscivo a provare alcuna emozione. Niente, mi sentivo come svuotata dentro.
< Signorina Waldorf? > mi chiamò gentilmente l'infermiera < C'è qualcuno che vuole chiamare? > continuò e quando alzai lo sguardo verso di lei, vidi che l'orologio dietro le sue spalle segnava le quattro e quaranta: possibile che fossi rimasta lì per un'ora senza fare niente? < Ssignorina? > mi chiamò una seconda volta e tornai a guardarla senza battere ciglio finché, sospirando, mi disse che infondo al corridoio sulla destra c'era un telefono ed ero libera di usarlo.
Impiegai dieci minuti prima di decidermi ad alzarmi e a raggiungere il telefono. Ma ora il problema era un altro: chi potevo chiamare? Mio padre era fuori città e non volevo né vederlo né parlargli, esattamente come per Jenny e le Clovers. L'unico nome che mi frullava in mente era Robert, ma chissà perché non riuscivo a ricordare il suo numero di cellulare. Impiegai altri dieci minuti prima riuscire a chiamarlo.
< Pronto? > rispose Robert al terzo squillo.
< Robert? >
< Mitchie! Sei ancora sveglia? >
< Dove sei? >
< Sto tornando a casa, tra mezz'ora dovrei essere lì. Kellan ti saluta >
< Non sei tu alla guida, vero? >
< No, tranquilla > rispose e lo sentii ridacchiare < sei già a casa? Riesci ad aspettarmi sveglia? Così ti faccio un saluto >
< Non sono a casa >
< Oh, e dove sei? Ti prego, non dirmi che sei ancora con le tue amiche in qualche bar di spogliarellisti > ribatté ridendo e sentii Kellan ridere con lui.
< Sono in ospedale >
< È per tua madre? Ora sta bene? > domandò e non dissi niente < Michelle? >
< È morta >
Dopo la mia risposta ci fu silenzio dall'altra parte del telefono, sentivo solamente la voce in lontananza di Kellan chiedere a Robert che cosa fosse successo.
< Arrivo il prima possibile >
Rimisi al suo posto la cornetta e tornai a sedermi nella medesima sedia ancora incapace di provare emozioni, finché dopo un tempo che mi parve interminabile sentii dei passi correre avvicinarsi sempre di più a gran velocità: alzai lo sguardo e vidi Kellan, Kristen e Robert venirmi incontro e quest'ultimo, non appena mi fu vicino, mi strinse tra le sue braccia.
E in quel momento piansi.
< R-R-Rob-Robert > cercai di chiamarlo mentre singhiozzavo.
< Shh, shh. Mitchie, sono qui, non ti lascio. Sono qui >
Ricambiai la stretta, senza smettere di piangere, ma le mie ginocchia cedettero, così si sedette sulla sedia e mi fece sedere sulle sue ginocchia.
< V-v-vog-glio v-v-ed-veder-vederla >
< Non credo sia il caso ora >
< No! > esclamai stringendo le mani sulla sua giacca < K-Kellan v-vai a chiamare il dottor For-Forester >
Kellan alternò lo sguardo tra me e Robert, ma quando gli dissi di sbrigarsi sospirò, posò una mano sulla mia spalla e girò l'angolo, tornando da noi dopo qualche minuto con il dottore.
< Signorina Waldorf, vorrebbe venire a stendersi un attimo? > domandò gentilmente, ma feci di no con la testa.
< Voglio vederla > risposi facendo dei respiri profondi per non singhiozzare ancora.
< La stanno portando in obitorio, per ora è impossibile. Se vuole può venire più tardi, verso le undici >
< Che differenza fa ora o più tardi? > sbraitai guardandolo in cagnesco.
< Sono le regole dell'ospedale. Le suggerisco di andare a casa, di dormire e di tornare più tardi >
Volevo rispondergli che non me ne fregava un accidente di quelle stupide regole, che volevo vederla e che non sarei andata da nessuna parte finché non avessi ottenuto ciò che volevo, ma ero stanca, perciò annuii.
< Le faccio ancora un volta le mie più sentite condoglianze >
Seguii con lo sguardo la figura del dottor Forester allontanarsi e più la sua figura si faceva meno nitida, perché i miei occhi erano sempre più offuscati dalle lacrime, più Robert mi stringeva a sé.
< Michelle? > mi chiamò Kristen avvicinandosi a me e la guardai apatica < Mi dispiace per tua madre >
Per la prima volta vidi la sua sincerità negli occhi.
< Grazie > risposi con voce rotta.
< Torniamo a casa? > propose Robert mentre mi accarezzava la testa, ma rifiutai < Devi riposarti >
< Non ce la faccio >
< Vuoi venire a casa mia? > domandò premuroso, ma rifiutai una seconda volta.
Robert sospirò e mi prese in braccio, seguito da Kristen e Kellan. All'uscita dall'ospedale c'erano un sacco di paparazzi ad attenderli ed io mi coprii la faccia con le mani.
< Levatevi dai piedi! > esclamò Kellan mentre si faceva largo e dopo essere entrati tutti nella sua macchina partì con una sgommata.
Per tutto il viaggio non parlai e mi ritrovai a fissare il vuoto, addirittura non ascoltavo ciò che si dicevano Kellan, Kristen e Robert. Percepii solo il “Fermati qui” di Robert. Kellan scese dalla macchina, aprì lo sportello posteriore e cercò di prendermi in braccio, ma mi ancorai ancora di più al collo del mio ragazzo.
< Non preoccuparti, tesoro > mi disse Robert mentre mi baciava la fronte < scendo dalla macchina e ti riprendo tra le mie braccia >
Allentai la presa e mi lasciai prendere in braccio da Kellan, che mi riconsegnò a Robert non appena scese dalla macchina. Entrammo dentro quello che riconobbi essere un hotel, nonostante il mio momentaneo stato catatonico, e Kristen domandò al receptionist una stanza.
< Mitchie, questa sera resteremo qui > mi disse Robert una volta entrati in ascensore.
Annuii e mi strinsi ancora di più a lui, mentre il fattorino ci guardava curioso e, una volta usciti dall'ascensore, ci accompagnò fino a quella che sarebbe stata la nostra camera per la notte.
Robert mi adagiò sul letto, si allontanò per dare la mancia al fattorino e mi tornò accanto.
< Robert, perché non ci riesco? > domandai mentre le lacrime tornavano a scendere dai miei occhi.
< A fare cosa? >
< A svegliarmi da questo orribile incubo. Non funzionano nemmeno i pizzicotti >
Gli mostrai il braccio ormai pieno di lividi e lo guardò, sospirò e me lo accarezzò.
< Mitchie, mi dispiace tanto > disse stendendosi accanto a me e mi cinse la vita con le braccia < vorrei poter dire o fare qualcosa per farti stare meglio >
< Puoi riportare indietro mia madre? > domandai guardandolo negli occhi e un'ombra scura gli segnò gli occhi.
< No >
< E allora risparmiati la fatica di parlare > risposi indossando la maschera di freddezza che ultimamente mi accompagnava, ma ero talmente sconvolta che ricominciai a piangere < la odio >
< Chi? >
< Bianca. La odio >
< Perché dici questo? >
< Perché sapevo che c'era qualcosa che non andava quando mi ha chiesto di andarle a prendere quella dannata cioccolata, lei sapeva che stava per morire e mi ha allontanato con quella scusa patetica! > urlai a pieni polmoni e Robert mi strinse a sé < Perché mi ha fatto questo? Perché mi ha impedito di restarle accanto in quegli ultimi attimi? >
< Lo ha fatto per te >
< Non è vero! > urlai di nuovo < Lo ha fatto per se stessa. Solo ed esclusivamente per lei. È una lurida egoista, non ha voluto me, sua figlia, accanto in quel fottuto momento! >
Mi rannicchiai sul letto e piansi tutte le lacrime che avevo contenuto da quando Bianca era morta fino a che non mi era venuto incontro Robert, mentre lui sussurrò il mio nome e mi strinse a sé, finché stanca per le troppe lacrime versate, non mi addormentai.
< Pronto? > sussurrò Robert piano per non svegliarmi, ma ottenne l'esatto opposto < salve, signor Waldorf. Aspetti solo un attimo > disse e cercando di muoversi senza sballottarmi troppo si alzò dal letto e si chiuse in quello che doveva essere il bagno < sì, sono con sua figlia. Ci siamo addormentati che era quasi mattina > gli sentii dire e guardai l'orologio da polso di Robert, che era appoggiato sul comodino, segnare le undici e mezza < mi dispiace, signore, ma non credo sia il caso. Purtroppo Bianca questa notte è morta…no, Michelle è sconvolta…ma certo, glielo dico io…a lei, a presto >
Uscì dal bagno si stese di nuovo accanto a me.
< Cosa ha detto mio padre? >
< Che prenderà il primo volo per Los Angeles > rispose e annuii.
< Puoi farmi un favore? >
< Tutto quello che vuoi? >
Tirai su col naso e mi voltai a guardarlo.
< Potresti telefonare a Jenny e dirglielo? >
< Ma certamente > rispose baciandomi la punta del naso e si alzò per tornare in bagno.
< No! > esclamai afferrandolo per la camicia < Non lasciarmi sola >
Mi fece sistemare meglio tra le sue braccia e cercò il numero di Jenny in rubrica.
< Jenny, sono Robert. È un brutto momento? >
< Robert! > sentii esclamare Jenny < Figurati, sono in giro con le altre. Ma dove è finita la tua fidanzata? Ieri sera ci ha piantate in asso senza darci una spiegazione e non ha nemmeno risposto alle mie telefonate. Dille che sono profondamente offesa! >
Sospirai e presi dalle mani il telefonino prima che Robert potesse dire altro.
< Jenny, Bianca è morta > le dissi con voce rotta e serrai gli occhi per non piangere ancora.
< Cosa? >
< Questa notte > risposi e due lacrime silenziose mi bagnarono le tempie.
< Ora dove sei? >
< In un albergo, ma non so dirti quale. Stiamo per andare in ospedale >
< Io…vuoi che venga? >
< Sì, ti prego >
< Farò il prima possibile >
< Grazie > risposi e spinsi il tasto rosso < Robert, andiamo? >
< Vuoi passare da casa a cambiarti? >
< Non ce la faccio a mettere piede in quella casa > dissi guardandolo supplichevole < ti prego, voglio solo vederla >
Lui annuì e scendemmo fino alla hall, pagò la stanza e dopo aver chiamato un taxi raggiungemmo l'ospedale. Una volta dentro cercammo il dottor Forester e quando lo trovammo, Robert mi disse di andare avanti da sola col dottore e che lui avrebbe aspettato Jenny.
Annuii e seguii Forester scendendo al piano inferiore, dove si trovava l'obitorio dell'ospedale.
< Signorina, è sicura di quello che vuole fare? >
< Sì >
< Sua madre si trova in questa stanza > disse aprendo la porta.
< Grazie >
< La prego, se non dovesse farcela mi chiami >
Annuii una seconda volta ed entrai nella stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Lei era lì, vestita con una classica vestaglia bianca da ospedale, con le braccia posizionate lungo il suo corpo, con gli occhi chiusi e i capelli neri e cortissimi che sembravano essere appena stati pettinati. Mi morsi la lingua per non piangere mentre mi avvicinavo a lei: da viva o da morta, mia madre era sempre bellissima.
< Ciao, mamma > sussurrai accarezzandole il palmo della mano e aspettai una risposta, la quale non arrivò < perché mi hai allontanata quando ti sei resa conto che stavi per morire? Perché non mi hai voluta accanto a te? > domandai mentre le lacrime avevano ricominciato a bagnarmi le guance < Perché mi hai fatto questo? >
Le ginocchia mi cedettero e mi aggrappai al tavolo per non cadere e il dottore, con dietro Robert e Jenny, venne a soccorrermi.
< Signorina Waldorf, ora è meglio andare >
< Solo un altro minuto > lo pregai < lasciatemi sola un altro minuto con lei >
< Uno solo, noi l'aspetteremo dietro la porta >
Annuii e quando fui sola mi concentrai di nuovo su mia madre. Le presi una mano fredda tra le mie calde e la strinsi, poi chiusi gli occhi e respirai profondamente.
< Dovunque tu sia…io ti voglio bene >
Mi abbassai e posai un bacio sulla sua fronte.
< Ciao, mamma > dissi col magone e dopo averla guardata un'ultima volta uscii per sempre da quella stanza.
*****
Lo ammetto, è stato davvero difficile scrivere questo capitolo. Estremamente difficile. E come avevo detto all'inizio, non era in programma.
Ci ho messo tutta me stessa, ho pianto anche io come Michelle, e spero lo abbiate apprezzato, anche se è triste.
Vi ringrazio per i bei commenti, per chi aggiunge la storia tra i preferiti/seguite/da ricordare e per chi mi ha messo tra gli autori preferiti. Mi si riempie il cuore di gioia, grazie. <3
Giulls
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Capitolo 43 *** Tonight's the last, so say goodbye ***
Tonight's the last, so say goodbye
N.B. Prima di iniziare la lettura! Le parti in corsivo sono tutti flashback.
Ennesima cena insieme, ennesimo silenzio tombale.
L'unico rumore udibile era il tintinnio delle forchette che sbattevano contro i piatti.
Era una situazione davvero surreale, fino a sei mesi fa non avrei mai pensato che potesse succedere anche a Robert a me, anzi! Se qualcuno lo avesse detto gli sarei scoppiata a ridere in faccia, lo avrei infamato per aver solo pensato di gufare sulla nostra relazione, gli avrei risposto che Robert ed io ci amavamo come non mai e che saremmo stati insieme sempre e sarei tornata a casa da lui, gli avrei raccontato di quell'assurdità e ne avremmo riso insieme prima di fare l'amore.
Eppure, sei mesi dopo, tutto era cambiato.
Mangiavamo in silenzio, non ci degnavamo di uno sguardo durante la giornata e la notte lui restava a guardare la televisione fino a tardi, o forse restava addirittura a dormire sul divano.
Mi alzai dalla sedia per allungarmi a prendere il pane, addirittura non ci chiedevamo nemmeno più di passarci le cose. La nostra era tutto fuorché una relazione.
I miei occhi erano fissi sul piatto quando le posate di Robert tintinnarono sul piatto e lo sentii sospirare.
< Per quanto ancora andrà avanti così? > domandò e alzai lo sguardo, notando che mi stava guardando a sua volta < Io non resisto più. O restiamo insieme e cerchiamo di venirne fuori o ci lasciamo e ci diciamo addio, questa situazione mi sta soffocando >
Per la prima volta dopo diverso tempo provai pena per lui e per ciò che stava passando. Com'era possibile che riuscissi a provare un sentimento del genere per una persona che ultimamente mi dava fastidio solo sentirla respirare?
< Sappiamo entrambi che questa relazione è morta, Robert. E volevo appunto parlartene > gli dissi prendendo coraggio < ho firmato l'atto di vendita della casa. Domani una compagnia di traslochi verrà a prendere le mie ultime cose e le porterà a Yale. Credo sia più giusto così >
< Hai bisogno di una mano con il trasloco? > domandò gentilmente, ma riuscivo a leggere la sua smorfia di disappunto sulle labbra.
Scossi la testa e gli sorrisi, lottando contro me stessa per non scoppiare a piangere davanti a lui.
< Non volevo che finisse così > ammisi abbassando lo sguardo.
< Nemmeno io >
< Questa sera vado a dormire in albergo >
< Non essere sciocca > ribatté secco < non ti lascio andare a dormire in albergo. Puoi benissimo restare nella camera degli ospiti >
< Non voglio complicare ancora di più le cose > replicai.
< L'hai già fatto > disse e quelle parole mi rimbombarono nelle orecchie per diversi minuti.
Tirai su col naso e chiusi gli occhi: aveva ragione, era tutta colpa mia. Dal funerale di mia madre io l'avevo allontanato da me, io avevo trattato malissimo sua madre, stanca della sua presenza fissa e del suo volermi fare da mamma quando ne avevo appena persa una, io avevo smesso di parlargli, io avevo messo la parola fine ad ogni tipo di contatto fisico.
Lui aveva solo accettato la cosa senza controbattere.
E forse era questo che mi aveva ferita più di tutto.
Smettemmo di parlare e finimmo la cena senza dirci altro, poi Robert si alzò da tavola, prese la giacca e uscì. Solo quando lo sentii andare via con la macchina mi sedetti sulla sedia e iniziai a piangere senza nemmeno sapere il perché. Quando sentii che i miei occhi non avevano più lacrime mi alzai dalla sedia, lavai i piatti e infine mi stesi sul divano per guardare un po' di televisione. Mi addormentai a metà del film What women want, ma mi svegliai quando sentii mancare la morbidezza del divano. Aprii un occhio e constatai di essere tra le braccia di Robert e che mi stava portando al piano di sopra.
Ero convinta mi stesse portando nella camera degli ospiti, ma quando sentii la porta cigolare mi resi conto che mi stava portando nella sua camera da letto.
Mi adagiò sul letto, mi baciò la fronte e si alzò per andarsene ma riuscii ad afferrarlo per i lembi della maglia.
< Resti qui con me? > domandai con un sussurro che lui sentì e mi si stese accanto, prendendomi tra le sue braccia < Questo però non cambia niente >
< Lo so > rispose stringendomi a sé.
Chiusi gli occhi e credetti di aver dormito solo per qualche minuto, ma quando riaprii gli occhi vidi che il sole era già alto nel cielo e che oggi era il giorno decisivo. Era il giorno X, il giorno in cui avrei detto addio a Robert.
Per sempre.
Ero decisa e non volevo tornare indietro. Mi dispiaceva per lui, ma se la sarebbe cavata, avrebbe conosciuto un'altra ragazza e si sarebbe costruito un'altra vita. Ciò nonostante il tempo passato con lui, dal primo all'ultimo momento, era stato il migliore della mia vita. Da quando c'era lui avevo iniziato a sentirmi viva.
Qualcuno, non riuscivo proprio a ricordare chi, diceva sempre che le cose belle non potevano durare sempre ed aveva ragione, questa era la mia, la nostra, fine.
Non rimpiangevo niente, solo…non era il nostro tempo. E lui meritava una persona migliore di me, qualcuno che potesse renderlo felice.
Sempre.
Sbadigliai e voltai la testa, trovando le sue labbra a pochi centimetri dalle mie. Volevo baciarlo, avevo bisogno di baciarlo, ma non potevo. Stavo per lasciarlo, come potevo solo pensare di fare una cosa del genere? Eppure ora mi sentivo protetta dal suo abbraccio, mentre fino a qualche giorno fa mi dava fastidio solo averlo vicino.
Cosa mi stava accadendo?
Possibile che quello che stavo provando era codardia?
Possibile che mi stessi convincendo a non lasciarlo per paura? Paura di cosa poi?
Possibile che potessi solo pensare di fare questo a lui, la persona che mi aveva amato così intensamente?
Mi alzai dal letto cercando di non svegliarlo e andai in bagno a farmi una doccia, l'ultima in quella casa. Quando uscii dal bagno vidi Robert uscire dalla sua stanza; mi fissava con i suoi occhi dall'alto al basso mentre io mi stringevo ancora di più nell'asciugamano, unico indumento che mi copriva.
< Buongiorno > sussurrai passandogli accanto.
< Buongiorno > rispose roco.
Mi chiusi la porta alle spalle e dopo essermi appoggiata ad essa mi lasciai andare ad un lungo, lunghissimo sospiro. Aprii la valigia e tirai fuori l'intimo, una canottiera verde e un paio di shorts strappati. Ai piedi indossai un paio di infradito del medesimo colore della maglia. Mi spazzolai i capelli e mi feci una coda di cavallo, faceva troppo caldo per asciugarli o per lasciarli sciolti.
A Yale me li sarei tagliati.
Avevo appena finito di passarmi la matita negli occhi quando sentii bussare.
< Sì? >
< È pronta la colazione >
Risistemai la matita dentro la borsa e aprii la porta, trovandomi a pochi centimetri di distanza dal viso di Robert e anche lui se ne accorse. Il suo sguardo mi aveva ipnotizzata come non succedeva da tanto tempo e ci fissammo senza dire niente: era più forte di me, non riuscivo a non guardarlo.
Portò una mano sulla mia guancia e me l'accarezzò, due secondi dopo si stava avvicinando pericolosamente alle mie labbra.
< Non avevi detto che era pronta la colazione? > domandai per evitare che ci baciassimo e infatti si allontanò e scese di sotto senza aggiungere altro.
Lo seguii e trovai sul tavolo due ciotole con dentro il latte e accanto i classici Cap'n Crunch. La tazza che mi aveva preparato Robert era quella verde, la mia preferita e sul manico c'era ancora l'alone della gelatina e dello sciroppo.
Sorrisi al ricordo: era successo sì e no otto mesi fa, due settimane prima della morte di mia madre. Quel giorno Robert ed io avevamo deciso di preparare una torta di frutta, ma più che preparare una torta avevamo impiastricciato la cucina.
< Mi servirebbe la farina, me la potresti passare? > chiesi prendendo una ciotola.
< Ho io la bilancia, dimmi quanta te ne serve > ribatté aprendo la confezione.
< Non serve, faccio le dosi ad occhio >
< Michelle, ho la bilancia, potremmo fare un lavoro migliore >
Sbuffai e lo guardai malissimo. Dubitava per caso delle mie straordinarie doti di cuoca?
< Come ti ho già detto non ne ho bisogno. Dammi la farina >
Fece quattro passi e mi si avvicinò pericolosamente.
< Vuoi la farina? > domandò ghignando < Bene, eccoti servita >
Senza che me ne rendessi conto Robert aveva preso un pugno di farina e me l'aveva buttata addosso, sporcandomi i vestiti e i capelli.
< Ma brutto…! > esclamai e gli fregai il sacchetto dalle mani rovesciandoglielo addosso.
< Bene, l'hai voluto tu > continuò afferrandomi il braccio, poiché stavo cercando di scappare, e mi stampò in faccia la gelatina.
Ora sapevo di gelatina e farina.
< Robert, dammi un bacio >
< No, scordatelo >
< Coraggio! > esclamai avvicinandomi a lui e gli attaccai le braccia al collo.
< Puah, che schifo! > esclamò pulendosi dallo sporco che gli avevo lasciato.
< Guarda cosa hai combinato! > esclamai indicando il tavolo < Ora pulisci tu >
< Col cavolo > ribatté afferrandomi per i fianchi, e dopo avermi pulito per bene la faccia mi baciò.
< A che ora parti? > domandò spezzando il silenzio per la seconda volta in poche ore.
< Alle dieci > risposi e lui annuì tornando a mangiare.
Finii di bere il mio latte e lavai la tazza, stessa cosa che feci con quella usata da Robert, mentre lui era salito a fare la doccia.
Salii le scale e raggiunsi la sua camera, uscendo sul balcone. Mi sedetti sulla poltroncina in vimini, che per quanto fosse bella era davvero scomoda per dormirci.
La sera in cui l'avevo utilizzata come letto lui ed io avevamo litigato: eravamo appena tornati da una festa a Malibù ed io ero arrabbiatissima perché non mi aveva praticamente degnato di uno sguardo per tutta la serata. Ero tornata per il fine settimana per restare un po' sola con lui e invece mi aveva trascinato a quella festa, ignorandomi oltretutto.
< Beh, immagino che tu sappia che dormirai sul divano > gli dissi freddamente dopo avergli porto il suo cuscino, ma lui mi bloccò il polso.
< Non pensarci nemmeno. Questa è casa mia, pertanto io dormo in un vero letto >
< Bene > replicai sgarbatamente e dopo aver preso il mio cuscino scesi di sotto e mi stesi sul divano.
< Non fare l'idiota, vieni a letto > disse seguendomi.
< No >
< Domani avrai tutta la schiena a pezzi >
< Beh, meglio una schiena a pezzi piuttosto che condividere il letto con te > replicai stendendomi.
Odiavo dormire su quel divano, l'avevo pregato un sacco di volte di gettarlo via e di prenderne un altro, ma lui aveva sempre rimandato. Era vecchio e davvero scomodo, ma in quel momento mi andava benissimo. Avrei anche dormito sul pavimento della stanza impolverata che lui voleva sistemare come stanza degli ospiti pur di non dormirgli accanto.
Chiusi gli occhi e abbracciai il cuscino cercando di prendere sonno, ma il mio esperimento fallì. Dormii giusto mezz'ora poi mi alzai dal divano gemendo dal dolore e camminai fino alla camera: non volevo dargli la soddisfazione di stendermi accanto a lui, così aprii la finestra, uscii in terrazzo e mi accoccolai sulla poltrona in vimini, scomoda tanto quanto il divano. Ma in cielo splendevano le stelle e la luna sembrava un'enorme palla di formaggio: quello spettacolo era talmente bello che mi addormentai col sorriso sulle labbra.
Stavo facendo un bellissimo sogno quando mi resi conto che due braccia mi avevano presa in braccio e passai dal freddo della terrazza al caldo della stanza e dal duro della poltroncina in vimini al morbido del letto. Robert mi adagiò sul materasso, mi accarezzò la guancia e infine mi baciò la fronte. Quando si allontanò lo afferrai per la maglietta, rabbrividendo. Senza dire niente si stese accanto a me e sfregò le sue mani sulle mie braccia gelate per scaldarle.
< Sei una sciocca, lo sai? Mi auguro che tu non ti ammala >
< Sono ancora arrabbiata con te, non voglio parlarti > ribattei imbronciandomi e lui per tutta risposta rise < però mi farebbe piacere se tu continuassi a scaldarmi >
Senza smettere di ridacchiare, Robert accelerò il movimento delle mani e mi strinsi a lui, appoggiando la fronte sul suo petto.
< Non ho mai conosciuto nessuno più cocciuto di te > confessò baciandomi un'altra volta la fronte.
< Pattinson, niente contatto fisico > lo intimai, ma quando allontanò le mani dalle mie braccia mugugnai contrariata.
< Deciditi. O ti tocco, oppure no >
< Riscaldami ma non baciarmi >
< Ai suoi ordini, madame > sussurrò sensualmente al mio orecchio e chissà perché arrossii.
Mezzo minuto dopo le nostre labbra si stavano sfiorando.
Sentii un rumore dietro di me e mi voltai di lato, incatenando ancora una volta il mio sguardo a quello di Robert.
< Sc-scusami > balbettai imbarazzata alzandomi in piedi < me ne stavo giusto andando >
< Ma no, figurati > ribatté appoggiandosi alla ringhiera < ricordo quella volta che sei venuta a dormire qui > continuò indicando la poltroncina.
< Sì, ci stavo pensando anche io. Bei ricordi >
< Erano altri tempi. Eravamo felici >
< Già >
< E tu mi amavi ancora > disse secco e improvvisamente mi sentii il cuore pesare come un macigno.
< Già >
Senza dire altro rientrai in casa e scesi di sotto a bere un bicchiere d'acqua.
Ogni cosa in quella casa mi ricordava un qualunque cosa che avevamo fatto insieme: la macchia di fumo sul muro sopra i fornelli mi ricordava quella volta in cui, per fargli una sorpresa, gli avevo quasi incendiato la cucina; quella macchia sulla moquette in bagno mi faceva ricordare quando per sbaglio rovesciai l'acetone; oppure quando quelle sere in cui Robert doveva provare una scena ci rannicchiavamo l'uno accanto all'altro e lo aiutavo a recitare…ogni singola cosa mi ricordava un momento trascorso insieme.
Dovevo uscire da lì, dovevo andarmene via il prima possibile o sarei impazzita.
Accesi lo stereo per estrarre il mio CD dei Simple Plan, ma lì dentro non trovai il loro, bensì quello che gli avevo fatto io prima di partire per Yale.
< E questo? > domandò inarcando il sopracciglio.
< Questa è una compilation che ho fatto per te. È unica, non ne troverai altre al mondo > dissi fiera e gli sorrisi < qui dentro ci sono tutte le mie canzoni preferite >
< Airplanes? >
< C'è >
< Uhm…The ballad of Mona Lisa? What if?>
< Sì, capo >
< Ma scommetto che Speak now non l'hai messa >
< Traccia dodici > risposi beffarda.
< Accidenti, Michelle, mi sorprendi >
< Ti ringrazio > dissi sedendomi sulle sue ginocchia < quando ti sentirai solo e non potremo ti basterà ascoltare il CD per avere compagnia >
< È un regalo bellissimo, ti ringrazio > disse baciandomi e risposi con passione al suo gesto < Glory days? > chiese ghignando e mi tirai una pacca in testa.
< Ho dimenticato di inserire le canzoni di Bruce Springsteen! > esclamai guardandolo scandalizzata < Come ho fatto? >
Robert rise e mi strinse a sé.
< Non fa niente >
< Sono pessima >
< Sei una semplice smemorata > ribatté baciandomi il collo.
< Ho inserito i Queen, i Clash, gli Aerosmith, i Muse, Bon Jovi, addirittura i Coldplay, i Paramore, i Thirty seconds to Mars, ma Bruce me lo sono completamente dimenticata > dissi imbronciandomi < te ne farò un altro >
< Non serve, questo mi basta >
< Mi rifiuto > mi impuntai prendendo il CD < te ne farò un altro e ci inserirò anche Glory Days >
< Mitchie, ascoltami bene > disse prendendomi per le guance per far sì che potessi guardarlo in faccia < non ne voglio un altro, voglio questo. Quindi che ti piaccia o no tu me lo lascerai, sono stato chiaro? >
< Cristallino > risposi sorridendo e lo baciai < ti ho mai detto che ti amo? >
< Non sai quante volte, ma adoro quando quelle parole escono dalla tua bocca >
Mi portai una mano tra i capelli e sorrisi. Possibile che lo ascoltasse ancora? Avevo mezza intenzione di chiederglielo, ma temevo la sua risposta.
Robert era dietro di me, sentivo il suo sguardo che mi perforava la schiena. Chiusi gli occhi e mi beai di quell'ultima sensazione, poi mi voltai e cercai di guardarlo impassibile.
< Ora è meglio che vada, voglio arrivare al motel prima che faccia buio >
< Sei sicura di non volere una mano con il trasloco? >
< Sicurissima > ribattei sorridendogli e mi avvicinai < Robert…grazie per tutto, ti auguro il meglio dalla vita > gli dissi sorridendogli e gli accarezzai la guancia.
Ritrassi la mano poco dopo e mi incamminai verso l'uscita, ma mi bloccò il polso e mi strinse con forza a lui. Lo guardai sorpresa e senza rendermene conto mi aveva afferrato i fianchi e ora mi stava baciando. Automaticamente portai le mani dietro al suo collo e risposi al bacio con la sua stessa passione.
Ci allontanammo e quando vidi i suoi occhi lucidi mi venne in mente quella sera, poco prima che partissi per la prima volta a Yale, quando Jenny ed io eravamo davanti alla televisione piangenti dopo aver visto I passi dell'amore e lui era appena tornato a casa.
< Jamie mi ha salvato la vita, mi ha insegnato tutto: la vita, la speranza e il lungo viaggio che si attende. Mi mancherà sempre, ma il nostro amore è come il vento: non lo vedo, ma lo percepisco > recitammo Jenny ed io in coro tra un singhiozzo e l'altro e non appena partirono i titoli di coda il nostro pianto aumentò di qualche ottava.
Eravamo entrambe raggomitolate sul divano e non riuscivamo proprio a calmarci. Quel film ci faceva sempre lo stesso effetto, nonostante lo conoscessimo entrambe a memoria.
Tolsi il DVD dal porta DVD, spensi la televisione e accompagnai Jenny alla porta.
< Riesci a tornare a casa, vero? > domandai con la vista appannata e lei annuì prima di stritolarmi nel suo abbraccio.
< Ti voglio bene >
< Anche io > replicai ricambiando la stretta e quando se ne andò Robert entrò in casa.
< Ho visto Jenny sconvolta, tutto bene? > chiese e quando mi vide nelle stesse condizioni della mia migliore amica lasciò cadere la giacca per terra, chiuse la porta e mi piombò addosso < Mitche, tesoro, che è successo? Stai bene? > continuò premuroso e mi avvinghiai a lui.
< St-sto b-bene > risposi ancorando le braccia dietro al suo collo.
< Michelle, ma cosa è successo? > domandò spaventato dal mio comportamento e lo baciai.
< Ti amo tanto > gli dissi tra un bacio e l'altro.
< Ti amo anche io, lo sai > rispose tenendomi il viso tra le sue mani < ora, mi dici cosa succede? >
Scossi la testa e lo guardai imbarazzata. Avevo riacquistato quel minimo di lucidità per capire che se gli avessi raccontato cosa mi aveva preso mi avrebbe preso in giro a vita.
< Non è niente > gli dissi dopo un paio di respiri profondi.
< Sei sicura? Stai bene? > domandò guardandomi preoccupato e annuii < Dio, ti ho vista in lacrime e mi è venuto un colpo > continuò e vidi i suoi occhi farsi lucidi < ero convinto ti fosse successo qualcosa… >
Lo baciai e Robert mi strinse a sé con forza. Indietreggiammo fino al divano, sul quale avevo pianto fino a poco prima, e ci stendemmo sopra. Le sue mani presero ad accarezzarmi tutto il corpo e mi beai di quel tocco, i miei sospiri glielo facevano capire bene.
< Ti amo > gli sussurrai.
< Ora e per sempre >
< Per tutta la vita >
< Non lasciarmi, ti prego > mi implorò appoggiando la sua fronte alla mia.
< Non posso > risposi con voce rotta.
Mi allontanai e mi si spezzò il cuore quando vidi una lacrima abbandonare l'occhio. Posai un bacio sulla sua guancia.
< Michelle… >
< Troverai qualcuna migliore di me, te lo assicuro > gli dissi e dopo aver recuperato la mia valigia uscii da quella casa decisa a non tornarci mai più, infilai tutto dentro la mia automobile, diedi le istruzioni ai tizi della ditta dei traslochi e partii alla volta di Yale.
Quattro ore dopo stavo sfrecciando sulla Route 66 e tutto ciò che il mio cuore e le mie viscere mi dicevano di fare era di girare quella stupida auto, di tornare a Los Angeles e di implorare Robert di riprendermi con sé; ma il cervello mi diceva che era la decisione giusta e che lui sarebbe stato decisamente meglio senza di me. Meritava tutta la felicità del mondo ed io non ero più in grado di dargliela. E poi con che faccia tosta sarei ritornata a pregarlo di perdonarmi? Lo stavo facendo soffrire e se fossi tornata da lui lo avrei trattato solamente come un pupazzo.
Avevo preso una decisione e non sarei più tornata indietro.
Mai più.
A qualche centinaia di metri dal motel nel quale avrei alloggiato per la notte mi fermai in un'anonima cittadina per fare il pieno di benzina e in quel momento il telefono squillò.
< Pronto? > dissi senza guardare chi mi stesse chiamando.
< Michelle, sono Jenny >
< Jen! >
< Dove sei? >
< Sulla Route 66 >
< Oh…quindi hai deciso di tornare all'università? > domandò: era da quando avevo scoperto che Bianca si era ammalata che non mettevo più piede nel college.
< Sì >
< E Robert? >
< L'ho lasciato. E questa volta definitivamente >
< Sei un'idiota > rispose la mia amica e mi buttò giù il telefono in faccia.
***
Mi pare sia passata una vita dall'ultima volta che ho aggiornato.
Non ricordo precisamente quando, ma mi dispiace davvero tanto avervi fatto aspettare così tanto. Questo periodo è particolare per me e se non fosse stato per Emanuela probabilmente, nella mia disperazione, avrei cancellato l'account.
Quindi questo capitolo (tremendamente triste, lo riconosco) lo dedico a te, ovviamente nella speranza che tu non voglia strangolarmi dopo! :P
Il titolo è una frase tratta da A modern myth dei Thirty Seconds To Mars. Se non la conoscete vi consiglio di ascoltarla, è davvero splendida. Ovviamente io sono di parte, perché li adoro.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo, personalmente è uno dei pochi di cui sono entusiasta.
Un bacio,
Giulls
P.S. Vi lascio la mia pagina di facebook :) http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791
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Capitolo 44 *** Tornare alla vita ***
Tornare alla vita
< Michelle, davvero non ci sono problemi se esco? > chiese con premura Kelly e la guardai sorridendo e annuendo.
< Sto bene > le risposi: erano le stesse parole che ogni singolo giorno rifilavo a tutti, anche allo psicologo da cui avevo iniziato ad andare dopo il mio ritorno a Yale, e che per inciso ancora non mi aveva fatto stare meglio.
La mia amica, che si stava sistemando il vestito nero, sbuffò e abbassò la zip che si trovava sul fianco destro.
< No, dico a Jeremy che non esco >
< No! > esclamai guardandola con occhi spalancati < Sei impazzita? È la vostra serata, dovete uscire >
Jeremy e Kelly avevano finalmente deciso di dichiararsi ed io ero felice per loro, perché se lo meritavano.
< Non me ne frega niente, odio vederti ridotta così >
< Non essere ridicola, Kelly > replicai alzandomi dal letto < esci, non voglio vederti qui >
Trenta secondi dopo qualcuno bussò alla porta interrompendo il preludio del nostro litigio e Kelly la aprì.
< Sei pronta? > le domandò Jeremy sorridendole dolcemente.
< Tesoro… > sospirò Kelly guardandolo.
< Kelly, esci > le dissi guardandola freddamente.
Jeremy alternò lo sguardo tra me e lei e si appoggiò allo stipite della porta.
< Guarda che tu vieni con noi >
< Scherzi? > chiesi con gli occhi sgranati dallo stupore.
< Affatto >
< Non voglio uscire >
< Non me ne frega un emerito cavolo. Tu uscirai con noi, che ti piaccia o no >
Sospirai e mi passai una mano attorno al collo.
< Per andare dove? >
< Andiamo in un nuovo locale a conoscere gente nuova. Coraggio, vestiti >
Sbuffai e lui con me. Perché diavolo voleva farmi conoscere gente nuova? Cosa diavolo voleva dalla mia vita?
< Sono stanca, non voglio venire >
< Michelle, o alzi il tuo culo dal letto e muovi le tue gambine oppure ti prendo in braccio e ti porto fuori. A te la scelta >
< Perché diavolo vuoi che esca con voi? > sbraitai alzandomi in piedi.
< Perché sei patetica! > urlò e il suo urlo riecheggiò non solo per tutta la stanza, ma anche per il corridoio. Kelly lo guardò con gli occhi spalancati e nello stesso momento i miei si riempirono di lacrime. < Sei ridicola. Hai commesso una cazzata, forse la cazzata più grande di tutta la tua vita e non stai facendo niente per recuperare. Ti rendi conto che ormai sono passati due fottuti anni da quando vi siete lasciati e da quel giorno sembra che tu viva in un mondo tutto tuo? Robert si è rifatto una vita, esce con Kristen, cazzo! > esclamò e sentii il mio cuore andare in frantumi < Segui il consiglio del tuo psicologo, esci e innamorati di nuovo. Oppure preferisci morire sola? >
Finito il monologo di Jeremy le lacrime iniziarono a rigarmi le guance.
Inizialmente credevo fossero lacrime di dolore, ma ben presto mi resi conto che erano lacrime dettate dall'ira.
< Io non voglio innamorarmi, chiaro? Detesto l'amore, mi fa schifo! Non voglio innamorarmi mai più e se questo vuol dire morire sola bene, così sia! A te che cazzo te ne frega della mia fottuta vita, vivi la tua! > urlai a pieni polmoni e sia lui che Kelly mi guardarono con occhi sgranati < E ora uscite, non vi voglio tra i miei fottuti piedi da patetica >
Mi sedetti sul letto ancora tremante e dopo aver buttato l'occhio sulla mia coppia stra consumata de Il giovane Holden la presi in mano, uscii dalla stanza e mi incamminai verso la biblioteca, la quale, essendo venerdì sera, chiudeva alle undici e mezza e non a mezzanotte.
Mi sedetti in un angolino appartato e iniziai a leggere per la centesima volta il libro.
< Scusami, questa sedia è libera? > domandò un ragazzo indicando la sedia di fronte alla mia.
< Sì, certamente > replicai senza distogliere l'attenzione dal libro.
< Certo che ce n'è di gente nonostante sia venerdì sera >
Gli lanciai un'occhiata scocciata e tornai alla lettura.
< Non tutti hanno deciso di uscire a divertirsi > risposi poco dopo.
< Ad ogni modo, mi chiamo Johnny > disse sorridendomi e mi porse la mano.
< Ad ogni modo, non mi interessa > replicai senza distogliere lo sguardo da pagina quarantadue.
< Sarebbe carino se anche tu mi dicessi come ti chiami >
< Michelle >
< Lo ammetto, lo so chi sei. Ti ho vista al corso di medicina generale >
< Davvero? > chiesi stupida e per la prima volta gli prestai attenzione < Ma tu avrai trenta, trentacinque anni? Non sei un po' troppo grande per studiare? >
Johnny rise e scosse la testa.
< C'è un limite di età per stare qui? > domandò ilare < Ne ho trentuno per la cronaca e no, non sono uno studente. Sono l'assistente della professoressa Walsh > disse senza smettere di sorridere e mi stupii della sua risposta: avevo sempre assistito alle lezioni della Walsh, ma lui non l'avevo mai notato. Sapevo che aveva un assistente, ma non gli avevo mai prestato molta attenzione, senza contare che credevo fosse grasso quel tipo e questo ragazzo non lo era affatto < Dopo la chiusura vai a qualche festa? >
< No, il mio umore non è da feste > ribattei torturando la copertina del libro.
< Allora voglio fare lo sfacciato e invitarti a mangiare un gelato. Ti andrebbe? >
< A dire il vero no, ma ti ringrazio per l'invito. Sono abbastanza stanca >
< Questa è una bugia bella e buona, ma ad ogni modo voglio lasciarti il beneficio del dubbio. Però non voglio che tu torni al dormitorio da sola, non è un bel posto la sera. Ti accompagno io >
< E chi mi dice che sia al sicuro con te? > domandai scontrosa.
< Beh, se tu accettassi il mio invito per il gelato potresti imparare a conoscermi >
< Ti ho già detto che sono stanca >
< E allora ti toccherà fidarti di me >
Posai il libro sul tavolo e guardai in faccia questo ragazzo, accorgendomi solo ora di quanto fosse bello: aveva i capelli neri e spettinati, gli occhi azzurri e allegri e un sorriso contagioso. Chissà perché me lo ricordava tanto.
< Sei un tipo molto sicuro di te, Johnny >
< E ti dispiace? >
< Ancora non lo so > ammisi alzandomi in piedi < io torno nei dormitori, allora mi accompagni o no? >
Johnny sorrise e si alzò a sua volta. Alla fine mi fece mangiare quel gelato.
Era davvero un ragazzo simpatico: era nato e cresciuto in Kansas, aveva due fratelli minori e una sorella gemella e si era laureato in pediatria con il massimo dei voti, ma poi aveva deciso di restare a fare da assistente per poi intraprendere la carriera di insegnante nel corso di medicina d'infanzia.
< Ecco, ora so che sei al sicuro > mi disse dopo esserci fermati davanti all'ingresso del dormitorio.
Alzai la testa e vidi una luce provenire dalla mia stanza: era ormai l'una di notte e Kelly era sicuramente tornata.
< Ti ringrazio per la serata, mi sono divertita > gli dissi sorridendogli.
< È stato un piacere > rispose ricambiando il sorriso < ci vediamo a lezione >
Sorrise un'ennesima volta e poi scese le scale.
< Aspetta! > lo chiamai seguendolo < Ti andrebbe di uscire con me domani sera? > domandai meravigliandomi di me stessa.
< Passo a prenderti alle otto. Ti porto a cena fuori >
Col sorriso sulle labbra rientrai dentro al dormitorio e nella mia stanza.
< Dove sei stata? > domandò Jeremy soffocandomi in un abbraccio.
< In giro > risposi sorpresa.
< Eravamo preoccupati, non sapevamo dove fossi e… > intervenne Kelly, ma pochi secondi dopo si ammutolì < oh mio Dio! Io conosco quello sguardo! > esclamò saltando mentre mi veniva incontro < Come si chiama? Di che anno è? È bello? >
< Non capisco > disse Jeremy grattandosi la testa.
< La musona ha conosciuto un ragazzo >
Jeremy mi guardò sgranando gli occhi.
< È così? > domandò e annuii.
< Si chiama Johnny ed è l'assistente della Walsh >
< Quel Johnny? > intervenne Kelly sgranando gli occhi < Johnny il fusto? >
< Lui > risposi, meravigliandomi dell'esclamazione di Kelly < domani andremo fuori a cena >
< È fantastico! > esclamò la mia amica abbracciandomi < Domani sera voglio conoscerlo >
< Non se ne parla > ribattei scuotendo la testa.
< Oh, andiamo! > esclamò imbronciandosi.
< Perché non andiamo a dormire? Non so voi, ma io sono abbastanza stanca > dissi sbadigliando e Jeremy, dopo aver baciato Kelly, venne ad abbracciarmi.
< Tu non hai idea di quanto sia bello vederti sorridere. Non smettere di farlo, ti prego >
Mi ritrovai a pensare che era la seconda persona più importante della mia vita che me l'aveva detto. La prima era stata la mia mamma.
Gli sorrisi e gli baciai la guancia.
< Ti voglio bene, Jer >
< Anche io, Michelle >
Ci lasciò sole e Kelly non perse tempo a domandarmi di tutto e di più su Johnny.
< Cosa indosserai domani? >
< Ancora non lo so > risposi mentre mi infilavo sotto le coperte.
< Lo so io! > esclamò alzandosi e prese dall'armadio un vestito lungo fino a metà coscia beige chiaro e con dei fiori disegnati sopra < e ai piedi ti metterai queste > continuò porgendomi i suoi sandali beige bassi.
< Ne parliamo domani, va bene? >
< Sei la solita rompiballe > brontolò sistemando il cuscino < Michelle? >
< Uhm? > risposi cercando di ascoltarla.
< Jeremy ha ragione, è bellissimo vederti così. Mi sei mancata >
< Mi dispiace > le dissi alzandomi dal letto e mi stesi sul suo < posso dormire con te? >
< Ma certo > replicò sorridendomi e in due quella notte dormimmo su un materasso da una piazza.
Il giorno dopo mi svegliai sentendo l'odore di cornetto al cioccolato appena sfornato. Aprii gli occhi e mi sedetti, trovando un biglietto accanto al piatto posato sul comodino.
“Caffè e cornetto li offro io, anche se non te li meriti. Avrei voluto conoscere il tuo fusto, ma Jeremy mi ha incastrata. Ci vediamo più tardi. Kel”
Sorrisi e divorai ciò che mi era stato offerto, stavo davvero morendo di fare. Dopo essermi alzata dal letto aprii la finestra e mi beai di quei raggi di sole che mi stavano scaldando la faccia: era da due anni che non mi sentivo così.
Oltretutto, per la prima volta avevo voglia di andare dal dottor Bingham. E così feci. Mi vestii, indossai una berretta, presi le chiavi della stanza e uscii. Quando mi vide davanti alla sua porta con due caffè e una confezione di ciambelle era stupito, ma mi sorrise e mi invitò ad entrare.
Per la prima volta non obiettai sullo stendermi sul suo divanetto e quel gesto sembrò colpirlo.
< Vedo che stai meglio, oggi >
Subito dopo essermi stesa mi alzai e mi misi a sedere, afferrai una ciambella e feci colazione per la seconda volta.
< Ed è così, o almeno lo credo > risposi e dopo aver addentato la ciambella lasciai che un fiume di parole uscisse dalla mia bocca: iniziai a parlare di Johnny, di come mi sentissi, di quanto volessi bene a Jeremy e di come mi avesse fatto male sentirmi definire patetica, di come avessi voglia di uscire dal guscio e di tornare a vivere e di come mi ero sentita desiderata solo poche ore prima. Era una sensazione che avevo dimenticato da quando avevo rotto con Robert e avevo scoperto che ciò mi mancava. Gli confidai inoltre che quando ero tornata al college una sera mi ero ubriacata, avevo incontrato per caso Jason e ci eravamo appartati dietro un albero a fare sesso e di come mi ero sentita quando mi ero resa conto che non era Robert. Avevo vomitato tutto il giorno spontaneamente, mentendo a quella che era diventata la mia più cara amica, raccontandole che era dovuto alla mia sbornia e da quel momento non avevo più guardato un uomo. E non perché li odiassi, ma perché mi sentivo come se lo stessi tradendo.
Ma con Johnny mi ero sentita diversa e stranamente la cosa mi aveva fatto piacere. Da ieri sera potevo pensare a Robert senza sentirmi attanagliare lo stomaco.
Era strano che fossi cambiata così radicalmente nel giro di pochissime ore, eppure era successo.
Due ore dopo ero uscita serena dallo studio del mio psicologo. Andai a fare una doccia e quando guardai il calendario mi ricordai che giorno fosse: il 12 giugno. Oggi Jenny compiva ventidue anni.
Sorrisi amaramente al suo ricordo. Da quando avevo lasciato Robert i nostri rapporti si erano raffreddati e di brutto, ci limitavamo a mandarci dei messaggi per le varie ricorrenze. Una volta avevo incontrato Sarah all'aeroporto di New York e mi aveva raccontato che lei e Walter avevano avuto una bambina, Melissa, e che si erano sposati. Ed io non ne sapevo niente.
Io non ero al matrimonio, ma Robert sì e si era presentato accompagnato da Kristen.
Così decisi di fare il primo passo: presi il telefono, composi il suo numero di casa sperando che non l'avesse cambiato e la chiamai.
< Siamo Jenny, Walter, John e Melissa. In questo momento non possiamo rispondervi, lasciate un messaggio dopo il bip > disse la segreteria telefonica e sospirai.
< Jenny, sono Michelle. Ecco, io ti ho chiamato per farti gli auguri di buon compleanno. Sì, ecco…buon compleanno >
Spinsi il tasto rosso e appoggiai il cellulare accanto alla mia gamba. Non sapevo più se era giusto definirla migliore amica, ma la cosa certa era che mi mancava da matti. E per quanto adorassi Kelly, sapevo che nessuno poteva prendere il posto di Jenny. Ma questo anche Kelly lo sapeva e per più volte mi aveva detto che non voleva farlo, ma che se volevo per me lei c'era sempre.
Mi vestii, presi la borsa e uscii fuori a fare una passeggiata. Destinazione: libreria. Era da una vita che non mi compravo un libro nuovo e avevo bisogno di cimentarmi in una nuova storia. Mi recai nel reparto dei libri consigliati e iniziai la mia lenta ricerca. Un libro aveva catturato subito la mia attenzione: Wide Sargasso sea. Lo sfilai dalla mensola e in copertina trovai stampata la faccia di Robert e quella di Vanessa Hudgens. Lui era davvero bello, come sempre del resto. Toccai il suo volto senza smettere di sorridere e mi avvicinai alla cassa. Una volta uscita camminai verso la facoltà, mi sedetti all'ombra sotto una quercia e incominciai a leggere, terminandolo dopo sole quattro ore: non avevo mai letto un libro così strano ma allo stesso tempo avvincente. Robert aveva ragione, la trama meritava parecchio. Forse sarei anche riuscita a vedere il film. Da quando avevamo chiuso non avevo più visto un suo film, non avevo più ascoltato una sua intervista e non ero più andata al cinema per timore di trovare un suo poster o lui stesso in un trailer. Mi ero chiusa in camera mia, facendo disperare Jeremy, Kelly e quel santo di mio cugino Liam.
Rientrai in camera e vidi la mia amica sul suo letto intenta a darsi lo smalto ai piedi.
< Dove sei stata? >
< In libreria > risposi sedendomi ai piedi del suo letto.
< Hai trovato un bel libro? >
< L'ho già finito. Ora dovrò comprarne un altro >
< Era bello? > chiese sorridendomi.
< Molto > le dissi porgendoglielo e quando vide la copertina sgranò gli occhi < ora vorrei vedere il film >
< Stai bene? >
< Sì, sto bene > risposi sorridendole < sai, dovresti leggerlo, è davvero bello >
Mi alzai dal pavimento e mi stesi sul mio letto.
< A che ora arriverà Johnny? >
< Alle otto >
< Per le sette e mezza andrò via >
< Non serve > replicai guardandola.
< Beh, io comunque devo andare via, quindi…oh, a proposito! > esclamò posando lo smalto sul comodino < C'è un messaggio per te in segreteria >
< Di chi è? > chiesi curiosa e premetti l'enorme tasto della segreteria.
< Michelle, sono Jenny. Ti ringrazio per gli auguri, sei stata davvero gentile. Mi manchi e vorrei incontrarti. Quando hai un attimo chiamami al mio nuovo cellulare: 5554579 >
Guardai la mia compagna di stanza con occhi sgranati e l'abbracciai.
< La chiami? > chiese sorridendo.
< Di corsa! > esclamai afferrando il mio cellulare e uscii dalla stanza in direzione del giardino.
Mi sedetti sotto la quercia di prima e composi il nuovo numero. Uno squillo, due squilli, tre squilli…
< Pronto? >
< Jenny, sono Michelle >
< Michelle! > esclamò dall'altro capo del telefono < Come stai? >
< Sto bene > risposi e per la prima volta lo pensai davvero < Tu? >
< Anche io > disse e per qualche secondo nessuno delle due parlò < mi è mancata tanto la tua voce >
< E a me la tua > ammisi chiudendo gli occhi e mi appoggiai al tronco < quando possiamo vederci? >
< Oggi pomeriggio accompagno i piccoli dal pediatra, ma domani se vuoi sono libera >
< Domani mattina non ho lezione, vengo io a New York >
< Va bene, allora ci vediamo domani >
< A domani > le dissi sorridendo < e…Jenny? >
< Sì? >
< Congratulazioni per il tuo matrimonio e la tua bambina >
Sorrisi, anche se non poteva vedermi, ed ero sincera.
< Mi dispiace > disse con voce incrinata.
< Non devi, Jen, davvero >
Ci salutammo e dopo che riposi il cellulare nella tasca dei pantaloni piansi; mi era mancata davvero tanto.
< Sono lacrime di gioia quelle che vedo, vero? > domandò Jeremy sedendosi di fronte a me.
Sorrisi e annuii, mentre lo vedevo fare profondi respiri per riprendersi dalla corsa.
< Ho appena parlato con Jenny. Domani mattina andrò a New York >
< Cosa? È fantastico! > esclamò abbracciandomi.
< Sei tutto sudato > dissi allontanandolo e lui rise.
< Sei sempre la solita schizzinosa >
Appoggiai la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi.
< Mi piacerebbe poter risistemare tutto e tornare indietro nel tempo, quando ancora tutto aveva un senso > confessai senza vergognarmene e Jeremy mi strinse la mano.
< Certe volte il destino è bastardo >
< Lo so > replicai chiudendo gli occhi < ho fame. Mi porti a pranzo fuori? >
< Certo, vado a fare una doccia e poi vengo a prenderti. Mc Donald's va bene? >
< Come no! > esclamai sorridendo < Avviso Kelly >
< Oggi Kelly mangia da sola. Questa è un'uscita tra migliori amici, niente fidanzate >
< Okay…ma se lei se la prende, la colpa te la prendi tu >
Jeremy mi baciò la guancia e rientrò nel suo dormitorio, stessa cosa che feci io.
Misi piede dentro la stanza e vidi Kelly che sorrideva leggendo un messaggio, poi alzò la testa e mi guardò sorridendo.
< Non è che mi freghi il fidanzato, vero? >
Risi e mi sedetti sul letto.
< Non alla nostra prima uscita. Magari domani se usciamo insieme me lo porto a letto. A te non dispiace, vero? > le dissi prendendola in giro e mi tirò un cuscino in faccia < domani vado a New York per incontrarmi con Jenny >
< Davvero? > chiese entusiasta < Cosa vi siete dette? > continuò sedendosi sul mio stesso letto e le feci un piccolo riassunto < Sono davvero felice! > esclamò abbracciandomi: Kelly e Jenny si erano conosciute poco dopo il mio arrivo a Yale e si erano prese subito in simpatia, infatti ogni tanto Kelly ed io andavamo a trovare Jenny a New York e uscivamo tutte e tre assieme, oppure capitava che facessimo le uscite a coppie. Kelly e Jeremy, anche se non erano ufficialmente una coppia, Jenny e Walter, Robert ed io. Ma da quando era successo tutto quel casino, inevitabilmente i rapporti tra Kelly e Jenny si erano raffreddati, con mio sommo dispiacere.
Jeremy venne poco dopo a bussare alla porta e uscii dal dormitorio prendendolo a braccetto.
Ancora non mi capacitavo di come fosse passato veloce il tempo. Eppure era così. Erano le otto ed io stavo aspettando Johnny davanti alla porta principale del dormitorio Kennedy, vestita come se fossi una bambolina da Kelly.
< Ehm, scusami? > mi chiamò una voce, Johhny < Sto cercando una ragazza, una certa Michelle. Per caso sai in che dormitorio sta? >
Risi e mi alzai in piedi.
< Troppo? > chiesi alludendo al vestito.
< Sei bellissima > ribatté porgendomi il braccio, che afferrai senza esitazione < sei mai andata a mangiare al Florence? È un ristorante italiano molto carino, è qui nei dintorni >
< Mai >
< Bene, perché ho prenotato lì > disse e risi alla sua risposta.
Da vero galantuomo mi aprì la porta e mi fece entrare per prima nel ristorante.
< Salve > disse una cameriera venendoci incontro.
< Salve. Wilson, per due >
< Certamente, mi segua >
Voltai lo sguardo e lo guardai sogghignando.
< Come Luke Wilson > risposi e lui sospirò.
< Anche tu ora mi dirai che gli assomiglio? >
< No, tranquillo > replicai muovendo la mano < stai parlando con una Waldorf. Posso capirti >
< Quante cose abbiamo in comune > disse prendendo in mano l'aperitivo che ci era stato offerto < allora voglio brindare ai nostri cognomi >
< Salute > replicai sorridendo e bevvi il drink.
< Cos'altro mi racconti di te? > domandò guardandomi.
< Tu cosa sai di me? >
< Che di cognome fai Waldorf >
Risi e mi sistemai le pieghe del vestito.
< Beh, non c'è molto da dire. Sono nata e cresciuta a Los Angeles, ho studiato a Santa Monica e dopo il diploma sono venuta qui a Yale >
< E i tuoi genitori? >
< Mio babbo vive a Newark con la sua nuova famiglia >
< E tua madre? >
Abbassai lo sguardo e mi incupii.
< È morta due anni e mezzo fa >
Johnny posò una sua mano sulla mia e mi guardò.
< Mi dispiace >
< Figurati > replicai sorridendo.
< Cosa vuoi fare dopo? >
< Mi affascina la chirurgia > ammisi sorridendo e mentalmente lo ringraziai per aver cambiato discorso.
Al Florence la loro specialità era il pesce ed entrambi optammo per un menu completo di pesce: antipasti, primi, secondi e dolce. Non avevo mai mangiato così bene in un ristorante in tutta la mia vita. Dopo cena uscimmo per fare una passeggiata e a mezzanotte inoltrata mi riportò davanti al dormitorio.
< Non voglio sembrare sfacciato, ma che ne diresti di darmi il tuo numero? >
Risi e gli sfilai di mano il telefono, scrivendo il mio numero e salvandolo sotto il nome di “Michelle W. ;)”
< Risulto sfacciata se ti chiedo un altro appuntamento? > domandai sorridendogli.
< Domani? >
< Domani mattina vado a trovare la mia migliore amica a New York e al pomeriggio ho lezione >
< Bene, ci vediamo domani pomeriggio allora > ribatté facendomi l'occhiolino.
Gli sorrisi e attesi con trepidazione che incollasse le sua labbra alle mie; quando lo fece sentii il mio cuore galoppare come non mi capitava da tempo. Ricambiai il bacio con passione, ma improvvisamente si allontanò dalle mie labbra e lo guardai contrariata.
< Meglio fermarsi qui. A domani >
Mi baciò la guancia e se ne andò.
Entrai nel dormitorio e corsi fino alla mia stanza, aprendola di scatto e facendo spaventare Kelly, che mi guardò stranita.
< E se ti dicessi che mi ha baciata? > le dissi rossa in viso.
Avrei voluto leggere il capitolo per trovare eventuali errori, ma sono troppo devastata.
Oggi sono ricominciate le lezioni all'università e sono stanca morta, quindi perdonatemi per gli erroracci!
Spero stiate bene e mi scuso per aver impegato 1234567 anni per postare.
Grazie perché continuate a seguire questa storia, che ormai è agli sgoccioli; vi adoro tutte <3
Giulls
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Capitolo 45 *** Back to L.A. ***
Buon pomeriggio!
Le lezioni e il mio malumore mi hanno sopraffatto abbastanza, ora sono tornata e spero almeno un tantinino di esservi mancata :)
Mi spiace per questo ritardo e spero che il capitolo vi piaccia.
Giulls
P.S. Come sempre, vi lascio la mia pagina fb http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791
Back to L.A.
< Buongiorno cari ascoltatori di Radio Sunshine! > sentii esclamare dalla radiosveglia e mi svegliai svogliatamente < Qui è la vostra Melanie che vi parla! Oggi è giovedì 13 giugno e a Los Angeles il sole splende come non mai. Forza, splendete anche voi con noi! La prima canzone della giornata è… >
Spensi la sveglia e mi rigirai tra le lenzuola bianche, quelle che mi sembrava aver toccato solo pochi minuti fa e non più di sette ore fa.
< Odio questa Melanie > disse Kelly sbadigliando < sono le otto del mattino, perché deve urlare così tanto? >
< Kel? > la chiamai e mi preparai ad una sua possibile sfuriata.
< Uhm? >
< Sono le sei e mezza >
Uno, due, tre, quattro…aprii un occhio e guardai Kelly, immobile sul letto come se fosse una statua e con le braccia lungo i fianchi…cinque, sei, sette, otto, nove…
< Ma perché cazzo ti sei svegliata così presto?!? > sbottò alzando le braccia al petto < Sei fuori?!? >
…dieci.
Una parte di me voleva ridere per questa sfuriata, ma la parte più razionale la fece desistere, conscia del fatto che se avessi riso sarei finita fuori dalla finestra.
< Devo incontrarmi con Jenny oggi, e dal momento che al pomeriggio ho lezione ho pensato fosse più intelligente partire di buon mattino per passare più tempo con lei >
La mia compagna di stanza bofonchiò qualcosa prima di rimettersi a dormire, ma quello che capii benissimo fu “brutta stronza…se fai casino te ne pentirai…salutamela tanto”.
Mi catapultai in bagno per farmi una doccia veloce e quando uscii dal box indossai una maglietta a mezza manica con sopra disegnato un pasticcino, un paio di shorts, le Converse bianche e dopo aver preso la borsa mi incamminai verso la mia macchina, diretta alla città che non dorme mai.
Ero agitatissima, era da due anni che non la vedevo: era cambiata? Era sempre la stessa? Si sarebbe sistemato tutto? Ci sarebbe stato imbarazzo?
Per liberarmi un po' la mente accesi la radio per ascoltare, ma non trovando alcuna stazione che mi soddisfacesse ripiegai su Radio Sunshine e su quella maledetta Melanie.
< Californiani e non, oggi si terrà la Surfing Bear Competition e siete cortesemente invitati a raggiungere le spiagge di L.A. per assistere a questa gara. Il campione in gara, Braison Fergus, verrà sfidato da sei ragazzi e quattro ragazze. Riuscirà a mantenere il suo primato sulla cresta dell'onda o verrà buttato giù da qualcuno? Oggi alle dieci lo scopriremo. La prossima canzone che vi farò sentire è una delle mie preferite. Questa è This is war dei Thirty Seconds To Mars >
Sorrisi e alzai al massimo il volume.
< To the right, to the left, we will fight to the death. To the edge of the earth, it's a brave new world from the last to the first! > cantai a squarciagola.
Arrivai a New York verso le otto e mezza e parcheggiai sotto l'appartamento di Jenny.
“Sono sotto a casa tua, quando vuoi vieni giù” le scrissi nel messaggio e glielo inviai. Mi sedetti sul cofano della macchina e la aspettai: era esattamente impaziente quanto me, perché uscii di corsa dalla porta della palazzina e non appena mi vide, si fermò per un nanosecondo, giusto per studiarci l'un l'altra per capire se stessimo sognando o meno, le si illuminò il volto con il suo sorriso e mi corse incontro.
< Amica mia! > esclamò buttandomi le braccia al collo e mi strinse a sé con forza.
< Jen > dissi ricambiando l'abbraccio.
Mi allontanai quel poco che bastava per guardarla: era…beh, la parola bellissima era un eufemismo. Era così bella che sembrava brillare di luce propria, non me la ricordavo proprio così. Aveva tinto i capelli con un colore caldo, castano chiaro, si era fatta la frangia e si era lasciata allungare i capelli e le sue forme, più morbide rispetto alla sua prima gravidanza, la rendevano ancora più bella.
< Mi sei mancata da morire >
< Anche tu > ribattei stringendole le mani e quando la vidi piangere, non potei non non farlo anche io < sei bellissima >
< Ti ringrazio. Ma anche tu non scherzi. Come stai? > chiese, premurosa come sempre.
< Sto bene. Per la prima volta posso dirti che sto bene. E tu? >
Jenny mi sorrise e mi prese a braccetto, facendomi camminare.
< Andiamo a fare colazione, parleremo lì > disse e annuii contenta.
< Sì, sto morendo di fame >
Jenny mi portò in una caffetteria dietro l'angolo e prendemmo posto in un tavolino fuori sotto la veranda: Jenny ordinò un cappuccino di soia, io uno normale e due cornetti alla nutella per entrambe.
< Ho un sacco di cose da raccontarti > mi disse ad un certo punto < ma non so da dove iniziare >
< Comincia dall'inizio > la incitai prendendole entrambe le mani e le sorrisi.
< Okay > disse liberando una mano per bere il cappuccino e poi la posò nuovamente sulla mia < sei mesi dopo la nostra ultima chiamata, Wal ed io ci siamo sposati. In quella chiesa laggiù > disse indicando l'enorme chiesa bianca alle mie spalle < e in luna di miele siamo andati a Buenos Aires. Lì abbiamo concepito Melissa >
< Hai una sua foto? > domandai curiosa.
< Certamente > rispose mostrandomela orgogliosa.
Potei notare da subito che Melissa era la copia sputata di Walter: aveva i suoi stessi capelli rossi e il suo sorriso. Il taglio degli occhi, invece, era indubbiamente di Jenny.
< È bellissima. Avete fatto davvero un ottimo lavoro con John e Melissa. E la cerimonia come è andata? Come la sognavi? >
< Molto di più > disse sorridendo e poco dopo abbassò lo sguardo < Michelle, mi dispiace averti tagliato fuori, ma ero arrabbiata con te > continuò alzando la testa e vidi i suoi occhi pieni di lacrime < lo so che era la tua vita, ma tu stavi commettendo un terribile sbaglio. E io ho visto quanto Robert ne stesse soffrendo >
< Era presente al vostro matrimonio? > domandai e lei annuì piangendo, mentre io ignorai quella fitta di gelosia alla bocca dello stomaco.
< Michelle, se potessi tornare indietro non farei più quello che ho fatto. Non ti taglierei fuori dalla mia vita e ti obbligherei a farmi da damigella d'onore. Davvero, mi dispiace
< Ormai è passato > le dissi abbracciandola e lei ricambiò la stretta.
< Voglio farmi perdonare. Il nove agosto battezzeremo Mel, e pretendo che tu le faccia da madrina >
Lo sguardo di Jenny era talmente sicuro che non le avrei mai detto di no, neanche se lo avessi veramente voluto.
< Con piacere > risposi commossa, perché dopotutto Jenny restava la mia migliore amica.
< Ora raccontami di te. Come va la vita al college? >
Mi morsi il labbro inferiore e le raccontai tutto, senza tralasciare alcun dettaglio. Le raccontai delle mie visite dallo psicologo, di come pian piano mi fossi aperta con lui e di come mi avesse aiutato ad uscire dal periodo nero causato dalla separazione con Robert, dall'aborto e dal lutto di mia madre, finché non le raccontai del mio ultimo incontro.
< Cosa? È fantastico! Come si chiama? Di che anno è? >
< Non è uno studente, ma l'assistente di una mia professoressa. Si chiama Johnny. È molto carino, è dolce, intelligente…ieri sera siamo usciti insieme e ci siamo baciati >
< Bacia bene? >
< Avevo i brividi > ribattei sognante e la mia amica fischiò.
< Quando vi vedrete ancora? >
< Oggi pomeriggio a lezione, come sempre assisterà la Walsh >
< La cosa mi piace. Vorrà dire che non appena avrò un momento libero verrò a Yale a trovarvi e a conoscere questo bravissimo baciatore >
Risi e annuii, felice.
< Guarda che ci conto >
< E quanti anni ha? > chiese curiosa e per un attimo chiusi gli occhi.
< Trentuno > risposi e Jenny sgranò gli occhi, poi scosse la testa con espressione divertita.
< Hai sempre avuto una predilezione per gli uomini più grandi >
Sorrisi, ma non ebbi il coraggio di risponderle a tono, soprattutto perché non sapevo nemmeno cosa dirle.
< Ieri sera con lui sono stata davvero bene > le dissi e poggiò una mano sulla mia < erano due anni che non mi sentivo così…spensierata >
La mia amica mi guardò e quando si rese conto che mi stavo riferendo a Robert il suo viso si adombrò per un attimo.
< Posso chiedertelo? >
Sapevo benissimo a cosa si riferisse, per cui annuii.
< Chiedi >
< Ti sei pentita di ciò che hai fatto? >
Annuii una seconda volta.
< Ogni santo giorno >
< E allora perché l'hai lasciato? >
Ecco la domanda che ho sempre tanto temuto, quella spinosa domanda per la quale non c'era una risposta certa.
< Fino a qualche mese fa ti avrei dato una risposta degna di premio nobel, ma ora non lo so. Ma mi va bene così. Se non ci fossimo lasciati, ora non avrei conosciuto Johnny. E lui mi piace davvero. E poi ora Robert sta con Kristen, no? È felice ora, no? > domandai e per la prima volta non la odiai: insomma, se era in grado di far stare meglio Robert le dovevo essere riconoscente.
< Stava. Si sono lasciati mesi fa…lei ha mollato lui > rispose e la guardai stupita < non fare quella faccia, stanno meglio entrambi ora e sono ottimi amici >
< Vi sentite ancora? >
< Sì, certo >
< E come sta? >
< Gli manchi > disse la mia amica scrollando le spalle.
Dopo quello scambio di parole non parlammo più di Robert. Jenny mi offrì la colazione e andammo a fare shopping parlando del più e del meno. Mi raccontò che a breve avrebbe dato l'esame finale per insegnare alla scuola materna e non vedeva l'ora di poter lavorare. Da sei mesi faceva un tirocinio presso la scuola materna Luis Jones e si era affezionata tantissimo ai bambini.
Recuperammo il tempo perso fino a mezzogiorno, orario in cui dovetti salutarla per tornare a lezione.
< Prometti di farti sentire presto > le dissi mentre l'abbracciavo.
< Anche tu > replicò ricambiando la stretta.
< E venite a trovarmi, tutti e quattro. Kelly ha una grandissima voglia di vederti >
< Dille che la penso sempre > replicò sorridendo < ci vediamo presto >
< Ciao, Jen >
Le baciai la guancia e ripartii alla volta di Yale, ma a causa del traffico arrivai quasi alle tre in facoltà; così corsi fino alla mia stanza, presi il blocco per gli appunti e poi mi precipitai verso l'aula. Fortunatamente la professoressa Walsh non era ancora entrata e mi sedetti accanto a Kelly che mi aveva tenuto il posto.
< Allora? > chiese impaziente.
< Verranno a trovarci presto e mi ha detto di dirti che ti pensa sempre e che ti saluta >
Alla mia risposta Kelly sorrise, poi guardò maliziosa dietro le mie spalle.
< Il tuo principe ti sta mangiando con gli occhi > disse sorridendo e facendo un cenno nella sua direzione e quando mi voltai lo vidi arrossire e sorridermi.
Ricambiai il sorriso e lo salutai con la mano, poi la professoressa Walsh entrò in aula e incominciò la lezione. L'ultima mezz'ora ci fece lavorare a gruppi di due e sia lei che Johnny si mossero per l'aula per aiutare chiunque ne avesse bisogno.
< Qua non ci capisco niente > borbottai sottovoce mentre guardavo quella roba incomprensibile chiamata genetica.
< Chiama il tuo bello e digli di aiutarci >
< Non se ne parla > replicai arrossendo e Kelly, che presto sarebbe diventata la protagonista di una scena del crimine, lo chiamò al mio posto.
< Avete bisogno, ragazze? > chiese sorridendoci dopo essersi avvicinato e posizionato accanto a me.
< Non ci capiamo niente, ci aiuti? >
< Ma certo > rispose sorridendoci e ci aiutò a completare l'esercizio.
< Va bene, basta così! > ci interruppe la professoressa Walsh < Domani vi mostrerò la soluzione. Buona serata! >
Guardai l'orologio e notai che erano ormai le sette.
< Cosa si fa questa sera? > chiesi alla mia amica.
< Perché non vieni con me e Jeremy a bere qualcosa? Andiamo al Hive >
< Sì, certo, perché no? > replicai sorridendo < Senti, ti dispiace se lo chiedo anche a Johnny? > domandai e il suo sorriso si ampliò.
< Speravo lo dicessi! > esclamò battendo le mani.
Kelly uscì dall'aula mentre io aspettai che tutti gli studenti se ne fossero andati per poter parlare tranquillamente con Johnny. Presto l'aula fu vuota, dopotutto tutti avevano voglia di andarsene per i fatti loro, ma sfortunatamente la professoressa Walsh sembrava non avere intenzione di lasciarlo libero e mi sentivo un po' a disagio a richiamare la sua attenzione.
< Allora siamo d'accordo, ci vediamo domani > disse finalmente la professoressa sorridendogli.
< Certamente. Ciao, Maggie > rispose Johnny.
< Ciao, Johnny. A domani, signorina Waldorf! > esclamò e arrossii, ricambiando il saluto.
Johnny mi sorrise e si avvicinò a me.
< Ciao > mi salutò sorridendomi dolcemente.
< Ciao > risposi imbarazzata < senti, questa sera hai degli impegni? >
< Non ancora > negò muovendo la testa.
< Io andrò a bere qualcosa con i miei amici Kelly e Jeremy e mi farebbe davvero piacere se ti aggregassi a noi >
< Verrò volentieri > replicò baciandomi la guancia < ci sentiamo più tardi sull'orario >
< Okay, ciao >
Erano passati cinque mesi da quando avevo conosciuto Johnny e ormai tutta la popolazione femminile del campus sapeva che lui era off limits. Facevamo coppia fissa e uscivamo spessissimo con Kelly, Jeremy, Liam e la sua nuova fiamma Cindy e ogni tanto si aggiungevano anche Jenny e Walter. La mia migliore amica lo aveva preso subito in simpatia e mi aveva anche confessato di essersi affezionata a lui, nonostante sapessi che sotto sotto lei avrebbe sempre tifato per Robert. Era palese, lo si vedeva benissimo; ma aveva accettato il mio nuovo ragazzo ed era questo l'importante.
Era da un mese, inoltre, che avevo smesso di andare dallo psicologo. E non perché mi fossi stufata, semplicemente perché non ne sentivo più il bisogno. Entrambi avevamo notato un netto miglioramento, potevo parlare del mio passato senza sentirmi male. Mamma, il bambino mai nato, Robert…per quanto fosse impossibile, finalmente li ricordavo con il sorriso.
La sera del quattordici luglio eravamo andati tutti insieme una pizza al Claire's e dopo esserci salutati Johnny ed io ci eravamo spostati nel suo appartamento come facevamo spesso. Come tutte le volte che andavo lì Johnny si comportava da galantuomo e non cercava mai di affrettare le cose, ci scambiavamo giusto qualche bacio.
Ma stasera avrei fatto la differenza.
Una volta arrivati a casa aprì la porta e si spostò di lato per farmi entrare per prima.
< Tesoro, vuoi bere qualcosa? > domandò andando in cucina.
< Quello che bevi tu > replicai sedendomi sul bracciolo del divano e mi raggiunse pochi secondi dopo con due bottiglie di birra.
< Ecco, prendi >
< Grazie > risposi baciandogli la guancia liscia: era mercoledì e come sempre il mercoledì si faceva la barba. Era un po' maniaco su queste cose, lui faceva la barba un giorno sì e uno no. Gli aveva chiesto il perché e lui mi aveva risposto che odiava la barba lunga, gli dava l'impressione di essere sporco. Forse era per quello che non gli andava a genio Liam. Avevo provato a dirgli che io trovavo davvero sexy gli uomini con la barba, ma la cosa non l'aveva minimamente toccato.
< Stavo pensando ad una cosa >
< Cosa? > chiesi curiosa mentre lo guardavo.
< Il prossimo fine settimana potremmo andare in Florida. Sole, mare, un po' di relax per noi due…che ne pensi? >
< Mi piace > risposi sorridendo e facemmo tintinnare le nostre bottiglie di birre per suggellare con una promessa quella proposta.
Bevvi la mia birra lentamente e mi sentivo costantemente il suo sguardo addosso, ero eccitata da morire. Quando svuotai la bottiglia mi sedetti a cavalcioni su di lui e portai le mani dietro al collo, mentre lui mi accarezzava le gambe sensualmente. Potevo sentire la sua eccitazione premere sul mio bacino e gemetti al pensiero di un contatto.
Cominciai a muovermi piano piano su di lui e gemette.
< Io direi che abbiamo aspettato abbastanza > sussurrò roco al mio orecchio e mi vennero i brividi.
< Tu che ne dici? > ribattei poggiando le mani sulla cintura dei suoi pantaloni.
Johnny mi strinse a sé e mi baciò con passione ed ero talmente presa da quel momento che non mi resi nemmeno conto che la sua mano si era insinuata all'interno delle mie gambe, che mi aveva scostato le mutande e che mi stava toccato proprio lì. Gemetti una seconda volta e mi beai di quelle carezze che pian piano si facevano sempre più veloci e insistenti. Johnny ci sapeva proprio fare, ma non era bravo come…no, non dovevo pensarci, non dovevo nemmeno provare a pensarlo.
Mi aggrappai alle sue spalle gemendo e più lo facevo più lui approfondiva quelle carezze, finché non venni, stanca ma felice. Lo baciai sulle labbra mentre le mie mani gli accarezzavano il torace nudo e gli sbottonai i jeans abbassandoglieli fino alle caviglie.
< Togliti le mutande > mi ordinò guardandomi negli occhi e feci come mi aveva detto, mentre lui si stava infilando il preservativo.
Mi risistemai a cavalcioni su di lui e quando sentii le nostre intimità a contatto tra di loro fremetti: non vedevo l'ora di diventare un tutt'uno con lui.
Mi abituai per qualche secondo alla sua presenza, d'altronde era passato parecchio tempo dal mio ultimo rapporto, e quando mi sentii pronta iniziai a muovermi su di lui. Johnny mi afferrò per i fianchi e mi invitò ad accelerare il ritmo, così lo accontentai.
< Ah…sei stupenda…ah > gemette mentre appoggiava la testa sul cuscino del divano, sorridendo compiaciuto ed io mi velocizzai ancora di più con le spinte, non vedevo l'ora di raggiungere l'orgasmo < piccola, mi fai impazzire > continuò mentre stringeva le mani sul cuscino.
Mi sentivo strana: il mio corpo era lì, ma non mi sentivo proprio lì, avevo freddo e mi sentivo inadeguata. Era tutto confuso davanti a me, ma quando sentii due dita affusolate che mi toccavano la pelle nuda mi parve di andare a fuoco. Ero estasiata da quel tocco leggero che mi eccitava terribilmente, per non parlare delle sue labbra che mi baciavano le spalle e del solletico che mi faceva quell'accenno di barba. Piano piano sentii il mio piacere propagarsi sempre di più e ormai non mancava molto al raggiungimento dell'orgasmo.
< Sì, così… > sussurrò lui roco.
< Ah…ah…Robert >
Sgranai gli occhi e mi bloccai, pietrificata. Non era possibile, non potevo averlo detto. Guardai Johnny con le lacrime agli occhi, mentre lui mi ricambiava con uno sguardo triste e deluso. Sbattei le palpebre e le lacrime scesero dalle mie guance mentre mi alzavo da quella posizione. Mi infilai le mutande, il vestito, recuperai la mia borsa e uscii dal suo appartamento, conscia del fatto che non l'avrei più rivisto, non dopo quello che era successo.
Corsi a perdifiato fino alla mia stanza ed entrai singhiozzando. Mi buttai sul letto e piansi, svegliando così la mia amica.
< Michelle, cosa ti prende? > chiese avvicinandosi al mio letto.
< Sono una persona orribile > replicai singhiozzando.
< Perché dici questo? > continuò premurosa mentre mi accarezzava la schiena.
< Io non sono buona di tenermi una relazione >
< Ti va di dirmi cosa è successo? >
< Stavo facendo sesso con Johnny >
< Sì? > intervenne spronandomi a parlare.
< E mentre stavo per venire ho nominato Robert > dissi guardando negli occhi la mia amica e lei spalancò i suoi.
< Oh >
< Perché sono così? > domandai abbracciando la mia amica, la quale mi accarezzò la schiena per farmi calmare, ma ad un certo punto si allontanò e prese in mano il suo telefonino.
< Jenny? Stavi dormendo?…È un'emergenza, domani puoi venire qui?…Sì…va bene, ciao > disse spegnendo il telefono e mi tornò accanto < domani mattina Jenny verrà qui >
Annuii e ritornai tra le sue braccia, piangendo come una fontana. Johnny era un bravissimo ragazzo e mi piaceva da matti. Ma nonostante il mio cervello cercasse una nuova storia, il mio cuore mi diceva che nessuno avrebbe mai rimpiazzato Robert. Perché nessuno era Robert e nessuno avrebbe mai potuto prendere il suo posto.
Mi addormentai tra le lacrime e quando mi svegliai mi sentii stanca come non mai. Dopo qualche secondo mi accorsi che qualcuno mi stava abbracciando e accarezzando la testa.
< Sei qui? > domandai tirando su col naso.
< Amica mia, ho fatto il prima possibile. Mi dispiace tanto >
< Mi sento una terribile stronza. Perché non posso essere felice? >
< Perché la tua felicità l'hai lasciata a Los Angeles > replicò baciandomi la testa e al sentire quelle parole piansi ancora di più.
< Ma io prima di partire ero arrivata a non sopportarlo più, come posso ora piangere per lui, fare sesso con un ragazzo stupendo e chiamare lui? Questo non ha senso! > urlai.
< Niente ha senso > intervenne Kelly sedendosi sul mio letto.
< Sono una prostituta >
< Tesoro, no che non lo sei! > esclamò Jenny accarezzandomi una guancia < Sei solo innamorata >
Singhiozzai e mi tirai su a sedere.
< Andiamo a fare una passeggiata? > ci propose Kelly alzandosi in piedi < Michelle, datti una lavata alla faccia e poi esci con noi >
Scossi la testa, ma Jenny mi fece alzare e mi accompagnò in bagno.
< Tesoro, ti farà bene un po' d'aria, fidati >
La guardai titubante, ma le sorrisi. Erano mie amiche e non mi avrebbero fatto star male, ne ero certa.
< Voglio fidarmi >
< Non ti deluderemo > disse sorridendomi e dopo che mi risistemai uscimmo dalla stanza.
Ci incamminammo fuori dal campus e ci sedemmo a bere un frappuccino da Starbucks.
Jenny, per non farmi pensare al casino che avevo combinato, aveva iniziato a raccontarci un aneddoto che era successo alla scuola elementare di suo figlio, ma lo squillo del mio cellulare la bloccò.
Lo tirai fuori dalla borsa e guardai il display senza riconoscere il numero, ma il prefisso era quello di Los Angeles. Il cuore mi batté all'impazzata e sentii girarmi la testa.
< Pronto? > risposi titubante.
< Parlo con Michelle Waldorf? > disse una voce femminile dall'altra parte del telefono.
< Sì, con chi parlo? >
< Sono Pamela Pittson, la coordinatrice e responsabile assunzioni della clinica Hill di Los Angeles. Immagino che la conosca >
< Sì, certo >
< Giorni fa ci è giunto un documento con i nomi di tirocinanti e il signor Wilson ci ha raccomandato lei per telefono >
< Quando ha chiamato? >
< Ho parlato con lui pochi minuti fa > replicò la donna e sgranai gli occhi: mi aveva raccomandato alla clinica dopo quello che era successo ieri sera? < le interesserebbe praticare qui il tirocinio? >
< Sì, assolutamente! > risposi ancora sotto shock e Pamela mi disse che mi avrebbe contattata al più presto per metterci d'accordo per incontrarci un giorno per firmare tutte le pratiche.
La ringraziai e non appena finii di parlare con lei, chiamai Johnny.
< Pronto? >
< Perché l'hai fatto? > domandai senza nemmeno salutarlo.
< Perché tu più di chiunque altro meriti di lavorare lì >
< Ma io ti ho umiliato >
< Al cuore non si comanda, Michelle. E poi tu sei una persona splendida, spero possa finalmente essere felice >
< Mi dispiace > gli dissi con voce incrinata. Dio, era un uomo splendido ed io l'avevo umiliato, mi sentivo dannatamente in colpa.
< Non piangere. Io starò bene. Michelle, non farti scappare quell'opportunità > mi disse, dopodiché la chiamata terminò.
< Michelle? > mi chiamarono le mie amiche preoccupate < Va tutto bene? >
< Ragazze…torno a Los Angeles > risposi guardandole sconvolta.
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Capitolo 46 *** The only exception ***
The only exception
< Signorina Waldorf? Il rettore è pronto a riceverla >
Alzai la testa verso la scrivania di Margareth Kempt, la segretaria del rettore, e la vidi sorridermi incoraggiante.
Sapevo cosa mi stesse aspettando al di là della porta, ma dopotutto era la prima volta che vi entravo, quindi nemmeno quella dolce donna dai capelli biondi e dagli occhi azzurri mi avrebbe calmata. Mi alzai dalla sedia apparentemente calma, mentre dentro di me sembrava esserci un tornado, la ringraziai ed entrai nello studio.
< Signorina Waldorf, che piacere vederla! > mi salutò il rettore Stan alzandosi dalla sua sedia e ci stringemmo la mano < Immagino sappia perché è qui > continuò tornando a sedersi e mi invitò a fare lo stesso in quella difronte alla scrivania.
< Certamente > replicai sorridendogli < qui ci sono tutti i documenti > continuai porgendogli la cartellina che stavo gelosamente custodendo, il mio passaporto per il tirocinio.
Il rettore la prese in mano e la guardò, o per meglio dire studiò attentamente e per un momento mi si gelò il sangue nelle vene: e se non avevo compilato tutti i moduli? E se c'era per caso qualcosa di sbagliato? E se non potessi più partire?
Il terrore mi stava paralizzando, ma tirai un sospiro di sollievo quando me la riconsegnò.
< Perfetto, signorina Waldorf, è libera di iniziare il suo tirocinio e quando tornerà indietro potrà incominciare il nuovo anno come tutti gli altri >
Ricominciare il nuovo anno come tutti gli altri? Questo voleva dire solo una cosa…
< Niente esami? > chiesi sorpresa.
Il rettore mi guardò come se fossi pazza, poi subito dopo scosse la testa.
< Rachel non gliel'ha detto, vero? > mi chiese alludendo alla professoressa Walsh e questa volta fui io a scuotere la testa < Con la media che si ritrova ha la possibilità di fare un tirocinio senza dover dare gli esami che si perde, l'importante è che lo completi con successo. Se invece fallisse, dovrebbe rimboccarsi le maniche e dare gli esami persi per non rischiare di perdere l'anno… >
< Ho capito > replicai sorridendo < niente brutte figure >
Ringraziai il rettore Stan e uscii dal suo ufficio libera come l'aria: stavo per tornare a casa.
< Mi chiamerai, vero? > domandò Kelly per la centesima volta.
< Sì, Kel, ti chiamerò > risposi roteando gli occhi.
< È solo che…mi mancherai > disse abbracciandomi e non potei non fare lo stesso: Kelly non era solo la mia compagna di stanza, era una carissima amica per me e sarebbe stato difficile e strano restare quattro mesi senza di lei.
< E tu mancherai a me. Ma non starò via per sempre, solo quattro mesi >
Kelly mi guardò sconvolta e per un attimo mi sembrò che stesse per scoppiare a piangere.
< E se decidessi di restare là? >
Inarcai le sopracciglia e la guardai come se fosse impazzita. Per quale assurdo motivo sarei dovuta rimanere a Los Angeles oltre quei quattro mesi?
< Impossibile, per quale motivo dovrei farlo? E poi ho gli studi da terminare >
Non ero certa di averla convinta, ma Kelly tirò su col naso e mi abbracciò.
< Voglio un regalo enorme quando torni >
< Te lo prometto > replicai circondandole la vita con le braccia < ti voglio bene, amica mia. E fai la brava durante la mia assenza >
< Io non sono mai brava >
< Lo so. Mi aiuti con la valigia? > le chiesi poco prima di saltare per prenderla da sopra l'armadio.
< Madre natura ti ha penalizzata sotto questo aspetto > disse prendendomi la valigia senza doversi accoppare.
< Ma certo, infierisci ancora > ribattei facendole la linguaccia.
Aprii la valigia e infilai dentro gli indumenti che potevano adattarsi al clima della West Coast, ovvero shorts, magliettine e vestiti; riempii la mia borsa con il portafoglio, le chiavi della macchina e quelle del monolocale che mi era stato dato dalla scuola, il cellulare e chiusi tutto.
< Non puoi partire dopo pranzo? > domandò la mia amica con gli occhi lucidi.
< Prima parto, prima raggiungerò il motel. Non voglio girare troppo col buio > le dissi abbracciandola < mi mancherai >
< Anche tu. Divertiti mi raccomando >
< Vienimi a trovare appena puoi >
Aprii la porta con l'intenzione di uscire, ma mi trovai Jeremy lì impalato che mi bloccava la strada.
< Credevi di andartene senza salutarmi? >
< Jer! > esclamai buttandogli le braccia al collo e immediatamente ricambiò la stretta.
< Michelle, fai la brava. Ho detto a mamma di tenerti d'occhio >
< Mi mancherai > gli dissi con voce rotta < e venite a trovarmi quando potete. Non accetto no come risposta >
< Verremo > ribatté baciandomi la guancia < abbi cura di te >
Cercavo di trattenere le lacrime, ma alla fine mi commossi.
< Ti voglio bene >
< Anche io >
Jeremy mi portò la valigia fino all'automobile e la posò nel bagagliaio, poi mi abbracciò un'altra volta.
< Fatti viva non appena arrivi >
< Certo >
< E ti prego, non correre >
Risi e mi scostai dal suo abbraccio.
< Te lo prometto, papà >
< Sii seria >
< Ma lo sono > replicai sorridendogli < Jer, andrà tutto bene, non è la prima volta che guido da Los Angeles fino a Yale >
< Lo so, però…stai attenta >
< Ti chiamo quando arrivo. Tratta bene la mia amica, o quando torno ti prego a calci nel culo. E salutami quello sfigato di Liam e…e digli che sono arrabbiata con lui perché non è venuto a salutarmi >
Jeremy rise e scosse la testa.
< Lo sai anche tu che quando si ubriaca non lo tiriamo giù nemmeno a cannonate >
< Lo so > dissi roteando gli occhi < mi mancherai tantissimo. Non sono più abituata a non averti più intorno >
< Quattro mesi voleranno, fidati di me. E torneremo insieme in un batti baleno. Stai attenta, mi raccomando. E non dare passaggi a sconosciuti >
< Stai tranquillo, non saprei dove metterli > replicai ridendo mentre indicavo la mia automobile strapiena di valige e zaini.
Mi misi al volante e dopo aver salutato con la mano sia lui che Kelly partii alla volta di Los Angeles, la mia Los Angeles. A mezzogiorno mi fermai in una tavola calda a mangiare qualcosa e decisi di fare un giro di telefonate: chiamai mio padre, Kelly e Jeremy e infine Jenny, che mi disse che ci saremmo viste la sera dopo a cena: lei, infatti, era tornata con la sua famiglia a Los Angeles per l'anniversario dei suoi genitori e sarebbero ripartiti tra dopo giorni.
***
Erano trascorse due settimane da quando mi ero trasferita a Los Angeles e le cose andavano alla grande. Adoravo il lavoro e poi avevo ritrovato i medici che mi avevano aiutato quando Bianca mi aveva rinchiusa lì dentro ed era sia divertente che strano dover dare loro del tu quando per tantissimo tempo mi ero rivolta a loro dando del lei. Avevo inoltre rivisto le mie vecchie compagne di squadra e il coach, che avevo incontrato per caso mentre facevo la spesa, e mi aveva invitato ad andare ad assistere alla partita di pallavolo delle ragazze che si sarebbe tenuta l'ultimo sabato del mese. Qualche sera fa ero andata a cena a casa del professor Rodriguez, che avevo incontrato un pomeriggio a fare la spesa con sua figlia, e dopo avermi presentato la sua splendida famiglia avevamo incominciato a ricordare i bei vecchi tempi.
Venerdì era il mio giorno libero, per cui decisi di andare nel parco che stava sotto casa a leggere un po'. Presi il libro Amerika di Franz Kafka, un telo sul quale potermi stendere, la borsa e uscii di casa. Una volta di sotto mi incamminai fino a raggiungere un posto poco frequentato, dove mi sedetti e mi dedicai alla lettura. Ero lì da quasi due ore e non era passato ancora nessuno, ma ad un certo punto sentii dei passi farsi sempre più vicini. Continuai indisturbata la mia lettura, ma con la coda dell'occhio vidi due piedi posizionarsi davanti a me.
< Michelle? > mi chiamò una voce calda a me ben conosciuta e alzai lo sguardo, mentre la mia mente diceva che la voce non poteva essere sua, che sicuramente mi stavo sbagliando.
Ma quando lo sconosciuto si tolse il cappuccio e rimasi shockata: oh, sì che era lui. Era il mio Robert, con una massa spettinata di capelli neri come la pece, e accanto a lui c'era un cane nero che mi guardava titubante. Il mio primo pensiero fu quello di scappare via, ma le mie gambe non sembravano dello stesso parere, senza contare che dalle mie labbra nacque un sorriso spontaneo.
< Robert > gli dissi senza smettere di sorridere e poi guardai quella massa nera che aveva sulla testa < cosa diavolo hai fatto ai capelli? > domandai ridendo.
Lui fece una smorfia e se li toccò.
< Li ho rovinati per il mio ultimo film. Posso sedermi? > chiese indicando il telo sul quale ero seduta.
< Ma certamente > replicai spostandomi per fargli più posto < e lui chi è? > chiesi allungando una mano verso il cane.
< Lui è Bear >
< È bellissimo > dissi avvicinando la mano per accarezzarlo, cosa che si fece fare solo dopo qualche attimo e dopo aver ringhiato.
< Ma…come mai sei qui? >
< Sto facendo un tirocinio all'Hill > risposi senza smettere di coccolare quella palla di pelo.
< Io sono tornato da Venezia la settimana scorsa per il mio nuovo film. È per quella produzione che ho rovinato così i miei capelli >
< Rovinato…sì, decisamente non potevi trovare un termine più appropriato > asserii e lui rise.
Per un attimo sentii il cuore perdere un battito e mi incantai a guardarlo: mi era mancato tutto di lui. Il suo sorriso, la sua risata, il suo sguardo, i suoi capelli ribelli, le sue mani, il suo corpo e il suo accento inglese terribilmente eccitante e i suoi occhi color oceano…Dio, quanto mi era mancato perdermici.
< Quanto resterai qui? > domandò senza abbassare lo sguardo.
Alzai la spalla e fui io a interrompere il nostro contatto visivo, guardando la spiaggia di fronte a me.
< Salvo imprevisti dovrei ripartire a ottobre, a tirocinio ultimato > risposi grattando la pancia di Bear, che si stava contorcendo sulle mie gambe.
< Gli piaci > disse Robert indicando il suo cane < di solito non si lascia coccolare così >
< Beh, quando mi ha visto però ha digrignato i denti >
< E tu l'hai coccolato lo stesso? > domandò stupito.
< È il tuo cane, Rob > risposi guardandolo e gli sorrisi < ero certa che non potesse farmi del male >
Lo squillo del telefonino di Robert interruppe il nostro secondo giro di sguardi.
< Cavolo, farò tardi per l'intervista > borbottò mentre guardava il telefonino < io devo andare ora. È stato bello vederti, Michelle. Ci vedremo sicuramente in giro >
< Certo > risposi sorridendogli imbarazzata < ciao, Robert >
< Ciao > sussurrò allontanandosi con Bear, che al contrario del padrone non ne voleva sapere di andarsene.
< Robert! > esclamai alzandomi dal telo e gli corsi incontro < Come stai? >
A quella domanda mi guardò dapprima stralunato, poi mi sorrise.
< Sto alla grande. Davvero, sto benissimo >
Sorrisi e annuii, tornando al mio posto: quella risposta mi aveva fatto piacere, ma allo stesso tempo mi aveva fatto star male. Jenny aveva detto che gli mancavo, ma da quel poco che avevo visto non mi sembrava proprio, anzi, sembrava se la stesse cavando alla grande. Presi dalla borsa il cellulare e le mandai un messaggio.
“Te lo dico a titolo informativo: ho incontrato Robert in giro e abbiamo parlato. Ma non chiamarmi, non ho voglia di parlare con nessuno”
Ripresi in mano il libro, ma il telefonino vibrò poco dopo.
“Va bene, fatti viva tu quando ti sentirai pronta. Ma dimmi solo una cosa: stai bene?”
Sorrisi nel leggere il messaggio della mia amica premurosa. Con lei potevo essere sempre onesta.
“No”
Riaprii il libro e mi misi a leggere, ma non ci capivo più niente, la mia mente era altrove, impegnata a pensare a tutti i bei momenti che avevo trascorso con Robert.
Gemetti frustrata e mi lasciai cadere sul telo: ero convinta che mi fosse passata, ero convinta che avrei potuto incontrarlo senza dovermi preoccupare, eppure non era così.
Alzai lo sguardo verso il cielo plumbeo. Avevo due opzioni: o alzarmi e correre nel mio monolocale, o restare lì a farmi bagnare dalla pioggia. Chiusi gli occhi e attesi le gocce che non tardarono ad arrivare, facendo mescolare così le mie lacrime alla pioggia, ma non appena sentii il rumore del tuono mi rizzai in piedi e corsi fino al mio appartamento: ultimamente i temporali mi terrorizzavano.
Rientrai in casa, mi tolsi gli abiti fradici e mi infilai sotto la doccia, aprendo il getto dell'acqua calda e uscendo fuori dopo venti minuti. Mi avvolsi nell'asciugamano e in quel momento mi accorsi che il cellulare stava lampeggiando. Avevo un messaggio in segreteria di Pamela e una chiamata senza risposta da parte di un numero che non conoscevo.
Mi sedetti sul letto e richiamai quel numero.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
< Pronto? >
La sua voce.
< Robert? >
< Oh, M-Michelle > balbettò < senti, mi dispiace per la chiamata, ma volevo chiederti se potevamo vederci, avrei bisogno di parlarti per chiarire alcune cose >
Chiarire alcune cose: sicuramente voleva infamarmi, giustamente, per come mi ero comportata con lui. E me lo meritavo.
< Aspetta > lo interruppi < come hai fatto ad avere il mio numero? Dopo… > mi bloccai, non riuscivo a dire ad alta voce “dopo che ci eravamo lasciati” < …dopo che me ne sono andata ho disattivato il numero >
< Me lo ha dato Jenny >
< Oh… > dissi e le mie labbra si curvarono in un gigantesco sorriso.
< Michelle, io avrei davvero bisogno di parlarti. Possiamo vederci più tardi? >
< Pamela mi ha chiesto di coprirle un turno e inizio a lavorare tra mezz'ora. Staccherò tardi. Possiamo vederci un'altra volta? >
< Domani? >
< Sì, va bene >
< Okay, ciao >
< Ciao >
Terminata la conversazione mi vestii, bevvi il caffè e andai a lavorare senza aver smesso di sorridere.
< Mi dispiace averti chiamato durante il tuo giorno libero, ma ero disperata > mi disse Pamela mentre mi camminava accanto.
< Figurati, mi hai fatto un grandissimo favore. Almeno mi terrò occupata >
Entrammo entrambe nel salone dove si trovavano i pazienti, e quando Adele mi vide mi corse incontro. Adele era la mia pupilla, una ragazza di quindici anni, attrice da quando portava il pannolino che non riuscendo a reggere lo stress delle luci della ribalta e l'abbandono di suo padre, si era data alle droghe e aveva addirittura tentato il suicidio.
< Ciao, Michy > mi disse abbracciandomi.
Sorrisi e ricambiai la stretta: lei era l'unica persona al mondo a chiamarmi Michy.
< Tesoro, come stai oggi? >
< Ora che sei qui sto bene > replicò sorridendomi.
Adele era bellissima, sembrava una bambolina di porcellana. I suoi tratti semi-orientali le davano un'aria sensuale, e lei di questo ne era consapevole, aveva gli occhi azzurri come l'oceano e i capelli erano castani e ricci. L'adoravo perché sotto certi aspetti ricordava me e sapevo cosa volesse dire drogarsi quando ancora si era bambini, per quello avevo deciso di prenderla sotto la mia ala protettiva.
< Coraggio, seguimi > le dissi prendendola per mano e la portai in giardino < ho un regalo per te >
< Cosa, cosa, cosa? > chiese curiosa e non potei fare a meno di ridere.
Mi tolsi il mio adorato fermaglio a forma di girasole e glielo porsi.
< Ho visto come lo guardi e voglio che lo abbia tu >
< Ma è il tuo preferito >
< Ne comprerò un altro. E poi voglio che lo prenda tu, così quando non ci sarò più ti ricorderai di me >
I suoi occhi, brillanti e bellissimi, si spensero in un istante.
< T-te ne andrai? >
< Beh, una volta finito il tirocinio, sì. Ma fino ad ottobre ti starò accanto. E poi chi lo sa, magari te ne andrai tu prima da qui piuttosto che io > risposi sorridendole per calmarla.
< Io non voglio che tu te ne vada > replicò piangendo e mi abbracciò.
< Tesoro, ora non me ne vado da nessuna parte, resto qui con te > le dissi sorridendole, ma lei mi guardò malissimo.
< Ma prima o poi te ne andrai e mi lascerai anche tu! > urlò a pieni polmoni e sia Pamela che Cory, anche lui tirocinante come me, ci raggiunsero.
< Adele, perché non torni nella tua stanza a stenderti? > domandò Pamela con premura.
< No! > urlò Adele guardandomi < Promettimi che non mi lascerai. Promettimelo! >
< Te lo prometto > le dissi anche io con le lacrime agli occhi.
< Bugiarda! > continuò e si tolse il fermaglio, lanciandolo per terra.
Cory con non poca fatica riuscì a riportarla dentro, mentre Pamela mi guardò incrociando le braccia al petto.
< Conosci le regole, Michelle > disse e la guardai mentre le lacrime mi rigavano le guance.
< Non si ripeterà più, Pamela >
< Me lo auguro. Adele è molto fragile, è qui da solo un mese e questo non le fa bene >
Rientrai nel salone e dopo aver preso la cartellina andai a fare il giro delle stanze per controllare chi non era voluto uscire dalla camera che stesse bene e chiedergli se volesse qualcosa, mentre le lacrime uscivano prepotentemente dai miei occhi. Dovetti chiudermi in bagno per venti minuti prima di riprendermi e quando finii il giro nell'ala ovest ritornai nel salone e vidi Robert che reggeva un enorme peluche a forma di orso.
< Cosa ci fai qui? > domandai sorpresa di vederlo.
< Ti ho mentito > rispose semplicemente < quando mi hai chiesto come stavo, ti ho mentito. Non sto bene, in questi due anni mi sei mancata da morire. Come un idiota penso ogni singolo giorno a quanto tu sia stata stronza a lasciarmi così e voglio odiarti, ma ti amo ancora e non ci riesco. Quindi mi ritrovo qui, ora, con questo orso gigantesco pronto a umiliarmi pubblicamente. Detesto umiliarmi così in pubblico, non sono tipo da queste cose. Se fossi stata un'altra ragazza ti avrei già lasciato perdere, ma tu sei tu. Tu, Michelle, sei l'unica eccezione. Ti sto chiedendo una seconda chance. E se mi dici di sì, questa volta non ti lascerò scappare via >
Ero come paralizzata, non riuscivo a muovere un muscolo, nemmeno quelli facciali per rispondergli, mentre il mio cuore batteva all'impazzata. E mentre tutti in sala mi incitavano a dirgli sì, io mi sentivo la gola secca e non riuscivo a parlare.
< No, lasciatemi! No, voglio Michelle! Michelle! Michelle! > gridò Adele e voltai la testa immediatamente.
< Michelle, corri! > esclamò Pamela incitandomi a seguirla.
Guardai Robert e scossi impercettibilmente la testa.
< Robert, ne parliamo più tardi > risposi liquidandolo e corsi nella stanza di Adele < Adele, tesoro, sono qui >
< Michelle > mi chiamò respirando a fatica.
< Sta andando in iperventilazione, datemi un sacchetto! > esclamai ai presenti e Cory me lo porse subito, la feci sedere e le dissi di respirare dal sacchettino, mentre io mi sedevo accanto a lei e le tenevo una mano sulla sua e l'altra sulla sua schiena < Va un po' meglio? > domandai guardandola e lei annuì.
< Mi dispiace > disse abbracciandomi e la lasciai piangere sulla mia spalla.
Le accarezzai la guancia sfregiata da tutti i graffi che si era data e le accarezzai la testa.
< È tutta colpa mia > sussurrai tenendola stretta a me.
< No, invece >
< Sì > replicai cercando di non piangere < ho infranto le regole >
< Vorrei che le infrangessi altre mille volte se questo vuol dire avere un'amica come te >
Sorrisi e le baciai la fronte.
< Ma se dovessi tornare indietro nel tempo rifarei la stessa identica cosa > le sussurrai ancora all'orecchio e sorrise felice.
Si addormentò mezz'ora dopo tra le mie braccia e la sistemai sotto le coperte, poi uscii dalla sua stanza.
< Michelle, vai a casa ora > mi disse Pamela posando una mano sulla mia spalla < hai avuto una giornata movimentata >
< Pamela, mi dispiace per questo casino >
< Lo so >
< Mi rispedirai a Yale a calci nel sedere? >
< Scherzi? > ribatté sorridendo < Io a Yale non ti ci mando più >
Sorrisi e l'abbracciai.
< Ci vediamo domani > le dissi e dopo aver salutato tutti nel salotto mi recai all'uscita.
< Michelle? > mi chiamò la centralinista < C'è questo per te >
L'orso che Robert mi aveva regalato era davanti a me e in quel momento mi ricordai di lui. Mi amava. Aveva detto di amarmi ancora.
Sorrisi e lo presi in braccio, arrivai fino alla macchina e dopo aver girato la chiave guidai fino a casa sua. Mi amava ed io lo amavo ancora, non volevo più separarmi da lui, mi ero decisa. Parcheggiai davanti al suo vialetto e dopo aver dato un fugace sguardo alla mia vecchia casa, che era nuovamente in vendita, mi diressi verso il portico di Robert.
Bussai alla porta e aspettai impaziente che aprisse la aprisse. Ma davanti a me trovai uno spettacolo diverso da quello che pensavo di vedere: c'era Tara Reid che mi fissava curiosa e che indossava come unico indumento una maglietta dei Red Socks da uomo.
La guardavo senza proferire parola, semplicemente sconvolta. Tre ore fa aveva detto di amarmi, ora a casa sua mi trovavo lei, per giunta seminuda.
< Posso fare qualcosa per te? > domandò guardandomi curiosa e scossi la testa.
Me ne andai da lì e guidai fino alla spiaggia, spensi la macchina e corsi in direzione della riva del mare, lasciandomi cadere a peso morto sulla sabbia, mentre le lacrime non cessavano di fermarsi.
< Michelle >
Una voce, la sua. L'avrei riconosciuta dovunque. Cosa diavolo voleva?
Voltai la testa e lo vidi guardarmi. Era per caso preoccupato?
< Come mi hai trovata? >
< Ti ho vista uscire dall'auto e sono venuto qui >
Un moto di rabbia si accese in me e mi alzai in piedi per avvicinarmi a lui, gli lasciai una serie di pugni sul petto mentre continuavo a singhiozzare.
< Ti detesto! > gli urlai in faccia mentre lui cercava di fermarmi.
< Ma…cosa ti prende? >
< Ho visto la tua ragazza >
< La mia cosa? > chiese bloccandomi per le braccia.
< La tua fidanzata, Robert. Tara Reid! Mi prendi per stupida? Ho guidato fino a casa tua e mi sono trovata lei davanti mezza nuda! Dici di amarmi e poi trovo lei? A che razza di gioco stai giocando? Credi sia stato semplice lasciarti? Credi sia stato semplice vivere per più di due anni senza di te? Mi fai schifo! > gli urlai mentre mi dimenavo perché volevo tornare a picchiarlo, ma quando mi resi conto che non ce la facevo più mi allontanai per tornare alla macchina.
< Michelle > mi chiamò afferrandomi per il polso.
< Non toccarmi > sibilai guardandolo minacciosa.
< No, ascoltami >
< No >
< Michelle, ti prego > continuò aumentando la presa.
< Perché? > urlai.
< Perché Tara non è la mia fidanzata >
< Ma certo, quindi te la scopi e basta? Robert, davvero, lasciami. Non voglio sapere niente di niente >
Anziché mollare la presa mi prese per le spalle.
< Io non ho niente a che fare con lei >
< Robert, era a casa tua! Devo forse pensare che abbia sbagliato casa? Come puoi pretendere che ti creda? >
< Perché io non vivo più lì > rispose guardandomi negli occhi e lo guardai sconvolta < sei mesi dopo la tua partenza me ne sono andato e mi sono trasferito lì > continuò indicando il palazzo di fianco al Mc Donald's < non ce la facevo più a restare in quel posto pieno di ricordi, così sono scappato e ho comprato la prima casa in vendita disponibile. Me ne sono andato con la speranza di dimenticarti, ma niente è cambiato perché mi manchi come prima, se non di più >
< Oh > dissi imbarazzata e risi nervosamente < mi sento una stupida per come mi sono comportata. Ecco, mi… >
Robert non mi diede tempo di finire la frase perché mi baciò. Rimasi scioccata per qualche secondo, poi portai le mani dietro al suo collo e mi strinsi a lui con forza, mentre le sue mani erano ancorate ai miei fianchi.
< Michelle? > mi chiamò dopo secondi, minuti, ore, anni, oppure secoli passati a baciarci.
< Mh? > risposi ancora in balia delle sue labbra.
< Me la dai un'altra chance? >
< No > gli dissi scuotendo la testa mentre lo guardavo negli occhi e lo vidi sgranare i suoi bellissimi occhi azzurri < sei tu che devi darla a me. Perché tra i due quella che deve essere perdonata sono io e non tu >
Robert si scostò da me e mi guardò dubbioso, finché non mi regalò il suo bellissimo sorriso.
< Ti perdono solo se mi resti accanto >
< È una minaccia? > chiesi ridendo.
< Vedila come ti pare > ribatté avvicinando le sue labbra alle mie e mi baciò, finché non gli saltai in braccio.
****************
Ciao a tutti, buona domenica!
Spero stiate bene e mi scuso per non aver postato prima, ma col fatto che in settimana sono a Urbino per le lezioni, proprio non ce la faccio >.<
Come al solito vi lascio la mia pagina di FB, se avete voglia di fare due chiacchiere con la sottoscritta ;) http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791
A presto,
Giulls
P.S. Ho postato una OS, se vi va dateci un'occhiata! ;) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1009266
P.P.S. Il titolo è preso dalla canzone The only Exception dei Paramore
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Capitolo 47 *** Sì. Mille e mille volte sì ***
Jenny, ti sono talmente tanto riconoscente per quello che hai fatto per me che voglio dedicarti il capitolo.
Sì. Mille e mille volte sì
< Robert Thomas Pattinson, porta immediatamente il tuo culo qui! > urlai a pieni polmoni mentre osservavo quella gigantesca chiazza sul mio divano.
Ero incazzata? Sì, parecchio.
Lo avrei infamato? Quello era ovvio.
L'avrebbe pagata? Assolutamente.
La porta del bagno si aprì dopo trenta secondi e Robert mi si affiancò.
< Cosa c'è, amore mio? >
< Amore mio 'sti cazzi > ribattei trucidandolo con lo sguardo < da dove diavolo viene fuori questa? > chiesi, mentre gli indicavo l'enorme macchia d'olio sul cuscino del divano che lui, per non farmela scoprire, aveva girato.
< Ricordi il mese scorso, quando sei andata quel fine settimana a trovare tuo padre? >
< Sì >
< Ecco >
< E come diavolo…? >
< Cibo cinese > ribatté interrompendomi.
Buttai lo straccio sul divano e lo guardai malissimo.
< Ho una voglia assurda posare le mie esili dita attorno al tuo collo e di stringere finché non so per certa che non arrivi più aria nei polmoni >
Robert mi sorrise sghembo e mi si avvicinò, appoggiando le mani sui miei fianchi.
< Lo sai che sei sexy quando ti arrabbi? > chiese baciandomi il lobo e mi scansai.
< Allora devo essere davvero davvero sexy, perché in questo momento sono davvero davvero incazzata >
Quello stupido rise e mi baciò sulle labbra, ma non appena ci sfiorammo lo allontanai con una spinta.
< Sei così arrabbiata? > domandò con disappunto.
< Hai mangiato cibo cinese sul divano e l'hai macchiato. Quella chiazza è lì da un mese ed ora so per certo che non andrà più via. È ovvio che lo sia > risposi enfatizzando l'ultima parte, ma lui non si diede per vinto e mi accarezzò la schiena e come sempre mi rilassai, sospirando compiaciuta < ti odio >
< Bugiarda > ribatté baciandomi una seconda volta e ricambiai il gesto.
< Continuo ad essere furibonda >
< Mi farò perdonare >
< Me la pagherai >
< Non vedo l'ora, piccola Michelle >
Mi scostai dalle sue braccia e lo guardai stupita. Aveva riesumato davvero quel nome?
< Come mi hai chiamato? >
< Piccola Michelle > continuò senza smettere di sorridere.
< Era da una vita che non mi chiamavi così >
< Da prima che iniziassimo a frequentarci >
< Bei ricordi > constatai abbracciandolo.
< Già >
< Saranno passati…sei anni? >
< Decisamente troppi > disse mentre mi accarezzava la schiena e chiusi gli occhi, beandomi di quel gesto < che ne dici se ci riappacificassimo con un po' di sesso? > chiese sussurrandomelo all'orecchio e, ghignando, feci di no con la testa, consapevole che se lo guardassi negli occhi a quest'ora mi troverei già senza vestiti.
< Ora vai a comprare un'altra fodera per il divano e guai a te se torni a casa a mani vuote >
Robert sbuffò e mi allontanò quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi. Inclinò la testa di lato e sporse il labbro inferiore.
< Vieni con me? >
Dovetti lottare cntro me stessa per non saltargli addosso e non mangiarmi quelle labbra; e chissà come mai ce la feci.
< Assolutamente no. Ho una casa da pulire e poi devo studiare. Coraggio! > esclamai tirandogli una pacca sul suo perfetto sedere < Vattene! >
Robert rise e, scuotendo la testa, uscì da casa con le fodere in una sporta.
La mezz'ora successiva la impiegai nella profonda pulizia del bagno e del suo, ma un po' anche mio, studio e infine mi dedicai a quella che ormai era diventata la nostra camera da letto.
Sorrisi e mi misi a sedere sul bordo del letto, lasciando riaffiorare i ricordi alla mente: ricordavo come se fosse stato ieri quando era venuto in ospedale con un gigantesco orso in peluche e mi aveva chiesto di riprovarci, lo stesso che ora si trovava sullo sgabello accanto alla finestra…sì, Robert sapeva decisamente come convincermi.
Cambiai le lenzuola, diedi una spolverata in qua e in là e quando finii mi gettai sul materasso, stanca morta. La mia mente mi diceva di studiare, ma ero talmente stanca da non poter muovere nemmeno un muscolo.
Chiusi gli occhi promettendomi che mi sarei riposata solo per qualche minuto, ma quando li riaprii mi ritrovai tra le braccia del mio Robert.
< Quanto ho dormito? >
< Dipende da quando ti sei addormentata > ribatté mentre mi accarezzava i capelli.
< Da quanto sei qui? >
< Ormai un'ora >
Sbuffai contrariata e mi sistemai meglio tra le sue braccia.
< Hai trovato tutto? >
< Sì > disse annuendo < e ho anche cambiato le fodere. Mi dispiace >
Sorrisi e cercai le sue labbra.
< Ti perdono. Ma la prossima volta vedi di mangiare sul tavolo >
< Perché tu puoi mangiare sul divano ed io no? >
< Perché io sono una donna e la mia mente è talmente superiore da impedirmi di sbrodolare, a differenza tua > risposi prendendolo in giro.
< Continui ad essere sempre testarda. Non credo cambierai mai >
< Infatti, mai >
Mi strinse nel suo abbraccio e mi baciò il collo, ma lo squillo del telefono ci interruppe.
< Vado io > disse sciogliendo l'abbraccio e corse nell'altra stanza per rispondere.
Mi alzai dal letto a mia volta e mi stiracchiai, facendo così scrocchiare le ossa.
< Mitchie, devo andare >
< Dove? > domandai curiosa e mi guardò come se fossi pazza.
< A prendere Jeremy e Kelly in aeroporto >
< Oh giusto! Vengo con te >
< Non serve, tu riposati >
Gli sorrisi e lo baciai, e mentre lui usciva di nuovo da casa io presi dalla libreria nello studio il mio testo di genetica, mi sedetti sulla poltrona e iniziai a studiare. Mi era rimasto solo l'esame di genetica e poi mi sarei laureata. Un solo esame, dopodiché mi aspettava il mio lavoro fisso all'Hills come psichiatra. Il tirocinio mi aveva affascinato talmente tanto da abbandonare la mia idea di diventare chirurgo. Ovviamente avrei dovuto sostenere alcuni esami di specialistica, ma potevo benissimo studiare da casa e andare a Yale all'occorrenza.
Ero talmente immersa nello studio che non sentii nemmeno la porta; mi accorsi solo della presenza dei miei amici quando Kelly mi prese il libro dalle mani.
< Basta studiare, secchiona! > esclamò sorridendomi e mi catapultai su di lei.
< Kelly, Kelly, Kelly! Non hai idea di quanto tu mi sia mancata! >
La mia amica rise e mi strinse a sé.
< Mai quanto tu a me. Non è lo stesso non averti in camera. E poi la mia nuova compagna non mi piace, è…stupida >
< Sì, posso confermarlo > di intromise Jeremy strappandomi dalle braccia della sua ragazza < Michelle, sono così felice di vederti >
< Anche io, Jer > replicai stringendomi nell'abbraccio e ci staccammo solo quando Robert emise un finto colpo di tosse.
< Troppo intimi, ragazzi > disse incitandoci ad allontanarci, ma nel momento in cui mi avvicinai a lui col sorriso sulle labbra mi baciò.
< Troppo disgustosi > replicò Kelly e scoppiammo tutti a ridere.
< Restate a cena qui? > domandai sorridendo, ma Jeremy scosse la testa.
< La porto a conoscere i miei genitori >
Guardai Kelly sconvolta.
< Non fare quella faccia! > esclamò imbronciandosi e scoppiai a ridere.
< I suoi genitori sono delle persone meravigliose, non avrai problemi > la rassicurai abbracciandola e lei ricambiò la stretta.
< Tu sì che sei un'amica…non come qualche stronzo che per tutto il tragitto non ha fatto altro che terrorizzarmi! > esclamò mentre lanciava un'occhiataccia a Robert.
Sorrisi mentre lo guardavo. Il mio stronzo.
< E dove alloggerete? >
< Sempre dai miei >
< Io volevo stare in un albergo, ma lui ha detto di no > replicò Kelly per niente contenta.
< Quanto starete qui? > domandò Robert.
< Cinque giorni >
< Ah! Quei famosi cinque giorni senza fare sesso > replicai mentre li guardavo ghignando.
< Ma i miei genitori non staranno in casa tutto il giorno >
< Beh, io in casa dei tuoi genitori non faccio sesso! > esclamò Kelly incrociando le braccia al petto e l'espressione di Jeremy fu talmente buffa che non potei non ridergli in faccia.
< Li accompagno a posare i loro bagagli > mi disse Robert mentre mi posava un bacio sulla fronte < ci vediamo tra mezz'ora >
< A più tardi > risposi sorridendogli < e noi, ragazzi, ci vediamo domani? >
< Certo! > esclamarono abbracciandomi e quando fui sola ricominciai a studiare.
Dopo un'ora la vibrazione del mio telefonino mi fece chiudere definitivamente il testo di genetica. Il messaggio che mi era arrivato era da parte di Robert.
“Puoi raggiungermi sul tetto dove andavamo a vedere il tramonto? Dovrei parlarti ed è abbastanza urgente”
Il suo messaggio mi stupì, ma ad ogni modo gli scrissi che sarei andata subito da lui e arrivai al nostro luogo d'incontro dopo venti minuti. Il portiere, che ormai mi conosceva, non appena mi vide mi sorrise e mi aprii la porta, dicendomi che Robert mi stava aspettando e con il battito accelerato raggiunsi il tetto. Robert era lì, che mi dava le spalle, appoggiato alla ringhiera e bello come non mai.
< Robert? > lo chiamai mentre mi avvicinavo a piccoli passi e quando lui si voltò mi sorrise sghembo.
Il mio cuore perse un battito.
< Devo essere onesto, Mitchie, non è stato facile > disse mentre compiva alcuni piccoli passi verso di me.
< Fare cosa? > chiesi confusa.
< Avevo pensato ad un concerto, ma Liam Wood mi ha preceduto come abbiamo potuto vedere, o ad partita di basket, ma è scontato. Ho addirittura pensato ad una classica cena a lume di candela e a base di caviale e fiumi di champagne nei ristoranti più costosi sulla faccia della terra, ma una voce dentro di me si è fatta sentire dicendo che tu meriteresti qualcosa di meglio di tutto questo. E allora mi sono chiesto: perché non sulla terrazza? Perché non qui, dove ho realizzato quanto realmente tenessi a te? Ma questo non è da me, io non sono portato per queste cose. Mi conosci, io sono goffo. Io sono il goffo Pattinson > canzonò, facendomi tornare in mente il motivetto che i bambini della scuola elementare gli cantavano da piccolo.
< Sono più confusa di prima > ammisi mentre mi stringevo le spalle.
Robert rise e scosse la testa.
< Vediamo se così riesco a rendertelo più chiaro > mi disse e tirò fuori dalla tasca dei suoi jeans un anello che teneva tra l'indice e il medio < Mitchie, mi sposi? >
Spalancai la bocca e sgranai gli occhi, incapace addirittura di respirare. Il vento si stava alzando ed io iniziavo ad avere la pelle d'oca, ma non mi importava. Non riuscivo a fare altro che fissare la mano di Robert reggere il mio anello, finché…finché non mi imposi di muovermi e mi catapultai tra le sue braccia, che ricambiò la stretta ridendo.
< Robert, io… >
< Shh! > mi intimò posando l'indice della mano libera sulle mie labbra e senza smettere di sorridere si inginocchiò < Michelle Christina Waldorf, mi vuoi sposare? >
Dalle mie labbra nacque un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro.
< Sì. Mille e mille volte sì >
Ricambiò il sorriso e mi infilò con estrema calma l'anello nell'anulare sinistro, poi tornò in posizione eretta e prima ancora che potesse avvicinare il mio viso al suo, io mi ero attaccata a lui in stile koala e lo stavo riempiendo di baci.
< E questa è andata > disse tra un bacio e l'altro.
< Ti amo > gli dissi con gli occhi lucidi.
< Ti amo che io, Mitchie >
Mi allontanai dalle sue labbra e fissai quella meraviglia con occhi sognanti: il diamante al centro era incolore e in entrambi lati dell'anello vi erano tre piccoli diamantini.
< Oh, forse vorrai la scatola > disse porgendomi una scatola azzurra e con il fiocco sfatto.
Sulla scatolina c'era scritto Tiffany&co.
Quel cretino aveva speso un sacco di soldi per questo fantastico anello.
****
< Quando ti vuoi sposare? > domandai stretta al suo petto e sotto le coperte del nostro letto, dove ci eravamo diretti non appena rientrati in casa.
< Mitchie, decidi tu. Fosse per me ti porterei a Las Vegas e ti sposerei ora >
< Eh no, signorino! > esclamai fulminandolo con lo sguardo < Non provarci nemmeno! >
< A fare cosa? > domandò senza capire.
< A far decidere unicamente me. È il nostro matrimonio e non mi importa se alla fine io avrò l'ultima parola…tu collaborerai! Sono stata abbastanza chiara? >
< Cristallina, amore mio > replicò e in quel momento Bear saltò sul letto.
< Bear! > lo sgridammo all'unisono entrambi, ma quell'adorabile bestiolina non ne volle sapere di schiodarsi da lì e si stese ai piedi del letto.
< Credo sia ora della passeggiata > dissi mentre mi mettevo a sedere e recuperavo il mio reggiseno dal pavimento, dove si trovavano tutti i nostri vestiti.
< Vado io, tu chiama le tue amiche e dai loro la notizia. Immagino tu voglia farlo >
Scossi la testa e tornai a prestare attenzione al mio fidanzato.
< Le devo incontrare domani sera, al locale racconterò loro tutto. Porto io la bestia fuori > dissi mentre mi rivestivo e poi guardai Bear, che ricambiava lo sguardo scodinzolando e con la lingua fuori < piccolo, andiamo a fare una passeggiata? >
Bear, al sentire la parola passeggiata, iniziò a scodinzolare come un matto e abbaiò per mettermi fretta, gesto che però mi irritò parecchio.
< Ti sta dicendo di muoverti > disse Robert alzandosi dal letto e anche lui si rivestì < Bear, ti va di uscire anche con me oltre che con Michelle? >
Sorrisi e dopo aver preso il guinzaglio Bear corse a perdifiato verso la porta e uscimmo tutti e tre da casa. La mia mano destra reggeva il guinzaglio, mentre la sinistra era intrecciata a quella del mio fidanzato.
< Io voglio una cerimonia semplice > disse Robert ad un certo punto < e non voglio sposarmi sulla spiaggia. La adoro, ma sono tradizionalista e preferisco la chiesa >
< Non potrei che essere più d'accordo > asserii sorridendo e, come sempre, ignorammo il paparazzo che ci stava fotografando.
< Niente accordi prematrimoniali >
< Cosa? > domandai guardandolo sorpresa.
< Mi hai sentito >
< Ma…perché? >
< Perché, tu lo vuoi? >
Bear si fermò ad annusare l'albero, quindi potei voltarmi per guardarlo in faccia.
< Io ero convinta che fosse scontato. Insomma, se non dovesse funzionare… >
< Parti già con questo presupposto ancora prima di sposarci? Bene, avrai il tuo stupido contratto prematrimoniale >
Robert fece dietrofront e rientrò in casa, mentre io lo guardavo sconvolta. Se solo mi avesse lasciato parlare, avrebbe capito che avevo delle buone intenzioni. Mi abbassai verso Bear e gli accarezzai la testa.
< Piccolo, a quanto pare siamo rimasti solo tu ed io >
Ritornammo a casa mezz'ora più tardi e una volta varcata la sogna di casa Bear si precipitò alla ricerca disperata del suo padrone.
Restammo in giro per mezz'ora e quando rientrammo in casa Bear si precipitò in sala alla ricerca del suo padrone.
< Hey, Bear > lo salutò Robert e seguii la voce, trovandolo seduto sul divano con un copione accanto a lui.
< Sei pronto a parlare? > domandai inginocchiandomi davanti a lui.
< Ti ascolto >
< Io ti amo e ti giuro che tutto ciò che voglio è sposarti e restare sempre con te. Ma nessuno sa cosa ci riserva la vita. Sai perché voglio un accordo prematrimoniale? >
< No > ribatté guardandomi negli occhi.
< Perché se un domani dovessimo divorziare io non voglio assumere un avvocato per cercare di portarti via tutto > ammisi con gli occhi lucidi < non voglio commettere lo stesso errore di Bianca >
< Cosa centra tua madre? >
< Sistemando gli ultimi scatoloni della soffitta ho trovato un fascicolo con dentro le pratiche di divorzio dei miei, e…Bianca l'aveva ridotto al lastrico >
Lui mi prese tra le sue braccia e mi baciò la tempia.
< Come tu desideri > sussurrò al mio orecchio e sorrisi contenta, poi spostò le sue labbra sulle mie e quando mi morse il labbro inferiore mugugnai di piacere < non mi tentare >
< Sei tu che lo stai facendo, Rob >
< Vuoi che ti porti a cena fuori e al cinema o preferisci restare a casa a fare del sesso? >
< Cena e cinema, cena e cinema, cena e cinema! > esclamai iniziando a saltellare.
< Ti ringrazio, tesoro > replicò offeso.
< Dai, quello dopo quando torniamo. Cosa andiamo a vedere? >
< Non so quello che danno al cinema >
< Mi porti a vedere un cartoni animato? >
< Prego? > domandò ghignando < Michelle, hai venticinque anni >
< E con questo? Mia zia del Michigan ne ha quaranta e li guarda ancora. Ti prego! Ti prego! Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego, ti prego! >
< Se ti dico di sì chiuderai la bocca? >
< Chiudimela tu > risposi sfacciata, ma lo sguardo di Robert mi fece arrossire.
< Non desidero altro, miss Waldorf > replicò baciandomi e di lì a poco ci stendemmo sul divano.
Erano ormai le otto quando ci alzammo, ci rivestimmo e uscimmo di casa per andare a mangiare fuori. Dal momento che il cinema era saltato, Robert aveva detto di volermi portare a Malibù nella migliore paninoteca della West Coast.
< Non credevo che un hot dog potesse essere così buono! > esclamai mentre mi mettevo a sedere sulla panchina sul molo.
< Me l'ha fatto conoscere Kr…ellan >
< Krellan? > ribattei divertita.
< Okay, okay. Kristen. Ma prima ancora che ci rimettessimo insieme! >
Risi e bevvi la coca cola dalla cannuccia.
< Beh, per una volta devo farle i complimenti >
Posai le gambe sulle sue e la testa sulla sua spalla, poi chiusi gli occhi.
< R-Robert? > disse una voce davanti a noi e subito dopo sentii delle risatine giulive.
Addio pace.
< Possiamo fare una foto insieme? > chiese una seconda ragazza mentre mi porgeva la sua macchina fotografica.
Posai il mio panino e la bevanda e scattai la foto; gliela porsi, ma non andava bene, quindi dovetti fare altri quattro scatti prima che quelle ragazze se ne andassero. Ma siccome la sua copertura era ormai saltata fummo costretti a rientrare in macchina e guidare fino a casa.
< È stato bello finché è durato > disse chinandosi per accarezzare Bear, che come sempre era ai nostri piedi per farci la festa.
< La prossima volta ti faccio indossare un passamontagna nero >
< Così darò ancora di più nell'occhio >
< Hai ragione…molto meglio una barba di Babbo Natale >
Mi prese tra le sue braccia e posò una mano sul mio fianco, mentre l'altra aveva preso la mia.
< Sai ballare o al matrimonio mi farai fare una figuraccia? >
< Mi dispiace per te, caro, ma so ballare > ribattei con superiorità e iniziai a muovermi al ritmo di una musica inesistente.
Robert mi fece fare la giravolta, ma a causa dei tacchi vertiginosi persi l'equilibrio e cascammo per terra.
< Al ricevimento, niente giravolte > disse ridendo e risi con lui, accettando l'aiuto che mi stava offrendo.
******
Alla facciaccia di chi mi plagia, io sono ancora qua!
Per prima cosa: buona Pasqua a tutte! Spero abbiate passato una giornata serena in compagnia delle vostre famiglie e che abbiate mangiato tanta cioccolata.
Ci stiamo avvicinando alla fine, anzi…direi che siamo praticamente arrivate alla fine! I prossimi capitoli saranno leggeri, ve lo assicuro :P
Grazie perché continuate a seguirla, a recensire e a sopportare i miei ritardi nella pubblicazione.
Al prossimo aggiornamento
Giulls
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Capitolo 48 *** It's not a dream anymore ***
It's not a dream anymore
L'abito
Potevo capirle, le spose, ora più che mai. Io, che le prendevo sempre in giro ridendo di loro e delle loro inutili crisi isteriche, ora le capivo benissimo. Chi poteva farlo meglio di me? Mancava un mese al mio matrimonio e non c'era giorno in cui non mettevo a rischio la mia sanità mentale.
Avevamo impiegato quattro settimane per scegliere la chiesa dove si sarebbe tenuta la cerimonia: Robert voleva che ci sposassimo in California, io volevo sposarmi il più lontano possibile da Los Angeles. Una sera discutemmo a tavolino sui pro e i contro dello sposarci in Europa e io ne uscii vincitrice, ma quando vidi quella piccola e intima chiesa in mattone a pietra vista non molto distante da Los Angeles fu la mia fine perché me ne innamorai perdutamente e questo fece gongolare Robert, perché, come mi disse esplicitamente “aveva vinto lui”.
Mancava un mese scarso al matrimonio e ancora ero senza vestito. Si era mai sentito di una sposa senza il suo vestito da sposa? Generalmente l'abito era la prima cosa che si comprava, mentre io avevo scelto il vestito per le mie due damigelle Jenny e Kelly, il mio bouquet, che una bellissima composizione di rose rosse e girasoli, e quello delle damigelle, una piccola composizione di rose bianche con un'orchidea al centro.
Oltretutto la settimana scorsa avevamo prenotato un'immensa, gigantesca, enorme torta al cioccolato con aroma di vaniglia e cannella, e Robert aveva addirittura preso lo smoking.
Ed io, invece? Navigavo ancora in alto mare, ovviamente.
Quel maledetto abito occupava ventiquattro ore su ventiquattro la mia mente e Robert, da bravo essere umano di sesso maschile qual'era, non capiva il mio disagio e infieriva come meglio poteva.
Venerdì mattina mi svegliai con l'odore di caffè espresso e frittelle invadermi le narici. Già solo l'odore del caffè era una manna dal cielo per il mio risveglio e mugugnai qualcosa di incomprensibile al genere umano mentre mi stiracchiavo. A quanto pare Robert era a due passi da me, perché cominciò a ridere.
< Buongiorno, tesoro > mi disse prima di poggiare le labbra sulla mia spalla nuda < hai dormito bene? >
< Magnificamente > risposi sorridendogli e mi sistemai meglio tra le coperte: nonostante avessimo trascorso praticamente tutta la notte a fare la nostra ginnastica preferita, dormire tra le sue braccia era più efficace di qualunque camomilla, valeriana o sonnifero.
Ricambiò il sorriso, prese la tazzina con dentro il caffè e me la porse, attese che ebbi finito di berla poi la appoggiò sul comodino e quando mi passò il piatto con dentro una frittella annacquata nello sciroppo d'acero tornò sotto alle coperte con me.
< Sono buone? > chiese facendomi sistemare in modo da potermi appoggiare con le spalle al suo petto.
< Buoniscime > biascicai con la bocca piena e rise, poi mi scoccò un bacio tra i capelli.
< Sai, non vedo l'ora di vederti con il tuo abito. Sono sicuro che sarai bellissima >
< Uhm, uhm > risposi posando la forchetta sul vassoio: improvvisamente mi era passata la fame e mi sentivo dentro lo stomaco un enorme macigno; in quel momento prestai un falso interesse allo schermo della televisione, la quale mostrava il film dei Simpson, quello in cui Homer prima condannava la città di Springfield al totale isolamento, poi la salvava.
< Non l'hai ancora comprato, vero? > domandò tranquillo, ma a me quelle parole suonarono come un rimprovero bello e buono.
< Lo farò > replicai sbuffando.
< Sai, mi viene da pensare che tu non voglia comprare l'abito perché in realtà vuoi ritardare le nozze >
< Non essere ridicolo > sbottai spazientita, quell'argomento in quel preciso momento era piuttosto scomodo da affrontare < semplicemente non ho ancora trovato l'abito che soddisfi >
< Jenny mi ha detto che di abiti favolosi ne hai provati a volontà >
< Beh, non erano favolosi per me > precisai e sperai di averlo convinto a chiudere lì la questione.
< Secondo me è il tuo subconscio che sta facendo di tutto per rimandare le nozze >
Mi irrigidii e scostai con un calcio le coperte, facendo rovesciare un po' di frittelle e di sciroppo. Mi alzai dal letto, recuperai l'intimo, indossai una tuta e presi la borsa con dentro i pattini.
< Ma bravo, dottor Freud >
Lo lasciai che mi guardava sconvolto e mi diressi verso la porta d'ingresso, diedi una carezza a Bear, il quale mi guardò deluso perché sperava lo portassi fuori a spasso, e uscii.
Cercai di schiarirmi le idee pattinando, purtroppo, però, il tutto si rivelò un buco nell'acqua. Ero talmente presa dal matrimonio per riuscire a svuotare la testa…perché stavo mentendo a tutti, specialmente a me stessa. Io l'abito l'avevo trovato praticamente subito nella boutique per spose a Beverly Hills, quella dei genitori di Sarah: l'abito era beige con rifiniture dorate e una scollatura profonda; il corsetto, sul quale erano disegnati vari ghirigori, aveva un'unica spallina composta da tanti piccoli fiorellini dorati che andavano a coprire leggermente l'avambraccio destro, stesso tema della gonna, dalla quale cadevano a mo di cascata dal fianco sinistro, ed era a più strati, infatti nell'ultimo era presente un enorme spacco sotto il quale si vedeva il pizzo.
Era senza alcuna ombra di dubbio il vestito più bello del mondo ed io l'avevo a malincuore lasciato sulla gruccia, perché non avevo intenzione di spendere quasi ventimila dollari per un vestito che avrei indossato una sola volta in tutta la mia vita, era…era un'assurda follia! Il problema, però, era che quell'abito era l'unico che mi avesse fatto sentire perfetta: la prima volta che l'avevo indossato mi ero sentita una principessa.
Ce n'era un altro di vestito altrettanto meraviglioso, ma non era principesco come quello.
Bruno Mars stava riempiendo il silenzio attorno a me ed io mi muovevo seguendo il ritmo della canzone, ma quando vidi Robert in tribuna guardarmi mi fermai. Pattinai fino al bordo della pista, mi tolsi i guanti e lo raggiunsi.
< Sei uno spettacolo sul ghiaccio > mi disse quando gli fui abbastanza vicino e fu automatico per me abbassarmi per baciarlo sulle labbra < va un po' meglio? > chiese premuroso.
Sospirai e mi inginocchiai davanti a lui, gli presi le mani e lo guardai.
< Non ho comprato ancora il vestito non perché non voglia sposarti, ma perché non mi sono ancora decisa a comprare il vestito che è bellissimo, ma non mi fa sembrare una principessa > risposi col fiatone.
< E allora perché lo compri? > domandò accigliato.
< Perché quello perfetto costa ventimila dollari > ribattei sospirando < mio Dio, non mi sembra vero di parlarne proprio con te > dissi alzandomi e mi voltai per andare negli spogliatoi.
Mi afferrò per il braccio per impedirmi di allontanarmi e mi fece voltare.
La sua espressione ilare mi lasciò interdetta.
< Tutto qui? Mi hai fatto quasi venire un infarto solo per un vestito? Cavolo, Michelle temevo non fossi più convinta di sposarmi! Sapere che questo è il vero motivo mi fa stare meglio! Tesoro…compra il vestito da ventimila dollari >
< Non posso > risposi abbassando lo sguardo < costa troppo >
< Sarà il nostro giorno ed io voglio che tu sia pienamente felice >
< Ma, Rob… >
< Michelle > mi interruppe prendendo le mie mani tra le sue e mi guardò severo < tu prenderai il vestito che più ti piace, a costo di portarti io per le orecchie a prenderlo. Sono stato chiaro? Non mi importa quanto costa, io voglio che tu sia felice. Fosse per me ti sposerei anche in tuta >
E fu in quel momento che capii tutto. Ero una totale idiota, accecata dal mito della sposa principessa al proprio matrimonio. Stavo commettendo un errore madornale, io il vestito perfetto l'avevo trovato. L'abito beige era stupendo ed io mi ero sentita una perfetta principessa, ma era stato col secondo, quello più semplice, che mi ero immaginata percorrere la navata.
Ed io…cazzo, io non volevo essere una principessa, volevo essere Michelle. La sua Mitchie.
Mi catapultai addosso a lui e lo baciai con impeto finché non decisi che era ora di uscire dalla palestra.
< Dove vai? > domandò con disappunto.
< A comprare il mio vestito da sposa > risposi raggiante.
Rispose al mio sorriso e mi passò il braccio attorno al collo, poi ci incamminammo verso gli spogliatoi, dovevo decisamente darmi una rinfrescata prima di uscire.
< Posso venire con te? >
< No > risposi scuotendo il capo < lo sposo non può vedere l'abito della sposa, è contro la tradizione >
< Mi è permesso almeno accompagnarti? So che sei a piedi. Prometto che ti aspetterò in auto buono buono > propose facendo sporgere il labbro inferiore e dovetti mordermi il mio per non avventarmi sul suo.
< Okay > mi lasciai convincere < ma guai a te se entri dentro >
< Non lascerò l'auto > promise facendo il simbolo della promessa degli scout.
< Ci metterò un po', voglio riprovarlo prima >
< Va bene > asserii alzandosi in piedi e mi prese per mano.
Uscimmo dalla palestra, smangiucchiammo qualcosa al Mc Drive e alle due entrai dentro alla boutique.
< Michelle! > esclamò Sarah accogliendomi < Cosa posso fare per te? >
< Sarah, voglio provarlo > risposi solamente.
< Quello beige, giusto? >
< No, il bianco >
Mi guardò interdetta per un attimo, poi mi fece cenno di seguirla.
< Credevo ti piacesse il beige >
< Sì, è vero. Ma non è il vestito adatto a me >
< L'altro sì? >
< Decisamente >
Mi fece segno di aspettarla nella zona adibita ai camerini e ritornò un paio di minuti dopo con l'abito in mano.
< Cosa ti ha fatto cambiare idea? > chiese sorridendomi mentre io mi rimiravo allo specchio.
< Robert. Perché mi sposerebbe anche in tuta >
Addio al nubilato
Tre ore.
Robert ed io avevamo a disposizione tre ore prima che i nostri amici ci rapissero per i rispettivi festeggiamenti: lui il suo addio al celibato, io il mio al nubilato.
Mancavano cinque giorni al nostro matrimonio, l'euforia aveva preso il posto del terrore e tutto era pronto…l'unica cosa che mancava era il nostro sì, quello che ci avrebbe legato l'uno all'altra per sempre.
E non vedevo l'ora che questo accadesse.
< Hai idea di quello che farete questa sera? > domandò Robert appoggiato al mio petto mentre mi accarezzava dolcemente un fianco.
Scossi la testa, conscia che non mi potesse vedere, e accarezzai quella massa di capelli spettinati.
< Zero totale > replicai e sorrisi quando incastrò la sua gamba con la mia < e tu? >
< Zero totale > rispose alzando la testa per guardarmi, ma la sua vista si fermò al mio seno nudo.
< Quelli non sono i miei occhi > gli feci notare divertita.
< Lo so bene > mi disse e quando mi sentì borbottare “pervertito” scoppiò a ridere.
Tornò ad appoggiarsi al mio ventre e lo sentii sospirare.
< Rob? >
< Mh? >
< Mi prometti una cosa? >
< Quello che vuoi >
< Promettimi che non cambierà niente. Che l'unica novità tra di noi sarà portare uno stesso anello al dito >
Robert si alzò e si rigirò per guardarmi negli occhi.
< Vuoi sapere se continueremo a litigare, a fare pace e a litigare ancora? >
< Esattamente >
< Te lo prometto, Mitchie, non cambierà niente. Continuerai ad essere la stessa rompiscatole che ho conosciuto e di cui mi sono perdutamente innamorato >
Risi e mi aggrappai al suo collo.
< E tu sarai sempre lo stesso stronzo che si farà perdonare grazie al suo sorriso e ai suoi occhi meravigliosi >
< E tu resterai sempre la solita permalosa che… >
Non gli feci terminare la frase perché mi attaccai alle sue labbra e lo baciai con tutta la passione che avevo. Rispose immediatamente al bacio e riprendemmo il discorso interrotto mezz'ora prima.
Il suono del citofono e l'abbaiare di Bear mi trascinarono via a malincuore dal mondo dei sogni e siccome il mio fidanzato sembrava non aver sentito niente dovetti alzarmi io per andare ad aprire. Mi coprii il corpo col lenzuolo e mi incamminai scalza verso la porta, guardai nello spioncino e vidi Tom impalato che attendeva che gli aprissimo.
Nel momento in cui mi vide con praticamente nulla addosso mi guardò malizioso e inevitabilmente arrossii. Gli indicai con un cenno del capo la camera da letto e dopo avermi stampato un bacio sulla guancia e dopo aver fatto una carezza a Bear entrò nella stanza dove Robert, che grazie al cielo si era voltato a pancia in giù verso il materasso e mostrava solamente il suo sedere, ancora dormiva.
Fece la gimcana tra i vari vestiti e dopo essersi abbassato all'altezza del suo migliore amico avvicinò le labbra al suo orecchio.
< Al fuoco! > urlò dopo aver fatto un lungo respiro e Robert si svegliò spaventato.
< Ma cosa…? > borbottò il mio quasi marito e quando vide Tom ridere lo spinse via in malo modo < Fottiti, Thomas >
< Pattinson, sei una sagoma > disse tenendosi la pancia dalle risate < avresti dovuto vedere la tua faccia >
Robert, visibilmente incazzato, spinse ancora una volta Tom, si alzò dal letto, recuperò i boxer e poi si avvicinò a me.
< Fammi capire…tu apri così alla gente? > domandò irritato e sorrisi.
< Amore, è Tom…lui rappresenta per me la sorella che non ho mai avuto > risposi e ottenni le reazioni che speravo: Robert si mise a ridere, Tom uscì dalla stanza.
Una volta rimasti soli, venni avvolta dalle sue braccia.
< La tua era una scusa per restare soli, ammettilo > sussurrò al mio orecchio e risi.
< Touche >
< Cinque minuti, poi entro e mi trascino via quell'ingrato del mio migliore amico! > urlò Tom dall'altra parte della porta.
Robert mi guardò e sorrise, si abbassò quel tanto che bastava per arrivare alle mie labbra e mi baciò.
< Fai la brava questa sera >
< Anche tu > risposi col fiatone, mentre la sua mano si era fatta strada tra il lenzuolo per toccarmi il seno.
Gemetti sulle sue labbra e mi strinsi di più a lui, ma in quell'esatto momento qualcuno aprì la porta e ci beccò in flagranti.
< Bene, è nuda > disse una voce femminile: Victoria.
< Grande, così abbiamo metà del lavoro già fatto! > esclamò un'altra voce: Kelly.
< Perché non ci lasciate un po' di privacy? > domandai sull'orlo dell'esasperazione.
< E per cosa? > intervenne Tom < Due minuti fa mi sei venuta ad aprire avvolta da un lenzuolo, lo stesso che copre la mano birichina di Robert > aggiunse malizioso.
Scossi la testa e a malincuore mi allontanai dal mio compagno.
< Fine dei giochi > sussurrai guardandolo e lui ricambiò il mio sorriso dispiaciuto.
< Tom, noi portiamo Michelle a farsi una doccia, tu fai vestire Robert e poi portalo lontano da qui >
< Anche io ho bisogno di una doccia > intervenne Robert e risi.
< Beh, dovevi pensarci prima di molestare la mia amica > ribatté Kelly e sia lei che Victoria mi spinsero fuori dalla stanza in direzione del bagno.
Mi lavai e ritornai dieci minuti dopo in camera, ma di lui nessuna traccia. La cosa mi dispiaceva, avrei voluto salutarlo e fargli tutte quelle raccomandazioni che generalmente le future spose facevano ai loro futuri mariti, ma non mi era stato possibile per colpa di due pazze che consideravo sorelle, oltretutto.
Jenny ci raggiunse cinque minuti dopo con due vestiti tra le mani e uno sguardo di scuse per me.
< Ho cercato di dissuaderle, ma non c'è stato verso >
< Non preoccuparti > replicai scoccandole un bacio sulla guancia.
Mi sorrise, assunse una finta aria dittatoriale e mi obbligò a sedermi.
< Indossa questo, poi torna a sederti qui che ci pensiamo noi a te >
< Agli ordini > risposi togliendomi la vestaglia e sfilai il vestito dalla mantellina: era un vestito corto, ma grazie al cielo non era attillato, grigio perla e dalla profonda scollatura.
Mi rimirai allo specchio e poi mi misi a sedere sulla sedia, dove mi stavano aspettando per acconciarmi i capelli e truccarmi.
< Immagino che la mia idea del pigiama party l'abbiate bocciata, vero? >
< Non l'avevamo nemmeno presa in considerazione > rispose Kelly mentre apriva la sua valigetta dei trucchi, la stessa che le avevo regalato lo scorso Natale.
< Kel > la chiamai bloccandole il polso < niente trucco volgare >
< Tranquilla, sarà appena accennato >
Le sorrisi e mi lasciai coccolare, mentre a turno si preparavano per uscire.
< Dai, muoviamoci che siamo in ritardo > disse Jenny diverso tempo dopo.
< Per fare cosa? >
< Ci aspettano al Brozen >
< Cosa andiamo a fare lì? > domandai confusa.
< Andiamo a festeggiare il tuo addio al nubilato >
Il Brozen era un locale che aveva aperto da poco, famoso per i vari spogliarelli di chi ci lavorava.
< Ragazze, vi avevo detto di… >
< E noi non ti abbiamo ascoltata, come sempre > intervenne Jenny liquidando il discorso.
< Traditrice! > esclamai puntandole il dito contro < Proprio tu che hai due bambini! >
< È inutile che cerchi di far leva sui miei sensi di colpa, il mio addio al nubilato è stato anche peggio >
< Che vuoi dire? >
< Che mia sorella e le mie amiche mi hanno portato in un locale a fare uno strip…ed io non mi sono potuta rifiutare > rispose arrossendo e da brave amiche quali eravamo le scoppiammo a ridere in faccia.
Alle nove in punto eravamo davanti al locale già brille. Eravamo uscite da casa dopo aver bevuto tutte e quattro una intera bottiglia di champagne che Jenny aveva comprato per l'occasione.
< Aspetta! > esclamò Kelly aprendo la sua borsa e vi tirò fuori un piccolo velo da sposa < Ti tocca indossarlo, carina > mi disse ridendo e senza obiettare lo feci.
Di certo non potevo sapere che quel velo sarebbe stata la mia rovina.
Grazie al mio imminente matrimonio il buttafuori ci fece saltare la fila e nel giro di trenta secondi ci eravamo ritrovate dentro al locale a bere un cocktail dal nome sconosciuto.
Speravo di trascorrere una serata in tranquillità, ma mi sbagliavo di grosso. Cinque minuti dopo il nostro arrivo, due bellissimi uomini vestiti da poliziotti si presentarono sul palco e una musica tutt'altro che soft li accompagnò nei loro seducenti movimenti.
Uno di loro incrociò il mio sguardo, vide il velo e per me fu la fine: scese dal palco, mi afferrò la mano e mi fece salire con lui, poi insieme al suo collega si spogliarono e mi si strusciarono addosso. Per l'imbarazzo nascosi il viso tra le mani, mentre quelle stronze delle mie amiche se la ridevano a crepapelle.
Quaranta minuti dopo avevamo saltato la fila al locale Eveline.
Quarantun minuti dopo sedute a quello che sarebbe stato il nostro tavolo c'erano loro, le ex Clovers: Megan, Sarah, Amanda, Charlotte, Vanessa, Emily, Hilary, Kate e Mary.
< Ragazze! > esclamai abbracciandole con tutta la forza che avevo.
< Michelle > disse Sarah guardandomi con le lacrime agli occhi < sei bellissima >
< Lasciala perdere > intervenne Megan prendendo Sarah per le spalle < è tutt'oggi che va avanti così >
Ci mettemmo tutte a sedere e facemmo un giro di drink, finché ad un certo punto Victoria non fermò un ragazzo e gli diede in mano una banconota da cinquanta dollari per fare uno spogliarello. Le urlai dietro, ma il ragazzo ammiccò nella mia direzione e lo fece.
Con quei cinquanta dollari ci offrì da bere.
Il locale successivo fu il Portobello Pub e anche qui bevemmo e Megan pagò il barista affinché si spogliasse. Era sorprendente come un misero velo facesse inginocchiare così tanti uomini. La nostra presenza lì fu relativamente breve perché un ragazzo che era lì per festeggiare il suo addio al celibato aveva tentato di molestarmi.
L'ultimo posto in cui mi ricordai di essere finita fu il Dolce Vita. Quel posto l'avrei ricordato in eterno, perché in quel posto mi imbucai per la prima volta ad un addio al celibato.
< Buonasera! > esclamò Kelly aprendo improvvisamente la porta della saletta riservata per l'occasione di quel ragazzo che stava festeggiando la sua ultima notte da scapolo < Qui abbiamo una futura sposa, che ne dite di festeggiare insieme? > domandò e pochi attimi dopo rise di gusto < Michelleeeee! > esclamò piegata in due dal ridere < Guarda un po' chi c'è? >
Con la poca grazia che mi era rimasta, camminare sui tacchi e per di più ubriaca era un'impresa, mi affacciai alla porta. Scrutai un attimo le facce e quando lo vidi scoppiammo entrambi a ridere: ci eravamo imbucate alla festa di addio al celibato di Robert.
< Quella è la mia donna! > esclamò ridendo e mi venne a prendere barcollando.
Mi portò dentro la stanza, ma ad un certo punto perse l'equilibrio e cascammo sul divanetto, io sopra di lui.
Mi risvegliai chissà quanto tempo dopo e senza ricordare nulla; da dopo la caduta sul divano al Dolce Vita avevo un buco nero in testa.
Ero stesa sul divano di casa con ancora il mio abito addosso, ma ero senza scarpe. Pregai che fossero da qualche parte in casa, perché mi piacevano sul serio.
Mi tirai su coi gomiti, l'alito sapeva di alcol e mi sentivo come se mi stessero trapanando il cervello. Impiegai cinque minuti prima di rendermi conto di essere sola in casa. Dove diavolo era Robert? Come facevo ad essere io nel nostro appartamento, ma non lui?
Afferrai il cellulare da dentro la borsa e provai a chiamarlo. Il suo telefonino squillò da fuori la porta di casa.
Stranita mi alzai e mi incamminai verso la porta, la aprì e lo vidi dormire con la schiena appoggiata al muro.
Mi misi a ridere e mi accovacciai accanto a lui, posai la testa sulla sua spalla e mi addormentai nuovamente.
Anche lui era senza scarpe.
La cena di prova
< Rob, sei pronto? > domandai mentre, davanti allo specchio, mi agganciavo gli orecchini a goccia che avevo comprato per l'occasione.
< Dannata cravatta > lo sentii borbottare dall'altra stanza e in men che non si dica me lo trovai davanti con una faccia disperato.
< Possibile che in questi anni tu non abbia ancora imparato a farti un nodo? Voglio proprio vedere come farai sabato > dissi ridendo mentre mi prodigavo a salvarlo.
< È colpa tua > ribatté additandomi < dopo la nostra rottura avevo imparato a farmelo, poi sei tornata e…puff! Ho dimenticato tutto >
< Ma certo, dai la colpa alla povera ragazza dal cuore spezzato! > risposi sarcastica e lui mi pizzicò un fianco.
< Cerchi di farmi sentire in colpa, per caso? >
< Sia mai! > replicai baciandolo.
< Sei bellissima > mi disse Robert guardandomi e arrossii: indossavo un semplice tubino beige con lo scollo a barca, un paio di decoltè dello stesso colore e avevo lasciato i capelli sciolti…non mi sentivo poi così bella, a differenza di quello che lui diceva e di ciò che si intuiva dall'espressione dei suoi occhi.
Afferrai la borsa ed uscimmo dal nostro appartamento mano nella mano, diretti al Gustav, dove ci aspettavano i nostri parenti e amici più stretti per la cena di prova: i genitori e le sorelle di Robert con i rispettivi compagni erano partiti da Londra, mio padre e la sua famiglia da Newark, Jenny e Walter da New York, all'appello c'erano anche Jeremy e Kelly, Marcus, Andrew e Bobby. E sarebbero rimasti fino al matrimonio.
Erano le otto quando Robert parcheggiò la macchina nel parcheggio sotterraneo come era sempre solito fare e quando raggiungemmo il ristorante Oliver in persona ci scortò al nostro tavolo, situato in una stanza privata.
I nostri ospiti sarebbero arrivati nel giro di mezz'ora e non stavo più nella pelle.
Non appena ci mostrò la stanza Oliver ci ricordò che la cena per noi due era gratuita e in quel momento mi tornò in mente la litigata che avevo avuto con mio padre a riguardo: non gli bastava aver pagato la cerimonia, voleva a tutti i costi pagare metà della cena, così come i genitori di Robert. “Tesoro, è la tradizione” mi aveva detto liquidando il discorso, ma sotto sotto sospettavo che fosse una scusa per avere almeno per un'ultima volta nella mia vita il controllo di qualcosa.
< Sei nervosa? > domandò Robert abbracciandomi da dietro.
Sorrisi e intrecciai le nostre mani.
< Un po' > ammisi.
< Non esserlo > rispose baciandomi il collo < vedila come se fosse una semplice cena >
Sorrisi e fissai le luci di Beverly Hills fuori dalla finestra.
< Vorrei tanto fosse qui questa sera > sussurrai. Non disse niente, ma aumentò la stretta e di questo gliene fui grata. < Anche se sono sicura sarà più dura sabato… >
< Ci sarò io accanto a te > rispose facendomi voltare e prese il mi viso tra le sue mani, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime.
< Grazie al cielo ho te >
Si abbassò quel tanto che bastava per raggiungere il mio viso e ci baciammo, finché un flash non ci interruppe.
< Come siete carini! > esclamò Victoria sorridendo.
Le sorrisi e le corsi incontro.
< Vic! > esclamai buttandole le braccia al collo.
< Ciao, Michelle, sei uno splendore > disse ricambiando l'abbraccio e la ringraziai con un bacio sulla guancia.
Salutai Lizzy, che si scusò per la centesima volta di essere mancata al mio addio al nubilato, il suo compagno Trevor, famoso discografico, i miei futuri suoceri, con Claire che mi già guardava emozionata, e quando Robert si allontanò da Tom, mi gettai su quest'ultimo.
< Sei radiosa > mi sussurrò all'orecchio e arrossii, lo baciai sulla guancia e quando il mio quasi sposo ebbe finito di salutare la sua famiglia tornai tra le sue braccia.
Alle otto e venti mio padre, Katia, Hannah e i bambini ci raggiunsero, poco dopo arrivarono anche Jenny, Walter, Andrew, Marcus e Bobby e alle nove, con ben mezz'ora di ritardo, Kelly e Jeremy fecero il loro grande ingresso.
< Finalmente! > esclamò Victoria mentre pestava un piede < Ero sul punto di mangiare un braccio di mio fratello >
< Sei sempre gentile, Vic > ribatté Robert facendole la linguaccia, dopodiché ci sedemmo attorno al tavolo.
La cena fu a dir poco perfetta: cucinarono un sacco di cose spettacolari e Robert aveva ragione: nel cucinare la carne erano dei maghi. Inoltre la compagnia era perfetta, mi stavo divertendo davvero tanto, specialmente quando Claire iniziò a raccontare un sacco di aneddoti divertenti sull'infanzia del suo unico figlio maschio. Fu, invece, piuttosto imbarazzante quando mio padre cominciò a raccontare qualcosa sulla mia infanzia, o per lo meno per quel tempo che l'aveva vissuta appieno.
Dopo averci riempito la pancia con ogni prelibatezza dallo chef cucinata, i camerieri ci portarono il dolce, un millefoglie dall'aspetto davvero invitante. Stavo per fiondarmi a mangiarlo quando Tom si alzò dal tavolo e fece tintinnare la forchetta al bicchiere con dentro lo spumante per richiamare la nostra attenzione, ma fu talmente forte da rompere il bicchiere e far cadere sulla tavola il liquido.
< Merda > disse allontanando il bicchiere per non sporcarsi e tutti ridemmo < ehm…salve a tutti. Per chi di voi non mi conosce io sono Tom, il testimone dello sposo > spiegò indicando Robert < è la prima volta che mi trovo a ricoprire questo ruolo, ma penso lo abbiate intuito dal casino che ho combinato con il bicchiere, quindi non so bene come devo comportarmi…sono stato sveglio tutta la notte per inventarmi qualcosa da dire e Victoria può confermarlo. Voglio fare un brindisi: Robert, tu ed io siamo cresciuti insieme, sei la persona che più si avvicina ad un fratello per me e voglio augurarti tutta la fortuna del mondo > gli disse guardandolo < Michelle… > continuò rivolgendosi a me < …io non so bene che ruolo attribuirti > disse e lo guardai interrogativa < lascia che mi spieghi meglio. Sei mia amica e ti voglio bene, ma non so se odiarti o meno perché mi stai per portare via il mio migliore amico. Ho provato a cercare qualcosa a questo riguardo su internet, ma non ho trovato niente > spiegò e tutti scoppiarono a ridere < di una cosa però sono certo: so che ti prenderai cura di lui, sempre, e che lo renderai felice > continuò e prese in mano il nuovo bicchiere che un cameriere gli aveva portato < brindo ai futuri sposi >
< Agli sposi! > esclamarono tutti e immediatamente mi alzai dalla sedia per andare ad abbracciare Tom, stessa cosa che fece anche Robert.
Non appena il testimone si fu seduto, toccò a Jenny alzarsi in piedi. La guardai con uno sguardo interrogativo, il brindisi era l'ultima cosa che mi aspettavo dopo tutti i casini che le erano successi.
< Il mio brindisi di stasera non sarà mai bello come quello di Tom. Mi sono concentrata sul discorso da fare sabato >
Al sentire quelle parole vidi Tom sbiancare.
< Sabato? Nessuno mi aveva parlato di fare un discorso anche sabato! > esclamò e per l'ennesima volta ridemmo tutti.
< Michelle…sei la mia migliore amica e ti voglio un mondo di bene. So per certa che sposando Robert stai facendo la scelta giusta, da quando lui è entrato nella tua vita tu sei rinata > disse e sentii le lacrime premermi gli occhi < Rob… > continuò prestando attenzione all'uomo che amavo tanto che era accanto a me < so che sarà in buone mani con te. Vi voglio bene. A futuri sposi! >
Brindai assieme agli altri e non appena svuotai il bicchiere mi avvicinai alla mia migliore amica per abbracciarla mentre mi mordevo il labbro inferiore per non scoppiare a piangere.
A fine serata i nostri rispettivi genitori saldarono il conto e dopo esserci salutati rientrammo a casa.
Non appena misi piede in macchina mi tolsi le scarpe, poi mi appoggiai allo schienale e, rilassata, mi voltai per guardare Robert concentrato nella guida. Senza distogliere lo sguardo dalla strada intrecciò la sua mano con la mia e restammo così per tutto il viaggio di ritorno.
Arrivati davanti alla palazzina parcheggiò, mi disse di non muovermi, venne ad aprirmi la portiera e mi prese in braccio.
Risi e lo pregai di mettermi giù, ma parlare con lui era come parlare ad un mulo. Mi aveva risposto dicendo che doveva impratichirsi per sabato e che non mi avrebbe lasciato camminare per nulla al mondo.
< Allora? > domandò dopo aver aperto casa.
< Allora direi che sei bravo a portarmi in braccio > risposi mentre mi faceva sedere sul divano.
< Io mi riferivo alla cena >
< Cosa vuoi che ti dica? > domandai sorridendo < È stata perfetta >
Alla mia risposta sorrise e si abbassò per baciarmi, poi si sedette accanto a me e guardammo un po' di televisione, finché non si alzò, si incamminò verso lo stereo, trafficò con qualcosa e infine premette play.
< Cosa combini? >
Ignorò la mia domanda e mi si avvicinò, tendendomi la mano.
< Michelle, ma belle. These are words that go together well, my Michelle… >
Iniziò a cantare aiutato dalla voce di Paul McCartney in sottofondo. Risi di cuore e afferrai la sua mano, alzandomi così dal divano. Posò la sua mano sul mio fianco e mi strinse a sé, mentre l'altra mano l'aveva presa tra la sua e mi ritrovai improvvisamente a volteggiare.
< Michelle, ma belle. Sont des mots qui vont très bien ensemble, très bien ensemble… > continuò e mi beai della sua voce, mentre sentivo le guance andarmi a fuoco < I love you, I love you, I love you. That's all I want to say > disse quasi con un sussurro e in quell'istante i suoi occhi erano fissi suoi miei < until I find a way I will say the only words I know that you'll understand. Michelle, ma belle. Sont des mots qui vont très bien ensemble, très bien ensemble. I need to, I need to, I need to. I need to make you see, oh what you mean to me > cantò al mio orecchio e chiusi gli occhi, mentre il mio corpo veniva scosso da una scarica di brividi < until I do I'm hoping you will know what I mean > sussurrò guardandomi ancora negli occhi e ricambiai il suo sguardo, cercando di non piangere per la commozione < I love you… > cantò e mi fece fare una giravolta, non appena tornai tra le sue braccia gli circondai il collo, mentre le sue mani mi accarezzavano dolcemente i fianchi < I want you, I want you, I want you. I think you know by now. I'll get to you somehow until I do I'm telling you, so you'll understand…Michelle, ma belle. Sont des mots qui vont très bien ensemble, très bien ensemble. I will say the only words I know that you'll understand, my Michelle >
Non appena la canzone terminò guardai Robert con gli occhi lucidi.
< Era da tutta la sera che volevo farlo. Ero tentato di cantartela al ristorante, ma poi ho pensato avessi preferito questa serenata una volta sola in casa >
< Posso chiederti una cosa? >
Mi sorrise mi baciò sulla punta del naso.
< Quello che vuoi >
< Non voglio questa canzone al matrimonio > gli chiesi con gli occhi lucidi.
< Come vuoi tu > rispose, ma sulla sua espressione sembrava ci fosse stampato sopra un enorme punto interrogativo.
< Per una volta voglio essere egoista e voglio tenere questo momento solo per noi, canzone inclusa > gli spiegai e pochi attimi dopo sul suo volto apparì un sorriso a dir poco radioso.
< Queste parole suonano così bene insieme > sussurrò al mio orecchio e mi strinse a sé.
Salve, gente, come state?
Finalmente l'occhio ha smesso di farmi male, così ora aggiorno la storia, che – ahimè – è agli sgoccioli. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo e sono indecisa se scrivere o meno l'epilogo...diciamo che la cosa dipende molto dai miei impegni universitari! >.<
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ho pensato di fare una cosa diversa dividendolo in più tematiche.
Un mega abbraccio a tutte voi che leggete questa storia, perché mi date la forza di continuare a scrivere.
Giulls
P.S. Anche il titolo di questa canzone è preso da una canzone dei Paramore, precisamente Looking up (canzone che io amo perché mi ricorda il giorno in cui ho preso la patente!), mentre la canzone che Robert canta alla fine è Michelle dei Beatles (è dal primo capitolo che aspettavo di inserirla da qualche parte, giuro!)
Questo è il mio contatto di facebook, se avete voglia di fare due chiacchiere ;) http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791&ref=tn_tnmn
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Capitolo 49 *** I'll love you until my dying day ***
I'll love you until my dying day
Guardo il prete con impazienza, ma nessuno dei presenti si rende conto che non sto ascoltando assolutamente niente, che non sto prestando la ben che minima attenzione. Avanti, siamo seri…come potrei farlo? Le sue mani sono intrecciate alle mie e il mio cuore batte talmente forte da sovrastare la voce rauca di padre Johnsson.
Io sto aspettando il momento in cui dirò tre parole: sì, lo voglio.
Sì, lo voglio. Sì, lo voglio. Sì…
< Lo voglio > dissi sospirando e quando riaprii gli occhi non trovai davanti a me né Robert, né padre Johnsson: l'unica persona che vidi fu me stessa riflessa davanti allo specchio ancora in vestaglia.
Presi la collana a forma di cuore di mia madre che avrei indossato – qualcosa di blu – e me la rigirai tra le mani.
Stava per succedere davvero? Stavamo davvero per sposarci? Sì. Sorrisi alla mia immagine riflessa e mi asciugai le due lacrime che mi stavano rigando le guance.
Jenny aprì la porta della mia camera da letto e mi guardò dallo specchio.
< Va tutto bene? >
Tirai su col naso e annuii.
< Tremo tutta >
La mia migliore amica mi sorrise e mi si avvicino, posò le mani sulle spalle e mi invitò a guardare davanti a me.
< Michelle, è normale, normalissimo. Questa è l'ansia, ma ti assicuro che nel momento in cui lo vedrai sarà come vedere il sole per la prima volta >
Le sorrisi e mi asciugai altre lacrime col dorso della mano. Nel momento in cui bussarono alla porta, Jenny mi lasciò per andare ad aprire: Claire, avvolta in un abito beige lungo fino al ginocchio e con le spalline sottili, entrò nella stanza tutta sorridente. Non disse niente, si limitò a venirmi incontro e ad abbracciarmi stretta. Dopo il mio riavvicinamento a Robert sua madre ed io parlammo: mi disse che il mio comportamento l'aveva ferita terribilmente e che l'avevo trattata ingiustamente, visto che aveva solamente cercato di essermi utile dopo aver perso una persona così importante come mamma. Mi scusai con lei e mi aprii come non avevo mai fatto prima, sentendomi dire che le ci sarebbe voluto un bel po' prima di potersi fidare nuovamente di me. Pian piano ricominciammo a ricucire il nostro rapporto ed ora la consideravo una seconda mamma.
< Tesoro, tutto bene? > chiese asciugandomi le lacrime.
Annuii e le sorrisi.
< Solo un po' d'ansia >
Claire mi accarezzò una spalla e mi fece accomodare sulla sedia davanti allo specchio, ricordandomi che nel giro di poco sarebbero arrivati sia il parrucchiere – Gerard Couveau era l'unico a cui avrei affidato la sorte dei miei capelli – che la truccatrice. Impiegarono tre ore prima di terminare il loro lavoro, ma il risultato mi lasciò senza fiato: il trucco era leggero, mentre Gerard aveva realizzato un semi-raccolto spettacolare e aveva applicato delle rose fra i capelli.
L'ultimo step fu l'abito – qualcosa di nuovo – e Jenny me lo porse emozionata dopo averlo tirato fuori dalla sacca porta abiti. Per indossarlo mi feci aiutare sia da lei che da Claire e quando fui pronta quest'ultima mi abbracciò.
< Sei la sposa più bella del mondo > mi disse commossa.
< Lo dici solo perché nessuna delle tue figlie si è ancora sposata > replicai per sdrammatizzare e ridemmo tutte e tre.
Mi fissai allo specchio e lisciai le pieghe della gonna. La mia migliore amica mi porse il velo e Claire mi aiutò ad indossarlo, mi abbracciò una seconda volta e infine uscì per andarsi a preparare e per raggiungere la chiesa.
Presi le scarpe dalla scatola, mi sedetti sul letto e dopo aver stretto la cavigliera – qualcosa di vecchio – le indossai: erano un semplicissimo paio di decoltè col tacco dodici centimetri e sul davanti chiuse a punta. Gettai un'occhiata veloce alla scrivania e vidi gli orecchini – qualcosa di regalato – che le ex Clovers mi avevano comprato per questa speciale occasione, costringendomi così ad andare da un orafo a fare i buchi alle orecchie: la sera in cui Robert mi vide con le orecchie rossissime scoppiò a ridere e per qualche giorno quando mi chiamava non usava il nome Mitchie, bensì Dumbo.
Mi alzai in piedi per vedermi l'ultima volta e quel che vidi mi fece venir voglia di piangere: quella donna in procinto di sposarsi ero realmente io?
Feci un paio di respiri profondi per calmarmi e la cosa funzionò. Camminai spedita verso il mio comodino per controllare la casella dei messaggi nella speranza di ricevere sue notizie, ma l'ultimo messaggio ricevuto era quello di Robert: “Ho sognato che mi abbandonavi all'altare e scappavi su un cavallo bianco come Julia Robert in quel film con Richard Gere…lo devo prendere come un presagio?”
Sospirai, riposi il cellulare dentro la borsa e attesi con Jenny mio padre, che non tardò ad arrivare.
< Wow > si lasciò sfuggire mentre mi osservava e feci un giro su me stessa.
< Sono carina? > domandai ridendo.
< Sei molto più di questo > rispose venendo ad abbracciarmi < sei bellissima. Sei la sposa più bella del mondo >
Gli sorrisi e gli buttai le braccia attorno al collo.
< Ti voglio bene, papà >
< Ti voglio bene anche io, bambina mia > replicò stringendomi nel suo abbraccio, poi mi lasciò < coraggio, c'è un giovanotto in chiesa che aspetta impaziente il tuo ingresso >
Presi il mio bouquet e uscii dall'appartamento insieme a papà e a Jenny. Una volta fuori dal portone principale mi beai di quella brezza primaverile e del profumo dei fiori di pesco che mi inebriava.
< Aspetta! > esclamò Jenny correndomi dietro: si tolse il braccialetto dell'amicizia che le avevo regalato anni fa e me lo allacciò al polso < Qualcosa di prestato…era quello che avevamo deciso, no? >
Quando anni fa glielo regalai mi promise che il giorno del mio matrimonio me lo avrebbe prestato. Erano passati dieci anni e ancora si ricordava della promessa.
< Sì > risposi commossa e l'abbracciai < grazie >
C'era una limousine nera che mi stava aspettando davanti al portone di casa e quando l'autista aprì lo sportello per farmi entrare vi schizzai dentro entusiasta. Papà mi raggiunse e dopo i primi minuti di silenzio cominciò a parlare e finsi di ascoltarlo.
< …Non lo credi anche tu, tesoro? > domandò.
< Mh-mh > risposi annuendo e abbozzai un sorriso, ma lui scoppiò a ridere.
< Non mi stai ascoltando > mi fece notare scuotendo la testa.
< Ma cosa dici, papà?! > esclamai quasi scandalizzata.
< Ti ho chiesto se anche secondo te il mondo verrà invaso dagli alieni questa sera e tu hai asserito > disse e arrossii.
< Scusa > sussurrai dispiaciuta e lui posò la sua mano sulla mia.
< Stai bene? >
< Papà, perché lei non è qui? > domandai sospirando e lui scosse la testa.
< Non lo so, bambina mia. Vorrei tanto saperlo anche io >
< Già >
Tornai a guardare fuori dal finestrino e per un attimo nessuno dei due parlò più.
< La tua mamma sarebbe tanto orgogliosa di te > mi disse e gli sorrisi dopo aver ricacciato il groppo in gola.
< Grazie. Vorrei fosse qui con noi. Ho un sacco di domande da farle >
< Beh, sono stato sposato anche io e per ben due volte…posso darti una mano io? >
Scossi la testa e risi.
< Non credo tu voglia davvero sapere certe cose > gli dissi e lui sospirò.
< No, forse no > rispose e poi mi posò la mano sulla mia < Robert ti ha mai raccontato di quando è venuto a Newark per chiedermi il permesso di sposarti? >
< Lui ha fatto cosa?! > domandai stupita e papà sorrise.
< Quello scemo… >
< Papà! > esclamai e lui scoppiò a ridere.
< Non impressionarti, lo penserai anche tu una volta che avrò finito di raccontarti tutto. Quello scemo si è presentato davanti a casa mia alle tre e mezza del mattino >
< Scherzi? > lo interruppi sgranando gli occhi e lui scosse la testa.
< Affatto. Quando gli ho aperto la porta mi ha guardato disperato. Ha detto che avrebbe voluto aspettare qualche altro giorno e che sarebbe voluto arrivare ad un altro orario, ma non ce la faceva più. Mi ha detto quello che voleva fare e mi ha chiesto la benedizione >
< E tu? > chiesi curiosa.
< Gliel'ho data, poi gli ho sbattuto la porta in faccia e sono tornato a dormire >
< Ma…papà! > esclamai.
< Che c'è?! > ribatté < Mi ha svegliato solo per chiedermi la benedizione! Insomma, gliela avrei anche data al telefono o alle otto del mattino. Ad ogni modo, sai cosa mi ha detto? > chiese e scossi la testa < Signor Waldorf…George…perdoni l'orario assurdo, se vuole è libero di sbattermi la porta in faccia, ma non posso più aspettare. Ho raccontato una bugia a sua figlia, ho preso un aereo e sono venuto fino a qui per chiederle la benedizione. Amo Michelle più di qualunque altra persona al mondo e farei di tutto per renderla felice. La prego, mi dica che accetta se chiedo a sua figlia di sposarmi >
Calde lacrime premettero per uscire dagli occhi, ma non potevo cedere. Quando mio padre mi raccontò che Robert gli aveva detto che si sarebbe anche messo in ginocchio pur di ottenere un sì scoppiai a ridere e fino alla mia destinazione non facemmo altro che prenderlo in giro. Aveva ragione, era scemo. Era uno scemo maledettamente dolce.
La limousine raggiunse la chiesa, l'autista venne ad aprirmi la portiera e nel momento in cui vidi le scale della chiesa il mio cervello andò in tilt. Papà era uscito dall'altra parte e mi tese la mano per scendere, ma ero talmente tanto emozionata che inciampai sui miei spessi piedi e se non fosse stato per l'uomo che era sangue del mio sangue la mia faccia avrebbe sicuramente avuto un incontro ravvicinato con l'asfalto.
< Sii attenta! > mi ammonì ridendo.
Diversi paparazzi erano appostati ai lati dell'entrata per fotografarmi, ma finalmente avevo imparato ad ignorarli. Jenny era davanti alla porta chiusa e mi sorrise raggiante quando le fui dietro.
< Sei pronta? > chiese stringendomi le mani e le sorrisi.
< Assolutamente >
Feci un respiro profondo e passai il braccio attorno a quello di mio padre. Le porte vennero aperte, Jenny iniziò a camminare e poco dopo i violini partirono suonando la marcia nuziale. Papà strinse la mia mano ed entrammo dentro la chiesa: la signora Williams aveva fatto un ottimo lavoro decorandola, ne ero completamente affascinata. Le Clovers erano tutte presenti e mi sorridevano emozionate, lo sguardo di Jeremy era incollato al mio, Liam sorrideva mentre zia Agatha e la nonna piangevano (i matrimoni facevano sempre questo effetto a loro due); dall'altro lato Lizzy e Victoria mi guardavano sorridendo tra le lacrime e Claire non era da meno. Sorrisi a quest'ultima e lei mi mandò un bacio.
Guardai Robert pochi attimi dopo il mio ingresso in chiesa, ma che a me parvero millenni. Quello che vidi mi lasciò senza fiato: indossava uno smoking nero, con una camicia bianca e la cravatta dello stesso colore. I suoi capelli erano ancora più scompigliati del solito e gli davano una sensualità inaudita. Ma non era né l'abito né il modo in cui portava i capelli a farmi tremare le ginocchia: era il suo sguardo. I suoi occhi non erano mai stati più brillanti come lo erano in questo momento…cavolo, non erano così nemmeno quando avevo accettato di sposarlo! Il suo sorriso era lo specchio del mio e quando mi fece l'occhiolino mi sentii sciogliere.
Tom si avvicinò al suo orecchio e gli disse qualcosa che lo fece illuminare ancora di più.
Papà ed io avevamo raggiunto l'altare quando si fermò, mi baciò la guancia e mise la mia mano su quella di Robert, consegnandomi a lui. Lo guardai emozionata e notai una lacrima rigargli il volto nonostante stesse sorridendo e in men che non si dica andò a sedersi vicino a Katia.
Prestai nuovamente l'attenzione a Robert, strinsi la presa sulla sua mano e salii quei due gradini per raggiungerlo. Il prete incominciò a parlare ed entrambi gli prestammo attenzione.
< Non sei scappata > sussurrò Robert al mio fianco.
Sorrisi e lo guardai.
< È da anni che aspetto questo momento > risposi con lo stesso tono di voce basso < non sarei mai potuta scappare >
Era arrivato il momento delle promesse e nonostante fossi certa che la mia facesse schifo Robert sembrò apprezzarla.
La sua, ovviamente, mi fece frignare come una bambina.
< Michelle > disse prendendomi entrambe le mani e stringendole < tu meglio di chiunque altro sai che non avrei mai pensato di sposarmi prima di aver compiuto trentacinque anni. Devo ammettere che per un po' avevo progettato di sfuggire ai matrimoni come George Clooney. Ma poi sei arrivata tu e la tua aria innocenti mi hai stregato…e…dopo tutti gli alti e i bassi ora siamo qui. Dio, non potrei essere più felice di così. Me la sto facendo addosso dalla paura, ma se sto per compiere questo passo è perché ti amo e se c'è una persona con la quale voglio condividere il resto della mia vita e alla quale voglio rompere le scatole ogni singolo giorno finché non morirò…beh, quella persona sei tu. Solo tu >
Mi sorrise e non ebbe il tempo di lasciare le nostre mani che già mi ero lanciata su di lui, ma sembrò gradire parecchio questo bacio inaspettato, perché lo stava ricambiando senza farsi troppi problemi.
< Vai così! > urlò Andrew seduto nelle prime file, mentre il prete ci richiamò, dicendoci che dovevamo aspettare la fine della cerimonia.
Mi scusai imbarazzata e lo pregai di andare avanti. Dopo le promesse fu il turno del sì, dello scambio degli anelli e della fine della messa.
< Da questo momento, io vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa, ora >
Lo guardai in attesa di ricevere il mio primo bacio da donna sposata. Robert mi strinse a sé e mi baciò con passione, mentre i violini e l'organo avevano preso a suonare e tutte le persone a noi più care stavano applaudendo.
< Ti amo > sussurrai appoggiando la fronte alla sua.
< Ti amo anche io, Mitchie > ribatté sorridendo.
Il prete ci fece andare nel suo studio assieme a Jenny e Tom per firmare il registro e subito dopo ci abbandonarono per raggiungere gli altri per il tradizionale lancio del riso.
< Dio, non mi sembra vero > gli dissi emozionata mentre eravamo diretti all'uscita e mi baciò la tempia, arrestandoci davanti al portone.
< Pronta, moglie? > domandò.
Gli afferrai la mano.
< Prontissima, marito > ribattei sorridendo.
***
< Posso avere la vostra attenzione? > domandò mio padre alzandosi in piedi durante il pranzo e tutti si zittirono < Visto che i testimoni non si sono ancora degnati di farlo, voglio brindare per primo agli sposi > continuò e tutti scoppiammo a ridere, fatta eccezione di Tom che lo guardò contrariato < Michelle…tu non hai idea di quanto io sia felice di essere qui in questo momento. Sono stato un padre pessimo in passato, ma sono felice che tra di noi ci sia stato un riavvicinamento. Robert… > disse guardando l'uomo che era seduto accanto a me < sono sicuro che ti prenderai cura della mia bambina. Agli sposi! > esclamò, alzando il bicchiere con il vino.
< Agli sposi! > esclamarono tutti in coro.
Girai lo sguardo verso Robert.
< Alla nostra >
< Salute > ribatté, facendo toccare i nostri bicchieri.
< Bacio, bacio, bacio! > urlò Sarah seguita a ruota da tutte le mie ex compagne di squadra e successivamente da tutti i nostri amici.
Sorridemmo e facemmo scontrare le nostre bocche, perdendoci nel bacio. Afferrai il colletto della sua camicia e lo costrinsi ad avvicinarsi ancora di più, mentre attorno a noi fischi di approvazione riempivano la sala.
Katia tentò di dividerci con una battuta, ma nessuno dei due le diede retta, così molto poco carinamente Tom si avvicinò per trascinare il suo amico al centro della stanza per ballare.
Risi, cos'altro potevo fare? Di certo non potevo strangolarlo per avermi portato via da quelle labbra invitanti; dopotutto avrei avuto tutta la vita per goderne.
Mi alzai in piedi, sistemai le pieghe del vestito che avevo scelto per indossare durante il ricevimento e mi avvicinai al mio uomo, che mi accolse facendomi fare una giravolta. Grazie al cielo avevo abbandonato i tacchi per le ballerine e non cascai per terra.
< Un ballo solo, poi torniamo a mangiare > dissi guardando Robert e lui scoppiò a ridere.
< Non potrei essere più d'accordo. Ho fame >
< A chi lo dici! > esclamai, non ascoltando la band che nel frattempo aveva cominciato a suonare Fall for you dei Secondhand Serenade.
< Hanno inscenato tutto questo spettacolino per non baciarti…come se bastasse un ballo per non farlo >
< Sai, pensavo la stessa identica cosa > risposi stringendomi a lui e le sue labbra si posarono immediatamente sulla mia tempia, poi discesero fino al mio orecchio.
Spostai la mano libera dalla sua spalla al suo petto, più precisamente all'altezza del cuore, e lui mi guardò sorridendo.
< But hold your breathe, because tonight will be the night that I will fall for you, over again. Don't make me change my mind, or I won't live to see another day. I swear it's true, because a girl like you it's impossible to find. You're impossible to find > canticchiò al mio orecchio. La sua voce ogni volta mi incantava.
Una volta finita la canzone andai da mio padre; Robert ballò con sua madre. Ben presto il cibo venne dimenticato dalla maggior parte delle persone, che si erano incamminate verso il centro della pista. Mi scatenai con tantissima gente, ma ogni volta che il mio sguardo incrociava quello di Robert speravo si allontanasse dagli altri per venire da me, per reclamare un ballo con sua moglie.
E lui, come se avesse potuto leggere la mia mente, mi raggiungeva.
< Michelle, congratulazioni! > disse Taylor Lautner venendomi incontro e abbracciandomi.
< Taylor, grazie di cuore > ribattei ricambiando l'abbraccio.
< Per colpa tua non potrò più fingere che Robert sia il mio ragazzo >
Scoppiai a ridere e gli baciai una guancia.
< Non preoccuparti di questo, potrò cedertelo tutte le volte che vorrai >
< Hey, amico > ci interruppe Robert sorridendo < giù le mani da mia moglie > continuò e un sorriso mi illuminò il volto.
< Ma guardala, che carina > intervenne Kellan prendendomi in braccio e urlai.
< Ma sei impazzito? > domandai ridendo.
< Ora non potrò più chiamarti vicina di casa > disse fingendosi dispiaciuto.
< E perché no? >
< Perché ora sei sua moglie. La cosa è cambiata >
< Se la cosa ti può consolare, Kell, Michelle non è più la mia vicina di casa da parecchio tempo >
< Lo so bene! > replicò guardandoci maliziosamente e non potei non arrossire.
< Ti propongo un patto > dissi guardando Kellan e tutti e tre mi guardarono curiosi < io ti do il permesso di chiamarmi vicina di casa solo se tu non mi prenderai più in braccio…e se questa discussione muore qui, seduta stante >
< Ci sto! > esclamò stringendomi la mano.
< Buonasera, signori > ci interruppe Jenny prendendomi sottobraccio < devo rapire la mia amica > disse e mi portò in disparte < allora? Come ci si sente ad essere sposati? >
< Ad essere sinceri ancora non lo so, non ho avuto il tempo materiale di pensarci > ribattei ridendo e poco dopo Victoria venne ad abbracciarmi.
< Cognata! > esclamò < Dio, ancora non ci credo che finalmente vi siete sposati! Ero certa che sarei stata la prima a farlo. E invece chi l'avrebbe mai detto? Il primo è stato l'ultimo dei Pattinson >
< Già, quando si dice coincidenza > ribattei sorridendole, poi realizzai ciò che mi aveva appena detto < aspetta un attimo! Tom ti ha chiesto di sposarti? > domandai e lei mi sorrise raggiante, mostrandomi l'anello.
< Me l'ha proposto la mattina dopo la tua cena di prova >
< E non mi hai detto niente? > ribattei fintamente offesa < Sono così felice per te! > esclamai abbracciandola calorosamente e quando vidi Robert ridere con i suoi amici, tra i quale c'era anche Tom, mi fiondai tra le braccia di quest'ultimo, eccitata dal fatto che a breve avrei chiamato cognato.
< Si può sapere perché mia moglie deve attaccarsi a stile koala a tutti i miei amici? > chiese Robert e tutti scoppiammo a ridere, mentre Tom mi guardò imbarazzato.
< Te l'ha detto, eh? >
< Sì > replicai sorridendo < ma sei un idiota per non averci detto niente > continuai indicando me e Robert e gli mollai una pacca sul petto < ed io sciocca per non essermene resa conto prima… >
< Per mia discolpa, posso dire che l'anello è arrivato giusto giusto questa mattina >
< Cosa mi sono perso? > domandò Robert stralunato e risi.
< Non ti sei accorto del solitario sul dito di tua sorella, eh? > schernii mio marito, il quale a sua volta si paralizzò.
< Accidenti, amico, davvero vuoi complicarti ulteriormente la vita sposando quella rompiballe di mia sorella? >
< Robert! > esclamai dandogli una pacca sulla spalla, ma lui si avvicinò a Tom e lo abbracciò.
< Sono tanto felice, congratulazioni >
Mi allontanai dal gruppo e raggiunsi Jeremy, che se ne stava in disparte ad osservarmi.
< Sei venuta a rassicurarmi sul fatto che resteremo per sempre amici? > domandò.
< No, a dire il vero sono venuta a dirti che ora non potremo vederci mai più > risposi sorridendo e mi sistemai accanto a lui.
< Tom si sposa? > domandò indicandolo con un cenno e annuii.
< Jer, stai bene? > chiesi preoccupata e lui mi sorrise.
< È il tuo giorno, sono felice che tu sia felice >
< Fregatene di che giorno è oggi > replicai prendendogli la mano e intrecciammo le nostre dita < Jeremy, tu come stai? >
< Come mai è successo? > domandò sospirando.
Sapevo bene a chi si stava riferendo: a Kelly. La mia amica Kelly, colei che doveva fare da damigella assieme a Jenny, la sua compagna, la ragazza che ieri mattina era scappata lasciando un misero biglietto con su scritto “Perdonatemi” e che aveva disattivato il numero sul suo cellulare. Nessuno sapeva il perché delle sue azioni. La sera prima si parlava di quanto le sarebbe piaciuto arrivare con Jeremy dove ero arrivata io e il mattino dopo aveva fatto i bagagli e se ne era andata, spezzando così il cuore del mio migliore amico. Robert ed io ci stavamo preparando per discutere di alcuni ultimi dettagli con Oliver quando Jeremy mi chiamo disperato e in lacrime e senza pensarci troppo dissi a Robert che avrebbe dovuto pensare lui a tutto e sparii per ventiquattro ore per tentare di consolarlo. Grazie al cielo Robert aveva capito la situazione e non aveva fatto storie.
< Non lo so. Credevo foste perfetti l'uno per l'altra >
< Lo pensavo anche io >
Strinsi il mio amico in un abbraccio stritolatore e quando ci allontanammo voltai lo sguardo verso Robert e lo sorpresi a guardarci, ma non si avvicinò e per questo gliene fui grata.
< Lei ti ama. La sera prima che se ne andasse mi aveva detto che le sarebbe piaciuto sposarti >
< E allora perché mi ha detto addio? >
< Non ne ho idea >
Il nostro discorso morì lì perché pian piano gli ospiti stavano cominciando ad andarsene e di conseguenza fui costretta ad avvicinarmi a Robert per salutarli. L'ultima persona che salutai fu proprio Jeremy e fui grata a Robert quando lo abbracciò e gli disse che se aveva bisogno poteva contare anche su di lui.
< Andiamo, ora si torna a casa > mi disse prendendomi per mano una volta che fummo soli.
Chiusi gli occhi e sorrisi.
< Finalmente > sussurrai riaprendoli e mi trovai davanti agli occhi l'uomo più bello del mondo, anche lui stanco come la sottoscritta.
< La valigia l'hai già preparata? > domandò e scossi la testa.
< Non cambi mai >
< Hey, ti ricordo che mi hai accettata così come sono, nella buona e nella cattiva sorte >
< Oh, lo so bene > replicò sorridendo e ci baciammo ancora una volta, prendemmo le nostre cose e uscimmo dal ristorante per raggiungere casa.
L'autista accostò sotto casa e quando ci aprì lo sportello scendemmo, entrammo dentro la palazzina, prendemmo l'ascensore e quando il suo dlin ci ricordò di essere arrivati al terzo piano Robert mi prese in braccio.
< Preferisci fare la valigia ora o domani? >
Risi. Che razza di domanda stupida.
< Domani > ribattei sorridendogli maliziosamente.
< Come preferisci, signora Pattinson > soffiò al mio orecchio e rabbrividii.
< Mi fa uno strano effetto sentirmi chiamare così. Devo…devo abituarmici >
< Per questo non c'è fretta, hai tutta la vita davanti per farlo >
Mi baciò e gli circondai il collo. Avrei voluto indossare qualcosa di speciale per la nostra prima notte di nozze, ma l'unica cosa che volevo che facesse era spogliarmi e farmi sua. Avrei conservato l'indumento speciale per quando avremmo raggiunto Berlino. Per la nostra luna di miele avevamo deciso di visitare otto paesi europei: Irlanda, Portogallo, Francia, Belgio, Germania, Italia, Scozia e Grecia.
Raggiungemmo la nostra camera e lo spinsi sul letto prima di chiudermi in bagno per togliere i fiori dai capelli e per indossare la giarrettiera: fortunatamente il vestito era abbastanza lungo per coprirla. Rientrai in camera, sfilai le ballerine con le punte dei piedi e quando Robert mi fece sedere sul letto prese a baciarmi le caviglie e con le dita risalì le mie gambe. Quando fu il turno di esplorare la gamba sinistra si bloccò non appena i suoi polpastrelli toccarono il bordo della giarrettiera.
< Dio, ti prego, dimmi che quello che penso > disse con voce roca e risi.
< Dipende da cosa pensi che sia >
Cominciò a giochicchiare con la giarrettiera e ne approfittai per privarlo della cravatta, della camicia e della giacca. I suoi pantaloni raggiunsero il pavimento poco dopo. Quando finalmente si fu stancato di quel piccolo pezzo di stoffa me la sfilò, abbassò la zip del vestito e me lo tolse facendolo passare dall'alto.
Rimanemmo in intimo e mi fece stendere sotto di lui. Le sue mani mi accarezzavano, le sue labbra mi surriscaldavano il corpo e i suoi gemiti mi facevano girare la testa.
Ci spogliammo e ci unimmo come avevamo sempre fatto, con l'unica differenza che questa volta era la prima volta che lo facevamo da sposati. Allo stesso tempo eravamo consapevoli del fatto che avremmo avuto davanti a noi una vita intera per farlo. Ci saremmo amati fino al giorno della nostra morte.
Sigh, sigh, sigh.
Che emozione, eh? I nostri eroi finalmente ce l'hanno fatta ed io…mi ritrovo con la lacrimuccia perché siamo giunti alla fine. Certo, so che manca ancora l'epilogo, ma sono libera di frignare lo stesso, no?
Con la pubblicazione del capitolo colgo l'occasione per fare gli auguri a Stella e a Margherita, perché…*rullo di tamburi*…oggi le due signorine invecchiano! Buon compleanno, ragazze. Il capitolo ve lo dedico. ;)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e…ci vedremo all'epilogo!
Un bacio a tutti e come sempre grazie perché continuate a seguirmi.
Giulls
P.S. Ehm…il titolo del capitolo è una frase che ho fregato alla bellissima You my love di quel genio di Marcus Foster. Non lo conoscete? MALE! Qui c'è il link della canzone (http://www.youtube.com/watch?v=xehbjM1XpXk ) e già che ci sono ringrazio la mia adorata Hus per avermelo fatto conoscere. <3
P.P.S. Qua trovate la mia pagina di facebook: http://www.facebook.com/giulls.efp
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Capitolo 50 *** Epilogo ***
Epilogo
< Ho capito bene? Mi stai dicendo che sono stata concepita in una piscina a Rio? >
Michelle si tolse gli occhiali da sole, li posò sulle gambe e guardò sconvolta la ragazza seduta sullo sdraio accanto a lei.
< Ti ho raccontato la storia di tuo padre e mia e questo è tutto ciò che ti interessa? >
< Certo che no, la storia è romantica e sapere tutto quello che hai passato ti rende una forza, ma…un letto normale come ogni genitori che si rispetti non ce lo avevate in quel momento? >
Robert, che fino a quel momento era rimasto appoggiato allo stipite della porta-finestra intento ad ascoltare il racconto della sua consorte, lasciò la valigia e si avvicinò alle due donne.
< Non siamo gente la letto, tua madre ed io > intervenne lui fermandosi a lato dello sdraio di Michelle < sapevi che Ashley è stata concepita sul tavolo della cucina dei nonni? >
A quella affermazione la ragazza sgranò gli occhi, si tappò le orecchie e cominciò a scuotere la testa.
< Oh mio Dio! > esclamò scandalizzata < Ma voi due siete fuori! Sul tavolo dei nonni? Quello sul quale mangiamo ogni volta che andiamo a trovarli?! >
Robert ghignò soddisfatto e portò entrambe le mani sulle spalle della moglie, chiaro invito a non farla parlare.
< Tu eri uscita con loro per andare al parco, tua madre stava pulendo la sala da pranzo ed io ero al telefono con Emma. Quando ho visto che eravamo rimasti solo lei ed io ne ho approfittato >
Michelle arrossì e abbassò la testa, mentre la loro figlia maggiore li guardava sempre più sconvolta.
< Non toccherò mai più quel tavolo > ribatté incrociando le braccia al petto.
< Come vuoi, signorina. Ma…se fossi in te a questo punto non toccherei più nemmeno la vasca da bagno, il divano, la poltrona, il pavimento, le scale…oh, e nemmeno il tuo letto > continuò suo padre sorridendo beffarlo alla sua primogenita.
< Il mio cosa?!!? > urlò e si alzò < Questo è troppo, io ora me ne vado >
< Tesoro, resta… > le disse Michelle, ma Robert la strinse le spalle.
< Dove vuoi andare? > le chiese Robert, invece.
< Ho le prove con gli altri >
< E ci sarà anche quello lì? > continuò suo padre geloso.
Hayley, l'uragano Hayley Anne Pattinson, afferrò la chitarra che prima apparteneva a suo padre, la stessa che Michelle ricomprò al marito all'asta, e per un attimo pensò di tirargliela in testa.
< Quello lì, come lo chiami tu, papà, ha un nome: James. E sì, ci sarà anche lui. Dopotutto è un membro della band > sbottò lei e rientrò in casa sbattendo con forza la porta-finestra alle sue spalle, come faceva ogni volta che era arrabbiata.
Robert occupò il posto precedentemente occupato dalla figlia maggiore e sbuffò facendo ridere Michelle, la quale nel frattempo si era tirata su dallo sdraio per avvicinarsi a lui, e dopo essersi posizionata dietro di lui posò le mani sulle spalle e iniziò a fargli un massaggio.
< Paparino, voglio ricordarti che Hayley sta per compiere diciotto anni, che è una ragazza intelligente e che sa badare a se stessa. Senza contare che James è un ragazzo d'oro e sono due anni che ce lo dimostra >
< Non mi interessa quanti anni ha, lei sarà sempre la mia bambina > replicò lui imbronciandosi e si portò le braccia al petto < esattamente come Ashley >
Sua moglie rise e dopo avergli baciato il collo si allontanò, ma Robert la prese per i fianchi e la fece girare in modo da poterla guardare negli occhi, poi la strinse a sé.
< Buon anniversario >
< Idiota! > esclamò Michelle poco prima di sferrargli un pugno sulla spalla < Mancano ancora tre settimane al nostro anniversario >
Suo marito rise: come era possibile per lui dimenticare la data del loro diciottesimo anniversario? Non avrebbe mai potuto farlo ed entrambi lo sapevano bene, solo che a lui piaceva prenderla in giro.
La guardò senza smettere di sorridere e si ritrovò a pensare che nonostante tutti gli anni passati dal loro primo incontro, all'incirca ventiquattro, per lui la sua donna era sempre bellissima. Anzi, il tempo e le gravidanze l'avevano resa ancora più bella. Michelle per lui rappresentava la perfezione: non importava quante donne dovesse baciare per il suo lavoro, sua moglie era l'unica in grado di risvegliare in lui istinti animaleschi anche solo con uno sguardo, un sorriso o con un semplice “tesoro, ordiniamo una pizza questa sera?”.
Una volta tra le sue braccia le catturò le labbra con un impeto che la lasciò interdetta per qualche secondo, finché non rispose anche lei con la sua stessa passione.
< Mi sei mancata tanto, Mitchie > le disse mentre le sistemava una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
< Anche tu. Sono felice di averti di nuovo a casa, specialmente perché tre figli teenager sono difficili da gestire da sola > rispose sorridendo < alle ragazze sei mancato tanto, anche se Hayley non lo ammetterà mai >
Robert rise divertito e scosse la testa: gli era mancato tantissimo litigare con lei, giocare a baseball con David e aiutare Ashley a fare i compiti di trigonometria.
< Dove sono i ragazzi? >
< David è stato via questo fine settimana con degli amici, dovrebbe tornare questa sera. Ashley è da Hope, stanno facendo i compiti assieme > rispose Michelle e poco dopo cominciò a guardarlo curiosa < Rob? >
< Uhm? >
< Quanto hai ascoltato della conversazione mia e di Hayls? >
< Non molto, sono arrivato da poco > mentì sorridendole, ma sua moglie ormai aveva imparato a riconoscere quando le raccontava o meno una balla: anche in quel preciso momento lo stava facendo, ma Michelle finse lo stesso di crederci.
< Credevo tornassi domani > gli disse accarezzandogli la guancia e lui le baciò il palmo della mano.
< Ho trovato un volo all'ultimo minuto e ho pensato di farvi una sorpresa. La cosa ti dispiace? >
< Affatto > rispose Michelle scuotendo la testa < ma se lo avessi saputo ti avrei preparato una festa di bentornato >
< Io sono felicissimo così > replicò baciandole la fronte e pian piano le labbra di suo marito si mossero verso le labbra passando per la tempia, lo zigomo e la guancia destra.
Il bacio si fece subito passionale e Robert prese in braccio la moglie, salì le scale e la portò in camera da letto.
< Dio, come mi sei mancata. Questi tre mesi senza di te sono stati una tortura > le disse tra un bacio e l'altro.
< Nessuna Geisha ha avuto il piacere di intrattenerti? > domandò Michelle maliziosa e lui sorrise.
< Ogni volta che mi vedevano, scappavano >
Ben presto i discorsi futili vennero messi da parte per lasciare posto al bisogno che entrambi avevano di sentire l'uno il corpo dell'altro: un bacio, una carezza, uno sfioramento…preludio di ricongiungimento di due anime.
***
Due ore.
Erano passate due ore da quando avevano fatto l'amore e Robert era imbambolato nella contemplazione del corpo della moglie, la quale dormiva senza rendersi conto di essere osservata.
< Pervertito, che fai? > domandò Michelle guardando il marito con un occhio aperto ed uno chiuso.
< Ammiravo il tuo bellissimo corpo > rispose Robert con un sussurro mentre si abbassava per baciarle la guancia < sei dimagrita? >
< Sì > asserì la donna stiracchiandosi < ho perso qualche chilo >
< Sei troppo magra >
< Stai zitto > ribatté Michelle dandogli una pacca sulla spalla.
Tornarono a baciarsi, ma il rumore della porta di casa li interruppe.
< Mamma, ci sei? > urlò Ashley dall'ingresso e Robert si buttò già dal letto per indossare sia i boxer che i pantaloni, uscì dalla camera da letto e corse incontro alla più piccola di casa < Papà! > esclamò la ragazza correndo incontro al padre e lo abbracciò stretto.
< Come stai, principessa? >
< Bene > rispose la principessa in questione commossa < mi sei mancato tantissimo >
Michelle, che era riuscita ad ascoltare tutta la conversazione anche da dove si trovava, indossò una vestaglia e raggiunse padre e figlia al piano di sotto.
< Ben arrivata, Ash > la salutò la madre baciandole la guancia.
Ashley guardò suo padre a torso nudo e sua madre che tentava di coprirsi con quell'unico indumento e li guardò maliziosi.
< Ho per caso interrotto qualcosa? >
Michelle diventò rossa come un peperone e questo divertì un sacco sia la ragazza che il marito, ma nessuno dei due ebbe il tempo di rispondere perché la porta venne aperta nuovamente.
< Sono a casa! > esclamò David e posò il suo borsone vicino alla porta di casa < Papà, finalmente sei tornato! > disse allegro andando ad abbracciare Robert e subito dopo salutò la madre e la sorella.
< Tesoro, come è andato il viaggio? >
< Tutto bene, ma' > rispose alzando le spalle.
< Hayls quando torna? > chiese Robert curioso < Potremmo andare a mangiare qualcosa fuori questa sera >
< A dire il vero è fuori ad amoreggiare con James > rispose David con un'altra alzata di spalle.
< E tu non l'hai fatta rientrare in casa tirandola per i capelli? > sbraitò Robert e Michelle roteò gli occhi < Ora ci penso io a lui >
< Amore, resta qui >
< Mamma ha ragione > intervenne Ashley < non sei completamente vestito e non c'è ragione che i nostri vicini sappiano che la vostra vita sessuale sia ancora attiva >
David scoppiò a ridere e abbracciò la sua sorellina, Michelle impallidì e Robert sbuffò.
< Nemmeno un ottantenne rimarrebbe impassibile davanti al corpo mozzafiato di vostra madre >
< Avete finito? > domandò Michelle sempre più imbarazzata, generando così un'ennesima ondata di risate.
< Hey, perché ridete tutti? > intervenne Hayley aprendo la porta di casa.
< Papà voleva prendere James a calci nel culo, poi siamo finiti a parlare della loro vita sessuale > rispose David guardando la sua gemella e sorella maggiore di soli dieci minuti.
< Perché non andiamo a prepararci? Vostro padre ci porta a cena fuori > disse Michelle tentando disperatamente di terminare quella conversazione.
Hayley avrebbe voluto ribattere dicendole che poche ore fa le aveva praticamente raccontato vita, morte e miracoli della sua adolescenza – vita sessuale inclusa – ma si intenerì di fronte allo sguardo imbarazzato della madre.
Finalmente i tre figli adolescenti si ritirarono ognuno nella propria stanza per iniziare a prepararsi e quando anche Michelle e Robert raggiunsero la loro, quest'ultimo chiuse la porta a chiave.
< Te l'ho detto che mi sei mancata? > le chiese baciandole il collo.
< Potresti avermelo accennato, sì > rispose sua moglie inclinando la testa.
< E se ti proponessi di spedire i nostri figli via da casa? >
Michelle rise afferrò i suoi capelli.
< Non ti vedono da tre mesi, concedi loro una cena. Per il dopocena possiamo trovare una soluzione >
Robert la guardò complice e dopo un bacio non propriamente casto la lasciò prepararsi. Michelle uscì dalla doccia e quando ritornò in camera, dopo aver indossato il vestito beige che aveva tirato fuori dall'armadio, vide che il led del suo cellulare lampeggiava: la sua segreteria telefonica conteneva un messaggio da parte di Jeremy.
“Michelle” diceva la voce registrata del suo migliore amico e solo dal modo in cui il suo nome era stato pronunciato aveva capito che c'era qualcosa che non andava “l'ho trovata. È a Parigi. Non chiedermi come ho fatto a scoprirlo, te ne parlerò. Vado a riprenderla, Michelle. Sto prendendo il volo che partirà tra un'ora per New York, scalo a Londra e poi arriverò in Francia. Ti chiamo non appena atterro, augurami buona fortuna. Ti voglio bene”
Come poteva un messaggio da nemmeno un minuto avere il potere di mandarla in bestia? La lei a cui Jeremy si riferiva era Kelly. Erano diciotto anni che nessuno sapeva più niente di lei, eppure lui aveva continuato a cercarla come un disperato. E a quanto pareva le sue ricerche avevano prodotto risultati.
Il mese prima Jeremy aveva troncato una relazione con Amber, ragazza-madre della bellissima Corinne di quasi dieci anni. Jeremy si era immediatamente affezionato a quella ragazzina, ma Amber, per quanto fosse bella, dolce, simpatica, spiritosa e gentile, non era Kelly. Nessuna era Kelly. E Michelle odiava la sua vecchia conoscenza proprio per quello: perché lei era unica e perché le mancava da matti, senza contare che le mancava vedere il suo migliore amico pienamente felice.
Si sedette sul letto, aprì la casella dei messaggi e digitò il numero di Jeremy nella casella del destinatario solamente cinque parole: riportami a casa quella stronza.
< Tutto bene? > le chiese Robert inginocchiandosi sul letto e prese a massaggiarle le spalle.
< Tutto bene > replicò sua moglie sorridendo: avrebbe raccontato a Robert il tutto una volta tornati a casa.
< Chi è la stronza? > domandò invece lui curioso mentre osservava il display.
< Kelly >
< Sono confuso >
< Kelly è a Parigi. E Jeremy sta partendo per la Francia per tornare con lei >
< È… >
< Impazzito? Decisamente > rispose frustrata e si abbandonò alle carezze del marito.
< È innamorato > disse Robert dopo un po' < probabilmente mi comporterei esattamente come lui se anche tu fossi dall'altra parte del mondo >
Michelle sorrise e gli baciò la guancia.
< Mi auguro che sappia quello che sta facendo >
< Jeremy è un uomo adulto, saprà sicuramente come comportarsi >
< E se riesce nel suo intento strangolerò quella stronza con le mie stesse mani, ma non prima di averle riservato un abbraccio stritolatore > spiegò Michelle: dopotutto anche a lei mancava la sua amica.
Una volta pronta, la famiglia Pattinson lasciò la casa per andare a cena fuori dopo tre mesi di lontananza. Trascorsero gran parte del tempo a sentire gli aneddoti di Robert sul Giappone e tutti pendevano dalle sue labbra finché lui, stanco di parlare, non si fece raccontare cosa fosse successo alle persone più importanti della sua vita: la band nella quale Hayley suonava era arrivata in finale ad un contest di gruppi rock emergenti, David raccontò di qualche avventura avuta in vacanza con i suoi amici, Ashley descrisse a suo padre la sensazione che aveva provato nel ricevere il suo prima stipendio per il suo primo lavoretto estivo e Michelle lo aggiornò su ciò che accadeva al Hill, dove aveva iniziato a lavorare come psichiatra.
E per quanto quella serata fosse trascorsa normalmente per loro si rivelò perfetta: erano una famiglia normale intenti a trascorrere una serata normale dopo tutto quel tempo passati separati. E nessuno di loro avrebbe potuto chiedere di meglio.
Verso mezzanotte rientrarono a casa e dopo l'ultimo saluto tutti si ritirarono nella propria stanza. Michelle si infilò il pigiama, si lavò i denti e infine si buttò sul letto; Robert aspettò con calma che sua moglie liberasse il bagno, si lavò, rientrò in camera e, rimasto solo con i boxer, si stese accanto a lei.
< Tutto bene? > le chiese prendendola tra le braccia e lei sorrise raggiante.
< Decisamente. Sei tornato a casa da me, non potrei chiedere di meglio >
Robert coprì entrambi col lenzuolo e poi fece aderire la schiena di sua moglie al suo petto.
< Tornerò sempre a casa da te > le sussurrò baciandole il collo e quella notte, finalmente, dormirono di nuovo abbracciati.
*Sorridi, asciuga la lacrimuccia…*
E anche questa è fatta. Sembra impossibile, ma è così: dopo due anni questa storia è ufficialmente terminata. È così brutto da dire, mi ci ero affezionata talmente tanto!
Grazie per aver sopportato pazientemente ogni mio ritardo con gli aggiornamenti, per aver letto, per avermi fatto ridere e piangere con le vostre recensioni.
Grazie a chi ha seguito la storia sin dall'inizio, a chi è arrivato dopo e anche a chi ha smesso di seguirla.
Grazie a chi mi ha dato la forza di continuare ad andare avanti nei momenti più bui e a chi mi ha minacciato di uccidermi se solo mi fossi cancellata da EFP.
E grazie anche a chi mi ha gettato come se fossi uno giocattolo vecchio: ora sono più forte.
Ma soprattutto devo ringraziare tre persone speciali…tre amiche speciali: Pri, la mia Hus e Maggie: Pri, senza di te questa storia non sarebbe mai nata e per questo te ne sarò infinitamente grata; Hus…che posso dirti? Mi hai dato della pazza e appoggiato quando ti ho accennato a quello che avrei fatto a Bianca, mi hai mangiato la faccia (metaforicamente, dai) quando Kristen si è messa in mezzo a Robert e a Mitchie, avresti voluto uccidermi quando ho fatto separare questa coppia (rammenti l'ultima volta a Venezia?) e mi hai sempre dato preziosi consigli. Non finirò mai di dirti grazie. Maggie: non solo sei un'amica paziente e impagabile, ma sei anche la beta migliore del mondo. E scusa se non ti ho mandato questi ultimi capitoli, ma come sempre avevo il mio solito fottuto terrore di poterti disturbare.
Spero di trovarvi ancora tutte nella mia prossima avventura.
Se vi interessa, nel giro di un mese dovrei iniziare a ragionare su uno spin-off per Jeremy e Kelly. Tutte le informazioni saranno sulla mia pagina di EFP (questo è l'indirizzo: http://www.facebook.com/giulls.efp )
Giulls
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